Call me

di pollama
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1° capitolo ***
Capitolo 3: *** 2° capitolo ***
Capitolo 4: *** 3° capitolo ***
Capitolo 5: *** 4° capitolo ***
Capitolo 6: *** 5° capitolo ***
Capitolo 7: *** 6° capitolo ***
Capitolo 8: *** 7° capitolo ***
Capitolo 9: *** 8° capitolo ***
Capitolo 10: *** 9° capitolo ***
Capitolo 11: *** 10° capitolo ***
Capitolo 12: *** 11° capitolo ***
Capitolo 13: *** 12° capitolo ***
Capitolo 14: *** 13° capitolo ***
Capitolo 15: *** 14° capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Prologo



I suoi occhi azzurri, immersi nel buio, la scrutavano.
Cosa le avrebbe fatto?
L’avrebbe uccisa? O che altro?
Rimase immobile, con le spalle al muro, terrorizzata come una bambina che guarda un film del terrore.
Sì, terrore. Provava solo quell’orribile sensazione di impotenza, di inutilità in quel momento.
Ancora uno sguardo le giunse da quell’angolo buio; le si spezzò il fiato in gola e tutto si spense di fronte ai suoi occhi.

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Capitolo 2
*** 1° capitolo ***


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-1-



Parigi.
Città magica, piena di colori.
La torre Eiffel che spiccava contro il cielo ambrato del tramonto.
Le risate delle persone che passeggiavano mano nella mano; i capricci dei bambini che avrebbero voluto ancora giocare con gli amici di scuola.
Tutto sembrava una fantastica musica che racchiudeva la magia di quella splendida città.
Jade Arc era una ragazza di ventidue anni e da un paio di anni aveva in mente di trasferirsi a Parigi dalla periferia.
Dopo aver litigato più volte con il padre, riuscì ad ottenere ciò che desiderava: un contratto come musicista jazz in un piccolo bistrot parigino.
Non era una gran cosa, ma per lei, che studiava da anni al conservatorio, era un'occasione d’oro.
Sul giornale locale aveva trovato l’indirizzo di un piccolo appartamento in affitto, aveva preso appuntamento con i proprietari verso le 18,00; erano già le 17,50 e lei non era riuscita a trovare la strada giusta.
«Maledizione! Arriverò tardi e mi toccherà dormire sulle scale della cattedrale di Notre-Dame» ripeteva mentre guardava alternativamente la mappa della città e le strade attorno a lei.

«Serve aiuto?»
Un ragazzo dai capelli biondo cenere e con un leggero accento spagnolo si fece avanti indicando la cartina che Jade aveva in mano.
«Oh… ehm… si, forse lei mi può aiutare»
Il ragazzo sorrise e con un cenno le fece capire di esporgli il problema.
«Dovrei raggiungere Rue de la Planche numero 2»
Il ragazzo sorrise piacevolmente e mordicchiandosi il labbro le disse quasi ammiccando «E’ vicinissimo, arriverai in tempo al tuo appuntamento… vedi quel bar lì in fondo?» la ragazza annuì e lui continuò con la spiegazione «Bene, devi proseguire per un paio di metri e girare a destra. Ti troverai nel posto giusto»
Jade annuì e memorizzato tutte le indicazioni si voltò per ringraziare, ma il ragazzo era già andato via.

§§§
 

Era quasi giunta a destinazione e correndo con le valige a seguito, non smetteva di pensare a ciò che le aveva detto il ragazzo “Arriverai in tempo al tuo appuntamento”, ma lei non gli aveva mai detto di avere un appuntamento.
Si lasciò alle spalle quel piccolo interrogativo e scrutando i numeri scritti sui muri dei palazzi, riuscì a trovare il numero 2.
Iniziò a salire a fatica le scale dell’ abitazione e non si fermò nemmeno un istante. Arrivata al terzo piano si ritrovò davanti a lei una donna più o meno sessantenne che indossava uno sgargiante abito rosa.
«Tu devi essere Jade! Vieni, entra piccola»
La ragazza poggiò le valige accanto al divano ed iniziò a guardarsi attorno.
Non era male come prima casa, anzi era molto più grande di come se la immaginava.
«Io sono Roberta Pauvres. Ogni mese verrò qui da te per la cifra pattuita per telefono. Va bene?»
Jade annuì e raccogliendosi i lunghi capelli castani in uno chignon arrangiato, ascoltò le ultime raccomandazioni che le stava elencando la signora che, finito di parlare, si dileguò velocemente lasciandola sola nel suo “nuovo” appartamento.

Appena il sole tramontò, Jade accese le luci in tutte le stanze; si sentiva strana, non era abituata a stare sola in una grossa casa.
«Bene! Ho disfatto i due bagagli e la pizza dovrà arrivare a momenti» si tolse le scarpe facendole volare dall’altra parte della stanza e buttandosi sul divano iniziò a fare un giro di canali in tv.
«Caspita! Fanno sempre i soliti film… nulla di interessante» appena finì di dire ciò la porta suonò con uno stridulo scampanellio.
“Sarà il fattorino con la pizza” pensò e distrattamente aprì la porta.
«Salve!»
Rimase un po’ interdetta nel vedere che lì, sull’uscio della porta, c’era il ragazzo a cui aveva chiesto le informazioni.
«Chi sei? Un maniaco forse?» Jade stava per richiudere la porta con forza, ma lui interpose il piede e la porta non si richiuse.
«No! Non sono un maniaco» rise di gusto «Sono semplicemente il tuo vicino»
La ragazza riaprì la porta scusandosi per avergli quasi rotto un dito del piede cercando di chiudere la porta e lo fece entrare in casa.
«Mi chiamo Frederic Suén e… non sono un maniaco stai tranquilla» rise ancora.
«Scusi! Non volevo essere sgarbata. Solo che… non sono abituata a stare sola in casa e…»
«Dammi del tu, chiamami Frederic» sorrise garbatamente «Non  credevo sembrassi così vecchio! Ho solo ventisette anni in fondo»
«Non… non intendevo questo» Jade arrossì vistosamente.
Le piaceva quel suo modo garbato di porsi, quel suo accento stravagante e quegli occhi di un azzurro quasi irreale.
«Stavi cenando?»
«Ehm… no, no. Stavo aspettando una pizza»
«Ottimo! Anche io stavo mangiando una pizza… a che gusto l’hai ordinata?» chiese piegandosi in avanti.
«Acciughe e funghi»
«Mmmh… mai provata. Aspetta, vado a prendere la mia così ceniamo insieme… se a te non dispiace»
Jade scosse la testa tanto violentemente che quasi perse l’equilibrio.
Il ragazzo uscì velocemente dalla porta d’ingresso e dopo nemmeno due minuti ricomparve sull’uscio.
La serata passò tranquillamente e senza pretese.
Frederic si dimostrò molto divertente ed anche romantico, soprattutto quando le raccontò di aver comprato tutte le rose di un fioraio pur di fare pace con una sua ex.
«Sul serio hai comprato più di cento rose?»
«Si, ho dovuto lavorare come magazziniere per più di un mese per recuperare il denaro speso»
«Sembra incredibile»
«Se non mi credi… chiedi al mio portafoglio»
Jade rise, ammettendo che era davvero simpatico.
«Sai? Mi ha fatto piacere passare un po’ di tempo in compagnia. Mi sentivo un po’ sola»
«La compagnia, quando è buona, fa sempre bene» disse e con un mezzo sorriso le diede la buonanotte chiudendosi alle spalle la porta della sua abitazione.
Jade, una volta distesa nel grande letto, si ricordo di averlo colto mentre la osservava e ricordandosi del suo sguardo incantevole arrossì leggermente.
 

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Capitolo 3
*** 2° capitolo ***


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-2-
 

La mattina era giunta; il sole faceva capolino dalle nuvole grigie che solcavano il cielo e faceva presagire un brutto temporale in arrivo. Jade stropicciandosi gli occhi si alzò dal letto e dopo una tazza di latte con due biscotti al cioccolato, andò a fare una doccia, mentre una vecchia radio rossa, cantava I'm gonna get what I want, cause you're just a little bit of good for nothing”.
Faticosamente cercò di aggiustarsi al meglio i capelli «Odio i miei cappelli, sembra abbiano vita prorpia!» ripeteva guardandosi allo specchio.

Quella mattina doveva sostenere un colloquio con il responsabile del bistrot e doveva apparire per lo meno professionale e per questo optò per una camicetta bianca ed una gonna grigia. Prima di iniziare a scendere le scale le venne naturale buttare un occhio alla porta affianco e, guardandosi prima intorno, si avvicinò alla targhetta d’ottone su cui c’era scritto “Suén”.
“Allora è vero” pensò subito, sentendosi un po’ in colpa.
Chissà perché pensava che le aveva detto una bugia.

 

§§§
 

«Salve! Lei deve essere la signorina Arc» un ometto con il cappello da cuoco ed una bella pancia grossa le si avvicinò appena entrò nel locale.
«Ecco, qui ci sono gli orari di lavoro» le porse un foglio con su scritte un paio di orari per tre giorni a settimana.
«Ma non le serve una verifica? Voglio dire… non sa nemmeno come suono»
«No, no. Si parte subito con una prova sul campo. Se ai clienti piace allora il lavoro è suo! Ci si vede alle 19,00 questa sera!»
«Ehm… d’accordo» rispose un po’ timidamente.

Con un gran sorriso uscì dal piccolo locale e pensò di chiamare alla madre per darle notizie.
La strada era piena di gente e tutti chiacchieravano o camminavano di fretta; voltando lo sguardo alla sua sinistra notò che c’era un piccolo spazio con dei giardini, così pensò che era il posto ideale per prendere il cellulare e chiacchierare un po’.
L’erba era un po’ bagnata per via dell’umidità e l’unica panchina libera sembrava essere asciutta.
Prima di comporre il numero ci pensò un po’ su, sapeva che la sua idea di andar via di casa a soli ventidue anni non era ben vista dalla sua famiglia. Infatti, la madre, appena sentì la voce di Jade ebbe subito da ridire gracchiando frasi per lo più incomprensibili; secondo lei Jade doveva rimanere a casa con lei e lavorare dalla parrucchiera del paese, ma quella non era la vita che desiderava, quella non era ciò che l’avrebbe resa felice, ma questo i suoi genitori non lo comprendevano, e chissà se con il tempo le cose sarebbero cambiate.
Con aria triste ripose il telefono nella borsetta bianca e tornò a guardarsi attorno, come se cercasse un qualcosa che la rallegrasse.
E proprio in quell’istante sentì una voce familiare alle sue spalle.
«Ciao»
Jade si volse, ritrovandosi il volto di Frederic colorato da uno splendido sorriso.
«Ciao» rispose ricambiando il riso.
«Posso?» indicò il piccolo spazio libero sulla panchina, Jade annuì e si spostò leggermente.
«Che ci fai qui sola?»
«Io… ehm… ero andata al bistrot perché cercavano personale per fare musica dal vivo e…»
«Cosa suoni?» chiese indicando la custodia ai suoi piedi, senza darle l’opportunità di finire di parlare.
«Chitarra. Sta sera dovrei essere una chitarrista jazz»
«Incredibile! Adoro la chitarra. Sai? La suono anche io e soprattutto nei momenti di… tensione»
«Incredibile» sussurrò lei.
Lo faceva apposta ad avere i suoi stessi interessi e gusti o erano pure coincidenze?
«Che ne dici di suonarmi un pezzo?»
«Cosa? Qui?»
Lui sorrise divertito ed annuì.
Un po’ controvoglia, Jade, tolse la chitarra dalla custodia nera ed iniziò a pizzicare le corde.
La gente stava incominciando a fermarsi per ascoltarla e subito le divennero le gote rosso fuoco.
Frederic iniziò a cantare una canzone in spagnolo e si incominciò a divertire anche lei.
La voce di lui sembrava così melodiosa che parve entrarle nelle orecchie per poi rimanere lì, incastrate tra il timpano ed il martello.
Finito di suonare, le persone applaudirono, alcuni le avevano lanciato anche delle monete, facendo piombare Jade in uno stato di imbarazzo assoluto. Ciò fece sorridere Frederic che le chiese «E’ stato divertente non trovi?»
«Già» mugugnò coprendosi con le mani il viso; era timida e bastava poco per farle colorire vistosamente le guance.
«Perché ti nascondi?»
«Odio quando la mia faccia prende la stessa tinta dei pomodori»
«Io invece lo trovo carino»
«Sul serio?»
Lui annuì e i suoi occhi si unirono a quelli di lei.
Ogni volta che capitava, Jade era incapace di distogliere lo sguardo, come per chissà quale magia oscura.
«Tu, invece, che lavoro fai?» tagliò corto per sciogliere quella situazione divenuta fin troppo imbarazzante.
«Io? Io sono avvocato»
«Tu, avvocato?»
«Certo, perché? Che cosa c’è di strano?»
Jade nascose, senza efficacia, il sorriso che le nacque sulle labbra.
«Beh… non ti vedo con la giacca e la cravatta» ed indicò la maglia color mandarino estremamente allargata, ed i jeans.
«Ma oggi non sono in servizio e mi vesto come piace a me» le fece un occhiolino e rise.
Ad un certo punto, iniziarono a cadere dal cielo delle piccole e fredde gocce di pioggia, la gente iniziò a correre cercando di ripararsi o per comperare qualche ombrello di emergenza.
Jade, si alzò bruscamente dicendo a Frederic che sarebbe tornata a casa, dato che, purtroppo, si era dimenticata l’ombrello.
«Fai la strada con me?»
«No, no. Io devo fare una cosa importante… ci si vede!»
Lei lo salutò con la mano e con un mezzo sorriso.
In un certo senso era rimasta delusa: avrebbe voluto parlare un altro po’ con lui. Le piaceva, era simpatico, garbato e… bello.

