Time changes everything

di LeftEye
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


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Capitolo uno

Il principe Vegeta si liberò dalla presa di Napa, il suo sorvegliante e insegnante di arti marziali, e corse in direzione del grande giardino che si estendeva oltre la parte posteriore del palazzo reale.

Anche sul pianeta Vegeta c’era la primavera, anche se non tutti erano in grado di apprezzarla a dovere.

Vegeta era ancora abbastanza piccolo da guardare il mondo con occhi avidi di imparare e carichi di sorpresa per ogni cosa nuova che vedevano: non aveva che quattro anni ed era un bambino spensierato, che amava combattere ma anche giocare.

Non si rendeva ancora conto della posizione elitaria che possedeva fin dalla nascita, né capiva perché al suo passaggio tutti gli adulti gli facessero un solenne inchino, ma sapeva di essere un bambino privilegiato.

Per questo non poteva avere contatti con gli altri giovani Sayan.

Lui si allenava da solo con Napa.

Lui mangiava da solo, attorniato da alcuni schiavi silenziosi e pronti a servirlo.

Lui dormiva da solo in una grande stanza riccamente arredata, ma priva di ogni sorta di giocattolo o gingillo infantile.

Lui non aveva mai incontrato la sua mamma, ma aveva l’onore, ogni tanto, di essere portato alla presenza di suo Padre.

Ogni incontro era preceduto da sentimenti di eccitazione, nervosismo e terrore: Vegeta non sapeva mai che cosa avrebbe potuto dirgli suo padre.

Il più delle volte si informava, molto freddamente, di come stessero andando i suoi allenamenti, e se avesse fatto dei progressi; qualche rara volta quegli colloqui duravano poco più del solito perché il Re si dilungava in auspici per il futuro e celati incoraggiamenti.

Gli diceva spesso che un giorno sarebbe diventato il più potente dei guerrieri, perché lui, e solo lui, era il Leggendario Super Sayan ed era destinato a conquistare l’intero Universo e a sottomettere al suo volere ogni popolo di ogni galassia.

Ma al momento Vegeta voleva solo raggiungere il giardino per cercare rane.

Ne trovava sempre giù allo stagno, ne catturava una e poi si sedeva sotto il salice per osservarla da vicino, e restava lì per delle ore.

Infine la riportava vicino all’acqua.

Quel giorno però trovò un intruso seduto al suo posto preferito: una bambina.

Sembrava più piccola di lui, e non era una Sayan: aveva grandi occhi azzurri e capelli dello stesso colore, raccolti in due codine laterali, la pelle lattea, la bocca piccola e rosea e guance paffute.

Indossava abiti che Vegeta non aveva mai visto addosso alle donne Sayan, tutte guerriere, né alle schiave del palazzo.

Il vestito che portava era candido, e decorato da disegni di ciliegie purpuree: decisamente troppo vivace.

La bambina sconosciuta stava giocando con dei sassi, che aveva ammucchiato fino a creare una piccola costruzione.

Vegeta le si avvicinò sospettoso; lei sollevò lo sguardo verso di lui, gli sorrise e poi continuò a giocare indisturbata.

«Chi sei?» la interpellò il piccolo principe.

«Bulma» rispose lei senza smettere di maneggiare i sassi. «Tu sei un bambino?»

Vegeta si sentì profondamente offeso da quella domanda così sfacciata.

«No, io sono un principe» rispose con orgoglio. «E questo è il mio albero.»

«Non è vero!» ribatté indispettita Bulma. «Questo albero è di tutti!»

«E invece no, è mio perché io sono il principe. E se vuoi stare qui ti devi inchinare.»

«Non so cosa vuol dire» rispose tranquillamente la bimba. «Ma ora sto giocando; vuoi giocare con me?»

«No!» esclamò disgustato Vegeta. «Voglio che te ne vai!»

La bimba sbuffò ma non si mosse, e il principe si arrabbiò ancora di più, così decise di passare alle maniere forti.

Con un calcio, distrusse la costruzione di sassi di Bulma.

Lei spalancò gli occhi, sconvolta, ma non disse nulla: rimase lì a fissare il suo lavoro, creato con tanta fatica, abbattuto in un attimo.

Poi la sua espressione di stupore si trasformò in rabbia, prese uno dei sassi e lo lanciò addosso a Vegeta, colpendolo in testa e facendolo cadere per terra.

«Bambini!» strillò allora una voce femminile.

Li raggiunse una serva, la balia di Bulma.

Quando vide cos’aveva fatto, e a chi l’aveva fatto, fu colta da un attacco di panico: lei stessa avrebbe passato molti guai per questo, forse avrebbe pagato perfino con la morte.

Colpire il figlio del Re era il modo migliore per scavarsi la fossa da soli.

E tutto per colpa della mocciosa di cui si doveva occupare.

Avrebbe dovuto controllarla meglio, ma sembrava una bimba così tranquilla, non avrebbe mai immaginato che potesse comportarsi così…

Evidentemente il principino l’aveva spinta a reagire in modo così aggressivo.

«Bulma! Ti rendi conto di quello che hai fatto?!» esclamò disperata prendendo in braccio la bambina.

Si era allontanata un po’ per raccogliere dei fiori, li aveva visti litigare ma non li aveva raggiunti abbastanza rapidamente.

«Lo sai che sarò io a pagare per te??»

Avrebbe dovuto schiaffeggiarla, ma non poteva e non voleva, non poteva perché era la figlia dei suoi padroni, e non voleva perché in fondo era affezionata a quella bimba, la conosceva e sapeva che aveva reagito solo a una provocazione.

«Donna!» una voce maschile profonda e minacciosa la fece sussultare. «Che diavolo succede?»

Era Napa, uno dei guerrieri più vicini alla Corona, tutti lo conoscevano per il suo carattere facilmente irritabile.

La schiava abbassò umilmente lo sguardo e rispose tremante:

«Sono desolata. La figlia del mio padrone ha colpito Sua Altezza. Sono desolata.»

Napa lanciò un’occhiata di disappunto a Vegeta, che era seduto per terra, ancora scombussolato dall’accaduto.

«Perché l’ha colpito?»

«Ha rotto il mio castello di sassi!» piagnucolò Bulma.

«Perché tu non volevi andare via!» ribatté il principe.

«Io non voglio andare via! Tu non sei il padrone di tutto!» protestò la bimba.

«Sì che lo sono!»

Ed era così.

«Ora basta!» ringhiò Napa. «State zitti tutti e due!»

I bambini tacquero all’istante.

Napa fece un respiro profondo e cercò di riacquistare la calma.

«Chi è questa mocciosa?» chiese alla schiava.

«E’ la figlia del dottor Briefs, lo scienziato che lavora per il Re. E’ la prima volta che incontra un bambino della sua età, mi dispiace tantissimo, sono pronta a pagare per quello che ha fatto…»

«Piantala di lagnarti!» la zittì Napa. «Non ti succederà niente, perché non è successo niente di grave. Vegeta, che questo ti serva da lezione: è una vergogna farsele suonare da una femmina, e per di più Terrestre! Se lo sapesse tuo padre ti ripudierebbe all’istante!»

Il bimbo fu colpito duramente da quelle parole, e provò un immediato sentimento di odio nei confronti della bambina, che lo fissava con altrettanto astio.

«Ti prego, non dire niente a mio Padre» supplicò.

Napa parve pensarci su, ma sapeva già esattamente cosa fare.

«No, non gli dirò niente. Ma tu devi fare una cosa in cambio. E anche tu» disse indicando la schiava. «Come ti chiami?»

«Melianna» rispose timidamente la giovane donna.

«Bene, Melianna, penso che i mocciosi debbano passare un po’ di tempo insieme.»

«Non voglio!» strillò Bulma, e Vegeta mise il broncio. «Lui è cattivo!»

«Perché dovrebbero passare del tempo insieme?» chiese la schiava.

«Sono gli unici mocciosi che ci sono a Corte, hanno tutti e due un bel caratterino… gli farebbe bene confrontarsi tra coetanei.»

«Niente da fare» Melianna scosse la testa. «Sua Altezza è un Sayan mentre Bulma è una Terrestre, potrebbe farle del male.»

«Non sarà così… perché altrimenti io farò quattro chiacchiere con il Re, vero Vegeta?» disse Napa in tono ben poco simpatico.

A lui non interessava un bel niente di far socializzare i due bambini; ciò a cui mirava era Melianna.

Ma dal momento che era assolutamente vietato toccare le schiave altrui, aveva deciso di escogitare questo giochetto perché fosse lei a toccare lui, dopo aver preso un po’ di confidenza.

La donna ci rifletté sopra, e poi accettò.

Avere un amico non poteva che far bene alla piccola Bulma, era sempre da sola…

La bimba non smetteva di fissare Vegeta, e lui di fare il broncio.

Prima che si allontanassero ognuno per la propria strada, si fecero una sberleffa.

«Andiamo, principe da quattro soldi» incalzò Napa riconducendolo a palazzo. «Fra quattro giorni arriva il nuovo alleato di tuo padre, Lord Freezer, e se sarai fortunato ti prenderà come suo allievo. E’ un grande guerriero, anche se non è un Sayan. Ma se ti chiede come ti sei fatto quel bernoccolo, rispondigli che hai combattuto contro una terribile creatura.»

«Quella là è una terribile creatura» sbuffò Vegeta.

 

 

Erano sei mesi che non lo vedeva più.

A Bulma mancava tantissimo.

Era vero che la prima volta che aveva visto Vegeta  non era stato un incontro fortunato, si erano odiati a vicenda, ma poi, grazie a quegli incontri pomeridiani, che servivano a Napa per sedurre Melianna, erano diventati amici.

In un certo senso.

Compagni di giochi, era meglio definirli, dal momento che litigavano sempre.

A Vegeta era stato imposto di non fare del male a Bulma, così lei se ne approfittava  per lanciargli addosso qualcosa ogniqualvolta  ve n’era l’occasione.

Tanto, lui ne usciva sempre incolume: ci voleva ben altro per fargli del male.

E quel qualcos’altro non tardò ad arrivare: con l’entrata in scena di Lord Freezer molte cose erano cambiate.

Innanzitutto, era stato aggiunto un secondo trono, accanto a quello del Re, e molti soldati Sayan erano dovuti passare al comando dell’alleato alieno.

“Come segno di benvenuto.”

Lo stesso principe Vegeta, come era stato previsto e sperato, era passato sotto la protezione di Freezer e ora si sottoponeva a severissimi e stremanti allenamenti.

