Scomparsa nel buio

di ippogrifogirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ci trovammo in una grotta da sole... ***
Capitolo 2: *** Riflessioni ***
Capitolo 3: *** La chiave ***
Capitolo 4: *** Uno di questi animali assomigliava...a una talpa ***
Capitolo 5: *** Il villaggio ***
Capitolo 6: *** Pensai e ripensai a Bonnie... ***
Capitolo 7: *** Non ci riuscii... e le lacrime mi rigarono il viso ***



Capitolo 1
*** Ci trovammo in una grotta da sole... ***


Bonnie mi guardò come se potessi fulminarla con lo sguardo. Dopotutto era colpa sua se ci trovavamo in questo pasticcio, ma a me non importava più di tanto chi fosse l’autore di ciò: cercavo dentro di me rabbia e delusione ma trovavo solo felicità. Bè non proprio, avevo una voglia  matta di provare un’avventura  da non dimenticare.
                                            
“Non ti preoccupare, troveremo un modo di uscire da qui”, le dissi, cercando di assumere un tono calmo; certo non provavo più 'quella' calma dopo che, durante una gita di terza media, che sarebbe dovuta durare tre giorni, in un posto sperduto in Trentino, mentre io e la mia migliore amica Bonnie parlavamo e andavamo dove volevamo, la nostra insegnante, che ci stava guidando in un bosco, se ne andò senza avvertirci: noi ci trovammo dentro un grotta senza che la nostra classe se ne accorgesse, parlavamo di funghi etc...quando ci rendemmo conto che eravamo rimaste sole! Così Bonnie si sentì colpevole di avermi guidato, senza alcuna esperienza di gite nei boschi, in questa grotta dove eravamo state attratte da questi 'funghi'. “Amy mi dispiace …”, la zittii con la mano alzata: “Ho sentito qualcosa” sussurrai. Subito la sua espressione, da colpevole, passò a una-che-sta-per-morire. Mi sentii compiaciuta di averla terrorizzata. Mi alzai per seguire quel suono e mi inoltrai in quella grotta. Dovevano essere le cinque e infatti appena feci un passo in avanti, penetrai nel buio all’interno di essa. Mi girai per vedere se Bonnie mi aveva seguita e ne ebbi la conferma sentedo la sua ombre su di me. Dopo un bel po’ di strada il rumore si avvicinava sempre di più e ad un certo punto me lo trovai di fronte: non potevo crederci, era un lupo che aveva degli occhi da umano e camminava con le due zampe posteriori e aveva in bocca un corpo maciullato di un uomo. Cacciai un urlo ma Bonnie mi precedette e urlò più di me: mi girai a quel suono ma non c’era più.

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Capitolo 2
*** Riflessioni ***


Rimasi impalata a guardare nel punto in cui non c’era più e, quando mi voltai, non c’era più neanche il lupo; quest’ultimo aveva lasciato il corpo maciullato di quell’uomo ai miei piedi. Ero impietrita e quando aprì la bocca per cacciare uno di quegli urli che si fanno in casi disperati, da essa non uscì neanche un suono. Senza sapere ciò che facevo,  presi a correre nella direzione opposta che avevamo preso io e Bonnie, volevo uscire dalla grotta. Quando, però, la rientranza nella quale eravamo entrate, era sparita. Ora capisco perché gli animali rinchiusi nelle gabbie sono sempre molto agitati. Mi sentivo un insignificante animale che era stato intrappolato. E così mi sedetti contro la parete della grotta, ed ebbi tempo di riflettere. Sono stata codarda. Molto codarda. Cosa mi è saltato in mente? Bonnie è sparita ed io volevo uscire dalla grotta. Sarei veramente stata così codarda da lasciarla al suo destino in quella grotta inquietante? Forse è meglio che l’unica via d’uscita sia scomparsa. Così non me la sarei data a gambe levate fuori da essa. Un attimo … Unica via d’uscita? E’ impossibile che questa grotta abbia solo una via d’uscita. Sono un po’ più sollevata. E potrei cercarla dall’altra parte. Ora sto ancora meglio. Ma c’è quel lupo … Cacchio. Bene, almeno ho le idee chiare: devo trovare Bonnie, e al momento no devo preoccuparmi di altro. Così iniziai a camminare a passo lento e deciso, verso l’interno della grotta. Ogni tanto c’era qualche scricchiolio, il suono delle ali dei pipistrelli che si svegliavano, e anche qualche urlo … ma continuavo a camminare. Avevo sete, così estrassi dalla mia borsa una bottiglietta d’acqua; senza rendermene conto, lasciai pochissima acqua in essa. Mi preoccupai perché non sapevo dove avrei potuto prendere altra acqua. Mangiai una mela che avevo portato con me e mi costrinsi a non pensare più alle mie preoccupazioni.

