Cinque minuti a mezzanotte

di Lavandarose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 ***
Capitolo 2: *** Cap.2 ***
Capitolo 3: *** Cap.3 ***
Capitolo 4: *** Cap.4 ***
Capitolo 5: *** Cap.5 ***
Capitolo 6: *** Cap.6 ***
Capitolo 7: *** Cap.7 ***
Capitolo 8: *** Cap.8 ***
Capitolo 9: *** Cap.9 ***
Capitolo 10: *** Cap.10 ***
Capitolo 11: *** Cap.11 ***
Capitolo 12: *** Cap.12 ***
Capitolo 13: *** Cap.13 ***
Capitolo 14: *** Cap.14 ***



Capitolo 1
*** Cap.1 ***


La ragazza camminava accostandosi più che poteva al muro. Doveva nascondersi, doveva! Altrimenti non ci sarebbero più state speranze.
Per lei.
Per loro.
Per tutti.
Strinse ancora di più le dita attorno al pugnale che aveva nella mano destra.
Silenzio.
Aveva freddo, tanto freddo. Era grata al buio e alla notte che la stavano nascondendo, ma cosa non avrebbe dato per avere un po’ di luce, un po’ di calore.
Maledetto ghiaccio!
Sempre stando attenta a non farsi scoprire, girò la testa in entrambe le direzioni. Nulla. Nessuno.
Bene.
Fece un passo e si trovò davanti un’ombra.
- Lo sai che non potrai scappare per sempre –
Lei strinse i denti e sentì una scossa di adrenalina in tutto il suo corpo. Lo guardò: era alto, imponente, con occhi e capelli neri. Quell’uomo era bellissimo e spaventoso.
- Non scappo, ti aspettavo –
Lui le si avvicinò, il suo corpo emanava una fioca luce azzurra e la ragazza poteva quasi vedere i tatuaggi neri che erano sparsi per tutto il suo corpo.
Era a torso nudo, nonostante il freddo, e i pantaloni di pelle nera non facevano che aumentare il suo fascino.
Lei ne era affascinata.
Si riscosse dai quei pensieri. Con uno scatto si avventò su di lui con il pugnale sguainato in mano.
Lui si scostò solo di qualche centimetro e le prese il polso.
Con un movimento fluido la scaraventò contro il muro, puntellandole le braccia ai lati del suo corpo. Il pugnale cadde a terra.
Ora lei era sola e disarmata, tra le braccia del nemico, che la stava sovrastando di almeno trenta centimetri.
Sospirò e lo guardò negli occhi.
L’istante successivo le loro bocche si stavano baciando con rabbia, mordendosi, succhiandosi, lasciando che un’anima entrasse nell’altra.
Lei chiuse gli occhi e dopo un istante sentì un dolore lancinante alla spalla destra.
La stava marchiando, la stava marchiando maledizione!
Con le ultime forze che le rimanevano, cercò di spingere via quel magnifico corpo da lei, guardando che cosa le aveva fatto.
E il marchio era lì: una croce sulla spalla.
Urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
 
Virginia si svegliò sudata e tremante nel suo letto. Ci vollero alcuni istanti prima che capisse di essere a casa e di avere avuto un incubo.
“Dovrei farci l’abitudine, ormai”, pensò mentre con il lenzuolo cercava di asciugarsi il sudore.
Da una settimana il suo sonno era tormentato da sogni che le sembravano vividi e terribili.
Spesso era inseguita da qualcuno, o doveva difendersi prima che qualcuno le facesse del male. Incubi che erano quasi reali, pieni di particolari e di sensazioni.
Ma per la prima volta aveva sentito un vero dolore. Si passò d’istinto la mano sulla spalla e la sentì con le dita: la croce faceva bella mostra di sé sulla pelle pallida della giovane donna.
Con un balzo, Virginia si alzò dal letto.
- Niente panico – si disse a voce alta – mi sarò fatta male ieri sera, senza accorgermene, e il mio subconscio me lo ha fatto sognare -
Non reggeva, no, lo sapeva anche lei che non c’era alcun tipo di spiegazione logica, ma per il momento decise di soprassedere.
Guardò la sveglia: le sette e mezza. Era già ora di alzarsi per andare al lavoro, meglio così.
Si recò in bagno e lo specchio le restituì la vista di una giovane donna dai capelli mossi neri, gli occhi verdi un po’ segnati di nero e le labbra piccole, ma ben disegnate.
Era stanca, si vedeva. Forse non era stata una buona idea specchiarsi!
Una doccia calda e un caffé nero la rimisero al mondo.
Si vestì, prese borsa e chiavi e si chiuse la porta alle spalle.
Solo il silenzio della casa vuota vide un’ombra palesarsi.
Gli occhi neri e indagatori scrutarono ogni meandro della stanza.
Poi l’uomo si portò al centro della camera da letto, in tutta tranquillità, tanto lei o nessun altro avrebbe potuto vederlo.
Almeno per ora.
Annusò l’aria attorno. L’odore di sesso che lei si portava dietro lo faceva stare dolorosamente bene.
Lo eccitava così tanto, l’avrebbe presa anche la notte appena trascorsa, se non si fosse svegliata per il dolore del marchio.
Ma presto sarebbe stata di nuovo sua. E stavolta per sempre.
***
- Ma ti dico che non so come posso essermi fatta male Jill. So solo che ieri sera non c’era. No, non è un taglio è come se mi avessero intagliato qualcosa sulla….bè ora devo andare, a più tardi! –
Virginia mise giù il telefono quando si accorse che il collega era entrato nella stanza.
-Ehi Eddy! – lo salutò con un sorriso.
- Virgy! – rispose lui sempre sorridendo.
La ragazza lavorava in una casa editrice da quasi cinque anni. Era arrivata fresca di laurea e aveva iniziato dalle mansioni più semplici.
Piano piano però aveva risalito la scala e ora era una dei responsabili della lettura dei manoscritti che arrivavano ogni giorno.
Condivideva l’ufficio con Eddy, un ragazzo poco più grande di lei, alto, magro con lunghi capelli biondi e occhi azzurri.
“I tuoi occhi mi ricordano il mare”,gli diceva spesso lei scherzando.
Erano diventati amici, spesso si facevano confidenze, ma lei non se l’era ancora sentita di raccontargli gli incubi che negli ultimi tempi stavano popolando le sue notti.
Per un po’ lavorarono in silenzio, ognuno concentrato sul manoscritto che stava leggendo.
Fu lui a rompere il silenzio.
- Virginia, c’è qualcosa che non va?-
- Come mai me lo chiedi? – disse lei sollevando gli occhi dal libro.
- Quando tu rispondi a una domanda con un’altra domanda vuol dire che non vuoi rispondere!-
Lei abbozzò un sorriso.
- Devi scusarmi, dormo male da un po’ di notti a questa parte, sarò intrattabile per questo! –
Si scostò un po’ la pashmina che aveva sulle spalle e questa le scivolò.
- Cosa è quello? –
-Cosa? –
- Quella cosa sulla tua spalla destra. Ti sei fatta male? –
Con un moto di stizza lei si tirò su la sciarpa.
- No, no non è niente – cercò di minimizzare, non voleva che la prendessero per pazza!
- Sei sicura? Hai bisogno di qualcosa? Lo sai che con me puoi parlare…-
Perché insisteva?
- Grazie Eddy, ma non ho bisogno di nulla, davvero! –
D’improvviso Virginia si sentì di umore pessimo. Non aveva più voglia di leggere il manoscritto, così passò a controllare la posta che aveva sulla scrivania.
C’erano tante busta, ma una attrasse la sua attenzione.
Era più grande rispetto alle altre ed era voluminosa, non tanto da contenere un manoscritto, ma senza dubbio all’interno non aveva solo un semplice foglio di carta.
L’aprì e le caddero sulla scrivania tre pesanti fogli di pergamena e un piccolo foglio ingiallito.
Incuriosita prese subito quest’ultimo e lo aprì.
Una scrittura decisa, maschile, attirò subito la sua attenzione.
“Penso che i fogli contenuti in questa missiva le potrebbero servire, Virginia”.
Come diavolo sa il mio nome e che la lettera l’avrei letta io?
 “ Forse potrebbe trovare alcune risposte alle domande che la stanno assillando da qualche tempo. E magari ristoro dai suoi incubi”.
La ragazza strinse così forte la lettera tra le mani che le nocche le diventarono bianche. Proseguì la lettura.
“Sono certo che queste tre pagine di un libro molto Antico le spiegheranno tante cose, soprattutto su di Lui. Stia in guardia”.
Lui?
Virginia prese gli altri fogli di pergamena.
Sul primo spiccava una parola scritta con inchiostro rosso, quasi insanguinato:Draugr.
 
Ciao a tutti quelli che sono arrivati fin qui! Questa è la mia prima Originale e ho deciso di farla Urban Fantasy, contesto che adoro!^^
Spero piaccia, spero mi diciate il vostro pensiero!
Per anticipazioni vi aspetto sulla mia pagina facebook di LavandaRose!

Baci
Lav

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Capitolo 2
*** Cap.2 ***


Draugr? Cosa cazzo?
Virginia guardò di sottecchi Eddy, ma il ragazzo pareva concentratissimo sul manoscritto che stava revisionando.
Lei allora rimise i tre fogli di pergamena nella busta e si alzò con circospezione. Andò in bagno per lavarsi il viso, aveva le guance che scottavano e un leggero pulsare alle tempie le stava facendo capire che tra un attimo le sarebbe scoppiato un gran mal di testa.
Bene, ironizzò dentro di sé mentre si scostava la camicia per controllare la croce sulla spalla.
Era ancora lì, un po’ meno rossa, anzi a guardarla meglio stava impallidendo.
Ma cosa diavolo stava succedendo?
“Forse mi sono graffiata da qualche parte e non me lo ricordo. Oppure sto impazzendo”,pensò ancora.
Il ricordo di quegli occhi neri e di quelle labbra che avevano con avidità cercato le sue era ancora vivo in lei. Aveva provato sensazioni strane, sogno o non sogno.
Sospirò e tornò alla sua scrivania.
Con cautela riprese in mano i fogli di pergamena.
Erano stati strappati da qualche libro, un tomo pesante e davvero antico, come era scritto in quella lettera.
Virginia cercò di mettere a fuoco le parole lì sopra vergate.
Draugr era scritto in rosso, era quindi un titolo.
La ragazza passò a decifrare il resto della pagina.
“Il Draug è un non morto, un essere della mitologia norrena. I Draugar erano noti per avere numerosi doti magiche, chiamate trollskap simili a quelle delle streghe e degli stregoni, come l'essere mutaforma, controllare le condizioni atmosferiche e vedere nel futuro. Tra le creature nelle quali potevano tramutarsi ricordiamo la foca, un grande toro scorticato, un cavallo grigio con la schiena spezzata e senza orecchie o coda, un gatto che si sarebbe seduto sul petto di un dormiente per poi crescere progressivamente fino a far soffocare la vittima. Altre abilità erano l'entrare nei sogni dei viventi… “
La ragazza sussultò. Allora era vero? Quei sogni, quegli incubi erano reali? La sua ferita sulla spalla le era stata provocata da quel giovane dagli occhi scuri?Scosse la testa e continuò a leggere.
“…maledire le persone e portare la malattia in un villaggio; va altresì detto che potevano inoltre creare un'oscurità temporanea durante il giorno visto che, sebbene preferissero decisamente l'attività notturna, non sembravano essere vulnerabili alla luce solare come gli altri Revenant.” La ragazza scosse la testa. Non stava capendo cosa stava accadendo. E soprattutto contro chi doveva vedersela. Riprese a leggere.
“Alcuni arrivavano persino ad essere immuni alle armi, tanto che solamente un eroe aveva il coraggio e la forza necessari per affrontare un nemico così formidabile, che spesso andava combattuto fino a ricacciarlo nella tomba: infatti, sebbene il ferro fosse in grado di ferire un draugr non era sufficiente per fermarlo. Queste creature hanno una forza sovrumana, la possibilità di ingrandirsi a piacimento e la capacità di tramutarsi in tutto ciò che vogliono”.
- Virginia…-
La ragazza teneva gli occhi fissi sulla pergamena, quelle parole l’avevano assorbita. Chi era allora che entrava nei suoi sogni? Chi era quell’uomo?
- Virginia!- Lei alzò gli occhi e vide Eddy davanti alla sua scrivania. Aveva lo sguardo preoccupato, forse le aveva parlato e lei non aveva risposto?
- Ti sto chiamando da mezzora, mi dici dove sei? –
La ragazza notò che lui stava giocherellando con il ciondolo di ambra che portava sempre al collo. Lo faceva solo quando si innervosiva.
Sorrise.
- Ma nulla, Eddy. Ero presa dalla lettura, non ti ho sentito. Volevi dirmi qualcosa?-
Lui la fissò. Virginia era pallida e con ombre nere sotto gli occhi. E stava cercando di nascondere i fogli che aveva in mano.
Corrugò la fronte.
- Vai a casa, Virginia. –
- Che cosa? –
- Si vede che non stai bene. Sei distratta, non sei in te. E poi quella ferita alla spalla… -
 - Ti ho detto che non è nulla, sarò caduta! – ribattè lei seccamente.
 - Quello che vuoi. Ma non sei in grado oggi di lavorare. Vai a casa, tanto è venerdì. Passa un fine settimana tranquillo e ci rivediamo lunedì. Magari ti chiamo più tardi –
La ragazza capì che quello di Eddy non era un consiglio, ma un ordine gentile, impartito da quello che nella scala gerarchica dell’ufficio era un gradino sopra di lei.
 - E va bene, Eddy. Credo che tu abbia ragione, forse mi sto prendendo un’influenza. Sarà meglio che vada. Ci sentiamo poi? –
Si alzò e si girò per prendere la giacca. Un tocco gentile sulla spalla la fece voltare. Era lui.
 - Prenditi cura di te, Virginia –
 - Come sempre, man! – tentò di scherzare lei, chiamandolo con il suo soprannome. Sorridendo prese la grande busta con la pergamena, la mise in borsa e uscì.
In auto continuò a pensare a quello che era successo. Chi le aveva mandato quella busta? Chi la stava avvisando che era in pericolo? E soprattutto chi era l’uomo che popolava i suoi sogni?
Una volta a casa, la ragazza si liberò in fretta dei vestiti e si riempì la vasca da bagno.
Quando fu immersa nell’acqua calda e nella schiuma, cercò di calmarsi e di dare un senso logico a quello che era successo, ma non ci riuscì.
La croce sulla spalla prudeva. Virginia la guardò e si accorse che era quasi del tutto sparita.
“Forse era un’allergia a qualcosa che ho mangiato!”,pensò rinfrancata mentre scendeva sott’acqua con la testa.
Quando riemerse terminò di lavarsi, poi si avvolse in un asciugamano e si diresse in salotto.
Si lasciò cadere sul divano e chiuse gli occhi.
Si sarebbe tutto sistemato, sì. Non era successo nulla, in fondo.
Cercò di dormire un po’, ma restò nello stato di dormiveglia. Vedeva immagini, situazioni.
Il ghiaccio che mi circonda, un uomo che cammina verso di me. Non riesco a vederlo in viso, ma so che mi vuole. E io gli appartengo. Luce e buio. Il pugnale nella mia mano e la lancia nella sua. C’è rumore, frastuono… cosa è questo? Un fischio acuto, ritmato, delle sirene? Perché ci sono le sirene vicino a casa mia?
Una scampanellata interruppe quello stato di visioni del sonno.
Virginia aprì gli occhi, si alzò e tenendosi l’asciugamano stretto con una mano aprì la porta.
 - Ciao – La figura di Eddy si stagliava sul vano di entrata.
 - Ehi – gli fece lei un po’ imbarazzata, mentre realizzava di essere pressoché nuda.
 - Sono passato a vedere come stavi. Sono uscito un po’ prima dal lavoro –
 - Entra pure, accomodati in salotto, tanto conosci la strada. Vado a mettermi qualcosa addosso –
Dieci minuti e un paio di jeans e una tshirt dopo, i due ragazzi stavano chiacchierando sul divano.
 - Mi sono addormentata, mi è sembrato di sentire delle sirene prima –
 - Sì, mentre stavo arrivando ho incontrato polizia e ambulanza sotto casa tua –
 - Oh? –
 - Pare che uno dei tuoi vicini sia morto –
 - Santo cielo, che cosa terribile. Un infarto? –
 - No, pare che sia morto nel sonno. Soffocato. –
Virginia si irrigidì. Cosa diceva quel passo della pergamena?
Il Draugr poteva trasformarsi in un gatto che si sarebbe seduto sul petto di un dormiente per poi crescere progressivamente fino a far soffocare la vittima.
Scosse la testa. Questa cosa stava diventando una paranoia.
- Tutto a posto? – Eddy la stava guardando.
 - Sì, sono solo un po’ stanca –
Lui le fece una carezza sulla guancia, passando un dito dall’attaccatura dell’orecchio all’angolo della bocca.
Lei sorrise. Da tempo c’era qualcosa di inespresso tra di loro.
 - Se ti va domani sera potremmo vederci, assieme anche agli altri Gli altri erano un gruppo di amici comuni con i quali i due ragazzi passavano di solito i loro sabato sera.
 - Spero di sì, spero di stare meglio. Ti chiamo domani per confermarlo –
Lui si alzò.
- Per qualsiasi cosa, Virgy, chiamami –
- Lo farò – rispose lei alzandosi e accompagnandolo alla porta.
Rimasero per un attimo immobili uno davanti all’altra. Lui giocherellava con il suo ciondolo di ambra. Per un momento le sembrò che stesse per baciarla, ma non accadde nulla del genere. Si sorrisero e si salutarono.
Una volta sola, la ragazza tornò verso la camera da letto per recuperare l’asciugamano che di fretta aveva buttato sul pavimento mentre si cambiava.
Passò davanti allo specchio della sua toilette.
Si fermò a guardarsi, sembrava un po’ meno stanca. Peccato per quelle piccole rughe di espressione attorno agli occhi…
Chiuse gli occhi.
Li riaprì e le mancò il respiro. Dietro di lei c’era lui, l’uomo dei suoi sogni.
Non osando voltarsi, Virginia lo osservò. Questa volta il torso nudo e i pantaloni di pelle avevano lasciato il posto a una camicia nera e a dei jeans. Sembrava quasi un ragazzo normale, si sorprese a pensare.
Lo fissò. Aveva grandi occhi neri, spalle ampie e uno sguardo severo.
La bocca era carnosa e non sembrava essere disegnata per sorridere.
In quel momento lui l’aprì. – Virginia – le sussurrò.
Lei era immobilizzata. Chiuse gli occhi.
Ora li riapro, mi giro e non c’è più, si disse.
Aprì gli occhi e si girò.
Lui era lì, davanti a lei.
 
Eccoci al secondo capitolo. E’ un po’ di passaggio, dal prossimo si inizierà a entrare nel vivo della storia. Spero di avere lettori pazienti che non mi mandino subito a quel paese!^^
Un ringraziamento particolare va a Jessy Night a cui questo capitolo è dedicato: mia cara, senza il tuo caffè stamattina non sarei stata così ispirata!:)
Se avete voglia di passare sulla pagina di Lavandarose su Facebook mi farete contenta!^^
Questi i miei scritti tuttora in corso:

 Il mistero della strega

Ne bis in Idem
 
A presto
Lav

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Capitolo 3
*** Cap.3 ***



Virginia era immobile, faccia a faccia con l'uomo che fino a qualche ora prima stava popolando i suoi sogni.

D'istinto portò la mano alla spalla destra e si accorse che la ferita a forma di croce stava pulsando.

-Chi...chi sei? Come sei entrato a casa mia?- riuscì a balbettare. Lui non rispondeva e la ragazza si perse solo per un attimo nel verde scurissimo degli occhi dell'uomo.

Strano, non sono mai riuscita a vedere il colore dei suoi occhi nei sogni. Mi sembravano neri”, pensò. Poi si riscosse. C'era un estraneo in casa sua. Un estraneo! Forse le avrebbe potuto fare del male.

L'uomo scelse proprio quel momento per allungare una mano verso di lei.

-Non voglio farti del male, Virginia – le mormorò

- Ma che bella frase da film dell'orrore! - rispose lei affannata mentre con le mani si aggrappava al mobile dietro di lei. - Perché non mi dici chi sei e cosa vuoi?- E magari io cerco di sopravvivere fino ad arrivare a un telefono e riesco a chiamare qualcuno?

Ecco, questa seconda parte del piano non era ancora chiara nella mente della ragazza. Certo, non avrebbe voluto trovarsi in casa da sola con un estraneo davanti a lei. Ma ora era in ballo e doveva cavarsela in qualche modo!

Lui era ancora lì, con la mano tesa verso di lei.

Senza nemmeno capire come, Virginia iniziò a porgere la mano a quell'uomo che la guardava in maniera così rassicurante.

Poi, spinta da qualcosa che nemmeno lei riusciva a definire, lo guardò e gli disse: - Sei un Daugr? -

La metamorfosi dell'uomo fu repentina. Lo sguardo gli si indurì e la sua mascella si irrigidì.

La prese per il polso in maniera rude e l'attirò a sé.

In un attimo la ragazza si ritrovò chiusa contro il petto dell'uomo.

-Chi ti ha parlato dei Daugr? - le sussurrò quasi ringhiando a un orecchio.

-Nessuno! - gli rispose lei terrorizzata – Ho letto qualcosa, da qualche parte. Non so nemmeno perché ti ho detto una cosa del genere. Mi è...venuta spontanea non so perché. Te lo giuro! - L'uomo la guardò negli occhi. Era chiaro: la ragazza gli stava dicendo la verità. Ma chi le aveva parlato dei Daugr? Chi stava tentando di risvegliarla? Questo era compito suo, avrebbe ucciso chiunque si fosse frapposto tra lui e questa ragazzina!

La ragazzina, nel frattempo, aveva realizzato di essere tra le braccia dell'uomo e il suo corpo stava prendendo in confidenza con quello dell'altro.

Le pareva quasi che piccole scariche elettriche stessero attraversando la sua colonna vertebrale.

Ma perché non le parlava più? Pareva perso nei suoi pensieri.

Provò ad osare.

-Sei tu...sei tu che entri nei miei sogni? -

Lui la guardò. - Sì – le rispose.

-E sei stato sempre tu a farmi la croce sulla spalla? -

-Certo, sono stato io – continuò lui sempre stingendola a sé.

-Ma perché? E soprattutto come diavolo ci sei riuscito? -

L'uomo sorrise e la spinse ancora di più contro il mobile. Virginia si trovò bloccata tra il ragazzo e il comodino.

-Non ti posso ancora spiegare tutto. Diciamo che sto cercando di farti ricordare qualcosa -

La ragazza si scocciò. - Senti un po', ma chi ti credi di essere? Piombi qui, in casa mia, dici che esci dai miei sogni, mi dici che devi farmi ricordare qualcosa e poi ti infuri se ti chiedo se sei un Da..Dugr...bè hai capito no? Ma dove pensi di essere? In un romanzo paranormale? - Poi si rese conto della situazione e sbiancò. Ora mi ammazza, pensava, adesso mette le sue mani attorno al mio collo e mi ammazza.

A quel punto successe l'impensabile. Il ragazzo la guardò e poi scoppiò a ridere.

-Devo dire che il carattere è rimasto sempre quello! Penso che sarà davvero uno spasso farti ricordare chi sei, mia piccola Revenant! -

Lei accusò il colpo: non solo non era stata presa sul serio, ma lui non pareva affatto preoccupato della situazione.

