Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Salve a tutti !!! Questo è il primo
capitolo della mia storia, a cui tengo moltissimo,e spero che mi
lascerete qualche commento, sia che vi piaccia oppure no!
È d’obbligo però fare una piccola
premessa: mi sono liberamente ispirata per l’ambientazione e per il
protagonista maschile al bellissimo romanzo di Emma Pomilio,
Dominus. Ma non è necessario averlo letto per seguire la
fiction, poiché del romanzo c’è solo il personaggio, null’altro.
Il rating per ora è PG 13, ma se la
storia verrà apprezzata (lo spero molto!!!) la seconda parte sarà
una NY 17.
Detto questo…fuoco alle polveri!
Buona lettura
Red Rome
Piccola
descrizione di Marco: è un rampollo della società romana, e quindi è
un ragazzo viziato, prepotente, presuntuoso e straordinariamente
bello. Aristocratico e ricco, è senza limiti. Ovviamente è portato a
pensare che Roma sia la potenza più grande del mondo, e che i Romani
come lui siano i migliori. Ma la sua altezzosità non deve ingannare.
È anche un ragazzo dolce e generoso, che non sopporta le ingiustizie
e non tollera i pregiudizi. È vivace, sempre allegro ed un gran
combina guai. È legatissimo al suo fratellastro Ardach, col quale è
cresciuto e spinge perché diventi un uomo libero e venga
riconosciuto come suo fratello. Suo padre Caio è un senatore romano
molto conosciuto, ma per il giovane Marco è stato lo schiavo Milone
a rappresentare la figura paterna nella sua
infanzia
Per chi ha letto il libro:
Marco, Ardach e Milone sono da poco tornati dalla Grecia.
Tra Ardach e Caio non ci sono ancora dissapori e ovviamente, per il
fine della storia (ma anche per gusti personali) Elettra non esiste.
??Ë??
Capitolo 1: Un Incontro
Inatteso
Roma, I sec.
a.C.
Era una serata
come molte a Roma. Una tipica notte estiva che si prospettava uguale
a tutte le altre. Il cielo sereno stellato illuminava le vie deserte
della città, mentre l’afa opprimeva come di consueto i cittadini.
Non c’era un filo di vento. Le fronde degli alberi erano immobili, i
grilli canticchiavano annoiati e il riverbero della luna piena si
infrangeva sui muri colorati delle ville e dei tanti templi della
capitale.
Marco stava
girovagando svogliatamente per la villa. Cercava inutilmente di
sfuggire dal fracasso che gli amici di suo padre stavano producendo
nella sala da pranzo. Quanto li odiava quegli stupidi banchetti.
Dopo anni non era ancora riuscito a capirne il motivo. Proprio si
rifiutava di comprendere il perché quell’idiota di suo padre dovesse
invitare alla villa metà del senato e tutti i ricchi mercanti di
Roma. Non era forse già abbastanza potente e rispettato in città?
Non riusciva a capacitarsene. Ma quella sera, in particolare, suo
padre aveva decisodi
dargli il tormento. Non gli bastava aver trasformato la casa in un
bordello di terza categoria colmo di ubriachi. No,
questo sarebbe stato il minimo, pensò Marco mentre si
aggirava furtivo per i corridoi deserti della casa in cerca di
tranquillità. Quella sera, il buon Caio, aveva deciso di introdurlo
nel mondo della politica. Pensava che fosse giunto il momento di
presentarlo alla società. In fondo, aveva sapientemente argomentato,
aveva raggiunto la maggiore età, e poi era l’unico erede
dell’illustre famiglia dei Cedici. E così, da qualche settimana a
quella parte, Caio cercava di farlo partecipare attivamente ai suoi
convivi, illudendosi di fargli un favore. In verità Marco non ne era
minimamente interessato. Era giovane, ricco, bello e rispettato da
tutti, l’ultima cosa di cui voleva occuparsi era la politica. Un
giorno, non molto lontano, avrebbe ereditato da suo nonno una
fortuna immensa e dal padre probabilmente il ruolo di senatore.
Aveva studiato nelle migliori scuole del mondo, dalla Grecia a Roma,
era di bell’aspetto, forte e in salute. Non gli interessava nulla di
quello che il padre gli stava offrendo. Voleva solo divertirsi,
godersi gli ultimi anni di adolescenza, trascorrere il tempo con gli
amici a non fare assolutamente nulla di faticoso o impegnativo. In
fondo Marco era un ragazzo come tutti gli altri. Se non fosse che il
padre gli dava il tormento, come quella sera. Marco aveva provato a
inventarsi una scusa per non trovarsi a casa quella sera, ma non era
servito a nulla. Caio lo aveva costretto ad essere presente al
banchetto minacciandolo. E per di più, come se la sfortuna non gli
avesse già voltato le spalle abbastanza, Ardach era stato mandato a
controllare una tenuta fuori Roma proprio quella sera. Accidenti,
aveva pensato il giovane rampollo Romano. Senza il suo fratellastro
si stava annoiando a morte. Dopo un paio d’ore infatti tutti i
vegliardi invitati dal padre si erano riversati sui comodi divani
ubriachi fino al midollo, e Marco conosceva perfettamente il
proseguimento della serata. Prima Caio lo avrebbe presentato a
qualche famoso mercante, magari anche cercando di accasarlo con una
ragazza dell’alta società, e poi il padre avrebbe concluso la serata
con una specie di orgia generale. No, non faceva per lui quella
roba. Certamente, Marco era un amante di bacco e delle belle donne,
ma la presenza di tutti quei vecchi in casa sua lo indispettiva
parecchio.
Ecco perché, non
appena si era liberato per pochi secondi dalla stretta del padre,
Marco si era dileguato alla svelta, imboscandosi nei corridoi più
lontani della villa.
Camminava
lentamente e svogliatamente per i meandri della grande casa ormai da
parecchio, quando udì dei passi concitati alle sue spalle. Il cuore
iniziò a battere più veloce, e non appena udì la voce di uno schiavo
urlare – Signorino Marco… dove siete? Vostro padre vi sta cercando!
Signorino Marco!- ebbe un profondo sussulto. Non doveva farsi
trovare, altrimenti sarebbe stata la fine, sarebbe dovuto tornare al
banchetto. Si guardò attorno frettolosamente, in cerca di una via
d’uscita, ma nulla. Era nell’ala orientale della casa, quella
adibita ai notabili. Davanti a lui vedeva solo il buio, ma sapeva
benissimo che al fondo dell’oscuro corridoio c’era una porta. Di
slancio iniziò a correre in quella direzione, sentendo oltre tutto i
passi avvicinarsi terribilmente in fretta. A pochi passi dalla porta
però si fermò di colpo. Gli era appena venuta in mente una cosa: la
porta era bloccata. L’aveva fatto serrare sua madre anni addietro
per impedire alla lucertole di entrarvi, e da allora era rimasta
serrata. Marco imprecò sottovoce. Rapidamente fece mente locale. Si
trovava in una zona che conosceva benissimo. L’aveva percorsa
centinaia di volte quando era bambino, assieme adArdach e ad altri bambini vi
giocavano a nascondino. Doveva pur ricordarsi se c’era un’altra via
d’uscita. E la soluzione gli apparve immediatamente. Si ricordò
improvvisamente che sulla sinistra c’era un vecchio magazzino, per
metà murato. Ora era poco più di una nicchia nel muro, ma quando era
piccolo si nascondevano sempre lì. Si stava stretti, è vero, ma era
perfetto. Nascosto dall’esterno da un grande arazzo rosso era
praticamente invisibile dall’esterno, a meno che qualcuno non lo
conoscesse già. Perfetto. Senza pensarci un secondo di più, e
rendendosi conto che il suo inseguitore era poco lontano, fece un
paio di passi verso la sua sinistra e si tuffò verso l’arazzo. Fece
appena in tempo a nascondercisi dietro che lo schiavo aveva svoltato
l’angolo comparendo nel corridoio deserto. Ma oltrepassato
l’arazzo Marco ebbe una gran brutta sorpresa. Il suo nascondiglio
era già stato occupato. Si ritrovò premuto contro un altro corpo,
inconfondibilmente umano. E vivo, soprattutto. Al buio non poteva
riconoscerlo, ma poco ci mancò che Marco non pretendesse un attacco
di cuore. Si aspettava di trovarlo vuoto, e invece vi aveva trovato
un altro ospite, che evidentemente doveva essere spaventato tanto
quanto lui. Infatti non appena Marco gli era piombato addosso aveva
emesso un piccolo gemito. Fortunatamente i riflessi del giovane
romano erano ottimi, e in un secondo appoggiò la sua grande mano
sulla bocca dell’altro individuo. Rimasero immobili per lunghissimi
secondi. Marco tese l’orecchio in ansia, senza togliere la mano dal
viso dell’altro ospite del nascondiglio. Attese di sentire i passi
dello schiavo che lo stava cercando. Quando lo avvertì passare oltre
l’arazzo trattenne il fiato e anche l’altro lo imitò. Lo schiavo
percorse tutto il corridoio, per poi tornare sui suoi passi e
andarsene. Intanto il bel moro stava iniziando a rilassarsi. Il
pericolo era scomparso. Però c’era un’altra questione da risolvere:
il secondo inquilino del nascondiglio segreto. Mentre lo schiavo si
allontanava chiamandolo per nome, poté concentrarsi meglio sulla
persona che stava tenendo premuta contro la parete. Erano talmente
vicini che poteva quasi sentire i batti del suo cuore. Lentamente
iniziò a percepire meglio la sua figura e istintivamente ebbe un
tremito. Non poteva sbagliarsi, non lui, non Marco Cedicio. Quella
era una donna. Assolutamente una donna. Lo capiva dalla carnosità
delle labbra sotto il suo palmo, dalla setosità della pelle premuta
sulla sua e ovviamente dal corpo sinuoso ed estremamente femminile
stretto a contatto col suo più massiccio e virile. Quelle era senza
dubbio una donna. Si stupì di come non se ne fosse accorto subito.
In fondo era buio pesto lì dentro, e non sarebbe mai riuscito a
distinguerne i lineamenti. Ma la cosa che lo colpì maggiormente fu
il suo profumo. Fu quello a fargli capire la natura di quella
persona, senza nemmeno vederla. Un profumo intenso, femminile,
forte, vivace ed estremamente attraente. Non sapeva spiegarlo, ma lo
deliziava ed eccitava allo stesso tempo, come una droga.
