She would have waited

di goldfish
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hermione ***
Capitolo 2: *** Ron ***



Capitolo 1
*** Hermione ***


prova

In un periodo un po’ strano, in cui non mi riesce proprio di pensare a qualcosa di allegro e spensierato come il mio solito… è arrivata questa shottina senza pretese, di getto, frutto di un sabato pomeriggio piovoso passato in casa, e devo dire che mi soddisfa.

Perciò intendo dedicarla a me stessa.

Alla mia metà Drunk – Sidekick, quella metà che non appena ha letto di Ron e Hermione non ha potuto fare a meno di sorridere, e continua a farlo, davanti a due personaggi così irrimediabilmente fatti l’uno per l’altra; la metà che detiene il merito di avermi fatto scoprire questo meraviglioso mondo delle fan fiction, dove la fantasia non teme di spiccare il volo attraverso le parole di storie che, sono certa, difficilmente potrò fare a meno di scrivere.

Dove tutti hanno ancora la libertà di sognare e staccare i piedi dal suolo, di tanto in tanto. Per fortuna.

 

 

SHE WOULD HAVE WAITED

(segreti inconfessabili e lettori mp3)

 

PARTE PRIMA: HERMIONE

 

Caldo. Afa.

Sdraiata supina con i capelli sparpagliati sul cuscino, il più possibile lontani dalla pelle onde non si tramutassero in una specie di coperta termica, Hermione cercava di concentrarsi sulla lettura di quel volume che teneva poggiato sotto il seno, anche se le risultava stranamente difficile. Lo adagiò sulla pancia a rovescio, aperto per non perdere il segno, e si passò una mano sulla fronte; chiuse gli occhi e provò a pensare intensamente a cascate, fontane, lattine ghiacciate, oceani, freezer, pupazzi di neve… tutto inutile. Risollevò le palpebre, chiuse il grosso tomo con stizza scaraventandolo ai piedi del letto e si mise a sedere guardandosi attorno, esasperata: una calda brezza estiva faceva oscillare leggermente la tenda della stanza che condivideva con Ginny e la Tana era stranamente avvolta in un silenzio sospetto, come se anch’essa fosse intorpidita da quella temperatura.

Si raccolse pigramente i capelli in un fermaglio, anche se qualche boccolo troppo ribelle scivolò dalla presa, quindi posò lo sguardo sulla scrivania dove giaceva l’ultimo regalo dei suoi genitori: genitori babbani, regali altrettanto babbani, come un comunissimo lettore mp3.

Al giorno d’oggi tutti i ragazzi ne possiedono uno!’, era stata la parola di un commesso del quale i signori Granger avevano deciso di fidarsi; perché non era per nulla semplice comprare un regalo alla propria figlia, specialmente se suddetta ragazza era anche una brillante strega.

Hermione si trascinò giù dal materasso, afferrò con una certa sufficienza l’apparecchio, come se si trattasse di qualcosa un po’ degradante, e si infilò gli auricolari nelle orecchie.

"Dopotutto mica posso vivere di sola lettura" si disse, premendo il pasto Play.

 

…After all you put me through,

You think I despise you,

But in the end, I wanna thank you,

Because you made me that much stronger…

 

Inarcò un sopracciglio con aria scettica, ma continuò ad ascoltare il pezzo lasciandosi cadere sul materasso a peso morto, sdraiata al contrario con i piedi rivolti verso il cuscino e la testa in fondo al letto. Improvvisamente cominciò a dimenticare il suo solito contegno, sola nella stanza chiuse gli occhi e prese ad agitare leggermente le gambe sul materasso, muovendo il capo a tempo con la canzone che, dopotutto, non aveva un ritmo malvagio.

 

…After all of the stealing and cheating

You probably think that I hold resentment for you,

But, uh uh, oh no, you're wrong…

 

"Oh no, you’re wrong…"

Improvvisamente, balzò a sedere e si mise il lettore nella tasca dei pantaloncini.

