Memorie di belle immagini.

di Targaryen_L
(/viewuser.php?uid=249720)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non sarebbe finita. ***
Capitolo 2: *** Allo specchio. ***



Capitolo 1
*** Non sarebbe finita. ***


Non sarebbe finita.

 

Il sole non era mai stato così brillante. L’odore di salsedine mi riempiva, la brezza marina mi scuoteva energicamente, ricordandomi davvero di essere tornata a casa. Dal treno osservavo in lontananza la tavola blu cobalto, che mi si apriva davanti in tutta la sua imponenza. Avevo come la sensazione che volesse abbracciarmi, che mi invitasse a lasciarmi cullare tra sue onde, come da bambina. Ero felice, avrei rivisto la mia famiglia, i miei amici, avrei rivisto lui.

 

 

Mi lasciavo alle spalle anni di vita vissuta nel grigio cittadino, sola, senza i miei affetti, circondata da sorrisi ipocriti e falsi di persone da cui cercavo disperatamente di tenermi alla larga. E finalmente il treno si fermava, sferragliava sulle rotaie in corrispondenza della mia fermata. Non riuscivo a trattenere l’emozione. Che meraviglia! Era un mondo diverso, parallelo a quello della vita frenetica da cui provenivo. Ero a casa. L’aria calda mi avvolgeva, un’adorabile emozione che mi mancava. All’ombra di un platano, Samuel era lì che mi aspettava. Non era cambiato di una virgola, bello come sempre, con quei capelli neri ramati –forse ora un po’ lunghi- che facevano invidia a tutti i suoi amici. Appena mi aveva visto, un sorriso smagliante gli si stampa sul viso d’ebano. Era ancor più bello di come lo ricordassi. Correva verso di me, lasciando cadere qualcosa che aveva in mano, mi afferra e mi tira a se con vigore, baciandomi come mai aveva fatto. Sentivo i brividi, quelli che solo lui sapeva regalarmi. Sapevo che il nostro legame non si sarebbe limitato a un’avventura di mezza estate. La prova era stata quel bacio: in meno di un minuto, i nostri momenti trascorsi insieme mi offuscavano la mente, i ricordi si ammassavano uno sull’altro. Carica in spalla il mio bagaglio, mi prende la mano e iniziavamo a camminare, dirigendoci in quel luogo che entrambi conoscevamo molto bene. Non c’era bisogno di dire al cervello cosa dovesse fare, che le nostre gambe si muovevano da sole.

 

 

La spiaggia era quasi deserta, la sabbia più bianca di quanto ricordassi, e il fragore delle onde che scrosciavano contro la scogliera mi chiamava alla mente ulteriori ricordi della mia adolescenza. Samuel mi fissava, diceva che gli piaceva guardarmi mentre ero sovrappensiero, mi sfiorava i capelli –oramai spettinati dal viaggio- come se fossero di seta. Eravamo rimasti seduti sulla battigia sino al tramonto, voleva sapere tutti i dettagli della mia vita lontana da lui e da casa, e con l’amaro in bocca gli avevo parlato della tristezza infinita che mi arrecava quel luogo, in cui avevo trascorso cinque faticosi anni. Ad un tratto mi chiude la bocca con un bacio dei suoi, da farmi girare la testa. Il semicerchio rosso fuoco del sole illuminava il mare placido, rendendoci ombre strette dalla morsa di un’improvvisa passione. I capelli tra la sabbia, l’intreccio di anime, i sospiri lenti e languidi , il calore dei nostri corpi.

 

 

La notte ci aveva fatto compagnia, ci abbracciava nel suo dolce tepore estivo, promettendoci che non l'avremmo mai più dimenticata. Sapevo che non sarebbe finita. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Allo specchio. ***


 

Allo specchio.

 

 

La stagione calda si allontanava timidamente, cedendo il posto ad una brezza fresca che rendeva il mare malinconico, inquieto. La sfumatura livida del cielo pareva fondersi col verde smeraldo dell’acqua increspata. L’euforia di quei giorni entusiasmanti cominciava lentamente a spegnersi, mentre l’angoscia mi riempiva l’anima. Quello squarcio di spiaggia, a cui ero legata da ricordi magnifici, era proprio un ottimo luogo per sfuggire dal mondo e abbandonarsi ai pensieri. Non volevo ammetterlo, ma non riuscivo neanche a negare a me stessa il motivo della mia inquietudine: Samuel tra meno di una settimana sarebbe partito, per la missione che gli avrebbe –o meglio, ci avrebbe- cambiato la vita. Vedevo svanire davanti agli occhi velati dalle lacrime un’esistenza, una famiglia, un nostro futuro insieme, ancora in costruzione. Dal mio arrivo avevamo ideato progetti, l’immaginazione ci perseguitava, e di questo ne eravamo felici. Ci amavamo per davvero, tutto era magnifico, come in un sogno. Ma, per ironia della sorte, quel sogno ci era sfumato davanti, distruggendo quel castello di sabbia che un’onda spietata aveva inghiottito. Una telefonata inaspettata, in una domenica di inizio ottobre. Una voce dura, graffiata dal dovere, un ordine : “Missione, soldato. Per ora, termine non ancora stabilito. Alla base al più presto.”. In mano ora stringevo solo un pugno di sabbia, che lanciavo con rabbia contro gli scogli; volevo mandarlo via quel mio dolore.

 

 

Continuavamo a vederci prima che partisse, ma il vuoto dentro i nostri occhi era quasi visibile. Poche parole, abbracci da togliere il fiato, notti ardenti di amanti che si conoscevano da una vita, e che da lì a poco forse sarebbero state un ricordo dolce e amaro. Rimanevamo in silenzio davanti alla nostra immagine riflessa allo specchio, guardavamo la realtà cruda e spoglia. A nulla servivano le parole, ci godevamo quella visione triste, e, inermi, lasciavamo che il dolore si facesse spazio nei cuori e nelle menti.

 

 

Avrei voluto che quel giorno non fosse mai arrivato. Quel maledetto lunedì, piovoso, teatro di lampi e saette. Il mare urlava la sua rabbia e io, dentro di me, con lui. Samuel odorava di dopobarba e colonia, i capelli neri erano stati accuratamente rasati. Lo sentivo improvvisamente distante, un alieno nel mio mondo. Il viaggio fino alla stazione un’agonia, avrei preferito morire piuttosto che essere in quell’auto, tenendogli la mano e accennando qualche sorriso di conforto, ma che sapeva di tutt’altro. Il treno sbuffava, era tutto pronto, meno che noi. Un suo bacio mi arriva inaspettato, una carezza e un dolce sussurro, “Ricordati di noi”.

 

Allo specchio ora, solo la mia maledetta immagine.

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1336395