Romeo and Juliet

di BeeMe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sangue Sulle Tue Mani ***
Capitolo 2: *** The Wrong Man ***
Capitolo 3: *** Frammenti di me ***
Capitolo 4: *** Colpito ***
Capitolo 5: *** Lost in myself ***
Capitolo 6: *** Spiegazioni ***
Capitolo 7: *** Me First ***
Capitolo 8: *** Fighting ***
Capitolo 9: *** Lacrime di vetro infranto ***
Capitolo 10: *** In The End ***



Capitolo 1
*** Sangue Sulle Tue Mani ***


Mi bloccai, con gli occhi leggermente spalancati. 

Le mani si tirarono fuori dalle tasche da sole, rimanendo a mezz'aria. Abbassai lo sguardo verso quest'ultime. Sporche. Sporche di sangue. Sangue che in parte stava lentamente scivolando insieme alle gocce di pioggia che gli si abbattevano contro. Ma alcuni segni rimasero impressi sul mio palmo. 

A quella vista assunsi un'espressione triste e delusa. E cominciai a pensare se avevo fatto la cosa giusta. Mi interruppe una chiamata dal cellulare. Aspettai che la suoneria rimbombasse per almeno qualche secondo nella mia mente, prima di accorgermi che era il mio iPhone. Allora di tutta fretta tirai lo tirai fuori dalla tasca posteriore. Era Mike, riconosciuto dalla foto che gli ho impostato come ID nella mia rubrica. 

-P... Pronto?- risposi, con voce fioca. 

-Ma che diavolo, Chester, te lo tieni sempre appiccicato quel caz*o di iPhone, te ne accorgi se ti chiamo!- urlò l'amico, con una vena di preoccupazione nella voce. 

-Ciao anche a te, Michael.- lo interruppi ironico -Vedo che anche tu sei felice di sentire la mia voce.- 

-Tu non sembri molto contento, dal tono che stai usando.- osservò. 

-E' sempre bello sentire un amico.- improvvisai, non sapendo cosa rispondere. 

-E... Ti comporti in modo strano. Da quando fai tutti questi complimenti? Soprattutto se si tratta di farne a me.- osservò una seconda volta, mettendomi in difficoltà. Avrei potuto dirgli tutto, ma non ero ancora pronto. Mi fidavo del mio migliore amico, certo, ma... No, ancora non poteva saperlo. E soprattutto non doveva. 

-Mh... Senti, invece di farmi incaz*are, perchè non mi dici per che diavolo mi hai telefonato?- 

-Oh! Questo è il Chester he conosco!- urlò simpaticamente, facendomi sospirare di sollievo. Avevo recuperato terreno. 

-Quel Chester maleducato che dice le parolacce quando gli pare e piace!- continuò, sempre scherzando. 

-Allora?- 

-Ah, già... Er, ti ho chiamato perchè avrei un piccolo favore da chiederti...- 

-Avanti, quanto vuoi?- lo sfottei, immaginandomi cosa avrebbe voluto. Di fatti. 

-Ho bisogno di 5000 dollari.- sussurrò, andando sull'acuto. 

-Cosa?!- 

-Sì... Ma è per una buona causa, te lo giuro!- 

-Avanti, sentiamo la tua "buona causa"!- 

-Anna ha avuto un incidente in auto!- urlò senza farmi completare la frase. 

Mi bloccai: Mike stava singhiozzando.


Angolo Autrici
Ciao a tutti! :D
Questo capitolo l'ha scritto Monky_Blue, non io, e ci tengo a darle il merito u.u
In ogni caso volevo ringraziarvi per essere arrivati a leggere fino a qui e spero che continuerete ;)
Baci <3
Bee
P.s. Nel caso qualcuno l'avesse già letta è perché l'abbiamo anche pubblicata sul fanclub di A Tutto Reality (lo so che non centra niente con il contenuto della storia :P ) e le autrici siamo sempre noi, Ali Brick e Darkettonapunk, solo con altri nomi.

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Capitolo 2
*** The Wrong Man ***


Mi immobilizzai di colpo. 

Un incidente… 

Era l’ultima cosa che mi aspettavo… 

Dall’altra parte del telefono sentivo ancora il respiro affannato di Mike, ma non me la sentivo di rassicurarlo, di dirgli che andava tutto bene. Perché non era così. 

Quei soldi gli servivano per curare una persona cara, ma non me li avrebbe chiesti se Anna fosse solo leggermente ferita. Stava male, molto male e il suo ragazzo si stava rivolgendo alla persona sbagliata. 

Io ero la persona sbagliata. 

Mi guardai le mani: il sangue gocciolava pigramente a terra, formando una pozza scarlatta ai miei piedi. 

Premetti piano il tasto di termina chiamata e la voce di Mike si spense fra la pioggia. 

Era il giorno sbagliato, se cercavi sostegno, amico. 

Quel giorno ero io ad aver bisogno di qualcuno che mi spronasse ad andare avanti, qualcuno come…. 

I miei pensieri ritornarono per un istante ad un prato immenso e una ragazza che correva sotto al sole, con un cappello di paglia a coprirle i capelli marroni. 

Alice… 

Ritornai bruscamente alla realtà: non potevo pensare a lei e soprattutto non potevo restare dov’ero. La polizia sarebbe arrivata a minuti e non doveva trovarmi, non qui. 

Ricominciai a camminare. 

Sentivo il rumore delle gocce che cadevano ai miei piedi e quello che le mie scarpe producevano passo dopo passo, ma non ero veramente lì. La mia mente, per quanto cercassi di fermarla, ritornava sempre allo stesso viso, agli stessi occhi. 

Un altro pensiero mi sfiorò: anche Mike stava vivendo la mia stessa situazione. Diversa, certo, ma anche lui non poteva vedere il suo sorriso, sentire la sua voce. 

Presi di nuovo in mano l’Iphone e le mie dita composero il messaggio che poi inviai al mio amico: “Ti aiuterò. Per Anna. Lei tornerà da te.” 

Il cellulare non fece in tempo ad avvisarmi dell’invio appena avvenuto che sentii delle sirene in lontananza. 

Ci avevano messo meno tempo del previsto! Iniziai a correre.



Angolo Autrici
Questo capitolo l'ho scritto io, spero vi piaccia :)
A domani per il prossimo e grazie per essere arrivati a leggere fino a qui <3

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Capitolo 3
*** Frammenti di me ***


Le varie pozzanghere su quel marciapiede vennero disturbate, poichè calpestate con un passo nervoso e impaurito. 