Napa non aveva più alcuna autorità su di lui, il suo ruolo si era ridotto a quello di semplice “collaboratore”.

Nessuno sapeva come funzionassero gli allenamenti speciali, dal momento che si tenevano in una stanza lontana dagli occhi di tutti, ma dopo ogni sessione Vegeta ne usciva gravemente ferito.

Ben presto non ci fu più tempo per le scorribande in giardino con Bulma.

Vegeta aveva da poco compiuto cinque anni, e il suo carattere era cambiato totalmente.

Il suo sguardo non era più vivace, ma freddo e impenetrabile, tanto che i suoi occhi sembravano quelli di un adulto che aveva già visto molte delle crudeltà della vita.

Ma Bulma ancora non lo sapeva, dal momento che non aveva più avuto l’occasione di incontrarlo.

E presto anche lei dovette partire per un altro pianeta, per iniziare la sua formazione scolastica.

Lei e Vegeta non si sarebbero più visti per molto, molto tempo.

 

 

 

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Capitolo 2
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Capitolo due

Bulma attese con impazienza che il portellone dell’astronave si aprisse per lasciarla uscire.

Scese le scalette di ferro e finalmente si poté guardare intorno: Vegeta, il pianeta dove aveva trascorso la sua infanzia.

Strano che non lo odiasse, dal momento che, appena nata, era stata portata via da un pianeta decisamente più bello, la Terra, colorato, fresco, solare.

Al contrario, lei amava comunque Vegeta, si sentiva più a casa lì che non sull’azzurro pianeta.

Lì aveva trascorso gli anni più spensierati della sua vita, ancora non stressata dai mille impegni scolastici che tenevano sempre impegnata la sua mente geniale.

Un po’ in solitudine, ma non del tutto.

Non pensava che ci sarebbe stato qualcuno ad attenderla: suo padre era sempre impegnato nel suo laboratorio e sua madre era troppo svampita per ricordarsi che quel giorno avrebbe rivisto sua figlia.

Quanto tempo era passato?

Cinque anni, dall’ultima volta che aveva visto i suoi genitori.

Era stato per Natale, erano venuti a trovarla con un permesso speciale, sul pianeta in cui stava portando a termine la sua quarta specializzazione, in biogenetica.

Erano rimasti solo per pochi giorni ma li avevano sfruttati appieno: avevano passeggiato per il centro della capitale, fatto acquisti, e trascorso assieme tutto il tempo possibile.

Sua madre si era dispiaciuta che avesse lasciato i corsi di danza e di violino ma, come aveva commentato il dottor Briefs, ora era giunto il momento per lei di dedicarsi soltanto alla scienza.

Da piccola aveva sviluppato le sue doti artistiche, che però non avrebbero mai equiparato quelle scientifiche: danza classica, violino, pianoforte, disegno, equitazione.

Per la piccola Bulma era stata solo un’infinita serie di passatempi, ed era stata lieta di passare, a dieci anni, allo studio della scienza.

Senza ombra di dubbio era tale e quale a suo padre.

E da quanto non vedeva il pianeta Vegeta?

La bellezza di vent’anni.

Santo cielo, quel numero la faceva sentire terribilmente vecchia!

Aveva quasi un quarto di secolo e si sentiva decrepita!

Ringraziava i suoi genitori per averle permesso di avere una formazione così completa, ma a volte si chiedeva se non si fosse persa qualcosa.

Nei vari pianeti in cui aveva studiato si era fatta molte amiche, avendo frequentato solo scuole femminili, ma non aveva mai avuto quella che sia chiama un’amica del cuore.

Non aveva mai partecipato a feste, le sue serate le trascorreva immersa nei suoi magnifici libri di scienze e chimica, magari ingegneria.

Non era mai andata a nuotare con le compagne di scuola, temendo che il sole rovinasse la sua pelle candida e i libri di biogenetica che avrebbe voluto portarsi appresso.

Non aveva mai accettato l’invito a cena di un ragazzo, quei pochi che aveva conosciuto, temendo che non fosse all’altezza della sua intelligenza, o peggio, che lui la superasse in genialità e che la facesse sentire stupida.

E così la sua infanzia e la sua adolescenza erano volati in un secondo, senza che lei se ne accorgesse.

Ora che aveva portato a termine i suoi studi, avrebbe seguito le orme del padre e avrebbe lavorato per il Re dei Sayan.

E forse anche per il Principe?

Lo ricordava, eccome se lo ricordava.

La sua unica amicizia infantile, il suo primo scontro con l’altro sesso, la sua prima esperienza di amore/odio.

Vegeta.

Rideva ancora a crepapelle, ripensando al loro primo incontro.

Gli aveva tirato un sasso in testa!

Solo dopo molto tempo si rendeva conto del guaio che aveva potuto far passare alla sua balia, la povera Melianna.

Chissà come aveva convinto Napa a non denunciarla… questo proprio non lo ricordava.

Con sua sorpresa, c’era una persona ad attenderla, ed era proprio Melianna.

Bulma l’aveva sempre ammirata per la sua bellezza, ma non si aspettava che anche col passare degli anni il suo fascino e la sua freschezza non sarebbero sfioriti.

Portava ancora i capelli lunghi legati in una semplice treccia, non un filo di trucco (non si addiceva alle serve), abiti umili e comodi.

Quando la vide, sorride dolcemente e le corse incontro con le lacrime agli occhi.

Le si gettò al collo abbracciandola forte e nascondendo il suo viso tra la spalla e il collo, come faceva da bambina.

«Signorina Bulma! Quanto mi siete mancata!» esclamò commossa la balia.

«Ti prego Melianna, niente formalismi, lo sai che sei come una seconda mamma per me!»

Si tennero abbracciate e si baciarono sulle guance, poi si diressero fuori dall’hangar, verso gli alloggi dei signori Briefs a Palazzo.

Molte cose erano cambiate sul pianeta, sfortunatamente, in peggio.

Bulma ebbe modo di constatare con tristezza lo stato di degrado della capitale: gente che dormiva per le strade, donne che facevano l’elemosina tenendo strette al collo i loro bambini, infagottati con sudici stracci, abitazioni semidistrutte, carcasse di animali in mezzo alla strada e lasciati a decomporsi senza che nessuno se ne preoccupasse.

Che fine aveva fatto il fiero, ricco e fiorente pianeta Vegeta, la patria dei guerrieri più alteri dell’Universo?

Quando giunsero alla strada principale, Bulma capì: ovunque svolazzavano vessilli reali, che però portavano uno stemma diverso da quello della casata di Re Vegeta.

Era quello di Lord Freezer.

Il potere era in mano a lui, ora?

Melianna le confermò i suoi sospetti chinando il capo tristemente.

«Ma non è bene parlare di queste cose per strada, qualcuno potrebbe sentirci» bisbigliò con fare circospetto.

Arrivate nei pressi del Palazzo dovettero superare molti controlli da parte di guardie che non erano Sayan ma che portavano la loro uniforme.

Finalmente vennero fatte passare ed entrarono nella zona riservata agli alloggi dei sudditi alieni.

Con un po’ di delusione Bulma scoprì che né suo padre né sua madre si trovavano lì, dunque decise di cercarli, sempre accompagnata da Melianna.

«Sono cambiate molte cose, qui, è meglio se non giri da sola per i corridoi del Palazzo.»

La madre era chissà dove, ma il dottor Briefs si trovava sicuramente nei laboratori, che si potevano raggiungere passano per le stanze dell’allenamento dei Sayan.

I corridoi erano affollati perché era il momento della pausa, ed era difficile muoversi tra tutti quegli omaccioni muscolosi, soprattutto senza ricevere qualche commento poco gradevole.

Bulma non si accorse subito di lui, lo vide una prima volta di sfuggita e non era certa che si trattasse proprio di lui.

Ma quella capigliatura era riconoscibile tra le mille altre folli e folte capigliature dei Sayan: era rimasta la stessa che aveva da piccolo, com’era normale per quelli della sua razza.

Ma fu solo per una frazione di secondo, e poi venne trascinata avanti da Melianna.

******

Santo ciuelo quante recensioni! Sono davvero contentissima! Vi ringrazio davvero tanto!

E in particolare

Vegeta83: spero, con questa fanfic, di aver dato l'ispirazione ad altri autori per una "non-intervista"... ce ne sarebbe bisogno!!

Hotaru_Tomoe: ho pensato per settimane a questo episodio, dovevo a tutti i costi inserirlo in una fanfiction con Bulma e Vegeta, e alla fine ho trovato il modo adatto!

bambi88: grazie roby, posso sempre contare sul tuo appoggio e sul tuo apprezzamento e questo mi fa molto piacere

ecstayandwine: addirittura una delle più originali?! Ti ringrazio! Di sicuro anche il tuo nick è molto originale!

Fante: povero Napa, io l'ho sempre considerato uno stupidotto, è ora di rivalutalro... un po' di cervello per accalappiarsi le ragazze ce l'ha!!

Come vedete ho aggiornato presto, ma non posso promettervi altri aggiornamenti immediati, mi aspetta una (ma anche due) settimane d'inferno a scuola!!

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Capitolo 3
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Capitolo tre

 

«Papà?»

«Un momento, sono occupato.»

Il dottor Briefs ci impiegò un paio di secondi per rendersi conto che nessuno dei suoi collaboratori l’avrebbe chiamato “papà” e per voltarsi a guardare l’amata figliola.

«Bulma, sei tornata!» esclamò meravigliato e felice, abbracciandola.

«Sapevo che te ne saresti dimenticato, ma è meglio così, sono contenta di averti fatto una sorpresa!»

«Sai com’è, ho un sacco di lavoro, e di questi tempi, se non porto a termine i miei incarichi rischio grosso… ma che dico, è colpa mia che sono il solito smemorato!» la buttò sul ridere lo scienziato notando lo sguardo allarmato della figlia. «Mai quanto tua madre, del resto. Lei non ha niente da fare tutto il giorno, e scommetto che anche lei si è scordata del tuo arrivo!»

«Esatto. Solo la cara Melianna se n’è ricordata. Ma davvero, non è niente di grave!»

Dopodiché il padre si informò del viaggio e dei risultati degli ultimi esami della figlia, poi dovette congedarsi perché, come aveva detto prima, aveva un mucchio di lavoro da fare e scadenze da rispettare.

«Tu intanto vai a cercare tua madre, fai un giro e vai a salutare le vecchie conoscenze. Ci vediamo stasera a cena» assicurò, ma Bulma sapeva che non l’avrebbe visto almeno fino al giorno successivo.

