Across The Universe

di Cristie
(/viewuser.php?uid=43583)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


- Across The Universe -


Capitolo 1.






 

Narrano alcune leggende antiche come l'universo stesso, di una lunga guerra tra i popoli più potenti de l'universo. I Dalek ed i Signori del Tempo.
Fu una guerra che si protrasse a lungo e in ogni tempo, coinvolgendo moltissime razze.
Lo scontro andava avanti senza esclusioni di colpi, nessuna fazione riusciva ad avere la meglio su l'altra, finché non accadde l'inaspettato. Un giovane Signore del Tempo sedotto dalle promesse di ricchezza offertagli dai Dalek tradì il suo stesso popolo, condannandolo alla sconfitta.
Amara fu la sorte per i Signori del tempo, popolo antico e potente. Imprigionati e strappati via dal loro pianeta Gallifrey, che divenne solo l'ennesimo pianeta disabitato. Si dice che i Dalek vollero lasciarlo in rovina come esempio, un monito per tutte le altre razze. Lo sterminio era la sorte per chi tentava di sfidare i Dalek. Quanto agli sconfitti, nessuno seppe mai realmente quale fu la loro sorte. Semplicemente scomparirono tutti, o almeno si supponeva. Perché al momento i Dalek si accorsero che un ultimo Signore del Tempo era riuscito a scappare.
Con il passare del tempo la sua fuga non divenne altro che un mero vociare tra le razze sottomesse a l'impero.
Infondo cosa avrebbe potuto fare un uomo solo?
Ma i Dalek non abbassarono mai completamente la guardia. Perché sapevano, non c'era nulla che poteva placare la sete di vendetta di un Signore del Tempo.
Gli anni continuarono a passare. Tanto che il Dottore, così era conosciuto il fuggitivo non divenne altro che una storia da raccontare, per consolarsi in una vita in schiavitù. O almeno fino ad ora.



 

Anno 27/03 del nuovo impero Dalek.
Sistema solare 7.


Un'altra giornata di lavoro era finalmente giunta al suo termine. Non che ci si potesse accorgere del sorgere del'alba. La grande cupola che ricopriva la colonia mineraria, non era certo stata concepita per permettere di vedere al di fuori di essa, gli abitanti che alzavano gli occhi al cielo non vedeva altro che una distesa nera. Il suo scopo assolutamente vitale, per le cinque mila unità di lavoro escludendo bambini e anziani che non potevano lavorare, era quello di fornire ossigeno, di vitale importanza per la specie umana.
Il gruppo lavorativo cinque, composto da quindici operai si diresse a passo stanco verso lo spogliatoio. Tutti quanti indossavano tute atmosferiche ed era assolutamente impossibile sapere quante donne e uomini componevano la squadra.
Finché non si tolsero i caschi, che rivelarono undici uomini e quattro donne.
Ragazzi ci andiamo a bere qualcosa? - propose Z il capo squadra, ottenendo mormorii di consenso. Da quasi tutti.
- Stasera passo, l'unica cosa che voglio fare e farmi una doccia ed andare a dormire - fece la voce fuori del coro.
D l'addetto alla trivellazione si fece vicino alla donna. - Vuoi compagnia V? -
La donna ghignò, mentre si sistemava i capelli in una coda disordinata. -Dovresti smetterla di provarci con tutte, le tue sono solo parole, ami tua moglie alla follia -
Una risata dettata dalla battuta si diffuse, anche D stava ridendo - Tanto lo sapevo che avresti detto di no! -
- Veramente non avevo neanche risposto - e D smise di ridere - Vuoi dire che avresti detto si?-
- Torna da tua moglie D a domani!-
E V si tolse il resto della tuta, rimanendo con un vestiario anonimo e privo di colore per poi dirigersi verso la stazione di collegamento, avrebbe preso la navetta che l'avrebbe portava verso il centro abitativo due, dove c'era il suo alloggio.
Il mezzo faceva molte soste, raccogliendo altri operai che come lei avevano appena terminato il proprio turno di lavoro.
V se ne stava appoggiata accanto alle porte scorrevoli dove presto sarebbe scesa. La navetta era piena di gente, ma ognuno era rinchiuso in un proprio silenzio.
Trenta minuti furono sufficienti per arrivare alla propria fermata, pochi altri scesero con lei. Quella parte di alloggi della colonia non godeva di una bella reputazione.
Per V non era assolutamente un problema, aveva imparato ormai da tempo a muoversi nel'ombra e nell'indifferenza degli altri coloni.
A passo lento salì le scale del tutto incurante della luce intermittente che permetteva di vedere gli scalini a tratti.


La porta del suo alloggio si trovava in un lungo corridoio, la sua non era l'unica porta, ve ne erano altre di cui la maggior parte chiuse a doppia mandata da l'interno.
Arrivata alla porta, mise la mano sullo scanner del riconoscimento digitale. La porta si aprì lateralmente.
L'alloggio era spartano: un letto singolo sfatto con un piccolo armadio a fianco, un piccolo bagno con una doccia. E questo era quanto. Non era necessario un piano cottura, sarebbe passata più tardi al refettorio a prendersi di che mangiare.
Il resto erano una serie di borse e scatole non ancora disfatte dal suo ultimo trasferimento dalla colonia precedente.
Che era avvenuto circa un anno prima.
V accese le luci, per poi andarsi a sedere sul letto e mettendosi a rovistare sotto il materasso. Tirandone fuori una piccola scatola blu.
Un piccolo sorriso si diffuse sul volto della ragazza, che permise a sé stessa per qualche minuto di perdersi nei ricordi della sua infanzia.
Tenne la scatola appoggiata sulle ginocchia e l'aprì.


" - Tieni piccolina, questo è per te - le fece una voce gentile, che la costrinse a voltarsi. Si era appena trasferita nella nuova stazione, per una bambina di otto anni poteva sembrare grande e dispersiva, era sola nessuno si curava di lei.
- Guarda che non ti mangio mica, girati avanti! - la incitò di nuovo la voce, e la piccola si voltò.
Davanti a lei stava un anziano, il primo anziano che avesse mai visto in tutta la sua vita, e l'uomo gli stava porgendo qualcosa. E lei allungò la mano.
Era uno strano rettangolo, molto fino ed era ruvido al tatto. Ma fu ben altro a strappare alla piccola un'esclamazione di sorpresa.
- Vedi bambina quello che hai tra le mani è un quadro, l'ho fatto io. Questo era il giardino della mia casa -
La piccola si mise ad osservare e ne rimase rapita. Ad osservare quella rappresentazione così reale, un prato ed una casa. Cose che lei non aveva mai visto in tutta la sua giovane esistenza.
- Puoi tenerlo se vuoi. Io sono Harry - le fece lui, mettendole una mano rugosa sulla spalla.
La piccola stette ad osservarlo confusa non potendo fare a meno di dire - Non possiamo avere un nome, noi abbiamo questi..- e si alzò la manica del braccio destro per mostrargli il suo codice identificativo. V-12HJJY.
Ed Harry scoppiò a ridere - Ne ho uno anche io! Ma vedi mia cara, io ero lì quando le navi Dalek hanno oscurato il cielo, io ricordo l'invasione. Mi hanno strappato alla mia famiglia, mi è stato tolto tutto quello che poteva essere portato via. Ma c'è una cosa che non può essermi portata via. Questa - e si indicò la testa - Non possono portarmi via i ricordi, per cui sì. Anche io ho un codice, ma il mio nome sarà sempre Harry -
- Io..posso avere un nome? Tu puoi darmelo? -
- Dove sono i tuoi genitori? -
- Non lo so - rispose la bambina incerta. Ed Harry la osservò consapevole. - Non posso darti un nome, sarai tu a deciderlo quando sarai più grande. Ma per adesso puoi chiamarti V-
- V ? -
- Si V, non ti piace? -chiese Harry bonario.
La bambina. V annuì"