Il mio. 

Non avevo il coraggio di girarmi e vedere se quei dannati poliziotti erano sul mio passo oppore no. Io correvo senza sosta, stringendo i denti e i pugni, che scuotevo per essere più rapido. Frenai di botto ed entrai in una viuzza stretta, probabilmente lo spazio tra un edificio e l'altro. Cercai di non dare nell'occhio stringendomi contro il muro. Se la fortuna era con me, la polizia non mi avrebbe visto. Guardai avanti a me: c'era uno specchio, probabilmente qualcuno l'aveva abbandonato a se stesso perchè non serviva più. 

Fissai il mio riflesso e puntai gli occhi prima sulle mani. Tremavano pigramente ed erano completamente fradice. Un braccialetto borchiato era mezzo slacciato. Cadde a terra, ma non lo raccolsi. La paura e l'ansia erano a comando di me stesso. 

Ricominciai a fissare lo specchio. I miei occhi si puntarono sul mio sguardo. 

Impaurito. 

Nervoso. 

Ansioso. 

Innamorato. 

Una piccola ed insignificante lacrima scorse sulla mia guancia fredda, e feci in fretta a farla sparire. Il dolore non poteva e non doveva passare avanti alla preoccupazione. Preoccupazione dedicata ai poliziotti, che ancora non erano passati. Ma ecco che sentii le gomme della loro auto stridere sulla strada. Si avvicinavano, sempre di più, quando passarono avanti. Quei pochi secondi non sembravano arrivare mai, ma quando passarono, mi sentii sciogliere. 

Era il sollievo, che mi fece scivolare lentamente contro il muro fino ad arrivare a terra. Poggiai il gomito sul ginocchio più vicino al mio petto pulsante e lo usai come appoggio per la testa. Ecco che un'altra lacrima mi percorse la guancia. Questa, al contrario dell'altra, durò più a lungo. 

-Per Anna, Mike.- ripetei tremolante, prima di deglutire. -Per Anna.-




Angolo Autrici
Questo capitolo l'ha scritto Monky_Blue, non io, le lascio tutti i meriti.
I capitoli sono corti, lo sappiamo, inizieranno ad allungarsi dal prossimo ;)
A domani <3
 

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Capitolo 4
*** Colpito ***


Il rumore delle sirene si spense in lontananza. 

Ormai la polizia non era più un problema. 

Sollevai piano la testa. Non potevo lasciarmi abbattere, dovevo fare qualcosa. 

Ricominciai a correre. 

Sapevo che avrei dovuto andare nella direzione opposta, il più lontano possibile dai poliziotti, ma Anna aveva bisogno di me. 

Non potevo lasciare da solo Mike mentre la sua ragazza si spegneva lentamente. 

Non avevo i soldi di cui aveva bisogno, ma li avrei avuti presto. 

Conoscevo chi me li avrebbe potuti dare. 

Qualcuno che mi doveva un grande favore. 

Arrivai davanti al numero 7 di South Street quando il sole era ormai sceso oltre l’orizzonte. 

Bussai forte e un volto scolorito dal tempo mi aprì. 

“Brad? Avrei bisogno di un favore…” 

Si era tagliato i capelli, ormai era solo l’ombra di chi era un tempo. 

“Chester? Sei tu? Credevo di non rivederti più! Hai bisogno di un favore? Ma certo! Dopo tutto quello che hai fatto per me, non posso certo negartelo!” 

Quando smise di parlare si scostò di lato, spingendomi dentro casa sua. 

Mi sedetti su una sgangherata poltrona marrone e gli dissi ciò che avevo bisogno senza mezzi termini. 

“5000 dollari? Ragazzo, sei in guai grossi! Che è successo stavolta?” 

Aprii la bocca per rispondere, ma troppo parole mi salirono in gola. 

Alla fine mi limitai a mormorare: “Anna… ha fatto un incidente…” 

Bastò dire solo questo e i suoi occhi si illuminarono: lei gli piaceva ancora, nonostante fossero passati anni. 

“Anna?” la sua espressione divenne subito preoccupata “Sta male? Tutti quei soldi servono sicuramente perché sta molto male!! Oddio, Chaz, non dirmi che sta male!” 

Io mi limitai ad annuire. 

Il ragazzone andò avanti per un bel po’ a dire cose senza senso per poi alzarsi di colpo e dirigersi verso la libreria. 

Tirò un libro rosso seminascosto tra le pagine svolazzanti che coprivano ogni volume; la parete ruotò su se stessa come in un film d’azione e Brad si infilò nel cunicolo che si era creato e io scattai dietro di lui. 

Eravamo in una specie di banca, con centinaia di piccoli scomparti d’argento. 

Lui ne aprì uno, rivelandolo pieno di soldi. Ne tirò fuori una piccola mazzetta e me la passò. 

“Ma… come hai…?” balbettai stupito. 

E chi sospettava che il mio amico fosse così ricco? 

“Io non ho chiesto niente riguardo al sangue sulle tue mani e ora ti prego di non chiedere niente riguardo a questi soldi.” 

Mi ricordai in quel momento di cosa avevo sulle mani e me le ficcai in tasca. 

Uscimmo dalla stanza segreta e ci salutammo. 

“Portale quei soldi. Salvala.” Mi fece promettere di fare il possibile per Anna e io gli assicurai che avrei aiutato Mike a farla ritornare come prima. 

“Mike?” mi fermò tirandomi per un braccio. 

Cavolo, mi ero fatto sfuggire qualcosa di troppo. 

“Ehm… Tu ricordi quel ragazzo per cui Anna ti ha detto no? Ecco, stanno ancora insieme. E ora lui la sta vegliando in ospedale. Quindi….” Strappai via il mio braccio dalla sua presa “Ti pregherei di lasciarmi andare.” 

Brad sembrava traumatizzato dalla notizia che la sua vecchia innamorata stesse ancora col suo acerrimo nemico e non oppose resistenza. 

Gli feci un cenno con la testa e poi mi allontanai verso l’ospedale. 

All’imbocco della strada che mi avrebbe fatto perdere di vista il mio amico, mi girai verso il ragazzone e vidi che era ancora lì, fermo sulla soglia. 

Stavo per ricominciare a camminare quando sentii un sibilo sommesso. 

