So cosa hai fatto

di Ryta Holmes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** .1. ***
Capitolo 2: *** .2. ***
Capitolo 3: *** .3. ***
Capitolo 4: *** .4. ***
Capitolo 5: *** .5. ***
Capitolo 6: *** .6. ***
Capitolo 7: *** .7. ***
Capitolo 8: *** .8. ***
Capitolo 9: *** .9. ***
Capitolo 10: *** .10. ***
Capitolo 11: *** .11. ***
Capitolo 12: *** .12. ***



Capitolo 1
*** .1. ***


Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!

Premessa: è la fine…. Una settimana e ho avuto altre due idee, ho ripreso a scrivere al ritmo di una locomotiva. Era dai tempi di Harry Potter (per me so tempi XD), che non avevo così tante idee per delle fanfiction, soprattutto considerato che il tempo per scrivere è meno di quello che avevo all’epoca, quindi adesso mi pianto al pc di notte XD o se no finisco per sognarmi le trame e non va bene!
Ad ogni modo, questa volta, sperimentiamo! Niente dame del lago, niente incantesimi d’amore lanciati da chissà chi… solo Merlino e Artù. E il loro strano e complicato rapporto. A modo mio, sperando vi piaccia.
Buona lettura!

SO COSA HAI FATTO



.1.

Rami e cespugli comparivano in successione davanti agli occhi appannati dalle lacrime. Il respiro ridotto ad ansimi sempre più accelerati, nemmeno si condensava più in nuvolette di umido davanti la bocca, segno che persino i polmoni si erano congelati. Fu costretto a fermarsi nel cuore della foresta, quando le forze gli vennero meno e la mancanza di ossigeno gli offuscò la vista oscurandola del tutto. Non che la visibilità fosse elevata, considerata l’ora notturna e l’abbondante nevicata che aveva imbiancato ogni cosa e resa irriconoscibile sotto la coltre di ghiaccio.
Si lasciò andare contro un albero, piegato in due per lo sforzo della corsa ma poi cadde in ginocchio, incurante della neve che gli bagnava i calzoni e strinse i denti cercando di deglutire.
La gola arida sembrava una contraddizione, visto che il resto del viso era completamente bagnato di lacrime.
Merlino gemette, chiudendo con forza le palpebre, non sapendo come scindere il dolore fisico che stava provando, da quello più interno, sul cuore. Si strinse una mano al petto, perché sentiva come un impedimento a che lui regolarizzasse il respiro, troppo agitato, troppo sconvolto.
Era fuggito da Camelot prima che le guardie lo prendessero e lo condannassero a morte. Aveva usato la magia per scappare ma non aveva fatto differenza, perché ormai era già stato tacciato di stregoneria. Per questo lo avevano inseguito inveendo contro di lui, cercando di ucciderlo come se fosse il più infimo degli esseri.
In una sola notte il suo passato nella grande città dei Pendragon era stato cancellato. Quel passato fatto di impegno e dedizione, fatto di grandi imprese troppo spesso tenute nascoste. Un passato in cui aveva protetto l’erede al trono a rischio della propria vita.
Una sola notte che aveva cambiato tutto. La sua reputazione, i suoi sentimenti e soprattutto la stima nei confronti di colui che considerava un amico, quasi un fratello nonostante il divario dato dal loro status. Una differenza  però, che il principe Artù aveva ben chiarito con ciò che aveva fatto quella notte. E che aveva costretto Merlino ad usare la magia.
Mentre tentava di rialzarsi e di riprendere quella fuga disperata, il giovane mago pensò che quella medaglia che avrebbero dovuto condividere assieme, era appena stata spezzata in due. E si sa, se il metallo è freddo non si può riattaccare, ci vuole calore per fonderlo. Ma Merlino vedeva solo gelo in quel futuro.

*

Un giovane cavaliere entrò svelto nelle stanze del principe ereditario, inchinandosi non appena incontrò lo sguardo furibondo di Re Uther. Gli occhi saettavano di collera e il volto contrito avrebbe spaventato chiunque si fosse trovato sotto il tiro del sovrano. Il cavaliere, pur essendosi più volte distinto per il suo valore, sudò freddo al pensiero di dover dare quella notizia al re.
“Lo avete trovato?” domandò duramente Uther, fissando il suo interlocutore con impazienza.
“No, mio signore… ha usato la magia per farsi strada tra di noi ed è riuscito a scappare da Camelot! Ma non si preoccupi una squadra è già partita per cercar-“
“Certo che mi devo preoccupare!!” gridò furioso il sovrano interrompendolo. Fece un passo in avanti e afferrò per la cotta di maglia il cavaliere, che non riuscì a celare il nervosismo nell’espressione del viso. Uther tuttavia, ignorò quello sguardo spaventato: era molto più impegnato a dare ordini.
“Non devo preoccuparmi, quando mio figlio è stato quasi ucciso dal suo servo?” una mano andò ad indicare il letto dell’erede, dove Artù giaceva apparentemente addormentato. Gaius, il medico di corte era chino su di lui e gli avvolgeva delle bende bianche sul petto e sulle mani, l’espressione sul viso indecifrabile.
Il cavaliere deglutì a vuoto ma non fece nulla per liberarsi dalla stretta del re. “N-no, mio signore… ha ragione. E’-è per questo che una squadra sta setacciando la foresta… non… non potrà resistere è solo e senza cavalcatura… lo prenderemo!”
Uther lasciò andare la presa con un gesto secco e diede le spalle al giovane per avvicinarsi al letto. “Spero per tutti che sia così!! Muovetevi e portatemelo qui quanto prima!”
Il cavaliere si inchinò frettolosamente e sparì dietro la porta con un certo sollievo. Uther invece, fissò il suo sguardo di ghiaccio su Gaius, che aveva appena controllato il respiro del principe.
“Gaius tu lo sapevi?” la domanda aleggiò ansiosamente nell’aria, mentre il medico di corte si prendeva il tempo per rispondere.
“No…” il tono di voce spettrale non avrebbe convinto nessuno, ma quando sollevò gli occhi per guardare il suo sovrano, Gaius assunse l’aria più decisa che conoscesse, sperando che il re scambiasse quel turbamento che trapelava, per ciò che aveva scoperto e non per quello che teneva nascosto. “Non riesco a credere nemmeno io, che Merlino… Non l’ho mai visto usare la magia, sire, questo è quanto. E sapere ciò che ha fatto mi addolora… sapete che lo consideravo come un figlio…” a queste parole chinò nuovamente il capo con sofferenza. Non stava fingendo adesso, l’uomo era davvero preoccupato per il ragazzo ma per un motivo che il re non avrebbe mai potuto comprendere. Non sapeva cosa fosse accaduto ma se Merlino aveva usato la magia contro Artù era stato per un motivo plausibile. Solo che così si era rovinato con le sue stesse mani.
“Siamo tutti stati traditi, allora.” Sentenziò Uther, dopo alcuni minuti in cui era calato il silenzio.
“Avevamo il marcio così vicino a noi e non ce ne siamo nemmeno accorti. E tutto per attentare alla vita di mio figlio!” il re si chinò verso Artù e lo sfiorò con una carezza paterna sulla fronte. Già una figliastra e una moglie gli erano stati portati via dalla magia… non avrebbe più permesso che cose del genere accadessero ancora. Ritirò la mano e si avviò con passo spedito verso la porta. Qui si fermò, per rivolgere un ultimo spaventoso sguardo verso il medico di corte.
“Gaius… sappi che non avrò pietà per Merlino, quando lo troveranno. E non avrò più pietà per nessuno. Credo sia il caso di dare avvio ad una nuova Purga.”
Il vecchio attese che il sovrano lasciasse la stanza, prima di sospirare e di lasciarsi andare all’angoscia. “Merlino… che cosa hai fatto…”
La disperazione della sua voce non si perse nell’aria senza che nessuno la ascoltasse. Artù aveva sentito tutto, ogni parola di quel discorso ma aveva finto di dormire preferendo non intromettersi in nulla nonostante quella brutta faccenda lo riguardasse.
Aveva delle profonde ustioni sul petto e sulle mani che dolevano oltre l’immaginabile ma quello che più bruciava, erano i ricordi di ciò che era accaduto. Rivedeva il viso sconvolto di Merlino, la paura in quegli occhi che d’un tratto si erano fatti dorati e poi tutto era cambiato.
O no… forse tutto era cambiato molto prima, quando si era lasciato prendere dalla rabbia e dalla frustrazione. In quel momento, aveva deciso il suo destino e quello del suo servo.
Non lo tormentavano le ustioni, quanto invece ripensare al disgusto in quegli occhi che lentamente tornavano azzurri e che senza bisogno di parole gli avevano mostrato fino a che punto Merlino avesse completamente perso stima di lui.
Gaius sedette al suo fianco per vegliarlo durante quella dolorosa notte. Avrebbe preferito restare da solo o avere qualcun altro accanto. Perché per ogni sospiro affranto del vecchio, il suo senso di colpa si acuiva.

Continua….

Cosa sarà successo?? Lo sapremo nella prossima puntata! XD o forse nell'altra ancora... o in quell'altra? Vabbè le spiegazioni a tempo debito, ovviamente! ;-)
Intanto vi chiedo un piccolo commento, sperando di avervi incuriosito!! (anche perchè a volte mi sembra di stare a parlare da sola e già sono abbastanza svitata....) La storia è in corso d'opera, ma gli aggiornamenti non saranno eterni, garantisco! Anche perchè di questo passo, conto di finirla presto XD
Baci a tutti!
Ry

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Capitolo 2
*** .2. ***


Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!


SO COSA HAI FATTO

.2.

Merlino cadde riverso al suolo, senza più forze. Aveva camminato per tutta la notte e poi per i due giorni successivi senza concedersi mai soste più lunghe di un paio d’ore. Aveva usato la neve per reidratarsi e quando aveva incrociato il primo villaggio, aveva rubato con la magia una pelliccia grezza di quelle che di solito i contadini usano per dormire su un giaciglio più caldo del pavimento di terra, nelle fredde notti invernali. Se l’era messa sulle spalle e aveva ripreso il cammino, senza voltarsi indietro, senza mai pensare per un solo istante di tornare indietro.
Di spiegarsi magari, o di chiederle, le spiegazioni. O forse soltanto per poter salutare Gaius, per rivederlo un’ultima volta e dirgli che se la sarebbe cavata.
Eppure, benché un pezzo della sua anima avrebbe subito fatto dietro-front per riabbracciare il suo mentore, buona parte di sé aveva deciso di non fare mai più ritorno a Camelot. Non si trattava solo di paura per quello che lo attendeva in quanto accusato di stregoneria. Aveva giurato di allontanarsi quanto più possibile dal principe, sperando così facendo di scordare l’umiliazione. Che se la vedesse da solo, adesso. Lui, i suoi nemici, chiunque lo volesse morto e tutta la sua strada per diventare re. Artù aveva buttato alle ortiche tutti i buoni propositi e aveva perso così l’altra faccia della medaglia.
Ora quell’altra ‘faccia’ era a terra, in uno stato di semi-incoscienza dato probabilmente dalla febbre. La pelliccia lo scaldava a malapena e il freddo era troppo intenso, perché la marcia che durava ormai da quasi tre giorni, non avesse debilitato il fisico.
Era riuscito ad eludere le squadre di ricerche che lo volevano sorprendere nella foresta; ancora una volta la magia lo aveva salvato e ringraziò mentalmente il Grande Drago per avergli infuso la sua conoscenza, quel giorno, in cambio della libertà. Una constatazione che gli aveva in qualche modo appannato l’astio provato per la creatura e per ciò che aveva fatto quando Merlino aveva spezzato le catene che lo tenevano prigioniero.
Adesso però, rischiava di rendere vani tutti i suoi sforzi, se fosse rimasto lì per terra a congelare, invece di rialzarsi in piedi e riprendere a camminare.
Prese un grosso respiro e con quello cercò di infondersi forza e di sollevarsi sulle braccia. Ci riuscì a fatica e poi lentamente continuò quella ripresa, finché tornò in piedi, barcollante ma ritto sulle gambe. Un altro sospiro, questa volta stretto tra i denti, come i pugni.
“Avanti Merlino… manca poco…”
Riprese il passo con fermezza, sperando di intravedere da un momento all’altro la sua meta.
Non era tornato a Ealdor, dal villaggio di sua madre. L’avrebbe messa in pericolo più di quanto già non fosse per avere un figlio mago, perciò aveva scartato subito quell’ipotesi di fuga.
Nemmeno l’idea di rimanere nei confini del regno era stata considerata, perché poteva solo immaginare fino a che punto si estendesse la furia di Uther. Questa volta non era stato solo un atto di stregoneria ma di vero e proprio tradimento e tentato omicidio nei confronti del principe ereditario. Questo almeno da quanto era stato constatato dai testimoni che avevano visto colpire Merlino con l’incanto che aveva ustionato Artù.
Il giovane quindi aveva optato per rifugiarsi nelle terre confinanti di Cenred, e c’era solo un posto che conosceva in quel regno e in cui era certo di essere al sicuro.
Scostò il ramo di un grosso cespuglio che gli copriva la visuale e scorse finalmente ciò che cercava. Sulle labbra gli comparì per la prima volta da giorni, l’ombra di un sorriso.
“Padre…” soffiò, mentre trascinandosi per un ultimo sforzo raggiunse la caverna dove fino a qualche mese fa viveva Belinor: colui che aveva scoperto essere il suo genitore.

*

Da uno spiraglio della finestra, lasciata aperta, si sentiva chiaramente il rullo del tamburo che annunciava l’esecuzione.
Artù fissava la parte superiore del suo letto a baldacchino drappeggiato di rosso. Gli occhi chiari sulla tela senza in realtà vederla davvero, l’attenzione invece, rivolta al lamento straziante che sfuggiva dallo spiraglio e si insinuava prepotente dentro la sua stanza, nelle orecchie.
Le immagini penose prendevano vita nella testa di Artù senza che lui potesse reprimerle…
… il pianto di una madre disperata, le urla agghiaccianti che chiedono pietà per un figlio che sta per morire ad un re che ne ha quasi perso uno…
Non c’è risposta al lamento della donna, perché la mannaia fa il suo dovere e con ultimo grido che squarcia letteralmente Camelot, tutto è finito. La madre piange ancora il figlio che ha perso la testa per un’accusa sicuramente infondata; intorno a lei il popolo torna alle proprie faccende in silenzio, la paura negli occhi, perché da un momento all’altro potrebbe accadere a chiunque. Ogni cittadino di Camelot, dal più povero al più importante corre il rischio di finire sul ceppo del boia. E non c’è scampo, non ci sono scuse o giustificazioni e nemmeno il fatto che nessuno veramente è reo di quella colpa che il sovrano Uther scaglia con così tanta facilità. Un dito puntato contro e lo spettacolo della morte ha inizio, un dito che sta decimando la popolazione e l’ha resa improvvisamente impaurita e diffidente. Ma mai quanto il proprio re. Perché il più impaurito e diffidente ormai è proprio lui…
Artù quasi ringraziava che fosse ancora a letto, totalmente debilitato dalle profonde ustioni. Certo non ringraziava gli spasmi violenti che gli causavano, nonostante si rendesse conto di esserseli meritati.
“Una giusta punizione… eh, Merlino?” ansimò a fatica, una constatazione amara e dispiaciuta.
Era stato lasciato solo finalmente, l’ossessiva richiesta di suo padre di avere sempre accanto la presenza di qualcuno nel caso fosse ancora in pericolo, per fortuna aveva trovato fine quando Gaius gli aveva detto che il principe non riposava bene e che andava lasciato un poco in pace.
I primi giorni aveva dovuto lottare tra il dolore per le ferite e la presenza di persone in quella stanza che mai come in quei momenti avrebbe voluto accanto. Perché nonostante fosse stato lo scontro con Merlino a dare inizio a tutte quelle sventure, il giovane non poteva ignorare la serie concatenata di tutti gli eventi che lo avevano condotto al folle gesto. A perdere la ragione, dimenticando chi era e chi avesse accanto, ubriaco di solitudine e di frustrazione… e anche ubriaco per davvero…
Ancora non sapeva quante volte avrebbe dovuto ringraziare il medico di corte, per aver notato le richieste di aiuto nel suo sguardo e per essersi poi esposto così tanto, col sovrano furibondo. Ma era anche certo che il vecchio avesse colto l’espressione di gratitudine che gli aveva lanciato, quando guardie e cavalieri avevano lasciato la stanza per ordine del re.
Finalmente in solitudine aveva potuto riflettere su ogni cosa e rendersi conto anche dell’effettiva pazzia in cui era naufragato suo padre. Uther, in una sola settimana aveva fatto giustiziare più di venti persone con l’accusa di stregoneria. Il problema però, nasceva dal fatto che avesse preso di mira il suo stesso popolo: le vittime erano per lo più innocenti – tutte queste informazioni gliele aveva passate il suo fido cavaliere e compagno d’arme, Sir Leon – e ciò non faceva altro che generare odio verso il sovrano e verso il servo diabolico che aveva scatenato tutto. Oltre al pensiero comune che denunciare qualcuno avrebbe automaticamente dimostrato di essere dalla parte dei Pendragon. Ne era nata una vera e propria caccia alla streghe, che il più delle volte finiva per mietere solo vittime senza colpa. I cacciatori erano giunti da tutte le parti del regno, non appena erano venuti a conoscenza che il sovrano aveva indetto una nuova Purga e sarebbero aumentati di giorno in giorno, non appena questa assurda follia avrebbe coinvolto anche il resto di Avalon.
Artù temeva le conseguenze, non era in grado di far ragionare suo padre e nessun altro avrebbe potuto tenergli testa. Solo Gaius, forse, ma il vecchio era troppo invischiato con la faccenda di Merlino per rischiare di esporsi fino a quel punto. Anzi si era già guadagnato un’occhiata sospettosa di Uther quando aveva avanzato la richiesta di lasciar riposare il principe in solitudine.
L’unica soluzione era che lui si riprendesse quel minimo da poter sostenere una discussione con il proprio genitore e cercare di porre rimedio a tutta la faccenda.
Non poteva raccontare la verità, non avrebbe mai potuto farlo… ma doveva trovare una soluzione.
Sospirò all’ennesima fitta causatagli dalle bruciature e per un attimo si sentì perso, perché nonostante le ottime cure del medico, Artù temeva che ci sarebbe voluto molto tempo per realizzare i suoi propositi.

Continua…

Holaaa!! Mi ero ripromessa di postare il capitolo una volta a settimana ma dato che la scrittura procede bene, ho anticipato ^^
Capitolo di transito, ancora tutto da scoprire... anche se qualche indizio già c'è =P quale sarà questa verità? E cosa accadrà ad Artù e Merlino ora che le loro strade si sono divise? Si rincontreranno?
Continuate a seguirmi e lo saprete! ^^ E recensiteeeeeeee! Che magari aggiorno pure in fretta u__u
Ringrazio ovviamente _Valux_ (grazieeee hai continuato a seguirmi! *-*) e mindyxx (per le ipotesi ho già lanciato qualche indizio ;-) e grazie per i complimentiiiii!! son contenta che tu mi segua, ho già avuto modo di apprezzare la tua bravura in "Un amore impossibile" =D)
Un grazie anche a tutti coloro che seguono questa storia!
Alla prossima!!!!
Baci
Ry

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Capitolo 3
*** .3. ***


Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!


SO COSA HAI FATTO

.3.


“Artù mi fate male! Perché ve la prendete con me, se sono gli altri a ferirvi?”
“Fa’ silenzio! Non hai nessun diritto… nessuno di dirmi queste cose!”
“Invece sì, se inveite contro di me!”

Ricordi confusi si mischiavano a sogni turbolenti. Merlino aprì gli occhi di scatto un po’ per gli incubi, un po’ perché qualcosa lo infastidiva. Mise a fuoco la vista aiutato dai fievoli raggi del sole che sorgeva e illuminava le pareti della caverna. Strinse subito i denti, mentre un poco di acqua gelida gli cadde sulla guancia già inumidita da altre gocce dispettose, cadute dal soffitto di roccia.
Si mise a sedere, passandosi una mano sulla guancia per asciugarsi, poi le dita scivolarono su tutto il viso e lo stropicciò perché il sonno lo abbandonasse del tutto. Visto che ormai era sveglio, tanto valeva alzarsi dal giaciglio anche perché presto sapeva avrebbe ricevuto visite…
Uscì dalla caverna e si accostò al ruscello che percorreva il bosco, aggirava la roccia e si perdeva poi tra gli alberi, per andare a sfociare in chissà quale altro corso d’acqua. A Merlino non interessava, gli bastava sapere di avere la disponibilità dell’acqua senza grandi fatiche, anche perché già per procurarsi da mangiare aveva dovuto far ricorso alla magia, visto che come cacciatore si era sempre dimostrato parecchio incapace.
Sfilò la maglia di cotone grezzo gettandola sul terreno e abbandonò anche le scarpe, per poter entrare in acqua a sciacquarsi. Era gelida ma anche ottima per risvegliare le membra, ormai quel bagno mattutino era diventato un rito che gli dava vigore per tutta la giornata. Uscì rabbrividendo e andando ad infilare immediatamente la camiciola per asciugarsi, non era mai stato granché muscoloso ma quel freddo avrebbe messo in difficoltà anche il più valoroso guerriero. Si stava  appena godendo il calore della maglia con un sospiro, quando qualcosa di molto pesante e ingombrante planò senza delicatezza nel bosco e i grossi zamponi di un drago centrarono il ruscello, sollevando una buona quantità di acqua. Inutile dire che l’onda centrò in pieno il giovane mago, inzuppandolo completamente.
“Buongiorno Merlino!” salutò l’ultimo Grande Drago, allegramente. In bocca aveva qualcosa che lasciò andare per terra, sollevando ancora il ruscello.
Merlino balzò all’indietro per evitare il secondo spruzzo anche se ormai era bagnato dalla testa ai piedi. Fissò con disappunto il Drago, agitando poi le braccia per smettere di gocciolare da tutte le parti. Gesto inutile, considerato che non appena ricordò di essere un mago, bastarono due semplici parole dell’antica religione e un guizzo di magia, per tornare asciutto.
Nel frattempo la creatura aveva iniziato a cibarsi di quello che si era portato dietro, che Merlino scoprì essere la carcassa di chissà quale animale.
“Vuoi unirti a me per la colazione, giovane mago?” chiese il Drago, un attimo prima di affondare le fauci nella carne.
Merlino represse a stento una smorfia di disgusto. “No, grazie. Preferisco tenermi leggero al mattino…” replicò tornando verso la grotta e procurandosi dei frutti da un cesto che teneva su un grezzo tavolo di legno.
Lasciò che la bestia riducesse la preda ad un cumulo di ossa e consumò la sua colazione in silenzio, godendosi i rumori del bosco di primo mattino. Negli ultimi tempi gli era capitato spesso di fermarsi ad ascoltare, era un gesto che spesso lo tranquillizzava e lo concentrava al tempo stesso.
Quando era a Camelot fermarsi era qualcosa di inconcepibile, troppo preso dai compiti quotidiani, dalle ramanzine di Gaius, dai problemi dei suoi amici e soprattutto dai grattacapi che il suo padrone gli procurava. Già il suo padrone. Gli veniva naturale ormai rivolgersi a lui solo in quel modo. Non lo aveva mai chiamato Sire, mio signore o usato qualsiasi altro appellativo che tutti gli altri gli rivolgevano. Per lui era sempre stato Artù, con il dovuto rispetto non aveva mai dimenticato il plurale maiestatis, certo, ma se doveva richiamarlo, ammonirlo o semplicemente ringraziarlo, solo il nome bastava. Eppure il principe non era stato in grado di apprezzare quella confidenza e per questo il giudizio di Merlino era cambiato… così Artù era semplicemente diventato “il padrone”.
“Quando tornerai a Camelot?” il Drago aveva interrotto quel silenzio e il filo dei suoi pensieri. Merlino avrebbe preferito non lo facesse con una domanda così stupida. Gettò il torsolo di una mela nel ruscello e lo osservò scivolare via seguendo il corso dell’acqua.
“La mia presenza non è gradita a Camelot, dovresti saperlo.”
“Ma tu hai un destino da seguire, l’hai forse scordato?” replicò il Drago con un’altra domanda.
L’espressione del giovane si fece seccata e fissò gli occhi azzurri sulla creatura. “Se non te ne sei accorto, il principe ha cambiato quel destino.”
“Ne sei certo?” il Drago non sembrava minimamente toccato dalla reticenza del ragazzo. “O forse sei tu che credi sia diverso?”
Lo sguardo di Merlino si assottigliò. “Parli sempre per indovinelli, perché non sei più chiaro una buona volta?” il tono di voce era sempre astioso quando il Drago toccava l’argomento.
Era trascorso più un mese dalla sua fuga e da quando quella creatura lo aveva trovato – o era stato lui a trovarlo, ancora non aveva capito – iniziando a fargli compagnia. O a perseguitarlo per essere più precisi, perché ogni tanto se ne usciva con quella domanda inopportuna e finiva per spazientire il giovane che cercava solo tranquillità.
“Merlino…” riprese l’altro, spingendo lontano col muso quello che restava del suo pasto. “Il futuro di cui ti ho parlato è sempre possibile… a patto che tutti e due facciate quel che è giusto.”
“Appunto! Ti sto dicendo che il padrone non ha fatto la scelta giusta e io non ho nessuna intenzione di venirgli incontro e di umiliarmi più di quanto non abbia già fatto!”
“Ma lo hai ferito.” Ribatté serafico il Drago.
“A buon diritto! E poi c’è Gaius con lui, lo rimetterà in sesto e lui tornerà a fare lo spocchioso che è dimenticandosi di tutto! Non avrà bisogno di me.”
La creatura magica cacciò uno sbuffo caldo dal naso e fece per sollevarsi in volo. “Questo è quello che tu credi. Ma dovrai ricrederti, giovane mago!”
Merlino a sua volta, si alzò dallo spuntone di roccia su cui si era seduto e fissò un’ultima volta il suo interlocutore, ormai totalmente infuriato. “E perché, di grazia?”
“Il perché te lo dirà la tua magia!” esclamò infine, prima di librarsi in aria e di volare via. “Tornerò più tardi!” aggiunse con un tono che a Merlino sembrò quasi di ammonimento.
Il ragazzo lo fissò finché non svanì dietro le punte degli alberi, sicuramente in cerca di qualche altra preda per il pranzo. Sbuffò sonoramente, stringendo con forza i pugni per la rabbia: quella sottospecie di lucertola era sempre in grado di fargli perdere le staffe!
Cosa voleva dire con quelle parole sibilline? Cosa c’entrava la sua magia con il riacquistare fiducia in un cretino che lo considerava alla stregua di un oggetto?
Lui non sarebbe tornato a Camelot, per nessun motivo. Tanto più che aveva completamente perso la voglia di rischiare ancora la vita per una persona del genere. Il Drago poteva chiamarlo ottuso, testardo o stupido quanto volesse ma ormai la decisione era stata presa.
Rientrò nella caverna e si sedette al tavolo, afferrando un libro che vi era posato sopra. Lo sfogliò dapprima con foga, ancora ripensando alla discussione con la creatura, poi quando rischiò di strappare una pagina, si fermò. Prese un grosso respiro socchiudendo gli occhi per un istante, cercando di calmarsi e lisciò la pagina che quasi aveva rovinato. Quel libro era una delle poche cose che suo padre gli aveva involontariamente lasciato.
Quando era giunto alla caverna, aveva trovato tutto come il genitore aveva abbandonato, prima di intraprendere quel viaggio che poi lo aveva condotto alla morte. Lì, assieme ad alcuni medicamenti con cui si era curato l’influenza e ai suppellettili che gli erano serviti per rifocillarsi e sopravvivere, aveva trovato anche un piccolo tesoro: tomi di magia, incantesimi e alcuni libri sui draghi. Materiale che non aveva mai visto a causa della Purga indetta da Re Uther, che aveva distrutto ogni traccia di magia in tutto il regno. A parte il libro che Gaius gli aveva regalato, a rischio della vita, non aveva mai trovato altro che avesse potuto aiutarlo in tutte le avventure che aveva vissuto da quando si era trasferito a Camelot. Da quando era lì invece, si era dedicato completamente ad assimilare tutta quella conoscenza, senza la paura di sperimentare, senza doversi continuamente guardare le spalle perché qualcuno avrebbe potuto vederlo mentre infrangeva la legge. E soprattutto con il tempo e la concentrazione necessari per imparare bene.
Non sapeva se tutta quella cultura in fatto di magia gli sarebbe mai servita, certamente non sarebbe rimasto tutta la vita nascosto come suo padre in quella radura ma almeno per il momento si godeva quel poco di tranquillità.
Poi il destino, qualunque esso sia stato, gli avrebbe indicato la strada da percorrere.