V stette ad osservare il disegno ancora per qualche istante, prima di ripiegarlo delicatamente dentro la scatola.
Erano passati dodici anni da quell'episodio e solo due dalla morte di Harry.
Harry era stata la persona più importante : non solo gli aveva praticamente fatto da genitore, dedicandogli gli ultimi anni della sua vita, ma gli aveva insegnato la cosa più importante di tutte. A credere nelle propria libertà.
Harry le aveva raccontato della Terra, il pianeta d'origine degli esseri umani, prima che le navi spaziali dei Dalek oscurassero il cielo. Prima che cominciasse l'invasione.
I governi tentarono di respingerli, ma le loro armi poterono fare ben poca cosa.
Sessant'anni dopo, la razza umana costituiva la principale forza lavoro del nuovo Impero Dalek.
Forza lavoro sparpagliata in pianeti assoggettati ai Dalek.
Contro il loro consenso, ovviamente. La razza umana è strettamente controllata : dal momento del concepimento le donne sono forzate a diventare madri, madri di bambini che non vedranno mai. Ad ogni nuovo nascituro viene impiantato un codice identificativo, questo fa sì che abbia funzione di rilevamento. Chiunque è rilevato, senza possibilità di scappare. I neonati vengono "allevati" in pianeti nursery fino a l'età di otto anni, per poi venire smistati nelle colonie e così divenire nuova forza lavoro.
La vecchiaia non esisteva, esistevano età precise: sessantotto anni per gli uomini, sessantacinque per le donne. Arrivati a quel'età gli individui venivano "terminati".
Ribellarsi fu inutile, i Dalek si dimostrarono totalmente privi di qualunque remora, mentre placavano la ribellione con il sangue .
Tanto che le nuove generazioni non provavano neanche a ribellarsi, non erano altro che un bravo gregge di pecore che seguiva diligentemente il proprio pastore.
V cominciò a svestirsi prendendo poi un vestiario pulito, andò a farsi una doccia.
Esattamente trenta minuti dopo era nuovamente sulla navetta trasporto, con una logora borsa in spalla, mentre terminava di mangiare velocemente il suo pasto.
Mangiò in fretta, non era sicuro girare con del cibo si correva il rischio di essere aggrediti da qualche abusivo lungo la strada, nient'altro che poveri diperati classificati come "non idonei" per essere forza lavoro. Fantasmi derelitti del tutto dimenticati che vivevano degli scarti che la società della colonia poteva offrire.

Rimanendo in silenzio, contemplò la gente che saliva e scendeva, fino ad arrivare alla sua fermata.
Dovette scendere numerosi scalini che l'avrebbero portata nella zona dei divertimenti della colonia.
Tenendosi stretta la sua borsa, si incamminò a passo svelto cercando di fare il suo meglio per evitare spallate e possibili furti.
Si muoveva tra il fumo delle sale da gioco ed il profumo delicato e chiaramente costoso delle case chiuse, dove molti uomini andavano alla ricerca di piacere a pagamento.
Piccole gocce di pioggia cominciarono a cadere.
C'era un motivo se non c'erano Dalek a presiediate le colonie minerarie.
E quel motivo era la pioggia, composta da nano batteri tecnologici, prodotti appositamente per ripulire l'atmosfera, ed andava ad attaccare qualunque apparecchio tecnologico che avesse la funzione di arma, armature Dalek comprese.
Ragion per cui, avevano delegato la sorveglianza della stazione agli Ori, un popolo mercenario d'aspetto semi umanoide.
Ben presto avevano capito che per i Dalek, l'importante era l'estrazione per il resto avevano praticamente una colonia a loro disposizione: così arrivarono il contrabbando ed ogni forma di illegalità.
Nessuno aveva le mani pulite, il quella colonia. V non faceva eccezione.
Superò altri locali, imboccando un corridoio stretto ed angusto, una decina di passi e si trovò davanti ad una porta di un vecchio magazzino dismesso.
Un codice a dodici cifre ed un riconoscimento oculare dopo, la porta si aprì silenziosa.
Il luogo era completamente allo scuro,ma V sapeva esattamente come muoversi. Tastando la parete con una mano, si fermo fino a trovare un interruttore.
Lo spinse.
E tutto si accese : le luci, gli schermi dei computer, il dispositivo che avrebbe disturbato le frequenze delle sue trasmissioni.
V si sedette, e avviò il computer principale.
Il Lupo Cattivo era nuovamente online.
Scaricò sul palmare il necessario ed uscì nuovamente, doveva andare ad incontrare il suo prossimo cliente.



Il Benzen era l'unica tavola calda che offriva un pasto decente in tutta la colonia, e per questo era difficile riuscire ad avere un tavolo, a meno che non si abbia fatto qualche favore al proprietario.
Per V infatti fu sufficiente avvicinarsi al bancone del bar, e Xalox il proprietario un alieno proveniente dai pianeti acquatici del sistema Delta le fece un cenno in segno di saluto con quello che sembrava un sorriso, per quanto potesse fare la sua bocca verticale.
- È da un po' che non ti vedevo -
- Ho avuto da fare, ma non posso rinunciare alla tua birra! -
Il proprietario sorrise ancora una volta - Finirai con metterti nei guai ragazzina - la mise in guardia lui, trapassandola con quei suoi occhi blu elettrico più accesi della sua carnagione.
- Stai tranquillo Xalox, quali guai può avere un corriere?- fece lei allontanandosi.
- Certo, ed io sono qui solo in gita di piacere! Ora vai, qualcuno ti sta aspettando - lei lo salutò con un piccolo cenno della mano, consapevole del sarcasmo impresso in quella battuta. Xalox non aveva più un pianeta su cui tornare, i Dalek lo avevano spazzato via in maniera rapida ed efficace. Lasciando solo polvere cosmica.
Rafforzando la presa sulla sua borsa, si diresse al suo tavolo. Osservando per qualche istante l'uomo di spalle seduto a qualche metro da lei. Vestito esattamente come da concordato.
Prese un bel respiro ed andò a sedersi.
- Salve -
Le spalle del uomo si tesero immediatamente - E tu chi saresti? -
V fece una faccia fintamente sorpresa - Mi è stato semplicemente detto che ci saremo incontrati qui-
L'uomo inarcò leggermente un sopracciglio, poco convinto - Quindi tu saresti Il Lup..- V lo zittì mettendogli una mano sulla bocca. - Vedi quella palla di pelo grigio che si sta scolando la sua birra? È una sentinella, ubriaca certo ma collegata sempre al suo branco. Sono stata mandata qui in Sua vece. Devo sapere la tua offerta, ancora prima della tua richiesta. Se non ti convince allora possiamo concludere qui. Ognuno per la propria strada.-
Intanto la ragazza si era voltata per richiamare un cameriere, ordinando una birra per poi girarsi ad osservare gli altri clienti del locale. Ignorando l'uomo seduto davanti a lei, dandogli il tempo di valutare la sua offerta.
L'uomo invece non aveva staccato i suoi penetranti occhi azzurri da lei, per poi frugare dalla tasca della sua giacca nera con una mano ed posare il contenuto sul tavolo unto e logoro.
Solo allora V tornò a guardarlo, e spostare poi lo sguardo sul tavolo. Una piccola chiave elettronica.
La ragazza se la prese tra le mani esaminandola. - Cos'è?-
- Una vecchia matrice di codici Dalek, viene ancora usata per dati di poca importanza però è..-
- È un accesso al sistema? - concluse la ragazza, prendendosi lei qualche secondo per pensare -Va bene, dammi la mano, il palmo verso l'alto -
L'uomo tese la mano verso di lei, mentre lei gli appoggiava sopra il suo palmare, che si illuminò un po'.
Lui fece una breve smorfia di dolore. - Cosa hai fatto?-
- Ho raccolto dei dati sulla tua fisiologia, e ti ho innestato una sonda cibernetica, ti cancellerà i ricordi di questi incontri una volta concluso il nostro accordo. Allora cosa ti serve? -
- Un nuovo codice identificativo ed una nave, la più veloce possibile-
V rimise il palmare nella borsa - Ci vediamo qui tra una settimana esatta, vedi di non mancare -
L'altro inarcò un sopraciglio e con fare di sfida le chiese - Altrimenti? -
- Dimenticherai questa conversazione, non avrai quello che ti serve..ed io avrò speso del tempo inutilmente - quella frase fece accendere un breve sorriso sul volto del uomo.
- Allora ci ritroviamo qui tra una settimana...? -
- Puoi chiamarmi V -
- Bene V - e fece per alzarsi e gli porse la mano. V stette a guardarlo un attimo interdetta non sapendo bene cosa fare, tuttavia allungò la sua e lasciò che venisse stretta.
L'uomo davanti a lei, assunse un'espressione concentrata. E la sua stretta si fece più salda. - Sei molto più di quello che dici di essere - disse in tono pensieroso più a se stesso che a V.
- È meglio andare ora- disse V con un'improvvisa voglia di fuggire e chiudersi nel suo laboratorio.
L'uomo dalla giacca scura le liberò la mano a l'istante.
E V gli diede le spalle per poi mischiarsi tra la folla, con la voglia di lasciarsi a le spalle quegli occhi azzurri il più lontano possibile.


Rientrò nel suo rifugio alla svelta, accendendo le luci mentre i computer stavano già lavorando alla fisiologia del suo cliente.
Aveva i server migliori delle colonie minerarie, aveva il database intero del DNA di tutte le razze assoggettate dai Dalek, ottenuto non proprio in maniera legale.
Tuttavia il computer non riusciva a dare un nome alla specie dell'uomo in giacca di pelle nera con cui aveva parlato prima.
Il computer girava a vuoto elencando tutti i nomi delle specie a lui conosciute. Questo fece formulare un paio di domande nella testa della ragazza.
Chi era quel'uomo?
Ma soprattutto, in che cosa si stava caccian
do?









