Can you keep a secret?

di TrustInBieber
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ciao, Los Angeles! ***
Capitolo 2: *** Rock Me ***
Capitolo 3: *** Che cos'è un bacio? ***
Capitolo 4: *** Mi piacerebbe che tu fossi una porta ***
Capitolo 5: *** Amerìga, Italìa e Australìa ***
Capitolo 6: *** Gli Eschimesi sono persone passionali ***
Capitolo 7: *** Se Justin fosse un bagnino ***
Capitolo 8: *** Ci sono sei Justin Bieber. Posso prenderne uno? ***
Capitolo 9: *** Sintomi del doposesso ***
Capitolo 10: *** Fa una torta alle mele che è una meraviglia! ***
Capitolo 11: *** Non sei ridotta poi così male ***
Capitolo 12: *** Cannes ***
Capitolo 13: *** Nicht hier küssen! ***
Capitolo 14: *** Stanza antipanico ***
Capitolo 15: *** Letter to Justin ***
Capitolo 16: *** We were so perfect ***
Capitolo 17: *** 8 ***
Capitolo 18: *** Summer love ***
Capitolo 19: *** Un mese dopo ***



Capitolo 1
*** Ciao, Los Angeles! ***


Ah, sia benedetto lo Starbucks che hanno appena aperto in aeroporto.
Dopo un a notte in volo con un tizio che assomigliava a Babbo Natale e che mi dormiva sul braccio, un caffè è quello che ci vuole.
Ci mancava solo che mi chiedesse cosa voglio per Natale.
Lì, l'avrei tenuto sveglio tutta la notte, partendo da una Barbie con castello e macchina, delle Polly con una marea di vestitini, magari anche delle Bratz, tanto per. E poi forse un iPad. E magari anche il nuovo profumo di Taylor Swift.
E forse anche un Brad Pitt di 30 anni fa.
Aggiungiamoci anche Francisco Lachowski e un'innata dote di fare pupazzi di neve che abbia almeno la carota in faccia invece che averla nelle parti basse.
Prendo velocemente le due valigie e il borsone dal nastrone e corro verso lo Starbucks, tirando già fuori cinque dollari.
Mi metto in vila e controllo l'ora. Le 9.37 di mattina. Morirò, morirò. 
Dopo una marea di clienti insoddisfatti, vecchiette che dovevano assolutamente appoggiarsi a quelli davanti a loro perchè erano stanche e qualche spinta qui e lì, finalmente raggiungo la cassa.
"Salve, vorrei un caffè con marshmallows." Do i soldi alla donna dietro il bancone e tamburello piano con le dita. Controllo l'ora di nuovo e appoggio il telefono sul bancone.
Ancora un'ora di taxi e sono a casa. Sono a casa, casa, casa.
Un tipo col cappuccio mi viene accanto. "Ciao, scusa, posso passare davanti? Il mio aereo parte tra cinque minuti e ho urgente bisogno di caffeina."
E che palle! Annuisco leggermente. "Certo." Mi sposto indietro e lo lascio passare.
"Grazie." Sorride e ordina un caffè con doppia razione di zucchero e panna. Wow.
Mi lecco le labbra mentre mi guardo intorno.
Una donna corre dietro alla figlia, tenendo palloncini viola scuro nella borsa. Interessante.
Mi volto di nuovo e osservo attentamente la maglia del tipo davanti a me.
Mhm, sembra Gucci! Raffinato, il tipo. 
Prende il suo caffè e paga. "Grazie." Mi sorride ancora, prende il caffè e il telefono e corre via.
"Ecco a lei." La donna mi sorride e mi porge il caffè che avevo ordinato. Esco dalla linea ed esco dall'aeroporto, fermando - che botta di culo! - un taxi che ha appena scaricato un intero asilo di bambini.
Entro in macchina velocemente. "Salve, dovrei andare a Montrose Avenue, per favore." Dico all'autista, dandogli il foglietto con l'indirizzo.
"Lei essere qui per lavoro?" Mi chiede, partendo piano piano ed evitando di mettere sotta una donna con il burqa.
"No, sono venuta a trovare mia sorella." Mando giù il finestrino e inalo l'aria. Oh, che buon profumo di... Di... Una puzza di sigaretta mi entra nelle narici.
Che palle. Benvenuti a Los Angeles!

Entro in casa tirandomi dietro le mie bellissime due valigie e un borsone.
"Si può sapere cos'è tutto questo baccano?!" Mia sorella esce dal salotto e spalanca gli occhi. "Eve!" Mi corre incontro e mi abbraccia, facendo cadere le valigie giù per le scale.
Che cazzo, sono appena riuscita a tirarle su!
Sbuffo e mi allontano. "Ciao, Vanessa." Raccolgo il borsone da terra. "Tu prendi le valigie."
"Sono contenta di sapere che sei ancora la solita antipatica sorellina che avevo lasciato." Mi da un leggero schiaffo sulla guancia e prende le valigie, tirandole in casa.
"Allora, dov'è la mia stanza? Il bagno? La cucina?" Mi guardo intorno. É una bella casa, non c'è che dire.
"Si, allora." Batte le mani una volta. "La stanza è al piano di sopra, la prima a sinistra. Il bagno è in camera e la cucina è a destra." Indica le parti della casa e io annuisco.
"Ok, allora. Se non ti dispiace, io vado a morire nella vasca." Annuisco, correndo al piano di sopra.
"Devi aspettare un po' prima che l'acqua si scaldi!" Mi urla da sotto. Alzo gli occhi al cielo e trovo la mia stanza.
Ok, ha i muri rosa pallido e un letto enorme.
Non mi serve nient'altro.
Mi butto sul piumono.
Tiro fuori il telefono e lo sblocco.
Aspetta.
Lo blocco e guardo il display.
Sicuramente non avevo come sfondo Justin Bieber e Selena Gomez.
Lo sblocco di nuovo e vado a controllare i messaggi.
Ho scambiato il mio telefono con una ossessionata con Justin? Perfetto.
Selena, Scooter, Chaz, Christian, Taylor, Fredo.
Vado a vedere le foto.
Justin, Justin, Justin, un cesso, Justin, un braccio, un gufo.
Decisamente non è il mio telefono.

Grande.
Ho il telefono di Justin Bieber in mano e l'unica cosa che sono capace a fare è andare a vedere se tiene foto di se stesso nudo.

Idea grandiosa, Evelyn. Mi alzo dal letto e ci tiro sopra il telefono.
Non sono dell'umore giusto per sclerare, adesso.
Entro in bagno, lascio partire l'acqua e mi infilo sotto la doccia.
Merda!
Lo shampoo!
Sospiro e sbatto la testa contro un muro.
Ecco come finisce quando viaggi di notte.

"Jimmy!" Saluto il marito di mia sorella e la mia nipotina. "Ciao, tesoro." La abbraccio.
"Lyn! Mi sei mancata!" Squittisce, stritolandomi in uno dei abbracci da anaconda.
"Si, Grace, anche tu. Ora, potresti lasciarmi andare così evito di morire?" Le picchio piano la schiena e lei ride, lasciandomi andare.
"Quanto stai con noi?" Jimmy mi abbraccia velocemente prima di fiondarsi sul pollo che ha fatto Vanessa.
"Penso per tutta l'estate, ma non darò fastidio. Ho il corso di lingue da fare, quindi non sarò quasi mai in casa." Faccio spallucce e mi siedo davanti a lui.
"Grace, hai lavato le mani?" Chiede mia sorella, prendendola in braccio.
"No, mammina." Lei fa spallucce.
"Oh, quanto mi è mancata. Quanti anni ha, ora? Cinque?" Guardo Jimmy e mi verso del succo d'arancia nel bicchiere.
É praticamente l'unica cosa che bevo, col caffè.
Annuisce distrattamente. "Si, cinque e mezzo. Ne farà sei a Ottobre."
"Ok." Annuisco. Accende la TV e cambia canale finché trova la partita di Rugby.
"Hai chiamato i tuoi genitori?" Mi chiede infine.
"Oh, cazzo." Alzo gli occhi al cielo. "Posso chiamarli dal telefono di casa?"
"Ovvio." Sorride. Mi alzo da tavola e corro in sala, componendo il numero di mia madre.
Aspetto qualche secondo prima di sentire la TV in sottofondo. "Tesoro! Aspettiamo una tua chiamata da ore!" Sospira mia mamma.
"Si, scusa, sono crollata a dormire." Butto lì. "Comunque, sono viva, sono salva, ho tutti i capelli e nessuno mi ha stuprata."
"Ridi, ridi, che in giro non si parla altro di come le ragazzine vengono trascinate negli angoli." Mia madre sbuffa leggermente. "Hai già visto Jimmy e Grace?"
"Si, e ti salutano. Stanno tutti bene, non hanno bisogno di niente." Dico velocemente.
"Ok, bene. Allora vai, penso che lì sia ora di cena, no?"
"Si, infatti. Ora vado, ci sentiamo domani. Ti voglio bene." Sono pronta a tornare al pollo fritto.
"Anche io, tesoro. Fai la brava." Ci salutiamo velocemente e riattacco, tornando in cucina.
"Grace, smettila di lanciare il pane a tuo padre!" Vanessa mette il bavaglino intorno al collo di Grace e io rido.
"É cresciuta davvero tanto." Mi siedo di nuovo.
"Si, in altezza." Sospira mia sorella, inforcando un pezzo di pollo e tenendolo davanti alla bocca di Grace. "Il trenino come fa?"
"Ciuf, ciufff!" Sorride Grace.
"E questo trenino deve entrare nella galleria, oppure i passeggeri arriveranno in ritardo. Lo facciamo entrare in galleria?"
Io e Jimmy ci scambiamo un'occhiata e scoppiamo a ridere. "Smettila di essere la solita pervertita!" Mi lancia un pezzo di pane e io rido.
"Non sono mica io quello che deve far entrare qualcosa." Faccio spallucce. Il bello di questi due, è che mia sorella ha 23 anni, e Jimmy 25, quindi sono giovani.
"Voi due, smettetela di ridere e mangiate." Vanessa ci lancia un'occhiataccia.
"Ecco lo spirito materno." Borbotta Jimmy. Rido e continuiamo a mangiare col rumore del treno.

Mi ributto sul letto e prendo il telefono. Forse è arrivato il momento di affrontare il problema.
Non posso scappare dal problema, no? No.
Perfetto. Sblocco attentamente il telefono.
Non vorrei mai rompere l'iPhone di Justin Bieber.
Chissà se è personalizzato.
Magari c'è un Siri che gli dice che è figo ogni mattina.
Potrei pro- Ok, non tocchiamo niente.
Scorro i nomi della rubrica e sospiro leggermente. Ne ha 2647. 
Ok, quale chiamo?
Selena? Così poi mi uccide a colpi di macete.
Scooter? Così si incazza e mi urla qualcosa in Turco.
Alfredo? No, probabilmente è impegnato a fare il filosofo su Twitter.
Ok, non chia-
Il telefono suona e salto in aria, lasciandolo cadere sul letto.
Oddio, è un numero sconosciuto. Cosa faccio? Che cazzo faccio?!
E se è Selena che chiama da un altro numero?
E se è qualche fan ossessionata?
E se è qualche spacciatore di droga della Cina?
Sono fottuta! Porca merda, porca merda, porca merda!
Prendo dei bei respiri e mi siedo a gambe incrociate sul letto. 
Ohmmm. Ohmmm. Venite a me, oh, spiriti.
Io vi invo-
Il telefono smette di squillare. 
Ok, no, non vi invoco più.
Tiro un sospiro di sollievo e il telefono suona di nuovo.
Lo prendo e lo sblocco. "E porco cazzo, che hai da chiamare? Non sono Justin Bieber! Non so neanche dove cazzo è Justin Bieber! L'unica cosa che so è che nel telefono non ha foto di se stesso nudo, quindi non cercarle!"
Silenzio. Silenzio. Silenzio. Silenzio. "Hai cercato foto di me nudo?!"
Oh, merda. "Justin?"
"No, Babbo Natale!"
"Lo sapevo che quello seduto accanto a me era Babbo Natale!" Sbotto.
Silenzio. "Si." Dice incerto. "Ascolta, sei a Los Angeles?"
"Si, tu?"
"No! Sono in Australia." Sospira piano. "Senti, puoi tenere il mio telefono senza rispondere a chiamate che non vengano da questo numero?"
"Ovviamente! Stavo invocando gli spiriti perché smettesse di squillare!" Sbuffo leggermente.
"Bene, perfe- Aspetta, ma tu sei la ragazza del caffè?"
"Lo sapevo che uno che porta una maglia di Gucci non può essere uno qualunque." Annuisco convinta.
"Veramente è Hollister, ma va bene." Ridacchia piano.
"Posso stalkerare le tue foto?"
"Come se tu non lo avessi già fatto." Dice con fare ovvio.
"Beh, si. Hai qualche cartella nascosta o sono davvero tutte foto di papere, cessi e delle tue braccia?" Spalanco la bocca appena vedo in che stato sono i miei capelli.
Mostro!
"Non te lo direi comunque, sai?" Ride.
"Ok, posso entrare con il tuo account di Twitter?" Chiedo speranzosa.
"Non ci pensare neanche. Chissà che danno potresti fare. Ok, sono arrivato all'arena, ci sentiamo... Ti chiamo io." 
"Oh, ci credo. Non inte- Questo telefono fa chiamate internazionali?" Sarebbe una figata assurda.
"No, quel telefono non deve fare proprio nessuna chiamata! Chiaro?" Ok, è disperato.
Ridacchio. "Ok, ok, chiaro. Auguri."
"Grazie. Ciao." Riattacchiamo.
Ho parlato con Justin Bieber e sono viva.
Cerchiamo la cartella del porno!

SHOW YOU OFF, TONIGHT I WANNA SHOW YOU OFF! :)
Ed eccomi con la nuova storia, anche se so che nessuno la leggerà, perchè fa pena D:
Comunque, spero che almeno qualche anima santa lasci una recensione c:
Sciao a todosssssssss, bellesse. :)

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Capitolo 2
*** Rock Me ***


Il telefono di Justin suona nel bel mezzo della notte.
Che palle. 
Borbotto qualche parolaccia mentre mi allungo per prendere l'iPhone.
'Ho appena parlato con tuo padre. Penso che stia radunando un esercito di soldati talebani perchè vengano a farmi fuori. Così, penso che tu lo debba sapere.'
Alzo gli occhi al cielo.
'Ok, divertiti. Buonanotte.'
'Cazzo, che sostegno.'
Il telefono suona e io sbuffo, sbloccandolo. "Che minchia vuoi?!"
"Justin?" 
Oh, Cristo.
Oh, puttana.
Oh, merda.
Oh, Selena.
"Justin? Chi essele Justin?" Ma guarda te se alle 3 di notte devo parlare come una Thailandese a cui hanno infilato un palo in culo.
"Tu chi sei?" Chiede Selena.
"Io essele cameliela dell'albelgo. Signolino Biebel avele dimenticato suo telefono. Io pulile. Bei boxel!" Affondo la faccia nel cuscino e maledico l'universo.
E le scimmie.
"Oh, scusa. Puoi dirgli di chiamarmi appena torna?" Oh, sembra simpatica! 
"Celto. Lei chi essele?" 
"Selena." Stacca. Oh, sembra stronza!
'Ho appena parlato con Selena. Penso che lei pensi che tu la tradisca con una massaggiatrice Thailandese. Così, penso che tu lo debba sapere.'
Spengo il telefono e mi tuffo nel letto, sprofondando tra gli innumerevoli cuscini che avevo posizionato per tenermi caldo.

Infilo le cuffie nelle orecchie e mi incammino lungo il lungo corridoio del college.
Gente. Gente ovunque.
Mi passo il chupa chups da una parte all'altra della bocca, muovendolo con la lingua.
Un tipo salta fuori dall'armadietto.
Assomiglia al tipo di High School Musical.
Come si chiamava? Ah, si, Chad. 
Mi mette un braccio intorno alle spalle. "Tu sei nuova!"
"No, lavata con Perlana!" Sorrido.
Ride. "Sono Chad." Oh, che cazzo. No, caso! Volevo dire caso.
"Evelyn." Cambio canzone e lascio Rock Me degli One Direction.
"Che hai adesso?" Mi chiede Chad.
"I want you to rock me!" Dico senza pensare, poi mi copro la mano con la bocca. "Ok, quello che ho appena detto... Ecco, in Cinese significa che ho Cinese." Sorrido.
Il tipo ride e scuote la testa. "Ok, io ho Tedesco. Ci vediamo dopo." Mi da una pacca sulla schiena e mi fa volare fuori dalla bocca il chupa chups.
Ma aspetta solo che vengo a scoprire come ti si manda a fanculo in Cinese, poi vediamo come mi vedi.
Mi guardo intorno nella speranza di scorgere 'Cinese' scritto a caratteri cubitali su qualsiasi porta.
Dopo circa venti minuti entro in classe e mi siedo velocemente accanto a una ragazza con i capelli verdi.
Perfetto.
Tiro fuori i libri.
"Perchè non ti fai i capelli verdi?" Mi chiede la ragazza.
Sorrido. "Io non capire." 
"Oh, sei una di quelle ragazza venute con lo scambio culturale? Scommetto che sei della Svezia. In Svezia le ragazze sono sempre bionde. Oppure la Norvegia! Quant'è bella la Norvegia. O forse vieni dall'Alaska. L'Alaska è piena di renne. Scommetto che alle renne starebbe bene un manto color verde chiaro." Annuisce, facendo una pausa. "Oppure-"
"Oh, porca puttana! Vengo dalle tribù dell'Africa, e sono caduta in una botte di candeggina e sono uscita bianca." Apro il quaderno e mi metto a scrivere l'alfabeto Cinese.
"Fantastico! Io sono delle tribù Africana Atchiu, e tu?" Sorride, sedendosi con uno scatto fulmineo.
"Tribù Salut." Borbotto, appoggiando la schiena alla sedia.
Non poteva andare peggio.

Sono sicura che a 50 anni mi ritroverò in Tibet a meditare sulla mia vita.
E sul perchè non mi faccio mai gli affari miei, finendo con un assicurato trauma mentale per tutto il resto della mia vita.
Sto esaminando attentamente il messaggio che Selena ha mandato a Justin qualche giorno fa, cercando di trovarci un senso non pornografico.
'Andiamo in Perù a Natale?'
Insomma, tutti sanno che la gente va in Perù solo quando vuole fare sesso violento.
Giusto? Si.
E tutti sanno che in Perù fa molto, molto caldo.
Giusto? Si.
E tutti sanno anche se se fa caldo, ti spogli, e si ti spogli, finisci per fare sesso, e se fai sesso, rimani incinta, e se rimani incinta, il ragazzo deve sposarti, e se vi sposate, iniziate a litigare, e se litigate, divorziate, e se divorziate, diventate depressi, se diventate depressi, fate sesso, e se fate sesso, finisci incinta. E il ciclo ricomincia. 
Il Perù è un suicidio morale.
Mia nipote entra in camera mia e sorride, fottendomi la piastra. Eh, cazzo!

"Grace! No, non puoi prendermi la pia- Grace!" Corro dietro a mia nipote giù per le scale.
Lei continua a ridere. "Piastra carina, piastra carina!"
"Piastra brucia, piastra brucia!" Sospiro, raggiungendola e prendendole la piastra dalla mano.
Oh, sia ringraziato Dio.
"Posso avere il tuo maglione verde?" Mi chiede, seguendomi fino in camera mia.
Ci penso un po' su. No, cazzo. Mi è costato 140 dollari e ci ho messo un mese per comprarlo.
"Che ne dici di un elastico per capelli?" Sorrido speranzosa e le passo un elastico rosa.
Fa spallucce e lo prende. "Meglio del palloncino trasparente che mi da ogni tanto papà."
Spalanco la bocca mentre lei esce dalla stanza.
Mia nipote è...
Ok.
Lasciamo stare.
Finisco di piastrarmi l'ultima ciocca di capelli. Domani ho la giornata libera dalle 5, non ho intenzione di assomigliare a Selena Gomez in Love you like a love song.
Ai, ai lov iu laik a lov song, beibi!
Che poi...
Che cazzo di complimento è 'Sei lirico'?
In senso che quando canta ha una voce bella?
In senso che ogni tanto recita poesie liriche?
In senso che fa il menestrello sotto la tua finestra e tu gli tiri addosso un vaso perchè ti ha rotto i coglioni?
Non ha senso, cazzo!
Beng, beng, beng, aim breking in, stiling oll mai lov end giving it tu him!
Devo smetterla di sentire le sue canzoni, prima di rincoglionirmi del tutto.
Ero in bottega, tic e tac, a rubacchiare, tic e tac, e non pensavo, tic e tac, alla prigione, tic e tac!
"EVELYN!" Ed ecco a voi, mia sorella.
Scendo le scale e vado in cucina. "Che vuoi?"
"Puoi clipparmi il braccialetto?" Allunga la mano e io alzo gli occhi al cielo, agganciandole il braccialetto intorno al polso. "Grazie."
Torno al piano di sopra e il telefono di Justin vibra per la centesima volta. 
'Amico, dove sei? Non te la sarai presa per gli insulti, vero?'
Si, Chaz! Me la sono presa! Non puoi dirmi che sono uno stronzo, che sono un pessimo migliore amico perchè non ti aiuto a conquistare una ragazza.
E non puoi dirmi che il tuo Jerry è più lungo del mio.
Non ci pensare. Io me ne posso creare uno nuovo col pongo, e tu? E tu t'attacchi al tram e gli corri dietro.
Alzo gli occhi al cielo e mi sistemo la frangia.
Faccio ancora schifo, ma faccio schifo accettabilmente.
Grace entra in camera di nuovo. "Mamma ha detto che va fuori con papà e mi lascia a casa da sola."
"Tua mamma è partita di cervello se vuole lasciarti a casa con me." Dico, spegnendo la piastra e scendendo le scale con lei.
Ridacchia divertita e corre in sala. Vanessa mi viene incontro. "Ecco i soldi, ecco il numero del ristorante, ecco il numero del dottore, ecco il numero dello psicologo, ecco il numero dell'esorcista."
"Non penso che Grace si diverta ad arrampicarsi sui muri a testa in giù." Alzo gli occhi al cielo.
"Infatti, l'esorcista è per te." Fa spallucce. Sorrido sarcasticamente. Che simpatica.
"Allora, c'è una chiesa qui davanti, quindi non dire parolacce. Metti Grace a letto alle nove. Non un minuto più tardi." Va verso la porta e Jimmy la apre.
"Si, signore." Annuisco e mia sorella mi da una sberla sul braccio.
"E non rompere i coglioni ai vicini." Sospira.
Annuisco. "Sai, ho 17 anni, posso prendermi cura di una bambina di cinque." Faccio spallucce e la prendo per le spalle, spingendola fuori dalla porta.
"Divertitevi." Jimmy segue Vanessa fino alla macchina e io chiudo la porta a chiave.
Sorrido. "GRACE, TI VA DI GIOCARE AL GIOCO DI CHI VA A DORMIRE ALLE 7?" Urlo, andando in sala.

Il telefono suona e mi precipito in camera, buttandomi sul letto e sbloccandolo.
"Pvonto!" Dico, lasciando penzolare lo spazzolino fuori dalla bocca.
"Che stai facendo? Succhi, eh?" Justin ride divertito. Alzo gli occhi al cielo.
"Ibiopa! Ho lo spappovino in bocca!" Sbuffo.
Ridacchia. "Ha chiamato Selena?"
"No. Non che mi importi, ma alla fine ci andate in Perù?" 
Sbuffa. "Smettila di leggere i miei messaggi. Chi è Thomas?"
"Ehi! Quelli sono messaggi personali!" Mi metto a sedere di colpo.
"Non è un messaggio, è una nota. Thomas, perchè cazzo vai dietro a quella stronza di Sophie quando la sua età è minore della lunghezza del tuo cazzo?! E diciamocelo, non sei proprio dotato."
Sbianco completamente. "Oh. Mio. Dio."
Justin ride divertito. "Deduco che Thomas sia quello soprannominato Scopabile, nella tua rubrica. Si?"
"Justin!" Mi alzo dal letto e cammino in tondo. "Dio solo sa cosa ti farei!"
"Esattamente, qual è l'eta di Sophie?" Mi chiede.
"Penso che abbia 13 anni." Mi catapulto in bagno e sciacquo la bocca. Cazzo se brucia, questo dentifricio.
"E Thomas quanti ne ha?"
"18."
"Povero ragazzo. Non avrà una vita facile." Sospira con fare teatrale e io scoppio a ridere.
"Sei un coglione! Io vado a dormire, ho scuola domani."
"Hai scuola in estate?"
"Si, io non vengo pagata per esibirmi senza maglietta."
"Beh, potresti. Quelle che lo fanno si chiamo spogliarelliste, e dalle foto che ho visto, verresti pagata benone."
Spalanco la bocca. "Smettila di usare il mio telefono!"
"Oh, guarda, un foto di te in costume. Carino, è Victoria Secret?" Ridacchia.
"Fatti inculare da un canguro, Bieber." Alzo gli occhi al cielo.
"Ah, dimenticavo, torno tra tre giorni. Devo passare a prendere il mio telefono, dammi il tuo indirizzo."
Si, e poi? Magari anche la chiave di casa? 
"Non ci penso neanche. Vieni a prendermi al college. Faresti sclerare tutte le ragazze che ci vanno. E il giorno dopo racconterò loro che sei il mio ragazzo e che mi hai chiesto di sposarti."
"Si, e nel frattempo io starò in giro con Selena?"
"La nostra relazione è così segreta che ancora non sai che l'abbiamo, Justin." Scuoto la testa amareggiata e lui ride.
"Come no. Mi ricorderei di una che bacia il mio poster in camera sua."
Oh, crepo.
Oh, Cristo.
Oh, merda.
"Vado a seppellirmi, divertiti."
Ridacchia. "Notte."
"Notte." Stacco la chiamata e sprofondo nel letto.
Oh, ma perfetto.

