Mobile Suit Gundam D di Ray (/viewuser.php?uid=112)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Ciò che a nessuno interessa ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1.5: Il sogno della farfalla ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Ciò che si vede, ciò che non si vede (parte prima) ***
Capitolo 4: *** Intermezzo - Keroro: piano per la conquista subdola! ***
Capitolo 5: *** Capitolo 2: Ciò che si vede, ciò che non si vede (parte seconda) ***
Capitolo 6: *** Capitolo 3: La leggenda del Re Pescatore ***
Capitolo 7: *** Capitolo 4: 'Non esiste belva sulla Terra...' ***
Capitolo 8: *** D-MSV ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1: Ciò che a nessuno interessa ***
Fuffa legale: Gundam e i nomi correlati sono di proprietà di Sunrise/Sotsu
Agency, i creatori originali sono Yoshiyuki Tomino e Hajime Yatate (sì, insomma,
chiunque si nascondesse dietro questo nome all’epoca). Lo scritto seguente è
realizzato a titolo di sollazzo personale, senza fini di lucro.
Attenzione: chi ha già letto la fanfiction Una Storia di Guerra Qualsiasi,
pubblicata su questo stesso sito, può anche evitare il primo capitolo di Gundam
D. Che è, all’atto pratico, una director’s cut di quel racconto, con gli errori
corretti e le note conclusive riviste. Qualcuno si sarà anche accorto che ho
sovrascritto quella stessa storia, senza creare uno spazio apposito per Gundam
D. Mi sembrava la cosa più logica da fare. I capitoli oltre il primo, invece,
sono completamente inediti e ne rappresentano un seguito.
***
CAPITOLO 1: CIÒ CHE A NESSUNO INTERESSA
***
Il cielo era nuvoloso. La foresta era silenziosa. Una pioggia rada e leggera
cadeva tra gli abeti.
La foresta era silenziosa. La maggior parte degli animali che la abitavano
era già caduta in letargo e gli altri erano migrati verso sud, come l’istinto
ordinava loro di fare da generazioni, seguendo le rotte dei loro antenati. Era
incredibile come questo stesso istinto portasse gli animali a migrare ogni anno
nello stesso periodo. Sembrava quasi che viaggiare fosse l’unico modo per
scampare alla morte.
Anche per gli esseri umani era stato così.
O almeno, questo era quanto alcuni avevano pensato. In realtà, per l’umanità,
l’inizio della migrazione era coinciso con la fine di quella pace che la nascita
della Federazione Terrestre sembrava avere garantito definitivamente.
Un tuono squarciò il silenzio. Poi un rumore ritmico, battente, pesante.
Sempre più pesante man mano che si avvicinava. Gli alberi si piegarono sotto la
forza del gigante metallico che correva; l’enorme macchina antropomorfa,
muovendosi con un’agilità impensabile per le sue dimensioni, abbatteva piante a
ogni passo. Era un mobile suit. Sulle sue spalle e sulla sua testa erano stati
attaccati rami e fronde; tutto il suo corpo era stato macchiato di fango e
terra. Nonostante questo, il goffo tentativo di mimetizzarlo non era riuscito a
coprire completamente il suo colore bianco, né il rosso del torace.
All’improvviso, un altro rumore, più minaccioso del tuono, più minaccioso del
ritmico battito del passo della macchina, esplose in aria. Una mitragliatrice da
120 mm. era molto più grossa di quella che un essere umano avrebbe potuto
impugnare. E molto più rumorosa. Spinto in aria dai razzi nel backpack, un altro
mobile suit stava scaricando la propria arma da fuoco contro il primo. Questo
secondo gigante meccanico era verde; quando il suo balzo gli fece superare il
bersaglio, smise di sparare e atterrò esattamente davanti al suo avversario.
Il mobile suit bianco e rosso si bloccò di colpo; senza aspettare un secondo,
portò la mano destra alla gamba. Dal fianco dell’arto inferiore si aprì un vano,
dal quale estrasse un piccolo cilindro metallico; un attimo dopo, da esso
scaturì un fascio di luce violacea, che, stabilizzandosi, assunse una forma che
ricordava la lama di una spada. Senza perdere tempo, approfittando del fatto che
il mobile suit verde era appena atterrato, il bianco scattò in avanti, agitando
la beam saber. Sembrava sapere di essere troppo lontano per colpire
effettivamente il nemico, ma ottenne comunque il proprio scopo: la canna della
mitragliatrice fu tagliata a metà.
La macchina verde balzò di nuovo, stavolta all’indietro. Apparentemente, il
pilota si era reso conto di avere perso il proprio vantaggio: lasciò cadere
quello che restava della sua arma da fuoco, mentre l’unico occhio brillante del
suo gigante antropomorfo si fissava sul nemico, e portò la mano alla cintola,
staccandone la grossa accetta che vi era fissata. L’heat hawk sibilò
sinistramente, mentre la sua lama prendeva a riscaldarsi e le gocce di pioggia
evaporavano man mano che vi cadevano.
I due mobile suit sembrarono studiarsi per un lunghissimo istante; poi,
caricarono l’uno verso l’altro.
Fu un attimo: prima ancora che chiunque potesse rendersi conto di cosa stesse
succedendo, un nuovo rumore tonante squarciò l’aria, seguito da una luce più
intensa di quella di un lampo.
Il mobile suit verde fu sbalzato violentemente a terra, mentre il suo braccio
destro e la sua testa, insieme con parte del suo torace, finivano in frantumi,
trasformandosi improvvisamente in un ammasso di lamiere informi e metallo fuso.
A circa seicento metri di distanza, anch’esso coperto di fango e fronde, un
altro mobile suit aspettava che gli enormi cannoni montati sulle sue spalle si
raffreddassero, prima di muovere i possenti cingoli che aveva al posto delle
gambe.
Al suo interno, un fumo denso e puzzolente opprimeva l’abitacolo. Ne uscì
solo quando il boccaporto principale si aprì.
Il sergente Graham Locke tirò una profonda boccata d’aria, subito seguita da
una serie di colpi di tosse che gli sembrò interminabile. Del resto, per uno
come lui, un trentenne che aveva iniziato a fumare solo dopo essere diventato
pilota perché gli avevano detto che aiutava a scrollarsi di dosso la tensione,
tapparsi in un ambiente ristretto con una sigaretta in bocca era una specie di
suicidio.
Respirò l’aria della foresta a pieni polmoni, ringraziando qualsiasi dio gli
venisse in mente per essere sopravvissuto. Non tanto alla battaglia, ma alla
sigaretta. Si stese quanto più poteva sul sedile e fece per passarsi una mano
tra i capelli. Li aveva sempre avuti lunghi, e tendeva a dimenticarsi che glieli
avevano fatti tagliare al momento di arruolarlo. Quello che lo distrasse da
questi pensieri fu il gracchiare della radio. Sapeva già cosa gli sarebbe stato
detto. In realtà, aveva sperato che le particelle Minovsky impedissero questa
comunicazione.
"Sei una testa di cazzo immensa", disse una voce di donna, evidentemente
seccata, proveniente dalla radio. "Lo so", rispose Graham senza scomporsi
troppo. "Preferivi che ti lasciassi da sola a vedertela con quello Zack?
Controlla se il pilota è vivo, piuttosto, credo che al comandante non
dispiacerebbe avere qualche informazione sui nuovi modelli di mobile suit che
sono stati avvistati da queste parti". "Ribadisco che sei una testa di cazzo",
ripeté la donna. "E, per rispondere alla tua domanda, sì, avrei preferito che mi
lasciassi sola a vedermela con quello Zack. Ti rendi conto di cosa hai
rischiato?". Graham ruotò gli occhi al cielo: "Tranquilla, non ho rischiato
niente. Ho sparato solo quando vi siete trovati a una distanza tale che non
avrei potuto colpirti per sbaglio". "Non è questo il punto!", esplose la donna,
stavolta apparentemente sul punto d aggredire verbalmente l’uomo, "Ti sei
dimenticato che questi affari funzionano con un reattore atomico? Cosa sarebbe
successo se l’avessi preso? Anche se ci hanno appena consegnato questi modelli,
non dovresti sottovalutare un fatto del genere!". "Ma dai!", cercò lui di
buttarla sul ridere, "Non mi dirai che la mia dolce Dolly si è arrabbiata". "Non
sono dolce e non sono tua", fu la risposta. "Tra l’altro, non ricordo di averti
mai autorizzato a chiamarmi Dolly. E adesso diamoci un taglio con le stronzate,
torniamo al campo base".
***
"Vedrò di essere chiaro", disse il tenente Ridley puntando gli occhi sul
pilota di Zeon seduto sulla sedia all’interno della sua tenda da campo, "Ho
bisogno che tu mi dia alcune informazioni. Se non lo farai, be’, chissà". Lanciò
un’occhiata all’enorme uomo biondo che, con indosso un’uniforme federale che
sembrava doversi strappare da un momento all’altro sotto la pressione dei suoi
muscoli, stava dietro il prigioniero. Lo zeoniano girò la testa verso le proprie
spalle, guardando il grottesco mix tra stazza enorme, biondi capelli a spazzola
e piccoli occhi porcini del soldato nemico. Sembrava che, contrapposto al viso
franco e rassicurante di Ridley, fosse stato portato lì apposta per fare il
giochino del ‘poliziotto buono-poliziotto cattivo’. Ancora nella sua normal
suit, dopo solo essersi tolto il casco, il pilota di Zeon pensò fosse una buona
idea non farsi impressionare: "Non credo che mi farete ‘chissà’. Mi aspetto che
la mia permanenza presso di voi venga gestita secondo il Trattato del Polo Sud".
"’Sti cazzi del Trattato del Polo Sud", replicò il tenente fissando il pilota
nei suoi freddi occhi azzurri, "Non l’ho mica firmato io!".
Ridley non era imponente, ma dava l’impressione di esserlo. Aveva praticato
equitazione fin da bambino e il suo portamento eretto e il suo passo misurato lo
facevano sembrare più alto di quanto non fosse in realtà. Non aveva avuto
bisogno di tagliarsi i capelli, una volta arruolatosi: a trentasei anni,
l’alopecia aveva già trasformato la sua testa in qualcosa di molto simile a una
palla da biliardo.
Per contro, il soldato di Zeon, non sembrava molto intimidito da
quell’interrogatorio. Doveva essere alto più o meno quanto Ridley, ma il suo
fisico esile non lo aiutava a sembrare più grosso. I suoi capelli neri, corti e
appiattiti sulla testa, gli davano un’aria da studente modello appena
diplomato.
"Allora, vediamo di rifare daccapo", riprese il tenente, "Nome e grado?".
"Sergente Matthew Meyer", rispose lo zeoniano con tono di voce chiaramente
seccato.
"Oh, bene. Ora, sappiamo dov’è il vostro quartier generale in questa zona, ma
non conosciamo l’esatta entità delle sue forze. Dovresti dirmi quanta gente c’è
e di quali mezzi dispone".
"Non prendermi in giro, dai… Non so quanta gente ci sia, non li ho mai
contati. Solo alcuni ufficiali hanno accesso ai registri con il numero esatto.
Riguardo ai mezzi, pensi davvero che ti darei un’informazione del genere?".
"No che non lo penso. Però credo anche che non abbiate molto, altrimenti i
tuoi compagni si sarebbero già messi in moto dopo aver trovato i tre mobile suit
che abbiamo abbattuto oggi. Allora cambio la domanda. Tra i mobile suit della
squadriglia con cui eri tu c’era un modello che non ho mai visto, quello con
l’antenna di comando sulla testa. Cos’era esattamente?".
"Vuoi il nome? MS-07B, credo. Mi pare lo chiamassero così".
"No, voglio sapere che armi monta. Potenza del generatore, autonomia,
mobilità al suolo… Cose di questo tipo".
"Non lo pilotavo io, quindi non lo so. Non mi vado a leggere le specifiche
tecniche, mi rendo conto delle prestazioni di un mobile suit quando metto il
culo sul sedile. In compenso, posso snocciolarvi tutte le caratteristiche di
quello che avevo io e che mi avete distrutto, un fiammante MS-06J Zack II. Che
ne dite?".
"Che sei uno stronzo. Sai benissimo che la Federazione conosce perfettamente
quel modello. E ti dico anche che secondo me tu sai molte più cose di quelle che
ci vuoi dire".
Ridley non fece in tempo a fare un’altra domanda: una donna in uniforme
federale entrò nella tenda. Aveva un’aria di sufficienza sul volto. Più che una
subordinata che si presentasse a un ufficiale, sembrava una ragazza che
lanciasse un’occhiata di superiorità a un pretendente rifiutato. I suoi lunghi
capelli neri, pettinati all’indietro e raccolti in una treccia, dei quali un
singolo ciuffo ricadeva sul viso, sembravano sottolineare la sua espressione,
accentuando l’idea che fosse molto seccata per il fatto di trovarsi lì.
"Tenente, è arrivata la persona che aspettavamo", disse la donna puntando su
Ridley i suoi occhi verde scuro. "Era ora!", esclamò l’uomo allargando le
braccia con un’espressione sollevata. "Non mi sembrava proprio il caso di
restare ulteriormente in zona. A quest’ora gli zeoniani ci staranno già dando la
caccia, dobbiamo levare le tende al più presto. Ah, una cosa", aggiunse Ridley
rivolgendosi a Meyer, "Questa qui – indicò la donna appena arrivata – è quella
che ha abbattuto i tuoi compagni. Come ti senti all’idea che una squadra di
piloti di Zeon sia stata tirata giù quasi interamente da una donna?". "Fai un
po’ tu", rispose il pilota sogghignando. "Mi sento come uno che la stava
inseguendo mentre lei se la dava a gambe…". "Avevo con me solo il bazooka gun e
me l’hai tolto avvicinandoti mentre bersagliavo i tuoi compagni!", ritorse la
giovane acidamente. "Era inutile affrontare un altro nemico quando sapevo che un
commilitone era appostato lì vicino". "Sì?", domandò Meyer canzonatorio, "E
avevi previsto che lui mi avrebbe sparato rischiando di coinvolgerti
nell’esplosione del reattore nucleare del mio Zack? E hai accettato il rischio
per farmi fuori?". "Lascialo perdere, Dolores", disse Ridley uscendo dalla
tenda. "Non metterti a fare discussioni con un tizio che si è fatto tirare giù
come un pivello. Dagli un occhio mentre io vado dal messaggero".
***
Il messaggero era un ragazzo sui vent’anni. O almeno così sembrava. Una
profonda cicatrice gli attraversava la guancia destra e i suoi arruffati capelli
castani erano pieni di polvere e bagnati dalla pioggia. Era arrivato su di una
jeep a tetto scoperto piuttosto malridotta. I suoi vestiti civili, sporchi e
impolverati, non avrebbero mai fatto pensare a un soldato federale. Il che era
proprio ciò che ci si augurava.
Nonostante fosse palesemente più giovane di Ridley, e, con tutta probabilità,
anche inferiore in grado, non si fece problemi a dire quello che gli passava per
la testa: "Tenente, posso chiederle se è completamente rincoglionito?". "Non è
che avessi molta scelta… Non potevamo fare altrimenti", rispose l’uomo più
anziano scuotendo il capo. "Me lo auguro", ritorse il nuovo arrivato. "Spero che
lei capisca che attaccare una pattuglia in pieno territorio nemico, tra l’altro
mentre ci si trova qui solo per spostarsi da una zona a un’altra, è un’idiozia
che nemmeno il più ingenuo dei soldati commetterebbe".
"Quella pattuglia si stava dirigendo in questa direzione. Avrebbe scoperto il
nostro campo, non potevamo permettere che trasmettesse la nostra esatta
posizione al comando, né eravamo in grado di andarcene senza essere notati".
"Se gli zeoniani hanno trovato i rottami, saranno già sulle vostre tracce,
ormai sanno benissimo che siete in zona. Dovete andarvene al più presto".
"Grazie per la sua incredibile abilità nel dedurre l’ovvio. Stavamo
aspettando solo lei, a dire la verità. Non è che organizzare un rendez vou nel
bel mezzo del territorio nemico sia il massimo dell’intelligenza, d’altra
parte…".
"Tenente, devo ricordarle che l’unità della quale facevate parte lei e i suoi
uomini è stata sterminata due settimane fa in Svizzera? Al tempo, riuscimmo solo
a farvi pervenire l’ordine di muovervi verso est e sa bene che i dintorni di
questa zona sono troppo pieni di particelle Minovsky perché le comunicazioni
radio funzionino decentemente. Non c’era altro modo per farvi avere gli
ordini".
"Che sarebbero?".
"Continuate a muovervi. Dovete arrivare in Ucraina entro un mese. Stiamo
radunando lì le nostre truppe provenienti dall’Europa e dall’ovest dell’Asia.
Dovete arrivare nei pressi di Odessa: una volta lì, riceverete nuovi
ordini".
"Un raduno di truppe? Significa che stiamo preparando un contrattacco in
grande stile?".
"Nemmeno io conosco i dettagli. Fatto sta che i capoccioni vogliono mettere
insieme una gran quantità di soldati, quindi stanno dirigendo a Odessa tutte le
squadre che non hanno compiti inderogabili. A proposito, come siete messi a
mobile suit?".
"Discretamente. Abbiamo due GM e un Guntank. A proposito, se passa da Juburo,
potrebbe dire che colorino decentemente questi affari? Come facciamo a
mimetizzare una macchina antropomorfa di diciotto metri bianca e rossa?".
"Tenente, lei pensa che io passi da Jaburo per fare le vacanze? Non ci sono
mai stato in vita mia, e non ho in programma di andarci. Non decido io come
colorare i mobile suit. Ah, a proposito… Non so quanto le possa interessare, ma
il comandante dell’Armata di Occupazione del Nord America è morto in
battaglia".
"Cosa?". Ridley era sinceramente sorpreso. Aveva sentito dire che il
comandante dell’Armata di Occupazione del Nord America era il figlio minore del
reggente di Zeon e non si aspettava che partecipasse effettivamente alle azioni.
"Questa sì che è una notizia! Sarà un duro colpo per il nemico".
"Già, probabile. Pare che stiano trasmettendo il suo funerale in diretta per
tutta la Sfera Terrestre. È un peccato non avere un televisore sottomano. La
cosa più strana è che sembra sia caduto durante uno scontro con una sola nostra
corazzata il cui equipaggio è costituito da dei ragazzini".
"Ma scherza?".
"Magari. Ormai sono morti tanti di quei soldati, che non possiamo fare a meno
di mandare sul campo chiunque sia in grado di imbracciare un fucile. Però pare
che quei ragazzini stiano veramente facendo sfracelli, pur avendo solo tre
mobile suit a bordo. Dicono siano sfuggiti un paio di volte al famoso Cometa
Rossa e adesso, con questo casino che hanno combinato, si tireranno dietro mezzo
esercito di Zeon. Il che, considerato che mi risulta siano stati dati anche a
loro gli stessi ordini che io sto dando a voi, potrebbe tornarci utile. Sa che
hanno anche loro un Guntank?".
"Come il nostro?".
"No, credo che il loro sia il prototipo, mentre la vostra sarà la variante
prodotta in serie. Comunque sia, è meglio che vi mettiate in viaggio al più
presto. Ah, aveva detto che avete con voi un prigioniero, no?".
"Già. Lo prende in consegna lei per portarlo al quartier generale?".
"Scherza? Io da solo? Guardi che non abbiamo un quartier generale qua vicino,
ho dovuto fare un viaggio piuttosto lungo per arrivare. Non potrei mai assumermi
da solo la responsabilità di un prigioniero. Potete solo portarvelo dietro fino
a Odessa. La cosa migliore, a dire la verità, sarebbe ammazzarlo dopo averlo
fatto parlare, ma il Trattato del Polo Sud lo proibisce… Solo che… come dire…
non credo che sulla strada da qui a Odessa troverete molta gente disposta a
controllare che lo rispettiate. Con questo non vi sto dicendo di uccidere
effettivamente il prigioniero, beninteso… Però gli incidenti possono sempre
capitare, no?".
"Ammiro l’abilità di certa gente di tenere il piede in due scarpe e di fare
passare un consiglio esplicito per un velato suggerimento, tra l’altro con
parole alquanto banali".
"Che vita ingiusta, eh? Comunque sia, si accerti di memorizzare le coordinate
che le fornirò ora: sono quelle del punto esatto in cui dovete dirigervi…".
***
"Era solo questione di tempo", mormorò il capitano Augusto Schroeder, seduto
sui talloni, esaminando l’enorme impronta sul terreno fangoso. Mentre la pioggia
notturna picchiettava sulla sua uniforme di ufficiale di Zeon, si alzò in piedi,
raddrizzando la schiena. Aveva l’impressione che un comandante dai lunghi
capelli color acciaio, con la sua rada barba mal curata e qualche ruga di troppo
attorno agli occhi, desse un’impressione di debolezza ai suoi soldati. Era anche
per questo che spesso usciva con loro in missione o in pattuglia: riteneva fosse
fondamentale dare prova di forza e affidabilità ai propri uomini.
Uno di loro, un sergente di bassa statura a cui il naso aquilino conferiva un
volto molto simile a quello di un uccello da preda, si avvicinò al suo
superiore: "Dobbiamo quindi assumere che le voci provenienti da diversi fronti
europei siano veritiere…". "Già", si limitò a rispondere Schroeder scuotendo il
capo e muovendosi verso i fari della jeep alle proprie spalle. Dietro alla jeep,
delle sagome che l’oscurità non riusciva a coprire. Due Zack II e un Gouf si
stagliavano in tutta la loro altezza. Era solo questione di tempo, si ripeté il
capitano tra sé e sé. Prima o poi, anche la Federazione doveva arrivare a
impiegare dei mobile suit prodotti in serie. Il cannone che era stato trovato
vicino ai primi due mobile suit abbattuti non lasciava dubbi circa cosa lo
avesse impugnato. E il fatto che il secondo Zack distrutto fosse in un’altra
posizione, con dei danni differenti sul corpo, doveva voler dire che i mobile
suit federali erano più di uno.
"Diamoci una mossa!", esclamò Schroeder sedendo sulla jeep, mentre il
sergente dal naso aquilino si metteva al posto di guida, "Le previsioni del
tempo dicono che potrebbe nevicare da un momento all’altro e i terrestri sono
più abituati di noi alle condizioni climatiche mutevoli di questo pianeta.
Sicuramente stanno approfittando della notte per spostarsi, non possiamo
permetterci di concedere loro un ulteriore vantaggio". "Non dovremmo avvisare il
quartier generale della posizione approssimativa dei bersagli?", domandò il
sergente. "Potrebbero comunicarla anche alle altre nostre truppe di stanza nei
paraggi". Il capitano si fermò per un attimo. Ci aveva già pensato, ma era
giunto a un’unica conclusione: sarebbe dovuto tornare lui personalmente al
quartier generale, perché era fuori discussione rimandare indietro un mobile
suit quando non si conosceva esattamente l’entità delle forze nemiche. E questo
era contrario alla sua filosofia di comando. Restò in silenzio per qualche
secondo, ponderando la situazione, poi si rivolse al sergente: "Hai ragione,
torniamo indietro. Lasciamo che siano i mobile suit a dare la caccia al nemico,
tanto con questa jeep non potremmo fare alcuna differenza".
A volte il buon senso doveva prevalere sulle convinzioni poco pratiche,
pensò.
***
La luce rosata dell’alba si rifletté sul visore del GM, accovacciato tra le
cime degli alberi. Contrariamente alle previsioni, le condizioni atmosferiche
avevano lasciato il passo a una timida schiarita, che aveva però tutta l’aria di
un preludio alla tormenta che si stava preparando.
Nell’abitacolo del suo GM, Dolores respirava lentamente, quasi che il ritmo
dei suoi polmoni potesse influenzare in qualche modo il camuffamento del mobile
suit. La sua attenzione era tutta per il monitor davanti sé: la telecamera
principale del GM avrebbe dovuto mostrarle immagini del nemico da un momento
all’altro.
Sul braccio sinistro del mobile suit era fissato uno scudo; nel suo pugno
destro, un’arma sperimentale, che pochissimi altri avevano usato.
Il nemico era vicino: le rilevazioni non lasciavano dubbi.
Solo qualche minuto prima, il sonar da terreno dell’Hover Truck aveva
segnalato la presenza di tre mobile suit in avvicinamento, probabilmente Zack.
Evitarli era ormai fuori discussione: conoscevano il posto, quindi non avrebbero
fatto troppa fatica a riprenderli. Era molto meglio eliminarli subito, anche se
questo significava perdere tempo, e probabilmente permettere ad altre squadre di
ricerca di avvicinarsi. Meglio far fuori i nemici uno per uno che affrontarli
tutti insieme, a questo punto.
I tre mobile suit federali si erano disposti a triangolo, sfruttando gli
alberi per coprirsi: il Guntank si era sistemato al centro, mentre su ciascun
lato c’era un GM. L’idea era semplice: lasciare che Gli Zack si avvicinassero,
per poi tenerli sotto tiro con i GM e permettere al Guntank di finirli.
All’interno dell’Hover Truck, posizionato immediatamente dietro al Guntank,
Ridley leggeva le rilevazioni del sonar. Gli zeoniani si stavano avvicinando,
senza dubbio. D’altra parte, non dovevano avere modo di conoscere la loro
posizione. Il tenente si alzò dalla propria postazione (il soldato biondo che lo
aveva aiutato durante l’interrogatorio era al posto di guida) e si avvicinò a
Meyer, seduto per terra con le mani e i piedi legati. "Voialtri zeoniani avete
un modo per sapere se ci sono dei mobile suit nei paraggi?", domandò chinandosi
verso il prigioniero. "Facciamo la conta", rispose quello con aria di
sufficienza. "Non fare lo stronzo", sibilò il tenente avvicinando ulteriormente
la propria faccia a quella del nemico, "Ti stavo chiedendo se disponete di
qualche sistema di rilevazione che possa aggirare il problema delle particelle
Minovsky". Il sergente non sembrò per niente impressionato: "Penso di avere
capito cosa vuoi fare. Dev’essere una scena come quelle che si vedono nei film:
tu avvicini la faccia alla mia, così io ti sputo e poi mi tiri uno schiaffo,
giusto?". "Schiaffo?", Ridley si rialzò. "Se non mi dici quello che voglio
sapere, ti riempio di sberle. Tra l’altro, ti faccio notare che a te conviene
più che noi si vinca questo scontro. I tuoi compagni là fuori si immagineranno
di certo che tu sia nostro prigioniero, ma dubito che tratterranno il fuoco per
questo. E noi siamo abbastanza vicini al Guntank: se dovesse esplodere il suo
reattore nucleare, resteremmo coinvolti nello scoppio. Che ne diresti di
collaborare?". "Argomentazione convincente", ammise Meyer scuotendo il capo. "Ma
ho paura di non poterti aiutare: dovresti già sapere che noi usiamo
prevalentemente i Dopp e i Luggun per scovare le posizioni nemiche. Non ti sto
dicendo niente di nuovo, no?".
Ridley sorrise. Questa era una buona notizia, ammesso che il prigioniero
stesse dicendo la verità. Il giorno stava appena spuntando, quindi gli aerei da
ricognizione non potevano essere stati ancora impiegati. Ma c’era la possibilità
che stessero arrivando. Tornò rapidamente al monitor del sonar. I mobile suit di
Zeon si stavano avvicinando. Era ovvio che non conoscessero la posizione dei
federali, altrimenti li si sarebbe visti allargarsi molto prima, per circondare
uno dei GM. Allo stesso modo, non dovevano contare sull’intervento di un
supporto aereo; visto che stava facendo giorno, tanto sarebbe valso aspettare
questo tipo di aiuto, piuttosto che rischiare di buttarsi tra le braccia del
nemico. O forse erano semplicemente imprudenti, o avevano un limite di tempo da
rispettare. Quale che fosse la ragione, gli zeoniani stavano cadendo in trappola
in maniera praticamente perfetta.
***
Dolores guardò i movimenti dei tre mobile suit. Nonostante la vegetazione li
intralciasse, riuscivano a spostarsi abbastanza agevolmente. Il nuovo modello,
tutto sommato, non sembrava troppo diverso da uno Zack II: gli mancava la
copertura sulla spalla destra e non aveva la classica protezione bombata e
spinata sulla sinistra. Sembrava disarmato, a eccezione di uno scudo, dalla cima
del quale spuntava un manico. Ecco, l’arma doveva essere quella. Pareva però
incapace di combattere a distanza. Era stato colorato con una tinta mimetica
verde e nera, come i due Zack che lo accompagnavano. Uno di essi impugnava la
tipica mitragliatrice di quel modello, ma ciò che la preoccupava era l’altro:
reggeva tra le mani un cannone che sembrava essere stato prelevato da un Magella
Attack. Ma, d’altra parte, nessuno di quei mobile suit avrebbe potuto
rappresentare un vero problema, se il piano fosse andato come era stato
programmato.
Dolores, poi, era fiduciosa: nella mano destra del suo GM c’era un beam
rifle. Un’arma sperimentale, le era stato detto: pochissimi mobile suit erano in
grado di impugnarla, perché si collegava direttamente al generatore principale e
necessitava quindi di un’enorme quantità di energia per funzionare. In compenso,
nessuna difesa convenzionale poteva proteggere da un suo colpo: basandosi sugli
stessi principi dei cannoni delle corazzate, scagliava contro il nemico un
fascio di particelle Minovsky che si insinuava nella materia a livello
molecolare. Se un beam rifle colpiva, distruggeva: era una regola immutabile, un
dogma del campo di battaglia.
I tre mobile suit di Zeon si avvicinavano a grandi passi: sembravano
inconsapevoli della presenza del nemico. Presto avrebbero superato la posizione
dei due GM: quello sarebbe stato il segnale che l’operazione poteva
cominciare.
All’improvviso, i mobile suit si fermarono. Cosa diavolo era successo?
Dolores deglutì. Desiderò di poter sentire cosa si stessero comunicando i
piloti: come potevano essersi accorti di qualcosa?
Poi se ne accorse anche Dolores.
Un fiocco di neve cadde passando proprio davanti al visore del GM.
Stava nevicando. Non era la prima volta che Dolores vedeva la neve. Anzi, era
stata una costante un po’ per tutta la sua vita. Nata in Ucraina da padre
irlandese e madre portoghese, si era trasferita in Olanda che non aveva avuto
nemmeno tre anni. A causa del lavoro dei suoi genitori, da piccola aveva
traslocato più volte, girandosi un po’ tutta l’Europa centro-settentrionale. E
la neve tendeva ad accumularsi. Considerato che i mobile suit suo e dei suoi
compagni erano nascosti tra gli alberi sfruttando la colorazione, la neve
avrebbe potuto delineare la loro figura, se si fosse accumulata eccessivamente
addosso a loro. Quel che era peggio, evaporando per il calore generato dai
rettori nucleari, avrebbe inevitabilmente attratto l’attenzione.
Ora gli zeoniani si sarebbero mossi con più cautela: per loro la neve era una
novità. Per la verità, Dolores aveva sentito dire che in alcune colonie veniva
usata della neve artificiale, ma erano nevicate previste e mirate, che non
causavano troppi disagi alla popolazione. Anche se quegli zeoniani avevano visto
qualcosa di simile alla neve, non erano abituati a combatterci contro. Non
avrebbero permesso ai federali di avvantaggiarsene.
I tre mobile suit di Zeon non si muovevano più. Sembravano aspettare
qualcosa. Dovevano avere avuto la stessa idea di Dolores: se il territorio si
fosse coperto di neve, per il nemico sarebbe stato più difficile nascondersi e
avrebbe lasciato tracce più evidenti. E avevano deciso di aspettare perché il
ritmo della nevicata stava aumentando. A giudicare da quei primi, timidi
fiocchi, nessuno avrebbe detto che potesse cominciare a scendere tanto fitta in
così poco tempo.
All’improvviso, un fragore assordante, subito seguito da un sollevarsi di
terra. Graham aveva sparato. Doveva avere pensato più o meno la stessa cosa.
Anzi, i lunghi cannoni del suo Guntank, che riuscivano a nascondersi a malapena
nel fitto della vegetazione, sarebbero stati ancora più evidenti con la
neve.
Adesso era il momento di pensare con calma. Dolores restò immobile. Controllò
che nemmeno l’altro GM si muovesse. Niente, sembrava non volersi spostare di un
millimetro. Forse Graham lo aveva previsto e aveva sparato per fare da esca: se
la sua presenza doveva essere scoperta per prima, tanto valeva cercare di
attirare il nemico laddove i compagni avrebbero potuto colpirlo più facilmente.
Ora i mobile suit di Zeon dovevano avanzare. Sarebbe bastato qualche metro, quel
poco necessario a farli entrare nell’area d’azione concordata nel piano
iniziale.
Non accadde nulla di quanto si aspettava. Lo Zack con la mitragliatrice fece
un passo avanti, si inginocchiò a terra e aprì il fuoco, sventagliando la propri
arma a destra e a sinistra. Fuoco di copertura, ovviamente. O forse no. Dolores
capì cosa stava succedendo quando vide l’altro Zack appoggiare il cannone sulla
spalla del compagno. Non era solo fuoco di copertura. Aveva sfoltito la
vegetazione. Aveva esposto il Guntank.
Il GM di Dolores balzò fuori dal proprio nascondiglio e fece fuoco con il
beam rifle. Nel momento stesso in cui il dito del mobile suit premette il
grilletto, il cannone dello Zack sparò un colpo.
Lo Zack con il cannone fu trafitto dal raggio purpureo all’altezza del
torace. Se Dolores avesse voluto mirare direttamente all’abitacolo, senza fare
esplodere il reattore, non sarebbe riuscita a colpirlo con maggiore precisione.
Il grosso mobile suit verde barcollò; fece qualche passo, mentre il suo balancer
cercava di mantenerlo in equilibrio. Ma, senza un pilota a compensare quei
movimenti, si accasciò inerte sul fianco sinistro.
Il nuovo modello si girò immediatamente verso Dolores; lo Zack con la
mitragliatrice si alzò in piedi, apparentemente pronto a fare altrettanto,
quando dei colpi sparati da un’arma a ripetizione lo indussero a voltarsi nella
direzione opposta: il secondo GM era anch’esso uscito dal proprio nascondiglio e
stava facendo fuoco sul nemico.
Dolores alzò il beam rifle e puntò. Il suo avversario non portava armi per il
combattimento a distanza, quindi poteva approfittare di quella manciata di metri
che li separavano per mirare con cura, in modo da non colpire il reattore. O
almeno, così aveva creduto. Il mobile suit con lo scudo alzò il braccio
sinistro. In un lampo, il rumore ritmico e cacofonico di un’arma a ripetizione
squarciò l’aria. Il nuovo modello aveva sparato dalle dita.
Colpito al petto, il GM di Dolores barcollò, facendo qualche passo indietro;
stringendo i denti, la donna agì rapidamente sui comandi, riguadagnando
l’equilibrio. Aveva fatto male a giudicare dalle apparenze: senza ulteriori
indugi, aprì il fuoco con il beam rifle. Il raggio di energia purpurea sibilò
nell’aria, mentre il mobile suit si spostava sulla destra e afferrava il manico
che spuntava da sopra il suo scudo, estraendo un’enorme spada dalla lama
ricurva.
La lama dell’arma descrisse un ampio arco in aria, andandosi a conficcare
nello scudo che il GM aveva alzato sopra la propria testa. Il pilota nel nuovo
mobile suit probabilmente pensò di avere vinto: a quella distanza ravvicinata,
il suo avversario non poteva certo sparare con il beam rifle, mentre lui poteva
tranquillamente usare la mitragliatrice da 75 mm. montata in ciascun dito della
mano sinistra del suo mezzo antropomorfo.
Il rumore sibilante di un raggio risuonò nuovamente nell’aria. Per un attimo,
il pilota del mobile suit di Zeon non capì cosa fosse successo esattamente: il
federale non poteva avere usato il fucile a quella distanza. Quando sentì la
propria macchina cadere violentemente sulla schiena, vide un cilindro nella mano
del nemico. Da quel cilindro, un fascio di energia purpurea sembrava tagliare in
due l’aria. Una beam saber. Una veloce analisi dell’avversario gli permise di
visualizzare un vano aperto nella gamba destra, all’altezza del polpaccio. Ecco
da dove l’aveva presa. Dopotutto, anche i mobile suit federali avevano qualche
sorpresa da nascondere.
Dolores si avvicinò con circospezione al mobile suit a terra. Lo aveva
colpito al fianco, cercando di non prendere il reattore per evitare di essere
coinvolta nell’esplosione, ma sembrava non avesse causato gravi danni. Alzò la
beam saber e si preparò a troncare di netto il braccio sinistro: giudicò che
fosse buona idea prendere prigioniero il pilota, ma prima era necessario rendere
inerme la macchina.
Si prese una frazione di secondo per pensare.
Il mobile suit zeoniano usò quella frazione di secondo per sollevare appena
il braccio sinistro, quel tanto che bastava per puntare le canne di
mitragliatrice contro il nemico.
Il GM sventolò la beam saber, tranciando di netto le quattro dita più
avanzate della mano che le stava venendo puntata contro. Una raffica di
proiettili proveniente dal pollice sfiorò la testa del mobile suit federale,
graffiandone il fango e la vernice. La mano del mobile suit riverso al suolo
scoppiettò e le quattro dita tranciate lasciarono partire un mucchio di schegge
infrante.
Il movimento del braccio del GM lo portò a porsi trasversalmente rispetto al
torso del mobile suit stesso; fu allora che lo zeoniano alzò il braccio destro.
Da un minuscolo foro in corrispondenza del polso, come un serpente disturbato
nella sua tana, schizzò un cavo metallico.
Dolores alzò il braccio sinistro, in modo che lo scudo fermasse il cavo.
Invano.
Il cavo si serrò saldamente attorno al polso destro del GM.
Per un attimo, Dolores si sorprese, fu quasi indignata per quello che era
successo. Aveva previsto che ci fosse qualche arma nascosta nel braccio destro
del nemico: per questo si era preparata a muovere lo scudo in anticipo. Ma non
ci era riuscita. Per qualche motivo, la reazione del GM era stata maledettamente
lenta. Era ovvio che il pilota zeoniano aveva contato di distrarre l’avversario
con la mitragliatrice a cinque canne nella mano sinistra, per poi attaccare con
il cavo nel braccio destro. Quello che seccò maggiormente Dolores fu che lei lo
aveva previsto. E non era comunque riuscita a evitarlo.
Non fece nemmeno in tempo a collegare fra di loro questi pensieri: scariche
di elettricità percorsero i monitor e le strumentazioni nell’abitacolo del GM;
Dolores stessa subì parte della tensione che correva per il mobile suit,
arrivando a lanciare un gridolino che esprimeva più disappunto che dolore.
Quindi quel cavo serviva per mandare in corto circuito le componenti
elettroniche dei mobile suit avversari? Mentre il monitor principale si
oscurava, vide il tettuccio dell’abitacolo incrinarsi sotto un colpo e avvertì
che il GM stava cadendo all’indietro. L’impatto con il terreno fu più doloroso
per l’orgoglio che per il corpo, ma in quel momento Dolores giudicò che il corpo
fosse più importante.
"Merda!", sibilò, mentre i due monitor laterali le permettevano di vedere
solo gli alberi attorno a sé che si coprivano di neve. Sul monitor di sinistra
comparve la console touch screen che gestiva i sistemi del mobile suit. Dolores
fece volare velocemente le dita sui tasti, cercando di attivare i collegamenti
ausiliari con la telecamera principale: doveva assolutamente riavere il monitor
centrale.
Sentiva il mobile suit nemico che si rimetteva in piedi. Per farla cadere,
doveva averla colpita con lo scudo.
Continuò a provare per una manciata di secondi: niente.
Tirò un pugno contro il monitor. Si accese. Vide il mobile suit di Zeon
brandire nuovamente la sua enorme spada dalla lama ricurva, pronto a calarla sul
nemico. Dolores si concesse un sorrisetto: il suo piano di riserva aveva
funzionato perfettamente.
Lo zeoniano calò inesorabilmente la spada sul nemico.
Poi, un rumore sibilante. Il braccio destro del mobile suit di Zeon, troncato
poco sotto il gomito, si abbatté a terra, di fianco al GM, che reggeva nella
destra un beam rifle ancora fumante. Dolores puntò la canna dell’arma contro
l’abitacolo nemico. Controllare la caduta in modo da abbattersi vicino al beam
rifle che aveva lasciato andare per prendere la beam saber era stata una buona
idea. Aveva preso in considerazione la possibilità di non riuscire a evitare
l’attacco dell’avversario, aveva immaginato che il suo mobile suit sarebbe
potuto cadere. Si era quindi messa in una posizione tale che la caduta avrebbe
potuto procurarle qualche vantaggio.
Il mobile suit di Zeon fece qualche passo indietro.
Dolores cercò di mettersi in contatto radio con il pilota: "Arrenditi!", gli
intimò senza sapere se lui la stesse ascoltando, "Non sto morendo dalla voglia
di ucciderti – non si rese conto del bizzarro gioco di parole – se ti arrendi,
mi limiterò a farti prigioniero".
Ebbe l’impressione che il nemico esitasse, prima di voltarsi e balzare in
aria con un gran sbuffo di razzi di spinta. Merda! Non poteva lasciarlo scappare
proprio ora che conosceva la posizione della squadra. Vide il mobile suit
zeoniano alzarsi di diversi metri al di sopra degli alberi. Ancora di più.
Ancora di più. Ecco, ora stava cominciando la parabola discendente.
L’energia del GM era al limite: il beam rifle non poteva sparare che due o
tre colpi.
Dolores calcolò il momento dell’atterraggio e premette il grilletto. Il
raggio trapassò il mobile suit da parte a parte. L’esplosione spazzò via gli
alberi nel raggio di parecchi metri; quelli che furono raggiunti solo da una
parte dell’onda d’urto furono piegati sgraziatamente.
***
Forse non c’era un senso. Il mondo cambiava, anche nel giro di pochi giorni.
In quel periodo di guerra, inevitabilmente, non solo i combattenti aumentavano
vertiginosamente: anche i pacifisti prosperavano, in entrambi gli schieramenti.
La riflessione più scontata che si potesse fare era che, quando mancava la pace,
ci si rendeva improvvisamente conto del suo valore. Ma forse non era tutto qui.
Forse, semplicemente, gli esseri umani erano animali come tutti gli altri e non
si comportavano in maniera differente. Combattevano per sopravvivere e per
equilibrio mentale: questi motivi li spingevano a uccidere. L’uomo prosciugava
le risorse della Terra come un parassita: e gli altri esseri viventi non
facevano forse altrettanto? Forse l’unica differenza tra un uomo e un’altra
creatura era la portata della distruzione che poteva padroneggiare. Ideologie di
evoluzione e libertà spingevano le parti in guerra, ma era davvero così? Non
erano forse solo i soldi a muovere gli eserciti?
La neve cadeva placidamente sul campo federale; le tende e i capannoni
venivano coperti di un sottile manto bianco.
Avvolta nella sua pesante giacca foderata, Dolores guardò il proprio fiato
materializzarsi nell’aria in una serie di calde nuvolette che salivano verso
l’alto.
Era tornata in Ucraina.
Ci era vissuta per troppo poco tempo per riconoscere quel paese come la
propria "casa". Quando aveva lasciato quella terra, era stata talmente piccola
da ricordarsene a malapena. Eppure, esserci ancora le causava una strana
nostalgia. Un istinto atavico? Lo stesso che portava i salmoni a deporre le uova
nel posto in cui erano nati?
Alle sue spalle, sulla strada che attraversava il campo, tre mobile suit si
muovevano, camminando lentamente. Ogni loro passo faceva vibrare il terreno. Ma
come diavolo facevano a muoversi con una distribuzione del peso tanto insensata?
Dolores ricordò di avere visto, qualche anno prima, un documentario sui
dinosauri: lì aveva sentito che un diplodoco doveva sempre tenere a terra almeno
tre zampe contemporaneamente per distribuire efficacemente il proprio peso. E
allora, come facevano quegli affari, che erano anche più pesanti, a muoversi su
due gambe, e persino a correre? Miracoli del balancer?
Il primo mobile suit della fila, un modello che Dolores non aveva mai visto,
si fermò. Somigliava molto al GM che aveva pilotato fino a qualche giorno fa, ma
la testa e il petto erano diversi. La prima aveva due occhi e una bizzarra
antenna a V sulla fronte; il secondo era asimmetrico e blu, con un qualche tipo
di arma da fuoco nella parte sinistra.
L’abitacolo si aprì e ne uscì un uomo che indossava l’uniforme dei meccanici
federali. "Stiamo consegnando questi mobile suit alla terza squadra d’assalto!",
gridò, "Sa dirmi dove posso trovare il sergente Martin?". "Sono io", replicò
Dolores, "Gli alloggi della terza squadra sono il secondo blocco sulla destra".
"Grazie", rispose l’uomo, facendo per rientrare nell’abitacolo. Poi, quasi
ripensandoci, si sporse di nuovo all’infuori: "Ha visto?", chiese dando una
pacca sul mobile suit, "Questa è la sua nuova unità". "E l’altra?", domandò
Dolores. "Non mi sembrava in condizioni così critiche. Aveva solo perso un
braccio, si può sostituire, no?".
"Dice il GM? No, per quel modello non sono stati prodotti pezzi di ricambio.
Dovremo arrangiarci in qualche modo, ma adesso lei può pilotare questo".
"Sì? Ed è migliore?".
"Già. È un RX-79[G], viene direttamente da Jaburo. Vedrà che
differenza!".
"Che differenza?".
"Reattore più potente, fondamentalmente, poi… doppio visore, razzi di spinta
migliori, tempi di reazione ottimizzati e armi incorporate nel petto. Per il
resto, è come il l’RGM-79[G] che pilotava prima. Ma non è poco, eh… Questo qui è
un Gundam!".
"Grazie, consegni pure". Dolores fece un cenno con la mano e le tre macchine
antropomorfe ripresero la marcia.
Gli altri due mobile suit erano dei GM come quello che lei stessa aveva
pilotato fino a poco prima. Sospirò. Era stanca della guerra. Non ne poteva
veramente più. Era stata l’unica sopravvissuta della sua squadra ad arrivare al
quartier generale federale in Ucraina; tutti gli altri erano morti sul campo,
uno per uno. Gli zeoniani avevano fatto di tutto per rendere difficile quel
viaggio e adesso erano anche in possesso delle carcasse di un GM e di un
Guntank. Avrebbero potuto imparare qualcosa da quel materiale? Possibile. Ma
Dolores sperava che non facessero in tempo.
Nonostante la guerra durasse da circa nove mesi, l’escalation tecnologica
sembrava non avere mai fine. Zeon aveva vinto la battaglia di Loum grazie ai
suoi rivoluzionari mobile suit, ma i suoi comandanti erano stati troppo
frettolosi nell’invasione della Terra, e adesso il caos che stava accompagnando
la morte di Garma Zabi stava dando alla Federazione la possibilità di un
contrattacco in grande stile.
Era inevitabile che la Federazione copiasse l’idea del mobile suit, come era
inevitabile che Zeon ne sviluppasse di nuovi. Ma a Dolores non importavano
queste cose. Sarebbe voluta tornare alla sua vita. E, per certi versi, questo la
divertiva. Aveva sempre avuto l’impressione che la sua vita fosse stata decisa
da altri. Anche se, in realtà, nessuno le aveva mai imposto niente. I suoi
genitori erano sempre stati comprensivi e avevano sempre supportato le sue
scelte. A volte anche troppo.
Quando ci pensava, ricordava di quella volta che aveva voluto metterli alla
prova: era entrata in casa con una sigaretta in bocca, sapendo che sia suo padre
che sua madre erano non fumatori. Nessuno di loro aveva cercato di dissuaderla
dal fumare. Se Dolores non avesse conosciuto i suoi genitori, avrebbe potuto
pensare che quella fosse stata psicologia inversa. Che aveva funzionato, tra
l’altro, perché poi non aveva più toccato una sigaretta. Ma la verità, molto
semplicemente, era che i genitori di Dolores erano gente che giustificava con la
parola ‘libertino’ il proprio essere irresponsabili. O almeno, questo era quello
che pensava lei.
Per una persona che aveva passato l’infanzia a viaggiare, conseguire la
licenza di volo per aerei da turismo era stato quasi automatico. Forse era per
questo motivo che non la sentiva una scelta propria, nonostante nessuno gliela
avesse imposta. Eppure, era stato proprio per questo che, il febbraio
precedente, quando era stata costretta ad arruolarsi (insieme a un sacco di
altri civili: le battaglie avevano decimato drasticamente gli effettivi
dell’Esercito Federale), la avevano assegnata a un reparto speciale, dove già al
tempo erano stati in fase di progettazione i primi modelli di mobile suit
terrestri. Il che l’aveva costretta a trasferirsi ancora. A Jaburo, stavolta.
Un’esperienza nuova per lei, che non aveva mai lasciato l’Europa prima. Dolores
si era chiesta se l’Esercito fosse stato così disperato da dover ricorrere a
gente che poco prima era stata civile per un progetto top secret. Era così.
All’epoca, lei non aveva ancora pienamente realizzato quanto devastanti fossero
state le prime fasi della guerra, quante persone fossero morte, quanto
follemente stessero competendo i vertici militari di entrambe le parti.
La prima volta che le avevano mostrato un mobile suit antropomorfo, un
modello sottratto a un contingente di Zeon, si era messa a ridere. Quella
macchina umanoide, che gli ingegneri chiamavano semplicemente ‘Zack’, aveva
un’aria goffa e pesante. Non si riusciva a credere che fosse la soluzione
migliore per combattere in un ambiente ad alta concentrazione di particelle
Minovsky. Dopotutto, quello del Guntank sembrava ancora il design più
ragionevole. E invece, mese dopo mese, i modelli si erano raffinati. Dolores non
aveva seguito tutte le fasi del progetto, si era limitata a collaudare i mobile
suit che le avevano affidato: prima il Guntank per la produzione in serie, poi
il modello di GM a uso terrestre, che aveva in seguito pilotato in battaglia.
Era stata assegnata a un plotone di fanteria nell’Europa centrale, dove era
arrivata, insieme ai mobile suit, anche con funzioni di istruttrice.
Quando aveva conosciuto quei soldati, si era sentita un po’ in imbarazzo.
Quelli erano stati gente che aveva combattuto a costo della vita per mesi,
mentre lei, al riparo delle mura di Jaburo, si era limitata a guidare mezzi
sperimentali. Loro si erano guadagnati i gradi sul campo di battaglia, mentre
lei era stata promossa a sergente solo perché i vertici federali, in carenza di
personale, erano stati costretti a rivedere la scala gerarchica per creare
ufficiali qualificati a pilotare i mobile suit.
Ma adesso niente contava più. Lei era viva, tutti gli altri erano morti. Cosa
avrebbe dovuto fare? Chiamarsi fuori, probabilmente. Ma era impossibile.
Fingersi, almeno con se stessa, profondamente adirata per la morte dei suoi
compagni e vendicarsi con gli zeoniani? Sarebbe stato solo un atteggiamento
infantile: la figura del soldato vissuto e segnato dalle esperienze tragiche,
che combatteva ferocemente per un rancore insanabile, era degna del peggior
fumetto di fantascienza. Era la guerra. E Dolores ne era stanca. Tremendamente
stanca. Le era stato detto che tirava aria di promozione. Non solo perché
dovevano mettere qualcuno con un po’ di esperienza al comando di una squadra, ma
anche perché aveva ottenuto notevoli conseguimenti sul campo di battaglia. Così
le era stato detto, almeno. Pareva infatti che il nuovo modello di mobile suit
zeoniano che aveva abbattuto durante il suo primo scontro dopo avere ricevuto
gli ordini di recarsi a Odessa fosse una specie di incubo, qualcosa di molto
superiore al classico Zack, che faceva vedere i sorci verdi a buona parte
dell’Esercito Federale. MS-07B Gouf, lo chiamavano. Abbattere un Gouf con un GM
era considerata un’impresa. Perché, contrariamente all’MS-06J, che era
fondamentalmente una versione modificata di un mobile suit progettato per
muoversi nello spazio, era stato costruito apposta per il combattimento a terra.
Il suo punteggio personale contava ora sette Zack e due Gouf. Era considerata un
asso. Ma aveva tanta voglia di darci un taglio lo stesso…
***
"Sa, tenente, stavo pensando…". Dolores si girò verso la persona che aveva
parlato. Non era ancora abituata a essere chiamata ‘tenente’. "Cosa?", domandò
lei al suo interlocutore, un ragazzino che non doveva avere nemmeno diciassette
anni, eppure era lì davanti a lei con indosso l’uniforme dell’Esercito Federale.
"Stavo pensando… Perché si usano espressioni del tipo ‘Il nemico attaccò senza
alcun avvertimento’? Ogni tanto il nemico telefona per avvertire?". Il ragazzo
si portò la mano al lato del volto, estraendo il pollice e il mignolo per mimare
la cornetta di un telefono: "’Ehi, vorremmo attaccarvi domani, possiamo?’. ‘No,
scusate, domani siamo veramente impegnati, non si potrebbe rimandare a
giovedì?’. Qualcosa del genere, no?". Dolores sospirò. Non aveva mai apprezzato
gli adolescenti. Nemmeno quando lei stessa era stata adolescente (anzi, lei
diceva di non esserlo mai stata: si descriveva come una bambina, che un giorno
sarebbe diventata adulta senza passare per l’adolescenza). Aggrottò la fronte e
sospirò: "Pensa al tuo mobile suit, piuttosto. L’hai revisionato? Hai preso
confidenza con i comandi?". "Certo, tenente!", replicò il ragazzino portando la
mano sinistra alla fronte in un saluto militare che evidentemente non aveva
ancora imparato a fare, "Questi affari devono costare un sacco di soldi, eh? È
per questo che l’Esercito vuole che li teniamo bene, vero?". Dolores sospirò di
nuovo: "Già. Se farai anche solo un graffio sul tuo GM, verrà il generale Revil
in persona a prenderti a calci in culo". Poi scosse la testa e si rivolse di
nuovo al giovane soldato: "È la tua prima battaglia?", domandò lei cercando di
darsi un’aria da veterana. "Sì, tenente", rispose lui sorridendo.
"Pensi di farcela?".
"Sì, penso di sì".
***
Il GM del ragazzino fu colpito in pieno abitacolo da un proiettile sparato da
chissà dove. Il petto del mobile suit esplose, mentre la carcassa si abbatteva
al suolo in fiamme. Attorno al Gundam di Dolores, le esplosioni si abbattevano
incessanti. Sogghignò tra sé e sé, pensando che, secondo il vertici militari
sarebbe dovuta essere la Federazione ad attaccare. Dolores e i suoi diretti
subordinati erano stati aggregati a un plotone di MS incaricato di sfondare una
linea difensiva e si stavano trovando inchiodati da una raffica di colpi mai
vista.
Apparentemente, dei mobile suit stavano facendo fuoco di copertura con una
mitragliatrice da una fortificazione rialzata in cima a una scarpata, mentre uno
o due altri approfittavano di questo diversivo per bersagliare il nemico con un
bazooka. Con una strategia così elementare, avevano già abbattuto quattro
GM.
Dolores aveva scoperto con un certo sconforto di essere la più anziana sul
campo: il comandante dell’altra squadra con cui stava avanzando era uno di
quegli ufficiali alzati di grado per qualificare qualcuno a pilotare mobile
suit. Aveva proposto che uno dei quattro mobile suit rimasti montasse il bazooka
gun, mentre gli altri facevano fuoco di copertura. E una volta montata l’arma,
aveva risposto Dolores? Chi si sarebbe dovuto attaccare, se non sapevano nemmeno
dove fosse esattamente il nemico? Adesso capiva perfettamente come si erano
sentiti i suoi commilitoni quando l’avevano incontrata per la prima volta.
Ciò non toglieva che andasse fatto qualcosa: non potevano starsene lì a fare
da bersaglio. Sul fondo di una ripida discesa, sopra la quale una spessa
muraglia copriva la vista, i mobile suit federali stavano praticamente
aspettando di farsi massacrare.
All’improvviso, Dolores considerò che l’idea dell’altro comandante non fosse
poi tanto stupida: "Lambda-quattro, mi ricevi?", scandì nella radio,
rivolgendosi al suo compagno più vicino. "Signorsì", rispose quello. "Prendi con
te il tuo compagno, portatevi davanti al tenente Dust e fate fuoco di copertura
con le mitragliatrici", continuò Dolores cercando di sembrare quanto più
autoritaria possibile. Poi si mise in contatto con il suo collega: "Dust, ho
deciso di dare ascolto alla tua idea: monta il bazooka gun". "Ma sei sicura?",
obiettò Dust. "Non mi avevi fatto notare poco fa che sarebbe stato inutile,
senza avere dei bersagli?". "Ce l’abbiamo, un bersaglio", replicò lei, mentre un
ennesimo colpo di bazooka esplodeva ai piedi di uno dei GM. Il Gundam di Dolores
e i due GM dei soldati cominciarono a scatenare una tempesta di proiettili e
raggi verso la muraglia. Il fuoco di mitragliatrice che puntualmente preludeva a
un colpo di bazooka si fermò per un attimo. "Non smettete di sparare!", ordinò
Dolores, mentre il beam rifle del suo RX-79 vomitava lingue di energia
purpurea.
Quella manciata di minuti sembrò eterna.
"Tenente Martin, ho quasi finito le munizioni!", esclamò un soldato, la voce
che usciva dalla radio che tradiva una preoccupazione quasi folle.
"Dust?", chiese Dolores rivolgendosi al collega. "Ci sono!", rispose quello,
mentre il suo GM si sistemava tra le mani il bazooka gun che aveva appena finito
di assemblare dopo averlo tolto dall’enorme backpack sulla schiena. "Però
continuo a non capire come noi si possa vedere il nemico! Come faccio a trovare
il bersaglio?".
"Il bersaglio non è il nemico. Punta sulla colonna al centro della muro della
fortificazione e spara al mio segnale".
"Martin, non riuscirò certo ad abbattere il muro con un sol colpo! È inutile
che le spari addosso!".
"Lo so! Non voglio che butti giù il muro, mi basta che tu interrompa il ritmo
della loro difesa. Lì ci saranno tre o quattro mobile suit che si sono
sincronizzati e si stanno evidentemente muovendo da una parte all’altra del
muro. Se impediamo a uno di quelli con la mitragliatrice di sparare, gli altri
non dovrebbero più poter fare fuoco di copertura in maniera efficiente e
potremmo tentare un assalto! Pronto, Dust… Ora!".
Il proiettile del bazooka gun esplose contro la colonna con un fragore
assordante, frantumandola. Un mobile suit, che evidentemente si era trovato
proprio in quel punto al momento del colpo, scivolò lungo la scarpata. "Un altro
nuovo modello?", sibilò Dolores tra sé e sé, "Ma li cagano a getto
continuo?".
Era un mobile suit alto ma dall’aspetto tozzo, nero, con gli arti viola. Le
gambe si allargavano nella parte inferiore, come a formare una sorta di cappa
metallica sopra ciascun piede.
Impugnava un bazooka.
Mentre il mobile suit di Zeon scivolava lungo la scarpata, Dolores capì che
era necessario fare un’unica cosa: attaccare finché il nemico non riusciva a
controllare la propria caduta.
I razzi di spinta del Gundam vomitarono la loro potenza esplosiva, sollevando
il mobile suit bianco, mentre lasciava cadere il beam rifle ed estraeva la beam
saber dalla gamba. Il pilota del nuovo modello dovette accorgersi delle
intenzioni di Dolores, perché puntò il bazooka contro il nemico che gli stava
balzando contro e fece fuoco. Una ritmata e precisa raffica di proiettili
esplose dalla mitragliatrice sul petto del Gundam, colpendo l’armatura del
mobile suit nero e deviandone la mira: il colpo passò senza danno di fianco alla
testa bianca della macchina federale.
Fu allora che Dolores cominciò ad avere una percezione confusa degli eventi.
Sapeva di avere vibrato in avanti la beam saber.
Poi, ancora prima che il braccio destro del Gundam avesse completato quel
movimento, aveva già alzato il sinistro, sganciando lo scudo che vi era
applicato, che era stato scagliato lateralmente.
Colpendo in pieno il mobile suit di Zeon e deviandone lo spostamento fino a
farlo cadere malamente a terra.
Che diavolo era successo? Un attimo dopo l’attacco con la beam saber di
Dolores, il mobile suit nero aveva emesso dei bizzarri getti d’aria da quelle
strutture a cappa sulle gambe e aveva effettuato un rapidissimo spostamento
laterale.
Quella strana caratteristica gli permetteva evidentemente di effettuare
manovre brusche anche mentre stava cadendo.
Dolores ebbe solo una frazione di secondo per chiedersi come avesse fatto a
sapere che il nemico si sarebbe spostato (perché lei era sicura di avere
lanciato lo scudo in anticipo, prima che quell’evento si verificasse); poi,
completato il salto, si ritrovò anche lei con i piedi ben piantati a terra.
Senza perdere un attimo, si girò verso il nemico e gli corse incontro con la
beam saber.
Il mobile suit nero mise mano alla schiena, estraendone una lunga heat saber
che ardeva di una luce giallastra. La lama surriscaldata e la lama di energia si
scontrarono.
E fu quest’ultima ad avere la meglio. Per quanto resistente, niente poteva
resistere a qualcosa che si insinuava tra i legami molecolari: la heat saber,
tagliata nettamente in due, cadde al suolo, mentre i mobile suit passavano l’uno
al fianco dell’altro.
Fu allora che Dolores fece nuovamente l’impossibile.
Mentre faceva ruotare la mano del Gundam, in modo che le sarebbe bastato una
semplice torsione del braccio per rivolgerla all’indietro, vide un altro mobile
suit nero e viola balzare da oltre il muro della fortificazione con una
mitragliatrice in mano.
Si accorse che lo scudo che aveva lanciato poco prima era lì, davanti a
sé.
Fece in modo che il braccio compisse quella torsione e, rivolta la beam saber
verso le proprie spalle, eseguì un rapido movimento all’indietro, trafiggendo da
parte a parte il primo mobile suit, quello che aveva appena incrociato.
Prima ancora che quello cadesse a terra, il piede dell’RX-79 colpì
violentemente la parte bassa dello scudo, facendolo saltare in aria, dove la
mano sinistra lo afferrò al volo.
Una frazione di secondo dopo, una raffica di colpi di mitragliatrice, sparata
dall’altro mobile suit nero, che nel frattempo era arrivato in fondo alla
scarpata con un salto sorprendentemente lungo, centrò in pieno la piastra
corazzata.
Il GM di Dust e quello di uno degli altri due soldati si accasciarono al
suolo.
Impossibile valutare l’entità dei danni o capire se i piloti fossero ancora
vivi.
Per un attimo, Dolores valutò la situazione. Non arrivavano più colpi dalla
fortificazione. Possibile che fossero solo due mobile suit a difenderla? Poi,
ebbe la sua spiegazione: la macchina antropomorfa nera gettò a terra la
mitragliatrice ed estrasse la heat saber, dirigendosi verso il GM ancora in
piedi. I getti d’aria che esplodevano dalle sue gambe lo spinsero contro il suo
bersaglio a una velocità che aveva dell’irreale: con due rapidissimi fendenti,
la testa e il braccio destro del mobile suit bianco e rosso caddero al suolo,
subito seguiti dal resto del corpo.
Ecco come facevano a sembrare un’intera squadra nonostante fossero solo in
due. Erano assurdamente veloci. Quei getti d’aria donavano loro una
manovrabilità fuori dal comune.
Il mobile suit nero si girò verso il Gundam brandendo la heat saber.
Difficilmente avrebbe commesso lo stesso errore del suo compagno.
I getti d’aria scagliarono lo zeoniano sull’RX-79 e Dolores cercò di pensare
velocemente. Inutile tentare di colpire direttamente con la beam saber: ormai
l’avversario sapeva che quell’arma era superiore alla propria. Come sarebbe
stato inutile cercare di battere quel mobile suit in manovrabilità.
Il mobile suit nero accelerò vertiginosamente, alzando la heat saber sopra la
testa, mentre il Gundam sollevava lo scudo, cercando di cogliere il colpo con
esso.
L’arma si abbatté sulla difesa che era stata disposta.
Dolores sogghignò soddisfatta, mentre alzava la beam saber per trapassare il
nemico ora che era lì, immobile davanti a lei.
La lama di energia, però, tagliò solo l’aria.
Merda!
Dolores imprecò contro se stessa: si era fatta fregare come una
novellina!
Il mobile suit zeoniano aveva lasciato lì la heat saber e si era spostato in
un attimo alle spalle del nemico, dove aveva raccolto il bazooka caduto al
compagno poco prima.
L’RX-79 fu sbalzato in aria dai propri razzi di spinta, mentre il proiettile
scagliato dal bazooka esplodeva dove, un attimo prima, c’erano stati i suoi
piedi.
Il Gundam si girò al volo sparò con la mitragliatrice sul petto.
Niente da fare, il nemico si era già spostato.
Quando Dolores riuscì a capire cosa fosse successo, il mobile suit nero aveva
già lasciato cadere il bazooka e aveva ripreso in mano la heat saber. E ora si
trovava alle sue spalle.
Dolores vide il beam rifle a terra. Come contro il Gouf, sarebbe potuta
essere questa la sua carta vincente. Doveva sparare subito, adesso che il nemico
le si stava precipitando addosso per approfittare della sua posizione
sfavorevole.
Dolores lasciò cadere lo scudo, afferrò il beam rifle con la mano sinistra,
lo alzò e fece fuoco.
Il pilota avversario dovette averlo previsto, perché si spostò di lato,
sfruttando nuovamente quella quasi soprannaturale manovrabilità del suo mobile
suit.
Senza smettere di avvicinarsi.
Accadde di nuovo: Dolores mosse il Gundam senza rendersene conto.
Con la beam saber ancora nella destra, l’RX-79 estese il braccio per tutta la
sua lunghezza e compì una rapida rotazione su se stesso, spostando la lama di
energia all’indietro. Quando, in una frazione di secondo, il movimento rotatorio
fu sul punto di portarlo alla sua posizione iniziale, trovò il mobile suit
nemico sulla sua strada.
Il tronco dell’enorme macchina nera e viola fu tagliato a metà dalla lunga e
sibilante lama, rilasciando un filo di fumo, mentre il metallo dell’armatura
fondeva e scoppiettava.
Nell’abitacolo, Dolores respirava affannosamente, mentre il sudore le
imperlava la fronte. C’era mancato poco. Ma quello che la innervosiva di più era
qualcosa d’altro: che diavolo le stava succedendo?
***
"È lento", si lamentò Dolores con il meccanico che stava guardando il suo
Gundam Ground Type, "È maledettamente lento. E mi avevano giurato che i tempi di
reazione sarebbero stati migliori di quelli di un GM!". "Ma scherza?", replicò
il meccanico, un ragazzo che non doveva avere nemmeno vent’anni, "Questo è
sensibilmente migliore di un GM, tutti i piloti che l’hanno provato hanno
sentito la differenza". Mentre la passerella mobile dell’hangar si spostava
verso il basso per riportare i due a terra, Dolores lanciò al giovane
un’occhiata fulminante: "E allora, dev’essere difettoso il mio! Perché io non ho
visto tutto ‘sto grande incremento di prestazioni nel passaggio da un modello
all’altro!".
"Non è difettoso, li abbiamo controllati tutti prima di consegnarli. E poi,
si può sapere cosa ci ha fatto? Le giunture sono completamente andate!".
"Ci ho combattuto, bello mio! Io combattevo a Odessa, mentre tu te ne stavi
qui!".
"Non è questo il punto! Non sono danni dovuti a colpi subiti, sono danni da
usura. Dopo pochi giorni di utilizzo! È praticamente impossibile arrivare a
tanto! È come se avesse alzato dei pesi doppi rispetto a quelli che può
sollevare normalmente!".
Dolores si fermò un attimo. C’era qualcosa che la faceva pensare: "Pesi
doppi, hai detto?".
"Già".
"Quindi, in altre parole, è stato sottoposto a uno sforzo eccessivo…".
"Esatto. È la prima volta che mi capita di vedere una cosa del genere. Questo
mobile suit non esiste da tempo sufficiente per avere riportato danni da
usura".
Dolores ci pensò un attimo. Da quando aveva combattuto a Odessa, le erano
successe molte cose strane. "Si vede che io sono speciale!", sogghignò.
***
Sulla passerella metallica, i due uomini, entrambi vestiti con l’uniforme
dell’esercito federale, stavano guardando dritti davanti a sé. Chiunque non si
fosse trovato esattamente dove stavano loro, non avrebbe potuto capire
esattamente su cosa fossero puntati i loro occhi. Però era qualcosa di enorme.
Chiunque avrebbe potuto ipotizzare che si trattasse di un mobile suit. D’altra
parte, che altro sarebbe potuto essere un gigante metallico antropomorfo? Era
avvolto nell’ombra, come se fosse stato volutamente celato agli occhi. Anche gli
uomini che lo stavano guardando erano coperti dall’oscurità. "Sa cosa ha detto
il pilota collaudatore?", chiese uno dei due. Nessuna risposta. Giudicò che il
silenzio fosse un invito a continuare: "Ha detto che è troppo veloce. I suoi
tempi di reazione sono eccessivi. Sostiene che nessun essere umano potrebbe
pilotarlo". Finalmente, il secondo uomo si decise a parlare: "Non mi sorprende.
Questo mobile suit non è fatto per venire pilotato da un essere umano". Il primo
uomo girò lentamente la testa verso il proprio interlocutore: "Sa, è proprio
questo che mi preoccupa. Non staremo sprecando soldi? Questo progetto è anche
più costoso di quello avviato alla base canadese". Il secondo uomo si accese una
sigaretta. Ovviamente, in quell’area era vietato fumare. "Le guerre moderne si
vincono cercando di essere un passo avanti al nemico", replicò impassibile.
"Zeon ci ha già superati una volta con lo sviluppo dei mobile suit, non possiamo
permetterci di restare ancora indietro".
"Ma, signore, l’esistenza di questi fantomatici newtype non è stata nemmeno
accertata oltre ogni ragionevole dubbio, non le sembra prematuro sviluppare
delle armi così costose apposta per loro? Non dovremmo cominciare con qualcosa
di meno sofisticato?".
"Secondo i nostri servizi segreti, anche Zeon si sta muovendo in questa
direzione. Mi è già giunta voce di un nuovo modello di MS-06 progettato apposta
per i newtype. Noi dobbiamo necessariamente ribattere con qualcosa di meglio. Se
la guerra si dovesse protrarre, potrebbero essere i dati ricavati da questa
ricerca a fare la differenza".
Il primo uomo sospirò, badando a non farsi sentire. Il progetto del G-4 era
già sufficiente, senza contare che erano in fase di produzione altri tre
prototipi di mobile suit della stessa serie. O forse quattro? Gli venne il
dubbio. "Mi scusi, signore, che modello è questo? Il settimo o l’ottavo?".
"Contando quello spedito su Libot, i due gemelli per il test di armi
sperimentali e quello per l’assalto terrestre, questo è l’ottavo. Poi c’è la
variante in armatura completa, ma quella è un’altra storia".
"E… si chiama?".
"RX-78-7 Gundam Deathlock".
L’uomo con la sigaretta in bocca fece una pausa. Puntò lo sguardo a terra e
tirò due profonde boccate. Poi alzò di nuovo gli occhi verso il mobile suit
bianco che c’era davanti a lui. "Stiamo andando nella direzione giusta?",
mormorò scuotendo il capo. "Mi scusi?" chiese l’altro girandosi verso di lui.
"Niente", rispose il fumatore, "stavo parlando fra me e me. Ho sentito che,
secondo alcuni scienziati, i newtype sarebbero l’evoluzione della razza umana,
una nuova prospettiva verso il futuro. Ma andare verso il futuro significa
costruire nuove armi? È tutta qui la prospettiva che i newtype ci offrono?".
"Non è da lei un ragionamento del genere. Siamo soldati, no? Combattere è
nostro dovere, non dovremmo porci questi problemi".
"E invece dovremmo porceli a maggior ragione perché combattiamo. Dobbiamo
sapere cosa stiamo facendo. Non lo dica mai ai suoi sottoposti, ma un soldato
intelligente è un soldato che si chiede il senso di ciò che fa. Che poi a noi
non servano soldati intelligenti, è tutto un altro paio di maniche. Solo che…
non saprei… vedo l’umanità evolversi, e dove porta questa evoluzione? Alla
guerra! Sarà che ormai comincio ad avere i miei anni, sarà che siamo in guerra e
potrei morire da un momento all’altro, ma vorrei vedere la mia specie fare
qualcosa di intelligente prima di lasciare questa valle di lacrime".
"Ma allora, tutto il suo discorso sull’avanzamento delle armi…".
"Pratica. Quello che io mi auguro è teoria. La pratica è che c’è una guerra
in corso e dobbiamo vincerla. Nonostante questo, spero di sopravvivere. Fosse
anche solo per sapere se i newtype avranno qualcosa d’altro da fare, a parte
ammazzarsi a vicenda".
***
Dolores stava piangendo. Nel vuoto dello spazio, sul sedile del relitto che
un tempo era stato il Gundam Deathlock, piangeva. Attorno a lei, il nulla.
O almeno, così le sembrava.
Perché sapeva benissimo che il nulla non esisteva.
Nel casco della sua normal suit, risuonava il suo singhiozzare. Stava
consumando aria inutilmente. Non le importava.
Con l’eccezione della gamba destra, tutti gli arti del Gundam Deathlock erano
stati distrutti e i loro resti, lamiere contorte e bruciate dai raggi, vagavano
senza meta nello spazio. C’erano anche altri resti, altre lamiere, infrante,
bruciate, piegate innaturalmente. Erano appartenute al gigantesco mobile suit
nero che Dolores era stata intenta a combattere fino a poco fa.
Una macchina enorme, che sparava raggi dalla testa e dalle dita, che sembrava
non voler cadere mai, che distaccava le braccia dal corpo e le controllava via
cavo, diventando molto più micidiale.
Ma non era stato questo a far piangere Dolores.
Il mobile suit nero era stato guidato da una ragazza. Una giovane ufficiale
di Zeon. Dolores l’aveva incontrata per la prima volta sulla Terra: aveva fatto
parte della forza di difesa di un insediamento zeoniano sulla costa francese.
Lei da sola aveva abbattuto diversi compagni di Dolores.
E poi, era successo l’imprevisto.
Dolores aveva sempre pensato che fosse infantile volersi vendicare sui nemici
per la morte in guerra dei propri commilitoni. La guerra era la guerra: si
uccideva per non essere uccisi. Non era colpa di nessuno e portare rancore
significava solo causare una catena di sofferenza infinita. La vendetta causava
un’altra vendetta e così via, in un circolo vizioso che non sarebbe mai
terminato. Questo era ciò che Dolores aveva pensato fino ad allora.
Ma qualcosa era cambiato.
Dopo la battaglia di Odessa, Dolores non era stata più lei.
Durante quella missione in Francia, alla prima morte di un suo commilitone,
il cambiamento che aveva subito era venuto fuori con una potenza inimmaginabile.
Aveva percepito il dolore e l’angoscia degli ultimi momenti del suo compagno. Li
aveva sentiti come se fosse stata lei a morire. E poi, per gli altri, era
successa la stessa identica cosa. Ancora una volta, era stata l’unica
sopravvissuta. Ci aveva fatto l’abitudine: ormai per lei era una cosa
normale.
Ma stavolta era stato diverso.
Aveva sperimentato quelle morti una per una.
E, in qualche modo, questo le aveva lacerato la mente.
Uccidere.
Questo era quello a cui pensava.
Questo nuovo modo di percepire la morte le aveva causato un dolore tale da
farla impazzire completamente. La aveva assuefatta. In qualche modo, aveva
risvegliato in lei una sorta di istinto di autodistruzione al contrario: amava
la sensazione della morte e la odiava allo stesso tempo.
La odiava perché era dolorosa.
La amava perché il contrasto fra l’idea di sentire qualcuno morire e il fatto
che lei fosse viva la faceva sentire potente.
Non sapeva quanto di sano ci fosse in questa sensazione.
Probabilmente niente.
Probabilmente non sapeva nemmeno lei cosa significasse.
Forse stava solo cercando di riempire un vuoto dentro di sé.
Però voleva uccidere. Nonostante fosse in contraddizione con ciò che aveva
sempre pensato, più o meno consciamente, decise di prendere la vendetta come
giustificazione di questo suo desiderio. Perché cercare una legittimazione? In
guerra, nessuno aveva niente da dire, se la gente si uccideva.
E Dolores lo aveva fatto, senza complimenti. Mentre la base di Zeon veniva
evacuata, un singolo pilota era rimasto indietro a coprire la ritirata ai suoi
compagni. Il Gundam Deathlock era appena stato affidato a Dolores, dopo che il
suo Gundam Ground Type era stato gravemente danneggiato in battaglia. Una delle
prime azioni di Dolores sul Deathlock era stata combattere questo zeoniano
solitario, che era rimasto indietro su di un mobile suit sperimentale, una
bizzarra macchina antropomorfa chiamata Gyan. Ovviamente, Dolores aveva
vinto.
Poi, il trasferimento nello spazio.
E l’incontro con il gigantesco mobile suit nero, pilotato dalla ragazza. La
ragazza che aveva ucciso i compagni di Dolores. La ragazza di cui Dolores aveva
ucciso i compagni.
Vendetta contro vendetta.
Desiderio di uccidere contro desiderio di uccidere.
Probabilmente, nessuna delle due donne sapeva esattamente a cosa stava
andando incontro.
L’unica cosa certa è che, improvvisamente, durante il combattimento, le loro
anime si erano unite.
Dolores aveva cominciato a sentire la sua nemica nella sua mente e aveva
avuto la certezza che anche per l’altra fosse lo stesso. Era stato come vedere
se stessa in uno specchio. E ne era rimasta disgustata.
"Perché mi hai inflitto tanto dolore?", le aveva chiesto la ragazza,
parlandole nella mente. Dolores aveva pensato che quella fosse esattamente la
domanda che lei stessa avrebbe voluto porre.
"Perché li hai uccisi tutti?", aveva rincarato la ragazza.
"Sei stata tu a ucciderli tutti", aveva ripetuto Dolores.
"Questa è una guerra. Non possiamo decidere se uccidere o meno: dobbiamo
farlo e basta".
"È una giustificazione di comodo. Se la gente si rifiutasse di combattere, le
guerre non esisterebbero".
"Ma è davvero quello che vuoi?".
"Non lo so. Ma cosa pretendi di saperne, tu?".
"Io ti capisco. Non so perché. Forse siamo privilegiate".
Dolores colpì la ragazza con un’ondata di rabbia che quasi stupì lei stessa:
"Non voglio essere privilegiata! Voglio solo fare quello che sento di dover
fare! Se essere privilegiati significa capire il prossimo, è solo una
seccatura!".
"Forse. Ma forse abbiamo una possibilità in più. Forse dovremmo
sfruttarla".
"Non abbiamo alcuna possibilità! Quello che siamo non ci rende la vita più
facile! Quello che siamo non ci serve a niente, perché non vogliamo esserlo!
Quello che siamo non ha altro effetto che farci sentire più sole quando perdiamo
qualcosa di importante!".
"Ma noi non siamo sole! Ci sono altri come noi, io li ho visti! Mi hanno
detto che un giorno tutta l’umanità sarà così, e allora non ci sarà più bisogno
di combattere, perché potremo capirci senza alcuno sforzo!".
"Non mi importa! Io sono viva adesso! Sono stata messa a pilotare questo
Gundam perché sono quello che sono! Sono diversa! Sono un fenomeno da baraccone,
sono uno strumento da usare! Poter capire cosa provano gli altri non mi serve,
se provano solo cose che non vorrei provassero!".
"È per questo che hai ucciso i miei compagni?".
"E tu? Perché hai ucciso i miei compagni?".
Le due donne risposero allo stesso tempo: "Li ho uccisi perché sono quello
che sono. Continuo a uccidere perché sono quello che sono. Non posso più
fermarmi. Non importa chi è il nemico. Posso capire il mio prossimo, ma è
difficile. Non ne vale la pena, tanto non lo incontrerò mai più. Faccio prima a
eliminarlo e crogiolarmi in quel dolore che mi entra nel cervello come una
droga. Sono sola. Capire chi non vuole avere niente a che fare con me non mi
serve".
Poi, era cominciata la battaglia. Dolores non ricordava con precisione. Le
erano rimasti impressi solo i raggi scaturiti dalle dita del mobile suit nero,
che avevano squarciato lo spazio come delle lame purpuree, strappando dal Gundam
Deathlock la heavy full armor.
Ricordava anche un altro raggio: in qualche modo, era riuscita a raggiungere
il mega beam cannon della heavy full armor e aveva fatto fuoco. Il cannone
doveva essere stato danneggiato, perché era esploso, portandosi via il braccio
destro del Gundam e danneggiandone seriamente il torso. Ma il grosso mobile suit
nero era stato colpito in piena testa.
Poi, quasi senza che Dolores se ne accorgesse, il raggio era andato giù, giù,
giù, scavando nel petto e nell’addome della macchina gigantesca, squarciandone
il reattore e facendola esplodere nello spazio come un fuoco d’artificio.
Ma era stato il momento in cui il raggio aveva colpito la testa a segnare
Dolores. Era stato allora che aveva sentito il grido della ragazza che era stata
intenta a pilotare il mobile suit.
Non con le orecchie, ma con la mente.
Era stata diversa da qualsiasi altra morte.
O forse lo era solo sembrato. In quel preciso istante, Dolores aveva avuto la
sensazione che fosse andato perduto qualcosa di inestimabile e insostituibile. I
suoi genitori le avevano sempre detto che tutte le vite lo erano, eppure…
Dolores se ne rese conto solo in quel momento. Aveva percepito altre morti, ma
quella… Uccidere quella specifica persona le aveva trasmesso una sensazione
agghiacciante, come se tutto il suo corpo fosse stato percorso da un
brivido.
Nel momento in cui aveva sentito il grido della pilota del mobile suit nero,
Dolores aveva avuto la netta sensazione di avere cancellato il futuro. Aveva
condannato l’umanità? Per avere ucciso una sola persona? E perché, poi? Bastava
un superpotere da fumetto per capire il prossimo? Quello che era appena successo
non era forse la dimostrazione del contrario? A cosa serviva poter comprendere i
pensieri degli altri, se non si aveva la volontà di farlo?
***
"È stato firmato l’armistizio", annunciò il capitano della corazzata, "La
guerra è ufficialmente finita". L’equipaggio della nave esplose in un coro di
grida di giubilo. Chi indossava il berretto lo lanciò in aria, senza
preoccuparsi dell’assenza di gravità. Da un angolo della sala riunioni, Dolores
sospirò. Quello che aveva desiderato per tanto tempo, la fine della guerra, era
finalmente successo.
Eppure, mentre guardava gli altri ufficiali che esultavano, mentre ripensava
agli eventi che l’avevano portata su quella corazzata e a combattere con il
Gundam Deathlock, non riusciva a reprimere quel senso di amarezza che la
battaglia contro quell’enorme mobile suit le aveva lasciato. Era finita una
guerra, ma sicuramente ce ne sarebbero state altre. Quanto tempo sarebbe dovuto
passare prima che il futuro dell’umanità potesse cambiare? E, soprattutto,
l’umanità voleva cambiare?
***
Lo Spear of Destiny era una nave di classe Ra Cailum, una diretta evoluzione
delle corazzate Pegasus della Guerra di Un Anno. Sul ponte principale, mentre
gli ufficiali addetti alle varie mansioni si affrettavano a preparare l’assalto,
una donna sulla quarantina fissava lo schermo principale. Dolores Martin aveva
fatto carriera. L’asso della Guerra di Un Anno, pur con un totale di mobile suit
abbattuti che non le aveva permesso di entrare nella top 10, aveva fatto
carriera e ora comandava una nave. Aveva ancora i suoi lunghi capelli neri
raccolti in una treccia, anche se ormai si striavano di grigio. Guardando il
ciuffo che le pendeva davanti agli occhi, pensò che invecchiare dovesse essere
terribile per una persona con i capelli neri. Nessun altro poteva notare in
maniera altrettanto evidente il cambio di colore.
Dolores, invece, non aveva avuto tempo di guardare i suoi capelli che
cambiavano colore. Si era svegliata una mattina e ci aveva trovato del grigio.
Così, di punto in bianco. Era stata troppo occupata a combattere per pensare ad
altro. Dopo la Guerra di Un Anno, era rimasta nell’Esercito per una questione di
sopravvivenza: era l’unico posto che garantiva un lavoro fisso. Con tutta la
gente che era morta, le realtà industriali ed economiche si stavano
riorganizzando. Trovare lavoro poteva essere facilissimo o difficilissimo, a
seconda di dove e quando lo si cercava. Dolores si era fatta due conti: era
stanca della guerra, mortalmente stanca. Era stata provata più mentalmente che
fisicamente. Dopo la sua ultima battaglia, aveva cominciato a sentire dentro di
sé un vuoto incolmabile. Non tanto per tutti i commilitoni che aveva perso,
quanto piuttosto per la sensazione che l’evoluzione che la razza umana stava
affrontando sarebbe potuta andare sprecata. Combattere nello spazio contro la
ragazza che aveva pilotato l’enorme mobile suit nero (più tardi aveva saputo che
gli zeoniani lo chiamavano MSN-02 Zeong) la aveva profondamente segnata.
Paradossalmente, finita la guerra, il posto più pacifico dove restare era
l’Esercito. E così, ci era rimasta.
Forse era stata allora la prima volta che aveva visto un’ombra di
disapprovazione sui volti dei suoi genitori.
Nell’UC 0080, in virtù della sua esperienza di pilota di mobile suit
acquisita durante la Guerra di Un Anno, le era stato assegnato un posto in una
scuola militare, in qualità di istruttrice. Ironicamente, questa scuola si
trovava a Belfast, vicino a dove era nato suo padre. Poi, un giorno di novembre
dell’UC 0083, aveva ricevuto notizia che una colonia era caduta in Nord America.
Un’azione di alcuni nostalgici di Zeon, aveva saputo in seguito. Per un qualche
motivo, tutta la faccenda era stata tenuta sotto il più assoluto riserbo finché
non era stato inevitabile parlarne, quando il capo di quella fazione ribelle
aveva trasmesso una dichiarazione di guerra alla Federazione attraverso tutta la
Sfera Terrestre. Ovvio che la notizia non fosse stata divulgata ai civili, ma
non sarebbe stato strano se qualche veterano fosse stato messo in pre-allerta,
visto che l’esperienza di un pilota di mobile suit sarebbe potuta tornare utile.
Nei documenti che avevano riguardato la faccenda, poi, c’erano diversi punti
oscuri, come se qualcuno avesse deliberatamente omesso delle informazioni.
L’anno seguente, Dolores era diventata madre. Aveva pensato di ritirarsi
definitivamente dall’Esercito e trovarsi un lavoro meno turbolento, ma il mondo
era nel caos per gli effetti disastrosi avuti dalla caduta della colonia.
Paradossalmente, per la seconda volta, restare nell’Esercito, che pure era
impegnato nelle operazioni di annientamento dei superstiti della Flotta Delaz,
era risultato il modo migliore per guadagnarsi da vivere e garantire protezione
al bambino. Tra l’altro, essendo lei in maternità, non aveva nemmeno dovuto
combattere in prima persona.
In un modo o nell’altro, gli eventi del novembre 0083 avevano portato alla
nascita dei Titans. Benché Dolores fosse stata convinta della necessità che
qualcuno tenesse sotto controllo le attività dei numerosi simpatizzanti di Zeon
ancora attivi, i metodi di questa polizia militare erano parecchio discutibili,
così come le circostanze della loro formazione.
Prima della Guerra di Gryps, pur restando nell’Esercito Federale, aveva
abbandonato il suo lavoro di istruttrice: i Titans stavano prendendo possesso,
più o meno lecitamente e in maniera più o meno evidente, degli istituti di
istruzione militari, per cercarvi proseliti e pubblicizzarvi la propria deviata
filosofia. Era tornata a collaudare mobile suit per l’Esercito Federale: più era
lontana dai Titans, meglio stava.
Durante le fasi finali della Guerra di Gryps, quando i vertici della
Federazione stavano già cominciando a simpatizzare per l’AEUG in seguito alle
azioni dei Titans durante il discorso di Casval Rem Deikun al Parlamento di
Dakar, era stata mandata alla sede della Anaheim Electronics di Von Braun City.
La Anaheim, che stava appoggiando l’AEUG, aveva bisogno di collaudatori esperti
per i nuovi modelli di mobile suit che stava progettando. Dolores aveva avuto
modo (pur non considerandolo un grande onore) di incontrare Amuro Ray quando gli
aveva consegnato il suo MSZ-006-3 Z Gundam. La sua vita doveva essere in qualche
modo legata ai Gundam, anche se questa consapevolezza non le fu certo di grande
conforto.
Forse era stato a questo punto che aveva cominciato improvvisamente a
interessarsi alla progettazione dei mobile suit. Non era mai diventata un vero
progettista: si era sempre limitata a cogliere alcuni lati tecnici
dell’ingegneria che veniva applicata a queste macchine. Aveva passato la Prima
Guerra di Neo Zeon dietro le quinte, seguendo da vicino le prestazioni di
prodotti della Anaheim di limitata applicazione, come l’FA-010A FAZZ e i modelli
di Z Plus impiegati per sedare la ribellione dei New Desides. Era tornata al
servizio attivo solo in occasione della Seconda Guerra di Neo Zeon, quando, pur
non essendo più giovanissima, aveva pilotato un Jegan durante la fatidica
battaglia finale che aveva quasi visto Axis cadere sulla Terra. Aveva guardato
molti suoi compagni, e allo stesso modo molti Geara Doga, cercare di fermare
l’asteroide solo per finire in pezzi, astenendosi dall’imitarli per una
questione di buon senso. Quegli eventi avevano decretato la fine della guerra,
ma diverse sacche di resistenza, che si dichiaravano propugnatrici delle idee di
Casval Rem Deikun, continuavano a tormentare la Federazione. Sembrava proprio
che i fantasmi di Zeon non volessero morire. Ormai sul punto di compiere
quarantatré anni, Dolores si rendeva conto di avere passato la parte migliore
della propria vita a pilotare mobile suit e a combattere contro gente in qualche
modo correlata con Zeon.
Ora, sullo Spear of Destiny, c’era un nuovo Gundam, un modello che la stessa
Dolores aveva aiutato a progettare. Essendo tra i pochi sopravvissuti all’ultima
battaglia ufficiale della Seconda Guerra di Neo Zeon, aveva visto in azione
l’RX-93 n Gundam, il mobile
suit progettato da Amuro Ray in persona, il leggendario newtype che aveva
cambiato le sorti della Guerra di Un Anno.
Il mobile suit che ora aspettava di essere lanciato dalla pista della
corazzata era une versione perfezionata di quel modello. Il progetto di base era
stato mantenuto inalterato, ma era stata cambiata la disposizione dei funnel,
era stato potenziato il reattore nucleare e la manovrabilità aveva conosciuto un
enorme miglioramento grazie a vettori di spinta aggiuntivi. L’RX-93- n-2 Hi-n Gundam era, a tutti gli effetti, il mobile suit
dotato delle prestazioni migliori di sempre. Benché la mera potenza di fuoco
dell’MSZ-010 ZZ Gundam fosse ancora ben lontana, l’Hi-n Gundam poteva combinare la velocità e la mobilità
dei funnel per abbattere qualsiasi nemico.
"Mettetemi in contatto con l’Hi- n", ordinò Dolores. "Può parlare", replicò un addetto alle comunicazioni
pochi secondi dopo. "Come va?", domandò la donna. "Mi sento un po’ nervoso",
rispose una voce dall’interno dell’abitacolo. "Fai bene", disse Dolores. "Stai
per mettere a rischio la tua vita, non dimenticartene mai". Il pilota
dell’Hi-n Gundam impiegò un
po’ a rispondere: "Non saprei come dire, capitano… Non è per me stesso che sono
nervoso. È solo che non sopporto l’idea di… Voglio dire… Non è la prima volta
che vado in battaglia, e… io… io non voglio uccidere delle persone… Non è che
sia diventato improvvisamente pacifista, intendiamoci, è solo che…".
"Ti capisco perfettamente. Ti terrorizza l’idea di capire come si
sentono".
"Sì, è così, io… Quando uccido qualcuno, mi sento come se fossi lui".
"Lo so. Si ha sempre paura di capire gli altri, forse è proprio per questo
che si combatte: uccidere qualcuno è più facile che comprenderlo. Però, tieni
bene a mente una cosa: questa tua abilità di capire le altre persone è ciò che
può fare la differenza".
"Lo so. Mi è stato detto che l’Hi- n Gundam è stato progettato per quelli come me".
"Non intendevo questo. La tua forza adesso non basta per cambiare le cose.
Però devi vivere, perché un giorno, forse, tutti gli esseri umani avranno questa
capacità e allora le guerre smetteranno di esistere. Ora è troppo presto, ma
verrà il momento in cui riusciremo a imparare dai nostri errori".
"Ne è davvero convinta?".
"In realtà, no. Se tutti gli esseri umani avessero i tuoi stessi poteri, c’è
anche la possibilità che abbiano la tua stessa reazione e si chiudano ancora di
più al prossimo per paura di capirlo e di esserne feriti. Ma penso anche che
quello che conta, per ora, sia avere una possibilità. Adesso che la possibilità
è stata creata, qualcuno che saprà usarla a dovere ci sarà. Quello che puoi fare
tu ora è imparare qualcosa dalle esperienze che le tue facoltà ti permettono e
usarle per vivere meglio che puoi".
Ci fu una lunga pausa, poi il pilota riprese: "Capitano… Quello che le mie
esperienze mi hanno insegnato è che sarebbe meglio non uccidere. Gira voce che
lei sia come me, ma… è la verità?".
"E se così fosse?".
"Se così fosse, non capisco come lei possa fare parte dell’Esercito. Come può
approvare in un qualsiasi modo l’uccisione di un essere umano, se sa cosa prova
al momento di morire?".
"Non la approvo. Semplicemente, cerco di sopravvivere e di fare sopravvivere
mio figlio. Con tutte le guerre che ho visto negli ultimi anni, ho capito che
chi può fare qualcosa è solo chi sta in prima linea. Non esistono il giusto o lo
sbagliato al mondo, esiste solo ciò che si deve fare per poter continuare a
vivere. Troppe circostanze hanno continuato a riportarmi nell’Esercito nel corso
della mia vita, e alla fine sono arrivata alla conclusione che non posso
aspettarmi che tutti siano come me o come te. Per proteggere chi mi sta a cuore,
voglio muovermi in prima persona".
Dolores non era sicura che quelle parole avessero convinto il suo
interlocutore. Non avevano convinto appieno nemmeno lei.
L’Hi- n Gundam partì dalla
catapulta di lancio, mentre i funnel sulla sua schiena si dispiegavano come un
paio di ali d’angelo. Attorno a esso, la flotta federale, con la schiera di
Jegan che seguiva lo Spear of Destiny. Davanti a esso, un’orda di Geara Doga. Al
suo centro, un grosso mobile suit rosso, con degli enormi moduli mobili sulla
schiena. MSN-04II Nightingale, si chiamava, o almeno così era scritto nei dati
dell’Esercito Federale. Una versione modificata dell’MSN-04 Sazabi impiegato da
Char Aznable durante la Seconda Guerra di Neo Zeon. Sembrava che i due avversari
di sempre si stessero scontrando nuovamente.
Mobile suit diversi, ma simili ai precedenti; piloti diversi, forse troppo
simili a tanti altri.
Ma la razza umana non cambiava mai: la battaglia che la attendeva era sempre
la stessa.
Quando l’Hi- n Gundam fu
faccia a faccia con il Nightingale, i funnel sulle sue ali si sganciarono e
presero a volteggiare attorno ai due mobile suit. Dai moduli sulla schiena
dell’enorme macchina rossa si proiettarono altri funnel, ancora di più, come se
i due piloti avessero voluto in qualche modo comunicare con quelle armi.
Cosa si volevano dire? Impossibile capirlo. Ogni funnel era una condanna a
morte.
L’umanità si stava davvero evolvendo?
Forse no: l’evoluzione era la selezione delle mutazioni vantaggiose. I
newtype non stavano sopravvivendo: stavano venendo sterminati. La selezione
naturale li stava condannando.
Forse era ciò che l’umanità si meritava.
Forse era ciò che l’umanità voleva.
***
Solite cazzate assortite
Va be’, dai… Non avevo voglia di scrivere il solito ‘Note dell’autore’ e non
mi è venuto in mente un titolo migliore. Anche questo non è granché, ma
amen.
Dunque, ho poco da dire. Innanzitutto, questa storia, una raccolta di
situazioni isolate e collegate solo dalla protagonista, dovrebbe essere qualcosa
che svilupperò in futuro, anche se non in una fanfiction. In realtà, avrei
intenzione di raccontare le avventure di Dolores tra la fine della battaglia di
Odessa e il combattimento contro lo Zeong. Tutta la menata della missione in
Francia di cui Dolores è l’unica sopravvissuta e durante la quale lei combatte
contro un Gyan. Già, un Gyan, non mi guardate male. Secondo diverse fonti, il
prototipo pilotato da M’Quve nella serie TV non fu l’unico esemplare costruito.
Anzi, a ben vedere… La versione canonica di Gundam è quella dei film, e lì il
Gyan non compare affatto, quindi non dovrei nemmeno pormi il problema…
Dicevo, avrei intenzione di raccontare quello che Dolores ha fatto tra Odessa
e la battaglia nello spazio, ma non voglio farci una fanfiction. Lo racconterò
in un altro modo, del quale non parlerò qui. Non mi sto preoccupando di fare
troppi spoiler perché non farà differenza ai fini del racconto vero e proprio:
potrei anche dire per filo e per segno quello che ho in mente, non cambierebbe
nulla.
Ovviamente, il GM che Dolores pilota all’inizio della storia è un RGM-79[G]
GM Ground Type. Non potrebbe essere diversamente, visto che è l’unico modello di
GM terrestre operativo nell’ottobre dell’UC 0079 e si poteva anche capire dai
fatti che si estrae la beam saber dalla gamba e che usa un beam rifle. Il
Guntank di Graham è un RX-75 Guntank Mass Production Type. Non è chiaro quando
sia cominciata la produzione in serie del Guntank esattamente. Si sa che il
Guntank è stato il primo mobile suit federale prodotto in assoluto, quindi non è
così strano che la versione seriale sia stata progettata e assemblata a poca
distanza dal prototipo.
Il combattimento di Dolores contro i due Dom (perché sono MS-09 Dom quelli
che affronta con il resto della squadra sul fondo della scarpata) è esagerato,
lo so. L’ho fatto così apposta, volevo che le abilità latenti della protagonista
fossero evidenti. Non c’è niente di realistico: d’altra parte, penso sia ormai
risaputo che la storiella secondo cui ci sarebbe del realismo in Gundam è una
favola della buona notte. Che poi la Sunrise ci abbia marciato per fare Stardust
Memory e The 08th MS Team, è un altro paio di maniche: non ha pensato
al realismo Tomino e ci dovevo pensare io?
Parliamo un po’ dello Zeong. Secondo le MSV di Okawara, furono assemblati tre
esemplari di Zeong alla fine dello 0079: quello che pilota Char nella serie TV è
l’unico incompleto. In pratica, Dolores combatte contro uno degli altri due, che
è uno di quelli impropriamente chiamati ‘Perfect Zeong’, essendo completi e
avendo le gambe. Dico ‘impropriamente’, perché casomai dovrebbe essere quello di
Char a chiamarsi in un altro modo: gli altri due esemplari sono i veri Zeong,
così come dovevano essere in origine.
Ah, magari qualcuno si chiederà perché io abbia preferito usare la dicitura
‘Zack’, anziché ‘Zaku’. Non è una questione nostalgica: non era mia intenzione
richiamare l’orrendo doppiaggio del 1981 (già, sono abbastanza vecchio da
ricordarmene). Me ne sbatto le palle della nostalgia. Semplicemente, ‘Zack’ era
il suono originariamente inteso dagli autori (come testimoniato anche da Z
Gundam, in cui compare una versione potenziata di quel mobile suit,
ufficialmente traslitterata con Hizack). La traslitterazione ‘Zaku’ fu un errore
della Bandai, che la usò sulle confezioni dei modellini: da allora, la Sunrise
si attenne a questa versione e la ufficializzò. Ora, dico io, se dovessimo
ragionare in questo modo, scriveremmo anche ‘Byg Zam’ e ‘Psycho Gundam’…
Amen.
La parte in cui Dolores chiede al novellino se ce la farà, questi risponde di
sì e poi muore subito è presa di peso da Zombi (il film). Lì succede più o meno
la stessa cosa: una squadra speciale della polizia sta per fare irruzione in un
covo di criminali e il veterano chiede al nuovo arrivato se pensa di farcela.
Questo risponde "Sì, penso di sì", e un secondo dopo si becca un proiettile in
mezzo alla fronte.
Parliamo di cose serie. Tutta la menata che si fanno Dolores e la ragazza che
pilota lo Zeong (non l’ho scritto, ma si chiama Victoria) sulla comprensione e
sulle possibilità al futuro che aprono i newtype è sostanzialmente la mia
visione personale sulla componente contenutistica della prima serie di Gundam. I
newtype sono la chiave per interpretare tutto Gundam e il famoso episodio 41
(che è diventato il 40 da quando Tomino ha eliminato una puntata) è quello che
praticamente spiega ogni cosa. L’incontro fra Dolores e Victoria ricorda per
certi versi quello tra Amuro e Lalah, anche se l’esito è diverso (o magari è lo
stesso, dipende dai punti di vista). Forse, semplicemente, Amuro è meglio
disposto verso Lalah di quanto Dolores lo sia verso Victoria. Alla fin fine,
però… Se consideriamo anche quello che succede negli ultimi due episodi, la
conclusione che Tomino suggerisce non è poi così diversa dalla mia.
In realtà, avrei voluto scrivere anche un’ulteriore parte di questa
fanfiction, in cui una Dolores ormai anziana vede il V Gundam combattere nei
cieli della Repubblica Ceca contro un qualche mobile suit di Zanscare e si
chiede se il fatto che siano nati i newtype servirà mai a qualcosa, se mai
arriverà davvero il fantomatico giorno in cui chi ha questo potere aprirà
all’umanità le porte di un futuro migliore. Due considerazioni mi hanno
trattenuto dal farlo effettivamente: la prima è che mi è mancata la voglia
mentre mi stavo accingendo a battere le lettere, la seconda è che, al tempo
degli eventi di V Gundam, Dolores dovrebbe avere la bellezza di 101 anni (non
l’ho scritto nella storia, comunque la sua data di nascita è il 16 ottobre UC
0052, quindi compie 27 anni poco prima della battaglia di Odessa)…
Ah, sempre riguardo a Dolores… è un personaggio che mi è venuto così.
Contrariamente a quanto si possa pensare, NON è ispirata a Lara Croft (anche se
ha praticamente la stessa pettinatura). A me Tomb Raider non piace nemmeno di
striscio. Penso di averla inconsciamente rielaborata a partire da Melissa Mao.
D’altra parte, Gundam è la serie che Full Metal Panic! cita di più in assoluto,
quindi possiamo vedere questa trovata come la quadratura del cerchio. Come
avrete capito, di cognome fa Martin. Vediamo un po’ se riesco a dire qualcosa di
più su di lei…
Data di nascita: 16 ottobre UC 0052
Luogo di nascita: Kiev, Ucraina
Altezza: 164 cm.
Peso: 54 Kg.
Misure: 87/63/85
Pilota di: RGM-79[G] GM Ground Type, RX-79[G] Gundam Mass Production Ground
Type, RX-78-7 Gundam Deathlock, RGM-79R (RGM-179) GM II, MSZ-006 " Z Plus Test Type Dolores Martin Custom
("Dolly"), RGM-89 Jegan
Residenza: Amsterdam, Olanda (poi Belfast, Irlanda del Nord)
Le piace: volare, nuotare, giocare a basket (però rosica perché non è alta, e
nemmeno molto brava)
Non le piace: la gente che la ignora, chi non accetta la sua versione dei
fatti, chi non fa come dice lei
Cibo preferito: salmone e spaghetti al pesto
Famiglia: genitori, entrambi vivi, e un fratello di due anni più giovane,
anch’egli soldato durante la Guerra di Un Anno (vivo? Morto? Vi lascerò con
questo dubbio); un figlio, Sean Larouche (nato l’11 gennaio UC 0084), avuto da
Benjamin Larouche; ha anche nonni, zii, cugini e quant’altro, ma non ho voglia
di starmi a inventare anche questo
***
Cronologia di Gundam D
0009
Nasce Zeon Zum Deikun.
0010
Nasce Yuri Tolenov Minovsky.
6-0018
Nasce il milionesimo bambino spacenoid su Side 2.
20-4-0026
Nasce Gerard Kemp sulla Terra.
0027
Viene completato il primo insediamento lunare permanente, Von Braun City.
0039
L’orbita dell’asteroide Giunone viene alterata affinché arrivi nella Sfera
Terrestre.
0040
La popolazione umana raggiunge un ammontare totale di 11.000.000.000 persone,
delle quali il 40% vive nello spazio.
0043
Metà della popolazione umana vive ora nello spazio.
Si diffonde l’ereismo, la filosofia secondo cui la Terra è sacra e dovrebbe
essere lasciata stare.
0044
Nascono Gihren Zabi e Ramba Ral su Side 3.
0045
L’asteroide Giunone viene spostato nell’orbita lunare per fornire materiali
per la costruzione delle colonie e rinominato Luna2.
Viene fondata la Minovsky Physics Society su Side 3.
0046
Zeon Zum Deikun comincia a propagare la filosofia del contolismo, un misto di
ereismo e sideismo (la convinzione che i Side dovrebbero essere trattati come
nazioni sovrane).
0047
Comincia lo sviluppo del reattore nucleare ultracompatto
Minovsky-Ionesco.
0052
Zeon Zum Deikun si trasferisce su Side 3 per realizzare la propria filosofia
del contolismo.
16-10-0052
Nasce Dolores Martin a Kiev, Ucraina.
0053
Zeon Zum Deikun viene eletto premier di Side 3.
3-5-0054
Nasce Conner Clark.
0055
Scharnhorst Buch fonda l’agenzia di recupero spaziale Gruppo Finanziario
Buch.
Nascono Kycilia Zabi e M’Quve su Side 3.
9-3-0055
Nasce il fratello di Dolores Martin a Kiev, Ucraina. Poco dopo, la famiglia
si trasferisce a causa del lavoro del padre.
31-8-0055
Nasce Lloyd Cavenagh su Side 4.
0056
Nasce Shiro Amada.
13-9-0056
Gerard Kemp viene internato in manicomio per la prima volta in seguito ad
analisi accurate fatte dietro segnalazione dei suoi colleghi.
18-11-0056
Nasce Lynn Petrie-Smith su Side 3.
3-7-0057
Nasce Patrizia Raimondi su Side 3.
27-9-0057
Data di nascita (fittizia) di "Char Aznable".
0058
Side 3 dichiara la propria indipendenza e viene fondata la Repubblica
Coloniale, come Zeon Zum Deikun come proprio presidente. Viene istituita una
milizia, la Guardia Repubblicana Coloniale.
6-2-0058
Gerard Kemp viene ritenuto guarito dalla sua patologia mentale e viene
dimesso dal manicomio.
1-5-0058
Nasce Christina MacKenzie nel Bunch 35 (Libot) di Side 6.
3-6-0058
Nasce Daniel Wymann su Side 2.
0059
La Federazione Terrestre adotta la politica Bardot e applica sanzioni
economiche contro Side 3.
Nascono Garma Zabi e Aina Sahalin su Side 3.
17-11-0059
Nasce Casval Rem Deikun.
0060
L’Esercito della Federazione Terrestre vara il Piano di Rafforzamento degli
Armamenti dell’anno 60. Viene istituita la EFSF (Earth Federation Space Force) e
Luna2 viene convertita in base militare.
Nascono Bright Noa a Bernard Wiseman.
13-3-0060
Nasce Julius Parker.
16-3-0060
Nasce Colin Raimondi su Side 3.
2-4-0060
Nasce Alice Kemp, figlia di Gerard Kemp.
0061
Nascono Mirai Yashima e Ryu Jose.
0062
La Guardia Repubblicana Coloniale viene promossa a esercito vero e proprio,
l’Esercito Scelto di Zeon.
Viene approvato l’Atto di Esclusione Aliena.
Nasce Paptimus Scirocco.
1-4-0062
Su Side 3 viene fondata l’Accademia dell’Esercito Scelto di Zeon.
12-9-0062
Nasce Artesia Som Deikun su Side 3.
27-4-0063
Nasce Suzanne Heinkell su Side 3.
4-11-0063
Nasce Amuro Ray in Giappone.
0064
Parata navale dell’Esercito della Federazione Terrestre, il cui posto d’onore
è occupato dalle navi spaziali del Piano di Rafforzamento degli Armamenti
dell’anno 60.
0065
La Minovsky Physics Society osserva un effetto d’onda elettromagnetico unico
nel reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky-Ionesco. I risultati
delle ricerche che ne seguono vengono tenuti segreti.
Viene resa pubblica la spaccatura politica tra Zeon Zum Deikun e l’influente
famiglia Zabi.
9-2-0065
Nasce David Jensen in Germania, sulla Terra.
2-3-0065
Nasce Michael Philbert.
7-12-0065
Nasce Rachel Osborne su Side 4.
13-12-0066
Nasce Ryuu Roots.
0067
La Federazione Terrestre rifiuta una mozione per l’autonomia coloniale.
Vengono annunciati i piani per la costruzione di Side 7.
Terrance Richman e Ullhammer T. Keynes danno dimostrazione del prototipo di
robot umanoide Raiant R-7.
10-1-0067
Nasce Haman Karn.
0068
Scharnhorst Buch compra il buon nome dei Ronah, una nobile famiglia
europea.
Nasce Alfred Izuruha nel Bunch 35 (Libot) di Side 6.
2-0068
Viene condotto un test sul campo del Raiant R-8.
10-0068
Zeon Zum Deikun muore per cause sconosciute. Gli succede il suo
ex-consigliere Degwin Sod Zabi.
Sasro Zabi muore in un attentato; usandolo come pretesto, Gihren Zabi accusa
i seguaci di Zeon Zum Deikun e li fa sterminare.
Casval e Artesia Deikun vengono portati sulla Terra da Jinba Ral e sua
moglie, che comprano il nome della famiglia Mass e li adottano con i nomi di
Edward e Sayla.
15-8-0069
Viene istituito il Principato di Zeon, con Degwin Sodo Zabi come sovrano.
L’Esercito Scelto di Zeon diventa un corpo dell’Esercito Regolare di Zeon, una
forza molto più vasta.
4-9-0069
Nasce Isolde Tsogatie su una delle colonie di Giove.
10-0069
L’Esercito Regolare di Zeon commissiona il primo incrociatore di classe
Papua.
11-11-0069
Nasce Kamille Bidan.
0070
L’Esercito della Federazione Terrestre vara il Piano di Rafforzamento degli
Armamenti dell’anno 70.
Nascono Four Murasame e Asuna Elmarit.
3-0070
L’Esercito Regolare di Zeon sperimenta con successo l’effetto di interferenza
Minovsky.
5-0070
L’Esercito Regolare di Zeon completa il cannone a mega particelle.
10-0070
Il Piano di Rafforzamento degli Armamenti dell’anno 70 risulta
nell’incrociatore di classe Salamis e nella corazzata di classe Magellan.
12-0070
Luna2 viene spostata nell’L3 per cominciare la costruzione di Side 7.
2-12-0070
Gerard Kemp viene internato in manicomio per avere ucciso sua moglie ed
essere stato riconosciuto infermo mentalmente.
0071
L’Esercito Regolare di Zeon comincia lo sviluppo di armi da usarsi entro un
campo di particelle Minovsky.
Viene completato il reattore a fusione nucleare ultracompatto
Minovsky-Ionesco.
Gihren Zabi enuncia la propria teoria della razza sovrana.
0072
Il Principato di Zeon comincia la costruzione della base asteroide di
Axis.
Scandalo causato dalla diserzione di Yuri Tolenov Minovsky.
22-7-0072
Nasce Elizabeth Fontaine.
0073
L’Esercito Regolare di Zeon completa il primo esemplare di un nuovo tipo di
arma, denominata ‘mobile suit’, l’MS-01. Di lì a poco vengono completati l’MS-02
e l’MS-03 Prototype Zack.
0074
Casval Rem Deikun torna su Side 3 sotto la falsa identità di Char
Aznable.
2-0074
L’Esercito Regolare di Zeon effettua il rollout del prototipo MS-04 Prototype
Zack. Nello stesso mese, avviene il rollout dell’MS-05A Zack, prodotto dalla
Zeonic Company ed equipaggiato con reattore Minovsky-Ionesco. Ne vengono
prodotti ventisette esemplari.
10-10-0074
Nasce Judau Ashta nel Bunch 1 (Shangri-La) di Side 1.
0075
L’Esercito della Federazione Terrestre comincia lo sviluppo dell’RX-75
Guntank, ispirandosi anche ai piani di un MS-05A rubati.
Casval Rem Deikun, con la falsa identità di Char Aznable e un’età falsificata
di diciott’anni, si iscrive alla scuola per l’addestramento di ufficiali
dell’Esercito Regolare di Zeon.
5-0075
L’Esercito Regolare di Zeon effettua il rollout dell’MS-05B Zack.
7-0075
l’Esercito Regolare di Zeon decide di usare l’MS-05B Zack come mobile suit di
prima linea, preferendolo all’EMS-04 Zudah.
11-0075
L’Esercito Regolare di Zeon forma il Battaglione Mobile d’Addestramento, ai
cui piloti (tra i quali Ramba Ral, Mash, Gaia e Ortega) vengono assegnati i
ventisette MS-05A esistenti.
0076
L’Esercito della Federazione Terrestre comincia lo sviluppo del prototipo di
VX-76 Ball.
0077
L’Esercito della Federazione Terrestre completa i componenti del prototipo di
RX-75 Guntank.
4-0077
Rivoluzione di Riah. Una fazione nazionalista prende il controllo
dell’esercito locale di Side 6, incitando una guerra civile contro i lealisti
federali. L’Esercito Regolare di Zeon supporta i nazionalisti, schierando una
squadra di MS-05B Zack e fermando l’Esercito della Federazione Terrestre. I
nazionalisti vincono e Side 6 dichiara l’indipendenza come Repubblica di
Riah.
L’Esercito della Federazione Terrestre comincia a sperimentare il sistema
Minovsky craft.
8-0077
L’Esercito Regolare di Zeon effettua il rollout del prototipo di MS-06A Zack
II. Non sarà prodotto in serie.
9-0077
L’Esercito Regolare di Zeon comincia la produzione di prova dell’MS-06C Zack
II.
0078
Nasce Carozzo Viggerson.
1-0078
L’Esercito Regolare di Zeon comincia la produzione in serie dell’MS-06C Zack
II, che costituirà il grosso delle sue truppe di mobile suit all’inizio della
Guerra di Un Anno.
4-0078
L’Esercito della Federazione Terrestre rafforza le proprie guarnigioni sulle
colonie.
7-0078
Daniel Wymann viene ingaggiato dalla Longobarda e si trasferisce sulla Terra,
in Italia.
9-0078
A fine mese l’Esercito Regolare di Zeon effettua il rollout dei prototipi di
MS-06F Zack II e MS-06J Zack II.
10-0078
Rivolta nel Bunch Kintzem di Side 3, che viene sedata dall’Esercito Regolare
di Zeon.
L’Esercito Regolare di Zeon viene suddiviso in Armata d’Attacco Spaziale, al
comando di Dozle Zabi, e Armata d’Assalto Mobile, comandata da Kycilia Zabi.
3-11-0078
Gerard Kemp viene dimesso dal manicomio per intercessione di Kycilia Zabi,
che lo vuole a lavorare ai sistemi operativi dei suoi mobile suit.
21-12-0078
Gerard Kemp uccide sua figlia Alice per ottenere il nuovo modello di computer
senziente e per renderla eternamente felice.
3-1-0079
Comincia la Guerra di Un Anno. Il periodo fra il 3 e il 10 gennaio è noto
come Guerra di Una Settimana.
