Dark Warden

di Gareth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'oscuro angelo in me ***
Capitolo 2: *** La prima possessione ***
Capitolo 3: *** Tutto ciò a cui non ho pensato ***
Capitolo 4: *** Sempre più spesso ***
Capitolo 5: *** Pensiero e Dominazione ***
Capitolo 6: *** "Tu sei diverso" ***
Capitolo 7: *** Uno e un altro ancora ***



Capitolo 1
*** L'oscuro angelo in me ***


DarkShadows in me Primavera, 1998
Andrea se ne stava seduto sopra l' altalena, l'unica di tutto il giardino dell'orfanotrofio, a dondolarsi lentamente e ad ascoltare il cigolio insistente che emetteva, mentre tutti gli altri bambini giocavano a rincorrersi per tutto lo spazio aperto che gli veniva offerto.
<< Perché non vuoi andare a giocare con i tuoi amichetti? Perché non vai con loro? >>
disse la vecchia suor Cristina, abbassando il volto all'altezza del viso del bambino.
<< Non sono miei amici. E poi è noioso, non voglio. >>
gli rispose Andrea dopo aver riflettuto qualche secondo.
<< Finché te ne stai qui è difficile che diventino tuoi amici... sicuramente ti divertiresti di più che stare qui da solo tutto il tempo >>.
<< Non sono solo: c'è l'altro Andrea >>.
La suora sorrise e poi continuò:
<< Sì, c'è Andrea. Ma non pensi che anche lui sarebbe contento se sapesse che giochi con altri? >>
"No, non sarei contento"
<< Non è vero! Lui vuole che io gli parli! Dice sempre che quando sto con gli altri lui si sente solo e non può fare niente! >>
<< E va bene...Ma resto convinta che dovresti stare un po' più con gli altri. Se tra dieci minuti sarai ancora qua, ti trascinerò a forza! >>
"Visto? Che ti avevo detto? Non ti crede! Non crederà mai a te! Nessuno crederà mai a te! Solo io ti conosco bene, solo io. Tienilo a mente!"
<< Non sono solo c'è l'altro Andrea! >>
La suora sbuffò e si allontanò. Andrea riprese a dondolare e a bisbigliare a bassa voce:
<< Ma allora gli altri non hanno l'altro se stesso? È per questo che nessuno mi crede? >>
"Esatto, solo tu, solo tu hai me! Ti ho detto che ero l'altro te, ma devi sapere che mentivo perché era ancora troppo presto! Ora invece sei grande, hai otto anni! Sei un uomo! E quindi te lo passo dire: io sono il tuo angelo custode!"
<< Quindi sei come ha detto suor Francesca...ti occupi di tutte le mie azioni e quando sono cattive mi dai consigli su come rimediare? >>
"Sì, bravo! Ma non solo: ti devo sempre proteggere...quella suora in realtà vuole solo che tu sia come tutti gli altri ma tu, tu sei diverso! Tu hai me, non hai bisogno degli altri!"
<< Io ho te...che fortuna! Ma la prossima volta? Come facciamo? Ha detto che non accetterà più che parli con te... >>
"Non preoccuparti, staremo al gioco. Così vedrai quanto hai bisogno di me. Forza alzati"
<< Ok... >>
Andrea scese dall'altalena e si diresse di corsa verso il gruppo di ragazzi:
<< Posso giocare anch'io? >>
<< Tu? Vattene a parlare da solo tu, Pazzo! >>
disse un bambino con i capelli corti e marroncini e con lui si aggregarono anche alter ragazzini.
<< Non dite sciocchezze! Andrea giocherà! È stato tanto gentile da chiedervelo e voi siete dei maleducati. Chiedetegli sscusa immediatamente! >>
<< Scusa Andrea... >>
dissero i bambini in coro con tono strascicato. E cominciarono a giocare a prendersi. Per qualche momento Andrea si divertì anche... ma poi il ragazzino che era sotto lo prese:
<< Sei sotto! Ora tocca a te! >>
<< Va bene! Adesso vedrete! >>
rispose subito lui allegro e corse a cercare di prendere qualcuno.
"Che cosa stai facendo sei impazzito!? Devi prendere quel bastardo e fargliela pagare! Forza va alla ricerca! E smetti di ridere, dannazione!"
<< Ma perché? Io mi sto tanto divertendo... >>
Bisbigliò lui alla voce interiore.
"Come perché? non l'hai sentito prima!? Era tra quelli che ti prendevano in giro prima. Che CI prendevano in giro. Ti ha seguito tutto il tempo per prenderti. Tu sei stato il suo unico obiettivo!"
<< Ma a me non pareva proprio che mi avesse seguito... >>
"Sta zitto e corri! Lo vedi? Prendilo e buttalo a terra! Così ci vendicherai! Se non lo farai ci prenderanno sempre in giro. Sempre!"
Andrea corse veloce e lo acchiappò e una volta fatto lo buttò in terra con tutte le forze che aveva in corpo.
<< Ehi! Ma che fai è un gioco! >>
Gli urlò dietro il bambino.
"Non starlo ad ascoltare! È una guerra! Ora va giù un con lui e dagli un pugno. In faccia. Svelto prima che si rialzi!"
Allora Andrea gli piovve addosso e gli diede un pugno. Ma non in faccia, in pancia. E poi non così forte come avrebbe voluto il suo angelo.
"Dagliene un altro. Forza!"
Ma Andrea si rifiutò e il ragazzo si rialzò, anche se adesso stava piangendo. Un nugolo di suore arrivò a soccorrere il fanciullo mentre suor Cristina si diresse da lui:
<< Ma cosa hai fatto? Calmati ragazzo mio! >>
Ma Andrea rispose:
<< Quel bastardo prima CI ha insultato e poi CI ha rincorso e scelto come obiettivo! Dovevo vendicarCI! >>
<< O ragazzo! Sempre con questo plurale! Ma non c'è nessun noi! Non esiste nessun altro Andrea! Ci sei solo tu! Bambin del Signore, ci sei solo tu! Vieni con me. >>
La suora lo prese per la mano e lo portò via con sé poi entrò prima dentro l'orfanotrofio, poi dentro il suo studio. Chiuse la porta dietro di loro.
<< Bene, anzi male, Andrea. Ora basta, è da un bel po' di tempo che vai avanti con questa storia: non c'è nessun altro te. Tu sei unico, come me e come tutti gli altri ragazzini della tua età >>
"Infatti io sono il tuo angelo custode, te l'ho detto"
<< Sì, ha ragione. Non c'è nessun altro me >>
<< Mi stai dicendo che te ne sei reso conto? Così? All'improvviso >>
<< No, me l'ha detto lui. Lui non è un altro me, lui è il mio angelo custode >>
La suora, che per un attimo si era convinta di aver liberato il ragazzo da quell'ossessione, fece una faccia rassegnata, ma poi continuò con tono calmo e deciso:
<< Ascoltami attentamente. Un vero angelo custode non ti direbbe mai di picchiare un ragazzino. Mai. Quella cosa che hai dentro non esiste. Ti senti solo e triste e perciò ti sei inventato un amico. Solo perché non ne hai >>
"Ma che ne sa questa vecchia di angeli custodi! Fidati di me. Io ci sono, esisto. Non mi senti forse? Sei sordo?"
<< Ma lui è con me da sempre! È sempre stato con me >>
<< Non so più cosa dirti. Però ora avrai una punizione per ciò che hai fatto >>
Detto questo lo prese, gli abbassò i pantaloni, e lo prese a sculacciate. Quando smise, Andrea aveva il sedere dolorante all'inverosimile.
<< E ora va ad aspettare gli altri nella camera comune >>
Andrea uscì dalla stanza e si distese sul suo lettino nella grande camera dove dormivano almeno altri quaranta ragazzini. Era l'unico a non avere il letto a castello. Inoltre il suo letto era più distante da tutti gli altri.
"Non ti preoccupare. Come ti ho detto, nessuno ti crederà mai. E tu non hai bisogno di loro. Hai me. Peccato solo che tu ti sia tirato indietro come un codardo nel momento più importante"
Andrea cominciò allora a piagnucolare:
<< Ma io...io mi stavo divertendo...perché mi hai fatto fare quella cosa cattiva? Io non volevo... >>
"Cosa stai dicendo? Ti assicuro che ora nessuno tra quei piccoli mostri oserà mai anche solo dirci una parola di più del necessario. Se tu però avessi fatto come ti avevo detto, neanche quella strega avrebbe osato avvicinarsi...e ora smettila di piagnucolare come una femminuccia"
<< E adesso? Che facciamo? >>
Disse Andrea che continuava a essere scosso da singhiozzi e lacrime.
"Non è chiaro? Aspettiamo. Aspettiamo e decidiamo come fargliela pagare a quella vecchia..."


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Angolo dell'autore: Questa storia l'ho pensata mentre leggevo Platone. Non chiedetemi perché... XD
Spero che vi sia piaciuto questo primo capitolo, ma prometto che i prossimi saranno più interessanti.
Dopotutto, oggi si è trattato di un pugno ma domani... non per niente ho messo il tag per violenza...
Comunque, cari lettori, che voi abbiate apprezziato o meno questa mia umilissima creazione, vi invito
a lasciare una recensione. Perché se qualcuno non mi da retta, mi deprimo... sto scherzando XD
Comunque io concludo con dei fastosi e gioviali saluti,
                                                                                                   Gareth

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Capitolo 2
*** La prima possessione ***


Dark Warden 2 Il giorno dopo, Mercoledì
<< Allora? Che facciamo con suor Cristina? >>
bisbigliò tra sé e sé con voce innocente Andrea, il quale, come sempre, era comodamente seduto sopra la "sua" altalena. Stavolta, al contrario di tutte le volte precedenti, suor Cristina non aveva perso tempo a cercare di convincerlo a raggiungere gli altri ragazzini e giocare un po' con loro, dal momento che sapeva che non l'avrebbero fatto rientrare nel gruppo così presto a causa del fatto avvenuto il giorno prima. Era un pomeriggio ventoso e tutti erano a godersi il fresco che sembrava aver fermato il susseguirsi di giornate sempre più calde in quella primavera. Gli altri ragazzi stavano correndo e giocando come sempre mentre c'erano tre suore sedute su delle sedie a ridosso dell'edificio, a qualche decina di metri dai bambini.
"Per ora niente. Finché non mi verrà in mente un'idea abbastanza buona non le faremo niente. Ascoltami piuttosto, andiamo a giocare con gli altri"
<< Ma come? Proprio ora che abbiamo fatto di tutto per stare un po' da soli a parlare... >>
"Appunto! Ora nessuno si aspetta che rientriamo nel gruppo ed è per questo che noi dobbiamo farlo! Fai quello che ti dico, non ho tempo per parlarne. Ti ricordi che sono il tuo angelo custode? Faccio di tutto per il tuo bene ma sembra quasi che tu voglia stare male...fidati di me"
<< Scusami... hai ragione tu... >>
"Da bravo, ora alzati"
Andrea si alzò immediatamente e si avvicinò agli altri che ora lo guardavano tutti. Alcuni erano spaventati e preoccupati di quello che sarebbe potuto succedere, altri invece lo fissavano con occhi ostili.
<< Posso giocare con voi? >>
chiese con voce dolce Andrea. Ora le suore osservavano curiose la marmaglia di ragazzi che, memori del precedente avvenimento, non osavano dire nulla. Solo uno, il più grosso di tutti, gli disse:
<< Ti aspetti che ti facciamo giocare con noi solo perché fai paura? Beh, noi non abbiamo paura! E ora vattene, stupido moccioso che parla da solo! >>.
Quel ragazzo doveva sicuramente essere più pesante di almeno dieci chili rispetto ad Andrea.
<< Cavati, grassone! Perché non te ne vai tu!? >>.
Dopo aver pronunciato quelle parole, Andrea sentì dapprima un grugnito e dopo un colpo parecchio pesante sulla tempia. Si accasciò a terra mentre sentiva le risa di scherno del ragazzo. Presto accorsero le suore.
"Alzati! Che fai qua a terra!? Alzati e reagisci!"
Ma Andrea sentiva davvero tanto dolore e aveva ormai incominciato a piangere. Le giovani suor Francesca e suor Teresa si presero cura di lui mentre suor Cristina, come sempre, si avvicinò al monello di turno e lo trascinò per un orecchio dentro l'edificio, evidentemente diretta verso il suo ufficio.
Gli venne dato del ghiaccio per attenuare il dolore mentre le suore gli sussurravano le solite parole di rito: -non badare più a quel ragazzo- -non rispondere anche se ti provocano- e così via.
"dannazione, dannazione, DANNAZIONE! Cosa facciamo qua? Dovremmo pestare quel tipo! Ma adesso vedrà cosa gli faremo! Vedrà e non lo dimenticherà più per tutta la vita!"
Più tardi lo accompagnarono al suo letto, quello più isolato fra tutti, per riposare un po' e suor Francesca gli chiese:
<< Vuoi che rimanga un altro po' con te? >>
Andrea, ancora con le lacrime agli occhi, ci rifletté sopra qualche secondo.
"Certo che no! Anche ci pensi!'"
<< No, voglio stare un po' da solo >>
infine rispose.
<< Ok, ma non preoccuparti di Marco, quel ragazzo, non ti farà più nulla e penso che dopo ti chiederà anche scusa >>
disse con un sorriso molto dolce suor Francesca. 
"Al diavolo le sue scuse! Gli faremo vedere domani!"
Dopo che suor Francesca uscì dalla stanza e chiuse la porta, Andrea, singhiozzando, parlò sottovoce come era solito fare tra sé e sé:
<< Ma...ma come facciamo no..noi a batterlo!? È molto più grosso di me! >>
"Non esistono solo i pugni a questo mondo, ci sono cose ben peggiori...si possono usare delle armi: un pezzo di legno, un coltello.."
<< Che..che hai intenzione di...di fare? >>
"Domani seguiremo quello che fa per tutto il giorno e sapremo quando è solo. Allora faremo qualcosa"
Più tardi Marco gli chiese anche scusa, proprio come aveva detto suor Francesca. Ma la sua parlata tradiva un leggero sentimento di obbligo nel dover chiedere perdono: come prevedibile, gli scapaccioni di suor Cristina erano stati convincenti.

