Freaks and Misfits

di Echelon90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: The Other ***
Capitolo 2: *** Cap. 1: The change in the wind ***
Capitolo 3: *** Cap. 2: Blackout ***
Capitolo 4: *** Cap. 3: Between life and death ***
Capitolo 5: *** Cap. 4: Dreams and Nightmares ***



Capitolo 1
*** Prologo: The Other ***


Freaks and Misfits


 

Prologo: The Other


Non gli piaceva. Non voleva trovarsi lì. Aveva cercato in tutti i modi di ritardare il loro incontro faccia a faccia e ci era riuscito, ma sapeva che presto lo avrebbe visto. Era inevitabile. Già immaginava i loro sguardi incrociarsi pieni di tristezza, rabbia, accusa… Sapeva che Blaine era vicino. Lo avvertiva. Sentiva il suo odore, anche se non era lì con loro in quel momento. Gli parve strano ma non diede molta importanza a quella sensazione. La giustificò come suggestione dovuta al nervosismo del momento. Non erano passati che pochi giorni da che si erano lasciati, e ancora ne soffriva terribilmente. Non se ne capacitava ancora. Era passato dall’essere arrabbiato con lui all'incolparsi di tutto. Poi era sopraggiunta l’incertezza, la tristezza, la rabbia…
Si morse un labbro a sangue, guardando tra le tende che separavano il palco da tutti gli studenti, professori e altra gente radunata per vedere loro. Era stata un’idea di Mr. Shue, riunire le vecchie New Direction e nuovi membri del Glee per un’esibizione di Natale. La trovava un’idea carina, certo, e non era riuscito a rifiutare, nonostante tutta la tensione che sapeva ci sarebbe stata, ma una piccola parte di lui aveva odiato Mr. Schue per avergli dato un’altra occasione per buttar sale su quella ferita ancora aperta.
“Kurt?”
Si voltò verso il volto pulito e il sorriso gentile di Marley, una dei nuovi. L’aveva conosciuta solo alcuni minuti prima: una veloce presentazione e poi se ne era andato dall’aula del Glee, con la scusa di una chiamata di lavoro. In realtà sapeva che lui stava arrivando, anche se nessuno glielo aveva detto.
Si era ritrovato poi con tutti sul palco, per rivedere le loro posizioni e la coreografia. Kurt non era stato alle prove. Aveva dato ancora la colpa al lavoro e aveva provato solo con Rachel e poi con Finn. Blaine non c’era ancora, ma mancavano pochi minuti e presto sarebbe apparso tutto sorridente e bello, come sempre, almeno fino a quando i loro sguardi si fossero incontrati.
Sentì la mano di Marley posarsi sul suo avambraccio e sussultò appena. Si era perso nei suoi pensieri senza rendersene conto: “Scusa, tutto bene?” gli chiese preoccupata.
“No, no, sto bene!” si affrettò a dire Kurt scuotendo la testa, anche se in realtà si sentiva strano.
” C’è un ragazzo che ti cerca!” fece la ragazza.
Kurt sbatté le palpebre più volte. Non parlava di Blaine. Era sua compagna nel Glee Club quindi non si sarebbe riferita di certo a lui come ‘un ragazzo’. Ma chi lo cercava che non fosse del Glee? Pensò a chi conosceva oltre al Glee, ma l’unico a venirgli in mente fu Dave, che sapeva non trovarsi a Lima.
“Chi è?” chiese infine.
Marley scosse il capo: “Non ne ho idea. Non l’ho mai visto prima.”
“Dov’è?” si informò allora.
Marley gli disse che lo aveva incrociato al parcheggio ma che poi, quando gli aveva chiesto se voleva entrare nella scuola, aveva rifiutato, anche piuttosto maleducatamente, e aveva detto che lo avrebbe aspettato lì.
Non gli piaceva l’idea di uscire fuori al freddo. La sera prima aveva nevicato ed era stata un’impresa raggiungere la scuola. Ma la curiosità era troppa per resistere, quindi si diresse verso l’aula di canto per recuperare il suo cappotto. Si fermò, però, prima di entrare.
Era lì. Non sapeva come faceva a saperlo. La porta era chiusa, ma lo avvertiva comunque. Lo sapeva. Blaine era lì ed era solo. Non si fermò a pensare come facesse a saperlo. Sapeva solo che non voleva vederlo così, da solo. Non ne aveva la forza, quindi si voltò e prese a correre fuori dalla scuola, dimentico del cappotto.
L’aria gelida lo colpì al viso dolorosamente e allora si rese conto di una singola lacrima che gli rigava il viso. L’asciugò con rabbia e strinse gli occhi rivolgendo il viso al cielo e respirando a fondo l’aria che sapeva di neve. Sentiva una strana sensazione percorrergli tutto il corpo. Partiva dalle punte dei piedi e arrivava fino alle punte dei capelli. Era come se al posto del sangue dentro di lui scorresse energia elettrica. La testa gli girava e per qualche secondo dimenticò tutto. Dimenticò chi era, cosa ci facesse lì… tutto…
Poi avvertì quella presenza. Non era Blaine questa volta. Lo seppe ancora prima di aprire gli occhi e guardare dritto nella sua direzione. Lo guardò fisso e qualcosa di simile ad adrenalina, ma che era qualcosa di più profondo, più potente, gli ribollì nelle vene. Fremette da capo a piedi e una fitta al cuore lo fece gemere di dolore, e poi perse i sensi…

Sebastian si staccò dalla macchina su cui era posato avvicinandosi di pochi passi a Hummel. Lo aveva visto uscire ma poi se ne era stato impalato poco lontano da lui. Non sembrava averlo notato. Poi d’improvviso aveva puntato lo sguardo su di lui e dopo parecchi secondi aveva parlato.
“Che ci fai qui?” lo sentì soffiare piano e con voce roca.
Sebastian rimase interdetto per qualche secondo prima di ridere forte: “Odio il fetore delle scuole pubbliche, lo sai!” disse solo.
“Ho chiesto che ci fai qui!” ripeté Kurt avvicinandosi di qualche passo.
Sebastian osservò Kurt, stranito. Era passato del tempo dall’ultima volta che lo aveva visto. Ma non tanto da spiegare un cambiamento simile. Perché quello che vedeva davanti a lui non assomigliava per niente a Kurt ‘Faccia da Checca’ Hummel. Lo aveva avvertito nella voce non appena gli aveva rivolto la parola, ma aveva pensato di aver sentito male. Per qualche istante Sebastian ne rimase quasi… spaventato.
“Mi prendi in giro, Hummel? Mi hai detto tu di venire qui!”
Sebastian non ricevette risposta. Vide solo Kurt avvicinarsi ancora lentamente e quasi… minaccioso. Il suo istinto gli urlava: ‘Vattene via subito!’ Ma il suo corpo non ubbidiva.
“Allora che vuoi?” chiese Sebastian con un leggero tremito nella voce.
Lo aveva sorpreso quel messaggio. Lui e Kurt non si erano mai scritti, telefonati o incontrati se non per caso, o per poterlo infastidire un po’ alla caffetteria. Non era da Hummel. Ma quello che aveva davanti non sembrava neppure lui.

-Stasera al McKinley. Kurt-


Poche parole. Non aveva risposto, ma non aveva pensato per un solo istante di non presentarsi. Forse per curiosità… non lo sapeva. Sapeva solo che ora era lì, nel parcheggio coperto di neve del McKinley, con Kurt Hummel di fronte a sé, e si sentiva come un topo in trappola mentre si avvicinava sempre di più, ma non riusciva a muoversi.
No… non da lui… Era qualcos’altro…
“Hummel…”
Kurt era ora molto vicino a lui. Ora vedeva bene i suoi occhi e quello che vide non gli piacque. Ma non fece nemmeno a tempo a fare qualcosa, prima che tutto diventasse nero e poi rosso. Poi fu dolore. Poi fu il vuoto.

 

N.d.A.

Salve a tutti coloro che hanno letto questa mia prima ff su Glee. In realtà ne ho scritte molte ma questa è la prima in assoluto che pubblico su EFP.

Questa fan fiction è ispirata da altre due serie, ovvero sia Freaks e Misfits, da cui è preso il titolo (che fantasia, eh!). In ogni caso non ci saranno i personaggi di nessuna delle dueserie tv... o almeno fin’ora… Devo ancora decidere cosa succederà di preciso anche se ho in mente la trama.  Posso dirvi che ci sarà parecchio Angst (o almeno e quello che voglio da questa fan fiction) e soprattutto ci sarà il Klaine!!!

Non aggiungo altro solo… Grazie a chi deciderà di leggere e continuare a leggere questa fan fiction.

Buona lettura dalla vostra Autrice,

Echelon90!!!

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Capitolo 2
*** Cap. 1: The change in the wind ***


Cap. 1: The change in the wind

 

 

“Stai scherzando, vero?” fece la voce un filino isterica di Artie.

“Poco male” disse Puck, seduto a terra a gambe incrociate. “Mancano anche Rachel e Blaine, no?”