Conosceva bene suo padre: avrebbe lavorato fino a notte fonda.

Lei e Melianna uscirono dai laboratori e percorsero la stessa strada, stavolta meno affollata di prima.

Passarono davanti alle grandi stanze per l’allenamento e per la seconda volta lo vide.

Senza alcun dubbio era lui, Vegeta.

Il Principe Vegeta.

Stava parlando, anzi no, stava impartendo degli ordini o rimproverando dei soldati – non si capiva bene, ma il suo cipiglio non dava dubbi sul fatto che non fosse di buon umore –, tenendo le braccia incrociate al petto in una posa severa e autoritaria.

Bulma lo osservò per qualche secondo, affascinata da come i suoi lineamenti si fossero fatti più duri e marcati (lo ricordava col faccino paffuto e imbronciato), poi arrossì di colpo quando lui si voltò improvvisamente verso di lei.

Le parve che le avesse lanciato un’occhiata di fuoco, ma sorrise imbarazzata e abbozzò un cenno di saluto con la mano, sperando che lui si ricordasse.

Il Sayan la guardò impassibile ancora per qualche istante, senza dar cenno di volersi avvicinare, poi si voltò di nuovo verso i suoi impauriti interlocutori e non la degnò più di uno sguardo.

«Ti prego, signorina Bulma, andiamocene di qui» la supplicò Melianna prendendola per il braccio. «Il Principe non vuole che chi non è un guerriero giri da queste parti.»

«E per quale motivo?» chiese stupita la ragazza.

«Gli diamo fastidio.»

«Ma… è proprio lui, Melianna? Vegeta?»

«Sì, signorina, è proprio lui. E’ cambiato molto, in questi anni. E’ diventato orgoglioso e autoritario.»

«Beh, lo è sempre stato!» esclamò divertita Bulma.

«E’ diventato ancora peggio: è l’uomo più crudele e senza scrupoli che abbia mai conosciuto. Nessun essere su questo pianeta lo supera in malvagità, a parte Freezer, ovviamente.»

«Freezer, sempre Freezer, cosa diavolo ha combinato su questo pianeta? Ma non era un semplice alleato?»

«Da quando è arrivato ha sempre influenzato le decisioni politiche del Re, e quando lui è morto, pochi mesi fa, ha preso in mano del tutto il potere.»

«Il Re è morto?! Perché non sono stata informata di una notizia così importante?» chiese Bulma al colmo dello stupore.

«Siamo in dittatura, signorina, e non si può parlare in libertà… i tuoi genitori avranno pensato di tenerti lontano da queste losche faccende. In fondo, loro desiderano tornare al più presto sulla Terra.»

«Strano che il Principe non abbia cercato di prendersi la corona, dal momento che è ciò che gli spetta» commentò pensierosa la ragazza.

 

 

 

 

 

Detestava il momento della pausa.

Era un’ inutile perdita di tempo, anche se doveva ammettere che lui stesso, a una certa ora, non riusciva più a dare il meglio di sé in combattimento, a causa dello stomaco vuoto.

Ma venti minuti erano anche troppi.

E poi in corridoio si accalcava una massa di soldati ingordi e cialtroni, che urlavano e si spintonavano come mocciosi, e questo lui non lo tollerava.

Un soldato doveva comportarsi come tale in ogni momento della giornata, era questo che gli era stato insegnato ed era questo ciò che pretendeva dai suoi uomini.

Erano anche troppo fortunati ad avere lui come comandante: ogni punizione che impartiva gli sembrava sempre troppo clemente, in confronto a quello che aveva subito lui da piccolo e durante gli anni dell’adolescenza.

Ne portava ancora i segni su tutto il corpo, ma almeno erano serviti a farlo diventare l’uomo che era.

Il più forte guerriero del pianeta.

Temuto.

Rispettato.

Odiato.

Qualcosa lo distolse dai suoi pensieri.

Gli parve di aver visto qualcosa di diverso dal solito, in mezzo alla folla di soldati: capelli azzurri.

Si scostò per vedere meglio e la riconobbe: lei, la piccola Terrestre.

Se la ricordava perfettamente.

Aveva una pessima memoria per i nomi, e ne dava poca importanza, ma quello di lei non era mai scomparso nella sua mente. Forse era stato accantonato per molti anni, ma mai cancellato.

Bulma.

Istintivamente si portò una mano alla fronte, e si toccò una piccola cicatrice sopra la tempia, l’unica che avesse sul viso, ma che non lo deturpava affatto. Era a malapena visibile agli occhi della gente, ma lui sapeva con esattezza dove si trovava e quale forma avesse, perché il momento in cui se l’era procurata era fissato nella sua memoria.

Non aveva pensato nemmeno a questo per molti, molti anni, ma ora che aveva visto di nuovo lei, gli era subito tornato alla mente.

Non sapeva che fosse tornata.

Da un lato sperava che non si ricordasse di lui.

Non gli avrebbe causato altre perdite di tempo.

Tutti ripresero i loro allenamenti, ma due soldati arrivarono in ritardo e questo lo fece inferocire.

Li trattenne fuori lanciando loro gli improperi e le offese più dure e umilianti che gli venissero in mente, pensando a quale punizione infliggere loro, quando lei passò nuovamente.

Fece finta di niente, ma con la coda dell’occhio si accorse che lo stava fissando.

Ciò lo infastidì, così si voltò di scatto, rendendosi conto solo dopo del terribile errore che aveva commesso: lei gli sorrise debolmente e lo salutò con la mano, in modo un po’ impacciato.

Dunque ricordava…

Odiosa, piccola Terrestre.

Ignorò il suo cenno di saluto e tornò ad ignorarla.

*****

NdLeftEye: mamma mia, continuo a stupirmi per tutte queste recensioni! Siete davvero molto gentili, sono contentissima!

Fante: hai bisogno di un esorcista?! Visto, pur seguendo i tuoi consigli (o è meglio dire quelli di tua madre? XD) sono riuscita a scrivere subito questo terzo capitolo; spero solo che anche il quarto giunga in fretta! ç_ç

Hotaru_Tomoe: mi serve sempre qualcuno che commenti la parte stilistica di una mia fanfiction, e le tue recensioni mi sono molto utili. Ora sono sicura di avere uno stile accettabile!

Topy: sì, Bulma è volutamente OOC, è stato un mio errore non segnalarlo prima. Non mi dispiace di questa scelta, ma se ci penso ora credo che la storia avrebbe funzionato lo stesso mantenendo una Bulma frivola e mondana. Pazienza, ormai la tengo così, spero che non dispiaccia a nessuno, in ogni caso cercherò di mantenere il suo carattere allegro, ciarliero e petulante!

Heleamicachips: eccome se Vegeta è cambiato! In peggio, ma noi lo amiamo così ^_^'

Un grazie e un bacio a tutti quelli che recensiscono!

LeftEye

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Capitolo 4
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Capitolo quattro

Non ci poteva credere, non l’aveva riconosciuta.

Ma come si permetteva, quel cafone, di dimenticarsi di lei?!

L’aveva guardata con una tale indifferenza… eppure per un attimo aveva creduto che Vegeta l’avesse riconosciuta…

Evidentemente si era sbagliata.

Evidentemente Vegeta era cambiato più di quanto Bulma immaginasse e Melianna non aveva esagerato nel raccontare i fatti avvenuti negli ultimi vent’anni.

Decise di pensare a qualcos’altro.

Era tornata a casa per prendersi una lunga vacanza, ma non aveva la minima idea di cosa fare.

«Melianna, si fanno delle feste qui nella capitale?»

Era ora di godere un po’ della sua non ancora sfiorita giovinezza.

La serva la guardò ad occhi spalancati, stupita per la domanda insolita.

Ma decise di rispondere:

«In verità, sì. Sarebbe vietato, ma ci sono delle feste. Basta solo scoprire dove si svolgono e chiunque ci può andare. Dicono che sono molto divertenti.»

La curiosità di Bulma aumentò:

«Chi lo dice?» volle sapere.

«Ho sentito dei soldati che ne parlavano, ma se fossi in lei non mi avvicinerei neanche a loro. Hanno tutti un tale caratteraccio!»

«E… che ne dici se chiedessi a Napa?» azzardò la ragazza, e al pronunciare di quel nome la serva arrossì violentemente.

«No, nemmeno a lui!»

«Perché? Eravate in così buoni rapporti quando ero piccola… mi riconoscerà, no? Ricordo che aveva tassativamente vietato a Vegeta di farmi del male!»

«Sì, ma… io non lo voglio vedere! Vi prego, se proprio gli volete parlare, non portatemi con voi!»

Bulma rimase sorpresa da quelle supplica.

«Perché? Cosa ti ha fatto?»

«Lui, beh… si è approfittato di me, da vigliacco!» esclamò furiosa Melianna.

«Santo Cielo! Ma non l’hai denunciato?!»

«No, ma che avete capito? Mi ha fatto credere di provare qualcosa per me, e invece… mi ha solo preso in giro!» spiegò la balia, facendo riaffiorare alla memoria vecchie ferite.

«Mi dispiace tanto, Melianna…» sospirò Bulma. «All’epoca non mi rendevo conto che tu fossi innamorata di lui. Ciò che ti ha fatto è stato veramente da vigliacchi, ma voglio parlare ugualmente con lui. Magari mi permetterà anche di incontrare Vegeta…» ipotizzò speranzosa.

«Non saprei, ormai Napa non è più il suo tutore, non lo è più da tanto tempo. Diciamo che è solo un semplice galoppino di corte!» sghignazzò la donna.

«E non vede mai Vegeta?»

«Non lo so. A dire la verità, il Principe se ne sta sempre per i fatti suoi, non ha molti rapporti con gli altri soldati, che peraltro, lo temono e gli stanno più alla larga possibile. Avete visto come stava rimproverando quei due, prima…»

 

 

 

 

Napa se ne stava in panciolle al sole, come una lucertola, al di fuori delle mura del Palazzo.

Non aveva niente da fare e questo ormai accadeva molto spesso, negli ultimi anni.

A lui andava benissimo così.

Tutti i soldati che aveva addestrato in gioventù, lo avevano superato di gran lunga e lui, con gli anni, aveva perso importanza.

Non gli venivano affidate molte missioni, più che altro si occupava di burocrazia e di spartire i compiti ai Sayan più giovani che andavano in missione per la prima volta, nient’altro.

Aveva anche messo su un po’ di pancetta perché non si allenava più spesso come prima.