Ciao! Pensavate che mi fossi dimenticata del Dottore vero? Purtroppo per voi no! XD
Ho comiciato ad ideare questa storia già da questa estate, questo capitolo è infatti pronto da un pò di tempo.  Il secondo capitolo è quasi completo, tuttavia non posso dare una data precisa per l'aggiornamento. Quest'anno si prospetta parecchio ingarbugliato e tra lavoro ed università non mi lascia molto tempo per scrivere, ma prometto che ce la metterò tutta!
Al prossimo capitolo!
Vi lascio il link della mia pagina Fb per fare quattro chiacchiere e rispondere alle vostre domande nel caso ci fossero : 
https://www.facebook.com/CristieEfp

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


- Across The Universe -

 

Capitolo 2.

 

 

 

 

La vita alla colonia era sempre uguale, almeno in superficie.
Un gruppo consistente di persone che si muovevano come tante api operaie.
Solo in apparenza appunto, perché se si fosse prestata la dovuta attenzione, se si perdeva qualche minuto in più ad osservare quel ordine umano ci si sarebbe accorti che qualcosa non era come doveva essere.
Nella maggior parte delle volte, nessuno notava quei piccoli dettagli che avrebbero potuto innestare il tarlo del dubbio.
Nella vecchia torre di controllo della colonia non succedeva mai nulla di veramente rilevante, tutto era costantemente monitorato dal computer centrale : telecamere, rilevazioni anomale di posizione, il rispetto dei turni di lavoro.
L'unica cosa che dovevano fare le sentinelle, era controllare che non ci fosse un qualche malfunzionamento. La sentinella preposta quella sera, un certo Felix, stava bellamente pensando che alla fine del suo turno se ne sarebbe andato in un qualche casinò per tentare la sorte.
Quand'ecco che uno strano pulsare color rosso acceso non attirò la sia attenzione.
Era una piccola intermittenza, come di un qualcosa che stesse caricando.
- Ma che …? -
Non ebbe il coraggio di finire la frase, la guardia aliena si alzò dalla comoda sedia con uno scatto improvviso, facendola stramazzare a terra.
Velocemente compose il numero di emergenza. - Specificare la natura dell'emergenza -Chiese la voce artificiale del computer.
– Un..un esterno sta hackerando il sistema. - - Richiesta registrata, il problema verrà risolto al più presto -
Intanto da l'altra parte della colonia, V stava terminando il dispositivo che avrebbe depistato gli scanner biometrici.
Un piccolo microchip sottopelle ed avrebbe passato qualunque posto di blocco, ma per far si che non ci fossero problemi, avrebbe dovuto fare una piccola capatina nel sistema operativo Dalek.
Nulla di più facile, finché non entrano in gioco altri eventi imprevisti. L'imprevisto di V fu una chiamata per un turno straordinario. - V mi senti? - sentì chiamarsi la ragazza dal suo comunicatore portatile.
- Ci sono -
- C'è stata un'emergenza, puoi coprire il prossimo turno stasera? -
V distolse un attimo lo sguardo dal visore, andando poi a rispondere – Va bene, ci vediamo dopo -
Non aveva il tempo per finire di analizzare i dati, per cui si scollegò velocemente e lasciò il computer a spegnersi da solo.
Era stanca V, ma stava andando ugualmente a lavorare. E si sa la stanchezza può portare a commettere degli errori inattesi.Infatti non seppe minimamente di essere stata scoperta, e se ne andò a lavoro.
Ignara che quella era la sua ultima sera da libera colona.

 

 

 

 

Qualche ora dopo, in una delle tante sale da gioco della colonia.
Una gruppo di guardie feroidi, stavano bevendo felicemente sbronzi alla salute di Felix, che aveva ricevuto un encomio.
- L'infiltrato ha le ore contate, ed io mi sono guadagnato la promozione! - gridò con voce fin troppo alta, ma di questo le sentinelle erano totalmente incuranti.
La loro razza era messa alla sicurezza delle colonie minerarie dei Dalek, avevano carta bianca su qualunque cosa, a patto che l'attività d'estrazione non avesse battute d'arresto, cosa mai accaduta e che mai sarebbe successa. Loro erano i padroni della colonia e chiunque lo sapeva, dalla sentinella feroide che stava decantando la sua promozione con ostentata sicurezza, al gestore del locale che cercava di tenere mansueti quel branco di lupi, alla povera cameriera che tremante di paura cercava di non far cadere i bicchieri ricolmi di alcolici al tavolo accanto alle sentinelle.
Così come tutti gli altri ospiti del bar che rigidi nelle loro pose svuotavano tesi i loro bicchieri.
La tensione era così palpabile che si poteva tagliare con un coltello.
Tranne che per un uomo, era di spalle rispetto alle sentinelle festose, se ne stava tranquillamente avvolto nella sua giacca di pelle nera.
- Un altro bicchiere? - domandò il barman tenendo in mano la bottiglia di un qualche liquore color ambrato.
- Sto andando via – e dirigendosi oltre il bancone lanciò una cartina magnetica – Sono 10 crediti -
Il barman prese di corsa la carta, mettendosela nella tasca dei pantaloni – Ti manca qualche rotella amico -
L'uomo in nero, fece una piccola alzata di spalle – Quei soldi non sono miei, goditeli - e con questo uscì dal bar.
Era sera tarda, il grande orologio digitale che si trovava sulla piazza segnava che erano appena passate le due di notte.
Nonostante l'ora tarda la colonia sembrava non avere riposo, l'uomo si mischiò tra la folla, certo che non avrebbe in alcun modo attirato l'attenzione.
Faccia da l'espressione bonaria, altezza nella media e nulla di troppo appariscente.
Un aspetto perfetto per mischiarsi alla gente. Camminava a passo lento, senza una direzione precisa.
Un camuffamento perfetto,in modo che nessuno avrebbe mai immaginato la sua vera identità.
Tutti quegli anni, tutto quel dolore..e presto avrebbe avuto la sua vendetta.Presto il suo ricordo sarebbe riecheggiato in tutto l'universo.
Un brivido d'aspettativa gli corse lungo le spalle, doveva stare attento e procedere per gradi.
Aveva bisogno della ragazzina, altrimenti il suo piano non sarebbe rimasto altro che un chiodo fisso che non fa altro che martellare nel cervello. Portandoti a limite della pazzia.
- Sarebbe un bel problema se le guardie la prendessero...- disse ad alta voce, parlando da solo tanto che qualche passante accanto a lui gli lanciò un'occhiata quasi stranita.
- ...davvero un bel problema – ripeté ancora sparendo tra la folla.

 

 

 

***

 

 