*

Per la prima volta da giorni, Artù non riusciva a trattenere il sollievo. Gaius era chino su di lui, intento a controllare le sue ferite ormai quasi del tutto guarite. Il principe fremeva per scendere da quel letto, sapeva che ormai poteva considerarsi fuori pericolo, da quando la pelle aveva ripreso a ricrescere e il rischio che le ustioni suppurassero era svanito. Aveva pazientato, si era morso la lingua per giorni sopportando prima il dolore e poi le costrizioni causategli dalla degenza prolungata ma dopo un mese finalmente, Gaius aveva cambiato le bende e gli aveva dato quella notizia confortante che lui attendeva da tempo.
“Siete fortunato, sire. La degenza è durata meno del previsto e le ustioni si sono rimarginate meglio di come mi aspettassi…” il medico sembrava veramente sorpreso nel visitarlo.
“Parli sul serio?” gli sfuggì, corrugando la fronte. Il volto dell’uomo gli appariva così incupito che solo una spiegazione poteva chiarire quell’inaspettata fortuna.
“Sapete che non vi mentirei, su una cosa del genere. Sono sincero.”
“Può darsi che dipenda dal fatto che queste sono ferite…”abbassò il tono di voce, guardandosi intorno – inutilmente visto che erano soli nella stanza – “…ferite provocate dalla magia?”
Gaius incrociò gli occhi chiari del principe, il suo solito sopracciglio sollevato come quando studiava le persone quasi a volerle leggere dentro.
“Non, ‘può darsi’, Artù. Sono sicurissimo che sia per questo.”
Il giovane annuì pensieroso, mentre il medico arrotolava le bende ormai del tutto inutili. C’era tranquillità tra di loro, uniche persone in tutta Camelot a godere di un poco di serenità, ormai da più di un mese e mezzo.
Fuori da quella stanza la rabbia di Uther si scagliava su chiunque, cavalieri, popolani, sugli stallieri che gli governavano le cavalcature, sui contadini che si recavano a vendere il proprio raccolto in città; contro i servi in particolare, si era accanito a tal punto da interrogarli tutti e alcuni persino da torturarli per estorcergli false confessioni. Era impossibile fermarlo e a niente erano valse le parole di Artù, durante le brevi e ansiose visite che gli concedeva.
Il giovane principe soffriva in quel letto non trovando altra soluzione al problema. Solo Gaius gli infondeva un poco di speranza, perché il medico credeva in lui e nelle sua lungimiranza. Non solo, erano entrambi consapevoli della verità: gli unici in tutta Camelot, anche se per motivi differenti, a sapere che Merlino in realtà non era cattivo e diabolico come era stato dipinto. Il principe sapeva cosa era accaduto quella notte maledetta e il medico conosceva Merlino più di chiunque altro.
Un giorno si erano ritrovati a parlare di lui e da allora era nato un tacito sodalizio che aveva permesso ad entrambi di sopravvivere in quella situazione così difficile e che li vedeva entrambi in una sorta di isolamento.
Artù tuttavia, aveva beneficiato di quella presenza, pur sapendo di non meritarla, perché troppo spesso aveva visto sospirare il vecchio e si era accorto di quando quello sguardo vagava lontano, verso colui che considerava un figlio e ritornava poi alla dura realtà più cupo che mai.
 “Artù, adesso viene il difficile. Affrontare vostro padre non sarà uno scherzo.”
“Lo so ma sono convinto che vedermi in salute sarà già un bel passo in avanti! Dovrò affrontarlo prima o poi e fargli capire fin dove la sua paura lo sta portando…”
Gaius annuì, pur mantenendo un’espressione preoccupata. “Confido in voi.” Inchinò il capo, ma fu costretto a rialzarlo, quando Artù gli posò una mano sulla spalla e gli rivolse un sorriso sincero.
“Quando questa brutta storia finirà, avrò modo di ringraziarti. Ho fatto degli errori molto gravi e non posso fuggirli per sempre. Devo combatterli adesso.”
Mentre Artù ripensava all’ultima persona che gli aveva detto quelle parole, Gaius osservò profondamente colpito il suo principe. C’era qualcosa di nuovo in quello sguardo, una maturità che non aveva mai visto, come se quel seme di grandezza che serbava nel cuore e che un giorno lo avrebbe reso un giusto sovrano, fosse appena germogliato. Una gemma piccola ancora, ma che presto si sarebbe fatta strada verso il destino.
Il medico ricambiò quel sorriso e intuì esattamente come Artù si sarebbe sdebitato con lui: trovandogli Merlino. Perché sapevano entrambi che era ancora vivo e che si nascondeva da qualche parte, ferito nell’orgoglio come immaginava Artù, ma per lo meno in salute.
“Bene! Andiamo da mio padre adesso!” il principe esclamò pieno di entusiasmo e prese la strada verso la porta.
Gaius lasciò che lo precedesse e lo osservò dargli la schiena… per poi fermarsi.
Vide le spalle del giovane incurvarsi improvvisamente e lo sentì gemere di dolore, dapprima lievemente, poi sempre più forte man mano che si accasciava al suolo e si contorceva su se stesso.
Allarmato gli venne incontro e lo prese per le braccia. “Artù! Artù cosa vi sentite?” nel mentre cercava di sciogliere quel nodo di membra in cui, per il dolore, il ragazzo si era appallottolato. E fu con orrore che si accorse di cosa era accaduto.
“Il petto… Gaius, brucia da morire! E le mani!”
Di colpo le ustioni che lo avevano tanto torturato durante quelle ultime settimane e che sembravano miracolosamente guarite, erano ricomparse con altrettanta facilità. La carne pulsava e sanguinava come fosse appena stata colpita e i presentimenti del vecchio medico trovarono fondamento: quelle ferite erano veramente stregate.

Continua…

Ta-daaaaan! Qui c'è puzza di bruciato! (e nel vero senso della parola XD)
Merlino è in vacanza-studio mentre il povero Artù arde di dolore u_u sono spietata me ne rendo conto... Ovviamente il bello deve ancora arrivare! Questi capitoli sono di transito e servono a spiegare cosa accade in un arco di tempo che cambierà molte cose ;-) ma prometto che presto ci sarà posto anche per l'azione! Perchè insomma, si deve sbloccare questa situazione, no?
Voglio ringraziare tantissimo per le recensioni: mindyxx (contentissima che la storia ti intrighi! ^^ come avrai notato Artù sembra rimettersi ma poi c'è la sorpresa... sì lo so, sono bastarda u_u cmq il signor Giles lo odio anch'io! Ma avrà parti importanti nella storia perciò ce lo dobbiamo godere ancora XD); Cassandra (uhm... no. non posso dire niente ancora, però Artù non andrà a ripescare Merlino... anche perchè è ancora bruciacchiato ^^' grazie comunqueeeee!!); _Valux_ (come sempre grazie!!!! ^_^)
Un ringraziamento anche a tutti coloro che hanno inserito questa storia tra i preferiti, tra le ricordate e non ultimo tra le seguite! Spero di non deludervi! ;-)
Come sempre vi rinnovo l'invito a scrivermi qualche commentooooooooo! Perchè mi fate felice e poi perchè come avrete notato, sono buona e vi do anche qualche indizio! =D
Anzi e siccome oggi mi sento più allegra perchè ho avuto delle belle notizie, vi lascio anche una piccola anticipazione u_u


"La gioia nel rivedere il medico di corte, si tramutò in preoccupazione, quando si accorse dell’espressione del suo viso. [...] Deglutì a vuoto, rendendosi conto di ciò che stava accadendo…"


Alla prossimaaaaaaaaaaa
Baci
Ry


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Capitolo 4
*** .4. ***


Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!


SO COSA HAI FATTO

.4.

Erano due giorni che tentava sempre la stessa formula. Su uno dei libri di suo padre, Merlino aveva trovato l’incantesimo per osservare il mondo esterno attraverso una pozza d’acqua. Sapeva che questo incantesimo lo utilizzava a suo tempo Nimueh, perché Gaius glielo aveva spiegato mesi prima quando si era chiesto com’è che facesse a sapere sempre tutto e a dare tanto fastidio, nonostante fosse lontana da Camelot.
Quando aveva visto quella formula aveva subito pensato al suo tutore, voleva rivederlo perché più che mai in quei mesi ne aveva sentito la mancanza.
Lentamente aveva iniziato a soffrire di quella solitudine che all’inizio aveva trovato piacevole, la radura sapeva di trappola, quasi di prigione e più volte si era chiesto come avesse fatto suo padre a sopravvivere per tanto tempo.
Per Merlino erano trascorsi solo tre mesi e già non ne poteva più. Ed era un azzardo ammetterlo, ma quasi preferiva Camelot con tutti i rischi che comportava, invece di quel posto diventato ormai così stretto.
“Avanti, dannato incantesimo! Perché non funzioni?” si lamentò, battendo l’acqua che aveva raccolto in un recipiente di coccio, con un gesto di stizza.
Il Drago che ormai lo veniva a trovare regolarmente, gli aveva consigliato di cambiare il contenitore. Ovviamente come al solito non aveva specificato dove mettere l’acqua, ma si era limitato ad un semplice “Pensi che in un secchio ammuffito riuscirai a fare magia seria?” e poi era volato via, chissà dove. Non sapeva mai dove andasse quella creatura, quando non era con lui ad infastidirlo.
Dal secchio comunque, era passato al bicchiere, poi al vaso di coccio, perfino al pentolone di peltro ma nessun recipiente era evidentemente all’altezza di quella magia.
Sospirò frustrato, passandosi una mano tra i capelli e rimase a fissare l’acqua per alcuni minuti. Doveva riuscire a farlo funzionare. Ormai aveva imparato l’impossibile, si era esercitato con incantesimi di cui mai aveva sentito parlare e che avevano degli effetti anche solo impensabili. Sapeva tanto, fin troppo su creature e draghi e aveva imparato ad ascoltare la natura e a comprendere da lei persino alcuni messaggi. Perché diamine non riusciva in un incantesimo così stupido?
Poi l’illuminazione. “Ma certo! La natura!” quale contenitore più nobile se non quello creato dalla Natura?
Uscì in fretta e furia dalla caverna e si avvicinò al ruscello, ormai unico compagno assieme al Drago. Si inginocchiò sulla riva e piegò il busto verso lo specchio d’acqua, ritrovandosi il suo stesso riflesso davanti. Poi pronunciò la formula e gli occhi come sempre si tinsero d’oro; l’acqua improvvisamente si increspò come agitata da qualcosa in più rispetto alla spinta che la portava a valle e sembrò quasi rispondere al mago, una comunicazione intrinseca che gli chiedeva cosa volesse guardare.
“Gaius! Voglio vedere… anzi, no! Prima mia madre, per favore. Fammi vedere Unith di Ealdor!”
Nel punto in cui Merlino guardava, si creò un piccolo gorgo e l’immagine della madre a lavoro nei campi comparì davanti ai suoi occhi che erano tornati azzurri e si erano fatti lucidi.
“Madre…” un richiamo che lei non avrebbe mai potuto sentire, eppure la donna sollevò il capo e lo sguardo si perse verso l’orizzonte. Sapeva dove era volato il suo pensiero, perché lo sentì arrivare, al centro del cuore e il sollievo per averla vista in salute e viva, lo rincuorò.
Si asciugò il viso con la manica della maglia e inviò all’acqua un’altra richiesta. “Potrei vedere Gaius, adesso?” parlò nonostante il legame che lo teneva unito al ruscello fosse ben più profondo e non avesse bisogno della voce. Il gorgo tornò dapprima scuro, poi gli mostrò il viso del suo tutore.
La gioia nel rivedere il medico di corte, si tramutò in preoccupazione, quando si accorse dell’espressione del suo viso. Cupo come lo aveva visto solo il giorno in cui il cacciatore di streghe Airidian aveva quasi mandato al rogo lui e Merlino. E sofferente. Medicava con gesti delle mani nervosi e impazienti qualcuno che non riconosceva, mentre sentì d’un tratto una voce che gridava infuriata.
Deglutì a vuoto, rendendosi conto di ciò che stava accadendo…

*

La stanza del principe era invasa dai cavalieri, che se ne stavano in silenzio nei pressi della porta e con il capo chino. Uther era dinanzi al letto ma non guardava chi vi giaceva, il suo capo era rivolto agli altri presenti, gli occhi grigi che saettavano di collera.
“Le ferite di Artù si sono ripresentate per la terza volta! Volete farmi credere che non è stregoneria questa?” nessuno rispose.
Gaius nel frattempo aveva ricominciato a curare le ustioni di Artù, disteso sul letto in uno stato di semi-incoscienza dato dal dolore e dal fatto che in pochissimi minuti le mani e il petto avevano di nuovo ripreso a bruciare come il mese prima e quello prima ancora, in un vortice senza via di uscita.
I gesti del medico erano nervosi e spaventati, non solo per il fatto che tutte le sue cure risultavano puntualmente inutili ma anche perché Uther si era finalmente accorto di cosa era accaduto al principe. Dopo il primo episodio in cui le ustioni erano ricomparse, Artù e Gaius avevano deciso di non far sapere quel particolare al sovrano. Adducendo la scusa che le ferite si erano infettate e che la degenza doveva prolungarsi, i due erano riusciti ad evitare che la pazzia di Uther peggiorasse.
Ma dopo tre mesi, il re aveva trovato troppo sospetta tutta la situazione e quel giorno aveva voluto essere presente al momento della medicazione.
Il sovrano aveva potuto così vedere le ferite di Artù quasi del tutto guarite ma non aveva fatto in tempo a chiedere perché il figlio fosse ancora a letto, che le ustioni erano ricomparse e il principe aveva gridato per il forte dolore.
Alla fine Gaius era stato costretto ad ammettere la verità: le ferite erano stregate e ogni volta che guarivano, puntualmente si ripresentavano, debilitando l’erede al trono.
A nulla erano valse le suppliche di Artù di ragionare, Uther era completamente esploso di rabbia e aveva richiamato con urgenza tutti i cavalieri.
Uno dei giovani si era fatto avanti trovando un poco di coraggio. “Mio Signore, non abbiamo mai smesso di cercarlo ma non sappiamo dove sia né come possiamo trovarlo…” a parlare era stato Lancillotto, l’ultimo acquisto nella cerchia stretta dei cavalieri.
“Non mi interessa come, dovete trovarlo! Trovate quel maledetto che ha ridotto in questo stato mio figlio! E che sia vivo, perché deve guarirlo!” questa volta non guardò nemmeno Gaius e non si curò di ferirlo con le sue parole. “Dopo ci penserò io ad ucciderlo!”
I cavalieri assentirono e con celerità lasciarono la stanza per mettersi a lavoro con le ricerche e soprattutto per sfuggire all’ira di Uther.
Il re invece rimase in silenzio, finché Gaius non finì di curare il principe. Quando il medico legò l’ultima benda e sollevò il capo per avvisare il sovrano di aver finito, venne colpito duramente al volto e non riuscì a mantenere l’equilibrio. Cadde di lato contro il cassettone e gemette quando urtò lo spigolo legnoso. Rivolse un’occhiata impaurita al suo sovrano, che lo fissava impassibile e glaciale.
“Questo è per avermi tenuto nascosto una cosa tanto importante. Ti avverto Gaius, non ti sbatto nelle segrete solo perché mi servi qui a curare mio figlio…” il medico rabbrividì perché lesse la verità in quegli occhi agghiaccianti. “…ma solo un’altra azione sconsiderata come questa e volerà anche la tua testa.”
Uther lasciò la stanza, mentre il medico si inchinava senza opporre resistenza e assentiva alla minaccia. La porta venne sbattuta violentemente e solo allora poté abbandonarsi sulla sedia e lasciar andare tutte le emozioni fino ad allora trattenute.
Congiunse entrambe le mani e le posò sul viso, stanco e affaticato e nascose così gli occhi che si erano inumiditi.
Camelot era nel caos più totale, il popolo allo sbando e decimato dal suo stesso sovrano e lui era solo a lottare contro qualcosa più grande di lui.
“Mi… dispiace…” il mormorio, seppure flebile giunse dalle labbra di Artù.
Gaius liberò il volto e fissò lo sguardo sul principe che aveva schiuso le palpebre e adesso guardava il medico con dispiacere. La mano, seppur bendata e sofferente, andò a muoversi tremante verso l’uomo. Gaius la sfiorò con dolcezza e la posò nuovamente sul giaciglio perché non la sforzasse.
“Non preoccuparti, Artù… non è colpa tua…” cercò di rassicurarlo, nonostante il suo labbro sanguinasse per il colpo ricevuto e la guancia bruciasse anche per l’umiliazione. Prima di allora Uther non aveva mai osato sollevare la mano su di lui per picchiarlo.
Quando il principe perse nuovamente conoscenza, si accasciò contro lo schienale dello sgabello e sospirò affranto. “Merlino… dove sei?”

*

La supplica di Gaius giunse fino a Merlino come una stilettata al cuore. Aveva assistito a quel momento terribile senza che potesse far nulla, aveva visto Uther colpire il suo tutore sentendosi impotente e intrappolato.
“E’ colpa mia…” sussurrò angosciato, mentre il gorgo d’acqua si scioglieva e l’incantesimo svaniva.
“E’ anche colpa tua, Merlino.” La voce profonda del Drago, lo fece sobbalzare violentemente. Era tanto concentrato a guardare cosa stesse accadendo a Camelot che non si era nemmeno accorto del suo arrivo. E forse la creatura aveva preferito non disturbarlo decidendo di restare in silenzio fino a che l’immagine non era svanita.
Merlino sollevò il capo verso il Drago, gli occhi ancora lucidi e l’espressione del viso che dipingeva chiaramente il tumulto delle sue emozioni.
“Tu e l’erede al trono siete ancora due facce della stessa medaglia. Gli errori dell’uno sono anche gli errori dell’altro.” Continuò a spiegargli l’essere millenario. “Entrambe le vostre azioni hanno scatenato tutte le conseguenze che tu hai visto.”
Il giovane tornò a guardare l’acqua, come se potesse ancora vedere Artù ustionato e Uther che colpiva Gaius, eppure il fondo era tornato scuro e il corso dell’acqua aveva preso a defluire come sempre.
“Cosa… cosa devo fare?” domandò, nonostante già conoscesse la risposta.
“Devi tornare a Camelot, Merlino. E’ giunta l’ora e la magia ti ha indicato la strada.” Il ragazzo ricordò quante volte il Drago gli avesse ripetuto quelle parole, che ora finalmente avevano avuto una spiegazione.
“D’accordo, andrò a Camelot e guarirò Artù con i miei poteri… ma dopo cosa farò? Sono ricercato, Uther mi vuole morto!”
La creatura sbuffò dal naso un getto di fiato bollente, come era solito fare quando Merlino gli rivolgeva domande non degne della sua intelligenza.
“Giovane e ottuso ragazzino! Ancora non comprendi con quanta attenzione il destino ha scritto il tuo futuro assieme a quello del giovane Pendragon? Usa la magia, se necessario, adesso non hai più motivo per nasconderla! Ma fai attenzione… perché non sempre i tuoi poteri sono l’unica soluzione ai problemi.”
“Ancora un altro indovinello? Cosa vuoi dirmi?” replicò spazientito Merlino, senza curarsi di mancare di rispetto al Drago.
“Che per rimediare a certi errori, non basta la magia. Questo è quanto!” la risposta della bestia mise a tacere il giovane, nonostante non avesse compreso ugualmente il perché di quelle parole.
Merlino sospirò, rilassando le spalle e abbozzando un sorriso un po’ amaro. “Immagino che anche questo mi sarà chiaro non appena affronterò il mio destino, dico bene?”
Il Drago dispiegò le ali, pronto a volare via. “Sei diventato meno stolto, dal nostro primo incontro, devo ammetterlo. Ora va’ e compi il tuo dovere! Noi ci rivedremo presto!”
Il ragazzo salutò la creatura con lo sguardo e rimase come sempre ad osservarla mentre si allontanava e spariva tra gli alberi. Si lasciò sfuggire un altro sospiro mentre prendeva qualche minuto per raccogliere tutte quelle emozioni che gli vorticavano dentro e per dare un contorno più definito a quella decisione che ormai era diventata inevitabile.
“Non l’avrei mai detto… ma voglio tornare a Camelot.”

Continua…

Saaaalveeeee!! ^^
Allora, un altro capitolo di transito... ma è l'ultimo! Dal prossimo prometto azione... mooolta azione! E soprattutto qualche incontro interessante... uhuhuhuh.... sì mi rendo conto che qui tutti si prendono la colpa ma la verità è che l'unica colpevole è l'autrice! XD Anche perchè lo ammetto... mi sto divertendo u_u
Scleri a parte, voglio ringraziarvi!! Ho visto che questa storia è sempre più seguita e qualcuno l'ha già inserita tra i preferiti!! *-* woooow! Ovviamente vi dico grazie e spero di non deludervi! ;-) E vi rinnovo la richiesta a commentarmiiiiiiii!!! Che ci tengo!
Intanto voglio ringraziare in particolare: bilancina92 (ebbene sì, Merlino tornerà a Camelot! ^^), Cassandra (ehm... il principe bruciacchiato avrà un suo perchè, garantisco! E ora Merlino va a guarirlo, no? Non dico altro perchè prometto sorprese però posso dirti che è stato proprio Merlino a ferirlo!), mindyxx (son contenta che hai notato il Drago! ^^ Avrà un ruolo importante e non è capitato lì per caso..... cmq lo so, sono parecchio sadica... ma questa ff è nata in una fase angst e così... ^^' però almeno Merlino tornaaaaaaaa ^o^) e Dita_Inkiostro (eh sì, Uther è proprio terribile qui... e sarà sempre peggio!!)
Ora vi lascio con una piiiiccola anticipazione!

<<[...] Tra non molto arriveranno i miei concittadini e chi vi potrà spiegare meglio di me cosa vogliamo che facciate.”
“Contro il re.” azzardò il giovane. [...]

[...]Rivide se stesso, in quel corridoio appena davanti l’uscio della stanza… >>

Incuriositi?? =P
Ora vi saluto e mi raccomando..... COMMENTATEEEEEEE!! (che io poi vi premio con più spoiler =P)
Baci
Ry

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Capitolo 5
*** .5. ***


Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!


SO COSA HAI FATTO

.5.


L’entrata della grande cittadina di Camelot si ergeva a pochi passi da lui. Merlino la osservava nervosamente, nascosto dietro un grosso cespuglio e indeciso su come muoversi ora che finalmente era giunto in quel luogo.
Era partito il giorno dopo quella sconvolgente rivelazione ma questa volta si era concesso anche le soste notturne, così il suo viaggio era durato quattro giorni in tutto. Non poteva arrivare già stanco e debilitato come quando aveva fatto la strada inversa, considerato il pericolo che correva.
Così aveva percorso quella lunga marcia, riposando e rifocillandosi quando era necessario, aiutato ormai dalle sue doti di cacciatore con la magia.
Ora sedeva sul terreno umido, nascosto da rami e foglie a fissare le alte mura di quella città che lo aveva visto prima servo fedele a servizio del principe e poi fuggiasco e colpevole di averlo ferito.
“E adesso? Cosa sono diventato adesso?” domandò a se stesso, alzando lo sguardo e puntandolo sulla bandiera rossa col drago dorato, stemma dei Pendragon, che sventolava sulla cima della torre più alta.
Per arrivare fino al castello avrebbe dovuto attendere il buio, però aveva notato che la guardia all’entrata di Camelot era notevolmente diminuita, così come il passeggio che a quell’ora del giorno ricordava quasi soffocante. Prima di allora quell’ingresso era sempre stato affollato dai contadini che venivano a vendere i prodotti delle proprie campagne e da quelli che invece le andavano a lavorare, c’erano i mercanti che partivano e gli altri che arrivavano per mostrare oggetti importati da chissà dove.
Vedere invece tutta quella desolazione, aveva impensierito non poco il mago, che adesso stava pensando ad un modo per entrare e dare un’occhiata almeno alla città bassa.
Rimanendo nascosto nella boscaglia, riuscì ad avvicinarsi un poco di più fino a trovarsi a non più di qualche metro dal grande portone di legno. C’erano solo due sentinelle che oziavano nella vana attesa che qualche folle entrasse nella città il cui sovrano stava mandando in malora.
Merlino cercò un diversivo e decise che il carro di fieno, probabilmente abbandonato, a pochi passi dai soldati, facesse al caso suo. Sussurrò l’incantesimo e subito, come se qualcuno lo stesse rubando, il carro schizzò fuori le mura di Camelot, inseguito dalle sentinelle sorprese.
Il giovane ne approfittò per intrufolarsi senza che nessuno si accorgesse di lui e prima che le guardie potessero tornare si era già mischiato alle poche persone che si aggiravano per la via principale.
Sistemò meglio il cappuccio del mantello sulla testa, per assicurarsi di non essere riconosciuto. Non che si aspettasse che tutti i cittadini di Camelot lo identificassero come “quel Merlino”, ma preferì premunirsi nel caso qualcuno si fosse ricordato del suo viso.
Tanto più che quasi tutti nascondevano il proprio volto e apparivano diffidenti verso gli altri come lui, e aggirarsi allegramente per la città, avrebbe solo destato ulteriori sospetti.
Si era immaginato molte più guardie all’entrata, in fondo un qualsiasi stregone – come aveva appena fatto lui – avrebbe potuto intrufolarsi senza problemi a Camelot e portare scompiglio. Ma poi ricordò la scena che aveva intravisto con l’incantesimo dell’acqua e pensò che quasi tutta la guardia reale fosse impegnata nella sua ricerca. Peccato che lo avessero praticamente ad un palmo dal naso e nessuno ancora se ne fosse reso conto.
Continuò per un po’ lungo la via centrale che fendeva letteralmente tutta la città e continuando portava fino al castello. Restò non tanto sorpreso, quanto scoraggiato nel vedere in che condizioni re Uther avesse condotto quella che un tempo era una rigogliosa città.
Quei pochi coraggiosi che si aggiravano per le strade non solo camminavano con passo svelto ma si voltavano in continuazione per guardarsi le spalle, come se da un momento all’altro Uther in persona puntasse il dito contro di loro e li condannasse a morte. Non c’erano bambini che giocavano vicino alle abitazioni, non c’erano animali che scorazzavano imperturbabili rischiando di finire sotto i piedi dei passanti – e Merlino solo sapeva, quante volte aveva inciampato in qualche dannata gallina –, persino il mercato aveva ceduto il posto ad un ammasso bruciacchiato di fascine e non fu difficile intuire quanta gente fosse stata condannata al rogo in quel luogo per stregoneria, solo dall’odore nauseabondo di carne bruciata che vi aleggiava. Si allontanò disgustato, rischiando di rimettere e imboccò un’altra strada. Ma si congelò sul posto, quando notò tre grossi carri neri chiusi da spesse sbarre di ferro, intrecciate per formare delle gabbie. Conosceva i mezzi terribili in cui i cacciatori di streghe rinchiudevano i colpevoli. Una volta aveva visto Gaius lì dentro, un’altra quella povera ragazza di nome Freya, di cui si era innamorato.
Scacciò i ricordi che erano comunque dolorosi e cercò di porre maggiore distanza tra lui e quei trabiccoli di morte, ma di nuovo fu costretto ad interrompere la marcia quando quasi investì un’anziana donna che usciva da una stalla e cercava di rientrare in casa il più in fretta possibile.
“Stai più attenta!” esclamò incespicando ma senza mostrare più del dovuto il volto. In realtà non si sarebbe mai permesso di rivolgere parole sgradevoli ad una donna – in là con gli anni per giunta! – ma aveva deciso di comportarsi come chiunque in quella città ormai disastrata.
La vecchia si inchinò ossequiosa senza ribattere all’ammonimento e squadrò la figura del giovane come per studiarlo. Merlino trattenne il respiro, certo che quella donna lo avesse riconosciuto e da un momento all’altro avrebbe gridato al tradimento. Invece si sentì sfiorare il braccio e gli occhi dell’anziana si insinuarono sotto il cappuccio.
“Voi non siete di Camelot…. ma lo straniero che attendevamo, vero? Venite, venite!” lo esortò a seguirlo verso la stalla, proprio da dove solo un attimo prima, era uscita.
“Non potevo sbagliarmi! Mi avevano detto che eravate molto giovane, occhi azzurri e capelli scuri… Oramai siete la nostra unica salvezza…” continuò la donna facendolo accomodare vicino ad un cavallo che ruminava pigramente.
“Eh… è da molto che mi attendevate?” provò Merlino, reggendo il gioco. Le parole dell’anziana lo avevano preoccupato non poco, perché sapevano tutte di cospirazione.
Quella scosse il capo, sistemando meglio lo scialle sulle braccia. “No no, anzi! Siete anche in anticipo. Tra non molto arriveranno i miei concittadini e chi vi potrà spiegare meglio di me cosa vogliamo che facciate.”
“Contro il re.” Azzardò il giovane, l’intenzione di carpire quante più informazioni possibile. Incredibile che fosse a Camelot da qualche minuto e già stesse salvando il reale deretano a chi non se lo meritava per niente.
La vecchia mostrò un sorriso cattivo al suo interlocutore. “Siete ben informato, vedo. Ma vi spiegherà tutto gente più competente di me.”
Merlino capì che non avrebbe saputo altro dalla donna, per lo meno su cosa ‘lo straniero’ avrebbe dovuto fare. “Non ho avuto difficoltà ad entrare in città… mi aspettavo un dispiegamento di forze contro gli stregoni.”
“E’ perché sono tutti alla ricerca di quel maledetto servo.” Il giovane avvertì un groppo alla gola: ovviamente la colpa di tutto era caduta solo ed esclusivamente su di lui. “Spero lo trovino e gli facciano tanto di quel male… tanto quanto Uther ne ha fatto a tutto il suo popolo! Ah ma anche lui deve pagarla… prendersela con noi innocenti… con mia figlia…” gli occhi della donna si inumidirono e alcune lacrime scivolarono sulle guance. “… non avevamo fatto nulla di male! Solo con quel… Merlino avrebbe dovuto scagliare la sua rabbia! Non su di noi!”
“Possibile che un semplice servo abbia causato tutto ciò? Non potrebbe essere anche colpa… di qualcun altro?” non riuscì a frenare la lingua; non poteva digerire che nessuno avesse anche solo ipotizzato che la colpa fosse anche del principe Artù.
“Non era un semplice servo! Anche lui era uno stregone, come voi!”
“E chi vi dice che io non sia malvagio come lui?” incalzò il giovane, con disappunto.
La vecchia esitò un istante, sorpresa dalla replica. “No… non possiamo saperlo… ma saremmo destinati comunque alla distruzione… non vedete? Camelot non è nemmeno più guarnita come prima! Chiunque potrebbe entrare e conquistarci… siamo in balia di un sovrano che non è più in grado di governarci!”
Merlino aveva sentito abbastanza. “Credo…” la voce si era incupita e aveva chinato lo sguardo per evitare quello della sua interlocutrice, perché avrebbe potuto leggervi rabbia e disgusto dentro.
“Credo che stiano per arrivare i suoi compagni… sento dei rumori sulla strada…”
L’anziana parve riscuotersi e si avvicinò al portoncino per controllare. “Siete sicuro? Io non ho sentito nulla…” il ragazzo nel mentre si era accostato all’uscita che dava sull’altra via. La donna si affacciò del tutto fuori e quando tornò a dedicare attenzione allo straniero, si accorse che era sparito… prima di venir richiamata ancora da qualcuno. “Donna, mi stavate aspettando?” la vecchia si voltò e incrociò lo sguardo di un bambino…
Merlino intanto era sgattaiolato via e con passo svelto decideva di uscire nuovamente da Camelot. Era infuriato e preoccupato nello stesso tempo, sentendo di aver visto e ascoltato fin troppo di tutta quella storia. Ancora turbato sentiva su di sé tutto l’odio di un popolo e un senso di colpa che trovava quanto mai ingiusto. In fondo che cosa aveva fatto lui se non difendersi? Cosa poteva saperne il popolo di cosa fosse accaduto realmente quella notte maledetta? Nessuno avrebbe mai saputo la verità, soltanto lui era a conoscenza di cosa avesse fatto il Principe per meritarsi quelle ustioni. Così come soltanto l’erede al trono sapeva il perché di quel gesto.
Mentre distraeva nuovamente le guardie per uscire da Camelot si chiese quanto desiderio avesse di ritrovarsi faccia a faccia con Artù.