Artie fece un verso esasperato per poi portarsi pollice e indice alla radice degli occhi con un gran sospiro: “Ok, ok… Andiamo per gradi! Qualcuno ha sentito Rachel?”

Quinn sbuffò tirando fuori il cellulare: “Pensavo lo avesse fatto Kurt, non sapevo non ci fosse!” disse mandando un messaggio alla Berry.

“Kurt, c’è!” precisò Finn. “E’ venuto qui con me… Dove si è cacciato piuttosto?”

“Che succede?” chiese Blaine arrivando in quel momento nell’aula di musica.

“E TU DOV’ERI FIN’ORA?” lo aggredì Artie, lasciando sbalordito.

“Vi ho raggiunti in auditorium ma non c’eravate, quindi sono tornato qui!” spiegò Blaine con calma. “Sono qui da due ore ma nessuno mi ha filato…” aggiunse, un po' irritato.

Da quando lui e Kurt si erano lasciati i rapporti con gli altri si erano leggermente incrinati. Non molto in realtà. Artie, Tina e gli altri continuavano ad essere suoi amici nonostante tutto. Avevano decisamente abbastanza tatto da non discutere sulle decisione prese da Blaine. Ma Blaine avvertiva quella piccola crepa come un enorme squarcio. Sapeva che c’era, e non perché Kurt fosse amico loro da prima di lui. C’era, e Blaine lo sapeva per primo, a causa di un’enorme, gigantesco errore. Ed ora si ritrovava a pagarne le conseguenze.

Artie sospirò amareggiato lanciando uno sguardo di scuse a Blaine. Gli piaceva quando gli davano la regia, ma era decisamente stressante. In particolare quando c’erano ritardatari, come in quel caso. Non avrebbe voluto aggredire così Blaine, ma mancavano pochi minuti all’esibizione, come da programma, e proprio le due persone alla cui presenza teneva particolarmente, non erano lì. Kurt e Rachel, come lui, Tina e Mercedes, facevano parte da sempre del Glee Club. Era da loro che era partito tutto grazie all’aiuto di Shuester e all’arrivo di Finn, che aveva poi portato tutti gli altri.

“Scusa!” disse quindi Artie prendendo un gran respiro per calmare i nervi. “E’ lo stress! Rachel deve ancora arrivare e Kurt è sparito!”

Blaine sbatté più volte le palpebre sperando di non aver capito bene: “Scusa? In che senso è sparito?”

“E’ venuto qui con me!” ci tenne a ribadire Finn. “Poi qualcuno ha chiesto di lui. E’ uscito e non è più tornato!”

“Come qualcuno? Chi?” fece Blaine incominciando ad agitarsi.

“Non lo so… il parcheggio era scuro e non mi ha detto un nome. Ha solo detto che doveva trovarsi con Kurt e che non voleva entrare a scuola!” disse Marley con il senso di colpa che cresceva sempre di più. “Non credevo che poi non tornasse più!”

“Qualcuno è andato a cercarlo fuori?” chiese, pratica, Santana.

Tra tutti calò il silenzio. Nessuno era effettivamente uscito a cercarlo. Avevano guardato intorno nella scuola, nelle aule, ma era decisamente troppo freddo per avventurarsi fuori.

“Rachel è qui a secondi!!!” disse in quel momento Quinn. “Hanno trovato uno spalaneve che li ha bloccati per parecchio.”

“Li?” fece Finn inarcando un sopracciglio.

“Sì, lei e… Brody” tentennò Quinn.

Ormai era nota a tutti la rottura tra loro due ed era chiaro che una delle ragioni era quel Brody. Quinn nonostante fosse dispiaciuta per Finn pensava che infondo quel Brody fosse stata la cosa migliore per Rachel. A volte era bene non restare attaccati alle cose passate e lei lo sapeva bene.

“Ok, vado a cercare Kurt!” sbottò Blaine prendendo il suo cappotto.

“Credi sia ancora qui?” fece Puck scettico.

Non voleva ferire Blaine, ma pensava che, dopo così poco tempo, per Kurt non sarebbe stato il massimo cantare insieme a lui. Si era stupito molto di vederlo arrivare con Finn, ma infondo aveva sempre pensato che Kurt, nonostante tutto, avesse il carattere più forte di tutti loro messi insieme. Ma forse era un po’ troppo presto.

“Non crederai se ne sia tornato a piedi!” fece strabuzzando gli occhi Tina. “E’ freddissimo fuori… Sarà sicuramente da qualche altra parte!”

Blaine sbuffò: “Fate quello che volete io ora vado fuori a cercarlo.

 

***

 

Rachel inviò il messaggio a Quinn riponendo poi il cellulare nel suo cappotto rosso. Quel tempo non ci voleva proprio. Non era mai stata in ritardo per nulla e quella era l’ultima occasione in cui avrebbe voluto tardare.

“Ci siamo quasi. Tranquilla!” le disse Brody senza staccare gli occhi dalla strada.

Non aveva nemmeno provato a far desistere Rachel dall'uscire con quel tempo. Sapeva quanto era importante per lei. Aveva sentito parlare del Glee Club fino allo sfinimento tanto che gli sembrava di conoscere già tutti, anche se gli unici che aveva effettivamente conosciuto erano Kurt, Blaine e… Finn. Non voleva fare la parte dell’ipocrita. Era felice che Rachel avesse scelto lui ma ogni tanto sentiva ancora il fantasma di Finn alleggiare, e dato che la loro relazione era solo agli inizi...

Provò ad aumentare la velocità del tergicristallo. Non gli piaceva molto guidare con la neve. A nessuno piaceva. E un tempaccio del genere non lo aveva mai visto.

“Rachel, non mi piacciono quelle nuvol…” fece per dire indicando degli strati di nuvole che risaltavano sul celo plumbeo.

“Ecco il McKinley!” strillò Rachel interrompendolo e indicando l’istituto.

Poi tutto era successo in una frazione di secondo. Brody si voltò a sorridere a Rachel mentre entrava nel parcheggio. Non aveva potuto notare la lastra di ghiaccio mentre girava verso dei posti liberi e la macchina aveva perso subito il controllo. Rachel non aveva avuto nemmeno il tempo di urlare perché la voce le era rimasta in gola quando i fanali avevano illuminato la figura longilinea e coperta di neve di Kurt. La macchina lo prese in pieno. Il rumore del suo corpo che impattava con il cofano della macchina prima di essere sbalzato via fu come assordante per Rachel e per Brody, che cercava invano di riprendere il controllo della macchina. La macchina andò poi a schiantarsi su un Suv lì vicino, spostandolo di diversi metri, e nell’impatto Brody sbatté la testa contro il finestrino e perse i sensi mentre Rachel, in preda al panico, cercava di  slacciarsi la cintura per uscire dalla macchina.

Un brivido le percorse la schiena e si fermò girandosi verso il finestrino. Trattenne il fiato per qualche secondo prima di urlare più forte che poteva, ma nessuno riuscì a sentirla.

 

***

Blaine era appena uscito di corsa seguito da tutti gli altri. Erano a pochi passi dall’uscita quando avevano sentito un grande stridio di gomme. Aveva visto la macchina sbandare pericolosamente e perdere il controllo. Ma forse, come tutti gli altri, non si era reso conto della figura che se ne stava immobile in mezzo alla neve su cui la macchina si era andata a schiantare poi. Ma avevano sentito bene il rumore. Quel terribile rumore di qualcosa che sbatte con violenza contro una macchina.

Blaine rimase immobile sul posto, paralizzato da quella vista mentre la macchina che aveva colpito Kurt continuava a vorticare, impazzita. Poi avvertì un cambiamento nell’aria. Improvvisamente era molto più fredda, tanto che il poco calore che il suo corpo aveva trattenuto se ne andò via facendogli battere i denti dal freddo. In pochi secondi un vento impetuoso si alzò, spazzando la neve depositata nel parcheggio e colpendoli con folate di una potenza incredibile facendo male agli occhi e alla pelle. Fu quello a riscuotere Blaine. Non rimase ad aspettare un secondo di più e nonostante il vento forte gli impedisse i movimenti andò verso quella figura che aveva visto volare e accasciarsi al suolo. Quella figura che avrebbe riconosciuto tra mille. Sentiva vagamente le urla degli amici senza capire cosa dicessero. Poi sentì una mano posarsi al centro della sua schiena e riconobbe Finn che lo sospingeva in avanti arrancando a fatica insieme a lui. Iniziarono ad aiutarsi a vicenda silenziosamente, cercando di raggiungere Kurt il più velocemente possibile.

Non capiva cosa stesse succedendo. Era impossibile che il tempo fosse cambiato così velocemente. Ma in fondo l’unica cosa che gli importava, al momento, era raggiungere Kurt ed assicurarsi che stesse bene. Sperava con tutto se stesso che l’impatto con l’auto non fosse stato brutto. Forse si era sbagliato. Un effetto ottico della luce dei fanali della macchina sulla neve. Forse non era nemmeno Kurt che lui e Finn stavano cercando disperatamente di raggiungere. Eppure sentiva che quello che aveva visto, per quanto fosse assurdo e terribile anche solo da pensare, era reale e lui doveva raggiungere Kurt. Doveva salvarlo.

