Mark & Patty - cosa sarebbe successo se...

di telesette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte ***
Capitolo 3: *** Terza Parte ***
Capitolo 4: *** Quarta Parte ***
Capitolo 5: *** Quinta Parte ***
Capitolo 6: *** Sesta Parte ***
Capitolo 7: *** Settima Parte ***
Capitolo 8: *** Ottava Parte ***
Capitolo 9: *** Nona Parte ***
Capitolo 10: *** Decima Parte ***
Capitolo 11: *** Undicesima Parte ***
Capitolo 12: *** Dodicesima Parte ***
Capitolo 13: *** Tredicesima Parte ***
Capitolo 14: *** Quattordicesima Parte ***
Capitolo 15: *** Quindicesima Parte ***
Capitolo 16: *** Sedicesima Parte ***
Capitolo 17: *** Diciassettesima Parte ***
Capitolo 18: *** Ultima Parte ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


Mark & Patty - Cosa sarebbe successo se...

 

Patty stava aspettando ferma nel corridoio da circa una decina di minuti.
Di lì a poco, lo sapeva, Holly sarebbe passato assieme al resto della squadra per scendere in campo.
Si trattava di una partita amichevole, tra la loro rappresentativa giapponese e una squadra italiana, ma ugualmente importante ai fini di una sana occasione per mettersi alla prova.
Stringendo nervosamente il pacchettino che aveva tra le mani, Patty immaginò la faccia che avrebbe fatto Holly nel vedere il regalo che aveva comprato per lui.

- Chissà se gli piacerà - pensò.

Improvvisamente sentì aprirsi la porta degli spogliatoi e, senza nemmeno guardare, si buttò in avanti urlando come se fosse al settimo cielo.

- Holly, tesoro mio, sono venuta ad augura... AHIA !!!

Neanche il tempo di finire la frase, la poverina si ritrovò a sbattere il muso contro qualcosa di morbido e duro allo stesso tempo. Purtroppo per lei, invece di Holly, il primo ad uscire era stato uno spilungone abbronzato di sua conoscenza... e guarda caso aveva battuto la faccia proprio sui solidi pettorali di marmo del robusto Mark Lenders.

- Ehi dico, ragazzina - esclamò il giocatore, quasi sgridandola. - Non faresti meglio a guardare dove vai, invece di sbattere addosso alle persone?
- Gh... Grrr... Ma chiudi quella boccaccia, deficiente - ribatté Patty furibonda. - Potevi anche farti da parte, piuttosto!
- Ma senti che faccia tosta...
- Patty - intervenne Holly, facendosi avanti con gli occhi sgranati per lo stupore. - Che cosa è successo, ti sei fatta male?

Subito Patty si ricompose, ignorando quell'insopportabile spilungone di Mark, e si avvicinò ad Holly con un sorriso stampato sul volto.

- Ma certo che no, tesoro - cinguettò. - Sono venuta per augurarti buona fortuna!
- Beh, ti ringrazio, è molto gentile da parte tua!
- E non è tutto, ho anche comprato un... un...
- "Un"... ?!?
- S... Sì, ecco... Un momento solo, ce lo avevo in mano un momento fa e...
- Eh-ehm - tossì dunque Lenders, allungando la mano per porgerle il pacchetto che le era appena caduto.

Patty guardò prima il regalo per Holly, poi lo sguardo impassibile di Mark, e di nuovo si scurì in viso con una smorfia chiaramente infastidita.
Che individuo insopportabile!
Se non si fosse messo di mezzo, avrebbe potuto abbracciare il suo Holly e consegnargli subito il regalo senza problemi. Invece, per colpa sua, aveva rimediato solo la figura dell'imbranata davanti a Holly e al resto della squadra.

- Dà qua - esclamò lei, strappandoglielo sgarbatamente di mano. - E prega solo che non si sia rotto!
- Ci mancherebbe, non c'è di che - rispose Mark, col suo solito sarcasmo.

Figuriamoci se era tipo da perdere le staffe per una sciocchezza del genere.
Una ragazzina che, oltre a non chiedergli scusa per essergli venuta addosso, si permetteva anche di usare quel tono sgarbato e minaccioso.
Poveretto Holly, non lo invidiava proprio.
Chissà che pazienza doveva avere, per poter stare insieme con una simile bisbetica?
Comunque la faccenda non lo riguardava assolutamente. La partita lo aspettava, e non aveva certo intenzione di stare lì a cincischiare, perciò fece segno ai compagni di lasciar perdere il Capitano/Romeo e di scendere assieme in campo.

- Vedi di sbrigarti, Hutton - tagliò corto Mark, con fare sbrigativo. - Abbiamo una partita da giocare!

Patty lo fulminò con lo sguardo, facendogli mille boccacce mentre si allontanava assieme ai compagni divertiti, e subito tornò sorridente e radiosa per il suo dolce e adorato Holly.

- Tieni, è per te - esclamò porgendogli il regalo. - L'ho scelto con molta cura, ti porterà fortuna se lo terrai addosso!
- Grazie Patty - rispose Holly sereno, scartando il pacchetto e sollevando il ciondolo che vi era contenuto.
- Ti piace?

Il ragazzo annuì.

- Lo metterò sotto la maglietta, va bene?
- Perfetto, e penserai alla tua Patty che ti vuole tanto bene... Vero ?!?
- Ehm... certo, naturalmente... Ora però devo raggiungere gli altri, grazie Patty, ci vediamo dopo!
- Sì, ma... Aspetta!

Niente da fare, purtroppo.
Quando c'era di mezzo una qualche partita, Holly non aveva in testa nient'altro.

- Uffa - sospirò rassegnata. - E' sempre così, non mi ha dato nemmeno il tempo di abbracciarlo, che rabbia!

Poiché non poteva fare altro per il momento, tranne imprecare tra sé sottovoce, si affrettò ad imboccare le scale che davano sulle gradinate dello stadio. Il grande rettangolo verde era sotto di lei, teatro di tante partite mozzafiato, e anche stavolta avrebbe visto un incontro che prometteva scintille.

***

La squadra avversaria, capitanata da un ceffo dall'aria assai poco raccomandabile, era considerata una delle più forti formazioni d'Europa, nella categoria juniores. I giocatori avevano passato le ultime settimane a prepararsi, in previsione di quell'incontro, studiando attentamente le registrazioni sulle partite dei loro avversari... e in particolare del fortissimo Oliver Hutton, del quale tutti cantavano meraviglie.

- Ricordate, dobbiamo mettere fuori gioco il numero dieci - esclamò il capitano italiano, rivolgendosi ai suoi compagni con aria complice. - Basterà un piccolo fallo combinato: con la gamba fuori uso, non sarà più un problema; e potremo dominare l'incontro senza affaticarci troppo!
- Sono d'accordo - fece un altro, sorridendo cinico. - Quell'Hutton sarà anche in gamba, ma i suoi compagni sono a dir poco patetici... Non vale la pena di impegnarsi a fondo, molto meglio risparmiare le energie per partite più impegnative di questa!
- Allora, intesi - tagliò corto il capitano. - Aspettate il segnale convenuto, appena l'arbitro girerà la testa da un'altra parte, e falciategli la gamba senza pensarci due volte... Nessuna pietà!

 

( continua col prossimo capitolo )

 

NOTA:
innanzitutto vorrei ringraziare Gina Ciriegi su Facebook, che mi ha suggerito le basi per scrivere questa storia ( più ovviamente le idee per altre storie, che cercherò di sviluppare a tempo debito! ).
Chiacchierando chiacchierando, di questo e di quel manga/anime, è venuta fuori la seguente domanda:
"perché non scrivi una storia in cui Mark e Patty sono fidanzati, alla faccia di quel tontolone di Holly che non la considera nemmeno?"
E io mi sono detto:
"Sicuro, perché no?"
^__^ Ed ecco come è venuta fuori l'idea.
Ancora grazie, a Gina e a tutti/e coloro che eventualmente hanno avuto modo di leggere questa storia.
Spero di non aver scritto la solita immonda cagàta, bensì una storiellina quantomeno gradevole... per il resto, ci vediamo al prossimo capitolo o alla prossima fanfiction!
Saluti

DADO 

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Capitolo 2
*** Seconda Parte ***


Fischio d'inizio...

La partita cominciò in modo apparentemente normale.
Holly ricevette la palla da Paul e si portò all'attacco, subito seguito a ruota da Mark e dagli altri.
Come d'accordo, i difensori italiani si misero a marcare Hutton, in attesa del segnale convenuto con il loro capitano. Holly proseguì nella sua corsa, ignaro dello sporco gioco che avevano in mente gli avversari, e a un certo punto passò la sfera per Lenders alla sua sinistra.

- Tua, Mark!

Lenders ricevette il passaggio, preciso come sempre, e guadagnò ancora qualche metro per portarsi in area di tiro.
Da che erano stati scelti entrambi per giocare in nazionale, nel tempo lui e Holly avevano seppellito parte degli antichi rancori. Certo non giocavano più per una questione di competitività, anche se la sfida personale tra loro era ancora aperta, e insieme avevano maturato un vero gioco di squadra. La squadra andava oltre gli interessi personali, lo stesso Mark se ne era convinto, di conseguenza anche il suo gioco aveva subito un importante cambiamento.
Sarebbe sempre rimasto fedele e grato ai preziosi insegnamenti di Jeff, senza dimenticare la forza e lo spirito che avevano fatto di lui un cannoniere temibile, ma ora giocava anche per gli altri e non solamente per sé stesso.
Eppure mentre correva Mark ripensò agli allenamenti durissimi, gli stessi allenamenti che lo avevano visto padroneggiare il suo Tiro da Tigre; tutto il sangue e le lacrime versate, necessarie a trasformare i fallimenti in successi, e allo stesso tempo si chiese se sarebbe mai riuscito a prendersi la sua tanto sospirata rivincita con Holly.
Oliver Hutton, il beniamino degli stadi, l'idolo del calcio giapponese...
Perché non riusciva a dimostrare di essere forte quanto lui, se non addirittura di più?
Non era certo la determinazione che gli mancava, e in quanto a forza fisica gli era nettamente superiore, eppure Holly aveva sempre una marcia in più rispetto a tutti gli altri.

- A te, Danny - gridò, passando rapido la sfera al compagno.

Mellow scartò un paio di avversari, fintando un passaggio per Harper, invece ripassò a Mark in modo perfetto. Holly sfrecciò accanto a Lenders, dicendosi pronto a ricevere, e questi valutò se effettuare o meno il passaggio.
L'orgoglio gli suggeriva di ignorare Hutton, segnando invece direttamente la prima rete, ma subito scartò quella ipotesi.
Tante volte aveva riflettuto su quale fosse la differenza fondamentale tra lui e Hutton e, per quanto gli seccasse ammetterlo, la più evidente era senza dubbio il carattere: Holly metteva sempre avanti la propria squadra e i compagni, sacrificando perfino sé stesso se necessario, mentre Mark giocava principalmente per dimostrare di essere sempre e comunque il più forte.
Poteva correre e segnare mille e mille volte, sfondando le reti come se fossero di carta velina, ma non poteva ignorare di far parte comunque di una squadra.
Hutton questo lo sapeva.
Per un attimo Mark strinse i denti ma, ingoiando il suo disappunto, scelse di dominare il suo orgoglio e giocare così nell'interesse di tutta la squadra. Subito allungò la sfera per Hutton e, così facendo, riuscì a scorgere qualcosa di strano con la coda dell'occhio.
I difensori che stavano marcando stretto Hutton, dopo essersi scambiati un muto cenno col capo, puntavano entrambi lo sguardo non sul pallone... bensì sulle caviglie di Holly!
Mark intuì istintivamente il pericolo che il compagno correva, fremendo di rabbia al pensiero di ciò che quelle sporche carogne avevano in mente di fargli, e in un attimo gli tornò alla mente ciò che Hutton gli aveva detto qualche tempo addietro...

***

- Tornerò a giocare Mark, te lo prometto!

Mark annuì serio.

- Non vedo l'ora che tu torni in campo, Hutton... E soprattutto non vedo l'ora di batterti, così da prendermi finalmente la rivincita che mi spetta!

Holly sorrise, guardandolo fieramente e con sincero orgoglio.

- E' stata dura riprendermi dall'infortunio alla gamba, e ci vorrà ancora tempo perché possa rimettermi completamente, ma quando sarò in piena forma accetterò con piacere la tua sfida!
- Sarà il nostro duello definitivo, Hutton - sottolineò Mark, serrando il pugno davanti a sé. - Non voglio batterti al minimo delle tue capacità, voglio che tu sia pienamente in forze quel giorno!

***

Il pensiero che Hutton fosse costretto ad un altro grave infortunio, persino peggiore dell'ultimo, metteva a rischio la possibilità per Mark di sfidarlo lealmente in futuro.

- Non posso accettarlo - mormorò. - La nostra sfida è troppo importante, Hutton: sei tu il mio avversario, l'avversario che sogno di sconfiggere, e non posso rinunciare ad affrontarti... Non posso!

In quel preciso momento l'arbitro voltò lo sguardo nella direzione opposta all'azione e, come d'accordo, i due italiani puntarono i tacchetti in direzione della gamba di Hutton.
Dalla cima degli spalti, anche Patty si avvide di ciò che stava accadendo con il cuore in gola.

- Holly - gridò. - Attento !!!

Improvvisamente però, con una mossa del tutto inaspettata, Mark spinse via Hutton appena in tempo per risparmiargli il terribile fallo... purtroppo però i tacchetti affondarono duramente nel polpaccio sinistro di Lenders, facendolo urlare dal dolore in modo agghiacciante.

- Mio Dio - fece Holly, resosi finalmente conto della situazione. - Mio Dio... Mark!
- Dannazione - imprecò il capitano italiano. - Quell'imbecille ha rovinato tutto!

Accadde tutto nello spazio di pochissimi istanti.
Il dolore per la sua gamba ferita, il pallone fermo a mezz'aria, e l'incapacità di stare in piedi...
Mark si sentì crollare inevitabilmente al suolo, come una tigre ferita a morte.
Tuttavia qualcosa dentro di lui gli impediva di cedere.
Qualcosa che lui conosceva bene: la volontà di reagire nonostante tutto!
Il pallone stava ricadendo proprio davanti a lui, come al rallentatore.
Che cosa avrebbe fatto Holly al suo posto?
L'arbitro non si era ancora accorto del fallo intenzionale, e non aveva ancora interrotto l'azione, di conseguenza poteva ancora cogliere al volo quell'occasione e segnare perlomeno una rete a quegli schifosi vigliacchi.
Ma non ne aveva la forza.
La gamba sinistra era immobile, come un pezzo di carne martoriata, e non poteva appoggiarvisi per effettuare il tiro.
Poi all'improvviso gli occhi del ragazzo mandarono un vivido lampo di illuminazione.
Aveva ancora una possibilità di effettuare quel tiro, anche se remotissima, ma doveva tentare assolutamente.
Non poteva lasciarsi andare proprio adesso, uscendo dal campo ferito e sconfitto, non poteva darsi per vinto in questo modo.

- Non... Non è ancora finita - esclamò, stringendo i denti.

Ciò detto, puntando il braccio al suolo, Mark interruppe la caduta e si diede lo slancio per sollevarsi all'altezza della sfera. Il pallone era proprio in corrispondenza della sua gamba destra e, sforbiciando lateralmente a mezz'aria con l'unica gamba sana, Mark sferrò un calcio poderoso con uno schianto impressionante.
A causa dello sforzo disumano, i muscoli e le vene fecero affluire ancora più sangue, filtrando fiotti rossastri dalla gamba ferita e peggiorando ulteriormente la situazione, tuttavia Mark eseguì il tiro con tutto sé stesso.

- Non sarò meno da te, Hutton - ripeté mentalmente a sé stesso, concentrando tutta la forza che aveva in corpo. - TIRO DA TIGRE !!!

Il pallone si accese di una luce accecante, schizzando come una saetta in direzione della porta avversaria.
Il portiere italiano si tuffò a braccia aperte ma, passando oltre le sue mani, la sfera si infilò nella rete e la sfondò completamente. Come un proiettile impazzito, proseguì dunque la sua corsa e andò a conficcarsi nel muro sotto gli spalti, sbriciolando il cemento come se fosse sabbia.
Tutti osservarono attoniti l'accaduto, incapaci di proferire parola.
Solamente il fischio dell'arbitro interruppe il silenzio sceso improvvisamente sullo stadio: il Giappone era in vantaggio, e la rete era stata realizzata su un tiro micidiale di Mark Lenders!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 3
*** Terza Parte ***


Il pubblico era attonito e inorridito.
Nonostante la rete segnata, i giapponesi non potevano certo esultare. Mark Lenders era a terra, in preda a un dolore lancinante, con la gamba che sanguinava per la ferita infertagli. Malgrado l'arbitro non avesse visto la scena, e di conseguenza l'intenzionalità di quel fallo a dir poco infame, non c'erano dubbi sul fatto che il gioco degli italiani fosse da sanzionare.

- Ammonizione - esclamò, tirando fuori il cartellino giallo.

I compagni di Lenders e buona parte del pubblico sugli spalti, indignati come non mai, si rivoltarono aspramente sulla decisione del giudice di gara.

- Sta scherzando, arbitro? - esclamò Bruce, sgranando tanto d'occhi.
- Un fallo simile è da Codice Penale - fece eco un altro.
- Guardi com'è ridotta la sua gamba... Quei farabutti lo hanno fatto apposta!

In quella il capitano italiano intervenne, facendo mostra di un'incredibile faccia tosta.

- Piano con le accuse - sentenziò. - Il calcio non ammette violenza, ma non è nemmeno uno sport per signorine; certi "incidenti" possono anche verificarsi...
- Hai il coraggio di chiamare questo un incidente ?!?

Incapace di trattenersi, Bruce afferrò quello sporco bugiardo per il bavero. Fortunatamente però fu Holly ad impedirgli di fare sciocchezze.

- Bruce, cerca di calmarti adesso!
- Ma Holly, non hai visto quello che hanno fatto? Se Mark non ti avesse spinto via, avrebbero colpito te!

Holly annuì gravemente.

- L'importante ora è pensare a Mark - spiegò. - Oppure vuoi rendere inutile lo sforzo che ha fatto? Se veniamo alle mani, passeremmo dalla parte del torto e la squadra verrebbe squalificata; Mark non si merita questo, non dopo aver dato l'anima in quel tiro!

Seppure malvolentieri, Bruce si disse d'accordo con Holly.
I giapponesi si strinsero attorno al compagno ferito, preoccupati dalla gravità della lesione e dal sangue che il poveretto stava buttando come una fontana. A causa dell'immane dolore, Mark non riusciva neppure a parlare. Era come se la sua gamba fosse precipitata in un inferno di fiamme, un fuoco che gli divorava completamente l'arto, attanagliandogli le carni in un tormento senza fine.
Perfino Patty era sconvolta.
Dopo aver visto ciò che Lenders aveva fatto, subendo quell'orribile fallo al posto di Holly, per un attimo temette addirittura di vederlo morire dissanguato sul campo da gioco. La voce dei tifosi si levò in aria con un grido unanime, vomitando odio e disprezzo per l'inqualificabile comportamento dei giocatori italiani.

- ASSASSINI - gridò un uomo seduto di fianco a Patty.
- NON SIETE CAMPIONI, SIETE DEI MACELLAI, VERGOGNA !!!