“Quel viso angelico, quella voce sensuale e…Jade! Ma cosa fai? Smettila di pensare a lui senza abiti!”pensò arrossendo talmente tanto che si sarebbe schiaffeggiata molto volentieri.

Appena entrò in casa pensò che forse era meglio se chiudeva la porta a chiave e accesa la tv, si impose di non uscire da quella porta.
Una volta infilata una tuta di pile si scaraventò sul divano immersa da scorte di caramelle, cioccolata e altre schifezze.
 «Stanno trasmettendo il film preferito di mia madre… che fortuna» disse con sarcasmo mentre compariva sullo schermo il titolo del film: via col vento.
Jade, non amava molto i vecchi film romantici, infatti mentre mangiucchiava delle patate in busta, si appisolò più per noia che per sonno.


N.d.A.: La canzone trasmessa per radio è questa:No more- the sleeps. Io ne ho riportato una frase ^___^

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Capitolo 4
*** 3° capitolo ***


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-3-
 

«Frederic, è un bene che tu sia venuto» un uomo dalla folta capigliatura bruna si andò a sedere su di una poltrona rossa.
La stanza era in penombra e la leggera luce del sole andava ad illuminare proprio il punto in cui stava in piedi Frederic.
Il ragazzo si scostò i capelli dalla fronte e tornando ad osservare l’uomo, disse «Bartolomeo, sai che non manco mai ai nostri appuntamenti»
«Sai perché sei qui?» sorrise, ma il ragazzo non gli rispose.
«Tempo fa ti feci una domanda, mi dicesti che per te era meglio pensarci un po’. Io ti ho dato tre mesi di tempo ed oggi sono scaduti. Voglio una risposta»
Il ragazzo si portò avanti e senza peli sulla lingua sputò fuori ciò che evidentemente aveva chiuso in sé da molto tempo.
«La mia risposta è no»
«No?» tuonò Bartolomeo.
«Io non mi unirò mai a voi! Non fate nulla di giusto, solo cose… sbagliate!»
L’uomo corse come un fulmine e togliendosi al volo la giacca di pelle strinse con la mano la gola di Frederic.
Il ragazzo cercò di liberarsi, ma l’uomo era il doppio di lui e molto più forte.
«Io sono il tuo alfa, ragazzo idiota! Ed esigo rispetto» con l’altra mano gli stracciò la maglia. Le unghie erano diventati artigli neri ed affilati e andarono a conficcarsi nella carne del petto di Frederic, riproducendo un suono simile alla carta che si straccia; il ragazzo urlò talmente forte che quasi gli si spezzavano le corde vocali.
Ciò bastò all’uomo che lo lanciò contro il muro alla sua destra, tornò a sedersi, e guardandolo attentamente batté le mani un paio di volte.
«Sai, vero, qual è la punizione per quelli come te? Io di certo non mi sporcherò le mani, ma loro sì»
Due ragazzi uscirono dalla stanza accanto facendo scrocchiare le nocche delle mani.
«Albert… Salvo… da quanto tempo» sibilò rialzandosi dal pavimento polveroso su cui era caduto.
Il ragazzo più alto, Salvo, incrociò le braccia dietro la nuca e, facendo pulsare i muscoli sotto la camicia, disse «Frederic sei davvero testardo. Non sai i benefici che potresti ottenere entrando a far parte del branco?»
Branco.
Odiava quella parola. Odiava quando gli dicevano che avrebbe dovuto essere un sottomesso.
Lui era una persona e si sentiva uguale agli altri.
«Coraggio! Avanti Frederic, non dirmi che non ti senti solo» ora anche Albert si era portato avanti, i suoi piccoli occhi scuri lo scrutavano divertiti.
«No, non soffro affatto la solitudine. Sapete? I lupi stanno bene anche soli»
«Ma in branco sono più forti!»
I due ragazzi si lanciarono all’attacco, sotto lo sguardo attento del loro alfa.
Sferravano colpi in simultanea e Frederic cercava di difendersi nel miglior modo possibile.
Cominciarono a levarsi ringhi e guaiti: i tre ragazzi avevano dato inizio alla loro trasformazione.
Frederic, il bel ragazzo della porta accanto, era un licantropo ed era uno dei più giovani del branco stabilitosi a Parigi.
«Non ti arrendi ancora?» Disse Salvo dopo avergli sferrato un calcio nello stomaco.
Frederic si rialzò traballando e con la maglia lacerata e sporca di sangue, non si arrese e lasciò accrescere ogni muscolo del suo corpo attraversato da spasmi dolorosi; il viso gli si ricoprì di folta ed ispida peluria bionda, le braccia erano divenute il doppio più grosse e gli occhi azzurri, luminosi più che mai.
«Ottimo! Vuoi giocare ancora»
Albert gli si buttò al collo mentre Salvo gli lasciava grosse ferite alla schiena.
Come poteva vincere se era solo?
“Forse hanno ragione loro… Forse la cosa giusta è unirmi al branco” pensava mentre la vista gli si offuscava ad ogni fitta che sentiva percorrergli il corpo.
«Basta così» Bartolomeo alzò il palmo della mano e all’istante i due ragazzi si fermarono mantenendo per le braccia Frederic.
L’uomo gli si avvicinò passando un dito sulle macchie di sangue che gli imbrattavano la maglia.
La sua trasformazione retrocedette, lasciandolo senza fiato.
Non riusciva a sopportare altro dolore, né delle ferite che gli avevano inferto, né i crampi della metamorfosi.
«Lasciatelo andare» disse con un tono piatto.
«E la punizione?» intervenne Salvo battendosi una mano sul petto.
«Sono io l’alfa e decido io il da farsi… Se morirà, morirà nel tornare a casa»
I due licantropi lo trascinarono fuori l’abitazione, scaraventandolo sul marciapiede umido del vicolo, e strofinandosi le mani rientrarono ghignando.

 

§§§
 

Le nuvole che coprivano il cielo pomeridiano, rendevano l’atmosfera grigia e triste.
L'aria attorno a lui era vibrante di umidità, quasi opprimente.
Frederic camminando, quasi trascinandosi a terra, cercava di non farsi notare. Addossandosi ai muri dei palazzi, cercando di rimanere nell'ombra il più possibile.
A quel punto si trattava di reputazione. E se qualche suo collega lo avrebbe incontrato ridotto in quello stato? Cosa avrebbe pensato?

Ad ogni passo incrociava gli sguardi delle persone che lo guardavano accigliate; si allontanavano velocemente vedendolo grondante di sangue, un bambino scappò via gridando e la madre intimò di chiamare la polizia.
«Ha bisogno di una mano? Chiamo l’ospedale e…» si era avvicinato un uomo di mezza età, grassoccio e con il capo raso, ma non finì di parlare che Frederic, dopo una serie di “no”, digrignò i denti ricoperti di sangue.
L’uomo si scostò di colpo, impaurito piuttosto che disgustato «Ma che modi? Sarà malato di chissà che virus»
Virus.
“Magari” pensò sogghignando con una smorfia di amarezza.

Arrivò finalmente sotto il palazzo e salendo a fatica le scale, si lasciò cadere sull’ultimo gradino.
Affannando rumorosamente, lasciò spegnere ogni tipo di sensazione che provava, mentre la vista si offuscava lentamente.

Stava sbagliando tutto?
Stava prendendo le decisioni sbagliate?
Il branco lo voleva, il branco lo pretendeva, ma se avesse accettato avrebbe dovuto dire addio alla sua vita.
Il modo di vivere nel branco non era realtà, era incubo.
L’alfa ha potere decisionale e basta poco per essere uccisi, anzi per essere giustiziati.
Tra licantropi non ci sono segreti ed entrare nel branco voleva significare perdere anche una vita privata.
No, non poteva cedere.
Non poteva divenire un burattino assetato di sangue come gli altri, e se ciò voleva dire morire, sarebbe morto senza paura.

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Capitolo 5
*** 4° capitolo ***


Note: la canzone citata è Alpha Dog dei Fall out Boy (  http://www.youtube.com/watch?v=SuPLiT5h7QA )


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-4-
 

Mancavano cinque minuti alle sette, il sole era già sparito quasi del tutto oltre i palazzi e Jade si affrettava ad infilarsi la giacca grigia ed il basco rosa pallido.
Era il suo primo giorno di lavoro ed era in ritardo “Fantastico” pensò sarcastica.
Mentre stava facendo l’ultima mandata per chiudere la porta di casa, sentì un mugolio sommesso. In un primo istante non ci pensò, ma dopo averlo sentito ripetutamente si voltò.
Un grido le si fermò in gola.
Frederic era steso sul marmo grigio del pavimento, imbrattato di rosso sangue, con la testa poggiata sullo scalino.
Impallidita si avvicinò a lui e chinandosi intimorita gli premette un dito sulla spalla «Sei… Sei vivo?»
«Portami a casa» disse come una supplica e prese dalla tasca dei pantaloni le chiavi.
Jade, ci mise un po’, prima di centrare la serratura. Aveva le mani che le tremavano fuori controllo e sentiva che sarebbe svenuta presto.
Con le gambe molli si avvicinò a Frederic e cercò di tirarlo su prendendolo da sotto l’ascella.
«Ti- Tirati su, non ce la faccio da sola. Sei pesante»
Con lamenti deboli Frederic si mise in piedi.
Una volta disteso sul suo letto, Jade disse «Io… Io chiamo l’ospedale!»
«No» gridò quasi «No, aspetta»continuò con un tono più pacato.
«Aspetta? Ma sei matto? Guarda… Guarda come sei ridotto!»
Il ragazzo le prese la mano stringendola forte, tanto che Jade lo pregò di lasciarla andare «Mi… mi stai facendo male, lasciami ti prego»
Il ragazzo sussurrò un “scusami” quasi impercettibile e Jade ritraendo la mano lo guardò un po’ spaventata.
«Chiama… il mio medico… il suo numero è sulla sc-scrivania» disse farfugliando a fatica.
Jade si voltò verso la scrivania in ombra e vide che lì c’era davvero un post-it con su scritto un numero, così prese il telefono che c’era accanto al foglietto e compose il numero.
«Frederic, come stai?» diceva euforico il ragazzo dall’altra parte del telefono.
«Frederic ha bisogno di aiuto, faccia presto!»
«Ma chi è che parla?»
«Sono la sua vicina di casa»
Appena Jade disse quelle parole, chi c’era dalla parte opposta del telefono, chiuse la telefonata bruscamente.
«Pronto? Pronto?»
«Ha chiuso la telefonata?»
La ragazza annuì un po’ sconcertata.
«Quindi sta arrivando. Grazie, ora puoi andare»
«Non posso!»
«Si… puoi. Io starò bene. Tu hai un impegno che non puoi rinunciare per me»
«Andrò via appena il medico sarà arrivato. Per ora chiamo al bisrot e dico che farò un po’ tardi»

 

§§§

 
Jade continuava a guardare quel ragazzo biondo che era rimasto fermo nella stessa posizione da almeno mezz’ora.
Ogni tanto guardava l’orologio che aveva al polso, desiderando che il medico arrivasse il più presto possibile. Non perché doveva andare via, ma perché aveva paura per Frederic.
“Cosa gli sarà capitato? E se  in giro c’è un maniaco o… o un serial Killer? E’ terribile!”  Pesava quasi con le lacrime agli occhi.
«Tranquilla»
«Co-Cosa?»
Il ragazzo volse la testa verso Jade e con un mezzo sorriso riprese a parlare «So che sei preoccupata. Lo sento… ma stai tranquilla. Questo medico è molto bravo»
Jade annuì, ma non poté fare a meno di notare il cambiamento della sua voce. Ora era diversa, come se stesse solo assonnato, non aveva provato fatica a parlare e non aveva incespicato nelle parole nemmeno una volta.
La stanza in penombra era silenziosa, c’era solo il rumore del respiro del ragazzo ed il rumore dei suoi tacchi sul pavimento.
Si sentiva le mani sudaticce ed il cuore battere forte; era agitata, impaurita e scossa, provava in quel momento tante di quelle emozioni tutte insieme chesi sentiva la testa scoppiare.
Ad un certo punto si sentì un rumore sordo oltre la porta d’ingresso e subito dopo il campanello strimpellò.
Jade guardò prima Frederic poi, con passò veloce, andò ad aprire la porta.
«Salve» un ragazzo alto, moro con lo sguardo profondo ed il sorriso ammiccante si presentò sull’uscio.
«Lei… lei è il medico?»
«A quanto pare…» allargò le braccia e con fare fluente la scostò per entrare in casa.
«Frderic, cosa mi combini? Signorina, lei può andare. Ho tutto sottocontrollo ora»
Jade giocherellando con un bottone della giacca annuì e salutando Frederic prese la custodia della chitarra che aveva posato accanto alla porta ed uscì dalla casa.
Prima di iniziare a scendere le scale, restò ferma lì per un paio di minuti.
Tutto le sembrava quel ragazzo, ma mai un medico.
“L’apparenza inganna però” si forzò a pensare, si strinse nel cappotto ed incominciò a scendere le scale.