Un rumore strascicato di passi stanchi risuonò nel corridoio stretto e per nulla illuminato che conduceva all'alloggio di V.
La ragazza era veramente stanca, aveva fatto un doppio turno estenuante, non vedeva l'ora di farsi una bella doccia e poi mettersi a dormire qualche ora.Poi d'un tratto, di puro istinto tutto il suo corpo si tese in allerta. C'era qualcosa che non andava lungo il corridoio che dava al suo alloggio.
Era come percepisse il pericolo, come un brivido che partiva dalla schiena e ti si irradiava in tutto il corpo.Cominciò a camminare più lentamente cercando di fare meno rumore possibile, ma tuttavia pronta a scattare di corsa, se ce ne fosse stato il bisogno.
Continuò a camminare fino a trovarsi davanti alla sua porta.Leggermente socchiusa. V la aprì in silenzio.
C'era un uomo seduto al suo letto, le dava le spalle. Una fisionomia troppo famigliare per V.
- Che diavolo ci fai qui? - altro non ebbe da chiedere. L'uomo intanto se ne stava tranquillamente seduto a frugare nella scatola di Harry. Osservando con occhio critico i disegni – Stanno venendo a prenderti -
- Chi? -
- Un gruppo di guardie feroidi, sembrava che andassero molto di corsa. Davvero interessanti questi disegni!
- Feroidi? Tu sei completamente andato – glissò lei la faccenda, cercando di buttare fuori quel tizio il prima possibile, ragione per cui si precipitò a prendere l'apparecchio che l'uomo gli aveva chiesto.
- Tieni, la tua nave ti aspetta tre ponti più sotto. La riconoscerai grazie a questo comunicatore, - e glielo porse – lampeggerà quando ti troverai nei pressi della nave. Ed ora dammi il braccio ti innesterò il microchip e poi non ci rivedremo più -
L'uomo stette ad osservarla un attimo, passando da quella sua espressione sorniona che sembrava avesse perennemente stampata in viso, ad un'espressione di serietà. Che a V non piacque.
- Non credi ad una sola parola di quello che ti ho detto – constatò lui alla fine. - Ascolta ragazzina, non abbiamo molto tempo, hai fatto un errore e sei stata rintracciata. Potrei fare a modo tuo, andarmene e lasciarti da sola a sbrogliarti quel gruppo di sentinelle ubriache. Oppure potresti venire con me, posso portarti fuori dalla colonia, poi ognuno per la propria strada. Che ne dici? -
- Non mi fido di te – con quelle parole, V riassunse tutto ciò che provava e percepiva di lui, quel suo aspetto, il non riuscire a capire a quale specie appartenesse. Il fatto che fosse venuto a conoscenza della sua imminente cattura e che si fosse introdotto nel suo alloggio, facendosi beffe dei sistemi di sicurezza , che lei aveva personalmente ideato ed installato.
Questo insieme di cose, non aveva fatto altro che accrescere i sospetti verso quello strano individuo.
- Oh beh, neanche io mi fido te! Siamo pari, la nostra è solo una breve collaborazione. Ognuno è utile per l'altro. Nulla di più e nulla di meno. A te la scelta.Ma sbrigati, perché il tempo corre. Tic -tac, tic- tac, tic-tac-
V doveva decidere in fretta, valutò la situazione cercando possibili modi per uscirne. Peccato che quello strano tipo, fosse la sua unica via di fuga.
- D'accordo verrò con te. Prima però dobbiamo passare a distruggere il mio computer, altrimenti potrebbero rintracciarmi facilmente -
- Nessun problema, dov'è che lo tieni? -
- Beh, credo che il problema invece sarà proprio questo, c'è un vecchio magazzino inutilizzato, in quella che una volta era la prima zona di costruzione ..ora invece - - Invece la zona è stata ormai riedificata da un anno, diventando la nuova zona sette, il quartiere dei divertimenti. Una zona dove passano molti soldi, piena di telecamere sopratutto. - Terminò l'uomo al posto suo. Prima di aggiungere – Non possiamo andare lì -
- Quindi mi lasci qui -
- No, vuol dire che dobbiamo arrangiarci in una maniera diversa -
V rimase un attimo a riflette sulle parole del uomo, quando cominciarono a sentire dei forti rumori in lontananza. Le guardie erano arrivate al piano dove viveva V. - Dobbiamo levare le tende – si fece lei trafelata di colpo, aprendo lo zaino e mettendoci dentro la scatola di Harry che aveva lasciato sopra il letto. - Andiamo – fece poi appena fuori della porta e cominciando a camminare.
- Non ti serve nient'altro? -
- Solo di un terminale – la ragazza fece strada imboccando una vecchia porta e cominciando a scendere le scale di emergenza che l'avrebbero portata nuovamente in strada.
V poteva sentire i passi del uomo dietro di lei, andare quasi a tempo con i suoi. Una persona normale avrebbe chiesto, fatto domande su dove stessero andando. Invece lui se ne stava semplicemente in silenzio, seguendola.
Continuarono entrambi a camminare, fino a tornare di nuovo in strada.
- Hai qualche credito? - chiese V a l'uomo, continuando a camminare trafelata tenendo i pugni nelle tasche dei pantaloni, e stringendosi nelle spalle, impedendo alla tracolla della borsa di muoversi troppo.
- Mi sono rimasti cinque crediti, più o meno -
- Bene, sono riuscita a risparmiarne sette andranno più che bene – si diressero verso un palazzo, e la ragazza bussò alla porta, attendendo che questa si aprisse.
- Perché siamo qui? -
V si diede un'occhiata intorno, cercando di vedere le sentinelle ferodi che erano venute per lei. - Per due motivi : qui è possibile reperire il computer il tempo necessario per lanciare cancellare tutti i miei dati dal mio computer. Così quando le sentinelle ci arriveranno, non troveranno altro che un computer vuoto. Il secondo motivo è che questo palazzo è interamente schermato dalle rilevazioni. Non potranno rilevarmi -
La porta si aprì da sola, ed entrarono. Per poi richiudersi alle loro spalle.

 

 

 

- E' sparita -
- Che cosa vuol dire “ è sparita”? È dotata di un chip di rilevamento, esattamente come qualsiasi altro lurido umano in questa dannata colonia – abbaiò Taborg, lui odiava gli umani.
Erano gli schiavi per eccellenza: deboli, privi di qualunque difesa naturale.
Il fetore di alcuni di loro era così nauseante, che non poteva neanche entrare nella stessa stanza insieme a loro.
Il suo odio gli aveva comunque fatto guadagnare il comando della colonia. Quindi gli umani non erano poi cosi inutili.
Peccato che gli si era presentato un brutto grattacapo.Il sistema informatico dei Dalek era stato violato, l'intruso anzi intrusa aveva fatto l'errore di non mascherare la sua attività facendo così che venisse presto rilevata.
V-12HJJY . Anno di nascita 04/16 presso il pianeta allevamento sei, recente spostamento nella colonia risalente a circa tredici mesi prima.
Questo era quello che ripeteva il breve rapporto, che il comandante Taborg aveva letto.E poi naturalmente c'erano le attività extra che svolgeva, sotto il nome fittizio di Lupo Cattivo. Uno degli hacker informatici più prolifici.Ma lei di per sé era di poco valore, era il suo ultimo cliente. Era lui che era con lei che aveva attirato la sua attenzione.
Grazie ad una telecamera situata davanti al Benzen, si era scoperto che la donna conosciuta come
V-12HJJY era in accordo con un uomo privo di chip di rilevazione. Cosa di cui venne immediatamente informato.
Perché un'anomalia del genere non solo poteva costargli la carriera, ma cosa ben più importante, la sua vita stessa.
Ragion per cui, la caccia era appena iniziata. Per arrivare a lui, dovevano arrivare a quella donna.La strategia era semplice e lineare.Ed ora apparentemente, anche lei era sparita. - Mandate le sentinelle, sgomberate quel palazzo. Voglio sapere tutto quello che succede lì dentro. Trovateli, la donna uccidetela, ma lui lo voglio vivo. Portatemelo qui!-

 

 

 

***

 

- Hai fatto? -
- Ci sono quasi, – rispose la donna, continuando a digitare serie di codici sulla tastiera del computer – devo solo inserire questa ultima serie di numeri...Fatto! -
L'uomo fece un sospiro di sollievo, una parte del problema era risolto. - Però ci sai fare con i computer -
- La tecnologia è facile per me, alla fine non si tratta altro che di una serie di codici - rispose lei.
“Codici, certo. Con un sistema alfanumerico alieno, con numeri strani e totalmente assurdi” di disse interiormente l'uomo. Stupito di come la mente di quella ragazzina riuscisse a lavorare.
Il virus lanciato da V avrebbe provveduto a resettare il computer su cui la donna lavorava. Rimaneva solo un'ultima parte, poi sarebbero potuti finalmente andare via.Ma dovevano fare in fretta – Quanto tempo abbiamo ancora? - chiese lui.
V si raccolse i lunghi capelli castani, annodandoli in uno chignon improvvisato, e mettendosi ad osservare l'orario sullo schermo del computer – Abbiamo un altro quarto d'ora circa -
Il palazzo in cui erano entrati era il quartier generale della famiglia Slitheen, specializzata nel traffico illecito di informazioni. Tante volte V si era ritrovata a lavorare per loro. Guadagnandosi della stima, che gli era servita insieme ai dodici crediti del tutto insufficienti, a poter utilizzare uno dei loro terminali fantasma, impossibili da rintracciare.
- Bene, abbiamo tutto il tempo. Ora tirati su la manica e dammi il braccio destro – l'uomo cominciò ad trafficare in una piccola borsa. Sotto gli occhi dubbiosi di V.
- Che cosa devi fare con il mio braccio? -
- Devo toglierti il chip di rilevamento, oppure ci rintracceranno non appena usciremo di qui – l'uomo tornò a sedersi, poggiando sul tavolo un kit medico di primo soccorso.
- Sai..non che voglia essere ingrata, è solo che non mi.. -
- Non ti fidi di me, questo me l'hai ripetuto almeno otto volte in un'ora. Il che ti rende abbastanza ripetitiva. Così non possiamo andare avanti e non voglio lasciarti indietro, quindi cosa posso fare per farti fidare di me, quel poco che serve, così che possa toglierti quel chip e poi andarcene?-
Il suo tono era serio e definitivo, V non era abituata ad affidarsi a qualcuno. Si era affidata ad una sola persona, Harry. Ma lui era stato “terminato”, e lei non aveva più trovato nessuno su cui fare affidamento.

