Buoni e Cattivi

di S05lj
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.1 L' Inizio della Storia ***
Capitolo 2: *** 2.1 Baraka e Mileena ***
Capitolo 3: *** 3.1 Shang Tsung e Quan Chi ***
Capitolo 4: *** 1.2 Festeggiamenti ***
Capitolo 5: *** 2.2 Inganno ***
Capitolo 6: *** 3.2 Il Nemico del Mio Nemico ***
Capitolo 7: *** 1.3 Striker e Kabal ***
Capitolo 8: *** 2.3 La Bella e la Bestia ***
Capitolo 9: *** 3.3 Improbabili Alleati ***
Capitolo 10: *** 1.4 Perdere la fiducia ***
Capitolo 11: *** 2.4 Ti Chiedo Perdono ***
Capitolo 12: *** 3.4 Il Dragon King ***
Capitolo 13: *** 1.5 Guerra ***
Capitolo 14: *** 2.5 La Forza di un Popolo ***
Capitolo 15: *** 3.5 La Prova ***
Capitolo 16: *** 4.1 Kung Lao VS Reptile - Johnny Cage VS Kano ***
Capitolo 17: *** 4.2 Sub Zero VS Sektor - Scorpion VS Quan Chi ***
Capitolo 18: *** 4.3 Onaga VS Shao Khan ***
Capitolo 19: *** 4.4 La Fine ***



Capitolo 1
*** 1.1 L' Inizio della Storia ***


Avvertenze: Non ho messo avvertenza OOC, poiché ho tentato di mantenere i caratteri originali dei personaggi, ma dovendoli porre in un contesto più ampio ho dovuto dare sfogo un po' alla fantasia, spero di non averla buttata di fuori.

Prologo
Gli uomini non sono mai completamente buoni, o completamente cattivi. Ma presentano numerose e irripetibili sfumature che gli rendono unici e imprevedibili.


Lontano dalla civiltà, sulle montagne innevate che dominano maestose sulle pianure verdeggianti di fondo valle, un uomo avanza lentamente, contrastando con il proprio corpo il vento innevato che lo nascondeva alla vista, rendendolo parte del paesaggio.
I pochi villaggi che sfidano gli spietati inverni della montagna possono rimanere mesi interi isolati dalla civiltà a causa delle bufere di neve e delle frane, e gli anziani di quei villaggi sanno bene che solo un pazzo si aggirerebbe su quelle montagne con una bufera in corso.
Così poteva apparire quel viaggiatore, un pazzo.
Ma se qualcuno si fosse avvicinato, e avesse notato i suoi occhi, avrebbe visto la luce che emanavano, una luce che sapeva di magia e di mistero. Occhi che celavano dietro la loro apparenza una storia. Cominciata molto tempo prima, in un mondo sconosciuto e sconvolto dalla violenza, un mondo che si chiama Outworld.

1.1 L’Inizio della Storia

Nella sala del trono un gruppetto di persone, stavano discutendo sul da farsi.

-Shao Kahn è morto. Kitana si è alleata con il regno della Terra. Io sono la legittima erede al trono dell’Outworld. - Mileena fece un passo avanti ponendosi in un atteggiamento di arroganza e sfida nei confronti degli altri partecipanti alla discussione.

-Ti ricordo che sono stato io a crearti. Senza di me, tu non esisteresti. - Shang Tsung allargò le braccia in un classico gesto di ovvietà. -Spetta a me, il trono dell’Outworld. -

Gli altri due presenti alla discussione erano Goro, principe del regno sotterraneo, e Baraka, generale dell’esercito dell’Outworld. Spettatori taciturni e pensierosi di fronte ai due che si contendevano il trono.

-Se non vuoi veder ragione… potremmo contendercelo in un duello. -

Shang Tsung si era portato le mani dietro la schiena, la sua espressione poteva sembrare innocua, quasi accondiscendente, ma Mileena sapeva bene che niente di lui era innocuo, né i suoi poteri, tantomeno le sue parole.

Un combattimento con lui, era una decisione da prendere in considerazione? Certo lei era avventata e spesso non valutava le opzioni disponibili, tuttavia, quella fu, forse, la prima volta che perse tempo a ragionare su quanto le era stato proposto. Shang Tsung non era certo uno sprovveduto, anzi, era scaltro, molto scaltro, e dal punto di vista combattivo, niente da dire, era un avversario temibile. Se avesse vinto, avrebbe avuto il trono dell’Outworld, ma se in caso contrario avesse perso… avrebbe perso la sua anima… se mai ce l’aveva un’anima.

-Questa discussione è prematura! - Tutti si voltarono verso la porta dell’enorme salone, dove un esausto Shao Kahn si appoggiava faticosamente alla spalla del secondo stregone, Quan Chi.

Istintivamente Mileen si voltò verso Shang Tsung, notando una lieve increspatura delle labbra, in un principio di smorfia di disappunto.

Shao Kahn non era morto.

Il sovrano dell’Outworld, teneva una mano premuta contro il petto, nel punto esatto in cui Liu Kang lo aveva trapassato con un pugno.

Avanzò con passo strascicato, curvo sullo stregone che ne sorreggeva il peso.

-Siete vivo. Come è possibile? - Chiese Mileena, più a se stessa che al patrigno.

Si sentì la terra mancare sotto i piedi, in nessun altro modo avrebbe potuto descrivere quella situazione. Come ci si può sentire quando si pensa di essersi finalmente liberata della persona che più si odia a questo mondo, salvo poi ritrovarsela davanti nuovamente viva e vegeta? Bé non proprio vegeta, visto che doveva servirsi di Quan Chi per stare in piedi, e forse neppure la persona più odiata, visto che c’era anche Kitana. L’odiata sorellastra, perfetta in tutto ciò che faceva, l’esatto contrario di lei. Sempre troppo impulsiva, troppo letale, troppo squilibrata, secondo il suo patrigno, sia nel carattere che nel fisico. Una bellissima donna, con il volto dalla bocca deturpata di un Tarkatan.

-Non grazie a voi. - Shao Kahn raggiunto il trono ci si lasciò cadere sopra, con un rantolo che poteva essere interpretato come di sollievo. -Quan Chi ha fermato l’emorragia prima che potesse essermi fatale e mi ha prestato i primi soccorsi. Vitali! - Puntualizzò.

Mileena era confusa, che cosa gli avrebbe attesi adesso?

Shao Kahn era ancora piuttosto debole, forse non rappresentava un ostacolo così grande… ma Quan Chi? Se lo aveva salvato, doveva avere un piano, quindi avrebbe preso nuovamente le sue difese.

Il silenzio più assoluto era calato nella stanza, la tensione si sarebbe potuta tagliare con un coltello, in cerca di una qualsiasi guida, capace di smuovere la situazione, per la seconda volta Mileena volse lo sguardo verso Shang Tsung.

Lo sguardo dello stregone era impassibile, attento a non tradire nessuna emozione, Mileena non si lasciò ingannare da quella maschera inespressiva, per la prima volta in vita sua provò empatia nei confronti di una persona, conosceva i pensieri di quell’uomo, sapeva con esattezza che il cervello dello stregone stava valutando tutte le ipotesi possibili per cavarsi d’impiccio. I suoi piani erano stati mandati in fumo da Quan Chi, il suo doppiogioco scoperto da uno Shao Kahn redivivo più intenzionato che mai a vendicarsi su chi gli aveva voltato le spalle, e con ogni probabilità, il primo a rimetterci la testa sarebbe stato proprio lui.

Se avesse potuto, Mileena si sarebbe messa a ridere, e gli avrebbe chiesto con divertimento, come, questa volta, sarebbe riuscito a salvarsi la pelle.

Shao Kahn era in attesa di una sua mossa. Cosa avrebbe fatto adesso? Lo avrebbe attaccato? Se si, quanti lo avrebbero seguito? Su chi poteva contare? Sicuramente su Quan Chi, non ne conosceva ancora il motivo, ma lo aveva salvato, e presto avrebbe riacquistato abbastanza potere da non aver più bisogno della sua difesa. Inoltre i due stregoni non si potevano soffrire.

Shang Tsung fece un inchino davanti all’Imperatore. -Sono felice di sapervi vivo, mio signore. -

-Sei per caso felice di morire? - Chiese Shao Kahn, trattenendo a malapena la rabbia nella sua voce.

-Perché è questa la fine che ti aspetta! - In un moto di rabbia batté il pugno sul bracciolo del trono.

-Hai fallito ancora! E’ una cosa che non tollero! Questo torneo, doveva consegnarmi la Terra in pugno, e invece per colpa della tua inettitudine adesso sarò costretto per sempre a rinunciarvi! Come dai patti, che tu hai suggellato con i terrestri! -

Shang Tsung sorrise sicuro di se, e quando parlò, lo fece con il suo solito tono, calmo e pacato.

-Sfidiamoli, ad un altro Mortal Kombat. -

Shao Kahn lo fissò con rabbia sempre più crescente. Come poteva un uomo solo contenere tanta arroganza? Se solo ne avesse avuto la forza, lo avrebbe ammazzato seduta stante con le sue mani.

-E tu pensi che accetteranno? - Intervenne Quan Chi, prima che il vulcano Shao Kahn eruttasse tutta la sua furia.

Guardandosi negli occhi, i due stregoni non si preoccuparono di nascondere l’antipatia reciproca.

-Gli costringeremo. -

Finalmente anche Shao Kahn, parve calmarsi e interessarsi alle sue parole.

-In che modo? - Volle sapere. -Per colpa tua, non possiamo sfidare nuovamente la Terra. Era nei patti! -

-Sfidiamoli per Edenia. -

-Edenia fa già parte dell’Outworld. -

-Diamogli la possibilità di tornare indipendenti. Non ci sono edeniani in grado di competere nel Mortal Kombat. Kitana, chiederà aiuto a Liu Kang, e le regole del torneo sono chiare, il campione di un reame può combattere solo per il suo regno. Si prenderebbero due piccioni con una fava. -

-Non c’è alcun noi! - Tuonò Shao Kahn.

-Ma certo. - Shang Tsung chinò la testa in un gesto che poteva essere interpretato come di sottomissione, ma la sua bocca si incurvò in un sorriso canzonatorio, di chi sa di essere superiore intellettualmente al suo interlocutore e ne ha appena dato prova.

Mileena trovò spontaneo chiedersi come non facesse Shao Kahn ad accorgersi che lo stava prendendo nuovamente in giro, provò una certa soddisfazione, inutile negarlo, ma poi subito dopo odiò Shang Tsung con tutta se stessa, perché si meravigliò di trovare il suo sorriso, bello. Un sorriso che lei non avrebbe mai potuto fare, un sorriso che lui le aveva precluso.

-E se perdessimo? Perderemo anche Edenia. - Quan Chi fissò il suo rivale. -E’ un grosso rischio. -

-A parte la paura, c’è anche un piano alternativo che guida le tue parole? - Questa volta Shang Tsung, non si preoccupò di nascondere la sua infinita arroganza, lasciandola libera di manifestarsi nel suo tono di voce e nel suo sguardo.

-Riportiamo in vita la regina Sindel, sulla Terra, in questo modo riusciremo ad aggirare i blocchi posti dagli Dei Anziani e potremo dare nuovamente inizio all’invasione. -

Shang Tsung socchiuse appena gli occhi fissando l’altro, ma Quan Chi si rivolse a Shano Kahn ignorandolo e continuando a descrivere in ogni minimo dettaglio il suo piano.

Mileena invece si guardò attorno sconvolta, possibile che nessuno si fosse accorto di quel sorriso quasi minaccioso che leggero si era steso sulla bocca dello stregone? Forse lei, così ossessionata dal suo aspetto mostruoso, con la bocca priva di labbra e dai denti affilati e sporgenti, stava fin troppo attenta alla bocca degli altri, in una sorta di supplizio emotivo che le permetteva di coltivare la propria rabbia.

Ma grazie a quella sua attenzione, capì che Shang Tsung doveva aver appreso qualcosa… qualcosa che sembrava evidente volesse usare contro Quan Chi.

Shao Kahn prese finalmente una decisione. -Baraka! Prendi Mileena e andate ad indire il nuovo Mortal Kombat. - Parlando, teneva gli occhi fissi su Shang Tsung, il messaggio subliminale era ovvio. Gli stava annunciando il suo degradamento e attendeva di vedere nel suo sguardo disapprovazione o sbigottimento. Soddisfazione che invece lo stregone fu ben attento a non dargli.

-Quan Chi, sei in grado di svolgere da solo il rituale per riportare in vita Sindel? -

-Si mio signore. -

-Bene. Porta con te Shang Tsung. -

Quan Chi sorrise facendo un mezzo inchino, soddisfatto da quelle parole, finalmente, lui era diventato il primo stregone dell’Outworld.

-E ora andate! Lasciatemi da solo! -

Tutti lasciarono la sala del trono, Quan Chi camminava a grandi passi e velocemente si distaccò dal gruppo.

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Capitolo 2
*** 2.1 Baraka e Mileena ***


2.1 Baraka e Mileena

Baraka e Mileena si incamminarono per un altro corridoio,  uguale a tutti gli altri, tetro, con il pavimento di piastrelle lucide che rintocavano al passo dei due guerrieri. Sulle pareti gli arazzi erano debolmente illuminati dalle torce a muro, che gettavano ombre tremolanti e tretre.
Mentre camminavano Mileena affrettò il passo per andare di fronte al Tarkatan e con una mezza piroetta si voltò verso di lui e camminò all’indietro, tenendo gli occhi fissi sul generale.

-E così… quando il padrone ordina, il cagnolino obbedisce. - Lo canzonò chinando la testa di lato ed enfatizzando quelle parole con gesti esagerati delle mani, rendendo la sua camminata simile ad una danza, prerogativa che da sempre l’aveva contraddistinta nel modo di camminare e di combattere.

Baraka non accettò la provocazione, ma il suo sangue di Tarkatan ribolliva per quella frecciatina irrispettosa.
Probabilmente se fosse stato un suo subalterno si sarebbe già ritrovato sbudellato sul pavimento, ma lei era Mileena, la figliastra dell’Imperatore, e tutto sommato, c’era anche da considerare che altro non era che una bambina dal corpo di donna.
-Non c’è niente di disonorevole nell’eseguire gli ordini del tuo comandante. -

-Stai mentendo. - Mileena gli agitò un dito davanti al naso canticchiando l’accusa, proprio come una bambina intenzionata a far saltare i nervi ad un adulto.
-Ho visto nel tuo sguardo la felicità della morte di Shao Kahn. Tu non vuoi essere per sempre il suo cagnolino. Non è così? -

Baraka allungò di scatto una mano verso il collo della ninja viola, cogliendola di sorpresa, la strinse in una morsa che le mozzò il fiato.
-Io sono fiero di essere un Tarkatan ed ho giurato di servire la mia razza. Il nostro destino è legato alla volontà di Shao Kahn. Io non sono il suo cagnolino. -
Le si avvicinò mostrando i denti affilati della bocca in un ringhio.
-Guarda di ficcartelo bene in testa. - La lasciò andare con una spinta riprendendo il cammino.

Mileena lo guardò storto. -Come si può essere fieri di essere dei mostri? -

La domanda di getto che le uscì spontaneamente quasi con innocenza ebbe il potere di fare infuriare il generale poco più avanti nel lungo corridoio di pietra del castello di Shao Kahn.

Baraka si fermò e si voltò ringhiando furioso, delle lunghe lame uscirono dagli avambracci. Quando si voltò le punte che sfioravano il pavimento produssero un suono stridulo simile ad un grido acuto di un neonato.

Mileena trovò spontaneo chiedersi se mai le sue vittime avessero urlato in quel modo, non capì che cosa avesse intenzione di fare finché non lo vide avanzare verso di lei, con le spalle leggermente curve in avanti, come se fosse pronto, da un momento all’altro a spiccare un salto in avanti, lo aveva già visto in quella posizione, durante il Mortal Kombat, quando si preparava a combattere.

-Che stai facendo? - Chiese spaventata portandosi prontamente una mano dietro la schiena, pronta ad estrarre i sai che portava alla cintura.

-Estrai le tue armi donna. - Si chinò appena sulle gambe e incrociò le lame davanti agli occhi.

-Vuoi combattere? - Chiese lei continuando a non capire.

-Estrai le tue armi! - Ringhiò in un boato furioso.

Mileena era sempre più confusa, non era certo da lei tirarsi in dietro in un combattimento, certo che no, a lei piaceva combattere, per questo provocava le persone, ma questa volta, proprio non capiva che cosa avesse detto per farlo infuriare in quella maniera, e per di più sembrava avere tutte le intenzioni di fare sul serio, questo voleva dire, morte sua, vita mia.

-No! - Urlò lei di rimando. -Prima dimmi, perché vuoi combattere? -

Baraka socchiuse i già piccoli occhi gialli scrutandola attentamente, si dimenticava sempre che quella donna, altro non era che una mocciosa impertinente e complessata.
Rinfoderò le lame e con un grugnito di disprezzo riprese il cammino.

Mileena ci capiva sempre meno, non che lei avesse mai avuto interesse a capire gli altri. Che cosa glie ne importava degli altri quando aveva già fin troppo problemi lei stessa?
Ma quel tipo la incuriosiva, e poi forse poteva ammetterlo, sentiva una certa affinità con lui, non sapeva perché… o si, forse a causa del suo sangue mezzo Tarkatan, o mezzo mostro, come era solita definirlo.

Si affrettò, raggiungendolo nuovamente di fianco.
-Non si combatte più? - Chiese innocentemente.

-No. - Rispose secco.

-Perché prima si e adesso no? -

Baraka la guardò con la coda dell’occhio, poi fermandosi la fronteggiò.
-Perché ti copri la bocca? - Le chiese indicando con un dito la fascia viola che nascondeva la parte inferiore del viso.

Mileena si portò una mano alla bocca e fece un passo in dietro guardandolo in un misto di spavento e rabbia. Non le piaceva che qualcuno conoscesse il suo tormento.

-La nostra razza è orgogliosa e fiera. Sul campo di battaglia ci copriamo di onore e ferite. Uccidiamo con la stessa facilità con cui quegli inetti umani si svegliano la mattina. -
Si drizzò sulla schiena avvicinandosi di qualche cm.

Per la prima volta Mileena si rese conto di quanto fosse alto veramente Baraka, visto che solitamente stava leggermente ricurvo in avanti, e dovette ammettere che era piuttosto grosso, quasi la metteva in soggezione, ma in quel momento lei era rapita più che dal suo aspetto, dalle sue parole.

-E tu… rinneghi il tuo sangue nascondendoti dietro quella stoffa. Il tuo atteggiamento mi offende e irrita oltre modo. - Il respiro affannoso del Tarkatan stava ad indicare che tratteneva a stento la rabbia, la guardò per qualche altro secondo, poi si voltò e riprese nuovamente il cammino.
Quel corridoio era diventato veramente troppo lungo.

Mileena si soffermò a pensare a quelle parole… non era certo intenzione di Baraka farla sentire meglio, anzi, era proprio il contrario, ma non le era sfuggito che l’avesse considerata una della sua razza. E questo l’aveva fatta sentire parte di qualcosa, e dietro la maschera viola un sorriso di gratitudine si allargò. Dopodiché affrettò il passo e lo raggiunse al fianco, si lanciarono una rapida occhiata, ma mentre Mileena riprese a guardare davanti a se, Baraka si soffermò nell’osservarla. Sbagliava o era stranamente di buon umore? Chi le capiva le donne? Di qualsiasi razza fossero.

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Capitolo 3
*** 3.1 Shang Tsung e Quan Chi ***


3.1 Shang Tsung e Quan Chi

I due stregoni stavano avanzando per la terra rocciosa e bruciata del Netherrealm, intorno a loro demoni e umani condannati alla sofferenza eterna scontavano la propria pena con urla strazianti di dolore.

Shang Tsung trovava spontaneo chiedersi se scrittori o poeti che sulla Terra avevano ipotizzato l’inferno, avessero per caso mai fatto un salto laggiù.
Lui non amava particolarmente quel posto, ma non per le urla strazianti che riecheggiavano tra le rocce laviche, e neppure per l’instabilità del terreno che galleggiava su di un fiume magmatico che ogni tanto determinava il distacco di una zolla di terra o di un geyser che sbuffava troppo vicino al loro passaggio. No, in realtà ciò che non sopportava di quel posto era il caldo, umido, appiccicoso e stancante.
Trovò spontaneo chiedersi come mai Quan Chi non stesse gocciolando di sudore come invece avveniva a lui, probabilmente doveva quella situazione alle sue origini terrestri.
Stufo di tutta quella situazione e di tirare troppo per le lunghe un bluff scoperto in partenza si fermò, aspettando che l’altro, accorgendosi della sua assenza facesse lo stesso.

Quan Chi fece solamente qualche altro passo prima di fermarsi ad osservarlo.

-Tanto per curiosità. Se ti avessi chiesto dove stavamo andando, come mi avresti risposto? - Gli chiese poggiandosi le mani sui fianchi.

Quan Chi stirò le labbra, sottili e bluastre, di un colore talmente innaturale da risultare inquietante in un ghigno malevolo.
-Non ti farei mai lo sgarbo di reputarti idiota. -

-Dunque hai finalmente ricevuto l’ordine di uccidermi. - L’altro si limitò ad annuire.
-Shao Kahn sa che miri al suo trono? -

-Non deve essere certo una sorpresa per lui. O mi sbaglio? -

Shang Tsung gli concesse un sorriso divertito.
-Touché. -

I due presero a squadrarsi e girarsi intorno, mantenendo invariata la distanza fra loro.

-Devo essere sincero, hai escogitato un piano degno di nota. E pensare che in tutti questi anni non ti ho mai considerato una vera minaccia. -

-La tua arroganza ti ha portato a questo Shang Tsung. -

Lui annuì riconoscendo la verità.
-Darai inizio non solo all’invasione, ma anche all’annessione della Terra all’Outworld, cosa che porterà gli Dei Anziani a punire Shao Kahn… -

-E a quel punto l’Outworld e l’Earthrealm, saranno miei. - Terminò Quan Chi con un sorriso divertito.

Entrambi si fermarono, squadrandosi negli occhi. -Rendi le cose semplici, non lottare, tanto la fine per te è inevitabile. -

Shang Tsung si strinse nelle spalle. -Le cose semplici non trovi siano noiose? -

-Speravo che lo dicessi. -
Quan Chi scattò in avanti con un gancio destro, parato dall’avambraccio sinistro dell’altro, che rispose con un pugno allo stomaco.
La mano affondò nel plesso solare di Quan Chi, facendolo chinare in avanti con un urlo mozzato da un coniato di vomito.
Portandogli le mani a coppa dietro la nuca, Shang Tsung partì con una ginocchiata al volto rompendogli il naso con un sonoro crack.

Si accasciò a terra con un urlo di dolore, sentendo le narici e la gola riempirsi di sangue.
Shang Tsung gli montò sopra e cominciò a colpirlo ripetutamente al volto, spaccandogli uno zigomo e le labbra. Lui si portò le mani davanti al viso attutendo la maggior parte dei colpi, dopodiché partì con il contrattacco.
Shang Tsung, talmente preso dalla foga della battaglia e dalla vittoria che gli sembrava imminente, non si accorse di un portale verde e nero che si apriva alle sue spalle. Un teschio smeraldo uscì dal portale e cadde pesantemente sulla testa mora dello stregone aprendogli una profonda ferita nel cuoio capelluto, rintronandolo e annebbiandogli la vista, per qualche istante.
Quan Chi gli sferrò una ginocchiata nei reni e lo fece rotolare sopra di se, togliendoselo di dosso, dopodiché si rialzò velocemente da terra, pronto ad un nuovo attacco.

Shang Tsung aveva la vista annebbiata, e gli sembrava di avere un picchio dentro al cervello che gli martellasse continuamente le meningi.
Sapeva che Quan Chi gli sarebbe piombato nuovamente addosso, lo vide a pochi passi di distanza che si stava rialzando e gli tirò una palla di fuoco, se era a suon di magia che si voleva battere, allora avrebbe avuto ciò che desiderava.
La palla infuocata si abbatté in terra accanendosi contro una roccia solitaria, Shang Tsung si accorse troppo tardi dell'altro che gli piombava addosso dall’alto.
Un calcio lo centrò in pieno viso facendolo barcollare di lato, poi una spazzata lo fece volare a terra con una schienata che gli mozzò il fiato.

Quan Chi si rialzò con una mezza giravolta da terra, facendo perno su di un piede e osservò l’altro stregone che tossiva incapace di ricominciare a respirare. Si godette per qualche secondo quella scena, divertito e soddisfatto nel vedere il dolore del suo avversario, quando lo vide tentare di rialzarsi lo colpì con un calcio in mezzo alla vita, facendogli incrinare qualche costola e spostandolo di qualche cm da terra.

Shang Tsung si portò una mano al fianco e faticosamente cercò di rialzarsi, ma un calcio al volto lo fece nuovamente volare a faccia in su sulle rocce, aprendogli un taglio sul labbro inferiore.
Sorridendo divertito lo stregone del Netherrealm abbatté un calcio con tutta la sua forza sullo sterno dell’avversario.
Tossì nuovamente, ma questa volta un fiotto di sangue spruzzò dalla sua bocca, macchiandogli i denti e il pizzetto nero.

Siccome gli sembrava divertente vederlo soffrire e alla sua completa mercé, Quan Chi si abbatté nuovamente con un calcio, di tacco, sopra il petto del moro, crogiolandosi troppo in una vittoria non ancora ottenuta.

Shang Tsung, infatti,  si aspettava un altro colpo del genere, sapeva dell’inclinazioni sadiche del suo avversario e così gli afferrò il piede, bloccando il colpo e velocemente gli girò la caviglia in un’angolazione irregolare. Un sonoro crack determinò la dislocazione dell’osso.
Quan Chi urlò e zoppicò lontano da lui, permettendogli di rialzarsi. Nuovamente in posizione verticale, roteò le mani in aria disegnando un cerchio infuocato, che prese la forma di un teschio e si abbatté contro Qaun Chi, impossibilitato a schivarlo, non ebbe altra scelta che incrociare le braccia davanti al volto cercando di pararsi.
Un calore improvviso e un urto simile ad una martellata da fabbro lo fece volare per qualche metro, prima di riatterrare con un tonfo sordo a terra.
Le fiamme gli avevano preso gli avambracci e le spalle e così fu costretto a rotolarsi a terra per spegnere l’incendio.
Dolorante e con vesciche da scottatura sulle braccia Quan Chi guardò stupefatto Shang Tsung, molto distante da lui, che voltandosi gli fece un profondo inchino canzonatorio prima di dargli le spalle e allontanarsi.

-Non puoi sfuggirmi! -
Gridò lo stregone del Netherrealm rialzandosi a fatica. Ma a parte le sue parole, non poteva far niente per impedirgli la fuga. Con il sangue che continuava a gocciolargli dal naso e il dolore pulsante alla caviglia Quan Chi si concentrò al massimo e un’ombra dal terreno prese forma.

-Mi hai chiamato? -
Un ninja nero apparve d’innanzi a lui in posiziona eretta e rigida, come un soldato chiamato a rapporto dal suo comandante.

-Noob, devi trovare ed uccidere Shang Tsung. Shao Kahn lo desidera. -

Noob Saibot si limitò ad osservarlo da quegli incavi bianchi luminosi che erano i suoi occhi, dopodiché la sua forma fisica si dissolse nell’ombra dello stregone e come era arrivato, scomparve.

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Capitolo 4
*** 1.2 Festeggiamenti ***


1.2 Festeggiamenti

Sulla Terra, in cima al tempio celeste, erano radunati i combattenti dell’ultimo Mortal Kombat, in piedi di fronte al Dio del tuono, Raiden, orgoglioso e fiero dei suoi lottatori.
Raiden stava giust’appunto tessendo le lodi della vittoria al Mortal Kombat, da parte di Liu Kang, su Shao Kahn.

Il monaco aveva lo sguardo basso e un sorriso timido, ma soddisfatto nascosto dalla posizione china. Sentendosi osservato si voltò alla sua sinistra, appena in tempo per vedere Kitana distogliere lo sguardo da lui. La principessa di Edenia vedendo che il monaco continuava a fissarla, ricambiò la sua occhiata ed entrambi sorrisero di ciò che lessero nello sguardo altrui.

Johnny Cage al fianco del monaco gli tirò una poderosa pacca sulla schiena distraendolo da Kitana, abbassandosi gli occhiali da sole sul naso, rivelò due occhi verdi, resi ancora più divertenti dal continuo abbassarsi e alzarsi delle sopracciglia.
-Bella presa amico. - Gli disse facendo schioccare la lingua e notando che Kitana si era distratta per dire qualcosa a Jade, vicino a lei.

Rendendosi conto che tranne Kung Lao, nessun altro lo stava ascoltando, troppo presi dai loro ormoni, Raiden batté insieme le mani con un sorriso divertito.
-Bè… che altro c’è da dire? Ottimo lavoro. -
Un applauso attirò l’attenzione di tutti i presenti, voltandosi verso l’entrata del tempio videro Mileena che stava applaudendo con una certa enfasi.

-Mileena… - Kitana estrasse i ventagli e l’aprì rivelando le lame taglienti come rasoi.
Raiden si frappose fra le due.
-Cosa ci fai qui Mileena? -

La ninja viola avanzò ancheggiando verso il Dio del tuono. Johnny Cage, si alzò gli occhiali da sole sopra la testa osservando con un certo interesse la ninja. Sonya al suo fianco gli tirò una gomitata fra le costole facendolo piegare in due dal dolore.
-Ma la pianti?! - Lo riprese indispettita per le attenzioni che aveva avuto nei suoi riguardi.
Jax, all’altro fianco di Sonya guardò storto entrambi riportandoli all’ordine.

-Non posso venire a trovare semplicemente la mia amata sorella? - Guardò fissa Kitana che sembrava sul punto di saltarle addosso ed ingaggiare una sanguinosa lotta.
-Basta così! - Anche Liu Kang fece un passo in avanti raggiungendo il fianco della ninja blu. -Dicci quello che vuoi, o muori nel tentativo di scappare. -

Mileena si lasciò sfuggire una risata talmente genuina da risultare cristallina.
-Piantala! - Baraka giunse al fianco della ninja viola. -Non perdere tempo in inutili giochi. - Il Tarkatan si voltò verso i terrestri. -Siamo qui semplicemente come messaggeri dell’Imperatore Shao Kahn. Veniamo a proporvi un nuovo Mortal Kombat. -

-Un altro?! - Cage aveva la bocca spalancata per lo stupore e la sua interruzione gli valse altre occhiatacce.
-Cosa spera di ottenere Shao Kahn? Non accetteremo mai di combattere un altro Mortal Kombat. - Rispose Raiden.

-Non è rivolto a voi. - Baraka si voltò verso Kitana. -Shao Kahn vuole sfidare gli edeniani ad un Mortal Kombat, se vincete, Edenia tornerà indipendente, in caso contrario… - Baraka non riuscì a nascondere una smorfia di disappunto nel pronunciare le seguenti parole. -Kitana dovrà convogliare a nozze con Shao Kahn. -

La proposta ebbe un effetto scioccante sul gruppo, come sperato. Perfino Mileen ebbe un brivido di terrore a quelle parole, pur sapendo che era una farsa. In verità quello era solo un incentivo per convincere Liu Kang e gli altri a partecipare nuovamente al Mortal Kombat, piccolo inganno suggeritogli da Shang Tsung, tanto per andare sul sicuro.

-Cosa?! - Liu Kang sembrava rosso di rabbia. -Mai! Kitana non accetterà mai queste condizioni! Potete dire al vostro imperatore… -
-Ti prego. - Kitana toccò un braccio al monaco, interrompendo quel fiume di rabbia.
-Perché? - Volle sapere Sonya. -A cosa mira? -

Baraka la guardò torvo, lui era un guerriero non un messaggero, e stare in mezzo a quegli arroganti sentimentalisti terrestri, cominciava a dargli veramente sui nervi, gli prudevano le mani, e la voglia di estrarre le lame e cercare di potare più teste che poteva continuava a crescere ogni secondo che era costretto a sopportare la loro vista. Soprattutto quella di Kung Lao.
-Il messaggio che dovevamo recapitarvi, lo avete avuto. Se accettate la sfida, ci vedremo domani ad Edenia, nell’arena dei combattimenti. -
Detto questo i due messaggeri si voltarono e se ne andarono.

Liu Kang si voltò verso Kitana. -Non puoi accettare! - Ringhiò furioso.
La principessa di Edenia invece sembrava pensierosa e si voltò verso Jade, in cerca di un suo consiglio.
La ninja verde era preoccupata.
-E’ sicuramente una trappola. C’è qualcosa sotto. -
Kitana annuì.
-Ma se esiste la possibilità, anche remota di salvare Edenia, allora io devo assolutamente provarci. - Annuì per convincersi di quella decisione. -Accetterò la sua proposta. -
-E con quali lottatori pensi di combattere il Mortal Kombat? - Chiese Kung Lao, che fino a quel momento era stato in silenzio ad osservare la scena.
-Non lo so… dovessi combattere anche da sola… -
-Io combatterò per Edenia. - Jade fece un passo avanti, e le due donne ebbero uno sguardo d’intesa.
-Anche io! - Disse Liu Kang.
-Non puoi. -

Liu Kang rivolse a Raiden uno sguardo furioso. -Come? - Chiese a denti stretti.
-Ogni campione deve lottare solamente per il proprio regno. Tu puoi competere nel Mortal Kombat, ma se dovessi perdere ne pagherebbe le conseguenze anche la Terra. -
-Kitana ha combattuto al nostro fianco, quando abbiamo avuto bisogno di lei, ci ha aiutati, io mi sento in dovere di fare lo stesso. - Si voltò verso i compagni. -Siete con me? - Chiese.

-Hey… aspettate un attimo. -
Johnny Cage alzò le mani in aria e avanzò al centro del gruppo per avere l’attenzione di tutti, interrompendo la risposta degli altri.
-Io capisco il desiderio di Liu Kang di combattere per far colpo sulle donne… - Vedendo il sorriso divertito delle ragazze, il monaco stava per dire qualcosa, ma venne anticipato dal continuo del discorso del biondo. -… e capisco anche Kung Lao che combatte per la disperazione di non avere una donna… - Kung Lao sospirò ridacchiando, sentendo le risate sonore dei suoi amici. -… ma qualcuno di voi mi potrebbe spiegare perché Io, attore milionario, e playboy di successo, dovrei rischiare la mia vita in un altro Mortal Kombat? Soprattutto considerando il fatto che ne ho appena passati 2 quasi di fila? -
-Se hai paura fighetto, basta dirlo. - Jax sorrise canzonatorio fissando l’uomo davanti a lui.
-Guarda… parteciperò solo per dare alle ragazze qualcosa di bello da vedere. -
Tutti scoppiarono a ridere, mentre Jax passava un braccio bionico intorno alle spalle dell’attore, stritolandolo in una morsa amichevole.

Nell’Outworld, nella sala principale del castello di Shao Kahn, tavoli apparecchiati con ogni tipo di pietanza e cibo, facevano da contorno al banchetto di festeggiamento per l’inizio del torneo. La sala era gremita dai combattenti sopravvissuto dallo scorso Mortal Kombat.
Goro, principe Shokan del regno sotterraneo si guardava attorno con circospezione. Ai suoi occhi non era certo sfuggita la mancanza di Shang Tsung. Era da quando si era allontanato con Quan Chi, solo il giorno prima che non lo aveva più visto. Né lui, né Quan Chi, anche se di quest’ultimo comunque non glie ne importava niente.
-Vi vedo pensieroso. -
Voltandosi Goro si accorse di Sheeva, che lo aveva raggiunto al fianco destro senza che lui se ne accorgesse.
-C’è qualcosa che vi turba? -
L’uomo-drago distolse lo sguardo dalla guerriera. -Ho un brutto presentimento. -

Seguendo lo sguardo del suo principe, Sheeva scrutò la folla nel salone. Subito la sua attenzione venne catturata dal confusionario Kano, con in mano il coscio di un animale non ben identificato, la barba sporca di olio e salsa e quella sua bocca sempre aperta nello sparare qualsiasi tipo di cavolata, basta che abbia la decenza di venirgli in mente. Davanti a lui Reptile stava sghignazzando divertito.

-Qui facciamo più Mortal Kombat che pisciate, quindi ho deciso. Al termine se siamo ancora vivi, ti porto a mangiare una pizza! -
Reptile corrugò lo sguardo. -Cibo terressstre? -
-Certo lucertolone mio! Il miglior cibo che tu possa mangiare! - Ridendo fragorosamente passò una mano intorno alle spalle dell’uomo rettile e alzò un calice pieno di vino. -Dai facciamo un bel brindisi! -

Sheeva incurvò le labbra in un sorriso, Kano poteva essere del tutto privo di tatto e di buone maniere, ma senza dubbio era divertente. I terrestri erano così strani, lo aveva sempre pensato, ma a lei non dispiacevano, anzi, erano così variegati e indipendenti, non erano come gli Shokan, o i Tarkatan, così legati alla loro razza, quasi da sentirsi un unico essere. Gli uomini vivevano in funzione della loro personificazione, e questo era un lato che lei non aveva mai capito né condiviso, si lotta per il valore, per il successo, per il potere, ma che senso aveva lottare per distinguersi dagli altri? E questo gli portava a lottare spesso e volentieri anche fra di loro, ad uccidersi, spesso, addirittura in assenza di validi motivi. I terrestri erano infidi e vili, del tutto privi di onore, e tutto, sempre e solo in virtù di loro stessi.
Per gli Shokan e i Tarkatan era differente, lottavano fra di loro per la supremazia, ma poi facevano fronte comune, tutti insieme, indipendentemente da forti e deboli, contro i nemici, non di un singolo, ma di tutta la razza.
Assorta così nei suoi pensieri Sheeva venne colpita dall’assenza di una presenza ormai divenuta familiare nei banchetti prima dei tornei.
-Non c’è Shang Tsung. E’ successo qualcosa? -
-Manca da ieri, da quando si è diretto nell'Earthrealm con Quan Chi, per un rituale. - Goro preferì non rivelare la natura del rituale, poiché sapeva dell’affetto che Sheeva provava per la defunta regina Sindel, e non voleva addolorarla in caso di mancato successo.

La loro conversazione venne interrotta dall’ingresso nella sala di Shao Kahn, con al suo seguito Quan Chi e una donna di cui aveva solo un vago ricordo.
La regina Sindel. Sheeva sembrava non credere ai suoi occhi, la regina Sindel era tornata a camminare in mezzo a loro. Certo era diversa da come se la ricordava, i capelli erano completamenti bianchi, solo una striscia in mezzo alla folta chioma manteneva il suo colore naturale, nero, come la pece. Anche gli occhi erano completamente bianchi, privi di ogni colore o espressività, ma quella era Sindel, la sua vecchia amica che non vedeva da troppi anni per preoccuparsi di come fosse cambiata esteriormente.
Avrebbe voluto correrle incontro e abbracciarla con tutte le sue 4 braccia, ma sapeva che Shao Kahn non avrebbe apprezzato, e così rimase in disparte ad osservare il trio avanzare verso il trono.

Shao Kahn si sedette sul trono di pietra e Quan Chi e Sindel presero posto al suo fianco, in piedi.
-Si è rifatto il naso il nostro stregone latticino. - Kano dette di gomito a Kintaro, non molto lontano da Goro e Sheeva, facendo sorridere l’uomo leopardo.

-Kano ha ragione. - Sheeva guardò Goro mentre pronunciava le seguenti parole. -Quan Chi ha il naso rotto e ferite curate frettolosamente con qualche magia… e da come zoppica… -
-Probabilmente si è scontrato con Shang Tsung, e questo spiegherebbe l’assenza di quest’ultimo. - Terminò il principe Shokan.
Sheeva fece una smorfia, da quando era arrivato Quan Chi, aveva imparato ad apprezzare ancora di più lo stregone di origini terrestri.

Shao Kahn cominciò il suo discorso di rito. -Guerrieri! Da oggi, do ufficialmente inizio al torneo del Mortal Kombat per Edenia! - Si alzò in piedi, mentre tutti gridavano esaltati o alzavano il pugno in aria. -Baraka! A te darò il compito di radunare gli uomini da far partecipare al torneo. -

Il generale Tarkatan sembrò sorpreso, ma anche indubbiamente contento per quella responsabilità. Fece un rapido inchino con la testa, e nel rialzarla vide Mileena non molto distante che aveva sollevato i pollici in alto in segno di vittoria.

-Inutile che vi ricordi che non tollero sconfitte in questo torneo. Farete meglio a morire in combattimento se verrete sconfitti, perché altrimenti al vostro ritorno vi attenderà una morte 10 volte più dolorosa! - Il silenzio calò assoluto nella sala. -Immagino che avrete notato l’assenza di Shang Tsung. - Un lieve mormorio si levò tra la folla di guerrieri. -Shang Tsung mi ha tradito! Lo aspetta la pena di morte più terribile che mi possa venire in mente. Così come a tutti coloro che verranno sorpresi ad aiutarlo. -
-Lo ucciderò io mio signore. - Sindel fece un passo avanti sicura di se.
-Quan Chi… Sindel è in grado di affrontare Shang Tsung da sola? -
Lo stregone annuì prontamente. -Si, mio signore. Shang Tsung è stato ferito personalmente da me. Non sarà un problema per la regina Sindel, eliminarlo. -
Shao Kahn guardò lo stregone che cominciava a faticare a rimanere in equilibrio su di un solo piede.
-Porta Sheeva con te, mia cara. - Sindel fece un inchino e si avviò verso la porta, facendo cenno a Sheeva di seguirla. -In quanto a te Quan Chi, riferisci a Goro che lo voglio incontrare nella sala delle riunioni. - Lo guardò quasi con disgusto. -E curati quella gamba. Sei patetico! - Detto questo si alzò e uscì a sua volta dalla sala.