Dopo che lo
schiavo se ne fu andato i due rimasero immobili per qualche istante,
aspettando che i passi si esaurissero. Infine Marco si decise
tremante a togliere la mano dal viso della donna. Era vicinissimi, i
visi a pochi centimetri l’uno dall’altro, i corpi che si
sovrapponevano completamente. Leggermente imbarazzato Marco sussurrò
un – Scusa…ma non volevo che mi trovassero-. Una banalità, ma non
sapeva cosa altro dire. Era una situazione talmente irreale che lo
coglieva completamente impreparato. Sentì la donna muoversi
leggermente e poi sussurrare a sua volta – non ti preoccupare…lo
avevo capito. Neppure io volevo che mi trovassero!-. La voce era
giovanile ma profonda, dolce e sensuale al punto giusto. Marco pensò
che doveva essere una ragazza della sua età all’incirca, a giudicare
dalla voce gioviale. Probabilmente una schiava che si nascondeva per
non lavorare. Sospirò profondamente, mentre sentiva la ragazza
spostarsi verso la sua sinistra. Da quella parte infatti c’era un
piccola concavità del muro, leggermente più spaziosa. E se ricordava
bene anche una piccola finestrella che dava sul giardino interno
della villa. Infatti la ragazza l’aprì velocemente, come se anche
lei conoscesse l’esistenza di quello spioncino. I raggi della luna
filtrarono all’interno del nascondiglio, illuminando di poco i due
ragazzi. Marco non riusciva ancora a distinguere i tratti della
fanciulla, ma solamente la fisionomia generale. Ora erano divisi da
circa un metro di spazio,ma stranamente il moro riusciva ancora a
percepire il suo profumo intenso sulla pelle.
Dopo qualche
secondo di silenzio, nel quale Marco ebbe l’impressione che la
ragazza stesse ridacchiando divertita, si decise ad interromperla.
Con voce profonda il ragazzo disse – Allora…si può sapere come
facevi a conoscere questo posto?-. Questa volta non si poteva
confondere la risatina cristallina della ragazza. Stava veramente
ridendo, e di cuore anche! Marco si inalberò subito. Non era famoso
per la sua pazienza, nodi certo. Detestava quando le gente rideva di lui,
soprattutto se senza motivo, come in quel caso. Adirato borbottò –
Perché stai ridendo? Ho detto qualcosa di divertente?-. Vide la
ragazza negare con la testa e trattenere a sento le risate. Infine,
mentre stava per imprecare ancora, la fanciulla disse – No, scusa, è
che … non mi hai riconosciuta, Marco?-. Al ragazzo gelò il sangue
nelle vene. Quella ragazza conosceva il suo nome, e ora anche a lui
sembrava di riconoscerla. Le ricordava qualcuno, dimenticato nei
meandri più profondi dell’anima. Quella frase, quel tono divertito e
gioco, quella naturalezza…gli richiamavano alla mente qualcuno. Ma
non riusciva ancora a mettere a fuoco chi potesse essere.
Eppure…sentiva di conoscerla, e anche molto bene. Si perse nei
proprio ricordi. Quel posto… quel nascondiglio…tanti, tantissimi
anni prima… si, ora iniziava a ricordare. Un’immagine. Lui, Ardach e
un’altra bambinetta come loro che correvano per la casa, che si
nascondevano e rideva. Che finivano sempre dietro a quell’arazzo.
Ma no, non era
possibile, si disse Marco. Non poteva essere lei, sarebbe stato
troppo assurdo. Eppure…non era così impossibile in fondo. Erano
pochissimi quelli che conoscevano quel nascondiglio, forse solo loro
tre. E poi quella voce, quel tono, quel profumo. Doveva fare un
tentativo, forse era veramente lei.
Con voce
tremante, del tutto inaspettata da un ragazzo sicuro di se come lui,
disse - Rh…Rhea?-.
Note dell’autrice:
I ringraziamenti qui sono d’obbligo,
altrimenti rischio il linciaggio! Un grazie a coloro che hanno letto
per primi la mia storia, e non si sono scandalizzati troppo per i
capitoli successivi che sono più Hot, ovvero Vale, Giu, Silvy,
Giulia, Kia, Fra,Giorgia e Pachi e naturalmente al mio “editore”
Jaki…Facciamo il botto!!! ^__^
N.d.A: Grazie a tutte le
persone che hanno letto (siete dei Grandi!!!) e soprattutto a chi ha
avuto la gentilezza di commentare!!! ^_^ commentate
please!
Capitolo 2: Parole e
Ricordi
La fanciulla
di fronte a lui emise un’altra piccola risatina e fece un cenno di
assenso col capo – alla fine ci sei arrivato, allora!- esclamò
allegra. A Marco quasi cedettero le gambe. Non si poteva credere,
era assurdo. Rhea era lì con lui. Incredibile. Però era lei. Lo
sentiva, ne era certo. Solo lei aveva quella vocee quella risata. Solo
lei.
Ricordava
fin troppo bene Rhea. La sognava spesso, nonostante fossero passati
tanti anni dall’ultima volta che l’aveva vista. Forse anche quello
era un sogno. Si, lo era di certo. Non poteva essere veramente lì
con lui. Rhea…la sua piccola Rhea. Beh, in verità non era ne sua ne
piccola, ma a lui piaceva chiamarla così. Pensava che non l’avrebbe
mai più rivista.
Il padre di
Rhea era un famoso questore di Roma, un vecchio e caro amico di
Caio. Marco e Rhea si conoscevano fin da bambini, ed erano sempre
stati legatissimi. Più che amici, quasi fratelli. Loro due e Ardach
erano inseparabili. La ragazzina aveva praticamente trascorso
l’infanzia in quella villa a giocare con i due figli di Caio. Erano
stati anni felici, che il giovane Marco ricordava ancora con
trasporto. Fino a quando il padre di Rhea non si era dovuto
trasferire in Sicilia. Era stato un vero trauma per Marco, il primo
della sua vita. Si era dovuto separare da lei in modo molto
doloroso. Era solo un bambino quando aveva dovuto dirle addio, e non
riusciva a comprenderne il motivo. Nemmeno ora, cresciuto e
maturato, se ne era fatto una ragione. Ma pensava che mai l’avrebbe
rivista. Era quasi morta per lui, troppo lontana e distante. Erano
anni che non si sentivano, nessuna lettera, nessun messaggio. Il
vuoto assoluto. E poi…poi eccola. Riapparsa dopo quasi dieci anni,
lì con lui, tra le sue braccia. Era possibile?
- Marco!- lo
richiamò la fanciulla, interrompendo il flusso sfrenato dei suoi
ricordi e riportandolo alla realtà – Non mi dici nulla?- gli chiese
con una nota divertita nella voce limpida e aggraziata.
Inconfondibile. Era lei. Era la sua piccola Rhea. Non aveva più
dubbi.
Istintivamente
fece un passo avanti e l’abbracciò. Seguì l’impulso, senza
riflettere. Ma anche se ci avesse pensato sopra una vita intera,
l’avrebbe stretta a se lo stesso. Sognava di poterlo fare da una
decina di anni, e finalmente ne aveva l’occasione. Sentì una morsa
allo stomaco, una rapida contrazione e qualcosa all’altezza del
petto stringersi di commozione. La stava abbracciando e quasi non ci
credeva. Rhea…era lì con lui. La sua migliore amica, la compagna di
infanzia, di giochi, di bravate…era tornata da
lui.
Dopo
interminabili secondi la lasciò a malincuore e disse – Rhea…Rhea…ma
come?-. Lei rise, limpida e meravigliosa come sempre. Forse si stava
divertendo nel vederlo così sconvolto e indifeso. Marco cercò allora
di riprendersi, il suo orgoglio smisurato di Romano non gli
permetteva di farsi deridere. Cercando di dare una nota più matura
alla sua voce già quasi adulta le chiese – Ma…che cosa ci fai qui?-.
Vide la ragazza sollevare le spalle e mormorare gentile e serena –
Ecco…a mio padre hanno assegnato una nuova questura qui a Roma.
Siamo appena arrivati, e tuo padre ovviamente non ha perso tempo! Ci
ha subito invitati a un suo banchetto!-. Incredibile e stupefacente.
Ma terribilmente emozionante. La storia filava perfettamente. Allora
ecco spiegato il motivo del suo ritorno a Roma. - Capisco…-
confermò Marco cercando di individuare il volto della ragazza nella
semi oscurità che avvolgeva quello stanzino. – Già…e mi sono
nascosta qui dentro…- continuò Rhea sedendosi con eleganza per
terra, ai piedi del ragazzo, appoggiando la schiena alla parete –
probabilmente per lo stesso motivo per cui ci sei venuto tu!-
proseguì ironica – Lo sai quanto non sopporto queste occasioni
ufficiali…mi stavo annoiando e i vecchi si stavano ubriacando
pesantemente. Quindi…me ne sono andata il prima possibile!-. Anche
Marco si accomodò accanto a lei, tanto vicino da avere le spalle
attaccate. Quel semplice contatto lo fece tremare
impercettibilmente. – La stessa cosa vale per me- le disse voltando
il viso verso il suo, che però guardava fisso di fronte a se. La
ragazza sussurrò – Vedi, appena sono arrivata ho capito come sarebbe
finita la serata, e ancor prima di iniziare il banchetto mi sono
nascosta qui dentro!-. Il ragazzo sorrise – Ecco perché non ti ho
vista!-. – Esattamente! E se vuoi saperlo non mi va proprio di
tornare in sala con quei vecchi bavosi, senza offesa,e ubriachi! Mio
padre cercherebbe di farmeli conoscere e magari anche di trovarmi un
marito!- e scoppiò in una breve risata di scherno. Ma Marco no.