Sgranai gli occhi vedendo la bomba esplodere. 

Brad. 

L’aveva colpito in pieno. 

Corsi nella sua direzione. Era mortalmente ferito, ma ancora vivo. 

Appena mi inginocchiai al suo fianco socchiuse gli occhi e sussurrò: “Ho fatto troppi errori nella mia vita e ora ne ho pagato le conseguenze. Loro non sono qui per te, ma se ti troveranno, non ti lasceranno andare. 

Scappa, Chester! Corri via e salvati! Salvala!” 

Non feci in tempo a mormorare il mio assenso che sentii il suo cuore rallentare e il suo respiro farsi più lento. 

“Addio, amico.” Mormorò un attimo prima di chiudere gli occhi. 

“Addio, amico.” Dissi in risposta, ma ormai non poteva più sentirmi. 

Udii dei passi felpati avvicinarsi. Ora dovevo andare. 

Iniziai a correre più velocemente possibile nella direzione dell’ospedale. 

Vi arrivai dopo qualche decina di minuti e chiesi ad un’infermiera dove fossero i miei amici. 

Lei mi guardò schifata e poi mi indirizzò verso la stanza 402. 

Scattai verso quella camera, ma arrivato davanti alla porta bianca che mi separava da loro, mi fermai. 

Qualcosa mi impediva di proseguire. 

Non volevo vedere Mike nella situazione nella quale era sprofondato e la sua ragazza in coma. 

Eppure dovevo. 

Entrai. 

La vidi appena misi piede nella stanza: era sdraiata su un letto bianco, coi capelli biondi sparsi sul cuscino. Era immobile e, se una macchina non continuasse a comunicarci il suo lieve battito cardiaco, avrei creduto fosse morta. 

Di tutte le lacrime che ero riuscito a trattenere fino a quel momento una sola riuscì ad uscire. 

Non riuscivo a vedere Anna così. Lei, così solare e viva, non poteva essere la stessa persona stesa davanti a me. 

Mike mi strinse una spalla. 

Non l’avevo nemmeno sentito arrivare. 

Mi girai e lo guardai negli occhi: “Ce l’ho fatta. Ho i soldi.” 

Il suo sguardo si illuminò e mi abbracciò forte: “Grazie, Chaz! Grazie!” 

“Di niente, Mike. Avremmo fatto tutti questo per Anna.” Gli risposi in tutta sincerità. 

Lui si allontanò da me e, riagganciando i nostri sguardi, mi fece la domanda che avevo sperato nessuno mi ponesse mai: “E Alice? Come sta?” 

Una semplice domanda, troppe risposte.


Angolo Autrici
Eccoci qui con un nuovo capitolo, stavolta scritto da me :)
Grazie a tutti quelli che arrivano a leggere fino a questo strimizitissimo angolo autrici xD
Baci <3
Bee e Monky

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Capitolo 5
*** Lost in myself ***


Non riuscii a rispondere senza farlo aspettare almeno qualche minuto. 

Alice... 

Come facevo a sapere come stava, se neanche sapevo dov'era? 

Di certo questo Mike non lo sapeva. Ma non era colpa sua. 

Era colpa mia. 

Non glielo volevo dire. Ma non perchè mancava la fiducia in lui, ma per il semplice fatto che mi mancava il coraggio. 

Sì, il coraggio. 

Potrebbe sembrare una cosa da niente, confessarsi con un amico. 

Ma non è così. 

Per nessun valido motivo. 

Un esempio è il povero Brad, che non ha saputo dire a nessuno del suo grande affetto nei confronti di Anna, prima che lei si mettesse con Mike. Io e lei eravamo gli unici a saperlo. Mike era ignaro di tutto. 

Qualcuno agitò energicamente una mano davanti al mio sguardo pensante. 

-Chester? Sei sul pianeta Terra?- 

Scossi la testa strizzando gli occhi e mi voltai verso il mio amico, che mi guardava con un sopracciglio alzato. 

-Ehi, ti senti bene Chaz? Sembra un periodaccio per te. Non ti comporti come fai di solito!- 

-Non che tu stia passando delle belle giornate.- sfottei, con tono antipatico. Mike assunse un'aria delusa. 

-No, per niente. Ma penso che neanche tu ne abbia mai passate tante, e non ne stai passando.- 

-Lo so. Non c'è bisogno di...- 

Mi voltai di scatto nella direzione opposta, chiudendo gli occhi e stringendo i denti. Aveva ragione: non avevo poi passato tanti bei momenti nella vita, e non ne stavo passando. 

La morte di Brad non migliorava per niente le cose. Sebbene fosse strano e a volte troppo asociale, era comunque un caro amico. Il favore che mi ha restituito... Era quello di avergli fatto conoscere Anna. 

Secondo lui era un piccolo angioletto dai capelli dorati senza ali. E, secondo me, si era innamorato di lei a prima vista. 

Ma a complicare le cose fu Mike, a cui non le piacque subito, ma era il contrario. Anna era attratta da lui, e a questo Brad non garbava molto. 

Anzi, per niente. 

Mike era ignaro pure di tutto questo. Non sapeva di piacerle, fino a quel giorno, alle sei del pomeriggio, di sera. 

Sulla soglia di casa sua. 

Un bacio. 

Il bacio. 

Brad era lì vicino, elegante, con un mazzetto di viole in mano, che assisteva alla scena. 

Dovevano uscire, quella sera. 

Mike l'aveva solo accompagnata a casa sua. Era venuta con noi due in giro per negozi, perché avevamo bisogno di un vestito elegante per un matrimonio (non il nostro, ovviamente, eravamo stati invitati.). 

Quei docili fiorellini arcobaleno caddero bruscamente a terra, in una pozzanghera. Una lacrima li assecondò. 

Non avrebbe mai voluto esserci. 

Non lì. 

E' esattamente da quel momento che il suo carattere cambiò: divenne più asociale, solitario, e si isolò dal resto del mondo, vivendo e vagando nei suoi pensieri. 

Ma malgrado il tradimento, restò fedele alla ragazza. Tanto da chiederle se avrebbe voluto mettersi insieme a lui. 

La sua risposta fu una sporca e dura frase da digerire. 

"Scusa Braddy, ma non posso." 

Braddy. Solo lei lo chiamava così. Nessun'altro. Una volta, per sbaglio, l'ho chiamato io così, e si è scatenato il putiferio. 