Il medico che si affrettò a controllare la gamba di Lenders poté solo constatare che, pur non essendo fratturata, le lacerazioni che presentava erano spaventosamente profonde. Se i tendini erano danneggiati in modo irreparabile, c'era il rischio che quel povero ragazzo non potesse più giocare per il resto della sua vita.

- Bisogna portarlo subito in ospedale - disse semplicemente, facendo segno agli assistenti di caricarlo sulla barella.

Mark Lenders abbandonò la partita, subito dopo aver segnato quel goal memorabile.
Holly e gli altri lo accompagnarono fino all'uscita dal campo ma, incapace di sopportare oltre le loro patetiche frasi di circostanza, Lenders disse loro di piantarla immediatamente.

- Che... Che cosa credete di fare, eh? - gemette Mark rabbiosamente. - Siamo in vantaggio uno a zero e ve ne state qui a cincischiare!
- Ma no, Mark... E' che siamo preoccupati per te, siamo tuoi amici e...
- Al diavolo - ruggì Mark, un po' per il dolore che non gli dava tregua, e un po' per lo sforzo di tirarsi su a sedere sulla barella. - Non voglio la vostra commiserazione, non so che farmene... Voglio che giochiate, che vi spacchiate il culo per vincere, mi sono spiegato ?!?
- Ma...

Bruce fece per replicare ma, come Holly sollevò la mano per zittirlo, capì che era meglio restarsene zitto.
Mark aveva ragione.
Non potevano abbandonare la partita adesso, specie con degli avversari così privi di onore e correttezza, e dovevano mostrare di che pasta erano fatti. L'unico modo in cui potevano mostrare la loro amicizia per Mark, e rendere così onore al suo sforzo per effettuare quel tiro impossibile, era quello di correre, giocare e segnare... Dovevano farlo per lui, perché erano giocatori e non infermieri.

- Torniamo in campo - disse Holly, in tono chiaro e deciso. - Facciamogli vedere chi siamo!
- D'ACCORDO - risposero gli altri all'unisono.

Nel mentre che si voltò a seguire i compagni, Holly si sentì trattenere per il polso.

- Mark - esclamò, guardandolo negli occhi.
- A... Ascoltami bene, Hutton - sussurrò Lenders a fatica. - Non... Non l'ho fatto per te, ficcatelo bene in testa... Quello che voglio è giocare contro di te, ricordalo bene... Mi devi ancora una rivincita, non te lo dimenticare questo!

Prima che Holly potesse rispondere, Patty si fece improvvisamente largo tra la piccola folla lì riunita per avvicinarsi a lui e a Lenders.

- Holly - esclamò lei, pallida in volto come un cencio.

L'altro la ignorò completamente, stringendo a sua volta le dita di Mark e promettendo a questi di aspettarlo sul campo per la loro prossima sfida.

- D'accordo, Lenders - esclamò. - Pensa solo a guarire, allora!
- MI raccomando - disse ancora Mark, sforzandosi di sorridere malgrado tutto. - Guardati le spalle con quelli, e gioca come sa... Ah!

Purtroppo le sue condizioni andavano peggiorando.
Il medico fece intendere a Holly che non potevano più aspettare oltre e, poiché l'ambulanza era già ferma ad aspettare davanti all'ingresso dello stadio, fece segno ai barellieri di muoversi.
Mentre lo portavano via, Patty incrociò lo sguardo di Mark come se lo stesse vedendo per la prima volta.
Holly rimase ad osservarlo, mentre scompariva nel corridoio, dopodiché tornò in campo più motivato di prima. Patty invece rimase lì immobile per alcuni minuti, incapace di dimenticare ciò che aveva visto.
Mark Lenders, proprio lui, aveva salvato Holly da quella orribile situazione.
Se non fosse stato per lui, i medici avrebbero condotto via Holly in quelle condizioni.
D'un tratto Patty si sentì in colpa: non aveva capito niente di lui, e anzi lo aveva sempre giudicato male ingiustamente; non aveva capito quanto in realtà fosse buono e generoso, proprio come Holly, e come lui era capace di certi slanci di coraggio e altruismo...
Forse dipendeva dallo spirito di competizione, la grande rivalità che sussisteva tra loro, ma comunque restava il fatto che Mark Lenders aveva agito nell'interesse del suo compagno. Se non avesse agito in quel modo, Oliver Hutton sarebbe rimasto vittima di quel fallo orribile, e difficilmente sarebbe stato possibile stabilirne le conseguenze questa volta.
Così facendo però, era lui che adesso correva il rischio di non poter più giocare.
Era Mark Lenders che rischiava di dover dire addio alla sua carriera.
Per quanto rude e burbero potesse essere, di certo non meritava una simile sorte. Patty sentì l'ansia muoversi in petto, al pensiero che Mark potesse essere costretto a rinunciare ai suoi sogni. Una tale sofferenza era ingiusta per chiunque, soprattutto per un giovane coraggioso e leale come lui.

- Signore, ti prego - mormorò Patty sottovoce. - Fa che non gli succeda nulla di grave... Ti prego!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 4
*** Quarta Parte ***


Vedere Mark in quelle condizioni, oltre alla dimostrazione di slealtà e scorrettezza in sé, risvegliò nei giovani giapponesi una rabbia mai provata prima di allora. Gli italiani non avevano nessun rimorso per ciò che avevano fatto e, a giudicare dai loro sorrisi compiaciuti, sembravano addirittura più che fieri.
Erano solo dei vigliacchi senza onore.
Non si facevano scrupoli pur di vincere, anche ricorrendo a simili porcherie, e non avevano rispetto alcuno per gli avversari.
Holly inghiottì amaro, guardando negli occhi il capitano della squadra avversaria. Costui non si vergognava affatto della sua infame condotta, freddo e impassibile come un pezzo di ghiaccio, e in silenzio sembrava voler sottolineare che era pronto ad eseguire il prossimo fallo personalmente.

- Preparati, Hutton - mormorò sottovoce, affinché solamente Holly potesse sentirlo. - Il prossimo ad andartene via in barella sarai tu!

Holly strinse il pugno, ricambiando la minaccia dell'altro con uno sguardo colmo di disprezzo.
L'arbitro fischiò la ripresa del gioco e, trascinando con sé i compagni all'attacco, Holly prese a correre con una nuova fiamma inestinguibile nel cuore... la stessa che apparteneva a Lenders.

- Per te, Mark - esclamò. - Vinceremo questa partita anche per te!

***

La partita finì per ben sette a zero, un trionfo!
Senza neppure perdere tempo a cambiarsi, Holly e compagni si precipitarono all'ospedale, per informarsi sulle condizioni di Mark e informarlo altresì della vittoria ottenuta.
Tutti gli amici e conoscenti, compresa Patty, si unirono dunque alla squadra. Tutti quanti erano preoccupati e, stando a quanto aveva detto loro l'allenatore che aveva telefonato alla clinica, il povero Mark era ancora sotto i ferri dell'intervento chirurgico.
Una volta giunti in ospedale, Holly e compagni videro gli amici di Mark assieme ai familiari. La signora Lenders, non appena saputo che il figlio era stato ricoverato d'urgenza, era corsa immediatamente. Lei e i fratellini di Mark alloggiavano infatti nell'albergo, poiché Mark aveva deciso di offrire loro una vacanza memorabile, ma di certo non si aspettavano di ritrovarsi alle prese con una simile tragedia.
Nel vedere i volti dei bambini, in particolare quello della sorellina di Mark, Patty ebbe modo di constatare con i suoi occhi un aspetto di Lenders che non avrebbe mai immaginato.
Quei bambini, così dolci e sensibili, erano chiaramente preoccupati per il fratello; nonostante il suo carattere duro e aggressivo, Mark era molto legato alla sua famiglia; non ci voleva certo un genio per capire che, aldilà delle apparenze, tutti loro si volevano un bene dell'anima.
Anche se non conosceva tutta la storia, così come Holly e gli altri ignoravano gran parte del suo passato, Patty rimase profondamente colpita da quella scena: la madre di Lenders era seduta in sala d'aspetto, con le mani giunte in preghiera, e i bambini cercavano di farle coraggio assieme agli amici che erano venuti ad assistere alla partita. Tutte quelle persone presenti erano commercianti, amici di quartiere, persone che avevano mollato ben volentieri il proprio lavoro per stare vicino a Mark.
Adesso tutti loro attendevano con ansia che la lampadina rossa, quella che si trovava sulla porta della sala operatoria, si spegnesse. Ogni minuto di attesa era come una lama di coltello rigirata dentro una ferita. La povera donna era disperata, incapace di pensare al peggio, e solo le parole accorate dei presenti riuscivano a darle coraggio sufficiente per sopportare quell'attesa.

- Non preoccuparti, mamma - esclamò uno dei bambini, accarezzando la madre sul braccio.
- Mark è forte, ce la farà!
- Ma certo, signora - fece eco Arthur, il droghiere loro amico. - Suo figlio ha la forza di un toro, con tutte le casse che gli ho visto sollevare da solo, vedrà che si rimetterà completamente!

La donna sollevò il capo, sorridendo appena di gratitudine, ma nel suo cuore di mamma l'attesa era un tormento insopportabile. Nessuna madre può aspettare tranquilla, senza sapere come e quando i medici le faranno rivedere suo figlio...
Patty sentì di comprendere il suo dolore, anche se non completamente, e in silenzio non poté fare a meno di rivolgere tutte le sue preghiere più accorate per Mark e per il buon esito dell'intervento.
Improvvisamente la luce rossa si spense.
L'intervento era finito e, di lì a poco, il chirurgo che aveva operato Mark uscì fuori dalla sala operatoria.

- Dottore - esclamò la signora Lenders, alzandosi in piedi di scatto. - Mi dica, come sta mio figlio?

L'uomo si tolse i guanti e abbassò appena la mascherina che gli copriva il volto, fissando la donna negli occhi con sguardo serio e imperscrutabile, dopodiché le rispose calmo ma chiaramente.

- Signora Lenders - esclamò. - L'operazione è andata bene, di questo posso rassicurarla, suo figlio è fuori pericolo!

Subito i volti dei presenti si aprirono ad un sorriso, misto a sospiri di sollievo generale, ma il dottore lasciò intendere di avere altro da aggiungere alla diagnosi.

- Purtroppo la ferita era molto profonda - spiegò. - Con una simile lacerazione ai tendini, ci sono diverse percentuali di probabilità che l'arto riacquisti la mobilità originale; soprattutto per uno sportivo, il cui fisico è continuamente soggetto a stress e carichi progressivi di allenamento...
- Ma questo che significa, dottore... Mio figlio si rimetterà, giusto?

Il medico tacque un momento prima di rispondere.

- Devo essere sincero, signora: esiste un cinquanta per cento di probabilità che suo figlio riacquisti parzialmente l'uso della gamba, e un cinquanta per cento che resti zoppo a vita; in entrambi i casi, a meno che la riabilitazione non dia segni di miglioramento, suo figlio Mark non potrà più giocare a pallone... Mi dispiace!

Tutti i presenti rimasero sconvolti, nell'ascoltare quella diagnosi.

- Non è vero, no... Non può essere vero - gemette la madre di Mark, aggrappandosi con tutte e due le mani al verde camice protettivo del medico. - Il calcio è tutto per Mark, è tutta la sua vita; si allenava di notte, per poter studiare e aiutare la famiglia economicamente; mi dica che guarirà, che tornerà a giocare come sempre, la prego... la prego!

Nonostante le lacrime di disperazione, capaci di muovere a pietà un cinghiale, nulla cambiava di fatto la realtà. Il medico scosse il capo, incapace di aggiungere altro a quanto appena detto, e il suo silenzio suonava ancora più pesante di qualsiasi parola.
La signora Lenders scoppiò a piangere fortemente, subito sorretta da alcuni amici che la aiutarono a sedersi, e al suo dolore si unirono i bambini e tutti coloro che erano lì presenti.
Nessuno era in grado di accettarlo, nessuno.
Mark Lenders non avrebbe dunque mai più giocato a pallone, mai più.
Holly non riusciva a crederci.
Il pensiero che doveva esserci lui al posto di Mark, assieme al dolore e alla disperazione generale, gli fece scendere addosso un terribile senso di colpa. Non riusciva ad accettare che Mark dovesse affrontare quella situazione, era orribile... orribile, oltre che profondamente ingiusto, questa era la verità!

- Holly - esclamò Patty, vedendolo correre via all'improvviso. - Dove vai ?!? Aspetta!

Holly corse fuori dell'ospedale, fermandosi solo davanti al tronco di un grosso albero del cortile. Qui diede libero sfogo a tutta la sua rabbia e al dolore, menando pugni durissimi contro la corteccia, e non smise neanche quando le mani cominciarono a sanguinargli.

- Non è giusto, no - singhiozzò, affondando il pugno ancora di più sul bersaglio. - Perché è successo a te? E' a me che doveva succedere, a me e soltanto a me, perché... Perché, Mark ?!?

Ferma e immobile davanti alla soglia dell'ospedale, guardandolo preoccupata, Patty rimase unica testimone silenziosa del suo comprensibile sfogo. Non aveva mai visto Holly in quello stato, mai neppure una volta, eppure dentro di sé sentiva il bisogno di piangere e sfogarsi allo stesso modo.
Non erano per Holly le sue lacrime, ma il motivo che la faceva soffrire era lo stesso.
Con gli occhi sbarrati verso l'alto e le lacrime che le rigavano le guance, Patty si sentì vicina a tutto quel dolore, soprattutto per l'ultima persona per la quale avrebbe mai pensato di poter piangere un giorno.

- Mark...

 

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Capitolo 5
*** Quinta Parte ***


Circa una settimana dopo l'intervento, Mark cominciava a sentirsi meglio.
Le cure e il riposo gli avevano restituito pian piano le forze e il vigore, malgrado la gamba fasciata e inerte sul letto, cosicché aveva preso a trascorrere le giornate leggendo e rimettendosi in pari con lo studio.
Quando anni fa suo padre gli fece promettere di impegnarsi, per diventare un bravo giocatore di calcio, il piccolo Mark aveva giurato di non trascurare la scuola né l'istruzione. Di conseguenza, nonostante le difficoltà non indifferenti ( lo studio, l'allenamento, nonché il tempo per aiutare economicamente la madre e i fratelli ), il giovane Lenders si adoperava con costanza per mantenere l'impegno preso... per rispetto verso suo padre, ma soprattutto verso sé stesso.
Mark adorava suo padre.
Sua madre diceva che erano molto simili, stesso carattere e stesso spirito combattivo; perciò si diceva che Mark avesse sofferto molto più duramente la perdita del genitore, proprio perché lui e il padre erano così uguali.
Da che era stato ricoverato, non passava giorno senza che i familiari, gli amici e i compagni di squadra venissero a trovarlo regolarmente. Dopo l'infortunio, a causa dell'ingente perdita di sangue, le prime ventiquattr'ore erano state le più difficili per lui. Ora però, stabilizzati fisico e morale, il ragazzo si era ripreso quasi completamente.
La notizia della vittoria contro gli italiani, e del successivo incontro contro la rappresentativa bulgara per quattro a zero, lo aveva reso molto contento.
Il momento più difficile fu quando il medico si ritrovò "costretto" a spiegargli la gravità della situazione. Mark non era un bambino, e non sopportava di essere tenuto all'oscuro su ciò che lo riguardava, perciò nessuno se la sentiva di mentirgli. All'inizio tutti erano preoccupati della sua reazione, temendo il modo in cui avrebbe preso la verità, tuttavia con grande sorpresa si dimostrò sufficientemente forte da accusare anche questo colpo.
L'idea di dover essere costretto a dire addio al calcio era certo un dolore immane per lui, su questo non c'era dubbio, ma non sarebbero state certo le lacrime ad aiutarlo in questo momento. Quando morì suo padre, per quanto fosse stato capace di versarne allora, si rese conto ben presto che tutte le lacrime del mondo non lo avrebbero riportato in vita.
Fin da quando era bambino, l'unico limite che si poneva ai suoi desideri era quello dettato dalle sue forze; motivo dunque per allenarsi continuamente, così da superarlo e diventare sempre più forte dinanzi ad ogni ostacolo e difficoltà.
Se la sua gamba fosse tornata o meno quella di prima, ciò dipendeva solo ed esclusivamente da lui.
Il dottore era stato molto chiaro in merito: le possibilità che l'arto tornasse a funzionare dipendevano dai tempi di riabilitazione e dalla sua forza di volontà; non c'erano certezze, all'infuori della triste diagnosi finora riscontrata, e tuttavia non era nemmeno il caso di sciogliere la prognosi definitiva; al momento la gamba di Mark era quello che era, e sarebbe passato ancora del tempo perché le ferite si rimarginassero... Di conseguenza, solo il tempo avrebbe scritto o meno la parola "FINE" sui sogni e sulla carriera calcistica di Mark Lenders.
E Mark Lenders non era tipo da arrendersi ai pronostici, per quanto negativi essi fossero.
Già altre volte, quando l'allenamento era a dir poco massacrante, Mark si era trovato sul punto di cedere e di lasciarsi andare. Anche lui aveva conosciuto e sperimentato quell'attimo, quel momento in cui si decide se persistere con lo sforzo o se accettare invece la propria sconfitta, l'attimo in cui la volontà di una persona segna la differenza tra vivere e morire.
Il momento in cui il dolore sembra insopportabile...
Quando il corpo sente di non farcela più...
E quando il pensiero di mollare tutto sembra l'unica via possibile...
Ebbene quello era il momento in cui Mark sentiva di dover tirare fuori il vero sé stesso.

***

- Una tigre non crolla mai a terra, non finché le resta il fiato per ruggire!

Malgrado la voce di Jeff, Mark sentiva che i muscoli tremanti erano come sul punto di sgretolarsi.
Le braccia erano intorpidite, come se fossero fatte di gelatina, e le vene erano così gonfie che sembravano quasi poter scoppiare da un momento all'altro.

- Reagisci, Mark - urlò Jeff, sbattendo a terra la punta della sua mazza da kendo. - Nessuna difficoltà può mettersi contro la forza e il desiderio di una tigre ruggente... E TU SEI UNA TIGRE, MARK, UNA TIGRE CHE DEVE LOTTARE FINO ALLA FINE !!!

Mark serrò i denti.
Malgrado il dolore e i muscoli che protestavano, si costrinse a proseguire nel suo sforzo.
La voce di Jeff era come la luce di un faro col mare in tempesta, chiara e limpida come non mai.
Mark immaginava di essere una piccola imbarcazione, una piccola e solida imbarcazione di legno, un'imbarcazione che si faceva largo tra onde ribollenti e solide pareti d'acqua alte decine di metri.
La furia degli elementi gli si abbatteva contro, cercando di ribaltarla con ogni mezzo, ma la piccola imbarcazione riaffiorava prontamente a galla e si faceva largo come sospinta da una mano invisibile.
Quella era la mano di Mark.
Mark aprì gli occhi e vide il punto che doveva afferrare, in modo da issarsi e proseguire... e con un tremendo ruggito, un ruggito colmo di rabbia e determinazione, allungò dunque il braccio e lo afferrò.

***

Il leggero bussare contro la porta della sua stanza distolse Mark dalla lettura e dai suoi pensieri.

- Avanti - esclamò.

Holly e Patty apparvero sulla soglia.
Entrambi recavano dei doni, uno con un pacchetto in mano e l'altra con un grosso mazzo di fiori tra le braccia, ai quali Mark sorrise con gratitudine. I due amici si avvicinarono al letto, domandando subito della sua salute, e Mark rispose con voce calma e tranquilla.