-Non mi hai ancora detto chi sei...- riuscì a formulare. Lui si abbassò verso l'orecchio di lei, visto che la sovrastava di almeno trenta centimetri, e le appoggiò le labbra sul padiglione auricolare sinistro.

-Non te lo posso ancora dire, piccola – disse a bassa voce – ho il permesso di dirti che sono stato mandato per farti ricordare. -

Ma ricordare cosa? - Dimmi chi sei - lo pregò ancora lei, gli occhi chiusi nel tentativo di non sentire le sensazioni che quella voce le stava provocando. Lui appoggiò per un momento la sua bocca all'orecchio di lei. Poi si scostò.

- Io sono Gabriel – Virginia sentì queste parole appena sussurrate. Aprì gli occhi e si ritrovò sola, aggrappata al mobile.

-Gabriel... - ripetè ancora mentre si avviava verso il letto. Troppo, tutto assieme. E non era nemmeno sicura che le cose successe fossero state davvero reali. Pazza. Stava diventando pazza? Come sua madre?

Virginia se la ricordava poco. Quando era piccolina, il padre un giorno era tornato a casa e le aveva detto che la mamma stava male, che doveva curarsi e che l'avrebbe rivista dopo un po' di tempo. Lei non l'aveva rivista mai più. Sapeva che era ricoverata in una struttura specializzata, ma le avevano detto che era in uno stato di coma perpetuo e non gliel'avevano mai fatta vedere.

La ragazza sospirò e si stese sul letto, convinta di non riuscire a dormire. Qualche istante dopo era profondamente addormentata, sotto lo sguardo attento di un invisibile paio di occhi.

***

 

La mattina dopo, Virginia si risvegliò di pessimo umore. Non era del tutto sicura di quel che era successo la sera precedente. Aveva fatto sogni confusi e strani.

Non era neppure più tanto sicura di appartenere a questo mondo.

Si trascinò con svogliatezza in giro per casa fino a sera. Lui l'aveva chiamata Revenant. Ma allora lei cosa era? Uno zombie?

Continuò a riflettere su questo a lungo, senza trovare nessi logici. Poi arrivò a prenderla Eddy.

Si erano sentiti nel pomeriggio e lui l'aveva convinta ad uscire con il loro gruppo di amici: - E' sabato, Virginia, cerca di uscire un po'. Ti passo a prendere io e poi ti porto anche a casa. Che ne dici? Hai voglia?-

No, lei non ne aveva alcuna voglia, ma decise di forzarsi e di uscire.

Sentiva ancora su di sé le labbra dell'uomo dei sogni. Anzi, di Gabriel, come ormai lo chiamava. Sarebbe tornato? Le avrebbe dato ancora delle spiegazioni?

Chissà.

Quella sera Virginia si preparò con cura. Mise una lunga gonna nera e una camicia in tinta. Al collo un pendente rosso e ai piedi stivaletti col tacco.

Prima di uscire, si guardò allo specchio, quasi aspettandosi di vedere l'uomo allo specchio, dietro di lei. Ma nulla.

La serata trascorse tranquilla, quattro chiacchiere, un paio di bicchieri e la sicurezza di avere sempre persone su cui contare.

Si fece portare a casa piuttosto presto, scusandosi con Eddy per costringerlo a finire la serata prima a causa sua.

- Non preoccuparti – le aveva solo detto lui. Era stato taciturno per tutta la sera. Virginia lo guardava di sottecchi anche ora, mentre guidava. Le sembrava che lui fosse concentrato su qualcosa che non gli andava di rivelare.

- Grazie – gli disse con semplicità quando arrivarono davanti a casa.

Lui spense l'auto. - Virginia, credo che dovrei salire da te – Lei ebbe un istante di perplessità. Si stava forse proponendo? Ci stava provando?

-Ma io...Eddy...No, ecco non credo sia il caso! -

-Io invece credo di sì. So tutto dei tuoi sogni e di Gabriel, Virginia.-

 

 

Lavanda's corner

Eccoci al terzo capitolo! Volevo ringraziare tutte le persone che sono passate a leggere, che hanno messo la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite! Siete stati davvero tanti, grazie! Grazie anche a tutti quelli che recensiscono! Se volete lasciare un segno del vostro passaggio fareste contento il mio vecchio cuore di scrittrice!:D Grazie anche a Scheggia18 per il banner: sei la migliore nipote del mondo! E uno speciale...CIAO a Jessy Night!! Lei sa perché!! :D

Vi ricordo la mia pagina Facebook e gli altri miei lavori:

 

Il mistero della Strega

Ne Bis in Idem

 

A presto

Lav

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Capitolo 4
*** Cap.4 ***



Virgina guardò l'amico a bocca aperta. Le sue parole l'avevano colpita nel profondo. D'istinto si appiattì contro lo schienale dell'auto, spostandosi più che poteva verso il finestrino, con la patetica convinzione di poter forse uscire dalla macchina e di lasciarsi alla spalle tutto.

Ma era impossibile scansare la realtà, o meglio quello che da una settimana a questa parte era la sua realtà.

Guardò Eddy, che era rimasto immobile al suo posto, le mani sul volante. Adesso il giovane le stava apparendo sotto una luce diversa. Virginia si chiedeva chi era realmente e che cosa davvero sapeva di lui.

Poco, realizzò, davvero poco.

Nel frattempo lui continuava a scrutarla, serio, toccando con le dita della mano destra il medaglione di ambra che in quel momento stava irradiando un'intensa luce arancione.

Quasi ipnotizzata dalla pietra, la ragazza parlò a voce bassa: - Pare che qui tutti sappiano cosa sta succedendo. Tranne me. Strano, perché pare che tutti abbiate bisogno di me -

- Mi rendo conto che per te sia un momento particolare - rimarcò l'uomo avvicinandosi quel tanto che bastava perché la luce dell'ambra illuminasse il viso della donna. - So anche che non ti sarà facile credere a quello che ti sarà rivelato. Ma ti prego, Virginia, ti prego: fidati di me -

La voce di Eddy aveva una nota di sincerità, lei l'aveva percepita.

- Eddy, o sei impazzito tu o sto impazzendo io. Cosa ti fa pensare che ti farò entrare in casa? - disse comunque.

Lui sorrise, aveva percepito una piccola crepa nella resistenza della ragazza. Indietreggiò per lasciarle un po' di spazio vitale, per rassicurarla.

- La curiosità, mia cara. Tu vuoi sapere cosa ti sta succedendo, perché Gabriel entra nei tuoi sogni e soprattutto come mai io sono a conoscenza di tutto ciò. Lo sento, e lo senti anche tu -

La ragazza lo fissò con intensità. Era vero; qualcosa le stava dicendo che poteva fidarsi, che poteva fare entrare Eddy in casa.

Tentò comunque una debole difesa.

- Io... io non so che fare. Tu non puoi dirmi qualcosa qui, in auto? -

- No, Virginia, non posso. Ho bisogno di Gabriel per spiegarti tutto. Fammi entrare. Ti giuro che non ti succederà nulla. E se vorrai me ne andrò in ogni momento. Ti prego. Ho bisogno di te -

- Gabriel? Fammi indovinare: lo troveremo a casa mia che ci aspetta, vero?-

- Sì -

La ragazza sospirò e sentì che qualcosa dentro di lei stava prendendo il sopravvento.

In silenzio aprì la borsa e frugò per qualche attimo alla ricerca delle chiavi di casa.

Poi decise: - So che me ne pentirò. Anzi a dirla tutta non so nemmeno perché mi sto lasciando convincere così. Però ora basta, finiamola. Saliamo e vedete tu e il tuo amico di avere una spiegazione convincente. Altrimenti ti giuro che chiamo la polizia -

- E' giusto. Ti posso dare la mia parola d'onore che nulla di sarà fatto e che sceglierai tu la strada da percorrere -

Aprendo la portiera dell'auto, la ragazza si domandò come era finita in quella situazione e soprattutto come mai non si era mai accorta del reale aspetto di Eddy.

Perché quello non era l'Eddy che lei aveva conosciuto qualche anno prima.

Se lo trovò a fianco, alto, i lunghi capelli biondi che incorniciavano un viso serio, quasi sofferente.

Lei cercò di aprire la porta, ma le mani le tremavano.

All'improvviso sentì un calore nuovo: Eddy aveva appoggiato una delle sua mani sulle sue, strette attorno alla chiave.

- Non avere paura. Te lo giuro, né io né Gabriel vogliamo farti del male. Ci servi intera e in forze! -

Quelle parole appena sussurrate ebbero il potere di calmare la ragazza. Con le mani ferme aprì il cancello e con il giovane uomo sempre a fianco percorse i pochi metri che la separavano dalla porta di entrata del condominio.

Una corsa per le scale e Virginia si trovò davanti all'entrata del suo appartamento.

Coraggio, ora sei qui, entra, si disse la ragazza facendosi coraggio.

Entrarono e lei accese subito la luce.

Nessuno.

- Non dovevamo trovare anche il tuo amico qui? - chiese scettica

Eddy entrò e si guardò in giro.

- Gabriel è già qui. Chiudi la porta -

In modo automatico, la ragazza eseguì. Poi guardò il biondo.

- E ora? - domandò. Sentiva che il panico si stava impossessando di lei. In fondo era sola in casa con una persona che qualche minuto le aveva dato l'impressione di possedere qualche grammo di pazzia. E l'aveva fatta entrare lei.

Stupendo!

- Vieni in salotto con me, Virginia - le disse Eddy tenendole la mano.

Senza sapere perché, la ragazza prese la mano che le era offerta ed entrò nel suo salotto assieme al ragazzo.

Accese la luce e in quel momento il bagliore del lampadario si fece molto forte, quasi accecante.

La giovane lasciò la mano di Eddy per coprirsi gli occhi. Fu un attimo, poi la percezione che la luce era tornata normale la pervase.

Tolse la mano, aprì gli occhi e si ritrovò davanti Gabriel.

- Ma allora era vero che c'eri - esclamò sconvolta.

Guardò entrambi gli uomini per un momento. Non potevano essere più diversi. Eddy biondo e delicato nei movimenti, lui possente, con capelli scuri e occhi verdi. Sembravano uno l'antitesi dell'altro, anche se si avvertiva che qualcosa in comune l'avevano...Ma cosa?

In silenzio la ragazza si sedette sul divano. I due erano rimasti in piedi davanti a lei.

- Certo che c'ero - rispose Gabriel guardandola - Te lo avevo detto che sarei rimasto con te, Virginia -

Poi guardò Eddy: - E' un piacere rivederti, Altezza -

Altezza? Altezza?

- E chi sarebbe "Altezza"? - domandò lei iniziando a sorridere un po' istericamente.

Eddy si sedette vicino a lei, mentre Gabriel scelse la poltrona all'altro lato del divano.

Fu quest'ultimo a rompere il silenzio.

- Virginia, lui è il principe Edward degli Aberthurg, erede al trono dei Regno dei Ghiacci. Io sono Gabriel, della stirpe dei Rein, i sacerdoti del Regno -

Silenzio.

- Virginia? - la voce di Eddy le arrivò un po' attutita, quasi da lontano.

- Sì, bello scherzo ragazzi. Ora andatevene dal mio appartamento e di corsa, prima che io chiami la polizia -

- Ascoltaci per favore...-

- Smettila, Eddy, non ti pare che tutto questo sia già...AHI! -

La ragazza si portò automaticamente la mano sulla spalla che portava la croce incisa sulla pelle. Scostò la maglia per guardare .Stava scottando e sanguinava.

Gabriel si alzò e si avvicinò.

- La croce sta rivivendo - disse a Eddy mentre prendeva tra le mani il braccio per controllare la ferita - Qualcosa in lei sta ricordando -

- Sentite, ma spiegarmi davvero chi cazzo siete?Chiedo troppo? E lasciami il braccio! -

- Hai ragione - disse il moro. Era rimasto in piedi davanti a lei e non accennava a muoversi - Allora, come Sua Altezza ti ha già detto, gli Aberthurg sono i legittimi eredi del Regno dei Ghiacci. Anche io sono un Aberthurg, anche se di stirpe Rein, quella dei sacerdoti.

Il nostro popolo ha un'antica discendenza angelica, che si perde nella notte dei tempi. I nostri Padri Angelici planarono millenni addietro sulla terra dei Ghiacci, che divenne loro di diritto. Mi stai seguendo? -

Virginia fece cenno di sì con la testa, incapace di parlare.

- Bene, furono i Padri a creare la stirpe reale, di cui Edward fa parte. Poi venne la casta sacerdotale angelica, chiamata Rein, di cui faccio parte io. Noi sacerdoti, uomini e donne, abbiamo un compito particolare, dobbiamo preservare le tradizioni del nostro popolo, ma dobbiamo anche difendere la nostra terra dai nemici. Siamo guerrieri sacri. E proprio per questo a noi è stato permesso di poterci accoppiare anche con umani, oltre che con angeli. Dall'unione con un umano derivano gli Halbes, sacerdoti e sacerdotesse metà umani e metà angeli, che hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri di un Rein. Mi stai capendo? -

La ragazza lo guardò. - Interessante, quando arriva la parte con Loki e Thor? -

- Come? Non capisco...- le disse Eddy

- Dai, è ovvio che mi state prendendo in giro! -

- No, Virginia, non ti stiamo prendendo in giro. Guardaci! - L'ordine di Gabriel le arrivò secco alle orecchie. Guardò prima lui e poi Eddy.

All'improvviso le loro immagini cambiarono e la ragazza riuscì a vedere il biondo vestito con gli abiti regali e sul capo la corona con un'ambra incastonata, poi spostò gli occhi sul moro, abbigliato con una tunica viola e in mano il bastone dei rituali. Non sapeva neppure lei come facesse a saperlo, ma sentiva che era così.

Chiuse gli occhi per un istante e si ritrovò davanti i ragazzi, di nuovo nella loro identità normale.

- Ora mi direte che io sono un Halbes, vero? - chiese a voce bassa.

- Non proprio - spiegò Eddy - diciamo che nelle tue vene ne scorre qualche goccia, ma sei tutta da ricostruire, quasi da risvegliare potremmo dire -

- Potevate risparmiarvi però l'entrata e le uscite dai miei sogni, le lettere sulla mia scrivania... -

- Lettere? Che lettere? - chiese Eddy serio - Noi non ti abbiamo mandato nessuna lettera -

- Quella che mi sono trovata sulla scrivania venerdì. Parlava di Daugr...-

- Sono stati loro, Altezza! Sono arrivati anche qui -

- Loro? E chi sarebbero questi "loro"?- chiese Virginia

- I Lysynn, i nostri fratelli ribelli che hanno preso possesso del nostro regno - spiegò il biondo. - Virginia, io e Gabriel abbiamo bisogno di te per riprendere ciò che ci spetta -

- Ah sì, e come? -

- Dovremo addestrati, farti risvegliare i ricordi della casta sacerdotale. Dovrai combattere al nostro fianco e poi...-

- Poi cosa?-

- Poi dovrai darci un figlio -

 

Lavanda's corner

Ed eccoci alla fine del 4 capitolo! Che ne pensate? :) Simpaticissimi Gabriel ed Eddy eh? XD Io vorrei ringraziare ancora tutti coloro che continuano a seguire, a mettere tra le preferite questa storia e a commentare! State aumentando sempre più grazie! Lascio il mio solito servile saluto a Jessy Night (XD) e vi ricordo la mia pagina Facebook e gli altri miei scritti in corso:

 

Il Mistero della strega

Ne Bis in Idem

 

A presto

Lav

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Capitolo 5
*** Cap.5 ***



Virginia era rimasta a bocca aperta. L'affermazione di Gabriel l'aveva lasciata senza fiato.

Un figlio? Ma stavano veramente scherzando?

Ostentando una calma che non aveva, incrociò le braccia sul petto e guardò il moro.

- Interessante, e a chi lo dovrei dare il figlio? A te o a Sua Altezza qui? -

Il sacerdote strinse la mascella. Quella ragazza lo stava infastidendo ed era anche un po' scocciato dalla resistenza interiore che stava incontrando in lei.

- Non ha importanza. Potrà essere mio, come del Principe Edward -

- Ma sicuro, quindi dovrò fidanzarmi prima con te, poi con lui? - Il tono acido della frase di Virginia non avrebbe dato adito a repliche, ma con ogni probabilità Gabriel non aveva idea di quella cosa chiamata "sarcasmo"!

- Non so come siano le vostre usanze, qui - rispose infatti - Ti posso dire che per noi non sarà un problema se tu sarai fidanzata con uno di noi o no. Dovrai solo accoppiarti con entrambi, così saremo sicuri che il figlio sarà di stirpe pura -

Il silenzio che seguì le parole dell'uomo fu assordante.

Poi la ragazza si alzò in piedi.

- Uscite dalla mia casa - disse a voce bassissima.

- Virginia, lo so che ora sei arrabbiata, ma... -

Lei si voltò verso Edward che era rimasto seduto sul divano e la guardava a braccia conserte. Per un momento la giovane si era dimenticata della sua presenza, presa com'era a contrastare Gabriel e le sue rivelazioni.

- Ma che cosa? - gli abbaiò contro.

Lui si alzò: - Ma credo che tu debba prendere in considerazione tutto quello che ti abbiamo detto, e soprattutto capire che devi risvegliare la tua vera identità -

Lei lo guardò senza parlare per un attimo. Poi si accorse che le gambe le stavano cedendo e si risedette pesantemente sul divano.

Si mise le mani sugli occhi e rimase in silenzio.

- Voi non state parlando sul serio. Mi state prendendo in giro - Alzò il viso dalle mani e si accorse che Edward si era riseduto anche lui alla sua sinistra, mentre Gabriel si era accomodato sul bracciolo del divano, alla sua destra.

Lei li guardò per un momento: - E' così, vero? Edward lo sa che amo leggere libri che parlano di cose fantastiche, paranormali. E ha deciso di farmi uno scherzo. E' così vero? -

Fece passare lo sguardo prima sul biondo, poi si girò verso il bruno.

Entrambi però rimasero seri.

Fu Gabriel a rompere il silenzio: - Le stiamo chiedendo troppo, Altezza. Non credo che sia in grado di ritrovare il suo ruolo -

- Dobbiamo darle un po' di tempo, Gabriel. Le siamo piombati qui e le stiamo rivelando ciò che davvero è, non pensi anche tu che... -

- Scusate! - La voce di Virginia interruppe il discorso dei ragazzi. - La volete piantare di parlare come se io non ci fossi? Pensate che sia una cosa normale quella che sta capitando? Non bastavano i sogni, le lettere anonime e via dicendo. Ora vengo anche a sapere che sono imparentata con...con quei Abertingi! -

- Aberthurg - la corresse Edward - Ma non sei proprio imparentata... -

- Ma cosa cazzo pensi che me ne importi! - Ora Virginia stava gridando contro il suo amico. Meglio: contro chi fino a qualche ora prima pensava fosse suo amico.

Era tutto così strano, così sbagliato.

La ragazza chiuse gli occhi e due lacrime iniziarono a scenderle dagli occhi.

Fu a quel punto che sentì un piacevole calore pervaderla. Partiva dal collo e si propagava per tutte le spalle.

Aprì gli occhi e si accorse che Garbiel la stava abbracciando da dietro.

Sentiva la sua bocca tra i capelli e realizzò che la stava stringendo a sé. Chiuse per un attimo gli occhi e lasciò che le sensazioni che la stavano pervadendo la inondassero.

Era così strano, pensava, e il tocco di Gabriel le sembrava così familiare...

Non sapeva più cosa pensare, aveva quasi deciso di far finta che fosse tutto un sogno, quando sentì la voce del ragazzo, bassa, vicino al suo orecchio.

- Virginia, facciamo in questo modo. Noi ora finiamo di raccontarti la nostra storia, poi tu decidi se hai voglia di crederci o no -

Lei aprì gli occhi e si girò per guardarlo.

- Che cambiamento repentino. Come mai ora sei così gentile? - Ma si pentì quasi subito di averlo chiesto, visto che sentì l'abbraccio del ragazzo allentarsi fino a sparire del tutto.

- Pensavo di essere gentile, ho provato a immaginare come ti potevi sentire. E poi, come ho detto, ci servi, dunque per me è essenziale che tu decida di tua spontanea volontà se vuoi aiutarci o no. Anche se la tua negazione significherà per noi la fine della nostra stirpe-

- Quando si dice non dare pressioni, eh Gabriel? -

Edward si era alzato e li stava guardando.

- Ti vado a prendere un bicchiere d'acqua? Vuoi Virginia? -

- Sì grazie, Edward. Tanto sai dove è la cucina -

Una volta che il biondo uscì dalla stanza, lei si girò a guardare il sacerdote Rein.

- Ti ascolterò. Ma poi se deciderò che non se ne farà nulla, voi dovrete andarvene. Chiaro?-

- Chiarissimo, direi -

Lei lo guardò ancora. Simpatico come una coltellata nella schiena, pensava.

Nel frattempo Edward era tornato. - Ecco l'acqua, Virginia - le disse passandole il bicchiere.

Mentre lei prendeva l'acqua dalle sue mani, pensò che anche Edward era cambiato. Era più serio, la chiamava per nome e non c'era più nulla nei suoi gesti e nelle sue parole che potevano indicare l'amicizia che c'era stata tra loro. Eppure fino a qualche tempo prima loro due erano "Eddy" e "Virgy".

Almeno fino a qualche ora prima.

La ragazza bevve un sorso d'acqua e aspettò che il Principe si risedesse.

Era stanca e aveva notato che le mani le stavano tremando.

- Dunque? - chiese in tono brusco passando lo sguardo prima sull'uno e poi sull'altro.

Gabriel sospirò.

- Puoi crederci come non crederci, Virginia. Ma come ti abbiamo detto tu sei una discendete degli Halbes, la stirpe metà umana e metà angelica. In te scorre il sangue di una antica sacerdotessa Halbes e quindi il tuo sangue per noi è puro. Fin qui ci siamo? -

- Certo, ma io non credo che... -

- Non te lo puoi ricordare, ovviamente - si agganciò Edward - E' qualcosa che si perde nella notte dei tempi. Una tua antenata era una sacerdotessa al tempo del regno di mio padre. Poi l'arrivo dei Lysynn, gli angeli ribelli, cambiò tutto. Ci rubarono il regno, ci rubarono la vita. Lei, come tanti altri Halbes, dovette fuggire. Sì, perché solo i Rein avrebbero avuto la vita risparmiata dai ribelli. Gli Halbes no. Lei scappò e si accoppiò con un essere umano normale. Da lì arriva l'origine della tua famiglia, ed ecco perché tu hai del sangue angelico nelle vene -

- Aspetta un momento! - Virginia lo interruppe con un mezzo sorriso - La tua storia non sta in piedi. A sentir te, tutte queste cose sarebbero accadute nella notte dei tempi, al tempo del regno di tuo padre, giusto? Scusa non regge: voi dovreste avere come minimo mille anni!-

Silenzio.

La ragazza si accasciò di nuovo sul divano.

- No, non ditemi che avete mille anni! Vi prego! Mi sembra di essere in un pessimo cliché di un romanzo Urban Fantasy! -

- Non so di che diavolo stai parlando! - la riprese Gabriel - Se ti può consolare il nostro tempo non scorre come il vostro. E non credo non sia il caso di dirti quanti anni abbiamo davvero, visto che stai diventando sempre più nervosa! -

- Gabriel, ti ha mai mandato nessuno a fan... -

- No, nessuno! - la interruppe Edward - Sai, Gabriel è il nostro sacerdote più potente e credo che non abbia idea di come si deve addestrare una sacerdotessa -

Molto bene, ora sono diventata la loro foca ammaestrata, pensò in maniera confusa la ragazza.