 

…So I wanna say thank you, cause it

Makes me that much stronger,

Makes me work a little bit harder,

It makes me that much wiser,

So thanks for making me a fighter

 

"So thanks for making me a fighter!" ribadì la ragazza, saltando sull’attenti e puntando un indice minaccioso verso un angolo della parete. E così via, la diciottenne che si annidava in Hermione Granger e che di solito era costretta a rimanere sopita, stava cominciando a venire allo scoperto. Afferrò il suo peluche di Winny the Pooh e cominciò a trattarlo molto male, lanciandolo in giro per la stanza; una cosa per cui poi gli avrebbe chiesto scusa.

*

Ron Weasley si stava annoiando a morte. Eppure era un tipo paziente, lui.

A nessuno andava di giocare a Quidditch, per evidenti motivi legati a una temperatura un po’ proibitiva, ma non se ne lamentava di certo. E non si dannava l’anima se faceva persino troppo caldo per concentrarsi su una partita di scacchi magici.

Ma starsene così, a sonnecchiare sul divano alla veneranda età di diciotto anni mentre il suo migliore amico aveva preferito uscire con Ginny, gli dava sui nervi. D’accordo che lei era la sua ragazza e magari avevano il diritto di starsene un po’ per i fatti loro, ma in fin dei conti lui era praticamente un fratello putativo! Gli era stato vicino sin dal primo giorno di scuola, da quando il carissimo Harry-sopravvissuto non sapeva neanche chi fosse, Ginevra Weasley.

Stizzito per il suo improvviso attacco di gelosia, si alzò dal divano avviandosi verso le scale in cerca dell’altra sua amica, quella che non aveva un ragazzo con cui uscire (e meno male).

Giunto davanti alla porta della stanza, sentì come dei tonfi provenirne dal suo interno, aggrottò la fronte e bussò.

"Hermione?! Ci sei?"

Niente. Un altro tonfo e urla sguaiate.

"Tutto bene?"

Tonfo. Incuriosito, socchiuse la porta cercando di capire che stesse succedendo.

"Hermione, ma che fa…"

Hermione Jane Granger, il prefetto perfetto, la caposcuola più secchiona di tutti i tempi, era in piedi in mezzo alla stanza, di spalle, che ballava e cantava come… come una comunissima ragazza con addosso la voglia di scatenarsi.

"…I am a fighter and I, I ain't gonna stop, there is no turning back, I've had enoughhhhhh!"

No, quella ragazza che saltava come una pazza con in mano un peluche, urlando a squarciagola una canzone a occhio e croce babbana, non era Hermione.

Hermione era controllata. Composta. Amava leggere, non ballare. Non aveva quel cul… cavolo! Ma da quando Hermione aveva quel sedere? Così… magnetico! Magari era tutta colpa di quei pantaloncini maledettamente corti, splendidamente aderenti… e le gambe! Così dritte. Magre al punto giusto. La schiena longilinea, avvolta in quella sottile canottiera blu acceso…

Ronald stava cominciando a dubitare seriamente del proprio autocontrollo, vittima di pensieri un po’ peccaminosi troppo spesso repressi. Ma vederla così… spensierata e scatenata. Spettinata. E sudata, Merlino! Aveva la pelle dorata, lucida… così… così…

Era terribilmente sexy, porco Salazaar!

"…Made me learn a little bit faster, made my skin a little bit thicker, makes me that much smarter, so thanks for making me a… fighter!"

Concluse il pezzo scaraventando via l’orsetto dalla maglietta rossa e tirando un gran calcio ad un cuscino che si era ritrovata a portata di piede; poi si voltò di scatto e si lasciò cadere col fiatone sul letto. Quindi lo vide.

Alto.

Immobile sulla porta.

Con le orecchie rosse quasi quanto i suoi capelli e un leggero ghigno stampigliato in faccia.