I USED TO THINK THAT I WAS BETTER ALONE, WHY DID I EVER WANNA LET YOU GOOOOOOOOOOOOOO?
Ci sono Directioners qui da qualche parte che leggono la storia? :3
Comunque. Scusate per l'attesa, questo capitolo mi fa schifo e l'ho scritto alle 5 di mattina.
Spero che non mi abbandoniate D:
Però io si, vado a dormire c:
Sciao, bellesse.

 

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Capitolo 3
*** Che cos'è un bacio? ***


Ridacchio maleficamente mentre compongo il mio numero.
Ridacchio maleficamente mentre aspetto che risponda.
Ridacchio maleficamente mentre mi ripasso la scenetta in testa.
Bestemmio in Turco mentre cerco di arrampicarmi sul letto dopo essere caduta dopo aver riso maleficamente dopo aver ripassato la scenetta in testa.
"Pronto?" Borbotta un Justin mezzo addormentato.
"Justin Bieber?" Chiedo velocemente, imitando la voce di un giudice. Un giudice donna, chiaramente.
"Si. Chi è lei?" 
"Sono il giudice Emily Sanders. Non so se ne è al corrente, ma aspettiamo una sua visita in tribunale da qualche mese, ormai. Mi dica, è ancora intenzionato a richiedere la custodia totale di suo figlio?"
"CHE COSA?!" Sbotta Bieber, e sento il letto cigolare dall'altra parte del telefono. "Aspetta, questo non è il mio numero, non..."
"Abbiamo chiamato il suo numero e una ragazza ci ha detto di riprovare con questo. Allora, signore, vuole ancora la custodia di suo figlio o vuole darlo via"
"E... Chi è la madre?" Chiede piano. 
Sono malefica. "Se non lo sa lei, signore. Noi abbiamo i documenti pronti, manca solo una sua firma. Ora prenda una decisione, vuole prendere il bambino come suo legittimo figlio, o vuole mandarlo all'orfanotrofio?"
"Aspetti, sono... Non ho un figlio..."
"Il test del DNA ha dato risultati positivi, Justin. Ha 18 anni, è economicamente in grado di prendersi cura di suo figlio, non penso che abbia problemi."
"Si, ne ho di problemi! Non ho un figlio, sono vergine, porca troia!"
"Signor Bieber! Non usi quel linguaggio con me, sono una donna!" Ribatto offesa.
"Mi scusi." Sospira. "Non ho figli, non ho fatto alcun prelievo del sangue. Probabilmente è qualche idiota che cerca di incastrarmi."
"Beh, può venire direttamente al tribunale appena torna dall'Australia, e vedremo di risolvere la faccenda. Va bene?"
"Si, va bene. Basta che la stampa non venga a conoscenza di questa storia. Non voglio paparazzi." 
"Si, signore. Ora, posso chiederle un'ultima cosa?" 
"Si."
"Quanto puoi essere coglione da uno a dieci?" Scoppio a ridere e saltello sul posto.
Silenzio. Silenzio. Silenzio.
Ho ucciso Justin Drew Bieber, il ragazzo bianco del Canada.
"Evelyn! Porca puttana, non sono scherzi da fare!" Sbotta.
"Oh, andiamo! Era divertente. Eri disperato, mi sento quasi in colpa." Ridacchio.
"Dovresti! Sei crudele, sei una pessima persona, c'è un girone all'inferno fatto apposta per te!" Sbuffa.
Ridacchio piano. "Ok, scusa. Cercherò di comportarmi bene."
"Rivoglio il mio telefono!" Sospira.
"E io rivoglio il m- No, non è vero. Mi sto divertendo. Ho appena chiamato Taylor Swift e le ho detto che ho tamponato la sua macchina e ho ucciso il suo gatto."
"Hai fatto cosa?!"
Rido. "Vado, ci sentiamo, Bieber."
"Ma vai a quel Paese!" Sbotta, riattaccando.
Che scorbutico.

"Perlana!" Chad mi salta accanto a mi mette il braccio intorno alle spalle. "Come stai?"
"Bene!" Sorrido. "Se vuoi ti presto la piastra." 
Inarca un sopracciglio. "E perchè mai?"
"Così, pensavo volessi assomigliare a una persona." Faccio spallucce e prendo il caffè dal tavolo, alzandomi e dirigendomi verso l'uscita della caffetteria.
"Ho un indovinello per te!" Chad mi segue fuori e si incammina accanto a me.
"Ok, spara." Bevo un sorso del caffè. Che schifo, troppo zucchero. Vabbé.
"Che cos'è un bacio?" Sorride, guardandomi.
Aggrotto la fronte. "Non lo so."
"Dai, prova a indovinare." Mi incoraggia, muovendo le mani da tutte le parti e quasi dando una sberla a un tipo che passava di lì.
Ci penso su. Chissà che sta facendo Justin adesso. Probabilmente sta inseguendo canguri per l'Australia o facendo il bagno nudo.
Oh, porca paletta, nudo. 
Chad mi sventola una mano davanti al viso. "Ehi?"
"Eh?!" Sbotto.
"Allora?" Inarca un sopracciglio.
"Allora... Allora..." Lo guardo, sperando in un aiuto.
Ridacchia. "É un modo per conoscere altre lingue!"
Sbatto contro un ragazzo che mi versa una bottiglia d'acqua addosso. "Oddio, mi dispiace!" Sospira, allontanandosi da me.
Sbuffo leggermente. Tranquillo, tanto sono come Sharpay Evans, ho un rifornimento infinito di vestiti nel mio armadietto personale. Rosa shocking.
"Tranquillo." Accenno un sorriso.
"Dai, vieni, ti presto una maglia." Mi dice velocemente.
"No, ecco, vedi queste?" Indico il mio seno. "Sono tette. Sono colline che definiscono la forma di un corpo femminile."
Scoppia a ridere. "Dai, andiamo. Gioco a football, ho magliette grandi."
Faccio spallucce. "In questo caso. Ciao, Chad. Bell'indovinello."
Mi fa l'occhiolino "Ogni tanto potremmo conoscere altre lingue insieme." Se ne va.
Idiota.
Seguo il ragazzo fino al suo armadietto. "Ah, sono Connor." Mi porge la mano.
La stringo. "Evelyn."
"Posso chiamarti Eve?" Mi sorride, porgendomi una maglietta larga e verde scuro.
Annuisco leggermente. "Si."
"Il bagno delle ragazze è in fondo al corridoio. Che corso hai adesso?"
"Um, Francese."
"Perfetto, ti aspetto." Sorride, prendendomi la borsa e il caffè di mano. "Fai con comodo."
Annuisco e vado in bagno, chiudendomici dentro. Mi tolgo la maglietta e mi metto quella di Connor, per poi uscire.
Che minchia.
Era la mia maglietta preferita. Aveva la faccia di Johnny Depp stampata sopra, ed era fottutamente fuxia! 
Dannazione.
Sospiro e prendo la mia borsa da Connor, gettandoci dentro la maglietta bagnata. "Grazie."
Mi sorride. "Sei nuova qui, vero?"
"Si nota così tanto?" Ci incamminiamo lungo il corridoio.
"Beh, di solito la gente di qui si sposta velocemente quando cammino per il corridoio."
Rido. "Deduco che non sono la tua prima vittima."
Mi fa l'occhiolino. "No. Io conquisto le ragazze in questo modo."
Rido. "Originale."
Apre la porta della classe di Francese ed entriamo. Il professore ci lancia un'occhiataccia. "Siete in ritardo."
"Colpa mia, le ho rovesciato addosso l'acqua." Connor fa spallucce.
Il prof sospira e ci fa cenno di sederci. "Ormai ho perso le speranze con te, Johnson."
Ci sediamo in terza fila e vedo qualche ragazza lanciarmi occhiate piene di rabbia. 
Do un colpo leggero sul braccio a Connor. "Penso che verrò uccisa se mi siedo accanto a te."
Connor segue il mio sguardo, poi alza gli occhi al cielo. "É la mia ex ragazza e le sue amiche. Non farci caso." Fa spallucce.
Annuisco leggermente. "Quando vi siete lasciati?"
"Circa sei mesi fa, ma è come se non fosse mai successo. Ogni mattina me la ritrovo davanti a casa, una volta ha perfino rotto la mia macchina per darmi un passaggio."
Scoppio a ridere e il professore mi guarda severo. "Scusi." Sorrido. Continua a spiegare. "Andrò anche in punizione." 
Connor ridacchia. "Che fai stasera?"
"Probabilmente bado a mia nipote. Tu?"
"Quanti anni ha?" Mi guarda.
"5."
"Anche mia sorella. Possiamo uscire insieme, portarle al parco." Sorride.
Annuisco leggermente. "Si può fare." Sorrido.

"Lily, lei è Grace." Connor presenta le bambine mentre io mangio il gelato.
Che buono. Sa di melone.
"Ciao! Andiamo sullo scivolo!" Lily prende la mano di mia nipote e corrono via, mentre Connor e io ci sediamo su un tavolo da picnic.
"Com'è andato il compito di Cinese?" Mi chiede.
Annuisco. "Bene, ho preso 8."
Sorride. "Bene. Allora dovresti darmi ripetizioni, io sono una frana."
Ridacchio. "Non ti ho visto al corso di Cinese."
Annuisce. "Cerco di saltarlo per quanto posso. Mia madre mi ha beccato una volta."
"Com'è andata?"
"La vedi questa cicatrice?" Alza la manica della maglietta e mi mostra il braccio.
Wow. "Ti ha picchiato?" Rido.
Ride sarcasticamente. "Come no. No, mi ha tirato il gatto addosso."
Scoppio a ridere e mi sdraio sul tavolo. "Povero."
"Lo so, gr-"
"Ma non tu. Il gatto." 
Sbuffa e si sdraia accanto a me. "Vedi quella costellazione?" Alza il braccio e indica un ammasso di stelle.
"Si." Annuisco.
"Ecco, non ho la più pallida idea di come si chiami." Sospira teatralmente e io rido.
"Neanche io. Dovremmo cercarle su Google."
"La prossima volta che veniamo portiamo il computer." Suggerisce.
Annuisco. "E il telescopio."
"Si, e magari un letto, un frigo, un bagno." Rido. "Allora, ti piace il nerd?"
"Chi?" Lo guardo.
"Chad. Quello con cui stavi quando ti ho rovesciato l'acqua addosso."
Scuoto la testa. "No, mi stava facendo un indovinello."
Ridacchia. "Quello sul bacio o quello sul falegname?"
"Qual è quello sul falegname?" Lo guardo.
"Che cosa fa un falegname?" Mi chiede.
Ci penso su.
Magari Justin si sta anche strusciando addosso a qualche ragazza.
Oh, mamma mia.
Non può farlo.
Connor mi passa una mano davanti al viso. "Ehi?"
"Eh?!" Deja-vu.
Ride. "Che cosa fa un falegname?"
"Non so." Faccio spallucce.
"I Tronky." 
Scoppio a ridere e mi tengo la pancia con le mani. Oddio, crepo su un tavolino da picnic.
Connor ride e mi picchia piano il braccio. "Dai, non faceva così ridere. Sono le classiche battute idiote che usano i ragazzi per flirtare."
"Beh, tu non puoi dire niente. Tu butti direttamente l'acqua addosso." Prendo un bel respiro.
Ride. "Si, beh, sono originale." Fa spallucce. "Potevo evitare di consumare tutta quell'acqua se avessi saputo che non stavate insieme."
"Allora ammetti che era tutto programmato!" Gli punto il dito contro e lui ride.
"Ammetto." Alza la mani in segno di resa. "Ci guadagno un appuntamento?"
"Questo cos'è?"
"Beh, tecnicamente siamo baby sitter." Guarda Lily e Grace.
Faccio spallucce. "Scommetto che stanno facendo un piano per correre via e farci sclerare."
Ride.

"Devi vederlo! Devo assolutamente mandarti una foto, è un ragazzo stupendo, ed è dolcissimo!" Sospiro con fare sognante mentre mi pettino i capelli, seduta sulle scale che portano al piano di sopra.
Justin sospira. "Eve, sono le 7 di mattina qui..." Borbotta.
Lo ignoro. "Ti manderò una foto. Mi ha chiesto di uscire. Ha degli occhi bellissimi, sono verdi scuro."
"Che cosa emozionante." Lo sento cambiare posizione nel letto.
"Oh, e non ti ho detto la cosa più bella!" Dico velocemente, alzandomi e sparendo in camera mia.
"Dai, spara." Mugugna piano.
"Non è frutto della mia immaginazione!" Saltello intorno al letto e Justin ride.
"Perfetto, sono entusiasta. Posso tornare a dormire?" 
"No." Mi butto sul letto. "Secondo te gli piaccio?"
"Se ti ha chiesto di uscire e non avevi una scollatura da troia, allora si."
Alzo gli occhi al cielo. Che carino, oh. "E se non gli piaccio? Magari l'ha fatto per essere carino."
Sospira. "I ragazzi non sono carini."
"Esatto, tu sei figo, ma sei un'eccezione." Faccio spallucce leggermente, poi mi rendo conto di ciò che ho detto.
Troppo tardi.
Justin sta già ridendo beatamente. "Oh, grazie. Bel risveglio."
Sbuffo. "Zitto. E se mi tradisce?"
"Non state neanche insieme!" Sbotta.
Cazzo, vero. "É vero. Devo fare un piano. Il far finta di cadere non funziona."
"Prova a dirgli che ti piace." Suggerisce.
"Sei un idiota!" Mi metto a sedere. "Non puoi andare da un ragazzo e dirgli che ti piace!"
"Perchè no?" Povero ingenuo cucciolo.
"Lo spaventi! Penserà al matrimonio, ai figli, alla suocera, alla casa, alla vostra vita, alla ragazza vecchia e alle unghie incarnite-"
Mi interrompe. "No, no, no! Non andare oltre. Sono dettagli che devono restare privati."
Sospiro e mi sdraio nuovamente. "Secondo te dovrei rapirlo e legarlo a una sedia?"
"Si, starà bene. Basta che gli porti una play station."
Sorrido. "Sei un grande. Buonanotte!"
"Eh." Sospira. Riattacco e guardo il soffitto.
No, andiamo, non posso farlo!

ASDFGHJKL.
Vi acculturo un po' con i miei gusti musicali: l'avete sentita Kiss Me di Ed Sheeran?
Minchia, quel ragazzo è qualcosa di puramente meraviglioso e perfetto, non ci sono parole.
ARRRRRRRRRRRRGH.
A parte questo, scusate per l'attesa.
So che questo capitolo non ha battute coglione che faranno ridere D: , ma non potevo aspettare di più.
Sono piena di compiti e non sopravvivo una giornata intera.
Comunque, spero comunque in qualche recensione.
Sciao, bellesse. 

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Capitolo 4
*** Mi piacerebbe che tu fossi una porta ***


La ragazza dai capelli verdi mi raggiunge e io chiudo l'armadietto, dopo aver gettato dentro tutti i libri.
"Ciao." Si appoggia all'amradietto accanto al mio e tira fuori dalla borsa un pacchetto di liquirizia verde.
Mi sistemo la borsa sulla spalla. "Ciao." La guardo.
"E così tu sei la nuova ragazza di Connor." Si stacca dall'armadietto.
Faccio spallucce e mi incammino lungo il corridoio, diretta verso l'uscita. "Non so di cosa tu stia parlando." 
Ride e alza gli occhi al cielo. "Andiamo, ne parlano tutti. Sei considerata la nuova Signora Johnson."
Esco dalla scuola e sospiro. "Chi lo dice?"
Tutti." Fa spallucce. "Sai, Christine è la sua ex, e con lei le voci circolano."
"Beh, non sono vere, se ti interessa." Faccio spallucce.
Mi guardo intorno e scorgo Connor che parla con Christine.
Benone.
La pazza mi prende per il braccio e mi spinge dietro un cespuglio, accucciandosi accanto a me.
"Mi vuoi fare un rito satanico?!" Mi allontano da lei velocemente e lei alza gli occhi al cielo.
"Shh, ascolta." Indica Christine e Connor che stanno per arrivare davanti al cepuglio.
La rossa si ferma proprio davanti a noi. "Allora, hai davvero intenzione di uscire con lei?" Chiede, arricciandosi una ciocca di capelli intorno al dito. 
Connor sospira e guarda l'ora sul telefono. "Senti, devo andare. Ti dispiacerebbe ridarmi la giacca?" Allunga la mano e la rossa sbuffa, togliendosi di dosso la giacca e porgendogliela.
"Ancora non capisco cosa ci trovi in lei. Secondo me ha le tette rifatte." Osserva casualmente, controllandosi le doppie punte.
Ma che cazzo dice?! Ho una terza, non ho una decima! Ma minchia.
"Non sono a conoscenza delle sue operazioni chirurgiche, non so se ha derubato una banca in Svizzera, non penso che spacci droga ai bambini e sono più che sicuro che non ha i canini che assomigliano a quelli di Dracula."
Eh, oh. Che ne sai? 
"Ma dai!" La rossa batte un piede per terra e fa il broncio.
"Senti, Chris, sono passati sei mesi, smettila di perseguitarmi. Hai 19 anni, la scuola ai tuoi piedi, trovati qualcun altro." Alza gli occhi al cielo.
Christine gli passa una mano sul braccio con fare seducente. "Ma tu sei l'unico carino della squadra di football."
"Non esiste solo la squadra di football, Chris." Lui le toglie la mano dal braccio e inizia ad allontanarsi. "E smettila di corrompere mio fratello con le caramelle perchè ti dica dove e con chi sono." Sale in macchine e accende il motore.
"Ehi, Perlana!" Chaz si butta sul prato accanto a noi e gli facciamo segno di tacere. Annuisce.
Le amiche di Christine la raggiungono. "Allora? Vi siete rimessi insieme?"
Christine sorride sarcastica. "Si, adesso torna a prendermi e andiamo a cacciare falene insieme." Le da una sberla sul braccio. "Ma sei cogliona? Se ci fossimo rimessi insieme, a questo punto la sua fottuta giacca sarebbe ai piedi del suo letto." 
Una ragazza alza gli occhi al cielo. "Abby, ma che domande!" Guarda Christine di nuovo. "Che hai intenzione di fare?"
La rossa fa spallucce. "Non so, pensavo di andare a fare un po' di shopping."
"No, ma con Connor?" Abby inarca un sopracciglio.
Christine sbuffa. "Ma sempre di Connor dovete parlare? Sapete come è fatto, tra una settimana non si ricorderà neanche il nome di quella troietta. Poi verrà la mia occasione." Fa spallucce tranquillamente.
"Tu si che sei geniale, Chris." L'altra ragazza sorride raggiante e Christine annuisce soddisfatta.
"Andiamo, ho sentito che hanno aperto un locale dove vendono acqua per cena." Si allontanano parlando di scoiattoli.
La pazza mi guarda. "Io te l'ho detto. Le voci circolano."
"Ma che succe-" Chad si blocca. "Ah. Sei tu la nuova conquista di Connor, eh? Speravo davvero che tu fossi meglio di quelle che girano qui." Sospira e si alza, andandosene.
Prima che possa dire qualcosa, la testa di lattuga parla di nuovo. "Stai attenta a Chris. Sembra stupida, ma non lo è."
Alzo gli occhi al cielo. "Ma se va a mangiare acqua per cena, dai." Mi sistemo i jeans. "Io vado. Divertiti a buttarti dietro i cespugli."
"Aspetta, come ti chiami?" 
"Eve."
Stringe la mia mano. "Io sono Serena."
Tanto continuerò a chiamarti testa di lattuga. "Beata te, io sono stanca." Sbadiglio e mi incammino verso casa.
Questa è una scuola di pazzi.
Arrivo a casa giusto in tempo per battere sul tempo Jimmy e buttarmi a peso morto sul divano, cominciando a mandare in tilt il televisore a forza di cambiare canali uno dopo l'altro.