-Chester, cosa ti succede? Stai bene?- mi chiese Mike preoccupato, interrompendo il mio vagare tra i pensieri. 

-S-sì, sto bene. E' solo che...- Mi bloccai: perchè non tenevo la bocca chiusa!

-E' solo che... Cosa?- 

Non risposi. 

-Chester, lo sai che puoi dirmi tutto. E non tenermi così sulle spine. Cosa è successo.- 

Mi voltai. Imbarazzato, per gli occhi gonfi di lacrime. 

-Brad è morto.- dissi, di scatto, tremolante. 

Mike spalancò gli occhi di sorpresa. Non se lo aspettava.

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Capitolo 6
*** Spiegazioni ***


Mi guardò con gli occhi improvvisamente pieni di lacrime. 

“Brad? Morto? Non può essere…..” mormorò a mezza voce. 

“L’hanno ucciso, Mike. Mi ha detto perché aveva fatto qualcosa di sbagliato, ma non riesco ad immaginarmi cosa…” gli spiegai, cercando di calmarlo. 

“Cosa può aver mai fatto di tanto sbagliato da ucciderlo? Mi ricordo che prima era un tipo a posto, poi si è incupito. Che cosa può mai essergli accaduto per cambiarlo così?” 

Stava parlando più che altro con se stesso, ma non potei fare a meno di guardare Anna. 

Il ragazzo, incuriosito, seguì il mio sguardo fino a soffermarsi sulla bionda che dormiva con un sorriso appena accennato sulle labbra. 

“Lei? Chester. Cos’ha fatto Anna?” ora, invece che curioso, sembrava abbastanza irritato. Nessuno poteva insultare la sua ragazza e passarla liscia. 

“Si è innamorata di te.” Gli risposi in un soffio prima di iniziare a fissare con insistenza una piastrella del pavimento. 

Lui spalancò la bocca e poi, dopo avermi guardato con gli occhi pieni di stupore, si girò a riguardare la sua amata. 

“Brad… lui l’amava e lei mi ha baciato…” il mio amico non riusciva a crederci. 

Il suo sguardo continuava a passare da me a Anna senza fermarsi più si un secondo su ognuno. 

Infine si posò su di me, ma non sembrava più tanto scioccato: “E tu… tu lo sapevi! Ma non mi hai mai detto niente!” 

Indietreggiai lentamente: “Ehi amico, non volevo mica farti un torto. Non era necessario che io te lo dicessi, se avesse voluto che tu lo sapessi, te l’avrebbe detto Brad!” 

Lui si calmò e sembrò ricordarsi di qualcosa che era rimasto in sospeso: “Chester, non mi avevi risposto, prima... quando ti ho chiesto di Alice… E’ successo qualcosa anche a lei?” 

Io mi paralizzai. Speravo se ne fosse dimenticato! 

Il mio sguardo corse all’uscita, ma poi una vocina dentro la mia testa mi fermò: non ero così codardo da non riuscire a dire un segreto ad un amico! 

Mi sedetti sul bordo del letto con aria rassegnata. 

Aprii la bocca per iniziare a parlare quando la macchina che segnava il battito di Anna iniziò a lampeggiare furiosamente. 

Un’infermiera irruppe nella stanza e poi, urlando al dottore che i battiti stavano diminuendo e che era necessario operarla, tese una mano verso Mike chiedendogli i soldi. 

Preso dal panico il mio amico frugò in tutte le sue tasche fino a ritrovare i 5000 dollari. 

“Ecco qua! Veloce! La salvi, per favore!” gridò alla donna che ormai si allontanava portandosi dietro la barella sulla quale aveva messo la bionda. 

Io la vidi allontanarsi verso la sala operatoria e, quando scomparve dietro un angolo, mi risedetti sul letto. 

Mike era a fianco a me, con la testa tra le mani. Mormorava parole senza senso, ma in tutte si capiva quanto tenesse alla vita di quella ragazza che era stata appena portata via. 

“Mike…” improvvisamente non sapevo che cosa digli per rassicurarlo “Tornerà da te.” 

Lui alzò la testa e mi guardò con gli occhi imploranti di qualcuno che sta perdendo tutto e al quale viene offerta un’ancora di salvezza: “Davvero?” 

“Certo! Non le permetterò di andare via come… come… come Alice…” 

Lei se n’era andata e io non ero riuscito a fermarla. 

“Alice? Le è successo qualcosa?” Mike sembrava interessato alla sorte dell’amica, ma un velo di tristezza gli oscurava gli occhi. 

Io presi fiato. Stavolta gli avrei raccontato tutto. 

“L’hanno portata via. Eravamo a casa sua e suo padre è irrotto nella stanza dove stavamo guardando un film con una decina di uomini armati fino ai denti urlando che non potevo toccare sua figlia. 

Io mi sono alzato, ho urlato, ho preso a pugni qualche guardia, ma erano in troppi. Mi hanno colpito e il signor Ray ha trascinato fuori sua figlia che si dibatteva fra le sue braccia. 

Mi sono ripreso che era scomparsa.” 

Il mio amico mi guardava a bocca aperta, indeciso su cosa fare. 

Alla fine mi abbracciò per poi staccarsi subito e chiedermi perché il padre di Alice non volesse che noi due stessimo insieme. 

Scoppiai in una risata isterica per poi rispondergli con un tono più acuto del normale: “Il signor Ray è un membro di una setta che sostiene che Shakespeare fosse un giornalista che si limitava a scrivere avvenimenti della realtà. Seguendo questa linea di pensiero tutto ciò che ha scritto è avvenuto realmente e inoltre pensano che Romeo e Giulietta si siano reincarnati in due giovani dei nostri tempi e che bisogna impedire che stiano insieme.” 

“E lui crede che voi due siate Romeo e Giulietta?” Mike fece un mezzo sorriso per poi ritornare subito serio: “Non ha tutti i torti… Vi vedevate in segreto, le regalavi fiori e siete scappati di casa. Per poi aggiungere che sembravate un po’ all’antica…” 

Non l’avevo mai vista sotto questo punto di vista. 

“Tu l’hai letto vero? Romeo e Giulietta, intendo. Come va a finire?” 

Mike mi guardò dritto negli occhi. Non sembrava felice. 

“Chaz… Romeo e Giulietta è una tragedia… I protagonisti muoiono entrambi.”



