Shot me outta the sky.

di lietome_
(/viewuser.php?uid=164362)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***
Capitolo 16: *** 16. ***
Capitolo 17: *** 17. ***
Capitolo 18: *** 18. ***
Capitolo 19: *** 19. ***
Capitolo 20: *** 20. ***
Capitolo 21: *** 21. ***
Capitolo 22: *** 22. ***
Capitolo 23: *** 23. ***
Capitolo 24: *** 24. ***
Capitolo 25: *** 25. ***
Capitolo 26: *** 26. ***
Capitolo 27: *** 27 - ultimo. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


1.
 
Harry passa davanti a quel bar come ogni mattina e, come ogni mattina, guarda dentro dalla vetrata fantasticando sulla vita di tutta quella gente che non è lui.
Rallenta il suo passo come ogni mattina e la cerca tra i tavoli, dietro al bancone, nascosta tra tutta quella gente.
Poi la vede.
Seduta al lato del banco, aspettando qualcuno che abbia bisogno di lei.
Il grembiule bianco torbido scomposto sopra le gambe, chiuse come le labbra.
Harry corre a cercarle il viso con lo sguardo, sapendo già l’espressione che vi troverà dipinta sopra.
Un cocktail di sonno e sopportazione malcelato dietro ad un sorriso sempre gentile; il tutto servito con due occhi che sa guarderanno da un’altra parte, ci cui Harry non ha ancora capito il colore.
Il cartellino che porta al petto dice “Allyson” e Harry annuisce riprendendo a camminare verso la macchina.
Le sorride ormai distante.
 
Lui le è passato davanti, come ogni mattina; il ragazzo riccio dagli occhi verdi che sembrano spaccare la vetrata che li separa.  Lui la cerca e lei si lascia trovare, lui la legge e lei non glielo permette, mantenendo lo sguardo sempre altrove, guardandolo riflesso da qualche parte, sorridendo dentro.
Entrambi sanno che si vedranno la mattina seguente, entrambi sanno che basterebbe uscire dalla porta posta sempre tra loro, entrambi sanno che nessuno dei due lo farà mai.
__
 
Alzare il volume della radio e battere il tempo sul volante, abbassare il finestrino e sorridere difronte alla primavera che arriva anche a Londra.
Niall decelera in prossimità di un semaforo, ma scatta in avanti quando questo diventa verde.
Tutto un ballo fra i tre pedali, il volante e la frizione.
Il telefono gli vibra ripetutamente nella tasca davanti dei pantaloni beige, ma lui non stacca gli occhi dalla strada.
Il Dj passa, con voce squillante, la linea ad una certa Sarabeth, ascoltatrice che chiama da chissà dove per chiedere una canzone da dedicare a chissà chi.
Niall è affascinato da tutto ciò che non conosce, che potrebbe essere una variabile.
“Ciao a tutti” inizia Sarabeth storpiata dal telefono e dalla radio contemporaneamente, un omicidio alla voce naturale. “Volevo sentire What makes  you beautiful dei One Direction.”
“Perfetto Sarabeth, a chi la vorresti dedicare?” la incalza il Dj, proprietario di una voce suadente e dieci volte più naturale di quella di lei.
“Oh, beh…”
Se Niall potesse vederla saprebbe che si sta mordendo le labbra, lottando mentre cerca di trovare le chiavi di casa.
“La vorrei dedicare a Niall, che forse non sa quante cose lo rendono bello, che forse non sa quante persone lui rende belle, che vorrei tanto sentisse questo.”
Niall guarda la radio cercando di darle un volto.
Si sente bene dentro, in fondo, nel profondo, grazie a quelle poche parole.
Sorride ulteriormente.
E se lo vedessero ora si potrebbe creare un’intera costellazione di sorrisi.
“Ma ho smesso di credere nei miracoli.” Lei finisce, sospira, chiude la chiamata e parte la canzone.
E il sorriso sul volto di Niall si spegne e con esso tutte le sue ipotetiche terminazioni, i suoi satelliti.
Sono le 09.32 e lui nel giro di cinque minuti è cambiato tre volte.
__
 
“Puoi anche evitare di dirmi tutto un’altra volta, guarda che ti ho capito!”
La voce al limite tra il parlato e l’urlato.
“No, Louis, tu non hai capito proprio un caz*o!”
Lei si passa una mano tra i capelli, stanca e arrabbiata.
Stanca di essere arrabbiata, arrabbiata di essere stanca.
“Samantha” si chiamano ogni due frasi per ricordare all’altro che si ricordano ancora il suo nome.
“Samantha, perché non mi credi?”
“L’ho letto, Louis! Che ti hanno visto con una e che…”
“No, Samantha, non voglio sentire tutto di nuovo, voglio solo capire perché non ti fidi di me.”
Fa una pausa, mentre dentro sta franando sempre di più.
“Lou, io l’ho letto; perché vuoi continuare a mentirmi?”
Le labbra secche.
Lui che si sente un innocente a cui stanno per dare la sedia elettrica.
“Io non ti sto mentendo, è questo il punto!”
Lei gli sbatte il giornale sul tavolo, lo spiana violentemente con la mano.
“Ti credevo una persona migliore, Louis.”
Nessun “addio”, solo la sua figura che si allontana.
Louis alza il giornale e punta gli occhi, per la prima volta, sulla pagina incriminata.
La foto c’è. C’è e lui scoppia a piangere.
Sono due pagine che hanno distrutto la fiducia che lei nutriva per lui, il loro rapporto, che gli hanno tagliato i collegamenti con l’amore.
Louis continua a leggere, continua a farsi del male.
Il telefono squilla lontano. La porta per la salvezza.
Appoggia nuovamente la rivista, la foto sotto la luce.
Lui e Gemma, la sorella di Harry, fotografati più volte mentre entrano in casa di lei.
Ridono e Louis riuscirebbe anche a ripetere il perché.
Stava andando a casa di Harry per andare poi con lui dagli altri, lo stava passando a prendere quando aveva incrociato Gemma per la strada che tornava a casa.
Si erano incamminati assieme ed erano stati immortalati da più fotografie destinate poi a rovinare il suo mondo così perfetto.
L’apocalisse.


Che ve ne pare? Spero sia stato un buon inizio.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. ***


2.
 
“Ciao Michael, sono Niall.”
L’aria della primavera, fuori dalla finestra cade a gocce somigliando così tanto al freddo inverno appena finito.
“Ehi Niall, come stai?”
La voce sentita poco prima alla radio continua a mantenere il suo tono naturale e suadente.
“Benissimo, ma starò ancora meglio se tu mi farai un favore.”
Questi sono i momenti in cui ama essere famoso, ama conoscere tutta quella gente, ama sapere di poter chiedere con la quasi certezza di ricevere.
Michael, poi, è proprio un amico e, tra le altre cose, ha anche origini irlandesi.
“Dimmi tutto amico!”
“Mi dovresti dare il numero della ragazza che oggi ha richiesto la mia canzone. Erano circa le nove e mezza.”
“Sai che non posso, per tutta la roba sulla privacy…”
“Michael, ti prego.”
Sente la propria voce supplichevole e si chiede perché lo sta facendo.
Forse per sentirsi meglio.
Perché infondo sa che tutti gli abbracci che darà, per tanti che siano, non riusciranno mai ad arrivare a tutte le loro fan. E forse così facendo, scegliendone una a caso, spera di abbracciare maggiormente anche tutte le altre.
Spera che questa Sarabeth sia una specie di Gesù che, invece di raccogliere i peccati degli altri, ne raccolga la voglia di abbracci.
O forse, molto più egoisticamente, molto più nel profondo, vuole godere di quella particolare libertà che ha.
Ascoltando il silenzio di Michael ripensa ad una frase che, tempo prima, Harry aveva scritto su Twitter mentre, tutti insieme, facevano lo stesso pensiero che fa ora lui, solo.
Il messaggio era: “Posso fare urlare la tua ragazza più forte di quanto potrai mai fare tu, solo premendo il pulsante ‘segui’”.
Ecco, forse vuole solamente farla urlare lui, lui e non Harry.
Scaccia le sue pare d’inferiorità con la mano e torna ad ascoltare Michael.
“Senti, Niall, tu non l’hai avuto da me, ok?”
“E chi ti conosce?” ironizza, pronto a scrivere il numero.
Lo segna velocemente su un foglio, ringrazia e chiude la chiamata per poi tornare subito al telefono.
Si stende sul divano, sente in lontananza Zayn che fa la doccia.
Tre squilli a vuoto.
L’unica cosa che sa è che si chiama Sarabeth.
Il suono della chiamata che parte.
“Pronto?”
“Ciao Sarabeth, sono Niall.”
Silenzio. I brividi lungo la schiena. Non può essere lui.
“Non prendermi in giro.”
“Non lo sto facendo.”
“Ora attacco.”
Vede sfumare davanti ai propri occhi tutto il suo piano.

“Nono, aspetta. Sei Sarabeth Willis, no?” la butta sullo sbaglio di numero, mentre pensa vorticosamente come fare.
“No, io sono Pole. Sarabeth Pole.”
Niall sorride al proprio tenue riflesso sulla televisione; ora almeno sa come si chiama.
Uno a zero per lui.
“Sarabeth, sono davvero Niall.”
“Non ci credo. Chiunque tu sia finiscila qui.”
La voce ferita e il suono della chiamata che si chiude.
__

“Ciao Mad.”
Il lieve bacio ai confini tra la guancia e le labbra.
“Ciao Liam. Cosa dovevi dirmi?”
Lei lo guarda. Quei capelli che continuano a crescere ribelli sebbene lui cerchi ogni volta di domarli, quegli occhi in cui annegherebbe così volentieri.
Si morde il labbro e lui le fa passare il braccio attorno alla vita; iniziano a camminare.
Clifftown Road che gli scorre regolare accanto, sotto.
Quell’ultima estate passata a Southend-on-Sea, quell’ultima estate passata a guardarsi negli occhi, a sorridersi.
Quell’ultima estate passata a costruire niente, a scrivere e cancellare.
Madison si lascia trasportare per le vie della sua città, lo tiene stretto a sé, ne sente il profumo, l’odore fresco della schiuma da barba.
“Mad, tra poco il lavoro diventerà massacrante.”
Si passa una mano tra i capelli e cerca le parole, cerca i pensieri.
“Siamo pieni di ospitate a partire da inizio aprile, poi il tour che continua e non credo riuscirò a venire più tanto spesso qui da te.”
Silenzio.
I loro respiri vicini e complementari.
Silenzio.
Madison deglutisce sperando di cacciare più a fondo il magone che ha in gola.
Maledetti i chilometri che li separano, maledetta la patente che non ha ancora preso, maledetti i suoi genitori e la loro preoccupazione del treno, maledetta questa carriera che glielo tiene lontano, maledetto lui, lei, tutti.
Chiude lentamente le palpebre; sospira.
“Ho capito. Tornerai mai?”
Si lecca le labbra e sospira ancora.
“Certo.” Lui lo sussurra, spaventato e speranzoso allo stesso tempo.
Più spaventato che speranzoso.
__

Gente da ogni parte.
Possibile che Londra sia così incasinata? Contando che lei capisce i tre quarti di quello che dicono… sicuramente non aiuta.
Si fa largo tra la gente, calpestando piedi e sussurrando Disculpe al vento.
Non sa nemmeno in che strada è.
“Ehi, scusa, mi puoi dire dove sono?”
Il ragazzo a cui ha chiesto informazioni la guarda socchiudendo gli occhi.
Lei sa che la pronuncia non è delle migliori, ma spera abbia capito.
“La strada…” sussurra muovendo la cartina in aria.
“Oh, sì sì! Victoria Street!”
Lui le sorride, lei ricambia e gli indica un altro punto sulla cartina.
“E come arrivo qui?”
“Segui le indicazioni.”
Ridono a labbra strette entrambi.
“Capissi qualcosa di questa città…” Alza le spalle e si guarda in torno, cercando un qualsiasi punto di riferimento.
“Come ti chiami?”
Zayn inclina la testa da una parte aspettando la risposta.
“Brenda. Tu?”
“Zayn. Di dove sei? Spagna?”
“Argentina.”
Si sorridono nuovamente.
Zayn alza le spalle. “Se ti va ti accompagno io a casa.”
Un ulteriore sorriso ad acconsentire.
E ora la gente sembra meno fitta, le strade più limpide.


Ecco qui il secondo!
Ora conoscete un pochino l'inizio della storia di tutti e cinque!
Che ve ne pare?
Vi aspetto sempre nelle recensioni, spero vi sia piaciuto e bla bla bla :3

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. ***


3.
 
Harry sospira e scavalca per la prima volta la porta. Quella porta.
Louis, vicino, tiene gli occhi sul pavimento.
Qualcuno sussurra alle loro spalle e entrambi sperano che non si avvicinino; non ora, non oggi.
Si siedono ad un tavolo e Louis pensa a cosa ci faccia lì, a perché ha dovuto lasciare il divano. Gli occhi gli bruciano ancora.
Una ragazza si avvicina, sorride e si liscia il grembiule con la sinistra.
“Cosa vi porto ragazzi?” dice rivolta al portatovaglioli al centro del tavolo.
La penna che scarabocchia qualcosa nell’angolo del blocco.
“Te.”
Louis alza gli occhi su Harry che, a sua volta, fa scattare i suoi sulla ragazza.
Gli tira un calcio da sotto il tavolo al quale lui non risponde.
La cameriera arriccia lievemente il naso, si morde un labbro.
“Come scusa?” l’espressione serena è tradita dal tono della voce.
“Due caffè, vorremmo due caffè grazie.” Louis pronto a rispondere.
Due segni sul foglio e si allontana, il naso ancora arricciato, sbuffa in lontananza.
“Ma che, sei scemo?”
“Lo sto diventando!”
Harry si passa una mano tra i capelli sconvolgendosi i ricci.
Louis alza le spalle e le sopracciglia contemporaneamente aspettando una risposta che sa non tarderà ad arrivare.
Si accartoccia e dimentica le sue lacrime, i respiri rotti, le ferite sui palmi a forza di stringere i pugni, le nocche sbucciate per i pugni dati al muro.
Cancella temporaneamente se stesso per lasciare spazio ad Harry che sotto quei capelli, sotto gli occhi chiari ma oggi torbidi, nasconde una bomba ad orologeria.
Louis oggi si farà travolgere, semplicemente.
“Dimmi quante, quante ragazze in tutta Londra vorrebbero uscire con me?”
“Non lo so, Harry, molte, sicuramente! Contando tutte le fan, poi, eh! Tante!”
Louis non capisce ma risponde. Si tiene i dubbi dentro, nascosti tra i pianti non versati e la voglia di cioccolato.
“Ecco. E l’unica, dico l’unica che interessa a me, non mi guarda minimamente!”
I pugni stretti attorno alla tovaglia di carta che si è strappata in alcuni punti.
“La cameriera?”
Annuisce e si morde il labbro sentendola tornare con i loro caffè.
Non lo zucchera nemmeno e lo beve, non la guarda per la centesima volta quando torna indietro. Il sapore amaro giù per la gola che non sa se è il rammarico o il caffè.
__
 
La birra fresca tra le mani, davanti il sole che muore ai limiti della campagna.
Harry, Zayn, Liam e Niall in giardino.
“Lou?” chiede qualcuno.
“È a casa, ha detto che per stasera non se la sentiva.” Risponde qualcun altro.
“Che ha?” di nuovo la prima voce.
Tre figure che all’unisono alzano le spalle.
“Ragazzi, vi va di aiutarmi?” Niall apre maggiormente i suoi occhi azzurri voltandosi verso gli altri tre.
“Ovvio.” Harry li contrasta con i suoi.
Liam annuisce.
“Vas happenin’?” 
Tutti e quattro entrano in casa e si siedono per terra, in cerchio, l’elenco telefonico al centro e la voce di Niall che spiega tutta la storia.
“Quanti Pole ci sono in tutta Londra?”
“Tu spera che sia di Londra!”
“Quanti??”
Zayn fa scorrere il dito lungo l’elenco contando le famiglie accomunate dallo stesso cognome.
“Diciassette.”
“Beh, meglio se iniziamo subito, allora.” Dice Harry iniziando a dettare al biondo il primo numero.
“Pronto, sono Niall, c’è Sarabeth?”
La solita frase ogni volta.
“Hai sbagliato numero, qui non c’è nessuna Sarabeth.”
La solita risposta.
“Niall, questo è l’ultimo numero, prega perché sia lei.” Gli sussurra Liam prima di iniziare a dettare.
“Pronto, sono Niall, c’è Sarabeth?”
“Aspetta un attimo che te la chiamo.”
Una voce giovane e maschile. Fratello? Fidanzato?
“Sarabeth! Ti vogliono al telefono, un certo Niall!”
“Non prendermi in giro, Samuel.”
Qualche scusa detta di fretta e la chiamata che si chiude brusca per la seconda volta in una giornata.
Niall che si appunta l’indirizzo, segnato accanto al nome, tra le note del cellulare.
“Non sono disposto a perdere.”
__
 
“Ehi ragazzo!”
Zayn si volta di lato e sussurra qualcosa al telefono.
La vede, sussurra qualcos’altro e chiude la chiamata.
“Ciao!”
Lei lo guarda dall’alto del suo balcone, si lecca le labbra seccate dall’aria che ha ricominciato a soffiare fredda.
“Ti va di fare un giro?”
Zayn rompe il silenzio e tossisce.
Lei ride. “Stai scherzando, verdad?”
Qualcuno urla in lontananza, l’entusiasmo per la squadra che fa goal.
“No. Ma, ehi, mica ti voglio rapire!”
Lei si è sporta più avanti e i capelli le ricadono tra le peonie, o qualsiasi fiore siano quelli che ha sul balcone.
Fa una smorfia con la bocca e torna a sorridere. “Dammi due minuti e scendo, ok?”
Zayn si siede sul marciapiede davanti al balcone e allarga le braccia.
Lei gli piace perché ride, perché ha gli occhi grandi e le labbra ben disegnate, perché è spontanea e perché pronuncia male alcune parole, perché ha una cantilena buffa, perché non si è ancora fatta prendere dalla tachicardia dato che “Lui è Zayn!”.
Lei gli piace perché ci sta, perché esce con uno che ha visto dieci minuti tre giorni prima, perché non si fa tanti problemi anche se Zayn immagina che si sappia difendere; gli piace perché non gli piace come tutte le altre.
“Dove mi porti di bello?”
La voce di lei lo riporta sulla terra.
Zayn si alza e si pulisce i jeans con le mani, si guarda riflesso in una macchina e si auto-sorride.
“In giro.”
“A caso.” Aggiunge poi.
Lei sorride ancora e si passa una mano tra i capelli riportando i ciuffi ribelli al loro posto.
“Va bene.” Alza le spalle e inizia a camminare, sprofonda le mani nelle tasche del giubbino chiaro scamosciato.
Quando c’è Zayn la gente sembra scansarsi di lato e fissarlo e Londra riacquista un ordine, diventa quasi capibile davanti agli occhi di lei.
“Perché sei venuta a Londra?”
“Mia mamma ha trovato lavoro qui. Avevamo bisogno di cambiare.”
Tronca lei subito prima di passarsi la lingua sui denti. Mette le mani più a fondo.
Zayn annuisce e torna a guardare la strada; mette mentalmente una croce sopra al discorso e lo accatasta nella lista degli “inappropriati”.
“Ciao Zayn!”
Due ragazze lo salutano da lontano e lui alza la mano a sua volta.
“Chi erano?” chiede lei, curiosa, sorridendo solo con la metà della bocca.
“Non ne ho idea.”
Lei ride e sgrana gli occhi. “Come non ne hai idea?”
“Saranno mie fan!” Ride anche lui pensando a quanto sia assurdo il tutto se visto razionalmente.
È conosciuto da gente che non vedrà mai. Vede gente che non conoscerà mai.
Lei lo manda in posti troppo affollati e continua a sorridere storta.
Passano davanti al primo negozio di dischi e le si illuminano gli occhi davanti ad un disco dei Green Day che ancora non ha.
Poi sposta lo sguardo più a sinistra e lo vede. Quel CD con la copertina chiara e cinque figure sopra.
“Oh, mio Dio!”
Si gira verso di lui che nasconde la faccia nella sciarpa.
“Ma stavi parlando sul serio?”
Zayn alza le spalle e le sorride da sotto la sciarpa. “Non mento mai, io.”
“Oddio. Quindi tu? Cioè, io..? Oddio!”
“Sono un ragazzo normale eh!”
Apre le braccia e fa un giro su se stesso.
“E mi sei piaciuta subito perché non sapevi chi ero. Perché con te potevo essere me stesso e basta.”
“Non stai mentendo nemmeno adesso?”
“No.”
“Nemmeno quando hai detto che ti sono piaciuta subito?”
“No.”
Si sorridono e riprendono a camminare.
Sotto allo scamosciato è cambiato qualcosa, però. Le illusioni di una ragazza stanno prendendo forma e solo chi ne è stato vittima può sapere quanto fanno male.
 

Ed ecco qui anche il capitolo numero 3!
Arriviamo almeno alle 3 recensioni? Eddai!
Recensite anche con un "gnè", tanto per sapere che l'avete letto, tanto per dirmi che ne pensate!
Grazie a chi lo farà.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. ***


4.
 
“Sei sicuro che sia questa?”
Il cielo è limpido e le villette sono chiare sotto la luce del sole.
“Numero?”
Niall ricontrolla sul cellulare. “186”
“Quella, allora.”
Cinque ragazzi appostati in una via di Londra Est che giocano a fare le spie.
Louis si alza lo scalda collo nero fin sotto gli occhi, li socchiude, unisce le mani a formare una pistola e piega i comini fino a ritrovarsi gli indici all’altezza del naso.
Zayn fa qualche musichetta di tensione in sottofondo mentre Niall si mangia nervoso le unghie.
Vorrebbe non aver mai iniziato il tutto perché ora ha paura che non lo noti, che dato che ci sono tutti lui passi in secondo piano.
“Niall.”
Harry lo guarda serio dalla sua sinistra.
Gli appoggia una mano sulla spalla e scuote i ricci.
“Tu vali. Tu sei qui perché te lo meriti. Tu sei un quinto del tutto, importante alla pari degli altri.”
Liam inizia ad applaudire e gli altri lo seguono a ruota facendo tornare un briciolo di autostima all’irlandese.
È una cosa a cui la gente, forse, non pensa.
Miliardi di soddisfazioni, centinaia e centinaia di fans un po’ ovunque, concerti sold-out e CD ai primi posti delle classifiche mondiali eppure un pensiero su cui sbatti spesso è quello di essere un intruso, un fortunato, di non essere abbastanza.
“Sta uscendo, ragazzi!” Louis torna a prendere la loro attenzione puntando il dito verso una figura che esce dal cancello della 186.
Niall preme la cornetta verde sul suo telefono e tutti escono silenziosamente dalla macchina, arrivando alle spalle della ragazza.
“Pronto?”
“Sarabeth, sono Niall.”
Lei si blocca al centro della strada.
“Prima che tu possa dire qualsiasi cose, per favore, girati.”
Sarabeth si volta titubante e li vede. Lo vede.
“Oh mio Dio.” Riesce a sussurrare portandosi una mano alla bocca. Le unghie smaltate di blu che si intonano con i suoi occhi.
Loro si avvicinano sorridenti a lei e sembra quasi la scena dei suoi sogni.
“Cosa ci fate qui? Perché? Oh, dio, è uno scherzo? Come mi avete trovata? Perché?”
La voce le trema.
“Ti ho sentita la settimana scorsa alla radio.”
Lei arrossisce.
“Ho chiesto al dj il tuo numero, ti ho chiamata e tu mi hai attaccato in faccia.”
Lui le sorride, lei si infuoca e si sente morire. Si insulta in silenzio.
“Così ho cercato il tuo cognome sull’elenco, ti ho chiamata e mi hai attaccato in faccia di nuovo. Allora sono venuto qui.”
Zayn tossisce.
“Siamo venuti tutti qui.” Specifica Niall.
“Perché?” Sarabeth ha gli occhi lucidi e le sue mani continuano a tremare.
“Per farti credere nei miracoli.”
Il silenzio dilaga poi tra loro. Lei con le lacrime agli occhi e la vista appannata, lui felice e soddisfatto, protagonista.
“Ti va di venire ad una festa?”
Louis ravviva l’atmosfera.
Tutti si girano all’unisono verso di lui che si è appena inventato una festa che non c’è.
“Oh mio Dio!”
“Questo è un sì?” Harry le sorride mandando definitivamente a morire la sua capacità di produrre un discorso sensato.
“Sì. Certo che sì.”
__
 
Zayn entra correndo nel grande soggiorno della casa di Louis e Harry. Urla.
“Fiestaaaa!” Batte le mani e fa qualche passo di danza che dovrebbe essere salsa.
Si butta, poi, sul divano tra Liam e Harry.
Sospira stanco e ride ancora.
“Abbiamo organizzato una festa in quattro ore, ma quanto siamo bravi?”
Harry allunga le gambe sopra quelle di Zayn.
“Niall, only for you!” gli urla raggiungendolo con la voce in cucina e facendolo sorridere davanti al frigo aperto.
Louis entra a sua volta in soggiorno e Niall lo raggiunge poco dopo.
“Devo dirvi una cosa.” Dice Louis poi e se lo guardassero bene in faccia vedrebbero gli occhi arrossati e lucidi.
Il silenzio cala sul gruppo, sono come una persona sola e sentono che c’è qualcosa che non va dietro i sorrisi ammaliatori di Louis.
“Samantha mi ha lasciato.”
Glielo spara in faccia a bassa voce.
Harry si copre la faccia con un cuscino e Niall resta con la bocca aperta nell’atto di mordere la brioche.
Zayn sprofonda più in basso nel divano e sussurra, dolce, un: “Oh, Boo…”
Louis sorride e si siede sul bracciolo della poltrona in cui è Niall passandogli una mano tra i capelli come se fosse compito suo consolare gli altri e non viceversa.
“Stasera film?” dice Liam cercando si smuovere il silenzio.
“Sì!” Louis salta e torna ad essere se stesso. Le lacrime condivise sono meno pesanti.
“Scusate, ma io non posso.”
Zayn alza gli occhi dallo schermo del cellulare, appena illuminato da un nuovo messaggio.
Quattro paia di occhi lo guardano interrogativi. Le pupille a forma di punto interrogativo a mo’ di cartone animato. “Esco con una.” Spiega.
“Nuova di quanto?” gli sorride Harry.
“Abbastanza, ma qui il putta*iere sei tu, Hazza, ricordalo.”
“Io?” Ride e gli occhi gli si illuminano.
“Sei un caso perso, Harnold.” Niall ride a sua volta e con morso finisce la merenda.
Momenti di ordinaria follia.
__
 
“Ciao Zayn.”
“Ehi…” La bacia lievemente su una guancia e le sorride con quel sorriso capace di chissà quali magie.
“Ho una proposta da farti.”
Lei si sposta una ciocca dietro l’orecchio.
Un tuffo al cuore e il cervello che la mantiene attaccata alla terra.
“Dimmi.” Regola la voce.
Si siedono su una panchina e guardano la gente che cammina spedita, le coppiette che si baciano poco distanti.
“Sabato sera diamo una festa.”
Un suono gutturale a chiedergli di continuare.
“Ti va di venire?”
Una signora ride lontano e accarezza il viso del marito.
Brenda sorride e annuisce. “Certo!”
Zayn le consegna la busta turchese e lei sbircia dentro.
“Louis ha insistito per scriverli tutti a mano. La pessima calligrafia è la sua.”
Brenda ride e si stende sulle gambe di Zayn, i capelli aperti a ventagli con cui lui gioca cercando d non fare caso a quello che gli sta nascendo nello stomaco.
 
__
 
La porta si chiude con uno scampanellio dietro ad Allyson.
Fa qualche passo spedita verso la macchina parcheggiata poco distante.
La tuta che porta le fascia le curve dolcemente.
Arriva alla macchina e vede che c’è qualcuno appoggiato sopra. La figura le sorride nella luce del crepuscolo.
Lui. È lì che l’aspetta.
Lui. È la seconda volta che lo vede così da vicino.
Lui. È qualcosa che non può volere, né avere.
Lui. È troppo concreto, e bello, e reale allo stesso tempo.
Lui. È così di tutti che non crede sarà mai di qualcuno se non di se stesso.
“Ciao Allyson.”
Silenzio dall’altra parte.
“Senti, so che non ci siamo mai visti, ma non lo so, m’ispiri.”
Si morde il labbro e fa una faccia strana.
“No, detta così sembra che tu sia un nuovo tipo di detersivo, scusa. Non è quello che intendevo…”
Lei gli sorride di nascosto.
Harry sbuffa e allarga lievemente le mani.
“Senti, ti va di venire alla festa che abbiamo organizzato?”
Lui incrocia mentalmente le dita, lei si sottomette al proprio regime.
“No.”
Secca. Decisa. Si odia.
“Perché?”
Abbattuto. Sconfitto. Non la odia.
“Senti, smettila con i tentativi. Smettila all’inizio, subito. Fallo per te.”
Fallo anche per lei.
“Solo perché sei famoso non vuol dire che puoi avere tutte le ragazze che vuoi.”
“Io non voglio tutte le altre, tutte le ragazze. Io voglio te.” A cosa serve fare il romantico quando, la cosa che più ami al mondo, e cioè cantare, ti sbatte in faccia una porta?
“Allora rimani da solo.”
Si odia intensamente e, passandogli accanto e riconoscendo il suo profumo, entra in macchina.
Si allontana e sparisce dopo una curva.
Ha un cervello masochista travestito da salvatore.


Rieccoci qui :D Che ve ne pare?
Nel capitolo 5 ci saranno tutte le storie, con un pezzo leggermente più lungo per Liam che in questo capitolo non compare.
A tre recensioni pubblico!
Grazie a tutte.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5. ***


5.
 
Il locale prenotato solo per loro.
Le bariste che muoiono davanti ad ogni sorriso.
Il buttafuori che pensa alla fidanzata lontana, alla modella di quella pubblicità della macchina che gli piace tanto, i figli che mai vorrà avere e fa entrare, fa passare.
Annuisce davanti ai biglietti azzurri e fa cenni con la testa. Resta impassibile davanti alle fan decise a buttare una bella sera di fine marzo davanti a quella porta aspettando di vederli uscire.
Aspettano invano, ma lui non glielo dice.
Dentro la musica copre un po’ tutto, alla pari delle luci stroboscopiche e dell’allegria, genuina o artificiale che sia.
Madison sorpassa il buttafuori e punta lo sguardo in alto.
Cerca i capelli a lei così familiari, che saprebbe disegnare. Si mangia le illusioni e incomincia a farsi largo tra la folla. Ringrazia sua madre in silenzio, il permesso strappatole dalle labbra di prendere il treno e venirlo a vedere. Ringrazia Zayn della chiamata.
“Dai, vieni e fagli una sorpresa, dai!” le aveva detto.
E lei si era morsa l’interno della guancia per non mettersi ad urlare.
Perché lui le manca da quando volta le spalle e se ne va, lui le manca quando sale sul treno e torna a casa, lui le manca incessantemente fino a quando non scende nuovamente dal treno una, due settimane dopo , a volte tre.
Lei, tutto questo, non gliel’ha mai detto o magari lui non l’ha mai voluto ascoltare.
Forse non è troppo tardi.
“Liam!”
Lui smette di sorridere al ragazzo che ha di fronte appena la sente.
Si gira a destra e abbassa involontariamente lo sguardo.
La vede che saltella tra la gente, le brillano gli occhi.
Cosa ci fa qui? Chi le ha detto di venire? Come l’ha saputo?
Vorrebbe annullarsi, mangiarsi un atomo di antimateria.
Tutto, tutto per non vederla, per non doverle spiegare, per evitare quello che, invece, sta succedendo.
Pochi passi e sarà davanti a lui che ancora non ha aperto bocca.
La camicia marrone e bianca è diventata gelida contro la sua pelle.
“Liam.” Lo pronuncia di nuovo arrivandogli vicino solamente per sentirne il sapore sotto la lingua.
“Cosa ci fai qui?”
Il sorriso sul volto di Madison si attenua e i suoi occhi si fanno più grandi.
Un colore misto tra il verde e il grigio che non ti aspetteresti mai di trovare sotto tutti quei capelli castani, resi leggermente mossi per l’occasione. Per lui.
“Mi ha invitata Zayn. Sorpresa.” La voce ferita quasi impercettibile.
“Che, non mi volevi?”  Lui le legge il labiale.
Liam la pianta in mezzo alla pista e si fa largo tra la folla.
__
 
Il rossetto di Brenda le contorna le parole e Zayn non sa se ascoltarla o guardarla perché no, tutte e due le cose non è in grado di farle assieme. Non ora.
Le sorride perché sa che va sempre bene e batte la mano sulla spalla a qualcuno che, passando, lo saluta.
“Puoi venire un attimo con me?”
La interrompe nel suo discorso e le sue labbra laccate di rosso rimangono socchiuse.
Zayn si piega leggermente sulle ginocchia. “Per favore…”
Brenda butta la testa all’indietro e la cascata di capelli è illuminata da un fascio di luce verde.
Prende la mano di Zayn e si fa condurre. Pelle santa dove lui la sta toccando.
Salgono assieme una scaletta sbucata da chissà dove che prima, lei poteva giurare non, non c’era.
Zayn apre tre porte in fila e continua a salire. Più su, sempre più su.
“Siamo arrivati. Nulla di poetico.” Alza le spalle ma si vede che è felice dentro.
La terrazza del locale, riservata solo ad alcune feste, quel giorno l’hanno tenuta chiusa.
Poco distante da loro i tetti di case poco più basse.
Zayn non le ha ancora lasciato la mano; intreccia le sue dita con le sue e si gira a guardarla negli occhi.
La bacia.
E solo lei vede, dietro i suoi occhi chiusi, i fuochi d’artificio. Chè se anche finirà tutto lì, sarà stato bello ugualmente. Un desiderio da spuntare dalla lista.
“Oh, Dio.” Sussurra lei appena lui si allontana lievemente, non troppo.
Muovendo le labbra sfiora quelle di lui e muore ancora un po’.
“Cos’è successo?” Zayn trema dentro e spera di non aver mandato tutto all’aria.
“Fallo ancora, per favore.”
__
 
Louis la vede ballare con un’amica e non la riconosce. Socchiude gli occhi per vederla meglio ma continua a non identificarla. Nemmeno l’altra.
Si avvicina alla prima, capelli ricci e occhi grandi.
“Che ne dici di offrirmi da bere? Sono parecchio giù.”
Lei lo guarda spalancando maggiormente gli occhi. Le ciglia disegnate dal mascara.
“Oppure posso sempre far notare al bestione là fuori,” con un cenno del capo allude al buttafuori “che tu e la biondina,” con un altro cenno indica l’amica, “siete imbucate.”
“Ti va una birra, hai detto?” Lei gli sorride e lo scavalca, diretta al bar.
__
 
Liam sale i gradini a due a due, la camicia tornata calda. Si sente uno schifo.
Arriva sul terrazzo e, mentre la porta si chiude sbattendo alle sue spalle lo vede.
Sorride per lui e si sente ancora più uno schifo quando si avvicina a Zayn e gli appoggia una mano sulla spalla.
Zayn scioglie le proprie braccia da lei e si gira verso l’amico. Le labbra più rosse del solito.
“Cosa c’è?” Nel tono un misto tra irritazione e disperazione. Qualcosa che non va. Glielo legge in faccia.
“Hai il trucco sbavato.” Gli sorride Liam.
“Cosa c’è?” ripete con lo stesso tono prima di passarsi la manica nera sulle labbra.