"Eve, porta fuori la spazzatura!" Mi urla Maddie dalla cucina.
"Non mi dusturba se rimane in cucina!" Le urlo di rimando, stiracchiandomi fino a cadere a faccia in giù sul tappeto del salotto.
Maddie entra dalla prota con le mani sui fianchi. "Adesso."
Sbuffo e mi alzo, andando a prendere i tre sacchi di spazzatura dalla cucina. "Ma si può sapere che cosa diavolo comprate? Rifornimenti per l'esercito Pakistano? Avete una famiglia imprigionata in cantina? Nascondete Osama Bin Laden?" Sbuffo, trascinando sul pavimento i sacchi. 
Qualche minuto dopo raggiungo i cestini fuori di casa e ci getto dentro i sacchetti, pulendomi le mani sui jeans come la vera signora che sono, poi ritorno dentro.
"Eve!" Urla Maddie.
Di nuovo.
Vado da lei. "Che vuoi?"
"Prima è passato un ragazzo che ti cercava, si chiama... Carson... Kristen..." Aggrotta la fronte e mi guarda, sperando in un aiuto miracoloso.
"Connor, Mad. E quindi?" Inarco un sopracciglio.
Fa spallucce. "Ha detto di dirti che domani passa a prenderti per portarti a scuola. Alle 8 precise." Sorride, mettendo la teglia nel forno. "Hai già fatto conquiste?" Mi fa l'occhiolino.
Sto per risponderle quando Jimmy entra in cucina. "Che cos'è questo profumino?" Annusa l'aria con fare intelligente.
"É il pollo marcio di due settimane fa che ti avevo chiesto di portare fuori e che tu hai nascosto nel barattolo dei biscotti." Maddie incrocia le braccia e lo guarda.
"Ma topina mia, sai quanto sono impegnato con il lavoro, non posso pensare a tutto io." Jimmy fa spallucce e si siede sul tavolo, mentre Maddie spalanca la bocca.
"Non puoi pensare a tutto tu?!" Quasi urla, allargando le braccia. "Io mi faccio il culo dalla mattina alla sera al lavoro, per fare la spesa, portare e prendere Grace dall'asilo, prepararvi il pranzo e la cena, fare il bucato, e tu arrivi qui a casa e non fai niente, a parte buttarti sul divano e guardare cocciutamente la televisione!"
"Non porto mica spogliarelliste in casa, Maddie! Rilassati!" Jimmy alza gli occhi al cielo. "Non faccio niente di male."
"Jimmy, tu guardi la televisione spenta!" Maddie scandisce bene le parole e io inizio ad allontanarmi piano piano, tastando il muro per capire dov'è la porta. 
Mia sorella mi punta l'indice contro e io mi blocco, spalancando la bocca in un sorriso alla Kenny Hamilton.
"Tu e io non abbiamo finito, continueremo il discorso dopo. Chiaro?" Mi guarda.
Annuisco ed esco dalla cucina, sentendo Jimmy e Maddie litigare finchè non mi chiudo in camera mia e non collasso sul letto.
Se continuo ad avere gente di questa sanità mentale intorno, finirà che mi isolerò come Mr. Bean e mi comprerò un pupazzo, comprandogli lecca lecca e organizzandogli feste di compleanno a sorpresa.
Il telefono di casa suona dal piano di sotto.
Fisso il soffitto in attesa che Maddie risponda, ma continua a squillare, con le voci di Jimmy e Maddie in sottofondo che si urlano parolacce contro.
"Eve, rispondi al telefono!" Mi urla mia sorella.
Eh, che palle!
Esco dalla stanza e percorro in fretta e furia le scale, facendo una scivolata in salotto e finendo a faccia spiaccicata contro il muro.
Ahia.
Prendo il telefono e inizio a fare un tour della casa, ammirando le varie piastrelle.
"Pronto? Casa Lankins." Dico con voce da segretaria.
"Parlo con Maddie?" Chiede l'uomo dall'altra parte.
"Sì, cioè, no. Chi è lei?" Mi fermo e osservo un vaso bianco.
"Oh, sono... Um, sono solo un amico. Puoi dirle di richiamarmi appena può?"
"Sicuro, ma sappia che la descriverò come un maniaco sessuale in astinenza di droga che cerca prostitute Slave e che vuole aprire un'attività di scambi illegali di merluzzi."
Tutututututututututututu.
Che maleducato.
Riaggancio e torno di sopra, buttandomi sul letto.
Ora che ci penso, sono in una città che milioni di persone vorrebbero visitare, e l'unica cosa che faccio è stare sdraiata sul letto a pensare a una buona scusa per convincere la testa di lattuga ad attorcigliare i suoi capelli intorno al tronco di un albero, così posso vedere se sono veri o finti.
Il mio telefono suona e rotolo giù sul tappeto per staccarlo dal caricabatterie, poi torno sul letto.
"Ciao!" Dico entusiasta, e sento una donna gridare terrorizzata fuori dalla mia finestra.
Sento un tonfo e mi alzo di scatto dal letto, correndo in balcone.
Cazzo!
La vecchietta che aveva urlato è inciampata nel suo chiuaua ed è distesa a terra, invocando il nome di Dio.
O forse di Mimmo.
Torno dentro la mia camera.
"Ci sei?" La voce di Justin mi riporta alla realtà.
"Si, scusa, stavo controllando se ho commesso o no un omicidio." Spiego.
Silenzio.
"Non intenzionale!" Aggiungo subito.
Silenzio.
"E che minchia, avrà avuto l'età di Cleopatra, prima o poi dovrà schiattare pure lei, no?" Alzo gli occhi al cielo.
Silenzio.
"Ma ci sei?" Mi metto a sedere sul letto.
"Si, stavo bevendo." Dice tranquillamente. "Bella storia, l'hai ammazzata?"
"Non ne sono sicura." 
Ridacchia. "Com'è andato l'appuntamento?"
"Direi bene, mi ha detto che ho le guanciotte delicate come il culetto di un bambino." Dico gongolando.
Justin scoppia a ridere. "Questo è un livello avanzato di romanticismo, caspita!"
"Beh, non doveva essere romantico. A meno che la mia estetistia non sia lesbica. In quel caso avrebbe dovuto approfondire ed informarmi di quanto siano belle le narici del mio naso."
"Aspetta, cosa?"
"Cosa?"
"Il ragazzo è un estetista? Che schifo. Potevi cercarti qualcun altro."
Aggrotto la fronte. "Ma che ragazzo?"
"Quello lì. Carson, Kristen, come si chiama."
Alzo gli occhi al cielo. "É Connor, per l'amor di Mimmo!"
"Mimmo?" Chiede dubbioso.
"Si. La vecchietta lo stava nominando prima, mi sembrava scortese non farlo." Dico tranquillamente.
"Ah."
Qualche secondo di silenzio.
"Comunque non c'è stato nessun appuntamento." Dico infine.
"Ti ha scaricata?" Ridacchia. "Dai, tranquilla, ci sono qui io. Posso conso- Ti sei rifatta le tette?"
"Ma che cazzo avete tutti con le mie tette?! No, sono made in America."
"Ah." Dice distrattamente. "Davvero? No, perchè qui c'è un-"
Lo interrompo. "Smettila di usare il mio telefono!"
"Tranquilla, le ho stampate, non puoi neanche denunciarmi per stalking." Ridacchia tranquillamente.
Aggrotto la fronte. "Hai stampato le mie foto?"
"Solo quelle di te in costume." 
"Ma c- Posso farlo anche io?" Inarco un sopracciglio e guardo il mio laptop attentamente.
"Sei sicura che dormirai bene avendo una foto di me senza maglietta a guardarti dalla parete?" Chiede ridacchiando.
"E chi dice che sarà una foto? E chi dice che sarà attaccata alla parete?"
Fa una pausa. "E dove dovrebbe stare?"
"Ecco, pensavo di fare un poster super gigante e incollarlo al cuscino, e magari premermi il cuscino sulla faccia e-"
"La, la, la, la, la!" Canta ad alta voce. "Non andare avanti! Non farlo!"
Scoppio a ridere. "Sei un idiota."
"Parla lei."
"Tu hai stampato le mie foto."
"Tu- Lasciamo stare."
"Appunto. Com'è stata la tua giornata?" Mi sdraio sul letto.
"Pessima, ma tu l'hai resa migliore."
"Aww, ma quanto sei dolce! Che cosa vuoi, Bieber?"
Ride. "Niente, sono serio."
"Ah. Che è successo?"
Sospira leggermente. "Sembra che Jelena non esista più."
"Eh? Che? Perchè?"
"Ho fatto una foto con una modella, e lei si è incazzata, essendo la donna matura di vent'anni che è." 
Rido. "Scusa, non volevo ridere."
"Oh, si, invece." Ridacchia.
"Ok, ma avevo in programma di ridere dopo aver riagganciato." Dico casualmente.
Sono una pessima bugiarda, olè!
"Ehi, posso chiederti una cosa?" Mi chiede serio.
"Sicuro. É una di quelle domande che dovrebbero spaventarmi a morte? Finirò ad occuparmi dei tuoi figli segreti nascosta in un bunker?"
Ride. "No. Spero."
"Spero di no per il bunker?"
"Spero di no per i figli segreti. Mi hai messo ansia." 
Rido. "Dai, domanda pure."
"Hai voglia di parlare un po'? Abbiamo i telefoni l'uno dell'altro e siamo praticamente sconosciuti."
"Parla per te, io so anche quanti anni avevi quando hai iniziato ad usare da solo il bagno!" Dico, fiera di me stessa.
"Imbarazzante..." Mugugna.
"Già." 
Facciamo qualche secondo di silenzio. 
"Beh, io non ti conosco."
"Mi chiamo Evelyn e ho il telefono di Justin Bieber in mano, e ancora non ho trovato la cartella delle tue foto nude." Sbuffo.
"Non ho cartelle con foto nude nel telefono!" Dice disperato.
"Allora ammetti che le hai da qualche altra parte!" Rido.
"Oh, non ho più voglia di parlare."
Rido. "Ok, scusa. Seri."
"Ok."
Facciamo qualche secondo di silenzio di nuovo.
"Justin?" Dico dolcemente.
"Dimmi."
"Mi piacerebbe che tu fossi una porta."
"Perchè?" Domanda curioso.
"Così potrei sbatterti tutto il giorno."
Tutututututututututututu.
Che maleducato!

E DOPO L'ULTIMA BATTUTA, posso andare a sotterrarmi tranquillamente sotto terra, perchè faceva pena D:
Siano dannati gli iPad per non avere l'HTML, così ho dovuto riscrivere il capitolo. 
Comunque, a parte questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
La frase per rimorchiare è vera...
L'ha usata uno con mia mamma o.O
Davanti a me.
Gli ho tirato la scatola dei fazzoletti del bar addosso.
Okay, me ne vado.
Sayonara, bellesse. :)

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Capitolo 5
*** Amerìga, Italìa e Australìa ***


Ho una domanda. É una cosa che mi inquieta abbastanza, non riesco proprio a togliermela dalla testa.
Perchè in una pubblicità la donna balla in tango in tanga?
Insomma, è una cosa che noi donne facciamo ogni giorno, giusto?
Uscite dalla doccia, ci stringiamo in un asciugamano e via due giri di tango e un casqué contro il lavabo.
Olè!
Ma perchè il tango in tanga, dai?!

É per caso uscita una nuova legge di cui non sono a conoscenza? Della serie: 'Tutte le donne presenti nelle pubblicità idiote devono mettersi il tanga e ballare!'.
Insomma, è stupido.
É come vedere Tom Cruise che scala il Khalif in mutande e con passi di tango.
Un, due, tre, casqué. Tre, quattro, cinque, olé.
É come vedere la gente che corre in mutande dietro al rotolone regina, e nel frattempo fa dei casqué e si rompono le gambé.
In poche parole: il mondo sta andando a puttane.
Non in senso che va a fare giri con le prostitue. Insomma, ben venga, ognuno è libero di far ciò che vuole.
Mi alzo dalla sedia e svuoto la ciotola di cereali nel lavandino, poi lavo la ciotola e la metto nella credenza, uscendo dalla cucina.
Raccolgo la borsa di scuola da terra ed esco di casa, dopo aver fatto aspettare Connor per circa venti minuti, dicendogli che dovevo vedere se in una delle pubblicità del Nespresso, potevano finalmente tirare quel dannato piano in testa ad Elisabetta Canalis e risparmiarci le sue penose scene nel film.
Connor mi sorride e mi da un abbraccio. "Buongiorno."
"Buongiorno." Dico, salendo nella sua bella Jeep metallizzata. "Bella macchina."

"Grazie." Sorride, mettendo in moto e partendo. "Sai guidare?"
"Ovvio." Annuisco. "Se per guidare intendi colpire tutti gli alberi di un vicolo senza mancarne neanche uno." 
Ride. "Sono doti anche quelle." Fa spallucce. "Potrei insegnarti."
"Vuoi davvero morire giovane?" Lo guardo. Cavolo, se è bello.
Ha un profilo che nemmeno Lachowski ha. Perchè Lachowski ce l'ha più bello, è chiaro.
"Ascolta, stavo pensando se ti andrebbe di uscire stasera, invece di domani." Mi dice tutto d'un tratto, e io soffoco con la saliva.
Cazzo, stavo sbavando.
"Eh?" 
"Usciamo stasera? Domani mia sorella ha una recita di classe e non posso mancare." Dice tranquillamente, girando un angolo e fermandosi al semaforo.
Annuisco leggermente. "Sicuro. Dove andiamo?"
"É una sorpresa." Sorride.
Sospiro. Ecco che si rovina l'immagine del mio ragazzo perfetto.
Ho una lista di tutte le qualità che deve avere il mio ragazzo.
1: deve essere figo. Lo è.
2: deve essere spiritoso. Lo è.
3: deve vestirsi bene. Lo fa.
4: deve praticare qualche sport. Lo fa.
5: deve esistere. Minchia, se esiste.
Mi sventola una mano davanti al viso e io mi riprendo. "Si, le magliette con le maniche corte!" Gli sorrido.
Inarca un sopracciglio e trattiene un sorrisetto divertito. "Le magliette con le maniche corte?"
"Si." Indico la sua maglietta. "Ne stai indossando una. Molto carina. Gucci?" Sorrido.
Scuote la testa e parcheggia. "No, Hollister."
E che palle, oh.
Usciamo dall'auto e ci dirigiamo verso la scuola. Mi sento come Bella quando è uscita dall'auto di Edward.
Tutti gli occhi sono su di me.
Ci manca solo che Connor mi metta il braccio intorno alle spalle e con un accento sexy mi dica: 'Se devo proprio andare all'inferno, tanto vale andarci in grande stile.'
Sento un braccio intorno alle mie spalle e sobbalzo. "Ehi, Perlana!"
Sbuffo. "La smetti di chiamarmi così?" Spingo via Chad e lui ride.
"Io vado. Passo a prenderti alle sette." Connor mi bacia la guancia e sorride, andandosene.
"Noo!" Allungo una mano teatralmente appena si allontana, e Chad ridacchia. "Cosa ridi, che l'hai mandato via tu." 
Fa spallucce. "Fa niente, ora ci sono io. Sono un ottimo sostituto. La sai la nuova barzelletta?"
"Ti prego, illuminami." Dico sarcastica. Raggiungiamo il mio armadietto e Chad si appoggia a quello accanto.
"Cosa fa un ago in un pagliaio?" Mi chiede allegramente, mentre metto tutto il mio impegno nel cercare di tirare fuori il libro di Inglese.
"Um, non..." Tiro il libro. "Lo..." Gli do un altro strattone. "So!" Perdo l'equilibrio e cado per terra, mentre il libro mi cade tranquillamente in testa e finisce sul pavimento.
Chad scoppia a ridere. "Sei un caso perso, Perlana." Mi aiuta ad alzarmi e mi porge il libro, mentre io mi pulisco i pantaloncini.
"Allora, che fa l'ago?" Chiudo l'armadietto con un tonfo sordo e ci incamminiamo.
"Niente!" Sorride, poi scoppia a ridere. "Sai, perchè l'ago nel pagliaio non fa niente. Insomma, cosa può fare?" Mi da una pacca sulla schiena e a momenti mi fuoriesce il pancreas dal naso.
"Molto divertente." Sorrido. "Ma ora vado. Sai, Francese, la baguette, le lumache." Entro nella prima classe che trovo e mi chiudo la porta alle spalle.
Tiro un sospiro di sollievo e mi giro, trovando un ragazzo nudo disteso sulla cattedra e un gruppo di studenti intendi e dipingerlo.
Spalanco gli occhi. "Cavolo!" Borbotto. "M- Mi dispiace, io... Ho sbagliato classe." Riapro la porta ed esco.
Fuori trovo Chad ad aspettarmi, ridendo contento. "Ma non era una battuta stupenda?!"
Alzo gli occhi al cielo e me ne vado, lasciandolo lì a dare pacche alla gente che passa.

Giro le pagine del giornalino per bambine che ho preso da mia sorella di 23 anni e mi passo la lingua sulle labbra, pensando e ripensando a cosa potrei mettermi.
Ecco perchè voglio sapere dove mi portano i ragazzi.
Porca troia, non c'è niente di bello nelle sorprese, lo volete capire, ragazzi?
Una ragazza deve avere il tempo giusto per prepararsi, avere un bell'aspetto, magari anche adatto all'occasione e al posto dove andrete.
Invece no. 
I ragazzi si preparano bene e finisce che si va al Polo Nord con la ragazza vestita in minigonna e tacchi.
La solita sfiga.
Getto il giornalino sul letto e sbadiglio, finchè un sassolino non mi colpisce la guancia.
Mi metto a sedere e guardo il lampadario sopra di me. Non può essere stato questo. Insomma, è una lampadina, altro che lampadario.
Mi alzo e vado alla finestra, massaggiandomi la guancia con la mano. "
Guarda come appoggia la guancia su quella mano! Oh! Foss'io un guanto sopra la sua mano, per poter toccare quella guancia!"
Scuoto la testa alla vista di Chad. "É estate e io non porto i guanti. Che ci fai qui?"
"Vuoi uscire?" Sorride, iniziando ad arrampicarsi sull'albero. "Oh, Giulietta, Giulietta, perchè sei tu, Giulietta?"
"Per me Giulietta è la macchina di Uma Thurman, e questo basta." Gli faccio spazio per farlo entrare dalla finestra. "Come sai dove abito?"
"Ti ho seguita." Fa spallucce e si butta sul letto, osservano la pila di vestiti che avevo innalzato sul tappeto. Mi da un'occhiata confusa.
"Devo uscire con Connor e non so cosa mettermi." Faccio spallucce tranquillamente e mi siedo sulla poltrona.
"E per questo leggi i giornalini?" Alza il mio giornalino con sguardo divertito.
"Senti, non sono fatti tuoi." Glielo prendo di mano e lo lancio nell'armadio, chiudendo le ante. "Allora, che c'è?"
"Usciamo?" Si mette a sedere e incrocia le gambe.
"Ma ti ho appena detto che esco con Connor." Gli lancio un'occhiata stranita e mi alzo dalla poltrona, andando a recuperare i vestiti dal pavimento. 
"Allora ti aiuto a scegliere cosa mettere. Conosco Connor meglio di quanto conosca battute. A proposito, vuoi sentirne una?"
"Basta che nel frattempo mi aiuti a scegliere." Annuisco.
Si alza dal letto e si ferma accanto a me, iniziando a rovistare tra i miei vestiti. "Ecco, è una barzelletta un po' sporca." Dice infine.
"Ok." Incrocio le braccia.
"Pierino è caduto nel fango." Getta la testa all'indietro e scoppia in una fragorosa risata.
Vado ad aprire la finestra. "Fuori dalla mia camera."
Ridacchia ed esce. "Oh, dimmi com'è andata. Io suggerisco il vestito rosso."
"Si, così poi assomiglio a Pamela Anderson."
Chad mi guarda il seno. "Hai le tette rifatte?"
Chiudo la finestra e torno al letto, buttandomici sopra.
"É quel figone del tuo marito immaginario con cui avrai 3 figli che chiamerai Amerìga, Italìa e Australìa, rispondi e di' qualcosa di intelligente!"
La suoneria del telefono di Justin - ovvero la mia voce registrata - mi fa alzare di colpo dal letto.

Corro a prendere il telefono e inciampo nei vestiti, cadendo rovinosamente a terra.
Sono una frana. Sblocco il telefono.
"Ciao figone di marito immaginario con cui avrò 3 figli che chiamerò Amerìga, Italìa e Australìa." Dico tutto d'un fiato.
"Di' qualcosa di intelligente!" Le palle, eh?
"Ciao pazza scriteriata che dovrò vedere domani per riavere indietro il mio telefono e con cui non avrò assolutamente figli perchè ho appena sbattuto i miei gioielli contro la scrivania." Dice tutto d'un fiato anche lui.
Rimaniamo in silenzio.
"Aspetta, ti richiamo e iniziamo la conversazione in modo intelligente. Affaro fatto?" Suggerisce.
"Dai." Stacchiamo la chiamata e faccio in tempo ad alzarmi dal pavimento che il telefono suona nuovamente.
"Eccoci qui. Come stai?" Chiede casualmente.
"Ho un bernoccolo in fronte e devo uscire con Connor tra meno di un'ora. Non ho un vestito, non ho le scarpe, non ho un... Cazzo."
"Meno male che non ce l'hai." Ridacchia divertito. "Ho un'idea. Hai il computer con la webcam?"
"Ovvio, vivo nel 2012." Alzo gli occhi al cielo e prendo il computer.
"Simpatica lei. Vai su Skype, ti aggiungo io. C'è il tuo contatto nel telefono." Riattacca prima che possa dire qualcosa.
Antipatico, il ragazzo.
Qualche minuto dopo accetto la sua richiesta su Skype e andiamo in webcam.
Spalanco la bocca. "Facciamo l'amore in tutti i modi, in tutti i luoghi e in tutti i laghi con l'universo che ci insegue?" Chiedi di getto, venerando i suoi pettorali.
Senza. Camicia. Senza. Camicia. Senza. Camicia.
Scoppia a ridere e collassa sul letto, tenendosi la mano sul petto.
"Stronzo, mi stai bloccando la visuale!" Mi lamento.
Si rimette seduto e continua a muoversi in preda ad attacchi di ridarella. "Ciao anche a te."
"Psh, io sono più creativa." Faccio spallucce. "Che dob- Mi fai vedere cosa vedi fuori dalla finestra?"
Si alza e prende il computer, andando alla finestra. Vedo una distesa d'oceano. Porca carota.
Torna a sedersi. "Allora, passiamo alle cose importanti."
"Che sarebbero?" Sorrido speranzosa. "Se proprio vuoi, puoi toglierti anche i jeans."
Scuote la testa disperato. "Sono capitato con una pazza, perfetto."
Ridacchio. "Dai, che cosa dobbiamo fare?"
"Provati i vestiti e io ti dico in quale stai meglio." Dice, mettendosi seduto sul letto.
Oh. Mi alzo e prendo un vestito qualunque, sparendo in bagno. Mi cambio e torno fuori, mettendomi davanti allo schermo del computer.
Justin aggrotta la fronte, poi scuote la testa. "No, sembri una banana."
"Sempre al sesso pensi." Scuoto la testa e torno in bagno con un altro vestito, sentendo Justin ridere.
Torno fuori. "Ecco, ora sembri un asparago. Si può sapere dove hai preso un vestito verde così?"
"Veramente a me piace..." Guardo il vestito che ho addosso.
"Se tu ti sdraiassi sul prato con quel vestito, la gente non si accorgerebbe della differenza tra il tuo vestito e l'erba."
Gli mostro il dito medio.
Dopo circa 45 minuti, Justin sceglie un vestito bianco con una gonna larga che mi arriva alle ginocchia.
Eh, vabbè.
Se piace a lui, va bene.
"E ai piedi che mi metto?" Gli chiedo, saltellando intorno per trovare le scarpe.
"Se è alto come me, puoi metterti i tacchi." Dice sicuro di sè.
Mi fermo e lo guardo. "Ma se sei alto come un nano da giardino, Justin!"
Sbuffa e incrocia le braccia. "Grazie."
Sorrido. "Ok, niente tacchi." Mi guardo intorno.
Scelgo un paio di ballerine bianche.
Sembro un tubetto di panna montata.
Sospiro mentre mi guardo allo specchio. "Penserà che un gigante mi ha tirato una palla di neve addosso."
Justin ride. "Ma no."
Il telefono di casa suona e prendo la cornetta dal mio comodino. "Sììì?" Chiedo.
"Sono sotto casa tua, esci." Dice Connor.
"Ok." Riattacco e prendo un bel respiro. "É quì, è quì, è quì, è quì!" Saltello in tondo e Justin mi fissa scioccato.
"Tutte le ragazze reagiscono come te?" Chiede infine.
"No, se una ragazza deve uscire con te, allora urla, inciampa, cade, sviene, si sveglia, urla, inciampa, cade, sviene e così via." Sorrido e prendo la borsa dal letto. "Allora, come sto?"
"Sei perfetta." Sorride.
"Bene." Annuisco. "Divertiti, e non sbattere i tuoi gioielli contro niente."
"Tu non tradire i miei gioielli con i suoi. Ricordati che dobbiamo avere tre figli." Sorride casualmente
Scuoto la testa e lo saluto con la mano. "Ciao." Sorride e spengo il computer, uscendo dalla stanza e andando al piano di sotto.
Jimmy mi blocca davanti alla porta d'ingresso. "Eve, hai 17 anni, penso che tu sia grande abbastanza-"
"Mia sorella aveva 18 anni quando l'hai sverginata e le hai messo in grembo una figlia." Dico velocemente.
Mi guarda per un po' per poi spostarsi dalla porta. "Divertiti!"
Esco fuori e vedo Connor aspettarmi appoggiato alla Jeep.
Prendo un respiro e vado verso di lui, con il miglior sorriso che posso fare.