Tre giorni dopo, Sabato, ore 5.00
Andrea si trovava dentro l'orfanotrofio al primo piano. L'orfanotrofio era un edificio quadrangolare di due piani con stanze e aule a fianco nei quattro corridoi. Ogni corridoio corrispondeva ad un lato della struttura così, percorrendoli tutti, si ritornava al punto di partenza. Ancora prima di essere un orfanotrofio era una scuola elementare dunque la sua struttura era molto simile a quelle solite degli edifici adibiti all'istruzione.
Era un edificio piuttosto carino: fuori era di colore giallo ocra e rosa, mentre all'interno, al piano terra, i quattro corridoi avevano tutti un colore diverso: l'entrata principale ti portava immediatamente nel corridoio rosso che era ricco di decorazioni disegnate e messe a punto dai bambini e allo stesso tempo privo di aule; proseguendo verso sinistra e poi girando ovviamente a destra si entrava nel corridoio giallo dove c'era il bagno più nuovo e grande e altre quattro aule dedicate all'insegnamento mattutino; alla fine del corridoio l'unica strada da percorrere era quella a destra che conduceva nel corridoio verde ove c'erano le scale che conducevano al secondo piano (di cui parlerò un'altra volta), il temibile ufficio di suor Cristina e il primo dei dormitori dei ragazzi dove si trovava anche il letto di Andrea; infine il corridoio azzurro aveva ben due aule per il laboratorio di arte, un aula molto grande, detta aula magna, che fungeva come mensa, la cucina e un bagno, più vecchio e più piccolo rispetto all'altro.
Andrea si trovava nel punto in cui il corridoio rosso girava e si entrava nel corridoio giallo. Se ne stava lì come ad aspettare di nascosto che qualcuno entrasse nel corridoio rosso e quindi nell'edificio: aveva infatti tutto il corpo nel corridoio giallo tranne l'occhio destro che era nel corridoio rosso intento a sbirciare l'arrivo di qualcuno. Con sé nella mano sinistra portava una borsetta di plastica con alcuni strani oggetti mentre nella mano destra aveva un pezzo di legno, probabilmente residuo di una scopa spezzata.
"Allora Andrea, ripassiamo il piano: aspettiamo il grassone e quando lo vediamo corriamo verso il bagno, ci nascondiamo nel suo gabinetto preferito ma lasciamo aperta la porta e a quel punto..."
Il giorno precedenti avevano infatti scoperto la strana mania di Marco. Era solito andare in bagno da solo e guai a chi osava accompagnarlo! E non è finita qui perché sceglieva sempre la stessa identica cabina. Sempre la stessa! Avevano passato tutto giovedì a osservarlo e avevano scoperto la strana paranoia del ragazzo. Venerdì ne avevano avuto anche la conferma.
All'angelo dev'essere balzata in mente una grande idea la sera di Giovedì, aveva pensato Andrea, dato che aveva avuto un'idea tanto precisa di tutti gli oggetti che gli aveva detto di prendere in prestito e che gli sarebbero serviti.
"Comunque, chiunque sia quello che verrà per primo per andare in bagno, dovremo correre per chiuderci dentro uno stanzino: non dobbiamo farci vedere con questa roba. Qualcuno potrebbe pensare che stiamo facendo una cattiva azione mentre in realtà ne stiamo facendo una buona, fidati di me".
Fortunatamente per loro, come prevedibile e come era solito fare a quell'ora, Marco varcò l'entrata dell'edificio colorato e Andrea, che lo vide subito, si affrettò a raggiungere il bagno.
Lo stanzino era piccolo ma sufficientemente largo per permettergli di nascondersi a fianco della porta. Si nascose e aspettò l'arrivo del ragazzino. I passi di Marco erano notevolmente pesanti e le sue movenze sgraziate. In questo modo Andrea percepiva il suo avvicinarsi e i suoi passi sempre più rumorosi.
La porta scricchiolò e Marco fece un passo dentro lo stanzino.
"Ora!"
Un rumore sordo colpì il ragazzo sulla nuca. Il ragazzo crollò a terra come un peso morto e Andrea esultò silenziosamente.
"Sei stato bravo, davvero bravo. Ora tiralo su e fallo sedere. Non mi interessa se è pesante".
Il corpo era davvero pesante e Andrea dovette farsi forza per sistemarlo sopra il water.
"Ora tira fuori le funi e legalo: fai esattamente come ti dico. Segui le mie istruzioni e non riuscirà mai a liberarsi. Ma prima togligli la maglietta".
Andrea eseguì tutte le direttive del suo angelo. Alla fine il ragazzo era legato in tre punti: al collo, alle mani dietro la schiena e ai piedi con il gabinetto. Non poteva di certo muoversi. La corda non era stato facile trovarla e rubarla ma in qualche modo era riuscito a sottrarla alla palestra che si trovava al secondo piano. La corda era quella utilizzata per il salto, per l'appunto, con la corda.
"Ora mettigli lo scotch sulla bocca"
Gli fece passare lo scotch che aveva trovato facilmente nello stanzino delle scope insieme al pezzo di legno attorno alla bocca e fece due giri per sicurezza.
"Bendagli gli occhi"
Sicuramente la benda era stata la cosa più facile da procurarsi: gli era bastato rubare un panno.
"Bravo, ora tira fuori il coltello. Vedrà che bel regalino gli facciamo..."
Andrea infine tirò fuori l'arma. Era stato sicuramente la cosa più difficile da procurarsi: a mensa infatti venivano distribuiti esclusivamente coltelli di plastica e l'unico posto dove avrebbe potuto trovarne d'acciaio era senza ombra di dubbio la cucina. In cucina però c'era sempre suor Diana, la cuoca, che non lasciava mai la cucina se non per andare a dormire. E, siccome la porta del loro dormitorio veniva sempre chiusa a chiave di notte, dovette per forza andarci di giorno. Per farla addormentare aveva dovuto anche rubare una pasticca di sonnifero a suor Martina, che soffriva di insonnia, metterla nel suo tè pomeridiano di nascosto, una cosa molto rischiosa, e aspettare che facesse effetto. A quel punto aveva dovuto semplicemente prendere il coltello in fretta e fuggire via senza farsi notare da nessuno. Ne aveva preso uno affilato e sottile, molto sottile. Tutti questi strumenti li aveva presi il pomeriggio del giorno prima, Venerdì.
"Ora incidi sul petto! Sulla carne!"
<< Io...non ce la faccio... >>
"Non ce la fai? NON CE LA FAI!? Ti ho detto che devi fidarti di me! Fidati di me! Incidi! INCIDI! Sai come si fanno le stelle? Fai una stella...da bravo... però falla al contrario, al CONTRARIO!"
Andrea cominciò a piagnucolare ma poi provò lo stesso: si fece coraggio e spinse la mano, spinse il polso e, così facendo, spinse il coltello sulla carne.
Il bambino si svegliò di soprassalto per il dolore. Dal petto era uscito del sangue e il bambino scalciava e urlava. Per modo di dire visto che aveva i piedi immobilizzati e lo scotch non gli permetteva di far uscire neanche un suono dalla sua bocca. Comunque il suo busto si muoveva e rendeva difficile l'uso del coltello. Andrea si allontanò dal corpo.
"Cosa fai!? Attaccalo! ATTACCALO!"
Ancora una volta Andrea fece un respiro forte e provò ad avvicinarsi. Tremava come una foglia e i suoi respiri erano affannosi. Ma ad un certo punto si calmò. Con presa salda avvicinò il coltello al petto e, con estrema abilità, disegnò un pentacolo rovesciato.
 Il sangue scivolava su tutto il corpo del grassone che, ormai, era svenuto.
Andrea si lasciò sfuggire un sorriso. Ma forse quello non era Andrea. Quel ghigno dipinto sul volto non poteva appartenere a un bambino di otto anni. Ma soprattutto, non gli potevano appartenere quegli occhi neri, neri con delle misteriose sfumature violacee.

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Angolo dell'autore: Uff! Che fatica scrivere questo capitolo! Spero di essere stato abbastanza inquietante... XD Mi sono un po' messo all'opera per far avvenire qualcosa di macabro. Ah, ma non pensiate sia un satanista solo perchè ho messo un pentacolo rovesciato! ;-)
Comunque volevo ringraziare tutti i miei recensori per il supporto e i complimenti! Spero che, se questo capitolo vi è piaciuto, mi recensiate positivamente mentre, se questo capitotolo non vi è piaciuto, mi recensiate o neutralmente o negativamente dicendomi dove devo migliorare. Tanti orgogliosi e felici saluti, Gareth

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Capitolo 3
*** Tutto ciò a cui non ho pensato ***


Dark warden 3 Tre quarti d'ora più tardi
L'ispettore era stato immediatamente avvisato dell'accaduto e così si era diretto subito verso l'istituto. L'ispettore Mascarpini era una figura che instillava sicurezza: ventre tondeggiante, baffi da gran signore, capigliatura castana, occhi marrone scuro e lineamenti austeri che si confacevano al suo lavoro. Portava un soprabito beige che gli copriva tutto il corpo e gli conferiva un aria da investigatore e le sue scarpe somigliavano a grossi scarponi. La mania di indossare il pesante soprabito gli era venuta quando aveva sentito suo figlio dire che i soprabiti sono "ganzi" perché li aveva visti in un recente telefilm di fantascienza: così gli era venuto il pallino di imitare questo fantomatico attore, sebbene non ci somigliasse per niente. Però bisognava ammettere che ci stava da dio sulla sua imponente figura.
Circa alle sei si trovava di già all'orfanotrofio dopo essere stato accompagnato da una volante della polizia. Era rimasto un po' di stucco quando aveva sentito dell'accaduto e aveva cercato di trovare il metodo più efficace di trovare il colpevole. Le sue ipotesi erano tre fino ad ora: la prima e più probabile era che si trattasse di un pazzo satanico esterno all'orfanotrofio che aveva voluto marchiare un povero ragazzo, la seconda che fosse stata una suora in preda a crisi mistiche, la terza un altro ragazzo dell'istituto con problemi di adattamento. In ogni caso si trattava di un folle, poiché nessun sano di mente avrebbe mai potuto fare una cosa simile. Probabilmente la scientifica avrebbe comunque trovato il colpevole il giorno dopo. Infatti il ragazzo, Marco Rivobello, era stato trovato da una suora in stato di incoscienza legato con corde e scotch e le armi del misfatto erano state lasciate lì, in bella mostra, macchiate di sangue e quant'altro. Ma l'ispettore  Mascarpini era un tipo che odiava sottomettersi alle tecnologie ed esserne dipendente: quand'era piccolo era uno di quelli che sognava essere il nuovo Holmes o il novello Poirot e voleva dimostrare a sé stesso di essere in grado di risolvere dei casi con il solo proprio ingegno. Dopotutto amava quando gli altri gli facevano complimenti, anche se ciò non avveniva più come una volta quando era giovane e tutti lo guardavano come un genio: lui ora era un cinquantenne con esperienza e sembrava che l'esperienza e la vecchiaia giustificasse ogni sua brillante deduzione.
Aveva comunque deciso di fare la sua sfida contro il tempo: chi avrebbe trovato prima il pazzo? Il suo romantico ingegno poliziesco o la squallida tecnologia senza poesia?
Erano ormai le sei e mezza quando, dopo aver atteso che la scientifica trovasse delle tracce nel bagno e aver parlato sommariamente con la dirigente, suor Cristina, prese la sua decisione, ossia interrogare prima alcune suore e poi i ragazzi più vicini alla vittima. Perlomeno avrebbe tratto qualche indizio.

