Back to Life

di Elena85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Buone azioni ***
Capitolo 6: *** Ronnie ***
Capitolo 7: *** Maybe. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Una giornata come tante altre, giungeva al termine. Una sera d’estate.
Quando giungeva la notte, il dolore si attenuava un po’, ma la mia anima non smetteva di gravare con un peso intollerabile su di me. Dopo una passeggiata notturna senza meta, avevo deciso di tornare verso casa con passo stanco. Una frazione di secondo dopo, accadde. A pochi metri da casa mia, imboccai la via sbagliata, e finii in un vicolo cieco; mentre mi chiedevo come fosse possibile, lo sentii. Voleva uccidermi. Ed era proprio quello che speravo; trovare la fine dei miei tormenti. Mi voltai, prima che mi raggiungesse.
-Fallo.- gli dissi, cogliendolo di sorpresa.
Inarcò un sopracciglio, tentando di dissimulare lo sconcerto.
-Cosa dovrei fare, di grazia?- rispose lui, con un sorriso obliquo. Occhi azzurri, glaciali. Capelli neri, perennemente scompigliati. Sì, era dannatamente bello.
-Uccidermi. Non è per questo che sei qui?- chiesi, scrutandolo attentamente.
E così, ecco di fronte a me uno dei vampiri dei quali avevo iniziato a percepire la presenza a Mystic Falls. Lui sorrise; cercai di leggere cosa gli passava per la testa, ma non era cosa semplice, non essendo un comune mortale.
-Perché mai dovrei uccidere una creatura deliziosa come te? Piuttosto, potrei invitarla ad uscire.-
-Non ce n’è bisogno. Fammi fuori, ora.-
Mi avrebbe soltanto fatto un piacere e poi immaginavo non fosse una cosa comune trovare una vittima così accondiscendente. Lessi d’improvviso che i piani nella sua mente cambiarono; gli piacevano le sfide.
-Il buio e la paura giocano brutti scherzi, vedo. Andiamo, ti accompagno a casa.-
Sorrisi nel buio; ora voleva giocare un po’ con la sua vittima. Acconsentii; in fondo anche a me piaceva giocare.
-Grazie.- risposi.
-Damon, piacere- disse porgendomi una mano.
-Rowena, il piacere è tutto mio-.
-Rowena, che strano nome…-
Strano… e sapevo anche che non gli era per niente nuovo.
-Un nome orrendo che ho ereditato da chissà quale antenata strampalata. Non ne ho mai saputo nulla, e onestamente mi importa poco.-
-E’ un peccato, dovresti informartene invece; chissà cosa potresti scoprire del tuo passato… e di te.-
Cercai di entrare di nuovo nella sua testa; non pensava a niente di particolare. Meglio così. Mi stupii che non si accorgesse delle mie “incursioni”, ma ipotizzai che potesse fingere. Risposi con un’alzata di spalle.
-Ok, allora proviamo a parlare d’altro, passiamo alle domande facili. Quanti anni hai?-
Sentii l’ira montarmi dentro, ma la trattenni; non volevo tradirmi, non ancora almeno.
-Diciassette.-
E tu, almeno un centinaio? ,pensai.
-Oh, quindi frequenti la Mystic Falls High School…-
-Acuto- mi lasciai sfuggire involontariamente.
Tentai di capire dove voleva andare a parare e lessi: Elena Gilbert.
-No.- dissi ancora, prima che potesse parlare.
-Prego?-
Mi fermai, notando che nel frattempo eravamo quasi giunti a casa mia. Riflettei.
-Era una battuta stupida. Scusami. Ovviamente frequento la Mystic Falls.-
Mi fissò; lo sentii, fino a quel momento non ci aveva provato, ma ora stava tentando di fare il mio stesso giochetto con la mente; voleva che gli permettessi in qualche modo di entrare in contatto con Elena Gilbert. Non mi andava di dargli alcuna soddisfazione.
-No, mi dispiace. Non sono disposta ad aiutarti. Ah, e nemmeno a invitarti in casa. Buonanotte.-
Mi voltai, mi incamminai verso il sentierino che conduceva alla porta di casa mia, mentre lo sentivo rispondere alle mie spalle: -Non so come tu abbia fatto, ma stai certa che lo scoprirò!-
Eppure, il tono della sua voce sembrava quasi divertito. Non appena chiusi la porta alle mie spalle, tornò la sensazione di solitudine e di dolore. Chiusi gli occhi e sondai la superficie della casa; niente visite indesiderate. Peccato, a volte ci speravo. Forse, prima o poi, mi avrebbe fatto visita anche la Morte.

NDR: E' il mio primo esperimento qui, forse anche l'ultimo, chissà? XD Se leggete, fatemi sapere che ne pensate :) Elena