*

La luce delle fiaccole gettava delle ombre sinistre lungo il corridoio. Merlino percorreva la via che portava alle stanze di Artù senza far caso al percorso, tanto lo ricordava a memoria. Era più intento a guardarsi costantemente le spalle e a non far rumore al suo passaggio, più del frusciare del mantello scuro che lo rendeva una macchia nera che alleggiava per il castello.
Si era intrufolato nel palazzo attraverso quel passaggio nelle prigioni, che aveva usato tante volte per fuggire da Camelot… o per aiutare qualcuno a fare altrettanto. Con la sua magia era stato semplicissimo arrivare ai piani più alti, dove vivevano la corte e le autorità e dove un tempo abitava anche lui.
Per un attimo aveva pensato di passare da Gaius ma poi aveva reputato troppo pericoloso quel gesto e al massimo se fosse riuscito a guarire il principe e a fuggire incolume dalla sua stanza, avrebbe potuto anche azzardarsi a cercare il suo tutore.
Trattenne il fiato di colpo, quando percepì un vociare sommesso farsi sempre più intenso: qualcuno si avvicinava e presto lo avrebbe incrociato e visto. Svelto, tornò di qualche passo indietro e si introdusse in una porticina che ricordava condurre alle cucine. Si nascose dietro il legno sperando vivamente che chiunque stesse per passare, non fosse qualcuno affamato proprio a quell’ora della notte.
Dallo spiraglio dell’uscio distinse due figure che parlottavano piano a braccetto, un uomo e una donna. E non fu difficile riconoscere Gwen e Lancillotto in quei volti tirati che però apparivano così intimi tra loro: negli sguardi, nei sorrisi imbarazzati e nella luce che li animava quando erano vicini.
Quando Lancillotto era tornato a Camelot qualche mese prima, aveva sconvolto ogni cosa: Artù conosceva il grande valore del giovane e si era imposto con tutte le sue forze, perché Uther acconsentisse a nominarlo cavaliere. Il principe era un uomo d’onore e conosceva la grande devozione e il coraggio di Lancillotto, che ne facevano un eroe da premiare. Soprassedendo alle occhiate fugaci che si scambiava con Ginevra, Artù aveva discusso a lungo con suo padre e alla fine erano giunti alla soluzione di donargli anzitutto lo status nobiliare e infine di concedergli la nomina a cavaliere di Camelot.
Fu un giorno di festa anche per Merlino, perché col tempo si era affezionato a quel ragazzo tanto puro d’animo da meritare l’investitura e aveva preso a considerarlo un vero amico, anche per la discrezione con cui lo proteggeva, conoscendo la sua natura magica.
Nei mesi successivi però, quelle occhiate fugaci tra Ginevra e Lancillotto divennero qualcosa di più e il giovane non era vincolato dai suoi obblighi come poteva esserlo un principe. Quando la corte del ragazzo si fece più serrata a tutti fu evidente chi avrebbe scelto la serva di lady Morgana, tra un erede al trono irraggiungibile e un dolce amante pronto a stringerla tra le braccia.
Merlino scosse il capo, quando si rese conto che i suoi pensieri erano andati troppo oltre e presto avrebbero raggiunto ricordi oltremodo dolorosi perché potesse lasciarli andare in un momento di pericolo come quello.
Accertatosi che i due amanti fossero svaniti oltre il corridoio, uscì dal suo nascondiglio e riprese la strada verso gli appartamenti reali. Ma evidentemente non aveva tenuto conto di quanto avesse sbagliato a lasciar correre la mente in quel modo, perché non appena si ritrovò a pochi passi dalla porta di Artù, le immagini si susseguirono senza sosta e a niente valse strizzare gli occhi  o scuotere vigorosamente la testa per scacciare via il ricordo di quella notte.
Rivide se stesso, in quel corridoio appena davanti l’uscio della stanza… era sgusciato via spalancando le porte e poi era inciampato stupidamente sui suoi stessi piedi, finendo contro il muro...
Quando tutto si fece troppo da sopportare, aprì la porta e la richiuse velocemente, entrando nella stanza di Artù e ponendo una barriera tra i ricordi e lui.
Si passò una mano sulla faccia e sistemò meglio il cappuccio che ancora gli copriva la testa e parte del volto: una sorta di protezione più psicologica che reale.
Ci volle una buona dose di coraggio per avvicinarsi al letto dove Artù dormiva ma ce ne volle ancora di più per mantenere lo sguardo sulla figura del principe sofferente. Aveva le mani e il busto avvolti nelle bende che si vedevano chiaramente, alla luce fioca di una candela lasciata accesa sul cassettone, macchiate di sangue rappreso. Il sonno di Artù era turbato e una pellicola di sudore bagnava il suo volto, segno che soffriva probabilmente per la febbre.
Merlino dapprima strinse le labbra impaurito, conscio di essere lui la causa di quel patimento, poi però la rabbia ancora una volta prevalse e ripensando proprio a quanto aveva appena ricordato prima di entrare, cercò conforto nella colpa del principe e in quello che aveva fatto.
Non c’era tempo comunque, da perdere in quella circostanza, per questo sollevò una mano e la impose sul petto di Artù senza toccarlo, per paura di un risveglio improvviso. Ripensò alla formula che aveva imparato per guarire le ustioni e la sussurrò proprio mentre gli occhi perdevano quella colorazione acquamarina – anche se al buio diventavano di un blu cupo come il mare in tempesta – e si facevano dorati.
Artù si mosse insofferente nel sonno e Merlino indietreggiò subito ma quando l’altro non diede segno di svegliarsi, controllò che le ferite si fossero rimarginate. Con disappunto notò di aver fallito.
“Riproviamo…” si lasciò sfuggire in un sussurro lieve, rimboccandosi questa volta le maniche del mantello e mettendoci più impegno nel pronunciare l’incantesimo.
Questa volta era certo di esserci riuscito, perché aveva sentito con intensità la magia, nascere dentro di lui e indirizzarsi sul petto del principe. Eppure ancora una volta, controllando lo stato del giovane non riscontrò nessun cambiamento.
Imprecò mentalmente, la rabbia e il nervosismo che aumentavano. Provò ancora un paio di volte, finché non decise di cambiare formula. Forse ci voleva prima un incantesimo di annullamento perché le ferite non fossero più stregate… forse a quel punto poteva guarirle…
Recitò un’altra formula che aveva imparato sui libri di suo padre e come prima sentì distintamente la magia trasmettersi dalla sua mano ad Artù. Convinto di esserci riuscito tentò di nuovo con l’incanto precedente, quello per guarire le ustioni… ma ancora una volta fu un buco nell’acqua.
“Accidenti!” questa volta l’imprecazione sfuggì con più forza e fu costretto a mordersi la lingua per non aggiungere altro o per darsi dell’idiota da solo.
Avrebbe dovuto provare con altro, ricordò altre formule e di nuovo impose la mano, deciso a risolvere il problema entro quella notte. Aveva appena schiuso le labbra, quando il rintocco della campana di allerta, lo fece sussultare. Ritirò la mano, voltandosi verso la finestra, mentre i rintocchi si susseguivano sempre più con maggiore intensità: stava succedendo qualcosa di pericoloso a Camelot e aveva già una mezza idea di cosa si trattasse. Doveva muoversi, provare un ultimo incantesimo se necessario e poi eclissarsi da lì, prima di venire sorpreso – proprio lui! – così vicino ad Artù.
Ma il problema fu che quando tornò a dedicare attenzione al Principe, si ritrovò i suoi occhi chiari che lo fissavano sbigottiti, seppur appesantiti dalla febbre.
Questa volta l’imprecazione risuonò ben più volgare nella sua testa…

Continua…

Sorpresa! =P
Oggi mi sentivo particolarmente giù e mi son detta "pubblichiamo!"... magari qualche bella recensione mi risolleva il morale! ;-)
Siete in tantissimi che leggeteeeeeeee! E le preferenze continuano ad aumentare! Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, anche perchè da adesso in poi giocherò un bel po' con la trama! E ho bisogno di pareri e se volete anche di critiche negative!
A parte questo.... finalmente! Merlino e Artù si rincontrano... nel bel mezzo del caos XD E già una piiiiccola parte della verità è venuta a galla... ve ne siete accorti, no?
Ma cosa accadrà adesso a Camelot? E perchè Merlino non riesce a guarire Artù? E chi attendeva la vecchia cospiratrice? E la domanda che ancora non ha risposta... cosa è successo quella notte?
Il prossimo capitolo, vi anticipo che sarà rocambolesco! Uhuhuhuhuh...
Intanto vi lascio una piccola anticipazione...

“[...] Ohhh… al diavolo!” esclamò di getto, percorrendo a grandi passi rabbiosi la stanza e uscendo sul corridoio. [...]
Merlino guardò dietro di lui per rendersi conto di cos’era accaduto e trattenne il fiato: un gargoyle di pietra aveva preso vita e si era appena accanito contro Uther..."

Ci tengo a ringraziare di cuore:
mindyxx (è un onore essere tra i tuoi autori preferiti =) cmq concordo con te, Uther è riprovevole... ma come sappiamo aveva persino mandato al rogo il povero Gaius... la sua paura verso la magia lo rende folle e qui volevo sottolineare questo passaggio. Spero di non aver esagerato troppo ^^ per quanto riguarda Arthur..... ehm... *fischietting*), Cassandra (no no Merlino ha consapevolmente ferito Artù XD e qualcosa l'ha fatta! Assicuro! ^^), saisai_girl (ma ciaoo! grazie per tutti i complimenti! =) Merlino sì, è tornato per rimettere a posto le cose, ma l'autrice sadica gliele ha incasinate ancora di più! XD ma cmq visto? non potevo tenerli lontano a lungo quei due... ihihihihi), _Valux_ (10 punti per te! e non aggiungo altro... uhuhuhuh ^^) e Dita_Inkiostro (grazie ancora per tutti questi bei commenti! =D e grazie per aver notato il particolare del cambio di punto di vista... perchè lo userò ancora!)

Un grazie anche a tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite, le ricordate e le seguite ^-^ E' un piacere vedere tanto interessamento! Spero di non deludervi! =D
Vi rinnovo la richiesta per qualche commento, soprattutto ora che la trama prenderà una piega un po' più... particolare diciamo. ^^
A presto!
Baci
Ry





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Capitolo 6
*** .6. ***


Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!


SO COSA HAI FATTO


.6.

Artù lo stava guardando fisso. Gli occhi appannati dalle sue condizioni, si assottigliarono per mettere a fuoco l’immagine del volto di Merlino e dei suoi occhi terrorizzati. Ad entrambi fu possibile leggere il pensiero dell’altro, semplicemente perché era il medesimo: l’ultima volta che avevano incrociato i loro sguardi, era stato quella notte…
Non furono che pochi istanti ma parvero lunghi un’eternità; silenzio teso e così denso che toglieva il fiato, rotto solo dalla campana che continuava a risuonare portando sventure.
“Me-…” la bocca di Artù si schiuse senza controllo, pronta a pronunciare il nome del suo servo ma risultò arida e non produsse quasi suono, tanto che il mago pensò di esserselo sognato.
E Merlino era così atterrito e confuso da quella situazione che non riusciva a muovere un muscolo, come se quell’occhiata del principe lo avesse congelato e lui non potesse più muoversi.
Avrebbe dovuto dire qualcosa? O semplicemente scappare? O era Artù che doveva parlare per primo? Lui sapeva, lui aveva causato tutto, doveva scusarsi! O forse quella luce improvvisa che gli aveva attraversato le iridi voleva già spiegarsi?
“Principe Artù! Sire” il richiamo brusco e inaspettato, giunse dalla porta. Entrambi si voltarono verso l’uscio pochi istanti prima che questa venisse spalancata e che due cavalieri – di cui uno Lancillotto – entrassero con aria trafelata e agitata. Artù tornò a cercare Merlino, preoccupato per le sue sorti con due cavalieri pronti a colpire, ma quando si voltò il mago era svanito.
“Sire, dobbiamo portarla via!” nel frattempo i cavalieri si erano avvicinati ai due lati del letto con l’intento di prendere di peso l’erede al trono e di caricarselo sulle spalle.
“Cosa… succede?” riuscì a rantolare, la gola ancora secca un po’ per tutte quelle emozioni un po’ per la febbre alta.
“I druidi ci stanno attaccando! Il popolo li ha aiutati ad entrare e sono arrivati sino al castello!”
Artù lanciò uno sguardo oltre il letto e scorse un angolo del mantello di Merlino che sfuggiva fuori dal paravento dietro cui si era nascosto, ma non disse nulla.
“Non… i druidi…” deglutì cercando di parlare. “I druidi non erano pacifici?” riuscì alla fine a domandare con un filo di voce, mentre i due compagni lo portavano via dalla stanza.
“Forse non come credevamo, sire! Presto, presto! Suo padre ci sta già aspettando!”
Merlino attese impaziente che tutti lasciassero la stanza, prima di azzardarsi ad uscire da dietro il paravento, dove era schizzato con un balzo non appena la porta si era aperta. Ringraziò che l’unica candela emanasse una luce così fioca che il suo movimento era stato inghiottito dall’oscurità.
Adesso però la situazione era critica: Artù era in pericolo, come sempre del resto. Ma stavolta le sue condizioni erano ben più gravi, suo padre ragionava meno del solito e con buona probabilità le uniche persone rimaste fedeli ai Pendragon dovevano essere Gaius e i Cavalieri.
Pochini e inesperti per fronteggiare i druidi…
“Ohhh… al diavolo!” esclamò di getto, percorrendo a grandi passi rabbiosi la stanza e uscendo sul corridoio. Si guardò incontro sbuffando dal naso: voci concitate provenivano dalla sua destra, perciò scelse quella via non sapendo se avesse incrociato i druidi oppure Uther Pendragon e la sua corte. Di sicuro non sarebbe stata piacevole nessuna delle due situazioni…
“Lucertolone maledetto, questa me la paghi!” se la prese con il Drago pur sapendo, in fondo, che la creatura non aveva colpa. La decisione di tornare era stata sua, benché la bestia lo avesse torturato per tre mesi, perché si riavvicinasse al suo destino. Quando aveva visto coi propri occhi cosa era accaduto a Camelot, a Gaius e ad Artù il tarlo del senso di colpa aveva preso a logorarlo e aveva compreso che l’unico modo per fermarlo doveva essere quello di affrontare i suoi fantasmi e il fato.
“Ora però, mi stai mettendo sul serio in difficoltà!” si ritrovò a parlare a chissà chi: come sempre, quando si faceva prendere dal nervoso, la sua lingua perdeva ogni freno e quella bocca rigurgitava qualsiasi cosa gli passasse per il cervello senza passare dal filtro della ragione.
Voltò l’angolo, ritrovandosi davanti il parapetto che si affacciava sul piano inferiore ma si ritirò dietro il muro quando vide numerosi mantelli che svolazzavano di sotto.
Riconobbe i druidi sotto i cappucci, ma cosa che lo preoccupò non poco, fu scorgere il viso apparentemente angelico di Mordred, quel bambino dai grandi poteri che lui stesso aveva salvato dalle grinfie di Uther mesi prima e di cui si era pentito a causa dei problemi che erano sorti in seguito con Morgana.
Strinse le labbra mordendosene l’interno, mentre cercava di vedere cosa stessero facendo. Uno di questi venne richiamato da Mordred che gli sussurrò qualcosa di incomprensibile e un attimo dopo si era già allontanato verso l’armeria. Altri tre vennero mandati al piano di sopra, verso di lui e il giovane mago sentì distintamente le parole “…cercate nella stanza del principe!” pronunciate dalla voce infantile eppure glaciale del bambino druido.
Un lampo di illuminazione colse Merlino, quando si chiese cosa volessero dalle stanze di Artù quando era ben chiaro che l’erede al trono avesse già lasciato la camera.
Senza perdere tempo tornò sui suoi passi, corse adesso senza preoccuparsi di incontrare qualcuno lungo il tragitto. Raggiunse la stanza e filò dritto verso il cassettone che custodiva le chiavi di gran parte delle porte proibite del castello e inspiegabilmente si sentì molto più preoccupato, quando si rese conto che non c’erano.
Chi le conservava, il Re probabilmente o qualcuno di fiducia se mai ce ne fossero più, era in enorme pericolo: Merlino sospettava a cosa servissero quelle chiavi e già una volta i druidi si erano intrufolati nel castello per lo stesso motivo.
Si rigettò quindi per l’ennesima volta nel corridoio, trovandosi però faccia a faccia con i tre druidi inviati da Mordred.
“Ehi tu!”
Merlino lanciò un’occhiata sgomenta, prima di tentare la fuga dalla parte opposta che era meno illuminata. “Fermiamolo! Deve aver preso le chiavi!” e si ritrovò nuovamente ad imprecare. Per quale motivo quel destino che lo voleva protettore di Arthur Pendragon doveva necessariamente essere anche tanto sventurato?
Se i druidi pensavano che le chiavi le nascondesse lui, adesso avrebbe avuto tutti alle calcagna… oppure avrebbe potuto affrontare quei tre e lasciare nell’oblio quell’informazione.
Il corridoio si era fatto ormai quasi del tutto buio; convinto che quelli lo stessero inseguendo a perdifiato, decise di giocare d’astuzia e cercò di ricordare un incantesimo che facesse al suo caso.
Frenò la sua corsa, mormorando un sortilegio che aveva creato in un attimo un filo invisibile tra due colonne gemelle che aveva incontrato sul percorso; poi si nascose dietro una di queste.
I druidi non videro l’ostacolo e capitombolarono letteralmente sul pavimento di pietra in un ammasso di braccia e di gambe.
Gemettero per i colpi ricevuti ma furono velocemente messi a tacere da un nuovo incantesimo di Merlino: tornò il silenzio in quell’ala del castello, solo lo sbuffo divertito del mago nell’osservare i druidi che dormivano profondamente grazie ai tre poderosi colpi dietro la nuca, inferti dal manico di una fiaccola incantata.
Ebbe appena il tempo di compiacersi dell’ottimo lavoro, quando avvertì l’eco di alcune grida che giungevano dall’esterno. Sapeva che continuando per quella direzione avrebbe trovato la scalinata che scendeva verso il cortile, perciò riprese a correre sperando di non arrivare troppo tardi.
Incespicò un paio di volte e quasi scivolò sulla pietra levigata dei gradini, ma non c’era tempo per fare attenzione. Ringraziando chissà chi, per essersi ritrovato sul selciato del giardino senza una costola rotta, si fermò quando vide re, principe e cavalieri accerchiati dai druidi.
L’istinto di tornarsene da dov’era venuto e lasciare chi gli aveva fatto tanto male, in pasto ai tirapiedi di Mordred, per un attimo lo confuse e lo lasciò immobile a scrutare la situazione.
Ma poi tra i volti delle vittime scorse quello di Gaius, atterrito e sanguinante, probabilmente colpito da qualcuno dei nemici. E allora quell’istinto svanì, la rabbia prevalse e un moto di rivincita lo investì, andando a fomentare la magia che era insita in lui.
Doveva fare qualcosa, non era più il momento dei trucchetti, se voleva salvare il suo tutore e dimostrare a quegli idioti dei Pendragon a cosa poteva servire la magia.
Allargò le braccia riportando alla memoria un incantesimo che si era ripromesso di non dover più fare se non in casi di estremo bisogno – e quello, con un esercito di druidi pronti ad usare la magia, gli pareva proprio il caso – per la sua potenza e pericolosità. La prima e l’ultima volta che lo aveva usato, era stato per fermare Nimueh la strega e aveva finito col distruggerla.
Pronunciò la formula mentre nubi scure si addensavano nel cielo. I druidi si accorsero che qualcosa non andava ma quando voltarono le spalle e si accorsero della figura incappucciata che compiva magie, fu troppo tardi. Scariche elettriche, una per ogni druido scesero dal cielo, andando a colpirli; la corte e i reali si gettarono per terra impauriti, mentre gli stregoni lanciavano grida di dolore che si propagarono per tutto il castello e nei dintorni.
Merlino concluse quella tortura prima che potesse divenire letale e mentre i druidi si accasciavano privi di sensi al suolo, già era accorso per convincere il gruppetto perseguitato a seguirlo in tutta fretta. Si era liberato velocemente di tutti quei nemici, ma col boato che aveva generato, aveva sicuramente attirato l’attenzione di Mordred e del suo seguito.
“Venite con me, presto!” esclamò; il cappuccio era ancora calato sul viso e la pioggia, conseguenza del temporale che aveva generato, rendeva bassissima la visibilità.
Il gruppo – tra cui aveva notato anche Gwen, due dame e lo storico di corte – lo seguì senza indugio, nonostante un paio di cavalieri portassero in spalla Artù e alcuni altri trascinassero un restio Uther che voleva collaborare molto poco. Cercò di non soffermarsi troppo sulla vista del principe che non riusciva a reggersi nemmeno in piedi per colpa di quelle ustioni stregate e si impegnò a portarli tutti in salvo.
Continuando a nascondersi sotto il mantello, Merlino li condusse senza problemi verso i sotterranei e prima di trovare resistenza, spiegò frettolosamente e senza voltarsi indietro. “C’è un passaggio nelle prigioni, useremo quello per uscire fuori di qui!”
Dal cortile rientrarono quindi nel castello di corsa, dove il mago sapeva esserci una scorciatoia per raggiungere le segrete. Per sua fortuna nessuno si era ancora chiesto come facesse quello straniero a conoscere a menadito la fortezza di Camelot.
Percorsero in un silenzio teso, rotto soltanto dagli ansimi agitati degli uomini e dai singhiozzi delle donne,  il dedalo di corridoi che portava alla scalinata giusta. Merlino sperò con tutto il cuore di non trovare altri ostacoli, aveva immaginato che gli ingressi principali fossero tenuti d’occhio e che i druidi fossero a conoscenza che i Reali si nascondessero ancora nel castello. Uther poi, portava ancora le chiavi appese alla cintura, il mago le aveva notate quando si era avvicinato nel cortile e poteva solo immaginare il pericolo che corressero tutti quanti.
Mordred lo preoccupava. Aveva sentito in lui una magia ben più potente rispetto all’ultima volta che si erano incontrati e quegli occhi freddi nascondevano propositi che sicuramente non sarebbero stati piacevoli per chiunque si fosse opposto al suo cammino.
Sospirò di sollievo quando vide la famosa scalinata e affrettò il passo per raggiungerla; ancora un ultimo sforzo e presto sarebbero stati fuori da Camelot, al sicuro…
“Sire!!” un gemito del sovrano e poi le esclamazioni preoccupate dei suoi cavalieri, avevano interrotto quel momento di conforto.
Merlino guardò dietro di lui per rendersi conto di cos’era accaduto e trattenne il fiato: un gargoyle di pietra aveva preso vita e si era appena accanito contro Uther.
“Scendete! Presto scendete tutti!” gridò dimenticando improvvisamente di celare la sua identità. Fortunatamente il gruppo era troppo scosso e spaventato, per mettere a fuoco la situazione e anzi i cavalieri che reggevano Artù, si erano già mossi per portarlo in salvo, ancora prima che Merlino parlasse.
Il giovane scorse un’occhiata spaventata ma sollevata nello stesso tempo di Gaius, quando lo incrociò e lui non poté che sorridergli velocemente, imprimendo in quella fugace espressione le mille e più parole che avrebbe voluto dirgli.
In pochi minuti tutti furono sulle scale e Merlino iniziò a pronunciare l’incantesimo che ricordava aveva fermato già una volta quelle creature di pietra; nel mentre il gargoyle aveva preso Uther per le gambe e il sovrano si dimenava aumentando la rabbia della bestia.
Un colpo inferto dalla mano di roccia, non permise al mago di completare il sortilegio, che finì contro il muro perdendo il respiro. Uther continuava a gridare e agitava la spada che aveva estratto dalla cintura colpendo inutilmente il gargoyle.
Merlino si rese conto che la creatura cercava di recuperare le chiavi e fu a quel punto che optò per la mossa più stupida che avesse mai fatto. Con la magia fece schizzare le chiavi dalla cintura del sovrano fino a lui; mentre acchiappava il mazzo al volo, Uther veniva lasciato andare per terra, come se non fosse più utile.
Adesso però, l’obiettivo era diventato lui.
Rendendosi conto di ciò che aveva fatto e dandosi mentalmente dell’idiota, acchiappò per un braccio il re e se lo trascinò dietro mentre era ancora frastornato. Lo spinse verso la scalinata obbligandolo a scendere e non ebbe il tempo di accertarsi se avesse eseguito il comando, perché il gargoyle lo afferrò per le spalle e lui lanciò un grido spaventato.
Reagì nell’unico modo la sua mente atterrita gli suggerì: lanciando lontano le chiavi.
Prima di rendersi conto di aver fatto una cosa ancora più stupida della precedente, era a terra, dolorante, e il gargoyle gli aveva dato la schiena per riprendersi il mazzo.
Merlino scappò a sua volta verso la scala, imprecando adesso a volume altissimo per tutta la situazione in cui si era cacciato.
“Ma certo Merlino! Proprio una bella idea hai avuto! Salviamo il sovrano che ti vuole morto! Rischiamo ancora la vita per quel cretino che ti ha quasi-“ le lamentele gli morirono in gola, quando scese al piano inferiore e si rese conto di cosa era successo in sua assenza.
I druidi sorvegliavano anche il passaggio, era evidente. E in fondo Merlino avrebbe dovuto aspettarselo, perché era da lì, che lui, Morgana e Artù, avevano fatto fuggire Mordred.
Ora quattro o cinque druidi – Merlino non li contò perché gli sembravano comunque troppi – puntavano i palmi delle mani verso la corte e i sovrani, le espressioni sui volti di pura crudeltà.
Il giovane guardandoli, seppe con certezza che quelli non erano i druidi che aveva conosciuto in passato e che Mordred si era sicuramente avvalso di altri stregoni che si erano poi spacciati per quel pacifico popolo di maghi.
Restò fermo sui gradini, fissando gli avversari con un certo nervosismo. Il cappuccio che lo nascondeva inoltre, gli era caduto sulle spalle e adesso il suo viso era in bella mostra anche a chi stava proteggendo. Sentiva gli sguardi di tutti fissi su di lui e la cosa lo agitava maggiormente.
Cosa poteva fare adesso? Sopra c’era ancora il gargoyle, a giudicare dagli strepiti e giù la via di fuga era bloccata. Inoltre erano al chiuso e l’incantesimo che aveva usato prima nel cortile era irrealizzabile, oltre al fatto che aveva consumato anche troppa energia per quel giorno e non sapeva quanto ancora avrebbe resistito.
Doveva creare un ostacolo tra i druidi e la corte, innanzitutto, poi avrebbe deciso come muoversi. Si rendeva ben conto di essere l’unico tra i presenti a poterli difendere, anche dopo il richiamo del re, che si era appena riavuto e lo aveva riconosciuto.
“Tu…” aveva infatti sibilato, puntandogli contro quel maledetto dito indice che aveva causato tanto dolore.
I druidi parvero divertiti dalla cosa, anche perché avevano anch’essi capito chi fosse quel mago e indietreggiarono verso il cunicolo che portava alla salvezza per godersi la scena di re Uther che si scagliava contro Merlino.
Ma il giovane colse al volo il momento e prima che il re potesse raggiungerlo, esclamò un incantesimo, rendendo i suoi occhi d’oro splendente.
In un attimo la galleria dove erano gli altri stregoni, crollò sollevando un polverone ma ponendo una sicura barriera tra le vittime e i carnefici. Merlino scese gli ultimi gradini di corsa e accorciò la distanza con gli altri… prima di deviare verso un altro cunicolo.
“Svelti, venite da questa parte!”
Il gruppo – Gaius in testa e Lancillotto che sorreggeva assieme a Sir Leon il principe – lo seguì; si attardarono alcuni cavalieri e Uther, che non voleva più seguirli, ma diverse voci infuriate aumentavano di tono sopra le loro teste e presto altri druidi li avrebbero raggiunti.
Merlino tornò indietro gridando verso i ritardatari. “Non c’è tempo, muovetevi!” e quando alla fine i cavalieri riuscirono a trascinarsi dietro Uther, Merlino in coda si voltò verso l’entrata del cunicolo e recitò un nuovo incantesimo che murò completamente il passaggio, come se non fosse esistito.
Percorse la galleria che scendeva in profondità e sentì nelle narici quell’odore di umido così familiare che tante volte aveva respirato, quando si era recato lì sotto.
Sollevò il capo e cacciò un sospiro – ancora doveva accertarsi se di sollievo oppure no – ritrovandosi davanti le caverne in cui fino a pochi mesi prima era rinchiuso il Grande Drago.
Ma poi dovette fermarsi, perché se avesse fatto un altro passo in avanti, la punta fredda della lama di Uther, lo avrebbe trapassato.

