a bit of earth

di KittyPryde
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I heard someone cry ***
Capitolo 2: *** Winter's on the wing ***
Capitolo 3: *** Where in the world ***
Capitolo 4: *** a girl in the valley ***
Capitolo 5: *** how could I ever know ***
Capitolo 6: *** come to my garden ***



Capitolo 1
*** I heard someone cry ***


claimed at MezzaDozzinaFic
temi:
risveglio, primavera, malattia, maternità, famiglia, terra
famndom: Byakuya/Hisana

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Si era svegliato assieme allo spuntare dell'alba quella mattina, durante il sonno le bende che lo fasciavano erano scivolate via, lasciando scoperta la carnagione pallida del suo torace e le lesioni ancora non completamente rigenerate; le garze, sciolte e inumidite dall'afa, disturbavano il riposo, le cicatrici gli provocavano un prurito insistente, ma non era stato quello il fastidio che aveva tormentato il suo sonno così crudelmente fino a costringerlo al risveglio, né l'irritante pensiero di essere stato vinto, su tutti i fronti, dalle parole taglienti di Ichigo Kurosaki: mentre un sole coperto dalle nuvole illuminava fiocamente il paesaggio, per un attimo, Byakuya era sicuro di averla vista; guidata dal tintinnare dei campanelli sulla finestra, un allucinazione che lo aveva destato dal sopore, il ricordo di Hisana che passava dolcemente attraverso le mura di carta di riso, un rimpianto malinconico, piacevole, l'immagine velata di lei che gli dava le spalle e piegava le coperte subito dopo essersi svegliata, con gesti pigri e una nenia melodiosa a fior di labbra, trasparente, come tante volte la aveva potuta vedere; ma quella nostalgia passeggera, coperta dalla polvere del lungo tempo trascorso, aveva trovato vita solo per un attimo negli occhi grigi e chiusi di Byakuya, prima che lui stesso la rinnegasse, prima che costringesse l'immagine annebbiata della schiena esile di Hisana ad abbandonare la sua mente intimamente consapevole che anche la muta rassegnazione del capitano Kuchiki, non sarebbe bastata a cancellare l'eco morbido di quella figura dolorosa che ancora sorrideva nei suoi ricordi.
Aprì gli occhi con fatica, le palpebre ancora appesantite dall'illusione effimera della voce di sua moglie che si allontanava, indebolendosi fino a sparire; il capitano mosse lentamente le gambe sotto la coperta del futon cercando di alzarsi senza attirare attenzione, le sentiva più leggere del giorno prima, sulla via della guarigione, sicuramente non gli avrebbero consentito movimenti sicuri, ma almeno poteva camminare, a piccoli passi, sul patio che si affacciava nel cortile. L'aria era fredda, nonostante la primavera fosse alle porte una nebbia fitta indugiava tra i rami degli alberi e il contatto dei suoi piedi nudi con le assi di legno, lo faceva rabbrividire, ma non lo trovava fastidioso. Si appoggiò al corrimano, quasi cadendo, ma senza perdere la cadenza armoniosa che distingueva le sue movenze, senza stonare, le sue condizioni fisiche erano migliorate, ma dovette arrendersi all'evidenza di essere ancora convalescente.
Il dolore... era una sensazione nuova, estremamente stancante e quella necessità di sedersi, per recuperare le forze, rappresentava una strana suggestione per lui: avvertiva un'insolita emozione nel sentirsi così sopraffatto, inerme, qualcosa che non aveva mai provato prima di allora, qualcosa di contraddittoriamente piacevole; sospirò, piano, espirando l'aria calda in una nuvola di vapore, senza fare rumori passò finemente due dita sul torace pallido libero dalle bende, seguendo con lentezza le cicatrici che gli segnavano il torso e che sarebbero rimaste lì, ferme nel tempo assieme alle pesanti parole di Ichigo Kurosaki che per gli anni a venire avrebbero richiamato alla memoria un rumoroso e perseverante senso di colpa.
Le ferite bruciavano ancora e avrebbero continuato a lungo, i campanelli attaccati alle travi della veranda avevano smesso di tintinnare mentre l'immagine ancora viva di Hisana, appariva davanti agli occhi di Byakuya ogni volta che li chiudeva. Sentiva il bisogno pressante di riposare, mentre la casa si svegliava; prima di essere disturbato ancora, sentiva la necessità di restare solo.