"Ron!" urlò stridula come poche altre volte, strappandosi dalle orecchie le cuffie, che le ricaddero ai lati del collo, e balzando in piedi. "Non si bussa?!"

"Ehm… io… tu… non aprivi."

La ragazza lo guardò inorridita.

"Da quanto sei lì?"

"Un po’."

Dopo un imbarazzante silenzio, le labbra del ragazzo cominciarono a inarcarsi e a emettere un suono vagamente divertito.

"Che fai, ridi?"

"N… no!"

"Tu stai ridendo!"

Il ragazzo non provava neanche più a nasconderli, gli sghignazzi.

"Hermione, non ti facevo così…"

"Non ti azzardare a dirlo ad anima viva, sai?"

Ma lui continuava a ridere; almeno i pensieri poco casti stavano lentamente sfumando, davanti all’espressione indignata dell’amica.

"Ronald! Mi ascolti? Ron… oh, al diavolo. LEVICORPUS!"

Senza preavviso, l’alta figura si mise a fluttuare sottosopra a mezz’aria, i capelli che cadevano verso il basso e le guance che acquistavano sempre più colore.

"Mettimi giù, ma sei matta?!" sbraitò.

"NO! Così impari a prendermi in giro!"

"Hermione, mi sto sentendo male!"

"Giura di non dirlo a nessuno."

"Mi va il sangue alla testa!"

"GIURA!"

"Va bene! Giuro! Ma ora mettimi gi…"

STUMP.

Con un tonfo, Ron ricadde sul pavimento. Massaggiandosi la schiena per la caduta brusca, cercò di rimettersi a sedere.

"Tu sei tutta scema!" sbraitò.

"Volevi mettermi in imbarazzo con tutti! Solo perché per un attimo ho…"

"Hai agito come una comunissima ragazza?" terminò scocciato la frase l’altro. "Guarda che non c’è niente di male a lasciarsi andare un po’, ogni tanto. Sei troppo rigida."

Hermione strinse gli occhi.

"Io non sono affatto rigida."

"Ma se sei tutta un nervo! Sempre così bacchettona…"

"No di certo!"

"Sì."

"No."

"SI’!"

"NO!"

"Scommettiamo che appena ti tocco salti come un grillo?!"

"Tutto quello che vuoi!"

In un impeto di coraggio il ragazzo si alzò in piedi di prepotenza e, altrettanto prepotentemente, le si avvicinò con uno sguardo minaccioso. Sempre più vicino, costringendola ad arretrare in direzione dell’armadio con una titubanza che poche altre volte in vita sua Hermione aveva manifestato. In breve tempo la ragazza si ritrovò appoggiata a un’anta del mobile e intrappolata tra le braccia di lui che la guardava serio, a pochi centimetri di distanza.

Avvertì come un ulteriore aumento di temperatura, in quella stanza. Un po’ per l’afa, un po’ per il battibecco, un po’ per la sola presenza ravvicinata di Ron, cominciò ad avvampare e ad aumentare il ritmo del respiro, irrigidendosi inconsapevolmente. Detestava ammetterlo, ma si sentiva a disagio. Non in senso negativo, però: si trattava di un disagio figlio di quello stesso istinto che le stava urlando nelle orecchie di lasciarsi andare, saltargli addosso e strappargli tutti i vestiti con fare animalesco.

"Lo vedi? Neanche ti ho toccato e sei congelata."

"Beh, sai com’è… c’è chi considererebbe questo tuo comportamento una specie di aggressione" replicò secca, nonostante le ginocchia avessero assunto a occhio e croce la consistenza della gelatina.

"Esagerata."

"Quantomeno sei equivocabile."

La situazione stava decisamente degenerando, e lei non poteva sapere che anche per Ron, nonostante cercasse di restare a sua volta impassibile, era all’incirca lo stesso. Avercela a pochi centimetri di distanza, così dannatamente sexy come non l’aveva mai vista prima di quel pomeriggio, mentre abbassava e alzava il petto al ritmo del respiro, era un vera e propria tortura alla quale non sapeva per quanto ancora avrebbe potuto resistere.

