Everything's gonna be alright...

di Kitsune911
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 15: *** Capitolo quindici ***
Capitolo 16: *** Leggete, è importante!!!!! ***



Capitolo 1
*** capitolo uno ***


Non so cosa dire su questa fanfiction, se non che avrà circa sei capitoli, perciò il primo non è altro che “la quiete prima della tempesta”, diciamo così… Che poi… si dice così?? Spero che ormai voi lettori siate abituati ai miei scleri pre e post fanfiction, se no temo di avervi già spaventato abbastanza. Leggete e ricordatevi che i commenti sono sempre ben accetti, anche le critiche, basta che siano costruttive! Ci si vede alla fine del capitolo! ;)

 

 

 

La noia era una brutta cosa, David ormai lo sapeva bene. Il tour era appena finito, non stavano ancora lavorando al nuovo CD e di stare tutto il giorno a fare niente come gli altri lui proprio non ne voleva sapere.

Aveva suonato un po’ il suo basso, ma i soliti spartiti ormai l’avevano stufato. Aveva cercato di coinvolgere Pierre in qualche attività divertente, ma il cantante si era rifiutato di fare qualunque cosa comportasse il suo allontanamento dal divano. E David, un po’ per noia e un po’ anche per curiosità, si era ritrovato a fare ciò che aveva promesso a se stesso di non fare mai più. Aveva cercato “Hott Baguettes” su Google e si era messo a leggere delle fanfiction. L’ultima volta che ci aveva provato era rimasto talmente traumatizzato da non riuscire a guardare Pierre negli occhi una settimana senza vergognarsi per cose che, in realtà, loro non avevano mai fatto. Anche quel giorno di qualche anno dopo David si ritrovò a chiudere in fretta la pagina che stava leggendo –il rating rosso era ancora troppo per lui- e a chiedersi da dove diavolo traessero ispirazione per scrivere quelle cose. Cercò delle immagini di lui e Pierre e tutto ciò che trovò furono sorrisi, sguardi, qualche abbraccio e parecchi giochetti idioti fatti sul palco. Se poi dietro a questo le fan vedessero tutt’altro non era un problema suo, no?

Spense il computer e raggiunse il divano, che ospitava Seb e Pierre da due giorni ormai. Dicevano di essere stanchi, ma chi volevano prendere in giro? Avevano fatto lo stesso tour che aveva fatto lui, e lui non era mica stanco! Senza neanche più provare a farli alzare, si sdraiò letteralmente sopra a Pierre, che era così abituato ad avere addosso il bassista che quasi non ci fece neanche caso.

“Pieeee”, piagnucolò. “Dicono che stiamo insieme!”

Il cantante si mise a ridacchiare.

“Sì, tesoro, lo dicono da anni”

“Ma perché? Dai, non possono prendere sul serio quello che facciamo nei concerti o nelle interviste!”
Seb, che fino a quel momento li aveva osservati dall’altra parte del divano, intervenne, confuso.

“Ma come, io pensavo che lo faceste apposta per provocare i fan! E ora ti lamenti?”

“Sì! Cioè, no! Non è che lo facciamo per provocarli, lo facciamo perché ci va di farlo! Sono loro che ci vedono sotto cose strane!”

“Non ti ha mai dato fastidio fino ad ora, mi sembra…”

“Ma Seb, devi vedere le cose che scrivono, fanno paura!”

Pierre scoppiò a ridere, facendo sobbalzare David, sopra di lui.

“Nooo, non dirmi che sei andato ancora a leggerti le fanfiction!?”

il bassista arrossì. Sapeva che non doveva farlo, lo sapeva!!

“Mi annoiavo!!”

“Beh, l’ultima volta non riuscivi neanche a guardarmi in faccia e ora mi stai sopra… fai progressi, eh?! Non vorrai mica mettere in pratica quello che hai letto?”

Pierre gli scompigliò i capelli, continuando a ridere. Dave nascose il viso contro la sua spalla, mugugnando un “No…”

“E poi… fanno paura? Ti scandalizzi per così poco?”

David lo guardò male.

“Sai benissimo che non è così, Bouvier…”

Gli disse con un tono provocante, prima di dargli un bacio sulle labbra.

Seb li guardò incredulo.

“E poi vi lamentate dei pettegolezzi su di voi…”
”Ma qui ora non ci sono fan, Sebby. E poi stiamo giocando, come al solito, vero Davey?”

“Mmmh mmmh”

“Beh, in ogni caso il fatto che vi sdraiate uno sull’altro come se niente fosse, vi chiamate con nomignoli e vi baciate a me sembra strano… Senza contare il fatto che Pierre sta accarezzando ogni parte del tuo corpo che riesce a raggiungere, eh, Dave? Ma se secondo voi è un gioco…

Io continuo ad aspettare l’invito al vostro matrimonio. E non fate figli senza dirmelo, mi raccomando!”

Detto questo Seb si alzò e se ne andò, lasciando gli altri due senza parole.

“Ma… pensa che stiamo insieme?!”

“Ah, non lo so Pie… Pare che lo pensino un po’ tutti…”
Si guardarono un attimo, poi David scese da Pierre e gli si sdraiò accanto, appoggiando la testa sulla sua spalla e un braccio sul suo petto. Pierre portò la sua mano su quella del bassista, accarezzandola con lenti movimenti del pollice.

Rimasero lì in silenzio, pensando a loro due, a come il loro rapporto fosse diventato sempre più profondo nel corso degli anni, a come un “ti voglio bene” distratto si fosse trasformato in un abbraccio, poi in un bacio innocente e poi all’essere sempre uno appiccicato all’altro.

Ormai neanche Seb, Jeff e Chuck credevano che tra loro fosse tutto normale. Iniziavano a pensare che l’Hott Baguettes fosse più reale di quanto sembrasse, che fossero davvero una coppia ma non volessero dirlo. O che forse neanche loro se ne rendessero conto.

Solo l’amore poteva spiegare tutto.

Solo per amore ora David stava baciando Pierre, sperando che anche lui fosse giunto alla stessa conclusione, che non lo respingesse e che tra loro non si rovinasse niente.

Ma Pierre era solo stato battuto sul tempo. Aveva deciso che avrebbe baciato Dave a costo di prendersi un pugno in faccia, o di essere respinto o di rovinare tutto. Ma non aveva fatto in tempo a girarsi verso di lui che già stava ricambiando il suo bacio. Si staccarono solo quando i polmoni cominciarono a bruciare per la mancanza di ossigeno. Si guardarono negli occhi, sorridendo felici per aver capito che tutti gli altri avevano ragione. Stettero lì sul divano, senza riuscire a tenere le mani lontane dal corpo dell’altro, senza interrompere un bacio fin quando erano sul punto di soffocare.

Ma durante l’ennesimo bacio furono disturbati da un trillo fastidioso.

Lanciando uno sguardo di scuse a Pierre, David rispose al cellulare. Era sua sorella Julie.

“Cosa vuoi?”

“Ma come sei carino, fratellino. Io sto bene, grazie! E tu?”

“Jul, dai… perché mi hai chiamato?”

“Perché dovevi essere qui mezz’ora fa, forse?”

“Oh, merda, scusa!! Me ne ero dimenticato. Mezz’ora e sono lì, ok? Ciao”

Chiuse la chiamata e diede un bacio veloce a Pierre, scusandosi per dover andare via proprio in quel momento.

“Un paio d’ore e ricominciamo da capo…”

Prese le chiavi della macchina e uscì.

 

 

 

“Seb? Ho paura che sia successo qualcosa a David”
”Ma non era lì con te?”

“Sì, ma è uscito per andare da sua sorella. Mi aveva detto che ci avrebbe messo un paio d’ore, ne sono già passate 3 e non è ancora tornato. Sto andando nel panico, l’ho chiamato almeno 10 volte, ma non risponde!”

“Pierre, stai calmo, sono sicuro che arriverà a momenti , ok?”

“Ok…”

Ma quando poco dopo Julie lo chiamò sul cellulare, Pierre sentì che non erano buone notizie.

 

 

 

 

Fine primo capitolo. David ha davvero una sorella più grande che si chiama Julie, perciò ho usato lei come personaggio. U___U

E niente… Non siete curiosi di sapere cosa è successo al povero Dave?? Al prossimo concerto bisognerà che mi scusi con lui, perché lo sto gufando parecchio… O.o

A presto con un nuovo capitolo! Intanto fatemi sapere se vale la pena continuare o no… XD

(Credetemi, io ci provo a scrivere capitoli lunghissimiii, ma escono sempre più corti... uffa, mi arrendo... spero vadano bene anche così....)

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Ecco il secondo capitolo! Ho voluto sperimentare un po’, perciò ho usato il tempo presente per parlare di David, come se fosse un flashback, ispirandomi anche ad Untitled. Spero che vi piaccia come idea, perché ho fatto lo stesso anche nel 5° capitolo, tutto incentrato su Dave come questo. Buona lettura, recensite in tanti!! J

 

 

 

POV David

 

Apro gli occhi, cerco di vedere qualcosa ma è tutto buio. Cerco di capire dove sono, di ricordare come ho fatto a finire qui, ma non ricordo niente. Cerco di muovermi, ma qualcosa me lo impedisce. Vorrei urlare, ma non ho abbastanza aria nei polmoni.

Cerco di non farmi prendere dal panico, mi sforzo di ricordare.

I chiari di un’auto.

C’era un’auto che veniva contro di me. Ora mi ricordo di aver sterzato per evitarla. Devo esser finito fuori strada…

Quindi mi trovo in una macchina… e non riesco a muovermi per via delle lamiere, non perché io sia paralizzato. Mi sforzo di muovere la testa nonostante il dolore. Guardò il mio corpo e vedo del sangue, ma non riesco a capire da dove venga. Mi sento sempre più debole, lotto per rimanere sveglio. Devo chiamare qualcuno, far sapere cosa è successo. Cerco di prendere il telefono, ma il dolore mi annebbia la vista.

Mi viene in mente mia sorella; le ho detto che l’avrei chiamata appena arrivato a casa. Ormai mi starà cercando.

E Pierre. Pierre… Gli ho detto che sarei stato via solo un paio d’ore, anche lui sarà preoccupato…

Mi ricordo di questo pomeriggio trascorso con lui, delle ore passate a baciarci come due ragazzini. Vorrei tanto tornare indietro, vorrei non essere mai uscito di casa, ma ormai è tardi…

Stava andando tutto bene con la band, con Pierre…

Com’è potuto succedere proprio a me? Perché proprio in questo momento?

Sento nella testa le note di Untitled e quasi mi viene da ridere. Canzone adatta, non c’è che dire…

Ora capisco i fan quando dicono che i Simple Plan hanno una canzone adatta a ogni situazione. Quando sei al buio, in mezzo al nulla e non sai se uscirai vivo dalle lamiere della tua macchina, non c’è niente di meglio di quella canzone per darti speranza.

Ma se riesco a fare del sarcasmo non starò poi tanto male, no?

Cerco di autoconvincermene, anche se il dolore è sempre più forte, anche se il sangue ormai ha inzuppato i vestiti.

Decido di provare ad aggrapparmi ai momenti in cui tutto andava bene, come canta Pierre nella canzone. Ripenso ancora a quel pomeriggio, a come avrei voluto non finisse mai.

Non posso fare a meno di ridere, più per lo stato di shock in cui mi trovo che perché la situazione sia effettivamente divertente.

Ho passato il pomeriggio più bello della mia vita e poi ho avuto un incidente. Ho finalmente capito cosa provo per Pierre e forse non lo rivedrò mai più…

La vita è proprio bastarda, a volte. Ti fa toccare il cielo con un dito e poi ti sbatte giù, con violenza, ridendo, prendendoti per il culo perché ti sei fidato di lei.

Chissà ora Pierre cosa sta facendo… Se ha paura che mi sia successo qualcosa o se in uno dei suoi film mentali è andato a pensare che io sia scappato, per paura di aver fatto un errore.

E Seb… Se soppravviverò gli invierò un invito al matrimonio. Per scherzo, solo per vederlo ridere, perché quando ride Sebby sembra un bambino a cui hai appena dato un sacchetto di caramelle.

Jeff… se lo rivedessi la smetterei di prenderlo in giro per la sua testa pelata. Già me lo immagino che arriva in ospedale, mi abbraccia, mi dice che l’ho fatto spaventare e poi continua a trattarmi come un bambino finchè non mi riprendo del tutto dall’incidente.

E Chuck… Chuck manterrebbe le distanze, come sempre. Si preoccuperebbe, ma cercherebbe di non darlo a vedere. Gli direi che è un batterista fantastico. Non gliel’ho mai detto…

A nessuno di loro ho mai detto quanto io li consideri bravi, quanto siano importanti per me, quanto voglia loro bene.

Avrei dovuto farlo quando ero ancora in tempo.

La notte va avanti, mentre io sto svanendo.

Chiudo gli occhi e rivivo i momenti trascorsi con la mia band. I concerti, i tour… Ora so che non cambierei niente della mia vita con loro, ma non posso fare in modo che loro lo sappiano.

Riapro gli occhi, cerco di lottare, per loro, per i fan, per la mia famiglia… ma sono stanco…

Richiudo ancora gli occhi.

 

Mi arrendo. 

 

 

 

David non vede i fari di un’ambulanza che lo illuminano, né ne sente le sirene. Non sente le voci dei paramedici e non si accorge che lo spostano sul veicolo. Le scariche elettriche che gli attraversano il corpo non gli causano alcun dolore. Non si accorge neanche dei nuovi battiti che tornano ad animare il suo cuore.

Lenti e irregolari, ma pur sempre battiti.

Ricomincia a lottare.

 

 

 

 

 

 

 

 

Questo capitolo è il più corto, gli altri saranno più lunghi, promesso!! Non volevo far durare più di tanto l’agonia di David, povero cucciolo…

Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo! A presto! <3

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


Ecco anche il terzo capitolo! Vi informo che ho finito di scrivere il sesto e ho ancora taaante cose da scrivere, quindi sarà più lunga del previsto  ^___^ (Mi sembra di sentirvi che gridate “noooo, fate finire questa storia orrendaaa!!” ma vi ignorerò XD)

Buona lettura!! Se volete farmi sapere cosa ne pensate io ne sarò felicissima!

 

 

 

 

“Pierre, ascolta… David ha avuto un incidente, è in ospedale. Vieni subito”

Pierre lasciò cadere a terra il telefono. Rimase immobile, la testa gli girava, le mani tremavano, gli mancava il respiro. Le parole della sorella di David continuavano a ripetersi all’infinito nella sua mente, insieme ad una semplice domanda: perché?

Perché non era successo a lui? Perché proprio a Dave? Perché proprio in quel momento in cui tutto sembrava andare bene?

Era spevantato come non lo era mai stato in vita sua. Perché non gli aveva detto come stava? L’unica cosa che voleva sentire era “sta bene”, “si riprenderà”, “non preoccuparti” e invece aveva sentito solo il tono disperato di Julie, le lacrime nella sua voce e la paura. Per un attimo pensò che David fosse morto. Scacciò in fretta quel pensiero. No. David non era morto. Non poteva essere morto. Glielo avrebbe detto, non avrebbe avuto senso rimandare fino al suo arrivo in ospedale. Era grave, quello l’aveva capito, ma era vivo. O no?

Sentì lo squillo del suo cellulare, ma non ebbe la forza di rispondere. Aveva paura. Aveva il terrore che fosse Julie a chiamarlo per dirgli che ormai era tardi, di non disturbarsi neanche a raggiungerla. Il telefono squillò ancora e ancora, finchè non si decise a rispondere. Era Seb.

“Pierre? Pierre, ci sei?”

“Seb, David ha avuto un incidente, mi ha appena chiamato sua sorella, Penso sia grave, sto per andare in ospedale… vieni?”

Seb rimase paralizzato. Cercò di dire qualcosa, ma le parole non uscivano. Stringeva la cornetta del telefono così forte da farsi male alla mano. Pierre sentiva il respiro rotto dell’amico dall’altro capo del telefono. Capiva la sua reazione, sapeva a cosa stava pensando.

“Passo a prenderti tra 5 minuti”

Chiuse la chiamata, prese le chiavi della macchina e si diresse verso la casa del chitarrista. Seb rimase fermo ad ascoltare lo squillo regolare del telefono. Cercò di fare dei respiri profondi per calmarsi, ma non poteva fare a meno di pensare a David, a quel ragazzo pieno di vita che ora era in un letto d’ospedale. Non sapeva neanche cosa avesse. Si sarebbe ripreso? Sarebbe stato ancora lo stesso? Sarebbe sopravvissuto?

In quel momento non poteva saperlo, così come non lo sapeva Pierre.

Pochi minuti dopo, la macchina del cantante si fermò davanti a casa sua. Seb uscì, era buio, nonostante non fosse tardi. Salì in auto e i due si guardarono, senza parlare, sconvolti da ciò che stava succedendo. Cercarono di raggiungere l’ospedale il prima possibile.

 

 

Intanto Julie era nella sala d’aspetto.

Aveva detto a David di chiamarla una volta arrivato a casa e lui si era messo a ridere e l’aveva presa in giro: “da quando ti preoccupi per me, sorella?”. E lei gli aveva detto di non fare lo stupido e aveva insistito che la chiamasse. Avrebbe dovuto rispondergli che si era sempre preoccupata per lui, molto più di quanto desse a vedere. Ogni volta che usciva di casa quando era ancora un bambino si preoccupava. Ogni volta che suonava il telefono e lui non era con lei si preoccupava. Ogni volta che partiva per un tour non vedeva l’ora che tornasse per sapere che era al sicuro e non più in giro chissà dove per il mondo.

Ma non gli aveva detto niente di tutto questo mentre lui chiudeva la porta dietro di sé e se ne andava. Non gli aveva detto neanche quanto bene gli volesse e lui ora rischiava di morire senza saperlo.

Avevano parlato un po’ quel giorno. David le aveva raccontato del tour, di come la band diventasse sempre più famosa e lei era stata contenta di vedere le scintille nei suoi occhi, esattamente come agli esordi. Dave aveva anche accennato qualcosa su Pierre, ma non era sceso nei dettagli, anche se sapeva di avere il suo sostegno in ogni situazione.
Poi aveva visto che si era fatto tardi e se ne era andato. Era passata mezz’ora, 45 minuti, poi un’ora, e lei non si era preoccupata più di tanto del fatto che non chiamasse.

Julie sospirò e si mise a fare avanti e indietro nella sala vuota, aspettando che i dottori venissero a dirle come stava il fratello.

 

 

Pierre e Seb arrivarono in ospedale, scesero dalla macchina senza preoccuparsi di parcheggiarla decentemente e si precipitarono dentro. Attraversarono un lungo corridoio per arrivare alla sala d’aspetto, guardandosi intorno come se David potesse uscire da una qualsiasi di quelle porte.

Quando videro Julie, la ragazza corse loro incontro e li abbracciò, trattenendo a stento le lacrime.

“Jul, ti prego, dicci che sta bene!”

Ma dal suo sguardo capirono che non era così.

“E’ in sala operatoria ora… stanno cercando di fermare l’emorragia interna, ma era piuttosto estesa e…poi ha subito un trauma cranico, ha un po’ di ferite in tutto il corpo… Ragazzi… il suo cuore si è fermato mentre lo soccorrevano. Sono riusciti a rianimarlo, ma il cervello è rimasto senza ossigeno qualche secondo e c’è la possibilità che abbia subìto danni cerebrali.

Ma in ogni caso, se esce vivo da quella sala, qualunque altra cosa non sarà niente…”

Pierre annuì. L’unica cosa importante al momento era che il suo migliore amico sopravvivesse all’operazione. A tutto il resto avrebbero pensato dopo.

“Quanto dobbiamo aspettare ancora?”