Un'ora più tardi
Andrea era nella sala comune con tutti gli altri ragazzi sapendo, a differenza di tutti gli altri, tutti i particolari di quello che era successo: Le suore si erano lasciate sfuggire che Marco era stato aggredito e le voci correvano per tutta l'aula magna piene di congetture o accuse.
"Non ti preoccupare, non ci possono beccare finché non glielo diciamo noi. Potranno anche accusarci ma non potranno mai incastrarci. Hahahahahaha!"
<< Ma... ne sei sicuro? >>
bisbigliò a voce bassissima Andrea. Si trovava come sempre isolato e in fondo alla mensa e gli altri giravano al largo da lui.
"Ne dubiti? Spiegami tu come farebbero allora!"
<< Ok hai ragione ma... non farlo più d'accordo? >>
"Fare cosa? Ah, ho capito! Tu ti riferisci ancora a quello! Ne abbiamo già parlato ricordi?"
<< Sì ma...ho avuto tanta paura, angelo custode... >>
"Non avevi paura di quello, avevi paura di un po' di sangue e basta! Se non l'avessi fatto io non saresti andato fino in fondo! Sono qui per aiutarti, te lo ricordi? Se non l'avessi fatto io non l'avresti fatto e quindi tutta la tua fatica sarebbe andata in fumo. Volevi questo?"
<< No...ma...avevo così freddo e così buio ed era come se stessi per cadere nel vuoto, non potevo più muovermi... hoavuto tanta tanta paura, mi capisci? Ma tu come fai a stare là? >>
"Io ci sono abituato e poi sono il tuo angelo custode, io soffro per te, io patisco per te. È il mio dovere. Ora però sai comemi sento e perché qualche volta mi arrabbio"
<< Ok, scusa, angelo custode...ma poi sono fuggito via...ho fatto bene no? >>
"Sì, perlomeno hai trattenuto le lacrime fino al dormitorio, anche se te l'ho consigliato io. Ho notato che stanno chiamando uno a uno qualche ragazzo, chissà che non chiamino anche noi: forse ci sarà da divertirsi. Hahahahahaha!"
<< Ma io ho paura... >>
"Se succede qualcosa tu fa' parlare me d'accordo? Non hai nulla da temere: ci sono qua io con te"
<< Sì...ma perché ci devono interrogare? Noi non abbiamo fatto nulla di male...ci siamo solo vendicati >>
"Esatto! Vedi che lo sai? Questo è lo spirito! Noi ci siamo solo vendicati, sono loro che fanno di tutta l'erba un fascio: se quel grassone non ci avesse infastidito non sarebbe successo nulla."
<< Suor Cristina sta venendo verso di noi...tutti ci guardano...ci hanno scoperti, angelo custode, lo sanno! >>
"Vuoi stare zitto!? Cosa ti ho detto? DIMMI COSA TI HO DETTO!"
<< Che non ci possono scoprire...ma... >>
"Niente ma! Sono stati quei fottuti amici di quel ciccione a fare il nostro nome ma non hanno prove ti dico, non hanno prove! Tu sta' zitto e fa' quello che ti dico: segui la vecchia"
Suor Cristina si avvicinò al suo tavolo e disse:
<< Su, Andrea, muoviti e seguimi che un signore vuole solo farti qualche domanda >>
Andrea stava per essere preso dal panico.
"STAI CALMO. Non piangere, bastardo, non piangere. Se piangi va in malora tutto. stai calmo e fa' come ti dice"
Andrea cercò di trattenersi e seguì la donna.
Suor Cristina lo portò nel suo ufficio dove lo aspettava, serenamente e comodamente seduto, l'ispettore Mascarpini, il quale lo invitò a sedersi. La suora si sedette su una sedia lì vicina. Una volta seduto Andrea, l'ispettore prese a parlare:
<< Prima di tutto le presentazioni. Io sono l'ispettore Mascarpini. Non sono tuo amico e, anche se ciò non significa chesia tuo nemico, voglio che tu mi dia del lei. Compreso? >>
Andrea fece cenno di sì con la testa.
<< Bene. Tu devi essere Andrea. Devi sapere, Andrea, che è successo un brutto fatto in questa scuola. >>
"Dicono che qualcuno abbia fatto del male al mio amico Marco. Su, diglielo"
<< Dicono che qualcuno abbia fatto del male al mio amico Marco >>
<< Sì, è così: l'hanno aggredito. Strano che tu lo chiami amico, i tuoi amici mi hanno detto che tu non ci vai molto d'accordo >>
<< Non sono miei amici! >>
rispose di getto Andrea senza pensarci.
"Idiota, idiota, idiota! Cosa ti avevo detto!? Fa' quello che ti dico! Dannazione! Digli che c'è stata una scazzottata tra divoi ma poi non è successo nulla, che avete fatto la pace >>
<< Comunque con Marco mi sono picchiato, ma poi c'ho fatto la pace >>
disse allora titubante il giovane. Allora Mascarpini prima si alzò, poi cominciò a passeggiare su e giù per la stanza.
<< Ah sì? Sorella, è vero che hanno fatto la pace? >>
<< Non li ho mai visti fare la pace ma non lo escludo, mica posso averli tutti di vista: l'orfanotrofio è grande >>
disse la suora dopo averci pensato qualche secondo. L'ispettore allora proseguì:
<< Dunque, Andrea, ho chiesto a tutti gli amici di Marco chi secondo loro è stato. Li ho interrogati separatamente e sai cosa mi hanno detto? Che sei stato tu. Sempre tu, sempre il tuo nome. Mi hanno anche detto che tu non c'eri in giardino >>
Ma la suora intervenne nel mezzo della conversazione:
<< Questo non c'entra, ognuno poteva muoversi tra il giardino e la mensa >>
<< Ma non è stato visto nemmeno là. Mi sono informato. Andrea, dove sei stato tra le quattro e mezza e le cinque e mezza >>
"Nel dormitorio. Svelto! Questo è furbo!"
<< Nel dormitorio. Sto sempre da solo >>
<< Non è possibile, stai mentendo, c'era suor Teresa nel dormitorio. Ora lo so, dimmi come hai fatto. Come hai fatto e perché >>
"Non può incastrarci, ricorda, non ha le prove! Le prove! Mancano le prove!"
Andrea cercò di mantenere la calma.
<< Non sono stato io. Non avete le prove >>
L'ispettore si mise a ridere e poi parlò:
<< E a cosa credi che serva la scientifica? Io trovo i criminali e la scientifica dimostra che sono loro! Andrea sei stato tu, questo lo sappiamo entrambi, giusto? No? non lo sei? Va bene, ti racconterò una cosa >> e poi continuò << Devi sapere che tutti quelli che fanno dei crimini vanno in prigione. Ma tu non andrai in prigione. Sai perché? Perché disegnare quel simbolo sulla carne viva è da psicopatici. E lo rende ancor più pazzesco il fatto che tu sia solo un bambino. In poche parole tu andrai in un centro speciale, per bambini...speciali, sì dev'essere la parola giusta. Lì non hai la più pallida idea di quello che fanno ai bambini come te. Non starai mai solo: ci sarà sempre qualcuno vicino a te che ti segue e cerca di parlarti. Gente pagata per farlo che non demorde e non ha paura di niente. So che ti piace stare da solo non è vero? >>
"Sta mentendo! La scientifica o qualunque cosa sia non ti può incastrare! Come fa? Eh? Magia? Ragiona, Andrea! E stai calmo, ho la situazione in pugno"
Ma Andrea, ormai, era sotto l'ipnosi dell'uomo e gli urlò contro piagnucolando:
<< No, non ci voglio andare! NO! Fatemi rimanere qua, vi prego. non sono stato IO! >>
<< Andrea, Andrea, Andrea... è inutile negare ormai...ma c'è una cosa che posso fare per te. Mettiamo che tu confessi: dopotutto si tratterebbe solo di un caso isolato e se ti senti in colpa vuol dire che non sei pazzo per niente quindi potresti rimanere qui, sempre se ti va >>
<< D'accordo, va bene, sì sono stato io. È che Marco mi ha picchiato e mi ha fatto tanto male...dovevo fargliela pagare... >>
<< Visto sorella? E lei che era sicura che non fosse possibile. Bene, il caso è risolto, lascio a lei il compito di star vicino al ragazzo, d'accordo? >>
<< Certo, certo >>
rispose con tono sommesso suor Cristina, un po' sconvolta dal'esito della situazione. Chi l'avrebbe mai detto che uno dei suoi ragazzi fosse capace di simili crudeltà? Suor Cristina si sentiva tutto il peso della faccenda sulle spalle: a chi poteva essere affibiata la colpa? Senz'altro era lei che doveva osservare il ragazzo. Aveva sottovalutato questa sua schizofrenia e ora probabilmente il ragazzo sarebbe stato seguito sempre da uno psicologo. Chissà, forse gli avrebbero dovuto pure far cambiare stanza. Per quella notte lo avrebbe fatto dormire in una camera a parte.
<< Vieni Andrea, seguimi che ora ti mostro dove dormirai stanotte. Così parleremo un po' da soli.
<< Va bene >>
Disse Andrea che ora era esploso e stava piangendo a dirotto.
"Semttila di piangere! SMETTILA DI PIANGERE! Dannazione, che cazzo credevi di fare? Per colpa tua tutto è rovinato! E solo per quelle quattro parole di quel demente ispettore! Era ovvio che stesse bluffando, OVVIO! E tu ci sei cascato?Fai ridere, sul serio...non ho parole"
Nel frattempo Mascarpini se ne era uscito di fretta dalla stanza dopo aver compilato qualcosa su alcuni fogli.
Nel frattempo Andrea continuava a piangere e a nulla valevano le rassicurazioni della suora che, cercando di fare una faccia tranquilla, lo conduceva su per il secondo piano.

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Angolo dell'autore: Eccomi tornato nel mondo dei vivi con questo capitolo! Scusate se non ho potuto farlo prima ma prendetevela con la mia professoressa che è sadica e pallosa...
Comunque, ecco qua un capitolo senza sangue! (ecco che arrivano gli insulti di chi mi legge solo per questo... XD). Spero vi sia piaciuto e in realtà non ho altro da dire :) comunque
rinnovo la mia richiesta di lasciarmi correzioni, recensioni (anche negative se volete) e magari anche incoraggiamenti, che, vi assicuro, non fanno mai male. :D Grazie per aver letto
la mia umile opera e Au revoir!
P.S. : forse il prossimo capitolo lo pubblicherò tra qualche giorno o comunque non più tardi di una settimana.
Con gaudio, Gareth.