Non replicò più, non ne aveva voglia. Quelle labbra rosse e quello sguardo tagliente erano troppo vicini. Troppo. Lentamente, una mano scivolò verso di lei, fino ad addentrarsi tra i suoi capelli castani.

"Cosa… cosa vuoi fare?" bisbigliò lei.

Il ragazzo deglutì. Non lo sapeva di preciso neanche lui, che cosa volesse fare; forse era per via della situazione nel suo complesso, forse era quella maledetta afa che aveva degli strani effetti sui loro ormoni, forse era lui che non ne poteva più di rimandare, sinceramente non gli importava; sapeva solo che doveva agire o sarebbe impazzito. Si portò sempre più vicino, poteva praticamente specchiarsi nelle pupille della ragazza e sfiorarle il naso con il suo. Sentiva sulla pelle le vibrazioni che emanava.

"Hermione…"

La porta si spalancò all’improvviso, interrompendo i due ragazzi e facendo balzare all’indietro Ron il più in fretta possibile.

"Herm, hai visto Ro…"

Harry, alla vista di quella scena, si bloccò portandosi le mani agli occhi. "OH CACCHIO! SCUSATE RAGAZZI… IO… VI LASCIO IN PACE!"

"Harry! Aspetta noi non…"

"Davvero, hai frainteso perché…"

Ma il moro indietreggiò rapidamente verso la porta, richiudendosela dietro e lasciando gli altri due a fissarla sconcertati, prima di tornare a guardarsi da un capo all’altro della stanza.

"Ehm… credo che abbia frainteso."

"Già, forse dovremmo spiegargli che…"

"…Che si trattava solo di una stupida…"

"…Stupida sfida, nata da un battibecco idiota."

"Già."

"Bene."

Ron si passò una mano dietro al collo.

"Che caldo, eh?!"

"Terribile."

"Dunque io vado a chiarire con lui."

"Dovresti. Serve aiuto?"

"No, grazie."

"A… a dopo?"

"Ok, Ronald."

"Ottimo."

Dopo qualche momento di imbarazzo Ron uscì dalla stanza di Hermione, alla quale non restò altro da fare se non stramazzare sul letto con le mani sulla faccia e meditare su quello che era appena non successo; con la consapevolezza che, se non fosse entrato Harry, sul quel letto ci sarebbe sì ricaduta, ma solo per rotolarvi sopra assieme a un’altra persona, alla quale non riusciva a non pensare.

E certi pensieri mettevano in imbarazzo persino lei stessa, Merlino!

Fu dopo un lasso di tempo imprecisato che decise di prendere di petto la situazione, avviandosi a passo spedito verso la stanza dei due amici. Non si fidava a lasciare la gestione di quella situazione imbarazzante nelle mani di Ron, sarebbe stato molto più saggio supervisionare il tutto di persona. Spalancò la porta della loro camera, ma ve lo trovò solo.

"Ragazzi, questa cosa riguarda entrambi e… ehi, ma non sei con Harry?"

Vide il ragazzo avvampare, saltare in piedi e nascondere qualcosa dietro la schiena.

"Non si trova…"

Hermione inarcò un sopracciglio.

"Ah… e che hai lì dietro?"

"Niente.”

 

…Continua…

La canzone in questa prima metà di storia è Fighter di Christina Aguilera. Non so se è congruente con i tempi, forse Hermione non avrebbe potuto ascoltarla a 18 anni perchè è uscita dopo... pazienza, l’ho scelta perché ha su di me all’incirca lo stesso effetto che ha sulla nostra strega preferita! ^^

A   presto!

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Capitolo 2
*** Ron ***


prova

 

PARTE SECONDA: RON

 

"Dunque io vado a chiarire con lui."

"Dovresti. Serve aiuto?"

"No, grazie…"

"A… a dopo?"