Goro fu piuttosto sorpreso da quella convocazione, ma si recò comunque al cospetto dell’imperatore dell’Outworld. Shao Kahn lo stava attendendo seduto su di un altro trono, in posizione eretta.
-Mi avete mandato a chiamare? - Chiese lo Shokan avanzando verso di lui.
-Si. - Shao Kahn si sporse appena. -A chi va la tua lealtà Goro? -
-Agli Shokan. - Rispose fiero.
-E dato che gli Shokan hanno giurato fedeltà a me. Ti ripeto. A chi va la tua lealtà? - Chiese nuovamente Shao Kahn con una vena di rabbia nella voce.
Odiava non sentire ciò che voleva lui.
-A voi… imperatore. - Chinò la testa nascondendo la smorfia di disprezzo che non riuscì a contenere nel pronunciare quelle parole.
-Faresti qualsiasi cosa per me? -
Goro alzò lo sguardo fissandolo in quello di Shao Kahn, non rispose, non ce n’era bisogno.
-Perfino uccidere Shang Tsung? -
Quella richiesta lo scosse, fu la prima volta che prese in considerazione quella eventualità. Shang Tsung era un traditore, quindi andava ucciso, ma non aveva mai pensato che sarebbe toccato a lui farlo. I suoi pensieri vennero interrotti da Shao Kahn, che tornò seduto composto sul trono.
-Vattene. - Gli ordinò.
Così, senza aver capito il motivo di quella convocazione, come era arrivato, Goro uscì da quella stanza, con ancora una domanda sconvolgente nella testa.
Nel corridoio incrociò Motaro che stava avanzando verso di lui. Goro si fermò ad osservarlo, questi gli sorrise divertito ed entrò dalla stessa porta da cui lui era appena uscito. Dunque così si spiegava il motivo di quel colloquio. Shao Kahn voleva sapere se affidare a lui o a Motaro una missione di fiducia. Probabilmente, lui con il suo silenzio aveva permesso a Motaro di sorpassarlo. Quel maledetto Centauro. Strinse i pugni infuriato per quel suo misero fallimento, tutto per colpa di quei ridicoli sentimenti da cui era stato contagiato.
Lui. Goro, principe degli Shokan. Si era macchiato di un disonore verso la sua razza che solo col sangue sarebbe riuscito a cancellare.
-Goro… -
Voltandosi di scatto notò Sheeva avanzare verso di lui, da quanto tempo lo stava aspettando in quel corridoio?
-Sheeva, c’è qualcosa che non va? - Aveva una strana luce negli occhi, quasi preoccupata.
-Ho ricevuto ordine da Sindel, di aiutarla nella caccia e l’omicidio di Shang Tsung. -
Goro cominciava ad odiare quel nome. -E allora? -
-Volevo sapere… cosa vuoi che io faccia? -
-Hai ricevuto ordini dalla regina Sindel. Ciò che io voglio non ha importanza. - La superò avviandosi per il corridoio.
-Se per me avesse importanza? - Gli chiese la Shokan.
-La tua lealtà Sheeva va alla tua razza, gli Shokan. Non a me, né alla regina, tanto meno all’imperatore. Ma noi abbiamo promesso lealtà verso Shao Kahn. E tu devi eseguire i suoi ordini. Senza alcuna esitazione. - Così dicendo riprese il cammino senza voltarsi a guardare che effetto avessero avuto le sue parole. Ma quella domanda continuava a ronzargli nella testa.
Che cos’era per lui Shang Tsung? Avevano combattuto a fianco per molti anni, avevano condiviso vittorie e sconfitte, si rispettavano e temevano come combattenti… e l’idea di ucciderlo certamente non lo allettava, anche perché si sentiva in debito con lui. Era stato grazie a lui se gli Shokan avevano ottenuto una così grande considerazione agli occhi dell’imperatore. Shang Tsung lo aveva portato con se al Mortal Kombat, una volta terminato il suo esilio nelle miniere, dandogli modo di dimostrare tutto il suo valore. Si ricordava la prima volta che vide quello strano essere varcare i cancelli del suo regno. Prima di allora non aveva mai visto un terrestre. La cosa che più lo stupì fu la forza che riusciva a contenere un corpo all’apparenza tanto gracile. Una forza con cui si trovò a scontrarsi lui stesso nei Mortal Kombat a venire. Questa era forse l’amicizia che provavano anche i terrestri? Scosse la testa irritato dai suoi stessi pensieri. C’era una guerra da combattere. Adesso doveva occuparsi solo di quello.

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Capitolo 5
*** 2.2 Inganno ***


2.2 Inganno

Lo squadrone dell’Outworld era appena giunto all’arena di Edenia. Un enorme mezzo cerchio sabbioso, con ai lati spalti in marmo con enormi panchine. Baraka era vistosamente nervoso, quella era la prima volta che Shao Kahn gli affidava un compito tanto importante, e nonostante questo, non gli aveva permesso di avvalersi di combattenti del grado di Goro, Kintaro o Motaro, neppure Quan Chi aveva partecipato. Aveva la netta sensazione che ci fosse un certo snobbismo per questo torneo, ma non ne capiva davvero il motivo. Per come la vedeva era un Mortal Kombat come gli altri, sempre e comunque mirato alla conquista dell’Earthrealm.
-Nervoso? - Mileena gli si avvicinò ancheggiando in modo sensuale, ma con quella voce squillante da bambina.
-No. - Mentì spudoratamente, ma nervoso, per lui era solo un altro sinonimo di debole, e lui non poteva permettersi di apparire debole.
-Io se fossi in te lo sarei. -
-Perché dovresti? Tuo padre non ti farebbe mai accadere niente di male. -
-E’ il mio patrigno. - Lo corresse con fervore. -E se dici certe cavolate è palese che non lo conosci affatto. -

Figurarsi se Shao Kahn la vedeva come una figlia. Era solo un oggetto, un giocattolo da manipolare e plasmare per eseguire meglio i suoi ordini.

Baraka osservò i combattenti che si stavano scaldando.
-Forse non dovrei neppure dirtelo… ma quando comincerà il torneo… qualsiasi cosa accada… non farti uccidere. -
Mileena corrugò lo sguardo. -Che intendi dire? -
-Non so spiegarlo… ma ho come l’impressione che il tuo patrigno ci stia usando come carne da cannone. -

Mileena si voltò verso gli altri guerrieri, notò i loro sguardi, le occhiate che si lanciavano. Quel torneo non era come gli altri, tutti lo sapevano. Anche lei aveva percepito qualcosa di strano, in un primo momento aveva attribuito quel senso di sgomento alla mancanza di Shang Tsung, presenza ormai divenuta talmente abitudinaria nei vari Mortal Kombat, da trasmettere un senso di sicurezza che invece la sua assenza contribuiva a cancellare completamente.

Solo un lottatore non sembrava turbato da ciò che gli avveniva intorno. Il ninja enigmatico, con il volto completamente nascosto da delle fasce nere, solo gli occhi, completamente verdi, inespressivi e luminosi apparivano dietro quelle bende. Se ne stava in disparte, come sempre, le braccia incrociate davanti al petto, gli occhi persi nell’enigma del suo essere.

La ninja viola aveva sempre trovato inquietante quell’uomo, se di uomo si poteva parlare, sapeva che era stato creato da Shang Tsung, ma non sapeva altro di lui, quando si muoveva lo faceva con movimenti lenti, mentre quando combatteva era più veloce di una saetta, la sua voce sembrava un eco proveniente dal fondo di una grotta, e sembrava che più voci parlassero all’unisono. Non fraternizzava con nessuno, e tutti gli stavano alla larga.
Mileena lo fissò attentamente, cosa sapeva lui, che loro invece ignoravano?

I loro pensieri vennero interrotti dall’arrivo dei guerrieri di Edenia, Kitana camminava austera, bella e sprezzante al fianco del monaco Liu Kang, vincitore dell’ultimo torneo e campione dell’Earthrealm.
-Sonya, dolcezza. Speravo di poterti incontrare ancora. - Kano rise fragorosamente in direzione della bionda che fece un passo in avanti furiosa, bloccata immediatamente da Jax che l’afferrò per l’avambraccio.
-Credo che abbiamo il primo combattimento. - Baraka lanciò un’occhiata a Kano, che annuì roteando la spalla destra per sciogliersi i muscoli.
-Sonya vs Kano. -

Sonya si legò i capelli dietro la nuca con lo sguardo fisso sul suo avversario già salito sull’arena.
-Sonya… non essere precipitosa. Non farti prendere dalla smania di uccidere quel bastardo. -
-Va bene maggiore. -
Jax annuì allontanandosi di qualche passo. -Ignora le sue provocazioni. -
La bionda salì sull’arena, dalla sua faccia era palese che non vedesse l’ora di cominciare.

Cage prese posto vicino a Jax.
-Se quello va troppo oltre non me ne frega niente del torneo, o di Edenia. Io lo ammazzo sul posto. -

Il maggiore delle forze speciali si voltò verso l’attore quasi sconvolto da quelle parole, eppure ormai doveva saperlo che Cage non era quel pagliaccio che gli piaceva far credere.
-Non sarò certo io a fermarti amico. - Gli dette una poderosa pacca sulla spalla. -Ma Sonya è molto più tosta di quanto tu possa credere. Ce la farà da sola. Vedrai. -

L’inizio dell’incontro venne annunciato.
Kano camminava tranquillamente con gli occhi sempre rivolti verso Sonya.
-Sai dolcezza, devo ammettere che questo gioco fra noi mi diverte davvero molto. -
Sonya lo fissava come una tigre in gabbia che attendeva il momento propizio per attaccare la sua vittima.
-Mi addormento spesso la notte pensando a te sai? - Lei partì all’attacco, correndogli in contro e cercando di colpirlo con un calcio volante al petto. Lui si scansò lateralmente facendola atterrare sulla sabbia dell’arena, mandando poi a vuoto una spazzata, alzando con noncuranza il piede.
-Il tuo compagno è morto bellezza, ma sarei ben lieto di curare la tua solitudine io stesso. -

Sonya si alzò di scatto e cercò di colpirlo con un pugno, ma la mano le venne bloccata da quella più grande e forte dell’uomo che le sorrise divertito.
-Allontanati! - Gridò Cage, ma il suggerimento non venne accolto, tentò di colpirlo con la mano libera, ma una testata si abbatté sulla sua fronte, facendola volare al tappeto con un tonfo e una nuvola di polvere. Mentre era a terra l’uomo le tirò un calcio a mezza vita facendola volare a mezzo metro da lui.

Kano le afferrò i capelli e la strattonò in piedi, facendola urlare per il dolore.
-Devo dirtelo dolcezza, ti scaldi meglio di una stufa. - Le tirò un’altra testata al volto, e questa volta le prese il naso, facendoglielo sanguinare copiosamente. La lasciò cadere a terra e si chinò sulle ginocchia per osservarla, mentre lentamente tentava di rialzarsi.
-Sai tesoro, un bel bocconcino come te, non dovrebbe sprecare la sua vita appresso ad un solo uomo. - Con l’indice le carezzò il profilo del viso, troppo sicuro di se, non aveva previsto una reazione tanto violenta.

Con la mano gli afferrò il dito e glie lo girò in una posizione innaturale, facendolo urlare di dolore. Sonya approfittò dei pochi passi all’indietro fatti dall’avversario per rialzarsi.
-Non osare mai più a toccarmi bastardo. - Ringhiò guardandolo con odio.

Kano si teneva il dito rigirato, poi se lo rimise nella posizione giusta con un sonoro click.
-Perché sennò che mi fai? - La scimmiottò.

Sonya partì con un calcio basso al ginocchio facendolo piegare su di un lato, poi cercò di colpirlo al volto con un pugno, parato facilmente dalla mano dell’uomo, che lo aveva previsto; ma non aveva previsto il resto. Alzando il gomito la donna lo colpì con una gomitata allo zigomo sinistro, oltre alla carne colpì anche il metallo e questo le valse un enorme livido bluastro che cominciò ad espandersi sul gomito.
Mentre era ancora girato per la gomitata, partì con una raffica di pugni ai reni, Kano si voltò furioso con una gomitata, che andò a vuoto sopra la testa della poliziotta. Si abbassò e con una spazzata lo fece volare al tappeto con una sonora schienata che gli tolse l’aria dai polmoni.

-Vai così! - Urlò Cage alzando un pugno in aria tutto estasiato. -Gonfialo di botte! -

Sonya gli montò sopra e cominciò a riempirlo di pugni in faccia, ma Kano nel corpo a corpo ravvicinato era più forte, e alzando un gomito le bloccò un braccio sotto l’ascella, con la mano libera, cercava di fermare la raffica di pugni sul lato destro del volto. Intenta com’era nel cercare di massacrare quel maledetto contrabbandiere assassino, non si accorse delle gambe dell’uomo che abilmente le bloccarono una gamba, poi con un colpo di reni venne rigirata a terra, invertendo le posizioni.
Velocemente Sonya si alzò a sedere e afferrò entrambe le braccia dell’uomo bloccandole sotto le ascelle, mentre con la testa gli pigiava contro la mascella, impedendogli di tirare testate.

Erano in una posizione di stallo, ma nessuno dei due sembrava intenzionato a cedere niente all’altro. Gli altri lottatori gridavano consigli e incoraggiamenti, quando un fulmine squarciò il cielo e si abbatté proprio vicino i due combattenti nell’arena. Entrambi scattarono in piedi mettendo spazio fra loro.

Raiden apparve contornato dai fulmini.
-Non c’è tempo! La Terra è sotto attacco! Dovete tornare! -
-Ma il Mortal Kombat… - Cominciò Kung Lao.
-Vi hanno imbrogliato! Era solo una scusa per tenervi lontani dalla Terra. Dovete tornare ora! -

Kano sconvolto si voltò verso i suoi compagni, ma a giudicare dalle loro facce, neppure loro ne sapevano niente.

Raiden aprì un portale. -Non c’è tempo da perdere! -
I combattenti della Terra saltarono dentro al portale.

-Quindi ho vinto? - Chiese Kano allargando le braccia. -Che facciamo? -
Reptile si avvicinò a Baraka.
-Sssei tu che comandi. Gli ssseguiamo? -

Baraka sembrava furioso, i suoi dubbi avevano finalmente trovato una risposta, Shao Kahn gli aveva usati come esca per dare inizio all’invasione sulla Terra. Ma non era quello che gli faceva ribollire il sangue nelle vene, ma bensì il fatto che non ne fosse al corrente. Da quando erano diventati solo carne da cannone?
-Allora? - Chiese anche Mileena. -Che facciamo? -
-Torniamo nell’Outworld e chiediamo ordini. - E spiegazioni. Ma quella seconda parte non la disse ad alta voce.

Dette ordine agli altri di attendere nella sala principale, lui sarebbe andato a parlare direttamente con l’imperatore.
Quando entrò nella sala del trono, Shao Kahn era seduto comodamente sulla sua poltrona.
-Baraka. Come mai sei qui? - Chiese con una nota di fastidio nella voce.
Baraka si fermò poco distante da lui e s‘inginocchiò, chinando il capo.
-Imperatore sono venuto a ricevere ordini. Il torneo è stato interrotto a causa dell’arrivo di Raiden. E’ in corso un attacco alla Terra? -
-Si. - Rispose semplicemente l’altro, senza chiedere neppure se ci fossero state delle perdite.
-Non ne sapevo niente. - Baraka alzò la testa guardandolo negli occhi, gesto che fece irritare il suo interlocutore.
-Tu non DEVI SAPERE! - Tuonò battendo una mano sul bracciolo in osso del trono. -Tu devi solo eseguire i miei ordini! -
-Se vengo usato come esca voglio saperlo. -

Shao Kahn si alzò in piedi furioso, i muscoli delle spalle e del petto erano in tensione, come se fosse pronto a scattare da un momento all’altro.
-Ricordati qual è il tuo posto Tarkatan! O prenderò provvedimenti! - Lo indicò minaccioso.

Baraka si costrinse a rimanere calmo, e abbassò nuovamente la testa in segno di perdono.
-Quali sono gli ordini? - Chiese cercando di non far trapelare la rabbia dalla sua voce.
-Vai sulla Terra, unisciti a Motaro e prendi il comando dei Tarkatan. - Shao Kahn continuava a fissarlo dall’alto in basso.
-I Tarkatan? - Baraka si alzò dalla sua posizione reverenziale. -I miei soldati sono già laggiù? -

-Ti crea qualche problema? - Shao Kahn avanzò di un passo, guardandolo fisso negli occhi, uno sguardo che faceva paura, che intimoriva, che voleva dire che la sua fine era vicina.
L’imperatore ormai aveva deciso che Baraka aveva bisogno di tornare al suo posto, era un’ottima riserva in battaglia, ma il suo comportamento lo irritava oltre modo. Aveva intenzione di intimorirlo e umiliarlo, e mai nessuno aveva osato sfidarlo fino ad allora. Per questo si aspettava che il Tarkatan abbassasse nuovamente la testa ed eseguisse gli ordini come un fedele cagnolino, andandosene con la coda tra le gambe.
Quella volta, tuttavia, le cose presero una piega differente.

Baraka lo guardava dritto negli occhi con odio, rabbia, frustrazione, non disse niente, le lame degli avambracci, ad un suo tendere di muscoli scattarono verso il basso, toccando con la punta il pavimento.

Shao Kahn era sorpreso, doveva ammetterlo, quello proprio non se lo aspettava. Si riprese alla svelta, drizzandosi sulla schiena.
-Vuoi sfidarmi? - Chiese, mentre nella mano destra si materializzava un martello da guerra.

Baraka prese quella possibilità in considerazione, giocarsi il tutto per tutto, aveva sempre dato per scontato che l’imperatore fosse più forte di lui, adesso era finalmente giunto il momento di scoprirlo.
Scattò in avanti, con una lama sollevata sopra la testa, ma uno dei centauri di guardia alla porta si frappose fra lui e l’imperatore, colpendolo con la coda all’addome, Baraka venne scaraventato quasi in fondo alla stanza, ma si rialzò velocemente, mentre l’altro tentava di colpirlo caricandolo frontalmente. Il Tarkatan balzò oltre il corpo del centauro e lo colpì con un calcio ben assestato alla nuca, facendolo cadere con un tonfo sordo a terra, abbassandosi, quasi fino a toccare il pavimento con la pancia si dette una spinta verso l’altra guardia colpendolo con una ginocchiata al mento, non aveva molto tempo e lo sapeva, voltandosi di scatto verso Shao Kahn, fece sfregare le due lame insieme, provocando una scintilla che partì saettando contro l’imperatore.

Shao Kahn fece un salto altissimo, quasi a sfiorare il soffitto e atterrò vicino al generale battendo il martello a terra, provocando un’onda d’urto che lo scaraventò a terra e lo fece slittare per diversi metri sul pavimento, prima di rialzarsi con una capriola all’indietro. Quel colpo aveva attirato altre guardie, che entrarono velocemente nella stanza, erano una decina, tra Centauri e Tarkatan.

Baraka gli osservò per qualche istante, non avrebbe mai potuto combattere contro Shao Kahn, non glie lo avrebbero permesso, e che senso aveva rischiare la vita dei suoi simili per una battaglia persa in partenza? Ritirò le lame nello stesso istante in cui Shao Kahn tuonava l’ordine perentorio.
-Arrestatelo! -
I Tarkatan rimasero immobili, guardandosi confusi, ad avanzare furono due Centauri che si portarono ai lati del generale, ma quando uno dei due fece per prendergli un braccio, Baraka in un gesto stizzoso tolse il braccio dalla presa della guardia, facendo sobbalzare tutti i presenti, dopodiché, lanciò un ultimo sguardo furioso verso Shao Kahn e si incamminò di sua spontanea volontà fuori dalla sala.

-Rinchiudetelo nelle prigioni, senza cibo né acqua. Chi dovesse disobbedire ne risponderà a me. - Shao Kahn guardò in particolar modo i pochi Tarkatan nella sala, ancora piuttosto confusi e spaesati. Baraka era un simbolo per loro, una specie di eroe nazionale, vederlo arrestare e condannare a morte così senza preavviso, era stato un duro colpo.

I combattenti nella sala principale del castello dell’Imperatore, videro un lungo corteo di guardie camminare per il corridoio, in mezzo a loro c’era Baraka. Anche se non lo tenevano fermo, o non aveva legacci alle mani o ai piedi, era comunque ovvio che lo avessero arrestato.
-Ma che cazzo… - Cominciò Kano osservando il corteo.

-Che è sssuccessso? - Chiese Reptile con la sua solita s allungata, che rendeva anche la parlata, oltre che all’aspetto, simile ad un rettile, avvicinandosi alle guardie, insieme a Mileena.

-Ha attaccato l’Imperatore. - Rispose uno dei Centauri fermatosi per tenerli lontani.

-Cosa?! - Mileena lo urlò da quanto era sconvolta.

-Attaccato l’Imperatore? Ma non dire cazzate! - Kano avanzò con fare deciso, ma la guardia lo tenne indietro posandogli una mano sul petto.
-Hey tieni giù le mani cavallo pazzo! - Kano si tolse la mano dal petto con uno schiaffo, e fece per avanzare, ma venne trattenuto da Reptile.
Il ninja verde sapeva che una decisione di Shao Kahn non era da prendere alla leggera, e se qualcuno avesse riferito di una loro reazione, probabilmente presto avrebbero fatto la stessa fine. In fin dei conti, non voleva rimanere nuovamente solo.

-Altrimenti, che mi fai? Vai a piangere dai terrestri? - Chiese la guardia.

Kano scattò verso di lui, ma Reptile lo trattenne.
-Calmati dannazssione! -

-Ma è impossibile… lui non avrebbe mai attaccato l’Imperatore. -
-Milady, non so cosa dirle… la stanza del trono era distrutta, e l’Imperatore ci ha ordinato di arrestarlo e condannarlo. -
-Condannarlo? - La domanda di Mileena fece passare il prurito alle mani di Kano che si fermò sconvolto.
-Si… lo ha condannato a morte. - La guardia fece un rapido inchino a Mileena e tornò tra le sue file.

-Ma che cazzo ha combinato quell’idiota? - Sbottò Kano voltandosi ancora piuttosto su di giri.
-Prima Shang Tsung, poi Baraka, maledizione se continua così l’Imperatore si libererà di tutta la vecchia guardia. Insomma, non che fossimo amici o cazzate del genere, ma io sto perdendo tutti i miei clienti, e per soldi sono anche pronto a farmi spaccare il culo. Ma senza un profitto… -

Lo sproloquio del terrestre venne interrotto dall’arrivo di Quan Chi.
-Siete tornati dunque. E tutti interi… - Poi osservando lo zigomo livido di Kano aggiunse: -O quasi. -
Lo stregone allargò le braccia, e aprì un portale non molto distante da loro.
-Abbiamo dato inizio all’annessione dell’ Earthrealm con l’Outworld, Motaro e gli altri vi aspettano. -
-Non ne sapevamo niente. - Disse confuso Kano. -Per quanto riguarda le armi… -
-Abbiamo già tutto quello che ci occorre. Se volete discutere di questo piano, la sala del trono dell’Imperatore è da quella parte. Dunque cosa decidete? -
Kano sorrise ironicamente e si avviò verso il portale, prima di entrarci si voltò verso Quan Chi e sputò a terra, molto vicino al suo piede, dopodiché sparì oltre il vortice verde.

Mileena osservò gli occhi degli altri, occhi timorosi per una guerra a cui non erano preparati, furiosi per l’inganno subito, delusi per la loro impotenza di fronte ad un uomo che trattava tutti con incredibile disprezzo e noncuranza, sottovalutandone l’orgoglio e la dignità.
Solo uno di loro varcò quella soglia con completa noncuranza e il dubbio di Mileena si rafforzò.
Ermac sapeva.
Anche Mileena oltrepassò quel portale, ma nei suoi occhi, una nuova emozione trapelava adesso, ed era la frustrazione.

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Capitolo 6
*** 3.2 Il Nemico del Mio Nemico ***


3.2 Il Nemico del Mio Nemico, è Mio Amico.

Non aveva idea da quanto tempo stesse vagando nel Netherrealm, ma abbastanza da cominciare ad esserne esasperato.
Shang Tsung si fermò nuovamente per fare il punto della situazione. Il Netherrealm non seguiva le regole fisiche e mistiche degli altri reami, lo sapeva fin troppo bene. Non tutte le magie erano praticabili, e purtroppo per lui la creazione di portali dimensionali, era tra queste. Tuttavia, all’insaputa del suo rivale Quan Chi, e soprattutto di Shao Kahn, a suo tempo, aveva studiato nei minimi dettagli quel reame e aveva trovato dei varchi dimensionali spontanei che si creavano ciclicamente. A quel tempo il suo unico interesse nei confronti del Netherrealm, era esclusivamente accademico, ma come sempre, sapere è potere.

I suoi sproloqui mentali vennero interrotti da una fiammata non molto distante da lui, sapeva che non era un’ evacuazione solforica generata spontaneamente dalle rocce magmatiche, non aveva percepito il forte odore solforico caratteristico e men che meno c’erano elementi che potessero permettere una tale fiammata.
Si inumidì le labbra fronteggiando il suo prossimo nemico.

Tra le fiamme fece il suo ingresso uno dei guerrieri più temuti e pericolosi dell'Outworld, e del Netherrealm, il ninja spettro Scorpion, con il suo tipico costume giallo e nero, sulla schiena portava due spade identiche, ma Shang Tsung era concentrato sul kunai arrotolato intorno al braccio destro, sua arma preferita nonché più pericolosa.
-E così… hanno mandato i demoni a prendermi? - Chiese lo stregone allargando le braccia, con un sorriso di sfida.

Gli occhi bianchi, inespressivi e inquietanti del ninja sembrarono scrutare l’uomo che gli era di fronte.
-Non sono qui per ucciderti. -

Shang Tsung allargò il sorriso, divenendo curioso.
-E per cosa sei qui? -

-Per avere delle risposte. -
Scorpion scese dallo scoglio lavico su cui era apparso, e con noncuranza Shang Tsung fece un passo in dietro, mantenendo invariate le distanze.

-Sulla morte del tuo clan e della tua famiglia immagino. -
-Esatto. -
-Dubiti di ciò che Quan Chi ti ha mostrato quando uccidesti Sub Zero, negandoti per sempre la possibilità di riavere la tua famiglia? -

Scorpion non rispose subito, ma poi chinò la testa.
-Il tuo problema Scorpion è che sei uno spirito di vendetta. Non riconosceresti la verità neppure se te la sbattessero in faccia. A meno che… non sia la tua famiglia a dirtelo. -
-Mi stai per caso prendendo in giro stregone? -
Scorpion fece un passo avanti furioso.
-Stai calmo, non c’è bisogno di animarsi subito in questo modo. Credo che potremmo giungere ad un accordo non ti pare? C’è una tua vecchia conoscenza che mi sta alle costole da qualche tempo. Diciamo che se tu fossi così gentile da rallentarlo il tempo necessario perché io me la squagli da qui, sarò ben lieto di ripagarti svelandoti dove si trovano le anime della tua famiglia. -

Il ninja giallo corrugò lo sguardo.
-Tu… sai davvero dove si trovano? -
-Se accetti le mie condizioni… -
-Accetto. -
-Devi inoltrarti nel cuore del Netherrealm, c’è una parete rocciosa, sembra liquida, come se dell’inchiostro o del petrolio ci colassero sopra. Quando sei lì, chiama la tua famiglia, e loro ti appariranno come spiriti. Credo che avranno molte cose da dirti. -

Scorpion annuì e gli si avvicinò.
-Ti conviene andare stregone. Noob Saibot è quasi arrivato, ed è meglio che non veda da che parte scappi, o ti rintraccerà facilmente. -

Shang Tsung fece un breve inchino di ringraziamento e se ne andò velocemente.

Scorpion rimase fermo, i muscoli e i sensi tesi al massimo, aveva dato la sua parola, doveva rispettare i patti. Abbassando lo sguardo vide un’ombra fugace che velocemente attraversava il terreno roccioso, Noob Saibot era lì.
Allungando velocemente il braccio, fece partire il kunai che si abbatté su di una roccia, nello stesso istante in cui l’ombra stava passando.
-Vieni Qui! - Gridò tirando a se il kunai con uno strattone.
L’ombra si staccò dal terreno, prendendo la ormai conosciuta forma del ninja nero Noob Saibot.

Shang Tsung era ormai a distanza di sicurezza dal luogo dello scontro fra i due ninja, ormai la sua priorità era uscire da quello stramaledettissimo buco infuocato. Un rumore alle sue spalle lo fece voltare di scatto, ma dietro di lui non c’era nessuno, sempre e solo fuoco e rocce. Rimase immobile tendendo le orecchie, non era un novellino, sapeva quello che aveva sentito.
Un rumore sopra di lui gli fece alzare la testa, appena in tempo per vedere Sheeva che lo stava attaccando dall’alto.
Si tuffò lateralmente schivando per un pelo il colpo della Shokan, che atterrò sulla roccia, aprendo un piccolo cratere.

Sheeva si drizzò sulla schiena.
-Arrenditi Shang Tsung. -
-Perché dovrei? -
-Non hai comunque scampo. -
-Noi sulla Terra abbiamo un detto. La speranza è sempre l’ultima a morire. -
-Allora non mi lasci scelta! - Sheeva scattò verso di lui cercando di colpirlo con un pugno al volto, ma lo stregone si abbassò e partì con un pugno allo stomaco, parato dall’altro braccio destro della Shokan. Dopotutto avere 4 braccia, in un combattimento corpo a corpo era più che utile, almeno fino a che il tuo avversario non ti colpisce con spazzate laterali. Purtroppo per Sheeva, lo stregone aveva studiato molto attentamente il modo di combattere degli Shokan, e non ci aveva messo molto a scoprirne il punto debole.

Dopo averla distratta con il pugno allo stomaco, la colpì con una ginocchiata al nervo sciatico. Il dolore la costrinse a piegarsi di lato, lasciando la presa sulla mano dell’uomo che una volta libero la colpì al naso con il palmo verso l’alto. Sheeva fece qualche passo in dietro, tenendosi il naso sanguinante, mentre Shang Tsung si preparava per un altro colpo.
Dove passavano le sue mani si scaturivano scie di fuoco che ne disegnavano il movimento nell’aria.

Sheeva si bloccò, lo aveva già visto usare quel colpo durante i tornei, ben presto gli avrebbe tirato contro una palla di fuoco dalla forma di un teschio e la forza di una cannonata. Sapeva che se voleva schivare quel colpo, concentrazione e velocità dovevano essere un’unica cosa, un attimo prima del tempo, o un attimo dopo, sarebbero potuto esserle fatali. Aveva visto le ferite che quel colpo lasciava sui suoi avversari, anche se non erano fatali, erano debilitanti e non si può continuare un combattimento mortale con simili ferite.

Shang Tsung stava per sferrare il colpo, quando un suono acuto alla sua sinistra lo distrasse, si accorse di un’onda d’urto che gli si faceva in contro scavando un solco sul terreno. Senza pensare lanciò il teschio infuocato in quella direzione e con una capriola in aria si spostò verso sinistra, appena in tempo a schivare il colpo.

Sindel gli si lanciò contro con tutta la sua velocità, lo stregone se la vide arrivare in contro come un’aquila, istintivamente alzò le braccia incrociate davanti al viso, parando all’ultimo secondo il calcio della donna, che lo colpì all’avambraccio. Con una capriola in dietro Sindel atterrò davanti a lui e lo colpì con un calcio all’addome facendolo indietreggiare di diversi passi.
-Sheeva, sei tutta intera? - Chiese senza staccare gli occhi di dosso dallo stregone.
-Grazie, mia regina. Sto bene. -

Shang Tsung sapeva che non poteva competere con entrambe.
-Signore, credo che sia sleale 2 contro 1 non vi pare? - Il suo corpo venne avvolto da un’aurea verde. -Perché non pareggiamo i conti? -

Sotto lo sconcerto generale delle due donne, lo stregone si divise in due copie identiche, in tutto e per tutto. I due Shang Tsung dopo una breve risata partirono di corsa in due direzioni differenti.
-Tu vai a destra! Io prendo quello a sinistra! - Urlò Sindel, lanciandosi all’inseguimento.

Era da diversi minuti che Sheeva stava inseguendo Shang Tsung tra quelle colonne rocciose, l’uomo scattava come un coniglio, non si era mai accorta che fosse così veloce, sembrava innaturale. Doveva ammettere che non riuscire ad afferrarlo, cominciava ad innervosirla.
-Ora Basta! - Spiccò un salto verso l’alto, era un azzardo, se lo avesse mancato avrebbe perso secondi preziosi, e tutto il vantaggio che in quei minuti aveva guadagnato. In poche parole sarebbe stato tutto da rifare. Per fortuna gli atterrò vicino, la sorpresa, e l’onda d’urto provocato dal suo atterraggio fece barcollare e cadere l’uomo a terra.
Con un sorriso soddisfatto si drizzò sulla schiena.
-Hai finito di scappare? -

Shang Tsung si rialzò da terra e allargando le braccia la guardò con un sorriso.
-Lo ammetto… mi hai preso. - Lo stregone scoppiò a ridere, e sotto gli occhi sbarrati della Shokan, una strana aurea verde lo avvolse, finché l’intero corpo non divenne una inconsistente nuvola di fumo verde, che si dissolse un attimo dopo.
-Maledetto bastardo! -
Shang Tsung aveva usato quel trucchetto per poterle affrontare una alla volta, questo voleva dire che Sindel era nei guai. Partì velocemente sulla strada del ritorno, sperando, pregando, di non arrivare troppo tardi.

Sindel proprio non riusciva a capire come mai lo stregone stesse facendo quello strano gioco ad acchiappino. Assorta nei suoi pensieri si accorse di essersi portata a distanza di attacco. Si piegò sulle gambe preparandosi ad un assalto alle spalle, quando Shang Tsung si fermò. Quando si voltò a guardarla, la sua espressione non prometteva niente di buono.
-Era questa la tua intenzione? Affrontarmi, separati da Sheeva. -
-Si, in parte. -
-Credi di potermi battere? - Sindel gli tirò un calcio alto al volto, ma il colpo venne mandato a vuoto da un leggero movimento all’indietro della schiena dell’avversario. Una serie di pugni al volto e al corpo vennero parati con una tale abilità e tranquillità da far sorgere seri dubbi sulle abilità combattive della regina.
Sindel si allontanò con un salto all’indietro, era stravolta e spaventata, d’un tratto si era resa conto di non poter competere con il suo avversario.

-Ti stai chiedendo come mai non riesci a combattere? - Shang Tsung si avvicinò di qualche passo, ma Sindel prontamente mantenne invariate le distanze.
-L’energia vitale che Quan Chi ti ha infondato per riportarti in vita non era abbastanza elevata per permetterti di sostenere un combattimento. E nonostante questo, ti hanno mandato a cercarmi. C’è qualcuno che vuole la vostra morte. -
-Bugiardo! -

Sindel partì con un altro pugno, anche quello bloccato con noncuranza.
-Cosa ti ricordi della tua vita, prima della tua morte? -

Sindel non aveva alcuna intenzione di rispondergli, ma non ne ebbe motivo, la sua espressione era più che sufficiente.
-Capisco. - Shang Tsung stirò la bocca in un sorriso. -Dunque non solo la tua personalità, ma anche i tuoi ricordi sono stati plagiati ad uso e costume per Shao Kahn. -
-Sei patetico stregone, con le tue chiacchiere. -
-Hai proprio ragione. -
Shang Tsung scattò nella sua direzione, caricandola a testa bassa la buttò a terra con un tonfo.

Sindel cominciò a smanacciare e scalciare, imbizzarrita, graffiandolo alla base del collo, aprendogli 3 lunghe strisce vermiglie. Lo stregone le prese con forza il volto tra le mani e la costrinse a guardarlo negli occhi. Ciò che Sindel vide, non seppe se fosse reale o meno, gli occhi neri come pozzi di petrolio dello stregone, erano divenuti vortici gassosi con ogni tonalità di verde. In quel vortice, vide un paesaggio bellissimo, montagne innevate che si estendevano su prati verdi, sconfinati, alberi di ciliegi in fiore, sentì la sua stanchezza mentre si allenava su delle colonne rocciose con il sole che gli tramontava davanti agli occhi, il volto di una ragazza, no, una donna, bellissima, con i capelli neri lisci e sciolti al vento, con occhi marroni, grandi e splendenti come la rugiada degli alberi.
Capì che quelli non erano i suoi ricordi, quando improvvisamente cominciò a ricordare tutto insieme.
Il Mortal Kombat di Edenia, suo marito, re Jarrod che cadeva ucciso nel torneo, Shao Kahn che la prendeva in sposa, il volto impaurito di Kitana, quando la notte la stringeva al petto piangendo. La decisione del suicidio.
Un urlo acuto e disumano le uscì dalla gola senza neppure rendersene conto, sentì un lancinante mal di testa, le forze venirle meno, una tristezza invaderle il cuore, e senza accorgersene cominciò a piangere.

Shang Tsung, sopra di lei, la lasciò e si allontanò di qualche passo, aveva usato un forte incantesimo per risvegliarle la memoria, si sentiva spossato. Si appoggiò ad una colonna rocciosa ad osservare la donna, ancora a terra, con lo sguardo catatonico, chiedendosi se la magia avesse funzionato o meno, poi lentamente la vide alzarsi a sedere.
Era sempre la stessa, esternamente, tranne gli occhi. Quelle fessure bianche, inespressive, avevano lasciato il posto a due grandi occhi nocciola che schizzavano da una parte all’altra.

Che cosa fosse accaduto Sindel non sarebbe riuscita a descriverlo a parole, era una di quelle situazione che per capirle bisogna viverle in prima persona. Si sentiva come risvegliata da un incubo che purtroppo era la realtà. Mentre stava ancora cercando di fare mente locale vide una mano tendersi verso di lei. Alzando lo sguardo vide Shang Tsung che le stava offrendo un appiglio per rialzarsi.
-Lieto di rivedervi regina Sindel. -
La donna accettò l’aiuto, rialzandosi in piedi.
-Perché mi hai aiutata? - Lo guardava con sospetto, non si poteva dire che lo avesse conosciuto a fondo nella sua breve permanenza nel castello di Shao Kahn, ma aveva capito che razza di persona fosse, doppiogiochista, opportunista, malvagia e pericolosa. Non avrebbe fatto niente senza avere niente.
-Quan Chi vuole morti entrambi, Shao Kahn vuole morto me, ed entrambi vogliamo morto lui. Direi che abbiamo un argomento molto valido su cui poter parlare. Voi non credete? -

Sindel abbozzò un sorriso.
-Il nemico del mio nemico è mio amico. - Disse annuendo.

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Capitolo 7
*** 1.3 Striker e Kabal ***


1.3 Striker e Kabal

La Terra era sotto attacco da parte di creature terrificanti e sanguinarie, in apparenza inarrestabili. La polizia aveva tentato una vana difesa, in attesa dell’esercito, con il risultato di centinaia di perdite.
La speranza che con l’arrivo dell’esercito la situazione sarebbe migliorata, andò ben presto in fumo con un primo scontro armato da parte dei plotoni di terra, risolto con lo sterminio di intere compagnie militari. Le forze armate terrestri avevano cominciato una lenta ritirata, nella speranza di salvare più vite umane civili possibili, prima di radunarsi e prepararsi per un altro attacco.

-Qui l’agente Striker, mi ricevete? Passo. - La radio stretta nella mano del poliziotto crepitò senza formulare alcuna risposta. Seduto con le spalle al muricciolo del tetto di uno dei tanti edifici di Manahattan, si appiattì ancora di più contro quel piccolo riparo quando vide un’ombra gigantesca attraversare il tetto.
-Ma che cazzo era?! -

Al suo fianco, il suo collega e amico, Kabal stava contando i proiettili rimasti, anche lui appiattito contro il muricciolo, in una posa innaturale, completamente ripiegato su se stesso, per non offrire agli avversari alcun punto scoperto.
-Adesso sei finalmente convinto che esistano più dimensioni? -

Striker gli sorrise sghembo, come si può sorridere ad un bambino che ha appena detto una castroneria.
-Non mi sembra il momento adatto per riprendere questa conversazione. Tu credi ad altre dimensioni, io credo in Dio. Ognuno ha la sua fede. -

-E allora come spieghi tutto questo? Dio era a corto di piaghe? -

Striker venne illuminato da una soluzione.
-Ci sono! Siamo sotto attacco alieno. -

Kabal lo guardò senza riuscire a non sorridere divertito.
-Va bene. Continua a provare con la radio mentre io riempio di piombo il culo di E.T. -

Kabal si sporse dal muricciolo e sparò in alto verso un drago marrone e rosso che aveva preso a volare in cerchio sopra di loro.