- Molto meglio - disse. - Almeno come può andare meglio, stando a letto tutto il giorno... Vi confesso che è un po' noioso!
- Capisco - fece Holly, annuendo col capo. - Il dottore dice che ti stai rimettendo, e che presto potrai cominciare la riabilitazione!
- Proprio così - confermò Mark, guardando Holly con la sua solita luce di sfida negli occhi. - E tu, come vanno gli allenamenti in vista della prossima partita?
- Abbastanza bene - rispose Holly. - Dopodomani affronteremo la rappresentativa juniores dell'Ungheria, sembrano molto forti, dovremo dare tutti quanti il massimo...
- Sarà meglio per voi - sottolineò Mark, puntando l'indice minaccioso. - Perché se perdete, non appena mi alzerò dal letto, farete i conti con me!

Patty ebbe un sussulto.
Ovviamente Mark si riferiva ad "alzarsi dal letto", con le stampelle per potersi muovere, non certo all'eventualità di poter tornare a giocare.
Per quanto tutti loro lo desiderassero ardentemente, ciò era purtroppo impossibile.

- Mhm - fece Lenders, notando l'espressione assente di Patty con la coda dell'occhio. - Che hai, non ti senti bene?
- Come ?!? No, no... Cercavo solo un posto dove poter mettere i fiori, e allora...
- Che ne dici di un vaso? - scherzò Mark, indicando appunto il contenitore cilindrico di fianco al suo letto.
- Ah sì, hai ragione, che sciocca!

Patty chinò il capo, non tanto per la distrazione quanto piuttosto per l'imbarazzo di guardarlo negli occhi, e si accinse a sistemare i fiori nel vaso di plastica.
Era la prima volta che non si risentiva per via del sarcasmo del giovane, tuttavia era ovvio che qualcosa fosse cambiato nel suo modo di giudicarlo. Non sapeva come spiegarlo esattamente, ma di certo non era "commiserazione"... Patty non era quel tipo di ragazza, capace solo di dispensare pietà e dispiacere verso la sfortuna degli altri, e ciò che sentiva era qualcosa di nuovo e difficilmente comprensibile.
Fino a qualche giorno prima, era convinta che Mark Lenders fosse solo un giovane arrogante e insopportabile. Da quando lui e Holly si erano scontrati per la prima volta, ai tempi ormai lontani della Muppet e della Newteam, la massima considerazione che aveva di lui era quella di un... un carciofo abbronzato troppo cresciuto!
Ma ora che lo guardava meglio, imparando a conoscere degli aspetti inimmaginabili della sua vita e della sua persona, sentiva di provare qualcosa di molto diverso per lui.
Affetto, forse?
Che stesse cominciando a vederlo come un caro amico, al pari di Bruce e degli altri, oppure...

- Ma che razza di sciocchezze mi vengono in mente? - pensò lei, arrossendo vistosamente.
- Patty, non stai mettendo un po' troppa acqua? - osservò Holly, alludendo al fatto che l'orlo del vaso cominciava di fatto a traboccare.
- Ops, è vero scusatemi... Sono molto distratta, oggi...
- Beh, ad essere sincero, direi non più del solito!

Stavolta la frecciata pungente di Mark risvegliò istintivamente il caratterino pepato della solita Patty, la quale si voltò a guardarlo stizzita. Per un attimo Holly temette che fosse sul punto di perdere le staffe, soprattutto considerata la nuvoletta di fumo nero sulla sua testa, invece la vide rilassarsi e tornare calma come se niente fosse.

- Vado a prendere qualcosa per asciugare - tagliò corto lei, voltandosi e uscendo dalla stanza.
- Che strana ragazza - esclamò Lenders sarcastico, tornando poi a rivolgersi ad Holly. - A proposito, quando hai intenzione di sposartela?
- Come ?!? - scattò subito Holly, passandosi una mano sulla nuca. - Ma... Ma veramente io non... Cioé, lei ecco... Noi non siamo...
- AH AH AH, non fare quella faccia, stavo scherzando!

Lenders scoppiò a ridere fragorosamente.
Tuttavia Holly non riusciva a sorridere. Nel buttare l'occhio sulla gamba fasciata del suo rivale ed amico, il senso di colpa tornò prepotentemente a farsi sentire. Mark intuì che qualcosa non andava e, facendosi nuovamente serio, decise che era arrivato il momento di fargli un discorsetto in proposito.

- Chiariamo subito le cose, Hutton - esclamò. - Se adesso sono qui, su questo letto e nello stato che vedi, è la conseguenza di un mio gesto istintivo: nessuno mi ha costretto a sottrarti da quello sporco fallo, nessuno, ficcatelo in testa; ho agito di mia volontà, e adesso devo accettarne le conseguenze... Punto!
- Mark, io... La verità è che dovrei esserci io al tuo posto!
- STUPIDO - ruggì Lenders con rabbia. - Se non fosse che non riesco ad alzarmi al momento, ti giuro, vorrei riempirti la faccia di sberle... Credi forse di rimettere a posto qualcosa, stando qui dove sono io? Ciò che è successo non è colpa tua, ficcatelo in testa una buona volta!
- Ma...
- Ascolta - aggiunse poi Mark, sollevando il pugno e guardandolo dritto negli occhi. - E ascoltami bene, perché te lo dirò una volta sola: il senso di colpa, quando si sa per certo di non averne, è indegno di un essere umano; non sei stato tu a colpirmi alla gamba, questa è la verità, e di conseguenza non puoi sentirti colpevole per quanto è successo... Posso capire che ti dispiaccia, perché ti conosco e so bene come sei fatto, ma non hai alcun diritto di attribuirti colpe che non sono tue!

Holly rimase un attimo perplesso.
Sapeva che Mark aveva ragione da vendere, ma ragione e coscienza non sempre vanno d'accordo.
Il problema di Holly era dovuto alla sua grande sensibilità, mirabile per certi versi, ma anche fonte di grande debolezza. Senza il dovuto controllo delle proprie emozioni, nessuno può sperare di sopravvivere alle difficoltà della vita. Era questo che Mark intendeva dirgli: così come lui era costretto ad accettare l'infortunio, anche Holly doveva sforzarsi di riconoscere ed accettare la verità... e cioé che non aveva alcun motivo di sentirsi in colpa per Mark, e anzi dimostrargli la sua amicizia giocando e vincendo anche per lui.

- Basta con le sciocchezze, Hutton - tagliò corto Mark. - La partita è tra due giorni e tu devi vincerla, sono stato chiaro?

Holly annuì.

- Te lo prometto, Mark - esclamò, sollevando fiero lo sguardo. - Grazie, amico mio!

I due sorrisero, stringendosi le mani energicamente.
Amici e avversari sul campo, amici nella vita, il destino di entrambi girava assieme a quella sfera rotonda di cuoio. Ognuno di loro doveva affrontare e vincere la sua battaglia personale, fugando dubbi e paure di sorta, e solamente loro avrebbero deciso cosa scrivere nelle pagine del futuro... perché il futuro è ciò che non è ancora scritto!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 6
*** Sesta Parte ***


Passarono i giorni...

Holly e la sua squadra sconfissero l'Ungheria per tre a uno, il Portogallo per cinque a zero, il Brasile per quattro a tre; si qualificarono per la semifinale contro la Francia, capitanata da Pierre Leblanc, vincendo meritatamente due a uno; e solamente la Germania di Karl Heinz Schneider si frapponeva dunque tra loro e l'ambitissimo trofeo mondiale della Lega Mondiale Juniores.
Nel frattempo Mark cominciò finalmente alzarsi dal letto.
Una volta imbracciate le stampelle, non fu molto facile per lui abituarsi a quel senso di intorpidimento: la punta del piede a malapena sfiorava terra, il ginocchio piegato e sorretto da un tutore, per impedirgli di poggiare il peso sulla caviglia infortunata; i muscoli formicolavano, come il sangue riprese a circolare in posizione eretta, e per alcuni istanti gli dettero anche parecchio fastidio...
Il dottore fece un leggero cenno col capo.
Nonostante fosse presto per pronunciarsi, il fatto che il ragazzo sentisse prepotentemente il bisogno di stare in piedi era un buon segno. Ci voleva ancora del tempo, prima che Lenders potesse cominciare il lungo periodo di riabilitazione, ma il medico spezzò mentalmente una lancia a favore della grinta e determinazione di quel ragazzo.
Anche se non lo conosceva abbastanza, gli era bastato osservarlo durante i giorni per capire molte cose del suo carattere: aveva visto con quanta tempra era lui a fare coraggio alla madre e ai fratellini, invece del contrario; la diligenza con cui si adoperava per eseguire alla lettera tutti gli esercizi e la ginnastica speciale, nonostante la maggior parte dei pazienti fosse demoralizzata e sfiduciata dall'impegnarvicisi seriamente; e soprattutto riusciva a scorgere la grande forza d'animo che scaturiva dai suoi occhi, così carichi di passione ed energia, tanto da sembrare che lo sguardo del ragazzo fosse in preda a delle fiamme inestinguibili.
Mark Lenders era un giovane veramente straordinario.
Nonostante il dottore non fosse un grande appassionato di calcio, istintivamente era convinto che costui avesse tutte le carte in regola per meritare di essere un campione. Mark Lenders aveva la forza, la tenacia e soprattutto la grinta di un vero sportivo. Davanti a lui, solido e ben piantato sulle sue stampelle, tanti individui in grado di camminare parevano quasi storpi. Era impressionante, semplicemente impressionante, così impressionante da suscitare rispetto e ammirazione in chiunque.
Passato il momento di incertezza, Mark cominciò a muovere alcuni passi, puntando le stampelle in avanti e appoggiandosi poi sulla gamba sana. Era un procedimento lento, che lo faceva sentire anche un tantino goffo, ma comunque stava in piedi. Dentro di sé sentiva il bisogno di muoversi, non ne poteva più di stare disteso su quel materasso né dell'odore di candeggina di quella stanza, e desiderava di uscire all'aria aperta anche solo per pochi minuti.

- Molto bene, Mark - esclamò il dottore. - Mi sembra che le tue forze ti permettano di muoverti abbastanza bene!
- La noia può fare miracoli - osservò Mark sarcastico. - Un altro giorno fermo su quel letto, e le giuro che impazzisco!
- Ah ah ah, comprendo benissimo!

In quella qualcuno bussò alla porta.

- Avanti - rispose il medico.

Con grande sorpresa di Mark, Patty entrò nella stanza assieme all'infermiera venuta a cambiare le lenzuola.
Il giovane non si aspettava che venisse a trovarlo senza Holly, poi rifletté subito che Hutton e gli altri avevano da sostenere il durissimo incontro finale contro Schneider e la sua squadra. Neppure lo stesso Mark avrebbe lasciato il ritiro, specie in vista di una partita così importante, di conseguenza non poteva certo rimproverare Holly... anzi sorrise, pensando come il suo amico/nemico cominciasse finalmente a mostrare un po' di buon senso.

- Dottore - esclamò l'infermiera, rivolgendosi all'uomo con voce seria. - Mi hanno detto di comunicarle che sono arrivati i risultati delle analisi che aspettava!
- Ho capito, grazie - rispose l'altro annuendo.
- Dottore, aspetti - fece dunque Mark, inorridito alla vista del deodorante che l'infermiera stava già cominciando a spruzzare in giro. - Potrei avere il permesso di camminare un po' in giardino? Ho bisogno di un po' d'aria, lei capisce...
- Sì, certo - osservò il medico. - Però, essendo il primo giorno che ti alzi dal letto, forse sarebbe meglio che ti facessi accompagnare dall'infermiera e...
- Se lei permette - intervenne dunque Patty con un sorriso luminoso dipinto sul volto. - Posso accompagnarlo io, non è un problema!

L'uomo sorrise a sua volta, annuendo.

- D'accordo, Mark: ti affido alla tua amica allora, solo cerca di non sforzarti troppo... d'accordo?
- D'accordo, la ringrazio!

***

Respirando a pieni polmoni, dopo giorni di chiuso e disinfettante, Mark si sentì quasi rinascere.
Il giardino dell'ospedale non era molto grande: due file di gerani che correvano lungo tutto l'edificio, e un grosso spiazzo circolare con una fontana al centro, e alcune panchine disposte ordinatamente attorno.
Camminando lentamente lungo il vialetto, Mark e Patty si diressero fino alla fontana e si sedettero a chiacchierare amichevolmente.

- Ti vedo molto meglio - osservò Patty.

Mark sorrise.

- Avevo proprio bisogno di fare due passi, non ne potevo più di stare chiuso tra quattro mura...
- Ti capisco!

Entrambi tacquero per un istante, osservando le gocce d'acqua della fontana che brillavano chiare alla luce del sole. Alcuni piccioni planarono allegramente, sguazzando con le zampette sulla pietra fradicia, per poi ruotare il capo a guardarsi intorno e riprendere il volo nel limpido cielo azzurro senza nuvole.
Improvvisamente Mark si fece cupo.
Ben presto Holly avrebbe disputato la partita finale contro Schneider, mentre lui non sarebbe potuto scendere in campo ad affrontarlo. Il giovane campione tedesco era come un chiodo fisso per lui, al pari della sua lotta personale contro Oliver Hutton e Benjamin Price, e il pensiero di non poter pareggiare i conti in questa occasione gli bruciava moltissimo.
Patty si accorse della sua espressione con la coda dell'occhio e, sbattendo le palpebre preoccupata, gli domandò se c'era qualcosa che non andava. D'istinto Mark fece per risponderle sgarbatamente ma, prima ancora di aprire bocca, si rese conto che non poteva certo scaricarle addosso la sua rabbia e la sua frustrazione.
Patty era una ragazza gentile e sensibile, malgrado il suo carattere alquanto suscettibile, e tutto sommato non era poi tanto male. Un tempo Mark la considerava niente di più di una mocciosa invadente, petulante e ficcanaso a seconda delle occasioni, ma guardandola meglio cominciava quasi a ricredersi su di lei.
Mark Lenders non era abituato a trattare con le ragazze, un po' per il suo carattere difficile e un po' perché la sua vita era basata essenzialmente sul calcio... come Hutton, del resto!
Tuttavia Patty non era assolutamente la classica "ragazzina urlante", né una fanatica che corre dietro ai giocatori per importunarli e chiedere loro un autografo. Se era solita mostrare tanto affetto e appiccicume nei confronti di Hutton, era perché questi le piaceva principalmente come ragazzo e non come calciatore.
Almeno era sincera, anche se un tantino asfissiante forse, incapace di mentire e men che meno di giocare coi sentimenti altrui per scommessa o per gioco.
Oltretutto, doveva ammetterlo, era anche piuttosto carina!

- Che ti prende? - domandò lei, scuotendolo improvvisamente dai suoi pensieri.
- Niente - rispose Mark sottovoce. - Stavo pensando...

Patty annuì tristemente.

- E' per il campionato, vero?
- Già - rispose l'altro, socchiudendo gli occhi e tenendo il capo chino in avanti. - E' da tanto che sogno di prendermi la mia rivincita su Schneider, e ora invece...

Mark strinse il pugno contro la stoffa dei pantaloni, fremendo di rabbia, allorché Patty percepì chiaramente tutta la sua frustrazione.
Anche Holly avrebbe reagito così.
Seppure diversi come carattere, i due erano molto simili: Holly era dolce e sensibile nella vita di tutti i giorni, quanto deciso e determinato sul campo; Mark invece era molto più maturo, segnato da numerose difficoltà e problemi che si aggiungevano a quelli della sua carriera calcistica, e l'orgoglio era tanto un difetto quanto una qualità inconfutabile.
Patty esitò.
Come avrebbe reagito Mark, sapendo quello che Schneider aveva dichiarato il giorno prima davanti a tutti i giocatori della squadra giapponese?
Da una parte era suo preciso diritto saperlo, dall'altra era già tanta la sofferenza di trovarsi in quelle condizioni... Saperlo non sarebbe servito ad altro che a farlo stare peggio.

- Allora, dimmi - esclamò dunque Mark, sforzandosi di sorridere nuovamente. - Non hai proprio niente da raccontare? Cosa stanno facendo Holly e gli altri, gli allenamenti procedono bene?
- Beh, in verità, ecco...
- Mhm ?!?

Mark riuscì a cogliere fin troppo chiaramente il motivo di quel sussulto.
Non ci voleva certo un grande sforzo per capire che Patty era a conoscenza di qualcosa, qualcosa che lui non doveva sapere ( probabilmente per riguardo nei suoi confronti ), tuttavia non sopportava di essere tenuto all'oscuro.

- Patty, guardami negli occhi - esclamò Mark, con una nota dura nella voce. - Dimmi la verità: perché Hutton non è venuto con te oggi, si tratta dell'allenamento oppure c'è un altro motivo?
- Ecco, io non...
- Allora ?!?

La voce di Lenders era quasi un ruggito.
Patty rabbrividì ma, incapace di nascondergli oltre la verità, si limitò a socchiudere gli occhi e ad annuire rassegnata.

- E' successo ieri pomeriggio - mormorò. - Durante l'intervista alla nostra squadra, Karl Heinz Schneider si è presentato all'improvviso; tutti hanno pensato che fosse venuto ad augurare sportivamente "buona fortuna" ai suoi avversari, ma nessuno si aspettava ciò che invece ha dichiarato davanti a tutti...

***

- Sarà meglio che non vi facciate troppe illusioni - esclamò Schneider solenne, guardando Holly attraverso la luce gelida dei suoi occhi di ghiaccio. - La vostra squadra ha un livello atletico nettamente inferiore al calcio europeo, e i vostri atleti non sono poi nulla di eccezionale, basta vedere cosa è successo a Mark Lenders, per rendersene conto!

Sia Holly che gli altri ammutolirono per lo stupore e l'incredulità.

- Che cosa significa, Karl - domandò Holly, cercando di contenere le proprie emozioni. - Che cosa vuoi dire con questo?
- Semplice - rispose il tedesco, con un sorriso di sufficienza. - Quelli come Lenders, che crollano appena il gioco comincia a farsi duro, non sono degni di partecipare a questo campionato... E se seguirete il suo esempio, la vostra squadra non avrà alcun futuro!

***

Mark sbarrò gli occhi incredulo, avvampando di collera.
Come si permetteva quel giovane crucco strafottente di dichiarare una cosa del genere, senza neanche il coraggio di guardarlo in faccia?
In quel momento ciò che più bruciava a Mark era il fatto di non potergli fare ingoiare l'insulto personalmente.
Anche se non sopportava Schneider, non lo riteneva capace di una simile meschinità.

- Ha... veramente detto così ?!?
- Mark, mi dispiace, io... Io non dovevo dirtelo, non volevo ma...
- Vattene - sussurrò Mark, lo sguardo nascosto dai capelli che gli ricadevano lungo la fronte.
- Mark, ti prego...
- VATTENE, NON AGGIUNGERE ALTRO, VATTENE VIA !!!

Urlando per non piangere come era abituato a fare fin da bambino, mascherando le proprie lacrime con la rabbia, Mark afferrò le stampelle e si accinse a ritornare nella sua stanza.
Non poteva fare altro.
Poteva solo soffrire in silenzio, accusando anche questo duro colpo, senza la possibilità di affrontare faccia a faccia quell'arrogante e costringerlo a rimangiarsi le sue parole.
Patty rimase immobile ad osservarlo, mentre si trascinava lentamente lungo il vialetto percorso in precedenza, ma non poté fare altro che versare lacrime per lui e per l'ulteriore dolore che era costretto a sopportare.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 7
*** Settima Parte ***


- Dottore presto, venga a fare qualcosa!