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


La sveglia trillò,  con mio grande disappunto.
Aprii gli occhi, rimanendo immobile, stesa sul letto, abituandomi alla luce del sole che filtrava attraverso le imposte.
C’era una stupida iniziativa estiva organizzata dalla scuola, e per non so quale motivo, avevo deciso di parteciparvi; forse mi illudevo che prendere parte a iniziative normali, mi avrebbe aiutato a fingere meglio di essere io stessa normale.  Già, bella bugia.
Mi alzai dal letto, con movimenti lenti e misurati; era stata un’altra nottataccia, tormentata da incubi tremendi, come al solito, da troppo tempo. Non sopportavo più quella situazione, soprattutto perché non avevo nessuno accanto che potesse aiutarmi, o anche solo darmi un po’ di ascolto. Né mio padre (non sempre almeno, e non concretamente), né mia madre, né un ragazzo, né un amico.
Certo, non che a scuola non avessi conoscenze, ma non c’era nessuno che potessi definire “amico” nel senso stretto del termine: quando avevo bisogno di qualcuno con cui parlare, non avevo nessuno a cui potermi rivolgere liberamente, senza paura di essere giudicata, o senza paura di arrecare danno a qualcuno. A volte, compiere azione che facessero del male agli altri, era semplicemente più forte di me.
Dovevo ammettere che mi era più facile instaurare quelli che chiamavo “legami di comodo”; grazie alle mie caratteristiche particolari potevo sfruttare le persone a mio piacimento. Non che facessi chissà quali cose  grandi e terribili, ma solo il fatto di poter leggere nella loro mente, mi induceva a prendermi ciò che mi serviva senza troppi scrupoli.
Il più delle volte tentavo di trattenermi –cosa che mi era estremamente difficile da piccola-, da quando mi rendevo conto che la gente poteva percepire di essere meramente usata per i miei interessi, senza  che provassi alcun tipo di sentimento o rimorso. Era la mia natura; una natura incompleta, divisa a metà tra due pulsioni, l’una indubbiamente più forte dell’altra.
Per questo la notte prima avevo provato una sorta di simpatia frammista a compassione per quel Damon; lui era esattamente come me, sotto quell’aspetto. Un manipolatore che quando desiderava qualcosa o qualcuno, era disposto a qualsiasi cosa per raggiungere il suo obiettivo, fosse anche eliminare fisicamente chi lo ostacolava.
Io non ero ancora arrivata a quel punto, almeno non nei confronti di una persona.
Immersa tra quelle riflessioni, raggiunsi lo specchio antico che stava di fronte al mio letto e  vi guardai l’immagine riflessa: una me decisamente assonnata, con i lunghi capelli rossi arruffati dal sonno agitato, che era anche l’artefice delle occhiaie scure sotto i miei occhi neri, ancora ridotti a due fessure e la pelle candida, il cui candore era intervallato sulle guance da piccole efelidi.
Mi pettinai con  calma; era il mio rito mattutino che mi aiutava a rilassarmi almeno un poco, come se insieme ai capelli, si districassero anche i pensieri che mi davano tormento. Il primo tra tutti, era che odiavo la mia natura, la quale era la causa della solitudine che mi ero auto inflitta. Chi mai avrebbe potuto capire? Damon, sussurrò una vocina dentro la mia testa.
-Sciocchezze da bambina- risposi ad alta voce, forse per darmi un contegno.
Sospirai e strascicando i piedi, mi diressi verso la piccola cucina caratterizzata dalla mobilia color nocciola e una finestra che dava sul giardino. Aprii le imposte per arieggiare e illuminare l’ambiente, preparai il caffè e imburrai una fetta di pane. Mentre facevo colazione, pensai a cosa mi aspettava quel giorno; si trattava di una manifestazione che doveva servire agli studenti di Mystic Falls per mostrare le proprie capacità artistiche, letterarie, musicali, sportive… c’era un po’ di tutto, e io onestamente non avevo nulla da dimostrare. Avevo pensato di andarci solo per osservare le persone, per vedere cosa si prova a sentirsi normali.
Anche se… lo avevo percepito, persino a scuola c’era qualcuno che non era esattamente ordinario; c’era quella Bonnie, ad esempio. Ero abbastanza sicura che fosse una strega. E anche se lei e Elena Gilbert avevano tentato più volte di comportarsi in maniera amichevole con me, le avevo accuratamente evitate. A proposito di Elena, nemmeno il suo attuale ragazzo sembrava del tutto ordinario… avevo percepito la sua aura di vampiro sin dal primo giorno, ma dal momento che avevo optato per una politica di “sopravvivenza”, avevo preferito non indagare ulteriormente.
Inoltre non era un periodo felice per Mystic Falls, perché ero al corrente delle diverse sparizioni e morti che accadevano, e nonostante la  stampa le imputasse ad un animale di grossa taglia, era evidente che c’era qualcosa di soprannaturale dietro… vampiri.
Li avevo sentiti arrivare in città, dapprima solo un paio, poi in crescente aumento. Da allora, avevo cercato di nascondermi ancora di più, perché nessuno di loro fosse attirato dalla mia aura particolare. Finché non era arrivato Damon.
Speravo che avrebbe optato per tentare di farmi fuori, ma non era andata così, ed ora, onestamente, non sapevo cosa fare; la questione non sarebbe finita lì e lui sarebbe  tornato per scoprire chi e cosa ero. Non mi spaventava rivederlo, non lo temevo. Mi spaventava l’idea di essere scoperta e di dover dire a me stessa –Sì, Rowena, sei quello che sei, sei quello che cerchi di negare da tanto, troppo tempo. –
Sospirai profondamente e risalii in camera, scelsi  dall’armadio un abito scuro; mi piaceva che il mio abbigliamento rispecchiasse il mio stato d’animo, e perché no, buona parte della mia stessa anima. Lavai i denti e mi truccai in maniera leggera, dopo di che uscii, diretta verso la scuola, che distava una decina di minuti a piedi da casa mia.
Mi godetti il sole caldo del mattino, l’aria frizzante, i suoni della natura intorno a me. Quando mi aggrappavo a queste cose, il mio umore si risollevava un poco.
Peccato che questo momento idilliaco fu ben presto destinato a scontrarsi con una realtà alquanto soprannaturale: Stefan, il ragazzo di Elena, stava camminando nella direzione opposta alla mia, e aveva proprio l’aria di uno che voleva parlarmi. Mi salutò con un cenno di mano ed un sorriso; dopotutto, eravamo nella  stessa classe, non c’era niente di strano, no?
-Ciao- lo salutai, cercando di accennare un sorriso che fosse vagamente convincente.
-Ti cercavo, vorrei parlarti, se non ti dispiace-.
Lo guardai con aria torva e risposi sgarbatamente: -Siamo nella stessa classe da un anno e vuoi parlarmi proprio ora? Meglio tardi che mai… spara.-
Mi guardò con disapprovazione. Non mi importava, pensasse quello che gli pareva.
-Sei tu che vuoi essere lasciata in pace, non incolparci-, rispose.
-Touché-, fu la mia replica secca.
Sorrise; sembrava gentile e ben intenzionato, ma non capivo ancora  cosa potesse volere da me.
Finalmente parlò.
-So che ieri ha incontrato Damon. E’ mio fratello. Non voglio scendere  troppo in dettagli, ma solo farti alcune domande. Scusami, ti sembrerò scortese, ma so che gli hai parlato di Elena senza che lui te la nominasse. Io non voglio fare del male a nessuno ma… -
-Alt, lo fermai – tranquillo. Ho nominato Elena solo perché… ok, ti avrà raccontato tutto e avrà capito che ho fatto un paio di giretti dentro alla sua testa. Credo volesse usarmi come una sorta di… accesso privato ad Elena, un qualcosa che coinvolgesse solo loro due, ecco-.
Stefan serrò le labbra. Mi scrutò profondamente, indeciso forse se usare i suoi poteri o se fidarsi di me.
-Chi sei?- mi  chiese.
-Domanda fuori posto, dopo un anno a scuola insieme, non trovi?- ironizzai.
-Rowena… dev’esserci un motivo per il quale ci eviti e per il quale riesci a entrare nella testa delle persone. Tu…-
-Sì, so che sei un vampiro, ma ho scelto di non immischiarmi in ciò che dopotutto, non mi riguarda. Trovo  che sia sempre la strada migliore. Tu  che ne pensi?-
Gli lanciai uno sguardo significativo, sperando che avesse colto il messaggio, oltre al fatto che avevo risposto ad una sua domanda prima che me la rivolgesse. Rimase fermo a guardarmi, meditando sulle mie parole e su come e cosa rispondermi. Abbassò lo sguardo; lo vidi particolarmente corrucciato, come se desiderasse dirmi qualcosa di difficile.
-Rowena, sei nel posto sbagliato, lo sai? Se hai un grosso segreto da nascondere, a Mystic Falls stai sicura che qualcuno lo scoprirà. Ma se tu volessi, potrei aiutarti. Potremmo, io, Elena e anche Bonnie. Pensaci.-
Alzai gli occhi al cielo, senza un reale motivo. In realtà quell’offerta di aiuto mi aveva vagamente toccata, dopo anni di solitudine che mi ero cercata, ma che ora iniziava a pesare dentro me. Solo che mi andava di essere sgarbata; era la mia maschera.
-Stefan, ti ringrazio, ma davvero, voglio starmene fuori dai giochi come ho sempre fatto. In fondo, nessuno hai mai scoperto nulla fino ad ora, e sono certa che tu sarai capace di fare come se nulla fosse, no?-
-Io forse sì, ma Damon non lascerà correre la questione tanto facilmente. E onestamente, non confido nemmeno nella sua scarsa discrezione. Ripeto, pensaci.-
Detto questo, mi lanciò un lungo sguardo penetrante e dopo avermi salutata con un cenno del capo e un sorriso cortese, si voltò, incamminandosi verso la scuola.
Io rimasi di sasso. Non lo salutai nemmeno.
Non ce l’avevo con lui, non ne avevo motivo. Ma sentivo la rabbia salire nei confronti di Damon. E così, erano fratelli. Adesso sapevo che la mia tranquillità (dolente e solitaria, certo, ma pur sempre tranquillità) stava per essere stravolta e non era affatto quello che desideravo. Non desideravo dover di nuovo prendere coscienza di ciò che ero e gridarlo ai quattro venti, quando per anni avevo combattuto contro tutto questo e Damon stava per rovinare tutto. E se davvero il suo modo di essere era simile al mio, non si sarebbe fatto scrupoli di alcun genere.
 
NdA: eccomi di nuovo, questo capitolo è un po’ più lungo…  forse troppo? Comunque, che dire… la situazione pian piano si avvia ad una svolta, anche se non ho ancora ben deciso in che momento collocare il tutto, perciò sono rimasta vaga sugli avvenimenti tratti dalla serie, anche se credo che la FF vi sarà legata relativamente, dipenderà dall’ispirazione! In quanto al personaggio di Rowena, anche se ora non si capisce molto, probabilmente non riuscirà a tenere nascosto il suo segreto ancora per molto… se qualcuno legge, mi farebbe piacere avere i vostri pareri, per sapere cosa ne pensate e “regolarmi” per il futuro :P Grazie a tutti, baci

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Rimasi immobile, in mezzo al marciapiede. Un pensiero mi colpì con  violenza inaudita: c’erano troppe cose in tutta quella storia, che avrebbero dovuto allertarmi subito. E invece, con la mia stupida ossessione per la normalità, avevo cercato di eliminare tutto ciò che potesse riferirsi al passato. Ero stata una stupida totale a non capire dal primo momento in cui Stefan aveva messo piede nella nostra scuola. Già il suo nome avrebbe dovuto ricordarmi qualcosa.
E poi Damon, con il suo commento sul mio strano nome… certo, ci avevo pensato che potesse “aver sentito parlare di me”, ma non sospettavo affatto che potesse aver avuto a che fare con me in maniera diretta.
Eppure, i fratelli Salvatore, li conoscevo da diverso tempo. Sentii il mondo crollarmi addosso; il passato riaffiorava lentamente ed io non avevo la forza di fermare il corso degli eventi.
La mia prima reazione fu quella di voltarmi e decidere di tornare a casa, a torturarmi in attesa dell’inevitabile. La seconda, inaspettata, fu quella di tornare verso la scuola, a godermi lo spettacolo della gente normale.
Un brivido mi attraversò la schiena; era una sensazione che avevo dimenticato, ma che ritornò forte e viva in me, non appena avvertii il pericolo imminente. Era la sensazione di sapere di essere forte, molto forte; la sensazione che avrei potuto usare i miei poteri con qualcuno quasi alla pari.
Non sapevo a cosa andavo incontro; forse non sarebbe successo nulla e una volta che Damon avesse scoperto qualcosa in più, mi avrebbe lasciata in pace. Ma io allora, avrei continuato a rimanere in disparte?
Mi incamminai verso la scuola, con un insolito sorriso dipinto sul volto. Sapevo che poi avrei sofferto per tutti quei deliri di onnipotenza, ma ai sensi di colpa ci avrei pensato più tardi.
 