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Capitolo 3
*** La chiave ***


Quando mi svegliai, la grotta era sempre molto buia, ma riuscivo a vedere la strada che dovevo percorrere. Così mi alzai e proseguii per il mio tragitto. Dopo un po’, mi bloccai all’istante, pietrificata dalla paura provocata dall’uomo, o meglio, da quello che rimaneva di un corpo dell’uomo che era stato maciullato dal lupo. Decisi di rimanere e esaminare quell’uomo. Gli mancava una gamba, metà braccio e la parte superiore della testa. Faceva rabbrividire. Povero uomo. Di certo non era la morte che si aspettava. Oh… O forse si! Forse, forse aveva fatto qualcosa di male per essersi meritato questa morte atroce. Probabilmente questo lupo era la punizione per qualcosa … di molto grave. Mi avvicinai di più verso quell’uomo e notai che la pancia era aperta e si vedevano le interiora. Sentivo il vomito salire verso la bocca. E infatti dopo poco mi piegai e vomitai la mia mela. Non avevo fegato per queste cose … così viscide. Infatti non avrei mai fatto soddisfatto il piacere dei miei genitori facendo un lavoro come il loro: la chirurga. A mio fratello, invece, piacevano tutte quelle … cose. Mi alzai e mi accorsi di avere fame; dopotutto avevo mangiato solo una mela e il mio senso di percepire le cose disgustose, me la aveva fatta vomitare. Puah! Nonostante tutto, mi voltai e guardai di nuovo quella pancia aperta. Notai qualcosa di strano, che luccicava, ma non poteva essere dentro le interiora di un uomo! Mi chinai, cercando di soffocare la mia “paura” e scorsi nello stomaco una …chiave. Senza sapere quel che facevo, mi ritrovai osservare quella chiave fra le mie mani. Era d’oro, di una forma strana, e anche abbastanza piccola. Aveva qualcosa che ricordava una … farfalla. All’improvviso capii. L’uomo non aveva fatto niente di grave, la cui pena sarebbe stata la morte da parte di quel lupo, ma aveva una cosa che quest’ultimo cercava, e adesso ce l’ho io.
 

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Capitolo 4
*** Uno di questi animali assomigliava...a una talpa ***


Mi rigiravo la chiave nelle mani, senza sapere che fare. Così scelsi l’unica opzione possibile: proseguii la mia ricerca. Mi imbattei in un vicolo cieco. Il panico mi invase, e ora che fare? Perlustrai da cima a fondo le pareti della grotta, incrociando pipistrelli, che mi facevano venire i brividi, e talvolta anche talpe. O almeno sembravano talpe. Per sbaglio, durante la mia perlustrazione, ne calpestai una. Sobbalzai, ormai ogni minimo rumore non faceva che aumentare la mia paura. Mi tappai la bocca con le mani per non cacciare un millesimo urlo. Temevo sempre che qualcuno si potesse svegliare, anche se quel qualcuno, fino ad ora, non si è mai svegliato. Guardai a terra, dove il mio piede aveva prodotto quello strano suono. Vidi una di quelle talpe che avevo sorpreso scavare nel terreno, durante il mio giro di perlustrazione. La esaminai: era molto, molto piccola e, dalla forma del corpo, dava l’impressione di una talpa, ma il viso era … in un certo senso mi riusciva a trasmettere varie emozioni: paura, dolore e anche, si c’era qualcosa nella sua espressione allarmata. Sembrava chiedesse aiuto. Gli avevo fatto un po’ male, a giudicare dalla ferita sulla sua minuscola zampetta. “Mi dispiace” gli sussurrai. Ero talmente pazza da parlare anche con le talpe? Poi mi passò un latro pensiero per la testa. Era una talpa quel piccolo esserino? Lo lasciai scivolare a terra e lo osservai. Appena toccato terra, esso aveva preso a scavare. Che strano. Non avevo mai pensato a scavare, in quella grotta. Dopo un po’ la talpa si girò e mi guardò. Non so perché ma mi accovacciai e presi a scavare anche io. Ora mi sentivo una pazza che doveva essere rinchiusa in un manicomio. Prima di scorgere qualche cosa di strano, nel sottosuolo, ci vollero almeno un paio d’ore. Tanto che le mie mani oramai sanguinavano. Un'altra piccola caratteristica di quella talpa, era che aveva tanta energie e potenza in quelle zampette e poi la sua pelle era impenetrabile: non aveva neanche un graffio. Lo osservai per un altro po’ e, finalmente, mi accorsi che c’era una porticina, piccolissima. La talpa mi guardò, esitante e mi si aggrappò addosso. Non sapevo quel che faceva, ma la lasciai fare. Frugò nelle mie tasche, nella borsa, finché non trovò quello che cercava: la chiave che avevo recuperato da quel povero uomo. La guardai con fare interrogativo. Non ricambiò lo sguardo. Così osservai ancora più attentamente la chiave. Al centro c’era una minuscola manovella. La girai. Ne fuoriuscì una piccola briciola di qualcosa… di commestibile. Il mio istinto agì prima di elaborare il pensiero. Mi portai la mano alla bocca e inghiottii la briciola. Ad un certo punto, tutto prese a girare, mi sentivo sempre più piccola, e alla fine, mi accorsi di essere delle stesse dimensioni della talpa. Ora potevo attraversare quella minuscola porta.
 