Continua…

Aloha!! Oggi per me è una bella giornata, perciò ho deciso di pubblicare prima questo capitolo per far contenti anche tutti quelli che mi leggono! =)
Allora, che dire? Finalmente un po' di azione! E come al solito Merlino si fa in quattro per tutti XD Spero vi sia piaciuta questo primo momento di azione e che non sia parso troppo confusionario! Ecco, spero di avere i vostri pareri, perchè non so quante volte me lo sono letto XD E alla fine facevo ancora correzioni!!
Per le domande, stavolta le lascio a voi ;-)
Intanto voglio ringraziare tutti coloro che leggono (siete taantiiiiiii) questa storia e l'hanno inserita tra le preferite, le ricordate e le seguite! E come sempre vi invito ai commenti!!! Che mi spronano e mi fanno venir voglia di pubblicare e di scrivere i capitoli che restano! ^^
Ovviamente un ringraziamento speciale a rolly too (grazie per i commenti e per essere uscita dall'anonimato =D ti confesso che il Drago lo adoro anch'io! Ho sempre paura faccia un po' la suocera, perciò scrivo con molto impegno le sue parti! ;-) ci sentiamo alla prossima!), Cassandra (per le risposte ad alcune delle tue domande c'è da aspettare un poco... ma poco poco, promesso! =) cmq ci sei vicina!), mindyxx (ebbene sì, ecco che entra in scena Mordred! Le cose si fanno ancora più pesanti! E Merlino, diciamo che ha avuto il suo bel da fare, perciò non ha potuto dedicarsi ancora alle ferite di Artù... ma lo farà! Ohhh se lo farà! =D), DalamarF16 (grazieeeee!! Sono contenta! ^^), bilancina92 (ehm... e vedessi ora che fa Uther.... ^^'), basimov (lo ammetto, lasciare col fiato è la mia passione! XD) e saisai_gilrl (grazie per tutto, ovviamente! E ti posso anticipare che quei due non si separeranno... anzi.... uhuhuhuh)

Ora vi saluto!
Un bacio a tuttiiiiiiii!!!
Ry

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Capitolo 7
*** .7. ***


Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!

SO COSA HAI FATTO


.7.

“Sire, vi prego!”
La voce di Gaius ruppe quel silenzio denso di emozioni. Fece un passo in avanti ma non osò avvicinarsi troppo per paura di una reazione da parte di Uther. Il sovrano teneva in trappola Merlino, la punta della lama contro il suo petto, pronto a trafiggerlo, e lo sguardo infuriato fisso negli occhi del giovane.
“Dove ci hai condotto, assassino?” domandò frenando a malapena la voce per la rabbia. Merlino sentì la lama premere un po’ di più contro la stoffa del mantello e non riuscì a celare una certa preoccupazione. Anche se poteva difendersi con la magia, la situazione era troppo complicata… e poi non aveva nessuna intenzione di colpire un Pendragon, un’altra volta.
“Al sicuro… per ora.” La voce gli uscì un poco roca ma fu salda nel rispondere. Continuava a guardarlo negli occhi cercando di trovare le parole giuste per calmarlo. Impresa ardua, indubbiamente. “Dovreste conoscere questo posto, sire. Una volta era prigioniero il Grande Drago qui.”
“E tu come fai a saperlo? Vorresti forse dirmi che sei stato tu a liberarlo?”
Pessima mossa. Merlino deglutì rendendosi conto dell’enorme idiozia commessa. Doveva calmare il re, non aizzarlo maggiormente!
“Voglio… voglio solo dire che questo è l’unico posto dove i druidi non ci troveranno. Vi ho condotto qui perché non c’era modo di uscire dal castello senza rischiare la vita… e inoltre…” il mago azzardò non sapendo quale reazione avrebbe ricevuto in cambio “…e inoltre per le strade di Camelot non avremmo avuto vita semplice. Il popolo è in rivolta.”
“Come ti permetti, maledetto!” Uther esclamò caricando l’arma, pronto a colpire, ma questa volta Gaius lo prese per un braccio.
“Sire, no! Merlino ci ha salvato la vita!”
Il sovrano strattonò l’arto e Gaius barcollò pericolosamente: Merlino si rese conto di quanto fosse invecchiato di colpo in quei mesi.
Nello stesso momento anche due cavalieri si fecero avanti per intervenire ma era incomprensibile capire se in favore del sovrano oppure del mago.
“Salvato? Ci ha portato in una trappola! Non esistono vie d’uscita da questa caverna se non quell’apertura a centinaia di piedi sopra le nostre teste! Meriti solo di morire!”
Merlino evitò di sollevare il capo per guardare l’unica via di fuga da quel luogo, una fessura che sbucava appena fuori le mura della città, in una radura nascosta. Era troppo impegnato a pensare ad un incantesimo che lo proteggesse dalla lama, prima che venisse colpito.
Velocemente Uther avanzò e caricò nuovamente il braccio mentre Merlino dischiuse la bocca pronto all’incanto; le donne lanciarono un grido acuto e coprirono il volto per non vedere altro sangue…
“Padre!”
Quel richiamo congelò ogni azione. Uther bloccò la lama a mezz’aria, come colpito dalla voce del figlio che era risuonata nella caverna con un tono che sapeva molto di supplica. Merlino inghiottì le parole e spostò lo sguardo dietro le spalle del sovrano, dove un Artù ancora più sofferente cercava di fermare quella carneficina, sorretto a due spalle da Lancillotto e Sir Leon.
“Padre, fermatevi. Non dovete uccidere Merlino!”
Uther si voltò a guardarlo sgomento, gli occhi chiari spalancati. “Hai perso il senno, forse? Questo… servo ti ha tradito! E’ lui che ti ha ridotto in queste condizioni!”
Artù sembrava soffrire per ogni parola pronunciata e Merlino per la prima volta dimenticò la rabbia nei suoi confronti e lo vide semplicemente per quello che era: un uomo sopraffatto.
“Non è stato… Merlino non voleva farmi del male…”
Il mago si fece più attento, un bagliore di sollievo a riscaldargli il petto. Era la verità quella che stava per ammettere?
“E’ stata… è stato un…. suo errore.” La voce dell’erede al trono vacillò pericolosamente e sul finire perse di tono fino a spegnersi, come se fosse stato troppo lo sforzo per parlare… o per mentire.
Merlino ritirò velocemente tutto. Strinse le labbra scuotendo appena il capo per ciò che aveva udito, rendendosi conto di quanto fosse stato stupido ad avere avuto anche solo per pochi istanti, pietà di lui. Artù non era in grado di ammettere la sua colpa e questo riportava a galla ogni singola umiliazione che gli era stata causata quella notte.
“Come sarebbe a dire…” Uther non voleva convincersi, quella spada puntava ancora il traditore senza voler accennare una resa.
“Padre, è quello che ho detto.” Artù sospirò gemendo per le ustioni ma continuò a parlare in difesa del mago… e sua. “Merlino mi ha sempre protetto con la sua magia… quella notte l’ha usata contro di me per errore… credeva fossi qualcun altro… un nemico…”
Il giovane mago sarebbe potuto scoppiare a ridere. Era come stesse dicendo la verità in fondo, no? Eppure riusciva a distorcere ogni singola parola facendo credere a tutti che lo sbaglio era comunque stato suo. Peccato non avesse considerato un piccolo particolare: che lui aveva colpito volutamente l’erede al trono, ma solo per difendersi e per non permettergli di umiliarlo più di quanto non avesse fatto.
“Ho cercato di dirvelo in questi mesi ma voi eravate sordo ad ogni mia parola! Adesso ascoltatemi e abbiate fiducia in Merlino… se non ci fosse stato lui a quest’ora giaceremmo nel cortile senza vita…” dopo aver parlato, Artù prese a tossire, scosso dai brividi e Gaius gli andò incontro perché i cavalieri lo stendessero a terra. La fuga e poi lo sforzo di opporsi a quel genitore tanto forte lo avevano debilitato maggiormente ma Merlino fece finta di non vedere e tornò a dedicare attenzione al sovrano. Sentì il bisogno di risolvere quella questione in fretta, aveva usato troppa magia per quel giorno e una pesante stanchezza aveva iniziato ad angustiarlo. Doveva risposare o sarebbe crollato da un momento all’altro.
“Se mi uccidete… nessuno potrà curare le ferite di Artù.” Si costrinse ad una buona dose di coraggio per pronunciare quelle parole. Nel farlo continuò a guardare negli occhi il re, sperando di intimorirlo. Aveva compreso che convincerlo semplicemente a parole, non lo avrebbe smosso di un millimetro; quello che doveva fare era giocare d’astuzia, usare la sua paura per la magia e l’istinto di protezione verso il figlio per costringerlo alla resa.
Uther infatti, fu colpito da quel ricatto molto più che dalle suppliche della sua prole. Abbassò velocemente la spada e per un momento quello sguardo di ghiaccio si perse confuso.
Merlino capì di aver fatto centro e rincarò la dose, una volta per tutte. “Guarirò Artù dalle sue ustioni e vi porterò fuori di qui, sire. Ma tutto a tempo debito. Ora siamo tutti stanchi e scossi…” evitò di informarlo che non avrebbe potuto più compiere nemmeno un piccolo incantesimo. Aggirò il sovrano per allontanarsi un poco e riprendere a respirare ma si accorse che qualcosa ancora gli opprimeva il petto.
“Oltre quelle rocce c’è il torrente sotterraneo che fornisce acqua a Camelot e per il cibo me ne occuperò io…” ansimò. Nel frattempo i presenti si erano mossi per controllare là dove Merlino aveva indicato la preziosa risorsa data dall’acqua e Sir Leon – che aveva lasciato Artù alle cure del medico di corte – aveva iniziato a dare ordini su come accamparsi. Re Uther restò ignorato sul pianale, lo sguardo dapprima vagò verso i sudditi, che silenziosamente gli avevano voltato le spalle per dare ascolto al mago, poi si perse nel vuoto. Non disse nulla, mentre calava la lama verso il basso, come sconfitto.
Lo lasciarono tutti lì, senza obiettare e forse anche risollevati perché tutte quelle sofferenze in fondo, quella fuga, il popolo in rivolta, i druidi in una Camelot sguarnita dell’esercito… era tutto colpa sua. E ora che qualcuno aveva finalmente zittito re Uther, un sentimento comune di conforto aveva unito tutto quel gruppo di sopravvissuti.
Merlino dal canto suo, voleva essere lasciato solo. Aveva fatto fin troppo da quando aveva deciso di tornare nella città dei Pendragon e ora si era persino cacciato in quella assurda situazione. In trappola, assieme alle persone che più lo avevano ferito e con un fardello sulle spalle dato dal destino, che in quel momento gli pesava troppo.
Annaspò nel mantello, togliendoselo dalle spalle e gettandolo su una roccia. Camminò un poco per porre distanza tra il gruppo e lui ma dopo pochi passi dovette fermarsi.
La vista si annebbiò improvvisamente e il mondo prese a girare tanto da nausearlo. Prima che potesse rendersene conto, era a terra privo di sensi.

*

La prima sensazione che percepì quando si riebbe dall’incoscienza, fu di scomodità. Capì di essere steso per terra, un tessuto sottilissimo – forse il suo stesso mantello – che lo separava dalla roccia dura e fredda. La testa gli doleva proprio per la posizione scomoda… o forse perché aveva chiesto così tanto al suo fisico, che questo aveva trovato un unico modo per ribellarsi: causandogli uno svenimento.
Riaprì gli occhi, passandoci una mano sopra per stropicciarli e quando si sollevò sui gomiti, cercò di mettere a fuoco la situazione. Lungo la riva del torrente, poco più in là, i superstiti della corte di re Uther si erano accampati e dormivano quasi tutti, avvolti nei loro mantelli; qualcuno dei cavalieri aveva indosso l’armatura quando erano stati attaccati e i pezzi erano stati messi a disposizione per trovarne altri usi. Non c’era fuoco, ovviamente nessuno avrebbe saputo come accenderne uno senza risorse e Merlino notò che molti – le donne in particolare – tremavano per il freddo.
Scostò lo sguardo e notò Uther ancora sul pianale. Si era seduto in disparte, isolato da tutti e pareva sveglio, nonostante lo sguardo spento, fosse perso nel vuoto. A Merlino per un attimo fece pena ma poi pensò bene che non fosse il caso di abbassare la guardia, perché sapeva quanto i Pendragon fossero volubili per natura.
Decise di ignorare anche lui e chinò lo sguardo in cerca di Gaius. Lo trovò che si era appisolato contro una roccia, una boccetta di medicamenti ancora tra le mani. Aveva notato la sua borsa di cuoio che evidentemente era riuscito a riempire con tutto quello che aveva trovato in fretta e furia, prima di scappare. Come sempre previdente, pensò sorridendo.
Il gesto si spense però, quando notò chi vegliava accanto a lui. Artù respirava a fatica, sicuramente preda di forti spasmi dovuti alle ustioni ma era sveglio. Gli occhi semichiusi lo scrutavano silenziosi e il mago si sentì così a disagio che si affrettò a rialzarsi dal giaciglio sbrigativo su cui era stato adagiato quando era svenuto, nonostante la testa girasse ancora quando fu ritto in piedi.
Non voleva parlare con lui e non perché non ne avesse il coraggio ma semplicemente perché non era in grado di frenare il disprezzo nei suoi confronti; e ancora una volta domandò a se stesso perché si fosse dato tanta pena per lui, fino a rischiare la vita ritornando a Camelot.
Si avvicinò al resto della corte e prese dei sassi mettendoli in circolo. Mentre alcuni cavalieri osservavano le sue mosse, impose la mano sul cerchio e poco dopo un fuoco ardeva nel mezzo, riscaldando le immediate vicinanze.
Si allontanò poi, lasciando riposare tutte quelle vittime della follia di Uther e cercò un posto per sedersi e riflettere in solitudine.
Socchiuse gli occhi, quando finalmente si accomodò tra due speroni che a prima vista erano sembrati confortevoli ma che poi si erano rivelati peggio del punto in cui prima dormiva.
“Che farai adesso?” la domanda risuonò nella sua testa, facendolo sobbalzare. Si guardò intorno e poi lanciò un’occhiata verso gli altri ma si rese conto che solo lui aveva sentito quella voce.
Ricordò di un appunto sui libri di suoi padre: i Signori dei Draghi potevano comunicare anche mentalmente con le creature, senza dover rendere tutti partecipi delle loro conversazioni.
Merlino si concentrò per mantenere la comunicazione col Grande Drago, che sentiva essere molto vicino. Forse proprio sopra le loro teste, dove la caverna si apriva con una fenditura nascosta, unica via di fuga da quel luogo.
“Tu che mi consigli? Mi sono cacciato in un bel guaio…”
“Sei diventato perspicace, Merlino.”
“Fai poco lo spiritoso! Io non ci volevo nemmeno tornare a Camelot! E adesso guarda dove sono… e con chi sono!”
“Sei con l’altra faccia della medaglia… non vedo dove sia il problema.”
“Il problema è Artù! Dovresti sapere come la penso.”
“Il tuo problema è il principe, così come il problema del principe se tu, Merlino. Finché vi considererete entrambi un ostacolo, non andrete mai incontro al destino.”
“Anche tu sei perspicace a quanto vedo…”
“Non essere offensivo, giovane mago! Dovresti ringraziarmi invece per essere qui!”
“Bene. Grazie. Ora mi potresti aggiornare sulla situazione… lì sopra?”
“Non c’è bisogno che te lo dica, dovresti saperlo.”
“Hanno preso il Cristallo di Neahtid, vero? E’ per questo che volevano le chiavi, per entrare nella stanza del tesoro…”
“Ti avevo già avvertito molto tempo fa su quel bambino… Mordred. Era pericoloso all’epoca e adesso lo è ancora di più. Con il cristallo nelle sue mani, potrebbe accadere di tutto.”
“E cosa possiamo fare?”
“Hai detto bene, Merlino. Possiamo. Tu e il principe dovrete collaborare.”
“Ripeto la domanda allora… cosa posso fare?”
“E io ti darò la medesima risposta. Devi collaborare con l’erede al trono.”
“Non posso semplicemente combatterlo io, Mordred? Artù non si regge neanche in piedi!”
“Questo perché non sei in grado di curarlo.”
“Guarda che ci ho provato! Solo che… non lo so, c’è qualcosa che non va… come se…”
“Non hai usato il metodo giusto.”
“Non conosco altri incantesimi di guarigione.”
“Continui a non ascoltarmi. Ti ho già detto che non tutti i problemi si risolvono con la magia!”
“Scusa, ma non capisco!”
“Non è una novità…”
“Adesso sei tu che offendi…”
“Io dico solo la verità, giovane e ottuso mago. Pensa bene alle mie parole e vedrai che riuscirai a guarire il principe.”
“Nel frattempo non posso provare a combattere io contro Mordred?”
“No.”
“…. Potrei almeno sapere il perché?”
“Perché non è nel tuo destino scontrarti direttamente con lui. Solo Artù Pendragon si batterà contro il druido.”
“Oh bene! Un’altra cosa incomprensibile! Perché mai un essere umano qualsiasi è più indicato di un mago per combattere un altro mago?”
“Perché così ha deciso il destino… e perché il principe avrà con sé un’arma invincibile con cui lo fermerà.”
“E sarebbe?”
“Hai già scordato ciò che abbiamo creato assieme, Merlino? Quella spada così pericolosa quanto potente; l’arma che solo un uomo aveva il diritto di impugnare e che adesso giace nelle profondità di un lago.”
“Ah…”
“Vedo che questa volta hai compreso.”
“Quindi devo andare a recuperarla?”
“Dovrete andare a recuperarla.”
“Non posso andarci solo, finché Artù non guarisce?”
“No.”
“Mi spiegherai il perché o devo continuare a fare domande come un babbeo?”
“Dovrete andare assieme, questo è quanto.”
“Io non ci parlo con lui.”
“Dovrai farlo, è tuo dovere…”
“Sì sì, ho capito. E’ il mio destino, è la strada da compiere, sono le due facce della medaglia… ma posso capire perché tocca sempre tutto a me? Cosa ho fatto di male!”
“Giovane mago, è il destino che ci sceglie, noi non abbiamo colpe.”
“Già… vallo a dire al padrone.”
“La colpa dell’erede al trono è stata quella di voltare le spalle al suo destino.”
“Allora mi dai ragione!”
“Ma la tua colpa è la medesima. Adesso dovrete ricercare assieme la strada che avete perduto e riprendere a percorrerla. Il tuo ritorno a Camelot si può già considerare un primo passo.”
“Peccato me ne sia già pentito…”
“Avrai altro di cui pentirti, stanne certo.”
“Oh grazie, davvero. Sei proprio di conforto!”
“Ora devo allontanarmi, manca poco al sorgere del sole e non è sicuro che io mi trattenga qui. Prendi.”
Dal cielo caddero alcune carcasse di animali che si posarono sul pavimento con un tonfo sordo. Merlino le osservò sorpreso e si accorse – dal sangue ancora caldo che fuoriusciva dalle ferite provocate dai morsi – che erano appena state uccise. Sollevò il capo, comunicando un’ultima volta con il Grande Drago.
“Perché lo fai? Non detestavi i Pendragon e Camelot? Perché li aiuti?”
“Perché è il mio destino. Quando tu mi hai salvato la vita, io ti sono diventato debitore. Adesso è venuto il momento di scontare quel debito.”
“Anche se continui ad odiarli?”
“Non posso perdonare Uther Pendragon per avermi rinchiuso in questa caverna. Ma non posso respingere il destino che mi ha avvicinato a te. Rammenta queste parole, Merlino. Ti saranno utili!”
Il ragazzo sentì un rumore in alto, come il battito potente delle ali della creatura.
“Grazie!!” gridò, dimenticando di comunicare solo con la mente. Non ricevette risposta, invece dietro di lui qualcuno si era avvicinato.
“Con chi stavi parlando?”
Merlino si rivolse al suo interlocutore e finalmente riuscì a sorridere. “Gaius… parlavo con un amico.”

Continua…

Saaaalveee!! ^^
Rieccomi qui con un nuovo capitolo! Stavolta è passato un po' più tempo, per via delle ultime ispirazioni ricevute che mi hanno momentaneamente allontanato da questa long-fic. Anzi a proposito mi faccio pubblicità e vi invito a leggervi "I doveri di un servo", una Arthur/Merlin pre-slash un bel po' ironica XD e a cui sto pure lavorando con un seguito! ;-)

Ma rieccoci qui! Allora, piaciuto questo capitolo?
E la lenta distruzione di Uther? Quale miglior vendetta se non una sana ferita psicologica (che spero di aver reso evidente... non vorrei non si fosse capita ^^')? Cmq assicuro che non è nemmeno tutto! ;-)
E il Drago che parla con Merlino vi è piaciuto? Io adoro le loro conversazioni XD spero lo sia anche per voi!

E ora una piccola anticipazione!

<<“Mi sei mancato, sai?”
Gaius spostò la mano sul braccio e lo strinse forte, come a volergli trasmettere tutto l’affetto paterno che provava per lui. “Anche tu, Merlino." [...]

[...]Vide Merlino in piedi, accanto a lui e cacciò un sospiro dal naso: doveva parlare col suo servo.>>

Ehehehe.... chiarimenti in arrivo?? ;D vedremo....

Intanto faccio velocemente alcune specificazioni:

- Il cristallo di Neathid è citato nell'episodio 2x11 "The Witch's Quickening" ed è quel cristallo che Morgana ruba per conto di Mordred e che poi provoca le visioni a Merlino circa l'attacco del Grande Drago;

- Per quanto riguarda i cavalieri di Camelot, ci tengo a precisare una cosa =) Ebbene, ho giocato molto sul fatto che sono totalmente stufi di Uther, sono spaventati da ciò che accade loro intorno in quanto completamente ignoranti sulla magia e su come combatterla e quindi sono tutti in balia degli eventi. E' per questo che non attaccano il mago sconosciuto che salva loro la vita. E quando poi scoprono che è Merlino, ormai sono troppo impegnati a scappare verso l'unica via d'uscita che viene loro posta, per rifiutarsi (anche se quando fuggono nella caverna, i primi ad aprire la fila sono proprio Gaius e Lancillotto che conoscono Merlino e non a caso qualcuno resta pure indietro, tanto che il nostro caro mago deve andare a recuperarli =D) Anche quando sono nella caverna, come avrete notato non reagiscono ma perchè sono semplicemente spaventati e in fondo non approvano la rabbia di Uther. Dopotutto lui li ha portati ad una Camelot invasa, mentre Merlino ha appena salvato tutti.

- La caverna del Drago. Ora. La cosa della fessura io me la sono inventata perchè noi non l'abbiamo mai vista ma a pensarci bene, sto Drago quando era incatenato da dove si recuperava il cibo? E da dove è scappato poi? Quindi una via d'uscita ci deve essere per forza, là sotto. Io ne ho semplicemente ipotizzata una molto semplice, per esigenze... di copione diciamo XD

E ora i ringraziamenti!!! ^^
Innanzitutto grazie a chi legge, a chi ha aggiunto questa storia tra i preferiti, tra le ricordate e tra le seguite (che continuano ad aumentare *-*) E a voi lettori silenziosi, continuo ad incitarvi A COMMENTAREEEE!!! Perchè son curiosa di sapere!! *-*

E poi un ringraziamento particolare a: bilancina92 (Uther è un idiota ma adesso non lo ascolta più nessunoooooo XD la questione della guarigione è più complessa di quel che sembra! Ma vedrai che guarirà... forse....^^ <- sadica); Cassandra (spero di averti chiarito il dubbio! Tante volte ho paura di non farmi capire da chi legge... cmq per qualsiasi domanda, sono qui!! ^^); mindyxx  (cara, la suspance è il mio mestiere! <- egocentrica XD scherzi a parte, adesso hai visto com'è andata con Uther? Merlino alla fine è stato costretto al ricatto, povero cuore. Come dire... con le buone maniere si ottiene tutto! XD e grazie per i complimentiiiiiii!!!); Ramiza (ti ringrazio davvero tantissimo! Sono contenta =) Ebbene sì, Merlin poraccio alla fine è pure svenuto per la stanchezza! Ma Uther almeno per ora è sistemato!! ^^); DalamarF16 (grazieeeeeeeeee!!!! =D Ci tengo sempre tanto alla descrizioni, perchè voglio che chi legge si cali sempre nelle mie ambientazioni ^^); saisai_girl (eeeeeh Merlino è giusto perchè è nella sua natura. Non lascerebbe mai morire Uther. Però almeno un poco ha cacciato fuori le unghie! D'altronde mors tua, vita mea, no? ;-D)

E con questo chiudo =D Grazie ancora a tutti e ancora una volta vi invito a lasciato un commento!
Ci sentiamo presto!!
Baciiiii
Ry


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Capitolo 8
*** .8. ***


Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!


SO COSA HAI FATTO


.8.