"Noo, ho paura dell'altezza, non voglio salire sulla ruota paronamica. Non voglio." Metto le radici nel terreno appena Connor cerca di tirarmi verso la ruota panoramica.
"Dai, ci sarò io, e abbiamo Tiziano." Mi mostra il panda che abbiamo vinto alle macchinette. "Dai, al massimo cadiamo e ci sfracelliamo a terra, niente di così tragico."
Spalanco la bocca. "Ma devo sposarmi e avere tre figli con Justin Bieber!" 
Ride e mi tira fino all'entrata della ruota. Ci sediamo e lui chiude la porticina, mettendomi il braccio intorno alle spalle.
"Lily mi ha chiesto se puoi portare Grace alla sua recita, domani." Mi chiede inaspettatamente, quando siamo quasi in cima alla ruota.
Affondo il viso nel suo collo e chiudo gli occhi. "No, ha la visita dal dottore, non si sente bene."
"Che ha?" Chiede.
"Ha ingoiato pezzi di carta igienica mentre e sta passando giorno e notte in bagno." Faccio spallucce e lui ride.
"Interessante." 
"Non ridere di mia nipote e del suo cervello di cinque anni." Gli do un colpo leggero sul braccio e mi allontano, guardando fuori. "Oh, mio Dio. E se cadiamo? Sei sicuro che queste funi reggono? E se la cabina si rompe? E se-"
Mi interrompe con un bacio e io spalanco gli occhi, allontanandomi di colpo e facendo muovere la cabina. "Tutto bene?" Chiede preoccupato.
"Io? Sì. Tu?" Mi gratto leggermente la testa.
Sorride incerto. "Ecco, ti stavo baciando e ti sei allontanata come se ti avessi accoltellata..."
"Scusa." Scuoto la testa. "Ecco, io... Non me l'aspettavo. Mi piacerebbe sclerare ancora un po', posso?"
Ridacchia. "Come vuoi." 
Annuisco e sto in silenzio, guardando fuori dalla finestra.
All'improvviso la ruota si blocca e io infilo le unghie nel braccio di Connor. "Perchè si è fermata? Si è rotta? Le funi stanno per rompersi, vero? Oh, mio Dio."
Mi accarezza il braccio dolcemente. "Si ferma sempre, è per farti vedere il paesaggio."
"Non voglio vedere il paesaggio!" Sbotto nervosamente, cercando di stare il più ferma possibile.
Cosa abbastanza difficile, visto che mi tremano anche i peli del naso.
Connor ride tranquillamente e scuote la testa. "É uno degli appuntamenti più belli che abbia mai avuto."
"Parla per te, io rischio di morire d'infarto." Borbotto piano, passandomi i palmi delle mani sulle gambe. 
Me lo sento, sto per morire.
Magari una bomba verrà lanciata direttamente sulla ruota panoramica, oppure i Palestinesi decidono di fare un altro attentato terroristico contro di noi.
Sono sicura che è perchè ho parlato male di loro in terza media.
Ma sono cose che capitano! Avevo un'interrogazione per cui non avevo studiato e avevo sentito al telegiornale che i Palestinesi avevano ammazzato un gatto, così me la sono presa con loro e sono uscita con 8!
"Eve, mi stai bloccando la circolazione." Mi dice piano Connor, e noto che gli sto stringendo la mano viola.
"Scusa." Lascio la presa e la ruota ricomincia a girare.
Tiro un sospiro di sollievo e non mi muovo fino a quando non scendiamo.
"Vuoi mangiare qualcosa?" Ridacchia lui, mettendomi il braccio intorno alle spalle.
Scuoto la testa. "Veramente dovrei tornare a casa, domani devo svegliarmi presto."
"Ma domani non c'è scuola." Aggrotta la fronte mentre ci avviamo verso la sua auto.
"Lo so, ma devo fare delle cose in città e..." Faccio spallucce, sperando che non scopra che è tutta una presa per il culo.
Annuisco tranquillamente e mi apre la portiera dell'auto. "Come vuoi."
Sale in macchina e parte. Qualche minuto dopo siamo a casa mia. 
Mi accompagna fino all'ingresso e appoggia la mano sullo stipite della porta.
"Allora..." Comincia.
Ecco le solite scene da film, giusto?
"Senti, se vuoi baciarmi, fallo. Non ho voglia di aspettare qui dieci minuti sapendo come andrà a finire." Faccio spallucce e lui ride.
"Non mi spingerai via di nuovo?" Chiede.
"No." Scuoto la testa.
Preme le sue labbra sulle mie dolcemente e mi circonda la vita con le braccia, avvicinandomi a lui.
"Ora di rientrare!" Jimmy apre la porta e io e Connor ci allontaniamo di scatto.
"Allora si, i tuoi denti sono perfettamente dritti." Mi sorride Connor.
"E dovevi passarle la tua lingua sui denti per scoprirlo?" Jimmy alza gli occhi al cielo e mi prende la mano, tirandomi in casa. "Buonanotte." Chiude la porta.
"Jimmy!" Lo guardo sconvolta.
"Lui non va affatto bene per te!" Dice, prima di tornare in salotto e lasciarmi lì come una cogliona.
Se lo sa lui...

JUSTIN HA VINTO TUTTI E TRE GLI AWARDS HUDFFIISENFODIUFJS
E Selena è venuta a rovinare tutto c:
Comunque, saltando alla storia.
Spero il capitolo vi sia piaciuto, l'ho scritto di fretta perchè mia madre mi ritira il computer e lo riavrò solo con Grazia di Dio.
Ora sparisco, grazie a tutteeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee quelle che recensiscono.
Siete sdjhfgsdhbifdj. 

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Capitolo 6
*** Gli Eschimesi sono persone passionali ***


Sto entrando in fase zen.
Quella fase in cui entri solo quando hai 50 anni, sei madre di sette bambini, ognuno del quale fa parte di una setta che spaccia droghe ai bambini dell'asilo, e allora sei costretta a chiudere un occhio, e magari anche l'altro, ed entrare in casa e urlare che è pronto il minestrone.
Quella fase in cui entri solo e solo se sei costretto dalle esperienze terrificanti della vita, come quando esci di giorno e scopri solo quando rientri in casa che hai avuto un calzino blu e uno giallo tutto il tempo.
É una di quelle fasi di cui tutti hanno paura, come i mariti il giorno in cui la moglie partorisce, che rimangono in sala d'attesa ad aspettare e camminare avanti e indietro, scuotendo per le spalle ogni malcapitato che passava di lì per caso.
Prendo dei bei respiri mentre controllo l'ora sull'orologio appeso alla parete della cucina. 3.49 di pomeriggio.
Justin ha detto che sarebbe venuto verso le 4, e sono qui ad aspettarlo dalle 2, sperando in chissà quale miracolo.
Ho cercato su Google la sua nuova macchina: una Ferrari.
La fine che hanno fatto le altre macchine nessuno lo sa. Si sono disperse, sono finite in un universo parallelo e si stanno abbuffando di pollo, altro che benzina.
Mi immagino il rombo del motore della macchina per le strade silenziose di Toluca Lake, come scatenerebbe la curiosità e l'invidia dei miei vicini, soprattutto di quella vecchia stronza che da quando è inciampata sul suo chiuaua, ogni volta che mi vede mi spruzza acqua santa addosso e col gessetto mi disegna un cerchio bianco intorno. 
Controllo l'ora di nuovo. 3.51. Eh, minchia, però. Così non vale.
Gli do ancora due minuti prima di alzarmi da questa sedia, prendere una valigia, trasferirmi in Messico, cambiare il nome in Abelardo e darmi allo spaccio di numeri di celebrità per le stradine.
Però lì fa caldo. Dovrei portarmi dietro lo scoiattolo che fa le puzzette che spengono gli incendi delle foreste, ecco.
Il campanello di casa suona e mi fiondo fuori dalla cucina. Mi sistemo bene i capelli e apro la porta, trovandomi davanti Justin Drew Bieber, il ragazzo bianco del Canada, bambino scoperto su YouTube e passato da adorabile creatura innocente a una divinità scopabile in modi che sarebbero illegali in tutti i 51 stati d'America.
Mi passa la mano davanti al viso più volte, mentre io resto immobile ad immagazzinare i lineamenti del suo volto, perfettamente scolpito da chissà quale bastardo che non ha dato la possibilità di essere figa anche a me.
Solo perchè non sono Canadese, scommetto!
"Eve?" Tenta Justin.
Ah, che suono soave sento provenire da quelle labbra.
Sarebbe considerato stupro se lo incatenassi al letto nudo e mi facessi la famosa cartella porno da sola?
"Eve?"
Non avere pensieri perversi. É illegale, è peccato capitale.
Mi arriva uno schiaffo in faccia e mi premo la mano sulla guancia di scatto, guardando Justin in cagnesco. "Ma che problemi hai?!"
"Mi stavi esaminando a raggi x!" Si giustifica, entrando in casa e dirigendosi verso la cucina.
Prego, fai pure come se fossi a casa tua. Chiudo la porta e lo seguo.
Justin si siede sullo sgabello dove ero seduta prima io e io scuoto la testa. "No, quello è mio."
Mi lancia uno sguardo divertito. "Sei una di quelle?"
"Di quali?" Inarco un sopracciglio mentre cerco di farlo scendere.
"Quelle che hanno i posti fissi a tavola." Dice tranquillamente, passando il dito sul bancone di granito.
Faccio spallucce e riprendo il mio bicchiere pieno di succo d'arancia. "No, ma questo sgabello è verde e a me piace il verde."
Annuisce. "Ok, allora."
Sorrido mettendo giù il bicchiere. "Allora, qual buon vento ti porta qui?"
Sorride altrettanto allegramente. "Passavo qui dopo 16 ore di aereo e pensavo di entrare qui a fare un giro." 
"Interessante." Vado al frigo. "Hai sete?"
"No, ma ho fame. Andiamo a pranzo?" Chiede, alzandosi dallo sgabello giallo.
"Sono le 4..." Lo guardo confusa.
"Ok, allora andiamo a cena." Mi sorride e si avvia fuori dalla cucina.
Resto immobile a fissare il suo... Come vogliamo chiamarlo? Chiamiamolo Tom. 
Qualcosa mi colpisce la spalla e mi rianimo, vedendo Justin ridere. "Andiamo!" Apre la porta e mi fa cenno di uscire.
Eseguo l'ordine e richiudo la porta alle nostre spalle.
"Dov'è la macchina?" Chiedo, immaginandomi come ci si debba sentire importanti a bordo di una Ferrari.
Specialmente se è di Justin Bieber.
"Niente macchina, andiamo in moto." Spiega, incamminandosi verso una Ducati nera e rossa parcheggiata proprio davanti a casa mia.
Non mi muovo di un millimetro mentre fisso la moto. Mia mamma ha avuto un incidente in moto qualche anno fa, e da quel giorno, almeno tre volte a settimana ha delle crisi epilettiche che nemmeno la bambina di L'esorcista ha.
"Vieni?" Justin mi porge il casco da lontano e mi mordo il labbro.
"Ecco, io... Non penso sia una buona idea, sai?" Dico, facendo spallucce.
Ride. "Hai paura?"
"No!" Mi affretto a dire, facendo una risatina nervosa. "Ecco, quella moto è... É... Mi ricorda quella del mio ex! Dove abbiamo, um, consumato il nostro rapporto. E dove mi ha tradita con la mia migliore amica."Butto lì, per poi darmi schiaffi mentali senza sosta. 
Sono un caso perso.
Inarca un sopracciglio. "Avete fatto sesso su una moto?" Chiede dubbioso.
Faccio spallucce e dondolo un po' sul posto. "Sì."
"E com'è?" Appoggia i gomiti sul manubrio e mi guarda interessato. "Cioè, è comodo? Non avevate freddo?"
"Sai, in momenti come quello, non penso si possa avere freddo. Ecco perchè gli igloo si sciolgono dopo un po'. Si dice che gli Eschimesi siano persone passionali!" Tento un sorriso e lui mi guarda divertito, trattenendo una risata. 
Ci guardiamo per un po' in silenzio, finchè non sbuffo. Stronzo. Lo fa apposta.
"Va bene, mi sono inventata tutto, andiamo." Lo raggiungo e gli prendo il casco dalle mani, mettendomelo in testa e allacciandolo sotto il mento. 
Justin sale sulla moto e mi prende la mano, aiutandomi a sedermi dietro di lui.
Mi aggrappo a lui prima ancora che sia riuscito a mettere in moto, come se da lui dipendesse la mia vita.
E in un certo senso è così.
"Eve?" Justin allenta la mia presa intorno alla sua vita.
"Dimmi." Borbotto incerta, infilando le unghie nella sua giacca di pelle. "E non morire!"
Ride. "Ci sono più probabilità che tu mi uccida stringendomi così, che mi uccida un qualsiasi incidente che potremmo fare." Dice, mettendo in moto e partendo, mentre io mi trasformo in uno di quei tibetani con sei braccia e mi aggrappo a lui anche con le costole.

Prendo dei bei respiri mentre Justin ordina quello che vuole mangiare.
Abbiamo quasi preso in pieno un albero.
Abbiamo quasi investito un coniglio.
Abbiamo quasi sbandato contro un'altra moto.
Ci è quasi crollato sopra un ponte.
Justin mi guarda e ridacchia. "Cosa mangi?" Chiede tranquillamente, come se poco prima non ci fossimo trovati quasi in punto di morte.
Il cameriere mi guarda scocciato, probabilmente perchè abbiamo anche rischiato di rompere una vetrina del ristorante quando Justin mi ha convinta a provare a frenare.
Invece di muovere il freno, ho mosso l'acceleratore, e la moto è partita con uno scatto.
"I tacos vanno bene." Do il menù all'uomo e finalmente se ne va, imprecando sotto voce.
Justin sorride, giocando con la forchetta che ha accanto al piatto. "Stai bene?"
Lo guardo in preda a una crisi di nervi. "Siamo quasi morti e tu mi chiedi se sto bene? Abbiamo quasi ucciso un coniglio con il rischio di avere mezzo mondo di animalisti a rincorrerci con forconi e tu hai il coraggio di chiedermi se sto bene?!"
Fa spallucce tranquillamente. "Tu mi stringevi a morte. Dovevo liberarmi in qualche modo."
"Potevi dirmi di lasciarti andare!" Dico disperata, prendendo un pezzo di pane e infilandomelo in bocca, masticando velocemente.
"Te l'ho detto 34 volte! 34! Sai cosa vuol dire? Vuol dire che te l'ho detto ogni minuto della corsa!" Ride e scuote la testa.
Rimaniamo un po' in silenzio mentre io rilascio la mia rabbia sulla mollica di pane.
"Com'è andato l'appuntamento?" Mi chiede infine, mettendosi seduto composto.
Scuoto la testa. "É stato orribile. Mi ha portata sulla ruota panoramica!"
Spalanca la bocca con fare teatrale. "Ma non mi dire! Cazzo, si merita l'ergastolo!"
Gli lancio la tovaglietta addosso e ride. "Ho paura dell'altezza. E proprio in cima la ruota si è fermata. Lui continuava a dirmi che era per far vedere il paesaggio, ma io lo so." 
Socchiude gli occhi e mi imita, ovvero si sporge verso di me sul tavolo. "E cosa sai?"
Oh, merda. Il suo respiro sa di zucchero filato! Oh, mamma.
"Uh... Che... La... Ruota aveva... Problemi." Balbetto piano.
Sorride. "Che problemi?"
E vaffanculo, mica so tutto, io.
"Problemi di... Manutenzione." Borbotto.
Qualcuno si schiarisce la voce davanti al nostro tavolo. "Scusate? Il riscaldamento funziona, non c'è bisogno di creare situazioni bollenti."
Justin e io spostiamo lo sguardo sul cameriere di prima, che tiene in mano i nostri piatti e ridacchia piano.
Ci sediamo normalmente e il tipo mette il cibo sul tavolo. "Buon appetito."
Lo ringraziamo allo stesso tempo e se ne va, poi torna e ci spettina i capelli, andandosene.
Rimaniamo a guardarlo finchè non sparisce in cucina, poi cominciamo a mangiare, praticamente in silenzio.

Barcollo un po' appena scendo dalla moto e Justin ride, aiutandomi.
"Grazie." Mi sistemo la frangia e tiro un sospiro di sollievo. "Non salirò mai più su una moto."
"Che peccato." Sospira piano.
"Eh?" Lo guardo.
"Pensavo di portarti alla fiera questa Domenica." Fa spallucce. 
"Per... Per che cosa? Cioè, perchè?" Oh, ma minchia. Devo smetterla di balbettare.
"Per prenderti le altre cover con la mia faccia." Ride, tirando fuori dalla tasca dei jeans il mio telefono e porgendomelo.
Guardo la mia cover. Minchia!
C'è la faccia di Justin sul serio.
Oh, mio Dio.
Lo prendo con non chalance e gli do il suo. "Spero non ti dispiaccia se ho preso il numero di Chris Brown."
Spalanca la bocca. "Sì, invece! Ti prego, non rapirlo."
Ridacchio e gli do una leggera spinta, facendolo finire contro la moto. "Scemo! Lo farei solo con te, non ti tradisco così."
Ride e la stronza con chiuaua ci passa accanto.
Appena mi vede spalanca gli occhi e si mette a rovistare nella borsetta, mentre il topo che si porta appresso va a sbattere contro un albero.
La vecchietta tira fuori la bottiglietta dell'acqua santa e me la versa tutta addosso, incrociando le dita. "Signore nostro, che sei nei cieli, santifica il suo nome!" 
Justin assiste alla scena con la bocca semi spalancata, mentre io sospiro e mi asciugo la faccia.
La pazza si inginocchia ai miei piedi e inizia a disegnare il solito cerchio col gessetto, facendo sì che Justin ne rimanga fuori.
Si alza velocemente, pulendosi i pantaloni, e si gira verso Justin. "Stai attento, ragazzo!"
Mi tira la bottiglietta dell'acqua santa addosso e raccoglie il chiuaua, correndo via da dove era venuta.
Justin mi guarda sconvolto. "Che cosa..."
Gli faccio cenno di lasciar perdere. "Pensa che sia indemoniata."
Inarca un sopracciglio, un'espressione confusa che gli si legge benissimo in faccia. "Perchè?"
"Perchè una volta, parlando con te, ho urlato, e lei pensa stessi invocando Satana." Faccio spallucce. "Comunque, devo andare."
Annuisce. "Allora, per la fiera?"
"Sei sicuro di voler uscire con una indemoniata?" Lo guardo, socchiudendo gli occhi.
Ride e si stacca dalla moto, abbracciandomi. "Sicuro. Passo a prenderti alle 5."
"Ok. Ricordamelo, però." Mi allontano e vado verso casa, aprendo la porta.
Justin parte e io mi trascino fino al piano di sopra. Tiro fuori il mio telefono e controllo le chiamate.
Rispondo a tutti i messaggi che mi hanno mandato e ne mando uno a mia mamma, dicendole che sto benone.
Una notifica spunta fuori dal calendario.
Fiera con Justin. Alle 5. ;)
Ah, aveva già calcolato tutto.
E beato lui.
Adesso con chi andrò su Skype per farmi consigliare cosa mettere?
Sospiro e mi stiracchio, chiudendomi in bagno e facendo partire l'acqua nella doccia.
Mi guardo allo specchio e noto che l'acqua santa mi ha fatto colare tutto il mascara.
Quella stronza.
Stanotte le lego il cane all'antenna della TV e lo sventolo come una bandiera!

HELLOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO. ._____.
Como estas? :3
Ok, avete avuto un capitolo pieno di Jevelyn, o come volete chiamarli D:
Spero vi sia piaciuto, mdbjsh.
Sparisco. Evaporo.
Grazie a todossss per le recensioni, come al solito, e per tutti i preferiti e seguiti.
Jaskjkfsdfhg.
:)


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Capitolo 7
*** Se Justin fosse un bagnino ***


«Ciao, bellissima.» Connor mi affianca e mi bacia una guancia, per poi prendermi i libri di mano. «Te li porto io.»
Che cazzata, odio quando i ragazzi iniziano a fare i gentiluomini che non sono.
Mi riprendo i libri e accenno un sorriso. «Vado dalla parte opposta della scuola e...» Mi guardo intorno e scorgo la pazza, così la prendo sottobraccio. «E poi io e Serena dobbiamo parlare.»
Serena mi da un'occhiata confusa, ma grazie a non so quale Dio capisce e annuisce velocemente. «Già. Sai, balli, mestruazioni, cose da ragazze.»
Connor alza le mani in segno di resa. «Come volete. Allora ci vediamo dopo.» Mi bacia la guancia e si allontana, lasciando me e Serena lì.
«Grazie.» Lancio un sospiro di sollievo e lei ridacchia. 
«Ti ha già stufata?» Mi chiede, seguendomi lungo il corridoio verso la classe di Inglese.
«No, è che ieri mi ha tempestato di chiamate per chiedermi se poteva venire a casa mia, e quando non gli ho risposto si è presentato alla mia porta con cioccolatini a forma di cuore e un pupazzo che gracchiava "Ti voglio bene".» Mugugno, alzando gli occhi al cielo.
Lattuga ride e scuote la testa. «Io l'ho sempre detto che i ragazzi portano solo guai. Sempre e solo guai.» Afferma poi, facendo spallucce e aprendo la porta della classe.
Ci sediamo in fondo e tiriamo fuori le nostre cose.
Beh, dipende che ragazzi.
Ad esempio Bieber non porta guai, se quei guai non si chiamano paparazzi che ti seguono fino a casa e ti chiedono la misura di Jerry, e quando non rispondi ti punzecchiano con qualche rametto per vedere se sei uno zombie che cammina.
Che palle, sono arrivata a casa piena di punture violacee e mia sorella ha pensato avessi la lebbra, quindi ha segregato Grace in camera sua e non l'ha fatta uscire neanche per andare in bagno, poi ha lavato i miei vestiti cinque volte.
«Signorina Richards, potrebbe dirmi cosa trova di tanto interessante sulla mia faccia?» Chiede il professore, e la risata generale della classe mi riporta alla realtà.
Oh, merda. Stavo fissando il prof ultra cinquantenne? Perfetto.
Apro la bocca per dire qualcosa di intelligente. Sorprendimi, cervello. 
«Scusi, è che trovo il suo taglio di capelli molto interessante. É esotico.» Accenno un sorriso, prima di rendermi conto dell'immensa figura di merda che ho fatto.
É pelato.
L'uomo scuote la testa e va a prendere un foglietto, ci scrive sopra qualcosa e me lo porge, così mi alzo e vado a prenderlo, leggendo a caratteri cubitali 'PUNIZIONE, EVELYN RICHARDS'.
Sbianco. «Non può mandarmi in punizione! Questo corso mi serve, non so un cazzo della letteratura Inglese!»
Il professore si toglie gli occhiali dal naso e incrocia le braccia, guardandomi perplesso. «Lei ha un bel caratterino, signorina. Mi piace.» Annuncia poi.
Arriccio il naso. «Scusi, ma lei è troppo vecchio per me e sono... Sono... Sono lesbica. La mia ragazza è seduta accanto a me.»
Indico Serena e tutti si voltano, compresa lei, ma poi si rigira notando che non c'è nessuno dietro. Si indica leggermente e fa una risativa nervosa.
«Sì, siamo molto innamorate... É davvero adorabile.» Mi lancia un'occhiataccia e io le sussurro 'Scusa' a bassa voce.
«Basta così, per oggi. Richards, se la becco distratta ancora un volta, questo foglietto sarà la sua condanna.» Mi avverte, prima di posarlo sulla cattedra.
Torno al mio posto e Serena mi da un colpo sul braccio. «Ma sei impazzita?!» Quasi urla.
Mi massaggio il braccio con una smorfia. «Che hai al posto delle mani, un piede di porco?»
Alza gli occhi al cielo. «Smettila di trascinarmi con te nei tuoi casini.»
«E tu fatti una tinta normale.» Borbotto, cominciando a scrivere.
Mi imita, e dopo poco sbuffa. «Io non sono lesbica.»
«Ah, no?» Giro una pagina del quaderno.
«No. Ho dichiarato guerra alla specie femminile e maschile molto tempo fa.» Dichiara, porgendomi un foglietto. «Dovresti venire questa Domenica, c'è il raduno del nostro gruppo.»
Mi rigiro il foglietto verde tra le mani. «Siete tipo una setta o qualcosa del genere? Bevete sangue umano? Uccidete cani? Perchè io avrei una specie di topo che continua a fare pipì sui fiori di mia sorella, quindi se vi servisse un cane, io ce l'ho.»
Mi guarda con la bocca spalancata. «E poi sono io quella che soffre di instabilità mentale.» Dice infine, tornando a scrivere.
La guardo per un po', poi le picchietto la spalla. «Ma se non stai con un ragazzo, nè con una ragazza... Con chi stai?»
Fa spallucce tranquillamente. «Sto aspettando che il mio criceto risorga.»
Sposto la mia sedia lontano dalla sua e prendo le mie cose.
Questa è pazza.