Quando arrivai a scuola, fui colta  da un desiderio inconsueto; non era vero che non avevo niente da dimostrare. Molto tempo addietro, ero stata una giovane violinista di tutto rispetto, e avevo sempre adorato suonare. Era come una sfida, un continuo inseguimento alla perfezione, dove però non si arrivava mai ad una vittoria definitiva.
Mi aggirai tra i vari stands e osservai; c’era chi esponeva disegni, dipinti o fotografie, chi invece leggeva le proprie poesie, chi si dilettava nello sport. Finalmente giunsi nel reparto musicale, dove i membri –o aspiranti tali- della banda della scuola, stavano stendendo una lista di turni per esibizioni di vario genere. Rimasi un po’ in disparte, indecisa sul da farsi. Una ragazza dell’ultimo anno mi si avvicinò sorridente.
-Ciao! Posso aiutarti? Vorresti esibirti anche tu?-
Non avevo nulla da perdere. Anzi.
-Ciao. Sì, mi piacerebbe ma… non ho lo strumento con me. In realtà non avevo programmato di esibirmi. Sai, mi imbarazza molto suonare in pubblico e…-
-Non c’è problema, ci sono gli strumenti messi a disposizione dalla scuola! Cosa suoni?-
-Il violino- risposi.
La ragazza sorrise entusiasta e si rivolse ai suoi amici.
-Ragazzi, abbiamo una violinista, inseriamola subito nella lista delle esibizioni, non vedo l’ora di sentirla!-
Poi continuò rivolgendosi a me: -Mi piace molto il violino, anche se come musicista non sono un granché. Mi riesce meglio cantare! Come ti chiami? Io sono Agnes-
-Rowena, piacere.-
Sorrisi cordiale; ero un po’ frastornata da questo momento che per chiunque altro poteva sembrare insignificante. Per me invece rappresentava la possibilità di sentirmi una persona tra le tante.
I ragazzi mi inserirono nella lista, sarei stata la quarta ad esibirmi. Mi diedero uno dei violini in dotazione della scuola, che accordai subito, senza alcun aiuto.
-Ma come hai fatto?- mi chiese la ragazza di prima, sorpresa.
Alzai le spalle con un sorriso.
-Orecchio assoluto-.
Mi guardò ammirata. Naturalmente per qualcuno come me quello era un gioco da ragazzi, così come suonare uno strumento tanto difficile in maniera eccellente. Ma come potevo dirle che non ero… del tutto umana?
Poco dopo iniziarono le esibizioni; due cantanti, lei molto brava, lui niente male ma poco espressivo, un chitarrista che ci sapeva fare, e poi toccò a me.
Decisi di dilettarmi in un capriccio di Paganini; qualcuno mi guardò con scherno, pensando che stessi osando un po’ troppo.
Cominciai a suonare; non appena le mie dita toccarono la tastiera e l’archetto cominciò a muoversi sulle corde, provai di nuovo quella scossa fortissima al centro del petto, che avevo provato molto tempo fa, quando suonavo tutti i giorni per ore ed ore.
Sparirono tutte le persone davanti a me; non vedevo più le loro espressioni prima scettiche e poi stupite. Vedevo solo le fiamme di quello stesso dolcissimo inferno che avevano divorato anche Paganini stesso, e molti altri come lui.
Quando finii l’esecuzione, furono due occhi azzurri e glaciali che spiccavano in mezzo al pubblico in visibilio a riportarmi alla realtà: Damon.
Lo vidi applaudire e sorridermi con aria complice. Mi inchinai ai miei ascoltatori e mi voltai verso Agnes, che applaudiva con enfasi. Mi avvicinai a lei per restituire il violino.
-Wow, sei stata eccezionale! – mi disse.
-Non sono d’accordo, ma ti ringrazio.- risposi con falsa modestia. Mi sentivo un po’ in colpa, ma in fondo… sfruttare i propri poteri in nome dell’Arte non era una colpa così grave.
-Rowena, perché non entri a far parte dell’orchestra della scuola? Avremmo bisogno di una violinista come te!-
Lasciai da parte tutti i se e i ma, e decisi che avrei partecipato. Mi mancava molto suonare.
-Sì- risposi.
-Bene! Se mi lasci un tuo contatto, ti faccio sapere tutti i dettagli!-
Le lasciai la mail, la ringraziai e mi allontanai dalla calca. Mi guardai attorno; Damon era scomparso?
No. Dopo pochi istanti apparve accanto a me.
-Complimenti. Onesto da parte tua fingere di essere una violinista di talento-.
-Oh, buongiorno anche a te.- risposi.
Sorrise. Mi soffermai a pensare che era davvero bello… e me ne pentii subito. Come potevo essere  così adolescenziale?
-Andiamo. Finiamola con i convenevoli e sputa il rospo. Chi o cosa sei? Devo pur valutare se puoi essermi in qualche modo utile-.
Mi fermai di colpo. Come diavolo si permetteva?
-Tu- dissi in un sussurro rabbioso, afferrandolo con forza per il colletto della camicia, -non ti permettere, piccolo verme che non sei altro. O per te saranno guai. Grossi guai.-
Damon avvicinò il suo viso al mio, per nulla spaventato. Sentii le mani prudermi dalla voglia di fargli del male.
-Non ti scaldare troppo, bambina. Credo che io e te potremmo essere grandi amici. Potremmo fare grandi cose insieme.-
Prese le mie mani e le allontanò da sé. Potevo sentire la sua potenza e la sua forza, anche se all’apparenza stava compiendo quel gesto come se stesse spostando una piuma.
Mi accorsi di come quella vicinanza mi turbava. Dovevo allontanarlo da me.
-Vattene al diavolo Damon-.
Mi voltai e camminai via da lui. Via da tutto.
 
NdA: questo capitolo non mi convince molto ed è al di fuori dei piani che avevo, ma mi è preso il delirio “musicale”. Dal prossimo capitolo in poi, si dovrebbe entrare nel vivo dell’azione. Sono ovviamente graditi commenti di qualsiasi tipo, fatemi sapete che ne pensate, cosa vi piace, ma soprattutto cosa non  vi piace così che possa migliorare :) Grazie! Elena