Angolo Autrici
Lo so che ho aggiornato dopo due secoli, scusatemi tutti, ma sono andata al mare per il ponte e lì non c'era wifi...
Comunque questo capitolo l'ho scritto io :)
A domani per il prossimo!

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Capitolo 7
*** Me First ***


-Cosa?!- urlai, in preda al panico. 

-No, no, no... Sicuro che finisce proprio in questo modo?- mormorai implorante. 

-Chaz, sono laureato. Pensi che non sappia una cosa così banale? E' strano che tu non lo sappia...- 

Spalancai gli occhi e poggiai i gomiti sulle ginocchia, e usai le mani come appoggio per la testa. 

Sospirai. 

-Bene, perfetto!- Urlai rivolto al cielo, per poi ritornare alla posizione di poco prima. 

-Almeno, spiegami come diavolo muoiono.- implorai una seconda volta a Mike. In quel momento era l'unico su cui potevo con certezza porre la mia fiducia. 

-Beh, non sono entrambi delle belle morti.- sospirò -Entrambi per amore, comunque.- 

Mi illuminai. 

-Aspetta... Se muoiono entrambi per amore, vuole dire che noi decidiamo se morire oppure no!- 

-Beh, più o meno.- sospirò una seconda volta Mike, facendomi perdere le speranze. 

-Come più o meno?- chiesi irritato. 

-Ragiona: anche se non morite, rimarrete separati. E solo finché morirete entrambi, lui sarà... "tranquillo". Anche se è un po’ agghiacciante sapere che un padre è disposto a sacrificare la figlia per una stupidata simile...- spiegò, parlando per lo più per se stesso. 

Lo guardai con una vena di disperazione. Non volevo che finisse così. 

No, non volevo. 

Sopratutto per l'idea di sapere che una persona a cui vuoi davvero bene sarebbe morta per una tale sciocchezza. 

-Ma chi muore per primo?- domandai, inquietato dalla risposta, qualsiasi potesse essere. 

Mike mi fissò, dritto negli occhi. E non era uno sguardo allegro. 

-Romeo, Chaz. Romeo.- 

Mi spaventai. Sarei morto prima io. 

Io. 

Io sì che dovevo pagare per i miei errori, non Brad. Uno degli unici amici che avevo, e una delle uniche persone sane di mente e di cuore rimaste in terra. 

Mi misi a fissare il muro. 

Bianco e lindo. 

Chiusi gli occhi, cercando di calmarmi un po’. Le mille vocine che risuonavano nell'ospedale arrivarono alle mie orecchie. 

Li aprii e mi ritrovai davanti una tunica bianca, probabilmente indossata da un corpo femminile. Alzai di poco gli occhi. Era un'infermiera. 

-Chi tra voi due si chiama... Uh... Michael Kenji Shinoda?- chiese, con l'aria di una davvero seccata, leggendo la scheda che teneva in mano. 

Mike si alzò di scatto. 

-Io! Si tratta di Anna, vero? Come sta? E' andato bene l'intervento? E' viva, vero? La prego mi dica che è viva!- chiese urlando il povero ragazzo frustrato, scuotendo appena il camice dell'infermiera. 

La donna lo guardò con aria rimproverante e Mike mollò la presa, chiedendo nervosamente scusa. 

-Forza, venga con me.- disse, rivolgendosi a Mike. 

Io stavo per alzarmi, quando l'infermiera mi bloccò mettendomi la mano davanti alla faccia. 

-No no no, tu rimani qui giovanotto. Per il momento solo a lui e ai parenti è concesso entrare.- 

-Ma...- 

-Ma niente ma. Rimani qui, da bravo.- disse infine, irritandomi appena. 

Rimasi ad aspettare per qualche minuto, seduto scomposto, quando arrivò Mike, tutto di corsa, con le lacrime agli occhi. 

-Anna è viva, vero?- chiesi, preoccupato. 

Mi fissò, senza mostrare alcun tipo di sentimento. Quando mi abbracciò forte, quasi facendomi mancare il respiro. 

-M-Mike! Rispondimi!- gridai. 

Non capivo se quello era un bel segno oppure no.



Angolo Autrici
Ciao a tutti!
Io continuo a dire ciao a tutti quando alla fine c'è una sola persona che sta seguendo la storia...
Eh va beh sono una tipa positiva! xD
Quindi ciao a tutti u.u
QUesto capitolo l'ha scritto Monky_Blue :)
Ali, mi auguro che tu stia leggendo u.u
A domani per il prossimo capitolo :)

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Capitolo 8
*** Fighting ***


  Mike strinse ancora di più la presa sulla mia giacca: “Ha aperto gli occhi, per un secondo soltanto. Poi il battito è diminuito ancora di più. Ora è a metà tra la vita e la morte. Oh Chaz, spero che sopravviva! Non posso vivere senza di lei!” singhiozzò, cercando di trattenere le lacrime. 

Io lo abbracciai in silenzio, cercando di alleviare il suo dolore. 

Dopo qualche attimo in cui l’unico suono che si sentiva era il respirare affannato del mio amico, questi riprese a parlare: “Sai..” bisbigliò “Ha detto qualcosa riguardo ad Alice...” 

Mi bloccai: riguardo ad Alice? 

Che stupido che ero stato! Anna era la migliore amica della mia ragazza e probabilmente sapeva qualcosa che non aveva fatto in tempo a dirmi. 

“Cos’ha detto, Mike?” domandai piano, incerto. 

“Ha detto il nome di Alice, poi un indirizzo... Suonava come 36 East Street, ma sul numero non ci scommetterei. Ha parlato così piano che l’ho sentita a malapena, nonostante fossi chino su di lei... Non mi ha neanche guardato...” 

Mike sembrava sull’orlo di una crisi: la sua amata in punto di morte apre gli occhi, ma non lo degna di uno sguardo, ma dice degli indizi fondamentali per ritrovare la sua migliore amica. 

Probabilmente anch’io sarei nella sua stessa condizione. 

“Chester... Ora vorrei andare da Anna... Mi capisci no?” mi chiese, fissandomi con due occhi imploranti ai quali mi fu impossibile dire no. 

“Certo che ti capisco. Se non ti dispiace io vorrei andare all’indirizzo che ha detto...” gli risposi in tutta franchezza. 

Lui annuì e poi si allontanò nei corridoi bianchi dell’ospedale. 

A differenza sua io non mi alzai. 

Non l’avrei ammesso con nessuno che non fosse me stesso, ma avevo paura. 