Una folata potente e assordante colpì sia lui che Finn buttandoli a terra e Blaine sbattè la testa su una lastra di ghiaccio. Si sentì stordito e con la testa che rimbombava come una grancassa ma si costrinse a riprendere lucidità e si rialzò a fatica, facendosi aiutare e aiutando Finn. Arrancarono verso dove pensavano di aver visto cadere Kurt e lo trovarono lì. Ma non si aspettavano certo di trovarlo seduto e tranquillo, anche se il suo sguardo parve subito loro… vuoto. Si stringeva le braccia al petto per difendersi dal vento e sulla fronte aveva un grosso taglio da cui colava sangue fino alla guancia, e sangue colorava di scarlatto anche le labbra e il mento.

“KURT!” urlò Blaine afferrandogli entrambe le braccia con le mani.

Gli occhi del ragazzo scattarono su quelli di Blaine con puro e profondo odio. Scacciò le mani di Blaine con violenza per poi gettarglisi contro come una furia. Finn si portò tra i due prima che Kurt raggiungesse Blaine e quello si ritrasse, come scottato al tocco del fratellastro, e guardò Finn quasi impaurito.

“KURT, CHE TI PREND…” cercò di urlargli Finn, ma le parole gli morirono in bocca quando vide qualcosa alle spalle di Kurt.

Un’alta figura dalle vesti lacere che a Finn ricordò terribilmente l’immagine della Morte in alcuni film dell’orrore che aveva visto con Puck. Sembrava come sfocato ai suoi occhi, ma la sola vista gli gelò il sangue nelle vene. Kurt si voltò di scatto sollevandosi appena con un ginocchio come pronto all’attacco, mentre Blaine non riusciva a staccare gli occhi da Kurt, come ipnotizzato o forse paralizzato dallo shock, o intontito dalla caduta di poco prima.

La figura silenziosa tese una mano verso di loro e contemporaneamente Kurt scattò verso essa. Blaine e Finn gli urlarono all’unisono di fermarsi, ma prima che Kurt raggiungesse la figura una folata di vento più forte li colpì in pieno, e come un onda d’urto di un’esplosione li travolse spazzandoli via e schiacciandoli a terra.

Blaine avvertì vagamente la sua mano chiudersi su di un’altra mortalmente fredda, poi il buio prese il soppravvento.

 

***

 

Potevano essere passate delle ore come pochi minuti, quando Finn riprese coscienza. Si ritrovò seduto e al caldo. La cosa lo sorprese non poco. Ricordava tutto: immagini e sensazioni. Ricordava gelo e dolore, mentre in quel momento sentiva solo calore e benessere. Si rese conto di essere nell’aula di canto del Glee Club insieme a tutti gli altri. Anche loro parevano decisamente confusi quanto lui.

Non era stato tutto solo un incubo, quindi...

Cercò con lo sguardo Kurt e lo trovò seduto proprio al suo fianco. Il suo sguardo pareva più confuso degli altri. Si guardava le mani come incredulo e il suo petto si alzava e abbassava decisamente troppo velocemente.

Fece per dirgli qualcosa quando Mr. Shuester entrò nell’aula sorridente come sempre:

“Allora” disse battendo insieme le mani. “dicevamo?”

 

 

 

Disclaimer

 

 I personaggi citati in questo racconto non sono miei,  ma appartengono agli aventi diritto. Servendo di loro non ottengo nessuna forma di lucro.

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Capitolo 3
*** Cap. 2: Blackout ***


Cap. 2: Blackout

 

 

Aveva sete. Era la prima cosa che aveva avvertito appena si era risvegliato seduto nell’aula di canto del McKinley. Poi, insieme alla sete, era arrivata la confusione. Si sentiva stordito. Non riusciva a formulare un pensiero coerente. Aveva dato un’occhiata ai suoi amici, trovandoli confusi quanto lui.

Cosa ci faceva lì. Avrebbe dovuto essere a New York. No… Aspetta… l’esibizione di Natale. No… C’era già stata… No… era uscito fuori. Marley… alzò lo sguardo verso la ragazza. Era seduta proprio davanti a lui anche se gli dava le spalle. Marley gli aveva detto che qualcuno gli voleva parlare fuori… era uscito. Questo lo ricordava. Ma poi… Il vuoto totale. Non ricordava niente. Come ci era arrivato nell’aula di canto? Cercò di concentrarsi su quell’ultimo ricordo. Ripetendo a se stesso ogni sua mossa, ma per quanto si sforzasse i suoi ricordi arrivavano fino all’uscita dal McKinley. Al parcheggio coperto dalla neve. Poteva ancora avvertire una sensazione di dolore anche se non ricordava a cosa era dovuto. E l’energia… pura energia che vibrava dentro di lui. Ma era solo un ricordo… in quel momento aveva solo una dannata sete e un buco nero in testa.

“Allora, dicevamo?”

Alzò lo sguardo verso Schuester che li guardava con un sorriso rassicurante, ma che non aveva nulla di allegro.

Nessuno rispose. Nessuno sembrava trovare le parole giuste. E Schuester abbandonò il sorriso guardandoli preoccupato per poi prendere un grosso respiro.

“So che è difficile, ragazzi!” fece piano prendendo uno sgabello e sedendosi. “Ma dobbiamo tenere duro e cercare di non abbatterci. Lo dobbiamo fare per loro, quantomeno!”

Blaine sgranò gli occhi ancora più stralunato da quella situazione pazzesca. Cercò lo sguardo di uno dei suoi amici alla ricerca di supporto, di qualcosa che lo potesse rassicurare. Ma nessuno di loro badava a lui. Si scambiavano sguardi tra loro. Sguardi confusi e apprensivi ma nessuno si voltava verso di lui.

Si accostò ad Artie, seduto proprio accanto a lui, e gli chiese con voce tremante: “Che sta succedendo!”

Ma Artie non rispose, né si mosse verso di lui. Non sembrò nemmeno averlo sentirlo.

“Artie?” ripeté posando una mano sul braccio dell’amico per attirare la sua attenzione.

Nessuna reazione.

Sì alzò di colpo come se la sua sedia scottasse e si mise davanti ai suoi amici: “Hey, sono qui… mi sentite?”

Nessuno lo badò.

“Sono qui… non potete non veder… mi… sono qui” fece agitando le braccia. “Mr. Schue?” Si voltò verso il professore a cui aveva dato le spalle. 

Anche lui sembrava non accorgersi della sua presenza. Anche se gli era davanti non guardava lui. Guardava gli altri ragazzi oltre Blaine, come se il ragazzo non ci fosse proprio.

Avvertì la sensazione di panico prenderlo alla bocca dello stomaco: “Sono qui… guardatemi” disse voltandosi di nuovo verso gli amici e poi verso Schuerster. “GUARDATEMI!”

Nessuna reazione.

Si sentì perduto. Le gambe gli cedettero e si ritrovò in ginocchio. Guardò gli amici uno per uno in cerca di qualcosa che potesse dirgli che quello era solo un’orribile sogno. Il suo sguardo si posò su Kurt. E improvvisamente ricordò l’incidente, il vento, il sangue… Kurt stava bene ma era spaventato. Poteva vedere la paura mista alla confusione nei suoi occhi ma riusciva a percepire qualcosa di più. Qualcosa che non era del suo Kurt, ma che non riusciva ad afferrare.

Gli altri erano semplicemente confusi e spaventati. Solo alcuni parevano sinceramente tristi. Sugar si stava asciugando una lacrima con un fazzolettino ricamato, prima che le rovinasse il trucco, e Joe teneva in mano un rosario di legno. Wade e Ryder erano visibilmente dispiaciuti, ma si tenevano in disparte dagli altri, come spettatori di un dolore che non gli apparteneva.

“Allora che ne pensate dell’idea di Joe?”

Si voltò verso Schuester che continuava a guardare con apprensione i suoi amici ma non lui. Nessuno fiatò. Nessuno sapeva di cosa stesse parlando. O almeno non tutti…

“Possiamo pensarci con calma se volete?” fece infatti Joe. “Quando anche Blaine arriverà…”

“IO SONO QUI!”

Blaine non poté trattenersi da urlare alzandosi in piedi con rabbia.

“Non voglio imporre il mio pensiero religioso a nessuno.” Continuò il ragazzo con i capeli rasta, ignaro della presenza dell’amico. “Non intendo niente di religioso. Una semplice veglia in cui cantiamo per loro, perché qualcuno vegli su di loro!”

A quelle parole Blaine si sentì morire. Loro. Chi erano loro? Cosa era successo a loro? Si ritrovò a cercare ancora Kurt anche se lo aveva visto poco prima per poi passare in rassegna tutti i suoi amici e l’unica che mancava tra loro era…

“Rachel” sentì soffiare Finn.