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Capitolo 4
*** Sempre più spesso ***


DarkWarden4 Suor Cristina condusse Andrea per le scale che portavano al piano superiore. Non era la prima volta che Andrea si trovava là e sapeva esattamente come era decorata la struttura: c'erano molte meno decorazioni che nel piano terra e i muri erano tutti color giallo, un po' spento a causa della mancanza di riverniciatura, e c'erano qua e là dei disegni  giusto per cercare di dare un po' di vivacità all'ambiente, ma servivano a ben poco e, anzi, conferivano all'ambiente un aspetto malinconico. Come il piano inferiore, era composto da quattro corridoi con le loro rispettive aule.
Si fermarono davanti ad una delle tante camere che avevano incontrato proseguendo intorno alla struttura. Questa camera però era più spaziosa delle altre che servivano per le suore, delle camere che assomigliavano più a celle e che venivano utilizzate quasi esclusivamente nelle ore notturne quando ci si addormentava. La vita delle sorelle era piuttosto ripetitiva e monotona o almeno questo lo avrebbe giudicato un esterno, una persona che non ne conosceva l'ambiente. Ma per loro stare a contatto con i ragazzi era sempre un esperienza nuova, così dicevano. La fondatrice, suor Cristina Torrini, insieme ad un gruppo di altre suore disposte a tutto, aveva impiegato tre anni di lotte e sacrifici, scioperi della fame e proteste, e tutto per trasformare la vecchia e abbandonata scuola elementare "Carducci" nell'orfanotrofio "MelaBianca". E molte erano coloro che erano rimaste lì dentro fino a quel momento e alcune che ci erano morte. E tutte loro erano d'accordo quando dicevano che vedere un bambino crescere e superare i propri difetti era la cosa più bella che si potesse mai vedere in vita e l'orfanotrofio dava loro la possibilità di assisterne più di cento. E in nome di questi pensieri suor Cristina si sentiva in dovere di aiutare quel ragazzo, in nome di queste gioie avrebbe voluto vedere anche lui crescere e diventare un ragazzo forte e robusto come gli altri e magari avrebbe voluto piangere il giorno in cui lui si sarebbe allontanato, divenuto ormai grande. Ma sentiva che avrebbe dovuto fare qualcosa, le cose non sarebbero cambiate da sole: troppe volte aveva concluso che era un male passeggero, troppe volte era stata convinta che le cose si sarebbero sistemate da sole; ora ci avrebbe provato sul serio.
<< Questa sarà la tua camera per questa notte, Andrea >>
<< Perché non posso dormire nel mio letto? >>
<< Perché Marco era amico di tutti, Andrea, e tu gli hai fatto del male. Ora non prendertela se i tuoi compagni probabilmente ti guarderanno o ti tratteranno male >>
disse la suora ad Andrea per tagliare corto.
<< Vai, siediti sul tuo nuovo letto >>
Andrea si sistemò e, non appena si sedette, anche la suora si accomodò vicino a lui cingendogli le spalle con un braccio.
<< Andrea, ora mi devi raccontare tutto >>
"Non dirgli niente di me. Tanto ti crederebbe solo pazzo. Hai fatto tutto da solo. Ringrazia che ti ho già perdonato per quello che hai appena fatto: non sarò così buono la prossima volta, hai capito?"
<< Mi sono vendicato >>
Disse Andrea con un certo timore. La sua faccia tradiva il nervosismo e la paura data dalla situazione.
<< E lo ritieni una cosa giusta? Non te ne penti ancora? Andrea, Andrea...dimmi: eri da solo o...c'era "l'altro Andrea" lì con te? >>
<< Ero solo >>
<< Non mentirmi, Andrea. Lo sai cosa faccio se menti >>.
"TU ERI SOLO. Continua così."
<< Andrea, so che tu menti. Tu sei convinto che...lui...ci sia, esista. Ma non è così, lui è frutto della tua immaginazione! Noi siamo vivi, noi! La senti la mia mano? È calda perché c'è vita. Invece sono convinto che lui è freddo vero? Questo significa che è morto. >>.
Suor Cristina aveva nel frattempo posato la propria mano sopra la sua e poi l'aveva stretta forte.
"Oh, sì certo, come no. La senti, Andrea, la mia voce? Non è altrettanto confortante e, a suo modo, calda? Quante volte l'avrai sentita? Quante volte? E i morti parlano? Dai, Andrea, non siamo sciocchi. Lei è come tutti: credono solo a ciò che vedono"
<< In effetti è freddo ma... >>
E Andrea ricominciò a piagnucolare.
"Madonna Andrea, quanto sei stupido! Non ho parole veramente..."
<< Vedi? Se tu non vorrai che esista non esisterà. Desideralo >>
"Fai pure, Andrea. Sono qua che aspetto. Pfffffff..."
<< Ma io sento la sua voce, la sento anche ora...la sento sempre, non smette mai e...ho paura. Io ho paura >>
<< O cucciolo, vieni qua... >>
Suor Teresa lo strinse forte. Il suo abbraccio era caldo e profumato e Andrea per un momento credette di essere felice. Era felice. In quell'istante passò, dopo molto tempo, un barlume di contentezza e spensieratezza e le sue lacrime cessarono. Ma poi ripresero a scorrere. Perché sentiva ancora quella voce.
"CHE DIAVOLO FAI!? SPINGILA VIA! SMETTILA! SMETTILA! ALLONTANALA SUBITO! AAAAAAAAAHHHHH!"
Andrea la respinse. La prese anzi per il collo e poi, con una forza che il suo debole copicino non avrebbe dovuto disporre, scaraventò suor Cristina a terra, la quale battè la testa e svenne. Ma prima di perdere conoscenza questo fu il suo ultimo pensiero: "Ma Andrea ha sempre avuto quegli occhi neri?". Già, aveva visto il sorriso che gli si era stampato sui quei suoi grandi occhi neri. Un sorriso che, proprio come il ghigno, diceva: "ti uccido".

Il giorno dopo, ore 14.30
Il dottore si trovava dentro ad un taxi."Dannate auto...ti lasciano a piedi quando ne hai bisogno" e poi il suo pensiero si estese "come le fidanzate, tra l'altro". Quel taxi era stato un colpo di fortuna: si era trovato in tasca il biglietto proprio quando si era convinto che la macchina non sarebbe più partita. Una fortuna nella sfortuna, come si suol dire. Ma il disastro più grande ora era che Kelly l'aveva lasciato. Cinque anni insieme per cosa poi? finirla con un messaggino? Non l'avrebbe permesso. Ecco perché aveva organizzato quella cena: per capire le sue ragioni e cercare di rimediare e riconquistarla...ma era stato un fiasco, un terribile fiasco. Appena Kelly era arrivata al ristorante la sera prima, tra l'altro in ritardo, gli aveva fatto capire che non avrebbe mai più voluto vederlo. Sì, era stata decisamente esplicita: "Sei troppo fottutamente impegnato coi tuoi fottuti amichetti matti per preoccuparti per me! Beh, sai che ti dico? Fottiteli!".
E quando lei era fuggita via ritornando al taxi da cui era scesa che gli era caduto dalla tasca, per l'appunto, il biglietto di quel taxi. Dopotutto aveva ragione lei: negli ultimi mesi aveva seguito più pazienti lui che il dottor house durante tutta la durata delle varie serie, senza contare che sua madre era morta, suo padre in stato terminale di Alzheimer e, nonostante tutto il lavoro, fosse indietro con l'affitto mensile. Ma forse, tra tutti, questo era il fatto meno rilevante. Così lui aveva effettivamente trascurato leggermente la ragazza -anzi la donna, ormai non erano più ragazzini- e lei, evidentemente, si era trovato qualcun'altro. Che molto probabilmente la soddisfava maggiormente, se capite quello che intendo.
Stava fissando il conducente del taxi: sembrava più giovane di lui ma forse lo traeva in inganno il fisico, senz'altro invidiabile e sicuramente dovuto ad una certa attività fisica periodica, che, come si sa, ringiovanisce il corpo. Ora che ci pensava forse era il conducente che aveva portato via Kelly la sera prima...e probabilmente era così, dopotutto il foglietto era scivolato dalla tasca di Kelly. Sembrava nervoso, però. Stava sudando infatti nonostante la frescura di quel giorno e nonostante indossasse abiti tutto sommato leggeri...va beh, non erano affari suoi.
Il viaggio proseguì tranquillo e senza intoppi. Riuscì ad arrivare in tempo al luogo destinato e ringraziò il tassista pagando, oltre ai soldi convenzionali, anche una mancia e procedette tranquillo verso l'edificio giallo ocra e rosa.
Gli vennero incontro alcune suore e prese a parlare quella che appariva più giovane. E anche la più bella, pensò il dottore:
<< Benvenuto, lei dev'essere il dottor Franchi. Piacere, io sono suor Francesca. Prego, da questa parte >> e lo condussero all'interno dell'edificio, poi continuò: << Come saprà già il bambino soffre di quella che pensiamo sia una forma di schizofrenia. Si è creato un amico immaginario e sembra che questo gli suggerisca di fare quelle cose...beh, gliel'avranno già detto, immagino >>
<< Si giustifica dicendo che non è stato lui ma un altro che gliel'ha suggerito, ho capito >>
Allora concluse il dottor Franchi.
<< Sì, ma lui dice che l'ha fatto per vendetta...ma non è normale che un bambino usi queste parole, vede. Di solito dicono: "ha comincito prima lui" o giù di lì. Ma non ho mai sentito un bambino dire: "l'ho fatto per vendetta". È una cosa strana >>
Il dottor Franchi annuì allora un po' perplesso. Una volta salite le scale e giunti al secondo piano, si fermarono davanti ad una porta chiusa:
<< Bene, è qui dentro. Le auguriamo buona fortuna >>
<< Grazie molte. Ora proseguo da solo >>
Il dottor Franchi entrò nella stanza. Tutto ciò che vide era un bambino rannicchiato su se stesso che borbottava parole tra sé e sé. Effettivamente aveva un che di inquietante.
<< Buona giornata, Andrea. Sarò il tuo migliore amico per un po' di tempo, che tu lo voglia o no. Che ne dici? >>
Il dottor Franchi non sapeva che gli rimanevano poche ore di vita.
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Cantone dell'autore: scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate.
Bene, penso sia sufficiente. Comunque vi sarete domandati: ma perché quel testa di raperonzolo (tanto per usare termini gentili e carini) di un Gareth, dopo aver promesso che l'avrebbe scritto tre giorni dopo sto capitolo, si presenta solo due settimane dopo? Con che coraggio poi?
Beh, le mie motivazioni le ho, anche se sono un po' povere: l'avevo già scritto una volta sto capitolo, ma non mi piaceva anzi, mi disturbava. E quindi l'ho sgancellato e l'ho riscritto. Il punto cruciale è che non mi veniva in mente nulla di un po' più sadico e roba così.
Alla fine ho deciso: sti capitoli anche se non succede qualcosa di divertente e sanguinolento ve li dovete sorbire lo stesso :) perché mi servono ai fini della trama. Io quindi vi devo solo chiedere un po' di pazienza e di apprezzarli per quello che sono. Oltre, come al solito, ad invitarvi a lasciare delle recensioni se il racconto vi è piaciuto e perché o se non vi è piaciuto e perché. Poi, volevo ringraziare tutti quelli che mi seguono, mi ricordano, mi preferiscono e mi lasciano recensioni.
Tanti bei bei saluti,
                                                                                                           Gareth


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Capitolo 5
*** Pensiero e Dominazione ***