 

§§§

 
Il piccolo bistrot era l’unico locale illuminato quella sera.
Appena si avvicinò all’entrata si sentivano già le voci tenue delle persone sedute a mangiare che chiacchieravano.
« Ah eccoti! » il proprietario panciuto del locale le si avvicinò e la salutò caldamente.
«Ragazza, anima un po’ questa serata.  Conosci qualche altro genere di musica? O solo il jazz?»
«Non ero stata assunta per suonare il jazz?»
L’uomo le poggiò un braccio sulla spalla e le sussurrò all’orecchio «Ma il momento jazz era un'ora fa»
“Caspita! Un'ora di ritardo” Jade arrossì.
«Si potrei suonare qualcos' altro»
L’uomo applaudì e la spinse sul palchetto che era posto al centro della piccola sala.
Le persone sedute ai tavoli applaudirono felici che la serata si sarebbe animata un po’.
La ragazza salutò arrossendo vistosamente.
«Salve» sussurrò al microfono e guardò il proprietario del bistrot che la guardava come per dire “se canti e suoni con quella voce, considerati licenziata”.
Con un mezzo sorriso prese la chitarra che stava nella custodia alle sue spalle ed iniziò a pizzicare le corde.
si schiarì la voce ed avvicinando l’asta del microfono a sé, iniziò a cantare.
«ALPHA dog and oh oh… OMEGAlo maniac. Eh eh eh eh… ALPHA dog and oh oh… OMEGA-MEGA-lo. Welcome to the new deja vu. I can almost see the wizard through the curtains »
La gente inziò a battere le mani entusiasta della voce della ragazza.
Jade sorrise continuando a cantare.
Finalmente stava facendo ciò che le piaceva, finalmente aveva una soddisfazione, anche se piccola, nella sua vita.
Ma anche se le parole le uscivano dalla gola, forti ed intonate, la sua mente continuava a pensare a Frederic e a come si sia potuto ridurre in quello stato.
Non vedeva l’ora di tornare a  casa e vedere come stava.

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Capitolo 6
*** 5° capitolo ***


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-5-
 

La luce fioca illuminava debolmente la camera da letto.
Sparsi sul pavimento c’erano pezzi di ovatta e strisce di garza imbrattati di sangue scuro.
«Logan» rantolò Frederic facendo affilare i denti.
«Dottore. Per favore chiamami dottore» disse, dandosi un tono e ridacchiando, il ragazzo alto che sovrastava la figura di Frederic disteso sul letto.
«Chi ti ha ridotto così?» la voce di Logan si fece seria di colpo mentre ripuliva l’ultima ferita dell’amico.
«E’… E’ stato Bartolomeo e la sua… squallida banda» tossicchiò.
«Perché ci sei andato? Sai che non devi incontrarti con loro da solo. Uno contro tanti… Potevi morire» lasciò cadere appositamente più di una goccia di disinfettante sul taglio, Frederic biascicò qualche  parolaccia accolta da Logan con un sorriso smorzato «Scusa…»

Dopo aver finito le varie medicazioni, il ragazzo andò a prendere un paio di birre dal frigo, una la lanciò a Frederic e l’altra la stappò, senza molta fatica, coi denti ed iniziò a bere.
«Sai cosa ti dico? Ti dico che la tua amichetta è carina»
«Non è una mia amica… è la mia vicina. E’ diverso»
«Diverso… Un giorno mi devi spiegare cosa vuol dire questa parola nel tuo vocabolario, la usi troppo spesso» fece un altro sorso della bibita e guardò l’amico di sbieco.
«Ti sei informato sulla luna piena del mese?» Logan lo ispezionò con i suoi occhi profondi senza battere ciglio.
«Io… avrei dovuto, ma sono stato occupato con il lavoro e…»
«Lavoro? Cazzo Frederic! Tu sei Frederic il Licantropo, non Frederic l’avvocato!» il ragazzo lanciò la bottiglia di birra vuota nel lavello, mandandola in mille pezzi, poi si avvicinò all’amico con le mani in tasca e con lo sguardo accusatorio: aspettava una spiegazione.
«Almeno io ho un lavoro! Tu, Logan il Licantropo…» schernì Frederic che continuò a dire «…Che fai per vivere?»
«Ed è qui che casca l’asino! Io faccio un po’ di tutto… vedi oggi sono stato un medico» sorrise mostrando i denti estremamente bianchi e ammiccando.
«Sei un immaturo! Credi di vivere il resto dei tuoi giorni così, alla giornata?» Frederic alzò un po’ il tono di voce ed alzandosi dal letto sentì leggermente la testa girare. Logan lo sostenne e lo fece subito risedere sul letto.
«Ascolta… Io voglio vivere alla giornata perché non so, in questo stato, quanti anni ancora potrò vivere» si posò le mani sul petto. Frederic notò una nota di malinconia nel suo sguardo e si sentì un idiota.
“Ha ragione. Nemmeno io so quanto tempo potrò vivere con questa stupida licantropia!”
«Posso essere un immaturo, ma sono un ottimo amico e non lo puoi negare» Logan sorrise, facendo sparire quel velo di spavalderia dal volto che lo caratterizzava ed abbracciò l’amico.
«Scusami, se non mi sono informato sulla luna piena. Accendo il pc e rimedio subito»
Logan gli pose una mano sulla spalla e prese dalla tasca dei pantaloni un pezzetto di carta stropicciato.
«Già fatto! Ci sarà il 30 novembre»
Frederic annuì e sentì una leggera ansia salirgli al petto.
In quel momento si ricordò della luna piena di tre anni prima, grazie alla quale non avrebbe mai più potuto avvicinarsi a Montgaillard.

Sua madre, suo padre e sua sorella abitavano lì, in una piccola casetta dal tetto spiovente e dalle tegole rosso bruno.
L’aria di montagna gli mancava, così come gli mancava la sua famiglia.
Sentì uno spillo conficcarsi nel petto ed il ricordo dell’ultima cosa che gli disse sua madre salì a galla: «Sei un mostro! Non avvicinarti mai più a noi!».
Glielo disse quando era ancora completamente nudo, sotto la pioggia torrenziale e in mezzo al loro giardino. E ogni volta che si soffermava sul cielo notturno pensava a quella frase, breve e tagliente come un pezzo di vetro.
Si ricordava ancora del dolore che provò nel cuore. Desiderava morire, non si ricordava nemmeno cosa aveva fatto, anche se immaginò, visto che si ritrovò le mani macchiate di sangue.

Sì, era un mostro, ma aveva un cuore. Non era mostro per scelta, lo era senza poter scegliere il contrario.
Non avrebbe mai fatto del male alla sua famiglia… alle persone che amava di più al mondo, ma questo loro non l’avrebbero mai capito.
Così, con uno zaino in spalla si diresse a Parigi, senza soldi, senza casa e senza amici o famiglia.
Fortunatamente, incontrò quasi subito Logan che lo aiutò a trovare un lavoro, dopotutto aveva una laurea in giurisprudenza quindi fu alquanto semplice; l’abitazione, invece, venne da sé con il primo stipendio.
Inizialmente visse con Logan, che lo mise in guardia sul branco di Parigi. Gli insegnò anche a come evitare sospetti sulla sua vera natura.
E fu così che Logan divenne la sua famiglia.

« A cosa stai pensando?» quella domanda lo fece destare dal ricordo e sorridendo in modo forzato rispose, quasi naturalmente: «Non… non sto pensando a nulla»
«Andiamo Frederic, siamo come fratelli a me lo puoi dire!»
“E’ vero, fratelli”, pensò senza distogliere lo sguardo dal taglio sul dorso della sua mano.
«Stavo pensando a  Montgaillard»
L’amico gli cinse le spalle con il grosso braccio e cercò di consolarlo.
«Ognuno di noi ha dei ricordi orribili, ma devi riuscire a  lasciarteli alle spalle. Pensa al lato positivo… Se non fossi venuto a Parigi non ti avrei mai conosciuto e sarei morto quella volta a Rue de Rivoli»
«Mi ricordo il nostro primo incontro. Quel Cercatore ti aveva in pungo con le sue pallottole d’argento»
«Cercatori… Brutta gente» sbuffò Logan che continuò dicendo: «Frederic, credo sia meglio se mi fermassi qui un paio di giorni… Il branco può cercarti e se ti trova in due siamo più forti»
Frederic annuì, sapeva che aveva ragione e poi un po’ di compagnia gli avrebbe fatto bene, almeno così non aveva il tempo di pensare a Jade.
“Jade, si è davvero spaventata sta sera. Ma non posso coinvolgerla. E’ la mia vicina e tale deve rimanere!”, si impose mentre dava una trapunta ed un cuscino a Logan che si posizionò sul divano nel salone. E una volta disteso sotto le lenzuola, Frederic, tornò a pensare a sua madre, in fondo le voleva ancora bene.
“Avrei reagito anche io in quel modo… immagino”, pensava soffermandosi a guardare un raggio di luna che inondava di luce argentea un angolo della stanza, mentre il suo viso si rigava di calde e amare lacrime.

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Capitolo 7
*** 6° capitolo ***


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-6-
 

«29 novembre! Manca un giorno alla fine del mese. Per voi la radio ha scelto questo brano: Sarah di Tyler Kyte» gridava il Dj alla radio che si era accesa come sveglia e, mentre si iniziavano a sentire le note e le parole della canzone, Frederic aprì gli occhi.
Quella notte non aveva per nulla dormito bene. I dolori delle ferite che guarivano erano stati insopportabili.
Si sentiva la gola secca e aveva bisogno di un caffè per riprendersi da quel torpore.

Durante la colazione si soffermò a guardare il cielo parigino, che quella mattina era splendidamente azzurro.
Sospirò e canticchiando rocamente la canzone, che continuava ad andare per conto suo alla radio, chiuse la porta del bagno alle sue spalle; si sfilò la maglietta ed iniziò a togliere uno ad uno i medicamenti.
“Maledizione, fanno ancora male queste ferite”, pensava aprendo l’acqua della doccia ed immergendo la testa sotto il getto caldo. Si poggiò al muro piastrellato e freddo, mentre l’acqua continuava a bagnargli la testa e a far scivolare via la schiuma dalla sua pelle.
Quanto avrebbe voluto che il passato sfuggisse via in quel modo.
In quel momento gli venne in mente quando Logan gli disse: Pensa al lato positivo… Se non fossi venuto a Parigi non ti avrei mai conosciuto e sarei morto quella volta a Rue de Rivoli.
Aveva ragione, il destino ha voluto che quella sera camminasse vicino a Rue de Rivoli e ricordava bene ciò che accadde:
Il cielo era tinto della stessa tonalità del nero seppia e sentiva la testa vorticare come se fosse stato preda di un notevole stato febbrile.
La mente continuava a riproporgli delle immagini frammentate. Come se fossero stati dei ricordi di una serata all’insegna dell’alcol. Ma quelle persone non le aveva mai viste prima.
Vedeva un ragazzo dai capelli castani inseguito da tre uomini armati da grosse pistole.
D’un tratto si ritrovò in una via, sull’insegna c’era scritto: Rue de Rivoli. Distolse lo sguardo per un secondo e le immagini nella sua mente cessarono appena vide correre verso di lui un ragazzo, lo stesso ragazzo delle sue “visioni”.
Incrociò di sfuggita il suo sguardo e vide un qualcosa di così familiare nelle sue iridi che senza pensarci farfugliò «Sei un Licantropo»
«Anche tu lo sei, lo so… ti ho visto! Io sono Logan Lobe» si presentò distrattamente e prendendogli il braccio iniziò di nuovo a correre.
«Perché stiamo correndo?»
«I Cercatori mi hanno trovato e ora troveranno anche te»
I Cercatori, li aveva sentiti nominare, ma non li aveva mai visti di persona.
“Quindi quegli uomini armati erano i Cercatori”, ragionò mettendo assieme le varie immagini che gli si erano presentate poco prima.
Ben presto, però, furono attorniati dai tre uomini che ghignanti tolsero le sicure alle pistole e le puntarono contro i loro petti.
« Tana per il lupo » sputò fuori uno dei tre Cercatori.
Dopo quella frase sembrò esserci stato un blackout nella testa di Frederic. Si ritrovò a sferrare colpi con gli artigli e dare i morsi con i denti affilati. E dopo pochi istanti, i due Licantropi, lasciarono sul suolo grigio del marciapiede i corpi insanguinati e senza vita di quegli uomini.
«Cosa… cosa ho fatto?» disse Frederic, incredulo e con il fiato corto. Aveva le mani completamente sporche di sangue ed il viso… il viso completamente torturato da quel rosso divenuto d’un tratto così familiare.
«Così doveva andare… Quegli uomini erano senza scrupoli, se non reagivi d’istinto quel sangue che macchia ora il lastricato, sarebbe stato il tuo»
Quella sera comprese che quando un Licantropo era in difficoltà, mandava degli “SOS” mentali al Licantropo più vicino, anche se non lo si conosceva.
Quella sera non fu l’ultima volta che aveva combattuto al fianco di Logan e fu proprio questo loro stare assieme, come compagni d’armi, che li ha portati a divenire “fratelli”.


Lo stridio del campanello lo fece trasalire, facendogli lasciare alle spalle quei ricordi.
Si strinse nell’accappatoio arancione e corse ad aprire la porta.
«Ciao»
Era Jade che con i suoi occhi castani lo scrutava incredula.
«Ciao» la salutò, quasi come un sospiro.
La ragazza aveva in mano dei cornetti ancora fumanti e due tazze di cioccolata calda.
«Vedo che stai già meglio… Ma ecco… questi li ho portati per colazione»
«Ho già preso il caffè…»
«Scusami allora. Ci… ci vediamo…»
«Aspetta, entra e facciamo colazione insieme. Mi farebbe piacere»
Jade lo guardò sorridendo ed aspettò che lui si infilasse i vestiti prima di addentare il cornetto fragrante. Ed in quel momento, sbirciò oltre la porta socchiusa della camera ed intravide il suo corpo che pareva così perfettamente scolpito, ma anche dilaniato in più punti. Eppure sembrava stesse bene.
Quando vide che stava tornando in cucina, andò subito a sedersi al tavolo e sentì le guance accaldarsi subito.