“Hai invitato Mad.”
“Sì.”
“Non dovevi farlo.”
Zayn sgrana gli occhi. Liam non se la sente di dirgli che non vuole stare con lei perché è lontana, perché ha paura, è insicuro, non vuole dirgli che è troppo bella e non vuole che soffra lontano da lui, non ha il coraggio per raccontargli la verità lì, al vento. Non ha il coraggio di raccontarsela.
Zayn continua a stare zitto e Brenda indietreggia, li lascia soli, andando ad ammirare il paesaggio dal bordo del terrazzo.
“Zayn, è che io…”
“Liam, devi prendere una decisione amico.” Gli appoggia entrambe le mani sulle spalle. “E devi farlo ora.”
Liam respira a fondo, il contatto di Zayn gli passa un po’ della sua forza, di quello che lui è.
Chiude lentissimamente gli occhi e torna a riaprile altrettanto lentamente. Inspira. Espira.
“Vai da lei.” Gli sussurra prima di girarsi e scendere le scale nuovamente, sempre due a due.
__
 
Harry vede Louis con una ragazza e sorride di più alle tre che gli ballano attorno.
Sono sempre stati la versione moderna di Achille e Patroclo, loro due.
E vedendo Louis lasciarsi andare, come Patroclo che muore, Harry aveva deciso di (ri)mettersi in gioco, con Allyson, come Achille che torna a combattere.
Qualcuno gli scatta una foto e lui sorride in automatico, cinge con le braccia le ragazze, scuote i ricci.
La figura di Allyson cucita dietro agli occhi. Lei e il suo grembiule torbido. Lei e il suo sorriso gentile.
Altro flash, altra foto, altra posa.La ragazza alla sua destra, un’amica di Zayn, gli è sempre più vicina.
Gli sorride vicino, gli balla vicino. Un fisico invidiabile, i muscoli in tensione che si delineano armonicamente sotto il vestito corto.
Altro flash, altra foto, altra posa. La ragazza gli appoggia la mano sul petto e continua a ballare.
Cerca nei suoi occhi un consenso che lui non le darà.
Allyson scuote il capo dentro la sua testa e Harry, simultaneamente, lo scuote fuori.
Nessuno fotografa la ragazza che gli sorride, alza le spalle e va via.
__
 
“Sarabeth!”
Niall la riconosce nella calca, appostato dietro il buttafuori. La stava aspettando, ma non glielo dice.
“Sei venuta davvero, allora!”
Lei ride, timida. “Sì. Non immagini quante ragazze sono appostate lì fuori.”
“Non immagini quanto mi dispiaccia saperlo e non poter fare niente.”
“Posso chiederti una cosa, Niall?”
Lui annuisce e, poggiandole la mano dietro la schiena, la guida per il locale.
Il colore degli occhi è richiamato dalle pietre sugli orecchini.
“Sai, so che sembra stupido, ma magari dopo questa festa cancellerai la mia faccia dalla memoria.”
Io non cancellerò te, però, pensa.
“E quindi, come da tradizione, beh, potremmo fare una foto assieme?”
Niall le sorride con quel sorriso che a lei apre le porte del paradiso e annuisce ancora.
“Andiamo fuori, però, che qui c’è troppa gente.”
Camminando tutti lo salutano e lui ride mentre lei si fa piccola dietro le sue spalle.
Arrivano fuori, fanno la foto, sorridono entrambi abbracciandosi lievemente.
“Comunque non cancellerò la tua faccia dalla memoria.”
Fa qualche passo di danza irlandese su una base tecno che proviene da dentro e poi si siete su una panchina di ferro verde. Si appoggia sull’osso sacro e divarica le gambe, i pantaloni a vita bassa che si tendono.
“Niall, posso farti un’altra domanda?”
“Vai, mi mancavano le interviste.” Ride e lei con lui.
“Però non vorrei essere indiscreta o chessò io, insomma, non vorrei farmi i fatti tuoi…”
Il suo vestito a fiori mosso leggero dal vento.
“I miei fatti sono già così pubblici..” sospira lui di rimando.
“Sei fidanzato?”
Gliela butta così, voltandogli poi le spalle per andare ad accarezzare una pianta di alloro.
“No. Purtroppo.”
Lei sta festeggiando, ma è un’altra delle cose che non gli dice.
“Però c’è una, se è questo che mi chiedi.”
Volendo essere sincero con lei non sa quanto male le fa.
La frase del “devi essere felice per lui” è solo l’ennesima cazzata.
__
 
“Mad!”
Il sapore amaro del suo nome, ora, che un tempo –così poco prima- era sinonimo di miele.
Lei scosta lo sguardo dalla finestra. Passa una mano sotto gli occhi per cancellare lacrime che vede solo lei.
“Cos’è, Liam, non provi più quello che provavi per me?”
È la prima volta che se lo dicono, che rendono pubblico, tra loro, quello che c’è stato, quello che tutti gli altri vedevano e davanti a cui entrambi chiudevano gli occhi.
La camicia di Liam torna ad essere fredda perché no, proprio non se l’aspettava così.
Ma questa è Madison, dopo tutto, e sa che fa presto ad arrivare a ciò che vuole.
Tutti i suoi progetti, pensati scendendo le scale, cancellati.
Passa anche lui all’attacco. Un tenue ricordo delle loro litigate in riva al mare, che finivano con un tuffo in acqua e il trucco di lei, sbavato, pulito dalle sue mani.
Le stesse mani che ora torna a guardarsi, disperato.
“Non ho mai provato qualcosa per te, Mad.”
 


Ed ecco qui il capitolo cinque.
E' totalmente dedicato alla Cat (Cath_) che è la mia musa ispiratrice per quanto riguarda Madison, alla Sara che reincarna Sarabeth e alla mia Metà che è colei che mi da degli spunti per scrivere 'ste pappardelle di roba.
Un saluto alla Camilla e alla Francesca (soprannome in arrivo, stai tranquilla) e a tutti quelli che leggono ciò che scrivo.

Grazie.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6. ***


6.
 
Venerdì 30 marzo, un altro giorno da cancellare dal calendario.
James Morrison canta qualcosa, piano, in sottofondo mentre Liam è intento a guardarsi allo specchio.
Conclusioni.
Il suo speciale elenco mentale che vuole stilare guardandosi fisso negli occhi, troppo nocciola per i propri gusti. Se solo sapesse quanto erano perfetti per lei.
Non può fare a meno di guardarsi arrabbiato faticando a contenere l’urlo in gola.
La cosa che più gli serve è tornare a casa, rivedere sua mamma e ripeterle quant’è buono il pollo che ha fatto per cena, percorrere a piedi Long Street e ricordarsi di aver dato lì il suo primo bacio, davanti all’incrocio con Fryer Street.
Ma non può.
Venerdì 30 marzo e poi il tour ricomincia.
Sul palco cinque figure nuove, ma di questo non importa a nessuno.
Devono cantare, no? Cosa importa se hai appena mollato la ragazza che ora rischi di amare e ti senti uno schifo? Cosa importa se al tuo amico l’hanno appena mollato per una foto falsa, se a quell’altro piace una distante anni luce? Almeno c’è Zayn che è felice, totalmente felice.
Sa già cosa gli direbbe, ridendo con la lingua tra i denti come suo solito, “Payne, ma come sei pessimista!”
Avrebbe alzato le mani e indicato fuori dalla finestra “il cielo è ancora intatto, vedi? Noi siamo ancora qui,” e con un altro gesto si sarebbe indicato “e stiamo tutti bene. Sai che non puoi imparare a volare, ma non vedo perché tu debba farne un dramma!”
Avrebbe sfumato tutto con un altro sorriso e si sarebbe voltato, lasciandolo con un sorriso inconscio sulle labbra e qualcos’altro a cui pensare in testa.
Venerdì 30 marzo, l’anno scorso non si ricorda nemmeno cos’è successo.
Madison c’era?
Oh, Madison.
Venerdì 30 marzo e lei non c’è già più e chi se ne importa se c’era l’anno prima. Ora non c’è.
Pennellate nere sui muri della sua stanza.
Conclusioni.
L’elenco ancora da stillare.
Punto primo: lei gli manca.
Punto secondo: lei gli manca.
Punto terzo: lei gli manca.
“Liam!”
La voce di Niall lo raggiunge e lo scuote.
Punto quarto.
“Vieni a fare un giro?”
“Mmmmmmm!” la risposta.
Lei gli manca.
“Eddai!”
Perché, poi, stanno urlando per chiamarsi?
“Arrivo.” Sospira e si incammina.
Poco prima di uscire dalla stanza torna poi allo specchio e si rituffa nei proprio occhi.
Venerdì 30 marzo e, punto quinto: lei gli manca.
__
 
Harry alza la testa e si morde il labbro.
Diciotto anni racchiusi dentro un giubbotto di jeans scuro che contrasta con i pantaloni chiari, la polo a maniche corte che ha sotto spunta sulla sinistra.
Qualcuno bisbiglia alle sue spalle e lui sorride al muro in mattoni che ha davanti.
Da dentro un cane abbaia e lui distoglie lo sguardo sentendosi un intruso.
Diciotto anni riconoscibili dalla voce e quell’aria da bambino.
“Non sono mai stato male per una ragazza, non inizierò ora.” La stessa balla di ogni volta.
A quanto pare la gente è tremendamente masochista.
Si pensi solo ai pugili, che di mestiere o per passione, prendono un sacco di botte; i donatori di sangue che –per fare del bene, ok- si fanno perforare le braccia; la gente che si droga cercando un Nirvana a cui non arriverà mai, non così; quegli stupidi che muoiono dietro a una ragazza che mai li guarderà; lui.
Omette di dire che lei l’ha tremendamente preso solamente sfuggendogli costantemente.
La porta del bar si apre e una signora entra tenendo la figlia per mano.
Undici anni smascherati dalle treccine.
Allyson passa velocemente davanti alla vetrata, i capelli raccolti in una coda di cavallo scomposta.
Le sfumature che potrebbero avere i tronchi dell’Amazzonia.
Ah, per la cronaca, mentre aspetta che lei finisca il turno, Harry rammenta che lei ha gli occhi verdi.
Verde scuro, tormentato.
Non dice a se stesso che pensa si intonino coi propri per non sembrare troppo perso.
Il problema è che, nel profondo, lui sa che lei saprebbe riportarlo sulla strada di casa.
La porta si apre nuovamente e ne esce qualcuno, il buon profumo di caffè arriva fino a lui.
Il palo su cui è appoggiato è freddo e un brivido gli passa lungo la schiena.
Conta i minuti che li separano.
Lei riuscirebbe a sostenerlo quando cade, a ridere con lui.
E tutto questo l’ha capito guardandola mentre camminava? Sì, probabilmente sì.
Forse lei reincarna solo i suoi sogni più belli, inconsciamente.
La reincarnazione sei suoi sogni apre la porta, saluta la collega e inizia a camminare.
Harry non la chiama e lascia che lei lo veda.
Come se non l’avesse già fatto. Da quant’è che lui è lì? Da quant’è che lei lo guarda senza farsi notare?
Harry non si muove e contrae i muscoli. Ha le mani indolenzite a forza di stargli dietro la schiena, tra lui e il palo. La lascerà arrivare e andarsene, se è questo quello che lei vuole.
Come se lei fosse coerente e facesse quello che vuole e non quello che crede di dover volere.
Allyson lo sorpassa e lui inizia a perdere la presa. Scivola fuori, frana dentro.
“Se la ami devi lasciarla andare.” Il mondo è pieno di frasi che sparano un mucchio di cazzate.
Lei si ferma poco distante. Quel giubbino di jeans gli sta divinamente. Fa tre passi in dietro e gli arriva davanti, non calcola le distanze e si ritrova forse un po’ troppo vicino a lui che le sorride.
Il profumo di lui arriva a baciarle le labbra. Tutto ciò che mai avrà.
“Ti avevo chiesto di smetterla.”
“Non posso smetterla.”
“Volere è potere.”
“Non voglio smettere, allora.”

Lei si morde il labbro inferiore, sottile e ben disegnato, lucido di burro cacao. Inspira. Espira.
Prende dalla borsa l’I-phone e si collega rapidamente ad internet.
Il silenzio attorno a loro che fa più rumore di un jet che decolla.
Il cuore di Harry che lui crede si possa sentire a chilometri di distanza. La perfetta base per un pezzo rap.
“Vedi questa?”
Lei gira il polso e gli mostra una foto.
“Cosa mi stai offrendo, tu?”
Il paradiso. Si risponde da sola.
“Non voglio finire così, proprio non voglio.”
La ragazza nella foto, accanto a lui, è l’amica di Zayn. Una delle tante foto fatte alla festa.
Quella in cui lei era più vicina, la mano sul petto di lui che sorride e la guarda.
Nessuno ha fotografato lei che se ne va, nessuno gli darà mai ascolto.
Lui è il puttaniere, è quello facile, che si diverte spesso e volentieri che no, dai, non avrà nulla di serio con le ragazze. È quello che fa gli apprezzamenti a voce alta e manda in tilt le fan, è quello sicuro di sé che no, dai, non avrà mai bisogno di una persona fissa accanto.
E invece sì, scopritori di persone, lettori delle anime. Lui ha bisogno di quella metà tanto cercata, lui vuole sentirsi amato e utile, vuole cantare, puntare il dito tra la folla e dedicare a qualcuno ciò che sente, e dedicarsi a qualcuno.
__
 
La maglia a righe aderente, il fisico asciutto messo in risalto.
Louis che ride davanti a Niall e Zayn, Liam sotto la doccia ignaro della fine che i suoi vestiti stanno facendo.
Harry intento a nascondere una scarpa sul lampadario, arrampicandosi sul divano.
Ora la luce di una delle lampade e vagamente leopardata.
“Ultima sera di riposo.” Scherza Niall bevendo un sorso di birra dalla bottiglia sbagliata e prosciugando, così, la riserva di Harry, ancora intento a piazzare vestiti in giro.
Il tour ormai si sente, è nell’aria.
Città, concerto, città dopo, concerto, città dopo ancora, concerto.
Fans fans fans fans. Quella grande famiglia che si è venuta a creare, quel sentirsi a casa da ogni parte.
“Ho un’idea per domani.” Sbotta Louis giocherellando un la cintura di Liam.
Tutti tacciono e lo stanno ad ascoltare.
Lui beve un sorso di birra e fa schioccare la cintura contro il tavolo.
“Saliamo sul palco vestiti solo di una cintura!”
Qualche attimo di silenzio.
“Toglietegli quella bottiglia da lì vicino, subito.” Ordina Zayn trattenendo la risata.
“Woah, brillante idea ragazzo!” Harry, ancora in piedi sul divano, gli scompiglia i capelli, duri di lacca.
Già si immagina la faccia delle fan. Ride e viene seguito da Niall che ride e ride e ride e ride come suo solito.
Louis si fionda su Harry facendolo cadere sui morbidi cuscini e riempiendolo di baci che il riccio, pronto, ripulisce con la manica della felpa.
Niall e Zayn si buttano sulla coppia a loro volta.
“Sapevo di mancarvi, amori, ma non tutti insieme!” ride e urla Louis.

Una mucca muggisce lontana e poi, pian piano, il suono aumenta.
O la casa è diventata una fattoria o stanno chiamando Louis.
Il ragazzo, la maglia fuori dai pantaloni rossi, parte di corsa verso il secondo divano.
Scava tra i cuscini e, dentro la seconda scarpa di Liam, trova il telefono.
Tiene la scarpa in mano e se la porta all’orecchio mentre il cellulare continua a muggire nell’altra.
“Oh, cazzo.”
Impreca poi cambiando la mano da portare all’orecchio.
“Pronto?”
La voce serissima mentre risponde mentre, in sottofondo, gli altri tre si stanno rivoltando dal ridere.
“Louis.” Lo chiama per intero.
“Sono Samantha.” Si chiama per intero.
“Mettimi in vivavoce e guarda quello che ti sto inviando.”
Louis sbianca ed esegue quello che gli è stato chiesto.
Niall, Harry e Zayn ammutoliscono, le guance ancora rosse dalle troppe risate.
“Appena inviato.” La voce metallica di lei dall’altra parte del telefono.
Louis ha ancora in mano la scarpa di Liam e, tenendo contemporaneamente scarpa e cellulare, apre il messaggio.
Si vede in un cerchio rosso. La festa della sera prima. La ragazza che gli aveva, non proprio spontaneamente, offerto da bere seduta accanto a lui che ride.
La deve richiamare, gliel’ha promesso appena Sam attacca lo farà, questo lo promette a sé.
La stessa foto che ha fatto vedere Allyson a Harry poche ore prima.
“Vedo che ti diverti anche senza di me.”
La voce squillante che vorrebbe incrinarsi a suo piacimento, rompersi dal pianto. Ma lei non se lo permette.
“E pensare che mi manchi terribilmente, Lou.”
Tira su col naso, crolla un pochino.
Mai quanto lei manca a lui.
“Domani ricominci il tour.”
Se lo ricorda ancora.
“Quindi non voglio davvero più essere un peso perché, sai,”
No, a dire il vero lui non sa più niente.
“Ti avrei dato anche una seconda possibilità, dopo quello che è successo.”
Harry la insulta a denti stretti sapendo che non è successo proprio niente.
“È una cosa che può capitare a tutti, no?”
Squilibrata.
“Però, a quanto pare, sei già ben accompagnato.”
Lei attacca e Louis cade in ginocchio, una voragine nelle vicinanze dello sterno.
Una stella scoppiata nello stomaco che diventa rapidamente un buco nero.
Niente luce nel cervello. Niente luce in fondo al tunnel.
Harry affonda la faccia nel cuscino e urla, urla perché si sente impotente, perché quella foto ha rovinato sia lui che Louis. Quindi l’ha rovinato due volte.
Liam esce dal bagno, con le mani si copre.
“Uno: dove caspita sono i miei vestiti? Due: cos’è tutto ‘sto casino? Tre: Cosa stai facendo, Lou?”
Louis scatta in piedi e gli tira una scarpa che Liam prende al volo, rimanendo temporaneamente scoperto.
Nessuno dice niente , nessuno ride.
Marzo improvvisamente gelido.


Ciao bella gente, come state?
Grazie per le recensioni e i complimenti. Qui c'è un freddo boia, e domani non si va a scuola. (nemmeno venerdì, yeah!)
Spero vi piacca anche questo capitolo. Fatemelo sapere.
ps: andate tutti a leggere la FF di  loveway_ : "17" perchè è qualcosa di fenomenale.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7. ***


7.

Sblocca il telefono e si guarda sorridere, il viso premuto contro quello di suo fratello.
Nessuna chiamata, nessun messaggio.
“Ehi, domani ti chiamo, eh!”
La solita frase che poi mai nessuno rispetta.
La solita frase a cui ci si ostina a credere.
Ma il domani è passato, e anche il domani del domani, e anche il giorno dopo ancora.
Il calendario segna venerdì 30 marzo, ma lei non vuole crederci.
Chiude gli occhi. Li riapre. Inspira. Espira. Ricontrolla il telefono: nulla.
“Ehi, domani ti chiamo, eh!”
Ma poi non gliene importa. È solo l’ennesimo ragazzo conosciuto ad una festa con cui bevi una birra, con cui ridi, a cui dai il tuo numero, in cui riponi una piccola speranza.
È solo l’ennesimo ragazzo che ti delude. L’ennesimo nome da cancellare dalla lista.
Buonasera amarezza.
“Ehi, domani ti chiamo, eh!”
Ma poi non gliene importa già più. Com’è che si chiamava?
Non se e ricorda più, proprio più. Era biondo? No, forse moro.
Occhi scuri per certo e basso e rotondetto.
E si sta raccontando un sacco di cazzate.
Sblocca il telefono e continua a vedersi. Continua a non vedere nessun segno di quella chiamata promessa e aspettata.
“Ehi, domani ti chiamo, eh!”
Una nenia in testa, una ninnananna africana, un rito satanico, la filastrocca di un bambino, il disco che si inceppa e salta.
Non vuole continuare a pensarci ed accende la TV.
Una biondina cotonata sorride e guarda in telecamera. Sembra che guardi te, che giudichi la tua carta da parati, le tue tende.
Una biondina cotonata che si alza dalla sua poltrona rosa shocking, stile casa di Barbie e con il braccio presenta l’ospite.
Il telecomando cade rimbalzando sul divano mentre Louis alza il braccio e saluta il pubblico in sala, seguito dagli altri membri della band.
“Ehi, domani ti chiamo, eh!”
Forse avrà avuto le sue scusanti. O forse no.
Ma la vita va avanti e a quella birra ne seguirà un’altra, un altro numero da aspettare.
Il mondo non si ferma a lui, di questo è sicura.
Eppure, Dio, quegli occhi le scavano dentro.
__

Luci soffuse e rumore di mandibole al lavoro. Triste morte di popcorn un tantino troppo salati. La ragazza, sul grande schermo, si copre con un accappatoio color panna.
Ha una casa perfetta e Brenda sprofonda un po’ più giù nella poltroncina blu scuro.
Il profumo di Zayn le avvolge i capelli, le accarezza la pelle.
Le lacrime spingono da dietro gli occhi, in gola. Il petto le fa male.
La ragazza nel grande schermo si guarda allo specchio e inizia a piangere, complice con lei, piccola dentro la poltroncina. Il ragazzo, quello moro e figo che inquadreranno sicuramente tra poco, l’ha mollata con la solita telefonata strappalacrime.
Anche Brenda inizia a piangere, in silenzio, tradita solo dal movimento delle spalle, dai singhiozzi.
“Ehi, ehi, ehi, non puoi piangere per questo film!” Zayn le sorride nel buio della sala e lei lo mangerebbe a  baci. Se solo lui sapesse.
“Perché?!” gli dice un po’ troppo bruca, tirando su col naso.
“Dai, ammettilo che fa schifo.”
Continua imperterrito a sorridere mentre entrambe le ragazze –dentro e fuori dallo schermo- continuano imperterrite a piangere.
Oh, Zayn, se solo sapessi quanto lei fa fatica a non esplodere.
Perché tu sei così vicino e lei ti sente così tanto suo che ha paura.
Hai mai avuto paura tu, con quei due maledettissimi occhi che per qualche strana legge dell’universo risplendono anche al buio?
Oh, Zayn, hai mai pensato che starti vicino, accanto, possa essere terribile?
Chi le assicura che non te ne andrai lasciandola con un mucchietto di polvere incastrato nella cassa toracica? Ci vuole così poco, sai?
Che credi, che solo perché è forte fuori, lo sia anche dentro?
È la classica maschera, quella che porti anche tu. Quella repellente alle dimostrazioni eccessive d’affetto o forse all’affetto stesso.
“Sì, è orribile.” Lascia trapelare un sorriso ma non smette di piangere e lui l’abbraccia.
Ancora peggio. Il viso poggiato contro il suo maglione e quella devastante malinconia di casa che la prende tutte le volte.
“Allora smettila di piangere, su.” Proprio non ce la fa a vederla così.
“Non è solo per il film che piango.”
Sente che sta per replicare ma torna a parlare lei.
“Ma ti prego non chiedermi nulla.”
Sente che soffoca i dubbi.
“Posso solo tenerti abbracciato e piangere, mentre finiamo di guardare ‘sto film patetico?”
“A patto che tu mi dia i tuoi popcorn.”
__

Lui le ha chiesto di uscire. Lei non respira.
Oh, Dio. Inspira. Espira. Andrà tutto bene, spera.
Sa di essere in anticipo ma fa finta di credere che sia lui quello in ritardo, tanto per complicarsi un po' la vita. Tanto perché non vuole smettere di tremare.
“Ehi, stai tranquilla.” le ha detto alla festa, così poco tempo prima, ma sembra che siano passati anni se si considera quanto lui le manca.
“Come si fa a stare tranquilli accanto al proprio idolo?” aveva sussurrato. Le mani le tremavano. Tutto troppo irreale, la paura di svegliarsi sotto la pelle.
Prima che lui potesse replicare lei si era alzata e il vestito si era mosso ancora, mosso dall'aria.
“Sappiamo tutti che quando vedi Justin poi urli.”
Niall aveva sorriso. Un altro dei mille buoni motivi per amarlo.
“Ma tranquillo, io non urlerò.” Aveva specificato. “Forse.”
Ora è seriamente in ritardo e Sarabeth alza gli occhi al cielo.
“Vediamoci prima del tour.” le aveva scritto il giorno prima.
E lei era lì sognante e illusa.
“Sarabeth!”
Aveva abbassato istantaneamente gli occhi sentendosi chiamare da quella voce.
Il sorriso sul volto di lei si era spento.
“Oh, Niall.”
Una fitta al petto che l'amore platonico non contempla.
“Ciao.” Le sorride ma non basta a scaldarla.
Lasciatela morire. Spegnete la luce e lasciatela sola.
Corre con lo sguardo alla mano di Niall che ne stringe un'altra. Le unghie smaltate di verde. Sapeva sarebbe successo, sapeva che anche lui avrebbe trovato, prima o poi, qualcuno di altrettanto regale da poterli stare accanto.
Ma per come si era svolto tutto, una parte (enorme) di lei sperava di essere la fortunata.
“Vi lascio soli.” sussurra quella creatura prescelta, dalle lunghe gambe e dal bel sorriso.
Chissà cosa le ha raccontato lui di loro. Un loro che non esiste ma che Sarabeth continua a sognare, notte dopo notte, botta dopo botta.
“Sono così felice per te.”
Peccato che per quanto riguarda lei si senta uno schifo.
“Grazie Sarabeth, davvero.”
Le guance le vanno in fiamme e gli occhi le bruciano. Non qui, non ora. Tu sei felice.
“Non devi ringraziarmi, Niall.” ora il suo nome, tra le labbra, ha un sapore diverso. Distante.
“Oh, sì che devo!”
Le spara uno sguardo giù nell'anima e lei spera non la legga, con quei due pezzi di cielo che c'ha incastonati in faccia.
“Se non fosse stato per te non avrei mai avuto il coraggio di dirle che mi piaceva, tremendamente. Se tu non mi avessi spinto a dirglielo, alla festa, sarei rimasto zitto e non l'avrei mai avuta.”
Come un castello di sabbia crolla sotto l'urto con l'onda, così Sarabeth crolla dentro, trascinata a picco dalle parole di Niall. Grazie a lei.
Ognuno è artefice del proprio destino, no? La fortuna ce la si crea da soli, no?
Beh, lei, a quanto pare, è una completa frana in tutto.

Ciao bellissima gente :3
Come state? Spero che la storia continui a piacervi e ringrazio tutti infinitamente per i complimenti.
Durante questo capitolo sono stata colpita dalla fatidica sindrome da pagina bianca, ma ho lottato contro il cursore e ho vinto, donandovi questa fantasmagorica schifezza.
Capitolo femminile, questo, sì. Perchè noi donne possiamo.
Dopo questo, mi ritiro. Siete belle.
xx.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8. ***


8.

 

“Posso farti una domanda che non dovrei farti?”

L’adrenalina del backstage che lo avvolge e lui che tiene stretto il cellulare così forte che ha le nocche bianche.

Brenda sussurra un tenue “sì” che lui percepisce più come un sospiro.

“Perché piangevi, l’altro giorno?”

Si sente abbastanza forte da poter ascoltare qualsiasi brutta cosa che il suo cervello ha ipotizzato.

Brenda trema leggermente, rannicchiata sul divano.

“Mi manca casa mia.” La voce sempre tenue.

“Argentina?”

“Argentina.” Sospira.

Zayn immagina il vuoto che provochi non vedere più i soliti visi, sentire i soliti profumi.

Immagina che ci si senta spaesati non vedendo più, sopra di sé, il solito pezzo di cielo.

“Ci tornerai.” La rassicura mentre un fonico gli passa veloce accanto.

“Non credo.” Continua a nascondergli qualcosa che forse lui non deve sapere.

“Cos’è che non mi dici, eh, Be?”

Un altro brivido a sentire il miele dentro al soprannome.

“Zayn, meno venti.” Gli sussurra Louis e lui annuisce.

“Ho così paura di perderti, di non essere abbastanza, di non dimostrarti abbastanza. E allo stesso tempo ho una tremenda paura di tenerci troppo, di tenerci per davvero.”

Continuano a fermare i loro sentimenti più profondi, più potenti, circoscrivendoli allo stomaco e alle farfalle simili a pterodattili che vi abitano.

“Ti vorrò sempre Be, che tu ti conceda tutta o meno a me.”

Prima che lei controbatta lui torna a parlarle.

“Ci andremo insieme a casa, ok?”

Un flash con le montagne perennemente sullo sfondo che danno quel tremendo senso di protezione che ora le manca così tanto.

“Promesso?”

Freme.

“Promesso.”

__

Sarabeth; il cuore che martella nel petto, si sistema i capelli e sente il brusio della gente, l'agitazione.

“Resta qui dietro.” Niall le sfiora la guancia con le dita.

Il cuore di lei che continua a creparsi ancora, e ancora, e ancora.

La mente le vola alla ragazza di Niall e proprio non vuole immaginare cosa hanno fatto insieme, ma lo fa comunque.

Ora lui le chiede di restare, quando lei non c'è. La voglia, presente e pressante, di essere la seconda scelta, la ruota di scorta.

Il tenue istinto che le dice di girarsi e correre, che le ricorda che non se lo merita.

Niall le disegna il profilo dello zigomo col pollice.

“Resta qui con me.”

Tutte le barriere costruite che crollano, il dover ricostruire tutto da capo.

Sarabeth pensa a tutte le persone nel mondo che, in quel preciso momento, stanno per dire “sì”.

Come lei.

Pensa a tutte quelle persone che si stanno auto-sminuendo, che si stanno buttando via.

Come lei.

Immagina centinaia di scene, di volti, di case in cui qualcuno ha davanti i propri sogni, in cui qualcuno li sta respirando.

Come lei.

Tutte quelle persone pazze e masochiste che vanno solo salvate prima che si distruggano del tutto, prima che inizino a piangersi addosso e a trovare una scusa per tutto, quando le scuse per il loro caso patologico non le hanno ancora inventate. Non per esperienza, eh.

“Niall, vedi...”

“Vedi, mi piaci tremendamente e vorrei passare tutta la vita dietro ad un palco con te.” Pensa.

“Il mio posto è da quella parte del palco, sempre.”

Lui le annuisce, ma non abbassa la mano dal suo viso.

Il confine tra amore e odio così vicino e pericoloso.

__

Cinque figure si dispongono sul palco, illuminati da una tenue luce rosa.

Cinque figure scombussolate, più vive che mai, che non si sono mai sentite così morte.

Cinque figure che sognano, che fanno sognare; che amano, che sono amati.

“Buonasera a tutti.” Boato.

Quel 31 marzo sarà un giorno prezioso da proteggere per tutta quella gente lì davanti.

Non ci si sposa e non ci si fidanza il 31 marzo, non ci si lascia, non si divorzia.

Quel giorno è il loro giorno, per sempre idolo-fan, almeno nei ricordi, almeno per poche ore ogni anno. Splendido anniversario indelebile.

A day to remember.

Louis fa oscillare l'asta del microfono davanti a sé mentre sente Liam intonare le prime note di More Than This.

Si blocca.

Non ha più chiamato la ragazza e gli è tornato in mente solo ora perché una che sta in prima fila ha la sua stessa maglietta.

Odia non mantenere le promesse, non fare ciò che dice. Si sporge e canta la sua parte, facendola tornare piccola dentro alla sua testa, dimenticandola ancora in parte, ancora una volta.

“Scusa.” pensa e glielo dedica sulle note conclusive della canzone, sulle note iniziali degli applausi che partono dal fondo e si avvicinano, investendoli.

“La prossima canzone dice “Can we try one more time?” e penso la conosciate tutti. Beh, ecco...”

Le belle parole appena formulate, scomparse.

“Volevo dedicarle ad una ragazza che non è qui stasera, con cui mi sono comportato male.”

Gli altri quattro lo guardano storto congiungendo le sue parole alla ragazza sbagliata che no, proprio non merita scuse.

Liam parte a cantare e la base si alza di volume.

Altri quattro minuti che volano veloci via, accompagnati e scanditi da quelle voci che urlano i loro nomi e cantano con loro.

Come sentirsi sempre troppo amati.

“Ciao Chelsea.” la saluta lui alla fine, dandole un ulteriore spunto per illudersi e dando una voce da ingrandire a piacere alle proprie fan.

Come sentirsi sempre al centro dell'attenzione.

__

Lui canta poco distante da lei, dalle sue dita tese. Spera non la riconosca.

Il biglietto lasciatole al bar, una qualche frase mielosa dentro.

Quindi questo è il suo vero io, la vera persona che è.

Questo è il vero Harry, l'autentico, l'immutato, quello puro. Ciao.

Harry la cerca tra la gente ma ha una miriade di luci contro e non vede oltre la terza fila.

Gli basterebbe solo spostare lo sguardo poco più a destra e riconoscere la sfumatura dei suoi capelli sotto il blu dei faretti che percorrono il pubblico.

Allyson lo guarda mentre, canzone dopo canzone, nota dopo nota, si spoglia di tutte le maschere che porta. Scavare dentro le persone.

Chissà se ha paura di tutta quella gente che lo fissa, che lo giudica.

Chissà se ne è attratto.

Allyson si guarda attorno e vede numerosi paia di occhi chiari e profondi, gambe lunghissime, vestiti corti. Questa è la gente con cui compete?

“Non mi interessano tutte le altre ragazze.”

Gliel'aveva detto lui, ma come crederci? Come affidarsi a qualcuno capace di controllarti attraverso una parete di vetro?

Il sottile confine tra il suolo e il baratro. L'orlo del precipizio da cui si sta per buttare.

La scritta “Harry”, tenue e confusa, davanti a sé. Un passo per prenderla, un passo per cadere.

Harry si gira di colpo dalla sua parte e lei si fa piccola sui tacchi alti. Negli occhi una luce nuova.

Con le unghie in gel laccate di rosa preme veloce sulla qwerty del suo blackberry e gli invia un messaggio, poi torna a guardarlo mentre gioca coi sogni di tutte quelle ragazze lì intorno. Che gioca coi suoi, ma non lo rivela a se stessa.

Un telefono vibra dentro uno dei camerini, ma nessuno ci fa caso.

“Se questo sei tu posso fare un passo avanti e sperare di non cadere. Non farmi cadere.”
__

“Chi è il più romantico?”

Il twit sullo schermo, scritto grande.

Tutte le dita che si puntano simultaneamente verso di lui che scuote i ricci e sorride, timido. Molto poco romantico, il suo ultimo gesto.

Egoista e autodistruttivo.

Eppure tutto ciò non lo esonera dall'essere il romantico del gruppo, colui che con le rose al compleanno ha un feeling speciale.

Colui che crede nell'amore ciecamente ma che pratica poco. Si fida poco di se stesso, forse, per sentirlo abbastanza.

Il problema è che ci voleva Madison per farglielo capire, per scuoterlo.

Il problema è che ci voleva che Madison se ne andasse perché lui capisse quando a fondo crede nell'amore.

Sapere bene la teoria e non saperla applicare, questo è il problema.

Scorrono altri twit nello schermo e il pubblico è in delirio.

La prima ragazza che vede è alta quasi quanto lui, sembra almeno, capelli di un biondo sporco, corti. Occhi anonimamente giallognoli.

Non come quelli verdi di Madison. Non come quelli grigi di Madison. Che sono sempre un po' tutto e un po' niente.

I twit scorrono e loro si indicano a vicenda, tutto appare casuale ma sono domande che gli hanno posto così tante volte che è automatico.

“La bugia più grande che hai mai detto.”

Altra scritta grande, capace di svelare più di quanto ci si aspetti, più di quanto si senta.

Louis sussurra qualcosa al microfono e la gente ride, Harry arrossisce violentemente.

È il suo turno e lui ripassa velocemente tutte le sue bugie. La più grande la trova subito.

Tra le recenti, ancora fresche di suono e vibrazioni.

“Non ho mai provato niente per te, Mad.”



Ciao bella gente :3
Questo capitolo va alla nuova gente che ho conosciuto grazie alla FanFiction stessa.
Grazie a tutti voi che recensite, siete i più fighi. :3
Ho visto che le visite crescono e che sono tra le seguite di parecchia gente in più. Grazie davvero a tutti.
Scusate per l'edit di questo capitolo, ma non sono a casa e non ho il programma e per il tremendo ritardo.
Spero di fare meglio in futuro.
Bye.
ps: oggi Lou era in radio, oh, Dio. <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9. ***


9.
 