Dark Wardens 5 << Dico che stai commettendo uno sbaglio >>
rispose il ragazzino. Ammesso che quello fosse un ragazzino: lo sguardo terribile e la faccia contratta in una smorfia lo facevano sembrare più una creatura degli inferi. Ma non era la prima volta che lui affrontava un caso del genere: i ragazzini erano il suo forte, riusciva a farli sentire a loro agio in qualche modo...e quei poveri bambini avevano solo bisogno di quello, dopotutto. Certo lui era un ottimista per natura, pronto a scommettere che in fondo ad una persona folle si trovasse solo molta tristezza che nessuno aveva mai ascoltato veramente. Certo non dava la colpa alle suore: passeggiando per i corridoi aveva notato la quantità di bambini presenti nelle classi e aveva capito che ci sarebbero volute almeno duecento suore per capire in fondo quei piccoli dolci mostriciattoli! Anche se sapeva che spesso loro, tradendo le apparenze, sapevano essere terribili: a chi non è mai capitato di ricordare con paroline non proprio dolci la propria tutrice dell'asilo nido, la quale non era nient'altro che una suora?
<< Piacere Andrea, io sono Francesco. Ci diamo una stretta di mano da veri uomini? >>
Mentre lo diceva  si avvicinò a lui porgendo la mano. Pancia in dentro e petto in fuori, come gli diceva sempre suo padre. Ma Andrea, il fanciullino dallo sguardo grave, continuò a fissarlo. E a fissarlo. E fu attirato per un secondo dagli occhi del ragazzino: erano...strani, avevano qualcosa di strano. Cedette allo sguardo cupo, si sedette sulla sedia, sistemata precedentemente per lui davanti al letto del bambino, e ritraè la mano.
<< Ti senti bene? >>.
<< Starei meglio se non ci fossi tu >>.
"Un ragazzino terribile dagli occhi terribili... ma perché capitano tutti a me"? Per un attimo anche il dottor Franchi pensò che, in effetti, sarebbe stato meglio se lui non ci fosse: quel bambino sarebbe stato sicuramente meglio senza di lui...ma che diavolo stava pensando? Forse la sua depressione era più grande di quanto non avesse immaginato.
<< Io invece mi sento bene. cioè, spiegamo meglio, c'è una parte di me che è triste, sai, ho alcuni problemi. Tutti abbiamo problemi. Ma l'altra parte di me è felice: faccio il mio lavoro con persone sempre nuove. Tu sei una persona nuova, oggi. Ti capita anche a te di sentirti mai triste e felice assieme? >>
Prepararsi le frasi a seconda dei casi era la sua specialità. Nessuno riusciva quanto lui a escogitare sistemi per far sentire tranquille le persone. Avere tutti e due un problema comune aiuta sempre la conversazione, pensava. Il bambino rispose:
<< Ma a te questo non interessa >>.
Non si aspettava questa risposta, lo ammise a sé stesso. Lo guardò dritto negli occhi e vedeva che c'era qualcosa che non andava. No, in effetti non gli interessava anzi, meglio cambiare argomento. No, invece, devo continuare su questa strada: solo così lui mi si aprirà, pensò. Ma perché oggi era così confuso e indeciso? Quegli occhi, nel frattempo, non gli davano pace.
<< Sì, invece, è il mio lavoro. Sappiamo tutti e due perché sono qui. Però tu pensi che sia solo per questo, per lavoro. E sbagli perché io sono qui perché voglio farti capire delle cose. Vedi, la gente pensa che avere un amico dentro di sé sia sbagliato, sia una cosa stupida, falsa e completamente inventata. E in parte è vero: quello che tu hai dentro lo hai immaginato, ma ora è vivo e non puoi dimenticarlo né far finta che non esista. Lui esiste. >>
Ancora una volta frasi fatte. Ma stavolta era sicuro di aver centrato l'obiettivo. Quando una persona muta stato d'animo cambia, nella sua espressione facciale, un piccolo particolare o a volte più d'uno. Spesso sono molto simili tra loro e notarli non è difficile,  ma per riuscire a capire il vero significato di ogni gesto bisogna conoscere a fondo la persona. Andrea aveva rilassato gli occhi. Se prima erano così minacciosi, ora apparvero così pieni di speranza e allo stesso tempo di una sorta di paura...però non la paura di un individuo davanti ad una situazione difficile, ma la paura dell'ignoto che normalmente caratterizza chi è, per l'appunto, in età infantile. Andrea aveva cambiato stato d'animo, di questo era certo, ed era sicuro che si trattasse proprio della sua schizofrenia. Un cambiamento così radicale non avviene quasi mai in nessuna persona...almeno in quelle normali. Era la prova che cercava.
<< Sì sì! Io sono Andrea, ma prima non ero io...era lui...>>.
La cosa si fa interessante...ma che film gli fanno vedere a questi ragazzini? Cioè, si comporta come Gollum*...per un attimo pensò che avrebbe cominciato a piangere ma qualcosa trattenne il ragazzino...e gli parlò:
<< È sempre così? A volte parli tu e a volte parla lui? >>
Poteva permettersi qualche domanda diretta: ormai sentiva di aver fatto breccia. Anche se aveva uno strano presentimento.
<< No, questa è la prima volta che parla lui al posto mio! >>
Il dottore, dopo alcuni secondi, stava quasi per rispondere quando Andrea cominciò a urlare e mise di scatto le mani alle orecchie, come se provasse a non sentirsi gridare. Succese tutto così in fretta che il dottore non se ne rese neanche conto: urlò per una decina di secondi fino a che non entrarono di scatto alcune suore. Il dottore si alzò e le suore andarono a tranquillizzare Andrea, il quale non voleva farsi toccare da nessuno. Per dieci minuti Andrea continuò a respingere i tentativi delle suore e Franchi intanto provava a calmare le suore e dava il suo contributo nel zittire il ragazzino. Alla fine, Andrea se ne stava rannicchiato sul letto dondolando con le gambe vicino al petto e sussurando tra sé e sé alcune parole che parevano essere sempre le stesse. Ma Franchi, poiché le suore gli chiedevano con ansia cosa fosse successo, non riusciva a distinguere quali. Franchi liquidò così le suore:
<< State tranquille, ora è tutto a posto...ora uscite e non tornate finché non ve lo chiedo. Tra mezz'ora avrò finito >>.
Le suore accettarono e uscirono lasciando nuovamente soli i due. dopotutto l'ora di terapia era quasi finita.
Ora poteva finalmente capire cosa stesse dicendo Andrea...si mise in ascolto:
<< Non voglio, non voglio, non voglio, non voglio...non ancora, fa freddo, freddo...non voglio, non voglio, non voglio... >>.
"Non voglio"? Ma che significa?
<< Andrea, alzati e guardami, ti prego >>
Andrea obbedì, stranamente.
<< Parlami, dimmi tutto. Sono qui per te. Sono qui per questo >>
Andrea rimaneva in silenzio. Gli occhi erano angosciati e disperati, il viso, all'improvviso, era diventato estremamente pallido, le labbra tremavano. Poi parlò, la voce spezzata e balbuziente:
<< È lui che mi dice di...non avere paura ma...io ho paura e...mi dice che non devo fare niente io...devo farlo parlare... >>
E prese a singhiozzare. Franchi allora disse:
<>
<< Ma lui non è mio amico, lo so questo...lui è il mio angelo custode! Lui mi aiuta, mi dice cos'è meglio per me però... >>
<< Però cosa? Non hai bisogno di lui, Andrea! Lui è tutto ciò che tu vuoi sia! Se hai bisogno che ti dia un consiglio, ti da consigli e se invece vuoi che ti sia amico, sarà tuo amico. Allora, visto che vuole così tanto il tuo bene, perché hai paura di farlo parlare?>>
<< Perché dentro fa così freddo...si sta così male! Lì dentro c'è paura, c'è ansia...e io non voglio >>
<< Andrea, non preoccuparti: se non ci vuoi andare non ci andrai. Cosa ti può fare? >>
All'improvviso Andrea abbassò la testa e rimase immobile per qualche secondo. Poi, la alzò lentamente.

Al Dottor Franchi rimaneva poco tempo. In effetti la terapia era quasi finita ma...non è questo. Al Dottor Franchi rimaneva poco tempo da vivere.

Un altro cambiamento di stato d'animo: lo stesso di prima solo al contrario. Ora la situazione sarebbe diventata critica. Ancora quegli occhi...non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe riuscito a sopportarli. Secondo quanto detto dallo stesso Andrea, quella era la sua seconda personalità. E Andrea, o il suo "angelo custode" che dir si voglia, disse:
<< Andrea ha ragione: io voglio solo il suo bene e quindi devi starCI lontano! Hai capito, ora? >>.
Si sentì osservato dritto dritto negli occhi. Non aveva mai distolto gli occhi di fronte a un ragazzino e quel giorno l'aveva fatto ben due volte. Non avrebbe perso una terza. Fece ricorso a tutte le proprie forze e stettero silenziosi a osservarsi, senza avere modo di calcolare il lento scorrere dei secondi.
Ad un certo punto seppe che non ce l'avrebbe più fatta a continuare. Provò a distogliere lo sguardo. Non ci riuscì. I suoi occhi erano come calamitati e non riusciva a muovere alcun muscolo. Stava soffrendo terribilmente.
<< Ora tu uscirai e farai in modo di non ritornare più qui. Anzi, farai in modo di non vederCI mai più. Dovrai assicurartene. Ora vai >>
Il ragazzino aveva ragione: doveva andarsene. Diede le spalle al bambino e se ne uscì dalla stanza. Ma dove andare?
Incontrò delle suore che gli chiesero:
<< Allora, che è successo? Mancano ancora dieci minuti! >>.
<< Niente, penso che sia meglio per il ragazzo che me ne vada ora: fatelo pure notare al comune che mi decuterà lo stipendio >>
mentì il dottore.
Uscì velocemente dall'edificio. Non doveva ritornarci mai più. Ma soprattutto non doveva vedere più vedere loro due. Ma cosa poteva fare? Doveva fuggire via verso dove? Sarebbe stato via senza nessuno e non avrebbe avuto né soldi né un lavoro. E anche fosse stato?
Chiamò un taxi. Non quello che l'aveva portato fin lì. Non voleva vedere di nuovo il viso di quel tipo: gli avrebbe sicuramente fatto ritornare in mente Kelly...e non era il momento migliore. Ora doveva pensare a una soluzione.
Il taxi arrivò e arrivò il momento di decidere dove andare. Casa, pensò, lì mi verrà in mente qualcosa. Il conducente era un tipetto abbastanza professionale: perfettamente rasato, vestito con un completo giallo che doveva essere un'uniforme. Era una di quelle poche volte che, nella vita, lo gradì.
Arrivò a casa, pagò l'autista e gli diede anche una lauta mancia. Non gli pareva il momento di fare il taccagno.
Entrò in casa e si sedette sul vecchio divano in pelle nera. Lo odiava quel divano: ogni volta che ci si sedeva i cuscini scivolavano sotto trasformando la sua posizione da seduto in disteso. Pensò a cosa avrebbe potuto fare. Poi, un lampo di genio. Restò seduto sul divano.
L'idea c'era, ma come realizzarla? Andò in cucina. Aprì il cassetto delle posate. Guardò a lungo tutti i coltelli fino a trovarne uno che forse sarebbe stato abbastanza lungo e affilato. Lo prese e si immaginò nell'atto. Sarebbe stato facile, ma...ci sarebbe stato sangue e lui odiava il sangue. Pensò a qualcos'altro. Quando era giovane aveva pensato che la morte sublime per eccellenza fosse buttarsi da un'altezza spropositata e schiantarsi a terra. Gli era venuto in mente pensando che la stessa parola "sublime" significa letteralmente "il più elevato" e quindi aveva pensato che la più profonda delle morti fosse cadere da una grande altezza. Lui però abitava in centro e lì vi erano solo edifici non molto alti e non gli avrebbero dato la giusta soddisfazione.
Per una volta nella vita, poteva scegliere. La sua vita non era stata altro che un susseguirsi di decisioni prese da altri, pensò. Prima i genitori poi l'amore e infino il dovere l'avevano portato a essere una stolta marionetta di quello che noi diciamo essere vita. Per una volta nella vita, poteva scegliere e, ironia della sorte, non sapeva che scegliere.
Si alzò e se ne andò in bagno. Si sciacquò la faccia e poi gli venne in mente la malsana idea di farsi una doccia. Perché no? Che fretta c'è?
Quando uscì e si asciugò decise di farsi anche la barba. Si prese il suo tempo e finì con una sciacquata veloce e l'aggiunta del dopobarba. Mentre riponeva la schiuma sul vano portaoggetti a fianco dello specchio, il suo sguardo cadde su di una boccetta color verde con alcuni simboli rossi. "Idrossido di sodio" diceva la scritta. E si mise a ridere.
Decise che dopo barba e doccia, doveva mettersi qualcosa di elegante. Prese una camicia bianca, una giacca beige-dorata e dei pantaloni molto eleganti dello stesso colore. Se doveva farlo, chi gli vietava di farlo con classe? Sì vestì e prese la boccetta che conteneva il liquido trasparente. Prese dalla cucina una bottiglia di vino regalata il Natale scorso, un Barbaresco Gaja di vent'anni, la stappò, e riempì un calice, che prese da una mensola. Infine aggiunse l'idrossido di sodio.
Si sedette nuovamente sul divano col calice pieno all'orlò e posizionò, quasi fosse un compagno di bevute, il Barbaresco accanto a lui. Certo le persone che lo avrebbero trovato avrebbero pensato che in vita era una persona di buon gusto.
Il suo ultimo pensiero fu "Dovrò anche morire, ma questa morte avrà un gran bel gusto!". Bevve.
La morte non ha mai un buon sapore.