"Ok, Ronald."

"Ottimo."

Ron era uscito dalla stanza di Hermione in uno stato pietoso. Non voleva neanche pensare a cosa sarebbe successo tra di loro se Harry non fosse entrato. Non voleva pensarci per non correre il rischio di uccidere il suo amico, anche perché sopravvivere a un’Avada Kedavra e poi morire per mano sua sarebbe stato alquanto paradossale.

Il problema era che se un debole per Hermione ce l’aveva da sempre, quel pomeriggio, per la prima volta dopo un sacco di anni, l’aveva vista sotto una luce diversa. Era stato un po’ come svegliarsi di soprassalto e realizzare all’improvviso qualcosa che era ormai palese a tutti tranne che a se stessi, senza capacitarsi di come fosse stato possibile non rendersene conto prima.

Provò a cercare Harry dappertutto, ma di lui neanche l’ombra. Da ultimo, entrò nella loro stanza e vide un semplice bigliettino poggiato sulla scrivania; scritto da Harry, a giudicare dalla grafia:

Ron, sono mortificato… spero di non aver compromesso il tutto…

Comunque era anche un po’ l’ora, non se ne poteva più. Vai e colpisci fratello! ;)

 

Arrossendo da solo all’inverosimile, accartocciò il messaggio e lo gettò con stizza alle sue spalle.

Non se ne poteva più?! E lui cosa avrebbe dovuto dire, allora? Ma soprattutto, era così evidente che tra lui e Hermione ci fosse qualcosa di latente, da arrivare a dire che era anche un po’ l’ora ?

…Vai e colpisci?!

Sconsolato, si lasciò sprofondare nel suo letto.

Aveva caldo, un caldo assurdo, e il genere di pensieri che lo assalivano da quando aveva visto Hermione come l’aveva vista poco prima non lo aiutavano di certo. Le provò tutte per distrarsi e spostare la sua attenzione: da sua zia Muriel che gli stritolava la guancia, passando per Piton che allacciava un’ipotetica relazione con Lumacorno, fino alla fine lenta e dolorosa che avrebbe dovuto fare quel maledetto di un cercatore bulgaro, ma nulla di tutto ciò sortì l’effetto sperato. Continuava a pensare a Hermione. Così bella, così diversa dal solito, con i capelli scarmigliati che le incorniciavano il viso e quei pantaloncini… quello che per poco non era successo tra di loro!

Lamentandosi si portò il cuscino sulla faccia, poi, dopo qualche attimo di meditazione, si alzò di scatto e si diresse verso lo scrittoio, aprendone l’ultimo cassetto e estraendone il suo più intimo segreto, una delle poche cose che lo riguardavano di cui neanche Harry era a conoscenza. Con una veloce parola d’ordine, la chiusura ermetica di quel vecchio quaderno impolverato si sbloccò.

Ebbene sì, Ronald Bilius Weasley poteva anche possedere l’equivalente emotivo di un componente del servizio da tè di sua madre, ma teneva un diario segreto; o per lo meno qualcosa che ci andava vicino, su cui scrivere le proprie impressioni. Poi, il fatto che la maggior parte delle sue riflessioni fossero tutte dedicate alla classifica del campionato di Quidditch, all’ultima partita dei Cannoni o alle volte che faceva delle parate di cui lui stesso si meravigliava, era abbastanza irrilevante.

Anche perché c’era un altro argomento ridondante tra quelle pagine ingiallite e impolverate.

Lei.

Il prefetto insopportabilmente perfetto; quella che si impuntava come una vecchia zitella repressa per non fargli copiare i compiti, ma che alla fine cedeva sempre; che aveva dei gusti orrendi in fatto di maschi, tipo quel primate di Krum o McLaggen l’uomo delle caverne; che era un’insostenibile saputella; che con suo grande imbarazzo aveva sognato a più riprese; con cui aveva litigato innumerevoli volte perché era davvero acida e bacchettona, ma con la quale non riusciva a non fare sempre pace; che aveva un odioso gatto che gli aveva mangiato Crosta (anche se poi non era vero e, anzi, sarebbe stato meglio per tutti se l’avesse fatto); che lo sgridava sempre neanche fosse stata sua madre. L’unica che lo chiamava Ronald, in un modo di cui non si sarebbe mai stancato…

Hermione Granger, in poche parole.