Il burro di arachidi perde il suo sapore se, mentre lo si mangia (rigorosamente col cucchiaino, a palate) si pensa a qualcosa dolce all’ennesima potenza, lo sapevate?
Le cascate del Niagara fatte di cioccolato, la colonna sonora di Titanic, un ragazzo che ti chiede scusa, in maniera celata come tutto il suo essere, ad un proprio concerto, tanto per citare qualche esempio.
Il burro di arachidi, però, continua ad esercitare il proprio fascino sulla vittima che continua imperterrita a spingersi calorie, di cui si pentirà poco dopo, giù per la gola.
Lo stomaco pieno non colma i vuoti del cuore, sapevate anche questo?
Ci si sente tremendamente asimmetrici e disuguali. 
Rewind di trenta minuti.
“Ciao Mad. Cerca su youtube i video del concerto di ieri sera; il momento dei twit.”
Invia.
Le mani di Liam incerte sul cellulare. Cosa diavolo sta facendo?
“Dovresti chiamarla.”
Louis avanza e si siede in un angolo del divano.
Il profumo della villa di Liam, Niall e Zayn gli piace. Quel silenzio che filtra dalla campagna circostante sa di sole.
“Da quando sei un guru nell’amore?”
“Dovresti chiamarla.” Ripete uguale, stesso timbro e intonazione. E forse lo sta dicendo a sé stesso.
Liam annuisce alle risposte che non avrà e alla consapevolezza che sì, sarebbe la cosa giusta da fare. Lui e le cose giuste, però, ultimamente non hanno un buon rapporto.
Fast forward.
Il video è in riproduzione automatica e riparte tutte le volte da capo; la mano è in comando automatico e porta tutte le volte nuovo burro d’arachidi.
Qualcosa dentro la testa di Madison non la smette di esplodere.
Perché devono continuare a fare gli estranei quando entrambi sanno a che livelli sono arrivati? Lei l’ha sempre saputo, l’ha sempre voluto, l’ha sempre sperato.
Però Liam sembrava così lontano, e protetto, e ordinato per entrare a far parte del suo casino che lei si è tenuta tutto dentro, tutto sparso.
Le sue amiche, ridendo e alludendo al gruppo di Liam, le indicavano Harry.
Pieni di caos entrambi, dicevano, una bomba nucleare divisa a metà.
Ma sono gli opposti che si attraggono, no? E lei ha disperatamente bisogno della persona che identifichi la pace più assoluta, di colui che la sappia sedare.
E il primo nome che le viene in mente è Liam. Il primo, l’ultimo, l’unico.
Prende il cellulare in mano senza staccare gli occhi dal computer.
Con lo sguardo segue il movimento delle labbra di Liam che pronunciano il suo nome.
È così difficile dover ripartire sapendo di aver sbagliato. Ricominciare tutto da capo quando si credeva di aver distrutto tutto per sempre. Ricominciare tutto da capo senza voler dimenticare il passato. Ma ce la faranno, forse. Tempesta dopo tempesta. Insieme.
__
 
Brenda tiene gli occhi bassi e guarda la coperta ricamata. Piccole righine chiare si stagliano sul blu intenso del cotone. Spera anche oggi di non svegliarsi e continuare a sognare. Inspira. Espira.
“Vogliochetuvengaconmealmioprossimoconcerto.”
Lei alza di scatto la testa e sbatte veloce le palpebre.
Zayn ha parlato così veloce che ha detto tutta la frase nell’arco di mezzo respiro. Le ci vuole qualche secondo per capire.
Ride e lui sgrana gli occhi. Poi si blocca di colpo.
“Stavi parlando sul serio?”
“Ti ho detto che non (ti) dico mai bugie.” Le sorride e un immaginario terremoto scuote la stanza bruscamente, solo per lei.
“Quand’è il prossimo?”
“L’8.” Tossisce piano e lei pietrifica.
“Il biglietto è gratis.” Lui continua a parlare e a sorridere, sapendo di aver colto nel segno.
Fiero di se stesso anche più del solito.
“Siamo a Parigi.” Le svela pian piano le informazioni.
Lei pian piano delinea l’itinerario e sorride sempre più forte.
“Ma.”
Il sorriso si opaca leggermente.
“Dobbiamo partire il 7, perché ci sarà un Meet&Great nel pomeriggio.”
Come se fosse un problema.
Zayn apre il giubbotto di pelle e tira fuori qualcosa dalla tasca interna.
“E questi sono i due biglietti, il tuo e il mio, e non puoi dirmi di no.”
Gli occhi le si illuminano quando prende conoscenza di tutto.
“Numero uno: devo chiedere.” Inizia a dire poi. Freme.
“Numero due: sai che giorno è l’8?”
Zayn annuisce. “Gli auguri in anticipo portano sfortuna, non lo sai?”
Parigi. Il giorno del suo compleanno. Con Zayn. Dov’è il trucco?
“Numero tre: entro domani devo studiare matematica. Verifica. Se vado male dico addio sia a Parigi, che a te.”
Zayn la guarda e si siede sul letto. Si chiede seriamente quanto debba essere intelligente.
È pochissimo che risiede a Londra e sta già frequentando il primo anno supplementare delle superiori per poi accedere all’università.
“Punto ad economia e commercio, lo sai. Mia mamma ha fatto tanti sacrifici per farmi arrivare qui.” Fa una pausa e sospira.
Zayn si avvicina e la bacia. Il profumo dello shampoo gli entra nei polmoni dandole un ulteriore pezzo di lei da portare sempre con sè.
Si alza, poi, le appoggia il biglietto sulla scrivania e le sorride.
“Ci sentiamo domani, ok, genio?”
Brenda annuisce e lo guarda uscire a malincuore.
Parigi. Il giorno del suo compleanno. Con Zayn. Forse, per un qualche miracolo, per la prima volta nella sa vita, il trucco non c’è.
__
 
La Holmes Chapel Comprehensive School ha il tipico aspetto austero ma allo stesso tempo accogliente delle scuole. La facciata in mattoni e gli alberi tutt’attorno conferiscono un senso di pace misto a dovere.
Camminando Harry sfiora con le proprie dita quelle di lei ed entrambi arrossiscono violentemente.
“Volevi  sapere chi era il vero Harry, giusto?”
La voce bassa e vibrata le arriva delicata da destra. Lei annuisce.
“Beh, qui il vero Harry è cresciuto.”
Allyson non sente il peso delle tre ore di macchina durante le quali ha dormito beatamente, non sente il peso dello sguardo di suo padre quando tornerà a casa.
Non sente nulla se non la voce di Harry che le racconta.
Davanti a quell’albero ha dato il suo primo bacio, racconta, ad una ragazza che si chiama Mary e che tutt’ora vede in giro, racconta, lei non sa che è stato il primo, se no a quest’ora sarebbe morta, racconta.
“Credo abbia conservato un debole per me.” Le sorride per poi aggiungere: “chi è che non ce l’ha, poi?”
Allyson gli tira un’amichevole pugno sulla spalla e lo prega di continuare a parlare.
Non sente, poi, il peso dei conti del bar che non tornano, non sente le proprie insicurezze e non sente che lui è un cantante famoso, non sente la sua ipotetica superbia.
Sente solo la sua voce che continua a parlarle di quando andava a scuola, mentre loro passeggiano lì nei dintorni, lungo Selkirk Dr , accanto alle sue casette basse e tutte uguali che sanno di abitudine e protezione.
Si stendono su un telo nei pressi del giardino della scuola e sentono in lontananza i ragazzi che ridono.
“Tu di dove sei?”
“Londra.”
“Londra Londra?”
Allyson annuisce e si gira per guardarlo negli occhi. Annuisce ancora notando che si intonano con i propri senza sapere che lui c’ha già pensato.
“Ho letto un pacco di roba su di te, sai?”
Harry si appoggia sui gomiti e guarda da lontano la gente uscire per pranzare sull’erba, ora che il tempo lo permette. Spera che nessuno lo veda, non ancora, almeno.
Torna a guardarla e con un cenno del capo la invita a proseguire.
“Ci sono scritte un sacco di cose diverse, contrastanti. Nessuno ti può conoscere attraverso un computer.”
Non sa quanto male questo faccia alle sue fan.
Harry si alza e lei si siede. Lui si sistema i pantaloni blu scuro e si passa la sinistra tra i ricci. Tende, poi, la mano destra davanti a sé.
“Ciao, sono Harry Styles, piacere.”
Lei fa scivolare la propria mano in quella di lui.
“Allyson Coen.” Gli sorride e lui torna a sedersi.
“Questo è tutto ciò che devi sapere di me. L’essenziale.”
Il silenzio scandito dai loro respiri, sempre più vicini.
“Ciao Harry Styles.” Gli dice senza smettere di avvicinarsi a lui.
“Ciao Allyson Coen.” Ride lui in risposta.
Una voce lontana li raggiunge. “Ehi ragazzi, ma quello è Harry!”
Allyson ride e appoggia la testa sulla spalla di lui. Sospira.
È questo quello con cui deve competere?
“Scusa.” Le sussurra lui piano, delicato. La voce che non smette di vibrare.
“Vai.” Gli risponde lei mentre, da dentro, le avanza sempre più la certezza che potrebbe sacrificarsi. Sacrificare i loro momenti. Sarebbe pronta ad interromperli bruscamente.
Harry si alza e va verso lo stormo di ragazzine che gli stanno venendo in contro.
“Non sei gelosa, vero?” gli chiede voltandosi a guardarla, senza smettere di camminare.
“Perché me lo chiedi?” Harry sorride e alza le spalle.
“Posso imparare.” Gli dice lei di rimando, prima che venga accerchiato.
Dalla massa una sbuca e gli si para davanti.
“Ehi, Harry, scusa.” Con la testa accenna ad Allyson.
“Io le ho avvisate, ho chiesto loro di non venire, ma…” Apre le braccia e sospira.
“Non ti preoccupare, Susan. Sai che mi fanno piacere.”
 “Credo che lei ti faccia più piacere, però.”
“Con lei ho tempo tutta la vita e, più concretamente, tre interminabili ore di viaggio.”
Si sorridono.
Vecchie amicizie che ti fanno sentire sempre lo stesso, ogni volta che torni a casa.
Questo è il vero Harry.
Il pensiero che si delinea nella mente di lei, che lo guarda da lontano e che la fa stare bene.
Nuove amicizie che ti fanno sentire ogni istante una versione migliore di te stesso.



Ciao bellezze, come state?
Io sono sopravvissuta alla verifica di latino, quindi credo di poter sopravvivere a tutto.
Questo capitolo, e in particolare la parte in neretto di Liam, va alla Cat, che è bella e che amo tanto.
Tempesta dopo tempesta, ok?
piesse importante: pubblico quando raggiungo le 5 recensioni.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10. ***


10.
 
Il cellulare squilla sempre troppo lontano, costringendola, ancora una volta, ad alzarsi.
“Pronto?”
La voce assonnata di chi ha passato due ore stesa sul divano guardando tv-spazzatura.
“Ehi, sono Louis.”
Silenzio.
Un orologio che ticchetta distante, non si sa bene in quale delle due case.
“Quello della festa, hai presente?”
Chelsea sorride e guarda automaticamente per terra. Come se ci si potesse dimenticare di lui.
“Sì, sì. Ho capito.”
Ripercorre con la mente tutti i poster che le sue sorelle hanno attaccato sui loro muri. Tutti quelli che lei stessa ha aiutato ad attaccare. Sempre i soliti occhi, di quell’azzurro misto a qualcos’altro che ancora non ha capito cos’è, che ha avuto la (s)fortuna di vedere arrossati, stanchi.
E forse non è l’unica ad inventarsi le scuse per piangere, ad aspettare la pioggia, la doccia, una birra, la canna, per giustificare gli occhi rossi, per giustificare la breccia nel muro dell’autocontrollo.
Louis respira regolare, il telefono premuto contro l’orecchio e Harry che lo guarda severo di fronte.
Gli amici si vedono nel momento del bisogno, dicono, quando ti consigliano cosa devi fare, dicono, quando ti indicano la strada, quando ti sei perso, quando ti riportano alla realtà, dicono. Anche se fa male, dicono.
“Louis, non ritornerà.” Gli ha detto poco prima e le sue parole, vibrate, ancora gli rimbombano in testa.
Male, fa sempre più male. L’omissione del suo nome dalle frasi, il primo passo per l’omissione da lei dalla sua vita. Male, fa sempre più male. E lui continua a respirare regolare, cercando qualcosa di carino da dire.
“Scusa se non ti ho chiamata.”
Harry socchiude gli occhi e annuisce. Può essere un inizio.
“Louis, è andata.”  Il discorso di Harry che continua a scorrere sopra i suo respiri, le parole che ritornano dentro la sua testa, che non vogliono andarsene.
Il male che si placa ad ogni respiro per poi tornare, sempre più forte, ogni volta che l’aria torna a toccargli le pareti dei polmoni.
“Non ti preoccupare, è tutto ok.”
Lei non smette di immaginarselo al telefono mentre, con tutta l’indifferenza che le riesce, rimane sulla superficie dei loro possibili discorsi. Complicati problemi di una mente troppo fantasiosa.
Ogni volta ci crede un po’ di più, riponendo speranze in persone casuali.
Il tempo di una birra e lei ci è già dentro fino al collo.
“Beh, non so, ti va di uscire?”
Harry sorride più convinto e Louis si illude di aver detto la frase giusta al momento giusto.
Gli amici ti obbligano a fare ciò che è meglio per te, dicono, ti obbligano ad essere una persona migliore, ad esternare il tuo vero “io”, dicono.
Le parole ritmate di Harry che continuano a girare e a ripetersi.
“Se ne è andata e chissà quando capirà quant’è stata cogliona, quanto sei splendido.”
E detto da lui è così strano e profondo che gli sembra quasi vero.
“Sì.” Si lascia sfuggire lei con troppa enfasi mandando all’aria tutti i suoi piani del “farsi desiderare”.
Lo riporta alla realtà e gli appanna un sorriso sul viso. Harry implode vedendo una piccola luce infondo al tunnel dell’amico, che poi è anche il proprio.
Gli amici sperano, soffrono, vivono con te, dicono, per non farti mai sentire solo, dicono.
“Oh, perfetto.” Entrambi parlano con sospiri che nessuno sa come interpretare.
“Che ne dici di, uhm, domani?” Non vuole darle tempo e vuole ricominciare ad ingranare.
Ripartire e carburare, correre e ricordarsi com’era. Vuole rifare tutto da zero e rischiare.
Lei è solo un’opportunità ed è sicuro che rimarrà tale. Non vuole illudersi, non vuole iniziare a credere nel colpo di fulmine e cazzate varie proprio ora. Anche se ne avrebbe così bisogno.
A qualche chilometro di distanza, dentro altre pareti, lei sta facendo gli stessi pensieri quando risponde alla domanda di lui affermativamente.
“Alle quattro a Trafalg Square, ok?” aggiunge.
Posti scontati, per gente scontata che vive vite scontate quali la sua.
Lui acconsente e chiude la chiamata. Inizia a rinascere e le parole del riccio si appannano un poco davanti alla prospettiva di un nuovo viso da studiare.
Harry si alza ed esce dalla stanza, gli scombina i capelli passando e fa un suono con la gola simile alle fusa dei gatti.
Gli amici si limitano a sorridere quando sanno che le parole non sono abbastanza, dicono, ti leggono e capiscono prima di tutti, dicono, e non ti giudicano, dicono.
__
 
“Mi sento uno schifo.”
Gli occhi velati e  tristi, più chiari e limpidi del solito, forse più belli.
“Cos’è successo, Nialler?”
Zayn lo guarda fisso, intensamente e Niall sostiene lo sguardo.
A vederli sembrano gli opposti. Così, seduti su una panchina del centro, uno biondo e chiaro, l’altro moro e più scuro. Sono complementari.
A vederli così non si riesce a capire il bene che si vogliono e che forse non dimostrano sempre.
“Ti è mai capitato, Zayn, di…” cerca di sviare i propri discorsi, di prenderli da lontano, con calma.
“Di illuderti, di valutare qualcuno in modo superiore, di stupirti vedendo che non ti conosci abbastanza?”
Niall  ad ogni parola affonda sempre più dentro alla maglietta chiara.
“Sì, credo di sì.” La voce leggermente insicura che cerca di dire le cose giuste.
“Non credo che Felicity sia così giusta per me.”
Sospira e affonda.  “O meglio, credo di non essere giusto io.”
Tipico di Niall, darsi la colpa. Anche quando nessuno può averla.
“E pensare che l’ho sognata così tanto.”
“Non potevi sapere com’era.”
“Avrei potuto pensarci, Zayn!” alza la voce e arrossisce violentemente.
La sta ferendo e lo sa, lo sta facendo consciamente e inconsciamente al tempo stesso.
Le sta facendo del male, anche se lei non lo sa ancora. E non vuole essere quel tipo di persona.
“E ora come glielo dico? Come le dico che pensavo fosse diversa?”
Affonda ancora e sembra non respiri più, tanto sta fermo. La vita confermata dalle guance che continuano a bruciargli e dalle dita che, impercettibilmente, tremano.
“Prova a darle tempo, vedrai che scoprirai com’è realmente.”
Zayn non vuole sapere cos’ha lei che non va, perché sa già che non capirebbe.
“Mi sento un bambino viziato.” Sentenzia dopo un lungo silenzio Niall e abbassa lo sguardo quando una ragazza gli sorride da lontano.
“Hai solo fatto un po’ di casini…”
Niall lo guarda malissimo e Zayn alza le spalle. Dopotutto, è lì per dirgli la verità, no?
Il biondo tira fuori il cellulare e fa partire una chiamata.
“Ehi, ciao, sono Niall.” Un lieve sorriso sulle guance del ragazzo e Zayn si illude lei che possa capirlo.
Spera che sia tanto buona quanto bella. Perché sì, se ve lo state chiedendo, l’ha studiata parecchio.
Era il suo Niall che stava frequentando, non un ragazzo qualsiasi.
La ragazza dall’altra parte del telefono dice qualcosa che lui non capisce. Niall si illumina inconsciamente.
“Ho bisogno del tuo aiuto, Sarabeth.”
Le teorie di Zayn crollano e Niall tiene lo sguardo distante, cosicché lui non lo possa rimproverare.
Sarabeth muore dentro come ogni volta che sente il biondo pronunciare il suo nome.
Ciò che prova per lui sa sempre meno di ‘platonico’ e sempre più di ‘oh, cazzo, ti piace’.
Illusioni su illusioni. E lei afferma, gli da la sua disponibilità.
Usala, che tanto te lo lascerà fare. Feriscila, trascurala e poi ritorna da lei. Sarà sempre lì ad aspettarti, tranquillo.
Niall chiude la chiamata dopo averle dato appuntamento per l’indomani e un sorriso gli sporca ancora il volto.
“Sai che non dovresti farlo.”  Zayn si sente preso in causa, in dovere di salvarlo o, quanto meno, di metterlo in guardi.
“Cosa?” Niall ha il terrore di sbagliare anche con lei.
“Illudervi così. Illudervi tutti e tre.”
Conta, poi, con le dita.
“Uno: tu. Ti illudi che tutto possa migliorare prendendo la via più facile. Lasciando correre e passando più tempo che puoi lontano da Felicity perché sì, Niall, entrambi sappiamo che è quello che farai.”
Alza l’indice e continua. “Due: Felicity. Almeno non dirle che l’ami, che sai quanto le ragazze ci credono. Devi deciderti al più presto e devi farlo per te.”
Alza il medio andando a completare la sua conta. “Tre: Sarabeth. Che ti ‘amava’ ancora prima di conoscerti e tu sai come si può sentire. Si sta buttando via per te, non c’arrivi?”
Niall lo abbraccia e cerca di assorbire quella forza che l’amico ha dentro. Cerca di sapere sempre anche lui cosa fare. La voce di Zayn che enuncia i punti è ancora dentro la sua testa, sommata a tutto il casino che già c’è.
__
 
Liam tiene il microfono dolcemente mentre Madison lo guarda.
Il soggiorno di lei, grande e dai colori caldi, li contiene.
“Ho studiato tutta la settimana questa canzone, ma credo verrà bene solo cantata davanti a te.”
Si sorridono e qualcosa dentro di loro scatta appena la base parte e lei la riconosce.
Ocean Avenue. Ama quella canzone, ama gli Yellowcard e qualcosa le dice che può aggiungere anche Liam alla lista.  

“There's a place off Ocean Avenue
Where I used to sit and talk with you
We were both 16 and it felt so right
Sleeping all day, staying up all night
Staying up all night.”

(C'è un posto su Ocean Avenue
Dove mi sedevo a parlare con te
Avevamo 16 anni e stavamo così bene
Dormivano tutto il giorno, stavamo svegli di notte. Stavamo svegli tutta la notte)

Quando si sono conosciuti avevano 16 anni, lui quasi 17, e si parlavano così poco. Solo quando gli altri della compagnia andavano via, solo quando erano soli e potevano permettersi di essere loro stessi.
 
“There's a place on the corner of Cherry Street
We would walk on the beach in our bare feet
We were both 18 and it felt so right
Sleeping all day, staying up all night
Staying up all night”

(C'è un posto all'angolo con Cherry Street
Camminavamo sulla spiaggia a piedi nudi
Avevamo 18 anni e stavamo così bene
Dormivano tutto il giorno, stavamo svegli di notte
Stavamo svegli tutta la notte)

Madison non smette di sorridergli mentre la voce di Liam canta quella che potrebbe essere la loro storia.
Diciotto anni li hanno ora e sì, correvano a piedi nudi sulla sabbia, l’estate prima.
Diciotto anni, quelli che Liam ha festeggiato con lei sugli scogli, alle tre del mattino.
 
“If I could find you now things would get better                                   
We could leave this town and run forever                                      
Let your waves crash down on me and take me away”

(Se ti trovassi adesso le cose andrebbero meglio
Potremmo lasciare la città e correre per sempre
Lascia che le tue onde si infrangano su di me e portami via)

E lui è lì a ritrovarla. E lei è lì che si lascia trovare. Una pace cantata a segnare il loro nuovo inizio.
Madison non toglie lo sguardo dagli occhi di Liam. Non ha bisogno di portarlo via, se sa che lui le appartiene.
 
“There's a piece of you that's here with me
It's everywhere I go, it's everything I see
When I sleep, I dream and it gets me by
I can make believe that you're here tonight
That you're here tonight”

(C'è un pezzo di te che è ancora qui con me
è ovunque io vada, è tutto ciò che vedo

Quando dormo, sogno e la notte passa veloce
Posso farmi credere che tu sei qui stanotte
Che sei qui stanotte)

Sanno che staranno lontani, sanno che si mancheranno, che si vedranno poco e che ci saranno momenti difficili. Ma lui sarà lì da lei ogni attimo disponibile, ogni giorno libero. E lei studierà per prendere quella maledetta patente, comprerà una macchina e andrà a trovarlo. Si sogneranno la notte e abbracceranno il cuscino, fingendo che possa essere più che un ammasso di piume d’oca.
 
“If I could find you now things would get better
We could leave this town and run forever
I know somewhere, somehow
we'll be together
Let your waves crash down on me and take me away”

(Se ti trovassi adesso le cose andrebbero meglio
Potremmo lasciare la città e correre per sempre
So che in qualche posto, in qualche modo
staremo insieme
Lascia che le tue onde si infrangano su di me e portami via)

Madison non la smette di tremare e sente le lacrime spingere dietro le palpebre.
Non vuole piangere. Vuole trattenere tutte le immagini che ha di lui in questo momento e crede che piangendo esse possano essere lavate via e proprio non se lo permette.

“I remember the look in your eyes
When I told you that this was goodbye
You were begging me not tonight
Not here, not now”

(Ricordo lo sguardo nei tuoi occhi
Quando ti ho detto che quello era un addio
Tu mi pregavi 'non stanotte
non qui, non adesso')

A Liam sale la nausea, pensando quant’è stato cretino, quella sera. Pensando a che disastro poteva combinare e ringrazian tutti gli dei a cui può arrivare per avergli dato una seconda possibilità.
 
“We're looking up at the same night sky
And keep pretending the sun will not rise
Be together for one more night
Somewhere, somehow”

(Adesso guardiamo lo stesso cielo di notte
E continuiamo a fingere che il sole non sorgerà
Che staremo insieme ancora una notte
In qualche posto, in qualche modo)

 
Entrambi staccano lo sguardo dall’altro e lo puntano fuori dalla finestra, quasi sotto comando.
Il sole sta tramontando solo per loro e una falce di luna sorride timida.
La loro prima notte vera e propria, effettiva, alla luce di un sole che li sta lasciando. Finalmente allo scoperto, finalmente totalmente sinceri.

“If I could find you now things would get better
We could leave this town and run forever
I know somewhere, somehow
we'll be together
Let your waves crash down on me and take me away”

(Se ti trovassi adesso le cose andrebbero meglio
Potremmo lasciare la città e correre per sempre
So che in qualche posto, in qualche modo
staremo insieme
Lascia che le tue onde si infrangano su di me e portami via)
 
Liam decelera sull’ultima frase e si concede a lei. Abbassa la testa e sorride al pavimento.
Madison applaude e gli va incontro. Gli prende il viso tra le mani e affoga dentro agli occhi di lui.
Speciale dose quotidiana di cioccolato. Liam si abbassa e, cingendole la vita con le mani, la bacia.
La bacia per tutte le volte che non l’ha fatto e che avrebbe dovuto, la bacia per tutte le volte che avrebbe voluto. La bacia per chiederle scusa e per dirle di restare, per smettere di sentirsi un cretino, un colpevole. La bacia per alleviare quel terribile peso che si porta dietro da quando l’ha lasciata.
“Quando te ne sei andato, alla festa, ho capito che qualche parte di me era venuta via con te.”
Gli dice poi lei, respirandogli vicino.
“E sapevo che non sarebbe più tornata se non fossi tornato tu.”
Lui torna a baciarla.
“Credevo di non riuscire a vivere un’intera vita senza essere me. Senza avere te.”
Lui la bacia di nuovo.
“E ora che sei qui, so che avevo ragione.”



Ok, ciao gente :3 Spero che questo capitolo vi piaccia e che recensiate.
Scusate per l'edit (soiprattutto nella parte di Liam, ma Nviu non mi prende il testo su due colonne -o probabilmente non so fare-).
Un saluto enormissimo a Weas che mi riempie di complimenti che non mi merito e che è simpaticissima.
Se vi va, andate a leggere la sua FF perchè merita.
Siete i più belli.
ps: 5 recensioni e pubblico, again.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11. ***


11.
 
Trafalgar square riecheggia poco distante quando loro scendono dalla macchina di Harry.
Zayn si specchia in un finestrino e gli altri lo canzonano, lui ride con loro.
Ha voglia di vederla, un po’ come sempre. Una voglia sempre diversa e sempre la stessa.
Trafalgar square sembra chiamarli cantando e loro si lasciano ammaliare, ognuno diretto verso occhi diversi.
Firmano qualche autografo prima di dividersi e augurarsi a vicenda buona fortuna battendosi le mani sulle spalle.
Perché ognuno di loro vive quattro vite che non sono la propria, ama, ride, soffre in quelle quattro vite quasi quanto fa nella propria.
E forse tiene più a quegli speciali universi paralleli di se stesso che a se stesso direttamente.
Brenda l’aspetta sotto la statua e quando lui arriva è già lì, circondata da coppie innamorate che si scattano foto tenendosi stretti.
“Ehi…” le sorride lui sperando non si accorga che è in ritardo.
Lei si porta l’indice alle labbra, anche questa volta rosse, e gli fa segno di fare silenzio.
Zayn si guarda attorno mentre lei tiene lo sguardo perso nel vuoto, distante.
Qualche secondo dopo si scuote e sembra tornare nel nostro mondo.
“Che hai fatto?” le chiede Zayn, le sopracciglia alzate, che non ha ancora smesso di sgranare gli occhi attorno a sé.
“Niente, stavo solamente sentendo i due che litigavano.”
Entrambi scoppiano a ridere e lui la prende per mano e la spinga contro di se.
Lei deglutisce a vuoto perché ancora deve imparare a sostenere quello sguardo che sembra dirle sempre un sacco di cose e sembra aspettare sempre che sia lei a parlare.
Lui deglutisce a vuoto perché ancora deve imparare a sentirsi così bene e così pieno tutto in una volta sola.
Le mani di Brenda sono aperte sul petto di Zayn che si alza regolare al suo respiro.
“Mi sei mancata.” Le sussurra lui e la stringe più forte, le respira più vicino.
Ora provate a trovare le differenze tra loro e tutte le coppie che li circondano. Guardandoli, attentamente, nei loro pensieri, scavandoci dentro, troverete solo una piccola nota stonata, un dettaglio apparentemente insignificante, cosa volete che sia?, nulla di cui preoccuparsi.
Trovato nulla? Cercate meglio.
Andate oltre gli occhi a cuoricino e le labbra che si sfiorano, oltre le dita che si percorrono a vicenda e oltre le parole di miele. Scendete lungo la strada delle parole sussurrate e continuate a camminare, svoltate all’angolo dei pensieri nascosti e sentitevi quasi vicini al vostro particolare.
La statua di Nelson li scruta dall’alto e sembra aver capito, e voi?
“Anche tu.” Gli risponde lei, andandolo poi a cercare per un bacio, un altro, l’ennesimo, mai l’ultimo.
Improvvisamente si scosta e gli appoggia la testa sulla spalla, inquieta.
“Cos’è successo, Be?”
Le mani di Zayn le scendono sui fianchi e le scaldano la pelle sotto la felpa chiara.
Brenda continua a respirare e cerca dentro di sé la forza per dirglielo senza sapere come reagirà.
Vi sentite vicini alla verità?
“Zayn, se io ti dicessi che non mi chiamo Brenda, che questa non è la mia vita, come reagiresti?”
__
 
“Voglio che tu venga con me a Parigi.”
Le sorride Liam e incrocia le dita sotto al tavolino del bar in cui sono entrati per pranzare.
Una birra e una coca li separano e lui deve controllarsi per non mettere tutto da parte e avvicinarsi di più.
Eppure loro sì che sanno cos’è la distanza, fisica, spirituale.
Ma solo chi se ne va può tornare, solo chi si perde può essere trovato e forse qualcosa dentro di loro li ha solamente spinti ad essere un ritorno e non una novità.
Madison sbatte le ciglia, unite dal mascara, e lo guarda fisso negli occhi.
Beve un sorso di Coca e gli sorride sapendo che non può aspettare tanto perché non ha pazienza.
Senza mai staccargli gli occhi dai suoi respira regolare e sorride.
“Sai che non mi faranno mai venire.” Sentenzia alla fine, ma sorride ancora.
Questo può essere preso come un biglietto per la sua vita, quella da cui lui l’ha sempre tenuta lontana.
Quella da cui lui l’ha sempre protetta, direbbe lui.
“Nemmeno se vengo di persona a parlare con tuo padre?”
Madison ha male alle guance a forza di sorridere ma rincara la dose e i suoi denti spuntano leggermente dalle labbra socchiuse.
“Forse si può fare.”
“Ho due biglietti del treno che parte fra un’ora, non accetto un forse come risposta.” 
“Oh, Liam, io ti…”
Inizia a parlare con troppo slancio e frena bruscamente sul finale della frase, il freno a mano che viene tirato.
Silenzio.
Di quelli strani e carichi, di quelli rumorosi e pieni.
Allungandosi sopra il tavolo e raggiungendola lui la bacia, teneramente.
“Anche io.”
__
 
Jeans troppo stretti e tacchi troppo alti; camicia troppo azzurra, capelli troppo ricci.
Non sa come aspettarlo e cosa aspettarsi. Non sa cosa dovrebbe avere di sbagliato, non sa cos’ha.
“Chelsea!”
Una voce che la chiama e lei si volta. Lui le trotterella davanti facendosi largo tra la folla.
“Scusa il ritardo, davvero, ma Zayn ci ha messo delle ore e Harry è attentissimo ai limiti perché ha la patente nuova e Niall non la smetteva di mangiare…”
Louis si guarda riflesso nei suoi occhi scuri e decide che è meglio smetterla.
“Ma immagino tutto questo non ti importi.”
Se la ricordava più bassa, ma forse sono i tacchi; se la ricordava meno bella, ma forse era l’alcool.
“Ti va di fare un giro? Io non ho molta fame…” Propone lei e lui le annuisce.
“Senti,” inizia poco dopo, i suoi pantaloni si intonano con un palloncino sfuggito a qualche bambino che ora vaga da solo, “mi dispiace veramente tanto di non essermi fatto sentire subito, ma sono in un periodo di merda.”
“E allora cosa aspetti ad uscirne?” La domanda-risposta schietta lo lascia spiazzato e l’eco delle parole di lei lo riempie.
Molte volte c’è solo bisogno di qualcuno che ci faccia le domande che non riusciamo a farci da soli.
“È difficile e mi sembra di non farcela.”
La sua sincerità un pegno da pagare per farsi perdonare.
“C’è sempre una luce in fondo al tunnel.”
“Nel mio non la vedo.”

“Allora vuol dire che sei girato contro un muro.”
“Ma poi, cosa vuoi saperne? Non conosci quello che ho passato, cos’è successo, cos’hai fatto.”
Ora sta dando la colpa a lei e sa che non deve.
Si blocca e qualcosa dentro di lei esplode. L’onda d’urto le esce dalle labbra al rossetto ‘nude’ sotto forma di sussurro.
“Ah sì? Credi non ne sappia niente? Credi non abbia mai provato quel peso nello stomaco che ti inchioda a terra e la cosa più giusta da fare sembra fissare il soffitto per ore sperando di non piangere?”
“Scusa.” Le dice lui mordendosi il labbro e no, proprio non è stato un buon inizio. Sempre il solito.
Chelsea continua, spostandosi i capelli scuri dietro le spalle.
“Ora facciamo un esempio, ok? Tanto per vedere se ne posso sapere qualcosa, guru dell’amore.”
Alza le sopracciglia e parla veloce. Tasto dolente per entrambi.
“Mettiamo, per ipotesi eh, che una ragazza di 18 anni sposi il suo migliore amico di cui è innamorata persa dai tempi delle medie, ok? Ora immagina che i genitori di lei siano felicissimi e che lei si senta finalmente completa. Bene, adesso prendi il ragazzo diventato suo marito e fagli capire qualcosa più a fondo su se stesso e sui propri gusti. Cosa ottieni?”
Non gli da il tempo di rispondere e torna a parlare.
“Ottieni un divorzio, un ragazzo gay alla scoperta di se stesso e una ragazza con frammenti di cuore e nessun tubetto di colla. Ah e come dimenticare i genitori freddi che non la capiscono e le danno la colpa.”
Chelsea è spaventata dall’avergli raccontato tutto ma non le hanno dato il tasto 'rewind' nella vita.
“Scusa.” Ripete lui, costante e le parole gli vengono a mancare così passa agli abbracci.
“Non li sopporto.” Sentenzia lei, premendogli lo stesso il viso sulla spalla.
“Nemmeno io.” Le sussurra lui all’orecchio e posandole entrambi i palmi aperti sulla schiena.
“Sei mai stata in Francia?”
Non sa cosa sta per dire ma non intende saperlo. Ha voglia di ascoltarsi e poi capirsi, liberarsi.
“Ci vado questo fine settimana.”
Quale Dio vuole loro bene?
“Sei invitata a cenare sul Bateaux-Mouches sabato sette, allora.”
Lei si scosta leggermente tornando a guardarlo negli occhi e pensando alla faccia che faranno le sue sorelle.
“Concerto.” Tossisce piano lui.
Si avvicinano troppo l’uno all’altra, nessuno ragiona più.
“Non so cosa mi stia succedendo.” Dice lui indietreggiando e passandosi le mani sul viso.
Nessuno dei due lo sa, solamente che a lei non interessa.
Sapere, non sapere, che differenza fa? Da qualche parte, qualcuno, ha scritto la tua vita e tu stai solo avverando i suoi desideri. Quindi perché non prendere come un bene tutto ciò che arriva?
“So che, un giorno, riuscirai a mettere assieme i pezzi.” Gli appoggia una mano sul petto e sente il suo battito.
“Credi di avere la colla?”
“La spaccio la sera.”
 

Rieccomi qui, fanciulle e fanciulli (?)
Ho poco meno di sei recensioni a capitolo e non sapete quanto questo mi da piacere.
Come vi è sembrato? Recensionate per dirmi quello che vi passa per la testa, anche un "io mi chiamo semaforo", tranquillli, sarete capiti.
Auguri a tutte le directioners, oggi.
xx
ps: grazie infinite per tutti i complimenti.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12. ***


12.
 
Una ragazza mora gli sorride, in grembiule teso sopra la divisa del ristorante, il piccolo galletto appuntato sul petto.
“Non puoi non esserci mai stata!” ride lui e frena la voglia di prenderla per mano.
“Fino a venti minuti fa, quando mi ci hai trascinata, non avevo idea che esistesse un posto così.” Gli sorride tenera lei e frena l’impulso di sciogliersi ai suoi piedi.
“Sai” inizia poco dopo, mentre aspettano da mangiare seduti vicini, uno di fronte all’altra, “non riesco a credere che tu, che io…” ha paura di pronunciare quel ‘noi’ che non ha ragione di essere.
“Non riesco a credere di essere così fortunata a starmene qui, con te.”
Ok, l’ha detto. Inspira. Espira.
“Ho bisogno di te, Sarabeth.”
Niall la interrompe e cambia discorso, disperato. Ha veramente bisogno di lei in tutti i modi lei possa essergli utile. Perché sa che lei può aiutarlo come Felicity non riuscirebbe mai a fare, perché sa che lei è la giusta mescolanza tra fan e ragazza, perché lo legge in quegli occhi azzurri e trasparenti che lei è ciò di cui ha bisogno.
Sarabeth morde il bordo in vetro del bicchiere per non urlare. Resistere, deve solo resistere e non affondare in quegli occhi di cielo, resistere e continuare a respirare, resistere ed essere ciò di cui lui ha bisogno.
“Cos’hai fatto, Niall?” la voce che non sa se essere distante o interessata, presa o leggermente distaccata.
“Prima devo dirti una cosa, Beth.”
“Sara.” Lo corregge e Niall si riscopre impreparato e ansioso di imparare.