“Almeno un paio d’ore, credo…”

Seb spalancò gli occhi.

“Ma tu sei un’infermiera, non puoi sapere qualcosa prima?”

“No, non lavoro qui, non mi dicono niente.”

“Allora non ci resta che aspettare?”

“Già… in ogni caso provo a chiedere a qualcuno, non si sa mai…”

Julie si allontanò, mentre gli altri due rimaserò lì in silenzio, aspettando notizie, sperando che la fortuna girasse dalla loro parte almeno per quella notte. Si dissero che David era forte e ce l’avrebbe fatta di sicuro. Cercavano di calmarsi l’un l’altro, perché la paura non aiutava nessuno.

“Non abbiamo detto niente agli altri…”

“Penso sia meglio aspettare che esca dalla sala operatoria…”

“E se…”

“No Seb! Niente ‘e se’ perché David uscirà da quella dannata sala VIVO! Lui soppravviverà perché sa che senza di lui io non posso vivere. Sopravviverà per la sua band, per la sua famiglia, per i suoi fan, perché lui ama la vita e non è ancora pronto a lasciarla!”

Pierre smise di urlare e scoppiò a piangere, lasciando cadere le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento.

“Hey, vieni qui… ssshhh…”

Seb lo abbracciò, cercando di dargli lo stesso conforto di cui aveva bisogno anche lui. Continuò a tenere stretto il cantante finchè non smise di signhiozzare.

 

 

Julie passò per l’ennesima volta davanti al banco delle infermiere, senza riuscire a trovarne una.

“Se facessi così io dove lavoro mi avrebbero già licenziata…”

Decise di aspettare lì, pensando che forse Pierre e Seb avessero bisogno di essere lasciati un po’ soli.

Era la prima volta che si trovava ad essere la persona che aspetta notizie, di solito era lei a darle ai parenti dei pazienti. Aveva visto tanta gente passare per la sala d’aspetto… Gente tranquilla che aspettava l’esito di una semplice operazione di routine, gente preoccupata che non sapeva cosa aspettarsi, gente disperata che ormai non aveva più niente da sperare. Ora si chiedeva a che gruppo appartenesse lei…

Mentre era persa nei suoi pensieri, vide un’infermiera passarle davanti.

“Mi scusi, sa dirmi qualcosa sull’intervento di mio fratello? E’ in sala operatoria da ore ormai e nessuno mi dice niente…”

“Guardi, sta arrivando il medico che l’ha operato, le dirà tutto lui”

“Ok, grazie…”

Sbirciò nel corridoio e diede un’occhiata al dottore. Tirò un sospiro di sollievo. Quella non era la faccia di un chirurgo che aveva appena perso un paziente, decisamente no.

Quando la raggiunse il medico le sorrise.

“Salve, sono il Dottor Armstrong, lei è parente di David?”

“Sono la sorella”

“Bene, allora… Quando è arrivato sembrava in condizioni disperate. Aveva avuto un arresto sull’ambulanza e i paramedici avevano fatto fatica a rianimarlo. Ma…” Il sorriso del chirurgo si allargò pronunciando quella parola “ Ma è giovane e, contro ogni aspettativa, il suo fisico ha reagito molto bene all’intervento. Siamo riusciti a fermare l’emorragia prima che facesse danni irreparabili. Ora lo teniamo in coma farmacologico per qualche settimana per scongiurare la possibilità di danni al cervello o ad altri organi e per fare in modo che si riprenda dall’operazione. Poi lo togliamo dal coma e vediamo come sta. In ogni caso sono molto fiducioso per una completa guarigione in tempi relativamente brevi… suo fratello è stato molto fortunato! Può vederlo se vuole, è nella sua stanza.”

Julie ascoltò tutto ciò che il medico le disse cercando di non mettersi a urlare o saltare per la gioia, poi non riuscì più a trattenersi e lo abbracciò, senza trovare le parole per ringraziarlo.

Corse subito a dare la buona notizia a Pierre e Seb.

Quando i ragazzi la videro arrivare sorridendo, scaricarono la tensione con una risata, prima di abbracciarla.

“Sta bene? Sta bene!?!”

“Sì, l’intervento è finito ed è andato bene, Il dottore pensa che non ci siano danni rilevanti, ma lo tengono in coma per un po’, per esserne più sicuri”

“Ma non è proprio un coma, vero? Si sveglierà e starà bene…”

“Sì, è un coma indotto dai farmaci, possono svegliarlo in qualsiasi momento. Serve solo a farlo riprendere dall’incidente e dall’operazione, poi starà bene! Possiamo andare da lui se volete. Non spaventatevi però, magari ci saranno macchine, tubi e fili vari…”

“Chissenefrega, l’importante è che starà bene! Tutto il resto è solo un passaggio!”

I tre, euforici, si diressero verso la camera di David.

 

 

 

Mi è uscito un capitolo di una lunghezza decente, ditemi che non è un sogno?!?!

Io non sono un medico (ç___ç anche se vorrei tanto!) perciò avrò scritto di sicuro qualche castroneria e negli altri capitoli anche peggio… Se c’è qualcuno che si intende di medicina qui… chiedo umilmente perdono!! XD A presto! <3

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***


Siccome le mie affezionatissime recensitrici (?) hanno già letto il terzo capitolo e io ho già pronto il quarto… non vedo perché farle aspettare!! Ma non fateci l’abitudine! XD

Questo capitolo lo dedico a voi (non perché abbia qualcosa di speciale, anzi…forse giusto un po’ di Hott Baguettes) EleRigoletto e _inlovewithSP che ogni capitolo mi date il vostro sostegno!! Grazie!! <3

 

 

 

 

Si accorsero in fretta che il reparto di rianimazione non era uno dei più allegri dell’ospedale. I corridoi erano lunghi e bui, dalle stanze non proveniva alcun rumore.

“Non c’è anima viva qui dentro…” sussurrò Pierre, quasi spaventato da quel clima lugubre.

“Pierre! Sono tutti vivi!” lo riprese Seb.

“Sì sì lo so! Non intendevo quello! Dicevo solo che è troppo buio e silenzioso, fa paura…”

“Aspetta che si svegli Dave, poi vediamo se sarà ancora silenzioso”, intervenne Julie, facendo ridere tutti.

Arrivarono alla camera del bassista, senza sapere cosa aspettarsi. Si avvicinarono al letto. Dave era pallido e immobile, oltre ai tubi dell’ossigeno e della flebo aveva una fasciatura al polso sinistro e qualche taglio e livido qua e la, ma per il resto stava bene, almeno esteriormente.

Pierre sorrise e gli accarezzò i capelli.

“Hey, non stai tanto male, no? Mi hai spaventato a morte…”

Lasciò che anche Seb e Julie lo salutassero, poi avvicinò al letto una delle poltrone che erano nella stanza e rimase lì vicino a David.

“Chiamo gli altri?”, si offrì Seb.

Pierre ci pensò un attimo. In fondo Dave non era più in pericolo di vita, avrebbe potuto evitare di disturbarli di notte.

“No… aspettiamo domani mattina, è inutile spaventarli ora”.

Seb annuì.

“Ma ci sono orari di visita?”

Guardò Julie, che corse subito a chiederlo a un’infermiera bionda che passava di lì.

“Mi scusi, vorremmo sapere se ci sono degli orari da rispettare per venire dai pazienti…”

Ovviamente, essendo lei stessa infermiera, lo sapeva bene, ma sperava di ottenere qualcosa facendo la finta tonta. E poi erano due ospedali diverse, magari le regole cambiavano, chissà…

“Certamente, l’orario è dalle 16 alle 18 e nelle stanze si entra uno alla volta. È un reparto di gente che ha bisogno di silenzio e tranquillità e non ho idea di come facciate a essere ancora qui a quest’ora, ma dovete andarvene subito!”

“Il Dottor Armstrong ci ha permesso di restare e, mi creda, silenzio e tranquillità sono l’ultima cosa di cui mio fratello ha bisogno.”

L’infermiera la guardò dall’alto in basso e poi le disse sprezzante che per permessi speciali avrebbero dovuto chiedere direttamente al medico.

Julie ritornò nella stanza con un’espressione omicida.

“Miss Simpatia ha detto che ‘per permessi speciali dovete chiedere al dottore, io non ne voglio sapere niente!’” imitò la voce antipatica dell’infermiera con cui aveva appena parlato.

“Quindi vado a cercare il dottore…”

Si avviò per il corridoio semi buio, sperando di non perdersi e di trovare chi stava cercando. Dopo 10 minuti che girava a vuoto decise di ritornare dal fratello e –colpo di fortuna 2.0- si ritrovò lì il dottore.

“Signorina Desrosiers, ero giusto venuto a controllare suo fratello e a informarvi sulle sue condizioni!”

Diede un’occhiata ai valori scritti sui macchinari e si assicurò che David fosse incosciente.

“Bene, è stabile e se nei prossimi giorni ci saranno dei miglioramenti possiamo farlo uscire dal coma prima del previsto. È un ragazzo molto forte, eh?”

Pierre annuì. “Sì, è pieno di energie, sempre felice… non si arrende davanti a niente. L’unica cosa è che non sarà tanto contento di quella fasciatura, quella mano gli serve per suonare… cosa si è fatto?”

“Oh, giusto, aveva una ferita piuttosto profonda che ha reciso una vena. Gli ho dato una decina di punti, ma si rimarginerà in un mesetto o poco più… Cosa suona, se posso saperlo?”

“Il basso, abbiamo una band, i Simple Plan.”

Il dottore sorrise sorpreso.

“Ecco dove vi avevo già visti! Mia figlia è una vostra grande fan, mi parla di voi in continuazione!”

Seb e Pierre furono molto felici di saperlo e pensarono di usare la cosa a loro favore.

“Le diamo i biglietti di tutti i concerti che vuole se ci fa restare qui quanto vogliamo!”

Il dottor Armstrong scoppiò a ridere, mentre Julie penso di spiegare.

“Vede, mio fratello ha bisogno di avere sempre i suoi amici accanto… Non gli piace il silenzio, è un casinista! Penso che guarirebbe più in fretta con noi qui a tenergli compagnia…”

“Sì, ne sono convinto anche io. Ci sono stati diversi casi di pazienti che si sono svegliati dal coma sentendo la voce di determinate persone. Ora, non è questo il caso, ma penso che non potrebbe fargli altro che bene la vostra presenza. Bene, avverto le infermiere di non cacciarvi via, allora”, e si congedò.

Julie rivolse un’occhiata incredula a Pierre.

“Biglietti gratis? Hai cercato di corrompere un medico, ti rendi conto?!”

“Mi sarei anche prostituito se fosse stato l’unico modo per rimanere qua con Dave” disse convinto.

“Stai delirando, Bouvier, meglio se dormi un po’…”

“Non mi va di dormire… sto iniziando ora a riprendermi dallo spavento che mi ha fatto prendere ‘sta scimmia!”, e accarezzò una guancia al suo bassista.

“E’ pallidissimo…”

“Ha perso un bel po’ di sangue…”

“E se quando si sveglierà non si ricorderà più di noi o non riuscirà a parlare o a camminare…”

“I dottori sono ottimisti, dovremmo esserlo anche noi. Stai iniziando a deprimerti?”

“No… no, confronto a prima ora sono l’uomo più felice del mondo! Solo che vorrei sapere cosa aspettarmi…”
”Starà bene, Pierre, vedrai. È David, lui se la cava sempre.”

“Sì, è vero”

Julie e Pierre si sorrisero.

“Ma Seb?”. Il cantante si guardò intorno spaesato. “E’ un po’ che non lo vedo, che si sia perso in giro per l’ospedale? Devo andare a cercarlo! Povero Seb, lui voleva solo prendersi qualcosa da bere o andare in bagno e invece si è perso nei meandri bui di questo ospedale spaventoso! E ora è là a chiamarmi, ma io non riesco a sentirlo! Povero Sebby, deve essere spaventato! Devo andare a cercarlo…”

Mentre Pierre farfugliava queste sciocchezze, Julie cercava di attirare la sua attenzione.

“Pierre… Pierre? Pierre!!”

 “No, vado a cercarlo!”

“Ma è la!”

Jul lo prese per le spalle e lo scosse.

“E’ là nell’angolo, sta dormendo sulla poltrona! Si è addormentato, non te ne sei accorto!? E dovresti dormire anche tu, perché sembri un pazzo!”

Pierre riconobbe che Julie aveva ragione, ormai faticava a pensare razionalmente, era veramente stanco. Troppe emozioni quel giorno, decisamente troppe.

Avrebbe voluto essere a casa, nel suo letto caldo con Dave a baciarsi e coccolarsi, di certo non in quella stanza buia e fredda. Ma in ogni caso fu contento quando Julie gli disse che sarebbe andata a casa a prendere delle cose e sarebbe tornata la mattina dopo, dopo aver avvertito anche Jeff e Chuck. Non che gli dispiacesse la compagnia della ragazza, anzi, l’adorava, ma aveva bisogno di stare solo con David.

Si sedette sulla poltrona accanto al suo letto e lo guardò. Era bellissimo, nonostante il pallore e i capelli scompigliati, Appoggiò la testa alla sua, accarezzandogli il viso con la mano.

“Hey, cucciolo…”, sussurrò. “Non puoi sentirmi, vero?”

Aspettò qualche secondo, come se David potesse dirgli che si sbagliava o fargli capire in qualche modo che invece sì, poteva sentirlo. Sospirò.

“Fa lo stesso… Tanto la maggior parte delle volte che io parlo tu non mi ascolti, eh?”

Sorrise tra sé, ricordando tutte le volte in cui aveva parlato per 10 minuti e aveva ottenuto in risposta solo uno sguardo confuso, come a dire ‘hai detto qualcosa?’

“Ma è per questo che ti voglio bene , lo sai. E per centinaia di altri motivi che ti rendono te stesso, il mio David. Ti voglio bene perché sei il casinista più grande che io conosca, perché riesci a far ridere tutti con un niente, perché sei dolce e quando fai la faccia da cucciolo non posso fare a meno di abbracciarti… perché sei tu e per me sei perfetto.

Stava andando tutto così bene tra noi… chissà se te lo ricordi… ma ricominceremo da capo, me l’hai detto tu stesso prima di uscire. Bel casino che hai combinato, comunque, guarda qua!”.

Rise per evitare di piangere.

“Ma starai bene, non devi preoccuparti. Magari non potrai suonare per un po’, per via della ferita al polso, ma… tornerai come nuovo, te lo prometto. E riprenderemo a suonare e a fare tour e potrai raccontare ai fan che sei sopravvissuto a un incidente e ti tratteranno come un eroe! Bè, più del solito, insomma… Ma lo sai che sei morto? E poi sei resuscitato! Incredibile, no? Chissà cosa hai visto… Magari un paradiso bellissimo, come quello che vede Scrat nell’Era Glaciale! Solo che al posto delle ghiande era pieno di bassi e proprio quando stavi per raggiungere il più bello di tutti… Ecco che ti hanno riportato in vita! Spero che tu ne sia contento, comunque…

Sai, prima ho fatto una bella figura di merda con tua sorella! Pensavo che Seb si fosse perso in giro per l’ospedale e invece si era solo addormentato sulla poltrona… Jeff e Chuck vengono a trovarti domani, invece. Abbiamo preferito non spaventarli, almeno per stanotte. Domani potremo dirgli che starai bene e non si preoccuperanno come me, Seb e Julie.

Cazzo, che infarto, David! Non ti azzardare a fare ancora una cosa del genere! Sì lo so che non è colpa tua, scusa…

Se mi sentissi cominceresti a prendermi per il culo, perché sto dicendo cose senza senso… Ma cerca di capire, è piena notte e tu sei in questo letto e non puoi sentirmi, né parlare e fino a un paio d’ore fa non sapevo neanche se ti avrei rivisto, perciò ho bisogno di stare sveglio a parlarti, ancora un altro po’. Lo so che non succederà, ma ho paura che se mi addormentassi tu potresti svanire, potrei svegliarmi e scoprire che era tutto un bellissimo sogno e che in realtà tu da quella macchina non sei mai uscito. E ora sto piangendo come un cretino, perché vado a deprimermi pensando cose assurde e tristi, mentre tu sei qua con me, sei vivo e ti riprenderai presto.

Ho bisogno di farti sapere quanto sei importante per me, perché ho rischiato di perderti senza averti mai detto che sei il bassista migliore del mondo e che a volte penso che dovresti essere tu il cantante della band, perché potrei ascoltare per ore la tua voce senza mai stancarmene.

E adoro il tuo sorriso, perché riesce a illuminare anche i miei momenti più tristi.

Mi piace da morire quando mi cogli di sorpresa con un abbraccio o ti infili nel mio letto in piena notte senza motivo.

Mi piace quando ti incanti, perso in chissà quali pensieri, e non ti accorgi che io ti fisso.

Mi piace come ti appoggi a me quando sei stanco, dopo un concerto. Mi fai sentire speciale, perché potresti semplicemente andare a letto o scegliere qualcun altro come cuscino e invece ti accoccoli su di me e crolli dal sonno. E sei bellissimo quando dormi…

Sei la persona più importante della mia vita, Davey, e non so cosa farei senza di te…

Grazie. Per esserci sempre quando ho bisogno di te, per farmi ridere quando sono triste, per ascoltarmi quando ho bisogno di confidarmi con qualcuno, per calmarmi quando sclero per l’ansia pre-concerto, per farmi sentire a casa in ogni città in cui suoniamo… grazie per tutto.

Ti voglio bene, piccolo, e non te lo dirò mai abbastanza.”

Pierre lasciò cadere lacrime di paura, dolore, speranza, gioia, gratitudine…

Quella notte si addormentò accanto alla persona che amava di più al mondo.

 

 

 

Grazie a chi ha letto anche questo capitolo e soprattutto a chi vorrà recensirlo!!

Il prossimo penso sia il mio preferito, perché è un po’ introspettivo… J spero che piacerà anche a voi!

(Lo so che tutte voi avete visto l’Era Glaciale e conoscete la scena in cui Scrat muore e va in un paradiso pieno di ghiande! U___U) 

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


Finalmente il quinto capitolo!! Non vedevo l’ora di arrivarci, perché è introspettivo e mi è piaciuto molto scriverlo, quindi spero che a voi piaccia leggerlo! L’ho scritto intorno alle 2 di notte e quasi avevo paura!! O__O Per sapere perché non vi resta che leggerlo! ;)

 

 

 

 

POV David

 

Sto sognando? Cos’è tutta questa luce intorno a me? Sarà mica il paradiso?! Ma no, che cazzata… io non credo nel paradiso. E poi bella roba, anche se lo fosse… tutta questa luce fa male agli occhi! E io dovrei passare l’eternità qua dentro a farmi accecare da chissà quale “luce divina”? Ahahahahaha, no grazie! Qualcuno la spenga, per favore! Ecco, ora va molto meglio. Finalmente vedo qualcosa.

Ma è un palco! Che figata, sono su un palco… Guarda là che bel basso, tutto zebrato!! Devo averlo. Ora me lo vado a prendere. Mi avvicino, piano piano, ho quasi paura che svanisca, a dir la verità. Allungo una mano e… è reale! E senti che bel suono che fa! Questo me lo porto a casa. E fanculo se è un sogno, appena mi sveglio me lo vado a comprare. E se non ne esiste uno così me lo faccio fare apposta per me.

Intanto, mi metto al collo questo e vado a farmi un giro. Lo conosco questo posto… è la sala concerti di Montreal. Sono a casa allora, il tour deve essere finito… che strano, non mi ricordo di essere tornato… Beh, ma se è un sogno non deve essere per forza realistico, no? Oddio, spero di non essermi addormentato sul palco per fare un sogno del genere! Che figura!! Ma no, David, sta tranquillo… starai dormendo sopra a Pierre, come al solito.