*Gollum: il famoso personaggio de "Il Signore degli Anelli" dotato di una doppia personalità, la quale parla a volte una, a volte l'altra.

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Cantone dell'autore:
Intanto, visto che lo pubblico a poche ore dall'agognata mezzanotte, Buon Natale a tutti! Allora, questo capitolo qui mi piace, quindi vedete bene di farmi recensioni positive! :) I'm joking. Se la storia vi piace, vi interessa, vi ha incuriosito o magari volete insegnarmi a scrivere un po' meglio, sarei felice di avere da voi delle recensioni. Ho anche sistemato alcune gaffe sul capitolo 4 che mi ha gentilmente fatto notare _Whisper_ e la ringrazio per questo. Detto tutto (se mi dimentico qualcosa, dopo sistemo), Vi saluto con onorabile stima,
Gareth

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Capitolo 6
*** "Tu sei diverso" ***


Dark Warden 6  L'orfanotrofio "Gennari", che era di proprietà del comune ed era gestito da dipendenti comunali, aveva fama di essere un centro molto importante e al suo interno vi lavoravano pediatri e, più occasionalmente, psichiatri. Generalmente i bambini erano normali, ovviamente, ma vi erano molti casi anomali di ragazzini con varie problematiche, sia di tipo fisico che psicologico. Infatti spesso bambini con questi disturbi di altri istituti venivano inviati qui per poter essere meglio seguiti ed aiutati. Questo era il caso di Andrea.

Il giorno della partenza non c'erano bambini della sua età, dato che non aveva amici, ma erano presenti quasi tutte le suore (le uniche assenti erano quelle incaricate di tenere a bada gli altri) tra cui, ovviamente, suor Cristina. Lei lo abbracciò e lo baciò sulla fronte: pensava a quanto dovesse soffrire quel ragazzino, preso da un male così strano. Lei ricordava ancora perfettamente quei terribili occhi neri, certa che in quel momento avesse visto la vera natura del male che soffriva. L'odio provocato dal non essere capito, pur sentendo di non avere bisogno di nessuno. L'odio che si accumula nei giorni, nelle settimane, nei mesi. L'odio di anni di solitudine. C'era ancora qualcosa che avrebbe potuto fare per lui, tuttavia: sarebbe andata a trovarlo il più spesso possibile, per dimostrargli che in quella scuola, anche se lui non lo pensava, il suo ricordo non sarebbe mai svanito. Certo il ricordo della sua aggressione non sarebbe andato tanto presto dimenticato, ma lei voleva piuttosto che non scordasse che c'era qualcuno che gli voleva bene. Questo avrebbe dato una certezza al ragazzo, si diceva.
<< Andrea, andrà tutto bene. Verrò a trovarti ogni volta che posso, siamo abbastanza vicini lo sai? Verrò a trovarti tutte le settimane, tutti i Giovedì di sicuro. >>
<< Davvero? >>
chiese Andrea.
"Ma che te ne importa?"
<< Davvero. Ora va' su, non vorrai far aspettare il dottor Gugliacci? >>
<< A me non piace quello... >>
Il dottor Gugliacci era il pediatra che aveva cominciato a seguirlo solo due giorni prima e con cui aveva avuto un brevissimo colloquio, anche se in presenza delle altre suore. Aveva deciso il trasferimento per il ragazzo ancora prima di parlargli: nessuno lo avrebbe mai biasimato per questo, dal momento che Andrea per riabilitarsi avrebbe sicuramente dovuto fare delle nuove amicizie. Ma probabilmente il pediatra non sarebbe durato molto: una volta arrivati al nuovo centro altre persone, magari più qualificate, lo avrebbero seguito.
<< Non fare storie, amore. Va', su >>
<< Buongiorno, suor Cristina! >>
In fondo era un bambino così buono.. ma come, solo due settimane prima, erano potute succedere certe cose?

La partenza avvenne la mattina verso le 9.00. Andrea fu accompagnato in auto da uno sconosciuto, il quale doveva essere sicuramente un dipendente del comune. Seduto vicino a lui, il dottor Gugliacci.
Andrea aveva gli occhi incollati al finestrino. Adorava vedere tutti i paesaggi che veloci veloci si susseguivano e mutavano colori. Non era mai stato in un auto, solo in bus nei rarissimi episodi in cui avevano fatto delle gite con le suore e gli altri bambini. L'auto era meglio, fu questo il pensiero che gli attraversò la testa.
"L'auto non è meglio, stupido, è una gabbia mortale come la corriera. E smettila di guardare dal finestrino, mi da la nausea."
Andrea, su consiglio del suo angelo, aveva imparato a non rispondergli se c'erano persone come il dottore. Tuttavia distolse lo sguardo e guardò un punto fisso all'interno dell'auto. Non voleva che si arrabbiasse.
Il viaggio durò poco più di mezz'ora. La macchina si fermò in un grande parcheggio, pieno di righe perfette e parallele e segnali di vari colori ovunque, anche per terra. Sceserò dall'auto e si diressero verso un grande edificio bianco, spoglio di ornamenti.
<< Ecco >> disse il dottor Gugliacci << questa sarà la tua nuova casa. Non farti ingannare dall'aspetto: dentro è molto più bella e colorata. >>

La cosa non si rivelò del tutto vera: dopo essere entrato, Andrea aveva guardato le pareti bianche e gialle ornate da qualche raro scarabocchio qui e là. Non capiva perché fossero tutti incorniciati, portassero una firma (che lui sapesse, nessuno firmava i disegni: chi è lo scemo che non saprebbe riconoscere il proprio?) e, cosa più importante ma che notò per ultima, erano fotografati. Si decise a chiederlo al pediatra, il dottor Gugliacci, che lo stava accompagnando da qualche parte per i corridoi, mentre l'altro uomo, l'autista, si era fermato all'auto. Quando lo chiese il dottore prima allargò un grande sorriso e poi disse:
<< Sono dipinti astratti e valgono tanti soldi. Siccome non se li possono permettere li fotografano. Li incorniciano perché... beh perché sono dipinti. Tutti i dipinti vanno incorniciati. E... beh, hanno la firma perchè gli autori vogliono far sapere di chi sono e perché nessuno si prenda il merito al posto loro. Anche se personalmente, preferivo i disegni al MelaBianca. Anche tu giusto? >>
<< Sì >>
Forse non era così antipatico come pensava...
"Non dire idiozie, vuole solo entrare in confidenza con te, nient'altro. E questi dipinti non sono altro che una perdita di tempo, come tutti disegni, quante volte l'ho detto? Ora sta' zitto e cerca di non pensare a nulla, così posso stare un po' tranquillo."
Il corridoio gli sembrava sempre uguale e ormai, tra una svolta e l'altra, non avrebbe saputo ritrovare l'uscita. In quel momento si fermarono davanti ad una stanza. Il dottore bussò.
<< Avanti. >>
arrivò la risposta dall'interno. Il pediatra fece strada aprendo la porta.
<< Buongiorno, direttore. Questo è il ragazzo di cui le parlavo ieri. >>
Il direttore era un uomo tarchiato, sulla cinquantina, con dei grandi occhiali circolari di colore nero-argento, che lo caratterizzavano in modo particolare. Per il resto aveva i capelli corti e il viso un po' squadrato, gli occhi molto grandi.
<< Vedo, vedo. Il nome è Andrea, vero ragazzo? >>
Andrea annuì.
<< Bene, aspettate solo un secondo >>
Alzò la cornetta del citofono che aveva a fianco, posto sulla sua scrivania. Lo portò all'orecchio:
<< Emma? >> aspetto qualche secondo, in cui aveva evidentemente ricevuto la risposta dell'interlocutrice, e poi continuò << Vieni su ad accompagnare il ragazzo, quell'Andrea che stavamo aspettando, su nei dormitori e dagli il suo posto. >>
Rivolto ad Andrea parlò poi:
<< Allora, Andrea, ti do il benvenuto in questo istituto e spero che qui troverai persone che ti piacciono. >>
Andrea annuì in silenzio. La figura del direttore lo spaventava un pochino e fu felice di sentire il bussare alla porta di quella che doveva essere la signorina Emma.
Dopo essere entrata lo prese per mano e si rivolse subito a lui:
<< Ciao Andrea, io sono Emma. Come ti senti? beh immagino che vorrai vedere dove ti sistemerai, giusto? Sì? Seguimi allora, dai. >>
Era una donna la cui età oscillava tra i trentacinque e i quaranta, gambe lunghe, molto magra, ma con un viso molto duro e ben delineato. Metteva una certa soggezzione e poi... beh, Andrea non aveva mosso un singolo muscolo da quando era entrata! Aveva fatto le domande e si era anche risposta da sola.
"Queste sono le persone che incontrerai qui, stanne certo. Di te non si interessano per niente. Tu per loro non conti niente"
Comunque, la seguì, salutando sia il direttore che il pediatra con un rapido "buongiorno".
Emma lo guidò per i corridoi e poi su per le scale e finalmente giunsero nel dormitorio, un'enorme stanza rettangolare nella quale erano stipati moltissimi letti. I colori dominanti erano sempre il bianco e il giallo, colori molto tristi e anonimi per Andrea.
Il letto che gli venne assegnato era il 12-B, perché lì i letti erano tutti numerati. Era molto comodo e spazioso, se non altro.
Emma fu abbastanza fredda e certo non si preoccupava troppo di nascondere la noia e disse:
<< Vieni, Andrea, ora ti devo portare nella tua classe. >>
<< Devo cominciare di già? >>
<< Certo, così ti farai subito tanti amici. >>
Uscirono dalla stanza e fecero venti metri, fino ad una porta verde: un colore finalmente era diverso! C'era, appiccicato appena sopra la maniglia un biglietto con su scritto: 3° B. La signorina Emma bussò e poi entrò con Andrea.
<< Buongiorno ragazzi, buongiorno Marta, ecco il nuovo alunno che aspettava >>
Andrea diede un'occhiata alla classe: come tutto finora, appariva meno colorata di quanto, secondo Andrea, avrebbe dovuto essere. Poi scrutò i suoi futuri compagni: tutti molto annoiati a parte qualcuno che scribacchiava velocemente qualcosa sul quaderno. Tutti si girarono verso di lui.
<< Buongiorno Emma! E buongiorno a te, caro! Vieni qua, dai. >>
Disse quella che doveva essere la professoressa.
Emma cercò di dileguarsi:
<< A questo punto io vado! Glielo lascio, Marta>>
Disse ciò con un sorriso un po' falso, poi uscì dalla classe richiudendo la porta alle sue spalle. La maestra allora gli disse:
<< Allora, io sono la maestra Marta e sarò la tua maestra di matematica. Ora devi presentarti alla classe >>
Andrea annuì, poi parlò rivolto alla classe:
<< Io sono Andrea, piacere! >>
"Bravo, devi comportarti come ti ho detto. Devi sembrare tranquillo e sereno, così smetteranno di disturbarci"
<< E ora un rapido appello per farti orientare con i nomi. Ragazzi, quando vi chiamo alzate la mano, capito? Allora... Bertucci Martina? >>
L'appello continuò e fece tutti nomi di quei bambini. Andrea ascoltò, ciononostante dimenticò uno a uno tutti nomi. Poi arrivò all'ultimo.
<< eeee... Verdi Natasha! Natasha alza la mano, sii collaborativa una buona volta! >>
Una bambina, che stava scarabocchiando in un solitario banco in fondo alla classe, alzò la testa di scatto. Poi, una volta resasi conto della situazione, alzò velocemente la mano. La bambina portava i capelli corti, biondissimi. Aveva lineamenti dolci e allegri, che trasmettevano vivacità.
<< Bene, abbiamo finito. Ora rimane solo da trovarti un banco... c'è qualcuno che vuole sedersi vicino ad Andrea >>
Come prevedibile, nessuno si offrì volontario... anzi no!
<< Io, professoressa! Se vuole può sedersi vicino a me! >>
Una vocina leggera e melodiosa si alzò dal fondo della classe. La graziosa bambina che rispondeva al nome di Natasha aveva alzato la mano e ora stava insistendo. Tutti girarono gli occhi verso di lei. Non si trattava di una cosa stranissima... in fondo stava parlando... ma lo sguardo di incredulità nei loro occhi, negli occhi della maestra perfino, era troppo curioso per non essere notato.
"Ho un brutto presentimento! Attento!"
La maestra all'improvviso fece un larghissimo sorriso, come se fosse felicissima ma allo stesso tempo diffidente. Poi disse:
<< Tu, Natasha? Sei sicura? Va bene allora: vai Andrea a sederti lì con lei. Ah, dimenticavo! >>
Si diresse verso l'armadietto grigio metallico che si trovava in un angolo dell'aula alla sua destra, lo aprì e ne tirò fuori una penna e un foglio che consegnò ad Andrea.
<< Tieni, questo è tutto ciò che ti serve per ora. All'intervallo, alla fine di quest'ora, mi faccio procurare tutto il materiale che ti serve. Ora va' >>
Andrea si diresse al banco, preoccupato per l'avvertimento del suo angelo.
Gli occhi di tutti erano ora di nuovo puntati su di lui: ma non erano gli sguardi di prima... questi erano minacciosi, terribili, come se stessero cercando una risposta a qualcosa. Che avesse a che fare con la biondina?
Non era il momento per tormentarsi.
<< Ciao >>
esordì Andrea con la sua nuova compagna di banco. Lei rispose nello stesso modo:
<< Ciao >>
Andrea si sedette. Pensò a qualcosa da dire alla ragazzina, ma non gli venne in mente nulla. Era curioso di sapere perché l'avesse voluto come compagno di banco e anche perché tutti l'avessero guardata in quel modo. E perché avessero poi guardato lui, in quel modo. Non disse nulla.
La bambina cominciò a scrivere qualcosa su dei pezzi di carta. Poi gliene consegnò uno: -meglio scrivere che parlare, se no la maestra ci sente- poi gli passò dei fogliettini bianchi.
Andrea scrisse su di uno -perché?- e lei in tutta fretta sullo stesso foglio -non vuoi sapere perché erano tutti così strani quando mi sono offerta?- e lui -sì.
Allora la bambina si diede da fare e su un foglietto scrisse: -Non ho molti amici e di solito non parlo con nessuno. Così hanno trovato strano che proprio io mi offrissi per darti un posto.
Andrea allora prese un foglietto: -Ma perché io?
-Tu sei diverso: lo so da quando ti ho visto. Ora basta, per stamattina niente più messaggi.
Ma Andrea insistette: -Spiegati meglio. Perché sarei diverso?
La ragazza vide il messaggio ma non rispose.