“Non voglio tu stia male per me, perché sono un cretino che non fa mai la cosa giusta.” La voce roca.
“Ehi, tu sei Niall dei One Direction, quello solare che ama la vita, ricordi?”
È così che lei l’ha conosciuto, così che lei l’ha sempre visto ed ha paura di ciò che lui le sta per dire.
“Ascoltami come se fossi Niallebasta e non NialldeiOneDirecion, per favore.”
Sarabeth annuisce e lui torna a guardarla, mentre una cameriera troppo magra appoggia i piatti davanti a loro.
“So che con Felicity non va come mi aspettavo.” E lei muore dentro.
“So che con te non va come mi aspettavo.” E da qui è un percorso in discesa.
“Ma non voglio che lei stia male a causa mia e allo stesso tempo non voglio stia male tu.”
“Chiamala e dille tutto, non puoi sminuirti per sempre. Non devi prenderla in giro.”
“Vieni in Francia con me.”
Il cibo si raffredda dentro i loro piatti, ma sono entrambi troppo impegnati a sostenere lo sguardo dell’altro.
“Tu chiamala.” Lo sta facendo ancora, lei. Continua a gettarsi via per quella buona causa che è lui, che è la sua felicità, che è la sua vita pulita e scorrevole, spensierata.
Alla propria penserà un altro giorno.
“Tu vieni a Parigi con me.” Non ha intenzione di cedere perché dentro a quegli occhi legge che è ciò che deve fare. Per sé, per lei.
Sarabeth non sa se alzarsi in piedi sul tavolo e ballare o urlargli quello che deve fare, quello che è giusto che faccia.
“Facciamo un patto, ok?”
Niall le ferma i pensieri ancora una volta e, ancora una volta, li calamita attorno a sé.
Lei annuisce e mangia qualcosa.
“Tu vieni a Parigi con me” ama ripeterlo “e io, quando siamo là, chiamo Felicity e le dico tutto.”
La salsa piccante le brucia le labbra.
“Hai vinto, Horan.”
Entrambi stringono il bordo del tavolo per non alzarsi e saltare, alla paura per ciò che stanno facendo penseranno poi, ai rimpianti, ai sensi di colpa.
“Tu vieni a Parigi con me.” Dice per l’ultima volta Niall, riassaporandone il sapore, prima di concedersi Nando’s tutto per sé.
__
 
Liam guarda fuori dal finestrino del treno e si autoconvince che sia il vagone ad oscillare e non lui a tremare.
“Non ho mai visto tuo padre.” Sentenzia poi scendendo dal treno e rompendo il suo lungo silenzio.
“Lui ha visto te, però.”
Liam la guarda e alza le sopracciglia; lei gli sorride.
“Ok,” inizia “vedi, devi sapere che i miei sono molto protettivi, forse troppo. Appena sei arrivato, la prima estate, lui è venuto sotto casa tua a vederti, vedere che tipo eri, conoscerti da lontano senza farsi conoscere. Tutto per me, per la sua bambina.”
E le guance le diventano rosse e lui la mangerebbe.
“E ho superato l’esame?”
“E hai superato l’esame.” Proclama e lui si sente più vicino alla meta.
Arrivano camminando vicini alla casa di lei e lui sente il profumo del mare investirli.
“Mi mancava questo posto.” Dice lui sull’uscio della costruzione verniciata di bianco da poco.
“A questo posto mancavi tu.”
Liam si china a cercare le sue labbra e la porta davanti a loro si apre.
Liam devia e si china a raccogliere un immaginario oggetto, per poi tornare scattante in piedi, pulirsi le mani sui jeans e tendere la destra davanti a sé.
“Salve.”
La mamma di Madison gli fascia la mano con la propria.
“Ciao Liam, entra pure.”
Sorride poi alla figlia che le sorride a sua volta; due gocce d’acqua, la stessa persona a distanza di anni.
Liam varca per la centesima volta quella soglia, ma lo fa dentro a spoglie diverse.
Un altro “io” sta entrando in quella casa dal profumo d’arancia, altri sentimenti ed altre intenzioni lo stanno accompagnando.
E spera tanto che sia l’”io” giusto.
Il padre di Madison lo aspetta in cucina, appoggiato contro il tavolo. Si alza quando lo vede entrare e gli sorride, la ragazza e la madre escono. Sembra tutto così da film che Liam spera di aver imparato bene la parte. Buona la prima, qui.
“Vuoi davvero portarla a Parigi?”
“Sì, signore.” La sua parte militare e sottomessa che parla per lui mentre tutte le altre sperano.
Alza la testa e incontra gli occhi dell’uomo, più verdi che grigi, più grigi che azzurri. Ed ecco un’altra Madison.
“Non lo so, Liam… Mi sembri un bravo ragazzo, ma non ti ho mai visto prima” bugia.
“E non so se è un bene affidarti mia figlia. Come posso sapere se non è un tuo intento approfittarti di lei e basta? Illuderla con un viaggio per poi tornare e non farti mai più vedere?”
“Iperprotettivo” riecheggia dentro Liam, ma lui lo tiene per sé.
“Sa, la capisco.” In realtà no, ma anche questo non glielo dice.
“Ma so cosa vuol dire avere Madison lontana, so cosa vuol dire aver Madison arrabbiata, so cosa vuol dire aver Madison triste. Ci sono passato, ci siamo passati. E davvero, mi creda quando le dico che non posso permettermi di sbagliare ancora, di essere cieco ed insensibile un’altra volta. Quindi, per favore, la lasci venire e io gliela porterò intatta, dentro e fuori e chissà, magari più felice.”
Fa una pausa e si lascia scrutare da quei due grandi occhi semi nascosti dalle spesse lenti degli occhiali.
“Mi dia una possibilità e, al ritorno, potrà sbattermi quella porta in faccia se lo riterrà necessario.”
Silenzio. Lungo e interminabile. Silenzio.
“Dicendoti di sì ti sto consegnando il mio più grande dono tra le mani, ragazzo. Stai attento, mi raccomando.” Lo sguardo severo sembra, ora che possiede un sì tra le dita, più dolce.
Madison spalanca la porta e gli si fionda tra le braccia, bisognosa del calore che il suo corpo può offrirle.
“Tra venti minuti ho il treno di ritorno, baby.” Le sussurra all’orecchio, pettinandole i capelli all’indietro con le dita.
“Ed è meglio che vada.”
“Ora.” Dice a fatica.
Madison gli accarezza il viso e i loro occhi si dicono così tante cose che le parole non servono. Non bastano.
Richiudendosi, poco dopo, la porta alle spalle Liam si sente terribilmente euforico e non vede l’ora di raccontare tutto ai ragazzi, a sua mamma, alle sue sorelle, di urlarlo al mondo.
“Ah, Liam!” la porta si riapre con uno schiocco e il padre di Madison esce e si sporge verso di lui.
“Benvenuto in famiglia.”
__
 
Allyson alza le sue ciglia viola e si lecca le labbra.
In mano regge un panino più grande di lei, ma alla dieta penserà un’altra volta.
“Quanti anni hai, Harry?”
“Diciotto.”
Il riccio le risponde mezzo sprofondato in un panino gemello del suo. Dire cosa contengano è un’impresa.
Allyson sbatte le ciglia viola e sorride.
“Sei piccolo.”
Qualcosa dentro di Harry scatta e lo porta lontano dal panino qualche minuto.
“Quanti anni hai, Al?”
“Venti a Settembre.”
Harry ride e scuote i ricci, le guarda gli occhi contornati di viola.
“Appena lo sapranno i ragazzi mi uccideranno.”
“Cos’è che non so?” gli chiede lei mentre un rivolo di olio le scende lungo il polso facendola imprecare a denti stretti.
“Ho un, uhm, debole verso le ragazze più grandi di me.”
“Caroline?” il nome le esce fuori dalle labbra troppo velocemente.
Harry ride di nuovo e non sembra turbato. “Un esempio.” Le risponde.
“Ah, quindi sono l’ultima della lista? L’ultimo nome tatuato sul braccio sotto quelli tatuati in precedenza e poi cancellati?”
“Nessuno ha detto che sei entrata nella lista.”
Allyson incassa il colpo e alza un sopracciglio. “Uno a zero per te, riccio.”
Questa è l’aria che si respira durante i loro incontri, questi sono loro e basta, fuori dagli schemi e dagli stereotipi, senza nessuna etichetta o pensiero. L’essenza di loro stessi messa a nudo di fronte all’altro.
Ciò che Allyson cercava in Harry e ciò che Harry aveva sempre trovato in Allyson.
Qualche morso più tardi, consumato in silenzio, Allyson torna a portare il suo sguardo su ciò che la circonda e si blocca.
“Harry.” Lo chiama e lui la guarda mentre accartoccia la carta e fa centro in un cestino poso distante.
“Dimmi che quella non sono io.”
Il ragazzo segue lo sguardo di lei e arriva ad una rivista, una tra le tante che porta la sua faccia.
“Cosa ci tiene nascosto il ricco?”
È il titolo arancione e blu, grande, sotto la loro foto.
Camminano vicini e si sorridono, complici e illusi di essere protetti. La scuola di Harry alle loro spalle.
Allyson si appoggia ad un muro e sospira. “Oh, Dio.”
“Non è nulla di grave.” Cerca di rassicurarla lui.
“Non è una gran cosa vedere la propria faccia spiattellata su una rivista, se permetti!”
“Dicono così tanto di me eppure vedi, non me ne importa!”
Queste sono le bugie buone, a fin di bene, quindi non fateci caso se sapete la verità.
“Ma non vedo perché debbano spettegolare su di noi.”
Harry si avvicina leggermente.
“Cosa abbiamo fatto per averceli attorno?”
Harry fa un altro passo e si perde sul contorno viola dei suoi occhi.
“Non hanno nessun motivo per parlare di noi!”
Allyson continua sempre con lo stesso tono, scioccata, offesa, arrabbiata, sorpresa.
“Allora diamogliene uno valido, no?”
Ora è Harry ad alzare un sopracciglio e a sorriderle; i loro visi vicini.
“Cosa stai dicendo, Styles?”
“Vieni con me a Parigi, Coen.”
L’ha invitata, è fatta, non può più tirarsi indietro.
E fanculo a chi dice che fare le prove davanti allo specchio non serve a niente.
Allyson lo guarda sorridendo e con l’indice gli disegna il profilo del viso.
“Due a zero per te, riccio.”


Eccolo qui, il capitolo tanto aspettato (???????????)
Spero come al solito che vi piaccia e che, magari, recensiate.
come state, pasticcini? Avete sentito della ragazza che ha dato il suo numero ad Harry alla signin del 17?
Cheppalleoh!
Ora scappo a fare i compiti, se no la mia vita è finita domani a scuola (?)
Il latino mi aspetta, salvatemi!
Ok, la smetto di sparare minchiate. Grazie a tutti.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13. ***


13.
 
“Ciao Niall, sei bellissimo, posso abbracciarti?”
Un muro di fan davanti e distanti quanto la larghezza di un tavolo. Lui le sorride, si alza e l’abbraccia.
Non sa che quella semplice frase lei l’ha provata per due mesi, cercando di mascherare le imperfezioni della propria pronuncia. Non sa che quel semplice abbraccio lo porterà dentro per sempre.
“Puoi dire qualcosa in francese?”
La lucina lampeggiante di una fotocamera puntata sul viso. Accesa, spenta, accesa, spenta.
“Bonjour ma chérie.”
E non sa propriamente cos’ha  detto, ma lei sorride e va via. Felice.
La chiamata che ancora deve fare gli oscilla sopra la testa e, tra una firma e l’altra, pensa alle parole da dire, a chi deve essere. “Tutti sbagliamo, Niall.”
Liam che non riuscirà mai a consolarlo pienamente, non ‘sta volta.
“Ti amo.”
E lui scrive ‘Niall’ sulla sua faccia.
“Sei bellissimo.”
E lui scrive ‘Niall’ intersecando la ‘L’ di Louis.
“Ci vediamo domani.”
E lui scrive ‘Niall’ in una maniera tanto orribile che non saprebbe dire dove inizia una lettera e finisce l’altra.
Tutti i frammenti di frase lo scaldano dentro e lui ride, ride con Zayn che prova a parlare il francese, ride con le fan, ride per le fan.
Mentre fuori, da qualche parte in una Parigi sconosciuta, c’è Sarabeth che lo aspetta, che gli tende la mano e lo salva dal suo casino, che rischia di caderci dentro pur di non lasciarlo andare.
__
 
Il cielo è azzurro sporco e ogni insegna dice qualcosa che lei non capisce.
Stringe la coda di cavallo e intrappola i ciuffi ribelli attraverso spille nere, nasconde gli occhi chiari dietro grandi occhiali da sole che danno al mondo una sfumatura ramata.
Le altre quattro ragazze sono attorno a lei, tutte alla ricerca di un bar poco affollato in cui parlare, capire chi hanno di fronte, sorridersi.
Crede che non riuscirà mai ad accettare pienamente che i suoi idoli, gli One Direction, si sono fidanzati e che un giorno, magari, si sposeranno, metteranno su famiglia, saranno felici anche senza le fans. Ci prova, ci pensa, si sforza, eppure non crede di farcela.
Perché ogni fan ha una parte possessiva, una parte che ha voglia dei riflettori, che ha voglia di urlare “ehi, guardatemi, sono qui!”.
Perché ogni fan ha una parte opposta a questa che le spinge a stare in silenzio, la parte filosofa del “se sono felici loro, sono felice anche io.”
E solitamente non prevale mai nessuna parte, se ne stanno solo lì, a far del casino.
 “Guardate ragazze!” il braccio della ragazza con quegli occhi bellissimi teso ad indicare un bar in una strada laterale la distoglie dai suoi pensieri. Chi è lei?
Tutte loro hanno seriamente bisogno di caffè e di risposte.
Il cielo è azzurro sporco e Sarabeth crede di poter farcela ad ammettere, davanti a loro che “no, non è la ragazza di Niall e che a dire il vero non ha idea di cosa ci faccia lì con lui”. Perché sa che glielo chiederanno.
__
 
Inspira. Espira.
Quella ragazza assomiglia a Samantha in una maniera impressionante.
Si dice che al mondo abbiamo 7 sosia, ma avrebbe preferito non confermare le voci, non con lei.
“Ciao Louis” la ragazza gli storpia il nome ma poco importa, “puoi dire ‘Ti amo’?”
Metti al posto dei suoi occhi castani qualcosa di più chiaro e sì, avrai Samantha.
“Ti amo.” Le dice e si lascia immortalare da una foto, si lascia trasportare.
Chelsea che ha riso e si è unita a loro per due giorni, lui che non sa perché l’ha invitata ma è felice che ci sia. Pensieri. Louis sorride alla nuova fan, alla nuova firma e pensa alla faccia di Harry quando le ha detto che sarebbe venuta anche lei.
“Hai presente chi è?” gliel’aveva quasi urlato.
Louis aveva riso anche allora e gli altri si erano voltati verso di loro per sentire di chi stavano parlando.
Harry si era avvicinato al tavolino basso in vetro posto al centro del divano e aveva preso una delle riviste che vi era poggiata sopra, aveva sfogliato velocemente le pagine.
“Ecco a voi, signori, una foto di Chelsea Cavendish, figlia di quel bancario ricco che ha possedimenti un po’ ovunque e, dettaglio a cui sicuramente il caro vecchio Lou non ha dato peso, fotomodella.”
Harry aveva girato la rivista verso gli altri ragazzi e loro avevano applaudito, Louis era arrossito.
Nella foto, bidimensionale, Chelsea era in riva mare, il lungo vestito bianco bagnato le si apriva sulla coscia e una collana in diamanti e lapislazzuli le ornava il collo. I capelli mossi e studiati ribelli, lo sguardo lontano.
Ora lei era da qualche parte fuori, con le altre ragazze che lui aveva salutato di fretta quella mattina.
Ora lei c’era e Samantha no e lui non sapeva come spiegarsi tutto, come continuare a salvare e perdonare colei che ormai era il suo passato ma che lui non riusciva a relegarcela. Vedi anche: pregare per l’anima del proprio demone.
__
 
“Mi chiamo Chelsea Cavendish, ho vent’anni.”
La sua vita in meno di dieci parole, se stessa in un respiro.
Il caffè che le scalda le dita, strette attorno alla tazza. Sorride alle altre ragazze.
“Come mai siete qui? Chi vi ha invitate?”
Madison, la ragazza con gli occhi di quel colore così strano, è la prima a fare la domanda che si stavano chiedendo tutte. E ciascuna, nello stesso momento, dietro a tazze diverse, sospira.
“Sono venuta qui con Zayn, stiamo insieme da un po’…” e Brenda non ha voglia di contare i giorni perché ha paura del tempo.  Chelsea le sorride, più dolce di quanto solitamente è, e si specchia in quegli occhi da bambina. Zayn rievoca, nella sua mente, immagini e persone che no vuole riconoscere, che non vuole rivedere. Pelle ramata e denti bianchi, occhi profondi quanto la voce. Tutt’un’altra vita.
“Mi ha invitata Niall, per combattere i suoi mostri, per far tornare i miei, non lo so. So solo che ci sono.”
Chelsea passa a fare congetture sulla bionda, gli occhi incerti dentro ai suoi e qualcosa di non detto.
“State insieme?” chiede e sembra centrare il bersaglio.
“No.” Sussurra la bionda.
Chelsea la guarda e cerca di risollevarla. Davvero troppo zucchero oggi.
“Sono qui per lavoro, ho un set domani mattina alle undici sulla Senna.” Parla e la salva.
“E chi ti ha invitata? Stai con qualcuno?”
“Mi ha invitata Louis e no, questa è la terza volta che lo vedo.”
Le ragazze le sorridono eppure lei le sente ostili, nessuno si è ancora sciolto e lei non sarà la prima.
La guardano leggermente severe, piene di domande che non possono farle e a cui lei risponderà solo la mattina dopo, ma questo non glielo dico, io.
­­__
 
Sente urla da ogni parte ed è come essere sordi.
Sorridi e autografa, fai ciò che ti chiedono, sii bello nelle foto e ridi, di te stesso, dei tuoi compagni.
Ricordati che sei umile, che tutto potrebbe finire, goditi ogni momento.
Non pensare a ciò che sei fuori di qui, a ciò che hai, a chi eri, a chi sarai.
Non pensare ad Allyson e alle sue labbra che ancora non hai fatto tue.
Harry firma e pensa, firma e vive altrove, firma.
“Cinque sterline che appena esci di qui ti bacia.”
Zayn sembra leggerlo e lo risolleva dal suo vortice di pensieri, di desideri. Harry gli sorride.
“Andata fratello.”
È così che ti senti capito e amato, è così che ti senti invincibile.
Allyson e quelle sue gambe che non finiscono mai, e quelle sue mani consumate prematuramente, e quei capelli che gli sembra di essere sempre in Amazzonia.
Allyson fuori e lui dentro, collegati dai pensieri che ognuno fa sull’altra.
Collegati da tutto ciò che ancora deve capitar loro, da tutto ciò che loro faranno capitare.
“Io ne punto dieci che non ti bacia, ma ti sei visto?”
Niall ride due posti più in là mentre Louis stringe la mano ad Harry consolidando la loro scommessa.
Harry firma ancora e si chiede perché, perché non può semplicemente essere tutto più veloce, perché non può esserci meno gente, perché lei non può arrivare. Tipo ora. E intanto firma.
__
 
“Harry mi ha portata qui, mi ha invitata.”  Allyson inizia a parlare. “Harry mi ha portata qui e non so cosa succederà se resto, perché ogni volta vado così vicino a mangiarmelo.”
Tutte ridono e l’aria sembra meno pesante.
“E allo stesso tempo ho una paura tremenda della gente, dei riflettori, dell’opinione pubblica, delle fan.” Lo confessa ad alta voce per la prima volta e si mette un po’ a nudo.
“Stringigli la mano.” Brenda, la lunga treccia che le oscilla sulla schiena, le parla e sorride, lei alza le sopracciglia.
“Quando hai paura, quando non sai cosa fare, stringigli la mano. Lui saprà cosa fare, cosa dire, come muoversi.”
“Voi, ecco, le fan lo sanno?” le chiede, curiosa di come possano aver reagito.
“No.” Sarabeth torna a parlare, lo sguardo vispo e acceso.
“Come lo sai?” Questa è Madison che parla mezza dentro alla tazza, le labbra macchiate di latte.
“Sono una fan.” Sussurra ancora, timida, e Allyson pensa che deve solo avere il coraggio di aprire le ali e volare, chiudere gli occhi e provare.
Voci confuse seguono la notizia e la bionda ricomincia.
Allyson è incantata dai suoi modi delicati e vorrebbe farli un po’ suoi.
“Però ci stanno arrivando, inizia a circolare una mezza foto in cui sono vicini, sono presi da dietro.”
“Come prende la gente la notizia?”
Allyson sospira e tende le orecchie, aspetta preoccupata.
“Bene, siamo tutte felicissime per lui e esaltate dallo scoprire chi è la ragazza.”
Le ragazze iniziano a parlare ridendo, confusamente, e Allyson precipita un po’ nel suo mondo, nelle sue paure.
“Stringigli la mano.” Le sussurra nuovamente Brenda.
__
 
“Cosa le regali?” Harry si appoggia al muro e sospira. Piccola e meritata pausa.
“Parigi, non deve pagare nulla, devo fare anche dell’altro?” Zayn apre le mani.
“E poi, voglio dire,” si intromette Louis, seduto dall’altra parte del piccolo camerino, “lei ha Zayn! ZAYN, ragazzi!”
Tutti ridono e la stanchezza si cancella momentaneamente dai loro occhi.
Hanno bisogno di una pausa, di dormire fino a tardi, di stare con le persone che (li) amano. Hanno bisogno di respirare.
“Brenda ha qualcosa di importante da dirmi.”
Tutti tacciono e lo guardano, non sembra turbato, o scosso, o ansioso, ma lui è Zayn e non sembra mai niente. Ed è sempre l’opposto di tutto.
“Brenda ha detto qualcosa tipo ‘se questa non fosse la mia vita, come la metteresti?’ “
Sospira. “E io non ho idea di cosa risponderle.”
“Magari scopri che viene da Marte.” Azzarda Louis cercando di farlo sorridere e riuscendoci.
“E io non ho idea di cosa aspettarmi.” La voce gli si incrina, preoccupata.
Omette che non è lei a spaventarla ma è se stesso, come prenderà la notizia?
Ha paura che, qualsiasi cosa lei gli dirà, lui si metterà ad urlare, si arrabbierà, litigheranno e si diranno cose che non pensano. E poi tornare a baciarla non sarà semplice.
Ma sarà se stesso, nel bene e nel male. Inspira. Espira.
Distillato di curiosità e paura giù per la gola, fino allo stomaco, che si contrae. Inspira. Espira.
__
 
Sono uscite tutte dal bar e l’aria le batte sulle guance arrossate.
Si sente stranamente a casa, in un paese straniero, circondata da persone estranee.
Eppure sente di non aver nulla da chiedere, se non qualche preghiera per scontare i suoi peccati. Alza gli occhi al cielo e incrocia le dita, spera che lui l’ami anche quando saprà la verità, spera che non abbia paura, che non si arrabbi.
Perché ormai lei è arrivata al punto di non-ritorno e lo ama, oh Dio, eccome.
Girano in cerchio attorno all’auditorium in cui sono i ragazzi, sono stanche ma non si fermano. Brenda pensa ad una vita fatta così, una vita d’attesa.
Come le mogli dei soldati, a casa con la paura che il loro amato non torni, lei è lì fuori con la paura che lui veda una più bella, più magra, più sincera, meno masochista.
Gruppi di fan escono con le lacrime agli occhi e ringrazia chiunque abbia il potere di farla felice. Gruppi di fan escono e parlano parole che non riesce a capire, ma nei loro occhi ci si può leggere tutto quanto.
__
Un bouquet di cucchiai legati con un fiocco verde.
La bambola di ToyStory.
Così tanto amore che non riuscirà mai a contenere e ricambiare per intero.
Questo e molto altro è ciò che le fan gli portano, coloro che sono all’inizio e alla fine della loro carriera, che sono la domanda e la risposta.
Un amore lontano e vicino al tempo stesso, un amore che non fa mai male.
“Abbiamo quasi finito, ti ricordi ancora di me?”
Le invia il messaggio facendo inceppare la fila e alludendo all’eternità che hanno trascorso dentro a quelle pareti.
“Mi ricorderò sempre di te, idiota.”
La nota stonata nella frase che è propria di Madison, che trova alloggio dentro ai suoi occhi incasinati, dentro alla sua testa incasinata, in un mondo incasinato.
Forse solo lui sembra salvarsi, finge bene a tutti.
Lo sguardo del padre di Madison lo spinge a risponderle ancora e a far bloccare nuovamente la fila.
“Fai la brava che se no io muoio.”
Si sorridono a vicenda, lontani, e una ragazza si illude che quel sorriso sia diretto a lei.
__
 
Sedute su una panchina guardano la gente passare e parlano di tutto, di niente.
“Ho fame.” Sentenzia lei sorridendo al messaggio di Liam e rimette il cellulare dentro la borsa, non gli risponde per non disturbarlo e consuma altri due minuti sorridendo a vuoto.
“Non ti manca mai, Liam?”
Sarabeth le affonda lo sguardo negli occhi e si morde il labbro, cosparso di burro cacao.
“Terribilmente, ogni singolo istante.”
Perché l’ossigeno c’è quando lui c’è, perché il Sole è sinonimo del suo nome.
“Ma abbiamo scommesso con noi stessi e mandato a fanculo i chilometri.”
E, a pensarci bene, non ne può più di queste fans, di questa fama, che glielo stanno sottraendo per troppo, troppo tempo.
Poi pensa a lui, al suo sorriso che si accende quando parla di loro, ai suoi occhi che si illuminano e a quanto cazzo possono renderlo bello.
Loro, che glielo porteranno sempre un po’ via, con cui dovrà competere sempre un po’ e che, allo stesso tempo, lei amerà incondizionatamente, perché hanno reso Liam chi è adesso. Perché hanno avverato i suoi sogni, quelli che le sussurrava all’orecchio, il mare come unica colonna sonora.
Un campanile risuona lontano e l’ultimo gruppo di fan esce dalla porta.
Ora saranno loro due per poco e per sempre, da soli in mezzo alla gente, in quel fine settimana che porterà i loro visi vicini, dentro ai ricordi.
E solo Dio sa quanto lei l’ha aspettato, questo momento.


'giorno bellezze.
capitolo chilometrico e senza senso, scusatemi, ma mi serviva da congiunzione.
spero che il prossimo sia meglio perchè no, questo non mi convince.
Grazie infinite a Sam_SH che mi aspetta paziente e che contiene i miei scleri e a Weas, che mi fa ridere e che è davvero troppo, troppo dolce.
Grazie a tutti, a dire il vero.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 14. ***


14.

 

Come ti è sembrata la cena?”
Come mi è sembrata come?”
Non so, la gente, il posto, ti è piaciuta?”
Sarabeth ride e si slaccia i bottoni della giacca. “Se escludiamo la bava di Harry davanti alle gambe di Chelsea sì, è stata una bella serata.”
Niall ride e si sfila il maglione bordeaux. “Devi capirlo è, come dire,”
Cerca le parole muovendo le mani nell'aria.
Un maniaco?” Consiglia lei sorridendo e uscendo dalle ballerine.
Un maniaco.” ripete lui e non smette di sorridere.
Torno subito.”
Sarabeth si infila in bagno e si guarda allo specchio. Passandosi una salvietta struccante sul viso ringrazia tutti gli dei a cui può arrivare.
Prendete una fan e fatela immaginare, fatela sognare. Si ritroverà in una camera d'albergo con il proprio idolo, in una camera matrimoniale. Ora fermate questa fan e sorridetele, abbracciatela e ditele che sì, è tutto vero.
Sarabeth guarda il proprio riflesso e sorride incondizionatamente, si infila una camicia da notte in raso.
Niall, fuori dalla porta bianca, si è steso sul letto in diagonale, occupandolo tutto.
Cerca nel soffitto una risposta a tutte le domande che ha in testa, una cura a quel totale senso di inadeguatezza. Sa che la sua risposta, ora, è dentro al bagno, ad una porta di distanza. Sorride a se stesso.
Allora, com'è che non hai ancora composto il numero?”
Sarabeth si siede accanto a lui, le gambe nude. Speciale pigiama-party capace di cambiare le loro vite. Hanno gli occhi troppo azzurri entrambi che a vederli insieme vengono le vertigini. Niall preme due tasti e chiama. Lunghi squilli che li scavano dentro.
"Ehi Fel, sono io. So che è orribile dirtelo così, per telefono, ma credo sia ancora più orribile continuare a fingere, a prendersi in giro.”
Respira lentamente, parla piano, sussurra. La ragazza, dall'altro lato del telefono piange in silenzio perchè sa cosa sta per succedere.
Speravo andasse tutto meglio, tra me e te.” Non usa 'noi' e Sarabeth se ne accorge, gli poggia una mano sul petto e sente il suo cuore battere veloce.
Addio Niall.” tronca lei, coraggiosa fino in fondo, spirito guerriero.
Arrivederci, Fel.”
Il biondo lancia il telefono per terra e lei non sposta la mano. “Andrà tutto bene.”
Le solite parole a cui non credi mai, ma che sei felice di ascoltare.
Tu mi piaci, Sarabeth.”
Lui le punta lo sguardo sul viso, sulle lentiggini chiare ai bordi del naso.
Le rare parole a cui non credi mai comunque, ma che ogni sera vorresti poter ascoltare.
Mi piaci quando sorridi e abbassi gli occhi, quando arrossisci davanti ai complimenti, quando chiedi scusa alle persone anche se non hai colpe, quando ridi e ti copri la bocca con la mano anche se non dovresti. Mi piaci perchè ti metti da parte per gli altri, dai tutta te stessa per loro e non credo tu possa immaginare quanto mi dispiace essere stato così cieco. Mi piaci e basta.”
Tu mi sei sempre piaciuto, Niall. E ho una tremenda paura di svegliarmi e ritrovarmi a riguardare le tue foto e sapere che sono l'unica cosa di te che ho.”
Niall si mette a sedere e lei non sposta la mano. Niall le disegna il profilo del viso con un dito e le sagoma le labbra. Appoggia le sue su quelle di lei.
Questo sarà tuo per sempre, Sarabeth.”

__

Dimmi che non succederà niente, che non ci succederà niente.”
“Ti amerò sempre, Be.”
Fuochi d'artificio e stelle cadenti.
Brenda, solamente un nome sopra un'altra persona, si alza a sedere al centro del letto; socchiude gli occhi davanti a Zayn disteso lì accanto. Sospira e sorride.
Cianuro tra le labbra e le vertigini nello stomaco, il precipizio sotto i piedi, il cielo che la opprime.
Avevo otto anni quando, la prima volta, vidi quello che non dovevo vedere.”
Che nessun bambino deve vedere, mai.
Mio padre prendeva a pugni un ragazzo, tenuto fermo da altri due. Il suo sangue era sulle mani che ogni sera mi rimboccavano le coperte. Le sue parole nemmeno le ricordo ma, Dio, vedevo dentro quegli occhi tutto quello che mai potrebbe aver detto.”
Chiude gli occhi per non fargli vedere che sono così simili a quelli del padre. Chiude gli occhi e parla di nuovo.
Poi non so da dove è uscito un coltellino e...” si passa la lingua sulle labbra secche e tiene gli occhi chiusi. “Non ho urlato. Non ho pianto. Sono solo scappata. E quella sera abbiamo ballato attorno al fuoco, riesci a crederci? Bruciava la sua camicia sporca di sangue, quella camicia che gli avevamo regalato a Natale. Bruciava e noi ci ridevamo attorno, falsi inconsapevoli. Ballavamo a piedi nudi, cantavamo al cielo e io mi ripetevo che c'era stato un errore, che l'aveva fatto per difendersi.”
Fumo di sigaretta, lacrime, tutte le parole che non ha mai urlato, in gola.E ogni volta, dopo quella sera, che cantavamo attorno al fuoco sapevo cos'era successo, sapevo che non erano i miei voti a scuola a meritarsi il calore del fuoco. Sapevo che tutta quella gente, i sigari stretti tra le labbra, non erano amici, non erano lontani parenti, erano quanto più ci si potesse avvicinare alla veste di 'colleghi'. Ma continuavamo a ballare, io e mia mamma per mano, senza riuscire a muoverci, senza riuscire a scappare. E ogni sera, ogni volta che mi baciava, vedevo nei suoi occhi una minaccia. Mi urlava di non dire niente a nessuno solo guardandomi, solo comparando i suoi occhi con i miei e notando che erano uguali, che sono uguali.”
Zayn la guarda e si appoggia sui gomiti, guarda quei sedici anni fatti di terrore, e fuga, e bugie.
Promette a se stesso che si impegnerà ad amarla per quanto l'altra gente non l'ha amata.
E lei continua, si culla andando avanti, indietro, avanti, indietro; tiene gli occhi chiusi.
Un giorno un ragazzo mi si è avvicinato a scuola, mi ha sorriso e mi ha preso per mano. Sapevo chi era, sapevo come si chiamava, conoscevo ogni particolare dentro ai suoi occhi. Quanto l'avevo guardato, quanto l'avevo sognato. E lui, per sdebitarsi del mio tempo perso dietro a lui, delle notti che gli avevo dedicato, mi ha salvata. Si chiamava Salvador, non sto scherzando. Quel pomeriggio mi ha portato a casa sua, mi ha presentato suo padre. Erano uguali, uno la versione bella e giovane dell'altro. Il Salvador stempiato e massiccio mi ha chiuso le mani attorno ad una cartellina in plastica; mi hanno accompagnato alla porta. Lì, il Salvador giovane mi ha baciato lievemente sulle labbra e mi ha detto addio.”
Brenda, il nuove finto e falso come un involucro che la protegge dal mondo, apre gli occhi, lucidi.
In mano avevo due biglietti aerei per Londra, due carte d'identità false, due passaporti. Me e mia madre, protette e lontane, al sicuro, in attesa del processo. Programma protezione testimoni.”
Zayn le fa segno di avvicinarsi, batte la mano sul suo petto.
Brenda, e chissà per quanto la gente continuerà a darle un nome non suo, si stende accanto a lui, cerca sul petto nudo di lui il calore che le serve a scacciare i suoi mostri, i suoi fantasmi.
Ti amerò sempre,” ripete lui, abbracciandola e baciandole la fronte. Lascia la frase in sospeso, senza il nome per completarla.
Miriam.” sussurra lei, premendo gli occhi bagnati di lacrime contro il collo di lui, bagnandolo.
Miriam.” ripete lui.

__

Hai delle gambe che non finiscono più.”
E la bacia.
Mi pagano per questo.”
E la bacia. Si sorridono vicini.
Louis ha bisogno della libertà che lei può dargli, lei ha bisogno di sentirsi utile e amata, almeno per un po', almeno per poco.
Camera d'albergo numero 541, come due amanti clandestini.
Lei gli sgancia le bretelle dai pantaloni rossi, ride pensando che è la prima volta che le capita, incontra di nuovo le labbra di lui.
Tutto questo non nuocerà alla tua fama?” le chiede lui, mentre le sue mani scorrono a slacciarle la camicia, bottone dopo bottone. Lo chiede a lei per non chiederlo a se stesso.
Perchè uno scandalo è quello che non deve avvenire, parole del manager, e lui sta infrangendo una regola. Ma andrà tutto bene.
Le slaccia un altro bottone e decide di smetterla di farsi delle pare.
In risposta lei lo aiuta a sfilarsi la maglia e lo bacia ancora.
Hanno tutta la notte, la notte li ha tutti per sé.
E ora tutte le domande delle altre ragazze avrebbero una risposta, un 'sì' detto ridendo.
E lui la bacia di nuovo.

 

 

 

 

La sveglia suona rompendo i sogni che si stavano consumando dietro le loro palpebre chiuse. La sveglia suona e lo affondano la faccia nel cuscino.
Visti da lontano, magari da un altro pianeta, possono sembrare complementari.
Visti da vicino, invece, visti dai loro occhi, sono solamente il passatempo di una, due, tre sere, sono solo l'alternativa alla tv e alla birra.
Sono lo scaccia sogni sopra il loro letto.
Ho bisogno di caffè.” sentenzia Chelsea avvolgendosi nel lenzuolo e alzandosi, lasciandolo nudo e al freddo, lasciandolo sorridere come un ebete da solo, guardandola sparire in bagno. “Bel tatuaggio.” le urla e si butta a peso morto tra i due cuscini.
Chelsea apre la porta e lo guarda inclinando la testa. “Tu non l'hai mai visto, intesi?”
Di chi è la frase?” continua imperterrito lui.
Non so di cosa tu stia parlando.” gli urla in risposta lei, mentre l'acqua della doccia inizia a scendere e a far rumore.
È qualcosa come: 'nothing about me is original. I am the combined effort of everyone I've ever known', giusto?” Lei non pensa a come faccia a saperla a memoria.
Ti ho detto che non so di cosa tu stia parlando.”
Louis si alza ed entra in bagno, una nuvola di vapore gli appanna la vista e lo bagna lievemente. Entra dentro la doccia con lei, che urla.
Ma che fai? Non vedi che sono nuda!? Esci subito di qui!”
Si copre con le mani aperte e un flacone di bagnoschiuma al miele.
Scusa?” le sorride Louis.
Lei gli da le spalle e lui la guarda indisturbato. “Non ho più privacy.” sentenzia poi.
Allora, di chi è la frase?” le chiede avvicinandosi e facendola ruotare, arrivando a sfiorarle le labbra, ma mantenendo un minimo di distanza.
Se te lo dico, uscirai da qui?”
Louis annuisce e punta il viso sotto il getto.
Palahniuk, ma tu non me l'hai letta addosso, capito?”
Non so di cosa tu sia parlando.” ride poi uscendo e facendosi avvolgere nuovamente dal vapore che ha invaso il bagno. “Ma se lo sapessi ti direi che è molto carino.”
Lei ride e si lascia scivolare sul piatto della doccia, l'acqua che le scivola veloce addosso.
Entrambi sono il prodotto di altre persone, di altri gesti e altre parole; entrambi lavorano inconsciamente per creare l'altro e per autodistruggersi, entrambi si sono creati da capo quella notte, entrambi si sono traslati nell'altro.
Entrambi non sanno che continueranno a crearsi e distruggersi a vicenda per molto, molto tempo.

 

Hello people! Come state?
Io mi sono schiantata giù da un cavallo sabato e mi fa ancora male la schiena... per il resto tutto ok!
Questa volta salutiamo: Fancy_ che è un cucchiaino di miele tutte le volte, bountyH che è un'accanita fan del burro d'arachidi e LLstrong, che rimane sempre la migliore.
xx

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 15. ***


15.
 