 

***

 

La campanella aveva dato la possibilità a tutti di defilarsi senza dover trovare qualcosa da dire a Schuester. Tutti lasciarono l’aula di canto frettolosi ma quasi si fossero messi d’accordo si ritrovarono poco dopo tutti all’auditorium.

“CHE CAZZO SUCCEDE?” urlò Puck entrando dentro l’auditorium e calciando una sedia lasciata sopra il palco.

“Tabula Rasa!” fece Santana  portandosi entrambe le mani tra i capelli. “Anche voi?” fece passando lo sguardo agli amici.

Tutti, uno dopo l'altro, annuirono.

“E DOVE CAZZO E’ BLAINE?” fece Puck incapace di calmarsi calciando di nuovo la sedia.

Blaine alzò il capo, seduto a terra raccogliendo le ginocchia con le braccia e stringendole a se. Il volto rigato dalle lacrime: “Sono sempre qui!” pigolò, stremato dall’aver urlato per ore come un ossesso per ottenere una loro risposta, ma nemmeno allora qualcuno gli rispose. Ritornò quindi a posare la fronte sulle ginocchia.

“Cosa è successo a Rachel?” fece Mercedes con voce tremante.

“L’incidente!” fece Mike. “Era sua la macchi…” non continuò sentendo improvvisamente il bisogno di piangere.

Si voltò verso Tina che teneva entrambe le mani sul volto schermandolo agli altri ma era chiaro che stesse piangendo. D’istinto fece un passo per abbracciarla, ma si bloccò non sapendo se Tina avrebbe apprezzato o meno il gesto. Non c’era più niente tra loro, no? No? Distolse lo sguardo per cercare quello di Finn. Lui sapeva sempre cosa fare in quelle situazioni. Forse non era una cima… forse era un po’… tardo a volte. Ma era sempre stato il loro leader. Quando, però, trovò il suo sguardo sembrava come… perduto.

“Oggi è il 23 gennaio!” fece  Quinn con il cellulare in mano.

Tutti si voltarono verso di lei increduli. Nessuno era andato a vedere che data fosse. Che ragione c’era dopotutto? Il cellulare cadde dalle mani tremanti della ragazza con un tonfo che risuonò in modo amplificato alle loro orecchie.

Erano passate circa cinque settimane. L’ultimo ricordo che avevano tutti risaliva al 20 dicembre ed ora era il 23 gennaio… Cinque settimane di cui loro non ricordavano niente. Poteva essere successo di tutto e loro non potevano saperlo.

La prima a riprendersi fu Santana che prese il suo cellulare e usò l’unico mezzo che potesse dare delle risposte. Internet. Entrò nella sua pagina facebook, trovandola intasata di messaggi di solidarietà per Rachel.

“E’ stato l’incidente” disse rompendo il silenzio e aprendo il link per una notizia del giornale locale. “Al volante c’era Brody ma lui sta bene. Rachel invece è entrata in coma e deve ancora svegliarsi!” disse leggendo il messaggio.

Nessuno disse nulla in attesa di altre notizie da Santana.

La ragazza continuò a scorrere la pagina, fino a quando un rumore di porte che si spalancavano di colpo li fece sussultare tutti. Un ragazzo con la divisa dei Warblers li individuò e, scuro in viso, li raggiunse senza dire una parola con le mani nelle tasche dei pantaloni.

“Non vi è passata la voglia di cospirare!” fece il ragazzo lasciando tutti di stucco.

Sapevano tutti chi era. Ma nessuno lo conosceva bene, eccetto Blaine e Kurt che avevano frequentato la Dalton con lui. Thad Harwood passò in rassegna i volti confusi dei ragazzi prima di puntare su Kurt.

“State decidendo se confessare?”

“Confessare?” chiese Sam confuso. “E cosa?”

Thad rise forte: “Questa parte l’abbiamo già passata, Evans. Un po’ ripetitivo, no?” e si rivolse di nuovo su di Kurt. “Devo ripetermi forse? O dici dov’è Sebastian?”

Kurt sgranò gli occhi. Al nome di Sebastian sentì una scossa percorrergli la colonna vertebrale. Era come se il suo corpo prendesse a vibrare. Come se ricordasse qualcosa che la sua mente rifiutava di portare alla luce.

“Non so di cosa tu stia parlando!” fece Hudson portandosi al fianco del fratellastro.

Thad guardò con rabbia Finn: “L’ultima persona che ha visto e lui!” fece Harwood puntando il dito contro Kurt. “so che lui non è la persona che vuole far credere d’essere. Nascondi qualcosa Kurt Hummel…” si avvicinò a Kurt in modo minaccioso. “CHE NE HAI FATTO DI SEBASTIAN?”

Finn si parò di fronte a Kurt e spinse a terra Thad, mentre anche gli altri si avvicinavano per dare supporto all’amico. Kurt indietreggio portandosi entrambe le mani davanti al viso.

“Kurt?” fece Mercedes avvicinandosi e posandogli una mano sulla spalla.

Lui la scostò bruscamente guardandola con terrore e poi corse via. Finn passò lo sguardo da Thad a terra alla porta che si richiudeva dopo il passaggio di Kurt e senza aggiungere altro corse dietro al fratellastro.

Thad si rialzò ricomponendosi per poi lanciare uno sguardo d’odio verso i ragazzi: “Non lo potete nascondere per sempre!” disse prima di andarsene lasciando ancor più confusione in loro.

Blaine assistette alla scena impotente tenendo i pugni chiusi e stringendoli tanto che le unghie si conficcarono dolorosamente sui palmi. Ma lui non ci fece caso, preso da quello che stava accadendo e a cui lui non poteva intervenire.

‘So che lui non è la persona che vuole far credere d’essere!’

Perché quella frase lo aveva colpito più di tutto, più del sapere che Rachel era in coma e Sebastian sparito?

In un flash ricordò lo sguardo l’odio e la furia di Kurt quando lo aveva raggiunto nel parcheggio. Sentì qualcosa incrinarsi nella sua mente. Come una prima crepa su un fitto muro di mattoni che nascondeva qualcosa. E improvvisamente si sentì la testa girare e la terra gli mancò da sotto i piedi.

Sentì delle urla e alzò lo sguardo verso gli amici. Tutti lo fissavano come se fosse un fantasma. Era caduto a terra come un sacco di patate e aveva una forte emicrania.

“Mi vedete?” chiese incerto.

“Certo che ti vediamo?” fece Artie. “Ma da dove spunti fuori?”

Blaine si ritrovò a ridere, forse per un principio di crisi isterica mentre si metteva seduto e si massaggiava le tempie con le mani.

“Vi sembrerà pazzesco ma io sono sempre stato con voi. Solo non mi vedevate!”

 

 

Disclaimer

 

 I personaggi citati in questo racconto non sono miei,  ma appartengono agli aventi diritto. Servendo di loro non ottengo nessuna forma di lucro.

 

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Capitolo 4
*** Cap. 3: Between life and death ***


Cap. 3: Between life and death

 

 

Andava troppo forte. Se ne rendeva conto da solo. Ma non riusciva a pensare razionalmente. Era scappato via dai suoi amici sopraffatto da tutto quel carico emotivo che lo stava stordendo. Si sentiva spaventato, agitato… e quella sete… aveva una sete assurda. Si rese conto di star piangendo quando le lacrime cominciarono ad offuscargli la vista.

Si costrinse allora ad accostare sul ciglio della strada per cercare di calmarsi. Scese dal suv posandosi poi alla portiera con la schiena e respirò a fondo asciugandosi le lacrime con rabbia.

Thad era suo amico… perché lo aveva guardato in quel modo? Quasi fosse un criminale. Si morse l’interno della guancia e chiuse gli occhi prendendo grossi respiri prima di aprire il bagagliaio e recuperare una bottiglia d’acqua. Ne teneva sempre una lì per ogni evenienza. Prese a berne grossi sorsi ma finì la bottiglia senza aver placato la sua sete.

Si lasciò cadere seduto a terra incurante di poter sporcare i suoi vestiti e piegò le ginocchia abbracciandole, stringendosi in un bozzolo protettivo. Doveva pensare. Doveva scoprire cosa stesse succedendo.

Ripercorse gli ultimi ricordi che aveva del 20 Dicembre. Come se non lo avesse fatto fino alla nausea da quando si era ritrovato con gli altri nell’aula di canto del McKinely. Era spaventoso sapere che fossero passate cinque settimane e non sapere cosa avesse fatto o detto. E Rachel era in coma… Rachel…

Sentì le lacrime bruciare nuovamente i suoi occhi e si sentì una persona orribile. Non aveva fatto che pensare a se stesso quando la sua migliore amica era in coma. Si alzò da terra spolverandosi i jeans dalla polvere della strada e salì in macchina mettendo in moto in direzione dell’ospedale.