 

- Puoi tenerlo se vuoi, io sono Harry -”

 

- Il tuo nome. Potresti dirmi il tuo nome -
Non era una richiesta così assurda, eppure l'uomo che ora le stava anestetizzando il braccio alzò lo sguardo.
- Voglio dire, dovrò pur chiamarti in qualche modo..- motivò V la sua richiesta, con una punta di mal celato imbarazzo. Decisamente non ci sapeva fare con i rapporti sociali.
- Puoi chiamarmi Dottore -
- Dottore? Questo non è un nome! - borbottò V infastidita, mentre l'uomo, anzi il Dottore cominciava ad incidere la sua pelle con un bisturi, teneva lo sguardo concentrato sul suo lavoro, ma gli rispose lo stesso – Come se V fosse un nome -
- Infatti non lo è, ma una persona importante mi ha detto una volta che devo essere io a scegliere il mio nome,solo che ancora non è il momento. Quindi fino ad allora il mio nome è V – nel dire quella manciata di frasi la voce della donna si incrinò un po', cosa che non passò inosservata agli occhi de l'alieno, che la studiò con quei suoi occhi azzurri.
- Ognuno sceglie quello che è meglio per sé, anche se spero che sceglierai il tuo nome prima che ci separiamo. Perché sai sono un tipo curioso. -
- Ma non mi dire -
Il Dottore estrasse il chip che si trovava sotto pelle, e cominciò a richiudere l'incisione sul braccio di V. - Non te la cavi affatto male – osservò lei, notando la tecnica con cui la stava medicando.
- Ho avuto molto tempo per fare pratica – rispose il Dottore, fasciandole il braccio e poi rimettere tutto nella borsa.
- Cos'è sei stato coinvolto in una guerra? - fu la domanda sbagliata a spegnere la luce negli occhi del Dottore, che pur tuttavia non cambiò espressione.Mentalmente V si diede della stupida, resasi conto di aver toccato un tasto dolente, per cui cercò di riparare una qualche maniera – Mi dispiace..ho parlato troppo -
L'alieno non le rispose, si limitò a lanciare uno sguardo verso il timer del computer – Il quarto d'ora è esaurito, usciamo di qui - disse, per poi dirigersi verso la porta.
V si alzò, ed a passo svelto si affrettò a raggiungerlo.
C'era ancora molta strada da fare, prendere un ascensore e scendere per tre ponti. Mancava poco, ma V non poté non chiedersi che sapore potesse avere la libertà.

 

 

***

 

- La pattuglia è appena rientrata signore – Taborg se ne stava seduto nel suo ufficio, occhi puntati sugli schermi di sorveglianza – Notizie dei ricercati? -
- Negativo signore, l'edificio è stato interamente scansionato sia da l'interno che da l'esterno. Ma la rilevazione ha dato esito negativo, la donna non è stata rilevata – riassunse la voce proveniente dal comunicatore.- Non si può sparire così – si ritrovò a dire a se stesso.
- Quali sono le disposizioni signore? -
- Aumentate la sorveglianza ai ponti di attracco, prima o poi passeranno di lì. Non voglio essere di disturbato, a meno che non ci siano notizie sulla loro cattura -
- Ricevuto signore – e la comunicazione si interruppe.
Taborg dette un pugno sulla scrivania, per la rabbia. Lo dette con così tanta forza da incrinarla verso l'interno.
La sua mano prese a sanguinare, ma lui neanche se ne accorse.Doveva trovarli assolutamente, o per lui avrebbe avuto le ore contate.

 

***

 

- Bene siamo arrivati -
- Mi dispiace deluderti ragazzina, ma siamo quasi arrivati – si affrettò a correggere il Dottore.
- Delle volte sai essere veramente simpatico te l'ha mai detto nessuno? - si divertì a prenderlo il giro V, rimanendo accucciata nella speranza di non farsi vedere.
La scena che gli si presentava davanti era la seguente, il grande ponte di attracco era al momento chiuso il che rendeva possibile respirare, le navi per medie e lunghe tratte erano ancorate al suolo tramite magneti. Questo faceva sì che ogni volta che il portellone veniva aperto le navi, ad eccezione di quella che doveva lasciare la colonia, rimanessero al loro posto.
La nave che V aveva trovato per il suo cliente, si trovava a circa dieci metri da loro. La ragazza aveva predisposto tutto nei minimi particolari.
Aveva scelto il ponte tre, in quanto il più vecchio ponte della colonia, usato ormai solamente per l'attracco di navi per corto raggio.
Il che implicava una sorveglianza minima, se non del tutto assente a volte, in quanto le sentinelle ferodi erano impiegate nella sorveglianza di carichi più preziosi. Quello che avrebbe dovuto fare il suo cliente, il Dottore, ora che ne sapeva il nome, era di salire sulla nave ed con una falsa autorizzazione d'uscita andarsene. E tanti cari saluti.
Il piano in precedenza era quello.
Prima che V venisse scoperta, costretta a infettare con un virus il suo computer da lavoro che aveva impiegato un mese ad assemblare, e prima che si sfilasse il chip di rilevamento facendola diventare di per se già una ricercata.
E poi c'erano quelle due sentinelle, che naturalmente non dovevano essere lì.
- Dobbiamo liberarci di loro – se ne uscì lei, ancora accucciata dietro un gruppo di bidoni.
Il Dottore era nascosto a mezzo metro da lei, e non parlava. Si guardava intorno, con fare pensoso.
- Lo vedi quel pannello là dietro?- e la ragazza mugugnò d'assenso – Bene è il sistema d'allarme principale, quello che dobbiamo fare è azionarlo costringendoli ad allontanarsi. Io mi avvicino al pannello, mentre tu intanto vai verso la nave e cominci ad avviare i comandi di accensione, faccio scattare l'allarme, salgo apriamo il portellone e ce ne andiamo. -
- Il tuo piano non fa una piega, peccato che il pannello de l'allarme sia chiuso elettricamente e che mi sia dimenticata la cassetta degli attrezzi per forzarla. Per cui piano B? -
Il tono leggermente sarcastico fece fare al Dottore una risata sottovoce, per poi tirare fuori dalla tasca della giacca un oggetto. - Peccato che io abbia questo, un cacciavite sonico -
La faccia sorpresa di V fu fantastica. - Bene! Se non hai altro da obbiettare io andrei – e muovendosi senza farsi vedere si diresse verso il sistema d'allarme che si trovava a destra della loro posizione.
Ovviamente la nave si trovava al centro del porto, davanti alle sentinelle ed era praticamente impossibile non farsi vedere. Però poteva avvicinarsi un po'.
Il Dottore intanto stava avanzando, passando dietro una nave dopo l'altra usandole come ostacoli con cui ripararsi. Cercando di non fare troppo rumore per via dell'eco.Tutto stava andando esattamente secondo il piano.
Se non fosse stato che le sentinelle non erano due, ma tre. Il terzo soldato se lo ritrovò praticamente davanti.
- Hey tu! Che diavolo stai facendo qui! -
V si gelò a quelle parole, doveva trovare il modo di mandare a nanna quelle sentinelle. Ma come?
La ragazza si diede un'occhiata intorno, finché non trovò quello che le serviva.
Si mosse piano aggirando il gruppo, perché le altre due guardie avevano provveduto a raggiungere la terza che aveva bloccato il Dottore. Che nel frattempo non faceva altro che farfugliare – Mi dispiace, sono capitato qui per caso! -
- Dobbiamo portati dal comandante Taborg, lui saprà cosa fare di te – disse uno di loro.
Erano tutti e tre di spalle, doveva agire ora – Dottore spostati! -
Il Dottore fece in tempo a vedere che una rete metallica stava per cadere sopra la sua testa.
È bene sapere che le rete metalliche, venivano usate per tenere oggetti ancorati al suolo, queste reti avevano tuttavia una particolarità, davano scosse elettriche hai metalli, materiali che casualmente erano ricoperte le divise delle sentinelle.
I feroidi infatti urlarono di dolore e svennero. - Fantastico! - si ritrovò ad esclamare un Dottore esultante, per poi riprendere il lavoro cominciando a smontare il pannello. Cominciando ad armeggiare con fil vari,armato del suo cacciavite sonico.
- Corri! - il Dottore, una volta finito con il pannello, prese per mano V e la trascinò verso la nave – Abbiamo solo cinque minuti prima che questo posto non abbia più aria! -
V si ritrovò ad essere trascinata ed a correre a perdi fiato, qualche altro secondo ed arrivarono davanti alla nave. Velocemente la ragazza estrasse il palmare appoggiandolo sulla porta, facendo si che innestasse il codice d'apertura.
- Perché non l'hai aperta prima? - le chiese il Dottore impaziente. V alzò gli occhi al soffitto – Scusami se ti ho salvato la vita – ribatté lei.
In quello scambio di battute non si erano accorti che una guardia aveva ripreso i sensi, con lentezza caricò l'alma. Prese la mira e fece fuoco.