 

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Capitolo 5
*** Il villaggio ***


Senza pensarci due volte, aprii la piccola porta ed entrai. A sua volta, la piccola talpa, entrò dietro di me. All’improvviso cambiai di nuovo aspetto: Ero, più o meno, alta come prima, e vicino a me non c’era più quella minuscola creatura, ma c’era un ragazzo. Aveva la mia età, era alto, magro, capelli castano chiari e occhi azzurri come i miei. Mi sorrise e se ne andò. Mi guardai intorno: ero in un villaggio molto carino, con casette che profumavano di pane, e di tanto in tanto un negozietto. Ma la cosa che mi colpì più di tutte fu, alla fine del piccolo villaggio, un bosco fitto fitto. La curiosità prevalse sul mio senso di coscienza e  mi incamminai verso quel bosco. Un signore anziano si materializzò avanti a me, e qualcosa mi disse di indietreggiare. “Se non vuoi morire così giovane, non provare a entrarci”. Probabilmente aveva capito che ero diretta verso il bosco. Era così pericoloso? Volevo saperne di più. E, per saperne di più, dovevo cercare quel ragazzo che era entrato con me in questo strano posto. Un altro interrogativo mi entrò in testa. Non era una talpa ad aver attraversato quella porticina? Vagai per due buone ore. Invano. Non trovai il ragazzo che cercavo. Mi girai per tornare indietro, e, per poco, non sbattei contro, probabilmente, un abitante di questo villaggio stravagante. Un attimo… Questo era il ragazzo che cercavo! Sembrava divertito, cosi gli chiesi, cercando di non essere molto acida: “Si può sapere perché un momento fa eri vicino a me e poi sei scomparso? Magari potresti aiutarmi a non perdermi in questo villaggio?! Senza perdere il suo sorriso, mi rispose: “Mi sono divertito, guardandoti girovagare per il villaggio. E poi, è così piccolo… Come faresti a perderti?” “ Si bè… in verità mi sentivo osservata…” Gli scappò un risolino, e lo fulminai con lo sguardo. “Comunque, se non fosse passato il signor Bernard per avvertirti di non entrare in quel bosco, l’avrei fatto io. Dopo averti vista provare a oltrepassare il fio metallico che si trova davanti ad esso.” Aggiunse ridendo. “Carino” dissi. E, senza girarmi indietro, mi diressi verso un parco.

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Capitolo 6
*** Pensai e ripensai a Bonnie... ***