Quella parola, “Marito”, lo aveva sconvolto. Avevano la stessa età,
e perciò anche lei era in età da marito, ma l’idea di vederla
sposata lo inorridiva. Per lui Rhea era ancora la bimbetta vivace e
maschile di quando si erano lasciti. Ma si rendeva conto che non era
più così. Erano cresciuti, e ora lei era quasi una donna. Era
naturale che suo padre le cercasse un marito, soprattutto perché
apparteneva a una famiglia molto in vista della società romana. La
ragazza proseguì con la solita allegria –e scommetto che tu sei qui
per lo stesso motivo! Non gradisci questo genere di convivio?- gli
chiese voltandosi leggermente verso di lui. Il moro scosse la testa
con veemenza – Ovviamente no!-. Poi però si accorse che per lei non
era ovvio. Loro due non si conoscevano quasi per nulla, erano
passati troppi anni. Si accorse con meraviglia e terrore che lui di
Rhea non sapeva praticamente più nulla. Non sapeva cosa le piacesse
oppure no, se era fidanzata, se aveva degli amici, quali dottrine
avesse studiato, … e moltissime altre cose. Però sapeva di volerle
scoprire tutte. Non gli importava di niente altro. Adesso chel’aveva ritrovata non
l’avrebbe più lasciata andare via tanto facilmente. Improvvisamente
gli venne in mente una cosa e subito le chiese concitato – ma…fino a
quando vi fermate in città? Poco? Molto?-. Notò la ragazza accanto a
lui stringersi nelle spalle e mormorare – non lo so. Qualche mese,
sicuramente, forse di più. Mio padre deve terminare la magistratura,
e poi non ho idea di cosa faremo-. Beh, pensò Marco, almeno
avrebbero avuto qualche mese per tornare a conoscesi. Intanto era
bellissimo stare seduto in quello stanzino assieme, spalla contro
spalla, i respiri che si fondevano, gli odori che si univano, a
chiacchierare, come da bambini. Sembrava quasi che il tempo non
fosse mai trascorso. – E dimmi – la incitò, per poter udire ancora
la sua voce melodiosa che gli era tanto mancata – com’è
la Sicilia?
Bella?-. La fanciulla riprese immediatamente vita, vivace come non
mai esclamò entusiasta – Oh! Si! Stupenda! È un paese meraviglioso!
Peccato che ci abbiamo vissuto per poco tempo…-. –Cosa? Per poco
tempo? Vuol dire che vi siete di nuovo trasferiti?- la interruppe
Marco incuriosito. Rhea annuì sorridendo – Già. Siamo stati in
Sicilia solo un paio di anni, poi siamo andati a vivere in Spagna,
sulla costa meridionale. Avresti dovuto vedere che posto
meraviglioso! Stupendo, veramente! Il posto più bello del mondo!-.
Era eccitatissima. Ne parlava come se la Spagna fosse davvero il
luogo più bello del mondo. Marco però era scettico. Per un romano
cittadino di Roma non poteva esistere luogo più meraviglioso della
Città, perciò le disse – Sei sicura? Non saprei…-. La ragazza non
sembrò affatto offesa,ma anzi, continuò ancora più eccitata, quasi
sognate –Oh Marco…dovresti vederla la Spagna, davvero. È
spettacolare! Il sole, il mare, il caldo tutto l’anno… e poi le
colline, le isole…è tutto meraviglioso!- continuò a citare le
bellezze della Spagna mentre in Marco sorgeva un nuovo sentimento.
La gelosia. Si sentiva invidioso di quelle terre. Loro l’avevano
potuta vedere crescere, mentre lui no. Ed era mai possibile che lei
ne fosse stata così rapita? Evidentemente l’avevano stregata,
allontanandola da Roma. – E quindi ti dispiace essere dovuta venire
qui a Roma…- borbottò rabbuiato Marco. Ma lei lo rassicurò
immediatamente – Assolutamente no! Anzi…ne sono felicissima! Mi è
mancata Roma, e anche tutti voi! Avevo molta voglia di rivederti,
sai?- a quel punto il ragazzo si sentì arrossire lievemente, ma
fortunatamente il buio impediva di vederne il rossore sulle gote. –
Mi siete mancati tutti! A proposito…Ardach come sta?-. – Bene, mio
padre non lo ha ancora riconosciuto come figlio, ma almeno adesso lo
rispetta. Io e lui abbiamo studiato in Grecia per anni, siamo
tornati anche noi a Roma solo pochi mesi fa’- le rispose rallegrato.
– Davvero? E com’era la Grecia? Raccontami tutto…
voglio sapere ogni cosa che avete fatto!-. La ragazza era curiosa,
ma a Marco non dispiaceva parlarle e raccontarle della sua vita. Lei
era la sua migliore amica fin da bambini, in quei dieci lunghissimi
anni gli era mancata moltissimo la sua presenza, e finalmente ora
poteva recuperare tutto il tempo perso. Le raccontò quasi tutte le
loro avventure in Grecia, trascurando ovviamente le proprie storie
con varie ragazze…sapeva che una donna non approva queste cose.
Eppure lei sembrava coinvolta, gli faceva domande, rideva, si
emozionava ai suoi racconti. Dopo averle narrato tutto, esausto ma
felice e soddisfatto le chiese – E tuo fratello come sta? Era
veramente un grande Alessandro!-. Rhea annuì vivamente – Si, e lo è
ancora! Adesso non so bene dove sia…forse in Persia con l’esercito.
Sai…è un comandate molto bravo, viaggia molto. Però adesso che ha un
figlio penso che si voglia stabilizzare un po’ di più!-. Marco
strabuzzò gli occhi, non visto. Un figlio? Ma come era possibile?
Alessandro era ancora giovanissimo! Aveva solo un paio di anni in
più di loro e aveva già un figlio…accidenti! – Un…un figlio dici? È
diventato padre?- chiese per conferma alla ragazza, che subito
rispose entusiasta – eh si! E io sono diventata zia! Beh…in verità
non è proprio suo figlio, non di sangue almeno!-. – che cosa intendi
dire?- le domandò stupito il romano. Lei alzò le spalle e disse –
Ecco…l’anno scorso mio fratello ha dovuto eseguire una missione nel
nord della Spagna, dove un gruppo di briganti aveva attaccato alcuni
villaggi. Arrivato in un villaggio ha visto solo desolazione e
distruzione. Avevano bruciato tutto e uccisi tutti gli abitanti.
Solo un neonato si era salvato, aveva meno di un anno. Naturalmente
anche tu conosci mio fratello…non avrebbe mai potuto lasciarlo lì!
Ha un cuore troppo buono per essere un soldato! E così lo ha preso
con se, lo ha adottato-. Marco ne era impressionato. Adottare un
orfano in quel modo non era cosa da tutti, ma Rhea aveva ragione.
Conosceva bene anche lui Alessandro,esapeva che non lo avrebbe
mai potuto abbandonare al suo destino. Per questo era un grande. –
Tuo fratello è veramente una brava persona!-. –Lo credo anche io! Lo
ha chiamato David, ed è fantastico! Il mio nipotino è favoloso!
Peccato solo che non assomigli per nulla a noi Ascani! Infatti è
biondissimo con la pelle chiara, un po’ come Ardach!-. Entrambi
scoppiarono a ridere ripensando a quando Ardach era piccolo. Magari
un giorno anche il piccolo David sarebbe diventato grande e forte
come lui! La ragazza continuò a parlare di se, della sua vita in
Sicilia e in Spagna come precedentemente aveva fatto Marco. Il moro
la ascoltava rapita, la immaginava crescere felice e spensierata, ma
lontana da lui. Avrebbe dato qualunque cosa per starle accanto, e
ora finalmente erano di nuovo assieme. Faceva fatica a rendersene
ancora conto, ma la ragazza che sedeva al suo fianco era proprio
Rhea. Quella Rhea che considerava la sua migliore amica d’infanzia,
a cui era infinitamente affezionato. Ricordava perfettamente quando
erano piccoli, quando rubavano i vestiti dei suoi genitori per
fingere di essere adulti, quando giocavano a rincorrersi per
l’immenso giardino della villa.
Rhea da
piccola era veramente graziosa, la pelle abbronzata, gli occhi verdi
come il mare e i capelli rossi. Si, Rhea aveva i capelli ramati,
scuri e mossi fin da piccola. Più volte Marco si era domandato se la
sua insana passione per le rosse nascesse proprio da questo. – E
così adesso sono qui a Roma…- concluse Rhea voltandosi a guardare il
suo profilo vagamente illuminato dalla luna. Marco si riprese
immediatamente e sospirando mormorò – Sono felice che tu sia qui,
Rhea-. La sentì sorridere, e anche lui di rimando le sorrise,
nonostante non potesse vederlo. Improvvisamente sentì l’impulso di
vederla. Voleva sapere come era diventata, ecco tutto. Ormai era
quasi una donna, e la curiosità era tanta. Il suo profumo era
inebriante ma la sua voce ancora troppo giovanile e fanciullesca.
Marco voleva sapere se il suo aspetto rispecchiava una o l’altra
personalità. In verità se l’aspettava all’incirca come l’aveva
lasciata, piccola, minuta e infantile. Ma non era affatto
così…
NdA: Lo so…è un capitolo
un po’ corto ma spero che venga apprezzato… un Kiss
Capitolo 3: Tutti
Cambiano
Il ragazzo
lanciò distrattamente un’occhiata fuori dalla finestra e osservò la
luna. Pensieroso disse – Credo che il banchetto sia finito, molti
degli ospiti se ne saranno già andati… che ne pensi…li
raggiungiamo?-. Rhea annuì – Si, meglio non far preoccupare troppo
mio padre!- e con una breve risatina scattò agilmente in piedi e
uscì fuori dal loro piccolo nascondiglio. Dopo qualche secondo Marco
la imitò e uscì anche lui dal rifugio. Inizialmente fu sopraffatto
dalla luce intensa del corridoio, e impiegò qualche secondo a
recuperare la vista. Intanto Rhea era qualche passo avanti a lui che
lo aspettava. Quando finalmente poté tornare a vedere, Marco rivolse
istintivamente lo sguardo verso la ragazza, e quello che vide lo
lasciò di sasso. Non se lo sarebbe mai immaginato. Era incredibile
quello che aveva davanti agli occhi.
Davanti a
lui c’era Rhea, e per la prima volta dopo dieci anni la poteva
ammirare. Ed era semplicemente…bellissima. Non c’erano altri termini
per definirla. Bellissima. Se l’era immaginata piccola e innocente.