 

§§§
 

«Come stai?»
«Be- Bene... le medicazioni sono state d’aiuto» enfatizzando un accento spagnolo che colpì l’interesse di Jade.
«Cosa ti è successo?»
Frederic, pesò le parole da dire e si sentì vagamente in difficoltà. Poi pensò alla cosa più saggia da dire.
«Mi hanno derubato. Dei malviventi hanno preso il mio cellulare e mi hanno… picchiato» disse con semplicità forzata l’ultima parola.
«Cellulare? Derubato?» iniziò a dire Jade che buttò l’occhio sulla mensola accanto al tavolo, sulla quale c’era poggiato un telefonino grigio.
«Non è quello il tuo telefono?»
«Te- Telefono. Sì, quello è il mio secondo cellulare. Sì!»
Jade non poté fare a meno di notare la stranezza di Frederic quella mattina. Certo, non lo conosceva bene. Ma per quel poco, poteva dire che lo vedeva alquanto strano.
“Sarà rimasto traumatizzato”, venne alla conclusione la ragazza, guardandolo con uno sguardo da mamma apprensiva.
«Come è andata la serata al locale?» chiese Frederic ingurgitando l’ultimo pezzo di cornetto. Ma Jade non fece in tempo a rispondere che si sentì una voce divertita e palesemente perplessa.
«Perché parli in quel modo?»
Logan era comparso in cucina ed evidentemente aveva notato l’accento spagnolo di Frederic.
Jade guardò prima il ragazzo biondo e poi il suo amico e aggrottando le sopracciglia disse: «Che ci fa qui il tuo medico?»
«Sono suo amico»rispose il ragazzo con ancora un sorriso marcato sulle labbra.
«Allora da amico non dovresti prendere in giro chi ha un accento straniero»
«Straniero? Ma se lui è più francese di me?»
Jade, aprì e chiuse più volte la bocca. Si era sentita una stupida. Scrutò Frederic che non riuscì a guardarla negli occhi e che abbassò lo sguardo sulle proprie mani.
La ragazza si era così tanto infervorata che aveva le guance rossissime e senza dire altro uscì di casa.
Frederic si alzò dal tavolo e guardando irritato Logan disse: «Grazie. Mi hai fatto fare la figura del bugiardo»
«Ma tu sei bugiardo» rispose l’amico con estrema semplicità.

Frederic sbuffò ed andò a bussare più volte alla porta della ragazza, si voleva scusare.
Perché aveva detto quella bugia? Che cosa pensava di fare?
«Non è stata una mossa astuta la tua»
«Logan, sei stato tu a combinare il pasticcio. Và da lei e risolvi le cose!»
«Colpa mia? Non sono stato io a presentarmi come un deficiente che fa finta di non essere francese!»
Ma Frederic alzò un dito ed indicò la porta. Non aveva voglia di parlare ancora ed uscì dicendo che sarebbe andato in ufficio.
«Lui combina i casini ed io li devo risolvere» sbuffò Logan mentre bussava alla porta di Jade e non poté fare a meno di notare il buon profumo che lei sprigionava.
«So che stai dietro la porta… per favore apri» disse all’improvviso sentendo indistintamente il cuore della ragazza accelerare di colpo. Poter amplificare i propri sensi era molto utile.
«Oh andiamo! Non sono il lupo cattivo» ridacchiò tra sé e sé.
Rimase lì svariati minuti con una spalla poggiata al muro prima che Jade decidesse di aprire.
«Cosa vuoi?»
Logan incrociò il suo sguardo e con rassegnazione iniziò a dire parole che gli parvero fin troppo scontate.
«Mi dispiace aver fatto fare la figura dell’idiota al mio amico, ma credimi, l’ha fatto solo per far colpo su di te»
«Se voleva far colpo su di me, non avrebbe dovuto mentire»
«Senti, tutti sbagliano, ma lui non è cattivo e lo ha fatto solo perché gli interessi. E credimi, il battito del suo cuore, quando parlava con te, non mentiva»
«Cosa?… Come hai fatto a sentire il suo cuore?»
Logan si schiarì la voce, essendosi accorto di aver detto troppo, e così fece finta di non aver sentito.
«Ora… vado. Ho un paio di impegni da sbrigare» salutò con la mano e, con un sorriso brillante, sparì oltre la porta accanto.
“Gli interesso?”, pensò Jade, rimanendo sulla soglia di casa ancora un po’ intontita e dimenticandosi momentaneamente dalla frase curiosa che aveva appena sentito. 

 

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Capitolo 8
*** 7° capitolo ***


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-7-
 

Sentiva ancora il sapore della cioccolata calda sulle labbra.
“Uno stupido! Cosa pensavo di ottenere?”.
I passi lenti sui ciottoli della strada, riflettevano la sua inquietudine: veloci e malfermi.
“Non può rimanere chiusa in casa per sempre”, continuava a pensare.
Passò accanto ad un chiosco che aveva esposto dei fiori dai colori vivaci. Li guardò per un secondo, pensando che quelle rose avevano lo stesso buon odore di Jade.
Si soffermò su l’unica rosa blu che spiccava coi suoi petali cobalto in mezzo a quell’esplosione di colori.
“E’ bellissima”, prese il fiore tra le dita e pensò che forse la soluzione per farsi perdonare era racchiusa nella semplicità di un gesto.

 

§§§
 

Suonò il campanello della porta con insistenza, fino a quando la ragazza l’aprì e rimase sorpresa di vedere Frederic con una rosa in mano. Non se lo sarebbe mai aspettato.
«Scusami, anche se non ho giustificazioni. Ho sbagliato, ma vorrei rimediare» porse il fiore alla ragazza che lo prese annusandolo.
«Ha davvero un buon profumo» si limitò a dire, poi, tornò a guardare gli occhi azzurri di lui, che esitanti guizzavano dal suo viso alla rosa.
«Vorrei che bugie non ce ne siano più tra me e te»
«Promesso!»
Jade sorrise e poggiandosi la rosa sulle labbra, come per nascondere l’imbarazzo gli disse: «Ti va di entrare a chiacchierare un po’?»
Il ragazzo annuì ed entrando nella stanza notò che la chitarra di Jade era riversa sul pavimento.
«Stavi suonando?» prese lo strumento in mano e la guardò come per dire “scusami se ti ho interrotta”.
«Prima… stavo un po’ pizzicando le corde. Di solito lo faccio quando sono nervosa»
Frederic strinse il pugno nella tasca dei jeans, provando un senso di disagio.
«Come vi siete conosciuti tu e Logan?» chiese all’improvviso la ragazza che, andandosi a sedere sul divano, gli fece segno di accomodarsi accanto a lei.
«Fu un caso. Ci incontrammo a Rue de Rivoli» sogghignò, pensando a ciò che realmente accadde.
«Lui stava correndo ed io ero fermo a leggere il nome della via e…» si fermò di colpo, riflettendo su come continuare la storia, poi la guardò per un secondo negli occhi. Aveva promesso di non mentire più, ma come faceva a dire la verità… quella verità?
«E?» chiese ansiosa Jade, cercando il suo sguardo.
«E mi ha chiesto se mi ero perso»
Aveva mentito.
“E’ una bugia per tutelarla… Non potrà mai sapere chi sono realmente”.
«Lo sai? Ogni volta che parlo con te… sembra che stai nascondendo una parte della tua vita… come se te ne vergognassi»
Affievolì leggermente la voce. Sapeva che poteva offenderlo dicendo ciò, ma voleva essere schietta, in fondo si erano promessi di dirsi tutto.
«Perché pensi questo?» deglutì agitato. Non si conoscevano da molto ma lei era riuscita a leggere i suoi pensieri alla perfezione.
«Quando parli di te, sembra che il tuo sguardo è vago, come se pensi a qualche storia credibile da dirmi» rise «Scusami, mi prenderai per una pazza»
Frederic scosse la testa dicendo che folle non poteva per nulla esserlo.
La ragazza si rigirò tra le dita lo stelo spinoso della rosa e quando tornò a guardare il volto del ragazzo, notò che questo si era avvicinato leggermente.
Il suo respiro accelerò, come per far compagnia al suo cuore che batteva all’impazzata.
“E’ bellissimo”, pensava Jade, mentre si perdeva nei suoi occhi celesti.
Frederic in silenzio, socchiuse le labbra avvicinando sempre di più il suo viso a quello di lei, senza mai distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
Jade, riuscì a sentire il suo respiro caldo sulla bocca e dischiuse le labbra pronte ad assaporare quelle di lui. Chiuse gli occhi appena sentì sfiorare la pelle ed il cuore perse un battito quando lui prese il suo viso tra le mani.
Le loro labbra si incastrarono alla perfezione, iniziando a danzare assieme contemporaneamente, vogliose di assaporare ogni singolo respiro.
«Sei bellissima» disse Frederic con il fiato spezzato dal piacere che provava nel sentire il suo profumo e la sua dolcezza.
Sì, per lui le labbra di Jade era dolci come lo zucchero a velo e fu in quel momento che la sua mente fu attraversata da un ricordo:

Era un pomeriggio di metà agosto e come sempre il pranzo domenicale era stato molto sostanzioso.
La piccola casa rurale iniziò ad impregnarsi di un dolce profumo. Un aroma di limoni e zucchero a velo.
«Frederic, vuoi una fetta di dolce?» chiese sua madre dalla cucina, mentre cospargeva di zucchero a velo la superficie bruciacchiata di una torta al limone.
Adorava quel dolce. Era il suo preferito e quando la mamma glielo preparava la domenica pomeriggio, per lui, era come se fosse una festa.
Sua sorella, invece, non la gradiva molto. Spesso litigavano perché la torta che a lei piaceva, la madre, non la cucinava quasi mai.
«Sei il cocco di mamma» lo scherniva lei, quando lo vedeva godere ad ogni  morso che dava a quel dolce.
Ma non gli importava perché lui si sentiva felice anche quando discuteva con lei.
«Non sono il cocco di mamma. E’ solo che la torta al limone ha più successo di quella al cocco» rispondeva sempre con quella frase, facendo indispettire ancora di più la sorella.
«Amelie, smettila di fare l’acida. Se vuoi una fetta di torta allora prendila, altrimenti vai in giardino e finisci di fare i compiti»
La ragazza scosse i capelli biondi e socchiudendo gli occhi, come per minacciare il fratello, prese la fetta di torta e si diresse in giardino con grosse e pesanti falcate.
Frederic adorava quel dolce e gli piaceva rimanere seduto in cucina, mentre la mamma rassettava, per chiacchierare e sentirla canticchiare.


«Frederic, stai bene?» gli chiese Jade avendo notato che il ragazzo aveva interrotto quel bacio all’improvviso.
«Sì… sì sto bene. Mi dispiace averti importunata… in questo modo…»
«Importunata?» rise e gli scoccò un altro bacio sulle labbra.
Frederic, la guardò sorridendo, dimenticandosi di quel ricordo così caro.
Ora, il suo dolce era lei. E mai nessuno l’ avrebbe portata via da lui.

La baciò di nuovo, estinguendo sul nascere qualsiasi tipo di ricordo. Era sempre tormentato dal passato e forse, quella, sarebbe stata la volta buona per lasciarselo alle spalle.
Le loro lingue si incrociarono creando cerchi immaginari e Frederic si sentiva pronto ad assaggiare per sempre quel dolce sapore.
La baciò con più forza, premendo con foga la sua bocca contro le labbra arrossate di lei.
Si sentiva inebriato nel sentire il suo respiro affannato e il suo cuore correre in fretta. Si sfilò la maglia, pronto per il grande passo,
Jade, rimase inizialmente un po’ sconcertata, ma fu rapita dal suo sguardo; fece cadere la rosa blu sul pavimento ed iniziò ad accarezzargli le braccia sentendo la pelle dei polpastrelli fremere sulla cute bollente.
«Scotti…»
«Co- Cosa?» chiese lui senza smettere di giocare con le sue labbra.
«La tua pelle è rovente, hai la febbre?»
Jade posò la mano sulla sua fronte, e guardandolo negli occhi disse: «Secondo me hai la febbre alta» e notò una scintilla strana percorrergli gli occhi, come se all’interno delle sue iridi ci fossero stati dei piccoli fulmini color paglia.
«I tuoi occhi…» fece fuoriuscire, quelle tre parole, con un tono allarmato e Frederic capì che c’era qualcosa che non andava.
Posò lo sguardo sulla mano poggiato allo schienale del divano e vide le unghie che si erano letteralmente conficcate nella stoffa.
“Cazzo!”, pensò e mettendosi la mano in tasca si alzò di fretta.
«E’ meglio allora se… controllo la temperatura» fece una smorfia di vergogna e prendendo la maglia e la giacca uscì, lanciandosi ad infilare le chiavi nella serratura della porta accanto.