Pensai a Bonnie. Mi accorsi che le lacrime mi rigavano il viso. Me lo coprì con le mani e presi a correre. Avevo fatto molta fatica per cercarla, e ora… Avevo trovato un cretino. E così pensai che Bonnie dovesse essere in quel bosco, per questo motivo non la trovavo. Però, era strano: lei non aveva trovato la chiave e di conseguenza non sarebbe potuta entrare in questo villaggio, ammesso che ne conoscesse l’esistenza. Riflettei ancora e, dopo aver realizzato che la grotta era troppo piccola perché una persona si potesse perdere, giunsi alla conclusione che da tempo mi tormentava nei sogni e mi distraeva durante la sua ricerca, che non avrei mai pensato di poter accettare, l’unica conclusione a cui non volevo giungere. “Il lupo l’ha presa” Mi dissi sottovoce. Rassegnata e disperata, mi accasciai a terra.
Sentivo il profumo del pane, e sarei anche potuta rimanere così per sempre, se non fosse per il fatto che mi mossi, e qualcuno accanto a me se ne accorse. “Hey…” mi disse. Capii a chi apparteneva quella voce, così non aprii gli occhi e, gesto un po’ infantile, mi girai e finsi di non sapere che lui era accanto a me. Dopo un po’, mi accorsi che le mie mani erano calde, e aprii gli occhi; avevo una pagnotta calda in mano e, senza neanche pensarci, le diedi un morso che, forse, così aggressivo, non se lo meritava: era così bella e così calda… “Ahaa… Lo sapevo che non saresti potuta resistere con la pagnotta dei miei genitori!” Lo guardai, ed ebbi conferma dei miei pensieri: era lui, il ragazzo arrogante con cui avevo fatto una bella chiacchierata prima. Non sapevo neanche come si chiamava, così gli chiesi: “Come ti chiami?” Mi rispose: “Come vuoi”. Ok, quel tizio mi stava  davvero antipatico. Mi accorsi, dopo un po’, di essere in una di quelle casette che, da piccola, sognavo  di avere: era una di quelle che avevo visto durante la piccola visita del villaggio, ma all’interno era veramente diversa dall’esterno: era come un castello, anche se piccolo, molto piccolo. Ero stesa su un divano, molto comodo, di un colore beige cacchetta. Davanti c’era un caminetto grazioso che riscaldava l’atmosfera. Dietro c’era un tavolino con delle sedie tutte diverse attorno e, ancora dietro, c’era un bancone che si affacciava sulla strada; probabilmente lì facevano le pagnotte e le vendevano. Un momento… ma chi? Probabilmente i genitori del ragazzo dal nome sconosciuto, che stava accanto a me a scaldarsi le mani al caminetto. Forse dovevo ringraziarlo della sua ospitalità, ma al momento non era la mia prima preoccupazione. Quella parola, nella mia mente, scatenò immagini di Bonnie e della mia disperata ricerca: lei era la mia prima preoccupazione. Feci per alzarmi, ma una mano mi bloccò. “Ferma! Non vorrai svegliare tutti?!” mi disse. “Che ore sono?” chiesi con il tono più formale che riuscii a trovare. “O forse è un altro mistero da risolvere?” Aggiunsi. Rise. “Per non farti fare pazzie, ti svelo che sono le tre del mattino.” Oddio. Era così presto? “E perché tu non dormi?” Ops. Non avrei dovuto chiederglielo. Prima cosa, non mi importava di quello che faceva e non faceva, e seconda… “Beh… volevo vedere se… saresti scappata, o mi avresti ucciso mentre dormivo.” “Si, ci avevo pensato.” Gli risposi, per allentare la tensione. “Ehm… tu, tu piangevi e gridavi un nome di una ragazza.” Mi disse un po’ imbarazzato. Ma io dovevo esserlo più di lui! Avrei voluto rispondergli in malo modo, ma uscirono queste parole di bocca: “Si” e un sospiro. “Non dovresti ascoltarmi mentre dormo, avrei potuto rivelarti il mio piano per ucciderti” Aggiunsi. “Senti, io vorrei veramente dirti, spiegarti come ci sei finita qui, vorrei aiutarti ma… non posso.” Il tono sembrava sincero. E io non mi ero ancora chiesta come ci ero finita in questo villaggio, forse, all’interno di una grotta dove ci sono i lupi che … Hanno preso Bonnie. La conoscevo dall’asilo, eravamo molto unite e anche molto simili, infatti, talvolta, ci scambiavano per sorelle o cugine. Se una rideva, anche l’altra era felice, e se una piangeva, era lo stesso. A mia mamma non piaceva molto la mamma di Bonnie e io non capivo qual’era il motivo. In effetti, anche alla mamma di Bonnie non piaceva granché mia mamma e io sapevo solo che si conoscevano da molto e anche loro erano amiche per la pelle, ma poi litigarono e non le chiesi altro. Mio padre ne sapeva di più, ne ero sicura, ma ogni volta che accennavamo all’argomento lui, improvvisamente doveva fare la spesa o aiutare mia sorella con i compiti. Un giorno, lui ci disse che doveva andare in un bosco a fare non so cosa, e non tornò più. All’improvviso, mi accorsi che le mani del ragazzo mi accarezzavano teneramente la fronte. A me non piacevano questo genere di contatti, e subito mi ritrassi. Lui apparve sorpreso ma non disse nulla.  Mi accorsi anche che avevo pianto di nuovo. Uffa, non davanti a lui! Dovevo essere più forte, così chiesi: “Dov’è il bagno?”