Harry guarda Louis sorridere e affondare gli occhi dentro alla tazza di the.
“Cos’è che non so?” sbotta nel silenzio facendo girare tutti gli occhi verso di sé e poi, poco dopo, verso Louis. Il ragazzo continua a sorridere, perso.
Attorno al grande tavolo, nel bar dell’hotel, mancano solo Chelsea, già partita per il set in cui doveva lavorare, Liam e Madison, ancora chiusi nella loro stanza.
“Sono sulla strada per dimenticarla, Harry.” Sentenzia Louis senza smettere di guardare l’acqua calda e brunastra e continua a sorridere.
“Sei stato a letto con lei, vero?” sentenzia Zayn storpiando le labbra in un mezzo sorriso.
Harry scatta in piedi di fronte al silenzio rivelatore dell’amico. “Oh, mio dio. Tu? Lei? Voi?
Louis si limita a sorridere e non distogliere lo sguardo, rigira il the, ormai freddo.
Niall fischia e ride, prende istintivamente la mano a Sarabeth.
“Harry, puoi uscire un momento?” Allyson in piedi, sembra essere tornata solo ora da un mondo a parte, un viaggio dentro se stessa.
Il riccio le sorride e lei crede di morire dentro a quelle fossette.
Il piccolo terrazzo dell’hotel li accoglie e un vento fresco scompiglia loro i capelli.
“Io…” inizia lei, le sue parole svanite, nascoste in chissà quale cassetto dentro al suo cervello, sicuramente troppo pieno di frammenti del ragazzo.
Harry che ride, Harry che canta, Harry che parla, Harry, Harry, Harry.
Tutti a formare qualcosa di più grande di lei, qualcosa che la riempie, la completa, la allontana da quello che lei è realmente per elevarla al livello superiore.
Ed è qualcosa che la gente normale chiama sentimenti, ma che lei non capisce e non visualizza se non con il volto del ragazzo.
“Tu?” la aiuta lui, sorridendo. Fossette; ricci che si muovono; altra immagine da conservare e difendere.
“Non ce la faccio più, ad averti così vicino, alla distanza di un respiro, e non poterti avere, e non averti.”
Ed entrambi trattengono il fiato, sperando che il respiro tra loro possa svanire.
Lui le prende le mani, intreccia le dita con le sue.
Il tempo sembra fermarsi quando la distanza che li separa viene a colmarsi, solo il poco rumore lontano ricorda loro che sono ancora attaccati alla terra, che questo non è il nuovo Paradiso, è solo una versione migliore del loro inferno.
__
 
Passi veloci e vicini la precedono nel bar dell’hotel avvisando tutti della sua presenza e facendoli voltare verso la porta ad arco.
Liam la segue poco distante, respira veloce.
“Mad, aspetta!” allunga una mano come a prenderla.
“Aspetto cosa, eh? Dio mio, Liam, è questo il problema! Io dovrò sempre aspettarti!”
Parlano a voce alta, lei muove le mani e una nuova luce le accende lo sguardo.
Ripete il suo nome, come a confermare che è con lui che sta discutendo, ancora una volta.
E violento il ricordo delle loro notti, passate ad urlare al cielo quello che pensavano l’uno dell’altra.
E ancora più violento il ricordo degli abbracci per fare la pace, che ogni volta lei sogna e ogni volta riceve, ma che non aspetta mai fino in fondo.
“Mi chiedo come faremo, me lo chiedo davvero!”
Liam è preso di sorpresa. “A fare cosa?” chiede, il tono pacato al limite.
“A stare insieme, tu ed io, noi. Non vedi? Siamo già qui che litighiamo!”
Il mare in tempesta che incorniciava la loro tempesta torna alla mente anche del ragazzo.
“Sì, Madison, sì! Noi siamo due che litigano, che si urlano le cose in faccia, che fanno mille storie per nulla, che tirano fuori il peggio dall’altro. Siamo fatti per distruggerci e ricostruirci ogni volta.
Lei trema leggermente, spaventata da quando lui riesce a capire, a leggere. Spaventata di quanto lui possa avere ragione.
 “Non ci accontentiamo della solita melodia, del solito CD. Abbiamo bisogno di stoppare tutto, correre contro un muro e fermarci, per poi cambiare canzone, per ricominciare a correre. E sono disposto a cambiare ritmo tutte le volte che vorrai, se questo servirà a farti stare con me.”
Il mare in tempesta, dentro alla voce di Liam, la bagna ancora.
“Per sempre.” Sillaba con le labbra e lei torna contro il suo petto.
Respirano insieme e vicini.
Basta premere stop, cambiare CD, premere play.
Nuovi graffi e nuove cicatrici, carnefice e salvatore nella stessa persona.
Ogni volta è il martirio di se stessi in nome di una pagina nuova.
__
 
Madison e Liam urlano poco lontani ma loro non li sentono, Allyson e Harry si guardano e sorridono con un sorriso nuovo. Ognuno ha un proprio lieto fine, alla fine.
Ma quando si può collocare l’inizio della fine?
Questi i pensieri di Sarabeth, contorti già dalla mattina, nascosti sotto uno chignon accurato.
Alza lo sguardo e incontra il cielo negli occhi di Niall. Tutte le risposte lì dentro, sono solo da guardare più da vicino, da scovare. Possibilmente senza lasciarci tutti se stessi dentro.
Lui le prende la mano e distoglie lo sguardo, se la appoggia sulla gamba.
Lei trattiene il respiro e prega, prega che stia accadendo realmente.
Lui le traccia un segno sulla mano, la punta del polpastrello leggermente ruvida a causa della chitarra. Lei lo guarda, lui ripete lo stesso segno.
“S” Lei annuisce e sorride davanti a questo stupido gioco, un messaggio cifrato solo per lei. “C” Sarà la sigla di qualcosa? Il nome si qualcuno? “U” e forse ha già capito.
“S” la parola, non il contesto, non il perché. “A” come, ‘aveva ragione’.
Lo guarda e affonda, lui speculare. Non capisce.
“Per essermi dato una svegliata solo ora.” Si sorridono.
“Ho paura di tradirle.” Sentenzia lei, già collegata ad altri pensieri.
Il cambio ad una velocità che lui non potrà mai arrivare ad avere. Questo è ciò che ama nelle ragazze, questo e molto altro. Questo è ciò che ritrova sempre in Sarabeth, questo e molto altro.
Lei beve un sorso di succo d’arancia e le brucia la gola.
“È come Romeo e Giulietta. L’hai studiato, no? Loro intrappolati nella loro bella Verona, che si amano e non dovrebbero. Appartengono a famiglie distanti tanto quanto noi apparteniamo a mondi distanti.”
 Sarabeth ha paura di uscire da uno dei due mondi e non poterci più fare ritorno, ha paura di essere cacciata da quella famiglia che la fa sentire a casa ovunque.
“Sono arrivato tardi, ci ho fatto del male e no, ora non ti lascerò andare. Io sono qui, oggi, domani, il giorno dopo e quello dopo ancora. Non ti chiedo di non pensare a loro, perché le amo tanto quanto te, ti ricordo solo che esisti anche tu. Punta i riflettori sul tuo viso.”
E ora le risposte sembrano più chiare, limpide in quel mare azzurro limpido.
Sarabeth si avvicina a lui e lo bacia, davanti alla gente, senza più paura.
Speciale antidoto contro i dubbi.
E se l’amore occupasse spazio, quella stanza ne sarebbe satura.
 

Eccomi ancora qui. Grazie mille a tutti per le recensioni, che sono pochissimo al di sotto della media di 6 per capitolo.
Davvero, un sogno, siete fantastici.
Questo capitolo, in particolare la parte di Liam, il suo discorso, vanno a Cath_, che ne è parte attiva, non per quanto riguarda la stesura, ma invece dal lato dei sentimenti.
Guardate Madison e vedete lei, easy. Ed io ho la (s)fortuna di sopportarla anche dal vivo.
Basta miele, solo sei bellissima.
xx
ps: passate tutti a leggere la sua fanfiction.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 16. ***


16.

 

Occhi riposati sono l’effetto di un lungo sonno, Chelsea. E cosa ti avevo chiesto? Solo una cosa, solo una! Ti avevo chiesto di dormire!”
James sbraita, le mani in aria, e Chelsea gli sorride davanti. Come se la gente le guardasse gli occhi.
James le vuole bene e non glielo dirà mai, Chelsea non glielo farà mai dire.
Il pizzo della canottiera che porta le da fastidio alla pelle, le ciglia finte le pesano sugli occhi.
Sorridi alla camera. Apri gli occhi, ancora un po’, ancora di più. Fai quella faccia assorta che tutto il mondo reputa sexy. Ridi. Torna a pensare alle vacanze che nemmeno quest’anno farai perché farle da soli è deprimente. Istintivamente sorridi pensando allo squallore di tutta la scenetta.
Sei splendida e ti amo tanto. Cambiati, poi cinque minuti di pausa, poi riprendiamo, ok?”
Louis la guarda da lontano, il cappello di lana rosso rubato ad Harry sulla testa.
Lei è la sua sicurezza, anche se non se lo sa spiegare. Forse perché offusca Samantha in un modo totalmente diverso. Forse semplicemente perché è bellissima. Forse perché è l’ultima cosa che gli rimane a cui appendersi e pregare per un miracolo.
Le si avvicina sorridendo e per un momento a lei manca il respiro.
No, non è così che deve andare.
Sei venuto a rapirmi?”
Veramente volevo solo salutarti, fare un giro e salutarti.” Ancora quel sorriso.
Puoi venire a rapirmi allora?”
Louis sfiora con due dita la seta della canottiera, scende verso il basso e il denim dei jeans gli graffia i polpastrelli. No, non è così che deve andare.
Vieni con me.” Lo prende per mano e lo trascina lontano dal set, verso un posto qualsiasi.
Nulla di quello che ha addosso è realmente suo e spera davvero tanto che James la ami abbastanza da perdonarla.
Dove stiamo andando di preciso?”
Ti va bene qui?” lei si ferma e i piedi le scivolano un poco in avanti dentro agli stivali.
Qui?” Una fontana bagna leggermente loro i capelli, piccole gocce che arrivano da destra.
Lei gli appoggia la mano libera sul petto. Lui la bacia, prendendo di sorpresa anche se stesso. Non è nemmeno così che deve andare.
Oh mio Dio, Lou!” lei sgrana gli occhi e le ciglia finte puntano il cielo. Lui segue il suo sguardo. “Non trovi che quella ragazza sia tremendamente bella?”
Le fa male qualcosa dentro a dirlo.
Sì, è carina.” Sentenzia lui, ha ancora la mano sul collo di lei.
Che ne dici di andarci a parlare? Buttati, su, coraggio!”
Come se lui fosse capace di muovere un solo muscolo, ora.
Chelsea scompare tra la folla e torna al lavoro che ha lasciato. Scompare lasciandogli una traccia di lucidalabbra sulla bocca, lasciandogli qualcosa di più complicato dentro.
Perché alla fine siamo sempre soli, quando risolviamo i nostri problemi.
Chelsea scompare tra la folla e soffoca in gola la voglia di urlare e piangere.
Non era così che doveva andare, non sarà così che andrà.
La prima volta che l’ha visto ha capito che sarebbe arrivata ad amarlo.
La prima volta che l’ha visto ha deciso che non l’avrebbe mai fatto.

__

 

La luce puntata sul viso e il computer che fa rumore sotto il tavolo. Play.
Ciao a tutti, non ho idea del perché sto facendo questa tweetcam, ma ciao.”
I messaggi delle fan scorrono troppo veloci perché lui riesca a leggerli e le visualizzazioni salgo, e salgono, e salgono. Sorride e ancora non riesce a crederci.
Anzi sì, so cosa devo dire, me lo sento dentro da un po’.”
La sua immagine, nel quadratino sullo schermo, tende al giallo.
E le visualizzazioni sono già più di 50 mila. Se la sente di dirlo ora, qui, così?
Dentro la mente i grandi occhi di Brenda velati dalle lacrime.
Vuole farla sentire importante almeno un millesimo di quanto è.
Vuole farla sentire vera, viva e vuole che tutto il mondo veda quant’è bella, vuole che tutti la conoscano. Anche se nessuno la conoscerà veramente.
Fa qualche faccia buffa davanti alla telecamera e abbassa la musica.
Pronti per il concerto di questa sera?!”
Nelle orecchie sente il boato di quei cuori sparsi un po’ ovunque.
Chiude gli occhi e ora sente il suo cuore battere, nelle orecchie.
Sapete,” inizia poi, divaricando le gambe sotto la scrivania e accendendosi una sigaretta.
Oggi è il compleanno di una persona speciale.” Sospira e sembra che le parole ormai escano da sole. “Tanto speciale.” Ora sorride e tutte hanno capito.
Silenzio. E il rumore dell’hard disk che lavora. Silenzio.
Solo, fatela sentire a casa tanto quanto fate sentire a casa me.”
Alza le spalle e la sigaretta è finita. La spegne nel posacenere che c’è lì vicino e controlla ancora i messaggi. “Lei è bellissima.” Qualcuno che non può saperlo ha detto la verità.
E sì, è bellissima.” Risponde, guarda fisso in web e segue la ragazza che ha scritto il messaggio. Totalmente a caso.
Si alza, poi e bacia leggermente l’occhio della videocamera. “Siete la famiglia migliore del mondo.” Sussurra vicino prima di spegnere.
Cos’è, Zayn, l’amore ti addolcisce?

__

 

C’è qualcosa nell’aria di diverso ed Harry lo sente, i brividi sulla schiena, i crampi nello stomaco, sono diversi. Forse perché Allyson ha lasciato il suo profumo sulla sua maglietta, forse perché Allyson sarà seduta tra il pubblico, forse semplicemente perché c’è un ‘forse’ che riguarda Allyson.
Canta e ci mette tutto se stesso, canta perché è la cosa migliore che sa fare.
Canta perché ora, finalmente, ha qualcuno per cui farlo, qualcuno di reale e vicino.
Zayn si passa una mano sulla polo stirata e pulita e si morde il labbro, nervoso.
Harry sa cosa sta per succedere e lancia uno sguardo perso verso la galleria, sperando in un qualche impossibile modo, di riuscire a vedere Allyson, di vederla sorridere.
Batte le palpebre contro la grande luce e sorride, sapendo che lo sta guardando.
Ora vorrei fare gli auguri a qualcuno di veramente, veramente speciale.”
Inizia Zayn e lui sente quanto amore c’è in quelle parole. Tutti lo sentono.
Il morettino fa qualche passo avanti e si fa coraggio Harry lo guarda attento e invidia un po’ quello che c’è tra lui e Brenda. Spera di poterci arrivare, un giorno.
O magari no, ma non gli importa nemmeno. Se ci sarà Allyson, anche la pena di morte sarà il miglior matrimonio. Torna a guardare il pubblico sperando di vederla e aspetta che Zayn torni a parlare.Tanti auguri Brenda.
” Qualche incertezza prima del nome e sì, sarà l’emozione.

Harry si gira verso destra e vede Brenda salire, camminare veloce, sorridere ancora, e ancora, e ancora. Non se l’aspettava. Va veloce ad abbracciare Zayn, gli si tuffa sul petto sapendo di trovarci un porto sicuro.
Harry torna al pubblico e alla sua particolare sfida sapendo di trovare nell’accenno della presenza di lei il proprio porto sicuro.
Distoglie ancora una volta lo sguardo, afflitto, e apre le braccia alla ragazza che gli sta venendo incontro.
Auguri Be.” Le sussurra ad un orecchio e tutte le ragazze presenti lo sentono.
Maledetti microfoni che captano anche i battiti del cuore.
Grazie Harry.” Lei gli poggia la mano sul viso, lo fa poi girare verso il pubblico e gli tiene la testa puntata in una direzione.
Cerchietto luminoso giallo, la vedi?”
Lui non le risponde, perso in quel luccichio che potrebbe tranquillamente definire ‘casa’.
Annuisce e si gira per l’ennesima volta verso Zayn. Non si sente più perso, ora.

__

 

Che ore sono?”
E' tardi.” le sussurra sorreggendola mentre scende dalla macchina.
Saluta con un cenno l'autista che ha accompagnato tutti fino all'hotel e si incammina verso l'entrata. Madison ha dormito tutto il viaggio contro il suo petto.
La ragazza punta i piedi a pochi passi dalla porta e alza gli occhi al cielo.
Le stelle le si riflettono in quegli specchi verdi che ha sul viso, ci cadono dentro.
Non salire, Liam.” si gira e gli affonda lo sguardo negli occhi, facendo vedere anche a lui quelle stesse stelle che ha catturato poco prima.
Lui sente nella voce di lei qualcosa di diverso e le sorride intuendo cos'è.
Camminano vicini dirigendosi a destra. Nessuna meta, nessuna destinazione.
Solo loro, ancora per poco, ancora per un po'.
E tutte le parole che hanno da dirsi non basteranno per soffocare il silenzio che li dividerà.
Cosa faccio io, tutti i giorni, tutto il giorno, senza di te, eh?”
Madison torna a guardarlo e sbadiglia. Ma non sprecheranno la loro ultima notte.
Mi pensi e ripeti quanto sono bello.”
Come se avessi bisogno di ripeterlo per saperlo.”
Sorride e Liam fa suo quel microsecondo di dolcezza, lo conserva nascosto da qualche parte dentro di sé.
Non vuole pensare al treno che li dividerà, non vuole pensare a cosa saranno i suoi giorni pieni senza Madison. Vorrebbe che lei non se ne andasse,
orrebbe andare con lei.

Mi mancherai, Mad.”
Hanno represso per così tanto i loro sentimenti che ora hanno bisogno di ripeterli e rinnovarli, dare suono ai respiri per sentirsi sicuri.
Lei si morde l'interno della guancia e continua a guardare davanti a sé, si stringe leggermente nel giubbotto di pelle e trema. Le braccia di Liam arrivano a scaldarla.
La gola fa male ad entrambi, un misto di lacrime, e parole, e saliva.
Liam spera in un miracolo, e spera, e spera, e spera. Si illude.
Posso sempre infilarmi sotto la tua camicia, che dici?” dice Madison e trema leggermente.
Liam le bacia la fronte e la stringe a sé. Cerca dentro di lei, in quel piccolo corpo tremante, la forza che sente mancare. E la trova, quando lei alza lo sguardo, la trova nelle stelle che continuano a riflettersi nei suoi grandi occhi.
Ed ora tutto è -sembra- meno buio.
__

 

Ultima notte in Francia, champagne accanto al loro letto.
Il concerto è stato splendido.” Gli sussurra lei e ancora non riesce a credere a tutto.
Più o meno di te?” Occhi azzurri contro occhi azzurri, si sorridono.
Ti va di ballare?” le propone lui, tendendole la mano.
Sarabeth la prende e il cuore le arriva in gola. “Non ho idea di come si faccia” dice appoggiandosi al petto di lui e alzandosi leggermente sulle punte.
Oh, nemmeno io.”
Come base l’incessante battere dei loro cuori, unica melodia veramente importante.
Niall torna a cercare le labbra di lei, profumate di burro-cacao.
Sarabeth gli sorride vicino al viso. Tutto questo non può essere vero, ma tra i loro corpi, vicini, non c’è spazio per i dubbi. Niall la stringe un po’ più a sé e Sarabeth si sente male dentro, si sente una traditrice, quando colpe non ne ha.
Gli occhi di Niall si riaprono e tolgono l’ossigeno alle sue paure, facendole morire.
Ballando, lentamente, si spostano a cercare le lenzuola profumate dell’hotel, il grande letto che li vedrà vicini ancora un’altra notte.
Un altro bacio e un’altra fitta, un altro bacio e sguardi tristi dietro le palpebre, un altro bacio e non se la sente di baciarlo un'altra volta.
Un altro bacio e crede non avrà mai la forza di smettere.
Sarabeth toglie la mano dal collo di Niall e la poggia sul materasso sotto di lei, andando poi a stendersi. Freddo sotto la schiena, caldo sul petto.
Lei al centro, sempre in bilico.
Un sentimento composto, nascosto, le sfiora lo stomaco, poi passa ai polmoni e il fiato le rimane in gola. La mano di Niall le si infila sotto la maglia, calda contro la pelle e le ridà aria.
Niall solleva la testa e deglutisce il profumo di lei. Cerca i suoi occhi ma li trova chiusi a combattere contro i mostri che ognuno di noi si porta dentro.
Sarabeth si alza a sedere e lui indietreggia, particolare ballo di cui nessuno sa mai i passi e che viene sempre dannatamente bene. Lei si sfila la maglietta e i capelli le ricadono davanti agli occhi facendole vedere il mondo attraverso una griglia bionda.
Niall sorride alla sua pelle candida, alle scapole alate, alla piccola voglia che ha sulla pancia, alle guance che sono bordeaux.
Tornano a dividere lo spazio che li separa e lui le porta una mano sul viso, si bagna il pollice, la guarda negli occhi, ora così simili ad oceani.
Non posso ancora farlo, Niall.” sussurra, piano. Non vuole mandare tutto all'aria.
Stai tranquilla, Sara.”
La guancia bagnata di lei si posa contro la spalla del ragazzo che la circonda con le braccia, la stringe a sé. Niall vuole proteggerla da un mondo che le sue spalle non riuscirebbero a sopportare, il suo. Eppure è sicuro di non riuscire più a fare a meno delle sue lentiggini e dei suoi sorrisi timidi.
Sai cosa?” lei si passa due dita sotto gli occhi.
Le cola il mascara, le cola il naso, cola un po' tutto, cola lei.
Mi sono stancata di nascondermi, di doverti fermare, perchè ho paura. Oh, dio. Ho paura dell'invidia, degli insulti, di chi non capisce.”
Non capisce cosa?”
Che mi piaci dannatamente, Niall. E che non sono qui per farti del male, quando invece passerò sicuramente per la cattiva, per quella che ti allontana da loro, da noi.”
Lui la guarda e asciuga una nuova lacrima. Torna a premerla contro il suo petto e prega perchè lei senta il suo battito, perchè lei capisca che è tutto suo.


Ciaaaaaaaaaaaao a tutti.
Questo capitolo mi convince come un calcio nei denti, quindi scusate l'obrobrio, stringete i denti e andate avanti.
Un megasaluto a PiccolaEl che ho scoperto essere una mia fotocopia siciliana.
Grazie mille a tutti.
xx

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 17. ***


17.
 
Il grande orologio a pendola sulla parete in fondo al salone le rapisce lo sguardo.
Destra, sinistra. Destra, sinistra.
I suoi pensieri sono sedati da quel lento oscillare, sono cullati da quel movimento sempre uguale e teoricamente eterno. Destinato a durare per sempre.
Anche lei e Zayn, posti in un universo dove tempo, spazio e gravità sono nulli, potrebbero essere destinati a durare per sempre. Soprattutto in un universo senza spazio.
Torna a concentrarsi sulla pendola e non sente Zayn arrivarle alle spalle, così sussulta quando lui le appoggia le mani calde vicino al collo.
Scatta in piedi e gli si apre in un sorriso.
“Volevi vedermi?” le chiede lui, tirandola verso di sé e baciandola dolcemente.
“Ho sempre voglia di vederti.” Inizia lei, prima che lui torni a rubarle il respiro.
“Ma questa volta è una volta diversa.” Termina poi.
Zayn si siede a gambe larghe, la maglia bianca che porta gli aderisce al fisico asciutto e il giubbotto di pelle nero gli da la classica aria da cattivo ragazzo.
“Sei incinta?” le chiede a bruciapelo, mentre fa segno al cameriere di avvicinarsi.
È passata una settimana dalla loro piccola fuga a Parigi, è passata una settimana dalla verità. Una settimana da quando Miriam è rinata, per poi tornare dentro a Brenda e proseguire a fingere. Tutti questi nomi gli fanno girare la testa.
Al ragazzo in uniforme bianca indica un panino sul menu.
“Lo stesso per me.” Chiede Brenda senza guardare.
“Allora, cos’è, sei incinta?” torna a chiedere ridendo Zayn.
“Sì.” Sussurra Brenda e ora è lui a scattare in piedi, gli occhi spalancati e la gola secca.
“Siediti, stai tranquillo, volevo solo vedere che faccia facevi.” Ride lei coprendosi la bocca con le mani, gli occhi le lacrimano.
“Quindi non sei incinta?” chiede Zayn tornando a sedersi e a rilassarsi.
“Zayn, come posso esserlo se non abbiamo mai…” gesticola facendogli capire a cosa allude, anche se non è difficile arrivarci. Zayn le risponde alzando le spalle e sorridendo.
Ci aveva veramente creduto, aveva veramente tremato.
Il ragazzo in bianco torna a portargli il pranzo e li lascia soli ad affrontare due panini più grandi di loro.
Entrambi ci affondano il viso dentro, felici di quella felicità che solo il cibo può dare.
“Allora,” chiede Zayn cercando di pulirsi la bocca con un fazzoletto simile a carta velina.
“Cosa mi dovevi dire?”
Brenda fissa per qualche momento l’orologio che continua a dondolare. Inspira. Espira.
“Tra un mese ci sarà il processo di mio…” non termina la frase perché quella parola non riesce più a dirla focalizzando il viso dell’uomo. “Tra un mese ci sarà il processo.” Ripete e conclude.
Zayn appoggia il panino e la guarda aprendo gli occhi, e forse l’idea di un bambino non era così male.
Il processo sta a significare un tribunale, un tribunale posto in Argentina. L’Argentina sta a significare un viaggio di andata e forse nessun viaggio di ritorno. L’Argentina sta a significare ‘casa’ per lei e lei stessa sta a significare ‘casa’ per lui. Sono tutte parole che non si dicono, respiri rimasti senza suono, ma che entrambi formulano, veloci e precisi. Pensieri che fanno breccia nelle loro menti.
Sotto ai capelli dritti di gel di Zayn, però, si delinea a poco a poco un altro pensiero.
Dicono ‘se la ami devi lasciarla andare’, ma nessuno pensa mai al fatto che forse non la si vuole lasciare andare. “Se ami devi lasciarla andare” si ripete mentalmente Zayn, “e se non vuoi lasciarla andare, devi andare con lei.”
__
 
“Ciao riccio.”
Allyson mette da parte il bicchiere che sta asciugando e guarda Harry sedersi difronte a lei. Solita vita, solite fossette sulla faccia del ragazzo, solito scalpitio nel petto.
“Le fan hanno preso bene la faccenda di Brenda.” Sentenzia lui, aprendo una bustina di zucchero e facendosi scivolare l’interno in bocca lentamente, a piccole dosi.
Piccola allusione silenziosa ai paparazzi che l’hanno seguito fino a fuori dal bar, alle voci che iniziano a girare e all’unica foto di Allyson pubblicata, e pubblicata, e pubblicata.
Harry sa di essere il più difficile della band, quello che tutti seguono, quello che passa per leader. Sa che alle fan vanno bene tutte le ragazze che gli altri avranno, ma che le sue saranno sempre le più discusse. Ma non può scegliere chi gli deve piacere.
E soprattutto Harry sa che Allyson sa, e sa anche che lei non sarà mai così sua finche non riuscirà a fregarsene. E forse è per aiutarla che si alza e la bacia, sporgendosi sul bancone e rovesciando il contenitore dei tovaglioli di carta.
Quando torna a sedersi il sole di Aprile si riflette sulla macchina del caffè e gli fa brillare ancora di più il sorriso. Allyson prega in silenzio di non morire, non ancora.
Invoca uno speciale permesso di soggiorno per restare in Paradiso.
Harry ha caldo, ma sa che non è il sole. E trema allo stesso tempo, ma non c’è così freddo. Harry ride di se stesso e si riconferma che no, non cambierà mai.
Spiana le mani sul bancone e si alza velocemente. “Ci vediamo stasera, ti va?”
Cerca di contenere i suoi pensieri e di non focalizzare lo sguardo sulla camicetta sbottonata, sul sottile profilo del reggiseno sottostante.
Allyson gli sorride e lo guarda dirigersi verso la porta, lentamente, cercando dentro di sé qualcosa che ancora abbia una temperatura normale, che ancora sia in sé.
E questo sole è ora troppo caldo per i suoi gusti e la porta del bar sempre troppo distante e il profumo di Allyson sempre troppo presente.
“Ehi, Harry.” Lo chiama lei e lui si gira di scatto, gli occhi spalancati. Ride ancora dentro di sé, ride ancora di sé.
“Mi aiuti a spostare alcuni scatoloni di là?” e con la mano indica la sua sinistra.
“Sono lì da un’eternità, sono molto pesanti…” scivola fuori dal bancone e si avvicina lentamente alla porta dello stanzino lì accanto senza mai distogliere i propri occhi da quelli di lui. “E poi a quest’ora non viene mai nessuno, quindi è il momento perfetto.
Harry le si avvicina a larghe falcate, le poggia le mani sui fianchi e la tira verso di sé.
E poi dicono che la ragazza perfetta non esiste.
Una porta che sbatte, mani fredde su pelle calda, brividi; i loro respiri vicini, gli occhi negli occhi, brividi; il passare delle macchine nella strada vicina che copre i loro sospiri, quel sogno da spuntare dalla lista, brividi.
__
 
Chelsea cammina veloce tra la gente, sembra volare sui tacchi alti.
E tutta questa euforia non è scritta nei suoi piani.
Chelsea cammina veloce tra la gente e vede Louis sorriderle da lontano, alzare una mano e salutarla. E il cuore in gola non è scritto nei suoi piani.
Il cellulare le vibra nella tasca ma lei lo lascia vibrare. Non ha tempo per nessuno, quando c’è lui, anche se non se lo vuole dire.
“Gelato? Caffè? Passeggiata? Città? Parco?” le propone lui sorridendo e allontanandosi sempre più da quell’abisso che aveva toccato dopo Samantha.
“Tu.” Si lascia sfuggire lei e punta subito gli occhi al cielo, quando la propria voce le arriva alle orecchie.
“Cosa?” le chiede lui, puntandole lo sguardo sul viso.
Tutto quello che vuoi.” Ride poi lei, tornando a guardarlo e ritrovando il cielo lasciato poco prima negli occhi del ragazzo.
“Opterei per passeggiata, e città, e magari anche gelato.”
Lei annuisce e lo prende sottobraccio, rimproverandosi sottovoce.
Riesce a regolarsi col mangiare, a fare educazione fisica ogni santissimo giorno. Riesci a camminare su tacchi altissimi e stare seminuda su un set fotografico attorniata da semi estranei. Riesce a sopportare lo sguardo di sua madre quando si parla di Dawson e riesce addirittura a non vomitare ogni volta che pensa a come sono andate le cose.
Ma non chiedetele di riuscire a stare lontana da Louis.
Anche se tutto questo nei suoi piani non c’è scritto.
“Bella quella ragazza, non trovi?” punta il dito contro una dopo alcuni passi in silenzio.
“Mh.” Sussurra Louis e ancora non capisce a che gioco sta giocando.
“Esci con qualcuna, Lou?” chiede ancora lei, per poi aggiungere: “Perché devi superare Samantha, anche se fa male.”
Lui si gira e la guarda negli occhi, si abbassa a baciarla e spera serva a dirle tutto quello che a parole non riesce a dire. Spera serva a farle capire che per ora c’è lei e Samantha è solo un brutto incubo.
Un ragazzo con la telecamera in mano si avvicina a loro, sul microfono il nome di una qualche rete televisiva minore.
“State insieme?” chiede improvvisamente, senza peli sulla lingua, guardando Chelsea e riconoscendoci la ragazza della pubblicità.
“Siamo solo amici.” Afferma lei, guardando la tempesta dentro agli occhi di Louis.
Annuisce e va via, scompare dentro la folla lasciandolo ancora una volta solo e confuso.
 
“Allyson, non so davvero come fare.” La voce storpiata dal telefono e l’amica in silenzio dall’altra parte. Sono passate quasi quattro settimane dalla loro speciale gita a Parigi e le due ragazze si sono avvicinate molto, ritrovando nell’altra una preziosa fonte di consigli.
Le cose non sono cambiate per nessuna delle due, tutto il mondo sembra rimanere fermo.
“Chelsea devi dirglielo, dirgli che non deve illudersi, che hai troppa paura per rimetterti in gioco.” Perché è davvero così che vanno le cose e Allyson è la prima che gliel’ha detto davvero. Chelsea resta in silenzio.
“Chel, ho una notizia. Ma non so ancora nulla. Ecco, insomma, non voglio farti preoccupare.”
“Allyson!” tuona nel telefono Chelsea.
“Ecco, vedi, ho un ritardo.” Silenzio dall’altra parte. “Ho paura di essere incinta.” Ripete.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** 18. ***


18.

Questa è una di quelle sere in cui il tuo più grande sogno è stare in pigiama davanti alla televisione mangiando porcherie. Invece è sempre in queste serate che qualche idiota decide di festeggiare il proprio compleanno e invitarti. Quindi addio pigiama e cibo spazzatura; anche stasera niente patatine integrali da cospargere di cioccolato, niente conati di nausea davanti ad un vecchio film strappalacrime.
Madison alza gli occhi e scollega il cervello dai suoi pensieri. L’insegna luminosa della discoteca le colora la faccia di rosso-giallo-verde-blu. Rimpiange le ciabatte con i coniglietti e pesta i piedi fasciati, invece, in alte scarpe col tacco che la fanno arrivare ad un ‘altezza al limite minimo della decenza. Maledetto DNA puffo.
Il cellulare le vibra dentro la tasca degli shorts kaki e lei sorride riconoscendo il numero di Liam nello schermo. “Divertiti. xx”  Semplice e coinciso, dolce. L’essenza di Liam dentro ad un messaggio.
Una morsa allo stomaco le ricorda quanto lui le manca mentre la musica che pulsa dalle pareti del locale la riporta alla realtà. Madison alza il viso e si avvia con ampie falcate verso la porta immettendosi nella mischia. Con un cenno del capo saluta tutta quella gente che la mattina dopo non la guarderà neppure.
Una ragazza le si avvicina, snella dentro ad un tubino cobalto. La guarda dall’alto in basso e sorride con quel sorriso indecifrabile che Madison ha sempre invidiato e provato davanti allo specchio.
“Sei Madison, vero?” Lei si limita ad alzare le sopracciglia in segno di assenso.
“Oh mio dio.” Sussurra la bionda in un modo che consente a Madison di catalogarla nella lista delle oche e di spuntare il suo nome, qualunque esso sia, dalla lista di persone da salvare quando il mondo salterà in aria. Quella lista che poi, oltre ai famigliari più stretti e a qualche amica, conta Liam, e Liam, e Liam.
“Girano voci che tu stia con LiamdeiOneDirection.” Dice più forte l’altra, alzando la voce per sovrastare la musica. Intanto dentro alla tasca il cellulare vibra di nuovo e Mad sorride.
“Potrebbe essere.” Sentenzia poi appoggiando una mano sul cellulare e illudendosi che lui la possa sentire e stringere. Vede la bionda vacillare leggermente sui tacchi, imbarazzata.
“Mi sembra un tipo un po’ sfigato.” Dice e ride l’altra, sapendo di aver colpito nel segno quando vede gli occhi di Madison spalancarsi.
“Non ti permettere mai più di dargli dello sfigato, razza di oca troglodita.” Si lascia sfuggire Madison prima di tapparsi la bocca con la mano e rendersi conto di aver risposto affermativamente alla domanda della bionda. Quanto tempo ci vorrà prima che lei lo dica a X e X lo dica a Y e Y a Z e Z a tutto il mondo?
Sfocando la figura della ragazza che si allontana risponde velocemente a Liam.
“Ho fatto un casino. Ho detto che stiamo assieme ad una. Pronto per la fine del mondo?”  suona ironica ma non lo è, sente i nervi a fior di pelle e spera veramente che non sia un problema, che lui non se la prenda.
Si avvicina al bancone e beve un Angelo azzurro offertole da chissà chi, declina una proposta di ballare e sorride al telefono che vibra ancora. “Non vedevo l’ora di baciarti sotto al sole.”
E anche questo è Liam, pronto a rimediare e sostenere e confortare in ogni momento. Tante volte Madison si chiede se lui solamente non sia uno sbaglio della natura perché, davvero, non è possibile che ci sia qualcuno come lui in mezzo a così tanta merda quale è il mondo. Eppure c’è il diamante tra gli zirconi e quel diamante brilla per lei.

Le luci psichedeliche entrano da sotto la porta come le mani di quel nuovo ragazzo entrano sotto i suoi vestiti. La testa le gira, o forse è solo il mondo che si è messo a correre. Un bacio rubato le viene tolto dalla bocca da quelle labbra sconosciute ma lei non è in sé, e tutto questo è solo un gioco in un mondo che ha ingranato la quinta e non smette di girare. Le luci psichedeliche entrano da sotto la porta ed illuminano a scatti quelle due ombre troppo ubriache per capire. E domani sarà troppo tardi per rimediare.
__
 
Niall segue Sarabeth dentro la sua stanza e si vede ovunque, strana allucinazione.
Le sue foto sono attaccate ai muri, all’armadio laccato, alla spalliera del letto.
Sono infilate nei bordi del grande specchio appeso al muro, sono tra le pagine dei libri.
“Ogni camera di ogni tua fan è così, non lo sapevi?” gli chiede lei sorridendo vedendolo sorpreso. “No.” Sussurra.
È una cosa che fa quasi paura, che mette in soggezione. Devozione, non ossessione. Speciale branca dell’amore impossibile, microcosmo di illusioni.
“Quando ti dico che non voglio tu torni ad essere solo questo” e con un gesto indica le foto, i sorrisi, “lo faccio perché non sopporterei di vederti nuovamente bidimensionale.”
Niall la tira verso di sé intrecciando le proprie dita con le sue, non stacca lo sguardo dai muri. Si sente troppo importante, sopravvalutato e ha paura di deludere la gente, si sente eccessivamente amato, si sente quasi fuori luogo in tutti quei cuori.
Perché semplicemente lui non è uno capace di congratularsi con se stesso e dirsi  fatto ‘hai fatto un buon lavoro, amico’.
Si avvicina maggiormente a lei specchiandosi nei suoi occhi rubati al cielo, lei si scosta prevedendo il bacio già materialezzatosi tra i pensieri del ragazzo.
“E quando ti dico che ho paura per come reagiranno loro” con un altro gesto, simile al precedente, indica una raccolta di foto leggermente in disparte rappresentante volti, sorrisi, cartelloni alzati, “lo dico perché loro sono la seconda migliore famiglia che mi sia mai capitata, loro sono una parte di me, anche se litighiamo, anche se parliamo lingue diverse.”
In quel santuario d’amore non corrisposto i sentimenti dei due ragazzi stonano.

“E quando ti ripeto di non preoccuparti lo faccio perché so che potrebbero capire, so che lo faranno.” Niall parla imitandola e si interpone tra lei e le foto delle altre fan.
Sarabeth rimane in silenzio e abbassa lo sguardo, si sente sbagliata e cattiva.
Chiunque al suo posto avrebbe già detto sì, e sì, e sì. Mentre lei è brava solo a fare tira-e-molla, troppo combattuta per pensare lucidamente a qualsiasi cosa, troppo concentrata sulle due fazioni –le fan e Niall- per mettersi a guardare la loro intersezione.
“Sarabeth, ti prego.” Implora lui e bisogna stare attenti a non affogargli nello sguardo.
Lei tiene lo sguardo per terra e arretra di un passo senza però lasciargli le mani.
È Niall che apre le dita e fa scivolare via quelle di lei, si morde il labbro e alza gli occhi.
“So che aspettare una che sia anche solo quasi come te sarebbe inutile, quindi mi limiterò ad aspettare te. Sto male con te, sto male da solo.”
Sarabeth alza leggermente gli occhi sfocando la polo rossa del ragazzo. Qualcosa dentro la sua testa le urla il solito ‘te l’avevo detto’ e lei, automaticamente, le ordina di tacere.
“Quindi non vedo cosa mi dia il permesso di tenerti occupata, di farti diventare pensierosa, e triste, e malinconica.” Le parole per dirgli quant’è bello e quanto ci tiene a lui le muoiono in gola, come in quei sogni dove vuoi urlare ma non ti esce la voce.
“Quando avrai fatto pace con te stessa sai dove trovarmi.” Le sussurra prima di uscire lasciandola senza la forza di muoversi, di parlare. Solo piangere sembra sia la cosa da fare, anche se tutto in lei dice che è inutile. Qualcuno di cui non ricorda il nome direbbe: “Sassi e bastoni ti rompono le ossa, ma occhio a quelle cazzo di parole.”
Non è propriamente un addio, si ripete Niall camminando veloce verso la macchina, è solo una terribile forma di arrivederci pronunciata da qualcun altro che a quanto pare abita dentro di lui. E guardando le rare gocce aprirsi sul parabrezza della sua macchina Niall guida lentamente verso casa, prendendo la strada più lunga.
__
 
“Ho qualcosa che mi preme sullo stomaco.”
E Zayn la bacia, sapendo che non può nulla contro l’ansia. La bacia per dirle che è sempre lì con lei, che lo sarà anche domani, e dopodomani e ancora il giorno dopo, e quello dopo ancora. Sempre? Sempre.
“Miriam.” La chiama poco dopo respirandole vicino. Il cielo di Londra che gli riflette una strana luce grigia negli occhi.
“Brenda.” Lo corregge lei. “Fino alla fine del processo, fino a quando non sapremo il verdetto, chiamami Brenda.” Zayn annuisce e vorrebbe fosse tutto più semplice.
“Brenda.” Si corregge e lei gli poggia la testa sulla spalla, respira il suo profumo che sa di casa e protezione e famiglia.
“Andrà tutto bene.” Sentenzia poi.
“E se invece non succedesse? Se gliela dessero vinta, se le mie parole non contassero, se qualcuno prendesse il suo posto, se qualcuno mi cercasse, e se…”
Baciarla è l’unico modo che conosce per farla azzittire, per mettere a tacere tutte le sue paure.
“Io sarò qui anche in quel caso.”
“Non posso permettermi di sconvolgere il tuo mondo.”
“Oh, baby, l’hai sconvolto più di quanto credi.”
Ed è forse la prima volta che lui si apre davvero. L’ha fatto seriamente?
Nella sua mente la frase da lui appena pronunciata continua a girare, lui continua a premere ‘repeat’. Oh, sì, l’ha detto realmente, ha detto la verità. Ad alta voce e non solo a se stesso. Per una qualche strana ragione gli sembra di averla resa ancora più vera, se questo è mai possibile.
“Più di quanto credi.” Ripete nuovamente, per essere sicuro di averlo detto davvero.
Ed un nuovo bacio li unisce sotto quel cielo che preannuncia pioggia.
Il tempo previsto per i giorni seguenti è terribilmente mosso, con finale incerto e una vaga speranza di vittoria.