- Sentite, parlatemi di questa profezia, prima che la testa mi esploda in maniera definitiva!-

- Si chiama Profezia del Sangue Misto - disse il moro con voce seria. Era evidente che si era arrivati al nodo della questione. - In pratica, il sangue puro e il sangue misto si devono unire in maniera definitiva, per dare origine al nuovo erede della stirpe degli Aberthurg, quello che risolleverà le sorti di tutti noi: La donna risvegliata si unirà con il sangue puro. E' un'antichissima profezia, fatta dalla nostra Grande Sacerdotessa quando gli Aberthurg divennero una stirpe regale. All'inizio la figura del re comprendeva anche quella del sacerdote. Poi le figure divennero due ben distinte. Sai, i secoli passavano e ci si era dimenticati della profezia. Forse, peccando di presunzione, si pensava che non saremmo mai caduti, che il nostro regno sarebbe vissuto per sempre. Ma poi sono arrivati i Lysysnn e noi abbiamo perso tutto -

- Ecco perché si parla di un figlio. Alle origini, re e sacerdote erano una persona sola, dunque la donna si sarebbe unita con un uomo solo - Edward parlava e la guardava, cerando di capire se la ragazza stava afferrando il discorso.

Lo stava afferrando, purtroppo per loro.

- Ah. Quindi io mi dovrei unire con uno di voi per questo? -

- Si, ma non con uno di noi - la corresse Gabriel - Con entrambi noi -

- Certo, e nello stesso momento o in separata sede? -

- Bè, noi... -

Edward lo interruppe: - Credo che fosse un modo ironico per dirci di no, sai? -

Il moro lo guardò: - Davvero, Altezza? Devo dire che ti trovo davvero molto preparato sulle usanze degli umani -

- Ci ho dovuto convivere -

Virginia si schiarì la voce.

- Bene, mi avete detto tutto. Ora uscite -

- Ma noi... - tentò Edward.

- No, uscite, e in fretta anche - Lei si era alzata e aspettava che anche loro facessero altrettanto.

In silenzio i due lasciarono il divano e si diressero verso l'uscita.

Virginia non li accompagnò, ma tese solo l'orecchio per sentire il rumore della porta.

Quando sentì che erano usciti si stese sul divano con una mano sugli occhi.

Sto impazzendo, riusciva solo a pensare.

Fuori, sul pianerottolo, Edward e Gabriel si stavano parlando.

- Pensi che sia pronta? -

- Sì, Altezza, ti posso assicurare che l'ho sentito -

- E quando?-

- Quando l'ho abbracciata. Toccarla mi ha fatto entrare in contatto con la sua essenza più profonda. Si sta risvegliando, io lo so. Devo solo darle una mano -

- Fai quel che devi, ma fallo in fretta -

Gabriel si inchinò e si dissolse nella notte. Edward tornò verso la macchina e mise in moto.

***

Virginia stava sognando. Camminava per una strada buia, sola, quando d'improvviso due mani l'afferrarono.

Un attimo e si trovò tra le braccia di Gabriel.

- Ancora tu? - riuscì a sussurrare prima che lui se la stringesse al petto e le parlasse vicino all'orecchio.

- Ti ho stretto quando ne avevi bisogno, Virginia, ti ho scaldato quando avevi freddo, ti ho consolato quando eri triste -

La ragazza chiuse gli occhi e sentì solo la sensazione che la voce di lui le stava provocando.

Brividi lungo la schiena.

- Ho atteso a lungo, non mi sono rivelato. E l'ho fatto per te -

Lei si strinse ancora di più a lui. -Per me? - gli chiese con voce debole.

- Per te, Virginia. Ho atteso diciotto anni per baciare otto parti del tuo corpo -

Lei riaprì gli occhi di scatto e lo scostò. - Che cosa hai detto? -

- Ho baciato otto parti del tuo corpo, dopo avere atteso diciotto anni -

Lei lo guardò con occhi persi. - Non capisco, Gabriel...-

- Otto e diciotto, Virginia. Ricordati, cerca di risvegliarti! Ora! -

La ragazza si svegliò di soprassalto. Era ancora sul divano, dove si era addormentata dopo che i ragazzi erano andati via.

Otto e diciotto? Ma che significava? Eppure quei numeri le stavano dicendo qualcosa. Come anche la frase che le aveva detto il ragazzo.

Ho baciato otto parti del tuo corpo, ripensò a quella frase ed ebbe un brivido.

Per un attimo si immaginò le labbra di Gabriel su di lei.

Poi riaprì gli occhi e guardò l'ora. Le quattro e mezza del mattino.

Otto e diciotto.

Si alzò e andò verso il tavolo del salotto dove teneva il suo portatile.

Lo accese.

Doveva andare in fondo almeno a una di quelle questioni. Almeno una. Poi forse sarebbe impazzita del tutto.

Poi andò su google e cercò Simbologia dei numeri.

Dietro di lei qualcuno sorrise nell'ombra.

 

 

Lavanda's corner

Sono in ritardissimo con gli aggiornamenti! Me ne scuso, a mia difesa posso solo dire che ho dovuto lavorare tanto per una cosa e che tra poco potrò rivelare che cosa mi ha tenuto tanto lontano dalle mie amate fanfic! Vi anticipo che, se vorrete, mi potrete leggere anche da qualche altre parte...;)
Intanto ringrazio tutti quelli che mi stanno seguendo e un bacione a JessyNight che mi ha fatto il banner nuovo <3.

Vi ricordo ancora la mia pagina Facebook e l'altra mia storia in corso: Il mistero della Strega.

Baci a tutti

Lav

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Capitolo 6
*** Cap.6 ***



La luce del giorno trovò Virginia assopita sulla tastiera del suo computer. Aveva passato il resto della notte a cercare informazioni sul significato e la simbologia dei numeri che aveva sognato.

Aveva trovato qualcosa, ma alla fine la stanchezza e l'adrenalina avevano avuto la meglio e si era addormentata lì, sul tavolo, la testa appoggiata alla braccia.

Un pallido raggio di sole faceva capolino tra gli spazi della tapparella non del tutto abbassata. Il riflesso stava colpendo gli occhi della ragazza, che alla fine aprì gli occhi.

Per un momento non si ricordò di dove fosse e confusa si guardò in giro.

Poi gli avvenimenti della sera precedente le travolsero i pensieri con tutta la loro potenza e la ragazza si portò le mani alle tempie.

Mal di testa.

"E' domenica per fortuna", pensò alzandosi e andando ad aprire le finestre. Aveva bisogno di luce, di sole, di calore che spazzasse via quella sensazione di freddo che si portava dietro da giorni ormai.

- Da quando quei due sono comparsi per rovinarmi la vita! - commentò ironica ad alta voce.

Andò in bagno e sperò che una bella doccia calda la potesse aiutare a mettere un po' in ordine nei pensieri.

Poi, ancora con i capelli bagnati e un accappatoio addosso, si preparò un caffè lungo e forte.

Armata della sua tazza in mano, tornò alla scrivania dove aveva passato la notte a cercare il significato simbolico dei numeri 8 e 18.

Appoggiò la tazza sul tavolo e prese in mano i fogli che aveva stampato. Certo, non erano informazioni accuratissime, o meglio lo potevano essere come quelle trovate in internet, logico.

Però, per una persona come lei totalmente a digiuno di numerologia queste spiegazioni potevano andare bene.

Almeno all'inizio, poi ci sarebbe stato tempo per approfondire.

Sorseggiando il caffè prese il primo foglio in mano e rilesse per la decima volta quelle poche righe.

Il numero otto è il simbolo dell’infinito, il riflesso dello spirito nel mondo creato, dell’incommensurabile e dell’indefinibile. Indica l’incognito che segue alla perfezione simboleggiata dal numero sette. Incita alla ricerca e alla scoperta della trascendenza. Essendo un numero pari è formato dall’energia femminile e passiva. È il numero che simboleggia la morte, in termini di transizione, di passaggio.*

Virginia si agitò sulla sedia,questo era il passaggio che le provocava più angoscia, anche se ancora non le era chiaro perché. Sapeva che la morte può essere rappresentata in maniera metaforica come passaggio, molte sua amiche che leggevano i tarocchi glielo avevano spiegato. Ma trovarselo scritto nero su bianco come retaggio di un sogno fatto, bé questo era un po' strano. Vero? O stava diventando pazza? I sogni, le visioni...Stava impazzendo come sua madre?

La ragazza scosse la testa, costringendosi a scacciare i brutti pensieri e stringendosi addosso l'accappatoio riprese a leggere il significato del numero otto: L’otto precede il numero nove che indica la nascita. Come il numero sei, l’otto è un numero ambivalente. l’otto orizzontale è la rappresentazione algebrica dell’infinito e si lega a valori sia positivi che negativi. L’infinito è di natura positiva quando si collega all’illimitato, nel senso di apertura alla trascendenza. Ma è di natura negativa quando l’infinito cade in un circolo vizioso di ciò che non ha fine. L’otto essendo la somma di 4+4, è un numero pragmatico, in quanto esalta la natura concreta e tangibile del numero quattro. Inoltre indica la legge, il rigore e la regola, sempre secondo il suo aspetto concreto.*

Rinascita, giustizia...Le tornarono alla mente le parole di Gabriel, forse le prime che le aveva detto: " Devi risvegliarti, Virginia, ci devi aiutare, dobbiamo riprenderci ciò che i Lysynn ci hanno portato via!".

I Lysynn, già... Virginia aveva cercato in internet qualcosa che l'aiutasse a comprendere e a conoscere questa popolazione. Ovviamente non aveva trovato nulla, se non un piccolo accenno in un testo medioevale di leggende scandinave, dove si parlava di un popolo dannato, i "Leyseynn",che era sceso dal cielo per rubare il regno di un'altra popolazione angelica che aveva deciso di colonizzare alcune fredde terre del Nord.

Sì, è vero, era praticamente la stessa cosa che le avevano detto Gabriel ed Edward, ma la ragazza non aveva voglia di ammetterlo.

Appoggiò sul tavolo i fogli sul numero otto e rilesse ancora una volta quelli sul numero diciotto, molto interessanti: Numero essenzialmente femminile, rappresenta il carattere ricettivo, creativo e intuitivo dell’individuo. La riduzione del diciotto è il nove (18 = 1 + 8 = 9), con il quale condivide un’energia simile, essendo un numero femminile rappresenta la donna, nel senso di madre che genera una nuova vita.*

Ecco. E questo le riportava alla mente la seconda parte del discorso, La Profezia del Sangue, l'erede che doveva dare..a chi esattamente? A Edward? O a Gabriel?

Un brivido le percorse la schiena e quasi con stizza buttò i fogli sul tavolo.

Si alzò in piedi e con due falcate arrivò al centro della stanza.

- Ehi, mi sentite? - gridò con il viso rivolto al soffitto - Edward, Gabriel, ci siete? Andiamo, lo so che mi sentite e che vi potete spostare a vostro piacimento! Ho delle domande! Vi spiacerebbe venire qui? -

Silenzio.

Nulla rispose ai richiami della ragazza, che rimase ancora qualche minuto in attesa, trattenendo quasi il respiro. Solo il battito del suo cuore le rimbombava nelle orecchie.

- Volete venire, maledizione? - il tono sempre più stridulo stava a indicare che il livello di incazzatura di Virginia si stava alzando sempre di più.

Con un sospiro si rese conto che non solo non sarebbe arrivato nessuno, ma che forse non sarebbe più arrivato nessuno.

Per un attimo un senso di tristezza la pervase e le passò davanti agli occhi l'immagine di Gabriel. Sentì di nuovo i suoi abbracci, la sensazione che aveva provato durante il sogno, le mani di lui che la stringevano. Poi si rese conto di quel che stava pensando e si arrabbiò con se stessa.

- Complimenti Virginia, ora ti lasci anche prendere dagli ormoni, come una quindicenne stupida. Invece di perderti nei tuoi sogni, magari, potresti iniziare a pensare di avere sognato tutto? -

Sì, sognato. Era più semplice. Almeno non sarebbe finita come sua madre. Un improvviso senso di freddo l'attraversò.

Ricordava ancora quella conversazione tra i suoi genitori, anche se loro non sapevano che lei era lì. Era piccolina, nascosta sotto il tavolo, invisibile agli occhi del mondo.

"Ti dico che li vedo, davvero!".

" Smettila, Lucy. Sono tue fantasie, parti della tua mente!".

"Richard, te lo assicuro! Sono reali, sono arrivati per parlarmi di me, delle origini della mia famiglia. Hanno bisogno di me".

"Lucy, tu hai bisogno di aiuto".

Virginia rabbrividì realizzando che sua mamma stava raccontando la stessa cosa che era capitata a lei negli ultimi due giorni.

Quella era stata l'ultima volta che aveva visto la sua mamma in casa. Il giorno successivo suo padre l'aveva fatta ricoverare in un ospedale psichiatrico. A lei non era stato detto così, chiaro, le avevano detto che la mamma era via per riposare.

Che cosa crudele da dire a un bambino. Virginia per anni aveva pensato che mamma si stava riposando perché era stata proprio lei a stancarla, e per questo non era tornata più a casa.

Solo verso l'adolescenza aveva capito che la mamma soffriva di turbe psichiche. Come è che le avevano definite? Ah, sì, ossessioni schizofreniche con visioni.

E ora stava capitando anche a lei?

D'improvviso il cattivo umore e lo scoramento si impossessarono di lei e Virginia passò la domenica avvolta nell'accappatoio distesa sul divano, leggendo e dormendo in attesa che arrivasse la sera. Aveva davvero voglia che quella giornata terminasse.

L'indomani, dopo una notte senza sogni, si presentò in ufficio con un leggero anticipo.

Era sicura di trovare Edward lì, non aveva mai mancato un giorno di lavoro, e lei voleva parlargli, capire alcune cose, anche se ancora non sapeva cosa gli avrebbe chiesto.

"Comunque meglio parlare con Ed piuttosto che con Gabriel, sempre che esistano e che non siano un parto della mia fantasia entrambi!", pensò mentre aspettava il collega, ma la scrivania accanto alla sua rimase vuota.

Provò a chiamarlo sul cellulare, ma era spento. A quel punto provò anche al numero di casa del ragazzo, ma come si aspettava non rispose nessuno.

Verso le dieci non ce la fece più e andò nella stanza accanto.

- Ehi Henry - salutò il ragazzo seduto vicino alla finestra che stava correggendo alcune bozze.

- Virginia! Come mai da queste parti? Ho sbagliato qualche cosa e sei venuta a sgridarmi? -

- Assolutamente no - lei si sforzò di sorridere - volevo solo sapere se avevi notizie di Ed. Sai stamane non si è presentato e al telefono non risponde -

Lui la guardò: - Pensavo lo sapessi. Ha telefonato stamattina presto per avvisare che ha alcuni problemi familiari e che per un po' non verrà al lavoro -

Problemi familiari?

- Io...io non lo sapevo -

- Avrei giurato di sì, siete così affiatati voi due! -

"Forse un tempo", pensò sconsolata la ragazza mentre tornava alla sua scrivania.

Bene, era stata lei in fondo a dire ad Edward e Gabriel di uscire da casa sua e di sparire dalla sua vita. E loro l'avevano presa in parola, anche troppo!

Sospirò mentre prendeva in mano la penna e cercava di concentrarsi sul lavoro.

Sarebbe stata una lunga giornata.

Alle sei del pomeriggio decise di tornare a casa, era stanca e ormai il sole era tramontato. Non le piaceva dover rincasare d'inverno al buio, ma quella mattina era arrivata al lavoro a piedi, convinta che ci fosse Edward e che poi l'avrebbe riportata a casa lui mentre cercavano di chiarire la situazione.

Le avrebbe detto che era uno scherzo, che tutto andava bene e le cose sarebbero tornate come prima.

Ma non era andata così e ora la ragazza camminava vicino al muro stringendosi nel cappotto.

Era nervosa.

A pochi isolati da casa decise di fare una piccola scorciatoia e si infilò in un vicolo un po' angusto. In quel momento i lampioni si spensero tutti assieme.

- Accidenti ai black out di questa città!- esclamò Virginia allungando le mani in avanti per non trovare ostacoli.

All'improvviso sentì freddo. Un gelo terribile la stava circondando. Si fermò un momento e percepì un movimento vicino a lei.

- Chi c'è? - chiese guardinga. Nessuna risposta-

- Chi è ? - ripeté ancora la ragazza.

Nell'ombra intravide una figura alta e dei lunghi capelli biondi.

- Edward? - domandò cercando di aguzzare la vista nel buio.

Fu un attimo. Con un balzo la figura fu vicino a lei e Virginia si trovò schiacciata tra il muro e questa persona.

Era un uomo, ma non Edward, anche se la corporatura era similare. I capelli biondi erano molto più lunghi di quelli del suo amico, ma non riusciva a vedere il volto dell'aggressore.

Emanava una luce strana, non violenta, ma abbastanza potente da renderle difficile osservarlo. Virginia poteva solo vedere che aveva la pelle bianchissima. Ebbe il tempo di realizzare solo questo, perché sentì sul suo collo le mani del suo aggressore. Stringevano sempre di più e la ragazza iniziava a boccheggiare.

Con un ultimo barlume di lucidità capì che stava per morire. Le orecchie iniziavano già a ronzarle e il respiro era sempre più difficile.

Non capiva perché, non sapeva chi le voleva far del male, sapeva solo che tra poco tutto sarebbe finito.

Forse.

Una forza esplose all'improvviso in lei e con il poco fiato che le rimaneva riuscì a sillabare una parola che le era salita alle labbra.

- Be...Beskytter!-

L'aggressore, sorpreso, mollò la presa indietreggiando e Virginia scivolò a terra, sempre con la schiena appoggiata al muro.

Vide che l'uomo stava per scagliarsi ancora su di lei, quando improvvisamente dall'ombra uscì un'altra figura, a lei per fortuna familiare.

- Gabriel... - sussurrò mentre l'uomo andava incontro all'aggressore. I due uomini si fronteggiarono per un momento, poi il biondo sparì.

Virginia chiuse gli occhi e si sentì fluttuare. Capì che qualcuno l'aveva presa in braccio e che, dopo un tempo che le era sembrato infinito, era stata portata al sicuro, in una casa forse.

Ma era troppo debole per parlare o aprire gli occhi. Si limitò solo ad ascoltare il dialogo che si stava svolgendo vicino a lei.

- Dove l'hai trovata? -

- Vicino a casa sua, un Lysynn l'aveva aggredita -

- Ci hanno trovati. Se l'uccidono la nostra speranza di rinascere si spegne -

- Non se sarei così sicuro, Altezza -

- Perché? -

- Virginia mi ha invocato con il mio nome rituale. Sta ricordando. Quando si sentirà meglio inizieremo ad addestrarla come la sacerdotessa guerriera che è -

- ...E che gli dei ce la mandino buona - borbottò Edward mentre con Gabriel guardava la ragazza stesa su un divano.

 

 

* dal sito www.mitiemisteri.it

 

Lav's corner

Ok, non dirò che sono in ritardo perché ho poche scusanti!^^ Purtroppo la vita è sempre più frenetica e io probabilmente mi organizzo male visto che non ho mai tempo per fare nulla!

Comunque! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, è effettivamente un po' di transizione, serve a entrare nel vivo dell'avventura!:)

La numerologia mi affascina, è una delle discipline che studio assieme all'ipnosi regressiva ed è davvero interessante! Queste sono proprio poche informazioni sui numeri, ma per chi interessa ci sono ottimi libri in giro che parlano di questo argomento!

Al solito, vi lascio la mia pagina Facebook per comunicare con me se avete voglia e ci si riaggiorna in tempi più brevi!:)

Baci a tutti

Lav

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Capitolo 7
*** Cap.7 ***



Virginia si sentiva fluttuare. Cadeva e non riusciva a trovare un appiglio per fermarsi. Scivolava sempre più giù, senza poter fare nulla.

-Virginia- una voce, alle sue spalle. Una mano che le veniva offerta. Lei la strinse e si sentì subito al sicuro, in salvo.

- Virginia -

La ragazza si mosse piano, prendendo coscienza del fatto che il suo era una specie di dormiveglia e che una voce si stava insinuando lentamente nei suoi sogni e nei suoi pensieri.

- Virginia -

Ora non poteva più rimandare, cercò quindi di aprire gli occhi, anche se ogni mossa le costava una fatica indicibile.

Sbatté piano le palpebre e si portò una mano sugli occhi.

Capì di essere su un divano, doveva aver dormito a lungo.

Si guardò attorno. La penombra non l'aiutava a riconoscere il luogo. Certo, non era a casa sua, questo era poco, ma sicuro.

Ma cosa ci faceva lì? Chi l'aveva portata? Cosa era successo?

Un dolore acuto alle tempie, come una pioggia di spilli conficcati nella carne, le provocò nausea. D'improvviso si ricordò che era stata assalita.

Sì alzò di scatto, ma la testa iniziò a girarle.

- Ma dove sono? - chiese a voce alta mentre si teneva la testa con le mani.

Vide due ombre vicino a lei.

- Edward? Gabriel? - domandò sperando di non trovarsi ancora faccia a faccia con chi aveva tentato di farle del male.

I ragazzi uscirono dal buio e si avvicinarono a lei.

Entrambi avevano gli occhi preoccupati, ma fu solo Edward a chinarsi verso di lei e a parlare.

- Come stai, Virginia? Sono così addolorato per quello che ti è successo -

La ragazza prese le mani che l'amico le stava tendendo e per un momento rimase a godere il calore che avvertiva.

Lui vide che si stava guardando attorno, non riconoscendo il posto.

- Ti abbiamo portato in un posto sicuro, questo è il luogo dove Gabriel risiede quando è in questo mondo. Non ti devi preoccupare, tutte le entrate sono state protette con incantesimi. Mi vuoi dire cosa ti ricordi di quel che è successo? -

- Io...qualcuno mi ha aggredito. Ero per la strada, stavo tornando a casa. Non...non sei venuto in ufficio oggi...-

Edward si sedette sul divano, vicino a lei. Le spiaceva vederla così, impaurita e confusa.

- Sei stata assalita da un Lysynn. Sanno che ti abbiamo trovata e che siamo riusciti ad entrare in contatto con te. Temono che tu possa aiutarci a recuperare il nostro regno -

- Ma Ed, io non ricordo nulla, come posso... -

- Non ti ricordi cosa hai gridato quando il Lysynn ti ha assalito? -

Virginia corrugò la fronte, mentre continuava a stringere la mano dell'amico. Era vero, aveva detto qualcosa, aveva pronunciato una parola che ora non riusciva a ricordare. E qualcuno era arrivato a salvarla.

- Non so cosa ho detto, mi è salita alla bocca una parola che ora non ricordo -

- Hai chiamato me - Gabriel uscì dall'ombra, all'improvviso. Virginia lo guardò negli occhi. Ora sì, ricordava la stretta delle sue braccia mentre la sollevava da terra e la portava lontano dal pericolo. Ricordava anche come lei si era sentita al sicuro e protetta mentre si stringeva a lui.

- Mi hai chiamato con il nome rituale che utilizziamo durante i nostri riti - le spiegò ancora sempre rimanendo in piedi, distante da lei - Stai iniziando a ricordare. Ora lo sai che sei una di noi, vero? -

La ragazza lo fissò, poi guardò l'amico che ancora le stava stringendo le mani.