Per tutto il resto dell'ora Andrea provò a parlarle, anche sottovoce, ma ottenne solo il silenzio. Poi la campanella squillò, segnando l'inizio dell'intervallo.
Andrea si alzò, vedendo che gli altri lo facevano, e si allontanò dalla ragazzina. Quando fu poco più lontano sentì la voce del suo angelo:
"NON AVVICINARTI PIÙ A QUELLA RAGAZZA! MAI PIÙ! MI HAI CAPITO?"
Ora che ci pensava non si era fatto vivo da troppo tempo. Perché non aveva parlato prima? Ma questa volta avrebbe fatto di testa sua. Ora voleva sapere quello che lei gli avrebbe detto.
Si diresse di nuovo verso la bambina, certo che ora non ci sarebbero stati segreti.

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Cantone dell'autore:
Intanto mi scuso per il ritardo della pubblicazione ma ho avuto diversi impegni. Per il resto, spero che apprezziate il capitolo: è molto narrativo e mi sono sforzato di restringere il trasferimento, che a una prima scrittura era incredibilmente lungo e poco pregno di avvenimenti. È un capitolo un po' di transizione, se non si considera l'ultima parte, nella quale appunto presento il personaggio della bambina.
Vi ringrazio per tutte le recensioni che mi lasciate e a presto (perché stavolta spero che riuscirò a pubblicare in tempo).

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Capitolo 7
*** Uno e un altro ancora ***


Dark Warden 7
La bambina non si era ancora alzata dalla sedia. Andrea, prendendo un po' di coraggio, le si avvicinò e le parlò:
<< Allora? Ora mi dici perché sarei diverso? >>
La ragazzina parve scocciata dalla domanda.
<< Potrei farlo. >>
<< E allora parla. >>
Non voleva aspettare. Nessuno gli aveva mai parlato in quel modo come quella ragazzina. Si sentiva più sicuro di sé, più audace ma allo stesso tempo leggermente spaventato. Era come se sapesse che non era una buona idea parlare con lei. Forse perché glielo aveva detto il suo angelo, tuttavia...
<< Uh, ma come siamo frettolosi... e va bene, parlerò... è solo che per farlo avrò bisogno di raccontarti una lunga storia, e, vedi, se io ti racconto una storia anche tu me ne devi raccontare una. Nulla si ricava da nulla. >>
<< Che cosa vuoi che ti dica? >>
<< Voglio sapere cosa ti è successo nelle ultime due settimane. Per filo e per segno. >>
<< Che cosa? Perché ti interessa? >>
Andrea temeva che avrebbe dovuto parlare del suo angelo... mentre di comune accordo avevano deciso che il suo angelo lo avrebbe aiutato e consigliato di nascosto e lui non ne avrebbe più parlato con nessuno. Forse avrebbe potuto raccontargli tutto senza dire nulla a proposito del suo angelo custode...
<< Se vuoi che risponda a questa domanda dovrai essere pronto a rispondere a questa che ti ho appena fatto. Nulla si ricava da nulla. Ora... o parli, o vattene. >>
<< E va bene... >>

Andrea raccontò tutto quello che gli era successo: quando aveva inciso sulla pelle del ciccione, delle suore impiccione e del suo vecchio psicologo, quello che era fuggito senza più farsi rivedere e della noia seguente, giorni e giorni buttati al vento. Tutto senza mai dire niente del suo angelo, ovviamente.
Il suo racconto non durò molto, giusto qualche minuto.

<< Mi stai nascondendo qualcosa, non mi hai detto tutto. Non mi hai detto una cosa importante, giusto? >>
Andrea rimase sconcertato. Com'era possibile, gli aveva forse letto nel pensiero? Quella ragazzina creava timore più che mai.
<< N-no, ti ho detto tutto... >>
La ragazzina scoppiò a ridere.
<< So benissimo cosa stai nascondendo, stupido. Come lo chiami quello che è dentro di te? >>
Sapeva anche del suo angelo! Ma chi era? A questo punto non era più possibile mentirle.
<< Lui è il mio angelo... >>
La ragazzina si mise ancora a ridere, questa volta peggio di prima, tanto che le vennero le lacrime agli occhi. Quando ebbe finito, assunse un'aria seria.
<< Angelo? No, non è un angelo. Ed ecco la tua risposta, tu sei diverso perché hai lui. Sei speciale. >>
<< Ma allora chi è lui? E poi non mi dovevi raccontare una storia? >>
<< Lascia perdere, quella era una bugia per farti parlare: sapevo di lui, ma non sapevo cos'era successo. Lui è... beh, di sicuro non è un angelo. In realtà... beh, vedi... io sono un angelo >>
Che cosa!? Quella ragazzina era un angelo? E il suo angelo non era un angelo?
Stava per chiedere spiegazioni quando, all'improvviso arrivò una voce alle sue spalle. Era la maestra, sempre con un largo sorriso sulla bocca.
<< Andrea, eccoti qua! Ti ho portato questa, che sarà la tua cartella. Dentro ci sono tutti i libri e i quaderni che ti serviranno e un astuccio con tutto il materiale. Ora hai tutto. Bene, tra qualche secondo suonerà la campanella, immagino. Ora, siediti e divertiti. >>
Gli aveva consegnato uno zaino nero molto semplice e abbastanza pesante, evidentemente a causa del contenuto. Andrea pronunciò un accennato "grazie". La maestra allora disse:
<< Vedo che hai già fatto amicizia con Natasha... sono contenta. Ora devo andare, ho un altra classe. Tu invece rimani qua, ora avrai due ore di italiano, buona fortuna. >>
La maestra Marta se ne uscì dalla classe con fare deciso. Natasha, la bambina, era seduta sul suo banchetto, intenta a disegnare cose strane. Andrea si avvicinò e le chiese:
<< come sarebbe a dire che sei un angelo!? >>
Lei scrisse qualcosa su un bigliettino di quelli che erano avanzati precedentemente e glielo allungò. Andrea lesse: - credi a quello che vuoi. Io sono un angelo. E non parlarmi più, sai che non ti risponderò.
Andrea era spazientito ma non potè fare altro che starsene in silenzio. La campanella suonò e arrivò la nuova maestra, che si chiamava Eleonora.
La lezione cominciò e finì solo due ore più tardi. Nel frattempo si era presentata un'altra maestra, di nome Claudia. Ad Andrea sembravano tutte uguali queste persone. Durante queste due ore i due vicini di banco non si scambiarono una sola parola e Andrea si chiese come mai il suo angelo o, per meglio dire, quello che aveva dentro di sé non avesse ancora parlato... era evidente che vicino a quella ragazza non poteva dire o fare nulla. Quindi era per questo che gli aveva ordinato di starne alla larga? La cosa non dispiaceva ad Andrea: era piacevole starsene un po' a pensare tranquilli. Era una sensazione che non aveva mai provato prima.

Quando la lezione finì, la ragazza continuò a ignorarlo. A questo punto, aveva capito Andrea, qualsiasi tentativo di provare a parlarle era impossibile.
All'improvviso si fece viva nuovamente la maestra Claudia. Si rivolse alla classe con un largo sorriso e parlò a gran voce:
<< Ragazzi! Ora si va a mensa, ricordate di portare con voi anche il vostro materiale perché oggi pomeriggio non ci servirà e quindi lo dovremo prima portare nel dormitorio. Seguitemi. >>
Tutti quanti, imbracciati gli zaini, seguirono la maestra che li condusse nei dormitori, dove poterono liberarsi dei fardelli. Andrea rimase sempre vicino a Natasha: aveva paura del momento in cui sarebbe di nuovo rimasto solo e il suo angelo -lui continuava a fidarsi più di lui della bambina e quindi avrebbe continuato a chiamarlo ancora così- lo avrebbe severamente rimproverato
Andrea non riuscì a memorizzare la struttura: era troppo complessa e piena di biforcazioni, non come la semplicistica MelaBianca.
Poi fu la volta della sala da pranzo, un vasto stanzone pieno di gente. A destra c'era una breve fila di ragazzi di tutte le età: era evidente che si trattasse del luogo in cui ci si poteva servire. Poi la maestra parlò:
<< Bene, ora andate pure a servirvi e poi a sedervi; eccovi i ticket di oggi. >>
Venne distribuito a tutti un foglietto rosa.
Andrea osservò gli altri: tutti si accodavano e poi un giovane uomo, sulla ventina, ritirava il biglietto da dietro uno sportello e li faceva procedere a uno a uno, dopodiché tutti si dotavano di un vassoio e passavano avanti mentre delle persone servivano loro velocemente le pietanze su piatti di plastica. Ognuno poi trovava un posto nella grande sala.
Andrea fece lo stesso che faceva Natasha, sempre vicino a lui.
Il menù consisteva in un piatto di spaghetti al ragù ben fornito, una bistecca di pollo non molto grande ma dall'aspetto invitante, una mela e ovviamente, dell'acqua, che tuttavia era già presente in brocche sopra i tavoli.
Andrea seguì la sua compagna in fondo all'aula e le chiese:
<< Posso sedermi vicino a te? >>
<< Fa' come vuoi, ma non chiedere nulla, per ora. >>
Si sedettero e mangiarono in assoluto silenzio.