 

***

 

Brody sembrava il fantasma di se stesso. Pallido e con profonde occhiaie scure, un grosso taglio non ancora del tutto cicatrizzato al sopracciglio e un livido ormai giallognolo sulla tempia destra. Aveva la mano destra fasciata, che teneva posata sul ginocchio. Il piede sinistro continuava a battere a terra con un tic nervoso.

Erano settimane che la sua routine era ormai la stessa. Era tornato a New York giusto il tempo per recuperare il minimo indispensabile, per poi ritornare a Lima. Aveva prenotato una camera in un motel. Quando era arrivato a Lima con Rachel, la ragazza lo aveva ospitato a casa sua e ora non se la sentiva di stare lì anche se i signori Berry, dopo la prima settimana, lo avevano pregato di stare da loro.

Se solo avesse prestato attenzione alla strada. Se avesse anche solo tentato di convincere Rachel a non uscire con quel tempo… Era colpa sua… Rachel era in quel letto per colpa sua.

Strinse forte gli occhi premendo pollice ed indice alla radice e si alzò di scatto dalla sedia sgranchendosi le gambe e le braccia intorpidite per essere rimasto troppo tempo seduto nella stessa posizione. Aveva bisogno di un caffè.

Appena lo pensò ne sentì immediatamente l’odore e alzando gli occhi verso il corridoio vi trovò un ragazzo con una divisa blu e rossa che reggeva in mano due bicchieri di caffè fumante.

“Harwood!” fece Brody con un cenno del capo verso il ragazzo.

“Weston!” ricambiò Thad passando a Brody uno dei due bicchieri per poi sedersi su una sedia.

Brody tentennò qualche minuto prima di risedersi sulla sedia accanto al Warbler. Rimasero in silenzio assaporando il loro caffè. Ognuno immerso nei propri pensieri.

“Sei andato da loro?” disse Brody rompendo per primo il silenzio tra loro.

“Sì” rispose secco Thad bevendo un lungo sorso del suo caffè.

“E…?” tentò di spronarlo a continuare, Brody.

“E’ tutto inutile!” fece Thad senza guardare il ragazzo seduto accanto a lui. “Gli fanno muro attorno.”

Brody sospirò alzandosi di nuovo, e andando a posare la schiena sul muro di fronte a Harwood: “Credo che sia finito il tempo di essere ragionevoli e parlare!”

Thad inarcò un sopracciglio: “E cosa intendi fare?”

Brody scosse la testa come per scacciare un pensiero e fece una smorfia guardando il fondo del bicchiere del suo caffè: “Ho bisogno di un po’ d’aria…” disse buttando il bicchiere in un cestito e incamminandosi verso l’uscita dell’ospedale.

Thad osservò la sua figura sparire oltre due porte antipanico prima di alzarsi e seguirlo, gettando anche il suo bicchiere nel pattume.

 

***

 

Kurt si nascose dentro un ripostiglio al passaggio di Brody e Thad. Aveva assistito incredulo alla loro discussione. Cosa era successo? Perché sembrava che ce l’avessero così palesemente con lui?

Cominciò a tremare per la tensione nervosa… o forse per altro. Si sentì come fremere mentre la sete lo tormentava sempre di più. La sua gola era arsa e le labbra quasi secche al tatto. Doveva bere. Doveva bere subito qualcosa… Una scossa lo percorse dai piedi fino alla testa e tutto divenne buio.

Quello che uscì dal ripostiglio tutti lo avrebbero potuto riconoscere come Kurt Hummel. Molti lo avevano visto lì nelle ultime settimane dopotutto, anche se lui non poteva saperlo. Ma quello che camminava e aveva l’aspetto di Kurt non era Kurt. Era qualcun altro.

L’altro sorrise alla sua immagine riflessa sulla superficie liscia di una finestra e passò avanti fino ad una stanza. Aprì la porta e inspirò a fondo. Molti avrebbero sentito solo l’odore di disinfettante e di chiuso tipico degli ospedali. Lui sentiva altro. Quella che inspirava era un’appetitosa fragranza che ancor più alimentava la sua sete.

Entrò nella stanza osservando la figura distesa sul letto. Addormentata e con l’aria sofferente, attaccata a diversi macchinari, stava Rachel Berry. La macchina che rilevava i battiti del suo cuore emetteva un lento bip continuo e monotono e il suo petto si sollevava appena percettibilmente al ritmo del suo respiro.

L’altro si avvicinò chinandosi sui talloni e portando il volto alla stessa altezza di quello della ragazza. Inclinò il capo e respirò a pieni polmoni. Sollevò lenta una mano e le posò un dito sul collo percorrendo lento la giugulare che pulsava lenta.

Lo sentì appena, ma non ebbe il tempo di reagire prima che una freccia colpisse di striscio la sua mano andandosi a conficcare sulla parete di fronte a sé. Si alzò di scatto voltandosi verso la finestra. Non vi era che un piccolo spiraglio a far entrare l’aria dall’esterno. Chiunque avesse scoccato quella freccia doveva essere maledettamente bravo. Non capiva da dove fosse arrivata. Fece per avvicinarsi alla finestra cautamente ma una seconda freccia piombò nella stanca. L’altro di scostò appena in tempo e quella si andò a conficcare nell’imbottitura di una sedia vicino al letto di Rachel.

Non rimase a riflettere un secondo di più e uscì di corsa dalla stanza. Doveva scoprire chi era il misterioso arciere. Ma prima doveva bere.

 

***

 

Non erano sicuri che li avrebbero fatti entrare in massa nella camera di ospedale di Rachel ma almeno dovevano tentare. Anche Jake e Marley insistettero per seguirli: anche se non conoscevano bene la cantante quella situazione li sconvolgeva troppo e dovevano sapere.

Contrariamente ad ogni loro aspettativa, le infermiere di turno sembrarono riconoscerli e una di loro si mostrò molto amichevole e li scortò di persona nella stanza della ragazza. Fece un piccolo controllo alle flebo e ai macchinari per poi lasciarli soli con lei, avvertendoli che come sempre sarebbero potuti restare solo pochi minuti.

Nessuno fiatò alla vista della loro amica ridotta in quello stato. Rachel era la rompipalle megalomane che parlava a macchinetta. Puck l’aveva spesso paragonata ad una fastidiosa zanzara che d'estate ti ronza insistente alle orecchie e ti punge a tradimento, ma che non riesci mai ad afferrare.

Era difficile associare Rachel con quella ragazza stesa inerme in un letto d’ospedale.

Finn sentì il respiro mancargli come se qualcuno se lo fosse preso tutto di colpo. Si avvicinò lentamente al letto lasciandosi cadere sulla sedia accanto a lei e posò la sua mano su quella della ragazza. Era calda. C’era ancora vita in lei, ma quando gliela strinse lei non strinse la sua.

“Finn?” si voltò verso Mike.

Il ragazzo osservava la parete davanti a se con sguardo stranito. Finn gli si avvicinò curioso, mentre anche gli altri si avvicinavano per vedere cosa avesse attirato l’attenzione di  Mike in quel momento.

Il ragazzo stava sfiorando una fenditura nell’intonaco della parete e quando scostò le dita erano sporche di polvere bianca: “E recente.”

“E’ allora?” grugnì Puck incurante, alzando le spalle e riportando lo sguardo su Rachel.

Quinn gli si avvicinò impercettibilmente accostando il suo corpo al fianco del ragazzo, trasmettendogli calore. Conosceva Puck meglio di chiunque altro per capire come si sentisse veramente dietro la facciata del ragazzo forte e rude. Puck passò un braccio sul suo fianco attirando di più la bionda a sé.

“C’è ne un’altra qui!” fece Jake indicando una fessura identica a quella del muro sulla sedia lasciata poco prima da Finn.

Vi posò due dita per tastare lo strappo nel tessuto dell’imbottitura e si sentì come se fosse folgorato.

 

Cadde in ginocchio scosso da forti tremiti e tutto si fece offuscato, e i rumori lontani e ovattati. Dove aveva posato le dita c’era una freccia. La osservò incredulo quando una mano l’afferrò tirandola via. Sollevò il volto verso una figura vestita completamente di nero e il cappuccio di una felpa che gli copriva il viso.

Il tizio infilò la freccia in una faretra e ne staccò un’altra dal muro riponendola al sicuro. Nell’altra mano reggeva una balestra. Lo vide soffermarsi alcuni minuti ad osservare Rachel. Poi si voltò di scatto verso la porta e corse verso la finestra che aprì e si buttò di sotto pochi minuti prima che entrassero un ragazzo moro e il tizio che li aveva accusati di coprire Kurt.

Un’altra scossa lo fece tremare violentemente facendolo finire carponi a terra.

 

Tutto si rifece più distinto, di colpo. Si ritrovò circondato dai suoi amici. Marley gli teneva una mano, in apprensione, e Puck sembrava aver provato a scuoterlo, e ora era chino su di lui e gli afferrava le spalle con entrambe le mani.

“Che ti è preso? Stai bene?” quasi gli urlò contro.

“Io… non lo so…” si mise seduto stropicciandogli gli occhi e sbattendo le palpebre un paio di volte. “Credo… di aver visto qualcosa… una visione.”