La voce della caposala, nell'uscire attonita dalla camera di Lenders, richiamò oltre all'attenzione del dottore anche quella dell'intera corsìa. In men che non si dica il medico entrò nella stanza e, per quanto lo stesse vedendo, non riuscì a credere ai propri occhi.
Una delle stampelle di Mark era a terra, piegata e deformata dopo essere stata ripetutamente sbattuta sulla testiera del letto ( anche quella distorta a causa dei colpi ); il comodino era rovesciato a terra, in una pozza d'acqua che si allargava fino alla porta, con accanto i resti di un vaso e fiori distrutti; parte della bianca parete immacolata, rotta e sgretolata in più punti, era sporca di sangue e con segni vistosi che ricordavano le nocche e l'impronta di un pugno...
In mezzo a questo sfacelo, il corpo grondante di sudore e i muscoli tesi per lo sforzo, Mark Lenders stava eseguendo un'incredibile verticale. Sotto lo sguardo attonito del medico e del personale di servizio alle sue spalle, il giovane stava facendo sù e giù con le palme delle mani rigide e saldamente piantate sul pavimento.

- Che... Cosa ti salta in mente, Mark - balbettò l'uomo, cercando di riprendersi. - Si può sapere che diavolo stai facendo ?!?
- Secondo lei - ribatté Lenders, senza interrompere l'esercizio. - Se non posso usare le gambe, ricomincerò a camminare sulle mani... anche a costo di rompermi tutte e due le braccia!
- BASTA ADESSO, SMETTILA SUBITO - urlò il dottore, facendo segno a due infermieri di aiutarlo. - Così rischi di distruggerti per sempre!

Subito due robusti infermieri si accinsero ad afferrarlo, in modo da rimetterlo a letto, ma non avevano tenuto conto del fatto che il ragazzo era letteralmente fuori di sé.
Con un lampo di rabbia negli occhi, Mark concentrò tutto il peso del corpo su una sola mano e spinse via uno degli infermieri con l'altra. L'uomo accusò il colpo, barcollando all'indietro con gli occhi sbarrati dallo stupore, e il suo compagno non ebbe miglior fortuna... visto che si beccò un manrovescio al ginocchio che lo mandò a sbattere al muro sotto la finestra.
Solamente in quattro, e faticando non poco per tenerlo fermo, riuscirono ad avere la meglio sul ragazzo e a rimetterlo sul letto. Mark ruggì di rabbia, facendo tremare di panico le infermiere, e la sua voce disperata risuonò nei corridoi dell'ospedale come quella di un dannato appena fuggito dall'inferno.
Perfino il dottore era sconvolto.
Aveva già assistito in passato a degli scoppi di violenza ed esasperazione, alcuni anche piuttosto gravi, ma non aveva mai visto niente di simile in vita sua.
Non aveva mai visto Mark in quello stato, né riusciva anche solo lontanamente ad immaginare cosa diavolo gli fosse successo per ridurlo così, ma in qualità di medico era suo dovere cercare di calmarlo assolutamente.

- Infermiera, vada a prendere del sedativo!
- S... Sì, certo...
- Lasciatemi - urlò Mark, le vene del collo spaventosamente in rilievo. - Lasciatemi, voglio ammazzarlo quel porco, lasciatemi ho detto... AAARRRGGGHHH !!!

Altri due infermieri dovettero farsi avanti per trattenergli le braccia.
Erano in sei adesso, tutti uomini adulti e robusti, eppure a stento riuscivano ad avere la meglio sulla rabbia e il furore incontenibile del ragazzo. Davanti agli occhi di Lenders c'era come l'immagine di Schneider che ripeteva il suo odioso commento, troneggiando sopra di lui e ridendo, come un gigante di fronte ad una minuscola formica...

***

- Tieniti ben strette quelle stampelle, Lenders - esclamò Schneider. - Ne avrai bisogno, per trascinarti ad assistere alla vostra sconfitta!

Mark provò a correre verso di lui ma, incespicando su qualcosa, le stampelle gli sfuggirono dalle mani e si ritrovò lungo disteso ai piedi del tedesco. Questi cominciò a ridere e rise ancora più forte, vedendo come Lenders cercasse invano di rimettersi in piedi.

- Che cosa ti succede? - domandò Schneider, canzonandolo senza pietà. - Dov'è finita quella famosa tigre del Giappone? Guardandoti adesso, mi fai pensare piuttosto ad un innocuo gattino spaurito...
- Maledetto - fece Mark tra i denti, affondando le unghie nei pugni fino a farli sanguinare.
- Sei crollato alla prima difficoltà, come un perdente - proseguì dunque Schneider, puntandogli contro l'indice gigantesco della mano destra. - Guardati: non ce la fai nemmeno a rialzarti, sei patetico... Restatene pure lì sdraiato, resta a strisciare come un verme quale sei, e nutriti di merda e vomito raccogliendoli da terra con la lingua!

***

- T'ammazzerò, Schneider... Mi senti ?!? Ti ammazzerò, lurido infame che non sei altro!

Non appena l'infermiera tornò con una siringa piena di tranquillante, gli infermieri tennero fermo il braccio nudo di Mark. Il dottore gli iniettò ben cinquecento milligrammi di torazina, aspettando che l'effetto giungesse di lì a poco, e solo quando il corpo del ragazzo fu finalmente immobile coloro che lo trattenevano tirarono dunque un sospiro di sollievo.

- Accidenti, che roba - esclamò un di loro, passandosi una mano sulla fronte.
- Facevamo fatica a tenerlo in sei - fece eco un altro. - Per poco non ci scrollava tutti di dosso come niente...

Il medico osservò Mark attraverso le lenti degli occhiali, incapace di stabilire la natura di un simile scoppio di rabbia, ma dall'espressione immobile del suo volto sedato era impossibile capire alcunché.
L'unica cosa certa era che bisognava assolutamente telefonare ai dirigenti della squadra, per informarli dell'accaduto e valutare se era il caso di trasferire il ragazzo in un'altra struttura, onde evitargli qualunque altra emozione che potesse influire allo stesso modo su di lui.

***

Nel frattempo Patty stava svolgendo il suo incarico di assistente della squadra, assolvendo i suoi incarichi di segretaria e responsabile in assenza dell'allenatore e del vice-allenatore incaricato. Cosicché, quando il telefono squillò dopo le undici di sera, solamente lei era ancora sveglia e presente negli uffici per poter rispondere.

- Pronto? - chiese la ragazza, sollevando il ricevitore.
- Signorina, mi scusi - rispose la voce del dottore dall'altra parte dell'apparecchio. - Devo conferire d'urgenza col signor Masterson, l'allenatore della vostra squadra!
- Mi dispiace, in questo momento non è possibile - spiegò Patty, adducendo l'ora tarda. - Comunque provvederò a riferire immediatamente se...
- E' una faccenda che riguarda lo stato di salute del giovane Mark Lenders!
- Come ?!?

Patty sentì quasi la cornetta scivolarle di mano, non appena ebbe sentito il nome di Mark. Il dottore la tranquillizzò immediatamente, spiegandole che al momento era sotto sedativo, ma insistette nel dire che la faccenda era molto urgente. Patty realizzò in maniera sufficientemente lucida: non poteva contattare il signor Masterson a quell'ora, dal momento che questi era a colloquio con i dirigenti della Nazionale; e non poteva nemmeno delegare qualcuno di recarsi all'ospedale, rischiando che si spargesse la voce in giro e che i ragazzi si deconcentrassero alla vigilia della finale...
Ma cosa poteva fare allora?

- Vengo subito - rispose infine.

***

- Come le dicevo al telefono, signorina - spiegò più tardi il medico, guardando Patty seriamente. - A quanto pare Mark Lenders soffre di una qualche forma ossessiva di depressione: probabilmente in seguito a qualche evento emozionale molto forte, una notizia o qualcosa che lo ha turbato profondamente...

Patty sussultò, indovinando perfettamente quale fosse la causa, e si rimproverò mentalmente per non essere riuscita a tenere la bocca chiusa.

- Ecco perché, almeno durante questa fase particolarmente difficile per lui, ritengo sarebbe meglio allontanarlo il più possibile dall'atmosfera del campionato; potrebbe essere fonte di grave stress per lui, aggiungendo inoltre il suo comprensibile rammarico di non poter disputare le partite; e in questo momento è fondamentale che lui sia sereno, per poter iniziare con successo la riabilitazione!
- Posso... Posso vederlo?

Il dottore annuì.

- Mi raccomando - esclamò, accompagnandola personalmente nella stanza. - Cerchi solo di non disturbarlo, ha bisogno di dormire molto per riprendersi, dopo un simile sfogo!
- Certo, capisco!

Patty entrò in silenzio nella camera di Lenders, il quale dormiva ancora profondamente, e si sedette accanto al letto col dottore alle sue spalle. Per alcuni minuti rimase immobile ad osservarlo, chiedendosi se era il caso di informare Holly e gli altri del suo stato.
Se Mark aveva reagito in tal modo, era solo perché non gli riusciva di digerire Schneider e i suoi commenti. Forse era il caso di non parlarne con nessuno, almeno per il momento, e di tenere nascosta la situazione fino a che il campionato non si fosse concluso.

- Dottore - esclamò lei, senza staccare lo sguardo dal povero Mark. - Potrebbe aspettare dopodomani per informare il signor Masterson e il resto della squadra?
- Come le ho già spiegato, ritengo che sarebbe il caso di parlarne il prima possibile!
- La prego - insistette Patty. - Io mi rendo conto perfettamente della situazione ma, se si sapesse alla vigilia della finale, la squadra non riuscirebbe ad affrontare la partita serenamente... e se qualcosa dovesse compromettere l'esito dell'incontro, so già che Mark potrebbe reagire in modo addirittura peggiore!

Il medico rifletté in silenzio sulle sue parole.

- D'accordo - esclamò lui alla fine. - Ma alla fine della partita, deve assicurarmi che il signor Masterson sarà informato di tutto!
- Naturalmente!

Patty rassicurò il dottore, tornando a guardare Mark con occhi tristi e preoccupati, e dentro di sé promise che avrebbe fatto di tutto per restargli accanto in questo momento così difficile.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 8
*** Ottava Parte ***


L'indomani gli effetti del sedativo erano un poco scemati, ma il cuore di Mark non aveva smesso di soffrire.
Rabbia e furore potevano ben poco.
Se solo avesse potuto alzarsi e andare da Schneider.
Se solo avesse potuto sbatterlo contro il muro e devastargli la faccia a suon di cazzotti.
Ma non poteva...
La gamba era sempre al suo posto, ma era come se non ci fosse: rigida e immobile come un pezzo di marmo, fasciata come una specie di mummia, e per quanto lo desiderasse non riusciva neppure a muoverla di un millimetro.
Mark fissò il suo arto con impotenza, stringendo nervosamente le lenzuola tra le dita, prima di girare il capo verso la finestra e fissare lo sguardo nel vuoto con aria assente.
Domani avrebbe avuto luogo la tanto sospirata finale.
Holly e gli altri avrebbero affrontato Schneider e avrebbero giocato anche per lui, per vendicarlo delle offese subite, di questo Mark non aveva il minimo dubbio.
Ed era proprio questo che gli pesava terribilmente!

Non poter sistemare la faccenda personalmente, affrontando Schneider sul campo dell'onore, e mettere invece tutto nelle mani degli altri anche se si trattava dei suoi compagni di squadra.
Non poteva accettarlo.
Era troppo umiliante per il suo orgoglio.
Voleva che Schneider si rimangiasse le sue parole, questo sì, ma voleva essere lui a batterlo.
Voleva correre.
Voleva giocare.
Voleva dimostrare a quella sottospecie di crucco biondo che Mark Lenders era tutt'altro che finito.
Invece era costretto in quella stanza d'ospedale, come una tigre costretta a stare dentro una gabbia.

- Posso entrare Mark, sei sveglio?

Il leggero bussare e la voce di Patty attraverso la porta, Mark rimase in silenzio per un istante, sempre con lo sguardo perso nel vuoto. Patty riprese a bussare nuovamente e, vista la sua insistenza, Mark decise di mettere un momento da parte i suoi pensieri.

- Avanti - rispose.

Patty entrò nella stanza, facendo mostra di un sorriso solare e luminoso.

- Buongiorno - esclamò lei raggiante. - Come ti senti oggi, va un po' meglio?

Nessuna risposta. 
Mark teneva la testa voltata dall'altra parte, incurante di qualsiasi cosa ormai, e Patty si sedette di fianco al suo letto. La fase di "sfogo" era passata, dopo quella sfuriata del giorno precedente, e al suo posto era susseguita una profonda apatìa. Malgrado Mark fosse sveglio e cosciente, l'effetto del sedativo sarebbe durato ancora per diversi giorni: i muscoli erano intorpiditi e ogni movimento, anche il più leggero ( come scostare appena le mani e le braccia sotto le lenzuola ), era come se non fosse collegato al resto del corpo...
Ormai non c'era più nulla.
Non poteva né muoversi né sfogarsi.
Tutto quello che poteva fare era stare fermo e pensare... pensare!
Pensava ad Oliver e alla loro sfida ancora in sospeso.
Pensava a Schneider e alle sue parole che ancora gli bruciavano.
E soprattutto pensava a quella rigida estremità, tutta fasciata e rivestita di bianco, che un tempo era la sua gamba.
Purtroppo non poteva fare nulla.
Mark Lenders non avrebbe giocato nella partita di domani, né avrebbe affrontato Schneider come desiderava, e solo Oliver Hutton avrebbe avuto la possibilità di ottenere la gloria e il trionfo nella conquista del campionato mondiale.

- Mark - esclamò Patty, dopo lunghi attimi di silenzio. - Io... Io sento il bisogno di doverti chiedere scusa...

Mark si voltò appena a guardarla, senza sollevare la testa dal cuscino, e le puntò addosso i suoi due occhi scurissimi.
Perché mai Patty si doveva scusare?
Era ridicolo, lei non gli aveva fatto niente, eppure invece la ragazza era molto seria nella sua affermazione.

- E a che proposito?
- Se non ti avessi detto nulla, tu ora non ti sentiresti così... E' tutta colpa mia, e mi dispiace!
- Ah, che sciocchezza - brontolò Mark, voltando nuovamente la testa dall'altro lato. - Che tu me lo abbia detto o meno, non cambia nulla: Schneider mi ha voluto umiliare, e io non posso farci niente, questa è la verità... punto!

Patty strinse istintivamente le mani sulle ginocchia, rabbrividendo.
Da che aveva imparato a conoscerlo un po' più da vicino, riconoscendone e ammirandone i pregi assieme ai difetti, Mark Lenders era un ragazzo che meritava tutto il suo rispetto. Non era un "montato", né l'arrogante che aveva sempre visto sul campo, e solamente ora poteva comprendere perché lui e Holly andavano tanto d'accordo.
Entrambi adoravano il calcio, sebbene la loro concezione di questo sport fosse diversa: Mark infatti abbracciava la tenacia e la grinta aggressiva del suo mentore, Jeff Turner; mentre Holly invece, nella sua grande sensibilità, si sentiva più in sintonia con la passione e l'amore inculcatigli ancor più incisivamente dai preziosi insegnamenti di Roberto Sedinho.
Opposti l'uno all'altro, come il nord e il sud, ambedue erano pronti a sacrificare tutto per questo sport.
In passato Holly aveva messo in gioco la propria salute, pur di sopportare l'immane fatica dello scontro con Mark, ed era arrivato quasi in fin di vita per lo sforzo. Anche Mark aveva rischiato il tutto per tutto, nonostante il brutto fallo subito, e neppure la sua caviglia lacerata e i muscoli sanguinanti erano riusciti ad avere la meglio sul suo orgoglio... un orgoglio davanti al quale ogni avversario poteva solo tremare, o quantomeno sentirsi onorato di trovarsi di fronte un avversario come lui.
Era questo che accomunava i due giovani campioni giapponesi.
Un grande spirito combattivo e un profondo rispetto reciproco.
Se il dolce timido Holly era il centro del mondo per lei, indubbiamente ora Patty sentiva di provare un forte affetto anche per il coraggioso e burbero Mark.

- Sono sicura che ce la farai - esclamò lei sottovoce. - Tornerai presto a giocare, avrai un'altra occasione per affrontare Schneider, e anche Holly non vedrà l'ora di misurarsi ancora contro di te!

Mark sembrava stupito dalle sue parole.
Il tono di voce dolce e armonico, il volto illuminato da un sorriso colmo di speranza, Patty non stava cercando di consolarlo... bensì gli stava dimostrando di credere in lui.
Il giovane si voltò a guardarla, come mai aveva fatto prima.
Nelle parole, così come nello sguardo, Patty tradiva indiscutibilmente di tenere molto a Mark.
Come amico?
Come qualcos'altro?
Neppure lei stessa era in grado di rispondere correttamente a queste domande. In quel momento tutto ciò che sentiva era il bisogno di stare vicino a lui, di dimostrargli il proprio affetto, e lentamente si chinò ad accarezzargli la fronte con la mano morbida e sottile. Mark era sorpreso, confuso dalla tenerezza di quel gesto ( una cosa che non aveva mai provato prima di allora ), eppure non riuscì ad aprire bocca. I due si fissarono intensamente negli occhi, i volti ormai vicinissimi, e le loro labbra potevano quasi sfiorarsi...
Patty si lasciò andare ad un irresistibile impulso, una cosa che andava oltre la ragione, e un attimo dopo lei e Mark si stavano baciando quasi senza rendersene conto.
Un bacio intenso, pieno di passione e di desiderio.
Entrambi avevano gli occhi chiusi, e il sapore l'uno dell'altra come unico riferimento. I secondi parevano lenti come minuti, ore forse, il tempo era come se si fosse improvvisamente fermato.
Le labbra di una si muovevano alla continua ricerca di quelle morbide e calde dell'altro, quasi temendo di perderne il contatto, e ad ogni tocco sembravano infiammarsi sempre di più.
Improvvisamente Patty tornò bruscamente alla realtà, rendendosi conto di ciò che aveva realmente fatto, con un misto di imbarazzo e profonda vergogna. Non riusciva a credere di aver agito così d'impulso, senza pensare alle conseguenze, eppure era successo.

- Ecco, io... io non...

Pallida in volto come un fantasma, Patty cominciò a tremare visibilmente.
Subito fece per allontanarsi ma, pur sotto l'effetto del sedativo, Mark riuscì ad allungare la mano per trattenerla. Entrambi si guardarono negli occhi per un istante, cercando di rendersi conto della situazione, ma facevano ugualmente fatica a comprendere come tutto ciò fosse accaduto.
Mentalmente Patty si stava ripetendo che non voleva, che non poteva volerlo, perché l'unico che amava veramente era Holly. Anche Mark, che pure non si era mai sentito attratto da nessuna prima di allora, non riusciva ad accettare la verità.
Non si era trattato solo di un puro e semplice gesto istintivo.
Quel bacio era importante, era desiderato!
Tuttavia, in quel momento, la confusione era più forte di tutto il resto.