-Qui l’agente Striker, mi ricevete? Passo. -

Kabal tornò ad appiattirsi contro il muro, ricontrollando per l’ennesima volta i proiettili. Striker stava per dirgli qualcosa, quando una voce meccanica uscì dalla radio.
-Ti ricevo agente Striker. Dove sei? Passo. -
-Che bello sentirla signore. - Entrambi riconoscendo la voce del loro superiore sorrisero rinfrancati. -Siamo sul tetto del centro commerciale, per offrire riparo dall’alto signore. Non abbiamo più munizioni. Attendiamo ordini. Passo. -
-C’è anche Kabal con te? State bene? Siete feriti? Passo. -
-Stiamo bene signore. -
L’ombra del drago tornò ad oscurare il tetto.
-Stiamo evacuando tutta la zona. Scendete immediatamente. Vi aspettiamo al punto di recupero. Passo e chiudo. -

Striker guardò il suo collega, vicino a lui.
-Riesci a vederlo il punto di recupero? -

Kabal si affacciò dal muricciolo, dando un occhiata con il binocolo.
-Hey… non ci crederai mai chi ho visto. -
-Ti sembra il momento di giocare a guarda chi c’è? -
-No, dico sul serio. C’è Johnny Cage che combatte sul ponte di Brooklin. -
Striker non resistette e si affacciò a sua volta, senza binocolo, non poteva vedere altrettanto bene, ma quello che combatteva contro un gigante a 4 braccia, sembrava proprio Johnny Cage.
-Giuro che se è una trovata cinematografica ammazzo qualcuno. -
Kabal rise.
-Magari è una nuova puntata dei Power Ranger. Se vediamo ragazzini in tutine attillate sappiamo che è il momento di fermarci. -

Striker gli dette una gomitata, rintanandosi nuovamente contro il muro per l’ennesima passata del drago.
-Non è il momento di fare l’idiota. Guarda questo punto di prelievo e facciamola finita. Quel drago che continua a volteggiare sopra di noi, mi mette ansia. -

-Ma lo hai visto quanto è grosso, per lui saremo si e no delle noccioline. -

-Io le mangio le noccioline, e anche in quantità industriali. Magari quello è un drago che va pazzo per gli stuzzichini. -

Kabal continuò a scrutare il paesaggio circostante, quei mostri erano dappertutto. La città era completamente in rovina, c’erano macerie da tutte le parti e dei giganti armati di clave grosse quanto un treno stavano completando l’opera. Le urla di Striker vicino a lui lo distrassero, ma prima che potesse chiedergli che diavolo avesse da urlare in quella maniera, sentì dei rombi sopra di loro e alzando la testa vide dei caccia sfrecciare sulla città.
-Arrivano i nostri! - Gridò Striker alzando un pugno in aria.

-Il punto di prelievo è piuttosto lontano, ma abbiamo un plotone di marines a est di qui che potrebbero fornirci copertura. Ma dobbiamo fare una bella corsa. -
Striker annuì. Non avevano scelta. Attesero il momento propizio in cui il drago volteggiava lontano da loro e scattarono verso la porta. Scesero le scale anti incendio velocemente, con l’adrenalina a mille, neanche a metà strada si videro arrivare in contro uno di quei cosi pelati, con una bocca enorme, con i denti affilati e delle lame di metallo che gli uscivano dalle braccia. Striker gli sparò un paio di colpi al petto e Kabal con un calcio frontale lo fece volare di sotto dalle scale.

Superarono il corpo esanime dell’invasore e proseguirono fino al pian terreno. Kabal si appoggiò alla porta, pistola in mano. Entrambi erano madidi di sudori, un po’ per la corsa, un po’ per la tensione. Si guardarono negli occhi ed entrambi annuirono, anni di servizio insieme, gli aveva aiutati a capire quando l’altro fosse pronto, solo con una occhiata. Kabal spalancò la porta e subito un altro di quegli esseri pelati con le lame alle braccia gli corse in contro. Striker gli sparò in testa facendolo catapultare all’indietro. I due cominciarono a correre velocemente intorno al palazzo, quando giunsero in strada, dovettero lottare contro la paura e lo sbigottimento che gli avrebbero tenuti inchiodati ad osservare quello spettacolo catastrofico. Già lo avevano visto dall’alto, ma esserci in mezzo, era una situazione irreale. Torri di fumo grigio si levavano dalle auto in fiamme, per lo più militari, ribaltate lungo la strada o accartocciate contro gli edifici. Le strade erano piene di detriti e i palazzi sventrati mostravano rovine di uffici o case.

Kabal scattò velocemente alla sua destra, saltando i vari detriti sull’asfalto. Intorno a loro esplosioni, grida, esseri mostruosi che si avventavano sugli agenti di polizia o soldati ancora in zona che tentavano vane difese con le armi.
-Kabal! -
L’uomo si voltò di scatto dietro di se.
Striker stava indicando una donna, rannicchiata in un angolo, che stringeva al petto una bambina, era un miracolo che ancora quei mostri non l’avessero attaccata.
-Vai! Ti copro. -
Dando le spalle al collega stava pronto a sparare a chiunque si fosse diretto verso di loro.

Striker si accucciò in ginocchio di fronte alla donna.
-Sono un agente di polizia signora. Dobbiamo andarcene di qui. - L’afferrò per una spalla, e senza troppa gentilezza l’alzò di peso da terra. C’era una guerra in corso, non c’era tempo per le buone maniere. La donna era preda di un attacco isterico, e la bambina era troppo spaventata per fare qualsiasi cosa. Quando Striker fece per chiamare in aiuto il collega, sentì qualcosa cadere dall’alto, alzando lo sguardo vide uno di quegli esseri che gli stava per infilzare entrambi. Agendo d’istinto spinse la donna lontano da se, facendola cadere rovinosamente sull’asfalto.
Le lame dell’essere aprirono 2 grossi fori nell’asfalto, guardando il poliziotto davanti a lui digrignò i denti facendo uscire della bava da un angolo della bocca. Era veramente terrificante. Striker gli tirò un calcio in faccia, facendolo cadere all’indietro, dopodiché gli sparò due colpi al petto, uccidendolo. Qualcosa lo colpì al braccio e la pistola rotolò per terra, andando a finire sotto delle macerie. Voltandosi, si accorse di un altro Tarkatan, che tentò di colpirlo con la lama dell’avambraccio sinistro. Striker si abbassò istintivamente, ma la lama gli recise in due il berretto della polizia che portava sempre sulla testa. Il poliziotto si alzò sfruttando lo slancio delle ginocchia e colpì l’avversario al mento, poi con un gancio sinistro al corpo lo colpì all’altezza del fegato, dopodiché prese il manganello che teneva in cintura e lo colpì con tutta la sua forza alla gola, sentì un crack e l’essere finì al tappeto mugolando. Voltandosi vide altri Tarkatan che lo avevano accerchiato.
Era una trappola, ecco perché la donna e la bambina erano vive, le usavano come esca.
Striker strinse il manganello nella sua mano, preparandosi al peggio. Lo attaccarono tutti insieme, il primo riuscì ad evitarlo, e lo colpì alla nuca, un calcio al ginocchio, però lo fece piegare in due, si rotolò di lato appena in tempo per evitare un’altra lama, e colpì con il gomito il ginocchio di un altro, prima di rialzarsi caricandoselo sulle spalle e facendolo volare contro i suoi simili. Così ebbe qualche secondo di recupero.
Qualcuno lo afferrò alle spalle, mentre altri due gli si facevano in contro da davanti. Striker si buttò in dietro, sfruttando l’aggressore come perno per poter colpire gli altri due con calci in faccia che se non altro gli fecero partire qualcuno di quei denti appuntiti.
Senza preavviso chi lo teneva alle spalle lo lasciò e così cadde a terra con un tonfo sordo, battendo una culata che lo fece gemere di dolore.

-Che fai ti riposi? - Kabal apparve alle sue spalle e tirò un calcio frontale al primo che gli stava per saltare addosso. Il Tarkatan si piegò su se stesso, e Kabal lo colpì con una ginocchiata al volto e una gomitata alla nuca. Striker tirò un sospiro di sollievo, per fortuna che era arrivato a dargli man forte, sennò non sapeva davvero come sarebbe potuta finire.

Kabal ne stese un altro con un calcio rotatorio.
-Striker, prendi la donna e portala in salvo. -

Striker colpì con il manganello un altro Tarkatan e si voltò sconvolto verso il collega.
-Non ti lascio. -

-Il nostro compito è proteggere i civili. Io ti coprirò. - Tirò fuori la pistola e sparò. -Vai! - Gridò.

Striker prese la bambina in braccio e afferrando la donna per una mano la trascinò in piedi e poi via di corsa verso il punto di estrazione. Sentiva gli spari di Kabal proteggerne la fuga e i ringhi animaleschi degli invasori. Non fece neppure 10 metri che un boato alle sue spalle lo costrinse a voltarsi spaventato. Un uomo completamente ricoperto da un’armatura rossa stava atterrando davanti a Kabal, il poliziotto era a terra e con le braccia ancora alzate davanti al viso come se si stesse proteggendo da qualcosa, poi vide i cadaveri dei Tarkatan a terra e realizzò che era appena scoppiata una bomba. Rimase interdetto nell’osservare l’evolversi degli eventi. Quello strano individuo era amico o nemico? Kabal si voltò urlandogli di andarsene, e così fece appena in tempo a vederlo puntargli la pistola contro ed intimargli di rispondergli. Striker ricominciò a correre velocemente, la donna anche se non più in stato di shock non era molto collaborativa e così un paio di volte dovette strattonarla in malo modo.
Le strade erano ricoperte di detriti, intorno al loro il caos di una guerra persa, il suo amico in pericolo, oltre le linee nemiche, e lui era costretto a preoccuparsi della vita di un’estranea che non voleva essere d’aiuto. Si vergognò a pensare di abbandonarla lì, in mezzo alla strada e tornare di corsa da Kabal.
Con un ringhio furioso, strinse la bambina più a se, tenendola sollevata da terra, con un solo braccio, mentre con l’altro attirò la madre e afferrandola per la vita la sollevò da terra. Non voleva collaborare? Poco importava. L’avrebbe salvata lo stesso, lei e la sua bambina. E sarebbe tornato in dietro ad aiutare Kabal.
Questa decisione non ammetteva repliche. Neppure quando le gambe si fecero pesanti e i muscoli delle braccia cominciavano a reclamare per lo sforzo si fermò. Si costrinse ad andare avanti e non seppe mai quanto tempo ci mise ad arrivare al punto di difesa dell’esercito. Sapeva solamente che quando vide quei ragazzi in uniforme asserragliati dietro delle rovine, gli parvero la cosa più bella che avesse mai visto. Continuò a trascinarsi verso di loro con rinnovato vigore, ma le forze cominciavano a venirgli meno. Poi 4 soldati gli si fecero in contro e l’aiutarono a portare i civili in salvo.

Striker si concesse qualche secondo, crollando appoggiato ad un camion.
-Il punto di recupero è più avanti. - Gli urlò uno dei soldati.
-Devo tornare in dietro. - Striker si rialzò velocemente. -Un collega è rimasto nella zona calda. Ne ho visti altri! -
-Abbiamo l’ordine di mantenere la posizione. -
-Ma io no. - Detto questo si fece dare una pistola con qualche caricatore e riprese di corsa la strada del ritorno.


Dopo l’esplosione della bomba Kabal aveva puntato la pistola contro il nuovo arrivato. Lo aveva salvato da quegli esseri, certo, ma quella bomba aveva tutta l’aria di essere diretta contro di lui.
-Chi sei? - Gli chiese tenendo la pistola puntata contro la sua testa.

-Il mio nome è Sektor. -

-Sei un civile? -

Sektor chinò appena il capo a destra osservandolo pensieroso.
-Ho l’ordine di uccidere qualsiasi ostacolo. -

-E’ una risposta che mi può bastare. - Kabal sparò 3 colpi, 2 al petto e uno alla testa, e tutti e 3 rimbalzarono sull’armatura senza fargli un graffio. Quando se lo vide arrivare addosso storse la bocca contrariato. Non aveva fatto una gran mossa.

Sektor lo colpì con un pugno allo stomaco che gli dette l’impressione che potesse trapassargli l’addome, poi un pugno al volto lo fece piroettare su se stesso e cadere sull’asfalto. Il pugno gli aveva rotto uno zigomo. Dolorante Kabal si rialzò prima che Sektor riuscisse a pestarlo con tutta la sua forza. Combattere contro una specie di robot, non era facile, anche se avesse messo a segno qualche colpo, si sarebbe comunque ferito per il duro metallo dell’armatura. Non sapeva proprio come cavarsi d’impiccio.
Sektor lo attaccò ancora, un calcio frontale, un gancio destro al volto e uno sinistro al corpo, poi un altro gancio al volto.
Kabal schivò e parò, ma si ruppe l’avambraccio, per la collisione di metallo e osso, il contraccolpo lo fece nuovamente volare a terra. Fu in quel momento che vide la sua ancora di salvezza.

Delle spranghe di metallo, in precedenza, probabilmente delle tubature, o dei ferri per il cemento sporgevano dalle macerie davanti a lui.
Si alzò velocemente e con un salto carpiato atterrò sul cumulo di macerie afferrando quei ferri. In precedenza, quando era nel Dragone Nero, armi simili erano state i suoi ferri del mestiere. Sektor lo attaccò frontalmente letteralmente volando verso di lui. Il colpo andò a vuoto, Kabal si scansò di lato e lo colpì con una spranga di ferro alla nuca, facendogli perdere la traiettoria e cadere rovinosamente a terra.
-Un fuori campo per me lattina! - Rise posandosi una spranga sulla spalla. Quando vide che il robot si stava per rialzare, gli fu nuovamente addosso, lo colpì con un calcio frontale al volto, poi gli infilzò una spranga nella spalla destra, e partì con una serie di calci alla nuca, facendogli sprofondare la faccia nell’asfalto. Quando il robot non si mosse più, smise di colpirlo ed estrasse la spranga dal suo corpo.
-E questo ti serva da lezione, non si scherza con i terrestri. - Gli sputò sopra e fece per avviarsi nella stessa direzione in cui era sparito Striker poco prima.

Sektor aveva dovuto riavviare il sistema interno a causa dei colpi subiti, ma il riavvio fu veloce, e non appena si rialzò si gettò contro Kabal, colpendolo con un calcio alla schiena.

Il dolore fu acuto e gli percorse tutto il corpo. Il poliziotto cadde a terra e perse le spranghe che usava come armi. Quando si voltò pensò che fosse la fine, Sektor ormai gli era vicino e il dolore alla schiena gli impediva movimenti veloci, inoltre, come gli avesse provato a tirare un colpo, ogni suo tentativo di parata, non avrebbe fatto altro che infliggerli altri danni. Il robot gli puntò contro il braccio destro, non sapeva che cosa avesse intenzione di fare, ma non sembrava una cosa promettente.

Uno sparo si abbatté sul volto del robot, catturando l’attenzione di tutti. Striker gli stava sparando e urlando di andare da lui. Il resto successe in un attimo. Sektor puntò il braccio verso Striker, e Kabal reagì senza pensarci, si alzò in piedi e gli afferrò il braccio per deviare il colpo. In quel momento una fiammata lo avvolse, prendendogli il volto e poi tutto il corpo. Il dolore fu improvviso e tremendo, ma durò solo pochi istanti, poi perse i sensi.

Striker era rimasto sconvolto, Kabal aveva preso fuoco e si stava agitando urlando con una voce che non sembrava neppure la sua, poi cadde a terra e fu silenzio. Sektor fece per puntargli nuovamente il braccio contro, lui non ebbe neanche il tempo di reagire che un fulmine colpì il robot al fianco destro e lo scaraventò lontano da lui contro un palazzo in rovina. Un uomo vestito di bianco con un cappello di paglia atterrò vicino a Kabal. Gli occhi dello sconosciuto emettevano scintille, erano luminosi e completamente bianchi, guardarli, faceva male agli occhi. Lo sconosciuto, con un solo gesto della mano fece spegnere il corpo del poliziotto.
-E’ ancora vivo. - Disse con voce cupa e tonante.
-Chi sei? - Balbettò stupito l’altro.
-Tutto a suo tempo Striker. Tutto a suo tempo. -

Kabal si risvegliò nel letto di una stanza ospedaliera, le mura e tutto l'arredamento erano di un bianco lucente, non sentiva più dolore, e anzi, poteva dire che si sentisse abbastanza bene, tranne che per un peso sul volto. Toccandosi con una mano sentì che aveva una maschera di metallo che gli terminava nella carne della gola. Spaventato fece per toglierla, ma una mano glie lo impedì.
-No amico. Fermo. - Striker si affacciò nella sua visuale. -Non puoi toglierla. -

-Non dire cazzate. - Neppure la voce era più la sua, era roca, gutturale, sembrava raschiata dalla sua gola. -Che diavolo è successo? Dove siamo? -

-Siamo nell’infermeria delle Forze Speciali. - Striker fece una smorfia. -I tuoi polmoni… hanno detto che erano troppo danneggiati. Per permetterti di respirare hanno dovuto costruirti un supporto meccanico. Senza la maschera che hai sul volto, moriresti. - Fece fatica a pronunciare le ultime parole del discorso, come se dovesse soffocare un magona alla gola.

Kabal sospirò, una parte di se gli gridava di non credere a quelle parole, che era impossibile, ma l’altra parte si ricordava perfettamente il momento in cui il suo corpo aveva preso fuoco. Lentamente si alzò dal letto, si sentiva stranamente bene fisicamente, come se un’energia nuova gli attraversasse i muscoli. Si diresse ad uno specchio e si guardò. Da sotto il camice ospedaliero spuntavano le membra ustionate, sul volto, una maschera che poteva ricordare quelle antigas, gli copriva un volto probabilmente con le stesse caratteristiche. Dei suoi lunghi capelli neri, rimaneva solo qualche ciocca sulla testa bruciata.
-Amico senti… - Striker gli andò vicino. -Non dovrai rimanere così per sempre… la medicina fa passi da gigante sulle ustioni e le ferite gravi. Vedrai che tornerai come prima. -
-Adesso non mi interessa guarire Kurtis. - Gli si avvicinò di qualche passo. -Voglio vendicarmi. - Ringhiò.

Striker si voltò alla sua sinistra, e seguendo il suo sguardo Kabal vide su di un mobile, vicino all’uscita degli abiti, sopra i quali erano poste due spranghe di metallo ricurve, in cima, con la punta affilata come un fioretto.
-Avevano detto che avresti reagito così. -
-Chi? -
-Quelli che ti hanno salvato. -

Dalla porta entrarono una donna bionda e un uomo di colore, dalle braccia metalliche.
-Agente Kabal, agente Striker, io sono il maggiore Jakson Briggs, e lei è il tenente Sonia Blade, Forze speciali. - L’uomo incrociò le braccia metalliche davanti al petto. -Vi vogliamo reclutare per fronteggiare questa invasione. -
L’attenzione di tutti si spostò su Kabal, che quando parlò lo fece con voce determinata e sicura di se.
-Qualcuno deve pagare per questo, e non mi importa se viene da una altro mondo. -
-Maggiore Briggs, lei non sa quanto sia ansioso di prendere a calci in culo questi fottutissimi alieni del cazzo. - Disse Striker.

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Capitolo 8
*** 2.3 La Bella e la Bestia ***


2.3 La Bella e la Bestia

Il combattimento per il dominio dell’Earthrealm sarebbe durato ancora per molto, i terrestri non avrebbero mollato tanto facilmente, chi lo avrebbe fatto? Nel regno erano stati allestiti alcuni campi base, ma i condottieri di punta erano stati fatti rientrare nell’Outworld.
Il primo giorno era andato bene, non c’erano state perdite significative, e contavano solo qualche lieve ferito tra i generali che avevano guidato l’attacco.

Mileena era stanca, quella giornata era stata piena di avvenimenti.
Senza degnare di un solo sguardo l’abbondante banchetto servito nella sala dei ricevimenti, si diresse subito nelle sue stanze.
Non era in vena di sentire uno dei discorsi di Shao Kahn, il tanto odiato patrigno, ciò che voleva era semplicemente una doccia e un buon sonno. L’indomani l’avrebbe attesa una guerra, e non si illudeva, ci sarebbero state delle perdite.

La sua camera da letto era sfarzosa e grande, ma i mobili intagliati, le colonne decorate del baldacchino, le tende pesanti e le lenzuola di seta, erano irrimediabilmente sfregiate dai suoi continui attacchi d'ira. In terra, sul pavimento di pietra, coperto da lussuosi tappeti c'erano cocci di vasi pregiati e oggetti di ogni tipo, che mai gli erano appartenuti, tutti quegli oggetti così sarini, i ninnoli, le statuette con i cavalli e i carillon, erano la sua refurtiva, rubati per invidia dalla stanza di Kitana.
Mentre si dirigeva nel bagno vide lo specchio a muro, frantumato da lei stessa diversi mesi prima. I vetri gli rendevano frammenti multipli del suo riflesso. Si guardò attentamente, e di impeto si tolse la fascia che le copriva la bocca, grande, con i denti appuntiti che fuoriuscivano voraci da quella fessura priva di labbra. Per la prima volta non si arrabbiò, rimase invece interdetta a studiare il suo riflesso. Non si vergognava più di quella bocca, di quegli occhi, di quella rabbia e di quel sangue maledetto e vorace che le ribolliva nelle vene. Sorrise e paradossalmente il suo riflesso le restituì un’immagine dall’espressione sadica e pericolosa. Il sorriso esplose in una risata cristallina e acuta.
Quella bocca, tanto odiata, le aveva infine regalato la cosa che più bramava a questo mondo. Un posto. E tutto quello, lo doveva ad una sola persona.

Si rimise la fascia viola, per pura abitudine, aprì la finestra e si gettò silenziosa tra le ombre della notte. Usò il muro roccioso del castello per attutire la caduta, spiccandovi sopra un salto e atterrò come un’ombra sul ponte che attraversava il fossato, pieno di resti di coloro che ci erano stati buttati, alcuni freschi, altri ridotti a ossa nude. Si lasciò scivolare ancora lungo le mura del castello, arrivando sino in fondo al fossato. Nascondendosi pazientemente, attese che le guardie si distraessero e si intrufolò nei sotterranei, fino alle prigioni. Laggiù non c’erano guardie, non servivano. Il corridoio di roccia, lugubre e silenzioso presentava celle su entrambi i lati, con poche torce appese al muro ad illuminarle la via.

Sbirciandovi dalle sbarre della porta in legno, poteva intravederne gli occupanti, per lo più scheletri rinsecchiti o cadaveri mangiati dai topi. Finalmente giunse al termine della sua ricerca. La cella occupata da Baraka.
Aprire la porta non fu molto difficile grazie alle sue abilità, e quando entrò vide che il Tarkatan la fissava con curiosità, mentre pesanti catene lo tenevano legato alla parete tramite i polsi.

-Mileena… che ci fai qui? - Chiese riconoscendola alla tenue luce di una candela.

-Sshhh. Non ho molto tempo. - La ninja viola si tolse il velo dalla bocca sorridendogli e gli mostrò una fetta di pane nella mano destra. -Non è molto, lo so, ma l’ho rubato alle guardie qua fuori. -

Non era molto, ma dopo un giorno a digiuno, quel pane sembrava il nettare degli dei.
Baraka lo ingoiò quasi in un sol boccone. Poi la guardò preoccupato.
-Se Shao Kahn scoprisse che sei qui… -
-Non lo saprà mai. - Rispose lei.
-Devi andartene. -
-Allora questa… non la vuoi? - Gli mostrò una fiaschetta in alluminio, un altro furto al posto di guardia appena passato.

Baraka parve tentato, ma poi scosse la testa.
-No… non posso. Vattene. -

Mileena lo guardò offesa.
-Senti, io ho rischiato la vita per venire quaggiù a darti qualcosa da mangiare. Come minimo dovresti farmi la cortesia di mangiare e bere. -
-Bah… se non interessa a te. - Baraka bevve tutto d’un fiato il liquore della fiaschetta, buttandolo giù come se fosse acqua. Quando ebbe finito di bere guardò con il capo chinato la donna davanti a lui.
-Perché fai questo per me? -
-Tu lo faresti per un tuo simile? - Gli chiese lei.
-Forse. - Era meglio non sbilanciarsi troppo.

-Dimmi cosa devo fare. - Mileena si sporse verso di lui afferrandogli le mani legate insieme dalle lunghe e pesanti catene in un gesto istintivo. -Posso liberarti. -
Baraka soppresse immediatamente lo stupore.

-E poi? - Le chiese drizzandosi sulla schiena. -Scapperemo insieme? Fuggiremo dall’Outworld? -
Il Tarkatan sbuffò in ciò che poteva definirsi un sorriso.
-Per andare dove? - Chiese. -Pensa Mileena. Non c’è futuro per noi fuori dall’Outworld. -

-Quindi ti arrendi così? Senza fare niente? Rimarrai qui ad aspettare di morire di fame? -

Baraka le si avvicinò di qualche passo, giusto quanti glie ne permettevano le catene.
-Pazienza Mileena. Non è il punto forte di noi Tarkatan, ma tu devi essere paziente. Se il mio destino è quello di morire in questa cella, così sarà. Ma tu… - Le puntò un dito contro. -Tu devi lottare. La nostra razza è la più numerosa dell’Outworld, in guerra siamo quelli con più dispendio di vite. Quei Tarkatan hanno bisogno di una guida. Shao Kahn ci ha sempre trattati come scarti, rifiuti da usare e gettare a suo piacimento. Io non ho potuto cambiare queste cose. Ci ho provato con la sottomissione, e poi con la ribellione, in entrambi i casi non ho avuto pazienza, e questo è ciò che mi sono costruito. Ma tu… se ti giochi bene le tue carte Mileena… potresti riscrivere la storia dei Tarkatan e dell’Outworld. -

-Non so che cosa devo fare. -

-Pazienta. Volente o nolente sei una persona vicina all’Imperatore. Presto o tardi ti capiterà l’occasione che aspettavi. Ricordati… i Tarkatan nel momento cruciale ti seguiranno, ma fino ad allora sono soldati al servizio di Shao Kahn. -

Mileena annuì, e voltandosi riprese la strada del ritorno. -Mileena… - La richiamò Baraka costringendola a voltarsi quando ormai era sulla porta. -… Sei più bella con il volto scoperto. - Arrossendo per il complimento inaspettato la ninja scoprì l’imbarazzo e la gioia delle lusinghe. Balbettò qualcosa che poteva definirsi un grazie e scappò velocemente oltre la porta della cella con le guance in fiamme.

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Capitolo 9
*** 3.3 Improbabili Alleati ***


3.3 Improbabili Alleati

Sindel si guardava attorno piuttosto incuriosita, era la prima volta che andava nel Netherrealm, o comunque era la prima volta che lo vedeva con i suoi veri occhi. Si chiedeva se fosse lì che la sua anima era andata dopo il suicidio. Non aveva alcun ricordo di ciò che era successo dopo, ma una cosa adesso la sapeva bene, non voleva che la sua anima vagasse in un posto del genere. Affrettò il passo rendendosi conto di essere nuovamente rimasta in dietro.
-Shang Tsung… non potresti rallentare un po’? -

Lo stregone la guardò con la coda degli occhi.
-Dobbiamo sbrigarci, o il portale si chiuderà e dovremmo attendere almeno un altro giorno prima che si riapra. -

L’idea di rimanere un giorno intero in quel posto infernale le fece gelare il sangue nelle vene.

-D’altro canto… - Shang Tsung si voltò a guardarla e per l’ennesima volta, si accorse che la donna si stringeva le braccia al petto, nascondendosi la scollatura del vestito di pelle nera e viola e incrociava le gambe, in un vano tentativo di nasconderle agli occhi dell’uomo. -Non posso permettermi rallentamenti di nessun tipo. - Si tolse il lungo gilet nero, con rifiniture rosse.

Sindel strabuzzò gli occhi non sapendo che intenzioni avesse, e si mise sull’attenti, ma i suoi occhi divennero ben presto sconvolti quando vide lo stregone porgerle il suo gilet.
-Prendete. Copritevi con questo. - Guardandolo con sospetto prese il gilet dalla sua mano, con l’espressione di chi si aspetta un calcio in faccia da un momento all’altro. Addirittura il suo grazie risuonò guardingo.
Tuttavia, appena lo indossò, dovette riconoscere che Shang Tsung aveva ragione, con quel gilet che le arrivava a metà coscia poté finalmente coprirsi e mettersi l’anima in pace, ma dopotutto era la Sindel riportata in vita ad uso e costume di Shao Kahn ad amare i vestitini succinti di pelle, non che lei fosse una puritana spaventata dalla nudità, ma quel vestito che indossava, davvero non lasciava niente all'immaginazione, vederla vestita o nuda, a quel punto era esattamente la stessa cosa.

Ripresero il cammino su per una collina minata da gayser, il caldo, man mano che salivano si faceva sempre più insopportabile, Sindel cominciava a sentire le forze venirle meno, poi un passo falso la fece cadere. Shang Tsung si voltò con quella sua espressione di sufficienza che aveva sempre in serbo.
-Andiamo regina Sindel, siamo quasi arrivati. - Disse con voce melliflua e accomodante, come se stesse parlando ad un bambino o ad un idiota, anzi sembrava proprio che stesse parlando con un bambino idiota.
Gli rifilò uno sguardo glaciale.
-Sono solo inciampata. -

La sua voce risuonava tagliente più di un rasoio. Lo stregone sorrise appena e le offrì la sua mano per rialzarsi, ma questa volta Sindel rifiutò l’aiuto colpendogliela con uno schiaffo.
-Ce la faccio. - Si rialzò spolverandosi le ginocchia, ma alzando lo sguardo vide Shang Tsung piombarle addosso. Non fece in tempo a reagire, solo ad urlare sorpresa, che entrambi si ritrovarono nuovamente a terra. Ancora prima di chiedere spiegazioni vide lo stregone rialzarsi e guardarsi intorno guardingo, in posizione da combattimento.

Un essere mostruoso avanzò dal basso della collina con passo costante.
-Non potevo credere ai miei occhi. Sono proprio lo stregone Shang Tsung e la regina Sindel che vagano qui nel Netherrealm. -

Sindel lo guardò spaventata.
-Chi sei? -

-Io sono Drahim. -
L’uomo, se così si poteva definire, sembrava spellato, la carne viva e sanguigna dei muscoli scoperti grondava sangue. Era completamente nudo ad eccezione di un paio di pantaloncini logori e sporchi di sangue, una maschera da tortura verde con ancora dei chiodi piazzati nelle fessure apposite, e un guanto metallico, anche se guanto non è esatta come definizioni, in quanto aveva una clava di forma cilindrica, arrotondata sulla punta che lo copriva fino all’avambraccio, penzolante una catena in acciaio. Completavano il quadro dei collari metallici alle caviglia con dei brandelli di catene attaccate, doveva essere fuggito da una prigione o qualcosa del genere.

Shang Tsung parve riconoscerlo e la sua espressione divenne preoccupata e cupa.

-Cosa vuoi? - Chiese ancora Sindel rialzandosi.

-Voglio vendetta! - Drahim si lanciò contro di Sindel con il cilindro di metallo alzato sopra la testa. La regina scartò di lato evitando il colpo per un pelo, ma era a corto di energie, lo colpì con un calcio all’addome che sembrò rimbalzare contro il corpo dell’avversario, poi un colpo con il taglio della mano nella gola che determinò un sonoro crock, ma nonostante quel colpo Drahim non sembrò assolutamente risentirne. La colpì con un pugno che la fece cadere a terra e poi tentò nuovamente di colpirla con il tubo cilindrico.

Shang Tsung si frappose fra i due parando il colpo, incrociando le braccia sopra la testa. Si sentì rintronare tutta la colonna vertebrale, e perfino le caviglie.
Gli tirò un calcio frontale, facendolo indietreggiare di qualche passo, dopodiché un calcio basso al ginocchio, che lo fece andare a terra, e a quel punto con una falciata interna della gamba lo colpì al volto. Drahim cadde al tappeto con la testa rigirata in maniera innaturale.

Sindel lo fissava con occhi sbarrati.
-Ma… è morto? -

La sua domanda ebbe presto una risposta. Drahim si rialzò da terra, con la testa girata verso la schiena, con la mano libera se la raddrizzò. Mosse il collo a destra e a sinistra, come a volerne saggiare la posizione esatta, dopodiché rimase a guardarli sghignazzando.
Dietro i fori della maschera si potevano intravedere degli occhi castani chiari, folli che gli osservavano quasi deridendoli.

Shang Tsung fece un passo in dietro, sempre dandole le spalle.
-Alzatevi e correte verso la cima della collina. -
-Cosa? -
-Non posso fermarlo, solo rallentarlo. Ci vedremo domani. - Sollevò le mani sopra la testa, i muscoli tesi al limite dello sforzo. -Adesso! - Dalle mani partirono teschi infuocati che si abbatterono contro il corpo dell’avversario, facendolo indietreggiare via via che lo colpiva. Alzando una mano verso l’alto, la terra si animo di fiamme e un teschio lo colpì dietro al ginocchio, facendolo cadere a terra. Shang Tsung si voltò dietro di se, Sindel stava correndo, era lei l’obiettivo principale di Drahim, lo sapeva.
Le energie cominciarono ad indebolirsi, troppo caldo, sonno arretrato, troppi combattimenti e ferite che si portava addosso, sapeva che non si poteva permettere neppure un minimo errore.
Approfittando della sua momentanea caduta a terra gli corse in contro, colpendolo con il tallone al volto. Il colpo fu talmente potente da incrinargli la maschera metallica.

Drahim sentì un chiodo della maschera conficcarsi ancor più nel suo volto, ma non sentì niente, come non gli succedeva da anni. Secoli di torture nel Netherrealm lo avevano reso insofferente al dolore, per questo poté mantenere la mente lucida al combattimento nonostante il tremendo colpo infertogli dallo stregone. Con la mano sinistra, protetta dal tubo metallico colpì il piede d’appoggio di Shang Tsung facendolo volare al tappeto. Senza dargli respiro gli andò sopra, cercando di colpirlo ancora con la stessa mano.

Shang Tsung riuscì a bloccare il colpo con una mano prima che gli arrivasse al volto, Drahim allora lo colpì con l’altra, al fianco, facendolo piegare su un lato e lasciare la presa sulla mano sinistra dell’altro, che ormai arrivatogli vicino al volto gli posò il cilindro sotto il mento, spingendo in giù contro la sua carotide, per ucciderlo. Shang Tsung gli afferrò il braccio, cercando di allontanarlo da se, ma la forza dell’avversario era di troppo superiore alla sua. Il respiro cominciò a mancargli, la vista si annebbiò, le forze cominciarono inesorabilmente ad abbandonarlo, le nebbie del dolore e dell’oblio cominciarono ad offuscargli la mente, lasciandogli un solo pensiero lucido. Quella era la fine.

Improvvisamente Drahim rotolò di lato, lasciandolo libero di respirare. Shang Tsung rimase immobile a terra, con i colori che lentamente cominciavano a riprendere vivacità ai suoi occhi, godendosi ogni boccata d’aria che riusciva ad inspirare. Poi venne il turno di capire cosa fosse successo, si tirò a sedere, e vide Sindel lottare senza tregua con quel mostro.
Era forse impazzita? Non poteva competere contro di lui, non in quelle condizioni. Il suo corpo aveva subito fin troppi stress, non avrebbe retto ad un combattimento all’ultimo sangue come quello. Anche se doveva ammettere che se la stava cavando bene.

Sindel giocava sulla maggiore agilità rispetto al suo avversario, e finché il fisico le reggeva sembrava una tattica vincente. Drahim tentò una reazione, cercando di colpirla con la clava di metallo, la regina si piegò sulle gambe evitando il colpo, poi con una capriola all’indietro colpì con un calcio il mento dell’avversario, facendolo volare al tappeto. Non lo attaccò, era inutile stancarsi in colpi che non avrebbero sortito effetto, attese che si rialzasse e si facesse in contro.

Drahim caricò a testa bassa, ma si fermò un attimo prima di arrivarle addosso, a quel punto colpì con un calcio frontale e poi una gomitata destra, mandate a vuoto da un movimento laterale dell’altra, che piroettò su se stessa e tentò di colpirlo alla nuca con una gomitata.
Purtroppo Drahim le aveva teso un’imboscata, era proprio lì che l’attendeva, infatti si girò velocemente e parò la gomitata con la spalla sinistra, dopodiché le tirò un pugno che la fece piegare di lato. Sghignazzando di gioia tentò di colpirla con la clava, ma il braccio venne bloccato da Shang Tsung che da dietro lo afferrò per le spalle e lo scaraventò a terra.

-Andiamo! - Afferrò una mano di Sindel e prese a correre verso la cima della collina, ma Drahim fu lesto a rialzarsi e rincorrerli.
Shang Tsung si fermò e schivò un colpo, poi un calcio fece ancora indietreggiare l’avversario, che si rifece immediatamente sotto, questa volta contro la donna, che con uno strattone venne fatta nascondere dietro la schiena dello stregone. Ci fu un susseguirsi di colpi e parate di una velocità e potenza davvero elevatissime, dopodiché un calcio basso ruppe il ginocchio di Drahim che si piegò su se stesso.

Shang Tsung e Sindel ripresero a correre, e finalmente videro il portale; un vortice viola, nero e verde che roteava su se stesso, ma era ancora troppo distante. Drahim gli avrebbe attaccati nuovamente, ma chissà se sarebbero riusciti a fronteggiare anche quell’attacco? Shang Tsung storse la bocca in una smorfia, ma non si fermò.

-Aspetta! - Sindel si piantò a terra e strattonò la mano da quella di lui. -Ci raggiungerà. -
-Lo so. -
Sindel si voltò verso la figura che aveva ripreso a correre verso di loro.
-Abbiamo bisogno di più tempo. -

Shang Tsung le si avvicinò.
-Non siete in grado di competere con lui. Andiamo! -

Sindel lo ignorò, voltandosi verso il suo avversario che gli stava per raggiungere, fece un profondo respiro, gli occhi chiusi, serrati in una meditazione lampo, quando gli riaprì erano bianchi come la neve.
Dalla sua bocca uscì un grido acutissimo, Shang Tsung si tappò le orecchie, e vide distintamente delle onde d’aria abbattersi contro il guerriero che gli aveva quasi raggiunti. L’impatto fu violentissimo, Drahim venne scaraventato a 10 metri di distanza e rotolò giù per la ripida collina.

Lei si voltò a guardarlo, gli occhi erano tornati normali, le labbra si piegarono in un sorriso soddisfatto.
-Visto? - La soddisfazione scomparve immediatamente dal suo volto, quando la vista le si offuscò e le gambe divennero molli, tutto insieme crollò su se stessa. Sentì delle braccia sorreggerla e l’ultima cosa che vide fu il volto di Shang Tsung che la guardava con superiorità. Come al solito.

Riaprì gli occhi di scatto come se fosse stata vittima di un brutto sogno che non riusciva a ricordare. Era buio e lei si trovava all’aperto, una leggera e fresca brezza le accarezzava il viso. Si alzò a sedere, vicino al suo lato destro c’era un fuoco acceso, al suo interno due pesci infilzati da uno spiedo stavano arrostendo.
Aveva ricordi confusi su quanto successo, sinceramente le sembrava tutto una specie di sogno. Istintivamente si toccò il petto e vedendo il gilet che Shang Tsung le aveva donato per permettersi di coprirsi la convinse che ciò che si ricordava fosse reale. Si guardò attorno perplessa, dietro di se c’erano i resti di una muraglia, davanti una distesa di erbetta di campo che danzava con il vento. Il tutto le dava un senso di familiarità e nostalgia.

-Ah… vi siete svegliata. - Si voltò di scatto udendo la voce dello stregone, era bagnato dalla testa ai piedi, in mano teneva due carcasse di pesci senza testa e puliti interiormente. Vedendo le gocciole d’acqua che scendevano lungo il suo busto, disegnandone i muscoli, Sindel ebbe l’irrefrenabile desiderio di farsi anche lei una doccia. Si sentiva appiccicosa dal sudore che le si era asciugato addosso, e guardandosi poi le mani e le braccia ci vide ancora il sangue secco di quando aveva colpito Drahim.
Ma la doccia poteva aspettare.
-Dove siamo? - Chiese disorientata.

Shang Tsung si sedette gettando i pesci vicino al fuoco.
-Non lo riconoscete? Siamo ad Edenia. -

Sindel si guardò attorno, il suo regno, la sua patria, così silenziosa e desolata, una morsa le attanagliò il cuore.
-Perché siamo venuti qui? -
-Shao Kahn non verrà qui a cercarci. -
-Come fai ad esserne sicuro? -

Shang Tsung sorrise divertito, mentre prendeva un bastoncino con sopra il pesce arrostito.
-Ha sempre detestato questo luogo. -

Sindel si gettò in dietro i capelli, sbuffando in modo distratto.
-Se lo ha sempre detestato perché lo ha voluto conquistare? - Domandò più a se stessa che all’uomo di fronte a lei.

-Davvero non lo sapete? -
Shang Tsung sorrideva divertito e questo le dette immenso fastidio, cos' era che lui sapeva e lei no?
-Shao Kahn attaccò Edenia per voi. -

Sindel rimase scioccata da quella rivelazione.
-Tu… menti. -
-Il nostro imperatore è un uomo senza scrupoli, malvagio e violento, certo, ma odia e ama come tutti gli esseri viventi. -
-Shao Kahn non sa cosa sia l’amore! - Le gridò contro furiosa. -Ha ucciso mio marito, costretto me a sposarlo, plagiato mia figlia alla sua volontà! Come puoi parlare di amore?! -
-Eppure è così. Lui vi ama. Nella sua natura crudele e deviata, ma per lui quello è amore. -

Sindel si alzò di scatto sempre arrabbiata, non le piacevano quei discorsi, Shao Kahn era un demonio, anche se in lui c’era un barlume di amore, era sbagliato e corrotto come il suo essere.
-Devo andare a lavarmi… - S’incamminò nella direzione da cui era apparso Shang Tsung, ma poi tornò sui suoi passi e gli restituì il gilet. -Questo è tuo. -

Shang Tsung non si voltò a guardarla, rimase girato di spalle.
-E’ un regalo mia regina, fate conto che sia un pegno delle mie buone intenzioni. - Sindel si morse il labbro, avrebbe voluto insistere. -E poi… è scortese rifiutare un regalo. Lo sapete? -
Ok, l’aveva fregata, non poteva rifiutarsi. Borbottò parole di ringraziamento e se lo rimise sulle spalle.
Scese lungo il fiume che sentì scorrere. Senza troppi complimenti ci corse dentro e vi si tuffò, l’acqua era fredda, ma era un nettare per il suo corpo.

Quando tornò al piccolo accampamento, trovò l’uomo seduto a gambe incrociate, schiena eretta e occhi chiusi in evidente posizione di meditazione. Capendo che non era il caso di disturbarlo, si sedette in silenzio davanti al fuoco ad asciugarsi e si mangiò i due pesci cotti sugli spiedini di legno. Non avendo niente di meglio da fare decise di studiare l'uomo che le stava di fronte, al dilà del fuoco. I lineamenti erano affilati, ma non troppo marcati, il naso adunco ed aquilino, insieme agli occhi taglienti gli conferivano un espressione acuta e indagatoria, mentre le sopracciglia arcate gli attribuivano un tratto malvagio. La bocca era sottile, e quasi completamente nascosta dal pizzetto nero, ben curato. Il fisico era quello di un combattente, spalle larghe, vita stretta e muscoli che sembravano scolpiti nel marmo, o forse, doveva dire nell'oro.