Da quando parlo in terza persona? Sono proprio pazzo, hanno ragione…

E se fosse la realtà? Cosa ci faccio qui? E perché non mi ricordo come ci sono finito? Naaa, sarà un sogno. Deve essere un sogno. Sono quasi tentato di darmi un pizzicotto, ma mi piace stare qui, non voglio svegliarmi.

C’è troppo silenzio, però, non c’è anima viva. Dov’è il pubblico? E la band?

È inquietante il fatto che io sia qui da solo.

Continuo a camminare per la sala. I miei passi rimbombano facendo un casino assordante. Comincio a suonare qualcosa a caso sul basso per coprire quel rumore fastidioso; lo strumento suona come se fosse attaccato a un amplificatore e la cosa non può che farmi piacere. Sorrido senza neanche rendermene conto, mi piace questo sogno.

Oh, fantastico! Era meglio se stavo zitto. Puoi spegnere quella dannata luce, chiunque tu sia? Mi stai accecando! È la luce più bianca che io abbia mai visto ed è così forte che gli occhi non riescono a sopportarla. Mi riparo con un braccio e cerco di capire da dove arrivi… credo sia la luce di un riflettore. Devo ricordarmi di fare un bel discorsetto al tecnico che se ne occupa, prima del prossimo concerto. E se non spegne quell’affare entro 30 secondi lo licenzio anche! Ma quel faro abbagliante non fa che aumentare d’intensità. Sempre più forte, sempre più vicino… si avvicina ancora, sembra che mi venga addosso…

Si spegne, con la stessa velocità con cui era apparso. Sbatto le palpebre più volte, per riabituarmi alle luci tenui che rimangono a illuminare la sala. E poi lo vedo, Pierre, lì sul palco che mi sorride, come se fosse lì da sempre. Gli corro incontro chiamandolo. Sono così felice di vederlo, iniziavo a spaventarmi qua da solo.

Sto per raggiungerlo, lui continua a sorridere, ma non muove alcun passo verso di me. Allungo una mano per toccarlo, ma a quel gesto lui sparisce, come se fosse un fantasma o uno spirito.

Rimango lì incredulo, a fissare il punto in cui poco prima c’era il mio migliore amico. C’è qualcosa di sbagliato qui, ora ho paura, voglio andarmene… Mi pizzico un braccio, fa male, ma non succede nulla. Lo faccio di nuovo, poi mi tiro uno schiaffo, ma non riesco a svegliarmi.

“Ti diverti a farti male, David?”

La voce mi fa trasalire. Da dove proviene? Chi è stato a parlare? Mi guardo intorno, ma non vedo nessuno.

“Sono qui, non mi vedi?”

Sento qualcosa che mi tocca la spalla e mi volto di scatto, mentre un brivido di freddo mi attraversa tutto il corpo. A pochi metri da me c’è Seb.

“Seb… Cosa sta succedendo? Cos’è questo posto?”

Lui scompare, per poi ricomparire di nuovo dietro di me. Mi allontano da lui. Quello non è Seb, non è la sua voce, non è reale…

“Ma come, non lo riconosci? Ci abbiamo fatto un paio di concerti… hai sempre sognato di suonare un basso zebrato, vero?”

Abbasso lo sguardo verso lo strumento, ma mentre lo faccio quello svanisce nel nulla.

Paralizzato dalla paura, cerco di muovere qualche passo verso il bordo del palco. Devo scappare. Devo raggiungere la porta in fondo alla sala e andarmene da questo inferno. Salto giù dal palco e comincio a correre, sperando di cogliere Seb di sorpresa, ma lui continua a comparire e scomparire al mio fianco, alternandosi a Pierre. Le loro voci spettrali si sovrappongono, mentre raggiungo la porta e cerco in ogni modo di aprirla.

“Non puoi scappare… non puoi scappare… non puoi scappare…”, cantilenano in coro, terrorizzandomi.

Mi lascio scivolare lungo la parete, chiudo gli occhi, tremando per la paura di non svegliarmi mai più da questo incubo. Non so quanto tempo sia passato da quando le voci hanno smesso, Riapro gli occhi e mi ritrovo in una stanza che non conosco, completamente bianca e vuota, priva anche di finestre. Un’altra voce rimbomba qui, una voce dolce e confortevole che riesce ad attenuare la paura. La conosco questa voce… è la stessa che cantava per farmi addormentare quando ero piccolo e che mi sgridava quando ne facevo una delle mie…

“Julie…”

Appena pronuncio il suo nome, mia sorella appare davanti a me, seduta sul pavimento di questa stanza asettica.

“Che cos’hai tesoro? Sembra che tu abbia visto un fantasma…”

Rimango immobile, per paura che svanisca al mio minimo movimento, ma lei mi invita a sedermi accanto a lei.

“Sei… sei reale?”

“Ma certo che sono reale! Vieni qua con me, avanti…”

Muovo un passo verso di lei, che non mi toglie gli occhi di dosso un attimo. È preoccupata per me, riesco a leggerglielo in faccia. Ma preoccupata per cosa? Sa cosa mi sta succedendo? Sa se mi sveglierò o no dall’incubo che sto vivendo?

Mi siedo accanto a lei e lascio che mi stringa tra le braccia, dandomi calore e conforto, facendo calmare i battiti impazziti del mio cuore.

“Non devi avere paura, ci sono io con te…”

“Cosa sta succedendo?”

“Lo scoprirai presto, io non posso dirti niente, mi dispiace… non spetta a me decidere…”

“Decidere cosa? Cosa stai dicendo Jul? Chi deve decidere?”

Prima che io possa ottenere risposta, un dolore lancinante mi trafigge il petto, bloccandomi il respiro. Annaspo alla ricerca di ossigeno, mentre il dolore si espande a tutto il corpo, facendomi urlare. Mia sorella mi stringe a sé, mentre sento altre mani sul mio corpo, che brucia da morire. Anche Pierre e Seb mi stringono, sussurrandomi di restare calmo, che presto tutto sarebbe finito.

Mi abbandono a loro, mentre il dolore mi strazia. Chiudo gli occhi e tutto finisce davvero.

 

E ora dove sono? Sento il mio cuore che batte così forte che sembra voglia uscirmi dal petto, ma il dolore è svanito.

Se quello di prima era un sogno questa è la realtà? Sono sdraiato in un letto, non so dove, non so da quanto… cerco di aprire gli occhi, ma non ci riesco. È come se il mio corpo non mi rispondesse.

Provo a muovere una mano, ma quella rimane ferma. Cerco di girare la testa, ma è come bloccata. Voglio urlare, ma la mia bocca rimane chiusa. Mi coglie una terribile sensazione di impotenza, come se non fossi più il padrone del mio corpo.

Che cosa è successo? Perché sono qui?

L’ultima cosa che ricordo è di essere arrivato a casa dopo il tour, insieme a Pierre… Eravamo sul divano e stavamo decidendo se cominciare subito a lavorare al nuovo album o se prenderci un periodo di pausa. Siamo stati d’accordo sul fatto di prenderci un po’ di tempo per noi, ma poi cosa è successo? Mi sono addormentato e questo non è altro che un altro incubo? Oppure è successo qualcosa che mi ha fatto perdere la memoria, per questo ora non so dove mi trovo? C’è Pierre qui con me? Spero di no, perché non vorrei mai che lui provasse ciò che sto provando io ora. Provo a muovermi, ancora e ancora, ma non ci riesco.

Non voglio credere di essere paralizzato, non ci voglio neanche pensare. Deve esserci un’altra spiegazione, per forza. Se non potessi più muovermi cosa vivrei a fare? Che vita potrei mai avere qua disteso su questo letto, senza riuscire a parlare, vedere e muovermi, ma con la mente abbastanza funzionante da capire in che situazione assurda mi trovo. In quel caso sarebbe meglio morire… Se potessi muovere la testa ora la scuoterei, per scacciare questo pensiero, perché mi rifiuto di credere che rimarrò così per sempre.

Sento dei passi avvicinarsi a me… qualcuno appoggia la testa alla mia e mi accarezza una guancia. Pierre… riconoscerei il suo profumo e il suo tocco tra mille altri. Sono sollevato dal fatto che lui non si trovi nella mia situazione, ma allo stesso tempo vorrei che capisse quello che sto provando e che mi spiegasse cosa c’è che non va in me.

“Hey cucciolo, non puoi sentirmi, vero?”, mi sussurra.

Sì, Pierre, sì che posso sentirti! Cerco di agitarmi, di chiamarlo, di attirare in qualche modo la sua attenzione, ma ogni mio tentativo è vano. Mi viene da piangere, ma so che i miei occhi non sono in grado di versare lacrime.

“Fa lo stesso… tanto la maggior parte delle volte che ti parlo tu non ascolti”

Sento un sorriso nella sua voce e vorrei solo chiedergli scusa per tutte le volte in cui non ho prestato attenzione alle sue parole, vorrei dirgli che in compenso lo sto ascoltando ora, anche se lui non lo sa.

Continua a parlare, a voce bassa in modo che solo io possa sentirlo. Ci sarà qualcun altro nella stanza? Mi dice che mi vuole bene, ma io non riesco a dirgli che ricambio. Dice che ho fatto un bel casino e poi accenna a una ferita al polso. Non capisco cosa voglia dire, ma intuisco di trovarmi in un ospedale. Che casino ho fatto? È colpa mia se sono qui? Cosa me ne frega del polso, se neanche riesco a muoverlo?

“Tornerai come nuovo”

Mi stai dicendo che starò bene? Che la mia paralisi è solo temporanea? Oddio, Pierre, ho tanta voglia di baciarti in questo momento! Starò bene, sei sicuro? Mi fido di te, ma… ne sei sicuro, vero?! È la cosa più bella che tu mi abbia mai detto! Il discorso va avanti e scopro di aver avuto un incidente d’auto e di essere morto, ma poi tornato in vita.

Quando nomina l’Era Glaciale scoppio a ridere. Nella mia mente, perché l’azione non si riflette in alcun modo sul mio corpo. Mi ricordo che abbiamo visto quel film in tour, dopo un concerto. Era stanchissimo e voleva solo andare a dormire, ma alla fine mi aveva accontentato, come sempre. Io mi ero addormentato presto, usando lui come cuscino, come al solito, ma lui deve esser stato sveglio fino alla fine, se si ricorda il pezzo in cui Scrat muore.

Appena uscirò di qui gli chiederò di riguardarlo insieme e sono certo che non mi dirà di no.

Le sue parole mi rassicurano, la sua voce bassa e dolce mi calma e vorrei tanto che mi abbracciasse e mi tenesse stretto a sé, ma non lo fa, forse per paura di farmi male.

Lo sento piangere mentre dice di aver paura che tutto questo sia un sogno e che io sia morto, ma non posso fare niente per fargli capire che io sono qui e riesco anche a sentirlo.

Vorrei dirgli che non deve aver paura, perché ora non ne ho più neanche io. Mi ha detto che starò bene e mi fido delle sue parole, anche se nemmeno lui ne sembra certo.

Non devi ringraziarmi di niente Pierre.

Sono io che ringrazio te, per essere qua ora a parlarmi anche se stai crollando dalla stanchezza, per essere riuscito a calmarmi nel momento più terribile che io abbia mai vissuto, per sopportarmi sempre, anche quando sono fastidioso, per volermi bene incondizionatamente e per non giudicarmi mai.

Grazie di esistere e di darmi la forza di andare avanti.

 

 

Segnalatemi pure se c'è qualche errore, perchè quando scrivo sul computer mi prende una dislessia incredibile! XD

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Capitolo 6
*** Capitolo sei ***


Scusate il ritardo, ma devo leggere 6 noiosissimi libri entro settembre e non me la cavo più… O__O

Spero che vi piaccia anche questo capitolo e che non siate tutte al mare! Buona lettura <3

 

 

 

 

La mattina dopo Pierre si svegliò ancora appoggiato a David. Si tirò su, sgranchendosi il collo rimasto fermo nella stessa scomoda posizione per quelle poche ora che aveva dormito.

Era ancora presto, Seb dormiva e Julie non era ancora arrivata. Fissò lo sguardo su David e notò che era un po’ meno pallido del giorno prima; pensò fosse un buon segno, giusto quel che ci voleva per iniziare bene la giornata. Sorridendo, gli accarezzò i capelli, cercando di metterli un po’ a posto. A dir la verità gli piacevano scompigliati, ma solo se era lui ad arruffarli al bassista, in uno dei loro giochi strani o momenti d’affetto. Rise al ricordo di loro due che, una sera di un paio di mesi prima, venivano sorpresi da Jeff mentre si rotolavano sul letto mezzi nudi. Il chitarrista si era affrettato a uscire dalla stanza, scusandosi per averli interrotti, mentre lui e David si erano guardati e avevano cominciato a ridere come matti. Probabilmente ancora adesso Jeff era convinto di averli colti sul fatto, mentre loro stavano solo facendo uno dei loro giochetti idioti: il primo che rimaneva senza vestiti avrebbe dovuto scrivere su Twitter di essere gay, come penitenza.

Per sua fortuna era entrato Jeff, perché stava perdendo. David era decisamente bravo a spogliare, seppure lui si divincolasse a più non posso, un po’ per evitare quell’imbarazzante punizione e un po’ perché… ammettiamolo, agitarsi tra le braccia di un Dave mezzo nudo non era affatto male! Fatto sta che Jeff li aveva interrotti e non erano mai riusciti a finire il gioco.

Erano rimasti sul letto a ridere per l’inconveniente, senza preoccuparsi di rivestirsi, e poi avevano dormito insieme, uno stretto all’altro per scambiarsi un po’ di calore in quella notte gelida, o forse era tutta una scusa per non ammettere di avere bisogno d’affetto, di coccole, di sapere che erano la persona più importante che l’altro avesse.

Ora Pierre, in quella stanza d’ospedale fredda e impersonale come quelle degli alberghi, sorrideva al ricordo di quell’episodio, promettendo a se stesso che si sarebbe ripetuto tante altre volte.

Continuava a guardare David, così tranquillo nel suo stato di coma, e intanto si chiedeva se sognasse o se avesse almeno un minimo di percezione di quel che accadeva intorno a lui.

Si accorgeva della sua presenza?

Non aveva modo di saperlo, ma sperava di sì, così non si sarebbe sentito solo e non avrebbe avuto paura. Appoggiò la testa a quella del bassista, come aveva fatto durante la notte, e gli sussurrò: “Io sono qui e non ti lascio solo un attimo, ok? E se non ci sono io c’è Seb o Julie e presto arriveranno anche Jeff e Chuck a tenerti compagnia. Non sei mai solo e saremo qui anche quando ti sveglierai.

Ti voglio bene, nano”.

Usò quel nomignolo, nano, quasi inconsciamente. Lo usava quando voleva dargli fastidio, provocare in lui una reazione e, in fondo, era quello che voleva fare in quel momento, seppur senza rendersene conto. Ma ovviamente David non reagì in alcun modo e non diede segno di averlo sentito.

Intanto Seb si svegliò, sbadigliando e stiracchiandosi, superò il tipico attacco di panico che ti coglie quando ti svegli in un posto che non conosci –quel terribile momento in cui pensi “Oddio, dove cazzo sono? Cosa ci faccio qui?”- e si alzò dalla poltrona su cui aveva dormito, avvicinandosi al cantante, assorto a guardare David.

“Come sta?” chiese facendo trasalire Pierre, che non si era accorto della sua presenza.

“Credo un po’ meglio di ieri… mi sembra meno pallido, forse è solo una mia impressione…”

Seb non se la sentì di dirgli che lui non notava quel gran cambiamento nel colorito del bassista. In fondo aveva avuto l’incidente non più di 12 ore prima, non poteva essere migliorato un granché, anche se il coma sicuramente aiutava.

Ma Pierre era così di buonumore quella mattina che non disse niente e lasciò che si convincesse che l’amico stesse meglio. Forse la sua energia positiva avrebbe fatto bene a tutti.

“Appena arriva Julie vado a casa a mangiare qualcosa e a cambiarmi. Dovresti fare lo stesso, hai bisogno di riposare un po’. Poi torniamo nel pomeriggio…”

Ma Pierre non era molto dell’idea di lasciare David solo,

“Non è solo, Pie, c’è sua sorella e verranno anche Jeff e Chuck. Starà bene, non preoccuparti, qualche ora e poi torniamo. Non se ne accorgerà neanche, lo sai…”

“Sì, ok… quando arriva andiamo…”

Ma il volto felice di Pierre si era un po’ oscurato e Seb voleva evitare in ogni modo di vederlo triste.

“Hey, magari morendo ha acquisito qualche potere speciale e ora può leggerci nel pensiero o spostare gli oggetti senza toccarli o…”

“Sì, Seb, o magari è diventato un Ninja!”, lo interruppe Pierre, ridendo.

“No, sono serio! Non sappiamo cosa succede quando muori… Secondo me è cambiato qualcosa in lui…”

“Beh, può darsi… basta che non sia uno zombie, poi mi va bene tutto!”

E Seb cominciò a camminare per la stanza con le braccia tese davanti a sé e trascinando i piedi, imitando i non-morti e facendo ridere il cantante.

Inutile dire che Julie scelse proprio quel momento per arrivare. Stette in silenzio a guardare i due ragazzi, non sapendo se ridere o compatirli o forse entrambe le cose. Pierre si accorse della sua presenza e, vedendo la sua faccia, cominciò a ridere più di prima, mentre Seb arrossì dalla testa ai piedi e abbassò lo sguardo, imbarazzatissimo.

“Tranquillo Sebby, vivendo 20 anni con Dave ho visto molto di peggio”

Il chitarrista allora le sorrise, pensando che non avrebbe mai più fatto l’idiota in quel modo, non quando sapeva che poteva entrare qualcuno da un momento all’altro.

“Allora, ho chiamato Chuck e Jeff e saranno qui tra un’ora o poco più. Se volete andare un po’ a casa sto qui io…”

“Sì, torniamo più tardi…”

Pierre fece per avvicinarsi a David, ma Seb lo prese per un braccio e lo trascinò via.

“Dai, lascialo in pace, lo rivedi tra qualche ora!!”

E se ne andarono.

Julie si sedette vicino al fratello.

“Sei contento che te li ho cacciati via? Sono proprio degli ottimi amici, soprattutto Pierre. Tanto che ho quasi il dubbio che sia più di un semplice amico… ma questo non spetta a me dirlo. Spero solo che tu ti renda conto di come ti guarda e… beh, sembrate entrambi più felici quando siete insieme… Comunque non sono fatti mie, fratellino, è vero… Allora, come è stata la prima notte qua?”.

“È proprio quello che voglio sapere anch’io”

Julie si spaventò sentendo la voce del dottor Armstrong alle sue spalle.

“Mi scusi, non volevo spaventarla!”

“No, no, si figuri, stavo… sì…” Julie arrossì.

“Gli stava parlando, non se ne vergogni, è una cosa molto buona! Potrebbe aiutarlo molto! Vediamo come sta oggi…”

Controllò il battito cardiaco, il respiro, le dosi dei farmaci… ogni cosa che potesse indicare che qualcosa non andava, ma sembrava tutto a posto.

“Direi che per quello che ha subito ieri oggi sta più che bene, ma se dovessero esserci problemi c’è sempre un’infermiera qua in giro.”

Quella bionda stronza di ieri? Quella non si avvicina a mio fratello!!

“Io sono un’infermiera! Cioè, non lavoro qui, ma so cosa fare in caso di problemi, posso occuparmene io… No… no, mi scusi, mi rendo conto che non può permettermelo, non so perché l’ho detto, se ne dimentichi.”

Ma il dottore sembrava essere disposto ad accettare. La mise alla prova, per essere certo che sapesse davvero come intervenire e poi acconsentì che si occupasse lei di David.