“Finalmente a casa… stava per accadere un disastro”, pensò poggiando la schiena alla porta e sospirando.
In quel momento, i peli del braccio vibrarono e il suo odorato individuò qualcuno a casa sua, ma non era Logan.
«Frederic» si sentì chiamare e dal salone uscì Logan seguito da Bartolomeo e i membri del branco.
«Che ci fanno qui?» chiese furioso all’amico, ma Logan abbassò lo sguardo e disse: «Li ho beccati mentre forzavano la porta… pensavano che fossi solo»

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Capitolo 9
*** 8° capitolo ***



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-8-
 

«Eccomi sono qui. Cosa volete?» disse Frederic facendo spallucce e guardando con sguardo minaccioso Bartolomeo.
L’alfa rise di gusto e, portandosi avanti, diede tre pacche sulla spalla di Logan che fece vibrare le corde vocali.
«I due lupetti ribelli… Siete patetici»
Albert rise, guardando divertito Logan e Frederic che incrociò le braccia al petto.
«Se sei qui per la questione del branco… io non ho cambiato idea!»
«Frederic, questo è un discorso sul quale torneremo presto a discutere. Ora, però, sono qui per altro»
«I Cercatori» Salvo si intromise nel discorso, ma Bartolomeo lo rimproverò subito con un ruggito sommesso.
«Salvo, cosa dico sempre?»
«Quando l’alfa parla, non bisogna interromperlo» rispose il ragazzo biondo abbassando gli occhi, dopo aver fulminato con lo sguardo Logan che aveva riso sotto i baffi.
«Cosa centro io con i Cercatori?»
«Tu, nulla. Tutti noi sì, però. Domani c’è il plenilunio e i Cercatori sono ricomparsi in città… Conoscevate Corinne Natte?»
«Sì» risposero all’unisono Logan e Frederic.
«E’ morta» Bartolomeo disse quelle due parole con estrema freddezza che fu subito disfatta da Salvo.
«L’hanno uccisa» il ragazzo aveva parlato con un dolore estremo: Corinne era la sua ragazza.
«Sono stati i Cercatori. L’abbiamo trovata a casa sua, con le unghie ancora in mostra»
«Mi dispiace» Frederic era rimasto stupito dalla sofferenza che aveva usato Salvo per parlare.
“Davvero l’amava”, gli venne da pensare e, guardando Bartolomeo, disse: «Cosa dovrei fare?»
«Devi stare solo attento. Anche se non sono stato io a mutarti, sono pur sempre l’alfa di Parigi ed è mio dovere assicurarmi dell’incolumità dei miei subordinati» diede una rapida occhiata intorno e quasi con un sussurro disse: «Sta arrivando qualcuno»
Proprio in quell’istante si sentì bussare alla porta.
«Apri» ordinò l’uomo.
Il ragazzo sbuffò e appena accanto alla porta, annusò l’aria.
Pareva odore di zucchero a velo e rose di campo: Jade.
«Frederic, sono io»
Il ragazzo si guardò alle spalle e vide che Bartolomeo annuì ed indicò la porta, così lentamente la dischiuse.
«Ho disturbato?»
La ragazza pose quella domanda con tale semplicità che spiazzò per un istante Frederic. Un momento prima aveva i nervi e i muscoli tesi ed in quel secondo sentiva una tale calma che inspirò a fatica per rispondere.
«Non disturbi mai»
«Come stai? Ero un po’ agitata a dire il vero» ridacchiò nervosa.
«Io… ecco… sto bene»
I due si guardarono per un bel po’ stando in silenzio e Frederic non poté fare a meno di pensare a ciò che era successo prima con lei.
Quei baci erano stati così improvvisi e naturali che provava un po’ di imbarazzo a stare lì di fronte ai suoi occhi color nocciola.
«Frederic non fai entrare la tua amica?»
La voce di Bartolomeo arrivò alle sue orecchie come schegge avvelenate. Non poteva far incontrare il mondo di Jade con quello suo… almeno non con il branco.
«Chi è?» la ragazza chiese incuriosita e cercò di sbirciare dallo spazio della porta semiaperta.
«Nessuno»
Jade lo guardò un po’ stranita, non capendo il motivo di tanta segretezza.
«Frederic, non fare il maleducato!» ripeté Bartolomeo.
Il ragazzo si arrese e aprì completamente la porta.
Jade entrò in casa, ma si arrestò quasi subito vedendo tante persone.
«Siamo dei cugini di Frederic» l’alfa si avvicinò a Jade e le baciò la mano.
«Piacere di conoscervi. Io sono Jade Arc, la vicina di casa di Frederic»
«Io sono il cugino più anziano… sono un po’ come un alfa per loro»
Logan si scambiò occhiate nervose con Frederic che si affrettò a prendere per mano la ragazza.
«Jade, che ne dici di vederci dopo da… soli?»
La ragazza annuì e ripeté un paio di volte, prima di andar via, che non aveva intenzione di disturbare.

«Sembra una brava ragazza» disse Bartolomeo, guardando con scherno il ragazzo.
«Lei non c'entra con la nostra vita!»
«Prima o poi, piomberà nella tua vera vita, Frederic! Incomincia a pensarci»
Salvo e Albert si limitarono ad annuire, senza dire una parola. Evidentemente, Bartolomeo, prima di andare lì, li aveva avvisati di non parlare senza il suo permesso.
«Un’ ultima cosa: vedete di non fare sciocchezze domani. Se verrò a sapere che siete andati in giro a scorrazzare, vi farò a fette» l’uomo disse l’ultima parola con tono serio.
«E’ inutile che fai il padre premuroso, Bartolomeo. Non siamo dei lattanti» Logan prese parola, tirandosi su le maniche del maglione, ma Bartolomeo non lo calcolò nemmeno un po’; fece segno ai due ragazzi dietro le sue spalle ed andò via, senza dire una parola.

«Dà i nervi!» Logan iniziò ad andare avanti e indietro nella stanza, sbuffando e borbottando.
«Calmati! Non è il momento di fare il coraggioso»
«Ma lo hai sentito? Dà ordini su ordini, come se fosse il capo di tutto. Non è il nostro vero alfa e non può trattarci così»
Frederic, guardò accigliato l’amico e, chiudendo a chiave la porta d’ingresso, buttò là una domanda: «Chi è il tuo vero alfa? Non me lo hai mai raccontato»
Logan indurì la mascella, tanto da farla scrocchiare. Arrestò all’improvviso il passo frenetico e, avvicinandosi a Frederic, gli disse: «Sei come un fratello per me… Quindi penso di potertelo rivelare»
Si andò a sedere, sul davanzale della finestra della cucina e guardando la luna quasi tonda sospirò.
«Me ne vergogno un po’… e pensarci mi fa davvero male»
Il ragazzo biondo gli si avvicinò, porgendogli una birra che stava sul tavolo.
«Fu mio padre»
Frederic sgranò gli occhi e senza nemmeno rifletterci gli chiese con ribrezzo: «Cosa?»
«Avevo undici anni. Ricordo che era una sera d’inverno… precisamente la notte di Natale…» sorseggiò la birra e con un sorriso amaro continuò la storia.
«Quando si è bambini, non si vede l’ora di scartare i regali e cerchi sempre di osservare da uno spiraglio della tua stanza il famoso Babbo Natale… Sentii un rumore fuori dalla porta della mia cameretta, strinsi forte il lembo del lenzuolo e dopo due o tre respiri profondi mi alzai. Il pavimento era gelido, ma non mi importava, dovevo scoprire l’uomo che porta i regali»
Si fermò di colpo come se stesse vivendo di nuovo quella notte. Frederic, poggiando una mano sulla sua spalla gli disse: «Se non ti va di andare avanti… non ti preoccupare»
Logan sembrò non averlo udito e continuò il racconto.
«Aprii lentamente la porta, con la coda dell’occhio vidi un qualcosa di rosso che correva nella stanza da pranzo. Ero eccitato; ero sicuro che fosse Babbo Natale. Con un gran sorriso mi diressi nella camera e vidi un enorme figura sovrastare il tavolo. Il chiarore della luna schiariva l’abito rosso. Dissi con voce emozionata: «Babbo Natale, sei tu?»Ma non ebbi il tempo di gridare che quando la figura si voltò mi balzò addosso… Mordendomi, graffiandomi. Dopo andò via ed io ero lì che piangevo e chiamavo mio padre, ma lui non venne. La mattina seguente lo vidi rientrare a casa con gli abiti rossi e stracciati… Mi vide rannicchiato sotto al tavolo e ricordo che mi abbracciò continuando a ripetere “cosa ho fatto?”.»

Logan, in un sol sorso, finì la bibita e porgendo la bottiglia vuota all’amico lo salutò.
«Vado a fare due passi. Domani dobbiamo stare chiusi tra quattro mura ed è alquanto snervante»
Frederic rimase seduto sul davanzale della finestra, guardando le stelle che brillavano nel cielo e continuava a pensare a ciò che aveva passato Logan nella sua infanzia.
«Era solo un bambino» disse tra sé e sé, con l’angoscia che gli premeva sul petto.
 

§§§

 
Jade era seduta accoccolata sul divano; la televisione accesa su di un canale regionale. Gli occhi fissi sulla porta d’ingresso, mentre si ripeteva in mente: “Frdederic, verrai da me… vero?”.
Le ore passarono ed il sonno si fece avanti. Jade si addormentò profondamente, senza nemmeno accorgersene, lì su quel divano e quel vecchio film in bianco e nero in sottofondo.

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Capitolo 10
*** 9° capitolo ***



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-9-
 

Una grossa luna sovrastava la città. La torre Eiffel illuminata, appariva sullo sfondo nero del cielo notturno.
Per un istante, sembrava che la luce della luna piena non avesse effetti su di lui. Abbracciò forte Jade e le sussurrò che l’amava. Le baciò la bocca e si perse per un istante negli occhi di lei.
Era bellissima, nel suo abito color lavanda e i suoi capelli, che morbidi scendevano sulle spalle e che incorniciavano il viso sorridente.
La musica di un violino iniziò a far loro compagnia; incrociarono le loro dita e, appoggiandosi al davanzale di una terrazza, continuavano a guardarsi.
Un calore improvviso percorse la sua pelle e sentì il sangue bollire al di sotto della carne.
Il petto si gonfiò e la vista gli si annebbiò.
Dopo un secondo, o forse due, si ritrovò con le braccia di Jade nelle fauci e non era capace di fermare i suoi denti che continuavano a sgranocchiare.

«No!» gridò Frederic, sedendosi repentinamente sul letto, il sudore gli imperlava la fronte e le braccia gli tremavano.
Il giorno dell’imminente trasformazione era giunto, e gli effetti del plenilunio cominciavano a farsi sentire, anche se era pieno giorno.
Si passò il palmo della mano tra i capelli, cercando di calmare il respiro corto.
“E’ stato un sogno orribile”, pensava chiudendo gli occhi e facendo ricadere pesantemente la testa sul cuscino.
Il giorno della trasformazione, iniziava sempre con gli incubi.
Anche in pieno giorno la luna faceva sentire il suo richiamo, facendo offuscare appena possibile i suoi pensieri positivi.
«Devo andare da Jade. Forse mi può aiutare a non pensare a questa sera» si disse Frederic e, mentre si infilava le pantofole, sentì la porta chiudersi violentemente; uscendo dalla camera, intravide Logan che giocherellava con un qualcosa di stranamente brillante.
«Torni ora?» chiese, ma il ragazzo rispose solo con un mugolio.
«E quello?» chiese Frederic incuriosito dall’oggetto che Logan aveva tra le mani.
«Questo? Questo è ciò che ci salverà stanotte»
Frederic assunse un espressione canzonatoria. Fino ad allora non c’era nulla che avesse potuto liberarli dalla luna piena.
«Non guardarmi così! Funziona per davvero»
A quel punto, il ragazzo lanciò a Frederic l’oggetto.
Era una strana pietra con un liquido perlaceo all’interno.
«Cos’è?»
«Aconito, o come si dice volgarmente: strozzalupo»
Frederic lasciò cadere appositamente la pietra dalle sue mani, spaventato da ciò che poteva fargli quella pianta.
La pietra finì con un tonfo sul pavimento e Logan, istintivamente, guardò Frederic facendo virare il colore dei suoi occhi, che divennero di ocra brillante.
«Spera di non averla rotta»
Il ragazzo moro si inginocchiò e, dopo aver raccolto la pietra, fece un grosso sospiro.
«Non si è rotta… Frederic, secondo te, se era aconito puro come facevamo a tenerlo tra le mani?»
«Ecco…» Frederic rifletté, capendo di aver agito istintivamente e senza pensare.
«Questo è aconito racchiuso da una specie d’ambra. Ed è il nostro biglietto per la non trasformazione»
«Come l’hai avuto?»
Logan si rigirò tra le dita la pietra e guardando Frederic rispose: «Questo non ha importanza»
«L’hai rubato»
«No, l’ho preso in prestito. Lo ridarò! Non so quando, ma lo farò»
Frederic si avvicinò all’amico e, guardandolo fisso negli occhi, disse: «La persona a cui l’hai rubato è un Licantropo?»
Logan non rispose e abbassando lo sguardo annuì.
«Sei pazzo? Capirà che sei stato tu!»
«Frederic! Questa non è questione di cortesia o roba del genere… Qui si parla di sopravvivenza e poi… non credo che ci farà del male. Io potrò cavarmela con qualche graffietto e, senza alcun dubbio, a te non ti toccherà nemmeno con un dito»
Frederic lo guardò torvo e chiese, soppesando attentamente le parole: «Chi è il Licantropo?»
«E’ inutile sapere il nome»
«Chi è?» ringhiò.
Logan guardò l’amico e inarcando le sopracciglia rispose: «E’ una donna»
«Non dirmi che è…» Frederic sembrò incollerirsi parecchio e, prendendo Logan per il colletto della giacca, disse: «Il suo nome»
«Vivienne»
Quel nome fece cambiare repentinamente l’umore di Frederic. Non era più arrabbiato, ma spaventato.
«Tu non… non sai cosa hai combinato» si passò le mani sul volto e continuò pronunciando le parole di fretta.
«Lascia stare. Vado da Jade… Ci vediamo tra poco»
Frederic lasciò Logan in silenzio nel salone e che continuava a guardare la pietra che aveva in mano.
“E’ stato uno stupido! Ma non mi ha ascoltato quando gli dissi che non volevo più vedere quella donna?”, pensava mentre faceva suonare il campanello della porta.
«Ciao»
Jade, aperta la porta, lo salutò con un po’ di freddezza che a Frederic non sfuggì.
«Scusami per ieri, ma… i miei cugini mi hanno trattenuto fino a tardi e…»
«Non importa» tagliò corto lei, era evidentemente nervosa e Frederic provò a chiederle scusa di nuovo.
«Jade, sono desolato… Davvero» disse e lentamente si avvicinò, facendo posare delicatamente le labbra sulla bocca di lei.
Jade chiuse gli occhi e pensò che non poteva essere arrabbiata con lui a lungo.
Pose le mani sul suo collo e sentiva sotto i polpastrelli la pelle calda e il pulsare delle arterie.
«Penso… penso di provare qualcosa per te» bisbigliò lui senza allontanarsi troppo dal viso della ragazza.
«Mi prenderai per pazzo, ma… credo di non poter fare a meno di te»
Jade, a quelle parole, sentì il cuore perdere un colpo. Lo guardò frastornata, non sapendo bene cosa rispondere.
«Vuoi entrare?»
Lui annuì e disse: «Ho bisogno di stare un po’ lontano dal mio mondo»
Jade ridacchiò.
«Il tuo mondo? Non credo che il mio sia migliore»
«Lo è… Fidati»
Frederic rispose a quella domanda con un leggero sarcasmo. Aveva voglia di fuggire dalla sua storia, dalla sua quotidianità. Avrebbe voluto far parte dello stesso mondo di Jade: semplice e senza quei problemi sovrannaturali.
Si sedettero sul divano e si guardarono vogliosi di poter assaggiare nuovamente le loro labbra.
Jade lo accarezzò e senza indugi lo abbracciò forte, respirando a pieni polmoni il suo profumo. Posò la testa sulla sua spalla e lo sentì sospirare.
«C’è qualcosa che non va?»
«Mi fai rilassare… Mi fai sentire bene»
La ragazza arrossì leggermente sulle guance; non era abituata a sentirsi dire quelle parole dolci, ma le piaceva molto e non si sarebbe mai stancata di sentirsele dire da Frederic.
Guardò gli occhi azzurri di lui e lo baciò, facendo giocare le sue labbra e la sua lingua con quelle di lui.