“Visione?” fece Puck incredulo. “Devi aver battuto la testa!”

Jake gli rivolse un’occhiataccia: “Senti non lo so… ma dopo che Blaine e… C’era un tizio.” Fece indicando la sedia. “Vestito di nero… proprio qui! Aveva una balestra. Ha estratto una freccia dalla sedia e una dal muro.” Indicò la fessura sulla sedia e quella sul muro. “Poi è saltato giù dalla finestra e sono entrati un tizio moro e quello che ha delirato di congiure al McKinley!!!”

“Thad?” fece Blaine inarcando un sopracciglio. “Che ci faceva qui?”

“Che ci faceva un tizio vestito di nero con una balestra!” fece Santana.

“Ma credete alla visione?” chiese Puck incredulo.

“Blaine era invisibile!” fece Artie, ovvio.

Santana sospirò alzando gli occhi al cielo: “Qualsiasi cosa stia succedendo non mi piace! Dobbiamo tenere d’occhio quell’Harwood e soprattutto scoprire cosa cazzo ci è successo in queste cinque settimane!”

 

***

 

Era ormai notte fonda. I fari di una nuova discoteca fuori città lampeggiavano dalle fessure delle persiane di una squallida stanza di un Motel disturbando il sonno di Kurt. Fece una smorfia portandosi una mano al viso, troppo intontito dal sonno per poter ragionare. Si chiedeva solo cosa fosse quella luce.

Sbuffò cercando una posizione più confortevole, che gli schermasse la vista da quella fastidiosa luce lampeggiante nel letto dove dormiva, rendendosi conto solo vagamente che quello non sembrava il suo letto. Era scomodo e le lenzuola odoravano di polvere e naftalina. Si alzò a sedere infastidito, osservando la stanza spoglia e assolutamente sconosciuta.

Fu improvvisamente più sveglio e vigile e assolutamente spaventato. Cercò a tentoni la luce sul comodino e quando l’accese lo sguardo gli cadde sulla mano facendogli sgranare gli occhi. Guardò anche l’altra, orripilato. Erano entrambe coperte di sangue ormai rappreso.

Si alzò di colpo correndo verso quello credeva fosse il bagno, deciso a togliere quel sangue dalla sua pelle candida. Ma quando entrò nel bagno sentì le gambe cedergli e cadde seduto sul pavimento, con la mano ancora stretta alla maniglia. Non riuscì nemmeno ad urlare. Gli mancava il fiato per farlo. Cercò di distogliere lo sguardo provando a riprendere fiato, quando gli occhi gli caddero sullo specchio e per poco non svenne a quella vista. La sua bocca… la sua bocca era completamente sporca di sangue, come le sue mani… come il cadavere di un ragazzo abbandonato nella vasca.

Si portò una mano alla bocca prima che un urlo finalmente uscisse. Un conato gli risalì e lui raggiunse appena in tempo la tazza per vomitare anche l’anima, quasi soffocando in preda ad un pianto isterico. Si pulì la bocca infilando la testa sotto il getto del lavandino, pulendosi alla buona le mani insanguinate e piangendo sempre più forte. Corse nella camera senza nemmeno chiudere il getto d’acqua, desideroso solo di sottrarsi a quella vista. Si portò le mani ai capelli sconvolgendoli, e cadde carponi a terra per poi rannicchiarsi in posizione fetale sulla moquette sporca della stanza. Allora vide il suo cellulare abbandonato a terra. Lo raggiunse e lo prese tra le mani come se fosse la sua unica salvezza, per poi cercare tra le chiamate e premere l’invio su di un nome.

Quando dall’altro capo una voce assonnata rispose disse solo: “Sono nei guai!”

 

***

 

Dall’altra parte di Lima, in un vecchio mattatoio, Brody Weston camminava avanti e indietro accanto ad un tavolaccio di ferro dove stava una figura apparentemente addormentata di un ragazzo. Si fermò, osservandone il volto per poi controllare l’ora e sbuffare esasperato. Si addossò alla parete cadendo seduto con le ginocchia raccolte, martellando a terra con un piede. Controllò di nuovo l’ora prima di alzarsi di scatto e avvicinarsi di nuovo alla figura, posando i due palmi all'estremità del tavolo vicino alla testa del ragazzo.

Lentamente avvicinò il volto al suo per poter sentire se respirava. Quanto gli fu a pochi centimetro gli occhi chiari del ragazzo addormentato si aprirono di scatto e le sue labbra premettero su quelle di Brody. Il moro non si scostò subito, preso alla sprovvista, ma poi si sollevò e si portò una mano alle labbra come per pulirsi.

“Credevo fosse il principe a baciare Biancaneve e non viceversa!” commentò, per nulla infastidito da quel bacio.

Ormai aveva fatto l’abitudine ai modi di Sebastian Smythe, abbastanza da non prendersela troppo per quegli assalti improvvisi.

Sebastian lo guardò con un sorrisetto malizioso, leccandosi le labbra in modo lascivo. Brody non fece caso nemmeno a quello, raggiungendo uno zaino abbandonato a terra e prendendo dei vestiti puliti.

“Chi ti dice che io sia Biancaneve!” fece Sebastian, scendendo dal tavolo quando Brody gli porse i vestiti.

Le gambe non lo ressero e Brody lo afferrò appena in tempo, sospirando: “Ormai dovresti saperlo che non riesci a reggerti in piedi subito!” disse, sollevandolo per farlo sedere sul tavolo, reggendolo però per le spalle.

“Forse è una scusa per farmi afferrare da te!” sorrise Sebastian.

Brody non rispose aiutandolo a vestirsi. Poi gli mise un sandwich e una bottiglia d’acqua in mano e ritornò a frugare nel suo zaino. Ritornò con un orologio che agganciò al polso sinistro del ragazzo.

“Credi di farcela questa volta?” gli chiese sollevando gli occhi sui suoi.

“Devo!” fece Sebastian prendendo un sorso d’acqua. “Non sono sicuro per quanto durerà questa cosa…”

“E se finisse?” fece Brody con uno strano luccichio negli occhi. “E se non tornassi più indietro?”

Sebastian gli sorrise: “Ti mancherei?”

Brody non rispose.

“Ti sembrerà assurdo,” disse Sebastian scendendo lentamente dal tavolo e tenendosi aggrappato saldamente alla spalla di Brody, “ma lo preferire di gran lunga a questo!”

 

 

 

Disclaimer

 

 I personaggi citati in questo racconto non sono miei,  ma appartengono agli aventi diritto. Servendo di loro non ottengo nessuna forma di lucro.

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Capitolo 5
*** Cap. 4: Dreams and Nightmares ***


Cap. 4: Dreams and Nightmares

 

 

 

Si trovava in un bosco coperto di neve. L’atmosfera era cupa e aveva toni grigi. Anche la neve sembrava avere quel colore. Come i cumuli di nevischio che trovi sui cigli delle strade, sporcato dal passaggio delle auto. Indossava abiti militare che gli ricordavano vagamente qualche film sulla seconda guerra mondiale, e anche il moschetto che imbracciava sembrava risalire a quel periodo. Avanzò di qualche passo non sapendo di preciso dove andare, pronto a scattare ad ogni segno di pericolo.

La cosa strana era che Finn si rendeva perfettamente conto di stare sognando, ma semplicemente non ci faceva caso. Dopotutto i sogni non dovevano avere un senso, no?

Un rumore basso, come il brontolio di un grosso pentolone di stufato, si levò dal sottosuolo prima si prorompere in un poderoso colpo di cannone. Cannone… sul serio?

Si buttò a pancia in giù sulla neve per evitare schegge di legno provenienti da dietro le sue spalle. E solo quando sembrò tutto di nuovo calmo provò ad alzarsi per scappare alla ricerca di un riparo. Incespicò sui suoi stessi piedi prima di correre a perdifiato verso una macchia boscosa, sicuro che lì sarebbe stato al sicuro.

Si faceva sempre più scuro sopra la sua testa e le nuvole cariche di neve incombevano minacciose. Si voltò e alle sue spalle era tutto in fiamme. Velocizzò l’andatura, ma mise un piede in fallo e rotolò a terra lungo uno strapiombo che solo qualche minuto prima non c’era. Rotolò giù per diverso tempo, trovando solo appigli che non reggevano il suo peso. Quando si ritrovò a terra ai piedi del pendio, due mani si posarono sulle sue spalle scrollandolo. Si sedette sulla neve alzando lo sguardo verso Rachel. La osservò stupito. Era da un po’ che non la sognava ma dopo tutto quello che era accaduto quel giorno, forse era normale che fosse nella sua mente e nei suoi sogni.

Ma la Rachel che aveva davanti aveva qualcosa di strano. Si guardava intorno spaventata e sembrava stanca e ferita. Indossava il suo cappotto rosso che sembrava aver visto giorni migliori, sporco e con una manica quasi del tutto scucita, e aveva graffi e lividi sul volto.