*

Aveva appena afferrato la piuma per aggiornare il suo ‘diario’, quando vide la porta della sua stanza spalancarsi.

"Ron, questa cosa riguarda entrambi e… ehi, ma non sei con Harry?"

Ron avvampò, nascondendo dietro la schiena il suo personale scheletro da armadio. Non usava più bussare?!

"Non si trova…"

Hermione inarcò un sopracciglio.

"Ah… che hai lì dietro?"

"Niente."

La ragazza strinse gli occhi e impugnò la bacchetta. "Accio!"

Il diario di Ron, ancora pericolosamente aperto, le finì tra le mani.

"Ridammelo!" disse allarmato il ragazzo, inseguendola. Lei saltò in piedi sul letto.

"Mi hai vista cantare come una scema con un orso di peluche in mano, me lo devi!" esclamò pregustandosi la dolce vendetta. "Così hai un diario, eh Ronald?"

Fece per leggerne il contenuto ma lui le zompò addosso, cercando di rimpossessarsene e iniziando una specie di lotta a colpi di solletico con la ragazza, che comunque difendeva molto bene se stessa e l’oggetto conteso.

"Che c’è di così compromettente?" urlò, in preda agli spasimi da risa forzate.

"Niente! Ora mollalo però!"

Ma Hermione si divincolò da Ron e corse via, leggendo un paio di righe ad alta voce: "Ieri è stato il giorno più bello della mia vita… ho fatto una parata a Ginny che lei, Fred e George sono rimasti a bocca aperta come due fessi! …ma lo sai che sei un po’ fissato con questo Quidditch?!"

"Accio!" urlò Ron.

"Protego!" si difese prontamente Hermione.

"Expell…"

"LEVICORPUS!"

E di nuovo il rosso si trovò sottosopra. Cominciava a essere un po’ frustrante, la cosa.

"Hermione, giuro che se lo leggi dico a tutti di prima, balletto e peluche! E mettimi giù!" urlò con le guance violacee per la situazione e la posizione innaturale.

"E io regalo il diario a Fred e George!"

"Devi solo provarci!"

Ma la ragazza lo ignorava, prendendo a sfogliare il quaderno con interesse e un sorriso a mezz’asta. Poi, dopo essersi soffermata più a lungo su alcune pagine, lo chiuse di scatto e con un veloce colpo di bacchetta rifece scendere a terra il ragazzo, voltandosi scioccata verso di lui.

"Ahio!"

"Ron, cosa significa?" chiese seria.

"Che mi sono fatto male a un polso, cadendo!" si lamentò il ragazzo.

"No, io dico il diario…"

"Mi fa male, Merlino! Me lo sono rotto per colpa tua!"

Lei continuò per la sua strada. "Qua dentro ci sono io. In ogni pagina. O meglio, ci siamo noi."

"Hermione, davvero, si sta gonfiando…" continuò a piagnucolare l’altro, stringendosi la mano.

La ragazza tornò in sé e si sedette vicino a un Ron dolorante, ma anche molto imbarazzato.

"Mi spiace se ti ho fatto cadere male… su, fammi vedere" disse con la professionalità di una che stava studiando per essere ammessa ai corsi di specializzazione del San Mungo. Gli afferrò con gentilezza il polso e cominciò a massaggiarglielo. Dapprima indecisi, i suoi gesti si fecero sempre più delicati, più lenti, i polpastrelli cominciarono a risalire verso l’avambraccio in modo sempre meno distaccato e sempre più sensuale. Alzò lo sguardo e trovò gli occhi chiari dell’altro incollati su di lei, senza che smettessero un attimo di guardarla.