Qualcosa dentro di lei si ruppe e le salì alle labbra una sola parola: - Sì - Lei stessa si stupì della sua ammissione. La storia le sembrava ancora senza senso, ma aveva avvertito una positività che l'aveva portata a dire di sì.

E comunque qualcuno l'aveva aggredita, qualcuno che non era umano. Voleva vederci chiaro anche lei.

Nel frattempo i due uomini si stavano guardando.

- Sua Altezza, forse c'è ancora speranza per noi -

Sua Altezza? Ah sì, si dimenticava sempre che Edward era il re di quella terra lontana.

- Che cosa dovrei fare, allora?-

Il biondo le strinse ancora un po' le mani.

- Gabriel ti addestrerà. Hai bisogno di fortificare il corpo, prima che la mente. Tutto si risalirà nelle pieghe dei ricordi. Ma ora devi riposare. Domani inizierete a lavorare assieme, ascolta quello che ti dirà lui -

Essere agli ordini di Gabriel? Virginia scosse la testa: non sarebbero mai andati d'accordo, come diamine avrebbe potuto essere addestrata da lui?

Guardò il ragazzo che rimaneva un po' scostato dal divano: lui ricambiò lo sguardo ridacchiando.

Perfetto, pensò lei, ci uccideremo dopo il primo giorno!

- Ma come farò con il lavoro? - chiese preoccupata a Edward. Aveva deciso di parlare solo con lui, non aveva neppure voglia di guardare il moro, anche se avvertiva i suoi occhi neri puntati su di lei.

- Chiamerò io e dirò che sei andata a trovare tua madre che non sta bene. Avviserò tutti che ti sei presa un po' di giorni di ferie, in fondo sono sempre io il tuo capo, no? -

La ragazza sorrise debolmente. Le parole del ragazzo le avevano riportato alla mente la mamma chiusa in quella specie di ospedale psichiatrico.

Abbassò lo sguardo proprio mentre Edward scioglieva la mano dalla sua e le passava dolcemente un dito sulla guancia destra.

- Le assomigli così tanto... - Quattro parole, solo quattro parole che lasciarono Virginia senza fiato.

Stava per parlare, ma il ragazzo fu più veloce di lei, si alzò e uscì dalla stanza.

La ragazza si girò verso Gabriel che era rimasto in piedi, con la braccia incrociate e lo sguardo corrucciato.

- Di chi stava parlando, Gabriel? -

Il sacerdote si avvicinò a lei.

- Hai capito benissimo -

Lei scostò la coperta con un gesto brusco, si alzò e gli si piantò davanti.

- Stava parlando di mia madre, non è vero? -

Mille pensieri le stavano turbinando in testa.

Allora era tutto vero? La mamma era in contatto con loro? Erano queste le "presenze" di cui parlava? Quelle per le quali poi suo padre l'aveva rinchiusa in manicomio?

Lacrime di rabbia le salirono agli occhi.

Gabriel se ne accorse e decise di rivelarle qualcosa.

- Senti, non dovrei dirti troppe cose, perché devi ancora ricordare, ma sì, avevamo cercato di contattare anche tua madre prima di te -

- Ma perché? -

- Come perché? Sei tu hai una parte di sangue angelico nelle vene non ti pare ovvio che anche lei l'avesse? -

-Sì, ma allora perché...?-

- Perché non ci ha aiutato? Lei avrebbe voluto aiutarci, sai? E' stata molto più aperta di mente di te, ci ha compreso subito. Ma immagino che non sia del tutto colpa tua. Lucy, tua madre, era cresciuta in una famiglia dove le vostre origini angeliche erano riconosciute. Una volta rinchiusa in quell'ospedale non le è stato possibile trasmetterti la sua conoscenze e nemmeno aiutarci -

Virginia lo ascoltava, ma aveva anche una tremenda voglia di colpirlo. Come osava dare tutti quei giudizi? Che ne sapeva lui di quel che lei da bambina aveva passato senza una mamma? Come poteva concentrarsi solo sul fatto che loro non avevano avuto l'aiuto che cercavano?

Un momento. Loro?

- Ma quindi vuoi dire che eravate sempre voi? Tu e Edward? Voi due eravate in contatto con mia madre quando io avevo pochi anni? -

Il ragazzo sbuffò. Questa ragazza lo innervosiva. Come mai voleva sempre sapere tutto quando ancora non era il tempo?

- Sì, eravamo noi. Ci abbiamo provato, ma è andata male. Per questo abbiamo aspettato te. Ora, cortesemente, cerca di riposare, domani l'allenamento sarà duro -

Si avviò verso l'uscita della stanza, ma la voce della ragazza lo trattenne.

- Aspetta! -

- Cosa c'è ancora, Virginia? -

La domanda le uscì spontanea dalle labbra: - Edward era innamorato di mia madre, vero? -

Non sapeva perché aveva quella consapevolezza. Forse per come il ragazzo le aveva accarezzato il viso, forse per la dolcezza che aveva quando parlava della sua mamma.

Guardò Gabriel, aspettando una risposta, ma il ragazzo si limitò a fissarla, poi uscì, sbattendosi la porta alle spalle.

Un silenzio che portò alla ragazza poche risposte e molte altre domande.

Si sedette sul divano e cercò di mettere ordine nei suoi pensieri.

Ma le emozioni della giornata le avevano fiaccato il corpo, oltre che lo spirito e si addormentò quasi subito profondamente.

Non si accorse delle mani che la coprirono dolcemente con la coperta e che le accarezzarono il viso.

L'indomani si svegliò indolenzita, dopo una notte senza sogni. Stiracchiandosi, si accorse che su una sedia vicino a lei c'erano dei vestiti puliti, asciugamani e tutto il necessario per fare una doccia.

Si alzò e individuò il bagno.

Dopo una bella doccia e con vestiti nuovi addosso, Virginia uscì dalla stanza da bagno per tornare nella stanza dove aveva dormito.

Non c'era nessuno.

Decise di guardarsi attorno e aprì con mille precauzioni la porta.

Un corridoio si stagliava davanti a lei. Iniziò a camminare e si infilò nella prima stanza alla sua sinistra.

Si trovò in una camera grandissima, con tendaggi neri e candele sparse un po' ovunque. Sul tavolo erano aperti dei libri e un grande letto a baldacchino, anche esso con lenzuola nere, troneggiava sulla sinistra della stanza.

- Ma dove diavolo sono? -

- In camera mia -

La voce di Gabriel, improvvisa dietro di lei, la fece sobbalzare.

Si girò e si trovò davanti un ragazzo dallo sguardo accigliato. Lo guardò: aveva un paio di pantaloni neri e una camicia verde scuro.

- Scusami, stavo camminando per la casa e... -

- E hai deciso di ficcare il naso dove non dovevi. Tipico tuo -

Virginia si seccò e con due falcate raggiunse il ragazzo.

-Senti un po', sacerdote bello, siete voi che mi avete contattato, siete voi che avete bisogno di me e sempre voi che non potete recuperare il vostro regno senza di me. O sbaglio? -

Gabriel la lasciò ancora una volta senza parole, perché la scostò e si diresse ridacchiando verso il tavolo.

- Ci sono parecchie cose che non sai, ma prima di tutto dobbiamo esercitare il tuo corpo -

- Non ne vedo il motivo -

Lui la guardò un attimo prima di parlare.

- Lo sai, vero, cosa ti ha assalito l'altra sera? -

- Certo, un Lysynn -

- Quasi. Ti ha attaccato una creatura mandata dai Lysynn, quella che fa il lavoro sporco per loro. Un Draugr. Ti ricordi del Draugr? Una volta mi hai chiesto se lo ero anche io -

Lei annuì e si avvicinò a lui.

- Sì, avevo letto che possono infilarsi nei sogni e tu mi hai detto che lo avevi fatto con me -

- E' vero in parte. I Draugr sono stati creati dai Lysynn quindi hanno alcune caratteristiche dei loro padroni. Non dimenticare che sia noi, gli Aberthurg, che loro siamo una stirpe angelica quindi molte cose le abbiamo in comune -

- Ma io non capisco alcune cose - la ragazza prese una sedie e si accomodò al tavolo - perché mi hanno mandato delle lettere anonime in ufficio? -

- Volevano spaventarti, volevano fare in modo di confonderti quando avresti poi visto me e Sua Altezza -

- Bé per quanto riguarda il confondermi ci son riusciti. Non so neppure se sia giusto che io sia qui o no -

Gabriel appoggiò le mani sul tavolo prima di parlare.

- Virginia, qui non stiamo giocando, non si tratta di capire se è giusto se sei qui o no. Abbiamo bisogno di te per tornare a essere quelli che eravamo. Quindi o dentro o fuori, ci stai o no? -

Lei sbuffò: - Certo che come rassicurazioni sei pari a zero, eh Gabriel? Comunque, cosa dovrei fare? -

- Imparerai i nostri rituali e combatterai con noi contro i Lysynn. Per questo devi allenare il corpo -

- Ma andiamo, cosa vuoi che mi serva allenarmi se...OH! -

Virginia si era sentita sollevare d'improvviso e ora si trovava sbattuta contro il muro, con il corpo di Gabriel che stava schiacciando il suo.

- Noi siamo veloci, molto veloci, Virginia - sentiva la sua voce che le vibrava nell'orecchio - devi imparare a combatterci. Sai che ora potrei ucciderti solo con una mossa della mano? -

Era vero. La ragazza realizzò che era immobile tra le braccia del sacerdote e che non si poteva muovere.

- Bene, e ora che faccio? -

A Gabriel brillarono gli occhi, finalmente vedeva la voglia di fare in quella ragazza!

- Pensaci, incanala tutte le tue forze nel pensiero. Cosa vuoi fare? -

- Voglio liberarmi! -

- Pensa Virginia, pensa a quel che vuoi! -

La ragazza chiuse gli occhi e fece come il ragazzo le stava dicendo. D'improvviso sentì una forza interiore scalpitarle dentro e spinse via con facilità Gabriel da lei.

Lui, preso alla sprovvista, barcollò e lei ne approfittò per lanciarsi contro di lui e farlo cadere.

Galvanizzata da questa situazione, lo guardò sorridendo.

- Sono stata brava? -

- Abbastanza, ma ricorda di non abbassare mai la guardia - e dicendo così Gabriel la prese tra le braccia e rovesciandola la mise sul pavimento, sotto di lui.

Virginia rimase interdetta per qualche secondo. Poi il profumo di lui la colpì come uno schiaffo.

Era un odore sensuale, non sapeva in che altro modo descriverlo. Lo guardò negli occhi e vide che anche lui la stava guardando con intensità.

Gabriel iniziò ad avvicinarsi alle sue labbra, lei chiuse gli occhi, aspettando di essere baciata.

Ma dopo qualche secondo si accorse che non stava arrivando nessun bacio. Aprì gli occhi e si trovò davanti il viso del ragazzo.

Ridacchiava.

- Allora, signorina, la seconda lezione è di non dare per scontato nulla. Pensavi che ti avrei baciato, non è vero? -

- No! - mentì lei, mentre si liberava dalla stretta dell'uomo e si rimetteva in piedi.

Anche Gabriel si alzò.

- Certo, come no! Senti, ho avvertito ancora un po' di debolezza nel tuo corpo. Per stamattina finiamo qui, riposa. Leggi qualche libro sacro - e le indicò i libri che erano aperti sul tavolo.

- Continueremo nel pomeriggio. Proseguiremo con gli esercizi fisici, ma aggiungeremo anche qualche rituale. Certo, prima dovrò purificarti -

- Purificarmi? E come? -

- Ti metterai in ginocchio davanti a me e farò io il rituale di purificazione. Poi potrò insegnarti qualcosa, finalmente! -

Ma stava scherzando?

- Inginocchiarmi davanti a te? Ma dovrai costringermi a farlo! -

Lui la guardò.

- Non sfidarmi, bambolina, potresti anche trovare piacevole stare in ginocchio davanti a me! -

Virginia divenne rossa dalla rabbia. - Come ti permetti? Ma tu sei un... -

- Mostro, sì, lo so. Studia allora. Ci vediamo più tardi -

E aprì la porta e se ne andò.

Infuriata, la ragazza prese un libro e lo tirò addosso alla porta chiusa.

- Ma chi si crede di essere questo? Lo odio! - urlò

Sentì Gabriel ridacchiare nel corridoio.

Si sedette e iniziò a sfogliare un libro.

Sarebbe stata una lunga giornata.

 

 

 

Lav's corner

Ciao a tutti! Lo so, questa storia l'aggiorno poco spesso! Mea culpa è che penso troppo alle cose da scrivere, visto che a questa storia tengo molto! Ma vedremo un po' se riesco a rimettermi in pari con gli aggiornamenti!:)

Nel frattempo eccoci qui: ma voi che dite? Edward era innamorato della mamma di Virginia? Oppure è solo un pensiero della ragazza? E secondo voi davvero Gabriel e Virginia non si possono vedere?

:)

Mi piacerebbe sentire qualche vostro parere, se volete anche sulla mia pagina Fb!

Baci e a presto

Lav

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Capitolo 8
*** Cap.8 ***




Il resto della mattina passò velocemente.

Virginia aveva sfogliato in modo distratto qualche libro trovato sul tavolo. Alcuni parlavano di fasi lunari e del loro significato.

Imparò le varie differenze tra luna nuova e luna nera, capì cosa significavano le differenti falci lunari e che ruolo importante rivestiva la cosiddetta luna del seme.

Poi spazientita spinse il libro da una parte. Che diavolo le poteva importare della luna piena? E cosa erano tutti questi rituali descritti nelle varie pagine?

Ancora non capiva e non era molto ben disposta verso il suo insegnante.

Gabriel.

Lo detesto, pensò la ragazza mentre addentava una mela. Aveva trovato un cesto di frutta fresca in camera e quindi aveva deciso di approfittarne.

Mentre mangiava, si fermò a pensare ancora a ciò che Gabriel le aveva detto prima.

- Mamma... - sussurrò appena. - Era tutto vero, tu vedevi queste creature. E io ero troppo piccola per poterti difendere. Scusami... -

Si asciugò una lacrima mentre pensava alla sua mamma. Da quel che sapeva era ancora rinchiusa in quell'ospedale psichiatrico.

E solo per avere detto la verità a suo marito.

Papà non le ha creduto, si disse tristemente la ragazza.

Per un attimo ebbe un moto di rabbia verso suo padre, poi si calmò.

Andò verso una finestra e guardò fuori. Non riusciva a capire dove era, certamente in una parte della città a lei non molto familiare.

- Però era difficile crederle, me ne rendo conto. Neppure io ho creduto a me stessa quando questi due pazzi sono arrivati da me. Certo, ora posso dire che sono abbastanza reali -

- Ne sono lieto! -

Virginia si girò di scatto. I suoi ragionamenti ad alta voce erano stati scoperti dall'unica persona che non avrebbe dovuto sentirli!

- Gabriel, che ci fai qui? -

- Sai, questa è camera mia -

Era vero. La ragazza ci era finita dentro mentre andava in giro per la casa e, dopo una sessione di addestramento con il Sacerdote, non ne era uscita.

Confusa e scocciata per essere stata presa in fallo, rimase in silenzio.

Lo guardò. Era vestito con jeans e maglietta nera, un po' aperta sotto al collo. Aveva un grosso involucro tra le mani.

Lei aprì leggermente le labbra.

- Scusa - farfugliò.

- Incredibile, sono riuscito a ridurti al silenzio. Se sapevo che era sufficiente metterti così in imbarazzo lo facevo prima -

- Gabriel, io non... -

- No, senti, non ho né tempo né voglia di stare a parlare con te. Ci sono cose più serie da fare -

Si avvicinò alla scrivania e la ragazza lo raggiunse.

- Questo è per te - le disse mentre le porgeva ciò che portava tra le braccia.

Virginia prese l'involucro, lo scartò e ne uscì un mantello azzurro, bordato di un motivo a greca dorato.

C'era anche una coroncina formata da quarzi e acque marine.

- Questo cosa sarebbe? -

- Quello che sembra: il vestito che ti devi mettere per il rituale di oggi -

Lei lo guardò spaesata.

- Pensavo che scherzassi -

Il ragazzo le si avvicinò, fissandola con i suoi grandi occhi neri.

- Non scherzo mai su queste cose. Ti ho detto che devi essere purificata per poter iniziare a comprendere la nostra storia, i nostri rituali e le nostre tradizioni. Ora vestiti e scendi con me -

Virginia lo guardò. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma la voce non le veniva in aiuto.

Alla fine capitolò.

-Se mi devo vestire, allora tu dovresti... -

Lui alzò una mano per interromperla.

- Ti prego, vogliamo non fare la scenetta del "Io mi devo vestire per favore esci?". Ti ricordo che io sono venuto da te molte notti per farti rinascere i ricordi senza essere visto. E ne ho viste di cose... Hai sempre l'abitudine di lasciare il reggiseno sulla sedia vicino al letto? -

La ragazza avvampò. - Tu...tu..sei impossibile!-

- Sì, e tu sei una testa dura. Ti dicevo che comunque puoi metterti la tunica sopra i tuoi vestiti, mica devi essere nuda sotto. Sbrigati, ti aspetto fuori. E, Virginia, magari poi torna nella tua stanza, eh? -

E uscì prima che lei potesse ribattere in qualche modo.

Sospirando, Virginia indossò la tunica sopra i suoi vestiti. Aderiva perfettamente, come se qualcuno avesse preso le misure.

Come se qualcuno avesse passato le sue mani su di me così tante volte da sapere la mia taglia, pensò.

Cercò di scacciare queste immagini dalla testa e si posizionò la coroncina sui capelli neri, che le ricadevano mossi sulle spalle.

Si guardò a uno specchio.

Le stava bene.

I quarzi le illuminavano il viso fatto a forma di cuore, mentre l'azzurro delle acque marine accentuava il colore verde dei suoi occhi.

Non sapendo assolutamente a cosa stava per andare incontro, aprì la porta e si trovò davanti Gabriel, già vestito con una tunica pervinca e con un lungo bastone nella mano destra.

- Eccoti - le disse mentre allungava una mano per prendere la sua - Stai davvero bene -

Un complimento?

- Grazie - rispose lei titubante.

- Ora scendiamo nel salone - le spiegò mentre iniziava a camminare tenendola sempre per mano - Lì troveremo Edward. Sua Altezza sarà vestito con i paramenti sacri. Tu non devi fare nulla, faremo tutto noi e vedrai che finiremo in fretta e potremo riprendere il nostro allenamento -

Virginia annuì in silenzio. Si stava godendo il calore della mano del ragazzo. Le pareva così familiare...

Poi si ricordò che probabilmente l'aveva vista nuda e tutti i pensieri positivi sparirono in un secondo!

Arrivarono al salone principale della casa.

La giovane si accorse che era in un palazzo davvero grande, non ne aveva mai visti in città.

Forse non sono nemmeno nella mia città, pensò.

Sempre tenendola per mano, Gabriel aprì la porta.

A Virginia si spalancò davanti un salone immenso, con un pavimento particolare, a scacchi neri e bianchi.

In fondo alla sala, assiso su un trono, stava Edward. Aveva indosso una tunica blu e sulla testa portava una corona incastonata di pietre preziose.

I suoi capelli sembravano ancora più chiari. O forse era un'illusione ottica data dalle candele disseminate per tutta la stanza.

Alla ragazza tremarono un po' le gambe, ma la stretta di Gabriel si fece ancora più forte.

Si incamminarono assieme lungo il salone, sempre per mano.

Più si avvicinava al trono, più la ragazza sentiva un profumo di incenso particolare, inebriante. Rilassante, quasi.

Una volta davanti al trono, Gabriel le lasciò la mano e si mise alla sua sinistra.

- Sua Altezza, ecco la nostra Sacerdotessa -

Edward guardò Virginia negli occhi. Lei realizzò che in quel momento non c'era più traccia del suo amico. Era al cospetto di un essere angelico che la stava guardando con occhi di ghiaccio.

Allungò lo scettro davanti a lui.

- Sacerdote, presentatemi la ragazza -

Gabriel si avvicino a Virginia e la fece inginocchiare davanti al biondo.

Lei, completamente affascinata dal rituale, non stava opponendo alcuna resistenza.

- Lei è Virginia, figlia di Lucy, un'altra Sacerdotessa. E' colei che ci può riportare il nostro regno -

- Fatela alzare, Sacerdote -

La ragazza si alzò aiutata dal moro e guardò Edward. Era davvero regale e bellissimo, non le incuteva timore, al contrario Virginia si sentiva sicura in sua presenza.

Si riscosse dai pensieri e si accorse che lui le stava parlando.

- Grazie al tocco del mio scettro la tua origine sarà di nuovo chiara al nostro mondo - e le toccò una spalla dolcemente - Sei una di noi, Virginia. Ora il nostro Sacerdote ti aiuterà a ritrovare i ricordi della tua vita perduta. Mi scuso a priori per il modo un po' brusco, ma è l'unico rapido che conosciamo -

- Ti... scusi? - chiese una perplessa Virginia.

Ma non ebbe tempo di chiedere altro. Gabriel le si avvicinò e l'abbracciò. L'istante successivo le loro bocche erano incollate e la ragazza sentì prepotente la lingua di lui. Chiuse gli occhi e lasciò che le sue labbra si schiudessero.

La lingua di Gabriel era calda mentre cercava la sua. Una volta trovata, le depositò sulla lingua parole e ricordi dimenticati, ma che facevano parte di lei.

Poi si staccò: - Sacerdotessa, era l'unico modo per farti ricordare della nostra stirpe -

Era vero. Virginia respirava a fatica, un po' per il bacio, un po' perché ricordi confusi le stavano salendo dall'anima.

Edward scese dal trono e le si avvicinò.

- Il rituale è finito, mia cara. Come ti senti? -

- Sto...bene, credo -

Lei guardò ancora Gabriel. Il bacio sarà stato anche parte del rituale, ma lei aveva sentito passione e sensualità nel loro contatto. Ma, come al solito, lui la stava fissando impassibile.

Lei si seccò.

Ma come? Ci siamo baciati e tu non dici nulla?

Gli diede ostentatamente le spalle, parlando solo col biondo.

- E' finito ora? -

- Certo, anzi togliti pure la tunica -

Lei la tolse e vide che anche gli altri due facevano lo stesso.

- E quando ricorderò le mie origini? -

- In realtà lo stai già facendo - le rispose Edward - ora ogni volta che con Gabriel studierai qualcosa vedrai che ti suonerà familiare e presto sarai pronta per combattere i Lysynn -

- Sì, capisco. Edward, mi accompagneresti nella mia camera? Scusatemi, sono molto stanca e non vorrei correre il rischio di finire di nuovo in camere sbagliate! -

- Ma certo, seguimi pure -

Virginia se ne andò senza rivolgere la parola e Gabriel, ma non poté trattenersi dal lanciargli un'occhiata di soppiatto prima di uscire.

Stava riponendo i mantelli con il solito sorriso idiota stampato in faccia.

Maledetto!

Trotterellò vicino all'amico. Lo guardò. Sì, ora era tornato a essere quello che era sempre stato.

- Eddy... - lo chiamò ancora con il nomignolo di una vita fa - O dovrei dire Sua Altezza? -

Lui sorrise - Puoi chiamarmi come vuoi, Virginia -

Lei prese tutto il coraggio che aveva.