- Mark, io... io non so cosa mi sia preso ma...
- Neanch'io - fece eco Mark, addirittura quasi più sconvolto di lei.
- Ti prego - esclamò Patty, supplicandolo. - Non dire niente con nessuno di questo, ti prego!
- Certo - rispose in fretta Lenders, col cuore che batteva ancora all'impazzata. - Non... Non è successo niente, giusto?
- Sì, esatto - fece lei, anche se poco convinta. - Non è successo... niente!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 9
*** Nona Parte ***


Mentre l'acqua della doccia scorreva lungo i suoi capelli, Patty teneva gli occhi chiusi e la mente altrove.
Per quanto si sforzasse di non pensarci, non riusciva a dimenticarlo.
Quello che aveva provato... che entrambi avevano provato!
Mark aveva risposto a quel bacio, con altrettanta passione e desiderio, dunque anche lui sentiva una qualche attrazione nei suoi confronti. Per quanto scorbutico e di carattere difficile, non si era mostrato indifferente nel momento in cui le loro labbra si erano incontrate.
E comunque tutto era partito da lei.
Era stata lei a baciarlo, non viceversa, eppure non riusciva ancora a capacitarsene.
Di nuovo l'immagine si fece avanti prepotentemente, e Patty ritornò a quel momento col cuore che le batteva forte in petto. Subito poggiò le mani contro la parete, scrollando le mani nel tentativo di non pensarci, ma il pensiero di Mark era come una sorta di ossessione.

- Perché - mormorò. - Perché mi sta tormentando così, perché ?!?

Poco dopo Patty uscì dalla doccia, con l'asciugamano avvolto attorno al seno e alla vita, e si passò un altro asciugamano sui capelli fradici. Si lasciò cadere sul letto, le braccia e le gambe ancora bagnate, e i corti capelli umidi sulle lenzuola erano come una massa disordinata color castano chiaro. Guardando verso il soffitto, Patty pensò ancora a quanto era successo.
Come avrebbe potuto guardare ancora in faccia Holly, dopo essersi baciata con un altro ragazzo?
Per giunta non si trattava di un ragazzo qualsiasi: aveva baciato Mark Lenders, si sentiva avvampare per Mark Lenders, Mark Lenders...

- Non riesco ancora a crederci - pensò. - Come ci si può innamorare di un'altra persona così, di punto in bianco? Non ha senso!

Non aveva senso, eppure era innegabile.
Se la mente non era d'accordo, il cuore della ragazza non aveva tuttavia alcun dubbio.
In quel bacio, quell'unico e bellissimo bacio, Patty aveva scoperto una sensazione mai provata prima di allora.
Nemmeno Holly le aveva regalato un momento così intenso, pure in quelle rare volte in cui l'aveva abbracciata, e di fatto non riusciva a togliersi dalla testa Mark.
Non riusciva a smettere di pensare a lui.
Ancora continuava a ripetersi incessantemente che no, non era possibile... mentre in realtà desiderava solo alzarsi, correre da lui, e assaporare ancora il gusto delle sue labbra.
E ancora.
E ancora!
Tormentata dai dubbi su ciò che era giusto o meno, soprattutto per via del senso di colpa nei confronti di Holly, Patty affondò dunque la testa contro l'ampio cuscino e cadde in un sonno agitato.

***

Dormire...
Magari Mark fosse riuscito a farlo.
L'orologio accanto al letto segnava le undici e quarantacinque.
Un tempo, a quell'ora, si sarebbe messo a dormire da un pezzo.
Invece adesso, per quanto avesse da girare e rigirare la testa sul cuscino, non riusciva a prendere sonno.
Non riusciva a smettere di pensare a lei.
Patty Gatsby: fidanzata di Oliver Hutton, tifosa accanita di quest'ultimo, nonché la più irascibile rompiscatole che Mark avesse mai conosciuto in vita sua.
Eppure non più di alcune ore addietro quella stessa persona, la più improbabile di tutte, lo aveva baciato.
E non si era trattato di un bacio qualsiasi.
Perfino Mark si era reso conto che in quel bacio c'era qualcosa di più di semplice istinto.
Lui e Patty avevano sentito qualcosa di reciproco.
Qualcosa li aveva attratti irresistibilmente l'uno verso l'altra.
Qualcosa che non era in grado di spiegarsi, per quanto ancora ci stesse provando, eppure sentiva solo che era così e che non poteva farci niente.

- Che stupido - mormorò il ragazzo tra sé. - Come ho potuto fare una cazzata simile, senza nemmeno rendermene conto ?!?

Patty non era una ragazza qualsiasi.
Era la fidanzata di Holly, lo sapevano tutti.
Mark non poteva giocare nello stato in cui era e, non potendo affrontare il suo eterno rivale sul campo, lo aveva invece colpito alle spalle nel peggior modo possibile... e peggio ancora, non poteva certo andare a raccontarglielo!
Non poteva certo andare ad affrontare Holly, dicendogli tranquillamente: "Hutton, mi sono baciato con la tua ragazza, anche se non volevo"...
Perfino il grande e coraggioso Mark Lenders temeva la reazione che avrebbe avuto Hutton, una volta messo al corrente di ciò che era successo.
E se fosse stato lui al suo posto?
Avrebbe forse perdonato una cosa del genere?
Domanda idiota.
Mark Lenders non poteva concepire il tradimento.
Lui e Holly erano rivali, questo era indubbio, ma rivali nel gioco non in amore!
Non era da lui un simile comportamento: baciarsi con una ragazza, sapendo perfettamente che quest'ultima era già impegnata con un altro... Per Mark era imperdonabile, assolutamente imperdonabile, e dentro di sé desiderava fortemente di prendersi a schiaffi da solo.
Per la prima volta, in tutta la sua vita di correttezza e sportività, doveva nascondere la verità.
Doveva nascondere di essersi comportato stupidamente, e doveva farlo proprio con colui che rispettava di più: il suo amico/nemico di sempre, Oliver Hutton!
Come poteva riparare al suo torto in altro modo?
Come poteva fare ammenda, se non confessando apertamente ciò che aveva fatto?
Il silenzio non poteva bastare.
Solo i criminali commettono il reato, standosene poi zitti come se niente fosse, e Mark non poteva convivere con quel rimorso tutta la vita.

- Devo dimenticarla - pensò. - Non posso tradire Hutton in un modo così schifoso... No, non posso farlo, non posso farlo assolutamente!

Tuttavia, mentre si ripeteva in cuor suo di dimenticare lei e ciò che entrambi avevano provato  l'uno per l'altra, dentro di sé sapeva benissimo di stare mentendo... non solo ad Hutton, ma anche a sé stesso.
E nel turbinìo di pensieri che gli si affollavano in testa, quella fu veramente una notte lunghissima.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 10
*** Decima Parte ***


FINALE DEL CAMPIONATO MONDIALE "JUNIORES"...

 

 Mentre scendeva in campo, Holly parve un tantino perplesso di non vedere Patty sulle gradinate.
Da che la conosceva, era sempre lei la prima ad urlare il suo nome più
 forte di chiunque altro. Eppure, scorrendo lo sguardo tra il pubblico che inneggiava ai giovani giocatori giapponesi, Holly dovette constatare che Patty non era lì a tifare come al solito.

- Sarà rimasta bloccata nel traffico - pensò.

C'era una grande confusione quel giorno.
Le strade erano intasate da lunghe colonne di automobili, nonché folle nutrite di persone provenienti da tutto il mondo, e chi non poteva accedere allo stadio cercava di accedere perlomeno alla piazza principale. Qui infatti gli organizzatori del campionato avevano disposto dei megaschermi giganti, e la diretta della partita sarebbe stata trasmessa via satellite alle televisioni di tutto il mondo. Ovunque sventolavano striscioni e bandiere coi colori del Giappone e della Germania, e i canti si levavano in aria pieni di gioia ed entusiasmo.
Tuttavia Patty non si sarebbe unita ai tifosi quel giorno.
Per giustificarsi col signor Masterson, aveva addotto la scusa di una forte indisposizione improvvisa. L'allenatore parve dispiaciuto ma, non potendo certo immaginare i veri motivi dietro quel finto malessere, non poteva fare altro che prendere per buone le parole della ragazza e raggiungere i suoi giocatori sul campo.

- Cerca di riguardarti, mi raccomando - disse l'allenatore preoccupato.
- Certo, e mi scusi ancora - rispose Patty, senza incrociare lo sguardo dell'uomo.
- No, ci mancherebbe, non è certo colpa tua se non ti senti bene!

Patty non disse altro.
Come l'allenatore lasciò in fretta l'albergo, lei tornò dunque nella sua stanza e si sedette davanti al televisore. Dopo quanto era successo con Mark in ospedale, il solo pensiero la faceva sentire tremendamente in colpa. Naturalmente avrebbe voluto assistere di persona alla partita, per incitare Holly la squadra come aveva sempre fatto, ma in quel momento la grande confusione dentro di lei le rendeva impossibile recarsi in quello stadio.
Come poteva sostenere Holly, sapendo di averlo in un certo senso "tradito" ?!?
Un simile peso era troppo grande da sopportare, e certo Patty non poteva tenerlo nascosto come se niente fosse; ben presto avrebbe dovuto parlare con Holly, certo non prima della fine di quella partita così importante, e si sarebbe fatta coraggio per confessargli come realmente stavano le cose.
Per anni si era convinta di amarlo, e non certo per ingannarlo o prenderlo in giro, ma nello spazio di un attimo era cambiato tutto.
Le era bastato un bacio per rendersi conto dei suoi sentimenti per Mark e, dopo essersi ripetuta tutta la notte che non era successo niente, la verità era che non riusciva a smettere di pensare a lui.
Mark le era entrato nel cuore, come Holly invece non aveva mai fatto.
Era ipocrita anche solo negarlo.
Anche se da un lato le faceva male ferire Holly, l'idea di mentirgli le faceva ancora più male. Mentre questi pensieri le martellavano la coscienza, la voce del telecronista la ridestò improvvisamente. Doveva aspettare, non poteva fare altro per il momento, e solo alla fine del campionato avrebbe fatto ciò che doveva... per quanto difficile fosse.

***

- Trasmettiamo ora in diretta la finalissima del campionato mondiale "juniores": tra poco si affronteranno la rappresentativa della Germania, capitanata da Karl Heinz Schneider, e la rappresentativa del Giappone, con al comando Oliver Hutton maglia numero 10; entrambe le squadre hanno totalizzato sinora un impressionante numero di reti, superando perfino molti dei risultati conseguiti nella classifica degli adulti; la squadra di Schneider dall'inizio del campionato ha realizzato ben 42 palle-goal, 37 delle quali proprio dello stesso Schneider, contro le 39 della squadra giapponese e 31 delle quali sui tiri formidabili del giovane Hutton...

Mentre la folla rumoreggiava sugli spalti, le due squadre erano ora una di fronte all'altra.
Schneider fissava Hutton con occhi freddi e impassibili, ricambiato altresì dallo sguardo carico di disprezzo di quest'ultimo. Holly era rimasto completamente spiazzato dalle parole di Schneider su Mark, che avevano colto alla sprovvista anche il resto della squadra, ma ciò non significava che avrebbe messo da parte l'insulto mosso contro il compagno ora assente.
Era una questione di onore!
Lui e gli altri dovevano assolutamente vincere quella partita, non tanto per loro stessi, ma per vendicare Mark e il suo orgoglio ferito. Tutti quanti sapevano quello che il compagno stava attraversando, assieme alla terribile prospettiva di non poter più giocare a pallone in vita sua, e col cuore gli erano tutti vicini e solidali.
I due capitani si portarono al centro del campo.
L'arbitro aspettò che i ragazzi si stringessero reciprocamente la mano. Nonostante il rancore che provava, Holly sollevò la propria con sportività ma, sbarrando gli occhi perplesso assieme al resto dei presenti, si accorse che Schneider non aveva alcuna intenzione di fare altrettanto.
Il giovane capitano tedesco era fermo e immobile, lo sguardo puntato su Hutton, e tutti lo osservavano senza capire il motivo di questo suo comportamento. D'un tratto Schneider alzò il braccio verso il cielo e mostrò a tutto il pubblico le due dita tese... il segno della vittoria.

- Ma chi si crede di essere ?!? - ruggì Bruce, a stento trattenuto da Philip per una spalla.
- Lasciatelo a me per i primi cinque minuti - fece Clifford furibondo. - E poi vedrete dove gliele ricaccio quelle dita...

Schneider sorrise cinico.
Holly era perfettamente consapevole che, con quel gesto, Karl mirava solamente ad innervosire l'animo già teso dei suoi avversari, tuttavia non aveva alcuna intenzione di cadere nella sua trappola. All'atteggiamento provocatorio del tedesco infatti, il giovane capitano giapponese oppose uno sguardo fermo e deciso. Gli occhi di Holly brillavano con una luce carica di sfida, era concentratissimo, tuttavia Schneider tenne alzate le dita quasi volesse ficcare bene in testa il concetto a tutti gli altri.

***

Stringendo i pugni, pieno di rabbia e impotenza, Mark stava vedendo l'inquadratura di Schneider attraverso lo schermo nella sua stanza d'ospedale.
Se solo avesse potuto essere lì anche lui, al fianco di Holly e degli altri, quel presuntuoso di Schneider non avrebbe osato tanto. Mai come in quel momento aveva provato un desiderio così forte di scendere in campo e giocare.
L'unica altra volta in cui non era potuto scendere in campo contro la sua volontà, fu quando l'allenatore della Toho School lo costrinse a rimanere in panchina per punirlo del suo atteggiamento e della sua insubordinazione.
Ora invece l'unica cosa che lo tratteneva era quel maledetto infortunio.
L'occhio di Mark cadde sul suo arto immobile, facendolo infuriare ancora di più, e subito dopo tornò a guardare il sorriso altero sul volto di Schneider.

- Karl Heinz Schneider - sibilò Mark tra i denti. - Che tu sia maledetto!

Tutti i pensieri di Mark erano concentrati su Schneider e sulla partita, nella sua mente non c'era posto per altro adesso. L'arbitro lanciò in aria la monetina, per assegnare il calcio d'inizio ad una delle due squadre. La sorte cadde sul Giappone. Holly si apprestò dunque a battere il tiro e, come ebbe sentito il fischio, toccò la sfera per Paul e si lanciò subito all'attacco seguito dagli altri.

- Vinciamo questa partita, ragazzi - urlò. - Andiamo !!!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 11
*** Undicesima Parte ***


La formazione giapponese, guidata da Hutton, si portò avanti come un'onda spumeggiante sulla calma piatta del campo da gioco. Karl aveva previsto che gli avversari avrebbero cominciato subito con questo impeto e, lanciando segnali ai compagni, mise in atto le pronte contromisure che aveva studiato proprio per questa occasione. Subito i giocatori tedeschi si sparpagliarono sulle traiettorie dei passaggi avversari, bloccando così la loro "incudine di attacco"...
Sorpresi e disorientati, i giapponesi si ritrovarono placcati su ogni lato del campo: ovunque guardassero infatti, c'era un giovane crucco ad impedire loro ogni azione; lo stesso Holly strinse i denti con disappunto, non appena si rese conto che Schneider aveva escogitato un buon modo per ostacolarli e con poco sforzo.
Paul Diamond stava cercando invano uno spiraglio dove poter passare, ma tutti i suoi compagni erano marcati stretti, e un istante dopo un avversario sbucò dal nulla e gli portò via la palla con facilità.

- Oh no, dannazione!

Rimproverandosi con sé stesso, Paul si lanciò dunque all'inseguimento della sfera. I tedeschi avevano colto il tempo alla perfezione: Schneider si lanciò al contrattacco, orchestrando una stupenda triangolazione con due suoi compagni; il pallone passò oltre la metà campo, lasciando i giapponesi di stucco, e la germania si portò in area; Holly era troppo lontano per poter contrastare il biondo rivale, il quale stava già puntando alla porta di Warner.

- Questo è solo un anticipo della disfatta che vi attende - esclamò Schneider, sollevando il piede all'indietro e caricando il tiro. - Fire Shot !!!

La palla calciata da Schneider schizzò avanti come un proiettile ovale, brillando come se fosse avvolta dalle fiamme, e nonostante la sua prontezza di riflessi Warner non riuscì a trattenerla...
Il pallone si insaccò in rete, facendone fumare le corde, e Warner non poté fare altro che osservarlo dietro di lui con impotenza.

- Sorprendente, amici ascoltatori - esclamò la voce del telecronista. - Dopo soli tre minuti dall'inizio della partita, Karl Heinz Schneider porta in vantaggio la propria squadra per uno a zero! Ed Warner è sconvolto dalla velocità dell'azione che ha avuto la meglio sulle sue difese, lo vediamo infatti ancora disteso con lo sguardo fisso sul pallone tra le maglie della rete; un duro colpo per tutta la squadra, subire un goal del genere nei primi minuti di gioco, chissà se il Giappone troverà la forza per rimontare questo primo svantaggio...

Bruce e gli altri non riuscivano ancora a crederci.
Si erano fatti giocare come dei pivellini alle prime armi, senza neanche poter fare qualcosa per ostacolare il gioco degli avversari. Schneider e la sua squadra avevano preso in mano le redini: ora che il Giappone era in svantaggio avrebbe dovuto suddividere attacco e difesa, scongiurando il più possibile i rischi, e nello stesso tempo cercando di mettere a segno almeno due palle-goal; mentre invece la Germania era galvanizzata dalla prima rete segnata e, intensificando i suoi schemi di gioco, Schneider era deciso ad aumentare il vantaggio quanto prima.

- Che rabbia - mormorò Bruce, picchiando il proprio pugno contro il terreno.
- Ci hanno scartati tutti, come se fossimo dei birilli - fece eco Philip, chinando il capo con evidente rammarico.
- Basta adesso, smettetela - li rimproverò Holly. - Schneider e la sua squadra sono avversari molto forti, ma questo lo sapevamo ancora prima di scendere in campo... E' inutile piangere per un goal ricevuto, o per quelli che potremo ricevere, quello che dobbiamo fare è "reagire" e rispondere colpo su colpo!

Tutti guardarono Holly, ben sapendo che aveva ragione.
Se si facevano prendere adesso dallo sconforto, non avrebbero fatto altro che facilitare il gioco degli avversari. Per Warner fu più difficile accettare una rete come quella, tuttavia si costrinse a rialzarsi e a raccogliere il pallone. Holly gli mise una mano sulla spalla e lo tranquillizzò dicendogli che la partita era ancora tutta da giocare.
Ed annuì.

- D'accordo, allora - esclamò Holly, ricevendo il passaggio della rimessa di Warner. - Teniamo d'occhio la loro difesa e avanziamo!
- Ricevuto - risposero in coro gli altri.

***

Purtroppo, nonostante l'impegno e la buona volontà, Holly e compagni dovettero constatare che la difesa approntata da Schneider era davvero buona: i tedeschi erano in grado di prevedere tutte le loro mosse, arrivando a stoppare ed intercettare con facilità ogni azione, dopodiché Schneider scendeva in velocità cambiando continuamente la triangolazione per portarsi in area.
Al ventiduesimo del primo tempo, il Giappone era già sotto di ben tre a zero.
Lo stesso Holly, dopo un formidabile dribbling nella metà campo avversaria, si era trovato in un testa a testa col biondo capitano tedesco. Schneider riuscì a sottrargli la palla e, dopo averlo aggirato con un'abile finta, si lanciò in avanti. Subito la formazione europea corse verso la porta avversaria come una punta di freccia. Warner era fermo tra i pali, lo sguardo concentratissimo sull'azione, con Bruce e Clifford pronti ad intercettare l'ennesimo pericolo.
Schneider guardò freddamente i suoi rivali, scambiando un cenno col compagno a lui più vicino, e allungò il pallone sulla fascia destra del campo per oltrepassare i due difensori e ricevere prontamente il cross a mezz'aria.