Ma quella che aveva davanti non era ne piccola ne innocente. Era una
donna meravigliosa. La prima cosa che venne in mente a Marco era che
quella doveva essere la donna più bella che avesse mai visto in vita
sua. E lui di donne ne aveva viste davvero tante. Era perfetta,
completamente diversa dall’idea che aveva in mente. Non era più la
bambina di un tempo. Quella ragazzina ingenua si era trasformata in
una donna terribilmente sensuale e attraente, la cui bellezza lo
colpì come un pugno in pieno petto. Non aveva affatto un fisico
minuto e infantile, tutt’altro. Era alta quasi quanto lui, quindi
ben più della norma. Aveva un corpo sensuale, magro e snello, ma con
tutte le curve al posto giusto. Flessuoso e raffinato. Aveva un’aria
di eleganza innata, che la faceva sembrare una regina. Indossava un
abito rosso lavorato con fili d’oro e perle preziose, ma
leggerissimo e con un’abbondante scollatura sul seno generoso. Non
volgare, ma magnifica. La pelle era di una deliziosa tonalità
dorata, all’apparenza morbida e setosa. Il viso era un opera d’arte,
veramente. Un ovale perfetto, fine e delicato. Marco notò subito che
gli occhi non erano cambiati. Erano sempre profondi, verdi,
penetranti. Lo stregavano, lo facevano perdere nella loro immensità.
E poi…quei capelli. Dannazione, erano ancora rossi. Lui impazziva
per i capelli ramati, erano la sua passione, il suo punto debole.
Adesso come avrebbe fatto a resisterle? Erano rossi scuro, come il
sangue, come le fiamme.Erano come se li ricordava, mossi e scuri, ma ora li teneva
lunghi fino alla vita, lucenti e morbidi come lingue di fuoco
ardenti. Marco già immaginava di poterli sfiorare, anche solo per un
attimo. Era davvero troppo bella. Non più una bambina, ma una donna.
Una donna straordinaria, sensuale, attraente, affascinante… si sentì
arrossire davanti a tanta grazia ed eleganza. Pensò subito che
sarebbe stata la modella perfetta per una statua di Venere: alta,
sinuosa, raffinata, bella…e lui avrebbe potuto essere il suo Marte,
al suo fianco e…no, ora stava divagando. Rhea gli ispirava troppi
pensieri inopportuni…eppure non riusciva a non sentirsi eccitato
alla sua presenza. Da un certo punto di vista avrebbe preferito
fosse rimasta infantile come un tempo, magari anche bruttina.
Sarebbe stato più semplice starle accanto ed esserle amico. Invece
era diventata la ragazza più bella e sensuale che avesse mai
visto…
- Cosa fai?
Non vieni?- lo incitò con aria scocciata. Marco annuì senza
staccarle gli occhi da dosso, che ormai vagavano lascivi e senza
pudore per il suo corpo e la seguì per il
corridoio.
Effettivamente
avevano avuto ragione. Quasi tutti gli ospiti se ne erano andati,
solo una mezza dozzina erano rimasti semi svenuti sui divanetti
troppo ubriachi per camminare. La sala intera portava gli evidenti
segni del banchetto: macchie di vino ovunque, cibo sparso per terra,
cuscini dimenticati in ogni angolo…insomma, vera devastazione. Ma
oramai sia Rhea che Marco erano abituati a tutto ciò. Senza indugi
si diressero verso il giardino interno della casa dove sapevano di
trovarvi i loro padri. Infatti erano entrambi lì, sotto un grande
albero da frutta intenti a discutere di politica, probabilmente. Un
giovane e prestante schiavo siriano stava intanto massaggiando
maliziosamente le spalle di Caio, e non si fermò neppure quando vide
sopraggiungere i due ragazzi.
Caio era un
esteta, amava le bellezza in tutte le sue forme. Nulla che non fosse
bello e perfetto poteva essere sottoposto al suo insindacabile
giudizio. Al suo cospetto potevano giungere solo raffinatezze e
opere d’arte, la mediocrità non era contemplata. Lui adorava il
bello, nell’arte, nell’architettura, nella letteratura, nel mondo, e
ovviamente nelle persone. A lui interessava solo la bellezza, nei
maschi tanto quanto nelle femmine. Si poteva definire il maggior
esperto in questo campo, un esteta al cento per cento. E quando
quella sera vide per la prima volta dopo dieci anni la piccola Rhea
capì subito di essere in presenza di qualcosa di raro e magnifico.
Era bellissima, una delle donne più seducenti e affascinanti che
avesse mai incontrato.
Anche suo
figlio la pensava allo stesso modo naturalmente. Rhea lo eccitava,
lo lasciava senza fiato, lo mandava in estasi con la sua sola
presenza. Ecco perché quando il padre della ragazza la portò via con
se quella sera dopo il banchetto, si sentì miserabilmente solo e
vuoto, stranamente malinconico. Prima di uscire dalla villa Rhea si
avvicinò al ragazzo, che l’aveva accompagnata fin sulla soglia e gli
sussurrò all’orecchio, facendolo sussultare – Domani perché non
vieni a trovarmi? Così parliamo ancora un po’… ci sono tantissime
cose che voglio sapere su di te!-. La sua voce bassa ed eccitante lo
mandarono momentaneamente in Tilt, tanto che quando si riprese si
rese conto che se ne era già andata.
Quella notte
Marco dormì pochissimo. Non riusciva a non pensare a lei, alla sua
migliore amica d’infanzia e alla donna stupendamente provocante che
era diventata. Quando infine si addormentò per qualche ora, spossato
ed esausto dalle emozioni provare, non poté evitare di pensare alla
sua piccola Rhea.
Ecco qui il 4° capitolo!
Spero che vi piaccia…e ringrazio con tutto il cuore Michy90 e Fenrir
che mi hanno lasciato una recensione! Come sempre continuo a
chiedervi di lasciare un commentino! Buona
lettura…
Capitolo 4: Non
Indovineresti Mai…
Marco si
svegliò che il sole era già alto nel cielo. Probabilmente era quasi
l’ora di pranzo, pensò. Si vestì di tutto punto, con l’intenzione di
andare a trovare nel primo pomeriggio Rhea. Voleva fare un
bell’effetto, e possibilmente far risaltare tutta la sua bellezza e
mascolinità. Perciò indossò una delle sue tuniche più belle e
raffinate, dono di suo padre, che in fatto di gusti estetici era una
vero genio.
Si stava
dirigendo verso la sala da pranzo quando sentì arrivare dal giardino
della villa alcuni cavalli. Si avvicinò e si trovò a pochi passi da
Ardach, che gli stava venendo incontro con alcune pergamene in mano.
Sebbene i due fratelli fossero entrambi belli e affascinanti, in
quel preciso momento il biondo non poteva certo competere con il
fratellastro. Marco appariva come una statua greca, alto ed
elegante, ben curato, pettinato con attenzione, appena lavato e
profumato, con indosso una tunica rossa che sembrava cucitagli
addosso. Ardach invece era appena tornato da un viaggio molto
faticoso, e perciò portava una semplicissima tunica da viaggio, i
crini biondi erano stati spettinati dal vento e dalla corsa a
cavallo, la polvere lo ricopriva come una seconda pelle e sul viso
apparivano i primi segni di stanchezza. Così evidenti che appena i
due furono vicini Marco esclamò con una mezza risata – Ardach! Ma
cosa ti è successo! Sembri appena uscito da un campo di battaglia!-.
Il biondo lo fulminò con gli occhi e si diresse a passo di marcia
verso l’interno della villa. –Lasciamo perdere, Marco!- sbottò
evidentemente irritato – abbiamo viaggiato tutta la notte senza
sosta, è stata un’esperienza traumatizzante!-. Effettivamente Ardach
era anche lui cresciuto nel lusso e nelle comodità, sebbene fosse
uno schiavo. Caio lo aveva sempre trattato bene, viziandolo e
presentandolo come un esempio di bellezza ed eleganza. Era normale
quindi che non fosse abituato alle scomodità e al lavoro pesante.
Marco gli corse dietro trotterellandogli accanto, con un
espressione gioiosa e vivace che non passò inosservata al fratello.
Ardach si bloccò e si voltò verso di lui – Allora…cosa succede?-.
Era davvero troppo strano vedere il giovane romano di così buon
umore prima dell’ora di pranzo. A pensarci bene era strano vederlo
in piedi prima dell’ora di pranzo.
Con un
sorriso ammaliante Marco disse – Amico mio, ho una notizia che ti
risolleverà la giornata!-. Il biondino lo guardò scettico – davvero?
Sentiamo…ma calcola che sono stanco morto e voglio solo andare a
dormire-. Marco annuì e sorridendo esclamò – Non indovineresti mai!
Ieri sera ho incontrato una persona che consoci molto bene…è appena
tornata in città dopo molti anni, e ieri sera era anche lei al
banchetto…-. Fece una piccola pausa per enfatizzare il momento –è
Rhea!-. Ardach sgranò gli occhi incredulo. – Cosa? Rhea? Ma sei
sicuro di non essertela sognata?-. L’altro scosse la testa, radioso.
– Assolutamente no! Suo padre ha una nuova magistratura qui a Roma e
ieri sera l’ho incontrata al banchetto!-. Il biondo lo guardava in
tralice – Non stai scherzando, vero?-. chiese smarrito. Marco parve
quasi offeso – Ti sembra che potrei mai scherzare su una cosa del
genere?NO!-. Ardach rimase immobile per qualche secondo, e infine
disse .- Incredibile! Non ci posso credere! E…e come sta? Com’è?-.
Su bel viso abbronzato di Marco apparve un ghigno – Sta
benissimo…dovresti vederla! È spettacolare, stupenda! Dopo pranzo
vado a trovarla, vieni anche tu?-. Il fratellastro scosse la testa
rassegnato – mi spiace, ma sono troppo stanco…magari un’altra volta.
Ora vado a cercare Caio per dargli questi documenti- e così dicendo
sventolò le pergamene che teneva in mano – ci vediamo dopo!- e così
sparì all’interno della casa, lasciando il giovane rampollo romano
sognante.
Dopo un
lauto pranzo, degno dei Cedici, Marco si ripropose di riposare
qualche ora prima di presentarsi a Rhea. Voleva essere riposato e in
forma per lei. Inutile dire che non riuscì a chiudere occhio per più
di qualche minuto. Era teso e nervoso come lo era stato raramente
nella sua vita, e non riusciva a comprenderne il motivo. Sicuramente
era per Rhea, ma si chiedeva il motivo di tutta
quell’ansia.
A metà
pomeriggio si decise ad andare. Era inutile rimanere in casa a
vagare come un anima in pena, e quindi tanto valeva dirigersi
direttamente a casa sua.