“Finn, non ho tempo…” disse Rachel con voce bassa, continuando a guardarsi intorno furtiva. “Rimani concentrato. Potrebbe arrivare in qualsiasi istante!”

“Co… Rachel? Che stai dicendo? Questo è solo un sogno!” fece Finn.

Rachel smise di guardarsi intorno per rivolgergli uno sguardo triste: “Per te lo è Finn… Per me è solo il mio incubo!”

Si sentì un movimento alle loro spalle e Rachel sussultò alzandosi in piedi. Teneva un bastone con la punta affilata stretto in mano e scrutava attenta un puntò imprecisato della boscaglia. Ebbe un fremito e si voltò verso Finn con il terrore negli occhi.

“E’ qui Finn… E’ qui…” fece, frenetica, avvicinandosi e afferrandogli un polso con la mano libera.

Finn guardò quella mano avvertendola come una cosa reale, tangibile. Non era un sogno quindi? Ritornò a guardare Rachel, confuso. “Svegliati ora.... E cerca di sognarmi ancora, così posso tornare!”

Finn aprì bocca per risponderle ma le parole gli morirono alla vista della figura apparsa alle spalle di Rachel. In una frazione di secondo il sogno si confuse con un ricordo. Qualcosa che aveva rimosso o forse era stato rimosso, fu il pensiero che balenò fugace. Vide Rachel provare a dire qualcos’altro ma al posto delle parole arrivò un urlo strozzato. Cercò di tenere stretta la sua mano ma la ragazza gli fu strappata via e scomparve in un buco nero.

 

“RACHEL!” urlò svegliandosi di soprassalto.

Si sentiva il cuore in gola e la tachicardia a mille. Era madido di sudore e provava ancora un senso di paura e agitazione che non voleva andarsene. Sentiva un leggero prurito al polso destro. Quello che Rachel aveva stretto nel suo sogno. Poteva ancora avvertirla. Sospirò pesantemente, cercando a tentoni l’interruttore della luce. Si sedette al centro del letto portandosi le mani al viso per scrollarsi di dosso quell’angoscia. Quando abbassò le braccia rimase alcuni minuti a fissarsi inebetito il polso. Là dove avvertiva ancora quella sensazione di fastidioso prurito, aveva tre graffi. In un lampo gli tornarono in mente fino al minimo dettaglio l’espressione di Rachel, le sue condizioni, ciò che aveva detto.

“Per te lo è Finn… Per me è solo il mio incubo!”

Rabbrividì, nonostante non facesse freddo con il riscaldamento acceso, e balzò giù dal letto iniziando a camminare avanti e indietro nella stanza. Non era stato solo un sogno. Non per lei. Lei era intrappolata. Qualcuno le impediva di tornare. Si portò le mani tra i capelli sconvolgendoli. C’era qualcosa che gli sfuggiva di nuovo… Di nuovo? Perché di nuovo? Qualcosa che aveva rimosso e poi ricordato e poi scordato di nuovo… qualcosa di oscuro… un’ombra. Il suo sguardo andò a quel bracciale vermiglio impresso sulla carne e sgranò gli occhi ricordando quel pezzo mancante.

“O Santissim…” non finì di imprecare, portandosi una mano alla bocca e cercando il suo cellulare, facendo partire una chiamata. “BLAINE!” si ritrovò ad urlare quando la voce assonnata dell’ex usignolo rispose. “Blaine?” ripeté abbassando la voce. “Credo… credo di aver ricordato qualcosa?”

 

***

 

Non c’erano storie. Quel giorno il suo cervello si rifiutava di spegnersi. Artie Abrams scostò le coperte con irritazione, sistemò il cuscino contro la testiera del letto e si issò con la forza delle braccia fino a portarsi seduto con la schiena adagiata sui cuscini. Sbuffò guardando la stnza buia con stizza.

Non aveva mai veramente sofferto di insonnia. Ma ogni tanto gli capitava di ritrovarsi con così tante energie in corpo da non poter chiudere occhio. Prese il portatile posato sul comodino e in attesa che il sistema operativo si svegliasse, oberato dal peso di tonellate di foto, video e film, si ritrovò a pensare a quella giornata assurda. Certo non faceva che pensarci da ore ed ore, e forse era uno dei motivi che lo costringevano ad una notte in bianco. Quando era tornato a casa dall’ospedale si era ritrovato impreparato a certe domande dei genitori. Aveva risposto con monosillabi o cambiando discorso prima di rifugiarsi in camera sua con la scusa dei compiti da fare.

In realtà era stato in chat con Blaine, Tina e Sam parlandone e riparlandone per ore, con l’unico risultato di rendere la loro mente sempre più confusa. Il Desktop si aprì mostrando la sua foto preferita scattata quando, tornati a scuola dopo aver vinto alle Nazionali, avevano trovato l'intera scuola a festeggiarli. Nella foto erano tutti quanti stretti in un unico abbraccio. Come la schermata di un tetris variopinto. Erano fradici di champagne e particolarmente buffi. Tra tutte quelle più serie che poi avevano scattato la preferiva di gran lunga.

Solo loro, uniti e senza pensieri.

Aprì la pagina di facebook trovandola intasata di notifiche. Le scorse velocemente, ignorando tutti i gruppi di solidarietà creati per Rachel e Sebastian. Non gli serviva vedere quanta gente c’era a disperarsi per la sorte dei due, anche se la maggior parte di loro manco sapevano chi fossero Rachel o Sebastian.

Stava pensando di giocare ad Angry Birds quando fu chiamato in chat.

 

Artie Abrams è stato aggiunto alla conversazione da Sam Evans

 

Artie Abrams

Che ci fate tutti svegli?

Scrisse per non dover leggere la sfilza di messaggi scritti dagli altri.

 

Sam Evans

Anche tu sei sveglio! :P

 

Blaine Warbler Anderson

Finn mi ha svegliato!

 

Sam Evans

Ok, Blaine, lo abbiamo capito!

 

Blaine Warbler Anderson

*prepara coltelli affilati da lanciare a Finn appena lo vede*

 

Jake Puckerman

Ora che sei invisibile non ti vede neanche! XD

 

Blaine Warbler Anderson

Jake, sei un genio!

Ora basta capire come faccio a diventare invisibile!

 

Finn Hudson

Jake non dare queste idee a Blaine. Da assonnato è vendicativo e pericoloso.

 

Blaine Warbler Anderson

Forse se non mi svegliavi!

 

Artie Abrams

Ok, ma perché hai svegliato Blaine?

 

Sam Evans

The Boogyman

 

Artie Abrams

O.o

Hai paura dell’uomo nero?

 

Finn Hudson

L’ho visto credo!

 

Artie Abrams

Non capisco!

 

Jake Puckerman

Non sei l’unico!

 

Blaine Warbler Anderson

Io non ricordo niente!

 

Finn Hudson

Lo so… anche io avevo rimosso. Poi questo sogno che poi non era un sogno vero e proprio… e allora me lo sono ricordato.

 

Artie Abrams

Potrei avere un riassunto?

 

Sam Evans

Finn ha fatto un sogno in cui c’era Rachel che voleva avvertirlo di qualcosa ma è stata presa da un ‘Ombra’. Finn si e svegliato e aveva dei graffi sul polso che Rachel gli ha stretto. Allora si è ricordato che ha già visto questa ‘Ombra’… Ed è stata l’ultima cosa che ha visto prima di svegliarsi al McKinley con tutti noi.

Quindi oltre a non ricordare 5 settimane di vita.

Oltre a Rachel in coma.

Oltre a Sebastian scomparso.

Oltre Thad che ci accusa di difendere Kurt, da non si sa cosa, e trama contro di noi con Brody.

Oltre al tizio in nero armato di frecce.

Abbiamo l’uomo nero.

 

Blaine Warbler Anderson

E dovrei averlo visto anche io perché eravamo insieme quando è apparso ma io non ricordo nulla del genere.

 

Jake Puckerman

In ogni caso tutti abbiamo le idee confuse mi pare.

 

Finn Hudson

Resta il fatto che questa ‘Ombra’ o ‘Uomo Nero’ può essere il responsabile di tutto questo. E impedisce a Rachel di tornare.

 

Blaine Warbler Anderson

Se è come dici tu potrebbe aver fatto sparire anche Sebastian!

 

Artie Abrams

Non me ne stupirei dopo Blaine e Jake!

 

Jake Puckerman

Blaine, siamo dei fenomeni da baraccone ora!

 

Blaine Warbler Anderson

Non riesco a ragionare ora!

Sonno!

Vado a dormire che sono quasi le tre.

 

Sam Evans

Propongo di trovarci tutti nell’aula di canto domani e discuterne ancora.

 

Blaine Warbler Anderson

Mozione Approvata!

 

Jake Puckerman

Quoto Blam!

 

Finn Hudson

Allora notte, ragazzi!

Scusa, B!

 

Blaine Warbler Anderson

Domani a mente lucida potrei anche perdonarti…

 

Sam Evans

Che magnanimo, Mr Anderson!