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Capitolo 2
*** Winter's on the wing ***


claimed at MezzaDozzinaFic
temi:
risveglio, primavera, malattia, maternità, famiglia, terra
famndom: Byakuya/Hisana

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I ciliegi che da sempre decoravano la tenuta di casa Kuchiki avevano smesso di fiorire cinquant'anni prima quando Byakuya, troppo stanco e amareggiato per ritrovare interesse nelle piccole cose che un tempo lo coinvolgevano, aveva cessato l'abitudine quotidiana di impartire precisi ordini alla servitù' su come curare quel giardino che aveva tanto a cuore, da quando la vita di Hisana si era spenta, poco prima che arrivasse la primavera, in un soffio, andandosene da quella casa senza fare alcun rumore, così come era venuta.
C'erano sempre state mattine in cui Byakuya restava seduto per ore sul ciglio della veranda non accorgendosi del tempo che scorreva, senza tracce di malinconia ricordava che era solito farlo anche quando era ancora bambino e aspettava l'arrivo delle rondini cercando di distinguerne la forma mentre sfrecciavano rapidamente sulla sua testa; il piacere che provava in quella frazione di secondo in cui si sfidava a riconoscere la sagoma piccola e nera degli uccelli in volo sopra di lui era ancora perfettamente chiaro nella mente di Byakuya, quel brivido fugace atteso con infinita pazienza che descriveva in modo preciso e ordinato il trasporto entusiasta di un ragazzino e l'uomo calmo e meticoloso che sarebbe diventato. Crescendo il capitano Kuchiki aveva continuato a concedersi il vezzo di quelle lunghe pause d'ozio, ma aveva imparato ad apprezzare il preciso e progressivo mutare del suo giardino nel corso delle stagioni, appassionandosi al lento evolvere delle piante piuttosto che all'effimero e precario passaggio degli uccelli in volo e anche quella mattina, immobile davanti ai secolari alberi della tenuta, Byakuya osservava con premura i rami carichi di foglie, ma privi di gemme, scaldandosi ad un sole sempre più insistente che si insinuava tra un ombra e l'altra; fermo, con le membra intorpidite dalla lunga sosta, Byakuya non poteva fare altro che pensare senza tregua a ciò da cui tutti volevano distrarlo: il melodioso ricordo di Hisana, che si comportava come un ospite nella casa dell'uomo che aveva sposato, e il futuro triste dei ciliegi che, anche quell'anno come ogni primavera, sarebbero rimasti fermi nel tempo fino all'autunno successivo.
La data della loro ultima fioritura coincideva in modo esatto e malinconico con la ricorrenza della morte di Hisana e gli uomini al servizio della famiglia Kuchiki, ormai troppo anziani per non credere al destino, avevano costruito sopra a quella vicenda una favola triste: sottovoce perché il signore non li potesse sentire, raccontavano che gli alberi avessero smesso di sbocciare per confondere, nella mente del padrone, quei ricordi tristi che accompagnavano la fioritura, così da fare in modo che Byakuya non si accorgesse dell'arrivo di ogni primavera e il l'anniversario della perdita di sua moglie passasse inosservato. Una storia troppo patetica e mediocre perché potesse essere creduta, ma che tuttavia riusciva ancora a ferire e, nonostante ad ogni nuovo aprile gli alberi restassero verdi e disadorni, la memoria intoccabile della sua giovane Hisana tornava a farsi viva nei sogni di Byakuya anche senza che lo schiudersi dei boccioli di ciliegio la ricordasse. In realtà a nessuno, nemmeno al padrone, era mai importato cosa davvero causasse la sterilità dei suoi alberi: era una coincidenza alla quale non voleva trovare spiegazione; preferiva dimenticare e seppellire ogni ricordo, ogni fiore di ciliegio, piuttosto che farsi nuovamente ferire dalla voce sommessa di Hisana che continuava a tornare nella sua testa, cantando con troppa insistenza perché lui potesse ignorarla.
Erano filastrocche che Byakuya aveva ascoltato ogni giorno per il breve periodo che lui e la moglie avevano potuto condividere, ma era riuscito a comprenderne il vero significato solo quando era diventato troppo tardi; erano ninnananne, legate a fatti e ricordi che lui non conosceva, che non lo riguardavano, rimpianti e dolori irrimediabili che presto gliela avrebbero portata via e Byakuya, lieto di poter udire quella sua voce pallida, imparava ogni parola a memoria senza rendersene conto; cinquant'anni dopo, seduto sul patio davanti al giardino, si sarebbe accorto con commozione di non essere mai riuscito a dimenticare nessuna di quelle ninnananne morbide, nessuna delle note con cui le sentiva cantare dalla voce rotta di Hisana.
Kuchiki taichou affrontava restando impassibile quell'ondata di insolita nostalgia, compostamente seduto sulle assi del portico dove si era recato a cercare ristoro, con le braccia abbandonate, inerti sulle ginocchia e il sole che gli confondeva la vista, affaticato dai pensieri che da ore lo tormentavano si ostinava a combattere l'immagine viva di Hisana che gli ripeteva ossessivamente di essere felice, con ingenua devozione, lasciandogli in eredità quel sorriso esitante, così caratteristico, che sembrava smentirla ogni volta.
La ricordava sempre silenziosa e docile, elegante nella sua luminosa semplicità, preziosa... era una donna introversa, di bellezza comune, che non spiccava tra la folla di Rukongai, ma quella sua gentilezza istintiva, la bontà che ogni suo gesto esprimeva, la rendevano unica fino al punto di affascinare la fredda attenzione del capitano Kuchiki; Hisana era qualcosa di imprevisto, inattesa e incantevole, una figura che risplendeva tra le vecchie capanne e la povertà di Rukongai, che si distingueva in quella moltitudine difforme e lo attraeva inevitabilmente verso di lei, era bianca, leggera, una donna come ce ne erano tante fuori dalla corte del Seireitei, ma ammaliato da quel sorriso triste e dai suoi capelli scomposti da quella sagoma fragile Byakuya non sarebbe riuscito più a spostare lo sguardo da quel sorriso triste.