Ecco qui anche questo capitolo bellezze. Grazie mille a tutte per le recensioni, e i complimenti e bla bla bla.
Se vi va (e vi deve andare!) premete su 'angelo azzurro', nella prima parte, quella di Mad, e andate a leggere la Fic di 'PiccolaEl' che ringrazio moltissimo per la pazienza.
siete splendide.
xx
ps: la frase di quel 'qualcuno di cui non ricorda il nome' nella parte di Sarabeth è di Palahniuk **
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** 19. ***


19.
 
La luna sorge davanti ai loro sguardi complici, li illumina nel buio della casa di lei, fa risplendere le lenzuola lavate di fresco che sanno di pulito, tramonta lasciandoli abbracciati. E sarà compito del sole baciarli coi suoi raggi e svegliarli, illuminare i capelli scuri di Chelsea che sembrano fondersi con il petto di Louis.
Nessun ostacolo tra i loro corpi se non i loro corpi stessi. E l’ostacolo è tra le loro menti, tra i progetti di uno e le barriere dell’altra, tra i sogni celati dentro occhi azzurri che muoiono dentro a quelli castani. Tutto questo è il problema, ma col sole che sorge piano e in silenzio, le mani di Louis sui fianchi di lei, sembra quasi che tutto possa avere una fine migliore. Illusioni sotto un cielo grigio macchiato di rosa.
Chelsea si sveglia e socchiude gli occhi alla luce inaspettata. Si gira verso Louis che le dorme ancora accanto e gli sorride, dolce.  Si alza sottraendosi a quello speciale calore che lui le trasmetteva dove la toccava, il persistente buco nel petto a sentirsi così meschina e opportunista ed egoista.
Arriva in cucina e si stringe maggiormente nella vestaglia di seta di un verde che le fa risaltare la pelle candida e i capelli scuri. Ragazza in cui si scontrano gli opposti, ragazza che no, proprio non riesce a controllare tutto. Anche se quei due occhi grandi e profondi implorano ordine.
“Buongiorno.” Louis le sussurra all’orecchio cogliendola di sorpresa appoggiata alla grande finestra vicino al tavolo. Le poggia le labbra calde sul collo, e giù di brividi.
Chelsea ruota per ritrovarselo difronte, tra loro la sua tazza di caffè fumante.  Il buongiorno le rimane in gola e le labbra le diventano aride di baci da donargli. Perché qualcosa dentro di lei dice che mandarlo via ora è la cosa giusta da fare, per entrambi. Dolorosa, per entrambi, ma giusta.
“È ora che tu vada a casa, non credi?” abbassa lo sguardo sulle piastrelle ordinate del pavimento e prega perché i pezzi della sua vita si dispongano altrettanto bene. Louis abbassa lo sguardo a sua volta e nasconde il sangue vivo che quelle parole gli hanno fatto scorrere dentro. “Capito.”
Annuisce ancora per illudersi che ha davvero capito, che è davvero la cosa giusta da fare. Annuisce quando la porta dell’appartamento di Chelsea gli si chiude alle spalle. Annuisce quando entra in casa sua e trova gli occhi verdi di Harry ad aspettarlo, lui seduto su una delle poltrone del soggiorno che ha già capito tutto, che l’ha sempre saputo. Louis gli legge le domande nello sguardo e, ancora una volta, annuisce.
 
Portone laccato scuro contro occhi verde magnetico, portone laccato scuro contro la rabbia che cresce fino a toccare i ricci ribelli sulla testa del ragazzo. Il portone si apre, sconfitto, e dall’altra parte della soglia Chelsea si appoggia allo stipite, stupita. “Non ti aspettavo.” Gli confessa e lui deglutisce a vuoto cercando di calmarsi. “Io non mi aspettavo nulla da te, non pretendevo lo facessi felice, che gli ridonassi il sorriso.”
Inizia a sente che più parla più non riesce a fermarsi ma no, proprio non può vedere Louis spegnersi ancora.
“Ma non ti immaginavo così egoista e menefreghista. Perché il mondo legge nei suoi occhi che c’è qualcosa che non va. E lui ha infranto una delle regole per poter stare con te, lui è venuto a letto con te pur non potendo. Lui ha messo in pericolo tutti, per te. Devi smetterla di illuderlo.” Si ferma e cerca nel viso di Chelsea qualcosa che tremi, che ceda; cerca le lacrime. “Ma forse sei troppo bella per avere anche un cuore.” E quelle parole le fanno più male di uno sparo, di un treno sui polmoni. Quelle parole sono braccia che le aprono la cassa toracica, sono graffi dritti al cuore.
__
Harry affonda il viso nel collo di Allyson che lo abbraccia.
Lui ha bisogno di fermarsi e ricaricare, ha bisogno di un momento in cui tutti siano felici, non gli sembra di chiedere tanto. Ma ha stampato dietro agli occhi lo sguardo vuoto di Louis, spento, abbattuto.
Lei ha bisogno della sfacciataggine di Harry del suo coraggio e della sua dolcezza. Lei ha bisogno del suo sostegno e di conferme.
Sulla confezione del test di gravidanza c’è scritto che bisogna aspettare almeno il settimo/ottavo giorno per farlo, altrimenti il risultato potrebbe risultare negativo e sbagliato. E lei è solo al terzo e mezzo. Spera di starsi sbagliando, spera e prega.
E le brutte notizie non arrivano mai da sole perché, qualcuno, in qualche modo, l’ha scoperto. E ora la rete è piena di dubbi, di domande a cui nemmeno lei sa rispondere.
Harry sente nelle sue braccia una stretta diversa e la guarda in viso, altro paia d’occhi senza luce, eclissati da pensieri più scuri.
“Cos’è successo?”
“Ho un ritardo.”
“Merda.”
Non era così che lei se l’era immaginato, ma non sembra averla presa troppo male. Ora la notizia peggiore. Estrae da dietro la schiena due riviste e gliele appoggia contro il petto.
Harry ne prende una, cerca il suo nome nell’indice e sfoglia fino a pagina 14. Apre maggiormente gli occhi quando scopre una foto di Chelsea, bella come sempre, capace di smontare la sua vita come fosse un puzzle.
“Cosa vuol dire che pensi di essere incinta di Harry?”
Le parole sentite da Allyson attraverso il cellulare scritte, ma, soprattutto leggibili.
“Merda.” Ripete Harry perché no, questo non è proprio il momento di totale felicità che si aspettava, che in qualche modo pensava gli fosse dovuto.
E qualcosa dentro allo stomaco gli sussurra che non sarà mai un buon padre e che, sinceramente, dai, non lo vuole essere. Inspira. Espira.
__
 
È Madison quello che gli manca e lo sa. È il suo sorriso e la sua voce, i suoi capelli lisci e quegli occhi che ci puoi annegare. È Madison il poco zucchero nel caffè della sua vita.
E dopo questo pensa sia seriamente ora di andare a letto, che anche se è presto è stanco sfatto.
Il cellulare che suona, un classico, quando è già quasi sotto le coperte.
“Pronto?” la voce assonnata e impastata.
“Ehi Liam, sono Janet! Volevo dirti che sono un po’ in ritardo, che ne dici se facciamo alle undici, invece che alle dieci e mezza?”
Janet e quella voce che non sentiva da così tanto tempo. Janet e l’appuntamento che si sono dati e che lui si è dimenticato. Butta un’occhiata alla sveglia sul comodino. Sono le dieci e ventiquattro. Si scuote sentendo il respiro della ragazza al telefono.
“Sì, certo, è perfetto. Anche io sono in ritardo, a dire la verità.”

E un tempo non se lo sarebbero mai permessi.
 
Davanti al locale, quello solito in cui andavano spesso, Liam ritrova gli occhi chiarissimi di Janet contornati di matita-mascara-ombretto azzurri e chiari in modo che rende quei due pezzi di cielo quasi sconfinati. E Liam ci si perde un po’ dentro, con i ricordi che gli riaffiorano. Le sorride. Strano quanto possano essere belli e allo stesso tempo facili da accantonare gli attimi vissuti al fianco di qualcuno.
“Come stanno le tue ragazze?” gli chiede lei poco dopo, seduti ad uno dei tavolini del locale, illuminati da luci rosse e rosa fluo.
Liam sa a chi si riferisce perché lui gliele ha sempre nominate così ed è felice di sapere che se lo ricorda ancora. “Benissimo, crescono sempre di più, ci fanno sentire a casa ovunque, ci vogliono bene. È tutto splendido. Tu come stai?”
Janet beve un altro sorso di birra. “Bene, sì.”
“Non sei cambiata per niente.” Le dice lui.
“No, è vero. Alzo ancora la musica più forte dei tuoni, durante i temporali, mangio ancora i biscotti in coppia.” Alza le spalle e ride, beve ancora. “Anche tu sei quasi uguale.”
“Quasi?” ora è Liam a bere e alzare le spalle.
“Quasi. Sei più sicuro, e meno timido, più grande.” Più bello, ma questo non glielo dice.

 
“Sono stata bene questa sera.”
I sedili della macchina di Liam le sono ancora così familiari.
“Anche io.” Risponde ed è vero. Non si aspettava di stare così bene, nessuna tensione, niente di niente. Solo rivangare e ridere del passato.
“Perché ci siamo lasciati, Jane?” è una domanda che si fa da quando l’ha rivista in viso.
Non se lo ricorda proprio, è un tassello che manca completamente.
“Non lo so, le cose dovevano andare semplicemente così, a quanto pare.”
Si guardano entrambi prima che lei rompa nuovamente il silenzio.
“Bene, ora è meglio che vada.”
Liam si sporge verso di lei per darle un bacio sulla guancia e torna a fermarglisi il respiro quando è così vicino a quegli occhi. Lei elimina la distanza che li separa e lo bacia.
Deja-vu al sapore di birra.
Liam scatta indietro dopo aver tentennato ancora un po’ su quelle labbra conosciute e nuove allo stesso tempo. “Non posso. Io, io sono fidanzato.”
Janet annuisce ma non abbassa gli occhi. “Sapevo l’avresti detto. Sei rimasto lo stesso di sempre ed è davvero stato bello rivederti. La tua ragazza è fortunata, davvero.”
 


okay, ciao gente. questo capitolo mi fa pena, ma il temporale fuori non si concilia con le mie ispirazioni. già.
'
e quegli occhi che ci puoi annegare.' so che è sgrammaticato, ma suona bene. licenza poetica (??)
bah, siete bellissime e gentilissime. un grazie inifito a tutte.
xx

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** 20. ***


20.
 
L’aria fresca sulla pelle le bacia le lentiggini, ma vorrebbe fosse Niall a farlo, la accarezza i capelli e glieli sposta dal viso, ma non è come se lo facesse Niall e l’unica cosa d’azzurro che può trovare è il cielo sopra di lei, ma è di un azzurro sporco e distante da quello degli occhi del ragazzo.
Perché, per quanto faccia male ammetterlo, non c’è nessuno come Niall. E lei è riuscito a farlo andare via, facendo del vento la sua unica consolazione, la sua unica illusione. E l’aria negli occhi le fa scendere una lacrima, ma forse non è l’aria. E le mani assenti di Niall ne fanno scendere una seconda.
Sarabeth si siede su una panchina di Regent Street, la gente le passa veloce accanto e qualche bambino la guarda incuriosito, i gelati lasciati in pace per qualche prezioso secondo. La ragazza che sembra una principessa piange al centro di Londra e loro ne sono affascinati, guardano i lunghi capelli biondi e non sanno che su di loro manca il solito profumo di Niall, guardano le pallide lentiggini e non sanno che manca il rossore prodotto dalle risate. La guardano e non sanno che è stata un’idiota. Poi, in un attimo fortunato, una mano scesa dal celo le si poggia sulla testa e le si avvicina una bimba, la nonna che la tiene per mano distratta a guardare una vetrina. Le porge un fiore –un fiore!- e a Sarabeth nasce un sorriso. E forse ha capito cosa deve fare.
 
Bussa piano alla porta e poi si scuote, batte un piede per terra e si rimprovera mentalmente.
Questo non è un buon momento per essere la Sarabeth fragile, timida, introversa; questo è uno di quei momenti in cui bisogna solo buttarsi, saltare e lasciarsi cadere.
Bussa più forte mentre un tuono scoppia poco lontano, lei conta i secondi che passano prima di vedere la luce del lampo. Sette. Stringe maggiormente le dita attorno alla carta stagnola quando sente la porta scattare. Inspira. Espira.
Ed è Niall quello che vede tra i petali rossi delle rose, e sono i suoi occhi che le cercano il viso nascosto dai fiori. Tende le braccia in avanti.
“Perché in noi non c’è niente di normale, e a me i fiori farebbero piacere. Perché non so proprio come farmi perdonare, e io non mi perdonerei mai.  E forse non lo farò.”
Niall fa un passo verso di lei e prende i fiori, li appoggia delicatamente sul pavimento e non importa se qualche petalo cadrà. Perché il suo più grande regalo è lì davanti e non tollera più niente che la tenga così lontana. È passato solo un giorno, uno solo. Ma il sole sembrava non sorgere mai.
“Grazie per essere tornata.” La stringe a sé e l’aria torna a riempirsi d’ossigeno.
“Grazie per essertene andato.”
“Non me ne sono mai realmente andato.”
“Lo so.” Lo sa e lo stringe più forte, lo sa e fa scivolare fuori il cellulare dalla tasca, lo sa e lo bacia. Scatta una foto. E sa anche che non se ne andrà realmente mai. Niall indietreggia leggermente e sorride. Sarabeth, forte dello sguardo, preme veloce alcuni tasti ed è fatta. Torna a baciarlo.
E la loro foto inizia a girare, retwittata e ripubblicata, la didascalia ad addolcire cuori.
“Perché se ami, devi amare forte. E io ti amo forte.”
__
 
“Metti anche questo.”
“E questo.”
“E questo.”

Avere i ragazzi attorno annebbia la paura, l’ansia, e qualsiasi cosa gli faccia chiudere lo stomaco. Nemmeno il suo riflesso allo specchio sembra lo stesso.
Impilano nella valigia qualsiasi cosa passi loro per la mente, Harry ci ha messo addirittura un paio di suoi calzini, “da spargere per il pavimento dell’hotel e sentirti a casa”.
Ridono come se fosse un giorno normale ma non lo è. Ridono con i muscoli del viso tesi e le spalle rigide, Niall non si dimentica di respirare come fa di solito.
Zayn ha paura ed è l’unica cosa di cui è sicuro.
La sera prima ha raccontato ai ragazzi tutta la storia di Brenda, del falso nome, del processo. Liam si è alzato e l’ha abbracciato, silenziosamente. Tutti gli altri l’hanno seguito.
“Non sto andando in guerra.” Riesce a dire a denti stretti sulla soglia, guardando ciascuno negli occhi e ritrovandoci dentro i propri che si muovono agitati.
“Cerca di tornare vincitore lo stesso, però.” Gli sorride Louis.
Tutti annuiscono e Zayn si gira, si dirige al taxi che ha prenotato poco prima. Fa un cenno con la mano prima di partire e tutti lo seguono con lo sguardo fino a quando il giallo del taxi non scompare dietro ad una curva.
Ora lui è solo con se stesso, almeno fino a quando non vedrà Miriam. Brenda.
 
“Amo volare, sai?” l’atmosfera in aereo è rilassata. Saranno i sorrisi della mamma di Brenda, sarà Brenda stessa, ma Zayn riesce quasi a respirare facilmente. Quasi.
“Sì? Questa è la seconda volta che lo faccio in tutta la mia vita. Il ritorno di un viaggio che mi ha portato nella città dei miei sogni e, caso del destino, all’uomo dei miei sogni.”
Gli sorride e sente che è teso, eppure non è lui che deve testimoniare contro qualcuno che ama incondizionatamente. Gli si appoggia alla spalla e scivola un po’ in basso sul sedile, chiude gli occhi e si lascia cullare dal respiro di Zayn che le accarezza i capelli.
 
Zayn trotterella giù dalle scale e si dirige alle cabine telefoniche dell’hotel. Potrebbe usare il suo cellulare tranquillamente, ma la verità è che non vuole passare per quello che se la tira davanti alla mamma di Brenda. Inserisce una quantità incalcolabile di monete dentro l’apparecchio e inizia a digitare numeri su numeri. Sua mamma, i nonni, i ragazzi della band, qualche amico. “Andrà tutto bene piccolo.” Gli dice sua mamma prima di salutarlo.
Zayn si appoggia contro la parete in vetro della cabina e scivola per terra. Nemmeno quella voce così chiara e conosciuta sembra riuscire a mettere le cose a posto.
“Andrà tutto bene piccolo.” E spera veramente sia così, perché non ha idea di cosa possa succedere se non lo farà.
__
 
“Ciao famiglia!”
Entra in casa, appoggia le borse e Phoebe gli si lancia al collo. E questa può davvero essere la cura. Sua mamma si avvicina a passo svelto e lo abbraccia più stretto.
Ha bisogno di stare in mezzo ai sorrisi che conosce a memoria e ha bisogno di essere viziato, e amato e amato e amato. Di fare scorta d’amore perché ora la lucina ‘empty’ lampeggia furiosamente.
 
Chelsea si guarda allo specchio e vuole piangere, vuole piangere fino ad avere la faccia imbrattata di mascara, vuole piangere fino a non avere più lacrime per poi bere e tornare a piangere. Chelsea vuole piangere fino a sentirsi vuota, tremendamente vuota e urlare fino a quando non le farà male la gola, fino a quando i vicini non chiameranno la polizia, fino a quando avrà voce. Ma non fa niente, sta ferma a guardarsi. Inspira. Espira.
Batte un’ultima volta le palpebre, lentamente, prima di girarsi e uscire, salire in macchina e partire. La strada le passa veloce accanto e lei sa cosa deve fare. Evita di incrociare il proprio sguardo nello specchietto retrovisore.
 
Lottie apre la porta e sorride alla ragazza che le si presenta davanti. Tre ore di macchina per arrivare fino a lì e non ha un singolo capello fuori posto. Lottie la guarda sognante e poi si scuote. “Cerchi Louis, vero?”
Chelsea si limita a sorridere ed annuire. Lo sta veramente facendo? Lo è andato veramente a cercare sotto casa? Riuscirà veramente a guardarlo negli occhi senza perdercisi dentro? Riuscirà poi a farsi perdonare? Ci sarà ancora un posto in Paradiso per lei? Oh, lo spera tanto.
“Ehi.” La voce leggermente aspra di Louis le fa alzare lo sguardo. Non vuole sembrare illuso e deluso, non vuole far vedere che sta male. Vuole nasconderle le lacrime che ha versato anche quella notte e darsi un’aria da duro. Magari questo la riporterà indietro.
“Ehi.” Gli risponde lei e lui crolla in un sorriso. Perché è felice che sia venuta fino a lì e al diavolo tutte le sue pare mentali: Lei è venuta fino a lì.
“Louis sei il miglior ragazzo che io abbia mai conosciuto.” Inizia e sfoca i contorni del viso di lui per mettere a fuoco gli occhi. “Sei bello, oh dio se lo sei. E sei gentile e dolce e simpatico. Sei il miglior antidoto alla noia, alla tristezza e alla solitudine che ogni ragazza vorrebbe.” Da dove le escano tutte le parole non lo sa, ma vuole solamente che continuino ad uscire e che, magari, i polmoni smettano di bruciarle.
“Sei il miglior antidoto che io vorrei, che io voglio, che io vorrò.”
Louis fa un passo avanti e gli sembra ormai di avercela fatta, ha il cuore di Chelsea in mano, cosa può chiedere di meglio?
“Ma proprio non posso permettermi di illuderti, di giocare con te. Di farti aspettare in attesa il momento del mai, quello in cui mi libererò definitivamente di tutte le mie pare, di tutte le mie paure, di tutti i miei fantasmi e sarò pronta ad accogliere te. E anche se so che quel momento sarebbe il più felice della mia vita, la mia scelta migliore, la mia ascesa al Paradiso, beh, so anche che sono troppo incasinata e masochista per farlo mai arrivare.”
E Louis scivola nel baratro delle false certezze, delle illusioni, scivola e aspetta solamente di cadere e schiantarsi. Spera di morire e smetterla di volerlo così fortemente.
La sagoma di Chelsea  che si allontana allude ad un baratro profondo, molto profondo.
“Chelsea ti prego non andare via. Sono disposto a venire a letto con te per sempre e basta, sono disposto a trasgredire le regole e scendere a patti con Paul. Sono disposto ad andarmene quando vorrai, a sparire nei tuoi giorni no, a non chiamarti e tornarti utile alle feste. Sono disponibile a farti da autista e porta borse, qualsiasi cosa, ma non te ne andare.”
Chelsea fa un grande respiro e ricaccia indietro le lacrime prima di girarsi.
“Voglio tu sia felice, Louis. E credi che fare da, da, da portaborse! Ti renderebbe contento, soddisfatto, felice? Credi che venire altre cento, mille volte a letto con me riuscirebbe a farti stare meglio?” Lo guarda fisso e trema. “No, non sarebbe così. E io non posso lasciare che tu distrugga te stesso per una causa persa, per me. Io non sarò mai quella che resta, io sarò sempre quella che se ne va e che forse non torna, altalenante e lunatica. E questo non è quello che vuoi.” Inspira. Espira. “Ed è per questo che ti sto dicendo definitivamente addio. Cancellami tu, eliminami, passa oltre. Fallo tu per me, perché credo che dimenticarti sarà impossibile.” Inspira. Espira. Ancora una volta prima di tornare in auto e dirigersi verso casa.
Indelebile è la prima parola che le viene in mente, eternità la seconda, alcool la terza.


eccomi ancora qui, ieri e oggi a casa da scuola per colpa del terremoto. "le scosse di assestamento potrebbero durare anche settimane." ma chi ci dura?
e a me è andata bene, solo un po' l'intonaco crepato, ma nulla di grave. Ma dovete vedere! Ci sono paesi (Mirabello, San Carlo, Sant'Agostino..) che sono un disastro.
Speriamo vada tutto bene.
Tornando al capitolo, beh, eccolo qui. Spero come al solito che vi piaccia e scusatemi per questo concentrato di brutte notizie, ma arriveranno momenti migliori.
Grazie a tutti.
xx

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** 21. ***


21.
 
Harry si sveglia di soprassalto e si mette a sedere sul letto. Inspira. Espira.
Non si sentono i soliti rumori di Louis dalla cucina, non si sentono le sedie che strisciano per terra o il tintinnio dei piatti nel secchiaio.
Harry si sveglia di soprassalto e il silenzio lo abbraccia. Solo al risveglio di una notte passata solo, senza sogni, solo buio, solo. Nemmeno gli incubi gli sono andati a tener compagnia.
Poi un pensiero inizia a nascergli sotto i ricci, gli offusca gli occhi verdi ancora annebbiati di sonno.
Diventerà padre, forse, lui. Padre. E al solo pensiero lo stomaco gli si chiude e gli sale la nausea.
Sa di poter donare amore, a pacchi, ma non crede di poter crescere un figlio. Non crede di poterlo crescere come si deve. Non crede, semplicemente non crede.
Un’ultima speranza segue quel pensiero e gli dona quel minimo di forza che gli permette di uscire di casa, salire in macchina e guidare fino a casa di Allyson. La speranza gli fa poggiare il dito sul campanello e gli placa l’ennesimo conato quando sente il suono.
Il padre di lei gli viene ad aprire alla porta e lo guarda ombroso, fisso sulla soglia. Harry mantiene lo sguardo basso e pensa che no, proprio non è il caso di rimettere sulle ciabatte bordeaux del nonno del suo possibile figlio. Nonno. Figlio. Altro conato.
“Salve.” Iniziare a respirare regolarmente sembra una buona cosa da fare, un buon obiettivo da porsi.
L’uomo resta zitto, continua a guardarlo con quegli occhi verdi così simili a quelli della figlia.
Questa volta Harry non pensa che si intonino ai suoi, però. Più che altro crede che stiano dichiarando guerra.
“Io, beh ecco, io sto cercando Allyson.” E l’uomo si limita ad annuire, si scosta leggermente permettendogli di passare. Lo blocca poi per un polso.
“Sei tu il padre?”
Harry nota sul tavolo della sala da pranzo alcune riviste con la sua faccia sopra. Inspira. Espira.
Torna a guardare l’uomo negli occhi. “Mi dispiace.” Gli sussurra per poi divincolarsi e salire le scale a due a due. Forse non è tutto perso.
Bussa piano alla porta della camera di lei ed entra senza che lei abbia detto niente.
“Ehi.” La saluta appoggiandole una mano sulla schiena e vedendo il loro riflesso nello specchio posto davanti a loro. Sente il suo cuore battere e trova magnifico e spaventoso che possano batterne due all’interno dello stesso corpo.
“Non voglio abortire. Se sono incinta. Non voglio abortire.”
“Non devi…” il fiato corto e i suoi piani che si rivoluzionano.
“So che sei venuto per questo.” Non lo guarda negli occhi, tiene le mani sulla propria pancia.
“Non” Inspira. “Non è vero.” Espira.
“Oh, ma per favore Harry. Non prendermi in giro.” Alza per la prima volta lo sguardo e Harry si sente vacillare sul bordo di quegli occhi davvero troppo verdi. Semplicemente l’ha letto, come ha fatto non lo sa.
“È che non sarei un buon padre. Guardami! Hai intenzione di crescere tuo figlio, Nostro figlio dietro ad un palco? Circondato da ragazze urlanti? Su un aereo con la destinazione sempre provvisoria?”
Allyson continua a guardarlo tramite lo specchio, nascondendosi in parte dietro quella superficie lucida.
“La domanda è un’altra, Harry. Tu, proprio tu, hai davvero intenzione di crescere mio figlio, nostro figlio, tuo figlio?” Il silenzio dopo la domanda vibra ancora delle parole di lei.
Harry alza gli occhi. Inspira. Espira. “No.” Dice, la voce strozzata, un mezzo sussurro.
Le lancia un’ultima occhiata di riflesso, toglie la mano dalla sua schiena ed esce dalla stanza. Allyson si sente affogare tra le sue lacrime quando lo sente scendere le scale, andare via. Via.
Harry si appoggia contro un muro e si lascia scivolare per terra, affonda il viso nelle mani e non si accorge del padre di Allyson che gli si avvicina e gli si siede accanto. Solleva lo sguardo riconoscendo le pantofole, il viso dell’uomo annacquato dalle lacrime.
“La madre di Allyson se n’è andata quando lei aveva quattro mesi.” Dice.
“L’ho sempre cresciuta da solo e non mi sembra di aver fatto proprio schifo.” Dice.
“Ha fatto un ottimo lavoro, davvero. Lei è una persona fantastica e so che sarà anche un’ottima madre. Sono io quello che farà schifo.” Confessa a quell’uomo dalle mani grandi, ed è strano immaginarselo con una bambina in braccio. “Io faccio fatica anche a cucinarmi la colazione, come posso pensare di educare qualcun altro? I miei non hanno ancora finito di educare me!”
“Non ti sembra il momento di diventare uomo?” gli dice prima di alzarsi e tornare in giardino a curare la siepe di mughetto. Uomo. Inspira. Espira.
Harry si alza in piedi e si asciuga le lacrime con il dorso della mano, torna a salire gli scalini in coppia e torna a bussare alla porta di Allyson, torna ad aprirla senza aspettare che lei dica niente.
“Ci metterò tutto me stesso. Non ti sto dicendo che ci riuscirò, che sarò anche lontanamente bravo. Ti sto dicendo che ci proverò. Posso solo assicurarti che lo amerò.”
Allyson gli si avvicina lentamente, le guance rigate dalle lacrime. “Ti amo.” Gli sussurra prima di baciarlo.
Ed Harry si accorge di non aver mai pensato al concetto di famiglia e di esserne appena entrato a fare parte.
__
 
Liam batte con le dita, sul volante, il ritmo di una qualche canzone che gli passa per la testa. Guida impaziente diretto a Southend-on-Sea e l’odore del mare già gli impregna i vestiti.
“Ehi Maddy, ho baciato un’altra.” Troppo diretto.
“Ehi, Mad. Sai, l’altro giorno ho incontrato una mia conoscente, non eravamo nemmeno amici.” Falso.
Parcheggia e pensa a cosa dirle, le frasi gli rimbalzano in testa e sembra non ce ne sia una giusta.
Forse perché non ci sono frasi giuste che descrivono gli errori, forse perché gli errori si commettono e basta, forse perché le parole non sono contemplate. Forse perché aggiustare tutto è impossibile.
Fermate i nastri, riavvolgeteli e tagliate quella parte del suo passato recente, per favore. Tagliate quei due occhi color del ghiaccio, tagliate quelle labbra nuovamente così vicine, tagliate l’assenza di spazio tra loro.
Eliminate tutte le prove di quell’incontro, eliminate le mani di Janet sul collo di Liam e quelle di Liam sui fianchi di lei. Eliminate tutto ed eliminate con tutto i sensi di colpa del ragazzo che ora cammina spedito verso il bar dove si sono dati appuntamento. E’ in anticipo di mezz’ora e sa che lei sarà in ritardo.
“Mad, io non volevo, mi ha baciato lei.” Pensa, ma scaricare la colpa solo su Janet lo fa stare peggio.
Due ragazze gli si avvicinano e lui sorride loro distante, hanno gli occhi lucidi quando le abbraccia e si mette in posa per una foto. Forse dice loro qualcosa, ma non riesce a pensare a nient’altro se non a quello che dovrà dire, a quello che teoricamente dovrebbe dire, a quello che sarebbe meglio dicesse.
“Sai, io, Janet. Nella mia macchina, beh ecco.” No, farla più incasinata non servirebbe.
Sorride alla seconda foto riscoprendosi un buon attore, un buon falso.
Dov’è la sua bravura, però, quando le parole da dire sono le sue? Quando non deve recitare una parte, o meglio quando deve recitare sé?
“Io non volevo, Maddy, è che non so com’è successo. Avevo bevuto troppo!” Ma anche questa sarebbe una balla perché lui non può bere troppo e lui non beve troppo. E questo Mad lo sa.
Saluta con la mano le due ragazze che si allontanano e lo guardano con gli occhi spalancati cercando di immettere nella loro mente quanti più fotogrammi riescono a stiparci. Comprimendoli e pressandoli.
“Ho baciato la mia ex perché non sono riuscito a fermarmi in tempo.” No, gli darebbe un’aria da traditore incallito, anche se il succo della questione è quello.
Apre la porta del bar e la vede seduta ad uno dei tavolini, davanti a lei due frullati alla frutta.
Gli ultimi istanti per pensare a qualcosa di decente, un salvagente, ma ha la mente vuota. Quei due occhi tormentati gli hanno risucchiato i pensieri lasciando nella testa solo un gran vuoto. Nella testa e nello stomaco.
Lei si alza e lo bacia leggermente, delicata. Ora anche il petto si aggiunge alla lista dei posti lasciati vuoti.
Madison lo guarda e si chiede come potrà mai perdonarla. È andata con un altro che non era lui, non le sue mani, non le sue labbra. È andata con un altro in uno schifo di discoteca, ad uno schifo di festa.
È andata con un altro e non riesce a dirglielo, non riesce a smettere di sentirsi dire ‘sei mia’ e ‘mi manchi’ e ‘ti amo’. È andata con un altro e non riesce a non baciarlo.
Liam si siede tenendole le mani, le stringe e cerca in loro la forza, il coraggio, le parole.
Madison lo guarda in viso e cerca le stesse cose dentro i grandi occhi castani.
“Maddy, senti, ho fatto una cosa che non dovevo. Sono uscito con una mia ex, era un po’ che non ci vedevamo, gliel’avevo promesso e quindi, basta, ci sono uscito.” Ispira. Espira. Per la prima volta le parole che pensa hanno un suono. “L’ho riaccompagnata a casa e sembrava tutto così normale, sembrava di essere tornati indietro nel tempo. Così lei mi ha baciato. Ma non voglio dire che è stata solo colpa sua, insomma, inizialmente non mi sono tirato indietro.” Inspira. Espira. Madison si sente leggermente ferita, forse allora potrà capirla. “Ma poi mi sei venuta in mente tu, a dire il vero non te ne sei mai andata, e ho pensato che non mi sarei dovuto comportare così. Che non avrei dovuto farlo.”
Non le importa se ha baciato un’altra perché adesso lui è lì, per lei. “Scusa.” Le dice alla fine, e forse ha trovato sia le parole giuste che la forza, che il coraggio. E potrebbe giurare che li ha trovati dentro a quelle mani. Madison gli sorride e gli accarezza il viso con la punta delle dita. “È tutto a posto. Va bene, non fa niente. Sono felice che tu me l’abbia detto.” Gli sorride per confermare nuovamente le sue parole.
“Oh, sono così felice, e sollevato, e felice!” beve un lungo sorso di frullato.
“Hai detto due volte ‘felice’” gli fa notare lei sorridendo.
“È che lo sono tremendamente!” le sorride di risposta. “Tu hai qualcosa da dirmi? Novità?”
Madison si sente rabbrividire nel caldo di Maggio. Le si tappano le orecchie e qualcosa le urla dentro la testa non facendole capire niente, sovrastando tutti gli altri rumori.  
La voce si ferma per riprendere fiato e lei sorride nuovamente. “No, nessuna novità.” Piega la testa da una parte senza smettere di sorridere. “Mi sei mancato.”
“Anche tu.”
E nuovamente la voce torna ad urlare a pieni polmoni, riempiendo ogni spazio disponibile dentro la sua testa.
__
 
Le candele emanano una luce soffusa, le stelle sembrano brillare per loro.
“Il mio account twitter è stato preso d’assalto. I miei followers sono saliti un sacco. Mi seguono 80 mila persone in più, riesci a crederci? Credo mi manderanno il computer in tilt.”

“Oh, le mie ragazze.” Sussurra Niall componendo il numero del ristorante giapponese più vicino.
Sarabeth sorride pensando di essere doppiamente la sua ragazza e il cuore le scoppia.
“Hai detto che ti piace il sushi, no?” chiede Niall, la cornetta del telefono tra l’orecchio e la spalla mentre con le mani cerca un accendino dentro uno dei cassetti della cucina. Lei annuisce.
La luna sbuca fuori da una nuvola proprio quando Niall chiude la porta dietro le spalle del ragazzo delle consegne. La loro cena tenuta con due mani e racchiusa in un sacchetto di carta.
Parlano e parlano e parlano e non credono di essere mai stati così felici. Come se ogni cosa fosse al proprio posto, come se fosse esattamente dove deve essere.  Gli astri allineati al posto giusto, tanto per capirci, se qualcuno ci crede. Loro non parlano di fortuna ma di destino, loro non parlano di ‘io e te’ ma di ‘noi’.
Niall le avvicina alle labbra uno degli ultimi involtini di riso e pesce, Sarabeth sente il freddo contro le labbra e subito dopo il sapore del pesce. Prende a sua volta un involtino e lo avvicina a lui.
Tutto questo potrebbe essere rappresentato nell’episodio di un telefilm rosa.
Niall socchiude le labbra e Sarabeth gli sorride. Poco prima di posarglielo contro la bocca, però, vira il percorso della mano e preme l’involtino contro la guancia del ragazzo, scoppia a ridere mentre gli spalma il riso sulla guancia, la sottile fetta di salmone scivola sul pavimento.
Niall rimane immobile qualche secondo prima di scoppiare a sua volta a ridere riempiendo l’aria dei suoi respiri, mischiandoli a quelli di lei.
Il ragazzo torna all’attacco, si vendica, spalmando un involtino cilindrico sul naso di Sarabeth che ride e piega la testa all’indietro cercando di allontanarsi. Niall prende un’altra manciata di sushi e continua ad imbrattarle la faccia. Ridono insieme e la notte sembra meno scura.
Niall si ferma un momento per prendere fiato e Sarabeth lo bacia. Le sue labbra ora sanno di pesce, e crostacei, e alghe, e riso. Niall si spinge verso di lei spostando con una mano i piatti che li dividono.
Sarabeth si fa scivolare sulla coperta stesa sul pavimento, lo tira verso di sé prendendogli il colletto della polo rossa. Niall scarica il peso sulle braccia quando le arriva sopra, la bacia un’ultima volta prima di fermarsi un attimo per guardarla negli occhi. Inspira. Espira. Sarabeth chiude piano le palpebre in segno di assenso, sorride e torna a baciarlo.
La luna torna dentro la sua nuvola e un alito di vento spegne qualche candela.  Inspira. Espira.
Sarabeth pensa di scoppiare dalla felicità. Chi l’ha detto che a sognare troppo ci si illude solamente?
Beh, chiunque sia stato, fanculo.


ciao bellezze, come state? qui la scuola è finita prima causa terremoto. che incubo, Dio mio.
per fortuna nella mia famiglia stiamo tutti bene.
comunque ecco il capitolo, che ne pensate? nel prossimo ci saranno tutti i ragazzi, preparatevi psicologivamente (?)
un saluto a PiccolaEl che oggi ha preso 8 praticamente ovunque e che mi ama tanto, anche se mi odia. E che alla fine mi comprerebbe sempre.
xx

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** 22. ***


22.
 