Il Dottore vide V, lanciare improvvisamente un gemito di dolore. Barcollare lievemente in avanti e riprendere subito equilibrio. La ragazza si passò la mano sinistra sul fianco, ritrovandosi la mano imbrattata di sangue.
- Dottore..- sussurrò lei prima di crollare avanti svenuta. Il Dottore la prese al volo, impedendole di cadere.
- Non è niente, non è niente ...- sussurrò ad una V incosciente, intanto la porta della nave si era aperta.
- Attivazione comando vocale – urlò ad alta voce l'alieno, tenendo V in braccio.
“ Comando vocale inserito ed operativo” rispose l'interfaccia vocale della nave.
- Computer, prepararsi a l'uscita dal ponte tre, ed preparare la camera d'emergenza – il Dottore aprì il pannello laterale, dove vi era adagiato un piano ospedaliero.
Intanto altro sangue, continuava ad uscire dalla ferita che V aveva al fianco.
- Andrà tutto bene, ti rimetterai ok? - sussurrò lui a l'altezza de l'orecchio di V e passando la mano tra i suoi capelli. Doveva lasciarla, i nanogeni dovevano prendersi il tempo di analizzare la fisiologia di V, ed intervenire per “riparare” il danno.
“ Manovre di partenza completate. Impostare la rotta”.
- Computer rintracciare la stazione spaziale più prossima, e tracciare la rotta – Il Dottore dovette fare un grande sforzo nel cercare di dare il comando ad alta voce. Mentre lanciava uno sguardo distratto alle stelle attraverso la piccola finestra della nave.
Erano anni che non le vedeva così luminose, e sperò che V si riprendesse abbastanza in fretta per mostrargliele.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sera a tutti! Eccoci finalmente al capitolo 2, venuto fuori un po' più lungo di quanto avevo preventivato ma meglio così. Spero che non risulti troppo pesante per la lettura.

Ci tengo a ringraziarvi per le recensioni che mi avete lasciato, siete veramente gentili! Mi auguro che questo capitolo possa piacervi come il precedente ed anche di più.

Questa storia mi sta prendendo veramente tanto, e per cercare di svolgere un lavoro migliore avrei bisogno di aiuto, per c'è qualcuno a cui andrebbe di fare da Beta? Due teste sono meglio di una e sono convinta che sarebbe un'esperienza che può arricchire. Naturalmente mi offro come beta a mia volta (anche se non so neanche da dove si possa cominciare, se c'è qualcuno che sappia darmi qualche piccola informazione è davvero bene accetto) , anche solo per correggere capitoli.

Nel caso ci fosse qualcuno interessato, o se volete solo scambiare due chiacchiere vi linko la mia pagina FB : https://www.facebook.com/CristieEfp

 

 

Al prossimo capitolo! Cristie  

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


- Across The Universe -

 

Capitolo 3.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutto era cominciato quando il Dottore e V erano sbarcati su Karakum un pianeta desertico di classe M, cioè adatto alla vita, ovvero un posto dove tempeste di sabbia potevano arrivare a soffiare sino a duecento chilometri orari. Una vera goduria se sei costretto a muoverti a piedi.

Il Dottore depose a terra la sua sacca da viaggio, stirando le braccia e prendendo un bel respiro – Finalmente la cara ed amata atmosfera -

L'alieno appariva energico e pimpante come la prima volta che V l'aveva visto, peccato non si potesse dire lo stesso di lei, semplice umana che si stava ancora riprendendo da una ferita e che aveva fatto il viaggio più estremo di tutta la sua vita.

- E adesso che si fa? -

- Aspettiamo. – rispose il Dottore mettendosi placidamente seduto su una roccia – A quest'ora non troveremo nulla, dobbiamo aspettare che si faccia giorno – terminò lui, osservando l'espressione confusa che V stava assumendo.

- Va bene, so che me ne pentirò sicuramente, ma come fa ad essere sera?- chiese allora lei indicando con la mano il cielo assolato, facendo apparire un sorriso benevolo al Dottore.

- Karakum è un pianeta unico nel suo genere, non ha una propria orbita e rimane sospeso sempre nello stesso posto. Infatti solo una parte di questo pianeta è abitata -

V si passò una mano sulla fronte, per scacciarsi un po' di sudore – La metà colpita dal sole, quindi sarebbe notte? Per questo non c'è anima viva in giro? -

- Notte fonda, dobbiamo solo prendere una stanza da qualche parte e attendere il mercato per vedere un po' di folla -

Il Dottore riprese la sua sacca e cominciò a camminare verso una stradina tra due case in mattoni di terracotta. Si potevano vedere pesanti tendaggi scuri davanti alle finestre, per ripararsi dalla luce forse.

V continuò a guardarsi intorno con occhi pieni di curiosità, cercando di imprimersi nella testa più immagini che poteva. - Questo posto è incredibile -

- Ed ancora non hai visto niente, tra qualche ora questa strada sarà così affollata che dovremo farci strada a forza per passare -

- È come se tutto questo non fosse stato toccato dalla tecnologia – disse V toccando la parete rugosa di una casa, sotto lo sguardo de l'alieno.

- Non fidarti troppo di quello che vedi, c'è molta più tecnologia qui, che nella colonia da dove vieni tu -

Quel monito poco più che sussurrato risuonò nella mente della ragazza, resasi conto d'aver abbassato le sue difese nei confronti del suo compagno di viaggio. Infondo che sapeva di lui? Che era un tipo strambo appartenente ad una razza non riconosciuta nel database Dalek. Qualche tempo prima, questo l'avrebbe messa in guardia e probabilmente avrebbe diffidato di lui. Eppure per un qualche strano motivo che non sapeva identificare nemmeno lei, si era ritrovata a chiedergli di continuare il viaggio con lui.

-Non sono in gita di piacere, viaggerò parecchio e potresti trovare un pianeta che faccia al caso tuo - gli aveva risposto lui, con quel suo solito tono non curante, ma V poté percepire a pelle il sollievo del Dottore, in qualche modo sollevato nel non dover fare parte del viaggio da solo.

C'era comunque un grosso problema.

- Ancora non mi hai detto perché siamo qui – chiese V, continuando a guardarsi intorno durante la marcia.

- Devo riprendermi una cosa che avevo lasciato qui tanto tempo fa -

- Mi raccomando non sbottonarti troppo – pensò lei, accorgendosi appena d'averlo detto ad alta voce, e quello fu sufficiente ad oscurare il volto dell'alieno che strinse di più il manico della sua sacca ed affrettò il passo, cominciando a distanziare la ragazza.

Imboccarono l'ennesima via che tagliava in due lo stesso motivo di case, ogni strada cominciava a sembrare l'una uguale a l'altra.

- Hey! Vuoi almeno dire qualcosa? - domandò V spazientita.

Il Dottore fermò la sua avanzata spedita esattamente davanti ad una porta, non tanto differente alle altre che si erano trovati ad oltrepassare percorrendo un tragitto di cui era a conoscenza solo il Dottore.

L'alieno bussò alla porta, due brevi colpi che riecheggiarono, propagandosi tra le mura della casa in un suono profondo.

- È disabitata – si rese conto V, notando le finestre completamente sbarrate.

- Qualcuno verrà ad aprire – rassicurò lui, appena una manciata di minuti e la porta che fino quel momento era chiusa, si aprì.

Era una ragazza ad aver aperto la porta, come ogni karaiana era una rettiloide, con squame che le ricoprivano il corpo color sabbia, che risaltava tra i veli color marrone opaco della sua veste.

- Perché avete bussato a questa porta? - chiese la ragazza in una lingua che V non riuscì a comprendere.

V rimase in silenzio, fu il Dottore a prendere la parola, nello stesso idioma – Qualcuno mi sta aspettando in casa vostra -

A quella affermazione gli occhi della rettiloide si fecero più affilati, e mettendosi a scrutarlo con una strana espressione. Il Dottore invece non aggiunse nulla e rimase fermo sotto esame.

- Non aspettiamo ospiti, vi consiglio di riprovare domattina per cercare i vostri amici - e così come si era aperta la porta si stava richiudendo.

-Dì a Lesthaye che un vecchio amico è venuto a riprendersi ciò che gli ha lasciato tanto tempo fa-

Ed una volta che parlò il Dottore il silenzio calò nuovamente.

Il Dottore guardò la sua compagna di viaggio – V non hai capito una sola parola vero? -

Lei negò con la testa – Non conosco questa lingua -

La ragazza si scosto dalla porta – Seguitemi. - parlando la lingua ufficiale del'Impero Dalek, a quanto pare non erano solo i pianeti assoggetati a conoscerla, ma anche i pianeti ancora indipendenti, si rese conto V. I due varcarono una porta ritrovandosi circondati solo dalle tenebre.