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Capitolo 3
*** Where in the world ***


claimed at MezzaDozzinaFic temi:
risveglio, primavera, malattia, maternità, famiglia, terra
famndom: Byakuya/Hisana

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Le foglie del cortile che ondeggiavano quiete e il sole tenue e caldo sulle sue palpebre chiuse erano le uniche cose in grado di appagare quel bisogno di tranquillità che Byakuya continuava ad inseguire da quando si era svegliato; era mosso da troppi sentimenti quella mattina e anche la sua inattaccabile forza d'animo si arrendeva davanti alle proporzioni di quel dolore inestimabile. Nonostante nulla, nell'espressione rassegnata del suo volto, fosse cambiato, i sensi del capitano continuavano ad ascoltare il paesaggio che lo circondava, cercando il fantasma della debole voce di Hisana e il battito sommesso del suo cuore che diminuiva di intensità fino a cessare completamente, abbandonandolo anche nel ricordo, con un sorriso riconoscente, malinconica e serena come soltanto lei era capace di essere.
Il suo corpo silenzioso, bianco come la neve anche prima che morisse, era una visione straziante; il collo candido e il segno vellutato delle spalle, la carnagione chiara, pallida come la quella del suo rispettato consorte, che si confondeva nei loro pudici abbracci, nelle educate notti d'amore, nei baci composti, celati da abiti dipinti con colori cortesi che li facevano apparire sfumati, distanti. La rivedeva sempre così, assente, con quel suo kimono di un rosa tenue, antico, distratta dal suo dolore, da quel male segreto generato dal senso di colpa per un peccato che Byakuya non conosceva e non poteva combattere; le avrebbe dato tutto, ma non poteva renderla felice se non era lei stessa a desiderarlo. Hisana era una moglie corretta, devota, profondamente grata per ciò che riceveva, ma troppo occupata a rimproverare se stessa per concedersi il perdono e per accorgersi di quanto Byakuya tentasse incessantemente di renderle la serenità, cercando cosa la allontanasse così tanto da lui, cosa non era stato in grado di darle...
Hisana, nella mente stanca di Byakuya, forse non era mai stata del tutto viva, con i suoi sguardi amari accondiscendeva docile a ogni richiesta del consorte; sinuosa, sottile anche prima di morire, la sua piccola voce si spargeva in ogni stanza della casa, come un eco. Quando facevano l'amore lei teneva sempre gli occhi chiusi e si muoveva con gesti timidi, sospiri riservati mentre Byakuya la cercava con dolcezza, baciandole i polsi, stringendole i capelli con le dita e sfiorandole le palpebre chiuse, mosso dal timore che gli occhi di Hisana potessero non aprirsi più; poi appoggiava la testa sul suo seno, piccolo, ma così accogliente e materno per accorgersi che mai, come in quei momenti, il capitano Kuchiki si sentiva così piacevolmente indifeso; con l'orecchio sulla pelle di lei cercava i battiti del suo cuore, senza trovarli e continuava a tenerle la testa sul petto, senza peso, mentre lei gli carezzava i capelli guardando altrove, lontano e Byakuya imparava a trattenere i momenti preziosi, la dolcezza cerimoniosa di Hisana, quel suo modo di amarlo privatamente, con gratitudine e dedizione, ma senza passione. Il decorso della malattia fu graduale, ma breve; di giorno in giorno Hisana perdeva un po' di luce in volto, ad ogni tramonto che la donna trascorreva cercando nuove gemme nel giardino di casa Kuchiki, si sentiva più stanca, mangiava sempre meno e il suo sorriso gentile e fragile si faceva via via più avvilito. I medici non avevano potuto fare altro che dichiararsi sconfitti davanti a quel male inarrestabile e sconosciuto che consumava la donna senza che lei lo combattesse; Hisana aveva deciso di non voler più vivere e, pur non conoscendone la ragione, Byakuya non poteva fare niente, se non aiutarla ad andarsene in pace.
Gli ultimi giorni erano di aprile, la camera nella quale Byakuya aveva assaporato i pochi momenti sinceri in compagnia della moglie, era diventata un posto lugubre, tetro; le finestre che un tempo lasciavano entrare un sole accecante erano state oscurate per paura che la luce potesse infastidire il lungo riposo di Hisana, il rumore del suo respiro regolare e pesante riempiva la stanza assieme all'odore ristagnante di umidità e, di tanto in tanto, qualche lontano che parente veniva a farle visita, parlava a Byakuya con rispettoso cordoglio, comportandosi con lui come e fosse già stato vedovo e trasformando il loro talamo nuziale in una camera ardente.
Byakuya le sedeva accanto notte e giorno, senza fare alcun rumore, assistendola durante il sonno con carezze insistenti e sentendo per la prima volta le sue fredde mani tremare; la amava, con un trasporto per lui incoerente
« non voglio restare qui » la voce di Hisana era appena udibile nel silenzio riguardoso in cui era caduta la casa, Byakuya le strinse più forte la mano; quella sarebbe stata la sua ultima gentilezza: fare in modo che il cuore del marito non si spezzasse vegliando ogni giorno su di lei mentre moriva nell'unico luogo a cui avevano legato ricordi sereni « portatemi altrove, Byakuya-sama »
la amava, con una passione che non credeva possibile, ma trattenne le lacrime e annuì senza una parola, chiudendola in un abbraccio, intenso come un addio, e stringendola sentì tutto il dolore che il suo corpo stava sopportando, le ossa appuntite sotto i muscoli sfibrati, la pelle trasparente, mentre Hisana si rivolgeva a lui con lo stesso sorriso di sempre. Byakuya lasciò piano la stretta, le carezzò le tempie e la fronte umide con un fazzoletto, poi cominciò a spogliarla lentamente, baciandole i polsi, senza sapere quali parole usare, ma consapevole che lei lo stesse ascoltando; con gesti complici e attenti le tolse lo yukata, alzando le braccia senza forza della moglie, con cautela, senza farle male, rivestendola con abiti puliti e freschi, ravvivandole i capelli scomposti a causa della lunga degenza; poi si inginocchiò a fianco del suo giaciglio e la sollevò, sentendola leggera come non era mai stata, diede ordine alla servitù che fosse preparato un futon davanti al giardino e cullò dolcemente la moglie fino al patio. Hisana, piccola come un uccellino, teneva le fragili braccia ormai prive di forza appoggiate alle spalle del marito e ondeggiava stancamente al ritmo di ogni lento passo di Byakuya che, una volta di fronte agli alberi frondosi del cortile, la posò con riguardo sotto le coperte e si sedette accanto a lei, in quel posto illuminato dal sole, raccontandole la primavera alla corte del Seireitei senza smettere di stringere la sua mano.
Solo poche ore dopo, Hisana morì