“Però non sparga la voce nell’ospedale, mi raccomando… Non potrei permetterle una cosa del genere, ma visto che è infermiera e che tiene davvero tanto a suo fratello e anche gli altri ragazzi… voglio fidarmi.”

“Non ne farò parola con nessuno, non deve preoccuparsi. Non so come ringraziarla dottor Armstrong, sta facendo tanto per noi!”

Il dottore le sorrise.

“Lo faccio volentieri. E mi chiami Joel, possiamo anche darci del tu…”

“Oh… ok…”

“Tornerò stasera, ma se ha bisogno mi chiami in qualsiasi momento, le lascio il numero del mio cercapersone”

Dopodiché il dottore, o meglio, Joel, se ne andò, lasciando Julie allibita.

 

David si era svegliato appena in tempo per seguire quella strana discussione tra la sorella e… quel Joel.

Come il giorno prima poteva sentire, ma non riusciva a muoversi. Poco male, tanto Pierre aveva detto che sarebbe guarito. A proposito… non sentiva la sua voce, se ne era andato? Probabilmente era andato a casa a riposare. Aveva fatto bene, non voleva che si trascurasse per restare lì con lui, non ce n’era bisogno. Non sentiva più neanche Julie, ma sapeva che non era uscita dalla stanza. Pensò che fosse rimasta sconvolta dalle attenzioni del dottore e gli venne da ridere.

Attenta a non innamorarti, Jul, lo sai che va a finire male… per lui! Oh, povero uomo, non sa a cosa va incontro!

Sentì la sorella sospirare e rivolgersi a lui.

“Ma l’hai sentito quello? E ieri ha detto di avere una bambina! È anche una vostra fan, pensa un po’… va beh, sopporterò le sue avance se serve a tenere quell’infermiera odiosa lontana da te. Hai una bravissima sorella, sappilo!!”

Ma lo so che sei la sorella migliore del mondo. Forse non te l’ho mai detto, ma lo penso ogni volta che ti vedo. E aspetta, che appena potrò parlare te lo dirò tante di quelle volte che mi chiederai di smetterla.

 

Pierre, appena arrivato a casa, si buttò sotto la doccia. Rimase sotto il getto bollente per mezz’ora, cercando di non pensare a David, ma ogni cosa portava il suo pensiero al bassista. Stava meglio, sarebbe guarito in fretta e poi avrebbero scoperto se sarebbe stato lo stesso di prima.

I dottori erano ottimisti e anche lui, ma al possibilità di danni cerebrali, seppur remota, c’era. Scosse la testa. No, era David. Sarebbe stato alla grande. Magari ci avrebbe messo un po’ a recuperare, era normale, ma sarebbe stato bene, di sicuro. Rincuorato dalla sua opera di auto-convincimento, uscì dalla doccia e si vestì.

Voleva tornare subito in ospedale, non gli sembrava giusto non essere là con Jeff e Chuck. Forse non erano ancora arrivati e avrebbe potuto precederli. Era esausto, ma la voglia di star vicino al suo migliore amico era così forte da fargli dimenticare la stanchezza.

Seb si era addormentato e preferì non svegliarlo. Gli lasciò un biglietto e poi tornò in ospedale..

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Capitolo 7
*** Capitolo sette ***


Pierre entrò nella stanza di David e vi trovò solo Julie.

“Cosa ci fai ancora qui? Vai a dormire Bouvier, sei più pallido di lui!” e indicò il fratello.

“Ma va, sto bene. Devo parlare con Chuck e Jeff…”

“Gli ho spiegato tutto io, non c’è bisogno che tu stia qui”

“Ma io voglio stare qui!”

Si sedette al solito posto vicino a David e appoggiò la testa sul letto.

“Non ti addormentare lì…”

“No…”

Due minuti dopo già dormiva.

 

Jeff e Chuck si stavano preparando per andare in ospedale e intanto parlavano al telefono.

“Perché non ci hanno chiamato ieri?! Non riesco a capire che cazzo gli passava per la testa a quei due!”

“Jeff, erano spaventati, non volevano farci preoccupare… era un momento difficile, non avranno saputo neanche loro cosa fare, cerca di capire…”

“No, Chuck! E se fosse morto, eh? Con che coraggio ci avrebbero chiamato per dircelo?! Hey ciao, noi siamo qua da tre ore in ospedale, ma ci hanno appena detto che David è morto, quindi niente, non disturbatevi a venire e amici come prima”

“Jeff! Non devi dire neanche per scherzo una cosa del genere! Mettiti nei loro panni!”

“Io nei loro panni li avrei chiamati immediatamente!! Si sono presi un diritto che non avevano, non possono scegliere loro se avvisarci o no se succede una cosa del genere! Siamo una band, siamo in 5 e se succede qualcosa a uno di noi gli altri devono essere lì. Punto. Non due di noi, tutti! Soprattutto se si tratta di Dave…”

“E perché? Se fosse successo con Seb non avresti avuto la stessa reazione?

“Sì, ma certo! Non sto dicendo che tengo a David più di quanto tenga a voi, solo che lo sai com’è… lui ha bisogno di noi…”

“Lui ha bisogno di Pierre e lui è là… comunque sei pronto? Passo a prenderti tra poco”

Una volta che furono in macchina continuarono il loro discorso.

“Julie mi ha mandato un messaggio, ha detto che Seb è andato a casa e torna nel pomeriggio, mentre Pierre è là con lei. Jeff, non fare scenate, mi raccomando! Aspetta che ci siano entrambi e poi parlagli civilmente. E lontano da David!”

Jeff annuì, ma Chuck poteva vedere la rabbia nei suoi occhi.

Il chitarrista se l’era davvero presa per il fatto che l’avessero avvertito dell’accaduto solo quella mattina. Chuck sapeva quanto bene volesse a David e quanto si preoccupasse per lui. Lo sapeva perché… beh, David era il preferito di tutti nella band. Era quello a cui davano più attenzioni, quello per cui si preoccupavano tutti di più, anche se non si capiva bene il perché… forse perché era così ingenuo e dolce da sembrare ancora un bambino o forse perché con un sorriso riusciva a farti dimenticare ogni cosa andata storta nell tua vita. E faceva male pensare che proprio lui avesse avuto un incidente, avesse rischiato di morire e ora fosse in coma. Certo, Julie gli aveva spiegato che era una specie di finto-coma, era un po’ come se stesse dormendo molto profondamente e solo i medici potessero svegliarlo, al momento giusto. Ma in ogni caso avrebbe fatto un certo effetto vederlo in quel letto d’ospedale.

 

Julie era lì nella stanza senza sapere cosa fare. Chuck e Jeff non erano ancora arrivati, Seb non c’era, Pierre dormiva, il Dott… Joel non sarebbe venuto a controllare David prima di qualche ora.

Si sedette a un lato del letto e si mise a parlare con il fratello, anche se si sentiva vagamente ridicola nel farlo.

“Ma guarda quell’idiota dove è andato ad addormentarsi! Starsene a casa in un letto comodo no, eh? Viene a dormire qua, scomodo come non so cosa… non ti da fastidio averlo lì così? Sì, va beh, cosa chiedo a fare… Se potessi lo faresti sdraiare su di te piuttosto che vederlo scomodo. Appena ti sveglierai dovrai spiegarmi bene come stanno le cose! Lo sai che mi basta che tu sia felice, poi quel che fai della tua vita non mi interessa. Però state bene insieme… sì, siete due uomini e magari mi prenderò un pugno in faccia per aver pensato cose strane… più da Pierre che da te… comunque siete una bella coppia, che siate solo amici, amanti o marito e… marito…

Mi sembra di vederti diventare rosso e chiedermi di piantarla di dire stronzate!

Ma lo sai cosa pensavo? Dovrei dire a Pierre di cantarti qualcosa! Non sei mai stato così a lungo senza musica. Si, cioè, è da ieri che sei qui, solo che a me sembrano giorni e giorni… Quando ti toglieranno dal coma sarà il giorno più bello della mia vita! Poi comincerai a rompere e cambierò idea, però intanto sarò felice. E verrai a vivere con me per un po’, su questo non si discute! O verrò io da te, è meglio se stai in un luogo familiare… In ogni caso poi vedremo, l’importante è che io possa tenerti sotto controllo. Sì, gioia mia, ti tratterò come un bambino, ti starò addosso come quando avevi due anni! Mi assicurerò che tu prenda le medicine e che non abbia qualcosa che non va. E obbligherò Pierre a fare lo stesso e lo sai che lo farà, perché tiene a te almeno quanto ci tengo io! Sarà anche un bel modo per capire se è innamorato di te, se già non lo sai… Lo sapevo, dovevo lavorare in un’agenzia matrimoniale, non in un ospedale! Me lo diceva sempre la mamma! A cui tra l’altro non ho detto niente dell’incidente… immagino tu voglia così…

Hey, ci sono Jeff e Chuck!”

I due ragazzi entrarono nella stanza e andarono subito accanto a David, salutandolo come se potesse sentirli.

“Sta bene? È cambiato qualcosa da quando mi hai chiamato?”, Chuck sembrava preoccupato, ma in realtà si era aspettato di peggio e vedere che non c’erano troppi fili e macchine attaccate al suo bassista lo aveva rassicurato.

“No, niente di nuovo. È stabile e considerato quel che è successo sta bene”

Chuck allora guardò Pierre, appoggiato al letto in una posizione in cui sembrava dovesse romperglisi il collo da un momento all’altro.

“E lui sta bene?” disse a metà tra il divertito e ancora il preoccupato.

Julie guardò il cantante, sospirando.

“Sì… è esausto, lasciatelo dormire…”

Jeff non aveva neanche considerato la presenza di Pierre nella stanza. Aveva fatto finta di non vederlo e si era concentrato su David, pensando a cosa avesse fatto se l’avesse perso. Di sicuro la sua vita non sarebbe più stata la stessa, senza il bassista a tenerlo allegro. Sarebbe venuto a mancare un punto fermo della sua esistenza, perché David era lì, qualsiasi cosa succedesse lui c’era.

C’era al suo matrimonio, c’era alla nascita delle sue bambine, gli era rimasto vicino quando stava divorziando, anche se la cosa lo faceva soffrire, perché gli ricordava il divorzio dei suoi genitori. Lo aveva aiutato a capire come si sarebbero sentite le sue figlie e gli aveva detto come aiutarle. Jeff aveva visto il dolore nei suoi occhi, anche a distanza di così tanti anni e avrebbe voluto essere stato lì per lui quando ne aveva bisogno, ma era stato impossibile, perché neanche si conoscevano ancora.

Ma anche il giorno prima David aveva avuto bisogno di lui e lui non c’era. Mentre Dave lottava contro la morte, Jeff stava dormendo tranquillo nel suo letto, ignaro di tutto.

E si sentiva dannatamente in colpa per questo. Dava la colpa a Pierre e Seb, ma in realtà ce l’aveva con se stesso, perché non era stato in grado di capire che qualcosa non andava.

David si accorgeva di tutto. Se qualcuno di loro stava male o era di cattivo umore non importava quanto cercasse di nasconderlo, lui lo sapeva. Quante volte lo aveva chiamato proprio quando lui aveva appena litigato con la moglie? Il bassista aveva un sesto senso verso di loro, ma quando si trattava di lui solo Pierre si accorgeva se c’era qualcosa che non andava. Probabilmente era a causa di questo che David era il preferito di tutti, ma il preferito di David era senza dubbio il cantante…

 

Pierre si svegliò, dolorante e intontito. Non aveva mai dormito così male in vita sua, ma per Dave questo e altro. Lo guardò per un po’, finchè non sentì una risatina dietro di lui.

“Chuck! Scusa, non ti avevo visto! Sono un po’…”

“Stanco?”

“Mmmh…”

“Dovresti davvero andare a casa a riposare, tanto ci siamo qua noi… e poi insomma… non è che possa svegliarsi e accorgersi che non ci sei, no?”

“No… non ancora almeno. Ma se tutto va bene resterà in coma solo un paio di settimane e poi… poi vedremo…”

Ci fu un attimo di silenzio, in cui entrambi guardarono Dave.

“Pensavo peggio però… insomma, non si è rotto niente, non ha una macchina che respira al suo posto o chissà cosa”

“No, per quello no. Non gli è andata proprio malissimo… nella sfortuna un po’ di culo lo ha avuto!”.

“È solo pallido…”

“Dovevi vederlo ieri!”

Jeff, che stava rientrando nella stanza proprio in quel momento, scattò alla frase di Pierre.

“Lo avremmo visto volentieri ieri se tu ci avessi chiamato!”

“Jeff era notte, non volev…”

“Non me ne frega un cazzo se era notte! Era notte anche per te e Seb eppure eravate qui! Cosa avete di speciale voi? Come cazzo vi è venuto in mente di non chiamarci?!”

“Non tirare in mezzo Seb, lui non è qui ora! E sono stato io a voler aspettare, non lui! Perché la fai tanto lunga? Ora sei qui, no? Ti sei perso solo un’attesa straziante che non auguro a nessuno!”

“Cazzo, Pierre, ma non capisci?! Tu eri qui ad aspettare che ti dicessero se fosse sopravvissuto o no e io ero a casa senza saperne niente!”

“Beh, anche Chuck, ma lui non è incazzato come te!”

“Io non tiro in mezzo Seb, tu non tirare in mezzo Chuck! Lui non è incazzato ma io ti spaccherei la faccia!”

“Fallo allora!! Che cazzo vuoi ancora? Non è che io possa tornare indietro e fare diversamente!”

Jeff, fuori di sé dalla rabbia, si avvicinò a Pierre per tirargli un pugno, ma si fermò, sentendo un bip-bip-bip risuonare nella stanza. Vide Pierre precipitarsi fuori e chiamare Julie e si rese conto che quel suono proveniva da una delle macchine accanto a David. Rimase paralizzato, senza sapere cosa fare. Cercò lo sguardo di Chuck e vide la paura anche nei suoi occhi.

Julie fece uscire tutti dalla stanza, tranne Pierre.

“Che succede Jul? È colpa nostra, stavamo litigando, non avremmo dovuto farlo… non sta male, vero? Ti prego, dimmi che non sta male!”

“Pierre, ascolta… credo che vi abbia sentiti litigare… non sta male, ha solo il battito accelerato e…”

Mi sente?

“Credo… non sono sicura… facciamo così: vi lascio soli, tu cerca di calmarlo, ok? Se non funziona fai così…”

Gli mostrò come aumentate la dose di farmaci.

Pierre, rimasto solo nella stanza, si sedette sul letto di Dave e lo abbracciò. Cominciò ad accarezzargli piano i capelli e gli diede un bacio sulla guancia.

“Tesoro, va tutto bene… Davvero riesci a sentirmi? Mi dispiace, io e Jeff non avremmo dovuto metterci a litigare qui… non avremmo dovuto litigare e basta. È colpa mia, avrei dovuto avvertirli subito dell’incidente e invece ho aspettato. Pensavo di fare una cosa buona, ma non è stato così… Ma ora chiariremo, te lo prometto! Lo sai che capita di litigare quando si è stanchi o preoccupati, succede anche a noi qualche volta, no? Ma passa subito, ci siamo sfogati, siamo stati due idioti, ma… voglio bene a quel pelato come se fosse mio fratello, lo sai! Beh, non quanto ne voglio a te… sai che sei il mio preferito… Chissà che altro hai sentito… vero che appena potrai mi dirai tutto? Chissà quanti segreti ti hanno spifferato pensando che tu non sentissi! E se ti sei svegliato giusto il tempo di sentirci litigare sei proprio sfigato, Dav!”

Julie rientrò per vedere se era tutto a posto e non si stupì più di tanto di vedere Pierre sul letto, abbracciato al fratello. Il segnale d’allarme aveva smesso, perciò qualsiasi cosa avesse fatto o detto aveva funzionato.

“Pierre, devo aumentare i farmaci, il coma deve essere più profondo, se no non serve a niente…”

“No! No, può sentirci!”

“Sì, ma non è un bene, Pie! Lo so che ti fa stare meglio il pensiero che lui possa sentirti e avrai tante cose da dirgli, ma pensa a lui! Non riesce a muoversi, non vede, riesce solo a sentire la tua voce e non può risponderti, non ha modo di comunicare con te… non è tanto bello, no?”

Pierre scosse la testa. No, non era bello per niente. Non voleva che David stesse così. Eppure non riusciva a trattenere le lacrime. Gli sembrava di aver trovato un contatto con il bassista e di averlo subito perso.

Julie gli fece segno di avvicinarsi a lei e poi lo abbracciò, sussurrandogli di non piangere e che era per il bene di Dave.

Entrambi lo salutarono, gli dissero quanto bene gli volessero e poi per David ci fu solo il nulla.

 

Uscirono dalla stanza insieme e quando Chuck, Jeff e Seb, che era appena arrivato, videro Pierre che piangeva sbiancarono. Julie si affrettò a rassicurarli che il fratello stava bene, li aveva solo sentiti litigare.

Allora Jeff capì l’errore che aveva commesso. Se l’era presa per una cosa che ormai era acqua passata e non aveva pensato che avrebbe potuto fare del male al suo amico. Si sentì uno stronzo per essersela presa con Pierre che voleva solo evitargli una preoccupazione che alla fine si era rivelata inutile. Lo abbracciò forte, scusandosi e cercando di tirarlo su di morale.

Quella notte in ospedale rimase solo Julie, gli altri dormirono tutti insieme a Pierre.

 

 

 

 

 

Angolo dello sclero…

Julie che fangirla su Hott Baguettes??! O__O mmmhhh, avrò esagerato? Lei vuole davvero bene al fratellino e anche a Pierre e si accorge che quando sono insieme sono felici, perciò vuole solo la felicità di due persone a cui tiene molto, non è che si mette a leggere le fanfiction pure lei! XD

Spero che abbiate capito il personaggio e non vi sia sembrata troppo una pazza sclerata come me!

 

Ringrazio tantissimo le persone che recensiscono!!!!! Vi amooo!! <3

Un enorme grazie anche a chi ha inserito la storia tra seguite/ricordate/preferite! Se volete lasciare una recensione non vi mangio mica, anzi, sarei felice di sapere cosa vi ha spinto a seguire la mia storia! ^__^ E se recensite tutti i capitoli ci sono i punti bonus!! XD

 

Per il prossimo capitolo temo che dovrete aspettare un po’, perché sono davvero impegnata e non ho tempo di scrivere e aggiornare… ç____ç I’m so so so sorry!!! 

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Capitolo 8
*** Capitolo otto ***


Aggiornamento lampo che non mi soddisfa… Siccome non ha neanche senso, vi spiego: prima Pierre aveva la speranza che David lo sentisse, quindi lo sentiva più vicino… insomma, la mente di Dave era lì se lo poteva sentire… dopo l’ultimo capitolo però si è un po’ depresso, perché l’unico contatto che aveva col bassista è venuto a mancare e ora sente come se David non ci fosse più, perché in un certo senso è come se non vivesse… Spero di essermi spiegata decentemente! O.o

 

 

 

Passarono giorni in cui le ore sembravano dilatarsi all’infinito. Le azioni della band e di Julie si ripetevano sempre uguali, in una routine che avevo tacitamente stabilito tra loro. Facevano turni per stare in ospedale e trascuravano tutto ciò che non avesse a che fare con David.

Non suonavano più, perché senza il bassista non aveva senso.

Non scrivevano nuove canzoni, perché volevano avere la sua opinione.