Era sempre stato un gran pigrone, e ora aveva la possibilità di dare sfogo a questa sua qualità…

Inoltre, guadagnava qualche soldo con attività poco legali, in quel periodo, tipo commercio di alcool e sostanze stupefacenti, ma soprattutto, si occupava di quelli che venivano chiamati i “banchetti”.

In grandi stanzoni sotterranei, case private, vecchi magazzini, venivano organizzate delle feste che oltrepassavano il limite dell’osceno, e dove tutto era possibile: vi si aggiravano prostitute, travestiti, contrabbandieri, spacciatori, giocatori d’azzardo, ma soprattutto, cospiratori.

Erano stati chiamati banchetti perché accanto a questi stanzoni dove la musica era talmente alta e violenta da farti scoppiare i timpani, si svolgevano delle riunioni, a cui si facevano brindisi alla potenza della razza Sayan, alla morte di Freezer, alla nascita di un nuovo governo...*

«Napa!» gridò improvvisamente una giovane voce femminile.

Chi diavolo osava disturbarlo?!

«Chi sei? Che cacchio vuoi?» rispose malamente voltandosi, e trovandosi davanti una giovane ragazza dai capelli azzurri, molto carina.

In tutta la sua vita aveva conosciuto una sola persona con quella fisionomia, ma non ricordava bene chi…

«Sono Bulma, non ricordi? La figlia del dottor Briefs!»

Ah, ecco.

La piccola peste che aveva tirato un sasso in testa al Principe Vegeta.

Chissà se lui sapeva che era qui… no, conoscendolo si sarebbe fiondato direttamente da lei per ammazzarla e vendicare il torto subito in gioventù.

«Che vuoi?» sbottò infastidito.

«Vedi, sono tornata da poco, da poche ore, a dire la verità, e mi piacerebbe divertirmi un po’… mi hanno detto che tu sai di alcune festicciole…» disse la ragazza ammiccando.

«Ti hanno detto male» rispose secco Napa, voltandosi dall’altra parte.

«Beh, io mi fido di quel che mi dice la mia balia.»

«La tua balia? Melianna, intendi?» chiese l’omaccione con una certa curiosità.

«Sì, proprio lei…»

«E’ un po’ che non la vedo, come sta?»

«Bene, ma è arrabbiata con te; si può sapere cosa le hai fatto?!» lo accusò Bulma.

«Niente, eravamo amici, e poi all’improvviso lei non ha più voluto vedermi.»

«Se tu mi dici dove fanno queste feste, io potrei organizzarti un incontro con lei per farvi fare pace…» propose la ragazza sapendo che quello scambio gli sarebbe interessato.

Lui si portò una mano sotto il mento, pensieroso.

«Sì può fare. Ma ti avverto: quelle non sono “feste” che si addicono a una ragazza come te, se ti cacci nei guai non voglio prendermi alcuna responsabilità, è chiaro?»

«E’ chiarissimo!» esclamò allegramente Bulma.

«Una sola cosa: vedi di andarci accompagnata.»

 

 

****

 

NdLefteye:

-lillax, ichigo, sweeterika, Heleamicachips, Nihal91: grazie di cuore, siete molto gentili!

-Fante: hai gli esami, quindi?? No, non trasformarti in un lavoratore modello!!

-Shia: sto cercando di mantenere la linea dei fatti di Dragonball, per questo Vegeta non è diventato re, però, chissà…

-bambi88: Vegeta a volte sa sorprendere le persone, non è vero?! Ha anche una memoria a lungo termine!!

-Elisa: la tua recensione mi ha commossa, davvero. E’ una delle più belle che abbia mai ricevuto, è un onore per me! Non so mai fino a dove mi spingo, con i personaggi, per questo ho messo l’avvertimento OOC, per sicurezza. Ti ringrazio moltissimo per la tua preziosa recensione, mi ha dato conferma che (fortunatamente), anche dal punto di vista stilistico me la sto cavando bene. ^_^

Alla prossima!

 

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Capitolo 5
*** 5 ***


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Capitolo cinque

Una gonna.

No, non poteva rischiare di essere violentata il suo primo giorno di libertà.

Meglio qualcosa di più comodo e meno appariscente.

Un paio di jeans sarebbero stati l’ideale.

Anche se, pensandoci bene, avrebbe potuto osare, dal momento che sarebbe stata accompagnata al banchetto da Kaarot, un Sayan di terza classe che aveva sposato una Terrestre amica di Melianna.

A quanto pareva era un Sayan un po’ insolito, diverso dagli altri, perché da piccolo aveva sbattuto forte la testa e un trauma cranico gli aveva modificato il carattere.

Era diventato docile, affabile e un tantino ingenuo.

Tanto dolce da conquistare il cuore di Chichi, una giovane domestica Terrestre con la sindrome di mamma chioccia.

Dopo la cena con i suoi genitori, Bulma si ritirò nel suo appartamento, adiacente a quello dei genitori, e attese che Kaarot venisse a bussare alla sua porta.

Come previsto, egli si presentò alle undici in punto, portando con sé una sacca.

«Ciao! Chichi mi ha detto di portarti questo, è un vestito» disse sorridente.

«E’ stupendo, ma perché devo metterlo?» chiese Bulma, stupita, osservando l’abito di seta nera, lungo fino al ginocchio ma con una profonda scollatura a V. «Non darà un po’ troppo nell’occhio?»

«Le donne che frequentano i banchetti sono solo di due tipi: prostitute e guerriere» spiegò allora il Sayan. «Le seconde non smettono mai la loro divisa, le prime sono vestite poco, o per niente. Poi c’è qualche straniera come te che non è né una guerriera né una prostituta, e per evitare di essere assalita indossa abiti eleganti come questo. La mia Chichina dice che è un abito di classe e che ti starà d’incanto!»

Allora Bulma andò a cambiarsi e pochi minuti dopo erano in partenza.

Il banchetto di quella settimana, disse Kaarot, si sarebbe svolto fuori città, in una ex fabbrica di scouters.

Dall’esterno non si sentiva alcun rumore: il magazzino era grande e appariva buio e silenzioso.

Ma bastò varcare l’ingresso laterale per immergersi in un vero e proprio rave: Bulma e Kaarot vennero investiti da un forte e ritmico “tum tum” di musica elettronica e i loro occhi faticarono ad abituarsi alla luce rossa che inondava l’enorme stanzone, saturo di gente.

Si faceva fatica a respirare e c’era odore di fumo, di vino e sudore.

C’erano persone di ogni razza, ma per la maggior parte giovani, sedute o distese su bassi divanetti a bere o compiere atti che in altri luoghi pubblici sarebbero stati perseguibili per legge, e in piedi a ballare o ad urlarsi contro.

C’era un lungo bancone allestito per l’occasione, su cui erano messe in bella mostra decine di bottiglie di liquori e alcolici vari, insieme a ballerine mezze nude che ballavano in modo molto provocante, così rapite dalla musica che probabilmente erano sotto effetto di sostanze stupefacenti.

Kaarot pareva più sconvolto di Bulma:

«Non mi aspettavo esattamente questo…» le urlò all’orecchio.

«Nemmeno io! Ma sto cercando un’altra cosa.»

«Cosa?»

«Una stanza per i brindisi.»

«Uh?» Kaarot parve non capire.

Anche lui era all’oscuro del vero significato dei banchetti.

«Intanto vado a prendermi qualcosa da bere!» esclamò la ragazza sfuggendo velocemente alla vista del suo accompagnatore.

Al bancone ordinò una bevanda poco alcolica che le ricordava la birra terrestre e sorseggiandola lentamente si dedicò a osservare l’intero locale e le facce dei presenti, in cerca di qualcosa di particolare.

Squadrava tutti analizzando il loro comportamento, finché non incrociò lo sguardo con un paio di seducenti occhi scuri.

Un ragazzo dai capelli neri e con il volto solcato da una profonda cicatrice la stava fissando interessato, nonostante avesse sulle ginocchia una bella ragazza bionda ben poco vestita.

Malgrado la cicatrice che gli attraversava l’intera guancia, il giovane era di bell’aspetto e quel segno non deturpava affatto la sua bellezza.

Indossava una maglia senza maniche e per questo Bulma notò subito che aveva un fisico muscoloso, ma non era un Sayan, perché non portava alcuna uniforme e non c’erano code nei paraggi: di solito loro la tenevano sempre attorcigliata in vita, quando non era di alcun utilizzo.

La ragazza, imbarazzata da quello scambio di sguardi così insistenti, si voltò dall’altra parte, non sapendo cosa fare.

Pensò di ritornare da Kaarot, che di sicuro la stava cercando, ma appena posò il bicchiere sul banco vide una mano posarsi accanto alla sua e, voltandosi, si trovò davanti il ragazzo con la cicatrice.

«Ciao» la salutò con fare suadente. «Sei Terrestre?»

«Sì» rispose timidamente Bulma. «Anche tu?»

Lui annuì, sorridendo, e lei pensò che non le sembrava un tipo pericoloso.

«Sono Yamcha» aggiunse porgendole la mano, che lei accettò.

«Io sono Bulma.»

«Scommetto che è la prima volta che vieni a una di queste “festicciole”.»

«E’ tanto evidente?»

«Non sembri il tipo di persona che di solito frequenta questi posti. O sei qui per sbaglio, o stai cercando qualcosa in particolare… sbaglio?»

«Non sbagli» ammise la ragazza. «Tu puoi aiutarmi?»

«Credo di sì. Seguimi» disse Yamcha prendendole gentilmente la mano.

«Aspetta, devo avvertire un amico che mi ha accompagnato, mi starà cercando.»

Così il ragazzo l’aiutò a cercare Kaarot e quando lo trovarono Yamcha rimase un po’ sorpreso: si conoscevano già.

«Ciao Yamcha!» esclamò Kaarot. «Che ci fai qui di bello?»

«Mi diverto. Tu piuttosto, non dovresti essere a casa con tua moglie?»

«Sto facendo un favore a questa mia nuova amica» rispose il Sayan.

«Se vuoi l’accompagno io a casa, baderò io a lei, non ti preoccupare» propose il Terrestre. «Per te va bene, Bulma?»

«Certo, non voglio abusare della tua gentilezza, Kaarot, puoi tornare a casa, se lo vuoi.»

«Va bene. Allora, divertitevi!»

Il Sayan si congedò e Bulma si fece guidare da Yamcha verso delle scalette sorvegliate da un soldato grande e grosso, e che portavano al piano sottostante.

Lì l’aria era più fresca e respirabile e il rumore era meno forte, si sentiva solo dal basso soffitto un continuo e soffocato “tum-tum”.