Aveva saputo
da qualche schiavo che Rhea e suo padre risiedevano in una grande
villa antica poco lontano dal tempio di Giove, a pochi passi dal
foro ma allo stesso tempo abbastanza isolati da potersi godere pace
e serenità.
Attraversò
la città velocemente grazie al suo bellissimo cavallo bianco, regalo
di suo padre, e giunse finalmente dalla tanto agognata fanciulla.
La villa
dove alloggiava era veramente molto bella,degna della sua occupante.
Era grande, a un piano solo, bianca e pulita sebbene fosse molto
antica. Era recintata da alte siepi verdi e al suo interno si
potevano scorgere grandi alberi, molti in fiore. Marco lasciò il
suo bel cavallo a un servo e si fece strada nella villa. Appena
entrato riconobbe immediatamente la vecchia nutrice di Rhea, Amelia,
una donna di mezza età prosperosa e altezzosa. Al ragazzo ricordava
moltissimo sua nonna Faustina. Non era cambiata quasi per nulla
negli anni la vecchia Amelia, aveva solo più capelli bianche e un
seno abbondantemente calante, ma per il resto era sempre la stessa.
Quando la donna lo vide gli corse incontro e lo abbracciò con tanta
forza da mozzargli il fiato. Iniziò a fargli i soliti complimenti –
Marco! Come sei cresciuto bene! Sei un uomo bellissimo e virile!
Come sei grande !...- ma riuscì a bloccarla in tempo chiedendole –
Dov’è Rhea? Vorrei parlarle…-. Beh, in fondo era lì per quello, no?
La donna gli sorrise ammiccando e gli indicò il giardino sul retro
della casa. Senza indugio Marco seguì il dito della donna e uscì nel
porticato. Il giardino della villa era molto grande e bello,
spazioso quasi quanto quello della villa dei Cedici, ma sicuramente
non altrettanto elegante. Il giardino di Marco era imbattibile per
raffinatezza e per la quantità di opere d’artepreziose che suo padre vi
aveva raccolto. Nonostante questo anche quel giardino aveva il suo
fascino, soprattutto se si pensi che da qualche parte vi era anche
la bellissima Rhea. Marco fece qualche passo all’interno del parco e
notò subito che poco lontano si ergeva una piccola costruzione,se
così si può definire. Era solo un piccolo spiazzo tra alcuni alberi
da frutta, ricoperto da lastre di marmo chiaro. Ai lati c’erano
varie colonne che lo circondavano, e al centro alcuni soffici divani
e cuscini completavano la scena. Il patio era poi adornato da alcuni
veli di stoffa leggera drappeggiati tra una colonna e l’altra.
Incantato da ciò si avvicinò e rimase impietrito da quello che vide.
Rhea era comodamente distesa su uno di quei comodissimi divani, col
ventre leggermente adagiato alla stoffa, intenta a leggere un libro.
Era incantevole. Quel giorno indossava un abito di stile greco molto
leggero color pesca e salmone, che metteva in risalto la carnagione
dorata e i capelli di rame. I crini scuri erano lasciati quasi
completamente sciolti, se non per alcuni fermagli dorati alla base
del collo. Ondeggiavano lentamente a ogni suo respiro cadendo
scomposti e selvaggi sulle spalle nude. L’espressione della ragazza
era concentrata ma al tempo stesso rilassata e serena. Marco non
avrebbe voluto disturbarla, ma non resistette alla tentazione e le
si avvicinò piano, per non spaventarla. La fanciulla si rese
immediatamente conto della sua presenza e si voltò a guardarlo. I
suoi occhi verdi erano più luminosi del sole e sul suo bel viso
apparve subito un sorriso sincero, che imbarazzò non poco il moro. –
Ciao…- esordì il ragazzo ormai ai suoi piedi. – Ciao Marco!- esclamò
vivace la ragazza facendogli segno di sedersi sul morbido divanetto
accanto a lei. Naturalmente Marco ubbidì all’istante e tornò a
fissarla, incantato. Si era spostata su un fianco, per poterlo
guardare meglio. In questo modo metteva in mostra il bel seno
florido e la quasi totale mancanza di gioielli e altri ornamenti.
Non era il tipo da queste cose. – Allora…che cosa fai di bello?- le
chiese Marco per rompere l’imbarazzante silenzio che si era creato
tra di loro. La fanciulla alzò le spalle annoiata – nulla…stavo
leggendo un libro noiosissimo di filosofia-. Marco scoppiò in una
breve risata. – perché ridi?- chiese incuriosita Rhea scrutandolo
negli occhi. Il ragazzo scosse la testa tra una risata e l’altra e
disse – Oh no, niente. E che non mi sarei mai aspettato di vederti
studiare! Tu odiavi i libri e la letteratura!!-. A queste parole
anche la rossa scoppiò in una risata.- Hai ragione in effetti!
Perché non facciamo qualcosa?-. Marco sorrise dolcemente e chiese
–Qualcosa di che tipo?-. Ancora una volta Rhea si strinse nelle
spalle – Non lo so…proponi tu qualche attività!-. Marco assunse
nuovamente l’aria pensierosa e disse – uhm…scusa, ma sono ancora
abituato a vederti come un maschiaccio! Che ne dici di una
passeggiata a cavallo? O una nuotata alle terme? O magari qualche
gioco come con la palla ?- si fermò guardandola speranzoso. Aveva
detto una marea di stupidaggini, ma Rhea aveva la capacità di
mandarlo in confusione. I loro occhi si incrociarono e a Marco gelò
il sangue nelle vene. Non aveva mia visto uno sguardo come quello.
Intenso, deciso, malizioso ed eccitante. I suoi occhi di giada
apparivano impenetrabili e sicuri, attraenti come non mai. Lo
stavano fissando indagatori e bastò quello sguardo a farlo eccitare.
Con un mezzo sorriso la ragazza mormorò un appena udibile – io con
te farei ben altro…-. Niente di più. Marco arrossì immediatamente
pensando subito a cosa avrebbero potuto fare assieme di
diverso,esicuramente
lo sguardo di Rhea lo induceva a continuare. Ma proprio mentre nella
sua mente iniziavano ad affacciarsi immagini confuse e sicuramente
poco pudiche gli occhi verdi di Rhea tornarono dolci e vibranti di
entusiasmo, non più sensuali e cacciatori come prima. Belli lo
stesso, ma innegabilmente meno erotici. Con un sorriso dolce questa
volta la ragazza esclamò – Si, pensavo che potresti farmi da guida
qui a Roma! Sono dieci anni che non la vedo…saranno cambiate un
sacco di cose!-. Il romano sbatté le palpebre ripetutamente e
balbettò – S…si, va bene…bene. Andiamo pure…si-. Non era da lui
essere così insicuro, e per questo si odiava, ma Rhea lo metteva in
soggezione. E poi quello sguardo…era semplicemente infernale.
Meraviglioso, caldo, passionale. Prometteva fuoco e fiamme con gli
occhi. Chissà col resto allora…
Capitolo 5: Non
Tutte Le Cadute Vengono per Nuocere
I due
uscirono poco dopo dalla villa, diretti verso il foro. Rhea era
esaltata come una bambina. Additava tutto quello che vedeva
sorridendo, dicendo cosa ricordava e cosa no, cosa le era mancato,
quello che rimpiangeva,quello che c’era anche in Sicilia e così via.
Marco sarebbe stato volentieri delle ore ad ascoltarla incantato. La
sua voce infantile e fanciullesca si contrapponeva col carattere di
fuoco e col corpo sensuale. Ogni tanto Rhea iniziava a saltellare
come una ninfa, e lui faticava a starle dietro, tanto era
entusiasta. Verso il tramonto si ritrovarono a passeggiare attorno
al circo massimo. Proprio come una bambina Rhea si era tolta i
calzari dorati ed era salita a piedi nudi su un basso muretto di
pietra e vi camminava sopra tenendo le braccia aperte per mantenere
l’equilibrio. Era buffa e divertente in quella posizione. Marco le
camminava a fianco, sorridendo come un idiota, ma comunque sempre un
bellissimo idiota.
Improvvisamente
la ragazza mise in fallo un piede, appoggiandolo su una pietra
posizionata precariamente, e scivolò. Fortunatamente per lei Marco
aveva ottimi riflessi e senza un attimo di esitazione l’afferrò tra
le braccia. Quasi non si resero conto di rovinare l’una tra le
braccia dell’altro. Solo quando riaprì gli occhi Rhea si rese conto
di essere avvolta dal protettivo abbraccio del Romano. E le piaceva.
Moltissimo. Si sentiva bene, protetta e al sicuro. Era una piacevole
sensazione di calore e benessere, che la invase completamente, come
le era successo raramente prima di allora. Sentiva perfettamente il
corpo muscoloso e duro del ragazzo contro il suo più fragile e
sensibile, e ciò non poté che farla sorridere. Le sensazioni che
provò in quel momento Marco erano pressoché le stesse. Averla
nuovamente tra le braccia gli trasmetteva un senso di potere e
beatitudine magnifico. Il calore del corpo di Rhea lo esaltava , il
suo profumo lo inebriava come una droga e il respiro morbido della
fanciulla contro la sua spalla lo faceva vibrare. Come poteva Rhea
avere tutto quel potere su di lui senza nemmeno rendersene conto?
Rimasero in quella strana posizione, abbracciati stretti e
inseparabili, per qualche istante, finché Marco disse con un filo di
voce – Tutto bene?-. La sentì annuire contro la sua spalla e
direa bassa voce –Si,
tutto a posto…- e si staccò da lui, che emise un flebile gemito di
disapprovazione che fortunatamente passò inosservato. Non voleva
lasciarla, gli piaceva troppo sentire il suo corpo agile e femminile
contro il proprio, ma non poteva di certo rivelarglielo. La ragazza,
con le gote leggermente imporporate sorrise e mormorò – Scusa, ma
come vedi il mio equilibrio è piuttosto precario…-.- Non importa- la
tranquillizzò immediatamente Marco ricambiando il sorriso. A Rhea
accelerò il battito cardiaco…il sorriso di Marco era sensuale e
dolce allo stesso tempo, e la mandava completamente nel pallone. Non
faceva fatica a credere che fossero molte le donne a contendersi i
suoi sguardi e le sue attenzioni. – Torniamo a casa?- propose il
ragazzo. Rhea annuì sorridendo e lo seguì per le strade affollate
della capitale.