 

Blaine Warbler Anderson

Fanculo, Evans, ho sonno!

 

Jake Puckerman

Notte… Se riesco a dormire ora!

Grazie Finn!

 

Jake e Blaine si scollegarono seguiti poco dopo da Finn. Artie vide il pallino verde ancora acceso vicino al nome di Sam. Tentennò alcuni minuti prima di invitarlo in una chat separata dagli altri.

 

Artie Abrams

Anche tu ti senti strano?

 

Sam Evans

Strano come?

 

Artie Abrams

Non come uno che ha un vuoto di memoria di cinque settimane.

Come… strano..

 

Passarono lunghi minuti, tanto che Artie pensò che Sam si fosse addormentato e stava per spegnere il computer, quando arrivò una risposta da Sam.

 

Sam Evans

Se anche noi siamo cambiati…

 

Artie Abrams

Restiamo a vedere.

 

Sam Evans

Notte Artie!

 

Artie Abrams

Notte!

 

Artie spense il computer accantonandolo sul comodino dov'era prima e si mise seduto con le braccia abbandonate sul grembo guardandosi intorno, ancora indeciso se tentare di dormire o raccogliere uno dei libri che aveva lasciato a prendere polvere sulla scrivania e cominciare a leggere. Quella chattata serale con gli amici era solo servita a confondergli ancor di più le idee.

Sentiva dentro di sé che qualsiasi cosa stesse succedendo erano tutti in pericolo. Sbuffò sonoramente… Non sarebbe riuscito a dormire, tanto valeva dedicarsi alla lettura.

Posò entrambi i piedi a terra e nel farlo si rese conto che c’era stato qualcosa di insolito in quel suo gesto. Si paralizzò osservandosi le gambe. Doveva esserselo immaginato di sicuro… Ma era certo di non aver accompagnato le gambe a terra con le mani. Aveva posato i piedi a terra da solo… Senza aiutarsi?

Guardò ancora incerto le sue gambe, poi prese il coraggio e tentò di sollevare la gamba destra. Quasi non credette ai suoi occhi quando sentì i muscoli contrarsi e vide la gamba sollevarsi e il ginocchio piegarsi. Senza rendersene nemmeno conto scattò in piedi e contemporaneamente cadde in avanti, non tanto perché non si reggesse in piedi. Piuttosto, per la sorpresa di vedersi in piedi.

Si voltò a pancia in su sollevandosi sui gomiti per poter guardare le gambe, come se non fossero le sue. Sentiva anche da fermo i muscoli dei polpacci contrarsi, come tutto il suo corpo, per effetto della tensione del momento. Lentamente tentò di sollevare nuovamente la gamba piegando il ginocchio… sentire muscoli che non aveva più usato muoversi tutti insieme, seguendo un movimento che non era abituato ormai più a compiere, lo sconvolse più del ritrovarsi a gambe incrociate a terra senza nemmeno pensarci.

Si guardò come se non si conoscesse per poi passare lo sguardo alla sedia a rotelle che ancora l’aspettava di fianco al letto. Avrebbe aspettato a lungo, pensò all’istante, e si ritrovò a ridere. Si portò una mano alla bocca per schermare la risata. Non voleva svegliare i suoi. Gli sarebbe preso un colpo di sicuro a vederlo lì a terra a gambe incrociate a ridere come un pazzo.

Si alzò in piedi, rimanendo poi bloccato sul posto colto da un capogiro. Non era più abituato a quell’altezza. Rise e percorse il perimetro della sua stanza godendosi la sensazione dei suoi piedi sul freddo parquet di legno chiaro e dei muscoli che lavoravano… Era la sensazione più bella mai provata.

Si fermò davanti alla specchiera dell’armadio osservandosi, tastandosi le gambe come per accertarsi che fossero veramente sue. Non si sentiva così euforico da quando avevano vinto le Nazionali con il Glee Club. Non si sentiva così euforico da… mai…

Raggiunse il letto e afferrò il portatile aprendolo una seconda volta. Rientrò nella chat aperta poco prima con Sam e, anche se l’amico non era più collegato, scrisse velocemente un messaggio.

 

Artie Abrams

Siamo cambiati!

 

***

 

Svegliarsi nel cuore della notte non era tanto strano quanto il trovarsi stesa su un prato verde vestita con un leggero abito di seta rossa.

Ma Santana era certa di non sognare.

La sensazione dell’erba sotto di sé, l’odore che aveva la terra scaldata dal sole, e il calore… Erano più che reali. Anche se non tanto reali potevano essere unicorni e fatine. Improvvisamente sentì qualcuno cantare. Non qualcuno. Brittany. Avrebbe riconosciuto la sua voce tra mille. Si alzò in piedi camminando scalza sull’erba morbida e seguì la voce fino a trovarla. Era seduta a terra su di una coperta pachwork multicolore. Vestita con una abito lilla che somigliava al suo, i capelli intrecciati con delle margherite. Il viso rivolto al sole e gli occhi chiusi, intenta a catturare il calore dei raggi del sole.

Non credeva di aver mai visto nulla di più bello al mondo e per qualche istante dimenticò l’assurdità di quella situazione limitandosi ad ammirarla in silenzio. Si riscosse subito, raggiungendo la biondina.

“Brittany!” la chiamò.

Brittany aprì gli occhi voltandosi verso di lei e sorridendole: “Finalmente sei arrivata!” esclamò saltando in piedi tutta allegra. “Di solito quando ti sogno arrivi subito.”

Santana la guardò confusa: “Brittany… Questo non è un sogno.”

“Sì, lo è… il mio sogno più bello!”

 “Brittany, siamo entrambe sveglie. Non è un sogno!” le urlò contro l’ispanica.

Non voleva aggredirla ma non le piaceva quella situazione. Per quanto innocua fosse quell’atmosfera da fiaba non si sentiva al sicuro. Ne aveva avuto abbastanza di vuoti di memoria, incertezze e… poteri. Poteri.

Blaine era diventato invisibile. O almeno era quello che aveva raccontato. Non ci avrebbe creduto se non fosse comparso dal nulla davanti ai suoi occhi. E Jake. Aveva toccato quel taglio sulla stoffa della sedia ed aveva attaccato ad avere delle convulsioni e poi… sosteneva di aver avuto una visione.

No… era pazzesco solo pensarci! Eppure quelle 5 settimane di vuoto…

Brittany la guardò imbronciata: “Di solito non fai così nei miei sogni… di solito ci coccoliamo abbracciate sulla coperta!”

Santana riportò l’attenzione sulla sua ex-ragazza e le sorrise, incapace di rimanere seria davanti a quell’adorabile broncio. Ancora non credeva di aver fatto soffrire la sua Brittany tradendola in quel modo. Come aveva potuto dimenticare in così poco tempo quanto potesse renderla così felice solo con il minimo sguardo?

Si avvicinò a lei prendendole il viso tra le mani guardandola dritta negli occhi: “Ascoltami Brittany… Non è un sogno. Ma se tu credi che lo sia… Tutto quello che devi fare ora è svegliarti!”

Credette di vedere gli occhi di Brittany illuminarsi per una frazione di secondo. Poi però lì vide chiaramente appannarsi. Divennero vacui e spenti e il suo sorriso, che si era aperto alla vicinanza di Santana, sparì.

“Tutto quello che vuoi!” disse poi Brittany con voce lenta e monocorde e in un istante tutto lo scenario fiabesco sparì lasciando posto alla camera di Brittany, immersa nell’oscurità notturna.

Santana si guardò intorno sconcertata senza lasciare le mani dal viso di Brittany. Non poteva credere ai suoi occhi. Brittany aveva creato quello scenario per poi farlo sparire quando glielo aveva chiesto.

Lasciò il viso di Brittany come se si fosse scottata, indietreggiando fino alla luce per accenderla. Brittany sbatté le palpebre un paio di volte prima di voltarsi verso Santana, guardandola in un misto tra confusione e paura.

“Avevi ragione… non era un sogno…” tentennò Brittany.

Santana rimase dov’era, incerta, prima di puntare gli occhi in quelli chiari della bionda: “Brittany… pensa a Quinn… pensa che vorresti fosse qui! Pensa che sia qui!”

Brittany la guardò confusa ma non disse nulla si limitò a rivolgersi verso la specchiera dove stavano diverse foto del Glee Club in particolare di una in cui c’erano loro tre. Il Diabolico Trio poco dopo aver vinto le nazionali. Fece come aveva detto Santana. Perché Santana sapeva sempre cosa fare.

Pensò a Quinn, a Quinn con lei e Santana, e quasi si spaventò quando sentì la porta spalancarsi. Quinn fissò le due amiche con gli occhi sbarrati la mano ancora sulla maniglia abbassata.

“Questa non è camera mia!” 

 

 

 

 

Disclaimer

 

 I personaggi citati in questo racconto non sono miei,  ma appartengono agli aventi diritto. Servendo di loro non ottengo nessuna forma di lucro.

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