L’Esercito Regolare di Zeon attacca Side 1, 2 e 4 usando indiscriminatamente
armi nucleari, chimiche e biologiche, causando la morte di 2.800.000.000
persone.
4-1-0079
L’Esercito Regolare di Zeon dà il via all’Operazione British, dirottando lo
spopolato Bunch 8 (Island Iffish) di Side 2 dalla propria orbita.
5-1-0079
Aveno determinato che il punto di caduta previsto della colonia è Jaburo,
l’Esercito della Federazione Terrestre raduna tutte le forze in grado di
prevenire il disastro.
8-1-0079
La Quarta Flotta Spaziale dell’Esercito della Federazione Terrestre fallisce
nel tentativo di deviare la colonia in caduta, subendo in battaglia il 70% delle
perdite.
9-1-0079
Nemmeno il lancio di testate nucleari riesce a fermare Island Iffish.
10-1-0079
Island Iffish si spezza in quattro parti sopra il Golfo Persico; la sezione
più grande si schianta su Sydney, Australia, distruggendo il 16% del continente
e creando un cratere del diametro di 500 Km. L’inverno post impatto che ne segue
cambia drasticamente il clima della Terra.
11-1-0079
La Repubblica di Riah si dichiara neutrale, posizione riconosciuta sia dalla
Federazione Terrestre che dal Principato di Zeon.
15-1-0079
Battaglia di Loum (Side 5). Lo scontro tra la flotta di Zeon e quella
terrestre distrugge praticamente tutto il Side, con l’eccezione della colonia
Texas.
16-1-0079
Le Tre Stelle Nere dell’Armata d’Assalto Mobile catturano il generale Revil,
comandante delle forze federali. Sconfitta, la flotta federale si ritira.
22-1-0079
L’Esercito della Federazione Terrestre lancia un’operazione per liberare
Revil.
28-1-0079
Con la mediazione di Riah, Zeon e la Federazione negoziano una tregua
temporanea..
29-1-0079
Agenti federali riescono a liberare Revil.
31-1-0079
Viene firmato il Trattato del Polo Sud, che proibisce l’utilizzo di sistemi
di distruzione di massa (armi nucleari, chimiche e batteriologiche, nonché la
caduta di colonie) e garantisce la sicurezza delle zone neutrali.
1-2-0079
L’Esercito Regolare di Zeon proclama la formazione dell’Armata d’Assalto
Terrestre, al comando di Garma Zabi.
4-2-0079
Dolores Martin viene arruolata forzatamente nell’Esercito della Federazione
Terrestre. Viene assegnata al QG di Jaburo.
7-2-0079
L’Esercito Regolare di Zeon comincia l’invasione della Terra. Entro i due
mesi seguenti, ne occuperà i due terzi.
13-2-0079
L’Esercito della Federazione Terrestre comincia a pianificare il Progetto
V.
1-3-0079
L’Esercito Regolare di Zeon comincia le operazioni di sbarco dall’orbita.
13-3-0079
La Seconda Divisione Mobile Terrestre dell’Esercito Regolare di Zeon cattura
la California Base federale, dove stabilisce il proprio QG.
4-0079
Usando risorse e impianti catturati, Zeon comincia la costruzione di nuove
forze sulla Terra.
1-4-0079
L’Esercito della Federazione Terrestre vara definitivamente il Progetto V,
che prevede la ricerca e lo sviluppo di mobile suit e navi da battaglia.
Comincia il programma di addestramento al pilotaggio di mobile suit e Dolores
Martin è tra i primi a farne parte.
5-0079
L’Esercito della Federazione Terrestre completa un prototipo di
Guncannon.
17-5-0079
L’Esercito Regolare di Zeon ultima la costruzione della fortezza spaziale di
Solomon, nei pressi di Side 1.
6-0079
L’Esercito Regolare di Zeon completa la propria linea di difesa essenziale,
consistente nelle fortezza spaziali di Solomon (L5), A Baoa Qu (L3) e nella base
lunare di Granada.
Nella colonia Baldur Bay del neutrale Side 6 viene fondato l’Istituto
Flanagan.
L’Esercito Regolare di Zeon stabilisce il QG della sua Flotta da Battaglia di
Sottomarini all’Università Occidentale di Hokkaido.
L’Esercito della Federazione Terrestre effettua il rollout del prototipo
RX-76 Ball.
12-6-0079
Battaglia di Canavel: l’Esercito della Federazione Terrestre lancia un
contrattacco a sorpresa contro la flotta di Zeon appena al di fuori del
territorio di Side 6.
7-0079
L’Esercito della Federazione Terrestre riesce a miniaturizzare le armi a
raggio usando la tecnologia E-CAP (Energy CAPacitor).
Viene commissionata la corazzata da trasporto per mobile suit di classe
Pegasus SCV-70 White Base.
Rollout dell’RX-78-1 Prototype Gundam. Parte il piano RX-79 e si comincia a
lavorare a varie armi di supporto per mobile suit. Poco dopo, avviene il rollout
dell’RX-78-2 Gundam.
L’Esercito Regolare di Zeon effettua il rollout dell’MS-07A Gouf e
dell’YMS-09 Prototype Dom.
La Flotta da Battaglia di Sottomarini viene avviata con dieci sommergibili di
classe Jukon.
8-0079
L’Esercito della Federazione Terrestre comincia il collaudo dell’RX-78-2
Gundam su Side 7.
Il secondo tenente Chirstina MacKenzie, dell’Esercito della Federazione
Terrestre, viene assegnata all’unità di prova RX-78NT-1 Gundam G-4 "Alex".
11-8-0079
Comincia la Battaglia di Midway. La Flotta Navale Federale subisce una
sconfitta.
9-0079
Il Bunch 38 (Mahal) di Side 3 viene evacuato per essere convertito in Solar
Ray System.
Scontro tra la Flotta di Pattuglia dell’Esercito della Federazione Terrestre
assegnata a Luna2 e l’Unità di Difesa Spaziale di Granada di Zeon. Grazie
soprattutto alle azioni del commando delle Tre Stelle Nere, la Federazione
subisce una sconfitta. Il comandante generale di Luna2 Amundsen dà le dimissioni
e gli succede il generale Hyatt.
1-9-0079
Viene completato l’SCV-70 White Base.
2-9-0079
Nasce Mineva Lao Zabi su Side 3.
15-9-0079
Lo White Base parte dal quartier generale di Jaburo per recuperare i
componenti della serie RX dal Bunch 1 (Green Oasis) di Side 7.
16-9-0079
Il Corpo della Marina Mobile dell’Esercito Regolare di Zeon, comandato dal
tenete colonnello Cima Garahau, conduce un raid punitivo contro Luna2.
18-9-0079
Tre MS-06F Zack II dei Reparti Speciali della Prima Divisione dell’Esercito
Regolare di Zeon si infiltrano nel Bunch 1 (Green Oasis) di Side 7 pe rordine
del maggiore Char Aznable.
Lo White Base attracca su Green Oasis.
Nella prima battaglia tra mobile suit all’interno di una colonia, l’RX-78-2
Gundam, pilotato dal civile Amuro Ray, abbatte da solo due MS-06F Zack II.
La nave di classe Musai Falmel, al comando del maggiore Char Aznable, apre il
fuoco su Green Oasis; buona parte dell’equipaggio dello White Base viene ucciso
e il colonnello Paolo Cassius è mortalmente ferito.
Lo White Base fugge con i mobile suit della serie RX e più di cento rifugiati
civili alla volta di Jaburo.
22-9-0079
Lo White Base attracca a Luna 2.
Dolores Martin, promossa a sergente dell’Esercito della Federazione
Terrestre, viene assegnata a uno squadrone in Europa insieme con due RGM-79[G]
GM Ground Type e un RX-75 Guntank Mass Production Type. La sua funzione è
principalmente quella di istruttrice.
23-9-0079
Il Falmel insegue lo White Base verso la Terra e l’RX-78-2 Gundam effettua il
primo rientro nell’atmosfera di un mobile suit.
L’Armata di Occupazione del Nord America, al comando del colonnello Garma
Zabi, ingaggia lo White Base nei pressi del Grand Canyon AZ. Durante la
battaglia, il dottor Chlust Morses diserta in favore della Federazione
Terrestre.
10-0079
L’Esercito della Federazione Terrestre comincia la piena produzione
dell’RGM-79 GM ed effettua il rollout dell’RGC-80 GM Cannon e riforma il sistema
di promozione, in precedenza basato sull’anzianità, per consentire a più
personale di qualificarsi come pilota.
L’Istituto Flanagan completa il prototipo di PSYchic COMMUnicator (PSYCOMMU)
System.
Il commando delle Tre Stelle Nere viene equipaggiato con i nuovi MS-09 Dom e
assegnato alla Settima Divisione Mobile Terrestre, Primo Battaglione, stanziato
a Odessa, Ucraina.
L’Esercito Regolare di Zeon effettua il rollout dell’YMS-14 Gelgoog.
1-10-0079
Le forze di Garma Zabi lanciano il quarto attacco contro lo White Base, che
sfugge loro e riceve i rifornimenti portati dal Medea comandato da Matilda
Ajan.
3-10-0079
Il sistema EXAM viene avviato sull’RX-79BD GM Blue Destiny.
4-10-0079
Le forze di Garma Zabi ingaggiano lo White Base sopra Seattle, Washinghton.
Durante lo scontro, a causa di indicazioni deliberatamente fornite da Char
Aznable, il Gaw su cui si trova Garma Zabi viene abbattuto dallo White Base.
Garma Zabi perde la vita.
5-10-0079
Matilda Ajan rifornisce nuovamente lo White Base e prende con sé i rifugiati
che trasporta.
6-10-0079
Su Side 3 vengono condotti i funerali di stato di Garma Zabi. Gihren Zabi
tiene un discorso, al termine del quale viene utilizzato per la prima volta il
saluto "Sieg Zeon!".
La squadra comandata dal capitano Ramba Ral dell’Esercito Regolare di Zeon
ingaggia lo White Base su di un’isola del Pacifico del Nord.
Durante il viaggio verso la Terra, il secondo tenete dell’Esercito Federale
Shiro Amada incontra per caso la pilota collaudatrice di Zeon Aina Sahalin.
Lo squadrone del tenente Ridley ha una schermaglia con alcuni mobile suit di
Zeon e riceve l’ordine di spostarsi verso Odessa.
10-10-0079
Un’armata comandata dal generale Revil parte da Southampton, Inghilterra,
diretta a Odessa.
15-10-0079
Il generale di divisione Kycilia Zabi dell’Esercito Regolare di Zeon arriva
sulla Terra per un’ispezione sul campo.
19-10-0079
La Albatross Base dell’Esercito della Federazione Terrestre, situata nel
Deserto del Gobi, viene attaccata dallo squadrone Wolf Gar dell’Esercito
Regolare di Zeon. Tra i difensori c’è il capitano Bork Cry sull’RX-78XX Gundam
Pixie.
26-10-0079
L’Esercito Regolare di Zeon istituisce un Corpo di Elite, nel quale arruola
trenta dei suoi migliori piloti, tra cui il maggiore Johnny Ridden, assegnandoli
all’incrociatore di classe Zanzibar Chimera.
30-10-0079
L’Esercito Regolare di Zeon lancia il primo squadrone di sommergibili di
classe Mad Angler, al comando del colonnello Char Aznable.
2-11-0079
Viene schierato per la prima volta l’FF-X7-Bst Core Booster.
Il generale Revil ordina allo White Base di procedere verso Odessa senza
nascondersi, attirando su di sé gli attacchi di Zeon.
4-11-0079
L’08° Squadrone di MS del Battaglione Kojima dell’Esercito della Federazione
Terrestre, comincia a perlustrare l’area in cui si svolgono collaudi di nuove
armi di Zeon.
Dolores Martin, unica sopravvissuta dello squadrone del tenente Ridley,
raggiunge il campo federale di Odessa. Viene promossa a tenente e nominata
comandante di uno squadrone.
5-11-0079
L’unità di Ramba Ral tenta l’ultimo attacco contro lo White Base; il capitano
Ral muore nel tentativo.
Dolores Martin riceve il proprio RX-79[G] Gundam Mass Production Ground
Type.
7-11-0079
Operazione Odessa: l’Esercito della Federazione Terrestre impiega il 30%
delle proprie forze in questa azione.
Primo scontro tra lo White Base e il commando delle Tre Stelle Nere; Matilda
Ajan e Mash risultano KIA.
Lo squadrone comandato da Dolores Martin affronta due MS-09 Dom.
L’armata principale federale fa breccia nella linea di difesa nemica.
8-11-0079
Il colonnello M’Quve, comandante delle forze di Zeon a Odessa, fugge nello
spazio con l’ultimo HLV.
9-11-0079
L’Esercito Federale riporta la vittoria a Odessa; una trappola di M’Quve, che
voleva attaccare con una testata nucleare, viene sventata dall’RX-78-2 Gundam di
Amuro Ray.
10-11-0079
Fine dei combattimenti a Odessa.
17-11-0079
Dolores Martin viene assegnata al comando del 12° Squadrone MS del
Battaglione Erwyn dell’Esercito della Federazione Terrestre.
18-11-0079
Char Aznable, comandante di un sommergibile di classe Mad Angler, avvista lo
White Base attraccato alla base federale di Belfast, Irlanda del Nord.
21-11-0079
Lo squadrone del Mad Angler di Char Aznable lancia un attacco contro la base
federale di Belfast usando dei mobile suit anfibi. A mezzanotte lo White Base
parte per Jaburo.
Il Battaglione Erwyn dell’Esercito della Federazione Terrestre viene
ufficialmente assegnato alla 6a Flotta Terrestre Combinata, che viene radunata
nei pressi della base federale di Belfast.
23-11-0079
L’Esercito della Federazione Terrestre comincia la riconquista
dell’Australia; lo squadrone White Dingo vara l’operazione Rainbow Valley.
25-11-0079
A partire da questa data, la 6a Flotta Combinata dell’Esercito della
Federazione Terrestre viene gradatamente spostata da Balfast in Inghilterra.
L’operazione richiederà diversi giorni.
27-11-0079
Lo White Base arriva al QG federale di Jaburo, in Brasile.
30-11-0079
L’Esercito Regolare di Zeon lancia, in anticipo sui tempi, un attacco contro
il QG federale di Jaburo. La missione fallisce.
2-12-0079
La Seconda Flotta Combinata dell’Esercito della Federazione Terrestre parte
dal QG di Jaburo. Poco dopo partono anche alcune navi esca, tra cui il 13°
Squadrone Autonomo, ovvero lo White Base.
5-12-0079
L’Esercito della Federazione Terrestre completa la riconquista del Canale di
Suez e lancia un’offensiva in Asia.
7-12-0079
Diversi battaglioni dell’Esercito Federale, tra cui il Battaglione Kojima,
assediano una base di Zeon sull’Altipiano del Tibet. Nel corso della battaglia,
dopo avere abbattuto il mobile armor Apsalus III, Shiro Amada e Aina Sahalin
risultano MIA.
9-12-0079
Il commando Cyclops dell’Esercito Regolare di Zeon attacca la base federale
di Augustus Island, da cui sta partendo l’RX-78NT-1 Gundam G-4 "Alex".
15-12-0079
L’11° Squadrone Mobile Autonomo dell’Esercito Federale riconquista la
California Base.
Il commando Cyclops di Zeon si infiltra sulla colonia Libot di Side 6.
16-12-0079
Lo White Base attracca al Bunch Baldur Bay di Side 6. Poco dopo, affronta la
Flotta Conscon e poi Amuro Ray incontra Lalah Sune e Char Aznable.
Comincia l’Operazione Tristan, l’assalto dell’Esercito della Federazione
Terrestre contro gli insediamenti di Zeon sulla costa francese. Dolores Martin
partecipa allo sbarco in Normandia da una portaerei di classe Himalaya, insieme
con il proprio squadrone.
17-12-0079
Il 12° Squadrone MS del Battaglione Erwyn dell’Esercito Federale, secondo la
missione assegnata, si dirige verso una fortificazione zeoniana in cui si pensa
vengano sperimentati nuovi prototipi di mobile suit.
18-12-0079
Dolores Martin, comandante del 12° Squadrone del Battaglione Erwyn
dell’Esercito Federale, riceve l’RX-78-7 Gundam Deathlock. Lo usa per abbattere
una squadra di quattro mobile suit di Zeon.
19-12-0079
Operazione Rubicone: il commando Cyclops lancia un attacco diversivo contro
Libot, per poi attaccare la fabbrica federale che lì si trova. Bernard Wiseman è
l’unico sopravvissuto.
L’RX-78-7 Gundam Deathlock riceve le parti per la full armor e il 12°
Squadrone MS attacca la fortificazione zeoniana il cui assalto era fulcro della
missione dell’unità.
20-12-0079
Lo White Base attracca alla colonia Texas.
24-12-0079
Battaglia di Solomon: una flotta federale attacca la fortezza spaziale di
Zeon. Viene impiegato il Solar Ray System, l’armata di Zeon viene sconfitta e
Dozle Zabi risulta KIA. Solomon viene ribattezzata Konpeitoh.
26-12-0079
Dolores Martin si unisce alla Task Force Orion; il Gundam Deathlock riceve i
componenti per la full heavy armor.
29-12-0079
L’Esercito della Federazione Terrestre dà il via all’Operazione Star One, il
cui scopo è la conquista di A Baoa Qu.
30-12-0079
Le forze di Kycilia Zabi, nella fattispecie l’MS-14S Gelgoog Commander Type
di Char Aznable e l’MAN-08 Elmeth di Lalah Sune, attaccano il 13° Squadrone
Autonomo. L’Elmeth viene abbattuto dall’RX-78-2 Gundam e Lalah Sune risulta
KIA.
Degwin Sodo Zabi comunica di volere incontrare il generale Revil per dare il
via a negoziati di pace. Quando le navi dei due comandanti si avvicinano, Gihren
Zabi dà ordine di fare fuoco con il Solar Ray System, distruggendole
entrambe.
31-12-0079
Attacco federale contro A Baoa Qu, con lo White Base alla testa. Kycilia Zabi
giustizia il fratello Gihren per parricidio e affida al 34° Corpo MS di Char
Aznable la linea di difesa. Sia lo White Base che l’RX-78-2 Gundam vengono
distrutti in combattimento.
L’armata di Zeon viene sconfitta e, poco prima, il generale di divizione
Aiguille Delaz si ritira insieme con i suoi seguaci.
Char Aznable uccide Kycilia Zabi e poi aiuta Zenna Zabi e sue figlia Mineva a
scappare verso Axis.
Lo squadrone del colonnello Ernest Fuchs fugge da A Baoa Qu; Colin Raimondi
si attarda e, cercando di tornare su Side 3, si imbatte nella Flotta Delaz, che
lo raccoglie.
I capi dell’appena stabilita Repubblica di Zeon contattano il Governo
Federale, chiedendo di cominciare i negoziati di pace.
La Task Force Orion insegue alcuni soldati di Zeon che si sono impadroniti di
alcune testate nucleari. Sull’FHA-78-3 Heavy Full Armor Gundam Deathlock,
Dolores Martin affronta l’MSN-02 (MS-16X) Zeong pilotato da Victoria Lurnberg.
Il Gundam ha la meglio e recupera le testate, ma gli zeoniani sopravvissuti
riescono a fuggire verso Axis.
0080
Nasce Hathaway Noa
1-1-0080
Il generale di divisione di Zeon Aiguille Delaz accoglie con sé i reduci
dell’Esercito che si sono rifiutati di andare ad Axis e riorganizza le proprie
forze.
Finisce la Guerra di Un Anno: la Federazione Terrestre e la Repubblica di
Zeon firmano la pace a Granada.
15-1-0080
Uno squadrone dell’Esercito della Federazione Terrestre ingaggia le forze di
Zeon rimaste a Pezun.
18-2-0080
La Federazione Terrestre e la Repubblica di Zeon approvano ufficialmente il
Trattato di Granada. Il trattato riconosce l’indipendenza di Side 3 e il suo
diritto a un esercito proprio.
3-0080
Raccolte le forze di Zeon ancora nella Sfera Terrestre, Aiguille Delaz si
dirige verso il Giardino di Spine, una base nell’L1 mai completata.
Dolores Martin viene promossa a maggiore e assegnata alla base federale di
Belfast come istruttrice.
6-0080
Le forze di Zeon sul fronte africano si disarmano.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1.5: Il sogno della farfalla ***
CAPITOLO 1.5: IL SOGNO DELLA FARFALLA
***
"Io penso che gli esseri umani dovrebbero vivere senza sapere quando
pioverà", disse l’uomo, mentre le sue palpebre si facevano pesanti.
"È assurdo", rispose la donna scuotendo la testa, che ormai le si appoggiava
stancamente sulla spalla dell’uomo seduto al suo fianco, anch’egli per terra,
anch’egli con la schiena contro il muro. "L’ignoranza non è mai un bene. Non ha
senso che non si sappia quando pioverà".
"Credo che questo modo di vedere le cose sia tipico di una spacenoid". La
luce bluastra dell’unico schermo di computer ancora attivo in fondo all’ampia
sala di comando era la sola cosa che rischiarava almeno un po’ l’oscurità.
"Ma non hai detto di essere nato su Side 4?". La donna chiuse gli occhi.
"Sì, ma, da quando sono andato a vivere sulla Terra, ho cambiato idea circa
molte cose". Poggiò la guancia contro il capo di lei, sentendo i suoi capelli
che gli accarezzavano il viso.
"Io credo che ciascuno di noi abbia bisogno di un posto in cui tornare. E
quel posto può essere solo quello in cui siamo nati".
"No. Può anche essere il posto dove ci è più congegnale vivere. La regione
della Terra in cui sono vissuto è molto piovosa, soprattutto in novembre".
"E questo ti è congegnale?". Una spia rossastra sul monitor lampeggiò per
qualche secondo.
"Non so. Però mi piaceva addormentarmi sentendo la pioggia battere sul tetto.
E mi piaceva svegliarmi e vedere dalla finestra le strade bagnate".
"Senti…". La donna non riusciva più a restare sveglia, le sue parole erano
ormai solo un sussurro.
"Sì?". Anche l’uomo era arrivato al limite.
"Se sopravviveremo a tutto questo… Se sopravviveremo alla guerra… Mi
porteresti in quel posto di cui mi parli?".
"Ti ho incuriosita?"
"Mi incuriosisce sapere come viva un earthnoid. Vorrei provare almeno una
volta".
L’uomo lanciò un’occhiata al monitor, che ormai si stava spegnendo: "Va bene.
Se sopravviveremo, ti porterò a vedere la Terra".
"Uhm… però, scusa… Noi non dovremmo essere nemici? Cioè, io faccio parte
dell’Esercito di Zeon, mentre tu sei nell’Esercito Federale… noi dovremmo
ucciderci, no?".
"Va bene… Allora prima andremo sulla Terra, poi ci uccideremo,
d’accordo?".
"D’accordo… Però cerca di non morire prima… Devo ammazzarti io…".
"Se proprio ci tieni…".
La luce del monitor si spense definitivamente.
L’oscurità li avvolse.
***
Il seguente testo è stato tratto dal volume ‘La Guerra di Un Anno: uomini,
mezzi e unità speciali’, di S. Marsh, Horace Press, UC 0082.
A metà di dicembre 0079, molti soldati dell’Esercito Regolare di Zeon erano
ancora sulla Terra. La repentina ritirata delle forze del Principato, cominciata
dopo la battaglia di Odessa, aveva conosciuto un’improvvisa accelerazione in
seguito al fallimento dell’attacco su Jaburo, alla fine di novembre. L’Esercito
Federale, che aveva ormai trovato la formula ideale per produrre mobile suit ad
alte prestazioni e basso costo in grandi quantità, cercò di stanare questi
combattenti abbandonati dalla propria patria, sia perché ciò avrebbe potuto
fornirgli preziose informazioni, sia perché alcune regioni della Terra erano
ancora in mano zeoniana.
L’Europa occidentale, in particolare, continuava a pullulare di insediamenti
di truppe del Principato, sebbene molte di queste stessero cercando di dirigersi
verso dei siti di lancio di HLV per tornare nello spazio. Buona parte della
Francia restava occupata e la Federazione lanciò un piano di liberazione che
prese il via il 16 dicembre. Essendo le isole britanniche sotto il controllo
federale fin dalla riconquista di Liverpool, gli zeoniani si aspettavano in
qualsiasi momento un attacco da nord; un’abile operazione di controspionaggio li
aveva però indotti a credere che tale assalto sarebbe arrivato da Pas de Calais,
mentre invece ebbe luogo lungo tutta la costa della Normandia.
L’Operazione Tristan, come fu chiamata, fu indubbiamente una delle più
ambiziose dell’Esercito Federale e lo schieramento di truppe fu superato solo
nelle battaglie di Solomon e di A Baoa Qu. L’assalto alla costa della Normandia,
che era stata pesantemente fortificata e veniva protetta da batterie di
artiglieria, cominciò con lo sbarco di mobile suit trasportati sul posto da una
flotta di Gunperry (si ritiene circa venticinque, il più grande numero di questi
velivoli mai usato in una singola operazione), scortati da numerosi stormi di
Depp Rog e Core Booster modificati per fare da bombardieri, che prepararono il
terreno (i Fly Manta erano stati giudicati inadatti al compito a causa della
propria scarsa autonomia). Le divisioni sbarcate tramite Gunperry avevano il
compito di attaccare e rendere inutilizzabili le batterie di artiglieria
nemiche, ma si scontrarono con la resistenza delle truppe di Zeon, formate da
soldati decisamente più esperti dei federali nel pilotaggio dei mobile suit.
Poche ore dopo il lancio delle divisioni aerotrasportate, avvenne uno sbarco
dal mare di numerosi squadroni di fanteria meccanizzata. L’Esercito Federale
attaccò un gran numero di spiagge sulla costa della Normandia, schierando la
maggior parte dei mobile suit da portaerei di classe Himalaya (altri vennero
lanciati, in un secondo tempo, da ulteriori Gunperry, approfittando della
copertura di quelli già sul posto). Furono queste divisioni a subire le perdite
maggiori. Nonostante molti dei mobile suit anfibi di Zeon fossero stati usati
durante l’assalto contro Jaburo, alcuni erano stati inviati in Europa tramite i
nuovi sommergibili di classe Mad Angler. L’Esercito Federale non disponeva di
efficienti mobile suit per il combattimento in acqua: quelli che aveva (nella
fattispecie, un singolo squadrone di RAG-79) erano sensibilmente inferiori, per
numero e per prestazioni, alle controparti zeoniane, che fecero strage di nemici
e dovettero cedere solo perché soverchiate numericamente dalla quantità
complessiva delle forze avverse.
I combattimenti più violenti ebbero luogo sulla spiaggia di Omaha, le cui
posizioni erano presidiate dal Battaglione Kerner, uno dei meglio addestrati
dell’Esercito Regolare di Zeon. Gli squadroni del battaglione erano stati
equipaggiati ad alti livelli: composti prevalentemente di MS-06J, MS-06JC,
MS-06G ed MS-06K, contavano anche un’ampia quantità di MS-07 di diverso tipo
(buona parte della difficoltà nella missione delle divisioni aerotrasportate era
consistita nell’eliminare gli MS-07C-3) e alcuni MS-09, tra cui degli MS-09F
messi a punto per il combattimento in presenza di gravità. Difendevano inoltre
la spiaggia contando su svariati MSM-07, MSM-03 ed MSM-03C (e gira voce fossero
presenti anche dei modelli anfibi mai visti prima, progettati alla California
Base e originariamente intesi per l’attacco a Jaburo; se fosse vero, non si
spiegherebbe però come possano essere arrivati fino in Francia). Le forze degli
invasori erano composte in prevalenza dai nuovi RGM-79, ma contavano anche
alcuni esemplari di RGM-79[G] e almeno due RX-79[G], prelevati da altri fronti.
Erano inoltre presenti modelli ancor più recenti del GM standard: sembra infatti
che tutti gli RGM-79F prodotti (a eccezione di quelli ottimizzati per il
combattimento in zone desertiche) abbiano preso parte a questa operazione e che
siano stati schierati anche degli squadroni di RGM-79D. A fare da supporto dalle
portaerei c’erano inoltre degli RGC-80 e alcuni RX-77D, che avanzarono in
seguito verso la costa. Ma pochi di questi mobile suit raggiunsero il suolo: la
maggior parte fu abbattuta quando le navi vennero affondate dalle macchine
antropomorfe anfibie di Zeon.
Nonostante lo sfondamento federale, Zeon inflisse perdite estremamente
ingenti sulla spiaggia Omaha, tanto che fu impossibile conquistare Caen e Bayeux
nel corso del primo giorno di combattimenti (come invece era stato preventivato
dai vertici federali) e gli scontri si protrassero fino alla fine del mese,
quando, con la presa di A Baoa Qu, l’ordine di resa di Zeon raggiunse finalmente
anche le truppe a terra. Nonostante questo, in seguito alla distruzione dei loro
mobile suit, diversi soldati delle divisioni aerotrasportate sopravvissuti
vennero assegnati alle truppe spaziali e alcuni di loro parteciparono alle
battaglie di Solomon e di A Baoa Qu.
Molti soldati del Principato si diedero alla macchia senza arrendersi alla
Federazione e si pensa che alcuni di loro si siano ritirati in Africa.
Ironicamente, la maggior parte dei membri dell’Esercito Regolare di Zeon
catturati dalle forze federali in seguito allo sbarco in Normandia fu liberata
entro la fine di febbraio 0080 e rispedita nello spazio. Vennero trattenuti solo
quegli individui contro i quali era stata sollevata l’accusa di crimini di
guerra, che furono processati nel giro degli anni seguenti.
***
31 dicembre UC 0079
"La catena di comando è irrimediabilmente compromessa. Tutte le navi che
hanno partecipato alla battaglia cessino immediatamente qualsiasi attività
bellica. Agite a vostro giudizio".
Un’esplosione. Un’altra.
Lo spazio attorno ad A Baoa Qu esplodeva continuamente di bagliori rosati,
mentre i mobile suit e le corazzate combattevano e sparavano.
Da uno degli hangar della fortezza spaziale che era ormai l’ultima roccaforte
di Zeon, il colonnello Ernest Fuchs guardava le armate della Federazione
Terrestre e della sua patria che si scontravano, mentre le parole che la radio
del suo casco aveva appena trasmesso gli rimbalzavano nella testa senza trovare
un appiglio.
Si lasciava fluttuare quasi distrattamente nel vuoto privo di gravità che lo
circondava, mentre sul casco della sua normal suit dell’Esercito Regolare di
Zeon si riflettevano i fuochi della battaglia.
Tanto tempo fa, aveva sentito dire che, in alcuni luoghi della Terra, si era
soliti lanciare dei fuochi d’artificio per salutare il nuovo anno.
Era il 31 dicembre UC 0079, ma l’ora terrestre standard segnava solo le 11:56
di mattina.
Decisamente troppo presto perché quei bagliori fossero una celebrazione.
I suoi pensieri furono improvvisamente interrotti dall’arrivo di un soldato,
anch’egli con la normal suit indosso.
Con un goffo saluto militare, l’uomo fece rapporto a Fuchs: "Signore, vengo a
parlarle a nome del sessantunesimo squadrone. Stavamo presidiando la zona a noi
assegnata, quando abbiamo ricevuto la trasmissione del quartier generale. Visto
che lei è il comandante della nostra unità, siamo tornati a ricevere i nuovi
ordini".
Il colonnello annuì distrattamente. Non aveva avuto bisogno di sentire quella
trasmissione per capire che avevano perso.
Fino a una ventina di minuti prima, si era trovato là fuori, a combattere con
il proprio Gelgoog, a contribuire alla difesa di A Baoa Qu.
Poi, il suo mobile suit aveva perso un braccio ed era rientrato per farsene
montare un altro.
Non c’erano stati pezzi di ricambio disponibili per l’MS-14A, quindi aveva
ordinato che gli fosse montato il braccio di uno Zack o di un Rick Dom.
E, a questo punto, i tecnici avevano cominciato a fare storie.
C’erano problemi di calibrazione dell’equilibrio e dei tempi di reazione.
Tutte le stronzate che dicevano tipicamente i tecnici quando non avevano
voglia di lavorare.
"Signore?", domandò il soldato.
La domanda sembrò scuotere Fuchs dal proprio torpore: "Ce ne andiamo,
ovviamente", rispose. "Avere perso questa battaglia significa avere perso la
guerra. Visto che ormai non dobbiamo più combattere, pensiamo a salvare la
pelle. Raduna i tuoi compagni e cerca di capire se c’è da qualche parte una nave
che può darci un passaggio. Siete rientrati tutti, giusto?".
"Ehm… veramente, tra i sopravvissuti, c’è ancora una persona che manca
all’appello".
"Cristo…". Fuchs aveva già capito tutto prima ancora che il soldato
terminasse la risposta. "Provate a chiamarlo e ditegli che ci ritiriamo. Se non
risponde, lo lasciamo qui. Mi sono rotto le palle di stargli dietro".
Il soldato alzò una mano, come per obiettare: "Considerata la concentrazione
di particelle Minovsky, è possibile che la trasmissione non gli arrivi…".
"La vita è ingiusta", replicò il colonnello agitando la mano con fare
fatalista. "Provate a chiamarlo e basta. Questo è quanto dobbiamo fare per non
averlo sulla coscienza, poi dipende da lui".
***
La procedura era semplice.
Bastava puntare e premere il grilletto: la beam machinegun avrebbe fatto il
resto.
Ma a lui non importava l’azione in sé.
Gli interessava il risultato finale.
Nell’abitacolo del suo Gelgoog, Colin Raimondi guardava le esplosioni
luminose dei GM e dei Ball che venivano colpiti dai suoi attacchi a lunga
distanza.
Guardava attraverso il monoeye quei piccoli globi di luce che si gonfiavano
in un botto di rosa, per poi estinguersi lentamente nel vuoto dello spazio.
Erano quelle luci che gli interessavano.
Non aveva ancora ben capito perché, ma era così.
Nel luglio del ’78, Colin Raimondi era stato arruolato nell’Esercito Regolare
di Zeon.
Diciott’anni appena compiuti, capelli, che un tempo erano stati castano
chiaro, quasi completamente rasati e petto all’infuori.
Era stato orgoglioso di entrare nelle forze armate.
Poi si era anche chiesto perché lo avesse fatto.
La risposta gli sarebbe arrivata solo qualche mese dopo, in gennaio.
Aveva fatto parte dell’armata di Zeon che aveva partecipato alla battaglia di
Loum.
Era stato uno dei piloti di mobile suit che avevano guidato i nuovissimi
MS-06C Zack II, le macchine che avevano fatto capire alla Federazione come si
combattesse in presenza di particelle Minovsky.
Ma non era stata un’esperienza gloriosa per lui.
Dopo pochi minuti di combattimento, il colpo del cannone di un Salamis lo
aveva raggiunto.
Era stato un miracolo che il suo Zack non fosse stato distrutto, ma la
battaglia era finita fin troppo presto per lui.
Quando si era risvegliato, nel letto di un ospedale militare, l’unica cosa
che era rimasta impressa nella mente di Colin era stata una luce
abbagliante.
La luce che aveva visto quando la cannonata lo aveva quasi centrato…
Voleva rivederla.
Sentiva che quella luce racchiudeva la chiave della sua esistenza.
Per un qualche motivo, doveva rivederla.
Quindi combatteva.
Aveva combattuto per tutta la guerra nello spazio.
Poi, era stato uno dei piloti abbastanza fortunati da ricevere un Gelgoog
(anche se sospettava che questo fosse avvenuto più per carenza di personale che
per meriti suoi) e lo aveva caratterizzato con un colore azzurro ghiaccio sulle
braccia, sulle gambe, sulla testa e sull’addome, mentre il torace e la cintola
erano stati dipinti di blu scuro.
Ma quello che gli aveva fatto particolarmente piacere era il modello.
Un MS-14Jg, un Gelgoog specializzato per il combattimento a distanza. In
questo modo, poteva prendere di mira i nemici da lontano, sparare e guardare la
luce della loro esplosione.
Se aveva visto la sua luce in una situazione simile, ricreando quelle stesse
circostanze, avrebbe potuto ritrovare l’oggetto del suo desiderio.
***
Quasi quattro anni dopo
Non riuscì a trattenere le lacrime, mentre la sua mano passava lentamente
sulla console del Core Booster.
Quei freddi comandi sembravano contrastare violentemente con il caldo
opprimente che sentiva nel casco della normal suit.
Lo spazio attorno al velivolo, reso meno vuoto dalla gigantesca sagoma della
colonia, pareva volerlo inghiottire in un’oscurità deprimente e senza
uscita.
Perché era dovuta andare così?
Era davvero impossibile trovare un senso a quello che si faceva?
E lui?
Cosa aveva veramente?
***
Una settimana prima
"No, dai, non è possibile!". A dichiarare con veemenza la propria
incredulità, era stato un ragazzo sui diciott’anni, biondo cenere e dall’aria un
po’ assente.
"Ti dico di sì! Non hai idea di cosa ho visto! Roba da matti, giuro!". A
ribadire ciò che aveva visto era stato un altro ragazzo, dai folti capelli ricci
e neri, con un paio di occhiali dalle lenti rettangolari che gli davano un’aria
quasi intellettuale, mentre gesticolava vistosamente con la mano destra e con la
sinistra reggeva una focaccia ancora avvolta nella carta trasparente.
Entrambi portavano uno zaino in spalla.
Entrambi indossavano la propria divisa scolastica.
Giacca blu, camicia bianca, su cui spiccava una cravatta rossa.
Pantaloni grigi e scarpe marroni.
Stavano camminando lungo le strade di una città.
Attorno a loro, palazzi che torreggiavano sulle vie trafficate.
Sopra di loro, attraverso la densa coltre di nubi, era possibile vedere la
città sulla parete opposta della colonia.
"Ma ‘sta gente non ha davvero niente da fare, eh?", sospirò il ragazzo
biondo.
"Non è questo il punto… Il punto è che abbiano certe fantasie", replicò il
ragazzo riccio.
"Seee, dai, va be’… Io non ci vedo tutta ‘sta differenza".
"No, no, no… Ti dico che la differenza è enorme. Un conto è scrivere
fanfiction, un conto è mettersi a riversarci le proprie fantasie sessuali.
Voglio dire, c’è gente che ha fatto una barca di soldi scrivendo
fanfiction".
"Scherzi? Guarda che non si può essere pagati per delle fanfiction".
Mentre una bambina guardava la vetrina di un negozio di giocattoli, un grosso
cane nero le si avvicinò e prese in bocca la merendina che aveva in mano. La
bambina scoppiò in lacrime.
"Ah, no? Hai presente J.R. Sommers? Quello ha passato la vita a scrivere
fanfiction ed è ricco sfondato!".
"Sommers non scrive fanfiction".
"Scrive libri ambientati nell’universo di Ultimate Feats, no?".
"Sì, ma è roba ufficiale! Ha il consenso dei creatori del gioco, lo pagano
apposta".
Una elec-car passò loro a fianco, eseguendo un sorpasso nonostante la
segnaletica lo vietasse.
"OK, però scrive di un mondo che non ha creato lui, usando personaggi che non
ha creato lui, giusto? Non è forse la stessa identica cosa che fa un autore di
fanfiction?".
"Il fatto che i suoi libri siano materiale ufficiale implica automaticamente
che non siano fanfiction".
"Ma di fatto sono la stessa cosa! E c’è un mucchio di gente come lui! Ti dico
che l’unica differenza tra lui e un autore di fanfiction sono i soldi che
prende!".
Aspettarono che il semaforo fosse verde e attraversarono un incrocio.
"Senti, ti ricordi come è cominciata questa discussione? Ecco, quella è
un’altra differenza".
"Fino a un certo punto. Sommers avrà anche dei paletti, ma buona parte del
materiale sul gioco che è stato sviluppato negli ultimi anni si basa sui suoi
libri. A volte è lui a dettare le regole, anche perché ormai la sua firma è
famosa e può permettersi di trattare da una posizione… non dico paritaria
rispetto alla Phinneas, ma che comunque non può essere sottovalutata".
Attorno a loro, altri gruppi di studenti, vestiti con la stessa uniforme (ma
le studentesse avevano una gonna appena sopra il ginocchio al posto dei
pantaloni), andavano nella stessa direzione dei due ragazzi.
"Per quanto famoso Sommers possa diventare, dubito che l’editore gli
permetterà mai di scrivere una storia in cui Zergatron diventa omosessuale e si
incula Lord Kraken approfittando del suo lato dolce e indifeso".
"OK, questo può essere vero… Ma il fatto è che, a saperseli cercare, là fuori
ci sono diversi autori di fanfiction che scrivono storie che potrebbero
tranquillamente integrarsi con il materiale pubblicato ufficialmente. Voglio
dire, come c’è chi ci infila le proprie fantasie sessuali, c’è anche chi si
preoccupa di attenersi all’ambientazione. Che differenza c’è tra loro e Sommers,
dico io? Soldi a parte, ovviamente".
Varcarono distrattamente il cancello della scuola, un sobrio edificio color
verde marcio, al centro del quale campeggiava una grande torre con un orologio
che segnava quasi le otto di mattina.
"Non ho ancora capito dove tu voglia arrivare esattamente. Vorresti farti
pubblicare le tue fanfiction? E perché non le spedisci alla Phinneas, invece di
metterle su quel sito dove non le leggerà un cane?".
"Mi pare ovvio".
"Sì?".
"Sì!".
"E cioè?".
"Libertà artistica. Io non sono Sommers. Se anche diventassi come lui, dovrei
farmi una lunga gavetta in cui scrivere sostanzialmente quello che mi venisse
commissionato".
I due ragazzi aprirono gli armadietti, che erano adiacenti. Quello riccio
mise la focaccia dentro il proprio.
"Eh, va be’! Adesso pretendi di arrivare tu ed essere trattato subito come
uno scrittore affermato?".
"Non è questione di essere trattati come scrittori affermati, il punto è che
ho una mia dignità. Non accetto di scrivere qualcosa di diverso da ciò che mi
sento dentro. Io ho qualcosa da dire con i miei racconti".
"A me pare tanto che tu stia solo girando attorno al problema… E la cosa
peggiore è che Penny fa discorsi simili ai tuoi".
"Uh-uh! Geloso?".
"Preoccupato. Preferirei che non si riducesse come te".
Il ragazzo riccio sembrò risentito: "E invece dovresti apprezzarlo. Voglio
dire, io sarei contento di avere una ragazza che sentisse il bisogno di
esprimersi artisticamente".
I due chiusero gli armadietti e si avviarono lungo il corridoio.
"Non è che io sia contrario alle velleità letterarie di Penny", precisò il
ragazzo biondo, "È solo che penso dovrebbe essere più realista. Se vuole farsi
pubblicare qualcosa, deve scendere a compromessi. Nemmeno molti scrittori
affermati sono liberi di scrivere quello che vogliono. Questa storia della
libertà di espressione artistica mi sembra più un modo per tagliarsi le gambe
che per diventare dei professionisti".
"Preoccupato per cosa?". Un paio di braccia si avvinghiarono attorno al collo
del ragazzo biondo.
Che si girò.
"Ehilà, Penny", salutò il ragazzo moro.
"Ciao", rispose lei, una giovane minuta i cui capelli color grano erano
raccolti sulla testa, in una crocchia fin troppo austera per il suo viso
sorridente, in cui campeggiava un paio di occhioni blu.
"Cominciavo a sentire la tua mancanza", disse il ragazzo biondo baciandole
delicatamente le labbra.
"Eh, lo so", replicò lei, "L’unica cosa che mi riesce difficile è essere
ignorata. Allora, David? Non ti sembra il caso di smettere di arrivare in
ritardo?".
"Guarda che casomai sei tu a essere in anticipo. E poi, è sempre colpa di
Fred – indicò il ragazzo moro – che si fa aspettare per mezz’ora sotto
casa".
"Ehi", intervenne Fred, "Io ci tengo a uscire di casa ordinato".
"Il primo passo per essere ordinati è pensare ordinatamente", precisò Penny.
"Chi è veramente ordinato si prepara in anticipo per evitare ritardi".
"Però non ha tutti i torti", lo giustificò David. "Il panificio dove va a
comprare quelle allucinanti focacce che mangia lui è sempre pieno così".
"Pieno così?", domandò incredula la ragazza. "Ma c’è tanta gente che compra
delle focacce simili? Quella che ho assaggiato io era salata come un mare
terrestre e sembrava fatta di kevlar!".
"Le mie focacce sono buonissime!", si risentì Fred.
Una conversazione banale.
Una conversazione come tante.
Una conversazione che faceva parte di una vita altrettanto comune.
Forse anche troppo comune.
***
David Jensen armeggiava con la console principale del mobile suit, mentre
cercava di prendere confidenza con i comandi.
Non sapeva esattamente come, ma conosceva le manovre essenziali.
La grande macchina umanoide era ferma nell’hangar dell’Utrecht,
l’incrociatore sperimentale, derivato da un Salamis (o almeno così gli avevano
detto, ma non che gli importasse) che aveva il compito di portarla nei pressi di
Side 5 per alcuni test.
E David ne era il pilota collaudatore.
Gli avevano detto che era stato scelto per questo compito dietro pressioni di
suo padre, senza spiegargli di più.
Tutta la situazione era strana.
C’era un sacco di cose che non capiva.
Perché proprio lui?
"Allora, tutto a posto?", disse una voce femminile da fuori. La testa di una
donna fece capolino all’interno dell’abitacolo.
"Sì, la ringrazio", rispose David riconoscendo la professoressa Raimondi.
I suoi capelli, di un castano chiaro che tendeva al biondo, le ricadevano
disordinatamente sulle spalle, arrivandole fino a metà schiena.
I suoi occhi verdi, dietro gli spessi occhiali dalla montatura nera, avevano
sempre quell’aria interrogativa che ci si aspetterebbe da uno scienziato.
E sembrava che tutta l’immagine che la donna dava di sé volesse richiamare
una scienziata; qualcuno avrebbe detto che tendeva a trascurare la propria
persona.
Portava sempre il suo camice lungo, non se lo toglieva nemmeno durante le
pause per il pranzo.
Quest’oggi, sotto il camice, indossava un maglione giallo (girava voce che
fosse piuttosto freddolosa) e una gonna nera, che copriva le sue gambe, avvolte
in calze anch’esse nere, fino al ginocchio.
Patrizia Raimondi faceva parte dello staff tecnico dell’Utrecht, rispondeva
direttamente al professor Kemp, che aveva progettato il sistema operativo del
Blossom.
Patrizia Raimondi era una donna strana.
Aveva parlato con diversi membri dell’equipaggio, che gli avevano raccontato
parecchie cose sul suo conto.
Era originaria di Side 3, innanzitutto.
Una zeoniana, quindi.
Ed era la compagna del capitano Lloyd Cavenagh, l’uomo che sedeva al centro
della sala comandi della nave.
La storia che girava su come si fossero conosciuti era piuttosto strana.
Cavenagh aveva fatto parte dell’Esercito Federale fin dai tempi della Guerra
di Un Anno, quando era stato arruolato dopo essere stato licenziato (per averci
provato con una sua superiore, pareva) dalla rete televisiva di Side 4 in cui
aveva lavorato fino ad allora.
Era scampato all’Operazione British perché all’epoca si era trovato sulla
Terra per un servizio (pare che fosse stato cameraman). Con la morte di buona
parte dei soldati federali nel corso dei primi mesi di guerra, era stato
assegnato alle nuove unità di sperimentazione dei mobile suit, presso le quali
aveva testato alcuni prototipi ed era poi diventato un pilota vero e proprio.
Aveva partecipato all’Operazione Tristan tra le truppe sbarcate tramite Gunperry
a bordo dei nuovi RGM-79F GM Land Combat Type e si era guadagnato i gradi
sopravvivendo a quella campagna e alla battaglia di Solomon.
La professoressa Raimondi, invece aveva fatto parte dell’Esercito Regolare di
Zeon, presso il quale aveva trovato lavoro in quanto ex studentessa di
informatica, improvvisamente dirottata dai militari sullo sviluppo di sistemi
operativi per mobile suit, una mansione per la quale c’era stato urgente bisogno
di personale. Aveva passato praticamente tutta la guerra nello spazio, imparando
a pilotare le grandi macchine antropomorfe più per collaudarne i computer che
per combatterci.
Alla fine del dicembre 0079, diversi soldati federali erano stati prelevati
da fronti terrestri per essere mandati nello spazio, dove il QG aveva pensato di
infliggere il colpo di grazia alle forze di Zeon; dato che la resistenza degli
spacenoid in Francia stava diminuendo, Lloyd Cavenagh fu uno dei prescelti.
Il fatto era accaduto pochi giorni dopo la partenza dell’unità alla quale era
stato aggregato, appena prima di quella che sarebbe stata la battaglia di
Solomon. Il comando federale aveva avuto notizia di una squadra di soldati di
Zeon impegnata in voli di addestramento presso la zona nella quale il gruppo di
Cavenagh stava passando. Ovviamente, aveva dato ordine che fosse annientata, nel
timore che potesse portare rinforzi ai propri compagni a Solomon.
La battaglia era stata breve: gli zeoniani avevano costituito una piccola
base all’interno di una colonia abbandonata e il comandante dell’unità della
quale Cavenagh aveva fatto parte aveva ordinato che si cercasse di recuperare i
dati del suo computer principale, che sarebbero potuti tornare utili in
seguito.
Sfortunatamente, gli zeoniani non avevano opposto una strenua resistenza:
soverchiati numericamente, si erano ritirati quasi subito, e, nel breve
combattimento che si era svolto, la colonia aveva subito gravi danni a causa
delle cannonate delle corazzate.
Cavenagh, trovatosi nel bel mezzo della battaglia, aveva avuto l’ordine di
recarsi personalmente a recuperare quei dati.
Sceso dal proprio mobile suit, si era addentrato nella base, per scoprire che
anche una ricercatrice di Zeon aveva ricevuto la stessa disposizione.
Patrizia Raimondi, per l’appunto.
A quanto si vociferava, era stato praticamente un colpo di fulmine, o
quasi.
Improvvisamente, i sistemi di sostentamento vitale della base si erano
bloccati.
Troppe cannonate, probabilmente.
Il soldato e la professoressa si erano trovati rinchiusi nella sala comandi,
unica parte del complesso in cui l’aria usciva nello spazio più lentamente, e
avevano deciso di fare fronte comune per evitare di morire entrambi.
Avevano usato le apparecchiature della base per lanciare un segnale di SOS e
si erano seduti ad aspettare, cercando di dormire per consumare meno
ossigeno.
Non si sapeva esattamente cosa fosse successo in quell’occasione.
Qualcuno diceva che avevano passato il tempo a fare sesso selvaggio, qualcun
altro sosteneva che avessero parlato di chissà cosa…
Il fatto era che la loro intesa doveva essere nata in quel momento.
Poi, l’unità federale di Cavenagh, nonostante le particelle Minovsky, era
riuscita a captare il messaggio e li aveva salvati entrambi.
Ovviamente, la professoressa Raimondi era stata fatta prigioniera.
I militari avevano cercato di estorcerle tutte le informazioni sulle macchine
di Zeon di cui era stata in possesso, solo per scoprire che erano per lo più
cose che sapevano già.
Alla fine della guerra, i federali ritennero di non avere più bisogno di lei
e decisero di rimandarla a casa, insieme ad altri prigionieri di Zeon che erano
stati catturati nelle fasi finali del conflitto.
Pare che fosse stato proprio Cavenagh a premere perché restasse sulla Terra e
venisse assunta nell’Esercito Federale. Il che era stato visto come un’assurdità
da alcuni… Ma ormai, la nuova Repubblica di Zeon e la Federazione Terrestre non
erano più nemici.
Mentre lui frequentava i corsi per ufficiali, lei si occupava dei mobile suit
che erano stati suoi nemici.
David si chiedeva come fosse possibile innamorarsi di una persona solo dopo
averla incontrata una volta.
Per mettersi insieme, lui e Penny avevano…
Avevano…
Ecco, era stato un tale casino che non se lo ricordava nemmeno più.
***
Lloyd Cavenagh aveva compiuto da poco ventotto anni.
In un qualsiasi esercito, sarebbe stato strano trovare il capitano di una
nave così giovane, ma, d’altra parte, a guidare il famoso Cavallo di Troia
durante la Guerra di Un Anno era stato un ragazzino diciannovenne, no?
Ma era lui stesso a trovarlo piuttosto strano.
Era entrato nell’Esercito Federale solo perché arruolato forzatamente e poi
ci era rimasto perché non avrebbe saputo dove cercarsi un lavoro.
Ma soprattutto perché c’era Patrizia.
Si tolse il cappello di capitano e lo poggiò sull’angolo alto della poltrona
di comando: nonostante l’uniforme federale non lo infastidisse più di tanto,
pensava che il cappello svilisse il fascino dei suoi folti capelli castani.
Effettivamente, era un tipo piuttosto narcisista, nonostante non avesse molte
ragioni per esserlo.
Prima di mettersi con Patrizia, aveva avuto l’abitudine di cercare di
irretire le donne fissando su di loro i propri occhi castani, credendo che
avessero chissà che fascino.
Probabilmente, aveva collezionato più due di picche lui che tutti i suoi
commilitoni messi insieme.
Ma, nonostante questo, si riteneva un discreto seduttore…
Se non altro, perché aveva saputo cogliere l’attimo e instaurare una
relazione quando aveva trovato la sua attuale compagna, nonostante tutte le
circostanze fossero contrarie.
E Lloyd detestava lasciarsi sfuggire le occasioni.
Aveva dei colleghi che passavano mesi lontani da casa e dalle proprie
famiglie; lui, invece, aveva fatto carte false affinché Patrizia venisse
assegnata alla sua stessa nave.
Molti suoi conoscenti gli avevano detto che si sarebbe stancato di lei, se
avesse potuto vederla in continuazione, ventiquattr’ore su ventiquattro.
Qualcuno aveva anche cominciato a spettegolare sul loro conto.
Ma Lloyd agiva sempre secondo la propria filosofia: cogli l’attimo. Non gli
importava di queste idiozie: la priorità era ottenere il massimo da quello che
aveva a portata di mano.
Forse era stata la guerra a portarlo a pensare così, a fargli crescere la
consapevolezza che qualsiasi cosa è destinata a estinguersi.
Ma, proprio per questo, cercava di godersi appieno tutto ciò che aveva di
importante.
Si sarebbe stancato? Se questo fosse successo, ci avrebbe pensato (anche se,
dopo quasi quattro anni di vita fianco a fianco, si sentiva ben lungi dallo
stancarsi di Patrizia).
Per ora, ciò che era importante era colei che si era portato dietro sulla
propria nave.
Partito da Jaburo, l’Utrecht era ora diretto verso lo spazio aereo di Side 5,
nel quale avrebbe condotto i test dell’armamento del nuovo Gundam; lungo la
strada, nei pressi della luna, avrebbe dovuto incontrare una nave da trasporto
di classe Columbus per dei rifornimenti e poi se la sarebbero cavata da
soli.
Lloyd sogghignò: sarebbe stata un po’ come una vacanza.
Forse.
***
"Buongiorno a tutti! Vi prego di prendervi cura di me!".
A parlare era stata una ragazza sui diciott’anni, i cui lunghi capelli neri
erano raccolti in un paio di code ai lati del capo.
Indossava l’uniforme azzurra degli studenti dell’Istituto di Ingegneria di
Von Braun City, con la cravatta sulla camicia gialla che si intravedeva dalla
giacca e la gonna appena sopra il ginocchio.
Uniforme che era praticamente identica a quella degli ingegneri della Anaheim
Electronics e non era un caso.
La Anaheim stava sovvenzionando la scuola per trarne dei potenziali
dipendenti per il futuro.
E la presenza di una studentessa, appena arrivata sull’Utrecht con il
Columbus che aveva portato i nuovi rifornimenti, doveva teoricamente fare parte
di un programma speciale.
La migliore studentessa della scuola aveva ricevuto l’opportunità di
partecipare al viaggio di test di un nuovo modello di mobile suit prodotto dalla
Anaheim stessa.
Mentre accoglieva la nuova arrivata insieme al capitano Cavenagh e alla
professoressa Raimondi, David si chiese se fosse un’idea intelligente.
Stavano facendo salire una civile su di una nave che trasportava materiale
top secret.
Non era decisamente logico.
La mano protesa davanti a sé lo riportò bruscamente alla realtà.
"Sono Rachel Osborne", disse la ragazza, sorridendo con la bocca e con i suoi
grandi occhi verdi. "Molto piacere".
David strinse la mano. "Piacere", bofonchiò senza troppa convinzione.
Tutto sommato, non era un’idea così malvagia.
***
"Allora, abbiamo finito?", chiese Lloyd all’addetto allo scarico merci del
Columbus che si era avvicinato all’Utrecht.
"Direi di sì", rispose l’uomo, dovremmo solo completare la fornitura di
alcune attrezzature scientifiche".
"Ci penso io", disse Patrizia avvicinandosi ai due uomini. "Faccio parte
dello staff tecnico, posso sovrintendere io alle operazioni".
L’addetto sembrò tentennante: "Be’, veramente io avrei ordine di consegnare
questo materiale di persona al professor Kemp".
"Io faccio parte del suo staff", insistette la donna. "Non c’è ragione per
cui non potreste consegnare a me questa spedizione. Di cosa si tratta,
poi?".
"Parti nuove per alcuni computer".
Patrizia aggrottò la fronte.
C’era qualcosa che le puzzava: "Parti di computer? E a cosa servirebbero?
Dovremmo già avere tutto quello che ci occorre".
L’uomo alzò gli occhi al cielo: "Ah, non lo chieda a me… Il mio lavoro
consiste solo nel consegnare la merce".
"E fai bene a non porti troppe domande", aggiunse Kemp entrando nella stiva.
Era un uomo alto e robusto, dai folti capelli grigi e arruffati, che quasi
nascondevano completamente i suoi occhi neri e spiritati. Il suo viso era
ulteriormente celato da un paio di grandi baffi, mentre un affioramento di barba
incolta gli dava un’aria trasandata. Aria ulteriormente accentuata dal camice
sporco e dai sobri pantaloni marroni che indossava. "Hai detto che c’è del
materiale per me? Vieni, consegnamelo personalmente".
L’addetto allo scarico merci afferrò una valigetta a tenuta stagna che, fino
ad allora, era stata su di uno dei grandi container che avevano scaricato viveri
e beni vari nell’Utrecht.
Fluttuando nell’assenza di gravità, seguì Kemp al di fuori della stiva.
Non appena ebbero oltrepassato la porta scorrevole che li separava dal primo
corridoio, si guardò attorno circospetto: "Sono…".
"…uno degli uomini di Erwyn", completò Kemp con un sorrisetto.
"Esatto", rispose quello. "Sono venuto per avvertirla che l’esca è stata
lanciata e il pesce ha abboccato".
"Che metafora banale", commentò il professore. "Avresti anche potuto dirmi
chiaramente come stanno le cose".
"Il generale Erwyn preferirebbe che non si parli apertamente di questioni…
delicate. Non qui, almeno, dove orecchie indiscrete potrebbero sentirci".
"Non preoccuparti, ho il completo controllo del sistema di sorveglianza, il
tizio che lo gestisce è un idiota. Possiamo parlare liberamente".
"Be’, allora immagino lei abbia già capito che avrà il suo test esattamente
come l’ha chiesto".
"E avrei anche voluto vedere! Dopo che Erwyn ha fatto tutto quel casino per
tirarmi dalla sua parte, sarebbe proprio il colmo se non mi permettesse di
lavorare come dico io".
"Ecco, appunto. Il generale mi ha chiesto di ricordarle quanto abbia fatto
per lei. Anche adesso, sta rischiando grosso, perché il mobile suit che state
testando qui dovrebbe essere di competenza del generale Kowen… Nonostante
questo, negli ultimi anni, le sue ricerche non hanno dato i risultati sperati,
perché lei si è rifiutato di appoggiarsi ai dati che già avevamo recuperato
dall’Esercito di Zeon. Il generale le chiede di lavorare con maggiore
sollecitudine".
"Il generale non capisce un cazzo!", sbottò Kemp. "Lui vorrebbe che io mi
fermassi a concetti obsoleti come lo psycommu o il sistema EXAM, tutte stronzate
che potrei riprodurre nel giro di una notte! Ma c’è un motivo se quella roba è
di applicazione tanto limitata! Io sto cercando di superarne i limiti, davvero
Erwyn non ci arriva?".
"Onestamente, professore? Il generale Erwyn sospetta che lei stia spendendo i
soldi dell’Esercito per i suoi fini personali".
Lo sguardo di Kemp sembrò farsi ancora più spiritato del solito.
Aveva la faccia ghignante di un posseduto quando si chinò sul proprio
interlocutore fin quasi a toccargli il viso con il proprio.
"Fini personali?", disse. "Né tu né Erwyn capite che è l’esatto contrario. Io
faccio quello che faccio per tutta l’umanità".
***
"Molto bene", disse Patrizia mentre Rachel la seguiva all’interno
dell’hangar, "Cosa sai esattamente dei mobile suit?".
"Be’, più o meno quello che sanno tutti", rispose la ragazza un po’
titubante. "Sono macchine antropomorfe introdotte poco prima dell’ultima guerra…
Impiegano un sistema chiamato Auto-Mass Balance Active Control, che si basa su
vettori di spinta disposti in tutto il corpo, per bilanciarsi nello spazio...
Traggono energia da un reattore a fusione nucleare ultracompatto modello
Minovsky-Ionesco, basato sull’isotopo elio3. Poi ci sono modelli specifici
che…".
"D’accordo, basta così", la interruppe la donna più anziana. "Non pensare
troppo alla teoria, quello che conta è la pratica. Imparerai molto più da ciò
che vedrai qui che da quanto hai sentito a scuola".
Patrizia alzò il braccio e indicò a Rachel il mobile suit che avevano di
fronte: "Hai mai sentito parlare del Gundam?".
Rachel restò per un attimo a bocca aperta: "Non è quel mobile suit che diede
tanti problemi a Zeon durante la guerra?".
"Per l’appunto. Questo è un mobile suit di tipo Gundam. Diciamo che può
essere visto come un’evoluzione di quello di cui hai sentito parlare. Il numero
di serie è RX-78GP00, ma noi lo chiamiamo semplicemente ‘Blossom’. Comunque, non
ti preoccupare, è solo un nome".
"Un… Gundam?".
"Ti ho detto che è solo un nome. Qualsiasi cosa può essere chiamata Gundam,
quello che conta è la sostanza".
"Uh… capisco, mi scusi".
Patrizia annuì: "Dicevamo… Questo è un mobile suit. È stato assemblato
essenzialmente per testare un’arma sperimentale, ovvero quel grande beam rifle
che gli vedi montato sul backpack. Tu sai come funzioni un beam rifle,
vero?".
"La compressione tra una particella Minovsky di carica positiva e una di
carica negativa genera la cosiddetta ‘mega particella’, che poi viene sparata
attraverso la canna dell’arma tramite un…".
"Va bene, d’accordo, lo sai. Il beam rifle a lunga gittata del Blossom è
un’arma pensata per ingaggiare il nemico da lontano. Banale, eh? Per localizzare
il bersaglio anche in condizioni di alta concentrazione di particelle Minovsky,
il GP00 è stato equipaggiato con un MPIWS, ovvero un Minovsky Particle
Interference Wave Searcher. Lo scopo di questa missione consiste nel testare
questi equipaggiamenti. Il tutto dovrebbe prenderci approssimativamente una
settimana di prove intensive nello spazio, poi ce ne torneremo a casa".
"Capisco. E il mio compito quale sarà?".
"È sufficiente che tu stia a vedere quello che faccio io. Non posso spiegarti
tutto, perché molte delle informazioni sono top secret. Nei limiti del
possibile, comunque, cercherò di farti vedere di prima mano come funzioni il
sistema operativo di un mobile suit. La specializzazione del tuo corso è quella,
giusto?".
"Sì, certo. Capisco la situazione e la ringrazio".
***
Lloyd Cavenagh sedette al tavolo della mensa, afferrò la busta del tè al
limone e sorseggiò distrattamente.
Aveva pensato di passare le pause insieme a Patrizia, ma il fatto che lei
avesse un’allieva a cui badare glielo avrebbe probabilmente impedito.
Che seccatura.
"Posso?".
Lloyd alzò gli occhi.
Ah, già.
Anche lui aveva un allievo, o qualcosa di simile.
David Jensen.
"Prego", rispose il capitano indicando la sedia di fronte alla propria. "C’è
qualcosa di cui mi vuoi parlare?".
"Be’, in realtà sì".
"Dimmi". Lloyd pensò che interrompere di bere per parlare fosse alquanto
seccante.
"Riguarda la studentessa che è arrivata oggi".
"Ah. Carina, eh? Le hai già messo gli occhi addosso?".
"Non intendevo questo. Il fatto è che io ero convinto che qui si testassero
armi top secret. Cosa ci fa una civile su questa nave?".
"Guarda che, tecnicamente, anche tu sei un civile".
"Sì, ma io sono stato sostanzialmente costretto a venire qui! Lei, invece, è
praticamente in gita scolastica. Insomma, l’Esercito si pone tanti problemi di
segretezza e poi fa salire una ragazza su di una nave che trasporta un prototipo
di cui nessuno dovrebbe sapere?".
Lloyd buttò nel cestino accanto al tavolo la busta ormai vuota: "Non è il
prototipo di per sé a essere segreto, ma il progetto nell’ambito del quale è
stato sviluppato. Al momento, la Federazione Terrestre non ha veri e propri
nemici, a parte qualche nostalgico di Zeon. E non sarebbe una sorpresa per
nessuno sapere che stiamo sviluppando nuove armi. Non ci vuole un genio per
capirlo. Il fatto è che il progetto del quale il Blossom è il primo stadio
prevede anche… altre cose, diciamo così".
"E lei non può dirmi di cosa si tratti?".
"No, perché non lo so nemmeno io. Mi hanno detto che il GP00 è il primo di
una serie, ma non so altro. Non so quanti altri mobile suit siano in fase di
progettazione, né tantomeno che caratteristiche abbiano".
"Quindi… se anche Rachel tornasse a casa e raccontasse tutto…".
"Potrebbe semplicemente dire che l’Esercito Federale sta collaudando un
mobile suit ad alte prestazioni. Qualsiasi esercito ricerca continuamente nuove
armi. Di per sé, è un’informazione inutile".
David sospirò.
Non sembrava convinto.
Lanciò un’occhiata di traverso a Lloyd: "Però ci saranno pure delle cose che
non devono essere scoperte… Voglio dire, quella ragazza studia i sistemi
operativi, vero? Non sarà che…".
"Non preoccuparti, David. Patrizia… la professoressa Raimondi sa quello che
fa. Non le mostrerà certo cose che non dovrebbe vedere. E comunque mi sorprende
parecchio questa tua preoccupazione. O ti sei adattato in fretta all’Esercito, o
c’è sotto qualcosa. Hai nascosto delle riviste porno dietro il sedile del
Blossom?".
"Ma cosa va a pensare! Il fatto è che… non mi piace che troppa gente metta le
mani nel mio mobile suit".
Senza nemmeno salutare, David si alzò e si diresse fuori dalla mensa.
Lloyd lo guardò allontanarsi.
Gli venne quasi spontaneo pensarlo: ‘Ma stiamo parlando del tuo mobile suit o
della tua ragazza?’.
***
David addentò il panino subito dopo essersi seduto a cavalcioni della
panchina.
Era una panchina senza schienale, che si trovava all’ombra di un grande
albero nel giardino della scuola.
"Allora?", chiese a Penny, che, seduta davanti a lui sulla stessa panchina,
stava aprendo il cestino con il pranzo.
"Allora preferirei che non parlassi a bocca piena", rispose.
"Non intendevo questo, dai… Volevo solo sapere se quella situazione si fosse
risolta".
"In un certo senso…", annuì tristemente lei.
"Cosa significa?".
"Be’, sembra che i miei genitori abbiano deciso di divorziare".
David restò a bocca aperta. Un boccone gli cadde dai denti: "Cazzo, mi
dispiace… Speravo davvero che potesse andare diversamente…".
Lei scosse il capo: "E cosa ci vuoi fare? È andata così. In fin dei conti,
sono stati insieme per vent’anni…".
"Come stai?".
"Male, cazzo!", esclamò lei, quasi in uno slancio d’ira, mentre tratteneva a
stento le lacrime.
David appoggiò il panino sulla panchina e le avvolse le spalle con un
braccio: "Dai, su. Non c’è proprio più speranza?".
"Ma che speranza vuoi che ci sia?", replicò Penny appoggiandogli la testa
sulla spalla. "Le hanno provate tutte negli ultimi anni, davvero… Non è facile
nemmeno per loro, ci hanno pensato a lungo… Però non ce la fanno proprio
più…".
"E tu? Che farai?".
"Probabilmente resterò a casa con mia madre… Ma come faccio a pensare di
vivere in un posto del genere senza mio padre? È sempre stato al mio fianco da
quando sono nata e adesso… Mi ha già detto che verrà a trovarmi spesso, ma non
sarà la stessa cosa".
"Non posso dirti di capire, visto che mia madre è morta da tempo, però…".
"David… Ti piaccio lo stesso, anche se sono così egoista?".
"Egoista?".
"Sì, egoista… Io sto pensando solo a me stessa… Non voglio perdere il mio
presente, la mia abitudine quotidiana. Credo sia questo a spaventarmi. E ora
sono capace solo di compiangermi desiderando che i miei tornino insieme, anche
se so benissimo che questo non sarebbe un bene per loro".
"Credo sia normale avere paura in una situazione del genere. Però non
preoccuparti, io sono sempre con te".
***
‘Sono una merda’, pensò David mentre guardava la testa di Rachel appoggiata
sul suo petto.
Erano nudi nel letto della cabina di lui.
Lei, abbracciandolo, stava dormendo con un sorriso serafico sul volto.
David sentì un nodo in gola e provò improvvisamente una gran voglia di
piangere.
‘Sono una merda’, si ripeté. ‘Perché ho tradito Penny, soprattutto in un
momento del genere? Mi è bastato un bel faccino per crollare? I miei sentimenti
erano davvero così deboli?’.
Mentre una lacrima gli colava lungo la guancia, si trattenne per non
singhiozzare: se Rachel si fosse svegliata, avrebbe dovuto spiegarle perché
stesse piangendo.
Si pulì gli occhi con le dita, cercando di non svegliare la ragazza.
‘Non lo farò più’, si disse. ‘E comunque, il mio errore è già stato troppo
grave: quando tornerò a casa, dovrò dirlo a Penny e lasciarla… Visto che le ho
già fatto un torto così grande, non posso continuare a prenderla in giro, devo
quantomeno essere corretto dove ne ho ancora la possibilità… Però… se lei
potesse perdonarmi…’.
***
"Sei pronto?". La voce del capitano Cavenagh arrivò, seppur ostacolata dalle
particelle Minovsky, attraverso la radio del Gundam.
"Signorsì", rispose David tirando un sospiro.
Attorno a lui, nello spazio, fluttuavano degli asteroidi.
Sopra di lui, l’enorme sagoma di una colonia abbandonata.
Durante la Guerra di Un Anno, gli zeoniani vi avevano liberato del gas.
Nessun sopravvissuto.
"Molto bene. Allora cominciamo con il test", disse Cavenagh.
"Riesci a sentirmi?". Stavolta era la voce della professoressa Raimondi.
"Sì, la sento", replicò David. Questa situazione cominciava ad annoiarlo.
"Bene. Per prima cosa testiamo l’efficacia dell’MPIWS. Abbiamo disposto dei
bersagli a circa quattrocento metri, nella direzione in cui ti trovi rivolto al
momento. Dovresti riuscire a localizzarli impostando una ricerca basata sulla
forma umanoide. L’area che devi scandagliare è satura di particelle Minovsky,
quindi fai attenzione".
Senza rispondere, David attivò il sistema di ricerca dell’MPIWS e lo puntò
nella direzione indicata.
"Stai già sbagliando", lo rimproverò la professoressa Raimondi.
"Eh? Cosa ho fatto?".
"Il beam rifle a lunga gittata. Dovresti cominciare a caricarlo non appena
attivi l’MPIWS. Ricordati che non è dotato di E-CAP, quindi trae energia
direttamente dal reattore nucleare del GP00. Questo significa che gli ci vuole
parecchio tempo per caricarsi".
"La ringrazio", disse David.
‘Ma vaffanculo, rompicoglioni!’, pensò subito dopo.
Avviò la procedura di caricamento dell’arma e attese.
Il basso ronzio che denotava l’inizio del processo, insieme con la spia
gialla sulla console, aveva un effetto quasi soporifero.
Distrattamente, David controllò la strumentazione dell’MPIWS.
"Rilevo quattro oggetti di forma umana nella direzione indicata", disse.
"Bene", rispose la voce della professoressa Raimondi. "Procedi alla fase di
collimazione. Comincia dal primo bersaglio sulla destra".
David obbedì meccanicamente: puntò il sistema di mira del Blossom sul
bersaglio indicato.
"Ce l’ho", annunciò dopo qualche secondo.
"Spara appena il beam rifle è pronto".
David attese.
Fu solo qualche secondo, ma parve non finire mai.
Finalmente, l’indicatore dell’arma emise quel suono acuto che denotava il
raggiungimento della potenza massima.
Il Gundam fece fuoco.
Il raggio violaceo si perse nello spazio, tra gli asteroidi che impedivano a
David di vedere i propri bersagli.
Fu in quel momento che gli venne in mente Rachel.
Poco prima che lui salisse sul Blossom, gli aveva fatto un sorriso immenso,
accompagnato da un "Forza, io tifo per te!" che lo aveva quasi steso.
Non per il fatto in sé, quanto perché aveva ingigantito ulteriormente il suo
senso di colpa verso Penny.
E forse si sarebbe dovuto sentire in colpa anche verso Rachel stessa, che non
sapeva di spasimare per un uomo già impegnato.
Anzi, senza forse.
Stava prendendo in giro due ragazze che lo amavano contemporaneamente.
"David?". La voce della professoressa Raimondi risuonò nell’abitacolo.
"Uh… sì?".
"Come sarebbe? Controlla la traiettoria del raggio. Da qui non riusciamo a
capire se hai centrato il bersaglio".
David riportò freneticamente l’attenzione alla console del mobile suit.
"No… pare che non l’abbia centrato", disse. "Anzi, si è mosso".
"Cosa?" Patrizia sembrava sorpresa. "Come sarebbe a dire?".
"Non lo so… L’MPIWS non sembra in grado di penetrare efficacemente le
particelle Minovsky, mail bersaglio che avevo puntato pare non essere più lì…
Anzi, eccolo… Si sta muovendo!".
Fece in tempo a finire di parlare, ma niente più.
Un raggio schizzò da dietro gli asteroidi, sfiorando la spalla sinistra del
Gundam.
"Merda!", esclamò, "C’è qualcuno là dietro!".
***
I mobile suit comunicavano tramite codice morse.
Facendo brillare a intermittenza i monoeye, riuscivano a trasmettersi
messaggi che superavano il limite delle particelle Minovsky.
La squadra era composta di due Rick Dom e un Gelgoog Jaeger.
Mobile suit di Zeon.
In seguito alla Guerra di Un Anno, diversi reduci dell’Esercito del
Principato avevano deciso di continuare la propria battaglia.
Era inaccettabile che tutte le vite dei loro compagni fossero andate perdute
solo per permettere alla Federazione di continuare a spargere la propria
corruzione e di legare gli spiriti degli esseri umani alla gravità
terrestre.
Forse qualcuno si sarebbe sorpreso per una tale ostinazione, ma il generale
di divisione Anguille Delaz credeva profondamente nei principi di cui
parlava.
E i suoi uomini si erano uniti alla flotta che capeggiava ciascuno per le
proprie motivazioni.
Colin Raimondi, che pilotava il Gelgoog, stava semplicemente continuando a
cercare la propria luce.
La nave alla quale era stato assegnato faceva parte della Flotta Delaz ed era
stata assegnata a una missione di pattuglia attorno a Side 5.
Loum.
Il posto che i reduci di Zeon stavano fortificando con l’altisonante nome di
‘Giardino di Spine’.
Possibile che i federali non lo sapessero?
Sicuramente la questione non era di dominio pubblico, ma qualcuno doveva
esserne a conoscenza.
Eppure, lì c’era una nave, qualcosa di somigliante a un Salamis.
E c’era anche un mobile suit, con un enorme fucile spianato.
Un mobile suit che, grazie al monoeye migliorato del Gelgoog Jaeger, riusciva
a vedere come molto simile al Gundam della Guerra di Un Anno.
Proprio come la loro talpa nell’Esercito Federale aveva detto.
Colin girò la testa del Gelgoog verso i suoi compagni e lanciò loro un
messaggio: "Attuare manovra di accerchiamento standard".
Mentre lui si avvicinava lentamente tra gli asteroidi che li separavano dalla
nave nemica, i due Rick Dom si aprirono a ventaglio, puntando ai lati.
***
L’MPIWS segnalò una fonte di calore che stava rapidamente aumentando.
David si spostò, senza sapere nemmeno lui dove andare.
Un raggio passò dove poco prima si era trovato lui.
Merda!
C’era davvero qualcuno tra quei bersagli!
A questo punto, l’unica cosa sensata da fare era infilarsi tra i blocchi di
roccia per rendere la mira del nemico quanto meno sicura possibile.
Il GP00 volò verso le grandi pietre, nascondendosi tra di esse, mentre
l’MPIWS cercava di localizzare il nemico.
Non poteva distinguerlo dalla forma, perché lì in mezzo c’erano anche i
bersagli disposti per il test.
Il criterio di localizzazione doveva essere il movimento.
Ecco, appunto.
C’erano cinque forme umanoidi, quindi adesso l’MPIWS vedeva anche il falso
bersaglio che prima non aveva segnalato.
Ma erano tutte e cinque immobili.
Probabilmente, il nemico stava aspettando che lui uscisse allo scoperto,
anch’egli nascosto tra le rocce.
Però c’era una cosa che non gli tornava…
Possibile che quel mobile suit fosse venuto fin lì da solo?
Aveva appena finito di formulare il pensiero, quando due Rick Dom spuntarono
dalle rocce a tutta velocità, i bazooka spianati verso l’Utrecht.
Improvvisamente, uno dei due sembrò accorgersi della presenza del Blossom e
si girò per attaccarlo.
Con un tuffo al cuore, David capì di essere finito: avrebbe impiegato troppo
poco tempo per voltare verso il nemico il beam rifle a lunga gittata e, se
avesse sparato, avrebbe segnalato la propria posizione al cecchino ancora
nascosto.
Il bazooka sembrava una voragine…
Era così profondo e oscuro che David ebbe l’impressione di guardare in una
fossa oceanica…
Anzi, in un utero materno…
Cosa poteva esserci di più profondo e oscuro del posto da cui si generava la
vita?
E lui stava vedendo la vita prima di morire.
Una raffica di colpi trapassò l’addome del Rick Dom.
Il tozzo mobile suit nero esplose, mentre dietro di lui compariva un GM
Custom.
"Il capitano?", mormorò David.
E non era solo: con lui c’erano anche i due GM Kai imbarcati
sull’Utrecht.
Sembrò che l’altro Rick Dom avesse avuto un attimo di esitazione.
Fu allora che David percepì qualcosa.
Un movimento!
L’MPIWS aveva segnalato un movimento in un una delle cinque forme
umanoidi!
Possibile che fosse il nemico che gli aveva già sparato?
O forse era solo un movimento naturale di uno dei bersagli disposti per il
test?
No, c’era anche una lettura di una fonte di calore.
Vettori di spinta in uso.
"E beccati questo, stronzo!", esclamò David alzando il beam rifle e facendo
partire il colpo.
Il raggio trapassò alcune rocce, lasciandosi dietro una scia di detriti.
***
Quando il raggio sparato dal Blossom colpì la grande pietra di fianco al suo
Gelgoog, Colin ebbe un attimo di smarrimento.
Istintivamente, fece spostare il suo mobile suit sfruttando i vettori di
spinta nel backpack.
L’esplosione della roccia fu un lampo di luce.
Colin sogghignò vedendola.
Somigliava molto a quella di quel giorno…
Poi, vide uno dei Rick Dom passargli accanto a tutta velocità, segnalando con
il monoeye il codice della ritirata.
Significava che il suo compagno era stato abbattuto?
Colin sorrise amaramente: "E va bene, Gundam", si disse tra sé e sé. "Non
voglio perdermi l’occasione di guardare quella luce che puoi farmi vedere, ma
per stavolta va così".
Spingendo al massimo il Gelgoog Jaeger, si diresse verso la zona in cui era
atteso dalla nave madre.
***
"Sei un bastardo…", mormorò Penny coprendosi il viso con le mani, senza
riuscire a nascondere le lacrime che le scendevano copiose dagli occhi.
"Lo so", rispose David chinando il capo sconsolato, sul punto di mettersi a
piangere anche lui.
Erano in uno dei corridoi della scuola.
Un corridoio stranamente deserto.
Il sole che tramontava filtrava attraverso le persiane delle vetrate,
parzialmente abbassate.
Con uno sforzo evidente, la ragazza cominciò a trattenere il pianto e
incrociò le braccia.
Lanciò un’occhiata gelida al suo interlocutore, che alzò lentamente la
testa.
"Perché?", gli chiese. "Si può sapere cosa ti ho fatto? In cosa ho mancato
verso di te? Cosa c’era che non andava? Dove ho sbagliato?".
David, di nuovo, si sentì una merda: "Non sei stata tu a sbagliare… Ho fatto
tutto io… Sono stato uno stronzo, ne sono consapevole. È evidente che ormai non
possiamo più stare insieme… Però volevo almeno scusarmi, per quello che può
valere".
Penny scosse la testa: "Non riesco ancora a crederci, davvero… Dimmi che è
uno scherzo, perché davvero non posso credere che mi sia capitata una cosa del
genere! Ma cosa aveva quella di tanto interessante?".
"Suppongo di essermi semplicemente lasciato andare… Però lei non sapeva che
io avevo già la ragazza, quindi non è colpa sua".
"Fin qui ci arrivo!", sbottò Penny alzando improvvisamente le braccia al
cielo e dandogli le spalle. "Però… come credi che possa ancora guardarti in
faccia dopo quello che è successo?".
David chinò nuovamente il capo senza rispondere.
"Mi hai umiliata", proseguì la ragazza. "Io non sono romantica, non mi sono
mai illusa che il nostro sarebbe stato l’amore della vita… Però non dovevi
tradirmi. Se proprio avevi tanta voglia di scoparti un’altra, avresti potuto
almeno mollarmi prima!".
"Scusami".
Penny si girò all’improvviso e colpì David al viso con il dorso della
mano.
"’Scusami’ un cazzo!", sibilò. Poi, sembrò tranquillizzarsi per un attimo:
"Se non altro, ti riconosco che hai avuto abbastanza fegato da venirmi a dire
cosa hai fatto, visto che altrimenti non sarei mai venuta a saperlo. Sei uno
stronzo, ma almeno sei uno stronzo con le palle. Comunque sia, come hai detto
anche tu, è ovvio che non possiamo più stare insieme. Non potrò mai perdonarti
per questa umiliazione".
***
"È un problema", disse Lloyd picchiando il pugno sul tavolo del proprio
ufficio sull’Utrecht. "Quelli erano mobile suit di Zeon, da dove saltavano
fuori?".
Davanti a lui, oltre a David, c’erano Earl Shaw e Frank Anderson, i due
piloti assegnati ai GM Kai; nessuno dei quattro uomini presenti si era ancora
tolto la normal suit.
I soldati alla guida degli RGM-79C erano stati collocati sulla nave
semplicemente come unità ausiliaria, per simulare dei nemici durante il collaudo
e collocare i falsi bersagli.
Nessuno aveva pensato che ci sarebbe stato bisogno di loro per
combattere.
Earl, un ragazzo di colore dai capelli vistosamente tinti di bianco argenteo
e tagliati corti, fece un passo avanti: "Il problema più grande è che non siamo
riusciti a inseguirli. E, anche se l’avessimo fatto, non avremmo avuto garanzie
di cosa avremmo trovato".
"Erano un Rick Dom Zwei", gli ricordò Frank, un tipo basso e decisamente poco
atletico, dai capelli neri che ormai si stavano diradando nonostante la giovane
età. "Hanno una potenza di accelerazione superiore a quella dei nostri GM,
sarebbe stato inutile tentare un inseguimento".
"A questo punto, la missione è abortita", sentenziò Lloyd con decisione. "Non
sappiamo quanti nemici si nascondano nelle vicinanze, quindi dobbiamo evitare lo
scontro. Appena tornato sul ponte, darò ordine di fare rotta verso Luna2 e
finiamola qui".
"E il test del Blossom?", chiese David.
"Mi pare chiaro", replicò il capitano. "Il test non si fa più. È evidente che
non possiamo restare qui con una sola nave contro chissà quanti nemici. Non vi
faccio rischiare il culo per collaudare un cazzo di mobile suit".
***
Quando uscì dall’ufficio del capitano, David si stava massaggiando lentamente
la cervicale.
"Qualche problema?", gli chiese Earl.
"Uh?", replicò David senza rendersi subito conto di cosa gli fosse stato
detto. "Oh, no, grazie, nessun problema. È solo che per me è un periodo
piuttosto stressante"-
Si allontanò verso la propria cabina senza aspettare una risposta.
Già, era davvero un periodo stressante.
Prima quel casino del divorzio dei genitori di Penny, poi quella cazzata che
aveva fatto con Rachel, l’incidente in cui erano stati coinvolti quei mobile
suit di Zeon, infine il fatto di avere dovuto confessare alla propria ragazza
quello di cui si era reso colpevole…
No, un momento…
C’era qualcosa che non quadrava.
Digitò distrattamente il codice che apriva la porta della propria cabina
mentre ci pensava.
C’era decisamente qualcosa che non tornava.
Quand’è che Penny gli aveva parlato del divorzio dei suoi genitori?
Prima di partire da Side 3, no?
No, impossibile, perché lui era sicuro di essere già salito sul Blossom…
E, soprattutto, quand’è che aveva parlato a Penny del suo tradimento, se era
sempre rimasto sull’Utrecht da quando lo aveva commesso?
Si lasciò cadere stancamente sul letto.
Che periodo di merda…
Aveva la vaga impressione che gli fosse già successo qualcosa di simile: era
uno di quei momenti in cui gli andava tutto male e non vedeva l’ora che
finissero.
Forse aveva anche un paio di linee di febbre.
C’era solo una cosa a cui riusciva a pensare…
E se ne stupiva…
Il GP00.
Il suo Gundam.
Perché gli tornava in mente proprio adesso?
Perché si sentiva così sicuro pensando a quell’abitacolo solitario?
Perché voleva tornarci il prima possibile?
Perché, quando sedeva ai comandi, sentiva quella sensazione di protezione,
sicurezza e tranquillità che non riusciva a spiegare?
Perché gli dava tanto fastidio che qualcuno ci mettesse le mani?
Si mise a dormire senza pensarci ulteriormente.
Dimenticò anche che il capitano aveva ordinato che i piloti stessero in
allerta fino a nuovo ordine in previsione di un possibile attacco.
***
Patrizia aggrottò la fronte, mentre i caratteri che comparivano sul suo
computer assumevano un senso.
Anzi, quella roba non poteva avere senso.
Con il proprio portatile collegato alla colonnina con terminale incorporata
nell’ascensore dell’hangar dei mobile suit, guardava quello che le appariva
davanti, a metà tra lo sbalordito e il contrariato.
Non le piaceva che qualcosa andasse in maniera diversa da come si
aspettava.
Al suo fianco, il boccaporto dell’abitacolo del GP00 le ricordava che
l’ascensore, composto praticamente da un’unica piattaforma metallica e dal suo
supporto scorrevole, l’aveva portata a diversi metri da terra.
Le era stato detto che il computer imparante montato sul Blossom era una
versione potenziata di quello dell’RGM-79, che, a propria volta, derivava dal
modello montato sull’RX-78-2 della Guerra di Un Anno.
Le era stata fornita una documentazione che ne dettagliava il
funzionamento.
Ma i dati che stava ricevendo dopo essersi collegata a esso non le
tornavano.
Il computer, in qualche modo, aveva cambiato i propri schemi di calcolo.
Usava procedimenti diversi per ottenere gli stessi risultati, apparentemente
senza un motivo.
Il modo di inviare gli input ai sistemi del mobile suit non era come quello
che aveva usato fino allo scorso controllo.
Il sistema operativo era indubbiamente lo stesso, ma aveva cominciato a
funzionare in maniera differente.
Attivò il comando dell’ascensore e si fece riportare a terra.
L’unica possibilità era che David avesse messo le mani nell’OS.
Doveva averlo modificato in qualche modo, non c’era altra spiegazione.
L’ascensore toccò il suolo dell’hangar.
Patrizia scollegò rapidamente il portatile e scese dalla piattaforma
metallica.
"Scoperto qualcosa di interessante?".
La voce di Kemp la sorprese al punto che quasi andò a sbattergli contro.
Si grattò la testa e posò gli occhi sull’anziano scienziato.
Ecco, questa era una caratteristica di se stessa che Patrizia detestava:
quando qualcosa le occupava i pensieri, praticamente non si rendeva conto del
mondo che le stava attorno.
"Più o meno", mugugnò, quasi sottovoce.
Di se stessa, detestava anche quella fastidiosa incapacità di rapportarsi
decentemente con il prossimo.
Kemp sogghignò sotto i baffi: "Ne sono felice".
Senza rispondere, Patrizia gli passò di fianco e fece per lasciare
l’hangar.
Poi si fermò.
Si girò lentamente verso il proprio collega.
"È stato lei a programmare Alice, non è vero?".
Stavolta, Kemp ridacchiò: "Com’è che ti viene in mente proprio adesso? Hai
visto qualcosa che vorresti ti spiegassi?".
Patrizia aggrottò la fronte.
L’idea di dipendere da quell’uomo per capire una situazione che si stupiva di
non riuscire a comprendere non le piaceva per niente.
Ma cercò di ignorare il proprio orgoglio: "Il pilota deve avere agito sul
sistema operativo", disse, stavolta ad alta voce. "I processi di calcolo sono
cambiati".
Non disse di non avere ancora capito come funzionassero esattamente.
Kemp non si girò, continuò a parlarle volgendole le spalle: "Sì, se è
successa una cosa del genere, significa che Alice ha subìto l’influenza del
ragazzo".
"Subìto la sua influenza? Che significa?".
Stavolta, il professore si girò.
Nonostante i baffi, era possibile vedere la sua bocca contratta in un sorriso
a metà tra il folle e il soddisfatto: "Alice è stato concepito proprio a questo
scopo".
Kemp si avvicinò a Patrizia a grandi passi, finché poté guardarla
direttamente negli occhi: "Alice cresce e si evolve. È normale che cambi il suo
modo di pensare, come fa qualsiasi persona nel corso della propria esistenza. Ma
questo era previsto. Quello che mi interessa ora è vedere come reagirà il
ragazzo. Perché Alice non è stato pensato per avere un legame a senso unico.
Alice è molto più di quanto chiunque di noi possa immaginare, me compreso".
"Non creda di incantarmi con queste parole assurde!", sbottò Patrizia. "Le
ricordo che anch’io sono qui per occuparmi del GP00, quindi devo essere messa al
corrente di qualsiasi informazione lo riguardi!".
"Vuoi sapere come funziona Alice? Conosci Lewis Carrol?".
"Uno scrittore attivo prima del cambio di datazione? Ne ho sentito parlare,
ma non ho mai letto qualcosa di suo".
"Alice era il nome del suo personaggio più noto. Alice ha attraversato lo
specchio ed è arrivata in un altro mondo. Era convinta che oltre lo specchio ci
fosse il mondo reale riflesso, ma invece vi si trovava una realtà completamente
differente. Forse anche il sistema Alice ha oltrepassato lo specchio e, se
questo è successo, deve averlo fatto anche David. Ma nemmeno io posso sapere con
certezza cosa abbiano trovato nel nuovo mondo in cui sono arrivati. E va bene
così, perché è così che ho progettato Alice".
"Gradirei che non rispondesse alle mie domande suscitandomi altri motivi di
perplessità. È evidente che lei sta usando delle metafore, ma qual è il loro
significato? A cosa si sta riferendo, esattamente?".
Kemp si girò di nuovo e proseguì a grandi passi verso l’ascensore dal quale
Patrizia era appena scesa.
Si fermò un attimo prima di salirvi: "Trovare la risposta a questa domanda è
proprio il motivo per cui ho programmato Alice. Se l’avessi conosciuta, fare
quello che ho fatto non avrebbe avuto alcun senso".
Patrizia reclinò il capo, lanciando un’occhiata di traverso al collega:
"Professore, le ricordo che questo progetto non esiste per assecondare le sue
idee lunatiche. Ci sono già troppi punti oscuri riguardo la sua persona, credo
che aggiungerne un altro non possa tornare a suo vantaggio".
Per un attimo, nessuno dei due parlò.
Fu Kemp a rompere il silenzio: "Ma certo", disse infine. "Dimenticavo che sei
l’amante del capitano. Non è poi così strano che venga a riferirti informazioni
riservate".
"Sono la sua compagna", lo corresse Patrizia acida. "La nostra relazione non
è clandestina. Se mi ha detto certe cose, è perché riteneva che fosse
nell’interesse della mia incolumità saperle".
"Già", ridacchiò l’uomo più anziano, "non sia mai che possa succedere
qualcosa alla figa con la donna intorno con la quale si trastulla".
Patrizia spalancò gli occhi.
Fu sul punto di scoppiare in un fiume di insulti, ma Kemp la anticipò: "Dì
pure al tuo amichetto che non hai niente da temere da me. Non mi importa di
quello che fa una donna che avrebbe bisogno di un vocabolario per capire le mie
parole più semplici. Il mio scopo non è certo quello di fare del male a te, o a
chiunque altro su questa nave. Non ho tempo da perdere, io".
"Suppongo di no", sogghignò la donna, "Dopotutto, quando si sono già passati
otto anni in manicomio, di tempo se ne è perso abbastanza, o mi sbaglio?".
Le spalle del professore furono scosse da un debole riso: "Potrei pensare che
questa sia una frecciatina, se non fosse che io so perché sono finito in
manicomio, mentre tu no".
"Non posso negarlo, ma credo di essere più vicina alla verità di quanto lei
non pensi. Sa com’è, essere ‘amante’ del capitano, come dice lei, dà accesso a
informazioni poco note ai più. Per esempio, so che lei era già stato in
manicomio ben prima che sua figlia morisse".
Ci fu un altro lungo silenzio.
Poi Kemp si girò.
Per la prima volta, il suo sguardo sembrò serio: "Non sai quello che stai
dicendo. Tutto ciò che ho fatto ha avuto una ragione ben precisa. E da sempre si
teme chi non si riesce a comprendere".
Patrizia alzò gli occhi al cielo: "Ah, già, certo. L’uomo scomodo che viene
internato perché dà fastidio ai potenti. Mi risparmi la solita tirata da film di
quart’ordine, Kemp, ho già notato che lei ha ben più di qualche sprazzo di
paranoia. Vorrei solo essere messa in condizioni di fare decentemente il mio
lavoro, i suoi problemi personali non mi interessano".
Dopo quel breve attimo di serietà, l’anziano studioso sembrò tornare alla sua
parlata sarcastica: "Non preoccuparti, non avevo certo intenzione di parlartene.
Come ti ho già detto, me ne frego di quello che fate tu o gli altri idioti che
popolano questa nave. Io voglio solo vedere dove arriverà la felicità di
Alice".
***
L’ufficio di Patrizia Raimondi, sull’Utrecht, era un posto piuttosto
disordinato.
Sulla scrivania della piccola stanza, due portatili e un numero imprecisato
di scartoffie quasi impedivano a David, che la stava seduto davanti, di vedere
la donna.
In piedi, con le braccia incrociate, appoggiato al muro dietro Patrizia,
c’era Kemp.
Lloyd era appoggiato con il braccio destro alla scrivania.
Sembravano tutti aspettarsi qualcosa da David.
"Potrei sapere perché sono stato chiamato qui?", domandò il ragazzo.
"Vorrei farti qualche domanda", chiese Patrizia. "Non preoccuparti, non c’è
alcun problema".
David si mosse nervosamente sulla sedia.
Aveva proprio l’impressione che i problemi ci fossero, invece.
"Allora, vediamo un po’…", cominciò la donna, "Partiamo dalle basi. Come ti
chiami?".
"David Jensen. Dovreste saperlo".
"Sì, sì, ma passiamo oltre. Data e luogo di nascita".
"Sono nato il 9 febbraio del ’65 a Munzo, Side 3".
"I tuoi genitori?".
"Henry e Stephanie Jensen. Mio padre fa il ricercatore, mia madre è
morta".
Kemp si avvicinò; fu lui a porre una domanda: "Chi sono i tuoi migliori
amici?".
"Be’, ci sarebbe Fredrick, lui è il mio migliore amico. E poi c’è la mia
ragazza, Penelope. Ma perché mi chiedete queste cose?".
"Con calma, David", disse Patrizia nel vano tentativo di tranquillizzarlo
(mentre Kemp stava sogghignando da quando aveva sentito la risposta).
"Proseguiamo, piuttosto. Da quanto tempo sei sull’Utrecht?".
"Sono qui da quando la nave è partita, un paio di settimane".
"E come ci sei finito? Come hai imparato a pilotare i mobile suit?":
David sembrò incerto per un attimo: "Io… Sono sull’Utrecht perché mio padre è
coinvolto nella progettazione del sistema operativo del Blossom… Sono arrivato
qui e il capitano mi ha dato qualche lezione".
L’interrogatorio proseguì per circa un’ora.
David si sentì porre domande di ogni genere, per lo più relative alla vita
privata.
Alcune anche apparentemente insignificanti, magari riguardanti i suoi gusti
alimentari.
Poi, gli venne detto che poteva andare.
"Eh, no, cazzo", sbottò picchiando una mano sulla scrivania.
Qualche foglio cadde a terra.
"Voglio sapere perché diavolo mi fate queste domande!", gridò colpendo
nuovamente la scrivania.
"Cerca di calmarti", disse Lloyd mettendogli una mano sulla spalla. "Stiamo
solo cercando di capire alcune cose sul tuo conto. Ora torna nella tua cabina e
aspetta. Tra non molto, ti sarà tutto più chiaro".
David sbuffò.
Per un attimo, fissò il capitano dritto negli occhi.
Ma obbedì e lasciò la stanza.
Lloyd si girò verso Kemp: "Allora?".
Lo scienziato stava ancora ridendo.
"Ce l’ho fatta!", esclamò. "Finalmente sono arrivato al punto in cui il
pilota e il mobile suit sono tutt’uno! Avete sentito le sue risposte? Ha
mischiato le sue esperienze personali con le informazioni che Alice gli ha
inviato. Ha oltrepassato lo specchio. E, se Alice gli ha detto quelle cose,
significa che anche lei lo ha fatto".
"Vorrebbe piantarla con questi enigmi assurdi?", ringhiò Patrizia
spazientita.
"Abbiamo sentito le risposte e in effetti sono confuse", convenne Lloyd
cercando di fare da paciere tra i due. "Per esempio, il ragazzo dice di essere
nato su Side 3, mentre invece è terrestre. La sua data di nascita, però, è
esatta. Inoltre, conosce i nomi dei suoi genitori, ma non sa che suo padre è un
politico e sua madre una manager di banca. Né che quest’ultima è ancora viva.
Sembra non ricordare di avere imparato a pilotare i mobile suit in un
addestramento di due mesi all’accademia di Nijmegan. Inoltre, non tutte le
risposte alle domande sulle questioni personali sono le stesse che ha dato due
settimane fa, al momento di salire sull’Utrecht. Quelle sui suoi amici, per
esempio. Ha fatto questi due nomi che non ci aveva detto prima… Pare che sia
convinto di frequentare una scuola, nonostante a noi risulti che ha sempre avuto
tutori privati. Ha parlato di una sua ragazza, mentre prima aveva detto di non
averla… Lei ha un’idea di cosa questo possa significare, Kemp?".
Lo scienziato annuì, senza togliersi il sogghigno dalla faccia: "Certo che ce
l’ho… Solo, non pensavo sarebbe andata tanto bene. Ora il pilota e la macchina
sono davvero una cosa sola!".
Patrizia fece per alzarsi dalla sedia.
Lloyd la trattenne per un braccio: aveva avuto la netta impressione che fosse
stata sul punto di sferrare un pugno al professore.
"Voi sapete cosa sia uno psycommu system?", domandò Kemp, forse rendendosi
conto di essere troppo sibillino.
"Certo che lo so!", sbottò Patrizia.
"Oh, bene!", replicò sarcastico lo scienziato. "Alice è praticamente uno
psycommu system al contrario. Anziché ricevere le onde cerebrali dei newtype,
emana esso stesso degli ultrasuoni che agiscono sul cervello del pilota a
livello subconscio… Utilizzando un sistema simile al linguaggio binario,
infondono nella sua mente delle informazioni e questo porta all’unione tra il
sistema operativo stesso e il pilota".
"C’è una cosa che non capisco", chiese Lloyd aggrottando la fronte, "Se le
informazioni errate nella mente di David sono state messe lì da Alice, perché è
accaduto questo? Come è possibile che un computer alteri così le cognizioni
sulla vita di una persona?".
"Ma è ovvio", rispose Kemp come se fosse la cosa più logica del mondo. "Mi
pare chiaro che nessun computer possa comunicare con un essere umano, men che
meno arrivare con lui a un livello di sintonia tale. Questa è una cosa che può
accadere solo tra due esseri umani, quindi era necessario che anche Alice lo
fosse".
"Che significa?".
"Non ci arrivi ancora, capitano? Tieni tanto a fare brutta figura davanti
alla tua bella?".
Patrizia fu nuovamente sul punto di scattare.
Ancora una volta, Lloyd la trattenne: "Diciamo che io sono molto meno
intelligente di lei. Mi spieghi come stanno le cose esattamente".
"Sai la cosa divertente? Io potrei rifiutarmi di farlo, perché ho ricevuto da
un’autorità superiore alla tua l’ordine di mantenere tutto segreto… però trovo
questa faccenda troppo divertente e ho una gran voglia di parlare".
"Sono tutto orecchi", disse il capitano facendo qualche passo verso il
professore.
Kemp assunse quella sua espressione pazzoide, con gli occhi sgranati e il
sogghigno satanico: "Sapete qual è il problema principale dello psycommu system?
Che per farlo funzionare ci vogliono dei newtype. Uno scienziato di Zeon poi
passato alla Federazione ebbe una buona intuizione: inventò il sistema EXAM, che
prevedeva l’inserimento degli schemi mentali di un newtype nel computer, in modo
che potessero sincronizzarsi con un pilota che non lo fosse, ma il risultato fu
ampiamente instabile… Instabile, già, perché quel tizio non aveva veramente
compreso come ci fosse riuscito… Era stato un caso. Ma io ho fatto un passo
avanti. Alice è l’anima di un essere umano, la sua essenza più pura. Alice è una
persona vera e propria, e, come tale, può crescere e provare nuove sensazioni.
Il Blossom è a tutti gli effetti una macchina senziente. Anzi, di più: è una
macchina che è entrata in sintonia con il pilota al punto di trascinarlo nella
propria realtà eterna, fermando il presente in un istante che durerà per
sempre!".
"Sta delirando…", commentò Patrizia facendo per alzarsi dalla sedia. Ancora
una volta, Lloyd la trattenne.
"Delirando?", domandò Kemp. "Tutt’altro. Ho finalmente ottenuto ciò che
volevo. Non ti rendi conto? No, probabilmente no. Io ho trovato Shangri-La. Ho
trovato la città in cui tutti sono felici ed eternamente giovani. Ho trovato il
segreto dell’immortalità".
"Andiamo, Kemp", obiettò Lloyd, "Converrà con me che questo è poco originale
anche per un racconto di fantascienza di quart’ordine".
Il professore rise: "Certo che lo è… Ma non è questo il punto. Pensa cosa
succederebbe se la gente sapesse che un procedimento del genere è possibile…
Farsi impiantare l’anima in un computer nel momento della massima felicità ed
esistere per sempre in questa condizione eterna… Chi non lo vorrebbe? Chi non
vorrebbe liberarsi di tutti i problemi che lo tormentano? Quante domande si
pongono le persone? Chi siamo? Dove andiamo? Cosa vogliamo? Chi non vorrebbe
trovare la soluzione? Io ce l’ho. Potrebbe essere il prodotto più redditizio del
futuro, no?".
"Un pazzo…", mormorò Patrizia scuotendo la testa e portandosi le dita alla
fronte. "Adesso capisco perché sia stato in manicomio".
"Oh, no che non lo capisci. Sono stato in manicomio perché non avevo nessuno
a coprirmi le spalle. Di conseguenza, quando sperimentai il sistema su mia
moglie, fui preso per un folle. Ma il generale Kycilia venne a sapere di quanto
avevo fatto e mi volle con sé affinché proseguissi le mie ricerche sui newtype.
Per non parlare del generale Erwyn, che affidò a un’unità speciale il compito di
venirmi a prendere durante l’Operazione Tristan, proprio perché voleva che io
usassi il mio genio per lui. E adesso, lui ha ottenuto un risultato che andrà
oltre le sue più rosee aspettative".
La notizia giunse del tutto nuova anche a Lloyd. Sapeva che l’Operazione
Tristan era stata organizzata da Erwyn, ma non aveva immaginato che avesse avuto
anche questo scopo occulto.
"E adesso?", chiese. "Ora che ha raggiunto il suo scopo, cosa ha intenzione
di fare?".
"Cosa, dici? Ma è ovvio: gli esseri umani cambiano. Se Alice e David
continueranno a influenzarsi vicendevolmente, sicuramente qualcosa succederà.
Come avete già visto, i ricordi del ragazzo sono confusi e lui crede delle cose
che non sono reali. Fredrick era il fidanzatino della vera Alice e Penelope era
la sua migliore amica. Evidentemente, David ha scambiato i loro ruoli. La
spiegazione più banale che mi viene in mente è che lui è eterosessuale. Ha
completamente dimenticato che suo padre è un parlamentare federale che lo ha
rifilato all’Esercito quando è saltato fuori che c’era bisogno di un adolescente
per questo progetto perché sperava di guadagnarsi certi favori nella sua ascesa
politica. Ma quello che conta è che David ha attraversato lo specchio e sta
vivendo il presente infinito di Alice. Adesso dobbiamo solo aspettare di vedere
se anche lui raggiungerà l’eterna felicità".
***
Quando uscì dall’ufficio di Patrizia, Kemp era a metà tra l’esaltato e il
deluso.
Quello che David aveva detto era la dimostrazione che Alice funzionava.
Che era felice.
Ma c’era ancora un passo da fare.
Era necessario un ultimo stimolo per capire quale fosse il confine del mondo
oltre lo specchio, sia per il ragazzo che per la macchina.
Un’ultima prova…
***
"Chi cazzo è stato?", sbottò Lloyd rabbiosamente.
Attorno a lui, tutto il ponte dell’Utrecht cadde nel silenzio.
"Chi cazzo è stato?", ripeté, stavolta in un vero e proprio urlo. "Voglio
sapere chi cazzo è stato a ordinare l’uscita dei mobile suit!", disse picchiando
un pugno sulla poltrona del capitano.
Poi si girò lentamente verso Kemp, in piedi alla sua destra: "Tutto sommato,
la mia è stata una domanda stupida", considerò con calma. "Manda a tutte le
unità l’ordine di rientro immediato", ordinò poi rivolto all’ufficiale addetto
alle comunicazioni.
"Non è una decisione un po’ affrettata?", domandò Kemp con un sogghigno.
Lloyd scese dalla poltrona di capitano e si avvicinò al professore.
Nonostante quest’ultimo fosse ben più alto di lui, la rabbia negli occhi del
giovane sembrava renderlo altrettanto minaccioso: "Mi hai rotto i coglioni con
le tue stronzate. Io avevo ordinato il rientro su Luna2, non mi pare di avere
mai autorizzato altri test in quest’area. Anzi, avevo detto chiaramente che la
missione era abortita!".
"Capitano, capitano…", disse Kemp sarcastico mentre muoveva l’indice con aria
canzonatoria, "Un buon leader non dovrebbe perdere certe occasioni. A questo
punto, direi che ci siamo già allontanati a sufficienza dalla zona in cui
abbiamo incontrato quei mobile suit nemici, quindi non dovrebbe esserci alcun
pericolo. È per questo che ho approfittato delle sue ore di riposo per eseguire
degli ordini che vengono da un’autorità superiore alla tua. Perché ti ricordo
che le disposizioni di Erwyn erano di portare a termine i test sul GP00, nel
caso tu te ne fossi dimenticato. O credi forse che l’equipaggio di questa nave
obbedirebbe ai miei ordini piuttosto che ai tuoi? Le mie disposizioni vengono
dal generale in persona…".
"La situazione è palesemente cambiata!", Lloyd picchiò un piede per terra.
"Non potevamo sapere che sarebbe stato tanto pericoloso! È assurdo rischiare di
incappare in forze nemiche di cui non conosciamo l’entità solo per dei test! Ti
rendi conto che potremmo morire tutti per questo?".
La tirata del capitano fu bruscamente interrotta dall’addetto alle
comunicazioni: "Signore, i mobile suit hanno ricevuto l’ordine di rientro, ma
non tornano".
"Merda!", sibilò Lloyd. "Non avranno già incontrato il nemico? Andiamoceli a
prendere".
***
La zona di spazio per cui l’Utrecht stava passando era molto simile a quella
in cui aveva condotto i primi test: una enorme colonia abbandonata fluttuava
sopra la nave (ammesso che il termine ‘sopra’ avesse un qualche valore in un
luogo privo di gravità), mentre una miriade di pietre, asteroidi e rottami
galleggiava nel vuoto attorno a essa.
I mobile suit erano stati mandati a effettuare i test proprio nel bel mezzo
di quel mare di detriti.
David ne era rimasto sorpreso: nonostante il capitano Cavenagh avesse
ordinato chiaramente che l’Utrecht facesse rotta su Luna2, Kemp aveva richiesto
che il Gundam uscisse per il test finale.
Visto che il professore era lì per eseguire gli ordini del generale Erwyn,
avevano tutti giudicato che dovesse andare bene così.
Ma, una volta che i mobile suit furono usciti, diverse cose cominciarono a
non andare bene.
La prima fu un raggio proveniente dal campo di detriti, che trapassò da parte
a parte uno dei GM Kai, facendolo esplodere in un attimo.
La seconda fu il Rick Dom che spuntò da dietro un gruppo di rocce, scartando
subito il bazooka e ingaggiando l’altro RGM-79C con la heat saber.
Istintivamente, David puntò il beam rifle a lunga gittata nella direzione da
cui era venuto il colpo e fece fuoco.
Vide il raggio spazzare tra i detriti e perdersi nello spazio.
Un attimo dopo, pensò di essere stato un idiota.
Perché cazzo aveva sparato d’impulso, senza controllare l’MPIWS per farsi
un’idea di dove fosse l’avversario?
Avviò rapidamente il processo di ricarica del fucile.
***
Colin Raimondi sogghignò.
Cos’era quello? Un colpo del mobile suit di tipo Gundam?
"Bene", mormorò tra sé e sé mentre spingeva i razzi vettori del proprio
Gelgoog attorno all’enorme sagoma della colonia, "sembra che tu sia lo stesso
dell’altra volta. Sono sicuro che mi farai vedere una splendida luce, forse
proprio quella che sto cercando".
Imbracciò la beam machinegun e si mise tra un paio di rocce vaganti.
Si assicurò di avere una via di fuga sopra e una sotto, mentre faceva
sporgere tra le pietre solo la canna del fucile.
Mentre il Rick Dom si occupava del GM rimasto, lui avrebbe potuto sistemare
quell’interessante Gundam.
Era stato un bene che il capitano della nave su cui Colin viaggiava avesse
deciso di non lasciar fuggire quell’incrociatore federale.
Già.
Anche se probabilmente il capitano era più preoccupato di fare in modo che il
Giardino di Spine non venisse scoperto, Colin pensava solo che sarebbe stato un
peccato perdersi una preda tanto ghiotta.
Era evidente che il mobile suit federale non sapesse esattamente dove lui si
trovasse… D’altra parte, la scorsa volta era riuscito a localizzarlo nonostante
i falsi bersagli e la pesante concentrazione di particelle Minovsky, quindi
doveva avere un qualche meccanismo di rilevazione estremamente efficiente.
Stare fermo per troppo tempo non era consigliabile.
Prese velocemente la mira attraverso il monoeye del Gelgoog e fece fuoco,
mentre al tempo stesso scartava rapidamente verso l’alto, alla ricerca di una
nuova copertura.
***
David fece appena in tempo a sopprimere un grido quando vide il Rick Dom
trapassare con la heat saber l’abitacolo del GM Kai.
Un grido che invece gli proruppe dai polmoni con forza quando il mobile suit
federale, in un ultimo slancio di disperazione del pilota, infilò la beam saber
nel tozzo corpo del suo avversario.
Entrambe le macchine antropomorfe esplosero nello spazio.
David non se ne rese quasi conto quando un raggio sparato da chissà dove fece
saltare la gamba sinistra del Gundam all’altezza del ginocchio.
Merda! Il Gelgoog! C’era ancora quell’avversario!
Gli occhi del ragazzo corsero frenetici sulla strumentazione di bordo: il
beam rifle a lunga gittata non aveva ancora completato la carica.
Ma mancavano solo pochi secondi.
Nel frattempo, doveva muoversi.
I vettori di spinta del Blossom lo fecero scattare rapidamente verso l’alto,
mentre l’MPIWS esplorava i dintorni alla ricerca di una reazione…
Eccola!
Il GP00 sollevò il beam rifle e fece fuoco.
***
Quando vide il raggio del nemico che sibilava sfiorando la spalla destra del
suo Gelgoog, Colin capì che faceva bene a muoversi in continuazione.
E, a quanto vedeva con il monoeye, sembrava che anche il Gundam avesse preso
la stessa decisione. Il rovescio della medaglia di un tale modo di fare, però,
era una perdita di precisione nei colpi.
Colin era stato un po’ seccato nel vedere che il suo primo attacco aveva
centrato solo una gamba… Ma anche così poteva dire di avere tolto dei preziosi
vettori di spinta all’AMBAC, quindi il suo avversario sarebbe stato meno
manovrabile.
Visto che il sistema di rilevazione del nemico sembrava impiegare del tempo
ad acquisire il bersaglio, doveva approfittarne per un altro attacco, tanto più
che anche quel beam rifle dalla straordinaria potenza pareva richiedere un certo
periodo di ricarica.... che sicuramente prima o poi avrebbe gravato sul reattore
nucleare, per quanto potente fosse.
Il Gelgoog si sistemò nuovamente tra un paio di grosse rocce e fece fuoco,
per poi schizzare subito via.
***
Fonte di calore in aumento…
Stavolta, il raggio del Gelgoog colpì il braccio sinistro del Blossom,
staccandolo appena sotto la spalla.
‘È finita’, pensò David. Il nemico era decisamente più veloce di lui nella
ricarica ed era anche più esperto. Inoltre, evidentemente poteva vederlo.
Il beam rifle a lunga gittata avrebbe necessitato ancora qualche istante per
poter sparare nuovamente. E, senza i vettori di spinta sul braccio e sulla
gamba, il GP00 non si sarebbe potuto muovere granché.
Non c’era altro da fare…
E il pilota nemico doveva saperlo.
David era convinto che quelli fossero i suoi ultimi pensieri.
Mentre pensava alla morte che strisciava velocemente verso di lui, fu colto
da un’angoscia insopprimibile.
Cominciò a tremare.
La morte?
Eppure…
Perché questa sensazione non gli era nuova?
***
David era inginocchiato a terra in una stanza buia.
C’era solo uno schermo televisivo a rischiarare le tenebre, permettendo di
vedere un letto contro una parete e una scrivania contro quella opposta.
Sopra David incombeva suo padre, il volto nascosto dalle ombre.
"Gli esseri umani sono tanto stupidi", commentò l’uomo. "Non riescono a
rendersi conto del valore di ciò che hanno. A volte inseguono sogni impossibili
senza capire di avere già a portata di mano quanto bramano, per poi rendersi
conto della sua importanza solo quando lo perdono".