Quando Rhea
tornò a casa era semplicemente esausta. Avevano camminato molto per
la città, e le emozioni intense della giornata l’avevano stancata
parecchio. La vecchia Amelia le corse subito incontro allarmata –
Padrona! Guardi come si è ridotta!- urlò sconcertata indicando il
suo bellissimo abito ormai tutto impolverato – Venga, le faccio
preparare un bagno!-.
Mentre
l’aiutava a spogliarsi Amelia iniziò il suo solito discorso – Deduco
che abbiate passato una bella giornata, no?-. Il tono rivelava un
che di ironico che certo non passò inosservato a Rhea – Si, una
bellissima giornata. Perché?- domandò subito con fare inquisitorio.
La nutrice alzò le spalle innocente – Era solo per sapere…ma
l’avverto! Quel Marco…è un bellissimo ragazzo, di buona famiglia, e
tutto il resto, ma…- lasciò volutamente la frase in sospeso. La
ragazza entrò dolcemente in acqua senza smetterla di fissare la
donna – Ma cosa?- la incitò a proseguire. –Ma…-continuò Amelia –è
come tutti gli altri uomini, badi mia signora! Anche lui vuole una
cosa ben chiara da lei! Il suo corpo!-. Rhea si immerse
completamente nella fresca acqua della grande vasca di marmo e
sussurrò – E chi ti dice che non sia quello che voglio anche io?-.
Becky
NdA: mi rendo conto che il
titolo di questo capitolo è orribile, ma al momento non mi viene in
mente nulla di meglio! Se qualcuno ha delle proposte le accetto
volentieri! ^_^
Marco quella
notte non dormì affatto bene. Per nulla. Diciamo che fu una vera
nottataccia. I suoi sogni tornarono ad essere confusi e privi di
senso, caotici ed emozionanti.
Marco si ritrovò improvvisamente nel giardino
della sua villa. Il sole brillava alto nel cielo e proiettava strane
ombre irreali al suolo. Accanto a lui sentiva un rumore assordante e
tante risate. Si guardò i piedi e non li riconobbe. Quelli non erano
i suoi piedi. Quello non era il suo corpo. O meglio, non era più il
suo corpo. Per Giove! Era tornato ad avere sette anni! Si sentiva
spaesato e fuori luogo, la mente non connetteva più molto bene.
Davanti a lui correva allegra una bambinetta di circa sette anni
anche lei…e come non riconoscerla? Era abbronzata e aveva i capelli
corti, ricci, rossi come il sangue. Rideva divertita e gli passava
davanti. Marco tentò di afferrarla, ma non ci riuscì. La bambina si
fermò a qualche metro da lui sorridendogli e invitandolo a seguirlo.
Il suo corpo si mosse da solo e iniziò a correrle dietro, ma sebbene
pensasse di essere più veloce di lei non riusciva mai a prenderla.
Correva, ma non si stancava mai. Improvvisamente il giardino attorno
a loro scomparve, e l’interno della villa ne prese il posto. Marco
si guardò attorno incuriosito e capì di trovarsi in un corridoio
famigliare. Notò che la bambina dai capelli ramati era sparita
ridendo dietro a un grande arazzo sulla parete, e immediatamente la
seguì. Oltrepassò anche lui l’arazzo, preso da una forsennata
ricerca, e si ritrovò in una nicchia. Era stranamente illuminata,
con una luce tenue e soffusa, come avvolta da una leggera
nebbiolina. Il ragazzo sbattè più volte le palpebre per rendersi
conto di quello che era successo. Era cambiata l’atmosfera, ma anche
i suoi sentimenti. Le sensazioni che ora provava erano più intense e
violente, e lo scombussolavano nel profondo. Improvvisamente si
accorse che anche il suo corpo era di nuovo cambiando, tornando a
quello vero. Ora aveva l’aspetto di un diciottenne. E la bambina di
fronte a lui era scomparsa, lasciando il posto a una ragazza, alta,
bella, con lunghissimi capelli rossi e occhi verdi. Indossava
solamente pochi veli color pelle che le coprivano le forme perfette,
lasciando intravedere molto del suo corpo. Marco la fissò incantato
per qualche secondo, e poi si lasciò trascinare dalle emozioni.
Emozioni così intense che non aveva mai provato. Le si gettò
incontro e la strinse in un abbraccio possessivo, ricco di
sentimento e passione. Quello che provava mutò fin troppo
rapidamente in desiderio e irrazionale voglia di lei, di sentirla a
assaporarla. Le prese il viso tra le mani e iniziò a baciarla,
dappertutto, sulla guance, sulla fonte, sul mento, per poi passare
ad impossessarsi famelico delle sue labbra carnose. Ormai non
pensava più, agiva solamente. Non si rendeva più conto di nulla, se
non di quello che sentiva assaggiando il suo dolce sapore. E mentre
la baciava lasciò scorrere le mani sulla sua schiena e sui suoi
bellissimi fianchi. Si sentiva straordinariamente eccitato e
accaldato, e sapeva che di lì a poco avrebbe perso del tutto il
controllo. Una mano era appoggiata sulla vita della ragazza quando
sentì qualcosa muoversi spudoratamente all’altezza del cuore. Si
staccò leggermente dalla ragazza, ma il sapore delle sue labbra lo
aveva stregato, non poteva farne a meno nemmeno per un istante.
Stava per baciarla una seconda volta quando, senza un motivo, Marco
spalancò gli occhi per guardarla. E proprio in quell’istante anche
lei sbarrò gli occhi. Le loro iridi si scontrarono per un
lunghissimo secondo, che lasciò Marco senza fiato. Quello
sguardo…era troppo intenso! Lo aveva eccitato oltre modo,
richiamandolo ai suoi istinti di uomo…che però non riuscì a
soddisfare. Quello sguardo lo aveva scosso talmente tanto che
risvegliò di soprassalto.
Marco si
svegliò di colpo, mettendosi seduto nel suo letto. Impiegò qualche
secondo a fare mente locale, per cercare di capire dove si trovasse
e che cosa lo avesse svegliato. Ricordò immediatamente tutto e il
battito cardiaco ebbe un’improvvisa impennata. Era accaldato, madido
di sudore e col respiro affannoso. E con qualcosa di spiacevole che
pulsava irriverente sotto le coperte. Cercò di riprendere il
controllo di se stesso con lunghi respiri, inutilmente. Le immagini
di Rhea non volevano uscire dalla sua testa. Si prese violentemente
la testa tra le mani, scuotendola e imprecò – Per Giove…-. Non
riusciva a credere a quello che stava facendo. Aveva bisogno di aria
fresca. “E ho anche bisogno di una donna…” pensò alzandosi
svogliatamente dal letto. “no…”
gli ricordò una saccente vocina dentro di lui “tu hai bisogno di
Rhea…”. E aveva dannatamente ragione. Quella ragazza
iniziava ad ossessionarlo.
NdA: questo capitolo è
uno dei miei preferiti…spero che vi piaccia! E spero che commentiate
positivamente ! Ciao!
Il mattino
arrivò presto. Marco passò la mattinata a vagare per la villa senza
un scopo, come la mattina precedente. Ardach iniziava seriamente a
preoccuparsi per la salute del fratello, e intuendo il suo stato
d’animo durante il pranzo disse – Marco…pensavo che sarebbe una
buona idea andare da Rhea oggi pomeriggio: non l’ho ancora vista e
vorrei tanto salutarla-. Un sorriso enorme apparve sul viso
abbronzato del giovane romano. –Benissimo!- esclamò euforico. Così
poco dopo l’ora di pranzo si diressero alla villa della ragazza, in
compagni di Lucio,un
altro dei loro amici di infanzia. Anche lui figlio di un patrizio e
di una serva.
La nutrice
li indirizzò nuovamente verso il giardino posteriore, e Marco fece
strada agli altri due ragazzi. Si aspettava di trovarla nuovamente
nel piccolo padiglione di marmo, ma lì non c’era nessuno. Marco si
guardò preoccupato attorno, mentre un impaziente Ardach gli
sussurrava – Allora? Sei sicuro che sia qui?-. Il moro stava per
rispondergli di non allarmarsi quando intravide alle spalle del
biondino la figura slanciata e candida della fanciulla. Le sorrise
automaticamente e con un segno della mano la salutò allegramente
–Rhea! Siamo qui!- le gridò entusiasta. La ragazza si accorse della
presenza dei tre ragazzi e corse a loro incontro. Ardach si voltò in
quel momento e rimase pietrificato. Si, Marco gli aveva accennato a
quanto fosse diventa bella la piccola Rhea, ma non si aspettava fino
a quel punto! Era veramente incantevole mentre gli correva incontro,
con un semplice abitino bianco piuttosto corto, i capelli legati in
una coda alta e un sorriso da sciogliere anche il ghiaccio. Il
ragazzo si voltò allarmato verso il fratellastro che stata ghignando
e balbettò – Maledetto…non pensavo che fosse…così…-. Marco gli
strizzò un occhio mormorando – Ah…io te lo avevo detto che era
bella!-. Il biondo tornò a posare gli occhi sulla fanciulla che si
stava avvicinando – Si…ma non pensavo così
tanto!-.
Intanto Rhea
era arrivata al loro cospetto ed esclamò vivacecome sempre – Marco! Non ti
aspettavo, ma che bello che sei venuto e…- puntò gli occhi
smeraldini sul bellissimo biondino accanto al romano – e…per gli
dei…Ardach!-. E così dicendo gli saltò al collo con affetto ed
entusiasmo. Ardach la strinse forte al petto e disse al settimo
cielo – Rhea! O Dei…sono così contento di vederti- la sciolse dal
poderoso abbraccio –sei bellissima!Dimmi…come stai? Quanto ti fermi?
Tuo fratello? E poi cosa...- ma venne interrotto da Marco che gli
posò gentilmente una mano sulla spalla – Calma, calma…se continui a
farle domanda non saprà come risponderti!-. Nel frattempo anche il
giovane Lucio, alto, scuro con i ricci neri, si era avvicinato
impacciatamente per dare il suo saluto all’amica di infanzia –Ciao
Rhea…ti trovo molto bene! Mi sei mancata molto…- e anche lui
l’abbracciò. Questa volta Marco sentì un nodo stringergli il petto.