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Quella giornata passò in fretta, tra i pochi ma insistenti pensieri che mi tormentavano. Primo fra tutti, Damon.
Ero combattuta tra il desiderio di lasciarmi avvicinare e permettergli di scoprire qualcosa di più su di me e la voglia di battermi con lui, per fargli vedere quanto avrebbe dovuto temermi.
L’altro pensiero, purtroppo, era molto meno affascinante e intrigante del precedente.
Mentre uscivo quasi di corsa dalla scuola, accadde una cosa all’apparenza insignificante, ma della quale non avevo –stupidamente- calcolato le conseguenze.
Si trattava di Bonnie. Mentre il pensiero degli occhi e del profumo di Damon lenivano la rabbia nei suoi confronti, inavvertitamente mi scontrai con lei. La vidi sobbalzare, ma quando la guardai in faccia per scusarmi, capii che la sua reazione non era dovuta allo scontro fisico, ma a qualcosa che aveva visto o sentito toccandomi. Non ebbi nemmeno il tempo di scusarmi, che Bonnie fuggì a gambe levate.
Qualcosa mi diceva che la mia pace era davvero finita lì.
Giunse la sera; avevo una faccenda da sbrigare, ma preferivo occuparmene dopo aver chiuso le imposte in tutta la casa. Così facendo, mi sembrava di chiudere fuori l’oscurità, e tutto ciò che essa comportava.
Quando mi affacciai dalla finestra del salotto, vidi un’ombra seduta sul muricciolo di cinta che delimitava il giardino di casa mia. L’ombra mi rivolse un cenno di saluto con una mano, e individuai nell’oscurità due occhi azzurri e un sorriso che scintillava nonostante il buio. Potevo sentire il suo profumo anche da lì.
-Ora anche gli appostamenti sotto casa?- dissi seccata.
-Sei fortunata, non sai quante ragazze pagherebbero per questo.- rispose lui, con il suo solito tono strafottente-.
Cercai di leggere nella sua mente, e vi trovai ancora Elena Gilbert. Un’ondata di risentimento mi assalì. Ma non c’era solo quello, nella sua testa… mi incupii all’improvviso.
-No, no e ancora no, Damon. Qualunque cosa tu voglia chiedermi su Elena, la risposta è no. Perciò lascia perdere. Credo che tu abbia capito che non puoi controllarmi.-
-Sì, ma non è l’unica cosa che ho capito. Vorrei delle conferme. Se tu fossi un po’ più carina con me…-
-Se tu fossi meno invadente e arrogante… no, non funzionerebbe comunque. Ora, se non ti dispiace, avrei anche una vita privata della quale preferirei non occuparmi affacciata alla finestra. Buonanotte.- tagliai corto.
-Prima o poi cederai. Mentre io comincio a scoprire i tuoi piccoli segreti… A presto, piccola.-  
Come ebbe pronunciato l’ultima parola, svanì nel buio. Chiusi le imposte e mi voltai verso l’interno del salotto. La mia “faccenda da sbrigare” mi guardava, seduta sul divano, in attesa di chiarimenti. E rispondeva al nome di Bonnie.
-Ora, ti fidi? Qualunque cosa voglia riguardo ad Elena, non la otterrà da me, ok?-
Tentai di rassicurarla. Non appena si era riavuta dallo spavento (e dopo essersi confrontata con Stefan, era chiaro), si era fiondata da me, minacciandomi che se avessi fatto qualcosa che avrebbe messo in pericolo la sua amica, l’avrei pagata cara. Ma non si trattava solo di questo; voleva anche -una risposta che le potesse spiegare quello che aveva visto dopo quel nostro contatto.
-Spiegami chi sei e perché ho visto tutta quella potenza così... oscura.-
Sospirai. Non avevo scampo. Prima Damon, poi Stefan ed ora lei.
-Va bene, ma preparati, è una lunga storia, a tratti poco piacevole.-
Lei annuì, con le mani strette sui cuscini del divano. Era spaventata, ma disposta ad ascoltare.
-Tutto quello che hai visto si spiega con il fatto che sono la figlia di una strega e… di un demone. E’ una storia lunga secoli, perché il sangue di demone che scorre in me mi fa invecchiare molto, molto lentamente. E sai, non è affatto piacevole. Che dire? Mio padre si innamorò di mia madre, ma non scelse di vivere da demone tra gli umani, bensì costrinse mia madre a perdere la sua vita normale per stare con lui. Le unioni di questo genere erano abbastanza insolite, per lo meno quelle durature. Ma mio padre aveva davvero perso la testa… per un po’. Ma era un demone, e può forse un demone amare veramente una donna per tutta la vita? Amarla e rispettarla? Temo di no. Io ero il suo vanto; i miei poteri di demone erano accresciuti da quelli di strega di mia madre e questo, a suo parere, faceva di me qualcosa fuori dal comune. Mi sfoggiava tra gli altri demoni come se fossi un prodigio. Quando diventai un po’ più grande, cominciai a notare tutte le sue assenze; passava del tempo con me, ma non con mia madre, che soffriva ogni giorno di più per il suo amore che sembrava non essere più corrisposto, e per quella sorta di clausura che era costretta a vivere. Io facevo da scudo alle incursioni demoniache; più di qualcuno aveva tentato di eliminare mia madre, perché nella loro visione, un demone non dovrebbe avere relazioni con esseri umani, ma nessuno osava toccarmi, un po’ per timore di sfidare mio padre, un po’ perché davo già prova di avere grandi capacità. Quando scoprii i miei poteri a poco a poco, realizzai che con la mente potevo seguire mio padre. Scoprii i suoi tradimenti, e gli innumerevoli fratelli demoni che avevo in giro per il mondo. E’ vero che non ci fu altra amante umana oltre a mia madre, ma giudicavo intollerabile il suo comportamento; era quel piccolo frammento di natura umana in me, quello che mi legava così fortemente a mia madre, che mi faceva reagire in malo modo al suo comportamento, che in realtà corrispondeva perfettamente alla sua natura di demone. La mia natura di demone invece, fu quella che mi portò a quella che considero la mia più grande colpa. Mio padre non era molto popolare tra i demoni; ricopriva un posto piuttosto alto nelle gerarchie, ma era odiato da molti, che decisero di catturarlo ed eliminarlo. Quando venni a scoprirlo tramite i miei poteri, tutto quello che feci fu… beh, lasciarli fare. Volevo liberare mia madre dalla sua tirannia. Ma alla morte di mio padre, lei si lasciò morire, perché lo aveva amato fino all’ultimo, nonostante tutto. Il mio gesto però, fu quello che contribuì alla mia crescita; avevo collaborato con il Male tacendo, e fu quella la strada a cui mi condannai. Una volta rimasta sola, fui preda dell’odio e del risentimento, che mi condussero a dare la caccia agli altri figlio di mio padre, per sterminarli. E fu un gioco da ragazzi; io ero molto potente e loro più giovani di me. Ma col passare dei decenni, nemmeno quello mi diede più gusto. Mi trovai sola ed arida, con il cuore pesante per tutte le colpe commesse e per il continuo conflitto tra quelle due scintille accese in me, quella umana e quella di demone. Allora decisi di vivere come umana, cosa decisamente difficile dopo tutti i miei trascorsi. Perciò, arrivò il momento in cui tentai in tutti i modi di farla finita ma… Bonnie, apri quel diario, sul tavolino accanto a te.-
La ragazza prese il diario, aprì la prima pagina e lesse ad alta voce.
-“Come uccidere un mezzo demone…” cosa? Volevi suicidarti?-
-O trovare qualcuno che lo facesse per me. Bonnie, non so se puoi capirmi, ma a volte è insostenibile avere la consapevolezza di ciò che ho fatto a mio padre, per non parlare di quelli che dopotutto erano i miei fratellastri. Questo pesava sulla parte umana di me, e i rimorsi a volte mi facevano sentire consumata come se fossi vecchia di millenni e non… beh, di qualche secolo. Se sfogli le ultime pagine del diario, potresti capire perché ho lasciato che Damon mi avvicinasse quella sera nel vicolo. Anche se avevo sbagliato i miei calcoli.-
La ragazza voltò le pagine del diario fino alle ultime pagine ricoperte della mia scrittura piuttosto antiquata e lesse.
-“Un vampiro può essere in grado di eliminare un mezzo demone, ma per potervi riuscire deve possedere poteri considerevoli ed essere molto vecchio.” Damon non è abbastanza vecchio e potente, dunque. Rowena, mi spiace, capisco il tuo dolore ma… sei ancora in tempo. Siamo sempre in tempo per rimediare. E… se vuoi… puoi contare su di me. Su di noi.-
Guardai Bonnie con un’espressione decisamente sorpresa.
-Dico, ma mi hai ascoltata? Dopo tutto quello che ti ho raccontato di me, invece di scappare a gambe levate mi offri il tuo sostegno?-
Lei tacque un poco e poi sorrise.
-Sì-, disse –ti offro il nostro sostegno. Perché in questi anni in classe insieme non hai mai fatto del male a nessuno e… ora capisco perché hai sempre evitato accuratamente il contatto con tutti noi. Inoltre… non so cosa ti spinga a farlo, forse non si tratta di altruismo ma… a modo tuo, stai difendendo Elena. Forse Damon non è così pericoloso, ma fatto sta che non lo stai aiutando. E a me questo basta per vedere che c’è ancora qualcosa di buono che possa essere salvato. E poi… sai che ti dico? Forse avere degli amici, ti aiuterà a sentirti… normale. Smettila di pensare a come eliminarti; pensa a come rendere migliore la tua vita.-
Terminato il suo discorso, Bonnie si alzò per andarsene. Ero allibita, ma allo stesso tempo toccata da quella proposta, da quel gesto inaspettato; era dai tempi dell’infanzia che non ricevevo un gesto benevolo come quello, dai tempi in cui mia madre mi stringeva a sé amorevolmente. Ma avevo paura di non essere in grado di controllarmi, e di fare del male a qualcuno.
-Grazie, Bonnie. Ma non so se…-
-Pensaci. Noi ti aspettiamo.-
Con un cenno del capo la ragazza si avviò verso la porta di casa e se ne andò.
Io rimasi in salotto a pensare. Cosa dovevo fare? In fin dei conti, ero stata scoperta e la mia solitudine me l’ero giocata. E poi… se i miei poteri erano tanto vasti ed ero riuscita a frequentare la scuola fino a quel momento senza fare troppi danni, forse voleva dire che sapevo controllarmi. Forse valeva la pena di tentare… ci avrei dormito su. Ma sentivo che la parte umana di me, desiderava avere degli amici… Da secoli.
Andai a dormire, con una sensazione strana nel petto, che assomigliava vagamente a quella felicità che mia madre mi descriveva quand’ero piccola. Quando chiusi gli occhi, mi colse un pensiero fugace come un lampo: Damon aveva detto di aver capito qualcos’altro. Ma cosa?
 
NdA: ecco il 4° capitolo! Finalmente si svelano i segreti di Rowena! E adesso, dopo questa confessione, probabilmente succederanno altre cose parecchio succulente! Inoltre, sta iniziando a sentirsi attratta da Damon? A me sembra di sì XD naturalmente, come sempre, sono graditi commenti di qualsiasi genere! Baci, Ele

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Capitolo 5
*** Buone azioni ***