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Capitolo 4
*** a girl in the valley ***


claimed at MezzaDozzinaFic
temi:
risveglio, primavera, malattia, maternità, famiglia, terra
famndom: Byakuya/Hisana

Quando, per la prima, volta il nobile erede della famiglia Kuchiki e Hisana si erano incontrati era stato per capriccio; lui era solo un promettente ufficiale al quale era stato assegnato un compito di relativa importanza che, secondo il suo arrogante parere non avrebbe fatto risaltare abbastanza le sue conclamate doti di condottiero e, deluso dalla poca stima che gli era stata dimostrata, aveva preso uell'incarico con superbia e leggerezza, decidendo personalmente come organizzare la spedizione e dove fermarsi per cercare riposo. A quel tempo Byakuya era un giovane aristocratico, altezzoso e sicuro di se, ma sopratutto era il futuro capofamiglia del clan Kuchiki e pensava che nulla, nei dettagliati progetti che altri avevano pianificato per lui, sarebbe potuto e dovuto cambiare, ma Hisana fu il contrattempo che gli fece pensare, dal primo istante in cui la aveva vista e per i cinque anni che ne sarebbero seguiti, che tutto sommato anche lui poteva prendere decisioni su come programmare la propria vita; era un'intenzione ribelle e maleducata, irriconoscente nei confronti dell'altolocata famiglia che gli aveva dato i natali, ma per lui Hisana rappresentava un ottimo e sincero motivo per infrangere le antiche leggi del casato. Quando l'aveva vista per la prima volta, l'unico pensiero che aveva attraversato la mente del giovane Byakuya fu che quella donna fosse nata per essere madre, quando la portò con se alla corte del Seireitei pensò che avrebbe voluto fosse la madre dei suoi figli.
Byakuya era un ufficiale inesperto ma sproporzionatamente dotato e abile, spocchioso ma integerrimo, era chiaro a tutti, fin da subito che il suo destino sarebbe stato quello di ricoprire ruoli prestigiosi all'interno del Gotei 13, ma era ancora giovane per insidiare i seggi degli Shinigami più alti di grado rispetto a lui e quella volta si era trovato costretto ad eseguire il riprovevole ordine di amministrare la sicurezza in un distretto periferico di Rukongai; quella donna pallida e luminosa era l'unica cameriera, all'interno del locale dove si erano fermati, in grado di piegarsi con gentilezza all'arroganza immotivata di quel giovane Shinigami.
Il giovane ufficiale Kuchiki era un ragazzo indifferente, pragmatico che non credeva all'amore a prima vista e il solo suo interesse era di soddisfare il volere della famiglia, nella vita come nel lavoro, ma nei giorni che seguirono il loro incontro si innamorò di quella donna nel ricordo e desiderò più volte di poter rivedere quelle mani ossute che gli servivano il tè con deferenza, quella capigliatura scomposta e il kimono scuro, rovinato, che esaltava la sua magrezza scheletrica; nonostante i suoi compagni lo schernissero per quell'inspiegabile infatuazione, Byakuya non poteva fare a meno di pensare quanto quella ragazza fosse semplicemente bella.
Non fu un amore impossibile, ma difficoltoso, la minaccia degli anziani che quell'affronto alla tradizione della famiglia avrebbe finito con il causarne la caduta non intaccava la ferma decisione che Byakuya aveva preso di portare Hisana via da Rukongai e darle il suo cognome; era evidente che ogni tentativo di dissuaderlo sarebbe stato vano così, dopo aver perso ogni speranza, si erano limitati ad assecondare la bizzarra decisione del signorino, educando Hisana alla vita che da allora la aspettava e augurandosi che la stravagante passione di Byakuya non portasse alla rovina l'intera dinastia dei Kuchiki.