- Conoscevi mia madre? -

Il ragazzo continuò a camminare, ma si era rabbuiato. Alla fine parlò.

- Sì - ammise - Sai che l'abbiamo contattata quando tu eri piccola, avevamo bisogno di lei, come di te ora -

- E mi puoi dire come era? Sai, io ho così pochi ricordi di lei... -

Edward la prese per mano, anche la sua era calda e rassicurante.

- Tua madre era meravigliosa. Aveva una grande passione per la vita e sapeva da dove veniva e quale era la sua missione. Purtroppo si innamorò di un mortale - aveva quasi sputato quella parola - che non capì assolutamente con chi aveva a che fare -

- Eri innamorato di lei, Eddy? -

Lui le strinse forte la mano.

- Ogni cosa a suo tempo, mia cara. Posso solo dirti che tua madre non era una persona che lasciava indifferenti. E tu sei come lei -

Virginia arrossì sotto lo sguardo di Edward.

Camminarono in silenzio per un po', poi lui le indicò una stanza.

-Ecco, quella è la tua -

-Grazie. Ora però vorrei stare un po' sola, ti spiace? -

-Lo capisco. Ci vediamo a cena -

La ragazza sorrise e si avviò verso la sua camera.

Aprì la porta, era buio.

A tentoni cercò l'interruttore, lo premette, ma la luce non si accese.

- Che cavolo! - esclamò mentre cercava di non uccidersi indovinando la strada per la finestra.

Una volta trovata l'aprì. Ormai era buio anche fuori, ma la ragazza tenne le imposte aperte, per godersi un po' di aria frizzante della sera.

Si girò e il cuore perse un battito.

C'era una sagoma davanti a lei.

Non riusciva a distinguere nulla, se non che quella figura aveva lunghi capelli.

- Chi sei?- chiese spaventata.

La sagoma si mosse e lei intravide dei capelli chiari.

- Edward, sei tu? -

D'improvviso la luce si accese e Virginia si trovò faccia a faccia con uno sconosciuto dalla pelle bianca, i capelli biondi lunghissimi e gli occhi azzurri.

- Chi sei? - ripeté ancora a voce più alta. Andiamo, come mai non la sentiva nessuno?

- Non ti sentono perché ho bloccato i suoni in questa stanza. E ho fatto in modo che la porta si chiudesse dietro di te - aveva una voce profonda e melodiosa.

E sapeva anche leggere il pensiero!

- Ma tu... -

- Lascia che mi presenti. Sono Hoara, il re dei Lysynn -

Terrorizzata Virginia si rannicchiò contro il muro.

- Sei venuto a uccidermi, vero? -

Lui la guardò perplesso.

- Perché dovrei ucciderti? -

- Perché io sto con gli Aberthurg contro di voi e... -

La risata di lui l'interruppe.

- Andiamo, Virginia, non dirmi che te la sei bevuta -

- Bevuta cosa? - Non stava capendo nulla della situazione, oltre al fatto di essere spaventata.

- La loro storia -

- Ma quale storia? -

- Dei Lysynn cattivi contro i buoni Aberthurg -

- Io...io -

- Ti hanno detto questo, vero? -

Lui le si stava avvicinando. Virginia vide che era molto alto e si muoveva con agilità.

- E non ti hanno detto che in realtà sono loro ad avere invaso la nostra terra? E nemmeno che tu provieni dalla stirpe reale Lysynn, vero? -

Virginia sgranò gli occhi e non riuscì a dire nulla.

- Sì, Virginia, tu sei l'erede Lysynn, nonché la mia promessa sposa -

 

 

Lav's corner

Ciao a tutti!

Sì, avevo voglia di complicare le cose! XD

Insomma, gli Aberthurg forse non sono i buoni e i Lysynn forse non sono i cattivi. Ma se Virginia è della stirpe Lysynn, come mai Gabriel ed Edward hanno bisogno di lei?

E il bacio con Gabriel è stato solo rituale oppure c'è dell'altro? E di questo promesso sposo nuovo che ne facciamo??XD

Insulti vari per lasciarvi sulle spine me li potete fare sulla mia pagina Facebook! :)

Un GRAZIE a Pollama per il banner nuovo!

A presto!

La vostra Lav

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Capitolo 9
*** Cap.9 ***



Virginia continuava a fissare la mano di Hoara.

Non riusciva a muoversi, non poteva nemmeno pensare.

Le rimbombavano nella testa le parole appena dette dal ragazzo.

"Non ti hanno detto che in realtà sono loro, gli Aberthurg, ad avere invaso la nostra terra? E nemmeno che tu provieni dalla stirpe reale Lysynn, vero? E nemmeno che sei l'erede Lysynn, nonché la mia promessa sposa, immagino".

Guardò il biondo e d'istinto indietreggiò di un passo.

Lui abbassò la mano.

- Hai paura? -

- Sì - ammise lei con il fiato spezzato. Aveva paura, aveva una fottuta paura. Va bene i rituali, gli angeli, i ricordi in una lingua che non sapeva di conoscere, ma ora era diverso.

Alla fine aveva realizzato di essere in una situazione irreale, in mezzo a una guerra tra due stirpi angeliche che volevano...Cosa, in effetti? Perché nessuno le stava spiegando nulla?

- Vieni con me -

La voce del ragazzo bucò i suoi pensieri. La fissò, lui aveva ripreso a tenderle la mano.

- Cosa dovrei fare? -

- Vieni con me - ripeté ancora lui - ti farò vedere il mio punto di vista. E ti darò qualche spiegazione, se vuoi -

- Certo, é quello che voglio - curioso, stava per avere delle spiegazioni da chi, fino a cinque minuti prima, era considerato il nemico.

- Allora prendi la mia mano - Hoara vide l'esitazione negli occhi di Virginia e parlò ancora con voce più dolce.

- Cosa ti costa, Virginia? Se va bene capirai alcune cose e, se vorrai, diventerai la mia regina -

- E se va male? -

- Se va male potrai distruggermi quando vorrai. Sei una Sacerdotessa ora, hai la mia vita nelle tue mani. Credimi, per favore -

Per favore?

Era la prima volta che uno di quegli angeli le chiedeva una cosa gentile! Virginia scosse le spalle. Al diavolo! Sarebbe andata con lui, doveva sapere. In fondo se lei era il bandolo della matassa era anche suo diritto scoprire le cose.

O no?

Senza pensare oltre, la ragazza allungò la sua mano per prendere quella dell'uomo davanti a lei. La strinse, sorprendendosi di trovarla calda. In un angolo della sua mente aveva continuato a pensare che Hoara fosse un'ombra, un fantasma, qualcosa di molto etereo. Invece era reale, era lì con lei e stava per portarla... Un momento! Portarla dove?

- Aspetta, dove stiamo andando? -

Lui la tirò verso di sé e la strinse con un braccio alla vita.

- Andiamo nel mio regno. Chiudi gli occhi -

- Cosa? Io non... -

Virginia non riuscì a finire la frase. Si trovò catapultata in un'altra dimensione, fuori dalla stanza e abbracciata a quello che pensava fosse un nemico. A essere onesti stava continuando a pensarlo ancora.

Come diavolo è successo? Sono davvero aggrappata a questo ragazzo?

Guardò in basso, le sembrava di fluttuare. La posizione precaria la costrinse a stringersi ancora di più a Hoara.

- Siamo arrivati? - chiese titubante.

- Hai paura -

Era un'affermazione non una domanda.

- Sì, non mi capita tutti i giorni di volare abbracciata a un..a proposito, cosa è che sei? -

- Sono un angelo caduto, né più né meno come Edward. E il tuo Gabriel -

Virginia si agitò tra le braccia del ragazzo.

- Non è il mio Gabriel - rispose alquanto piccata.

- No, però lo desidereresti, vero? -

- Siete tutti così simpatici voi angeli caduti? -

- E non hai visto niente ancora! -

La ragazza si accorse che Hoara stava ridendo apertamente. Lo fissò: era davvero un bel ragazzo. I lineamenti delicati erano però decisi e gli conferivano un'aria di superiorità. Lui ricambiò il suo sguardo e per un attimo Virginia si perse nel blu dei suoi occhi. Si riscosse e stava per parlare quando lui la strinse più a sé.

- Siamo arrivati, cerca di non cadere -

Planarono al suolo con delicatezza. Lei rimise i piedi a terra. Ma cosa era questa sensazione di freddo? Guardò meglio. Non era terra, ma ghiaccio.

- Dove siamo? -

- Nel mio regno. Il regno dei ghiacci. Scusa se non posso offrirti di meglio, ma devi ringraziare i tuoi Aberthurg-

E dalli!

- Non sono "miei", non sono niente, non so nemmeno più chi sono io -

La ragazza si guardò attorno. La luce di quel luogo era strana, tutto sembrava assumere sfumature di azzurro. Virginia aggrottò le sopracciglia: quel posto le ricordava qualcosa.

- E' esattamente il luogo che sognavi - La voce di Hoara interruppe i suoi pensieri.

Lo guardò e si accorse che lui teneva tra le mani un lungo scialle di lana bianca.

- Tieni - le disse mettendoglielo sulle spalle - Cerca di non prendere freddo -

- Eri tu la persona che sognavo? -

- No, Gabriel aveva l'esclusiva -

Ma c'è sempre lui in mezzo?

- L'esclusiva? -

- Diciamo che i suoi poteri sono più potenti dei miei e quindi non riuscivo a entrare nei tuoi sogni come invece poteva fare lui. Vieni, camminiamo un po', ti faccio vedere la mia terra -

Camminarono per un po' in silenzio, fianco a fianco. Tutto era silenzioso, la luce fievole, sembrava di stare in un mondo fiabesco.

- Vorrei delle spiegazioni, ora -

- Sono a tua disposizione, Virginia. Ti dirò tutto quello che vuoi -

- Prima di tutto vorrei sapere chi diavolo sono davvero io e perché mi state tirando uno da una parte e uno dall'altra! -

Hoara rimase un attimo in silenzio e Virginia sentì un soffio di vento gelido entrarle nelle ossa. Si aggiustò meglio lo scialle sulle spalle e attese una spiegazione, che stavolta arrivò.

- I miei fratelli non ti hanno del tutto mentito, solo che... -

- Scusa un attimo, fratelli? -

- Della stessa stirpe, non prendermi in senso letterale -

- D'accordo, scusa, procedi -

- Dicevo, le nostre stirpi hanno un'origine comune. Siamo caduti assieme e sulle prime Lysynn e Aberthurg hanno lavorato assieme, creando un regno comune. Poi, come puoi immaginare, è successa la cosa più vecchia del mondo. Sono arrivate invidie, giochi di potere, tutto quel che potevamo prendere di negativo dal mondo degli uomini -

Virginia rimase in silenzio, sapeva che quello che diceva Hoara era vero.

- Insomma, per fartela breve, scoppiò una guerra tra le due etnie. Ma loro erano più forti e ci ricacciarono tra i ghiacci, dove ancora oggi noi siamo. Il regno dei ghiacci confina con quello degli Aberthurg, ma i contatti sono pochi. Gli umani non possono vederli, comunque, perché si trovano su dimensioni differenti -

-E io sarei erede di entrambi. Perché? -

- Non sei stupida, capisci da sola che, comunque, anche tra nemici può esserci l'amore. Molti sono stati i Lysynn che di nascosto si sono uniti a donne Aberthurg e viceversa -

- E quindi io avrei sangue di uno e dell'altro? -

- Più che altro tua madre -

Mamma, mi dovrai spiegare un bel po' di cose!, pensò Virginia un po' seccata.

- Così io sono l'erede ?-

- Diciamo che sei l'unica che ora ha sangue di entrambi nelle vene -

- E il primo che mi sposa si prende tutta la torta -

- Non so che vuoi dire, ma posso confessarti che non mi sei indifferente. Non lo faccio solo per il potere -

- E perché allora hai mandato quella...quella cosa nel vicolo per aggredirmi? -

Lui si fermò di botto e la prese per le spalle costringendola a guardarlo negli occhi.

- Non era per aggredirti. Volevo vedere se riuscivo a farti emergere i ricordi prima dei miei fratellini. E mi sembra di esserci riuscito, visto che hai iniziato a parlare nella nostra lingua -

Lei rimase in silenzio, guardandolo.

- Virginia, ma perché pensi che io ti voglia far male? Tu mi servi viva, al limite! -

- Ah, ti ringrazio molto. E le lettere anonime che ricevevo al lavoro? Quelle che mi parlavano di quel coso, del Daugr che entra nei sogni? -

- Quelle le ho mandate io, confesso. Ma era solo perché sapevo che Gabriel era già nei tuoi sogni e volevo rendergli la vita difficile mettendoti sul chi va là -

- Ah, bene -

Lei sentì che la stretta di lui sul braccio aumentava.

- Mi stai facendo male -

- Scusami, ma non sopporto che tu possa pensare che volevo farti del male -

Lei si stancò.

- Siete davvero tutti bravi a dirmi che sono la donna della vostra vita, che devo fidarmi di ognuno di voi. Ma senza fare domande. No, io devo essere quella che fa quel che voi dite e in fretta pure. Qualcuno mi ha chiesto cosa ne penso io? -

Si accorse troppo tardi di avere fatto un errore. Hoara la guardava con occhi duri.

- Bada, ragazza. Posso anche farti assaggiare la parte più cattiva di me. Ho provato a essere gentile, ma forse con te non funziona. La questione è semplice. Abbiamo bisogno di te per portare avanti la nostra stirpe. Il primo che ti prende avrà tutto il regno. Semplice, no? Vedo che le maniere gentili con te non servono. Dovrò quindi prendermi quello che voglio con le cattive? -

Virginia si spaventò.

- Lasciami, lasciami!- strillò cercando di divincolarsi.

Ora aveva davvero paura, era sola in un luogo sconosciuto. Hoara avrebbe potuto fare di lei tutto quello che voleva. La presa di lui era forte, ma qualcosa in lei si risvegliò. Ripensò alle parole di Gabriel durante l'allenamento: "Devi volerlo, Virginia". E fu allora che si sentì forte e in grado di fronteggiare la situazione.

Diede un violento strattone e si liberò, lasciando Hoara a bocca aperta. Forse non si aspettava che lei fosse già così forte.

- Voglio tornare a casa - urlò poi con tutto il fiato che aveva in gola. L'ultima immagine che vide fu quella del ragazzo che, inutilmente, cercava di prenderle un braccio. Poi chiuse gli occhi e si lasciò cadere all'indietro.

Quando riaprì gli occhi si accorse di essere sul pavimento della stanza da dove Hoara l'aveva prelevata, tra le mani ancora lo scialle bianco. E qualcuno stava bussando alla porta. Insistentemente.

- Virginia! Apri! Sei in pericolo? -

Gabriel! La ragazza si alzò con fatica dal pavimento e andò ad aprire la porta.

- Sì - gli disse solo. Lui la guardò e un attimo dopo lei si ritrovò dentro la stanza, stretta tra le braccia del Sacerdote.

- Dov'è? - le chiese lui e Virginia capì che non poteva mentire. Evidentemente Gabriel aveva sentito la presenza di Hoara.

- Non è qui. Mi ha preso e mi ha portato a vedere il suo regno -

- Ora sai tutto, Virginia. Non volevamo mentirti. Ma ci servivi. Immagino che ora avrai bisogno di tempo per pensare, vero? -

Lei rimase in silenzio per un minuto. Poi sollevò il viso verso di lui, così vicino da sfiorargli quasi le labbra.

- Prima di risponderti devo chiederti una cosa -

La ragazza sentì che lui si stava irrigidendo, ma proseguì: - Devi portarmi in un posto. Poi potrò decidere cosa fare. Ci stai? -

Lui la guardò. - Edward mi ucciderà. Soprattutto se non tornerai più -

Lei scosse la testa. - Tornerò, te lo prometto. Tu accompagnami, te ne prego. Non saprei in che altro modo arrivare. Devo andare... -

- Lo so dove vuoi andare, io e te siamo collegati, ricordi? -

La prese tra le braccia e per un momento Virginia avvertì un colpo allo stomaco. Chiuse gli occhi e quando li riaprì lei e Gabriel erano davanti a un palazzo, chiuso da un cancello di forgia antica.

- Quando ho finito ti chiamo. Credimi, Gabriel - Fece per andarsene, quando lui la prese per un braccio. L'istante successivo la ragazza era stretta sul petto di lui.

- Ho fatto di tutto per te, Virginia - le sussurrò con voce roca - ho dormito vicino a te, sono entrato nei tuoi sogni, nella tua intimità. Ho...abbiamo bisogno di te. Torna, per favore -

Lei lo guardò. Erano vicinissimi, ma capì che non l'avrebbe baciata. Non ancora.

Si staccò dall'abbraccio facendogli una muta promessa con lo sguardo.

Poi infilò il portone e si diresse all'entrata del palazzo. Non era mai stata lì, ma d'istinto sapeva dove andare.

Seguì la luce e arrivò a una scrivania. C'era una suora seduta, compilava alcune carte. Quando si accorse della sua presenza alzò la sguardo.

- Sì? - le chiese in modo gentile.

- Sono Virginia Crown. Sono venuta a far visita a mia madre, Lucy Crown. Può indicarmi la sua stanza?-

 

Lav's corner

Ciao a tutti, insomma le cose stanno iniziando ad avere un senso. Almeno spero di averglielo dato! XD

Come avrete capito tutti ormai siamo nel bel mezzo della storia e tra un po' ci sarà il redde rationem per tante cose...

Certo che inizio a invidiare Virginia, piacerebbe anche a me essere contesa da questi tre! u.u

Se avete voglia vi aspetto sulla mia pagina Facebook!

Un bacino a tutti e alla prossima!

Lav 

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Capitolo 10
*** Cap.10 ***



Questo capitolo è dedicato a Nerea_V...;) tu sai perché!

 

 

 

Tac. Tac. Tac.

L'eco del rumore dei suoi tacchi era assordante in quel corridoio lungo e buio.

Virginia stava seguendo la donna vestita di bianco che la precedeva di pochi passi. Tra pochi minuti avrebbe rivisto sua madre.

Mamma.

Era tanto, tantissimo tempo che non pensava davvero a lei. Certo, era stato semplice credere alle parole del padre, quando era ancora bambina.

La mamma stava male, era in un posto dove si sarebbero presi cura di lei. Punto. Ecco un'intera vita condensata in poche parole.

E lei lo aveva accettato, chissà se perché era troppo piccola, troppo ingenua o troppo opportunista per chiedersi se in realtà c'era sotto qualcosa d'altro.

E' vero, la sua mamma era una persona strana. Virginia era piccola, ma si ricordava bene delle litigate tra i suoi genitori.

E tutto perché lei continuava a dire che vedeva e parlava con gli angeli.

Gli angeli, certo.

I soliti Edward e Gabriel, alla fine. Ma da quanto tempo è che stavano cercando il sangue della sua famiglia?

Anni? Secoli?

La ragazza scosse la testa. Ora doveva concentrarsi su quel che stava per fare, pensare a quel che doveva chiedere a sua mamma.

Si accorse che l'infermiera stava armeggiando con le chiavi che teneva in mano, senza dubbio erano quasi arrivate alla stanza di Lucy.

Lucy.

Non riusciva neppure a chiamarla mamma, d'altra parte erano anni che non la vedeva più.

Ricordava vagamente suo padre che le raccontava che la mamma stava male e che doveva stare lontana da loro.

Ricordava anche qualche compleanno, durante il quale il papà la portava dalla mamma, facendo ben attenzione a non farle capire che comunque era ricoverata in un ospedale.

E ricordava ancora le braccia della mamma che la stringevano, gli occhi rossi di pianto nascosto mentre la guardava e le carezzava la fronte.

Virginia era tornata a trovarla ancora qualche volta, poi era diventata grande e di tanto in tanto trovava alcune scuse per non andare.

Così, aveva accettato con sollievo, quasi, il discorso del padre che un giorno le aveva detto che la mamma era peggiorata molto ed era meglio che la vedesse meno, molto meno.

Perché si è così egoisti quando si è giovani?, si domandava disperata. Se l'avesse ascoltata di più. Se avesse capito che non c'era nulla di strano, ma che per lei era davvero una realtà.

Facendosi mille colpe, la ragazza si fermò davanti a una porta. L'infermiera mise la chiave nella toppa e iniziò a girare.

- E' proprio necessario tenerla sotto chiave? -

La donna in bianco la guardò.

- Ce lo ha chiesto lei. Ha paura che di notte possa entrare qualcuno. Lei dice che può entrare nei suoi sogni. Noi sappiamo che non può essere vero, ma per assecondarla e non farla agitare la teniamo sotto chiave -

Virginia si morse un labbro. Solo lei poteva sapere quanto vera era invece quella storia.

Averla provata sulla sua pelle le aveva aperto gli occhi in maniera definitiva.

Mentre l'infermiera stava aprendo la porta, la mente della ragazza era in subbuglio.

Quale sarebbe stata la reazione di sua madre? L'avrebbe riconosciuta, abbracciata? Soprattutto l'avrebbe perdonata?

- Vi lascio sole. Tornerò tra un 'ora -

Accorgendosi quasi dell'uscita di scena della donna, Virginia focalizzò la sua attenzione prima sulla stanza.

Era una bella camera, grande. Suo padre non aveva certo badato a spese pur di togliersi quella moglie ingombrante dalla vita. Clinica privata, stanza privata con un letto molto grande, un bagno personale, una bella finestra che dava su un terrazzino. Accanto alla finestra un scrivania, piena di carte, libri e di quaderni che, immaginava la ragazza, dovevano contenere i pensieri della madre.

L'istante successivo l'occhio di Virginia cadde su una figura seduta davanti a uno specchio. Apparentemente non dava attenzione a chi era entrato.

Virginia approfittò del momento per darle uno sguardo. Era di spalle, d'accordo, ma almeno poteva darle una rapida occhiata.

Una figura minuta, vestita di nero, con le spalle un po' incurvate e un caschetto di capelli biondi.

La ragazza si fece coraggio e fece qualche passo nella direzione di sua madre.

- Mamma... - balbettò

La donna seduta si voltò e per un attimo il cuore di Virginia perse un battito. Era ancora bella la sua mamma. Aveva uno sguardo triste e dolce, con degli occhi marroni che nascondevano ancora un bagliore di volontà di acciaio tra la tristezza della vita da reclusa cui era stata condannata.

- Mamma - ripeté Virginia a voce più ferma.

- Bambina mia - una voce sommessa, ma decisa.

Le due donne si guardarono per un attimo, poi Virginia si tuffò tra le braccia della madre, appoggiandole la testa sulle ginocchia.

- Mamma, mammina, io... come ho fatto a non... -

Lacrime sincere rigavano il viso della giovane, la madre la strinse a sé.

- Piccola mia. Non piangere tesoro. Lo sapevo che prima o poi saresti arrivata a sapere tutto -

Virginia rimase ancora un attimo in silenzio, assaporando l'abbraccio della madre. Un respiro le portò alle narici un profumo di rosa. Era l'essenza che sua mamma usava sempre, i muri della casa ne erano sempre impregnati. La ragazza lo aveva rimosso, ma ora il ricordo stava esplodendo in lei.

Chiuse gli occhi e le si ripresentarono alla mente dei momenti che credeva perduti. I suoi compleanni, i brutti sogni notturni, gli abbracci quando si faceva male cadendo.

Poi la madre parlò.

- Sono arrivati da te, vero Virginia? Sei qui per questo vero, bambina? - La ragazza si alzò piano, divincolandosi da quell'abbraccio caldo.