Quando Shang Tsung terminò di meditare si trovò due occhi nocciola puntati addosso.
-Volevo farti una domanda. -
Sollevò le sopracciglia con espressione malleabile.
-Ditemi. -
-Quell’essere che ci ha attaccati? Ha detto che cercava vendetta. Verso di chi? -
-Verso Shao Kahn. -
-Era molto forte, potrebbe diventare nostro alleato. -
-Lo escludo. Non è possibile ragionare con lui. E’ impazzito. -

Sindel sembrava sconvolta da quella notizia.
-Impazzito? Perché? -
-Non è una storia che vi piacerebbe sentire. - Il movimento della mano dell’uomo ebbe il potere di irritarla, con quei suoi gesti pacati e quella sua faccia da schiaffi, come se il suo interlocutore non capisse assolutamente niente.
-Decido io, se non ti dispiace, ciò che voglio, o non voglio sentire. -

Shang Tsung sorrise con sufficienza.
-Come volete. - Si massaggiò il pizzetto, come faceva spesso quando pensava. -Non mi ricordo ormai quanti anni sono passati. La storia risale al Mortal Kombat per la conquista della Terra, una delle prime edizioni. Drahim era un guerriero molto forte, generale umano dell'Outworld. Venne spedito nel Netherrealm, per crimini di guerra condannando il suo corpo e la sua anima ad una eternità di torture. -
-O mio… - Sindel si portò una mano alla bocca sconvolta. -Per questo ha quell’aspetto? -
-Si. Il suo fisico era stato plasmato dalla magia di quel reame perché non potesse morire, ma i secoli di torture, lo hanno reso folle, e con il tempo il suo corpo e la sua mente si sono abituati a non sentire dolore. Riuscì a liberarsi dalla prigione in cui era stato rinchiuso, ma non gli è permesso attraversare i portali, e così vaga per il Netherrealm alla ricerca della sua vendetta. -
-Cosa aveva mai fatto per meritarsi una tale punizione? -
Shang Tsung sospirò. -Aveva irritato l'imperatore. -
-E’ una storia terribile. Non possiamo lasciarlo laggiù. -
-Ormai non ha più importanza, vi pare? -
-Ne ha molta invece. E’ un essere umano, non merita questo destino. -

Shang Tsung si strinse nelle spalle.
-Comunque sia, non può morire. -

Sindel ci pensò, non voleva arrendersi, ma alla fine dovette ammettere che Shang Tsung aveva ragione, non c’era possibilità di aiutare quella povera anima tormentata. Poi un altro pensiero le balenò nella mente.
-Prima, mentre meditavi, ho avuto modo di riflettere su ciò che mi ricordo della mia vita appena rediviva e se ciò che mi ricordo non è errato Shao Kahn sta conducendo un attacco contro l’Earthrealm con l’intenzione di annetterla all’Outworld. Mia figlia Kitana, si trova con i terrestri? -
-Si, ma non mi preoccuperei più di tanto di Shao Kahn. Gli Dei anziani non permetteranno mai l’annessione della Terra all’Outworld senza la vittoria al Mortal Kombat. L’Imperatore incorrerà nella loro ira. Tutto ciò che dobbiamo fare è aspettare e uccidere Quan Chi non appena salirà al potere. -

Sindel allargò le braccia stupita.
-Tutto qui il tuo piano? Aspettare? -
-Shao Kahn si sta scavando la fossa con le sue stesse mani, troppo sicuro di se stesso, sfida forze al di sopra delle sue possibilità. -
-Cosa ne farai di me? - Chiese fissandolo dritto negli occhi. -Se il tuo piano è tutto qui… a che ti servono alleati? -
Shang Tsung sorrise. -Diciamo che non si è mai troppo sicuri per rifiutare una mano. E poi… sotto il controllo di Quan Chi, vi avrebbe potuto usare per manipolare Shao Kahn, e in secondo tempo uccidervi senza pietà. -
-Odi Quan Chi, più di Shao Kahn? -
-Odiare è una parola troppo grande, diciamo che sono semplicemente ostacoli sul mio cammino. Più grande è l’ostacolo più soddisfazione ci trovo nel rimuoverlo. -

Il suo sorriso sembrava quello di un barracuda. Sindel lo fissava come se gli stesse cercando di leggere l’anima, non capiva cosa fosse, ma intuiva che Shang Tsung non era solo quello che dava a vedere, c’era di più. Con un profondo sospiro rassegnato, decise di parlare, sperando di non doversene pentire in futuro.
-Il tuo piano non funzionerà. -

-Perché? - Incrociò le braccia sul petto sollevando un sopracciglio.

-Gli Dei anziani non interverranno mai direttamente, non lo hanno mai fatto. Se interverranno, lo faranno indirettamente, e non è detto che Shao Kahn ne esca per forza sconfitto. Se riuscisse a superare la prova impostagli dagli Dei, vedrebbe il suo regno allargato di un altro reame e la sua completa sovranità su ogni essere vivente. - Si interruppe fissandolo intensamente. -Quanto è forte Shao Kahn? -

Shang Tsung stava riflettendo su quelle parole, non ci aveva pensato, ma doveva ammettere che aveva ragione.
-E’ molto forte. Forse il più grande condottiero che abbia mai conosciuto, ma ha un punto debole che gli ha valso la sconfitta nell’ultimo Mortal Kombat. -
-E quale sarebbe? -
Shang Tsung fece schioccare la lingua e agitò un dito davanti al naso della donna.
-Mi ci sono voluti 600 anni per capirlo, e non lo rivelerò certo così facilmente. -

Sindel gli fece una smorfia, sempre il solito egoista.

-Ma tornando a noi. Se il mio piano è condannato all’insuccesso. Voi ne avete uno di migliore? -
Sindel lo guardò con astuzia. -Dipende da cosa ne ricavo. -
-Cosa volete? -
-Edenia. -
Lo stregone annuì. -Mi sta bene. Ditemi il vostro piano. -
-Hai mai sentito parlare del re dragone Onaga? -
-Si, una leggenda narra che fosse l’imperatore dell’Outworld, prima di Shao Kahn. -
Sindel scosse la testa. -Non era solo quello. Onaga era temuto da tutti, talmente potente da riuscire a contenere l’essenza divina di un drago. Secondo la leggenda era immortale, ma gli occorreva ancora un piccolo rituale prima di diventare invincibile. Shao Kahn, allora suo subalterno, lo avvelenò prima che potesse compierlo. Da allora, lui e la sua armata sono condannati ad un sonno eterno, come mummificati. -

Era una storia che meritava approfondimento.
-Sapete dove si trova? -
-Nell’Outworld, Shao Kahn fece sigillare il tempio, ma so che si può accedere da delle gallerie sotterranee. -
-Le miniere Shokan. - Concluse per lei Shang Tsung.
-So che tornarci non dev’essere un’idea allettante per te… -
-Non sono le miniere che mi preoccupano. - Si stava massaggiando il pizzetto nero, pensieroso. -Questo Onaga, se la storia che si narra è vera, vorrà sicuramente morto Shao Kahn, ma non cederà mai il trono dell’Outworld a qualcun altro. -

Sindel corrugò lo sguardo.
-Non ti capisco. Cosa c’è di così allettante in un regno come l’Outworld? -
-Il potere che suscita comandarlo. - Rispose lui con occhi luminosi dal divertimento.

Lei si morse il labbro pensierosa.
-E se ti dessi Edenia? -
Shang Tsung corrugò lo sguardo. -Pensavo che la voleste voi. -
-Potremo condividerla. -
Lo stregone sembrava scioccato. -Condividerla? - Ripeté.
-Si, tu e io. Potremo governare su Edenia insieme. -
Storse la bocca, non sembrava molto contento della proposta.
-Voi mi state proponendo un accordo di matrimonio? - Chiese poi corrugando lo sguardo.
Sindel sorrise divertita. -Non scandalizzarti. Niente di così impegnativo. Mezzo regno è sempre meglio di niente. E poi Edenia è uno dei regni più vasti, ce la divideremo. -

L‘uomo ritrovò la freddezza e la baldanza di sempre.
-Siete incauta a propormi una cosa del genere. Niente mi impedirebbe di uccidervi, una volta ottenuta la morte di Shao Kahn. -

Sindel gli sorrise con sicurezza.
-So bene che tipo d’ uomo sei stregone. E quando verrà il momento ci batteremo a costo della vita per Edenia. Ma fino ad allora, io ho bisogno di te, e tu di me. Un tradimento non conviene a nessuno dei due. -

Shang Tsung annuì scrutandola attentamente, poi distolse lo sguardo fingendo noncuranza.
-Se vogliamo risvegliare Onaga, dobbiamo aspettare che Shao Kahn sferri un attacco di massa contro la Terra. Allora ci potremo muovere liberamente nelle miniere. - Si sdraiò a terra, portandosi le mani dietro la testa. -Vi conviene dormire, domani ci aspetta una giornata lunga. -

Nonostante la fatica della giornata, Sindel non aveva sonno, anzi aveva un milione di domande, che avrebbe voluto porgli, per troppo tempo era stata esclusa dal mondo.
-Shang Tsung… quando mi hai liberato dall’influsso di Quan Chi… ho visto delle immagini che non appartenevano al mio passato. Di chi erano? -
L’uomo parlò con gli occhi chiusi.
-Dovevo aprire uno squarcio nella vostra memoria, e ho dovuto proiettarti dei ricordi non vostri. -
Sindel lo fissava incuriosita.
-Erano dei tuoi ricordi? -
Shang Tsung non rispose, sospirò aprendo gli occhi e guardando le stelle.
-Dobbiamo dormire. - Ripeté poi.

I suoi occhi… per un breve istante i suoi occhi erano differenti, non sapeva che cosa vi avesse visto, tristezza, malinconia… o forse semplicemente umanità. I suoi sospetti trovarono uno spiraglio. Si ricordava la prima volta che lo vide arrivare al castello di Shao Kahn, uno stregone piuttosto potente, affamato di conoscenza. La cosa che la colpì più di ogni altra cosa furono i suoi modi, gentili, molto signorili, in effetti ancora oggi, di tutto gli si poteva dire, ma non che fosse maleducato, e i suoi occhi, profondi e bui come dei pozzi senza fondo, ma che sembravano nascondere qualcosa. In verità il ricordo che aveva di lui prima che si suicidasse, era un ricordo piuttosto gradevole, come lo era la sua presenza in quel tetro castello, si ricordava che la salutava sempre con un sorriso quando lo incrociava per i corridoi, ma Sheeva, la sua fedele guardia del corpo, la diffidava dal dargli confidenza, diceva che un uomo che vagava per i reami per apprendere i segreti arcani della magia nera, non può portare niente di buono.
Aveva senz’altro ragione… eppure anche lui doveva avere un passato.

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Capitolo 10
*** 1.4 Perdere la fiducia ***


1.4 Perdere la Fiducia

In cima al Tempio Celeste, i guerrieri di quella prima giornata di scontri contro le milizie dell’Outworld, fissavano sconvolti ciò che gli aveva accolti giunti in cima al tempio.
I corpi dei monaci che avevano vissuto lì, giacevano riversi sui gradini e sul pavimento del tempio, in pozze di sangue ormai rattrappito, mentre nell'aria si odorava quel dolciastro olezzo di morte.

Kung Lao era corso ad abbracciare il corpo senza vita di colui che gli aveva fatto da maestro in tutti quegli anni, piangendo lacrime di disperazione e dolore.

Liu Kang era rimasto talmente scosso che lanciò un urlo di rabbia verso il cielo che cominciava a colorarsi di rosso, nel calare del sole.

Quando Raiden apparve al cospetto dei guerrieri, già molti dei corpi brutalmente uccisi erano stati sepolti in tombe di pietra.
Kitana fu la prima a vederlo e gli si avvicinò.
-Raiden… è una cosa terribile. -

Il Dio del tuono si guardò attorno.
-Un attacco Tarkatan, senza dubbio. - Guardò negli occhi la bellissima ninja blu. -Come stanno Liu Kang e Kung Lao? -

Kitana sospirò rassegnata.
-Kung Lao si rifiuta di parlare. In silenzio non ha fatto altro che seppellire i corpi dei monaci per tutto il tempo. E Liu Kang… - Scosse la testa. -Non lo so… sento molta rabbia in lui… non è normale una cosa del genere. Non ho mai sentito tanto risentimento nel cuore di un guerriero. Ho paura che possa… -

Raiden le mise una mano sulla spalla bloccando i suoi timori.
-Non devi dubitare di lui. E’ un grande condottiero e il suo spirito è forte. -
-Ma questa è la prima volta che deve affrontare una perdita così vicina. - Gli prese una mano, stringendola fra le sue. -Ti prego Raiden. Cerca di parlarci, di placare il suo odio… o potrebbe rimanerne sopraffatto. -
Il Dio non poté fare a meno di rimanere sconcertato dalla paura che leggeva negli occhi della donna. Sorrise rassicurandola, posandole una mano sulla spalla.
-Ci parlerò. -

Liu Kang era nel cortile del tempio, ai margini della montagna, dal quale poteva vedere tutto il paesaggio circostante. La vallata, sotto di loro era colorata di giallo e arancione, ma il monaco aveva gli occhi fissi sul sole che lentamente andava a nascondersi dietro le montagne.
-Liu Kang… - Raiden lo affiancò. -Come stai? -

Il monaco non rispose, la sua bocca era serrata costretta al silenzio, gli occhi furiosi. Raiden guardò lo spettacolo sotto di loro.
-Kitana è molto preoccupata per te… -
-Non deve. - Si voltò a guardarlo. -Non è di me che si dovrebbe preoccupare. - Le mani si strinsero a pugno, la voce gli tremava dalla rabbia. -Deve preoccuparsi di quello che farò a Shao Kahn una volta che ne avrò la possibilità. -

Raiden non ci poteva credere, c’era così tanta rabbia in lui.
-Se affronti Shao Kahn con la rabbia che ti pervade l’animo, perderai. -

Il suo volto era una maschera di rabbia.
-Vincerò! E lo ucciderò! -
-Perderai molto più che un combattimento. La rabbia, ti corrode, ti consuma dall’interno… -
-Risparmiami i tuoi sermoni Raiden. - Gli dette le spalle avviandosi verso il tempio. -Io sono il campione del Mortal Kombat. Il difensore della Terra! E non sono riuscito a proteggere coloro che amavo. - Si bloccò per reprimere lacrime di dolore. -Questi monaci erano la mia famiglia. Mi hanno cresciuto, protetto, insegnato ogni cosa… e io non sono stato capace di proteggerli. -
-Sei un uomo Liu Kang, per quanto forte resti sempre e solo un uomo. Non puoi vegliare su ogni essere della Terra. Non è compito tuo. -
-Hai ragione. - Si voltò furioso. -Era compito tuo. - Sibilò senza preoccuparsi di mascherare il rancore nella sua voce, poi gli dette le spalle e se ne andò, lasciando Raiden incredibilmente sconvolto da quelle parole.

Kitana in disparte aveva assistito alla scena, aveva fatto fatica a riconoscere in quell'uomo pieno di ira il monaco sereno di cui si era innamorata, i suoi occhi nocciola osservavano increduli e spaventati Liu Kang che le passò vicino senza degnarla di uno sguardo e proseguì lungo il suo cammino.
Poteva un dolore così forte, cambiare il suo animo?
Preoccupata dai suoi stessi pensieri si avvicinò al Dio del tuono.
-Lui… non parlava sul serio… è solo molto arrabbiato. Ti prego di perdonarlo. -

Raiden le abbozzò un sorriso, anche se i suoi occhi rimasero impassibili dietro la luce accecante che gli pervadeva.
-Certo che lo perdono… ma lui è più che consapevole di ciò che dice. - La ninja blu lo guardò con occhi addolorati, sembrava volesse dirgli qualcos’altro, ma preferì accomiatarsi da lui con qualche parola di scusa e corse da Liu Kang. Raiden rimasto solo volse lo sguardo verso Kung Lao, inginocchiato a pregare su di una tomba.

-Qualcosa ti preoccupa? -
Voltandosi il Dio del tuono incontrò l’enorme mole di uno dei più grandi maestri di arti marziali di tutti i tempi. Il gran maestro Bo' Rai Cho.
-Non sai quanto sia sollevato nel vederti. - Gli sorrise stringendogli una mano.
-Un Dio preoccupato non è mai un buon segno. Cosa è successo? -
Raiden si voltò nuovamente a guardare Kung Lao, ancora in preghiera, per la prima volta in tanti anni ebbe un dubbio, ma era saggio farne parola con qualcun altro? I suoi pensieri vennero interrotti dalla visione di Jade che si avvicinava al monaco in preghiera.

-Tutto bene? - La ninja verde si era tolta la fascia che le copriva la bocca permettendo all'uomo di vederle il volto nella sua completa bellezza. Le edeniane erano proprio di un altro mondo.
Kung Lao distolse lo sguardo abbozzando un sorriso.
-Sono solo molto triste… ma so che le loro anime adesso, sono in un posto migliore. -
Lei gli mise una mano sulla spalla.
-Mi dispiace davvero molto. -
-Anche a me. - La guardò cercando di mostrarsi meno afflitto di quanto fosse. -Ti va di pregare con me? -
Jade dopo un primo momento di sbigottimento gli sorrise dolcemente e s’inginocchiò di fianco a lui, le loro fedi erano diverse come lo erano i loro mondi, ma lì non si trattava di religione, ma solo di spiritualità.

-Hey Raiden… ti sei incantato? - La voce possente e gioiosa di Bo' Rai Cho, distrasse il Dio dai due ragazzi.
-Mi stavo chiedendo… se non abbia commesso un grave errore di valutazione. -

Il maestro di arti marziali tirò fuori da sotto il pesante giaccone una bottiglia di saké.
-Lo so che per noi mortali capire un Dio è pressoché impossibile… ma anche tu non è che faciliti le cose. - Buttò giù un abbondante sorso di liquore. -Brindi insieme a me? Alle anime di queste brave persone che ci hanno lasciati? Che la pace eterna li abbia con se? -

Raiden si voltò a guardarlo.
-La forza d’animo è la cosa più importante per un guerriero, addirittura più importante della forza fisica. -

Il maestro si pulì l’ispida barba nera dal liquore.
-Ma si può sapere che stai dicendo? -
-Ti affido il compito di vegliare su di loro, finché non sarò tornato. So che posso fidarmi di te. -
-Certo… ma hey… così mi spaventi. -
-Non ti preoccupare, devo chiedere udienza agli Dei Anziani. Tornerò presto. - Raiden spiccò un salto, il suo corpo divenne pura elettricità statica e il fulmine scomparve in cielo seguendo la traiettoria inversa di una semplice saetta.

-Maestro… -
Bo' Rai Cho si voltò vedendo Kung Lao e Jade che lo stavano raggiungendo.
-E’ bello vedervi maestro. - Kung Lao gli fece un inchino.
-Si, ho deciso di unirmi alla festa. - Rise sonoramente l’uomo. -Avete pregato gli Dei per l’anima dei nostri amici? -
-Si maestro. -
-Bene, allora adesso brindiamo insieme alla loro memoria. - Buttò giù un abbondante sorsata di saké e poi porse il pesante otre ancora piuttosto pieno al monaco che lo guardò stupefatto.
-Ma io non ho mai… -
-Butta giù ragazzo, butta giù. -

Kung Lao eseguì l’ordine e non appena il liquido gli pervase la gola bruciandogli trachea ed esofago, il monaco cominciò a tossire senza ritegno. Era la prima volta in vita sua che beveva del liquore, e avrebbe giurato anche che fosse l’ultima, purtroppo sapeva fin troppo bene che con Bo' Rai Cho nelle vicinanze, sarebbe stato impossibile rendere onore alla promessa.

-La prossima volta andrà meglio. - Rise divertito l’uomo offrendo da bere anche a Jade, con lo stesso risultato. -Un brindisi per ogni monaco! - Annunciò l’uomo facendo strabuzzare gli occhi dei giovani davanti a lui. -Beviamo beviamo! - Tirando fuori altre bottiglie da chissà dove sotto il giaccone Bo' Rai Cho le offrì ai due che guardandosi disperati negli occhi rivolsero lo stesso pensiero di speranza nell’etere.
-Speriamo che Raiden torni presto. -


Il Dio del tuono si fermò al cospetto della somma autorità, gli Dei anziani. Era strano come stare al loro cospetto lo rendesse ancora sotto molti aspetti "umano".
-Cosa c’è che ti preoccupa Raiden? - La loro voce suonava all’unisono con reverenza e solennità.
-Sono venuto a chiedervi aiuto. - Il Dio chinò ancor di più la testa. -Shao Kahn ha infranto la sacra legge dell’annessione dei reami. - Ci fu un breve silenzio.
-Perché sta annettendo la Terra all’Outworld senza aver vinto il Mortal Kombat? -
Raiden alzò la testa di scatto, sorpreso da quelle parole, stava per arrivare una doccia fredda, se lo sentiva.
-Il Mortal Kombat non è più un buon metro di valutazione, corrotto dagli stessi guerrieri che dovevano parteciparvi e onorarlo. -
-E’ stato Shang Tsung a corrompere il torneo… - Cominciò con veemenza.
-Shang Tsung è un terrestre. La Terra è la causa del male che gli si sta riversando contro. -
Raiden allargò le mani con un’espressione quasi disperata.
-Ma… non potete permettere che avvenga. Shang Tsung è stato naturalizzato dell’Outworld. -
-E’ di origini terrestre. Sono state le sue origine a portarlo a ciò. La natura dei terrestri è corrotta e sleale. Tu più di chiunque altro dovresti saperlo. -
-Ma… non sono solo questo. C’è anche del buono in loro… non potete condannarli così… hanno vinto il Mortal Kombat lealmente. -
-Ne sei sicuro? - La domanda lo colse impreparato. -Il fatto è che tu per primo dovresti renderti conto del loro animo corrotto, pronti a tutto pur di raggiungere il loro tornaconto personale. Terrestri che combattono contro il loro stesso reame… una cosa impensabile per altri popoli, come avviene nell’Outworld, dove i dissapori interni non condizionano l’avvenire del loro reame. La Terra ha raccolto ciò che in tanti anni ha seminato. -
Raiden abbassò lo sguardo senza sapere dove guardare.
-Allora… non mi aiuterete. -
-A volte ci chiediamo se ti dimentichi quale sia il nostro scopo. Sarebbe scorretto da parte nostra intervenire contro l’Outworld, quando sono stati i terrestri a corrompere il Mortal Kombat. -
-Un terrestre! - Raiden sembrava al limite della disperazione. -Non è giusto condannarli per le colpe di uno solo di loro. -
-Il tuo amore per i terrestri ti ha reso cieco Raiden. Non è stato un uomo, è stata la loro natura. Chiunque al suo posto avrebbe fatto nello stesso modo. -
-No… non è vero. Kung Lao non l’avrebbe fatto. -
Gli Dei anziani lasciarono che cadesse il silenzio per qualche secondo lasciando che quel nome pesasse sulla testa del Dio protettore della Terra, in fin dei conti non era Kung Lao il campione.
-Non possiamo intervenire direttamente… tu questo lo sai. Conosciamo i terrestri, come li conosci anche te, e conosciamo l’Outworld in un modo che tu neppure immagini. Sappiamo che nel cuore di entrambi i reami esiste la purezza e la giustizia, e in virtù di questo gli metteremo alla prova. -
-Che prova? -
-Le forze della Terra e dell’Outworld si scontreranno nella Piana delle Lacrime domani mattina, in uno scontro definitivo che porterà alla convivenza dei reami tra loro come è sempre stato in tutti questi anni, in un modo o nell’altro, questa guerra tra i reami deve finire. -
Così dicendo gli Dei Anziani si accomiatarono dal Dio del tuono, lasciandolo confuso e preoccupato. Sarebbe riuscito Liu Kang con la rabbia che lo pervadeva a superare quest'ultima prova?


Nel Netherrealm Quan Chi avanzava per i lugubri corridoi del palazzo di Shinnok, il Dio decaduto. Lo aveva mandato a chiamare quella stessa mattina e non era un tipo a cui piaceva attendere. Quan Chi varcò le pesanti porte di legno della sala principale ritrovandosi in vasto salone privo di mura, contornato esclusivamente da colonne e archi giganteschi, tutti di pietra granitica, che permettevano una visuale piuttosto ampia dell’intero reame. Al centro dell’enorme salone, o terrazzo, forse era il nome più appropriato, si ergeva un tavolo rotondo, sopra il quale splendeva una strana sfera di luce azzurrognola e bianca. Quan Chi si era spesso chiesto che cosa fosse, ma visto che Shinnok non glie ne aveva mai fatto parola, aveva dedotto che non fosse una cosa importante.
Il Dio decaduto era girato di spalle alla porta e osservava il proprio reame dall’arco più lontano dall’entrata.
-Mi avete mandato a chiamare maestro? - Quan Chi avanzò nella sua direzione.

-Vieni Quan Chi… vieni vicino a me. -
Lo stregone storse le labbra nere e ruvide, quando Shinnok si dimostrava così propenso alla sua compagnia voleva dire che ne avrebbe avuto per molto con le sue chiacchiere. Comunque assecondò la sua volontà e si fermò al suo fianco, lo spettacolo di lava e rocce che si estendeva sotto di loro era il perfetto sfondo per le urla strazianti di dolore che si levavano fino a loro.

-Questo posto è l’inferno dell’anima e del corpo. - Shinnok allargò le braccia mostrando quello spettacolo straziante. -Ma presto ce ne andremo da questo posto di dolore e sofferenza. Presto conquisteremo l’Outworld e l’Earthrealm, e domineremo su tutti i reami conosciuti. Insieme. - Si voltò verso Quan Chi sorridendo, un sorriso che su quel viso bianco e scavato dalle rughe sembrava quasi inquietante, ma che a Quan Chi piaceva.

-Questo merita un brindisi. - Affermò dirigendosi verso l’unico mobile presente sul terrazzo, un piccolo baule in legno, con pesanti cerniere di metallo. Ne estrasse due calici e una bottiglia di vino.
-Che cosa dicono le vostre visioni? - Si informò mentre stappava la bottiglia.
-Tutto fila come previsto. L’annessione dell’Outworld all’Earthrealm non avrà intoppi. Gli Dei anziani non faranno proprio niente per impedirlo. - Shinnok si voltò verso di lui. -Ti devo avvertire però che manderanno una prova da superare. - Gli si avvicinò di qualche passo. -Devi essere tu a uscirne vincitore. Tutto dipende da questo. - Chinò appena la testa di lato osservandolo con quegli occhi profondi e incavati. -Ti sei occupato di Shang Tsung? -

-Perché è un problema? -
Quan Chi gli porse un calice pieno di vino.
-Potrebbe diventarlo. - Shinnok si fece girare il calice fra le dita bianche ed emaciate, facendo oscillare il liquido vermiglio, con lo sguardo perso nei riflessi del vino. -La magia di cura che hai utilizzato non ti ha cancellato del tutto i segni dello scontro che hai avuto con lui. -

Quan Chi storse le labbra grigie, non sopportava l’idea di essere stato battuto da Shang Tsung, anche se non si poteva parlare di una sconfitta vera e propria, lui era fuggito prima di averlo messo del tutto fuori combattimento, quindi era ancora tutto da vedere.
-Noob Saibot si occuperà di lui e della regina Sindel. - Rispose lo stregone bevendo il vino dal suo calice, quando ebbe finito si ritrovò gli occhi di Shinnok puntati su di se.

Quan Chi sentì un brivido pervadergli la schiena e arrampicarsi dietro il collo, sembrava davvero che gli stesse leggendo il pensiero. Il dubbio divenne d’un tratto certezza quando vide un sorriso divertito stirarsi sulle labbra sottili del vecchio Dio.
-E’ questo il tuo modo di sbarazzarti di me? - Gli mostrò il calice pieno di vino. -Veleno. -

Si sforzò di sorridere, era inutile negare, ormai aveva già capito tutto.
-Da quanto lo sapevi? -

Shinnok lo guardò ancora intensamente.
-Adesso. L’ho capito nel momento in cui ti ho visto posare gli occhi sul Netherrealm. Ciò che vi ho visto… - Scosse appena la testa. -Il tuo animo è corrotto come questo reame. -
-Sei tu vecchio ad essere diventato troppo indulgente. - Sorrise in modo contorto. -E non puoi competere contro di me in combattimento. Mi hai insegnato tutto ciò che sai. -

-Non tutto. - Rispose lui guardandolo con una strana luce negli occhi, una luce che Quan Chi non riuscì a decifrare, o meglio… la riconobbe, perché vista nei volti dei terrestri ma non credeva possibile che Shinnok potesse provare un sentimento del genere, e men che meno nei suoi confronti.
Poi accadde. Shinnok bevve tutto d’un fiato il vino avvelenato dal suo bicchiere, gesto che fece rimanere di stucco lo stregone.
-Perché? - Chiese di getto, più per lo stupore che per interesse.

-Dici che ti ho insegnato tutto ciò che so Quan Chi… - Shinnok si portò una mano alla gola, che sentiva bruciare come i fuochi dell’inferno. -… ma non ti ho detto quale è il segreto per battere Shao Kahn… - Sorrise divertito, sorreggendosi a stento al tavolino. -… e tu… tu non hai ancora vinto… se Shao Kahn superasse la prova degli Dei… - Il calice cadde rotolando sul pavimento.

-Allora… come faccio ad ucciderlo? - Quan Chi gli si avvicinò. -Dimmelo e ti darò una morte rapida e indolore. -

Shinnok cadde a terra impossibilitato a sorreggersi su braccia e gambe, gli occhi vacui tornarono a fissare Quan Chi, che gli si era inginocchiato accanto.
-E’… inutile… un uomo come te… non potrebbe mai capire. - Gli spasmi di dolore lo fecero contorcere a terra e rantolare, poi sputò sangue e saliva sulle proprie mani mentre tentava di rialzarsi. Ad un tratto si bloccò, supino sul pavimento, con gli occhi persi nel soffitto.
-Tu… sei destinato… a … fallire. - Disse in un rantolo mentre un sorriso si distese su quel volto di pietra, prima di esalare l’ultimo respiro.

Quan Chi non provava niente, né pietà, né dolore per quello che era stato la cosa più vicino ad un mentore che avesse mai avuto, sapeva che al suo posto Shinnok avrebbe fatto esattamente la stessa cosa, e anche se non l’avesse fatto, non c’era un briciolo di rimorso in lui. Scavalcò il corpo del Dio decaduto e si diresse all’estremo del terrazzo ad osservare ancora quel paesaggio per lui paradisiaco. I suoi occhi avevano luce solo per il fuoco che divampava e aveva orecchie solo per le grida di dolore che udiva. Ed era tutto suo, finalmente, e ben presto anche gli altri reami sarebbero diventati suoi e sarebbero stati esattamente in quella maniera.
In mezzo al fuoco, alle urla e alle rocce, si sentì riecheggiare una risata, malvagia, sadica e irrefrenabile. Niente e nessuno si sarebbe potuto frapporre fra lui e il suo piano.


Scorpion si voltò in dietro con la strana sensazione di aver udito una risata, chi mai poteva ridere nel Netherrealm? Si strinse nelle spalle e proseguì il suo cammino, secondo le indicazioni di Shang Tsung era quasi arrivato a destinazione. Le rocce laviche formavano un cratere leggermente rialzato intorno ad un profondo pozzo oscuro. Scorpion ci si affacciò e non ne vide il fondo.
Poco importava, non poteva certamente morire un’altra volta. Ci saltò dentro e si lasciò cadere silenzioso e veloce proprio del ninja che era.
Delle creature oscure attaccate alle pareti si protesero verso di lui nel vano tentativo di afferrarlo con lamenti terrificanti.
L’oscurità cominciò a diradarsi e gli permise di vedere alcune di quelle creature fare capolino tra le fessure delle rocce come spaventati dalla luce che si sprigionava dal fondo. La luce divenne sempre più intensa finché non vide il terreno, rocce incandescenti che bollivano in un mare di lava.

Scorpion lanciò il kunai frenando la sua caduta, dopodiché atterrò accucciato in terra, sollevando schizzi di lava e detriti vari. Vide le mani e i piedi fumare al contatto con il terreno, ma non gli fecero male, il fuoco lo dominava come fosse ormai parte integrante della sua anima, e probabilmente era così.
Si rialzò e si incamminò per il sentiero che si insinuava in una feritoia, fino ad arrivare ad un’enorme parete rocciosa nera, dove una sostanza viscida continuava ad attraversarla come a voler colare a terra, ma vicino alla parete non c’erano gocciole o pozze di quella strana sostanza. Scorpion rimase immobile davanti a quello spettacolo insolito, doveva essere quella la parete di cui gli parlava Shang Tsung.
Ebbe l’impulso di toccarla, per capire che cosa fosse quella sostanza, forse petrolio, ci ripensò in memoria di ciò che gli diceva sempre suo padre quando era piccolo. Mai toccare qualcosa che non sai di che si tratta, si potrebbe avere brutte sorprese.
Rimase dove si trovava ed urlò a gran voce il nome di sua moglie, di suo figlio, e degli anziani del suo clan.

Il liquido nero si animò, si condensò in un punto, prese forma di mani, volti, arti, poi dal muro si staccarono delle figure e Scorpion poté riconoscerle tutte. Non sapeva se avesse ancora un cuore, e la sua anima la credeva perduta per sempre, ma quando vide il volto di sua moglie sentì svanire ogni sentimento che fino ad allora lo aveva tenuto in vita, la rabbia, il dolore, il risentimento, il suo cuore saltò un battito, o almeno così gli parve, e i suoi occhi di spettro cominciarono a versare lacrime di gioia, perché aveva nuovamente davanti agli occhi la donna che aveva amato.

Si avvicinò con le mani protese, ma lei alzò una delle sue.
-No… - Disse con la sua voce che ogni notte gli ricordava un passato che aveva giurato di vendicare. -Non ancora mio amato. -
-Perché? -
-Perché ne rimarresti intrappolato, e il tuo spirito ha ancora molte cose da compiere. - La donna sorrise e scostandosi gli mostrò il volto di un bambino di appena 5 anni.
-Padre! - Urlò il bambino con un sorriso raggiante. -E’ forte il vostro costume. -

Scorpion sorrise dietro la maschera e cadde in ginocchio per la gioia di ciò che vedeva e la disperazione di non poterli abbracciare.
-Sapevo che ti sarebbe piaciuto. - Rispose.
-Hanzo… perché sei qui? - Chiese l’anziano del villaggio.
-Voglio vendicare la vostra morte. Chi è stato ad uccidervi quella fatidica notte? -
-I Lin Kuei ci hanno attaccato, ma chi li guidava non era chi sembrava, non era Sub Zero. -
Scorpion si alzò in piedi.
-Chi era? -
-Quan Chi. L’uomo per cui ti sei messo al servizio. -
Scorpion sentì la rabbia invadergli il corpo, tanto da non riuscire a trattenerla, con un urlo disumano rivolto verso l’alto fece evadere tutta la furia che lo stava divorando dall’interno, giurò vendetta contro il vero responsabile e maledisse se stesso per non aver ascoltato le parole di Raiden durante l'ultimo Mortal Kombat.
Ma presto, la sua anima avrebbe avuto soddisfazione. 

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Capitolo 11
*** 2.4 Ti Chiedo Perdono ***


2.4 Ti Chiedo Perdono

Mileena era sdraiata sul letto, gli occhi rivolti al soffitto, stava ancora ripensando alle parole di Baraka.
“Al momento giusto i Tarkatan ti seguiranno, ma fino ad allora… sono soldati al servizio dell’Imperatore.”
Quello che doveva fare lo sapeva, era inutile girarci intorno, Baraka le aveva indicato la via, adesso stava a lei seguirla. Tradire Shao Kahn e lottare al fianco dei terrestri, e di Kitana. Mileena scattò a sedere sul letto, la mente affollata da pensieri e ricordi, suoi, di Kitana… non lo sapeva. E poi, c’era Shao Kahn. Una parte di se lo odiava con tutto il cuore... Ma l’altra… era pur sempre suo padre, in fin dei conti. Non aveva mai ricevuto una carezza, un abbraccio, un sorriso, o anche solo una parola di conforto o di incoraggiamento, ma mai nessuno li aveva avuti. Shao Kahn era così, era prepotente e arrogante, tutti gli dovevano tutto, e dominava gli altri, non solo il proprio regno, ma anche le persone più vicine a lui con il terrore. Tutti facevano ciò che lui voleva perché avevano paura. Eppure sentiva ancora che una parte di se non lo odiava, anzi… lo amava e lo ammirava per la forza con cui governava, per la sua completa mancanza di affetti, e di conseguenza di punti deboli. Probabilmente era la sua parte edeniana che desiderava affetto e attenzioni, un Tarkatan, non ha bisogno di queste cose. E allora non era Shao Kahn in torto, ma bensì lei. Lei che non apparteneva a questo reame e neppure a quello di Edenia, lei che ancora un volta, non trovava il suo posto.

Strinse forte i pugni, conficcandosi le unghie nel palmo delle mani, fino a farsele sanguinare.
Il dolore la calmò. Respirò affannosamente e si guardò le mani rosse rubino, un guizzo degli occhi gialli e un sorriso sadico le si dipinsero in volto, si portò le mani alla bocca e si leccò il sangue con bramosia. Quello era il suo sangue Tarkatan.
Doveva prendere una decisione, presto, prima dell’alba, prima della guerra definitiva. Aveva bisogno di parlare, aveva bisogno di qualcuno a cui chiedere, ma non poteva tornare da Baraka. Allora chi? Chi era suo amico in quel palazzo? Nessuno, neppure con Sheeva poteva parare, non adesso, non dopo la scomparsa di Sindel. Ancora con la mente affollata da pensieri e domande si affacciò alla finestra osservando il regno dell’Outworld nelle tenebre della notte, dei fuochi illuminavano in lontananza l’accampamento dei soldati, non le era difficile immaginare il loro stato d’animo, tesi e spaventati per la battaglia che l’indomani gli avrebbe attesi.

Questi pensieri la distrassero dai suoi tormenti, permettendosi di distrarsi un minimo, poi sentì qualcosa alle sue spalle, forse la brezza notturna aveva spostato le tende stracciate del suo letto a baldacchino… oppure, c’era qualcuno lì con lei. Impossibile, pensò voltandosi lentamente, chi la voleva morta? Lei che era la figliastra dell’Imperatore.
I suoi occhi Tarkatan si mossero velocemente nell’oscurità, e nonostante il buio più intenso, vide distintamente una figura accovacciata sopra il baldacchino, probabilmente attendeva in silenzio il momento in cui si sarebbe coricata per attaccarla nel sonno.
Si spostò lateralmente e afferrò un vecchio vaso sul cassettone, uno dei pochi oggetti sopravvissuti ai suoi scatti d'ira.

La donna nascosta nell’oscurità dovette aver intuito di essere stata scoperta perché le si lanciò contro come una furia. Mileena le lanciò contro il vaso e con una capriola si scansò lateralmente afferrando i sai che aveva posato sul comodino e guardò sconcertata il vaso cadere congelato a terra e rompersi in centinaia di frammenti di ghiaccio.
-Un’assassina del clan Lin Kuei. - Mileena si mise in posizione da combattimento. -Chi ti manda? -

L’assassina si fece vedere alla luce della luna che filtrava tramite la finestra. Indossava un completo nero e blu, con una maschera che le copriva naso e bocca, i capelli corti e ritti sulla testa sembravano delle stalagmiti di ghiaccio. Somigliava sia nel vestito che nel modo di combattere a Sub Zero. Quando parlò la sua voce era acuta e graffava i timpani come delle unghie sulla lavagna.
-Mi manda l’Imperatore. -

Mileena si sentì salire la bile al cervello.
-Menti! - Gridò furiosa attaccandola con tutta la sua rabbia.
Shao Kahn non poteva aver mandato un’assassina ad ucciderla, era impossibile… lei era sua figlia!

-Siamo sorprese? - L’assassina parò con l’avambraccio sinistro, mentre nella mano destra si formava una punta di ghiaccio che tentò d’infilarle in pancia. Mileena si accorse troppo tardi dell’arma, e fece appena in tempo a deviarne la punta che le si conficcò nel fianco. Sentì un dolore acuto e un freddo pungente penetrarle fin dentro le ossa.
Urlò, o forse fu l’altra a farlo, non lo sapeva dire con certezza, agitò il pugnale nella sua mano senza cognizione, ma il gesto fu abbastanza repentino da costringere l’altra ad arretrare.

Le aveva lasciato la punta di ghiaccio nel fianco, si sentiva i muscoli intirizzirsi per il freddo, la carne intorno alla ferita si stava congelando. Notò che il suo attacco alla cieca aveva prodotto una lieve ferita all’avversaria, un taglio sulla spalla destra, spiccava sulla pelle diafana dell’assassina.
Tornò all’attacco, era veloce, potente, silenziosa e letale, e lei… lei aveva sottovalutato la sua avversaria, aveva peccato d’insolenza, una lezione che in futuro, se mai fosse sopravvissuta, non avrebbe mai e poi mai dimenticato.

Fece roteare i sai tra le dita, non voleva arrendersi, non ancora, sarà stata anche forte, ma lei aveva le conoscenze combattive di Kitana, che era stata addestrata quasi dalla nascita, e dei Tarkatan, abili combattenti per natura. Attaccò con un calcio frontale, poi il sai nella mano destra vibrò vicino alla gola dell’avversaria che si piegò in dietro, mossa prevedibile. Mileena continuò la rotazione naturale del corpo in una giravolta e alzando la gamba sinistra la colpì con il tacco alla guancia, aprendole un altro taglio.