Non appena si furono sposati gli fu chiesto di dare degli eredi; la necessità di perpetuare il nome della famiglia era probabilmente uno dei motivi che avevano spinto tutti a deporre le armi concedendo al giovane Kuchiki di prendere al suo fianco la donna che desiderava anche se ciò significava acconsentire ad un matrimonio che violava le più elementari convenzioni sociali, ma quando il ragazzo comunicò alla moglie le volontà degli anziani, non poté ignorare il brivido di dolore che percorse le spalle fragili di Hisana al pensiero di dover stringere tra le braccia un neonato e Byakuya, di nuovo silenziosamente ferito, aveva abbassato il capo, condiscendente davanti all'inequivocabile turbamento che aveva visto negli occhi della moglie.
Disse a tutti che lui e Hisana avrebbero avuto bisogno di tempo e di intimità per assolvere il compito di dare un un figlio al clan onorando la famiglia con un erede che avrebbe portato il loro cognome, ma sapeva di mentire e la voce calunniosa che Hisana fosse sterile non impiegò molto tempo a diventare di dominio pubblico; Byakuya smentiva ogni maldicenza con sdegno, minacciando chi avrebbe screditato la reputazione della moglie e privatamente consolava la donna che amava senza farle pressioni, rassicurandola mentre lei cercava un modo per sentirsi degna di quel marito così premuroso e affezionato
« vi darò dei figli... » lo disse in un sospiro, ingoiando saliva come una medicina sgradevole, stringendo le mani al petto; lo aveva pensato a lungo, ma non lo desiderava
« non vuoi darmi dei figli, Hisana » Byakuya non aveva mai imparato a farsi illusioni, fin da quando era piccolo lo avevano istruito su come impugnare una katana, su come fronteggiare un hollow, su come battersi con onore, e a credere soltanto alle cose reali, accettandole con caparbietà, senza sentimento e la profonda riconoscenza di Hisana, che non era amore ma soltanto gratitudine, era una delle realtà a cui i suoi precettori si riferivano durante le noiose ore di lezioni private; non lo avrebbe mai accettato, il sorriso affettuoso della moglie gli avrebbe sempre spezzato il cuore, ma era comunque stato in grado di farsene una ragione « io non desidero importi nulla che tu non voglia » lo disse gentilmente, come se si trattasse di fatti scarsamente importanti, le carezzò la guancia dominando le emozioni; Hisana cercò di mentire, ma non ne fu capace « vorrei solo che tu restassi al mio fianco » concluse baciandole la fronte e lasciandola libera di andarsene se avesse voluto, ma Hisana meglio esaudì il suo desiderio fino a quando fu in grado poi lo abbandonò solo cinque anni più tardi, con una confessione dolorosa e una promessa ingombrante.
Quel giorno Byakuya, con i sensi atrofizzati dal lungo silenzio, era rimasto immobile accanto al giaciglio dove la moglie aveva trascorso le ultime ore di vita e mentre i domestici raccoglievano il futon e le coperte tenendo la testa bassa davanti al dolore composto del padrone, mentre anche le maldicenze e le calunnie si arrendevano davanti a quel cordoglio, Byakuya pensò che se le avesse confessato quanto desiderava vederla madre, forse Hisana sarebbe riuscita a curare il suo senso di colpa trovando un nuovo motivo per cui vivere e lui, imparando lentamente, avrebbe potuto essere un buon padre, ma la sua adorata moglie se ne era andata senza che lui potesse dimostrarle quanto avrebbe potuto renderla felice, se solo glielo avesse consentito, lasciandogli come unica eredità una promessa strappata in punto di morte che Byakuya avrebbe soddisfatto a ogni costo; non avrebbe avuto la possibilità di diventare un buon padre, ma Hisana gli aveva chiesto di imparare ad essere un bravo fratello e tutto ciò che Hisana aveva desiderato, lui lo avrebbe esaudito.