Non avere Dave in giro per casa era devastante per Pierre. Erano troppi giorni che non sentiva la sua voce, la sua risata, che non lo guardava in quegli occhi terribilmente espressivi… Più volte aveva notato che se stava qualche giorno lontano dal suo migliore amico diventava triste e irritabile. Aveva pensato che fosse solo una coincidenza, che non fosse collegato a David, ma ora invece era costretto a ricredersi. Era la vicinanza di quel nanetto saltellante a tenerlo allegro, se ne accorgeva ora che non poteva stargli vicino come avrebbe voluto… se ne accorgeva in ospedale quando stava ore a fissarlo sperando, pregando, che tutto andasse per il meglio. Se ne accorgeva quando era a casa e non riusciva a dormire, quando si dimenticava di mangiare e bere, perso in pensieri sempre più assurdi.

David era la sua droga e lui era in crisi d’astinenza.

Non riusciva a pensare, a ragionare, a parlare sapendo che l’amico non c’era. Non c’era in quella grande casa così vuota, non c’era in quella stanza d’ospedale in cui giaceva il suo corpo… Era chissà dove, in attesa di tornare alla sua vita, di tornare dalla sua band, di tornare da lui, forse sempre uguale, forse un po’ diverso, forse non sarebbe stato più lui affatto.

Gli faceva paura pensare a quel David assente, a quel corpo che per il momento non aveva anima e a quell’anima che poteva non esser più la stessa.

Aveva paura Pierre, quella notte.

Il giorno in cui David si sarebbe svegliato era vicino e lui aveva una fottutissima paura. Si faceva mille film mentali su quel momento.

David che non lo riconosceva.

David che non sapeva pià suonare o parlare.

David che lo odiava.

David paralizzato.

David che aveva cambiato completamente personalità.

David, David, David... non pensava ad altro.

Si preparava al peggio e poi si odiava per non riuscire ad essere ottimista.

Si malediceva per non essere in ospedale quando sapeva che lo avrebbe solo fatto stare peggio.

Non parlava con David perché sapeva che non poteva sentirlo, ma poi se ne pentiva, perché in fondo ci sono così tante cose sul cervello che la medicina ancora non sa e magari sarebbe bastata la sua voce a far tornare il suo David.

Nelle ultime due settimane la sua vita era diventata una serie di contraddizioni, come se non ragionasse più, se non facesse una sola cosa giusta.

Speranza e disperazione si fondevano nella sua mente. Felicità e tristezza. Paura e coraggio. Rabbia e dispiacere. Lealtà e rancore. Provava tutto e tutto insieme. Un vortice di emozioni che non capiva e che si teneva dentro, aspettando il momento del risveglio, quando la tensione avrebbe raggiunto il limite massimo per poi dissolversi, lasciando il posto alla realtà, nel bene o nel male…

Amava David, lo amava da morire, ma allo stesso tempo lo odiava, perché lo aveva lasciato solo la sera dell’incidente, perché lo stava lasciando solo adesso.

Non vedeva l’ora che si svegliasse per riabbracciarlo, perché lo avrebbe reso di nuovo completo, ma temeva quel momento più di qualsiasi altra cosa.

Voleva restare solo col suo bassista, ma non voleva che gli altri se ne andassero.

Stava impazzendo. Si rigirava nel letto da ore, con la voglia di sbattere la testa contro al muro per non pensare a niente, per non avere più paura. Si alzò dal letto, andò nel bagno e mise la testa sotto l’acqua gelida, cercando di disattivare il cervello per un attimo. E invece si ritrovò a piangere e ridere nell’ennesima contraddizione. Gli venne in mente uno degli “attacchi di ADD” di David, come li chiamava Jeff… uno di quei momenti in cui andava fuori di testa, mettendosi a saltare, ridere, urlare senza motivo. Pierre lo aveva preso per un braccio e, mentre l’altro si dibatteva, gli aveva messo la testa sotto il getto d’acqua, come stava facendo lui in quel momento. David si era calmato subito e, mentre lui gli asciugava i capelli con un asciugamano, l’altro lo guardava con uno sguardo quasi ferito.

“Stavi rompendo le balle”, si era giustificato Pierre.

“Non c’è bisogno di affogarmi!”

“Non l’ho fatto! Ti ho solo fatto calmare… è un metodo efficace…”

“Almeno usa l’acqua calda! Ora ho freddo…”

“Ma non funziona con l’acqua calda! Dai, te la sei presa? Vieni qua se hai freddo…”

Lo aveva abbracciato, un po’ per scaldarlo, un po’ per farsi perdonare, e si era messo a giocare coi suoi capelli umidi.

“Basta che fai così e io mi calmo…”. Ora Dave sembrava quasi assonnato.

“Buono a sapersi…”

Da quel momento in poi aveva sempre usato il secondo metodo.

Pierre tornò al presente e si asciugò i folti capelli castani come aveva fatto quel giorno con quelli ancora corti e biondi di David. Fece dei respiri profondi, sentendo che stava crollando, perso nei ricordi.

Non ce la faceva più. Stare lontano da Dave lo stava uccidendo.

Poteva andare in ospedale, sì… ma era un po’ come vedere una foto. Una foto bellissima, ma pur sempre inanimata. Decise che gli sarebbe bastato, almeno per quella notte ancora.

Si vestì di fretta, prese cellulare e chiavi e uscì. Guidò per quei pochi kilometri che lo separavano dall’ospedale, abbagliato dai fari delle macchine che procedevano in senso contrario al suo, chiedendosi se fossero gli stessi che avevano abbagliato anche David due settimane prima.

Chissà se si ricordava dell’incidente, se avrebbe saputo spiegare come era successo, cosa aveva visto morendo, cosa aveva provato… Pierre sperava di no. Non doveva essere una cosa piacevole a cui pensare, si augurava che non ricordasse niente.

Arrivò in ospedale, salutò le infermiere che ormai erano abituate a vederlo andare e venire a orari strani ed entrò silenziosamente nella stanza di Dave. Quella notte era rimasta Julie; stava dormendo nella solita poltrona in fondo alla stanza, in modo da lasciare libera quella accanto al fratello. Sapeva che Pierre spesso andava lì di notte, quando non riusciva a dormire, tormentato da pensieri che non condivideva con nessuno.

Anche quella notte Pierre si sistemò accanto al bassista, studiando il suo viso, notando che graffi e lividi stavano sparendo e che il pallore funereo dei primi giorni aveva lasciato il posto a un colorito molto più sano. Quanto mancava ormai prima che i medici decidessero che stava abbastanza bene per svegliarlo? Una settimana, giorni, ore?

Come se gli leggesse nel pensiero, Julie gli posò una mano sulla spalla.

“Hey… cosa ci fai qua?”

“Mi mancava… E mi manca anche se sto qua, però… forse un po’ meno…”. Si era scoperto molto più del solito, ma in qualche modo sapeva che la ragazza lo capiva.

“Prima è venuto Joel, il dottore… ha detto che domani lo sveglieranno”

“Domani!?”

“Sì, non sei contento?”

“Sì! Sì, certo! Solo…”

“Solo cosa?”

“Io… ho paura, Jul… Ho paura…”

Si guardarono negli occhi e videro le stesse emozioni riflesse in quelli dell’altro. La stessa identica paura e quel senso di impotenza di chi può solo aspettare e vedere come andrà a finire.

“Ho paura anche io, Pierre…”

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Capitolo 9
*** Capitolo nove ***


Nono capitolo. Finalmente. Scusate l’attesa, ma non avevo tempo. E se avevo tempo non avevo voglia. E se avevo voglia non avevo il computer. E se avevo il computer non avevo più tempo, ecc…

No, non è vero… in realtà è stata tutta colpa delle Olimpiadi. Ma ora le gare di scherma son finite (ç__ç), quindi eccomi a rompervi le scatole u____u

 

 

 

Pierre pensava di sapere cosa fosse una notte difficile. Era quando avevi un concerto e il tuo cervello era convinto che fossero le 4 di notte… Era quando stavi male dopo esserti ubriacato e ti ripetevi che non l’avresti fatto mai più, per poi ricaderci due giorni dopo. Queste erano le notti più brutte che avesse mai vissuto, prima che David avesse l’incidente. Poi c’era stata quella in cui aspettavano l’esito dell’operazione e tutte quelle passate a vegliare su di lui, a parlargli, ad autoconvincersi che sarebbe andato tutto bene.

Ma quella notte, quella che stava vivendo, le superava tutte. Quella era di gran lunga la più estenuante, difficile, orrenda notte di sempre.

Era lì ad aspettare. Aspettare, come faceva da settimane. L’unica differenza era che prima non sapeva per quanto avrebbe dovuto farlo ancora, mentre ora contava le ore, quasi i minuti, che lo separavano dal risveglio del suo migliore amico. Ed era tremendo e spaventoso. Non riusciva neanche a respirare dalla paura che aveva e avrebbe voluto scappare, andarsene da quel maledetto ospedale e tornare se tutto fosse andato bene o non tornare affatto. Sapeva che era solo lo stato in cui si trovava a fargli pensare stronzate del genere, perché lui non si sarebbe mosso da lì per niente al mondo e sarebbe stato vicino a David, qualunque cosa fosse successa.

Andrà tutto bene…

Quella frase era diventata un mantra per lui, se la ripeteva in continuazione, se la sognava persino di notte e sperava che fossero sogni premonitori. Normalmente non credeva in certe cose… Dio, il destino, la fortuna… non credeva in niente di tutto questo, ma si era ritrovato ad aver bisogno di aiuto, a chiedere a chiunque volesse ascoltarlo da lassù di fare in modo che le cose andassero bene.

Era disposto a dare la sua carriera, la sua vita, tutto ciò che aveva se fosse stato l’unico modo per avere la certezza che Dave sarebbe stato bene, per far finire quella notte senza più la paura del domani, per addormentarsi ed essere svegliato con un bacio dal bassista, scoprendo che era solo un terribile incubo.

Ma i minuti passavano, l’ansia cresceva e sperare, sognare, pregare non aveva più significato.

Aspettare. Solo aspettare. Non poteva fare altro. Ed era uno schifo. Avrebbe dovuto essere felice che David si svegliasse, no? No. Solo chi non aveva mai vissuto quella situazione avrebbe potuto dire una cosa del genere. Aveva paura. Non era felice, non avrebbe potuto esserlo sapendo che di lì a poco avrebbero potuto avverarsi tutti i suoi peggiori incubi. Per quanto si ripetesse all’infinito “andrà tutto bene, andrà tutto bene…” la sua mente non riusciva ad accettare quella possibilità. Non voleva essere ottimista per paura di rimanere deluso, ma il suo pessimismo lo stava distruggendo. Ma era certo di una cosa: anche se David non fosse stato più lo stesso, lui avrebbe continuato ad amarlo, incondizionatamente.

 

 

Julie fu svegliata da un raggio di sole che le colpì il viso. Era già mattina. Un lampo di paura le gelò il sangue, ma poi ritrovò il suo solito ottimismo e interpretò il sole come un buon segno. Certo, poi si ricordò che a David piaceva di più la pioggia, ma suo fratello era un emo lugubre, non faceva testo.

Non aveva in programma di addormentarsi, veramente… Pierre era rimasto sveglio a giudicare dal viso pallido e stanco. Fissava Dave, come sempre.

“Pierre?”

“Mmh?”

“Tutto bene?”

Il ragazzo sospirò, lanciandole il sorriso più falso che avesse mai visto.

“Diciamo che starò bene se starà bene lui…”

Julie gli diede un bacio sulla guancia, in un estremo tentativo di consolarlo.

“Dai, tra qualche ora lo sapremo… Ti va di dire agli altri di venire?”

Pierre annuì e uscì dalla stanza per chiamare il resto della band.

Lei pensò di chiedere a Joel quando, di preciso, avrebbe svegliato Dave, ma non era sicura di volerlo sapere. Forse preferiva non tenere continuamente sotto controllo l’orologio, sarebbe stato più facile distrarsi… e far distrarre Pierre, soprattutto.

“Che ansia che ci stai facendo venire, fratellino! Sei pronto?”

Loro no, non erano pronti. Avevano voglia di riavere David tra loro, ma avrebbero voluto evitare il momento del risveglio… Stare lì, vederlo riaprire gli occhi e già dal suo sguardo intuire se c’era qualcosa che non andava, parlargli e vedere se capiva, fargli domande e aspettare le risposte… Sarebbe stata dura non perdere il controllo…

Dovevano evitare di parlare tutti insieme, di spaventarlo chiedendogli cose troppo difficili, di assalirlo con abbracci… Lo avrebbe ricordato anche agli altri.

Cominciava a provare qualcosa in più di paura e ansia… si sentiva quasi stordita, come se stesse sognando. Ma sentiva anche la speranza farsi strada dentro di lei, insieme a un po’ di felicità.

In fondo lei non era quella ottimista? Sorrise. Sarebbe andato tutto bene, ne era sicura.

Pierre entrò nella stanza e la vide sorridere. Perché lei riusciva a pensare positivo e lui no? Anche lui voleva sorridere, voleva essere felice di quel che stava per succedere e invece non ci riusciva. Jeff, Chuck e Seb sarebbero arrivati a momenti e sperava che riuscissero a rassicurarlo. Nel frattempo era sicuro che ci avrebbe provato Julie.

“Pie, lo sai che probabilità ci sono che abbia subito dei danni?”

Pierre scosse la testa. Effettivamente non aveva mai pensato alle probabilità.

“Joel dice il 20%, forse meno… Direi che possiamo permetterci un po’ di ottimismo, no?”

Ci pensò su. Era sempre 2 su 10, non era poco, visto così… ma 20% in fondo era abbastanza rassicurante, doveva ammetterlo…

Andrà tutto bene…

Ancora quella vocina nella sua testa, ma per la prima volta pensò che avrebbe potuto benissimo avere ragione.

 

Dopo poco arrivarono anche gli altri tre, con quel misto di allegria e preoccupazione che caratterizzava la giornata.

Jeff sembrava quello meno agitato di tutti. Forse voleva dare il buon esempio, essendo in un certo senso il loro fratello maggiore.

“Ciao Piero!”, lo salutò in italiano, facendolo ridere. “E ciao anche a te, sorella della scimmia!”.

Julie rise, riuscendo ancora a stupirsi della stupidità degli amici del fratello, poi la curiosità prese il sopravvento.

“Perché lo chiamate scimmia?”

“Perché è fastidioso!”, rispose pronto Chuck.

“E dispettoso!”, aggiunse Seb, sorridendo.

“E non gli da fastidio che lo chiamate così?”

“Naaaaa… si arrabbia solo se lo chiami nano. Non accetta la realtà… non è colpa nostra se è il più basso di tutti…”

“Ma se lo chiama così Pierre non si arrabbia…”, ghignò il batterista.

Jeff rise, prima di sputtanare del tutto il cantante.

“Ma lui lo chiama anche cucciolo, tesoro, piccolo…”

“E piantala!”. Pierre arrossì e gli tirò una gomitata.

Amore…

“Non è vero! Non lo chiamo amore!”

“Quindi ammetti di chiamarlo nei modi che ho detto prima?!”

“Sì, ma amore non l’ho mai chiamato!”

Solo tante volte nei tuoi sogni… Zitta stupida voce! Torna a dirmi che andrà tutto bene e fatti i cazzi tuoi! Però mi piacerebbe tanto chiamarlo amore… e avrei potuto farlo, prima che succedesse sto macello… e forse potrò farlo davvero… ancora poco…

“Pierre…”

La voce di Seb lo riportò alla realtà e si rese conto che a loro si era aggiunto Joel.

Era arrivato il momento?

Il dottore stava dicendo qualcosa e cercò di concentrarsi sulle sue parole.

“Abbasso la dose di farmaci per fare in modo che torni cosciente, ma sarà piuttosto stordito all’inizio e magari sentirà un po’ di dolore, per cui non assillatelo troppo… Non dovrebbe metterci molto a svegliarsi, una decina di minuti circa. Fategli qualche domanda semplice, chiedetegli se sa dove si trova, come si chiama, come vi chiamate voi, cose così. Se vi capisce, se la memoria è intatta e riesce a rispondervi direi che dovrebbe essere tutto a posto. Vi lascio soli… Mi raccomando, parlategli uno alla volta e ricordatevi che è normale che sia confuso, perciò se c’è qualcosa di strano non è detto che sia definitivo, ok?”

 

Tutti furono d’accordo che quelli erano i 10 minuti più lunghi delle loro vite. Chuck batteva nervosamente un piede a terra e se avesse avuto lì la sua batteria avrebbe suonato così forte da spaccare tutto. Pierre e Julie fissavano David per essere pronti a cogliere ogni minimo movimento. Seb e Jeff parlottavano nervosamente del più e del meno.

Poi, finalmente, sentirono Pierre trattenere il fiato e corsero tutti a vedere.

“Che c’è?”, Julie si era allontanata un attimo dal fratello e dovette trattenersi da mettersi a urlare per scaricare un po’ la tensione.

“Ha mosso un po’ la mano…”, sussurrò Pierre, quasi non volesse rovinare il momento. Prese la mano di David e sorrise euforico quando sentì una debole stretta.

“David… Svegliati, ti prego…”

Pochi secondi dopo il bassista aprì gli occhi. Guardò davanti a sé, con lo sguardo velato, come se non vedesse niente. I cuori di tutti battevano così forte che sembrava rimbombassero nella stanza. Non sapevano cosa fare, se lasciare che si riprendesse o fargli domande o altro…

Pierre lo chiamò e David si girò verso di lui e lo osservò per un istante, come un bambino che vede qualcosa per la prima volta e ne rimane stupito. Poi, lentamente, come se non si ricordasse più come fare, sorrise e sussurrò “Pie…”.

Pierre rise e subito dopo scoppiò a piangere dalla felicità, abbracciando il suo bassista come non faceva da troppo tempo.

Nella gioia generale, tutti faticavano a trattenere le lacrime. Guardarono Dave tra le braccia di Pierre, guardarono il suo sorriso e capirono che non c’erano tante domande da fare. Quello era il loro David, ne erano certi.

Dimenticandosi tutte le raccomandazioni di Julie e di Joel, si unirono all’abbraccio, accerchiando completamente il ragazzo, che non smetteva di sorridere. Solo la sorella riuscì a trattenersi e rimase a guardare la band, così felice e unita, finchè non decise che avrebbero potuto continuare dopo, prima doveva accertarsi che fosse davvero tutto a posto.

“Ok, gente, momento coccolosità finito, lasciatemi fare il mio lavoro”

Sciolsero l’abbraccio e lasciarono che Julie si mettesse accanto al fratello.

“Jul!”, David la guardò con uno sguardo da cucciolo a cui non seppe resistere. Contro le sue stesse raccomandazioni, lo abbracciò a lungo. Poi, più per evitare di mettersi a piangere che perché volesse davvero farlo, si staccò dal fratellino.

“Allora… come stai?”

“Bene…”
”Ti fa male qualcosa?”

“No…”

“David…”, lo guardò male, facendogli capire che non doveva dirle bugie.

“Mi fa male dappertutto, ma poco… Non ci avrei fatto caso se non me l’avessi chiesto…”

Già da questa frase Julie capì che Dave stava davvero bene. Era una risposta coerente alla domanda ed era una frase di senso compiuto. Non c’era bisogno di altro per capire che il suo cervello stava alla grande, ma era sempre meglio controllare fino in fondo.

“Ora ti faccio qualche domanda stupida e tu mi rispondi, ok?”

Lui la guardò come per dire “devi proprio?”, ma lo ignorò.

“Come ti chiami?”

“David. Ti dico anche il codice fiscale se vuoi…”

Lo ignorò di nuovo. Sapeva che non sapeva a memoria il codice fiscale… insomma… chi è che sa a memoria il suo codice fiscale?!

“Loro come si chiamano?”

“Pierre, Seb, Jeff e Chuck e sono il cantante, chitarrista, chitarrista e batterista della band e io sono il bassista e siamo appena tornati dal tour”

“Dove ti trovi e perché sei qui?”