Sorrise sotto la sua maschera viola, ma non si poté concedere niente di più. L’addome le faceva male e sapeva che una ferita del genere non veniva mai presa alla leggera da una donna. Gli uomini vanno fieri delle cicatrici, le donne, le temono come la solitudine.
L’assassina attaccò furiosa, senza armi, calci volanti a girare, falciate che la costrinsero spalle al muro, poi arrivò il pugno destro, veloce, potente imparabile. Il pugno la fece barcollare a destra, sentì qualcosa di caldo scenderle lungo la guancia e finire tra i suoi denti, mentre i suoi occhi osservavano la pezza viola cadere lentamente sul pavimento..

L’assassina fece un passo in dietro con espressione disgustata.
-Ma che razza di mostro sei? -

Questo non lo doveva dire. Mileena si alzò di scatto, più furiosa che mai, notò che le unghie dell’assassina sporgevano dai guanti, erano lunghe e di ghiaccio, doveva fare attenzione. Colpì con i sai, piegandosi e danzandole intorno, non dandole una posizione di riferimento, l’assassina tentò un paio di colpi che andarono a vuoto, mentre dovette incassare diversi calci al corpo e tagli un po’ ovunque. Con un calcio frontale la buttò spalle al muro, le difese completamente sbaragliate, era il momento del colpo di grazie. Le si lanciò in contro con i sai davanti a se, ma non sentì altro che un sonoro crack, qualcosa di freddo prenderle le dita, e poi le mani.
Abbassando gli occhi vide che aveva affondato i coltelli in una lastra di ghiaccio. Balzò in dietro spaventata sentendo il dolore all’addome farsi nuovamente vivo con delle fitte lancinanti. Quella donna aveva una difesa davvero impenetrabile, e lei di controparte non era per niente abile nella difesa.

L’assassina rise, e la sua voce risultò ancora più insopportabile.
-Non te lo aspettavi vero? - La lastra di ghiaccio esplose in decine di schegge di ghiaccio che la colpirono alle gambe e alle braccia, facendole cadere i sai dalle mani.

Mileena cadde a terra.
-Ti… ti prego… non uccidermi. -
L’assassina le si avvicinò lentamente e s’inginocchiò davanti a lei.
-Parli come una donna… ma sappiamo entrambe che non sei altro che un mostro. -
-Hai vinto… non hai bisogno di uccidermi. Scapperò… non mi farò più vedere. -
Per la prima volta gli occhi glaciali dell’assassina ebbero un guizzo d’umanità.
-Mi dispiace dolcezza… Shao Kahn ti vuole morta, e io non posso permettermi di fallire. - Nella sua mano si materializzò un coltello di ghiaccio. -Addio. -

Mileena fermò il colpo a mezz’aria con la mano destra e scattò in avanti mordendola alla gola. Ci fu un urlo strozzato, il gorgogliare del sangue, ma Mileena non si fermò continuò a mordere e agitare la testa come un cane con la sua vittima, straziandole la carne con la sua bocca, e non la lasciò neppure quando ormai il corpo senza vita dell’assassina cadde esangue a terra in una pozza scarlatta.

Mileena finalmente si ritrasse, la bocca, il mento e il collo erano sporchi di sangue, così anche il pavimento e il letto vicino a loro. Con un urlo di dolore si tolse la punta di ghiaccio dalla pancia e si premette forte la ferita con la mano. Finalmente capì cosa fosse realmente lei per Shao Kahn, solo un’altra e inutile pedina da uccidere quando non gli avrebbe più fatto comodo. Uscì dalla finestra e si gettò per la lunga torre del castello, atterrando sul ponte uccise 2 guardie e corse velocemente fuori da lì. L’Outworld non era più la sua casa.
Non sapeva esattamente dove stesse andando, voleva allontanarsi e basta. Si rifugiò nelle lande deserte dell’Outworld, una grotta scavata naturalmente nelle montagne rocciose le permise di trovare riparo alla tempesta di sabbia che stava arrivando.
Sola, in un angolo buio, proprio come una bambina, si portò le ginocchia al petto e cominciò a piangere.

Quan Chi si avviò verso le stanze private dell’Imperatore, era furioso, talmente adirato da aver perso il controllo e aver ucciso quel disgraziato di un Lin Kuei solo per avergli riferito una notizia storta. Poco male, pensò. Avrebbe porto le sue scuse a Sektor in un secondo momento. Bussò di fronte all’enorme portone e attese qualche minuto, poi finalmente una donna gli aprì. Era una delle serve personali di Shao Kahn, non era molto vestita, come al solito, ma la sua utilità in quel castello non lo richiedeva.
-Dì all’Imperatore che devo parlargli urgentemente. - La donna sparì e dopo qualche minuto sentì la voce di Shao Kahn che gli intimava di entrare.
Quan Chi avanzò nella stanza, era sfarzosa e cerimoniosa, quasi pomposa, lo stesso letto a baldacchino posto al centro della stanza era esageratamente intagliato e grande. Lanciò una rapida occhiata alla donna, che girava per la stanza velocemente, tremante e impaurita raccogliendo le sue poche cose. Probabilmente aveva avuto l’ordine di lasciare la stanza. Quan Chi rimase ad osservarla per tutto il tempo con occhi sadici, era un bel bocconcino, quando Shao Kahn fosse morto, decise che l’avrebbe presa come sua schiava personale.
-Che cos’è che mi devi dire di così urgente? - Shao Kahn era davanti a lui, indossava una vestaglia, e la sua tipica maschera d’osso, Quan Chi si chiese se almeno con le sue schiave se la toglieva.
-Si tratta di Mileena mio signore. -

Shao Kahn rimase immobile.
-Dimmi… cosa è successo? -
-E’ fuggita. Ha ucciso due guardie durante la fuga e una donna. -
Shao Kahn si mosse verso la finestra.
-Non sarà andata lontana. Voglio che la cercate ovunque. Manda una squadra nel deserto. Probabilmente si è rifugiata laggiù. -
-Si, mio signore. - Quan Chi fece per andarsene, ma si fermò una volta giunto alla porta. -E quando la troveranno? -
-Voglio che mi venga portata viva. - Si voltò a guardarlo. -Mi è venuta in mente una punizione peggiore della morte da infliggerle. -
-Potrebbe non essere possibile riuscirvi. -
-Allora che la uccidano pure. -
Tornò a guardare il paesaggio fuori dalla finestra. Lui, Shao Kahn, non poteva permettersi di avere affetti, né simpatie, lui doveva essere e rimanere solo, così avrebbe potuto mantenere il controllo, il potere, nessuno avrebbe potuto ricattarlo, né ferirlo. Dovette tuttavia ammettere che Mileena lo aveva deluso, non si aspettava un suo tradimento, e questo avrebbe reso la sua morte ancora più dolorosa.

Quan Chi si stava incamminando verso la sala principale, quando una figura nascosta nell'oscurità del corridoio lo fece immobilizzare.
-So che sei lì. -
Da un angolo oscurato dall'ombra di un'armatura apparve Reptile, leggermente ricurvo in avanti com'era solito camminare.
-Mi stavi seguendo? - Chiese lo stregone con una nota di fastidio nella voce squillante.

Il ninja avanzò verso la luce rendendo visibile la sua intera figura.
-Ho fatto quello che mi avevate chiesssto. Ho ssseguito Mileena e vi ho riferito i sssuoi ssspostamenti... -
-E hai fatto un ottimo lavoro. Mileena non ha neppure sospettato della tua presenza quando si è recata a dare da mangiare a Baraka. -

Reptile ebbe un brusco movimento della testa a quelle parole, quasi gli recassero disturbo.
-Quando potrò avere ciò che mi avete promessso? - Chiese tornando a fissarlo.
Quan Chi sorrise. -Presto. - Fece per riprendere il cammino ma la mano squamosa del ninja lo afferrò per una spalla costringendolo a voltarsi.
-Non sssono uno sssciocco ssstregone. -

Quan Chi si voltò a guardarlo con la coda degli occhi in un espressione intimidatoria che ottenne il rilascio della sua spalla.
-No, sei solo un viscido traditore che per il proprio tornaconto ha tradito i compagni di sanguinose guerre. - Sibilò voltandosi a fronteggiarlo. -Se non vuoi che i tuoi compagni vengano a conoscenza del tuo ignobile comportamento ti conviene non mettermi mai più le mani addosso. -

Reptile deglutì, pensando di aver fatto male i propri conti. Quan Chi gli aveva promesso il ripopolamento della sua specie, si era sottomesso al suo volere e aveva tradito i suoi compagni, e non si vergognava ad ammetterlo. Pur di poter riavere in dietro i suoi simili sarebbe stato pronto a tutto, ma adesso quel maledetto rischiava di rendere vani tutti i suoi sforzi e le sue ignobili azioni.
-Voglio ciò che mi avete promessso. - Ripeté alle spalle dell'uomo che si stava allontanando.
-E lo avrai. - Quan Chi si voltò a guardarlo con un sorriso che il ninja giudicò inquietante. -Tutto a suo tempo. -
Così dicendo lasciò il ninja da solo, in quel tetro e buio corridoio, in compagnia solo della sua vergogna e di una speranza che si stava sempre più affievolendo.
Non avrebbe dovuto fidarsi di Quan Chi, e adesso lo teneva in pugno proprio come una marionetta.


Mileena si addormentò nella caverna, forse per lo shock emotivo, forse per le troppe lacrime, o forse era semplicemente svenuta per la ferita.
Il sonno fu profondo e gli portò incubi in cui veniva rinchiusa nelle segrete e torturata da Shao Kahn in persona. Lei gli chiedeva perdono e gli gridava di amarlo come un padre, ma lui continuava a ridere, mentre le torture si facevano sempre più dolorose.
Si svegliò di soprassalto, non riuscendo più a sopportare oltre gli incubi, fuori dalla caverna c’era una luce fioca. Strinse gli occhi, e mugolando per il dolore all’addome si alzò in piedi. Dall’esterno piombarono tre guardie Tarkatan, con le lame sguainate.
-Principessa Mileena, venite con noi, o saremo costretti ad ucciderla. -
-Se vengo con voi morirò comunque. - Mileena strinse forte il sai nella mano libera, mentre l’altra premeva forte sull’addome.

Le due guardie ringhiarono e balzarono in avanti con le lame pronte a lacerare la sua carne.
Lei indietreggiò schivando un colpo, poi si distrasse e cadde a terra, alzò il sai bloccando le lame di uno delle due guardie, ma era debole e il braccio si piegò sotto la forza dell’altro, facendole cadere il sai dalla mano.

Disarmata e ferita, non aveva via di scampo.
-Uccidetemi adesso. - Disse a bassa voce. -Risparmiatemi il dolore delle torture di Shao Kahn. -

I due Tarkatan si guardarono negli occhi, indecisi, in fin dei conti non sarebbe stato difficile far credere a Shao Kahn che non gli avesse lasciato scelta, e poi lei era sempre la principessa Mileena.
Prima di poter agire, però, un alone verde si manifestò intorno ai loro corpi, uno venne sollevato da terra da una forza invisibile, mentre l’altro venne scaraventato contro il muro.

Mileena sentì le forze venirle meno e perse i sensi, ma poco prima di svenire, vide una figura avanzare dall’entrata. Chi fosse non seppe dirlo.
Di nuovo incubi atroci le occuparono il sonno, ma questa volta c’erano dei brevi istanti di veglia, in cui si ricordava ben poco, un uomo, sopra di lei la stava operando… o forse creando. Possibile che fossero i ricordi della sua creazione? Non riusciva a vedere l’uomo, per quanto si sforzasse non riusciva a definirne il viso.

Quando si svegliò ancora, stava volando… no, era tra le braccia di qualcuno. Scostò il viso dal petto dell’uomo che la stava trasportando e vide un volto coperto da delle fasce nere. Finalmente lo riconobbe. Ermac. Il ninja si fermò e l’appoggiò su di una superficie dura e fredda, probabilmente una roccia. I suoi occhi verdi e luminosi si specchiarono in quelli gialli ambra della ninja viola.

-Adesso sei al sicuro. - La sua voce di nuovo era all’unisono con tante altre voci, ma una su tutte le sembrò di riconoscere in quel momento. Si sforzò per rimanere sveglia, per concentrarsi sugli occhi del ninja, e finalmente vide prendere forma un iride, nera come il cielo notturno, o come gli abissi più profondi del Netherrealm, occhi che aveva studiato per tutta la sua vita, occhi che conosceva sin dalla sua nascita.
Spalancò bocca e occhi per lo stupore, e la gioia di essere stata salvata.
-Shang Tsung? - hiese titubante.

Ermac non rispose, si allontanò da lei voltando la testa verso destra, dei rumori stavano giungendo da quella direzione. Con un movimento veloce e repentino si voltò e corse nella direzione opposta.
Mileena fece per muoversi dietro a lui.
-No! Aspetta! - Una fitta all’addome le ricordò che aveva un’emorragia e svenne immediatamente prima che quelle voci si facessero vicine.

Quando si risvegliò era in un letto, strano, semplice, ma comodo. Anche la stanza era piccola e semplice, un armadio, e uno specchio a muro. Fece per rialzarsi ma la sua mano destra era legata con delle manette alla testata del letto. Si sentiva stranamente bene, dopo aver patito le pene dell’inferno a causa di quella ferita, si guardò i vestiti erano vagamente stracciati dove era stata ferita, ma lì, dove si dovevano vedere le ferite di un combattimento, c’erano delle bende candide.
Dalla porta entrò una figura familiare.
-Kitana? - D’un tratto la paura si impossessò di lei, era stata lasciata dal nemico, allora cosa volevano dire quelle parole?
-Dove mi trovo? -

-Ti abbiamo trovato sulle scale del tempio celeste. Questa era la stanza di un monaco che viveva qui. - Kitana si avvicinò con le braccia incrociate sul petto, fermandosi ai piedi del letto.
-Sei stata tu a curarmi? - Chiese Mileena con diffidenza.
-No, ti abbiamo trovata già così. - La maschera di impassibilità della ninja blu cadde in un lampo. -Cosa è avvenuto Mileena? Chi ti ha ridotto così? -
-Non ha importanza. - Mileena si voltò verso il braccio ammanettato. -Liberami e me ne andrò per la mia strada. -
-Gli altri vogliono ucciderti. - La frase la colse impreparata, anche se non c’era da stupirsene. -Gli o convinti a lasciarmi parlare con te. -
-Che gesto caritatevole da parte tua. - Disse senza nascondere l’astio che provava nei suoi confronti. -Com’è buona e compassionevole la bella Kitana. -

La donna mosse la testa in un gesto di stizza.
-Non lo capisci che voglio aiutarti?! - Le urlò contro.
-Perché?! Dammi un motivo valido per cui debba fidarmi di te. Mi ricordo del tuo sguardo quando mi trovasti nelle fosse di carne, mi ricordo di come mi definisti. - Kitana sembrava affranta da quelle parole. -Mi definisti un mostro, un abominio! Cosa ti spinge adesso a volermi salvare la vita? -
-Tu sei una mia colpa! - Gridò esasperata Kitana. -E’ colpa mia se tu sei stata creata… - Distolse lo sguardo, cercando di controllare la voce che le tremava. -Se fossi stata la figlia che Shao Kahn desiderava… - Si asciugò una lacrima con una mano tremante. -Tu… Mileena, sei mia sorella. Sei l’unica famiglia che mi rimane… io… se c’è una possibilità di averti al mio fianco… - Le si avvicinò e le prese una mano fra le sue. -Io voglio provarci… ti chiedo scusa per come ti ho trattata, ti chiedo perdono per ciò che ti è stato fatto… è tutta colpa mia. - Adesso Kitana non riusciva più a trattenere le lacrime, le sue guance erano bagnate e i suoi occhi nocciola sembravano più splendenti sotto il velo delle lacrime. -Io non voglio perdere anche te… Ti prego di perdonarmi… Perdonami. -

I singhiozzi e le parole strozzate dal nodo in gola resero le ultime parole difficili da capire, ma nell’udirle Mileena si sentì incredibilmente leggera, contenta, non capiva cosa avesse portato sua sorella a crollare in quel modo, a desiderare di averla a fianco, non come alleata, ma come sorella, sangue del suo sangue, ma quello che sapeva era che le ultime parole udite da Ermac, erano la verità. Finalmente era al sicuro, aveva finalmente trovato la sua casa. Quel pensiero tuttavia le fece venire immediatamente in mente Baraka. Posò la mano libera sulla spalla della sorella.
-Desidero ora più che mai la morte di Shao Kahn. - Mileena la scostò da se, simili scene non facevano per lei, anche se l'aveva resa felice. -Vi dirò tutto ciò che so, ma devi convincere i tuoi amici a lasciarmi libera, o perderete questa guerra clamorosamente. -
Le due sorelle si guardarono negli occhi per qualche istante, poi Kitana si alzò dal capezzale di Mileena e riprese la sua solita fermezza.
-Fai che non me ne debba pentire Mileena. -
La ninja viola piegò l'enorme bocca in un sorriso, che prese la forma di un ghigno malvagio e affamato di un predatore che osserva la sua cena.
-Non sarai tu a doverti pentire della mia libertà sorella. -

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Capitolo 12
*** 3.4 Il Dragon King ***


3.4 Il Dragon King

Sindel si svegliò con un urlo disperato, di dolore e paura.
Si guardò attorno, era al sicuro, ad Edenia, davanti a lei Shang Tsung la stava guardando con occhi preoccupati.
-Tutto bene? - Anche la sua voce tradiva una certa apprensione.
-Io… - Sindel si portò una mano alla fronte, era madida di sudore. -Ho fatto solo un brutto sogno. -

Shang Tsung tolse le mani dalle sue spalle.
-Adesso tutto bene? - Chiese nuovamente.

-Si… si adesso sto bene. Grazie. - Si guardarono per qualche istante negli occhi, poi Shang Tsung si alzò e si allontanò repentinamente da lei, come se avesse fatto o detto qualcosa che l’avesse irritato.
Sindel lo guardò dirigersi al fuoco ridotto ormai a qualche mozzicone di legno in qua e in là, e soffocarlo completamente buttandoci sopra la cenere.

-Alzatevi… adesso. -
Il sole non era ancora spuntato e il cielo si stava schiarendo molto lentamente, le albe, come i tramonti, ad Edenia duravano molto di più che su altri reami, e forse era proprio questo a contribuire ancora di più quell’aria magica e perché no, anche romantica impercettibile da altre parti.
Sindel si alzò senza fare storie.
-Ci mettiamo già in marcia? - Chiese.

-Non era questo che intendevo. - Le fece cenno con la testa di seguirlo e la portò nel prato tra loro e il bosco. L’erba alta che si muoveva solleticata dal vento gli arrivava a metà gamba.
-Cos’ hai in mente di fare? - L’atmosfera stava divenendo più tesa a causa dell’irrequietezza della donna.

-Calmatevi. Non siate sempre così guardinga nei miei confronti. - L’uomo allargò le braccia con un sorrisetto canzonatorio. -Mi sono impegnato a mostrarvi la mia buona fede. Non credete? -
-Questo era ieri. Non so cosa ti passi per la testa oggi. -
-Allora sarete felice di sapere che non voglio fare altro che un po’ di riscaldamento. -
-Riscaldamento? - Quella era una richiesta veramente bizzarra.

-Si. Niente trucchi, niente magia, niente Chi. Sola e semplice scherma di combattimento. - Lo stregone parlava fissandola in volto, con la testa leggermente china.
-Perché? -
-Perché vi ho salvato la vita per ben due volte solo ieri. In combattimento non posso badare a me, l’avversario e a voi contemporaneamente. -
-Mi stai dicendo che mi sottoponi ad un test? E che succede se non lo supero? -
Shang Tsung sorrise, ma questa volta non c’era allegria nel suo volto, né scherno, questa volta il suo era un ghigno maligno, terribilmente minaccioso.

Sindel annuì, sinceramente essere messa alla prova nel combattimento, lei che combatteva dall’età di 5 anni, le sembrò un’idea ridicola, eppure si ricordava fin troppo bene solo il giorno precedente, come non riuscisse a concentrare le sue energie, tanto meno a combattere in maniera ordinata ed efficiente, in fin dei conti, anche se il suo orgoglio ne risultava ferito, non se la sentiva di giudicare male il suo alleato, se desiderava metterla alla prova.

-Pronta milady? - Shang Tsung si mise in posizione di combattimento sorridendole mentre il suo tono canzonatorio le faceva salire il sangue al cervello.
-Pronta. - Sindel prese posizione, rispondendogli con freddezza.
-Cominciamo allora. - Shang Tsung attaccò. Il suo pugno fu veloce, quasi inaspettato, quando le arrivò davanti al volto si fermò, senza colpirla, lei si parò, ma era stata troppo lenta, se n’era accorta, se fosse stato un colpo vero l’avrebbe presa in pieno.

Si allontanò e alzò una gamba in un calcio rotatorio esterno, l’uomo si scansò di lato.
-Siete prevedibile e rigida. - Le girò intorno e le passò un braccio intorno alla gola. -Dovete essere più fluida. Vi ricordate la vita che scorre dentro il vostro corpo? - Sindel si abbassò roteando sul busto, liberandosi dalla presa e gli tirò una spazzata. Shang Tsung balzò in dietro con una capriola, atterrando fluidamente sull’erba. -Vi ricordate come combattevate una volta? -

Sindel ebbe un flash-back, era tanto tempo fa, suo marito era appena morto e lei costretta a sposare Shao Kahn, Kitana era appena una bambina, avrà avuto si e no 4 anni, era la sua unica ragione di vita e la sua unica preoccupazione. Lei sapeva già che cosa l’attendeva, non avrebbe sopportato di vivere una vita con quel demonio, aveva già deciso cosa ne sarebbe stato di lei.
Ma sua figlia, la piccola Kitana, non poteva andarsene senza metterla al sicuro, un giorno si sarebbe dovuta difendere probabilmente dallo stesso Shao Kahn. Così la portò nel cortile del castello, dove c’era un’ arena di allenamento che ormai non usava più nessuno. Si ricordava che aveva guardato sua figlia negli occhi, i suoi stessi occhi, e aveva osservato il suo visino tondo, che nel crescere le sarebbe assomigliato sempre di più.

-Adesso Kitana, voglio che tu faccia esattamente ciò che faccio io. Seguimi d’accordo? -
Lei aveva annuito con convinzione sempre guardandola con gli occhi sgranati.
-Questi movimenti Kitana… imparali a memoria, ogni giorno. -

Adesso che guardava Shang Tsung avvicinarsi con un altro pugno, un calcio, poi un altro, Sindel chiuse gli occhi ricordandosi ciò che aveva insegnato alla figlia, e cominciò a muoversi con il vento di Edenia che l’accompagnava. Movimenti fluidi, come il lago che accoglie l’acqua impetuosa di un fiume, la forza non si combatte con altra forza, ma con la calma. Questo aveva detto a sua figlia. Questo doveva ricordarsi.

Shang Tsung le sorrise, dietro i suoi colpi, insieme cominciarono una scherma calcolata, precisa, studio delle arti marziali primordiale.
Un osservatore esterno avrebbe potuto definire quell’allenamento una danza di arti marziali, ogni singola mossa era calcolata e precisa, ogni passo, ogni movimento, tutto rientrava in quella splendida danza di combattimento.
Andarono avanti per qualche ora, il sole finalmente cominciava a gettare i suoi primi raggi sul paesaggio e sulle due figure.

Shang Tsung si allontanò e le fece il saluto Shaolin, con il quale si ringrazia il proprio avversario.
-E’ un piacere avervi di nuovo in piena forma mia signora. -
Sindel sorrise forse troppo contenta per quel gesto, ricambiò il saluto.
-Grazie a te per avermi riportata qui. -

-Credo che adesso siamo pronti per andare. -

Sindel lo osservò mentre apriva un portale, e senza preavviso la sua mente tornò a quel periodo di troppi anni addietro, quando insegnava a sua figlia le basi del combattimento.
-Kitana… ricordati, tutti i giorni dovrai venire qui e ripetere questi movimenti, anche senza di me. Capito? -
-Si, mamma! - La bambina le sorrise piena di gioia. -Diventerò una combattente come te mamma! - E si allontanò agitando braccia e gambe in gesta che probabilmente dovevano imitare mosse di combattimento. Mentre si allontanava tutta contenta, passò vicino ad un uomo, alto circa 185 cm, dai lunghi capelli neri legati in una coda bassa, con qualche ciuffo che liberatosi dall’elastico si posava sulla sua fronte, gli occhi allungati, neri, come il petrolio e la bocca circondata da un pizzetto, ben curato dello stesso colore dei capelli.
L’uomo guardò la bambina che gli corse vicino, lo salutò con una manina paffuta e continuò fino all’ingresso.
Quando lei si avviò per seguire Kitana e gli passò vicino, l’uomo le rivolse la parola.
-Non sapevo che fosse un’esperta di arti marziali mia signora. -
Sindel lo guardò con occhi tristi che non sfuggirono all’occhio attento del suo interlocutore.
-Non abbastanza. - Rispose lei rimanendo a guardarlo con una domanda che non voleva saperne di uscirle dalla gola. -Shang Tsung… - Cominciò, ma abbassò immediatamente lo sguardo, non poteva chiederglielo. -Devo andare… Shao Kahn non vuole che parli con nessuno. -
Si avviò di passo svelto, con la testa china.
-Mia signora… - La richiamò lui. -Siete sicura che non ci sia niente che volete chiedermi? -
Lei non rispose, abbassò lo sguardo e rientrò velocemente nel castello.

Adesso quello stesso uomo era davanti a lei, si ricordava i suoi occhi di quel tempo, non erano così vitrei, così tenebrosi, cosa era avvenuto?

Shang Tsung si voltò, ritrovandosi gli occhi di Sindel puntati addosso, con una strana espressione in volto, quasi preoccupata. Fece finta di niente.
-Le armate dell’Outworld stanno partendo per la Terra, il portale ci trasporterà fuori città. Nessuno si curerà di noi, nella confusione. -
-Come fai a sapere tutte queste cose? Non ti sei mosso stanotte. -
-Non con il corpo. -

Entrambi entrarono e si ritrovarono nelle lande desolate dell’Outworld. Erano in una posizione elevata, potevano vedere i portali aperti, enormi e spaventosi, in cui l’imponente esercito dell’Outworld entrava.

Shang Tsung ebbe un tremito, incredibile, credeva ormai di aver dimenticato le sue origini terrestri, eppure, vedendo quei mostri assetati di sangue e massacri, diretti verso il suo reame natale gli fece un brutto effetto, sentì il sangue ribollirgli nelle vene per la rabbia.
-C’è qualcosa che non va? - Gli chiese la regina di Edenia al suo fianco.
-No. - Shang Tsung distolse lo sguardo voltandosi. -Adesso sta a voi guidarmi dal Dragon King. -

Sindel annuì e si avviò verso l’entrata della città.
Proseguirono lungo le mura che circondavano le città fino a che non arrivarono ad uno scolo fognario. Sindel si portò con le spalle allo scolo e fece 5 passi, sempre con il fianco sinistro al muro, dopodiché poggiò le mani e spinse. Le pietre si spostarono, rientrando verso l’interno e rivelando uno stretto passaggio con delle scale che scendevano ripide verso le profondità.

Incredibile, tutti quegli anni nel castello e Shang Tsung non conosceva quel passaggio segreto.
Le scale gli portarono in un tunnel sotterraneo pieno di cunicoli.
-Speriamo che la mia memoria non faccia cilecca proprio adesso. - Nonostante le sue parole Sindel si muoveva agilmente tra quei corridoi.
-Come siete venuta a conoscenza di questi passaggi? -

Sindel si fermò ad un incrocio cercando di ricordarsi la strada.
-Era qui che venivo a nascondermi da Shao Kahn… - Si voltò verso di lui guardandolo negli occhi. -… il più delle volte non era una saggia decisione. - I loro occhi s’incatenarono per qualche istante. -Alla fine dovevo comunque tornare e subire la punizione per la mia insolenza. - Si voltò ancora, nascondendogli il volto, ma non aveva bisogno di guardarla in viso per sapere che era triste.

-Gli faceva ogni giorno. -
Sindel lo guardò con espressione interrogativa.
-Gli esercizi che le insegnasti. Kitana continuò a farli ogni giorno, anche dopo la vostra morte. - Le si avvicinò. -Vi somiglia molto sapete? -
Accorgendosi della tensione che si stava creando lo stregone alzò il volto di scatto. -Dobbiamo andare di qua? - Chiese rompendo quell'intesa dei loro sguardi.

-Si. - Lo seguì un poco con lo sguardo, poi finalmente dette voce alla domanda che le ronzava in testa.
-Cosa ti ha portato nell’Outworld? -

-Perché lo volete sapere? - Chiese guardingo.
-Perché la prima volta che ti vidi, nel castello di Shao Kahn… eri differente. -
-Ero più giovane. -
-No… è qualcosa di più profondo, era nel tuo sguardo, una cosa che adesso non c’è più. -

Shang Tsung le sorrise con sufficienza. -Siamo alleati mia regina, ma niente di più. -

Sindel assottigliò lo sguardo nel contemplarlo.
-Hai paura di me? -
Lo stregone sbuffò altezzoso come il suo solito. -Non sopravvalutatevi, non siete una guerriera così abile. -
-Non era del combattimento che parlavo. - Sindel sorrise dello sguardo preoccupato di lui. -Hai paura di provare qualcosa pr me, non è così? -
-Siete troppo sicura di voi. - Rispose ritrovando la sua boriosità. -Piuttosto voi, dovreste smetterla di guardarmi con occhi tanto languidi. -

Quando voleva, sapeva essere davvero antipatico.
Ma Sindel era superiore, e con una scrollata di spalle e uno sguardo altrettanto altezzoso gli passò davanti e riprese il cammino.
-Seguimi. -


I corridoi sotterranei cominciarono a farsi più luminosi, grazie a delle torce a muro e più larghi.
-Siamo arrivati nelle segrete del castello. - Salirono delle scale strette e ripide, e una porta li condusse in una cella, aperta.
Una delle entrate al regno sotterraneo degli Shokan era proprio nelle segrete del castello, Shang Tsung lo sapeva bene, visto che ci era stato condotto molti anni prima.
Il passaggio che conduceva nel regno di Goro era scavato nella pietra e sembrava l’ingresso di una miniera, via via che avanzavano il caldo diveniva sempre più insopportabile, i loro vestiti si bagnarono di sudore, i respiri si fecero affannosi e le energie cominciavano ad abbandonarli.

-E’ troppo caldo, torniamo indietro. - Sindel si appoggiò al muro non avendo più la forza di continuare.
-Non aumenterà ancora. Stringete i denti. -
Sindel si sforzò di riprendere il cammino, ma metteva a fatica un piede dietro l’altro, il caldo insopportabile la portò addirittura a togliersi il gilet che le aveva donato Shang Tsung il giorno prima, in confronto a patire il caldo accettava di buon grado perfino mostrare qualche cm in più di pelle.

Il passaggio si aprì in un gigantesco cratere che scendeva vorticosamente nelle profondità della terra. Ai margini c’erano scale e ponti che permettevano il passaggio, ma nessuna balaustra che proteggesse i passanti nel caso gli fosse venuto un colpo di vertigini.
-Laggiù ci sono le miniere Shokan. - Lo stregone lanciò solo una rapida occhiata nelle profondità, non erano ricordi che rievocava piacevolmente. Il lavoro, il dolore fisico, la disperazione. In quegli anni il suo spirito e il suo corpo vennero messi a dura prova.

Sindel si sporse appena, ma la distanza incalcolabile della profondità di quel pozzo le fece venire il capogiro e si aggrappò alla spalla dell’uomo.
-E’ disumano. Le persone vengono mandate quaggiù a lavorare? -
-Oh no, vengono mandate quaggiù a morire. - Shang Tsung sorrise senza allegria. -Solo che a volte qualcuno riesce a risalire. -

Sindel lo fissò quasi spaventata vedendo i suoi occhi emanare una luce cupa e violenta.
-Ma a che prezzo? - Gli chiese.
-Al prezzo della sua anima. - Le rispose lanciandole una rapida occhiata, salvo poi indicare un corridoio dall’altra parte. -Di là si dovrebbe arrivare alla città Shokan. Se la memoria non mi inganna. -

-Ne è valsa la pena? - Gli chiese Sindel seguendolo.
-Prego? -
-E’ valsa la pena vendere la propria anima per riemergere dall’inferno? -
Lui le sorrise in modo saccente, sollevando le sopracciglia in un’espressione quasi odiosa.
-Adesso ho un’intera legione di anime dentro di me. -
-Ma non ne hai una tua. - Rispose lei.

Shang Tsung la fissò tornando serio, non sembrava aver apprezzato quel commento.
-La mia anima non è morta nelle miniere Shokan. - Disse poi in tono cupo. -E’ morta sulla Terra. - Aggiunse voltandosi, in un sussurro talmente basso che la donna non riuscì a sentire.

Proseguirono in silenzio, quegli ultimi scambi di battute lo avevano lasciato con l’amaro in bocca, e perfino Sindel sembrava sentirsi in colpa.
Quando arrivarono nella città Shokan Sindel sgranò gli occhi per lo stupore. In verità non sapeva neppure lei cosa aspettarsi da una città sotterranea, ma quello era senza ombra di dubbio incredibile.

La città era enorme, illuminata da centinaia di migliaia di fiaccole e bracieri che le infondevano un colore giallastro. Le case sembravano fatte di terra, erano tutte con il tetto quadrato, posizionate su più livelli della città, in cima all’ultimo livello c’era un castello enorme, tutto di pietra. Le strade erano acciottolate e si dividevano in molte direzioni. Per visitare tutta la città le ci sarebbero voluti minimo 3 giorni.

-Quello lassù è il castello della famiglia reale Shokan. - Shang Tsung si passò una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore, dopodiché si rivolse nuovamente alla donna.
-Dove si trova il tempio di Onaga? -

-Una parte del suo tempio si estendeva sotto terra, nella città degli Shokan.-
-Allora dobbiamo salire per poterlo vedere. -

Camminare per quella città deserta le dette una strana inquietudine. Insomma, non ci si abitua mai a camminare in un posto dove sembra tutto a posto, ma non vedi nessuno.
-Dove sono tutti i bambini? -
-Al sicuro. - Rispose lo stregone.
Arrivati in cima, le case si diradavano, proseguirono lungo la strada, fino a che non lo videro.

Il tempio di Onaga sembrava un tempio giapponese a più piani, con i tetti sporgenti ad ogni piano, costruito con pietra d’ebano.
-Eccolo. - Sindel affrettò il passo, non vedeva l’ora di togliersi da quel caldo insopportabile, ma quando fu vicina alla porta sentì la voce di Shang Tsung gridarle:
-A terra! -

Lei eseguì senza troppe domande, e vide un coltello fischiarle sopra la testa. Non aveva visto da dove fosse partito. Alzò la testa di scatto e vide un’ombra nera correrle in contro, d’istinto alzò le braccia davanti al viso, parando appena in tempo il calcio destinatole.

Il colpo la buttò lo stesso in dietro, nel cadere la perse di vista, un ombra nera in quella maniera si confondeva con il colore delle mura del tempio, le riapparve a sinistra, lei rotolò per schivare un altro calcio, ma un teschio infuocato interruppe l’attacco dell’ombra passandole attraverso e facendola sparire.

Shang Tsung le si avvicinò e allungò una mano per aiutarla. -Abbiamo compagnia. -
-Chi era? -
-L’ombra di Noob Saibot. - Si misero spalla a spalla. -Se la sua ombra è qui, ci deve essere anche lui… da qualche parte. -
-Come può un ombra combattere ed essere solida? -
-Hai mai letto la favola di Peter Pan? -
-Chi? -
-Ah già… niente lascia stare, è una fiaba terrestre. -
-Eccola! -

Sindel si vide quella macchia scura, dalla forma umana arrivarle in contro, era completamente nera, e intorno a se aveva una strana aurea viola tendente al nero, quando le arrivò vicino saltò con un calcio volante, lei parò alzando l’avambraccio e tentò di colpirla con un pugno, ma l’ombra svanì intorno alla sua mano.
-Ma come diavolo faccio a colpire un ombra? -

Shang Tsung era concentrato a scrutare le mura d’ebano del tempio, cercando il vero avversario.
-Eccoti! - Richiamò a se il Chi e tirò un teschio di fuoco contro il muro.
Una figura nera si staccò dalla parete e rotolò sul terreno prima di rialzarsi.

Un ninja completamente vestito di nero, con gli occhi bianchi, luminosi, come se nascondesse dentro di se una luce accecante.
-Tieni occupata l’ombra. Io penso a lui. - Shang Tsung avanzò lentamente, con i muscoli tesi, pronti a scattare in caso di attacco da parte del suo avversario.
-Adesso sei diventato una pedina del tuo assassino? -

-Quan Chi mi ha fatto rinascere più forte di quanto sarei mai potuti diventare altrimenti. -
Shang Tsung richiamò a se l’energia delle fiamme e alzando una mano al cielo fece incendiare il terreno sottostante al ninja nero, il quale non sembrò curarsene e prese ad avanzare.
Lui sorrise divertito a ritirò la mano vicino a se, dalle fiamme poco prima evocate partirono tre teschi infuocati che uscendo dal terreno seguivano le orme dell’avversario.

Noob saltò schivando per un pelo il colpo, quando fu nel punto più alto della sua elevazione, un portale viola si aprì e lo risucchiò all’istante.
Lo stregone era sinceramente stupito e si accorse troppo tardi del portale che si apriva dietro di lui.
Noob lo colpì con un calcio alla schiena che solo per miracolo non gli ruppe qualche vertebra, il terrestre rotolò in avanti, ma si rialzò immediatamente, in tempo per vederselo piombare addosso come una furia.

Alzò le mani davanti al volto parando una serie di pugni, ma poi una gomitata lo colpì al fianco sinistro, facendolo piegare in due. In quel momento notò che la figura del ninja si stava sdoppiando, stavano combattendo in due, lui e la sua ombra.

Il primo pensiero fu che diavolo stava combinando Sindel, ma poi la vide a terra, che faticava a rimettersi in piedi, si teneva l’addome e stava sputando sangue.
Shang Tsung cercò di balzare in dietro e sferrare un calcio frontale, ma qualcuno lo afferrò alle spalle, voltandosi vide l’ombra nera che lo tratteneva.

Noob si concesse qualche secondo per godere di quella scena, poi lo colpì al volto, al viso, all’addome, prima di fare un passo in dietro e sferrargli un poderoso calcio alla bocca dello stomaco, che lo fece piegare in due. L’ombra dietro di lui lo lasciò cadere in ginocchio, dopodiché gli afferrò i capelli, per fargli osservare il suo carnefice.
Noob lo guardò da dietro quegli occhi bianchi, chinando appena la testa, poi si preparò ad un calcio rotatorio che gli avrebbe quanto meno spezzato il collo, se non addirittura staccata la testa dal corpo.
-E’ finita. - Disse il ninja alzando la gamba.

-Non ancora. - Sindel lo colpì con un calcio alla schiena, che lo fece piegare all’indietro, poi roteando in una piroetta si parò davanti a Shang Tsung, quasi difendendolo con il proprio corpo.
Lo stregone si voltò e roteò su un fianco, colpendo l’ombra dietro di se con un calcio, e quella svanì nel nulla.

Noob si era lanciato contro Sindel, e non le lasciava un momento di tregua, pugni potentissimi la stavano facendo arretrare pericolosamente verso il muro del tempio.
Shang Tsung si rialzò e lo colpì con un calcio dietro al ginocchio, facendolo piegare, ma prima che lo potesse colpire ancora, qualcosa gli afferrò i piedi e lo fece sbilanciare in dietro.
L’ombra di Noob gli comparve davanti, cominciando a prenderlo a calci, ma rotolando di fianco, riuscì a colpirla e questa svanì ancora.

Sindel colpì Noob con una ginocchiata al volto, poi lo colpì con una gomitata tra capo e collo, facendolo piombare al tappeto, fece per dargli il colpo di grazia, ma venne bloccata alle spalle dall’ombra. Prima che il ninja nero potesse colpirla, una palla di fuoco lo colpì alla schiena e lo scaraventò diversi metri di distanza.

L’ombra passò una mano sotto la gola di Sindel, cominciando a strozzarla, la regina cercò invano di liberarsi, e i colpi che portava sembravano andare tutti a vuoto.
Con gli occhi lucidi per la poca aria che le entrava nei polmoni, vide Shang Tsung combattere contro il ninja. I due si scambiavano combinazioni potenti e veloci. Shang Tsung lo colpì al volto con il palmo della mano, se fosse stato umano sarebbe stato un colpo fatale, ma a lui lo fece solamente indietreggiare. Lo stregone ne approfittò per colpirlo ancora con un calcio volante, che lo fece nuovamente volare al tappeto. Mentre era a terra lo colpì con un calcio sullo sterno, poi lo afferrò con una mano per il bavero del vestito e l’altra glie la mise al petto.
-Hai ancora un’anima. - Disse compiaciuto di quella scoperta, mentre la mano sul petto del ninja diveniva verde.

Noob sorrise a fatica. -Sconfiggi un nemico stregone… ma perdi un alleato. -
Shang Tsung si voltò verso Sindel, l’ombra la stava strozzando e lei priva di difese si era accasciata in ginocchio, ma lo stregone non se ne pesò molto.
-Non è così facile. -

Sindel spalancò gli occhi divenuti completamente bianchi, facendo leva su di una gamba spiccò un salto che la lasciò sospesa in aria.
-Adesso basta. Mi hai stancata. - Facendo uso del Chi richiamò a se le forze e dalla sua bocca fuoriuscì un grido, simile ai banschee. Le onde sonore prodotte dal suo grido investirono l’ombra facendola scomparire all’istante.