Prendo un bel respiro prima di tuffarmi.
Ecco una delle cose che odio di più di Los Angeles: il traffico.
Ma non il traffico leggero, dove non fai in tempo a controllarti il trucco nello specchietto che non hai più macchine davanti.
No, quello pesante, dove puoi fare i sudoku e ancora sei lì, sempre allo stesso punto.
«Muoviti, porca troia!» Sbraita Jimmy, suonando il clacson diverse volte.
Vedo Vanessa che scuote la testa. «Jim, anche se si muove lui, c'è comunque una fila davanti.»
«Non mi parlare se non vuoi uscire dall'auto e farti l'autostrada a piedi.» Borbotta lui, leccandosi le labbra per la millesima volta.
Guardo Grace che gioca tranquillamente con la sua barbie, poi mi guarda e sorride.
«Dai, che cazzo avete fatto? Stavate ascoltando l'acuto di Harry Styles in Gotta be you e siete morti soffocati nel tentativo di imitarlo?» Jimmy sbatte la testa contro il volante e sospira. «Non arriveremo mai a casa dei miei genitori.»
«Per me va più che bene. Guarda, se vuoi già fare retromarcia proprio qui...» Vanessa fa spallucce e continua a giocare col suo telefono.
«Devo andare in bagno.» Dico, guadagnandomi un'occhiataccia da Jimmy.
«Trattienila!» Sibila, tamburellando sul volante con le dita a ritmo di Like a G6.
Prendo il telefono, colta da un'improvvisa ispirazione, e apro la cartella dei messaggi, trovando il numero di Justin.
Me l'ha lasciato in rubrica, il che sta a significare solo una cosa: io gli piaccio.
Oppure che l'ha fatto mentre dormiva, ma preferisco la mia versione personale.
'Mi è venuta in mente una cosa, ti va di sentirla?'
Aspetto qualche minuto prima di ricevere una sua risposta affermativa, così mi metto d'impegno e scrivo la cretinata del secolo.
'Se Justin fosse un bagnino, non lo lascerei mai andare. Andrei a tuffarmi in acqua, senza saper nuotare. E lui mi salverebbe, sì, gentleman, com'è. E poi vivremmo felici, con duemilasei bebè.'
«Ehi?» Jimmy mi da una leggera sberla sulla gamba, attirando la mia attenzione. «Tu e quel tipo... Quello che ti controllava i denti con la lingua. State insieme? Vi frequentate? Avete dei piani per il futuro? Non potete mica girarvi i pollici.»
Io e Vanessa lo guardiamo sconvolte. «Non so se stiamo insieme. Stiamo sulla strada per stare insieme, ecco.» Spiego.
Fa spallucce leggermente. "A me non sembra il ragazzo giusto per te. É il classico ragazzo scopabile che ti mollerà per una prostituta.»
Aggrotto la fronte, guardandolo stranita. «Ti rendi conto che anche tu eri il capitano della squadra di football a scuola e che mia sorella era la sfigata?»
Mi fa cenno di lasciar perdere. «Quelli erano altri tempi.»
«Era tre anni fa!» Prendo il telefono che vibra e lo sblocco, trovando la risposta molto soddisfacente di Justin.
'Se tu fossi più normale, io ci proverei, ma visto che sei strana, io non ti salverei.  E non farei il gentleman, che tanto ce ne sono. Penso che rimarrei a riva, a succhiarmi un ghiacciolo.'
É la mia altra metà, è ufficiale.

«Jimmy! Vanessa! Grace! Sconosciuta!» Queste sono le gentili parole con cui la mamma di Jimmy, Iolanda, ci accoglie all'entrata della sua casa.
«La sconosciuta è la sorella di Vanessa, mamma.» Ribatte Jimmy prontamente, dandole un veloce abbraccio.
La donna mi fissa. «Tu sei Evelyn? Come sei cresciuta, sei diventata proprio una signorina! Dimmi, ce l'hai il ragazzino?» Mi stringe in un abbraccio e mi dondola da destra a sinistra, spettinandomi i capelli.
«No.» Bofonchio, allontanandomi velocemente. «Lei non è cambiata neanche un po'.» Sempre la solita bisbetica, vorrei aggiungere.
Fa una risatina e mi lascia entrare in casa. «Sì, mi tengo in forma. Ho iniziato questo nuovo corso di pilates dove devo tirare in aria le arancie e fare cinque piegamenti prima di riafferrarle.»
«Che cosa avventurosa.» Commento, togliendomi la giacca di pelle e appendendola. «Allora io vado in bagno.»
«Perchè?» Chiede, aggrottando la fronte.
«Per leggere degli Immagina su Justin da Facebook.» Sorrido, e lei mi fissa perplessa.
«Cosa?»
«Devo fare pipì!" Alzo gli occhi al cielo e vado al piano di sopra, chiudendomi in bagno e scivolando giù sul pavimento.
Fisso un po' la finestra, prima di sentire un brontolìo provenire da dietro la porta.
«Iolanda, ti sei di nuovo cagata addosso? Sai che ho dei problemi alla vescica, non posso aspettare i tuoi comodi!» Oddio, è il marito.
É quel pazzo che mi vuole dare in sposa al fratello di Jimmy, che ha sì e no 12 anni e non gli sono neanche caduti tutti i denti da latte.
Mi alzo velocemente e mi metto un asciugamano in testa, coprendomi per bene il volto e lasciando fuori solo gli occhi.
Apro la porta con slancio e corro via al piano di sotto, sentendo l'uomo imprecare per bene prima di sbattere la porta del bagno.
«Oh, eccoti qui!» Squittisce Iolanda, trascinandomi in cucina. «Perchè hai un asciugamano?»
«É...» Guardo l'asciugamano, poi me lo arrotolo intorno al collo. «É l'ultima moda! Invece delle sciarpe usi gli asciugamani!»
«Sul serio?» Chiedono Vanessa e Jimmy allo stesso momento.
Scuoto la testa leggermente.
Ho una famiglia di idioti.

«Mamma, prendi dei bei respiri, fai qualche passo avanti e indietro e calmati. Non è niente di grave, non è successo niente.» La informo per la millesima volta.
«Ma come non è niente di grave! La televisione è diventata nera di punto in bianco, non so perchè! Ho paura di toccare qualcosa.» Dice disperatamente, e la sento prendere dei lunghi respiri prima di continuare a parlare. «E se brucia? E se tutto il quartiere va in corto circuito?»
Alzo gli occhi al cielo. Che esagerata. «Mamma, ora ti spiego bene cosa è successo. Dimmi dove era il telecomando.»
«Sul divano, come sempre!»
«E dimmi, hai notato per caso qualcosa di strano? Non so, papà che si è seduto su quel divano?»
«Sì!" Ammette.
Sorrido. Quanto possono essere imbranati i genitori con la tecnologia. 
Nonostante tutto, mia nonna si accende il computer e gioca a bingo.
E vince anche!
«Ecco quello che è successo, in poche parole.» Le lascio il tempo di prepararsi mentalmente alla notizia che sto per darle. «Papà si è seduto sul telecomando e la TV si è spenta.» 
Silenzio. Silenzio. Silenzio.
«Harold, hai spento la televisione col tuo culo grasso! Smettila di abbuffarti di tacchino e vediamo come accenderla!» La sento urlare, e sento papà brontolare con la bocca piena. 
«Ma cara, ho appena cominciato!» Grugnisce.
«Sta per iniziare Beautiful, sai che non me ne perdo neanche una puntata da quando è iniziato!» Ribatte prontamente mia mamma, mentre io rimango al telefono tanto per farmi compagnia mentre scrivo le ultime frasi del riassunto di Romeo e Giulietta. In Tedesco, cazzo.
«Infatti sei come quel programma!» Sbotta papà, e lo sento alzarsi dal divano.
«Cioè sono beautiful?» Mia mamma fa una timida risatina.
«No, cioè rompi le palle da una vita!» Ohh, papà! Si è fatto un duro, eh?
«Tesoro, ci sentiamo domani, vado a spingere tuo padre giù dalla finestra.» La chiamata si interrompe e il telefono vibra di nuovo, stavolta con un messaggio.
'Ehi, ce l'hai tu la mia cover per il telefono? Non la trovo più.'
Ridacchio piano.
Tutti conoscono la scusa della cover, giusto?
Quando un ragazzo ti dice che ha perso la cover del suo telefono, significa soltanto che vuole rivederti.
É la classica cosa che dicono tutti.
Stai sicura che se un ragazzo perde il telefono e si trova nel deserto del Sahara, mentre tu sei al Polo Nord a fare volontariato per i pinguini, lui darà la colpa a te e ti chiederà anche di comprargliene un altro.
'Quanto sei prevedibile, Justin. ;)'
Poso il telefono sul letto e vado in bagno, lavandomi la faccia e increspando le labbra, così da trovare un modo sexy di sporgerle per dare un bacio.
Sento il telefono vibrare e mi fiondo in camera, buttandomi a peso morto sul piumone.
'... Cosa?'
Indizio numero 2: fare il finto tonto. Sii circospetto, sempre.
'Dai, ormai puoi confessare il tuo infinito amore per me, no? Lo so io, lo sa il tuo inconscio, lo sa il palo davanti alla tua finestra. Confessa!'
'Tu hai problemi seri... Ce l'hai o no?'
'Pocket coffee! Ce l'ho!'
'Me ne vado.'
'Mi lasci in the middle of nowhere?'
'Sì.'
'Stronzo.'

Non ottengo risposta, perciò penso fosse serio.

IF I WAS YOUR BOYFRIEND, I'D NEVER LET YOU GO, I'D KEEP YOU ON MY ARM, GIRL, YOU'D NEVER BE ALONE!
DITEMI CHE AVETE VISTO L'INTERVISTA CON OPRAH, OH, PORCO CAVOLO!
Lui era perfetto, lei era perfetta, le Beliebers erano perfette, e anche il tipo che ha detto a Justin di spegnere il telefono era perfetto!
Gjshdgjfhsdufjsjgdhfsdujfgh.
Mamma mia, giuro che uihesukiykshdn.
A parte questo, spero il capitolo vi sia piaciuuuuuuuto, perchè a me no c:
Sayonara, bellesse.
Per chi volesse: Twitter is --- @___hugbieber.
MI SEGUE JUSTIN DA @GEWXY OH, MIO DIO.
Ok, vado c:

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Capitolo 8
*** Ci sono sei Justin Bieber. Posso prenderne uno? ***


«Ok, ho bisogno di un consiglio, dove sei?» Chiedo velocemente dopo aver digitato il numero di Justin, sbagliandolo sei volte di fila.
«In macchina. Che ti serve? Assorbenti? Dolci? Vodka?» Ma bravo il nostro Justin. Innocente, mi dicono.
«No, veramente un vestito.» Bofonchio, esplorando la mia camera a grandi passi.
«Ecco, questo non posso prendertelo. Non so nè la tua misura nè ciò che ti piace.» Risponde tranquillamente, e sento una macchina nel sottofondo.
«Ascolta, puoi parcheggiare un attimo? Solo un attimino, devo farti vedere una cosa!» Di' di sì, dai!
Sospira e lo sento fermare la macchina. «Sono nel bel mezzo dell'autostrada, spero sia importante.»
«Ok, vieni su Skype dal telefono e aiutami a decidere cosa mettere.»
Rimane in silenzio per un po', per poi parlare. «Eve, mi hai fatto fermare in mezzo all'autostrada per aiutarti a scegliere un vestito?!» Sbotta seccato.
Ridacchio. «Sì. Prima mi aiuti, prima riparti. So che non vedi l'ora di arrivare qui e-»
Mi interrompe. «Ok, ok! Facciamolo.»
«Facciamolo? Dimmi solo un posto e sono lì. Ma non vengo da te in autostrada, oppure chissà che penseranno i paparazzi.» Scuoto la testa amareggiata.
«Entra su Skype, cretina!» Ride.
Qualche minuto dopo siamo in collegamento. Oh, quant'è carino con la maglietta blu.
«Quello è perfetto, mi piace.» Dice appena gli mostro un vestitino estivo rosa chiaro. «Però abbinaci qualche maglione.»
«Ci sono 40 gradi fuori.» Lo guardo.
«Chi lo sa quando potrei portarti a casa?» Sorride, prima di scuotere la testa. «Ti prego, non fare battutine sul sesso!»
Rido. «Non ho tempo per quello, ora. Vado a cambiarmi, e quando arrivi fai finta che tu non sapessi cosa avrei indossato, ok?»
Non faccio in tempo a sentire la sua risposta che stacco la connessione, impegnandomi a mettermi il vestito addosso. Alla fine, dopo circa venti minuti di traffico con il mascara che andava a finire anche sui peli del naso ma mai sulle ciglia, posso considerarmi pronta.
Il campanello suona e mi precipito al piano di sotto, seguita dallo sguardo divertito di Jimmy.
Apro la porta e Justin sorride. «Ma sei bellissima!" Mi prende la mano e mi fa fare un giro su me stessa.
Ridacchio nervosamente. «Beh, grazie.»
«Hai scelto tu come vestirti? Hai un ottimo gusto, davvero.»
Gli picchio la spalla ridendo. «Stupido. Andiamo.» Chiudo la porta alle mie spalle e andiamo verso la sua bellissima, bianchissima, costosissima... Mustang decappottabile.
Lo guardo, mi guarda, poi spostiamo entrambi lo sguardo sull'auto.
«Perchè mi vuoi fare questo?» Gli chiedo piano, raggiungendo l'auto e entrando.
Ridacchia e si siede al volante. «Non ho idea di cosa tu stia parlando, Evelyn.»
Scuoto la testa. «La vedrò mai la tua Ferrari?»
«Sì, in garage.» Sorride, mettendo in moto l'auto e partendo.
«Quindi mi vuoi portare a casa tua, eh? Eh?» Lo punzecchio con il dito e gli faccio l'occhiolino.
Ride. «Allacciati la cintura, va'."

«Posso morderti?» Chiedo a Justin appena ci sediamo su una panchina perchè io mangi il mio gelato senza creare danni.
Si gira verso di me sconvolto. «Come, prego?»
Ridacchio e gli do una spinta sulla spalla. «Come vuoi tu. In qualsiasi posizione. Testa in giù, testa in su, mentre facciamo la ruota, mentre ti lavi i denti, mentre porti a passeggio il cane...»
Scuote la testa e si passa la mano tra i capelli. «Come mi sono trovato in questa situazione?»
Faccio spallucce. «Sei tu che hai voluto portarmi alla fiera. Andiamo sulla giostra dell'amore? Quello al chiuso. Se vuoi puoi baciarmi, non lo dirò a nessuno.» Mi alzo e lo prendo per mano, trascinandolo dietro di me.
Sento che si arrende e mi segue senza protestare, prende due biglietti e ci sediamo, io all'interno e lui all'esterno della macchina.
«A questo punto dovresti mettermi il braccio intorno alle spalle.» Tossisco piano, facendo finta di niente.
Lo vedo ridacchiare finchè non mi mette un braccio intorno alle spalle, e io mi accoccolo a lui.
«E ora dovresti sussurrarmi come sono bella, o qualche frase romantica di qualche canzone. Sai, così, giusto per creare l'atmosfera." Mi avvicino a lui ancora di più, fino a schiacciarlo contro il fianco della macchina.
Scuote la testa e prende un respiro. «Guarda le stelle, guarda come brillano solo per te.»
Alzo la testa e guardo in alto, per poi dare un leggero pugno sul braccio a Justin. «Idiota, è pomeriggio.»
Ride divertito e io scuoto la testa. «Ora? Che mossa dovrei fare?»
Ci penso su. «Beh, a questo punto inizi a giocare coi capelli. Ma insomma, non ti hanno insegnato niente?» Borbotto, incrociando le braccia con fare teatrale.
Inizia a giocare coi miei capelli e gli butto la testa sulla spalla, chiudendo gli occhi. «Ma non è romantico? Molto più della ruota panoramica dove rischi la vita, o della Torre Eiffel dove rischi di cadere, o delle passeggiate in riva al mare dove rischi di affogare.» Gongolo mentre quasi quasi inizio a fare le fusa sotto il suo tocco.
«Signori, vi avvertiamo che la giostra ha avuto qualche problema tecnico solo ieri, perciò se sentire qualcosa scricchiare, sappiate che non è niente di grave. Tutto risolto!» Dice la voce meccanica del tipo in cabina.
Scatto a sedere e Justin ride, mentre la macchinina inizia a muoversi. «No, cazzo, non è romantico! Sto rischiando la vita di nuovo
«Ehi, il tipo ha detto che è tutto risolto, non ti preoccupare.» Cerca di calmarmi, invano, Justin.
Gli lancio uno sguardo assassino. «É quello che dicono tutti, Justin. Insomma, lo dice anche un assassino prima di ucciderti! "Tu stai in silenzio, e non ti succedrà niente di male.", e poi BAM!» Batto le mani una volta e Justin sobbalza leggermente.
«Che è successo?» Inarca le sopracciglia.
«Beh, ti spara...» Mugugno, accasciandomi sul sedile di nuovo.
Ridacchia e mi mette il braccio intorno alle spalle, avvicinandomi a sè. «Stai sclerando perchè vuoi che ti abbracci?» Chiede piano.
Sbuffo. «Ovviamente. Aspiro a quello. Adesso scaravento la macchina fuori così mi baci. Affare fatto?»
Ride e scuote la testa. «Tu sei pazza.»
«Ha parlato quello che mi ha comprato tutte le cover per il telefono con la sua faccia sopra.» Ridacchio, passandomi la lingua sui denti.
«Ehi, quelle cover sono carine!» Commenta indignato, allontanandomi da sè con fare superiore.
Rido e mi aggrappo al suo braccio. «Non mi allontanare così, in fondo siamo sposati nella mia testa!»
Mi guarda divertito e mi rendo conto di cosa ho appena detto. Allora, qualcuno ha lo scotch? O anche la colla vinilica? O l'attack? Qualsiasi cosa.
«Sono un buon marito?» Chiede infine, sorridendo.
Faccio spallucce. «Non sei mai a casa.»
Scoppia a ridere e nasconde il viso con le mani, appoggiandosi al sedile. «Neanche tu sei molto presente.»
Apro le braccia. «Fiondati, staremo insieme per sempre. Io sarò la tua Fiona e tu sarai il mio Shrek!» Sorrido raggiante e lui spalanca la bocca.
«Perchè proprio loro? Io preferirei essere il principe di Cenerentola.» Commenta infine, aggrottando la fronte.
Sto per rispondergli a tono quando la macchina su cui siamo seduti sobbalza, quindi afferro Justin per il braccio e lo spingo verso di me, aggrappandomi a lui.
«Oddio, stiamo per morire! Ricordati che ti ho amato, e che anche se non hai fatto in tempo a chiedermi di sposarti, io avrei accettato subito! E ricordati che ti perseguiterò nella doccia quando sarò morta, e sarò il tuo angelo custode!» Dico velocemente, chiudendo gli occhi.
«Eve?» Tenta lui piano, picchiettandomi la coscia.
«Shh! Ti prometto che non ti tradirò con James Dean o con Elvis Presley.» Borbotto.
«Eve?» Ritenta.
«Ti assicuro che ti manderò qualche segno che ti farà capire che ci sono sempre con te, non ti lascerò mai, mai, mai.»
«Proprio mai?» Chiede.
«Mai.»
«Mai mai?»

«Mai, mai, mai.»
«Apri gli occhi, per favore.» Mugugna.
Apro gli occhi, scoprendo che siamo fuori dal tunnel, davanti a una folla che ci osserva.
Scopro che Justin è praticamente sdraiato su di me, siccome l'ho tirato addosso a me.
«Ora mi lasci?» Chiede piano.
Lo lascio andare e mi sistemo, facendo qualche leggero colpo di tosse. «Ora sì. Ti stavo mettendo alla prova. Per vedere se... Sai, se scappavi. Non puoi scappare dalle responsabilità della vita.» Faccio una risatina e gli do un buffetto sul naso, poi mi alzo ed esco dalla macchina, scendendo giù.
Justin mi segue divertito e mi raggiunge fino al bancone dello zucchero filato. «Tutto ok?»
«Che cosa imbarazzante.» Borbotto, facendolo ridere.
Il tizio dello zucchero mi porge un bastoncino e Justin paga, seguendomi fino al laghetto. «É stata una confessione molto passionale.»
Ridacchio e gli do un po' di zucchero. «Comunque non ero seria.»
«Ah, no?» Aggrotta la fronte e mi guarda.
«No. Ti avrei tradito con James Dean.» Faccio spallucce e lui ride, scuotendo la testa.

Justin mi si avvicina mentre tento di fare un cazzo di canestro. «Vuoi una mano?» Ridacchia.
«Sì, mi prude un po' la schiena, potresti grattarmela?» Borbotto, raccogliendo la palla e tirandola di nuovo verso il canestro.
Questa rimbalza contro il muro e va a sbattermi in faccia, facendomi perdere l'equilibrio e cadere rovinostamente a terra.
Porca trota, che dolore. Arriccio il naso e vedo Justin che ride tranquillamente.
«A questo punto dovresti aiutarmi...» Mi metto seduta e mi guardo intorno, mentre Justin si inginocchia.
«Tutto bene?» Chiede uno dei sei Justin che vedo.
Aggrotto la fronte. «Ci sono sei Justin Bieber. Posso prenderne uno?» Mormoro, allungando una mano per toccare un Justin.
Questa mi ricade appena non tocco niente, quindi continuo a tastare il vuoto davanti a me.
Justin mi blocca la mano ridendo e mi tira su, aiutandomi a stabilizzarmi. «Vuoi sederti?»
«Ma sei scemo? Ero seduta solo due secondi fa, che senso ha tirarmi su per poi chiedermi se voglio sedermi?» Raccolgo la palla.
«Vuoi davvero rischiare la tua vita per fare un canestro?» Mi affianca appena ritorno alla bancarella. 
Annuisco convinta e tiro la palla, che va a finire nei meandri più nascosti della fiera.
Sbuffo e mi allontano a grandi passi, mentre Justin mi segue ridendo. «Sei stanca?» 
«Mi fa male la testa.» Dico, e Justin mi abbraccia, accarezzandomi i capelli. 
«Andiamo, ti riporto a casa.» Annuisco leggermente e mi prende in braccio, lasciando che le mie gambe penzolino giù dalle sue braccia.
Mi infila in macchina e mette in moto, partendo piano. Passo tutto il tragitto in silenzio mentre mi massaggio le tempie.
Porca di quella puttana, ma si può cadere sull'unico pezzo di cemento che c'è in tutta la fiera? Si può?
Sì, si può.
Mi apre la portiera dopo aver parcheggiato davanti a casa mia. «Ce la fai a camminare?»
Forza, è la mia occasione, anche se sono mezza rincoglionita. Scuoto la testa e allungo le braccia come una bambina bisognosa d'affetto, e lui ride, prendendomi in braccio di nuovo.
Richiude la portiera dell'auto e si avvia verso la mia casa, suonando in campanello.
«Sai, se proprio vuoi, puoi essere il mio cuscino.» Farfuglio, appoggiando la testa sulla sua spalla e sbadigliando leggermente.
Justin non fa in tempo a rispondere che mia sorella aprte la porta, spalancando anche gli occhi. «Che cosa ti è successo?»
«Magari l'hanno stuprata.» Interviene Jimmy, tenendo in braccio Grace. «Ah, ma che sto dicendo? Nessuno oserebbe mai farlo, lei lo ammazzerebbe.»
Alzo gli occhi al cielo e Justin ridacchia piano. «Le è arrivato un pallone di basket in piena faccia e ha mal di testa.» Spiega, dandomi uno strattone per tenermi su.
Mia sorella scuote la testa. «Sempre la solita. Stavi cercando di abbattere uno scoiattolo come due anni fa?» Mi chiede poi, facendo spazio perchè Justin entri in casa.
Sbuffo piano. «No, cercavo di vincere uno scoiattolo di peluche, però.»
Vanessa ridacchia e mostra la strada a Justin. «Oh, è un piacere conoscerti.»
«Sarebbe stato meglio in un'occasione diversa.» Sorride Justin.
«Ehi, voi due, smettetela di flirtare. Ci sento ancora, e Justin è mio.» Mormoro, aggrappandomi al suo collo mentre inizia a salire le scale.
«Vado a prendere della pastiglie. La sua camera è l'unica che ha la porta con il suo nome scritto in pennarello rosso indelebile.» Gli spiega, prima di scendere le scale e lasciarci da soli.
Justin apre la porta della mia stanza e raggiunge il letto, appoggiandomici sopra cautamente e cercando di allentare la mia presa intorno al suo collo. Quando non ci riesce, mi da un leggero morso sul braccio, facendomi mollare il suo collo.
«Cattivo.» Bofonchio, afferrando il cuscino e gettandoci la testa sopra. 
«Io vado, dormi bene.» Mi bacia i capelli e gli afferro una mano prima che possa andarsene.
«Non hai voglia di rimanere e raccontarmi la storia di Cenerentola? Non l'ho mai sentita.» Riapro gli occhi.
La popstar aggrotta la fronte. «Non hai mai sentito la storia di Cenerentola? Che infanzia hai avuto?»
«Quello che mi preoccupa è che tu l'abbia sentita. É una storia per bambine, è preoccupante che tu la conosca.»
Ride e mi muove un po' più in là sul letto, sedendosi sul bordo. «Tua sorella non mi butterà fuori?»
«Assolutamente no. Anzi, se vuoi prenderti cura di lei tutta la notte quando si sveglierà e comincerà a lamentarsi, fai pure.» Annuncia mia sorella, porgendomi un bicchiere d'acqua e tre pastiglie. «Bevi e non scassare i coglioni a Justin. Io vado a mettere a letto Grace.» Dice, prima di uscire e richiudersi la porta alle spalle.
Ingoio l'acqua con le pastiglie e mi sdraio di nuovo, tirando Justin giù con me e nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
«Racconta.» Dico infine, abbracciandolo. É sempre così caldo e morbido. 
«Ok.» Si arrende, iniziando a passarmi le dita sulla schiena. «Cenerentola era una cogliona che ha perso una scarpetta mentre correva via dal suo unico vero amore, ovvero un tizio incontrato solo due ore prima.»
Scoppio a ridere e gli picchio lo stomaco. «Dai, sono seria.» Mugugno.
Si sdraia più comodamente e mi permette di affondare il viso nel suo petto e stringermi a lui come se fosse una stufa umana, poi inizia a raccontarmi la storia, mentre io mi addormento piano, piano, piano, piano...