- Tua, Schneider!

Come il pallone volò alto sopra la sua testa, Schneider spiccò un balzo di un buon paio di metri e, con eleganza e maestrìa, effettuò un'incredibile rovesciata aerea che schizzò dritta proprio verso l'angolo della porta. Warner osservò impallidito il pallone che giungeva velocissimo proprio sotto l'incrocio dei pali, con precisione addirittura millimetrica. Tuffandosi d'istinto, cercò disperatamente di raggiungerlo con la punta delle dita... purtroppo ancora una volta la sfera proseguì indisturbata la sua corsa e si insaccò implacabile, col rumore fin troppo familiare delle corde tese dalla violenza dell'impatto.

- Goal, è goal - urlò il telecronista. - E con questo, la Germania consolida il proprio vantaggio per quattro a zero! A questo punto, ci sembra chiaro che i giovani giapponesi hanno ben poche speranze di rimontare... Probabilmente, con questa sua bellissima azione, Karl Heinz Schneider ha praticamente segnato l'esito definitivo dell'incontro!

***

- Al diavolo !!!

Mark cacciò la sua imprecazione, afferrando il vaso sul comodino e sbattendolo violentemente contro la parete. Lo schianto del vetro, e l'acqua si rovesciò a terra formando una pozzanghera tra i petali sfatti e distrutti. Il rumore richiamò nella stanza l'infermiera e il medico stesso, che stava appunto venendo a sincerarsi delle sue condizioni giornaliere.
Per un attimo Mark non disse niente, le dita strette nel pugno e la maschera di rabbia dipinta sul volto, poi però il suo sguardo cadde sulle stampelle che erano appoggiate accanto al letto.

- Che cosa vuoi fare, Mark ?!?

Come il dottore lo vide alzarsi dal letto, reggendosi alla parete con una mano e afferrando le stampelle con l'altra, per un attimo rimase quasi di stucco. Mark si trascinò zoppicando fino all'ingresso, al che l'uomo si riprese dallo stupore e lo afferrò saldamente per le spalle.

- Dove pensi di andare, si può sapere?
- Si tolga di mezzo - sibilò Mark minaccioso.
- No, ragazzo, tu non lascerai quest'ospedale finché non te lo dirò io...
- LE HO DETTO DI TOGLIERSI DI MEZZO !!!

Gli occhi di Mark e il tono di voce tale da fare accapponare la pelle avrebbero spaventato chiunque.
Sia il medico che l'infermiera si ritrovarono completamente spiazzati, incapaci anche solo di chiamare qualcuno o di suonare il bottone dell'allarme. Mark si allontanò dunque nel corridoio, con addosso solo la camicia e i pantaloni del pigiama, e uscì piano dall'ospedale senza essere ostacolato.
Lo stadio era praticamente dietro l'ospedale, ad appena due isolati di distanza, ma era comunque difficile raggiungerlo in quelle condizioni e con le strade affollate. Qualcuno si avvide del giovane con la coda dell'occhio e, riconoscendo in lui il Mark Lenders della nazionale giapponese, ben presto la voce si sparse tra i presenti che aprirono un varco per farlo passare.
Mark ignorò completamente gli sguardi e i commenti, concentrando lo sforzo delle braccia sulle stampelle, e proseguì deciso verso l'ingresso dello stadio. Tutti rimasero impressionati dal suo sguardo di fuoco e, con occhi sgranati per lo stupore, rimasero ad osservarlo senza neppure osare avvicinarglisi.

***

Frattanto la fine del primo tempo vide Schneider realizzare la quinta rete consecutiva.
Il fuoriclasse tedesco stava letteralmente "umiliando" gli avversari, Holly e gli altri si sentivano crollare in ginocchio, e non c'era nulla che potevano fare per ostacolarlo.
Ogni azione era precisa.
Ogni tattica elaborata alla perfezione.
La triangolazione di Schneider penetrava inarrestabile la difesa, come un coltello caldo nel burro, e ogni suo tiro andava a segno inevitabilmente. Con l'ultima rete subita, Warner avrebbe voluto scomparire sotto terra. Schneider si voltò a guardare Hutton, con un sorriso sardonico dipinto sulle labbra, e si diresse verso di lui senza fretta. Holly era immobile al centro del campo, incapace di credere a quanto stava succedendo, e il tedesco gli passò accanto fermandosi un attimo per dirgli qualcosa sottovoce.

- Potete ancora risparmiarvi l'umiliazione del prossimo secondo tempo - esclamò gelido, senza neanche guardare Holly negli occhi. - A voi la scelta, tanto questa partita è già finita!

Ciò detto Karl si avviò verso la propria panchina, lasciando Holly impietrito e incapace di replicare.
Già altre volte il giovane capitano giapponese si era ritrovato in grave difficoltà, incapace di ribaltare il risultato sfavorevole, ma stavolta era diverso.
Non erano solo le cinque reti di svantaggio, quanto piuttosto il fatto che tutte le loro azioni fossero rese inutili dagli schemi di gioco perfetti che Schneider aveva elaborato. Ogni tentativo di reagire veniva prontamente neutralizzato, ogni pallone veniva intercettato, e le speranze di rimontare venivano assottigliate sempre di più.
Che fine aveva fatto tutta la loro grinta?
Perché non riuscivano ad imporre il loro solito gioco di squadra?
Perché ?!?
All'improvviso una sagoma comparve zoppicando all'ingresso del campo, portandosi sotto lo sguardo incredulo dei presenti, e la folla rumoreggiante fu immediatamente messa a tacere dal tono di voce forte e potente di Mark Lenders.

- Schneider - gridò Mark, facendo riecheggiare quel nome per tutto lo stadio.

Il tedesco si fermò immediatamente, voltandosi piano all'indietro, per incrociare senza alcuna emozione lo sguardo furibondo di Lenders. Tutti, compresi Holly e gli altri, non riuscivano a credere che si trattasse di lui. Mark entrò in campo reggendosi sulle stampelle, gli occhi pieni di collera fissi su Schneider, e si fermò solo quando si ritrovò al fianco di Holly al centro del campo.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 12
*** Dodicesima Parte ***


- Mio Dio, Mark...

Nel vedere Mark alla televisione, Patty si alzò di scatto facendo cadere rumorosamente la sedia all'indietro.
Doveva essere impazzito, per aver lasciato l'ospedale in quelle condizioni.
Certo la situazione si stava facendo assai brutta per il Giappone, vittima di quella inspiegabile crisi che sembrava impedire a Holly e agli altri di giocare come al solito, e difficilmente Mark sarebbe potuto rimanere a letto ad osservare quella ignobile disfatta.
Finora Patty aveva sofferto in silenzio, rammaricandosi di non essere lì a condividere l'ansia e lo stato d'animo di Holly e degli altri. Vedendo Mark però, si rese conto di essersi comportata in modo molto sciocco ed egoista.
Tutta la squadra stava giocando per Mark.
Tutti loro si erano impegnati al massimo per arrivare in finale, soprattutto Holly, e ora che si trovavano in difficoltà lei non era lì a sostenerli e ad incitarli.
Di colpo Patty si rese conto che non poteva perdere tempo.
Doveva correre allo stadio, doveva stare vicino alla squadra e a Holly fino alla fine.
Proprio come Mark...
Senza neanche spegnere il televisore, la ragazza aprì in fretta la porta della stanza e corse fuori nella speranza di arrivare lì prima che la partita finisse.

***

Frattanto Holly e compagni non riuscivano a credere ai propri occhi.
Bruce si strofinò gli occhi, chiedendo a Clifford se per caso non avesse le allucinazioni, ma il pizzicotto dell'amico difensore gli confermò dolorosamente che era tutto vero.
Mark Lenders era veramente in mezzo al campo assieme a Holly.
Nonostante la sua gamba immobile, e sorreggendosi sulle stampelle, aveva fatto tutto il tragitto dall'ospedale fino allo stadio.
Per Oliver e la squadra fu come essersi svegliati improvvisamente da un incubo.
Nei giorni precedenti la finale, chi più chi meno degli altri, ognuno di loro aveva sentito la mancanza di Mark in campo. Nessuno era pari a lui in quanto a forza ed energia, neppure lo stesso Holly, ed era questo che era venuto a mancare fin dall'inizio della partita... la volontà di vincere!
Holly avrebbe voluto dire qualcosa.
Avrebbe voluto esprimere tutta la gioia immensa che lui e gli altri provavano, nel rivederlo lì assieme a loro in questo momento così difficile.
Tuttavia Mark non era venuto lì solo per mettersi in mostra.
Aveva mandato giù troppo fiele, troppo per poterlo digerire, e parte di questo gli era stato somministrato proprio da quello spocchioso biondino di fronte a lui.
Karl Heinz Schneider rimase immobile a fissarlo, dall'altra parte del campo, e Mark sentì accrescere ancora di più la propria rabbia.
Dal giorno dell'infortunio aveva sofferto le pene dell'inferno: l'impossibilità di correre e di camminare, la prospettiva di non poter più giocare a calcio, per non parlare delle parole orribili con cui Schneider lo aveva definito niente di più che un "perdente"...
In quel momento lo sguardo gli cadde sul pallone fermo ai suoi piedi.
In quella sfera rotonda di cuoio, che oramai conosceva fin troppo bene, Mark ripensò a tutto ciò che ad essa vi era collegato.
Ripensò alla sua infanzia, ai dolori, alle sofferenze, e ai volti dei familiari e degli amici che gli volevano bene.
Ripensò a Jeff, ai suoi allenamenti durissimi, e ai volti orgogliosi e sorridenti dei suoi compagni.
Ripensò alle glorie e alle sconfitte, senza rimpiangere nulla di ciò che era stato, e domandandosi se altre battaglie del genere lo attendevano in futuro.
Poi bastò un attimo per mandare al diavolo ogni dubbio.
Lui non era "finito", come Schneider invece sosteneva, ed era pronto a dimostrarlo... adesso, in quel preciso istante!

- Mi senti, Schneider - urlò. - Perché non provi a ripetere adesso quello che hai detto in mia assenza ?!?

Schneider non disse nulla, gli occhi calmi e impassibili, come se la rabbia e l'odio di Lenders non lo sfiorassero minimamente. Visto che non rispondeva, Mark puntò le stampelle al terreno e fissò infuriato il pallone davanti a sé.

- Mark - esclamò Holly, preoccupato delle sue intenzioni. - Che cosa vuoi fare? Fermo...
- Ora te lo faccio vedere io come sono "finito"... AAARRRGGGHHH !!!

Malgrado la sua gamba sinistra immobilizzata, Mark concentrò tutto il peso del corpo sulle braccia e sulle sbarre metalliche saldamente piantate al suolo. Tutti lo osservarono increduli, ad eccezione di Schneider che non batté ciglio, e in men che non si dica il giovane invalido sferrò un poderoso calcio destro con tutta la forza che aveva.
Il pallone si sollevò in aria, sfrecciando come un bolide e attraversando il campo come una saetta, e si diresse proprio contro Schneider. Il tedesco rimase immobile ad osservarlo, senza impressionarsi minimamente, e questi passò oltre fischiandogli giusto all'altezza del volto. Lo spostamento d'aria gli procurò un leggero taglio sulla guancia, tuttavia Schneider non ebbe alcuna reazione; e immobile rimase, anche quando il pallone calciato da Lenders si insaccò nella rete alle sue spalle, lasciando tutti a bocca aperta per lo stupore.

***

Patty comparve in cima alle gradinate, giusto in tempo per assistere alla scena.
Gli occhi sbarrati dall'incredulità, vide il pallone roteare vorticosamente nelle maglie della rete. L'attimo successivo la sfera lacerò le corde, incapaci di contenere la potenza di quel tiro incredibile, e proseguì verso l'alto fino a raggiungere alcuni posti in curva e conficcarsi nel cemento, di fianco ai tifosi che ebbero appena il tempo di scansarsi.
Il pubblico era senza parole.
Solamente Lenders e Schneider seguitavano a guardarsi negli occhi l'un l'altro, incuranti di tutto il resto.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 13
*** Tredicesima Parte ***


Lo stadio intero era ancora attonito da quanto era successo.
Schneider si passò la mano sulla guancia, osservando il sangue con la coda dell'occhio, tuttavia non disse una parola né ebbe alcuna reazione. Quello che Lenders era appena riuscito a fare, pur essendo zoppo, aveva lasciato tutti completamente di stucco... anche il telecronista, lasciando cadere il microfono dalle mani tremanti, si ritrovò a balbettare in modo incomprensibile.
Tra Lenders e il giovane capitano tedesco si poteva quasi percepire un'aura fatta di fuoco e fiamme.
Non era solo il risultato umiliante scritto sul tabellone, quanto piuttosto la calma e la freddezza con cui Schneider aveva imposto la sua presunta "superiorità" fin dall'inizio della partita.
Piuttosto che rimanere zitto ad osservare, Mark avrebbe preferito percorrere su e giù tutta la lunghezza del campo con le sue stampelle. Quel calcio era la prova che il suo orgoglio di giocatore non si era affatto assopito, come alcuni forse pensavano, purtroppo però il suo fisico non era certo nelle condizioni di poter sostenere un simile sforzo senza conseguenze.
Mark avvertì come un improvviso senso di stordimento: la vista gli si appannò per un istante e tutto prese a girare vorticosamente; le braccia si fecero come di gelatina, incapaci di sorreggere tutto il suo peso, e Mark si sentì mancare l'appoggio e barcollare in avanti.
Fortunatamente Holly fu abbastanza veloce di riflessi per afferrarlo e sorreggerlo prima che cadesse.
Mark sollevò il capo, rimettendo a fuoco le immagini, e pian piano si rese conto di cosa doveva essergli successo.

- Mark - esclamò Holly preoccupato. Come ti senti, Mark?

Mark guardò prima Holly, poi intravide Schneider che si allontanava verso la propria panchina, e subito realizzò che il suo proposito era chiaramente impossibile. Anche volendolo con tutte le sue forze, non poteva correre lungo il campo con le stampelle; lo stesso Schneider si sarebbe messo a ridere, di fronte a una simile pagliacciata.
Neppure quel calcio micidiale era riuscito minimamente ad impressionarlo, figuriamoci poi un individuo zoppicante, costretto a puntarsi ad ogni passo nel tentativo "assurdo" di stare dietro alla velocità di azione di una partita in piena regola.
Per la prima volta in vita sua, dopo anni di sforzi e di sacrifici al limite dell'impossibile, Mark Lenders dovette tristemente accettare che era il suo stesso corpo ad impedirgli di giocare come desiderava. La sua mano cercò d'istinto quella di Holly, non certo perché gli occorresse aiuto nel rimettersi in piedi, ma ugualmente ciò che doveva chiedergli in quel momento gli pesava senza dubbio non poco.

- Hutton - mormorò. - Ti prego, vinci questa partita!
- Come ?!?
- So che puoi farlo e, se fossi in grado di reggermi sulle mie gambe, sta certo che non te lo chiederei...
- Mark, ma tu...
- Ti prego!

Holly non riusciva a credere alle sue orecchie.
Mark lo stava "pregando" di vincere quella partita. Lo stava implorando anzi, perché il corpo non rispondeva più alla sua volontà, e questo di per sé era più umiliante di qualsiasi sconfitta. Mai infatti si era abbassato a chiedere favori a qualcuno, mai... L'orgoglio era tutto ciò che la vita, per quanto dura e difficile, non era mai riuscita a togliergli. Adesso invece era costretto a chiedere ad Hutton di vincere quella stramaledetta partita al posto suo, mettendo da parte la sola cosa che gli era più cara della vita stessa.
Il dolore e la sofferenza di Mark, chiaramente visibili sul suo volto, erano la prova di quanto quella richiesta lo facesse star male. Holly lo conosceva ormai abbastanza, per non capire quello che provava, e proprio per questo decise che non era giusto permettergli di umiliarsi così...

- Andiamo Mark, alzati - disse piano Holly, rimettendogli in mano le sue stampelle. - Tutti noi qui ti dobbiamo qualcosa, non certo tu a noi... E voi ragazzi, che cosa avete da dire ?!?

Gli altri membri della squadra guardarono Holly e Mark con aria colpevole, senza sapere bene cosa rispondere, ma dentro di loro ognuno sapeva ciò che doveva fare.

- Giochiamo - esclamò Bruce, sollevando lo sguardo deciso.
- C'è ancora tutto il secondo tempo - fece eco Paul, con rinnovato vigore ed entusiasmo. - La partita non è ancora finita!
- Quant'è vero che mi chiamo Clifford Yuma, che io sia dannato se non ribalteremo il risultato prima della fine!
- Facciamogliela vedere - sentenziò Denny. - Non possiamo accettare una sconfitta del genere senza rialzarci, non se ne parla!

Sia Holly che Mark parvero rincuorati dalle parole degli altri.
Malgrado i cinque punti di svantaggio, nessuno di loro sembrava volersi piegare ad una sconfitta pressoché inevitabile. Anche tra il pubblico la presenza di Lenders sembrava in qualche modo aver riacceso gli animi: Patty fu la prima ad applaudire al coraggio e alla tenacia della squadra giapponese, richiamando a gran voce i cori e le grida di incitamento, finché lo stadio non fu nuovamente sommerso da un boato assordante di ovazioni per loro. Anche se gli asiatici erano chiaramente in svantaggio, il pubblico era rimasto fortemente impressionato dalla scossa che Lenders aveva saputo infondere ai compagni.
Anche i tedeschi rimasero sbalorditi da un simile comportamento.
Cinque a zero alla fine del primo tempo era un risultato praticamente definitivo. Nessuna squadra poteva sperare di rimontare un simile svantaggio e, se anche ci avessero provato, la difesa messa a punto da Schneider non gli avrebbe mai permesso alcuna rimonta.
Eppure qualcosa di spettacolare si preannunciava per i prossimi quarantacinque minuti, come se il pallone tirato da Lenders avesse acceso la scintilla di un incendio che ben presto avrebbe divampato in tutto lo stadio. L'atmosfera era elettrica, i giapponesi erano come miracolosamente galvanizzati, e tutto lasciava intendere che se ne sarebbero viste delle belle da adesso in poi.

- La partita è ancora tutta da giocare - concluse Holly, stringendo il pugno assieme a Mark. - Fino all'ultimo secondo!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 14
*** Quattordicesima Parte ***


Il secondo tempo fu molto diverso dal precedente...

Con grande sorpresa dei giocatori tedeschi, Holly e la sua squadra ripresero a giocare con una grinta ed una determinazione a dir poco incredibile. Se prima esitavano, davanti al fitto schieramento difensivo degli avversari, ora si stavano lanciando tutti in attacco come un'onda di mare in tempesta. Non era sufficiente la vista di un muro, per arrestare la corsa dei giapponesi, e di fatto ogni ostacolo veniva aggirato secondo i soliti schemi di gioco: finte, passaggi, dribbling velocissimi...
I difensori della Germania non avevano quasi il tempo di realizzare l'improvviso cambio di gioco degli avversari che, sgranando gli occhi dalla sorpresa, vedevano il pallone schizzargli via da sotto il naso. Come Holly e gli altri oltrepassarono la metà campo, Schneider impartì ai suoi delle precise istruzioni.