In una settimana il tempo passa, i giorni nascono e muoiono, cambia il tempo, piove e poi smette.
Ma i cuori infranti non si rimarginano. E a pensarci bene i cuori infranti non si rimarginano mai del tutto, ma questa è un’altra storia e Louis non vuole pensarci.
Continua a far rimbalzare una pallina da tennis contro il muro e a riprenderla con le mani quando torna verso di lui. Toc-toc-toc-toc. Ritmato e sempre regolare.
Un pensiero gli attraversa la mente, gli accende lo sguardo per un secondo e lo fa sedere di scatto. L’impatto con la pallina è inevitabile e fa un male cane, ma anche questa è un’altra storia.
E Louis è davvero stanco di avere così tante storie sottomano quando l’unica che gli interessa leggere è chissà-dove, con chissà-chi, ma sicuramente non con lui.
Compone veloce il numero copiandolo da un foglietto e si fa scavare dentro dagli squilli del telefono. Chelsea, non poi così lontano, guarda lo schermo illuminarsi e si sente morire dentro.
Dawson la guarda e alza le sopracciglia, lei gli sorride e preme lentamente la cornetta rossa, lasciandosi passare da parte a parte da qualcosa che le toglie il respiro e che, è sicura, prima o poi le farà bene. Sicuramente non ora. Louis si accascia nuovamente sul letto, fuori la luce del sole sta morendo, dentro di lui qualsiasi tipo di luce sta morendo. È arrivato il periodo del buio e del freddo, nessun rimedio per salvarsi o scappare che non sia quella ragazza dalle gambe lunghe e il sorriso perfetto.
Inspira. Espira.
 
“Che giorno è oggi, Daw?” Chelsea lo guarda negli occhi e come ogni volta ritrova casa sua.
“Sabato, perché?” lui le risponde e sorride sapendo che non saprà mai il vero motivo. Chelsea resta in silenzio e distoglie lo sguardo, lo punta sulla gente che passa davanti a loro al St. James Park.
E una manifestazione lontana risuona nell’aria.
“Ti va di venire a Bristol, stasera?”
“Venire a Bristol a fare cosa?” Chelsea deve sforzarsi di non trovare in quella voce tutti i suoi ricordi, quella che è stata la sua vita.  Deve imporsi di pensare ad altro e non alle mani di Dawson sul suo viso, al suo respiro tra i capelli, a pelle contro pelle.
È gay, questo è il dato di fatto che alla stampa è piaciuto così tanto ed è servito come sostegno morale a tante ragazze. L’uomo perfetto non esiste e se esiste –vedi Dawson, appunto- è gay.
Non che in questo ci sia niente di male, ma ‘in questo’ non c’è nemmeno Chelsea. E il suo cuore-stomaco-cervello non l’hanno ancora assimilato del tutto.
“Andiamo a vedere un concerto.” Non lo propone, lo decreta sorridendo e aprendo maggiormente gli occhi.
Dawson cede e annuisce, ride e le disegna il profilo del viso con il pollice. “Perché non ti sei più fidanzata, Chel? Sei bellissima, lo sei sempre stata, e non credo assolutamente che non ci sia nessuno che ti voglia.”
Chelsea tentenna e incomincia a parlare per non mandare in fiamme il punto dove ancora lui la tocca.
“Perché vivo in un limbo, a metà tra la vita e i ricordi.” Fa una pausa per sistemare le parole e mentalmente crea un discorso sensato, efficace, limpido, che viene spazzato via da una piccola frase di sette parole che non era stata contemplata. “Perché ti ho amato così tanto.”
E Dawson la abbraccia, il suo profumo le entra dentro e sembra riesca a rimarginare le ferite.
 
Louis si ferma in mezzo al piccolo sentiero alberato facendo fermare anche Liam che gli cammina vicino, le borse di carta piene di vestiti fanno rumore andando a sbattere contro le sue gambe.
Louis tiene lo sguardo fisso su un punto e Liam si gira cercandolo. Questo è il bello di Liam, che non parla, ma studia, che non chiede ma cerca, che non dice, ma consola.
Ed ora li vedono tutti e due, Chelsea e un ragazzo, un ragazzo e Chelsea. Lui l’abbraccia, lui stringe quello che fino a poco fa era Louis a stringere e che lo sta facendo precipitare. E pensare che lui credeva fosse arrivata per salvarlo. Lei alza lo sguardo e lo vede, nessun rumore ad indicare due cuori vicini che si crepano ancora una volta. Non sarebbe mai dovuta andare così, lei l’aveva sempre detto. Ma alle illusioni non si può dire no. Chelsea nasconde il viso nel collo di Dawson e lo stringe più forte.
Nessun rumore ad indicare due cuori vicini che cercano disperatamente cosa fare per salvarsi e non morire.
Sanno ma non devono sapere che la soluzione si trova sulle labbra dell’altro, che ora è così vicino e distante.
Rumore di sassi calpestati e borse che sbattono ad indicare Louis che va via e, Chelsea potrebbe giurarlo, è il suono più brutto del mondo.
__
L’ultima cosa che Liam vuole è incontrare Janet il giorno prima del loro concerto a Bristol, ma succede. La penultima è vedere Louis andare in pezzi, ma succede anche questo. Quella ancora prima è sapere che Harry sarà padre e, davvero, non smontategli tutto, ora che gli è rimasta l’unica cosa da sperare.
Ma ora Janet è lì che lo guarda, le labbra premute contro la bottiglia di birra.
“Non dobbiamo più vederci, Jane.”
“Credevo potessimo restare amici.” La voce ferita che Liam fa finta di non notare, assieme agli occhi leggermente opachi e a quella maglietta che, è davvero, davvero troppo aderente.
“Lo speravo anche io.” Confessa e Janet smette di accavallare le gambe sotto il tavolo.
“E allora cosa c’è che non va?” Il suo piede, fasciato da una ballerina turchese, scivola veloce contro la gamba di Liam che rimane fermo a guardare quel viso da bambina che si apre in un sorriso perdendo la metà della sua purezza. Il modo in cui arcua le sopracciglia,  spalanca gli occhi, tiene le mani, si passa la lingua sulle labbra, ancorano Liam ad un fondale composto di detriti del passato. Janet non ha ancora allontanato la propria gamba dalla sua.
“Questo non va, tutto questo!” scatta in piedi per allontanarsi da lei “Non tornerò con te, Jane. Non verrò a letto con te, non ti bacerò più. E so che non si può essere ‘solo amici’ con te, perché, ti ricordi?, all’inizio noi eravamo ‘solo amici’.”
Lei lo guarda e annuisce piano e capisce che è davvero finita e capisce che è un ‘a mai più’.
 
E in una piccola cittadina sul mare, nello stesso momento o quasi, c’è una ragazza che non sa dire ‘a mai più’ e che non si è mai odiata più di quando le sue labbra poggiano nuovamente su quelle di un ragazzo che non è Liam.
“Mi sei mancata, Maddy.”
“Anche tu.” E non c’è mai fine all’abisso.
__
 
Nuovo palco e sempre le stesse emozioni. Nuovo palco, le stesse canzoni, cari vecchi brividi da riscoprire. Canzone dopo canzone, in un luogo in cui ognuno è davvero se stesso, in un frammento di tempo che sembra congelato ed esente da regole, che sembra non scorra nemmeno. Ma le lancette sul suo Swatch viola corrono sempre troppo veloci e sempre alla solita andatura.
Cambia le parole della canzone che canta, ma non ci pensa e ride con le fan.
Un primo twit sullo schermo e lui si stende sul divano.
“Di cosa avete paura?”
Harry ama questo momento del concerto, in ogni concerto. Perché può essere sincero e passare per ironico, perché può mentire spudoratamente ed essere preso sul serio, perché nessuno gli dice cosa deve dire, perché lo dice e basta.
“Di crescere.” Soffia nel microfono quando arriva il suo turno, sbatte veloce le palpebre e l’uccellino azzurro sullo schermo sembra sbattere le ali.
Louis lo prende in giro, ma sa a cosa si riferisce.
Sanno che Allyson ha comprato il test e sanno che ha paura a farlo.
Gli tornano in mente le parole di Niall dette davanti ad una tazza di latte e cereali consumata per placare l’ansia da concerto. “Noi saremo sempre qui per te, Harry.”
Ed è uno strano silenzio che lo richiama alla realtà e lo fa sedere sul divano, la schiena rivolta al pubblico e gli occhi puntati sullo schermo.
Tre parole, perché tutte le frasi con tre parole sono così letali?
“io ti amo”; “io ti lascio”; “vattene da qui”; “Harry, sarai papà.”
Solo per fare qualche esempio.
Il silenzio fa rumore, Harry si alza e si risiede di nuovo, affonda la faccia nelle mani e da qualche parte nella platea inizia una canzone, un piccolo coro in cui sono le fans a cantare per lui. Un canto che cresce e arriva forte a lui con una frase forte per lui.
“But isn't she lovely made from love?”
Harry si alza un’altra volta e punta lo sguardo da qualche parte in mezzo al pubblico in modo da avere la vista sfocata, si avvicina il microfono alle labbra. “Ti amo, Al.” Sussurra poi, prima di tornare a sedersi, chiudere gli occhi per qualche istante e sentir morire la canzone attorno a lui. Prima di sentirsi rinascere.
__
 
“Ehy papi.” Zayn si siede pesantemente sul divano e viene colpito da un’occhiataccia di Harry che fa quasi rumore. “Primo: stai zitto se non vuoi che ti prenda a schiaffi. Secondo: com’è andata? Non ci hai detto niente sul tribunale, su Brenda, su…”
“Miriam.”
“Woah.” Niall alza gli occhi dalla sua tarda cena, o spuntino di mezzanotte, o colazione anticipata o per qualunque motivo stia mangiando, e li punta su Zayn che gli sorride di risposta.
Torna poi a guardare Harry ed inizia a parlare.
“Mentre voi eravate qui a scegliere di che colore comprare i pannolini,”
Si gira poi verso di Louis alzando le sopracciglia “o ad andare a letto con qualcuno che non è il vostro animale di pelouche,” prende fiato per continuare ma viene interrotto da Niall che avvampa ed inizia a tossire. Zayn si gira lentamente e sorridendo verso di lui e sa, nel profondo, che sarebbe un ottimo Re del Male.

Le guance di Niall sono bordeaux e lui si maledice in silenzio, tossisce ancora una volta. “Vai pure avanti, Malik, siamo interessati. Mi è solo, ecco, andato di traverso un po’ di pane.”
E sventola il tramezzino in aria come per dare solidità alla propria frase.
“Già, il pane, certo.” Liam parla e gli sorride dall’altro lato della stanza e a Niall non rimane altro che affondare la faccia nel suo spuntino.
“Comunque. Mentre voi eravate qui, io sono andato al processo.”
Fa una pausa lunga e lascia depositare le proprie parole.
“E l’hanno accusato, l’hanno messo in prigione, con lui i suoi complici, hanno fatto tutto, tutto questo!” alza la voce e ride, affonda tra i cuscini e ride.
Ormai senza quel peso che era anche sulle sue spalle, senza l’ansia di veder sparire Miriam perché qualcuno aveva scoperto dov’era, senza la paura di vederle sparire il sorriso. Ride.
“E Miriam? Rimarrà qui?” la voce di Liam lo raggiunge e lo blocca, vibra nell’aria.
Zayn spinge la lingua sui denti e sorride storto.
“Ci sono io qui, come potrebbe non rimanere?”
__
 
Il sole brilla più forte, quando si è felici, l’aria accarezza e gli uccelli cantano, non urlano.
Tutto il mondo ti gira attorno, quando sei felice, e quando Niall le si avvicina e l’abbraccia, Sarabeth potrebbe giurare che il mondo, il suo, riesce addirittura a tenerla tra le braccia.
“Ho sentito di Harry.” Gli dice appoggiando la testa sulla sua spalla.
“Non si parla d’altro, lo so.”
“Ti va di parlarmene?” sa che è preoccupato anche lui, sa che il ragazzo riccio è un tassello fondamentale nella sua vita, e prezioso, e che ama.
“Non si parla d’altro, almeno noi facciamolo.”
“Potete sempre parlare di quanto tu sia patetica!” Sarabeth apre gli occhi e quelle parole sono un pugno allo stomaco, Niall la stringe più forte quando si girano entrambi verso la ragazza che ha parlato. “O di quanto non ti meriti lui.” Aggiunge un’altra, i capelli cotonati e castani, il fisico asciutto. “O di come ti lascerà per una migliore.” Terza ed ultima voce.
“Una come noi!” intona ancora la priva vipera producendo un coretto di risate isteriche.
“Lui…Io…” Sarabeth non ha più le parole, riesce solo a guardare quelle tre ragazze e visualizzarsele accanto a Niall, una alla volta, le mani di lui sui loro fianchi allo stesso modo in cui ora li tiene sui suoi.
“Tu e lui cosa? Cosa, Sarabeth?” la voce di non si sa bene chi delle tre, tanto non importa, tanto fa male lo stesso.
“Perché è così che ti chiami, vero?” sempre una voce a caso, sempre la solita fitta.
“Tu sei quella che un tempo era una di noi, che sognava con noi.”
Niall la fa indietreggiare leggermente e si interpone fra lei e loro, perché questo è l’unico tasto che non devono toccare, non ancora una volta.
“Ed ora guardati, sei arrivata a destinazione, sei felice?” Urlano per passare oltre a Niall, per continuare a toglierle l’ossigeno con le loro parole.
“Tu eri una di noi, Sarabeth.”
“Ora smettetela!” Niall alza la voce e continua a tenerle la mano. “Perché voi non sarete mai come lei, voi non sarete nemmeno mai come tutte le vere fan, quelle che mi amano a prescindere da con chi sto e che, di riflesso, amano anche con chi sto. Lo tollerano, non gli importa. Basta che io stia bene. Basta che io sia felice. E io sono felice!
“Mai quanto potresti esserlo con me.” Una gli si avvicina, la seconda la segue “o con me.” e la terza le raggiunge “o con me.”
“Andatevene.” Sibila lui.
Le sagome di quelle tre figure non sono ancora scomparse completamente tra la folla che Niall sente la mano di Sarabeth staccarsi dalla sua e si gira appena in tempo per vederla rimettere dentro ad un cestino, le lentiggini accentuate dalle lacrime.
Le si avvicina piano e le appoggia una mano sulla schiena, sente i muscoli contrarsi quando lei rimette un’altra volta.
“Ora basta Sarah, basta. È finita, se ne sono andate.” Le porge la bottiglia d’acqua che aveva nello zaino e Sarabeth si siete per terra, la schiena contro un albero.
“Pensa a quante, quante persone la pensano come loro. Perché tu non lo sai, tu non puoi saperlo, ma io l’ho visto. Io sono stata testimone degli atti di odio verso le vostre ragazze, le minacce, le frasi cattive.” Ed è così fragile che non riesce a vedere che, dentro agli occhi di Niall, riuscirebbe a trovare solo il proprio riflesso. Lei gli poggia la testa sulla spalla e Niall tira fuori il telefono dalla tasca e scrive velocemente.
<>
 
“Sarah, se non ti alzi entro trenta secondi giuro che ti riempio di sberle.”
“Arrivo, Michelle, arrivo.” La voce impastata dal sonno e la mano di sua sorella che la tira verso la scrivania. “Che c’è?” chiede sedendosi sulla poltroncina con le ruote e sbandando leggermente a destra. Rimane immobile guardando lo schermo, la bocca semi aperta e gli occhi fissi sui TT mondiali di quel momento.
Sorride leggendo il suo nome e si ripete che, alla fine, fa sempre parte di quella grande famiglia che temeva di perdere.
<<#DirectionersLoveSarabeth>>



ciao bellezze. questo capitolo mi fa piuttosto schifo, ma è scritto di fretta perchè era un'eternità che non pubblicavo.
spero continui a piacervi e ringrazio tutti quelli che ancora commentano/leggono/mettono nelle preferite-ricordate-seguite.
sfida: riusciamo ad arrivare a 7 recensioni?
grazie a tutti e passate, passate, passate!, se non l'avete già fatto da LLstrong perchè è una meraviglia.
xx
ps: su twitter sono @Giuis_ , in caso aveste voglia di scrivermi.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** 23. ***


23.
 
“La nostra vita non è qui.” Parole in circuito dentro alla testa, poste in ripetizione automatica sperando che facciano meno male, prima o poi, sperando di anestetizzare il proprio essere e arrivare ad esser loro immuni solamente ripetendole mentalmente più e più volte.
La porta di camera sua si apre lentamente e non le serve alzare lo sguardo per sapere che è sua madre, per sapere che indossa quella sua espressione da pre-litigio, piena di fermezza e orgoglio e decisione.
E lei si sente distrutta già prima di partire, perché sa già quali saranno le parole di sua madre, quale sarà il suo tono, quali saranno i suoi gesti. Ed è stanca di sapere tutto tranne l’unica cosa che le interessa davvero: ce la farà?
Miriam si siede sul letto e fa scivolare la treccia dietro la spalla, chiude gli occhi un’ultima volta e desidera che Zayn sia lì con lei.
“Non verrò via con te, non verrò via e basta.” Le voce ferma e totalmente finta, perché si sente persa e non sa dove scappare.
“Pensa a tutto quello che hai lasciato, pensa a tutto quello che potrai riavere.”
E l’unico viso che le viene in mente è quello di Zayn.
“Pensa alle tue amiche, alla tua vecchia scuola.” Continua sua madre sedendosi di fronte a lei. “Alla nostra vecchia casa, alla nostra vecchia vita.”
Un attimo di silenzio e Miriam torna col pensiero agli occhi del ragazzo. “La nostra vita non è qui.” Ripete la donna spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e aspettando che sua figlia esploda, perché la conosce troppo bene per non sapere che lo farà.
Miriam alza gli occhi al cielo ma nessuna preghiera pensa potrà mai salvarla, e dentro sente salire la rabbia e lo sconforto.
“La tua vita non è qui, mamma! Io ho trovato il mio mondo, qui, ho trovato le braccia in cui mi sento a casa e gli occhi che mi salvano dagli incubi. Ho trovato l’amore, la serenità e per la prima volta in tutta la mia vita ho trovato la felicità. Come puoi dire che la mia vita non è qui, ora? Tutto quello che si sia mai avvicinato a ‘vita’ è qui, ora. E non puoi chiedermi di andarmene, mamma, proprio non puoi.”
“Ne ho parlato con il padre di Salvador, il poliziotto, ricordi? Mi ha detto che là la situazione è tornata pulita, vivibile, non c’è nessun pericolo. Non devi avere paura di tornare, le cose saranno diverse.”
“Certo che saranno diverse: la mia paura non è quella di vivere là, è quella di non poter più vivere qui, non poter vedere il suo sorriso ogni giorno, non farmi più dire quando sbaglio a pronunciare le parole, non ritrovare il paradiso ogni volta che mi bacia.”
“Non è una domanda che ti faccio, Mir, è un’affermazione.” Un’altra pausa per cercare di non notare le lacrime dentro agli occhi della figlia. Sa che è meglio così, per tutti. “Torniamo a casa.”
 
Zayn le sembra più bello che mai, quella sera, e forse è così.
Sa che deve dirglielo ma non vuole, proprio no, non vuole distruggere tutto. E quando lui la bacia dolcemente, poggiandole le mani sui fianchi, capisce che non esisterà mai un momento adatto.
“Ho una cosa da dirti.” E mentre parla la fiamma della candela posta sul tavolo tra loro ondeggia lentamente. “Ma non voglio ancora farlo.”
“È qualcosa di importante?” Lui le spara uno sguardo che la legge dentro.
“È qualcosa di importante.” Ripete e afferma mentre una nuova canzone viene diffusa dolcemente in tutto il locale. “Ma ti prego di non fare domande.”
“Quando non devo fare domande e non vuoi dirmi le cose è sempre qualcosa di brutto.”
La frase ha un tono strano che Zayn lascia depositare rimanendo in silenzio e facendola sentire ancora più persa, lui e le sue maledettissime pause sempre azzeccatissime.
“Sappi solo che ti amo, e che ti amerò. Sempre? Sempre.”
E nulla come la strofa della canzone che James Morrison canta in sottofondo sembra descriverla meglio.
 
 
__
 
La porta della casa di Niall sbatte dietro a Zayn e Louis sussulta un poco quando sente vibrare il telefono dentro alla tasca dei jeans. Estrae il cellulare e una morsa gli prende lo stomaco come ogni volta che lo fa, sperando sia lei, fino alla fine.
E poi la vista gli si appanna davanti a quelle poche lettere ed un sorriso torna a sporcargli il viso, anche se forse non dovrebbe. Perché alla fine è lei che se n’è andata, lei che abbracciava un altro, lei che l’ha lasciato solo. Solo. E lui non dovrebbe permetterle di vincere anche questa volta, ma ormai le guance gli fanno male da quanto sorride. E forse è meglio così.
Apre il messaggio dopo qualche istante, cercando di assaporarsi ogni secondo prima di sapere se dentro a quel messaggio c’è qualcosa che lo innalzerà o che lo farà precipitare ancora una volta, ancora più in basso.
Se ci fosse scritto ‘scusa’ sa che la perdonerebbe e niente, nessun rimprovero da parte dei ragazzi, saprebbe fermarlo. Nessun “ti stai abituando a stare senza di lei, non mandare tutto all’aria.” Riuscirebbe a trattenerlo dal risponderle e ricominciare così a scalare.
Se ci fosse scritto ‘addio’ sa che niente lo tratterrebbe dal morire dentro, giorno dopo giorno, fino a quando la consapevolezza di averla persa davvero per sempre non avrebbe avuto il sopravvento su tutto.
E ancora una volta rimane senza parole, vedendo tutte quelle presenti nel messaggio, su quel piccolo schermo che ora vorrebbe poter proiettare sul soffitto e far finta di affogarci dentro.
“Ciao Lou, non so davvero come iniziare, ma qualcuno, nel poco tempo che siamo stati insieme, mi ha insegnato a buttarmi e non arrendermi, a dire quello che provo. Sono stata al concerto, ieri sera, e mi è sembrato di rinascere. La verità? Mi mancavi. E ogni sorriso che facevi a tutte quelle ragazze che, sicuramente, ti amano nel modo giusto, mi illudevo fosse diretto a me. Respira, ora, e decidi se hai ancora voglia di sentirmi parlare. Sono nel bar dove c’è il barista messicano, ricordi?, ci siamo stati assieme. Ti aspetto fino alle cinque.”
Louis sposta veloce lo sguardo sull’orologio del telefono e si alza di scatto. Il bar non è molto lontano, ma non ha la macchina. Uscendo prende le chiavi dalla tasca di Harry e assicura a se stesso che capirà.
Quando arriva la trova nel tavolo che era stato per qualche istante loro, che si gira una ciocca di capelli attorno all’indice e fa oscillare rapidamente una gamba, appoggiata sull’altra.
Quando lei lo vede scatta in piedi e gli sorride, gli si avvicina più veloce di quanto si era prefissata e torna a sorridergli. “Ciao.” Gli sussurra piano, come spaventata che qualcuno potesse sentirla.
E Louis non trova le parole per descrivere come si sente, come se fosse tornata la primavera dopo un’eternità di gelo. Si siede e poggia le mani sul tavolo, aspetta che sia lei a parlare e il movimento del suo sguardo gli fa capire che non ci vorrà molto prima che inizi.
“Senti, non volevo andarmene.” Dice e blocca i pensieri di lui. “Non volevo venire e dirti addio, non volevo poi stare male ogni sera e far finta di non sentire la tua mancanza.”
“A quanto pare la mascheravi bene.” Si lascia sfuggire lui, però proprio non ce la fa a stare zitto.
“Di cosa stai parlando?”
“Ti ho vista. E tu hai visto me. Abbracciata a quel ragazzo, abbracciata così… in un modo che…” non riesce a finire la frase, perché qualcosa gli dice che in quell’abbraccio c’era qualcosa che non capirà mai.
“Lui è il mio ex marito.” La parola ‘marito’ suona così strana su quelle labbra pesca. “Ed è rimasto il mio migliore amico. E mi stava consolando, perché non avevo te.” Ha il tono leggermente ferito. “Ma sono tornata perché non sei colmabile da abbracci altrui, non sei rimpiazzabile.”
“Mi sei mancata anche tu, Chel.”
“Però sono terrorizzata che tutto possa andare male.”
Louis si alza e le porge la mano, la tira verso di sé cercando di rassicurarla. “Andrà tutto bene.”
“Perché con i sentimenti io non ci so fare, e questo che sento è qualcosa di potente e distruttivo.”
La stringe più forte e sente il profumo del suo shampoo.
“E forse Harry aveva ragione, tu sei troppo per me.”
E Louis non ha il tempo di rendersi conto che le sue braccia non stringono più nulla che lei è già uscita, si è mescolata alla gente cercando di soffocare i propri singhiozzi e i propri dubbi.
__
“Harry hai qualcosa da dirmi?” Louis cammina a grandi falcate nel soggiorno di Niall rischiando di scivolare sul tappeto verde steso a terra.
Il riccio si alza dalla sedia e lo guarda alzando le spalle. “Tu mi hai fregato la macchina!”
“Non mi importa!” sbotta Louis ed Harry si siede, confuso, mentre lo ascolta continuare. “Cosa hai detto a Chelsea?”
“Nulla.” Mentire non lo salverà.
“Cosa le hai detto?”
“La verità.” Si arrende e china la testa, realizzando che forse non era la cosa giusta.
“Cosa, Harry?”
“Che non è fatta per te, che sei troppo buono per lei, troppo una bella persona. Sei tutto quello che lei non è.”
“Era tornata a cercarmi, sai? Ha dei sentimenti nascosti e un matrimonio da dimenticare, sai? Ha avuto una storia anche lei che l’ha plasmata, ha un lavoro che la plasma, una vita che la intrappola. Ed era tornata, per me.”
Negli occhi verdi di Harry Louis trova la richiesta di concludere, mista ad una richiesta di perdono, forse.
“Ma se n’è andata dicendo che avevi ragione tu.” E ringrazia che nell’azzurro dei suoi occhi le lacrime siano più difficili da vedere. “Grazie.” Ringhia all’amico prima di uscire definitivamente.
Harry scivola un poco sulla sedia e chiude gli occhi. Inspira. Espira.
Solo Allyson saprà tirarlo su, perché litigare con Louis lo distrugge ogni volta, ed è sempre così difficile ricostruirsi da soli.
 
“Entra, Harry.” Il viso buono del padre di Allyson lo accoglie sulla porta e manca un poco via l’ansia che ha.
Lo ha conosciuto ma Allyson ci teneva a portarlo a cena, come se tutto fosse normale.
“Allyson è di sopra, tra venti minuti è pronta la cena.”
Gli sorride in risposta e sale le scale, svolta a destra ed entra nella camera della ragazza che, appena lo vede, si alza dal letto e lo bacia dolcemente.
“È così strano pensare di avere dentro un’altra vita, non trovi?”
“Credo di poter immaginare come ci si sente. Mi sento così… importante da quando è successo. La prova che anche io posso fare qualcosa di bello.” Le sorride. “Importante e distruttivo.” La guarda con gli occhi socchiusi e lei gli sorride leggermente.
“Non voglio nessuna foto del bambino sui giornali.” Dice e gli si appoggia al petto mentre parla, i suoi capelli vanno a fondersi con le pieghe della maglia preferita di Harry. “Non voglio i paparazzi in ospedale, non voglio niente che un bambino normale non avrebbe.”
“Sarà tutto perfetto, saremo una famiglia e il bambino,”
“O la bambina!” lo corregge lei alzandosi e abbassandosi al ritmo del respiro del ragazzo.
“O la bambina, sarà bellissimo, o bellissima.” Sorride.
“Saremo una famiglia.” Sussurra ancora una volta Allyson, chiude gli occhi, e crede di poter toccare la propria felicità.



ciaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaao! Sono finalmente tornata, scusate davvero tanto ma ogni cosa è sembrata mettersi contro di noi.
Spero che questo capitolo vi piaccia e vi avviso che siamo vicini alla fine. La storia si concluderà al capitolo 27.
Ditemi sempre quello che ne pensate, siate sincere e grazie a chiunque mi segue ancora.
xx

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** 24. ***


24.
 
“Ciao Madison.”
Southend-on-Sea l’ha accolto con la solita aria che sa di sale, con quel sole tiepido che sembra brillare costantemente e con due occhi in cui sembra racchiuso il senso stesso della sua esistenza.
Può permettersi di dire che quegli occhi, la loro proprietaria che ora gli sorride, sono suoi? Perché è ciò che sogna, ciò a cui pensa la sera prima di andare a letto. Madison, è la sua Madison o è solo una ragazza con cui sta ora? O meglio, lui per lei cos’è?
“Volevo dirti che ti amo.” Le sussurra sperando di rispondere ad entrambi e di apporre davanti al nome di lei quell’aggettivo possessivo che lo sta mandando fuori di testa.
E Madison crolla dentro e cerca di mettere assieme un sorriso per ricambiarlo. Perché semplicemente è stanca di fingere e di mentirgli, è stanca di dirgli che va tutto bene quando non è così, è stanca di odiarsi perché non gli dice quello che ha fatto e che continua a fare.
E l’unica cosa che le piacerebbe avere è una risposta. Le piacerebbe sapere perché continua a farlo, perché alla fine, le mani che l’accarezzano alla mattina non sono così spesso quelle di Liam. Ma dovrebbe scavare troppo a fondo dentro se stessa per scoprirlo e non tutti sono disposti ad ammettere di essere dei bastardi.
“Due giorni da Harry è andato dal papà di Allyson, sai?”
Liam sorride e alza gli occhi al cielo. Vuole invitarla dai suoi e sa che lo prenderà in giro, ma se fosse la cosa giusta da fare? Se fosse davvero, davvero la cosa giusta da fare? Il passo esatto, la mossa vincente, l’asso nella manica?
Torna a guardarla, sente i gabbiani che cantano poco lontano e nel modo in cui lei annuisce trova una risposta.
Madison sorride ancora forzatamente e coglie la piccola domanda nella frase di Liam.
Non può farle questo, e lei non può dirglielo proprio ora che lui sta per portarla a casa.
Sarebbe ipocrita farlo dopo e sarebbe cattivo farlo ora.
Dieci punti bonus a chi ha detto per primo che la verità fa male.
“Ti va, insomma di andrebbe di… ecco, di venire a cena da me?”
Madison si piana più a fondo i denti nel labbro e prega perché la battaglia dentro di lei finisca.
Quel tipo di cena?” chiede spostandosi una ciocca di capelli e prendendo tempo, implorando che un’invasione aliena la salvi.
“Quel tipo di cena.” Liam le sorride teso. La sua risposta sarà la risposta che lui cerca.
“Sì.”
Dieci punti anche a chi ha detto che smettere di mentire è difficile e toglietene dieci a chi dice che prima o poi le proprie bugie ci si rivoltano contro, non sa che la verità fa male?
__
 
“Mio Dio Niall guarda quelle scarpe.” Soffia Sarabeth interrompendo il biondo che si gira verso la vetrina davanti alla quale la ragazza si è fermata.
Nei suoi occhi riesce a vedere quel luccichio che lui stesso sa di avere davanti ad una nuova chitarra, o semplicemente davanti a quella ragazza che ora ha accanto.
E sorride alla consapevolezza di essere fortunato.
“Possiamo entrare?” sembra una bambina di dieci anni davanti ad un negozio di bambole e lui, da bravo genitore quale spera un giorno di essere, annuisce.
“Vorrei provare quelle in vetrina.” Dice alla commessa Sarabeth cambiando leggermente tono di voce. “Devi fingere di essere ricco, qui, non voglio passare per l’idiota di turno che si prova le scarpe che non si potrà mai permettere.”
Niall si limita a sorridere e con un cenno calibrato della testa scorge il prezzo sul cartellino.
Tanto, ma non troppo.
“Dimenticavo.” Aggiunge Sarabeth sedendosi e sfilandosi le All Stars che porta. “Tu sei ricco. Ricco e famoso.”
“Stai zitta.” E Niall si chiede perché si sente così a disagio quando la gente glielo fa notare.
Sarabeth infila le scarpe che scintillano sotto la luce sapientemente collocata all’interno dell’atelier e si alza in piedi superando così Niall di qualche centimetro.
“Toglile, mi sento in imbarazzo.” Scherza lui trovando nuovamente quella luce.
“Io mi sento in paradiso e quando scenderò da qui su potrò affermare di essere povera, ma non ricordarmelo ora.” Si guarda ancora una volta allo specchio. “Sai cosa? Risparmierò! E magari non mi comprerò nient’altro, o non uscirò al cinema, ma le comprerò. Prima o poi.”
 
Niall suona al campanello della casa di Sarabeth e nasconde la borsa che ha dietro la schiena. Quello stesso pomeriggio era tornato in centro, all’atelier di Louboutin e le aveva comprato le scarpe che le piacevano così tanto. E ora pretendeva i luccichini negli occhi, ancora una volta.
Sarabeth apre la porta e splende nel vestito azzurro che porta o forse è solo per lui che splende sempre.
“Ciao. Ti ho portato una cosa.” Le dice prima che lei possa parlare e estrae da dietro la schiena la borsa. Sarabeth sgrana gli occhi e prende la scatola in mano, la apre e trova le scarpe.
“Non le voglio.” Dice dura, tornando a guardarlo e cercando di non farsi ammaliare da tutto quel luccichio.
“Come no? Perché? Non sono quelle giuste?”
“Sono perfette, ma costano troppo e non voglio la tua carità. Ho detto che me le comprerò io, non voglio i tuoi soldi.”
“È solo un regalo, Sarah, non vedo perché tu te la debba prendere così tanto! E non è carità, è amore.” E l’ultima parola gli esce graffiata dalla gola.
Sarabeth fa scendere nuovamente gli occhi sulle scarpe e pensa a quanto bene starebbero col vestito che ha indosso ora. E ognuno di quei piccoli brillantini, gocce di rugiada, la chiamano, riesce a sentirli.  
“Stasera sono io che ti porto a cena, intesi? Andiamo da Hakkasan perché so che ti piace e perché piace a me e pago io, non si discute.”
Lo bacia velocemente e sorride. “So che probabilmente mi costerà di più portarti fuori a cena che comprarmi le Louboutin, ma questo è amore, giusto?”
__
 
“Addirittura le candele?”
“Ci vogliono cose speciali per le persone speciali, ti sembrano abbastanza?”
“Sono perfette.”
“Louis mi ha intimato di non comprarne di più sia per evitare un incendio sia per non esagerare.”
“Louis ha gusto, digli che approvo e lo ringrazio.”
Miriam si siede sul divano in pelle nera del loft di Zayn e lancia uno sguardo ai tetti di Londra fuori dalla finestra. Ha iniziato a piovere.
“Cosa faresti se un giorno io me ne andassi via?” chiede poi a Zayn che si è appena seduto e le offe un bicchiere di vino e che solleva gli occhi su di lei al suono della domanda.
“Tu non te ne andrai, Miriam.” E solo l’idea che possa succedere lo manda nel panico. Beve un lungo sorso e inclina leggermente la testa verso destra mente la ragazza torna a parlare.
“Pensa se succedesse, se dovessi trovare un lavoro lontano, cosa succederebbe?” E ora è lei ad accostare le labbra al bicchiere e a sperare che tutto rimanga solo un’ipotesi, solo una chiacchierata con il ragazzo più bello del mondo in un’ambientazione da film.
 “Una parte di me sarebbe sempre con te, e la restante verrebbe appena ne avesse l’occasione.” E Zayn si sporge verso di lei, appoggia il proprio bicchiere sul tavolo in vetro accanto ai loro piedi e le bacia il collo. Miriam butta la testa indietro e non crede stia per succedere davvero perché lo sente nell’aria che quella sera è la sera.
Ed ogni ragazza fantastica sempre sulla propria prima volta e Miriam spera con tutta se stessa che, per ogni ragazza al mondo, ci sia uno come Zayn.
Gli avvicina il viso all’orecchio. “Non c’è bisogno che me lo dici, lo so già.” Le dice Zayn tornando poi a baciarla, questa volta direttamente sulle labbra.
“Come fai a saperlo?”
“Certe cose si sentono.”
Miriam scivola un poco sul divano ritrovandosi stesa sotto di lui, la sua maglietta che sfiora la propria. “E da oggi, in ogni caso, qualsiasi strada prenderanno le nostre vite, sarò tua, sempre e per sempre.”


ecco il capitolo, spero come al solito vi piaccia e spero di non deludervi giusto alla fine.
grazie mille a chi continua a leggere.
xx

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** 25. ***


25.