“Un amico?”
Gaius si era avvicinato lentamente, cercando di non inciampare tra le rocce. Merlino lo aveva osservato per una manciata di secondi, per studiarlo.
“Il Drago è venuto a scontare il suo debito.”
Il medico di corte lanciò un’occhiata sorpresa verso il ragazzo e lui gli indicò le carcasse che giacevano poco lontano.
“Ci ha portato da mangiare… e mi ha spiegato un po’ di cose.”
Merlino sedette tra le rocce, come prima e invitò Gaius a fare altrettanto: finalmente poteva parlare in tutta tranquillità con il suo mentore; a dirla tutta non era nemmeno riuscito a salutarlo come avrebbe voluto.
Il vecchio accettò di buon grado quell’invito e gli fu accanto con un sospiro stanco.
“C’è ancora qualche speranza lassù?”
“Forse…devo… dobbiamo recuperare una spada....”
“E con quel dobbiamo, intendi tu… e Artù?” Azzardò Gaius, osservandolo. Merlino annuì sfuggendo a quello sguardo e torturando un lembo della manica della casacca.
“Dovresti parlarci.”
“No.” Replicò il giovane, sbrigativo. Tornò a dedicargli attenzione, puntando gli occhi azzurri in quelli scuri del suo tutore. “Il Drago si sbaglia, posso anche recuperare quella maledetta spada da solo! Non ho bisogno del principe!”
“Merlino, il principe conosce perfettamente la sua colpa e credimi ne è dispiaciuto!”
“Prendi le sue difese ora?” il mago iniziò a scaldarsi e il suo tono di voce si alzò abbastanza da far sollevare alcune teste, vicino all’accampamento.
“Non prenderò le difese di nessuno finché non saprò cosa è accaduto veramente quella notte.” Sentenziò risoluto Gaius.
Il giovane invece scosse la testa e sulle labbra si dipinse una smorfia di fastidio. “Non voglio parlarne…”
Il medico sospirò ancora, socchiudendo gli occhi e poi posò una mano sulla sua spalla. “Ho visto soffrire il principe per questa storia e vedo soffrire anche te, adesso. Non potete andare avanti in questo modo.”
“Ma per quale motivo devo essere io a fare il primo passo?” fu la replica aspra del giovane. Non riusciva a capire perché Gaius si impuntasse allo stesso modo del Drago. Erano tutti a non comprenderlo… o era lui che non riusciva a capire?
“Perché il principe non riesce nemmeno a stare in piedi. Hai visto tu stesso in che condizioni, si trova…”
“Mi ha ferito, Gaius. Mi ha umiliato… ho… ho la sensazione che mi umilierei ancora di più ad andargli incontro.” Le parole gli sfuggirono così, cupe come lo era lui al momento ma leggere come non lo erano mai state. Sfogarsi con Gaius, confidargli dubbi e paure, ascoltare le sue parole di incoraggiamento… erano cose che gli erano mancate fin troppo in quei mesi di esilio e di cui adesso sentiva un bisogno quasi feroce.
“Una persona che agisce con lungimiranza e con coraggio, non si umilierà mai per davvero. Adesso trovi terribile dover chinare il capo davanti agli eventi e ti sembrerà di umiliarti, ma vedrai che il tuo gesto non passerà senza le giuste conseguenze.”
L’espressione sul volto di Merlino si fece speranzosa mentre incrociava gli occhi del suo tutore. “Tu dici?”
“E’ così, ragazzo mio, fidati.”
Le labbra del ragazzo si distesero in un mezzo sorriso. “Mi sei mancato, sai?”
Gaius spostò la mano sul braccio e lo strinse forte, come a volergli trasmettere tutto l’affetto paterno che provava per lui. “Anche tu, Merlino. Fino a qualche giorno fa credevo non ti avrei più rivisto… e invece…” anche il vecchio sorrise, nonostante il mago notò molte più rughe su quel volto infiacchito dalle preoccupazioni. “Sei diventato molto più esperto con la magia.”
“Già…” annuì l’altro. “…mi sono rifugiato nella caverna di Balinor. Lì ho trovato diversi libri di magia… ho imparato molto. E’ così che ho scoperto cosa era accaduto a Camelot, ho praticato l’incantesimo dell’acqua per rivederti… e ho visto…” non riuscì a finire. Aveva scorto nel viso di Gaius la comprensione e capì che non c’era bisogno di altre spiegazioni.
Rilassò poi le spalle sospirando. “Non avrei mai creduto che sarebbe potuto succedere tutto… questo. Non volevo ferire il principe in quel modo…”
“Io non posso curare Artù, lo sai. Devi essere tu a farlo.”
“Ci ho provato, Gaius! Quando sono arrivati i druidi ero nella sua stanza ma non sono riuscito a guarirlo!”
Il medico arcuò un sopracciglio, sorpreso. “Hai provato con la magia? Le ferite sono stregate.”
“Lo so bene. Ma non funziona… il Drago mi ha detto che devo trovare la soluzione da solo, che la magia non serve…”
La conversazione si spense, perché il vecchio si era fatto pensieroso e l’attenzione era stata rivolta verso l’accampamento, dove giaceva Artù.
“Come funzionano le ustioni?” Merlino ruppe il silenzio; quella situazione era angosciante, perché maggiore sentiva il fardello della colpa sulle sue spalle. “Voglio dire, ogni quanto tempo ritornano?”
“Non riesco a capirlo, Merlino. Prima credevo durassero poco più di una luna ma poi ieri si erano riprese inspiegabilmente e stanotte invece sono peggiorate. Seguono una logica che non ho ancora compreso… adesso tu mi dici che non riesci a guarirle e davvero non so come fare!”
Il mago ascoltò con attenzione e quando notò la preoccupazione nel tono di voce del medico gli venne spontaneo posargli la mano su quella sua che gli cingeva ancora il braccio.
“Troveremo il modo… vedrai. Abbiamo il destino dalla nostra parte, dopotutto.” Voleva usare un tono ironico ma tutto quello che gli riuscì non fu neanche lontanamente sarcastico.
Gaius infatti si illuminò leggermente a quella dichiarazione e non fu difficile leggere il sollievo in quegli occhi stanchi. “Mi fido di te, ragazzo mio. Come sempre.”
Prese un forte respiro e si alzò in piedi, facendo scricchiolare la schiena. “Bene… andiamo a portare questo cibo vicino al fuoco. Saranno tutti affamati!”
Merlino lo imitò e nel frattempo annuì con convinzione andando poi ad inerpicarsi su una roccia per recuperare una delle prede del Grande Drago. Per un attimo gli sembrò di essere tornato indietro, quando lui e Gaius girovagavano per la foresta in cerca di piante medicinali; ripensò a lui che inciampava ovunque e contemporaneamente balzava qua e là, mentre alle sue spalle, il vecchio medico lo seguiva più lentamente. La sensazione di nostalgia durò un attimo, perché il suo stomaco prese a brontolare indispettito.
“A dire la verità, anch’io avrei una certa fame!”

*

Riemergere dall’incoscienza era sicuramente il momento che più detestava. Artù dischiuse gli occhi a fatica, strizzandoli un paio di volte per il dolore e ricordando velocemente la sua condizione e poi  anche la scomodità del luogo in cui si trovava. Si accorse subito di aver riacquistato lucidità, segno che la febbre lo avrebbe risparmiato per qualche ora, prima di ritornare a torturarlo.
Avrebbe voluto muoversi, magari girarsi su un fianco per far rilassare anche la spina dorsale, non abituata a dormire sui sassi ma come rammentò bene gli era impossibile. Il torace e le mani bruciavano ad ogni movimento e lo avrebbero tormentato per almeno qualche altro giorno, prima di riprendere per l’ennesima volta la via della guarigione.
Cacciò un sospiro seccato, pensando a quanto fosse stufo di sentirsi così impotente di fronte ai tanti eventi che si erano susseguiti in quel periodo.
Insomma, Merlino aveva avuto tutte le sue buoni ragioni per ferirlo ma non aveva sofferto abbastanza? Perché diamine quel servo da strapazzo non lo aveva ancora guarito?
Roteò gli occhi, appuntandosi mentalmente di non esprimere a parole quel pensiero. Merlino aveva il coltello dalla parte del manico e Artù era stupido fino ad un certo punto. Temeva che se lo avesse fatto infuriare di più, le sue ferite sarebbero rimaste lì ancora per un po’.
Compiendo uno sforzo immane e stringendo forte i denti per il dolore, riuscì comunque a farsi forza sui gomiti e a strisciare all’indietro contro una roccia: ottenne quanto meno di sollevarsi un poco per osservare quello che avveniva intorno a lui.
Era rimasto solo, scorse Gaius vicino ad un falò, intento ad arrostire quelle che gli parvero delle prede. Avrebbe dovuto chiedersi come potessero esserci fuoco e cibo in mezzo alle pietre ma fin da subito ipotizzò esserci lo zampino del suo servo, perciò evitò di perdere tempo con domande inutili.
Si chiese piuttosto dove fosse suo padre. Lo aveva visto crollare a poco a poco quando non appena erano stati in salvo in quella caverna, aveva ostinatamente minacciato Merlino; e invece dell’appoggio dei cavalieri, aveva trovato dapprima la sua opposizione e infine persino l’indifferenza di tutti gli altri.
Se fosse stato meno sofferente e non avesse perso conoscenza subito dopo, avrebbe sicuramente potuto assistere all’esatto momento in cui Uther Pendragon era rovinato su se stesso, sepolto dalla sconfitta e da tutte le sventure che aveva portato a Camelot.
Artù storse la bocca ripensando a quanto si sarebbe potuto evitare se suo padre avesse ragionato con più lucidità. Che la magia avesse fatto del male a suo figlio non era più importante, alla fine era diventata solo una battaglia tra lui e la sua ostinata paura, quel timore angosciato che lui stesso si era causato attraverso la magia.
Aveva decimato la popolazione, perso validi collaboratori e la credibilità verso gli altri regni. Artù sospettava che già qualche armata proveniente dalle terre confinanti, avanzasse con lo scopo di conquistare Camelot. Senza contare che proprio i druidi si erano già impossessati del castello con il benestare del popolo.
Uther si era distrutto con le sue stesse mani. E cosa peggiore, aveva trascinato con sé un intero regno.
Troppo spesso il giovane principe aveva riflettuto su quei pensieri; i tanti mesi trascorsi in un letto gli avevano dato modo di ragionare e soprattutto di placare anche i sensi di colpa per ciò che pensava di suo padre. Perché persino lui aveva capito, che il genitore non era più in grado di governare.
“Merlino, prendi la boccetta verde dalla sacca, per favore.”
La voce di Gaius catturò la sua attenzione; lo sguardo volò vicino al fuoco, dove il medico era intento a cucinare. Vide Merlino in piedi, accanto a lui e cacciò un sospiro dal naso: doveva parlare col suo servo.
“A cosa ti serve?”
“Nella fuga credevo di aver preso un tonico al rabarbaro per le infiammazioni, invece è un preparato di erbe per condire i cibi. Darà più sapore alla carne.”
Merlino ridacchiò, scambiandosi uno sguardo ilare col tutore e poi si affrettò a recuperare la boccetta dalla borsa di Gaius, che si trovava a pochi passi da Artù.
Il principe seguì con gli occhi chiari i movimenti dell’altro che si era avvicinato con tutta l’intenzione di ignorarlo e si era inginocchiato per terra alla ricerca della boccetta.
Era indubbio che il suo servo fosse la persona più testarda che conoscesse. Dopo di lui, ovviamente. Perché era fin troppo evidente il nervosismo che emanava, mentre rovistava invano nella borsa e lanciava occhiate sfuggenti verso di lui, sperando di trovare presto ciò che cercava e di allontanarsi il prima possibile.
Artù sospirò, stringendo poi i denti per una nuova fitta e prese coraggio per parlare. Finalmente, dopo tutto quel tempo. E per dirgli la prima cosa che gli era passata per il cervello.
“Era a questo che ti riferivi.”
Merlino si era fermato di botto, cogliendo quelle parole che sapeva rivolte a lui, visto che intorno non c’era nessuno e che tutti gli altri rifugiati erano troppo distanti per sentire il principe parlare.
Da lontano Gaius rivolse loro l’attenzione per un secondo e poi tornò ad occuparsi delle prede sul fuoco.
Il giovane mago restò per un istante in silenzio, continuando a fissare la sacca di panno grezzo e poi riprese a cercare come a voler continuare a disinteressarsi del principe.
Ma Artù ormai aveva parlato e questo significava aver fatto un enorme passo, perciò l’erede al trono si sentì autorizzato ad assumere un tono più arrogante.
“Sto parlando con te… Merlino.” Calcò bene la voce sul suo nome, come a voler dare al servo la sicurezza di non essersi sbagliato.
Il mago sollevò finalmente il capo, sbuffando. Gli occhi azzurri si assottigliarono seccati.
“Ah davvero? Non lo avevo capito… Padrone.” Questa volta fu il turno dell’altro di evidenziare l’appellativo con cui lo aveva chiamato.
E ad Artù inspiegabilmente creò dispiacere. Deglutì incrociando lo sguardo che quella notte lo aveva marchiato a fuoco sulla pelle, non solo con la magia ma anche con il suo disgusto. E che ancora adesso dimostrava quel disprezzo che lui stesso aveva provocato. Merlino lo aveva chiamato in quel modo e lo aveva fatto sentire un mostro.
Fu per questo che il suo tono di voce cambiò ancora e perse immediatamente quell’intonazione boriosa.
“Era a questo che ti riferivi quella volta?” domandò ancora; continuò a sostenere quello sguardo, puntellandosi su quel poco di orgoglio che gli era rimasto.
L’altro lasciò finalmente andare la sacca e sul volto per un attimo comparve la curiosità. “Quale volta?”
“La prima volta che ci siamo incontrati… mi dicesti che non sapevo con chi avessi a che fare… e che mi avresti battuto.” Fece una pausa, rendendosi effettivamente conto di quanto assurdo fosse quel discorso. Ma altro non gli era venuto in mente e quella era la prima occasione che aveva da tempo di poter parlare faccia a faccia col suo valletto.
“Era a questo che ti riferivi?” ripeté, alludendo alle sue ustioni.
Merlino sbatté le palpebre un paio di volte, sorpreso da quelle parole. “Beh…” rifletté un istante, come soppesando la risposta. “Sì. Certo…” aggrottò la fronte, studiando l’espressione del principe che annuiva umettandosi le labbra secche e cercando qualcos’altro da dire per non lasciar morire la conversazione. Poi però, scorse una boccetta verde che era rotolata dalla sacca vicino ad una roccia, la acchiappò e fece per rialzarsi in piedi. Lanciò un’altra occhiata ad Artù, prima di tornare velocemente da Gaius.
Il principe si sentì un perfetto idiota. Sollevò gli occhi al cielo, perché altro movimento non gli era consentito e si chiese mentalmente come aveva potuto andare a rivangare una cosa così lontana nel passato in una situazione del genere. Ovvio che Merlino era fuggito via! Lo aveva sicuramente preso per un povero delirante.
Socchiuse le palpebre, emettendo un lungo e stanco sospiro. Perché era diventato così difficile parlare con il suo servo? Prima che tutti quegli eventi accadessero, aveva sempre trovato piacevole confrontarsi con lui.
Certo più di qualche volta, lo aveva preso per un idiota, ma quando poi aveva scoperto la sua natura di stregone, aveva dato una risposta a tutti gli strani comportamenti che tante volte lo avevano portato a dubitare della sua intelligenza.
Va bene, forse idiota un poco lo era sul serio, ma quando lui aveva avuto bisogno di consigli o di conforto o di essere soltanto ripreso per qualcosa, Merlino non gli aveva mai negato quella parola giusta che serviva ad incoraggiarlo, a consolarlo o addirittura ad ammonirlo. Anche tagliente e irrispettosa, se necessario. E nonostante le differenze imposte dallo status sociale e dall’etichetta, tra loro erano nate spesso conversazioni che Artù aveva ricordato bene e che tante volte gli erano servite da lezione.
Merlino aveva la capacità di innervosirlo e di scuoterlo al tempo stesso, proprio perché non si era mai comportato fino in fondo come un servo. Anche se lui puntualmente lo rimetteva al suo posto, ordinandogli qualsiasi mansione gli venisse in mente, oppure schernendolo con le sue parole sprezzanti; o come aveva fatto quella notte…
Merlino continuava sempre ad imporre la propria persona, come se non si limitasse al semplice ruolo di servo ma anche a quello di consigliere, di guida, di protettore… e di amico.
“Per la cronaca. Non l’ho fatto.”
Artù riaprì gli occhi, sobbalzando e trovandosi davanti il mago. Torreggiava su di lui stringendo i pugni e quelle labbra che si erano assottigliate per il nervoso.
“Cosa?” domandò il principe, comprendendo subito che si riferiva alla conversazione di poco prima.
“Potevo farvi del male quella volta ma non l’ho fatto.”
“Lo so e-“
“Anche se più di una volta ve lo sareste meritato, non ho mai pensato di colpirvi intenzionalmente.” Continuò Merlino, ignorando la sua voce. Artù poteva leggere nel suo sguardo una rabbia che aveva trattenuto fino a quel momento e che finalmente poteva esplodere contro di lui, come se non avesse mai aspettato altro.
“E anzi a dirla tutta, mi sono sempre fatto in quattro per proteggervi con la mia magia!”
“Sì, lo-“
“Vi ricordate quando la Bestia Errante vi ha morso? Sono stato io a salvarvi!”
Artù provò nuovamente a parlare ma gli fu impossibile frenare la lingua del servo che ormai rigettava parole senza quasi respirare.
“E Nimueh la strega? Ve la ricordate? Sapete che sono stato io a fermarla e che vi voleva morto? O-o il Grande Drago! Credete veramente di essere stato voi ad impedire che distruggesse Ca-“
“Merlino, mi dispiace!”
L’esclamazione dell’erede al trono risuonò nelle orecchie del giovane, risvegliandolo dalla furia che lo aveva invaso.
Rimase in silenzio, con la bocca ancora aperta a fissarlo. La richiuse poi in attesa di qualche altra parola, quasi fosse convinto di non aver sentito bene.
“So quello che hai fatto, Gaius mi ha raccontato tutto.” Proseguì quindi Artù, il tono di voce che andava adombrandosi come se ogni parola fosse uno sforzo per lui.
“Mi dispiace per… quello che è successo. Non ne avevi colpa.”
“C’è un popolo intero che crede il contrario.”
“Non posso dire la verità, lo sai!” replicò velocemente Artù, agitandosi. “Camelot ha già perso la stima di mio padre, non posso dire a tutti cosa stavo per fare e perché, in questa situazione.”
Merlino scosse il capo a quelle parole così convinte. “Non mi umilierò ancora.”
“Ti sto chiedendo scusa, mi sembra.”
“Beh, dovrete dimostrarle le scuse. O potrei credere che lo facciate solo perché io vi guarisca.”
Il principe mugolò infastidito dalla testardaggine del mago. “Ma ovvio, che mi devi guarire!” esplose infine. “E poi ti potresti abbassare per favore? Non mi piace doverti parlare così!”
“Ecco, appunto. Iniziate proprio bene, Padrone. Devo andare adesso.” Si piegò per un inchino che ad Artù parve molto di scherno e pronunciò quell’appellativo con il tono più astioso che avesse mai sentito. Era impossibile stabilire chi dei due fosse il più furioso.
“Merlino, ringrazia che sono qui bloccato, perché se potessi muovermi te ne pentiresti!”
Il giovane mago sbuffò sarcastico ma non si mosse dalla sua posizione. “Beh, fortunatamente siete stato così sciocco da farvi ferire per mia mano. Non mi spaventano le vostre minacce.” Sentenziò, dandogli poi le spalle per tornare verso il fuoco.
“Dammi solo il tempo di guarire, stupido… di un servo!” fu la replica infiammata dell’erede al trono ma che ebbe solo l’effetto di catturare l’attenzione degli altri cavalieri. Sir Leon si avvicinò a lui preoccupato ma Artù lo mandò via bruscamente, dicendo di non aver bisogno della balia.
Continuò a borbottare a lungo, soprattutto quando ritornò più intenso il bruciore alle ferite. Imprecò anche, dimenticando l’etichetta chissà dove e non preoccupandosi nemmeno di andarla a ripescare.
Si era scusato, aveva ammesso la sua colpa nonostante lui fosse il principe. Che altro voleva quell’idiota di un servo?
Sospirò d’un tratto, quando rifletté meglio sui suoi pensieri: forse doveva smetterla di chiamarlo “idiota di un servo”…

*

Fu un rumore fastidioso a svegliare Merlino. Era riuscito a prendere sonno, dopo ore trascorse a riflettere sulla conversazione avuta con Artù. O meglio, avrebbe preferito riposare, visto che sentiva ancora addosso la stanchezza di quegli ultimi giorni, ma aveva continuato a ripensare a quello che si erano detti, a come dopo mesi in cui non si erano visti e soprattutto dopo quell’accaduto, avessero intavolato una conversazione surreale… che poi era sfociata nell’ennesimo battibecco.
Gli era venuto spontaneo dirgliene quattro. In barba all’etichetta, all’abisso che li divideva e a tutte le buone parole che il Grande Drago aveva sprecato per farli riappacificare.
Aveva riversato tutta quella rabbia che nei lunghi mesi di esilio aveva serbato nel cuore, offuscandolo, e che quando era esplosa sottoforma di parole infuriate all’indirizzo del principe, aveva portato via con sé ogni traccia di quell’oscurità che lo divorava ogni volta che aveva ripensato al passato.
Si era sentito alleggerito dopo. E soddisfatto anche. Perché quel testone del suo padrone aveva ammesso la sua colpa e gli aveva persino chiesto scusa.
Certo, quelle giustificazioni erano ancora tutte da dimostrare: Artù non aveva nemmeno chiuso la bocca che subito dopo lo aveva ripreso e gli aveva ordinato di guarirlo. Senza contare che il popolo di Camelot, cavalieri e sovrano compresi erano convinti che l’unico colpevole fosse lui e che l’erede al trono non avesse niente di cui discolparsi.
Erano troppi quindi, i pensieri che lo angustiavano, perché se da una parte si era sentito meglio dopo quella conversazione, dall’altra era ancora furioso con il principe. Se n’era andato ignorando le sue minacce e i suoi insulti ma non prima di avergli risposto a tono, senza frenare quella lingua che ormai non avrebbe più risparmiato nessuno.
Artù avrebbe dovuto capire che lui non era solo “uno stupido servo” come aveva seguitato a chiamarlo. Ma era una persona, anzitutto. E poi un mago e non di meno il suo protettore. Per cui se voleva salvo quel suo regale deretano, avrebbe dovuto collaborare. E umiliarsi anche lui, un poco,
perché Merlino aveva fatto già abbastanza.
“E’ incredibile!”
La voce di Gaius giunse alle orecchie del giovane, risvegliandolo del tutto. Avrebbe dormito ancora se non lo avessero svegliato e adesso che tornava cosciente, si accorse che il rumore proveniva dal punto in cui sapeva esserci il principe. C’era Gwen che parlava con Artù a voce un po’ troppo alta, per i suoi gusti e richiamava l’attenzione di qualche altro cavaliere, tra cui Lancillotto.
Merlino vide il principe risponderle freddamente ma non riuscì a leggere i suoi occhi chiari, per capire cosa provassero. Tornò a rivolgersi al suo tutore per chiedergli di cosa parlasse.
“Merlino, tu hai fatto qualcosa?”
“Quale tra le tante?” replicò ironico il mago, mettendosi a sedere e stropicciandosi la faccia perché passasse l’intontimento.
Gaius si piegò su di lui, tra le mani aveva delle bende che aveva appena ricavato da un mantello rosso Pendragon. “Sei riuscito a guarire Artù?”
Merlino arcuò le sopracciglia, sorpreso. “No… non ho fatto niente.” Lo sguardo si indirizzò immediatamente verso l’erede al trono e solo allora si rese conto che le vecchie bende raggrumate gli erano state tolte e sul petto nudo vi erano solo delle lievi piaghe arrossate.
“Possibile che sia un miracolo?” disse allora Gaius, l’incredulità nella voce.
Si guardarono per alcuni istanti, come ponderando sulle ultime parole del medico. Poi Merlino scosse la testa, cercando di rialzarsi in piedi.
“Forse ci voleva un po’ perché l’incantesimo che ho usato l’altro giorno, facesse effetto. Le ustioni avevano bisogno di tempo per guarire…”
“Lo spero ragazzo mio! Abbiamo aspettato più di un’ora da quando ci siamo accorti della sua guarigione e le ferite non si sono ancora ripresentate!”
“Di solito quanto tempo ci rimettevano per ricomparire?”
Gaius si strinse nelle spalle, riflettendo. “Quasi subito. Non facevamo in tempo a rendercene conto che subito Artù tornava a soffrire. E in ogni modo ci volevano settimane perché si rimarginassero così… e invece questa volta…” non ebbe bisogno di terminare la frase. Merlino aveva capito perfettamente, anche dalla speranza del suo tono di voce.
Inoltre la mente del giovane aveva iniziato velocemente a lavorare, quando gli fu chiaro che se dovevano agire come gli aveva spiegato il Drago, quello sarebbe stato il momento migliore.
Sollevò il capo, constatando che fosse buio fuori da quel rifugio e socchiuse poi gli occhi concentrandosi sulla sua magia.
“Drago, ci sei?”
Fu come se già sapesse che la creatura lo aspettava in cima alla grotta e infatti la sua risposta non tardò ad arrivare.
“Hai deciso di darmi ascolto, Merlino?”
Il mago sorrise, gli occhi ancora chiusi. Gaius non aveva notato nulla e si era affrettato per finire di medicare Artù.
“Ho altra scelta?”
“Certo che ce l’hai. Potreste rimanere lì a marcire finché non trovi un’idea migliore.”
“Ma non seguirei il mio destino…”
“Allora ti sei già risposto da solo.”
“Ma non è detto che io non possa ancora vendicarmi del principe, una volta fuori di qui.”
“Non lo farai.”
“E chi te lo dice?”
“Non hai ancora trovato una risposta a ciò che ti ho detto, vero? Ancora non sai come sia guarito così in fretta.”
“Cosa c’entra con ciò che ti ho detto?”
“Che devi ancora fare molta strada per capire. Adesso è giunto il momento che recuperiate Excalibur. Dovete fare in fretta, perché Mordred ha preso possesso del cristallo di Neahtid ed è pronto ad usarlo!”
“E va bene… ti dirò io quando scendere. Devo preparare queste persone al tuo arrivo o scatenerai un putiferio.”
“Prepararle? Che si spaventino di fronte alla mia potenza! Non ho dimenticato quello che mi hanno fatto!”
“Non costringermi ad ordinartelo da Signore dei Draghi. Lascia fare a me.”
Merlino non attese risposta, avanzò verso Artù, che nel frattempo veniva aiutato a rivestirsi. Sul torace e intorno alle mani, le bende rosse contrastavano con il pallore della sua pelle.
“Dobbiamo approfittare di questo momento e muoverci.” Spiegò, catturando l’attenzione di tutti su di sé. Sostenne lo sguardo dell’erede al trono che lo fissava incuriosito seppur ancora contrariato.
“Che intendi con muoverci?”
“Tra poco, verremo portati fuori di qui da… un mio amico. Se le vostre ferite sono in grado di reggere, possiamo andare a recuperare l’arma che fermerà i druidi.”
Artù lo guardava sempre più corrucciato. “Mi spieghi cosa hai in mente?”
“E’ quello che ho detto! I druidi sono qui per il cristallo di Neahtid.” Nel senti pronunciare il nome di quell’oggetto, il principe ebbe un fremito. “L’unico modo per fermarli è distruggere quel cristallo. E io so dove possiamo trovare la lama tanto potente da permetterlo.”
“E cosa vorresti fare tu, con un’arma?”
Gli occhi azzurri di Merlino ebbero un guizzo di luce, mentre rifletteva su ciò che diceva. Effettivamente le raccomandazioni del Drago avevano un senso, adesso. “E’ per questo che voi, dovrete venire con me. Siete il miglior cavaliere di Camelot e l’unico che può usare quella spada.”
“La cosa si fa interessante…”
“Ma sire! Siete ancora convalescente! E inoltre le ferite potrebbero…” Sir Leon provò a fermare il suo principe che già cercava di rialzarsi in piedi, completamente stufo di quella degenza.
“Le ferite non torneranno! Sono guarito ormai… e in quel caso, ci sarà Merlino con me, che le controllerà.” Lanciò un’occhiata in direzione del mago, che però rimase immobile.
“Avete sentito? Sono l’unico che può usare quella spada. E sono pronto a tutto, pur di salvare Camelot.”
“Lasciate almeno che veniamo con voi.” la voce convinta di Sir Leon non avrebbe ammesso nessun tipo di rifiuto. E Merlino sapeva che la grande devozione dei cavalieri per Artù non si sarebbe fermata al primo ostacolo.
“Tanto meglio.” Intervenne nella conversazione, spiccio. Non solo avrebbero potuto contare su altre forze, in caso di pericolo ma ciò avrebbe evitato anche che il mago restasse da solo con il principe.
Era la cosa che più gli pesava al momento, considerata la situazione così complicata e quelle ultime parole che si erano scambiati e che ancora gli risuonavano nelle orecchie.
“Bene… Ora, vi avverto: qualsiasi cosa vedrete, non reagite. Vi assicuro che non vi sarà fatto alcun male.”
I presenti guardarono tutti Merlino, con occhiate preoccupate e intimorite. Erano gli sguardi che di solito venivano lanciati agli stregoni, come se fossero colpevoli di portare loro dolore e sventure. Senza pensare che proprio un comune mortale e soprattutto il loro sovrano, era stato colui che li aveva condotti in quella fuga disperata.
Fu quindi con una luce sinistra negli occhi, che Merlino sollevò il capo e richiamò il Grande Drago nell’antica lingua.
E la creatura comparì alla loro vista planando pesantemente nella caverna.
Le orecchie di Merlino si riempirono delle urla di tutti e lui non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto: il Grande Drago aveva avuto la sua entrata trionfale… e anche lui aveva appena dimostrato a tutti, che i Signori dei Draghi esistevano ancora.

Continua…

Buondì!! ^^
Scusate il ritardo, avrei dovuto aggiornare ieri ma son stata due giorni senza internet per colpa del router ballerino -___-
In compenso la mancanza di distrazioni quali facebook, streaming, ecc mi ha permesso di arrivare quasi alla conclusione di questa fanfic (che ammetto aveva risentito di un blocco momentaneo)... quindi ancora qualche capitolo e la tortura finirà!! ;-D
E di questo che ne pensate? Finalmente Artù e Merlino si parlanoooooo... che faticaccia! XD soprattutto perchè mi sono usciti comici da soli, nonostante la situazione u_u è inutile, non ci riesco proprio a vederli seri per più di dieci secondi... mah.
E stavolta ho dato un po' di spazio anche al rapporto tra Gaius e Merlin che mi sembrava doveroso!
Ora aspetto commentiiiii!! Son proprio curiosa di avere pareri su quei due scemi che non fanno altro che bisticciare u_u faranno pace prima o poi? XD
Intanto vi lascio qualche piiiiiccola anticipazione:

"Non si aspettò quella reazione: il mago sobbalzò non appena sentì il tocco della sua mano e si scostò da lui quasi lo avesse scottato...."