Noob cercò di rialzarsi, ma si sentì stranamente debole, le forze gli mancarono, il corpo fu attraversato da tremiti, poi lentamente, si abbandonò ad un sonno eterno.
Sindel vide per la prima volta la tecnica del risucchia anime, e la trovò disumana. Vide un’essenza verde fuoriuscire dal corpo del ninja nero, vorticare intorno a quello dello stregone e poi scomparire nella sua mano. Gli occhi di Shang Tsung brillavano di un verde intenso, poi tornarono quelli di sempre.

-Siete sicura che il Dragon King, si trovi qui dentro? -
-Si. -
Entrambi si avvicinarono all’entrata, era chiusa, ma non trovarono difficoltà ad aprirla con un calcio ben assestato. All’interno del tempio, in netto contrasto con l’esterno, l’aria era rarefatta, e sembrava di entrare in una cella frigorifera. I loro aliti fuoriuscendo emettevano una nuvolina di vapore ben visibile.

-Perché prelevi l’anima delle persone? - Chiese Sindel all’uomo.
-E’ un metodo di apprendimento. Facendo divenire il mio avversario una parte di me, io ne apprendo ogni segreto, comprese le tecniche di arti marziali. Il mio corpo si arricchisce di esperienza, e la mia mente di sapere. -
-Così facendo… potresti diventare invincibile. -
-L’idea era quella. Almeno al principio. -
-Poi che è successo? -
-Mi sono reso conto di avere dei limiti. - Si voltò verso un corridoio. -Le iscrizioni sul muro della vita di Onaga, vanno da quella parte. -

-Laggiù si dovrebbe trovare la sala principale. La sala del trono, dove è stato avvelenato dovrebbe trovarsi all’ultimo piano. -
Salirono lungo delle grosse scalinate a chiocciola, lungo il tragitto attraversarono molti piani, e incontrarono strane statue dall’aspetto molto realistico.
-Questo è l’esercito di Onaga. I suoi uomini caddero in questo stato, come il loro padrone. -
-L’esercito di terracotta di Qin Shi Huang. -
-Come? -
-Sulla Terra un imperatore cinese fece costruire un'intera armata di terracotta, ci sono molte leggende che narrano di un loro risveglio. Tutta questa storia la ricorda molto. -
-Voi terrestri siete strani. - Ammise Sindel guardandolo con sospetto.

Proseguirono ancora verso la cima, finché non arrivarono in una stanza enorme, spoglia, se non per una statua gigantesca al centro. Sembrava un uomo, almeno aveva due gambe e due braccia, stava seduto su di un trono, anch’esso di pietra che seppur era grande, in confronto alla sua statura sembrava minuscolo. Aveva delle ali ripiegate dietro la schiena, le mani e i piedi avevano degli artigli lunghi almeno 20 cm, il volto sembrava un misto tra un drago e un uomo, le sopracciglia ossee erano corrugate, in un ringhio.

-Questo è Onaga. - Disse Sindel. -Puoi risvegliarlo? -
Shang Tsung si massaggiò il pizzetto osservandolo attentamente.
-Non dovrebbe essere un grosso problema se il suo sonno è dovuto ad uno stato di morte apparente. - Si allontanò di qualche passo.

-State in dietro. Per sicurezza. - Lo stregone rimase immobile, borbottando qualcosa in una lingua che Sindel non conosceva, il suo corpo si circondò di una luce verde chiara e intensa, poi tra le sue mani si formò una gigantesca palla luminosa. Percepì una frase.
-Fuoco della vita. - Le mani s’incendiarono e alla palla luminosa di prima si aggiunsero delle fiamme vorticose, dopodiché allargò le braccia e la palla cominciò a roteare su se stessa divenendo una sfera di luce, dopodiché si scagliò contro la statua e sparì appena la toccò.

Per qualche secondo non successe niente, poi dalla statua si irradiarono raggi di luce ovunque, la roccia cominciò a sgretolarsi, rivelando la pelle dell’essere intrappolato dietro.
Con un ruggito furioso la roccia schizzò in mille pezzi, rivelando finalmente il Dragon King Onaga.

-Chi è stato?! - Ruggì in un tono furioso, più che grato.
-Io. - Shang Tsung fece un passo avanti. -Io, mio signore. -
Onaga si chinò in avanti, avvicinando il suo viso a quello dell’uomo, sembrò annusarlo.
-Tu? Un essere così piccolo e insignificante? -

-Vi ho liberato per chiedere il vostro aiuto. -

Onaga scattò in avanti, un movimento talmente veloce che Shang Tsung neppure lo vide, la mano artigliata si chiuse intorno al suo collo e lo sollevò da terra.
-Chi sei tu insignificante essere umano per venire qui a chiedere il mio aiuto?! -

Sindel urlò di fermarsi.
-Mio signore vi prego… - Sindel alzò le mani in segno di resa. -Vi prego mio signore… sono la regina legittima di Edenia. Un altro regno… - Si inginocchiò. -Vi supplico di risparmiargli la vita. -

Onaga gettò l’uomo a terra come fosse una bambola di pezza. Lo stregone tossì e annaspò aria.
-Non l’ho neppure visto arrivare. - Disse, più rivolto a se stesso che alla donna. -E’ troppo potente… -
Sindel osservò l’imponente figura del Dragon King sedersi sul suo trono.
-Immagino di dovervi ringraziare per avermi svegliato. Quindi non vi ucciderò. Ma andatevene immediatamente dal mio tempio. -
-Non possiamo. - Sindel si alzò fronteggiandolo.
-Come?! - La voce di Onaga ebbe incrinatura di rabbia, le sue mani artigliate afferrarono i braccioli del trono mentre si sporgeva appena in avanti. -Come osi parlarmi con tanta insolenza donna! - Tuonò alzandosi nuovamente. -Inginocchiati al mio cospetto e chiedi pietà per la tua vita, se non vuoi morire. -

-Non siamo noi i vostri nemici. E vi stiamo facendo 2 favori. -
Onaga incrinò la bocca in quello che si poteva definire un sorriso, mostrando i denti affilati.
-Due favori? Donna devi essere pazza. -
-Vi offriamo la possibilità di vendetta contro Shao Kahn. -

A quel nome il Dragon King drizzò le spalle, tutto ad un tratto aveva ritrovato interesse nei due individui che lo avevano risvegliato.
-Shao Kahn? E’ ancora vivo? -

-Vivo, si, e più forte che mai. Per questo vi abbiamo risvegliato. Per questo siamo qui. -
Onaga scattò in piedi. -E’ diventato più potente dici? - Rise sommessamente. -Sarà molto interessante. Dove si trova? -
-Nel’Earthrealm mio signore, sta conducendo una guerra contro quel regno. -

Onaga gli fissò intensamente.
-Io combatterò solo per uccidere Shao Kahn. Non mi interessano le vostre intenzioni, tanto meno quale sia il vostro regno, ma l’Outworld è mio e ucciderò chiunque provi a portarmelo di nuovo via. - Spiegò le ali e le mosse fendendo l’aria, in men che non si dica, decine e decine di guerrieri dragoni giunsero al suo cospetto, anche il suo esercito si era risvegliato.

Parlò loro in una lingua sconosciuta e i suoi uomini volarono fuori dalla finestra, Onaga si rivolse nuovamente ai due umani.
-Immagino che questo faccia di noi degli alleati. Quindi ci vedremo nell’Earthrealm. -

-Si, mio signore. -
-Grazie signore. -
Onaga si alzò in volo ed uscì dalla finestra seguendo i suoi uomini che lo attendevano fuori.
-Non è poi così male. - Disse Shang Tsung guardando con le sopracciglia sollevate la sua compagna.
-L’importante è che riesca a uccidere Shao Kahn. -

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Capitolo 13
*** 1.5 Guerra ***


1.5 Guerra

Raiden guidò i suoi uomini fino al punto prestabilito dagli Dei Anziani per lo svolgimento della battaglia finale. Una terra desolata, senza forme di vita se non qualche avvoltoio che vagava in cerchio nel cielo nuvoloso e grigio del giorno appena cominciato.
Intorno alla piana delle formazioni rocciose si ergevano a contornarne i limiti.

Si concesse un attimo per scrutare la volta celeste, quella era una guerra senza precedenti, e loro erano in minoranza numerica. Shao Kahn aveva popolazioni come gli Shokan, i Centauri e i Tarkatan, eserciti formati da mostri sanguinari e violenti, poi c'erano i Lin Kuei che avevano aderito alla visione di Sektor, e l'organizzazione terroristica del Dragone Nero, lui aveva un manipolo di uomini e donne coraggiosi e tanta, tanta speranza.

Eppure, anche se sembrava un’impresa disperata, aveva la sensazione che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Alla fine il bene nel cuore dei terrestri avrebbe avuto la rivincita sul male che gli aveva portati a questo punto.

Si voltò ad osservare i suoi uomini, serrati in file ordinate, poche decine di guerrieri che si apprestavano ad uno scontro senza eguali.

-Abbiamo compagnia. - Jax avanzò oltre la fila e indicò un manipolo di uomini che si stavano avvicinando da est.
Non erano molti, forse una decina.

Raiden si avviò verso di loro con passo tranquillo.
Nella testa molte ipotesi, ma quando finalmente vide chi guidasse il corteo si fermò disorientato.
Quella era una sorpresa davvero inattesa.

Un ninja dai colori blu e neri, gli si avvicinò e si inchinò al suo cospetto.
-Lord Raiden… -
-Sub Zero. - Non riuscì a dire altro per lo stupore.

Sub Zero alzò la testa e si alzò di fronte al Dio.
-Siamo venuti per unirci alla guerra contro l’Outworld. -
-Chi sono questi uomini? -
-Miei fratelli. - Rispose il ninja blu senza distogliere i suoi occhi glaciali da quelli scintillante del suo interlocutore. -Lin Kuei che non si sono sottomessi ai folli piani di Sektor. Li ho radunati per darvi man forte. -

Raiden annuì grato per quelle parole, solo gli Dei Anziani potevano sapere quanto avessero bisogno di aiuto.
-Sei il benvenuto, tu e i tuoi guerrieri. Ma riuscirai a combattere contro il tuo clan? -

Se possibile gli occhi azzurri del ninja parvero divenire ancora più freddi del solito, la cicatrice che si intravedeva nei pochi cm scoperti intorno agli occhi sembrò ghiacciarsi all’interno.
-Questi uomini sono l’unico clan a cui sono fedele. - Ribatté con controllato distacco.

Il Dio sorrise cercando di allentare la tensione.
-Siete i benvenuti. - Così dicendo gli guido tra le file degli altri guerrieri.

Kitana era al fianco di Liu Kang, come sempre, come aveva sempre voluto essere, lo guardò in volto, ma il suo viso era concentrato ad osservare l’orizzonte in attesa dell’esercito nemico.
-Liu Kang… - Lei gli strinse la mano e lo fece voltare a guardarla. -So come ti senti… il tuo cuore grida vendetta… ma ricordati che non è quello che ti dona la pace. -
-No… vincere, mi dona la pace. - Rispose lui sciogliendo le loro mani. -Nessuno può capire come mi sento. Oggi finalmente porrò fine a tutta la sofferenza che affligge la Terra, in un modo o nell‘altro. -
Lei scosse la testa.
-Se affronti Shao Kahn con questo spirito, perderai, e tutte le nostre speranze di pace saranno vane. -

Lui la guardò imperscrutabile.
-Io non perderò. - Disse contenendo a stento la rabbia nella sua voce.
La donna sospirò voltandosi ad osservare l’orizzonte, presto quella linea piatta che si estendeva davanti a loro si sarebbe animata di mostri e stendardi.
Un pensiero in quel momento di sconforto le balenò nella testa.
-Mileena, dove diavolo sei? -

La voce possente di Bo Rai Cho mise tutti in allarme.
-Stanno arrivando! -

Le prime cose che videro furono le sagome delle bandiere stagliarsi sul grigio del cielo, poi l’esercito cominciò a prendere la forma di centinaia di persone che avanzavano con urla furiose e roche.

Raiden si voltò verso i suoi guerrieri, e non gli fu difficile capire che cosa stessero pensando.
I momenti che preannunciano la battaglia sono sempre i più terribili, quando l’adrenalina ti fa tremare ogni singolo muscolo che hai in corpo, e la paura ti grida che dovresti solamente voltarti e fuggire più lontano possibile.
Quell’esercito, sembrava l’esercito delle tenebre, il male nella sua forma tangibile che avanzava inesorabile e terribile, giunto fin lì per uccidere e conquistare.

Johnny Cage respirò a fondo gonfiando e sgonfiando il petto, con gli occhi nascosti dai Ray-Ban, mentre le sue gambe cominciarono a muoversi con saltelli sul posto.

Raiden tornò a guardare l’esercito nemico e il suo urlo riecheggiò nella vallata restituitogli dall’eco delle montagne.
-All’attacco! -

Avanzarono in principio lentamente, poi quando finalmente i primi Tarkatan che si facevano in contro furono ben visibili, entrambe le fazioni coprirono il pezzo di terra che ancora gli separava di corsa, urlando per scaricare la tensione accumulata, per darsi forza.
La guerra cominciò con il volto e le lame dei Tarkatan che si abbatterono velocemente sul manipolo di uomini, vennero dispersi e ognuno di loro si ritrovò ad affrontare almeno 4 Tarkatan per volta.
Il campo di battaglia si animò di urla, e tonfi sordi delle ossa che incontravano altre ossa, lame che saettavano nell’aria, e d’improvviso tutto fu più chiaro. Non ce l’avrebbero mai fatta.
I Tarkatan erano 20 volte il loro numero, poi erano giunti i Centauri e gli Shokan, capeggiati da una Sheeva che sembrava la Dea della guerra, i generali, i guerrieri del Mortal Kombat sarebbero giunti molto presto, e allora tutto sarebbe stato perduto.
O quasi. Raiden sapeva di poter contare solo sulla prova degli Dei Anziani, doveva proteggere Liu Kang, fino a quel momento, dopo, tutto sarebbe dipeso da lui. Aveva fiducia in lui e sapeva che non lo avrebbe deluso, la sua forza non conosceva rivali.
Si posizionò vicino al monaco, coprendogli le spalle dai nemici.

Alla sua sinistra una scossa di terremoto fece volare in aria almeno una dozzina di quelle creature.
Tra il fumo vide Jax con un pugno conficcato nel terreno, poi uno Shokan piombò dall’alto e i due vennero nascosti nuovamente ai suoi occhi dalla polvere.

Striker non aveva sentito discorsi, quando quei cosi avevano cominciato il loro attacco aveva estratto la pistola e cominciato a sparare.
Muoveva velocemente la canna dell’arma da una parte all’altra, ma quei mostri spuntavano velocemente da ogni direzione. Sentì un ruggito alle sue spalle, e un alito caldo invadergli il collo, quando si voltò si trovò un Tarkatan praticamente addosso, con le lame alzate.
Il poliziotto si girò velocemente e perse l’equilibrio in dietro, cadendo pesantemente sul terreno, ma aprì lo stesso il fuoco centrando il petto dell’avversario, che gli cadde pesantemente sopra.

Non era possibile, era ancora vivo.
I due presero a lottare a terra, la mano del Tarkatan gli teneva ferma la pistola, tanto che non riusciva a premere il grilletto, poi uno schizzo di sangue gli macchiò il volto.
Urlò per la sorpresa, poi la testa del Tarkatan rotolò di lato e con un tonfo sordo precipitò a terra.

Ancora sconvolto il poliziotto vide un disco nero saettare verso la mano aperta di Kung Lao, che lo afferrò al volo e con una piroetta colpì un energumeno a 4 braccia che lo stava attaccando, prima di essere nuovamente inghiottito dal fumo terroso che si era sollevato.

Kitana parò una lama che si fermò a pochi cm dal viso. Allontanò il Tarkatan con un calcio alla bocca dello stomaco e colpì uno Shokan che le si stava avvicinando alle spalle con una piroetta, poi i suoi occhi nocciola si sgranarono per il terrore vedendosi correre in contro una dozzina di quei mostri. Nella battaglia si era spostata troppo verso il fronte nemico e rischiava di rimanere isolata dai suoi compagni.

Una lastra di ghiaccio si materializzò sotto i piedi degli aggressori facendoli capitombolare rovinosamente a terra, alcuni Shokan balzarono con un saltoaltissimo, ma la ninja blu fu veloce a lanciare i due ventagli nella loro direzione, purtroppo il terzo stava per arrivare a destinazione, quando una scia azzurra lo investì e il guerriero andò in frantumi in mille cubetti di ghiaccio.

Sub Zero apparve alle sue spalle e l’afferrò per un braccio.
Quel contatto la fece sobbalzare per lo stupore, le mani del Lin Kuei, erano gelate, nel senso figurato del termine, erano avvolte da una patina di ghiaccio che scricchiolava ad ogni suo movimento.
-Sei troppo isolata. - Disse con voce ferma sospingendola in dietro. -Già siamo in minoranza, se poi vi allontanate come pecore al pascolo, non andremo molto lontani. -
Kitana storse la bocca, ma non era il momento di ribattere, c’era una guerra in corso.

Raiden si sollevò in aria e lanciò energia statica contro l’esercito nemico.
Era tutto inutile. Erano in troppi, i suoi guerrieri stavano dando sfoggio di tutta la volontà e la forza di cui disponevano, ma la fatica presto gli avrebbe rallentati, e ancora non erano scesi in campo i generali dell’Outworld.
Era una situazione parecchio frustrante. Vedere le proprie speranze andare in pezzi, così, davanti ai suoi occhi.
-Non possiamo perdere. - Disse fra se a denti stretti.
-Non possiamo perdere!- Urlò allargando le braccia e sprigionando fulmini che si diffusero dal suo corpo fino alla battaglia sottostante.

Kung Lao studiò velocemente le figure confuse che lottavano intorno a lui. Non potevano andare avanti in quella maniera, lo sapeva. I Tarkatan erano creature tenaci e feroci, ma avevano un punto debole, il comando. Se avesse trovato Baraka, il perno della loro offensiva e fosse riuscito ad ucciderlo, probabilmente molti di loro si sarebbero ritirati, o avrebbero perso enfasi per la guerra.

I suoi occhi ad un tratto notarono un Tarkatan con un’armatura leggermente differente, dai colori ben più sgargianti, combatteva come un demone e stava dando del filo da torcere a Johnny Cage.
-E’ lui. - Si disse gettandosi verso colui che reputava il generale Tarkatan.

Gli gettò contro il cappello tagliente che portava sempre sopra la testa, sperando di riuscire ad eliminarlo solo con quello. Tuttavia il Tarkatan alzò l’avambraccio scheggiato di punte ossee procurando un tintinnio con la lama del cappello che balzò in aria e andò a perdersi nel fragore della battaglia.

Il monaco vide il generale voltarsi a cercare l’autore di quell’attacco, e rimase piuttosto sconvolto nel vedere che quel Tarkatan, chiunque fosse, non era Baraka. La differenza tra i due era minima, ma il volto dello sconosciuto era sicuramente più lungo, con la mascella più larga, e uno degli occhi era cieco a causa di una cicatrice che lo attraversava dall’alto in basso.

Poco gli importava in fondo, era sicuramente lui a capo dell’esercito, e il fatto di non trovarsi di fronte il tanto temibile avversario, in fondo lo rincuorò non poco.
Proseguì nell’attacco, gettandosi in scivolata, colpo che non andò a segno, grazie ad una capriola dell’altro all’indietro.
Kung Lao si rialzò e tentò di colpirlo con una falciata interna, rendendosi conto che le differenze tra i due generali Tarkatan non si limitavano solo all’aspetto, ma anche nello stile di combattimento.
Baraka aveva uno stile ben più raffinato del nuovo avversario, ma non per questo, necessariamente più pericoloso, di fatti la sua gamba, rimbalzò contro il braccio dell’altro, facendogli perdere l’equilibrio in dietro e cadere a terra.

L’altro gli fu subito sopra, Kung Lao spostò la testa a sinistra e la lama dell’avambraccio del Tarkatan si conficcò nel terreno. Spaventato vide l’altra lama saettare verso la sua fronte e d’istinto alzò una mano, spostando la lama che lo graffiò sulla guancia.
Il nemico ringhiava sopra di lui, cercando di liberare le braccia per finire il suo attacco, mentre calde gocciole vermiglie scendevano dal taglio sulla guancia e dalla mano ferita.

Il Tarkatan ruggì furioso, per non riuscire a finire quel maledetto insetto che lo teneva incollato a lui in una posizione di stallo.
Poi l’odore dolciastro e ferroso del sangue si insinuò nelle sue radici, risvegliando sensazioni sopite dalla guerra. Fame.
Solo questo riusciva a pensare.
Spalancò le fauci affilate come rasoi, mentre gocciole di bava gli percorrevano il mento e cadevano sul corpo del monaco sotto di lui.
Ringhiò ancora e scattò la testa verso il collo del suo avversario, azzannandogli una spalla.
Quel maledetto si era nuovamente scansato. Ma il sapore del sangue e della carne umana nella sua bocca lo mandò in visibilio. Cominciò a scuotere la testa, sentendo pezzi di carne che si laceravano sotto i suoi denti e le urla strazianti del suo avversario.
Poi una fitta al fianco sinistro, gli fece perdere la presa, con un gemito di dolore si voltò in quella direzione e vide un Tarkatan che gli si tuffava contro con braccia e bocca spalancate.

Kung Lao aveva ancora la vista offuscata dalla nebbia dell’incoscienza dovuta al dolore lancinante alla spalla e alla copiosa perdita di sangue, perfino i suoni gli giungevano ovattati e in lontananza. Chiuse gli occhi cercando di liberare la mente dal dolore e di concentrarsi, non poteva lasciarsi andare per una ferita da nulla come quella.
Faticosamente si rimise a sedere respirando affannosamente per il continuo pulsare della ferita alla clavicola, quando aprì gli occhi poté vedere il caos che regnava intorno a lui.
Guardò alla rinfusa in giro vedendo il generale Tarkatan lottare contro un suo simile.
Grugnendo per il dolore e tenendosi la spalla sanguinante si rialzò barcollando, e che Raiden potesse fulminarlo seduta stante, ma quel Tarkatan che gli aveva salvato la vita, era proprio Baraka.
Adesso che ci faceva caso, guardandosi intorno, i Tarkatan sembravano piuttosto confusi ed esitanti, continuavano il combattimento, ma erano distratti, l’attenzione completa sui due che si fronteggiavano, lasciando l’arduo compito della guerra agli altri. Per di più il generale che lo aveva morso aveva un coltello a 3 punte conficcato nel fianco. C’era una sola guerriera che usava quel tipo di arma. Voltò lo sguardo e notò Mileena poco distante da lui, lottare contro Sheeva.
Poi ombre lunghe e gigantesche oscurarono il cielo ancor più delle nuvole, dei tonfi sordi scossero la terra, facendo sobbalzare i guerrieri.

Giganteschi esseri ricoperti di scaglie, con mostruose corna ed ali che ricordavano quelli dei draghi si abbatterono sul campo di battaglia. Uno gli atterrò molto vicino, lo guardò con occhi ambrati, furiosi, poi lo lasciò perdere e concentrò la sua attenzione su di un Centauro, afferrandolo per la pancia e scaraventandolo lontano come fosse stato una bambola di pezza.

Johnny Cage vide il monaco con una spalla sanguinante, e lo sguardo smarrito di chi non sa chi sia, né dove si trovava. Una cosa però il biondo attore la sapeva, se non si fosse mosso alla svelta avrebbe certamente smesso di confondersi.
Si gettò su di lui, salvandolo per un pelo da un’alabarda maneggiata da uno Shokan, che per tutta risposta venne atterrato da uno di quei mostri alati che lo schiacciò al tappeto come un’ aquila famelica con un coniglio e poi si innalzò nuovamente in volo portandoselo dietro.
-Speriamo non gli sia venuta fame proprio adesso. - Vedendo lo sguardo sofferente di Kung Lao si discostò da lui. -Dai bello, muoviti, o qui diventerai cibo per cavalli geneticamente sviluppati in poco tempo. -
Lo aiutò a rialzarsi, dovendolo quasi tirare su di forza.
-Chi… Cosa… ma che diavolo sono questi cosi? - Domandò confuso.
Cage si strinse nelle spalle, voltandosi e piantando un calcio in faccia ad un membro del Dragone Nero che volò al tappeto.
-Qualsiasi cosa siano… stanno dalla nostra parte. - Ripeté con un sorriso soddisfatto vedere come i loro nuovi alleati stessero massacrando l’esercito dell’Outworld.

Shao Kahn sgranò gli occhi incredulo, non era possibile. Quando aveva visto quelle sagome in lontananza, non aveva voluto credere ai propri occhi.
-L’esercito di Onaga. - Mormorò guardando i generali vicino a lui. Non c’era più tempo, Onaga doveva essere fra loro, non poteva attendere oltre.
-All’attacco! - Gridò, guidando i più forti guerrieri dell’Outworld nella mischia.


Materializzando il suo martello da guerra nella mano lo roteò dal basso verso l’alto colpendo al mento uno degli uomini dragoni, facendolo cadere pesantemente al suolo, salvo poi sfracassargli la testa con un’altra martellata. Storse la bocca furioso notando che quel maledetto essere non era morto, ma solo momentaneamente addormentato. Presto o tardi si sarebbe risvegliato.
Volse lo sguardo verso il polverone alzato dalla battaglia. Un solo uomo poteva essere stato tanto scellerato da risvegliare il Dragon King.
-Maledetto Shang Tsung! - Ringhiò afferrando il primo essere che gli capitava a tiro, ovvero un Tarkatan e spezzargli il collo per la frustrazione.

E così Shang Tsung era ancora vivo. Certo solo lui poteva essere tanto arrogante da risvegliare il Dragon King.
Ma Quan Chi non se ne preoccupò poi molto. In fin dei conti era un bene. La presenza di Onaga avrebbe garantito Shao Kahn occupato, e lui avrebbe potuto portare al termine il suo piano.
Sorrise notando Mileena essere scaraventata a terra da un poderoso pugno della Shokan, che afferrandola per i capelli la sollevò da terra pronta a darle il colpo di grazia.
Purtroppo Kitana le piantò un calcio tra le scapole e le fece mollare la presa.

Sheeva perse completamente interesse per la ninja viola, ancora stesa a terra che faticosamente si rimetteva in piedi e si concentrò completamente su Kitana.

Quan Chi si avvicinò. In fin dei conti era sempre bene possedere un piano alternativo. Se Shao Kahn avesse vinto, contro ogni pronostico, lui avrebbe sempre potuto portarle la testa della ninja come pegno della sua devozione. In più non poteva negare che c’era una certa soddisfazione in tutto quello.
Rise sadicamente avviandosi verso la sua preda.

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Capitolo 14
*** 2.5 La Forza di un Popolo ***


2.5 La Forza di un Popolo

Baraka ringhiò a quel maledetto usurpatore che gli stava di fronte. I due si girarono attorno mostrandosi i denti, come due fiere pronte alla lotta per la supremazia di un branco.

Il primo ad attaccare fu Baraka, scagliandosi in avanti, con la lama destra sollevata sopra la testa, il colpo andò a vuoto e così roteò sul piede, sfruttando la forza d’inerzia dello slancio e si girò con un calcio di tacco che colpì l’avversario all’addome, rimbalzando sui suoi addominali.
Baraka perse l’equilibrio e cadde a terra.

Non era solo la forza del suo rivale, lo sapeva, i giorni di digiuno lo avevano debilitato nell’energia, e la posa forzata costretta dalle catene che lo tenevano fermo gli avevano intorpidito i muscoli.
Ma non poteva permettersi di fallire.

Il generale gli fu nuovamente addosso, cercando di pestarlo, Baraka rotolò su di una spalla e si rimise in piedi, ma il gesto veloce gli fece perdere per un attimo l’orientamento e barcollò all’indietro, vedendo all’ultimo minuto la lama del suo avversario che stava per trafiggergli il petto.
D’istinto abbassò il braccio destro, le lame si sfregarono tra loro procurando un suono stridulo che graffiava le orecchie.
Con la coda dell’occhio vide l’altra lama sfrecciare verso la sua tempia sinistra. Sollevò il braccio e sentì un dolore acuto attraversargli i muscoli.
Lo aveva colpito.

Ringhiando per il dolore gli piantò una testata dritta sul piccolo naso adunco, facendolo vacillare all’indietro, poi arretrò di qualche passo reggendosi il braccio ferito. Provò a muoverlo ma capì subito che era una ferita seria. Doveva avergli spezzato l’osso.

Il generale lo stava invitando ad attaccare, muovendo le mani avanti e in dietro davanti a se.
Con un urlo roco, proveniente dal profondo della sua anima si gettò con tutte le forze contro il suo avversario.
Agitò il braccio sano in poderosi fendenti dall’alto verso il basso.
Aveva un arto in meno, dunque per colpire e parare i colpi dell’altro doveva muoverlo con il doppio della velocità.
Finché l’adrenalina del combattimento continuava a circolargli nel sangue non sentiva neppure il dolore della frattura.

Persistette nel suo attacco, poi il generale sembrò stanco di arretrare e così partì la controffensiva, Baraka indietreggiò, poi si abbassò con il busto, roteando su se stesso e con un movimento circolare del braccio lo colpì alla gamba, aprendogli un profondo taglio nel ginocchio.

Quello si afflosciò a terra con un ruggito di frustrazione, mentre Baraka si rialzava e passava la lama insanguinata sulla lingua, assaporando il dolce gusto del sangue.
Quel sapore lo mandò in estasi e senza lasciargli il tempo di rimettersi in piedi, attaccò nuovamente.

Ma anche in ginocchio, quel maledetto continuava a parare ogni sua mossa.
La frustrazione di vedere i colpi non andare a segno lo fece infuriare, infuse più forza nel braccio e sentì i muscoli protestare, ma non poteva fermarsi, non doveva.

D’improvviso la vista si annebbiò, la figura del generale davanti a lui divenne sfocata e le forze lo abbandonarono tutto insieme.
Cadde con un ginocchio a terra, e la mano a sorreggersi la fronte. Sentì il sangue che continuava a percorrergli l’avambraccio ferito andando ad unirsi alla pozza formatasi ai suoi piedi.
Non gli ci volle molto a capire.
Aveva perso troppo sangue, era troppo debole, Mileena glie lo aveva detto, non poteva affrontare una guerra in quelle condizioni.
Grugnì alzando la testa vedendo la sagoma del suo rivale sdoppiarsi mentre sorridendo gli si faceva sempre più vicino. Scosse la testa rendendosi conto tutto insieme che il dolore al braccio era divenuto quasi insopportabile. Sorrise amaramente.
-Ci stai condannando tutti. - Disse fissandolo in volto.

-No Baraka. - Disse l’altro ormai a pochi passi. -Tu ci hai condannati a questo. - Allargò le braccia dando più enfasi a quelle parole. -La tua guida scellerata ci ha portato ad un’esistenza di remissione al servizio di Shao Kahn. - Si avvicinò con il viso al suo. -Eravamo belve, predatori letali e fieri, e tu ci hai reso prede da spolpare e sacrificare. - Si allontanò. -Rassegnati. Questo è quello che siamo adesso. -

Pedine, prede, insulsi sacchi di carne da sacrificare. No, lui non poteva accettarlo. I Tarkatan non potevano accettarlo. Un solo popolo, una sola anima, un solo destino.
Quella era la loro occasione. La loro unica occasione. Tutto non poteva finire con una lama in mezzo agli occhi.
Con un ruggito alzò la mano fermando l’attacco.

La lama del generale aprì due grossi tagli nel palmo della sua mano, facendosi strada fra la carne, prima di fermarsi a pochi cm dal suo viso.
Baraka strinse più forte e vide fiumiciattoli di sangue scorrere per il filo dell’arma dell’altro e poi cadere pesantemente a terra unendosi in una pozza di sangue.
-Questa volta no. - Sussurrò fissandolo con foga, alzandosi lentamente da terra.
Il generale parve spaventato da tanta resistenza e forza d’animo, lo colpì con l’altra lama, che mancò il bersaglio e gli si conficcò nella spalla sinistra.
-Questa è la nostra rinascita! -

Il generale sgranò ancora di più gli occhi sopraffatto, vedendo il braccio sinistro di Baraka, quello che lui aveva perforato all’inizio del combattimento sollevarsi all’altezza dei suoi occhi.
Lui si era sottomesso, i suoi fratelli si erano sottomessi, e ormai credeva che niente avrebbe potuto cambiare il loro destino.
Baraka gli aveva dimostrato che si sbagliava. In quel campo di battaglia gli aveva fatto vedere di che pasta fossero davvero i Tarkatan.
Un popolo fiero, coraggioso, forte e determinato. Sotto la sua guida i Tarkatan sarebbero riemersi dalla vergogna della sottomissione.
Un popolo, un’anima, un destino.

Quando vide la lama saettare verso il suo collo chiuse gli occhi aspettandosi il colpo finale.
Morire sul campo di battaglia, per mano di un fratello, era il dono più grande che un Tarkatan potesse ricevere.

La lama recise il collo del generale come fosse di burro, la sua testa rotolò di lato andandosi a perdere nel fragore della guerra.
Baraka si tolse la lama dalla spalla e lasciò che il corpo senza vita del suo avversario cadesse ai suoi piedi. Si rese conto che il braccio gli faceva male da impazzire, probabilmente con quel movimento aveva peggiorato la sua ferita. Poco importava.

Alzò la testa al cielo che continuava a minacciare pioggia e ruggì con quanto fiato avesse in corpo.
Ruggiti che sembravano tuoni minacciosi, che sapevano di liberazione, di forza e vittoria.
Ruggiti a cui i suoi fratelli si unirono, facendo capire da che parte si fossero finalmente schierati.

Goro aveva appena atterrato uno di quei cosi alati, il ruggito dei Tarkatan gli sembrò qualcosa di sovrannaturale. Non capì fino in fondo che cosa volesse dire, finché non si vide uno di loro che gli si lanciava in contro con le lame pronte a colpirlo.
Il principe Shokan si girò di lato, mandando a vuoto il colpo, poi lo afferrò per il braccio e glielo torse in maniera innaturale, prima di sfondargli il petto con un poderoso pugno.
-I Tarkatan si stanno ribellando. - Disse a denti stretti, non sapendo se fosse un buono o cattivo segno.

Baraka si accasciò a terra tenendosi la spalla, se anche fosse morto in quel preciso istante sarebbe morto contento.
E probabilmente il suo pensiero venne raccolto immediatamente visto che si vide arrivare in contro un Motaro che lo stava caricando.
Socchiuse gli occhi cercando di alzarsi, ma qualcuno lo placcò dal fianco destro buttandolo a terra, facendolo urlare di dolore.
Quando si voltò vide Kung Lao che si stava rimettendo in piedi.

-Adesso siamo pari. - Disse offrendogli una mano per rialzarsi.
Baraka rifiutò l’aiuto con uno schiaffo, facendo da solo. Si guardò attorno notando che i Centauri gli stavano accerchiando.
-Guarda di non essermi d’intralcio terrestre. -
-Scommetto che ne faccio fuori più di te. -
I due si misero spalla a spalla e incitarono i loro avversari ad attaccarli con rapidi movimenti delle mani.

Mileena aveva notato il ruggito di Baraka, e sorridendo fece per prendere il Sai che giaceva a pochi passi da lei, quando un piede le bloccò la mano a terra facendole scricchiolare le ossa sotto lo stivale.
Mugulò alzando la testa e vedendo lo sguardo odioso di Quan Chi che la osservava dall’alto in basso, con quelle sue labbra bluastre quasi nere piegate in un sorriso terribile. Prima di riuscire a capire si ritrovò un calcio in viso che la fece volare a qualche metro di distanza.

Rotolò di lato schivando l’atterraggio a piedi uniti dello stregone, e con un calcio lo colpì all’altezza dei reni. Quan Chi avanzò sbilanciato di qualche passo, salvo poi girarsi e mettersi in posizione di combattimento.
Lei si rialzò, aveva sempre desiderato prenderlo a calci in culo. Trovò spontaneo chiedersi se per caso Shang Tsung non le avesse trasmesso qualcosa di lui nella creazione, ma la verità era che Mileena non sopportava assolutamente la vista di Quan Chi.

Attaccò con un calcio frontale, poi seguito da una serie combinata di pugni, lui parò arretrando, poi con un calcio basso, di piatto le colpì la caviglia facendola piegare in due, a quel punto la colpì con un pugno che la fece crollare al tappeto.
Mileena si appoggiò con una mano al suolo e in una specie di verticale colpì lo stregone con due calci all’addome, facendolo indietreggiare, poi si rialzò e velocemente gli saltò addosso, portandoselo con se a terra.

Quan Chi però era un esperto combattente, sfruttando il suo slancio le posò un piede sull’addome e la piroettò oltre la sua testa, facendola cadere di schiena sul terreno.
La caduta le mozzò il fiato, e rimase distesa a terra qualche secondo di troppo per riordinare le idee.

Quan Chi la pestò con vigore allo sterno, facendole tossire un fiotto di sangue che andò a macchiare il velo davanti alla bocca.
Era tutta colpa sua, lo sapeva. In un combattimento tra maestri di arti marziali, dove lo scarto di bravura è minimo, quello che fa la differenza tra la vittoria e la sconfitta è l’opportunità. Lei gli aveva fornito un’opportunità di vittoria e adesso ne stava pagando il prezzo.

Lo stregone estrasse la scimitarra che portava alla cintura, era già macchiata di sangue, in quella guerra lei non sarebbe stata né la prima, né l’ultima delle sue vittime.
-E adesso principessa… - Sollevò la scimitarra sopra la testa. -I miei ossequi. -
Quando fece per abbattere la lama sul corpo inerme della ninja, schiacciato a terra dal suo peso, una mano incredibilmente piccola, ma di una forza sorprendente gli bloccò il braccio a mezz’aria.

Voltandosi Quan Chi si ritrovò davanti il volto della regina Sindel, scuro per la rabbia, con gli occhi completamente bianchi per il Chi che le fluiva nel corpo.
-Giù le mani da mia figlia! - Dalla sua bocca onde soniche si abbatterono sul volto bianco dell’uomo scaraventandolo come un poderoso pugno alla mandibola a qualche metro di distanza, facendolo cadere malamente sul terreno.

Mileena sgranò gli occhi, un salvataggio in extremis come quello, proprio non se lo aspettava. Guardò la regina che le porgeva una mano.
-Regina Sindel… io non sono Kitana. - Le disse.
-Tu sei Mileena. - Le rispose lei chinando appena la testa di lato con un sorriso dolce sulle labbra.

Il velo davanti alla sua bocca nascose la sua espressione di meraviglia. Ancora sconvolta accettò la sua mano per rialzarsi.
Entrambe non dissero una parola, i loro occhi così diversi, ma anche così simili ebbero il potere di esprimere più di quanto potesse fare qualsiasi parola. Forse era da stupidi, o come avrebbe detto Baraka, smancerie da terrestri, ma ebbe l'impulso irrefrenabile di abbracciarla. Un impulso che dovette trattenere. Quello non era il momento delle smancerie, quello era il momento della guerra. Il momento di far riemergere il suo sangue Tarkatan.

Quan Chi si rialzò da terra velocemente, ma fu solo grazie a Reptile, che intercettò con due calci in volto Jax, se lo stregone non venne sopraffatto dal corpulento maggiore che gli si stava avvicinando.
Strinse forte la spada nella sua mano osservando furioso le due donne che avevano ripreso a combattere.
Che affronto, e la faccia gli doleva ancora tutta, senza contare che probabilmente gli si era spezzato ancora il naso.
-Maledetta sgual… -
-Modererei il linguaggio fossi in te. -

Quan Chi sgranò gli occhi osservando l’uomo che si era frapposto fra lui e la sua rivincita.
La sorpresa, lasciò il posto alla gioia.
-Shang Tsung. - Sibilò.
Finalmente avrebbe avuto la sua vendetta.

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Capitolo 15
*** 3.5 La Prova ***


3.5 La Prova

I due stregoni si fronteggiarono mettendosi in posizione di combattimento, la cosa sorprendente fu che nonostante la guerra che gli circondava, nessun altro guerriero si frappose fra loro, nella confusione, l’area intorno a loro sembrava essere divenuta off limits.

Il primo ad attaccare fu Quan Chi, ansioso di dimostrare finalmente a se stesso chi dei due fosse veramente lo stregone più forte.
Fece roteare la spada sopra la testa prima di farla calare con un movimento talmente rapido che Shang Tsung vide solo una striscia argentata.
Il moro si spostò lateralmente evitando il colpo e con il palmo della mano, in un movimento dal basso verso l’alto colpì il mento dell’altro, facendogli sbattere i denti talmente violentemente che alcuni si ruppero.

Quan Chi indietreggiò vagamente spaesato, si voltò sputando a terra un fiotto di sangue, misto a qualche dente, salvo poi pulirsi velocemente la bocca con il dorso della mano.
Gli ribolliva il sangue nelle vene per la rabbia, quando alzò il viso sul suo avversario lo vide sorridergli sardonico, invitandolo a farsi nuovamente in contro.
Con un grido di rabbia lo stregone del Netherrealm si gettò all’attacco agitando la spada nella sua mano come un forsennato.
Non c’era davvero nessuno in grado di mandarlo in bestia quanto quel maledetto terrestre. Lo odiava con ogni fibra del suo essere. Lo voleva morto, voleva dimostrare a se stesso, e poi a Shao Kahn, che lui era il numero uno. Se solo non ci fosse stato quel maledetto, avrebbe senza dubbio potuto avere tutto quello che desiderava.
-E’ l’ultima volta che mi metti i bastoni fra le ruote! - Abbaiò muovendo velocemente la spada da sinistra a destra, che passò sopra il busto dell’altro piegatosi all’indietro per evitare il colpo.