Piano indietreggiò verso il letto, sedendoci sopra. La mamma era rimasta seduta sulla sue sedia e la guardava. Poi le sorrise.

- Sei diventata una bella donna, sai? - A Virginia il cuore faceva così male da farle mancare il respiro.

- Mamma, io non so cosa dirti per giustificare in qualche modo il fatto che ti ho lasciata qui. Anzi no, non ho nemmeno giustificazioni, posso solo dire che sono stata giovane e stupida e... -

Sua madre alzò una mano per interromperla.

- Il passato è passato. Io e tuo padre non andavamo più d'accordo da tempo. Il fatto che poi io parlassi con degli angeli non ha aiutato. Non mi credeva nessuno, Richard approfittò di questo fatto per rinchiudermi qui. Alla fine ero quasi contenta che tu fossi così piccola e non potessi capire più di tanto -

- Perché, scusa? Non capisco -

- Volevo proteggerti. Almeno fino a che tu fossi stata grande e in grado di difenderti. Se fossero tornati quando eri bambina ti avrebbero portato via. Ora però sei in grado di scegliere. E in un certo modo sono riuscita a proteggerti -

Virginia si mosse a disagio sul letto.

- Veramente non sono stata così brava come credi - E le raccontò tutto, di come Edward e Gabriel l'avessero trovata, di come il Sacerdote fosse entrato nei suoi sogni, di come l'avessero portata in uno strano luogo per allenarla ad essere la Sacerdotessa. E poi Hoara e la sua proposta di matrimonio per riuscire a essere lui il Re del Reame Perduto.

Lucy guardava la figlia con apprensione. - Non immaginavo che ci fosse una stirpe caduta parallela. Non me ne avevano mai parlato -

- Ma quando hai iniziato a vederli, mamma? -

- Tu eri nata da poco. Da lì in poi è arrivato spesso a trovarmi Edward. Lo ricordo così bello, così gentile... Era buono e rassicurante con me.Avrà fatto lo stesso anche con te -

No, ha mandato l'amico simpatico, pensò la ragazza, ma non disse nulla.

- Avevano bisogno di me per riprendere il regno, ma avevo te, ero sposata. Cosa potevo fare? -

- Un attimo, mi hanno detto che il tuo sangue era più magico del mio, che significa?-

- I miei genitori, i tuoi nonni, venivano entrambi da famiglie di origine angelica -

- Cosa?! -

- Siamo parte di una grande famiglia, Virginia, abbiamo sempre cercato di sposarci tra di noi -

- Ma io, ma papà... -

- Infatti. Tuo padre non ha sangue angelico nelle vene. Ero stanca di vivere in questo mondo, tra gente che aspettava il ritorno di non sapevo nemmeno io cosa. E così ho cercato un uomo normale, ho incontrato tuo padre e ho commesso l'errore di non raccontargli nulla di me, di che cosa ero e da dove venivo. Forse avrei dovuto. Quando sono arrivati Edward e Gabriel non mi ha creduto. Pensava che avessi delle visioni. Ed eccomi qui -

Virginia si rabbuiò: - Avrei dovuto fare qualcosa -

- Non avresti potuto fare nulla, bambina. Allora. Ora invece puoi decidere che fare. Hai davanti a te la scelta di fare la cosa giusta. Ma devi essere sincera con te stessa. Lo sai a chi hai dato il tuo cuore, no? -

- Non è così semplice, mamma -

- Lo è invece. Hai davanti a te due strade. Puoi scegliere quella che vuoi. Ma ricorda che ognuna porterà delle conseguenze che dovrai affrontare. Cerca di affrontarle con qualcuno che ti voglia bene davvero -

La donna tacque e guardò con amore la figlia. Si alzò finalmente dalla sedia e le si avvicinò facendole una carezza sul viso. In quel muto gesto c'erano anni di amore che era dovuto rimanere in silenzio, momenti non vissuti che ora stavano parlando.

- Hai ragione, mamma - come era bello potere dire quella parola - Penso di sapere cosa voglio e chi voglio. Il problema sarà arrivarci...Comunque ora pensiamo ad uscire di qui -

- No, cara. Io resto qui -

- Che cosa? -

- Non posso venire con te, non ora, non in queste condizioni. Devi fare una scelta e devi essere sola per farla in tranquillità -

- Ma io non ti voglio perdere ancora -

- Non mi perderai. Quando tutto sarà finito, se lo vorrai, potrai venirmi a prendere e staremo assieme -

Virginia si alzò e abbracciò la mamma. - Staremo a casa mia, mamma. Ti giuro, recupereremo tutto il tempo perduto -

- Ne sono certa, cara -

L'abbraccio fu interrotto dal bussare discreto alla porta dell'infermiera. Le due si staccarono con riluttanza.

- Ti prometto che tornerò presto, mamma -

- Abbi cura di te e stai attenta, bambina -

Virginia, con una nuova speranza nel cuore, corse verso l'uscita della clinica. Ora sapeva cosa voleva davvero, cosa forse aveva sempre saputo di volere. Correva e pensava a cosa avrebbe detto a Gabriel. A come gliel'avrebbe detto.

Era già arrivata nel giardino e stava per imboccare il grosso cancello in ferro battuto, quando una mano la prese e la strattonò all'indietro. Tanta fu la sorpresa che la ragazza non riuscì a emettere neppure un fiato.

Virginia cadde e sbatté la testa.

In un attimo tutto fu buio.

Si risvegliò dopo qualche tempo. Era distesa, con un mal di testa lancinante e riusciva a stento a tenere gli occhi leggermente aperti.

Dove era?

Si mosse per cercare di alzarsi ma le braccia sembravano essere spinte all'indietro.

Aprì gli occhi e una luce abbacinante le ferì lo sguardo. Si accorse con sgomento di essere incatenata a un letto, le braccia e le gambe leggermente divaricate e legate con cura. Indossava solo una leggera tunica bianca mentre sotto era nuda.

- Cosa? - riuscì solo a dire.

Un movimento catturò la sua attenzione con la coda dell'occhio. C'era qualcuno.

- Gabriel? - provò a chiamare, anche se si rendeva conto che questo era troppo anche per lui!

- No, direi che il tuo salvatore non è qui -

Un giovane alto e biondo, dallo sguardo cattivo, comparve alla sua vista.

- Hoara! Ma che cosa mi hai fatto? -

- Ancora nulla, cara - rispose lui avvicinandosi al letto - Ti ho solo portato qui da me per prendermi quel che mi spetta per essere Re. E questa volta con le cattive -

 

Lav's corner

E così ci siamo. L'atmosfera idilliaca in cui Virginia pensava di vivere è stata bruscamente interrotta dall'arrivo di Hoara e dei suoi piani. Immagino non sia difficile capire cosa vuole da lei, no?...

Certo, non gli sarà facile, ma ormai si è capito che lui vuole la ragazza a tutti i costi, un po' per avere il Regno, un po' perché forse davvero è preso da lei.

Ma Virginia? Cederà ai ricatti che lui le farà? Ce la farà a sfuggire da quella situazione o magari arriverà qualcuno a salvarla prima che sia troppo tardi?

Vorrei davvero ringraziare tanto Nerea_V che mi ha aiutato a delineare i capitoli che da ora in poi arriveranno...Mi ha dato una bella idea, grazie ancora cara! :*

Mi trovate come sempre qui!

A presto!

Lav

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Capitolo 11
*** Cap.11 ***



Dedicato a Nerea_V, sì anche questa volta. Grazie, baby... <3

 

Virginia cercò disperatamente di togliersi da quella posizione.

Ma era tutto inutile, le corde che le assicuravano mani e piedi al letto erano ben strette e non c'era una benché minima possibilità di liberarsi.

Strinse le dita delle mani contro i palmi. Era quella l'unica mossa che Hoara le aveva permesso di fare.

Lo odiava.

Lo guardò. Era dannatamente bello, accidenti a lui, con quei lunghi capelli biondi, una camicia bianca aperta sul davanti e dei pantaloni neri.

All'improvviso la ragazza ebbe paura, molta paura. Che cosa l'avrebbe fatto? L'avrebbe presa? Sarebbe entrato dentro di lei?

Chissà com'è fare l'amore con un angelo?, pensò confusa, per poi scoppiare a ridere per l'assurdità del pensiero che le aveva attraversato la mente.

Era agitata, tanto. Non era più padrona della situazione ed era nel panico. Si guardò ancora una volta: sì, non c'erano dubbi. Era nuda sotto quella camicia da notte bianca. Qualcuno l'aveva spogliata dai suoi vestiti.

Qualcuno? Hoara senza dubbio.

Nel frattempo il ragazzo, sentendo la sua risata, le si era avvicinato aggrottando le sopracciglia.

- Stai bene, Virginia? -

- Oh, ma certo. Sono legata, praticamente nuda e in procinto di essere violentata da un angelo che mi vuole solo perché sono la sua green card per il potere. Come non potrei stare bene? -

La ragazza si sorprese nel vedere il sorriso aleggiare sulle labbra dell'angelo caduto.

Caduto e anche un po' stronzo, diciamola tutta.

Ma la sorpresa si trasformò in paura quando lo vide tirare fuori dalla tasca un coltello.

- Che cosa vuoi fare? - gridò con il fiato rotto nella gola.

- Rilassati, Virginia. Ho fatto molte cose biasimabili nella mia lunga vita, ma l'omicidio non rientra ancora tra queste - e mentre parlava tagliò la corda che legava il piede destro della giovane donna.

- E nemmeno lo stupro - proseguì sedendosi sul letto e sporgendosi per liberare anche l'altro piede.

Va bene, aveva le gambe libere, ma le mani erano ancora imprigionate, legate alla testiera del letto.

- Ma mi hai spogliato per mettermi questa...questa cosa -Virginia aveva quasi sputato questa parola.

Lui sorrise sornione, accomodandosi meglio sul letto, sporgendosi tra le gambe di lei.

- Pensi di essere la prima donna che vedo nuda? Siete tutte abbastanza similari, non è che mi hai riservato delle grandi sorprese! -

Lei arrossì violentemente. Non solo lui l'aveva vista nuda, ma non aveva nessun problema ad ammetterlo.

- Sei un essere spregevole -

- Davvero, Virginia? - iniziò a gattonare verso di lei, fino a che il suo corpo fu completamente sopra a quello della ragazza, così da poterla guardare negli occhi.

-Ti faccio davvero questo effetto? Perché tu me ne fai uno differente, devo dire -

Le stava sussurrando sulle labbra. Non la toccava neppure, anzi si era ben premurato di puntellarsi con le braccia vicino ai fianchi di lei, proprio per non avere alcun tipo di contatto con la giovane.

Ma Virginia si sentiva legata a quel ragazzo, come se lui le stesse tenendo le mani addosso.

E lo sentiva, oh se lo sentiva l'effetto che gli stava facendo. Era inequivocabile. E' vero che non la stava toccando con le mani, ma il resto del suo corpo era steso su di lei e la ragazza poteva sentire l'intimità di Hoara che, gonfia e pulsante, le stava dicendo quanto il ragazzo fosse davvero interessato a lei.

Si mosse a disagio, rendendosi conto troppo tardi che il movimento piaceva moltissimo ad Hoara.

Si fermò confusa, arrabbiata e con le gote in fiamme.

Lui la guardava negli occhi e sorrideva strafottente.

- Che cosa vuoi da me? -

-Lo sai benissimo -

- Hoara, sono stufa di sentirmi una mucca all'asta. Non ho nessuna voglia di assecondare le vostre voglie. Di nessuno di voi. Quindi fai marcia indietro che è meglio -

Lui non si mosse dalla sua posizione.

Poi con un movimento felino si sporse a parlare all'orecchio della ragazza che, suo malgrado, rabbrividì per quel contatto ravvicinato.

- Davvero, Virginia? Davvero? Non avresti nemmeno voglia di assecondare Gabriel se lui ora fosse al posto mio? -

Colpo basso, bassissimo.

- Come ti permetti? -

- Mi permetto e come! - entrambe le loro voci si erano alzate. Lei cercava di muoversi, ma il peso di lui la sovrastava.

- Virginia, tu non sai nulla di me, ti sei fidata di quel che ti è stato detto. E di Gabriel. Lo so che lo ami -

- Non ti permettere, io non potrei mai amare quel...quel...insomma! E' entrato nella mia intimità, nei miei sogni, non mi ha lasciato mai scelta! -

Hoara si abbassò verso di lei, puntando il bacino verso il suo.

-Ah no? - le sussurrò piano all'orecchio - e allora perché fremi quando ti parlo di lui? Perché sento il tuo corpo tendersi e la tua bocca ricercare aria quando pensi a lui? -

Virginia non disse più nulla. Era vero: era attratta da Gabriel, moltissimo. Ma non era questo il momento di pensare a lui. Ora aveva un angelo caduto che non aveva nulla di meglio da fare che diventare improvvisamente la sua coscienza.

- Hoara - boccheggiò imbarazzata, mentre cercava di muovere il corpo sotto a quello di lui. Le corde ai polsi le facevano male e sperava che lui gliele togliesse.

A quel punto non voleva neppure scappare, no. Solo, voleva che quella situazione avesse termine, anche se ancora non sapeva come.

- Hoara... - ripeté più debolmente. L'angelo sentiva che la resistenza della ragazza stava a poco a poco scemando.

- Virginia...bambina, hai visto la tua mamma oggi? -

Mamma!

Lei aprì gli occhi.

- Come fai a saperlo? -

- Ti ho seguito. So tutto di te e so dove sta lei. Ti ricordi? Ti ho rapito mentre uscivi dalla visita a lei...Non vuoi che le capiti qualcosa, vero cara? -

A Virginia parve che un velo rosso le fosse caduto sugli occhi.

- Non osare toccarla - urlò con tutto il fiato che aveva.

- Non lo farò. Quando saremo uniti io per te sarò tutto e tu per me altrettanto. Non potrò toccarla -

Lei capì.

- Solo se mi unisco a te? - le parve di vedere un lampo di vittoria negli occhi dell'angelo, ma preferì distogliere lo sguardo.

- Sì -

Lei chiuse gli occhi per un momento. Non sapeva cosa fare. Aveva comunque ancora gli occhi chiusi quando sentì la voce di Hoara nell'orecchio. Il ragazzo aveva appoggiato le labbra al suo orecchio e parlava dolcemente.

- Non sei stanca, Virginia? Non sei stanca di tutta questa storia? -

Sì, era stanca.

La voce si fece più melliflua.

- Stai con me, io ti assicuro un posto con me. Non ti tratto come loro, non ti dirò mai di fare l'amore l'amore con me e con altri solo per avere un erede. Io ti voglio solo per me -

Era vero, lui non l'aveva mai messa al bivio, non come Gabriel ed Edward.

Sentiva che lui iniziava ad armeggiare con i nodi dei suoi polsi per liberarla.

Virginia continuava a tenere gli occhi chiusi. Era davvero stanca di tutta questa storia. Forse l'unica maniera per smetterla era quella di darsi a questo ragazzo. E poi basta, basta!

Sarebbe tornata a casa con la sua mamma.

Mamma...

Era confusa, Virginia, le parole dell'angelo le avevano rimescolato testa, cuore e anima.

Ora come ora voleva solo che tutto finisse.

Avvertì che i polsi erano liberi, automaticamente si portò una mano a massaggiare l'altra.

Hoara era sempre sopra di lei e si muoveva piano.

- Non voglio farti del male, vedi Virginia? Voglio solo che diventiamo una cosa sola -

Sì, per finire tutto questo.

- Voglio che ci sia ridato indietro quel che ci meritiamo... -

Lei lo sentiva muoversi su di lei. Erano ancora vestiti, ma lo avvertiva sulla pelle.

Si accorse che lui stava armeggiando con la sua camicia da notte bianca e lo assecondò alzando le braccia.

Basta, basta, basta, finiamo tutto questo.

E ora era nuda sotto di lui. Per un momento sentì l'effetto che la stoffa dei vestiti del ragazzo faceva sulla sua pelle nuda. Era bello e lei si sentiva rassicurata. L'aveva liberata e la stava rassicurando.

Forse alla fine non era lui il cattivo.

Forse.

Hoara si liberò della camicia con un paio di movimenti nervosi e rimase a petto nudo su di lei. Poi cercò le sue labbra e la baciò.

Fu un bacio violento, duro, adulto, con la lingua di lui che entrava senza chiedere il permesso.

Lei aprì la bocca e lasciò che lui la baciasse. In fondo voleva solo trovare un punto fermo in tutto questo.

Tutto finito, finalmente qualcosa di sicuro. Io e Hoara... assieme, in un regno...In un posto tranquillo...

Erano questi i pensieri confusi della ragazza mentre l'angelo si staccava dalle sue labbra mentre famelico si chinava sulla piega del collo di lei.

- Dammi un figlio, Virginia. Dammi un figlio e sii la mia regina - le sussurrava nelle orecchie.

La ragazza, confusa oltre ogni dire, sentì le dita del ragazzo che scendevano per accarezzarle l'intimità.

Serrò per un attimo le gambe e poi le rilassò. Sentì che lui entrava piano, dolcemente, senza farle male.

E continuava a muoversi su di lei.

Cosa poteva succedere di male? Cosa?

La ragazza continuava a pensare così, in maniera incoerente.

- Dimmi che posso, dimmi che mi vuoi -

Le dita di lui continuavano a muoversi, bagnandosi di lei.

- Sì - sussurrò lei sulle sue labbra.

Scusami, mamma. Ti prometto che tornerò a prenderti.

Scusami.

Scusatemi tutti.

Scusa, Gabriel.

Al quel pensiero Virginia aprì gli occhi di colpo.

Gabriel.

Non poteva fare questo.

Gabriel, urlò il suo pensiero disperato.

E fu allora che accadde.

Le pareti della stanza iniziarono a vibrare. E Hoara si tirò indietro dal suo corpo.

- Cazzo - lo sentì dire solamente. E poi vide la grande finestra andare in frantumi. E il momento dopo Gabriel era lì.

- Gabriel - sussurrò lei realizzando di essere nuda su di un letto.

Lui la guardò e lei si accorse che i suoi occhi avevano cambiato colore: erano di un rosso acceso.

Anche lui era vestito come Hoara, con pantaloni neri e camicia bianca aperta sul davanti. Virginia poteva vedere tutti i tatuaggi neri che per tanti notti aveva sognato.

- Hoara - La voce del nuovo arrivato era bassa e cattiva - Ora ti uccido. Dimmi che non l'hai toccata! -

Il biondo si avvicinò a lui sorridendo. - Non le ho fatto nulla. La nostra gara è ancora aperta -

Gabriel ringhiò e lo prese per le spalle.

- Non è una gara, è un essere umano, maledetto bastardo -

- Già, un essere umano che ti interessa parecchio, vero fratellino? Non ti ho mai visto innamorato, che cosa strana! -

Gabriel fece uscire dalla gola un verso quasi da animali e poi mise le mani sul collo del biondo.

- Le hai fatto il tuo incantesimo, vero? La stavi convincendo, vero bastardo? -

-Era abbastanza convinta per conto suo, fratellino -

A Virginia parve che entrambi spiegassero un paio di ali nere, poi li vide rotolare assieme per terra.

- Gabriel, Hoara, no! - urlò cercando di coprirsi alla bell'e meglio col lenzuolo e avvicinandosi ai due.

Ma tutto accadde improvvisamente. Dai corpi dei due che lottavano si sprigionò una luce bianca fortissima che l'accecò.

Quando la luce diminuì d'intensità la ragazza riuscì ad aprire gli occhi.

E si ritrovò sola nella stanza.

- Dove...dove siete finiti? -

Corse alla porta, ma era chiusa. Sentiva dei rumori di lotta provenire al di là.

- Apritemi, fatemi uscire di qui -

Sentiva che doveva intervenire. Sentiva che Gabriel stava lottando per lei.

Forse allora anche lui l'amava.

 

 

Lav's corner

Ehm ehm. Troppo ardito??u.u

Spero di no, perché da ora in poi le scene di sesso caratterizzeranno il racconto, dunque fateci l'abitudine! XD

Allora, che mi dite? Vi aspettavate una cosa del genere? E come è mellifluo Hoara? Stava convincendo Virginia in un amen! XD

E ora che succederà? Supposizioni?:)

Intanto vi abbraccio e vi ringrazio per esserci!

Mi trovate sempre qui su Facebook se volete!

bacini

Lav

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Capitolo 12
*** Cap.12 ***



- Fatemi entrare! Aprite questa porta! -

Vestita solo del lenzuolo che la copriva a malapena, Virginia batteva i pugni su quell'unica barriera che la divideva da Hoara e Gabriel.

Stavano lottando, li sentiva, come sentiva il suo cuore che batteva come impazzito.

Le sembrava di averlo in gola.

Come ho potuto, come ho potuto, continuava a ripetersi ossessivamente.

Si era fatta mettere nel sacco da Hoara, quel maledetto.

L'aveva soggiogata con il suo incantesimo, non sapeva ancora cosa le aveva fatto esattamente, ma senza dubbio le aveva fatto qualcosa per far sì che lei godesse il suo tocco e decidesse di darsi a lui.

Oppure no?

Virginia smise di battere i palmi delle mani contro la porta e rimase a fissarla. Davvero Hoara le aveva fatto qualcosa? O era semplicemente lei che aveva deciso di farla finita con tutto e darsi a lui?

Scosse la testa, non poteva essere così, anche se negli ultimi giorni la sua sanità mentale era stata seriamente compromessa da tutto quello che era successo!

Appoggiò la fronte alla porta e sentì ancora i rumori nell'altra stanza.

Perché non riusciva a essere onesta con se stessa? Era innamorata di Gabriel. Se ne era innamorata quando? Giorni fa? Secoli forse?

Non sapere che cosa esattamente lui pensasse di lei, se la volesse anche lui, ecco questo la stava facendo davvero impazzire.

- Forse sono davvero andata fuori di testa - mormorò cercando di capire come aprire quella porta - Forse in realtà non sta capitando nulla di tutto questo... -

Ma sapeva che tutto era reale, anche se chiamare reale quello che stava capitando era un parola grossa!
Sì, era imprigionata in una stanza e in un'altra un paio di angeli stavano cercando di uccidersi per capire chi doveva avere il trono del loro regno perduto.

Cose che capitano tutti i giorni, no?

Iniziò a ridere istericamente, mentre si appoggiava con le mani alla porta.

Non sarebbe uscita viva da lì, lo sapeva. Chiuse gli occhi e cercò di ascoltare i suoi pensieri e di riportare il cuore a un battito normale.

Al di là della porta c'era solo rumore di cose che cadevano e di corpi che si sbattevano l'un l'altro contro il muro.

- Gabriel... - sussurrò tenendo sempre gli 0cchi chiusi.

E in un momento le pareti iniziarono a scomparire. Virginia sentì un gran calore percorrerle tutto il corpo e spalancò gli occhi sorpresa.

La stanza stava cambiando, lei stava cambiando.

Non era più nuda, malamente coperta da un lenzuolo strappato, ma indossava un tunica azzurra e aveva una coroncina poggiata tra i capelli.

- Come nei miei ricordi, quando Gabriel mi ha fatto ricordare di essere stata una sacerdotessa... -

Lo disse a voce alta, senza sapere perché. Si guardò in giro, tutto sembrava sbiadito, avvolto nella nebbia.

Solo la porta rimaneva chiusa davanti a lei.

D'istinto appoggiò le mani al legno e una luce dorata si sprigionò dalle sue dita.

Spinse e la porta si aprì senza problemi.