- Che aspettate - esclamò severo. - Non fateli arrivare in area, bloccateli e recuperate il pallone!

Subito i tedeschi si adoperarono per cogliere gli avversari in contropiede. Holly allungò veloce per Diamond, il quale a sua volta passò preciso per Ted. L'attaccante superò altri tre difensori, scambiando passaggi precisi in coppia con Mason, e ben presto la loro formazione offensiva stava già per portarsi in zona di tiro.
Ted si fermò il tempo necessario per valutare la situazione.
Schivando repentinamente l'intervento in scivolata di un difensore, toccando poi la sfera per Paul, lui e Mason corsero in avanti per confondere le idee. Paul vide Holly in un'ottima posizione e, senza pensarci due volte, eseguì il cross nella sua direzione.

- A te, Holly!
- Fermatelo - urlò Schneider. - Non fatelo tirare!

Troppo tardi.
Non appena vide la palla sopra di lui, Holly sapeva meccanicamente quello che doveva fare.
La palla sibilò proprio all'altezza della sua testa, il passaggio era perfetto, e davanti a lui il portiere era scoperto proprio nell'angolo alla sua destra. Senza indugiare un solo istante più del necessario, Holly sollevò la gamba e scaricò un tiro micidiale e pressoché imparabile. La sfera schizzò velocissima, come una bianca saetta luminosa, e oltrepassò il portiere nel suo tuffo tanto disperato quanto inutile... insaccandosi in rete con uno schianto secco.

- Goal, è goal, amici ascoltatori - gridò eccitato il telecronista. - Al quarto minuto della ripresa, Oliver Hutton segna la prima rete per la sua squadra, quando tutto ormai lasciava intendere all'impossibilità della cosa!

Malgrado l'enorme svantaggio, e i quattro punti che li separavano dal pareggio, la squadra giapponese si era come "svegliata" dal suo torpore. Il pubblico era in visibilio, dimenticando completamente il risultato del tabellone, e ben presto anche i tedeschi si resero conto che quella rete non era un semplice caso. La situazione si era praticamente rovesciata: adesso gli avversari riuscivano ad imporre un gioco molto più aggressivo, sia in attacco che in difesa, tanto che perfino le scivolate e ogni altro tentativo di fermarli venivano annullati miseramente; ogni volta che cercavano di bloccare loro un'azione, era come tentare di contrastare una balestra con l'elastico di una fionda; molti dei compagni di Schneider si ritrovarono addirittura respinti all'indietro con una forza sovrumana.
Neppure negli scontri corpo a corpo riuscivano ad arrestare l'ormai inevitabile contrattacco, e il Giappone cominciò a rimontare reti su reti. Dopo trentacinque minuti dalla ripresa il punteggio si era spostato sul cinque a quattro, in favore della Germania, ma verso il quarantaquattresimo Holly stava già effettuando un formidabile Tiro ad Effetto da fuori area... e lasciando l'ennesima scia luminosa dietro di sé, quella specie di bolide ovale segnò il gol del pareggio, rimettendo in discussione l'esito finale dello scontro.

- E' incredibile - esclamò il telecronista. - Quando per il Giappone sembravano ormai non esserci più speranze, questi straordinari ragazzi hanno tirato fuori tutto il meglio di loro stessi, dando vita ad un incontro emozionante e ricco di colpi di scena! Il punteggio è ora di parità, cinque a cinque, e l'arbitro ci comunica che restano due minuti di recupero in aggiunta al tempo regolamentare...
- Ci restano ancora solo tre minuti di gioco - fece Bruce, tergendosi il sudore della fronte col braccio.
- Ce la faremo - esclamò Holly convinto. - Non faremo né i tempi supplementari né i rigori, vinceremo l'incontro qui... nel tempo che ci resta, niente di più niente di meno!

Dal pubblico sugli spalti, eccitato come non mai, le urla che riecheggiavano nell'aria erano come un drago ruggente che si riversava lungo tutto il campo da gioco. Sia Patty che Mark erano felicissimi di come stavano andando le cose ora: mancavano tre minuti, minuti nei quali tutto poteva succedere, ed entrambi erano consapevoli che sarebbero stati i minuti più duri in assoluto.
Entrambe le squadre si sarebbero giocate il tutto per tutto, impiegando tutte le loro risorse per vincere, ma solo una di loro avrebbe segnato il goal decisivo.
Mark era tesissimo.
Seppure costretto a sedere a bordo campo, con la mente aveva seguito ogni azione dei suoi compagni. Il suo cuore era accanto ad ognuno di loro, a dimostrazione del fatto che tutti si stavano dannando l'anima pur di infrangere la difesa avversaria, e nessuno aveva intenzione di gettare la spugna né di rinunciare.
Da sopra di lui, tra il pubblico, Patty guardò nella sua direzione.
Mark sollevò istintivamente la testa, voltandosi verso di lei, e ricambiò il suo sguardo con un'occhiata brevissima e intensa allo stesso tempo.
Patty sorrise.
Sapeva perfettamente che la mente di Mark era altrove in questo momento, lo capiva perfettamente, ma anche lei era vicino ai suoi sentimenti... Tutti e due con lo stesso desiderio: che la propria squadra ottenesse la vittoria finale!

***

Intanto la partita stava per volgere al suo termine.
Dopo aver ripreso l'azione, la Germania tentava adesso di chiudere la questione. Clifford, Bruce e anche Philip si stavano occupando di chiudere ogni spazio, cercando allo stesso tempo di riprendere la palla e permettere così a Holly di segnare l'ultimo goal. Come previsto infatti, dopo aver arrestato l'avanzata dell'avversario in possesso di palla, Clifford toccò in avanti per Paul e questi si lanciò assieme ad Holly e al resto degli attaccanti.
Da Paul il triangolo si spostò su Ted e Johnny, tornando poi nuovamente a Paul che tirò a centrocampo per Holly.
Qui Holly vide Schneider corrergli incontro.
Era il momento della verità!
Mancavano solo pochi secondi alla fine, e non c'era tempo per avvicinarsi in area, perciò Holly non poteva fare altro che tirare direttamente da lì. Nel mentre che caricava il suo tiro, il biondo capitano rivale si scagliò su di lui con le medesime intenzioni... ed entrambi calciarono il pallone nello stesso identico momento.

- Non riuscirai a vincere, Hutton - sentenziò Schneider minaccioso.
- E' troppo tardi, Karl - ribatté l'altro, con occhi colmi di rabbia. - Questo tiro decide tutto... Da parte di Mark!

Schneider ammutolì.
Gli occhi di Holly avevano la stessa identica luce di quelli di Mark Lenders, una fiamma vivida che scaturiva da dentro, con la stessa intensità di un incendio vero e proprio. Per un lungo attimo interminabile, il pallone sembrò sospeso a mezz'aria tra i piedi dei due contendenti... Poi però, sfrigolando in modo incredibile, il tedesco vide la sua scarpa lacerarsi e sfilarsi dal piede con la parte superiore completamente distrutta.
Karl Heinz Schneider fu scaraventato all'indietro dalla potenza formidabile di un tiro in linea retta. Questo sembrava quasi ricordare il pallone calciato prima da Lenders e, sotto lo sguardo felice di quest'ultimo, sfrecciò dritto in porta con una scia di luce dorata. Il portiere sbarrò gli occhi, quasi impietrito dalla paura, e la palla si insaccò alle sue spalle. Ancora una volta, a causa della potenza micidiale, le maglie della rete si spezzarono e la sfera proseguì la sua corsa verso l'alto.
Sollevandosi in cielo, come una sorta di puntolino illuminato dal sole, il pubblico lo vide sparire in lontananza e contemporaneamente l'arbitro fischiò la fine della partita.

 

( continua col prossimo capitolo )

 

UN SALUTO E UN RINGRAZIAMENTO

innanzitutto torno a ringraziare Gina Ciriegi, per l'idea e il suggerimento prezioso con cui questa fanfiction è venuta fuori, e saluto cordialmente tutti/tutte coloro che hanno fin qui avuto modo di leggerla e ( spero! ) apprezzarla...
Saluto inoltre:

silvermoon74, per l'entusiasmo mostrato fin dai primi capitoli
Lolla_753aC
Aruel, rinnovandole oltretutto i miei più sinceri complimenti per la sua fanfic "Quando manca il vino..."
pamoluccia, per l'affetto con cui segue costantemente la mia pagina e le altre mie storie
picciottina75
e ovviamente benji79, che ha addirittura avuto la pazienza di commentare tutti i capitoli finora scritti uno per uno... ;-)
Come sempre, noi ci vedremo al prossimo aggiornamento ( o eventualmente alla prossima fanfiction! ), e vedremo quali altre storie ci riserva dunque il futuro.
HOLLY e BENJI FOREVER !!!
^__^

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Capitolo 15
*** Quindicesima Parte ***


- Il Giappone ha vinto, ha vinto - strillò la voce impazzita del telecronista. - Segnando proprio allo scadere del tempo l'ultima rete, Oliver Hutton realizza il goal della vittoria e la sua squadra si consacra Regina del Calcio Mondiale giovanile!

Grande entusiasmo tra il pubblico.
Sugli spalti le bandiere venivano sventolate, con un boato assordante che rimbombava per tutto lo stadio, e tutti applaudivano alla stupenda ed emozionante partita cui erano stati testimoni. Grandi ovazioni per i giapponesi, che tra poco avrebbero sollevato la coppa della vittoria, ma anche tra le file della Germania l'orgoglio e la dignità dello sport rendevano la sconfitta degna del massimo rispetto.
Non c'era odio o risentimento, come giusto che fosse, e i giocatori europei umilmente riconoscevano e accettavano la propria sconfitta.
Mentre i giapponesi si stringevano tutti attorno a Holly, abbracciandolo ed acclamandolo come un eroe, perfino Mark non poté fare a meno di alzarsi sulle sue stampelle per poter raggiungere il compagno al centro del campo. Vedendolo incespicare però, Patty si affrettò a scendere dalle gradinate e si offrì di accompagnarlo per festeggiare questo importante momento assieme al resto della squadra.
Mark arrossì imbarazzato.
Patty gli sorrise affabilmente, senza fare caso alla sua espressione sconcertata, e gli passò le braccia attorno al torace per sorreggerlo lungo il breve tragitto. Poco dopo infatti i due si unirono a Holly e agli altri, felici al pensiero che quella vittoria infondeva nell'animo di tutti loro.

- Complimenti Holly - fece Mark, cercando di non pensare ai suoi muscoli ancora indolenziti per lo sforzo di prima. - Sei stato veramente grande!

Holly sorrise, annuendo con un lieve cenno del capo.
Quella partita era stata vinta da tutti quanti insieme, perché anche Mark era stato in campo a soffrire e a stringere i denti insieme a loro. Forse non aveva giocato materialmente ma, pensandoci anche adesso, Holly era certo di avere sentito l'energia di Mark scorrergli in corpo al momento del tiro... come se il Tiro da Tigre si fosse fatto strada attraverso di lui, per poter esprimere tutta la forza ruggente e il desiderio di Mark Lenders.
Entrambi si guardarono negli occhi, scambiandosi muti ringraziamenti.
Anche Schneider, malgrado il piede scalzo e il calzettone lacero e sporco, si alzò in piedi per raccogliere da terra la scarpa ormai rotta e inutilizzabile. Con la scarpa stretta nella mano sinistra, sotto lo sguardo stupito dei presenti, si avvicinò al centro del campo con passo lento e fiero allo stesso tempo.
Solo quando fu a pochi passi da loro, Holly, Mark e gli altri si accorsero di lui.
Il volto di Schneider era una maschera inespressiva, gli occhi limpidi e freddi come il ghiaccio, ma subito dopo il giovane capitano tedesco si aprì ad un leggero sorriso.

- Congratulazioni - esclamò, tendendo la mano destra sia a Holly che a Mark. - Temevo seriamente che non avrei avuto l'occasione di scontrarmi col vero spirito combattivo della vostra squadra, ma sono felice perché in questa partita avete davvero dato il massimo!

Sia Holly che Mark lo guardarono increduli.
Che cosa intendeva dire Schneider con quelle parole, dopo l'atteggiamento arrogante che aveva tenuto da prima dell'incontro?
Ora invece sembrava sinceramente orgoglioso di aver giocato contro di loro, per un motivo ancora inspiegabile, e soprattutto Mark era talmente confuso da non capirci più nulla.
Fino a pochi minuti fa, Lenders avrebbe voluto prendere per il bavero quell'arrogante biondino e stampargli un bel pugno in faccia. Eppure istintivamente avvertiva nel tedesco una calma ed una serenità che non credeva possibile e che, malgrado tutto, lo lasciò completamente spiazzato.

- Ascolta, Lenders - proseguì poi Schneider, facendosi serio in viso. - So che le mie parole ti hanno ferito profondamente, e non solo te ma anche i tuoi compagni, ma ci tenevo a spiegarti il motivo del mio comportamento!

Mark strinse gli occhi dubbioso, tuttavia annuì.

- Se tu non ti fossi infortunato, e se avessi potuto scendere in campo assieme alla tua squadra, questa partita sarebbe stata combattuta ai massimi livelli fin dall'inizio - spiegò Schneider, con tono di voce chiaro e sincero. - I tuoi compagni hanno giocato egregiamente in tua assenza, riuscendo ad arrivare in finale contro di noi; ma mentre si avvicinava il momento fatidico, mi sono reso conto che alla vostra squadra era venuto a mancare proprio l'elemento che vi rende così sorprendentemente uniti e imbattibili; ecco perché ho inteso provocarvi apertamente con quella odiosa dichiarazione: sapevo che, dovendo riscattare l'orgoglio ferito del vostro compagno, ognuno di voi avrebbe tirato fuori il meglio di sé... e così è stato!
- Hmpf - fece Lenders furibondo, guardando Schneider come se volesse incenerirlo. - E pensi di poter risolvere tutto così ?!?
- No, certamente - osservò Schneider calmissimo. - Dico solo che, se tu fossi sceso in campo, il primo tempo sarebbe stato molto diverso; su questo non c'è il minimo dubbio e, se giustamente non puoi accettare le mie scuse, ti prego almeno di credere alle mie parole!

Mark strinse i denti, cercando invano di reprimere tutta la collera che stava nuovamente montandogli in corpo.
Anche se non aveva motivo di dubitare delle sue parole, ugualmente non riusciva a mandare giù il pensiero del suo orgoglio ferito o di quanto avesse sofferto per colpa sua...
Non poteva perdonarlo!

- Che fai, Mark ?!? - strillò Patty agitata.
- No, fermo - fece eco Holly.

Troppo tardi.
Malgrado il suo precario equilibrio, Mark lasciò cadere la sua stampella per sferrare a Schneider un violento pugno con il destro. Il giovane tedesco accusò il colpo in piena faccia, senza difendersi e senza nemmeno cercare di evitarlo, e rimase saldamente piantato sulle gambe.
Lenders aveva ancora il braccio teso, il pugno premuto sulla guancia di Schneider, e i suoi occhi tradivano rabbia e un gran senso di frustrazione. Schneider sembrava comprendere i suoi sentimenti, e non lo biasimava certo per quel pugno, di fatto disse una cosa che Lenders non si sarebbe mai aspettato di sentirgli uscire di bocca.

- Tu sei veramente un avversario che vale la pena sfidare - esclamò Schneider, sorridendo malgrado il livido e il dolore alla guancia.

Mark sussultò.
In quella Holly gli afferrò piano la spalla per rassicurarlo e, accostando la sua mano a quella di Schneider, i tre si scambiarono una stretta di mano amichevole. Ogni individuo presente pareva non capire, soprattutto vista la violenta reazione che aveva avuto Lenders nel colpire Schneider al volto. Tuttavia, vedendoli scambiarsi quell'inconfondibile gesto di stima reciproca, lentamente si lasciarono andare tutti ad un caloroso applauso.
Anche Patty sembrava rassicurata, pur avendo temuto il peggio per un attimo, e si sfregò una piccola lacrima di commozione con l'indice per poi unirsi all'applauso generale.
Ora che si era tolto quella piccola soddisfazione personale, Mark sembrava quasi aver dimenticato del tutto la faccenda. In fin dei conti Schneider aveva agito in quel modo perché spinto da delle motivazioni, anche se discutibili, e comunque nessuno poteva accusarlo in coscienza di essere un vigliacco.
Era un calciatore, come tutti loro, e come loro desiderava impegnarsi al massimo delle forze per affrontare qualsiasi sfida.

- Cerca di guarire in fretta - esclamò poi Schneider, guardando Mark negli occhi. - Conto di dovermi confrontare soprattutto contro di te, quando giocheremo la rivincita!

Ciò detto, il biondo capitano tedesco si sciolse dalla stretta e si si allontanò dal campo, stringendo in mano con orgoglio la sua scarpa rotta. Quest'ultima simboleggiava sì una sconfitta difficile da mandare giù, ma anche e soprattutto la prova che davanti a lui c'erano sfide e avversari con orgoglio e talento da vendere... degli avversari come Oliver Hutton e Mark Lenders!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 16
*** Sedicesima Parte ***


Finalmente!

Mentre gli organizzatori si riuniscono, per celebrare degnamente la squadra vincitrice del campionato, grande è la commozione e l'orgoglio dei giocatori giapponesi. Oliver Hutton viene chiamato a sollevare il trofeo, in qualità di capitano, a nome di tutti i suoi compagni e per festeggiare l'importante risultato sportivo conseguito dal suo paese.
Holly sorride felice, prendendo il trofeo dalle mani del presidente della Federazione Mondiale calcistica giovanile. Grandi applausi echeggiano intorno a lui, sia dai compagni che dagli avversari, e i tifosi asiatici intonano a gran voce inni di vittoria.
Tuttavia il giovane capitano sembra sentirsi sorprendentemente a disagio, come se qualcosa non andasse, e dentro di lui si fa strada la consapevolezza di non essere l'unico protagonista ad avere diritto di sollevare quel trofeo.
Se non fosse stato per il coraggio e la generosità di un suo compagno, un compagno sfortunato ma non per questo meno meritevole di lui, Holly non si troverebbe lì adesso. Il compagno a cui deve gran parte di quella vittoria si trova lì adesso, assieme al pubblico, e anche lui applaude sinceramente. Eppure Holly sente di dovergli almeno questa parte di gloria, se non altro per una questione di riconoscenza, ma soprattutto per rispetto e sincera amicizia nei suoi confronti.

- Io e i miei compagni abbiamo sognato a lungo questo giorno - esclamò Holly, sorridendo ai microfoni dei giornalisti. - Abbiamo giocato partite difficili, e con avversari tecnicamente forti e preparati, ma abbiamo dato tutti quanti il massimo per vincere!
- Signor Hutton - fece un giornalista, sbracciandosi sopra i colleghi. - Cosa si prova a far parte della squadra più forte del campionato mondiale?
- Come dice lei, proprio perché ne faccio parte, ne sono orgoglioso al pari di tutti i miei compagni: in campo siamo undici giocatori, uniti dallo stesso desiderio e con lo stesso proposito, e questo moltiplica la soddisfazione assieme al cuore e alla tifoserìa che ci accompagna fino in fondo!
- E cosa prova nel sollevare quella coppa per conto dei suoi compagni ?
- Ecco, io...

Holly cercò con lo sguardo tra i volti sorridenti che lo circondavano e, una volta localizzato Mark, sembrò rassicurarsi e sorrise di nuovo.