§§§

Logan sentì bussare la porta di casa e, messa la pietra nella tasca dei jeans, andò ad aprire.
Appena si avvicinò all’ingresso, i peli sulle braccia e sul petto si drizzarono vibrando. Al di là di quella porta c’era un altro Licantropo e non era uno qualunque… Era Vivienne.
“Devo dire a Frederic di non allontanarsi più da casa… Ogni volta devo accogliere gente non raccomandabile!, pensò e, poggiando l’orecchio alla porta, cercò di udire ogni singolo rumore.
«Logan Lobe, so che hai la mia pietra»
Il ragazzo non rispose, cercò solo di far rallentare il più possibile il suo respiro.
«Visto che non vuoi aprire… Aprirò io» la donna disse quelle parole con estrema convinzione e poco dopo, la maniglia della porta saltò via.
«Salve Logan»
«Vivienne»
Il ragazzo ringhiò il suo nome e i suoi occhi divennero gialli come quelli di un gatto nero. Era pronto a far di tutto pur di non rinunciare alla pietra di aconito.

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Capitolo 11
*** 10° capitolo ***



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-10-



«Hai qualcosa di mio» sussurrò quelle parole, socchiudendo gli occhi celesti. Le labbra si schiusero in un sorriso malizioso, prima di avvicinarsi a lui.
«Come mai sei qui… in mezzo alle vie borghesi? Pensavo che il tuo habitat ideale fossero i giardini di Versaille.» Logan rispose con un mezzo sorriso, ma non accennò nemmeno per un istante alla domanda che gli fu posta.
«So che hai finto di non sentire la domanda… quindi ripeto con gentilezza… Hai qualcosa di mio… Mi ridai la pietra… per favore?» la donna disse quel “per favore” a denti stretti, si vedeva che si stava sforzando ad essere tranquilla.
«La pietra? Non so di che parli.» il ragazzo fece spallucce ed imitando lo stesso tono assunto da lei prima.
«Non fare lo spiritoso… so che l’hai portato qui, per te e per Frederic.»
«Come puoi essere sicura che ho io la pietra?»
Vievienne incrociò le braccia al petto e, puntando l’unghia alla base del collo di Logan, sorrise rispondendo: «Ho riconosciuto in casa mia lo stesso odore di piscio che ti distingue.»
«Caspita che vocaboli poco signorili… Una signora per bene non dovrebbe parlare con queste… volgarità.» Logan fece schioccare la lingua sotto il palato in segno di disappunto, ciò fece tramutare il perbenismo forzato della donna, in un impeto di aggressività.
«Non giocare con me, Logan!» arricciò il naso e facendo una smorfia fece accrescere i proprio denti e spinse con forza il ragazzo contro il muro.
«Credi che sia come la ragazzina della porta accanto? Come… quella Jade?»
«Tu… tu come…?»
«Io so molte cose… dopotutto sono un' Alfa.»
Logan la spintonò quel tanto che gli bastava per riprendere fiato, visto che Vivienne aveva la mano attorno al suo collo.
«E’ meglio per te che ridai la pietra.»
«Io non do nulla! Siamo una famiglia e non credo sia giusto lasciare il privilegio ad un Licantropo solo.»
«Pensieri nobili i tuoi… ma non basta a farmi cambiare idea… vediamo cosa ne pensa il tuo “protetto”.»
«Tieni lontano da questa storia Frederic. Lui non c’entra… io… sono stato solo io a rubarti la pietra.»
Logan congiunse le mani quasi in segno di preghiera, sapeva che a Frederic avrebbe fatto male la vista di lei.
«Sta calmo Logan! Dopotutto, mi manca un po’ Frederic.»
Il ragazzo abbassò lo sguardo, ma non fece in tempo a replicare con qualche parola che la donna lo spintonò giù dalle scale facendogli perdere i sensi.
 

§§§
 

«Sto bene assieme a te.» sussurrò Frederic all’orecchio di Jade. La ragazza sorrise mordendosi le labbra e senza parlare lo baciò delicatamente.
Era perfetto: bello, intelligente e simpatico.
Pensava che nulla potesse andare storto, forse aveva trovato la strada giusta per essere felice.
Si guardarono negli occhi, perdendosi nei loro pensieri, quasi come se si potessero leggere nella mente.

Il suono del campanello destò i due innamorati, come se fino ad allora fossero immersi in un sogno.
Quando Jade aprì la porta, si trovò di fronte gli occhi glaciali e quasi spaventosi di Vivienne.
«Salve» sussurrò intimidita e stranita.
«Tu devi essere Jade… Frederic non ti ha parlato di me, vero?»
Jade si guardò alle spalle, implorando Frederic, con gli occhi, di dirle qualche spiegazione.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli biondi e disse il nome della donne con un tono incredulo che spezzò il fiato a Jade.
«Vi- Vivienne?»
«Sì, pasticcino sono io e sono tornata per vedere un po’ il mio cucciolo come sta.»
La donna entrò in casa di Jade, senza chiederle il permesso e senza nemmeno guardarla. In pratica, non la considerò nemmeno come un fantasma.
«Il tuo amico mi ha fatto un po’ arrabbiare. Lo sai?»
«Lo immaginavo… Se è per la pietra che sei qui, può consolarti il fatto che io non la ho!»
Vivienne si sedette sul divano soffice, annusando l’aria.
Le era sempre piaciuto l’odore della pelle di Frederic, lo stesso odore che si avvertiva sulla cima di un monte: fresco e che sapeva di polline.
«Il tuo profumo mi inebria ancora…» disse all’improvviso socchiudendo gli occhi per guardare Jade che scattò in avanti rossa in viso.
«Nessuno ti ha invitata! Va via!»
La donna rise di gusto, le divertiva quella ragazza minuta che non sapeva di poter essere la sua cena quella notte.
«Saresti un bel bocconcino.» disse, facendo vibrare le corde vocali.
«Lasciala stare e fa come ha detto… Va via!»
In quel momento Frederic strinse i pugni e, dando le spalle a Jade, ammonì la donna, facendo virare le sue iridi dall’azzurro al giallo paglierino.
La donna non disse nulla, annuì ed alzandosi dal divano poggiò una mano sul petto del ragazzo.
«Stai attento a non giocare come un duro. Ricorda sempre chi sono io.» quelle parole sussurrate prima di uscire dalla casa, fecero venire la pelle d’oca a Frederic, chiuse gli occhi e fece un grosso respiro. Doveva calmarsi, Vivienne era fatta così, voleva essere la prima donna in tutto, ma non avrebbe fatto mai del male a lui o a Jade… almeno lo sperava.
«Chi era?» la voce acuta di Jade gli arrivò alle orecchie all’improvviso.
«E’ una vecchia… amica.»
«Amica? Andiamo Frederic, una’ amica non si comporta così!»
Jade lo guardava con le braccia conserte e immobile dieci passi più in là di lui.
«E’… una storia complicata, ma credimi: spero che non la dovrai mai udire.»
Jade si sentì offesa. Come poteva pretendere di stare assieme a lei e al contempo non raccontarle un bel nulla?
Scosse la testa in disaccordo e con passi veloci si diresse in cucina, sentiva la gola secca per il nervosismo, aveva bisogno di un goccio d’acqua.
Frederic non sapeva come uscirne in modo onesto, ma come poteva dirle la realtà?
Ad un tratto, sentì il cuore esplodergli nel petto, il sangue iniziò a pulsargli violento fino alle tempie. Le arterie del suo corpo si gonfiarono, pronte a portare sangue eccesivo da un tessuto all’altro.
La vista iniziò ad annebbiarsi ed un dolore acuto sembrò lacerargli la schiena.
Si accasciò a terra, sentì Jade gridare più volte il suo nome,  percepì le sue mani piccole e fredde sul suo volto.
Con quegli ultimi sprazzi di lucidità guardò fuori la finestra e vide la luna piena levarsi nel cielo.
Ormai era troppo tardi. 

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Capitolo 12
*** 11° capitolo ***



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-11-



Jade sentì dei brontolii che le parvero strani, come se fossero state parole sommesse e colpi di tosse furiosi.
«Frederic?» disse il nome del ragazzo, sentendo l’ansia crescerle nel petto.
Entrò nella stanza accanto, cercando con lo sguardo gli occhi blu di lui, ma non vide nessuno, anzi nulla.
La luce si era spenta, lasciando avvolgere l’intera camera nel buio.
Solo un angolo della stanza era leggermente illuminata dalle luci dei lampioni che adornavano la strada fuori la palazzina antica.
«Frederic, mi stai spaventando… Dove sei?» la voce di Jade era fioca ed esitante. I brontolii, divenuti simili a lamenti parvero trasudare dalle pareti scure.
«Va'… Va' via!» gridò ad un certo punto il ragazzo, cascando in ginocchio sul pavimento e contraendo in modo convulso tutti i muscoli del corpo.
«Frederic!» Jade sentì il sangue gelarsi nelle vene.
Il ragazzo aveva i capelli biondi completamente bagnati di sudore che veloce scorreva sul viso; gli occhi gli divennero giallo oro ed urlò talmente forte che Jade indietreggiò velocemente battendo forte la schiena contro il muro.
“Che cosa sta succedendo?”, pensò ponendo le mani tremanti sulle orecchie. Quegli strilli erano tremendamente laceranti.
Frederic iniziò ad ansimare sempre più rumorosamente, mentre folti peli grigi si iniziarono a spargere sulle mani; le dita erano divenute irregolari, come se le ossa si stessero spezzando dall’interno.
Con un balzò ed un altro grido assordante, il ragazzo si fiondò nell’angolo più buio della stanza.
Poi, ci fu il silenzio. Jade udiva solo il suo respiro spezzato dai gemiti del pianto iniziato da poco.

Ad un tratto, un ululato fievole, ma tremendamente inquietante, riempì i timpani della ragazza.
Cercò nel buio qualcosa, non sapeva nemmeno lei chi, o cosa, potesse celarsi al di là di quella coltre di nero inchiostro.
Due occhi azzurri e brillanti la iniziarono a scrutare, una grossa zampa nera ed uncinata per colpa dei lunghi artigli, avanzò e sembrò già vicinissima a lei.
Jade sentiva il respiro pesante di quella bestia.
“No, non può essere… lui”, pensava con il cuore che martellava nel petto. Il fiato le si spezzò in gola, appena vide una grande e spaventosa creatura sporcare con la saliva fluida il pavimento.
Un lupo.
Ma non era un lupo vero e proprio, perché un lupo affamato le avrebbe fatto meno paura in quel momento.
Gli occhi scintillarono e con un guizzo iniziò ad avanzare verso di lei.
L’avrebbe uccisa, ne era certa.
Jade sentì le gambe vacillare e le ginocchia piegarsi contro il suo volere, la vista si oscurò e con le ultime forze pregò di rimanere ancora in vita.