Bene bene e adesso passiamo ai ringraziamenti!!
Innanzitutto grazie a tutti colori che hanno inserito questa storia tra le seguite, le ricordate e le preferite (che aumentano ancoraaaa *-* aaaaw!) e a tutti i lettori silenziosi! Anche se come sempre vi esorto a commentare! Più che altro per sapere se la piega che ha preso questa storia vi piace o no! ;-)

Poi voglio ringraziare in particolare: cabiria (ecco un primo approccio tra quei due ^^ che ne pensi? :D L'idea del Drago come suocera mi fa morireeeee XD ma in fondo Merlino aveva bisogno di consigli e lui era perfetto! Vaccate di Uther dici? beh... diciamo che l'arrivo del Drago non passerà inosservato....); saisai_girl (ehhh Merlino è troppo buono con Uther, è vero. Ma il punto è che Merlino in fondo è buono con tutti. Non ce lo vedo proprio ad uccidere se non per legittima difesa! Però intanto con le minacce gli ha chiuso il becco ;-) e adesso c'è da far pace col principe.... ihihihhi); akkarin_a (ti ringrazio tantissimo per il commento ^^ lo ammetto, quando vi chiedo di recensire non è tanto per sentirmi dire "brava" quanto proprio per conoscere i vostri pareri e le vostre supposizioni! Credo che in qualche modo servano sempre ad arricchirsi :-) Ora, adoro anch'io le storie con le rivelazioni! *-* soprattutto poi quando chi rivela è sempre sottovalutato da tutti! Qui Merlino finalmente si fa valere... e anche se è buono, non riesce a non approfittarne come nel caso del Drago XD La verità su quella notte, arriverà presto! Intanto però, una cosa posso dirla. Questa storia riguarderà unicamente il loro rapporto di amicizia... che è già complicato da solo, quindi non ci saranno risvolti slash. Per quello ho già idee per altre storie ;-D); Cassandra (grazie a te per il commento!! ^^ La verità sull'Asino Reale arriverà presto, promesso! Anche perchè finalmente mi dedicherò ben bene a quei due e al loro rapporto); Ramiza (sono d'accordo con te su tutta la linea! *-* credimi se ti dico che delle volte odio quando dipingono Merlino come un essere fragile e passivo; lui non è così, per niente! E in questa storia ho voluto imprimere soprattutto questo concetto... che sono felice sia arrivato ^^ grazie, davvero); bilancina92 (beh, Artù pare guarito adesso... ma resta ancora da capire il perchè! Merlino se lo sta ancora chiedendo.... XD); GiulyB (carissima! Anche se te l'ho già detto, sono contentissima di trovarti qui! ^^ grazie per tutti i complimenti e ti dirò... su una cosa ci hai preso! ;-) il prossimo capitolo sarà decisivo per alcune cosette... e intanto il Drago continua a dare consigli a modo suo XD); mindyxx (ritardo perdonato! XD tranquilla, grazie cmq per il commento! Ehehehe come ben sai sono sadica e c'è ancora qualche altro indizio da aggiungere, prima della verità! ;-) ma arriverà presto! Per quanto riguarda Uther... diciamo che gli manca il colpo di grazia....); aprile2010 (grazie di cuoreeee!! spero ti sia piaciuto anche questo capitolo! ^^).

Già che ci sono mi faccio un altro po' di pubblicità! Recentemente ho scritto una one-shot sempre su sti due =D
Il titolo è "I doveri di un servo". E' una pre-slash ma sto lavorando per un seguito XD
Se ci fate un salto, ne sarei felice!! ;-)

Bene grazie ancora a tutti e COMMENTAAAATEEEEEEEEE!!!

Alla prossima!
Baci
Ry

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Capitolo 9
*** .9. ***


Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!


SO COSA HAI FATTO


.9.

La fredda aria notturna sferzava il viso di Artù facendolo rabbrividire. Con lo sguardo aveva seguito il volo del Grande Drago, che lentamente si allontanava là dove il cielo si era fatto più chiaro e da dove presto sarebbe sorto il sole.
La creatura li aveva lasciati in una radura, lontano da Camelot e immersi nella foresta. Si guardò intorno riconoscendo il luogo perché tante volte era stato teatro delle sue memorabili cacce, e poi chiuse gli occhi inspirando a fondo l’aria frizzante dell’alba.
Non usciva dal castello da mesi, rinchiuso in quella stanza aveva scordato cosa significasse riuscire a rimanere in piedi e muoversi tra la natura, godere dei rumori e degli odori della foresta e respirare quell’aria che finalmente non sapeva di medicinali, di sangue e di chiuso.
“Muoviamoci.” La voce secca del suo servo, incrinò quel magico momento di estasi e gli provocò un’occhiata obliqua.
Si guardarono in cagnesco per alcuni istanti, prima di riprendere il cammino a piedi, verso il luogo che ancora non conosceva.
Erano soli. Il Grande Drago si era rifiutato di portare sulla groppa qualcun altro che non fossero loro due e perciò erano stati costretti ad abbandonare nella caverna i cavalieri e il resto del gruppo, con la promessa di tornare al più presto a salvarli.
Artù sapeva che lì, finché avevano ancora acqua e le prede che il Drago aveva acconsentito di procurare ancora, sarebbero stati al sicuro molto più di loro che avevano riottenuto la libertà. Eppure la sgradevole sensazione che aveva provato quando si era librato in volo assieme a Merlino, lasciandosi alle spalle le uniche persone che avessero avuto fiducia in lui, non lo aveva ancora abbandonato.
Inoltre c’era anche quel senso di commiserazione verso suo padre.
Uther Pendragon, non appena aveva visto il Grande Drago farsi strada dentro la caverna che una volta lo aveva tenuto prigioniero, si era come risvegliato da quello stato di immobilità in cui era crollato. Si era finalmente rialzato in piedi e dal pianale era sceso verso il resto del gruppo, barcollando sulle gambe come fosse ubriaco.
Gli occhi però, quegli occhi grigi e di solito freddi, erano spalancati e saettavano come se il sovrano fosse stato colto da un’improvvisa pazzia.
“Come hai osato!” esordì facendo voltare molte teste verso di lui. Artù lo aveva visto indicare Merlino con quel dito indice che ormai tutti odiavano.
“Hai condotto qui quella bestia che ha distrutto Camelot! Come osi?!”
Il giovane mago non aveva avuto possibilità di replica, perché il Drago stesso, che fino ad allora non aveva mai parlato, lo anticipò.
“E come osi tu, Uther Pendragon, darmi della bestia?” la sua voce era profonda e spaventosa e Artù non era riuscito a frenare un brivido di timore, nel sentirlo. Tuttavia sapeva che il Drago non avrebbe fatto del male a nessuno, perché Gaius lo aveva informato del fatto che Merlino fosse anche un Signore dei Draghi.
“Hai distrutto la mia città!” era stata la replica di Uther, indignata, l’attenzione adesso rivolta solo alla creatura. “Hai cercato la vendetta, riversandola sul mio popolo!”
“E questo fa di me una bestia? Voglio ricordarti, Pendragon, che tu non sei stato da meno!”
Artù aveva visto suo padre fermarsi come se qualcuno gli avesse improvvisamente inchiodato i piedi sul terreno. Lo sguardo di Uther era fisso in quello del Drago che sbuffava nuvole di vapore caldo dal naso, segno del suo nervoso.
“Anche tu hai portato Camelot alla rovina. Hai cercato vendetta scagliandoti sul tuo popolo. E hai permesso che i tuoi sudditi ti tradissero! Dimmi Pendragon, questo non fa di te una bestia? Non vedi coi tuoi occhi che questa gente ormai, non ti ascolta più?”
Il sovrano non ebbe più la forza di parlare: per la seconda volta, Artù poté vedere la sconfitta del genitore e il peso delle sue innumerevoli colpe, farsi troppo gravoso da reggere.
Lo sguardo di Uther vagò lentamente su tutti i presenti e quando si rese conto che nessuno avrebbe più mosso un muscolo per lui, crollò a terra, vinto da quelle accuse che tutti sapevano vere e che lui forse, aveva finalmente accettato per tali.
Il Grande Drago era tornato a parlare con Merlino e gli aveva spiegato che solo lui e il principe avrebbero avuto l’onore di farsi condurre fuori Camelot sul suo dorso.
Il mago aveva cercato di ribattere e di convincerlo a portare anche qualcuno dei cavalieri ma la creatura non si era persuasa ed era riuscita a zittire il ragazzo con delle parole che ad Artù erano rimaste bene in mente.
“Soltanto voi due siete guidati da questo destino. Chiunque vi seguirà, sarà solo d’intralcio! Dovresti saperlo, Merlino.”
Così erano volati via. Il principe aveva lanciato un ultimo sguardo ai suoi cavalieri, a Gaius e a suo padre, prima di superare quell’apertura e di ritrovarsi improvvisamente all’aria aperta, come aveva sognato da settimane.
“Manca poco ormai, la nostra meta è il lago.”
Artù si era riscosso dai suoi stessi pensieri e aveva guardato confusamente Merlino, che lo precedeva di qualche passo, aprendo la strada attraverso la foresta.
Sbatté le palpebre un paio di volte, registrando quelle parole e solo allora decise che fosse arrivato il momento di farsi dare qualche spiegazione in più.
“Scusa, dove dovremmo cercare questa spada?”
Merlino scostò un ramo e proseguì senza voltarsi, il tono di voce che non voleva ammorbidirsi. A quanto pareva non aveva preso bene il fatto che il Grande Drago li avesse costretti da soli.
“Nel lago.”
“E perché mai una spada dovrebbe giacere in un lago?” domandò ancora, con disappunto.
“Perché ce l’ho lanciata io, per nasconderla.” Fu la replica piatta del servo, che non accennava a mostrargli il viso.
“Nasconderla? E da cosa poi?”
“Da chi non era degno di utilizzarla…”
“E adesso perché stiamo andan-… Ohhhh ma mi vuoi guardare in faccia?” Artù avrebbe continuato a fare domande, se mentre parlava non si fosse sentito fin troppo ridicolo e avesse deciso di non continuare più. L’atteggiamento del valletto inoltre, lo infastidiva, perciò fu spontaneamente, che avanzò di qualche passo e acchiappò Merlino per una spalla perché si voltasse.
Non si aspettò quella reazione: il mago sobbalzò non appena sentì il tocco della sua mano e si scostò da lui quasi lo avesse scottato. Artù ritirò il bracco, avvertendo una fitta di bruciore sul palmo ma non fu dolorosa, quanto lo sguardo atterrito che Merlino gli lanciò.
Calò il silenzio, interrotto solo dai rumori della foresta, mentre il principe continuava a fissarlo sconvolto senza sapere cosa dire e il mago chinava lo sguardo stringendo i pugni lungo i fianchi.
“Guarda che non volevo… colpirti.” Si giustificò Artù, il tono di voce amareggiato, quanto l’espressione del viso.
Merlino scosse il capo senza incontrare i suoi occhi e riprese il cammino come se volesse ignorare l’accaduto. “Dobbiamo sbrigarci… non sappiamo se i druidi controllano la zona…”
Il principe rimase alcuni istanti immobile ad osservare le spalle del servo che si distanziavano da lui e un sentimento di rabbia si mescolò a quella confusione di emozioni che non sapeva spiegare.
Odiava quando le cose gli sfuggivano di mano, odiava non sapere come comportarsi in situazioni come quella e soprattutto odiava essere odiato.
Perché sentiva il rancore di Merlino su di sé pesargli come un macigno e non aveva idea di come scioglierlo.
Improvvisamente il bruciore delle ferite si fece insistente, come se si fossero riaperte. Boccheggiò guardandosi le mani e lacrimando per il dolore al petto ma non emise un suono.
Avvertì la pelle ardere dentro il metallo dell’armatura, che uno dei suoi fidati cavalieri gli aveva dato in prestito, e le bende stringere per il gonfiarsi delle piaghe.
Infilò velocemente i guanti però, e allentò i lacci della corazza, perché non premesse troppo.
Non sarebbe crollato di nuovo, non avrebbe consegnato la vittoria a quello strambo destino che si prendeva gioco di lui.
Convinto di essere finalmente guarito, si era lasciato coinvolgere in quella avventura e si era ritrovato da solo, di nuovo ferito e con una persona accanto che lo detestava e ne aveva tutto il diritto.
Strinse i denti e riprese il cammino, quando Merlino quasi svanì tra gli alberi della foresta e rischiò di perderlo di vista.
Le fitte aumentarono ad ogni passo ma lui cercò ogni modo per ignorarle. Stavolta non si sarebbe arreso.

*

La vista del lago, tanto sereno e imponente, colpì Merlino e lo incantò per un bel po’. Aveva aumentato il passo, dopo quell’episodio con Artù, con tutta l’intenzione di raggiungere la sua meta quanto prima. Aveva reagito involontariamente; sapeva che Artù non gli avrebbe fatto del male, eppure non era riuscito a frenare la paura, nel sentire ancora il tocco di quella mano ruvida su di sé. Non appena si era sentito sfiorare, le immagini di quella notte gli erano tornate in mente e senza pensarci due volte si era scostato come a voler porre una distanza di sicurezza tra lui e il principe.
Ad ogni modo, quando aveva finalmente raggiunto la riva, aveva smesso improvvisamente di meditare e si era lasciato cullare dalla visione di quel luogo in cui non metteva piede da alcuni mesi.
Da quando era diventata la tomba della piccola Freya, per l’esattezza.
Sospirò quando i ricordi amari riaffiorarono alla mente tutti insieme e dimentico del principe che si palesava lentamente alle sue spalle, fece qualche passo in avanti per avvicinarsi alla riva.
“Come… intendi recuperarla?”
Merlino era troppo distratto per notare quanto la voce di Artù fosse affatica, però era abbastanza in collera con lui per trovarla odiosa e fuori luogo in un momento in cui avrebbe preferito la solitudine.
Il ricordo di quella ragazza che lo aveva scosso così tanto e che poi aveva perso la vita rubandogli forse il suo primo amore giovanile, era ancora troppo doloroso, perché non potesse avere per un momento, prevalenza su tutto.
Fu per quello che ignorò volutamente il principe, nascondendo un’occhiata seccata dietro le spalle ed entrando in quelle acque fredde.
Non gli rispose ma ormai l’incanto era stato spezzato, perciò iniziò a vagare cercando di fare attenzione a cosa i suoi piedi toccavano sul fondo invisibile e tornò alla dura realtà con un altro sospiro intristito.
Artù non si mosse dalla riva. Si era appoggiato contro il tronco di un albero ed era rimasto immobile. Di tanto in tanto cercava di richiamare il suo servo con quella voce saccente che Merlino tanto odiava in quel momento, perché si frapponeva al pensiero di Freya che ancora gli tornava in mente.
“Sei sicuro di non aver sbagliato lago?”
Merlino roteò gli occhi all’ennesimo appunto. Era evidente che per quanto si sforzasse, quella spada non voleva proprio saperne di uscire fuori.
Eppure ricordava bene di averla lanciata in quel punto; e nel lago non c’era poi molta corrente, era impossibile si fosse spostata data la pesantezza del metallo.
Immerse anche le braccia, dopo essersi avvolto le maniche della casacca e del mantello, sperando di ottenere qualche risultato ma finì soltanto col farsi mordere da qualcosa che non aveva nemmeno identificato.
Esclamando per la puntura, era tornato ritto sulla schiena.
“Perché ho la sensazione… che la spada non ci sia?”
Ancora la sua voce. Ancora un velato rimprovero alle sue capacità. Sbuffò  sonoramente e rivolse finalmente il viso verso il principe, che non si era mosso dalla sua posizione e sembrava intenzionato a rimanerci almeno finché Merlino non avesse trovato una soluzione al suo posto.
“Forse, se mi deste una mano invece di stare lì ad impartire ordini…” si lamentò aspramente, sfregandosi la pelle arrossata dell’indice dove era stato morso.
Artù sollevò le sopracciglia, l’espressione del viso come se il suo valletto avesse appena detto qualcosa di disdicevole.
“Scherzi? Non entro nella melma per cercare una spada che ti sei perso.” Sentenziò convinto. Merlino lo vide tentare di incrociare le braccia ma poi rinunciare per chissà quale motivo. Era piuttosto distante e non si accorse nemmeno del sudore che gli imperlava la fronte. O forse ancora una volta era troppo accecato dalla rabbia, perché nemmeno quando si avvicinò – camminando nell’acqua speditamente e sollevandola in piccole onde e spruzzi – per replicare, si rese conto che qualcosa nell’erede al trono non andava.
“Si dia il caso che quella spada servirà a salvare voi e la vostra Camelot!” esclamò agitando quello stesso indice ancora arrossato. “Dopotutto non mi sembra di chiedervi poi chissà che!”
Artù scostò lo sguardo e assunse un’espressione che Merlino lesse come disgusto. “Non se ne parla.”
“Bene! Allora cosa intendete fare?” ormai lo aveva raggiunto. Sbatacchiò le braccia lungo i fianchi in un gesto di stizza e lo fissò negli occhi, mentre i suoi si assottigliavano. “Preferite che Camelot resti in mano ai druidi?”
“Certo che no.”
“Quindi?” cosa vide in quel viso affaticato e improvvisamente più pallido, mentre continuava a sputargli parole in faccia senza controllo? “Cosa volete che faccia?” e perché continuava a restare immobile contro quell’albero, nonostante lui gli venisse incontro minaccioso? “Cosa pretendete che faccia per salvare quel vostro maledetto regale deretan-“
“Attento!!”
Prima che se ne rendesse conto, Merlino si era ritrovato in acqua a gambe all’aria. Il respiro per fortuna era stato troncato dall’improvviso spintone che ricevette da Artù e che lo aveva fatto capitombolare, altrimenti avrebbe bevuto una buona dose d’acqua.
Riaprì gli occhi velocemente, identificando un mago che sbucava tra i cespugli, poco lontano da loro e altri due loschi individui armati di spade e di un’accetta. Constatò con sgomento che se Artù non lo avesse spintonato, la sua testa avrebbe fatto la stessa fine dei cespugli in fiamme alle sue spalle.
Mentre si rialzava velocemente, in un turbinio di acqua, Artù aveva già estratto la spada e a suon di grida – così rare per lui quando combatteva – aveva intrapreso una dura lotta contro i due briganti.
Merlino invece aveva imposto la mano verso lo stregone e scagliato un incantesimo con tutta l’intenzione di colpirlo ma questi riuscì a schivarlo nascondendosi tra i cespugli.
Il giovane mago allora, lo inseguì, lasciando il principe agli altri due, convinto che non avrebbe avuto problemi a sbarazzarsene.
Intravide un mantello che svolazzava tra i tronchi e corse con quanto fiato aveva in corpo per raggiungerlo. Non poteva lasciarlo scappare, perché era sicuro che li avesse riconosciuti e che avrebbe riferito tutto a Mordred, prima che riuscissero a trovare la spada.
Se solo non avesse gridato ai quattro venti come prima…
Si maledisse mentalmente, provando a scagliare un altro incantesimo che però ebbe l’unico risultato di centrare in pieno il legno di un albero e di ridurne metà in cenere.
Il druido era agile ma anche Merlino lo era. Il ragazzo sperò soltanto che la Buona Sorte tenesse a freno per qualche minuto la sua proverbiale sbadataggine che lo avrebbe sicuramente fatto inciampare in qualcosa.
Fu fortunato, perché invece di lui, fu lo stregone e rotolare sul tappeto erboso poco dopo, complice un’infida radice che sporgeva dal terreno.
Gridò il primo incantesimo che gli venne in mente, le iridi si dorarono… e l’istante successivo il druido era diventato una statua di pietra, immobile nel tentativo di rialzarsi.
Merlino frenò la sua corsa, piegandosi in avanti e sbuffando, per riprendere fiato. Controllò che lo stregone non potesse più nuocere e gli girò intorno per ammirare l’opera.
“Non c’è male…” constatò con un mezzo sorriso soddisfatto.
Ma non ebbe tempo per compiacersene troppo, perché l’urlo di Artù risuonò nell’immobilità della foresta di primo mattino e catturò velocemente la sua attenzione, costringendolo ad una corsa preoccupata per tornare sui suoi passi.
Mentre correva si chiese perché mai quel grido lo avesse tanto angosciato e secondo quale logica fosse corso in suo aiuto senza nemmeno pensarci due volte.
Come poteva sentire tanta rabbia per quel cretino, eppure preoccuparsi in egual misura nel pensarlo in pericolo?
Quando raggiunse nuovamente il lago e vide anche l’ultimo dei due delinquenti, cadere sotto la lama dell’erede al trono, si sentì ancora più stupido: chissà per che cosa quel babbeo aveva urlato e invece era ancora lì, tutto intero.
Ansimò per tutte quelle corse e rilassò le spalle, restando a distanza ad osservare il principe che boccheggiava e slacciava l’armatura che aveva indosso come se scottasse, un po’ troppo provato da quella battaglia.
Merlino avanzò di qualche passo, mentre Artù si voltava sollevando la spada ma poi abbandonandola  non appena lo aveva riconosciuto.
“Quel bastardo… aveva capito… che ero ferito…”
Il mago aggrottò la fronte e si fece ancora più vicino. Quando Artù si liberò anche della cotta di maglia, abbandonandola sul terreno, notò curiosamente che le bende rosse sul torace si erano fatte più scure.
“Ferito? Ma come…”
Non ebbe il tempo di continuare, perché il principe crollò su se stesso ormai senza più forze e Merlino riuscì ad acchiapparlo appena in tempo, prima che battesse la testa per terra.
“Artù!” gridò angosciato, rendendosi finalmente conto che le ustioni sul petto erano ritornate, vive e pulsanti.
Com’era possibile? Credeva di averle guarite!
Vide Artù lanciargli un mezzo sorriso, nascosto tra gli ansimi e guardarlo con gli occhi appesantiti.
“Meno male… che c’ero io… saresti morto… a quest’ora…”
Merlino strinse i denti, agitato. Fece distendere il giovane e srotolò le bende sul torace per controllarne lo stato. Si morse con forza l’interno della guancia, reprimendo un’ondata di nausea, quando vide in che condizioni versava Artù Pendragon, ormai da mesi per mano sua.
Adesso aveva compreso perché non si era mosso da quel tronco, poco prima e perché non aveva voluto aiutarlo a cercare la spada. Le ustioni erano ritornate ma il principe aveva fatto finta di niente e aveva taciuto quelle sofferenze.
Lui non si era accorto di niente, avrebbe potuto se solo fosse stato meno cieco, ma aveva preferito riversare la sua rabbia su di lui, non contento delle sue scuse, non convinto della sua sincerità.
E alla fine di tutto Artù, gli aveva pure salvato la vita.
“Accidenti…”
Sentì gli occhi pizzicare ma li ignorò: non era quello il momento di piangere come un bambino.
Mentre Artù chiudeva gli occhi e perdeva conoscenza, impose la mano sulle ferite e concentrò tutta la magia che sentiva in corpo pronunciando l’incantesimo per guarire le ustioni.
Un grido di insofferenza, si sollevò in aria, quando si accorse che non aveva funzionato.

Continua…

Buongiorno e buona domenica!! ^^
Piccola pausa-studio e io ne approfitto per aggiornare! (avrei anche un sacco di aggiornamenti da recensire, ma prometto di farlo appena ho un altro po' di tempo >__<)
Bene bene... vi soddisfa? XD hahahaah capitolo interamente dedicato a quei due... e diciamolo... è un capitolo cardine questo. Diciamo che è servito a far capire un bel po' di cose... nel prossimo ci sarà spazio per i chiarimenti ^^
Nel frattempo, sono felice di aver inferto il colpo di grazia ad Uther.
La sua fine ce la vedo così. O distrutto psicologicamente, oppure ucciso. In ogni caso per colpa della magia. Spero vi sia piaciuto il ragionamento del Drago (a cui io ormai faccio il tifo stile ragazza pon-pon XD)

Già che ci sono mi faccio un po' di pubblicità! Per chi ancora non se ne fosse accorto, ho iniziato un'altra long-fic, dal titolo

"Non si può (Irraggiungibile)
"
 
e stavolta *rullo di tamburi* è slash!! XD O meglio, slash e pure angst... se vi incuriosisce sarei felice se andate a darci un'occhiata! ;-)
Come sempre vi invito sempre a lasciarmi un commentino!! Soprattutto adesso!!!
Poi se lo fate a questa e a quell'altra, anche meglio!! XD

Intanto ringrazio tutti i lettori silenziosi di questa fic e coloro che l'hanno aggiunta (sempre piùùùù ç_ç *commossa*) tra le preferite, le seguite e le ricordate!!

Voglio ringraziare in particolare: GiulyB (sììì *-* ci tenevo anch'io a quel pezzo! Sono una sostenitrice del grande potere di Merlino e in quell'occasione il nostro caro mago cerca di dimostrarsi superiore.. secondo me andava ricordato! Per la storia delle ustioni.... beh... vedrai nel prossimo capitolo!); saisai_girl (ehhh sì, povero Gaius! Diciamo che ci tenevo a far presente che lui è anche una vittima di tutto quello che è accaduto! Il lucertolone è il mio mito XD e insomma, era giusto si mettesse un poco in mostra... anche perchè così anche Merlino ha mostrato la sua potenza! *-*); Ramiza (sapevo avresti apprezzato! =D Merlino è un grande. Punto. E questa cosa non se la deve scordare nessuno! E io diciamo, che mi sto sbizzarrendo XD Son contenta che anche Artù corrisponda ai canoni (del telefilm, ovviamente) ^^); _Valux_ (sììì, per forza! Il lato comico non deve mai mancare! Anche perchè mi esce solo XD grazieeeeee); bilancina92 (l'ultimo capitolo piace tanto anche a me =) non hai idea della fatica per scriverlo, perchè ci tenevo davvero tanto! Mi piace quel capitolo, come anche questo e il prossimo! diciamo che sono i più importanti ;-) Se Lancillotto è geloso di Artù, non saprei... diciamo che qui sia lui che Gwen sono lasciati molto in secondo piano. Servono solo a spiegare certe cose... per il resto l'attenzione è tutta su Merlino e il principe ^^ che è meglio mi sa! XD); akkarin_a (ma guarda, io credo che il rapporto tra Artù e Merlino, abbia così tante sfaccettature che se ne possa scrivere all'infinito! ^^ Però in fondo, per quanto la coppia possa piacere, è il legame di amicizia quello più importante, perchè poi è quello che in effetti è reale. Certo, questo non ci vieta di scrivere altro uhuhhuhu ;-) i chiarimenti verranno presto!); mindyxx (allora, mi piace che tu abbia notato il gesto di Gaius della mano. Ci tenevo a sottolineare che dai piccolissimi e semplici gesti, si può trasmettere qualcosa... anche solo leggendo. ^^ per quanto riguarda Artù e Merlino... beh... la sorpresa era che il principe non era proprio guarito... e il perchè credo tu lo abbia già capito ;-) come avrai notato, 'sti due non è che si odino proprio ma sono confusi, ciò li porta un poco a comportarsi bene, un altro poco a fare passi indietro... è complicato. Loro sono complicati... ma non amo le tragedie... e nel prossimo... vedrai! ^^ Per Uther... eccoti accontentata! XD); aprile2010 (eccolo qui il nuovo capitolo! e grazie di tutto!!!!! ^___^).

Vorrei avvertirvi di una piccola notizia giacchè. Cercherò di finire tutte le mie storie, entro la fine di Giugno (quindi non dovrete disperare molto XD).
Dal primo di Luglio, partirò per due mesi un un villaggio turistico come animatrice e non sono così cattiva da lasciarvi in sospeso fino a Settembre! XD
Dunque, volevo avvisarvi ^^

E adesso.... torno a studiare -____-
Ancora grazie a tutti e COMMENTATEEEEEEEEE!!!

Un bacione
Ry

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Capitolo 10
*** .10. ***


Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!


SO COSA HAI FATTO



.10.