Entrarono in una saletta tranquilla, dove al centro c’era un tavolo rotondo, davanti al quale erano seduti diversi personaggi di tutte le razze, ma soprattutto Sayan.

In mezzo al tavolo c’era una bottiglia di champagne mezza vuota.

A qualcosa dunque si era già brindato.

«Signori» richiamò l’attenzione Yamcha, «vi presento la signorina Bulma.»

«E’ una donna!» esclamò aspramente un Sayan che era seduto con i piedi appoggiati sul tavolo.

«E’ la figlia del dottor Briefs» disse un signore anziano dalla pelle blu. «Non è così? I tuoi capelli hanno una sfumatura diversa, ma sono inconfondibili.»

«Sì, sono sua figlia» confermò Bulma sorridendo timidamente.

«Allora abbiamo un genio tra noi. Sei la benvenuta nel nostro piccolo circolo.»

«Come ha saputo dei banchetti?» le chiese un terzo uomo, che sembrava essere un Namecciano e il cui bicchiere, al contrario di tutti gli altri, conteneva acqua.

«Sono da poco tornata su Vegeta e stavo cercando uno… svago, così una persona mi ha mandata da Napa e lui mi ha dato tutte le informazioni.»

«Napa, quel venduto!» sbottò con disprezzo un Sayan che si trovava in piedi dalla parte opposta alla porta. «Prima o poi ci tradirà per pochi spiccioli!»

Bulma evitò di dire che gli aveva strappato di bocca quelle informazioni semplicemente promettendogli un appuntamento con una donna.

«Sei qui solo per divertirti, Bulma?» le chiese il signore con la pelle blu, guardandola con serietà.

«A dire la verità, no» rispose sincera lei. «Sono rimasta sconvolta da come sia cambiato il pianeta in questi anni, ho saputo che Freezer ha preso il potere al posto della famiglia reale Sayan. Vorrei avere maggiori chiarimenti su come ciò sia potuto accadere e se si sta facendo… qualcosa al riguardo.»

«In questo caso» disse il signore, che si chiamava Bow, «accomodati pure, cara. Ti racconteremo tutto. Stiamo facendo qualcosa, al riguardo, ma devi sapere che non è molto… come vedi siamo tutti qui.»

 

 

 

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Capitolo 6
*** 6 ***


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Capitolo sei

Alla fine della riunione, Yamcha l’accompagnò a casa con la sua moto volante.

Bulma provò una sensazione piacevolissima a stare attaccata dietro lui, stringendolo per i fianchi e sentendo sotto le dita gli addominali coperti dallo strato sottile di stoffa che era la maglietta.

Era così che si sentivano le ragazze della sua età quand’erano attratte da un ragazzo?

Quando scese dalla moto, tuttavia, si fermarono a parlare degli avvenimenti della serata, in modo serio e professionale.

Bow le aveva raccontato di come Freezer avesse preso il potere e suggestionato la corte, portando quasi tutti i guerrieri più forti dalla sua parte.

Quando aveva ucciso il Re, a sangue freddo, l’omicidio era stato insabbiato e fatto passare per incidente.

Nessuno ebbe da obiettare.

Lord Freezer si autoproclamò suo successore in quanto amico ed alleato del Re, e aveva “adottato” il giovane principe, portandolo sempre con sé nei suoi viaggi per addestrarlo e plasmarlo a suo piacimento.

Una volta cresciuto, Vegeta aveva ricevuto la massima carica militare, che lo costringeva a stare spesso lontano dal pianeta per compiere missioni difficili e pericolose, che però portava sempre a termine con successo.

La sua crudeltà era nota in tutta la Galassia.

«Non ha mai cercato di riprendersi ciò che è suo?» aveva chiesto Bulma.

«A quanto pare, no. Sembra che il suo unico interesse sia uccidere» le avevano risposto. «Eppure il suo aiuto sarebbe fondamentale, per spodestare Freezer. Lui è forte e ha sotto il suo comando guerrieri altrettanto potenti. Ma non sappiamo da che parte stia; molto probabilmente da quella di Freezer.»

 

 

Quando i due giovani se ne furono andati, la riunione proseguì ancora per qualche minuto:

«Non è un bene che le notizie girino così facilmente, rischiamo di farci scoprire e non abbiamo nemmeno ancora iniziato a pensare a cosa fare contro Freezer» commentò Bow. «Quella ragazza potrebbe tornarci utile, tuttavia è meglio chiudere la bocca a Napa prima che si lasci sfuggire qualche parola con qualcuno di troppo.»

 

 

«Spero che questa prima riunione non ti abbia sconvolta troppo» le disse Yamcha.

«No, al contrario, mi ha aperto gli occhi» rispose Bulma.

Aveva dentro di sé tanta amarezza e delusione.

«Ti informerò io quando ci sarà la prossima riunione, però volevo chiederti… se non ti dispiace… se possiamo vederci anche di giorno, in posti più tranquilli?» chiese il ragazzo, facendosi tutto rosso nonostante fosse buio pesto.

Lei parve valutare la proposta, ma poi accettò con un sorriso radioso.

Quella notte sognò Yamcha: passeggiavano per la strada e lui la teneva per mano.

 

 

«Signorina Bulma, lo so che sei qui!» esclamò Melianna, furente.

Ricordò quando, molto tempo prima, cercava la piccola Bulma per tutta la casa, quando aveva combinato qualche marachella.

E ora, a ventitré anni, ne aveva combinata un’altra.

«Lo so che sei stata tu!»

Napa le aveva teso un’imboscata mentre andava a fare il bucato, ed era stato impossibile sfuggirgli.

Erano anni che non lo vedeva, sebbene vivessero entrambi a Palazzo.

Le era sfuggito un sorriso vedendo che era diventato calvo.

Napa le aveva tolto le lenzuola sporche di mano e l’aveva accompagnata in lavanderia, cercando di chiacchierare del più e del meno come se fossero sempre rimasti amici.

Lui le era sembrato… diverso, e la sua sensazione venne confermata quando Napa la guardò negli occhi, e le chiese scusa.

«Hai pianificato tutto quanto, vero?» chiese Melianna a Bulma quando la trovò nascosta dietro la porta del bagno.

«Sì… Ma l’ho fatto a fin di bene!» si giustificò la ragazza.

«Bulma, ti voglio bene!» esclamò la donna abbracciandola. «Ma non so ancora se lo perdonerò. Sembra davvero cambiato, forse è perché sta invecchiando, ma voglio metterlo alla prova. Se è sincero saprà aspettare ancora un po’. Ma tu, quando ti troverai un bel ragazzo?» le chiese ammiccando.

Bulma arrossì.

«L’altra sera ho conosciuto un Terrestre… Si chiama Yamcha ed è molto carino. Mi ha chiesto di uscire con lui!»

«Wow, sei arrivata da poco e già ti sei data da fare! Bravissima! Ma sei sicura che sia una persona affidabile? Considerando il luogo in cui l’hai conosciuto…»

«Sì, secondo me è un bravo ragazzo, ed è così gentile!» trillò la ragazza, rapita.

Melianna le sorrise, intenerita, e le diede un buffetto sulla guancia.

«E’ bello vederti innamorata!»

«Innamorata, io? L’ho appena conosciuto!» esclamò scherzosa Bulma. «Aspettiamo prima di parlare d’amore.»

«Giusto. Ormai sei una donna, e oltre che bella, sei anche saggia. E pensare che quando eri piccola ti vedevo perfetta come compagna di quel Vegeta!»

«Non credo che io e lui abbiamo molto da dirci» disse la ragazza ritornando improvvisamente cupa e seria. «Una volta eravamo amici, ma eravamo solo bambini. E’ passato tanto tempo da allora, e sai come il tempo cambi ogni cosa.»

«Sì, purtroppo è così. Eppure… non lo so, per un attimo ho sperato che, vedendoti, lui avrebbe ricordato, e che cambiasse qualcosa…» sospirò Melianna, abbattuta. «Con la sua forza, e parlo di forza fisica e spirituale, potrebbe fare molte cose, ma si è lasciato corrompere dal male.»

«E secondo te io potrei cambiarlo?» fece Bulma, incredula. «Non significo niente per un uno come lui, io sono il passato. Hai visto quando ci siamo incontrati? Non mi ha nemmeno riconosciuta.»

«O forse ha solo finto di non riconoscerti…»

«Se è così, non merita la mia attenzione. A me piacciono i ragazzi gentili, come Yamcha.»

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** 7 ***


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Capitolo sette

 

Napa se ne stava in panciolle sotto il porticato, al riparo dalla pioggia che cadeva a catinelle, quel giorno.

C’era un temporale tremendo e questo lo rendeva ancora più pigro.

La pioggia gli faceva venire sonno.

Anche quel giorno non aveva niente da fare.

Avrebbe voluto andare a trovare Melianna, ma lei sì, che era impegnata.

Forse era riuscito a farsi perdonare.

Quando l’aveva rivista dopo tutto quel tempo era rimasto a bocca aperta: si aspettava che anche lei fosse diventata visibilmente più vecchia, e invece, nonostante qualche filo argenteo tra i capelli, sembrava sempre una ragazzina.

Napa aveva sentito ogni tanto di qualche Sayan che aveva completamente perso la testa per una donna aliena, ma non pensava che avrebbe subito la loro stessa sorte.

Ad esempio c’era quel Kaarot… ah, no, lui era ammattito ben prima di conoscere sua moglie.

Ma era possibile per lui, grande e grosso com’era, sentirsi imbarazzato di fronte a una donnina timida e indifesa?!

Questa faccenda proprio non la capiva.

Si grattò la pancia e sbadigliò.

«Napa!» gridò all’improvviso una giovane voce maschile ben poco rassicurante.

Stavolta non si chiese chi diavolo lo stesse disturbando, ma balzò subito in piedi e si mise sull’attenti, avendo riconosciuto all’istante quella voce che lo aveva interpellato con tanta durezza.

«Agli ordini principe Vegeta!»

Piccolo ingrato, pensò. L’aveva allevato e lui lo trattava come una sottospecie di servo.

Il principe si fece avanti, seguito dalla sua solita scorta formata due giovani soldati, pronti ad obbedire ad ogni suo comando.

Scrutò Napa dall’alto in basso, guardandolo con disgusto.

«Si invecchia, eh?» lo schernì. «Tu sai sempre tutto, vero Napa?» lo interrogò.

«In che senso, signore?» chiese fingendo di non capire, ma il principe lo fulminò con un’occhiataccia.