«Svegliati… Cazzo, svegliati!» Jade sentì quelle parole ripetersi più volte. Aprì gli occhi lentamente, ma li sgranò appena vide di fronte a sé Logan che tentava di mantenere il più lontano possibile la bestia da lei.
«Tu… Tu come… cosa?» balbettò lei, squadrando meglio il ragazzo dai capelli scuri e ribelli.
«Ora sono un po’ occupato. Che ne dici se rimandiamo la spiegazione a dopo?»
Jade si alzò in piedi, la testa le girava ancora, diede una rapida occhiata al lupo e iniziò a correre.
Si lasciò alle spalle dei forti ruggiti ed un fracasso assordante di utensili infranti sul pavimento.
Delle lacrime calde le scivolarono sulle guance, mentre apriva la porta d’ingresso ed in quell’istante, sentì una mano calda avvolgere la sua.
Si voltò e vide il volto di Logan sporco di sangue, la tempia era lacerata ed il braccio anche.
In un sol fiato disse: «Dobbiamo andar via, ma ti giuro che ti spiegherò tutto.»
La sua voce era tranquilla, come se ciò lo avesse vissuto più di una volta. Jade ne rimase colpita, ma si meravigliò soprattutto del senso di protezione che quella stretta di mano irradiava in lei.

I due iniziarono a correre su per le scale, diretti verso il terrazzo.
«Perché andiamo sul terrazzo? Così ci prenderà!»
«Abbiamo più possibilità di non far uccidere nessuno. O vuoi portare il cagnolino per strada?»
«Ma così…?»
«No, Jade. Si fa come dico io. E se rimango in vita, ti prometto che non avrai nemmeno un graffietto su di te.» il ragazzo sorrise, trascinando dietro sé la ragazza.
«Appena arriviamo sul tetto, prendi un paio di corde. Le ho messe, giusto oggi, sulla sinistra del parafulmine.»
Jade annuì e dopo aver percorso le ultime scale aspettò che Logan aprisse la porta d’accesso per il terrazzo.
Un ruggito le scosse nuovamente i timpani e con gli occhi sgranati per la paura guardò Logan che disse: «Sangue freddo.»
Aprì la porta e Jade si fiondò oltre la soglia.
Il fresco della notte fece vibrare la sua pelle per un brivido.
“Sangue freddo”, ripeteva nella mente, come per auto-calmarsi, ma vedere con quel buio era piuttosto difficile.

Dopo poco si guardò alle spalle e vide il corpo di Logan contrastare i muscoli possenti del lupo grigio.
«Jade, muoviti!»
La ragazza sussultò prima di proseguire.
“Le corde… Devo prendere le corde”, sentiva che iniziavano ad offuscarsi i pensieri, troppa agitazione… troppa paura.
Le due corde erano accanto al parafulmine, che con la sua superficie metallica rifletteva la luce argentea della luna piena.
“Ed ora?”, si chiese in mente, mentre stringeva forte le corde quasi facendosi male i palmi.
«Jade… Le… corde!»
La voce di Logan la raggiunse all’improvviso, pareva stanco e forse aveva anche qualche osso rotto.
La ragazza corse, raggiungendo Logan che continuava a trattenere per la lunga coda la bestia.
Le fece segno di lanciargli i cavi e così fece.
Con enorme velocità le srotolò stringendo rapidamente le zampe del lupo.
Fece un grido assordante, come per raccogliere le forze e con uno slancio delle braccia fece cascare la bestia a terra.
Logan aveva il fiato corto, si asciugò la fronte con un lembo della camicia stracciata e prese dalla tasca dei jeans un piccolo fiore.
Lo poggiò delicatamente sul dorso del lupo e questo ululò forte prima di accasciarsi completamente al suolo, come immobilizzato da un tranquillante.

«Ora puoi avvicinarti.» le disse Logan sedendosi sul pavimento cinereo e, facendo un paio di colpetti con la mano accanto a sé, fece intendere a Jade che la voleva accanto a lui.
«Io non credo sia una buona idea…»
«Tranquilla, so come tenerlo a bada.» sorrise.
Jade deglutì a fatica, poi fece come le era stato detto: lentamente si sedette accanto a Logan, stringendosi contro la sua spalla.
«Hai paura?»
Jade guardò stranita il ragazzo «Non dovrei?»
«Hai ragione… scusami.» ridacchiò rocamente, mentre si passava le dita sulla ferita alla tempia.
«Dovresti curarti, dopotutto sei un medico e… credo sia un gioco da ragazzi curarti quelle… ferite.»
Logan guardò per un attimo gli occhi nocciola, leggermente arrossati, di Jade.
«Non… non sono un medico.»
«Cosa?»
«Non sono un medico, ma tranquilla queste ferite passeranno in un batter d’occhio… già fanno meno male.»
Logan sbirciò il viso della ragazza, trovandola seriamente confusa.
«Vuoi che ti dica qual è la storia… la vera storia?»
«Sì.»
Quella semplice risposta scaturì in Logan un riso nervoso.
Era la prima volta che raccontava di lui e Frederic ad un… 'umano'.
«Siamo Licantropi. E non siamo cattivi… Cioè… di solito non lo siamo» indicò il lupo disteso e che pareva assonnato.
«E’ colpa della luna piena se hai visto Frederic in questo stato.»
«Perché tu non sei così?»
«Grazie a questa.» tirò fuori dalla tasca la pietra di Aconito per poi infilarsela di nuovo nei jeans.
«Dentro alla pietra, c’è quel piccolo fiore che è mortale per un Licantropo non trasformato, ma fa da calmante per chi ha subito la trasformazione al plenilunio»
Logan strofinò con la mano, libera dalle funi, i pantaloni imbrattati di polvere, poi continuò dicendo ed assumendo un espressione seria: «Promettimi una cosa: che ciò non cambierà nulla tra te e Frederic. Lui ci tiene a te. Ti vuole davvero… bene.»
Jade guardò Logan e, lentamente, fece scorrere lo sguardo verso il Licantropo disteso accanto ai suoi piedi.
Era confusa e non riusciva a dare una risposta sincera in quel momento.
In quel momento, sentiva solo i muscoli contrarsi per l’adrenalina e non aveva la voglia di pensare a cosa avrebbe detto a Frederic.
   

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Capitolo 13
*** 12° capitolo ***


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-12-
 

 
Un ululato potente squarciò la quiete della notte.
Jade guardò Logan con gli occhi sgranati, stava per dire qualcosa, ma non ebbe il tempo perché il ragazzo disse, iniziando ad annusare l’aria: «Ci mancava solo questo.»
«Cosa succede?»
«C’è un piccolo problemino.»
Jade cercò di seguire lo sguardo di Logan che faceva scorrere veloce gli occhi da un palazzo all’altro.
«Mi spieghi?»
Logan non rispose, continuava a guardare le figure nere degli edifici con gli occhi sbarrati.
«Tieni questi» disse il ragazzo porgendo a Jade un paio di fiori violacei.
«Tienili con te e non lasciarli per nulla al mondo.»
La ragazza fissò per un po’ le piccole piantine.
«E tu? Tu come farai senza questi?»
«Me la caverò.» disse ammiccando e facendo un sorriso sghembo.

Quella sera i denti di Logan sembravano più aguzzi e così perfettamente bianchi che Jade quasi rabbrividì nel vederli.
Altri tre urli cupi si innalzarono attorno a loro e Jade iniziò ad agitarsi.
«Vai da qualunque parte, ma non a casa. Lì ti troveranno più facilmente.»
Jade annuì e si alzò di scatto, diede un ultima occhiata a Logan e a ‘Frederic’ che seguì i suoi movimenti con gli occhi blu, stando sempre immobile.
«Jade… va’!» il ragazzo scosse la mano, invitandola ad andare via e così fece.
Jade iniziò a correre sull’ ampio tetto, fiondandosi in un piccolo stanzino. La poca luce fioca della luna lasciava entrare, dai piccoli buchi della porta metallica, dei nastri di luce argentea.
Lo stanzino accoglieva delle scope lerce e qualche pezzo di vecchie antenne arrugginite.
Jade si accucciò in un angolino, stringendosi le ginocchia al petto.
Tese l’udito, sperando di cogliere anche il minimo rumore.
Aveva talmente tanta paura che i suoi muscoli iniziarono a tremare in modo incontrollato.
Ciò che detestava di più era il non conoscere.
Cosa sarebbe successo, di lì a poco?

Si sentirono altri ululati, questa volta le fecero spezzare il fiato il gola.
Erano vicini, li aveva sentiti correre con le loro zampe possenti fuori il suo nascondiglio.
Li aveva sentiti ansimare, quasi li vedeva correre con le lingue penzoloni e le fauci aperte e pronte a sbranare la preda.
Lei non voleva essere la preda!
 

§§§

 
Logan stava legando per bene le corde, che trattenevano strette Frederic, alla ringhiera del bordo del tetto.
E rimase lì, fermo e attento, a guardare i grossi lupi correre verso di lui.
La creatura più grande si pose davanti agli altri due, digrignando i denti affilati e grondanti di saliva.
«Zio Bart… che piacere vederti.» schernì Logan aggrottando la fronte e stringendo le braccia al petto.
«Coraggio… non essere sgarbato! Non farmi avere una conversazione unilaterale… Bart.»
In quell’istante, il lupo nero avanzò e scuotendo il dorso si acquattò sul pavimento. Iniziò a contrarsi e a ululare così forte che gli altri due lupi incominciarono a mettersi sulla difensiva abbassando il capo e le orecchie.

Dopo poco rimasero dei grossi e folti peli sul grigio del suolo, mentre Bartolomeo prese a guardare il ragazzo che continuava a fissarlo con aria di sfida.
«Bartolomeo… Non Bart, stupido ragazzino.»
Logan rise di gusto, vedendo di essere riuscito ad infastidire l’Alfa.
«Che mi combini? Tutto nudo su di un tetto…» schioccò la lingua sul palato in segno di disappunto e smorzando un sorriso.
«Taci!»
Bartolomeo inarcò le sopracciglia appena vide Frederic legato.
«Visto? Non servi tu per tenere tutto sotto controllo… paparino.»
«Come fai a non essere come lui? Non sei un Alfa e non puoi comandare la trasformazione.»
«I segreti del mestiere.» rispose con un’alzata di spalle e socchiudendo gli occhi.
Bartolomeo scattò in avanti, stringendo forte le mani attorno al collo di Logan che tossì per la mancanza d’aria improvvisa.
«Non scherzare con me… Non è la prima volta che ti avverto, ma credimi, prima o poi mi darai ascolto anche tu.»
Il ragazzo dischiuse le labbra spuntando la saliva sul viso dell’ Alfa che disgustato lo lasciò cadere a terra.
Logan alzò il viso, senza smettere di osservare l’uomo con aria di sfida.
«Io non ti obbedirò mai. Non sei il mio Alfa.»
«Oh sì, questo lo so. Anche perché un figlio come te non vorrei mai averlo. Povero diavolo tuo padre.»
A quel punto Logan irrigidì i muscoli ed alzandosi di scatto diede una poderosa spinta a Bartolomeo.
Gli occhi gli divennero giallo oro, mentre le unghie iniziarono ad affilarsi.
«Non osare nominarlo! E chi te l’ha detto? Rispondi!» gridò, accovacciandosi sul petto dell’uomo disteso a terra.
«Essere un capobranco ha i suoi vantaggi.» sibilò quelle parole prima di scagliare di lato il ragazzo, che finì con un tonfo contro la balaustra scura.
«Ora… se mi vuoi scusare, ho un impegno. Un Licantropo sta dando del filo da torcere a dei turisti ad est di qui. Ed occhio ai Cercatori.» disse quelle parole, passandosi una mano sul corpo nudo e muscoloso, ricoperto di polvere.
«Voi due, finite il lavoro.» ordinò ai due lupi, fino a quel momento, rimasti in disparte a brontolare. Poi con un balzò iniziò a scendere le scale della palazzina.

Logan si rimise in piedi, mentre i suoi rivali stavano di fronte a lui, ringhiando e mostrano i denti.
«Ottimo… Fatevi sotto.» sussurrò quelle parole, sicuro che le creature lo avrebbero sentito ugualmente.
E mentre pensava a Jade, nascosta da qualche parte lì su, sperò con tutto se stesso che non vedesse la scena che si sarebbe svolta presto.
I due lupi rossicci si fiondarono con gli artigli tirati fuori, sulla carne del corpo di Logan, che non poté fare a meno di gridare.
Tese le braccia sollevando con tutta la forza che aveva uno dei due lupi e lo lanciò il più lontano possibile da lui.
L’altro lo morse sul polpaccio e Logan sentì i tendini lacerarsi quasi.
Chiuse i pugni alla collottola della bestia e facendo forza riuscì a fargli allentare la presa.
Gli attacchi sembravano ripetersi sempre più velocemente, mentre Logan iniziava a sentirsi stanco.
Sì, era un Licantropo, ma non era trasformato e quindi era più debole rispetto al branco.
“Dannazione! Mi serve l’Aconito!”, pensò cercando di correre in un momento di pausa forzata.
Poggiò la schiena contro la ringhiera fredda sentendo il petto dolere ad ogni respiro. Poi pensò che la cosa giusta forse era trovare Jade e prendere i fiori, ma come fare senza che che gli altri due la vedessero?