 

 

***

 

E si ritrovarono a scendere scale su scale, illuminati solo dalla tenue luce del cacciavite sonico del Dottore – I rettiloidi non hanno bisogno di luci, possono vedere al buio -

Ragion per cui V si teneva bene stretta al braccio del Dottore. Procedettero in silenzio per un altro paio di minuti, prima che la giovane alzasse una mano fermando il loro cammino.

- La Madre è molto debole, ed a breve il suo respiro si unirà a quello degli antenati. Se sei realmente chi dici di essere, sappi che ti ha aspettato – spiegò la rettiloide facendo loro strada, nel mentre le pareti del corridoio cominciarono a farsi sempre meno nitide, come un'immagine che piano andava sfumando.

- Ologrammi? - chiese una V stupita al Dottore. - Questo sotterraneo non esiste? -

- La mimetizzazione è una forma difensiva di questa razza, le loro tane si sviluppano nel sottosuolo creando dei labirinti, per un intruso sarebbe impossibile trovare un'uscita – spiegò il Dottore pur tuttavia non guardandola, concentrato com'era nell'osservare la grande caverna che stata via via prendendo forma.

Un gruppo di altri rettiloidi, ipotizzò V dato che le davano le spalle rendendo impossibile capire la loro razza, erano seduti a semi cerchio davanti ad un giaciglio. Una delicata melodia proveniva da loro, era bassa come se fosse appena sussurrata – Perché stanno cantando? - domandò la ragazza nello stesso tono bisbigliato, non volendo disturbare il canto.

- Accompagnano gli ultimi istanti della Madre, è malata da molto tempo ma Lei ha sempre tenuto duro. Lo spirito è forte, ma il corpo non lo è allo stesso modo. È alla fine, l'unica cosa che possiamo fare è attendere che si spenga – spiegò la giovane rettiloide, fermandosi nuovamente a pochi metri dal gruppo. - Aspettate qui – e distaccandosi da loro si diresse verso il giaciglio.

- Questo posto non è cambiato -

- A vederti, sembra che siamo passati secoli dalla tua ultima visita qui – disse V osservando l'espressione quasi nostalgica de l'alieno. Espressione che mutò in un breve sogghigno – Se solo sapessi quanto hai ragione ragazzina -

Avrebbe voluto chiedere il perché di quella risposta V, ma non ebbe il tempo.

- Tu – e la rettiloide indicò il Dottore – Avvicinati a Lei -

Il Dottore si distanziò da V, avanzando verso il giaciglio. La ragazza mosse un passo verso di lui, a disagio nel trovarsi da sola circondati da alieni ed al chiuso, senza una possibile via di fuga.

- Fermati, non è te che Lei vuole – la fermò la rettiloide.

- Lei? -

- Lesthaye, la nostra Madre . Lei ed il Dottore hanno molto da dirsi, vieni con me. Prometto di non mangiarti – La battuta riuscì a stemperare la tensione di V, facendole fare uno sbuffo divertito.

- Davvero non mi mangerai? -

- Non mi piace la carne umana -

- Sul serio? - se ne uscì V con un tono che suonava quasi sollevata. Non potendo fare altro che seguire l'altra ragazza.

Il Dottore era rimasto ad osservare la scena con espressione interessata, per poi andare da Lei.

Erano passati anni, anche se era impossibile quantificare il numero esatto. Tutto era diverso allora,

Lesthaye era molto giovane e lui, il Dottore guardava l'universo con occhi pieni di speranza. Convinto che ancora qualcosa potesse essere fatto, quando l'universo era ancora senza Dalek.

Un lieve rumore di macchinari accompagnava i suoi passi. Alcuni di essi erano collegati alla figura distesa sul letto.

- Dottore – bisbiglio con grande fatica la rettiloide. - Pensavo che non ti avrei più rivisto in questa vita, è passato molto tempo -

Il Dottore si inginocchiò al lato del letto, e prendendo una mano tra le sue fece – Sarei dovuto arrivare prima...ma non ho potuto -

- Allora non avevi questo aspetto...c'è qualcosa di oscuro nel tuo sguardo. Che stai combinando Dottore? - chiese Lesthaye in un sospiro più profondo aiutata dalle macchine.

L'alieno si rubbiò - Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. È semplice, è arrivato il momento di muoversi -

- Il Dottore che conoscevo non avrebbe mai parlato di vendetta -

- Sono passati più di cento anni, devo riprenderla non sarei venuto se non fosse necessario -

Lesthaye annuì lentamente – Immagino che non sia necessario mostrarti la strada. -

Il Dottore annuì in risposta – Sono contento d'averti rivisto Lesthaye – si congedò l'alieno.

- La strada che stai percorrendo è pericolosa Dottore, se fallirai moriranno centinaia di vite – disse per l'ultima volta l'anziana con voce sempre più flebile – Non farlo da s...-

Il canto che prima era poco più di un sussurro si alzò in un tono disperato. Lesthaye se n'era andata. Il Dottore si allontanò, permettendo ai rettiloidi di piangere la loro perdita. Dirigendosi verso il corridoio nella mente del Dottore risuonarono le ultime parole di Lesthaye ' Non farlo da solo'.

Si domandò se V sarebbe stata capace di sopportare fino in fondo, una volta saputa la verità.

 

 

 

 

***

 

- Dov'è che stiamo andando esattamente? - chiese V alla rettiloide, Deletha aveva infine scoperto il suo nome, stringendo la presa sulla torcia che aveva in mano.

- Ti sto portando a vedere una storia – rispose questa camminandole di poco avanti, non aveva bisogno di alcuna luce, lei. I suoi occhi potevano vedere al buio.

- Come si può “vedere” una storia? -

- Solo un po' di pazienza e lo scoprirai – e dopo un altro po' di tempo Deletha parlò ancora – Siamo arrivati – il rumore di qualche passo ed ecco che di colpo tutto venne illuminato da una luce soffusa mostrando nuovamente un'altra grande grotta .

La rettiloide la tirò gentilmente per un braccio e la condusse davanti ad una parete pitturata.

- Anni fa, quando ancora la nostra Madre era ancora molto giovane, accadde qualcosa nel cielo – nel mentre aveva appoggiato una mano sulla parete, che raffigurava in maniera alquanto rudimentale un cielo blu scuro, ricoperto di stelle per poi far scorrere la mano su un altro murale che raffigurava lo stesso cielo di prima, ma illuminato di un rosso fuoco.

- Una esplosione – dedusse V.

- Era qualcosa che mai era accaduto al mio popolo, per qualche istante il cielo fu senza stelle, finché il mio popolo non si accorse che qualcosa stata precipitando verso di loro – durante la narrazione le due si erano ancora spostate, verso la parete raffigurante la superficie di un pianeta dove un qualcosa avvolto dalle fiamme si stava schiantando al suolo.

- Che successe poi? -

- La stella, era questo quello che pensavano che fosse i miei antenati, impattò su una zona desertica lontano dalle nostre tane sotterranee. Bruciò per quasi un giorno intero. Poi le fiamme si estinsero ed alcuni rettiloidi più coraggiosi si avvicinarono al cratere. C'era un uomo che stava venendo loro incontro, fece qualche passo e svenne davanti ai loro occhi impauriti. Lo portarono qui, ma non avevano molte speranze per aiutarlo. Dormì per tre giorni. Quando riprese conoscenza la prima cosa che chiese fu delle condizioni della sua nave. Nessuno l'aveva toccata per paura che potesse in qualche modo esplodere. Ma così non fu Lesthaye che a quel tempo aveva poco più giovane di me, si occupò di lui, portava tanti segreti con se. Così tanti che quelli che condivise con Lesthaye furono sufficienti a metterla nella successione della Madre che stava per andarsene . Lui rimase con noi per un altro mese, e poi sparì facendoci promettere che la cabina sarebbe stata al sicuro e mai toccata -

- Quale cabina ?- V era ancora intenta a cercare qualche nuova pittura.

- Quella cabina blu – indicò Deletha mostrandole, ciò che penombra della grotta nascondeva.

Era una cabina blu, questo risuonò nella testa della ragazza con le parole della giovane rettiloide. V lo guardava rapita, era sicuramente l'oggetto più strano che avesse mai visto. Non sembrava nulla di speciale se ne stava lì a prendere polvere. Ma V non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.

- Tutto bene V? - la rettiloide sembrava allarmata nel vedere lo strano comportamento de l'umana, che aveva cominciato a girare intorno alla cabina.

- Posso toccarla? – V stava stringendo sempre di più i giri, calamitata sempre più verso la cabina.