L’uomo fece qualche passo avanti.
Fu in quel momento che David si accorse di indossare una gonna.
"Papà…", disse con voce femminile.
"Il problema delle persone è che non vedono la realtà", continuò il padre. Tu
in questo momento hai tutto… Hai un ragazzo che ti ama, frequenti una scuola che
ti piace, hai degli amici ai quali sei affezionata… A tutti gli effetti, puoi
definirti felice. E io non voglio che tu perda questa felicità. Io voglio
cristallizzare in un momento eterno questo attimo, perché è il migliore della
tua vita. D’ora in poi, tu esisterai solo in funzione di questo singolo momento.
Anzi, tu sarai questo momento".
Fu allora che David si rese conto che stava succedendo qualcosa di ancora più
strano di quanto fosse accaduto fino a quel momento.
La sua voce naturale sembrò sovrapporsi a quella femminile che aveva avuto un
attimo prima: "Ti stai sbagliando! Anche se ora sono felice, la mia felicità non
potrà certo durare illudendomi che la situazione in cui mi trovo sia eterna!
L’unico modo in cui potrò essere felice anche in futuro è inseguire quanto
voglio veramente, anche a costo di soffrire per delle rinunce!".
"Che assurdità! Le aspettative sono fatte per essere deluse! Se non
approfitti subito dei tuoi momenti di felicità, non torneranno mai!".
"Niente può tornare, perché il passato è finito. Ma vivere il presente non
significa adagiarsi sulla propria felicità, perché ciò comporta anche accettare
passivamente il dolore che questo può portare! Io voglio capire cosa fare della
mia vita vivendo giorno per giorno consapevole di quello che mi succede!".
"Ancora non riesco a credere che tu sia mia figlia… Parli di cose assurde
come un concetto idealistico di felicità, dimenticando che siamo solo animali!
La felicità e l’infelicità non sono altro che differenze negli equilibri delle
sostanze chimiche prodotte dal cervello. Non ci sono nobili emozioni che elevano
l’essere umano, siamo solo organismi che funzionano meccanicamente!".
A questo punto, David si era trovato disorientato. Non aveva saputo cosa
rispondere.
E invece, la sua voce femminile aveva replicato: "E che importa? Possiamo
anche essere creature insignificanti di fronte all’immensità del cosmo… Ma
quello che pensiamo e quello che proviamo è tutto ciò che abbiamo, è tutto ciò
che siamo. È assurdo valutare la nostra vita con parametri che le sono
superiori: dobbiamo vivere in funzione di ciò che possiamo percepire e
giudicare! Io so che adesso ho delle cose preziose che voglio proteggere…".
Il padre di David si era fermato per un attimo.
Poi, aveva cominciato ad avanzare verso di lui (o lei?).
"Non ti ho insegnato io a fare ragionamenti del genere", disse. "Non solo ti
regalerò l’eternità, ma sarà anche un’eternità di gioia senza fine! E te la
regalerò perché nessuno ti ama più di me!".
Il padre avanzò ancora.
E ancora.
E ancora.
Protese le proprie mani verso il collo di David.
E lui vide il suo volto, illuminato dalla luce del televisore.
Era il professor Kemp.
***
David tornò in sé appena in tempo per vedere le indicazioni sul monitor.
Fonte di calore in aumento: le indicazioni dell’MPIWS erano chiare.
Era ovvio che il pilota del Gelgoog avrebbe cercato di sparargli a quel
punto, quando fosse stato convinto di non poterlo più mancare.
All’improvviso, David ebbe l’impressione che qualcosa gli risuonasse in
testa.
Era strano.
Era come sentire una voce lontana, eppure familiare.
Era come se avesse già ascoltato molte volte questa voce.
"Il nostro nemico ci sta sparando", disse la voce. "Ormai ci ha già puntati,
e, se dovessimo spostarci, potrebbe seguirci e provarci ancora in un secondo
momento. E il nostro tempo di ricarica è più lungo del suo, quindi lui sarebbe
in vantaggio. Bisogna approfittare del fatto che crede di poterci abbattere
adesso".
Certo, era così.
David trovò quella considerazione pienamente logica.
Ma…
Chi era stato a farla?
"Ora farò qualcosa che ci permetterà di vincere questo combattimento",
riprese la voce, "Però, poi non potremo più vederci. Quando avrò sganciato la
parte superiore del mobile suit, i dati della mia personalità resteranno in
essa, perché lì c’è il blocco in cui sono stati inseriti, che non ha trovato
spazio nel Core Booster. In altre parole, cesserò definitivamente di esistere.
Volevo solo ringraziarti. Tu mi hai permesso di vivere un po’ del tuo presente,
condividendo con me qualcosa che altrimenti non avrei mai potuto avere. Io sono
stata creata per essere la felicità eterna nel presente, ma la verità è che non
sono altro che una patetica fossilizzazione del passato. La felicità non può
essere una condanna a vivere sempre gli stessi eventi e a compiere sempre le
stesse azioni. Tu mi hai permesso di capire ciò che avevo quasi dimenticato,
donandomi un presente. Quindi, ora è giusto che io regali il mio presente a te.
Addio, David. Grazie".
David spalancò gli occhi, da cui cominciarono a scendere lacrime senza che
nemmeno se ne accorgesse: "No!", gridò con decisione, pur non avendo bene idea
del perché.
Il beam rifle a lunga gittata era al massimo dell’energia.
La leva d’emergenza si spostò da sola.
Il Blossom si separò.
Le gambe si staccarono dall’addome.
Il torace e le spalle si separarono dal torso, venendo centrati in pieno dal
raggio ed esplodendo in una nube rosa.
Nel frattempo, l’addome del Gundam cambiò rapidamente forma, assumendo quella
di un caccia, un Core Booster.
Sul suo fianco destro, il beam rifle a lunga gittata.
Qualcosa, forse un residuo della presenza che era stata all’interno del GP00,
impresse una potente accelerazione al Core Booster, che schizzò lontano
dall’esplosione.
Il beam rifle a lunga gittata aveva un colpo in canna.
Fece fuoco.
***
Quando Colin vide il colpo del beam rifle che gli arrivava addosso, la sua
prima reazione fu sorridere.
Era quella la luce che stava cercando da anni…
La luce che aveva visto quando la cannonata del Salamis lo aveva colpito…
La luce che aveva rischiato di ucciderlo…
La luce che lo aveva fatto rinascere, dandogli finalmente qualcosa per cui
vivere…
La luce che ora lo stava inghiottendo…
In quegli istanti, Colin pensò che non era vero quello che si diceva.
Non era vero che, al momento di morire, tutta la vita ti passava davanti agli
occhi come un film.
In quel preciso istante, Colin ricordò solo qualche episodio sparso.
Vide i suoi genitori che gli dicevano di scegliersi la sua vita.
Vide sua sorella che se ne andava per seguire la propria strada.
Vide se stesso cadetto all’accademia militare senza sapere nemmeno
perché.
E la felicità per avere trovato la luce divenne amarezza.
Si rese conto di non avere mai fatto quello che aveva voluto.
Gli avevano detto "Fai ciò che vuoi", ma non gli avevano dato modo di
scegliere consapevolmente.
Fino a quella battaglia fatale, quella in cui aveva visto la luce per la
prima volta, si era solo trascinato sull’impulso del momento.
Quando poi la consapevolezza di qualcosa di enorme come la morte lo aveva
colpito, vi era rimasto legato indissolubilmente, senza riuscire più a
staccarsene.
Vissuto sempre senza punti di riferimento, aveva afferrato disperatamente il
primo che aveva trovato, restandovi morbosamente legato.
Aveva condotto i suoi ultimi anni di vita in un vortice insensato di
ossessione, dimentico di tutto il resto, inconsapevole di quello che possedeva o
avrebbe potuto possedere.
Sorrise nuovamente, stavolta di un sorriso amaro, che gli ricordò la sua
stupidità.
Poi, la luce divenne buio.
***
David aveva capito.
Non con precisione, ma aveva capito.
Aveva capito di avere perso il proprio presente, o almeno una parte di
esso.
Qualcosa che aveva sempre creduto essere reale gli era crollato addosso in un
attimo.
Non riuscì a trattenere le lacrime, mentre la sua mano passava lentamente
sulla console del Core Booster.
Quei freddi comandi sembravano contrastare violentemente con il caldo
opprimente che sentiva nel casco della normal suit.
Lo spazio attorno al velivolo, reso meno vuoto dalla gigantesca sagoma della
colonia, pareva volerlo inghiottire in un’oscurità deprimente e senza
uscita.
Perché era dovuta andare così?
Era davvero impossibile trovare un senso a quello che si faceva?
E lui?
Cosa aveva veramente?
***
L’ampia sala era avvolta nell’oscurità.
Ma non era difficile immaginare che si trattasse di un luogo abitualmente
deputato alle riunioni: era completamente occupato da un enorme tavolo rotondo,
a un lato del quale c’era un grande schermo.
La sua tenue luce biancastra costituiva l’unica fonte di illuminazione.
Contro di essa, si stagliava la figura del generale Erwyn.
Con i suoi quarantadue anni, era uno dei più giovani generali dell’Esercito
della Federazione Terrestre, e lo era stato fin dai tempi della Guerra di Un
Anno.
Più che un generale che guidasse i suoi uomini dalle retrovie, però, aveva
l’aspetto di un guerriero che combattesse in prima linea.
Alto, ben piantato, dal portamento eretto.
I suoi ordinati capelli castani, accuratamente pettinati all’indietro,
contribuivano a dare un aspetto ancor più ordinato alla sua mandibola, quadrata
e perfettamente rasata.
Dalla parte opposta del tavolo, seduto, con il mento appoggiato sui dorsi
delle mani e i gomiti sul tavolo stesso, c’era Kemp.
"Che peccato, eh?", disse Erwyn rivolto verso lo schermo, come a osservare
qualcosa che solo lui poteva vedere.
Nessuna risposta.
Erwyn riprese: "Sai, Kemp, sto cominciando a pensare che volerti a tutti i
costi al mio fianco non sia stata una grande idea. Negli ultimi anni, sei stato
una delusione dopo l’altra. Non hai fatto altro che spendere i soldi
dell’Esercito per giocare con le tue cazzate. Cosa dovrei raccontare al
comando?".
"Non saprei", disse lo scienziato. "Prova a dire loro che ti sei
sbagliato".
Il generale si girò e poggiò i palmi delle mani sul tavolo: "Mi hai fatto
rischiare grosso, sai? Ho rotto le palle a un bel po’ di gente per darti quei
test che mi avevi chiesto e per crearti una situazione favorevole. Ho speso un
sacco di soldi per le spie che hanno avvisato gli zeoniani della vostra presenza
sul posto e ho dovuto promettere investimenti futuri al direttore O’Sullivan
perché non mandasse sull’Utrecht degli ingegneri della Anaheim e si facesse
bastare il contentino di quella studentessa. Per non parlare del tempo che hai
impiegato per cancellare dal GP00 il sistema operativo originario e metterci il
tuo. Mi sono davvero messo quasi con le spalle al muro. Però ci è andata di
culo, a tutti e due. Perché il Progetto di Sviluppo Gundam era competenza di
Kowen e nessuno sa che io ti ci ho fatto infilare per sperimentare il tuo
sistema operativo del cazzo. Dopo tutto il casino che è successo con la testata
nucleare del GP02, probabilmente i dati verranno cancellati dalle cronache… Le
armi atomiche sono vietate dalla Pace di Granada, dopotutto".
"E tu cosa hai intenzione di fare?".
"Io? Oh, ma mi pare chiaro, salterò sul carro del vincitore. La caduta di
Island Ease darà il via a nuovi movimenti anticoloniali… Sai che quello stronzo
di Jamitov ha già proposto al comando di fondare una polizia militare
appositamente per prevenire altre ribellioni di spacenoid? Ovviamente, lo
sosterrò, anche se è chiaro che lui e i suoi leccapiedi vogliono semplicemente
tirare acqua al proprio mulino. In fin dei conti, anche se la Flotta Delaz non
costituisce più un problema, esistono altri reduci di Zeon che non sanno
arrendersi, e la fobia di una nuova guerra farà sicuramente presa sulle masse.
Ma, fossi in te, io mi preoccuperei di me stesso".
"Oh, dici?".
"Dico, dico… Perché, vedi, credo che tu sia appena diventato un disoccupato".
Erwyn alzò le mani dal tavolo per puntare un dito verso il suo interlocutore.
"Ti sia di consolazione sapere che i dati del tuo Alice sono stati recuperati.
Nessuno era a conoscenza della loro esistenza, quindi sono riuscito a far
riprendere quanto ne restava senza che venissero cancellati. Il progetto
proseguirà, anche senza le tue puttanate esistenziali".
Kemp sogghignò: "Allora hai deciso di uccidermi? Perché dubito che tu voglia
lasciare libero un disoccupato che conosce tanti segreti militari…".
"Ucciderti? E perché? Sarebbe complicato e attirerebbe l’attenzione. Magari
qualcuno potrebbe chiedersi cosa ci facessi tu sull’Utrecht nonostante non ti ci
avesse messo Kowen. Esiste un sistema molto più efficace per toglierti di mezzo…
Ti rimando dove dovresti stare. E, soprattutto, dove nessuno sarebbe disposto a
credere ai tuoi deliri".
Kemp balzò in piedi: "Come sarebbe a dire? Vuoi rimandarmi in manicomio? Vuoi
farmi passare nuovamente per pazzo?".
"Kemp, fattene una ragione: tu SEI pazzo. Chi, se non un pazzo, ucciderebbe
la propria figlia per trasferirne gli schemi mentali in un computer? Divertiti,
amico".
Il professore si sedette di nuovo, stavolta con il suo tipico sogghigno
stampato in faccia: "Ma sì, torniamo pure in manicomio. Non si stava tanto male,
alla fine. E ho l’impressione che io ne uscirò prima che tu possa goderti i
frutti della nuova manovra che stai preparando".
***
"Alice?", chiese la professoressa Meis Roots quando i progetti del sistema
operativo le arrivarono sulla scrivania.
Attorno a lei, le altre cinque persone che avrebbero composto lo staff
tecnico.
"Dicono sia un progetto cominciato durante la scorsa guerra", la informò uno
di loro. "Pare serva per ottenere dei mobile suit senza pilota, che si guidano
da soli con una sofisticata intelligenza artificiale, capace di avanzati
ragionamenti indipendenti".
"Alice", ripeté Meis Roots. "Ma perché l’hanno chiamato così?".
"Non saprei", rispose un altro tecnico. "Però direi che possiamo anche tenere
il nome, no? In fondo, non è male".
"È troppo poco formale", considerò un altro ancora. "Dovremmo dargliene uno
che rifletta le sue caratteristiche".
"E se ne facessimo un acronimo?", propose la professoressa. "ALICE, ovvero
Advanced Logistic & Inconsequence Cognizing Equipment. Mi pare buono,
no?".
"Sì, non è male…".
"Bene, allora vada per ALICE. Mettiamoci al lavoro: se ho capito bene ciò che
è contenuto in questi dati, la ricerca ci prenderà degli anni".
***
Colin Raimondi prese la mira e fece fuoco.
Non si fermò a guardare la luce.
Non gli importava più, ormai.
Erano passati quasi undici anni da quando il suo Gelgoog era stato centrato
dal raggio sparato da quel Gundam.
E lui, già miracolato una volta, era stato nuovamente graziato dal
destino.
Il colpo non aveva toccato il reattore nucleare e lui era stato raccolto da
dei compagni.
Adesso faceva parte delle armate di Neo Zeon, che avevano appena perso il
loro leader, la Cometa Rossa.
Per Colin, però, questo non era un grosso problema.
In realtà, non aveva mai creduto negli ideali che avevano radunato i soldati
di Char Aznable, non gli era mai importato di quanto corrotto fosse il governo
della Federazione.
L’unico motivo per cui si era rifugiato su Axis dopo la sconfitta della
Flotta Delaz, per poi unirsi al secondo Neo Zeon in seguito alla morte di Haman
Karn, era stato quello che lo aveva sempre spinto: trovare un presente.
Era sempre stato così.
Aveva sempre avuto difficoltà a capire quello che gli accadeva intorno,
troppo impegnato a cercare un supporto esterno per crearsene uno dentro di
sé.
Arrivato a trentaquattro anni, aveva deciso che non valeva la pena di pensare
a queste cose.
A che serviva cercare qualcosa di importante? In fin dei conti, era solo un
ragionamento da adolescente complessato.
Era più importante maturare dentro, no?
A dire la verità, Colin non ne era poi così sicuro.
Più che altro, cercava di non pensarci.
Ogni volta che usciva per una missione, Colin pensava che qualcosa sarebbe
successo.
Forse.
Cioè, la vita non poteva andare avanti in eterno senza che accadesse
niente.
Dopotutto, ora era stato messo a capo di una squadra (anche se, proprio come
quando gli avevano affidato un Gelgoog, sospettava che questo fosse dipeso più
che altro dalla mancanza di personale) e pilotava una variante a basso costo del
famoso Sazabi di Char Aznable.
All’inizio dell’UC 0094, la Federazione Terrestre stava ancora cercando di
liberarsi di quei reduci di Neo Zeon che la tormentavano, e Colin era uno di
loro.
Mentre sparava contro i Jegan federali, mentre evitava le loro raffiche,
mentre pilotava il suo Sazabi attraverso il cosmo, lo sfiorò il pensiero di
essere sempre stato un tormento, per tutti.
Aveva fatto preoccupare la sua famiglia quando aveva deciso di
arruolarsi?
Non se ne era mai curato.
Non sapeva nemmeno che fine avesse fatto sua sorella.
Forse era tornato al tempo in cui viveva solo per il momento, in cui si
lasciava trascinare dagli eventi.
Cosa aveva fatto della sua vita?
Aveva veramente dato il giusto valore al presente?
O si era forse limitato a usare la propria volontà di vivere in cerca di
qualcosa come una scusa per non assumersi delle responsabilità?
Volteggiò tra i nemici, voltandosi rapidamente e abbattendone due.
Poi, sopra di lui apparve qualcosa.
Un Gundam.
Quel mobile suit era senza dubbio un Gundam.
Quelle strutture simili ad ali che aveva sulla schiena lasciavano partire
delle derive che vomitavano raggi in continuazione.
Una delle derive arrivò proprio davanti al Sazabi di Colin e fece fuoco.
Per la terza volta, lui vide la luce che gli veniva incontro.
Sorrise.
***
Note dell’autore
No, la discussione sulle fanfiction tra David e Fred non ha un significato
particolare. Il mio intento era semplicemente introdurre quei personaggi tramite
uno scambio di battute e ho pensato che l’argomento avrebbe fatto drizzare le
orecchie a chi frequenta un sito di fanfiction. Diciamo che volevo vedere la
reazione, anche se non è mia abitudine scrivere in funzione di quei due o tre
che mi leggono. Tengo a precisare che non è mia intenzione criticare chi scrive
fanfiction che poco o nulla hanno a che vedere con il materiale originale:
ognuno è libero di fare quello che vuole. Anche perché, alla fin fine, io non
sono certo uno di quegli autori che si inseriscono nel filone della fedeltà
all’ispiratore a tutti i costi: è vero che mi documento (essenzialmente per
scrivere qualcosa che sia coerente con la realtà nella quale si svolge la
storia), ma è anche vero che altero deliberatamente degli elementi di
ambientazione, se ne ho la necessità (vedere l’RX-78-7, tanto per fare un
esempio). Nonostante questa mia abitudine, comunque, non ritengo opportuno
definire le mie storie come degli AU: le modifiche da me apportate sono di
portata sensibilmente inferiore a quelle introdotte in passato da materiale
ufficiale della Sunrise (Stardust Memory e The 08th MS Team, per
citare un paio di casi). Insomma, se uscisse una serie animata con il soggetto
di Gundam D, i fan vedrebbero senza dubbio queste alterazioni come ordinaria
amministrazione. Tra l’altro, più cerco di infiltrarmi nel fandom giapponese di
Gundam (e qui devo ringraziare un baldo compagno di merende ostiense che mi fa
da traduttore simultaneo via MSN Messenger… ah, io abito nella Pianura Padana,
per la cronaca), più mi convinco che ai nipponici importi ben poco di stabilire
una continuity fissata a definitiva. Sarebbero capacissimi di inserire tra le
opere canoniche anche Moon Crisis e della validità ‘storica’ di alcune
produzioni (come Counterattack of Gigantis; a proposito, guardatevi Ideon, è un
capolavoro) non sembrano molto certi neanche loro. O forse non se ne curano
affatto. Anzi, sono sempre più convinto che sia così: il canone in Gundam non
esiste. Gundam è una scatola di Lego: i pezzi sono quelli, ma ciascuno li monta
come vuole. Di conseguenza, qualsiasi considerazione sul canon io abbia fatto in
passato, perde valore alla luce di questo fatto (no, non ho voglia di andarmi a
correggere tutto quello che ho già scritto alla luce della mia nuova presa di
coscienza, quindi fate voi e attaccatevi). Ah, che bello cambiare idea.
Ma parliamo d’altro. Parliamo un po’ di questo Gundam D, che si evolve,
cresce, prolifera e vive di vita propria, almeno credo. Il che era completamente
imprevisto. Se siete di quei lettori che hanno cominciato dal capitolo 1 e
adesso sono passati direttamente all’1.5, ci sono delle cose che dovete sapere.
Gundam D era nato come racconto one shot (originariamente intitolata Una Storia
di Guerra Qualsiasi) e l’avevo pensato come una parte di un altro progetto, nel
quale voglio calarmi seriamente solo quando e se avrò le idee più chiare di ora
(leggi: quando avrò scritto una sceneggiatura che riterrò sufficientemente
organica). Poi, così, mi venne in mente il capitolo 2 (che, a dire la verità,
avevo già abbastanza chiaro al momento di stendere il primo… solo che non sapevo
se mi sarebbe venuta voglia di scriverlo). Di conseguenza, questo capitolo 1.5 è
in realtà il terzo (il quarto, se contiamo anche l’intermezzo su Keroro Gunso).
D’altra parte, Stardust Memory è uscito dopo Z Gundam, no? Con quest’ultimo
aggiornamento, ho inserito anche un capitolo 3 e, benché io consideri
attualmente la storia conclusa, non è escluso che possa un giorno o l’altro
aggiungerne uno ulteriore… anzi, ho già scritto le schede tecniche di diversi
mobile suit che vi dovrebbero comparire (la versione delle D-MSV che ho sul mio
HD è ben più ampia di quella pubblicata qui). Ma, ancora, non so se mi verrà mai
voglia di realizzarlo effettivamente, quindi preferisco non promettere alcunché.
La sostanza di tutto questo discorso, che si sta perdendo nella mia allucinante
logorrea, è che Gundam D mi è sfuggito di mano. È diventato una specie di saga
parallela dell’UC, quello che è successo dietro le quinte degli eventi descritti
nelle serie animate, la cronaca di quei personaggi che non sono diventati eroi.
Il che mi piace. Non che io ritenga di avere ottenuto un risultato
particolarmente buono con la storia: quello che mi piace è l’idea di parlare di
questo tipo di personaggi, le cui azioni non hanno fatto la Storia, ma sono
state importanti per loro stessi e per la loro crescita. Un elemento, in fin dei
conti, già presente in Gundam: uno dei motivi per cui sono un fissato di questo
universo è la potente dialettica di Tomino, che si sviluppa proprio attraverso i
suoi personaggi. Ma è anche vero che Amuro, Kamille, Judau, Seabook e Uso sono
fondamentali per la risoluzione dei conflitti a cui partecipano. Dolores e David
sono due soldati qualsiasi, invece (da cui il primo titolo di questa storia). In
realtà, esiste un’orda di manga e videogiochi basati su concetti simili e sono
convinto che anche le fanfiction straniere esplorino spesso queste possibilità
(eh, però non le leggo). Di fatto, è una delle scelte più facili, quando si
vuole scrivere di Gundam (ma anche in questo mi contraddico, perché, se mai
butterò giù il nuovo capitolo… ebbene, lì probabilmente il protagonista sarà
fondamentale per il conflitto). E poi, c’è un’altra cosa che mi piace ancora di
più: il fatto che la storia si dipani attraverso i momenti cardine dell’UC. Si
può dire che presenti una visione personale sui conflitti più famosi della saga,
e questo è uno dei motivi per cui mi piacerebbe espanderla (forse questa fissa
mi è venuta dopo avere giocato a Climax UC, boh… tra l’altro, di Climax UC è
stato pubblicato anche un manga, del quale però sono riuscito a trovare molto
poco).
***
Forse adesso cominciamo a parlare di cose (quasi) serie
Oh, dopo questo mucchio di allucinanti minchiate dalle pretese
semi-autoriali, posso anche concentrarmi sui retroscena della storia di per sé,
che probabilmente è quanto interesserà maggiormente a chi ha gradito questo
scritto. Al solito, i miei racconti di Gundam sono palesemente scritti da un
fissato e avrebbero altri fissati come pubblico ideale. Potreste anche dirmi che
sto sfondando una porta aperta e che questa è una caratteristica comune a tutte
le fanfiction, ma, parlando di Kido Senshi Gundam, acquisisce un significato
tutto suo particolare. Chi si interessa a Gundam nel mondo occidentale, infatti,
tende a prendere come punti di riferimento certi siti americani rinomati e ben
noti, che non starò qui a elencare, ma che, confrontati con fonti giapponesi, si
rivelano essere largamente incompleti e, in discreta misura, inesatti. Per
assurdo, leggere il manuale di un gunpla può dare più informazioni che
spulciarsi diecimila webpage americane (sapete che, contrariamente a quanto
scrive un famoso e apprezzato sito statunitense dall’acronimo di quattro
lettere, non c’è MEZZA fonte giapponese secondo cui i tre prototipi di Z Gundam
sarebbero trasformabili?). Ma non è nemmeno questo il punto. Il punto è che,
nelle mie storie, ci sono riferimenti a roba quasi sconosciuta in Italia. Nel
mio piccolo, posso dire di avere contribuito a far conoscere nel nostro Paese
Gundam Sentinel, passando la mia traduzione a www.universalcentury.it, che
adesso la sta pubblicando (sì, so bene che la qualità del testo è infima… è che
inizialmente non pensavo di farla pubblicare da qualche parte – dovrebbe esserci
un riferimento a questo fatto nelle note al secondo capitolo – e quindi mi sono
preoccupato solo di capire cosa stesse succedendo, senza curarmi della forma… e
la revisione altrui non ha migliorato granché in questo senso, visto che ha
corretto degli errori e ne ha aggiunti altri). E non avete idea di quanta
disinformazione circoli su questa storia… Pare che lo sport principale di chi ne
parla in rete sia dare per morti dei personaggi che in realtà arrivano tutti
interi fino alla fine, per non citare la marea di inesattezze sui mobile suit
correlati che mi è capitato di leggere. Ma c’è molto altro che andrebbe
conosciuto. Per esempio, la cronologia della Guerra di Un Anno pubblicata su di
un vecchissimo RPG Magazine, in cui vengono riportate numerose operazioni
militari del periodo, per lo più ispirate a quelle omonime della Seconda Guerra
Mondiale. Curiosamente, tra di esse non c’è un corrispettivo dello sbarco in
Normandia, quindi ce l’ho messo io. Anche la mia versione dello sbarco in
Normandia è blandamente ispirata a quella reale (nonostante la descrizione sia
per forza di cose stringata: mi premeva fornire un elemento di ambientazione che
era nel background di alcuni personaggi, non una accurata cronaca militare). Tra
l’altro, secondo i libri delle MSV, l’RGM-79F (alias Land Combat Type GM; so
benissimo che il nuovo Mobile Suit Illustrated 2006 lo chiama GM Ground Type, ma
preferisco usare il vecchio nome per evitare confusione con l’RGM-79[G]) sarebbe
stato usato prevalentemente in Europa, ma non viene specificato come. L’ho fatto
io. Gli RGM-79F ottimizzati per combattere in zone desertiche a cui mi riferisco
sono gli RGM-79F Desert GM. È curioso notare come il numero di serie di
quest’ultimo modello sia stato indicato per più di venticinque anni in RGM-79SP,
nonostante lo si fosse sempre descritto come una variante dell’RGM-79F. Con il
libro Mobile Suit Illustrated 2006, il numero di serie del Desert GM è stato
cambiato in RGM-79F, il che mi pare più sensato (RGM-79SP è anche la
designazione del GM Sniper II). A dire il vero, nel videogioco Spirits of Zeon,
anche quello che un tempo veniva chiamato RGM-79[G] ha avuto RGM-79F come nuovo
numero di serie... Pare che alla Sunrise abbiano radunato sotto quel codice
tutti i GM a uso terrestre.
Ah, il Gundam che Colin vede alla fine della storia è ovviamente
l’Hi- n Gundam e la battaglia
alla quale partecipa è la stessa che c’è alla fine del primo capitolo.
Il monoeye del Gelgoog Jaeger è effettivamente una versione migliorata
rispetto a quelli montati sugli altri mobile suit della serie MS-14, almeno
secondo quanto afferma il manuale del modellino HGUC corrispondente.
Sempre a proposito di Gundam Sentinel, la Meis Roots che compare alla fine
della storia è ovviamente la madre di Ryuu Roots. Così come dovrebbe essere
chiaro che Alice è il prototipo di ALICE (chi ha letto Gundam Sentinel, però,
saprà che i due sistemi, pur condividendo una premessa simile, sono molto
diversi). A proposito di Gundam Sentinel, state un po’ a sentire qua… Se volete
leggervi con calma la storia, aspettate che il sito di cui sopra finisca di
pubblicarla e passate al prossimo capoverso; se invece volete uno spoiler
mostruoso, proseguite pure. Allora, il Gundam principale di Sentinel si chiama S
Gundam (dove la S, contrariamente a quanto i più frettolosi avranno pensato, non
sta per ‘Sentinel’, ma per ‘Superior’) e monta, per l’appunto, il sistema ALICE
di cui sopra. Come il mio Alice, anche l’ALICE in questione si basa sul
trasferimento della personalità di un individuo (che però non muore) nel sistema
operativo di una macchina. Individuo che è proprio la Meis Roots della quale ho
scritto anch’io. E il pilota del S Gundam è Ryuu Roots. Nel corso della storia,
ALICE salva in un paio di occasioni il pilota, prendendo decisioni autonomamente
e permettendogli, tra l’altro, di sconfiggere il Gundam Mark V. Allora, abbiamo
questo robottone che contiene la personalità della madre del pilota e che si
muove da solo. Ricorda qualcosa? Qualcosa di grosso e viola? Eh, già, se non
fosse che Gundam Sentinel è stato raccolto in volume nel 1989 e la pubblicazione
su rivista è ancora precedente. Quindi non è stato Takahashi a copiare, ma
qualcun altro… Tanto per cambiare, eh… Mi rendo conto che la spiegazione che
Alice dà della propria fine è piuttosto debole. Cioè, Kemp si sbatte per creare
un sistema operativo del genere e poi non lo mette nel Core Booster? A dirla
così, sembra quasi che VOLESSE perderlo. Il fatto è che succede una cosa simile
anche in Gundam Sentinel: ALICE diventa un comune computer imparante nel momento
in cui i moduli centrali del S Gundam si separano. Lì si vuole sottolineare il
fatto che si sia sacrificato per salvare i piloti e compiere la missione… Qui
anche.
Sicuramente qualcuno avrà già sentito parlare del Blossom, perché non è
un’invenzione mia. Trovate tutte le delucidazioni del caso nelle D-MSV in coda
alla fanfiction, qui vorrei solo precisare che la sessione di test in cui
l’Utrecht ha incontrato per la prima volta gli zeoniani è stata preceduta da un
paio di altre. La cosa era deducibile dal fatto che Alice aveva già cominciato a
insinuarsi nella mente di David, ma giusto per chiarirlo… Naturalmente, a Juburo
qualcuno sapeva del Giardino di Spine, ed è proprio per questo che Side 5 era
stato scelto come zona delle esercitazioni. Lo paleserò nella cronologia in
appendice a questa storia, ma gli eventi si svolgono poco prima dell’inizio di
Stardust Memory, quindi la Flotta Delaz è in grande fermento in preparazione
all’Operazione Polvere di Stelle.
Come nota di colore, aggiungo che la battuta che risuona durante la battaglia
di A Baoa Qu ("La catena di comando è irrimediabilmente compromessa. Tutte le
navi che hanno partecipato alla battaglia cessino immediatamente qualsiasi
attività bellica. Agite a vostro giudizio") è la stessa comunicazione che si
sente, nella medesima circostanza, nel terzo episodio di MS IGLOO – Apocalypse
0079. Dicevo che scrivo roba da fissati, no?
Sempre in tema di discorsi da fissati, vorrei portare l’attenzione sul punto
in cui Erwyn (sì, lo stesso che ha diretto l’Operazione Tristan, quindi è stato
superiore anche di Dolores) dice che le armi atomiche sono vietate dalla Pace di
Granada. Forse avrei dovuto citare il Trattato del Polo Sud, ma le fonti sono
contraddittorie in tal senso. Dopo essermi spulciato un bel po’ di materiale
ufficiale giapponese, non sono riuscito ad arrivare a una conclusione certa sul
dilemma che potrebbe cambiare questa battuta. Dilemma riassumibile con la
domanda "Il Trattato del Polo Sud valeva solo per il periodo della Guerra di Un
Anno o è rimasto in effetto anche dopo?". OK, non citatemi Ecole du Ciel, vi ho
già detto che ho consultato diverse fonti. E, a giudicare dagli Historica e
dalle Entertainment Bible, pare proprio che fosse un trattato valido solo in
tempo di guerra… Il problema è che sembra non ne siano sicuri nemmeno diversi
autori giapponesi, che lo tirano in ballo in più occasioni come se fosse in
vigore anche dopo. In pratica, credo sia una di quelle cose che non sanno bene
neanche alla Sunrise. Al che, per essere sicuro di non sbagliare, ho preferito
citare la Pace di Granada. Anche quella proibisce le armi nucleari, in fin dei
conti.
***
Le solite, inevitabili puttanate sui personaggi
Ecco una delle parti più ricche di pippe mentali di tutto Gundam D, ovvero
l’analisi dei personaggi che vi compaiono.
David Jensen
Data di nascita: 9 febbraio UC 0065
Luogo di nascita: Germania, Terra
Altezza: 178 cm.
Peso: 67 Kg.
Misure: 87/85/87
Pilota di: RX-78GP00 Gundam "Blossom"
Residenza: Berlino, Germania
Gli piace: non se lo ricorda con esattezza, è troppo confuso
Non gli piace: come sopra
Cibo preferito: come sopra
Famiglia: il padre, Henry Jensen, è un parlamentare del Governo Federale; la
madre, Stephanie Jensen, lavora come manager di banca
Che bizzarro personaggio. Ho pensato a David come a un ragazzo che non aveva
mai avuto una vita ‘normale’ e quindi la desiderava ardentemente, al punto di
sostituire i propri ricordi con quelli di Alice. In un certo senso, quello che
fa David è una negazione della propria realtà perché non gli piace. Non avendo
mai avuto degli amici a causa del guscio protettivo in cui i suoi genitori lo
hanno avvolto, ha sempre sofferto molto la solitudine. In realtà, Kemp lo aveva
indicato come il pilota ideale dopo avere letto il suo profilo proprio perché
pensava che il suo background fosse particolarmente adatto. Ah, naturalmente
serviva un adolescente perché avrebbe avuto una personalità ancora in fase di
formazione.
Colin Raimondi
Data di nascita: 16 marzo UC 0060
Luogo di nascita: Side 3
Altezza: 176 cm.
Peso: 66 Kg.
Misure: 86/83/83
Pilota di: MS-06C Zack II Early Type; MS-06F Zack II; MS-14Jg/S Gelgoog Colin
Raimondi Custom; AMS-04 Sazabi Mass Production Type
Residenza: vive su di una nave della Flotta Delaz
Gli piace: la luce, ma solo quella che cerca lui (anche se non si è ancora
deciso)
Non gli piace: dice che non gli piace l’indecisione, ma non si rende conto
che è anche un suo difetto
Cibo preferito: wurstel
Famiglia: fondamentalmente, se ne frega. I suoi genitori vivono su Side 3 e
stanno bene, ma lui non lo sa; sua sorella è Patrizia Raimondi
Penso che Colin sia una persona che può essere definita con il termine
‘paura’. È l’emozione predominante in lui. Ha paura di guardarsi attorno, ha
paura di avere rapporti con gli altri, ha paura di affrontare il mondo, in
pratica. È per questo che si aggrappa a un appiglio stupido come può essere
l’illusione della morte esemplificata dalla luce che gli arriva addosso. Forse è
cresciuto così perché, contrariamente a David, ha avuto troppo supporto, da
tutto e da tutti, e questo gli ha impedito di imparare a camminare sulle proprie
gambe. Ha ingigantito il problema del non sapere cosa fare della propria vita al
punto di finalizzarla a qualcosa di futile solo perché aveva bisogno di uno
scopo. Probabilmente, Colin è impegnato in una ricerca interiore che non finirà
mai. Sarà morto alla fine de racconto? E chi lo sa? Ah, ovviamente, Patrizia è
sua sorella. No, non pensavo di creare una situazione conflittuale tra fratelli,
tant’è che nessuno dei due si rende mai conto che l’altro è tra i suoi nemici.
Diciamo che è solo una nota di colore che volevo buttare lì.
Gerard Kemp
Data di nascita: 20 aprile UC 0026
Luogo di nascita: Terra
Altezza: 188 cm.
Peso: 79 Kg.
Misure: 92/90/91
Pilota di: -
Residenza: faceva parte di una delle ondate di migrazione che si trasferirono
su Side 3, ma ora non ha una residenza fissa; Erwyn lo spedisce di volta in
volta dove gli serve
Gli piace: pensare a questioni esistenziali mentre lavora ai suoi
computer
Non gli piace: che qualcuno gli faccia notare l’inutilità delle sue
elucubrazioni
Cibo preferito: insalata condita con poco olio (ma mangia sempre un sacco di
schifezze)
Famiglia: i suoi genitori sono morti da un pezzo; ha ucciso sia la moglie che
la figlia per sperimentare i suoi sistemi operativi (ma più che altro per
proseguire la sua ricerca sulla felicità eterna)
Credo che la fonte di ispirazione di questo personaggio sia il professor
Saotome di Getter Robot – The Last Day. Però Kemp è DAVVERO pazzo. Cosa lo ha
fatto diventare così? Boh, non saprei… Forse lo è sempre stato. A modo suo, è
una persona sincera e capace di dedicarsi totalmente a coloro che gli stanno a
cuore. Ma, come Colin, anche lui ha troppa paura del mondo per vedere la realtà.
È eccessivamente preso dalle sue elucubrazioni personali, ma il problema è che
lui crede veramente di fare del bene al prossimo e, quando si mette in testa di
dover proseguire, non si ferma di fronte a niente. Per la cronaca, le sue
ricerche sui sistemi operativi per newtype sono cominciate durante la Guerra di
Un Anno, per ordine di Kycilia (che lo aveva confinato sulla Terra
essenzialmente perché nessuno voleva lavorare con lui), ma i tentativi di
cercare la felicità attraverso un sistema operativo ‘umano’ risalgono alla fine
degli anni ’60 (è stato nell’ambito di quei progetti che ha ucciso la moglie ed
è stato di conseguenza internato in manicomio). Il generale Erwyn aveva sentito
parlare di Kemp da alcune spie e, progettando l’Operazione Tristan, ha assegnato
una squadra al suo recupero: si tratta del 12° Squadrone MS del Battaglione
Erwyn, ovvero il gruppo capeggiato da Dolores, dicendole però che Kemp era
semplicemente un tizio che progettava nuovi mobile suit. In pratica, il Gundam
Deathlock è stato impiegato nella sua prima battaglia per prendere questo
tizio.
Lloyd Cavenagh
Data di nascita: 31 agosto UC 0055
Luogo di nascita: Side 4
Altezza: 173 cm.
Peso: 64 Kg.
Misure: 85/82/83
Pilota di: RGM-79F Land Combat Type GM; RGM-79 GM; RGM-79N GM Custom
Residenza: base dell’Esercito Federale di Milano, sulla Terra
Gli piace: darsi atteggiamenti da figo, giocare a pallamano
Non gli piace: fare brutte figure per essersi dato degli atteggiamenti da
figo (però succede puntualmente)
Cibo preferito: nessuno in particolare, è una buona forchetta
Famiglia: i suoi familiari vivono ancora su Side 4; ha entrambi i genitori,
ma è figlio unico
Avevo pensato a Lloyd come a una sorta di figura paterna per David, ma alla
fine mi è venuto fuori troppo… Uhm… ‘Scapestrato’, diciamo così. Si può dire che
Lloyd sia stato una persona segnata dalla guerra: ha visto molti suoi
commilitoni morire improvvisamente e ha deciso di vivere sempre e comunque per
il momento. A modo suo, si può dire che anche lui abbia paura: ha fretta di
muoversi, non vuole concedersi del tempo perché teme che quello che ha possa
sfuggirgli di mano. Al tempo stesso, però, teme che Patrizia possa sentirsi
soffocata da questo suo comportamento, quindi con lei si trattiene ed è di
conseguenza un po’ represso. Per come la vedo io, la loro relazione potrà
continuare solo se Lloyd maturerà, sia in termini di sincerità con se stesso che
nella comprensione della sua compagna. Però, una persona che ha letto un pezzo
di questa storia prima che venisse pubblicata mi ha detto che le piacerebbe che
questi due andassero a vivere per sempre felici e contenti sulla Terra. Bah, non
so se è quello che ho in mente. Comunque, se avete un animo romantico, potete
anche pensare che sia andata così. Non so se riprenderò mai questi personaggi,
quindi c’è la possibilità che la vostra aspettativa non venga mai delusa…
Ah, per la cronaca, c’è effettivamente una base federale a Milano, è scritto
su MS Era (OK, quel libro non è il massimo dell’attendibilità, ma tant’è). Ho
deciso di fare risiedere lì Lloyd perché la Pianura Padana è effettivamente un
posto piovoso, soprattutto in novembre… però non avevo pensato a questa
collocazione quando ho scritto quella parte. Direi che è una coincidenza che è
capitata a fagiUolo.
Patrizia Raimondi
Data di nascita: 3 luglio UC 0057
Luogo di nascita: Side 3
Altezza: 165 cm.
Peso: 54 Kg.
Misure: 82/62/81
Pilota di: MS-06F Zack II
Residenza: base dell’Esercito Federale di Milano, sulla Terra
Le piace: i computer, le cose difficili che riesce a capire
Non le piace: le cose che non riesce a capire, i comportamenti
irrazionali
Cibo preferito: qualsiasi cosa sia salata a livelli disumani
Famiglia: i suoi genitori vivono ancora su Side 3, ma non va a trovarli
spesso; suo fratello è Colin Raimondi e non ha idea di dove si trovi
Una donna che ama il proprio lavoro, è così che ho immaginato Patrizia. In un
certo senso, è il tipico topo di biblioteca, che passa le giornate a studiare
quello che le piace. È diventata un po’ misantropa per questo, ma si è resa
conto, nonostante continui a negarlo a se stessa, che non le piace essere sola.
Forse è per questo motivo che si è messa con Lloyd: ci andava d’accordo e ne
riceveva un po’ di compagnia. Non è che i suoi sentimenti non siano sinceri, ma
hanno una base piuttosto infantile ed è in buona misura la paura della
solitudine a farglieli nutrire. Anche lei ha bisogno di maturare, alla fin fine.
Mmmh, non fatemi scrivere queste cose, che poi mi viene voglia di riprendere
questi personaggi in futuro per raccontare come è andata a finire…
Rachel Osborne
Data di nascita: 7 dicembre UC 0065
Luogo di nascita: Side 4
Altezza: 162 cm.
Peso: 52 Kg.
Misure: 78/60/77
Pilota di: -
Residenza: Side 4
Le piace: i luna park, fare jogging la mattina presto
Non le piace: essere circondata di persone delle quali non le importa niente
(ma è una buona attrice e lo sa nascondere)
Cibo preferito: surgelati in generale, ma più perché sono facili da cucinare
che perché li ritiene migliori di altri cibi
Famiglia: è figlia unica ed entrambi i suoi genitori sono vivi
La cosa brutta di queste schede è che devo inventarmi sul momento dello
informazioni inutili. Del tipo: qual è il cibo preferito di Rachel? Ma che cazzo
ve ne frega, dico io, è un personaggio secondario. In effetti, però, Rachel non
è poi così secondaria. La sua funzione è quella di creare il contrasto tra la
realtà di Alice e quella di David. Rachel è quanto David ha, ma non riesce a
capirlo, perché è convinto che la sua ragazza sia Penny. Ah, non ho dettagliato
granché le motivazioni dell’attrazione tra David e Rachel, perché
sostanzialmente non mi interessava. Quello che contava era il contrasto, non il
contorno. Cosa succederà quando David tornerà sull’Utrecht? Rachel sarà lì ad
aspettarlo? Decideranno di stare insieme nonostante la distanza che li separa?
Andranno sulla Terra e vivranno felici e contenti come qualcuno vorrebbe per
Lloyd e Patrizia? Non credo che riprenderò questi personaggi, quindi potete
pensare un po’ quello che volete…
***
Cronologia di Gundam D
28-3-0081
I reduci di Zeon fuggiti da A Baoa Qu, tra cui Char Aznable, Zenna Zabi e
Mineva Lao Zabi, arrivano ad Axis.
5-5-0081
Zenna Zabi muore di malattia su Axis.
15-8-0081
Nel dodicesimo anniversario della fondazione del Principato di Zeon, la
Flotta Delaz comincia la propria attività di guerriglia.
3-10-0081
Il Parlamento Federale approva il Piano di Ricostruzione dell’Esercito della
Federazione Terrestre.
20-10-0081
Viene varato il Progetto di Sviluppo Gundam della Anaheim Electronics per
l’Esercito della Federazione Terrestre.
11-0081
La Flotta Delaz e Axis confermano la propria alleanza.
12-0081
Su Axis, Mineva Lao Zabi sta per essere incoronata erede della famiglia Zabi
durante una cerimonia; nel corso della stessa, una flotta federale attacca e
viene respinta, principalmente grazie alle azioni di Char Aznable e Haman
Karn.
10-1-0082
In occasione del proprio quindicesimo compleanno, Haman Karn viene nominata
tutrice di Mineva Lao Zabi in una cerimonia solenne.
4-0082
L’Esercito della Federazione Terrestre fonda in segreto l’Istituto Murasame e
il Laboratorio Newtype di Augusta.
5-0082
Comincia il Progetto di Ripresa delle Colonie e inizia il trasferimento delle
colonie riparabili da Side 4 a Side 3.
30-7-0083
La Flotta Delaz stila i piani dell’Operazione Polvere di Stelle.
9-8-0083
Muore il leader di Axis Maharaja Karn.
11-8-0083
La sedicenne Haman Karn viene nominata reggente di Axis in vece di Mineva Lao
Zabi; approvando i principi della Flotta Delaz, accetta di fornirle
supporto.
9-0083
Axis sviluppa una nuova lega, il gundarium g.
4-9-0083
Rollout dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom".
9-9-0083
L’RX-78GP00 Gundam "Blossom" viene consegnato dalla Anaheim Electronics al QG
dell’Esercito Federale di Jaburo.
19-9-0083
L’Utrecht, al comando del capitano Lloyd Cavenagh, parte da Jaburo per la
missione di collaudo del GP00.
24-9-0083
Rachel Osborne arriva sull’Utrecht.
25-9-0083
Primo volo di prova dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom" nei pressi di Side 5.
27-9-0083
Primo test degli equipaggiamenti dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom" nei pressi
di Side 5.
29-9-0083
Secondo test degli equipaggiamenti dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom" nei pressi
di Side 5; durante le manovre, l’Utrecht viene attaccato da mobile suit della
Flotta Delaz.
2-10-0083
Durante uno scontro nei pressi di Side 5, Alice, sistema operativo
dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom" di David Jensen, si sacrifica per abbattere
l’MS-14Jg/S Gelgoog di Colin Raimondi.
7-10-0083
La corazzata di classe Pegasus II MSC-07 Albion imbarca a Von Braun City
l’RX-78GP01 Gundam "Zephyranthes" e l’RX-78GP02A Gundam "Physalis" (risultati
del Progetto di Sviluppo Gundam) e parte per la base federale di Torrington, in
Australia.
13-10-0083
L’Albion arriva a Torrington. Un commando della Flotta Delaz, capitanato dal
maggiore Anavel Gato, trafuga l’RX-78GP02A e si dà alla fuga, inseguito dalle
forze federali.
14-10-0083
Il sommergibile di classe Jukon U-801 recupera Gato con il Physalis e si
dirige in Africa.
L’Albion parte all’inseguimento.
23-10-0083
Anavel Gato arriva alla base africana di Kimberlite, in mano ad alcuni reduci
dell’Esercito Regolare di Zeon.
La base viene attaccata dall’Albion e costretta alla resa, ma Gato riesce a
fuggire con il Physalis usando un HLV.
25-10-0083
Lo Squadrone Cima si unisce alla Flotta Delaz.
31-10-0083
Battaglia tra l’Albion (accompagnato da due incrociatori di classe Salamis) e
il Lili Marleen dello Squadrone Cima; l’RX-78GP01 Gundam "Zephyranthes",
pilotato da Ko Uraki, viene seriamente danneggiato.
Il generale di divisione Aiguille Delaz trasmette in tutta la Sfera Terrestre
una dichiarazione di guerra al Governo Federale.
2-11-0083
L’Albion arriva a Von Braun City, dove lo Zephyranthes comincia la
conversione in modalità Full Vernian.
4-11-0083
Ko Uraki, a bordo dell’RX-78GP01 Full Vernian Gundam "Zephyranthes", abbatte
l’MA-06 Val Varo pilotato da Kelly Layzner, ex capitano dell’Esercito Regolare
di Zeon.
L’Albion lascia la luna e si dirige verso il Mare di Solomon.
10-11-0083
L’Esercito della Federazione Terrestre tiene una parata militare a
Konpeitoh.
Durante la parata, il maggiore Anavel Gato spara con il bazooka nucleare
dell’RX-78GP02A Gundam "Physalis", distruggendo o immobilizzando due terzi delle
navi riunite.
Ko Uraki sul GP01 combatte contro Anavel Gato sul GP02; entrambi i Gundam
vengono distrutti nello scontro, ma i piloti si salvano.
Lo Squadrone Cima effettuano operazioni di dirottamento di alcune colonie,
che risultano nella caduta di Island Ease verso la luna.
11-11-0083
La Flotta Delaz riceve da Axis l’AMX-002 (AMA-X2) Neue Ziel, che viene
assegnato ad Anavel Gato.
La Flotta Delaz cambia la traiettoria di Island Ease, in modo che si diriga
verso la Terra.
L’equipaggio dell’Albion si impadronisce dell’RX-78GP03 Gundam "Dendrobium",
sottraendolo alla La Vie en Rose; pilotandolo, Ko Uraki si dirige a fermare la
caduta della colonia.
12-11-0083
L’Albion ingaggia la Flotta Delaz; comincia il combattimento tra il GP03 e il
Neue Ziel.
Cima Garahau uccide Aiguille Delaz e si impadronisce del Gwaden, l’ammiraglia
della Flotta Delaz.
L’Esercito della Federazione Terrestre fallisce nel tentativo di fermare la
caduta di Island Ease usando il Solar Ray System II.
Ko Uraki, pilotando l’RX-78GP03 Gundam "Denrobium Orchis", abbatte l’AGX-04
Gerbera Tetra, su cui si trova Cima Garahau.
Anavel Gato completa le ultime correzioni alla traiettoria di caduta di
Island Ease.
13-11-0083
Secondo tentativo fallito di fermare Island Ease con il Solar Ray System
II.
Island Ease si schianta al confine tra Kansas e Nebraska.
Il maggiore Anavel Gato tenta un ultimo, disperato attacco contro la flotta
federale e muore ai comandi del Neue Ziel.
18-11-0083
Incontro segreto tra Gerard Kemp e il generale Erwyn a Jaburo. Kemp viene
sollevato da qualsiasi progetto di ricerca federale.
23-11-0083
Nei confronti di alcuni membri dell’equipaggio dell’Albion vengono celebrati
dei processi della corte marziale, riguardanti gli eventi accaduti durante la
ribellione della Flotta Delaz. Il colonnello Eiphar Synapse, comandante della
corazzata, viene condannato a morte e Ko Uraki a due anni di
reclusione.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2: Ciò che si vede, ciò che non si vede (parte prima) ***
Non è un anime!
Non è un anime!
È la realtà!
Di notte, mentre tutti erano avvolti nel sonno,
ho guardato il cielo attraverso la finestra
e ho visto una cosa talmente straordinaria…
Tutti gli adulti mi hanno detto ridendo:
"Tu guardi troppa televisione".
Ma io non dico mai,
assolutamente mai,
bugie!
Il nostro mondo non può essere esaminato
attraverso gli occhiali del senso comune.
Voi antiquati terrestri
avete dimenticato i vostri sogni!
Non è un anime!
Non è un anime!
Che sensazione straordinaria!
Non è un anime!
Non è un anime!
È la realtà!
È la realtà!
***
CAPITOLO 2: CIÒ CHE SI VEDE, CIÒ CHE NON SI VEDE (parte prima)
***
Il GM cadde pesantemente a terra, sollevando grandi nubi di sabbia.
Il sole del deserto, impietoso e martellante, era un costante tormento per
chi pilotava un mobile suit.
Non quanto la mitragliatrice di un avversario puntata sull’abitacolo,
però.
Lo Zack appoggiò lentamente il piede sul nemico abbattuto, al quale ormai
mancavano entrambe le braccia. L’articolazione del ginocchio della gamba
sinistra era stata distrutta da un preciso fendente di heat hawk, quello stesso
heat hawk che era ora nella mano sinistra del mobile suit di Zeon. Che, con la
destra, puntava la mitragliatrice.
Mentre attorno a loro risuonavano le esplosioni della battaglia, lo Zack
dall’armatura marrone diede un paio di calci all’abitacolo del GM, come a
sfidare il pilota a uscirne. Poi, nella cabina di pilotaggio del mobile suit
federale, la radio gracchiò. Era bizzarro che un pilota di Zeon cercasse di
contattare il nemico nel pieno di uno scontro tra le rispettive fazioni.
"Pilota federale", risuonò la radio, "voglio che tu sappia che questo per te
non è che l’inizio di una nuova vita. Quando avrò aperto il fuoco contro di te,
passerai a uno stato superiore dell’esistenza e la tua anima sarà liberata, per
diventare uno con quelle del resto dell’umanità. Avrai l’onore di sperimentare
per la prima volta il futuro teorizzato da Zeon Zum Deikun, tutti gli uomini
riuniti in un’unica entità, una società utopica in cui si può capire il prossimo
senza sforzo". Un’altra esplosione si abbatté al suolo, stavolta quasi colpendo
i due mobile suit. Come se ne avesse visto la fonte, lo Zack alzò per un attimo
la mitragliatrice e sparò una raffica chissà dove.
Poi, il pilota di Zeon continuò il suo monologo via radio: "Hai presente
quando ti ho detto che saresti diventato uno con il resto dell’umanità? Sai,
stavo scherzando: credo che ti limiterai a morire".
Lo Zack fece fuoco sull’abitacolo del GM.
***
Non potevano fargli niente.
Lui era invincibile.
Non doveva rendere conto a nessuno.
Che importava quello che pensavano gli altri? In natura contava solo la
forza. Le regole morali non erano che una serie di norme stabilite da chi aveva
posseduto, in un determinato momento, sufficiente forza da imporle.
Cercare di parlare con qualcuno era inutile: prima o poi, ci si sarebbe
comunque trovati di fronte delle incomprensioni. Ed era insensato sperare nel
buonsenso altrui: nessuno lo aveva, quando i propri interessi venivano
minacciati.
Ma lui era superiore.
Lui aveva raggiunto un livello di… purezza di cui gli altri esseri umani non
potevano nemmeno immaginare l’esistenza.
Lui era l’assoluto. L’alfa e l’omega.
Anche ora, che lo avevano rinchiuso in un luogo buio e puzzolente, non
potevano fargli niente. Non lo avrebbero piegato. La loro ipocrisia, prima o
poi, sarebbe venuta allo scoperto e lui avrebbe avuto l’ennesima conferma di
essere sempre stato nel giusto.
Raggomitolato in un angolo, nell’oscurità più fitta, mentre la sua logora
veste carceraria sembrava volerlo avvolgere come un sudario, sorrideva.
Un uomo con l’uniforme dell’Esercito Federale batté sulle sbarre della cella
con un manganello: "Ehi, Clark! Fatti bello, che hai visite!".
Clark.
Conner Clark.
Questo era il suo nome.
O forse no, era solo un nome qualsiasi che gli era stato affibbiato da due
persone qualsiasi che, per puro caso, era accaduto fossero i suoi genitori.
Conner Clark, forse in risposta a quel ‘fatti bello’, si portò le mani
davanti agli occhi. Sulla pelle della sinistra si intrecciava una complicata
serie di tatuaggi, alcuni filiformi, alcuni frastagliati, alcuni tondeggianti.
Si attorcigliavano su ogni singolo dito, sul palmo, sul polso, per poi salire
fin sull’avambraccio.
Tutta la parte sinistra del suo corpo, diviso perfettamente a metà, era
coperta di quei tatuaggi, dalla pianta del piede alla testa, completamente
rasata.
Non ricordava più perché avesse segnato il proprio corpo in questo modo.
Aveva la vaga impressione di aver voluto comunicare qualcosa che non era mai
riuscito a esprimere con le parole.
Si mosse verso la porta della cella sulle sue lunghe gambe muscolose: durante
tutto il periodo della permanenza in carcere, si era allenato per mantenere la
forma fisica.
Aveva praticato qualsiasi esercizio conoscesse: dopotutto, i suoi carcerieri
non potevano fargli niente.
Quando la guardia gli mise le manette, lui non oppose alcuna resistenza: non
potevano fargli niente.
E percepiva la paura della guardia, nonostante le manette.
***
Quando si sedette davanti alla vetrata della cabina per i colloqui, notò che
non c’era nessuno attorno a lui. Già, non era l’orario delle visite.
A lui non era concesso avere visite, del resto.
Ma non era una grande perdita: nessuno sarebbe venuto a trovarlo, in ogni
caso.
Non gli era concessa nemmeno l’ora d’aria.
Essere detenuto per crimini di guerra significava questo, supponeva.
Guardò davanti a sé.
L’uomo che aveva di fronte era vestito con un elegante abito nero. Aveva una
faccia straordinariamente anonima. Forse lo avevano scelto proprio per
questo.
L’uomo anonimo gli rivolse un sorriso viscido.
Lui pensò che la cosa non lo disturbasse più di tanto.
Era superiore a certi atteggiamenti degli esseri umani.
Non gli importava ciò che gli veniva mostrato superficialmente.
"Conner Clark, suppongo", esordì l’uomo in nero.
Lui annuì.
"Sai perché ti trovi in questo carcere militare?", continuò il
visitatore.
"Perché Zeon ha perso la guerra", rispose lui, senza la minima inflessione
nella voce.
"Non è proprio così, Conner… posso chiamarti Conner, vero? Dicevo, non è
proprio così. Sei stato imprigionato qui perché ti sei reso colpevole di gravi
crimini di guerra. Il modo in cui trattavi i prigionieri e il gas nervino che
utilizzavi erano in aperta violazione del Trattato del Polo Sud, sai?".
"Stronzate".
"Scusa?".
"Stronzate. Io sono qui perché Zeon ha perso la guerra, questo è quanto. Ho
visto soldati federali comportarsi come e peggio di me, eppure nessuno di loro
si trova in questo carcere".
"Che importanza credi possa avere questo, ai fini della nostra
discussione?".
"Dimmelo tu. Tu mi hai chiesto se sapessi perché fossi qui".
"Veramente, stavo cercando di fare un altro discorso. Tu ti sei reso
colpevole di azioni veramente antipatiche, sai? Ma adesso l’Esercito Federale
vuole darti la possibilità di ravvederti".
"Ah. Quindi tu saresti una specie di PR dell’Esercito, giusto? Un qualche
tipo di omino che viene a trattare… Una cosa sul modello ‘tu fai questo lavoro
sporco per noi e noi ti permettiamo di tornare libero’, dico bene?".
"Non ne hai azzeccata una, a dire la verità. Innanzitutto, io non faccio
proprio parte dell’Esercito Federale… Diciamo che lavoro per un’organizzazione
che esiste in seno all’Esercito, ma non è sottoposta alla sua giurisdizione. Ci
chiamiamo Titans".
"Mai sentiti".
"Non mi sorprende. Siamo nati da poco. Ma abbiamo intenzione di lavorare con
impegno, affinché tutti possano vivere senza timore di ulteriori guerre causate
dalla sete di potere degli spacenoid".
"Ma che gentili", commentò Clark sarcastico, "Era da un pezzo che non
incontravo qualcuno disposto a lavorare solo per il bene altrui".
"Siamo tutti persone integerrime. In secondo luogo, no, non voglio chiederti
di fare un lavoro sporco in cambio della libertà. Io sono qui per offrirti una
vita completamente nuova. E, indovina un po’… non puoi rifiutare".
***
La maschera facciale del mobile suit si aprì di colpo e un corpo umano ne
rotolò fuori sgraziatamente, cadendo sulla passerella metallica posta proprio
davanti alla testa della gigantesca macchina antropomorfa nell’hangar. La
persona che si era appena abbattuta sulla passerella cercò di sollevarsi sulle
braccia e alzò faticosamente il capo. Attraverso i lunghi capelli biondi che le
coprivano il viso, era possibile vedere il volto di una ragazza che non avrà
avuto nemmeno diciott’anni.
Un uomo in camice bianco e una donna in tailleur grigio, che reggeva in mano
un cartelletta per appunti, si avvicinarono alla giovane.
La ragazza lanciò la testa all’indietro, emettendo un rantolo roco, mentre
una schiuma inquietante le colava dai lati della bocca.
Inarcò la schiena, tendendo la mano destra verso le due persone appena
arrivate.
L’uomo stava tenendo gli occhi e le dita sull’orologio da polso.
La donna, penna in mano, era pronta ad annotare qualcosa nella
cartelletta.
La ragazza sbarrò gli occhi vitrei, in cui le vene sembravano volere spaccare
le parti bianche, e si mise in ginocchio, agitando freneticamente le braccia
attorno a sé.
Poi, crollò a terra, picchiando violentemente la fronte contro la
passerella.
La sua faccia, contro il freddo metallo, era coperta dai capelli.
La schiuma continuava a uscirle dalla bocca.
La donna si chinò e mise due dita sul collo della giovane.
Puntò lo sguardo verso l’uomo e annuì con il capo.
Questi fermò l’orologio.
"Quindici minuti, ventisei secondi e otto decimi", sentenziò freddamente,
senza la minima inflessione nella voce.
La donna si rialzò: "È ancora un risultato inaccettabile", commentò, fissando
sull’altro i suoi occhi attraverso gli occhiali dalle lenti triangolari.
"Capisco", rispose l’uomo. "Deve darci tempo, è un procedimento al quale
stiamo ancora lavorando".
"Vi state prendendo troppo tempo e troppi soldi con questa scusa". La donna
toccò distrattamente con un piede il corpo della ragazza: "Ha idea di quanto
questa merce gravi sul nostro bilancio? Quanti altri fallimenti dovremo
sopportare prima di ottenere qualcosa di utilizzabile?".
L’uomo sospirò seccato: "Non posso farci niente. Non più di quanto ci stia
già facendo, almeno. Comunque, come le ho già detto, ritengo che l’ideale
sarebbe usarne uno naturale".
"Non offenda la mia intelligenza. Sa bene che ci siamo rivolti a voi proprio
perché non ne abbiamo. Non si trovano newtype naturali dietro l’angolo, è per
questo che dobbiamo crearcene di artificiali".
"Possibile che tra tutti i vostri collaboratori non ci sia un newtype
accertato? So che sono rari, ma qualcuno dovrebbe pur esserne saltato fuori,
no?".
"Stiamo conducendo delle prove. Stiamo anche tenendo sotto controllo alcune
accademie per cercare soggetti dotati tra gli studenti, ma questo tipo di
ricerca è lungo e costoso".
"Anche la ricerca che chiedete a noi lo è".
"Già, ma almeno ci darà il vantaggio di avere tutti i newtype che vorremo
quando li vorremo. Ammesso che arriviate a qualcosa".
"In realtà… Starei sperimentando una teoria nuova…".
***
Un tonfo.
Un altro tonfo.
Un altro ancora.
A produrre quel rumore ritmico e rimbombante erano dei passi.
Solo dieci anni prima, chiunque si sarebbe stupito di sapere che erano i
passi di un mobile suit. All’epoca, queste macchine erano solo nelle fasi
sperimentali e nessuno, se non gli ingegneri che le progettavano, le aveva
viste.
Dopo la Guerra di Un Anno, però, i mobile suit avevano conosciuto uno
sviluppo incredibile, con molti modelli che venivano prodotti nel giro di una
manciata di mesi.
Quello che ora stava camminando pesantemente tra i palazzi diroccati della
città era uno degli ultimi sviluppati.
E il più potente.
Era enorme, un blocco di metallo nero alto quaranta metri, con delle
minacciose aperture sul petto e sulla faccia.
Attorno a lui, come pesci pilota che seguissero uno squalo, una squadra di
cinque mobile suit lo seguiva da vicino.
Erano modelli piuttosto vecchi.
Almeno per gli standard dell’evoluzione dei mobile suit, per la quale anche
una macchina uscita pochi mesi prima dalla catena di montaggio poteva già essere
obsoleta.
Dall’abitacolo del suo GM II, Dolores osservava la strumentazione aggrottando
la fronte.
Quell’enorme mobile suit che lei e la sua squadra stavano scortando
attraverso i palazzi diroccati di una colonia ormai quasi completamente
abbandonata era il loro principale problema.
Emetteva una tale quantità di particelle Minovsky da rendere virtualmente
impossibili le comunicazioni radio, anche a quella breve distanza.
Ma per Dolores questo non era particolarmente fastidioso: quello che la
metteva a disagio era tutt’altro.
Era il motivo per cui i Titans l’avevano assolutamente voluta a comandare la
squadra d’assalto che avrebbe accompagnato quel prototipo a stanare alcuni
reduci di Zeon che si diceva si nascondessero in quel Bunch abbandonato.
Era quella sensazione opprimente, quell’allucinante senso di pressione
mentale che proveniva dalla testa dell’enorme macchina antropomorfa.
L’avevano incastrata, in pratica.
Del resto, quando si aveva sul proprio curriculum il fatto di avere pilotato
un mobile suit concepito appositamente per newtype durante la Guerra di Un Anno
rendeva piuttosto difficile evitare certe richieste.
Per un certo periodo, l’Esercito Federale si era accontentato di tenerla in
una scuola di addestramento al pilotaggio di mobile suit a Belfast. Poi, Dolores
era stata in maternità e, quando ne era rientrata, l’avevano messa a collaudare
nuove macchine da guerra.
Avere un sospetto newtype a svolgere un compito del genere poteva essere
utile.
Con i Titans, molte cose erano cambiate.
Chiunque fosse stato anche solo sospettato di essere un newtype era stato
messo sotto stretta sorveglianza.
Sempre più spesso, a Dolores arrivavano richieste di recarsi in questo o in
quell’altro luogo per collaudare qualche nuovo modello. Non era necessario
essere dei newtype per capire che la stavano tenendo d’occhio e che volevano
sapere esattamente dove fosse in qualsiasi momento.
Se poi questo significava usufruire anche delle sue competenze professionali,
tanto meglio.
Poi, all’improvviso, dopo anni che non calcava i campi di battaglia, le era
stata assegnata una missione.
Un altro collaudo, a dire la verità.
Ma di un tipo diverso rispetto al solito.
Anzi, chiamarlo ‘collaudo’ sarebbe stato improprio.
Il mobile suit da collaudare era quel gigantesco mostro nero che ora stava
camminando pesantemente tra palazzi in rovina di un Bunch disabitato, o quasi; a
Dolores era stato dato l’incarico di comandare lo squadrone di quattro GM II che
lo avrebbero accompagnato nella sua prima operazione in territorio nemico.
Pareva infatti che alcuni reduci di Zeon si nascondessero in quel Bunch e
quella macchina gigantesca avrebbe dovuto spazzarli via.
Per bizzarro che potesse sembrare, questo era un ‘collaudo’ per l’Istituto di
Ricerca Murasame, che aveva fornito ai Titans quel mobile suit.
Era difficile tenere sotto controllo la strumentazione quando tante
interferenze rendevano i sensori di rilevazione praticamente inutili. Nonostante
dovesse concentrare tutta l’attenzione sull’esterno, trovandosi in territorio
nemico, Dolores non poteva fare a meno di pensare che una macchina antropomorfa
così grande le ricordava lo Zeong che aveva affrontato durante la Guerra di Un
Anno.
E ricordare quello scontro non era piacevole per lei.
Anzi, era più sgradevole di qualsiasi altro episodio di guerra.
Tra l’altro le era stato detto che quel mobile suit si chiamava ‘Psyco
Gundam’, o qualcosa del genere.
Un Gundam.
Come aggiungere un altro mattone al muro.
I quattro GM II circondavano il gigantesco mobile suit, camminando ai suoi
quattro angoli, tenendo gli scudi puntati verso l’esterno e i beam rifle pronti
a sparare.
Dolores aveva trovato ironico come queste armi a raggi, che al tempo della
Guerra di Un Anno erano state delle rarità inestimabili, si stavano ora
diffondendo sempre più, come conseguenza dell’aumento della potenza dei reattori
nucleari dei mobile suit.
Al momento, però, stava cominciando a capire cosa si fossero aspettati
esattamente i suoi superiori, quando avevano preparato quella missione.
Volevano uno sterminio totale del nemico.
Volevano che si andasse a prenderlo nel suo nascondiglio e che lo si
eliminasse fino all’ultimo uomo.
Dolores era una veterana, anche se il termine la faceva ridere.
Sapeva che quei palazzi e quelle strade erano l’ideale per un’imboscata, ma
sapeva anche che un mobile suit non si sarebbe potuto avvicinare senza che si
sentisse il rumore dei suoi passi, quindi i reduci di Zeon che lì si
nascondevano avevano due alternative: un attacco diretto, magari da più
direzioni, o un utilizzo strategico di eventuali sentinelle.
Entrambe le ipotesi sembravano poco probabili.
Nonostante la squadra d’assalto fosse piccola, quell’enorme mobile suit non
aveva certo un aspetto rassicurante: nessuno lo avrebbe attaccato senza
conoscerne le caratteristiche, men che meno un gruppo di persone in pesante
carenza di materiali e munizioni, costretto a nascondersi dai costanti tentativi
di annientamento dei Titans e dell’Esercito Federale.
Con tutta probabilità, gli zeoniani che stavano cercando se ne stavano
rifugiati in qualche postazione nascosta e aspettavano che il nemico se ne
andasse o si rendesse in qualche modo vulnerabile. Avrebbero cercato di
sfruttare un’occasione propizia, ma non si sarebbero esposti direttamente.
"Hai ragione".
Dolores alzò il capo e spalancò gli occhi.
Da dove era venuta quella voce?
Non certo dalla radio: le particelle Minovsky avrebbero impedito una
comunicazione così nitida.
No.
Non l’aveva sentita dalla radio, se l’era sentita nel cervello.
Era provenuta da quel gigantesco mobile suit al centro della formazione.
"Hai proprio ragione", risuonò nuovamente quella voce, "I nostri nemici si
nascondono e, con tutta probabilità, non usciranno allo scoperto. Quindi c’è un
solo modo per stanarli".
"No!", gridò Dolores con tutto il fiato che aveva in corpo.
Troppo tardi.
Il mobile suit nero alzò un braccio, puntandolo verso l’alto.
Estese l’altro dietro di sé.
Poi, si scatenò l’inferno.
Un fiume di energia luminosa esplose da ciascun dito della gigantesca
macchina da guerra, mentre spostava le braccia attorno a sé.
Dal petto e dalla testa partirono piogge di raggi abbaglianti.
"Non disperdetevi!", gridò furiosamente Dolores alla radio, sperando che
qualcuno riuscisse a sentirla, "Restate vicini allo Psyco Gundam!".
Non seppe mai se era stata sentita, ma, a quanto pareva, i suoi sottoposti
erano abbastanza furbi da non allontanarsi.
Quello che stava accadendo aveva qualcosa di molto simile a una
raffigurazione infernale.
Ogni volta che i raggi sparati dallo Psyco Gundam colpivano la colonia, si
formavano profonde spaccature. Dopo pochi, convulsi minuti, durante i quali lo
squadrone di GM II fu troppo impegnato a tenersi vicino al gigantesco mobile
suit nero per fare qualsiasi altra cosa, il paesaggio devastato che restava
lasciava ben poche alternative.
In un attimo, il Gundam aveva devastato interi blocchi di edifici; i suoi
raggi avevano scavato nelle pareti della colonia, frantumandone la
struttura.
Rumori cigolanti e suoni secchi di qualcosa che si spezzava sembravano volere
essere una condanna alla sorte della colonia.
Per un attimo, Dolores si ricordò che il pilota del colosso le aveva letto
nel pensiero.
Un newtype.
Il volto di Dolores si contrasse in una smorfia: ciò che le aveva detto la
ragazza sullo Zeong che aveva combattuto a bordo del Gundam Deathlock le
sembrava ormai solo un ricordo, che si sarebbe inevitabilmente fatto sempre più
lontano con il passare del tempo.
I newtype avrebbero potuto permettere la nascita di una nuova era? Come
potevano dare il via a un’epoca in cui le persone si sarebbero comprese a
vicenda, se venivano usati solo per evitare che questo accadesse?
Ma non era il momento di pensare a queste cose: facendo compiere qualche
passo verso sinistra al prorpio mobile suit, Dolores girò attorno allo Psyco
Gundam, fino ad arrivare di fianco a uno dei GM II che componevano la
squadra.
Appoggiò lo scudo tra il terreno ormai instabile e l’anca del proprio mobile
suit e pose la mano sinistra della macchina sulla spalla di quella che le stava
vicino.
Il sistema di comunicazione a contatto era l’unico modo per trasmettere
ordini in quella situazione.
"Missione abortita", disse cercando di nascondere il nervosismo che la stava
attanagliando, "Rientriamo. Dirigiamoci immediatamente al boccaporto dal quale
siamo entrati. Passa parola e facciamo scorrere le posizioni".
"Ricevuto", rispose il pilota dell’altro GM II, mentre si spostava per
raggiungere il compagno alla propria sinistra e Dolores si metteva in quella che
era stata la sua postazione.
Poi, la mano del mobile suit di Dolores si posò sulla gambe dello Psyco
Gundam.
Per un attimo, Dolores si chiese se ce ne fosse bisogno. Le balenò per la
testa l’idea di comunicare direttamente al cervello del pilota.
Poi ricordò perché avesse deciso di non ricorrere più ai propri poteri di
newtype e passò alla comunicazione a contatto. "Ci ritiriamo", disse. "Torniamo
immediatamente al boccaporto da cui siamo entrati".
Nessuna risposta.
Nonostante il pilota del Gundam nero non le avesse risposto, Dolores sapeva
che aveva sentito.
In un modo o nell’altro, la sua prima comunicazione telepatica aveva aperto
una sorta di canale tra loro due.
Ciascuno dei due poteva percepire chiaramente l’altro.
E Dolores percepì fin troppo chiaramente.
Confusione.
Incertezza.
Ma, soprattutto, ferocia.
Il pilota del grande mobile suit era come un bambino piccolo che avesse
cambiato ambiente improvvisamente: era completamente spaesato e rispondeva alla
propria condizione con la violenza.
Dolores cercò freneticamente di non pensarci.
Doveva assolutamente chiudere quel collegamento: non poteva permettere che
tanti anni di sforzi fossero resi vani in un attimo.
Non fece nemmeno in tempo a provarci.
Fu come una diga, pazientemente costruita con anni di impegno, che venisse
improvvisamente distrutta da una valanga.
Come un ammasso di detriti e fango pesante tonnellate, una folla di pensieri
si riversò nella mente di Dolores, sommergendola completamente.
In quella colonia ci vivevano davvero delle persone. O meglio, ci erano
vissute. E adesso stavano morendo.
In massa.
Dolores ricordava vagamente una sensazione simile: quando i suoi compagni
erano stati uccisi, durante quella missione in Francia, la sua mente aveva
raccolto lo stesso dolore, la stessa angoscia, la stessa paura.
Ma i suoi compagni erano morti uno per volta.
Adesso, invece, una gran quantità di vite stava venendo annientata in un
attimo, mentre le pareti della colonia crollavano su se stesse.
Ciascuna di loro lasciava nel cervello di Dolores un’impronta di terrore
folle, una sensazione di dolore e smarrimento.
Quella stessa solitudine che si prova di fronte alla morte di cui Dolores si
era nutrita durante la Guerra di Un Anno.
Quella stessa sensazione che l’aveva fatta impazzire…
Così dolorosa…
Così dolce…
Assuefacente…
Dolores sogghignò inconsciamente, mentre gustava quell’angoscia
inconcepibile.
Percepire la morte degli altri era come innamorarsi: faceva soffrire, ma era
una sofferenza di cui non ci si voleva liberare.
Ma, in mezzo a tutte quelle sensazioni mortali, una spiccava.
Era un capriccio.
Era un bambino che rideva.
Veniva dallo Psyco Gundam
Un attimo dopo averla percepita, Dolores svenne.
***
"Credo che non ti capirò mai".
"Sopravviverò. D’altra parte, è difficile che due persone si capiscano".
A sentenziare era stato un uomo biondo sulla ventina, i cui capelli,
accuratamente tirati indietro e raccolti in un codino, ricadevano su di una
uniforme formata da giacca e pantaloni azzurri. La camicia gialla creava uno
strano contrasto con la cravatta nera. Era seduto al bancone di un ampio locale
illuminato e sorseggiava qualcosa contenuto in una busta di plastica argentata
da cui fuoriusciva una cannuccia.
A rispondere era stato un altro uomo, un po’ più vecchio e un po’ più alto,
che indossava la stessa uniforme. Avrà avuto quasi trent’anni e i suoi arruffati
capelli neri gli ricadevano disordinatamente sugli occhi. Anche lui stava
bevendo da una busta simile.
"Io non riuscirei mai a fare come te", continuò l’uomo biondo. "Voglio dire,
anch’io tengo molto alla mia ragazza, però… Non credo che riuscirei a lavorarci
insieme".
Il locale in cui i due si trovavano, ampiamente illuminato, era pieno di
tavolini, saldamente inchiodati al pavimento, a cui diverse persone, per lo più
con la stessa loro uniforme, mangiavano o bevevano.
"Non lavoriamo insieme, alla fin fine", replicò l’uomo moro. "Io collaudo,
lei mette a punto. Non ci vediamo per buona parte della giornata, soprattutto in
questo periodo".
"Sì, ma non è questo il punto. Siete sempre qui, mangiate insieme, dormite
nello stesso alloggio, sapete esattamente dove trovarvi… Per come la vedo io, un
rapporto non può andare avanti così. Il non sapere esattamente cosa stia facendo
la tua donna aggiunge un po’ di sale a una relazione. A me piace passare anche
diversi giorni senza vedere la mia ragazza, così poi me la godo di più quando
possiamo stare insieme. Ho l’impressione che passare troppo tempo appiccicati
non faccia che banalizzare il rapporto".
L’uomo dai capelli scuri si girò sul suo seggiolino girevole e appoggiò i
gomiti al bancone: "Ti fai troppi problemi. E poi, non puoi pretendere che il
tuo modo di vivere una relazione vada bene per tutti".
"Non è questo… Il punto è che capire le donne è maledettamente difficile…
Credo che un uomo capace di comprenderle decentemente possa godersi meglio la
loro compagnia. Uno come me, però, è condannato a non poterci stare per troppo
tempo".
"Certo che hai un bel coraggio a dire una cosa simile!". Una voce femminile
interruppe la conversazione dei due. Dolores batté violentemente il palmo della
mano sulla nuca del biondo: "Capire le donne sarebbe difficile?", sibilò,
accostandogli le labbra a un orecchio, "Guarda che siete voi uomini ad avere un
sacco di idiozie per la testa. Non avete il minimo senso pratico!".
L’uomo dai capelli neri ridacchiò.
Dolores afferrò un seggiolino e si sedette. La divisa azzurra dei dipendenti
della Anaheim Electronics, con la giacca chiusa sul petto, la cravatta nera che
spiccava sulla camicia gialla e la gonna appena sopra il ginocchio, sembrava
starle stretta. Abituata come era alle uniformi militari, doveva trovare
piuttosto scomoda quella che stava portando.
"Sei sempre troppo manesca, Dolly", si lamentò l’uomo biondo.
"Non mi chiamo Dolly", precisò Dolores, piantando sulla nuca del giovane
un’altra manata. "Ricordati che io, tecnicamente, sono un tuo superiore".
"Ma proprio per niente! Tu non lavori nemmeno per la Anaheim Electronics! Da
che punto di vista saresti un mio superiore?".
"Dal punto di vista militare. Io sono stata messa a capo della squadra di
collaudatori, capito? Ho più ore di esperienza sui mobile suit io che tu e il
tuo amico qui messi insieme".
L’uomo dai capelli neri alzò la busta dalla quale stava bevendo verso
Dolores: "Prendi una birra?".
"È una domanda retorica? Guarda che io sono mezza irlandese, come faccio a
rifiutare una birra?".
"Ti faccio notare che noi non lavoriamo per l’Esercito Federale", si lamentò
il tizio biondo.
"Ah, no?", ritorse Dolores. "E per chi state collaudando i mobile suit, per
Santa Romana Chiesa?".
"Per la Anaheim. Quei modelli non sono stati ancora nemmeno comprati, sono in
fase di sviluppo. Finché la Federazione non caccia i soldi, quella è roba
nostra".
L’uomo dai capelli scuri alzò un braccio verso i suoi due interlocutori:
"Dai, ragazzi, vi pare il caso di litigare per una cosa del genere?".
"Sì!", risposero gli altri due insieme girandosi verso di lui.
Dolores non era troppo contenta di quell’incarico.
Ma era un soldato; uno di quelli che non avevano combattuto molto durante la
guerra in corso, per di più.
Nel marzo dell’UC 0087, era iniziato un nuovo conflitto: l’AEUG, una delle
più attive organizzazioni antifederali, aveva cominciato a dare troppo fastidio
e l’escalation militare era risultata in uno scontro aperto tra la Federazione
Terrestre e i vari gruppi ribelli che la combattevano.
Poi, qualcosa era cambiato.
Nel novembre di quello stesso anno, l’AEUG aveva occupato il Parlamento
Federale a Dakar e un uomo biondo aveva fatto un discorso rivolto a tutta la
Sfera Terrestre.
Più che le sue parole di per sé, due cose avevano destato scalpore.
La prima era stata che quell’uomo aveva dichiarato di essere Casval Rem
Deikun, il figlio di Zeon Zum Deikun, del quale non si erano conosciute le sorti
per anni; senza contare che quella stessa persona era anche nota a molti per
essere il famoso Char "Cometa Rossa" Aznable, l’asso della Guerra di Un
Anno.
La seconda era stata la reazione dei Titans all’occupazione del Parlamento.
Incuranti dell’incolumità dei civili, non avevano esitato a combattere l’AEUG in
pieno centro di Dakar durante tutta la trasmissione.
Era stato allora che Dolores, che aveva passato buona parte del conflitto ad
addestrare reclute a Belfast, dove risiedeva anche la sua famiglia, era stata
richiamata al servizio attivo.
L’Esercito Federale aveva impiegato un numero relativamente piccolo di
soldati, avendo preferito lasciare l’incombenza di combattere l’AEUG ai Titans
(che, di fatto, controllavano buona parte delle risorse militari della Terra),
ma ora sembrava voler risollevare la testa.
Non nel modo che Dolores avrebbe pensato, però.
Le era stato ordinato di trasferirsi a Von Braun City, sulla luna, e di
mettersi a disposizione della Anaheim Electronics come pilota collaudatrice.
Di certo era stato un ordine inaspettato.
Ovviamente, il suo compito non sarebbe stato solo collaudare mobile suit, ma
anche riferire ai suoi superiori qualsiasi informazione potesse riguardare
eventuali macchine da guerra prodotte per conto dei Titans o della nuova forza
nella Sfera Terrestre, Axis.
Non le erano state date particolari indicazioni circa i mobile suit
progettati per l’AEUG.
Una volta arrivata, era stata inserita in un gruppo di collaudatori che
comprendeva già Julius Parker (l’uomo dai capelli scuri) e Michael Philbert (il
biondo), incaricato di testare alcuni modelli sperimentali che stavano venendo
sviluppati per conto dell’Esercito della Federazione Terrestre.
E c’era stato anche di più.
***
Dolores restava sempre affascinata dal modo in cui gli shuttle si muovevano
nello spazio. Nonostante viaggiassero a velocità superiori a quelle di qualsiasi
veicolo terrestre, sembravano sempre andare lentissimi. Forse perché l’immensità
del cosmo toglieva qualsiasi senso della distanza a chiunque vi si trovasse.
Era strano che Dolores si trovasse lì.
Lo shuttle che lei e i suoi colleghi stavano scortando apparteneva alla
Anaheim Electronics e si trovava appena al di fuori dell’atmosfera
terrestre.
La Anaheim Electronics si stava preparando a consegnare alcuni articoli a dei
suoi clienti, mandandoli sulla Terra direttamente da lì.
‘Articoli’ era evidentemente una parola piuttosto bizzarra, se riferita a dei
mobile suit.
Mentre il suo mobile suit, uno Z Plus personalizzato che i suoi colleghi
temporanei avevano cominciato a chiamare scherzosamente ‘Dolly’ (cosa che la
faceva infuriare tremendamente), Dolores si chiese cosa stesse passando per la
testa dei suoi superiori.
A quanto le era stato detto dalla dirigenza della Anaheim, la consegna che lo
shuttle si stava preparando a fare era per un cliente chiamato Karaba.
Un nemico della Federazione Terrestre, quindi.
Dolores aveva già capito che l’Esercito Federale stava voltando le spalle ai
Titans e questo era diventato fin tropo chiaro quando aveva visto alcuni tipi
dei mobile suit che la Anaheim Electronics stava producendo.
Mobile suit basati su modelli dell’AEUG.
Se la Federazione stava per impiegare macchine progettate seguendo il design
di mobile suit come l’MSZ-006 Z Gundam, era ovvio che stesse cambiando
qualcosa.
Lo stesso mobile suit che Dolores stava pilotando in quel momento era una di
queste anomalie belliche.
Quello dello Z Plus era stato uno dei progetti varati per creare una versione
prodotta in serie e a basso costo dello Z Gundam. Non potendo riunire in
un’unica macchina tutte le caratteristiche dell’originale, che avrebbero
comportato un costo troppo elevato, alla Anaheim Electronics avevano pensato di
produrne diverse varianti per le differenti esigenze tattiche e avevano
cominciato a progettarle a brevissima distanza le une dalle altre.
Assegnare a Dolores l’incarico di collaudare questa serie di progetti era
sembrata la scelta più naturale: sapeva pilotare sia gli aerei che i mobile
suit, quindi un mobile suit che poteva trasformarsi in aereo era parso l’ideale
per una persona del genere.
Dolores non aveva condiviso appieno la logica dietro quella decisione, ma non
si era opposta. Aveva però voluto cambiare il colore dello Z Plus,
dall’arancione e bianco dei modelli in fase di collaudo a una combinazione di
bianco e blu analoga a quella dell’RX-79[G] che aveva pilotato durante la Guerra
di Un Anno.
Aveva voluto evitare però che lo schema di colore ricordasse troppo quello,
pur simile, del Gundam Deathlock.
"Sembra andare tutto liscio, eh?", domandò una voce dalla radio.
Julius.
Dolores guardò alla propria destra: a breve distanza da lei, proprio sotto il
ventre metallico dello shuttle, c’era un mobile suit grigio.
Non era l’unico. Anche se non poteva vederlo, Dolores sapeva che ce n’era un
altro nella parte superiore della navetta, pilotato da Michael.
Fin dal nome, il Nero, così si chiamava quel modello, ricordava il Nemo.
Ma, a dispetto del nome, non aveva granché a che vedere con l’MSA-003 Nemo
dell’AEUG.
Dato che quest’ultimo basava alcune sue caratteristiche sul GM II, alla
Federazione era sembrato naturale proseguire sulla stessa linea degli RGM-79,
nonostante il cambiamento del numero di serie.
E c’erano diversi altri modelli in cantiere, che aspettavano solo di essere
testati.
Dolores sorrise tristemente tra sé e sé: "L’ultima volta che qualcuno mi ha
detto qualcosa del genere, è stato durante la battaglia di Odessa. Un attimo
dopo, stavo affrontando due Dom praticamente da sola".
"Occhio, che arriva il flashback del veterano", scherzò Julius dall’altro
Nero.
"Hai poco da sfottere", ribatté Dolores. "È proprio perché sono una veterana
se io piloto uno Z Plus mentre voi dovete accontentarvi dei Nero".
"Quanto sei permalosa!", riprese Michael. "Pensiamo piuttosto a… aspettate un
attimo…".
"Cosa succede?".
"Non so. Rilevo una forte concentrazione di particelle Minovsky a ore cinque.
Potrebbe essere un Alexandria".
Lo era.
La sagoma dell’incrociatore si stagliò chiaramente contro il sole che
spuntava da oltre l’orizzonte terrestre.
"Ci stavano aspettando?", domandò Dolores, più tra sé e sé che volendosi
rivolgere a qualcuno. "Possibile che ci sia stata una fuga di
informazioni?".
"Non mi sorprende", disse Julius, "I Titans sanno da un pezzo che la Anaheim
sta appoggiando l’AEUG e la Karaba, è stato per questo che abbiamo dovuto
fornire loro il Marasai. Probabilmente ci stavano tenendo d’occhio con qualche
talpa, per assicurarsi che non facessimo mosse strane".
Proprio in quel momento, la parte inferiore dello shuttle si aprì.
Due bizzarri mobile armor ne uscirono, dirigendosi verso la Terra.
Avevano una forma compatta, quasi raccolta, sulla quale spiccavano un paio di
cannoni.
Nella parte inferiore avevano una sorta di grande contenitore giallo.
Dolores riconobbe subito il ballute pack: era una specie di enorme canotto,
che aveva la funzione di consentire ai mobile suit di superare la fase di
rientro nell’atmosfera terrestre. Quando la discesa iniziava, il ballute pack si
apriva, permettendo alla macchina che lo portava di passare indenne attraverso i
letali gas che altrimenti l’avrebbero consumata.
"Ma perché escono proprio ora?", chiese Dolores seccata. "Non si sono accorti
dell’Alexandria?".
"Forse è proprio per questo che hanno deciso di anticipare l’operazione",
rispose Julius. "Secondo il piano della missione, sarebbero dovuti partire molto
dopo".
"Se li abbattono adesso, sarà tutto inutile!".
"Lo sarebbe stato anche se fosse stato abbattuto lo shuttle! A questo punto,
o la va, o la spacca!".
"Merda!", sibilò Dolores. Nonostante detestasse riconoscerlo, non poteva
ribattere. Lo shuttle sarebbe stato effettivamente un bersaglio più facile,
quindi forse non era stata una cattiva scelta. "Cerchiamo almeno di non farci
cogliere impreparati! Disponiamoci su questo lato dello shuttle. Non devono
abbatterlo, altrimenti l’autonomia dei nostri mobile suit potrebbe non bastare a
tornare indietro".
Prima che chiunque potesse replicare, una bordata da uno dei cannoni
principali dell’Alexandria sibilò vicinissima allo shuttle.
Un attimo dopo, un gruppo di mobile suit blu, seguito da una squadra ancor
più grande di mobile suit rossi, partì dalle catapulte di lancio
dell’incrociatore.
"Marasai!", mormorò Julius quando vide le macchine rosse.
"Non vale!", si lamentò Michael, "Quella è roba nostra! Non possono usarla
contro di noi".
"Quelli blu sono Barzam", aggiunse Dolores. "Avevo sentito dire che ne erano
stati assemblati pochi esemplari, sono una vista piuttosto rara".
"Eh, pensa che culo!", ribatté nuovamente Michael. "A proposito, quanti
mobile suit può portare un Alexandria?".
"Dodici".
"Cosa? Ma allora…".
Julius si incupì: "È stato un piacere, ragazzi".
Passò poco tempo prima che il nero dello spazio cominciasse a tingersi di
raggi purpurei.
Quando vedeva i Barzam e i Marasai sparare con i loro beam rifle, Dolores non
poteva fare a meno di ricordare tristemente l’epoca in cui le armi a raggi per
mobile suit erano state una rarità.
"Si stanno aprendo a ventaglio!", esclamò mentre rispondeva al fuoco,
"Vogliono accerchiarci per poi distruggere la nostra merce con comodo!".
"Merda!", sibilò Julius, "Sanno che non possiamo permettere che lo shuttle
venga abbattuto e vogliono approfittarne per inchiodarci a combattere qui!".
Dolores aggrottò pensosamente la fronte.
Le stava venendo un’idea, ma era una follia.
A ogni istante che passava, evitare i raggi che il nemico sparava diventava
sempre più difficile.
Un colpo centrò in pieno lo scudo di Michael, distruggendone la sezione
superiore.
Un altro trapassò la gamba del Nero di Julius, facendola esplodere in
frantumi.
Diversi colpi passarono sibilando a una distanza pericolosamente bassa dallo
shuttle.
"Coprite lo shuttle!", gridò infine Dolores, "Provo una manovra
diversiva!".
Il vettori di spinta dello Z Plus eruttarono la loro potenza in un attimo,
spingendo d’improvviso il mobile suit attraverso lo schieramento nemico.
Mentre le macchine dei Titans si avvicinavano sempre di più, Dolores vide un
Barzam puntare il suo beam rifle contro di lei.
Per un attimo, lasciò che le sue percezioni potenziate da newtype prendessero
il sopravvento.
Non poteva sperare di uscire viva da una situazione del genere combattendo
come un normale essere umano.
Le servivano dei tempi di reazione inferiori a zero.
Doveva barare.
Nel bel mezzo della propria spinta, lo Z Plus cambiò forma.
In un attimo, al posto del mobile suit comparve un agile waverider.
Sfruttando la maggior mobilità di questa forma, Dolores impresse al Dolly
un’accelerazione improvvisa.
Una frazione di secondo dopo, quando il suo pilota non aveva nemmeno avuto il
tempo di rendersi conto di cosa fosse successo, il Barzam premette il
grilletto.
Il raggio purpureo passò poco lontano da un’ala dello Z Plus.
Ancor prima che i Titans potessero accorgersene, il velivolo bianco e blu era
sfrecciato di fianco al Barzam.
Un attimo dopo, un’altra trasformazione: il mobile suit era tornato, tenendo
stretto in pugno il proprio fucile.
Il colpo sparato da Dolores trafisse il Barzam in pieno addome.
Un’esplosione rosa decretò la fine di quella macchina antropomorfa, nonché il
primo morto di quel combattimento.
Dolores strinse i denti, mentre percepiva la vita lasciare il corpo del
pilota.
Non era mai stata contenta di essere una newtype, anche se non era riuscita a
mettere a fuoco una ragione valida per questo suo stato d’animo.
Ogni volta che ci pensava, in lei si accavallavano emozioni contrastanti.
Forse perché si sentiva in colpa per il fatto di provare piacere percependo
la morte altrui?
Per anni non era riuscita ad ammetterlo con se stessa, pur essendone sempre
stata consapevole.
Il suo rimpianto più grande, però, era sempre stato quello di non aver potuto
parlare a quattr’occhi con altri newtype.
L’unico che aveva incontrato, quella ragazza con cui aveva combattuto durante
la Guerra di Un Anno, era stato un suo nemico.
Dopo il conflitto, memore di quello che aveva passato durante lo scontro,
aveva deciso di non usare più le proprie capacità di newtype.
Non che fosse stata in condizione di scegliere, in realtà.
Da che mondo e mondo, la manifestazione di quei poteri era sempre stata
spontanea e incontrollabile.
Eppure, Dolores era stata fortunata, in un certo senso.
La posizione di istruttrice al pilotaggio di mobile suit che aveva occupato
per qualche tempo dopo la guerra le aveva permesso di trovarsi molte volte in
situazioni di combattimento simulato.
In situazioni in cui i suoi poteri venivano alla luce.
Con il tempo, aveva imparato a riconoscere i momenti in cui questo accadeva e
a… ignorarli.
Non avrebbe saputo trovare un termine migliore.
Sapeva che le sue percezioni continuavano ad affacciarlesi nel cervello, ma
lei fingeva di non sentirle.
Ritardava di proposito le proprie reazioni, urtava apposta ostacoli che
avrebbe potuto evitare, ignorava gli stati d’animo che captava.
Ingannava se stessa convincendosi di non essere una newtype.
Con il passare del tempo, le percezioni si erano fatte sempre più rare,
sempre più flebili, fino a scomparire completamente.
Poi, nel gennaio dello 0087, quella missione.
Lo Psyco Gundam aveva distrutto la colonia.
Moltissima gente era morta in un attimo.
Dolores era svenuta al percepire quelle grida d’agonia.
Era stata tratta in salvo dai suoi subalterni e aveva capito di avere
sbagliato.
Non poteva vivere ingannando se stessa: era una newtype, che lo volesse o no.
I suoi poteri erano sempre lì e sarebbero saltati fuori al minimo stimolo.
Ma, come ogni buon proposito, anche questo era destinato a non essere
seguito.
Pur essendosi risolta a lasciare che le sue percezioni fluissero in lei, per
imparare ad analizzarle e controllarle, si era invece trovata a sopprimerle
nuovamente.
Perché ascoltarle, se non facevano altro che ferirla?
Ma adesso, considerato il numero dei nemici, Dolores decise.
Doveva concedersi una pausa.
Perché essere se stessi era tanto difficile?
Lo Z Plus di Dolores scattò improvvisamente verso l’alto (o quello che era
l’alto dal proprio punto di vista nel vuoto dello spazio), spinto dai razzi
sotto i piedi.
Un secondo più tardi due raggi purpurei si incrociarono proprio dove prima si
era trovato.
Erano tornati.
I poteri da newtype erano ancora lì.
Forse non erano qualcosa di completamente negativo.
Il Dolly cominciò a volare attorno al grosso gruppo di mobile suit dei
Titans, descrivendo un arco che si portava alle loro spalle.
Dolores sperò che Michael e Julius fossero abbastanza furbi da approfittarne
per abbattere qualche nemico.
Nel frattempo, lei sfruttò tutta la propria potenza di fuoco per fare quanto
più danno possibile.
Si morse la lingua e cominciò a sparare.
I due beam gun sulle anche dello Z Plus, che si erano venuti a trovare nella
parte superiore del velivolo in modalità waverider, eruttarono due fiumi di
raggi purpurei nel mucchio dei nemici.
Il beam rifle, montato davanti allo stabilizzatore di coda, sparò una serie
di rapidi e mirati colpi.
Nemmeno uno degli attacchi raggiunse un bersaglio.
"Merda!", mormorò Dolores mentre faceva chiudere allo Z Plus un semicerchio,
"Possibile che mi sia arrugginita così tanto?".
Solo dopo che ebbe finito di formulare questa domanda a se stessa, una
risposta le balenò per la mente.
E se avesse voluto sbagliare i colpi di proposito?
Se la paura di avvertire di nuovo il grido mortale di un essere umano, o di
provarne piacere, le avesse impedito di mirare accuratamente?
Improvvisamente, un lampo le balenò per la testa.
Si ritrovò davanti un Marasai che le puntava contro il beam rifle.
Il pilota doveva avere intuito la traiettoria del volo ed essersi posizionato
per intercettarla.
Dolores sbarrò gli occhi.
Aveva percepito quel mobile suit in ritardo.
Possibile che avesse bloccato i propri poteri senza rendersene conto?
Proprio mentre pensava di essere finita, un raggio colpì il braccio con cui
il Marasai reggeva il fucile, troncandolo di netto.
Un secondo colpo centrò la testa del mobile suit, riducendola in
frantumi.
Un terzo attacco penetrò nell’addome della macchina, causando un’esplosione
che spedì frammenti metallici contro la fusoliera dello Z Plus.
Recuperando rapidamente il controllo, Dolores cambiò improvvisamente rotta.
Guardando sotto di sé, vide il Nero di Julius con il beam rifle ancora
fumante.
Se la concentrazione di particelle Minovsky non fosse stata tale da impedire
le comunicazioni, avrebbe dovuto ringraziarlo, visto che, senza il suo
intervento, sarebbe sicuramente morta.
Ma non era il momento di perdersi in questi pensieri: per la prima volta in
vita propria, si trovò a desiderare di usare i propri poteri newtype.
Imprimendo un’ulteriore accelerazione ai razzi di spinta del Dolly, Dolores
si lanciò in un volo rapidissimo, in una linea retta che si allontanava dallo
squadrone del nemico.
Non si stava guardando alle spalle.
Ciononostante, fece compiere una serie di giravolte allo Z Plus per evitare i
raggi che le stavano sparando i suoi nemici.
Il Dolly era come una scheggia che rotolasse su se stessa mentre schizzava
via.
I raggi purpurei che i Marasai e i Barzam gli sparavano sembravano volersi
chiudere su di esso, soffocandolo in una gabbia di energia, ma, ogni volta che
sembravano doverlo colpire, un volteggio improvviso lo escludeva dalla loro
traiettoria.
"Ce la faccio", disse Dolores sottovoce, "Ce la posso fare. Stanno
tornando…".
Lo waverider compì una virata improvvisa, trasformandosi nuovamente in mobile
suit.
Fu allora che Dolores si rese conto che i nemici avevano smesso di
spararle.
Zoomando sul gruppo, vide qualcosa che non si sarebbe mai aspettata.
Approfittando della distrazione che lei aveva causato, Michael, proteggendosi
con il suo scudo distrutto, si era lanciato nel mezzo del gruppo dei Titans, e
Julius aveva fatto altrettanto.
In teoria, non era una cattiva idea: loro avrebbero potuto sparare a volontà,
mentre i nemici si sarebbero dovuti preoccupare di non colpire i compagni.
In pratica, era un suicidio: i mobile suit dei Titans non erano certo privi
di armi per il combattimento ravvicinato e, una volta superato l’effetto
sorpresa, i due piloti della Anaheim Electronics si sarebbero trovati in una
condizione di svantaggio anche maggiore.
Dolores aggrottò la fronte, tradendo il proprio disappunto: in questo modo,
lei non avrebbe potuto sparare senza rischiare di colpire i suoi temporanei
colleghi.
"Ma che cazzo hanno in testa?", sibilò mentre il Dolly tornava a trasformarsi
in waverider e sfrecciava verso la mischia.
Non avrebbe saputo descrivere con esattezza nemmeno lei cosa accadde poi,
perché le sensazioni si fecero improvvisamente confuse.
Ricordava un raggio che le veniva sparato contro e lei che lo evitava in
anticipo, per poi trasformare il Dolly, estrarre una beam saber e tagliare in
due un Marasai praticamente in un unico movimento.
Poi, era stato un miscuglio indistinto di metallo che cozzava contro il
metallo e di raggi purpurei che tagliavano l’oscurità e le armature dei mobile
suit.
Era stato quando i piloti dei Titans avevano cominciato a morire che aveva
perso la cognizione della realtà.
Ricordava vagamente di avere perduto quasi subito la beam saber: aveva urtato
il braccio contro un barzam e la mano aveva mollato la presa.
In quel momento, aveva visto di nuovo un fucile puntato direttamente addosso
a lei.
Era stata colta da un terrore folle.
Nonostante la sua esperienza sul campo di battaglia, aveva provato una paura
genuina e devastante.
In un gesto istintivo, aveva mosso il braccio dello Z Plus contro il nemico,
solo per vederlo, con suo estremo stupore, che ne trapassava l’armatura come
fosse stata burro.
Le era parso di cogliere un lieve bagliore rosato sulla mano del proprio
mobile suit.
Di lì in poi, si era mossa come sotto l’effetto di una droga: aveva
cominciato a sparare con il beam rifle e a falciare con l’altra beam saber.
A caso, le era parso.
Ma non doveva essere stato così, perché si ritrovò all’improvviso circondata
di rottami.
Fu la voce di Julius a farla rinsavire: "Dannazione! Lo hanno preso!".
Si riferiva a uno dei due mobile suit trasformabili usciti dallo shuttle.
Ora era possibile vederlo penetrare nell’atmosfera terrestre, ma il suo
ballute pack non si apriva.
Doveva essere stato centrato dal raggio sparato contro il Dolly mentre di
stava avvicinando al gruppo dei nemici.
Mentre il mobile suit si trasformava in una palla di fuoco rossastra e
bruciava nell’atmosfera, Dolores sospirò.
Non tanto perché si sentisse in colpa, quanto piuttosto perché questo avrebbe
probabilmente comportato un richiamo ufficiale da parte dei suoi superiori.
Erano stati loro a volere che lei partecipasse alla missione, dopotutto…
Sospirò. In quel preciso momento, aveva ancora negli occhi la mano del Dolly
che tagliava la corazza del Barzam.
Impossibile, si disse.
Non poteva essere accaduto veramente: doveva essere stata un’allucinazione
provocata dai suoi poteri impazziti.
I suoi pensieri furono interrotti da una improvvisa bordata.
"L’Alexandria!", esclamò. "Copritemi!".
Senza aspettare una risposta, Dolores partì a tutta velocità verso la
nave.
***
L’avvocato voltò le spalle al pubblico nel tribunale e si avvicinò al banco
degli imputati.
Con il volto che tradiva più seccatura che preoccupazione, Julius lo squadrò
dall’alto in basso.
Era il tipico avvocato, mezzo calvo, sulla quarantina, con degli occhialini
tondi dalle lenti spessissime.
Un topo di biblioteca?
Un topo di biblioteca che stava per mangiarselo vivo.
"Dunque, signor Parker", cominciò l’avvocato rivolgendosi a Julius con enfasi
esagerata, mentre il suo braccio sinistro si piegava dietro la schiena e la sua
mano destra descriveva una parabola discendente dalla testa al bacino, "vorrebbe
raccontarci cosa è successo nel caso preso in esame?".
Julius sospirò: "Fino al punto in cui io e il mio collega ci siamo avvicinati
all’Alexandria, quanto riportato da lui e dal maggiore Martin al banco dei
testimoni è esatto", disse, quasi che lo stesse ripetendo per la milionesima
volta. "Avevamo appena finito di cannoneggiare la nave che ci aveva attaccati,
quando il maggiore Martin mi chiese di entrare a controllare. Mi disse che le
era sembrato di vedere qualcosa muoversi nella parte di nave accanto a me".
"E lei cosa fece?".
"Mi stupii. Non capii come avesse fatto a vedere qualcosa dalla posizione in
cui si trovava. Tra l’altro, quello che accadde dopo non fece che aumentare i
miei dubbi, ma questo glielo spiego poi…".
"D’accordo. Lei fece quanto il maggiore Martin le aveva chiesto?".
"All’inizio, mi rifiutai. Non avevamo distrutto completamente l’Alexandria ed
eravamo riusciti a evitarne i principali serbatoi, quindi non c’erano state
grosse esplosioni. Era possibile che qualcuno fosse ancora vivo e che avrebbe
potuto tendermi una trappola".
"Ma poi andò a controllare. Perché cambiò idea?".
"Il maggiore Martin mi rassicurò. Mi disse di essere certa che non vi fosse
alcun pericolo".
"In base a cosa poteva esserne tanto sicura?".
"Non saprei. Ma il tono e la convinzione con cui lo disse mi indussero a
pensare che potesse avere ragione. Certo, se avessi saputo cosa sarebbe
successo, non la avrei ascoltata…".
"Perché, cosa accadde?".
"Niente, in realtà, è questo il punto. Mi si sta accusando di un reato che
non ho commesso".
"Per favore, signor Parker, andiamo con ordine. Ci racconti cosa accadde
esattamente".
"Accadde che presi la pistola, scesi dal mio Nero ed entrai nell’Alexandria
attraverso una breccia sul fianco. Mi diedi un’occhiata in giro e trovai quasi
subito un gruppo di corridoi che erano stati isolati ermeticamente dall’esterno.
Si tratta di una misura precauzionale che viene attuata sulle corazzate quando
alcune sezioni vengono danneggiate: le si taglia fuori dalle altre. Be’, dopo
una decina di minuti che giravo per quei corridoi, sentii un rumore che mi
insospettì. Ne seguii la fonte e arrivai a una stanza, che doveva essere adibita
a spazio abitativo. Ebbene, sul letto di quella stanza c’era lei". Julius indicò
una ragazza che sedeva in aula.
Era una giovane di bassa statura, attorno ai quindici-sedici anni.
Il suo grazioso visino, sul quale spiccavano due grandi occhioni azzurri, era
incorniciato da una cascata di capelli di un nero profondo, dalle sfumature
bluastre, che arrivavano a superare di poco l’altezza della nuca.
Le sue sottili sopracciglia, inarcate in uno sguardo quasi impaurito, che
sembrava studiato apposta per sciogliere il cuore di chi la guardasse, non
facevano che accentuare quell’aura di carineria che trasudava da ogni suo
poro.
Un’aura ulteriormente incrementata da quella maglietta rosa, sulla quale
spiccava un gattino stilizzato, che, insieme con un paio di blue jeans con
qualche strappo all’altezza delle ginocchia, le conferiva in più anche quel non
so che della ragazzina scapestrata (ma ancor più carina proprio per questo).
L’espressione dell’avvocato quando si fissò nuovamente su Julius (non aveva
infatti perso l’occasione di dare un’occhiata alla ragazza) era molto simile a
quella di uno squalo.
Ammesso che gli squali avessero qualche espressione.
"Dunque, signor Parker, sul letto della stanza c’era la signorina Elizabeth
Fontaine, è così?".
"Esattamente".
"E lei cosa fece?".
"Indossava degli abiti civili, non troppo diversi da quelli che ha adesso.
Pensai che non facesse parte dei Titans, ma mi chiesi perché fosse su di una
loro nave. In ogni caso, la struttura dell’Alexandria era seriamente
danneggiata, quindi dovevamo andarcene il prima possibile".
"E come ve ne andaste?".
"Le chiesi se sapesse dove trovare una normal suit da indossare. Era ovvio
che non potevo portarla fuori vestita in quel modo. Lei si alzò ed estrasse una
normal suit da un armadietto che c’era in quella stanza".
"Oh, bene, credo che siamo arrivati al punto cruciale. Lei ritiene che la
signorina Fontaine sia una bella ragazza, vero?".
Dolores tirò una gomitata nelle costole dell’avvocato difensore.
"Obiezione, vostro onore!", disse questi alzandosi di scatto dalla sedia,
come se si fosse appena svegliato da un lungo sonno.
"Accolta", rispose il giudice. Poi, rivolgendosi all’accusatore: "L’accusa si
limiti a domande inerenti i fatti".
L’avvocato dell’accusa fece un cenno con la mano, come a riconoscere il
richiamo.
Poi continuò: "Riprendiamo da dove eravamo rimasti. La signorina Fontaine
estrasse dall’armadietto una normal suit, giusto?".
"Esatto".
"E lei le disse di indossarla, giusto?".
"Esatto".
"E cosa faceste a questo punto?".
"Mi sembrò che la ragazza fosse restia a spogliarsi in mia presenza, quindi
uscii dalla stanza e lei chiuse la porta".
"E perché ritiene che non volesse spogliarsi davanti a lei?".
"Be’, direi che era timida. Non le piaceva l’idea di restare in biancheria
intima davanti a un uomo, probabilmente. Non ci vedo niente di strano, anche se
la situazione avrebbe richiesto un atteggiamento più pratico".
"Davanti a un uomo qualsiasi o davanti a lei?".
Altra gomitata nelle costole della difesa.
"Obiezione, vostro onore! Comunque, potrebbe anche evitare di colpirmi sempre
lì… No, mi scusi, vostro onore, non dicevo a lei".
"Accolta", disse nuovamente il giudice. "L’accusa si astenga da insinuazioni
non comprovate".
Stavolta, l’avvocato accusatore si limitò a una smorfia stizzita.
E riprese: "Lei sostiene quindi di essere uscito dalla stanza".
"Esatto".
"E quindi, come accadde che lei e la signorina Fontaine lasciaste la
nave?".
"Mentre me ne stavo fuori, appoggiato alla porta, a un certo punto cominciai
a sentire dei rumori strani provenienti dall’interno".
"Che tipo di rumori?".
"Gemiti, gridolini… Sembrava che qualcuno lì dentro si stesse lamentando per
qualcosa".
"E cosa fece?".
"Aprii la porta, ovviamente. Non ci stetti tanto a pensare: la struttura
della nave poteva cedere da un momento all’altro, quindi bisognava andarsene di
lì il prima possibile".
"Cosa vide quando entrò nella stanza?".
"Vidi la signorina Fontaine che piagnucolava sul letto. Non capii perché e
glielo chiesi. O almeno ci provai. Cercai di avvicinarmi, ma lei cominciò a
tempestarmi di pugni e io mi riparai dietro le braccia".
"In che condizioni era la signorina Fontaine?".
"Non l’ho ancora capito. Non so nemmeno adesso perché stesse piagnucolando in
quel modo. Pensai che qualche persona a lei cara fosse morta durante la
battaglia che si era appena svolta, o qualcosa del genere".
"Veramente, io mi riferivo al suo abbigliamento".
"Aveva infilato le gambe nella normal suit. Non si era ancora messa la parte
superiore".
"E, in quella parte, era nuda?".
"Non completamente, indossava un reggiseno".
"Cosa fece a questo punto?".
"Non potevo perdere altro tempo. Cercai di avvicinarmi a lei per aiutarla a
infilarsi la normal suit, ma lei continuò a respingermi con pugni e calci. Se
fosse andata avanti così ancora per molto, saremmo potuti restare entrambi
intrappolati nel relitto dell’Alexandria".
"E la sua soluzione al problema fu…".
"Non fui molto simpatico, lo ammetto, ma la situazione era un’emergenza. Le
tirai un cazzotto sulla mandibola e la stesi sul posto. Poi le infilai la normal
suit, me la caricai in spalla e la portai sul mio Nero. Con quello, rientrammo
sullo shuttle. Il resto dovrebbe essere noto".
"Quindi…". L’avvocato dell’accusa sembrò sul punto di dire qualcosa, ma si
fermò. Forse aveva paura di una nuova obiezione della difesa e, dopo averci
pensato un po’, riprese: "Quindi, signor Parker, cosa ci sta dicendo? Cosa
dovrebbe esserci noto? Le ricordo che lei è qui per difendersi da un’accusa. La
signorina Fontaine la accusa di averla violentata in quella stanza, signor
Parker. Le sue parole lasciano pensare che quello che dice sia vero…".
"Non è così, maledizione! Non l’ho affatto violentata! Le ho dato un pugno,
questo sì, ma non l’ho violentata! E, se devo essere sincero, non ho ancora
capito su cosa si basi l’accusa. Sulla parola di quella ragazzina? Vale più
della mia a priori?".
"Signor Parker, forse lei ignora che esistono degli esami medici che possono
rivelare se una donna ha subito violenza carnale. È ovvio che non si sia creduto
alla signorina Fontaine sulla parola".
"OK, è stata violentata, e allora? Chi le dice che sia stato io? Può essere
stato qualcuno che era con lei sulla nave, prima che io arrivassi!".
"E allora perché la signorina Fontaine ha accusato lei? Le faccio notare che
la signorina Fontaine è stata l’unica sopravvissuta su quell’Alexandria, quindi
non avrebbe avuto alcun problema a indicare qualcun altro come colpevole".
"Ma che ne so, del perché mi accusi? So solo che non c’è uno straccio di
prova contro di me, punto! Non si può dimostrare che io le abbia fatto qualcosa
oltre quello che ho detto. È assurdo che io debba stare in tribunale per una
cosa del genere!".
***
"Assurdo!", esclamò Dolores, mentre lei e Michael scendevano la scalinata del
tribunale. "Non posso credere che abbiano davvero condannato Julius! Non c’erano
prove che avesse veramente violentato Liz!".