Quasi fluttuando in aria, Virginia entrò nella stanza dove i due fratelli caduti stavano combattendo.

Poteva finalmente vedere le loro grandi ali nere, che frementi e minacciose si muovevano al ritmo dei loro colpi. Si fermò un istante e istintivamente guardò la sua schiena, ma non trovò le stesse ali nere.

E' vero, io non sono come loro, ho solo una parte di sangue angelico in me, non ho diritto alle ali, pensò mentre si avvicinava.

Ma si sentiva potente, sentiva che finalmente aveva in mano la situazione e poteva fare qualcosa.

Si avvicinò ai due ragazzi allungando una mano verso di loro. Erano aggrovigliati, la mani di Gabriel sul collo di Hoara, le impronte delle unghie di Hoara sul viso di Gabriel.

- Fratelli - disse solo lei aprendo le braccia come per abbracciare entrambi.

Loro si fermarono di botto e la guardarono.

- Virginia... - riuscì a borbottare Gabriel.

- Si sono risvegliati i suoi poteri - tossì quasi contemporaneamente Hoara.

- Fratelli, non dovete litigare - la ragazza parlava con un tono delicato, basso, quasi dimentica di ciò che le era successo poco prima - Possiamo ancora vivere in pace e cercare di regnare tutti assieme in armonia -

Si sentiva bene, piena d'amore di speranza per il futuro.

I due angeli, ognuno seduto nel suo angolo, la guardavano senza parlare. Hoara aveva sempre il solito sorriso strafottente stampato sul viso, Gabriel scuro in volto.

Lei tese le mani a quest'ultimo, lo aiutò ad alzarsi e lo attirò a sé.

- Tu sei il mio Sacerdote, Gabriel. Scusami se prima non ricordavo -

Lui abbassò la sguardo per guardarla negli occhi. Era ancora sconvolto dall'immagine di lei nuda sotto Hoara e sfinito dalla lotta.

- Sei tornata tra noi, finalmente - riuscì a dire solamente - Ma come tuo Sacerdote devo dirti che non credo sia possibile ciò che stai dicendo. Dobbiamo portare Hoara dal principe Edward e sentire quella che sarà la sua punizione -

Lei si strinse al giovane e allungò la mano verso l'altro angelo, che stava ancora rannicchiato su se stesso.

- Dobbiamo vivere in pace, Gabriel - sussurrò mentre aiutava anche l'altro ad alzarsi, tenendosi sempre allacciata al moro con un braccio - Non siete stanchi di vivere lottando? Non sarebbe meglio cercare un accordo? -

In un piccolo angolo della sua testa Virginia stava cercando di riprendere il controllo di sé, ma con scarsi risultati. Questa nuova personalità che emergeva dai suoi ricordi ancestrali era molto forte e stava avendo il sopravvento. Non si riconosceva più, anche la sua voce le pareva differente, per non parlare delle azioni che stava compiendo.

Ora aveva allacciato anche il fianco di Hoara con il braccio libero. I due angeli la sovrastavano.

Sorrise ad entrambi. Sentiva il potere scorrere dentro di lei e renderla pura.

- Possiamo stare in pace tutti - si allungò sulle punte dei piedi e diede un lieve bacio sulle labbra a Gabriel che la guardò sorpreso - Possiamo farcela, non trovate? - si girò verso Hoara e fece lo stesso con lui.

Sentì Gabriel fremere al suo fianco. Sentiva la sua gelosia, sentiva la sua rabbia. E sentiva anche le labbra del biondo che cercavano un contatto più profondo.

La sua essenza di Sacerdotessa si adirò.

- Non devi toccarmi più di quanto voglio io! - esclamò spingendo via entrambi.

Fu un attimo e dalle palme delle sue mani uscì quella stessa luce dorata che prima l'aveva aiutata ad aprire la porta.

Uno schiocco di energia e la ragazza si sentì spingere all'indietro con violenza.

Quando riaprì gli occhi non aveva idea di quanto tempo fosse passato.

Era tornata ad essere Virginia, di questo ne era sicura, coperta solo dal lenzuolo strappato.

Sbatté un paio di volte le palpebre prima di accorgersi che anche i due angeli erano con lei, ognuno seduto in un angolo della stanza.

Puntellandosi con le mani si alzò e andò vicino a Gabriel. Aveva gli occhi chiusi e lei gli si inginocchiò vicino.

- Gabriel - lo chiamò prendendogli una mano - Ti prego, svegliati. Gabriel! Non lasciarmi ora! -

A quelle parole lui aprì gli occhi e la prese tra le braccia.

- Sei tornata? Sei tu, Virginia? -

-Sono io, sì - disse lei accoccolandoglisi addosso. Aveva dato un'occhiata a Hoara e aveva visto che ancora era privo di sensi, dunque aveva qualche minuto per parlare con il Sacerdote.

- Io...io non so cosa dire, non so cosa mi sia successo, io... -

- No, non devi dirmi nulla. Conosco le arti magiche di Hoara, so fino a dove può arrivare -

- Sì, ma non è solo questo...Gabriel io sono stanca. Non ho ancora capito bene che cosa volete da me, non credo di essere in grado di portare avanti questa...questa cosa! Soprattutto per il fatto che non so nemmeno in chi mi trasformo quando sono vicino a te -

Sentiva che la stretta di lui attorno al suo corpo aumentava.

- Sei tornata a essere la Sacerdotessa che eri in passato -

- Sì, ma questa non è la mia vita reale. Sono stanca, non credo di poter gestire il tutto. Io...sto impazzendo, credo! -

-Non è in grado, Gabriel - la voce di Hoara arrivò dall'angolo dove era seduto. Li stava guardando e non c'era più traccia di sorriso sul suo viso - Forse abbiamo preteso troppo da lei. Lasciamola stare,cerchiamo un sostituto -

Un sostituto? A quelle parole la ragazza si irrigidì tra le braccia di Gabriel.

- Avete sempre saputo che c'erano delle alternative oltre a me? - si stava arrabbiando e la voce iniziava a diventare stridula - Cioè mi avete portato in questa situazione in prova? E se non andavo bene mi cambiavate? E' questo? -

- Non è proprio così - disse il biondo.

- No, infatti, è una cosa più complessa - confermò l'altro.

- E immagino che non me la diciate, almeno per ora, vero? - ironizzò lei.

- No, invece credo che dovremo risolvere il tutto molto velocemente. Hoara? -

- Sì. E' tempo, ormai - rispose solo l'altro.

Gabriel si alzò in piedi, tenendola sempre tra le braccia. Poi si avvicinò all'altro e lo aiutò ad alzarsi. Un battito di ali e tutti e tre si smaterializzarono.

***

Virginia era in una delle stanze della grande casa dove l'avevano portata all'inizio Edward e Gabriel.

Era alla finestra, dopo un bel bagno ristoratore, e ripensava a ciò che era successo poco prima.

Si erano rimaterializzati tutti e tre nella sala del trono, dove Edward li stava aspettando.

Non aveva voluto avere spiegazioni, solo l'aveva aiutata ad indossare una tunica al posto di quel lenzuolo strappato che ancora le avvolgeva il corpo.

Aveva salutato Hoara, tenendosi molto sulle sue, ricevendo un gelido saluto di risposta, e aveva aspettato di sapere quel che l'altro aveva da dirgli.

- Non ce la fa, maestà, forse abbiamo chiesto troppo -

Lei aveva chiuso gli occhi, irritata. Ancora questa maledetta abitudine di parlare di lei in terza persona, come se non ci fosse!

- Mi rattrista pensare che ti abbiamo fatto soffrire, Virginia -

Edward si era avvicinato a lei e le aveva preso una mano, lo sguardo sinceramente preoccupato.

- Ti abbiamo chiesto troppo e abbiamo rischiato di farti molto male. Senza volere. Come abbiamo fatto alla tua mamma. Sono mortificato - Si era portato la sua mano alle labbra e le aveva impresso un bacio di affetto.

- Non possiamo andare avanti così. Dobbiamo cambiare tramite. Siamo tutti d'accordo? -

- Sì - risposero gli altri due.

- Io no! - esclamò lei - Mi avete portato in questa situazione e ora mi scartate come un maglione che non va più bene? E io ora dovrei tornare a casa e pensare di tanto in tanto a questa avventura e a voi? -

- In verità no, Virginia. Se ora te ne vai e noi passiamo a cercare un altro tramite tu dimenticherai tutto -

Lei aprì la bocca e poi la richiuse. Non riusciva a dire nulla. Che significava "dimenticare tutto"? Anche...anche Gabriel?

- Ma avevate detto che io ero una discendente diretta, che avevo il sangue che voi cercavate... - balbettava senza sapere bene che dire.

- Sì, ci sono persone che hanno quantità di sangue angelico molto minore di te, ma ci accontenteremo -

Lei sorrise ironicamente: - Noi esseri umani siamo felici di essere tutti al vostro servizio, sapete? Non capite, non potete entrare nella vita di una persona e distruggerla. Come avete fatto con mia madre -

Sapeva di essere stata dura, di aver colpito Edward per farlo star male come ora stava lei.

Si girò e scappò da quella stanza, da quei tre angeli che la stavano torturando.

Era riuscita ad arrivare in quella che supponeva essere la stanza che aveva occupato qualche giorno prima e aveva cercato ristoro in un bagno caldo.

Ora era in piedi, davanti alla finestra, a ripensare a tutto quello che era successo.

Quindi era finita. Lei aveva detto che non poteva farcela e loro avevano deciso di mandarla indietro, arrivederci e grazie.

Strinse i pugni dalla rabbia. Un discreto bussare alla porta la distrasse dai pensieri.

- Avanti -

Gabriel entrò con sguardo preoccupato.

-Volevo sapere come stavi -

- Gentile da parte vostra -

- Da parte mia - l'angelo calcò sulla parola - Mi spiace come sono andate le cose. Eri molto importante per...per la nostra missione -

Lei sorrise, amara. Eppure aveva avuto la sensazione che a lui di lei importasse.

- Sei molto gentile - ironizzò - d'altronde mi hai anche visto nuda, quindi è il minimo che tu mi chieda come sto, no? -

Lui strinse la mascella.

- Virginia, sei ingiusta, io volevo solo... -

- Tu, tu, tu, sempre e solo tu! - un'esasperata ragazza iniziò a gesticolare e ad avvicinarsi a lui - tanto che ti importa? Io sto per essere mandata via da qui... -

- L'hai chiesto tu di smettere questa cosa!- rispose lui avvicinandosi a lei.

- Certo, ma è comodo per voi! Mi rovinate la vita e poi mi cancellate la mente e tanti saluti. Io mi dimentico di voi e a te resta solo il fastidio di trovare un'altra che ti soddisfi -

Si rese conto dopo del doppio senso della frase, ma non le importava, non le importava più nulla. Si avvicinò ancora di più a lui per affrontarlo.

- Tu non sai nulla di me, non ti puoi permettere di saltare avanti e indietro nella mia vita e poi lasciarmi così -

- Io non ti voglio lasciare -

Lei si fermò di botto, colpita da quelle parole.

- Che cosa? -

Lui l'afferrò e la strinse a sé.

- Io non ti voglio lasciare, non sopporto l'idea che tutti i ricordi di me si cancellino dalla tua mente. Non voglio perderti -

- Oh? - disse solo lei.

- Ma che avete voi della vostra stirpe? Tua madre ha stregato Edward e tu ora stai stregando me -

Voleva ribattere qualcosa, ma lui le chiuse la bocca con la sua e la strinse a sé in maniera possessiva.

Poi si staccò solo per prenderla tra le braccia e appoggiarla delicatamente sul letto.

Virginia ignorò il segnale di pericolo che stava lampeggiando nella sua testa e si abbandonò alle sensazioni.

- Prendimi - disse solamente chiudendo gli occhi. Voleva diventare sua.

 

 

Lav's corner

Allora, ve lo dico che dal prossimo capitolo il rating si alza e quindi ehm ehm?...u.u

No, comunque, io ricordo a tutti che Virginia non è ancora andata via, dunque è ancora il tramite degli angeli e vi ricordate che cosa diceva la profezia?u.u...che se lei faceva l'amore con uno degli angeli quello avrebbe avuto il potere.

E allora, Gabriel vuole lei o è ancora una finta?

Eheheh dai presto lo saprete! ^^ Inoltre vi avviso che questa storia è quasi finita, state tranquilli! XD

Ringrazio tutti davvero per le belle parole, i messaggi e le letture.

Mi trovate anche qui se volete!

Baci <3

Lav

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Capitolo 13
*** Cap.13 ***



A Nerea_V e alle nostre chiacchierate malandrine su twitter!

 

Lav's corner

Questa volta le note le metto all'inizio!:) Prima di tutto avviso che il capitolo è rosso, ma ve ne sarete accorti dal cambio di rating...u.u

Poi per la mia gioia, non so la vostra, ho avuto un'improvvisa ispirazione e ho deciso che questa storia andrà ancora avanti per alcuni capitoli, mi spiace! XD Quindi mettetevi l'animo in pace, Virginia ha ancora delle cose da fare...Non vi dico altro, diciamo che vi invito a leggere e dirmi che ne pensate di Gabriel. E di quel che fa...;)

Mi trovate, se volete, anche qui.

Bacini a tutti.

Lav

 

Virginia ignorò il segnale di pericolo che stava lampeggiando nella sua testa e si abbandonò alle sensazioni che il bacio di Gabriel le aveva provocato. Si distese sul letto, facendo segno all'angelo di avvicinarsi.

- Prendimi - disse solamente chiudendo gli occhi . Voleva diventare sua.

E se questo voleva dire dargli un figlio, diventare la sua concubina o quel che ne sapeva lei, bene, allora l'avrebbe fatto.

Gabriel la guardava immobile davanti a lei, stringendo le mani a pugno, combattuto tra il desiderio di lei e la voglia di non farle del male.

- Prendimi - gli ripeté la ragazza.

Lui si avvicinò al letto e si sedette vicino a lei. Poi la prese per un polso e l'attirò a sé con forza.

- Non voglio farti del male - la guardava negli occhi ed era serissimo.

- Gabriel, me lo stai ripetendo da quando questa storia è iniziata. E sì, ci sono state delle volte che ti avrei strangolato con le mie mani, lo confesso. Mi hai fatto male in alcuni momenti, soprattutto quando mi hai tenuto nascoste tante cose. E ora volete mandarmi via e cancellarmi i ricordi. Anche questo è farmi del male, visto che poi dimenticherò anche te -

Lo guardava dritto negli occhi anche lei, perdendosi nello sguardo dell'angelo. Era inutile mentire a se stessa: Gabriel era diventato il suo mondo, nel bene e nel male.

Allungò una mano a cercare quella di lui.

- Edward e Hoara stanno ancora discutendo del fatto di tenerti con noi o no - rispose lui a voce bassa, quasi distogliendo lo sguardo da lei.

- Questo che vuol dire? Che potrei ancora essere il vostro tramite per riprendere il Regno? -

- Non so più se ne valga la pena, sai? -

Lo guardò stupita: - Perché dici questo?Dopo tutto quello che state facendo per... -

- Appunto, forse stiamo facendo anche troppo - l'interruppe lui brusco - Non so più se valga la pena di continuare. Stiamo facendo del male a troppa gente -

La strinse a sé e continuò a parlarle nell'orecchio: - Abbiamo cercato tua madre e guarda cosa abbiamo fatto, te l'abbiamo fatta portare via, rinchiusa in un manicomio. Poi sei arrivata tu. Io ti seguivo da tempo, ti ho vista crescere, ho imparato a conoscerti, ho iniziato a volerti. L'unica cosa che non voglio è farti del male, anche a coso di rinunciare alla mia missione e al mio mondo. Forse non esiste più un mondo per noi, forse Edward e Hoara dovranno rimettersi a vivere come i fratelli che sono e cercare un luogo dove vivere assieme senza creare danni per nessun altro -

Gabriel tacque di botto, perso nei suoi pensieri. Virginia avvertiva il dolore nelle sue parole ed era combattuta tra i sentimenti che provava per lui e la voglia di riportare della normalità nella sua vita.

Poi decise di vivere fino in fondo, di provare a rischiare.

- Gabriel, tu non mi hai mai fatto consciamente del male. E io voglio aiutarti, voglio essere la tua Sacerdotessa. Anche per sempre, se tu mi vorrai -

Le ultime parole le aveva dette abbassando di molto la voce, quasi vergognosa. Il ragazzo, però, le aveva sentite benissimo e con un sorriso la strinse a sé andando a cercare quelle labbra che lo avevano fatto impazzire durante quelle notti nelle quali era entrato nella sua casa e l'aveva guardata dormire.

La baciò a lungo, prendendosi tutto il tempo per conoscere il suo sapore e le sue labbra.

Poi si scostò, quasi con rabbia, guardandola ancora negli occhi.

- Tu sai che io non ti farò mai del male, vero? -

- Non capisco perché tu me lo dica ancora, Gabriel. Lo so, l'ho sempre saputo, questo mi basta -

- E lo sai che ti desidero e voglio fare l'amore con te non perché voglio un regno, ma perché ti amo, vero? -

L'amava.

Allora anche lui l'amava. Virginia sorrise, confusa, mentre i sentimenti che da tempo aveva lasciato sopiti dentro di sé stavano finalmente prendendo il sopravvento.

Non disse nulla, non c'era più bisogno di parole. Gli prese il viso tra le mani e lo attirò a sé, di nuovo, per baciarlo ancora.

E ancora, per tutta la vita se necessario.

Perché era questo il suo destino: amare questo ragazzo e farsi portare anche all'Inferno da lui, nonostante fosse un angelo.

Continuarono a baciarsi mentre Gabriel la spingeva dolcemente sul letto e si posizionava su di lei.

Si tolsero i vestiti in maniera confusa, sbrigativa. Non volevano perdere altro tempo, volevano solo trovarsi e aversi. Virginia passava ripetutamente le mani sulla schiena di Gabriel.

E' mio, è mio, si ripeteva in una sorta di cantilena ipnotica che si ripeteva nel cervello.

Sentiva le mani di lui accarezzarle i fianchi con dolcezza e chiuse gli occhi. Gabriel le appoggiò le labbra sul collo e iniziò a succhiarle piano la pelle.

Virginia rovesciò la testa all'indietro, per godere meglio di quella carezza che il suo angelo continuava a darle.

Sempre con gli occhi chiusi scese con le mani dalla schiena alle natiche del ragazzo e lo attirò a sé.

A quel punto avevano perso entrambi il senso del tempo e la ragione, non vedevano l'uno che l'altra e si volevano.

Lui si sollevò leggermente da lei, per non pesarle troppo addosso e iniziò ad accarezzarla sul resto del corpo, soffermandosi sui suoi seni, gustando la sensazione che quella pelle morbida gli stava dando sotto le mani.

Scese ancora un po', andando a cercare con le labbra anche il resto di lei, per poterla possedere in ogni modo.

La ragazza sospirò quando sentì la bocca di lui chiudersi sulla sua intimità e artigliò le lenzuola presa da un impeto di passione.

- Gabriel - sussurrò mentre il ragazzo continuava a leccarla e stimolarla. Si sentiva completamente sua, voleva essere sua. Lo voleva.

Con questo vortice di pensieri confusi, Virginia continuò a godere della lingua dell'angelo, che la portò velocemente al punto di non ritorno. Gridò il suo nome mentre raggiungeva l'orgasmo donandosi all'uomo che amava.

Poi cercò di riportare il respiro alla normalità, mentre apriva gli occhi e lo vedeva steso vicino a lei.

Sorrise, sentendo le guance imporporarsi per l'eccitazione e ancora per un po' di vergogna. Poi seguendo l'istinto allungò la mano per andare ad accarezzare anche lui nel suo punto più intimo.

Lo sentì contrarre i muscoli della pancia e lasciarsi andare chiudendo gli occhi. Mentre continuava ad accarezzarlo lei lo guardò. Era bello, finalmente rilassato e non più in tensione come era abituata a vederlo. In quel momento lui riaprì gli occhi e le sorrise: gli rimaneva sempre un 'ombra nella sguardo, ma Virginia non ci diede troppo peso, pensando che molto probabilmente era lui a essere fatto così.

- Ho voglia di te - le sussurrò lui prendendola per i fianchi e distendendola sul letto. Poi si posizionò sopra di lei e la penetrò, sicuro di trovarla ancora bagnata per lui.

Entrò piano, cercando di non farle male in alcun modo. Erano finalmente una cosa cosa, due anime che si erano incontrate di nuovo dopo tanto tempo. Virginia seguiva i movimenti di Gabriel pensando che quella era la cosa più naturale del mondo.

In quel momento non stava pensando alle conseguenze del gesto, né se questo avrebbe comportato qualcosa per quando riguardava la profezia del Regno.

Non le importava. C'erano solo lui e lei, lì e ora, questo era sufficiente, questo le bastava. Lo abbracciò e iniziò a passargli piano le unghie sulla schiena. Lo sentiva sospirare e mugolare e immaginò che gli piacesse. Decise di continuare, cercando anche le sue labbra e perdendosi in un bacio appassionato.

- Virginia... - il suo nome sussurrato da quella voce la faceva impazzire, così come il ritmo dei due bacini che si muovevano all'unisono.

- Dimmi che sei mia, Virginia - la voce di lui le arrivava roca all'orecchio.

- Sono tua, sì -

- Ricordalo sempre-

Gabriel chiuse gli occhi e gettò la testa all'indietro, poi venne lasciandosi andare a un lungo suono gutturale. Poi si lasciò cadere su Virginia, che lo accolse tra le braccia e lo strinse a sé.

Rimasero in silenzio per un po', cullandosi l'uno con il respiro dell'altra.

Poi lui rotolò su un fianco, un po' per non pesarle addosso, un po' per poterla guardare negli occhi.

Era un silenzio che stava già dicendo tutto, parlavano solo i loro sguardi e le dita che si intrecciavano.

- Sei mia per sempre -

- Per sempre, sì -

- Ti amo, Virginia. Perdonami -

Lei sorrise. -Ti devo perdonare perché mi ami? -

- No, per quello che sto per fare. E' meglio così, credimi -

E velocemente le mise una mano sugli occhi. Virginia fece solo in tempo a vedere la tristezza negli occhi di lui. Poi tutto fu buio.

Si svegliò sudata e confusa in un letto.

Annaspò un po' con le mani per capire dove era, poi riconobbe a tentoni il suo letto. Dunque era in camera sua.

Raggiunse l'interruttore della luce del comodino e lo pigiò. Si guardò attorno: sì, era in camera sua, era tutto a posto.

Si frizionò le tempie con le mani, doveva aver fatto un brutto sogno. Ricordava confusamente qualcosa su un regno e su angeli in guerra.

Buttò distrattamente un occhio al libro urban fantasy che stava leggendo e che era riposto sul comodino. Forse si era fatta suggestionare da quel che aveva letto.

Eppure non era stata una serata pesante, almeno così le pareva di ricordare. Era uscita con degli amici, anche con Edward che poi l'aveva riportata a casa.

Guardò l'ora: mancavano cinque minuti a mezzanotte. Virginia si ributtò a dormire cercando di cancellare la confusione che aveva in testa, anche se non capiva perché.

Passò una domenica relativamente tranquilla, anche se a volte era ancora assalita da alcuni momenti di confusione. Le sembrava di aver dimenticato qualcosa di importante, qualcosa che non doveva essere dimenticato.