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Capitolo 7
*** Non ci riuscii... e le lacrime mi rigarono il viso ***


“Vuoi veramente sapere dov’è il bagno? O è un enigma che dovrei risolvere?” rispose. Lo ignorai e perlustrai la casa, cercando il bagno. Lo trovai e ci entrai. Era bello e anche grande per essere un bagno. Alla mia destra c’era un… buco tutto nero, che occupava parte della parete e andando più avanti scorsi un’altra porta che era aperta e così la chiusi. Il buco nero scomparve. Così pensai che la porta racchiudeva quel coso enorme e andai avanti. Un momento! Non era una cosa normale! Spaventata, non proseguii e uscii dal bagno. Lui era fuori ad aspettarmi. “Avevo previsto la tua reazione” Mi disse con un sorriso a trentadue denti. “Ti fa ridere avere un buco nero nel bagno attraverso il quale si può entrare aprendo una porta che io ho chiuso?” il suo viso da divertito diventò allarmato. “Tu… Co-cosa hai fatto? Tu hai …” Deglutì e poi continuò: “ HAI CHIUSO LA PORTA DEL SAVEHALL???” “Non urlare! Così sveglierai tutti!” e poi chiesi: “Cos’è il Save dell’ Holl?”. Mi guardò, fece un respiro profondissimo e mi guardò di nuovo. Probabilmente stava formulando la sua risposta, o meditava sulle mie sagge parole, degne di un guru. Fece per parlare ma poi con un no con la testa se ne andò. Rimasi un po’ scioccata dal suo comportamento: ero davvero così ingenua da no sapere che una porta contenente un buco nero misterioso non doveva essere chiusa? Rimasi ancora per qualche secondo in piedi e meditai sulle stranezze che erano successe quella mattinata. Dovevo sapere di più e se volevo cercare Bonnie (quel nome oramai era un sinonimo di avventura da compiere al più presto) dovevo sapere di più e se dovevo sapere di più avrei dovuto fare uno sforzo e chiedere aiuto a quel presuntuoso di un ragazzo che mi stava accanto. Mi stava accanto?! “Non eri andato a chiuderti in una stanza per riflettere come farmi capire tutto questo, visto che sono talmente scema?” chiesi, evidentemente arrabbiata, “Oh, scusa.” Disse. Faceva finta di niente (che cretino) e io lo guardai finché non mi disse: “ Si, Bè quel buco nero che hai visto, bè se ci entri ti teletrasporta ogni volta in un luogo diverso, in caso di pericolo eh ogni volta che si chiude la porta di esso, quest’ultimo cambia posto della casa e ci metti un sacco di tempo a cercarlo”. Dopo un po’: “ Oh.” Pensai che dovessi aggiungere qualcosa, così dissi: “E ora che ore sono?” mancava ancora qualcosa: “Va bene, ti aiuterò a cercare la porta.” Fece una smorfia a metà tra un sorrisetto e un: “ci mancherebbe altro”. “Grazie tante della tua gentilezza e, sono quasi le sei del mattino.” Mentre guardavamo in ogni piccolo buco, sotto il divano e in ogni minuscolo posto, nella mia mente, cercavo di formulare una frase sensata per spiegare al ragazzo dal nome misterioso, cosa dovevo fare e chiedergli se mi voleva aiutare. Impresa da non sottovalutare. Dopo aver trovato la porta, trovata da ME dentro il frigorifero che avevo aperto per rubarmi qualcosa da mangiare, ci sedemmo sul divano, sfiniti. Erano le 8 del mattino ed ancora non avevo visto o sentito nessuno in camera dei suoi genitori. “Ma i tuoi genitori ci sono o non ci sono?” Mi sorrise: “I miei non sono di qua e visto che in questo villaggio a questa età si può vivere da soli…” ero anche un po’ sollevata di non avere altre persone per la casa perché proprio non mi andava di essere formale. “Che vuol dire non sono di qui?” gli chiesi e lui mi rispose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, : “Non abitano in questo villaggio!” “E allora le pagnotte…” aggiunsi, “Le ho comprate” mi rispose. “ E perché quel bancone affaccia fuori?” mi guardò e disse, sempre con quel tono antipatico, : “Non è carino?” gli feci un cenno di si con la testa. Ero pronta. Dovevo raccontargli tutto dalla prima all’ultima cosa, anche se mi stava antipatico, era l’unica persona che conoscevo. Feci un lungo respiro, lo guardai, i suoi occhi azzurri avevano una tonalità più chiara dei miei, e iniziai: “Ehm…” ci devo riuscire: “Bonnie” non ce la faccio. Di nuovo, le lacrime mi rigarono il viso e cominciai a preoccuparmi di mia madre, mia sorella, che stavano facendo? Mi stavano cercando? Queste erano domande che toccavano il mio punto dolente e a cui non sapevo rispondere.
 

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