E se il padre di Alice avesse avuto ragione? Sarei morto per amore? 

La proposta non mi allettava nemmeno un po’, ma sapevo che alla fine dei conti sarei andato in East Street. 

Feci lentamente forza sulle mie gambe stanche e mi alzai in piedi. Iniziai a camminare verso l’uscita. 

Proprio davanti alla porta la stessa infermiera che aveva chiamato Mike mi bloccò: “Lei è l’amico del signor Shinoda, vero? Perché se ne sta andando? La sua amica peggiora minuto dopo minuto, resti a vegliarla qui.” 

Sembrava fosse intenzionata a fermarmi con la forza se avessi rifiutato la sua richiesta, ma doveva andare. 

“Mi dispiace. Non capisco come la mia compagnia possa aiutare Anna a guarire. Qualcun altro ha bisogno di me.” le risposi guardandola dritto negli occhi e continuando verso la porta verde che mi avrebbe condotto fuori da quel luogo di pianto e infelicità. 

La donna in camice bianco cercò di prendermi per un braccio, ma mi misi a correre e la distanziai velocemente. 

Non poteva fermarmi. Non ora che ero vicino a trovare Alice. 

Corsi fuori, verso casa mia. 

Arrivai che già si vedevano in cielo le prime stelle e aprii velocemente la porta. 

La casa era immersa nel buio, ma quasi non ci feci caso. 

Superando tutte le poche stanze che il mio piccolo appartamento conteneva, per fermarmi davanti al soggiorno. 

Allungai le braccia al massimo e arrivai a toccare l’architrave della porta. Lo spinsi piano. 

Il divano si alzò di botto, rivelando uno scomparto fino a quel momento invisibile. 

“Brad non era l’unico ad avere dei segreti” pensai con ironia mentre tiravo fuori da quello che prima era il mio comodo divano armi di ogni genere. 

Non avevo intenzione di fare del male a qualcuno, ma i gorilla del padre di Alice non mi avrebbero trovato impreparato un’altra volta. 

Mi ficcai in tasca qualche pistola e delle piccole bombe a mano e rinchiusi il baule improvvisato. 

Avrei voluto prendere qualcosa di più, ma non dovevo dare troppo nell’occhio. 

Dopo un attimo di indecisione mi misi in tasca anche delle cartucce extra. 

Perfetto. Ero pronto. 

Uscii all’aria aperta e saltai dentro al primo taxi che trovai: “Mi porti al 36 di East Street! Compenso doppio se riesce ad arrivarci in meno di dieci minuti!” 

L’autista partì in avanti a tutta velocità e raggiunse la mia meta in meno tempo del previsto. 

Lo pagai con i pochi spiccioli che mi trovai in tasca e mi avvicinai al grande portone di ferro che mi divideva dall’interno della casa. 

Era uno degli edifici più antichi della città, perfetto per la fine di una tragedia shakespeariana. 

Mi riscossi da quei pensieri cupi e spinsi con forza la gigantesca entrata della casa paterna di Alice. 

Non si mosse nemmeno. 

Era di ferro battuto, cosa pensavo? Che il signor Ray l’avesse casualmente dimenticata aperta? 

Iniziai a fare il giro della casa e mi ritrovai davanti ad un balcone tondo. 

Era identico a quello che mi ero sempre immaginato per la scena in cui Romeo scala l’edera rampicante per entrare da Giulietta di nascosto. 

Anche lì c’era dell’edera. 

Magari la storia che quei fanatici della setta di Shakespeare ora mi sembrava un po’ più concreta, ma rimaneva sempre una sciocca fantasia di alcuni poveri matti. 

Non poteva essere vera. 

Mi aggrappai ad un ramo e iniziai a salire. Miracolosamente mi resse e riuscii ad arrivare in cima. 

Spaccai la finestra che comunicava con l’interno ed entrai. 

Il silenzio era totale. 

“Magari non c’è nessuno...” pensai mentre strisciavo lungo i corridoi dell’enorme casa cercando la mia ragazza. 

Improvvisamente uno scalpiccio tagliò il silenzio come una lama col burro. 

Mi buttai dietro ad una tenda e vidi due uomini che parevano dei giganti passarmi accanto. 

Uno dei due mi aveva assalito l’ultimo giorno che avevo visto Alice. 

Iniziai a seguirli piano e mi condussero ai piedi di una scalinata che avrebbe fatto invidia al Re Sole. 

In cima vi era una porta, una sola. 

Salii i gradini due a due, fino ad arrivarci davanti. 

Da dentro proveniva l’inconfondibile voce roca del signor Ray. 

Sentii cosa diceva solo nel momento in cui sfondai la porta per entrare: “Bennington arriverà qui a minuti e noi saremo pronti ad accoglierlo.” 

Mi stavano aspettando! 

La mia mente corse all’infermiera che aveva cercato di trattenermi in ospedale: era un’informatrice del padre di Alice! 

Quest’ultimo sogghignò malvagiamente vedendomi entrare. 

“Benvenuto Romeo. Benvenuto all’inferno!” ridacchiò mentre i suoi sgherri mi accerchiavano. 

Tirai fuori dalla giacca le mie due pistole e iniziai a sparare. 

Gli uomini di Ray caddero come foglie. 

Balzai dietro un tavolo nel momento esatto in cui iniziarono a fare fuoco. 

Un proiettile solitario riuscì a perforare il legno, ferendomi ad una spalla, dimostrandomi che il mio nascondiglio non era molto sicuro. 

Presi una della bombe a mano che mi ero portato e, dopo averla attivata, la lanciai il più lontano possibile. 

Chiusi gli occhi e iniziai a contare. 

Uno, due, tre, quattro... 

Ecco il botto, seguito dalle grida di dolore delle guardie che cercavano di uccidermi e dalle urla di rimprovero da parte del loro capo. 

Sporsi fuori la testa: quasi tutti erano a terra, agonizzanti, mentre i pochi sopravvissuti scappavano fuori. 

Il mio sguardo cercò il padre di Alice. Stranamente non stava scappando. Stava aprendo una tenda che divideva due stanze. 

Saltai fuori dal mio nascondiglio e lo inseguii. 

Uno degli uomini caduti mi guardò dritto negli occhi e poi riprese in mano la pistola. 

Mi fermai, vedendo che si rialzava, e quello approfittò della mia sorpresa per spararmi un colpo alla testa. 