“Sono in ospedale, perché ho fatto un incidente in macchina, ma lo so perché me lo ha detto Pierre, perché io non mi ricordo niente di quel che è successo… vale lo stesso?”

Julie sorrise. Sì, poteva valere lo stesso, almeno si ricordava cosa aveva sentito durante il coma…

“Qual è l’ultima cosa che ti ricordi?”

David ci pensò un attimo, cercando di mettere insieme i ricordi e di capire da quanto tempo si trovava lì.

“Che siamo tornati dal tour. E avevamo deciso di fermarci un po’ prima di registrare il nuovo album…”

Julie lanciò un’occhiata a Pierre che non sfuggì a David.

“Mi sono perso qualcosa?”

Pierre lo rassicurò.

“No, siamo tornati un paio di giorni prima che tu finissi qui, ma non ti sei perso niente di che…”

A parte che abbiamo passato mezza giornata a baciarci sul divano, ma non importa… ricominceremo da capo.

“Ma che giorno è oggi?”

“Il 12 ottobre, sei stato in coma due settimane.”

“Oh… E ora posso tornare a casa?”

Tutti i presenti si scambiarono occhiate strane, non sapendo come dirgli che avrebbe dovuto stare lì ancora un po’.

“No, tesoro… devono tenerti sotto controllo per un po’…”

“Un po’ quanto?”

“Qualche settimana…”

David spalancò gli occhi. Ma lui stava bene, non aveva senso che stesse lì… Voleva solo tornare a casa con Pierre e gli altri e vivere quei 15 giorni che si era perso. Voleva dimenticare la sensazione orribile di sentire ciò che dicevano senza poter reagire. Voleva suonare il suo basso più di qualsiasi altra cosa e sentire la voce di Pierre che cantava per lui. Voleva mettersi a lavorare su nuove canzoni e fare quegli stupidissimi cori che lo divertivano tanto. Voleva infilarsi nel letto del cantante e dormire vicino a lui, come faceva ogni tanto in tour. Voleva prendere in giro Jeff finchè non l’avesse chiamato “scimmia”. Voleva andare a casa…

 E se proprio non poteva andarsene, almeno non voleva restare solo.

“Ma voi starete qui con me?”

Tornarono tutti ad abbracciarlo.

“Non ti lasceremo solo un secondo…”

“Allora va bene…”

 

 

Non ci credo, ce l’ho fatta a pubblicare questo cavolo di capitolo!!! È dalle 14 che scrivo e ho continuato ad interrompermi… è persino venuta a prendermi mia nonna per portarmi a mangiare il gelato e non lo fa mai! O.o Ma finalmente eccolo qui e mi scuso tantissimo per l’attesa!!

Ringrazio tantissimo chi legge e ovviamente un ringraziamento speciale a chi recesisce! Vi amo <3

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Capitolo 10
*** Capitolo dieci ***


Sapete qual è la cosa fantastica di questa fanfiction?? Che all’inizio avevo detto che ci sarebbero stati circa 6 capitoli e questo è il 10°! XD E ho ancora un po’ di cose da scrivere!

Well… enjoy! <3

 

 

 

Pierre era felice. Felice come quando avevano fatto il loro primo concerto davanti a una folla come si deve, felice come quando avevano ricevuto il loro primo disco di platino, felice come era stato il giorno in cui finalmente aveva baciato David per la prima volta… forse “felice” non rendeva neanche bene l’idea… era fuori di sé dalla gioia, era euforico, non smetteva di sorridere e aveva una gran voglia di stare da solo con Dave per… per…

Per fartelo!

Zitta, stupida voce, stai rompendo i coglioni!

Pierre scosse la testa, chiedendosi se non fosse lui ad aver qualcosa di rotto nel cervello. Da quando faceva pensieri del genere sul suo migliore amico?

Da qualche anno... Giorno e notte... ma soprattutto notte... per ovvie ragioni

Ok, ora basta però… se non la pianti, brutta voce di merda, ti uccido con un cotton fioc!

Ok, meglio darsi un contegno… Scacciò tutti i pensieri sconci dalla testa, poi scacciò Jeff che stava parlando con David e si mise sul letto accanto a lui, abbracciandolo. Il bassista si accoccolò addosso a lui, nascondendo il viso contro la sua spalla.

“Tutto ok?”, gli chiese.

“Mmmhhh… Ho sonno…”

“Allora dormi…”

David scosse la testa.

“Col cavolo! Ho dormito due settimane, non posso avere sonno! Dormirò tra 15 giorni…”
Pierre ridacchiò, divertito dal tono indignato del nanerottolo che gli stava addosso.

“Buona fortuna allora!”

“Tu ogni tanto scuotimi, così se sto dormeno mi svegli…”

“Sì sì, lo farò di certo, tranquillo!”, gli disse con un sarcasmo che David evidentemente non colse.

“Grazie…”

Pierre si trattenne dallo scoppiare a ridere per l’ingenuità del più piccolo, poi cominciò ad accarezzargli piano i capelli.

“Smettila…”, mormorò Dave dopo un po’.

“Di fare cosa?”

“Di fare… così… lo sai che mi addormento quando lo fai… Tu dovresti tenermi sveglio, non il contrario!”

“Non voglio tenerti sveglio”

David si sollevò dal suo petto e lo guardò negli occhi per qualche secondo con un’espressione indecifrabile.

“Perché? È il primo giorno e già non ne puoi più di me?”

Pierre rimase sconvolto davanti alla faccia quasi di sfida di Dave. Si aspettava tutto meno che il bassista gli dicesse così. Come poteva pensare una cosa del genere? Come poteva credere di dargli fastidio? È vero, non si ricordava che prima dell’incidente si erano praticamente messi insieme, ma si ricordava tutti gli anni precendenti, no? E fino a un minuto prima gli stava addosso! Che diavolo gli era preso, era andato fuori di testa!?

“Pierre?”

“Eh?”

“Stavo scherzando, idiota!”

Scoppiò a ridere e gli tirò una cuscinata in testa.

“Questo non avresti dovuto farlo…”
 Pierre gli strappò il cuscino dalle mani e lo lanciò dall’altra parte della stanza, centrando in pieno Seb che urlò dallo spavento.

Poi inziò una lotta di solletico all’ultimo sangue, in cui i due ragazzi si contorcevano cercando di difendersi senza cadere giù dal letto, ridendo fino alle lacrime.

Ma Julie, che sembrava fare apposta ad arrivare nei momenti sbagliati, rientrò nella stanza dopo aver comunicato a Joel che David stava bene.

“Hey, piano voi due! Pierre, stai buono, si è appena svegliato, gli fai male!”

Pierre borbottò uno “scusa” che in realtà significava “Uffa, che due balle, sto giocando col mio più-o-meno-ragazzo, lasciaci stare”, ma scese dal letto di Dave senza opporre resistenza.

David invece non la prese così bene.

“Jul, quanto rompi! Sto bene, non è che ora ti metterai a trattarmi come se fossi un bambino, vero? No, perché era già difficile sopportarti quando ero piccolo davvero…”

“David, fratellino mio… Lo sai quanto ci metto io a farti dormire ancora un paio di settimane, se voglio?”

Dave non si fece spaventare dalla minaccia.

“Non lo puoi fare, non sei il mio dottore!”

“No, ma sono la tua infermiera e finchè starai qua sarai sotto la mia responsabilità… quindi decido io cosa puoi fare e cosa no, intesi? Altrimenti ti metto a nanna ancora un po’…”

“Pfffffff…”

“E non sbuffare!”

“Ma…”

“Ma niente, discorso chiuso!”

David aprì la bocca per dire qualcosa, poi si limitò a incrociare le braccia e a mettere il broncio alla sorella, con tanto di labbro inferiore sporgente.

“Ora sei tu a fare il bambino…”

“Ma lasciami in pace!”

Pierre ascoltava divertito i fratelli battibeccare, non sapendo se interromperli o meno. Si guardò intorno per vedere che faceva il resto della band. Seb aveva usato il cuscino che gli aveva lanciato per mettersi comodo e si era addormentato, Jeff per una qualche strana ragione si stava specchiando nella fotocamera del suo iPhone, forse per contarsi i capelli, mentre Chuck tamburellava su ogni superficie solida che trovava, preso da una crisi d’astinenza della sua batteria.

Guardò fuori dalla finestra. Il cielo era bianco, come se dovesse nevicare da un momento all’altro, anche se era un po’ presto per la neve e non faceva ancora così freddo, dopotutto, pur essendo in uno degli Stati più freddi al mondo. Si mise a pensare che avrebbe voluto giocare a palle di neve con David, magari senza la sorella a interromperli stavolta… E avrebbe usato la scusa di avere freddo per farsi scaldare e poi sarebbero finiti a let….

“No! Nononono dai, ti prego, noo!! Pierre aiutooo!!”

La voce spaventata di David lo distolse dai suoi pensieri prima che diventassero molto poco casti.

“Cosa c’è?”

Si girò e vide che Julie stava prendendo da un cassetto una siringa e una boccetta piena di uno strano liquido. 

“Non provarci neanche!”

Corse a proteggere David da quella pazza. Il bassista gli saltò praticamente addosso, allontanandosi più che poteva dall’arma della sorella. Pierre lo abbracciò, pronto a farsi infilzare al posto suo. Non sapeva cosa aspettarsi da Julie, soprattutto se Dave l’aveva fatta arrabbiare, come gli sembrava di capire.

“Julie, calmati… Si è appena svegliato, non puoi portarmelo via di nuovo…”

Lei guardò il fratellino che abbracciava Pierre a mò di koala e si addolcì.

“Dave, mi ascolti un attimo?”

“Sì…”

 “Almeno per qualche giorno sarebbe meglio che ti riposassi, quindi niente più solletico…” e lanciò uno sguardo eloquente a Pierre, “niente più litigi, quindi non provocarmi o ti faccio passare la voglia… non alzarti troppo dal letto, perché i muscoli devono riabituarsi gradualmente a fare il loro lavoro e se hai sonno non sforzarti di stare sveglio!”.

Ora fu Pierre a lanciare uno sguardo a David e Julie se ne accorse.

“Lo sapevo…”, sospirò. “Dormi!”

“No!”

“David…”, lo richiamò Pierre, fingendo di essere dalla parte della ragazza.

“Dai, anche tu…! Uffa…”
La sorella lo fece staccare da Pierre per poterlo guardare in faccia.

“Dammi una buona ragione per cui dovresti stare sveglio”

“Perché ho già dormito due settimane, non ha senso che io abbia ancora sonno… e poi voglio stare con voi…”

“Ma Dave, non è che se sei stato due settimane in coma ora per due settimane non devi più dormire! Anzi, sei debole, ti stanchi in fretta… E quando ti sveglierai noi saremo ancora qui… vero Pierre?”

“Certo…”

David sbadigliò, lasciandosi calmare dalle loro voci. Si sistemò meglio tra Pierre, che lo abbracciava da dietro, e Julie, che gli accarezzava i capelli dalla solita poltrona accanto al letto, e finalmente si abbandonò al sonno.

 

 

“Non partiamo tanto bene, eh!?”, sussurrò Julie a Pierre.

“Lo sai com’è… Se gli dici di non fare una cosa…”

“Sembra che faccia apposta a farla!”

“Sì…”

“Tu tienilo d’occhio, però… devi essere dalla mia parte, tutto quello che faccio è per il suo bene, Pie…”

“E tu vedi di non litigarci!”

“Oh, dai, era solo un bisticcio…”

“Volevi rimandarlo in coma!!”

“Non è vero! Volevo solo che dormisse! Immaginavo che fosse stanco, ma non volesse addormentarsi…”

“Sai… a lui non ho detto niente, ma ho avuto l’impressione che avesse quasi paura… come se pensasse di poter ripetere l’esperienza di sentirci senza poter fare niente…”
”Sì, può darsi… ma domani sarà più tranquillo, quando vedrà che anche se dorme non succede niente di male”
”Però non pretendere troppo da lui… nel senso, non puoi aspettarti che stia davvero fermo e calmo dalla mattina alla sera. Non ce la fa, è più forte di lui!”

“Beh, ma io conto su di te! Sono sicura che troverai il modo di farlo stare buono… con qualsiasi mezzo...”

Pierre fu quasi sicuro che in quella frase si nascondesse un doppio senso… Ma decise di non chiedere…

 

 

 

Solo una cosa… So che non ve ne frega, perché il bello di leggere è proprio che ognuno immagina le cose in un modo diverso, ma… io David non me lo immagino come è ora, ma tutto carino e coccoloso e cuccioloso come era qui… http://www.google.it/imgres?hl=it&biw=1280&bih=642&tbm=isch&tbnid=KCsVEc4W8lAAfM:&imgrefurl=http://www.buzznet.com/groups/thegorgeousdaviddesrosiers/&docid=3sdKvTiW1eN4DM&imgurl=http://cdn.buzznet.com/assets/users16/maddiemayhem/default/aww-david-so-cute--feat-msg-120120673572.jpg&w=218&h=149&ei=AYcmULeCMvLc4QTokoCYDg&zoom=1&iact=hc&vpx=521&vpy=346&dur=635&hovh=119&hovw=174&tx=100&ty=82&sig=105482850950011205275&page=1&tbnh=119&tbnw=174&start=0&ndsp=18&ved=1t:429,r:8,s:0,i:95 :3

O__o questo capitolo fa schifo, non succede niente… c’è solo rebel-David, che è solo una piccola parte di cosa combinerà in un capitolo non meglio identificato, più avanti…
Ringrazio tutte le meravigliose persone che leggono e ovviamente uno special thanks a chi recensisce e a Misa Matsuyama che mi spinge ad aggiornare “in fretta”, se no io me la prenderei molto più comoda… <3 XD

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Capitolo 11
*** Capitolo undici ***


Più leggo lo scorso capitolo e meno mi piace… Spero che questo sia meglio… O_o

 

 

 

Pierre rimase per un po’ sdraiato accanto a David, ad ascoltare il suo respiro regolare, stringendolo a sé come se dovesse scappare da un momento all’altro, con la consapevolezza di poterlo svegliare con un minimo movimento.

Era sveglio. Era sveglio! Sì, insomma, in quel preciso istante dormiva, ma… era sveglio!! Quasi doveva ancora rendersene conto… Gli sembrava che le due settimane precendenti fossero state solo un sogno. Tutta la tristezza, la preoccupazione… tutto ciò che aveva provato in quei giorni terribili era svanito nel momento in cui David gli aveva sorriso.

E poi c’erano state quelle ore appena trascorse, in cui si era sentito invincibile, come se tutto girasse finalmente nel verso giusto, come se niente al mondo avrebbe potuto rovinare quei momenti.

E ora era lì, appiccicato al suo migliore amico, e tutto andava bene…

 

Chuck vagava per la stanza, guardando alternativamente David e il giardino dell’ospedale fuori dalla finestra. Aveva una terribile voglia di prendere due bisturi, due forchette, due siringhe, qualsiasi cosa, e sbatterle contro ogni superficie solida a sua disposizione. Ma si tratteneva, perché era in un luogo pubblico, perchè l’infermiera stronza si aggirava sempre in corridoio per esser pronta a cacciarli via alla minima trasgressione –e a dir la verità si chiedeva come mai non avesse ancora fatto irruzione nella stanza per sbattere Pierre giù dal letto del paziente- e, soprattutto, si tratteneva perché David dormiva e non ci teneva a subire una sclerata di sua sorella.

Ma stava impazzendo, aveva già fatto così tante volte avanti e indietro che gli sembrava di essere sprofondato un po’ nel pavimento.

Erano due lunghissime, interminabili, tremende settimane che non suonava la sua amatissima batteria e ormai se la sognava di notte. Una volta, sognando di suonare, aveva mosso davvero le braccia e aveva tirato un pugno alla lampada sul suo comodino, mandandola in pezzi. Aveva davvero toccato il fondo in quel momento…

Aveva bisogno di suonare, più di quanto avesse bisogno di ossigeno…

Si sforzò di mettersi a sedere e notò che anche Jeff si era addormentato; cominciò a ripetersi nella sua mente “non suonare sulla sua testa, non suonare sulla sua testa, non suonare sulla sua testa…”.

Ma poi il pelato mosse una mano, come se stesse facendo degli accordi. Forse stava sognando…

Continuò così per qualche minuto, poi… cominciò a imitare il suono della chitarra.

Si girarono tutti a guardarlo, cercando di sopprimere le risate per non disturbare David.

Jeff fece quel suono ancora per qualche secondo, poi smise. Quando poco dopo ricominciò, Julie, proprio la più seria di tutti, cominciò a ridere come una pazza, mettendosi nell’angolino più lontano dal fratello e tappandosi la bocca con le mani.

Anche Pierre si allontanò da David, per sicurezza, in caso anche lui scoppiasse a ridere, come infatti fece pochi secondi dopo.

Julie, con le lacrime agli occhi, cominciò a prendere in giro i musicisti.

“Ma voi non siete normali! Vi sognate anche di fare i concerti!? Sapevo che David era fuori di testa, ma su di voi avevo ancora qualche speranza…!”
”Hey!!”

Julie scoppiò di nuovo a ridere.

“Scusa, Dave, non volevo svegliarti”

“Non sono fuori di testa!”

Nella stanza ci fu un attimo di silenzio.

“Beh… un pochino sì, dai…”

“Pierre! Sei uno stronzo!”

Il cantante non capì se il bassista se la fosse presa davvero o no.

“Ma lo sai che scherzo…”

“mmmhhh… dici sempre così…”

“Perché è vero…”

Pierre si avvicinò al nanetto e gli scoccò un bacio sulla guancia, che lo fece sorridere.

David si guardò intorno, per poi scorgere Jeff in un angolo.

“Perché Jeff fa quei versi?”

Cominciarono tutti a ridere senza riuscire più a smettere, mentre David li guardava sempre più confuso. Poi vide la mano di Jeff che si muoveva come se suonasse e capì anche lui.

“Che idiota… ma non può andare a casa e suonare una chitarra vera? E anche tu Seb… e Chuck…”

Seb non si era neanche accorto di non riuscire più a tenere le mani ferme, come Chuck che aveva cominciato a tamburellare sul muro con due cannucce prese chissà dove.

Anche Jeff fu svegliato dalle risate dei suo compari.

“Oh… stavo suonando…”

“Sì, ce ne eravamo accorti, Mastrolindo!”

“Perché?”

David si alzò dal letto e si avvicinò un po’ barcollando a Pierre.

“Lascia stare… vai a casa e suona, che sei in crisi d’astinenza! E anche voi!”, indicò Seb e Chuck.

“Ma non vogliamo lasciarti solo…”

“Ma non sarò solo, Pierre starà con me 24 ore su 24 finchè non me ne andrò da questa prigione! Veeero, Pierre?”

Il cantante ridacchiò e lo strinse a sé.

“Ma certamente, ma joie…”

David si staccò da lui e guardò Jeff con gli occhi che brillavano.

“Jeff!”

“Dimmi, scimmietta”

“Non possiamo fare una specie di concerto qui?”

“Sììììì, mettiamo in corridoio i letti dei pazienti in coma, così si svegliano tutti per chiedere di abbassare il volume della musica!”

“Lo prendo per un no…”

Anche Julie intervenne a smorzare l’entusiasmo del bassista.

“Dave, vieni con me…”

Lo prese per un braccio e lo condusse fino alla porta della camera, dicendogli di guardare attraverso il vetro.

“Vedi quella donna-armadio bionda che guarda male chiunque passi di lì?”

David annuì.