I lupi erano di nuovo di fronte a lui e mentre si acquattarono per balzare un'altra volta, Logan corse di nuovo, zoppicando sempre di più.
Annusò l’aria, cercando di distinguere il profumo di Jade tra tutti i diversi odori che c’erano là fuori.
Passò accanto allo stanzino in cui stava rannicchiata lei e aprì con forza la porta.
La ragazza urlò parandosi il viso con le mani.
«Dammi i fiori.»
«Logan! Cosa ti è successo?»
«Dammi i fiori!» disse, gridando talmente forte che Jade balzò e con le mani tremanti gli porse i fiori.
«Attento!»
Logan appena si voltò sentì il petto lacerarsi ancora di più, sentì le grida di Jade ed il morbido dei petali tra le dita.
Guardò i musi insanguinati delle due creature, notando che la vista gli si stava offuscando, ma doveva rimanere lucido, ancora per qualche istante.
Cercava di farsi forza, aspettando il momento giusto per agire.
I lupi balzarono contemporaneamente con le fauci spalancate ed in quell’istante Logan infilò l’Aconito nelle loro bocche.
Le due bestie ulularono e si accasciarono al suolo con il fiato corto, cadendo in un sonno profondo.
«Buonanotte stronzi.» disse con un mezzo sorriso che si tramutò in una smorfia.
Cadde sulle ginocchia posandosi una mano sul fianco.
«Logan!» Jade corse dal ragazzo rimanendo inorridita dal tanto sangue che ricopriva il suo viso e gli abiti.
«E’ tutto finito… Tranquilla.» sussurrò quelle parole quasi con un fischio, per poi cadere sul suolo grigiastro e che pian piano si stava macchiando di sangue scuro.

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Capitolo 14
*** 13° capitolo ***



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13° capitolo


Jade stava inginocchiata accanto  a Logan che parve aver perso i sensi.
«Logan… Logan svegliati ti prego…» ripeteva Jade, mentre spingeva leggermente il ragazzo per il braccio.
Le lacrime scendevano calde sulle guance e sentiva gli occhi bruciare e gonfiarsi ad ogni singulto che faceva.

Era quasi l’alba.
La notte era passata così in fretta che la luce debole del sole sembrava un sogno.
‘’Magari fosse tutto un sogno… un incubo orribile!’’, pensò Jade chinandosi sulla spalla di Logan continuando  a pianger e non sapendo cosa fare.
«Ja- Jade…» una voce flebile e sottile raggiunse le orecchie della ragazza.
Chi era?
Si voltò guardandosi intorno, per cercare di capire chi c’era ì sul terrazzo del palazzo assieme a lei e Logan.
Volse uno sguardo al volto provato del ragazzo accanto alle sue ginocchia , poi si alzò e si diresse verso quella che sembrava la direzione giusta dalla quale giunse prima quella voce.
Jade rimase sbalordita nel vedere Frederic così, nudo e legato ancora.
«Jade…» ripeté il ragazzo. Ma lei rimase ferma ed immobile ancora a fissarlo.
Non aveva nemmeno la forza di pronunciare il suo nome.
Frederic lasciò inumidire i suoi occhi, come se volesse dare spazio ai suoi sensi di colpa.
Jade l’aveva visto trasformato…
L’aveva conosciuto per quella che era la sua natura.
Ma quelle lacrime che ora gli bagnavano il viso erano dovute anche al sollievo che aveva provato nel vedere che Jade stava bene.
«Jade… mi… dispiace.» disse vedendo che la ragazza non si muoveva di un centimetro.
Jade strinse i pugni come per darsi forza, come per autoconvincersi che doveva fare qualcosa e non rimanere lì ferma e senza dire nulla.
Fece un grosso respiro e disse con la voce che tremava per l’agitazione:
«Logan… Logan… è ferito.»
Frederic sgranò gli occhi, si voleva alzare in piedi  e correre verso il suo amico… verso suo  ‘fratello’.
Ma non poteva, era completamente nudo e legato.
«Slegami, svelta!»
Jade corse da lui, guardandolo imbarazzata e con le gote prima pallide ed ora rosso fuoco.
Lo slegò facendo più in fretta possibile gettando da parte le corde robuste, poi volse lo sguardo dalla parte opposta appena Frederic si alzò e si diresse verso Logan.
L’amico era riverso a terra tremendamente pallido e la maglietta colma di rosso sangue.
«Cosa… cosa gli è successo?» la voce di Frederic era quasi un sussurro, mentre scuoteva insistente il corpo di Logan.
«Io… non lo so, in verità… credo siano stati gli altri lupi.»
«Gli altri lupi?» il ragazzo biondo voltò con uno scatto la testa verso Jade.
“Devono essere senza dubbio quelli del branco di Bartolomeo… o Vivienne…”, pensava mentre iniziava a schiaffeggiare piano il viso dell’amico.
«Coraggio Logan! Svegliati!»  Frederic sentiva l’ansia crescere nel petto, visto che Logan non dava segni di vita, ma poi una voce flebile e roca gli fece balzare il cuore di sollievo.
«Ehi… Mr Hyde…»
Jade si pose le mani sul petto sollevata di sentire la voce di Logan, mentre Frederic lo tirò su sbuffando una risata e tenendolo stretto a sé  per non farlo cascare di nuovo a terra.
«Pensavo di non vederti più vivo!» esclamò il ragazzo iniziando a dirigersi verso la porta che li avrebbe poi fatti rientrare all’interno del palazzo.
«Stronzo…» sussurrò Logan, ridacchiando rocamente e gemendo per una fitta che gli percorse l’addome.
Frederic ghignò, sentendo che il suo amico era lucido e che non aveva perso il suo sarcasmo, nemmeno da ferito, ma aveva bisogno di riposare perché in quello stato le ferite non si sarebbero rimarginate per nulla.

Una volta sistemato Logan sul suo letto e dopo essersi vestito, andò da Jade che era seduta in cucina ancora visibilmente scossa e che reggeva con le mani che tremavano una tazza di camomilla.
«Mi… dispiace Jade.» disse attraversando la soglia della stanza.
La ragazza però non rispose lo guardò soltanto rimanendo in silenzio.
Poi si alzò facendogli un occhiata tormentata ed uscì di casa.
Frederic chiuse gli occhi sospirando e passandosi una mano, nervoso, tra i capelli.
Sentì la porta della casa affianco sbattersi e poi di nuovo silenzio.
‘‘Le avrei voluto dire di più… Le avrei voluto dire qualcosa di più di quel mi dispiace.’’, pensò Frederic ancora in piedi di fronte alla porta di casa chiusa.

                                                                                  §§§

Arrivata la sera Logan era più cosciente e Frederic, ancora non aveva aperto bocca.
Dopo che Jade era andata via, aveva sperato di rivederla, ma la ragazza era andata al bistrot senza nemmeno fermarsi alla sua porta.
Un po’ se lo aspettava, ma non aveva perso le speranza fino a quando non udì i suoi passi veloci che scendevano le scale.

Mentre penava a questo disteso supino sul divano bluette, si sentì un rumore di vetri infranti, Frederic corse in camera da letto e vide a terra, tra i frammenti di vetro, un sasso con su legato un foglio. Quando lo lesse sgranò gli occhi sentendo il fiato farsi corto, perché il messaggio recitava:
‘’Noi cerchiamo, noi troviamo’’.

-I Cercatori…- sussurrò mentre teneva ancora gli occhi fissi sul pezzo di carta.
Corse nella stanza dove Logan stava mangiando un bel pollo arrosto speziato, che Frederic era andato a  comprare alla tavola calda all’angolo della strada per fargli riacquistare un po’ di forze.
-Logan… Guarda!- esclamò il ragazzo biondo allarmato, mentre gli porgeva la pietra.
Il ragazzo moro rimase in silenzio masticando un po’ carne e una volta deglutito disse:
-Caspita! Incredibile! E’ un sasso!-
Frederic gli strappò il sasso da mano e lo voltò riporgendoglielo.
-Leggi… idiota- sbuffò.
Logan lesse il biglietto legato alla pietra ed anche lui comprese subito che si trattava dei Cercatori.
-Hanno avuto un’idea… originale-
-Per favore… vuoi prendere la cosa seriamente?-
-Io la sto prendendo seriamente- iniziò a dire Logan alzando un sopracciglio e guardando Frederic con il viso ancora molto pallido.
-Evidentemente non sanno usare le e-mail.-  fece un’alzata di spalle, mentre Frederic prese bruscamente la pietra dalla sua mano e sbuffando irritato gli disse: -Sei un idiota-
Logan bevve un po’ d’acqua dal piccolo bicchiere che stava sul tavolo e tornando serio per un istante disse all’amico: -Ehi… cosa dovrei dirti? Ci hanno trovato… bene! Rimbocchiamoci le maniche e conciamoli per le feste- fece un sorriso sghembo mentre colorava il volto con uno sguardo determinato.


n.dA: Scusate per l'attesa dell'aggiornamento, ma ho avuto problemi con il pc e mi aveva cancellato tutto il capitolo, quindi l'ho dovuto riscrivere ed in più ho avuto taaanto da fare con l'università, ma ora che mi sono un po' più liberata tornerò ad aggiornare tutto più velocemente. Un bacio a tutti e spero che vi sia piaciuto questo nuovo capitolo... Ah buona Pasqua! :D

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Capitolo 15
*** 14° capitolo ***


 
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14° capitolo


Jade era seduta accanto alla finestra e non aveva la minima voglia di uscire di casa, non voleva incontrare nessuno e nemmeno parlare con nessuno.
Ripensava e ripensava a ciò che le era successo e si sentiva impazzire.
Era davvero tutto reale?
Cosa si doveva aspettare ora dalla vita?
Domande a cui non sapeva rispondere….
Sentì bussare alla porta, ma la fissò per un bel po’ senza muoversi e senza dire nulla.
“Deve essere Frederic”, pensò stringendosi nella sua maglia.
Poggiò la tempia al vetro freddo della finestra e chiuse gli occhi.
“Voglio andar via di qui… Voglio sparire come una bolla di sapone”.
Questi erano gli unici pensieri che riusciva a formulare nella mente e tutto le faceva rivedere avanti ai suoi occhi… gli occhi grandi di quel grosso lupo.

Sentì bussare ancora alla porta, così  scosse la testa e si avviò verso il bagno.
Pensò che una bella doccia calda le avrebbe levato quell’orribile sensazione che l’attanagliava.
Di certo non poteva andare a suonare al bistrot così quel giorno.
Appena posò la mano sulla maniglia sentì la porta d’ingresso aprirsi e richiudersi.
Si voltò di scatto ed un grido le fu impedito da una grossa mano.
« Fai silenzio!»  intimò una voce roca.
Jade guardò l’uomo che si presentò avanti ai suoi occhi.
Era alto e allampanato, con una grossa giacca nera stretta alla vita da una cintura colma di lame lucenti.
«Vieni con noi ora»
L’uomo ghignò e la prese sulle spalle mentre una donna le bendò la bocca con un pezzo di nastro adesivo e poco dopo sparirono oltre la soglia di casa.

 
§§§
 
«Frederic non puoi stare così fermo a guardare la porta tutto il giorno… sì, è una bella porta lo ammetto ma non ne vale poi così la pena… non ti dirà mai “sì usciamo”»
Logan fece un’alzata di spalle e lo guardò con un ghigno scherzoso, non gli andava che l’amico stesse in quello stato.
«Vai a parlarci, no?»
Se fosse stato per lui sarebbe già andato a parlare con Jade.
Che senso aveva stare lì a pensare?
«Vai! Muoviti!»
Lo spintonò piano sulla schiena, ma in quell’istante si aprì la porta che cadde sul pavimento con un tonfo sordo.
Logan e Frederic rimasero immobili dopo aver arretrato di qualche passo, mentre dissero all’unisono:
«Brandly!»
Sulla soglia dell’appartamento un uomo alto e dai capelli ricci e lunghi stava a guardarli con un un ghigno maligno sulle labbra, mentre impugnava una grossa arma da fuoco dall’estremità dorata.
«Salve ragazzi… Vi sono mancato?»
  Disse con una voce apparentemente calma mentre riponeva la pistola nella fondina per prendere poi una  lama ricurva.
«Direi di no» disse in tono sarcastico Logan che ricevette una gomitata da Frederic, come per dirgli di non irritarlo, ma Logan era Logan ed era difficile tappargli la bocca.
Infatti continuò dicendo:
«Nessuno ti ha invitato alla festa barbone, coraggio, vai.» mosse le mani per indicargli di uscire con una leggere smorfia di disgusto mentre guardava il cappotto lungo fin sul pavimento.
«Tu non mi dici quello che devo fare cane rognoso!»
Esclamò Bradly con uno sguardo pieno di odio.
«Cosa vuoi?» chiese con lo sguardo fisso sul viso scavato dell’uomo.
«Chi cerca trova… e io vi ho trovato» sghignazzò passandosi una mano tra i capelli unti.
In quell’istante oltre le spalle del Cercatore si videro passare gli altri che portavano via Jade.
«No!» Frederic si portò avanti tendendo le mani verso l’uscita.
«Fermo.» disse sempre con un tono pacato e freddo stringendo il polso del ragazzo.
Logan ringhiò stringendo i pugni portandosi avanti anche lui accanto all’amico.
Bradly lo fulminò con lo sguardo e con un movimento rapido fece uscire da sotto il lungo cappotto un lazo sottile e d’argento che mosse veloce e lo avvolse attorno ai due licantropi.
«Senza storie… venite con noi.»


 
Note : chiedo immensamente perdono per il ritardo di pubblicazione del capitolo ma ho avuto un periodo abbastanza brutto che sembra essere passato.
Vi ringrazio se lo avete letto e il continuo ci sarà! Secondo voi dove li porteranno?
Un bacio grande a tutti! :D

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