"Liz?", domandò Michael aggrottando la fronte. "Adesso la chiami anche con
tanta confidenza? Guarda che è per colpa delle sue balle se Julius dovrà passare
i prossimi anni dietro le sbarre".
Dolores sospirò: "Quella ragazza ha dei problemi, Michael. Davvero".
"Dolores, c’è una sacco di gente che ha dei problemi e non mette nei casini
il prossimo. Comunque sia, quel processo era una farsa. Decisamente. Troppe cose
che hanno dato l’impressione che volessero farla finita il prima possibile. Mi
chiedo solo perché abbiano preso di mira Julius in questo modo".
"Probabilmente, non l’hanno fatto".
"Eh?".
"Intendevo dire che non credo ce l’avessero con Julius. Penso volessero
semplicemente un capro espiatorio. Per chi ha manovrato questo processo, Julius
o chiunque altro non avrebbe fatto differenza".
"Ma allora pensi anche tu che ci sia qualcosa di molto strano in tutto
questo? Ne ero certo!".
Dolores non lo pensava.
Lo sapeva.
Elizabeth Fontaine era una newtype e Dolores aveva percepito la sua presenza
sull’Alexandria grazie ai propri poteri.
Poteri che, in realtà, non erano mai stati confermati ufficialmente: non era
ancora chiaro come distinguere un newtype e il fatto che lei fosse riuscita a
pilotare il Gundam Deathlock l’aveva posta nella lista dei sospetti, senza però
lasciare ai vertici dell’Esercito Federale la certezza in materia.
Come tutti i sospetti newtype, era stata tenuta sotto stretto controllo dai
federali per tutti gli anni seguenti la Guerra di Un Anno.
Adesso, all’improvviso, sembravano avere avuto la conferma definitiva.
Da cosa fosse derivata, Dolores non avrebbe saputo dirlo.
Fatto sta che, prima del processo, aveva ricevuto una comunicazione che non
lasciava adito a molti dubbi.
Un agente dell’Esercito Federale l’aveva voluta incontrare.
Parlandole come se stesse dando per scontato che lei era una newtype, le
aveva detto senza mezzi termini che il processo non avrebbe fatto venire a galla
questo fatto.
Che doveva restare segreto.
L’Esercito Federale, dunque, aveva manovrato il processo.
Inizialmente, Dolores aveva pensato che questa ingerenza sarebbe stata volta
esclusivamente a proteggere il suo segreto; dopo avere visto come era stato
condannato Julius, però, le era sembrato praticamente ovvio che fosse stato
fatto anche qualcosa d’altro.
Ma cosa? Se non si era indagato su come lei avesse potuto sapere della
presenza di Elizabeth sulla nave per coprire il fatto che erano entrambe
newtype, cosa doveva insabbiare la condanna di Julius?
***
Un giovane uomo sui venticinque anni, che indossa un’uniforme da calcio a
strisce verticali rosse e nere, palleggia su di uno sfondo completamente bianco.
Ha dei lunghi capelli castani che gli arrivano alle spalle e sul suo braccio
sinistro c’è la fascia di capitano. Sulla sua maglia campeggia il logo della
Anaheim Electronics. L’uomo blocca il pallone sotto il piede destro e si volta
verso di noi: "Il calcio è come una battaglia", dice. "Perciò, quando scendo in
campo, voglio farlo con un marchio che mi dia la certezza di vincere". L’uomo si
batte una mano sul petto.
Poi la scena cambia: vediamo il giovane calciare un pallone in acrobazia;
sullo sfondo, la luce abbagliante di un riflettore ci fa capire che siamo in un
campo da calcio, durante una partita in notturna.
La palla entra in rete, superando le mani del portiere, l’unica parte del suo
corpo inquadrata.
Mentre il giovane uomo viene sollevato dai suoi compagni e portato in trionfo
con lo stadio che esplode, si gira verso di noi: "Questo marchio prestigioso può
dare la certezza di vincere anche a te!", dichiara con trasporto.
Poi la scena cambia ancora: vediamo il solito calciatore a figura intera, che
sorride verso di noi.
Tiene il pallone sotto il piede destro e in sottofondo c’è lo spazio
stellato.
Dietro l’uomo compaiono nell’ordine la testa di un Nemo (nella parte
sinistra, con lo sguardo rivolto verso destra), quella di un Methuss Kai (nella
parte destra, con lo sguardo rivolto a sinistra) e quella dello Z Gundam (al
centro, rivolta verso di noi).
Tutte insieme, le teste sono abbastanza grandi da occupare interamente lo
sfondo (si vede sotto ciascuna di esse il corpo sfumato del mobile suit
corrispondente).
La voce fuori campo dice perentoria: "Combatti anche tu con la certezza di
vincere: scegli il marchio di Anaheim Electronics. Sponsor ufficiale di AC
Milan".
***
Dolores si stese sul letto e guardò il soffitto, mentre la pallida luce
artificiale, impostata per illuminare la stanza al minimo, le permetteva di
ricordare quanto squallido fosse il monolocale di Von Braun City che l’Esercito
della Federazione Terrestre le aveva assegnato dopo averla spedita sulla
luna.
Era in momenti come questi che rimpiangeva maggiormente il fatto di non
essere a casa, a Belfast.
Non poteva rivedere la sua famiglia dopo il lavoro e questo le pesava.
Anzi, non avrebbe mai pensato che potesse pesarle tanto.
Litigava sempre con il suo compagno.
Suo figlio le dava un sacco di preoccupazioni.
Però, si era abituata talmente tanto a quello stile di vita, che ormai non
poteva più farne a meno.
Non sapeva se sentirsi fortunata o sfortunata.
Chissà perché, le sue abilità da newtype non le erano mai state utili, quando
si era trattato di capire i suoi familiari.
Forse poteva avere un surrogato di famiglia in Elizabeth?
Lanciò un’occhiata alla ragazza, che, seduta per terra, aveva acceso il
televisore all’altro capo della stanza e stava guardando quello che sembrava
essere uno spot pubblicitario della Anaheim Electronics.
Elizabeth si girò verso Dolores: "Ti piace lo spot della Anaheim? Non è
carino quel calciatore?".
"Io tifo Ajax", rispose Dolores riportando la propria attenzione al soffitto.
"A proposito, sai cosa ho sentito dire? Pare che la Anaheim potesse
sponsorizzare l’Inter per questa stagione, ma poi ha preferito il Milan".
La ragazza si avvicinò al letto e appoggiò il mento sul materasso, in modo
che la sua faccia si trovasse a pochi centimetri da quella di Dolores.
"Perché hanno preferito il Milan?", chiese, mentre i suoi grandi occhioni si
fissavano sulla sua interlocutrice.
Dolores aggrottò la fronte. Si sentiva un po’ a disagio.
Essere guardata da una newtype le faceva venire l’impressione che le venisse
letto nel pensiero.
Infine, rispose: "L’Inter non vince niente di importante da prima del cambio
di datazione… Non sarebbe stata una squadra adatta all’immagine vincente che si
voleva dare dell’azienda".
La risposta sembrò soddisfare Elizabeth, che rispose con uno dei suoi tipici
sorrisi infantili: "Sai, sono contenta di poter stare a vivere con te. Non sarei
mai voluta andare in uno di quegli istituti in cui voleva mandarmi il
giudice".
"Guarda che questa è solo una sistemazione provvisoria", replicò la donna.
"Non è che vivremo insieme per sempre. E comunque, non vedo come il giudice
avrebbe potuto rifiutarsi, quando ti sei disperata tanto di fronte a lui".
Elizabeth sorrise di nuovo: "Ma sono qui solo perché tu hai accettato! E sono
contentissima che tu mi abbia voluta con te".
"Senti, ma… Perché hai insistito tanto per vivere con me finché non ti fosse
stata trovata una sistemazione definitiva?".
La faccia della giovane si fece improvvisamente seria: "Perché ho sapevo che
tu sei una persona capace di capirmi ancor prima di incontrarti. Mentre ero là,
nell’Alexandria mezza distrutta, io sapevo già che tu eri lì fuori".
Certo, era ovvio.
La cosa non sorprese Dolores.
Evidentemente, la percezione era stata reciproca.
Non era questo il punto oscuro della faccenda.
Quello che la insospettiva era il motivo per cui fosse stato acconsentito
alla richiesta di Liz di vivere con lei, nonostante fosse palesemente contraria
alla prassi.
Dato che Elizabeth era in qualche modo tenuta sotto controllo dall’Esercito
Federale, era anche possibile ottenere ciò che normalmente sarebbe stato
impossibile, ma…
Ripensandoci, non era poi così strano.
La ragazza interessava all’Esercito Federale e l’avevano affidata a un loro
soldato per tenerla sotto controllo finché non avessero avuto modo di venirsela
a prendere fisicamente.
Il che sarebbe potuto accadere tra pochi giorni.
"Senti, Liz", chiese Dolores, "perché ti trovavi su quell’Alexandria,
esattamente?".
Elizabeth incrociò le braccia sul letto e vi appoggiò il mento, alzando gli
occhi al cielo con aria pensosa: "Non saprei con certezza. C’erano questi
militari vestiti di nero che dicevano di volermi aiutare… E mi dicevano che
avrebbero potuto farlo solo nello spazio".
"Aiutarti? Perché ti volevano aiutare? Aiutare a fare cosa?".
Stavolta, lo sguardo di Liz si fece malinconico. Volse gli occhi verso il
basso: "Io sono una ragazza strana. Fin da piccola, vedevo e sentivo cose
brutte".
"Del tipo?".
"Io… io sapevo cosa gli altri volevano dire ma non dicevano. Quando papà
incontrava quell’altra donna, io lo sapevo, anche se lui non lo diceva alla
mamma. Quando la maestra a scuola pensava che noi bambini fossimo solo un branco
di animali petulanti, io lo sapevo, anche se lei non ce lo diceva. Quando il
ragazzo della mia compagna di classe si era messo con lei solo per una
scommessa, io lo sapevo, anche se lui non lo diceva".
OK, adesso era chiaro.
Liz era una newtype particolarmente sensibile e i Titans volevano sfruttare
le sue capacità per qualcosa.
"Prima sono andata in un posto che mi pare si chiamasse ‘Murasame’, dove mi
hanno fatto un sacco di esami", continuò la ragazza, "Quei dottori pensavano che
io fossi un animale da studiare. Ma non me lo dicevano. Anzi, io sapevo che non
mi volevano veramente aiutare".
"E allora, perché sei andata con loro?". Subito dopo averlo chiesto, Dolores
si stupì per la stupidità di quella domanda.
"Perché altrimenti mi avrebbero costretta. Non me l’hanno mai detto, ma io lo
sapevo".
"Capisco".
Se Dolores aveva avuto una qualche voglia di portare avanti la conversazione,
ora le era completamente passata. Si fermò un attimo prima di riprendere: non
poteva certo fermarsi proprio ora.
Ma non ebbe modo di fare altre domande, perché Elizabeth ricominciò il
racconto da sola: "In quello strano posto, mi dissero che mi avrebbero fatta
diventare una pilota di mobile suit. Mi fecero vedere delle immagini del modello
che mi avevano preparato. Era un Gundam, come quello della Guerra di Un Anno…
Però era diverso. Era tutto nero e aveva un’aria minacciosa".
Dolores ebbe un sussulto.
La ragazza continuò: "Non ricordava proprio il Gundam che avevo visto in
fotografia. Mi dissero che si chiamava Psyco Gundam".
Dolores balzò a sedere sul letto: "Psyco Gundam, hai detto?", chiese
afferrando le spalle di Elizabeth.
La ragazza si divincolò e gattonò verso la parete.
"Scusa", disse Dolores rilassandosi e rimettendosi sdraiata. "Potresti
continuare la tua storia? Hai pilotato questo Psyco Gundam?".
Timidamente, comminando a quattro zampe, Elizabeth si avvicinò nuovamente al
letto e vi si appoggiò ancora: "No, non ho mai pilotato alcun mobile suit. A un
certo punto, qualche giorno fa… mi dissero che mi sarei dovuta trasferire nello
spazio. Mi dissero che una persona era venuta a prendermi per aiutarmi a
guarire".
"Guarire?".
"Sì, perché vedi… anche se nessuno me lo dice, io lo so. So di non essere
proprio una persona normale… So di avere dei problemi".
Dolores sospirò: "Non è un vero problema, Liz". Subito dopo avere proferito
questa sentenza, si chiese come si fosse permessa, proprio lei, di dire una cosa
simile. Continuò comunque: "Il fatto è che tu hai qualcosa che altri non hanno e
controllarla può essere difficile. Ma penso che succeda a tutti di doversi
confrontare con se stessi… Anche se magari per te può essere più
problematico".
"Dici?".
"Ma certo! Non si tratta di guarire, ma di trovare la propria strada… Oddio,
che battuta banale…".
"Allora… dici che quella persona avrebbe potuto farmi del bene?".
"Non saprei. Di chi si trattava?".
"Non lo so esattamente. Mi dissero che era venuta da lontano apposta per me e
che aveva capito che io ero la ragazza che cercava guardando la mia cartella
clinica nel database dei Titans. Mi fecero partire su di uno shuttle e poi, una
volta uscita dall’orbita terrestre, venni imbarcata sull’Alexandria che tu e i
tuoi compagni avete attaccato".
La situazione cominciò a farsi più chiara nella testa di Dolores. Quindi
quell’Alexandria non si era trovato lì per fermare la consegna della Anaheim
Electronics alla Karaba, ma per recuperare Elizabeth.
E avevano mandato una corazzata con dodici mobile suit solo per scortare una
ragazzina?
Ma a cosa doveva servire esattamente?
A questo punto, era ovvio che la Federazione era incappata in Elizabeth solo
perché era stata sottratta in questo modo ai Titans e che lasciarla in custodia
di Dolores era probabilmente una maniera per nasconderla.
In fin dei conti, le direttive legislative dello scorso 16 agosto erano
ancora in vigore e, benché fossero in fase calante, il potere politico dei
Titans restava sempre enorme.
Era già tanto che nessuno avesse chiesto qualche testa per la distruzione
dell’Alexandria, probabilmente perché la Federazione stava cominciando a non
dare più peso alle pretese dei galoppini di Jamitov.
Ma i federali sapevano cosa i Titans avevano avuto in mente?
Dolores si decise a saperne di più: "Tu sai cosa era esattamente la nave
sulla quale ti hanno imbarcata, vero?".
Elizabeth sembrò a disagio: "So che era una nave militare".
"Esatto. Ma non una nave qualsiasi. Trasportava ben dodici mobile suit e
l’hanno mandata a prendere te… Non ti sembra strano?".
"No. In quel posto chiamato Murasame, mi avevano detto che sono una persona
importante. Mi avevano detto che sarebbe stato fatto di tutto per proteggermi. È
stato per questo che non ho avuto paura. Nessuno aveva mai voluto proteggermi
prima di allora, anzi, mi hanno sempre fatto tutti male".
"Dai, adesso non farla così tragica… Avrai avuto qualcuno che ti voleva bene,
no? Che so, i tuoi genitori, degli amici…".
"Non ho mai avuto amici". Le parole che uscirono dalla bocca della ragazza
erano quasi sussurrate. "Nessuno mi capiva veramente. I miei genitori erano
troppo occupati a lavorare per cercare di stare con me. Non si sono nemmeno
opposti quando i militari vestiti di nero mi hanno portata via".
Dolores non poté che sospirare, mentre si stendeva nuovamente sul letto: "Il
fatto è che… tutti vorrebbero essere capiti, perché questo risparmierebbe loro
il doversi confrontare con il proprio prossimo. Almeno così si pensa. Sai, tempo
fa ho incontrato una persona secondo cui quelli come te avrebbero un vantaggio,
perché sarebbero in grado di comprendere e farsi comprendere dal prossimo senza
fatica. Ma poi ho scoperto che era solo un’illusione. Non ci si può capire senza
volerlo veramente. È comunque un procedimento difficile, perché spesso, capendo
qualcun altro, vedi qualcosa che non vorresti vedere".
Liz sbatté i suoi grandi occhioni: "Non capisco molto bene quello che hai
detto, però sembrava interessante".
"Avrai tempo per pensarci. Adesso andiamo a dormire, che domattina devo
lavorare".
"E io?".
"Tu… no. Be’, non sei una bambina, giusto? Non è un problema per te restare
qui da sola, vero? Sai badare a te stessa, dopotutto".
Elizabeth aggrottò la fronte in un’espressione di disappunto: "Io non voglio
che tu vada a lavorare".
"Non ho molta scelta, purtroppo. Si passa la vita a lavorare, a sbattersi, a
farsi un culo così, e poi si muore. Triste, ma vero".
"Non è giusto", protestò la ragazza picchiando debolmente i pugni sul
letto.
"Credo lo abbia già detto qualche miliardo di persone. È strano che la gente,
pur cercando la felicità, abbia creato un mondo che la rende infelice. Però temo
di poterci fare niente, mi dispiace".
"Non andare a lavorare, dai…".
"Ti ho già detto che non posso decidere. I miei superiori vogliono che
continui a fare il mio lavoro alla Anaheim anche mentre mi occupo di te".
"Non ci andare!". Stavolta Liz gridò con decisione.
"Piantala di essere irragionevole!", sbottò Dolores mettendosi a sedere. "Io
devo lavorare! Ho una famiglia, non posso decidere di fare quello che mi pare
solo per un capriccio!".
Elizabeth sembrò ferita da quella risposta.
Si allontanò lentamente dal letto, mettendosi viso contro il muro in un
angolo della stanza.
"Dai, adesso non fare così", disse Dolores in tono conciliatorio.
"A te non importa niente di me", mormorò Elizabeth con un fil di voce.
"Non è vero…".
"Sì che è vero. Tu hai la tua famiglia e io non conto niente. Sono solo un
peso per te".
"Piantala con questa storia!". Dolores stava cominciando a perdere la
pazienza.
Che seccatura!
Quella ragazzina stava diventando davvero fastidiosa!
"Neanche tu sei mia amica, vero?", domandò Elizabeth senza voltarsi.
"Non comportarti in maniera così infantile!". Dolores stava cominciando a non
poterne più di questo vittimismo.
Quando si trovava di fronte qualcuno che si comportava in questo modo, le
veniva una gran voglia di prenderlo a pugni.
Elizabeth restò in silenzio per qualche secondo.
Dolores rimase immobile.
Aveva l’impressione che la ragazza stesse per dire qualcosa.
Poi la sentì singhiozzare.
"Liz…", disse Dolores scendendo dal letto e avvicinandosi. "Non ti starai
mettendo a piangere per una cosa del genere, vero?".
Cercò di mantenere un tono di voce quanto più dolce possibile.
"Sei cattiva", mormorò Elizabeth. "Sei come tutti gli altri…".
"Senti, non è che io…".
"Perché mi hai picchiata?".
"Cosa?".
"Mi hai picchiata. Sei cattiva, Dolores".
"Ma stai scherzando? Se non ti ho nemmeno…".
Elizabeth si girò.
Attorno al suo occhio sinistro, gonfio e semichiuso, c’era un alone
violaceo.
"Ma come diavolo hai fatto?", sbottò Dolores mettendo una mano sulla spalla
della ragazza.
"Non mi toccare!" gridò Elizabeth sottraendosi alla sua vicinanza.
"Cosa ti è successo? Hai picchiato la faccia contro il muro? Si può sapere
come ti sei fatta quel livido?". Dolores era più sconcertata per il fatto di non
riuscire a spiegarsi cosa fosse accaduto che per l’occhio nero in sé.
La ragazza sembrò esplodere: "Sei stata tu! Mi hai picchiata!".
Dando a Dolores uno spintone che la fece quasi cadere a terra, Elizabeth
corse all’angolo opposto della stanza, crollando in ginocchio mentre
singhiozzava sgangheratamente.
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Capitolo 4 *** Intermezzo - Keroro: piano per la conquista subdola! ***
INTERMEZZO
KERORO: PIANO PER LA CONQUISTA SUBDOLA!
***
"Oh!", esclamò il sergente Keroro firmando la ricevuta del fattorino spaziale
con il timbro del plotone, "Finalmente mi è arrivata la spedizione che
aspettavo!".
Il grande pacco che il fattorino lasciò sulla porta di casa Hinata occupava
l’atrio quasi interamente.
Tamama lo guardava incuriosito, mentre Keroro ci si arrampicava sopra per
aprirlo.
Giroro, che aveva visto il fattorino arrivare dalla propria tenda, si
affacciò alla porta: "Maledetto… non ti sarai fatto arrivare ancora qualche
altra cianfrusaglia, vero?".
"Cianfrusaglie?", domandò il sergente con aria innocente, "Queste non sono
certo cianfrusaglie!". Estrasse dal pacco una scatola di cartone, sulla quale
era disegnato un mobile suit bianco e blu che puntava il beam rifle.
"Visto?", disse Keroro sogghignando, "Mi sono fatto spedire tutta la serie
dei Master Grade degli OAV di Gundam D! Ci sono lo Z Plus "-Type, il Marasai Custom, l’Efreet
European Campaign Type, il Gundam Deathlock e tutti gli altri!".
Giroro alzò l’hyper bazooka contro il proprio superiore: "E queste non
sarebbero cianfrusaglie? Non conquisteremo mai Pekopon con i tuoi maledettissimi
gunpla!".
Lo sguardo di Keroro si incupì all’improvviso e una risata bassa diabolica
gli uscì dalla gola: "Come sei ingenuo, Giroro… Questo è il mio nuovo,
infallibile piano per sottomettere la popolazione di questo pianeta! Grazie alla
mia brillante idea, che unisce l’utile al dilettevole, tutti i pekoponiani
strisceranno ai nostri piedi!".
"Cosa stai facendo, stupida rana?", sbottò Natsumi affacciandosi nell’atrio
dalla cucina. "Sbrigati, che ci sono ancora i piatti di mezzogiorno da
lavare!".
"Oh, subito, signorina Natsumi!", esclamò Keroro trotterellando verso la
stanza da cui era venuta la voce della ragazza.
"È un’altra delle sue cialtronate!", disse Giroro puntando il bazooka verso
il pacco. "Distruggerò questa roba, così forse penserà a qualcosa di serio".
"Te lo sconsiglio, Giroro", sogghignò Kururu sbucando da dietro il mucchio di
gunpla. "Sembra che il comandante voglia davvero usare questi modellini per
conquistare Pekopon".
***
Giroro, Tamama, Kururu, Dororo e Mois, ordinatamente allineati davanti al
palco del rifugio costruito nei sotterranei di casa Hinata, aspettavano.
Davanti a loro, una gigantografia con un primo piano di Keroro annunciava ciò
che sarebbe accaduto di lì a poco.
Keroro arrivò sul palco con passo lento e misurato, con l’uniforme degli alti
ufficiali dell’Esercito Regolare di Zeon che gli dava un’aria solenne.
Si mise davanti allo scranno che c’era sul palco.
Si schiarì la voce.
Cominciò ad arringare i suoi subalterni: "La forza di Keron non è
paragonabile nemmeno a un trentesimo di quella di Pekopon, eppure sapete perché
siamo riusciti a continuare a combattere fino a oggi? Ascoltate, compatrioti, ci
siamo riusciti perché i nostri sono alti ideali! Compatrioti, trasformate la
vostra tristezza in rabbia! Non dimenticate che noi, popolo di Keron, siamo
stati prescelti da Dio! Sieg Keron!".
Tamama, Kururu, Dororo e Mois alzarono il braccio destro e cominciarono a
cantilenare un ritmico "Sieg Keron! Sieg Keron! Sieg Keron!".
La accorata celebrazione fu interrotta quando un raggio violaceo sfiorò la
testa di Keroro e colpì la gigantografia alle sue spalle in mezzo agli
occhi.
"Ho dimenticato di mettere la sicura", disse Giroro con il beam rifle ancora
fumante puntato.
Un rivolo di sudore freddo scese dalla fronte di Keroro. "Non essere così
imprudente, Giroro", disse il sergente con tono accomodante mentre la voce gli
tremolava, "Non sai che è pericoloso andare in giro con quelle armi?".
"Passiamo al piano", ringhiò il caporale facendo capire che non avrebbe
ammesso rifiuti.
Keroro estrasse da sotto lo scranno un Master Grade del Dolly completamente
montato.
"Questo è un gunpla!", disse alzando il modellino. "I gunpla vendono un sacco
di pezzi in tutto Pekopon! I pekoponiani li amano! Ma noi sfrutteremo questa
loro debolezza per conquistare il pianeta su cui vivono! Guardate alle mia
spalle".
La gigantografia cadde e dietro di essa comparve uno schermo gigante.
Sullo schermo cominciarono a scorrere le immagini di una banda di soldatini
di plastica che si infiltravano in una casa per combattere una guerra. Poi,
quelle di una bambola che sgozzava un uomo usando un rasoio.
"Come potete vedere da queste immagini tratte dalla cultura di Pekopon, i
pekoponiani sono vulnerabili ai modelli antropomorfi di piccole dimensioni, il
che include anche i gunpla. Grazie a un sistema di controllo ideato dal sergente
maggiore Kururu, potremo guidare a distanza i gunpla e utilizzarli per attaccare
i pekoponiani". Keroro assunse un’espressione diabolica e cominciò a ridere
sgangheratamente: "I pekoponiani non sanno quello che li aspetta… Ogni volta che
compreranno un gunpla, introdurranno un nemico in casa propria… In questo modo,
lo Squadrone Keroro conquisterà questo pianeta dall’interno… Guardate qua!".
Il sergente appoggiò il modellino sullo scranno, estrasse un telecomando
dall’uniforme e premette qualche tasto.
Ridacchiò: "Ecco, gli ho ordinato di attaccare qualsiasi pekoponiano nelle
vicinanze… Ora vedrete che partirà alla ricerca…".
Passò una manciata di minuti prima che il pubblico si accorgesse che non
stava succedendo niente.
Keroro si grattò pensosamente il capo: "Come è possibile? Perché non
funziona? Non ci sarà un guasto?".
"Questo è da escludersi", replicò Kururu mentre sghignazzava come al solito.
"Il mio sistema di controllo è infallibile. Se il modello non risponde ai
comandi, significa che non lo ha".
"Oh, ma certo!", esclamò Keroro. "Avevo ordinato tutti i modelli in duplice
copia, perché pensavo di tenerne uno per tipo! Quindi abbiamo messo il
meccanismo di controllo nell’altro Z Plus "-Type!".
"E vallo a prendere, no?", ringhiò Giroro agitando il fucile. "Dove l’hai
messo?".
"Ovunque sia, suppongo che ormai avrà ricevuto il comando", considerò Kururu
prima di mettersi ancora a sghignazzare sommessamente.
Keroro ci pensò un po’: "Ah, sì! Lo avevo lasciato sul tavolino del
soggiorno, vicino al divano dove la signorina Natsumi si siede per guardare la
TV!".
Giroro sgranò gli occhi: "Natsumi?!".
Un attimo dopo, era sparito.
***
"Cos’è questo affare?", chiese Natsumi guardando il modellino del mobile suit
sul tavolino del soggiorno.
"Sembrerebbe un gunpla", rispose Fuyuki. "Deve averlo lasciato qui il
sergente".
"Che seccatura!", esclamò la ragazza afferrando lo Z Plus e fissandolo in
faccia, "Quella stupida rana non è nemmeno capace di tenere la propria roba a
posto!".
Natsumi non fece in tempo a riporre il modellino.
Un bagliore si accese negli occhi di plastica del gunpla.
Una scia di luce violacea danzò impazzita per la stanza.
Il modello aveva sparato con il beam rifle.
"Sorellina!", esclamò Fuyuki.
Istintivamente, Natsumi lasciò cadere lo Z Plus, che balzò in aria e si
trasformò in waverider, volando sul divano.
In un attimo riprese la forma di mobile suit.
Alzò il fucile.
Si preparò a premere il grilletto.
Proprio mentre stava per sparare, si girò di scatto e colpì al volo tre
proiettili che gli erano stati lanciati contro.
"Maledetto!", ringhiò Giroro, fermo all’entrata del soggiorno con l’hyper
bazooka ancora fumante e il beam rifle nell’altra mano, "Chi avrebbe mai pensato
che un’invenzione di quell’idiota potesse darmi tanti problemi?".
Senza aggiungere altro, il caporale balzò verso il modellino e sparò due
rapidi colpi di beam rifle.
Lo Z Plus parve evitarli senza sforzo spostandosi di lato, per poi lanciarsi
contro il keroniano sfoderando la beam saber con la mano libera.
"Dannazione!", sbottò Giroro, colto completamente alla sprovvista.
La lama della beam saber colpì il metallo.
Dororo si era frapposto tra i due combattenti, sfoderando la spada e parando
il colpo del mobile suit.
"Oh, interessante!", considerò Keroro entrando nella stanza, "Ero convinto
che le armi a raggi non potessero essere bloccate da barriere fisiche".
Kururu, al fianco del sergente, sghignazzò come sempre: "La copertura
anti-raggio che ho messo sulla lama della spada di Dororo funziona bene,
pare".
"Una copertura anti-raggio? Come quella dello Hyaku Shiki?".
Lo Z Plus parò un paio di colpi del beam rifle di Giroro con lo scudo.
"Ah, già", disse Keroro, "dimenticavo che anche lo scudo dello Z Plus
"-Type ha la copertura
anti-raggio".
"Beccati questo!", gridò Tamama saltando da dietro Keroro e Kururu, "Tamama
Impact!".
Dalla bocca del keroniano eruppe un fiume di energia, che investì in pieno il
modellino.
"Ce l’ha fatta?", si chiese Fuyuki.
No.
La risposta gli arrivò quando la luce del Tamama Impact si dissipò, mostrando
il gunpla indenne avvolto da una tenue luminescenza.
"Dev’essere il bio-sensor", commentò Keroro. "L’ho sempre detto, è stato solo
grazie al bio-sensor che Kamille ha potuto sconfiggere Scirocco".
"Dannazione!", esclamò Giroro, mentre tutti i suoi attacchi andavano a vuoto,
"Eppure deve esserci un modo per fermare questo mostro!".
"Già", disse Keroro girandosi verso Kururu, "Un modo deve esserci, no?".
"Io proverei a premere il tasto di spegnimento sul telecomando", rispose
ridacchiando il keroniano occhialuto.
"Oh, è vero! Non ci avevo pensato".
Keroro premette il pulsante.
Lo Z Plus si fermò proprio mentre stava per infilzare Giroro sulla beam
saber.
"Che arma terribile", mormorò il caporale ricomponendosi. "Forse questa volta
abbiamo davvero lo strumento giusto per conquistare Pekopon…".
"Permettetemi di notare una cosa, però", disse Kururu, sempre sghignazzando.
"La gente compra i gunpla smontati, ma il mio dispositivo deve essere inserito
in un modello già completo. Vorrei sapere come il comandante conta di indurre i
pekoponiani a mettere qualcosa di tanto pericoloso nei propri gunpla".
Nella stanza scese il gelo.
Keroro si sentì tutti gli occhi puntati addosso.
"Oh, be’… Potremmo… entrare in tutti i negozi di gunpla del mondo, montare i
modellini e poi rimetterli nelle scatole con il sistema di controllo già
inserito?".
Sentì qualcosa di freddo sulla nuca.
Si girò.
Solo per vedere l’hyper bazooka di Giroro puntato contro la sua faccia.
"Giroro, non dovresti andare in giro con il bazooka in quella posizione,
potresti fare del male a qualcuno… Che so, il tuo sergente, per esempio…".
"Maldetto…", ringhiò Giroro, "Sapevo che doveva esserci qualche falla nel tuo
dannatissimo piano!".
Quando il caporale premette il grilletto del bazooka, Keroro si sentì
scagliato all’indietro da una potenza devastante.
Si fermò solo quando la sua testa picchiò contro qualcosa di duro.
Cadde a terra.
A giudicare dall’impatto, ciò che aveva fermato il suo volo era stato un
ginocchio umano.
Keroro alzò lo sguardo.
Natsumi.
"Quel gunpla assassino era tuo, vero, stupida rana?", chiese la ragazza, le
mani suoi fianchi e gli occhi che sembravano dover esplodere da un momento
all’altro.
"Sorellina…", mormorò Fuyuki dietro di lei, apparentemente intimorito quanto
il keroniano.
Un secondo dopo, il piede di Natsumi si stampò sulla faccia di Keroro,
scagliandolo contro il muro.
Per un attimo, il sergente sembrò morto.
Poi, lentamente, alzò il capo.
Sul suo viso c’era un sogghigno diabolico.
"Anche se questo piano è fallito, io non rinuncio… Proprio come Char, che ha
continuato a inseguire lo White Base senza arrendersi, io conquisterò
Pekopon!".
Poi aggrottò la fronte.
"Mi pare di ricordare… Ah, ma certo! Oggi esce il nuovo Master Grade
dell’Hamma-Hamma! Devo andare immediatamente al negozio di gunpla!".
Saltellò allegramente verso la porta d’ingresso, attivando l’anti-barrier,
dimentico del fatto che non avrebbe certo potuto compre un modello, se nessuno
lo avesse visto.
***
Note dell’autore
No, non rispondo a domande. Forse vi starete chiedendo cosa c’entri questa
storia con Gundam. Dovete conoscere Keroro Gunso per capire. Comunque, nel caso
non abbiate la minima idea di cosa sia, il breve racconto qua sopra ne dà
un’idea abbastanza attinente: un gruppo di alieni capeggiati da un fissato di
Gundam vuole conquistare la Terra e concepisce qualche piano, se la tira
esageratamente, pensa di avere il mondo in mano, salvo poi capire che è una
cazzata per qualche motivo stupido. È abitudine di Keroro Gunso anche mostrare
dei gunpla che non esistono (il Master Grade del Gyan è comparso più di un anno
prima che uscisse effettivamente e recentemente si è visto anche quello
dell’Hambrabi… sarà profetico?). Per la cronaca, è OVVIO che non ci siano
modellini ispirati a Gundam D, ma non esiste nemmeno il Master Grade
dell’Hamma-Hamma, se è per questo. Tra l’altro, questo raccontino somiglia in
maniera inquietante a un episodio di Keroro Gunso effettivamente trasmesso,
l’82, se non ricordo male… Però non lo avevo ancora visto quando ho scritto ‘sta
roba. Liberissimi di non crederci.
Per qualsiasi riferimento ai mobile suit di Gundam D non abbiate capito, non
preoccupatevi, sarà chiaro quando leggerete il capitolo D-MSV, in appendice a
questa fanfiction. Ovviamente, lo Z Plus "-Type è il modello di Dolores: Keroro lo chiama così
perché il numero di serie è MSZ-006" (capirete leggendo D-MSV). Prego, prego, continuate pure la lettura, a
partire dalla prossima fase della storia, tornerò al racconto vero e
proprio.
Come nota conclusiva, credo che questo racconto sia stato la prima fanfiction
italiana su Keroro Gunso; la prima pubblicata, almeno. È comparsa su questo sito
prima che la serie TV andasse in onda su Italia 1. Preciso che io seguo solo la
versione giapponese, quella italiana ha un doppiaggio che fa sanguinare le
orecchie e un adattamento ancora peggiore, pare si siano sforzati per non
cogliere MEZZA citazione. Ma è anche vero che in tutta Italia ci sarà si e non
un migliaio di persone capace di capire questa serie per più di un terzo (e
dovrebbe essere stata una di queste persone ad adattarla: per quanto bravo un
professionista possa essere, per fare un lavoro decente su Keroro è necessario
un background MOLTO specifico). Da quando Keroro Gunso è arrivato in terra
nostrana, io vedo un sacco di gente entusiasta che ne parla bene… Ma la verità è
che questi NON sanno di cosa parlano. La versione italiana non consente di
capirlo, semplicemente. Ah, e comunque non è che io sia poi ‘sto grande fan
degli alieni di Keron, eh… Un buon 65% degli episodi è abbastanza insulso, alla
fine. Quelli belli sono VERAMENTE belli, ma, tipicamente, sono tra i più
stratificati, e quindi più difficili da capire per chi non ha il background di
cui sopra.
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Capitolo 5 *** Capitolo 2: Ciò che si vede, ciò che non si vede (parte seconda) ***
CAPITOLO 2: CIÒ CHE SI VEDE, CIÒ CHE NON SI VEDE (parte seconda)
***
Le navi di classe Jupitris non erano una vista rara nella Sfera Terrestre,
benché non vi appartenessero. Fin da prima della Guerra di Un Anno, avevano
avuto il compito di rifornire la Terra e le colonie di elio3, l’isotopo
fondamentale per il funzionamento dei reattori nucleari ultracompatti
Minovsky.
All’interno di un Jupitris, una ragazza dai lunghi capelli biondi, avvolta
nella normal suit nera dei Titans, era appoggiata sul piede di un grosso mobile
suit.
Anzi, non appoggiata, era raggomitolata.
In posizione fetale, approfittava dell’assenza di gravità per adagiarsi su di
una superficie diagonale, dalla quale, in condizioni normali, sarebbe
sicuramente scivolata.
L’assenza di gravità le piaceva.
Non solo perché sentirsi privi di peso era quasi un sollievo, ma anche per
quel bizzarro effetto che ricreavano i suoi capelli che le fluttuavano attorno,
avvolgendola in un bozzolo dorato.
La ragazza aprì i suoi occhi, di un azzurro talmente chiaro da essere quasi
bianco.
Guardò una ciocca dei propri capelli che le fluttuava davanti al capo.
Sorrise.
"Presto la sua volontà sarà fatta, padron Paptimus", mormorò tra sé e sé.
Poi, alzò il capo e guardò le larghe spalle del mobile suit e la sua
minuscola testa dall’aspetto demoniaco.
"E tu adempirai finalmente al tuo compito, Titania".
Quasi a interrompere l’incanto di quella situazione onirica, una voce
metallica gracchio dall’altoparlante nell’hangar dei mobile suit: "Isolde, è
arrivata la persona che avevi chiesto di contattare".
La ragazza si appoggiò sui gomiti: "Fallo entrare. Non vedo l’ora di
incontrarlo".
Ci fu un attimo di silenzio, come se la persona che aveva parlato attraverso
l’altoparlante avesse avuto un’esitazione improvvisa. Poi, la risposta: "Te lo
sconsiglio. Quest’uomo è estremamente paranoico… Non lo si può toccare,
letteralmente. Preferirei che tu lo incontrassi insieme a me e Caterina".
"Non è il caso, grazie. Fallo entrare".
Un’altra pausa. Evidentemente la persona che stava parlando con Isolde non
era convinta di quello che le veniva detto. "Come vuoi", concesse infine, "Ma ti
devo avvertire: non stai per incontrare una persona normale. Questo tizio era
già paranoico e misantropo prima di sottoporsi al trattamento dell’Istituto
Murasame. Si allenava in continuazione perché aveva sempre paura che qualcuno
potesse cercare di ucciderlo, non mangiava mai in presenza di altre persone, si
guardava continuamente le spalle… Dopo essere diventato un umano potenziato, il
suo cervello ne ha risentito ed è peggiorato ulteriormente. Adesso detesta
l’idea di avere un altro essere umano a meno di tre metri di distanza. Se
qualcuno lo tocca, è capacissimo di spezzargli l’osso del collo a mani
nude…".
La ragazza dai capelli biondi si staccò dal mobile suit con un agile balzo,
volteggiando su se stessa, mentre il suo corpo sembrava galleggiare nell’hangar
privo di gravità. "Sai perché né tu né io siamo in grado di pilotare il Titania,
Luna? Perché né tu né io riusciamo ancora a mettere in pratica alla perfezione
gli insegnamenti di padron Paptimus. Solo poche persone sono capaci di
comprendere il prossimo ed espandere la propria sensibilità oltre i limiti della
gravità terrestre. Ed è giusto che siano queste persone a decidere le sorti
dell’umanità. Luna, io vorrei diventare una di queste persone, quindi devo
cercare di capire quello che il nostro ospite è e quello che prova. Fallo
entrare".
Isolde voltò il capo verso la grande porta scorrevole che dava sul corridoio
dal quale si arrivava all’hangar.
La porta si aprì con un sibilo.
Avvolto nella normal suit nera dei Titans, con il casco sottobraccio, Conner
Clark avanzò a grandi passi verso la giovane. "Non ho ben capito perché io sia
stato chiamato qui", disse senza il minimo fremito nella voce, "Spero che tu me
lo voglia spiegare".
Senza dire una parola, Isolde diede un rapido calcio contro il pavimento,
spingendosi verso il pilota. In un attimo, gli fu addosso.
Gli avvolse le braccia attorno al collo e si strinse la sua testa al petto,
in un gesto così materno da sembrare innaturale in una ragazza tanto giovane. I
capelli di lei galleggiavano placidamente attorno ai due.
Conner Clark spalancò gli occhi, fin quasi a farseli schizzare fuori dalle
orbite.
Cominciò a sentire quel martellante dolorino nella parte posteriore del capo
che lo assaliva sempre quando si trovava a contatto con altri esseri umani.
Lasciò il casco e sollevò le mani verso la ragazza, pronto a ghermirle il
collo.
Fu solo quando le sue dita ebbero quasi toccato la gola di lei, rimasta
perfettamente immobile, con gli occhi chiusi e la guancia appoggiata al suo
capo, che si bloccò.
La sentiva.
Il contatto con il corpo della ragazza era il minore dei problemi per Clark,
in quel momento.
La percepiva con una chiarezza che nessuna vicinanza fisica, per quanto
completa, per quanto intima, avrebbe mai potuto restituire.
La sentiva più di quanto avesse mai sentito sua madre quando aveva brandito
davanti a lui un coltello per il burro arroventato e lo aveva minacciato di
incidergli sulla schiena dei passi del Vangelo come tributo al Signore.
La sentiva più di quanto avesse sentito sua sorella quando l’aveva
strangolata per punirla di averlo ridicolizzato davanti alle proprie amiche per
la sua timidezza.
La sentiva più di quanto avesse mai sentito qualsiasi donna con la quale
aveva fatto sesso, una breve quanto triste lista di figure senza volto, nelle
quali aveva cercato qualcosa che non era mai riuscito a trovare.
La sentiva nella propria testa.
Le loro menti erano una.
‘Noi siamo speciali’, pensò Isolde, ma Clark la udì come se avesse parlato ad
alta voce. ‘Io sono nata così, mentre tu lo sei diventato. Non può essere stato
un caso. Noi siamo venuti al mondo in funzione di questo istante. Sei una
persona che cerca calore, ma i comuni esseri umani non possono darti quello che
vuoi. Sei qualcuno che non si ferma alle apparenze, ma la gente è talmente
abituata a indossare una maschera da non rendersi nemmeno più conto di farlo.
Sei un uomo che vorrebbe vivere in un mondo migliore, ma il mondo che tu sogni è
troppo puro e perfetto perché qualcun altro possa concepirlo. Vorresti
comunicare quello che senti, ma sei troppo più sensibile di chi ti circonda per
poterci riuscire senza esserne irrimediabilmente ferito… Conner, tu sei una
persona straordinaria… Io lo capisco. Io ti capisco’.
Clark cadde in ginocchio.
"Cosa devo fare, Isolde?", mormorò. Non si chiese nemmeno come facesse a
conoscere quel nome, dato che la ragazza non si era mai presentata. In quel
momento, gli pareva ovvio sapere come si chiamasse, anche se non riusciva a
capire in quale deviata maniera.
Isolde sciolse l’abbraccio.
Lasciò una mano su di una spalla dell’uomo, mentre con l’altra gli carezzava
una guancia.
Lo guardò dritto negli occhi.
"Devi fare quanto di più difficile un essere umano possa fare", gli disse.
"Sii te stesso, Conner".
***
"Direi che è tutto a posto", sentenziò il medico consegnando a Dolores la
cartella clinica di Elizabeth.
Da quando la ragazza le era stata affidata, si sentiva in dovere di esaminare
i risultati delle visite mediche che l’Esercito Federale le aveva fissato.
Non le era stato dato espresso ordine di farlo, in realtà, come se i suoi
superiori volessero tenere solo per sé gli esiti delle analisi.
Ma Dolores lo faceva lo stesso.
Mania da madre, probabilmente: era abituata a badare alla salute di suo
figlio e forse occuparsi di quella di Liz la aiutava a compensare il fatto di
non poterlo fare in quel frangente.
Il medico, un uomo sulla trentina, stempiato ma non ancora calvo, non aveva
mai fatto storie alle sue richieste di conoscere il risultato delle visite.
Probabilmente pensava che, essendo lei un soldato federale, dovesse vederli
per lavoro.
Dolores aveva già capito da un po’ che quella era un’occasione interessante
per sapere qualcosa di più circa la misteriosa ragazza che le era stata
affibbiata.
Ma doveva andarci cauta.
Doveva formulare le parole in modo da non lasciar sospettare al medico che
lei stesse andando oltre i propri limiti.
Mentre guardava il dottore, seduta all’altro lato della scrivania del suo
studio, rifletté su come cominciare.
"Allora, i risultati sono quelli che ci si aspettava?".
L’uomo fece spallucce: "Non saprei dirlo, in realtà. I suoi superiori non mi
hanno detto esattamente cosa si aspettano, mi hanno solo chiesto di fare
determinate analisi".
Dolores si morse un labbro.
Cominciava male.
"Capisco", disse. "D’altra parte, le peculiarità di questa ragazza vanno
accuratamente studiate".
"Poco ma sicuro. Anzi, le sarei grato se mi dicesse qualcosa di più sul suo
conto. I suoi superiori mi hanno detto che è una newtype e fin qui ci siamo…
Anzi, ripensandoci, non credo di voler sapere più di così. Se siete stati capaci
di sbattere in galera quel poveraccio solo per coprire certe cose…".
Dolores dovette fare uno sforzo di volontà per non spalancare gli occhi per
lo stupore.
Non solo il medico stava confermando l’innocenza di Julius, ma stava anche
dicendo che sapeva perché era stato incriminato!
Cercò di mantenere la calma e bluffò spudoratamente: "Capirà che non possiamo
permettere che si sappiano cose come quella…".
Per la prima volta nella propria vita, provò rammarico per essere sempre
stata una pessima giocatrice di poker.
"Be’, suppongo di sì", rispose l’uomo. "Se si venisse a sapere che un
personaggio come Elizabeth Fontaine ha certe manie…".
Un personaggio?
Manie?
Ma quanto incasinata era quella storia?
Fortunatamente, Dolores non ebbe bisogno di fare domande, perché il medico
continuò.
"Chi potrebbe mai dire che una ragazzina tanto carina e di famiglia tanto
illustre abbia certi vizi", proseguì facendo l’occhiolino alla sua
interlocutrice.
"È stata una sorpresa anche per me", rispose lei. Era la prima cosa sincera
che diceva in quella conversazione.
"Mah, per me non tanto, alla fin fine… Secondo me, tutte le ragazze di quel
tipo sono un po’ troie".
"Mi dispiace solo per l’uomo che è stato incriminato a causa sua".
"Eh, già, poveraccio, sbattuto in galera per la ragion di stato… Anzi, per la
ragion di figa. Ma le dico, se non fosse stata quella che è, Elizabeth Fontaine
a quest’ora sarebbe considerata solo una ragazzina stupida che ha cercato di
divertirsi troppo. E quell’altro tizio ci è andato di mezzo!".
Dolores pensò seriamente che in quel momento dovesse essere possibile vedere
del fumo uscirle dalle orecchie: più il medico parlava, più lei aveva
l’impressione di avvicinarsi alla verità, eppure meno ne capiva.
Provò ad andare sul generico: "Capirà che i miei superiori non mi hanno
spiegato con esattezza tutti i particolari, quindi non posso unirmi al suo
divertimento… Anche se ero presente quando la ragazza è stata trovata, non ho
visto cosa sia successo effettivamente".
"Non ha visto? Allora glielo spiego io: quando io e il mio staff abbiamo
sottoposto la signorina alle analisi, ci siamo accorti che effettivamente
riportava tutti i segni di una violenza carnale… eccettuato uno".
"Cioè?".
"Non c’era sperma, né altri fluidi estranei al corpo del soggetto. Nemmeno
una traccia. Qualsiasi cosa si sia infilata dentro, non era un membro maschile.
In pratica, stava facendo da sola".
"Ma… e l’equipaggio dell’Alexandria? Non potrebbero essere stati loro?".
"Ne dubito. Considerato il momento in cui deve essere successo, sarebbero
come minimo dovuti essere già impegnati a combattere contro di lei e i suoi
compagni. Non escludo che possa essere andata così, ma mi sembra
improbabile".
Fu un attimo.
Un sospetto attraversò la mente di Dolores.
Per quanto impossibile potesse sembrare…
***
Dolores fissò Julius attraverso il vetro della sala colloqui del carcere.
Non sapeva nemmeno lei come porre la questione e non era esattamente un
genio, quando si trattava di essere diplomatici.
Cercò di esordire il maniera naturale: "Allora? Come te la passi?".
"’Na merda", rispose lui, quasi senza guardarla in faccia. "Soprattutto
perché non capisco ancora per quale motivo io sia qui".
Dolores sospirò: lei, invece, stava cominciando a capirlo fin troppo
bene.
Cercò di venire al punto senza essere troppo brusca: "Voglio parlare di quel
giorno in cui trovammo Elizabeth".
Fallì, ovviamente.
"Bisogna proprio?", domandò l’uomo senza troppo trasporto.
"Julius, tu non sai…".
"Cosa non saprei? Non so perché sono in galera? Ecco, questo non lo so, hai
ragione".
"Senti, per farla breve… Forse posso tirarti fuori di qui. Penso di avere
capito come sono andate le cose, però ho bisogno di una conferma".
Il volto di Julius si accese all’improvviso: "Sarebbe?".
"Quando tu hai incontrato Elizabeth per la prima volta, cosa hai
pensato?".
"Come?".
"Hai capito, dai… Ho bisogno di sapere cosa hai pensato quando l’hai vista
per la prima volta".
"E chi si ricorda? Avrò pensato che fosse strano trovare una ragazzina su
quell’Alexandria, che altro?".
"Solo questo? Nient’altro?".
"Non capisco dove tu voglia arrivare… Se hai qualcosa da dirmi, ti conviene
fare in fretta, perché il tempo per il colloquio è limitato".
"D’accordo, hai ragione. Veniamo al sodo: te la saresti fatta?".
"Eh? Ancora con questa storia? Non è bastato che un’insinuazione del genere
mi abbia fatto finire in carcere senza che vi fosse uno straccio di prova contro
di me?".
"No, davvero, Julius, ho bisogno di saperlo: te la saresti fatta?".
"Si può sapere dove cazzo vuoi arrivare?".
"Porca puttana, e rispondimi! Ci vuole tanto?".
"Guarda che, se anche avessi pensato che me la volevo scopare, questo non
significa che l’abbia fatto veramente!".
"Lo, so, Julius, ma io devo saperlo! L’hai pensato o no?".
Julius fece una pausa. Distolse lo sguardo. "Be’, l’hai vista, no? Sembra
fatta apposta per risvegliare istinti animaleschi… Ma ti ripeto che non me la
sono scopata! L’ho colpita, questo sì, ma non ho nemmeno provato a
farmela!".
Dolores si alzò: "A posto. Adesso credo proprio di avere capito come siano
andate le cose. Non mi resta che trovare un modo per dimostrarlo in
tribunale…".
Mentre usciva dal carcere, lasciandosi dietro un Julius perplesso, Dolores
pensò che forse le cose sarebbero state anche più difficili.
Forse la Federazione avrebbe impedito in qualche modo la riapertura del
processo…
Doveva trovare un sistema per arrivarci comunque.
***
Quando Elizabeth si sedette nell’abitacolo spalancato del Titania, non provò
niente di particolare.
Indossava la normal suit nera dei Titans, perché si stava preparando a uscire
dal Jupitris sul suo nuovo mobile suit.
Davanti a lei, affacciata all’abitacolo, sospesa in quell’assenza di gravità
che sembrava il suo habitat naturale, avvolta tra i suoi stessi capelli
fluttuanti, Isolde le sorrideva.
La ragazza bionda annuì con il capo: "Sono contenta che tu abbia accettato di
salire sul Titania, Elizabeth. Credo tu abbia fatto la scelta giusta".
Gli occhi di Liz si strinsero, mentre la sua bocca si contraeva in
un’espressione dubbiosa: "Non so bene perché l’ho fatto", disse. "Forse perché
mi hai detto che questo era il modo in cui avrei dovuto essere aiutata".
"Non è così, Eliazabeth. Padron Paptimus avrebbe fatto per te molto più di
quanto possa fare io. Ma posso provare a imitarlo".
"Significa che io non risolverò i miei problemi pilotando il Titania?".
"Diffida di chi ti dice che i problemi si possono risolvere semplicemente
compiendo un’azione specifica. Eppure, io ti dico che il Titania può
aiutarti".
"Come?".
"Facendoti diventare migliore. Salire sul Titania non è come pilotare un
mobile suit qualsiasi. È come fare un viaggio per mare per tornare a casa dopo
una guerra. È come uccidere il drago e bagnarsi del suo sangue. È come estrarre
la spada dalla roccia. È come visitare l’aldilà nel mezzo del cammin della tua
vita. È un’iniziazione. È un atto attraverso il quale ti liberi della tua
maschera e diventi ciò che saresti dovuta essere da sempre".
"Non… non capisco…".
"Capirai. Padron Paptimus cercava una donna che potesse creare il mondo da
lui sognato. È stato proprio per questo che ha progettato il Titania. Tu,
Elizabeth, hai il talento per generare il mondo desiderato da padron Paptimus.
Questo è ciò che sei, ma che non hai mai saputo di essere… Anzi, forse lo
sapevi, ma l’hai sempre rifiutato. Accettalo. E usalo per te stessa".
***
"Avrebbero anche potuto metterci su di un Alexandria", mormorò Dolores tra sé
e sé, mentre controllava le strumentazioni del proprio Z Plus prima di
partire.
Allo squadrone che era stato formato per quella missione era stato assegnato
un Salamis Kai. I vertici federali avevano giudicato che quattro mobile suit
fossero sufficienti per fermare un gruppetto di reduci dei Titans che
rifiutavano di arrendersi e che avevano per base una singola nave di classe
Jupitris.
Secondo le informazioni dell’intelligence, su quel Jupitris c’erano solo tre
mobile suit, quindi i modelli della squadra federale, lo Z Plus custom di
Dolores e tre GM III di ultima generazione, erano stati giudicati
sufficienti.
Naturalmente, i soldati che avrebbero dovuto combattere agli ordini di
Dolores non sapevano niente.
O meglio, non sapevano più di quanto dovevano: su quella nave c’erano dei
Titans che, disobbedendo agli ordini della Federazione, avevano rifiutato di
tornare alla base di appartenenza quando il corpo militare di cui avevano fatto
parte era stato sciolto.
Già, perché i Titans non esistevano più. La distruzione della loro flotta
durante la battaglia nei pressi del colony laser era stata un’ottima scusa per
scioglierli formalmente.
In fin dei conti, l’Esercito Federale aveva già smesso di dare loro appoggio
da qualche mese: con la morte di Jamitov e l’annientamento della loro potenza
militare, la soppressione di quel gruppo di soldati, che tanto scontento aveva
causato nella popolazione, era sembrata una manovra indolore.
Ma, dietro la missione che il gruppo di piloti del Salamis Kai si apprestava
a compiere, c’era di più.
Il Jupitris non era certo una nave dell’Esercito Federale: di fatto,
apparteneva alla Jupiter Energy Fleet, quindi non era sicuramente classificabile
come unità appartenente ai Titans.
Ma era anche vero che i Titans avevano fornito supporto a quella nave,
sostenendola, per quanto avevano potuto, con alcuni equipaggiamenti per loro
sviluppati.
Eppure, anche questa era solo una scusante.
Su quel Jupitris c’era Elizabeth Fontaine.
Dolores sospirò nel ricordarlo.
Soprattutto perché Liz le era stata praticamente strappata da degli agenti
dei Titans, che avevano sbandierato una loro ‘autorità superiore’, quando
Dolores aveva rifiutato di consegnarla, dicendo ci prendere ordini solo
dall’Esercito Federale.
Ma non era possibile né salutare discutere con chi era solito puntare una
pistola contro coloro che lo contraddicevano.
L’ordine che Dolores aveva ricevuto era stato molto semplice: "Recuperi la
ragazza".
I vertici dell’Esercito avevano ritenuto che attaccare una nave della Jupiter
Energy Fleet non avrebbe causato un grosso incidente diplomatico, visto che un
inviato di Giove aveva appoggiato concretamente i Titans anche quando questi
erano stati delegittimati dalla Federazione.
Avrebbero potuto farlo passare come un atto di autodifesa contro qualcuno che
era palesemente un nemico, anche se, in realtà, niente faceva pensare che quel
gruppo di persone volesse agire in qualche modo contro il Governo Federale.
Dolores stava cominciando a detestare la politica.
Ultimamente, ne stava apprezzando delle sfaccettature alle quali non aveva
mai pensato.
E la cosa non le piaceva.
I suoi pensieri furono interrotti dalla comunicazione via radio di un
compagno di squadra, uno dei piloti dei GM III: "Maggiore Martin, qui siamo
pronti a partire quando vuole".
"D’accordo", rispose lei, "Finisco due controlli sul mio mobile suit e
andiamo".
Ci fu una pausa, ma Dolores capì che il pilota non aveva chiuso il
collegamento.
Dopo qualche secondo, lo sentì chiedere: "Mi scusi se le faccio una domanda
personale, maggiore, ma… io e i ragazzi abbiamo sentito che lei durante la
Guerra di Un Anno ha pilotato un Gundam e ci chiedevamo se fosse vero…".
"E se anche fosse?".
"Be’… Un Gundam! Voglio dire, chi non conosce il leggendario Gundam?".
Dolores sghignazzò: "Ne ho pilotati due, ma non quello che tutti
conoscono".
"Due? Addirittura?".
"Già. Il primo mi è stato assegnato a Odessa e poi l’ho pilotato anche
durante una missione in Francia. Ho ricevuto il secondo durante le ultime fasi
di quella missione e poi l’ho usato anche nello spazio. Nell’ottobre del ’79,
però, pilotavo un GM, uno dei primi modelli assemblati".
"Un GM? Uno di quelli che hanno dato il via alla serie di mobile suit dalla
quale discendono i nostri GM III?".
"Già, ma il modello che usavo io era strettamente pensato per combattere in
presenza di gravità. Sapevo che una versione per lo spazio era stata completata
in contemporanea, ma non l’ho mai vista personalmente. Poi ho un po’ perso il
filo… Sono state sviluppate tante di quelle varianti… Pilotavo un GM II solo
qualche mese fa e voi avete già il suo successore, senza contare il Nero".
"Il Nero?".
"Ah, sì, voi non potete saperlo. Comunque, si tratta di un mobile suit che è
stato impiegato da un corpo speciale federale fino a qualche giorno fa. Pare che
sia stato ritenuto inferiore al GM III, quindi la produzione non è
proseguita".
"Maggiore, ma lei è davvero incredibile! Abbiamo un pezzo di storia a guidare
la nostra squadra!".
Dolores sospirò: "Non essere così entusiasta… In fin dei conti, se penso alle
mie esperienze con i mobile suit, ho più ricordi brutti che belli. Per oggi, tu
e i tuoi compagni dovete pensare solo a portare a casa la pelle".
"Be’, ma ci hanno detto che questa missione non sarà difficile, giusto? In
fin dei conti, noi abbiamo quattro mobile suit, mentre il nemico dovrebbe averne
solo tre. Inoltre, i nostri sono modelli di ultima generazione, appena usciti
dalla catena di montaggio e ben armati. Non credo che ci saranno perdite".
***
Il GM III esplose nello spazio, trasformandosi rapidamente in una sfera di
fuoco rosata.
"Merda!", sibilò Dolores mentre cercava di seguire con il sistema di
puntamento automatico il Gaplant che stava sfrecciando tra i mobile suit
federali.
Quella missione si stava rivelando più problematica del previsto.
Perché non ne era sorpresa?
Non appena il loro Salamis Kai si era avvicinato al Jupitris, dalla nave di
Giove erano usciti un Gaplant e un bizzarro mobile suit che somigliava a un
Marasai blu.
Erano passati solo quaranta secondi prima che uno dei GM III fosse
abbattuto.
Dolores trasformò il Dolly in waverider e si lanciò all’inseguimento del
Gaplant: il suo Z Plus era l’unico a poter tenere il passo con il mobile armor
trasformabile del Jupitris.
Sperò ardentemente che i suoi compagni potessero tenere a bada il Marasai,
almeno in due contro uno.
Tramite il panoramic monitor, riuscì a vedere con la coda dell’occhio il
mobile suit blu che sparava con una specie di cannone a raggi e trapassava un
secondo GM III da parte a parte.
Un’altra esplosione.
Non poteva preoccuparsi ancora del suo ultimo compagno rimasto, però, e la
concentrazione di particelle Minovsky impediva di chiedere supporto al Salamis
Kai.
Poi, accadde l’inaspettato.
Il Gaplant che stava inseguendo si fermò di colpo, trasformandosi in mobile
suit e girandosi verso il Dolly.
Anche lo Z Plus si fermò, tornando alla sua forma antropomorfa.
Dolores puntò il beam rifle sul nemico, ma qualcosa la trattenne dal fare
fuoco.
Una voce le rimbombò nella testa: "Era da un pezzo che non ci si
vedeva!".
Spalancò gli occhi.
Non aveva riconosciuto la voce, ovviamente: l’aveva percepita solo con le
proprie abilità da newtype.
Ma aveva riconosciuto quella pressione.
"Tu… tu sei il pilota di quello Psyco Gundam!".
Subito dopo averlo detto, ebbe la chiara percezione che il suo interlocutore
stesse sorridendo.
"E tu sei quella che è svenuta", rispose lui.
Stavolta, Dolores aveva perso ogni dubbio: il suo mobile suit premette
velocemente il grilletto del beam rifle, sparando una raffica di raggi
purpurei.
Come se avesse previsto in anticipo quella mossa, il Gaplant schizzò
improvvisamente verso l’alto, sparando una pioggia di raggi dai beam rifle
montati sulle braccia.
Dolores alzò istintivamente lo scudo e attivò i vettori di spinta sulle gambe
per uscire dalla portata dell’attacco, mentre sollevava la propria arma per
rispondere al fuoco.
Ancora, il nemico sembrò anticipare le sue mosse.
Il Gaplant si trasformò in mobile armor e, con una brusca accelerazione, si
portò alle spalle del Dolly.
Fu allora che Dolores sentì di nuovo la voce di quell’uomo nella propria
testa: "Io non so cosa mi sia successo esattamente… so solo che ora riesco a
percepire te e quelli come te… Mi succede da quando mi hanno portato in quel
posto chiamato ‘Murasame’. Ora sono diverso. Prima dovevo faticare per capire il
mio prossimo, e quindi lo odiavo. Adesso lo odio perché posso capirlo
facilmente. E questo è quanto".
Il Gaplant estrasse una beam saber e la calò sul Dolly.
Si fermò.
Qualcosa lo aveva bloccato. Era stato un pensiero, un desiderio.
Proveniva dal Jupitris.
***
Il Marasai Custom di Isolde schivò i colpi di beam rifle del GM III e si
preparò contrattaccare.
Quel mobile suit che le avevano consegnato i Titans non era male, ma non si
poteva lontanamente paragonare a quelli progettati da padron Paptimus.
Alzò il feyadeen rifle che le avevano dato insieme con il Marasai Custom e si
preparò a fare fuoco.
Ma un pensiero la fermò.
Non era stato un pensiero rivolto a lei, ma a Conner.
Ed era venuto da Elizabeth.
"No!", sibilò Isolde, "È ancora troppo presto!".
Un attimo dopo, vide il Titania che usciva dal Jupitris.
***
"Liz?", mormorò Dolores, riconoscendo istintivamente quel pensiero.
Il Gaplant si era allontanato e aveva abbassato la beam saber, mentre il
Titania si dirigeva velocemente verso il Dolly.
"Liz?", ripeté Dolores abbassando il beam rifle.
"Vieni con me", rispose Elizabeth. Anche il suo mobile suit impugnava un beam
rifle.
Alzato.
"Cosa ci fai su quell’affare?", chiese la donna aggrottando la fronte.
Percepì chiaramente che la ragazza stava sorridendo.
"Sono me stessa", rispose Elizabeth. "Sai, ho capito come volevano aiutarmi.
Finalmente ho capito come posso risolvere i miei problemi".
"Liz… Non so cosa ti abbiano detto, ma non è certo salendo su di un mobile
suit che puoi cambiare le cose".
"Non è questo il punto, Dolores. Io avevo una potenzialità inespressa, questo
era il mio problema. Ora ho capito come posso portare a compimento questa mia
capacità. Io sono stata scelta per creare il nuovo mondo. Vieni con me, Dolores.
Vedrai anche tu la distruzione della società decadente e corrotta che adesso
domina gli esseri umani e la creazione della nuova utopia, in cui solo gli
eletti avranno il diritto di comandare".
"Cosa ti hanno fatto…". La voce di Dolores era ormai poco più che un
sussurro. "Cosa diavolo ti hanno fatto… Liz, non stare a sentire quella gente…
Vieni con me. Tornerò a prendermi cura di te".
"Stai mentendo. Tu non hai intenzione di prenderti cura di me. Tu hai già una
famiglia e io ti sarei solo d’intralcio".
"Non è vero, Liz. Lo sai che io mi preoccupavo davvero per te e…".
"E non vedevi l’ora che me ne andassi per tornare dalla tua famiglia.
Dolores, non capisci che opportunità ti sto dando? Nonostante tu sia stata
tutt’altro che impeccabile con me, io ho capito le tue buone intenzioni e ti sto
dando una nuova possibilità. Vieni con me. Creiamo insieme il nuovo mondo in cui
essere felici".
"Basta così, Liz! Non essere testarda! Non esiste un mondo di felicità! Non
lasciarti ingannare dalle chiacchiere di chi ti ha messa su quel mobile
suit!".
I pensieri di Elizabeth, da morbidi e accattivanti, divennero improvvisamente
pesanti come un maglio: "Sei tu la testarda! Non sei contenta di avermi fatto
male una volta? Vuoi ferirmi nuovamente? Non te lo permetterò! Ma forse, vedendo
cosa intendo con i tuoi occhi, capirai quello che voglio dire".
Fu un attimo.
A Dolores sembrò di esser risucchiata in un buco nero.
Sentì la propria mente che veniva attratta irresistibilmente da una forza
straordinaria.
Perdette i sensi.
Quando riaprì gli occhi, si trovava in una vasta pianura coperta di sabbia
giallastra.
Alla sua sinistra, alcune pareti spesse come assi di legno erano appoggiate a
una pietra nella quale si apriva una finestra, da cui si vedeva un cielo
limpido.
Diverso dal cielo grigiastro che effettivamente era presente sopra la
pianura.
Alla propria destra, Dolores vide una sorta di enorme uovo deforme, da cui
emergeva un braccio umano sgocciolante di tuorlo.
Sopra all’uovo, fluttuava una sorta di drappo, che sembrava colare su di esso
come fosse stato acqua.
Davanti a Dolores, un tavolo su cui giaceva una mano bianca, apparentemente
di gesso, e un arbusto da cui si estendeva un unico ramo, dal quale penzolava un
orologio afflosciato.
"Che razza di posto è?", si domandò Dolores guardandosi attorno.
Fu solo allora che si accorse che indossava la sua normal suit dell’Esercito
federale ma non aveva più il casco.
I suoi capelli erano raccolti nella solita treccia, anche se, quando portava
il casco, era solita farne una crocchia sul retro della testa.
Fece qualche passo: "Questa… è la realtà?".
"No, è la surrealtà", rispose Elizabeth uscendo da una porta che si apriva
sul paesaggio.
Anche lei portava una normal suit senza casco.
Quella dei Titans.
"Liz…", mormorò Dolores, "Perché hai creato un posto simile?".
"Questo posto non esiste realmente", replicò la ragazza. "Non siamo
fisicamente qui, ci siamo solo con i nostri spiriti. Ho cercato di ricreare la
tua immagine così come me la ricordavo".
Anche questa era una capacità dei newtype?
O solo di Elizabeth?
"Io mi sono trovata bene con te, Dolores", cominciò la giovane tendendo una
mano verso l’interlocutrice. "Vorrei che ci fossi anche tu nel nuovo mondo che
creerò".
"Creare un nuovo mondo? Cosa hai intenzione di fare, esattamente? Cosa ti
hanno messo in testa quei bastardi sul Jupitris?".
"Niente. Però mi hanno avviata sulla strada giusta. Salendo sul Titania, ho
finalmente capito ciò che voleva la persona che l’ha progettato. Voleva un mondo
ordinato, voleva cancellare il caos che esiste adesso".
"Non devi stare a sentire certa gente… Non possiamo certo risolvere i
problemi cancellando quello che non ci piace!".
"Dolores, tu non capisci. La corruzione nella quale oggi vivono gli esseri
umani non potrà che portare a una guerra continua. Fin da quando le persone
migrate nello spazio sono state in numero consistente, ci sono stati dissidi tra
loro e gli earthnoid. Questo è dipeso dal fatto che ognuno voleva fare i propri
interessi, e le cose non cambieranno mai, perché la gente pensa solo al proprio
benessere immediato. L’unico modo per evitare che i conflitti continuino, è
riunire l’umanità sotto la guida di persone illuminate, che possano prendere le
decisioni giuste per la razza umana nel suo insieme".
"Liz, quello di cui parli esiste già e si chiama ‘dittatura’. Stai
semplicemente pensando di sostituire un errore con un altro".
Elizabeth sospirò: "Una dittatura, dici? Niente affatto. Nell’antichità, i
regnanti dominavano sulle nazioni per diritto divino, perché erano discendenti
di un dio. Ripristinando questo principio, potremo creare una società in cui i
sottoposti saranno felici di esserlo, perché convinti di fare la cosa giusta!
Potremo cancellare questo mondo di dolore e di disuguaglianza agendo alla
radice, perché nessuno si riterrà più importante di qualcun altro".
"È assurdo. Quello che ti proponi è assolutamente insensato".
"È insensato volere la pace e la felicità?".
"No, è insensato imporre agli altri il proprio modo di vedere le cose. Ed è
ancora più insensato rifiutarsi di guardare la realtà solo perché l’illusione
che hai davanti è più invitante. Stai solo cercando di fuggire, Liz".
Lo sguardo di Elizabeth si fece improvvisamente truce: "Ipocrita! Tu fai
esattamente la stessa cosa!".
Dolores deglutì: "E tu cosa ne sai?".
Poi capì: le loro menti erano collegate.
Si diede della stupida per non averci pensato prima.
E se lo diede ancora perché capì che Elizabeth aveva ragione.
Dolores strinse i pugni: per quanti anni aveva negato la propria natura di
newtype?
Per quanto tempo aveva cercato di sopprimere le percezioni che continuavano
ad affacciarsi nel suo cervello?
Quante volte si era chiesta con un brivido se anche suo figlio fosse stato un
newtype?
"Può essere vero", ammise, forse più a se stessa che a Elizabeth. "Forse non
ho fatto altro che scappare da quella volta, da quando combattei quell’enorme
mobile suit nero… Però i miei errori sono solo errori. Posso sbagliare, ma
almeno non cerco consapevolmente di fuggire dalla realtà. Tu vuoi veramente
crearti un mondo a tuo uso e consumo e stai prendendo chissà quali ideali
deviati come una scusa per giustificare questo comportamento infantile!".
Gli occhi della ragazza si fecero ulteriormente furiosi: "Cosa credi di
capire di me? Cosa può capirne qualcuno che è scappato in continuazione? Tu
avevi la possibilità di capire il tuo prossimo, ma vi hai rinunciato
spontaneamente per paura! Non hai alcun diritto di dirmi queste cose".
"Va bene, forse hai ragione. Forse anch’io ho avuto paura, forse anch’io ho
fatto un cattivo uso delle mie possibilità… E allora, a maggior ragione,
permettimi di impedirti di fare altrettanto. Non sprecare il tuo essere speciale
come ho fatto io, Liz. Sai che non ti ho mai ritenuta responsabile per quello
che è successo a Julius… Forse non posso comprenderti appieno, ma capisco che le
cose ti sono sfuggite di mano e altri ne hanno approfittato indebitamente… Torna
da me, Liz. Ci siamo divertite insieme, no?".
Elizabeth sembrò esitare.
Abbassò lo sguardo: "Dolores…", mormorò. "Dopotutto, io so che tu non volevi
veramente farmi male… Però… forse avevi ragione quando dicevi che capire gli
altri è un problema anche per quelli come noi…".
Improvvisamente, il cielo cominciò a turbinare, come sconvolto da una
tempesta.
Nubi nere si addensarono all’orizzonte e un tuono rimbombò lontano.
Un fulmine cadde a terra.
Quando la sua scia luminosa scomparve, nel punto in cui si era abbattuto si
levò una figura femminile.
Anch’ella avvolta nella normal suit dei Titans, avanzava con passo deciso,
mentre i suoi lunghissimi capelli color miele le fluttuavano attorno, come se
fossero stati immersi in acqua.
"Isolde…", bisbigliò Elizabeth.
Isolde sorrise dolcemente verso la ragazza: "Cosa stai facendo qui,
Elizabeth?".
"Volevo fare il primo passo per creare il mondo che mi hai chiesto".
"Lo sapevo!", sbottò Dolores all’improvviso, "Liz, non devi dare retta a
questa persona! Vuole solo usarti per i suoi interessi!".
"Basta così!". La voce di Isolde era cambiata a tal punto che Dolores si
bloccò stupita. Era diventata una frusta tagliente che sferzava i timpani. "Il
nuovo mondo a cui miro non è un desiderio mio, ma di un uomo visionario che
voleva il bene. Elizabeth, è questa donna che non devi ascoltare. Creare il
mondo voluto da padron Paptimus è il tuo destino, è il modo in cui puoi
veramente realizzare te stessa come persona. Facendo il bene altrui, puoi fare
anche il tuo".
"Io però non vorrei uccidere Dolores", disse Elizabeth, apparentemente senza
troppa convinzione.
"Non è un problema", replicò Isolde, la voce che era tornata dolce e
suadente, "Morire non è la fine di tutto. Significa semplicemente tornare
all’universo. Anche i piloti che ho ucciso non hanno fatto che cambiare il
proprio stato di esistenza. Se questa donna è veramente tua amica, resterà con
te anche dopo la morte".
"Ma non ti rendi conto delle idiozie che sta dicendo?", esplose Dolores.
"Vuole solo usarti, niente di più!".
Elizabeth cadde in ginocchio prendendosi la testa tra le mani: "No…", mormorò
sbarrando gli occhi.
Poi la sua voce divenne un urlo: "Noooo!".
"Dannazione!", disse Dolores voltandosi verso Isolde. "Se sei riuscita a
entrare nel mondo creato da Liz, significa che sei una newtype anche tu, non è
vero? E anche il pilota del Gaplant lo è. Ma allora, perché dobbiamo
combatterci?".
Una crepa si aprì nell’orizzonte, come se fosse stato un muro.
"Dovresti chiederlo a te stessa", rispose la donna bionda. "Il conflitto tra
di noi ha creato una spaccatura nelle convinzioni di Elizabeth… Anzi, sarebbe
meglio dire che ha portato alla luce delle contraddizioni che già erano in lei.
E queste contraddizioni ci sono anche tra gli esseri umani".
"Ma falla finita! Tanto tempo fa, a me venne detto che i newtype sono la
speranza che può portare l’umanità a essere migliore, ma come potremo arrivare
alla pace, se non riusciamo nemmeno a superare i dissidi che abbiamo fra di
noi?".
"Hai un bel coraggio a parlare, tu, che fai parte di un esercito
organizzato!".
Dolores tacque.
Era sempre stata consapevole della contraddizione tra la propria paura della
guerra e il fatto che lavorasse nell’Esercito Federale, ma, in un modo o
nell’altro, l’aveva zittita.
"Comunque non fraintendere", continuò Isolde, "I newtype possono davvero
migliorare l’umanità. Ma questo non significa porre fine alle guerre… Anzi, il
crogiolo delle civiltà è proprio la battaglia".
Dolores sbuffò: "Ah, è questo che intendevi quando parlavi di fare del bene
agli altri?".
"Vedo che parlare con te è inutile. Non riesci a capire la grandiosità del
disegno di padron Paptimus. Anche adesso che è morto, c’è qualcuno pronto a
portarlo avanti e non sarà certo la tua piccolezza a ostacolarlo".
Alla crepa nell’orizzonte se ne aggiunse un’altra. Poi un’altra ancora.
***
Improvvisamente, Dolores si ritrovò nell’abitacolo del proprio Z Plus.
L’ultimo GM III rimasto era sparito.
Già. Adesso percepiva chiaramente la presenza di Isolde nel Marasai: se era
entrata nel mondo di Liz, doveva avere abbattuto il suo ultimo avversario.
Istintivamente, Dolores spostò lateralmente il proprio mobile suit.
Una frazione di secondo dopo, un raggio purpureo passò dove si era trovata
lei.
Il Titania aveva ancora il beam rifle alzato.
"Liz!", gridò Dolores, "Cosa stai facendo? Sono io, Liz!".
Ebbe solo il tempo di alzare lo scudo, un attimo prima che la beam saber del
Gaplant vi si abbattesse sopra.
Mentre il raggio sfrigolava contro il metallo dello scudo, Dolores pensò che
la copertura anti raggio non sarebbe durata ancora per molto.
E non ebbe il tempo di pensare ulteriormente: una rapida successione di colpi
partì dal Titania e sia lo Z Plus che il gaplant furono costretti a dividersi
velocemente per non essere colpiti.
"Ma che diavolo fa?", esclamò Conner Clark all’interno del mobile armor. "Non
dovrebbe stare dalla nostra parte?".
"È cominciata", disse Isolde, senza avere in realtà un vero intento di
rispondere. "Finalmente è cominciata la creazione del nuovo mondo da parte di
Elizabeth. Qualsiasi cosa si frapponga tra di lei e il suo scopo finale sarà
distrutta. Meglio restare in disparte, per ora".
"Merda!", sibilò Dolores alzando il beam rifle e contemporaneamente
spingendosi indietro con i vettori di spinta.
Rifletté se fosse possibile cercare di colpire solo le armi del mobile suit
verde, senza ferire il pilota.
Un raggio sibilò vicino alla testa del Dolly, strappando il pannello laterale
della spalla del mobile suit.
Dolores sospirò: non poteva combattere contro un newtype come se fosse stata
una persona normale.
Con una smorfia di disappunto, prese un profondo respiro e cercò di
concentrarsi sui propri poteri.
Doveva usarli ancora.
Per un qualche motivo, si accorse solo allora che l’avevano salvata anche un
attimo prima.
Si concentrò.
Poteva farcela.
Scattò in avanti, puntando con precisione il beam rifle, mentre manovrava con
destrezza evitando la pioggia di raggi che le veniva sparata addosso.
Prese la mira…
Un colpo…
Un altro…
Centrate con precisione quasi millimetrica, entrambe le braccia del Titania
si staccarono all’altezza dei gomiti.
Bene. Ora non poteva più usare né il beam rifle né le beam saber.
Lo Z Plus rallentò, finché non si trovò a pochi metri dall’altro mobile
suit.
"Torniamo a casa, Liz", disse Dolores.
Lo disse concentrandosi sulla mente della ragazza, cercando di sembrare
quanto più dolce possibile.
Il pensiero che le arrivò in risposta fu di una violenza sconcertante: "Non
sei tu la mia casa".
Un secondo dopo, due strutture ripiegate sulle spalle del Titania si
aprirono, estendendosi in avanti.
Ciascuna di esse reggeva una beam saber.
I due fendenti tagliarono il braccio sinistro del Dolly all’altezza della
spalla, facendogli così perdere lo scudo, e l’ala destra.
"Braccia ausiliarie?", sbottò Dolores mentre faceva rapidamente allontanare
il proprio mobile suit.
Doveva cercare il combattimento a distanza, o sarebbe stata svantaggiata.
Mai come in quel momento fu contenta di pilotare uno dei mobile suit più
manovrabili mai usciti dagli stabilimenti della Anaheim.
Ora che non poteva più contare sulla modalità waverider, però, doveva basarsi
solo sulla propria abilità nel gestire una macchina antropomorfa.
Lo Z Plus continuò ad arretrare, sempre tenendo il beam rifle puntato sul
Titania.
Per qualche bizzarro motivo, Elizabeth pareva non volere inseguire,
nonostante ormai sembrassero restarle solo due beam saber.
Dolores capì perché il Titania restasse fermo solo quando vide degli strani
oggetti fuoriuscire dal suo backpack.
Ne contò otto.
Di forma vagamente conica, erano evidentemente spinti da dei razzi
indipendenti, perché cominciarono a volare rapidamente in tutte le
direzioni.
Cambiavano traiettoria con movimenti veloci e millimetrici, come a voler
circondare il Dolly.
Decisamente non erano missili guidati.
Lo Z Plus si spostò velocemente, evitando un raggio proveniente da uno di
quegli oggetti.
Derive? Erano derive controllate a distanza dotate di beam gun?
La cosa più simile che Dolores ricordasse di avere visto erano state le
braccia dello Zeong: si potevano staccare dal mobile suit, restandovi collegate
solo da dei cavi, per attaccare l’avversario da più posizioni.
Quegli affari erano un’evoluzione di questo tipo di arma?
Non era possibile evitare quegli attacchi senza ricorrere alla consapevolezza
spaziale tipica di un newtype.
***
"Quella ragazzina è un’incapace!", sbottò Clark, "Si è fatta troncare le
braccia al primo attacco, è solo fortunata ad avere un mobile suit del
genere!".
"È inesperta", replicò Isolde, "Ma il Titania può compensare, perché dispone
di armi fatte apposta per lei. A parte questo, il suo avversario è un veterano,
e per di più un newtype. È ovvio che non possa averne ragione facilmente".
"Allora penserò io a sistemare la questione!".
"No, Conner! Usando i funnel del Titania, Elizabeth può ancora farcela!".
Ma il richiamo fu inutile: trasformandosi in mobile armor, il Gaplant si era
già lanciato verso lo Z Plus.
***
Fu la percezione dello spirito del pilota che permise a Dolores di avvedersi
dell’avvicinamento del Gaplant.
Come al loro primo incontro, il mobile armor sparò una pioggia di raggi.
Come al loro primo incontro, il Dolly li schivò con una serie di rapidi
movimenti, anche se stavolta non poté usare lo scudo.
Come al loro primo incontro, Clark effettuò una rapida manovra che lo portò
dietro il mobile suit avversario, trasformandosi subito dopo.
Come al loro primo incontro, la beam saber sibilò nell’aria.
Stavolta lo Z Plus fece un piccolo spostamento, un movimento minimo.
Un raggio colpì in pieno la mano destra del Gaplant, mandandola in pezzi
insieme con la beam saber.
"Spiacente, non mi freghi due volte allo stesso modo", sogghignò Dolores
mentre puntava il beam rifle.
"Ma che diavolo…", borbottò Clark rendendosi conto di quanto era successo,
"Si è posizionata in modo che uno dei raggi dei funnel colpisse me invece che
lei! Ma ho un’altra beam saber!".
Mentre il Gaplant sfoderava l’altra arma, Dolores percepì qualcosa.
Fece girare velocemente il Dolly.
Il veloce fendente del Titania staccò la spalla sinistra dello Z Plus.
Dolores era presa tra due fuochi.
La sua fu più un’intuizione del momento che un piano ragionato.
Attivò la sequenza di trasformazione dello Z Plus spostando leggermente verso
il basso la propria macchina.
Quello che ne risultò non fu un waverider, non essendoci più uno scudo e
un’ala, ma una bizzarra forma che reggeva il beam rifle (che non era stato
riposto sulla schiena) con un braccio grottescamente ripiegato in avanti.
Le dimensioni del mobile suit, così ridotte, lasciarono un ampio spazio
laddove un attimo prima c’era stato il bersaglio dei fendenti dei suoi
nemici.
Quasi i colpi fossero stati vibrati con quel preciso scopo, le due beam saber
del Titania centrarono con precisione i due beam rifle sulle braccia del
Gaplant.
"Merda!", sibilò Clark ritirandosi rapidamente all’indietro per evitare che i
fendenti tagliassero le braccia della sua macchina.
Una frazione di secondo più tardi, il Dolly tornò alla sua forma di mobile
suit.
Clark non ebbe bisogno delle proprie abilità di umano potenziato per capire
che doveva andarsene e il Gaplant si affrettò ulteriormente nella manovra di
arretramento.
Lo Z Plus scattò verso l’alto e sparò due colpi con il beam rifle.
Due funnel furono spazzati via dai raggi purpurei.
"Ma che diavolo sta facendo?", mormorò Clark aggrottando la fronte. "Avrebbe
potuto colpire il mobile suit di quella ragazzina e risolvere subito il
problema, e invece pensa ai funnel?".
Prima ancora che Clark potesse formulare un altro pensiero, il Titania si era
già lanciato all’inseguimento del Dolly.
Elilzabeth sventolò le beam saber, tagliando solo il vuoto.
"Basta, Liz!", esclamò Dolores, "Smettila di combattere! Ti stanno solo
usando!".
Il mobile suit verde si fermò per un attimo.
"Forse", concesse Elizabeth. "Però va bene così. Forse hai ragione, io stavo
solo scappando. Vedevo un mondo che creavo io, è sempre stato così, perché avevo
paura degli altri. Ma almeno Isolde mi permette di essere me stessa. Tu, mio
padre, i dottori di quel posto chiamato Murasame… Tutti voi volevate che io
fossi quella che vi aspettavate. Una ragazza indifesa vittima di se stessa, una
figlia modello da sfruttare per fare carriera, una cavia che potesse dare i
risultati sperati… Nessuno di voi si è mai chiesto perché io avessi tanta paura
del mio prossimo. Nessuno di voi è mai stato anche solo sfiorato dall’idea che
forse avevo semplicemente bisogno di qualcuno che volesse ascoltarmi. Tu non ci
sei riuscita, mio padre non c’è riuscito, i dottori non ci sono riusciti… Solo
Isolde l’ha potuto fare. Se il mondo che lei vuole io costruisca è un mondo in
cui le persone saranno ascoltate senza pregiudizi, allora sono contenta di
essere usata da lei".
Le beam saber sibilarono nuovamente, e ancora lo Z Plus le evitò di
scatto.
Un secondo più tardi, due raggi trapassarono l’ala che ancora gli
restava.
I funnel!
Dolores se ne era quasi dimenticata.
"È un’assurdità!", gridò, mentre il Dolly si faceva strada manovrando nella
pioggia di raggi che lo investiva, "Quello che tu vuoi non può esistere! Se vuoi
migliorare la tua vita, devi innanzitutto prendere coscienza della realtà per
quello che è!".
"Un’assurdità?". Il pensiero di Elizabeth colpì Dolores come una lama
tagliente. "Non è un’assurdità, è un’utopia. È la possibilità di realizzare ciò
che gli esseri umani hanno sempre voluto!".
Improvvisamente, un raggio purpureo passò tra i due mobile suit che
combattevano.
Dolores guardò istintivamente alla propria sinistra.
Il Salamis Kai.
La nave le stava fornendo supporto: evidentemente, a bordo dovevano essersi
accorti dell’abbattimento dei GM III.
Prima ancora che Dolores potesse inviare loro una qualsiasi comunicazione, il
Marasai blu alzò la propria arma e fece fuoco.
"Spiacente, ho detto che nessuno deve interferire", commentò Isolde premendo
il grilletto.
Il colpo trapassò il ponte dell’incrociatore.
Sembrò quasi che la scena di svolgesse al rallentatore.
La nave si spezzò in due, le lamiere che si contorcevano come i visceri di
una bestia.
Poi, un’esplosione di luce rosa tinse lo spazio.
"Dannazione!", esclamò Dolores, "Farneticate di voler creare un nuovo mondo e
poi non sapete fare altro che uccidere le persone?".
Non se ne accorse nemmeno.
Non consciamente.
Le grida delle anime dell’equipaggio della nave riempirono la sua testa.
Come quel giorno su quella colonia.
Quando aveva scortato lo Psyco Gundam.
Quando quell’uomo aveva distrutto tutto.
Dolores strinse i denti: era da molto tempo che non doveva subire un’ondata
di dolore tanto intensa e potente.
Forse fu il dolore a impedirle di pensare, ma, senza nemmeno volerlo
consciamente, alzò il beam rifle alle proprie spalle e fece fuoco.
Un funnel fu centrato in pieno.
Sparò ancora.
E ancora.
E ancora.
Le sembrò di colpire un funnel a ogni attacco, mentre muoveva spasmodicamente
lo Z Plus, evitando i raggi uno dopo l’altro.
Ebbe la sensazione che il Gaplant tentasse qualche attacco in corpo a corpo,
ma dovette schivare anche quelli.
Troppa rabbia, troppo dolore, troppa frustrazione…
Tutte queste emozioni si stavano concentrando in lei come acqua che stesse
per traboccare da un vaso.
E traboccò.
L’ultimo secondo di lucidità di Dolores le permise di rendersi conto che
l’unico funnel rimasto aveva centrato il suo beam rifle, rendendolo
inservibile.
Poi la sua mente cadde nell’oblio, fu come annebbiata.
Ebbe la sensazione che i piloti dei GM III e l’equipaggio del Salamis Kai
fossero lì con lei.
Ebbe la netta impressione che le loro anime si stessero concentrando attorno
allo Z Plus, come a volerla proteggere.
"Il tuo mobile suit è una macchina in grado di accogliere questa forza", le
disse uno dei morti sussurrandole nell’orecchio.
Una frazione di secondo più tardi, attorno al Dolly esplose un’aura
bluastra.
"Che diavolo succede?", si domandò Clark aggrottando la fronte. "È forse in
avaria?".
Non pensò nemmeno a una possibile risposta: l’unica cosa che gli comparve in
mente era l’occasione.
Quello Z Plus era disarmato e gli stava palesemente succedendo qualcosa di
strano.
Era il momento di infliggergli il colpo di grazia.
Il Gaplant assunse la forma di mobile armor: anche senza le armi a raggi, era
comunque in grado di annientare un mobile suit nel combattimento
ravvicinato.
Clark scagliò il proprio mezzo contro il Dolly a tutta velocità.
Il mobile suit bianco e blu alzò la mano che ancora gli restava.
Cosa significava quel gesto?
Un’arma nascosta?
Per un attimo, Clark restò disorientato.
Poi, il disorientamento fu sostituito dallo sgomento.
Il Gaplant, una macchina famosa per la sua eccezionale accelerazione, al
punto che dei comuni esseri umani non potevano nemmeno pilotarlo, si bloccò
all’improvviso.
La sua fusoliera si era fermata contro la mano dello Z Plus.
Non fu solo Clark a spalancare gli occhi a quella vista: anche Isolde rimase
praticamente paralizzata dallo stupore.
Mentre i razzi posteriori del Gaplant continuavano a eruttare fiamme,
aumentando sempre di più la potenza, lo Z Plus restava lì, immobile, come se
fosse stato un muro, senza sforzo apparente.
Clark ringhiò di rabbia, mentre spingeva al massimo il mobile armor.
Senza risultato.
Dopo qualche spasmodico secondo di spinta folle, le lamiere del Gaplant
cominciarono a incrinarsi.
Il mobile armor si disimpegnò.
"Spiacente, Isolde", disse Clark alla radio, senza essere sicuro che le
particelle Minovsky permettessero alla comunicazione di arrivare a destinazione,
"In queste condizioni non posso più nemmeno trasformarmi ed entrambi i miei beam
rifle sono inutilizzabili. Io mi ritiro".
Non aveva nemmeno provato a stabilire una comunicazione usando il contatto
mentale.
Perché?
Fece fatica ad ammetterlo con se stesso, ma forse non voleva che fosse
percepita la propria paura.
Quello che successe poi non sarebbe mai stato chiaro al cento per cento nella
mente di Dolores.
Sapeva che il funnel restante del Titania le stava sparando addosso, ma non
capiva esattamente perché i raggi non la raggiungessero.
Mentre le sue stesse emozioni la accecavano, ebbe la consapevolezza di
afferrare una delle beam saber dello Z Plus.
La alzò dritta davanti a sé.
Il Titania, agitando le proprie, si avventava su di lei.
Improvvisamente, la lama violacea della beam saber del Dolly sembrò
esplodere.
Si allungò in maniera inverosimile.
A Dolores sembrò fossero decine e decine di metri.
Le parve sufficiente.
Calò il fendente.
Il Titania fu colpito in pieno da quell’enorme colonna di energia che ora
usciva dall’impugnatura.
Il corpo del mobile suit verde venne completamente inghiottito da
quell’esplosione lucente a forma di lama.
La traiettoria del colpo portò lo Z Plus a trovarsi, essendosi piegato
all’altezza del bacino, con la mano al livello delle ginocchia.
La lama si rimpicciolì istantaneamente, tornando alle dimensioni usuali.
Poi, il Jupitris, che si era trovato direttamente dietro al Titania, esplose
all’improvviso.
Isolde non sapeva se sorridere o restare inorridita: "Quel colpo… Ha
annientato il Titania e il Jupitris in un attimo… E poi, quell’energia che è
scaturita dal mobile suit… Anche se non è stato grazie a Elizabeth, forse oggi
ho davvero visto una parte di quel mondo ideale che padron Paptimus
desiderava…".
***
"Non sono mai stata tanto amareggiata in vita mia", disse Dolores abbassando
lo sguardo.
"Lascia stare", replicò Julius dall’altra parte del vetro della sala per i
colloqui. "Apprezzo comunque che tu abbia cercato di scagionarmi".
"Però non è servito. Adesso che Elizabeth è morta, non è più possibile
dimostrare la tua innocenza".
"Probabilmente, non sarebbe stato possibile comunque".
"Eh?".
"Hai detto che il mio processo è stato manovrato, no? E allora, non credo che
chi ci ha messo le mani avrebbe permesso che uscisse qualcosa in grado di
tirarmi fuori di galera. Non ti avrebbero mai consentito di provare la tua
teoria".
"Forse hai ragione, ma…".
Dolores si fermò.
Non aveva avuto il coraggio di dire a Julius che era stata proprio lei a
uccidere Elizabeth.
"Hai fatto quello che potevi", disse lui sospirando rassegnato. "Lo apprezzo
molto, davvero".
Dolores alzò gli occhi: "Julius, quando uscirai di qui, se avrai bisogno di
un lavoro… Potresti farti assumere dall’Esercito Federale come pilota
collaudatore… Se potrò, ti raccomanderò io. Fammi una telefonata, e io ce la
metterò tutta per farti prendere".
"Grazie, ma non credo proprio che l’Esercito assumerebbe un ex carcerato.
Pare che il tempo per questa visita sia finito". Julius si alzò dalla sedia:
"Anche se sei stata tu a dirmi di entrare in quell’Alexandria, non ho mai
pensato che quello che è successo sia stato colpa tua". Senza aspettare una
risposta, si girò e se ne andò.
"Ho fallito su tutta la linea", mormorò Dolores tra sé e sé. "Non sono
riuscita a capire né Liz né me stessa, e in più ho distrutto l’unica possibilità
che avevo di fare riconoscere l’innocenza di Julius… A che mi serve essere un
newtype?".
Uscendo dal carcere, Dolores pensò che in tutta quella situazione non c’era
praticamente niente di positivo.
Dopo il combattimento contro i mobile suit del Jupitris, lei aveva usato
quello che era rimasto del Dolly per avvicinarsi alla luna e lì aveva incrociato
un cargo, dal quale si era fatta trasportare fino allo spazioporto di Von
Braun.
Il Gaplant e il Marasai, però, insieme con i loro piloti, erano spariti nel
nulla.
Che qualcuno li avesse raccolti?
In caso contrario, non sarebbero certo potuti sopravvivere alla deriva nello
spazio.
In un modo o nell’altro, però Dolores aveva la sensazione che quei due le
sarebbero nuovamente comparsi di fronte, prima o poi.
***
"Dai, lasciami stare…", mormorò Dolores rigirandosi tra le lenzuola, mentre
una mano la scuoteva, evidentemente volendo attirare la sua attenzione.
"No, dai…", ripeté seccata, mentre la mano continuava a scuoterla, "Domani
tocca a me portare Sean a scuola, devo alzarmi presto…".
"Sì, ma guarda qui", disse una voce maschile.
Dolores socchiuse gli occhi.
Il buio della stanza da letto era illuminato solo dalla tenue luce dell’abat
jour sul comodino opposto al suo.
Si girò alla propria sinistra.
Nel letto, accanto a lei, c’era un uomo sulla quarantina dai folti capelli
castani, che, seduto con la schiena poggiata al cuscino, a propria volta posto
contro il muro, leggeva un quotidiano.
"Guarda qui", ripeté l’uomo, portando su Dolores lo sguardo attraverso i
sobri occhiali dalla montatura metallica.
"Non ho voglia di alzare la schiena", replicò Dolores, "Dimmi tu cosa c’è
scritto".
"Quel tuo conoscente alla Anaheim Electronics che era stato incarcerato
ingiustamente tre anni fa si chiamava Julius Parker, giusto?".
"Eh? Com’è che ti viene in mente proprio adesso?".
"Qui dice che l’hanno rilasciato. Pare che qualcuno abbia ripreso in mano il
caso e abbia ravvisato gravi anomalie nelle procedure processuali. In pratica,
era stato sbattuto in galera senza che vi fossero prove sufficienti a suo
carico".
Dolores spalancò gli occhi: "Lo sapevo!", esclamò, con un misto di
soddisfazione e disappunto.
"Già, tu hai partecipato al processo come testimone, no?".
"Sì, e avevo pure cercato di farlo uscire di prigione, perché sapevo che era
innocente. Be’, sono contenta per lui, anche se non capisco perché i federali si
siano presi il disturbo di tirarlo fuori. Possibile che rimordesse loro la
coscienza?".
"Quella ragazza di cui ti sei occupata per qualche tempo all’epoca,
Elizabeth… Era la figlia del ministro federale Fontaine, giusto?".
"E quindi? C’entra qualcosa con suo padre?".
"Credo di sì. Non penso che il tuo amico sia stato scarcerato per amor di
giustizia. Ho invece idea che abbiano cercato di colpire Fontaine con la
riapertura di questo caso. Sta concorrendo a non mi ricordo più quale carica in
Parlamento, se non mi sbaglio…".
Stavolta, Dolores di mise a sedere: "Aspetta un momento… Julius era stato
messo in galera per coprire la natura di newtype di Elizabeth e per non
danneggiarne il padre a livello di immagine ed è evidente che Fontaine abbia
avuto una parte nel fatto. Stai dicendo che adesso Julius è stato liberato
perché in questo modo i rivali politici di Fontaine potranno screditarlo davanti
all’opinione pubblica portando a galla un’occasione in cui ha manovrato la
giustizia per i propri fini?".
"Credo di sì".
"Non so, non mi torna. Liz era al centro degli interessi di molte persone e
Fontaine non ha certo manovrato il processo da solo. È ovvio che ci siano stati
anche altri che hanno messo mano nella faccenda".
"Dettagli, pare. Qui dice che Fontaine avrebbe fatto tutto da solo e non
parla dei poteri da newtype della ragazza. Secondo questo articolo,
l’intrallazzo sarebbe stato commesso solo per una questione di immagine. In
pratica, il tuo amico sarebbe stato incarcerato per coprire il fatto che la
signorina Fontaine aveva l’abitudine di darla in giro come fosse una stretta di
mano e che qualcuno dell’equipaggio dell’Alexandria su cui si trovava si era
lasciato prendere un po’ troppo, arrivando a violentarla".
"Ma questo non è vero!".
"E chi può dirlo? La ragazza ormai è morta, no? Personalmente, sono convinto
che chi ha messo su questa faccenda non avrà difficoltà a trovare chissà quanti
suoi ex amanti".
Dolores si sdraiò di nuovo, stavolta affondando la faccia nel cuscino: "Non
mi piace. Sono contenta che Julius sia uscito di prigione, ma mi dà fastidio che
si infanghi la memoria di Liz. Non è stata colpa sua, in fondo, era una ragazza
che aveva dei seri problemi. E poi, tutta questa storia puzza troppo di balla.
Voglio dire, sarebbe stata violentata da qualcuno sull’Alexandria? E allora che
necessità ci sarebbe stata di incarcerare Julius? Non vedo perché cercarsi un
capro espiatorio. Nessuno crederà a questa storia".
"Io invece penso di sì. Dopotutto, che quel tale abbia passato tre anni in
galera ingiustamente, è un fatto. Dicono che gli sia stato offerto un lavoro da
pilota collaudatore nell’Esercito Federale, come per risarcirlo di questo danno.
Ma l’opinione pubblica non si accontenterà di un risarcimento del genere. Penso
che si sentiranno scandalizzati, si riterranno colpiti nei propri principi più
saldi e vorranno la testa di qualcuno. Preferibilmente Fontaine. Poi, dopo un
mesetto, non sapranno nemmeno più chi sia, questo Julius Parker".
***
"Sai perché gli spacenoid mi stanno sul cazzo?", chiese un soldato federale
mentre stava trafficando nell’abitacolo del proprio mobile suit.
Di fianco alla sua macchina antropomorfa, ce n’era un’altra uguale.
Davanti a essa, una passerella, sulla quale un altro soldato stava a propria
volta esaminando il proprio mezzo.
Un po’ deluso dalla mancanza di reazione del proprio collega, il primo
soldato, un uomo dai capelli castani che doveva avere superato la trentina,
continuò: "Mi stanno sul cazzo perché credono che la Terra sia la loro fottuta
discarica. Sono venuti a romperci i coglioni durante la Guerra di Un Anno e ci
lasciano qui i loro reduci, che ci hanno infastiditi per circa nove anni.
Tornano durante la Guerra di Neo Zeon e, ancora una volta, ci lasciano dei
soldati che non sono riusciti a riportarsi nello spazio. Senza contare le
colonie che hanno buttato giù tra il ’79 e l’88. Voglio, dire, per quanto tempo
ancora dovremo sopportare tutto questo? Per quanto ancora dovremo permettere
agli spacenoid di fare i loro porci comodi? Non potremmo chiuderli nelle loro
cazzo di colonie? Se ne sono voluti andare dalla Terra, che non ci tornino
più!".
L’altro soldato, un ragazzo sui vent’anni dalla testa rasata e con la barba
mal curata, lanciò un’occhiata al collega: "Io sono nato su Side 2", rispose
impassibile.
Ci fu un attimo di silenzio.
Poi, il primo soldato rise sonoramente: "Oh, be’, suppongo di avere fatto una
gaffe. Comunque sia, non è che io ce l’abbia con gli spacenoid in generale… Solo
contro quelli che vengono qui a fare la guerra".
"Non è forse quello che vuoi?", domandò il secondo soldato senza distogliere
lo sguardo dal proprio mobile suit.
"Cosa?".
"Hai solo voglia di trovarti qualcuno con cui attaccare briga, giusto? Sai
che i miei nonni sono stati costretti a lasciare la Terra? E, come loro, un
sacco di altre persone?".
"Cosa cambia? Non è che siano giustificati a farci la guerra solo perché loro
sono stati segregati sulle colonie. Che colpa ne ha la gente che vive sulla
Terra?".
"Che colpa ne avevano gli zeoniani, se ai loro governanti non stava più bene
di pagare tasse alla Federazione? Pensi che siano stati i soldati semplici a
decidere la guerra?".
"Ma che c’entra? Io stavo solo…".
"Cercando un capro espiatorio. Adesso usciremo, uccideremo un po’ di
spacenoid e potremo anche credere che sia moralmente giusto, perché a loro non
importa della Terra. Ci ho preso?".
***
"Forse quello che stiamo facendo non è moralmente giusto", disse Julius
Parker, fermandosi solo un attimo a sorseggiare il vino rosso dal proprio
bicchiere, "Ma credo non si possa mettere in dubbio che è indispensabile".
"Non è mia intenzione mettere in dubbio la moralità dell’operazione", rispose
una donna bionda dall’elegante tailleur grigio dopo avere tagliato una fetta di
salmone nel piatto davanti a sé, "Però lei deve tenere conto che ho degli
interessi importanti in quella zona. Se la sua squadra dovesse esagerare, potrei
averne un danno economico di una certa entità, senza contare che questo andrebbe
anche a scapito dell’immagine dell’Esercito Federale".
"Lo capisco", Julius sistemò il tovagliolo sui pantaloni del suo elegante
abito da sera, anch’esso grigio, "D’altra parte, non possiamo permetterci alcuna
leggerezza in un momento del genere. È proprio perché l’Esercito Federale ha
preso sottogamba una situazione simile che l’ultima guerra ci ha riservato
sgradevoli sorprese. Le garantisco comunque che non è nemmeno nel nostro
interesse causare danni eccessivi all’ambiente".
La donna avrà avuto all’incirca trent’anni, ma il suo sguardo trasmetteva
l’autorità di una leader consumata. I suoi capelli, raccolti dietro al capo, e i
suoi occhiali dalle lenti sottili non facevano che accentuarne l’aria di
inflessibilità. Julius, con i capelli pettinati all’indietro e lo sguardo quasi
truffaldino, pareva quasi volerle fare credere che la stesse corteggiando.
E forse, almeno da un certo punto di vista, era così.
"Spero che quanto dice sia vero, signor Parker. Come lei saprà, ho delle
conoscenze in Parlamento e potrei farmi sentire, se qualcosa andasse storto. Mi
dispiacerebbe creare problemi a una persona simpatica come lei".
"E a me dispiacerebbe creare problemi a una donna tanto affascinante. Le
garantisco che i suoi preziosi alberi subiranno quanti meno danni
possibile".
Julius masticò la sua fetta di salmone senza perdere il proprio sorriso.
Il suo lavoro non era poi così male.
Non gli capitava tutti i giorni di pranzare in un lussuoso hotel di Oslo,
davanti a una vetrata che gli permetteva di vedere il limpido cielo notturno e
la foresta di aghifoglie in lontananza.
***
Lo squadrone di mobile suit che si muoveva per la foresta era composto da
dodici Jegan.
Otto modelli specializzati per il combattimento in presenza di gravità, tre
con una coppia di beam cannon sulle spalle per il supporto a medio raggio e uno
per ufficiali.
Ciascun mobile suit era stato dipinto con una livrea mimetica che mescolava
il verde scuro, il grigio e il nero.
Non sarebbe stato molto furbo lasciare il bianco originario dei Jegan.
Ricordavano tutti fin troppo bene le parole che il colonnello a capo
dell’operazione aveva rivolto loro all’inizio del briefing: "Il compito
dell’unità l-1 consiste
nell’attaccare frontalmente le linee nemiche; dovete impegnarli il più possibile
per almeno quaranta minuti. Una volta scaduto questo tempo, l’unità l-2 sarà lanciata dal velivolo di
supporto direttamente nel bel mezzo dei nostri avversari. L’ideale sarebbe che
l’unità l-1 impegnasse
quanti più mobile suit nemici possibile, quindi la tattica prevede che i Jegan
Cannon restino in seconda linea. Gli altri nove attaccheranno con i beam rifle e
cercheranno di attirare allo scoperto quei bastardi: dovrete allestire un blando
assalto, far credere loro che vi state ritirando e poi cannoneggiarli quando vi
inseguiranno. Li attirerete nella radura che si trova qui – l’ufficiale aveva
indicato un punto sull’ampia mappa alle proprie spalle – e allora procederete a
circondarli. È improbabile che il nemico impieghi tutte le proprie forze
nell’inseguimento ed è altrettanto improbabile che l’unità l-1 possa abbattere tutti i nemici da
sola in quaranta minuti. L’unità l-2 dovrà quindi inizialmente partecipare all’operazione di
accerchiamento, per poi contribuire all’assalto finale contro il campo
nemico.
"Signori, spero vi sia chiaro che dobbiamo limitare al minimo il danno alla
vegetazione. In parte perché questa è una delle regioni che il Governo Federale
ha deciso di inserire nel suo piano di riforestazione del pianeta, in parte
perché una potente holding commerciale ha ottenuto l’appalto per lo sfruttamento
limitato del legname e quindi, se facessimo troppo casino, causeremmo loro un
danno economico che poi dovremmo rifondere".
A sentire quest’ultima considerazione, buona parte dei piloti si era chiesta
come sarebbe stato possibile non incendiare tutta la foresta con dei mobile suit
che avevano come minimo un beam rifle ciascuno.
Qualcuno aveva anche mormorato qualcosa del tipo: "E magari vuole anche una
fetta di cazzo?".
"I nostri avversari", aveva continuato il colonnello, "non devono essere
sottovalutati solo per i loro mobile suit. Sembra che il gruppo dei nemici sia
costituito da reduci della Guerra di Neo Zeon e persino della Guerra di Un Anno,
quindi stiamo parlando di piloti esperti. Scordatevi di poterli fregare solo
perché i vostri mobile suit sono più avanzati dei loro. A quanto ne sappiamo,
hanno circa una ventina di unità. Pare che siano per lo più Dreissen, ma sono
stati avvisatati anche un paio di Zssa. È confermata la presenza di qualche Zack
II… Sì, Zack II, non ridete. C’è un motivo se Axis li ha usati anche durante
l’invasione dell’88 nonostante risalgano agli anni ’70. Inoltre, pare che il
nuovo movimento di Neo Zeon che si sta formando nello spazio abbia spedito a
questi tizi dei rinforzi, quindi dovremmo vedere anche qualche macchina di
concezione più recente".
Un’operazione apparentemente semplice, se non fosse stato per quel problema
della foresta.
***
Passarono esattamente quattro minuti e mezzo dallo sbarco dell’unità
l-1 prima che un albero
prendesse fuoco. Ovviamente, molti altri seguirono in breve.
Guardando i bagliori rossastri della foresta in fiamme dalla finestra
dell’hotel, Julius ridacchiò, lanciando alla donna seduta davanti a lui
un’occhiata complice: "Sembra che qualcosa sia andato storto, eh?".
"Sono contenta che questo la diverta", rispose lei. "Spero che i suoi
comandanti siano altrettanto felici di vedere il conto che invierò loro".
"Oh, non si preoccupi, avevamo messo in preventivo che sarebbe potuto
succedere qualcosa del genere".
‘E vaffanculo’, pensò tra sé e sé.
***
Nessuno si era veramente aspettato che sarebbe stata un’operazione
facile.
Però, in parte perché il nemico disponeva di vecchi modelli di mobile suit,
in parte perché doveva difendere una zona difficile, i soldati federali erano
stati piuttosto ottimisti.
Ma c’era stato un imprevisto.
Il nemico non li aveva inseguiti.
Quando il primo squadrone di Jegan si era ritirato, gli zeoniani erano
rimasti in posizione.
Poi, improvvisamente, un raggio era balenato per la vegetazione, tranciando
interi gruppi di alberi.
La concentrazione di particelle Minovsky impediva efficienti comunicazioni
radio e la formazione dei mobile suit, essendosi aperta per mettere in atto
l’accerchiamento, era ancora dispersa.
Mentre la foresta bruciava, erano i federali a trovarsi isolati.
Qualsiasi cosa fosse a sparare quei raggi, sembrava che la linea di difesa
degli zeoniani si fosse raccolta intorno a essa.
Qualche colpo isolato sembrava voler coprire quell’arma quando non
sparava.
In quel caos, solo una cosa fu chiara a tutti i piloti di Jegan: una volta
che l’unità l-2 fosse
atterrata, si sarebbe trovata nel bel mezzo della linea di fuoco del nemico.
Mentre gli alberi bruciavano, i mobile suit federali cercavano di spostarsi
verso quelle macchie di vegetazione non ancora toccate dal fuoco, se non altro
per cercare di riorganizzarsi.
Qualcuno pensò anche di approfittare di questa copertura per tentare di
aggirare la postazione di fuoco del nemico.
Uno dei Jegan stava correndo tra gli alberi.
Era vicino.
Girando la testa alla propria destra, il pilota poteva vedere quel gigantesco
raggio sparare di nuovo.
Non riusciva a capire da dove arrivasse, ma poteva farsi un’idea abbastanza
precisa di dove di trovasse la sua fonte.
Mentre il mobile suit correva, il pilota vedeva le mura che gli zeoniani
avevano innalzato attorno alla centrale che avevano catturato.
Ecco, la cosa che sparava il raggio doveva trovarsi più o meno all’unico
ingresso della zona.
Finalmente, arrivò in un punto in cui la vegetazione gli permetteva di fare
sporgere la telecamera sulla testa del Jegan per guardare il punto
desiderato.
E vide.
Vide un grande mobile armor su due gambe.
Non era la prima volta che quel pilota metteva lo sguardo su qualcosa di
simile.
Lo aveva già visto in un libro all’accademia militare.
Quel mobile armor somigliava parecchio al Big Zam utilizzato dall’Esercito
Regolare di Zeon durante la Guerra di Un Anno.
Era differente, ma l’aspetto di base presentava delle inequivocabili
similitudini.
Possibile che gli zeoniani tendessero a riciclare sempre i loro vecchi
design?
Quale altra loro vecchia macchina avrebbero riutilizzato?
Prima che il pilota potesse formulare un’altra domanda, un mobile suit
irruppe dalla vegetazione circostante.
Effettuando un rapido affondo, il mezzo antropomorfo di Zeon trapassò il
torso del Jegan con la sua grossa beam saber.
Il mobile suit federale non esplose in tempo da impedire al pilota di
rendersi conto che aveva già visto anche quest’altro modello, quello che lo
aveva attaccato, sempre in un libro.
Era molto simile a un Gyan.
Improvvisamente, il grande mobile armor smise di sparare.
Due mobile suit che in origine dovevano essere stati gialli (anche se ormai
erano stati macchiati a tal punto, nel tentativo di mimetizzarli, da essere
diventati di un verde/marrone sporco) si fecero avanti dai lati della grossa
macchina.
Alcuni dei piloti di Jegan erano dei veterani della Prima Guerra di Neo Zeon
e riconobbero gli Zssa, anche se sembrava fossero stati loro rimossi i
lanciamissili sulle gambe.
Quelle sulle braccia, però, erano ancora lì.
Una tempesta di fuoco esplose dagli arti degli Zssa, mentre sparavano sulla
vegetazione la loro pioggia di missili.
Stavano stanando il nemico.
Un Jegan Cannon, dotato di un paio di cannoni sulle spalle, uscì dal proprio
nascondiglio fra gli alberi e fece fuoco.
I raggi che eruppero dai cannoni centrarono uno degli Zssa, facendolo
esplodere all’istante.
Non passò nemmeno un minuto prima che un Dreissen lo falciasse, tagliandogli
una gamba con un preciso lancio della propria tri-blade.
Il rumore del grande velivolo di classe Garuda Kai riempiva l’aria.
Sembrava che fosse restio a sganciare l’unità l-2: forse là sopra avevano intuito che qualcosa non
era andato secondo i piani.
Ma avevano intuito male.
Gli zeoniani dovevano avere capito cosa ci facesse un velivolo da trasporto
direttamente sopra il campo di battaglia, perché il Big Zam puntò verso l’alto
il proprio cannone a mega particelle, nel quale cominciava a comparire una
luminescenza violacea.
Fu solo all’ultimo istante che un Jegan spuntò dalla vegetazione e colpì il
mobile armor con una spallata.
Perché non aveva sparato, anziché attaccare esponendosi così?
Nessuno avrebbe saputo dirlo, ma il fatto era che non aveva il beam
rifle.
Forse l’aveva perso durante la prima ondata di assalti di Neo Zeon.
L’unica cosa certa era che il suo colpo contro il Big Zam aveva deviato il
raggio che era stato sparato dal cannone a mega particelle su di esso.
Un attimo dopo, lo Zssa superstite estrasse la beam saber e la affondò
nell’abitacolo del mobile suit federale.
Prima di morire, avvolto dalla luce bruciante del raggio, il pilota riuscì a
mormorare solo una cosa: "Ecco perché gli spacenoid mi stanno sul cazzo…".
Pur deviato dal Jegan, il raggio del Big Zam aveva sfiorato un’ala del Garuda
Kai.
Qualche piccola esplosione localizzata fu sufficiente a destare
preoccupazione nella sala comandi, ma l’ufficiale responsabile del velivolo
dovette giudicare che, a quel punto, fosse indispensabile portare a termine il
compito assegnatogli.
Ordinò di lanciare l’unità l-2.
Il secondo squadrone di Jegan, dipinti di un blu scuro che li confondeva con
il cielo notturno e di un verde oliva che avrebbe dovuto celarli nella
vegetazione, fu sganciato direttamente dietro la postazione di Neo Zeon.