«Non osare rivolgerti a me con quel tono, sono stato chiaro? Qui le domande le faccio io, e sai bene a cosa mi riferisco. Non mi piace ripetermi, quindi vedi di dirmi quello che voglio sapere. E’ da poco tornata sul pianeta una donna, la figlia dello scienziato di mio padre. Te la ricordi? Me l’avevi affibbiata come compagna di passatempi, quand’ero un moccioso. E’ qui ormai da circa un mese, e l’ho vista curiosare in giro. Voglio sapere dov’è stata durante questi anni, perché è tornata e cosa ci fa qui di nuovo. Fammi avere un rapporto completo entro un’ora.»

Gli voltò le spalle e se ne andò.

Quando fu abbastanza lontano, Napa imprecò e continuò a lanciare improperi per alcuni minuti, prendendo a calci la parete che aveva a fianco.

Poi si ricompose, e andò di corsa a svolgere il suo sgradevole compito.

 

 

 

«Ma ti ripeto: secondo me, se non c’è la partecipazione di tutti i Sayan e del popolo, non riusciremo mai a sconfiggere Freezer!» esclamò Bulma.

Si trovava con Yamcha poco fuori città, in aperta campagna.

Era una bella giornata, evento raro su Vegeta, e avevano deciso di fare un pic nic.

Ciò che la ragazza aveva capito, da quando era entrata a far parte del circolo dei banchetti, era che nessuno dava peso a quello che lei diceva.

Le sue opinioni non valevano niente.

Lei era utile solo per analizzare segretamente campioni di sangue alieno, uguale a quello di Lord Freezer, per scoprire se avesse qualche punto debole e se lo si potesse attaccare dall’interno.

Il piano di Bow era quello di avvelenarlo o fare in modo che si ammalasse, iniettando nel suo corpo, in un modo o nell’altro, un virus micidiale.

Ma secondo Bulma era un piano irrealizzabile: chi diavolo avrebbe avuto il coraggio di avvicinarsi a Freezer?!

Lei aveva invece in mente un piano di rivolta popolare, che comprendesse tutto il pianeta, sullo stile delle grandi rivoluzioni che si erano svolte sulla Terra e che aveva studiato sui libri di storia.

Tuttavia anche quel piano aveva una falla: Freezer non ci avrebbe impiegato molto a distruggere l’intero pianeta.

Servivano dei guerrieri in grado di affrontarlo: impresa ardua, erano tutti alleati con Freezer.

«Perché per un attimo non smettiamo di parlare di cose serie, e ci dedichiamo a noi?» propose Yamcha, che come Bulma non aveva un ruolo importante all’interno della società segreta.

Le prese il mento con due dita e le fece sollevare il viso verso di lui; la guardò dolcemente e lei subito si rilassò.

Quando lui la guardava così Bulma dimenticava ogni problema.

Qualche giorno prima si erano scambiati il loro primo bacio ed era stato bellissimo, lei si era sentita in Paradiso, non poteva credere di aver trovato finalmente un ragazzo tutto per sé, che la rispettasse e non vedesse altra donna all’infuori di lei.

«Bacino» disse Yamcha in un tono un po’ infantile, e lei si sporse per accontentarlo.

 

 

 

Di solito faceva una doccia veloce, ma una volta a settimana Vegeta si concedeva un bagno rigenerante nelle sue stanze private.

La vasca veniva riempita di acqua fumante e la piccola sala si riempiva di vapore; a volte il principe restava a mollo per una mezz’oretta, da solo in silenzio, con la nuca appoggiata al bordo della vasca e con gli occhi chiusi, oppure con una serva che gli massaggiava la schiena.

Molti dei suoi compagni usavano le domestiche anche come prostitute, ma lui pensava che ognuno dovesse fare il proprio compito: le serve non erano adatte a fare sesso, si lamentavano, si divincolavano, piangevano.

Per fare qualcosa di veloce e abbastanza soddisfacente, tanto per placare i richiami della carne, andavano bene solo le puttane.

Tuttavia non le chiamava molto spesso, perché lo disgustava il fatto che venissero toccate da tutti, le trovava sporche, marce.

Se però riusciva a trovarne di nuove, appena arrivate, se ne prendeva anche due e ci giocava per un paio di ore.

Solitamente questo avveniva quando una missione aveva dato esiti particolarmente buoni.

Mentre la serva gli stava massaggiando la nuca, qualcuno bussò alla porta, e Vegeta la mandò a guardare chi fosse.

La serva tornò indietro con un fascicolo in mano, che diede al principe chinando umilmente il capo..

Vegeta aprì il fascicolo e iniziò a leggere tutte le informazioni che erano state raccolte sul conto di Bulma Briefs.

 

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Capitolo 8
*** 8 ***


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Time changes everything

Capitolo otto

 

«Bravo Napa, vedo che non ti sei arrugginito del tutto, qualcosa di buono ancora lo sai fare» disse Vegeta il giorno dopo.

Non l’avrebbe mai detto a nessuno, ma aveva passato quasi tutta la notte a leggere il fascicolo riguardante Bulma.

Trovava incredibile quante cose avesse fatto la ragazza, eppure vedendola al suo ritorno, avrebbe giurato che avesse passato tutta la vita tra shopping e negozi!

Napa aveva stampato pagine e pagine di iscrizioni a scuole d’arte, conservatori, facoltà di scienze, e poi articoli di giornale sui suoi successi in campo artistico, da più piccola, e scientifico, più tardi, le tesi di laurea, foto con illustri personaggi della scienza, premi vari.

Quella Terrestre era talmente perfetta da risultare antipatica!

Eppure… era raro in una donna.

Soprattutto per Vegeta, che aveva sempre avuto a che fare con solo due tipi di femmine: prostitute frivole e volgari e stupide schiave.

Era curioso di sapere cosa ci fosse di diverso in lei, e come sarebbe stato rivolgerle la parola.

«Ora dimmi, cosa sono i banchetti?»

Il Sayan pelato rimase di sasso, ingoiò la saliva e rimase in silenzio, non sapendo cosa fare.

«Avanti, ho sentito dei servi che ne parlano!» incalzò severo.

«Ehm… va bene» biascicò spaventato il grosso Sayan. «Sono delle feste in cui tutti fanno ciò che gli pare e piace, senza regole. Girano alcol, droga, prostitute e tutti si sballano fino al mattino.»

«Nient’altro?» chiese schifato Vegeta. «Fanno solo questo?»

Napa indugiò, ma poi si lasciò andare in un sospiro abbattuto: tanto ormai era un Sayan morto, che avesse parlato o meno.

«Io… non lo so con precisione, ma ho sentito dire che tra quella gente girano anche dei cospiratori…»

Ecco, aveva vuotato il sacco.

Ora Napa rischiava la vita a tutti gli effetti.

Chiunque lo avrebbe voluto morto: i sostenitori di Freezer, e i cospiratori.

Sperava solo che vegeta avesse affidato a uno dei suoi uomini il compito di farlo fuori, avrebbe sofferto meno.

Invece, con sua sorpresa, il principe ghignò compiaciuto.

«Cospiratori, eh? Interessante… mi potrebbero essere utili. Quando si riuniranno la prossima volta?»

«Fra quattro giorni, all’una di notte, nella villa disabitata di Vikor, l’ex generale di vostro padre.»

«Bene, Napa, se continui così forse ti risparmierò la vita per non avermi informato prima. In fondo, non sei del tutto inutile.»

 

 

 

 

Quella sera Yamcha aveva convinto Bulma a non partecipare alle riunioni.

Le aveva detto che tanto sarebbe stata la solita palla, che non si sarebbe concluso niente, e che non c’era niente di nuovo da dire.

Così l’aveva portata in uno dei divani della sala dove si stava svolgendo la vera festa, le aveva fatto bere un paio di bicchieri di grog e fatta sedere sulle sue ginocchia.

E Bulma si divertiva.

Gli occhi, le cui pupille erano spalancate al massimo, le brillavano, continuava a ridacchiare e a scambiarsi baci con il ragazzo, alternandoli a sorsate di alcolici sconosciuti.

Nessuno dei presenti alla festa si accorse dell’arrivo di una persona al cui nome avrebbero semplicemente tremato; nessuno lo vide osservare con disprezzo ogni singolo presente; nessuno lo vide raggiungere il piano superiore della villa, dove si appartavano gli amanti, ma anche dove si cospirava contro il dittatore.

Spalancò la porta dell’ultima stanza in fondo al lungo corridoio e trovò impreparati coloro che vi erano all’interno: rimasero tutti immobili, fissando il principe ammutoliti, attendendo.

«Ho forse interrotto qualcosa?» chiese sarcasticamente Vegeta, sfoggiando il suo solito ghigno minaccioso.

Come se nulla fosse, si avvicinò al grande tavolo dove tutti erano seduti, si accomodò su una sedia stendendo le gambe sul piano della tavola, strappò di mano un bicchiere all’alieno che gli era accanto e prese una lunga sorsata di champagne.

«Hm» fece scrutandolo il liquido dorato che era rimasto in fondo al bicchiere. «Vi trattate bene, a quanto vedo.»

Finalmente qualcuno, Bow, prese coraggio e decise di parlare:

«Principe Vegeta, dicci perchè sei qui. Se sei venuto per ucciderci, o consegnarci a Freezer, fai in fretta ed evitaci certi giochini.»

A quelle parole così sfrontate il Sayan si alzò in piedi di scatto e afferrò il vecchio per il collo, guardandolo fisso negli occhi con rabbia e superiorità:

«Come osi, vecchio, parlarmi in questo modo?» ringhiò. «Hai fretta di morire? Non è nel mio stile, fare le cose di fretta e furia. Tu hai una figlia, vero? Vuoi che prima faccia una visitina anche a lei? No? Allora stai zitto.»

Lo mollò bruscamente facendolo cadere a terra e fece il giro della stanza, camminando lentamente, squadrando ogni singolo presente e lanciando ogni tanto degli sbuffi divertiti, sorpreso di trovare lì dentro certi individui.

Poi, dopo aver tenuto tutti abbastanza sulla corda, si decise a parlare di nuovo:

«Non sono qui per uccidervi, anche se mi piacerebbe farlo. In qualche modo mi sarete utili per ammazzare Freezer.»

Quelle parole lasciarono tutti a bocca aperta: nessuno avrebbe mai pensato di sentirle pronunciare da Vegeta.

Certo, Lord Freezer gli aveva ammazzato il padre e tolto ogni potere di sovranità, ma lui non aveva mai dato l’impressione di essere interessato al trono.

Aveva sempre dichiarato che il pianeta dei Sayan era un’inutile sasso fangoso abitato da bestie, e che se fosse dipeso da lui l’avrebbe distrutto all’istante, data la sua inutilità.