- Se oggi abbiamo vinto, il merito va soprattutto a chi ci ha permesso di scuoterci dallo sconforto iniziale; se non fosse stato per lui, probabimente la Germania ci avrebbe sconfitti facilmente; per questo trovo giusto che sia lui a sollevare questa coppa!

Mark ebbe un sussulto.
Come Holly si mise a guardare nella sua direzione infatti, tutti gli sguardi di ammirazione si spostarono su di lui immediatamente. Subito la folla si fece da parte per consentirgli di raggiungere Hutton sul podio e, sempre accompagnato da Patty, si avvicinò ai microfoni e alle telecamere per ricevere dalle mani del compagno il prestigioso trofeo... La Coppa del Mondo!
Da principio non poteva crederci.
Negli ultimi giorni aveva persino dimenticato la possibilità di trovarsi lì, come se si trattasse di un sogno irrealizzabile, eppure Holly e gli altri sentivano sinceramente la sua appartenenza alla squadra e buona parte del merito di quella vittoria.
Sulle prime Mark sembrò sul punto di sorridere commosso.
Poi però, guardando Hutton negli occhi, provò un fortissimo senso di colpa.
Holly non sapeva ancora nulla del bacio tra lui e Patty, così come ignorava della forte attrazione che di recente si era sviluppata tra loro. Ovviamente questo non c'entrava nulla con la vittoria ottenuta, Mark lo sapeva bene, ma di fronte al sorriso di Holly e al suo affetto sincero... Insomma, messo di fronte a quella chiara dimostrazione di amicizia e rispetto, Mark sapeva di essere indegno sia della sua stima che della sua fiducia. E questa consapevolezza gli bruciava come un cazzotto nello stomaco, se non ancora più dolorosamente.
Patty fu la prima ad accorgersi della sua espressione incupita.

- Mi dispiace - mormorò Mark, restituendo la coppa nelle mani di Hutton. - Non posso accettare questo onore da te, perché non me lo merito...
- Ma... Ma che dici, Mark ?!? - fece Holly perplesso.

Sotto lo sguardo stupito dei presenti, Mark Lenders si allontanò in silenzio dal podio.
Sorretto dalle sue stampelle e con lo sguardo chino, nascosto sotto i capelli che gli ricadevano fitti sugli occhi, il giovane infortunato abbandonò lentamente lo stadio.
Nessuno era in grado di spiegarsi il motivo di questo comportamento.
Nessuno...
Solamente Patty conosceva la verità e, per quanto difficile da confessare, si rese conto che non poteva più "fingere" di provare per Holly lo stesso tipo di sentimento che provava invece per Mark. Era una questione che andava chiarita il prima possibile, nella più totale sincerità, e l'unica in grado di farlo era proprio lei.

- Holly - esclamò piano, affinché solo il ragazzo potesse sentirla.
- Che c'è, Patty ?
- Possiamo parlare da soli io e te, una volta finita la cerimonia? Per favore, è importante!
- Sì certo, ma non capisco cosa...

Patty gli prese la mano tra le proprie, guardandolo con aria colpevole.
Mark non aveva detto nulla, non perché gli mancasse il coraggio di farlo, ma perché non voleva tradire la promessa fattale. Entrambi non erano stati onesti, per paura forse, ma non era possibile rinnegare quello che provavano... e ora lo aveva capito anche lei.

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 17
*** Diciassettesima Parte ***


Patty scelse con molta cura le parole da usare.
La piccola Patty non aveva mai fatto mistero dei suoi sentimenti per Holly, fin dal giorno in cui si era presa quella cotta mostruosa per lui, ma le era servito un po' di tempo per rendersi conto della differenza tra "amore" e "infatuazione". Ora che era cresciuta, malgrado ancora qualche tratto un po' infantile del suo carattere, era molto più matura e consapevole dell'importanza di certe cose. Ovviamente voleva molto bene a Holly, gliene avrebbe sempre voluto, ma non poteva più vederlo con gli occhi di una bambina. Quando lo aveva conosciuto, Holly era l'asso della Newppy ( un giovane talento, tecnicamente molto sopra la media dei suoi coetanei ), ed era riuscito addirittura nell'ardua impresa di battere il fenomenale portiere Benjamin Price. All'epoca di quella straordinaria ed emozionante partita, Patty aveva confuso comprensibilmente l'ammirazione e l'affetto per Holly con qualcosa di molto più intenso e profondo...
Non era mai stata veramente innamorata di Holly.
Da una parte era contenta di essersene accorta prima di commettere uno sbaglio irreparabile, mentre dall'altra era terribile confessare a Holly di avere sinora equivocato su una cosa così importante. Probabilmente Holly non avrebbe capito, o peggio si sarebbe sentito preso in giro, ma quanto era successo tra lei e Mark non poteva essere definito come un tradimento.
Né lei né tantomeno Mark avevano "scelto" di innamorarsi, non lo avevano deciso loro questo, semplicemente avevano scoperto di provare qualcosa l'uno per l'altra. Entrambi si erano resi conto di amarsi prima ancora di scambiarsi quel bacio, quando i loro occhi tradivano perfettamente quello che nessuno dei due aveva il coraggio di ammettere.
La domanda era: come avrebbe reagito Holly, dopo averlo saputo?

- Patty, ma tu...

Come lei ebbe finito di spiegargli la situazione, Holly spalancò gli occhi come se avesse appena visto qualcuno spedire il pallone in rete con una scorreggia. Patty temeva da lui ogni genere di reazione, anche la più violenta, ma sapeva anche di non essere nella posizione di biasimarlo.
Se Holly fosse arrabbiato o meno, con Mark ma soprattutto con lei, certo aveva tutte le ragioni di questo mondo.
Tutto quello che poteva fare era accettare umilmente e con rassegnazione quello che ora il ragazzo le avrebbe urlato contro...

- Ma è fantastico - esclamò Holly, con un ampio sorriso dipinto in volto. - Tu e Mark vi siete innamorati, è meraviglioso; davvero, sono contento per voi ma... Ma non capisco, perché non mi avete detto niente? E' una notizia bellissima!

Ora era Patty ad essere sorpresa.
Possibile che Holly non si rendesse conto del "perché" lei e Mark avevano taciuto su questa cosa?
Possibile che non riuscisse a capire il forte senso di colpa che entrambi provavano?
Possibile che Holly non sapesse che... ?!?
No, a pensarci meglio in effetti, non era poi così strano o incredibile.
Semplicemente Holly non aveva MAI considerato di avere alcun tipo di relazione con Patty, aldifuori di una bella amicizia e niente di più. Conoscendo la sua ossessione per il calcio, chiunque avrebbe intuito che Holly non era tipo da farsi problemi sulle questioni sentimentali... o perlomeno "non come qualunque altro essere umano di questo mondo!"
Anche dopo avergli spiegato come stavano le cose, temendo chissà quale reazione violenta, Holly era in realtà sinceramente allegro e felice di apprendere che Lei e Mark si volevano bene.

- Ora capisco tutto - fece Holly, guardando commosso verso l'alto. - Probabilmente Mark si era appena dichiarato con te, ed era talmente imbarazzato che si vergognava a dirlo in giro... Ecco perché si è comportato così alla premiazione, ma guarda che tipo!
- Beh, ecco - provò a dire Patty, con una vistosa gocciolina che le scendeva lungo la fronte. - Non è che sia andata proprio così, tuttavia...
- Comunque è veramente magnifico - tagliò corto Holly, stringendo Patty per le spalle e sorridendole a più non posso. - Mark è un bravo ragazzo ed è un tipo in gamba: lo ammiro molto, non solo come giocatore, e sono sicuro che starete bene insieme; vi auguro davvero tantissima felicità, mi sento come se... come se avessi vinto due campionati, uno dietro l'altro!

Holly strinse Patty affettuosamente, abbracciandola così forte da toglierle quasi il respiro, tanto che lei impiegò alcuni istanti per connettere di nuovo. Dopo aver preso a saltellare di gioia, pensando alla felicità di lei e del suo amico Mark, Holly non riuscì a trattenersi dallo spiccare un grosso balzo nell'aria e a gridare come un pazzo...

Foto

- EVVIVA !!!

 

( continua col prossimo capitolo )

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Capitolo 18
*** Ultima Parte ***


Al povero Mark venne un mezzo colpo, quando Holly e Patty vennero a trovarlo il giorno seguente in ospedale...

Tutto si sarebbe aspettato, meno che Holly gli stringesse la mano e si congratulasse con lui. Fino a quel momento, Mark si era sentito una vera merda per aver "desiderato" la sua ragazza; invece Holly era allegro e sorridente, come se il bacio tra lui e Patty fosse la cosa più naturale di questo mondo.

- Congratulazioni, Mark!
- "Congratulazioni" ?!? - ripeté Mark mentalmente, sbarrando gli occhi.

Ma Oliver Hutton da quale pianeta proveniva?
Che fosse scappato dal set de IL PIANETA DELLE SCIMMIE, come unico calciatore del cast in cerca di migliore ingaggio?
Mark non riusciva a concepire che un essere umano, una volta appreso di un "triangolo amoroso", si comportasse così candidamente.

- Non c'è mai stato nessun triangolo - spiegò dunque Patty tranquillamente, dopo che Holly se ne fu andato. - Semplicemente Holly non ha mai visto in me nulla di più che un'amica; sono io che mi ero fatta illusioni, pensando di potergli interessare quanto il calcio...
- Che sciocchezza - commentò Mark. - Non riesco a credere che, con tutti i ragazzi che ci sono in giro, tu sia corsa dietro per anni ad una fantasia!
- Ehi, aspetta un momento - ribatté Patty offesa. - Stai forse dicendo che sono una tonta ?!?
- E tu come la chiameresti una che spreca la propria vita, per uno che nemmeno la considera?
- Attento a te, Mark Lenders, non ti permettere di giudicare la mia vita sentimentale!
- Eccola qua: la solita ragazzina che strilla tanto, proprio come quando anni fa invadesti il campo per spaccarmi la testa con uno striscione... Non sei cambiata poi molto da allora!
- RIPETILO, SE HAI CORAGGIO !!!

Patty si fece rossa in volto, come se fosse sul punto di strangolarlo.
Mark invece la guardò con la solita espressione beffarda di sempre, quasi si divertisse a prenderla in giro.
Ad un tratto, incapace di trattenersi, la ragazza esplose letteralmente di collera.

- Che io sia dannata, se intendo fidanzarmi con uno come te!
- Guarda che la cosa è reciproca, non mi interessano le ragazzine scorbutiche!
- Ma io ti... io ti... 

Con i pugni stretti all'altezza del volto, Patty rammentò di trovarsi in un ospedale.

- Ringrazia il cielo che ci troviamo qui - concluse lei. - Meglio che me ne vada, prima di commettere un omicidio volontario!

Ciò detto, si voltò con fare impettito e fece per uscire dalla stanza.

- Addio, signor Lenders - disse, sbattendo la porta con rabbia.

***

Passarono i giorni.
Mark aveva iniziato la riabilitazione, sebbene il suo arto non sembrava dare segni di miglioramento, e ogni movimento gli costava uno sforzo incredibile. Il dottore non era in grado di pronunciarsi, almeno finché le condizioni del ragazzo non fossero stabili, tuttavia le lastre finora parevano confermare la diagnosi originale: i tendini si erano rinsaldati in modo anomalo, rendendo impossibile stabilire il recupero della mobilità; la medicina non poteva più fare nulla per Lenders, solo il fato e la volontà potevano decidere se quel giovane avrebbe ripreso a giocare come prima...
Ogni momento di libertà, anziché riposarsi, Mark usciva fuori in giardino e ripeteva gli esercizi suggeritigli dal dottore. La gamba era pesante e rigida, quasi immobile, e ogni volta che provava a sollevarla la fronte gli si imperlava di sudore per lo sforzo. Tuttavia la voglia di tornare a camminare era più forte di qualunque altra cosa.

- Devo farcela - si ripeteva continuamente a sé stesso. - Io voglio... Voglio tornare a giocare!

Purtroppo il piede sano scivolò sul suo precario equilibrio, e Mark evitò di cadere solo appoggiandosi al muro. Certo non era sufficiente quel fallimento per scoraggiarlo. Prima di farsi prendere dallo sconforto, come chiunque altro al suo posto, era già intento a zoppicare lentamente lungo il sentiero.
Arrivato in fondo, piano e senza vacillare, si voltò e fece per ripetere il percorso all'inverso.
Giunto a metà strada però, sbarrando gli occhi per lo stupore, si fermò ad osservare due piccole scarpe col cinturino e le bianche calze da liceale in bella mostra.
Alzando lo sguardo, incontrò il volto sereno e sorridente di Patty.
Entrambi non dissero nulla.
La ragazza reggeva la cartella davanti a sé, con entrambe le mani, e i suoi occhi erano limpidi e pieni di dolcezza. Mark avrebbe voluto chiederle scusa, ma era troppo orgoglioso per farlo, tuttavia Patty non era lì per quello...
Stando lontano da lui, aveva avuto modo di riflettere su molte cose.
In silenzio si avvicinò a Mark e lo prese dolcemente per il braccio.

- Andiamo - esclamò sottovoce. - Fa freddo a quest'ora, ti accompagno in camera!

Mark annuì imbarazzato e, mentre si allontavano fianco a fianco lungo la strada, il sole pareva quasi brillare sopra le loro teste con sfumature calde ed intense di un rosso ambrato.

***

Da quel giorno, Patty e Mark rimasero costantemente l'uno accanto all'altra.
Seguendo il giovane passo passo nella sua riabilitazione, ne elogiava i progressi e lo incoraggiava nei momenti di sconforto. Mark si scoprì molto più vulnerabile con lei accanto, incapace di estrometterla dai suoi pensieri, eppure si compiaceva di come la sua presenza avesse maggiore effetto sulla sua forza e determinazione.
Patty sembrava comprendere i suoi sentimenti meglio di chiunque altro.
Non c'era bisogno di tante parole tra loro.
Patty non era un allenatore o un compagno di squadra, eppure gli era vicina perché teneva in modo indiscutibile a quello che era. Nei suoi occhi Mark poteva scorgervi chiaramente tutto l'affetto e la dolcezza che le conferivano fascino, assieme ad un carattere forte quasi quanto il suo. Grazie a lei Mark riuscì a ritrovare una pace ed una serenità che credeva di aver perso molti anni fa, assieme alla sua infanzia.
La morte del padre, la chiusura della fabbrica, e tutti i problemi per mandare avanti la sua famiglia...
Mark non si era più appoggiato ad alcuno, all'infuori di sé stesso, e tutto quello che aveva ottenuto se l'era guadagnato attraverso lacrime, impegno, fatica e sofferenza.
Tuttavia l'amore era una cosa che non si poteva conquistare.
Quella sensazione che il giovane provava, ogni volta che Patty gli cingeva il braccio; quel calore dentro al petto, ogni volta che lei gli sorrideva... Mark era consapevole di non dover cercare quell'affetto, per il semplice fatto che era lei a donarglielo spontaneamente.
Patty lo amava!
E anche lui sentiva di provare lo stesso per lei.
Nessuno di loro toccò mai l'argomento nei mesi successivi, e tuttavia il loro rapporto si fece sempre più bello, più intenso, più profondo: insieme avevano imparato a dialogare, scherzare, e a condividere ogni aspetto dei loro rispettivi caratteri; nel bene e nel male, avevano scoperto istintivamente di essere parte uno dell'altra; e forse fu proprio questa loro "complicità", in un certo senso, ad accelerare il processo di guarigione di Mark.
Se a livello fisico il problema sembrava insuperabile, emotivamente Mark sentì le sue forze crescere ( quasi raddoppiare ) e la sua gamba cominciò a rispondere positivamente.
Con pazienza e perseveranza, gli sforzi del giovane furono infatti premiati da un lento e costante miglioramento.
A poco a poco, esercitando l'arto regolarmente, i muscoli atrofizzati recuperarono l'antico vigore.
Subito dopo aver ripreso a camminare, Mark si adoperò anima e corpo per riprendere gli allenamenti, un passo alla volta.
Ci vollero due anni, due lunghi anni di pazienza e di sacrifici, ma l'attesa vide rinascere la Tigre più forte che mai.

***

Mark Lenders scese di nuovo in campo, nella partita inaugurale del campionato, come Punta di Diamante dell'offensiva giapponese. Il suo rientro fece parlare numerosi giornalisti, i quali gridarono al "miracolo", ma nessuno poteva ovviamente immaginare cosa e soprattutto CHI lo avesse aiutato a guarire.

- Siamo agli ultimi secondi della partita - esclamò la voce del telecronista. - Con un vantaggio di tre reti a zero, il Giappone si porta ancora in attacco per regalare emozioni al pubblico, senza crogiolarsi sul risultato! Vediamo ora Callaghan toccare di punta per Mellow, il quale scarta abilmente uno dei difensori e si porta in area; passaggio per Carter, che finta in direzione di Hutton e crossa invece per Lenders; Mark Lenders spicca un balzo, per effettuare una sforbiciata al volo, tiro...

... ED E' GOAL... GOAL... MARK LENDERS REALIZZA IL QUARTO GOAL E, SUL FISCHIO FINALE DELL'ARBITRO, LA PARTITA SI CHIUDE SUL "QUATTRO A ZERO" PER IL GIAPPONE !!!

Lo stadio esplose in un boato di applausi e ovazioni.
Subito Holly e compagni si precipitarono a congratularsi con Mark, ma questi sembrava cercare con lo sguardo qualcuno tra il pubblico. Come i suoi occhi incrociarono quelli di Patty, in mezzo alla folla urlante, Mark sorrise e attraversò il campo di corsa per raggiungerla.
La ragazza si fece strada a sua volta, fino a raggiungere il bordo delle gradinate, e si sporse per accostare il più possibile il volto a quello di Mark. Entrambi si guardarono per qualche istante, prima di lasciarsi andare all'emozione.

- Complimenti, Mark - esclamò Patty orgogliosa.
- E' tutto quello che hai da dire? - chiese Mark, scherzando.
- Hmmm... No, non tutto!
- E che altro, allora?
- Questo!

E socchiudendo gli occhi, entrambi accostarono le proprie labbra per scambiarsi un lungo bacio dolcissimo, incuranti del frastuono che li circondava.

FINE

Angolo Autore:
e finisce dunque così questa breve storia, nata per caso.
Mi scuso per il ritardo ma, a seguito del cambio-server del sito, mi trovo ora costretto a risistemare quasi il 90% delle mie storie che hanno subito un dissestamento alle immagini ivi allegate...
Spero vi siate divertiti/e a leggere, almeno quanto mi sono divertito io a scrivere, e vi auguro di divertirvi altrettanto in futuro.
Un saluto speciale e un abbraccio a:

Gina Ciriegi
- silvermoon74
- Lolla_753aC
- Aruel
- pamoluccia
- benji79

E se manca qualcuno, scusate... xD purtroppo non ho ancora un'antenna che mi permette di "captare" i vostri nomi e soprannomi - mi limito a menzionare quelli che ho visto sinora ma, ovviamente, il saluto personale e l'abbraccio vale anche per voi.
E come diceva sempre il mio amico Francesco ( BUONANIMA ), "la fantasia nasce da una parola, l'idea nasce da un pensiero, e la storia nasce dal cuore di tutti"...

^__^ Arrivederci e alla prossima fanfiction!

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