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Capitolo 5
*** how could I ever know ***


claimed at MezzaDozzinaFic
temi:
risveglio, primavera, malattia, maternità, famiglia, terra
famndom: Byakuya/Hisana

Era la stessa mattinata di cinquanta anni prima, opprimente e afosa, nuda, incolore e il capitano Kuchiki, rapito dal caldo straziante e dall'affanno dovuto alla convalescenza, si lasciava cullare dalla temperatura che aumentava di ora in ora, ipnotizzato dal passato che tornava, quel giorno più di altri, attraverso il sorriso onnipresente della moglie che tanto aveva amato. Il giardino della villa sarebbe rimasto perpetuamente immobile e solenne, nei pensieri di Byakuya così come nel lento scorrere di quell'ennesima primavera sfiorita, come se quel luogo rappresentasse qualcosa di sacro, il santuario del ricordo di Hisana, la memoria inattaccabile di colei che da molto tempo non abitava più quelle stanze.
Quando Hisana, poco prima di morire, aveva pregato il marito di renderla ancora una volta felice, il solo pensiero che aveva attraversato la mente di Byakuya era stato quello di regalarle un ultimo momento di serenità permettendole di andarsene senza tristezza, allontanandola dal buio della sua camera perché vedesse ancora quel sole vivo e ardente che abbracciava il Seireitei durante la bella stagione, filtrato dai maestosi rami degli alberi che dominavano la sua proprietà. La schiena esile di Hisana, che anche vestita da abiti sontuosamente ricamati appariva semplice, sobria come quando la aveva incontrata la prima volta nelle polverose strade di Rukongai, e il suo sguardo smarrito, rivolto al tramonto furono le uniche immagini che Byakuya riuscì a concretizzare nella sua mente addolorata e stanca quando vide la moglie esanime e tranquilla anche nel momento della morte; per cinque felici primavere Byakuya aveva potuto osservarla, sempre voltata di spalle, mentre salutava i ciliegi che fiorivano, soave nei suoi kimono dalle tinte pastello; sembrava essere davvero felice solo in quei rari momenti, rilassata quando lui le sfiorava le spalle e appoggiava, senza far notare la sua presenza, la punta del naso tra i suoi capelli corvini e profumati... per questo, quando in punto di morte Hisana lo aveva pregato di portarla via, aveva ordinato che il suo giaciglio fosse spostato sul patio che si affacciava sul giardino, per poterla vedere un'ultima volta davvero felice.
Da quel giorno nessuna delle primavere che vennero vide il fiorire degli imponenti alberi di casa Kuchiki; eppure, la spiegazione di quel tetro fenomeno non si trovava in una maledizione o in qualche leggenda, ma soltanto nel profondo cordoglio che aveva accompagnato la monotona vita di Byakuya negli anni successivi alla scomparsa di Hisana e nel disinteresse che aveva maturato nei confronti di ciò che un tempo lo rendeva felice; senza più poter beneficiare delle cure del proprio padrone, gli alberi erano cresciuti selvaggi e trascurati nel terreno arido che circondava la tenuta.
Era una mattina assolata nelle terre del Seireitei, una primavera come ve ne erano state altre prima di quella, ma quel giorno, così perseguitato dai ricordi e dalle ninnananne dolci di Hisana che gli avvelenavano il sonno, Byakuya pensò per la prima volta che qualcosa, nei suoi accurati e devoti progetti per onorare la propria famiglia e il proprio cognome, dovesse essere incredibilmente sbagliato; con cinquanta lunghi anni di ritardo, le semplici e pungenti parole di un ragazzino insolente come solo Ichigo Kurosaki avrebbe potuto essere, erano riuscite a ferire il nobile animo del capitano Kuchiki e a condizionare le sue inviolabili convinzioni; Ichigo gli aveva sputato in faccia le sue verità senza riguardo, riuscendo a far vacillare la fermezza di Byakuya e influenzando i suoi pensieri al punto da fare in modo che fosse lui stesso ad infrangere ogni suo voto e sfidando le regole che aveva giurato di difendere per riuscire a parlare a Rukia con una sincerità fino ad allora sconosciuta.
Per la prima volta pensò che fosse giusto porre fine a quella spirale di indolenza e apatia che lo stava trascinando a fondo e, con uno sforzo irripetibile, cercò di aprire quei suoi occhi ormai abituati al buio del riposo e quando la luce lo colpì violentemente, pensò che probabilmente, quegli occhi erano rimasti chiusi troppo a lungo. Quando le sue pupille stanche si furono finalmente abituate alla luce accecante del sole, Byakuya alzò le mani dalle ginocchia e si fermò ad osservarne la pelle livida, trasparente, le dita sempre più magre...