La strada verso le stanze di Artù sembrava non avere fine, quella notte. Il problema era dato dal fatto che il principe non si reggeva in piedi e Merlino era stato costretto ad accompagnarlo fino al suo letto, per paura che si addormentasse nel corridoio abbracciato ad una colonna.
Merlino aveva sbuffato di fatica, quando Artù aveva preso a barcollare, mentre delirava. Aveva bevuto il principe, più del solito a dirla tutta. Il banchetto era durato troppo per i gusti di Merlino, che aveva visto il suo padrone farsi sempre più allegro, finché l’ebbrezza non aveva rischiato di fargli fare cose di cui si sarebbe poi pentito. Perciò, quando lo aveva visto muoversi velocemente in direzione di Gwen, lo aveva acchiappato al volo e se l’era portato via, prima che accadesse il peggio.
Ora ovviamente lo stava strigliando a modo suo, con quella voce strascicata da ubriaco che tutto poteva sembrare meno che minacciosa.
“Sei un idiota, Merlino… un vero idiota! Era il momento giusto…”
“Se avete pensato fosse il momento giusto per rendervi ridicolo, dovreste ringraziarmi…” aveva sbuffato il servo, il braccio di Artù che gli circondava una spalla in modo che potesse reggerlo meglio.
“Non è vero… avrei parlato a Ginevra… gli avrei detto le cose come stanno! Che io… che io… e che Lancillotto…”
“Vedete? Non riuscite nemmeno a formulare una frase sensata. Se proprio volete parlargli dovrete farlo quando sarete lucido!” a Merlino in fondo, dispiaceva che il suo padrone naufragasse in quello stato d’animo; Artù si era depresso sempre di più, da quando Lancillotto era tornato a Camelot e Ginevra aveva accettato la sua corte. E il fatto che quella notte avesse bevuto così tanto era stato anche per stordirsi e non vedere quei due assieme che si lanciavano sguardi d’amore durante il banchetto.
“Mhm…” Artù aveva lasciato andare il capo e si era fatto un po’ troppo pesante per il valletto. “Ma cosa mi illudo a fare… ormai è tardi…”
“Artù, se magari mi deste una mano invece di piagnucolare inutilmente, forse eviteremo di restare tutta la notte in corridoio!” aveva esclamato esausto Merlino, aggrappandosi a lui con più forza e cingendogli la vita con più decisione.
Il principe era rinsavito quando si era reso conto di cosa stava facendo Merlino, lo spinse via malamente e tornò in piedi, seppure leggermente barcollante. “Come ti permetti? Io non piagnucolo.”
Il mago aveva roteato gli occhi al cielo, mentre l’erede al trono entrava nella sua stanza. Lo aveva seguito chiudendo la porta con l’intenzione di aiutarlo a ficcarsi nel letto. Ma non era riuscito a frenare la lingua. “Certo, come se fossi cieco…” aveva commentato ironico.
Artù si era voltato non cogliendo il sarcasmo e assottigliando lo sguardo appannato. “Come se fossi, cosa.” Aveva scandito tetro.
Merlino aveva allargato gli occhi non aspettandosi quella domanda. “Niente…” aveva risposto velocemente. “Non volevo dire niente.”
Ma l’urlo improvviso del principe e il repentino cambio di umore lo avevano spiazzato. “Infatti! Tu non devi volere, tu devi obbedire!” e ancora di più lo aveva lasciato sorpreso quando gli aveva afferrato con forza il polso.
“Artù mi fate male! Perché ve la prendete con me, se sono gli altri a ferirvi?” aveva replicato agitato il mago, cercando inutilmente di sfuggire a quella presa ferrea.
“Fa’ silenzio! Non hai nessun diritto… nessuno di dirmi queste cose!”
“Invece sì, se inveite contro di me!”
“Non osare mai più umiliarmi come prima, hai capito?”
Il giovane mago non aveva percepito quanto fosse pericolosa quella minaccia. Aveva continuato a replicare senza remore, sottovalutando la sbornia del principe.
“Vi umiliate già da solo in questo modo! Come potrei-“
“Chiudi quella boccaccia insolente!!”
L’erede al trono si era avvicinato ancora di più al viso innervosito di Merlino tanto che i loro occhi non distavano che pochi centimetri e quando aveva parlato, gli aveva letteralmente sputato in faccia.
“Tu non sei, niente, Merlino! Sei un servo! Non hai nessuno diritto di parlarmi in questo modo.”
Aveva stretto maggiormente la presa sul polso, torcendoglielo dolorosamente. “Sei solo uno strumento nelle mie mani… nessuno ti dà il diritto di dirmi cosa devo o non devo fare!”
Quelle parole avevano fatto male. Anche se il mago sapeva perfettamente che Artù era ubriaco e quindi poco lucido, era rimasto ferito da quello che gli aveva detto. E poi… com’è che si diceva? In vino veritas?
Lo aveva guardato con odio e non si era preoccupato di pensare se ciò che diceva non fosse gentile nei confronti di un principe. “Qualcuno dovrebbe dirvelo se siete così asino da non capire niente! Forse se imparaste a lottare per quello che-“
Le parole erano morte in gola senza mai concludersi. Artù non gli aveva lasciato il tempo di finire, perché l’aveva strattonato dal polso che ancora stringeva e costretto a rovinare a terra a pancia in giù.
Dolore e rabbia, mista all’ubriachezza e alla frustrazione ne avevano fatto una bestia insensibile e infervorata che mai si sarebbe convinta a parole. Merlino se ne era reso conto quando lo aveva sentito addosso sulla schiena e lo aveva sentito soffiare con quell’alito di vino contro il suo orecchio.
“Vuoi capire come mi sento, Merlino? Vuoi sentire bruciare l’umiliazione?” mentre parlava si era artigliato con forza al bordo dei calzoni del mago e quando questi se n’era accorto, si era lasciato scappare un gemito atterrito e aveva cercato di opporre resistenza.
“Lasciatemi! Lasciatemi andare!”
“Non posso Merlino, hai bisogno di una lezione… Devi capire quel è il tuo ruolo…” il principe aveva fatto forza sulla stoffa dei calzoni, che quasi lacerava, se Merlino non l’avesse tenuta stretta con una mano.
L’istinto di sopravvivenza riuscì ad avere la meglio, nonostante Artù fosse molto più forte e pesante di lui. Con il braccio libero era riuscito a dargli una gomitata nel costato, troncandogli il respiro e approfittando di quell’attimo di smarrimento, era riuscito a sgusciare via verso la porta. L’aveva spalancata per fuggire da quella stanza ma l’agitazione era troppa e aveva finito con l’inciampare nei suoi stessi piedi. Era rotolato per terra, arrivando a cozzare contro il freddo muro di pietra e a battere la testa. Istanti lunghissimi in cui aveva visto tutto il mondo girare, finché Artù non lo aveva raggiunto con l’intento di gettarsi nuovamente su di lui; lo aveva visto avvicinarsi così velocemente che la reazione era stata simultanea e non aveva fatto in tempo ad attraversargli quella parte del cervello dove custodiva la ragione.
Una bolla di magia era scaturita dai palmi delle mani che aveva istintivamente imposto su Artù e lo aveva colpito, in pieno petto e sugli arti, che avevano cercato di riparare il viso, quando la luce lo aveva centrato.
Il principe era stato sbalzato indietro dalla forza del sortilegio e aveva gridato per il dolore quando si era ritrovato supino sul pavimento a bruciare per le ustioni. Merlino aveva tentato di alzarsi in piedi, tremante e sconvolto e aveva fissato l’erede al trono ferito dalle sue stesse mani. Si erano guardati, quando Artù aveva sollevato il capo verso di lui, come se il dolore gli avesse di nuovo dato lucidità.
E l’espressione di Merlino era stata chiara. Disgusto. Nelle iridi che erano tornate azzurre, sulle labbra piegate in quella smorfia, in tutto il corpo che tremava di brividi violenti.
E Artù aveva potuto sentire l’esatto momento in cui quel legame si era rotto, come lo stridio del vetro che si infrange al suolo.
“Tradimento!! Hanno attentato al principe! Il suo servo ha attentato al principe! Guardie!!”
Erano sobbalzati entrambi nel sentire quelle grida. Un soldato, sicuramente attirato dagli strepiti della loro discussione, aveva assistito al momento in cui Merlino aveva usato la magia contro il principe.
Il mago si era reso conto della situazione, aveva lanciato un ultimo sguardo a quello che ormai era un estraneo e poi si era allontanato, per fuggire da Camelot. E da quello che era accaduto.
Artù lo aveva visto svanire nel buio del corridoio, prima che l’incoscienza lo inghiottisse assieme al rimorso e alla sofferenza.

*

Il crepitare del fuoco, giunse alle sue orecchie per primo quando riemerse dal sonno. Dischiuse gli occhi a fatica rendendosi conto di aver dormito per diverse ore. Sopra la sua testa il cielo era nero e trapuntato di stelle e la foresta intorno a loro era colma dei richiami di animali notturni.
Artù si portò una mano alla fronte fredda e la sfiorò. Solo dopo, guardò di scatto il palmo e si rese conto che le piaghe erano di nuovo scomparse.
“Non ci sono più.”
La voce di Merlino lo fece trasalire; voltò lo sguardo oltre il piccolo falò che illuminava la radura e scorse il mago seduto e rannicchiato su se stesso, che lo guardava e contemporaneamente stuzzicava con un legnetto, uno dei ceppi che alimentavano il fuoco.
Dapprima trattenne il fiato. Aveva sognato di nuovo quella famosa notte però questa volta le immagini erano state così vivide che gli era sembrato di averla rivissuta per davvero.
Per questo quando si voltò a guardare Merlino, temette di vedere ancora quello sguardo arrabbiato e disgustato… ma vi trovò solo un’occhiata gentile.
Gli aveva sorriso per un attimo e poi aveva fatto vagare gli occhi verso il cielo, quasi in imbarazzo.
In effetti un po’ in difficoltà si sentiva anche lui. Non sapeva cosa dirgli, da che parte cominciare quel lungo discorso chiarificatore che era stato ritardato fin troppo.
Ma a conti fatti, c’era ancora bisogno di parole? Non erano bastate le loro azioni a rinsaldare quel legame che un tempo li univa?
Si sollevò sui gomiti avvertendo la testa girare ma ignorò la sgradevole sensazione, dedicando attenzione al mago.
“Sei riuscito a guarirmi?” domandò incredulo. Aveva notato che anche sul petto le ustioni erano sparite e questa volta persino le piccole piaghe rosse del giorno prima, si erano dileguate come d’incanto.
“Credo di sì…” la risposta aveva fatto sollevare le sopracciglia al principe.
“Come sarebbe a dire credi? Sì che ci sei riuscito! Guarda qui!” gli mostrò il palmo libero dalle bende e liscio come non era più stato da mesi. Solo una piccola cicatrice bianca lo attraversava, di forma circolare, un segno che probabilmente gli sarebbe rimasto a vita sulla pelle, per ricordargli i suoi errori.
Merlino gli sorrise di nuovo, stavolta con più soddisfazione.
“Che ci sono riuscito, mi pare evidente. E ho anche capito come ho fatto.” Gli spiegò gonfiando il petto. “Ma ho compreso pure perché ritornavano, perciò vi consiglio di fare attenzione.”
“Mi stai forse minacciando, Merlino?” la domanda gli era uscita ironica e di fatti il mago aveva colto il tono, perché gli aveva sorriso scrollando le spalle.
“Certo che sì!” aveva risposto con la medesima ilarità, agitando il legno che aveva ancora in mano.
Artù sorrise a sua volta, riscoprendosi contento di aver ritrovato quella sintonia col suo valletto… o per essere più giusti… con Merlino.
“Sei riuscito a trovare la spada?” chiese l’erede al trono, dopo alcuni istanti di silenzio.
Il mago sospirò, rassegnato. “Purtroppo no. Non l’ho nemmeno cercata a dire la verità… ero un po’ occupato a vegliarvi…” ammise infine stringendosi nelle spalle.
Artù strinse le labbra in una smorfia e decise di mettersi seduto. Percepiva soddisfazione e conforto nel sapere che Merlino avesse avuto tanto a cuore la sua vita, nonostante tutto.
“Devo ringraziarti allora…” soffiò con un tono di voce un po’ più basso, chinando lo sguardo.
“Oh, sono io che devo ringraziare voi!” esclamò di botto l’altro. Artù tornò a guardarlo e scorse un lampo di quell’antico entusiasmo che lo aveva sempre animato e che credeva avesse perso il giorno che lui aveva osato umiliarlo.
“Mi avete salvato la vita, nonostante le vostre ferite. Certo, mi avete fatto penare, però davvero… grazie.” Aveva fatto una pausa, prima di continuare quello che voleva dire. “Avete dimostrato che per voi… non sono solo uno strumento nelle vostre mani.”
Artù ricordava perfettamente le parole che aveva pronunciato lui stesso quella notte maledetta. Risentirle attraverso la voce di Merlino lo avevano infastidito, quasi si rendesse conto finalmente di quanto spietate fossero state per il ragazzo e di quanto lo avessero ferito.
“No infatti…” replicò subito dopo il principe. Sentì improvvisamente il bisogno di parlare, adesso capì che cosa doveva dire. E non c’era bisogno di chissà quale discorso, bastava una semplice parola.
Sollevò lo sguardo ceruleo sul mago e parlò convinto. “Sei un amico, per me. Lo sei sempre stato… e io come un asino ho quasi rovinato questo legame.”
“Sapete perché siete guarito?” Merlino gli aveva posto quella domanda, apparentemente senza senso con il suo discorso. Non a caso aggrottò la fronte, quasi irritato: dopotutto lui gli stava aprendo il suo cuore – cosa rarissima! – come osava interromperlo in quel modo?
“Sentiamo…” borbottò seccato.
“Le ustioni rappresentavano il mio stato d’animo verso di voi. Più io vi odiavo, più il vostro petto e le vostre mani bruciavano. Per questo non riuscivate a guarire… e per questo quando sono tornato, le piaghe si cicatrizzavano e si riaprivano a seconda delle nostre discussioni. Quando siete svenuto, questa mattina, pensai di essere pentito, di non volere più farvi soffrire in quel modo… e lentamente le ferite si sono attenuate.”
Artù lo guardò stupito e si accorse, quando Merlino tacque, del perché quel discorso tanto si atteneva alle sue affermazioni.
“Quindi, vorresti dire…”
“Che anch’io ho rischiato di rovinare questo legame. Anche per me, voi siete un amico, Artù. Ma la rabbia non mi rendeva lucido.”
“Allora siamo due asini.”
“Esattamente… Io, mai quanto voi, sia ben chiaro!”
Era fatta. Tanta rabbia, tanto dolore e alla fine erano bastate poche semplici parole per mettere a posto le cose. Poche semplici parole però, cariche di significati e di impliciti che soltanto loro due avrebbero potuto comprendere a pieno.
Il principe appallottolò il mantello che lo aveva coperto durante il suo sonno e lo scagliò contro Merlino con tutta l’intenzione di replicare a quelle affermazioni irriverenti. “Ma smettila!” e nel farlo percepì quell’armonia che finalmente era rinata tra loro due. 
Peccato che la sua mira non fu delle migliori e il tessuto andò a finire direttamente nel fuoco, bruciandolo.
“Accidenti!”
Entrambi scattarono in piedi, per cercare di recuperare il mantello, che ormai ardeva allegramente nel fuoco.
“Visto che siete più stupido di me? Avevo solo quello per coprirmi! Ora come farò?”
“Ma cosa vuoi che ne sappia! Dov’è finita la tua giacca? Ti sembra modo di vestire questo?” lo rimbeccò Artù piccato, pur sapendo di avere tutta la colpa.
“Ma provate a recuperarlo almeno!”
“Guarda che il mago sei tu! Fai qualche incantesimo no?”
“Ma cosa volete che ne sappia, di sortilegi di questo genere? Usate quel bastone!”
Merlino non fece in tempo a consegnare il legno ad Artù, perché una forte e improvvisa folata di vento, li distolse dall’inutile recupero, portando la loro attenzione verso il lago.
In un punto del bacino si creò come un vortice e dal fondo un fascio di luce illuminò la figura che emergeva dalle acque.
Candida ed eterea, diede subito l’idea al principe di una creatura magica che abitava quello specchio d’acqua. I capelli neri contrastavano con il pallore della pelle e gli occhi scuri erano illuminati da una luce di vita. Ad Artù sembrò bellissima, con il bell’abito che ne fasciava le forme e che le risaltava. Tra le mani, reggeva poi una spada dalla lama splendente e dall’elsa dorata e intarsiata.
“Freya…”
Il principe voltò lo sguardo verso un emozionato Merlino, che fissava la figura come incantato e la chiamava con quello strano nome.
Rimase interdetto, quando lo vide avvicinarsi a lei senza timore e sorridergli non solo con le labbra ma anche con gli occhi, con un’espressione che Artù conosceva bene e che sapeva essere quella con cui lui aveva sempre guardato Ginevra.
“Merlino…” la bella figura richiamò il mago che si era avvicinato ormai del tutto a lei ma non osava toccarla, perché era evidente che se ci avesse provato, non avrebbe sfiorato altro che aria.
La dama del lago era evanescente e riverberava di luce propria come fosse un fantasma.
“Freya…” ripeté il giovane mago non sapendo dire altro.
La figura sorrise e gli porse la spada che al contrario di lei, era reale e consistente. “Merlino, attendevo che foste degni di impugnare Excalibur. Adesso posso consegnarvi questa lama pura e preziosa, perché so che ne farete buon uso.”
“E’ questo che sei diventata? Una creatura del lago?” domandò il mago, prendendo tra le mani l’arma che brillava della luce riflessa della dama.
Freya sorrideva ancora e osservava Merlino in un modo che – Artù sapeva e nel pensarlo gli fece male – Ginevra non lo avrebbe mai più guardato.
“Era questo ciò che desideravo prima di morire, ricordi? Vivere qui. Adesso sono felice.” Aggiunse e Merlino annuì lasciandosi sfuggire due scie di lacrime dagli occhi.
“Proteggevo questa spada, in attesa che tornassi a riprenderla. Ma c’era l’odio intorno a te e non mi vedevi.” Il volto di Freya per un istante si oscurò, prima di tornare a brillare. “Adesso però è giunto il momento. Potrete affrontare il vostro destino.” E nel parlare, aveva lanciato uno sguardo anche ad Artù, che si era tenuto in disparte, comprendendo di dover lasciare Merlino da solo con quella strana figura.
“Ti vedrò ancora?” domandò il mago, accalorato. Freya tornò seria, scuotendo la testa.
“Non lo so, Merlino. Questo era il mio compito e adesso che l’ho portato a termine non so cosa ci riserverà il fato…”
Il giovane chinò il capo sconfitto ma lo riportò velocemente su di lei, quando la sentì parlare.
“Devo andare adesso. E anche voi avete qualcosa di importante da compiere.”
“No…” Merlino fece un passo in avanti e sollevò la mano libera dall’elsa per accarezzarla. Allora la dama del lago si chinò su di lui e gli sfiorò dolcemente le labbra con le proprie.
“Io sarò sempre qui, qualunque cosa accada. Ogni volta che verrai ti basterà vedere il lago per sapermi viva.” Lo rincuorò sorridendogli amorevolmente, mentre pian piano sbiadiva e quella luce si faceva sempre più fioca.
“Arrivederci, Merlino…”
“Aspetta!” prima che il mago potesse chiamarla ancora, la dama del lago era sparita ed era tornato il buio, spezzato soltanto dal bagliore del falò alle loro spalle.
Seguirono alcuni istanti di silenzio, nei quali Merlino rimase immobile a fissare le acque scure e Artù gli lasciò il tempo di riprendersi e di asciugare il viso dal pianto.
Provò ad avvicinarsi poi, dispiaciuto per ciò che aveva visto e confuso dalle mille domande che gli vorticavano in testa.
Quando era accaduto che Merlino aveva incontrato quella donna? E quando se n’era innamorato? Aveva detto di essere morta… cosa era successo veramente?
Si rese conto che mentre Merlino conosceva tutto di lui, in realtà Artù non sapeva niente di quel servo irriverente e un po’ stupido che aveva sempre creduto. E che invece adesso si ritrovava a scoprire lentamente e a conoscere una seconda volta.
“Come vedete…” Merlino interruppe quel silenzio con la voce roca. “…non siete l’unico che soffre per amore.”
Non volle essere una constatazione malevola. Artù comprese subito che il giovane mago voleva stemperare quel momento e cercare di ironizzarci in qualche modo. E sapeva che l’unico punto di incontro che avevano data la situazione, erano le loro pene di cuore.
“Mi dispiace per il tuo mantello…” esordì Artù, apparentemente senza senso.
E Merlino capì. Gli sorrise grato, voltandosi per uscire dall’acqua. “Grazie. Almeno adesso, abbiamo la spada.”

Continua…

Hola! Era da un po' che non aggiornavo questa storia, vero? XD
La verità è che ero molto indecisa sulla seconda parte del capitolo. La prima era già scritta da un bel po' - e anzi spero di cuore vi abbia finalmente soddifatto! La verità infine è venuta a galla!  ;-) - mentre la seconda è stata un vero e proprio parto XD Quanto posso essere difficili quei due? Ma quanto?
Cmq spero che alla fine questo chiarimento sia piaciuto, perchè davvero non avrei saputo immaginarmelo diversamente! Anzi spero di cuore di avere pareri nei vostri commenti, così mi tolgo qualche dubbio!!! >___<

Mi sono tolta un sassolino dalla scarpa e ho inserito anche Freya in questa fanfic! XD Fissazioni a parte, era cruciale perché serviva a spiegare un po' di cose riguardo Excalibur e perchè non si trovava... e poi perchè doveva colpire Artù e fargli notare che di Merlino non sa praticamente una ceppa! -__-

Non ho molto altro da aggiungere... tranne che ormai manca poco alla fine (che sto scrivendo) e che intanto per non lasciarvi soli c'è sempre l'altra mia fanfic "Non si può (Irraggiungibile)"! per chiunque volesse leggerla! ;-D

Voglio come sempre ringraziare tutti i lettori silenziosi, chi ha aggiunto questa fanfic tra le seguite, le ricordate e le preferite! (*__*)
E in particolare un ringraziamento a:

elfin emrys: grazie!! Spero ti sia piaciuto anche questo di capitolo! ;-)

mindyxx: beh dai, stavolta sono stata più buona! Ho concluso il capitolo in maniera quasi tranquilla e ho pure spiegato un po' di cosette! ;-) ovviamente manca ancora qualcosina che ho in mente.... ihihihih non d'amore, ovviamente XD per quello c'è l'altra, su! ;-D

akkarin_a: beh, per quanto riguarda Arthur, diciamo che il suo atteggiamento verso il padre, si è lentamente smorzato nei mesi di convalescenza. Dapprima - come ho scritto - aveva provato rimorso per quello che aveva pensato, ma con il passare del tempo e con tutte le nefandezze compiute da Uther, l'animo del principe si è raffreddato ed è arrivato a pensare che anche se prova un po' di dolore per lui, comunque si è meritato ogni cosa gli è capitata. Arthur ha a cuore il suo popolo, dopotutto ;-) Riguardo Freya, per piccola intendevo minuta =D non so perchè mi ha dato quell'impressione!

GiulyB: ahhh leggersi i capitoli al mare... chissà quando io! >__< Ovviamente hai indovinato! ;-D La chiave erano proprio quei due e finchè non facevano pace, non erano degni della purezza di Excalibur.... poi giacchè ci ho anche inserito Freya... hahahah XD

saisai_girl: sì, Uther poteva ricevere un colpo di grazia proprio dal Drago che aveva tanto torturato in passato! Ho pensato fosse una bella vendetta per il lucertolone XD Quanto ad Excalibur, ci hai preso! Dovevano fare la pace quei due! E finalmente, aggiungerei! ;-)

bilancina92: no no, non lo odia. Era solo troppo arrabbiato per ragionare in maniera intelligente! =D Infatti ora sono tornati Pappa e Ciccia! Già bisticciano come prima! XD

Cassandra: accontentata su tutta la linea! =) spiegazione e riappacificazione... questo capitolo era cruciale! ^^ Avevi visto giusto, cmq, brava! Le ferite sono tornate non appena Merlino si è spaventato per quel tocco. Finchè il suo stato d'animo non faceva chiarezza, non avrebbe mai potuto guarirlo! ^^

And that's all, folks!
Ancora grazie a tutti e COMMENTATEEEEEEEEEEEEE
A presto
Baci
Ry

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Capitolo 11
*** .11. ***


Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!
 
Premessa: non ho scusanti. Vi ricordate di me? E soprattutto vi ricordate di questa storia? Ebbene, esiste ancora. Dopo due anni ho deciso di dargli una fine. Era stata interrotta per motivi personali, poi era andata perduta… poi mi ero pure scordata come finiva (-.-) alla fine dopo un lungo, lunghissimo parto, finalmente questo capitolo ha visto la luce.
Lo dedico a tutti quelli che lo leggeranno e che ancora hanno la voglia di farlo dopo tutto questo tempo. A voi chiedo anche scusa : )
Buona lettura!

SO COSA HAI FATTO

 
.11.
 