Non si diede il tempo di sentire la risposta alla sua domanda, ormai arrivata in prossimità della cabina, allungò la mano destra verso la porta della cabina.

Solo un semplice tocco.

Tum-tum...tum-tum.

V ritrasse la mano sconcertata, sotto gli occhi di Deletha -Lo hai sentito vero? È viva-

- Viva?-

Deletha aprì la bocca per rispondere, ma vedendo il Dottore che stava arrivando la richiuse di nuovo.

- Ecco dov'eri! Allora che ne pensi? - il Dottore si avvicinò alla cabina.- È bello rivederti amica mia – ed aprendo le porte della cabina entrò.

V rimase interdetta a godersi la scena, qualche secondo e le porte si aprirono. - Beh? Vuoi entrare o no? -

- Entrare? Non c'è posto per due persone lì dentro – alle parole della ragazza, il Dottore alzò gli occhi spazientito, uscì fuori dalla cabina. Caminando con le sue falcate nervose davanti a lei.

- Ti fidi di me V, solo per una volta? - ancora una volta, l'alieno l'aveva inchiodata con quei suoi occhi azzurri, per V era impossibile negargli una risposta.

Era di nuovo di fronte a l'ennesimo bivio, l'ennesimo di una lunga serie, se avesse continuato a viaggiare con il Dottore.

Ancora una scelta. - Si – risposa la ragazza, prendendogli la mano e farsi trascinare nella cabina.

Salutarono Deletha, che tanto avevano fatto per loro ed entrarono nella cabina blu.

 

***

 

 

 

V di cose ne aveva capite tante, era brava a memorizzare ed a capire codici e nuove tecnologie.

Aveva ingoiato l'esclamazione che di si era bloccata in gola, quando entrando in quella cabina aveva notato che l'interno era molto più grande del'esteno. Aveva osservato il Dottore saltellare contento intorno alla console del Tardis, che non solo era una nave spaziale. Ma aveva la particolarità di viaggiare nel tempo, V gli aveva chiesto se potevano fare un viaggio, per vedere se veramente esisteva una macchina che potesse fare una cosa del genere.

- I circuiti temporali devono essere ricaricati, non è ancora possibile. Per quello dobbiamo fare prima una sosta.L'energia è al massimo, possiamo muoverci. Quindi allacciati alla cintura, si parte! - suggerì il Dottore comincindo ad armeggiare con li tasti della console, il tutto condito da varie esclamazioni del tutto prive di senso per V, della serie ' È bello viaggiare di nuovo con te, amica mia ' che la ragazza non seppe a chi quello strampalato, si stesse riferendo. Quella nave comunque aveva poco di sicuro.

Il problema era che non esistevano delle cinture di sicurezza, così con un rombo ed una serie di potenti scosse, V si ritrovò inchiodata a terra, con la schiena dolorante a causa della caduta.

- Te l'avevo detto di metterti la cintura! -

- Lo avrei fatto più che volentieri, se il tuo Tardis avesse una qualche minima misura di sicurezza!- sbraitò V al limite dell'isteria, cominciava seriamente a pentirsi di aver lasciato la sua tranquilla ed illegale attività di hacker sulla colonia mineraria.

Al Dottore sfuggì una risata liberatoria, alla reazione esagetata della ragazza. Alzò ed abbassò un altro paio di manopole davanti a lui e la nave smise di tremare. - Eccoci qua. Spazio aperto, avanti guarda -

V si rimise in piedi cauta, pronta ad arregersi a qualunque cosa nel caso le scosse fossero ricominciate, e voltò lo sguardo sullo schermo davanti a lei. Lo spazio le si presentava in tutta la sua vastità e tranquillità.

- Vedi? Tutto tranquillo, non è fantastico? - furono le sue ultime parole, prima che il Tardis cominciasse a precipitare.

- Che sta succedendo? -

- Un buco nero, stiamo precipitando al suo interno. - il Dottore non stava facendo una piega.

- Puoi spiegarmi come abbiamo fatto a cacciarci in questa situazione? - Urlò V mentre si teneva ben stretta alla console di pilotaggio. Non si poteva dire lo stesso per il Dottore che cercava invano di riavviare la nave,il Tardis come lui la chiamava, solo che da ormai due minuti non c'era stato alcun segno di accensione.

- I motori sembrano essersi spenti. Non capisco, c'è qualcosa che mi sfugge. Mi sono dimenticato di qualcosa di veramente importante.Solo che non ricordo cosa! - Gli confidò l'alieno dopo l'ennesimo sballottamento, non cambiando tuttavia il suo tono tra il non curante e l'irriverente, che V si era accorta da qualche minuto a quella parte di non riuscire a sopportare.

- Vuoi restare concentrato? È o non è la tua nave? -

- Mia cara V, credo che tu abbia un qualche problema nell'incanalare l'attenzione su cose importanti, i Tardis venivano allevati dal mio popolo. Non erano navi per uso esclusivo, ma per tutti, per questo chiunque di noi era capace di pilotarne uno. Quindi non ne ho mai posseduto uno -

E mentre il Dottore continuava a parlare, un altra scossa li fece stramazzare entrambi a terra.

- Avevi detto che l'energia era a posto! - urlò lei, piantata ancora al pavimento.

- Lo è!- rispose lui allo stesso tono, cercando di tenersi a qualcosa in attesa della prossima scossa.

Qualcosa non era andata come previsto. Il Tardis su cui stavano viaggiando, anzi precipitando, non era una nave di costruzione recente, di questo doveva prenderne atto eppure sembrava che non ci fosse nulla di strano. Erano riusciti ad immettere nella nave energia sufficiente per mettersi in viaggio.

Perché allora il piano non era andato come lui aveva sapientemente previsto? Fortuna che c'era V a dargli un aggiornamento dettagliato della situazione.

- Come accidenti ho potuto darti retta? “Avanti V vieni con me e ti farò vedere l'universo” - scimmiottò lei, ricordando la proposta che lui gli aveva fatto appena aveva aperto gli occhi, dopo la fuga dalla colonia.

- Se solo mi lasciassi il tempo per riflettere, riuscirei a capire cosa non va! - tuonò lui, riuscendo per qualche istante ad ottenere un po' di pace.

-Stiamo precipitando! -

- Pensa, avanti! Cos'è che non va?- si disse il Dottore riguardando per ennesima volta la console in cerca di una risposta.

Poi la folgorazione, era un piccolo tastino color viola melanzana, così piccolo eppure così importante. Si mosse di puro istinto, pigiò il bottone, il Tardis si riattivo i motori ricominciarono finalmente a funzionare, nel giro di qualche secondo furono nello spazio aperto, ben lontani dal buco nero.

Entrambi si guardarono con cautela, rendendosi conto che il pericolo era ormai scampato.

- Visto? Siamo salvi ora – esultò il Dottore arrestando ancora il Tardis.

- Già questa volta – borbottò V prendendo un lungo respiro, cercando di rallentare i battiti del suo cuore che minacciava di uscirle dal petto.

Tutto andava per il meglio, il Tardis si era ormai stabilizzato anche se una rotta non era ancora stata tracciata.

V si sedette accanto al Dottore vicino alla console – Questo sì che è strano. Non ci stiamo muovendo... -

 

 

“Qui è Vala MalDoran, sono il capitano della Omnis. Tirate fuori tutti i vostri averi, state per essere abbordati!”

 

- Abbordati? Una nave pirata? - fu l'ultima cosa che disse il Dottore prima di svenire.

 

 

 

 

Bene! Eccoci qua, con un ritardo impressionante! XD

Dunque dunque, la truppa è finalmente al completo ora che il Tardis è stato recuperato, però il Dottore e V non hanno un attimo di pace, ora ci si mettono pure i pirati.

Che succederà?

Per saperlo dovrete solamente aspettare il prossimo capitolo.

Come sempre vi lascio il il link della pagina facebook: https://www.facebook.com/CristieEfp?ref=hl

 

E della nuova raccolta Sterek su Teen Wolf.


The story of us.

13/05/2013 Avviso

Non pensavo che sarebbe successo proprio a me, fatto sta che è accaduto.
Sono in pieno blocco produttivo, non riesco ad andare avanti e quello che scrivo non mi piace neanche un po', sono passati tre mesi e sono riuscita a scrivere giusto un paio di pagine. Non era quello che avevo in mente per questa storia a l'inizio e di certo voi lettori che seguite questa storie non meritate questo trattamento. Ragion per cui mi ritrovo a dover lasciare incompiuta questa storia.
Mi dispiace, queste poche righe non bastano per esprimere il mio rammarico. Vi prometto che riprenderò quando l'ispirazione sarà tornata ed avrò capitoli sufficienti per aggiornare.
Grazie ancora per la pazienza che avete dimostrato.
A presto, Cristie.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1336656