Il lunedì arrivò in ufficio piuttosto di cattivo umore: aveva deciso di chiedere a Edward se per caso sabato era successo qualcosa di particolare o se magari avevano bevuto un po' troppo e magari per questo stentava a ricordare la serata del sabato.

Ma una volta arrivata al suo ufficio ebbe la sgradevole sorpresa di trovarsi da sola.

-Dove è Edward? - chiese al collega della stanza vicina.

- Ha chiamato poco prima che arrivassi tu. Starà fuori per qualche tempo, problemi familiari pare -

Lei aggrottò la fronte e tornò alla sua scrivania. Prese il cellulare e chiamò Edward. Qualche secondo e poi partì la voce registrata che le diceva che il numero non era raggiungibile.

Sospirò e con un gesto di stizza chiuse la comunicazione. C'era qualcosa di sbagliato in quella storia, ma non riusciva a focalizzare cosa.

Poco male, se Edward vuole mi cercherà lui, pensò.

Ma il ragazzo non si fece sentire, anzi mandò altri messaggi per far sapere che i problemi familiari si erano accentuati e che lui non sarebbe stato reperibile non sapeva fino a quando.

Piano piano Virginia stava intanto tornando alla sua vita normale. Il senso di inquietudine che l'aveva accompagnata in quei giorni stava scemando e la sua vita stava riprendendo i contorni di prima. Aveva riprovato anche a chiamare Edward, ma non era mai riuscita a contattarlo e si stava sinceramente preoccupando per lui.

Riprese comunque a dormire tranquilla, ad uscire con le amiche, ad allenarsi in piscina. Insomma, pareva che l'incantesimo di Gabriel avesse avuto il suo effetto: lei non ricordava più nulla, né di lui né di Hoara o di chi era davvero Edward.

Il destino però arrivò a chiedere il conto qualche tempo dopo.

Erano passati quasi due mesi da quella notte nella quale Virginia era stata riportata al suo mondo senza ricordi degli angeli e della loro lotta.

Aveva ricominciato a svegliarsi di soprassalto durante la notte e si sentiva spesso mancare il respiro.

Era anche arrivato il caldo e la sua pressione ne stava risentendo: continuava ad avere attacchi di pressione bassa e spesso si doveva sedere per riposare un po'.

Quel giorno era arrivata in piscina, dove doveva allenarsi con Chiara, una delle sue più care amiche.

- Oi! - la salutò allegra questa, per poi rabbuiarsi quando la vide in volto - Virginia, stai bene? -

- No, direi di no - Era pallida e faceva fatica a respirare.

- Non credo sia una buona idea fare delle vasche oggi -

- Forse è meglio se torno a casa -

- Ti accompagno io. E domani ti accompagno dal medico -

- Ma io... -

- Dai, poche storie, hai bisogno di una cura ricostituente. Ogni anno di questo periodo soffri per la pressione bassa, ma stavolta mi sembra un po' più grave -

Era vero, Virginia stava male. Accettò di buon grado il passaggio a casa e fu ancora più grata all'amica quando la mattina dopo si presentò di buon ora per accompagnarla a fare la analisi del sangue.

- Sarà la tua solita anemia, Virgy. Vedrai che ti daranno una cura di carne di cavallo, tanto per cambiare! - le disse sorridendo mentre andavano a prendersi un caffè dopo il prelievo.

E la busta con le analisi arrivò qualche giorno dopo. Virginia la trovò alla sera rientrando dall'ufficio. L'aprì con calma, in fondo in quei giorni era stata un po' meglio. Scorse i valori, sembravano tutti a posto, anche i globuli bian...un momento, cosa era quell'asterisco?

Scese a controllare gli altri valori seguendo con il dito le varie righe e trovando altri asterischi. Poi si accorse che il suo dottore le aveva scritto in penna il suo numero di cellulare, pregandola di richiamarlo.

Allora c'era davvero qualcosa che non andava.

Con le mani tremanti aprì la borsa, prese il suo telefono e compose il numero del medico, che rispose dopo pochi squilli. Si qualificò e gli spiegò di avere appena visto i risultati delle analisi e di non capire quegli asterischi.

- Sì, signorina, preferivo dirglielo di persona, data la delicatezza della situazione -

Delicatezza? Situazione?

- Mi scusi, dottore non capisco. Ho qualcosa che non va? Devo fare ulteriori approfondimenti? -

- Li dovrà fare senza dubbio. Lei aspetta un bambino, signorina -

Il cellulare scivolò dalle mani di Virginia finendo dritto sul pavimento chiudendo così la conversazione. Qualche istante dopo anche lei era seduta vicino al telefono, con la testa tra le mani.

Incinta? Come era possibile? E di chi? Erano mesi che non aveva rapporti sessuali con qualcuno. Allora? Forse l'aveva abusata qualcuno? Ma chi? Quando? Quel sabato di cui non ricordava nulla? E perché Edward non c'era? Lui era l'unico che poteva dirle qualcosa. O era scappato perché c'entrava qualcosa?

Con la testa che le pulsava per le troppe domande senza risposta, Virginia prese il telefono e richiamò dalla memoria un numero.

- Chiara, ciao. Senti, ho avuto i risultati. No, puoi venire qui? Ho bisogno di parlarti subito. Sì, bene grazie. A dopo -

Si alzò e iniziò a pensare cosa dire alla sua amica. Come gliel'avrebbe giustificato visto che anche per lei era una cosa di difficile comprensione?

Si sedette sul divano cercando di pensare. Qualcosa dentro di lei si stava agitando e riusciva a focalizzare solo un paio di occhi neri. Quello stesso paio di occhi che la stavano guardando da lontano, da un altro mondo.

- Virginia - sussurrò Gabriel cercando di non farsi sentire dai fratelli, molto vicini a lui. Li guardò e poi con un battito di ali deciso scomparve.

Doveva andare da lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Cap.14 ***


Ed eccoci tornati qui dopo tanto tempo. Come vi dicevo nell'avviso, non so come scusarmi per il ritardo. Posso solo promettere che da ora in poi cercherò di essere più puntuale.

Visto che é tanto che non aggiorno, facciamo un piccolo riassunto! :)

Magari chi inizia a leggere ora viene incuriosito...

Virginia é entrata in contatto con gli angeli caduti Gabriel e Edward, gli Aberthurg, che le rivelano di essere in guerra con un'altra stirpe, i Lysynn, che hanno usurpato il loro regno. I due le rivelano che é un'erede della stirpe dei sacerdoti, da parte della sua mamma, e che hanno bisogno di lei per riprendere il loro regno.

Ma la cosa non è delle più facili: infatti uno di loro due, o entrambi, devono fare l'amore con lei per generare un figlio che sarà l'erede del regno.

Questa cosa fa storcere il naso alla ragazza, che decide di non accettare. Nel frattempo conosce anche Hoara, il Lysynn, il “nemico”, che rivela però delle scomode verità. Queste fanno sorgere il dubbio in Virginia: siamo certi che gli Aberthurg siano i buoni e i Lysynn i cattivi o é il contrario?

Tra dubbi, passi avanti e troppi indietro, Virginia e Gabriel si innamorano e finalmente riescono ad avere una notte di amore. Dopo questa, però, l'angelo le cancella la memoria e la riporta nella sua casa. La ragazza, che non ricorda nulla, riprende la vita di tutti i giorni, ma dopo qualche tempo scopre con sgomento di essere incinta, anche se non sa né di chi né quando possa essere successo.

 

 

 

Quattro mesi.

Quattro mesi passate tra angosce, agitazioni e domande a cui nessuno era ancora riuscito a dare una risposta.

Da quella sera in cui aveva scoperto di attendere un bambino, la vita di Virginia aveva iniziato a scorrere su binari differenti.

Chiara era arrivata il più velocemente possibile. L'aveva trovata pallida e piangente, sconvolta.

-Cosa è successo, Virgy? - la ragazza era entrata di corsa nel piccolo appartamento. Quando aveva citofonato il cancello si era aperto subito e lei aveva fatto le scale a due a due per arrivare dalla sua amica.

Anche la porta di ingresso era socchiusa e a quel punto Chiara si era davvero spaventata. Sapeva che l'altra aveva fatto delle analisi mediche e ora era pressoché certa che Virginia fosse malata. Forse anche gravemente.

Con il cuore in gola si era precipitata in casa e l'aveva trovata raggomitolata su una poltrona, il viso rigato dalle lacrime. Non aveva perso tempo a togliersi il cappotto, ma si era diretta dall'amica e l'aveva abbracciata.

- Cosa é successo?

Virginia non riusciva a parlare, scuoteva solo la testa e guardava l'amica.

- Virginia, per favore! Se non mi dici cosa é successo io come faccio a capire che fare?

- Non c'è niente da fare.

Chiara era sbiancata.

- Ma cosa é successo? Si tratta delle analisi che hai fatto?

Un movimento del capo, Virginia aveva solo annuito.

L'amica si era inginocchiata davanti a lei e le aveva stretto le mani.

- Tesoro, io sono qui. Vedrai che qualsiasi cosa sia la supereremo assieme. Sì, avevo visto in questi giorni che non eri in forma, ma certo non mi sarei mai aspettata una conclusione del genere! Ma cosa ti ha detto esattamente il medico? Ti ha detto di che malattia sospettano?

Virginia finalmente la fissò e le sussurrò solo due parole: - Sono incinta.

Chiara strabuzzò gli occhi e un involontario sorriso le increspò le labbra.

- Come? Ma é una notizia meravigliosa, Virgy! Io pensavo che tu fossi malata! E invece... - poi si rese conto della situazione, il sorriso sparì e la guardò – Ma aspetta un momento. Incinta? E di chi? Quando é successo?

- Appunto, non lo so.

- Come sarebbe non lo sai? Di quanto sei?

- Più o meno due mesi.

- Non sapevo ti stessi frequentando con qualcuno.

- Non mi frequento con nessuno! L'hai capita ora?

Chiara la guardò dubbiosa, non riusciva a capire cosa stesse succedendo, ma vedeva che Virginia era agitata e spaventata e ora la cosa importante era rassicurarla.

Si alzò dal pavimento e si tolse il cappotto, poi si sedette sul divano.

Aspettò qualche istante, poi frugò nella borsa e trovò un pacchetto di fazzolettini di carta. Li passò all'amica e poi restò in silenzio mentre lei si asciugava gli occhi e cercava di calmare il pianto.

- Ora mi vuoi spiegare cosa é successo? - le chiese poi con voce dolce.

- Non lo so. Davvero. Guarda io ti posso dire che all'incirca un paio di mesi é successo qualcosa di strano e credo che da lì sia partito tutto.

- Cosa é successo?

- Sono uscita con Edward per una serata, te lo ricordi il mio collega?

- Sicuro! Persona simpatica.

- Infatti! Mi ricordo che abbiamo passato una bella serata, che siamo stati bene. Almeno fino a un certo punto.

- Cioè?

- Non ricordo bene cosa sia successo quella sera. Se ci ripenso, ricordo solo la tranquillità e la serenità di una serata con un amico, poi c'è qualcosa che manca, buio, quasi nebbia. E poi mi ricordo solo di essermi svegliata nel mio letto.

- Sola?

- Certo, da sola!

- Ma quindi pensi che Edward si sia comportato, ecco diciamo in modo scorretto con te?

- Mi riesce molto difficile pensarlo. Ed è sempre stato molto gentile con me e non posso pensare che mi abbia drogata per abusare di me.

- Effettivamente riesce un po' difficile anche a me. Mi pare qualcosa di molto brutto. E poi sono accuse pesanti senza prove.

- Infatti. Resta il fatto però che...

- Che cosa?

- Che quando poi sono tornata in ufficio, il lunedì successivo, Edward non era al lavoro e non ci é più tornato adducendo alcuni gravissimi problemi familiari.

- Hai provato a chiamarlo?

- Ovviamente. Ma altrettanto ovviamente non mi ha mai risposto, addirittura il suo numero di cellulare risulta disattivato. E ora scopro di aspettare un bambino.

- Effettivamente é un po' strano, ma comunque non significa che lui ti abbia fatto qualcosa.

- No, é quel che penso anche io – Virginia puntò gli occhi in quelli dell'amica e parlò lentamente – io credo che lui sappia cosa mi é successo e che sia sparito per non dirmelo.

- Vuoi dire che sta coprendo qualcuno?

- Questa é l'unica cosa che mi é venuta in mente. Dai Chiara, se non avesse nulla da nascondere non sarebbe scappato, no?

- Certo. Ma ora pensiamo un attimo a te. Sei incinta di due mesi, più o meno?

- Esatto – la voce di Virginia era dura, con una nota di terrore dentro.

- Bel casino.

Rimasero un momento in silenzio, fu Chiara a riprendere il discorso.

- Virgy, devi andare alla polizia.

- A dire cosa? Salve, sono incinta, ma non mi ricordo un accidente di quel che é successo! Sì, proprio un uomo che lascia il segno! Dai, mi prenderebbero per pazza!

- Ma se qualcuno ha abusato di te, se qualcuno magari ti ha drogato loro possono fare delle indagini e scoprire il colpevole. E anche sapere se Edward c'entra qualcosa.

Virginia taceva, sapeva che l'amica aveva ragione, ma irrazionalmente continuava a non volere far sapere a nessuno la sua situazione. Qualcosa le diceva di stare tranquilla, continuava a sentire una voce nella sua testa che la rassicurava dicendole che tutto sarebbe andato bene.

- Tu hai ragione, Chiara, ma io ancora non me la sento di fare nulla. Sono...sono confusa, ecco. Io sto per diventare mamma.

Ecco, l'aveva detto.

Mamma.

Aveva una vita che cresceva dentro di lei e non sapeva se esserne contenta o no. Senza pensare portò una mano sopra alla sua pancia, che comunque era ancora piatta e non dava segni di vita.

E invece qualcuno era vivo dentro di lei.

Che strano, non aveva mai pensato di diventare madre, non dopo quel che aveva vissuto lei nella sua infanzia.

Sola, era sempre stata sola, almeno da quando suo padre aveva fatto ricoverare sua madre in una casa di cura.

Virginia scosse la testa e chiuse gli occhi. Dentro di lei le sembrava di ricordare qualcosa anche riguardo a sua madre, aveva come la sensazione di essere stata parte di un'ingiustizia fatta alla sua mamma, ma non ricordava nulla.

Aprì gli occhi e si accorse che Chiara la stava guardando.

- Sono preoccupata per te, Virginia.

- Lo so. Mi spiace.

- Vorrei poter fare qualcosa.

- Se ti ho chiamata era perché sapevo che tu potevi essere l'unica persona con cui potevo parlare. La tua presenza vuol dire già molto per me.

- Sono fiera di poter essere tua amica e ti assicuro che sarò sempre vicino a te, qualsiasi cosa tu possa aver bisogno.

- Che ne dici di farmi un the, allora? -Virginia ebbe un timido sorriso.

- Vado subito! Tu aspetta qui e cerca di rilassarti un po'.

Mentre armeggiava con la teiera in cucina, Chiara pensò alla situazione. Era ovvio che Virginia era in stato confusionale e che non riusciva a vedere la realtà. Edward doveva c'entrare sicuramente qualcosa ed era per questo che era scappato, ne era sicura.

Ora avrebbe aspettato ancora qualche giorno, cercando di rassicurarla e di incoraggiarla, poi avrebbe fatto di tutto per portarla alla polizia e farle denunciare qualche era successo. Sì, doveva essere stata vittima di una violenza e probabilmente lo choc era stato così forte da farle rimuovere il tutto.

Con la teiera e due tazze su un vassoio, Chiara tornò in salotto e trovò Virginia ferma nella stessa posizione nella qualche l'aveva lasciata.

Povera ragazza, pensò mentre appoggiava il vassoio sul tavolino e versava il the nelle tazze.

Bevvero in silenzio, entrambe sapevano che non c'era bisogno di molte parole, ora.

Poi Chiara fece la domanda che le stava girando in testa da quando aveva saputo la notizia.

- Che cosa pensi di fare con questo bambino? Scusami se te lo chiedo così, ma hai pensato che potrebbe essere il frutto di una violenza? In fondo non ricordi nulla...

Dura, diretta, ma non sapeva in quale altro modo dirlo.

Virginia la guardò, non si era arrabbiata per la domanda, se lo stava chiedendo anche lei. Alla fine sospirò e rispose: - Non lo so. Non so veramente cosa fare, non chiedermelo ora, ci penserò tra un poco.

Chiara aveva capito che non era il caso di insistere, per il momento.

- Come vuoi, cara, come vuoi. Ricorda però che io sono qui.

- Sì, grazie.

 

***

Alla fine l'aveva tenuto.

L'aveva sempre saputo dentro di lei che non avrebbe potuto liberarsi di quella vita, anche se non aveva ancora idea né da dove era arrivata né di che cosa avrebbe fatto in futuro.

Una ragazza madre. Ecco quello che sarebbe diventata.

Buffo, aveva sempre pensato che sarebbe diventata mille cose, ma non questa.

Eppure ora, mentre camminava verso casa con il pancione che ormai si vedeva, era combattuta tra la tristezza e la voglia di essere felice di questa situazione.

Quel giorno aveva fatto un'ecografia e aveva scoperto di aspettare un maschio.

Tutti le aveva detto che era stata coraggiosa a portare avanti quella gravidanza, ma lei alzava le spalle. Sentiva in qualche modo che questo bambino era il risultato di un amore, anche se non ricordava nulla.

Durante tutte quelle settimane, Chiara aveva cercato di convincerla a sporgere denuncia, a fare chiarezza su quel che era successo,ma Virginia aveva sempre declinato. Dentro di lei qualcosa le diceva che tutto si sarebbe risolto, che non si doveva preoccupare. A volte la ragazza dava ascolto a quella voce, altre, come quella sera, si sentiva scoraggiata e sola.

Cercò le chiavi per aprire la porta e sentì che il bambino si stava puntando con i piedini sulla sua pancia.

- Ehi, ehi calma, stiamo arrivando a casa!

Entrò e si preparò qualcosa di caldo e veloce per cena. Era stanca.

Si distese sul divano, mangiando la zuppa di verdure davanti alla tv.

Non aveva molta fame, ma sapeva che doveva mangiare soprattutto per il suo bambino.

Poi passò qualche tempo facendo zapping: si annoiava e si sentiva triste.

Andrà tutto bene.

Ancora quella voce dentro di lei. Ancora quella sensazione di benessere che le arrivava all'improvviso, come se qualcuno le fosse vicino e l'abbracciasse.

Andrà tutto bene.

Si sentiva sicura, ora, quasi cullata e rassicurata.

Andrà tutto bene.

Quella sera, però, qualcosa era diverso. Quelle parole ripetute dentro di lei da settimane l'avevano sempre cullata e rassicurata, ma quella sera no.

Forse era stato l'aver saputo il sesso del suo bambino, forse era la consapevolezza che tutto stava diventando sempre più reale, forse queste cose tutte assieme, ma Virginia non riuscì a non scoppiare in lacrime.

- Non andrà tutto bene, ne sono sicura! Una sciocca, sono stata una sciocca a pensare che avrei sistemato le cose in qualche modo. Ma che cosa posso fare? Ha ragione Chiara, come posso gestire questa cosa da sola?

Tu ce la puoi fare.

Ancora quella voce! Ma stava forse impazzendo?

Cercò di calmarsi, ma i singhiozzi quella sera le squassavano il petto: finalmente stava facendo uscire il dolore e la preoccupazione che la stavano mangiando da dentro.

- No, non ce la posso fare! Non ce la farò mai.

Virginia.

Lei alzò lo sguardo, chi la stava chiamando? Non c'era nessuno.

Riprese a piangere, disperata. Stava davvero impazzendo.

Virginia.

Ora la voce sembrava più forte e vicina a lei.

Si guardò ancora attorno e si accorse che un angolo della stanza sembrava più luminoso. Cercò di aguzzare lo sguardo e con terrore vide che una sagoma stava comparendo in quell'angolo.

Urlò mentre si rendeva conto che una presenza si stava materializzando nel suo salotto.

Urlò ancora mentre la presenza prendeva corpo e diventava un ragazzo alto, coi capelli e occhi neri che la fissava sorridendo.

- Ma chi sei? Cosa vuoi? - Virginia era rattrappita sul divano, le mani sulla pancia a protezione.

- Virginia – le disse solo e lei riconobbe quella voce che in tutte quelle settimane l'aveva rassicurata.

Quella voce che lei pensava provenisse da dentro di lei invece era di quel ragazzo.

D'improvviso si sentì tranquilla e non disse nulla nemmeno quando lui le si avvicinò e si sedette vicino a lei.

Virginia era rimasta con le mani attorno alla sua pancia e si era accorta che il ragazzo la stava guardando con amore.

- Virginia, scusami -

Lei lo guardò ancora stupita.

- Ma come fai a sapere il mio nome? Chi sei? E perché devo scusarti?

Il ragazzo sorrise e si chinò mettendole una mano sugli occhi.

- Scusami perché avevo pensato che fosse la cosa migliore per tutti, e invece...

Virginia era rimasta per un attimo interdetta, poi aveva sentito la mano del ragazzo sugli occhi e tutto era diventato buio. Poi una miriade di ricordi era esplosa in lei.

Edward, il re, Gabriel, il sacerdote, Hoara l'altro re del Regno, Aberthurg, Lysynn, lei e la sua mamma discendenti di questa stirpe angelica. E poi ancora Gabriel e lei, i loro baci e la loro unica notte d'amore assieme. Il loro volersi, cercarsi e amarsi. E Gabriel che le dice che la ama e poi la fa tornare nel suo mondo senza più ricordo di loro.

Il ragazzo tolse la mano dagli occhi e lei lo guardò riconoscendolo finalmente.

- Gabriel – disse alzandosi.

- Sono qui.

L'angelo sorrise, ma venne raggiunto da un manrovescio della ragazza.

- Questo è per avermi lasciato qui da sola senza di te e senza ricordi!

Gabriel sorrideva mentre si massaggiava la guancia arrossata.

- Non sei cambiata.

- Nemmeno tu, vuoi sempre decidere per me, come ti sei permesso di farmi dimenticare tutto di noi?

- Pensavo di fare bene.

- E invece hai fatto male. Ma perché sorridi così?

Gabriel non rispose, ma allungò la mano e le toccò la pancia.

- Il nostro bambino – disse solo.

A Virginia vennero le lacrime agli occhi e gli si tuffò tra le braccia.

- Eri tu vero? - gli chiese tra un singhiozzo e l'altro – Eri tu che tutte le sere arrivavi qui da me e cercavi di rassicurarmi?

Gabriel le prese il mento tra le dita e la baciò a lungo.

Poi si staccò e la guardò: - Ero io. Ho cercato di proteggerti. Ma non ci sono riuscito.

- Perché dici questo?

- Perché ora Edward e Hoara mi stanno cercando.

- Cercando?

- Sono scappato per venire da te. E ora sapranno che sono qui.

- Che cosa vogliono da noi?

- Ucciderti.

 

Lav's Corner

Ed eccoci qui! Spero che la ripresa del mio raccontino vi sia piaciuta, ora prometto aggiornamenti più regolari.

Se vi va vi ricordo anche la mia Dramione Casta Diva e la long del fandom Supernatural The Book of love.

Grazie a chiunque leggerà, passerà e mi seguirà e anche a chi deciderà di lasciarmi un segno del suo passaggio!

Potete anche trovarmi sulla mia pagina Facebook di Lavandarose e, niente, ora vado e spero davvero che vi sia piaciuto leggere altrettanto quanto a me è piaciuto riprendere finalmente a scrivere!

Baci

Lav

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