Cosa poteva essere? Gli dava fastidio vedere Lucio che abbracciava
Rhea, e non capiva il motivo. Quando era stato Ardach non aveva
sentito nulla, ma ora avrebbe preso a pugni il giovane moretto per
aver solo sfiorato la pelle ambrata della ragazza. Forse perché
inconsciamente sapeva che Ardach non le avrebbe mai fatto nulla,
mentre Lucio…beh, Lucio non ci avrebbe impiegato molto prima di fare
il brillante anche con lei.Gli sorse un dubbio…che fosse…gelosia la sua? Ricacciò
indietro l’assurdo pensiero quando il moro lasciò la prese su Rhea e
la ragazza, più luminosa del solito, esordì dicendo –Oh ragazzi…che
bello essere di nuovo tutti assieme! Ho sognato tanto questo
momento! Dobbiamo festeggiare!- e così dicendo fece un cenno a uno
degli schiavi semi nudi che si aggiravano lì attorno – Tu!- gli
gridò con voce soave e gentile, ma comunque autorevole – Portaci
qualcosa da bere! Subito!-.Si accomodarono sui morbidi divanetti all’ombra e si
godettero la frescura. Il pomeriggio trascorse piacevolmente tra
varie chiacchiere e risate. Con grande gioia di Marco Lucio se ne
era andato presto. Ora rimanevano solo loro tre, come un tempo.
Sempre e solo loro tre, Ardach, Rhea e lui, Marco.
Ardach era
sempre stato un ragazzo intelligente. Sua madre si era prodigata per
insegnargli la propria cultura fin dalla tenera età e il padre lo
aveva educato quasi come il figlio legittimo. Per queste ragioni si
poteva ritenere un ragazzo intelligente e sveglio, e soprattutto
molto intuitivo. Quel pomeriggio non gli sfuggì affatto che tra Rhea
e Marco c’era una profonda intesa, e un’attrazione che li portava a
cercarsi con lo sguardo e con i gesti. Con un sospiro intuì subito
che cosa doveva provare Marco in quel momento, e si decise e
lasciargli campo libero. Iniziava a sentirsi di troppo tra quei due.
Così, improvvisamente, saltò in piedi e trascinò il fratellastro
dietro a un grande albero borbottando – Vieni…ti devo parlare!-.
Lasciò la presa sulla sua tunica solo quando furono coperti dal
tronco dell’albero. – ma che ti prende?- esclamò indispettito Marco
guardando negli occhi il biondino di fronte a lui. Ardach mantenne
il suo sguardo, come sempre, e gli disse – io me ne vado…mi sento di
troppo tra voi due-. Il moro lo guardò di sbieco – Che cosa intendi
dire?-. Il gallo scrollò le spalle- Ti piace, vero?-. Marco
non era preparato a quella domanda. Stava per rispondere un “no…è
solo un’amica a cui tengo molto” ma si rese conto che suonava
proprio come una bugia. E lui le bugie non le sapeva raccontare, non
al suo migliore amico, soprattutto. Optò per la verità – Si, molto…e
con questo?-. Ardach gli sorrise paterno e gli sussurrò – Beh…allora
io qui non servo a nulla! Ci vediamo a casa!-. Marco rimase immobile
per qualche secondo, osservando il fratello andarsene. Aveva
ragione. Rhea gli piaceva moltissimo e aveva atteso tutto il
pomeriggio il momento in cui sarebbero rimasti soli.
Inaspettatamente però Ardach tornò sui suoi passi scrutando
attentamente il giovane romano, ancora immobile. Gli era venuto uno
strano timore, ed era meglio eliminare ogni equivoco fin dal
principio. Perciò il biondo passò un braccio attorno alle spalle di
Marco e gli sia avvicinò all’orecchio –Se però le fai qualcosa…- gli
sussurrò serio – Qualcosa che lei non vuole, o che le vostre
famiglie non approvano…e sai cosa intendo…- lo fissò duro – Io mando
all’aria la nostra amicizia e ti uccido, capito?-. Si staccò da lui
e gli sorrise naturalmente. Aggiunse – A parte gli scherzi…- e Marco
pensò “ma che bello scherzo…mi ha fatto veramente paura!” – cerca di
non fare niente di quello che vorresti fare veramente ! Se suo padre
lo scoprisse ti ucciderebbe lui, lo sai vero?-e dicendo questo lo lasciò
ai suoi pensieri.
Dopo qualche
secondo Marco tornò dalla ragazza, non appena Ardach se ne fu
andato. Era distesa su un divanetto con la pancia in giù, nella sua
posizione preferita. Marco si avvicinò lentamente e le si distese
accanto, ma non abbastanza vicino da toccarla. L’avvertimento di
Ardach lo aveva leggermente intimorito. Da quella posizione poteva
osservare perfettamente il corpo rilassato della ragazza. Era una
scultura bellissima, le curve sode e morbide avvolte in una candida
veste bianca molto leggera.La vicinanza col suo corpo e il suo profumo lo mandarono
fuori controllo, e fece una gran fatica per trattenersi
dall’abbracciarla. Entrambi stesi proni sul comodo lettino si
fissarono a lungo negli occhi. Infine Marco disse – beh…siamo di
nuovo soli!-. Una banalità assoluta, ma non gli veniva in mente
altro. La ragazza sorrise e sussurrò – E già…perché non mi racconti
qualcosa di te di più intimo?-. “Io di intimo con te farei ben altre
cose, mia cara…” pensò istintivamente il ragazzo, ma appena se ne
rese conto si insultò mentalmente. –Uhm…raccontarti qualcosa, dici?
No, meglio di no! Fammi tu qualche domanda-. Rhea accettò
immediatamente l’invito ed entusiasta disse- bene! Allora…dato che
praticamente non ci conosciamo affatto…qual è il tuo miglior
pregio?-. Marco la guardò interrogativo, ma decise di rispondere
ugualmente – Il mio miglior pregio? Non saprei …ne ho talmente
tanti…-. La ragazza scoppiò in una breve risata, dicendo – Di sicuro
non è la modestia!-. Il moro annuì concorde – Assolutamente! Penso
invece che sia …la tenacia. Sono molto testardo, e ottengo sempre
quello che voglio- e la sua mente disse “e adesso voglio te!” ma
fortunatamente non lo pronunciò. – Perfetto!- dichiarò Rhea allegra
– e dimmi…qual è il tuo peggiore difetto?-. Marco finse di
accigliarsi – Come mai tutte queste domande?-. -Rispondi!- gli
intimò lei, e allora disse – Semplice…io non ho difetti!- ma notando
lo sguardo scettico della rossa si chiarì meglio – Oh…in effetti
qualcosina…tipo la presunzione. Diciamo che tendo a sottovalutare
gli altri!-. Ancora una volta Rhea rise e infine gli fece l’ultima
domanda – Lo prenderò per vero! Ultima cosa…definisciti con tre
aggettivi!-. Il bel moro ubbidì e rifletté qualche secondo. Infine
disse – Allora…sono intelligente, coraggioso e …straordinariamente
attraente!-. Questa volta la ragazza sorrise in modo diverso, quasi
malizioso. Come era apparso quel piccolo ghigno scomparve per
lasciare il posto a un’espressione di falsa offesa – Marco! Sei
sempre il solito vanitoso!-. Il ragazzo sogghignò e la incalzò
–Adesso tocca a te! Io ti ho detto qualcosa di me…ora dimmi qual è
il tuo miglior pregio!-. la ragazza ci meditò un po’ su, assumendo
una posizione involontariamente molto sensuale. Aveva alzato i
piedi, che faceva oscillare dolcemente avanti e indietro, e aveva
appoggiato l’indice al mento. Infine voltò nuovamente il viso verso
Marco e sorridendo disse – Ecco…sono una persona molto allegra e
solare… non credi?-. Marco annuì convinto, facendosi leggermente più
vicino a lei –Assolutamente!-. In effetti la “nuova” Rhea lo aveva
colpito proprio per la sua vivacità e voglia di vivere. –Eh…il tuo
peggior difetto?- si affrettò a chiedere per non rimanere incantato
troppo a lungo nel fissarle le meravigliose iridi smeraldine.Immediatamente la ragazza
disse – A beh…questa è facile! Ho tantissimi difetti!-. Subito Marco
pensò “io non lo credo affatto…” ma rimase in ascolto – Vediamo…il
peggiore dovrebbe essere il mio costante disordine. Sono
disordinatissima! Se non ci fosse Amelia non troverei mai nulla!-.
Dicendolo aveva fatto una faccia talmente buffa che Marco era
scoppiato a ridere. Non solo era bella e sensuale, ma anche
divertente e simpatica! Bene, il giovane romano non sapeva quanto
avrebbe ancora resistito prima di saltarle letteralmente addosso. La
vicinanza lo stava surriscaldando esageratamente e il suo famoso
auto controllo stava cedendo. – e quali sarebbero i tuoi tre
aggettivi per definirti?- le chiese attento alla risposta. Rhea lo
guardò negli occhi scuri e rispose – Primo, sono comunicativa.
Secondo sono ottimista e terzo…sono straordinariamente attraente!-
concluse imitando l’affermazione precedente di Marco. Ma il ragazzo,
già precedentemente provato dalla vicinanza e dal profumo di Rhea,
udendo quelle parole che aveva lui stesso pensato varie volte, non
riuscì più a connettere e per dare prova di quello che lei aveva
appena detto si sporse verso di lei per baciarla. Aveva trionfato
infine il suo istinto e le si era avvicinato per baciarla. Peccato
solo che avesse mancato il bersaglio. Al posto delle sue labbra
baciò solamente una guancia, in modo casto e senza doppi sensi. Si
ritrasse appena se ne accorse, maledicendosi un po’ per aver ceduto
all’istinto, e un po’ per non essere riuscito a baciarla sul serio.
Intanto Rhea
era arrossita leggermente e aveva continuato a parlare come se nulla
fosse – E basta…questi sono i miei tre aggettivi-. Il moro intanto
non aveva smesso di fissarla nemmeno per un istante e
improvvisamente gli venne un’idea. Questa volta si avvicinò al suo
viso lentamente e arrivato accanto al suo orecchio le sussurrò con
voce profonda e sensuale – Rhea… vorrei chiederti una
cosa…-.
Ok… so benissimo che
questo capitolo può sembrare apparentemente inutile al fine della
storia, ma in verità serve poi per capire le parti successive.
Inoltre è il penultimo capitolo di questa parte della storia…poi
dovrò aumentare il rating…^_^
Spero che non ci siano
problemi se inizio direttamente un’altra storia, che sarebbe il
seguito di questa, solo con un livello un pochetto più
alto!