non erano trascorsi pochi giorni da quando il Seireitei era stato rovesciato e Rukia aveva rischiato di morire, ma settimane, mesi forse; Byakuya si accorse che durante tutto quel tempo aveva solo cercato di convincersi di avere ancora bisogno di riposo, persuadendosi che non fosse passato molto tempo, che le sue ferite necessitassero di pazienza per guarire, ma non era così. Con le mani deboli, esangui, scivolò sulle cicatrici che segnavano il suo corpo, e cercò di calcolare per quanto la sua mente era rimasta imprigionata tra i ricordi, ferma nel tempo come i ciliegi del suo immortale giardino; forse, come una logica conseguenza alla sua lenta e ignorata agonia, si sarebbe ammalato anche lui della stessa malattia che aveva portato via Hisana, della stessa tristezza che la aveva consumata a poco a poco, forse sarebbe morto silenziosamente dopo aver corretto tutti gli sbagli degli ultimi cinquanta anni, forse... ma c'era ancora Rukia ad abitare grandi stanze dell'antica villa dei Kuchiki, c’erano le mani di Hisana strette tra le sue, promesse ancora da mantenere e di tutti i suoi sbagli ce n'era ancora uno al quale non aveva rimediato.
Non seppe quali tra questi pensieri gli diede la forza di alzarsi, con quelle gambe stanche e quella mente arida, avvilita, ma mosse lentamente i suoi nudi passi sul patio e rientrò in casa per raggiungere la sorella.
Quando Rukia lo vide arrivare, inaspettatamente in piedi e saldo sulle sue gambe, si alzò di scatto salutandolo con sorpresa ed evidente entusiasmo per l'improvvisa guarigione, ma si riprese subito, cercando di darsi un contegno con dichiarato imbarazzo, ma quando la ragazza si rivolse a lui con quello slancio sincero, Byakuya non riuscì a vedere in lei soltanto la sorella di Hisana e la bambina che anni prima aveva accolto nella sua famiglia, bensì tutto ciò che rimaneva della sua famiglia
« Rukia » le aveva sempre parlato con un torno autoritario e freddo, nelle sue parole e nella sua voce non vi era mai stata traccia di quel sentimento fraterno che Hisana gli aveva chiesto di dedicare alla sorellina come lei non era riuscita a fare, ma quel giorno la sua voce sembrava meno ostile e si scioglieva via via, diventando più gentile; forse Byakuya non sapeva come essere un bravo fratello, ma quando incontrò lo sguardo meravigliato di Rukia, si convinse che avrebbe potuto imparare
« devo assentarmi per qualche ora » la voce bassa, vellutata e calda come mai Rukia l'aveva sentita prima « se dovessero cercarmi, ti prego di riferire che sono impegnato » Rukia annuì fedele e servile, ma con una forza totalmente diversa da quella grazia innata che possedeva la sorella maggiore, nei gesti di Rukia c'era una sorta di deferenza marziale, un'obbedienza propria soltanto di un sottoposto al proprio capitano.
« si » rispose con prontezza.
Da quando il fratello le aveva raccontato i segreti che riguardavano il suo passato, Rukia aveva cominciato ad affezionarsi a lui incondizionatamente, dimenticando tutto quello che era accaduto in precedenza e considerando Byakuya da un nuovo punto di vista, più pulito e obbiettivo e così facendo, osservandolo con tenerezza e attenzione, aveva imparato a conoscere tutte le sue piccole abitudini, aveva prestato un interesse ai suoi gesti e alle sue ossessioni e, in quel momento, seppe perfettamente dove il fratello sarebbe andato.
L'altare commemorativo di Hisana era un a stanza vuota, immacolata e inaccessibile dove Byakuya custodiva gelosamente le sue memorie, era un posto bianco e pieno di luce; il capitano rimase fermo qualche istante davanti al cancello che custodiva le reliquie della moglie, poi aprì le ante con solennità.
Avrebbe voluto chiederle perdono, forse, ma non riuscì a trovare le parole per farlo, avrebbe voluto dirle che da allora in poi avrebbe imparato ad ammettere i propri sbagli futuri e rimediare a quelli passati, ma ciò che avrebbe fatto da allora in poi sarebbe valso più di ogni promessa; toccò il bordo legnoso della cornice dove la donna sorrideva ancora mestamente
« Hisana » disse soltanto « ora c'è qualcosa che devo fare »

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Capitolo 6
*** come to my garden ***


claimed at MezzaDozzinaFic
temi:
risveglio, primavera, malattia, maternità, famiglia, terra
famndom: Byakuya/Hisana