Più tardi, quando la pausa pranzo era ormai finita, un folto gruppo di insegnanti riunì le classi e contò i ragazzi, li portò nei corridoi e, girando per l'edificio, li distribuì in tre aule molto grandi e con enormi scaffali pieni di libri. Qui Andrea dovette separarsi dalla bambina perché a lui e ad altri cinque, quattro ragazzi e un'altra ragazza, non fu permesso entrare: Un insegnante che Andrea non conosceva invece fece cenno loro di seguirla.
Appena Andrea fu ragionevolmente distante dalla fanciullina, sentì nuovamente la sua presenza interiore arrabbiarsi e divenire feroce.
"Che cosa ti avevo detto!? Perché devi fare sempre di testa tua!? QUELL'ESSERE È MALVAGIO, qualunque cosa sia! Non sono io che sto mentendo, io sono un angelo e lei no!"
Andrea non poteva credere che quella ragazza fosse un essere malvagio: quando stava con lei provava un senso di sicurezza e tranquillità che non aveva mai sentito prima, e non solo perché non sentiva il suo angelo.
Dunque l'insegnante che li guidava  li portò in un corridoio completamente bianco e privo di ornamenti. A una decina di metri l'una dall'altra vi erano ai lati delle porte in legno color nocciola, dove, uno per stanza, vennero fatti entrare i sei ragazzi, tra cui Andrea.
La voce che proveniva dall'interno di sé aveva continuato a parlare per tutto il tempo riguardo a quello che era successo e aveva ripetuto più o meno sempre la solita solfa: "quella bambina è malvagia", "io sono l'unico angelo" e via dicendo.
Tuttavia Andrea, dopo che entrò in una delle stanze con le porte color nocciola e dopo che ebbe sentito il "click" della serratura alle sue spalle, non udì più la persistente cantilena, come se il suo angelo si fosse ammutolito di colpo spaventato da qualcosa.
Dopo essere entrato nella stanza, si rese conto di dove si trovava e cosa avrebbe fatto nella prossima ora.
<< Buongiorno >>
disse una voce proveniente dalla scrivania in fondo alla stanza. Si trattava di una donna dall'aspetto giovane, i capelli scuri tenuti corti, i lineamenti del viso dolci e la pelle molto chiara. Era una donna motlo bella. Indossava un maglioncino di lana verde e dei pantaloni beige lievemente aderenti.
<< Buongiorno... >>
rispose Andrea facendosi strada lentamente verso il centro della stanza. La donna lo raggiunse e prendendogli la mano seguitò a parlare:
<< Tu sei Andrea. Piacere di conoscerti, il mio nome è Michela. Sarò la tua nuova psichiatra. Vieni qui. >>
Andrea aveva imaginato bene. Però non si aspettava una psichiatra donna. Aveva le mani molto fredde, concluse Andrea, e non rispose.
La dottoressa lo accompagnò a un lato del locale, dove si trovavano un lettino e una sedia.
<< D'ora in poi, mentre parleremo, tu ti stenderai qui, mentre io starò qui seduta accanto a te. >>
La donna aveva l'aria molto sicura di sé, e Andrea eseguì i suoi ordini. Ancora si chiedeva perché il suo angelo non si facesse più sentire, ma forse non era il caso di preoccuparsi troppo.
<< Ora ti farò qualche domanda, tu rispondi senza pensarci troppo, d'accordo? >>
<< Va bene. >>
<< Hai mai fatto del male a qualcuno? >>
<< Sì, ma ha cominciato lui... >>
<< Ne sono sicura, ma tu rispondi semplicemente alle domande. Dunque... hai mai desiderato fare del male a una delle suore del vecchio orfanotrofio? >>
<< No. >>
<< Eppure l'hai fatto. >>
Andrea aveva dimenticato l'episodio con Suor Cristina.
<< Non ero io che le ho fatto male! >>
<< Non importa, continuamo. Avevi molti amici al tuo vecchio orfanotrofio? >>
<< Ecco... Io... no. Nessuno. >>
<< Come mai? >>
<< Dicevano che ero strano >>
<< E perché? >>
<< Perché dicevano che parlavo da solo... >>
<< Tu parlavi... ma non eri solo, giusto? >>
<< No... >>
Poi però Andrea ricordò le parole del suo angelo: "da ora in poi dirai a tutti che io non esisto". Si corresse
<< Cioè, sì, sì che ero solo! Non avevo altri con cui parlare. >> 
<< Stai mentendo? >>
<< Sì, cioè, volevo dire no, non sto mentendo >>
<< Stai mentendo ancora, e non perché ti sto leggendo il pensiero. So che cos'hai dentro di te, Andrea. >>
Andrea restò stupito: lei sapeva! Sapeva del suo angelo! Che fosse in combutta con Natasha? La donna continuò:
<< Sono qui per aiutarti. Ti sarai chiesto perché la presenza interiore a te non parla da quando sei entrato in questa stanza. Ebbene, sono io che non gli permetto di intervenire. E non solo, in questo momento non può né sentire né percepire le tue emozioni, come ti sarai accorto normalmente può fare. >>
<< Come fai a sapere tutte queste cose!? >>
<< È perché io sono un'essenza, uno spirito, per dirlo con parole che potresti capire. Molti prima di me sono stati definiti angeli. Sono qui per farti capire la tua situazione. >>
Andrea rimase sconvolto. Ora sembrava quasi che tutti sapessero molto più di lui riguardo alla "sua presenza interiore", come lo chiamava lo psichiatra. E poi, insomma, ma quanti angeli c'erano?
<< È normale essere sconvolti, Andrea. >>
<< Ascolti... ma non è che ci sono altri angeli qui? >>
<< No di certo, perché mi fai questa domanda? >>
<< Così... per sapere... >>
<< Va beh, lascia perdere, ora dobbiamo parlare di cose serie. >>
La donna aveva mantenuto sempre un'espressione impassibile, né fredda né calda, né amichevole né scontrosa. Quella donna proprio non aveva un aria umana, in quel momento.
Andrea intervenì:
<< Ma cos'é che ho dentro di me, allora? Non è un angelo custode? >>
<< Ti ha detto di essere un angelo custode? No, non lo è. Egli non è cosa buona, ti basti sapere questo. >>
Andrea si stava stufando:
<< Ma perché non mi puoi dire di più? È dentro di me! >>
<< Vuoi la verità? Temo che tu potresti agire per il peggio se la sapessi. >>
<< QUESTO NON IMPORTA! Dimmela! >>
<< Non posso. Devo agire per il meglio, sai che è la verità. Ora calmati. Devi imparare a farlo. >>
<< Perché dovrei calmarmi, eh!? PERCHÈ!? >>
<< Perché è in casi come questi che lui potrebbe prendere il sopravvento >>
Andrea ricordò quello che era successo con quel bambino, quando il suo angelo aveva preso il controllo del suo corpo e aveva inciso sulla carne, e ricordò il freddo, e ne ebbe paura.
<< Intendi... >>
<< Vedo che hai già avuto esperienze simili. Se tu perdi il controllo delle emozioni oppure, per assurdo, accosenti a lasciarlo fare, lui diventa padrone del tuo corpo. Per "perdere il controllo delle emozioni" si intende infuriarsi o essere terrorizzati, che si traduce spesso e volentieri in piangere, per un bambino della tua età. >>
Andrea capì allora quello che era successo. Probabilmente stava dicendo la verità...
<< Ma lui è forte, più di me. Non posso affatto fermarlo. E poi lui ha sempre fatto tutto per il mio bene. >>
<< No, lui ha sempre fatto quello che voleva fare, e se ha fatto qualcosa di buono l'ha fatto perché dopotutto siete... coinquilini. >>
<< Non ti credo. >>
<< È la verità, fai come vuoi. Io sono un angelo e sono qui per aiutarti: innanzitutto dovrai imparare a controllare le tue emozioni e te stesso. >>
<< Cosa devo fare? >>
<< Esistono molte tecniche umane che ho imparato per controllarsi. Prima di tutto, dovrai imparare a riconoscere i tuoi stati d'animo. >>
<< In che senso? >>
<< Io ti insegnerò delle tecniche per calmarti, ma come farai ad applicarle se non sai quando usarle? Tuttavia esistono delle complicazioni: qui l'essere dentro di te non può prendere il sopravvento quindi sarebbe inutile insegnarti cose del genere. Dovrai cercare di capire da te i momenti opportuni, non posso fare di più. Invece posso insegnarti  dei modi molto semplici e particolarmente banali per sconfiggere le emozioni dominanti, ossia le emozioni che una persona non è in grado di controllare. >>
<< Ma quando imparerò? Ogni volta che verrò qui? >>
<< Esatto. Alzati. >>
Andrea si alzò di scatto. Ora era curioso di sapere cosa avrebbe fatto: ne rimase profondamente deluso.
<< Tutto quello che dovrai fare oggi è respirare a diverse intensità regolarmente per diversi minuti. >>
<< E questo mi aiuterà? >>
<< Sperando, sì. Ora guarda come faccio io. >>
La psichiatra-angelo cominciò a respirare intensamente molto velocemente. Dopo una decina di secondi, fece cenno ad Andrea di imitarla. E questo, seppur riluttante, provò a imitarla, nonostante fosse abbastanza sicuro che sarebbe stato inutile.

Continuarono a compiere di respirazione: lento, veloce, moderato, a tutte le velocità e intensità. Alla fine Andrea pensò di aver respirato più quella volta che in tutta la sua vita precedente.
L'ora stava per finire e Michela si rivolse ad Andrea:
<< Bene, abbiamo quasi finito e tra poco verrà a prenderti un insegnante per portarti dagli altri bambini. C'è ancora una cosa molto importante che ti devo dire: mi devi promettere che non lo dirai all'essere dentro di te. Lui non sa nulla, mentigli dicendo che non sai perché non ha potuto parlare o altro. Questa non è la prima volta che hai uno psichiatra, digli che hai fatto quello che fai di solito o qualcosa del genere. >>
<< Lui però spesso riesce a leggere i miei pensieri... >>
<< Ne sono a conoscenza, ma non preoccuparti, non ci riuscirà: non sarà in grado di leggere i tuoi pensieri quando starai pensando a questo incontro e alle informazioni che hai ottenuto e neanche se ne accorgerà. E mi sembra superfluo dirtelo, ma lo farò lo stesso: non dirlo neanche a nessun umano, per quanto in ogni caso non ti crederebbe. >>
<< D'accordo... ma quando ci rivedremo adesso? >>
<< Non lo so, si deve ancora decidere a quanto ne so. Spero presto. >>
Sentirono bussare alla porta. Michela alzò la voce in modo che potesse venire ascoltata dall'esterno della stanza:
<< Va bene, ora abbiamo finito, ancora qaulche secondo però! >>
Dopodiché la psichiatra si rivolse ad Andrea:
<< Allora, Andrea, ora devi andare. Mi raccomando, fa' quello che ho detto! >>
<< Certo... ciao, Michela. >>
<< Ciao, Andrea. >>
Andrea si diresse verso l'uscio e aprì la porta. Uscì dalla stanza e la richiuse.
Il suo primo pensiero fu: "non mi vuole dire la tutta la verità, eh? Teme che possa fare la cosa sbagliata? Bene, ora racconterò tutto a Natasha, dopotutto non è umana lei! Ma a questo punto, chi è davvero un angelo? E cos'è che ho dentro di me?"

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Cantone dell'autore: Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Qui le cose cominciano a complicarsi realmente: ma quanti angeli ci sono? XD
Comunque, se avete avuto un po' di timore che questo racconto si sia trasformato in qualcosa di più banale, state tranquilli, è molto più profondo e complesso di quanto possiate credere... l'angelo dopotutto è solo un nome e più avanti vi spiegherò meglio come funziona sta faccenda: vi anticipo solo che non ci sarà nessun collegamento con divinità nè poteri particolarmente mistici o miracoli o robe del genere,che personalmente mi fanno schifo. Non sarà niente di già visto, dunque. Abbiate fiducia e pazienza: tra tre-quattro capitoli le cose saranno più chiare mentre in quelli che verranno tra breve sarò sempre misterioso.
Spero di non avervi deluso,
Gareth

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