“Quella non aspetta altro che facciamo qualcosa che non va, tipo troppo rumore, per cacciarci via tutti…tranne te, ovviamente…”

“Ma non può farlo, Joel è innamorato di te, ci fa fare quel che vogliamo”

“E tu come diavolo fai a sapere di Joel?! E poi non è innamorato di me, ha una bambina, sarà sposato…”

“Jeff ne ha due di bambine, eppure…”

“Senti, ma tu farti i cazzi tuoi no, eh?! E comunque non ti piacerebbe che io uscissi con lui… ti ha salvato la vita, saresti in debito per il resto dei tuoi giorni… e poi saresti geloso”

“Ahahahahahaha, io geloso di te!? Sono geloso del mio basso, del mio telefono, del mio… di Pierre, di te non di sicuro! Non illuderti…”

“Tu non lo sai, ma sei in debito anche con me, perché se non avessi chiesto a Joel di essere la tua infermiera, ora a te ci penserebbe quella sottospecie di donna che ti ho mostrato prima. E probabilmente ora ti avrebbe visto guardare fuori –perché non ti toglierebbe gli occhi di dosso un secondo- e starebbe venendo qui per legarti al letto!”

David sbirciò ancora nel corridoio, poi corse come un razzo verso il letto e ci si fiondò sopra.

“Sta venendo davvero!!!”

Julie si preparò a fare una sfuriata delle sue, ma poi vide che l’infermiera passava davanti alla loro porta senza degnarli di un’occhiata.

“Ma no che non viene, tranquillo… E se viene la sistemo io…”

“Non lasciare che mi leghi!”

“Penso che ci odi a morte… O magari è così con tutti… Comunque se si avvicina a te, quella sarà l’ultima cosa che farà…”

“Oddio, ecco che si trasforma in pazza omicida…”, mormorò David, cercando, forse, di non farsi sentire.

Julie si girò a guardarlo con uno sguardo molto alla Shining e il fratello saltò di nuovo giù dal letto, rischiando di ammazzarsi per la debolezza dei muscoli, e si rifugiò tra le braccia di Pierre.

“Mi ammazza, mi ammazza, mi ammazza…”

Pierre scosse la testa.

“Ma come facevano i vostri genitori a non uccidervi entrambi davvero?”

“Hey, io sono brava, è lui l’idiota!”

“Ma sei tu idiota, non io! Mi fai paura!”

“Oh, povero piccolo David, se lo guardo male lui si mette a piangere…”

Piantatela!

“Ma è lui!”

 “Ma è lei”, risposero i fratelli contemporaneamente.

“Oddio, ma quanti anni avete, 5?”

Non sarebbe stato facile convivere con quei due, per niente…

 

 

 

Non è che sia tanto meglio del decimo, ‘sto capitolo… Forse fa giusto un pochino ridere… Ma magari a voi amatissimi lettori/recensori piace più di quanto piaccia a me, chi lo sa?

Let me know what you think!!

(Io adoro quei due che bisticciano... <3 A voi piacciono? XD)

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Capitolo 12
*** Capitolo dodici ***


Bene, cari lettori… ecco il dodicesimo capitolo… (è il dodicesimo, vero? O_o) 
Vi avverto che oggi ho una reazione allergica all’universo, quindi magari uscirà una roba un po’ deprimente… ma spero di no! Ma tanto anche David è un depresso…Intanto l’ipod mi sta mettendo tutte le mie canzoni preferite dei BSB, quindi penso che potrei anche rallegrarmi u__u

Quasi dimenticavo!! Questo capitolo si svolge due settimane dopo che Dave si è svegliato! Ho accelerato un po’, se no ‘sta storia non finisce più e tra un po’ inizia la scuola e… e voglio morire… O__O

 

 

 

 

Era tutto buio. Perché era tutto così dannatamente buio? Forse perché era quasi Novembre ormai… ed erano le due di notte… Ma in un ospedale non doveva esserci sempre luce? Evidentemente no…

David odiava il buio. E odiava anche il freddo. Forse era una cosa stupida per un abitante del Canada, ma il buio e il freddo lo deprimevano. E anche gli ospedali lo deprimevano, soprattutto se il paziente era lui. Perché era ancora rinchiuso lì dentro, poi? Lui stava bene, ma a nessuno sembrava importare. Lo trattavano tutti come se fosse un bambino. “Dormi. Stai fermo. Non alzarti. Prendi le medicine. Fai quel che ti dico”… e lui avrebbe solo voluto urlare.

Sentiva di essere al limite, ormai. Erano due settimane che era in quell’ospedale. Quattro, veramente, se contava quelle del coma. Quindi era lì da un mese in tutto. Un mese che avrebbe potuto vivere a casa sua. E invece no, aveva avuto quel dannato incidente in cui era pure rimasto secco! E aveva iniziato la sua nuova vita in un ospedale. Yeah, che bello!

Se solo fosse rimasto a casa quel giorno! Perché era uscito? Non si ricordava neanche cosa diavolo fosse successo! Ma non aveva intenzione di stare lì un giorno di più. Era anche la notte giusta per tentare di evadere… Con lui c’era solo Julie; Pierre era dovuto andare dai suoi genitori, che non vedeva da quando erano partiti per il tour, e lo aveva lasciato solo per due giorni, ma sarebbe tornato nel pomeriggio. Gli altri non avevano motivo di stare lì tutto il tempo e avevano iniziato ad andarlo a trovare per qualche ora quasi tutti i giorni. Mentre sua sorella era sempre lì. 24 ore su 24.

Ma per fortuna dormiva…

Si alzò dal letto cercando di essere il più silenzioso possibile, con gli occhi fissi su Julie per assicurarsi che non si accorgesse di niente. Aprì la porta sperando che non cigolasse e in un secondo fu fuori dalla sua stanza. Ora non doveva fare altro che orientarsi in quel cavolo di ospedale, senza farsi vedere da medici, infermiere e pazienti-spia…

Sarà facile…

I corridoi sembravano deserti. Iniziò a capire che non era proprio come in Grey’s Anatomy… altro che turni di notte, non c’era anima viva! Molto meglio, comunque…

Con passi felpati da Ninja si addentrò in un vicolo buio, sperando di trovare una di quelle meravigliose mappe con quel puntino rosso enorme con scritto “voi siete qui”.

Ma non ce n’era traccia. E in ogni caso non c’era abbastanza luce per leggere.

Senza perdersi d’animo continuò per la sua strada, finchè non arrivò in un vicolo cieco.

Merda! Devo tornare indietro…

Rifece la strada al contrario e prese il corridoio opposto a quello di prima. E si perse.

Quello era un labirinto, non un ospedale! Avrebbe dovuto prendere un pennarello e lasciare una traccia sul muro, così si sarebbe orientato meglio! Peccato che la traccia sarebbe partita dalla sua camera… non avrebbe neanche potuto dire di non essere stato lui, l’avrebbero sgamato subito… e poi un pennarello neanche ce l’aveva…

Va beh, a quel punto tanto valeva continuare a vagare… Almeno avrebbe passato un po’ il tempo… e prima o poi si sarebbe trovato o all’uscita o alla sua stanza, come in ogni labirinto che si rispetti.

O magari l’avrebbero cercato per giorni senza riuscire a trovarlo, mentre lui era nei meandri più oscuri di quel luogo del male che chiedeva aiuto, morendo di fame e…

ok, o ho dormito poco o la mia mente è appena andata a puttane.

Però quel posto metteva abbastanza paura… Ma mai quanto la voce dietro di lui…

“Tu dove credi di andare?”

Oh porca…

Soffocò l’impulso di scappare a gambe levate e invece si girò, lentamente, con la faccia più innocente che riuscì a fare…

“…Da nessuna parte… stavo… esplorando…”

Oh no, quella stronza no, ora mi ammazza…

“Allora vai ad esplorare la tua camera, eh?”

Sapessi dov’è, la mia camera…

“Sai come arrivarci da qui?”

“Veramente no…”

“Lo immaginavo… Vieni, ti accompagno”

Ma non sembra poi così male, in fondo… è gentile…

 

 

Julie si svegliò nel cuore della notte, con la sensazione che qualcosa non andasse. Non sentiva il respiro di David. E non vedeva la sua sagoma nel letto. Scattò in piedi e controllò meglio.

Non c’era.

Io. Lo. Uccido.

Non si prese neanche il disturbo di andarlo a cercare. Qualche infermiera l’avrebbe beccato e riportato lì.

Quell’idiota! Chissà da quanto tempo tramava una fuga. Come se fosse facile scappare da un ospedale! Povero illuso, se ne sarebbe accorto…

E quanto si sarebbe divertita a fargli il culo! Oh, stavolta non l’avrebbe passata liscia…

Aveva scelto la notte sbagliata, il fratellino… non c’era Pierre a difenderlo…

Fece una risata malefica e cominciò a prepararsi qualche insulto.

Dopo neanche 10 minuti, David fece la sua ricomparsa nella stanza, scortato niente di meno che dall’infermiera più stronza che lei avesse mai incontrato.

Rimase a guardarlo, con le braccia conserte e un’espressione a metà tra l’incazzato –questa non doveva fargliela!- e il divertito, perché aveva davvero pensato di poter riuscire ad andarsene indisturbato.

“Ora che siamo arrivati, dammi una buona ragione per cui non dovrei legarti al letto”

Julie ridacchiò.

“Sì, David, dacci una buona ragione, dai!”

Dave la fulminò con un’occhiata e guardò l’infermiera –si chiamava Kate, aveva scoperto- con la sua miglior faccia da cane bastonato.

“Perché non è stronza come sembra…”, tentò.

“Risposta sbagliata, ragazzino!”

Lo prese con una forza che non aveva creduto possibile per una donna e lo sbattè sul letto, tenendolo fermo, mentre Julie gli legava i polsi alle sbarre, con quegli affari morbidi che si usano anche nei telefilm.

“Ecco fatto. La prossima volta ci pensi due volte prima di fare le cose”

Julie la ringraziò –la ringraziò!- e la donna-armadio tornò a nascondersi nella sua caverna.

 

“Stai comodo?”, chiese la sorella, trattenendo a stento un ghigno.

David mormorò un “vaffanculo”.

“Che hai detto?”

“Niente…”

“Starai così finchè non arriverà Pierre… Poi vedremo…”

“Pierre mi slegherà! Lui non è stronzo come qualcun altro!”

“Spero non sia neanche così imbecille da credere di poterti aiutare a scappare… perché tu ti ritrovi di nuovo lì legato e lui non lo faccio più avvicinare a te…”

“Non puoi fare quel cazzo che vuoi qua dentro Jul! Sembri un dittatore, non ti sopporto!”

“Senti, brutto stupido, ti ho già spiegato che finchè starai qui io sarò responsabile per te, il che vuol dire che se ti succede qualcosa la colpa è mia. Perciò vedi di stare attento a quel che fai, perché come vedi ho dei mezzi efficaci per farti stare buono… E poi cosa credevi di fare se fossi riuscito a uscire? Andare a casa a piedi con questo freddo e in piena notte? Sì, sei proprio furbo…”

“Avrei chiesto a qualcuno di venirmi a prendere!”

“A parte il fatto che nessuno sarebbe venuto, perché stavi scappando, razza di idiota… Con cosa avresti chiamato che il tuo telefono ce l’ho io?” gli sventolò davanti il suo iPhone.

“Dammelo!”

“No!”

“Jul!”

“Ti ricordo che hai le braccia immobilizzate, cosa pensi di poterci fare?”

David sbuffò. Era impossibile vincere con quella… quella stronza!

“Ti odio, sai?”

“Sì, lo so che non è vero”

“E invece sì…”

“E invece no!”

“Ti dico di sì!”

“Non è vero…”

“Sì che è vero! Ti odio!”

“Piantala di frignare, non sei più piccolo!”

“E tu piantala di trattarmi come se lo fossi!”

“Mi costringi a farlo! Non capisci niente!”

“E tu non capisci che ne ho piene le palle di stare qua per niente, voglio andare a casa!!”

“Dave… lo so che vuoi andare a casa, lo capisco, ma manca poco, devi avere pazienza! Stai in tour per anni interi, quasi! Possibile che non riesci a sopportare due settimane qui? Non hai neanche il jet-lag, pensa…”

“Sì, infatti che ore sono, le 3 di notte?!”

Julie rise, sciogliendo un po’ la brutta atmosfera che si era creata…

“Dai… vuoi che ti sleghi?”

“Noo, mi sto divertendo così tanto qua così!”

“Aspetta… prima…”, tirò fuori il suo telefono.

“Non provare a fotografarmi!”

“Questa la mando a Pierre!”

“Stronza!”

 

 

 

Grazie a chi legge in “modalità fantasma” (espressione rubata spudoratamente a aire93, che ringrazio, in caso legga), a chi recensisce, a chi ha messo la storia tra preferite/ricordate/seguite, a chi legge anche le altre mie storie… Grazie a tutti, insomma, e a presto!  :D  <3 

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Capitolo 13
*** Capitolo tredici ***


Erano solo due giorni che Pierre era lontano da David, ma gli sembravano anni. Era stato felice di rivedere la sua famiglia dopo tanto tempo, ma ora aveva voglia di andarsene da lì per tornare in ospedale. David… gli mancava. Non aveva senso, forse, ma sentiva la sua mancanza.

Quando sei abituato a stare insieme a una persona ogni giorno per mesi finisci per abituarti così tanto alla sua presenza che poi è difficile separarsi, anche se solo per un paio di giorni.

Aveva bisogno di vedere il suo sorriso, di sentire la sua voce, di stringerlo tra le braccia…

Avrebbe potuto mandargli un messaggio, magari era sveglio… O magari no e non gli avrebbe risposto… o lo avrebbe svegliato, ma non voleva farlo…

Si sentiva come un’adolescente alle prese con il primo amore… Non sapeva bene cosa fare, come comportarsi… non sapeva se doveva dire a David cosa era successo tra loro prima dell’incidente o se doveva fare finta di niente e sperare che tutto si ripetesse…

Decise di aspettare e vedere cosa sarebbe successo. Se David fosse stato davvero innamorato di lui tutto sarebbe successo naturalmente, come la prima volta. Ma se doveva essere sincero un po’ gli pesava l’attesa, perché era sicuro che Dave lo amasse. Lo capiva da come lo guardava, da come cercava sempre un contatto fisico, da come si capivano senza bisogno di parole… E lui lo amava così tanto da fargli male…

Prese in mano il telefono, fregandosene del fatto che fossero le 3 di notte, per mandargli un messaggio. Ma cosa doveva scrivergli? Di sicuro stava dormendo…

Fissò lo schermo per qualche secondo, indeciso sul da farsi, e poi lo posò di nuovo sul comodino dove, poco dopo, lo sentì vibrare. Lesse il nome sul display: Julie. Era un MMS. Lo aprì e scoppiò a ridere. Era una foto di David legato al letto.

“Cosa ha combinato stavolta?”, le rispose subito.

 

 

“Jul? Gliel’hai mandata davvero la foto?”

“Certo che gliel’ho mandata! Così vede che cazzate fai quando lui non c’è…”

“Così non andrà più via…”

“Tra poco ti lasceranno andare a casa, vedrai… Domani vado a parlare con Joel”

Il telefono della ragazza vibrò e David, a cui non sfuggiva il minimo rumore, saltò su dal letto quasi gridando “ti ha risposto!?”.

“Mi ha chiesto cosa hai combinato…”

“Dammi il mio telefono che gli rispondo io!”

 

“Pierre!!”

“Hey, nano, com’è che sei finito legato al letto?”

“Julie si è messa d’accordo con la stronza, era una congiura!!”

“Sì, come no?! ;) Il vero motivo?”

“… stavo cercando di scappare…”

“David! Ma sei scemo? Che ti costa stare lì qualche altro giorno?”

“Sono qua da un mese!”

“Sì, lo so meglio di te che sei lì da un mese… E ci starai finchè dovrai, non puoi decidere tu quando andartene!”

“Sì, che palle, basta… Ne ho già una che si incazza con me, non mi servi anche tu…”

“Hai ragione, scusa… Oggi torno da te e tra poco ce ne andremo a casa e dimenticheremo questo brutto mese, ok?”

“Sì…”

“Dave, tutto bene?”

“Sì…”

“Ma…”

“Ma niente… mi manchi… “

“Mi manchi anche tu, piccolo… non sai quanto… Ora dormi, io cerco di arrivare il prima possibile, va bene? <3”

“Va bene J <3” 

 

David mise giù il telefono con un senso quasi di vuoto. Era tanto tempo che non messaggiava più con Pierre… Era tanto che non avevano bisogno di farlo… Quando erano in tour erano insieme 24 ore su 24, quando non erano in tour erano sempre uno a casa dell’altro, tanto che alla fine avevano comprato una casa insieme e ora convivevano.

Erano così impersonali i messaggi… Non era affatto come parlare di persona con qualcuno. Non sentiva la sua voce, non vedeva il suo viso…

Ne aveva un disperato bisogno…

Si addormentò, sperando di trovare Pierre accanto a sé al suo risveglio.

 

 

Pierre invece non riuscì a riaddormentarsi. La “conversazione” con Dave gli aveva lasciato una strana sensazione… Come se sentisse che qualcosa non andava, ma non potesse fare niente per capire cosa. David era strano… O almeno così gli era sembrato. Forse era solo stanco, ma quelli non erano i suoi soliti messaggi. David era iperattivo anche in quello: era solito mandargli messaggi lunghi e pieni di faccine, anche solo per dirgli che aveva mangiato a colazione. Andavano avanti delle ore a parlare in quel loro modo strano, scambiandosi sms senza senso, quando magari erano in due stanze vicine o anche sullo stesso divano. Era una cosa loro, che nessun altro poteva capire.

Ma quella sera non era successo e Pierre cercava di trovare mille significati a quella mancanza…

 

 

 

La mattina dopo Julie si alzò presto per andare a parlare con Joel e se lo ritrovò appena fuori dalla stanza di Dave.

“Hey, stavo venendo a darti una buona notizia!”

“Ti prego, dimmi che lo mandi a casa, perché sta impazzendo qua dentro…”

“Sì! Ecco la carta di dimissioni!”

“Oh, finalmente! Non ne poteva più, ha addirittura cercato di scappare stanotte, guarda, lascia stare… non sapevo più cosa fare!”

Joel rise. “Sì, ho saputo del tentativo di fuga! Beh, ora sarà contento! L’importante è che ci sia qualcuno a tenerlo d’occhio ancora per un po’…”

“Ci penso io”, si sentì la voce di Pierre che aveva appena girato l’angolo.

“Bene, vedo che hai un aiutante. Vado a controllare degli esami… il mio numero ce l’hai, ci sentiamo presto?”

“Sì, certo!”

Joel se ne andò, mentre Julie lo seguiva con lo sguardo.

“Non ti sarai innamorata, eh?”

“Pierre! Tu piuttosto?”

“Mmhh, può darsi… hai qualcosa in contrario?”

“Assolutamente no”

Si sorrisero. Julie sapeva. Pierre sapeva che lei sapeva.

“Dici che… lui…”

“Pierre, non credo tu abbia bisogno di conferme… Vai a dirgli che può andare a casa, io vi lascio soli”

“Grazie”

 

Pierre entrò piano nella stanza e si sdraiò accanto a David che dormiva, abbracciandolo.

“Cucciolo? È ora di svegliarsi…”

“Nooo…” mugugnò l’altro ancora mezzo addormentato.

“Dai, andiamo a casa…”

Casa?”

Pierre annuì, sorridendo.

“Davvero?”

“Sì, davvero!”

David sorrise come un bambino e gettò le braccia al collo a Pierre, poi si mise a saltellare in giro per la stanza, raccogliendo tutte le sue cose.

“Andiamo!”

 

 

 

Una volta arrivati a casa David si mise a correre dappertutto, come se vedesse casa sua per la prima volta, poi, appena Pierre cominciò a pensare che si fosse calmato, si mise a saltare sul divano.

“Davey, attento a non ammazzarti che poi tua sorella uccide anche me…”

“Ah, ti dipiscerebbe per la tua vita, non per la mia, vero?”