Mentre tutti valutavano se Vegeta stesse bluffando o dicendo la verità, qualcuno fece irruzione nella stanza, provocando un gran baccano: Bulma e Yamcha, alquanto alticci e in preda alle risate.

La ragazza fu la prima ad entrare, spalancando la porta, e solo dopo qualche istante realizzò che c’era qualcosa di strano, o meglio, un nuovo ospite.

Lo fissò stralunata, quasi non lo riconoscesse, ma poi le sue labbra si allargarono in un sorriso ed esclamò con un tono di voce esageratamente acuto:

«Vegeta! Quanto tempo! Ti ricordi di me? Sono Bulma, la tua amichetta d’infanzia!»

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Capitolo 9
*** 9 ***


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Time changes everything

Capitolo nove

I presenti alla riunione clandestina ammutolirono e rimasero pietrificati, in attesa della reazione di Vegeta.

Quella sciocca ragazzina aveva commesso il suo ultimo errore, e l’avrebbe pagata cara.

Era assolutamente vietato, per una del suo rango, rivolgersi al principe senza prima essere interpellata.

Soprattutto, era vietato dirgli una cosa tanto stupida come “sono la tua amichetta d’infanzia”.

Vegeta stesso non proferì parola per qualche secondo, continuando a guardare la Terrestre con espressione attonita e disgustata, mentre lei gli sorrideva stralunata.

Yamcha raccolse quel poco coraggio che possedeva per afferrare gentilmente il braccio di Bulma e farla indietreggiare, ma lei non ne volle sapere:

«Che fai? E’ un mio amico!»

«Io non ti conosco, volgare sgualdrina» mentì il Sayan.

«Vi scongiuro di perdonarla, altezza, è ubriaca» supplicò Yamcha con le ginocchia che gli tremavano.

«Ti ho forse dato il permesso di rivolgermi la parola?» gli abbaiò contro il principe. «Cos’avete a che fare voi due con tutto questo? Esigo delle spiegazioni.»

«Lei…» proferì Bow, timidamente. «Lei, lo so che non lo sembra, ma è un genio della scienza. Se hai veramente intenzione di uccidere Freezer, lei ci può essere d’aiuto.»

«E come?» chiese Vegeta nascondendo con l’incredulità il suo interessamento.

Sapeva già che quella donna era un genio, anche se al momento quel fatto poteva benissimo essere messo in dubbio.

«Io non sono una sgualdrina!» protestò Bulma, reagendo con qualche istante di ritardo all’offesa ricevuta. «Sono un genio!»

«Sei ubriaca?» le chiese ironicamente Vegeta.

«Certo» rispose lei, ovvia.

Poi il Sayan si rivolse a coloro che invece erano sobri:

«Cosa può fare per me questa donna?»

«Beh, noi pensavamo di creare un virus che…» iniziò a spiegare Bow, ma venne subito interrotto.

«Un virus? E’ tutto quello che siete riusciti ad escogitare?» sbottò Vegeta. «Non si può certo far fuori Freezer con un virus! E non ci sarebbe nemmeno gusto. Voglio farlo con le mie mani, ma perché ciò accada devo diventare più forte.»

Si rialzò lanciando un’occhiataccia alla Terrestre, che aveva preso a ridacchiare senza motivo contro la spalla di Yamcha.

La loro vicinanza in qualche modo lo infastidiva.

«Voi siete già molto forte, principe» intervenne un altro Sayan. «Se unissimo le forze con gli altri guerrieri…»

«No» ribatté secco Vegeta. «Io, solo io devo ammazzare quel bastardo. Ho diversi conti in sospeso con quel lurido lucertolone e sono il principe dei Sayan, l’unico che può trasformarsi nel Leggendario Super Sayan. Ma per farlo ho bisogno di tempo, ed è ciò che mi manca. Non posso attendere, mi serve qualcosa che faciliti e velocizzi i miei allenamenti, qualcosa che mi renda più forte in poco tempo, un medicinale, una macchina…»

Bulma si lasciò sfuggire un piccolo rutto.

Vegeta le rivolse l’ennesimo sguardo omicida.

«Una macchina per aumentare la gravità!» esclamò la ragazza, e questo le salvò la vita.

Era un genio anche da ubriaca.

«Sai costruirla?» le chiese il Sayan.

«Certo» rispose lei roteando gli occhi.

«Inizierai domani. Ti voglio nel magazzino delle attrezzature spaziali alle sette.»

«Va bene!» accettò lei entusiasta, barcollando per un attimo all’indietro.

Erano le due del mattino.

 

 

 

Un grosso tonfo.

Qualcuno si era gettato da una finestra?

Si girò dall’altra parte e riprese a dormire, aveva un gran mal di testa.

Un altro colpo, più forte.

Poi un altro, e un altro ancora, di seguito.

«Donna!» sbraitò qualcuno, e la porta della sua camera si spalancò violentemente.

Bulma si tirò a sedere di scatto, spaventata, e trovò davanti al suo letto il principe Vegeta in persona.

Sembrava molto arrabbiato.

«Che cosa ci fai tu qui?» biascicò tremante la ragazza, coprendosi con le lenzuola.

La testa le pulsava all’impazzata, come il suo cuore.

«Sono le sette e dieci» ruggì il Sayan.

Lei non capì.

Stava sognando?

«Eh?»

«Dovevi essere al magazzino alle sette.»

«Non ricordo…» balbettò lei.

Cos’era successo esattamente la notte precedente?

Era andata al banchetto, aveva ballato con Yamcha… ma ora perché si trovava davanti Vegeta?

Perché avevano un appuntamento?

La testa continuava a girarle.

«Beh, ti rinfresco io la memoria» disse Vegeta avvicinandosi minacciosamente.

Senza che lei potesse difendersi, lui l’afferrò per un braccio, la sollevò e la trascinò in bagno, la spinse dentro la doccia e aprì l’acqua.

Ghiacciata.

Bulma urlò, poi cercò di liberarsi, ma il Sayan la tenne sotto il getto freddo per alcuni minuti.

Quando fu soddisfatto, chiuse l’acqua e si allontanò da lei.

«Ti do dieci minuti.»

E se ne andò.

 

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Capitolo 10
*** 10 ***


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Time changes everything

Capitolo dieci

 

Cosa. Diavolo. Era. Successo. La. Notte. Precedente?!

Bulma non riusciva ancora a credere a quello che era appena successo, nel giro di pochi secondi.

Il Principe dei Sayan era entrato nella sua stanza e l’aveva gettata violentemente sotto la doccia.

Non ricordava minimamente cosa avesse fatto per meritare una punizione del genere, non ricordava nemmeno chi l’avesse riportata a casa quella notte.

Doveva aver combinato qualcosa di grosso.

Ma era meglio non vedere ripiombare in camera Vegeta, così decise, nonostante il mal di testa non le desse tregua, di vestirsi velocemente e di andare al magazzino.

Un momento, quale magazzino?!

Ce n’erano un sacco, lì!

Venne assalita da una sensazione di panico e si lanciò fuori dalla stanza, sperando che il principe si trovasse ancora nei paraggi, ma ormai se n’era già andato.

Corse per i corridoi che portavano alle arene e ai magazzini, fermandosi a chiedere a qualche Sayan di passaggio se avesse visto Vegeta.

Stava per perdere la speranza quando incrociò una donna bionda, bellissima, con occhi azzurri come il ghiaccio, che la salutò.

«Ciao Bulma, come va? Stai andando dal principe?»

La ragazza la guardò sorpresa: come faceva a sapere il suo nome?

«Ci conosciamo?»

La donna sorrise benevola:

«Oh, la sbronza di ieri sera ti ha fatto dimenticare tutto. Sono C18, ci siamo incontrate ieri, tu sai dove…» spiegò abbassando la voce mentre pronunciava le ultime parole. «E ti ho accompagnata a casa. Non riuscivi nemmeno a reggerti in piedi.»

«Come, tu mi hai accompagnata a casa? E Yamcha?» chiese Bulma ancora più stupita.

«Oh, lui… beh, dopo un po’ è sparito.»

«Cosa?!» strillò la ragazza. «Mi ha lasciata da sola?!»

«Non credo sia il momento più adatto per parlarne: non avevi un “appuntamento”?» le ricordò C18.

«Sì, ma non ho la più pallida idea di dove sia Vegeta! Tu per caso lo sai?»

«Ieri notte hai farfugliato qualcosa riguardo il magazzino delle attrezzature spaziali.»

«Ok, grazie, proverò lì. Troviamoci più tardi, mi devi raccontare parecchie cose…»

 

 

 

Il magazzino era quasi completamente buio e creava un’atmosfera alquanto lugubre e spaventosa.

Soprattutto per il personaggio che era piazzato al centro del grande e vuoto stanzone, a braccia conserte e con un profondo e poco rassicurante cipiglio in mezzo alla fronte.

«Sono qui…» balbettò intimorita Bulma, facendosi avanti lentamente.

«Era ora» commentò seccato il principe. «Allora, in quanto tempo pensi di riuscire a costruire questa stanza gravitazionale?»

Bulma cadde dalle nuvole, ma ricordava vagamente di aver già sentito quella parola.

Il Sayan si accorse del suo smarrimento e disse:

«Non ricordi, vero? Beh, ieri sera hai affermato di poter costruire una macchina per aumentare la gravità atmosferica all’interno di essa, e quindi permettermi di migliorare i miei allenamenti. Spero che l’alcool non ti abbia fatto dire una gran cavolata, perché se non sei in grado di realizzarla, farai una brutta fine.»

Bulma era un genio, inutile negarlo, e le sue facoltà superiori a quelle di ogni altro essere umano le permisero di analizzare le parole del Sayan, la sua minaccia di morte, ripercorrere tutte le conoscenze acquisite nel corso degli anni e rispondere con enfasi:

«Sì. Sì, sono in grado di farlo.»

«Inizierai adesso. Ti metterò a disposizione due aiutanti che ti procureranno tutto ciò di cui hai bisogno e, successivamente, una squadra di tecnici esperti. Voglio che il progetto sia pronto entro una settimana.»

Bulma sussultò.

Ma era pazzo?!

«Cosa? E’ impossibile! Non ce la farò mai in una settimana, non è umanamente fattibile!»

Vegeta parve insensibile alle sue proteste.

«Sei un genio. Ce la farai, se ci tieni alla vita.»

«Non vorrai davvero uccidermi?» chiese lei.