JHJHOSKSNBJSKGJSHS.
Iojhbfshjdgfklsudfsgdjfhdf.
Ok, ho finito :3
Giuro che è stato il capitolo più impegnativo finora. 
Specialmente la parte finale, dove ho dovuto abbandonare battute idiote e farla dolce dolce. c:
Spero apprezziate il mio sforzo per contenere le parolacce nell'ultimo pezzo :3
Sparisco.
Per chi volesse, mi trovate su Twitter come @___hugbieber. :)
Sciao, bellesse. 

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Capitolo 9
*** Sintomi del doposesso ***


Quando mi sveglio, verso le 10 di mattina e con un mal di testa pazzesco, non trovo più Justin accanto a me, il che significa che probabilmente se ne è andato.
Sospiro tristemente e mi metto a sedere, appoggiando i piedi su qualcosa di morbido. 
Mhm, non mi ricordavo di avere un tappeto che respira.
Aspetta.
Respira?!
Guardo giù e vedo un torace e un paio di gambe, ma niente testa. Mi abbasso un po', arrivando a guardare sotto il letto e scorgendo la testa di Justin.
Dorme abbracciato al mio pupazzo, sto bastardo.
Mi alzo, apro la porta di camera mia, prendo le sue gambe e inizio a trascinarlo fuori, svegliandolo.
«Che stai facendo?!» Urla, manco fossi quel fantasma di Paranormal Activity che trascina le persone lungo il corridoio.
«Ti sto portando nella mia grotta segreta, Justin.» Sorrido velocemente. «Non volevo andasse a finire così, ma sai troppe così sul mio conto.»
«Ma se non so neanche il tuo cognome!» Si aggrappa allo stipite della porta, e io lascio cadere le sue gambe sul pavimento. «Ahia, cazzo. La delicatezza non è il tuo forte, vero?»
«No. Allora, da bravo fidanzato quale sei, adesso vai giù e mi prepari la colazione, poi me la porti in camera e mi baci la fronte. Ok?» Sorrido, allungando la mia mano e aiutandolo a rimettersi in piedi.
«Non ci penso neanche. Non stiamo insieme.» Scuote la testa con fare ovvio, poi mi guarda da capo a piedi. «Ma ieri non avevi un reggiseno?»
Istintivamente mi guardo il seno, per poi coprirmelo velocemente con le braccia, imbarazzata. «Ecco, vedi! Abbiamo fatto sesso. Io ti ho dato la patata e tu mi dai i pancakes.»
Corro in camera mia prima di sentire una sua risposta probabilmente negativa e mi fiondo nel bagno, chiudendomi la porta alle spalle e prendendo lunghi respiri.
Ok, riassumiamo un po' l'accaduto di ieri.
Ho preso una pallonata in testa, siamo tornati a casa, Justin mi ha raccontato la storia di Sfigatella e ci siamo addormentati.
La vera domanda è... Che cosa è successo nell'arco delle 11 ore notturne?
Cammino avanti e indietro per il bagno, per poi fermarmi davanti all'enorme specchio.
Capelli in disordine, mascara colato su tutta la faccia, occhi gonfi, maglietta spiegazzata: chiari sintomi del doposesso.
Mi precipito fuori dal bagno e scendo velocemente le scale, raggiungendo la cucina e trovando Justin che mangia beve acqua mentre legge una rivista.
La mia rivista.
Che ha la sua foto sulla copertina.
«Abbiamo fatto sesso.» Comincio e concludo, vedendo Justin strozzarsi con l'acqua.
«Che cosa?!» Mi guarda scioccato, posando il bicchiere sul bancone.
«A me non dispiace, in fondo. Sai, sei Justin Bieber, hai due braccia che potrebbero portare le buste della spesa a casa, un ciuffo in testa che potrei usare al posto di Swifferdust.» Faccio spallucce, aprendo il frigo e tirandone fuori un succo di frutta.
Mi giro verso di lui e lo vedo fissarmi confuso, con le sopracciglia inarcate e la bocca semi aperta.
«Abbiamo un unico problema, però.» Annuncio, sedendomi accanto a lui, slegandomi i capelli e prendendogli le mani. «Ora dobbiamo sposarci.» Dico sorridendo.
Si alza velocemente dallo sgabello e indietreggia fino a colpire la parete con la schiena. «Cosa?! No, sono gay!»
Scoppio a ridere, alzando gli occhi al cielo. «Idiota.»
Sta in silenzio per qualche minuto, poi tira fuori qualcosa dal cassetto del bancone. «Suppongo sia tuo.»
Mi porge il reggiseno che in teoria sarebbe dovuto essere sotto la mia maglietta e accenno un sorrisino.
«Cosa ridi, maniaco?» Glielo strappo di mano e lo getto fuori dalla finestra con nonchalance, richiudendo immediatamente la finestra appena vedo la solita vecchietta pronta a lanciarmi la nuova bottiglietta di acqua santa.
«Mi piace il colore.» Fa spallucce, tornando a sedersi accanto a me.
«Justin?» Sorrido, spettinandogli i capelli.
«Dimmi.» Sorride di rimando, dandomi uno schiaffo sulla mano.
«É bianco.» Dico, alzandomi e sparendo al piano di sopra.

«No! Non ti lascio andare, non puoi abbandonarmi così!» Urlo, tentando di tirare Justin dentro casa.
Mi guarda spaventato. «Eve, devo andare! Mia madre mi uccide!»
«Non importa, le dirò che ti ho rinchiuso in cantina e che non potevi farci niente!»
Si ferma un attimo a pensare, smettendo di tirarmi dietro di sè. «Dici?»
«Dico, dico!» Sbuffo, cercando di portarlo di nuovo in casa.
«Ehi, perchè non sei venuta a le-» Serena smette di parlare appena vede Justin, e poi guarda me. «Che sta succedendo?»
«Mi ha promesso che mi avrebbe sposata e ora sta tentando di filarsela. Avanti, aiutami e portarlo dentro.» Spiego brevemente, gesticolando con una mano.
Ci pensa un po' su, poi fa spallucce e si inginocchia, afferrando le caviglie di Justin e tirandolo, facendolo finire col culo per terra.
«Ahia, cazzo! É la seconda volta, oggi.» Il biondo si massaggia il culo, mentre io e Serena lo trasportiamo di peso dentro casa e su per le scale.
Lo molliamo sul mio letto, indecise sul da farsi.
Justin si mette a sedere lentamente e arriccia il naso. «Vi prego, non stupratemi.»
«Tranquillo, lei è lesbica.» Indico Serena, che mi picchia il braccio.
«Ma che dici? Ma quando mai?» Fa una risatina nervosa e si avvicina a Justin, scompigliandogli i capelli. «Ciao, Marameo.»
«Marameo?» Justin aggrotta la fronte, guardandola confuso.
«Beh, io vado a fare una doccia, divertitevi. E non terrorizzate il resto dei vicini, per favore.» Annuncio, dileguandomi in bagno dopo aver tirato fuori tutti gli asciugamani nella speranza di trovare quello rosa.
Li sento ridere dalla camera e stringo la valvola della doccia. Non può flirtare con lui, non può.
Cazzo, ora esco e le tingo i capelli di blu.
«Dai, non fare così!» Sento Serena squittire, poi Justin ride.
«Stai ferma, ti farò male se ti dimeni.» Ribatte.
Spalanco gli occhi, lasciando cadere la spugnetta per il corpo ai miei piedi.
Male?
Le farà male?
«Justin!» Urla l'altra, e sento un tonfo, poi un grugnito, poi uno sbuffo.
Oh, cazzo.
Si stanno riproducendo!
Afferro l'asciugamano, richiudo la valvola e corro fuori dal bagno. «Smettetela! Sapete che fare sesso crea danni al cervello e diventate dei maniaci che andranno in giro a stuprare vecchiette e cani con bottiglie di Vodka?!» Sbraito, ritrovandoli seduti sul letto con Justin che tiene l'enorme orecchino di Serena e cerca di infilarglielo nell'orecchio.
Justin inarca un sopracciglio. «Cosa?»
Accenno un sorriso. «Non stavate facendo sesso?»
«Ehi, che schifo. Ti devo ricordare che sono contro la specie umana?» Serena tira in fuori la lingua, quasi disgustata al pensiero di Justin e lei.
Mhm, beata lei.
«Quindi... Io... Torno a fare la doccia.» Annuisco leggermente, e vedo Justin sorridere divertito.
«Vuoi una mano?» Chiede sornione, indicando il bagno con la testa.
«Se proprio insisti...» Sussurro, poi scuoto la testa e indietreggio. «Maniaco.» Richiudo la porta e mi ci appoggio contro, sospirando.
Ok, tranquilla.
In fondo non è successo niente di grave.
Lui stava solo cercando di infilarle quella cosa nel buco.
Mi batto una mano sulla fronte: devo smetterla.

Il mio sguardo ricade sui miei pantaloncini, mentre Serena e Justin chiaccherano tranquillamente di qualche cantante che non conosco.
Beh, non ci sarebbe niente di male in questo, se solo non fossero spaparazzati su un unico divano, se solo non mi stessero beatamente ignorando, se solo non giocassero con i loro dannati capelli e se solo non lo stessero facendo davanti a me!
Mi alzo dal divano e vado in cucina, sbuffando.
Dio, quanto odio le ragazze.
Ecco perchè preferisco i ragazzi: non ti ruberebbero mai il tipo che ti piace.
La maggior parte delle ragazze sono stronze, stronze, stronze, stronze, stro-
«Ehi, tutto ok?» Justin chiude l'anta del frigo mentre ho mezzo braccio dentro.
Scatto all'indietro e gli lancio un'occhiataccia, poi mi verso l'acqua nel bicchiere e mi siedo sul bancone. «Che vuoi?»
«Niente, te ne sei andata così.» Si ferma davanti a me e mi guarda con espressione confusa.
«Sono venuta a prendere i popcorn. Sai, per assistere all'emozionante conversazione che stavi avendo con Lattuga.»
Inarca un sopracciglio. «Con cosa?»
«Serena, santo cielo! Non con me di certo!» Salto giù e metto il bicchiere nel lavandino. «Forse è meglio che ve ne andiate. Devo tornare a studiare e non ho voglia di sentire rumore.»
Si morde l'interno della guancia, poi si avvicina a me e mi sposta una ciocca di capelli dal viso. «Sei gelosa?»
Quasi soffoco con la mia stessa saliva. «Cosa? Di chi?»
Ridacchia. «Di me, santo cielo! Non di lei di certo!»
Alzo gli occhi al cielo e lo spingo via, incrociando le braccia.
Ha ancora il sorrisetto divertito stampato in faccia quando Serena fa la sua entrata. «Justin, penso che l'orecchino sia caduto di nuovo. Ti dispiacerebbe m-» Si interrompe appena sente il silenzio che regna in cucina. «Ho... Interrotto qualcosa?»
Ecco, è questo il momento che aspetto da una vita, una di quelle frasi che trovo tipicamente banali ma che nei film sembra un'immancabile commento degli attori.
Mi lecco le labbra innocentemente. «No, stavate giusto per andarvene. Sapete dov'è l'uscita.» Dico, avviandomi al piano di sopra e chiudendomi in camera.
Dalla finestra vedo Justin e Serena uscire di casa, poi salire sulla macchina di lui e andarsene.
Sospiro e mi siedo sul letto, tirando fuori i miei amati libri.
Una settimana e ho l'esame, forza. Non sarà poi così difficile.

«Signorina Richards, lei è la ragione per cui rimango in questo istituto. Lei è la luce dei miei occhi, la pupilla della mia classe, la futura Einstein!» Commenta il professore di Francese, gesticolando per mettere enfasi sulle sue parole.
«Ecco, veramente Einstein era un esperto di Fisica, non Fra-»
Mi interrompe. Vabbè. «Ecco, le do un dieci! Se lo merita tutto, signorina! Complimenti, davvero, molto bene!» Mi stringe la mano con foga e mi fa cenno di andare a sedermi.
Cammino all'indietro per paura di ricevere la pacca bonaria sul culo, gesto che l'ho già visto fare con alcuni studenti.
Mi siedo accanto a Chad e increspo le labbra appena sento il telefono vibrare.
Scivolo sulla sedia, facendo attenzione a non far vedere il telefono dal professore e apro il messaggio.
'Complimenti! Stasera usciamo, ti porto a festeggiare. :)'
Dio, Connor. Ma chi cazzo vuole festeggiare solo perchè ha passato l'esame di Francese, eh?
Non rispondo, mi giro e gli sorrido, prima di appoggiare la testa sulla spalla di Chad.
Mi da un buffetto sul naso. «Tu e Serena non parlate proprio più?»
Faccio spallucce leggermente. «No, ora che sta con Justin non ha neanche il tempo di salutarmi.»
Fa qualche minuto di silenzio, prima di parlare ancora. «Non sei neanche un po' gelosa?»
Mi mordo il labbro e scuoto la testa leggermente, puntando lo sguardo sull'alunna che viene interrogata.
No, non sono gelosa.
Affatto.
Per niente.
Du tout!
«Ehi, ti dispiacerebbe smetterla di rompere le mie penne?» Bofonchia Chad, prendendomi di mano l'ennesima penna che gli ho rotto questa settimana.
«Scusa, abitudine.» Ridacchio, per poi rimettermi a sedere composta.
Brutta bastarda ex allergica alla specie umana, potessi accenderei un fottuto falò con i nuovi capelli rossi che ti sei fatta!
Ogni riferimento a Serena Charlotte Evans è completamente casuale, sia chiaro.

AYEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE D:
Scusate, scusate, scusate.
Ok, sono due settimane che non aggiorno, ma ho una scusa: non avevo idee e non volevi mettere un capitolo di merda.
Insomma, non che questo sia...
Tralasciamo.
Spero vi piaccia, e scusate ancora per l'attesa.
Cercherò di aggiornare più in fretta, e grazie a tutte quelle che su Twitter mi fanno i complimenti.
Siete sjdkkjsjdkdjhfghd. :)
P.S: c'è una ragazza su EFP che mi ha copiato la storia.
Per chi avesse letto 'Teach me how to love', e se vi è piaciuta, o se l'avete seguita, apprezzerei se andaste a segnalare la storia di xBieber, che si chiama Love me like I do, oppure lasciate anche solo una recensione negativa.
Sì, mi sento stronza, ma io ci ho provato a inventare una storia nuova, e ho passato 4 fottuti mesi a cercare idee, quindi vorrei che quella ragazza smettesse di prendersi i meriti.
Comunque, grazie anche se non lo fate. :)
Sciao, bellesse.

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Capitolo 10
*** Fa una torta alle mele che è una meraviglia! ***


«Allora...» Tentenna Connor, come se cercasse in ogni modo di farmi parlare, dato che in un'ora non è riuscito a farmi dire una parola.
«Allora...» Continuo io, incucchiaiando il gelato nella mia coppa e immaginando che siano Serena e Justin. 
Jerena, si chiamano. No, ma dico, che palle! Non è neanche bello, porca miseria.
Sembra sirena, ma quella dell'ambulanza.
Ok, non devo prendermi per il culo da sola: suona bene.
«Sei silenziosa, c'è qualcosa che non va?»
Minchia, Connor. Tu sì che sei un genio.
Proprio perspicace.
Accenno un sorriso e butto la coppetta piena di gelato nel cestino. «No, tutto bene. Ho solo un po' di mal di testa.»
Annuisce apprensivo, mettendomi il braccio intorno alle spalle. «So che hai avuto parecchio da studiare, ma ora siamo liberi di uscire e divertirci.»
Smetto di ascoltarlo appena ricomincia a parlare dei Lakers e di come abbiano giocato schifosamente la scorsa volta, quindi cerco con gli occhi una cosa qualsiasi che possa distrarlo mentre andrò a cercare un carro armato per buttare giù la casa di Serena, e poi la Ferrari di Justin.
Quella stronza ci è salita, e io no.
Non è giusto, se contiamo il fatto che Justin doveva innamorarsi di me.
«E allora John si è alzato e ha cominciato a saltare sui divani, ed è finito a testa in giù nel secchiello che usi in spiaggia!» Connor scoppia a ridere, tenendosi una mano sul petto per continuare a respirare.
Mi affretto a ridere, ma sto già programmando un piano per uccidere anche lui.
Mi passo una mano tra i capelli, increspando le labbra. «Forse è meglio se mi riporti a casa.» Dico infine, facendolo fermare nel bel mezzo della strada.
«Perchè? Ho detto qualcosa che non va?» Scuote la testa. «É perchè abbiamo sostituito il sidro di John con la pipì di Oscar, vero? Ma non l'abbiamo fatto per cattiveria, sai? Anzi, non penso ci sia rimasto neanche male!»
Aggrotto al fronte. «Cosa? No! Che schifo!»
Fa spallucce. «A John è piaciuto. Ha detto che ha quel retrogusto di... Di...»
«Di pipì?!» 
Schiocca le dita, sorridendo. «Sì, esattamente.»
Mi limito a guardarlo, incrociando le braccia, finchè non vedo Justin e Serena che passeggiano dietro di lui.
Merda, cazzo, minchia, troia!
«Ecco, ora sono sicura che dobbiamo andare a casa. Forza, spariamo, non mi piacciono i negozi.» Afferro Connor per un braccio e cerco di trascinarlo via.
Ovviamente, da buon idiota che è, non capisce e mi ferma. «Che succede, Evelyn? É una settimana che ti comporti così; mi eviti e quando usciamo vuoi andartene via. Ho fatto quaclosa che non va?»
Mi farebbe quasi pena, se non fosse che in questo momento non mi importa nulla di lui. «No, è che è stata una settimana impegnativa, e voglio solo stare in casa a ripos-»
Vengo interrotta prontamente da Justin. «Ehi, ragazzi.»
«Eve! Ho provato a chiamarti per chiederti se uscivi con noi, non hai ricevuto le mie chiamate?» Serena mi lancia le braccia al collo e non ho altra scelta se non abbracciarla.
Come non le ho ricevute? 16 messaggi, 10 chiamate e 3 messaggi vocali.
«Avevo il telefono scarico.» Borbotto, allontanandomi e sistemandomi i capelli.
Vedo che Justin è indeciso se abbracciarmi o meno, ma alla fine opta per la seconda scelta. «Come stai? So che hai passato l'esame.»
Faccio spallucce e mi avvicino a Connor, lasciandomi abbracciare solo perchè fa un freddo pazzesco. «Sì.»
«É un bene che siate qui anche voi, possiamo andare a fare un giro.» Si intromette Lattuga, sorridendo allegramente. «Io e Justin stavamo giusto per andare al cinema.»
«Veramente-»
Connor mi interrompe. «Buona idea. Hai sentito che danno Titanic in 3D?» 
«Sì! É una forza, ho visto la pubblicità. Ti sembra di stare sulla nave!» Serena lo affianca e cominciano a parlare, andando avanti a lasciando me e Justin seguirli.
«É solo una fottutissima nave.» Borbotto, alzando gli occhi al cielo. «Che affonderà comunque.»
Justin non dice niente e camminiamo in silenzio fino al cinema, riavendo ognuno il proprio compagno della serata.
Entriamo, ci sistemiamo ai nostri posti e, da bravi cittadini che siamo, iniziamo a lanciare i popcorn in testa a quelli seduti davanti a noi, scatenando grugniti e lamenti.
«Ti piace Titanic, piccola?» Connor mi sorride, appoggiandomi la mano sulla coscia.
Come no. Lo adoro. Specialmente la scena dove Rose voleva buttarsi e Jack l'ha fermata.
Molto romantico, molto realistico.
«Da morire.» Sorrido sarcasticamente, tirando fuori il telefono dalla tasca dei jeans.
Controllo il messaggio che mi ha inviato Chad: 'Tua sorella è deliziosa! Fa una torta alle mele che è una meraviglia. Ti aspetto alle 10! ;)' 
Cosa cazzo, perchè mia sorella cucina la torta di mele per lui e per me no?!
Sbuffo leggermente e mi stiracchio. 
«Ah, Eve, Connor mi ha detto che state ufficialmente insieme!» Annuncia Lattuga, e io salto in avanti, tossendo.
«Sì, ecco, te ne avrei parlato. Vedi, noi... Io... Tu... Lui...» Sono un disastro.
Ride, facendo spallucce. «Tranquilla, a me non importa. Io ho Justin.»
Si allunga verso di lui per dargli un bacio e io mi giro velocemente verso lo schermo, facendo finta di niente.
«Vado in bagno.» Annuncia Connor, alzandosi e passando tra le numerose sedie.
«Anche io dovrei, ora che ci penso.» Serena si alza e imita Connor, per sparire poco dopo dietro le tende.
Cazzo, non l'avranno mica fatto apposta?
Ma che dico, suvvia, il mio ragazzo non mi lascerebbe mai in preda a un altro ragazzo, vero?
Vero?
Oh, porca carota.
Cerco di sembrare rilassata, tranquilla, completamente a mio agio nella situazione imbarazzante che si è creata.
Rilassata.
Tranquilla.
Completamente a mio a-
«Eve?» 
Per la sorpresa schiaccio il pacchetto dei popcorn, che finiscono su di me, su Justin, su quelli davanti a noi e perfino su quelli affianco.
Justin mi guarda con un'espressione confusa e divertita allo stesso tempo.
«Che c'è?» Borbotto, facendo finta di niente e posando il pacchetto.
«Non hai risposto alle mie chiamate.» Dice tranquillamente, quasi cercasse di fare una conversazione normale.
No, cazzo, davvero?
Ma cosa mi narri, oh!
«Sì, beh... Ho avuto tanto da studiare. Sai, l'esame, e le verifiche, e... Sì.» Annuisco velocemente.
Guarda lo schermo, non ti girare.
Non ti girare.
«Non avevi tempo neanche per rispondermi ai messaggi?» Chiede, sporgendosi un po' per non disturbare gli altri.
«Ehm... No. Ho dovuto badare a mia nipote, e cucinare, e pulire, e scrivere, e uscire, e fare la doccia, e andare all'ospedale con Chad...»
Oh, Dio mio, dove cazzo sono Serena e Connor?!
Lo sapevo che l'avevano fatto apposta!
«Quindi non mi stai ignorando?» 
Che domanda.
«Ovvio che no.» Indico lo schermo. «Guarda, una nave.» 
Mi prende la mano e prima che possa anche solo allontanarmi, la stringe. «Ne dovremo parlare.»
«Della nave?» Borbotto, cercando di allentare la sua presa. «Justin, se Serena ti vede tenermi per mano, immagina solo il casino che succederebbe.»
Mi lascia andare. «Ti porto a casa io, stasera.»
«Molto carino da parte tua, ma ho un ragazzo. Con cui sto ufficialmente insieme. E che mi deve riportare a casa.» Faccio una pausa. «Perchè è questo che fanno i ragazzi con le ragazze.»
Sta per ribattere, ma Serena e Connor tornano in tempo e si siedono. «Bagni occupati.» Borbotta Serena, alzando gli occhi al cielo.
Connor sbuffa e tira fuori un popcorn da sotto il culo. «Perchè ci sono popcorn sparsi ovunque?»
«Il tipo dietro di noi ha starnutito.» Dico casualmente, facendo spallucce.