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C'era ancora un lento e luminoso sole a dominare il Seireitei, c'era ancora quella mattina fresca e sfiorita, ma le ninnananne di Hisana che fino a qualche ora prima si diffondevano crudelmente per tutta la casa, avevano smesso di echeggiare tra le stanze disabitate e Byakuya era finalmente riuscito a udire il rumore sommesso delle foglie mosse dall'aria.
Nonostante fossero passati cinquant'anni sembrava non essere cambiato niente, solo Byakuya era diventato di giorno in giorno più triste, trascinando con se il resto della casa in un baratro cupo e ombroso dal quale sembrava impossibile poter risalire; la voce e il sorriso di Hisana, tenera e discreta, non lo avevano mai abbandonato e le sue canzoni che rimbombavano tra le pareti di carta di riso non erano una maledizione, bensì il suo ultimo dono, ma era un eredità troppo difficile da accettare senza soffrirne.
Il ritratto opaco della grande casa era rimasto imprigionato, trattenuto dai ricordi e dai fantasmi di un passato felice che non si poteva dimenticare, imponente e inalterata come in una vecchia fotografia, la vita della villa e del suo parco di ciliegi si era interrotta con quella di Hisana, con una naturalezza tale da far credere che, tutto sommato, fosse giusto lasciare tutto come era, immerso in un silenzio rispettoso per sempre, come nell'attimo in cui Hisana era morta, eternamente uguale a se stesso come lei l'aveva lasciato.
Ma il capitano Kuchiki si era svegliato con l'alba quella mattina, per la prima volta dopo tanto tempo ne aveva visto i colori e aveva deciso di porre fine a quella sua ingiustificata agonia; si era voltato per guardare dietro se con lucidità, con la consapevolezza di un disertore pentito, ascoltando tutti i rimproveri, esaminando ogni errore con pazienza, ogni colpa e guardando il suo giardino spoglio con rammarico. Erano state costruita tante leggende sull'improvvisa sterilità dei suoi alberi, ma per la prima volta nel corso della sua lunga eternità Byakuya aveva pensato che ogni parola inutilmente spesa su quelle favole tristi doveva essere dimenticata.
Mentre si vestiva con gesti pigri e affaticati, deciso ad uscire dalla sua grande e immutabile casa prima che divenisse la sua tomba, il capitano Kuchiki fece un ultima promessa a se stesso, un voto che avrebbe mantenuto rendendo onore ai giuramenti fatti a Hisana sul letto di morte e ai propri desideri dei quali, fino ad allora, aveva negato l'esistenza.
Fuori, il cielo era rimasto splendente come lo aveva lasciato, restava un sole vivo, invitante e Byakuya, sempre con i piedi nudi, mosse un passo fuori dalla sua casa, scendendo le scale del portico con evidente fatica, ma con altrettanta sicurezza e quando toccò il terreno arido la sensazione di toccare qualcosa che, nonostante le apparenze, era ancora vivo piedi ebbe su di lui uno strano effetto. Non era piacevole, il suolo che calpestava impregnato dal calore infernale di quella giornata torrida bruciava la sua pelle delicata, ma era come se qualcosa, da quelle zolle secche e brulle, si trasmettesse al suo corpo fragile, passo dopo passo, guarendolo completamente. Non si trattava che di una banale suggestione, ma Byakuya si perse in quelle emozioni camminando a lungo nel suo cortile prima di inginocchiarsi in un punto dove le fronde fogliose degli alberi creavano un punto d'ombra e la terra fra le radici era rimasta più morbida; la mosse lentamente con la punta delle dita, quasi per non sporcarsi, ma quella sensazione tattile cominciava pian piano a piacergli e affondò completamente le mani candide tra le zolle secche in superficie che si inumidivano scendendo in profondità, toccando con gesti timidi i pezzi di terra che si sbriciolavano tra le sue mani.
Sapeva che non avrebbe potuto abbattere il ricordo triste legato a quegli alberi sterili, ma poteva costruirne uno nuovo e, quella primavera, Byakuya piantò mughetti fuori stagione, perché conoscere a fondo la materia della guerra non aiutava nella fine arte del giardinaggio; diversi mesi dopo, dalle sementi accuratamente interrate nel suolo ravvivato dalle inesperte mani di Byakuya, sarebbero nati dei fiorellini bianchi, delicati e ritardatari, coccolati da un sole che si era mantenuto anche dopo lo svanire dell'estate e accanto all'aiuola di quelle deboli piante, arrampicato al tronco dei ciliegi sfioriti, crebbe un arbusto di campanule selvatiche.
Le ninnananne di Hisana tornarono ancora a suonare nel dormiveglia di Byakuya, ma il capitano si era ormai riappacificato con i suoi ricordi, da allora in avanti le avrebbe accolte con malinconia e gioia, e i mughetti che lui stesso aveva piantato continuarono a fiorire, di primavera in primavera.


Fine

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