“Artù, non mi sembra un’idea tanto intelligente.”
“Invece ti dico di sì!”
“Sì ma attendiamo almeno il buio…”
“Sarebbe uno spreco di tempo, idiota. Nessuno si aspetta che entriamo a Camelot dall’ingresso principale.”
“Certo… peccato che voi indossate l’armatura con i colori dei Pendragon e il mantello con cui mi nascondevo, lo avete distrutto!”
“Se tu non sei in grado di usare la magia per queste sciocchezze non è colpa mia…”
Merlino guardò malissimo il principe, che a sua volta ignorò completamente quell’occhiata obliqua e continuò a concentrare l’attenzione al portone di ingresso della sua città.
Si erano nascosti più o meno nel punto in cui qualche giorno prima lo stesso Merlino si era sistemato per osservare la situazione, dietro alcuni grandi cespugli.
Dopo aver trascorso la notte al lago, si erano incamminati verso Camelot non appena aveva albeggiato e il sole era già alto nel cielo, quando erano arrivati alle porte della città. Stavolta non c’era nessuna bandiera che sventolava alta sulle torri. La fortezza pareva senza nome ed era chiaro che i druidi non avessero portato nessun benessere con la loro presenza, rispetto a quando prima Uther sedeva sul trono.
Davanti al portone non c’era nessuna guardia e sembrava ancora più abbandonato. Per questo Artù si era convinto che sarebbero potuti entrare in città senza farsi scoprire e poi da lì cercare di capire cosa fosse accaduto ai suoi sudditi.
Merlino non era dello stesso parere. Erano troppo conosciuti e troppo visibili per andarsene a spasso per una città in cui morte e pericoli regnavano incontrastati. Inoltre Artù non aveva la minima idea che dietro i druidi ci fosse lo zampino di Mordred e temeva che avrebbe potuto sottovalutarlo e prenderlo solo per un moccioso con manie di grandezza. Quando invece era stato lo stesso Drago ad avvisarlo che quel ragazzino avrebbe un giorno decretato la fine dell’erede al trono.
Conosceva fin troppo bene l’irruenza di Artù e sapeva quanto quel testone di un principe attirasse i guai. O forse era meglio dire che erano i guai ad attirare quel testone di un principe…
“Fatemi almeno cambiare il colore alla casacca…” tentò Merlino, quando lesse la determinazione negli occhi dell’erede, segno che non lo avrebbe smosso dalle sue intenzioni nemmeno sotto minaccia di tortura.
Artù tornò a guardarlo, arcuando le sopracciglia e poi annuendo. Mentre Merlino imponeva la mano sulla casacca, non riuscì a non farsi sfuggire un commento sarcastico.
“Vedi di non fare come l’ultima volta…”
Gli occhi del mago si erano dorati e quando erano tornati azzurri l’armatura aveva perso lo stemma ed era diventata nera. Poi si erano rivolti al principe, illuminati dal sogghigno che Merlino non aveva saputo trattenere.
“E’ bello avere il coltello dalla parte del manico, per una volta.”
Artù fece schioccare la lingua, seccato e sgusciò fuori dai cespugli velocemente. “Non ti ci abituare…”
Merlino lo aveva seguito ridacchiando ma poi era tornato velocemente serio, quando il portone di Camelot si era fatto più vicino… troppo vicino. E in un attimo si erano ritrovati sulla strada principale della città bassa.
“Ecco magari, evitiamo di dare troppo nell’occhio… prendiamo qualche via secondaria.”
Artù acconsentì senza opporsi e presto furono al sicuro dietro alcune abitazioni.
“Vi spiacerebbe adesso spiegarmi cosa avete in mente?” il giovane mago gli lanciò un’occhiata nervosa. Artù sembrava sicuro di quello che faceva.
“Devi aprire una porta che è chiusa da dentro… lo sai fare, spero.” Merlino annuì mentre lentamente la comprensione di faceva strada nella sua mente.
“La postierla che dà nella sala delle armi!”
Artù si fermò, lanciandogli un’occhiata sorpresa e per un momento anche un po’ delusa: era così pronto per descrivergli il suo piano ingegnoso che non si aspettava che l’altro lo anticipasse in quel modo. Strinse le labbra dandogli una gomitata e riprendendo a camminare.
“E tutta questa sagacia l’hai sempre tenuta nascosta assieme a tutto il resto o ti è venuta solo adesso?”
Merlino sollevò le sopracciglia divertito da quella reazione. “Ho sempre detto a Vostra Maestà, che ho tante doti che non conosce” non tardò a replicare, stringendo i denti sull’appellativo.
Artù non rispose ma si limitò a sbuffare, ormai sgonfiato da ogni entusiasmo. Nel frattempo si spostarono verso la botola segreta che percorreva uno dei tanti cunicoli che conduceva al castello, fino alla porticina nella sala d’armi che un tempo Morgana aveva utilizzato per far scappare senza riuscirvi, proprio Mordred.
Merlino in realtà temeva che il Druido bambino potesse tenere sott’occhio anche quella entrata ma dovette ricredersi quando giunsero a destinazione senza incontrare ostacoli.
Bastò un soffio di magia per aprire la serratura e dopo aver dato una rapida occhiata, furono dentro la sala che conservava tutte le armi dei cavalieri e dei soldati di Camelot.
Quella era stata una delle poche stanze che forse ancora conservava tutte le sue cose al proprio posto. L’assenza della guardia in giro alla ricerca di Merlino e poi l’arrivo dei Druidi le cui armi altro non erano che gli incantesimi prodotti dalla loro magia, avevano fatto sì che le numerose spade, lance, scudi, giavellotti e quant’altro dimorasse tra quelle quattro mura, rimanessero lì a riempirsi di alti strati di polvere.
Artù accolse quella rivelazione con piacere. Aveva addosso pezzi arrabattati di armatura che i suoi compagni gli avevano prestato prima di risalire dalla caverna in groppa al Grande Drago ed era sicuro di trovare in quel luogo qualche buon gambale e magari anche uno dei suoi vecchi copri spalla. Fu fortunato infatti, trovò quello che cercava proprio su uno dei tavoli della sala e lo rimirò con soddisfazione, prima di iniziare a slacciarsi quello che aveva addosso.
Nel frattempo Merlino aveva dato un’occhiata in giro e si era accertato che nelle vicinanze non avvertisse alcun pericolo, segno che quella stanza davvero era stata abbandonata al suo destino. Probabilmente Mordred aveva dimenticato la postierla o forse dava per scontato che il re, il principe e la corte che erano riusciti a fuggire, fossero ancora da qualche parte nelle viscere del castello.
Ad un tratto la voce del principe aveva riportato l’attenzione del mago sulla stanza e il giovane – che fino ad un momento prima aveva auscultato la porta nel caso si sentisse qualcosa – si era voltato per guardare Artù.
“Come?”
“Ti ho chiesto di aiutarmi ad allacciarla! O hai scordato come si fa?”
Merlin sollevò per un attimo il sopracciglio ma poi scosse il capo e si avvicinò per aiutarlo. Il tono di voce dell’erede al trono era stato imperioso, come se lui fosse ancora considerato il servo e non fosse accaduto niente negli ultimi mesi. Merlino, per quanto sapeva che ormai tutto era stato chiarito, non nascose di essere rimasto un po’ sorpreso ma si prodigò ugualmente in quel lavoro senza fiatare. Quando ebbe finito, rimirò l’opera e sorrise nel constatare che anni di esperienza non erano andati perduti in quei mesi di latitanza.
“Ci so ancora fare, come vedete”.
Artù non rispose, si limitò a scuotere una mano come a chiudere ogni discorso e si fece avanti per aprire la porta, senza preoccuparsi di non fare rumore. Merlino sobbalzò, senza avere il tempo di replicare e si fece in avanti preoccupato.
“Artù ma siete impazzito?! Potrebbero…” non completò la frase quando furono nel corridoio in penombra, esposti ai pericoli e alla brezza gelida che proveniva dagli angoli più remoti del castello. Merlino si guardò intorno, spaventato dal fatto che chiunque avrebbe potuto sentirli e vederli senza dare loro possibilità di fuga. Ma poi ricordò che con loro avevano Excalibur e che la sua magia in quei mesi era diventata molto più potente e per un attimo si tranquillizzò. Ciò che gli rimase fu però, la rabbia per quell’insolenza di Artù che proprio non si spiegava. Che le piaghe e la degenza a letto lo avessero reso ancora più stupido? Probabile…
Nel frattempo il principe aveva continuato ad ignorare i richiami del mago e si era incamminato senza curarsi del pericolo per il corridoio, diretto verso l’androne principale. Merlino, dopo aver sospirato con quieta disperazione  lo aveva seguito guardandosi continuamente le spalle. Davvero non riusciva a comprendere da dove uscisse fuori tutta quella baldanza, in un momento tra l’altro di così grande pericolo. I druidi avrebbero potuto scovarli da un momento all’altro e loro dovevano raggiungere il cristallo di Neahtid prima che ciò avvenisse.
Quando furono nell’atrio dell’androne e Artù si piazzò al centro, esposto completamente al pericolo, per Merlino fu la famosa goccia: gli si avventò contro arpionandolo per un braccio.
“A quanto pare l’aria di casa vi ha fatto ritornare l’asino che siete!” commentò arrabbiato.
Non ottenne risposta. Il principe si divincolò con forza e prese a salire le scale che portavano alla sala del trono. Fu a quel punto che Merlino capì che qualcosa non andava. E ne ebbe la conferma nel momento successivo, quando all’improvviso Artù si fermò e sollevò il capo come se avesse sentito un rumore. L’attimo dopo si era voltato verso il mago. E lo stomaco di Merlino si era chiuso in una morsa.
Quello sguardo. Occhi color del cielo, diventati improvvisamente vuoti, sguardo appannato. Gli angoli della bocca contratti in una smorfia di rabbia. Merlino ebbe una dolorosa visione di quello stesso sguardo, la notte della sua fuga da Camelot, la notte in cui tutto ebbe inizio e la medaglia dalle due facce si crepò inesorabilmente.
Un fremito di terrore percorse tutta la schiena del mago, mentre Artù con lentezza si avvicinava a lui, scendendo i pochi gradini percorsi.
Cosa stava accadendo?
Merlino indietreggiò ma Artù fu più veloce e con uno scatto gli si avventò contro serrandogli la gola con una mano.
“Ar…” il giovane provò a richiamarlo ma la stretta era troppo forte e gli uscì soltanto un verso strozzato. Subito allora, l’istinto gli suggerì di ricorrere alla magia, sollevò una mano, pronta a colpire ancora una volta il principe, quando una vocina più flebile si inserì tra i suoi pensieri spaventati e gli impedì il gesto.
Vi siete chiariti! Artù ti ha chiesto scusa!
La mano si richiuse e al suo posto Merlino usò i piedi, scagliando un calcio nelle reni del principe. Il colpo non fu tanto forte da metterlo al tappeto ma bastò a fargli allentare la presa, quel tanto da permettere a Merlino di sgusciare via.
Mentre tossiva per riprendere a respirare, il mago cercò di recuperare un poco di lucidità e nel contempo di trascinarsi da un’altra parte.
“Perché non mi ha colpito?” la domanda, pungente giunse dalla labbra di Artù e Merlino sollevò lo sguardo confuso verso di lui. Era convinto che Artù fosse stato vittima di una stregoneria ma quando incrociò il suo sguardo gli parve lucido. Lucido e cattivo.
“Pensavi davvero che io ti avessi perdonato quello che mi hai fatto?” domandò ancora Artù.
Merlino scosse il capo. “Perché non è così? Mi avete persino chiesto scusa!” replicò velocemente, la voce ancora rauca a causa della poderosa stretta da cui si era liberato. Non riusciva a capire, Artù era improvvisamente arrabbiato con lui, eppure fino a poco prima scherzavano come due amici…
“Ti ho mentito. Tutto quello che volevo fin dall’inizio era punirti per avermi attaccato con la magia.”
Merlino cercò in tutti i modi di restare calmo e di convincersi che Artù non poteva essere lui. Cercò di replicare per capire se le sue supposizioni erano sbagliate, oppure…
“Avresti potuto vendicarti una volta usciti dalla caverna ma non lo avete fatto! Io non vi credo, non siete voi!”
Artù scoppiò a ridere, facendo roteare la spada. “E pensavi davvero che mi sarei sbarazzato di te, senza prima essermi procurato Excalibur e l’ingresso al castello?”
Le convinzioni del mago vacillarono a quelle parole. “Mi servivi, a Camelot c’è pur sempre un grande pericolo e io avevo bisogno di aiuto. Ma adesso… posso cavarmela da solo”.
Quelle parole, pronunciate con quel tono cinereo, apparvero a Merlino come una sentenza di morte. Cercò di convincersi con tutte le forze che quello non poteva essere Artù ma qualcosa dentro di lui gli impediva di farlo. Forse la paura, la rabbia, forse la sensazione di umiliazione che si acuì improvvisamente. E su tutti il dubbio. Se davvero quell’Artù diceva la verità, allora Merlino era stato di nuovo trattato alla stregua di un oggetto.
Nel frattempo Artù si scagliò nuovamente contro di lui. Merlino gridò un incantesimo e generò un’onda d’urto tale da farlo indietreggiare, poi prese a scappare dall’unica via di fuga che gli parve accettabile, ovvero la scalinata che portava alla sala del trono. Da lì, avrebbe potuto deviare verso un’uscita che portava al cortile interno.
Artù gli venne dietro inesorabile e quando Merlino fu sul punto di voltare l’angolo, lo raggiunse scaraventandolo contro la porta della sala del trono che si spalancò. Merlino gemette e rotolò dentro la grande stanza che si rivelò vuota come tutto il resto del castello. Ma dove erano finiti Mordred e i druidi?
Non c’era tempo per pensarci, perché Artù aveva deciso di uccidere Merlino. Il mago dovette fare nuovamente ricorso alla magia ma qualcosa dentro di lui gli impediva di colpirlo con più violenza.
In realtà era combattuto. Doveva credere a quelle parole? O invece doveva credere ai fatti del giorno prima e a quell’altro Artù che aveva osato chiedergli il perdono?
Merlino riuscì a schivare un nuovo attacco ma non il successivo, che gli lacerò i vestiti e arrivò fino alla pelle. Con un gemito Merlino si fece indietro ma non ebbe il tempo di sentire il sangue bagnargli la pelle, perché Artù attaccò ancora e ancora e a quel punto il giovane dovette far ricorso alla magia in maniera più efficace. Con un gesto della mano e un guizzo dorato negli occhi, lo spinse all’indietro, creando una potente onda d’urto. Voleva stordirlo, magari se fosse riuscito ad addormentarlo, avrebbe potuto capire cosa gli era successo e…
Artù indietreggiò questa volta fino a perdere l’equilibrio ma la determinazione fu più forte della magia di Merlino e poco dopo fu di nuovo in piedi, pronto ad attaccare.
Un altro fendente passò a pochi millimetri dal mago, rischiando di ferirlo seriamente. Ma improvvisamente Merlino smise di avere paura. Era bastata un’illuminazione, breve, fugace a rendergli tutto chiaro. Adesso sapeva cosa doveva fare.
“Sai che penso? Che non ne hai avuto abbastanza!” gridò contro il principe e con tutte la forza mentale di cui disponeva desiderò che all’erede al trono tornassero le piaghe da ustione che tanto lo avevano martoriato.
In  un lampo, Merlino vide Artù fermarsi e cacciare improvvisamente un urlo di dolore, poi si accartocciò su se stesso, gemendo e gridando e con foga si strappò di dosso il copri spalla dell’armatura che adesso a causa delle piaghe lo soffocava.
Il mago avvertì un senso di nausea al cattivo odore che di colpo quelle ferite emanarono e si sentì male nel constatare quanto dolore causavano nel principe.
Ma non aveva avuto altra scelta…
Quando Artù, con un ultimo grido, cadde riverso al suolo con un tonfo, Merlino tornò a respirare e si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore. Lo aveva fermato… e nel peggiore dei modi. Si avvicinò a lui, preoccupato e nello stesso tempo arrabbiato e si concentrò su pensieri più positivi.
Poi sentì la risata. Merlino sollevò il capo e riconobbe sull’uscio del portone il bambino Druido, Mordred.
 
Era cresciuto di un paio di spanne, dall’ultima volta che lo aveva visto ma quello sguardo di ghiaccio era rimasto immutato nel tempo. Quegli occhi tanto azzurri quanto freddi, così diversi dai suoi che nonostante il medesimo colore esprimevano un calore dato dalla sua bontà d’animo. Mordred era cattivo, annegato di magia oscura che poco aveva a che fare con quella dei veri druidi, coloro che non si erano uniti al colpo di mano perpetrato a Camelot.
“I miei complimenti, davvero.” Lo canzonò il bambino, con un sorriso che non raggiunse gli occhi. “Sei riuscito a soggiogare Arthur Pendragon cedendo al tuo odio”.
Merlino strinse i pugni, sudando freddo, la mente che continuava a ripetergli di aver fatto la scelta giusta. Non c’era altra soluzione perché sapeva che non c’era altro modo per… liberarlo.
Adesso però che era riuscito nell’impresa, ritirò i suoi pensieri e cercò di riportare la calma dentro di sé.
“Ti sbagli… questa volta non ho ceduto all’odio”. Esordì sibillino, provocando un’altra risata in Mordred.
“Ah no? E allora questo come lo spieghi?” indicò Artù riverso al suolo e poi tornò a rivolgersi al mago. “Il cristallo di Neahtid mostra il futuro, sapevo sareste arrivati e sapevo che avresti di nuovo ferito il principe.”
Merlino sorrise, le sue supposizioni non erano state poi così errate dopotutto. Allora era vero che Mordred sapeva, altrimenti non si sarebbe spiegato il castello vuoto e quello che era accaduto ad Artù. Ora tutto aveva un senso.
Solo che Mordred aveva fatto un errore.
Merlino rimase fermo dov’era, mentre il Druido bambino avanzò di qualche passo e mostrò tra le mani il famoso cristallo che tanti problemi aveva causato a Camelot.
“Quel cristallo è pericoloso Mordred. Dovresti sbarazzartene… o potresti darlo a me.”
Mordred rise ancora dimostrando una tale sicurezza di sé che in qualche modo inquietava Merlino. Possibile che fosse diventato più potente di lui? Beh… con quel cristallo forse…
“Non farmi ridere Emrys. Se il cristallo fosse nelle tue mani, lo ridaresti ai Pendragon senza curarti del suo potere. Tu non vuoi riportare la magia nel regno, tu non sei degno di essere chiamato mago”.
“La magia deve essere accettata, non imposta!” si infervorò Merlino, rivivendo nitidamente cosa era accaduto a lui in quegli ultimi mesi. “A Camelot non tornerà mai se tu e tuoi druidi seminerete il panico tra la gente! Se ucciderete il loro principe! Non verrete mai accettati!”
Mordred lo squadrò glaciale. “Beh a quanto pare, ci hai già pensato tu ad uccidere il tuo principe”.
“No… ti sbagli!”
A parlare non era stato Merlino. Mordred si accorse dello scatto di Artù solo dopo che la lama di Excalibur aveva tranciato il cristallo di Neahtid. Ed ebbe appena il tempo di rivolgere a lui e a Merlino uno sguardo sorpreso… prima che una grande esplosione generata dal cristallo si propagasse nell’aria.
Tutto quello che ne seguì fu cumuli, macerie e buio.
 
Continua…
 
Ora… so che mi odierete. Vi ho fatto attendere una vita e manca ancora un capitolo. Ma prima di farmi fuori ci tengo a dire che quello che manca è soltanto l’epilogo. Non potevo chiudere tutto in questo capitolo… perché… beh, lo saprete presto.
Ad ogni modo spero che la lettura sia stata all’altezza. Mi scuso ancora e ringrazio tutti coloro che sono arrivati fin qui.
I saluti più importanti li farò poi alla fine ^^
Intanto ci sentiamo presto! (prestissimo lo giuro!)
E se vi va di farmi un commentino vi vorrò tanto beneeeee XD
Baci
Ryta

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Capitolo 12
*** .12. ***


Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!
 

SO COSA HAI FATTO

 
12.
 
“Udite! Udite! Accorrete ed una storia ascolterete!”
 
Il cantastorie gridava sulla pubblica piazza, sovrastando l’allegro vociare. Alcuni uomini, donne ma soprattutto bambini si avvicinarono nel sentire quel richiamo. Menestrelli di passaggio a Camelot capitavano spesso ma dopo il periodo buio che aveva vissuto il regno, quello era il primo che si presentava, segno che la buona sorte aveva ripreso ad illuminare Albione e tutti i suoi sudditi. C’era festa a Camelot, quel giorno, la festa del primo anno di Re Artù Pendragon, figlio di Uther.
Un primo anno che aveva visto la nascita di un regno completamente rinnovato, come se dalle ceneri tormentate del vecchio, martoriato da un re ormai incapace di regnare, ne fosse nato uno tutto nuovo, più luminoso, più pacifico e soprattutto più tollerante.
La magia, per quanto dolore avesse causato agli abitanti di Camelot, era stata anche la soluzione a tutto. Grazie alla magia del Mago Merlino, Re Artù aveva sconfitto il malvagio druido Mordred e si era riconquistato Camelot.
Perché Re Artù aveva raccontato tutto, dopo la disfatta dei druidi. Nel giorno della sua incoronazione, il nuovo Re aveva parlato al suo popolo, spiegando loro cosa era realmente accaduto, i perché della sventura che si era abbattuta su Camelot e come alla fine si fosse risolta ogni cosa.
 
“Quella che sto per raccontarvi è la vera storia di Re Artù e di Mago Merlino!”
Il cantastorie continuò a richiamare gente, mentre le vocette entusiaste dei bambini, dimostravano la propria approvazione. Loro che quella storia la conoscevano a memoria, adesso avrebbero potuto sentirla raccontare da un vero e proprio professionista, che avrebbe resto onore ai fatti.
“Bambini volete o no ascolta la storia di come Camelot morì e risorse grazie alla… magia?”
Nel concludere la frase, uno sbuffo di fumo colorato comparve sulle mani del menstrello – che a quanto pare si dilettava anche in piccoli trucchetti di magia – ma tranne che per qualche coro di esclamazioni stupite, nessuno arretrò a quella dimostrazione.
La magia a Camelot era sopravvissuta, così come era sopravvissuto il Re che nella grande esplosione di quel giorno, era stato salvato grazie ad un incantesimo.
Il coro di pargoli si fece più insistente. Nel frattempo altra gente, si era accostata intorno allo spiazzo, al centro del quale svettava il cantastorie: alcuni contadini, le donne del popolino e un paio di viandanti, riconoscibili dai mantelli polverosi e calati anche sulla testa.
 
“Volete ascoltare la storia del grande Re Artù Pendragon, offeso e poi salvato dalla magia?”
Ancora un “sì” unanime si sollevò dal pubblico e questa volta coinvolse anche gli adulti. Per il cantastorie questo bastò: era il momento di dare inizio al suo spettacolo. Imbracciò un liuto e alternando qualche nota alle parole, diede via al suo racconto.
 
“Questa è la storia di un Re e di un Mago. Di un Principe e di un Servo. Il Principe aveva un Servo che non sapeva essere un Mago. E il giorno che lo scoprì, fu il giorno della morte di Camelot!
Un potere molto oscuro si annidava tra le pareti del castello, una magia nera ordita da un essere spaventoso che si faceva chiamare… Mordred.”
Il menestrello, che presto si fece riconoscere per le sue doti di magia, si fece aiutare da alcuni piccoli incantesimi, per rendere più realistico il suo racconto. I suoi occhi si dorarono più volte, mentre volti e immagini prendevano vita e il pubblico iniziò a trattenere il fiato.
“Occhi di ghiaccio e sguardo malefico su un viso di bambino. Un creatura malvagia nata tra i Druidi ma cacciata dagli stessi, quando scoprirono la sua natura. Mordred… è qui!”
Il volto del bambino comparve all’improvviso facendo gridare di paura i più piccoli e impaurire anche qualche adulto.
“Mordred insinuò la sua magia tra le mura di Camelot, stregò il Principe e lo piegò al proprio volere. Il Principe non potè nulla contro il maleficio di Mordred e fu soggiogato a tal punto da umiliare ed attaccare il suo Servo.
Ma il Servo era anche un Mago e usò la sua magia per difendersi da un Principe che non era più lui. Scagliò un incantesimo che colpì il Principe, imponendogli una ferita magica. Il Servo, ormai riconosciuto come il Mago, fuggì e lasciò Camelot nel cuore della notte, sapendo quale sarebbe stata la sua punizione ma non conoscendo la reale entità di ciò che aveva causato alla sua vittima.
Deluso e convinto che il suo padrone lo avesse tradito, il Mago non si guardò indietro e lasciò il regno di Camelot per non incorrere nell’ira di Uther Pendragon.”
Quando al pubblico apparve il volto del vecchio Re, partì qualche fischio, subito sedato da un soffio generale per mantenere il silenzio. La piazza era gremita, ormai, il cantastorie si era conquistato il suo pubblico.
“Trascorsero i mesi e il Mago soffriva per la lontananza. L’affetto e la stima per quel Principe che tanto avevo protetto in passato grazie alla sua magia e che poi tanto male lo aveva pugnalato, furono più forti del tradimento subito e fu allora che decise di guardarsi indietro per tornare a Camelot. Lì… il Mago… scoprì l’inferno.”
Una pausa e il pubblico trattenne ancora il respiro. Qualche donna pianse, in ricordo di chi in quell’inferno aveva perso la vita.
“Il vecchio Re, pazzo di dolore per quanto accaduto al figlio che non guariva dalle ferite riportate e ignaro della magia oscura che aveva causato tutto ciò, portò il regno alla rovina. Uccise, giudicò e uccise ancora e oscurò e bandì… e Camelot morì.
Quando il Mago tornò, non trovò altro che i resti, le ceneri di una grande città. E allora il Mago pianse amaramente e decise di porre fine a quel dolore che lui stesso credeva di aver causato.”
Qualche applauso di riconoscimento, venne sedato allo stesso modo dei fischi.
“Nel frattempo alcuni cittadini, stanchi dell’ira di un vecchio Re che si abbatteva inutilmente sul suo popolo, congiurò contro di lui e chiese aiuto alla magia. Ma fu quella sbagliata, stavolta. Mordred, il malvagio Mordred interpretò il ruolo dell’eroe che avrebbe liberato Camelot e con l’aiuto degli ignari cittadini, entrò nel castello, attaccando la famiglia reale! Quella notte… in molti morirono per mano della magia oscura.”
Alcune donne piansero più forte ma il bardo continuò senza sosta, ormai nel vivo del racconto. “Fu il Mago a salvare la famiglia reale, grazie ai suoi grandi poteri portò in salvo il Principe e il Vecchio Re, assieme ai pochi cavalieri rimasti. Mentre il popolo lo odiava, lui compiva le sue gesta da eroe, salvando chi lo aveva tradito e chi lo voleva morto. E come se non bastasse con la sua grande potenza, guarì il Principe dalla stregoneria che lo soggiogava e poi e dalle sue ferite, riportandolo alla vita.”
Questa volta l’applauso fu più forte e più sentito e il cantastorie fu costretto a fermarsi e ad attendere alcuni minuti prima di riprendere il racconto. Poco dopo il volto in lacrime di Merlino comparve alla folla.
“Il Mago pianse ancora ma questa volta di gioia. Il suo Principe era salvo ed era tornato ad essere se stesso. Ma non c’era tempo per gioire, Mordred aveva preso in mano la città e costretto alla fuga i pochi abitanti rimasti. Fu così che il Principe e il Mago decisero di unire le proprie forze per fermare il malvagio con la faccia da bambino.
Il Mago fornì il Principe di un’arma invincibile, l’arma che ancora oggi il nostro Re tiene appesa alla cintura… la mitica Excalibur.”
Un coro di “Ohhhh” si levò dalla fila dei bambini, che tanto amavano quella spada, ormai la protagonista indiscussa nei loro giochi.
“Con grande coraggio il Principe e il Mago rientrarono a Camelot e si introdussero nel castello, pronti a riprendersi il regno. Un coraggio però, che rischiò di diventare imprudenza. Nessuno infatti, sapeva che Modred… li stava aspettando.”
Ancora una pausa, per mantenere viva la tensione, poi il cantastorie continuò a parlare senza più fermarsi.
“Anche il malvagio bambino aveva con sé un’arma, un cristallo potentissimo che mostrava il futuro e che aveva anticipato l’arrivo dei nostri eroi. Mordred ebbe così il tempo di prepararsi ad accoglierli e quando i due furono dentro, soggiogò ancora una volta il Principe.
Questa volta, si servì di un’armatura che il Principe indossò per prepararsi alla battaglia. Come quella tragica notte, il Principe nuovamente stregato, attaccò il Mago con l’intento di ucciderlo e quasi ci riuscì, perché impugnava Excalibur e niente quella spada può contro i nemici.
Ma il Mago aveva imparato la lezione e sapeva quanta fiducia riponesse il Principe in lui. Fu così che fece credere a Mordred di essere vinto nuovamente dall’odio per il Principe.  
Gli inflisse quelle stesse ferite che tanto lo avevano dilaniato, costringendolo a spogliarsi dell’armatura e poi lo guarì con altrettanta rapidità, senza che Mordred appena accorso, notasse gli effetti della magia.
Una grave disattenzione, che gli costò la vita! Il Principe ripresosi subito, grazie alla sua ineguagliabile prestanza fisica, attaccò di sorpresa e distrusse con un velocissimo affondo l’arma di Mordred, il terribile cristallo. Poi… avvenne la grande esplosione che colpì in pieno i nostri eroi e disintegrò Mordred.”
Qui il cantastorie tacque. Il pubblico rimase in silenzio per alcuni istanti ma quando l’uomo non continuò iniziò a scaldarsi.
“Raccontaci cosa è accaduto dopo, forza! Che stai aspettando! Non puoi lasciarci sul più bello!”
Il menestrello era un uomo furbo. Con un sorriso, si tolse il cappello a falda larga che aveva indosso e lo rovesciò. “Prima un’offerta, miei signori. O non continuerò!”
Qualcuno rise, qualcun altro fischiò. Le monete e anche qualche pezzo di pane o di formaggio, riempirono il cappello.
Nel frattempo, mentre la folla si accalcava per pagare la propria offerta, uno dei viandanti si allontanò dal pubblico, diretto verso una viuzza, ormai convinto di aver ascoltato abbastanza. Aveva notato qualcuno che conosceva e al momento era più importante incontrare quella persona, che conoscere il resto del racconto.
Quando fu davanti a quegli occhi color del cielo che nel frattempo scrutavano con curiosità il cantastorie da lontano, si fermò e attirò l’attenzione su di sé.
“Sua Maestà dovrebbe conoscere la storia meglio di chiunque altro, che ci fa nella piazza della città bassa?”
Re Artù si voltò verso il viandante, non tanto sorpreso che qualcuno lo riconoscesse. Quando vide il cappuccio calato e il mantello aggrottò le sopracciglia. “Curiosità, credo. E con chi ho l’onore di parlare?”
“Potrei invece conoscere il seguito dalle vostre regali labbra?” replicò invece quegli, senza dar cenno di volersi far riconoscere. “Ho sempre sospettato ci fosse un pizzico di bugie in questo racconto…”
Artù si fece ancora più sospettoso e cercò di scrutare con più attenzione quel viandante che non voleva mostrare il suo volto. “Non c’è nessuna bugia. Merlino si frappose tra me e il cristallo nell’esplosione e mi salvò la vita con la sua magia.”
“E del mago? Che ne è stato?” domandò l’altro a bruciapelo.
Fu a quel punto che Artù chinò il capo e un’ombra di tristezza comparve sul suo volto. “Non lo so… è scomparso da allora.”
“Credete che sia morto?”
Artù esitò a dare una risposta. Il nuovo sovrano di Camelot ricordava poco di quel giorno terribile. L’improvvisa incoscienza quando indossò l’armatura stregata, poi il ritorno alla lucidità assieme al dolore lancinante delle piaghe e infine la consapevolezza di dover colpire a tradimento il cristallo di Neahtid per fermare Mordred. Poi il fragore dell’esplosione e la figura di Merlino davanti a lui a salvarlo da quel boato.
Il giorno dopo si era risvegliato, sano e salvo, con una Camelot da ricostruire e l’incoronazione imminente al posto di suo padre ormai vinto dalle sue paure. E senza Merlino.
Di lui non si ebbe nessuna traccia ma a differenza di Mordred, di cui furono ritrovati alcuni resti sopravvissuti all’esplosione, del mago non si seppe più nulla.
“Non lo so.”
“Gli dovete molto.”
Un cenno di assenso accompagnò le parole del sovrano. “Più di quanto tutti credano. Merlino è stato un servo fedele e un grande amico. Se sono vivo lo devo a lui. E mi piace pensare che abbia deciso soltanto di andarsene, per lasciare a Camelot il tempo di abituarsi alla magia. Prima o poi ricomparirà magicamente allo stesso modo con cui è sparito...”
“Oh beh… siete diventato un re molto assennato. Potrei quasi commuovermi… siete guarito dalla vostra asinite!”
 “Come?”
Artù sollevò il capo di scatto, lanciando un’occhiata interrogativa al viandante intento a sfilarsi il cappuccio del mantello. Ma aveva sentito bene?
“Mi domando, davvero avrei pianto come un bambino quando vi ho guarito dalle stesse piaghe che vi siete senza ombra di dubbio meritato?!”
 
Nella piazza il bardo aveva finito il suo racconto, accolto da un’ovazione di assenso. Gli applausi risuonarono festosi mentre l’uomo si inchinava al suo pubblico soddisfatto.
Poco lontano, due amici appena ritrovati si abbracciavano.
Artù era felice, Merlino era tornato da lui.
 
FINE
 
****
 
Con un po’ di soddisfazione, posso finalmente mettere la parola fine a questa storia. Ci è voluto del tempo ma sento di essere adesso soddisfatta di questa conclusione. Come già detto, quello che mancava agli ultimi capitoli era stato un senso che non riuscivo a dare… l’idea iniziale che avevo per concluderla non mi era mai piaciuta e poi le varie vicende della mia vita mi avevano portato a lasciarla lì, in sospeso.
Ora che è finita, ammetto di dover dire che mi sento meglio.
 
Ho solo un appunto da fare. Non credo di risultare molto simpatica dopo ciò che sto per dire ma tanto ormai questa storia è finita e chissà quando scriverò ancora. Quindi già che ci sono mi tolgo il dente e chissenefrega.
 
Non ho mai scritto con il solo scopo di ottenere recensioni. Appartengo – e posso dirlo con onore – alla vecchia generazione di autrici di Efp, quella che ormai non esiste quasi più, quella che con Efp ci è cresciuta e che grazie ad Efp ha imparato tanto. Ha imparato a scrivere innanzitutto. A migliorarsi e a trovare il coraggio di dare in pasto a lettori sconosciuti i propri scritti. Appartengo a quella generazione che in Epf aveva trovato una scuola, perché tra gli autori ci si confrontava continuamente, ci si giudicava nel bene e nel male e ci si rispettava a vicenda. Il mezzo con cui si faceva tutto ciò, erano le recensioni. Oggi esistono i messaggi privati, esiste il programma recensioni a punti eppure quel rispetto verso gli autori si è perso.
Non sto a sindacare sui contenuti che circolano adesso nei vari fandom, mi limito solo a dire – e che mi censurino per questo o che la gente si scandalizzi – che è diventato un vero e proprio puttanaio. Una volta si scriveva per il piacere di scrivere, oggi si scrive per far accoppiare coppie (che nel 90% dei casi sono gay e il 90% degli autori non sanno nemmeno cosa è veramente l’omosessualità e come si vive).
Quel restante 10% di buono che c’è – perché qualcosa di buono c’è ancora, bisogna ammetterlo – non riesce ad emergere, perché non viene recensito. Qualcuno più fortunato è finito pubblicato nei famosi libri “Niente è come prima”, qualcun altro giace dimenticato dal mondo e continua a sperare in un poco di attenzione in ogni pubblicazione. Penso a me, sedicenne che riceveva tante recensioni e tanti consigli e imparava e trovava il coraggio e scopriva l’entusiasmo per la scrittura: oggi, grazie a questo, sono diventata una giornalista.
E le brave autrici che adesso si affacciano in questo mondo e non ricevono quello che ho ricevuto io, avranno lo stesso entusiasmo dopo? Me lo chiedo.
Se qualcuno vorrà discutere con me di questo – anche privatamente o in pubblico senza problemi – sarà ben accetto.
Intanto mi limito a salutare tutti e a ringraziare chi a questa storia ci ha creduto e mi ha dato qualcosa lasciando una parolina di incoraggiamento.
 
A presto (forse)
Ryta

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