Per alcuni giorni non successe nulla; non vidi nessuno, rimasi in casa a riflettere sulla proposta di Bonnie e sull’idea di rischiare di avere degli amici.
La cosa mi allettava, dovevo ammetterlo, ma era difficile liberarsi delle paure ed era altrettanto complicato smantellare quelle certezze che mi ero costruita per tutti quegli anni.
Mi misi a fare le pulizie di casa; era una distrazione prettamente umana, una delle poche che mi piaceva fare senza… trucchetti. Mentre mi dedicavo al salotto, suonò il campanello.
Chiusi gli occhi, chinata sul tavolino che stavo spolverando e visualizzai nella mia mente la persona che stava sulla soglia di casa.
Personanon era proprio il termine più adatto, visto che si trattava di Stefan.
Il Salvatore sbagliato, pensai tra me e me, in maniera tanto inaspettata da suscitare in me un senso di vergogna e, ovviamente, me ne pentii all’istante. Passando di fronte allo specchio intarsiato, appeso al muro nell’atrio  di casa mia, puntai il dito verso la mia immagine riflessa e mi dissi: -Guai a te, non ci provare nemmeno a farti strane idee su Damon!-
No, non suonavo convincente. Ma dovevo occuparmi di Stefan, ora.
Aprii la porta.
-Ciao, Stefan.-
-Ciao, Rowena. Sono qui per scusarmi. Ho parlato con Bonnie e…-
-Non era necessario che ti scusassi, davvero. E’ tutto ok.- lo interruppi. Tutta quella gentilezza… com’era irritante per un mezzo demone che amava la scortesia!
Lui proseguì imperterrito, mosso da non so quali propositi benevoli.
-Invece sì. So cosa vuol dire essere giudicati solo per… la propria natura.-
-Già. Scusa se non ti invito in casa; non ti giudico per il tuo essere un vampiro ma… sai com’è.-
Stefan ci mise un po’ a capire che scherzavo. Mi fissò, dapprima allibito, ma poi si fece serio, come se stesse soppesando le mie parole e la mia espressione. Quando realizzò che stavo insolitamente giocando, mi sorrise e rispose: -Beh, nel “pacchetto amicizia” di cui ti parlava Bonnie, credo di essere incluso anch’io-
-Ok, non ho scampo, entra pure- dissi in un sospiro, fingendomi irritata. Sorrisi, per sviare in lui ogni dubbio. Dopotutto, non avevo nulla contro di lui.
Lo feci accomodare in salotto; non sapevo esattamente come comportarmi. Non avevo ospiti da molto, troppo tempo e trovavo piuttosto raccapricciante l’idea di offrire da bere ad un vampiro.
Stefan si sedette sul divano, ed io presi posto accanto a lui.
-Ok, cos’altro ti ha raccontato Bonnie di me?-
-Tutto. Ma non prendertela con lei.-
-No. Stranamente mi sta bene. Almeno mi ha risparmiato di raccontare di nuovo la mia storia lacrimevole.-
Il vampiro mi sorrise. Io mi aspettavo una particolare reazione da parte sua; sapevo che entrambi i fratelli Salvatore erano molto intelligenti e soprattutto attenti…
-Beh, non la definirei lacrimevole. E’ più… terrificante.-
-Già- ammisi.
Cosa aspettava a dirmi che si ricordava di me? Stavo per intraprendere il discorso, quando la finestra si spalancò ed entrò nella stanza qualcosa, o meglio si catapultò qualcosa, che scaraventò Stefan dalla parte opposta della stanza e poi si fiondò su di me. Era qualcosa di potente, più di un vampiro, ma non più di me. Ci fu una breve lotta tra me e lui, che da fuori deve avere avuto l’aspetto poco epico di una zuffa tra gattini. Non avevo interesse a far del male in quel momento e non con Stefan in casa mia. Volevo solo difendermi, e far vedere che chi comandava lì, ero io.
Alla fine, inchiodai l’intruso al tappeto del salotto. Mi voltai  verso Stefan e gli chiesi se stava bene. Era accasciato contro il muro, il quale effettivamente sembrava aver riportato più danni del vampiro. Mi fece un cenno col capo, ma rimase immobile, in attesa. Ne capiva quanto me.
Mentre il nemico respirava affannosamente, quasi soffocato dalla morsa delle mie mani, lo guardai in volto. C’era qualcosa di familiare nei suoi occhi. Qualcosa di poco umano: era un demone.
Persi il controllo di me stessa e gli ruggii in faccia.
-Spero che tu abbia una ragione quanto meno valida per esserti permesso di entrare nella mia casa in questo modo.-
Il demone boccheggiò, indicandosi il collo e le mie mani su di esso. Lo guardai contrariata, prima di capire che voleva che allentassi la presa per permettergli di parlare. Velocemente lo presi per le spalle, perché non potesse fuggire. Ero abbastanza frastornata; era totalmente incapace di difendersi eppure, aveva cercato comunque di attaccarmi. Che incosciente!
Il suo volto, prima rabbioso, si trasformò in una maschera di delusione.
-Ok, come demone faccio schifo.-
All’improvviso, senza un motivo, mi trovai a provare compassione per lui; era giovane e probabilmente nessuno lo aveva mai guidato alla scoperta dei propri poteri. Non era da me essere compassionevole ma… fu qualcosa di spontaneo, innato, un qualcosa senza alcuna ragione di essere, ma che pulsava forte in corrispondenza di quello che avrebbe dovuto essere il mio cuore inaridito. Abbozzai poche parole nel tentativo di confortarlo.
-No, andavi forte, davvero!-
Mi guardò con rimprovero; quegli occhi scuri come tizzoni ardenti, continuavano a richiamare qualcosa nella mia memoria, ma cosa?
-Credevo che i demoni fossero specializzati nelle menzogne.-
Feci spallucce.
-Sono un mezzo demone, io.-
-Lo so, sei Rowena, vero?-
Non mi stupii. Quando nacqui, mio padre mi fece così tanta pubblicità che probabilmente il mio nome era arrivato in ogni angolo remoto del mondo demoniaco.
-Sì. E tu chi saresti?-
Capii che il peggio era passato, mi scostai da lui, rimanendo in ginocchio sul tappeto, mentre lui si mise a sedere, massaggiandosi il collo. Poi tese una mano verso di me.
-Io sono Ronnie, piacere-.
Dopo il vampiro cortese, mi toccava il demone educato. Ero allibita. Feci una smorfia.
-Piacere mio, più o meno. Ma… posso sapere cosa ti ha condotto qui, di grazia?-
Mi piantò addosso due occhi tristi da far commuovere persino i sassi. Mi trovavo sempre in imbarazzo in quelle situazioni; per me era così difficile provare quel genere di sentimenti positivi
-Rowena, io sono uno di quei demoni tuoi fratelli che hai risparmiato quando ti sei stancata di farci fuori.-
Mi irrigidii. Non era possibile che tutto il mio passato decidesse davvero di torturarmi di nuovo. Scattai verso di lui con velocità demoniaca, in men che non si dica lui era di nuovo a terra, il mio naso premeva forte sul suo, mentre ringhiavo.
-Sei in cerca di vendetta?- soffiai.
E lui… tremava! Che razza di demone era?
-No… no…- balbettò, - sono in cerca di… una famiglia?-
Mi allontanai da lui e mi accasciai teatralmente a terra, lasciandomi sfuggire un sospiro. Ma per chi mi aveva presa? Mi sembrava tutto così assurdo; ok, volevo uscire dalla mia solitudine, ma non necessariamente in modo così repentino! E poi… una famiglia? Cominciai a chiedermi cosa diavolo era cambiato nel corso del tempo; all’epoca d’oro del soprannaturale, i vampiri ammazzavano le persone, le streghe vivevano in casupole isolate e i demoni odiavano e tormentavano tutto e tutti. E ora? Era tutto così sbagliato!
E quegli occhi… erano gli occhi di mio padre. Ripensai ai brevi attimi di felicità che avevo vissuto nei primi anni della mia infanzia, quando lui si dedicava ancora a mamma con amore, ed io ero sua figlia e non il suo prodigio.
Rimasi stesa a terra, con gli occhi chiusi e le braccia incrociate sulla faccia, come se volessi ripararmi dalla realtà.
-Tu stai scherzando, vero? Insomma… sai chi sono, no?-
-Sì, ho sentito parlare di te…- disse imbronciato.
Mi illuminai, mettendomi a sedere, sporta verso di lui.
-Ah sì? E sentiamo, come mi descrivono?-
-Come un demone terribile.-
Sorrisi estasiata.
-Proprio come piace a me!-
Sentii Stefan ridacchiare divertito, che ora stava seduto comodamente con la schiena contro il muro, a godersi quell’insolito ma, a quanto pareva, divertente teatrino demoniaco.
Ronnie si alzò in piedi, si spolverò i pantaloni e sistemò il colletto della camicia nera che indossava. Mi piantò addosso uno sguardo profondo, colmo di tristezza e delusione. In quel momento mi riconobbi in quegli occhi; la  solitudine, che durasse per molti o pochi secoli, era ugualmente dolorosa. Ma per un demone era difficile provarla, a meno che non avesse vissuto per lungo tempo a contatto con un umano. Dopo pochi istanti, il demone parlò.
-Ho capito. E’ stato un tentativo patetico.-
Si voltò e si diresse verso la finestra, per uscire da dove era entrato. Io non feci nulla per trattenerlo, guardai solo la sua schiena allontanarsi. Quando mi voltai verso Stefan, nei suoi occhi uno sguardo di rimprovero, da bravo vampiro buono qual era. Sospirai. Avevo deciso di cambiare, no? Di accettare la presenza di altre persone nella mia vita. Avrei potuto ospitarlo… per un po’.
-Ehi, aspetta.-
Ronnie si fermò di fronte alla finestra, ma continuò a darmi le spalle. Continuai.
-Senti, posso offrirti una casa. Ma sulla famiglia… non credo di essere un granché come sorella, non posso garantire!-
-Sei sempre così intrattabile e scortese?- rispose.
-Mh, sì.-
Sorrise, scuotendo la testa.
-Ok, allora mi accontento dell’ospitalità. Grazie.-
Si avvicinò a me sorridendo.
-Oh, ringrazia Stefan. Se non fosse stato per il suo irritante perbenismo ti avrei lasciato andare.-
In tutta risposta, Ronnie mi abbracciò.
-Ehi ehi, chi fai?-
Cercai di allontanarlo imbarazzata; quel “ragazzo” era decisamente cresciuto tra gli umani, ma le sorprese per quel giorno, potevano bastare; avrei indagato con calma in un altro momento.
Stefan pensò a interrompere quel momento, decidendo di andarsene.
-Bene, visto che a quanto pare ho compiuto anche per oggi la mia buona azione, posso andarmene soddisfatto. Rowena, allora ci vedremo prossimamente! Ronnie, è stato un piacere.-
Il demone si staccò da me finalmente, per scusarsi con Stefan per averlo scaraventato via in malo modo. Che nausea tutte quelle gentilezze!
Quando Stefan uscì, io e Ronnie rimanemmo in piedi, l’uno di fronte all’altra. Ero imbarazzata. Lui si aspettava accoglienza e forse anche affetto… tutte cose che sapevo di non potergli dare.
-Beh, deduco che anche tu sei abituato ad un letto normale, da umano. Ti accompagno alla stanza degli ospiti.-
Il demone non rispose e non mosse un solo passo. Lo guardai con aria interrogativa, finché non parlò.
-Perché non hai lasciato che me ne andassi? Non mi sembri il tipo che si lascia condizionare dal vampiro buono di turno…-
Non risposi subito, perché semplicemente non avevo una risposta. Sapevo benissimo che non aveva senso quello che stavo facendo; avevo solo avuto l’impulso di ascoltare Stefan e di dare ospitalità a qualcuno che, dopotutto, era in parte sangue del mio sangue.
-Non lo so-, risposi e mi diressi verso il piano superiore, dove si trovava la stanza degli ospiti.
Mostrai a Ronnie la stanza che gli avrei dato in prestito e poi decisi di uscire. Avevo bisogno di respirare un po’ di aria, di svuotare il cervello, di liberarmi di tutta quella sensazione di bontà.
Ma come potevo realmente credere che quella serata potesse davvero concludersi in maniera normale?
Non appena mossi pochi passi fuori dal cancello di casa, fui raggiunta da Damon.
-Ti prego, dimmi che stavi passando di qui per caso e che ti limiterai a salutarmi senza iniziare con i tuoi giochi stupidi!- sbuffai irritata, o almeno convincendomi di esserlo, mentre continuavo a camminare con lui accanto.
-Come se, dopo chissà quante decine d’anni di solitudine, ti dispiacessero delle banali attenzioni…-
Quella stupida osservazione ebbe esattamente l’effetto che Damon voleva che avesse; mi ferì. Mi fermai e gli piantai addosso uno sguardo serio; non volevo giochi, non volevo scherzi, non volevo nulla.
-Ascoltami Damon, ascoltami bene, perché non ho intenzione di ripetermi, né ora, né mai. Dimmi che cosa vuoi, dimmelo ora e senza troppi giri di parole, perché ho perso la mia pazienza. Ah, e cerca di non chiedermi cose che mi hai già chiesto, e alle quali ti ho già risposto di no-.
Damon ricambiò il mio sguardo; gli occhi azzurri ridotti a due fessure, mentre soppesava le mie parole e la loro serietà. Poi cominciò a parlare.
-D’accordo, niente giri di parole. So che sei un mezzo demone, e questo è molto interessante, ma quello che mi interessa realmente è l’altra metà di te. Non solo umana; addirittura una strega. I poteri di un demone uniti a quelli di una strega. E’ esattamente ciò di cui avrei bisogno.-
Inarcai un sopracciglio.
-Bisogno per cosa?-
-Oh, una sciocchezza… come saprai c’è una cripta, da queste parti… ed io avrei bisogno di un incantesimo per aprirla, giusto per vedere cosa c’è dentro, sai com’è…-
Lo interruppi, sgranando gli occhi esterrefatta. Non potevo crederci. Voleva aprire quella cripta. Voleva ancora cercare lei, nonostante tutto. E… non aveva capito niente di me, di chi ero realmente.
-Damon, non riesco a crederci. Ti credevo più sveglio.-
-Come, scusa?-
Scossi la testa, incredula. Non sapevo da dove cominciare. Stavamo costeggiando il muricciolo di cinta di una casa; mi ci sedetti sopra, pensando a quali parole usare.
-Damon, tu stai davvero cercando ancora Katherine?-
Ora toccò a lui sgranare gli occhi.
-Cosa? Come… E’ stato Stefan?-
Sospirai. Ormai non avevo più una privacy da proteggere…
-Damon, Mystic Falls 1864. C’ero anch’io, apparentemente avevo circa 10 anni, ma c’ero. Te la ricordi la bambina orfana che viveva in quella villa enorme, attorniata da una servitù infinitamente numerosa?-
-Sì, una bambina che dovrebbe essere per lo meno morta da un bel po’… se non fosse stata un mezzo demone, dal sangue immortale e dal corpo che quasi non invecchia… dico bene? Lei lo sapeva, vero? Dico, Katherine sapeva di te, di cos’eri… Ora capisco perché aveva tante attenzioni nei confronti di quella bambina, ai miei occhi insignificante…-
-Sì, sapeva. Damon, non aprirò nessuna cripta, mi spiace. In primo luogo perché non amo i giochetti da strega, sono cose troppo sciocche per me, perdonami lo snobismo. In secondo luogo, devi sapere che…-
Damon fece un gesto con la mano, per mettermi a tacere.
-Non mi interessano le tue stupide parole. Ho capito che non mi aiuterai, basta così. Ti lascio sola, come sei abituata ad essere da molto tempo, del resto-.
Si voltò, e infilando le mani nelle tasche dei jeans, se ne andò sparendo nel buio. Lasciandomi sola. Preferii non soffermarmi su quella sensazione invadente, simile a sofferenza, che mi prese il petto in una morsa, mentre guardavo quella schiena allontanarsi, mentre il profumo di lui aleggiava ancora attorno a me.
Avrei potuto fermarlo in mille modi diversi, leciti o meno, avrei potuto rincorrerlo, gridare la mia verità, ma non lo feci. Eppure la seconda motivazione per cui non volevo aiutarlo, era ancora più importante della prima. Era ancora più importante per lui. Ma non sapevo cosa mi tratteneva. E fu così che, per la seconda volta nella giornata, compii un’azione che non sapevo spiegarmi, e che in un certo senso, voleva essere un’azione buona.
Chiusi gli occhi per scacciare quel turbine di pensieri, sparii dalla strada e mi materializzai nella mia casa, nella mia camera.
Istintivamente, avrei voluto andare a vedere cosa stava facendo il mio nuovo ospite, di cui non mi ero affatto scordata, ma mi limitai a far visita alla sua camera con la mente; dormiva sul letto, come un bambino. Che demone bizzarro!
Mentre mi chiedevo che cosa potesse aver fatto Ronnie in tutto questo tempo, in tutti questi anni di latitanza da demone, accesi il pc, come di consueto prima di dormire, e trovai una mail insolita, da un mittente sconosciuto e senza oggetto:
 