«Non ho capito perchè ti deve accompagnare lui. Insomma, stiamo insieme e ho una macchina.» Borbotta Connor, tenendomi vicina a sè.
«Non so neanche io. Probabilmente vuole vedere Grace. Sai, lei lo adora.» Butto lì, sperando di risultare credibile.
Sono 3 minuti e 36 secondi che Justin e Serena stanno parlando lontano da noi, e continuano a sorridersi e a ridere e a toccarsi e a, porca puttana, baciarsi.
«Ehi, vi dispiace? Domani ho lezione!» Urlo seccata, costringendoli ad allontanarsi.
«Ti chiamo dopo.» Sento dire Justin, prima che si avvicini a me. «Pronta?»
Annuisco di malavoglia, separandomi dal corpo caldo di Connor. «Ci vediamo domani.»
«Ti passo a prendere alle 8.» Mi da un veloce bacio e lancia un'occhiata a Justin, per poi andare verso la sua auto.
Justin apre un braccio e mi indica la sua Ferrari, che occupa ben due posti di parcheggio, perchè si sa come parcheggia Bieber.
Sospiro e salgo in macchina, allacciandomi la cintura. «Allora, perchè mi stai rapendo?»
«Perchè tu sei consenziente.» Sorride, facendo retromarcia.
Ok, non mi sorridere, brutto stronzo che mi ha illuso dopo avermi detto che con quel vestito bianco ero perfetta!
«Allora, ti piace?» Chiede di punto in bianco.
«Che cosa?»
«La macchina. Non volevi salirci?»
Ah, già. Ma ora come ora non mi attira tanto, sapendo tutto ciò che potreste aver fatto qui dentro.
«Sì, mi piace.» Annuisco, facendo spallucce.
Scommetto che piace anche a te, brutto porco!
Oh, ma andiamo! Che senso ha incazzarsi?
In fondo per me non ha mai mostrato un minimo d'interesse, per Serena sì.
A me non ha mai cercato di infilare un orecchino nell'orecchio, a Serena sì.
A me non ha fatto salire sulla sua Ferrari, a Serena sì.
A me non ha mai regalato una rana di peluche, a Serena sì.
Adesso la chiamo Serana.
Dio, che nervoso.
«Comunque...» Ricomincia piano, girando un angolo e accelerando. «Da quanto state insieme ufficialmente?»
E che cazzo ne so. L'ho scoperto solo oggi che è ufficiale. «Una settimana.» 
«Stai bene con lui?» 
Annuisco, questa volta con convinzione. «Sì, sto bene con lui. Senti, non ho voglia di parlare. Ho mal di testa.»
Fa un cenno col capo e rimaniamo in silenzio fino alla fine del tragitto.
Una volta parcheggiata l'auto, esce e viene ad aprirmi la portiera, inginocchiandosi. «Allora, mi dici cosa è successo? Ti ho bombardata di chiamate, di messaggi, sono venuto a casa tua e ogni volta avevi da studiare. Che cosa è successo?»
Faccio spallucce, cercando di uscire dalla sua auto, ma mi spinge dentro di nuovo. «Justin, sono le 9, ho sonno.»
«Beh, dammi una spiegazione.» Dice tranquillamente. «Sei davvero gelosa?»
Aggrotto al fronte, confusa. «Chi l'ha detto?»
Fa spallucce. «Nessuno in particolare. Allora? Non parli con me perchè sto con Serana?»
Ridacchio. Minchia, siamo anime gemelle. «Anche io la volevo chiamare Serana.»
Sorride. «Per via della rana, vero?»
Annuisco, poi mi mordo il labbro. «Devo andare a casa, c'è Chad che mi aspetta e-»
«No.» Ribatte, questa volta meno gentilmente. «Accetto che tu non mi parli per un buon motivo, ma non perchè sto con una tua amica.»
Lo scanso, uscendo dall'auto e sistemandomi la borsa sulla spalla. «Hai fatto tutto tu, Justin. Nessuno ha mai detto che sono gelosa. Ho da fare. Sai, non tutti si possono guadagnare da vivere facendo un ballo pornografico sul palco e andandosene a casa.»
Mi pento subito di ciò che ho detto, vedendo la sua espressione passare da tesa a disorientata.
«Scusa, non volevo...» Sospiro, passandomi una mano tra i capelli. «Devo andare.» 
Vado verso casa mia ed entro, richiudendomi la porta alle spalle.
Cazzo, che serata.
«Eve, Chad è di sopra!» Mi urla Jimmy dalla sala, prima di alzare il volume della TV.
Salgo le scale, entro in camera e mi butto sul letto accanto a Chad.
Questo sospira e mi fa cenno di accoccolarmi a lui. «Forza, spara tutto.»
Sbuffo prima di iniziare a raccontargli gli avvenimenti.

Apro un occhio, poi l'altro, poi li richiudo entrambi, convinta di essermelo immaginata.
The sun goes down, the stars come out, and all that counts is here and now, my universe will never be the same, I'm glad you came...
Sospiro e allungo una mano, battendola sul comodino alla ricerca del telefono.
Dopo qualche secondo e dopo aver svegliato tutti quanti, lo trovo e me lo porto all'orecchio.
«Chi cazzo è?» Mugugno, rigirandomi nel letto.
Sento dei singhiozzi, poi la voce di Serena. «Io e Justin abbiamo litigato.»
Scatto a sedere. «Perchè?»
Altri singhiozzi. «Gli ho detto che lo amo e lui è sbiancato, e alla fine abbiamo discusso del fatto che lui non mi ama.»
«Come cazzo fai ad amare una persona dopo una settimana, Serena?» Alzo gli occhi al cielo. Tragica.
Sospira. «Non lo so, penso che sia così. Lui è perfetto in tutto, mi tratta come una principessa, e bacia-»
La interrompo velocemente. «Sì, ci credo. Beh, chiamalo.»
«Non mi risponde, penso che abbia bloccato le mie chiamate.» Si rimette a piangere.
Mhm.
«EVELYN! Spegni subito e vai a dormire!» Mi urla Vanessa dalla sua stanza.
«Senti, ora non posso parlare, mi racconti domani.»
«Va bene.»
Riattacco e metto giù il telefono, rituffandomi a dormire.

EHILAAAAAAAAAAAAAAAAA' :3
HO UNA SCUSA: il mio computer si è rotto e ho dovuto aspettare Natale per averne uno nuovo, che ha Windows 8 installato e non si capisce una beata minchia.
A parte questo, penso che d'ora in poi aggiornerò una volta a settimana, non so che giorno.
Spero il capitolo vi piaccia, e non penso questa storia sarà molto lunga. Massimo 23 capitoli. :)
Oh, e volevo chiedervi: voi siete pro o contro Jelena? No, perchè io sono contro, più contro di così non si può, e non vorrei offendere nessuna Jelenator in un qualsiasi modo. Fatemelo sapere. :)
Sciao, bellesse. <3

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Capitolo 11
*** Non sei ridotta poi così male ***


SAAAAAAAAAAAAALVE: questa è un'introduzione al capitolo.
No, sto scherzando, è per farmi pubblicità.
Ho cominciato un'altra storia, se vi va passate.
Sarà diversa da tutte le altre che ho scritto. :)
Ecco: Javannah: amore a 37 carati
Godetevi il capitolo, e leggete l'AYE se non vi dispiace :)


Due ore e mezzo.

Dalle 14.30 alle 17. 
Sono due ore e mezzo che sono seduta a questo tavolo, che sorseggio lo stesso the e che ascolto Serena ripetermi per la trentasettesima volta: 'Ma io pensavo di piacergli! Perchè non mi ama? Mi sono anche tinta i capelli di nero per lui!'
Gioco con una ciocca dei miei capelli mentre la guardo comporre il numero di Justin velocemente, per poi sbattere il telefono sul tavolo e mettere vivavoce.
«Pronto?»
Scappa, Justin. Scappa finchè sei in tempo e hai le palle intere.
«Tu! Brutto stronzo che non sei altro, come hai potuto lasciarmi così? Sei un bastardo, sei un vigliacco, un senza cuore e i tuoi capelli non sono neanche così morbidi!» Urla Serena, attirando l'attenzione di tutti i clienti.
Mi nascondo il viso mentre faccio finta di cercare qualcosa nella borsa. Ne estraggo una penna colorata e comincio a pasticciare sul tovagliolo.
«Serena, ma sei impazzita?» Domanda Justin, e si sente benissimo che è troppo sconvolto per rifilare una parolaccia.
«No! Sono due ore e mezzo che piango per colpa tua!» Ah, bene, almeno sa quanto tempo mi sta facendo perdere per questa cazzata.
«Non parlavo di quello. I miei capelli sono morbidi!» Sbuffa lui.
Serena spalanca la bocca e io mi affretto a infilarle dentro una delle tante carote che si è fatta portare per inscenare l'omicidio di Justin.
Mi lancia un'occhiataccia e la sputa fuori. «Sei un insensibile!»
«Preferisci che ti dico una cazzata? Va bene. Serena, anche io sono innamorato di te. Sei la ragazza più bella che abbia mai visto, e voglio stare con te tutti i giorni. Ecco, preferisci così?» Merda, è incazzato.
Faccio per alzarmi ma Serena mi blocca. «É perchè non ho i capelli biondi o l'intelligenza di Eve, vero?»
Questa poi.
«Che cosa? No! Cazzo, non c'entra niente Eve!»
«Smettila di dire il suo nome in quel modo!» Strilla Serena, spezzando in due la carota.
La situazione si fa pericolosa.
«Ma in quale modo?!» Sbraita l'altro. Sento una porta chiudersi nel sottofondo. «Sei paranoica.»
«Non sono paranoica! Vedo come la guardi! Ieri le tenevi la mano, al cinema!»
Merda. Mi schiarisco la voce e guardo da un'altra parte, scoprendo un vecchietto intenzionato a fissarmi.
Aggrotto la fronte e guardo la cameriera che passa tra i tavoli.
«Cazzo, non ce la faccio. Sei uno stress continuo, Serena. Dovremmo prenderci una pausa.» E, detto questo, riattacca, lasciando che lo sfondo del telefono prenda il posto del nome di Justin.
Mi mordicchio il labbro. «Beh, è stato interessante.» Commento.
Mi lancia un'occhiataccia. «Guarda che lo so che vi piacete, non c'è bisogno di fingere.» Chiude il telefono con uno scatto secco e io apro le braccia.
«Io a lui non piaccio!» Sbotto.
«Ah, sì? E allora perchè ieri ti ha riportata a casa?»
«Ha riportato a casa prima te.» Raccolgo la borsa da per terra e mi alzo, dirigendomi verso l'uscita.
Serena mi blocca per un braccio e mi gira verso di sè, furente. «Pensavo fossi mia amica! Pensavo che le amiche non si rubassero il ragazzo!»
«Non ti ho rubato niente! Non è colpa mia che non ti ama, hai capito? Non c'entro niente!» Mi stacco dalla sua presa.
«Sei una stronza! Lo sapevo che stavi usando Connor! Pensa quanto ci rimarrà male quando scoprirà ciò che hai fatto!» Mi urla, seguendomi.
Cazzo, questa è pazza.
«Smettila di urlare, siamo circondati da gente.» Alzo gli occhi al cielo.
«Sai cosa? Quelle come te meritano di andare all'inferno!»
Esagerata.
La ignoro finchè non mi prende per le spalle e mi spinge fuori dal marciapiede. «Ma sei cogliona?» 
«Sei una stronza!» Ricomincia a piangere.
«Sono rimasta ad ascoltarti per due ore e mezzo su quanto Justin sia stato ingiusto. Non puoi innamorarti di una persona in una settimana! Non sai neanche cosa cazzo prende a colazione!»
«Pancakes!» Mi urla contro.
«No! Non fa colazione!» Non faccio in tempo a sentire la sua risposta che qualcosa mi scaraventa dall'altra parte della strada.
Sento urla e rumori di passi veloci che si avvicinano sempre di più a me, poi delle mani, dei volti, e alla fine mi sento sollevare da terra.
Cazzo, che male.

Bip, bip, bip, bip, bip...
Ma bippatevi la minchia!
Apro gli occhi e mi ritrovo a fissare un soffitto bianco pieno di crepe, continuando a sentire i bip di quelle dannate macchine.
Sono in ospedale, non serve un genio a capirlo. Non capisco perchè le persone nei film ci mettano ore e ore a realizzarlo
«Oddio, sei sveglia!» Riesco appena a intravedere il viso di mia madre prima che le sue braccia mi avvolgano completamente, stritolandomi in un abbraccio.
«Eve, come ti senti?» Questo è Chad, ne sono sicura.
«Mi sentirei meglio se mia mamma smettesse di torturami la schiena.» Borbotto leggermente, e fortunatamente si allontana.
Mi accarezza la fronte dolcemente. «Ti senti bene? Non muoverti, chiamo il dottore.» Corre via e Chad prende il suo posto.
«Beh, finalmente sei sveglia.» Ridacchia, spostando la sedia e sedendosi, appoggiando le braccia sul lettino.
«Quanto ho dormito? Non deve essere un record, dormo sempre tanto.» Faccio spallucce e trattengo un lamento.
«Due giorni. Stai ferma, hai un braccio e una spalla rotte. E sono quasi sicura che non hai più tette.» 
Gli do una leggera botta sulla mano. «Cammino?»
Fa spallucce. «Non so, sei stata a letto due giorni, ricordi?» Si alza e riempie un bicchiere di acqua, facendomi bere.
Mia madre entra nella stanza, seguita da una donna con gli occhiali. «Ben svegliata. Ricordi come sei arrivata qui?»
Annuisco piano. «Un camion. Sembra la scena di un film, è incredibile.»
Mia mamma mi guarda preoccupata mentre la dottoressa ride. «É un bene che abbia voglia di scherzare, considerando la botta che ha preso.»
«Si rimetterà presto? Le braccia funzioneranno? Non diventerà disabile, vero?»
«Mamma...» Mugugno.
»Si rimetterà. Con un po' di fisioterapia, le braccia dovrebbero tornare a funzionare perfettamente entro qualche mese. Torno subito.» Esce dalla stanza e lascia la porta aperta per Connor, Justin e papà.
Oh, cazzo. Justin no!
Caccio un lamento e tutti mi guardano. 
«Che c'è, tesoro? Ti ho schiacciato qualcosa?» Mia mamma prende un bel respiro. «Devo calmarmi.»
Buona idea. «Chad?»
Mi guarda interrogativo. «Dimmi.»
«Come è la mia faccia?» Chiedo piano.
Aggrotta la fronte. «Come sempre. Solo con un occhio nero, graffi da tutte le parti, uno squarcio sulla guancia e-»
Mi lamento ancora e cerco di tuffare la faccia nel cuscino, cosa impossible.
Sbuffo e mi giro verso la finestra.
«Ehi.»
Merda. Cazzo. Merda, cazzo! Oh, mamma mia.
Apro un occhio e vedo Justin sedersi davanti a me, poi richiudo l'occhio e lo ignoro.
Sento le sue dita intrecciarsi alle mie e le sue labbra sulla mia mano. «Non sei ridotta poi così male.» Commenta, lasciando che il suo respiro colpisca la mia mano.
Vorrei dargli un'occhiataccia, ma mi trattengo e continuo a tenere gli occhi chiusi. 
«E hai saltato l'esame di Tedesco. Penso che dovresti esserne contenta.»
No, cazzo! Non ne sono contenta! Sono venuta qui a studiare, non a farmi mandare sotto un camion da quella pazza della tua ex ragazza!
Sospiro al pensiero di Serena e riapro gli occhi, guardando la vecchietta della camera davanti alla mia litigare con un ragazzo.
«Va bene, non ti disturbo.» Si alza e gli stringo debolmente la mano, costringendolo a sedersi di nuovo. 
«Hai la mano calda.» Borbotto, evitando il suo sguardo.
Sorride. «Sei tu che sei gelata.» 
«Quello ch'è.» Richiudo gli occhi. «Serena dov'è?»
«Con quel club che sacrifica qualcosa. Ha detto che che è incazzata con te e non vuole vederti finchè non potrà romperti le braccia di nuovo.» Dice divertito, per poi cambiare tono. «Perchè avete litigato?»
«Perchè è pazza e pensa che tu sia innamorato di me.» Arriccio il naso appena mi muovo e la mia spalla scricchiola. «Cazzo.»
«Eve, posso parlarti un attimo?» Connor ci raggiunge, accennando un sorriso.
Justin si alza e ci lascia soli, andando a parlare con Chad. 
Connor si siede e si morde il labbro, indicandomi. «Fa male?»
«Vieni qui che ti spacco le braccia con il gesso, poi vediamo.» Sbraito, guardandolo.
Si schiarisce la voce. «Ecco, io... Sai che mi piaci molto, vero?» Annuisco. «Però... Ecco, mio padre vuole che mi concentri di più sullo studio, e... Non... Non posso avere una ragazza.»
«Ok, allora vai a studiare. Ciao.» Sistemo la testa sul cuscino e lui mi guarda per un po', prima di annuire e alzarsi.
«Mi dispiace.» Si china per baciarmi la guancia ma lo picchio leggermente col gesso, facendolo scattare indietro.
«Scusa, mi prudeva un po' il braccio.» Sorrido falsamente e lui si allontana, uscendo dalla stanza.
«Tutto bene?» Mio papà si avvicina al letto e mi sorride.
«Sì, perfettamente.» Guardo di nuovo fuori. 
Perfettamente.

Un mese dopo. 

«Tieni questa un secondo.»
Justin mi lancia la palla da basket e questa colpisce il mio stomaco, rotolando verso di lui di nuovo.
Mi guarda stranito. «Perchè non l'hai presa?»
«Perchè le mie braccia non sono completamente guarite, idiota!» Alzo gli occhi al cielo e aspetto che me la riporti.
«Giusto, mi dimentico sempre.» Scuote la testa e mi spettina i capelli. «Sei diventata più alta con quella botta.»
«Scemo.» Lo seguo fino al campo da basket e mi siedo, mentre lui parla con i suoi amici.
Minchia, che palle. La cosa più pesante che posso tenere in mano, adesso, è un asciugamano. 
Justin ritorna e si porta appresso quei due con cui parlava. «Ryan, Chaz, lei è Eve.»
«Sei la ragazza di cui Justin non smette un atti-» Justin salta addosso a Ryan e gli mette la mano davanti la bocca, dandogli un leggero pugno.
«Smettila, idiota.» Salta giù. «Lui ha perso parte del cervello da piccolo, non ascoltarlo.»
Sorrido confusa. Ok, che devo dire?
«Oh, io sono Chaz. Sono il più figo del gruppo, ovviamente.» Mi sorride, baciandomi la mano.
Justin e Ryan alzano gli occhi al cielo. «Convinto.» Borbottano allo stesso tempo.
«Tu sei quella finita sotto un autobus, vero?» Chiede Ryan.
«Delicatezza, portami via.» Justin mi prende la palla dalle mani.
«Era un camion. Sì, sono io.» Annuisco, alzandomi.
«E come ci si sente? Voglio dire, deve essere una figata. Voli!» Ride, gesticolando con le braccia.
Io, Justin e Chaz lo fissiamo sconvolti. 
«Posso farti fare un volo!» Chaz lo prende di peso e corre giù per le scale, correndo per il campo da basket.
Li guardo divertita. «Andiamo a mangiare?» Mi chiede Justin, distraendomi dai miei pensieri.
«Eh? Sì, ok.» Annuisco.

AYEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE. (Notatemi, è importante!)
Premetto che questo sarà un AYE un po' depressivo, ma ci provo.
Ultimamente su questo sito vedo troppe fanfiction su Justin o sui One Direction che parlano di ragazze che stanno passando un momento di depressione e si tagliano o si feriscono in un qualsiasi modo.
Ecco, vorrei solo precisare che non ho niente contro queste storie o questi generi, ma la maggior parte di loro sono scritte da ragazze che non hanno la minima idea di cosa voglia dire odiarsi a tal punto da farsi male, perciò trattano di questi argomenti in modo superficiale, cosa che mi fa impazzire.
Ora, conservo questo segreto da più di un anno e solo poche persone lo sanno, ma lo rivelerò ora perchè il mio psichiatra ha detto che farebbe bene alla mia 'salute', o come volete chiamarla:
soffro di depressione da quando avevo dodici anni, e ora ne ho quasi 18. Oltre alla depressione, ho una serie di disturbi mentali che le fanno concorrenza, come il disturbo borderline, quello bipolare, stress postraumatico e altri.
Da oltre un anno soffro di autolesionismo, il che non è il semplice atto di portarsi una lametta al polso e dopo qualche secondo tagliare, come succede in tutte le fan fiction.
Ci vogliono mesi, anni prima di arrivare alla decisione di farsi del male fisico per superare un avvenimento o qualcosa che ti fa stare male.
Non è una cosa che fai appena rompi con il tuo ragazzo o se ricevi un 2 a scuola, che è il principale motivo in tutte le dannate fan fiction sull'autolesionismo che trovo in giro.
Depressione, autolesionismo, disturbi mentali e qualsivoglia altro disturbo sono cose da non prendere alla leggera, perchè alcune persone che stanno veramente passando un periodo del genere, in cui preferiscono ferire sè stessi invece di parlarne con qualcuno, potrebbero trovare questa superficialità un motivo in più per farsi del male, interpretandolo come poco interesse nei loro confronti.
In Italia, come in moltissimi altri Paesi del mondo, questi disturbi non sono curati come dovrebbero, e la percentuale di suicidi aumenta ogni giorno.
Ecco, queste cose potrebbero essere evitate se solo la gente portasse più rispetto per queste malattie, e non pensassero che sono solo un 'gioco', come diceva mia nonna prima di scoprire che 'giocavo' anche io.
Con questo detto, mi scuso se sono sembrata scorbutica o anche solo coinvolta o intrattabile, ma vivo questa battaglia con me stessa e con gli altri ogni giorno, e sono sicura che se ci fossero altre ragazze o ragazzi su questo sito che stanno attraversando la stessa cosa, non vorrebbero vedere argomenti tanto importanti e personali presi alla rinfusa e alla leggera.
Ora vado, spero il capitolo vi sia piaciuto e spero nessuno di voi tolga la mia storia dalle preferite o smetta anche solo di seguirla per quello che ho detto su di me.
Sciao, bellesse.

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Capitolo 12
*** Cannes ***


I wanna go home.

Scoppio a ridere appena Chad va a sbattere contro il portone d'uscita del college, per poi trascinarsi fuori con le mani premute sulla fronte.
Mi da una leggera spinta verso destra, alzando gli occhi. «Non ridere, mi sono fatto male.»
«Oh, ne sono sicura.» Commento, notando una cerchia di ragazze attorno a una macchina. «Dai, andiamo.»
«Aspetta, dici che ora ho una crepa nel cranio?» Mi chiede, seguendomi giù per le scale.
Alzo gli occhi al cielo, guardandolo stranita. «Davvero me lo stai chiedendo?» 
Fa spallucce innocentemente e il mio telefono vibra, così lo tiro fuori dalla tasca e leggo il messaggio.
'Non urlare quando ti afferro.'
Aggrotto la fronte.
Justin è impazzito, è ufficiale. 
«E se mi entra aria nel cranio? Insomma, potrei morire!» Continua Chad, mentre io mi guardo intorno alla ricerca di Justin.
«Sì, magari ti gonfi come una mongolfiera e vai in esplorazione.» Borbotto ridacchiando.
Smette di camminare e mi fissa sconvolto. «Dici che potrebbe capitare?»
«Ovvio. A mia cugina è successo qualche anno fa. Si è gonfiata ed è volata via. Le ultime notizie che abbiamo di lei vengono dalla Lapponia.» Faccio spallucce.
«Oh, mio Dio.» Balbetta.
Qualcuno mi afferra e fa appena in tempo a mettermi una mano davanti alla bocca, perchè caccio un urlo a cui tutti si girano.
«Ti ho detto non di non urlare!» Mi ammonisce Justin, mentre mi carica in un'auto e sale al volante, partendo alla velocità della luce.
«Scusami?! Mi hai fatto prendere un infarto, dovevi darmi un avviso o qualcosa!» Sbraito, allacciandomi la cintura mentre lui imbocca l'autostrada.
Metto le gambe sotto il sedere e mi guardo intorno, scoprendo che siamo in una macchina diversa per la milionesima volta.
«Che macchina è questa?» Chiedo, esaminando i sedili in pelle marrone su cui siamo seduti e quelli in pelle nera dietro.
«Una normalissima Audi.» Annuncia fiero, per poi sorridere. «Sai dove stiamo andando?»
«No, dove?» Mi giro verso di lui e smetto di allungarmi verso il piccolo cuscino sui sedili posteriori.
«Santa Barbara.» Mi informa piano, prima di girare a una curva e accelerare come un pazzo, non lasciandomi altra possibilità che aggrapparmi a tutto ciò che trovo e affondare la faccia nel cruscotto.
Lo sento ridere prima di sentire One More Night partire a tutto volume e il tettuccio dell'auto reclinarsi, lasciando che il vento mi incasini i capelli.
Cazzo. 