Dal campo degli zeoniani partì qualche raggio, ma nessuno centrò il
bersaglio: la necessità di guardarsi dall’azione dell’unità federale già a terra
e le condizioni di scarsa visibilità furono la fortuna dei federali.
Durante la caduta, i Jegan avevano usato i razzi di spinta per frenare la
propria corsa verso il suolo; i piloti erano però stati abbastanza accorti da
attivarli solo a momenti, per evitare di segnalare la propria posizione in un
momento in cui sarebbero stati vulnerabili.
"Let’s rock", mormorò il comandante, sul suo Jegan per ufficiali, non appena
toccò terra.
Le particelle Minovsky erano a livelli elevatissimi e comunicare via radio
era praticamente impossibile.
Ma tutti i soldati avevano già ricevuto le proprie istruzioni, nonostante la
zona dell’atterraggio fosse cambiata.
Il Jegan per ufficiali del comandante si lanciò verso la fortificazione della
postazione di Neo Zeon alzando lo scudo, dal quale spuntavano due canne di
un’arma da fuoco.
Da entrambe eruttarono dei flussi di raggi violacei, che si abbatterono sulla
rozza muraglia metallica che gli zeoniani avevano innalzato.
I raggi trapassarono le piastre corazzate, seguiti immediatamente da quelli
sparati dai beam rifle degli altri Jegan.
Nonostante la tempesta di colpi, diverse parti della fortificazione restarono
in piedi.
Almeno per qualche secondo.
Almeno finché la muraglia non esplose dall’interno.
Due Geara Doga, reggendo delle pesanti beam machinegun, fecero piovere una
raffica di raggi sugli assalitori.
Un terzo, dalla spalla destra del quale spuntava un cannone, sembrava intento
a ricercare il bersaglio.
Sembrava che gli zeoniani non volessero stare ad aspettare e fossero
intenzionati ad soffocare l’attacco nemico sul nascere.
I Jegan Cannon scesi dal Garuda Kai, che erano rimasti in copertura fino ad
allora, aprirono il fuoco.
***
Julius Parker guardò accigliato il documento che aveva in mano.
Seduto sul letto della propria camera nella base federale, non riusciva a
staccare gli occhi dalle pagine del rapporto sulla missione nei pressi di
Oslo.
Tralasciò le note sulla distruzione della foresta, gli bastava averle lette
una volta.
Sapeva di dover riportare la cifra al comando e avrebbero pensato loro a
rifondere i danni.
Non doveva pagare lui.
Saltò a piè pari il rapporto sulle ingenti perdite inflitte agli squadroni di
mobile suit, ormai conosceva quei numeri a memoria.
Sapeva quante lettere far spedire alle famiglie, sapeva quanto la distruzione
di quelle macchine avrebbe influito sul budget.
Non prestò attenzione alle segnalazioni degli eroici soldati che avevano
permesso la distruzione del mobile armor di Neo Zeon, c’era troppa retorica per
i suoi gusti.
Quello che attirò il suo sguardo fu il resoconto dei prigionieri che erano
stati catturati dai soldati federali in seguito all’assalto.
Tra i mobile suit nemici c’era stato un Geara Doga che aveva spazzato via
sette Jegan praticamente da solo, prima che la sua riserva energetica, ormai al
limite, lo facesse cadere vittima di un soldato federale, che gli aveva fatto
saltare una gamba.
Il pilota di quel Geara Doga era stato un ragazzino inviato sulla Terra dal
movimento di Neo Zeon che si era formato nello spazio.
Trovato nell’abitacolo che si dibatteva come un dannato, con la bava che gli
usciva dalla bocca.
Le analisi che erano state condotte su di lui avevano dimostrato che era
stato alterato artificialmente affinché si risvegliassero in lui le capacità che
venivano comunemente associate ai newtype.
Julius non seppe dire perché questo lo colpì così tanto.
Non gli era mai stato detto cosa ci facesse quella ragazzina sull’Alexandria
che lui e i suoi colleghi avevano attaccato ormai più di quattro anni prima,
quando erano stati intenti a scortare della merce che stava venendo lanciata
sulla Terra.
Eppure, lui aveva sempre avuto l’idea fissa che i militari avessero voluto
usarla per qualcosa.
Ora, mentre leggeva questo rapporto, aveva l’impressione che la storia si
stesse ripetendo.
Era davvero così?
Come si sarebbe potuto fermare tutto questo, qualsiasi cosa fosse?
Julius si lasciò andare sul letto.
Che importava?
In ogni caso, la gente era semplicemente contenta di vivere una vita
pacifica, senza curarsi dei problemi che le incombevano addosso.
La gente non si preoccupava di ciò che non vedeva.
***
Note dell’autore
Che sorpresona, eh? Chi l’avrebbe mai detto che questa storia, che era stata
originariamente presentata come una one-shot, avrebbe avuto un seguito? Io, per
esempio. La verità è che avevo in mente questo racconto già al tempo di scrivere
il primo capitolo, ma non sapevo se mi sarebbe venuta voglia di buttarlo giù. Al
che, ho preferito chiarire che quello era una cosa a sé stante. Sono un tipo
strano. Non credo di avere mai sperimentato quello che viene convenzionalmente
chiamato ‘blocco dello scrittore’, perché scrivo solo quando ne ho voglia. Il
problema è che spesso mi vengono in mente delle storie lunghissime, in tutti i
minimi particolari, articolate per filo e per segno… E non le scrivo. Perché non
ne ho voglia, anche se so già esattamente cosa scrivere. Voglio dire, se io so
già tutto quello che voglio fare, perché dovrei riportarlo in un documento?
Sarebbe come ripetere qualcosa che ho già detto, e la cosa non mi piace per
niente (ho letto da qualche parte che anche Mary Shelley si trovava in questa
situazione). Una volta era diverso, sentivo il bisogno di scrivere… Adesso mi
basta fare esercizio mentale dentro la mia testa per ottenere lo stesso
risultato. Ma bando alle cazzate.
In questa seconda avventura di Dolores, ho parzialmente abbandonato il metodo
delle singole scene, descrivendo con maggiore dettaglio quello che accade. Anche
qui, in realtà, mi sono limitato al minimo indispensabile, perché anche questa
parte della storia è nata per essere inserita in un progetto di altro tipo,
quindi non ho necessità di dare spiegazioni particolarmente precise. Solo che la
trama era più articolata che nel primo capitolo, quindi dovevo fare in modo che
il lettore capisse esattamente cosa stesse succedendo. Più o meno, perché ho
lasciato comunque diversi buchi, laddove non mi serviva raccontare determinate
cose, che magari io ho in mente, ma che non erano strettamente necessarie per
comprendere gli eventi.
Forse a questo punto qualcuno si sarà chiesto perché abbia messo quelle
parole incomprensibili all’inizio di questo secondo capitolo… Allora, quella è
la traduzione di una canzone giapponese, per la precisione Anime Janai, la prima
sigla di testa di Gundam ZZ. Perché l’ho usata come incipit? Perché è uno sfottò
decisamente palese verso gli otaku, quindi era coerente con quello che volevo
dire. Con il primo capitolo di Gundam D avevo dato la mia visione personale di
quello che Tomino aveva trasmesso con la prima serie di Gundam.
Qui ho puntato a dare una mia interpretazione del messaggio di Z Gundam. Lì
un protagonista dalla personalità fragile si vede costantemente
deluso/ferito/ingannato da qualsiasi persona nella quale cerchi di riporre
fiducia; questo espediente viene utilizzato per criticare gli otaku che vivono
nel loro mondo di anime. Un invito a staccare la spina e guardare al mondo
reale: come lo stesso Tomino ha dichiarato, il significato della sorte finale di
Kamille è questo (mi riferisco ovviamente alla serie TV e non a A New
Translation). Ricorda qualcosa? Non so, fate voi…
Mi è stato chiesto se il nome di Dolores avesse un’origine particolare o se
l’avessi scelto a caso. Dunque, il suo primo nome deriva da un episodio molto
malato. Dovete sapere che io frequentavo di tanto in tanto (ma ormai non mi
faccio vedere da un pezzo, anche perché era più un’imposizione dall’alto che una
scelta mia, quindi ho deciso di sbattermene le palle…) il forum di una rivista
con cui ho collaborato per qualche anno e lì, con un paio di altri falliti, ci
divertivamo a commentare la puntata settimanale di Gundam SEED – Destiny. Io ero
solito scrivere dei riassunti piuttosto deviati dell’episodio. All’entrata in
scena del personaggio di Heine Westenfluss, ironizzai pesantemente sul suo
incerto orientamento sessuale, riscrivendo la scena in cui si presenta
all’equipaggio del Minerva (o Love Boat, come lo chiamiamo da quelle parti).
Faccio copia-incolla da quel forum (comunque, a causa di un mio compagno di
merende che si è fatto sfuggire la situazione di mano, questa roba è finita
anche sulla board degli Starsubber, dove mi ha guadagnato il titolo di membro
onorario dell’Angolo del Biscotto per meriti sul campo… non so se esserne
orgoglioso o vergognarmene).
‘Nel frattempo, l'equipaggio della Love Boat sta subendo un autentico assalto
alla propria eterosessualità: Heine sta facendo conoscenza con i piloti: "Ciao,
ragazze, come state? Sentite, io non sono uno di quegli ufficiali che vogliono
mantenere le distanze, anzi, voglio stare quanto più vicino possibile,
soprattutto ai bei maschioni. Quindi chiamatemi tutti per nome, OK? Al limite,
potete anche chiamarmi Ines. O magari Gioia, o Wanda, non so... E, mi
raccomando, se mai dovessi chiedervi di chinarvi a raccogliere la saponetta,
fatelo... Anzi, se qualcuno deve allacciarsi le scarpe". A questo punto, Rey,
zelante, gli ricorda: "Non abbiamo stringhe sugli stivali". Ines ha
un'esclamazione di disappunto e si gira verso Athrun: "Ma dai, bella, tu ti fai
veramente chiamare 'comandante'?"
"E come devo farmi chiamare, Dolores?"
"Non è una cattiva idea... Ma perché non ti avvicini un po' di più ai tuoi
subalterni? Ricordati che qui il superiore sono io, quindi, se ti dico di
avvicinarti, devi farlo"’.
OK, so che è una cosa molto triste, ma… per qualche bizzarro motivo, il nome
‘Dolores’, che lì mi era venuto per caso, mi è rimasto in testa e l’ho usato. Il
cognome, Martin, viene da una scena che mi ero immaginato. Avete presente la
missione in Francia alla quale Dolores partecipò durante la Guerra di Un Anno,
quella alla quale si accenna nel primo capitolo? Ecco, mi ero immaginato che i
suoi sottoposti avessero saputo di essere stati messi al seguito di un
fantomatico ‘tenente Martin’ e che congetturassero tra di loro pensando che
fosse un uomo. Poi, ovviamente, sarebbe arrivata Dolores stessa a chiarire il
malinteso. In pratica, per questa scena mi sarebbe andato bene un qualsiasi
cognome che potesse essere scambiato per un nome maschile.
Ah, riguardo la parola ‘riforestazione’, so bene che non esiste. Ho pensato
fosse un termine coniato nella seconda metà degli anni ’80 (mi riferisco agli
anni ’80 dello Universal Century, ovviamente) per indicare il ripristino di aree
di foresta che il Governo Federale mette in atto a partire da quel periodo (chi
ha visto Gundam ZZ sa di cosa sto parlando).
Ci sarà mai un futuro per Gundam D? E chi lo sa? Io un terzo capitolo ce
l’avrei anche in mente (è blandamente ispirato a Moon Crisis, un vecchio fumetto
di Gundam che si svolge nell’UC 0099; tra gli altri, dovrebbero comparire Julius
e, rullo di tamburi, Kamille Bidan, mentre probabilmente Dolores non ci sarà),
ma, ancora, non so se mi verrà voglia di scriverlo… Tra l’altro, non escludo
nemmeno la possibilità di un capitolo 1.5, ambientato durante gli eventi di
Stardust Memory e collocato tra il primo e il secondo; anche in questo caso,
comunque, pur avendo in testa un abbozzo di storia, non so se lo realizzerò mai.
Di conseguenza, allo stato attuale, Gundam D si considera una storia conclusa.
Tra l’altro, sono molto poco soddisfatto del risultato ottenuto finora… Ho
l’impressione che la seconda parte di Gundam D sarà molto poco apprezzata,
perché, per capirla appieno, bisogna conoscere Z Gundam, Gundam ZZ e Gundam
Sentinel. Quanti saremo in Italia ad avere a disposizione tutto questo
materiale?
***
Personaggi vari
Nel primo capitolo ho messo i dati di Dolores, quindi mi sembra giusto
riportare qui quelli dei personaggi più rappresentativi di questa seconda
parte.
Conner Clark
Data di nascita: 3 maggio UC 0054
Luogo di nascita: Side 3
Altezza: 196 cm.
Peso: 113 Kg.
Misure: 108/92/97
Pilota di: MS-06D Zack Desert Type, MRX-007G Prototype Psyco Gundam, ORX-005
Gaplant
Residenza: originariamente residente su Side 3, attualmente occupa un
alloggio alla base di Torrington dell’Esercito della Federazione Terrestre
Gli piace: lo spazio, i tatuaggi
Non gli piace: la gente
Cibo preferito: gelato al pistacchio
Famiglia: non lo sa con esattezza nemmeno lui e non gli importa
Conner Clark è un personaggio che a volte ho trovato problematico gestire.
Praticamente tutti i ‘villain’ di questa seconda parte di Gundam D sono stati
pensati per essere più o meno sociopatici; Clark è il sociopatico violento,
quello che picchia. Esteticamente, è il tipico veterano di guerra truzzo, ma
mentalmente è una contraddizione vivente. Penso che nella storia sia abbastanza
chiaro (almeno per chi ha visto Z Gundam), ma Conner non è un newtype naturale:
ha acquisito poteri simili in seguito ai trattamenti dell’Istituto Murasame. Con
questo personaggio volevo ancora una volta bastonare un po’ la figura del
newtype ed esaminare i lati negativi di questa condizione. Clark era un
paranoico prima di diventare un umano potenziato (la versione americana di Z
Gundam li chiama ‘cyber newtype’, ma io mi attengo all’originale giapponese,
‘kyokai ningen’) e dopo peggiora. Prima il suo problema era quello di voler
capire il prossimo e non riuscirci; adesso lo capisce e non vede niente che gli
piaccia. Non escludo di poter ripescare Clark in un eventuale seguito di questa
storia.
Elizabeth Fontaine
Data di nascita: 22 luglio UC 0072
Luogo di nascita: Belgio
Altezza: 155 cm.
Peso: 50 Kg.
Misure: 78/57/75
Pilota di: PMX-004 Titania
Residenza: Belgio; anche se il suo cadavere non è mai stato recuperato, c’è
comunque un posto per lei nel mausoleo di famiglia
Le piace: le cose carine, Dolores
Non le piace: avere a che fare con gli altri
Cibo preferito: salame di capriolo
Famiglia: padre e madre vivi
Non me lo chiedete. Qualsiasi domanda abbiate in mente su Elizabeth, non
fatemela, perché la risposta non vi piacerebbe. Butto qui un paio di
informazioni a caso. Fisicamente, Liz è ispirata ad alcune immagini che
ritraggono una versione femminile di Athrun Zala, che riprende le fattezze di
Maho di Onegai Teacher. La famosa gif animata in cui si vede qualcuno che
esamina il suo curriculum e poi compare lui/lei che fa il saluto militare è una
delle cose più allucinanti che abbia mai visto e mi è rimasta impressa al punto
che ho dovuto crearci un personaggio attorno. Sono malato, lo so. L’idea dei
poteri newtype che infliggono danni al corpo, invece, mi è venuta da alcuni casi
psichiatrici reali. Sapevate che, in casi estremi, i fenomeni di sdoppiamento
della personalità possono portare anche ad alterazioni fisiche? Di minore
entità, ovviamente, non è che uno possa cambiare faccia di punto in bianco.
Fatto sta che ci sono condizioni psicologiche che possono alterare lo stato del
corpo in maniera considerevole. Elizabeth è un personaggio che porta sul piano
fisico l’alienazione e il rifiuto della realtà. Vede solo quello che vuole,
perché vedere quello che non voleva le ha fatto male. Si può dire che io abbia
costruito la storia attorno a questo personaggio, più o meno come il primo
capitolo era costruito attorno a Victoria (della quale non si citava nemmeno il
nome, ah-ah!). La visione surrealista del suo contatto mentale con Dolores
(quella in cui l’orologio parla) mi viene direttamente da un vecchissimo numero
di Dylan Dog (Gente che scompare, se non ricordo male).
Isolde Tsogatie
Data di nascita: 4 settembre UC 0069
Luogo di nascita: Giove
Altezza: 166 cm.
Peso: 53 Kg.
Misure: 84/61/81
Pilota di: RMS-108S Marasai Custom
Residenza: colonia imprecisata di Giove
Le piace: usare i propri poteri di newtype per entrare in contatto con il
prossimo
Non le piace: la gente che non si piega al suo contatto mentale
Cibo preferito: nessuno in particolare
Famiglia: nessuna; è una delle subordinate di Scirocco
OK, mi serviva qualcuno che facesse le veci di Paptimus Scirocco. Qualcuno
che tirasse dalla sua parte Elizabeth e le desse una scusa per combattere contro
Dolores. In realtà, però, il personaggio di Isolde mi è venuto diverso da come
l’avrei voluto. Da una parte, somiglia parecchio a Scirocco: ne condivide gli
scopi e il modus operandi. Dall’altra, vive comunque alla sua ombra e forse non
ha ben chiaro nemmeno lei cosa sta facendo. Sembra la meno sociopatica dei
villain di questa storia, ma probabilmente è quella che lo è di più: non riesce
a relazionarsi al prossimo, se non tramite le proprie capacità newtype. La sua è
una dipendenza dai propri poteri molto diversa da quella che prova Dolores
quando percepisce l’assuefazione alla sensazione della morte: è proprio una
persona che non potrebbe vivere senza essere una newtype. Tutto il suo valore si
risolve attorno a questo, non ha una vera volontà propositiva, si limita a
lasciarsi trasportare dalle idee altrui e dalla propria sensibilità superiore.
Nella storia vengono citate anche altre due persone, Luna e Caterina, che
dovrebbero fare parte dell’equipaggio del Jupitris con cui Isolde arriva nella
Sfera Terrestre. In realtà, ho messo lì quei nomi giusto perché i lettori si
chiedessero chi fossero, quindi non credo che dirò qualcosa di più sul loro
conto. Ah, vorrei precisare che Isolde non fa effettivamente parte dei Titans:
le ho messo addosso la loro normal suit solo perché mi piaceva l’immagine dei
suoi capelli che le fluttuavano attorno.
***
Considerazioni assortite sui mobile suit
Allora, contrariamente a quanto accadeva nel primo capitolo, qui ho inserito
dei mobile suit che mi sono inventato io. Anzi, sarebbe più corretto dire che
sono delle varianti di macchine già esistenti. Dai dialoghi dei personaggi è
possibile estrapolare alcune loro caratteristiche, ma la maggior parte dei
dettagli tecnici viene omessa e riportata in un capitolo addizionale in coda
alla storia, che ho chiamato D-MSV (ovvero Mobile Suit Variations di Gundam D…
che fantasia, eh?). Perché ho preso questa decisione? In fondo, non mi sarebbe
costato granché inserire una sequenza in cui qualche personaggio snocciolava le
mirabolanti capacità dei mobile suit, non avrei nemmeno dovuto appesantire
granché la narrazione. L’ho fatto essenzialmente perché questa è una fanfiction
di Gundam e quindi ho usato lo stesso approccio delle serie di Gundam: si
lasciano intravedere le capacità dei mezzi nel racconto e le si esamina nel
dettaglio con delle schede tecniche che compaiono in pubblicazioni collaterali.
Se mai dovessi aggiungere altri capitoli a Gundam D, le D-MSV saranno aggiornate
di conseguenza, ma resteranno sempre in coda al resto della storia,
ovviamente.
Per quanto riguarda i mobile suit che ho preso altrove, non c’è molto da
dire. Chi conosce un po’ l’universo di Gundam si sarà accorto che mi piace
andare a pescare dei modelli relativamente poco conosciuti. Lo Zack marrone che
Clark pilota all’inizio della storia è un MS-06D Zack Desert Type. Non può
ovviamente essere un MS-06D Desert Zack, visto che quelli saltano fuori parecchi
anni più tardi, durante la Prima Guerra di Neo Zeon (però mi sono sempre chiesto
dove i reduci di Zeon che erano rimasti in Africa avessero trovato i pezzi per
mettere nei loro Zack il sistema panoramic monitor/linear seat… bah!). Il GM
contro cui combatte, invece, è un RGM-79F Desert GM. Potreste chiedervi che
differenza avrebbe fatto se fosse stato un altro modello… Be’, direi che non ne
avrebbe fatta: è semplicemente la mia solita mania di andarmi a prendere i
mobile suit più infognati tra i vari fumetti/videogiochi/variation/balle
assortite.
I due mobile armor che Dolores, Julius e Michael sono incaricati di scortare
fino al rientro nell’atmosfera sono degli MSA-005K Guncannon Detector. Si tratta
di un modello che compare tra le Z-MSV, dove si dice che ne furono assemblate
due unità, entrambe comprate dalla Karaba, che furono sbarcate dall’orbita in
Nord America tramite uno shuttle. Durante l’operazione di rientro, una delle due
fu abbattuta. Le fonti ufficiali non citano altre notizie circa questi fatti, né
li collocano temporalmente con precisione. Diciamo che io ho preso quello che si
sapeva e ci ho ricamato attorno.
So cosa avete pensato quando avete letto dello Z Plus di Dolores che faceva
cose da Super Saiyan, come tagliare il metallo con una mano, crearsi un’aura di
energia o generare una beam saber extralarge. Ecco, probabilmente non lo avreste
pensato se aveste visto Z Gundam, perché anche lì succede qualcosa di molto
simile. La spiegazione è la stessa, ma la rimando al capitolo D-MSV, che trovate
in coda a questa storia.
***
Cronologia di Gundam D
4-12-0083
Dietro pressioni del commodoro Jamitov Heymem vengono fondati i Titans e si
intensifica la caccia agli ex membri dell’Esercito Regolare di Zeon.
11-1-0084
Nasce Sean Larouche.
10-3-0084
La verità circa la caduta della colonia e il Progetto di Sviluppo Gundam
viene cancellata dai rapporti ufficiali e cadono così le accuse contro le
persone coinvolte negli eventi. Ko Uraki, scarcerato, viene assegnato alla base
federale di Oakley, Logan County, Kansas.
4-0084
I Titans cominciano le proprie ricerche su armi per newtype.
22-4-0084
Conner Clark riceve in carcere la visita di un membro dei Titans: questi lo
informa che è stato scelto come soggetto sperimentale per delle ricerche non
meglio identificate.
21-9-0084
Casval Rem Deikun torna nella Sfera Terrestre; infiltrandosi illegalmente nei
registri dell’Esercito Federale, si accredita come suo soldato e vi si iscrive
con il nome di Quattro Bajeena.
16-12-0084
Il sottotenente Eliard Hunter, dell’Esercito della Federazione Terrestre,
entra nello squadrone Black Otter del Titans Test Team, sull’incrociatore di
classe Alexandria Aswan.
17-12-0084
Lo squadrone Black Otter ingaggia la sua prima azione di combattimento al
completo.
0085
Side 4 viene fuso con Side 1 nel L5; Side 6 viene fuso con Side 2 nel L4;
Side 1 viene rinominato Side 4 e Side 7 viene fuso con Luna2.
4-0085
Asuna Elmarit si iscrive alla Ecole di pilotaggio di mobile suit di Montreal,
Canada.
31-7-0085
L’incidente del Bunch 30. I Titans pompano del gas nervino GGG (3G) nel Bunch
30 di Side 1, masacrandone gli abitanti. Come conseguenza, si intensificano i
movimenti antigovernativi. Viene formato l’Anti-Earth Union Group (AEUG).
8-9-0085
Comincia la costruzione del Bunch 2 (Gryps) di Side 7. Viene pensato come
estensione di Luna2 nell’L3 e come base dei Titans.
6-2-0086
L’asteroide Axis comincia il proprio viaggio verso la Sfera Terrestre.
10-1-0087
Incidente in Alaska. I dettagli sono ignoti, ma ne risulta la fondazione
della Karaba.
22-2-0087
Il maggiore Dolores Martin dell’Esercito Federale comanda una squadra di
RGM-79R (RGM-179) GM II incaricata di scortare l’MRX-007G Prototype Psyco Gundam
in una missione di collaudo. Ne risulta la distruzione di una colonia.
2-3-0087
Comincia la Guerra di Gryps, con il tentato furto, da parte dell’AEUG, di tre
prototipi di RX-178 Gundam Mark II da Gryps. L’azione viene condotta da una
squadra di RMS-099 Rick Dias guidata dal tenente Quattro Bajeena e riesce anche
grazie all’aiuto imprevisto del civile Kamille Bidan, che poi entra
nell’AEUG.
29-4-0087
Il Jupitris di Paptimus Scirocco arriva nella Sfera Terrestre.
5-3-0087
L’Argama, ammiraglia dell’AEUG, salva lo shuttle Temptation dal PMX-000
Messala di Paptimus Scirocco. Bright Noa, capitano del Temptation, entra
nell’AEUG.
4-0087
L’equipaggio dell’incrociatore Moloch, dell’Esercito della Federazione
Terrestre, diserta in favore dell’AEUG.
11-5-0087
L’AEUG attacca la base federale di Jaburo, che viene autodistrutta dai Titans
con una bomba nucleare. L’AEUG unisce le proprie forze a quelle della
Karaba.
6-0087
Il colonnello Lynn Petrie-Smith dell’AEUG diventa capitano del Moloch.
8-6-0087
I Titans spostano Gryps nell’area di Luna2. La Repubblica di Zeon dona la
fortezza asteroide di A Baoa Qu ai Titans, che la rinominano Cancello di Zedan e
spostano anch’essa nei pressi di Luna2.
21-6-0087
Paptimus Scirocco giura alleanza al comandante dei Titans, Jamitov Hymem,
tramite un documento firmato con il sangue.
29-6-0087
I Titans attaccano Hong Kong; alla testa dell’assalto c’è l’MRX-009 Psyco
Gundam, pilotato da Four Murasame.
10-8-0087
I Titans lanciano l’Operazione Apollo, conquistando Von Braun City.
16-8-0087
Il Parlamento Federale approva una legislazione che aumenta enormemente
l’autorità dei Titans, ponendo, di fatto, il controllo dell’Esercito della
Federazione Terrestre nelle loro mani.
17-8-0087
Il leader dell’AEUG Blex Forer viene assassinato.
24-8-0087
I Titans falliscono nel tentativo di fare cadere una colonia su Granada.
21-9-0087
I Titans attaccano il Bunch 35 di Side 2 usando del gas nervino.
5-10-0087
I Titans bombardano lo spazioporto di Von Braun City.
12-10-0087
Axis arriva nella Sfera Terrestre.
13-10-0087
Lynn Petrie-Smith convoca una riunione non ufficiale sul Moloch.
14-10-0087
L’AEUG manda una delegazione su Axis per trattare un’alleanza, ma
un’inaspettata reazione di Quattro Bajeena manda all’aria le trattative.
15-10-0087
Paptimus Scirocco forma un’alleanza con Axis in vece dei Titans.
2-11-0087
I piloti dell’AEUG Kamille Bidan (sull’MSZ-006 Z Gundam) e Quattro Bajeena
(sull’MSN-00100 Hyaku Shiki) si uniscono alla Karaba nell’attacco alla base dei
Titans sul Kilimanjaro. All’operazione partecipa anche Amuro Ray, tra le fila
della Karaba.
3-11-0087
Kamille Bidan combatte nuovamente lo Psyco Gundam e Four Murasame.
L’intromissione di Jerid Messa causa la morte della ragazza.
16-11-0087
L’AEUG occupa il Parlamento Federale di Dakar. Casval Rem Deikun, rivelando
la propria vera identità, denuncia le azioni dei Titans davanti alle telecamere.
Nel frattempo, i Titans non esitano a ingaggiare battaglia con lo Z Gundam nel
centro cittadino, causando una forte reazione nell’opinione pubblica. La
Federazione Terrestre comincia a supportare non apertamente l’AEUG.
20-11-0087
Dolores Martin, su ordine dei propri superiori, arriva a Von Braun City,
ufficialmente per lavorare come collaudatrice alla Anaheim Electronics.
30-11-0087
L’Argama conquista la fortezza spaziale Cancello di Zedan.
7-12-0087
I Titans usano il colony laser ricavato dalla struttura di Gryps per
distruggere il Bunch 18 di Side 2.
11-1-0088
Il Cancello di Zedan viene deliberatamente distrutto in un impatto con Axis,
che poi entra in rotta di collisione con Granada.
15-1-0088
Uno shuttle della Anaheim Electronics, scortato da Dolores Martin, Michael
Philbert e Julius Parker, sbarca dall’orbita due MSA-005K Guncannon Detector.
Nel corso della missione, il gruppo è attaccato da un Alexandria, a bordo del
quale, dopo la battaglia, trova Elizabeth Fontaine.
17-1-0088
L’incrociatore Moloch dell’AEUG riceve un esemplare di MSZ-006C1 Z Plus C1,
che viene assegnato al tenente Daniel Wymann.
18-1-0088
Si rompe l’alleanza tra Axis e i Titans. D’accordo con la reggente di Axis
Haman Karn, Paptimus Scirocco attira Jamitov Hymem in una trappola, nella quale
lo uccide.
20-1-0088
I vertici dell’Esercito della Federazione Terrestre decidono di affidare
momentaneamente Elizabeth Fontaine al maggiore Dolores Martin.
25-1-0088
Alla base asteroide di Pezun, alcuni ufficiali del Corpo Istruttori
dell’Esercito della Federazione Terrestre, simpatizzando con le filosofie dei
Titans e non condividendo l’appoggio federale all’AEUG, si ribellano e si
proclamano New Desides. Al loro comando c’è il capitano Brave Cod.
2-2-0088
L’AEUG lancia l’Operazione Maelstrom e cattura Gryps in battaglia. L’AEUG usa
poi il colony lasre per spostare la traiettoria di Axis e impedire che si
scontri con Granada.
20-2-0088
L’AEUG, i Titans e Axis si scontrano in una battaglia a tre nei pressi di
Gryps.
21-2-0088
Durante gli scontri perdono la vita Henken Bekkener, Jerid Messa, Emma Sheen
e Reccoa Londe.
22-2-0088
Fine della battaglia nei pressi di Gryps. La flotta dei Titans è annientata
(Paptimus Scirocco risulta KIA), mentre quella dell’AEUG ha subito gravissime
perdite. Kamille Bidan è ridotto a uno stato vegetativo, mentre di Quattro
Bajeena si sono perse le tracce.
23-2-0088
L’Esercito della Federazione Terrestre forma la Task Force a, avanguardia di un’armata di
soppressione che deve annientare i New Desides. Al suo comando c’è l’ammiraglio
Eton Heathrow, l’ammiraglia è il Pegasus III e tra i piloti sono presenti Ryuu
Roots (MSA-0011 S Gundam), Shin Crypt (FA-010A FAZZ) e Tex West (MSZ-006C1 Z
Plus C1).
Il Jupitris di Isolde Tsogatie arriva nella Sfera Terrestre e si mette in
contatto con ciò che resta dei Titans.
24-2-0088
Viene celebrato il processo contro Julius Parker, accusato di violenza
carnale verso Elizabeth Fontaine.
25-2-0088
I Titans assegnano Conner Clark al Jupitris di Isolde Tsogatie; le consegnano
inoltre un esemplare di RMS-108S Marasai Custom.
27-2-0088
Dolores Martin fa visita in carcere a Julius Parker.
28-2-0088
Ex membri dei Titans, facendo leva sulla propria autorità residua, tolgono
Elizabeth Fontaine a Dolores Martin e la consegnano al Jupitris di Isolde
Tsogatie.
29-2-0088
Axis proclama la rinascita di Zeon, assumendo il nome di Neo Zeon. Manda
delle armate a prendere il controllo di ciascun Side.
1-3-0088
L’Argama attracca al Bunch 1 (Shangri-La) di Side 1. Una banda di ragazzini
che vendono pezzi di ricambio raccattati chissà dove, capeggiata da Judau Ashta,
tenta di rubare l’MSZ-006 Z Gundam. Nell’impresa, Judau entra in contatto con
Kamille Bidan.
Uno squadrone su di un Salamis Kai dell’Esercito della Federazione Terrestre
viene incaricato di riprendere Elizabeth Fontaine dal Jupitris di Isolde
Tsogatie. A capo della squadra di mobile suit c’è Dolores Martin. Durante lo
scontro con le forze del Jupitris, entrambe le navi vengono distrutte e gli
unici sopravvissuti sono Dolores Martin, Isolde Tsogatie e Conner
Clark.
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Capitolo 6 *** Capitolo 3: La leggenda del Re Pescatore ***
CAPITOLO 3: LA LEGGENDA DEL RE PESCATORE
***
Il seguente testo è tratto da La Gazzetta dello Sport di lunedì 17 dicembre
UC 0078, a firma Emilio Santinelli.
La Longobarda espugna l’Olimpico e batte il Torino
È sorpasso!
La doppietta di Aristoteles pareggia due volte, la punizione di Wymann chiude
la partita
Novantaquattro minuti di fuoco nella notte di Torino: i ragazzi di Canà fanno
un regalo di Natale ai loro tifosi e si portano soli in cima alla classifica,
superando i granata capolista per 2-3. A San Siro, il Milan ferma il Genoa
sull’1-1, dando così una battuta d’arresto alla terza candidata per la corsa
Scudetto. La partita tra Torino e Longobarda si accende fin da subito: i
giocatori sanno che è in palio il primo posto e non si risparmiano. Primo
brivido per i padroni d casa: all’11°, Wymann pesca Speroni solo in area con un
lancio pennellato di quaranta metri, ma il capitano dei lombardi spara sopra la
traversa. Quasi per una legge del contrappasso, al 16° Radaelli rompe
l’equilibrio, finalizzando un cross dalla fascia di Owens alle spalle di Sella.
Non si arrende la Longobarda, che riesce a pareggiare prima del 45°: ventun
minuti dopo il gol del Torino, Cavallo riceve un preciso filtrante di Wymann,
mette in mezzo per Speroni, che devia di testa e regala un pallone d’oro sui
piedi di Aristoteles. Il brasiliano non sbaglia ed è l’1-1. Spettacolare e
folkloristico come sempre il balletto sulla panchina di Oronzo Canà, che entra
persino in campo e viene richiamato dall’arbitro. Il primo tempo si chiude in
parità e le formazioni tornano in campo senza cambi di rilievo al modulo. C’è
un’unica sostituzione: nel Torino Wallenburg rileva Soditi, che avverte un
dolore alla gamba destra in seguito a uno scontro con Cavallo. Ed è proprio il
nuovo entrato, che, al 51°, cerca di insaccare un altro cross di Owens
sfruttando la propria elevazione; miracolo di Sella, che mette in calcio
d’angolo raggiungendo con il pugno una palla difficilissima. Il nuovo vantaggio
granata arriva però al 62°, quando Savio Rodriguez sfugge al diretto marcatore
Wymann e riesce a mettere in rete dopo un’ubriacante serie di finte, che
lasciano sul posto mezza difesa. Sesta marcatura stagionale per l’argentino, che
arriva a due sole lunghezze dal capocannoniere De Luca. Lo svantaggio sembra
dare maggior vigore agli uomini di Canà, che vanno vicini al pareggio in due
distinte occasioni. Comincia Wymann, che, quasi a volersi far perdonare
l’errore, si porta in avanti e stampa sul palo una gran botta di destro da fuori
area; è poi il turno di Markovic, che mette a sedere Sarni con un dribbling
d’alta scuola, per poi sparare in faccia al portiere. Al 75°, il Torino ha una
nitida occasione per chiudere la partita, di nuovo con Rodriguez, ma stavolta
Wymann fa buona guardia e devia il suo filtrante alto per Radaelli in fallo
laterale. È il 78° quando Aristoteles riceve da Cavallo il passaggio che porta
al nuovo pareggio: il cross dalla fascia, che il numero 10 della Longobarda
avrebbe voluto colpire di testa, viene deviato verso il basso da Sarni; il
brasiliano non si scoraggia ed effettua un balzo verso la sfera, centrando al
volo e realizzando una spettacolare rete in acrobazia. Ma è all’88° che
l’Olimpico viene espugnato. Speroni viene atterrato fallosamente da Ziegler
appena fuori dall’area e Wymann si incarica di battere la punizione. La parabola
è una poesia che sembra tagliare in due il cielo stellato da cui questo
giocatore proviene e il pallone entra all’incrocio dei pali come se fosse un
colpo di cannone sparato con un fucile da cecchino. Sopraffino gesto tecnico del
numero 29 della Longobarda, che corona una prestazione decisamente convincente.
L’arbitro concede ben quattro minuti di recupero, che i ragazzi di Canà passano
asserragliati nella propria area. I granata non si arrendono fino all’ultimo e
provano la conclusione da lontano, prima con Rodriguez, poi con Owens, ma senza
successo: Sella è un muro invalicabile su qualsiasi tiro lungo. Con questa
vittoria, la Longobarda si porta sola in vetta alla classifica e può guardare
serenamente alla pausa natalizia, con buona pace di Oronzo Canà, che sembra
abbia mangiato un’intera manica della propria giacca per l’emozione.
***
Il seguente testo è stato tratto dal volume ‘La Guerra di Un Anno: uomini,
mezzi e unità speciali’, di S. Marsh, Horace Press, UC 0082.
La Guerra di Un Anno ebbe ufficialmente inizio il 3 gennaio 0079, alle 07:20
ora terrestre standard: fu infatti allora che il Principato di Zeon, per voce di
Gihren Zabi, comandante supremo dell’Esercito Regolare, dichiarò pubblicamente
l’apertura delle ostilità verso la Federazione Terrestre. L’attacco contro
Hatte, però, era cominciato già da venti minuti: le guarnigioni di mobile suit
di Zeon, composte prevalentemente dai nuovi MS-06C, la prima versione di Zack II
progettata per il combattimento, avevano già cominciato la propria opera. Nel
corso dell’assalto, le armate di Zeon fecero uso indiscriminato di armi
nucleari, chimiche e batteriologiche; a farne le spese per primo fu il Bunch 13
di Hatte, che venne distrutto completamente nel giro di poco meno di un’ora. Ma
il peggio doveva ancora arrivare: il giorno seguente, Island Iffish, l’ottavo
Bunch di Side 2, dopo essere stato ripulito dei propri abitanti mediante gas
nervino, fu dirottato dalla propria orbita e diretto verso la Terra. La
cosiddetta ‘Operazione British’, che prevedeva la caduta di un’intera colonia
sul quartier generale federale di Jaburo, era ormai cominciata. Nonostante non
avesse subito la distruzione quasi totale che avrebbe colpito Loum qualche
giorno più tardi, Hatte fu senza alcun dubbio il Side più danneggiato dalla
‘Guerra di Una Settimana’, come fu chiamato il periodo fra il 3 e il 10 gennaio.
Non solo per i danni a cose e persone effettivamente subiti, ma anche perché fu
proprio una delle sue colonie a segnare un punto fondamentale nello svolgersi
del conflitto.
***
Daniel Wymann respirava affannosamente.
Nell’abitacolo del suo GM, la luce d’emergenza si era accesa, tenue e
tremolante.
Mentre avvertiva il sangue colargli lungo la faccia, Daniel restava immobile,
con gli occhi sbarrati.
Cosa diavolo era stato?
Sentì confusamente la radio che gracchiava qualcosa, ma le particelle
Minovsky dovevano essere troppo concentrate per consentire la comunicazione.
Mentre il suo respiro accennava a calmarsi, cercò di raccogliere le idee.
Ricordava la partenza dall’Inghilterra, a bordo di un Land Combat Type GM, a
propria volta trasportato da un Gunperry.
Gli ordini erano stati quelli di sbarcare sulla costa francese e distruggere
le batterie d’artiglieria di Zeon sul posto.
Durante il viaggio in volo, però, qualcosa era andato storto.
Fragore.
Esplosioni.
Qualcuno aveva attaccato lo stormo, forse proprio quelle batterie
d’artiglieria che erano lì per distruggere.
Quando il container del Gunperry si era aperto, Daniel se l’era quasi fatto
addosso.
Il suo GM era stato sganciato nel vuoto.
Come gli era stato detto, aveva usato i vettori di spinta per frenare la
caduta.
Ma aveva fatto in tempo a vedere molti suoi compagni venire abbattuti da
degli strani Gouf volanti, che brandivano degli scudi con una mitragliatrice
incorporata.
Poi, il GM aveva toccato terra.
E lì era cominciato l’inferno.
Daniel ricordava solo di essere stato assalito da quella che gli era sembrata
essere un’ondata interminabile di mobile suit, una specie di marea di metallo
che sparava e cigolava.
Aveva estratto la beam saber con la mano sinistra, mentre con la destra aveva
continuato a sparare all’impazzata con il beam spray gun.
Perché cazzo non gli avevano dato uno scudo?
I ricordi erano confusi.
Prima di partire per la missione, gli era stato detto che la corazza
dell’RGM-79F era più resistente rispetto a quella del GM standard.
In teoria, avrebbe potuto sopportare una raffica diretta della mitragliatrice
di uno Zack.
Anche se la teoria fosse stata applicabile nella pratica, prevedeva comunque
UNA raffica.
E Daniel aveva perso il conto di tutte quelle che si era preso.
Apparentemente, era atterrato in una posizione piuttosto distaccata rispetto
ai suoi compagni.
Ammesso che qualcuno di loro si fosse salvato.
Daniel aveva combattuto disperatamente, aveva sparato, aveva lottato…
Poi, a un certo punto, qualcosa aveva colpito il suo GM proprio all’altezza
dell’abitacolo.
Doveva essere stato un heat hawk, o roba simile.
Qualsiasi cosa fosse stata, aveva piegato le lamiere del cockpit verso
l’interno.
Daniel ricordava semplicemente qualcosa di appuntito che gli si infilava
nell’occhio sinistro.
O da quelle parti.
Spinto dal dolore e dalla rabbia, aveva sferrato un attacco disperato.
Con i monitor danneggiati, non era riuscito a vedere l’esterno
dell’abitacolo.
Ma aveva combattuto.
Durante la lotta, gli era parso di poter vedere davanti a sé non tanto i
mobile suit, quanto piuttosto i piloti su di essi.
Non aveva capito con esattezza cosa stesse succedendo.
Era stato come se una quantità immensa di percezioni e informazioni si fosse
riversata improvvisamente nel suo cervello.
Una sorta di salto nel buio, nel quale aveva arrancato per risalire
disperatamente verso una luce che aveva visto lontana.
Gli era sembrato di morire.
Anzi, no…
Ripensando a quell’esperienza negli anni seguenti, avrebbe concluso che fosse
stata talmente dolorosa, completa e profonda da essere più simile alla nascita
che alla morte.
Poi si era ritrovato solo, con il GM in piedi in mezzo a un mucchio di
rottami, con il sangue che gli scorreva sulla faccia, con la radio che
gracchiava incomprensibili monosillabi.
"Ma vaffanculo!", mormorò, mentre il suo respiro si calmava.
Gli faceva male l’occhio sinistro.
E l’abitacolo era adesso buio.
Alzò lentamente la testa e vide cosa fosse successo.
Il GM doveva avere subito un colpo in pieno petto, perché il boccaporto del
cockpit si era piegato verso l’interno.
Daniel armeggiò un po’ con i comandi e vide che le gambe del mobile suit si
muovevano ancora.
Tutto qui, però, perché la maggior parte dei sistemi elettrici sembrava
andata: senza i monitor, non poteva certo combattere.
Sentì i passi pesanti di altri mobile suit che si avvicinavano.
Cercò di muoversi tra le lamiere dell’abitacolo e di fare sporgere la testa
all’esterno.
Fu solo quando il suo capo uscì dai rottami che si accorse di poter aprire
l’occhio sinistro, e di vederci anche da quello.
Qualsiasi cosa lo avesse colpito, lo aveva centrato appena sotto
l’orbita.
Era da quella ferita che stava sanguinando.
Ma non ci pensò granché: davanti al suo, c’erano altri due Land Combat Type
GM.
Compagni che erano venuti a prenderlo?
***
Era già la seconda volta.
Daniel Wymann pensò fosse ironico.
Era la seconda volta che si ritrovava a respirare affannosamente
nell’abitacolo di un GM, che ora gli sembrava atrocemente angusto.
Ma la situazione era completamente differente.
Lo era sia per il posto in cui si trovava che per il motivo che lo aveva
ridotto in quella situazione.
Era il 31 dicembre 0079.
A Baoa Qu.
Daniel pilotava un RGM-79C GM Kai, un modello prodotto in pochi esemplari,
riservato a squadroni ad alta percentuale di sopravvivenza.
E lui era un sopravvissuto dell’Operazione Tristan, qualcuno che si era
trovato nel bel mezzo della battaglia più tremenda e ne era uscito vivo,
riuscendo persino ad abbattere diversi mobile suit nemici.
Se l’era cavata con poco, tutto sommato.
Le lamiere dell’abitacolo dell’RGM-79F che aveva pilotato, piegandosi sotto i
colpi subiti, avevano inciso una profonda ferita sul suo zigomo sinistro.
L’occhio non era stato toccato, fortunatamente.
Sopravvivere in una situazione simile aveva apparentemente impressionato i
suoi superiori, che l’avevano mandato nello spazio, per partecipare allo scontro
che, così si pensava, sarebbe stato decisivo.
Era stato assegnato a un’unità d’assalto che avrebbe dovuto rompere la linea
di difesa di Zeon e aveva svolto il suo compito.
O almeno, ci aveva provato.
Fin da quando il suo squadrone era stato sbarcato nel pieno della battaglia,
si era ritrovato in una situazione molto simile a quella che aveva vissuto in
Francia.
Solo, immensamente più terribile.
Durante l’Operazione Tristan, aveva avuto l’impressione di riuscire a
rendersi conto della presenza dei nemici percependo i piloti all’interno dei
mobile suit.
Ora ne aveva avuto la certezza.
Aveva cominciato a combattere sparando con il suo beam spray gun.
A volte, aveva compiuto dei movimenti istintivi, spostandosi all’improvviso
per vedere il colpo di qualche nemico passare dove lui si era trovato un attimo
prima.
Poi era successo.
Aveva mirato uno Zack II.
E, d’improvviso, senza poterci fare niente, lui aveva saputo che la persona
nel suo abitacolo era un uomo di trentun anni. Aveva partecipato all’Operazione
British. Aveva avuto una figlia a casa che lo aspettava. Avrebbe dovuto spedire
dei soldi alla famiglia, perché altrimenti sua moglie non sarebbe riuscita
nemmeno a pagare l’affitto. Quella stessa moglie che, prima di partire la
guerra, aveva schiaffeggiato per una sciocchezza. Ora era stato convinto che lei
sperasse nella sua morte.
Se così era stato, il desiderio della donna aveva trovato accoglimento: il
raggio del GM Kai aveva trapassato con precisione il torso dell’MS-06F.
Poi, Daniel aveva puntato un Rick Dom. La persona che lo aveva pilotato aveva
avuto ventisette anni e si era appena laureata in medicina. Era stato un giovane
arruolato forzatamente, che non aveva visto l’ora di tornarsene a casa. Non
aveva mai avuto il coraggio di presentare la propria ragazza ai genitori, perché
lei proveniva da un contesto sociale piuttosto basso, mentre lui era stato di
buona famiglia. Però era stato ottimista e aveva ritenuto che suo padre e sua
madre avrebbero capito.
Morì pensando al souvenir che aveva comprato per la sua sorellina.
Fu la volta di un altro Rick Dom, stavolta pilotato da una donna di
ventiquattro anni. Prima di essere arruolata nell’Esercito Regolare di Zeon, era
stata un’addetta al reparto vendite di una casa discografica. Era stata mollata
dal suo innamorato da un paio di mesi. Nonostante lo avesse amato ancora, era
stata fermamente convinta che non ci fossero i presupposti per continuare la
relazione e stava ancora cercando di capire cosa fare della propria vita.
Daniel le aveva risolto il problema.
Poi era toccato a un ufficiale di quarantatré anni. Era stato fermamente
convinto che la guerra fosse necessaria. Aveva creduto che suo nipote, che aveva
amato come un figlio, non riuscisse a trovare lavoro a causa delle pesanti
sanzioni che la Federazione Terrestre imponeva alle colonie. Non gli era mai
piaciuto combattere, ma era stato determinato nel farlo, fermo com’era stato
nella sicurezza di fare qualcosa di importante.
La sua morte era stata estremamente dolorosa: il raggio del GM di Daniel
aveva colpito di striscio il generatore del suo Gelgoog, impedendogli di
alimentare i sistemi e facendolo surriscaldare all’improvviso. Il pilota era
stato letteralmente sciolto dal calore insopportabile, prima ancora che la
macchina esplodesse. Ovviamente, Daniel aveva percepito in prima persona quel
dolore.
Ma, soprattutto, l’angoscia di sapere della inevitabilità dalle propria morte
imminente.
Era andata avanti così per ore.
Daniel non si era reso subito conto della fine della battaglia.
Lo aveva capito solo perché, all’improvviso, aveva smesso di percepire quello
che c’era stato nelle menti altrui.
Al suo rientro sull’incrociatore madre, venne come un asso.
Il capitano si complimentò personalmente con lui per la grande quantità di
nemici abbattuti, dicendogli che gli avrebbe fatto conferire una medaglia.
Un secondo dopo, Daniel era crollato a terra.
Prima dell’Operazione Tristan, aveva sparato contro i mobile suit nemici
senza pensarci.
Erano stati macchine antropomorfe che nascondevano il pilota ed era stato
facile dimenticarsi di chi ci fosse dentro.
Ora, però, Daniel si ricordò di qualcosa che gli era stato detto dal suo
primo ufficiale istruttore: "È più difficile uccidere una persona, se la
conosci".
***
"Io mi chiamo…".
"Non me ne frega un cazzo", replicò seccamente Daniel Wymann mentre apriva la
porta della stanza del motel.
"Ehi, ma che ti prende?", domandò la ragazza risentita, aggrottando le ciglia
castane che contrastavano con i suoi capelli biondo platino, evidentemente
tinti.
"Ti sei fatta rimorchiare per scopare o per fare conversazione?", chiese
Daniel.
"Ma che c’entra?", sbottò lei risentita. "Non è che io abbia qualcosa contro
le relazioni occasionali, ma non puoi nemmeno partire in quarta senza neanche
sapere come mi chiamo!".
Daniel alzò gli occhi al cielo e sbuffò: "Non voglio sapere niente di te.
Niente".
"Be’, allora vaffanculo!", ringhiò la giovane colpendolo al petto con la
borsetta.
Daniel sbuffò di nuovo, mentre la guardava allontanarsi.
Aggrottò la fronte in un’espressione di disappunto che chiunque avrebbe
potuto distinguere chiaramente: i suoi capelli castani, tirati completamente
indietro e raccolti in un codino, non nascondevano niente della sua faccia.
Nemmeno quella piccola cicatrice sotto il suo occhio sinistro, quella che a
molti ricordava una lacrima.
Eppure, nessuno dei suoi commilitoni ricordava di avere mai visto Daniel
piangere.
Nemmeno lui stesso aveva presente quando fosse stata l’ultima volta.
Si incamminò per andarsene a propria volta.
Aveva una gran voglia di tornare al proprio alloggio, così almeno si sarebbe
potuto fare una dormita.
Qualsiasi cosa, pur di non incontrare qualcun altro.
Era ironico.
Per molto tempo, aveva pensato di voler capire il proprio prossimo.
Suo padre, per esempio.
Nonostante a Daniel non fosse mai piaciuto particolarmente giocare a calcio,
si era allenato fino a diventare un promettente professionista, e solo perché
suo padre era sempre stato contrario a questa scelta.
Nato in una ricca famiglia di Side 2, Daniel era il tipico figlio da cui ci
si aspettava andasse a lavorare nell’azienda dei genitori, come già il fratello
maggiore e come avrebbe fatto la sorella minore.
Tutto sommato, il suo era stato un gesto di ribellione piuttosto
prevedibile.
Non aveva voluto farsi legare a un destino prefissato, senza nemmeno prendere
in considerazione la possibilità che gli sarebbe potuto piacere.
Se non si fosse comportato come aveva fatto, però, non sarebbe sopravvissuto
a lungo.
Nel luglio dello 0078, dopo una militanza in una squadra della sua colonia,
era partito per la Terra per giocare nella Serie A italiana. Era stato comprato
dalla Longobarda, una società che puntava alla vittoria, rivaleggiando con le
due grandi, il Torino e il Genoa.
Poi, nel gennaio 0079, c’era stata l’Operazione British. Aveva saputo solo
che la colonia in cui era vissuta la sua famiglia era stata riempita di gas
nervino da dei mobile suit di Zeon.
Il campionato era stato interrotto a causa dello scoppio della guerra e
Daniel si era trovato arruolato nell’Esercito Federale. Con lo schieramento dei
mobile suit anche da parte della Federazione, per di più, era improvvisamente
diventato un asso.
E un newtype. Così dicevano i medici, almeno, ma tutti i loro interminabili
esami non avevano condotto a dimostrazioni certe.
Una seccatura enorme, per Daniel.
Essere un newtype significava capire il prossimo? Allora non voleva
esserlo.
Non voleva sapere niente di nessuno.
Non voleva conoscere persone che poi sarebbero morte.
Ma quello che ancora non aveva potuto immaginare era che i problemi non
sarebbero certo finiti lì.
Nell’agosto 0080, il campionato di Serie A era ricominciato e Daniel era
tornato nella Longobarda.
Era stato l’inizio della parabola discendente.
Era diventato improvvisamente incapace di giocare.
Nel corso degli anni seguenti, era passato da una squadra all’altra,
scendendo di categoria sempre più, ritrovandosi a militare in una formazione di
Side 2 che rientrava a malapena nel professionismo.
E anche lì non era titolare fisso.
Nello 0086, Daniel aveva compiuto ventotto anni.
L’età a cui si diceva un calciatore fosse all’apice della carriera, quel
breve momento in cui era ancora al massimo della potenza fisica e aveva già una
certa esperienza sul campo.
Lui, ex promessa del calcio di Side 2 caduta in disgrazia, aveva passato
questo breve momento in una squadretta locale, una di quelle che lottavano
strenuamente per la promozione.
Poi, improvvisamente, il presidente della sua squadra era stato arrestato dai
Titans con l’accusa di collusioni con un gruppo sovversivo e la società era
stata praticamente sciolta.
Solo, senza lavoro, con dei conti da pagare che si facevano sempre più
pressanti, aveva trovato improvvisamente una speranza.
Perché, anche se lui non lo aveva mai immaginato, il suo presidente era stato
davvero in contatto con dei sovversivi.
Che avevano sentito parlare di lui e di quello che aveva fatto nella scorsa
guerra.
"Siamo l’AEUG", gli avevano detto, avvicinandolo una sera.
"Chi?".
"Anti-Earth Union Group. Abbiamo sentito dire che militavi nell’Esercito
Federale durante la guerra e che eri anche bravo. Un sospetto newtype,
addirittura. Sai che i Titans ti stanno tenendo sotto controllo proprio per
questo?".
"Quindi?".
"Be’, hai perso il lavoro per colpa dei Titans e noi siamo nemici dei Titans.
Forse possiamo avere qualcosa in comune".
"I Titans sono degli stronzi, ma cosa dovrei fare? Affrontarli da solo perché
la vita mi è andata male?".
"Non da solo, con noi".
"Senti, a me queste chiacchiere non interessano. Però ho bisogno di lavorare.
Mi pagate?".
"Ci stiamo organizzando come un vero e proprio esercito, quindi sì, ti
pagheremo. E ti daremo anche vitto e alloggio, contento?".
"Che generosità commovente. E cosa dovrei fare, esattamente?".
"Il soldato. Dovrai combattere".
"Uccidere gente?".
"Non è un’esperienza nuova, no? Ci siamo informati sul tuo conto e sappiamo
che sei un veterano dell’Operazione Tristan e di A Baoa Qu".
"Sì, va be’… Non ho molta scelta. Ma credo che le mie abilità come pilota
siano un po’ arrugginite…".
"Non preoccuparti. A noi serve personale di qualsiasi livello per compiere il
nostro grande scopo".
"E sarebbe?".
"Ovviamente, liberare le colonie dalla crudele tirannia dei Titans".
"Bella battuta. No, dai, seriamente. Dove stanno i soldi?".
"La politica della Federazione sta creando serissimi problemi economici a
diverse società piuttosto importanti. Sono loro che ci finanziano".
Daniel era quasi scoppiato a ridere dopo avere posto quella domanda.
Era ovvio.
Le guerre si combattevano solo per soldi.
La gente moriva per i soldi.
Se lo meritava, in un certo senso.
Le vite che Daniel aveva percepito erano state tutte accomunate da un punto
ben preciso: erano state tutte terribilmente insulse.
Scontate.
Banali.
Erano state le vite di gente qualsiasi, soldati che si erano trovati
catapultati in una guerra nella quale nemmeno avevano creduto.
Come poteva, una persona insulsa, pretendere di scegliere la propria
morte?
Daniel aveva cominciato a pensare questo non tanto quando si era reso conto
di dover uccidere per sopravvivere, ma quando aveva capito che stava uccidendo
degli esseri umani.
Che, per quanto paradossale potesse sembrare, era accaduto dopo.
Le vite altrui erano insulse: non c’era bisogno di preoccuparsi se venivano
troncate.
Nel corso degli anni che avevano separato la fine della Guerra di Un Anno dal
suo ingresso nell’AEUG, Daniel aveva imparato una cosa interessante: benché
normalmente non riuscisse a penetrare la mente delle persone come aveva fatto
alla guida dei suoi mobile suit, ritrovava questa capacità mentre faceva
sesso.
Vuoi perché, pur non essendo bellissimo, era un giovane di aspetto gradevole,
vuoi perché il background di un calciatore famoso aveva una certa presa sulle
ragazzine, non si era fatto mancare le avventure sentimentali.
Anzi, erotiche.
E, durante questi intercorsi sessuali, si era reso conto di poter vedere la
mente della donna con la quale era impegnato.
La cosa lo aveva incuriosito fin da subito.
Se avesse avuto un animo poetico, forse avrebbe pensato che solo la forza
dell’amore potesse paragonarsi a quella della morte.
Ma Daniel non era un poeta e credeva che la ragione di questa similitudine
nelle sensazioni fosse ben altra.
Qualcosa che aveva a che fare con le sostanze liberate dal cervello e i
relativi ricettori.
Anche perché, nelle sue performance tra le lenzuola, di amore ce n’era stato
ben poco.
Dopo essere entrato nell’AEUG, poi, aveva appreso un’altra cosa.
Le sue prime missioni erano state dei semplici attentati contro installazioni
federali, condotte pilotando un GM II rubato e ricolorato.
Al tempo, l’AEUG non aveva ancora fatto produrre dei mobile suit propri,
sebbene avesse già commissionato diversi progetti alla Anaheim Electronics.
Sul suo GM II, aveva combattuto e aveva ucciso.
Aveva nuovamente percepito le vite dei suoi nemici, e ancora si era ripetuto
che erano insulse per mettere a tacere quella sensazione che sembrava lacerargli
le viscere e strappargli lo stomaco di dosso.
Però, una volta rientrato, si era accorto di un cambiamento in sé.
Aveva ricominciato ad avere quella prontezza di pensiero e quella rapidità
nel valutare le situazioni che non gli erano mai mancate prima dell’Operazione
Tristan.
Aveva preso un pallone e gli aveva tirato quattro calci.
Tutta la tecnica e l’abilità di quando aveva giocato in Serie A erano
sembrate tornare come per incanto.
Era nuovamente la promessa di Side 2, colui che avrebbe dovuto portare la
Longobarda a vincere la Champions League.
Come se avesse sempre giocato ai massimi livelli possibili.
Adesso, qualsiasi grande squadra avrebbe voluto uno come lui.
Non riusciva a capire cosa gli fosse successo esattamente.
Aveva l’impressione che la sua abilità, sia fisica che mentale, dipendesse
direttamente dall’intensità della sua volontà di vivere.
Quando il calcio era stato il suo unico modo di affermarsi sui propri
genitori, era stato capace di impegnarsi al punto di diventare un ottimo
giocatore.
Quando la sensazione di uccidere aveva preso il posto di emozione preminente
nei suoi pensieri, era diventata il nuovo interruttore della sua parte
migliore.
Un tempo, aveva giocato a calcio per evitare che la sua anima venisse uccisa
dai genitori.
Ora uccideva affinché il suo corpo non venisse ammazzato dal nemico.
Se questa era la sua natura, non poteva fare altro che assecondarla.
L’unico modo per vivere appieno era combattere.
E allora, avrebbe combattuto.
***
‘Non voglio sognare’, pensò Daniel non appena chiuse gli occhi dopo essersi
buttato sul letto ed essersi messo le mani dietro la testa, senza nemmeno
svestirsi o tirarsi addosso le coperte.
‘Voglio addormentarmi e non sapere niente di quello che succederà fino a
domattina’.
Non che dormire nello stanzino che era il suo alloggio fosse particolarmente
comodo, ma era un modo come un altro per evitare di incontrare delle
persone.
Anche perché c’era un’unica persona di cui gli importasse qualcosa.
‘Al diavolo!’, fu il suo pensiero quando gli venne in mente.
Il ritmico e ossessivo suono del telefono sulla parete.
La sua luce intermittente verdastra rompeva fastidiosamente il buio completo
della stanza.
Daniel allungò il braccio e afferrò la cornetta: "Sì?".
"Dan?".
"Lynn?".
"Si può sapere dove sei stato?".
"Avevo da fare".
"Ti ricordo che i permessi sono stati revocati, hai dimenticato in che
situazione ci troviamo?".
"Vieni al punto".
"Ti aspetto sul Moloch, subito. Facciamo una riunione".
"Una riunione?".
"Tutti, equipaggio e piloti. Mi serve che ci sia anche tu".
***
Il Moloch era un incrociatore di classe Salamis Kai.
Era stato costruito dall’Esercito Federale, ma l’AEUG se ne era impadronito
quando il suo equipaggio aveva disertato, già nell’aprile UC 0087.
Le imprevedibili circostanze della guerra avevano portato buona parte dei
suoi operatori a morire nel corso dei combattimenti; già alla fine di maggio,
erano rimaste solo tre persone dei soldati federali che avevano originariamente
servito sulla nave; le altre erano state sostituite con personale proveniente
praticamente da ovunque.
Ormeggiato a Sweetwater, il Moloch era ormai un incrociatore composto da un
equipaggio eterogeneo, formato dai sopravvissuti di diverse altre unità
dell’AEUG.
Al centro della sala comandi c’era il collante di questi pezzi: Lynn
Petrie-Smith.
Trentun anni non ancora compiuti, bassa statura, infilata nell’uniforme rossa
e bianca degli ufficiali dell’AEUG.
Capelli biondo cenere raccolti in una crocchia sulla testa, con un ciuffo che
le ricadeva sulla parte destra del viso.
Un paio di occhi neri che sapevano essere tremendamente duri, eppure
riuscivano a comprendere le ragioni delle persone.
Doveva essere stato per questo che l’avevano nominata capitano.
Daniel aveva un debole per lei, o almeno questo era quanto diceva a se
stesso.
In realtà, era pienamente consapevole di esserne perdutamente innamorato.
"Signorsì", le diceva rispondendo ai suoi ordini.
‘Sì, mia unica ragione di vita’, pensava contemporaneamente.
E aggiungeva qualche pensiero del tipo ‘Sei bellissima’, ‘Rivolgimi la parola
un’altra volta’, ‘Incrocia per caso il mio sguardo’.
La cosa peggiore di quei pensieri era che poi venivano puntualmente
accompagnati da qualcun altro, del tipo: ‘Mi crogiolo nel dolce dolore che
l’amore per te mi provoca e poi vado in giro a rimorchiare qualche trioetta
qualsiasi per scoparmela. Non solo sono un pusillanime, ma i miei sentimenti più
profondi sono talmente insulsi e puerili che mi faccio schifo da solo’.
Alla fine, la sensazione che gli restava puntualmente impressa nel cervello
dopo avere avuto a che fare con Lynn era qualcosa di simile a ‘Sono un
idiota’.
Attorno a Lynn, nella sala di comando, erano riuniti tutti i membri
dell’equipaggio del Moloch.
Chi aveva un posto di lavoro in quella sala vi era seduto, gli altri si erano
accomodati per terra.
Tutti indossavano l’uniforme, tranne Daniel, che aveva ancora la maglia e i
pantaloni neri addosso.
"Vorrei precisare che ho indetto questa riunione all’insaputa dei nostri
superiori", disse Lynn mettendosi le mani dietro la schiena e guardando uno dopo
l’altro tutti i presenti.
‘Ti prego, sofferma il tuo sguardo su di me per un secondo in più’, implorò
mentalmente Daniel.
Lei non lo fece, ovviamente.
"Per farla breve", proseguì Lynn (‘Adoro come tu sia una persona che arriva
subito al sodo’, fu quanto balenò nella testa di Daniel), "quello che potreste
avere già sentito è vero. Pare che Axis sia tornato nella Sfera Terrestre con
una flotta. Bella grossa".
Se l’equipaggio del Moloch fosse stato composto di novellini, probabilmente
si sarebbe levato un mormorio stupito.
Ma, in un modo o nell’altro, erano tutti veterani.
"So bene che questo è un problema praticamente per tutti", proseguì il
capitano del Moloch, "Alcuni di noi, me compresa, facevano parte dell’Esercito
Regolare di Zeon durante la guerra di indipendenza di otto anni fa. Altri,
invece, combattevano nell’Esercito della Federazione Terrestre. Nonostante un
tempo fossimo nemici, ora siamo tutti qui e, ciascuno per i propri motivi, siamo
riuniti sotto un’unica bandiera perché abbiamo un solo nemico. Mi rendo però
conto che il ritorno di Axis potrebbe infrangere la nostra unità, quindi vi ho
chiamati qui per un motivo ben preciso: voglio che mi diciate cosa avete
intenzione di fare".
Tra i membri dell’equipaggio volarono occhiate dubbiose.
Il primo a parlare fu Harold, il capo meccanico: "Cosa dobbiamo dirti,
esattamente? Se abbiamo intenzione di unirci alle truppe di Axis? Non sappiamo
nemmeno quale sia la posizione dell’AEUG verso di loro. Non escluderei che i
nostri superiori possano optare per un’alleanza".
"Per l’appunto", rispose Lynn. "A quanto mi è stato detto in via
confidenziale, quindi fate finta che non ve l’abbia mai riferito, pare che un
gruppo dei nostri stia cercando di entrare in contatto con il capo di Axis. In
pratica, loro sarebbero orientati a stabilire un’alleanza, ma, come potete
immaginare, non potremo essere sicuri di come andranno le cose finché non
saranno concluse. Vorrei sapere cosa fareste voi in entrambi i casi, ovvero che
l’AEUG finisca per essere alleato o nemico di Axis".
"Non ti nascondo che sono dubbioso, Lynn". A parlare era stato Jack, un omone
grande e grosso sulla quarantina, dai capelli biondi, folti e spettinati. "Come
sai, io ero nell’Esercito di Zeon durante la guerra. Non ho mai apprezzato le
tattiche degli Zabi e mi sono fatto schifo da solo quando ho partecipato
all’Operazione British… Però, per essere onesto, non me la sento di combattere
contro i miei compatrioti. Alla fine, se l’AEUG esiste, è proprio perché gli
spacenoid sono oppressi, no?".
‘No’, pensò Daniel con una vaga sensazione di disgusto, ‘L’AEUG esiste perché
i Titans stanno facendo perdere soldi a un sacco di gente che sta meglio di noi
e preferisce pagarci piuttosto che scendere in campo di persona’.
"Io non sono d’accordo", intervenne Simon, un giovane bruno di ventisei anni,
che era stato solo un ragazzino quando aveva pilotato mobile suit nell’Esercito
della Federazione Terrestre. "Se gli zeoniani sono tornati nella Sfera Terrestre
con una flotta, non l’hanno certo fatto per giocare a briscola. È evidente che
sono qui per combattere e non mi stupirei se volessero riprendere le folli
ideologie di Gihren Zabi".
"Questo potrebbe essere vero, in effetti", replicò Lynn. "Le mie informazioni
risalgono a tre anni fa, ma sembra che la situazione sia precisamente questa. A
quanto ne so, i soldati che fuggirono su Axis dopo la guerra di indipendenza
portarono con sé la figlia del generale di corpo d’armata Dozle, Mineva. Nel
corso degli ultimi anni, l’hanno usata come figura pubblica, presentandola come
la legittima erede della dinastia degli Zabi. Il problema è che Mineva dovrebbe
avere compiuto otto anni all’inizio del mese scorso, quindi è evidente che non
abbia potuto regnare da sola e che stia venendo semplicemente manovrata da
altri. La reggente di fatto di Axis dovrebbe essere la sua tutrice, la figlia di
un ammiraglio che ora è morto. Molto giovane anche lei, per la cronaca. Per
farla breve, gli zeoniani di Axis sembrano essere effettivamente dei nostalgici
degli Zabi".
"E tu, Lynn", chiese nuovamente Harold. "Cosa vuoi fare?".
Il capitano sospirò, come se fosse sul punto di dire qualcosa di
problematico. Il che effettivamente era.
Poi rispose: "Ci ho pensato molto. Come Jack, nemmeno io sono mai stata in
linea con gli Zabi. Anzi, i miei genitori sono stati perseguitati per anni
perché appartenevano alla corrente fedele a Deikun. Capirete quindi che non ho
alcuna voglia di aiutare questa gente a ristabilire una dittatura su Side 3, se
è questo che desiderano. D’altra parte, molti dei soldati di Axis sono persone
proprio come noi, che vorrebbero solo l’indipendenza per gli spacenoid, quindi
preferirei non combattere contro di loro. Ne conosco anche qualcuno
personalmente, perché erano miei commilitoni durante la scorsa guerra. Però… ho
riflettuto che, qualsiasi decisione prendessi adesso, a prescindere dalla
situazione, mi troverei a fare qualcosa che non voglio. In un caso, dovrei
aiutare dei fanatici degli Zabi; nell’altro, dovrei uccidere dei compagni. Di
conseguenza, ho deciso di restare nell’AEUG qualsiasi cosa accada. Io sono qui
adesso e, se lo sono, è perché credo in quello che faccio. Il mio passato è solo
il mio passato. Se non ho modo di evitare una situazione difficile, allora tanto
vale che la affronti basandomi sulle mie convinzioni. Se poi le cose dovessero
farsi insostenibili… non escludo che potrei considerare l’idea di disertare. In
ogni caso, voglio vivere secondo quello che ritengo giusto adesso, senza fuggire
dai problemi che questo potrebbe crearmi".
Dopo che Lynn ebbe dato la propria spiegazione, tutti gli altri membri
dell’equipaggio, a turno, fornirono le loro.
Molti si dichiararono d’accordo con il capitano.
Qualcuno, tra cui anche degli zeoniani, disse di non volere assolutamente
combattere al fianco di fanatici degli Zabi.
Nessuno si schierò apertamente con Axis, ma molti dissero di essere disposti
a tollerare un’alleanza.
Daniel aveva saputo fin da subito cosa rispondere.
Si era preparato due diverse scuse, che gli avrebbero permesso di seguire
Lynn qualsiasi cosa lei avesse deciso.
Ma la presa di posizione del suo capitano (che adesso amava molto di più
proprio per questo) gli aveva permesso di replicare sinceramente: "Sai che per
me combattere con o contro degli zeoniani non ha mai fatto differenza. Non è per
questo che sono nell’AEUG, quindi rimarrò in qualsiasi caso".
"Bene", disse infine Lynn dopo avere ascoltato quanto tutti avevano da dire,
"Sono contenta delle risposte che ho ricevuto. A questo punto, non possiamo fare
altro che sperare di non avere altri nemici, a parte i Titans".
***
‘Lurido bastardo’, pensò Daniel mentre teneva lo sguardo fisso sul mobile
suit che aveva davanti.
Era una macchina aggraziata ed elegante, dalla linea pulita e solida al tempo
stesso, bianca con la sezione del petto e le piante dei piedi rosse.
Bianco e rosso, i colori della Longobarda.
‘E falla finita, maledetto figlio di puttana!’, pensò nuovamente senza
distogliere lo sguardo dal colosso antropomorfo davanti a lui.
Gli era stato detto che quello era uno Z Plus C1, una variante prodotta in
serie dello Z Gundam.
Ne erano stati assemblati pochi esemplari, perché costava comunque un occhio
della testa.
La maggior parte degli Z Plus era finita nelle mani della Karaba o della
Federazione Terrestre, che aveva cominciato a voltare le spalle ai Titans in
seguito al discorso che Casval Rem Deikun aveva tenuto nel Parlamento di
Dakar.
Lynn si era quasi messa a piangere quando aveva visto la trasmissione
televisiva.
Quant’era bella quando piangeva, aveva pensato Daniel.
In questo momento, Lynn era dall’altra parte dell’hangar del Moloch e stava
parlando con Harold.
Probabilmente, lui le stava illustrando le condizioni di qualche mobile
suit.
‘Piantala, stronzo!’, pensò di nuovo Daniel senza girarsi (nonostante
sentisse chiaramente che stavano parlando di qualcosa).
‘Lasciala andare! Se non le parlerai più, lei verrà da me e mi dirà qualcosa.
Qualsiasi cosa mi va bene, ma lascia che venga da me! Anche solo per un
secondo’.
Daniel stava cominciando ad annoiarsi a restare lì a guardare lo Z Plus senza
fare niente.
Ma non poteva rischiare di andarsene e perdere l’occasione di parlare un po’
con Lynn.
Poi, il momento fatale arrivò.
Daniel sentì una mano che gli si posava sulla spalla.
"Che ne dici?", gli chiese Lynn con un sorriso.
‘Che ti amo’, pensò lui, ‘Soprattutto quando mi sorridi’.
"Non sembra male", rispose però, indicando lo Z Plus con un cenno del
capo.
"Dicono che sia eccezionale", replicò lei. "Ed è per questo che l’ho
assegnato a te. L’ho anche fatto dipingere con i tuoi colori personali,
contento?".
Il pensiero fu chiarissimo nella mente di Daniel: ‘Il fatto che tu abbia
avuto un’idea di riguardo per me mi rende talmente felice che vorrei gridarti in
faccia quanto ti amo’.
Ma disse tutt’altro: "Non è che fosse così fondamentale. Che ne sarà del Nemo
che ho pilotato finora?".
"Sarà assegnato a qualche altra unità, ovviamente. Ti dispiace?".
"Se questo è migliore, direi di no".
"Certo che è migliore, te l’ho detto. Nonostante sia un modello prodotto in
serie, sembra che non abbia niente da invidiare al vero Z Gundam. Sei
decisamente il pilota più adatto per questo mobile suit".
"Sì?".
"Sì. Non ho mai visto un pilota come te, davvero… Il tuo modo di pilotare ha
qualcosa di… affascinante".
‘Il mio modo di pilotare, eh?’, pensò amaramente Daniel.
"Sei sicuramente la persona che può sfruttare al meglio le potenzialità dello
Z Plus", proseguì Lynn. "Ora che sappiamo che Axis è nostro nemico, abbiamo
decisamente bisogno di te, quindi metticela tutta".
‘Lei ha bisogno di me…’, gongolò lui mentalmente, senza che la sua faccia
cambiasse espressione.
***
I raggi balenavano attorno al Moloch, mentre i mobile suit di Neo Zeon lo
attaccavano.
Le agili forme dei Gaza-E saettavano attorno alle corazzate, dell’AEUG e di
Axis, mentre i Nemo e i Rick Dias sparavano contro i nemici che li assalivano da
ogni direzione.
La battaglia si combatteva sullo sfondo della Terra, la gemma azzurra che
brillava nel cosmo.
Una flotta dell’AEUG, di cui il Moloch faceva parte, era stata incaricata di
impedire lo sbarco dall’orbita di un contingente di mobile suit di Neo Zeon, che
avrebbe dovuto fornire rinforzo alle truppe già arrivate sulla Terra.
All’inizio di aprile 0088, tra voltafaccia e cambi di schieramento, la Guerra
di Gryps era finita.
La cosa aveva sconfortato Daniel.
Il fatto che l’AEUG fosse improvvisamente diventato alleato della
Federazione, per la verità, non lo aveva interessato più di tanto.
L’unica cosa che gli era sempre importata era stata combattere.
E stare vicino a Lynn, ovviamente.
Quello che l’aveva sconfortato era stato il fatto che non ci sarebbero più
state guerre per un po’.
Niente possibilità di uccidere, quindi.
Sarebbe tornato a essere un incapace?
Con suo grande sollievo, però, era subito comparso un altro nemico.
Axis.
I reduci del vecchio Esercito Regolare di Zeon avevano assunto il nome di Neo
Zeon, dichiarando guerra alla Federazione Terrestre.
E ai suoi alleati, di conseguenza.
In seguito alla Guerra di Gryps, i Titans erano stati praticamente
annientati, mentre le forze federali e dell’AEUG erano seriamente
compromesse.
Il Moloch era stato una delle poche navi a uscire dalla battaglia nei pressi
del colony laser senza subire perdite di enorme entità.
Di conseguenza, aveva trascorso i primi mesi dello 0088 in attesa, giacché
l’ordine di combattere contro Axis sarebbe potuto arrivare da un momento
all’altro.
Ma era parso che i federali non volessero prendere una posizione politica
troppo netta contro Neo Zeon. Il che era assurdo, visto che le intenzioni delle
armate di Haman Karn, così si chiamava la reggente in vece di Mineva Lao Zabi,
erano sempre state chiare.
Poi, tra luglio e agosto 0088, Neo Zeon aveva cominciato la sua invasione
della Terra e aveva persino occupato Dakar, sede del Parlamento Federale.
Nonostante questo, era sembrato che la linea del governo fosse ancora quella
della trattativa.
Avevano tanta paura di Axis?
Era stato l’AEUG a opporsi a questa decisione.
E il Moloch, in quanto unità combattente ancora in buone condizioni, era
stato al centro di alcune operazioni contro Neo Zeon, con disappunto di diversi
membri dell’equipaggio.
Però, quando si era presi a bersaglio da alcune corazzate e un numero
imprecisato di mobile suit, era difficile ricordarsi del proprio disappunto.
In tutto questo casino, l’unico che si divertiva era proprio Daniel.
Sì, lo Z Plus era decisamente un’ottima macchina.
Nonostante gli enormi consumi di energia del suo beam smartgun, riusciva a
pilotarlo con molta naturalezza.
Fu proprio il beam smartgun di Daniel a colpire in pieno una delle corazzate
di Neo Zeon, un Gwanban, facendola esplodere nel cosmo.
Fin dall’inizio della battaglia, il nemico doveva avere capito subito che
quel mobile suit bianco e rosso non era una macchina qualsiasi.
Le unità avversarie cercavano di abbatterlo a tutti i costi o evitarlo.
Il cervello di Daniel era ormai completamente annebbiato.
Non ricordava quanti nemici avesse abbattuto.
La tempesta di ricordi altrui che gli si era riversata nel cervello lo aveva
portato sull’orlo dell’incoscienza, uno stato in cui combatteva praticamente
senza rendersene conto.
Sapeva di avere ucciso un tizio che aveva progettato di dichiarare ai suoi
genitori la propria omosessualità dopo la battaglia.
Poi, aveva fatto fuori anche un altro tale, a cui la moglie aveva appena
detto di essere incinta.
C’era stato anche quell’altro pilota, quello con l’hobby della pittura, che
aveva voluto preparare una mostra dopo la guerra.
E, incredibile a dirsi, un appassionato di calcio che aveva ricordato ancora
con nostalgia le imprese tecniche di Daniel Wymann nella Longobarda.
Chissà cosa avrebbe pensato, se avesse saputo che era stato proprio Daniel
Wymann a ucciderlo!
Eppure, tutte queste vite continuavano a essere insulse.
Erano identiche a quelle di tante altre persone che aveva già ammazzato.
Ma Daniel si era già reso conto da tempo di questo fatto: alla fine, tra un
essere umano e un altro non c’era molta differenza.
Chissà perché non si capivano…
Come era possibile che non si capissero, se erano tutti ugualmente
insulsi?
Forse perché non ci provavano nemmeno?
O forse, più semplicemente, non erano in grado di accettarsi per come
erano?
All’improvviso, un’ombra oscurò la mente di Daniel.
Riacquistò la lucidità in un attimo, come se si fosse appena svegliato dal
sogno.
Era comparso qualcuno nella cui mente non riusciva a entrare.
Era un mobile suit strano, nero, con delle spalle esageratamente larghe e
sproporzionate e una testa schiacciata in cui brillavano due monoeye.
Daniel aveva visto quel modello in un rapporto che illustrava ai piloti
dell’AEUG le macchine del nemico.
Si chiamava Qubeley.
Non se ne sapeva molto, perché, apparentemente, ben pochi di coloro che lo
avevano incontrato erano sopravvissuti per raccontarlo.
Prima ancora di finire di formulare il pensiero, Daniel fece compiere un
brusco scarto allo Z Plus, per evitare un raggio partito dal braccio destro del
Qubeley.
Sembrò che il pilota nemico avesse un attimo di esitazione.
Perché non riusciva a percepire cosa stesse pensando?
Che cazzo stava succedendo?
Poi, all’improvviso, da una bizzarra appendice che c’era nella parte
posteriore del Qubeley, una specie di ‘coda’, uscì qualcosa.
Descrivendo un movimento a spirale, una dozzina di minuscoli oggetti si
dipartì dalla macchina.
Daniel aveva sentito parlare di qualcosa di simile: durante la Guerra di Un
Anno, alcuni corpi speciali di Zeon avevano sperimentato delle armi che
consentivano al pilota di controllare a distanza delle derive, con le quali era
possibile effettuare attacchi a tutto campo.
Se era effettivamente così, i funnel usciti da Qubeley dovevano essere in
grado di sparare.
A volte, Daniel detestava avere ragione.
In breve, si trovò colto in un reticolato di colpi.
Ne evitava la maggior parte per puro istinto, sparando nel contempo con i
beam gun sulle anche dello Z Plus per cercare di abbatterne qualcuno.
Il Qubeley non si sarebbe potuto avvicinare troppo, perché altrimenti avrebbe
rischiato di trovarsi coinvolto nei suoi stessi attacchi.
E Daniel era in vantaggio sulla lunga distanza.
Se solo avesse potuto trovare il momento giusto per puntare il beam
smartgun…
Improvvisamente, il Qubeley scattò in avanti.
Che razza di mossa era?
Daniel cercò di pensare rapidamente.
Era evidente che tutti i funnel, molti dei quali aveva ormai perso di vista,
erano stati collocati in modo da sparare senza colpire il proprietario…
Di conseguenza…
Non sapendo da dove sarebbero arrivati gli attacchi, c’era un’unica cosa da
fare per andare sul sicuro.
Daniel spinse al massimo i motori posteriori dello Z Plus, mandandolo a
sbattere frontalmente contro il Qubeley e spingendolo nel vuoto cosmico.
Nessun funnel sparò.
Ovviamente.
Sarebbe stato troppo rischioso fare fuoco mentre si era così vicini.
Fu solo allora, quando la telecamera principale del suo mobile suit riuscì a
vedere oltre quello nemico, che Daniel si rese conto che i funnel lo stavano
seguendo da terga.
Evidentemente, il pilota del Qubeley aveva pensato che Daniel avrebbe cercato
di allungare le distanze per sfruttare il beam smartgun.
Quando questo fosse successo, il mobile suit di Neo Zeon si sarebbe spostato
lateralmente e avrebbe sparato con i funnel, approfittando del fatto che la mira
del nemico avrebbe cercato di seguirlo.
Un discreto piano.
Ma Daniel era un veterano.
Aveva vinto: a questo punto, gli sarebbe bastato sparare con i beam gun sulle
anche e…
Emergenza.
"Cosa?", sibilò con disappunto.
Le strumentazioni dello Z Plus indicavano una situazione di emergenza.
Certo, era una funzionalità ben precisa di questo modello.
Il computer stava informando Daniel che lo Z Plus si trovava in una zona in
cui non si sarebbe più potuto sottrarre all’attrazione della gravità
terrestre.
In altre parole, doveva effettuare il rientro nell’atmosfera.
Merda!
Doveva essere stata la sua spinta sul Qubeley a scagliarli entrambi in un
posto tanto problematico!
Non era stato poi così furbo, dopotutto.
Le strumentazioni consigliavano la trasformazione in waverider.
Daniel tirò un sospiro di sollievo.
Certo, trasformando lo Z Plus dalla sua forma umanoide in quella di caccia,
avrebbe potuto resistere al rientro nell’atmosfera, e anche volare in presenza
di gravità.
Mentre l’attrito cominciava a rosseggiare sulla corazza bianca del suo mobile
suit, si liberò del Qubeley con un calcio e fece trasformare la propria
macchina, esponendo all’atmosfera terrestre il ventre.
La temperatura nell’abitacolo di faceva sempre più calda di secondo in
secondo.
Anche questo era previsto: il computer dello Z Plus stava attivando
automaticamente un sistema di raffreddamento pensato proprio per queste
evenienze.
Che bella macchina era, questo Z Plus!
All’improvviso, un tonfo.
Daniel si rese conto di cosa fosse successo anche senza vederlo.
Ma lo vide guardando in alto grazie al panoramic monitor.
Il Qubeley gli si era appoggiato sopra.
Contava di usare lo Z Plus come scudo per superare la fase di rientro,
un’impresa altrimenti impossibile per il modello di Axis.
E, da quella posizione, non poteva nemmeno essere attaccato.
Daniel vide balenare un paio di raggi, poi degli strani oggetti oblunghi gli
volteggiarono attorno.
Le spalle del Qubeley?
Doveva essere stato il pilota a tagliarle spontaneamente, sparando con i
funnel, per minimizzare l’attrito e proteggersi completamente dietro lo Z
Plus.
Bene, bene, bene…
Questo sconosciuto che si rifiutava di aprirgli la propria mente sarebbe
stato completamente inerme, una volta arrivati sulla Terra.
Avrebbe avuto un mobile suit danneggiato e incapace di volare, e
probabilmente anche di ricorrere ai funnel, in presenza di gravità.
Sì, però…
Da quella posizione, il Qubeley avrebbe potuto sparare e abbatterlo
facilmente…
Certo, poi si sarebbe schiantato al suolo, ma intanto…
Improvvisamente, superata una coltre di nubi che era sembrata interminabile,
un luminoso cielo azzurro si aprì davanti a Daniel.
Era tornato sulla Terra dopo tanti anni…
A questo punto, c’era solo una cosa da fare: avrebbe fatto ruotare su se
stesso lo Z Plus, in modo da buttare giù il nemico.
Anzi, no.
Se l’avesse fatto, il Qubeley avrebbe avuto comunque modo di colpirlo
facilmente.
Improvvisamente, il mobile suit di Neo Zeon si staccò dal nemico.
Ecco, ora l’avrebbe attaccato.
Si era distanziato per non restare coinvolto nell’esplosione del reattore
nucleare.
Ma cosa credeva di fare?
Anche se lo avesse abbattuto, si sarebbe senza dubbio schiantato al
suolo!
Perché abbandonarsi così, come rassegnandosi a morire?
Che significato…
…aveva…
…una mossa…
…del genere?
Poi, una campanella suonò nella testa di Daniel.
Quel pilota aveva qualcosa…
Quel pilota era colui di cui non era riuscito a penetrare i pensieri…
Aspettò che la quota calasse un po’.
Poi fece avvicinare lo Z Plus al Qubeley e lo trasformò nuovamente in mobile
suit.
Afferrò la mano del nemico.
Come a volersi unire in uno sforzo congiunto, entrambe le macchine attivarono
i propri vettori di spinta.
La caduta frenò lentamente.
Non di molto.
Ma abbastanza da impedire che i due mobile suit si schiantassero quando
arrivarono pesantemente a terra.
Si divisero un attimo prima di toccare il suolo: le gambe dello Z Plus
cedettero, facendolo crollare seduto.
Il Qubeley, invece, era rimasto sulla schiena, immobile.
Daniel aprì l’abitacolo e corse fuori.
Non estrasse la pistola.
Non ebbe nemmeno il tempo di guardare dove si trovasse.
Capì di essere su di una spiaggia solo quando i suoi piedi si tuffarono
nell’acqua verdastra del bagnasciuga.
Alla sua destra, delle palme ondeggiavano al vento.
Alla sua sinistra, il mare si perdeva a vista d’occhio.
Sopra di lui, l’alba.
Gettò a terra il casco della normal suit mentre correva verso il Qubeley.
Si arrampicò sul corpo del mobile suit nemico, fino ad arrivare a
quell’apertura che doveva essere l’abitacolo.
Che si aprì.
Una ragazza con indosso la normal suit dell’Esercito Regolare di Zeon, che
non portava il casco, saltò fuori dal cockpit come una molla, appoggiando le
mani sulle spalle di Daniel.
Aveva i capelli rossi, tagliati a caschetto.
I suoi occhi verdi, spalancati per lo stupore, fissavano quelli
dell’uomo.
Lei sorrise: "Io non ti conosco!", dichiarò, come se fosse stata la scoperta
più importante del genere umano.
"Nemmeno io!", esclamò Daniel con lo stesso tono.
Si baciarono appassionatamente.
***
Erano capitati in un posto strano.
Sembrava tutto troppo perfetto.
Dopo un breve giro, Daniel e la ragazza, che aveva detto di chiamarsi
Suzanne, avevano scoperto di trovarsi su di un’isola deserta.
Lo Z Plus, che in teoria avrebbe potuto portarli via di lì, non aveva
abbastanza carburante.
Ma non sembrava un problema: frutta e pesce non mancavano e una cascata
naturale forniva l’acqua.
Era una situazione quasi assurda: la classica storia della coppietta sperduta
su di un’isola tropicale.
Già, ‘coppietta’ forse non era un termine esagerato.
Per la prima volta in vita sua, con una persona la cui mente non era riuscito
a percepire, Daniel sentiva di avere trovato un’anima affine.
E anche per Suzanne, a suo dire, era stato così.
Era davvero incredibile, ma anche lei aveva sofferto per lo stesso problema
che aveva attanagliato Daniel.
Anche lei era stata in grado di sentire i pensieri altrui ed era stata
sull’orlo della follia.
Cosa era stato a portarli insieme?
Forse il fatto che ciascuno vedesse nell’altro l’unica persona con la quale
poteva non essere un newtype?
Si erano innamorati?
Daniel aveva sempre pensato che fosse necessario conoscere una persona per
innamorarsene.
Adesso, invece, passava le giornate in tenere effusioni con una donna che non
conosceva.
Proprio perché non la conosceva.
C’era qualcosa di paradossale in quella situazione.
Forse erano stati uniti dall’avere provato un dolore simile.
In un certo senso, si stavano leccando le ferite a vicenda.
E Lynn?
Per qualche strano motivo, ora Daniel non se ne preoccupava.
Non sapeva nemmeno se fosse sopravvissuta alla battaglia.
Ne aveva parlato a Suzanne, descrivendo Lynn come la donna che amava.
Per qualche strano motivo, in Suzanne non c’era stata traccia di gelosia.
Apparente, almeno.
Era successo una mattina.
Erano entrambi nudi nell’acqua, che veniva lentamente scaldata dal sole
nascente.
Avevano appena finito di fare sesso.
O l’amore, a seconda dei punti di vista, di questo Daniel non era proprio
sicuro.
Erano lì, nell’acqua bassa, un po’ galleggiando, un po’ toccando il fondale
con il sedere.
Dandosi la schiena, tenevano l’uno la testa appoggiata sulla spalla
dell’altra.
"Tu sei come Perceval", gli aveva detto Suzanne a un certo punto.
"Chi?", aveva risposto lui.
"Perceval. Non hai letto il Perceval di Chrétien de Troyes?".
"Non ero molto bravo a scuola".
"Be’, c’è questo Perceval, che è un cavaliere della Tavola Rotonda e desidera
trovare il Graal più di ogni altra cosa. A un certo punto, arriva al castello
del Re Pescatore, dove vede l’oggetto della propria ricerca. Potrebbe facilmente
ottenerlo, se solo ponesse le domande giuste, ma decide di tacere perché il suo
maestro gli ha insegnato a non parlare a sproposito. In realtà, però, il suo
errore è unicamente frutto dell’indecisione. Rimanda continuamente le domande
che dovrebbe porre e, così facendo, perde tutto".
"E in che modo io somiglierei a questo Perceval?".
"Avevi quella donna di cui eri innamorato a portata di mano, ma non ti sei
mai dichiarato. Sei stato nel castello del Re Pescatore, ma non hai parlato. E
adesso hai perso tutto".
Daniel sospirò: "Forse hai ragione. Forse sono semplicemente stato indeciso.
Avrei dovuto dire come stavano le cose senza farmi problemi. Ma ormai non
importa. Non voglio che il mio passato mi condizioni la vita".
Si rese conto subito dopo di avere parlato proprio come avrebbe fatto
Lynn.
Gli era entrata nel cervello fino a questo punto?
Doveva essere ancora perso di lei, in fin dei conti…
"Sei rimasto a contemplare le macchie di sangue sulla neve?", chiese Suzanne
abbozzando un sorriso.
"Eh?".
"Oh, niente, un’altra citazione. Dopo avere perso la possibilità di ottenere
il Graal, Perceval si è veramente messo a contemplare delle macchie di sangue
sulla neve. Poi è arrivato Galvano, che l’ha portato da Re Artù. Stai aspettando
che arrivi Galvano anche per te?".
Quasi in risposta alle parole della ragazza, una vibrazione sembrò scuotere
il fondale.
E non solo: anche l’acqua cominciò improvvisamente a muoversi.
Daniel e Suzanne si misero a sedere.
"Che diavolo…", sibilò lui seccato.
Istintivamente, si girò verso il largo.
Qualcosa stava uscendo dall’acqua.
Erano due mobile suit.
Le loro forme blu somigliavano vagamente a quelle di un modello contro cui
Daniel aveva già combattuto, una macchina trasformabile chiamata Gaza-C.
Ma avevano qualcosa di diverso, a parte il colore.
Al posto del knuckle buster, avevano qualcosa che somigliava a un gigantesco
lanciamissili.
Daniel arrivò a un’unica conclusione: "Amici tuoi?", chiese rivolto a
Suzanne.
"Sono dei Gaza-M", annuì lei. "Sono mobile suit anfibi progettati su Axis in
previsione dell’invasione della Terra. Ma cosa ci fanno qui?".
"È improbabile che siano venuti a cercarti, vero?".
"Direi di sì. Chiunque penserebbe che io sia morta durante il rientro
nell’atmosfera".
"Quindi devono essere qui perché siamo vicini a qualche posizione
strategicamente importante, no?".
"Mi pare ovvio. Il problema è che non ho idea di dove ci troviamo adesso,
quindi non saprei dirti con precisione…".
Improvvisamente, una cannonata.
Accanto a uno dei mobile suit, si levò una colonna d’acqua.
Daniel spostò lo sguardo alla propria destra.
Una portaerei.
Federale, evidentemente.
Che la Federazione si fosse finalmente decisa a contrastare Neo Zeon in
maniera definitiva?
Un’altra cannonata.
Stavolta gli schizzi d’acqua raggiunsero Daniel e Suzanne.
E doveva decidersi proprio adesso, la Federazione?
Ma, soprattutto, pensò amaramente Daniel, ecco che la perfezione del paradiso
in cui era vissuto per quei pochi giorni era stata infranta.
Erano finiti nel bel mezzo di una battaglia.
Istintivamente, Daniel afferrò la mano di Suzanne e si mise a correre verso
la riva: "Dobbiamo nasconderci fino alla fine della battaglia!", esclamò senza
fermarsi.
"Lo so!", gli rispose lei, "Ma poi cosa faremo? Chiunque vinca, uno di noi
sarà considerato un prigioniero, e probabilmente l’altro un traditore!".
"E allora cosa vuoi fare? Dobbiamo almeno allontanarci, quegli affari hanno
un reattore nucleare, se esplode, siamo finiti!".
Un’idea balenò nella mente di Daniel.
Con tutta probabilità, sulla portaerei non si erano resi conto della presenza
sua e di Suzanne (anche se di certo avevano visto i mobile suit).
C’era un’unica cosa da fare: i due Gaza-M dovevano essere abbattuti senza che
il reattore venisse toccato.
Daniel lasciò la mano della ragazza e corse verso lo Z Plus.
Entrò nell’abitacolo ancora nudo e armeggiò freneticamente con i comandi: la
portaerei non sarebbe certo andata troppo per il sottile, doveva essere lui a
sistemare le due macchine di Neo Zeon.
Vedendolo combattere, forse sulla nave avrebbero capito che lui stava dalla
loro parte e non avrebbero sparato.
Finalmente, lo Z Plus si alzò.
Daniel lasciò cadere il beam smartgun: non era certo indicato per un
combattimento che doveva andare per il sottile.
Mentre il mobile suit bianco e rosso attingeva alle sue ultime riserve di
energia per cominciare a correre, si estrasse la beam saber dall’anca
sinistra.
La lama di luce violacea balenò nell’aria.
Uno dei Gaza-M si girò di scatto e sparò un arpione dalla propria arma.
Il colpo si perse nel vuoto: Daniel si era spostato ancor prima che
partisse.
E poi, aveva sentito.
Forse il combattimento con Suzanne lo aveva convinto di essersi liberato
della propria maledizione.
E invece, era ancora lì.
Il pilota del Gaza-M che aveva sparato era un ragazzino di diciassette anni.
Era stato solo un bambino quando la guerra era finita e i suoi genitori,
incapaci di rassegnarsi a vivere una vita che vedevano asservita alla
Federazione, se ne erano andati su Axis. Era stato cresciuto nella convinzione
che, un giorno, la famiglia Zabi sarebbe tornata a regnare su Side 3, acquisendo
un posto di predominio nella Sfera Terrestre. A tutti gli effetti, era un
ragazzino plagiato da altri, che non aveva avuto effettiva possibilità di
decidere cosa fare della propria vita. Si era arruolato perché gli avevano
sempre detto che quella era la cosa migliore da fare. Combatteva perché gli era
stato imposto che quella era una giusta causa.
Una vita insulsa anche per gli standard di quelle che Daniel percepiva di
solito.
Forse fu per questo che non ebbe particolari problemi a falciarla.
Fu estremamente preciso nel piantare la beam saber nell’abitacolo evitando il
reattore nucleare.
Non appena il primo Gaza-M cadde a terra, Daniel si girò verso l’altro, che,
fino ad allora, non aveva sparato, probabilmente nel timore di colpire il
compagno.
Il secondo mobile suit di Neo Zeon aveva già estratto a propria volta una
beam saber: evidentemente aveva giudicato che sparare arpioni fosse inutile a
una distanza tanto ravvicinata.
Le due lame di particelle Minovsky si incrociarono.
Daniel sbuffò: non conosceva questo pilota, ma, in base a quello che
percepiva, gli stava già sui coglioni.
Era il classico bel tenebroso dal passato tormentato: aveva un pessimo
rapporto con i genitori, aveva detestato i compagni di classe a scuola
(ritenendoli una massa di imbecilli senza nemmeno avere provato a conoscerli) e
aveva sempre recitato la parte del tipo assente e disimpegnato con le donne.
Aveva tuttora l’abitudine di comportarsi da stronzo con chiunque. Un tipo che
aveva il vizio di scaricare le sue paturnie personali sul prossimo, in pratica,
credendo che i problemi che aveva affrontato potessero giustificare il suo
comportamento.
Nonostante fosse ateo, Daniel fu quasi sul punto di ringraziare Dio: per la
prima volta, stava incontrando dei nemici che non aveva grossi problemi a
uccidere.
Il fatto di ritenersi tutto sommato simile al secondo pilota lo disturbò solo
un po’.
I due mobile suit si scambiarono qualche colpo, centrando solo le rispettive
beam saber.
Sembrava che ciascuno dei due piloti fosse intento a studiare l’altro.
Daniel approfittò di quell’attimo di calma che seguì il loro primo scontro
per pensare.
Quel mobile suit era una versione anfibia del Gaza-C, aveva detto
Suzanne?
Quindi si poteva trasformare in… qualcosa? Forse un mobile armor
subacqueo?
La forma mobile armor dei Gaza-C piegava in avanti la parte superiore del
mobile suit, richiamando le braccia nel corpo e tenendo le gambe libere… Che il
Gaza-M facesse qualcosa di simile? Era una fortuna che il Gaza-C fosse comune, e
quindi famoso, in modo che fosse facile prevedere le mosse di una sua
variante.
Improvvisamente, il mobile suit blu cominciò a correre verso lo Z Plus,
brandendo la beam saber.
Daniel gli andò incontro.
Il Gaza-C era famoso…
Chiunque si sarebbe immaginato che una sua variante avrebbe sfruttato le
proprie abilità di trasformazione…
Chiunque.
Anche chi lo pilotava.
Improvvisamente, i due mobile suit si trovarono a portata di lama.
Lo Z Plus sferrò il suo attacco alla parte alta del torso.
Il Gaza-M lasciò cadere la beam saber.
Il fendente di Daniel tagliò l’aria, mentre la macchina di Neo Zeon si
piegava verso il basso, in un movimento molto simile a quello della
trasformazione di un Gaza-C, mostrando la fusoliera, sulla quale due beam gun
erano pronti a sparare.
Fu in quell’istante che Daniel ricordò una cosa.
Esistevano pochissimi esemplari di Z Gundam, ma era un modello molto
famoso.
I potenti vettori di spinta sulle gambe dello Z Plus ruggirono: la cosa
migliore da fare per evitare il colpo sparato dai beam gun era balzare in alto,
sfruttando la forza propulsiva di una macchina che era stata progettata per
volare in presenza di gravità.
Non appena il rumore dei razzi si sparse nell’aria, Daniel capì e diede il
proprio comando al mobile suit.
Accadde in contemporanea: il Gaza-M alzò la fusoliera, tornando nella
posizione iniziale, e sparando con i propri beam gun in aria; lo Z Plus, invece,
si spostò lateralmente in un fluido movimento, che lo portò sulla sinistra del
nemico.
Con un rapido colpo, tagliò il braccio sinistro del Gaza-M, facendolo cadere
in acqua e sollevando una miriade di gocce scintillanti.
Una piccola esplosione dei motori dell’arto scagliò schegge tutto attorno;
senza di esso, lo zeoniano non avrebbe potuto afferrare l’altra beam saber,
quella nella spalla destra.
Un secondo fendente tagliò la fusoliera, eliminando i fastidiosi beam
gun.
Daniel percepì l’angoscia del pilota avversario: sapeva benissimo che non
avrebbe fatto in tempo a raggiungere la beam saber che aveva fatto cadere.
Infilò la sua lama lucente nell’abitacolo del mobile suit blu e sentì la vita
del nemico spegnersi.
Per un attimo, si compiacque della propria abilità strategica: era evidente
che il nemico aveva previsto che il suo avversario potesse essere a conoscenza
delle capacità di trasformazione dei Gaza. Essendo però al corrente delle
caratteristiche dello Z Gundam, il pilota di Neo Zeon si era aspettato una
schivata verso l’alto e aveva cercato di anticiparla. Ma era stato lui a essere
anticipato.
Daniel sospirò.
Chissà perché, stavolta uccidere non gli aveva causato tutti questi
problemi.
Forse Suzanne gli aveva fatto bene, in qualche modo.
A proposito, Suzanne…
Dov’era?
Si girò freneticamente, cercandola su tutti gli schermi del panoramic
monitor.
La vide.
In acqua, a faccia in giù.
Vide un pezzo di lamiera che spuntava dalla sua schiena, conficcato tra le
scapole.
Lei.
L’unica persona con cui poteva non essere un newtype.
L’unica persona che poteva non capire.
Galleggiava nell’acqua bassa, mentre una macchia di sangue si allargava dal
suo corpo.
Daniel fece inginocchiare rapidamente lo Z Plus e balzò fuori dall’abitacolo,
correndole accanto.
Delle scialuppe vennero calate dalla portaerei.
Daniel cadde bocconi al fianco di Suzanne.
Afferrò il suo corpo tra le braccia e lo voltò, in modo da poter vedere il
suo viso.
Gli occhi erano spalancati e vuoti.
Il frammento che l’aveva colpita doveva essere stato scagliato via
dall’esplosione dei motori del braccio del Gaza-M.
In pratica, era stata colpa sua.
Daniel sentì il sangue di lei scorrergli sulle braccia.
Non gli importava.
Si strinse la testa senza vita al petto e cominciò a singhiozzare.
Quando una squadra di soldati scesa dalla portaerei lo raggiunse, stava
piangendo a dirotto.
***
Il Moloch…
In qualche modo, era sopravvissuto.
E Daniel vi si trovava nuovamente.
La sua vacanza sulla Terra era durata poco, tutto sommato.
Era stato incredibile quanto a lungo la Federazione Terrestre fosse rimasta
nell’indecisione, combattendo Neo Zeon e cercando di blandirlo al tempo stesso,
al punto di arrivare a decidere di cedere Side 3 ad Axis.
Per poi decidere definitivamente di combattere, ovviamente.
D’altra parte, dopo la caduta della colonia su Dublino, non è che si potesse
ancora mantenere una condotta tanto indecisa.
Naturalmente, tutto questo non aveva influenzato più di tanto Daniel.
La corazzata che lo aveva recuperato, infatti, era appartenuta alla
Karaba.
Daniel aveva dovuto superare interminabili interrogatori circa cosa stesse
facendo su quell’isola con una soldatessa di Neo Zeon.
A nessuno era sfuggito che lo avevano trovato nudo.
Daniel non si era fatto pregare e aveva detto la verità.
In fin dei conti, nessuno avrebbe potuto biasimarlo: era stato sperduto nel
bel mezzo del mare, uccidere l’unica persona che si era trovata con lui sarebbe
stato assurdo.
In effetti, era sembrato che non ci fosse intenzione di incolparlo di questo,
ma gli ufficiali della Karaba vollero essere messi al corrente di qualsiasi
informazione militare circa Neo Zeon lui fosse venuto a sapere durante la sua
permanenza sull’isola.
Cioè zero.
La Karaba aveva comunque cercato di tenersi buono un soldato in più, vuoi
perché le servivano effettivi per combattere contro gli invasori di Neo Zeon,
vuoi perché tutte le sue forze erano rivolte al conflitto e non poteva
permettersi di rimandare indietro una sola persona.
Per qualche mese, Daniel, con il suo Z Plus almeno riparato, aveva combattuto
sulla Terra.
Alla fine, apparentemente anche dietro pressioni di Lynn (cosa che lo aveva
reso immensamente felice), lo avevano rispedito all’AEUG e assegnato nuovamente
al Moloch.
Ed era nuovamente lì, nell’hangar, ancora davanti al suo Z Plus, ancora in
contemplazione.
"Sono contenta che tu sia tornato", gli disse Lynn mettendogli ancora una
mano sulla spalla.
Non si era accorto del suo arrivo.
"Avevo temuto che tu fossi morto", proseguì il capitano. "Sapevo che lo Z
Plus era in grado di resistere al rientro nell’atmosfera, ma ero convinta che il
Qubeley ti avrebbe abbattuto subito dopo".
"Non ti fidi molto di me, eh?", commentò lui sarcastico.
"Non è che non mi fidi di te, ma la situazione era oggettivamente
difficile".
Nessuna risposta.
Daniel non pensava minimamente alle parole che gli stavano venendo
rivolte.
In quel momento, c’era un’altra cosa che gli occupava la mente.
Perceval al castello del Re Pescatore.
Se anche tra lui e Lynn ci fosse stato qualcosa di simile all’amicizia,
l’aveva già perso nel momento in cui si era innamorato.
Tanto voleva cercare di arrivare fino in fondo, a questo punto.
"Lynn", disse, "c’è una cosa che devi sapere".
"Sì?", rispose lei guardandolo dritto negli occhi, come faceva sempre
(sciogliendolo puntualmente).
"Ti amo".
Ripensò a Suzanne e si sentì una merda.
Lynn sembrò presa in contropiede.
Per la prima volta in vita sua, la vedeva in evidente imbarazzo.
"Cioè… me lo dici così?", balbettò lei. "Non me lo aspettavo proprio…".
"Come avrei dovuto dirtelo?".
"No, cioè… Non è che ci sia un modo specifico. È solo che… Sì, tu mi sei caro
perché penso tu sia una brava persona, però… non avevo mai pensato a te in
questi termini. Mi dispiace, ma io non provo i tuoi stessi sentimenti".
"Va bene, non c’è problema. Per me non cambia niente".
La donna sembrò contrariata: "Come puoi dire una cosa del genere? È chiaro
che adesso ci sentiremo entrambi a disagio nel parlarci".
"No. Le cose non sono tanto difficili. Anzi, sono molto semplici. Fin da
quando mi sono reso conto di quello che provavo per te, io ho cercato di
proteggerti e donarti un po’ di felicità. Anche se tu non corrispondi i miei
sentimenti, questo per me non cambia. Continuerò a comportarmi come sempre".
"Be’, ti ringrazio. Credimi, lo apprezzo davvero. Mi dispiace di non… uh…
amarti".
"Non preoccuparti. A me piace come tu ti comporti di solito, quindi basta che
continui a farlo".
***
Il relitto del Dooben-Wolf cadde pesantemente nell’hangar del Moloch.
Dietro di esso, lo Z Plus bianco e rosso che lo aveva portato lì atterrò
dolcemente e si fermò.
Fu subito chiaro che l’abitacolo era stato danneggiato.
Il pilota non usciva.
Alcuni degli operatori del Moloch si portarono davanti all’abitacolo del
Dooben-Wolf, puntando le pistole.
Il mobile suit di Axis, con le braccia e le gambe troncate di netto, era
palesemente inerme, ma chissà chi si trovava al suo interno?
Quella macchina era stata al centro dello schieramento nemico, un contingente
di Neo Zeon schierato nei pressi di Side 3.
L’assalto del Moloch aveva colto di sorpresa il nemico e Daniel si era
lanciato tra le sue fila, abbattendo e distruggendo.
Poi, a un certo punto, si era accorto di quel Dooben-Wolf che tutti gli altri
mobile suit stavano cercando di proteggere.
C’era qualcuno di importante lì dentro.
Così, l’aveva catturato.
Ma adesso aveva altro di cui preoccuparsi.
Si ritrovava ancora ad ansimare nell’abitacolo del proprio mobile suit.
Un colpo doveva averlo raggiunto.
Sentiva dolore al fianco destro.
Riuscì ad azionare in qualche modo il comando di apertura del cockpit.
Vide qualcuno che cercava di estrarlo.
Sentì voci strane…
"Tiratelo fuori di lì!".
"Guarda che cazzo di squarcio!".
"Serve sangue per una trasfusione!".
"Dai, che se lo rattoppiamo in tempo, si salva!".
Poi svenne.
***
Quando riprese conoscenza, era nel lettino dell’infermeria del Moloch.
Fissata al muro da una struttura apposita, una flebo gli riversava del sangue
nel braccio sinistro.
Gli faceva ancora male il fianco.
Poi girò la testa verso destra.
Lynn era seduta lì.
"Come va?", chiese.
"Così così…", replicò lui con un fil di voce.
"Hai fatto un ottimo lavoro, sai? Hai catturato un generale di Neo Zeon".
"Addirittura un generale? E che ci faceva in mezzo a quei soldati?".
"Stiamo ancora cercando di scoprirlo. Ma non sorprenderebbe se fosse stato
semplicemente un suo capriccio. In fondo, è sempre stato così".
"Cosa? Vuoi dire che lo conosci?".
"Il generale di divisione Lukas DeMarchand. Nell’Esercito Regolare di Zeon
era solo colonnello, quindi suppongo abbia fatto carriera su Axis. Era il
superiore dell’uomo con cui stavo durante la guerra di indipendenza. L’ho
conosciuto allora, anche se non ero sotto il suo diretto comando. È sempre stato
un ufficiale vecchio stampo, di quelli che ritengono che un comandante possa
essere tale solo sul campo di battaglia. In senso quasi letterale".
"Quindi sarebbe uscito a combattere solo per senso del dovere?".
"Non lo escludo, anche se mi sembra strano. Ma te l’ho detto, è fatto
così".
Daniel scosse un po’ il capo, come ad annuire.
Poi disse: "Come sto? Cioè, so che me l’hai appena chiesto, ma quali sono le
mie condizioni?.
"Non sei esattamente al massimo della forma. Pare che qualcosa di non meglio
identificato ti abbia aperto un fianco. La ferita non è eccessivamente profonda,
ma è larga e hai perso molto sangue. Al momento, sei fuori pericolo, ma credo
che tu ti sia procurato un’altra cicatrice".
"Capirai… Le donne ci vanno pazze".
"Hai voglia di scherzare nonostante le tue condizioni? Allora non stai troppo
male!".
"Così pare".
Ci fu un silenzio imbarazzante.
Sembrò che entrambi fossero sul punto di dire qualcosa.
Ma fu Lynn a cominciare: "In realtà, sono qui perché volevo parlarti.
Riguardo quello che mi hai detto l’altro giorno. Ci ho pensato. Ci ho pensato
parecchio, davvero. Ci conosciamo da poco più di un anno, no? Se ripenso a come
sono stati i nostri rapporti in questo periodo, vedo delle cose che sul momento
mi erano sfuggite. Mi rendo conto che in realtà, se solo fossi stata più
attenta, non sarebbe stato difficile capire i tuoi sentimenti".
"E che differenza avrebbe fatto?".
"Fammi finire. Come sai, durante la guerra, io stavo insieme a un mio
commilitone, un altro soldato dell’Esercito di Zeon. Era un uomo tutto d’un
pezzo, una persona molto seria e responsabile… Credo che fosse questo a piacermi
di lui. Per contro, però, il suo comportamento me l’ha anche fatto prendere come
un punto fermo nella mia vita. Troppo fermo. Dopo la guerra, lui decise di non
tornare su Side 3. Decise di unirsi a un gruppo di soldati che avrebbero
continuato a lottare per l’indipendenza. Non riusciva a sopportare l’idea di
avere perso. Io andai con lui per breve tempo, ma poco dopo tornai a casa. Capii
che era troppo preso dalla sua battaglia personale, che non avrebbe mai
accettato la sconfitta. E capii che questo lo avrebbe portato a mettere la sua
battaglia anche al di sopra di me. Eppure, la sua personalità forte e sicura mi
aveva in qualche modo stregata. Mi resi conto di averlo sempre visto come un
sostegno a cui aggrapparmi e che ormai non poteva più esserlo… Per certi versi,
i miei sentimenti erano molto infantili, ma mi risolsi a non affidarmi più a
nessuno in quel modo. Forse è stato proprio per questo motivo che non mi sono
resa conto di quello che hai fatto per me. Non avevo capito che tu mi hai sempre
aiutata e sostenuta senza farmelo pesare. Durante questi mesi, in un modo o
nell’altro, sei sempre stato lì quando ne ho avuto bisogno. La mia non è
gratitudine, né ho intenzione di ripetere lo stesso errore e di vederti come
qualcuno su cui appoggiarmi. Però mi sono fatta due conti e sono arrivata alla
conclusione che una persona che faccia qualcosa del genere dev’essere capace di
amare molto. E io voglio essere amata da un uomo che sappia amare tanto. Penso
che una persona del genere si incontri una volta sola nella vita e non voglio
lasciarmela sfuggire per nessun motivo. Quindi… se vuoi… accetta i sentimenti di
una stupida che ha capito di essere innamorata di te dal profondo del
cuore".
Daniel sospirò.
Si sarebbe dovuto sentire contento.
Invece, in questo momento gli affiorarono sulle labbra cose che non avrebbe
mai voluto dire.
‘Tu saresti una stupida?’, pensò. ‘Sono piuttosto io a essere un ipocrita e
un vigliacco. Dentro di me, dicevo di amarti, però non mi facevo problemi a
scoparmi qualsiasi donna fosse disposta a passare una notte con me. E ho
trascorso una settimana a fottermi una sconosciuta proprio perché lo era,
dimenticandomi completamente di te. Io sarei uno capace di amare tanto? Io sono
solo un bambino che vuole soddisfare i propri capricci’.