Sono tornata in città. Ho tantissime cose da raccontarti. Mi sei mancata infinitamente!
 
C’era una sola persona che poteva scrivermi qualcosa come “mi sei mancata infinitamente”. Lei era l’unica amica che avevo avuto, ma si trattava di decenni fa. Eravamo solite scriverci lunghe lettere, nelle quali lei non si firmava mai, perché sapeva di essere l’unica persona a scrivermi, l’unica persona che avevo. E così, Anna era tornata a Mystic Falls.
 
NdA: Finalmente eccomi! Capitolo un po’ lungo, con un’intrusione che non so da dove mi è uscita, ma soprattutto, con la contestualizzazione precisa all’interno della serie. Ora, da qui le cose si complicano, anche per me! Spero di avere più  tempo ora per continuare… io mi sto divertendo un sacco, spero anche voi che leggete! Ringrazio chi ha letto e recensito finora… se ne avete voglia,  continuate a farmi sapere che ne pensate! Baci, Ele
 

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Capitolo 6
*** Ronnie ***



 
Anna era tornata, e il che poteva significare soltanto che qualcosa bolliva in pentola. Non che non ci vedessimo dal 1864, beninteso. Ma erano passati comunque molti, molti anni dall’ultima volta.
Le risposi con fretta, con la foga di chi, avidamente, voleva notizie dal nostro oscuro mondo notturno. Certo, non che a Mystic Falls non succedessero cose interessanti ultimamente…
 
“Cara Anna,
anche tu mi sei mancata. So che non ho bisogno di dirti dove vivo, mi troverai. Piuttosto, sono curiosa! Cosa ti riporta da queste parti?
Non dirmi la nostalgia, non potrei mai crederti. Per i vampiri, così come per i demoni, posti e persone non sono mai così importanti. Se non per vampiri eccessivamente buoni… con le dovute eccezioni, d’accordo.
Comunque, mia cara, anch’io ho molte cose da raccontarti; Mystic Falls sta tornando ad essere un posto “divertente”… e rischioso.
Sì, hai capito bene: ho rinunciato al mio “anonimato demoniaco”!
Ehi, non è giusto, ci sto cascando di nuovo! Io ti racconto sempre tutto via mail (o via lettera, non era così bello? Così romantico?), e tu mi scrivi sempre poche righe… Basta!
Fatti vedere, qui da me, e avrai il resto.
 
Tua.”
 
Inviai la mail, con un sorriso  sulle labbra, che nasceva spontaneo al pensiero di tutti i bei ricordi legati alla mia amicizia con lei. Ma avrei dovuto sapere che il suo ritorno sarebbe stato foriero di guai.
Poco dopo mi infilai sotto le coperte, trovandomi a pensare che tutto sommato, sentire in casa la presenza di qualcun altro non era poi così spiacevole.
 