«Perché no? Se non mi sarai di alcun aiuto, non potrò tenerti in vita, sai troppe cose.»

«Ma io…» protestò debolmente lei, tuttavia venne interrotta.

«Poche chiacchiere. Mettiti al lavoro.»

Il Sayan la lasciò sola all’interno del magazzino.

Lei si sedette sul freddo pavimento, a gambe incrociate, a pensare: come avrebbe fatto a rispettare quella scadenza?

Per un momento fu tentata di lasciarsi andare in un pianto disperato, gli occhi si erano già inumiditi, quando nella stanza la raggiunse Kakaroth.

«Ciao Bulma, sai che Vegeta in persona mi ha ordinato di farti da assistente? Che cosa dobbiamo fare di bello?»

«L’impossibile» rispose lei sconfortata. «Devo realizzare un progetto in sette giorni, e non so nemmeno da dove partire.»

Lui intuì il suo scoraggiamento e le appoggiò una mano sulla spalla.

«Dai, vedrai che ce la farai. Io sono qui per aiutarti, insieme a Napa, e poi tu sei un genio!»

Lei sorrise al pensiero di avere come aiutanti due tipi come loro.

Poi si alzò in piedi di scatto, ritrovando improvvisamente la grinta e l’ottimismo:

«E’ vero! Io sono Bulma Briefs! Per me niente è impossibile!» esclamò portando le mani ai fianchi.

Già sentiva il sapore della vittoria.

Già vedeva la faccia compiaciuta di Vegeta, quando gli avrebbe presentato i progetti, in anticipo.

Si sarebbe complimentato con lei e le avrebbe detto: “Bulma, ho sempre saputo, fin da bambino, che eri una ragazza speciale.”

L’avrebbe ringraziata e infine bac…

«Ma, ora che ci penso, sette giorni sono pochissimi» fece notare Kakaroth. «Vegeta ci farà lo scalpo se non ci diamo una mossa! Da dove iniziamo? Di cosa hai bisogno?»

Bulma sospirò, abbandonando le sue fantasie fiabesche.

«Chiama Napa. Dovete procurarmi almeno una ventina di lavagne, circa cinquanta quaderni, una trentina di penne, matite, gomme, tre computer portatili, due calcolatrici, due righelli, sei squadre, cinque compassi, lo stereo più grande che riuscite a trovare e un distributore automatico di caffè.»

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** 11 ***


TTTT

Capitolo undici

 

 

 

 

 

Un distributore automatico di caffè con le gambe varcò la soglia del magazzino.

«Oh, grazie Napa, il caffè sarà la mia salvezza» sospirò Bulma.

«Questo è l’ultimo favore che ti faccio. Non voglio stare al servizio di nessuno, tanto meno di una Terrestre» sbottò seccato il Sayan.

«Su, non fare il capriccioso, se lo viene a sapere Vegeta si arrabbia» lo stuzzicò la ragazza, ottenendo un ringhio minaccioso da parte dell’omone.

«Attenta a parlare, anche tu corri dei rischi se fai arrabbiare Vegeta!» ribatté con cattiveria il Sayan.

«Ma io posso sempre tentare di sedurlo!» scherzò lei, giocando la carta del “sono una donna e nessuno mi può fare del male”.

«Non credo proprio. Vegeta è un pezzo di ghiaccio. Se ti dovesse scopare, lo farebbe una sola volta e poi ti ucciderebbe.»

Bulma rimase indignata dalla volgarità delle sue parole, ma la fecero riflettere.

Non voleva ancora credere che Vegeta fosse diventato una persona così diversa da quando l’aveva conosciuto.

Ogni giorno sentiva certe storie su di lui e sulle sue spietatezze, che le facevano venire i brividi. Dalla descrizione di quello che le veniva raccontato, Vegeta sembrava essersi trasformato in un mostro, una belva feroce e senza cuore.

Non che i Sayan fossero un popolo dolce e affettuoso, ma la ragazza non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di lui bambino, prepotente e un po’ viziato, ma che, quando passava i pomeriggi con insieme a lei, tirava fuori il lato tenero che ogni bambino, perfino quelli dei popoli più selvaggi, possedeva.

Ricordava che, dopo aver superato la prima fase di disprezzo reciproco, lui e Bulma avevano iniziato a giocare quasi pacificamente, e Vegeta si era anche rivelato un bambino educato e sincero.

Un giorno, correndo per il grande prato, lei era caduta e Vegeta era tornato indietro, l’aveva guardata sbuffando, ma poi le aveva teso la mano per aiutarla a rialzarsi.

«Che debole Terrestre» aveva borbottato il bambino, ma lei gli aveva sorriso e schioccato un bacio sulla guancia paffuta, facendolo arrossire violentemente.

Non aveva ribattuto. Un semplice bacio riusciva sempre a farlo zittire.

«Dai, mettiamoci al lavoro» disse Bulma ritornando seria.

«Io il mio lavoro l’ho finito» ribatté infastidito Napa. «Ora tocca a te rimboccarti le maniche e muovere il culo.»

“Questi Sayan” pensò Bulma sedendosi al tavolo da lavoro che le era stato portato. “Sono tutti degli insopportabili cafoni! E pensare che quando sono ritornare su Vegeta, vedendo tutti questi uomini muscolosi e virili, nella mia mente ho sentito suonare “It’s raining men”. Che delusione…”

Poi la scadenza datale dal Principe le ricordò un famoso film dell’orrore Terrestre.

“Fra sette giorni morirò! Lavora lavora lavora!”

Ma nonostante tutta la sua buona volontà di mettersi al lavoro, Bulma venne interrotta proprio in quel momento da C18.

«Disturbo?» chiese entrando nel magazzino.

«Certo che no!» si affrettò a rispondere Bulma. E in effetti, non era un disturbo.

«E’ meglio che ti racconti cos’ha fatto ieri sera Yamcha, prima che tu lo incontri di nuovo.»

«Qualcosa di brutto?» chiese preoccupatala Terrestre.

«Dipende da che rapporto c’è tra di voi. Immagino che non siate fratelli, vero?»

«No, decisamente no.»

«Allora non ti farà piacere sapere che, quando ti ha vista ubriaca fradicia, se n’è andato con un’altra ragazza, una ballerina che c’era lì.»

Gli occhi di Bulma si spalancarono a dismisura, come la sua bocca, dalla quale fuoriuscì un ruggito di rabbia disumano.

«Come ha osato?! Quel lurido verme, se lo prendo lo ammazzo! E pensare che gli ho permesso di mettermi le mani sotto la maglietta!»

C18 aggrottò le sopracciglia chiedendosi se Bulma non avesse ancora smaltito i residui della sbronza.

«Interessante…» mormorò ben poco interessata. «Che cosa hai intenzione di fare?»

«Te l’ho detto, lo ammazzo! Lo squarto, lo spolpo, lo strangolo, lo riduco in mille pezzettini! Vado subito a cercarlo, quel maledetto fedifrago!»

Si alzò di scatto dalla sedia, rovesciando anche alcuni oggetti presenti sulla scrivania, e abbandonò con passo veloce e deciso il grande magazzino, diretta… contro il petto possente e duro di Vegeta.

Ci sbatté proprio contro, e finì dritta per terra, senza che lui facesse nemmeno un tentativo di evitarle la caduta.

Lei quasi quasi sperò di vivere un déjà vu, che lui l’aiutasse a rialzarsi e le borbottasse seccato “Che debole Terrestre”, ma Vegeta non ebbe alcuna reazione.

«Ohi» si lamentò.

«Che ci fai fuori da quel magazzino?» le chiese lui, imperturbabile come sempre. «Mi sembrava di averti affidato un compito, o forse hai già finito? Forse è il caso che ti chiuda lì dentro a chiave» minacciò.

Lei si rialzò a fatica e, ancora carica della rabbia che aveva scatenato in lei Yamcha, non ebbe alcun timore nel rispondere:

«E tu, non hai niente da fare, o devi starmi intorno a criticarmi come una vecchia bisbetica?!»

Accorgendosi delle parole che si era lasciata sfuggire di bocca nei confronti Principe, se ne pentì subito e si portò le mani davanti alla bocca, spaventata.

Lui fece un sorrisetto difficile da interpretare, a metà tra lo schifato e… il divertito.

«Non sono io che devo rendere conto di quello che faccio, sei tu. E non hai risposto alla mia domanda.»

Bulma arrossì violentemente abbassando lo sguardo: si sentiva un’imbecille.

«Io… ecco… stavo andando a cercare una persona.»

«Chi?»

“Ma perché vuole sapere tutto?!” si chiese la ragazza, seccata.

«Yamcha… ho un conto in sospeso con lui.»

Vegeta la guardò con aria di rimprovero e le disse:

«Sistemerai i tuoi affari dopo. Lui è solo una distrazione. Quello a cui devi pensare ora sono i progetti.»

Si voltò sui tacchi dopo averle dato un’ultima occhiata indagatrice e se ne andò.

 

 

 

Lui è solo una distrazione… l’aveva detto con uno strano tono.

Quelle parole nascondevano forse un altro significato?

Certo, significavano che secondo Vegeta lei non avrebbe dovuto far altro che lavorare al suo progetto, per i prossimi sette giorni.

Imprecò, abitudine che aveva preso da quando era ritornata su Vegeta, e finalmente si mise al lavoro.

Realizzare la macchina che aveva promesso al Principe non sarebbe stato facile, e avere i minuti contati non l’aiutava di certo, ma gliel’avrebbe fatta vedere, a quel cafone!

 

 

 

Vegeta si diresse alla sua personale stanza degli allenamenti, chiedendosi perché mai fosse ritornato al magazzino; aveva già impartito gli ordini alla donna e ai soldati, non c’era alcun bisogno di andare di nuovo là in fondo… Semplicemente, le sue gambe avevano camminato in quella direzione e, se non si fosse scontrato direttamente con la Terrestre, si sarebbe fermato davanti alla porta, senza sapere cosa fare.

Forse si aspettava che succedesse qualcosa… ma che diavolo!

Scosse la testa, come per cercare di far funzionare di nuovo bene il cervello.

Se quella femmina non si fosse sbrigata a realizzare la macchina, l’avrebbe uccisa con le proprie mani.

Sì, doveva farlo, non aveva molto tempo a disposizione.

Doveva.

Ma era quasi certo che lei ci sarebbe riuscita.

 

*****

NdLefteye: morta e resuscitata! Scusate, questo capitolo era già stato pubblicato, ma vi ho apportato delle modifiche. Grazie a quelli che hanno ancora la pazienza di seguirmi!

 

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