Shang Tsung gli bloccò con una mano, il braccio armato, bloccandogli così la spada, poi lo colpì con una ginocchiata al ventre, un’altra manata a palmo aperta sul mento, e tenendogli il mento sollevato, gli piego la testa all’indietro, spostandosi sul suo lato destro gli falciò le gambe con una spazzata all’indietro che lo fece cadere a terra.
Senza perdere la presa sulla sua testa, lo seguì, sbattendogliela violentemente sul terreno.
Con la coda dell’occhio si accorse di una scia verde che si stava dirigendo a gran velocità alla sua sinistra, e così rotolò di fianco, schivando il colpo di Quan Chi.
Doveva ammetterlo, era stato in gamba, nonostante avesse subito il colpo era riuscito a tentare un attacco con il Chi. Si mise nuovamente in posizione di guardia, in attesa del prossimo attacco.

Lo stregone del Netherrealm era ancora confuso per la botta alla testa, ma comunque si rialzò. Il suo volto una maschera di odio e risentimento.
Aveva sempre sostenuto che il modo di combattere di un uomo rispecchiava il suo vero essere, e Shang Tsung non faceva eccezione. Con le sue mosse, i suoi movimenti, e quel suo maledetto sorriso soddisfatto sul volto rispecchiavano perfettamente il suo carattere arrogante e borioso.
Nonostante la rabbia per essere stato atterrato con un’apparente semplicità, da risultare umiliante, Quan Chi si costrinse a rimanere calmo. Invece di corrergli in contro come in precedenza, sollevò la spada sopra la testa in posizione di attesa. Era tipico di Shang Tsung fare andare sulle furie i suoi avversari, ed era talmente bravo che sicuramente non era neppure una tattica voluta. Semplicemente gli veniva naturale.
Respirò a fondo, se si fosse fatto governare dall’emotività avrebbe perso. Doveva rimanere calmo. Quello non era un combattimento, era un macabro gioco a scacchi. Ogni mossa doveva essere controllata e ben ponderata, altrimenti ne avrebbe pagato lo scotto con la sua vita.
E non poteva perdere. Non adesso, che era così vicino al compimento del suo piano.

Fece un passo avanti, lento, calcolato, poi partì con un fendente, da destra a sinistra, Shang Tsung saltò in dietro evitando il colpo, per poi cercare di colpirlo con un calcio alto al volto.
Quan Chi alzò il gomito parando, fece per colpirlo ancora con la spada, ma il fendente andò nuovamente a vuoto per un movimento fluido ed agile verso destra dell’altro.
Questa volta però, era stato lui a tendergli una trappola.
Si girò di scatto, aveva previsto quel colpo, ed era proprio dove lo voleva, la lama saettò velocemente dall’alto verso il basso, diretta al suo ventre.

Shang Tsung si accorse tardi della lama che sembrava sdoppiarsi dalla velocità che aveva preso. Si spostò in dietro, ma questa volta non riuscì a schivare il colpo.
La lama gli aprì un taglio poco sopra gli addominali, prima di continuare la sua corsa verso l’alto senza infierire altri colpi.
Subito Shang Tsung si allontanò di qualche passo, non era una ferita grave, gli sarebbe rimasta la cicatrice, ma era poco più di un graffio. Si sfiorò la coltellata con le dita macchiandole di rosso, poi osservò il suo avversario passarsi la lama sulla lingua, leccando il sangue ancora fresco.
Era veramente disgustoso. Ma nonostante quello spettacolo impietoso, non poté che sorridere divertito. Il combattimento si faceva interessante. Finalmente.

Attaccarono simultaneamente, in un rapido susseguirsi di colpi, finché entrambi si ritrovarono faccia a faccia, con le mani intrappolate in quelle dell’altro, fronteggiandosi in una sfida di forza.

Quan Chi corrugò appena lo sguardo nell’osservare il volto del suo rivale. C’era qualcosa di strano nel suo modo di combattere. Sembrava stesse cercando di perdere tempo. Anche quella mossa così fisica nel tenerlo fermo in una prova di forza non era da lui. Shang Tsung era agile, forte e dotato di una tecnica di combattimento invidiabile, senza contare che non aveva dato ancora sfoggio delle sue capacità nell’utilizzo della magia e del Chi. Perché aveva la sensazione che lo stesse tenendo occupato appositamente?
Decise di saggiare il terreno.

-Ti sei rammollito Shang Tsung. - Disse con un sorriso. -Un tempo avresti già concluso il combattimento. -
L’altro lo guardò indifferente e quando parlò la sua voce era calma ma sempre con quella vena di sarcasmo che lo faceva imbestialire.
-Questo perché affrontarti sta diventando di una noia mortale. Magari dandoti il tempo di riscaldarti potresti cominciare a farmi divertire. -

Quan Chi sfoggiò un’espressione con un sorriso talmente sadico da riuscire a turbare perfino un uomo abituato alla guerra ed ai suoi orrori come era Shang Tsung.
-Ti prometto che quando arriverà il momento, la regina Sindel si divertirà da pazzi. -
Un calcio, diretto al suo basso ventre, lo fece allontanare velocemente lasciando la presa sul suo avversario.
-Scontato. - Lo stregone terrestre non mutò la sua espressione mentre lo derideva con le parole. -E stupido da parte tua pensare che una tale prospettiva possa turbarmi. Il prossimo passo quale sarà? Offendermi la madre? -

Lo aveva sempre sostenuto che fosse un figlio di puttana. Non aveva motivo di dare alito ai suoi pensieri. E comunque non era quello il suo interesse al momento. Aveva tastato il terreno, e aveva avuto ragione. Shang Tsung aveva mantenuto un comportamento distaccato, ma lui era un osservatore troppo acuto per lasciarsi sfuggire l’irrigidimento della mascella, e il leggero sgranarsi degli occhi nell’udire quelle parole. E poi… quel calcio indirizzato ai suoi genitali era un avvertimento ben più che velato. Aveva fatto centro. Adesso che aveva trovato un punto debole, doveva trovare il modo di usarlo.

Improvvisamente un boato distolse tutti i guerrieri dalle loro battaglie.
Istintivamente alzarono la testa al cielo, ancora oscurato dalle pesanti nubi nere, salvo poi dover riabbassare lo sguardo sulla terra che aveva cominciato a tremare.
Le reazioni furono le medesime per ognuno di loro.
Sconvolti e sbigottiti arretrarono di qualche passo con lo sguardo perso verso l’orizzonte.
Il terremoto s’intensificò di potenza, finché in mezzo al campo da guerra, una crepa aprì il suolo, dividendolo in due estremità che si allontanarono l’una dall’altra.
La crepa divenne un enorme burrone, dal quale cominciò ad emergere una piramide quadrata, con delle scalinate che si affacciavano su uno di ogni lato della base e si estendevano fino alla cima quadrata. Ai lati delle scale, enormi gradini di pietra rendevano quasi impossibile arrampicarvisi.
La piramide era enorme, guardarla dalla base dava il capogiro e in cima una luce accecante risplendeva, illuminando il territorio circostante.
Nessuno di loro sapeva cosa fosse. Ma dentro il cuore di ogni guerriero presente nella radura, c’era un solo pensiero.
Giungere in vetta.
La loro stessa natura gli guidava verso quella luce.
Si mossero simultaneamente, tutti verso le scale, cominciando una corsa che gli avrebbe portati al combattimento, alla gloria e al potere.

Shang Tsung sapeva che quella luce era il potere donato dagli Dei Anziani per porre fine a quel periodo di guerre.
Scattò in avanti, cominciando la corsa verso la vetta, man mano che saliva si rendeva conto che rimanevano sempre meno. I guerrieri si affrontavano sugli scalini, si intralciavano in tutti i modi possibili. Ad un tratto si accorse di essere rimasto solo su quel lato della scalinata.
Finalmente avrebbe potuto ottenere il potere che aveva sempre desiderato. Sarebbe diventato un Dio.

La sua corsa ebbe un’improvvisa frenata, quando Quan Chi gli si parò davanti, superandolo con un salto.
-Abbiamo un conto in sospeso noi due. -
Shang Tsung sorrise, sentendo un’altra presenza alle spalle.
-Tempismo perfetto. - Allargò le braccia sollevando le sopracciglia come per discolparsi. -Credo che tu debba risolvere adesso, un altro conto in sospeso. -
Spostandosi di lato Shang Tsung rivelò Scorpion, in piedi sui gradini, avvolto da un manto di fiamme.

Quan Chi sgranò gli occhi, furioso con quel maledetto imbroglione. Adesso capiva perché tergiversava in quella maniera. Lo aveva venduto a Scorpion.
Rendendosi conto che lo aveva superato per proseguire la sua corsa Quan Chi si voltò per fermarlo, ma una voce gutturale lo richiamò.
-Vieni qui! -
Un kunai gli perforò la spalla trattenendolo sul posto.
-Shang Tsung! - Urlò furioso di rabbia, vedendolo voltarsi verso di lui e fargli un inchino, come un mago che aveva appena terminato il suo trucco di magia.
-Non credere che sia finita qui. - Ringhiò, colmo di frustrazione per essersi fatto nuovamente fregare.
Ma adesso, era venuto il momento di saldare i conti con il suo passato.

Nella confusione della battaglia, Sindel aveva perso di vista Shang Tsung e Mileena.
Quando la piramide era comparsa davanti ai loro occhi, aveva subito pensato alla prova degli Dei Anziani e si era fiondata sulle scale.

In principio aveva dovuto lottare non poco, soprattutto con ninja robotici per riuscire a fare i primi passi, ma finalmente al 2° piano degli enormi gradini di pietra si era voltata in dietro.
Kitana stava lottando con Sheeva, e a giudicare dalle ferite non doveva essere in vantaggio.
Senza pensare oltre si gettò in quella direzione, frapponendosi fra le due.

-Regina Sindel! - Gridò Sheeva incredula.
-Madre? - Kitana la guardò con gli occhi già velati di lacrime.
-Non c’è tempo. - Sindel si rivolse alla Shokan. -Shao Kahn non deve raggiungere la vetta. Per nessuna ragione. - La donna s’irrigidì. -Devo saperlo Sheeva. Posso contare su di te? -

La guerriera sorrise inchinandosi davanti a lei.
-Mia regina. Sono ai vostri ordini. Solo vi chiedo… non costringetemi a scegliere fra voi e il mio popolo. -
Sindel le posò una mano sulla spalla.
-Se tutto va secondo i piani. Non dovrai mai farlo. -
Dal basso della piramide i guerrieri dell’Outworld stavano giungendo veloci come locuste, arrampicandosi accanitamente verso la cima.

-Nessuno deve passare oltre questi gradini Sheeva. Nessuno. -

La Shokan annuì. Una profonda amicizia la legava a quella donna, non avrebbe rinunciato nuovamente a lei. In più ce l’aveva ancora a morte con Shao Kahn per come aveva trattato il suo popolo e Goro, preferendo i Centauri a loro. Un’offesa che non poteva essere scancellata dall’orgoglio degli Shokan.
Batté violentemente un piede a terra provocando delle crepe sui gradini.
-Andate, qui ci penso io. -

Sindel prese per mano Kitana, le dispiaceva non poter avere più tempo per poterla abbracciare e rassicurarla sul bene che le voleva. Le smancerie avrebbero potuto attendere.
Per un attimo si voltò in dietro, cercando tra la folla la figura di Shang Tsung. Sprando di vederlo, ma non ci riuscì.
Si morse il labbro ponderando per un attimo l'idea di cercarlo, ma la voce di Kitana, qualche gradino sopra di lei la riportò alla realtà.
-Madre... -
-Andiamo. - Indugiò ancora qualche secondo, probabilmente si trovava sul lato opposto.
Si sarebbero rivisti in cima. Si voltò e riprese la corsa.

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Capitolo 16
*** 4.1 Kung Lao VS Reptile - Johnny Cage VS Kano ***


4.1 Kung Lao VS Reptile

Raiden osservava incredulo la folla di guerrieri che si affannava ad arrivare in cima, lottando fra loro, spinti dalla sete del potere. Si portò alle spalle di Liu Kang, proteggendolo da eventuali aggressori.
-Liu Kang! Questa è la prova di cui parlavano gli Dei Anziani. Devi arrivare in cima, qualsiasi cosa accada. Al resto pensiamo noi. -
Il monaco colpì un avversario che gli si stava gettando contro e scattò verso la cima.
Il Dio del Tuono osservò la guerra ancora in atto nella piana, ma i soldati del Dragon King, se la stavano cavando egregiamente, e Kung Lao e Baraka si erano gettati all’inseguimento del loro potere.
Si parò davanti a loro, allargando le braccia per impedirgli il passaggio.

-Lord Raiden. - Chiese il monaco sconvolto.
-Togliti dai piadi! - Ringhiò il Tarkatan.
-Kung Lao, ho bisogno che tu impedisca il passaggio ai guerrieri che tenteranno la scalata. -
Il monaco abbassò un attimo lo sguardo, serrando la mascella.
-Liu Kang deve raggiungere la cima. Lui è il prescelto… -
-Stiamo perdendo tempo Lord Raiden. - Kung Lao si voltò pronto a fronteggiare chiunque avesse avuto intenzione di superarlo. -Di questa linea mi occuperò io. -

Raiden annuì con un sorriso pieno di orgoglio per quel ragazzo dall’umiltà che ne faceva un uomo onesto e buono. Ma quel pensiero lo fece rabbuiare immediatamente associando velocemente una domanda, che in cuor suo sapeva perfino la risposta.
-Liu Kang avrebbe fatto lo stesso al suo posto? -
Scacciò immediatamente quel pensiero e corse verso la vetta.

-Sei uno sciocco terrestre. - Baraka colpì con un calcio frontale uno Shokan gettandolo di sotto dalle scale, trascinandosi con se tutti i soldati sulla sua traiettoria. -Perché non potresti essere tu il prescelto? -
-Perché Lord Raiden ha detto che è Liu Kang. E’ sempre stato lui. - Aggiunse con un velo di tristezza nella voce. -Devo accettare il mio destino e fare di tutto per aiutarlo a compiere il suo. - Colpì con una gomitata un Lin Kuei, ammaccandogli l’armatura, e poi con una spazzata lo fece cadere rovinosamente dalle scale.

Baraka lo affiancò e ringhiò furioso ai suoi uomini che tentavano la scalata.
-Tornate ai vostri posti. Nessuno deve superare questa linea. - Poi si rivolse al monaco. -Le alleanze si romperanno. Non possiamo più contare sull’esercito di Onaga. -
-Lo so. - Rispose lui con un sospiro, abbozzando poi un sorriso stanco. -Tu potresti riuscire a raggiungere la cima. -
-Tsk. Credi che non ci abbia pensato? Non rimango certo qui con te perché mi sei simpatico. - Abbaiò con uno sbuffo. -Vengo da una prigionia di giorni a digiuno, e ho un braccio in meno, non sono in grado di competere con gli altri guerrieri. - Poi la sua bocca si stirò in un sorriso. -E poi… la guerra è molto più interessante di qualche scaramuccia. -

Il monaco avrebbe voluto ringraziarlo, anche lui aveva un braccio in meno. Avere un alleato come Baraka era confortante.
I suoi occhi videro la figura di Reptile che velocemente stava scalando gli enormi gradini, guadagnando terreno nei confronti degli altri.
Avrebbe raggiunto la vetta prima di tutti.
-Reptile! - Gridò, catturando l’attenzione di Baraka che annuì.
-Qui ci penso io. -

Salì velocemente i gradini per raggiungere la sua altezza, dopodiché corse nella sua direzione, gridando per catturare la sua attenzione.
Reptile voltò lo sguardo verso di lui e saltò a terra, in posizione accovacciata, quando gli fu a portata, gli sputò addosso l’acido.
Kung Lao si girò lateralmente schivando il colpo che andò a corrodere la roccia dietro di lui, poi si buttò in scivolata, cercando di colpirlo basso alle gambe.
Il ninja verde saltò, evitando il colpo, rotolò sul terreno, mettendo distanza fra loro, e scattò verso di lui con un cambio repentino di direzione, cercando di colpirlo con un calcio alla bocca dello stomaco.
Il colpo fece indietreggiare il monaco, e senza dargli il tempo di riprendersi partì con una serie di colpi al petto e al volto, aprendogli numerosi tagli con i suoi artigli.

Kung Lao cadde in ginocchio, sentendosi la spalla pulsare di dolore più che mai. Aveva alzato le braccia per pararsi, ma ottenendo solo come risultato che adesso aveva delle profonde ferite sugli avambracci e sui bicipiti.
Un calcio al volto lo fece cadere a terra.

Reptile non provava odio per il suo avversario, né disgusto, né rabbia.
Provava pietà per lui e per il suo popolo. Così deboli, così insignificanti, così facili da conquistare e uccidere.
In un certo senso sentiva di essere simile a lui. Entrambi lottavano per la sopravvivenza della loro specie.
Volse lo sguardo verso la cima, dove la luce accecante continuava a pulsare, si immaginò come doveva essere venirne inondato, uscire dall’ombra, essere finalmente il padrone del mondo.
I suoi occhi gialli come l’ambra guardarono il suo avversario, mentre faticosamente si rimetteva in piedi. In tutti quegli anni di guerre e di scontri, aveva dovuto vedere il suo popolo estinguersi, man mano che gli anni passavano, lui rimaneva sempre più isolato, finché non era divenuto l’ultimo della sua specie.
Era una sensazione terribile. Sapere che niente di ciò che sei stato sopravviverà nell’etere, era come la sensazione di cadere in un pozzo senza fondo. Ma adesso… aveva finalmente la possibilità di cambiare tutto. Poteva risalire la piramide, ottenere il potere supremo, il potere che meritava per tutti quegli anni di dolore e sofferenza.
Gli occhi si sgranarono e la pupilla a mezza luna divenne un fine filo nero che attraversava gli iridi dorati.
Una volta ottenuto quel potere, avrebbe finalmente potuto soggiogare tutti al suo volere. Avrebbe appreso i segreti della creazione, e a quel punto avrebbe ripopolato l’Outworld con la sua specie.

Osservò i guerrieri che si davano battaglia sulle scale.
Gli sarebbero serviti tutti i loro corpi. Gli Shokan, i Tarkatan, i Centauri, tutti sarebbero stati argilla nelle sue mani nelle fosse di carni. Avrebbe riportato gli Zatherran a nuova vita.
Doveva gettarsi tutto alle spalle, pietà, compassione, amicizia, onore. L’unica cosa che contava davvero era la sua specie e quel monaco lo stava intralciando.

La lingua del ninja verde emise un sibilo, mentre si lanciava sul suo avversario.
Kung Lao indietreggiò, ritrovandosi al margine dell’enorme blocco di pietra, una caduta di 6 metri fino al blocco successivo gli avrebbe quanto meno spezzato le gambe.
Si sforzò di rimanere lucido, nonostante il dolore alle braccia e i tagli sullo sterno che bruciavano da impazzire.
Non poteva cadere, non poteva deludere Lord Raiden in quella maniera. Doveva resistere.

Reptile colpiva con quanta forza aveva in corpo, stava tentando di buttarlo di sotto.
-Cadi! - Gridò colpendolo ancora e ancora, con pugni al volto, ginocchiate alle costole, finché Kung Lao non fu nuovamente a terra, sanguinante e dolorante.
Forse poteva bastare anche così, non avrebbe potuto continuare. Fece per andarsene, ma qualcosa si era aggrappato alla sua gamba. Abbassando la testa vide ancora quel maledetto monaco, con le braccia insanguinate, in alcuni punti, si poteva vederne l’osso, ma nonostante questo, lui era ancora lì. Aggrappato al suo piede per impedirgli di continuare la sua corsa.

-Non vai da nessuna parte. - Perfino parlare gli risultava difficile da quanto soffrisse per le ferite aperte. Ma finché avrebbe avuto anche solo un briciolo di forza, avesse dovuto fermarlo solo con i denti, Reptile non avrebbe raggiunto la cima prima di Liu Kang.

-Lasssciami! - Gridò cominciando a colpirlo con il tacco del piede sulla schiena, con tutta la forza che aveva.
La rabbia gli impediva di ragionare e agiva solo esclusivamente d’istinto, ma a forza di calci sulla schiena e sulle spalle del terrestre, alla fine anche la rabbia sbollì e lasciò il posto al ragionamento.
Richiamò in gola la saliva acida, pronto a trasformare quell’essere odioso in un cumulo d’ossa, quando qualcosa lo colpì ad un fianco, facendolo gemere di dolore e piegare in due.
Kung Lao lo stava ancora tenendo per un piede, e così cadde a terra, potendo finalmente vedere cosa fosse stato a colpirlo.
Un pugnale a 3 lame.

Mileena atterrò vicino allo Zatherran, sferrandogli un poderoso calcio al volto che lo fece letteralmente volare a qualche cm dal bordo, dopo di che, attese che si rimettesse in piedi e correndogli in contro saltò colpendolo a piè pari sullo sterno, facendolo volare di sotto dall’enorme gradino di pietra.
Le urla di Reptile mentre cadeva nel vuoto si bloccarono di colpo con un tonfo sordo.

La ninja viola si accovacciò vicino a Kung Lao.
-Tutto bene? - Chiese afferrandolo delicatamente per un braccio, aiutandolo a rialzarsi.
-Sto bene… - La guardò abbozzando un sorriso. -Grazie. -
-Hai bisogno di aiuto. -
-No! - Kung Lao si sforzò di rimettersi in piedi. -Ce la faccio. - Disse annuendo per dare più convinzione a quelle parole. -Dobbiamo tornare ad aiutare Baraka. Non può farcela da solo. -
-E pensare che lui mi ha detto la stessa cosa di te. - Si discostò guardandolo preoccupata. -Non sei in grado di combattere. -
-Vieni con me alle scale e vedrai di che pasta sono fatti i terrestri. - Disse sforzandosi di non dare a vedere quanto gli dolessero i muscoli e le ferite.

Mileena alzò lo sguardo verso la luce che continuava a brillare dalla cima della piramide, mai come adesso le era sembrata irraggiungibile. Ma in fin dei conti a lei, il potere supremo non le era mai interessato. Ciò che voleva, ciò di cui aveva bisogno era su quelle scale.
Lottare al fianco del suo popolo, i Tarkatan.
Fece cenno al monaco di seguirla e corsero da Baraka, che era stato costretto a retrocedere di qualche passo.
-Ve la siete presa comoda. - Brontolò il generale Tarkatan vedendoli arrivare. -Quanti dovete essere per eliminare uno Zatharran? -

Kung Lao si voltò un solo istante, ad osservare nuovamente quella luce, in fondo gli dispiaceva non poter competere con quei campioni, ma adesso aveva altro a cui pensare.
Sorrise divertito traendo nuovo vigore e nuova forza dai suoi alleati, pensando che solo pochi giorni prima, erano stati alcuni dei suoi nemici più pericolosi.
Se mai avesse dovuto perire, quella, sarebbe stata l’immagine che si sarebbe voluto portare dietro, guerrieri che combattevano fianco a fianco non per scopi personali, ma per un bene superiore.

Sonya VS Kano

Sonya colpì con un calcio basso Jarek, membro del Dragone Nero, facendolo cadere dalle scale, giù verso l’inizio della piramide, ma quando si voltò per riprendere nuovamente la corsa, un pugno si abbatté sul suo viso, facendola barcollare.
Alzando lo sguardo vide Kano che le faceva cenno di avanzare.
Doveva immaginarselo, dove c’era Jarek, c’era Kano.

-Andiamo bellezza, che ne dici di una bella resa dei conti? -
Sonya si pulì il rivolo di sangue che le usciva dal labbro spaccato.
-Non vedo l’ora. -
Si mise in posizione e lo colpì con un calcio alla tibia destra, Kano alzò la gamba parando senza troppi problemi, costringendola a tornare sui suoi passi.
-Sai… il tuo compagno combatteva come una femminuccia. -

Non ci vide più, partì all’attacco come una pazza urlando e colpendo alla cieca con pugni e calci, senza rendersi conto che perdendo il controllo non riusciva ad essere significativa nei colpi.
-Dovevi sentire come strillava, mentre affondavo il coltello nella sua carne. Proprio come una donnicciola. -
Sonya fece un passo in dietro e saltò in un calcio volante, Kano l’afferrò a mezz’aria sollevandola in braccio, e poi gettandola sugli scalini.
Sentì le costole del fianco destro spezzarsi, rimase senza fiato e fitte dolorosissime le percorrevano tutta la schiena. Tentò di rialzarsi ma non riusciva a muoversi, poi un calcio in faccia la fece rotolare giù dalla scalinata procurandole altro dolore.

-Ma come? Tutti questi anni a darmi la caccia e alla fine non mi fai divertire nemmeno un pochino? -
Sghignazzando divertito gli piantò un calcio a mezza vita, sollevandola da terra.

Johnny Cage era più in dietro e vide tutta la scena dal basso, digrignò i denti e partì di corsa, neppure vide uno Shokan che gli stava per sbarrare la strada, gli passò accanto ad una velocità sorprendente.

-Sei uno spasso dolcezza. - Si accovacciò davanti a lei e le tirò su la testa prendendola per i capelli, dopodiché tirò fuori il suo fidato coltello. -Te lo ricordi? Non sei contenta che ti uccido con lo stesso coltello del tuo fidanzato? -
Sonya lo guardò furiosa, gli occhi gonfi di lacrime per il dolore e la rabbia dell’impotenza.
-Crepa. - Gli sibilò.
-No, tesoro, sarai tu a crepare. - La sua voce suonava divertita risuonava ancora più odiosa agli orecchi della bionda.

Kano le mise il coltello sotto la gola, ma qualcuno lo colpì con un calcio volante al volto che lo fece cadere sui gradini.
-Johnny! - Gridò Sonya.
-Tutto a posto? - L’attore si chinò vicino alla donna toccandola con delicatezza, avendo paura di farle male, aveva il volto e il corpo pieno di lividi.
Strinse la mano a pugno, furioso, e si alzò lentamente da terra, ignorando Sonya che continuava ad implorarlo di andarsene.
-Sei morto maledetto bastardo. - Sibilò voltandosi verso di lui.
-Che c’è bello? E’ la tua donna? - Rise divertito. -Vorrà dire che dopo che ti avrò ammazzato le farò un bel lavoretto, che ne d… - Un pugno al volto lo fece volare nuovamente sulle scale.

Kano era confuso alzò d’istinto il braccio parando per il rotto della cuffia una gomitata diritta alla tempia.
Cage non si fermò gli afferrò la testa e glie la sbatté sui gradini di pietra, tramortendolo, quando fece per colpirlo ancora però un calcio al ventre lo spinse via, facendolo indietreggiare e rischiare di perdere l‘equilibrio.

Kano si rialzò con ancora la testa che gli doleva e girava, ma l’adrenalina ben presto avrebbe cancellato anche quel fastidio. Strinse il coltello nella mano destra e si voltò verso Sonya.
-Guarda adesso come lo sventro tesoro. -

Sonya tentò di rialzarsi, ma non ci riusciva, tentò di chiamare aiuto, ma nessuno sembrava ascoltarla, tutti troppo presi da altri combattimenti o dalla scalata della piramide, non le restò che urlare il suo nome.

Johnny Cage non aveva alcuna intenzione di morire, non lì, non per mano di quel bastardo e certo non davanti alla donna che amava.
Si piegò in avanti velocemente e poi come una molla scattò in avanti, colpendo Kano con una testata sul mento, facendolo barcollare, e poi gli piantò un calcio frontale alla bocca dello stomaco.

-Sei prevedibile. - Il capo del Dragone Rosse gli afferrò il piede e glie lo storse procurandogli un fitta alla caviglia.
Cage urlò e tentò di liberare la gamba, ma Kano non voleva certo lasciarsi sfuggire quel vantaggio.
Lo colpì con una gomitata al ginocchio facendoglielo piegare in maniera innaturale con un sonoro crok. Poi ridendo divertito lo lasciò andare.

L’attore saltellò su di una gamba sola tenendosi il ginocchio compromesso.
Non fece in tempo a curarsi le ferite che si vide nuovamente Kano andargli addosso, una raffica di pugni della potenza di un caterpillar lo investirono.
Sembrava un punching ball.
Sentì la bocca riempirsi di sangue, probabilmente gli era partito un molare, e doveva ringraziare la sua mascella di ferro se quella non gli era ancora saltata per aria.
Finalmente la raffica di legnate terminò.

Kano si allontanò un poco, osservando il suo operato. Dal viso contento sembrava soddisfatto.

Johhni Cage barcollò un attimo sul posto, poi cadde a terra, piegandosi sul ginocchio buono.
Sputò sangue e fece per riprendere fiato, quando vide i suoi occhiali Ray-Ban cadere davanti ai suoi occhi, l’intelaiatura ridotta ad un ammasso informe contorto, mentre le lenti scure erano incrinate in maniera irreparabile, una delle quali si staccò dalla sua collocazione e rimbalzò leggermente distante dal resto del corpo.
Trattenne appena un grido di dolore.
Occhiali da 700 $ rovinati così.
Corrugò lo sguardo e sentì una fitta partirgli dal naso ed insinuarsi in tutto il naso, e poi su, verso le meningi.
Sconvolto si toccò il setto nasale.
Questa volta gemette.
Quel bastardo gli aveva rotto il naso. Un naso che gli garantiva almeno 100 paia di Ray-Ban al mese.

Kano rideva. Aveva vinto ancora, e se gli andava bene questa era la volta buona che si toglieva dalle scatole Sonya Blade e i suoi compari. Fece roteare il coltello tra le dita avvicinandosi nuovamente all’attore che se ne stava ancora piegato in due a terra.
-Non preoccuparti tesoro, finisco con lui e sono subito da te. -

Johnny Cage si sentì afferrare per i capelli, era il momento propizio.
Fece scattare la mano destra, chiusa a pugno verso l’alto, colpendo il criminale proprio in mezzo alle gambe.

Kano si piegò in due mugolando per il dolore, facendo cadere addirittura il coltello a terra. Gli occhi chiusi in una smorfia di profonda sofferenza fisica, mentre si accovacciava a terra tenendosi la parte lesa.
Alzando lo sguardo vide che l’attore lo stava guardando dall’alto in basso.
-Così non vale. - Si lamentò. -Era un colpo basso. -
-Lo è stato anche rompermi gli occhiali. - Guardandolo furioso si preparò al colpo finale. -E questo è per il mio naso. - Gli sferrò un poderoso pugno al volto, che gli fece sbattere la testa contro i gradini e perdere i sensi.

Cage si rialzò a fatica, con il ginocchio che non voleva rispondere ai suoi comandi, e saltellando si avvicinò a Sonya.
-Come stai? - Le chiese sedendosi al suo fianco sui gradini.
-Credo di avere una vertebra spostata. - Poi lo guardò furiosa. -Questo è per il mio naso? Grazie per la considerazione. -
L’attore si indicò il naso. -Ma lo sai quanti film perderò per colpa di questo naso rotto? -
Sonya rise, sentendo un gran dolore alle costole e alla schiena. -Non farmi ridere. - Gli disse cercando di controllarsi, poi lo guardò dolcemente. -Lasciami Johnny, continua pure la tua corsa. -
-Stai scherzando? - Lui la prese delicatamente in braccio e si appoggiò con la schiena ai gradini. -Non ho alcuna intenzione di continuare a correre con un ginocchio in meno e il naso rotto, ma soprattutto non voglio combattere senza i miei Ray-Ban. Sono i miei porta fortuna. - La strinse tra le braccia sistemandosela meglio in braccio.
-Meglio rimanere qui con te. Facciamo conto di essere noi due, da soli, davanti ad un bel camino, dopo una bella cenetta. - Si guardò attorno. -E magari facciamo finta che non ci siano tutti questi omoni brutti, sudati e nerboruti che ci corrono accanto. -

Sonya non riuscì a non ridere e un’altra fitta di dolore le percorse il torace, salvo poi osservare l’uomo che la teneva tra le braccia con strana tenerezza visto il carattere duro della donna.
Nonostante fosse uno sbruffone incline a non prendere niente sul serio, neppure una guerra, Sonya sapeva che quel giorno, lui aveva combattuto solo per lei. Gli carezzò il mento.
-Sai… il naso rotto ti dona un’aria più da macho. Mi piace. -

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Capitolo 17
*** 4.2 Sub Zero VS Sektor - Scorpion VS Quan Chi ***


4.2 Sub Zero VS Sektor

Fino a quel momento Sub Zero aveva concentrato la sua attenzione sui membri del Lin Kuei ridotti a Cyborg. Il suo scopo, sin dall’inizio era quello di rimediare a ciò che non era riuscito ad impedire, e non si illudeva, che quella battaglia, in un modo o nell’altro, sarebbe stata l’ultima del suo clan.
Quando la piramide si era erta dalle profondità della terra aveva sentito che in qualche modo l’ascesa di quella piramide lo avrebbe portato al compimento del proprio destino.
Si fermò un attimo, volgendo la testa verso la base della piramide, avvertendo una certa lotta interiore tra quello che doveva fare e quello che era giusto fare. Non gli piaceva l’idea di abbandonare i suoi alleati per rincorrere un desiderio di giustizia. Ma sapeva che era ciò che doveva fare.
Se Sektor avesse raggiunto la cima, sarebbe stata la fine.

Serrò la mascella e riprese la corsa, quando un fumo denso lo avvolse completamente.
Il fumo gli impediva di vedere bene, dunque decise di abbandonarsi all’istinto e chiudere gli occhi per evitare qualsiasi tipo di distrazione.
Un movimento alla sua sinistra lo mise in allarme. Spostandosi verso destra aprì gli occhi, vedendo una mano robotica saettare da quella direzione.
Il ninja blu gli afferrò il braccio, per impedirgli altri movimenti e partì con un calcio al fianco sinistro del suo avversario, poi la gamba si alzò ad un calcio al volto, sentì un rumore metallico, come se avesse colpito una spranga di ferro, poi avvolse con la propria gambe il braccio del suo avversario, e con le mani completamente libere gli dislocò l’avambraccio, dopo di che rotolò in avanti, mettendo spazio fra se e il suo avversario.

Guardò attentamente la sagoma scura uscire dalla nuvola di fumo bianco, e per un attimo provò compassione per quella creatura.
Un robot, completamente nero, che lasciava intravedere al suo interno una massa gassosa, come se non avesse più neppure un corpo umano.
-Smoke. - Sussurrò guardandolo mentre si riaggiustava il braccio, rimettendolo nella posizione adeguata e funzionale per il combattimento.
-Anche tu alla fine sei stato costretto a questo. - Sospirò cercando di scacciare i ricordi che lo legavano al ninja dai capelli argentati che aveva conosciuto da bambino. La loro infanzia era stata segnata dalla loro amicizia, si erano allenati, avevano giocato e combattuto insieme, quasi era più affezionato a lui che a suo fratello maggiore, Bi Han.
L’emotività era una debolezza per il suo clan. I sentimenti erano un’inutile carico che rallentavano l’assassino dal compiere le sue missioni. Ecco perché Sektor aveva dato il via all’esperimento per rendere tutti i Lin Kuei dei cyborg.
Sub Zero sapeva, che se voleva affrontare Smoke e vincere, doveva scacciare i sentimenti dal suo cuore. Doveva estraniarsi da ciò che era stato il passato e concentrarsi solo ed esclusivamente sulla sua missione. Fin da piccolo era stato addestrato ad ignorare i sentimenti, lui la chiamava presa del ghiaccio, perché gli sembrava ogni volta di dover congelare il suo cuore e la sua coscienza.

Concentrò il Chi nelle mani, coprendole con dei guanti di ghiaccio in grado di supportare e colpire l’esoscheletro metallico di Smoke, dopodiché attese una sua mossa.
Smoke avanzò velocemente, lasciando dietro di se una scia di fumo, quando gli fu davanti però sparì in una nube bianca, per apparirgli alle spalle e colpirlo con una ginocchiata alla schiena.
Il colpo andò a vuoto, l'altro conosceva troppo bene il suo stile di combattimento, aveva schivato l’attacco abbassandosi sul busto e lo aveva colpito con un pugno alla bocca dello stomaco.
Ghiaccio e detriti metallici schizzarono sulle scale.

Smoke neppure sembrò curarsi di quel colpo e rispose con una ginocchiata al volto che fece volare il suo avversario a terra. Ancora prima di dargli il tempo di rialzarsi, spiccò un salto, cercando di atterrargli sopra.
Sub Zero fece una capriola all’indietro, notando come le rocce sotto i piedi del robot andavano in frantumi. Tirò un sospiro di sollievo pensando di aver evitato alle sue ossa la stessa sorte, dopodiché si rialzò velocemente con uno scatto in avanti e concentrando il Chi nella mano destra la protese verso di lui.

Smoke tentò di colpirlo, ma il Lin Kuei saltò oltre la sua testa, sempre senza smettere di rilasciare ghiaccio dalla mano protesa in avanti. Quando il ninja blu toccò terra alle sue spalle, ormai non era altro che una statua di ghiaccio.

Sub Zero lo guardò, gli occhi azzurri come i ghiacciai artici del globo vennero attraversati da un lampo di tristezza. In un gesto stranamente dolce per i suoi canoni, allungò una mano, facendo ritirare il ghiaccio che la ricopriva, e posò le dita nude sulla maschera cibernetico, senza espressione di quello che un tempo era stato un suo amico.
-Ci rivedremo fratello. - Ritirò la mano e sferrò un poderoso calcio alla statua di ghiaccio che si ruppe in mille pezzi.
Serrò la mascella furioso.
-Sektoooor! - Gridò partendo di corsa verso il suo prossimo obiettivo.

Il robot rosso era di una rampa più in su rispetto a Sub Zero e lo guardò correre nella sua direzione.
Nel guardarlo non provò niente, il suo cervello cibernetico aveva in memoria file contenenti la sua vita e le sue capacità marziali, sapeva di avere un legame con lui, ma questo non importava.
Ciò che importava erano le direttive.
Nessuno doveva passare.

Sub Zero si bloccò vedendo una strana sfera gialla cadergli vicino ai piedi.
-Un bomba?! - Non fece in tempo ad alzare le braccia in difesa che dalla sfera saltò fuori una rete d’energia che lo avvolse, e lo fece cadere a terra.
Rotolò per diversi metri, e ogni movimento che faceva per liberarsi serviva solo ad intrigarsi di più.
Quando finalmente si fermò alzò lo sguardo vedendo un robot completamente giallo atterrargli a pochi passi di distanza.
-Cyrax. -

Quello che adesso, altro non era che una macchina priva di emozioni e di espressioni, un tempo era stato uno dei più accaniti protestanti contro il progetto di Sektor.
Cyrax era convinto che le capacità decisionali di un essere umano, anche condizionate dai suoi sentimenti e dalle implicazioni caratteriali, fossero un tassello importante per la crescita e la prosperità del clan.
Sektor doveva averlo trasformato in cyborg con la forza.

Digrignando i denti per la rabbia, vide quell’ammasso di ferraglia cominciare a pestarlo con tutta la forza che aveva in corpo.
Si concentrò, rivestendo di ghiaccio le parti colpite per impedirgli di arrecargli seri danni, ma sapeva che non poteva continuare in quella maniera.
I colpi seppur smorzati dal ghiaccio gli lasciavano lividi e dolori su tutto il corpo e se non fosse riuscito a liberarsi da quella maledetta rete, presto i danni sarebbero divenuti più seri e intensi.

Qualcuno si gettò sul ninja giallo ad una velocità talmente elevata che gli impedì di riconoscerlo. Vide solo Cyrax volare contro i gradini e sprofondarvi per qualche cm.

Kabal si voltò verso di lui facendo roteare le spranghe di metallo che teneva in mano.
-Come andiamo bello? - Si avvicinò di qualche passo. -Ti serve una mano? -
-No. - Senza Cyrax che lo riempiva di calci, sapeva uscire da una rete anche da solo.
Le trame che componevano la rete infatti si ghiacciarono e sgretolarono permettendo al ninja blu di rialzarsi da terra.
-Non so chi tu sia, ma adesso lasciami è una questione personale. -
Kabal indicò Sektor ancora in posizione elevata rispetto a loro.
-Ho un conto in sospeso con quella lattina di Ketechup lassù. -
Aveva la faccia coperta da una maschera che poteva ricordare vagamente quelle antigas dei soldati e quando parlava sembrava durasse una certa fatica.
-Tu pensa alla maionese, d’accordo? -

Non gli dette il tempo di ribattere e partì contro il robot rosso.
I due lottarono per diversi minuti ad una velocità sorprendente, con susseguirsi di poderosi pugni e calci, poi Sektor si sbilanciò in avanti a causa di un calcio frontale andato a vuoto, Kabal piroettò su se stesso, arrivandogli alle spalle e gli conficcò una spranga alla base del collo.
Se fosse stato ancora umano, un colpo del genere lo avrebbe ucciso.

Sub Zero e Cyrax avevano ripreso il combattimento e grazie alla sua forza, il robot giallo era riuscito a sollevare il ninja sopra la testa e sembrava avere tutta l’intenzione di gettarlo di sotto.

Una lucina rossa si accese nella sua visuale, il sistema principale lo stava informando di un guasto agli arti superiori. Non rispondevano ai suoi comandi.
Nel suo schermo visivo apparve poi l’immagine del suo avversario, in mano teneva delle braccia, congelate, le sue braccia.
-Presto chi ti ha fatto questo verrà a trovarti all’inferno. - Sub Zero concentrò il proprio Chi in una palla di energia fra le sue mani e la lanciò contro il robot giallo, congelandolo e poi frantumandolo.
Voltandosi notò Kabal che aveva infilzato Sektor con la spranga alla base del collo.

Il robot rosso ricevette un segnale di errore di trasmissione, a causa di un oggetto estraneo che interferiva con il suo sistema.
Sprigionò una scarica elettrica che si propagò tramite le spranghe di ferro fino a raggiungere Kabal.