"Secondo me non… non è niente, Ron."

"Lo credo anche io. Fa già meno male."

Hermione arrossì leggermente e abbassò lo sguardo, senza riuscire a smettere di stringergli la mano.

"Mi spiace per prima, sono proprio una bambina a volte. Non dovevo farmi gli affari tuoi."

"Dai, ora siamo pari. Cioè, il mio segreto è molto più inconfessabile del tuo, ma vabbè."

Dopo che lui riuscì a strapparle un sorriso, la ragazza si fece forza.

"Quello che hai scritto su di me, su di noi… che poi ho letto molto poco, quasi niente… però…"

"Lascia stare, sono stupidaggini" si difese prontamente lui, violaceo. "Oltre a straparlare, a volte tendo anche a scrivere scemenze."

Lei si mordicchiò il labbro, incapace di rispondere. Incapace di ammettere quanto l’aveva toccata scoprire che Hermione Granger fosse parte integrante dei pensieri di Ron Weasley; e che il rendersi conto di come lui desse peso a ogni loro battibecco, molto più di quanto non lo dimostrasse coi fatti, era davvero sconvolgente visto che a lei capitava la stessa identica cosa. Non c’era un singolo giorno passato assieme che non ricordasse alla perfezione, poteva rivivere attimo dopo attimo ogni loro dialogo, ogni esperienza condivisa; da sempre.

Le era entrato dentro il momento in cui l’aveva salvata da quel Troll a undici anni e non se ne era mai andato, neppure nei periodi in cui non volevano rivolgersi la parola.

Si scostò una ciocca di capelli dal viso e tornò a guardarlo. "Non sono scemenze. Sono…"

"Ti è caduto quel coso" la interruppe Ron, cercando di deviare quella discussione che stava prendendo decisamente una brutta piega. Perché quella volta era differente, non si trattava più solo di reprimere l’impulso di strapparle la canottiera a morsi. Quella volta, ne era certo, le avrebbe detto quanto fosse terribilmente, irriducibilmente e inevitabilmente pazzo di lei.

Cotto a puntino e da tempo immemore, ormai.

E ne aveva paura, una paura assurda e immotivata.

"Cosa?" domandò, presa alla sprovvista.

"L’aggeggio della musica. Mentre ci picchiavamo ti è caduto."

Hermione si voltò e vide il lettore mp3 abbandonato sul letto, evidentemente se l’era dimenticato in tasca da prima.

"Oh, grazie" disse in un sussurro, afferrandolo. In realtà era un po’ delusa per come lui stesse scappando da lei e da loro, da qualcosa rimandato troppo a lungo.

"Come funziona?"

Lei sorrise e gli porse un auricolare per farglielo provare.

"E’ semplice, basta schiacciare qua e parte la musica."

Ron si illuminò in viso.

"Forte. Ti do un consiglio: fai in modo che non capiti per le mani a mio padre, se ci tieni."

Risero, e in silenzio si misero a ascoltare.

 

She had something to confess to

But you don't have the time so

Look the other way.

You will wait until it's over

To reveal what you'd never shown her

Too little much too late…

 

Quando alzò il viso verso di lui, vide che si era fatto improvvisamente serio, mentre di nuovo un leggero rossore gli colorava le guance cosparse di lentiggini.

"Che c’è?"

"Niente."

"Non è vero…"

"E’ che… questo pezzo… bah, niente."

Si voltò di scatto per evitare di sostenere il suo sguardo, ma lei gli afferrò il viso e lo costrinse a farlo.

"Ron…"

"E’ una bella canzone, ma mi mette tristezza."

Hermione deglutì.

"E perché?" bisbigliò senza scostare la mano dalla sua guancia.

"Perché parla di uno che non ha mai trovato il coraggio… con lei… e quando lo trova è troppo tardi, se n’è già andata."