“Tu hai nove vite, io no!”

“Ahahaha, da quando io ho nove vite? Che sono, un gatto?”

“Sì… e un paio di vite le hai già usate, quindi io starei attento…”

“Che scemo che sei… se la smetto di saltare vieni qua con me?”

“Tutto quello che vuoi basta che smetti…”

“Attento a dire così, potrei approfittarne…”

“E io potrei esserne contento…”

Pierre si sedette sul divano e David si mise sopra di lui, appoggiando la fronte alla sua.

“Mi vuoi bene?”

“No…”

“No?”

Pierre scosse la testa.

“No, non ti voglio bene… Ti amo

David sorrise e poggiò le labbra alle sue.

“Ti amo anche io…”

 

 

 

 

 

^___^ Che carini! Sono carini, vero? Sì che lo sono! Lo so che aspettavate tutte il bacio u__u ed eccolo qua… Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo! 

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Capitolo 14
*** Capitolo quattordici ***


14!! Ormai ci avviciniamo alla fine, ma tranquille… sto già scrivendo una raccolta di momenti Hott Baguettes, che pubblicherò solo quando finirò questa… ;)

 

 

 

Avevano dormito insieme. Avevano solo dormito insieme e di certo non era la prima volta che passavano la notte nello stesso letto, ma a David sembrava diverso. Stavolta non erano amici, stavano insieme. Non era come quando in tour David si infilava nel letto di Pierre, senza un reale motivo, solo con la voglia di trascorrere qualche momento che fosse solo loro o come quando condividevano la stessa stanza in albergo e Pierre lo svegliava ridendo, dicenogli che parlava nel sonno. Ora David non doveva più preoccuparsi di dire qualcosa che non doveva, come il suo nome o “ti amo”. Non doveva più sognare Pierre, perché lui era proprio lì accanto.

Finalmente poteva abbracciarlo quando voleva, baciarlo, dirgli di amarlo, ora Pierre era suo e non doveva più temere che qualcuno glielo portasse via, non doveva più essere geloso, perché sapeva che Pierre amava lui e nessun altro. Erano una coppia. Hott Baguettes… come suonava bene…!

I fan sapevano che c’era qualcosa tra loro, avrebbero dovuto ascoltarli prima.

David si guardò intorno. Il suo letto, il suo comodino, il suo armadio, lo stereo che aveva rubato a Pierre, il suo basso… Saltò giù dal letto e cominciò a suonarlo, fregandosene altamente del fatto che il suo ragazzo dormisse.

 

Pierre si svegliò sentendo un suono strano. Sembrava un basso… e dove c’era un basso c’era David. Sorrise ripensando alla notte prima.

“Mi mancavano questi risvegli…”

“Buongiorno amore!”

“Giorno…”

Pierre si tirò su e si mise a guardare Dave che strimpellava canzoni random con il suo basso preferito, quello bianco e nero. Poi si ricordò della fasciatura che avvolgeva il suo polso e ne notò l’assenza.

“Ti hanno tolto i punti?”

“Sì, quando tu eri dai tuoi…. Non fa male…”

“Quindi, volendo, possiamo metterci a lavorare a un nuovo album…”

Dobbiamo!

David mise giù il basso e andò a baciare Pierre.

“Pie? Dimentichiamoci di tutto… l’incidente, l’ospedale… è stato un brutto mese, ma è finito, non voglio più pensarci…”

“No, neanche io… vieni qua…”

Lo strinse tra le braccia e lo baciò.

“Ti amo”

“Anche io”

“Dobbiamo dirlo agli altri?”

“Lo capiranno da soli…”

“E non avranno niente in contrario, vero?”

“Certo che no, Davey! Soprattutto tua sorella…”

David, confuso, guardò Pierre che rideva sotto i baffi.

“Perché mia sorella?”

“Diciamo che è… fan dell’Hott Baguettes…”

“Oddio… questo è il genere di cose che non vorrei sapere!”

“Vuole che tu sia felice…”

“Lo sono. Basta che lei non si intrometta tra noi…”

“Non lo farà, vedrai…”

“Comunque vuole stare con noi per un po’… lo sai com’è, è iperprotettiva… per te va bene?”

“Certo, mon amour. Tanto non ci dobbiamo nascondere, no ?”

Detto questo, Pierre spinse David sul letto e cominciò a baciarlo con foga. Scese a mordicchiargli il collo, strappandogli un gemito di piacere. David sollevò la maglietta del cantante, accarezzandogli il petto e solleticandogli dolcemente la schiena con le unghie. Pierre sbottonò i pantaloni a Dave e…

“Pierre…”

“mmmhh…”

“Ho sentito la porta aprirsi…”

“Certo che tua sorella ha proprio un tempismo di merda!”

“Lo so… ma in fondo è casa nostra… Direi che possiamo anche continuare…”

“Non potrei essere più d’accordo!”

 

Julie entrò in casa di David e andò a sistemare le sue cose nella camera degli ospiti.

Solo questa stanza è grande come metà della mia casa… bassista riccone bastardo! Almeno starò comoda…

Dopo mezz’ora finì di riempire l’armadio con i suoi vestiti e tornò in salotto, aspettando che David e Pierre si facessero vivi. E poi li vide, uscire dalla camera di suo fratello insieme, sorridendosi come due innamorati, ma con un’aria sospetta…

“Buongiorno! Ho interrotto qualcosa?”

“No, sorella. Cosa te lo fa pensare?”

“Beh, i tuoi capelli per esempio…”

David si sistemò con le mani i capelli scompigliati, arrossendo leggermente, mentre Pierre, sfacciato, diede un pizzicotto sul sedere al suo ormai-inequivocabilmente-ragazzo e lanciò un’occhiata a Julie che significava qualcosa come “Abituati all’idea che io mi scopi tuo fratello e vivremo tutti felici e contenti”

 

David si allontanò in fretta dalla sorella, deciso ad evitarla il più possibile.

Era la prima volta che lo facevano e già si erano fatti beccare! Sì, insomma, non è che avesse aperto la porta mentre loro stavano… brrrrrr, non ci voleva neanche pensare!

Non gli sembrava più una grande idea ospitare la sorella, ma lei aveva insistito per “tenerlo d’occhio” e, anche se gli sembrava una stronzata, alla fine aveva accettato. Sapeva che si preoccupava per lui e gli faceva anche piacere, ma voleva evitare ad ogni costo situazioni imbarazzanti come quella appena vissuta.

Decise che avrebbe chiamato Jeff, Chuck e Seb e quel pomeriggio sarebbero rimasti chiusi nella stanza insonorizzata che usavano come sala prove.

 

“Jeff?”

“Hey scimmia, come stai? Sei a casa finalmente, eh?”

“Sto bene, ma non chiedermelo mai più! Vero che vieni da me e suoniamo un po’? Devo evitare mia sorella…”

“Perché la devi evitare?”

“Ehm… dopo magari ti spiego… comunque chiami tu gli altri?”

“Ok, a dopo”

 

Dopo neanche mezz’ora erano tutti in sala prove.

“Allora, che suoniamo?”, disse Chuck, tutto contento di poter di nuovo suonare la sua batteria con i suoi amici.

“Welcome to my life?”

Suonarono come se non toccassero gli strumenti da anni, con l’energia che riservavano solo ai migliori concerti.

Andarono avanti un po’ così, suonando le canzoni più allegre che avessero scritto, poi decisero di fare anche un pezzo un po’ più lento, Untitled.

Già dalle prime note David provò una sensazione strana, come se ci fosse qualcosa collegato a quella canzone, ma non ricordava cosa…

Poi gli tornò tutto in mente. Le luci di una macchina. La sua auto che sbandava, finiva fuori strada rotolando giù per un breve tratto. Si ricordò di essersi trovato nella macchina senza sapere come uscirne. Il sangue. La paura e il dolore, riusciva ancora a sentirli. Si ricordò anche della canzone. Era lì, incastrato nella macchina, con la paura di morire, e sentiva Pierre che cantava Untitled nella sua testa. Il cuore gli batteva a mille, gli sembrava di soffocare.

Corse fuori dalla stanza e avvertì la presenza di Pierre dietro di lui.

“David!”

No, voleva stare solo, voleva dimenticarsi di tutto, non avrebbe mai voluto ricordare e non avrebbe mai pensato che avrebbe fatto così male…

Pierre aveva capito, cercava di abbracciarlo, ma lui si divincolava. Non voleva provare ancora la sensazione di essere immobilizzato, né dalle lamiere, né dalle braccia di Pierre.

“David! David, guardami! Respira… calmati… non è niente… è tutto finito ora… calmati, amore…”

La sua voce riusciva a farlo stare meglio… Cercò di regolarizzare il respiro, il cuore stava già rallentando.

“Davey… ti posso abbracciare?”

Annuì.

Pierre lo strinse forte, accarezzandogli piano i capelli, cercando di farlo sentire al sicuro, di fargli dimenticare tutto.

“Amore, stai bene?”

“Sì…”

Pierre lo guardò negli occhi. Mentiva. Non stava bene, per niente.

 

 

 

Ho deciso che andava tutto troppo bene… u___u  

Grazie a chiunque legga/recensisca! <3 A presto!

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Capitolo 15
*** Capitolo quindici ***


Scusate se vi ho fatto aspettare tanto per questo capitolo, ma è iniziata la scuola e ho dovuto sistemare le ultime cose… e d’ora in poi sarò parecchio impegnata quindi i tempi si allungheranno ulteriormente… L Scusate!!!

 

 

 

Non sono pazzo. Non sono pazzo, non sono pazzo… E allora perché mi sento morire? Come può fare male una cosa che fino a un minuto fa neanche ricordavo? Perché ho ricordato, perché? Cosa c’è che non va in me?

David si ripeteva queste domande nella mente, cercando di capire come avesse potuto prima dimenticare e poi ricordare tutto all’improvviso, cercando anche di distrarsi per non pensarci, mentre l’abbraccio di Pierre lo aiutava a riprendere il controllo. Ma vedeva la luce dei fari che lo accecava, sentiva il dolore, aveva paura come se fosse stato ancora là.

In quel momento avrebbe voluto isolarsi, fuggire da tutto e da tutti e rimanere da solo a pensare, a cercare di accettare quelle immagini e quelle sensazioni che la sua mente aveva riportato in vita, a dirsi di avercela fatta, di essere vivo, che tutto era andato per il meglio e non avrebbe dovuto aver paura dei ricordi. Era così, non doveva averne paura… Erano parte di lui. L’incidente era parte di lui… Era sbagliato ignorare la cosa o dimenticare. Era successo e lo aveva superato. O almeno così credeva quando non ricordava niente, quando era stato così facile salire su una macchina per tornare a casa, mentre ora ogni minimo rumore lo spaventava. Non capiva cosa provava, si sentiva come se stesse impazzendo sul serio.

“Amore, stai bene?”

La domanda di Pierre lo riportò alla realtà, ma non sapeva cosa rispondere.

“No, credo di aver bisogno di uno psichiatra, ma uno di quelli bravi”?

“No, sto per sbattere la testa contro al muro, tanto un altro paio di settimane di coma non mi faranno male”?

Scelse la risposta più semplice, quella con minori implicazioni.

“Sì…”

E cercò anche di autoconvincersi che fosse la verità. Provò a ignorare ogni pensiero e si perse per un attimo negli occhi di Pierre, temendo che lui si accorgesse che stava fingendo, ma allo stesso tempo sperandolo.

 

“Ma che gli è preso?”

Chuck, Seb e Jeff erano rimasti increduli a guardare David che correva fuori dalla stanza e Pierre che lo seguiva. Non avevano capito cosa fosse successo, non avevano fatto il collegamento tra Untitled, un incidente stradale e David. Sapevano che lui non ricordava niente, per cui si erano dimenticati in un attimo del mese precedente e si erano concentrati sulla loro vera vita, la musica.

Avevano seguito i due con lo sguardo e poi avevano cercato di sentire qualcosa di quel che si dicevano, facendo ipotesi su quale fosse il problema.

“Non avranno litigato, vero?” si preoccupò Seb.

“Ma no, non hai visto come si guardavano in I’d do anything?”

“Però David è un po’ strano oggi…”

“E’ il primo giorno che è a casa, è normale… lascialo abituare un attimo…”

“Al telefono mi ha detto che doveva evitare sua sorella”, ricordò Jeff. “Magari ha litigato con lei…”

“Ma sai che novità!” ridacchiò Chuck.

“In effetti… Ma più che altro bisticciano, non li ho mai visti litigare davvero”

“Oh merda!”

“Che c’è Seb?”

“Stavamo suonando Untitled! Cazzo, quello si è appena schiantato in macchina e noi suoniamo Untitled! Siamo dei coglioni! Merda, come abbiamo fatto a non pensarci!?”

“Va beh, ma tanto se non si ricorda niente è una canzone come un’altra anche per lui…”

“E se invece ricordasse?”

“Dici che ci ha detto di aver dimenticato tutto, ma non era vero?”

“No… magari si è ricordato ora, può succedere…”

I tre si guardarono per un attimo e poi corsero fuori dalla stanza anche loro per cercare David.

 

David era ancora abbracciato a Pierre quando sentì altre tre persone unirsi all’abbraccio. Sorrise e per un attimo di dimenticò davvero di tutto. Avevano capito. I suoi migliori amici avevano capito e ora erano lì con lui, a sostenerlo, a fargli capire che loro c’erano, gli volevano bene ed erano pronti ad aiutarlo. Si scostò da Pierre e si girò per ricambiare il loro abbraccio.

“Scusa, Dave… non avevamo pensato che non fosse il caso di fare Untitled…”, gli disse Jeff stringendolo forte.

“Non… Non mi ricordavo niente… non pensavo di ricordare… Io… ho sentito quella canzone… quando ero nella macchina, sanguinavo, non potevo muovermi e sentivo quella canzone…”

“Piccolo, deve essere stato orribile…”

David fece un sorrisetto tirato.

“Sì, non è stato molto piacevole… Ma è andata bene, sono qui… E vi voglio bene. Non ve lo dico mai, ma in quel momento non pensavo ad altro… Jeff, tu sei una specie di fratello maggiore per me e ti adoro quando fai il protettivo, perché vuol dire che a me ci tieni davvero tanto e spesso grazie ai tuoi consigli ho evitato di fare tante cazzate…”

Seb, tu sei la persona più dolce che io abbia mai conosciuto. Hai sempre una parola buona per tutti e amo il tuo sorriso… sembri un bambino quando sorridi e riesci a illuminare una stanza con la tua allegria.

Chuck, tu sei un batterista fantastico e sei così bravo ad essere serio e professionale che a volte la gente non si immagina che in realtà sei un pazzo anche tu e sai essere divertente e infantile… e io amo entrambi i lati del tuo carattere”.

David interpretò come un buon segno le lacrime e i sorrisi sui loro volti e si girò verso Pierre.

“E Pierre… tu… tu…”

Non sapendo cosa dire, lasciò che il suo corpo agisse senza pensarci troppo. Lo baciò, rimanendo incollato alle sue labbra fin quasi a soffocare, mentre Jeff, Chuck e Seb li guardavano un po’ stupiti e un po’ trattenendo un “aaaaaawwwwwww”

“Ti amo”

“Ti amo anche io, Davey… E mi sa che abbiamo sconvolto il pubblico…” ridacchiò Pierre.

“Oooops… Dai, non dite che non l’avevate capito…!”

Seb si riprese.

“No! Cioè sì! Insomma… è un po’ che pensiamo che ci sia qualcosa tra voi, in realtà… e ho letto qualche fanfiction ed eravate così carini che ho pensato che sareste stati una coppia perfetta…”

“Hai letto cosa??” David scoppiò a ridere, mezzo sotto shock.

“Come se non l’avessi fatto anche tu…”

“Shhhh Pierre!” Gli tirò un leggero pugno nelle costole. “Io posso, sono il diretto interessato, ma… aaahhh, oddio, Sebby, non leggerle mai più!! Non voglio che leggi di noi che… Non le leggere, mi vergogno! È come se fossi in camera nostra!”

Seb intanto lo guardava sconvolto.

“Ma mica ho letto quelle porno, idiota! Che schifo, non mi ci far pensare! Quando andremo in tour prendetevi un bus a parte, non voglio sentire o vedere niente!”

“Hey, non è che scopiamo come conigli, eh? Riusciamo a stare qualche mese senza…”

Gli sguardi degli altri quattro si puntarono su David.

“No, non è vero, chi prendo in giro…”

 

 

Quel pomeriggio Julie era uscita con Joel. Ed era stato… bello. Era stato davvero bello. Avevano parlato a lungo e si era divertita, non vedeva l’ora di vederlo di nuovo. Aveva anche conosciuto la sua bambina e aveva scoperto che era divorziato. Era una bimba di 6 anni ed era adorabile, anche se le aveva fatto un po’ impressione sentirla cantare le canzoni dei Simple Plan e vedere la sua cameretta tappezzata di poster. Appena aveva scoperto che lei era la sorella di David aveva cominciato a dirle cose su di lui che aveva letto su internet -alcune non le conosceva nemmeno lei- chiedendole conferma. Era una bambinetta sveglia, fin troppo! Le aveva promesso che un giorno l’avrebbe portata a conoscere la band e ne era stata entusiasta. Ed era anche una buona scusa per tenerla impegnata mentre lei passava del tempo con il suo papà…

Entrò in casa e la prima cosa che sentì furono le risate dei cinque ragazzi. Andò in salotto e rimase un po’ a guardarli senza che loro se ne accorgessero. Erano felici, lei era felice, andava tutto bene… Guardò il sorriso sereno di David e pensò che niente avrebbe più sconvolto il loro mondo.

 

 

 

 

 

^___^ visto? Alla fine è andato tutto bene!

Mi sono ispirata un po’ a mio papà, credo… Anche lui ha avuto un incidente un paio di anni fa e, anche se non è stato niente di grave e stava bene, è stato strano per un paio di giorni e credo che pensasse all’incidente, a come gli fosse andata davvero tanto tanto tanto bene, a come si fosse sentito in quei momenti, a cosa avrebbe potuto perdere… ma non lo so, non gli ho mai chiesto… In ogni caso questo capitolo lo dedico a lui, perché la nostra famiglia, unita, può superare qualsiasi cosa… <3

 

E ringrazio tantissimo chi legge e recensisce e un ringraziamento super speciale a xraspberrys a cui ho rubato l’idea di Seb che legge le fanfiction… Perdonami!

Se non state seguendo la sua storia “Alza gli occhi” fatelo, perché è 12073648 volte più brava di me e io sono letteralmente drogata di quella fanfiction *____* <3

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Capitolo 16
*** Leggete, è importante!!!!! ***


Devo darvi una brutta notizia…

Ho deciso di non continuare più la storia, perché sono veramente troppo presa dalla scuola e non riesco a trovare un po’ di tempo per scrivere… E piuttosto che pubblicare di fretta e male, preferisco non farlo proprio…

Credetemi, mi dispiace tantissimo! Questa è la storia più lunga che io abbia mai scritto e mi ha dato tante soddisfazioni (voi lettori me le avete date) e per questo non mi sembra giusto rovinarla scrivendo qualche capitoletto mongolo quando ho due minuti di tempo.

Spero capirete…!

Il quindicesimo capitolo non era nato per essere l’ultimo, ma spero comunque che possa essere un finale accettabile, con un lieto fine per tutti.

Chiedo ancora scusa a tutti e ringrazio infinitamente chiunque mi sia stato vicino in questi mesi con le sue recensioni (il 70% della mia autostima è merito vostro! <3) e ringrazio tantissimo anche chiunque abbia aggiunto questa storia alle seguite/preferite/ricordate e chiunque abbia letto!

<3 Grazie <3 

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