L’uomo cadde a terra, ancora scosso dalle scariche elettriche, con i muscoli costretti a spasmi dolorosi incontrollabili.
Prima che se ne rendesse conto, la mano robotica e fredda di Sektor si abbatté su di lui, afferrandolo per la mascella e sollevandolo da terra cominciò a stritolarlo, rompendogli la maschera che gli permetteva di respirare.
Kabal cominciò ad annaspare, ebbe paura, cominciò a scalciare e colpire le braccia del nemico nel vano tentativo di liberarsi.
In un ultimo sprazzo di lucidità, poggiò entrambe le gambe sul petto dell’avversario e spinse con le ultime forze residue, riuscendo a liberarsi. Cadde pesantemente a terra, sentendo una fitta di dolore nel sentire la fredda pietra dei gradini urtargli la spina dorsale.
Con il dolore alla schiena e i polmoni che arrancavano aria, vide Sektor avanti a lui puntargli il suo braccio destro, pronto nuovamente a dargli fuoco. Chiuse gli occhi consapevole che quella fosse la sua fine.

Una lama blu attraversò il petto del robot poco prima che riuscisse a dare il colpo di grazia al suo avversario. Il computer lo informò di un calo della temperatura interna. La lama era fatta di ghiaccio.
Ancora prima di voltarsi sapeva di chi si trattasse.
Sub Zero estrasse la spada di ghiaccio che aveva formato grazie al suo Chi e osservò il buco aperto nel petto del robot che continuava a sprizzare scintille di elettricità.
Sektor gli puntò il braccio contro e una fiammata partì dal suo avambraccio, investendolo.
Le fiamme avvolsero la figura del ninja.
Il suo sistema centrale lo informò che il suo avversario era impossibilitato a continuare il combattimento. Presto sarebbe deceduto.

Se Sektor fosse stato ancora umano, se la sua mente non fosse stata che circuiti e chip, probabilmente si sarebbe chiesto perché quella figura avvolta dalle fiamme non urlava.

Kabal non sapeva esattamente cosa fosse accaduto, quello che si stava squagliando sotto le fiamme di Sektor aveva tutta l’aria di essere una statua di ghiaccio e non un uomo in carne ed ossa.
Un suono gli fece alzare la testa, anche Sektor doveva averlo avvertito, perché anche lui alzò il cap. Giusto in tempo per vedersi piombare addosso Sub Zero, con la spada ghiacciata tra le mani che brandì velocemente in un fendente che tagliò di netto il braccio del robot, all’altezza della spalla, la spada si mosse velocemente e colpì ancora il suo nemico all’altezza del collo.
La testa di Sektor rotolò lontano dal corpo, e prese a cadere dai gradini.

Sub Zero lasciò cadere la spada che si frantumò e si avvicinò al compagno ferito.
-Come stai? -
-Di merda. - Gli rispose quello con il respiro che fischiava ogni volta che tentava di prendere aria, ma nonostante la sua situazione afferrò la mano del ninja. -Grazie… per aver ammazzato… quel bastardo. -
-Anche io avevo un conto in sospeso con lui. - Rispose senza tradire la benché minima emozione, salvo poi guardarsi attorno. -Vado a cercare qualcuno che ti aiuti. - Fece per rialzarsi, ma lui lo trattenne.
-Perché… fai questo… per me? -
-Perché abbiamo combattuto insieme, e questo fa di te, e di tutti gli altri guerrieri, miei fratelli. - I suoi occhi glaciali ebbero un guizzo di umanità. -Non ti lascerò morire. -

Il suo clan era stato vendicato. L’onta del suo fallimento, finalmente lavata.
In cuor suo, il suo spirito di guerriero si era finalmente placato, come se per la prima volta in vita sua, sentisse che non c’era più motivo di rincorrere un qualcosa.
Alzò un’ultima volta il volto verso quella luce che splendeva in cima alla piramide e si chiese come mai adesso che la guardava, non gli sembrava più tanto splendente.
L’unica cosa che adesso desiderava era aiutare i compagni con cui aveva lottato in quella guerra.

Scorpion VS Quan Chi

Quan Chi non ci stava a farsi fermare proprio adesso che era a pochi passi dalla vittoria.
Pensavano che fosse semplice sbarazzarsi di lui?
Sfruttando la forza di Scorpion che lo stava tirando a se, spiccò un salto, brandendo la scimitarra che teneva ben salda nella mano destra.

Con un movimento fulmineo Scorpion estrasse da dietro la schiena una delle sue spade e parò il colpo, ma non si accorse che era solamente una finta, infatti ancora prima di toccare terra lo stregone lo colpì con un calcio al volto che lo fece barcollare in dietro, mettendo distanza fra loro.

Quan Chi si tolse il kunai dalla spalla e un fiotto di sangue ne fuoriuscì insieme all’arma.
-Maledetto ingrato. Grazie a me hai acquisito una forza che non ti saresti mai sognato di raggiungere. E’ così che mi ringrazi?! -

Scorpion lo guardò attraverso i suoi occhi inespressivi e vuoti, recuperando la sua arma prediletta, con uno strattone della corda.
-Tu mi hai tolto tutto. -

-Tutto?! - Quan Chi si scagliò contro di lui. -Che cosa avevi in verità?! - La sua spada venne bloccata da quella del suo avversario. -La tua famiglia? Il tuo clan? Niente di tutto questo è paragonabile alla forza che io ti ho donato! - Gli tirò un calcio al ginocchio che venne parato dalla tibia dell’altro.

Scorpion non si accorse della spazzata che lo fece volare a terra. Si vide solo arrivare Quan Chi con la spada sollevata sopra la testa.
Concentrandosi fece ricorso al Chi che lo bruciava dall’interno e un letto di fuoco divampò dal terreno, avvolgendolo completamente ed inghiottendolo.
La spada si conficcò nel suolo facendo schizzare qualche sassolino incandescente.

Lo stregone si fermò, sembrava stesse ascoltando qualcosa, poi si voltò velocemente alle sue spalle e lanciò la spada in quella direzione.
-Sei prevedibile! -

Scorpion apparve in quell’istante avvolto da un mantello di fiamme, e la spada lo trafisse alla spalla destra.

Quan Chi gli corse in contro, non poteva lasciarsi sfuggire una simile possibilità di vittoria. Lo colpì con un calcio in faccia, poi girandosi sul piede portante, si abbassò e lo colpì nuovamente in una spazzata circolare che lo fece cadere ancora a terra.
Gli fu subito sopra e spinse la spada dentro la sua spalla facendolo grugnire per il dolore.
-Tutto quello che hai te l’ho dato io. - Sibilò vicino al suo volto. -Tu mi appartieni. -

Scorpion fece scattare la testa in avanti e lo colpì con la fronte sul setto nasale, facendolo cadere all’indietro, dopodiché rotolò di lato, rialzandosi.
Vide Quan Chi osservarlo furioso.
-Voi patetici e inutili terrestri, avresti ucciso la tua famiglia con le tue stesse mani se ti avessi dato un assaggio del potere che adesso possiedi. -
Il ninja giallo scattò in avanti, muovendo la spada in poderosi fendenti, tutti parati, tentò un affondo, e un calcio alla mano gli fece volare l’arma lontano.

Rise contento, osservando il suo avversario disarmato.
Stupido. Gettarsi in quella maniera contro di lui. La rabbia che provava nei suoi confronti era stata un vantaggio. Gli impediva di ragionare.
Stupido terrestre, i sentimenti annebbiano la mente e ti fanno agire come un idiota.
Lanciò solo una rapida occhiata alla luce che continuava ad espandersi dalla cima. Presto l’avrebbe raggiunta. Ucciso Scorpion nessuno sarebbe più riuscito a fermarlo.
Sghignazzò ancora divertito.
-Sii felice Hanzo. Ti manderò a trovare la tua famiglia una volta per tutte. -

Scorpion socchiuse gli occhi. Se solo fosse vero.
Non desiderava altro che stare nuovamente con la sua famiglia.
Vedere il volto di sua moglie, sentire la voce di suo figlio. I ricordi lo investirono in pieno, cogliendolo impreparato.
Il fuoco che divorava la sua anima in un lento e incessabile tormento sembrò un attimo acquietarsi donandogli un breve istante di felicità con quelle immagini di un tempo passato.
Sentì l’aria tagliarsi al passaggio della spada di Quan Chi che si stava per abbattere sul suo collo e aprì di scatto gli occhi.
Un tempo lui era stato Hanzo Hasashi, membro del clan Shinrai Ryu, marito e padre devoto, un tempo troppo lontano perché ne potesse avere memoria.
Ciò che lui era stato non aveva più importanza, ciò che desiderava quell’uomo non aveva più importanza.
Ciò che lui era diventato, era tutto ciò che aveva, e tutto ciò che poteva desiderare.
Vendetta.

Quan Chi sgranò gli occhi, non aveva neppure notato che Scorpion lo stava fissando. Sentì solo un colpo alla gola che lo fece boccheggiare e vide la lama della sua spada ferma, nella mano del suo avversario.
Aveva fermato la spada con una mano, e l’altra… era protesa verso di lui, una corda fuoriusciva da sotto il bracciale ed era tesa nella sua direzione.
Sentì qualcosa muoversi nella sua gola, si rese conto che non riusciva a respirare, vide l’altro ritirare la mano, e la corda seguire il movimento del suo braccio.
Gli sembrava di aver ingoiato un amo, e adesso gli sembrò che qualcuno stesse recuperando la lenza.
Cadde in ginocchio, osservando il kunai insanguinato che usciva dalla sua gola e tornava nella mano di Scorpion.
Tutto gli fu chiaro.
Lasciò cadere la spada e si portò le mani alla trachea, sentiva il sangue scorrergli tra le dita, caldo e appiccicoso, e sentì l’enorme squarcio che aveva procurato quell’arma infernale.
Tentò di respirare, sapeva che non avrebbe potuto, ma tentò lo stesso, sentì il sangue scendergli per la trachea e finire nei polmoni. In un solo istante, capì che era tutto finito. Ormai era morto.
Non guardò Scrpion davanti a lui, ma oltre la sua spalla, verso quella luce accecante che lo attirava a se come un promessa allettante.
La voce cavernosa e roca dello spettro lo costrinse a focalizzarsi su di lui.
-Questo potere me lo hai donato tu. E’ giunto il momento che te lo riprenda. -
Lo vide avvolgersi nelle fiamme, gli occhi dello stregone si spalancarono per lo stupore e la meraviglia, voltandosi a guardare di sotto dalla piramide. Era lo spettacolo più bello che avesse mai visto. Un mondo in fiamme.
Scoppiò a ridere, ma la sua risata si trasformò in un urlo di dolore, quando si accorse che a bruciare, non era il mondo intorno a lui, ma solo il suo corpo.

Scorpion rimase impassibile ad osservare il corpo dello stregone andare a fuoco, dimenarsi ed urlare con voce gorgogliante. Rimase immobile ad osservarlo finché non smise di agitarsi e le fiamme continuarono a divorare un corpo ormai senza vita.
Si voltò ad osservare la luce che risplendeva sopra di lui, ma non provò alcun desiderio di raggiungerla.
La sua vendetta era stata finalmente compiuta.
Quella non era iù la sua battaglia.

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Capitolo 18
*** 4.3 Onaga VS Shao Khan ***


4.3 Onaga VS Shao Kahn

Ormai la guerra stava giungendo al termine, Shao Kahn era arrivato in cima, alla piramide, quella scalata aveva messo a dura prova la sua resistenza e determinazione, sia fisica, che mentale, quando mise il piede sull’ultimo gradino davanti a lui un essere completamente di fuoco si innalzò in tutta la sua altezza.
Era gigantesco e le fiamme lo ricoprivano dalla testa ai piedi.
-Sei giunto fin qui guerriero. - La sua voce riecheggiava come un esplosione vulcanica. -Ma non sei solo. - Con un movimento della mano l’essere di fuoco indicò verso la sua sinistra.
Liu Kang era sull’ultimo gradino, ferito per i combattimenti affrontati e sembrava piuttosto affaticato, ma finché sarebbero stati in due, nessuno avrebbe ottenuto il potere illimitato.
-Ancora tu! - Gridò Shao Kahn furioso.

-Non ti lascerò vincere. - Liu Kang gli corse in contro e saltò cercando di colpirlo. -La vendetta urla soddisfazione! -
Shao Kahn lo lasciò andare a segno, facendo vedere quanto poco considerava i suoi colpi, e partì con un pugno che lo fece volare al tappeto.
-Combatti per vendetta monaco? - Scoppiò in una risata divertita. -Finalmente potrò ucciderti. -
Liu Kang si rialzò e partì all’attacco, ma l’Imperatore dell’Outworld lo colpì al plesso solare, facendolo piegare in due sul suo pugno e sputare saliva e sangue dalla bocca. Cadde in ginocchio senza fiato impossibilitato a muoversi o reagire, vide il pesante ed enorme martello da guerra formarsi nella mano di Shao Kahn, se lo avesse colpito, gli avrebbe staccato la testa di netto.

-Preparati a morire. - Ghignò sollevando il martello.
Non riusciva a capire che cosa fosse avvenuto. Non riusciva ad essere incisivo, eppure nell'ultimo torneo era riuscito a batterlo. Che cosa era cambiato da allora? Possibile che Shao Kahn fosse diventato così tanto potente? O forse era lui ad essere cambiato?
Poco importava ormai. Strinse gli occhi, mentre le sue unghie graffiavano la roccia sotto le sue mani.
Stava per morire.

Un urlo poderoso e delle onde nell’aria colpirono l’Imperatore, facendolo indietreggiare di qualche passo. Sindel gli atterrò davanti, proteggendo con il suo corpo quello del monaco.
-Stai lontano da lui. -
-Sindel… - Shao Kahn la guardò quasi sconcertato, Sindel era la sua debolezza. La amava e questo lo rendeva debole, e lui… non poteva permetterselo. Doveva seppellire nuovamente quella vocina interna vece della sua coscienza.

Sindel partì all’attacco, sembrava una furia, i suoi occhi divennero bianchi come l’avorio, la sua velocità era straordinaria, non credeva possibile che fosse così tanto migliorata in così poco tempo.
Dovette indietreggiare, di fronte a tanta ostinatezza, voleva colpirlo in tutti i modi, poi finalmente un pugno a segno gli fece girare la testa di lato, un calcio dietro al ginocchio lo fece crollare su di una gamba, altri colpi a segno, il suo pugno che distruggeva un dente dell’elmo d’osso che gli copriva il volto. Fu un pensiero che gli balenò in testa a metterlo in allarme. Mentre sentiva il sapore del sangue in bocca, pensò che non gli sarebbe dispiaciuto perdere, o addirittura morire, per mano di Sindel. Per mano dell’unico amore della sua vita.
Quel pensiero, forse durò un secondo, forse meno, ma il solo fatto che lo avesse formulato lo fece imbestialire. Alzò il braccio sinistro parando una gomitata dritta alla sua testa, con l’altra mano gli falciò la gamba d’appoggio e la fece volare al tappeto. In un attimo le fu sopra e le bloccò le braccia ai lati della testa.
La osservò fiera e battagliera che non si lasciava intimidire da lui, non lo aveva mai fatto, aveva sempre saputo che poteva dominarla fisicamente, ma mai caratterialmente. Ebbe nuovamente un momento di esitazione, uccidere quella donna per lui voleva dire seppellire completamente la sua coscienza, già così affusolata da un’eternità di guerre, lotte interne per il potere, violenze, dolore.

L’esitazione gli fu fatale, si accorse troppo tardi dell’aria che si concentrava intorno alla bocca della donna, per poi fuoriuscire con un urlo acutissimo che lo lanciò a diversi metri di distanza.
La botta fu tremenda, atterrò con una schienata sugli scalini che gli mozzò il fiato, non fece in tempo ad alzarsi a sedere che se la vide nuovamente piombare addosso come un falco.
Di scatto si alzò e l’afferrò per il collo, sollevandola da terra. Strinse appena e la vide strabuzzare gli occhi e boccheggiare alla ricerca di aria.
Nessuno avrebbe mai saputo quanto gli sarebbe costato quel gesto, ma non poteva permettersi lui, Shao Kahn, di amare, non poteva permettersi di avere debolezze, né esitazione di fronte a nessuno. Troppo tempo addietro aveva scelto la guerra alla pace, il potere alla felicità, aveva sacrificato troppo per diventare quello che adesso era ,per non arrivare fino in fondo.
Strinse più forte, consapevole che presto avrebbe sentito il collo spezzarsi.

Sindel gli graffiava la mano e scalciava debolmente per liberarsi, ma ormai era convinta che sarebbe morta in quel modo, per mano del suo aguzzino.
-Shao Kahn! - Un urlò furioso, roco per la rabbia che traspariva, le fece voltare la testa, ma la vista le si offuscò, udì solo un suono sordo, per un attimo credette che fosse il suo collo che si rompeva, poi si sentì cadere a terra, l’aria cominciò a circolare nuovamente nei suoi polmoni. Tossì e annaspò aria, riprendendo i sensi.

Shao Kahn era in piedi e stava combattendo contro Shang Tsung, lo stregone era furioso, sembrava avere il diavolo in corpo, era veloce, potente, perfetto in ogni movimento.
L’Imperatore però, nel combattimento corpo a corpo non aveva rivali, la sua forza fisica gli permetteva di accusare un gran numero di colpi, senza rimanerne troppo affaticato.
-Non sei abbastanza forte Shang Tsung! - Ringhiò colpendolo con un calcio frontale che lo fece volare diversi metri in dietro.
Il moro rotolò fino al bordo della piattaforma, dove sbatté violentemente contro le gambe di qualcuno. Alzando lo sguardo vide Ermac, fermo che lo osservava impassibile.

Liu Kang era tornato all'attacco, ma era stato liquidato immediatamente dall'Imperatore con un manrovescio che lo aveva fatto volare addirittura di sotto dalle scale e adesso sembrava volersi concentrare nuovamente su Sindel.

La regina si era rimessa in piedi, seppur barcollante e lo provocò chiamandolo a se.
-Non ho paura. Fatti sotto. -

Shang Tsung si alzò in piedi pulendosi il sangue che gli usciva dal labbro spaccato.
-Non sei ancora in grado di batterlo. - Disse il ninja dietro di lui.
-No… - Lo stregone si voltò a guardarlo. -Per questo dobbiamo tornare ad essere un’unica cosa. -
Il ninja non disse niente, allargò le braccia, imitando i gesti dello stregone, i loro corpi vennero avvolti da una luce verde talmente intensa da nascondere le due figure al suo interno. Quando, raggiunto il culmine di luminosità, la luce andò ad affievolirsi, rivelò la sola figura di Shang Tsung, ai suoi piedi, i vestiti di Ermac giacevano come stracci abbandonati.

L’Imperatore aveva visto la scena, doveva capirlo da subito che Ermac non era che una pedina, di Shang Tsung, una spia e una fonte di energia a cui attingere in caso di bisogno.
Probabilmente era divenuto abbastanza forte da poter controllare le anime contenute in Ermac. Ma come era possibile? Doveva aveva trovato tutta quella forza?
Un boato simile ad un tuono gli fece alzare la testa di scatto, in tempo per vedere una palla di fuoco abbattersi sulla sua testa.
Indietreggiò sorpreso, schivando il colpo che andò ad abbattersi sulla piattaforma.
A seguire comparve Onaga che atterrò come un meteorite sulla cima della piramide, facendola tremare al suo impatto. -Tu! - Ringhiò.

-Abbiamo un conto in sospeso noi due. -
Il Dragon King partì all’attacco, e i due cominciarono una lotta incredibile.
Per coloro che osservavano dall’esterno era uno spettacolo di un altro livello.
Shang Tsung credeva, dopo aver assorbito le anime, di poter competere alla pari con Shao Kahn, ma ora vedendo la qualità del combattimento, si rese conto che non era possibile.
Due dei più grandi lottatori di tutti i tempi si stavano battendo per la supremazia, era uno spettacolo spietato, ma al contempo bellissimo.

Shao Kahn cadde in ginocchio per un gomitata sulla spalla da parte di Onaga, prontamente imbracciò il suo martello da combattimento e colpì le gambe dell’avversario mandandolo al tappeto. Subito tentò di colpirlo ancora, ma il Dragon King rotolò all’indietro e il martello si abbatté a terra aprendo una profonda crepa.
-Sei migliorato. Questo te ne devo dare atto. - Onaga sorrise con quei suoi denti appuntiti mentre i suoi occhi rossi come il fuoco assunsero un’espressione quasi umana per quanto parvero divertiti. -Ma non sei alla mia altezza. -

Shao Kahn sgranò gli occhi incredulo, neppure si era accorto che Onaga gli si era avvicinato, un pugno al mento lo fece staccare da terra e cadere pesantemente al terreno. Lo vide sopra di lui con il piede pronto a schiacciarlo, rotolò verso sinistra scansando il colpo, ma quando fece per rialzarsi una scia di fuoco gli si stava facendo in contro, d’istinto alzò le braccia parandosi il volto, sentì il calore delle fiamme avvolgergli le braccia, e tutto il corpo, si chinò in ginocchio respirando, tentando di non pensare al dolore, ma con Onaga non ci si poteva permettere il lusso di rilassarsi.
Un’artigliata del Dragon King gli aprì un enorme squarcio nel petto, colpi a ripetizione che sembravano sassate, poi nuovamente Shao Kahn cadde a terra, assaporando il gusto amarognolo del sangue e del pavimento.

Sindel si voltò distogliendo lo sguardo. Odiava Shao Kahn per quello che le aveva fatto, indubbiamente, ma sarebbe stata un’ipocrita se non avesse ammesso che quella stava diventando una scena troppo penosa da sopportare.

Shang Tsung, che l’aveva affiancata, invece non riusciva a distogliere lo sguardo.

L’Imperatore dell’Outworld si rialzò a fatica, la pelle sulle spalle era viva e fumante per le scottature, le braccia gli dolevano l’incendio gli aveva logorato i muscoli, non poteva competere con Onaga, non avrebbe mai potuto batterlo. Lo vide ridere di lui, sapeva di aver vinto.
-Il dolore, la sofferenza, il potere, tutto svanisce. Ma la gloria rimane nei secoli. - Quella era una frase che da giovane si ripeteva spesso, quando aveva appena cominciato la sua ascesa al potere come recluta dell’esercito.
La gloria. Aveva votato la sua vita alla gloria, nei secoli a venire avrebbero parlato di lui. Shao Kahn, il grande imperatore dell’Outworld, che aveva conquistato e terrorizzato tutti i regni. La sua leggenda non poteva terminare in quel modo, non con una sconfitta così eclatante.

Chiuse gli occhi, in attesa del colpo finale che ben presto gli sarebbe giunto come un’artigliata che gli avrebbe reciso la testa di netto. Lo sentì avvicinarsi, lentamente, arrogante bastardo, lo dava già come cadavere.
Aprì gli occhi, il suo corpo si avvolse di una luce accecante.

Onaga alzò un braccio davanti agli occhi per proteggersi, e se lo vide correre in contro, era una figura inverosimile, con le braccia bruciate, con gli avambracci quasi ridotti all’osso, ferito e sanguinante, gli sembrò la morte in persona.
-Io sono Shao Kahn! Imperatore dell’Outworld! - Si abbassò schivando un pugno e roteò su se stesso, portandosi alle spalle del Dragon King, afferrandolo per le spalle.
-Nessuno può uccidermi. - Ringhiò furioso.
-Che diavolo stai facendo?! - Onaga tentò di liberarsi, si stupì di quanta forza ancora Shao Kahn possedesse.

Il tutto non durò più di una manciata di secondi, il corpo di Shao Kahn si avvolse di luce, poi entrambi cominciarono a fumare, Shao Kahn urlò, forse per la prima volta, di dolore.
Shang Tsung afferrò Sindel e la fece accovacciare a terra, urlandole di stare giù.
Sentirono un boato, come un’esplosione, la terra tremò dalla forza dell’impatto. Liu Kang poco distante da loro si era portato le braccia sopra la testa, fu il primo a voltarsi e guardare che cosa fosse avvenuto, i suoi occhi sembrarono voler uscire dalle orbite.
Anche Shang Tsung e Sindel si voltarono, era incredibile.

Di Shao Kahn non c’era traccia, Onaga era immobile nella posizione in cui il suo avversario lo aveva bloccato, il suo corpo era una statua di pietra nera, completamente ricoperta di sangue.
Sindel si portò una mano alla bocca e si voltò.
-E’ terribile. -
-E’ quello che si meritava. -
Liu Kang si era avvicinato, il suo volto non tradiva nessun’altra espressione se non la rabbia.

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Capitolo 19
*** 4.4 La Fine ***


4.4 La Fine

Raiden e Kitana raggiunsero la cima della piramide, rimanendo piuttosto sconcertati nell'osservare i 3 guerrieri ancora parecchio provati e la statua di Onaga ricoperta di sangue.
Raiden spostò lo sguardo vedendo l'enorme essere infuocato, spettatore imparziale di quella guerra tra uomini.

-Liu Kang presto, avvicinati a Blaze! - Gridò riscossosi da quello spettacolo.

Il monaco fece per avanzare, ma Shang Tsung lo fermò afferrandolo per una spalla.
-Non così in fretta ragazzo. -
L'altro si voltò con uno scatto, gli occhi piena di rabbia, la bocca contratta in un espressione furiosa che gli deturpava i lineamenti altrimenti attraenti.
-Vuoi combattere? -
-C’è una cosa che vogliamo entrambi. - Sorrise lo stregone.
-Aspetta! - Sindel gli afferrò un braccio. -Non hai bisogno di quel potere, l’Outworld è tuo. Onaga è morto, che bisogno c’è di combattere ancora? -
Shang Tsung la guardò quasi sorpreso, poi osservò l’enorme essere di fuoco.
-Non ti permetteranno mai di prendere quel potere. Tu lo sai. Ci sono stati abbastanza morti per oggi… ti prego. Rinuncia. -
Rimase interdetto ad osservare per qualche secondo gli occhi supplichevoli della regina, pensando a quelle parole, aveva ragione, alzò lo sguardo a guardare Raiden e Kitana, anche se avesse vinto, contro Liu Kang, che non poteva essere un risultato così scontato, Kitana e Raiden erano pericolosi quanto lui, e Sindel… si sarebbe dovuto battere anche contro di lei, che da sola era riuscita a tenere testa a Shao Kahn.
Fece un passo in dietro e allargò le braccia nascondendo con un sorriso arrogante tutta la frustrazione per la ritirata forzata a cui era stato costretto.
-E’ tutto tuo. -
Forse non era una mossa saggia permettere a Liu Kang di ottenere un potere supremo, ma alla luce del momento, non poteva competere contro 4 grandi maestri di arti marziali da solo.

Lanciò solo una rapida occhiata alla regina che sembrava volesse dirgli qualcosa, ma non glie ne dette il tempo. Non aveva più motivo di rimanere lì.
-E’ un addio? - Gli chiese Sindel avvicinandosi di qualche passo.
-Non c'è nient'altro che mi trattenga quì. - Rispose, poi la sua attenzione venne catturata dal monaco che si avvicinava all’essere infuocato.
 

-Eccomi. Sono Liu Kang, monaco guerriero, sono giunto qui da te. -
L’essere supremo si voltò ad osservare gli altri. -Ci sono altri guerrieri sulla cima della piramide. -
-Rinunciano al loro diritto di battersi per il potere. -
-E sia dunque. -
Allungò una mano e la sua forma divenne una spirale di fiamme che lo avvolse, ma non lo bruciava, Liu Kang si sentì sollevare da terra, il potere penetrargli nel corpo, nei muscoli, nell’anima, i suoi occhi divennero orbite di fuoco, dalla sua bocca quando parlava fiamme infuocate fuoriuscivano come se tutto il suo essere fosse pervaso da un incendio.
Quando anche l’ultima lingua di fuoco intorno a lui scomparve, Liu Kang toccò nuovamente terra con i piedi. Si guardò le mani sorpreso dal potere che sentiva scorrergli dentro.

-Liu Kang… - Kitana si avvicinò, ma quando il monaco si voltò ebbe una sgradevole sensazione di paura e si fermò.
Sindel si voltò verso Shang Tsung, che si era trattenuto per osservare la scena, e non gli piacque assolutamente l‘espressione sul suo volto.

Liu Kang puntò il dito contro Raiden. -Ti sfido! - Gridò con la bocca che gettava lingue di fuoco.
Il Dio del tuono lo guardò incredulo. -Come? -
-Hai sentito bene Raiden. Ti sfido per diventare io stesso il Dio del tuono, protettore della Terra. -
Kitana si voltò a guardare Raiden, poi fece un altro passo avanti.
-Liu Kang no! Tu non sei che un uomo… -
-Io ho il potere! - Gridò furioso.
-Liu Kang ascoltami… - Raiden fece qualche passo avanti. -Non sei tu quello che sta parlando. Torna in te. -
-Io sono completamente in me Raiden. - I suoi occhi altro non erano che fessure dalle quali fuoriusciva una luce intensa. -La tua inettitudine ha fatto morire troppe persone innocenti. Io ho il potere e la forza per essere un Dio migliore di te. Combatti! -
-No. - Raiden allargò le braccia. -Non combatterò. -
-Vorrà dire che sarà più facile del previsto. - Liu Kang partì all’attacco, lasciando dietro di se una scia infuocata, ma Kitana si buttò in mezzo afferrandolo per la vita.
-Fermati! Liu Kang ti prego, torna in te. Torna ad essere l’uomo che amavo. -
Ma lui l’afferrò per il collo, sollevandola da terra, sentì Sindel e Raiden urlare il nome della ninja blu, se l’avvicinò al viso. -Non sono più l’uomo debole che amavi. Adesso sei di fronte ad un Dio. -
La lanciò via come fosse una bambola di pezza e si gettò contro Raiden.

Il Dio del tuono non ebbe scelta, Kitana aveva ragione, non era lo stesso Liu Kang che lui stesso aveva addestrato per il Mortal Kombat.
Indietreggiò e una scarica di fulmini invase il nemico, che non arrestò la sua avanzata.

Sindel si avvicinò a Kitana, non aveva niente di grave, solo qualche sbucciatura.
-Tesoro… -
Kitana stava piangendo osservando il combattimento tra Liu Kang e Raiden.
-Quello non è Liu Kang… - Singhiozzò.
-Il potere lo ha corrotto. - Spiegò Shang Tsung osservando il combattimento.
-Lui non è così. Lui è buono, non si farebbe mai sopraffare dal potere. -

Shang Tsung sorrise divertito, quella si che era una bella rivincita. -Buono? E’ facile essere buoni quando non abbiamo altra possibilità. -
Kitana si alzò furiosa, fronteggiandolo. -Chi sei tu, per parlare così di lui? Sei un essere viscido, cattivo, non sai cosa voglia dire voler bene ad una persona. Lui era un’anima buona. -
-Buono e cattivo è soggettivo, non credi? -

La discussione venne distratta da un colpo di Liu Kang che mandò al tappeto Raiden.

-Raiden non può vincere. E’ troppo potente. - Guardò le donne. -Credetemi, Liu Kang vincerà, e quando avverrà conviene essere a molti regni di distanza. -
-Credi davvero che non debba diventare il Dio protettore della Terra? -
-E’ un uomo Sindel, e nessun uomo potrebbe sopportare un peso e un potere come quello. Non sarà meglio di Shao Kahn. -
Sindel guardò sua figlia, aveva ripreso a piangere, ma le sue mani erano ferme sui ventagli.
Shang Tsung le afferrò una spalla. -Anche voi avete quello che volevate. Andatevene, questa battaglia non è più affar vostro. -
Lei gli sorrise e tristemente guardò sua figlia. -Lo so, ma non posso lasciare che le cose vadano così… se hai ragione, con che coraggio posso lasciare che la Terra subisca lo stesso destino di Edenia? -
-Non è un vostro problema. -
-Me ne sento comunque responsabile. -

Liu Kang era inarrestabile e Raiden era alla sua completa mercé, sembrava aver rinunciato a combattere.
In verità Raiden aveva abbandonato completamente l’idea di combattere contro di lui, non poteva distruggere ciò che lui stesso aveva creato. In quegli occhi infuocati, in quei pugni furiosi, c’era tutto il suo fallimento.
Mentre il sangue gli percorreva le vie respiratorie e gli riempiva la bocca, con la mente ritornò a quel primo duello tra Liu Kang e Kung Lao, per chi di loro sarebbe andato al Mortal Kombat.
Allora fu cieco. Vide in Liu Kang la forza e la determinazione che mancavano a Kung Lao, ma adesso si rendeva conto che la vera forza di un guerriero è l’umiltà e la gentilezza. Kung Lao, anche nelle difficoltà e nel dolore, non aveva mai abbandonato queste due enormi qualità che invece Liu Kang aveva dimenticato.

-Raiden ha bisogno di aiuto. - Sindel fece per soccorrerlo, ma Shang Tsung le afferrò un braccio.
-Non potete batterlo. Usate la testa. -
-Se non posso batterlo, morirò nel tentativo. - Si liberò dalla sua presa. -Lo hai detto tu stesso... quì non c'è niente per te. -
Lo stregone serrò la mascella. -Fate come volete. - Rispose brusco voltandosi e avviandosi verso le scale.
Sindel represse quello strano senso di oppressione che pesava sul suo cuore e si voltò verso il suo avversario.
Doveva concentrarsi. Guardò Kitana al suo fianco che le fece segno con la testa di essere pronta.
Poi insieme corsero verso Liu Kang.

Shang Tsung non era mai stato un uomo irrequieto, sapeva sempre il perché di ciò che gli avveniva intorno, o di quello che provava. Eppure quella volta c’era qualcosa di strano. Era arrabbiato con Sindel, quella testona, che non gli aveva voluto dare retta. Stupida che non era altro, affrontare Liu Kang nonostante tutto il potere che aveva assorbito.
Si voltò notando come le due donne volassero lontane a seguito di un’esplosione di Chi.
Serrò la mascella, non erano fatti suoi.
Scese il primo gradino e vide i guerrieri sulla piramide che arrancavano.
La guerra stava giungendo al termine.
Alla fine aveva ottenuto ciò che voleva.
Sentì la voce di Sindel alle sue spalle che gridava. Rimase immobile imponendosi di non voltarsi, come aveva sempre fatto. Era un grosso errore guardarsi in dietro… ti puoi accorgere degli sbagli che hai commesso… pentirti delle decisioni non prese… accorgerti delle persone che ti sei lasciato alle spalle per proseguire nel tuo cammino. Accorgerti del significato che hanno.
Il suo piede si posò sul gradino successivo, ma si immobilizzò.
Lentamente si voltò ad osservare ancora una volta il combattimento.
Cìera qualcosa che proprio non gli andava giù.

Sindel venne colpita alla bocca dello stomaco da un pugno talmente forte che temette fosse in grado di perforarla, poi da quello stesso pugno piantato nel suo ventre si scaturì una forza sorprendente che la fece letteralmente volare all’indietro.
Cadde e rotolò sulle pietre della piattaforma sbucciandosi gambe e braccia.
Quando alzò lo sguardo vide con somma gratitudine, Raiden che aveva ingaggiato nuovamente la lotta con il monaco. Kitana si lanciò a dargli una mano.
Sbuffò buttando fuori tutta l’aria dai polmoni, in tutto quel tempo non erano riusciti neppure a colpirlo una volta per sbaglio e tutti loro erano prossimi al crollo.
Dolorante e malmessa si rialzò pronta ad affrontare un altro round, quando una mano le toccò la spalla.
-Fermatevi. -
Non poté trattenere la sorpresa nel vedere il volto dello stregone.
Era tornato in dietro.

-Perché sei qui? - Gli chiese .
-Mi è venuto in mente un motivo per restare. -
Shang Tsung distolse lo sguardo dal suo sorriso e osservò Liu Kang, mentre faceva volare in aria Kitana con un calcio che le sarebbe costato qualche costola. I suoi occhi solitamente neri cominciarono a brillare di una luce verde molto intensa, la stessa luce che scaturivano gli occhi di Ermac.
-Cosa vuoi fare? - Gli chiese preoccupata.
-Voi mettetevi in salvo. Ci penso io a lui. -
Sindel gli posò una mano sul petto. -No! Non posso permettertelo. Lo affronteremo insieme… -
-Non c’è modo di sconfiggerlo. Dovreste averlo capito anche voi. -
-Vuoi sacrificarti? - Sindel lo afferrò per una spalla. -No! - Gridò presa dal panico. -Sei impazzito? Non hai la certezza di poterlo battere neppure in questo modo. -

-Sapete come ha fatto Liu Kang a battere Shao Kahn? -
La regina parve perplessa lo guardò non capendo dove volesse andare a parare.
-Aveva paura per le persone che doveva proteggere. -
Sindel non se ne rese neppure conto, ma i suoi occhi cominciarono a versare calde lacrime.
-Non voglio che tu lo faccia. -
Un dito corse veloce a raccogliere una lacrima dalla sua guancia. -E’ passato così tanto tempo, da quando qualcuno ha pianto per me… Non immaginavo che mi facesse così piacere. - Chinò appena la testa. -Vi ringrazio. -
Fili di luce verde cominciarono a levarsi dal suo corpo, manifestazione concreta del potere che racchiudeva.
-Adesso andatevene. - Perfino la sua voce non era più quella che conosceva, sembrava che centinaia di persone parlassero all’unisono.
Sindel rimase immobile, completamente paralizzata da ciò che stava accadendo sotto i suoi occhi, il suo cervello neppure sembrava voler connettere con la realtà. Lo vide voltarsi, la luce che lo attorniava farsi più intensa e dirigersi verso il nemico.

Liu Kang era sopra di Raiden e lo stava colpendo ripetutamente al volto con pugni fortissimi.
Sentendosi da chiamare da un eco di centinaia di voci, voltò la testa e vide Shang Tsung al centro della piramide.
-Abbiamo un vecchio conto in sospeso noi due. -
S
i alzò e sorrise sadicamente, la sua pelle sembrava bruciarsi dall’interno, intorno agli occhi e alla bocca era divenuta completamente nera con vene incandescenti che si accendevano e spegnevano in diversi punti.
-Muori! - Gli si lanciò in contro, mentre il suo corpo si circondava di fiamme e luce rossastra.
Shang Tsung sorrise, poi a sua volta partì contro il suo avversario.

Raiden si alzò a sedere, vide i due uomini corrersi in contro, entrambi al massimo della propria energia, quando furono abbastanza vicini urlando, entrambi si colpirono con un pugno al volto.
Ci fu un’esplosione di luce, la terra tremò, l’onda d’urto si propagò in tutta la landa, scenario di quella sanguinosa guerra, poi il raggio di luce si sollevò in aria spaccando le nubi del cielo, un altro boato e infine il silenzio.
Dei due guerrieri, nessuna traccia, ma dagli squarci nel cielo coni di luce illuminarono quel panorama irreale.
Raiden, lentamente si rialzò in piedi, un urlo alla sua sinistra lo fece voltare, Sindel stava piangendo, abbracciata a Kitana, che la teneva stretta fra le braccia.
Il Dio del Tuono si avvicinò lentamente, arrivando vicino a loro e ai margini della piattaforma finale della piramide.
-Guardate. -
Anche Kitana e Sindel si alzarono in piedi, osservando la scalinata della piramide ed il terreno sottostante.
La guerra era finita, i guerrieri sopravvissuti avevano smesso di combattere, molti di loro, esausti erano seduti sugli scalini, oppure appoggiati ai loro amici, altri stavano cercando superstiti tra i morti, altri ancora stavano festeggiando.
Raiden cercò con gli occhi Kung Lao, lo vide in mezzo ai Tarkatan, che gli stavano facendo un saluto reverenziale, riconoscendolo come grande guerriero, lui sorrideva e ringraziava, vicino a lui Mileena era saltata al collo di Baraka per la felicità, mettendo in evidente difficoltà il generale.
Raiden scosse la testa. Mai più sarebbe stato così cieco. Kung Lao aveva la stoffa del campione, ma non per la forza, per la sua gentilezza e umiltà. Quella era la prova degli Dei Anziani.
Una prova che non riguardava solo il vincitore del potere assoluto, ma una lezione per tutti i guerrieri. Ognuno di loro su quella scalinata aveva finalmente capito il motivo per cui combatteva. Avevano chiuso il capitolo più oscuro delle loro vite.
Nonostante la sua natura divina, non riusciva ancora a comprendere il sacrificio di Shang Tsung. Un uomo come lui, non si era certo sacrificato per altruismo, no, era stato l'amore per qualcosa che gli apparteneva a spingerlo a tanto. Orgoglio forse, così aveva avuto finalmente la sua rivincita su Liu Kang, forse il suo spirito combattivo lo aveva spinto alla guerra fino alla fine, o forse... voltò lo sguardo verso Sindel ricordandosi come lo avesse supplicato di non andare.


Il Dio del Tuono, protettore della Terra alzò lo sguardo verso il cielo, ancora spaccato dalle crepe di luce e finalmente, sul suo viso, si poté allargare un sorriso di pace e serenità.

Epilogo
La bufera di neve sembrava essersi finalmente placata.
Il viandante si fermò in cima ad un dirupo guardandosi attorno, i suoi occhi neri vagarono sul paesaggio circostante.
Doveva essere quello il posto, le energie mistiche lo portavano dritto in quel punto.
Respirò a fondo l'aria gelida invernale della montagna, abbassandosi la sciarpa rossa che teneva davanti alla bocca, rivelando un pizzetto nero ben curato.
Gli occhi dell'uomo erano neri come le profondità dell'universo, ma in quegli occhi neri, una luce verde cominciò a vorticare velocemente.
Alzò le mani pronunciando poche parole e uno strano vortice di colori che andavano dal verde al bianco apparve davanti a lui.
Erano passati così tanti anni dall'ultima volta che aveva varcato un portale, e da allora aveva passato molti anni nelle profondità della terra ad addestrarsi per contenere il potere che era riuscito ad accumulare in quell'ultimo scontro. Aveva rischiato di impazzire, e più volte aveva pensato che il suicidio fosse un'ottima soluzione per porre fine a quel dolore e a quelle voci incessanti.
Ma adesso...
Sorrise abbassando il cappuccio marrone, rivelando lunghi capelli corvini legati in una coda bassa.
Adesso era giunto il momento di ottenere ciò che gli era stato promesso. L'Outworld.

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