Il giorno dopo fui svegliata dal profumo del caffè e del pane appena scaldato, ma tutto ciò era così fuori luogo, qualcosa di talmente strano e inusuale che mi precipitai in cucina allarmata e furiosa. Poi ricordai: ora avevo un fratello. Un fratello che era cresciuto tra gli umani e mi preparava la colazione.
-Buongiorno!- mi salutò allegro.
Frastornata, ricambiai il saluto con un cenno della mano e un sorriso. Indossava un grembiule verde sopra un abbigliamento casual, jeans e camicia neri, che mi fece venire in mente... Damon.
Per distrarmi, osservai mio fratello. Non ci assomigliavamo molto, se non per gli occhi neri. Lui aveva una bella carnagione olivastra e dei lineamenti che avrei definito mediorientali. Era un bel ragazzo, e il suo sguardo aveva assunto una certa dolcezza, così anomala per un demone.
-La colazione è servita!- esclamò con un sorriso smagliante, mentre mi portava su un vassoio del caffè e del pane imburrato.
Mi sedetti al tavolo, che ovviamente era già stato preparato per la colazione. Non amavo la cortesia, non amavo le gentilezze, o forse semplicemente non ci ero più abituata. Era passato molto tempo da quando qualcuno aveva avuto attenzioni speciali per me, oltre ai miei genitori. La cosa mi fece sentire una strana e spiacevole morsa al cuore. Non volevo pensarci.
Feci un sospiro profondo e mi preparai a dire la prima cosa gentile dopo secoli, forse.
-Ok, sto per fare una cosa che per me è molto difficile. Non riesco a concepire tutto questo, perdonami. Insomma, che gusto c’è ad essere gentili con un essere malvagio come me? Ecco...-
Mi interruppi di fronte allo sguardo divertito di Ronnie.
-Sì, vai avanti, cosa stai cercando di dirmi?-
Stava trattenendo le risate! Eppure, quella sua felicità era quasi contagiosa...
-Stavo cercando di ringraziarti. Grazie. Ecco, l’ho detto.-
Allora si lasciò andare, scoppiando in una risata fragorosa.
-Fai progressi, vedo. Figurati comunque, è un piacere. Siamo una famiglia ora! E io ho tutte le intenzioni di essere molto gentile con la mia sorellina preferita... beh, è l’unica che mi è rimasta credo. In ogni caso, rassegnati.-
Non si toglieva dalla faccia quel sorriso, per metà felice e per metà ironico, tanto che mi sciolsi anch’io in una risatina imbarazzata. Non appena me ne resi conto, tornai immediatamente in me, confusa e arrabbiata per la mia debolezza.
Scuotendo la testa, decisi che era ora di fare il terzo grado a Ronnie.
-Allora, parlami di te. Dove sei stato finora? E perché sei tornato? Sei cresciuto tra gli umani, vero? Non ti ho ucciso per caso o sei scappato non appena si è sparsa la voce?-
-Ehi, non ti sembra scortese quest’ultima domanda, soprattutto dopo quello che ho appena fatto per te?-
Sorrisi.
-Certo. Ma io sono scortese; ora sei tu che devi rassegnarti!-
Toccò a lui scuotere il capo per poi avventarsi su una fetta di pane imburrato. Mi resi conto che non avevo ancora toccato nulla; dopo il ringraziamento, dovevo far onore alla tavola imbandita, no?
Presi una fetta di pane, zuccherai e mescolai il caffè e mi misi in ascolto.
-Beh, che dire... sono nato qualche secolo dopo di te, in Egitto. Non chiedermi cosa ci facesse papà lì, non ne ho idea! Naturalmente non abbiamo mai avuto grandi rapporti. Non quand’era vivo anche nel corpo, insomma. Poi, dopo la sua morte fisica, mi ha indirizzato da te. Ma questo arriva dopo. Prima c’è la parte in cui...-
Il suo racconto fu interrotto dal campanello di casa che suonava con insistenza. Chiusi gli occhi. Alla porta c’era uno Stefan Salvatore con un’espressione che non annunciava nulla di buono.
Scesi ad aprire, seguita da Ronnie.
-Ciao, Stefan. Che succede?-
-Rowena, abbiamo bisogno di te. Elena è sparita. Devi aiutarci a trovarla-.
 
 
 
NdA: eccomi qui, dopo secoli! Vi chiedo scusa, ma tra estate all’estero, ultimi esami e tesi, non ho avuto il tempo per mesi e mesi di scrivere. Ma adesso eccomi qui, con altre migliaia di idee in testa! Questo capitolo è un po’ inutile, ma mi serviva da legame a quello che succederà dopo... Vi dico solo che l’osservazione sul fatto che Rowena non riceveva attenzioni particolari (non solo dal padre) da molto tempo non è una casualità! Spero che nonostante i secoli passati, qualcuno passi a commentare... baciiiii!

 

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Capitolo 7
*** Maybe. ***


Quella giornata cominciata in modo così assurdo doveva per forza proseguire in un modo altrettanto inusuale, anche se questa volta non c’era nulla di cui sorridere.
-Cosa significa che Elena è sparita? Entra, dimmi tutto...-
-No, non c’è tempo da perdere, dobbiamo trovarla subito e tu sei l’unica persona che può aiutarci alla svelta...-
Stefan era davvero turbato, com’era ovvio che fosse... ah, l’amore. Un sentimento sepolto nel mio cuore spento da lungo tempo. Con una stretta al cuore, ripensai per un attimo a lui, anche se quando se n’era andato, mi ero ripromessa di non farlo più, di spegnere tutto. Perciò, tornai a dedicarmi al vampiro innamorato e terrorizzato dall’idea di perdere la ragazza che amava che si trovava ora in casa mia.
-Ok, ok. Stai calmo, farò il possibile per rintracciarla. Ma devi darmi il tempo. Ronnie, ora devi aiutarmi-.
Feci accomodare Stefan in salotto, facendolo sedere sul divano in pelle nera che si stagliava al centro della stanza. Tutto nella mia casa aveva tinte scure, purpuree, bluastre e nere, proprio come piaceva a me.
Ronnie ci seguì e mi guardò preoccupato.
-Ehi, come faccio ad aiutarti? Insomma... non sono un granché con i poteri-.
Gli presi una mano, cercando di non mostrare il mio stesso stupore per quel gesto, e per quello che i rimasugli del mio cuore mi dettavano di dire: -Non preoccuparti, fidati di me. E’ il momento giusto per tirare fuori la tua natura di demone-.
Ronnie allora ritrasse di scatto la mano, con espressione inorridita.
-No, non voglio. Non posso. Io non...-
Non poté completare la frase perché Stefan si avventò con violenza su di lui, stringendogli il collo tra le mani e ruggendogli in faccia.
-Non mi sembra il momento adatto per le crisi esistenziali. Dobbiamo ritrovare Elena!-
Ronnie non poteva rispondere, stava soffocando nella morsa fatale del vampiro. Allora decisi di intervenire nel ruolo di mediatrice, per me decisamente insolito; presi Stefan per le spalle con delicatezza e lo allontanai da mio fratello. “Ci penso io”, sussurrai nella sua mente, contando sul fatto che era il più ragionevole di tutti, in quella stanza.
Stefan si voltò a guardarmi; lessi nel suo sguardo che sarebbe stato al mio gioco, a patto che riuscissi nell’intento e che scoprissi in fretta dove si trovava Elena.
Annuii.
-Ronnie, ascoltami. So cosa ti spaventa; fidati di me. Ora mi aiuterai; mi serve il tuo potere per essere sicura di localizzare Elena, ma tu non dovrai fare nulla. Sarà la mia energia a guidarti, ok? E tu non dovrai preoccuparti, non perderai il controllo e sarai quello di sempre. Non permetterò alla tua natura di torturarti, se non lo vorrai-.
Ronnie non rispose, i grandi occhi neri spalancati, per metà supplichevoli e per metà impauriti.
Chinò il capo, cedendo alle suppliche.
-D’accordo, dimmi cosa devo fare-.
Lo presi per mano e lo guidai al centro del salotto, di fronte al divano. Mi inginocchiai per terra, sul tappeto persiano dalle tinte blu e viola, e invitai Ronnie a fare altrettanto. Lui, obbediente, eseguì il silenzioso comando e si inginocchiò di fronte a me, gli occhi fissi nei miei.
-Ora stringi le mie mani. Chiudi gli occhi e libera la tua mente. Il resto lascialo fare a me.-
Presi le sue mani e sentii una scossa debole, come di un piccolo fiume guizzante di elettricità. C’era potere in lui, un potere che non era mai stato affrontato e usato. Strinsi più forte ed entrai nella sua mente, più delicatamente possibile per non spaventarlo e perché non mi privasse del suo aiuto.
Lo aiutai a liberare la sua forza, fino a che sentii che i due flussi del nostro potere erano un tutt’uno, un’unica scarica di energia che si librava nell’aria attorno a noi.
Strinsi ancor di più le palpebre, nello sforzo di permettere alla mia silenziosa ed invisibile potenza di vagare per la città, alla ricerca di Elena. Potevo sentirla, vaga e indistinta; forse era debole, o addormentata. Eccola; era in un luogo poco illuminato; sembrava stesse riprendendo conoscenza. Mi sforzai di allargare il campo visivo: si trattava di un piccolo bagno, e con lei c’era qualcuno... Bonnie. Strinsi più forte le mani di Ronnie, che rispose al mio gesto, aiutandomi a sospingere l’energia più forte. Il campo visivo si ampliò di molto; potei vedere l’appartamento, scarsamente illuminato e con un arredamento minimale e potei vedere il vampiro che faceva la guardia alle due ragazze.
-E’ viva, sta bene.- dissi, cercando di non perdere la concentrazione.
-Dov’è?- incalzò Stefan.
Scossi il capo, sperando che capisse che volevo semplicemente dire che ancora non lo sapevo, ma ci stavo lavorando.
Tutto partiva dal petto; lì era il centro dell’energia. Non si può descrivere a parole, ma era come se ci fossero dei muscoli speciali, fatti apposta per muovere il potere. Con quei “muscoli”, feci uscire l’energia dall’appartamento, per trovare dei riferimenti utili a Stefan per raggiungere il luogo. Era un albergo, non troppo moderno e nemmeno troppo confortevole alla vista, e si trovava chiaramente poco fuori città. Con un’ultima spinta riuscii a trovare un’indicazione stradale e il numero civico.
Dall’altra parte della stanza dove ci trovavamo noi, una penna si mosse su un foglio di carta, facendo sobbalzare il vampiro e il demone mio fratello, mentre segnava un indirizzo preciso e tutte le altre cose che avevo visto.
Solo allora aprii gli occhi e lasciai andare le mani di mio fratello, mentre crollavo su me stessa. Questa ricerca mi era costata un po’ di energia, soprattutto per il fatto di dovermi coordinare nel cercare e poi scrivere le informazioni allo stesso tempo. Sembrava una cosa stupida, ma per noi demoni è essenziale assorbire energia umana, e questa effettivamente era una cosa che non facevo da più di qualche giorno.
Stefan rimase immobile, senza capire cosa dovesse fare. Ronnie invece, che era stato connesso a me, aveva capito perfettamente. Mentre si affrettava a controllare le mie condizioni, pur non avendo la minima idea di cosa potesse fare per me, indicò al vampiro il foglio su cui la penna aveva scritto le preziose informazioni. Stefan corse presso il mobiletto dove la penna ora giaceva inerte sopra il foglio prima immacolato, ora segnato dalla mia calligrafia dagli svolazzi vagamente gotici.
-Grazie- mi disse, -tornerò a controllare come stai. Grazie infinite-.
-Stefan... hai bisogno di aiuto...- dissi, anche se la mia voce suonava debole.
-No, hai fatto abbastanza. E grazie anche a te, Ronnie. Prenditi cura di lei!-
Poi corse fuori, sbattendosi la porta alle spalle.
Io mi lasciai andare contro il petto di Ronnie, più stanca di quanto avrei mai creduto. Ero preoccupata.
-Ho bisogno di energia umana, devi portarmi fuori di qui-.
-Sì, ora ti aiuto-.
Delicatamente mi aiutò a rimettermi in piedi e a uscire di casa, fino a che non raggiungemmo il centro della città, pullulante di vita e di energia.
 