Ma non disse niente di tutto ciò (cosa che lo fece sentire ancora
peggio).
"Forse anche tu somigli un po’ a Perceval", mormorò.
"Cosa?", domandò lei fissandolo con i suoi occhioni neri.
Daniel non rispose.
Avrebbe voluto confessarle tutto quello che aveva pensato.
Ma era troppo vigliacco per farlo.
Non riuscì a fare altro che approfittarsi della situazione: "Va bene.
Proviamo a costruire qualcosa insieme", disse.
***
"Che vergogna", mormorò il generale di divisione Lukas DeMarchand tenendo la
canna della pistola puntata alla nuca di Lynn. "Lei era un buon soldato, sa? È
assurdo che adesso abbia tradito la sua patria in maniera tanto ignobile".
Nonostante la normal suit gli fosse stata tolta in favore di rozzi abiti più
adatti a un prigioniero, il portamento rendeva l’ufficiale di Neo Zeon una
figura di una certa presenza. I suoi capelli neri striati di grigio, i suoi
occhi castani dallo sguardo implacabile e il suo naso aquilino gli conferivano
un aspetto aggressivo e inflessibile.
"Mi dispiace di averla delusa", rispose Lynn tenendo le mani dietro alla
testa. "Il fatto è che sono abituata a vivere per me stessa".
DeMarchand scosse il capo.
Si trovavano in uno dei corridoi del Moloch.
"È proprio per questa sua mollezza che i suoi subordinati sono stati tanto
imbelli da farsi stendere mentre mi portavano da mangiare".
"Già, per non parlare della fortuna che ha avuto a incrociarmi mentre mi
andavo a prendere qualcosa da mettere sotto i denti anch’io, eh?".
"Un capitano serio si fa portare il cibo sul ponte, non abbandona mai la sala
comandi. Dovrebbe trattare con più rigore i suoi sottoposti. Ma non c’è
problema: credo proprio che, da adesso, questa nave sia mia".
"Mi dispiace deluderla, ma il Moloch ormai appartiene all’AEUG. Nessuno dei
membri dell’equipaggio sarebbe disposto a cedere a un ricatto che mi vedesse
come ostaggio. Questo incrociatore ha già cambiato capitano una volta, non
sarebbe una tragedia se accadesse ancora".
"Nessuno dei suoi subalterni la riterrebbe un ostaggio da salvare? Credo che
preferirò mettere alla prova questa affermazione di persona".
In effetti, un subalterno di Lynn che avrebbe fatto di tutto per salvarla
c’era.
Appostato dietro l’angolo del corridoio con la pistola in mano, Daniel
attendeva.
Quel bastardo che aveva catturato Lynn… Si sarebbe pur dovuto distrarre per
un attimo…
Daniel deglutì.
Troppo rumorosamente, temette, mentre continuava ad ascoltare la
conversazione.
"Ora lei mi accompagnerà sul ponte", ordinò DeMarchand con calma. "Ma prima,
vorrei che rispondesse a una mia domanda. Si giri, voglio che mi guardi in
faccia quando mi dirà ciò che avrà da dirmi".
Lynn obbedì (trovandosi la pistola puntata alla fronte) e l’uomo continuò:
"Perché, Petrie-Smith? Alla fine della guerra, mi era sembrato che lei fosse
andata per qualche tempo con la Flotta Delaz, quindi avevo pensato che volesse
continuare a combattere per l’indipendenza. E invece, quando l’AEUG è diventato
nemico di Zeon, e si è addirittura affiliato alla Federazione Terrestre, lei ha
continuato comunque a restarci. Perché ha tradito Zeon? Non crede più negli
ideali di indipendenza degli spacenoid?".
Lynn sospirò: "Generale… Io non ho smesso di volere l’indipendenza per le
colonie, ma ho anche capito che il modo in cui un obiettivo si raggiunge fa
molta differenza. Ogni conseguimento prevede dei sacrifici, ma il ripristino di
una dittatura su Side 3 è una rinuncia eccessiva. E ho già causato la morte di
troppe persone per avere voglia di proseguire su questa strada. Inoltre, ho
provato sulla mia pelle che volere inseguire un desiderio personale, senza
badare ad altro, può fare soffrire chi mi sta vicino. E questa è l’ultima cosa
che voglio".
Daniel si sentì improvvisamente un nodo alla gola.
‘Anch’io voglio assolutamente evitare di farti soffrire’, pensò. ‘E dire che
non mi merito affatto quello che tu provi per me…’.
"Non riesco a credere a quello che ho sentito", replicò DeMarchand deluso.
"Tutta la forza e la determinazione che avevo visto in lei erano dunque solo una
farsa? Sono molto contrariato da questa risposta. Quello che lei ha sempre
voluto è quindi la soddisfazione di un concetto personale di giustizia e
felicità? È questo che mi sta dicendo? Non le importava veramente niente della
visione degli Zabi?".
Lynn sorrise tristemente: "Gli Zabi… non era certo per loro che combattevo. E
forse la mia forza era solo una farsa, perché mi appoggiavo a una persona che
per me era importante. Adesso, però, penso di avere trovato questa forza dentro
di me, e l’uomo che amo è una scelta consapevole".
Daniel fu seriamente sul punto di mettersi a piangere.
"Pessima risposta", disse il generale. "Non sopporto di vedere un tale
sfrontato egoismo in una persona che un tempo si è distinta nel glorioso
Esercito Regolare di Zeon. Avevo pensato di prenderla in ostaggio, ma ormai non
mi lascia che un’unica scelta: la giustizierò qui e subito".
Tutto sembrò accadere al rallentatore.
Daniel balzò fuori dall’angolo e fece fuoco.
Non ebbe una chiara percezione di cosa fosse successo prima.
Seppe solo che un numero imprecisato di proiettili da lui sparati centrarono
DeMarchand, spedendolo a terra.
Ce l’aveva fatta!
Aveva salvato Lynn!
Aveva salvato la donna che amava!
Lynn?
Dove…?
Era riversa al suolo.
Dalla sua testa, si allargava una pozza di sangue.
Senza nemmeno accorgersene, Daniel crollò in ginocchio.
Avvicinò lentamente una mano alla donna.
Alla sua donna.
Le toccò una spalla e la scosse un po’: "Lynn…".
Era stata sicuramente colpita di striscio.
Il proiettile che quel tizio doveva avere sparato era senz’altro passato
sfiorandole una tempia e ferendola leggermente.
Nessuna reazione.
Mentre l’angoscia assumeva proporzioni insostenibili, girò di scatto il
corpo.
Il viso di Lynn, con gli occhi chiusi, aveva un’espressione stranamente
serena.
In mezzo alla sua fronte, un buco, al quale il sangue appiccicava i capelli
biondi.
Daniel non riuscì più a trattenere le lacrime.
Si mise la canna della pistola in bocca e premette il grilletto.
Click.
Scarica?
Ma quanti cazzo di colpi aveva sparato?
Era già finito il caricatore?
Istintivamente, senza nemmeno pensare, puntò l’arma verso il corpo di
DeMarchand ed esplose due colpi.
Era carica!
Si era solo inceppata!
C’era ancora una speranza!
Stavolta si puntò la pistola alla testa.
Click.
Click, click, click!
Niente.
Stavolta, era scarica davvero.
Un attimo dopo, Daniel pensò di essere stato un idiota.
Cosa avrebbe risolto uccidendosi?
Ormai non c’era più niente che potesse fare. Era tutto finito.
Tutto.
Si rimise stancamente in piedi, mentre le lacrime gli rigavano ancora il
viso.
Lasciando cadere la pistola, mosse qualche passo strascicato lungo il
corridoio.
Era andata così.
Era stato troppo indeciso.
Sarebbe cambiato qualcosa, se si fosse dichiarato prima?
Non lo avrebbe saputo mai, ma i momenti difficili stimolano le
riflessioni.
Perché si era comportato così?
Proprio quando aveva appena visto la morte, gli tornò in mente il momento
della sua nascita, almeno così come glielo avevano raccontato i suoi
genitori.
Quando un bambino veniva al mondo, la prima cosa che faceva era piangere per
attirare l’attenzione di sua madre.
La prima volta che un bambino cercava di comunicare qualcosa, emetteva un
vagito con cui chiedeva amore.
Daniel, invece, era stato praticamente strappato dalle braccia del medico da
suo padre, che lo aveva alzato in aria e lo aveva ammirato mentre piangeva.
Che avesse cercato per tutta la vita l’amore che non aveva avuto appena
nato?
Rise di sé dopo avere formulato questo pensiero.
Essere innamorato lo portava a farsi idee veramente stupide.
Un bambino non piangeva per chiedere amore, ma per mangiare ed essere
protetto.
E allora… perché suo padre non gli aveva mai dato da mangiare?
Ma ormai era inutile chiederselo.
Ormai ciò che di bello Daniel aveva avuto era stato spazzato via.
Anche per colpa sua.
Come Perceval, anche lui aveva perso tutto a causa della propria indecisione
ed era rimasto a contemplare del sangue.
Ma per lui non ci sarebbe stato alcun Galvano.
Questo Perceval sarebbe tornato alla corte di Re Artù da solo.
Per combattere.
***
Il seguente testo riprende la comunicazione che il comando dell’AEUG inviò a
Sara Wymann, sorella di Daniel Wymann, nonché unica sua parente ancora in vita.
Sembra che tale comunicazione non sia mai stata letta integralmente.
Gentile signorina Wymann.
Siamo spiacenti di informarla che, in data 14 gennaio 0089, nel corso di una
battaglia nei pressi dell’orbita terrestre contro forze di Neo Zeon, suo
fratello Daniel Wymann è risultato disperso in azione. Né il suo mobile suit, né
il suo eventuale cadavere sono stati ritrovati; teniamo a precisarle che non
abbiamo alcuna prova certa della sua morte e che questa nota le viene inoltrata
a scopo puramente informativo. Come da contratto sottoscritto da suo fratello,
ci siamo impegnati in quarantott’ore di ricerche al meglio delle risorse che era
ragionevolmente possibile impiegare per il compito. Non avendo ottenuto alcun
risultato, adempiamo ai nostri obblighi contrattuali dandole comunicazione di
quanto accaduto.
Distinti saluti
Il QG direttivo dell’Anti-Earth Union Group
***
La Terra.
Un’alba su di un’isola sperduta.
Le palme che ondeggiavano morbidamente al vento.
Seduto sulla spiaggia, con una gamba a mollo, c’era uno Z Plus bianco e rosso
con l’abitacolo aperto.
Dal mobile suit, sulla sabbia, una fila di impronte seguiva incerta la linea
della costa.
Alla fine della fila, riverso a terra, immobile, con il casco a poca distanza
e il mare che gli lambiva ritmicamente il fianco, c’era un uomo che indossava la
normal suit dell’AEUG.
***
Note dell’autore
Fa cagare, vero?
Non so nemmeno io perché ho pubblicato questa storia. Forse perché un giorno
o l’altro vorrei buttare giù anche un capitolo 4 e non mi piaceva l’idea di
lasciare un buco. Cioè, dovevo scrivere qualcosa che fosse ambientato
prevalentemente durante la Prima Guerra di Neo Zeon. Però… uhm… trovo che questa
roba non abbia né capo né coda da più punti di vista. Anche qui ho cercato di
dire qualcosa, ma non sono convinto di COME mi sia venuto. Anzi, sono
straconvinto che mi sia venuto male. Il tema del primo capitolo di Gundam D era
l’accettazione del prossimo; il tema del secondo capitolo era l’accettazione di
sé. Il capitolo 1.5 parlava invece del presente, inteso come capacità di capire
il valore di ciò che si ha. Questo terzo capitolo potrebbe vedersi proprio come
il seguito dell’1.5: parla dell’indecisione e della volontà di FARE qualcosa per
ottenere ciò che si desidera; per avere un miglioramento della situazione
attuale, in pratica. Un conto è trovarsi la pappa pronta, un conto è impegnarsi
per cucinarla. Il tema, di per sé, è qualcosa che volevo trattare e mi è
sembrato naturale evolverlo a partire dal capitolo 1.5. Averlo analizzato
tramite le peripezie amorose di Daniel, però, mi ha lasciato l’amaro in bocca.
Fortunatamente (o sfortunatamente?), non ho mai provato un amore così
disperatamente appassionato. Di conseguenza, ho basato la mia descrizione dello
stato d’animo di Daniel su esperienze ‘di seconda mano’, diciamo così. Mi sono
ispirato un po’ a tutte le persone innamorate (o che tali si dichiaravano) che
ho conosciuto e mi sono fatto un’idea di cosa dovessero sentire, mettendoci un
po’ di mio. Il risultato mi sembra spesso troppo stucchevole e puerile. A volte
anche poco plausibile, perché io sono il tipo di persona che va dritta al punto,
senza farsi troppe pippe mentali. Mi pare di avere scritto uno di quei filmetti
del cazzo in cui si parla di turbe amoroso/sessuali di adolescenti belli e
dannati che si comportano da uomini vissuti e si trombano ragazzine benestanti.
Tengo a precisare che detesto questo tipo di film. Li detestavo anche quando ero
adolescente, eh… La descrizione dell’isola su cui finiscono Daniel e Suzanne è
volutamente ‘idealizzata’, diciamo così. Serve per fare contrasto con quello che
succede dopo. All’inizio, tra l’altro, la morte della ragazza era un po’
diversa. In pratica, al posto dei Gaza-M c’era un paio di Capule, che venivano
abbattuti dalla portaerei; Suzanne moriva per una scheggia vagante anche in
questa versione, ma almeno qui non era colpa del protagonista. Ah, ovviamente,
quando voleva suicidarsi, Daniel avrebbe anche potuto pensare a prendere la
pistola di DeMarchand. Ma ho assunto che non fosse esattamente al massimo della
lucidità in quel momento.
Allora, vediamo un po’ di note collaterali… il 17 dicembre UC 0078 dovrebbe
essere stato effettivamente un lunedì. Nell’ultimo episodio di Gundam 0080,
veniamo a sapere che il 14 gennaio UC 0080 è un lunedì, di conseguenza, se non
ho sbagliato i calcoli... Il problema è che li ho sbagliati quasi sicuramente,
quindi sono disposto a farmi correggere da chiunque abbia voglia di farsi un
conto SERIO. Notare che io nelle mie fanfiction seguo la teoria di High
Frontier, secondo cui lo 0001 corrisponderebbe al 2081; l’ho tenuto presente per
contare eventuali anni bisestili. Chiaramente, anche se la data non è
specificata, la riunione sul Moloch avviene nell’ottobre dello 0087. La cosa
dovrebbe risultare evidente dal fatto che, secondo Lynn, Mineva avrebbe compiuto
otto anni all’inizio del mese precedente e la figlia di Dozle è nata il 2
settembre 0079.
Quando ho dovuto descrivere l’equipaggio del Moloch, sono stato un po’
incerto. Eh, sì, perché l’equazione Zeon = AEUG non è così automatica, anzi.
Nonostante i fan italiani siano portati a fare questo parallelismo perché noi ci
siamo sorbiti l’opera quasi omnia di Kazuhisa Kondo (che pare essere molto
intrigato dal concept), Tomino sembra pensarla diversamente. Benché varie fonti
parlino di ex soldati di Zeon che sono entrati nell’AEUG (non ultima, il recente
Advance of Zeta), per tutta la durata della serie TV di Z Gundam, l’Anti-Earth
Union Group non fa altro che spalare merda sugli Zabi, paragonando loro i metodi
brutali dei Titans. Di conseguenza, dico io, se anche degli ex soldati di Zeon
sono entrati nell’AEUG, di certo non dovevano essere dei convinti sostenitori
della filosofia di Gihren. E comunque, a parte casi eclatanti (vedi Char, Apolly
e Roberto, che tra l’altro agivano dietro identità segreta), io vedo l’AEUG più
come composto da federali traditori (sul tipo di Bright) che da zeoniani.
Addirittura, in Gundam Sentinel diversi membri dei New Desides, simpatizzanti
dei Titans, entrano a far parte di Neo Zeon, quasi a sottolineare la questione
ideologica che sta dietro a queste fazioni. Motivo per cui, mi è sembrato
plausibile che l’equipaggio del Moloch, pur con sentimenti contrastanti, non
fosse propenso a schierarsi con Axis, anche se alcuni di loro sono originari di
Side 3.
Parliamo un po’ dei mobile suit. Credo che l’unica fonte ufficiale in cui si
dice che il GM Kai può usare il beam spray gun sia il Master Grade
corrispondente. Non mi pare esista materiale informativo su Stardust Memory che
lo afferma. Però a me serviva che impiegasse quell’arma, quindi (e comunque, lo
si vede in MS IGLOO, guarda caso sempre di Imanishi)… Per quanto riguarda lo Z
Plus di Daniel, non ho molto da dire. È un comune MSZ-006C1, senza
caratteristiche di spicco, a parte la livrea bianca e rossa. Tra l’altro, nel
film la maglia della Longobarda sarebbe semplicemente bianca, ma ho preferito
cambiarla un po’ secondo il mio gusto personale. Il mobile suit di Suzanne è un
Qubeley Mark II (i più accorti l’avranno capito dal fatto che usa dodici
funnel). In teoria, gli unici esemplari assemblati dovrebbero essere quelli di
Ple e Ple Two, ma io ne ho buttato nel mucchio un altro. Succede. Nonostante il
numero di serie di questo esemplare sia AMX-004-4, è identico all’AMX-004-2.
Ovviamente, la scena del rientro nell’atmosfera cita quella analoga di Gundam
ZZ. Ho scritto che la flotta di Neo Zeon contro cui combatte il Moloch ha dei
Gaza-E in dotazione. Sarebbero andati benissimo anche dei Gaza-C o dei Gaza-D,
non avrebbe fatto differenza di per sé. Però ormai dovreste avere capito che mi
piace andarmi a cercare i modelli poco noti.
Per quanto riguarda il comunicato dell’AEUG circa la sparizione di Daniel, ho
presupposto che l’entrata nel gruppo prevedesse anche degli obblighi per lo
stesso. Dal testo si deduce che l’AEUG sia contrattualmente vincolato a cercare
gli uomini MIA ‘al meglio delle risorse che era ragionevolmente possibile
impiegare per il compito’. Ecco, qui sta il punto. Se il comandante dell’unità
decide, per un qualsiasi motivo (necessità di risparmiare carburante in vista di
impegni bellici, pericolo di incappare nel nemico o lasciare la nave madre
indifesa, ecc…), che queste risorse sono zero, la ricerca non ha luogo. Allo
stesso modo, ho presunto che l’AEUG si impegnasse a comunicare ai familiari del
disperso la situazione, ma, per come la vedo io, questo sarebbe potuto avvenire
solo a partire dal gennaio 0088, più o meno. Di certo non sarebbe potuto
succedere quando l’AEUG era un nemico della Federazione, perché questo avrebbe
rischiato di scoprire degli agenti o di mettere in pericolo i parenti del
soldato. Prima di quella data, ho supposto che questo vincolo non esistesse. Ah,
a proposito… non state lì a chiedervi se Daniel sia morto o no: io conosco la
risposta, ma non ve la darò mai. O forse non voglio darvela adesso.
Ah, per la cronaca… ho scritto che la data in cui si è svolta la battaglia
nella quale Daniel è risultato MIA è il 14 gennaio 0089. So bene che al tempo
tutte le forze di Neo Zeon dovrebbero essere nei pressi di Side 3, ma avevo
bisogno di uno scontro nelle vicinanze dell’orbita terrestre per giustificare la
scena finale e doveva essere in un periodo in cui la guerra si avviava alla
conclusione. Naturalmente, mi sono inventato anche un motivo (relativamente)
plausibile per cui quella battaglia si è combattuta (così come ho pensato alla
ragione per cui DeMarchand si trovava insieme ai suoi soldati quando l’anno
catturato), ma non è necessario che il lettore lo sappia. Anche perché potrei
tirarlo fuori per un eventuale capitolo successivo (voi non lo sapete, ma dietro
queste storie c’è tutto un filo conduttore che sto tenendo nascosto perché non
ho ancora deciso se/quando/come rivelarlo). Per quanto riguarda DeMarchand,
qualcuno potrebbe sorprendersi del fatto che dia del lei a una sua ex sottoposta
come Lynn, quando in genere, in ambiente militare, si dà del tu a chi è
inferiore di grado. Ho semplicemente voluto dare l’idea di un tipo molto
formale.
A questo punto, dovrei mettermi a fare delle anticipazioni sul futuro di
Gundam D, un futuro che probabilmente non esisterà, perché, al solito, io
considero la storia conclusa con questo capitolo. Sempre al solito, però, ho già
cominciato da un po’ a pensarne un altro. Anzi, questo ‘altro’ a cui mi
riferisco era lo stesso che ritenevo sarebbe stato il terzo nelle note in
appendice al secondo. Quindi, sì, probabilmente ci saranno Julius Parker e
Kamille Bidan. Contrariamente a quanto avevo pensato, dovrebbe esserci anche
Dolores. La protagonista, però, dovrebbe chiamarsi Yue Hoshino. E voi NON AVETE
IDEA di quanto casino io abbia fatto per trovare questo nome, rompendo i
coglioni per due ore di fila via MSN a un paio di persone che conoscono il
giapponese, perché mi serviva che avesse un significato particolare. A quanto mi
è stato garantito, ‘hoshi no yue’ dovrebbe voler dire ‘luna del cielo stellato’,
o qualcosa del genere (o ‘luna delle stelle’… va be’, il senso è quello). Ecco,
mi serviva così. Comunque sia, tra una puttanata e l’altra, mi sa che quello con
Yue diventerà il capitolo 5. Se ben ricordate, ho detto che avrei voluto
ambientarlo nello 0099, quindi devo prima scrivere qualcosa che passi per lo
0093, la Seconda Guerra di Neo Zeon. Inoltre, vorrei capire quale sarà il valore
di Gundam Unicorn prima di infilarmi in un periodo simile.
***
Le bellissime e allucinevoli descrizioni dei personaggi!
A volte ho l’impressione di infilarmi in situazioni del cazzo così, perché
sono masochista. Nella fattispecie, io ne avrei anche le palle piene di tutti
‘sti personaggi… Bah!
Daniel Wymann
Data di nascita: 3 giugno UC 0058
Luogo di nascita: Side 2
Altezza: 177 cm.
Peso: 69 Kg.
Misure: 90/85/88
Pilota di: RGM-79F Land Combat Type GM; RGM-79C GM Kai; RGM-79R (RGM-179) GM
II; MSA-003 Nemo; MSZ-006C1 Z Plus C1; RGM-89 Jegan
Residenza: base dell’AEUG su Sweetwater
Gli piace: giocare a calcio, ma neanche tanto
Non gli piace: restare per troppo tempo senza uccidere nessuno
Cibo preferito: pasta, un po’ in tutte le varianti
Famiglia: la maggior parte dei suoi familiari (genitori e fratello maggiore)
è morta durante l’Operazione British; la sorella minore vive su Side 1, ma non
la vede da anni
Chi è Daniel Wymann? È davvero una persona che ha cercato per tutta la vita
ciò che i genitori gli hanno negato, sia esso l’amore o il cibo? Forse è
semplicemente qualcuno che è sempre stato mortalmente indeciso e che ha saputo
trovare il proprio modo di vivere solo in contrapposizione con gli altri. È
diventato calciatore per ribellione verso i suoi genitori ed è diventato soldato
perché uccidere qualcuno era un conflitto ancora superiore. Non sa vivere senza
conflitto, in fin dei conti, perché è sempre stato parte della sua vita. Il che
vale anche per i suoi sentimenti: pare li riesca a vivere solo se sono
contrastanti. Per la cronaca, lui si sente sinceramente innamorato di Lynn, ma,
mi chiedo io, avrebbe potuto instaurarvi una relazione matura? Mi sa che questo
non lo sapremo mai per davvero. In fin dei conti, le avventure prive di
importanza che vive in continuazione sono probabilmente un modo che un uomo
indeciso usa per compensare la mancanza di un sentimento corrisposto. È un
newtype, ma ben difficilmente lo si può vedere come un’evoluzione della specie:
i suoi poteri sono talmente condizionati dalla sua indecisione da essere un
blocco per le sue vere potenzialità, piuttosto che un modo per esprimerle.
Mentre scrivevo questa storia, ho pensato che il suo modo di percepire la morte
fosse simile a quello di Dolores, ma, più andavo avanti, più mi rendevo conto di
quanto ne differisse. Alla fin fine, Dolores ha saputo trovare dentro di sé le
risorse per vivere, pur tra mille contraddizioni. Daniel, invece, si è
semplicemente lasciato andare alla disperazione. Ah, nel caso qualcuno se lo
stesse chiedendo, la sua posizione nella Longobarda era quella di centrocampista
davanti alla difesa. Diciamo che faceva una regia arretrata sul modello di
Pirlo.
Lynn Petrie-Smith
Data di nascita: 18 novembre UC 0056
Luogo di nascita: Side 3
Altezza: 160 cm.
Peso: 50 Kg.
Misure: 77/58/77
Pilota di: MS-06F Zack II; MS-14F Gelgoog Marine; RMS-099 (MSA-099) Rick
Dias; MSA-003 Nemo
Residenza: a bordo del Moloch, ma ha un alloggio alla base dell’AEUG d
Sweetwater
Le piace: pensare alla propria maturazione interiore
Non le piace: la gente che si autocommisera
Cibo preferito: pesce, soprattutto tonno e salmone
Famiglia: non lo sa bene nemmeno lei. Ha una sorella maggiore, della quale ha
perso le tracce, e non vede da tempo i suoi genitori, perché , essendo lei un
membro dell’AEUG, teme che i suoi nemici possano usare i suoi familiari per
colpirla
Che donna… Credo di essermene innamorato anch’io. Quasi mi pento di averla
fatta morire, però un po’ ci godo anche, perché sono stronzo dentro. Lynn è una
persona matura, o almeno è una persona che riconosce i propri limiti e fa
qualcosa per superarli. La relazione che ha avuto con il suo uomo precedente è
stata una storia importante ma infantile, perché, come riconosce lei stessa,
cercava semplicemente qualcuno a cui appoggiarsi. Se non avesse avuto questo
bisogno, forse sarebbe potuta durare. In questo senso, dà prova di grande forza
d’animo, prima prendendo una decisione difficile, poi capendo dove aveva
sbagliato. Forse è proprio da questo che deriva il carisma che esercita sui suoi
sottoposti, che riesce a essere non oppressivo e incisivo al tempo stesso: è una
persona consapevole. Come consapevole è anche la sua decisione di mettersi con
Daniel: ha trovato un uomo per cui provava sentimenti sinceri e si è fidata di
lui (senza che lui lo meritasse, poi… quindi alla fine Lynn si stava sbagliando,
ma forse non lo avrebbe mai saputo). Le ci è voluto un po’ per capirlo, questo
sì… Ma Lynn è una persona riflessiva, che tende a fermarsi e guardarsi attorno
prima di decidere ed è possibile che avesse anche un po’ di paura all’idea di
cominciare una nuova relazione. Paura di ricadere nell’errore che aveva già
commesso? Probabile, non lo sapremo mai; l’importante, comunque, è che l’abbia
superata. Mmmh… ma perché è dovuto morire l’unico personaggio di Gundam D che
meritava veramente di essere felice?
Suzanne Heinkell
Data di nascita: 27 aprile UC 0063
Luogo di nascita: Side 3
Altezza: 168 cm.
Peso: 54 Kg.
Misure: 88/63/82
Pilota di: AMX-003 (MMT-1) Gaza-C; AMX-004-4 Qubeley Mark II
Residenza: Axis
Le piace: non sapere con chi ha a che fare
Non le piace: leggere il pensiero
Cibo preferito: ha un’adorazione quasi religiosa per la salsiccia con un
bicchiere di birra, ma la teme perché ha paura di ingrassare
Famiglia: entrambi i genitori morti durante la Guerra di Un Anno, vive con i
suoi compagni in una struttura di ricerca sui newtype di Axis
Non si direbbe, ma Suzanne è una ragazza di buona famiglia e con una notevole
istruzione. Era ancora una ragazzina durante la Guerra di Un Anno e, nonostante
alcuni suoi coetanei fossero stati spediti sul campo, a lei furono risparmiate
le battaglie, prevalentemente per l’influenza politica di suo padre, che era un
pezzo grosso su Munzo per le sue amicizie con gli Zabi. Amicizie che lo
portarono a essere ucciso (insieme con la moglie) da alcuni sovversivi nel
dicembre 0079, quando il potere della famiglia reale di Side 3, con il
trascinarsi della guerra, stava cominciando a indebolirsi presso le masse.
All’epoca, Suzanne era già stata spedita in uno dei centri per la ricerca sui
newtype legati all’Istituto Flanagan e il fatto la sconvolse. Per lei, fu quello
l’interruttore che fece scattare le sue percezioni inconsapevoli sul prossimo in
condizioni di forte stress emotivo. Il suo problema, però, era anche più grave
di quello di Daniel, perché a volte sentiva la gente parlarle nella testa senza
motivo apparente, senza nemmeno rendersene conto. Gli scienziati di Axis hanno
continuato a studiare il suo caso per dargli un’applicazione militare e il resto
potete immaginarvelo. Suzanne è quanto di più simile a un’anima gemella Daniel
potesse sperare di trovare… Ma forse era solo l’illusione di due persone che si
leccavano le ferite senza capirsi veramente.
***
Cronologia di Gundam D
5-10-0087
I Titans bombardano lo spazioporto di Von Braun City.
12-10-0087
Axis arriva nella Sfera Terrestre.
13-10-0087
Lynn Petrie-Smith convoca una riunione non ufficiale sul Moloch.
14-10-0087
L’AEUG manda una delegazione su Axis per trattare un’alleanza, ma
un’inaspettata reazione di Quattro Bajeena manda all’aria le trattative.
15-10-0087
Paptimus Scirocco forma un’alleanza con Axis in vece dei Titans.
2-11-0087
I piloti dell’AEUG Kamille Bidan (sull’MSZ-006 Z Gundam) e Quattro Bajeena
(sull’MSN-00100 Hyaku Shiki) si uniscono alla Karaba nell’attacco alla base dei
Titans sul Kilimanjaro. All’operazione partecipa anche Amuro Ray, tra le fila
della Karaba.
3-11-0087
Kamille Bidan combatte nuovamente lo Psyco Gundam e Four Murasame.
L’intromissione di Jerid Messa causa la morte della ragazza.
16-11-0087
L’AEUG occupa il Parlamento Federale di Dakar. Casval Rem Deikun, rivelando
la propria vera identità, denuncia le azioni dei Titans davanti alle telecamere.
Nel frattempo, i Titans non esitano a ingaggiare battaglia con lo Z Gundam nel
centro cittadino, causando una forte reazione nell’opinione pubblica. La
Federazione Terrestre comincia a supportare non apertamente l’AEUG.
20-11-0087
Dolores Martin, su ordine dei propri superiori, arriva a Von Braun City,
ufficialmente per lavorare come collaudatrice alla Anaheim Electronics.
30-11-0087
L’Argama conquista la fortezza spaziale Cancello di Zedan.
7-12-0087
I Titans usano il colony laser ricavato dalla struttura di Gryps per
distruggere il Bunch 18 di Side 2.
11-1-0088
Il Cancello di Zedan viene deliberatamente distrutto in un impatto con Axis,
che poi entra in rotta di collisione con Granada.
15-1-0088
Uno shuttle della Anaheim Electronics, scortato da Dolores Martin, Michael
Philbert e Julius Parker, sbarca dall’orbita due MSA-005K Guncannon Detector.
Nel corso della missione, il gruppo è attaccato da un Alexandria, a bordo del
quale, dopo la battaglia, trova Elizabeth Fontaine.
17-1-0088
L’incrociatore Moloch dell’AEUG riceve un esemplare di MSZ-006C1 Z Plus C1,
che viene assegnato al tenente Daniel Wymann.
18-1-0088
Si rompe l’alleanza tra Axis e i Titans. D’accordo con la reggente di Axis
Haman Karn, Paptimus Scirocco attira Jamitov Hymem in una trappola, nella quale
lo uccide.
20-1-0088
I vertici dell’Esercito della Federazione Terrestre decidono di affidare
momentaneamente Elizabeth Fontaine al maggiore Dolores Martin.
25-1-0088
Alla base asteroide di Pezun, alcuni ufficiali del Corpo Istruttori
dell’Esercito della Federazione Terrestre, simpatizzando con le filosofie dei
Titans e non condividendo l’appoggio federale all’AEUG, si ribellano e si
proclamano New Desides. Al loro comando c’è il capitano Brave Cod.
2-2-0088
L’AEUG lancia l’Operazione Maelstrom e cattura Gryps in battaglia. L’AEUG usa
poi il colony lasre per spostare la traiettoria di Axis e impedire che si
scontri con Granada.
20-2-0088
L’AEUG, i Titans e Axis si scontrano in una battaglia a tre nei pressi di
Gryps.
21-2-0088
Durante gli scontri perdono la vita Henken Bekkener, Jerid Messa, Emma Sheen
e Reccoa Londe.
22-2-0088
Fine della battaglia nei pressi di Gryps. La flotta dei Titans è annientata
(Paptimus Scirocco risulta KIA), mentre quella dell’AEUG ha subito gravissime
perdite. Kamille Bidan è ridotto a uno stato vegetativo, mentre di Quattro
Bajeena si sono perse le tracce.
23-2-0088
L’Esercito della Federazione Terrestre forma la Task Force a, avanguardia di un’armata di
soppressione che deve annientare i New Desides. Al suo comando c’è l’ammiraglio
Eton Heathrow, l’ammiraglia è il Pegasus III e tra i piloti sono presenti Ryuu
Roots (MSA-0011 S Gundam), Shin Crypt (FA-010A FAZZ) e Tex West (MSZ-006C1 Z
Plus C1).
Il Jupitris di Isolde Tsogatie arriva nella Sfera Terrestre e si mette in
contatto con ciò che resta dei Titans.
24-2-0088
Viene celebrato il processo contro Julius Parker, accusato di violenza
carnale verso Elizabeth Fontaine.
25-2-0088
I Titans assegnano Conner Clark al Jupitris di Isolde Tsogatie; le consegnano
inoltre un esemplare di RMS-108S Marasai Custom.
27-2-0088
Dolores Martin fa visita in carcere a Julius Parker.
28-2-0088
Ex membri dei Titans, facendo leva sulla propria autorità residua, tolgono
Elizabeth Fontaine a Dolores Martin e la consegnano al Jupitris di Isolde
Tsogatie.
29-2-0088
Axis proclama la rinascita di Zeon, assumendo il nome di Neo Zeon. Manda
delle armate a prendere il controllo di ciascun Side.
1-3-0088
L’Argama attracca al Bunch 1 (Shangri-La) di Side 1. Una banda di ragazzini
che vendono pezzi di ricambio raccattati chissà dove, capeggiata da Judau Ashta,
tenta di rubare l’MSZ-006 Z Gundam. Nell’impresa, Judau entra in contatto con
Kamille Bidan.
Uno squadrone su di un Salamis Kai dell’Esercito della Federazione Terrestre
viene incaricato di riprendere Elizabeth Fontaine dal Jupitris di Isolde
Tsogatie. A capo della squadra di mobile suit c’è Dolores Martin. Durante lo
scontro con le forze del Jupitris, entrambe le navi vengono distrutte e gli
unici sopravvissuti sono Dolores Martin, Isolde Tsogatie e Conner Clark.
3-3-0088
La nave di Neo Zeon Endra, capitanata da Mashyumer Cello, entra a Shangri-La.
L’Argama viene nascosto nella colonia.
6-3-0088
Ammutinamento della Flotta di Soppressione X, comandata da Brian Eno. La
Flotta di Soppressione X avrebbe dovuto supportare la Task Force a, ma decide invece di schierarsi con i
New Desides.
7-3-0088
Attacco definitivo a Pezun della Task Force a. I New Desides, già in fuga, fanno esplodere
l’asteroide con una bomba atomica.
12-3-0088
I mobile suit dell’Endra attaccano l’Argama, che ha già lasciato
Shangri-La.
La flotta dei New Desides arriva ad Ayers City, sulla luna, che ha promesso
supporto al gruppo ribelle.
13-3-0088
La Flotta di Soppressione X e i New Desides si incontrano ad Ayers City;
Brian Eno consegna ai propri alleati l’ORX-013 Gundam Mark V.
La Task Force a prepara
due ondate d’assalto su Ayers City: la prima, composta di MSA-007 Nero, viene
spazzata via dal solo Gundam Mark V, pilotato da Brave Cod. Grazie anche allo
stratagemma della bomba logistica, la Task Force a viene costretta alla ritirata. In suo aiuto arriva
sulla luna la Flotta Orbitale Terrestre.
14-3-0088
La Task Force a si
raggruppa con quattro navi della Flotta Orbitale Terrestre. Le restanti quattro
navi formano la Task Force b.
16-3-0088
L’Argama riceve finalmente tutti componenti dell’MSZ-010 ZZ Gundam.
17-3-0088
Operazione Eagle Fall. Le Task Force a e b attaccano Ayers City, e all’assalto partecipa anche Ryuu Roots
sull’MSA-0011[Ext] Ex-S Gundam. La squadra di FA-010A FAZZ del Pegasus III viene
annientata Dall’ORX-013 Gundam Mark V. Comincia l’assedio ad Ayers City.
24-3-0088
Proseguono gli scontri ad Ayers City Le Task Force a e b espugnano la città, anche grazie alle azioni di Ryuu Roots, che riesce
ad abbattere il Gundam Mark V. I New Desides sopravvissuti fuggono tramite dei
mass driver e vengono raccolti dalla Flotta Twanning di Neo Zeon.
28-3-0088
Neo Zeon dichiara guerra al Governo della Federazione Terrestre. Il Governo
Federale sospende le azioni di combattimento, sperando in una soluzione politica
con Axis, non essendo in grado di fronteggiare una guerra su larga scala.
31-3-0088
Il Pegasus III si sgancia dalla Task Force a con l’ordine di seguire la Flotta Twanning.
Sul Gwarey, ammiraglia della Flotta Twanning, i rimanenti membri dei New
Desides, ora capeggiati da Tosh Cray, decidono di sciogliere il gruppo.
2-4-0088
Tosh Cray e i rimanenti membri degli ex New Desides, usano il mobile armor
AMA-100 Zodiac, fornito da Axis, per catturare la stazione orbitante Penta.
4-4-0088
Il Pegasus III arriva nei pressi di Penta.
Le ultime navi sopravvissute della Flotta di Soppressione X si arrendono al
Pegasus III.
Gli ex New Desides preparano un assalto dall’orbita contro il Parlamento
Federale di Dakar usando lo Zodiac e tre shuttle di classe Enterprise; i mobile
suit del Pegasus III sventano il piano abbattendo tutti i nemici.
29-4-0088
Judau Ashta si infiltra su Axis.
6-6-0088
La prima ondata dell’esercito di Neo Zeon arriva sulla Terra.
8-7-0088
L’Argama atterra a Granada per riparazioni e rifornimenti.
9-7-0088
Neo Zeon cerca di bombardare lo spazioporto di Granada, ma le bombe
distruggono invece la loro stessa ammiraglia.
13-7-0088
Le truppe di mobile suit di Neo Zeon discendono sulla Terra.
1-8-0088
L’armata principale di Neo Zeon invade la Terra.
L’Argama effettua a propria volta il rientro nell’atmosfera, recuperando nel
frattempo l’AMX-004-2 Qubeley Mark II pilotato da Elpeo Ple.
2-8-0088
L’Argama atterra sulla costa occidentale dell’Africa.
16-8-0088
Una flotta di Neo Zeon, proveniente direttamente da Axis, cerca di entrare
nell’orbita terrestre per portare rinforzi all’armata già sul pianeta. Agendo di
propria iniziativa, l’AEUG cerca di fermarla con una flotta guidata dal Moloch.
Daniel Wymann dell’AEUG e Suzanne Heinkell di Neo Zeon risultano MIA.
23-8-0088
Daniel Wymann dell’AEUG, in seguito a uno scontro con due AMX-003M Gaza-M
(nel corso del quale Suzanne Heinkell perde la vita), viene recuperato da una
portaerei della Karaba.
27-8-0088
Il tenente Daniel Wymann dell’AEUG viene assegnato a titolo temporaneo alle
forze della Karaba, in attesa che sia possibile impiegare risorse per
restituirlo ai suoi compagni.
29-8-0088
Neo Zeon occupa Dakar; gli ex membri dell’Esercito Regolare di Zeon ancora
sulla Terra e dei Titans si alleano con Axis.
31-8-0088
Haman Karn e Mineva Lao Zabi entrano a Dakar in trionfo. Attacco congiunto
dell’AEUG e della Karaba.
21-9-0088
L’Argama si dirige alla base della Karaba di El Golea e viene attaccata dalle
forze dell’ufficiale di Neo Zeon Glemy Toto.
21-10-0088
L’Argama fa rifornimento alla base di Chott Melrhir della Karaba, per poi
dirigersi in Irlanda.
26-10-0088
Bright Noa, capitano dell’Argama, viene ricevuto dai vertici federali a
Dublino e obietta al piano della Federazione di concedere Side 3 a Neo Zeon.
Mentre Neo Zeon attacca Dublino nel tentativo di stanare l’Argama, Kamille
Bidan sembra risvegliarsi dal proprio stato catatonico, ma risulta disperso e i
ragazzi del Gundam Team partono alla sua ricerca.
28-10-0088
Una flotta di Neo Zeon guidata dall’Endra occupa una colonia di Side 4.
30-10-0088
Viene localizzata la caduta di una colonia verso Dublino; l’Argama e la
Karaba cercano di fermarla, ma vengono ostacolati dalle forze di Neo Zeon.
31-10-0088
La colonia si schianta su Dublino.
Judau Ashta sull’MSZ-010 ZZ Gundam e Elpeo Ple sull’AMX-004-2 Qubeley Mark II
combattono Ple Two sull’MRX-010 Psyco Gundam Mark II. Ple Two viene costretta
alla fuga, ma Elpeo Ple perde la vita nel combattimento.
2-11-0088
L’equipaggio dell’Argama torna nello spazio. L’Argama stesso viene lasciato
alla Karaba.
3-11-0088
L’AEUG riceva dalla Anaheim Electronics il Nahel Argama, di cui Beecher Oleg
diventa capitano.
7-11-0088
Il Nahel Argama viene incaricato formalmente di stroncare Neo Zeon e parte
per Side 3.
9-11-0088
La Karaba rimanda il tenente Daniel Wymann dell’AEUG nello spazio, dove viene
raccolto dal Moloch.
14-11-0088
La Federazione accorda Side 3 a Neo Zeon, le cui forze si ritirano dalla
Terra.
16-11-0088
In missione nei pressi di Side 3, il l’incrociatore Moloch dell’AEUG cattura
il generale di divisione Lukas DeMarchand di Neo Zeon.
21-11-0088
Lukas DeMarchand riesce a liberarsi dalla prigionia; uccide Lynn
Petrie-Smith, ma viene a propria volta ucciso da Daniel Wymann.
25-12-0088
Le forze di Glemy Toto si ribellano a quelle di Haman Karn e prendono il
controllo di Axis.
8-1-0089
Judau Ashta si infiltra su Core 3 e cattura Mineva Lao Zabi.
10-1-0089
Haman Karn e Glemy Toto guidano le rispettive flotte l’una contro
l’altra.
11-1-0089
La Vie en Rose viene distrutta proteggendo il Nahel Argama dalla flotta di
Glemy Toto.
14-1-0089
Il Nahel Argama costringe l’esercito di Glemy Toto a ritirarsi all’interno di
Axis.
Una flotta di Neo Zeon, avvicinatasi all’orbita terrestre per cercare di
raccogliere dei compagni in ritirata, viene ingaggiata da una flotta dell’AEUG,
di cui fa parte anche il Moloch. Nel corso della battaglia, Daniel Wymann
risulta MIA.
17-1-0089
Battaglia finale in cui l’AEUG sconfigge Neo Zeon.
15-3-0089
Ricomincia il servizio della Jupiter Energy Fleet, che lancia il Jupitris
II.
1-5-0089
L’Esercito della Federazione Terrestre si organizza per meglio gestire gli
spostamenti di grandi asteroidi.
25-8-0089
La Federazione inasprisce le sanzioni contro le colonie che supportano
movimenti di spacenoid.
2-0090
La colonia di Sweetwater di Side 2 viene adibita a centro di accoglienza di
rifugiati e spostata a Side 3.
3-0090
L’Esercito della Federazione Terrestre organizza una nuova unità ausiliaria,
Londo Bell.
6-3-0091
Julius Parker esce di prigione e gli viene offerto un lavoro come
collaudatore nell’Esercito della Federazione Terrestre.
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Capitolo 7 *** Capitolo 4: 'Non esiste belva sulla Terra...' ***
CAPITOLO 4: ‘NON ESISTE BELVA SULLA TERRA…’
***
"No, dai, mi stai prendendo per il culo…".
"Ti giuro. O almeno, a me l’hanno raccontata così, poi non so se sia
vero".
"Cioè, mi stai dicendo che gli ha strappato i coglioni e li ha messi in bocca
al suo cadavere?".
"Pare che non fosse ancora cadavere quando gli ha messo i coglioni in bocca.
Ma sai cosa? Io dico che ha fatto bene. Dai, cazzo stiamo parlando di sua
figlia!".
"Guarda, nemmeno io ho simpatia per certa gente, ma pensare a una cosa del
genere mi fa un po’ impressione".
"Non fare l’ipocrita, dai… Con tutte le persone che hai ammazzato, ti
scandalizzi per una cosa del genere?".
"Sì, ma io ho ucciso solo soldati e solo in guerra. Qui stiamo parlando di
una vendetta personale".
"E grazie! Ma hai capito cosa aveva fatto questo tizio? Aveva messo le mani
addosso a sua figlia. E sua figlia ha quattro anni! Stiamo parlando di un
fottuto pedofilo del cazzo. Io dico che ha fatto benissimo ad ammazzarlo".
"Sì, però dai…".
"E cosa avrebbe dovuto fare? Aspettare un tribunale? Ma hai presente in che
situazione ci troviamo? Ribadisco che per me ha fatto bene. Io mi sarei
comportato allo stesso modo".
"Be’, insomma… non che a me interessino le bambine di quattro anni, ma sapere
che lavorerò con un tizio del genere mi mette un po’ di apprensione. Almeno ne
vale la pena?".
"Dicono di sì. Pare sia molto abile nel suo lavoro".
***
Il documento che segue costituisce un estratto del testamento di Leonard
Erwyn, ufficiale dei Titans risultato KIA nel novembre 0087, in seguito a uno
scontro con un’unità dell’AEUG.
Io sottoscritto, Leonard Paul Erwyn, nel pieno possesso delle mie facoltà
mentali (o almeno così dice l’imbecille che mi ha in analisi, suppongo per
evitare che io gli chieda indietro i soldi), dichiaro quanto segue.
Miei ben poco amati parenti, se un notaio pagato profumatamente con il mio
denaro vi sta leggendo questo testamento, significa che ho avuto la sfiga di
morire prima di voialtri cazzoni (che peccato, mi sarebbe piaciuto passare un
po’ di tempo senza avervi tra le palle). Di conseguenza, mi appresto a
distribuirvi quanto è rimasto di ciò che ho costruito con fatica mentre voi
passavate la vita a grattarvi, sperando che vi ci possiate strozzare.
Visto che da vivo vi ho detestati tutti più o meno allo stesso modo, da morto
non farò favoritismi e darò a ciascuno di voi pari opportunità di ottenere
qualcosa di interessante. Nella fattispecie, lascio a ciascuno dei miei parenti
le quote minime del mio patrimonio che la legge prevede vadano a loro. Cedo
tutti gli altri miei soldi depositati sul mio conto bancario svizzero alla Fisk
& Crane. Visto che, con tutta probabilità, sono morto per il cancro che le
loro sigarette mi hanno causato (non l’ho detto a nessuno, ma ho già visto le
analisi, è solo questione di tempo prima che vada in metastasi e mi faccia
schiattare in maniera estremamente ignobile e dolorosa), trovo giusto
ricompensarli per avere tolto dal mondo uno stronzo come me. Oh, no, miei ben
poco amati parenti, non spaventatevi, quello sul conto svizzero non era tutto
ciò che di valore possedevo, adesso arriva la vostra parte. Ho nascosto una cosa
che vale un sacco di soldi… in un certo senso, si può dire che sia ciò che ho
inseguito per tutta la vita, un segreto che potrebbe rendere schifosamente ricco
chiunque di voi se ne impadronisse. Vi chiederete perché non l’abbia usato io.
Be’, perché c’era un sacco di gente che lo voleva e andarmelo a cercare avrebbe
attirato l’attenzione… Loro sapevano che io sapevo. Inoltre, non è che avessi
bisogno immediato di soldi. Diciamo che volevo tenermelo per una pensione
tranquilla, ma, soprattutto, avevo in mente un progettino niente male. Visto che
voi non siete altrettanto previdenti, però, voglio permettervi di scialacquare
questa immensa ricchezza senza troppi scrupoli. State bene a sentire questo
cazzo di notaio, perché sta per rivelarvi l’esistenza di un OOPART. Un OOPART,
idioti. Certo, mi rendo perfettamente conto che siete troppo ignoranti per
sapere cosa significhi. Out Of Place ARTifact. Una cosa che non dovrebbe
esistere, in pratica. Se trovaste un’astronave in una piramide egizia, sarebbe
un OOPART, per dire. Bene, adesso ascoltate, che sto per fare ricco perlomeno
qualcuno di voi…
***
Il colonnello Alan Shake guardò la giovane donna che avanzava verso di lui
reggendo una grossa valigia nella mano sinistra e tendendo la destra a cercare
la sua. L’uomo la strinse, mentre dietro di lei le nubi di sabbia sollevate dal
piccolo aereo che l’aveva portata lì turbinavano incessantemente.
La donna sembrava essere vestita apposta per quell’ambiente desertico che era
l’Africa settentrionale: indossava una giacca color sabbia annodata appena sopra
l’ombelico con le maniche arrotolate sopra i gomiti. Sotto la giacca, una
maglietta bianca che la sabbia stava facendo di tutto per scurire. Di color
sabbia, indossava anche un paio di shorts e un cappellino da baseball, dal quale
spuntavano i suoi capelli neri, raccolti in una lunga coda di cavallo. Le
pesanti scarpe marroni e le calze bianche sembravano stonare con i piccoli
occhiali da sole rotondi dalle lenti verdastre e dalla montatura dorata.
"Rachel Osborne, Anaheim Electronics", disse la giovane donna stringendo la
mano del militare. "Mi hanno detto che avete problemi con il sistema operativo
dei Doga", aggiunse indicando i Geara Doga color sabbia che si vedevano
inginocchiati accanto ai magazzini.
"In effetti sì", replicò Shake. Non aveva ancora trent’anni, ma, tra i suoi
lunghi capelli neri, c’era già un po’ di grigio. Qualche ruga attorno ai suoi
occhi blu lo faceva sembrare più vecchio di quanto non fosse. L’uniforme logora
del Neo Zeon di Char Aznable, anch’essa con le maniche arrotolate sopra il
gomito, dava l’impressione di una persona trasandata. Ma non c’era molto che un
soldato potesse fare in quelle condizioni.
"Avevamo diversi soldati inesperti", spiegò Shake facendo strada a Rachel in
direzione del basso edificio di quell’aeroporto abbandonato in cui si trovava il
suo ufficio. "È stato per questo che abbiamo chiesto a una società di software
del posto di modificare il vostro sistema operativo originario con uno che
rendesse i mobile suit più semplici da pilotare. Il problema è che questa nuova
versione rende sì la macchina meglio operabile, ma blocca alcune funzioni base
come il condizionamento interno e la regolazione del balancer. In pratica,
vorrei che fosse ripristinato il sistema operativo che c’era prima".
Rachel scosse la testa: "Ma non le è venuto in mente che c’è un motivo se le
cose vengono fatte in un certo modo?".
Shake alzò gli occhi al cielo: "Per favore, non mi faccia la predica… Penso
di avere già subito abbastanza le conseguenze della mia decisione".
"Questi Doga erano ancora in garanzia, vero? Lei è consapevole che alterarne
deliberatamente il sistema operativo toglie qualsiasi valore ai diritti che
avevate al momento dell’acquisto?".
"Ma sì, so anch’io che la garanzia ormai non è più valida. Vi pagheremo, non
si preoccupi. Piuttosto, è un problema grave?".
"Di per sé, non credo, però sarà una seccatura. Suppongo che basti eliminare
il nuovo sistema operativo e reinstallare quello vecchio, a meno che i vostri
amichetti non abbiano fatto qualche casino a livello hardware. Un classico
formattone, in pratica". Rachel si stupì che avessero bisogno dell’assistenza
tecnica per una cosa del genere, ma probabilmente non avevano bene idea di ciò
che andava fatto. "Comunque, anche se fosse come penso, bisognerà ripetere
l’operazione per tutti i mobile suit nei quali avete trafficato. Una settantina
di minuti, direi".
"Ah, ma allora sarà una cosa veloce…".
"Settanta minuti per macchina, ovviamente".
"Uh… Be’, se vuole le offro qualcosa da bere…".
"…poi però devo subito mettermi al lavoro, giusto?".
"Ma veramente non intendevo…".
"Lasci stare, ho capito. Non si preoccupi, era quello che avevo intenzione di
fare. Non sono una gran consumatrice di alcolici, comunque".
"Guardi che io parlavo di acqua…".
***
Rachel entrò nel grande hangar buio. Originariamente concepito per degli
aerei, era stato pesantemente modificato per ospitare dei mobile suit, il che lo
rendeva molto diverso da come doveva essere stato in principio. Due file di
macchine antropomorfe, varianti di Geara Doga, erano allineate lungo le pareti
interne dell’edificio. Una dozzina in tutto. A volte, Rachel sentiva un bizzarro
senso di compassione per quei soldati.
Lei era stata solo una ragazzina durante la Guerra di Un Anno, ma ricordava
ancora bene quello che gli zeoniani avevano fatto in nome dell’indipendenza… E
come i federali avevano risposto. Sapeva che alcuni suoi coetanei erano stati
costretti a prendere le armi e ad andare sul campo di battaglia. Ai tempi della
Guerra di Gryps e della Prima Guerra di Neo Zeon, era stata un’apprendista alla
Anaheim, che studiava contemporaneamente all’università per poter essere assunta
in pianta stabile. Ora, a ventott’anni (ne avrebbe compiuti ventinove a
dicembre, ma non lo diceva), era un tecnico dei sistemi operativi. Non proprio
l’ultima ruota del carro, ma abbastanza sacrificabile da venire spedita a fare
assistenza in un posto sperduto della Terra (che, tra l’altro, era risaputo
essere una zona di guerra). E non era una persona che apprezzasse
particolarmente viaggiare: già il fatto di doversi trasferire da Side 4 a Von
Braun City per studiare prima e lavorare poi non l’aveva entusiasmata
granché.
Appoggiò per terra la propria valigia, un borsone blu pieno di un numero
imprecisato di tasche, e cominciò a frugarvi dentro.
Non era mai stata una persona ordinata.
Ma riuscì a trovarvi i dischi che cercava.
Tra i vestiti di ricambio e i fazzoletti di carta, vide spuntare un pacchetto
di sigarette con la scritta ‘Fisk & Crane’. Si chiese se lì dentro fosse
vietato fumare. Di certo non era consigliabile farlo nell’abitacolo di un mobile
suit. Ma sì, in fin dei conti…
Si tolse gli occhiali, usando una bacchetta per fissarseli al colletto della
maglietta, e si accese una sigaretta, avvicinandosi al primo degli ascensori
metallici che permettevano di salire fino ai cockpit delle macchine
antropomorfe.
Era già alzato.
Sollevò lo sguardo: questo significava che in quel mobile suit c’era già
qualcuno. E che cazzo! Spense velocemente la sigaretta contro una delle colonne
metalliche che sostenevano l’ascensore e rimise nel pacchetto quello che ne
restava. Si sentiva un po’ una pezzente quando faceva queste cose, ma d’altra
parte non è che le uscissero i soldi dalle orecchie.
"Signorina, perché metti via la sigaretta che ti eri appena accesa?".
Rachel sussultò e si girò di scatto.
Una bambina. Capelli castani arruffati, una maglietta gialla e un paio di
pantaloni azzurri.
Un aspetto piuttosto trasandato, o almeno questa era l’impressione che
dava.
La guardava nascosta tra le ombre che le colonne dell’hangar proiettavano
sotto l’ascensore.
Ma che ci faceva lì una bambina?
Rachel si sedette sui talloni e sorrise alla piccola: "Ehi, e tu chi
sei?".
Se non fosse che Rachel trovava carini tutti i bambini piccoli, avrebbe detto
che l’occhiata che questa marmocchia le stava rivolgendo fosse truce.
La bambina non rispose: si limitò a continuare a guardarla con i suoi occhi
verde chiaro e la fronte aggrottata, quasi in una minaccia.
Rachel scosse il capo rassegnata. Forse i bambini erano carini, ma erano
anche tremendamente difficili da trattare. Qualche anno prima, quando aveva
incontrato quello che aveva creduto essere il grande amore della sua vita, aveva
desiderato ardentemente di diventare madre. Avevano fatto progetti, avevano
pensato di sposarsi, di avere almeno cinque figli e di vivere felicemente per
tutto il resto della propria esistenza. Poi, lei lo aveva trovato a letto con
un’altra. Quando vedeva un bambino comportarsi in quel modo, pensava che avere
perso un’occasione di maternità non fosse stata poi questa grande tragedia.
Riprovò: "Ciao, io mi chiamo Rachel e sono qui per lavorare sui mobile suit.
Hai anche tu del lavoro da fare in questo hangar?".
Stavolta, la bambina rispose: "No. Sono qui con papà". Alzò il braccio per
indicare l’ascensore all’altezza dell’abitacolo di uno dei mobile suit.
La figlia di un combattente?
Be’, non era poi così strano. Aveva visto delle donne soldato in quella base,
era relativamente normale che la natura facesse il suo corso. Ma era anche molto
triste che dei bambini fossero costretti a vivere in quelle condizioni. Quanti
altri ce n’erano?
Prima che potesse elaborare ulteriormente le proprie elucubrazioni, un basso
ronzio metallico le annunciò che l’ascensore stava scendendo. Bene, avrebbe
potuto cominciare a lavorare. Si rimise in piedi.
La persona che toccò terra era molto diversa da come lei se l’era
immaginata.
Non indossava l’uniforme di Neo Zeon, ma una polo verde e dei pantaloni
neri.
Ma quello era sicuramente il padre della bambina: la somiglianza era
inequivocabile. Avevano gli stessi occhi e gli stessi capelli (ma lui li portava
tirati indietro sulla fronte e lunghi fin quasi alle spalle, benché ugualmente
disordinati). Un uomo sui trent’anni o poco più, con lo stesso sguardo della
piccola e con una corta cicatrice sotto lo zigomo sinistro.
Una lacrima?
L’uomo lanciò a Rachel un’occhiata che le ricordò in maniera inquietante
quella della figlia: "E tu?".
"Dovrei chiedertelo io", rispose la donna. "Mi aspettavo di trovare un
soldato, anziché un civile".
"Non faccio parte di questo contingente", rispose lui con un cenno della
mano, quasi a volersi togliere di dosso un insetto fastidioso. "Sono solo un
consulente attivo".
"Consulente attivo?".
"Nel senso che do una mano nella pianificazione e poi combatto anche sul
campo. A proposito, tu fai parte di questo gruppo di sfigati?".
"Veramente no, io lavoro per la Anaheim, sono qui per fornire assistenza
tecnica".
"Ah, capisco. È per i sistemi operativi, vero? Io volevo solo dare
un’occhiata ai mobile suit, ma non ci vuole molto per capire che qualcosa non va
nei computer".
"Per l’appunto. Mi chiamo Rachel Osborne". Tese la mano.
"Daniel Wymann", rispose lui stringendola senza trasporto. "Quanto ci vorrà
per sistemare questi Geara Doga?".
"Come ho già detto al comandante, una settantina di minuti per ciascuno.
Comunque, questi sono Desert Doga".
"Eh?".
"Desert Doga. Geara Doga Ground Type ottimizzati per combattere in ambienti
tropicali e desertici. I mobile suit a uso localizzato esistono fin dalla Guerra
di Un Anno: già l’Esercito Regolare di Zeon aveva prodotto delle varianti per i
deserti dei suoi Zack, Gouf e Dom".
"Ah, capisco. Ma, detto tra di noi, questo Desert Doga ha una qualche utilità
o è solo un sistema con cui voi della Anaheim spillate altri soldi ai vostri
clienti producendo nuovi modelli che a voi costano poco e a loro molto?".
"È un sistema con cui noi della Anaheim spilliamo altri soldi ai nostri
clienti producendo modelli che a noi costano poco e a loro molto, però servono.
Prova tu a combattere nel deserto senza un impianto di condizionamento adeguato
nell’abitacolo, dei filtri decenti per la sabbia e un radiatore efficiente. Non
è un caso che chiunque abbia usato mobile suit sulla Terra ne abbia realizzate
delle varianti apposta per queste regioni".
Daniel annuì senza rispondere. Con un distratto gesto di saluto, fece per
avviarsi verso l’uscita. Sua figlia trotterellò dietro di lui.
Rachel ebbe la vaga impressione di essere ignorata. C’era ancora una cosa che
doveva sapere: "Uh… scusa, sai mica se qui dentro c’è il divieto di fumo?".
"Non è necessario", replicò l’uomo fermandosi e girandosi verso di lei.
"Eh? Tutti salutisti convinti?".
"No, è che mancano i soldi per il cibo, figurati se fanno arrivare delle
sigarette. Chi fumava ha dovuto smettere. Tanto, se non li ucciderà il fumo, li
ucciderà un nemico".
"E tu? Hai detto di non fare parte di questo contingente, no? Non fumi?".
"No. Un po’ per la bambina, un po’ perché è un’eredità di quando giocavo a
calcio".
"Ah, facevi il calciatore? Ma professionista?".
"Già. Ho giocato in Serie A prima della Guerra di Un Anno e il fumo fa male a
chi lavora nello sport. Più che agli altri, intendo".
"Ma dai, mi prendi in giro?".
"Che me ne verrebbe? Se non vuoi crederci, non mi fa differenza".
"Va bene, d’accordo. Però c’è una cosa che mi lascia perplessa: mancano i
soldi per il cibo e assumono te? Voglio dire, ti pagheranno pure per stare qui a
fare il… ‘consulente attivo’, no?".
"Certo che mi pagano. Vedi, il problema è che io posso aiutarli a
sopravvivere. Ho fatto quattro guerre e ne sono sempre uscito intero.
Nell’ultima avevo anche mia figlia a cui badare. Sono bravino in quello che
faccio ed è risaputo che Neo Zeon non abbia molti militari esperti".
"Io continuo a non capire esattamente quale sia la tua funzione in questa
base… comunque, sai che quando ho visto tua figlia, pensavo che il padre fosse
uno dei soldati?".
"Oh, è improbabile che nascano bambini qui. Di preservativi, se ne fanno
arrivare parecchi. È un investimento, in fondo: non vogliono avere altre bocche
da sfamare, quindi prevengono. Mi pare ragionevole".
"Be’, sì… però è brutto… Voglio dire, qui ci sono dei reduci che combattono
nonostante le condizioni avverse e nonostante abbiano già sostanzialmente perso
la guerra… Mi chiedo chi glielo faccia fare. Non possono cercare di rifarsi una
vita?".
Daniel sogghignò: "Ma di chi credi di parlare? Molta di questa gente è nata
su Side 3. Alcuni di loro si sono trasferiti su Axis quando erano ancora troppo
giovani per capire cosa stesse succedendo. Non hanno una patria, perché la
Repubblica di Zeon non li riconosce più. Non sanno fare altro che combattere per
vivere. Dove dovrebbero andare? Non c’è nessuno disposto ad accoglierli".
"E tu? Anche tu uno zeoniano senza più una patria?".
"Io? No, io sono nato su Side 2. Ero nell’Esercito Federale durante la Guerra
di Un Anno e poi sono stato nell’AEUG. Dopo la Prima Guerra di Neo Zeon, mi
hanno integrato nell’unità speciale Londo Bell, e infine me ne sono andato
perché potevo guadagnare di più come mercenario freelance. Voglio dire,
nell’Esercito ti pagano veramente una miseria per rischiare la vita, almeno da
libero professionista mi faccio ammazzare per qualche soldo in più. Comunque, ho
ancora la cittadinanza e potrei tornare su Side 2, se lo volessi".
Rachel si stupì: "E perché non lo fai? Come puoi pensare di continuare la
vita da mercenario con una figlia piccola?".
Daniel si infilò le mani in tasca: "C’è gente che sa solo combattere per
vivere e c’è gente che non sa vivere senza combattere. Io rientro in
quest’ultima categoria, per una serie di motivi. E ora, se vuoi scusarmi".
L’uomo le volse le spalle e fece per uscire dall’hangar.
La bambina lo seguì e si aggrappò a un lembo dei suoi pantaloni.
"Ehi, non vuoi dirmi come ti chiami?", le domandò Rachel facendole un
sorriso.
La piccola le lanciò un’altra occhiata truce e non rispose.
"Si chiama Chloe", disse Daniel senza voltarsi.
***
Cinque Desert Doga. Nelle ore per le quali aveva potuto lavorare, Rachel non
era riuscita a fare di più.
Era stata abbastanza veloce, principalmente perché aveva avuto l’accortezza
di portarsi dietro due dischi con il sistema operativo, quindi aveva potuto
operare su più mobile suit contemporaneamente, anche se questo l’aveva costretta
a passare di corsa da un ascensore all’altro, il che era stato tutt’altro che
rilassante.
Cinque Desert Doga erano pochi per quello che bisognava fare, però.
Gli scout avevano avvistato due squadre di Jegan, da sei mobile suit
ciascuna, che si stavano avvicinando al campo base da direzioni diverse. Il
tramonto che faceva rosseggiare l’orizzonte sembrava voler essere un preludio a
una notte che si sarebbe tinta di sangue.
Sembrava proprio che l’Esercito Federale avesse scoperto dove si
nascondessero i reduci di Neo Zeon che avevano causato loro tanti problemi
ultimamente.
Nel giugno 0094, nonostante fosse passato più di un anno dal tentato lancio
di Axis sulla Terra, c’erano ancora diversi gruppi armati che facevano capo al
Neo Zeon di Char Aznable, sia sul pianeta che nello spazio. A parte qualche
eccezione, questi assembramenti isolati (dei quali si aveva notizia anche in
Siberia, Sud America ed Europa settentrionale) non avevano la forza di fare più
che qualche blanda operazione di guerriglia.
Mancavano loro i soldi e i mezzi, nonostante ricevessero segretamente qualche
sovvenzione da parte di, a seconda dei casi specifici, governanti locali che
miravano a indebolire il potere federale per non dovergli rendere conto, aziende
che venivano danneggiate economicamente dalla politica del Parlamento o gruppi
di potere che avevano interesse a usare questi soldati randagi per ottenere
qualche vantaggio personale.
L’unità di soldati della quale era a capo Shake era una delle più numerose:
contava ben quattordici Desert Doga e tre Geara Tank, fondamentalmente il torso
di un Geara Doga montato sui cingoli di un carro armato. Un sistema come un
altro per riciclare materiale che altrimenti sarebbe stato da buttare.
Al momento, solo cinque Desert Doga e i Geara Tank, il cui sistema operativo
non era stato toccato, potevano essere utilizzati. Il che significava, contro
dodici mobile suit federali, sconfitta certa. Era qui che subentrava la figura
del consulente attivo.
Essendo il pilota più esperto disponibile, Daniel doveva guidare sul campo le
squadre. In effetti, per lui questi reduci di Neo Zeon costituivano un businness
notevole. Non erano capaci di fare un cazzo e avevano abbastanza soldi da
spendere per lui: una pacchia. A dire il vero, anche tra di loro c’era gente che
aveva combattuto durante la Guerra di Un Anno; il problema era che avevano
sempre pilotato solo i loro vecchi mobile suit, rimanendo confinati in eterno in
quella zona sperduta della Terra, mentre altrove cambiavano i modi di dare
battaglia e di progettare le macchine antropomorfe.
Alcuni di loro non sapevano nemmeno cosa fosse un movable frame.
Nonostante la loro esperienza, all’atto pratico, sapevano ben poco di come
funzionassero dei mobile suit moderni e di quali tattiche di combattimento si
potessero sfruttare tramite essi. O almeno, questo era quanto Daniel voleva far
credere loro. Era una questione di sopravvivenza, dopo tutto.
Per certi versi, Daniel era contento quando succedevano queste cose. Gli
permettevano di guadagnarsi la pagnotta. Se non fosse stato in grado di fare
fuori dodici Jegan con cinque Desert Doga e tre Geara Tank, la sua reputazione
sarebbe scesa pericolosamente. E aveva fatto troppa fatica a costruirsi un nome,
aiutando di volta in volta una diversa unità zeoniana in qualche parte del globo
in cambio di soldi. Raramente le sue missioni duravano più di un mese, ma
tendevano a risolvere i problemi. Motivo per cui, qualcuno disposto a dargli un
po’ di soldi lo si trovava. La parte divertente di tutta questa storia era che
nemmeno lui era un grande luminare di strategia, anzi. La sua esperienza di
comando prima di diventare mercenario si era limitata alla guida di una squadra
di tre mobile suit, compreso il suo. Però era un newtype e questo gli garantiva
una vantaggio sul nemico.
Dopo la morte improvvisa di Lynn, Daniel aveva scoperto che le sue percezioni
erano in qualche modo cambiate. Continuava a sentire le vite delle persone che
stava per uccidere, ma adesso il suo raggio d’azione non era più a soggetto, ma
ad area d’effetto. Non percepiva più l’esistenza del singolo individuo, ma
quelle di tutte le persone entro qualche decina di metri da sé. Non aveva mai
misurato esattamente. Più si avvicinava a qualcuno con l’intento di attaccarlo,
più informazioni su questo soggetto gli entravano in testa. A volte succedeva
per più individui e lui tendeva a mischiare le caratteristiche di tutti loro.
Poteva quindi succedergli di credere di trovarsi davanti un ragazzo di vent’anni
che era nato un quarto di secolo prima e che aveva due figli di venticinque e
ventitré anni. O un abile nuotatore che aveva paura dell’acqua. O un estimatore
di vini che era astemio.
Questo cambiamento aveva avuto un duplice effetto su di lui. Innanzitutto gli
permetteva di anticipare con precisione estrema le mosse de nemico: una volta
entrato nel raggio d’azione delle sue percezioni, capiva perfettamente la
posizione di chiunque volesse uccidere, meglio che con un radar. Questo gli
permetteva di dirigere le operazioni con una precisione inaudita, letteralmente
sovrumana. Era stato questo che aveva fatto la sua fortuna. In secondo luogo,
l’assoluta mancanza di verosimiglianza delle informazioni che riceveva (almeno
quando si trovava a fronteggiare più persone) riduceva moltissimo l’angoscia che
provava quando percepiva le loro emozioni mortali.
Nel corso degli ultimi anni, aveva cominciato a ritenere che la morte di Lynn
non fosse stata poi un male, visto che gli aveva migliorato la vita sotto più
punti di vista. Poi si chiedeva come potesse pensare una cosa del genere di una
donna che aveva detto di amare e ricordava di quanto fossero stati falsi i suoi
sentimenti. Era ancora come Perceval, in fin dei conti: non aveva decisamente
trovato il proprio Graal, e tutto per colpa della sua indecisione.
A volte, si chiedeva cosa avesse causato quel cambiamento nella sua
sensibilità di newtype. Sospettava che anche Suzanne fosse collegata a questo
evento. Forse la morte delle uniche due donne per cui aveva pensato di provare
qualcosa di simile all’amore lo aveva distolto dal singolo individuo,
inducendolo a considerare ugualmente inutile tutta l’umanità? Non era tipo da
passare chissà quanto tempo in considerazioni tanto astratte. Però era
un’ipotesi.
E Chloe… Chloe era stata un imprevisto, in tutti i sensi. Non sapeva
esattamente perché se la portasse dietro, ma un qualche bizzarro senso di
orgoglio personale gli rendeva odiosa l’idea di parcheggiarla in un istituto per
bambini. Non desiderava effettivamente ucciderla, quindi non riusciva a
penetrare nella sua mente. Né sapeva se anche lei fosse una newtype: era
ereditario? Più che altro, voleva tenersela vicina per togliersi questa
curiosità.
***
Erano Jegan Ground Type. Quelli che si stavano avvicinando tre le dune del
deserto, con il rossore del sole del tramonto che illuminava le loro armature
marrone sabbia, erano senza dubbio dei Jegan per il combattimento in presenza di
gravità. Il piano di base era semplice: vista l’inferiorità numerica, era
fondamentale ottimizzare le forze. I cinque Desert Doga, divisi in due gruppi,
avrebbero fatto da esca, attirando entrambe le squadre nemiche in una zona
aperta poco lontana.
Una volta lì, i Geara Tank, opportunamente posizionati, avrebbero aperto il
fuoco.
Anche così, era una tattica disperata, ma d’altra parte non era certo
possibile affrontare i federali frontalmente e alla base avevano bisogno di
tempo per prepararsi ad andarsene.
E poi, Daniel aveva sempre il suo asso nella manica. Ma era ancora troppo
lontano per usarlo.
Era fondamentale sfruttarlo in congiunzione con i suoi compagni per un gioco
di squadra: come era stato solito dire il suo allenatore nella Longobarda, ‘Per
vincere, occorre che il portiere pari, che i difensori difendano, che gli
attaccanti attacchino e che i centrocampisti centrocampistino’. Era un peccato
non poter applicare sul campo di battaglia la rivoluzionaria teoria della
bizona.
L’alta concentrazione di particelle Minovsky, però, impediva la comunicazione
via radio e usare il codice morse tramite i monoeye dei Doga avrebbe significato
segnalare la propria posizione al nemico. Di per sé, quello non era un problema:
considerati questi ostacoli, già da tempo era stato convenuto un codice gestuale
che permetteva ai mobile suit di comunicare semplici concetti senza fare rumore
né generare luci.
Considerato che stavolta dovevano dividersi in due gruppi, però, era più che
altro una questione di istinto. Daniel capì che doveva sfruttare il suo sesto
senso per uscirne intero.
Il suo gruppo, ovviamente, era il più piccolo: lui e un altro Desert Doga.
Camminando davanti, si diresse nella direzione in cui dovevano trovarsi i Jegan.
Non si aspettava di vederli comparire sul panoramic monitor: stava guidando il
proprio compagno attraverso delle dune, in modo che fosse possibile nascondersi
dietro esse e sparare da posizione defilata. Dopotutto, non dovevano
necessariamente abbattere i nemici, quanto piuttosto attirarli.
Li percepì ancor prima di vederli. Sei, come da rapporto degli esploratori.
Il secondo gruppo di Desert Doga aveva ricevuto l’ordine di non ingaggiare il
nemico finché non avessero sentito i suoni della battaglia. In questo modo, i
loro avversari sarebbero stati preoccupati di raggiungere i compagni, e quindi
più facili da prendere alla sprovvista.
Daniel alzò lo scudo del Desert Doga, e preparò a sparare lo sturm faust.
Shake gli aveva detto che ne restavano pochissimi e bisognava farli contare
tutti, dal primo all’ultimo. Approfittando del dislivello del terreno, Daniel
sparò. La traiettoria del colpo descrisse una parabola nel cielo che rosseggiava
delle luci del tramonto e si abbatté dritta sul Jegan al centro della
formazione.
Daniel sogghignò: un bel botto al reattore nucleare e avrebbero salutato
tutti quanti. Anzi, era improbabile che dei mobile suit si avvicinassero al
nemico senza prevedere questa eventualità, quindi probabilmente si erano
disposti in modo da evitare un problema simile.
Il Jegan Ground Type fu centrato in piena testa; il suo addome scoppiò
fragorosamente, mentre le braccia venivano catapultate via e frammenti metallici
volavano tutt’intorno. Daniel strinse i denti e cercò di non pensare al grido
mortale del pilota, un abile giocatore di basket che non aveva mai preso un
pallone in mano in vita sua. Come previsto, gli altri RGM-89G si erano
allontanati con agilità, sfruttando i vettori di spinta sulle gambe per muoversi
sul terreno sabbioso. Si dispersero velocemente, mentre puntavano i beam rifle
nella direzione dalla quale era stato sparato lo sturm faust.
Poi, un’esplosione in lontananza.
Fu allora che Daniel fece fuoco. Aveva detto all’altra squadra di attaccare
subito con uno sturm faust non appena avessero sentito esplodere il loro: in
questo modo, il botto avrebbe attirato l’attenzione e distratto il nemico.
La beam machinegun del Desert Doga sibilò delle lingue di fuoco ardenti, che
scavarono solchi mortali in un altro Jegan, che crollò al suolo. Il suo pilota
era stato un appassionato di giochi di carte di qualsiasi tipo, che però aveva
conosciuto nemmeno le regole del rubamazzo. Mentre i quattro rimanenti si
avvicinavano rapidamente, Daniel diede il segnale di ripiegare. Coprendosi la
fuga sparando, entrambi i mobile suit di Neo Zeon arretrarono, sempre cercando
di mantenersi al riparo delle dune.
Adesso arrivava il difficile: per attirare il nemico in una zona aperta,
dovevano prima passarci loro. Proprio mentre stavano per entrare nell’ampia
piana sabbiosa dove la trappola era stata allestita (tra l’altro, dopo avere
abbattuto un terzo Jegan), Daniel vide i suoi compagni dell’altra squadra
avvicinarsi a propria volta al punto concordato. Inseguiti, ma sarebbe stato
meglio dire schiacciati, dal nemico. Merda! Quegli incapaci si erano limitati a
lanciare lo sturm faust e scappare! Non avevano nemmeno provato ad abbattere
qualche mobile suit!
Mentre lui e il suo compagno si ritiravano velocemente nella posizione
concordata, due Desert Doga dell’altro gruppo caddero a terra in fiamme,
devastati dai beam rifle dei Jegan.
Fu allora che i Geara Tank cominciarono a sparare.
Merda! Troppo presto! Avrebbero dovuto aspettare il momento convenuto! I
nemici non erano ancora tutti nella zona giusta e qui si stava rivelando loro la
presenza di altri avversari. Due dei Jegan del gruppo ancora a piena forza si
separarono dai compagni e si diressero verso i Geara Tank, coprendosi l’avanzata
sparando. I tre Desert Doga rimasti erano ormai presi tra due fuochi, contro sei
mobile suit nemici.
Daniel spinse al massimo il proprio Desert Doga, mentre le esplosioni dei
colpi dei Geara Tank risuonavano alle sue spalle. Era il momento di darci
dentro.
Lanciò il proprio mobile suit sulla sabbia sottile, mentre le tenebre
calavano sulla battaglia e il sole spariva lentamente all’orizzonte. Si avvicinò
rapidamente al gruppo dei quattro Jegan che lo avevano inseguito fin lì, facendo
segno al proprio compagno di dare una mano al Desert Doga che si era trovato da
solo contro gli altri.
Uno degli RGM-89G alzò il beam rifle per sparare.
Daniel capì al volo che stava cercando di prevedere la sua traiettoria di
movimento, in modo che il suo colpo non potesse essere schivato. Ma poteva fare
ancora qualcosa. Sollevò rapidamente il braccio destro del Desert Doga, da cui
schizzò fuori un cavo metallico. L’heat rod si avvolse attorno al polso di un
altro Jegan e la forza dell’accelerazione a cui il mobile suit di Neo Zeon era
stato lanciato lo trascinò.
Il colpo del beam rifle della macchina federale centrò il proprio compagno
con precisione quasi chirurgica. Daniel lo lasciò andare, allontanandosi un
attimo prima che esplodesse. Poi, approfittando della posizione favorevole del
proprio braccio destro, fece fuoco con la beam machinegun. Un altro Jegan fu
trapassato dai raggi purpurei dell’arma, crollando a terra abbattuto.
Mentre tutto questo accadeva, Daniel cercava di tenersi fuori dalla testa i
dettagli delle vite di quelle persone. Erano le solite cose.
Vite comuni.
Vite normali.
Vite insulse.
Uno dei due soldati che aveva appena ucciso era stato padre di una bambina di
quattro anni.
Chloe…
Merda!
Era sempre così quando affrontava qualcuno che aveva dei figli: pensava a
questi bambini a casa che non avrebbero mai visto tornare un genitore e si
chiedeva se, un giorno o l’altro, anche Chloe si sarebbe trovata in questa
situazione.
No.
Non se lo sarebbe mai permesso… né perdonato…
Fece scattare in avanti il Desert Doga, mentre vedeva uno dei Jegan gettare
al suolo il beam rifle ed estrarre rapidamente la beam saber. Prima ancora che
potesse completare quel movimento, lo colpì con una spallata, mandandolo a
terra. Poi, si girò di scatto e fece fuoco sull’altro mobile suit federale
rimanente, mentre alzava un piede e lo scagliava con violenza sull’abitacolo di
quello rimasto al suolo.
Niente male, riuscì a connettere dopo che il dolore che gli devastava il
cervello fu passato. Era riuscito ad abbattere da solo quattro Jegan in poco
tempo. Non aveva perso il suo tocco. Mentre la testa gli martellava, si girò
verso i suoi compagni, ancora impegnati a combattere. Era incredibile che non
fossero stati già abbattuti.
Bah!
Però, in un modo o nell’altro, doveva fare tutto lui…
***
"Avremmo potuto prenderlo prigioniero", disse Alan Shake sbattendo una mano
sul tavolo della propria scrivania. Perché ha dovuto schiacciare l’abitacolo
dell’ultimo Jegan?".
"Direi di no, non avremmo potuto prenderlo prigioniero", replicò Daniel,
seduto davanti a lui. La piccola torcia che illuminava la stanza permetteva di
vedere poco più che la scrivania stessa, gettando ombre inquietanti
tutt’intorno. "Adesso che abbiamo la certezza che l’Esercito Federale conosce
l’ubicazione di questa base, dovremmo levare le tende al più presto. Potete
permettervi di mantenere dei prigionieri con i vostri scarsi mezzi, e per di più
mentre siete in viaggio?".
"Era uno solo e sarebbe stato un investimento", replicò il militare alzandosi
dalla sedia. "Comunque sia, avremmo potuto ucciderlo dopo averne tratto le
informazioni che ci servivano. Adesso sappiamo solo che i federali ci
attaccheranno con forze ancora superiori, e tutto perché abbiamo abbattuto
questo contingente!".
"Scusi, ma cosa dovevamo fare? Stare lì a farci ammazzare? Io dico che ci è
andata bene a uscirne perdendo solo due Geara Doga e due Tank".
"So anch’io che non avevamo altra scelta, ma questo non cambia che la
situazione ormai è critica. Cioè, più di prima. Senza contare che abbiamo ancora
un sacco di Desert Doga con il sistema operativo da reinstallare".
"Ho paura che dovrete aspettare per questo. Vediamo di farli muovere così
come sono e di sistemarli quando ce ne sarà il tempo, per quanto possibile".
"Grazie tante!", si infuriò Shake, "Non avevo bisogno che venisse lei a dirmi
l’ovvio! Ho già dato disposizioni per la partenza, comunque. Non lontano da qui
dovrebbe esserci…".
La porta dell’ufficio di Shake si spalancò all’improvviso.
Rachel balzò trafelata nella stanza.
Quasi inciampando in Daniel, del quale non si era nemmeno accorta, sbatté le
mani sulla scrivania del colonnello: "Come torno indietro?", chiese fissando i
suoi occhi su quelli dell’uomo.
Shake fu per un attimo impietrito da quella faccia.
Poi, si sedette al proprio posto: "So che la cosa non le piacerà, ma non ne
ho idea".
"Come sarebbe a dire?", domandò la donna, visibilmente seccata. "Mi trovo nel
bel mezzo di un attacco federale e non è necessario essere un soldato esperto
per prevedere che non è finita qui. Non sono pagata abbastanza per farmi
ammazzare. Io voglio tornare indietro".
"Le faccio notare che l’hanno mandata in una zona di guerra sapendo che lo
era. Non le hanno detto quali rischi correva? Al momento, non ho modo di
rispedirla al mittente, non vedo che mezzi dovrei usare".
Rachel alzò le mani dalla scrivania solo per mettersele tra i capelli.
Perché doveva restare coinvolta in un casino del genere?
Le avevano detto che sarebbe potuto succedere, sì. Ma non aveva avuto molta
possibilità di scelta: era una lavoro e doveva fare quello che le veniva
ordinato.
"Ma possibile che non possia fare niente?", sbottò, rendendosi
improvvisamente conto che il suo comportamento doveva sembrare isterico. "Ha
persino pagato questo tizio qui – indicò Daniel – per fare da ‘consulente
attivo’, o che altro è, e lui non è capace nemmeno di arrivare a una soluzione
per questo casino?".
"Il ruolo di Wymann non è quello di trovarle un aereo", rispose Shake
seccato. "Lui è un consulente attivo: per le scelte che riguardano le battaglie,
faccia lui, ‘fiat lux’. Per il resto, ‘sine qua non’, siamo qua noi".
Rachel lanciò al militare un’occhiata disgustata. Non sapeva se essere più
seccata per la situazione che si era venuta a creare o per quell’impiego del
latino come arma impropria.
Senza nemmeno replicare, uscì dalla stanza.
***
"Merda", mormorò Rachel seduta sul piede di un Desert Doga.
Si stava stringendo le gambe al petto, affondando la faccia nella ginocchia.
Si era messa un maglione e un paio di jeans per contrastare la bassa temperatura
della notte desertica, ma, alla fine, questo non la faceva sentire granché
meglio. Non riusciva ancora a farsi una ragione di questa situazione assurda in
cui si era cacciata. Se fosse tornata viva, si sarebbe licenziata. Anzi, no,
aveva bisogno di lavorare, e tutto sommato la paga non era male… Però doveva
trovare assolutamente degli incarichi meno pericolosi.
"Posso?", le chiese una voce.
Rachel si voltò.
Un soldato.
Indossava i pantaloni e gli stivali dell’uniforme e… quasi nient’altro. Aveva
solo una canottiera a coprirgli il torso. Il che era strano, e anche piuttosto
stupido, considerato il freddo che faceva.
Era un uomo sulla trentina, dai folti capelli biondi che spuntavano da sotto
un cappellino con visiera verde militare. Le lanciò un’occhiata complice e
indicò il piede del mobile suit su cui lei era seduta.
Rachel si spostò sulla sinistra, per consentire al nuovo arrivato di sedersi
a propria volta.
"Ti chiami Rachel, vero?", disse lui con un sorriso. "Io sono Al. Vuoi?". Le
porse un pacchetto da cui spuntava una sigaretta.
"Ho sentito dire che qui non arrivano sigarette", disse lei accettando
l’offerta. "Comunque grazie". Si avvicinò all’accendino nella mano di lui e se
ne allontanò con la sigaretta accesa.
"Infatti non ce ne dovrebbero essere", rispose Al. "Diciamo che ne tengo io
da parte un po’ per le occasioni speciali".
OK, ci stava provando. Forse, in un altro momento, Rachel avrebbe anche
potuto considerare l’offerta. Si vive una volta sola, no? In quel frangente,
però, era troppo occupata a pensare a come salvarsi la pelle. Non aveva proprio
voglia di un uomo che le corresse dietro.
"Senti, oggi non è proprio aria", disse scuotendo una mano mentre anche lui
si accendeva una sigaretta.
"Eh, lo so che non è aria", replicò lui tirando una profonda boccata. "Come
può essere aria quando rischi la vita? Io vivo così tutti i giorni da anni. Ma
non preoccuparti, io ti proteggerò durante questo viaggio".
Patetico.
Era veramente patetico. Il suo tentativo era talmente evidente e sfacciato da
essere fastidioso.
In fin dei conti, rifletté Rachel, quello non era esattamente il tipo d’uomo
che le piaceva.
"Oggi la luna è bellissima", continuò Al alzando la sigaretta verso l’astro
argenteo che sembrava enorme nel cielo del deserto. "Ti piace la luna? Io la
trovo molto romantica".
"Odio la luna", rispose lei. "Ci vivo, sulla luna, e la detesto. È piena di
delinquenti e le strade, appena si esce dalle vie principali, sono uno schifo. A
Von Braun City non funziona un cazzo e ogni tanto ci sono dei black out nelle
zone periferiche perché gli impianti elettrici vengono danneggiati da qualcosa
che non si è ancora bene identificato. La luna fa cagare, inutile girarci
intorno. Generazioni di poeti e scrittori ne hanno intessute le lodi solo perché
non ci sono mai vissuti".
Al sembrò capire allora quello che la sua interlocutrice gli aveva già detto.
Non era decisamene aria. Scese dal piede del Desert Doga: "Scusa se ti ho
disturbata", disse con aria evidentemente seccata. "Ci si vede". Si allontanò in
direzione dell’hangar senza voltarsi.
"Forse sono stata un po’ stronza", mormorò Rachel tra sé e sé.
Si tolse la sigaretta dalla bocca e la guardò per un po’, mentre si consumava
lentamente.
"Ma sì, vaffanculo", si disse spegnendola poi sul piede del mobile suit.
Non le andava di accettare l’offerta di un uomo che aveva trattato così.
Aveva ancora un po’ di orgoglio, dopotutto. E un pacchetto pieno.
Poi, un rumore catturò la sua attenzione.
Si girò verso la propria sinistra.
Daniel era lì, appoggiato alla gamba del Desert Doga, che stava ridendo
sommessamente. Poco a poco, il ritmo del riso aumentò, finché lui si piegò fino
a tenersi la pancia, lasciandosi completamente andare.
"Trovi quello che è appena successo divertente?", chiese lei lanciandogli
un’occhiata di traverso. Poi vide che c’era anche Chloe, aggrappata a un lembo
dei pantaloni del padre.
"Be’, sì", replicò l’uomo smettendo di ridere, ma sempre tenendo un sogghigno
indecifrabile sulla faccia. "Ho preso tanti due di picche in vita mia, ma questo
era davvero clamoroso".
"Dovresti insegnare a tua figlia che non è carino spiare la gente".
"Non ti stavo spiando. Sono arrivato qui molto prima di te, non è che potessi
fare a meno di sentire cosa dicevate".
"Eri qui già da prima di me? Adesso capisco da chi Chloe abbia imparato a
nascondersi tre le ombre. E perché non mi hai detto niente?".
"Cosa avrei dovuto fare? Salutarti?".
"Sarebbe stato quantomeno educato. E forse mi avresti risparmiato quel
seccatore".
"A dire il vero, ero proprio sul punto di salutarti, quando è arrivato quel
tale, poi ho preferito non disturbarti. Non sono poi così maleducato, dai".
"Avrei preferito che mi disturbassi. Comunque, apprezzo la buona volontà.
Anche se ho l’impressione che tu non sia intervenuto solo per farti quattro
risate".
Daniel sogghignò: "Mia madre lo diceva sempre che a volte sono un libro
aperto".
"A volte sei anche un po’ stronzo… Ops, scusa, la bambina".
"La bambina sente in continuazione le bestemmie che tiro io, non si
scandalizza per uno stronzo".
Rachel si stese sul piede del Desert Doga, mettendosi le mani dietro la
testa: "Ma che razza di padre sei… Come ha potuto la madre di Chloe lasciartela
sapendo che eri così?".
"Io più o meno lo so, ma è praticamente da quando è nata mia figlia che non
la vedo".
La donna balzò nuovamente a sedere: "Cosa? Come sarebbe a dire?".
"Era l’89, se non ricordo male… Sì, perché Chloe è nata nel marzo del ’90…
Dicevo, era l’89. All’epoca, avevo una dimora fissa. Vivevo nella base dell’AEUG
su Sweetwater e, dopo la guerra, ero in attesa che l’Esercito Federale mi
assegnasse alla nuova mansione. L’Anti-Earth Union Group si stava ormai
sciogliendo e a quel punto dovevo limitarmi a qualche missione di pattuglia… Una
noia mortale… Be’, anche la madre di Chloe viveva su Sweetwater e anche lei
faceva parte dell’AEUG, ma non serviva sulla mia stessa nave. Siamo usciti un
paio di volte e poi, dopo che non la vedevo da mesi, lei mi ha detto di essere
incinta. Quando Chloe è nata, è venuta nel mio alloggio, me l’ha lasciata lì e
se n’è andata senza più farsi vedere".
Rachel aggrottò la fronte: "No, dai… Che storia assurda… Sembra uscita da un
raccontino di quart’ordine… Dai, non è possibile…".
"Credi un po’ quello che vuoi… Comunque, sarebbe stato molto più banale se la
madre fosse morta, no?".
"Mi stai dicendo che tua figlia è nata da una relazione occasionale? E che
sua madre se ne è fregata anche più di te?".
"Più o meno. Il fatto è che aveva subito un trauma infantile che aveva
rimosso dalla propria coscienza. Sua madre… intendo la nonna materna di Chloe…
tendeva a ubriacarsi e a picchiarla. Quando questa persona è morta, la mia ex
amante ha rimosso la sua fastidiosa abitudine, perché inconsciamente voleva
vederla come la madre perfetta. Però, la cosa le ha lasciato una paura assurda
della maternità. Credo sia stato per questo che ha abbandonato Chloe".
"Che mucchio di balle allucinante… Mi stai parlando come se avessi letto nel
pensiero di questa persona. Come puoi sapere delle cose che lei stessa aveva
rimosso?".
"Diciamo che avrei evitato volentieri di saperle, ma non ho avuto molta
scelta. È l’inconveniente del sesso".
"Cosa? Che c’entra il sesso? Non è che fare sesso con una persona ti permetta
di vedere cosa pensa!".
Daniel scoppiò a ridere: "Già, certo. Lascia perdere, non capiresti. Ah,
ovviamente, quando mi ha detto che il figlio che aspettava era mio, non le ho
creduto sulla parola, ho preteso l’esame del DNA".
Rachel scosse il capo: "Secondo me, ti sarebbe bastato aspettare di vederla
crescere. Chloe è il tuo ritratto".
"Non ne avevo il tempo. Tirava aria di trasferimento".
"Sei un tipo strano, sai? Non sembri particolarmente affezionato a tua
figlia, eppure te ne prendi cura. Cos’è, un qualche senso di
responsabilità?".
"Curiosità, più che altro. Diciamo che ci sono delle cose di cui mi voglio
accertare".
Rachel alzò lo sguardo verso la luna. Stava provando una pena quasi
angosciante per Chloe. Quella bambina era stata davvero sfortunata. Un padre che
la cresceva per curiosità e una madre che, a quanto le era parso di capire, non
aveva mai nemmeno conosciuto… Una vita da un campo di battaglia all’altro solo
per l’egoismo di un uomo che non l’aveva mai voluta… In un certo senso, quella
situazione le fece dimenticare per un attimo il pericolo che correva.
Si girò verso Daniel, che era rimasto muto e immobile: "Non hai più provato a
contattare la madre di Chloe? Voglio dire, se avesse cambiato idea, sarebbe
meglio lasciarla con lei che portarla continuamente in queste zone di
guerra".
"Non saprei come rintracciarla, in realtà. Anche lei ha lasciato Sweetwater
quando l’AEUG è stato assorbito nell’Esercito Federale e siamo stati integrati
in due unità diverse. Non so esattamente dove fosse stanziata la sua. Sulla
Terra, credo. Adesso che ci penso, alcuni membri dell’equipaggio della nave su
cui militava sono stati mandati in Europa settentrionale. Forse anche lei".
"Be’, è già qualcosa, no? Prova a contattarla. Conoscerai pure gente
nell’Esercito".
Daniel tacque. Sembrò che passasse del tempo a riflettere.
"Ci ho già pensato", disse infine. "Se mi ha mollato Chloe, significa che di
lei non le importa. Non gliela lascio".
Rachel spalancò gli occhi: "Ma dai! Hai appena detto qualcosa che ti ha reso
un po’ più simpatico! Ma allora una qualche preoccupazione per tua figlia ce
l’hai! Magari ti sei anche affezionato a lei, ma non lasci trasparire i tuoi
sentimenti perché alle ragazze piace quell’aria da duro? Io personalmente
preferisco gli uomini di buon cuore, eh! Non sono il tipo di donna che si
innamora degli stronzi, ho poca pazienza per certa gente". Non aveva ancora
finito di parlare che si rese conto di ritenere degli stronzi praticamente tutti
gli uomini con cui era stata. Non erano stati tanti, ma la percentuale di
stronzi lì in mezzo era quasi del cento per cento.
"Cos’è, adesso ci provi tu con me?".
"Sai cosa?", il tono sarcastico lasciava pochi dubbi sul senso delle parole.
"Alla fin fine, avresti più possibilità tu di quel tizio di prima. Però credo
che lascerò passare questa succosa occasione: non ho voglia di rischiare di
lasciarti un altro figlio a cui badare".
Ci fu un lungo silenzio. Era come se entrambi avessero esaurito gli argomenti
di conversazione.
Ma fu Rachel a riprendere a parlare: "Comunque, a parte le tue paturnie
egoistiche, dovresti pensare all’interesse di tua figlia. È possibile che avere
una madre possa rivelarsi vantaggioso per lei… e poi… quanti anni ha?".
"Quattro".
"Ecco, appunto. Tra un po’ dovrà cominciare ad andare a scuola".
"Ho pensato anche a questo. Ed è il motivo per cui vorrei fare quanti più
soldi possibile. Conto di tornare su Side 2 tra un annetto, quando dovrei avere
un buon gruzzolo da parte. Poi cercherò di trovarmi un qualche lavoro del cazzo.
Conosco ancora un paio di persone in una società di calcio in cui ho giocato
anni fa: vedrò di riuscire a farmi prendere lì per qualche incarico d’ufficio, o
magari per pulire gli spogliatoi".
"No, dai… Adesso non devi dirmi così… Prima ti fai passare per stronzo, poi
dici cose che ti rivalutano? Cioè, resti comunque uno stronzo, ma alla fine hai
una speranza di redenzione. È molto carino che tu voglia trovarti una casa dove
vivere con tua figlia e che stia facendo tutto questo per lei. Però, io resto
della mia idea: se tu dovessi morire in battaglia, che ne sarebbe della
bambina?".
"Ti ho già detto che non so vivere senza combattere, no? Se sono un
mercenario, è anche per me stesso, ho i miei motivi. E comunque, io non ho mai
detto che di mia figlia non mi importi, eh… Anzi, aspetta un attimo".
Daniel si chinò sulla bambina.
"Sta sbadigliando", disse rivolto a Rachel.
"Papà…". La voce di Chloe era un sussurro.
"Sei stanca?", le chiese lui.
Lei annuì con la testa.
Daniel la prese in braccio e fece per allontanarsi.
Si girò verso Rachel: "Fossi in te, dormirei un po’. Probabilmente, partiremo
da un momento all’altro, appena i soldati avranno finito i preparativi. Sarà una
notte lunga e insonne, ti conviene approfittare di un momento libero".
Lei scese dal piede del Desert Doga e si avvicinò al suo interlocutore: "E la
bambina?". Lanciò un’occhiata a Chloe e la vide mezza addormentata tra le
braccia del padre.
"Io probabilmente mi sposterò su uno dei camion. La terrò in braccio durante
il viaggio, non è la prima volta che dorme così. Se dovessi pilotare uno dei
mobile suit, la porterò con me nell’abitacolo: nemmeno questa è un’esperienza
nuova per lei".
"Senti… Se devi pilotare, lasciala a me. Vedrò di trovarle un posto dove
possa stare tranquilla".
Daniel fissò lo sguardo su di lei per qualche secondo: "Perché mi chiedi una
cosa del genere?".
"Be’, in una base militare in cui onestamente non mi trovo a mio agio, Chloe
costituisce l’unica cosa che mi ricordi una realtà un po’ più… ‘normale’, non so
se mi spiego. E mi dispiace vedere una bambina che vive così".
"La porto con me, in ogni caso", rispose Daniel voltandosi, apparentemente
seccato.
Girò sui tacchi e se ne andò.
Rachel sbuffò. Ma che aveva detto di male? Era questo che si otteneva a
cercare di aiutare la gente? In fin dei conti, quel tizio ERA stronzo.
***
I pesanti passi del Desert Doga rimbombavano nell’abitacolo.
La colonna di mobile suit e veicoli, che si stava muovendo in maniera quasi
casuale tra le dune del deserto, era ormai una schiera di fuggiaschi in cerca di
chissà cosa.
Prima della partenza, Shake aveva detto di avere una meta.
Già dopo due ore di viaggio, nessuno gli credeva più.
Daniel alzò gli occhi per guardare le stelle attraverso gli schermi superiori
del panoramic monitor. Almeno la nottata era serena. Si stavano muovendo verso
sud-est. C’erano delle unità di Neo Zeon in Medio Oriente, in effetti. Ma era un
viaggio troppo lungo per farlo senza tappe. Se davvero Shake voleva unirsi a
loro, doveva quantomeno avere preparato un piano per coprire tutta quella
strada.
Poi abbassò lo sguardo e vide Chloe che dormiva tra le sue braccia. Daniel
stava pilotando usando solo i pedali: finché doveva limitarsi a muovere le gambe
del mobile suit, era sufficiente. Si era preso uno dei Desert Doga ai quali era
già stato ripristinato il sistema operativo, in modo che la funzionalità di
condizionamento desse all’abitacolo la giusta temperatura.
Sospirò. Ma che cazzo gli era preso? Quella proposta da Rachel era stata una
buona soluzione. Sicuramente la migliore nell’interesse della bambina. Cazzo.
‘Normale’. Era stata quella parola a dargli fastidio. Forse non lo capiva bene
nemmeno lui. Già. Pensò che un uomo di trentasei anni che facesse il mercenario
girandosi i campi di battaglia con la figlia di quattro non fosse esattamente il
massimo della normalità. Ma, se nella sua vita c’era qualcosa di ‘normale’,
quella era Chloe. E non voleva condividerla con nessun altro. Chloe era la SUA
normalità.
Si stupì di se stesso. Non era mai stato geloso di sua figlia. Forse perché,
quando andava a combattere, la lasciava sempre con gente che non si curava di
lei.
Le scostò qualche capello del viso e la guardò.
Già, gli somigliava davvero.
In tutto?
Scosse la testa tristemente: "Sei condannata anche tu?", mormorò. "Anche tu
sei stata colpita dalla maledizione che ti costringe a capire il tuo prossimo
meglio che se fosse te stessa? I miei geni ti hanno trasmesso questo
fardello?".
Ma perché si trovava all’improvviso a pensare a queste cose?
Ripensò alla propria vita.
Il rapporto conflittuale con suo padre fu la prima cosa che gli venne in
mente. Ricordò di avere inviato alla propria famiglia dei biglietti per la sua
partita d’esordio in Serie A: nessuno di loro si era fatto vedere. E lui non era
stato sicuro che gli avrebbe fatto piacere. Ma a quei tempi era stato felice…
be’, quantomeno ci si era avvicinato. Allenarsi era dura, ma poi c’erano le
serate in discoteca la domenica, dopo la partita. Non che le discoteche gli
piacessero particolarmente, ma almeno c’erano delle donne. E le donne tendevano
a darla ai calciatori.
Poi l’Operazione British e la sua famiglia che moriva. Tutti, tranne sua
sorella. La guerra che scoppiava, il campionato che si interrompeva e lui che
veniva arruolato. Il punto di svolta era stato l’Operazione Tristan. Era stato
lì che si era risvegliato il suo vero io. E quella era stata la sua rovina.
"Non svegliarti mai, Chloe", sussurrò.
Ma la bambina si svegliò. Si stiracchiò pigramente tra le braccia di suo
padre e poi alzò la testa, incontrando il suo sguardo.
"Ti ho svegliata? Torna a dormire, dai. Il viaggio è ancora lungo, pensa a
riposarti".
Chloe lo guardò poco convinta, poi si accoccolò di nuovo tra le sue
braccia.
"Papà…", disse mentre aveva già gli occhi chiusi, "Non mi lasciare con quella
signorina".
"Non ti ho lasciata con lei. Sei qui con me".
"Lei non mi piace".
"Non preoccupartene. È solo una persona che, alla fine di questa missione,
non vedremo più".
"Papà… quella signorina ha detto che tu vuoi trovare una casa. Cos’è una
casa?".
"È qualcosa che avremo tra un annetto".
"È una bella cosa?".
"Le cose, di per sé, non sono belle o brutte. Dipende dal rapporto che ci
hai. Io penso che tu potrai stare bene nella casa che avremo".
"Sì, ma io voglio sapere cos’è una casa…".
"Diciamo che è un posto che non si muove mentre ci dormi".
"Allora non ci sono mai stata. Andiamo nella casa, papà?".
"Te l’ho detto, tra un annetto. Se sarò ancora vivo, avremo la nostra casa,
d’accordo?".
Nessuna risposta. Chloe si era già addormentata. Evidentemente, non si era
preoccupata per quel ‘se sarò ancora vivo’. D’altra parte, visto il lavoro che
faceva, l’aveva abituata a non contare troppo sul fatto che l’avrebbe rivisto il
giorno dopo. Sghignazzò, pensando che Rachel l’avrebbe definita una situazione
triste.
Poi si appoggiò allo schienale del sedile e gettò indietro il capo. Vide
nuovamente il cielo stellato sopra di sé e pensò a quello che aveva appena detto
a sua figlia.
Una casa…
La sua casa era su Side 2… O meglio, su quello che si chiamava Side 2 quando
lui ci era nato: anni prima, diverse colonie erano state spostate e i numeri non
erano più gli stessi di una volta.
Ma il fatto era che da qualche parte, in direzione delle stelle che stava
guardando, c’era il posto in cui era vissuto con i suoi genitori, suo fratello e
sua sorella. Che era probabilmente distrutto, visto che era rimasto coinvolto
nell’Operazione British… Poi c’era Sweetwater. Era stata in Side 2 quando ci
aveva abitato lui, ma poi era stata spostata… dove? Side 3? Non ricordava
esattamente.
Il fatto era che doveva tornare ad avere una casa. Per Chloe? Ma chi era
Chloe, esattamente? forse per il suo cattivo rapporto con la famiglia, aveva
sempre pensato che non bisognasse necessariamente amare i propri genitori. In
fin dei conti, lui non aveva chiesto che loro lo fossero, né loro avevano
chiesto espressamente che lui fosse loro figlio. I genitori, per come la vedeva
lui, erano solo due persone che, per puro caso, ti mettevano al mondo. E allora,
perché Chloe avrebbe dovuto considerarlo diversamente? Perché ne avevano passate
tante insieme? Sì, ne avevano passate proprio tante.
A volte, Daniel si chiedeva se a cambiare le sue percezioni fosse stata
davvero la morte di Lynn. Dopo quell’evento, i suoi ricordi erano confusi. In
qualche modo, era finito di nuovo sulla Terra, di nuovo nel corso di una
battaglia. Forse aveva inconsciamente cercato di ripetere quanto aveva vissuto
con Suzanne, ma stavolta era stato solo. La sua permanenza sulla Terra,
stavolta, era durata solo pochi giorni: era ripartito subito con lo Z Plus ed
era stato rispedito all’AEUG dall’Esercito Federale. Poi, aveva ricominciato a
cercarsi le sue solite avventure da una notte. Non aveva combattuto molto in
quel periodo. Nel complesso, poteva dire di avere superato abbastanza presto il
trauma della morte di Lynn. Era arrivato a chiedersi come gli fosse stato
possibile innamorarsi tanto di lei, al punto di cercare il suicidio.
La nascita di Chloe, anche per le circostanze non proprio perfette, era stata
un punto di svolta. Quando aveva saputo con certezza che sarebbe diventato
padre, aveva avuto paura. Non sarebbe mai voluto essere come il proprio, di
padre. Ma… era successo e basta. Aveva una figlia e, in qualche modo, questo lo
aveva cambiato.
Non sapeva ancora come, però.
***
"Fuori di testa…", mormorò Rachel mentre guardava i dati che comparivano
sullo schermo del computer. "È assolutamente fuori di testa…".
Seduta al tavolo di quello che era stato l’ufficio del comandante di una base
federale, osservava avidamente i numeri e le lettere che comparivano sul
monitor. La luce filtrava dalle vetrate infrante della finestra alla sua
sinistra, attraverso la quale passavano anche dei lunghi cavi di alimentazione,
che si collegavano direttamente al computer. Il pavimento sporco e impolverato,
su cui giacevano fogli sparsi e oggetti infranti, lasciava ben capire lo stato
di incuria in cui si trovava il posto. La stessa Rachel veniva di tanto in tanto
ferita dalle molle che spuntavano dalla poltrona su cui era seduta. Che ci fosse
un computer ancora funzionante lì dentro, era stato una specie di miracolo. E,
frugandovi alla ricerca di mappe del posto, aveva invece trovato qualcosa di
imprevisto.
Il contingente di soldati di Neo Zeon aveva trovato un momentaneo rifugio in
una vecchia base abbandonata dall’Esercito della Federazione Terrestre qualche
anno dopo la Guerra di Un Anno. Apparentemente, era stata una località segreta,
un posto dove venivano fatte cose che non potevano essere lasciate sapere ai
comuni mortali. I nativi del luogo, però, l’avevano trovata e, previo adeguato
compenso, l’avevano indicata alle truppe di Neo Zeon. Era un posto in cui
riposare per un po’, ma niente più: con le truppe federali alle costole, era
fondamentale oltrepassare un certo punto. Bisognava arrivare alla prossima
frontiera. Il governatore del posto era colui che sovvenzionava quel gruppo
sovversivo: una volta nel suo territorio, gli zeoniani si sarebbero potuti
nascondere abbastanza agevolmente. Il problema era che nessuno sapeva
esattamente dove si trovassero. Di conseguenza, una volta appurato che, per un
qualche miracolo, lì dentro c’era un computer che poteva funzionare ancora,
Shake aveva permesso che fosse collegato al sistema di alimentazione di un
Desert Doga per trarne un po’ di energia.
Ma Shake non apprezzava quello che stava succedendo. Era lì, nell’ufficio
insieme a Rachel.
"E allora?", chiese. "Cosa ci sarebbe di fuori di testa? Ha trovato qualche
mappa?".
"Nessuna", replicò lei scuotendo il capo. "Ma il disco che c’era nel drive di
questo computer contiene qualcosa di allucinante…".
Shake aggrottò la fronte: "E sarebbe?".
"Qualcosa che non dovrebbe esistere… È un sistema operativo per mobile suit…
Ma è impossibile… Assurdo… Non capisco come diavolo possa funzionare".
"Senta, per favore… se non c’è quello che ci interessa, lasci stare. Non
possiamo permetterci di sprecare energia per qualcosa che non ci tocca
direttamente".
"Ma sì, non c’è problema… Mi prendo il disco e lo riguardo dopo sul mio
portatile. Però è fuori di testa. Come è possibile che esista un sistema
operativo del genere?".
Shake scosse il capo e mise le mani sulla scrivania su cui il computer si
trovava: "Ma così, per curiosità… Cos’ha di tanto strano questa roba?".
"Ha presente i newtype?".
"I newtype? Come Char Aznable? Certo che li ho presenti, ma non ho mai capito
granché come… uhm… ‘funzionassero’. Voglio dire, credo che non si possa capire
cosa sia un newtype senza esserlo".
"Gente dotata di superpoteri, come nei fumetti. È dai tempi della Guerra di
Un Anno che si cerca di sviluppare armi per newtype. La Anaheim è sempre stata
all’avanguardia in questo campo, fin dai tempi dello Z Gundam. Anche il Sazabi
che usava Char Aznable era una macchina per newtype uscita dai nostri
stabilimenti. E anche il n
Gundam di Amuro Ray. Ma questo è diverso da qualsiasi cosa io abbia visto
prima".
"E in cosa sarebbe diverso?".
Rachel staccò per un attimo lo sguardo dal computer e fissò il colonnello. Le
piaceva dare spiegazioni per fare sfoggio della propria cultura: "Tipicamente,
un sistema progettato per dei newtype, come lo psycommu o il bio-sensor, è
costituito da una componente hardware e da una software che lo gestisce.
L’hardware serve per interagire fisicamente con il newtype, dato che questi
equipaggiamenti si basano sulla ricezione delle sue onde cerebrali… Il software,
invece, permette la comunicazione tra l’hardware e il computer, trasformando gli
input ricevuti in dati che possano essere elaborati per far funzionare la
macchina. Questo disco, però, fa qualcosa di senza precedenti… Contiene un
sistema operativo che riproduce gli effetti dello psycoframe che avevamo
installato sul n Gundam e
sul Sazabi, ma lo fa esclusivamente via software. Non ha un hardware di
supporto. Salta uno stadio. Il che è impossibile. Come può elaborare i dati
senza che ci sia qualcosa che li riceve? Non può, semplicemente. In questo disco
deve esserci qualcosa di sbagliato, ma… Se davvero è inutile, perché il
comandante di una base segreta che nessuno conosceva lo custodiva
personalmente?".
"Se le interessa tanto, si porti via quel disco, ma non perdiamo altro
tempo".
"E la cosa più sbalorditiva è un’altra", proseguì Rachel fingendo di non
avere sentito. "Questi dati risalgono alla Guerra di Un Anno. Quindici anni fa.
Anzi, sui documenti di testo, le annotazioni sono datate addirittura agli anni
’60. Pare sia stato elaborato in seguito dal suo stesso creatore per essere
usato su dei mobile suit, ma non riesco a capire quale dovesse essere il suo
impiego originario. Quasi trent’anni fa c’era qualcuno che aveva realizzato una
versione molto più complessa di quello che oggi è ritenuto il massimo della
tecnologia. Tra l’altro, all’epoca nemmeno si sapeva cosa fosse un newtype, a
parte che per alcune teorie di Zeon Zum Deikun".
Shake abbassò la faccia fino a metterla direttamente davanti a quella della
donna: "Per favore", scandì come se stesse parlando a una completa imbecille,
"Le ho detto che potrà studiare quella roba più tardi. Adesso pensi a
ripristinare il sistema operativo ad almeno un altro Desert Doga, poi
riprenderemo il viaggio".
***
Altri sei mobile suit. In una mezza giornata di lavoro, tanto era riuscita a
fare Rachel.
Il numero dei Desert Doga sistemati aumentava, ma quello che ora interessava
a lei era altro.
In attesa che fossero ultimati i preparativi, che avrebbero permesso al
gruppo di partire al tramonto, si era messa a sedere nella parte posteriore di
uno dei camion della carovana.
Teneva il portatile sulle gambe, guardando con interesse i dati del disco che
aveva preso dall’ufficio del comandante della base.
Erano stati protetti, ma il sistema risaliva a parecchi anni prima. Aggirarlo
non era stato difficile: il modo per farlo era noto da molto tempo.
Ma era tutto il resto a essere talmente assurdo da risultare incredibilmente
affascinante. Rachel guardava i dati di quel sistema operativo e ne era
stregata. Completamente. Alcuni file erano in un formato diverso da quelli usati
attualmente, ma convertirli non doveva essere un problema. Quello che risultava
incredibile era il concept dietro al sistema. Come diavolo era possibile che il
computer comunicasse con il pilota senza un hardware fatto apposta?
Rachel frugò freneticamente tra i documenti testuali. Erano un delirio. Il
termine ‘newtype’ non vi compariva mai, ma era evidente che ci si riferiva
proprio a questo. Anime affini. Era questa la sostanza del discorso?
Quando due persone si conoscono, impiegano tempo per sapere tutto l’una
dell’altra. Quando due persone si innamorano, lo fanno per trovare conforto o
perché vogliono ferirsi più che in qualsiasi altra situazione. Ma entrambe le
circostanze sono imperfette e fallaci: nessun essere umano può veramente
conoscere il proprio prossimo e, se anche fosse, l’accettazione sarebbe ancora
più difficile, perché vedere la realtà è quanto di più doloroso possa esistere.
La ricerca della felicità è la ricerca dell’affinità completa con le persone che
ci sono care, ma è ovvio che essa possa passare solo attraverso il contatto. Un
contatto di cui nessuno è veramente capace, perché non vi sono due individui che
si possano amalgamare perfettamente. Rossana realizzerà il contatto. Lei è la
persona migliore che esista, quindi sarà la base. Lei può fare quello che nessun
altro può. Lei sarà il perno attorno al quale girerà tutto. Perché lei può
comprendere il prossimo senza parole. Rossana comprenderà chi si avvicinerà a
lei e lo aiuterà, perché lei sa amare in maniera disinteressata.