Allora, questo è l’ultimo
capitolo della prima parte della storia, ed è la riscrizione del
capitolo 6 di “Dominus”. La seconda parte la pubblicherò a breve, ma
non so ancora il titolo. Indicativamente potrebbe essere “Black
Rome” ma non ho ancora deciso…opsss…
Colgo l’occasione per
ringraziare di cuore chi ha letto e soprattutto chi ha commentato! E
spero che abbiate anche voglia di leggere la seconda
parte!!!
Un
bacio…
Capitolo 8: Il
Mercato
I due ragazzi
camminavano tranquillamente tra le bancarelle del mercato,
fermandosi di tanto in tanto ad ammirare la mercanzia in vendita.
Rhea e Marco ridevano tra loro, camminando a braccetto e
chiacchierando di ogni genere di cosa gli venisse in mente. Era una
giornata bellissima, il sole splendeva forte e il profumo di
salsedine arrivava fino a loro.
Marco aveva
chiesto alla ragazza di accompagnarlo a Ostia per qualche giorno,
ospitati gentilmente da Ortensio. La fanciulla aveva subito
accettato e nemmeno suo padre aveva obiettato. Ardach invece aveva
preferito rimanere a Roma, per lasciare da soli i due
giovani.
Era quasi l’ora
di pranzo e i due ragazzi passeggiavano senza fretta per il mercato,
poco lontano dal porto della città. Erano veramente meravigliosi, e
molte persone si voltavano per osservarli. Lei indossava un abito
chiaro ornato da catenelle e cinture dorate, ma per prudenza aveva
preferito indossarvi sopra un leggero mantello scuro. Nonostante
questo era incantevole, con i capelli finemente acconciati sulla
nuca e qualche ciocca ribelle che le ricadeva sulle guance e sulle
spalle. Marco era bello come un dio greco, con la toga candida,
abbronzato e profumato da vero signore. Solo i capelli, come sempre,
facevano eccezione al suo ordine: erano costantemente in
disordine,eRhea non
perdeva occasione per scompigliarli ancora di
più.
Si fermarono di
fronte a un banco che vendeva frutta fresca, e una scimmietta saltò
sulla spalla a Marco, arruffandogli i crini e infilandogli le dita
nelle orecchie. Normalmente Marco le avrebbe dato una manata e
l’avrebbe scacciata, ma essendo in presenza di Rhea si trattenne dal
farlo. Alla ragazza sembrava piacere, tanto che scoppiò in una dolce
risata seguita da quella del giovane romano. La fruttivendola,
notando gli abiti che i due indossavano e i rari ma preziosissimi
gioielli di Rhea, scelse per loro la frutta migliore e gliela porse.
Marco non contestò il prezzo, primo perché non ne aveva minimamente
voglia, era una giornata troppo calda per discutere, secondo perché
aveva fin troppi soldi con lui, e infine perché temeva che Rhea non
avrebbe apprezzato. Si accorse con stupore che pensava a lei ogni
volta che faceva qualcosa, fatto che non gli era mai successo in
vita sua. Cosa poteva significare?
Successivamente
i due ragazzi si ritrovarono involontariamente di fronte alle porte
del macello. – Ti prego, non entriamo qui dentro…c’è troppa gente e
poi non sopporto la vista delle carcasse degli animali!- lo pregò
teneramente Rhea, stringendo leggermente la presa sul suo braccio.
Il ragazzo sorrise languido. Come poteva rifiutarsi? Era davvero
troppo carina quando faceva così…sembrava un cucciolo indifeso!
Acconsentì e la portò verso il portico esterno dell’edificio, dove
c’erano le bancarelle del pesce. Si fermarono ad una delle prime,
dove una pescivendola giovane e dai capelli rossi li invitò a
gustare la sua merce.Eraperò
evidentissima la differenza tra la chioma della donna e quella di
Rhea. La venditrice aveva i capelli tutti arruffati, rossi in modo
del tutto innaturale, aiutata sicuramente da qualche tintura. Un
tempo forse a Marco sarebbe anche piaciuta, ma avendo accanto Rhea,
il confronto non poteva reggere. I suoi capelli erano di un rosso
scuro, scarlatto, quasi violaceo…un rosso intenso come il vino che i
romani tanto adoravano. La donna si rivolse verso Marco – guarda qui
che scampi…ne vuoi, bel signore?-. Prima di rispondere il ragazzo
lanciò un’occhiata verso la ragazza, e poi disse – Si, dammi quelli
grandi…quelli lì... ce li cucinerà per cena il mio servo-. La donna
afferrò alcuni degli scampi indicati da Marco e li ripose
accuratamente in una borsa. Aveva notato che i due giovani erano
molto ricchi, e sperava in una piccola ricompensa per la sua
gentilezza. Mentre Rhea era intenta ad osservare con attenzione
alcuni strani pesci scarlatti poco lontano, la pescivendola gli
sorrise maliziosamente ed esclamò forte – La tua ragazza ne sarà
contenta, specialmente se li innaffierai col vino della zona. Sono
il cibo prediletto da venere!-. Il moro arrossì di colpo a quelle
parole e disse subito –No….guarda… lei non…non è la mia ragazza…-.
La donna mostrò un’espressione stupida – Davvero? Che peccato! Due
ragazzi giovani e belli come voi dovrebbero proprio stare assieme!
Sareste una bellissima coppia!- e detto questo gli strizzò l’occhio,
passando a servire un altro cliente. Marco rimase impalato per
qualche secondo, finché Rhea, che non aveva sentito la sua
conversazione, non gli afferrò il braccio – Dai Marco…andiamo!-.
Marco era senza parole. Lui e Rhea una bella coppia? Lei la sua
ragazza? Non ci aveva mai pensato, non ufficialmente almeno, sebbene
da diverse notti la rossa facesse continuamente capolino nei suoi
sogni. Però…proprio come ragazza ufficiale…non sarebbe stato affatto
male! anzi! Sarebbe stato perfetto…
Quella sera i
ragazzi cenarono da soli. Il buon Milone preparò per loro gli
scampi, e seguendo il consiglio (l’ordine) di Marco li innaffiò con
del vino locale. Rhea aveva insistito affinché cenassero sulla
grande terrazza che si affacciava sul mare, e così fecero. Fu una
cena splendida, durante la quale parlarono molto e Marco non perse
l’occasione per fare il brillante con lei.
Dopo cena
decisero di andare a fare una passeggiata per la tenuta di Ortensio,
ma prima la ragazza chiese di poter andarsi a cambiare in
camera.
Erano passati
già una ventina di minuti da quando si era allontanata, e non era
ancora tornata. Il moro decise di andare a cercarla, temendo che
potesse essersi persa. Girovagò per la casa per qualche minuto, non
trovandola da nessuna parte. Iniziando ad allarmarsi si diresse
verso la camera da letto della ragazza. Socchiuse senza il minimo
rumore la porta e finalmente la trovò. Silenziosamente entrò nella
grande camera e la vide distesa sul morbido letto che le era stato
assegnato. Dormiva placidamente. Doveva essere esausta per la
giornata faticosa e intensa, e probabilmente appena si era distesa
per riprendersi si era subito
addormentata.
Marco le si
avvicinò e rimase incanto nel guardarla. Era la cosa più bella che
avesse mai visto in vita sua. Aveva un’espressione estremamente
dolce e serena, quasi sognante. Teneva le labbra leggermente
socchiuse e un piccolo pugnetto di fronte al viso. Il corpo era in
una posizione estremamente rilassata, con le lunghe gambe toniche e
abbronzate leggermente piegate in posizione fetale. Era di una
dolcezza infinita. Il petto si alzava e abbassava con un ritmo
regolare, e a ogni movimento il ragazzo riusciva a intravedere
sempre di più dalla scollatura dell’abito. Con un sorriso di pura
tenerezza Marco le si accovacciò accanto, seduto per terra,
continuando ad ammirarla. Si ritrovò a pensare a quanto sarebbe
stato belle vederla dormire così tranquillamente ogni giorno, ogni
notte. E doveva essere veramente un privilegio prezioso potersi
svegliare la mattina e vederla così, oppure addormentarsi accanto a
un esserino così dolce e amabile. Un ciuffo riccio scivolò sul viso
della ragazza e Marco si sporse immediatamente per scostarlo dal suo
nasino perfetto, ma facendolo la svegliò involontariamente. Rhea
aprì lentamente gli occhi, socchiudendoli appena alla luce intensa
proveniente dalle candele attorno al letto. La prima cosa che vide
furono gli occhi scuri e dolci di Marco che la fissavano teneramente
e con un velo di rammarico per averla destata da un sonno così
quieto. Non si sentì minimamente allarmata. Le sembrava naturale e
bellissimo vedere gli occhi di Marco appena sveglia, era una
sensazione ricca di pace e protezione. Lo guardò per qualche
secondo, senza muoversi. Lui le sorrise improvvisamente intimidito –
Scusa…non volevo svegliarti- le sussurrò delicatamente . Con la voce
arrochita dal sonno lei disse –Non ti preoccupare…-. Si fissarono
ancora per qualche attimo – Eri così bella mentre dormivi- sfuggì a
Marco, senza potersi controllare. Un lieve rossore colorì le guance
della ragazza che mormorò a pochi centimetri dal viso del moro
–Grazie…e scusami, dovevamo andare a fare una passeggiata, ma ero
così stanca che…- ma Marco la fermò con un cenno. – Non dire
sciocchezze…lo capisco benissimo se sei stanca! Allora ti lascio
dormire, va bene?- le disse con una dolcezza infinita, che non gli
apparteneva. Si era appena alzato in piedi per andarsene che sentì
la propria mano afferrata da quella di Rhea – buonanotte Marco…-
sussurrò guardandolo nelle iridi nere. A quel punto Marco fece una
cosa inaspettata, che non aveva ne previsto ne immaginato. Si chinò
su di lei e la baciò. Fu un semplice e casto sfiorarsi di labbra,
durato qualche frazione di secondo, ma fu ugualmente importante. Si
rialzò e ancora intontito per la sensazione che ciò gli aveva dato
uscì silenziosamente dalla stanza, lasciando una Rhea stupita e
felice.
Nessuno dei due sapeva che da
quel giorno i poi le cose sarebbero cambiate
drasticamente.
Qui finisce la
prima parte del racconto e inizia la
seconda…