Per alcuni giorni rimasi tranquilla a casa e ricevetti alcuni sms dei miei nuovi amici; Stefan preoccupato per le mie condizioni, Elena e Bonnie che ringraziavano, Damon che chiedeva se volessi partecipare ad un certo suo piano. L’ultimo sms fu semplicemente ignorato.
Pochi giorni dopo Stefan ed Elena vennero a casa mia per ringraziarmi nuovamente e mi raccontarono quant’era accaduto; un tale, un certo Ben aveva catturato lei e Bonnie per scopi oscuri. A quanto pare però, aveva più bisogno della magia di Bonnie che di Elena. Questo confermava le mie sensazioni di qualche tempo prima; vampiri nuovi e pericolosi erano giunti in città. Stabilimmo che era il caso di rimanere in allerta tutti quanti, pronti a cogliere il minimo segnale di pericolo; ci incontravamo ogni giorno per raccontare ciò che vedevamo o sentivamo, o semplicemente per assicurarci che stessimo tutti bene.
Una sera però il fu Salvatore cattivo che si presentò alla porta di casa mia.
-C’è una festa stasera, ti va di venirci? Ci ubriachiamo come se fossimo due adolescenti, guardiamo le stelle, magari ci baciamo e magari ti convinco a...-
Alzai gli occhi al cielo e feci per chiudere di nuovo la porta. Nonostante il mio cuore avesse leggermente accelerato i battiti al solo vederlo, ero vagamente irritata per il fatto che lui si presentasse da me soltanto per chiedermi di aiutarlo ad aprire quella stupida cripta.
Ma mentre tiravo la maniglia verso di me, lui mi fermò, con una strana luce negli occhi.
-Ok, ok. Scherzavo. Fermiamoci a “magari ci baciamo”, ok?-
Magari, pensai tra me e me. Ma non avrebbe mai avuto quella soddisfazione.
-Magari guardiamo le stelle, a debita distanza l’uno dall’altro, che ne dici?-
Lui mi guardò a lungo, con quel sorriso obliquo e gli occhi azzurri dai quali traspariva una certa ironia.
-Sì, a debita distanza, come no. Dai, fatti bella che usciamo-.
-Entra pure- dissi, ormai rassegnata all’idea che volevo averlo nella mia vita. Nonostante tutto. Nonostante sapessi cosa volesse dire aver amato un vampiro, e forse non aver nemmeno mai smesso di amarlo. Ma quella era un’altra storia, che doveva rimanere ben sepolta e dimenticata.
-Ronnie, fai gli onori di casa!- urlai a mio fratello, mentre salivo in camera a cambiarmi.
Non impiegai molto tempo; non volevo che Damon pensasse che mi facessi bella per lui. Non volevo che capisse che non lo odiavo veramente. Anche se sapevo che aveva già capito tutto, ancora prima di me. Ma ciò che lo intrigava era la mia potenza, e il fatto di non potermi soggiogare. E il fatto che in fondo, molto spesso preferivo anch’io fare del male piuttosto che del bene.
Indossai dei jeans attillati e una canotta nera, un filo di trucco, una goccia di quella vecchia essenza profumata che mia madre mi aveva insegnato a distillare, e poi scesi.
Trovai Damon e Ronnie che chiacchieravano seduti sul divano di pelle nera, senza alcuna traccia di ostilità tra loro. Strano; il vampiro solitamente non sopportava la presenza di altri galli nel pollaio, soprattutto se erano del tutto immuni al suo controllo. Ma quello, mi resi conto, era il vero potere di Ronnie, che lui ne fosse cosciente o no; sapeva sciogliere tutti, nessuno poteva resistere di fronte alla sua semplicità e alla sua determinazione nel voler mettere le persone a proprio agio.
-Ho invitato anche tuo fratello se per te non è un pro... wow- si fermò Damon, guardandomi mentre mi pettinavo davanti allo specchio all’entrata, visibile dal salotto.
-Ehi, non essere così spudorato di fronte a me, mentre ti mangi mia sorella con gli occhi!-
Non potei fare a meno di scoppiare a ridere; non potevo credere che Ronnie, totalmente incapace di usare i suoi poteri, si prendesse la briga di sembrare pericoloso pur di cercare di proteggermi, nonostante potessi farlo benissimo da sola.
-Sei bella quando ridi-.
Damon all’improvviso era dietro le mie spalle, poco distante, a riflettersi nello specchio vicino alla mia stessa immagine, scrutando il mio volto senza malizia e con l’ombra di un sorriso quasi dolce a incurvargli le labbra.
Mi voltai a guardarlo, inebriata da quella strana sensazione.
-Non cercare di sedurmi ora. Non ti aiuterò, ficcatelo bene in testa-.
Lui allora avvicinò il suo viso al mio; i nostri respiri si lambivano l’un l’altro, come onde del mare sulla spiaggia. I suoi occhi, dallo sguardo indecifrabile, erano fissi nei miei.
-E se ti dicessi che ora non è il tuo aiuto a interessarmi?-
Continuai a guardarlo, senza rispondere. Per un demone è raro che esistano momenti che vorrebbe prolungare in eterno, ma stavo decisamente vivendo uno di quegli attimi.
Respirai a fondo, cercando di mantenere un contegno.
-Lo ammetto, eserciti un certo fascino su di me. Ma non montarti la testa, non bastano due occhioni azzurri a farmi capitolare!-
Lui sorrise e annuì con fare cavalleresco, come se accettasse un’implicita sfida. Mi porse il braccio e uscimmo insieme, mentre Ronnie si avviava dietro di noi, evidentemente imbarazzato da tutte quelle moine.
 
 
 
NdA: ed eccomi qui, con un altro capitolo. La storia scalpita, vorrei correre molto più avanti, ma devo rispettare almeno un po’ il progetto iniziale XD comunque, che dire? Mi sa che il capitolo parla da sé, anche se ovviamente le cose non saranno semplici per i nostri due, e arriveranno delle complicazioni... altrimenti, che gusto c’è? Naturalmente se vi va, recensite, mi fa piacere sentire qualsiasi tipo di opinione su quello che scrivo! Grazie, baci! Ele :)

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