Il cigolio della porta per poi ritrovarsela lì davanti, bella come al solito, struccata e dentro ad una tuta più grande di due taglie. La vede impallidire e il sorriso cordiale che aveva istintivamente sparisce dal suo viso.
Ed è inspiegabile come faccia ad essere sempre bella anche così.
“Ciao.” Le dice Louis accennando un sorriso e lei avvampa sentendosi una ragazzina. Si passa una mano tra i capelli cercando di sistemarli, fa un risvolto all’elastico dei pantaloni della tuta così che la fascino un po’ di più. Louis legge nei suoi occhi grandi una domanda e alza le spalle.
“Vieni, entra.” Gli dice lei cercando di modulare la propria voce e, Dio, quant’è difficile.
Ogni volta le sembra di dover ripartire da capo, ogni volta ritorna con la mente alla prima volta che l’ha visto, a quel bancone e a quel bar, alle luci che si riflettevano negli occhi chiari di lui arrossati da un dolore ormai sparito. E non si fidava così tanto di se stessa per prendersene il merito.
Louis oltrepassò la soglia e le immagini di loro due in quel loft lo fecero piegare leggermente sulle ginocchia. E come ogni volta che la guardava sorridere appena, mentre alzava gli occhi al soffitto e batteva quelle ciglia da pubblicità, Louis si chiede perché doveva essere sempre così difficile.
“So che te ne sei andata per quello che ti ha detto Harry.” Le disse guardandola sedersi e senza imitarla per paura di non voler rialzarsi più nel caso gli avesse chiesto di farlo. E già i suoi piedi sembravano piantati in quel parquet scuro. “E quindi ho pensato che non l’hai fatto per me, perché io non ti piaccio più, o non ti sono mai piaciuto.” E Chelsea si sentì morire al pensiero che lui l’avesse creduto, ma qualcosa di più forte di lei la fece restare senza parole da dargli, senza una consolazione. Si morse il labbro talmente forte da farlo sanguinare.
Louis distolse lo sguardo e incassò il silenzio senza dire una parola, come un colpo al torace e l’ossigeno che spariva a poco a poco. Chelsea si alzò e lui indietreggiò nuovamente fino alla porta mentre i polmoni gli bruciavano sempre di più. La ragazza si sporse verso di lui e lo baciò con una tenerezza devastante che fece crollare entrambi e che si contrastava a quel sapore di sangue che le sue labbra avevano.
Strana metafora per una fine ormai visibile.
Louis chiuse gli occhi mentre la porta di Chelsea si richiudeva con il suo solito cigolio e, quando li riaprì, li alzò al cielo. Non si sarebbe arreso, non questa volta.
“Chel, so che sei lì.” Urlò alla porta chiusa prima di appoggiarvicisi con la fronte e respirare lentamente.
“Non me ne andrò, non lascerò che le tue paure ci distruggano, non lascerò che nessuno ci distrugga.”
E se solo avesse potuto vedere attraverso il legno, avrebbe visto la figura della ragazza rannicchiata contro la porta dall’altro lato e cullata dalle parole che lui le diceva.
E la notte era scesa su di loro, ancora vicini  divisi da quella superficie laccata in verde. Chelsea aprì la porta facendo scivolare Louis che si svegliò dal sonno inquieto in cui era caduto. Gli si avvicinò lenta e gli sorrise.
L’alba sul suo viso. “Pensavo non saresti rimasto.” Gli sussurrò all’orecchio avvicinandosi maggiormente e lasciandosi abbracciare. Il ragazzo sentì il proprio petto tornare caldo e si fidava abbastanza di lei per non attribuire tutto il merito alla coperta che lei aveva stretta tra le braccia.
__
 
“Dov’è, Harry?” Gemma sistema le pieghe nella gonna bordeaux che porta e guarda il fratello.
“Non lo so, starà per arrivare, la strada è tanta.” Risponde il riccio e getta l’ennesima occhiata all’orologio bianco sulla parete davanti a loro.
“Hai provato a chiamarla?” continua la ragazza.
“Sì, certo. Provo ancora.” Le risponde nuovamente il ragazzo prima di estrarre il cellulare dalla tasca e comporre il numero della fidanzata.
“Hai intenzione di sposarla?” chiede Gemma guardandolo in attesa della risposta dall’altro capo e cogliendo nei suoi occhi un luccichio entusiasta.
“Non lo so,” mente ad entrambi, “perché? Non ora, in ogni caso. Ma più avanti, magari con il bambino, o la bambina, a farci da paggetto. Magari sì.”
“Quindi pensi di sposarla.” Ripete chiara la sorella sovrastando con la propria voce il ‘bip’ della segreteria telefonica di Allyson che scatta.
“Quindi penso di sposarla.” Ripete a sua volta Harry e la sua voce arriva limpida alla ragazza che, in auto, viaggia sopra al limite per raggiungerlo più in fretta.
Allyson così guarda il telefono come se potesse vedere le parole del ragazzo che, nel frattempo, a chiuso la chiamata. Ed è in quel momento, proprio in quel momento che Allyson passa attraverso quell’incrocio, ed è proprio in quel momento che la macchina blu cobalto alla sua destra non si ferma.
Allyson alza gli occhi troppo tardi, avvisata dal colore brillante dell’altra auto, e non ha tempo di fermarsi. Porta una mano al ventre quando sente la forza dell’urto spingerla lontano, e a destra, per poi tornare a sbattere contro il sedile. E c’è odore di fumo, nell’aria, e rumore di vetri che si rompono.
E il cielo grigio sporco attraverso il vetro è l’ultima cosa che ricorda, mentre il sangue le gocciola lungo il viso, quando si abbandona a quel sonno che la avvolge completamente.
 
Altro motore a rombare potente, questa volta via da Holmes Chapel e verso l’ospedale di Crewe e quei 20 minuti non erano mai sembrati così lunghi ad Harry che, le mani strette sul volante e le nocche bianche, cercava di non piangere.
“Cerco Allyson Coen, dev’essere stata ricoverata poco, fa.” Trema mentre parla all’infermiera che è troppo, davvero troppo calma.
“Non può ancora vederla.” Oh, davvero troppo. Ed Harry vorrebbe che anche lei si sentisse persa e distrutta come lui è in quel momento per decidersi a dire le cose più velocemente e meglio.
“Perché no?”
“È ancora in sala operatoria.” Harry ringhia piano un’imprecazione.
“Sala operatoria per cosa!?” sbotta poi stendendo la mano sul bancone verde chiaro.
“Non posso dirglielo, per la privacy. Chi è lei?”
“Lei deve dirmi cos’è successo! Deve dirmi come sta lei, come sta il bambino, lei deve, deve…”
“Qualche problema?” un uomo alto gli si avvicina e guarda la donna svogliata dietro al bancone.
“Vuole vedere la paziente della 283, ma è ancora in sala operatoria e non posso dirgli perché. Privacy.”
Il medico annuisce e poggia una mano sulla spalla del ragazzo che scatta di lato, nervoso.
“È appena uscita, ero dentro con lei.” Ed Harry si aggrappa a quegli occhi grigi e chiari. “Tu chi sei, ragazzo?”
“Sono, io sono, il fidanzato.” Dice confusionario troppo scosso per mettere in fila le parole. “Il fidanzato.” Ripete con più convinzione prima di tornare ad oscurarsi ancora una volta per poi alzare nuovamente gli occhi. “Il padre! Sono il padre del bambino.”
E lo sguardo che l’uomo allora gli rivolge va al di là di ogni dubbio, o parola e l’unica cosa che Harry riesce a fare è cadere in ginocchio e piangere tutte le lacrime che si era negato fino a quel momento, sentendo la gola bruciare e un senso di vuoto che lo divora dentro.
__
 
 Lettera dopo lettera il nome di Liam compare sullo schermo e la barra di Google si riempie dei completamenti automatici. ‘Liam Payne One Direction”;  “Liam Payne birthday”; “Liam Payne hot”; “Liam Payne and his girlfriend”
“Sei hot, ragazzo!” lo prende in giro Zayn, seduto lì accanto a lui senza staccare gli occhi dallo schermo.
“Mmmh, guarda lì che pettorali!” continua aprendo una foto di Liam senza maglietta e il ragazzo sorride e spinge giocosamente l’amico. “Cretino.” Gli sussurra per poi continuare a scorrere le foto.
La mano di Zayn si ferma sul mouse mentre l’altra corre a cercare la spalla dell’amico, fermo.
Ed è Madison, quella nella foto, le sue spalle fragili. E ci sono mani, altre mani che la stringono. Ed è un bacio, quello, è proprio un bacio. La presa di Zayn sulla spalla dell’amico si fa più salda prima che Liam si alzi di scatto e si avvii verso la porta. Prende la giacca e cerca le chiavi della macchina in tasca.
“Vengo con te.” Gli dice Zayn raggiungendolo e chiudendo la porta della grande casa. “E guido io.” Aggiunge con un tono che non accetta storie.
 
“Vuoi scendere?” Liam gli rivolge la parola per la prima volta da quando sono partiti e Zayn si sente male per lui. “Non sarà una cosa lunga, in ogni caso.” Continua e nei suoi occhi si legge il dolore e la resa.
“Sto qui. Prendi il tempo che ti serve e fai quello che ti senti.” Risponde il ragazzo dagli occhi neri prima che la portiera della macchina sbatta dietro all’amico. “E sii forte.” Gli sussurra alle spalle.
Liam si avvicina alla porta della casa di Madison e dalla luce accesa nella sua camera capisce che è in casa.
Bussa ed è lei ad aprirgli dopo qualche istante. “Liam!” gli sorride prima di abbracciarlo e sentirlo rigido sotto di lei. “Cos’è successo?” chiede ed è spaventata.
Liam estrae il telefono dalla tasca e le mostra la foto; Madison sbianca e abbassa lo sguardo.
Ed il silenzio fa così male che Liam vorrebbe urlare per colmarlo e smettere di non sentire nulla.
“Te l’avrei detto.” Inizia Madison salvandolo da quella condanna per iniziare a scontare la propria, guardandolo negli occhi e vedendo che non c’è posto per lei lì dentro. Non più.
“Dimmelo ora, dimmi che è stato solo un bacio.” Liam la guarda mentre lei riporta i propri occhi al pavimento, la porta dietro di lei si chiude sbattendo ma nessuno dei due sussulta. Ancora quel silenzio che lo uccide e che conferma i suoi dubbi. “Mad, dimmi che è stato solo un bacio. Un maledettissimo bacio. Dimmi che eri ubriaca, o che non capivi, o qualsiasi cosa. Ma dimmi che vi siete fermati a questo bacio.”
Mad lo guarda e si morde il labbro, sgrana gli occhi lucidi e una lacrima le solca il viso.
“Dimmi qualcosa, cazzo!” urla Liam girandosi di lato e dando un pungo al grande albero lì accanto. “Qualsiasi cosa!” urla ancora mentre il secondo colpo fa volare pezzi di corteccia ovunque.
“Mi dispiace.” Sussurra tra i singhiozzi Madison mentre la prima goccia di sangue lascia la mano di Liam e precipita tra l’erba. “Mi dispiace così tanto!” continua Madison senza togliere lo sguardo dalla mano ferita di Liam. “Non sapevo come dirtelo, ma mi dispiace immensamente.”
Alza lo sguardo sul suo fidanzato e incontra nuovamente quello sguardo di pietra. “Non è abbastanza.” Le dice lui, lentamente e a bassa voce, prima di darle le spalle e lasciarla alle sue lacrime, cercando di combattere con le proprie.
“Woah, amico, cos’è successo!?” chiede Zayn guardandolo risalire con la mano gonfia e sanguinante.
“È andata.” Sussurra roco Liam. “E questo,” dice alzando la mano e facendo una smorfia per il dolore “è solo un albero poco fortunato.”
Abbozza un sorriso e Zayn lo stringe a sé sapendo che sta fingendo, che quella leggerezza non è che una maschera. “Andrà tutto bene.” Gli sussurra piano.  Lo stringe più forte quando sente le prime lacrime dell’amico bagnargli la spalla.

Ciaaaaaaaaaaaao bellezze, come state? Ecco qui il capitolo, siamo prossimi alla fine e le storie devono avviarsi alla conclusione. So che è un capitolo triste, ma non arrabbiatevi con me. (Si, El, sto parlando esplicitamente con te.) Spero vi sia piaciuto lo stesso.
A presto, e grazie a tutti.
xx

 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** 26. ***


26.
 
La sua faccia sui giornali quando passa davanti alle edicole, la faccia delle ragazze, delle loro mamme che sicuramente sanno. La faccia di tutti, perché tutti sanno e non dovrebbero.
Nessun sorriso che non sia compassionevole, nessuno che si avvicina a chiedere una foto.
La gente davanti a lui si apre e fa spazio, o comunque sembra lo faccia.
Non ti senti mai realmente vuoto finchè non lo sei davvero. E non puoi sapere quando lo sei finchè non lo senti. Ed Harry potrebbe giurare che tutto quello che prima lo riempiva si è dissolto.
Sparite le sue ambizioni ed i suoi sogni, sparite le illusioni e le disillusioni, spariti i rimpianti e i rimorsi. Forse spariti perfino il dolore e le lacrime, la disperazione e l’angoscia.
Perché è niente, quello che sente. Quella sensazione di nulla che paradossalmente lo riempie.
Affonda le mani nelle tasche del giubbotto e continua a camminare, quasi arrivato alla sua meta.
E poi li vede e dopo qualche passo gli arriva il profumo, ed il calore. E se ne riempie, tornando a sembrare normale ed intero.
Cosa succede quando la parte migliore di te muore? Cosa succede quando davvero sai che non potrai fare niente di migliore, o di più perfetto? Cosa succede se non hai mai potuto ammirare quella parte?
Harry si ferma fuori dalla casa e perde lo sguardo tra le fiamme delle candele accese, nel colore dei fiori posati per terra, negli orsacchiotti di pelouche azzurri e viola.
E piange. Ancora, e ancora, e ancora. Piange stando fermo e in piedi, dritto, continuando a guardare quel segno di affetto che non arriverà mai al suo vero destinatario. Perché quel destinatario non c’è.
Cammina poi verso la porta seguendo il sentiero che la gente ha lasciato libero e alle sue spalle qualcun altro poggia dei fiori a terra e lo guarda allontanarsi e singhiozzare. Bussa e trova la porta aperta.
Il padre di Allison sul divano che alza gli occhi su di lui appena entra in soggiorno e che non prova nemmeno a reggere il confronto con lo sguardo. Sembra sgonfiarsi quando si riaccascia sul divano lanciandogli un ultimo sguardo.
“Al?” chiama con la voce roca poggiando la mano sulla ringhiera della scala in legno e sentendola fredda.
Tutto a loro immagine e somiglianza.
Sale gli scalini lentamente e l’unica cosa che vuole è vederla, abbracciarla e piangerle sulla spalla.
Perché la cosa più difficile quando qualcuno ci lascia è andare avanti. Ed è quello che devono fare, anche se detto ora sembrano calcoli di astrofisica.
La vede sulla porta della sua camera, gli occhi rossi e i punti in fronte, la crosta sul mento. La camicia larga sulla pancia a dare l’illusione di una qualsiasi rotondità.
“Ti prego, vattene.” E lui si immobilizza sentendo la presa farsi minore.
“È colpa tua. È colpa mia. Siamo stati noi.” Dice ancora lei e trema. “Tu mi hai invitata, io ho accelerato. Non dovevamo.”
“Non mandarmi via.” Le sussurra salendo un altro scalino e crollando. A picco. Sempre più giù.
“Non chiedermi di poter restare.” Gli risponde alzando gli occhi al soffitto, gli angoli della bocca che le scendono.
“Ti prego.” Dicono contemporaneamente ed entrambi sanno che hanno tutti ragione e tutti hanno torto.
Perché col dolore non si vince. Mai. Semplicemente il dolore ti distrugge, ti annienta. E non rimane niente. Niente.
 
__
 
“Quando troverai questa lettera sarà ormai troppo tardi. E comunque non potrai farci niente. Non ci sarò più. Partita. Volerò lontano. Tornerò in quella che la gente continua a dirmi che è casa mia, ma la gente non conosce te. Perché tu sei la casa più bella, il porto più sicuro, il cielo più sereno.
Ed il tuo nome è l’unico inno che canterei. Ma qualcosa è contro di noi.
Lo spazio? I chilometri? La materia che rende questa distanza maledettamente fisica e vera?
Qualsiasi cosa che non mi fa averti qui ora. Con me.
E per ‘qui’ intendo al mio fianco. I posti non sono una cosa importante per noi. Per me.
Le tue braccia saranno sempre i confini dell’unico Stato in cui vorrò mai vivere, i tuoi baci la sua materia prima. E facciamo finta che questa volta sono solo andata in ispezione sulla Luna.
 
La verità è che sono dovuta andare via. Hanno deciso gli altri per me e non ho potuto che seguirli.
Ma aspetta due anni, amore mio. Aspetta che io cresca, che diventi maggiorenne. E tornerò da te, perché gli addii semplicemente non li so dire. E tu sarai l’unico caso nella mia vita in cui non mi arrenderò.
Concedimi, quando succederà, anche solo un abbraccio. Non posso chiederti la fedeltà, non sarebbe giusto.
Legati a qualcun’altra, una ragazza bella che ci sia per te, che ci sia davvero e materialmente.
E lascia a me solo un ultimo pensiero, leggendo questa lettera, e la promessa di un abbraccio.
E sarò felice. Più o meno. E tutto andrà bene. Più o meno.
 
Non ti ho detto niente perché non volevo vederti fare quell’espressione che sicuramente ora stai facendo. La bocca chiusa, gli occhi bassi. Ti starai mordendo l’interno di una guancia. Quanti punti ho vinto?
E sono scappata davanti al tuo dolore, troppo presa dal mio. Ho nascosto a te le mie lacrime, il mio ultimo ‘ti amo’.
Sei stato il primo, sarai l’ultimo. Perché davvero non riesco a spiegarmi quello che sento senza ripetermi che ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo.
 
E sarò per sempre tua. Da qualsiasi luogo, in qualsiasi tempo. Per sempre.
Ti amo.
-M.”
 
__
 
“Ciao Chelsea.” Il respiro che diventa corto al solo vederla.
“Ehi.” Lo guarda e poi abbassa gli occhi davanti a quell’azzurro oceano che si trova davanti.
“Ho sentito quello che è successo ad Harry. Dio.”
“Certe cose non dovrebbero succedere e basta.” Soffia Louis avvicinandosi a lei e baciandola cercando di dimenticare le notti insonni degli ultimi cinque giorni, i caffè presi come l’acqua, le lacrime versate e asciugate, la voce che non ha voglia di uscire. Cercando di dimenticare gli occhi di Harry e lo sguardo che gli hanno lanciato quando insieme ai ragazzi era andato all’ospedale.
La bacia ancora sentendola così facile ed accessibile e sua che almeno in parte torna il sereno.
Lei sarà sempre il suo arcobaleno. Prima, durante e dopo qualsiasi tempesta dovrà mai affrontare.
Chelsea si siede sul divano rosso della casa di Louis e appoggia la testa allo schienale. Chiude gli occhi.
Il ragazzo accende la musica, piano, dolce.
“È Bethoven.” Dice poi senza aprire gli occhi.
“Come lo sai?” Louis le si siede accanto muovendo l’aria e facendole scivolare una ciocca di capelli sul viso.
“Perché oltre ad essere incredibilmente bella,” fa una pausa e gli sorride senza aprire gli occhi “sono anche incredibilmente colta ed intelligente.”
E Louis sa che non è il momento di dirle che sì, è tutto vero. E soffoca le proprie parole andando a cercare le labbra di lei e facendola sorridere nuovamente, colta di sorpresa.
E al primo bacio ne segue un altro, ed un altro, ed un altro. E alla fine sono sempre all’inizio.
“Aspetta.” Lo ferma lei poggiandogli una mano sul petto e buttando i capelli all’indietro.
Louis corruga le sopracciglia e mette quell’espressione stropicciata che ha quando ha delle domande dietro agli occhi.
“Ci tengo a te.”
“Lo so.” Le risponde rapido lui mandando al diavolo tutti i progetti della ragazza di fare un discorso intero e pieno di pathos. “Anche io tengo a te.” Si affretta ad aggiungere colto impreparato dal silenzio che lei lascia.
“Okay.” Riprende poi la ragazza. “Ho pensato che dovremmo andarci piano.”
Lo guarda sperando che le sue parole siano state sempre vere, sperando che lui ci tenga davvero, che non se ne vada. Louis si siede nuovamente dritto sul divano e questa volta è lui a chiudere gli occhi.
“Il tuo ‘andarci piano’ presumo non contenesse fare sesso sul pavimento del mio appartamento.”
“No.” Dice piano e ride lei.
“O in quello del tuo.”
“No.”
“E nemmeno nella macchina di Harry.”
“O nei bagni di quel ristorante.” Aggiunge lei ancora. “No. Niente di tutto questo.”

Louis resta in silenzio ed entrambi ascoltano quanto tutto suoni assurdo.
“L’ultima volta che hai voluto andarci piano hai finito per sposarti.” Ricomincia poi il ragazzo aprendo gli occhi e guardandola sorridendo. “E per quanto io tenga a te non penso sia quello che vuoi.”
“Non ora. Non ancora.”
Tornano a stare zitti ed ora non suona più assurdo, ora fa un casino tremendo.
Ed è quando Louis ha perso quasi tutte le argomentazioni a cui appendersi Chelsea si gira e gli sale in braccio. Lo bacia ed i suoi capelli si fondono con quelli del ragazzo.
“Al diavolo tutto.”
 
Ed eccomi qui con il penultimo ! Grazie a tutti quelli che continuano a seguirmi/recensire. Davvero grazie.
Non odiatemi troppo, magari c’è ancora spazio per i vostri happy ending.

Non vi rimane che aspettare e leggere il prossimo.
xx
 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** 27 - ultimo. ***


27 – ultimo.
 
Chelsea tiene il viso premuto contro il materasso tiepido e si lascia invadere dalla nuova sensazione che la sta prendendo. Dalla consapevolezza che l’ha svegliata quella mattina. Inspira. Espira.
Sente Louis farsi la doccia nel bagno del suo appartamento e sente l’odore del caffè che sale dal bar lì davanti, violento. E non riesce a non ricondurre anche quello a come si sente, a quella nuova morsa allo stomaco, violenta. A quel nuovo calore, diverso.
Diverso dal calore astratto dei flash delle macchine fotografiche, diverso da quello luminoso delle luci sulle passerelle, diverso da quello dei baci che sua mamma le dava quando ancora c’era, quando era bambina, e diverso perfino dai baci che era Dawson a darle.
È un calore nuovo, come lo era stato quello delle mani si Louis sulla sua pelle quella prima loro sera,  diverso ma, lei lo sa, potente.
Louis esce dal bagno avvolto in un telo morbido di microfibra rosa dalla vita in giù. Davvero molto virile.
Si siede sul bordo del letto e le posa una mano sulla schiena, in silenzio. “Pensi di muoverti, prima o poi?” chiede dopo un po’ e allude al fatto che lei sia nella stessa posizione da mezz’ora. Un mugolio è la sua risposta. “Bene.” Le sorride prima di alzarsi e avviarsi verso la cucina, i piedi nudi sul parquet caldo.
“Questo profumo mi uccide, prendo un caffè. Te ne va uno?”
La voce della ragazza, le sue parole dette veloci e attaccate le une alle altre, soffiate, lo bloccano sulla porta.
“Louispensodiamarti.”
E per fortuna Chelsea non può vedere il sorriso che ora dipinge il viso del ragazzo, la pennellata messa nel modo migliore di sempre.
Lo sapeva, l’aveva sempre saputo. Sperato. E l’ama anche lui, sebbene non sia il momento giusto per dirglielo, per spezzare quel legame ancora così fragile che lei gli sta porgendo. Louis non si gira a guardarla e le torna a parlare cercando di modulare il timbro della voce e di non saltellare in giro per la stanza in preda ad un attacco di fangirlismo.
Lei lo ama.
“Due di zucchero, vero?”
__
 
“Non penso mi riprenderò mai.” La voce ridotta ad un sussurro che Harry riesce a percepire lo stesso. “Le cicatrici raccontano la nostra storia.” Continua.
Allyson sta rannicchiata tra le braccia del ragazzo e lancia veloci occhiate allo specchio in fondo al suo letto, con le dita percorre la cicatrice lunga che le passa sotto l’ombelico.
“Mi dispiace averti mandato via.”
“Lo so.” E lo sa davvero, e sa che ad entrambi dispiace. Dispiace e basta.
“Ci sarà mai un momento in cui ‘andare avanti’ mi sembrerà una scelta giusta? Un’alternativa che non ferisce nessuno? Che non ferisce me?”
“No.” Le risponde lui prima di prenderle il polso e spostarle la mano dalla pancia, prima di baciarle delicatamente la fronte. “Ma in ogni caso io sono qui per te, e tu sei qui per me. E noi siamo qui, noi. E andremo avanti, in un qualche modo.”
“Per quanto masochista mi possa essere sembrato i primi tempi, io davvero volevo una famiglia con te, davvero volevo mandare all’aria tutta la mia giovinezza, tutte le feste future e le nottate in bianco passate a ballare.”
“Tu sarai sempre la mia famiglia, intesi? Sempre.”
E parlano così per tanto, davvero tanto tempo. Fino a quando le cose non sembrano andare un pochino meglio o, almeno, sono meno torbide. Fino a quanto tutte le loro domande non si sono depositate.
Lei chiedendo e lui rispondendo ai quesiti di entrambi, perché ci sono persone che semplicemente vivono in simbiosi, prima e dopo che qualcosa le scuota. Qualsiasi cosa.
Parlano così fino a quando entrambi si addormentano stretti e vicini, troppo deboli per rivivere il passato, ma forse sufficientemente forti per affrontare il futuro.
Perché ci sono traumi che non passano mai, cicatrici che restano davvero per sempre (e che quasi mai sono esterne), parole che danno i brividi e vuoti a forma di persone che non si potranno mai colmare. Ma per ogni trauma Allyson aveva trovato Harry e lui aveva trovato lei; per ogni cicatrice potevano contare nel trucco che l’altro poteva stendere per renderle, almeno agli occhi della gente, invisibili; per ogni parola da brividi avrebbero trovato un’intera canzone che li scaldasse a vicenda e per quanto riguarda i vuoti sarebbero semplicemente stati vicini ad ammirarne la forma, a tracciarne il contorno con le dita. E non c’era niente di più simile al vero amore che avrebbe potuto rompere la vetrata del bar che li divideva all’inizio, e non c’è niente di più simile al vero amore che possa tenerli insieme per sempre.
__
 
Niall guarda l’interno della vetrina ancora per qualche secondo prima di chiudere forte gli occhi, girarsi e riprendere a camminare. Vede le lucine che si muovono ovunque quando li riapre, quando consente alla gente che gli cammina veloce accanto di pensare un ‘wow’ guardandoli. Ricondurli al mare, o a quel cielo di quando erano giovani e liberi e lontani.
Sente che qualcosa lo attrae nuovamente verso la vetrina dalla quale sta cercando di scappare, il negozio che ha lasciato lo chiama ed è davvero difficile non starlo a sentire.
Devia per una stradina secondaria e si siede sugli scalini di una palazzina in mattoni scuri, inizia a muovere ritmicamente la gamba destra cercando invano di calmarsi.
Torna a chiudere gli occhi e appoggia la testa contro il portone in legno, canticchia una qualche melodia che passa nel suo cervello e che gli dà l’impressione di essere integro e fedele a se stesso.
Nei giorni come quello, in cui il sole bacia la pelle ma non è quello a fare caldo, vorrebbe tornare in Irlanda. Sarebbe andato, così, al bar di quel vecchietto così simpatico che diceva cose senza senso e che dava consigli belli da sentire ma indecifrabili.
Se si fosse seduto al suo bancone l’anziano signore, facendo penzolare il sigaro spento tra le labbra, avrebbe detto qualcosa come: “Molte volte i fiori più belli non sono ancora sbocciati, ma nulla ti vieta di prendere il seme e aspettare.”
E lui l’avrebbe guardato e per tanto, tanto tempo dopo avrebbe pensato alle sue parole.
Il ragazzo biondo sorride distratto al cielo di Londra e si alza, allunga il giro e ripassa davanti alla vetrina, continua a camminare in cerchio pensando a cosa deve fare.
Poi si ferma.
 
“Sei bellissima.”
“Sei un bugiardo.”
“Forse, ma tu rimani bellissima.”
Sarabeth gli sorride e due lievi fossette le si disegnano ai lati del viso. Lui le si stende accanto sul telo verde pastello che hanno steso per terra.
“Oggi pomeriggio ho letto qualche fan fiction su di te.”
Niall non si gira quando lei gli parla, si limita a fissare il cielo ora coperto da una lieve foschia. “Tutte ti vogliono felice. Nessuna parla di dolore, o sofferenza, o separazione.”
“E io ho te.”
Le risponde e Sarabeth sorride e gli dà un lieve bacio su una guancia. Gli si spinge più contro, ne sente il calore.
“In una finivi per sposarti con una ragazza che era perfetta. Amo quella storia.”
Niall si gira di scatto e chiude il pugno dentro la tasca della felpa. “Tu sei perfetta.” Continua a dire con il solito tono, cercando di non far trasparire quanto le parole della ragazza l’abbiano colpito. ‘nulla ti vieta di prendere il seme e aspettare’ si ripete mentalmente.
 
Niall si chiude la porta di casa alle spalle e per la prima volta estrae dalla tasca l’acquisto della giornata. La piccola scatola fa un rumore sordo e vellutato quando la appoggia sul tavolo, scatta facilmente sotto la pressione delle sue dita.
Quando si apre rivelando il sottile anello che contiene, Niall non può non sentirsi invadere da un’ondata di caldo improvviso.
Perché quella è la vita che vuole avere, lui e Sarabeth sempre e per sempre.
Si incanta a guardare il piccolo diamante. E se il per sempre non esiste, se è una cosa da fan fiction che a lei piacciono tanto, vorrà dire che saranno lui e Sarabeth finchè morte non li separi.

Chiude la scatola e la ripone al sicuro dentro ad un cassetto, il cuore che gli batte forte nel petto, e si promette di aspettare. I desideri più attesi hanno l’adempimento migliore.
Guardando fuori dalla finestra il cielo ormai scuro si ripete nuovamente la frase del vecchio barista e annuisce pensando che, ancora una volta, avrebb avuto ragione.
“Molte volte i fiori più belli non sono ancora sbocciati, ma nulla ti vieta di prendere il seme e aspettare.”
__
 
“Ciao.”
Quella voce. Quante volte l’ha sognata? Un brivido le scorre lungo la schiena e spalanca gli occhi dietro le mani che li coprono. Li sente umidi di lacrime che non vogliono essere di delusione, di illusione.
Da quando è andata via le è capitato troppe volte di vederlo passare per le strade, di sentire la sua voce a scuola, di sentire il suo tocco sui fianchi, di crederlo lì accanto a lei per poi riscuotersi e trovarsi nuovamente sola. Al freddo.
Le è capitato troppe volte, tante volte, di tornare a casa e cercare la sua orma sul cuscino, sentire il suo profumo nell’aria, di non trovare nulla e sentirsi nuda, spogliata di tutto.
E nulla ha più senso.
Ora respira piano e cerca di concentrarsi su ogni cellula del viso che è a contatto con le mani calde e grandi che le coprono la vista, si impegna per trattenere la sensazione che dà il contatto pelle contro pelle nel caso anche questa volta fosse solo un suo sogno.
Poi le mani si aprono e il sole le brucia negli occhi, la visuale compromessa per qualche minuto.
Si gira lentamente in direzione della voce e trattiene il respiro.
Ed è lui, è davvero lui. Il suo sorriso storto con la lingua tra i denti, i capelli sacrificati sotto ad un cappello in lana grigia e azzurra, gli occhi profondi e scuri che la guardano ridendo.
“Zayn.” È l’unica cosa che riesce a dire prima che la gola le si riempia di lacrime.
È lì, con lei. Così lontano da quella che è la sua casa, così nuovamente vicino a lei.
La voce di Miriam risuona ancora nell’aria tra loro quando il ragazzo annulla la distanza che li divide e la bacia. Ed è un bacio che sa di distanza, di mancanze, di nostalgia e di vuoto. E sa di cuori che scoppiano e fuochi d’artificio, di zucchero e abbracci nuovi.
“Cosa ci fai qui?”
“Senza ossigeno non si vive.” E non le confessa, passandole le mani sul viso come per riconfermare che ciò che aveva sognato tutte le notti era reale, che quella frase se l’è preparata nel volo di dodici ore che l’ha portato lì.
“Non andartene mai più, Miriam.” Le dice stringendola a sé così forte che le nocche gli diventano bianche e la gola gli si secca. Parla con voce impastata dalle lacrime che non vuole versare. “Non lasciarmi mai più.”
La ragazza gli si abbandona contro il petto e ne respira nuovamente l’odore, così tanto più materiale delle sue ormai solite visioni che fa male.

“Dimmi che mi amerai sempre.”
“Ti amerò sempre.” Gli ripete lei poco dopo, seduti su una panchina a caso, in una strada a caso, perché non è il luogo che conta.
“Dimmi che amerai solo me, e che nessun ragazzo di qui potrà mai farti cambiare idea.”
“Sai che è così.” Fa un grande respiro e torna ad appoggiare la testa sulla sua spalla. Quel calore di cui ha avuto così bisogno che nuovamente la riempie.
“E tu dimmi che mi aspetterai, che resisterai anche se sono qui. Dimmi che non mi dimenticherai e che continuerai a sognare un futuro con me.” Torna nuovamente a piangere verso la fine della frase.
Perché tutto davanti a loro sembra incerto e offuscato, ma qualcosa nello stomaco la sprona ad andare avanti, a non arrendersi. Perché il tempo passa veloci, se solo lo si lascia scorrere, se solo si distoglie l’occhio dall’orologio le lancette corrono.
E forse per la prima volta nella sua vita Miriam ringrazia che sia così.
__
 
Liam esce dal bar dove Allyson è tornata a lavorare e dove dove ha accompagnato Harry quella mattina. Esce dal bar e stringe le mani attorno al bicchiere di caffè caldo.
Deve ricostruirsi, riplasmarsi, tornare a respirare.
Madison ha lasciato la propria impronta sul suo petto, la sagoma della sua mano posta accanto al cuore. E ha lasciato un sacco di immagini che non smettono di passargli davanti agli occhi, ha lasciato la sua risata che lo culla ancora la sera.
Ma ha lasciato disperazione e terra bruciata, ha lasciato dolore e lacrime piante contro ad un cuscino. Ha lasciato un vuoto che sembra così enormemente grande e così fermamente incolmabile che lo spaventa.
Lo spaventa davvero il fatto di aver sofferto e di stare soffrendo, lo spaventano le proprie lacrime che lo colgono impreparato, ormai estraneo ai propri sentimenti, come se li avesse gettati ai piedi di quell’albero che aveva preso a pugni, arrabbiato, quell’ultima sera.
L’ultima sera in cui avesse il ricordo di un battito nel petto, l’ultima sera prima della sua discesa nell’apatia.
Deve scuotersi e tornare ad urlare, a cantare con passione, a credere nei propri sogni.
Magari deve finire quel puzzle che tiene sotto al letto e di cui ha già completato tutto il bordo e sicuramente perso qualche pezzo fondamentale per l’intreccio. L’occhio della bambina sulla destra, metà del sorriso della vecchietta sullo sfondo.
È ancora immerso nei suoi pensieri quando passa davanti ad una casetta di un insolito color pesca e va a sbattere contro la ragazza che ne è appena uscita.
È sicuro che la colpa non sia sua ma ad ogni modo è suo il caffè che ora gocciola dal trench beige della ragazza che gli sgrana gli occhi grandi e scuri davanti.
Come la recita di una vecchia poesia che si conosce a memoria Liam si prepara per srotolare la sua infinita serie di scuse, ma la voce cristallina della ragazza lo blocca.
Ride. Si è messa a ridere dopo aver guardato i propri vestiti forse irrimediabilmente compromessi e la faccia del ragazzo che le ha versato tutto addosso prima inespressiva poi come risvegliata.
Ride e Liam sente uno strano caldo alle punte delle dita.
“Senti, mi dispiace davvero.” Attacca a dire lui quando la risata della ragazza si smorza leggermente. Ed è vero dispiacere quello che prova?
“Volevo buttarlo, non ti preoccupare.” Gli risponde lei alludendo al trench, le guance rosse per la risata e gli occhi luminosi.
“A me piaceva.” Confessa lui sorridendo leggermente. È vera attrazione quella che prova?
“Se vuoi un giorno te lo presto.”
Ridono un poco assieme e Liam riscopre fremiti che non ricordava. È vera allegria, questa?
O sono solo tutte immagini distorte che la sua mente gli manda per combattere l’evidente stato di solitudine e isolamento in cui la delusione l’ha fatto chiudere?
“Potremmo discutere dei dettagli a colazione. Il tuo bel cappotto si è appena mangiato la mia.” Le risponde e lei non smette di sorridere.
“È per caso la scena di un film, questa?” chiede la ragazza dai grandi occhi alzando un poco le spalle e guardandosi velocemente in torno in cerca delle telecamere.
“Ha per caso importanza?” le sorride Liam ponendo il primo pezzo per il completamento del nuovo puzzle che ora ha deciso di ricomporre dopo il pugno all’albero: se stesso.
__
 
Liam, Harry, Niall, Louis e Zayn stanno seduti in silenzio dentro al piccolo pullman che li porterà in una nuova città dove potranno urlare al cielo quanto sono felici, o tristi, o incompleti, o soli, o distrutti, o stanchi. Dove potranno cantare quanto sono vivi.
Ognuno è immerso nei propri pensieri, ognuno sente gli altri che fremono piano, che respirano ciò che la vita ha preparato per loro.
E non c’è spazio per la disperazione, o il dolore, o la malinconia accanto a quei visi ormai così noti e familiari. Ognuno le cova dentro di sé, le rinchiude in un piccolo scompartimento buio dentro al proprio cervello per evitare di farcisi divorare.
Liam, Harry, Niall, Louis e Zayn stanno seduti in silenzio dentro al piccolo pullman che li porterà in una nuova città e, lo sanno, ognuno sta pensando esattamente alla stessa cosa: davanti al futuro che gli sorride per poi distruggerli, davanti alle lacrime e al dolore, c’è solo una cosa che possono fare, qualcosa che possono ripetersi mentalmente o che possono far vibrare nell’aria e che avrà sempre la solita, azzeccata conseguenza. Davanti al futuro che li nomina casualmente vincitori o vinti, prede o cacciatori, rimangono loro solo quelle due parole.
 
Inspira. Espira.
 
 



Ciao a tutti, questo è il capolinea.
Mi scuso enormemente per il ritardo assurdo, ma un po’ non avevo ispirazione, un po’ sono stata molto impegnata e un po’, probabilmente, non volevo staccarmi definitivamente da questa storia. Ma tutte le cose belle prima o poi finiscono e io voglio davvero ringraziare tutti, dal primo all’ultimo che ha posato gli occhi sulle mie parole.
Voglio ringraziare chi ha recensito e chi ha letto in silenzio, chi recensirà magari in futuro.
Voglio ringraziare tutti per le belle parole e per il sostegno che forse non sapete di avermi dato.
Tornerò presto con una nuova storia, Word ha un’influenza troppo grande su di me per tenermi lontana molto tempo. E chissà, magari, se vi interesserà, ci rivedremo anche là.
Ancora grazie.
Giulia.
xx

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=925761