Hermione fece scorrere le dita tra i capelli di Ron, che adesso non aveva più paura di fissarla, e gli si portò più vicina. Seguì con lo sguardo la sua mano scivolarvi in mezzo dolcemente e scostargli un ciuffo di capelli dalla fronte.

 

…Too long trying to resist it

You've just gone and missed it

It's escaped your world…

 

"Non è troppo tardi. Io sono qua, non scappo."

Colpita in prima persona da quel suo slancio di coraggio, si ritrasse leggermente alla vista di lui che la fissava immobile, con un sopracciglio alzato. Forse aveva sbagliato ogni cosa, aveva frainteso tutto dalla prima all’ultima parola che, magari, era riferita a qualcun’altra.

Forse aveva appena detto addio alla sua dignità, con quell’uscita infelice.

Ma poi, veloci come un battito di ciglia e destabilizzanti come un’improvvisa raffica di vento, avvertì le labbra del ragazzo poggiarsi sulle sue. Nessuno dei due volle abbassare le palpebre per non sprecare l’occasione di perdersi l’una negli occhi dell’altro e acquistare appieno la consapevolezza di quello che stava succedendo. Sentì la sua spina dorsale vibrare di un’elettricità sconosciuta e, mentre le loro bocche si sfioravano e si incastravano alla perfezione, mentre i loro sguardi si incrociavano stupiti e felici, quella crescente presa di coscienza fece inarcare a entrambi le labbra, che si carezzarono in due leggeri sorrisi destinati a fondersi in una cosa sola; come una cosa sola erano quel ragazzo e quella ragazza, che in un afoso pomeriggio gli allacciava sorridente le braccia attorno al collo, baciandolo.

Un giorno come tanti, ma non per loro.

*

"Hermione?"

"Dimmi."

"Quand’è che avresti detto basta, stufa di aspettarmi?"

Lei gli carezzò una guancia con dolcezza.

"Non mi sarei mai stufata."

Lui rise e le sfiorò il naso con il suo.

"Non ti credo…"

"Invece dovresti."

"Il fatto è che avevo paura."

"Di cosa?"

"Di qualcosa di troppo grande da sopportare. Troppo coinvolgente… troppo e basta."

"E ora?"

Inarcò un sopracciglio con un leggero ghigno.

"Ora vorrei baciarti; sai, per rifarmi di tutte le volte ho preferito guardare da un’altra parte come un fesso."

Lei gli sfiorò la fronte con le labbra.

"Io ti avrei davvero aspettato, Ronald. Lo faccio da sempre."

Lui sorrise e le scostò una ciocca di capelli dal viso.

"Beh, adesso basta. Sono qua."

 

Abbassò le palpebre e lo baciò.

Perché dopo quel primo bacio, Hermione non aveva mai più potuto fare a meno di chiudere gli occhi quando si trovava persa nel suo abbraccio; e allora riusciva anche a smettere di pensare, smettere di ostinarsi a cercare certezze e rassicurazioni; tutto il resto perdeva di importanza e la sua mente era già colma, appagata.

Completamente in balia di Ron, il ragazzo che non si sarebbe mai stancata di aspettare.

“Ron?”

“Sì?”

“Sono contenta di aver smesso di aspettare.”

“Anch’io, Hermione.”

FINE

*

Quella inserita nella seconda parte, invece, è Muscle Museum, dei Muse. Scelta perché mi pare sia abbastanza pertinente… quei due devono darsi una scrollatina!

Un saluto affettuoso a chi ha letto questa semplice storiella, magari trovandola carina. Anche se su di loro si è scritto ormai di tutto e di più…

goldfish.

*PS: non si scrive in funzione delle recensioni, almeno non lo faccio io, ma non nego che se mi lasciaste un commento mi farebbe piacere… giusto per sapere che, nel bene o nel male, questa storia non vi è risultata indifferente. Mi auguro di no! ^^’

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