Rachel aprì un altro documento. Ecco, questo era quasi comprensibile.
La teoria prevede che un essere umano abbia un’esistenza superiore, oltre
quella della carne mortale. Sebbene la scienza non abbia ancora dimostrato la
presenza di ciò che le religioni chiamano ‘anima’, essa esiste. Fosse anche la
semplice coscienza di sé, è inconfutabile che gli esseri viventi sappiano di
essere tali, almeno nel caso di quelli superiori, quali gli uomini. È opinione
diffusa che tale ‘anima’ sa la coscienza comune delle cellule che compongono il
corpo. Alla morte delle cellule, essa non ha dunque motivo né possibilità di
continuare a esistere. Isolando questa ‘anima’ dal corpo prima della morte
fisica, e ponendola in contatto con una persona dotata di una simile
sensibilità, però, potrebbe essere possibile…
Un mucchio di cazzate. Chiacchiere metafisiche che sembravano partorite da un
pazzo. Non tutto quel materiale era completamente estraneo a Rachel. Le parti
che teorizzavano l’emissione delle onde cerebrali dei newtype (che non venivano
chiamati così, ma la cui natura era chiarissima) le erano familiari. Ma erano
immerse in un mare di considerazioni assurde, fondamentalmente delle sparate
esistenziali, che forse volevano mettere in collegamento un qualche ideale
simil-contolista con la ricerca che chi aveva scritto quella roba stava portando
avanti.
Gli esseri superiori si riconoscono tra di loro. È per questo che Rossana
saprà capire chi si troverà di fronte. È per questo che potrà comunicare con un
proprio simile e dovrà invece limitarsi a prendere senza dare da chi non lo è.
L’imitazione di un essere umano diventerà una creatura oltre i limiti degli
esseri umani stessi. Una vita artificiale e naturale al tempo stesso, eterna e
assoluta, dotata della consapevolezza del dolore e della felicità, che trarrà da
tutta l’umanità.
Rossana? Era evidente che quello fosse il nome del sistema operativo. Ma
perché nello scritto ci si riferiva a esso come se fosse stato un essere
vivente?
Rossana cerca di comunicare. Chi riuscirà a capirla, potrà amarla. Ma solo ad
alcuni è dato di capire Rossana e non è detto che l’amore di costoro sia
corrisposto: lei sa anche odiare. La nascita dell’essere assoluto passa
attraverso tutte queste emozioni, quindi Rossana dovrà provarle, nonostante le
conosca già. Quando avrà trovato ciò che gli esseri umani cercano, Rossana
diventerà qualcosa di impensabile. A seconda della persona che l’avrà portata a
questa conclusione, potrà essere un dio oppure un demone. In ogni caso, sarà
un’esistenza al di fuori dai parametri della comprensione comune. Quello che mi
interessa è vedere come ci arriverà.
Rachel chiuse definitivamente i file di testo. Era ovvio che lì dentro non
c’era niente di utile. Ma non si arrendeva: cominciò freneticamente a esplorare
il sistema operativo in tutte le sue parti, frugandone ogni singola cartella,
spulciandone ogni singolo file, riscrivendone interi pezzi affinché potesse
funzionare su di un mobile suit più moderno…
Perdette letteralmente la cognizione del tempo, mentre le sue dita volavano
veloci sulla tastiera del portatile. Ormai era diventata un’ossessione: DOVEVA
vedere come funzionasse quella roba. Poi, arrivò a un punto che la sorprese.
Quel sistema operativo, una volta installato, poteva essere usato solo se il
disco veniva comunque tenuto nel drive. Che assurdità era questa? Perché fare
una cosa tanto scomoda? Poi le venne un dubbio. L’hardware. Possibile che…
espulse velocemente il disco dal drive e cominciò a esaminarlo. Niente. Era un
comunissimo disco su cui era possibile registrare dei dati. Lo inserì nuovamente
nel portatile: non c’era tempo per le congetture. Adesso doveva pensare solo a
sistemare il software.
***
Le esplosioni rimbombavano per tutta la base, mentre il viavai di soldati e
personale non faceva che accrescere il caos.
Facendosi strada tra la gente che, nonostante l’addestramento militare, non
sembrava ancora completamente padrona di sé, Daniel si diresse verso il Desert
Doga che gli era stato assegnato.
I federali li avevano rintracciati prima del previsto e adesso doveva
intervenire insieme agli altri piloti per respingere l’attacco. Quantomeno, ora
i Doga utilizzabili erano di più, sette… ma i nemici erano dieci e,
apparentemente, dei nuovi modelli.
Sarebbe stata dura comunque.
Daniel si mise a correre, tenendo Chloe per mano. Non aveva il tempo per
trovare qualcuno a cui lasciarla: l’unica alternativa era portarsela dietro.
Improvvisamente, si sentì afferrare per una spalla.
Era Rachel: "Sali su quel Desert Doga", disse indicando un mobile suit
inginocchiato a una ventina di metri.
Daniel si bloccò per un attimo. Era stato sul punto di salire sull’unità che
gli era stata assegnata quando era stato fermato da lei.
"Salire su quello?", domandò perplesso. "E perché?".
"Gli ho fatto il Trattamento Rachel. È lì apposta per te".
Daniel pareva sempre più dubbioso: "Cosa significa?".
"Troppo lungo da spiegare, fidati di me. Usa quel mobile suit".
"Ma come puoi pretenderlo, se non so nemmeno cosa abbia di diverso dagli
altri?".
Ignorando Chloe, che si stava mettendo fra di loro, Rachel lo afferrò per il
colletto della polo con entrambe le mani: "Ti prego, Daniel. Prendilo come un
favore personale che ti chiedo. Non ho tempo di spiegarti cosa ho fatto a quel
mobile suit, ma usalo. Se abbiamo una speranza, è quella. Il peggio che ci può
capitare è morire, no? Quindi può solo andarci meglio, ti pare? Per favore, fai
come ti dico".
Daniel restò impassibile per un attimo. Poi, mise una mano sulla testa della
figlia: "Potresti dare un’occhiata a Chloe mentre sono via?".
"Certo", rispose lei sorridendo.
Daniel si chinò, in modo da stare alla stessa altezza della bambina:
"Pazienta solo per questa volta, ve bene?".
Chloe lo guardò con gli occhioni lucidi: "Avevi detto che…".
"Per favore, Chloe… È un’emergenza. Solo per questa volta, d’accordo? Quando
la missione finirà, non la vedremo più, no?".
Lei mugugnò qualcosa, che Daniel decifrò come un "Sì, però sei uno
stronzo".
Amen. Se sua figlia era già sboccata a quattro anni, poteva prendersela solo
con se stesso.
Corse verso il mobile suit che Rachel gli aveva indicato.
Lei lo guardò allontanarsi. Un dio o un demone… In quel preciso momento,
vedere l’esistenza assoluta di cui parlavano gli appunti era la sua
priorità.
***
Nuovi modelli…
Ma nessuno si sarebbe aspettato qualcosa di simile.
Nonostante somigliassero a dei Jegan, questi mobile suit avevano qualcosa di
molto diverso.
Sembravano pattinare sul terreno grazie a dei cuscini d’aria che emanavano
dalle gambe e dalla corazzatura alla cintola.
Daniel pensò che, in questo, somigliassero parecchio ai Dom che aveva visto
durante la Guerra di Un Anno, anche se l’aspetto era molto diverso.
Ma non era questo a preoccuparlo.
Sfruttando la propria agilità superiore, questi Jegan stavano abbattendo uno
dopo l’altro i Desert Doga. Il Geara Tank era stato il primo a cadere: non aveva
fatto in tempo a sparare nemmeno un colpo di fronte alla velocità di questi
nemici.
Uno solo degli attaccanti era stato distrutto: forse troppo sicuro di sé, si
era spinto in profondità tra le linee nemiche de era stato circondato. Ma gli
altri sembravano avere imparato da questo errore: avevano stretto un fronte
compatto e incredibilmente più veloce di quello avversario e avanzavano
annientando un nemico a ogni passo.
Mentre tutto questo accadeva, Daniel era ancora alle prese con la propria
macchina, la decima del gruppo dei difensori.
Che diavolo aveva? Perché si muoveva così lentamente?
Era quello il ‘Trattamento Rachel’?
Maledisse se stesso per essere stato a sentirla.
Ma ormai era troppo tardi. I nemici erano rimasti in nove, ma le forze di Neo
Zeon contavano ormai un totale di quattro mobile suit ancora operativi.
"E muoviti!", sibilò Daniel rabbiosamente.
Fu solo allora che percepì qualcosa.
Un grido.
Anzi, no… era un ringhio… rabbia… frustrazione…
Si mise le mani tra i capelli e si piegò su se stesso: era come se stesse
ricevendo un assalto ai suoi sensi e alle sue percezioni: si sentiva
letteralmente il cervello esplodere.
In quel turbinare di sensazioni caotiche, riusciva quasi a distinguere delle
parole: "Uomo… uomo… Tu sei un uomo… Tu vuoi solo usarmi. Sei un uomo e, come
tale, badi solo ai tuoi istinti più bassi… devi morire".
Ma che cazzo…?
Chi diavolo era?
Era una donna, di questo Daniel era sicuro… Anche se non avrebbe saputo dire
come.
Per un attimo, ricordò in quale realtà si trovasse e si guardò freneticamente
attorno.
Quei Jegan stavano accerchiando la squadra dei Desert Doga sfruttando la
propria mobilità, mentre i mobile suit di Neo Zeon sparavano freneticamente
verso avversari di cui non riuscivano nemmeno a seguire i movimenti. Quando un
raggio partiva da un Doga, si perdeva nel vuoto immenso del deserto. Quando un
raggio partiva da un Jegan, colpiva puntualmente il nemico.
Mentre altri due Desert Doga si schiantavano al suolo accanto a lui, Daniel
vide un raggio purpureo sibilargli accanto, sfiorando un braccio del suo mobile
suit. L’arto non si staccò per puro miracolo, ma la strumentazioni indicava
chiaramente che era fuori uso.
E il Desert Doga non accennava a muoversi.
"Muori!", sibilò la voce. "Tu hai una figlia e la odi! Tu hai una figlia e la
sacrifichi! Esattamente come hai sacrificato me!".
"Ma che cazzo stai dicendo?", esplose Daniel all’improvviso. "Chi diavolo sei
tu?".
"Io ti odio! Io ti odio come tu odi tutto il mondo!".
"Cosa? Ma chi sei?".
Merda… Si metteva male.
Altri due Desert Doga caddero. Il raggio del nemico stavolta centrò la gamba
destra, mandando il mobile suit di Daniel seduto a terra. Non capì nemmeno lui
come avesse fatto a evitare di schiantarsi frontalmente al suolo.
"Io ti ho amato davvero", riprese la voce. "Quando ho visto dentro di te,
però, ho capito che tu mi vedevi solo come una cavia! E mi hai odiato quando hai
capito che tua figlia non era come me!"
"Ma chi cazzo sei tu? Cosa c’entra mia figlia?".
Ci fu un attimo di silenzio, come se la voce stesse riflettendo su
qualcosa.
Poi riprese: "Tu hai una figlia?".
"Ma sei rincoglionita? Hai passato tutto questo tempo a parlarmene e adesso
mi chiedi se ho una figlia? Certo che ce l’ho!".
Daniel era a malapena consapevole dei raggi che sfioravano il suo mobile
suit, facendone saltare prima la copertura della spalla destra, poi metà di
quella sulla testa, lasciandone la parte sinistra esposta, il monoeye spento e
inerte. Se quei soldati stavano mancando dei colpi contro un avversario fermo,
significava che stavano ancora cercando di attaccare i suoi compagni, che
evidentemente stavano continuando a muoversi.
"Hai una figlia?", chiese di nuovo la voce.
"Io… sì, ho una figlia".
"Però… la odi".
"No. Non la odio. Io… voglio andare a vivere con lei in una casa".
"Casa… Un tempo io avevo una casa. E una figlia. E un marito". A quest’ultima
parola, nella voce comparve una nota di amarezza.
"Ma chi sei?".
"Sono… sono una madre. E una moglie".
Daniel Sogghignò: "Be’, io non sarò un marito, ma sono un padre. E non morirò
qui. Come ha detto Rachel, se dovessi essere ucciso adesso, tutto quello che ho
fatto per Chloe sarebbe inutile, no?".
"Chloe… Tua figlia…".
"Già, mia figlia".
"Tutto quello che hai fatto per lei… Combattere… Non tutte le tue decisioni
sono state per il suo bene… sei stato anche egoista".
"Non si può pretendere che gli esseri umani siano perfetti. È assurdo credere
che le persone, fossero anche le persone che ami, facciano sempre quello che tu
ti aspetti. Ma ora so cosa voglio. Ora so cosa sia la mia normalità. E voglio
che lo rimanga".
"Normalità… La mia normalità era la mia famiglia… Ma poi è stata proprio la
mia famiglia a farmi soffrire… anzi, mio marito… Ma era la mia famiglia. La
rivoglio".
In quel preciso istante, Daniel si rese conto che tutti i suoi compagni erano
stati abbattuti. I Jegan si erano fermati. Tre di essi si stavano avvicinando a
lui. Uno dei tre calciò la beam machinegun, strappandola di mano al Desert Doga.
Un altro sganciò malamente lo scudo dal braccio sinistro della macchina.
Pensavano di prenderlo prigioniero, evidentemente. Ecco perché non l’avevano
attaccato. Gli altri Jegan, però, si stavano avvicinando alla base…
Fu un attimo. Il caposquadra dei mobile suit federali, che stava conducendo i
suoi sei compagni verso le forze nemiche rimanenti, sentì un bizzarro rumore
metallico. Si girò, guardando nel panoramic monitor i tre subalterni a cui aveva
ordinato di catturare il pilota del Geara Doga caduto.
Per un attimo, sembrò che il tempo attorno ai tre si fosse congelato. Le
sagome dei Jegan circondavano il mobile suit di Neo Zeon, impedendo di vederlo
con chiarezza.
Poi, qualcosa esplose.
Fu come se un’eruzione vulcanica si fosse improvvisamente scatenata nel bel
mezzo dei mobile suit.
Tutti e tre i Jegan vennero scagliati in aria insieme a una gran nube di
sabbia, mentre i loro corpi si fracassavano come sotto l’effetto di un tornado
che li squartava con una potenza prorompente.
Poi, una luce.
Una singola, piccola, penetrante luce rossa.
Un monoeye acceso, fisso e minaccioso come l’occhio del destino.
Il Desert Doga, con la parte sinistra della corazzatura della testa
distrutta, era lì, in piedi, in mezzo alla sabbia che turbinava ancora, mentre
attorno a lui piovevano i pezzi di lamiera che erano le carcasse dei tre mobile
suit federali.
I piloti federali restarono per un attimo paralizzati.
Che diavolo era successo?
Perché i loro compagni erano stati distrutti?
E poi… come poteva quel Geara Doga restare in piedi?
Erano chiaramente visibili i danni alla sua gamba e al suo braccio… non
sarebbe dovuto essere in grado di muovere quegli arti. Eppure, stava camminando
lentamente per uscire dalla nube di sabbia che esso stesso aveva sollevato.
Due dei Jegan rimasti alzarono i beam rifle e fecero fuoco. I loro raggi
attraversarono il vuoto.
Il Doga era sparito.
Qualcuno sollevò la testa e lo vide.
Come diavolo aveva fatto a saltare così in alto? Non ci sarebbe potuto
riuscire nemmeno se fosse stato a piena efficienza, men che meno con una gamba
in quelle condizioni.
Raggi purpurei sibilarono attorno alla sagoma del mobile suit di Neo Zeon,
senza mai riuscire a trovare il bersaglio. Era come se riuscisse a spostarsi in
volo, anticipando di un istante le traiettorie degli attacchi nemici.
Quando il Desert Doga atterrò, si trovava al centro della formazione dei
Jegan.
Aprì la mano e la vibrò con forza contro uno dei mobile suit nemici.
Come sospinto da un’ondata invisibile, l’avversario venne sbalzato via,
mentre il corpo del suo Jegan crollava in pezzi.
Poi, il Desert Doga si girò rapidamente e fece la stessa cosa con il nemico
alle sue spalle. Stavolta, la macchina antropomorfa si andò a schiantare contro
un suo compagno, facendogli fare la stessa fine.
Il Desert Doga si spostò di lato, giusto in tempo per evitare il fendente di
una beam saber vibrato dal Jegan alle sue spalle.
Approfittando dello sbilanciamento del mobile suit nemico, Daniel lo colpì al
petto con un calcio, spendendo la sua carcassa a schiantarsi al suolo.
Poi, il Doga color sabbia si girò verso i due avversari rimasti.
Erano immobili.
Uno dei due sollevò il beam rifle.
Il Desert Doga lo scagliò via colpendolo con una mano e si avvicinò al mobile
suit. Alla testa, un Desert Doga era poco più alto di un Jegan. Con quel monoeye
scarlatto brillante, sembrava colossale.
Alzò minaccioso una mano.
Poi la calò con forza.
La macchina federale crollò in pezzi, schiacciata come una lattina vuota
pressata sotto un piede.
L’ultimo Jegan rimasto si girò velocemente e fece per fuggire.
Con un balzo che sfidava la forza di gravità, Daniel lo raggiunse,
afferrandolo per un polso. Con un deciso movimento del braccio, lo scagliò in
aria.
Aspettò che ricadesse fino all’altezza giusta. Menando con la mano un
fendente impossibile, lo tagliò in due al livello della cintola.
***
Mentre i soldati di Neo Zeon che vedevano avvicinarsi il Desert Doga di
Daniel erano letteralmente a bocca aperta.
Alcuni esplosero in grida di gioia, altri erano semplicemente ammutoliti.
Quando il mobile suit fu arrivato nei pressi della base, accadde
qualcosa.
Sembrò che le giunture e la parti danneggiate, che erano rimaste insieme fino
ad allora per un qualche miracolo, cedessero di schianto.
Il Desert Doga crollò al suolo con un fragore assordante.
"Papà!", gridò Chloe correndo verso il mobile suit facendo lo slalom tra gli
adulti attorno a lei, mentre Rachel cercava disperatamente di starle dietro.
Arrivarono vicino al piede del Doga, prima di vedere l’abitacolo che si
apriva.
La figura di Daniel ne uscì goffamente, saltando a terra con un balzo
insicuro.
Chloe gli abbracciò le gambe e scoppiò in lacrime.
Lui ne sembrò a malapena consapevole.
"Tutto a posto?", chiese Rachel, raggiungendolo trafelata.
Il terzo ad arrivare, sempre di corsa, fu Shake: "Comincio a capire perché
lei sia tanto richiesto", commentò. "Ma come diavolo è riuscito a fare dei
numeri del genere? Un Desert Doga non dovrebbe essere in grado di muoversi a
quel modo…".
Non ci fu risposta per alcuna domanda.
Daniel crollò al suolo.
***
Daniel si svegliò con un gran mal di testa.
Si guardò attorno disorientato.
La prima cosa di cui si rese conto fu che era stato adagiato su di una branda
immediatamente al di fuori della base dove si erano fermati. Attorno a lui, i
soldati sembravano essere intenti a preparare una nuova partenza. Il che era
anche prevedibile.
La seconda cosa di cui si accorse fu la presenza di Rachel e Chloe accanto a
lui.
"Sono stata brava, eh?", domandò la donna.
Daniel si mise stancamente a sedere: "Nel senso che ti sei presa cura di
Chloe mentre io ero via?".
La bambina mugugno qualcosa e afferrò il padre per un lembo della polo. Lui
le carezzò lentamente la testa.
"Anche", rispose Rachel. "Però devi ammettere che il mio trattamento
personale su quel Desert Doga non è stato niente male, eh?".
"Ma che cazzo era? Quella voce là dentro era opera tua?".
"Eh? Voce? Quale voce?".
"Rossana", replicò Daniel, senza sapere nemmeno lui come facesse a conoscere
quel nome.
Rachel spalancò gli occhi. Un newtype. Era andata così… Rossana aveva
comunicato con un newtype e quello era stato il risultato.
"Daniel…", chiese avendo quasi paura a farlo, "Tu… sei un newtype?".
"Così dicono", rispose lui scuotendo il capo. "Quel sistema operativo ha a
che vedere con questo?".
"Sì. Decisamente sì".
"È qualcosa che mi ha rimestato nel cervello in qualche modo?".
"No… non credo, ma… cosa ti è successo esattamente?".
Cingendo con un braccio le spalle di Chloe (senza nemmeno capire bene
perché), Daniel raccontò a Rachel quello che era accaduto durante il
combattimento. Le disse di come avesse percepito quel sistema operativo alla
stessa maniera che se fosse stato un essere umano e di come, dopo averlo
inizialmente rifiutato, Rossana lo aveva accettato sapendo che era padre.
Nonostante stesse parlando di cose che non aveva mai raccontato, questo non lo
infastidì più di tanto. Forse aveva passato troppo tempo tenendosi dentro
qualcosa che avrebbe voluto esprimere. E si ritrovò a pensare che, forse, le
difficoltà nel comunicare derivava più dal non volerlo fare che
dall’impossibilità di farlo.
Dopo avere ascoltato il racconto, Rachel incrociò le braccia pensosamente.
"Sai che io non ho mai studiato direttamente il materiale sviluppato per i
newtype? Conosco la teoria, ma di quella roba si occupa un’altra divisione. E,
da quanto dicevano i miei colleghi, mi ero fatta un’idea delle cose molto
diversa da quella che ho adesso".
"Sì? E cosa ci sarebbe di tanto diverso?".
"Be’… alla Anaheim ti spiegano solo che un newtype è un tizio che ha delle
onde cerebrali diverse da quelle di un essere umano". Si morse il labbro,
capendo di avere fatto una gaffe. "Volevo dire di un non-newtype".
Daniel sghignazzò: "Non importa. Ho sentito dire cose del genere parecchie
volte".
"Uh… be’, scusa lo stesso. Dicevo, alla Anaheim ti spiegano giusto quello che
serve fisicamente per far funzionare le armi per newtype. La teoria secondo cui
le onde cerebrali non vengono bloccate dalle particelle Minovsky e possono
quindi essere usate per muovere a distanza delle derive con le quali effettuare
degli attacchi a tutto campo. È un concept derivato direttamente dalle ricerche
che l’Istituto Flanagan fece per l’Esercito Regolare di Zeon, che portarono alla
nascita di armi come gli INCOM e i bit. Oggi esistono delle strutture che
consentono di ricorrere agli INCOM anche ai comuni soldati, ma roba come i bit o
i funnel continuano a essere esclusivo appannaggio dei newtype. Però… non avevo
mai pensato che questo potesse avere degli effetti così drastici sulla mente di
chi ne faceva uso".
"Suppongo che non avessi nemmeno gli strumenti per farlo".
"In effetti, no. Ma, se solo ci avessi pensato un po’ su, forse ci sarei
arrivata. Avevo letto una documentazione riguardo uno psycommu system impiegato
durante la Guerra di Un Anno, che tendeva a causare forti emicranie ai newtype
che lo usavano… Insomma, volendoci riflettere, era chiaro che non fossero tutte
rose e fiori".
Daniel prese in braccio Chloe, come a voler cercare sicurezza in quel
contatto : "Durante l’ultima guerra, incontrai un ufficiale che mi disse una
cosa strana… Era un newtype anche lei… sì, era una donna… Mi raccontò che, tanto
tempo fa, le era stato detto che quelli come noi potevano rappresentare la
speranza che gli esseri umani si capissero a vicenda semplicemente volendolo. Ma
lei era arrivata alla conclusione che nessuno vuole veramente capire il
prossimo. Lei stessa era fuggita da questa sua possibilità per anni, per paura
di quello che avrebbe visto se avesse cercato di comprendere le persone che le
stavano attorno. Forse questo è vero non solo per i newtype. Forse anche chi non
lo è potrebbe superare i problemi di comunicazione semplicemente parlando e
dicendo quello che pensa, senza farsi condizionare dalla paura. Alla fine, gli
esseri umani non sono che animali che badano al proprio interesse immediato,
esattamente come tutti gli altri. Non dobbiamo necessariamente vergognarcene…
però, se vogliamo, abbiamo una possibilità in più, anche se non siamo
newtype".
"Stai dicendo che alla fine i newtype non sono tanto diversi da chi non lo
è?".
"Sto dicendo che non sono semplicemente gente che muove funnel con il
pensiero. E che non sono necessariamente ciò che vorrebbero essere".
"Io… voglio dire… non è che ritenessi i newtype persone senza emozioni, però
li avevo sempre visti come parte del mio lavoro, nient’altro. Cioè, quando vendi
qualcosa a un cliente, non ti preoccupi di come si senta, no?".
"Non dico che tu debba farlo. Ognuno ha i suoi problemi ed è assurdo
pretendere che gli altri si interessino ai tuoi. A ciascuno i propri guai
sembrano sempre i più gravi, so che è banale dirlo. Ma non fraintendere, non è
che un newtype sia una persona perennemente sofferente, eh… O almeno, io non lo
sono. È semplicemente qualcuno che ha qualche problema, come tutti".
Rachel sorrise: "Sai, dopo averti sentito dire queste cose, immagino che tu
sia davvero un newtype. Anche se sembrerebbe un discorso sensato alle orecchie
di chiunque, credo che ci siano pochissime persone a metterlo in pratica. Alla
fine, chi ha qualcuno a cui tiene preferisce far pesare su di lui i propri
problemi e usarlo come una valvola di sfogo per le proprie frustrazioni… anche
quando non ne è la causa. Il fatto è che gli esseri umani sono deboli e non sono
in grado di vivere senza appigli".
"Come puoi comprendere, per me è piuttosto difficile far capire a qualcuno
quali siano i miei problemi, dato che la maggior parte delle persone che ho
incontrato non ha lo stesso metro di paragone… Anzi, ne ho incontrata solo una
che lo avesse. Ma forse, pensando a lei, in questi anni non ho fatto altro che
cercare qualcuno che potesse sostituirla, senza rendermi conto che io stesso
avrei potuto fare qualcosa per aiutarmi. Non è necessario che il tuo prossimo
sia identico a te perché abbia la sensibilità di capirti. Credo che sia perché
mi ero dimenticato di questo che ho avuto certi problemi. Comunque, al momento,
li sto mettendo da parte. Mi basta non farli pesare su Chloe, degli altri non mi
importa".
"Non pensavo che avrei detto una cosa del genere di chi ha ucciso tanta
gente, ma… sei una brava persona, sai?".
"Chi, io? E perché mai? Perché ho ucciso tanta gente e tu sei
misantropa?".
"Perché ti sei trovato nel bel mezzo di una guerra e hai fatto ciò che non
potevi evitare… forse hai perso qualcosa lungo la strada, ma sento che hai la
volontà che serve per recuperarlo, anche grazie a tua figlia".
Daniel scoppiò a ridere: "Sì, forse". Strinse Chloe a sé. "Forse", ripeté. O
forse, pensò, stava semplicemente usando la bambina come un appiglio… E questo
non cambiava la sua debolezza.
"Per certi versi, io ti invidio. Sono diversa da te. Mi sono iscritta
all’Istituto di Ingegneria di Von Braun City perché i miei genitori erano
convinti che lì avrei potuto ottenere un’istruzione che mi avrebbe permesso di
trovare un lavoro sicuro… Anche se significava allontanarmi da casa, feci quello
che mi dissero… Principalmente perché non volevo dare loro un dispiacere,
nonostante la cosa dispiacesse a me… Poi, quando la Anaheim Electronics divenne
praticamente proprietaria della scuola, feci uno stage su di un incrociatore
federale, dove conobbi una persona che svolgeva il lavoro che un giorno sarebbe
stato il mio. La presi istintivamente a modello… Forse, al momento, pensavo che,
essendo più esperta di me, potesse insegnarmi molte cose… Ma adesso sono
arrivata a credere di avere semplicemente cercato un appiglio, proprio come te.
Ho fatto quello che mi hanno detto i miei genitori, ho fatto quello che mi ha
detto quella persona, ho fatto anche quello che mi hanno detto gli uomini con
cui sono stata. Sono sempre stata abituata a fare quello che mi veniva detto,
perché, per un qualche strano motivo, mi era stata inculcata la convinzione che
fosse l’unico modo per farmi apprezzare. Forse questo mi aveva fatto perdere la
capacità di scegliere quello che volevo fosse importante per me, prendendo
semplicemente ciò che mi arrivava e definendone il valore sulla base delle
persone che mi stavano attorno. Ma è più probabile che fossi troppo occupata a
farmi amare dagli altri per amare me stessa. Avrei decisamente dovuto pensare di
più a quello che davvero volevo. Credo che adesso questo sarà il mio unico
scopo: inseguirò ciò che davvero desidero e farò tutto quanto sarà in mio potere
per non farmelo sfuggire".
"E adesso cosa desideri?".
Rachel sembrò pensarci un attimo, poi rispose: "Be’, sono quattro anni che
cerco di smettere di fumare, ma non sono mai riuscita a trovare abbastanza forza
di volontà, suppongo… Finirò il pacchetto di sigarette che ho adesso e poi ci
proverò seriamente".
"Se stare vicino a un newtype ti fa questo effetto, dovresti starci più
spesso", disse Daniel sarcastico.
"Ma falla finita!", replicò lei colpendolo alla spalla con un debole
pugno.
Bastò a farlo piegare: "Ehi, guarda che sono ancora pieno di lividi!".
Rachel sorrise: "Sai, credo che sia bello dare sfogo alla propria logorrea
ogni tanto".
"Sono d’accordo. Non si trova spesso gente disposta ad ascoltare questo mare
di cazzate".
Risero entrambi di gusto, senza sapere esattamente perché.
Chloe era l’unica a non divertirsi.
Si rifugiò ancora di più tra le braccia di suo padre.
Non sapeva se quella situazione le piacesse o meno…
***
Rachel spalancò gli occhi. Impossibile. Assolutamente impossibile.
Era tornata a sedersi nel retro del camion sul quale si era già messa in
precedenza e aveva aperto nuovamente il proprio portatile. Perché aveva da fare
qualcosa di più interessante che reinstallare i sistemi operativi dei Desert
Doga.
Quando aveva inserito nuovamente il disco di Rossana nel proprio computer,
ciò che era comparso sullo schermo era stato anche più incredibile di quanto
aveva visto inizialmente.
I dati all’interno del disco erano cambiati. Come diavolo era successo? In
precedenza, lavorando alle modifiche da apportare al sistema operativo per
renderlo compatibile con i mobile suit moderni, si era accorta che sarebbe
potuto funzionare solo tenendo il disco stesso nel drive della macchina su cui
sarebbe girato e che alcuni dei file da convertire interferivano con questa
funzione, con il rischio di rendere il programma inutilizzabile. Il che aveva
reso sostanzialmente inutile creare un’altra versione del sistema: doveva essere
usato quell’esemplare specifico.
Resasi conto di questo, Rachel aveva installato sul computer del Desert Doga
su cui aveva già messo Rossana un programma che convertiva i file fastidiosi in
tempo reale. Sorprendentemente, questo non aveva nemmeno rallentato le funzioni
della macchina; nemmeno lei aveva ben capito perché.
Adesso, però, le cose sembravano essersi complicate.
Era come se qualcuno avesse scritto dei nuovi dati sopra quelli già presenti
nel disco. In effetti, il disco in questione era riscrivibile. Ma perché mai
Daniel avrebbe dovuto fare una cosa del genere? Nel bel mezzo della battaglia,
per di più. Come era possibile che si fosse riscritto da solo? Doveva esserci
qualcosa che attivava questa funzione…
Ma come le era potuto sfuggire al primo esame?
Impiegò qualche secondo a rendersi conto che Al era di fianco a lei. Se non
fosse stato che stavolta indossava la giacca dell’uniforme di Neo Zeon, aperta
sul davanti e con le maniche arrotolate, sarebbe stato identico a come lo aveva
visto la prima volta.
"No, senti…", gli disse muovendo la mano con un gesto stizzito. "Mi dispiace
per la mia scortesia, sia per l’altra volta che per adesso… Però in questo
ìomento ho veramente delle cose urgenti di cui occuparmi".
"Anch’io", rispose lui. "E comunque, non sono qui per lo stesso motivo per
cui ti ho cercata l’altra volta".
Rachel lo guardò un po’ sorpresa: "Ah, no? E perché, allora?".
Al sghignazzò, come a voler dare di sé l’idea di qualcuno che la sapesse
lunga: "Ho sentito dire che hai trovato qualcosa di interessante nella
base".
"E se così fosse?". "Oh, vedi, il punto è semplicemente che quella
potrebbe essere roba mia. Perché, vedi, Rossana mi appartiene per diritto
ereditario".
Quasi a volerlo proteggere, Rachel fece per chiudere il computer. Poi si
diede della stupida: questa azione aveva dimostrato che lei sapeva di cosa Al
stesse parlando. Ma come poteva saperlo?
Sembrò che lui rispondesse al suo pensiero: "Mio zio era un generale federale
che si occupava anche di alcuni progetti segreti. Quello a cui teneva di più era
un sistema operativo che potesse permettere di pilotare un mobile suit in
maniera estremamente efficiente. Era anche interessato alle ricerche sui
newtype, non perché volesse usarle per il bene dell’Esercito, ma perché pensava
di venderne i risultati al miglior offerente. Fu per questo che buona parte
della sua carriera militare dalla Guerra di Un Anno in poi ebbe a che vedere con
certa gente".
Rachel si ritrasse istintivamente. Quell’uomo le sembrava ora tremendamente
sinistro.
Al si avvicinò per mantenere inalterata la distanza fra di loro e proseguì:
"Quello che tu stai esaminando è ciò che mio zio chiamava OOPART. In realtà, gli
diede questo nome molto tempo dopo averlo visto per la prima volta, solo quando
si rese conto che era stato un programma in anticipo sui tempi. Perché, vedi,
mio zio affidava buona parte delle proprie ricerche sui sistemi operativi a un
pazzo geniale, un tale Gerard Kemp. Che io sappia, era in manicomio fino a un
paio di anni fa, ma non ho idea di dove sia finito adesso. Rossana è il primo
stadio di un sistema operativo rivoluzionario, ma a mio zio non piacque, perché
poteva essere usato solo da dei newtype. Fu per questo che si aspettava da Kemp
qualcosa che fosse alla portata di piloti qualsiasi. Ma alla fine, nonostante
tutti i tentativi, Rossana rimase l’esperimento meglio riuscito. Il gran numero
di armi per newtype sviluppate durante la Guerra di Gryps fece capire a mio zio
che questo sistema operativo poteva essere una fonte di guadagni enorme… Il
problema di mio zio, però, era il suo essere irrimediabilmente stronzo. Quando
il suo testamento fu aperto, all’inizio dell’88, nemmeno lui sapeva esattamente
dove fosse finito l’OOPART. Anzi, secondo me pensava fosse irrimediabilmente
perduto e proprio per questo ha invitato me e gli altri suoi eredi a cercarlo.
Una delle sue solite vendette da imbecille… Una ripicca per chissà cosa gli
avevano fatto i suoi parenti…".
Rachel deglutì. Quel tizio le stava presentando le cose come se fossero stato
troppo facili. Rossana non era così facilmente controllabile e soprattutto… Era
replicabile? Poteva essere copiato in qualche modo? Aveva un’effettiva utilità
in battaglia? Il sistema operativo di cui stava parlando non era affatto
semplice da gestire per il pilota... E se lo zio avesse saputo tutto e questo
fosse stato il suo ultimo scherzo?
E poi… Gerard Kemp… Era stato il capo dello staff tecnico dell’Utrecht… Lui…
La persona che aveva progettato il sistema operativo del Blossom, secondo quanto
le aveva detto le professoressa Raimondi. Quello stesso sistema operativo del
quale le era stato rivelato pochissimo, mentre lei aveva lavorato sui computer
dei GM. Ricordava che c’erano state delle circostanze strane che avevano
determinato la distruzione del GP00… David, con il quale aveva avuto una breve
storia all’epoca, gliene aveva parlato, tra mezze parole e racconti estremamente
confusi… Il nome di Alice… C’entrava qualcosa con Rossana? Rachel stava
cominciando a mettere insieme qualche pezzo di un puzzle molto più grande di
quanto si fosse immaginata. Era incredibile quanto beffardamente i fili del
destino si stessero intrecciando.
"Tu conosci l’esatta natura di Rossana?", domandò con un fil di voce.
"Più o meno", replicò Al. "Vuoi saperla anche tu? E perché no? Alla fine,
sarà sufficiente che tu mi consegni il disco… Sembra che Kemp fosse riuscito a
trovare quello che generazioni di filosofi e scienziati hanno cercato. Kemp ha
isolato la scintilla vitale. L’anima, se vogliamo. Un’anima chiusa in un
supporto ottico. Non era la semplice riproduzione di schemi mentali di un essere
vivente, era una vita vera e propria trasferita in un oggetto. Non essendo più
nel corpo, questo moriva. Ma non era un’anima qualsiasi. Rossana era la moglie
di Kemp e, a quanto ne sono riuscito a capire, era una newtype. Questo significa
che nel disco che hai trovato non è presente una semplice esistenza umana, ma
una mente capace di comunicare istintivamente con il prossimo, comprendendolo ed
entrandovi in contatto".
Rachel si alzò in piedi. Per quanto folle potesse essere, adesso la faccenda
sembrava acquisire una qualche logica. Il disco non aveva bisogno di hardware
perché comunicava con il pilota attraverso i poteri newtype dell’anima che vi
era stata trasferita… Rabbrividì. Non si era mai veramente posta il problema di
cosa fosse un newtype. Le era stato detto che questi esseri umani assurdi, che
andavano sotto tale fantasiosa denominazione, avevano dei poteri strani. Le era
stato detto che potevano controllare a distanza delle armi tramite le proprie
onde cerebrali e che, sempre grazie a esse, potevano interfacciarsi con certi
sistemi elettronici per pilotare dei macchinari usando solo il pensiero. Questo
era quello che insegnavano alla Anaheim Electronics. Niente di più, niente di
meno: erano le informazioni necessarie per fare soldi sui freak chiamati
‘newtype’. Ma… dopo avere visto le condizioni di Daniel quando era sceso dal
Desert Doga, dopo avere parlato direttamente con lui e dopo avere sentito questi
discorsi sul collegamento mentale, si stava chiedendo se davvero questi newtype
non fossero niente più che armi da usare in battaglia.
Cosa significava essere un newtype? Come si sentiva un uomo che poteva
percepire l’animo dei suoi simili? Lei stessa aveva spesso pensato che le
persone fossero cattive e intrattabili. Tutti dicevano ‘Ho un carattere
difficile’… E quando mai si incontrava qualcuno con un carattere facile? Un
newtype poteva vedere oltre tutto questo? Poi, d’improvviso, le venne in mente
quello che Daniel le aveva detto circa la madre di Chloe e il suo trauma
infantile. Lui l’aveva visto? Le aveva letto nel pensiero quelle cose terribili
di cui nemmeno la diretta interessata era stata consapevole?
"Sei rimasta paralizzata dalla rivelazione?", la canzonò Al con un
sorrisetto. "Ora gradirei piuttosto che tu mi consegnassi il disco. Sai com’è,
sono soldi e negli ultimi anni ho seriamente pensato che procurarmi quella roba
fosse impossibile".
"Impossibile?", Rachel strinse a sé il portatile. "Perché nemmeno tuo zio
sapeva dove fosse?".
"Eh, già. Ma ti dirò, è stata una fortuna che il fratello di mio zio, cioè
mio padre, si sia sposato su Side 3. Ed è stata una fortuna che i miei genitori
si siano trasferiti su Axis dopo la guerra di indipendenza e che noi si sia
tornati proprio quando quell’idiota è morto. Ma le indicazioni che il caro
zietto aveva lasciato erano frammentarie… Riteneva che una copia di Rossana
potesse trovarsi negli alloggi di Kemp su Side 3; purtroppo, commisi l’errore di
lasciare in giro le mie annotazioni, con il risultato che il mio diretto
superiore se ne impadronì e guidò personalmente una spedizione per cercare di
recuperare questa roba, che evidentemente lo interessava. Fortunatamente, la
missione fallì a causa dell’intervento di un contingente dell’AEUG e questo mio
superiore, che non aveva certo rivelato ai suoi subalterni cosa fosse andato a
cercare, fu catturato. Poi seppi che era morto durante la prigionia. Ebbi modo
di recarmi a casa di Kemp solo dopo il conflitto e non trovai niente di
interessante. Secondo il testamento di mio zio, c’era solo un altro posto dove
si sarebbe potuto trovare l’OOPART: la base in cui siamo stati. Pare che Kemp vi
abbia passato qualche anno dopo la fine della guerra di indipendenza.
Naturalmente, io avevo già abbandonato ogni speranza. Non pensavo certo che in
questa base si potesse trovare ancora qualcosa di integro… Eppure, quando mi
hanno detto che avevi rinvenuto un programma funzionante, non ho potuto fare a
meno di pensare al testamento… Non c’è che dire, sono stato davvero fortunato. E
adesso, se vuoi consegnarmi il disco… Ah, naturalmente devi darmi anche il
computer, giusto per accertarmi che tu non abbia copiato il materiale da qualche
parte...".
Rachel fece un altro passo indietro, solo per sentire la propria schiena
contro la parete del camion. "Il computer mi serve per lavorare", disse.
Al scosse il campo: "Mi dispiace, temo che dovrai farne a meno. Se vuoi,
spiegherò ai tuoi superiori che te l’ho rotto io e te lo ripagherò. Non
preoccuparti, non ho intenzione di farti del male. Voglio solo assicurarmi che i
miei potenziali clienti non possano comprare quella merce da altri".
Tese la mani, come a voler ghermire il portatile che la donna stava
avvolgendo tra le proprie braccia.
Lo afferrò e tirò con forza verso di sé. La lotta fu breve: Al era
decisamente più forte di Rachel. Ma questo non era necessariamente un bene.
Nessuno dei due capì esattamente come andarono le cose: Al strappò il portatile
dalle braccia di lei, ma, in qualche modo, perdette l’equilibrio. Forse per gli
strattoni di Rachel, forse per l’instabilità del camion, il computer gli scivolò
di mano. Ad Al parve di vederlo cadere al rallentatore. E, sempre al
rallentatore, lo vide rompersi in pezzi. Vide il drive laterale sbalzato al di
fuori dell’elaboratore, insieme con il disco che conteneva. E vide anche quello
che si frantumava.
Un attimo dopo, l’uomo si gettò a terra, cercando disperatamente di
raccogliere i frammenti dei supporto con le mani. Con gli occhi spiritati,
frugava freneticamente tra i pezzi del computer, cercando quanto restava del
disco, sogghignando disperato ogni volta che ne trovava un minuscolo frammento.
"I miei soldi…", mormorò con un fil di voce. "Non è possibile… Io dovevo entrare
in possesso dell’OOPART… Ma perché è dovuta andare così? Ma perché si è dovuta
risolvere in maniera tanto banale?".
Camminando lentamente, Rachel scese dal camion. Decisamente, Al non aveva
tempo per curarsi di lei. Mentre si allontanava dal veicolo, era combattuta. Da
una parte, le dispiaceva di avere perso il computer. A parte il fatto che
avrebbe dovuto renderne conto ai suoi superiori, non avrebbe più potuto
proseguire i suoi studi. Dall’altra, la confortava avere qualcosa che le avrebbe
occupato il tempo per un bel po’. Si infilò la mano destra in una delle tasche
degli shorts e tastò con soddisfazione il disco che vi aveva messo dentro. Era
stato un bene che Al non si intendesse granché di computer. Non aveva capito che
i dati che era stata intenta a guardare erano semplicemente una versione
testuale estratta dal supporto originario, che non era stato presente nel drive.
Né che il disco nel computer era quello che conteneva uno dei programmi
necessari ad aggirare la protezione di a una parte del sistema operativo di
Kemp. Oh, be’, Al poteva pensare un po’ quello che voleva. L’importante era che
non l’avrebbe più disturbata.
***
In un modo o nell’altro, il contingente guidato da Shake erano riusciti ad
arrivare alla frontiera.
‘Frontiera’ era una parola grossa quando delimitava in realtà semplicemente
una piccola regione nordafricana che un governante intenzionato a nasconderne le
risorse alla Federazione Terrestre stava cercando di tenersi per sé.
Niente più che qualche città di medie dimensioni, dopotutto.
Naturalmente, il governante in questione era stato parecchio seccato
all’apprendere che quei reduci di Neo Zeon erano entrati nel suo territorio: in
fin die conti, almeno ufficialmente, lui era un federale. Ma proprio per questo
Shake ebbe modo di volgere la situazione a proprio vantaggio, minacciandolo di
rendere pubblici i loro accordi, se non avesse fornito loro assistenza.
Per un paio di giorni, i soldati dovettero muoversi con circospezione,
nascondendosi tra gole e rovine, muovendosi solo al calare delle tenebre. Quando
fu possibile sistemare i mobile suit, però, poterono avere un attimo di pace.
Vennero fatti accedere a una delle città sotto il controllo regionale, dove i
loro alloggi furono sparsi tra diversi hotel, perché non dessero troppo
nell’occhio.
Fu allora che Rachel decise di partire. In fin dei conti, aveva terminato il
proprio lavoro sistemando i Desert Doga rimanenti. Aveva consegnato la fattura a
Shake, che, presumibilmente, l’avrebbe fatta avere al suo finanziatore.
Daniel da parte sua, aveva finito il proprio lavoro. Il contingente di Shake
era ormai troppo piccolo per costituire un pericolo per la Federazione:
probabilmente, i soldati avrebbero cercato di rifarsi una vita lì dov’erano…
Anzi, ripensandoci era improbabile: gente come quella stava sicuramente
pianificando di raggiungere qualche altro gruppo di guerriglieri in Africa.
D’altra parte, con quali documenti si sarebbero potuti stabilire in un qualsiasi
posto della Sfera Terrestre? Gli avevano offerto di rimanere ancora un po’, ma
lui, subodorando qualche scherzo da parte del governante che li sovvenzionava,
aveva preferito incassare quanto gli spettava e levare le tende insieme a Chloe.
Preferiva non essere nei paraggi quando il loro datore di lavoro li avesse
traditi e consegnati alla Federazione. E aveva la netta impressione che non
fosse necessario essere un newtype per capire quanto fosse probabile che le cose
andassero così.
Non lontano dall’edificio in cui era stato alloggiato, c’era un noleggio di
auto: proprio quello che serviva per arrivare nella città vicina, dove si
trovava l’aeroporto più vicino.
***
"Allora, sei pronta?", domandò Daniel mentre Rachel caricava nell’auto la
propria valigia.
"Ma sì, ma sì", rispose lei chiudendo il baule e salendo in macchina. "Cos’è
tutta questa fretta?".
"Il tempo è denaro per me", replicò lui mettendo in moto.
Dietro di loro, sul sedile posteriore, assicurata al seggiolone per bambini,
Chloe si era già addormentata.
Ci fu un lungo silenzio, mentre si avviavano per la strada polverosa.
Entrambi dovevano arrivare all’aeroporto per partire, anche se ciascuno di loro
aveva una destinazione diversa. Rachel doveva tornare a Von Braun City, mentre
Daniel si sarebbe diretto in Europa settentrionale, da dove aveva ricevuto una
proposta di lavoro. Avevano però deciso di noleggiare quell’auto insieme per
risparmiare, nonostante Chloe non ne fosse stata particolarmente contenta.
Mentre il sole tramontava sul deserto, una scena che in quei giorni avevano
visto fino alla nausea, sembrava che nessuno di loro avesse una gran voglia di
discutere.
Fu Rachel a rompere il silenzio: "Hai qualche suggerimento?", disse
estraendosi da un taschino il disco che conteneva Rossana e fissandolo
pensosa.
"Non saprei", rispose lui. "Cosa vorresti che ti dicessi? Devi prendere
l’ardua decisione di capire se vuoi uccidere Rossana rompendo il disco o se vuoi
continuare a lasciarla vivere in quella situazione che ti fa un po’ pena?".
Lei lo guardò con aria seccata… Poi, capendo che forse aveva ragione,
sospirò: "Diciamo che probabilmente volevo solo condividere un po’ di
responsabilità con te".
"Per me, puoi fare come credi. Non sono mai stato bravo nel dare valore a una
vita".
"Sai cosa mi secca di più? Dopo avere saputo tutto, ho pensato anch’io di
sfruttare questo disco per farci dei soldi. Il problema è che l’anima è infusa
solo in questo specifico supporto… Anche se si trovasse il modo di copiare i
dati, il sistema non funzionerebbe. Di conseguenza, per una produzione in serie,
è sostanzialmente inutilizzabile. Potrebbe servire per la ricerca, certo… ma qui
non c’è niente che lasci intuire il procedimento che Kemp ha usato per il
trasferimento dell’anima, e poi voglio vedere chi mai si sottoporrebbe a un
trattamento simile".
"In parole povere, è inutile?".
"Quasi. Potrebbe essere usato su di un’unica macchina per volta, quindi,
anche avendo molti newtype a disposizione, non cambierebbe granché in uno
scontro di dimensioni superiori a quello che hai combattuto tu. Senza contare
che la sua gestione è troppo problematica e niente garantisce che chiunque sia
in grado di sincronizzarsi con esso".
"Penso che troveresti comunque qualcuno disposto a pagartelo bene. Potresti
fare carriera alla Anaheim facendo passare un po’ della roba che c’è lì dentro
per farina del tuo sacco".
"Avevo pensato anche a questo…".
"…ma sei il tipo di persona che si fa degli scrupoli a usare per i propri
interessi l’esistenza degli altri".
"Come fai a essere così cinico? Non fa bene a tua figlia, sai?".
"Sono un soldato da quando avevo ventun anni e mi sono scoperto newtype poco
dopo essere stato arruolato. Ho passato l’ultima parte della mia vita ad
ammazzare gente… Così tanta che ne ho persino perso il conto… Penso sia una
situazione comune per chi ha vissuto esperienze simili alla mia e che molti
altri potrebbero dire lo stesso. Però io sapevo chi stavo uccidendo. Conoscevo
le persone che c’erano negli abitacoli dei mobile suit, perché io sono così. Non
ho mai trovato divertente uccidere, perché ogni volta morivo anch’io,
letteralmente. Eppure, uccidere era l’interruttore che mi permetteva di essere
veramente vivo, di avere il mio potenziale sempre disponibile. Alla luce di
questo, sarai in grado di capire che io non mi sono mai potuto permettere di
dare un alto valore alla vita".
"Non posso dire di capire quello che dici… Ma la sostanza è che non vuoi
prendere una posizione su questo argomento?".
"La sostanza è che per me non fa differenza. Che sia in un corpo antropomorfo
o discoidale, per me una vita è sempre una vita. E quella di Rossana non era
diversa da tante altre che ho conosciuto solo perché stava su di un disco per
computer".
Ci fu una lunga pausa. Rachel continuò a fissare il supporto, indecisa sul da
farsi. Infine, concluse: "Continuo a non capire perfettamente… ma potresti non
avere torto". Restò in silenzio per un attimo, poi spostò lo sguardo su Daniel:
"Ma è davvero così difficile essere un newtype?".
Lui si lasciò andare a un amaro sorriso: "Diciamo che ha qualche lato
negativo. Comunque sia, devo ringraziarti".
"Eh? E perché?":
"Perché pensavo che solo uccidere gente potesse permettermi di essere sempre
al mio massimo. Grazie al sistema operativo che avevi installato su quel Desert
Doga, però, ho imparato che adesso mi basta Chloe. Da ragazzo, l’interruttore
della mia forza era il calcio. Da soldato, è diventato la morte. Da padre, è
divenuto mia figlia. Sembra che sia di volta in volta ciò che mi dà le emozioni
più forti. Grazie a te ho capito che non devo più combattere per dare il meglio
di me. Credo sia questo il significato dietro il cambiamento delle mie
percezioni… La morte degli altri non mi sembra più così precisa e tremenda
perché adesso c’è una persona sulla quale mi concentro con tutto me stesso,
quindi chiunque non sia lei mi risulta confuso e non più importante di qualsiasi
altro individuo… mentre prima mi dicevo semplicemente che le vite avevano poco
valore per non pensare a cosa stessi distruggendo".
"Che discorso strano… Mi riporta alla mente un passo del Riccardo III di
Shakespeare: ‘Non esiste belva sulla terra che non provi un moto di pietà. Ma io
non ne provo alcuno, dunque non sono una belva’. Tu sei una belva? Provi pietà
ma sai che non puoi permettertela?".
Daniel sogghignò: "Chissà perché, le donne e le citazioni letterarie con me
vanno a braccetto…".
Lei sembrò non comprendere: "Comunque quello che hai detto, mi è piaciuto,
anche se non penso di averlo capito appieno. È proprio vero che c’è sempre un
motivo per cui le persone si comportano in un certo modo. Non si può valutare un
solo aspetto delle cose".
"Ma è anche vero che bisogna imparare a vedere quello che si ha davanti e che
non si può giustificare ciò che non si ritiene giusto solo perché chi lo fa ha
avuto dei problemi. Io mi sono messo le mani sugli occhi per troppo tempo, e
solo per la mia indecisione. Tutto sommato, non sono cambiato rispetto a sei
anni fa".
Rachel sorrise: "Ma adesso hai capito come stanno le cose, quindi puoi
risolvere i tuoi problemi".
"Già. Ora sono ancor più determinato a sopravvivere per quest’altro anno.
Adesso che vedo una via d’uscita, so che posso ricominciare a costruirmi un
futuro come lo voglio".
"Però… Tutto sommato, io sono convinta che tu avessi una certa forza d’animo
anche prima. Sapevi che smettere di uccidere ti avrebbe tolto quello che chiami
‘il tuo massimo’, eppure avevi già deciso di farlo per tua figlia. Per quanto
uccidere sia un’azione deprecabile… onestamente, non so se io avrei fatto lo
stesso".
"Non sono così irresponsabile come sembro. Ma ti dico che… nonostante tutto,
sono contento di essere il padre di Chloe".
Rachel annuì e poi restò in silenzio per qualche minuto, come se fosse stata
in attesa di qualcosa.
Quando si rese conto che questo qualcosa non sarebbe arrivato, fu sul punto
di prendere nuovamente la parola.
Ma, con suo stupore, stavolta fu Daniel a rompere il silenzio: "Cosa pensi di
fare ora?".
"Io? Oh, ovviamente tornerò a Von Braun City, te l’ho già detto, no? È lì che
lavoro, dopotutto". Si fermò per un attimo, poi riprese: "Però non ti nascondo
che, dopo questa esperienza, non ho più tanta voglia di lavorare alla Anaheim. O
meglio, non ho più voglia di stare sulla luna. Un giorno o l’altro, vorrei
provare ad andare a vivere altrove. Magari tornare a casa, su Side 4… Ma,
nonostante non mi piaccia viaggiare, non mi dispiacerebbe nemmeno Side 2…".
Senza spostare la testa, Daniel puntò gli occhi su die lei. "Nemmeno a me
dispiacerebbe se tu venissi a vivere su Side 2", disse.
"Be’, possiamo pensarci, no?".
"No, Rachel. Non credo sia il caso". Lanciò un’occhiata allo specchietto
retrovisore, guardando sua figlia che dormiva sul sedile posteriore.
"È per Chloe?".
"Non le piaci granché. E, in questo momento, la mia priorità è lei".
Rachel sorrise tristemente: "Non è la prima volta che un uomo mi delude… Però
è la prima volta che penso faccia bene. Senti…".
"Cosa?".
"No, dai, niente".
"Che palle! Non puoi dirmi ‘senti’ e poi saltare il discorso così".
"No, è che era un’idea del cazzo… Stavo per chiederti di lasciarmi Chloe per
quest’anno in cui tu farai ancora il mercenario. Magari potrei riuscire ad
andarle a genio in qualche modo… Daniel, io non voglio farmi scappare così
un’occasione di essere felice, sarebbe troppo stupido, a prescindere da
qualsiasi problema possa sorgere tra di noi… Se dovessi ragionare in questo
modo, sarei una persona insulsa e arrendevole, e non me lo meriterei nemmeno, di
essere felice. Se ci saranno problemi, li affronterò, ma voglio almeno provarci.
Se poi dovesse andare male, potrei dire di non avere niente da rimproverarmi, di
avere fatto un tentativo. E per me Chloe non è un intralcio, davvero".
"Mi odierebbe, se lo facessi. E comunque, né io né lei riusciremmo a stare
lontani l’uno dall’altra per tutto questo tempo".
"Hai ragione. Non so cosa mi sia preso, ma…".
"Non è necessario che cerchi di spiegarlo. Piuttosto, se… se io…".
"Se tu?".
"Se io riuscissi a sopravvivere per quest’anno. E se tu alla fine di
quest’anno fossi ancora disposta… Non ti chiedo di aspettarmi, non fraintendere…
Continua a vivere la tua vita senza preoccuparti di me, però… Se io
sopravvivessi, magari potrei trasferirmi sulla luna e cercare di farmi assumere
come collaudatore alla Anaheim, no?".
"E Chloe? Hai già cambiato idea?".
"No. Ma potrei almeno provare a vedere se tra un anno l’avrà cambiata lei. Se
così non fosse… be’, ti ho già detto che non devi aspettarmi, no?".
Lei lo guardò lungamente, mentre le tenebre della sera si allungavano sulla
strada. Il ritmico illuminare dei lampioni lanciava delle ombre che sembravano
voler creare un contrasto onirico sulla sua faccia.
Poi, Rachel rispose: "Non ti aspetterò. Continuerò a vivere la mia vita e
cercherò di trovarmi qualcuno per cui non sarei semplicemente la numero
due…".
"Tu non saresti…".
"Alt, zitto. Non credere che mi immagini tutto questo come qualcosa di
facile. Tu hai una figlia, e so benissimo che perderò qualsiasi confronto con
lei. Quindi, non ti aspetterò e, se dovessi trovarmi un’occasione, la afferrerò
al volo. E tu non sentirti obbligato a venirmi a cercare. In fin dei conti,
siamo solo due sconosciuti che si sono avvicinati per caso. Però… quando verrai
a Von Braun City… Se potrò, se vorrò, se giudicherò che sia giusto… io non mi
farò sfuggire questa, di occasione".
***
Chloe aprì l’occhio destro, giusto per guardarsi un po’ in giro. Non si
mosse. Suo padre e quella signorina dovevano continuare a credere che stesse
dormendo.
Avevano fatto un discorso strano, che lei non aveva capito per bene.
Però c’era qualcosa che invece aveva capito perfettamente.
C’era qualcosa tra suo padre e la signorina.
Si attraevano.
Era una strana situazione, in cui volevano stare insieme (e questo a Chloe
non piaceva), ma al tempo stesso non volevano. Perché c’era di mezzo lei.
Non le importava granché: quello che voleva era semplicemente che suo padre
restasse con lei. Ma le dava fastidio l’idea che dovesse rinunciare a qualcosa
per farlo. In qualche modo, sentiva che lui non ci stava bene, pur essendo
convinto della propria scelta.
E la signorina… in questo momento, le sue sensazioni erano simili a quelle di
Daniel. Anche lei voleva qualcosa a cui sapeva di dover rinunciare. Per Chloe.
Stava facendo qualcosa per lei. Forse, pensò la bambina, non era poi così male…
ma non le avrebbe permesso di portarle via suo padre. Ma voleva portarglielo
via? Era veramente questo che desiderava? Chloe non lo capì bene. La signorina
provava emozioni che per lei erano nuove, non riusciva a decifrarle. Oh, be’,
sempre meglio andare sul sicuro. Anche se…
***
"Ti piace?", chiese Daniel, mentre Chloe guardava con gli occhi sbarrati
fuori dal finestrino dell’aereo. Le nuvole sembravano immobili anche da quella
prospettiva, mentre il sole pareva ancor più luminoso.
"Sì!", rispose lei con un sorriso.
Daniel annuì con il capo, mentre la bambina continuava a guardare fuori, come
stregata da quello spettacolo. Non era la prima volta che lo vedeva, ma, in
qualche modo, la entusiasmava sempre.
Poi, lei si girò verso il padre: "Papà, allora tra un anno andiamo alla
casa?".
"Già", replicò lui, "Tra un annetto credo che potremo averne una. Sei
contenta?".
"Tu vivrai sicuramente", rispose Chloe facendosi seria.
"Ma certo che vivrò. Adesso ho un motivo in più per riuscirci".
"La signorina?".
"Eh?". Daniel fu quasi sul punto di saltare sulla poltrona. "Ma come ti viene
in mente?".
Chloe si fece improvvisamente seria: "Io voglio stare sempre con te".
"Anch’io", disse lui. Si stupì della propria sincerità. Non era mai stato
particolarmente affettuoso, nemmeno con sua figlia. Era stata Rachel a fargli
quell’effetto? "Noi staremo sempre insieme", ribadì. Si stupì anche di
questo.
"Io sono la cosa più importante per te?".
Daniel si limitò ad annuire con la testa.
"Anche tu sei la cosa più importante per me", rispose la bambina. "Però…
perché io non ho la mamma?".
Cazzo. Era evidente che prima o poi gliel’avrebbe chiesto. Le aveva già
parlato di sua madre, ma sapeva di non avere esaurito l’argomento. E adesso cosa
le avrebbe raccontato? Avrebbe dovuto dirle che non aveva idea di dove fosse sua
madre e che, se anche ce l’avesse avuta, non sarebbe cambiato granché?
Gliel’aveva già detto, in realtà, ma non poteva aspettarsi che una bambina
capisse appieno queste situazioni.
"Tu hai una mamma, te ne ho già parlato", le rispose sinceramente.
"Però non la conosco. Chi è?".
"È una persona che non è qui. Forse potrebbe essere nel posto in cui stiamo
andando".
"Davvero?".
"Non saprei, è una possibilità".
La bambina si fermò un attimo per pensare. Poi chiese: "Com’è avere una
mamma? Cosa fa una mamma?".
Daniel si grattò la testa non trovando le parole: "Be’, direi che… è un po’
come avere un secondo papà. Di solito, una mamma è qualcuno che si prende cura
dei propri figli… Tua madre non è stata esattamente così, ma idealmente…".
"E perché la mia mamma non è stata così?". "Aveva dei problemi seri. Le
cose non sono mai facili come possono sembrare a parole".
"E la signorina? Io pensavo che tu volessi far diventare lei la mia
mamma".
"Figurati. Tua madre dev’essere qualcuno che ti piaccia, no?".
Chloe scosse il capo indecisa. "Sì", sentenziò infine. Poi, aggiunse dopo una
pausa: "Però tu hai detto che forse tra un anno cambierò idea".
Cosa? Aveva sentito quella conversazione? Non era stata addormentata?
"E pensi che cambierai idea?".
"Non lo so. So solo che non voglio che la signorina si metta tra di noi,
nemmeno per diventare la mia mamma".
"Un mamma non si metterebbe tra noi due. Starebbe con noi, non tra di
noi".
Chloe aggrottò la fronte in quello sguardo ‘truce’ che aveva imparato da suo
padre: "Allora, forse voglio una mamma. Però non lo so".
"Be’, vedremo tra un anno", rispose Daniel riprendendosi dallo stupore. "Se
veramente avrai cambiato idea, allora ci penseremo, d’accordo? Però, non
preoccuparti: io non la preferirò mai a te".
La bambina si lasciò sprofondare nel sedile. Era matura per la sua età. Non
aveva avuto molta scelta, del resto. Forse un giorno questo le avrebbe giovato:
sarebbe cresciuta come una persona forte, capace di badare a se stessa. Il che
tranquillizzava Daniel. Ma chi volesse diventare forte doveva imparare a
superare la tristezza, e presto Chloe ne avrebbe dovuta sopportare molta. Come
si sarebbe rapportata ai suoi compagni di scuola che fossero vissuti in una
famiglia con entrambi i genitori? La cosa le avrebbe creato dei problemi? Daniel
non riusciva a pensare di non avere responsabilità in questo: dopotutto, se la
madre della bambina avesse voluto trovarla, non avrebbe potuto farlo proprio
perché si spostavano in continuazione… Ma scusarsi non sarebbe servito: in fin
dei conti, lui non sapeva né poteva fare altro.
Sospirò e fissò lo sguardo fuori dal finestrino. Aveva sentito un detto
ottimistico secondo cui, per quanto le nuvole potessero addensarsi, oltre di
esse il cielo era sempre blu. Eppure, lui era stato nello spazio e sapeva che,
oltre il blu del cielo, c’era un nero vuoto, gelido e infinito. Sarebbe riuscito
a riscaldarlo, almeno per la persona a cui voleva bene?
Impossibile dirlo.
Ma almeno, adesso aveva un motivo per provarci.
***
Note dell’autore
Eh, sì, dai non rompete le palle, so bene che in questo capitolo non c’è
traccia di Yue Hoshino. Avevo già scritto di volere aspettare a pubblicare la
sua storia, sia perché mi premeva avere qualcosa che coprisse la Seconda Guerra
di Neo Zeon, sia perché ho intenzione di vedere come si evolverà Gundam Unicorn.
Quindi, SE scriverò un quinto capitolo, probabilmente Yue sarà lì. Anzi, lo sto
già scrivendo e ho buttato giù la parte in cui Yue e Julius si incontrano. Ho
anche scritto un pezzo in cui compare Kamille, ma ancora niente su Dolores.
Naturalmente, non vi è alcuna certezza che porti effettivamente a compimento la
mia opera, dipende da come mi girerà. Ragion per cui, come al solito, fate conto
che Gundam D sia definitivamente concluso. Avevo anche detto che non avrei più
ripreso il personaggio di Rachel. Be’, avevo mentito.
C’è una cosa che mi disturba di questa storia. In qualche modo, tocca la
tematica della famiglia. In qualche modo, eh… Fatto sta che, per affinità di
contenuti, avrei preferito trattare un argomento del genere in un ipotetico
capitolo ambientato all’epoca di V Gundam. Amen. Se mai scriverò qualcosa del
genere, mi inventerò qualche altra puttanata.
Parliamo un po’ dell’esperienza dei militari di Neo Zeon. A giudicare dai
dialoghi di Gundam ZZ, il problema principale di Axis era proprio il non avere
molti soldati esperti. Apparentemente, i veterani della Guerra di Un Anno che
potessero vantare un curriculum significativo NON si sono trasferiti
sull’asteroide. CDA sembrerebbe lasciare intendere diversamente… ma è risaputo
che i soldati più esperti del Principato abbiano cominciato a morire in gran
numero già dai tempi della battaglia di Loum, tant’è che la maggior parte dei
Gelgoog fu assegnata a dei novellini. Parrebbe che gente come Andy/Apolly e
Riccardo/Roberto (non ditemi che non vi eravate accorti che sono loro…), nonché
lo stesso Char, siano delle eccezioni. È anche vero che i soldati federali, tra
il conflitto contro la Flotta Delaz e la Guerra di Gryps (che, contrariamente ad
Axis, si sono fatti per intero) hanno senz’altro potuto fare più pratica sul
campo. D’altronde, i piloti di Zeon che si vedono operare in Africa in Gundam ZZ
sono dei guerriglieri di una certa esperienza… limitata però ai loro Dowadge e
Desert Zack. Dato che il Neo Zeon di Char Aznable attinge in buona misura a
questa gente, e che non ci sono stati grossi conflitti tra lo 0088 e lo 0093, ho
pensato che l’esperienza globale degli individui fosse comunque molto inferiore
a quella di uno come Daniel, che si è fatto quattro guerre in prima linea.
Che vi devo dire di Rossana? A me sembra già tutto evidente. È il prototipo
di Alice, ma è venuto meglio (Kemp è pazzo, ricordate?). Sostanzialmente, è una
vera anima trasmessa in un disco, ma il procedimento è molto diverso a quello
che ha infuso lo spirito di Marion Welch nell’EXAM. Voglio dire, Marion era solo
in coma e l’EXAM non era certo una specie di psycoframe. Le convinzioni
pseudofilosofiche di Kemp e le implicazioni reali delle stesse non riflettono
necessariamente il mio pensiero. Nell’universo di Gundam, è evidente che
qualcosa dopo la morte c’è e che l’anima esiste (più volte si vedono dei newtype
parlare con gli spiriti dei morti, dalla prima serie fino a V Gundam). Ragion
per cui, potevo basare una teoria pseudoscientifca su questo fatto. Il passo
delle annotazioni in cui si dice che Rossana potrebbe diventare un dio o un
demone riprende una battuta del primo episodio di Mazinger Z. Quando Juzo Kabuto
consegna il robottone a Koji, gli dice qualcosa del tipo: "A bordo di Mazinger,
potrai essere un dio oppure un demone; in ogni caso, sarai il superuomo Koji
Kabuto". Per quanto riguarda la riscrittura automatica di Rossana, ho assunto
che un mobile suit avesse un drive in grado di masterizzare dischi e che
qualsiasi sistema operativo dell’UC avesse una funzione di masterizzazione di
default. Motivo per cui, Rachel non si fa problemi a pensare che sarebbe
tecnicamente possibile riscrivere un disco semplicemente con il computer di
bordo del Desert Doga. Ora, io lo so che qualcuno avrà fatto una faccia strana
leggendo del combattimento di Daniel contro i nove Jegan (trovate la descrizione
del nuovo modello tra le D-MSV), magari ritenendolo una cosa assolutamente
inverosimile ed esagerata. Che sia esagerato, lo so: l’ho fatto così apposta.
Inverosimile? Non secondo la logica di Gundam. Basti vedere cosa riesce a fare
lo Z Gundam con un semplice bio-sensor. Inoltre, Rossana dovrebbe mimare gli
effetti dello psycoframe, quell’affare che è persino riuscito a generare
un’energia sufficiente a spostare Axis dalla sua rotta di collisione con la
Terra (OK, lì si era caricato con la volontà di tutti i soldati, ma d’altra
parte nove Jegan non sono Axis). A pensarci bene, considerato questo fatto, la
performance di Daniel (o meglio, del sistema operativo) che abbiamo visto non è
stata niente di eccezionale…
Comunque sì, sapevo già che Daniel era vivo quando ho scritto il finale del
terzo capitolo e già pensavo di fargli saltare fuori una figlia. Anzi, avevo già
immaginato tutta la menata attraverso cui passa in questo capitolo. Be’, quasi…
in realtà, per certi sviluppi, sono stato influenzato da alcune cose che mi sono
state dette… Ma, nel complesso, ho fatto comunque quello che volevo. Continuo
però a credere che la storia che riguarda la madre di Chloe sia tremendamente
banale, ma, sul momento, non mi è venuto in mente niente di meglio. Anzi, direi
che ripensare alla questione mi fa ridere, perché, mentre scrivevo quel pezzo,
mi sono state suggerite delle soluzioni alternative veramente fuori di testa.
Alcune più banali della mia, altre inapplicabili perché entravano in conflitto
con certi punti fermi che mi ero posto (mi era stato chiesto, tra l’altro, di
rendere Chloe non la vera figlia di Daniel, ma una trovatella, oppure di far
saltare fuori che sua madre era Rachel, ma sia lei che il padre avevano rimosso
tutto per qualche trauma… insomma, un delirio… Poi mi è stato detto che queste
trovate erano state maturate seguendo delle soap opera e lì ho capito tutto). Va
anche detto che chi mi ha presentato queste soluzioni ha fatto pressione in
qualche occasione affinché Daniel e Rachel si mettessero insieme, cosa di cui io
non ero molto convinto. Ci avevo pensato fin dall’inizio, per la verità, ma mi
chiedevo come si sarebbero potuti innamorare (e non è che per me fosse
obbligatorio che succedesse, potevano anche restare perfetti estranei, di base).
Inoltre, man mano che scrivevo, in maniera praticamente indipendente dal mio
controllo, l’antipatia di Chloe per Rachel aumentava sempre più, il che rendeva
la cosa ulteriormente problematica, perché non vedevo proprio Daniel a
cominciare una relazione con una donna che la figlia odiasse. Comunque, devo
dire che Daniel ha cominciato a piacermi come persona in questo capitolo. Mentre
lo scrivevo, pensavo che, se avessi incontrato un tipo del genere, mi sarebbe
stato sulle palle. In effetti, il mio giudizio sul suo conto coincideva con
quello che lui dà di se stesso nel capitolo precedente: lo ritenevo un
pusillanime indeciso che non riusciva a dare una direzione alla propria vita e
si crogiolava nel proprio dolore senza pensare a come risolversi effettivamente
i problemi. Però mi piaceva lavoraci sopra, perché tutte le sue contraddizioni e
i suoi scazzi lo rendevano un personaggio molto umano. Adesso ha acquisito
quella responsabilità che gli permette di essere davvero una persona migliore.
Ha guardato dentro se stesso e ha saputo riconoscere il proprio problema: da un
certo punto di vista, si può dire si sia comportato come avrebbe fatto Lynn. È
cambiato molto, anche se nemmeno io ho capito bene come questo sia successo…
Fatto sta che... se lo incontrasse ora qualcuno dei suoi ex commilitoni
dell’AEUG, probabilmente lo troverebbe irriconoscibile. Per quanto riguarda la
massima ‘Per vincere, occorre che il portiere pari, che i difensori difendano,
che gli attaccanti attacchino e che i centrocampisti centrocampistino’, non è di
Oronzo Canà, ma di Arrigo Sacchi.
Rachel è un personaggio di cui, per certi versi, mi sono stupito io stesso.
Nel capitolo 1.5 mi serviva più che altro per una funzione specifica, mentre qui
è protagonista. In realtà, avrei potuto metterci anche un personaggio inventato
per l’occasione, ma mi piaceva l’idea di creare questo collegamento. Alla sua
prima apparizione, non l’avevo descritta granché, ma qui, nonostante qualche
comportamento un po’ sopra le righe, dà l’impressione di una persona matura.
Rispetto a quasi undici anni fa, ha guadagnato in sicurezza, forse per quella
relazione andata male (non mi riferisco a quella con David, ma a quella in cui è
stata cornificata) … Ha preso Patrizia a modello e quindi cerca di essere sempre
razionale in ogni situazione. Ma è caratterialmente diversa da Patrizia, non ha
la stessa capacità di dedicarsi completamente a qualcosa e tende a essere più
frivola. Però, forse proprio per questo, riesce a essere una persona più vicina
al prossimo. Diciamo che non è una newtype, ma ci prova. Non so bene nemmeno io
come è saltata fuori la sua semi-love story con Daniel, che tanto non si è
concretizzata. Non escluderei che abbia semplicemente paura della solitudine, ma
è anche possibile che stia prendendo una decisione più consapevole. Ah,
ovviamente Rachel non arriverà a Von Braun City direttamente con l’aereo che
prenderà dall’aeroporto dove va con la macchina noleggiata insieme a Daniel,
questo mi pare chiaro. Ho assunto che l’aereo le serva per arrivare dove si
trovi qualche mass driver (quello di Gibilterra non c’è ancora, quindi è
possibile che debba andare fino in Irlanda… non ci sono molte informazioni in
merito nell’ambientazione ufficiale).
Si potrebbe dire che il capitolo 3 fosse semplicemente un preludio a questo…
che, ovviamente, non sapevo se avrei mai scritto. Mmmh… se ripenso al terzo
capitolo in quest’ottica, mi fa un po’ meno schifo. In compenso, mi fa
abbastanza schifo questo quarto. Mi è piaciuto il fatto di collegarlo a certi
eventi precedenti (la missione a cui si riferisce Al è quella durante la quale
Daniel cattura DeMarchand), ma ho l’impressione che un paio di coincidenze siano
un po’ troppo forzate. Oh, pazienza: Gundam – The Origin è anche più artificioso
da questo punto di vista (Casval trova un tizio che, guarda caso, è identico a
lui e, guarda caso, vuole iscriversi all’accademia di Zeon? Un po’ troppo
clamorosa come botta di culo. E poi Sayla non pensa al Char che conosceva lei
quando sente parlare del misterioso ufficiale zeoniano dopo la fuga da Side 7?
Puzza tanto di decisione presa in corso d’opera. E, guarda caso, il padre di
Mirai conosceva Teablo? E, guarda caso, Sayla e Amuro si sono incrociati da
bambini?).
Mmmh… per caso pensate che il nome di Alan Shake abbia un’inquietante
assonanza con quello di Alan Shearer? Eh, lo penso anch’io, ma mi è venuto in
mente solo molto dopo che l’avevo scelto. Non c’è volontà di citazione. Conscia,
per lo meno. Le sue bizzarre citazioni latine furono originariamente proferite
dal compianto Renato Dall’Ara, più o meno così come le ho riportate… solo che
lui si riferiva a un ambito calcistico.
Guardate un po’, per questa volta vi risparmio anche le schede sui personaggi
(anche perché non è che ci fosse molto da analizzare in questo capitolo: Daniel
e Rachel li conoscete già, mentre Chloe… forse la riprenderò in futuro).
Sarò sincero: ho pensato SERIAMENTE di scrivere un happy end per questa
storia. Bacio finale sullo sfondo di un romantico tramonto, felicità che
sprizzava da ogni parola, zucchero e canditi che uscivano copiosi dalle mani dei
protagonisti, ‘na roba tipo Tony Binarelli quando fa comparire le carte dal
nulla. Voglio dire, dopo tre capitoli e mezzo in cui non c’è un finale veramente
positivo, qui potevo anche mettercelo. Però io sono un po’ stronzo nel profondo,
quindi tendo a non apprezzare le conclusioni che non abbiano almeno un
retrogusto amarognolo. Avevo considerato anche l’idea di far morire Chloe, ma
sarebbe stata troppo banale… E poi i personaggi devono morire per un motivo, non
così tanto per fare; un motivo per la morte di Chloe non mi era venuto in mente.
Credo comunque che questa conclusione sia stata mediamente più positiva delle
altre. Alla fin fine, anche Daniel ha trovato, almeno sulla corta distanza, una
soluzione ai suoi problemi. Ci sarà da vedere quanto durerà. Credo che questo
sia il massimo dell’happy end che sono capace di scrivere.
Magari qualcuno sarà curioso di sapere cosa succederà dopo quest’ultimo anno
di mercenario che il nostro eroe (ahahah, ho usato questo termine solo perché
non volevo ripetere il suo nome) passerà, se lui e Rachel si metteranno insieme.
Ma chi vi garantisce che sopravvivrà? Potrei anche decidere che morirà in
battaglia nel frattempo, eh… Magari sale sul suo mobile suit al primo scontro,
trova un altro newtype più forte di lui e tac!, tanti saluti signor Wymann… Non
escludo di poter sciogliere questi dubbi in un eventuale prossimo capitolo, ma,
per ora, fate conto che tutte le possibilità siano aperte (se avete imparato a
conoscermi, però, saprete che io ho già una risposta a tutto, solo che non
voglio darvela, khhhkhkhkhkh, risatina alla Kururu, quello originale, non quello
dell’allucinante doppiaggio italiano).
Volete che vi parli un po’ del futuro di Gundam D? E perché mai dovrei
parlarvi di qualcosa che probabilmente non ci sarà? Decisamente mi piacerebbe
scrivere qualcosa ambientato nell’UC 0123 e poi nell’UC 0153. Ma chissà…
***
Cronologia di Gundam D
15-3-0089
Ricomincia il servizio della Jupiter Energy Fleet, che lancia il Jupitris
II.
1-5-0089
L’Esercito della Federazione Terrestre si organizza per meglio gestire gli
spostamenti di grandi asteroidi.
25-8-0089
La Federazione inasprisce le sanzioni contro le colonie che supportano
movimenti di spacenoid.
2-0090
La colonia di Sweetwater di Side 2 viene adibita a centro di accoglienza di
rifugiati e spostata a Side 3.
3-0090
L’Esercito della Federazione Terrestre organizza una nuova unità ausiliaria,
Londo Bell.
19-3-0090
Nasce Chloe Wymann.
6-3-0091
Julius Parker esce di prigione e gli viene offerto un lavoro come
collaudatore nell’Esercito della Federazione Terrestre.
8-0092
L’Esercito della Federazione Terrestre sposta il proprio quartier generale a
Lhasa, Tibet.
7-9-0092
Uno squadrone di Jegan di vari modelli attacca dei reduci di Neo Zeon che si
rifugiano in Norvegia.
22-12-0092
Vascelli navali comandati da Char Aznable dichiarano la presa di Sweetwater a
Side 3.
25-12-0092
L’Esercito della Federazione Terrestre rafforza Londo Bell trasferendovi la
prima corazzata di classe Ra Cailum, il cui capitano è Bright Noa.
27-2-0093
Il leader di Neo Zeon Char Aznable dichiara guerra alla Federazione Terrestre
in un’intervista televisiva.
3-3-0093
La flotta di Neo Zeon parte da Sweetwater e prende il controllo
dell’asteroide 5th Luna.
4-3-0093
5th Luna si schianta sul QG federale di Lhasa, Tibet.
6-3-0093
La Federazione Terrestre e Neo Zeon tengono negoziati di pace segreti nella
colonia di Londenion, Side 1.
12-3-0093
Fingendo la resa, la flotta di Neo Zeon ricattura Axis e tenta di farlo
cadere sulla Terra. Ne segue una battaglia tra Londo Bell, di cui fa parte anche
Amuro Ray sul suo nuovo RX-93 n Gundam, e Neo Zeon, con cui è schierato Char Aznable sul suo MSN-04
Sazabi. In qualche modo, la caduta di Axis viene fermata, anche se la dinamica
dei fatti non è chiara; sia Amuro Ray che Char Aznable risultano MIA.
9-0093
Agenzie di servizi segreti e istituti di ricerca in seno all’Esercito della
Federazione Terrestre vengono riuniti nello Strategic Naval Reserach Institute
(SNRI), un’organizzazione sotto il controllo militare, nella quale lavorano però
molti civili.
5-0094
Lo Spear of Destiny, nave di Londo Bell di classe Ra Cailum comandata da
Dolores Martin, conduce un’operazione di soppressione di alcuni reduci di Neo
Zeon nell’area di Side 2. Sulla nave è imbarcato anche il nuovo
RX-93- n-2 Hi-n Gundam.
8-6-0094
Daniel Wymann si unisce al gruppo di reduci di Neo Zeon comandato dal
colonnello Alan Shake in nord Africa.
9-6-0094
Rachel Osborne arriva alla base dei reduci di Neo Zeon comandati da Alan
Shake.
In serata, un contingente federale composto di RGM-89G Jegan Ground Type
raggiunge la zona, ma viene respinto. Il gruppo decide di partire alla volta
dela regione governata dal suo finanziatore.
10-6-0094
Il gruppo di Alan Shake raggiunge una vecchia base federale abbandonata;
Rachel Osborne trova Rossana.
12-6-0094
Il gruppo di Alan Shake viene attaccato da uno squadrone di RGM-89HM Jegan
High Mobility Ground Type; grazie a Rossana, installato sul suo AMS-119D Desert
Doga, Daniel Wymann li respinge.
15-6-0094
Il gruppo di Alan Shake raggiunge la regione prefissata.
18-6-0094
Daniel e Chloe Wymann e Rachel Osborne lasciano il gruppo di Alan
Shake.
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Capitolo 8 *** D-MSV ***
Nota
Questo documento si propone di analizzare i nuovi modelli di macchine da
combattimento comparsi all’interno di Mobile Suit Gundam D e qualcuno che non si
vede direttamente, ma che è presente in un modo o nell’altro. Idealmente,
vorrebbe riprendere la serie delle varie MSV (Mobile Suit Variations) che sono
state realizzate per buona parte del materiale UC e della Cosmic Era; in
pratica, è molto diverso. Tipicamente, infatti, le MSV dedicate a qualche
serie/film riprendono i modelli che vi compaiono e vi apportano qualche
modifica; i mezzi meccanici che sono effettivamente presenti nell’opera presa in
esame non finiscono nelle Variations. Come è ovvio, direi. D-MSV, invece, fa
questo solo in parte, proponendosi principalmente come strumento di analisi
delle macchine da guerra effettivamente presenti nella storia. Ne è stata
descritta anche qualcuna che non vi compare, ma che è stata utilizzata in eventi
direttamente correlati ai personaggi di Gundam D (non dico quali perché mi sta
bene così). Il titolo di D-MSV è quindi da considerarsi puramente artificioso.
Semplicemente, quando mi sono reso conto che in Gundam D stavano comparendo
sempre più modelli nuovi (o comunque modelli già visti rivistati dal
sottoscritto), ho deciso di descriverli a parte e mi è sembrato che D-MSV fosse
un nome efficace ai fini di richiamare dei prodotti ufficiali.
Il formato utilizzato per presentare le macchine non è quello ufficiale, ma
riprende il documento Burke’s All the World’s Mobile Weapons, che è ormai
diventato uno standard in rete.
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AMS-04 Sazabi Mass Production Type
Numero di serie: AMS-04; Axis Mobile Suit numero 4
Nome in codice: Sazabi Mass Production Type
Tipo di unità: mobile suit per ufficiali a produzione limitata
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Neo Zeon
Rollout: UC 0093
Primo schieramento: UC 0093
Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), sistemato nel torso
Dimensioni: altezza complessiva di 22,4 m., altezza alla testa di 21,2 m.
Peso: 28,5 tonnellate metriche a vuoto, 36,3 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di gundarium su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 2.800 kW
Propulsione: due razzi da 14.000 Kg., due razzi da 13.300 Kg., sei razzi da
9.800 Kg.; un totale di ventitré vettori di spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1,66 G, compie una svolta di 180° in 0,5
secondi, velocità massima a terra di 166Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
22.600 m.; 2 x taniche di di propellente esterne staccabili (montate sul
backpack)
Armi incorporate: 2 x beam saber (una nell’alloggiamento di ricarica di
ciascun avambraccio, in mano quando usate)
Armamento opzionale: scudo (montato su di un avambraccio); beam shotrifle di
potenza stimata in 10,2 MW a E-CAP ricaricabile
Pilota: Colin Raimondi
Poco dopo il fallimento del piano di lancio sulla Terra di Axis nel marzo
0093, i sopravvissuti dell’esercito di Neo Zeon si trovarono senza più un
leader. Molti di loro, però, non erano intenzionati a rinunciare alla battaglia,
perché credevano ancora negli ideali di indipendenza degli spacenoid che li
avevano portati a combattere. Allo scopo di accrescere la propria potenza
militare, commissionarono alla Anaheim Electronics dei nuovi modelli di mobile
suit. Il Sazabi Mass Production Type, attivo già nel maggio UC 0093 (il progetto
originario era stato infatti cominciato sotto la guida di Char Aznable), era una
versione meno potente dell’MSN-04 Sazabi impiegato dal comandante di Neo Zeon.
Più che al Sazabi, però, somigliava a una versione potenziata dell’AMS-119 Geara
Doga. Inizialmente pensato per essere assegnato agli ufficiali di Neo Zeon, era
stato progettato per essere più generico dell’MSN-04, e quindi utilizzabile sia
sulla Terra che nello spazio; erano inoltre stati rimossi i funnel e le
strutture deputate al loro utilizzo (nella fattispecie, lo psycommu system e lo
psycoframe), in modo da rendere la macchina fruibile anche da piloti che non
fossero newtype. Nonostante la diminuzione di prestazioni, il Sazabi Mass
Production Type restava una macchina di buon livello, che manteneva diversi
equipaggiamenti dell’originale. Le taniche di carburante addizionali aumentavano
l’autonomia del mobile suit, mentre il beam shotrifle lo connotava come un’unità
spiccatamente predisposta al combattimento ravvicinato. Lo scudo, invece, era
differente da quello del Sazabi di Char Aznable: mantenerlo avrebbe comportato
l’impiego di armamenti troppo costosi. Nonostante le buone prestazioni, il
Sazabi Mass Production Type ebbe poco impiego, dato che il budget di Neo Zeon
calò molto dopo la scomparsa definitiva della Cometa Rossa e buona parte dei
soldi fu spesa per il progetto che avrebbe portato all’MSN-04II
Nightingale.
Note dell’autore
Il Sazabi è sempre stato uno dei miei robottoni favoriti e una variante
prodotta in serie mi sembrava un mobile suit di comando plausibile. Quella di
Kazuhisa Kondo non ha ragione di esistere, perché è praticamente un Sazabi quasi
identico all’originale. Mi piaceva così, punto.
***
AMS-119D Desert Doga
Numero di serie: AMS-119D; Axis Mobile Suit numero 119, tipo D (Desert)
Nome in codice: Desert Doga
Tipo di unità: mobile suit per il combattimento terrestre localizzato
prodotto in serie
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Neo Zeon
Rollout: UC 0092
Primo schieramento: UC 0092
Abitacolo: Abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), sistemato nel torso
Dimensioni: altezza alla testa di 20 m.
Peso: 23 tonnellate metriche a vuoto, 48,2 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 2.160 kW
Propulsione: due razzi da 14.000 Kg., due razzi da 13.000 Kg.; un totale di
undici vettori di spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1,06 G, compie una svolta di 180° in 1,1
secondi, velocità massima a terra di 157 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
16.400 m.
Armi incorporate: beam sword/axe; heat rod (nell’avambraccio destro)
Armamento opzionale: scudo con quattro lanciagranate incorporati (fissato a
un avambraccio); beam machine gun a e-pac sostituibile, con heat bayonet
incorporata, può esserle fissato anche un lanciagranate monouso (un e-pac può
essere fissato su ciascuna anca); 4 x testate a razzo sturm faust (nello scudo;
possono essere lanciate da lì o a mano); bazooka da 280 mm.
Pilota: -
Il Desert Doga è un tipico esempio di come la Anaheim Electronics cercasse di
guadagnare il massimo da ogni singolo cliente. Fin dai tempi della fine della
Guerra di Un Anno, diversi reduci di Zeon erano rimasti in Africa, dove avevano
continuato le attività di guerriglia contro la Federazione Terrestre. Il loro
numero si era ulteriormente accresciuto in seguito alla Prima Guerra di Neo
Zeon. Quando Char Aznable fondò il proprio Neo Zeon, diede loro supporto con dei
mobile suit di nuovo modello, una variante dell’AMS-119 Geara Doga. Il Desert
Doga era niente più che un AMS-119J Geara Doga Ground Type modificato per il
combattimento in zone tropicali e desertiche. Il che significava sostanzialmente
un sistema di condizionamento migliorato, un raffreddamento del reattore più
efficiente e dei filtri che impedivano alla sabbia di entrare nelle giunture. Di
fatto, qualsiasi AMS-119J poteva essere facilmente convertito in AMS-119D, il
che permise alla Anaheim di vendere diversi mobile suit a prezzo pieno
nonostante a loro costassero molto meno di una macchina progettata ex-novo. Non
furono prodotti molti esemplari di Desert Doga, ma alcuni restarono in attività
ben oltre il termine della Seconda Guerra di Neo Zeon, quando i reduci di
quell’esercito cercavano ancora di infastidire la Federazione.
Note dell’autore
Io SO che da qualche parte esiste davvero un Desert Doga, qualcuno l’ha già
infilato nell’ambientazione. Si tratta di uno di quei modelli che non sono
ancora riuscito a identificare con assoluta certezza, quindi ne ho fatto una mia
versione personale. Tutto sommato, è una variante piuttosto prevedibile, ma
scrivere di Gundam comporta anche il gusto di fingersi funzionari della Bandai e
inventarsi delle nuove versioni di mobile suit precedenti, magari aggiungendovi
solo modifiche minime, per poter vendere i modellini.
***
AMS-119J Geara Doga Ground Type
Numero di serie: AMS-119J; Axis Mobile Suit numero 119, tipo J
Nome in codice: Geara Doga Ground Type
Tipo di unità: mobile suit per il combattimento terrestre prodotto in
serie
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Neo Zeon
Rollout: UC 0091
Primo schieramento: UC 0091
Abitacolo: Abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), sistemato nel torso
Dimensioni: altezza alla testa di 20 m.
Peso: 23 tonnellate metriche a vuoto, 48,2 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 2.160 kW
Propulsione: due razzi da 14.000 Kg., due razzi da 13.000 Kg.; un totale di
undici vettori di spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1,06 G, compie una svolta di 180° in 1,1
secondi, velocità massima a terra di 157 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
16.400 m.
Armi incorporate: beam sword/axe; heat rod (nell’avambraccio destro)
Armamento opzionale: scudo con quattro lanciagranate incorporati (fissato a
un avambraccio); beam machine gun a e-pac sostituibile, con heat bayonet
incorporata, può esserle fissato anche un lanciagranate monouso (un e-pac può
essere fissato su ciascuna anca); 4 x testate a razzo sturm faust (nello scudo;
possono essere lanciate da lì o a mano); bazooka da 280 mm.
Pilota: -
In seguito alla Prima Guerra di Neo Zeon, diversi reduci delle armate di Axis
erano rimasti bloccati sulla Terra, con pochi mezzi. Quando Char Aznable divenne
il leader del nuovo movimento chiamato Neo Zeon, capì l’importanza di
conquistarsi la collaborazione di questi soldati, che sarebbero potuti essere di
grande aiuto, sia per il loro supporto da terra, sia perché sarebbero potuti
tornare nello spazio a rimpinguare la sue fila. Da parte sua, non c’era però una
vera volontà di combattere sulla Terra, dato che già pianificava di scagliarle
contro Axis; non intendeva quindi spendere grandi quantità di denaro per
appoggiarli.
A questo scopo, schierò alcuni suoi soldati, il cui compito era
essenzialmente quello di consentire la partenza dalla Terra dei reduci, su delle
versioni modificate di AMS-119 Geara Doga. Il Geara Doga J-Type era stato
ottimizzato per agire in presenza di gravità. All’atto pratico, era stata fatta
l’unica cosa che avrebbe consentito di risparmiare sui costi di produzione:
erano stati eliminati alcuni vettori di spinta, che nello spazio avevano la
funzione di mantenere la stabilità del mobile suit. L’AMS-119J aveva inoltre un
bazooka di nuovo modello, che non fu più impiegato su altre macchine. Riesumava
poi l’heat rod, una vecchia arma già impiegata sull’MS-07B Gouf dell’Esercito
Regolare di Zeon durante la Guerra di Un Anno. Come per il Geara Doga base,
però, il suo unico pregio era il costo contenuto: era fondamentalmente un’unità
a basse prestazioni e, considerato il fatto che veniva affidata a soldati che
andavano a combattere in territorio nemico, non era certo ambita.
Un certo numero di squadroni di Geara Doga Ground Type fu schierato sulla
Terra a partire dall’UC 0091, come supporto ad alcune unità di reduci del Neo
Zeon di Haman Karn; molti di loro non riuscirono a tornare nello spazio entro il
marzo UC 0093, diventando degli altri soldati dimenticati abbandonati sulla
Terra in seguito a un conflitto spaziale. Dopo la scomparsa di Char Aznable,
quando alcuni capi di Neo Zeon ripresero la guerra contro la Federazione, vari
squadroni di reduci ricominciarono le loro azioni di guerriglia e l’Esercito
Federale impiegò diversi anni a stroncarli definitivamente.
Note dell’autore
Non ho molto da dire. La J del numero di serie vuole richiamare quella
dell’MS-06J, la prima variante a uso terrestre di Zack II prodotta durante la
Guerra di Un Anno. Mi è sembrato appropriato, visto che il Neo Zeon di Char
Aznable usa designazioni che vengono un po’ dappertutto, dall’Esercito Regolare
di Zeon alle armate di Axis, sia della fazione di Haman Karn che di quella di
Glemy Toto. Tra l’altro, nel suo manga Revival of Zeon, Kazuhisa Kondo presenta
una versione a uso terrestre del Geara Doga, tale AMS-119G, ma non è a quella
che mi sono ispirato (non per altro, ma perché non mi piace): è un design
completamente nuovo.
***
AMS-119K Geara Doga Cannon
Numero di serie: AMS-119K; Axis Mobile Suit numero 119, tipo K (Kannon)
Nome in codice: Geara Doga Cannon
Tipo di unità: mobile suit d’artiglieria prodotto in serie
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Neo Zeon
Rollout: UC 0092
Primo schieramento: UC 0092
Abitacolo: Abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), sistemato nel torso
Dimensioni: altezza alla testa di 20 m.
Peso: 28 tonnellate metriche a vuoto, 57,3 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 2.300 kW
Propulsione: due razzi da 14.000 Kg., due razzi da 13.000 Kg., un razzo da
8.900 Kg.; un totale di quindici vettori di spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1,06 G, compie una svolta di 180° in 1,1
secondi, velocità massima a terra di 120 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
16.400 m.
Armi incorporate: beam sword/axe; cannone da 200 mm. (montato nel backpack,
spunta da sopra la spalla destra)
Armamento opzionale: scudo con quattro lanciagranate incorporati (fissato a
un avambraccio); beam machine gun a e-pac sostituibile, con heat bayonet
incorporata, può esserle fissato anche un lanciagranate monouso (un e-pac può
essere fissato su ciascuna anca); 4 x testate a razzo sturm faust (nello scudo;
possono essere lanciate da lì o a mano)
Pilota: -
Seguendo come sempre la filosofia del massimo risultato con il minimo sforzo,
l’esercito del Neo Zeon di Char Aznable commissionò alla Anaheim Electronics una
variante di AMS-119 Geara Doga adatta per il supporto a media distanza. Il Geara
Doga Cannon era fondamentalmente un Geara Doga con un backpack diverso. Il nuovo
backpack montava un potente cannone a proiettili solidi, capace di sparare sia
in linea retta, sia con traiettoria a mortaio, con i colpi che descrivevano un
arco a campanile, prima di ricadere sul bersaglio. Venne inoltre potenziato il
reattore nucleare. Alcuni Geara Doga K-Type furono avvistati sulla Terra, mentre
facevano da supporto a degli squadroni di J-Type. Dato che il cannone in sé fu
però giudicato un accorgimento insufficiente a risultare significativo in un
conflitto di grande scala, il modello non fu prodotto in molte unità e si
preferì passare al progetto dell’AMS-119 Geara Doga Heavy Weapons Type.
Note dell’autore
Poco da dire. Questo mobile suit mi serviva essenzialmente perché volevo dare
un po’ di varietà in più ai reduci di Neo Zeon che combattevano sulla Terra,
quindi mi sono limitato a una minima modifica a un design già esistente. La K
del numero di serie richiama l’MS-06K Zack Cannon, ma in effetti avrei anche
potuto mettere una C al suo posto. Il motivo per cui il numero di serie dello
Zack Cannon è MS-06K, infatti, è da ricercarsi nel fatto che esisteva già un
MS-06C (si tratta di un modello iniziale di Zack II prodotto in serie, che
formava il grosso delle armate di Zeon durante la Battaglia di Loum).
***
AMS-119V Geara Tank
Numero di serie: AMS-119V; Axis Mobile Suit numero 119, tipo V
Nome in codice: Geara Tank
Tipo di unità: mobile suit per il combattimento terrestre prodotto in
serie
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Neo Zeon
Rollout: UC 0091
Primo schieramento: UC 0091
Abitacolo: Abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), sistemato nel torso
Dimensioni: altezza alla testa di 16,4 m.
Peso: 20 tonnellate metriche a vuoto, 46,4 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 2.160 kW
Propulsione: 2 x battistrada cingolati
Prestazioni: velocità massima a terra di 88 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
16.400 m.
Armi incorporate: 2 x cannoni da 200 mm. A due canne (uno al posto di ciascun
braccio); mitragliatrice a tre canne da 100 mm.
Armamento opzionale: 2 x lanciamissili a sei bocche di fuoco (ciascuno
sostituisce un cannone); beam machine gun a e-pac sostituibile, con heat bayonet
incorporata, può esserle fissato anche un lanciagranate monouso
Pilota: -
Le truppe del Neo Zeon di Char Aznable che agivano sulla Terra erano spesso a
corto di uomini e mezzi e costrette ad agire in condizioni estremamente
difficili. Da questa situazione nacque la necessità di ottimizzare le risorse
per ottenerne il massimo possibile con la minima spesa. Quando un AMS-119J Geara
Doga Ground Type o un AMS-119D Desert Doga venivano danneggiati, se possibile,
li si convertiva in Geara Tank, seguendo lo stesso principio che, durante la
Guerra di Un Anno, aveva portato alla nascita dell’MS-06V Zacktank. Il Geara
Tank aveva fondamentalmente l’aspetto di un Geara Doga dalla cintola in su; al
posto delle gambe, c’era la parte inferiore di un carro armato, solitamente
riciclata da qualche vecchio modello federale. L’AMS-119V, impossibilitato a
svolgere la propria normale funzione di Geara Doga, veniva quindi trasformato in
un’unità di artiglieria; le sue braccia venivano generalmente sostituite con una
coppia di doppi cannoni da 200 mm., che, data la riduzione dello spessore delle
corazze verificatasi a partire dall’introduzione del movable frame, risultavano
pericolosi quanto un’arma a raggi. I cannoni potevano anche essere sostituiti
con dei lanciamissili; un ridotto numero di Geara Tank conservava le braccia
originarie e continuava a usare la beam machine gun. Si ha notizia di almeno due
Geara Tank operanti sul fronte africano nel tardo 0093 che avevano delle gru al
posto dei cannoni e venivano usati come macchine da lavoro.
Note dell’autore
Il Geara Tank, ovviamente ispirato allo Zacktank, è un altro di quei modelli
che esistono, ma della cui collocazione esatta non sono certo (è comparso su di
una rivista di modellismo e in un videogioco). Ragion per cui, ne ho realizzato
una mia versione personale. Mah, non è che mi piaccia granché, probabilmente
l’ho fatto solo per aumentare la varietà delle macchine…
***
AMX-003M Gaza-M
Numero di serie: AMX-003M; terzo Axis Mobile weapon eXperimental sviluppato
dal gruppo 0, tipo M (Mariner)
Nome in codice: Gaza Mariner
Tipo di unità: mobile suit anfibio trasformabile prodotto in serie
Costruttore: Neo Zeon
Operatore: Neo Zeon
Rollout: giugno UC 0088
Primo schieramento: agosto UC 0088
Abitacolo: Abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), sistemato nella testa
Dimensioni: altezza totale di 22,5 m. e altezza alla testa di 18,3 m. in
modalità mobile suit; lunghezza totale di 21,2 m., larghezza totale di 10,4 m.,
altezza totale di 10,9 m. in modalità mobile armor
Peso: 44,9 tonnellate metriche a vuoto, 86,4 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di gundarium su struttura semi-monoscocca
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 1.850 kW
Propulsione: due hydrojet da da 42.000 Kg.; un totale di quattro vettori di
spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 0,08 G
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
10.600 m.
Armi incorporate: 2 x beam saber di potenza stimata in 0,4 MW (una
nell’alloggiamento di ricarica di ciascuna spalla, in mano quando usate); 2 x
beam gun binati (montati nel backpack); lancia torpedini (nella fusoliera)
Armamento opzionale: lancia arpioni (montato sul corpo principale in modalità
mobile armor)
Pilota: -
Il Gaza-M fu una delle molte armi mobili che il Neo Zeon di Haman Karn
preparò in previsione dell’invasione della Terra alla fine degli anni ’80. Gli
ufficiali di Axis avevano previsto che l’attacco alla Terra avrebbe comportato
il combattimento contro la flotta navale dell’Esercito Federale stanziata
nell’Oceano Atlantico, senza contare che anche la Karaba si sarebbe opposta
all’attacco, che avrebbe dovuto portare all’occupazione di Dakar. Era perciò
necessario progettare dei mobile suit anfibi, capaci di muoversi agevolmente in
acqua. Al tempo, era già in avanzata fase di progettazione l’AMX-006 Gaza-D, che
rendeva l’AMX-003 (MMT-1) Gaza-C ormai obsoleto; per tale motivo, venticinque
esemplari di quest’ultimo modello vennero convertiti in Gaza-M, dove la M stava
per "Mariner". Il Gaza-M modificava l’armamento del Gaza-C, eliminando il
knuckle buster e aggiungendo un lancia torpedini anti-corazzata. Il torso era
stato rimodellato per accomodare il nuovo sistema di raffreddamento ad acqua,
mentre le armi opzionali comprendevano un SUBROC dello stesso tipo di quello che
sarebbe poi stato impiegato sull’RMS-192M Zack Mariner. L’AMX-003M sarebbe
dovuto essere un "riempitivo", un mobile suit adattato al ruolo in attesa che
fosse completato un numero sufficiente di macchine apposite per il combattimento
in acqua, come l’AMX-109 Capule. Invece, ottenne un successo insperato: poteva
usare la sua forma di mobile armor in mare e quella di mobile suit a terra,
risultando estremamente versatile. Dei venticinque Gaza-M prodotti, quindici
videro effettivamente i campi di battaglia a partire dall’agosto 0088; alcuni di
essi vennero usati nell’Oceano Indiano, dove combatterono l’MSA-005M Methuss
Mariner della Karaba. Quando Neo Zeon si ritirò dalla Terra per spostare la
battaglia nello spazio, i Gaza-M divennero inutili e non furono più
utilizzati.
Note dell’autore
Nel librone di Model Graphix intitolato Mission ZZ sono raccolte alcune
interessanti rivelazioni circa la progettazione della serie TV di Gundam ZZ.
Come dovrebbe già essere evidente anche solo guardandola, è stata soggetta a una
gran quantità di cambiamenti in corsa al piano originario (primo fra tutti
l’esclusione di Char, che sarebbe poi stato sostanzialmente sostituito da Glemy
Toto… bah, che scambio assurdo!). Secondo questo libro, originariamente non era
previsto che le corazzate di Neo Zeon avessero il Minovsky craft. Di
conseguenza, per invadere la Terra, avrebbero dovuto calare dei mobile suit
dall’orbita impiegando ballute pack e moduli da sbarco sul modello degli HLV di
Zeon. Molti di questi mobile suit sarebbero arrivati in mare, o in prossimità di
esso; venne quindi progettata una serie di macchine anfibie e il Gaza-M sarebbe
dovuto essere una di queste. In seguito, quando si decise che le navi di Axis
disponevano di Minovsky craft, tutto ciò divenne inutile e quindi si procedette
come effettivamente si fece. Nonostante il Gaza-M sia stato escluso da Gundam
ZZ, so per certo che qualcuno lo ha ficcato da qualche parte nell’ambientazione,
solo che non ho ancora capito come/dove. Diciamo che quella che presento qui è
la mia versione, basata sulle informazioni che sono riuscito a reperire circa
l’originale. Ah, comunque procuratevi quel Mission ZZ, se ci riuscite, è pieno
di roba interessante… Sapevate che lo Z Plus (in più esemplari) sarebbe dovuto
comparire in Gundam ZZ come mobile suit federale, ma si decise di toglierlo
(sostituendolo con il GM III: avrebbe infatti dovuto partecipare alla battaglia
a Dakar) perché si pensò che la presenza di altri Gundam, oltre a quelli
dell’Argama, avrebbe causato confusione negli spettatori?
***
AMX-102L Zssa Light Arms
Numero di serie: AMX-102L; secondo Axis Mobile weapon eXperimental del gruppo
1, tipo L (Light)
Nome in codice: Zssa Light Arms
Tipo di unità: mobile suit d’artiglieria elaborato sul campo
Costruttore: Neo Zeon
Operatore: Neo Zeon
Rollout: UC 0090
Primo schieramento: UC 0090
Abitacolo: Abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), sistemato nel torso
Dimensioni: altezza totale di 15,85 m. (16,94 m. con i moduli lanciamissili
sulle spalle) e altezza alla testa di 15 m.
Peso: 19,9 tonnellate metriche a vuoto, 37,4 tonnellate metriche a pieno
carico (44,2 con i moduli lanciamissili sulle spalle)
Costruzione: lega di gundarium su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 1.820 kW
Propulsione: due razzi da 17.300 Kg.; un totale di diciotto vettori di
spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 0,72 G, compie una svolta di 180° in 1,8
secondi, velocità massima a terra di 110 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
10.800 m.
Armi incorporate: 2 x vulcan gun da 30 mm. binati da 800 colpi ciascuno
(montati nel torso); 4 x beam saber di potenza stimata in 0,62 MW (due
nell’alloggiamento di ricarica di ciascuna gamba, in mano quando usate); beam
gun a dispersione di potenza stimata in 7,64 MW (montato nel torso); 2 x
lanciamissili a tre bocche di fuoco che usano piccoli missili modello AMS-05S
(uno montato in ciascun avambraccio)
Armamento opzionale: 2 x moduli lanciamissili da sette bocche di fuoco che
usano missili pesanti modello AMS-02H (uno su ciascuna spalla); beam lancer da
1,7 MW a E-CAP ricaricabile, che può combinarsi con il beam tomahawk; beam
tomahawk da 0,92 MW a E-CAP ricaricabile, che può combinarsi con il beam lancer;
knuckle buster di potenza stimata in 6,7 MW a E-CAP ricaricabile
Pilota: -
Quando Neo Zeon lanciò la propria invasione della Terra nell’UC 0088,
l’AMX-102 Zssa era uno dei suoi mobile suit prodotti in serie. Con la ritirata
nello spazio delle forze di Haman Karn, diversi soldati restarono bloccati sulla
Terra, dove continuarono a combattere per diversi anni con i mobile suit che
erano loro rimasti. Alcuni Zssa vennero elaborati sul campo, in modo da
risultare più versatili. In presenza di gravità terrestre, infatti, questo
modello non era molto agile e tendeva a risultare vulnerabile, data la sua
spiccata predisposizione per un ruolo di supporto che, senza che potesse essere
garantita la presenza di mobile suit con altri compiti, veniva a perdere buona
parte del proprio valore. Diversi soldati di Neo Zeon decisero quindi di
elaborare i propri Zssa, rendendoli unità più multifunzione, anche a costo di
sacrificare la potenza di fuoco. Impossibilitati a mantenere il modulo booster
che avrebbe consentito allo Zssa di volare in presenza di atmosfera, i militari
di Axis alleggerirono la struttura del mobile suit eliminando i lanciamissili
sulle gambe. Ne nacque quindi lo Zssa Light Arms, che cercava di sopperire a
questa rinuncia con degli equipaggiamenti addizionali. Accanto ai moduli
lanciamissili disponibili anche per lo Zssa originario, i soldati di Neo Zeon
cercavano di raccattare qualsiasi pezzo di equipaggiamento potessero trovare. È
documentata la presenza di AMX-102L dotati di una combinazione di beam
lancer/beam tomahawk analoga a quella dell’AMX-009 Dreissen (che era, all’atto
pratico, il mobile suit che avrebbe dovuto fare da combattente a corto raggio
avvalendosi del supporto dello Zssa) o di un knuckle buster preso da un AMX-003
Gaza-C.
Note dell’autore
L’AMX-102 Zssa compare in una delle prime puntate di Gundam ZZ, per poi
riapparire quando Axis invade la Terra. Quando ho pensato alle forze che i
federali avrebbero dovuto affrontare all’inizio degli anni ’90, ho ritenuto che
dovessero avere qualche legame con le vecchie armate di Haman Karn, quindi
dovevo inserire dei mobile suit che ricordassero quelli da esse utilizzati. Ho
valutato diversi candidati, tra cui anche le varianti di Gaza-C (scartate perché
di impiego limitato sulla Terra), il Gallus-J (scartato perché di scarso
successo), l’Hamma-Hamma (idem come sopra, anche se avevo pensato di inserire la
versione prodotta in serie che compare in alcuni videogiochi) e il Bawoo
(scartato perché un mobile suit trasformabile faceva troppo figo e non mi
trasmetteva quella sensazione di pezze al culo di cui avevo bisogno). Uno Zssa
elaborato con mezzi di fortuna, invece, era proprio quello che mi serviva,
quindi ha trovato posto. Volendo cercare qualcosa di simile nel materiale
ufficiale, potrebbe esserci l’AMX-013 Zssa Dain, ma quello ha proprio un
background completamente diverso.
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FF-X7H Core Bomber
Numero di serie: FF-X7H
Nome in codice: Core Bomber
Tipo di unità: caccia bombardiere
Costruttore: Hervic Company
Operatore: Esercito della Federazione Terrestre
Rollout: UC 0079
Primo schieramento: UC 0079
Abitacolo: abitacolo coperto standard per il solo pilota
Dimensioni: lunghezza totale di 13,8 m., altezza totale di 6,75 m., apertura
alare di 12,6 m.
Peso: peso a vuoto sconosciuto, 18,3 tonnellate metriche a pieno carico
Costruzione: lega di titanio
Impianto energetico: sconosciuto
Propulsione: sconosciuta
Prestazioni: sconosciute
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: 2 x serbatoi opzionali
staccabili
Armi incorporate: 4 x vulcan gun da 25 mm. a due canne collegati (nella
fusoliera); 2 x lanciamissili da 4 colpi ciascuno; 2 x bombe pesanti
Armamento opzionale: nessuno
Pilota: -
L’FF-X7 Core Fighter, il caccia impiegato per costituire il core block system
dei mobile suit del Progetto V, si era dimostrato un velivolo versatile e
affidabile, al punto che venne impiegato anche al di fuori del suo ruolo
originario di abitacolo per macchine antropomorfe. La sua evoluzione in
FF-X7-Bst Core Booster fu solo il primo passo di una lunga serie, che avrebbe
portato alla nascita di diverse varianti specializzate. Il Core Booster Bomber
Type, nella fattispecie, era stato progettato come bombardiere pesante.
Utilizzando come parte frontale il solito FF-X7, montava una struttura
posteriore diversa, che era stata alleggerita e resa più aerodinamica. Eliminati
i due cannoni a mega particelle del Core Booster, ogni colpo dei quali consumava
grandi quantità di energia, il velivolo risultava avere una notevole autonomia,
il che lo rendeva ideale per le missioni che richiedevano una profonda
penetrazione in territorio nemico. Autonomia che venne ulteriormente
incrementata aggiungendo due serbatoi addizionali alla struttura posteriore,
che, essendo più leggera del normale, non risentiva più di tanto di questo peso
aggiunto. Così come nemmeno risentiva delle due grandi bombe che potevano
esservi montate, e che costituivano la vera ragione della sua esistenza.
Sganciando questi due potenti ordigni, il Core Bomber poteva infliggere seri
danni alle fortifcazioni nemiche.
Un gran numero di strutture posteriore per l’FF-X7H fu assemblato nella base
federale di Belfast all’inizio di dicembre 0079; alcune di esse furono collegate
a dei Core Fighter e poi impiegate il 16 del mese per l’Operazione Tristan. Non
c’erano però abbastanza caccia per montarle tutte. Nonostante la diffusione dei
mobile suit avesse limitato seriamente le prospettive di utilizzo dei caccia,
alcuni Core Bomber vennero impiegati fin nei tardi anni ’80, durante la Guerra
di Gryps, quando ottennero discreti risultati contro diversi insediamenti della
Karaba.
Note dell’autore
Sapete qual è la cosa più divertente di questo modello di Core Booster che mi
sono inventato? Che, secondo le notizie ufficiali, sono stati prodotti in tutto
sedici Core Booster "base" (l’FF-X7-Bst, per intenderci), solo sei dei quali
sono stati effettivamente usati in battaglia. Io, però, non mi sono preoccupato
di dare un numero preciso ai Core Bomber, riservandomi eventualmente di
specificarlo se avrò necessità e/o convenienza a farlo. È quindi perfettamente
possibile che ci siano più FF-X7H che FF-X7-Bst. I casi della vita. Ah, il
motivo per cui ho deciso di inventarmi questa variante è semplicemente che
volevo un bombardiere nuovo che avesse un qualcosa di interessante.
***
FF-X(7)II Core Booster II
Numero di serie: FF-X(7)II
Nome in codice: Core Booster II
Tipo di unità: caccia a uso core block system con l’RX-78GP00 Gundam
"Blossom"
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Esercito della Federazione Terrestre
Rollout: 16 settembre UC 0083
Primo schieramento: 31 ottobre UC 0083
Abitacolo: abitacolo coperto standard per il solo pilota
Dimensioni: lunghezza totale di 27,2 m., apertura alare di 14,3 m.