Mi mancò di poco, ferendomi solo di striscio una guancia, ma mi fece arrabbiare. E tanto. 

“Ma quanto ti paga Ray, per rialzarti a combattere?” urlai mentre prendevo la mia pistola. 

Lui sogghignò e riprese a sparare. Questa volta un colpo andò a segno. 

Fortunatamente mi aveva colpito il braccio sinistro e io risposi al suo attacco, sparandogli addosso. 

Uno dei miei proiettili lo colpì al petto, mandandolo steso a terra. 

La fortuna era dalla mia parte. 

Tenendomi il braccio sanguinante con quello sano, ricominciai a camminare verso la tenda ormai scarlatta. 

Nella camera accanto c’era uno strano fagotto, legato con una catena al muro. 

Il signor Ray stava andando da lui. 

Un timido raggio di sole entrò dalla grande vetrata su un lato del muro, rivelandomi che quel che avevo creduto un fagotto non era altri che Alice. 

Corsi verso di lei, col sorriso sulle labbra, ma una pesante spinta che mi lanciò sul pavimento mi ricordò della presenza dell’altro meschino individuo nella stanza. 

“Ora siamo rimasti solo noi due, Bennington.” sibilò avvicinandosi. 

“Già...” risposi pulendomi il sangue che usciva dalla mia bocca con una mano “Ora non ha più i suoi schiavi a proteggerla!” 

Mi alzai mentre lui mi balzava addosso rispingendomi per terra. 

Avrei avuto sicuramente la meglio su di lui in uno scontro corpo a corpo, ma il signor Ray non mi aveva spinto a terra per lottare con lui. 

Scattò in piedi, trionfante, dopo nemmeno un minuto, stringendo in pungo la mia pistola. 

Con una mano cercai la sua compagna, ma uno sguardo al tavolo dove mi ero nascosto mi rivelò che l’avevo persa lì. 

Il pazzo, con finalmente il coltello dalla parte del manico, puntò l’ arma contro Alice: 

“E’ semplice, Chester: ora mi ascolti o sparo alla tua amata. Se ti muovi, sparo. Se provi ad attaccarmi, sparo. Facile no? Ora annuisci se hai capito.” 

Io non potei fare altro che obbedire. 

“Perfetto. Allora, prima di morire, ti piacerebbe sapere chi ha cercato di uccidere la tua cara amichetta bionda?” 

Oh mio Dio, non poteva star parlando di Anna. 

“Credo si chiamasse qualcosa come Anna... bah, non mi ricordo mai i nomi della mie vittime! Sai chi è stato? Chi ha spinto il camion contro il suo fragile corpicino?” 

Io scossi lentamente la testa. Non poteva aver programmato veramente ciò che stava dicendo! Come si fa a chiedere a qualcuno di schiacciare una ragazza con un camion?! 

“Te lo ricordi il tuo vecchio amico capellone?” 

Non poteva essere stato Brad! Lui amava Anna! 

“Gli avevo chiesto di farlo, ma si è rifiutato. Gli avevo dato dei soldi, ma poi mi aveva detto di no, quindi BOOM! L’ho fatto esplodere!” 

Il signor Ray scoppiò in una risata isterica. 

Intanto io tremavo piano: quell’uomo davanti a me era pazzo! Sarebbe dovuto essere stato rinchiuso in un manicomio molto tempo prima! 

“Ha mettere a tacere la bionda ci ha pensato uno di quelli a cui hai sparato prima... 

Sapeva troppo! Alice le aveva detto dove abitavo e cosa volevo fare, non potevo lasciarla libera di dirlo a tutti, non pensi anche tu?” 

Questa volta non annuii. 

Non potevo dagli ragione su un fatto così senza senso! 

Lui non sembrò felice del mio non rispondergli e mi puntò la pistola addosso: “Sto parlando troppo e tu non mi stai ascoltando! Sai come finisce Romeo e Giulietta?” 

Un lampo di follia gli attraversò gli occhi e io capii cosa voleva fare. Provai ad alzarmi, ma lui fu più veloce. 

“Romeo muore” sussurrò premendo il grilletto. 

Un dolore atroce mi trafisse il petto. 

Cercai di reagire, ma ormai non riuscivo nemmeno più a muovermi. 

Mossi i miei occhi verso la piccola figura nera nell’angolo della sala. 

Alice. 

Almeno lei stava bene. 

Le mie labbra si stesero in un mezzo sorriso, poi tutto si fece buio. 



Angolo Autrici
Ehilà!
La storia sta finendo e infatti questo è il terzultimo capitolo :/
Mi piaceva pubblicare la nostra storia, ne pubblicheremo di sicuro un'altra :D
Comunque questo capitolo l'ho scritto io ed è un po' più lungo degli altri (un bel po' più lungo, perdonatemi)
Grazie a tutti quelli che recensiranno
Baci <3
Bee e Monky

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Capitolo 9
*** Lacrime di vetro infranto ***


Alice vide il suo ragazzo cadere a terra. 

Lo guardò mentre cercavo di alzarsi, troppo scioccata anche solo per andare da lui. 

Gli occhi di lui si chiusero e un grido lacerante uscì dalle sue labbra. 

Non Chaz! Lui non poteva essere morto!!! 

Suo padre le si avvicinò: “Ciao bambina. Ora quel cattivone non ci darà più fastidio.” 

La ragazza si allontanò da lui, cercando di scappare, ma la catena che la teneva attaccata al muro la fece allontanare solo di pochi metri. 

Era riuscita ad arrivare vicino alla vetrata. Tese le dita, cercando di sfiorarla, ma era troppo lontana. 

Una sagoma scura le si parò davanti, oscurando il sole: “Basta scherzare, adesso dobbiamo andare.” 

Le afferrò un braccio e prese a tirarla. 

Probabilmente si era dimenticato che lei era legata. 

“No, papà. Non stavolta!” Alice si divincolò e, mentre lui cercava di riprenderla, fece affidamento a tutte le sue forze e spinse. 

L’uomo barcollò e poi cadde indietro. 

Purtroppo era davanti alla vetrata. La sfondò e volò giù, circondato da lacrime di vetro infranto. 

Si schiantò a terra con un tonfo e poi non si mosse più. 

Alice non sembrava preoccupata per quello che aveva fatto: “Tu non eri più mio padre. Un padre ti vuole bene, un padre ti aiuta. Tu volevi uccidermi.” 