Peso: peso a vuoto sconosciuto, 41,8 tonnellate metriche a pieno carico
Costruzione: lega di gundarium
Impianto energetico: sconosciuto
Propulsione: sconosciuta
Prestazioni: sconosciute
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori
sconosciuta; Minovsky Particle Interference Wave Searcher (MPIWS) montato sul
corpo principale
Armi incorporate: 2 x beam gun; beam rifle a lungo raggio di potenza
sconosciuta
Armamento opzionale: nessuno
Pilota: -
Il Core Booster II era il caccia che fungeva da blocco centrale del core
block system nell’RX-78GP00 Gundam "Blossom". Il modello di base che componeva
questo velivolo non era molto diverso dall’FF-XII Core Fighter II usato
nell’RX-78GP01 Gundam "Zephyranthes" (ne era probabilmente il precursore) ed
direttamente collegato al backpack del mobile suit. Nella fattispecie, ne
prendeva le due beam saber, che venivano impiegate come beam gun, e il beam
rifle a lungo raggio. Montava inoltre il sistema MPIWS. Il carico ingombrante e
pesante posto sul Core Booster II, però, gli impediva di volare in sicurezza,
dandogli problemi di equilibrio in presenza di gravità. Il modello venne quindi
abbandonato insieme con il Blossom per il quale era stato costruito.
Note dell’autore
Vedere le note per la voce RX-78GP00 Gundam "Blossom".
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Garuda Kai [classe]
Numero di serie: -
Nome in codice: Garuda Kai
Tipo di unità: grande velivolo da trasporto
Costruttore: Esercito della Federazione Terrestre
Operatore: Esercito della Federazione Terrestre
Rollout: UC 0090
Primo schieramento: UC 0090
Abitacolo: sala comandi
Dimensioni: lunghezza totale di 317 m., apertura alare di 524 m.
Peso: 9.800 tonnellate metriche a pieno carico
Costruzione: lega di acciaio super resistente
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 11.000 kW
Propulsione: 16 x motori jet
Prestazioni: velocità in volo di Mach 1,2
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata de sensori di
51.000 m.
Armi incorporate: 10 x cannoni laser
Armamento opzionale: nessuno
Pilota: -
I velivoli pesanti di classe Garuda furono una delle unità più largamente
usate durante la Guerra di Gryps. Schierati originariamente dalla Federazione e
dai Titans, furono presto adottati anche dalla Karaba. In seguito alla Prima
Guerra di Neo Zeon, gli ingegneri federali pensarono di crearne una versione
potenziata, capace di spostarsi con maggiore efficienza. Di fatto, il Garuda Kai
non presentava significative innovazioni rispetto al proprio predecessore, se
non per un incremento dei motori jet. Il Garuda Kai veniva impiegato per
schierare velocemente un gran numero di mobile suit sulla Terra: poteva
trasportarne fino a venti, completi di qualsiasi equipaggiamento addizionale
servisse loro. Nonostante non fosse un velivolo innovativo, il Garuda Kai fu
ampiamente impiegato contro i reduci delle guerre passate che erano rimasti
sulla Terra. Durante la Seconda Guerra di Neo Zeon, però, il conflitto si
combatté prevalentemente nello spazio, il che impedì al modello di essere
ampiamente utilizzato.
Note dell’autore
Niente, mi serviva semplicemente un velivolo sul modello del Garuda per
sbarcare le truppe di Jegan alla fine del secondo capitolo. Ho semplicemente
fatto la cosa più naturale e immediata, potenziando un po’ il modello classico.
Non c’è scritto da nessuna parte che i Garuda montino un reattore Minovsky, ma
mi è sembrata la soluzione più naturale.
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MA-09 Mass Production Type Big Zam
Numero di serie: MA-09; nono Mobile Armor
Nome in codice: Mass Production Type Big Zam
Tipo di unità: versione preliminare di mobile armor anti fortezza prodotto in
serie
Costruttore: Neo Zeon
Operatore: Neo Zeon
Rollout: UC 0088
Primo schieramento: UC 0088
Abitacolo: abitacolo sistemato nel corpo principale, per il solo pilota
Dimensioni: altezza totale di 22,7 m.
Peso: 38,5 tonnellate metriche a vuoto, 66,8 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di gundarium su struttura semi-monoscocca
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 4.900 kW
Propulsione: un razzo da 35.000 Kg., due razzi da 6.000 Kg., un totale di
otto vettori di spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1,2 G, compie una svolta di 180° in 12
secondi, velocità massima a terra di 80 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
134.000 m.; copertura anti-raggio applicata all’armatura
Armi incorporate: grande cannone a mega particelle da 13 MW (nel corpo
principale); 2 x grandi lanciamissili a due bocche di fuoco (uno su ciascuna
gamba)
Armamento opzionale: nessuno
Pilota: -
L’MA-08 Big Zam fu il più potente mobile armor usato dall’Esercito Regolare
di Zeon durante la Guerra di Un Anno. Erano stati preparati dei progetti per una
sua produzione in serie, che fu però arrestata dalla fine della guerra. Il Mass
Production Type Big Zam non venne mai effettivamente realizzato all’epoca,
essendo risultato semplicemente una versione del Big Zam migliorata sotto alcuni
punti di vista e priva di diverse armi, e perciò troppo costosa. Anche l’MA-09
aveva come arma principale un potente cannone a mega particelle, che poteva però
chiudersi quando non veniva impiegato. In origine, l’Esercito Regolare di Zeon
pensava di farne la propria unità di sfondamento durante l’assalto a Jaburo,
quindi lo progettò per agire in presenza di gravità. Data l’immensa potenza del
suo cannone principale, il Mass Production Big Zam doveva ancorarsi al terreno
con le gambe per sparare. Questo mobile armor aveva inoltre dei lanciamissili
sugli arti inferiori. Tutta la sua corazza aveva una copertura anti-raggio, che
compensava la mancanza dei generatori di I-field, pur non avendo la stessa
efficacia; inoltre, il sistema di raffreddamento era decisamente migliore
rispetto a quello del suo predecessore, il che permetteva all’MA-09 di operare a
lungo, in congiunzione con il fatto di non possedere i beam gun e altri sistemi
che nel modello originale consumavano molta energia.
Grazie alle informazioni ottenute dal colonnello Char Aznable, l’Esercito
Regolare di Zeon fu in grado di attaccare Jaburo prima del tempo prefissato; il
Mass Production Big Zam non fu perciò approntato in data utile. Anche perché i
costi di produzione, pur inferiori a quelli dell’MA-08, erano comunque enormi e
Zeon diede la precedenza ad altri progetti. L’MA-09 non venne quindi mai
effettivamente costruito durante la Guerra di Un Anno, ma i reduci zeoniani
rifugiatisi su Axis ne portarono con sé i progetti e li misero in pratica.
Nell’UC 0088, quando Neo Zeon lanciò la propria invasione della Terra, partecipò
alle operazioni anche un ristretto numero di MA-09; la produzione non divenne
però mai veramente "seriale", dati gli elevati costi del modello. Furono
schierate solo poche unità, che cedettero ben presto il passo ai più versatili
mobile suit sperimentali, giudicati migliori in battaglia.
Note dell’autore
Il Mass Production Type Big Zam compare in alcuni videogiochi. Ho inventato
buona parte delle sue caratteristiche, che non vengono citate dalle fonti
ufficiali, e ho parzialmente rielaborato la storia che ne viene fornita (in
realtà, Axis non avrebbe dovuto usare questo modello). Motivo dell’inclusione
nella storia? Mi piaceva l’idea che i reduci di Neo Zeon avessero un asso nella
manica e un mobile armor "cattivo" funziona sempre bene in questo senso.
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MRX-007G Prototype Psyco Gundam
Numero modello: MRX-007G; settimo Murasame Research eXperimental, tipo G
(Giant)
Nome in codice: Prototype Psyco Gundam
Tipo di unità: prototipo di mobile suit a uso newtype
Costruttore: Istituto di Ricerca Murasame
Operatore: Titans
Rollout: UC 0087
Primo schieramento: UC 0087
Abitacolo: abitacolo sistemato nella testa torso (dotato di panoramic
monitor/linear seat) per il solo pilota
Dimensioni: altezza complessiva di 41 m., altezza alla testa di 40 m.
Peso: 255,6 tonnellate metriche a vuoto, 420,4 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su struttura
semi-monoscocca
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky da
33.600 kW
Propulsione: due razzi da 84.000 Kg., cinque vettori di
spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 0,43 G, compie una svolta di 180° in 1,6
secondi, velocità massima a terra di 100 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
10.200 m.; psycommu system
Armi incorporate: cannone a mega particelle a dispersione a tre bocche di
fuoco da 4,8 MW ciascuna (nel torso); 10 x beam gun da 2 MW (uno in ciascun
dito); beam gun a due bocche di fuoco (nella testa)
Armamento opzionale: nessuno
Pilota: Conner Clark
L’MRX-007 Prototype Psyco Gundam fu il primo passo nella costruzione del
Gundam più potente che fosse mai esistito. L’Istituto di Ricerca Murasame,
trovato nei Titans un cliente interessato alle armi per newtype, voleva creare
una macchina che potesse essere controllata semplicemente con il pensiero. I
limiti tecnici del tempo, però, avevano costretto gli ingegneri a montare
l’enorme psycommu system dell’MRX-007 nel suo backpack, rendendolo un mobile
suit poco agile e facilmente identificabile come bersaglio. Con il passo
successivo, un ulteriore prototipo chiamato MRX-007G, all’Istituto Murasame si
occuparono di questo problema in maniera radicale.
Visto che, per principio di progettazione, lo Psyco Gundam definitivo non
avrebbe potuto fare a meno dello psycommu system (e quindi si sarebbe fatalmente
rivelato poco manovrabile e facile da prendere di mira), tanto valeva costruire
qualcosa di grosso, molto corazzato e progettato per livellare un’intera città
da solo. L’MRX-007G fu effettivamente il primo mobile suit a testare
efficacemente le tecnologie di armi a raggi che sarebbero poi state usate nello
Psyco Gundam vero e proprio. Contrariamente al suo successore, non poteva
trasformarsi in mobile fortress, né possedeva il sistema Minovsky craft; era
però dotato delle enormi dimensioni e delle armi che sarebbero poi finite nel
modello successivo. Rispetto a quello che sarebbe poi diventato il vero Psyco
Gundam, però, questo modello presentava ancora un’architettura antiquata, non
essendo costruito nemmeno sulla base di quel rozzo movable frame che sarebbe poi
stato impiegato per l’MRX-009.
Il potentissimo reattore nucleare dell’MRX-007G, che poi sarebbe stato
impiegato sul vero Psyco Gundam, alimentava non meno di quindici beam gun di
potenza variabile. I tre nel petto erano dei cannoni a mega particelle a
dispersione, che sparavano sul nemico una pioggia di raggi. Quelli nella testa e
nelle mani potevano essere usati indipendentemente gli uni dagli altri, cosicché
il Prototype Psyco Gundam era in grado di sparare su più bersagli
contemporaneamente. Una tale potenza di fuoco era completamente nuova, ma la
cosa più inquietante stava nello psycommu system, che consentiva a un pilota
newtype di controllare tutte queste armi con il pensiero. In realtà, l’Istituto
Murasame non poteva contare su veri newtype, ma solo sui cosiddetti ‘umani
potenziati’, delle persone sottoposte a trattamenti psicologici e farmaceutici
capaci di risvegliare in loro un potere in grado di emulare quello dei veri
newtype. Un processo lungo, costoso e rischioso, dato che questi individui
tendevano ad avere una personalità completamente devastata dalle sperimentazioni
a cui erano sottoposte.
Note dell’autore
Lo Psyco Gundam che compare nella seconda parte di Gundam D non è quello
pilotato da Four Murasame in Z Gundam, né il Prototype Psyco Gundam che si vede
nelle M-MSV di Okawara (il che mi sembra anche ovvio, visto che quello è molto
più piccolo). Si tratta di un modello di mia ideazione, nato essenzialmente
perché nella storia mi serviva uno Psyco Gundam che avesse le dimensioni di
quello di Four ma che non lo fosse e non ce n’era uno ufficiale che rispondesse
a tali requisiti. Non avevo bisogno che si potesse trasformare o che
svolazzasse, quindi ho eliminato queste caratteristiche. Ah, per la cronaca,
contrariamente a quanto afferma un rinomato sito statunitense, lo Psyco Gundam
NON ha un vero movable frame (uno degli Historica di Z Gundam chiarisce che il
primo mobile armor federale a implementare appieno questa caratteristica è stato
il Baund Doc), ma una sua versione semplificata.
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MS-06Fs2 Zack II Victoria Lurnberg Custom
Numero di serie: MS-06Fs2, sesto Mobile Suit, tipo Fs2
Nome in codice: Zack II Victoria Lurnberg Custom
Tipo di unità: mobile suit multifunzione multiclasse personalizzato
Costruttore: Zeonic Company (elaborato sul campo)
Operatore: Principato di Zeon
Rollout: dicembre UC 0079
Primo schieramento: dicembre UC 0079
Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso, per il solo pilota
Dimensioni: altezza alla testa di 17,5 m., altezza totale di 18 m.
Peso: 49,9 tonnellate metriche a vuoto e 70,3 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: composito di titanio/ceramica su struttura monoscocca
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 990 kW
Propulsione: due razzi da 20.500 Kg., quattro razzi da 3.100 Kg.; due booster
a combustibile solido possono essere montati sul backpack
Prestazioni: spinta massima di 0,76 G, compie una svolta di 180° in 1,7
secondi, velocità massima a terra di 92 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
3.200 m.; 2 x serbatoi opzionali (fissati al backpack)
Armi incorporate: due mitragliatrici da 60 mm. binate (montate nella
testa)
Armamento opzionale: mitragliatrice a tamburo (cento colpi per tamburo, i
tamburi possono essere fissati in vita) da 120 mm. modello MMP-78; beam rifle a
E-CAP ricaricabile; heat hawk a batteria (in mano, può essere fissato in vita);
testata a propulsione a razzi sturm faust (in mano, può essere fissata alla
parte posteriore dell’armatura in vita); knuckle shield (in mano)
Pilota: Victoria Lurnberg
Nel novembre dell’UC 0079 l’Esercito della Federazione Terrestre schierò il
suo RGM-79 GM. Pur non essendo il primo mobile suit che metteva in campo, era la
versione definitiva di una serie di varianti precedenti, che ottimizzava il
rapporto qualità/prezzo, ottenendo un’unità consistentemente superiore
all’MS-06F Zack II, all’epoca la macchina di prima linea dell’Esercito Regolare
di Zeon. Sapendo già dell’esistenza di mobile suit federali, i militari di Zeon
diedero il via a diversi progetti per migliorare le basi delle proprie armate e
uno di questi portò all’MS-06F2 Zack II. Con una corazzatura migliorata, un
reattore nucleare più potente e un peso ridotto, lo Zack II F2-Type migliorava
in maniera sostanziale le prestazioni del suo predecessore. Entrato in servizio
solo sul finire del conflitto, questo modello fu però poco utilizzato, sia sulla
Terra che nello spazio (si sa per certo che alcuni esemplari erano in dotazione
allo Squadrone Midnight Fenrir e alla Flotta Delaz). Un esemplare, in
particolare, era stato assegnato a Victoria Lurnberg, giovane pilota di Zeon, le
cui abilità di newtype le avevano permesso di spiccare tra i suoi compagni e
conquistarsi così il diritto a un’unità personalizzata. Lo Zack II F2-Type di
Victoria Lurnberg aveva poche differenze rispetto al modello originario. Erano
state montate delle mitragliatrici nella testa per il combattimento ravvicinato,
che si ispiravano vagamente a quelle dell’MS-06Fs, ma erano di calibro maggiore
ed erano solo in due. Dato che la Lurnberg operava in un territorio che dava sul
mare, il suo Zack II era completamente impermeabile, al pari dell’MS-06JC, e
poteva montare due serbatoi opzionali per aumentare la propria autonomia. Questi
serbatoi si fissavano però agli stessi punti di attacco ai quali potevano essere
agganciati i booster tipici degli MS-06F2, che consentivano rapide accelerazioni
nello spazio e lunghi balzi sulla Terra. Di volta in volta, era perciò
necessario decidere quale delle due opzioni applicare (ma in dicembre il
carburante cominciò a scarseggiare, quindi nessuna delle possibilità si rivelò
effettivamente praticabile). L’MS-06Fs2 era stato inoltre fornito di un reattore
nucleare più potente, benché questo non incrementasse significativamente le
prestazioni. Naturalmente, questo Zack poteva essere dotato delle stesse armi
degli altri modelli della serie MS-06.
La sorte del mobile suit è ignota: si sa che Victoria Lurnberg lo aveva con
sé quando fuggì nello spazio, nel dicembre UC 0079, ma non è chiaro che fine
abbia fatto in seguito. È presumibile che sia stato portato ad Axis e magari
impiegato in qualche battaglia successiva alla Guerra di Un Anno. Secondo
alcuni, era ancora in attività nell’UC 0088, quando Neo Zeon mise in atto la
propria invasione della Terra, quasi nove anni dopo la morte della pilota
originaria.
Note dell’autore
La Victoria Lurnberg proprietaria di questo Zack è la stessa Victoria che
pilotava lo Zeong alla fine del primo capitolo. L’MS-06Fs2 è il mobile suit che
usava quando combatteva sulla Terra e, come facilmente intuibile, è ispirato
all’MS-06F2 che compare in Stardust Memory. Benché si dica che quel modello
risale alla fine della Guerra di Un Anno e che è stato utilizzato anche sulla
Terra, non viene specificato quando entri in scena esattamente (secondo le mie
ricerche, potrebbe essere stato in giro già alla fine di ottobre/inizio di
novembre 0079). Ho scelto MS-06Fs2 come numero di serie perché le mitragliatrici
sulla testa, sebbene differenti, richiamano quelle dell’MS-06Fs, lo Zack II di
Garma Zabi. Naturalmente, con il retconning della missione di Dolores, che
inizialmente si sarebbe dovuta svolgere in Tibet, ho risistemato anche questo
modello. L’unica differenza significativa, però, sta nella rimozione del beam
rifle. Dopo lungo ponderare, ho deciso che non fosse un’arma ‘esteticamente’
adatta a uno Zack (anche se l’MS-11 l’aveva… ma l’MS-11 non è esattamente uno
Zack tipico).
***
MS-07D Gouf Desert Type
Numero di serie: MS-07D; settimo Mobile Suit, tipo D (Desert)
Nome in codice: Gouf Desert Type
Tipo di unità: mobile suit per il combattimento a terra localizzato
Costruttore: Zeonic Company (elaborato sul campo)
Operatore: Principato di Zeon
Rollout: 0079
Primo schieramento: ottobre UC 0079
Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso, per il solo pilota
Dimensioni: altezza complessiva di 18,7 m., altezza alla testa di 18,2 m.
Peso: 58,5 tonnellate metriche a vuoto e 75,4 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: sconosciuta
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 1.034 kW
Propulsione: razzi per una spinta totale di 40.700 Kg.
Prestazioni: spinta massima di 0,54 G, velocità massima a terra di 99
Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
3.600 m.
Armi incorporate: mitragliatrice da 75 mm. a cinque canne (le canne sono le
dita della mano sinistra); heat rod retrattile (montato nel braccio destro)
Armamento opzionale: mitragliatrice a tamburo (100 colpi per tamburo) da 120
mm. (in mano); heat saber Type- bIV a batteria (in mano, può essere trasportata nello scudo); Zack bazooka
da 280 mm. modello H&L-SB25K/280mmA-P a quattro colpi (in mano); scudo
(montato sul braccio sinistro)
Pilota: -
L’MS-07B Gouf, introdotto dall’Esercito Regolare di Zeon durante la Guerra di
Un Anno, fu un mobile suit dalle buone prestazioni, facile da pilotare e dotato
di molti pezzi in comune con la serie degli Zack, il che lo rendeva anche
economico da mantenere. Ne furono perciò realizzate alcune varianti, tra cui una
specializzata per il combattimento in zone desertiche, ovvero l’MS-07D. In
realtà, si può dire che il Gouf Desert Type sia stato qualcosa di molto vicino a
uno spreco di soldi per Zeon. Se, da una parte, era necessario apportare
modifiche al design di base del Gouf per poterlo usare in regioni desertiche
(filtri contro le infiltrazioni della sabbia, un sistema di condizionamento
dell’abitacolo, un radiatore più efficiente), il modello era sostanzialmente un
MS-07B e niente più, in armi e prestazioni. Inoltre, poco dopo il suo primo
schieramento, comparve sui campi di battaglia l’MS-09 Dom, che, con qualche
modifica, risultava molto più efficace nel medesimo ruolo. Diversi ufficiali di
Zeon preferirono comunque il Gouf, essendo più simile a uno Zack nei controlli e
nelle prestazioni, il che portò comunque la macchina ad avere una certa
diffusione. Si trattò comunque di un mobile suit relativamente raro, superato
tecnologicamente quasi subito, e quindi prodotto in poche unità. L’MS-07D, come
l’MS-07B, usava in buona misura gli stessi equipaggiamenti degli Zack.
Contrariamente al suo diretto predecessore, non ne venne mai prodotta una
versione che aveva una normale mano manipolatrice al posto di quella
mitragliatrice. Nonostante questo, diversi soldati, sentendo la necessità di una
macchina più versatile, sostituirono alla mano sinistra standard del Gouf Desert
Type quella di qualche altra variante di Zack o di Gouf. Alcuni esemplari di
Gouf Desert Type erano nello squadrone Scorpio della Quinta Divisione Mobile
Terrestre del Secondo Battaglione MS dell’Armata d’Assalto Terrestre nell’UC
0079.
Note dell’autore
Magari qualcuno si avrà drizzato le orecchie quando Rachel ha parlato della
variante da usarsi nel deserto del Gouf. Non preoccupatevi, non andatela a
cercare sul famoso sito di quattro lettere, non c’è. Però non me la sono
inventata io. Su uno dei libri delle MSV viene esplicitamente dichiarata
l’esistenza di un MS-07D Gouf Desert Type, ma lo è nelle note di colore, non c’è
una scheda descrittiva del modello. Come accade per diverse altre varianti, tra
l’altro. Ragion per cui, ho provveduto ad ampliare il discorso nelle D-MSV,
riportando le informazioni ufficiali e integrandole con altre inventate, com’è
mio solito.
***
MS-08E Efreet European Campaign Type
Numero di serie: MS-08E; ottavo Mobile Suit, tipo E (Europe)
Nome in codice: Efreet European Campaign Type
Tipo di unità: mobile suit per il combattimento a terra localizzato a
produzione limitata
Costruttore: Zeonic Company (elaborato sul campo)
Operatore: Principato di Zeon
Rollout: novembre UC 0079
Primo schieramento: novembre UC 0079
Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso, per il solo pilota
Dimensioni: altezza complessiva di 18,1 m., altezza alla testa di 17,2 m.
Peso: 59,4 tonnellate metriche a vuoto, 78,8 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: acciaio super flessibile su struttura monoscocca
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 1.110 kW
Propulsione: razzi per una spinta totale di 62.000 Kg.
Prestazioni: spinta massima di 0,56 G, compie una svolta di 180° in 2,3
secondi, velocità massima a terra di 110 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
3.600 m.; 2 x serbatoi opzionali (fissati al backpack)
Armi incorporate: 4 x fumogeni
Armamento opzionale: shotgun da 42 mm. (può essere fissato alla parte
posteriore della cintola); scudo; heat saber (può essere riposta nello scudo);
heat hawk a batteria (può essere fissato in vita)
Pilota: Erich Kerner
Durante la Guerra di Un Anno, l’Esercito Regolare di Zeon tentò in più
occasioni di produrre varianti localizzate dei suoi mobile suit progettati
appositamente per combattere sulla Terra, concentrandosi prevalentemente sulle
versioni dedicate ai climi caldi. Sul finire del conflitto, cominciò però a
produrne alcune pensate per zone più specifiche. Al tempo era già entrato in
servizio l’MS-09 Dom, che rendeva obsoleti virtualmente tutti i mobile suit per
il combattimento terrestre precedentemente prodotti. Non fu però possibile
spedire dei Dom a tutti i fronti che ne fecero richiesta, senza contare che
molti soldati continuavano a preferire mobile suit dal sistema di controllo più
semplice e dalla struttura più affidabile, come gli Zack e i Gouf. Per evitare
di progettare un nuovo modello da zero, i vertici militari di Zeon optarono per
una soluzione più economica: decisero di riciclare il design dello sfortunato
MS-08TX Efreet, entrato in servizio proprio quando macchine più avanzate erano
già pronte, e quindi scarsamente utilizzato. L’Efreet European Campaign Type era
uno degli otto MS-08TX prodotti, personalizzato dal generale di divisione Erich
Kerner per dare il meglio sulla costa francese, sulla quale agiva. Era perciò
una versione potenziata del Gouf, dotato di caratteristiche molto simili e,
quindi, di una spiccata predisposizione per il combattimento ravvicinato. Le
caratteristiche erano sostanzialmente analoghe a quelle dell’Efreet di base, se
non per un reattore nucleare potenziato. Si può dire che la struttura fosse
stata elaborata sulla base di quella dell’MS-06Fs2 Zack II Victoria Lurnberg
Custom, fatto visibile sprattutto per l’impermeabilità del modello, che gli
permetteva di agire limitatamente sott’acqua. Il backpack era fornito di punti
di attacco che consentivano di fissarvi dei serbatoi, per aumentare l’autonomia
del mobile suit. L’armamento di base non era differente da quello dell’MS-08TX,
ma alla dotazione erano stati aggiunti altri equipaggiamenti, principalmente
presi da diversi modelli di mobile suit. L’heat hawk, identico a quelli
utilizzati dalla serie degli Zack, fu ritenuto utile da usarsi come una sorta di
rampino per arrampicarsi sulle scogliere e per aiutarsi sui fondali fangosi
(ovviamente, quando impiegato in questo modo, l’heat hawk era spento), mentre lo
scudo era stato già usato dai vari modelli di Gouf.
Note dell’autore
Il misconosciuto MS-08TX compare in alcuni videogiochi ed è sostanzialmente
un Gouf potenziato, privo di caratteristiche di particolare rilievo.
Paradossalmente, più che l’Efreet, è nota una sua variante, l’MS-08TX[EXAM]
Efreet Custom, perché compare in The Blue Destiny. Necessitando di un mobile
suit specializzato per ufficiali, ho pensato che l’opzione più economica per
l’Esercito Regolare di Zeon fosse quella di sfruttare un modello già esistente e
apportarvi delle modifiche. A dire il vero, all’inizio avevo pensato al Gouf, ma
mi sembrava una scelta troppo banale. Prima che retconnassi alcune parti di
Gundam D, questo modello si chiamava MS-08C Efreet Cold Climate Type e doveva
essere un mobile suit specializzato per gli ambienti freddi… Mah, tutto sommato
preferisco questa versione.
***
MS-14Jg/S Gelgoog Colin Raimondi Custom
Numero di serie: MS-14Jg; quattordicesimo Mobile Suit, tipo Jg/S (Jaeger
Special)
Nome in codice: Gelgoog Colin Raimondi Custom
Tipo di unità: mobile suit per il combattimento a distanza personalizzato
Costruttore: Zeonic Company
Operatore: Principato di Zeon
Rollout: dicembre UC 0079
Primo schieramento: dicembre UC 0079
Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso, per il solo pilota
Dimensioni: altezza alla testa di 19,2 m.
Peso: 40,5 tonnellate metriche a vuoto, 80,3 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: composito di titanio/ceramica su struttura monoscocca
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 1.490 kW
Propulsione: tre razzi da 24.500 Kg., cinque razzi da 21.000 Kg., un totale
di ventiquattro vettori di spinta
Prestazioni: spinta massima di 2,22 G, compie una svolta di 180° in 1,4
secondi; velocità massima a terra di 192 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
6.300 m.; taniche di propellente esterne staccabili (montate nel backpack)
Armi incorporate: cannone mitragliatore da 110 mm. (montato nell’avambraccio
destro); beam saber di potenza stimata in 0,38 MW (nell’alloggiamento di
ricarica nell’avambraccio sinistro, in mano quando usata)
Armamento opzionale: grossa beam machinegun a E-CAP ricaricabile
Pilota: Colin Raimondi
Nonostante l’MS-14S Gelgoog Commander Type sia stato uno degli ultimi mobile
suit introdotti dall’Esercito Regolare di Zeon durante la Guerra di Un Anno, le
sue notevoli prestazioni indussero gli ingegneri del Principato a trarne
un’ampia gamma di varianti. La più recente e valida era l’MS-14Jg Gelgoog
Jaeger, presumibilmente discendente dell’MS-14F Gelgoog Marine. Nel dicembre
dell’UC 0079, uno dei pochi Gelgoog Jaeger prodotti fu affidato a Colin
Raimondi, un giovane pilota che, pur non essendo propriamente un asso, si era
distinto per la propria precisione nel combattimento a lunga distanza,
diventando un abile tiratore con il bazooka dell’MS-09R Rick Dom che aveva
impiegato fino ad allora. L’Esercito Regolare di Zeon era già a corto di soldati
e non era strano che anche mobile suit potenti come i Gelgoog finissero in mano
a piloti non particolarmente dotati nel complesso. Nonostante la propensione per
il combattimento a lunga distanza del Gelgoog Jaeger si adattasse bene
all’attitudine di Raimondi, questi capiva di doversi migliorare nel corpo a
corpo, se non altro perché molti suoi commilitoni lo prendevano in giro per
questo. Fece quindi sostituire il cannone mitragliatore nel braccio sinistro del
proprio mobile suit con un alloggiamento di ricarica per una beam saber, per
evitare di trovarsi impreparato, qualora un avversario l’avesse attaccato da
vicino. Per il resto, l’MS-14Jg/S era sostanzialmente identico a un qualsiasi
Gelgoog Jaeger.
Durante le ultime settimane della Guerra di Un Anno, fu però impiegato in
maniera inaspettatamente efficace, come se il suo pilota avesse subito un
improvviso miglioramento delle proprie capacità. Si guadagnò in breve il
soprannome di ‘Ice Gelgoog’, sia per il suo caratteristico schema di colore
azzurro e blu, sia perché Raimondi era un cecchino di eccezionale freddezza,
capace di abbattere con un sol colpo della beam machinegun mobile suit e
corazzate, anche mentre si trovava nel pieno dello scontro. Raimondi partecipò
anche alla battaglia di A Baoa Qu, dove testimoniò la sconfitta finale del
Principato; in quell’occasione riuscì ad abbattere cinque mobile suit di tipo GM
e tre Ball.
Note dell’autore
Non so che dire esattamente. Mi serviva un mobile suit un minimo
caratteristico per il villain principale del capitolo 1.5, tutto qua. Non avevo
necessità di ideare un modello completamente nuovo, quindi ho preso un Gelgoog
Jager e l’ho modificato un po’. L’idea di mettergli una beam saber nel braccio
mi è venuta vedendo il Gelgoog che Char usa in CDA (che, per la verità, sarebbe
modificato con dei pezzi dell’MS-14F).
***
MS-15K Gyan Kai
Numero di serie: MS-15K; quindicesimo Mobile Suit, tipo K (Kai)
Nome in codice: Gyan Kai
Tipo di unità: prototipo di mobile suit
Costruttore: Axis
Operatore: Axis
Rollout: UC 0087
Primo schieramento: UC 0088
Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), per il solo pilota
Dimensioni: altezza alla testa di 21,3 m.
Peso: 44,2 tonnellate metriche a vuoto, 51,8 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di gundarium su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky da
2.480 kW
Propulsione: due razzi da 19.800 Kg., due razzi da 7.460 Kg., due razzi da
5.000 Kg.; un totale di undici vettori di spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 2 G, compie una svolta di 180° in 0,9 secondi,
velocità massima a terra di 180 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
12.000 m.
Armi incorporate: nessuna
Armamento opzionale: grande beam sword da 3 MW; scudo con lanciamissili
incorporati
Pilota: -
In seguito alla Guerra di Un Anno, molti reduci di Zeon, non volendosi
sottoporre al governo federale, si rifugiarono sull’asteroide Axis. Qui
continuarono a vivere, progettando il proprio ritorno e la propria vendetta.
Durante questo periodo, progettarono molti mobile suit, tra cui questo MS-15K.
Direttamente derivato dall’YMS-15 Gyan, ne era una versione potenziata, con
un’armatura più resistente e armi migliori. L’innovazione più notevole, però,
era il movable frame, che conferiva alla macchina una maggiore agilità nel
combattimento ravvicinato. La grande beam saber di cui era dotato era un’arma
unica, che poteva emettere diverse altre lame a raggi attorno a quella
principale, aprendosi sui lati. Come il primo Gyan, inoltre, il Gyan Kai
disponeva di uno scudo con diversi lanciamissili incorporati, con il quale
poteva scatenare una tempesta di colpi contro il nemico. Il Gyan Kai si rivelò
superiore al suo contemporaneo AMX-107 Bawoo, ma fu giudicato troppo orientato
al corpo a corpo e difficile da pilotare, motivo che convinse i vertici di Axis
ad accantonare l’idea di una produzione in serie. Il modello fu comunque usato
come base per progettare l’AMX-104 R-Jarja.
Note dell’autore
In teoria, il Gyan Kai, che compare solo in un paio di videogiochi, dovrebbe
essere niente più che uno what if, ma è anche vero che questo concetto è molto
poco definito in Gundam. Niente, l’ho buttato nel mucchio solo perché mi andava
così, non è che sia effettivamente importante. Visto che le sue caratteristiche
tecniche non vengono fornite, ho inventato io. Il suo background ufficiale è più
o meno quello che ho descritto, ma, ovviamente, le note più strettamente
tecniche sono farina del mio sacco, dato che si basano su materiale
originariamente non presente.
***
MSA-099C Rick Dias Cannon
Numero di serie: MSA-099C; Mobile Suit Anaheim 099, tipo C (Cannon)
Nome in codice: Rick Dias Cannon
Tipo di unità: mobile suit di supporto a medio raggio prodotto in serie
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Anti Earth-Union Group
Rollout: UC 0087
Primo schieramento: UC 0087
Abitacolo: abitacolo per il solo pilota, sistemato nella testa (dotato di
sistema panoramic monitor/linear seat)
Dimensioni: altezza totale di 21,6 m., altezza all’antenna di 18,7 m.,
altezza alla testa di 18 m.
Peso: 41,3 tonnellate metriche a vuoto, 66,2 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di gundarium g su primitivo movable frame
Impianto energetico: reattore nucleare a fusione ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 1.833 kW
Propulsione: due razzi da 37.400 Kg.; un totale di sette vettori di
spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta di 1,37 G
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
11.500 m.; 2 x lancia-birdlime (nelle mani); razzi di segnalazione (nelle
mani)
Armi incorporate: sistema d’armamento antimissilistico vulcan phalanx gun da
55 mm. a due canne (nella testa); beam saber di potenza stimata in 0,4 MW
(nell’alloggiamento di ricarica nell’anca sinistra, in mano quando usata); 2 x
beam cannon (nel backpack, spuntano da sopra le spalle)
Armamento opzionale: beam pistol di potenza stimata in 2,2 MW a E-CAP
ricaricabile (può essere fissata all’anca destra); clay bazooka a cartucce da 7
colpi ciascuna, più uno in canna
Pilota: -
Durante la Guerra di Gryps, l’AEUG si ritrovò con la necessità di schierare
dei modelli di mobile suit che facessero da supporto a medio raggio; c’erano
effettivamente degli RGC-83 GM Cannon II tra le fila del movimento, ma erano
pochi e ormai obsoleti. All’epoca, il mobile suit principale dell’Anti-Earth
Union Group era l’RMS-099 (MSA-099) Rick Dias, che aveva una caratteristica che
si prestava particolarmente al processo di elaborazione in macchina
d’artiglieria: ereditando alcune filosofie di progettazione dell’MS-14A Gelgoog
dell’Esercito Regolare di Zeon, tendeva a distribuire i vettori di spinta al di
fuori del backpack, il che rendeva possibile cambiarlo senza significative
perdite di prestazioni. Venne quindi assemblato un nuovo backpack, che montava
due beam cannon basati su quelli del GM Cannon II. Il backpack con i cannoni
poteva essere sostituito a quello di un qualsiasi Rick Dias, ma non aveva gli
stabilizzatori posteriori, il che riduceva l’autonomia della macchina, ed
eventualmente la sua possibilità di destreggiarsi nel volo atmosferico su di
un’unità di volo ausiliario. La mancanza del vecchio backpack, inoltre, toglieva
all’MSA-099C gli alloggiamenti per le beam pistol e per la beam saber. Per
ovviare a questo inconveniente, vennero ideate due nuove corazzature per le
anche. Quella di destra comprendeva un sostegno al quale poteva essere fissata
una beam pistol, mentre quella di sinistra conteneva l’alloggiamento di ricarica
per una beam saber. Il Rick Dias Cannon venne largamente impiegato durante tutta
la Guerra di Gryps e la Prima Guerra di Neo Zeon. In realtà, non era un’unità
priva di problemi: l’eliminazione degli stabilizzatori nel backpack, che
contenevano serbatoi addizionali, ne limitava seriamente l’autonomia rispetto al
modello di base, rendendolo molto più dipendente dalla nave madre.
Ciononostante, fu comunque un mobile suit di successo: la possibilità di
convertire facilmente qualsiasi normale Rick Dias in Rick Dias Cannon lo rese
economico da produrre e semplice da utilizzare.
Note dell’autore
La fonte di ispirazione di questo modello è ovviamente il Kanone Dias di
Kazuhisa Kondo. In realtà, la cosa un po’ mi scazza, perché Kondo è un autore
che non mi piace per niente (troppo fissato con l’aspetto pseudomilitarista; per
me lui non è un fan di Gundam, è un fan di roba militare, che poi applica ai
mobile suit). Va be’, è andata così. Kondo non fornisce un background decente
per il suo Kanone Dias, io ho semplicemente inventato un po’ di note di colore.
Qualcuno lo saprà già, ma il GM Cannon II tra le fila dell’AEUG si vede nel
terzo film di Z Gundam… Il che significa che mi contraddico da solo, visto che
io ho scelto di seguire la serie TV. In realtà, credo sarebbe stato più naturale
progettare un Nemo Cannon, sul modello dei vari GM Cannon (cosa che è
effetivamente stata fatta da altri), ma l’idea di un Rick Dias di supporto mi
piaceva troppo…
***
MSN-04II Nightingale
Numero di serie: MSN-04II; quarto Mobile Suit Newtype, secondo modello
Nome in codice: Nightingale
Tipo di unità: prototipo di mobile suit per newtype
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Neo Zeon
Rollout: UC 0093
Primo schieramento: UC 0094
Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat)
Dimensioni: lunghezza complessiva di 27,8 m., altezza alla testa di 22,5
m.
Peso: 48,2 tonnellate metriche a vuoto, 105,7 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di gundarium su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky da
6.760 kW
Propulsione: due razzi da 14.000 Kg., due razzi da 13.300 Kg., otto razzi da
9.800 Kg.; un totale di quarantadue vettori di spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1,87 G, compie una svolta di 180° in 1,4
secondi, velocità massima a terra di 80 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
23.420 m.; psycommu system; psycoframe (nella struttura interna dell’abitacolo);
2 x serbatoi di carburante staccabili (nel backpack)
Armi incorporate: 10 x funnel, ciascuno dei quali monta un beam gun da 10,6
MW (cinque in ciascuna spalla); 2 x beam saber da 0,80 MW (una
nell’alloggiamento di ricarica di ciascun avambraccio)
Armamento opzionale: mega beam rifle da 15,6 MW; scudo
Pilota: sconosciuto
Ufficialmente, la Seconda Guerra di Neo Zeon ebbe termine il 12 marzo UC
0093, quando venne sventata, in circostanze non del tutto chiarite, la caduta di
Axis sulla Terra. Nonostante Char Aznable fosse risultato MIA in
quell’occasione, il Neo Zeon che aveva formato non scomparì nel nulla da un
giorno all’altro. Alcuni veterani della Guerra di Gryps, memori di come l’allora
Quattro Bajeena aveva già fatto perdere le proprie tracce, pensavano fosse solo
questione di tempo prima che tornasse alla ribalta; altri erano intenzionati a
impiegare la notevole potenza militare che Neo Zeon aveva costituito per
ottenerne dei guadagni personali. Quali che fossero le loro motivazioni, molti
membri di Neo Zeon ritennero opportuno proseguire la guerra contro la
Federazione Terrestre, continuando a potenziarsi ulteriormente.
Il Nightingale era un mobile suit che avrebbe dovuto costituire la versione
potenziata dell’MSN-04 Sazabi; di fatto, i leader di Neo Zeon che ne avevano
commissionato la costruzione avevano allestito una campagna di propaganda
secondo cui quella sarebbe dovuta essere la nuova unità di Char Aznable quando
questi fosse tornato a guidare il proprio esercito. Il che non accadde mai, ma
non impedì alle armate di reduci di fare uso comunque di tale macchina. Come il
Sazabi, il Nightingale aveva come caratteristica principale i funnel nel
backpack, che potevano essere controllati a distanza da un pilota newtype
tramite psycoframe (non c’era quindi effettivo bisogno dello psycommu system) ed
essere impiegati per effettuare attacchi da qualsiasi direzione. Essendo
ritenuti un armamento già di per sé sufficiente, il Nightingale non fu fornito
di molti altri equipaggiamenti; chi lo aveva progettato contava evidentemente
sulla sua capacità di sostenere combattimenti sulla lunga distanza, grazie al
potentissimo reattore nucleare e alla enorme quantità di carburante che poteva
immagazzinare, anche tramite due taniche addizionali staccabili. Il Nightingale
era decisamente un mobile suit progettato per lo spazio: in questo ambiente,
nonostante la sua grande massa, risultava adeguatamente manovrabile grazie alla
potenza e alla quantità dei vettori di spinta. Non fu mai impiegato sulla Terra,
a quanto se ne sa.
Note dell’autore
Vedere le Note dell’autore alla voce RX-93- n-2 Hi-n Gundam.
***
MSZ-006 " Z Plus Test Type
Dolores Martin Custom ("Dolly")
Numero modello: MSZ-006 ";
sesto Mobile Suit Zeta, tipo "
Nome in codice: Dolly
Tipo di unità: mobile suit trasformabile di prova
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Anaheim Electronics, Esercito della Federazione Terrestre
Rollout: UC 0088
Primo schieramento: UC 0088
Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat) per il solo pilota
Dimensioni in modalità mobile suit: altezza complessiva di 22,11 m., altezza
alla testa di 19,86 m.
Dimensioni in modalità waverider (con scudo): lunghezza totale di 30,6 m.,
apertura alare di 23,54 m.
Dimensioni in modalità waverider (con beam smartgun): lunghezza totale di 36
m., apertura alare di 23,54 m.
Peso con scudo: peso di 35,4 tonnellate metriche a vuoto e di 71,1 tonnellate
metriche a pieno carico
Peso con beam smartgun: peso di 48,61 tonnellate metriche a vuoto e di 88,47
tonnellate metriche a pieno carico
Costruzione: composito in lega di gundarium g su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky da
2.925 kW
Propulsione: quattro razzi da 18.600 Kg., quattro razzi da 12.600 Kg.,
quattro razzi da 9.860 Kg.; un totale di otto vettori di
spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1,89 G, compie una svolta di 180° in 0,7
secondi, velocità massima a terra (in modalità mobile suit) di 165 Km/h.,
velocità massima in volo (in modalità waverider) di Mach 4,2
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
17.000 m. in modalità mobile suit e di 21.000 m. in modalità waverider;
bio-sensor
Armi incorporate: 2 x vulcan gun da 60 mm. binati (montati nella testa); 2 x
beam cannon da 2,4 MW (uno su ciascuna anca); 2 x beam saber da 0,75 MW (una
nell’alloggiamento di ricarica di ciascuna anca, in mano quando usate)
Armamento opzionale: scudo con copertura anti-raggio (fissato al braccio
sinistro, forma la fusoliera del waverider, include un beam cannon da 14 MW);
beam smartgun da 50 MW (usato in sostituzione dello scudo, fissato al braccio
destro, forma la fusoliera in modalità waverider); high mega cannon da 11,8 MW
(montato sulla testa); beam rifle da 5,7 MW (in mano o sull’apposito supporto
accanto all’ala destra in modalità mobile suit, fissato al dorso in modalità
waverider)
Pilota: Dolores Martin
Sul finire della Guerra di Gryps, la Federazione Terrestre commissionò alla
Anaheim Electronics una versione a basso costo dell’MSZ-006 Z Gundam, che
potesse essere prodotta in serie. Alla Anaheim stavano già lavorando a progetti
di questo tipo per conto dell’AEUG: l’MSZ-007 Mass Production Type Z Gundam e
l’MSZ-008 Z II erano due diversi modelli concepiti con questo scopo, ma
accantonati per motivi differenti. Con lo Z Plus, la Anaheim cercò di guadagnare
quanto più possibile da questo proposito. Lo Z Plus, che fu impiegato dalla Task
Force a per sedare la
ribellione dei New Desides, fu prodotto in parecchie varianti e alla Anaheim
Electronics si trovarono a cambiare poco alla volta uno stesso design.
In quel periodo, la Federazione Terrestre insistette per inviare dei propri
ufficiali come piloti collaudatori, ma la Anaheim non ne aveva strettamente
bisogno: era in realtà una manovra dei vertici federali, che volevano tenere
sotto controllo le attività di quello che sarebbe diventato il loro principale
produttore di mobile suit, nel timore che potesse sviluppare dei nuovi modelli
per conto dei Titans o di Axis. Tra questi piloti collaudatori c’era anche
Dolores Martin, che contribuì alle prove sui modelli di Z Plus. A questo scopo,
si fece assegnare un mobile suit a uso personale, utilizzato per testare le
diverse tecnologie applicate sui modelli di Z Plus prodotti in serie.
Il Dolly (così chiamato perché riportava questa scritta sulla parte sinistra
dell’abitacolo, in evidente riferimento al nome del pilota) era inizialmente un
MSZ-006A1 Z Plus Test Type, ma ben presto cambiò il numero di serie. Man mano
che gli venivano apportate delle modifiche, divenne MSZ-006A3, MSZ-006C0 e
MSZ-006A4. Alla fine, essendo ormai qualcosa di diverso da qualsiasi altro
modello, si decise di identificarlo come MSZ-006 ", a indicare che si trattava di una versione che
riassumeva quanto fatto con tutte le altre.
Come un qualsiasi MSZ-006A1, il Dolly era stato pensato essenzialmente per il
volo atmosferico; era un mobile suit capace di trasformarsi in waverider per
volare in presenza di gravità. Era dotato di uno scudo che, in modalità
waverider, formava la fusoliera, e di due beam gun sulle anche, che potevano
essere usati indipendentemente dalla forma assunta e i cui vani contenevano una
beam saber ciascuno. Aveva inoltre i classici vulcan gun tipici dei mobile suit
basati sui Gundam e poteva essere armato con un beam rifle, che, applicato sulla
schiena, era in grado di sparare anche in modalità waverider.
Il primo cambiamento del Dolly fu quello che servì al collaudo delle
strutture di base dell’MSZ-006C1. Essenzialmente, questa modifica consisteva
nella sostituzione dello scudo con un beam smartgun, un potentissimo cannone a
raggi. Sul punto di attacco su ciascun braccio poteva essere montato sia lo
scudo che il beam smartgun (dato che entrambi formavano la fusoliera in modalità
waverider, l’utilizzo di uno di questi equipaggiamenti escludeva quello
dell’altro). Al mobile suit furono inoltre montati dei razzi addizionali alla
base dello stabilizzatore di coda, per incrementarne la potenza di spinta e la
velocità. Sotto ciascuna ala furono posti due punti di attacco, a ognuno dei
quali poteva essere fissato un serbatoio di carburante, trasversalmente all’ala
stessa. Questa configurazione dei serbatoi era funzionale all’azione nello
spazio, per la quale l’MSZ-006C1 era progettato, ma Dolores rifletté che avrebbe
provocato dei problemi di bilanciamento nel volo atmosferico in presenza di
gravità. Fece quindi modificare i punti di attacco, in modo che su due di essi
potesse essere montato un singolo serbatoio, parallelamente all’ala. Meno
carburante, ma migliore equilibrio. Questa caratteristica, nonostante si potesse
adattare bene agli MSZ-006A1, non fu poi impiegata su altri modelli di Z Plus,
probabilmente perché causava una diminuzione dell’aerodinamicità nel volo
atmosferico.
La seconda modifica al Dolly fu quella utile a testare l’high mega cannon
montato sulla testa dell’MSZ-006A2 e poi sull’MSZ-010 ZZ Gundam. Questa potente
arma fu però scartata da Dolores, che la trovò poco pratica in combattimento:
come sarebbe stato in seguito evidenziato dal ZZ Gundam, infatti, un colpo con
la sua incredibile potenza finiva col prosciugare l’energia del mobile suit. Se
questo poteva essere anche accettabile per il ZZ Gundam, per una macchina come
lo Z Plus, dotata di un reattore nucleare molto meno potente, non poteva davvero
essere preso in considerazione. Dopo i test, Dolores fece smontare l’high mega
cannon, ma mantenne sulla fronte del mobile suit un attacco che avrebbe
eventualmente consentito di rimontarlo in seguito. Lo sviluppo del beam smartgun
(altrettanto potente, più facile da montare e capace di accumulare direttamente
l’energia del generatore per usarla solo al momento di sparare), però, aveva già
reso, di fatto, questa caratteristica inutile.
In seguito, il Dolly fu modificato secondo quanto sarebbe stato testato
sull’MSZ-006C4 e sull’MSZ-006D, ottimizzandone la struttura per il rientro
nell’atmosfera. In teoria, questo sarebbe già dovuto essere possibile, ma la
resistenza della corazza non era sembrata sufficiente per superare l’operazione
di rientro senza danni. La struttura della fusoliera e delle ali fu quindi
rinforzata; fu sostituito lo scudo, che divenne identico a quello poi usato
nell’MSZ-006C4, dotato di un beam gun. Su tale scudo fu inoltre applicata una
copertura anti-raggio, del tutto simile a quella dell’MSN-00100 Hyaku Shiki, che
gli conferiva una limitata resistenza ai flussi di particelle Minovsky,
consentendogli di parare i colpi dei beam rifle di media potenza.
Dolores cominciò poi ad apportare variazioni di propria iniziativa al mobile
suit, prima tra le quali vi furono due razzi di spinta addizionali sotto ciascun
piede, per incrementare la manovrabilità della macchina e l’efficacia
dell’AMBAC. Pensò inoltre a un sistema che potesse sostituire automaticamente, a
seconda delle esigenze, i normali carrelli d’atterraggio a ruote con degli
equivalenti a slitta, per consentire di atterrare su qualsiasi terreno. Il
progetto fu poi scartato dalla stessa Dolores, che giudicò questa struttura
troppo fragile e optò per degli pneumatici super-resistenti a intaglio speciale.
Il reattore nucleare fu sostituito con quello dell’MSZ-006D, il più potente mai
montato su di uno Z Plus. Quando sorse il sospetto che Dolores fosse una
newtype, qualcuno alla Anaheim installò sul Dolly, a insaputa della pilota, un
sistema di bio-sensor simile a quello già usato sull’MSZ-006 Z Gundam e poi
sull’MSZ-010 ZZ Gundam. Come per lo Z Gundam, il funzionamento del bio-sensor
restava poco chiaro: era una struttura teoricamente progettata per fare da
interfaccia tra un pilota newtype e la macchina, permettendogli di pilotare con
più immediatezza. In pratica, si rivelò in grado di incanalare i mutamenti che
avvenivano nelle emozioni del pilota, usandoli per alimentare il mobile suit,
che poteva così incrementare le proprie prestazioni. Le sue reali capacità,
però, erano sconosciute persino ai suoi creatori, che probabilmente avevano
progettato qualcosa di più complesso e incontrollabile del previsto.
Come tutti gli MSZ-006C1, inoltre, il Dolly poteva essere configurato in
versione Humming Bird, montandovi un totale di quattro enormi booster (uno al
posto di ogni gamba e uno su ciascuna spalla). Tali booster, ispirati a quelli
dell’MSA-0011[Bst] S Gundam Booster Unit, avevano la funzione di incrementare
notevolmente la velocità nello spazio dello Z Plus, senza pregiudicarne la
capacità di trasformarsi. Quando era in questa configurazione, il Dolly prendeva
il nome di MSZ-006 "[Bst]
Humming Dolly. Oltre che per qualche volo di test, pare che il Dolly non sia mai
stato effettivamente usato in versione Humming Bird.
Note dell’autore
Lo Z Plus di Dolores viene essenzialmente da una fissa mia. Credo che lo Z
Plus sia diventato il mio mobile suit preferito nel momento stesso in cui l’ho
visto (che è stato ancora prima di scoprire l’esistenza di Gundam Sentinel).
Possiedo il modellino in scala 1/144 dell’MSZ-006C1 e il Master Grade
dell’MSZ-006A1. Non so perché, ma lo Z Plus mi piace molto più dello Z Gundam,
nonostante quest’ultimo sia il mobile suit "titolare" di quello che ritengo il
cartone animato più bello mai realizzato (ma mi hanno detto che il suo Master
Grade sia fatto piuttosto male… e la seconda versione sembrerebbe avere
quell’odiosissima giuntura piatta alle gambe!). Mi è quindi venuto naturale
crearne una versione custom da assegnare alla protagonista della mia storia.
L’eccezionalità del Dolly non deriva da prestazioni particolarmente buone: non
fa cose che altri Z Plus non abbiano fatto prima. Però raccoglie le
caratteristiche migliori di ogni modello, quindi, per come lo vedo io, è il
mobile suit figo definitivo. A questo proposito, ho avuto qualche problema circa
il periodo di tempo nel quale farlo comparire, perché l’evoluzione dello Z Plus
non è molto ricca di dettagli. Varianti a parte, in Gundam Sentinel compaiono
già tutti i modelli che ho citato (e anche qualcun altro, con l’eccezione delle
versioni Humming Bird), quindi pare che siano stati sviluppati a brevissima
distanza l’uno dall’altro. È anzi altamente probabile che l’MSZ-006A1 e
l’MSZ-006C1 siano stati progettati praticamente in contemporanea, apportando
poche modifiche a un comune design. Ah, ovviamente il numero di serie gioca sul
significato matematico del simbolo ", ovvero "per ogni" (dovrebbe indicare il fatto che il Dolly riunisce in
sé diverse versioni di Z Plus). Ditemi che lo sapevate anche prima di vedere
" Gundam… Ah, ovviamente,
sia la mano lucente che Dolores vede durante lo scontro con i mobile suit
dell’Alexandria, sia il superpotenziamento che lo Z Plus ottiene combattendo
contro il Gaplant e il Titania sono dovuti al bio-sensor. No, non è
un’esagerazione: anche nella serie TV di Z Gundam accade qualcosa di simile
(benché lì il bio-sensor non venga proprio citato, anzi, sospetto che sia una
spiegazione a posteriori e che Tomino volesse semplicemente enfatizzare le
abilità di newtype di Kamille). Tra l’altro, anche il The O, il Palace Athene,
il Bolinoak Sammahn e il ZZ Gundam hanno il bio-sensor.
***
PMX-004 Titania
Numero di serie: PMX-004; quarto Paptimus Mobile weapon eXperimental
Nome in codice: Titania
Tipo di unità: prototipo di mobile suit per newtype
Costruttore: Jupitris
Operatore: Jupitris
Rollout: UC 0087
Primo schieramento: UC 0088
Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), sistemato nel torso
Dimensioni: altezza complessiva di 27,8 m., altezza alla testa di 34,1 m.
Peso: 62,2 tonnellate metriche a vuoto, 84,3 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di gundarium su mavable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky da
2.260 kW
Propulsione: un razzo da 38.500 Kg., due razzi da 29.500 Kg., un totale di
quindici vettori di spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1,43 G, compie una svolta di 180° in 0,7
secondi, velocità massima a terra di 158 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
12.400 m.; due braccia ausiliarie (una ripiegata su ciascuna spalla); psycommu
system
Armi incorporate: 4 x beam sword da 0,39 MW (due negli alloggiamenti di
ricarica in ciascuna spalla, in mano quando usate); 8 x funnel, ciascuno dei
quali monta un beam gun da 2,1 MW (negli alloggiamenti di ricarica del
backpack)
Armamento opzionale: beam rifle da 3,4 MW a E-CAP ricaricabile
Pilota: Elizabeth Fontaine
Gli esseri umani che avevano colonizzato Giove ai tempi delle grandi
migrazioni si erano trovati con un enorme potere in mano, ma con un’eccessiva
lontananza dalla Sfera Terrestre per poterla dominare. Nel corso della Storia
dello Universal Century, cercarono più volte di prendere il controllo della
Terra e delle colonie tramite loro agenti. Dopo essersi schierato con Zeon
durante la Guerra di Un Anno, Giove vide nella Guerra di Gryps una buona
occasione e mandò il proprio emissario Paptimus Scirocco a prendere contatti con
i Titans. Scirocco, potente newtype, era però un uomo che covava un suo progetto
personale e, per supportare i propri eletti, aveva preparato una linea di mobile
suit personalizzati, assemblati sul Jupitris, la nave di cui era capitano.
Scirocco partì da Giove prima che il Titania, sua ultima creazione, fosse
completato, lasciando disposizioni affinché venisse ultimato (il Jupitris era
già impegnato a produrre le altre sue macchine da combattimento e non poteva
essere caricato di ulteriore lavoro). Il PMX-004 fu però terminato da alcuni
suoi fedelissimi, guidati dai suoi stessi ideali di supremazia di pochi e
riuniti sotto la figura carismatica di Isolde Tsogatie.
Scirocco aveva originariamente progettato il Titania affinché divenisse
l’unità personale della donna che lo avrebbe affiancato nel dominio della Sfera
Terrestre: in quanto tale, era praticamente la versione femminile del PMX-003
The O. Pensato appositamente per essere impiegato da un newtype, il Titania non
possedeva però il bio-sensor del The O (una tecnologia di cui Scirocco era
entrato in possesso solo dopo avere lasciato Giove), ma montava invece un più
tradizionale psycommu system. Tramite esso, il pilota poteva controllare a
distanza otto funnel, ciascuno dotato di beam gun, con i quali effettuare
attacchi a tutto campo. Il Titania disponeva inoltre di un paio di braccia
ausiliarie, una ripiegata su ciascuna spalla, che potevano essere utilizzate per
combattere con le beam saber.
Quando il Jupitris di Isolde Tsogatie arrivò nella Sfera Terrestre con il
Titania a bordo, Scirocco era già morto da qualche giorno. Aveva però fatto
proseguire le indagini per trovare la potenziale pilota di questo mobile suit,
identificandola nella giovane Elizabeth Fontaine.
Note dell’autore
Il Titania compare solo in un paio di videogiochi, quindi suppongo che la sua
presenza possa essere fatta rientrare nella mia fissa di andarmi a pescare i
mobile suit più misconosciuti. Comunque sia, il suo proposito ufficiale è
esattamente quello che descrivo anch’io… Ho alterato un dettaglio della genesi
di questo mobile suit: secondo le notizie ufficiali, infatti, sarebbe stato
assemblato sul Jupitris di cui Paptimus Scirocco è capitano (ma in Z Gundam non
ve n’è traccia, ovviamente). Non vengono inoltre fornite informazioni circa
peso, altezza e prestazioni in generale… In pratica, ho inventato. Infine, a
quanto mi risulta, in nessuno dei videogiochi in cui compare viene detto quanti
funnel abbia, quindi, anche in questo caso, ho deciso io.
***
RGC-90 Jegan Cannon
Numero di serie: RGC-89; Renpo (Federazione) GunCannon, progettato nell’UC
0089
Nome in codice: Jegan Cannon
Tipo di unità: mobile suit per il supporto a media distanza prodotto in
serie
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Esercito della Federazione Terrestre
Rollout: UC 0092
Primo schieramento: UC 0092
Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), sistemato nel torso
Dimensioni: altezza complessiva di 20,4 m., altezza alla testa di 19 m.
Peso: 33,1 tonnellate metriche a vuoto, 58,9 tonnellate metriche peso a pieno
carico
Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 1.900 kW
Propulsione: un razzo da 12.700 Kg., due razzi da 9.200 Kg., due razzi da
8.800 Kg., un totale di dodici vettori di spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1,01 G, compie una svolta di 180° in 1,9
secondi, velocità massima a terra di 155 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
14.200 m.; rastrelliera per granate a tre posti (sull’anca sinistra)
Armi incorporate: beam saber (nell’alloggiamento di ricarica nell’anca
destra, in mano quando usata); 2 x beam cannon da 5 MW (nel backpack, spuntano
da sopra le spalle)
Armamento opzionale: vulcan gun pod (montato sulla testa); scudo (montato su
di un avambraccio), che monta due lanciamissili a due bocche di fuoco; 3 x
granate (nella rastrelliera sull’anca sinistra); beam rifle a E-CAP
ricaricabile
Pilota: -
Con l’introduzione dell’RGM-89 Jegan, l’Esercito della Federazione Terrestre
adottò il proprio classico modus operandi: come aveva già fatto con l’RGC-80 GM
Cannon e l’RGC-83 GM Cannon II, progettò una variante per il supporto a medio
raggio montando un paio di cannoni sulle spalle del proprio modello
multifunzione base. Il Jegan Cannon era la versione moderna dei propri
predecessori: un Jegan con strati di armatura addizionali e un paio di cannoni,
in questo caso beam cannon, che lo rendevano estremamente pericoloso e
incrementavano molto la sua potenza di fuoco. Per il resto, impiegava le stesse
armi dell’RGM-89 e le sue prestazioni erano solo leggermente intralciate dal
fatto di avere un peso addizionale.
Il Jegan Cannon fu utilizzato essenzialmente come unità di soppressione e
assegnato a squadroni di mobile suit federali incaricati di spazzare via dei
reduci di Neo Zeon. Nonostante avesse ottenuto dei buoni risultati, non fu
prodotto in gran numero: l’Esercito Federale preferì sviluppare il più versatile
RGM-89S Stark Jegan, che, si riteneva, avrebbe potuto ricoprire lo stesso ruolo
con maggiore efficienza.
Note dell’autore
Ho ideato questo modello essenzialmente per dare maggiore varietà al
contingente federale che combatte in Norvegia. Il ragionamento di base è
piuttosto intuitivo: sia il numero di serie che l’armamento del normale RGM-89
Jegan sono stati cambiati per riflettere quelli dell’RGC-80 GM Cannon. Con la
differenza che il Jegan Cannon ha due cannoni anziché uno e che, dato il divario
temporale, sono beam cannon. Tra l’altro, mi è giunta voce che esisterebbe un
RGC-90 Jegan Cannon ufficiale, da qualche parte, ma non sono riuscito a scoprire
esattamente dove, né quali siano le sue caratteristiche. Secondo alcune delle
fonti che ho consultato, potrebbe essere un nome alternativo dell’RGM-90 Jegan
Heavy Armor (che compare tra le CCA-MSV). Comunque, sempre in tema di mobile
suit "fantasma" (nel senso che so che sono stati inventati, ma non dove sono
comparsi), ci sarebbe un RGM-89F Jegan Heavy Wepons Type,che somiglia molto al
mio Jegan Cannon. La ifferenza principale sta nel fatto che i suoi beam cannon
sono connessi al movable frame delle spalle, e quindi possono ruotare di 360°.
Hanno anche dei manici, che il mobile suit può afferrare per migliorare la
precisione. Inoltre, dopo avere scritto questa fanfiction, ho scoperto che
moltissimi autori di lingua inglese hanno incluso nelle proprie storie un
modello chiamato esattamente così, e con caratteristiche simili. Suppongo che
adesso i baldi cacciatori di plagi penseranno che voglia pararmi il culo, ma non
mi sorprende che a tanta gente sia venuta la stessa idea. Per niente. Voglio
dire, se conosci come si comporta la Sunrise quando deve tirare fuori qualche
variante, è NATURALE che ti venga in mente un mobile suit che fa con il Jegan
quello che è già stato fatto con il GM e il GM Kai. Cannoni sulle spalle,
armatura supplementare, designazione cambiata da RGM in RGC con il numero
avanzato di un’unità (o comunque in maniera tale da riflettere l’anno) e
aggiunta della parola ‘Cannon’ al nome in codice. La cosa più banale che si
possa pensare, plain & simple. Per questo non faccio fatica a ritenere che,
sì, magari qualcuno può anche avere copiato, ma molti ci sono arrivati da sé.
Credere o meno che io appartenga alla schiera di questi ultimi, dipende da voi,
per me non fa molta differenza.
***
RGM-89O Jegan Command Type
Numero di serie: RGM-89O; Renpo (Federazione) GundaM, progettato nell’UC
0089, tipo C (Command)
Nome in codice: Jegan Command Type
Tipo di unità: mobile suit multifunzione per ufficiali
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Esercito della Federazione Terrestre
Rollout: UC 0092
Primo schieramento: UC 0092
Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), sistemato nel torso
Dimensioni: altezza complessiva di 20,4 m., altezza alla testa di 19 m.
Peso: 23,2 tonnellate metriche a vuoto, 51,3 tonnellate metriche peso a pieno
carico
Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 2.150 kW
Propulsione: un razzo da 13.800 Kg., due razzi da 10.000 Kg., due razzi da
8.800 Kg., un totale di diciotto vettori di spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1,8 G, compie una svolta di 180° in 1 secondo,
velocità massima a terra di 165 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
14.200 m.; due rastrelliere per granate a tre posti (una su ciascuna anca)
Armi incorporate: 2 x beam saber (una nell’alloggiamento di ricarica di
ciascun avambraccio, in mano quando usate); 2 x vulcan gun da 60 mm. binati
(montati nella testa)
Armamento opzionale: scudo (montato su di un avambraccio), che monta un beam
gun da 8,5 MW a due bocche di fuoco; 6 x granate (tre in ciascuna rastrelliera
sulle anche); beam rifle da 2 MW a E-CAP ricaricabile
Pilota: -
La Seconda Guerra di Neo Zeon fu l’ultimo conflitto contro degli spacenoid
che la Federazione Terrestre dovette affrontare prima di un lungo periodo di
pace. Questo portò a una stagnazione tecnologica che impedì per molti anni uno
sviluppo significativo nell’ingegneria dei mobile suit. Di fatto, il modello
base dell’RGM-89 Jegan fu usato fino all’inizio degli anni ‘120, tra continue
migliorie e piccole modifiche. Il Jegan Command Type, introdotto poco prima
della Seconda Guerra di Neo Zeon, sarebbe dovuto essere il modello di partenza
per le evoluzioni successive. Era stato quindi pensato come un mobile suit
sperimentale, da assegnare momentaneamente agli ufficiali, ma eventualmente da
estendere in seguito a tutto l’esercito. Si trattava effettivamente di un Jegan
potenziato, che migliorava l’ispiratore un po’ sotto tutti i punti di vista:
reattore nucleare, manovrabilità, potenza e numero dei vettori di spinta. Aveva
due rastrelliere laterali per le granate, anziché una, e due beam saber,
sistemate negli avambracci. Riprendeva inoltre i vulcan gun classici dei vecchi
modelli di GM. Per il Jegan Command Type era stato infine sviluppato un modello
di scudo dedicato, che approfittava della maggiore potenza del reattore nucleare
per fornire energia a un beam gun a due canne. Le granate e il beam rifle,
invece, erano dello stesso tipo di quelli utilizzati dall’RGM-89.
Alcuni Jegan Command Type furono assegnati a degli ufficiali al comando di
squadroni incaricati di spazzare via i rimasugli dell’esercito di Neo Zeon, sia
sulla Terra che nello spazio. Nonostante i buoni risultati, l’RGM-89O non fu
ritenuto significativamente superiore al Jegan standard (il rapporto tra costo e
prestazioni era perciò poco favorevole) e ne fu prodotto poco più di un
centinaio di esemplari prima che il progetto fosse abbandonato.
Note dell’autore
Come l’RGM-89G, anche questo modello è una semplice variante del normale
Jegan. Considerato ciò che l’Esercito Federale ha fatto con i GM, producendone
versioni in pochi esemplari a uso specializzato, mi pare un mobile suit
piuttosto plausibile.
***
RGM-89G Jegan Ground Type
Numero di serie: RGM-89G; Renpo (Federazione) GundaM, progettato nell’UC
0089, tipo G (Ground)
Nome in codice: Jegan Ground Type
Tipo di unità: mobile suit per il combattimento terrestre prodotto in
serie
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Esercito della Federazione Terrestre
Rollout: UC 0090
Primo schieramento: UC 0090
Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), sistemato nel torso
Dimensioni: altezza complessiva di 20,4 m., altezza alla testa di 19 m.
Peso: 21,3 tonnellate metriche a vuoto, 47,3 tonnellate metriche peso a pieno
carico
Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 2.000 kW
Propulsione: un razzo da 12.700 Kg., due razzi da 9.200 Kg., due razzi da
8.800 Kg., un totale di otto vettori di spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1 G, compie una svolta di 180° in 1,9 secondi,
velocità massima a terra di 170 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
14.200 m.; rastrelliera per granate a tre posti (sull’anca sinistra)
Armi incorporate: beam saber da 0,75 MW (nell’alloggiamento di ricarica
nell’anca destra, in mano quando usata)
Armamento opzionale: vulcan gun pod (montato sulla testa); scudo (montato su
di un avambraccio), che monta due lanciamissili a due bocche di fuoco; 3 x
granate (nella rastrelliera sull’anca sinistra); beam rifle da 2 MW a E-CAP
ricaricabile
Pilota: -
Al termine della Prima Guerra di Neo Zeon, l’Esercito della Federazione
Terrestre non era certo rimasto inattivo. Diversi reduci di Axis, restati sulla
Terra in seguito al conflitto, continuavano le loro operazioni di guerriglia, a
volte anche alleandosi con degli ex soldati dell’Esercito Regolare di Zeon,
abbandonati sul pianeta addirittura ai tempi della Guerra di Un Anno. L’Esercito
Federale trovò nell’RGM-89 Jegan una macchina adeguata alle proprie esigenze: il
buon rapporto tra costo e prestazioni convinse i vertici militari a produrne una
serie di varianti specializzate.
L’RGM-89G era il Jegan pensato per combattere in presenza di gravità
terrestre, progettato proprio per affrontare questi reduci di due guerre. Non
era molto diverso dal Jegan standard, essendone essenzialmente una versione che
doveva essere capace di muoversi con relativa agilità anche sulla Terra.
Inoltre, dato che la maggior parte dei mobile suit del nemico risaliva ad alcuni
anni prima, non fu ritenuto necessario applicare molte costose modifiche a un
modello che era già ritenuto superiore a qualsiasi potenziale avversario. Fu
quindi potenziato il reattore nucleare e vennero rimossi alcuni vettori di
spinta, che venivano usati con funzione AMBAC nello spazio ma erano inutili in
presenza di gravità. L’armamento era invece lo stesso del Jegan standard.
Il Jegan Ground Type divenne subito il mobile suit principale delle forze
federali terrestri, non tanto perché sfoggiava prestazioni particolarmente
convincenti, ma perché aveva un buon rapporto qualità/prezzo. Produrlo in gran
quantità non fu un problema per l’Esercito Federale, che ne schierò interi
squadroni ovunque sulla Terra fosse necessario. Pare esistesse una versione di
RGM-89G ottimizzata per combattere sulla luna (presumibilmente denominata
RGM-89L), ma le notizie in merito sono poche: si trattò probabilmente di un
ristretto numero di esemplari modificati sul campo e mai effettivamente prodotti
come tali.
Note dell’autore
Secondo le notizie ufficiali, l’Esercito Federale impiegò il modello del
Jegan per oltre trent’anni, creandone numerose varianti. Tra di esse, però, ne è
stata descritta solo una manciata e non ho trovato notizie precise riguardo una
specializzata per il combattimento a terra. Diciamo che ho colmato la lacuna… In
realtà, da qualche parte è comparso effettivamente un tale RGM-89C Jegan Ground
Type, ma non sono riuscito a reperire informazioni ulteriori su dove questo
modello sia comparso. A quanto ne so, dovrebbe essere un Jegan con dei jet
termonucleari simili a quelli del Dom e con un’armatura più spessa rispetto alla
versione base, usato in Africa a partire dalla fine dello 0089. Ah, non è
necessario che mi ricordiate che, fino allo 0093, il Jegan era un’esclusiva di
Londo Bell. Si dice che lo fosse il Jegan, non il Jegan Ground Type. Forzatura?
Eh, forse sì. Mi sa che ci dovrete convivere.
***
RGM-89HM Jegan High Mobility Ground Type
Numero di serie: RGM-89HM; Renpo (Federazione) GundaM, progettato nell’UC
0089, tipo HM (High Mobility)
Nome in codice: Jegan High Mobility Ground Type
Tipo di unità: mobile suit per il combattimento terrestre prodotto in
serie
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Esercito della Federazione Terrestre
Rollout: UC 0094
Primo schieramento: UC 0094
Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), sistemato nel torso
Dimensioni: altezza complessiva di 20,4 m., altezza alla testa di 19 m.
Peso: 28,2 tonnellate metriche a vuoto, 55,6 tonnellate metriche peso a pieno
carico
Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 2.100 kW
Propulsione: Jet di spinta a effetto hovercraft per un totale di 60.000 Kg.
un razzo da 12.700 Kg., due razzi da 9.200 Kg.; un totale di undici vettori di
spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1 G, compie una svolta di 180° in 1,1 secondi,
velocità massima a terra di 260 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
14.200 m.; rastrelliera per granate a tre posti (sul braccio destro)
Armi incorporate: beam saber da 0,75 MW (nell’alloggiamento di ricarica nel
backpack, in mano quando usata)
Armamento opzionale: vulcan gun pod (montato sulla testa); scudo (montato
sull’avambraccio sinistro), che monta due lanciamissili a due bocche di fuoco; 3
x granate (nella rastrelliera sul braccio destro); beam rifle da 2 MW a E-CAP
ricaricabile
Pilota: -
Il rapporto tra prezzo e prestazioni dell’RGM-89G Jegan Ground Type indusse i
vertici federali a produrne alcune varianti. Alla luce del fatto che diversi
reduci dei due Neo Zeon si rifugiavano ancora sulla Terra, la Federazione decise
di non focalizzarsi sulla semplice progettazione di versioni localizzate della
sua macchina di prima linea, ma di realizzarne invece una che, con poche
modifiche, potesse essere usata ovunque senza grosse differenze di prestazioni.
Ispirandosi all’MS-09 Dom della Guerra di Un Anno, gli ingegneri della Anaheim
idearono un Jegan che potesse sostenersi in presenza di gravità grazie a dei jet
termonucleari posti nelle gambe e alla cintola. Cambiando parti relativamente
economiche, come il condizionatore interno ed eventuali filtri per le giunture,
era possibile usare il Jegan High Mobility Ground Type tanto in ambienti artici
quanto desertici, oltre che in qualsiasi via di mezzo tra essi. L’RGM-89HM si
rivelò altamente manovrabile in presenza di gravità, ma i jet termonucleari
nella cintola comportavano alcune modifiche all’armamento (che era
sostanzialmente lo stesso dell’RGM-89G). La rastrelliera per le granate dovette
essere montata sul braccio destro, rendendo così impossibile fissarvi lo scudo;
la beam saber, invece, fu posizionata nel backpack. Grazie alla sua agilità, il
Jegan High Mobility Ground Type risultò particolarmente utile negli attacchi
veloci, mirati a infliggere colpi duri e rapidi al nemico. Tuttavia, non conobbe
una diffusione particolarmente ampia: apparentemente, i jet termonucleari
comportavano una diminuzione della resistenza dell’armatura per accomodarvi le
nuove strutture, il che era un problema, considerato che molti reduci di Neo
Zeon, trovando problematico impiegare armi a raggi, ricorrevano ancora ai
proiettili. Inoltre, il costo della variante era considerevolmente più alto
rispetto al modello base e non si giudicò l’incremento di prestazioni
sufficiente a giustificarlo. Fu prodotta una quarantina di RGM-89HM prima che il
progetto fosse accantonato.
Note dell’autore
Questo nuovo modello di Jegan deriva essenzialmente dal fatto che non mi
andava di usare i soliti RGM-89G nel quarto capitolo. Volevo qualcosa di più
caratteristico, ecco. Avete notato che l’idea dei jet termonucleari somiglia in
maniera inquietante a quella del Jegan Ground Type quasi-ufficiale di cui parlo
qua sopra? Credeteci o no, l’idea mi è venuta DOPO avere conosciuto le
caratteristiche di quel modello. Per altro, so che qualcuno ha già inventato un
mobile suit chiamato RGM-89D Jegan High Mobility Type, ma non sono riucito ad
accertarmi se sia una variante che compare in qualche
fumetto/racconto/videogioco o se sia materiale sviluppato da fan. E comunque, è
diverso dal mio, perché trattasi di un Jegan fatto per muoversi nello
spazio.
***
RMS-108S Marasai Custom
Numero di serie: RMS-108S; ottavo Renpo Mass produced Suit sviluppato a
Granada (10)
Nome in codice: Marasai Custom
Tipo di unità: mobile suit multifunzione a produzione limitata
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Titans
Rollout: UC 0087
Primo schieramento: UC 0088
Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), per il solo pilota
Dimensioni: altezza totale di 20,5 m., altezza alla testa di 17,5 m.
Peso: 31,2 tonnellate metriche a vuoto, 52,7 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di gundarium su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 1.710 kW
Propulsione: due razzi da 21.200 Kg., tre razzi da 12.000 Kg., un totale di
dodici vettori di spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1,78 G, compie una svolta di 180° in 0,9
secondi, velocità massima a terra di 158 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: sensori della portata di
10.900 m.; due taniche di carburante staccabili (montate sul backpack)
Armi incorporate: 2 x beam saber da 0,4 MW (negli alloggiamenti di ricarica
nello scudo sulla spalla destra, in mano quando usate); 2 x vulcan gun binati
(nella testa)
Armamento opzionale: beam rifle da 2,2 MW a E-CAP ricaricabile; feyadeen
rifle (utilizzabile anche come beam saber) da 6,6 MW a E-CAP ricaricabile
Pilota: Isolde Tsogatie
L’RMS-108 Marasai, introdotto nella fasi iniziali della Guerra di Gryps dai
Titans, era un mobile suit multifunzione pensato per sostituire l’RMS-106
Hizack. Riprendeva concettualmente l’RX-107 Rosette e costituiva una buona
macchina da produzione seriale per il proprio periodo di progettazione. Come
l’Hizack, non fu mai particolarmente popolare tra i soldati dei Titans, dato
che, essendo stato progettato da ingegneri che avevano lavorato per la Zeonic
Company durante la Guerra di Un Anno, aveva uno stile estetico molto simile a
quello dei mobile suit dell’Esercito Regolare di Zeon. Ma il Marasai non ebbe
vita particolarmente lunga: la Guerra di Gryps fu un periodo di grandi
innovazioni tecnologiche e il Marasai si trovò ben presto a essere obsoleto.
Sul finire del conflitto, quindi, i Titans commissionarono alla Anaheim
Electronics un modello migliorato, che, dati gli alti costi, fu prodotto in
quantità limitate e assegnato a pochi ufficiali. Di RMS-108S, a quanto se ne sa,
furono assemblati meno di dieci esemplari, ma chi ne impiegò uno notò subito i
miglioramenti rispetto al predecessore. All’epoca, i Titans stavano già venendo
abbandonati dalla Federazione Terrestre e questo fece sentire la Anaheim
abbastanza sicura da non assecondare completamente la volontà di questi, che
avrebbero voluto un numero maggiore di unità. Nonostante l’aspetto esteriore
molto simile, il Marasai Custom era un mobile suit profondamente diverso dal
predecessore. Era innanzitutto dotato di movable frame, che rendeva la sua
struttura di base più versatile e leggera. Due taniche di carburante fissate al
backpack, che potevano essere staccate in qualsiasi momento, incrementavano poi
l’autonomia del modello. Montava inoltre un reattore nucleare decisamente più
potente e anche i razzi erano stati sostituiti con varianti più efficienti.
Insieme con l’elevato numero di vettori di spinta, questo conferiva all’RMS-108S
una manovrabilità invidiabile per un mobile suit. L’armamento era
sostanzialmente lo stesso del modello base, con l’eccezione di un feyadeen rifle
del tutto simile a quello impiegato dall’RX-110 Gabthley e dall’RX-139 Hambrabi.
Il Marasai Custom, come il Rosette, era inoltre predisposto per combinarsi con i
moduli che andavano a formare l’RX-107 TR-4 [Dandelion], ma sembra che questa
possibilità non sia mai stata effettivamente sfruttata.
Un Marasai Custom fu consegnato a Isolde Tsogatie quando questa arrivò nella
Sfera Terrestre con la promessa di risollevare i Titans con l’aiuto militare di
Giove.
Note dell’autore
Il Marasai Custom mi è derivato da una necessità di dare un mobile suit a
Isolde, all’inizio non era previsto. Avevo pensato di fare pilotare a Isolde un
Messala o un Palace Athene, ma ho scartato l’idea, perché quelle dovrebbero
essere macchine prodotte in un singolo esemplare. Ho quindi preferito optare per
una variante di un modello già esistente, che però non fosse troppo differente
da quello di base. Direi che un’arma in più e qualche miglioria generica possono
starci. Però, adesso che ci penso, forse avrei dovuto assegnare a Isolde
qualcosa di più rappresentativo, che so, una versione custom del Barzam o del
Gabthley… Magari un Baund Doc… No, quello no, troppo esclusivo… Oh, be’, è
andata così.
***
RX-78-7 Gundam Deathlock
Numero di serie: RX-78-7; Renpo (Federazione) eXperimental progettato nell’UC
0078, settimo modello
Numero di serie con la full armor: FA-78-3; Full Armor progettato nell’UC
0078, terzo modello
Numero di serie con la heavy full armor: FHA-78-3; Full Heavy Armor
progettato nell’UC 0078, terzo modello
Nome in codice: Gundam Deathlock
Nome in codice con la full armor: Full Armor Gundam Deathlock
Nome in codice con la heavy full armor: Heavy Full Armor Gundam Deathlock
Tipo di unità: mobile suit per il combattimento spaziale
Costruttore: Esercito della Federazione Terrestre
Operatore: Esercito della Federazione Terrestre
Rollout: 13 dicembre UC 0079
Primo schieramento: 18 dicembre UC 0079
Primo schieramento in full armor: 19 dicembre UC 0079
Primo schieramento in heavy full armor: 31 dicembre UC 0079
Abitacolo: abitacolo per il solo pilota, sistemato nel torso (dotato di
sistema panoramic monitor/linear seat)
Dimensioni: altezza alla testa di 18,3 m.
Peso: 39,2 tonnellate metriche a vuoto, 78,7 tonnellate metriche a pieno
carico
Peso con la full armor: 47,8 tonnellate metriche a vuoto, 91,2 tonnellate
metriche a pieno carico
Peso con la heavy full armor: 66,2 tonnellate metriche a vuoto, 121,4
tonnellate metriche a pieno carico
Costruzione: lega di titanio lunare su struttura semi-monoscocca
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 1.670 kW
Impianto energetico con la full armor: reattore a fusione nucleare
ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 1.850 kW
Impianto energetico con la heavy full armor: reattore a fusione nucleare
ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 3.110 kW
Propulsione: razzi per una spinta totale di 70.800 Kg.
Propulsione con la full armor: razzi per una spinta totale di 78.450 Kg.
Propulsione con la heavy full armor: razzi per una spinta totale di 95.450
Kg.
Prestazioni: spinta massima di 0,90 G, compie una svolta di 180° in 1,1
secondi; velocità massima a terra di 165 Km/h.
Prestazioni con la full armor: spinta massima di 1,3 G, compie una svolta di
180° in 1,1 secondi; velocità massima a terra di 120 Km/h.
Prestazioni con la heavy full armor: spinta massima di 4 G, compie una svolta
di 180° in 1,4 secondi; velocità massima a terra 60 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
6.130 m.; computer imparante; copertura magnetica sulle giunture
Armi incorporate: 2 x vulcan gun da 60 mm. binati (nella testa); 2 x beam
saber di potenza stimata in 0,38 MW (nell’alloggiamento di ricarica nel
backpack, in mano quando utilizzate)
Armi incorporate con la full armor: 2 x vulcan gun da 60 mm. binati (nella
testa); 2 x beam saber di potenza stimata in 0,38 MW (nell’alloggio di ricarica
nel backpack, in mano quando utilizzate); 2 x beam gun (uno in ciascun
avambraccio); beam shot cannon (montato sulla schiena, in mano quando usato)
Armi incorporate con la heavy full armor: 2 x vulcan gun da 60 mm. binati
(nella testa); lanciamissili; mega beam cannon
Armamento opzionale: beam rifle a E-CAP ricaricabile
Armamento opzionale con la full armor: nessuno
Armamento opzionale con la heavy full armor: nessuno
Pilota: Dolores Martin
Sul finire della Guerra di Un Anno, gli ingegneri dell’Esercito della
Federazione Terrestre cercarono di produrre un mobile suit che fosse lo stato
dell’arte delle tecnologie per il combattimento nello spazio. Dopo le sconfitte
subite dall’Esercito Regolare di Zeon a Odessa e a Jaburo, infatti, il conflitto
stava lasciando la Terra per tornare tra le stelle e fu chiaro che le fasi
conclusive della guerra sarebbero state lì. Si decise quindi di prendere a
modello la struttura di base dell’RX-78NT-1 Gundam "Alex", che presentava
diverse idee innovative, come il sistema panoramic monitor/linear seat
nell’abitacolo. L’Alex aveva inoltre la copertura magnetica usata per la prima
volta sull’RX-78-3 Gundam "G-3" e poi impiegata con successo anche sull’RX-78-2
Gundam.
Il Gundam Deathlock, risultato di queste ricerche, fu probabilmente il mobile
suit dalle prestazioni più alte che si sia visto durante la Guerra di Un Anno.
Era stato ottimizzato per essere pilotato da un newtype e per sfruttarne i
riflessi potenziati e le percezioni aumentate. Il Gundam Deathlock era un mobile
suit dotato di equipaggiamento variabile, che poteva montare una full armor o
una heavy full armor per il combattimento nello spazio.
Fu collaudato per la prima volta in battaglia il 18 dicembre UC 0079 in
Tibet. Assegnato al tenente Dolores Martin, comandante del 12° Squadrone MS del
Battaglione Erwyn, che partecipò allo sbarco in Normandia, venne impiegato per
annientare da solo una squadra di quattro mobile suit. Il giorno seguente, sul
Gundam Deathlock furono montati i pezzi addizionali della full armor.
Nato dall’esperienza dell’Esercito della Federazione Terrestre sull’FA-78-1
Full Armor Gundam, il Full Armor Gundam Deathlock era fondamentalmente il Gundam
Deathlock dotato della full armor più avanzata che fosse stata progettata
all’epoca. Più che essere un mezzo difensivo, però, l’armatura voleva aggiungere
potenza d’attacco, con un enorme beam shot cannon di potenza inusitata e una
coppia di beam gun sulle braccia. La full armor includeva diversi serbatoi
supplementari, vettori di spinta e dei generatori addizionali, che aumentavano
la potenza d’uscita e l’autonomia del mobile suit e gli consentivano di non
perdere in prestazioni a causa del peso addizionale.
I componenti della full armor furono montati sul Gundam Deathlock il 19
dicembre UC 0079, quando il mobile suit, alla guida di una squadra di RGM-79D GM
Cold Climate Type, assaltò una base dell’Esercito Regolare di Zeon in Francia.
Gli zeoniani stavano fuggendo verso lo spazio, ma il loro comandante, a bordo di
un YMS-15 Gyan, restò a coprire la loro ritirata, infliggendo pesanti danni ai
GM. A bordo del Full Armor Gundam Deathlock, Dolores Martin combatté il nemico e
lo sconfisse.
La heavy full armor è l’ultimo equipaggiamento del Gundam Deathlock. Come la
full armor, anche questa nuova armatura era dotata di serbatoi, vettori di
spinta e generatori in più, che consentivano al mobile suit di non subire cali
di prestazioni. La caratteristica principale della heavy full armor era comunque
l’armamento: con un lanciamissili e un mega beam cannon, la sua potenza di fuoco
non aveva niente da invidiare a quella di una corazzata, anche in termini
quantitativi.
Il 31 dicembre UC 0079, mentre l’Esercito della Federazione Terrestre era
impegnato nell’Operazione Star One, la Task Force Orion era all’inseguimento di
un contingente di soldati di Zeon che, recuperate alcune testate nucleari, si
preparava a portarle ai propri compagni ad A Baoa Qu. Il Gundam Deathlock,
pilotato da Dolores Martin, faceva parte di quella squadra e fu in
quell’occasione che fu dotato della heavy full armor. Nella sua prima azione,
l’Heavy Full Armor Gundam Deathlock abbatté uno squadrone di sei MS-14F Gelgoog
Marine nel giro di nove minuti e dodici secondi. Raggiunta l’unità di Zeon che
stava inseguendo, il Deathlock affrontò la loro ultima linea di difesa, un
MSN-02 Zeong. Nel corso della battaglia, il Gundam ebbe la meglio, ma fu
danneggiato oltre ogni possibilità di riparazione; pur dovendo abbandonare le
testate nucleari di cui erano stati in possesso, gli zeoniani riuscirono a
fuggire alla volta di Axis.
Si pensa che questo progetto sia stato ripreso in seguito come base
dell’RX-78GP03 Gundam "Dendrobium Orchis".
Note dell’autore
Il Gundam Deathlock! Bel nome, eh? Ecco, è l’unica cosa che ho inventato io.
L’RX-78-7 è una delle M-MSV di Okawara, solo che lui lo chiama 7th
Gundam. Lo stesso Okawara ne disegna altre due versioni, una con una full armor
e una con la heavy full armor di cui parlo anch’io (il mega beam cannon a cui mi
riferisco è la sua arma principale). In pratica, ho solo cambiato il nome del
mobile suit. Secondo la storyline ufficiale, il 7th Gundam non fu mai
completato: la guerra finì che era solo alla fase iniziale dell’assemblaggio.
Che sia un mobile suit pensato per i newtype, è un’altra invenzione mia, ma
potrebbe essere effettivamente così: questo modello di Gundam comprendeva la
copertura magnetica sulle giunture e il sistema panoramic monitor/linear seat,
quindi, in termini di tempi di reazione, doveva essere almeno pari all’Alex. Per
il resto, pare fosse anche superiore: di fatto, sembra che sia il Gundam più
potente progettato durante la Guerra di Un Anno (ma potrebbe essere superato dal
quel fantomatico RX-78-8 che non sono ancora riuscito a identificare, e anzi,
credo si tratti di una variante non ufficiale comparsa su qualche rivista di
modellismo). Quando decisi di inserire l’RX-78-7 nella mia storia, pensai subito
di cambiarne qualche particolare rispetto alla versione di Okawara. D’altra
parte, l’RX-78-4, l’RX-78-5 e l’RX-78-6 da lui disegnati sono tutti stati
modificati nel nome e nell’aspetto, quando alla Sunrise ne hanno concessa
l’inclusione in delle Side Story.
Notare che, benché basata su quella di Okawara, la scheda dal Gundam
Deathlock qui riportata è diversa da quella del 7th Gundam, perché
deve essere coerente con la mia storia.
***
RX-78GP00 Gundam "Blossom"
Numero di serie: RX-78GP00; Renpo (Federazione) eXperimental progettato
nell’UC 0078, Gundam Prototype, numero 00
Nome in codice: Gundam "Blossom"
Tipo di unità: prototipo di mobile suit multifunzione
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Esercito della Federazione Terrestre
Rollout: 4 settembre UC 0083
Primo schieramento: 26 settembre UC 0083
Abitacolo: abitacolo per il solo pilota, sistemato nel torso e costituito da
un FF-X(7)II Core Booster II
Dimensioni: altezza complessiva di 22,8 m., altezza alla testa di 18 m.
Peso: 39,7 tonnellate metriche a vuoto, 89 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di gundarium su drum frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di
potenza stimata in 1.790 kW
Propulsione: due razzi da 42.000 Kg., due razzi da 12.000 Kg., due razzi da
8.500 Kg.
Prestazioni: spinta massima di 1,66 G, compie una svolta di 180° in 0,9
secondi
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
7.400 m.; ; Minovsky Particle Interference Wave Searcher (MPIWS) montato nel
backpack, dietro la spalla sinistra; sistema operativo Alice
Armi incorporate: 2 x beam saber, utilizzabili anche come beam gun
(nell’alloggiamento di ricarica del backpack, spuntano da sopra le spalle, in
mano quando usate); beam rifle a lungo raggio di potenza sconosciuta (nel
backpack, in mano quando usato)
Armamento opzionale: nessuno
Pilota: David Jensen
Il Blossom fu il primo mobile suit del Progetto di Sviluppo Gundam varato
dall’Esercito della Federazione Terrestre all’inizio degli anni ’80. Sarebbe
dovuto essere un mobile suit equipaggiato per il combattimento a lunga gittata,
ispirato alla serie dei Gundam RX-78 della Guerra di Un Anno. Disponeva di un
enorme backpack, nel quale erano incorporati un beam rifle a lungo raggio e un
meccanismo denominato Minovsky Particle Interference Wave Searcher, MPIWS in
breve. Si trattava di un potente sistema di sensori, capace di localizzare
relitti sulla superficie lunare da grandi altezze (ma era decisamente
inaffidabile e delicato e si guastava spesso); veniva impiegato essenzialmente
per trovare il bersaglio del beam rifle a lungo raggio, un’arma sperimentale che
non utilizzava la tecnologia degli E-CAP. Traendo energia direttamente dal
mobile suit, impiegava parecchio tempo a ricaricarsi dopo ogni singolo colpo.
Nel backpack erano anche presenti delle strutture per montarvi equipaggiamenti
addizionali. La sezione addominale del Blossom era costituita da un nuovo
modello di Core Fighter, che, collegatosi al backpack, poteva sganciarsi e
diventare l’FF-X(7)II Core Booster II. In questa forma, però, la sezione che
normalmente costituiva l’equipaggiamento del mobile suit risultava poco
aerodinamica e dava problemi alla stabilità del velivolo in aria. Il GP00
introduceva per la prima volta il concetto di drum frame, un nuovo modo di
assemblare le armi mobili. Il termine "drum frame" identificava dei "blocchi"
separati attorno ai quali venivano costruite le varie parti della macchina. Il
drum frame, come concetto teorico, non doveva necessariamente fare parte del
corpo principale dell’arma mobile, ma poteva anche essere una sezione distaccata
della stessa che ne montava delle parti, a seconda dei casi. La caratteristica
più importante del GP00 era però il suo peculiare sistema operativo, denominato
"Alice". Si trattava di una riproduzione della mente di Alice Kemp, la figlia
del professor Gerard Kemp, che era stata riversata in un computer partendo
direttamente dall’originale, che era morta nel processo. Alice, nelle intenzioni
di Kemp, si sarebbe dovuta sincronizzare con il pilota inviando messaggi
subliminali al suo cervello sotto formadi frequenze ultrasoniche, che
consentivano di comporre concetti complessi con un principio simile a quello del
linguaggio binario. Nemmeno Kemp era certo del risultato che questo avrebbe
portato, ma aveva previsto che lo scambio di informazioni con il pilota non
sarebbe stato a senso unico e che anche Alice ne sarebbe stato influenzato. Il
sedile del Gundam era infatti dotato di un meccanismo che, appoggiandosi alla
testa del pilota, poteva registrarne gli impulsi cerebrali e spedirli
direttamente al computer.
Nel complesso, il Blossom fu considerato un progetto da scartare, per varie
ipotesi. Il suo grande backpack lo rendeva troppo sbilanciato, per non parlare
dei problemi incontrati dal Core Booster II. Il beam rifle a lungo raggio si era
dimostrato un’arma che poneva un carico eccessivo sul reattore nucleare,
diminuendo l’autonomia complessiva del mobile suit. Infine, la volontà di
rendere il Blossom un’unità multifunzione ne aveva fatto una macchina
complicata, il cui utilizzo causava troppo affaticamento nel pilota. I modelli
successivi del Progetto di Sviluppo Gundam si orientarono quindi su funzioni più
specializzate.
Note dell’autore
Il Blossom compare per la prima volta sulla rivista Dengeki Hobby, nella
serie di design Gundam Secret Weapons. È un mobile suit il cui collocamento
nella continuity risulta incerto e le informazioni che ho riportato sono
essenzialmente quelle corrette. Anche in questo caso, ho dovuto inventare alcuni
dettagli che non sono mai stati divulgati, ispirandomi più o meno all’RX-78GP01.
Il fatto più curioso a proposito del Blossom, però, riguarda la sua distruzione.
Praticamente tutte le fonti che lo citano parlano anche di come è andato
distrutto e tutte riportano una versione differente. Secondo una, si sarebbe
schiantato sotto il peso del proprio equipaggiamento; secondo un’altra, sarebbe
rimasto sepolto dal crollo del relitto di un un’astronave nella quale si
trovava; secondo un’altra ancora, sarebbe stato abbattuto da alcuni reduci di
Zeon (che gli avrebbero sparato con il cannone di uno Xamel) durante
un’esercitazione nello spazio. Non credo che aggiungere la mia versione abbia
fatto troppo male.
***
RX-93- n-2 Hi-n Gundam
Numero di serie: RX-93- n-2; Renpo (Federazione) eXperimental progettato nell’UC 0093, modello
n-2
Nome in codice: Hi- n
Gundam
Tipo di unità: mobile suit per newtype ad altissima efficienza
Costruttore: Anaheim Electronics
Operatore: Londo Bell
Rollout: UC 0093
Primo schieramento: UC 0094
Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic
monitor/linear seat), sistemato nel torso
Dimensioni: altezza alla testa di 20 m.
Peso: 27,9 tonnellate metriche a vuoto, 63 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: lega di gundarium su movable frame
Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky da
3.200 kW
Propulsione: quattro razzi da 18.300 Kg., due razzi da 12.300 Kg.; un totale
di trentadue vettori di spinta/stabilizzatori
Prestazioni: spinta massima di 1,60 G, compie una svolta di 180° in 0,6
secondi, velocità massima a terra di 160 Km/h.
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di
21.300 m.; lancia-esche (uno in ciascuna mano); birdlime launcher (uno in
ciascuna mano); psycoframe (nella struttura interna dell’abitacolo); 2 x
serbatoi staccabili (nel backpack)
Armi incorporate: 2 x vulcan gun binati (montati nella testa); 2 x beam saber
da 0,75 MW (una nell’alloggiamento di ricarica di ciascun avambraccio, in mano
quando usate); 6 x fin funnel (ognuno dotato di un cannone a mega particelle,
tre in ciascuna rastrelliera del backpack)
Armamento opzionale: scudo che include un beam cannon da 7,8 MW e quattro
piccoli missili (montato sull’avambraccio sinistro); beam rifle da 3,8 MW a
E-CAP ricaricabile, con lanciagranate monouso incorporato; hyper bazooka (può
essere fissato al backpack)
Pilota: -
Nonostante non sia stato un progetto completamente originale,
l’Hi- n Gundam rappresentava
l’apice della tecnologia dei mobile suit per la propria epoca. Ispirato
all’RX-93 n Gundam
progettato da Amuro Ray, fu impiegato nell’UC 0094 contro alcuni reduci del Neo
Zeon di Char Aznable che continuavano a intraprendere azioni militari contro la
Federazione. L’Hi-n Gundam,
pur con tutta la sua tecnologia, non era un mobile suit innovativo, quanto
piuttosto una variante migliorata del modello precedente: si può anzi dire che
ne fosse una versione completa, che sfruttava l’esperienza derivata
dall’osservazione del suo predecessore. Come il n Gundam, disponeva di sei funnel, che potevano
essere separati dal corpo e operati a distanza da un pilota newtype tramite
psycoframe. Rispetto ai funnel dell’RX-93, però, quelli dell’Hi-n Gundam erano disposti in posizione
simmetrica: ciascuno dei due alloggiamenti del backpack ne sosteneva tre,
creando una struttura che richiamava un paio di ali. I funnel potevano
rilasciare fasci controllati di particelle Minovsky, con i quali era possibile
ottenere un effetto simil-beam gun (di fatto, ciascuno di essi incorporava un
cannone a mega particelle) o creare una barriera che proteggeva a 360°.
Nell’Hi-n Gundam, la
disposizione dei funnel rendeva il mobile suit più versatile e adatto a operare
(sebbene non a volare) anche in presenza di gravità. L’armamento
dell’RX-93-n-2 era
sostanzialmente analogo a quello dell’RX-93, con qualche differenza dovuta alla
nuova impostazione. Non aveva quindi la grande beam saber nel backpack, mentre
ne possedeva un paio di dimensioni standard negli avambracci. Lo scudo, il beam
rifle e l’hyper bazooka erano esattamente gli stessi del modello precedente. Dal
punto di vista della manovrabilità, l’Hi-n Gundam aveva ricevuto un potenziamento dei razzi e
un aumento dei vettori di spinta, il che ne incrementava ulteriormente l’agilità
nello spazio. Anche il reattore nucleare era stato potenziato e l’autonomia era
garantita da un paio di serbatoi staccabili nel backpack. Inoltre, la
disposizione simmetrica dei funnel garantiva anche un migliore bilanciamento nel
caso il mobile suit si fosse trovato a operare in presenza di gravità; restava
comunque una macchina pensata prevalentemente per lo spazio. L’Hi-n Gundam disponeva infine di tutti i
sistemi secondari del n
Gundam, come i lancia-esche e i birdlime launcher nelle mani.
Note dell’autore
L’Hi- n Gundam e il
Nightingale non compaiono mai nei cartoni animati, anzi: sono la versione
rispettivamente del n Gundam
e del Sazabi che si vedono nel romanzo Beltorchika’s Children, che narra una
versione alternativa degli eventi di Char’s Counterattack. Per esempio, lì Amuro
sta insieme a Beltorchika, la tizia dell’aereo di Z Gundam, che va a scassare il
cazzo a Kamille affinché rinunci a pilotare il Gundam Mark II. Ovviamente, è
tutto materiale che non rientra nella continuity dei cartoni animati, anche se…
A ben vedere, nei romanzi di Tomino ci sono diverse buone idee che meriterebbero
di farne parte, come quelle in Hathaway Flash e soprattutto Gaia Gear (detto tra
noi: trovo che le ragioni che spingono alcuni a togliere quest’ultimo libro
dalla storyline siano piuttosto discutibili, ma tant’è). Tutto ‘sto casino per
dire che l’Hi-n Gundam e il
Nightingale non c’entrano un cazzo con la saga animata di Gundam, li ho buttati
nel mucchio solo perché mi piacciono. Tra l’altro… Mi piacerebbe parecchio avere
anche un modellino dell’Hi-n
Gundam, ma di belli ne ho trovati in giro solo alcuni in resina. Nella
fattispecie, due modelli di B-Club, uno in scala 1/144, l’altro in scala 1/100,
e un conversion kit per il Master Grade del n Gundam. Tutti e tre, al cambio odierno, costano più
di cento Euro in Giappone. Anche ammesso che qualcuno possa farmeli avere in
Italia, non oso pensare quanto possa chiedermi, tanto più che sono anche pezzi
limitati che non vengono prodotti da tempo… Non voglio nemmeno prendere in
considerazione la possibilità di comprare il Master Grade, ovviamente. Fa
cagare. E pure tanto. Quello non è un Gundam, è un attaccapanni.
Le schede tecniche dell’Hi- n Gundam e del Nightingale esistono, ma sono largamente incomplete e si
limitano a pochi dati. Le ho perciò integrate con informazioni inventate di sana
pianta, per metterle in linea con le altre qui pubblicate. Ho anche apportato
una modifica, essenzialmente derivata dal gusto personale: l’Hi-n Gundam originale non ha lo stesso
bazooka del n Gundam, ma un
hyper mega bazooka, che può collegarsi al generatore principale di un Ra Cailum
per sparare colpi più potenti. Non so bene perché, ma è un’arma che non mi piace
granché, quindi l’ho sostituita con una più convenzionale.
***
Utrecht
Numero di serie: -
Nome in codice: Utrecht
Tipo di unità: incrociatore sperimentale
Costruttore: Esercito della Federazione Terrestre
Operatore: Esercito della Federazione Terrestre
Rollout: UC 0083
Primo schieramento: UC 0083
Abitacolo: sala comandi, numero di operatori imprecisato
Dimensioni: lunghezza totale di 288 m., larghezza totale di 68,5 m., altezza
totale di 61,3 m.
Peso: peso a vuoto sconosciuto, peso di 54.031 tonnellate metriche a pieno
carico
Costruzione: sconosciuta
Impianto energetico: sconosciuto
Propulsione: sconosciuta
Prestazioni: sconosciute
Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: capsula di rientro
Armi incorporate: 2 x cannoni principali a due canne; 5 x cannoni principali;
6 x cannoni secondari a due canne; 4 x cannoni secondari; 8 x lanciamissili
Armamento opzionale: nessuno
Capitano: Lloyd Cavenagh
Durante la Guerra di Un Anno, l’Esercito della Federazione Terrestre si era
reso conto che le sue navi non avevano strutture, ormai fondamentali, che
avrebbero consentito loro di trasportare e schierare mobile suit. Le corazzate
di classe Pegasus avevano dato buoni risultati, ma erano troppo costose da
produrre e venne giudicato più utile convertire dei modelli già esistenti.
L’Utrecht fu un tentativo in questo senso. Era basato su di un tipico
incrociatore Salamis, ma vi aggiungeva delle strutture di trasporto e
manutenzione di mobile suit, quali un hangar che poteva contenerne fino a
quattro e una catapulta che avrebbe permesso di schierarli velocemente. A tutti
gli effetti, si può dire che l’Utrecht fu il precursore dei Salamis Kai, che
furono introdotti solo a metà degli anni ’80. Montava sostanzialmente gli stessi
armamenti del Salamis, anche perché non si ebbe necessità di modificare alcunché
sotto quel punto di vista e l’unico bisogno che si sentiva era quello di
possedere delle strutture adatte al trasporto dei mobile suit.
Ne venne prodotto un unico esemplare, che fu assegnato al comando del
capitano Lloyd Cavenagh per la missione di collaudo dell’RX-78GP00 Gundam
"Blossom". Nel corso di quella missione, oltre al Blossom stesso, l’Utrecht
trasportava l’RGM-79N GM Custom che era l’unità personale di Cavenagh e due
RGM-79C GM Kai. Nonostante gli scontri nei quali incappò nel corso della
missione, l’Utrecht restò in servizio fino al luglio 0087, quando il suo
equipaggio disertò in favore dell’AEUG. Tornò a essere una nave federale solo a
0088 inoltrato, quando la Federazione Terrestre stava riassorbendo tra le
proprie fila numerosi soldati dell’AEUG stesso e della Karaba. Sembra che sia
stato effettivamente ritirato dal servizio solo nell’UC 0102, ma già dall’inizio
degli anni ’90, con l’avanzare dei nuovi modelli di nave federale, era stato
ridotto a compiti di pattuglia attorno a Luna2. Non si hanno notizie precise
circa l’equipaggio, ma è possibile che sia stato trasferito a una corazzata di
concezione più recente per i conflitti successivi.
***
Esemplari personali
La lista che segue descrive alcuni esemplari di modelli di macchinari non
presentati per la prima volta in Gundam D. Si tratta di esemplari singoli
riferiti a specifici personaggi o situazioni, quindi non diversi, nelle
prestazioni, dalle macchine qualsiasi del proprio tipo.
AMX-004-4 Qubeley Mark II
Si tratta della terza unità di Qubeley Mark II, assemblata come macchina
sperimentale per le ricerche sui newtype che Axis stava conducendo tra la Guerra
di Gryps e la Prima Guerra di Neo Zeon. L’AMX-004-4 fu assemblato praticamente
in contemporanea all’AMX-004-3, ma la sua base era l’AMX-004-2. Di conseguenza,
pur avendo prestazioni sostanzialmente identiche a quelle dei due modelli
precedenti, non poteva essere pilotato dall’esterno tramite diadema di controllo
psycommu. Nonostante gli altri Qubeley Mark II fossero stati costruiti per
testare le potenzialità da newtype di quelli che sarebbero diventati i prototipi
delle unità di cloni potenziati di Glemy Toto, questo ulteriore esemplare venne
realizzato per Suzanne Heinkell, la più promettente newtype naturale dei
laboratori di Axis, in attesa che venisse completato il progetto che avrebbe
portato all’AMX-004G.
Moloch
Il Moloch era un incrociatore di classe Salamis Kai costruito dall’Esercito
della Federazione Terrestre, presumibilmente attorno al marzo 0086.
Originariamente, il suo equipaggio, piloti compresi, era composto di veterani
dell’Esercito Federale, gente che aveva imparato a pilotare i mobile suit
durante la Guerra di Un Anno. Il capitano, Cyrus Miller, aveva perso la famiglia
nel corso dell’Operazione British e questo lo aveva reso psicologicamente forte
ma poco flessibile. Nell’aprile 0087, il Moloch ricevette l’ordine di schierare
i propri mobile suit per sedare una ribellione in una colonia, agendo in
congiunzione con un contingente dei Titans. Durante l’operazione, Miller
testimoniò con i propri occhi e metodi dei Titans. In qualche modo, i rivoltosi
erano riusciti a procurarsi alcuni mobile suit e i Titans li ingaggiarono in
pieno centro abitato, senza nemmeno provare a portarli all’esterno. Stringendo i
denti, Miller ordinò la sortita ai propri piloti, ma questi, una volta sul
posto, evitarono di sparare e cercarono di fermare le macchine antropomorfe
nemiche senza armi, per non causare eccessivi danni alla colonia. I Titans,
invece, non si fecero problemi e abbatterono i nemici senza pensare ai civili.
In seguito alla missione, il comandante fu accusato di essersi rifiutato di
partecipare all’azione, in ragione del comportamento dei suoi mobile suit. Si
prospettava la corte marziale per tutto l’equipaggio e Miller, con consenso
unanime dei suoi uomini, decise di disertare in favore dell’AEUG. All’epoca, la
dotazione di mobile suit del Moloch comprendeva quattro RGM-79R GM II. Ma la
scelta non si rivelò felice: il comandante dei Titans che aveva accusato Miller
si occupò personalmente di dargli la caccia e la sua nave si scontrò più volte
con il Moloch nel giro di un mese. Forse per garantirsi la lealtà dei suoi nuovi
compagni, l’AEUG rimpiazzò prontamente tutte le perdite, sia in uomini che in
mobile suit. Miller morì quasi subito, insieme con la maggior parte degli alti
ufficiali, e venne sostituito da Lynn Petrie-Smith, che, ironia della sorte, era
stata un soldato di Zeon durante la Guerra di Un Anno. In seguito alle
battaglie, due dei GM II vennero distrutti e sostituiti con un paio di RMS-099
Rick Dias. Nel giugno 0087, poi, i rimanenti GM II furono sostituiti con degli
esemplari del nuovo MSA-003 Nemo. Nel gennaio 0088, uno dei due Nemo fu
assegnato a un’altra nave e al suo posto arrivò un MSZ-006C1 Z Plus C1. Il
Moloch partecipò, come nave dell’AEUG, anche alla Prima Guerra di Neo Zeon, ma è
ignoto che fine abbia fatto dopo quegli eventi.
MS-06D Zack Desert Type Conner Clark Custom
Conner Clark faceva parte dello Squadrone Roksa del Primo Battaglione
dell’Esercito Regolare di Zeon, che operava in Nord Africa durante la Guerra di
Un Anno. Il battaglione faceva parte della Prima Divisione Mobile Terrestre, che
fu sbarcata dall’orbita il primo marzo UC 0079, divisa in due gruppi e dotata di
un totale di 220 mobile suit, prevalentemente MS-06F Zack II. Clark faceva parte
del gruppo sbarcato nei pressi del Mare dell’Aral e pilotava effettivamente un
MS-06F, che venne in seguito convertito in MS-06J. Ricevette il prorpio MS-06D
solo in aprile. Era uno dei quarantatré modelli della tornata iniziale, dotati
di due antenne sulla testa. Usando questo Zack Desert Type, Conner Clark prese
parte all’Operazione Javelin, tra il 21 e il 28 maggio, nel corso della quale fu
catturata la base federale di Gerusalemme. Il mobile suit restò in attività fino
alla fine di dicembre, quando l’unità di cui Clark faceva parte venne costretta
alla resa in battaglia e i sopravvissuti furono catturati dalle forze
federali.
MSA-003 Nemo Daniel Wymann Custom
All’inizio della Guerra di Gryps, quando era appena entrato nell’AEUG, Daniel
Wymann pilotava un GM II sottratto all’Esercito della Federazione Terrestre. Nel
giugno dello 0087, il Moloch, l’incrociatore al quale Wymann era stato
assegnato, ricevette due esemplari di Nemo, con cui rimpiazzare gli unici GM II
che gli erano rimasti (gli altri due erano già stati sostituiti con dei Rick
Dias). Quello che fu assegnato a Daniel Wymann, dietro richiesta del pilota,
venne dipinto con una livrea bianca e rossa, che ricordasse la squadra della
Longobarda, nella quale il soldato aveva giocato in gioventù. Pilotando questo
Nemo, Wymann partecipò a diverse battaglie, ma non è stato tenuto il conto di
quanti nemici abbia abbattuto, complice anche la scarsa lucidità del pilota in
queste situazioni. Nel gennaio 0088, quando Wymann ricevette il proprio
MSZ-006C1, il suo Nemo venne assegnato a un altro incrociatore dell’AEUG; pare
sia stato abbattuto in occasione della battaglia nei pressi del colony laser
contro le forze di Axis e dei Titans.
MSZ-006C1 Z Plus C1 Daniel Wymann Custom
Nel gennaio 0088, l’incrociatore dell’AEUG Moloch ricevette un esemplare di Z
Plus C1 direttamente dalla Anaheim Electronics, con il benestare dell’Esercito
Federale. Sembra che a richiedere il modello sia stata il capitano della nave,
Lynn Petrie-Smith, che conosceva alcuni ingegneri della Anaheim che avevano
lavorato per la Zeonic Company durante la Guerra di Un Anno. Lo Z Plus venne
assegnato a Daniel Wymann, che il capitano riteneva essere il pilota più capace
a bordo del Moloch. Come il Nemo, anche l’MSZ-006C1 venne dipinto di bianco e
rosso. La dotazione di questo esemplare non comprendeva alcuno scudo, ma solo il
beam smartgun: visto che già stava venendo loro consegnato un modello assemblato
per un altro cliente, alla Anaheim ritennero che quelli dell’AEUG potessero
accontentarsi di una dotazione parziale.
RX-79[G] Gundam Ground Type Dolores Martin Custom
Questo esemplare di RX-79[G] fu consegnato a Dolores Martin nel novembre UC
0079, poco prima della battaglia di Odessa. Fu uno dei pochissimi mobile suit
federali a prendere parte alle ostilità. Ai tempi di Odessa, era dipinto con la
classica livrea bianca e blu tipica del modello. In seguito alla battaglia, fu
pesantemente danneggiato e le riparazioni furono problematiche, perché, essendo
il Gundam Ground Type composto di pezzi di ricambio, non ne esistevano altri da
usare. Non potendo ricorrere a parti di mobile suit di Zeon, che avevano una
calibrazione degli equilibri troppo differente, vennero impiegati dei pezzi
spediti appositamente da Jaburo. Ovviamente, queste parti addizionali non erano
state mandate per la sola Dolores, ma per tutti i mobile suit danneggiati. Si
trattava di componenti che poi sarebbero finite nell’RGM-79 GM, ma la cui
differenza rispetto ai corrispondenti originari non era tale da comportare un
significativo cambio di prestazioni. Questa operazione fu possibile in ragione
del fatto che il GM sarebbe dovuto essere la versione prodotta in serie
dell’RX-78-2 Gundam e, di conseguenza, usava diversi pezzi simili, seppure di
qualità inferiore per contenere i costi.
Dolores Martin fu poi messa a capo del 12° Squadrone MS del Battaglione
Erwyn, che prese parte all’Operazione Tristan (oltre al suo Gundam Ground Type,
l’unità era composta da un RGM-79[G] GM Sniper e da un RX-77D Guncannon Mass
Production Type). In quell’occasione, il suo Gundam partecipò allo sbarco sulla
spiaggia Omaha ed era dipinto con i colori della capagna europea dell’Esercito
Federale, uno schema mimetico composto di marrone e due tonalità di verde.
L’esemplare venne danneggiato oltre ogni possibilità di riparazione il 17
dicembre UC 0079, combattendo contro i soldati di Zeon, che stavano opponendo
una strenua difesa.
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