Detto questo si chinò a raccogliere un piccolo oggetto che era sfuggito di tasca al signor Ray mentre cercava di trascinarla via: era una piccola chiave d’argento. 

La infilò nel cappio che le stringeva le braccia e quello si dischiuse, lasciandola libera. 

“Chester!” appena fu in gradi di correre dove voleva, la ragazza si precipitò verso il corpo steso a terra.

Lo abbracciò e poi gli sfilò di tasca l’Iphone macchiato di sangue. 

Premette il tasto per sbloccarlo, rivelando così il suo salvaschermo: era una foto di loro due insieme, quando ancora non c’erano tutte queste preoccupazioni. 

Le lacrime iniziarono a solcarle il viso mentre componeva disperatamente il numero dell’ospedale più vicino. 



Angolo Autrici
Eccoci qua, ad un capitolo dalla fine.
Grazie per essere arrivati fino a qui, davvero.
Per noi significa molto.
Ci vediamo domani per il finale ;)
Baci <3
Bee
P.s. ricordate che una recensione fa la felicità (eh già è un invito a recensire xD E' veramente bello per uno scrittore vedere che c'è qualcuno che segue le sue storie. Grazie a tutti quelli che recensiranno)

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Capitolo 10
*** In The End ***


Delle voci concitate ruppero la calma in cui ero immerso. 

“Si sta svegliando!!” 

Socchiusi piano gli occhi. La luce meli bruciò, ma dei visi chini su di me mi convinsero a tenerli aperti.

“Mike? Alice?” sussurrai confuso. 

“Chaz! Lo sapevo che ti saresti svegliato!!” esclamò la ragazza felice, mentre il mio amico mio tirò una pacchetta sulla spalla dicendo: “Ben svegliato, bella addormentata!” 

Risi, poi vedendo la data su un giornale abbandonato su uno sgabello a fianco al mio letto domandai sorpreso: “Ma quanto ho dormito?!” 

“Quasi sei giorni, i dottori avevano paura che finissi in coma...” rispose Mike, ritornato serio. 

“Ma noi lo sapevamo che ti saresti risvegliato!” intervenì Alice, con un sorriso smagliante. 

“Alice...” mi era tornato in mente qualcosa “Tuo padre mi ha sparato... Come faccio ad essere ancora vivo? E lui dov’è?” 

La ragazza si incupì. “Ha mancato il cuore di poco... Qualche centimetro ed eri spacciato... Mio padre è caduto giù dalla vetrata, non darà più fastidio a nessuno.” 

“Alice ha chiamato l’ospedale appena ha potuto. Sono arrivati il più in fretta possibile. Io ero con loro.” interloquì Mike. 

Guardò il mio amico, felice che tenesse tanto a me, poi una cosa mi tornò in mente: “Mike... Tu sei venuto da me insieme all’ambulanza?” 

Il ragazzo non capiva dove volessi arrivare, quindi annuì in tutta sincerità. 

“Non eri venuto con me per salvare Alice perché volevi vegliare Anna, come mai sei salito su quell’ambulanza? Non credo tu ti possa preoccupare per me mentre lei...” Non riuscii a finire la frase. 

Lui smise di sorridere. 

Alice lo guardò di sottecchi, con un mezzo sorriso appena accennato.

“Beh...” cominciò lui, senza riuscire poi a continuare.

Il mio sorriso si gelò sulle labbra: Anna non poteva essere morta!

“E’ venuto da te perché mi sono svegliata!” esclamò una voce familiare sbucando da dietro il mio amico.

“Anna!” Ero così felice di rivedere quella testolina bionda saltellare in giro per l’ospedale, non più incatenata ad un letto!

“Stai bene!” esclamai, al massimo dell’euforia.

“Già! Cosa pensava quel pazzo? Che un camion riuscisse a fermarmi?” scherzò lei.

Tutti scoppiarono a ridere. Mi era mancata, ma in quella stanza c’era qualcuno che mi era mancato di più.

“Alice...” sussurrai mentre Mike abbracciava la sua ragazza.

Lei mi si avvicinò: “Sì, Chaz?”

“Sono felice che tuo padre avesse torto...” mormorai sottovoce.

“Sai...” mi bisbigliò all’orecchio “In parte aveva ragione, ma si era dimenticato una cosa importante.”

“Quale?” chissà cosa intendeva Alice.

“Ognuno si crea il proprio destino, con ogni sua decisione. Romeo ha deciso di uccidersi, tu no. Siamo diversi da loro.” mi spiegò la ragazza.

“La loro storia era una tragedia, la nostra non è ancora finita.” le risposi.

“La nostra è una storia d’amore...”

Alice si chinò su di me e mi baciò teneramente.

Non avrei mai permesso che qualcuno mi portasse via di nuovo colei che mi rendeva felice, la ragazza che tutti cercano, ma che solo pochi fortunati trovano.

E io ce l’avevo davanti.

“Ti amo, Alice.” le sussurrai all’orecchio.

“Ti amo, Chester. Sono certa che la nostra storia finirà bene, magari con un “e vissero tutti felici e contenti”.”

“Lo credo anch’io.”

Ed ero sicuro sarebbe stato così.

 

 

Misi un punto alla mia autobiografia. Ricordare alcuni momenti era stata dura, ma ora ero felice.

“Non ti stai dimenticando qualcosa?” mi domandò Alice arrivando di soppiatto dietro di me.

“Non credo... cosa?” le chiesi, senza capire a cosa si riferisse.

Lei non mi rispose, ma prese la tastiera e iniziò a digitare una frase.

Quando la lessi sorrisi: aveva ragione, non mi ero ricordato di una parte essenziale nella nostra storia.

Anni dopo i due si sposarono e vissero per sempre felici e contenti.

Sembrava la fine di una bella favola.

La nostra.

 

Angolo Autrici

Ciao a tutti!

Abbiamo cambiato il finale, avete visto? :D
Così anche quelli che avevano già letto la storia hanno avuto una bella sorpresa.

Sono tutti viviiii!!

Ok, cerco di ricompormi.

Il capitolo l’ho scritto io ed è l’ultimo.

Quindi qui ci dobbiamo salutare :(

Ma non pensate che sia un addio, no no.

Prometto che io e Ali andremo avanti a scrivere. :)

Quindi a presto (spero xD)

Baci <3

Bee e Monky_Blue

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