«Quindi questo è il posto per i figli di papà che quando non sanno cosa fare, vengono a spendere soldi a palate?» Mi assicuro, guardandomi intorno mentre pasticcio con il gelato che riempie la coppetta, rigorosamente viola. 
Mi ha ricattata perchè la prendessi viola. 
«Sì.» Conferma, appoggiandomi il braccio intorno alle spalle e appendendosi, bevendo il suo milkshake al limone. Non ho idea di come faccia ad ingoiarlo, onestamente.
«Pesi.» Borbotto, levandomelo di dosso e scendendo le scale per raggiungere la spiaggia, sedendomi poi su una barca blu rovesciata.
Justin mi imita, fissandomi insistentemente senza proferire parola, cosa che mi fa impazzire.
«Che c'è?» Chiedo infine, voltandomi verso di lui.
«I tuoi occhi.» Fa spallucce, continuando a bere e a fissarmi.
Aggrotto la fronte. «Cos'hanno?»
«Sono belli.» Sorride, girandosi e appoggiando la testa sulle mie gambe e la mano sul mio ginocchio, stringendolo gentilmente un paio di volte.
Increspo le labbra, sentendo le urla dei bambini che cercano di fare a gara con le onde e fallendo miseramente quando l'acqua bagna loro i piedi. 
Se solo non avessi un ragazzo di almeno 60 chili che si è comodamente sdraiato sopra di me, potrei considerare l'atmosfera rilassante.
Justin mi prende la mano e se la infila tra i capelli, chiudendo gli occhi.
Opportunista del cazzo!
«Non vale così. Sei tu il ragazzo, dovresti essere tu a giocare con i miei capelli.» Borbotto, posando la coppetta e cominciando a torturare qualche ciocca, arrotolandomela intorno al dito e lasciandola libera.
«Io ho già programmato qualcosa per te.» Dice ovvio, cogliendomi di sorpresa.
«Tipo cosa?» Chiedo incredula.
Ora inscena il Titanic, ne sono sicura.
«Dovrai aspettare stasera per vederelo.»
Ridacchia soddisfatto, mettendo giù il contenitore vuoto del milkshake e stiracchiandosi, appendendomi le braccia al collo e tirandomi giù, facendo sì che la mia fronte si posi sulla sua.
«Voglio baciarti.» Soffia poi, guardandomi attentamente.
Dalla sorpresa mi ritraggo e quasi cado all'indietro, tenendomi appena in tempo. «Ah, sì? Beh, ecco, io... Cioè, io sono Ariete, tu sei Pesci, non siamo compatibili. Non viviamo nello stesso ambiente. Insomma, tu vivi ad Hollywood e io in Francia e-»
Justin si mette a sedere, guardandomi confuso. «Francia?»
«Sì. Sai, baguette, escargots, la Tour Eiffel...» Gesticolo piano con le mani.
«Pensavo vivessi in America.» Sussurra.
«No. Cannes. Città famosa per ospitare eventi inutili.» Faccio spallucce.
«Quando torni lì?» Chiede, mordendosi un labbro.
Mi sento quasi in colpa. «Ecco, io...» Mi interrompo da sola e scendo dalla barca. «Facciamo un giro?»
«Quando torni lì?» Chiede ancora, tenendo gli occhi fissi nei miei.
Sospiro. «Tra una settimana.»
Non risponde.

«Ok, vieni.» Justin mi prende per mano e mi costringe a seguirlo dentro una spiaggia privata, violando almeno un centinaio di leggi.
«Finiremo in prigione! Giuro che se finisco in prigione e mi rovino il futuro all'università, sei morto. Verrò a cercarti con una porta di vetro!» Sussurro, evitando di inciampare in qualsiasi cosa ci sia intorno.
Si ferma e vado a finirgli addosso, sbattendo contro la sua schiena. «Ahia, mi hai distrutto una tetta.» Borbotto, massaggiandomi la collinetta destra.
Si gira verso di me, un'espressione divertita perfettamente leggibile anche al buio. «Con una porta di vetro?»
«Beh, le tue guardie del corpo non possono proteggerti da quelle.» Faccio spallucce innocentemente e gli faccio cenno di continuare a camminare.
Ride, alzando gli occhi al cielo e incamminandosi di nuovo. Gli stringo forte la mano, probabilmente fermando il suo sangue dallo scorrere.
«Che succede se ci scoprono?» Chiedo mentre mi aiuta a salire su una barca già in acqua.
Fa lo stesso e si siede, prendendo i remi e cominciando a muoverli piano. «Probabilmente chiameranno la polizia.»
Spalanco la bocca, facendolo ridere. «No! Justin!»
«Tranquilla, se vedono la barca, ci tuffiamo.» Fa spallucce.
«Ma ci tuffiamo dove?!» Sbotto.
Justin aggrotta la fronte, indicando l'acqua intorno a noi. «In acqua?» Suggerisce.
Rimango in silenzio, rendendomi conto dell'immensa figura di merda che ho fatto, e mi abbandono alla specie di panchina su cui sono seduta.
Qualche minuto dopo Justin lascia andare i remi, facendomi cenno di andare da lui.
«Non ci penso neanche, la barca di rovescia se non distribuiamo il peso.» Scuoto la testa, convinta di ciò che sto dicendo.
Fa spallucce e si alza, venendo a sedersi accanto a me.
«Cazzo, ora hai risolto la situazione.» Lo guardo scettica e lui ride, incurante della barca che si è abbassata appena si è seduto.
Mette il braccio intorno alle mie spalle e mi avvicina a sè, premendo la sua guancia contro la mia tempia. «Devi davvero tornare in Francia?»
«Ovvio. Lì c'è la mia famiglia, sono venuta qui solo per studiare. Sei tu che mi hai complicato l'esistenza e hai dimenticato il telefono all'aeroporto.» Gli ricordo, scrocchiando le dita. 
«Non mi sembra che ti sia dispiaciuto tanto.» Commenta lui.
«Non l'ho mai detto, infatti. Però non doveva succedere.» Sospiro e mi allontano, allungandomi per toccare l'acqua. Ok, è calda.
Almeno se ci dobbiamo buttare non congelerò.
«Pensi che sarebbe stato meglio se non ci fossimo mai incontrati.» Da voce a una parte dei miei pensieri, quasi rivelando anche i suoi.
«Non dico questo, però sarebbe stato tutto molto più semplice. Sapevi che dovevo andarmene, non avevi nessun diritto di fare quello che hai fatto.» Ribatto secca, ritirando la mano e appoggiandola su un lato della barca.
«Ah, quindi è colpa mia? Perchè ovviamente io vado in giro per gli aeroporti e dimentico il telefono per conquistare ragazze, giusto?» Si mette a sedere e mi guarda.
Alzo gli occhi al cielo. «Justin, stai facendo tutto tu! Non ho mai detto che mi dispiace o che è colpa tua. Semplicemente ora non puoi aspettarti che io cambi la mia vita, venga qui e rimanga con te. Ho una vita mia e ho degli obbiettivi, sai?»
La situazione sta degenerando molto velocemente, a vista d'occhio, e la cosa non va affatto bene.
«Come ti pare.» Conclude.
Dio, che palle. «Ti stai davvero incazzando con me perchè preferisco la mia istruzione e famiglia a un ragazzo?»
Non risponde e continua a fissare il vuoto davanti a sè: deduco che non riceverò una risposta alla mia domanda.
Momento rovinato.

Ore 22.40.

«La vuoi smettere di ignorarmi?» Sbuffo.

Ore 22.53.

«Justin!»

Ore 23.04.

«Ti butto in acqua.»

Ore 23.12.

«Porca puttana, la vuoi smettere? É più di mezz'ora che non mi consideri!»

Ore 23.21.

«EHI, VOI! CHE STATE FACENDO SULLA MIA BARCA?!» Un urlo sovrumano riesce finalmente a riscuotere Justin, che si rimette a sedere composto.
«Ok, penso che ora dobbiamo tuffarci.» Dice piano, tenendo d'occhio la luce della torcia sulla spiaggia.
«E perchè mai? Se vado in prigione mi avrai qui più a lungo.» Incrocio le braccia, guardando fisso davanti a me.
«Non fare la bambina, ti farei uscire subito. Sai, per non compromettere i tuoi futuri studi.» Mugugna, muovendo la barca dietro un ammasso di scogli.
«La vuoi smettere di fare così?! Non puoi incolparmi perchè ho deciso di studiare, santo Dio! Non siamo tutti Justin Bieber, ok?» Alzo gli occhi al cielo e incrocio le braccia. Fa freddo, porca miseria.
«Di questo ne parliamo dopo. Salta.» Sussurra, indicandomi l'acqua.
Vedo la luce della torcia più vicina. «E se ci sono squali? O meduse? O pesci?»
«Il massimo che c'è è un polpo!» Sbotta lui, esasperato.
«Aspetta, cosa? Io ho paur-» Non faccio in tempo a concludere che mi scaraventa dentro l'acqua, per ppi seguirmi.
Aspetto di aggrapparmi allo scoglio prima di prenderlo a parolacce.
«Sei un idiota! Potevo annegare! Sai che la gente muore continuamente così? Smettila!» Gli picchio il braccio e mi aggrappo di nuovo allo scoglio, guardandomi intorno al buio.
«Ora aspettiamo qui finchè non viene a controllare la barca, poi possiamo tornare a riva.» Spiega Justin, sistemandosi su i capelli. 
«Ti prego, Dio, giuro che da oggi in poi pregherò ogni sera, ma non farmi andare in prigione. Sai che sono senza precedenti, a parte l'aver ucciso il canarino di mia nonna con l'ossicino di pollo a Natale.» Sussurro, tenendo gli occhi chiusi.
«Hai ucciso un canarino? Mi piace una criminale?» Chiede sconvolto.
Perdo la presa dello scoglio e vado sott'acqua per qualche secondo, presa alla sprovvista, poi torno su. «Ti piaccio?!»
Alza gli occhi al cielo. «Primo, shh! Secondo, pensavo l'avessi capito quando ti ho detto che ti voglio baciare. O quando ho discusso sulla tua partenza.»
Faccio un cenno con la mano. «Ero impegnata a provarti che avevo ragione.»
Scuote la testa, sistemandosi di fronte a me e bloccando ogni uscita con le braccia, tenendosi saldamente alla roccia dietro di me.
Lo vedo passarsi la lingua sulle labbra e poi avvicinarsi a me.
Faccio appena in tempo a sentire il suo respiro scontrarsi col mio, che la voce dell'uomo si avvicina a noi, così Justin si allontana e mi tira dall'altra parte dello scoglio.
«Hai probabilmente rovinato il bacio più romantico della mia vita.» Sbuffo, evitando di incrociare le braccia.
Ride.


AYEEEEEEEEE :3
Chiedo umilmente perdono, ma ora che sapete tutto ciò che sto passando, spero di non dovere alcune spiegazioni D:
Comunque. Ho già in mente la fine della storia, che arriverà verso il 20-21 capitolo, più o meno. :)
A parte questo, spero vi piaccia il capitolo, perchè non ne sono tanto convinta D:
Grazie ancora delle risposte che mi avete dato, mi avete sollevato il morale dopo due settimane un po' di merda :)
Sciao, bellesse.

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Capitolo 13
*** Nicht hier küssen! ***


«E questo è quanto.» Conclude Chad, leccando il gelato alla vaniglia.
«Molto interessante. Intanto io non ho ancora capito perchè mi stai portando a un cinema all'aperto con questo freddo.» Mi stringo nel maglione extralarge di lana che sono riuscita a fregare a Jimmy.
Chad ridacchia e mi prende per un braccio. «Dai, lo capirai più tardi.»
«Che film guardiamo? Posso sceglierlo io? Ci sono i popcorn? E i sedili? É bagnata l'erba?» Chiedo velocemente, evitando di andare a sbattere contro un albero.
Chad fa spallucce. «Non lo so, penso di sì, no, no, e non lo so.»
Alzo gli occhi al cielo. «Così non mi aiuti. Sai che sono appena uscita dall'ospedale.»
Ride, dandomi una sberla sul braccio. «Cretina, è stato un mese fa. E non c'entra niente.»
Sospiro e metto il mio braccio intorno al suo, attaccandomi a lui. «E fa freddo.»
«Beh, ti sentirai meglio tra un po'. Inoltre, hai più parlato con Connor?» Mi guarda, buttando via il cono del gelato.
«No. Penso sia tornato da Christine, visto che ora stanno sempre insieme.»
«É la regola del college Americano. Gli atleti con le troie e le ragazze carine con Justin Bieber.» Conclude, facendomi ridere.
«Sei un idiota. Non so come farò senza di te a Cannes. Penso che ti chiamerò ogni sera.»
«Ci sto.» Ci diamo il cinque e Chad mi trascina fino a un enorme albero con sopra una coperta di lana.
«Forte!» Sorrido, sedendomi accanto a Chad.
«Ora, io devo andare, perciò ti saluto e ti chiamo stasera per sapere come è andata. Mi raccomando, con la lingua, eh!» Mi fa l'occhiolino.
Lo guardo confusa. «Di cosa stai parlando?»
Ridacchia e se ne va, lasciandomi da sola. Perfetto.
Mi ha data in pasto a pedofili e maniaci senza ritegno.
«Sera.» Un ragazzo si siede accanto a me, sorridendo.
«Sera anche a te. Che vuoi?»
«Sono Justin, stupida.» Ride, abbassando il cappuccio e strappandosi i baffi finti da sotto il naso. «Ahia, nei film non fa così male.»
Scoppio a ridere. «Perchè ti sei travestito? Non penso ci sia molta gente fuori con questo freddo.»
Fa spallucce e tira i baffi sull'erba. «Perchè sono famoso e incredibilmente bello, e il bello attira le ragazze.» Mi fa l'occhiolino.
Scuoto la testa, dandogli un leggero colpo sul collo.
«Ahia, cazzo. Avrai le braccia deboli ma le mani funzionano benissimo.» Sbuffa, massaggiandosi la parte che gli ho colpito.
«Sei un pervertito.» Rido, alzando gli occhi al cielo.
«Sei tu che hai una mente contorta, scema.» Justin prende un cestino pieno di cibo da dietro l'albero e lo mette in mezzo a noi. «Serviti.»

«Ho appena visto L'Era Glaciale su uno schermo enorme nel bel mezzo di un parco di Los Angeles con un cestino di cibo.» Mi ripeto piano, mentre Justin mi tira dietro di sè lungo gli stretti corridoi dell'acquario.
«Con Justin Bieber.» Aggiunge Justin, mettendomi il braccio intorno alle spalle.
«Sì, ma quella è la parte meno importante, perciò possiamo anche ometterla.» Sorrido, massaggiandomi il braccio che ho sbattuto contro la porta di vetro.
Passo troppo tempo con Justin, ormai è ufficiale, dai.
«Comunque, stavo pensando che-»
Interrompo Justin, appiccicando il naso al vetro della vasca dei pinguini. «Guarda che carini, sono adorabili!»
«Nah.» Sento le sue braccia intorno alla mia vita e sobbalzo leggermente. «Comunque, stavo pensando che-»
«Perchè i pinguini sono gli unici uccelli che non sanno volare?» Chiedo, aggrottando la fronte.
«Anche il mio uccello non sa volare.» Justin ridacchia.
Spalanco la bocca e lo allontano, schifata. «Che schifo! Sei insensibile, non hai un minimo di delicatezza!»
«Dai, scherzavo!» Justin mi segue ridendo.
«Non mi toccare! Pervertito.» Picchio le sue mani appena cerca di acchiapparmi.
«Tu fai male!» Mi afferra per i fianchi e io caccio un urlo, attirando tutti i visitatori.
«Ruhige, verdammt!» Strilla una tipa, lanciandoci un'occhiataccia.
«Ma vada a fanculo pure lei!» Le mostro il dito medio e quella spalanca la bocca, andandosene indignata.
Justin ridacchia. «La mia reputazione sta andando a farsi fottere con te.»
«Parla Mister anche il mio uccello non sa volare.» Rido, continuando a camminare fino alla vasca degli squali, che ovviamente è vuota.
«Comunque, stavo pensando che mi devi ancora un bacio.» Dice piano, seguendomi lentamente.
Mi giro verso di lui, costringendolo a fermarsi davanti a me. «Ah, davvero?»
«Sì.» Mi attira a sè.
Caccio una risatina. «Beh, ecco... Se proprio devo.»
Sorride e si avvicina, sfiorando i nostri nasi fino a premere le sue labbra sulle mie, facendomi camminare lentamente fino a una parete.
«Nicht hier küssen!» Urla la solita Tedesca, costringendoci ad allontanarci. Probabilmente è tornata.
«Senta, vuole farsi i cazzi suoi?» Sbotta Justin, mostrandole il dito medio.
Mi copro la bocca per non ridere della faccia della donna, che ci lancia un'occhiataccia e se ne va di nuovo.

«Testa vinco io, croce perdi tu.» Sentenzia Justin, prendendo una monetina.
«Ok.» Annuisco, guardando attentamente la monetina volare in aria e atterrare con un tonfo sordo sul tavolo di legno.
«Testa, è mia.» Mi prende la palla da basket di mano e la lancia, facendola affondare nel canestro e vincendo il peluche più grosso: un gorilla viola con una sigaretta in bocca.
«Non è giusto!» Alzo gli occhi al cielo, incrociando le braccia e incamminandomi giù per la stradina.
Justin ride e mi segue, trasportando senza fatica lo scimmione sotto braccio.
Comodo, lui. Secondo me ha truccato il gioco.
Mi fermo di colpo, spostando lo sguardo su Justin.
Testa vinco io, croce perdi tu.
«Hai barato!» Rido, dandogli un colpo sul braccio e fregandogli la scimmia dalle mani.
«Non è vero!» Ribatte offeso, strappandomi via il gorilla e continuando a camminare.
Alzo gli occhi al cielo. «Così non vale, però. Lo volevo io.» Mugugno, seguendolo fuori dal parco e raggiungendo la sua bella, costosa e bianca Ferrari.
Mi apre la portiera e aspetta che io salga, poi la chiude silenziosamente e si siede al volante, mettendo la scimmia sulle gambe.
«Sicuro che non sei scomodo?» Chiedo speranzosa, aprendomi in uno dei miei migliori sorrisi.
«Sicurissimo.» Ride, mettendo in moto e uscendo dal parcheggio, entrando nell'autostrada. «Ti porto a conoscere una persona.»
Incrocio le dita di scatto e chiudo gli occhi: fai che non sia sua madre, fai che non sia sua madre, fai che non sia sua madre.
Justin mi lancia uno sguardo divertito prima di ridacchiare. «Cosa stai facendo?»
«Esprimo il desiderio delle 11.11.» Butto lì, facendo spallucce.
Bieber controlla l'ora sull'orologio digitita dell'auto, poi aggrotta la fronte. «Ma sono le 8.»
«Beh, in qualche parte del mondo sono le 11.11.» Ribatto, guardandolo ovvia.
«Ma sono le 8.27.» Continua, girando un angolo.
«Senti, guida.» Gli prendo la scimmia dalle gambe e me la stringo al petto, guardando fuori dalla finestra e infilando le unghie nei sedili di pelle ogni volta che oltrepassiamo un'auto.
Si ferma davanti a una casa, poi esce dall'auto, quindi deduco che io debba seguirlo. Esco, sbatto la portiera e Justin mi lancia un'occhiataccia.
«Che c'è?» Chiedo ingenuamente, stringendomi nelle spalle e trascinandomi lo scimmione fino alla porta d'ingresso.
«Stai attenta all'auto.» Dice soltanto, prendendo le chiavi e aprendo la porta.
Fa' che non sia sua mamma, fa' che non sia sua mamma, fa' che non sia sua mamma.
«Mamma!» Urla Justin, e io sbianco sulla soglia, farfugliando parole a caso e lasciando cadere la scimmia.
«No!» Urlo in un sussurro, aggrappandomi allo stipite della porta con una mano mentre Justin cerca di trascinarmi fino alla cucina.
«Dai, non ti fa a pezzi!» Ride, caricandomi su una spalla e portandomi giù per il corridoio fino a raggiungere una delle due stanze illuminate della casa. «Mamma, lei è Evelyn.»
La donna si gira e posa una padella, sorridendomi gentilmente. «Ho sentito tanto parlare di te.» Dice, mentre Justin mi mette giù e mi sorregge finchè mi stabilizzo.
«Oh, anche io. Sono contenta che sia riuscita a ritrovare il mestolo che aveva perso nel water.» Sorrido, indicando il mestolo appeso a un gancetto.
Pattie guarda Justin, che fa spallucce con fare innocente e assaggia uno spaghetto. «Quando si mangia?»
«Tra mezz'ora. Filate a lavarmi le mani. Evelyn, spero ti piaccia la pasta.» Mi sorride, riprendendo in mano la padella e versandoci dentro il sugo.
Justin mi trascina al piano di sopra prima che possa rispondere, così mi rilasso per qualche secondo prima di essere portata giù di nuovo.

HOLA, AMIGOS.
DAI, CAZZO, SONO PUNTUALE!
OH, AMEN.
Ok, dopo questo... VI CHIEDEREI UN GRAAAAAANDE FAVORE: vi va di leggere la mia nuova storia? :3
Ci tengo molto, quindi mi piacerebbe se qualcuno la leggesse jkdkuddk.
Comunque, se vi va, ecco il link: 31 giorni di Marzo
Insomma, solo se vi va, eh. :)
Ok, me ne vado, spero il capitolo vi piaccia, e sappiate che la parte migliore viene solo nel prossimo ;]
volevo anche chieeedervi: avete whatsapp? vorrei davvero conoscervi tutte, mi avete fatto stare meglio con ogni recensione che mi avete lasciato, non riuscirò mai a ringraziarvi abbastanza ma vorrei provarci.
se vi va, lasciatemi il vostro numero in un messaggio personale, oppure come volete voi. :)
Sciao, bellissime. <3

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Capitolo 14
*** Stanza antipanico ***


«E questo è quando Justin ha avuto la sua prima partita di hockey e gli è arrivata la mazza dritto in fronte. Guarda, ha ancora la cicatrice.» Pattie sposta la frangia di Justin, che intanto si era abbassato i capelli dalla disperazione.
«Mamma, smettila!» La supplica, spostandosi dal suo tocco e sedendosi più lontano, dietro di me.
Pattie alza gli occhi al cielo e scuote la testa, continuando a sfogliare l'album fotografico. «Questo è quando abbiamo comprato il cane. Era così piccolo che Justin è corso fuori di casa pensando che fosse un ratto.»
Scoppio a ridere e Justin si prende la testa tra le mani, sospirando. «Mamma, ti prego...»
«Oh!» Gli occhi della donna si illuminano e mi passa l'album, sistemandolo sulle mie gambe. «Questo è quando ha cercato di suonare la batteria per la prima volta e non ci riusciva, così si è messo le bacchette nel naso e ha strisciato per tutta casa fingendo di essere un tricheco.»
Justin crolla sul divano mentre io rido.
«Il giorno dopo si è iscritto a un club per la salvaguardia dei trichechi.» Ridacchia sua madre, chiudendo il terzo album di foto e posandolo sul tavolino da caffè di fronte a noi.
«Mamma, che ne dici di andare a controllare i vestiti stesi fuori? Penso stia piovendo.» Borbotta il cantante, indicando il balcone del salotto.
Pattie alza lo sguardo dal quarto album, poi guarda Justin. «Non dire sciocchezze, tesoro. Se proprio dovete stare insieme, dovete sapere anche le cose più imbarazzanti l'uno dell'altro, tipo quando sei caduto nel fango e invece-»
Justin balza a sedere e spinge sua madre giù sul divano, coprendole la bocca con la mano. «Eve, ti dispiacerebbe aspettarmi in camera mia? Arrivo subito.»
Annuisco e mi alzo. «É stato un piacere, Pattie. Magari la prossima volta che ci vediamo, può finire la storia sul fango.»
Pattie fa appena in tempo ad annuire prima di beccarsi un'occhiataccia da Justin.
Vado al piano di sopra e esamino le stanze, capitando per quattro volte di fila in quelle sbagliate, e infine raggiungo la stanza di Justin.
Mi sorprendo nel vederla così dannatamente ordinata e... Profumata.
Pattie deve impegnarsi molto per mantenerla così. Apro tutti i cassetti della scrivania in mogano, trovandoci dentro penne, forbici, fogli accartocciati, pennarelli e palloncini.
Apro le ante dell'armadio, percorrendo con lo sguardo la sfilza di magliette stirare e appese per colore, da quelle nere a quelle bianche.
Wow. Poco ordinata, mi dicono.
Passo a curiosare in uno degli scaffali saldamente appesi al muro, trovandoci dentro un'enorme quantità di...
Oh.
Porca.
Miseria.
«Che cosa stai facendo?!» La voce di Justin si avvicina a me e chiude le ante con uno scatto secco, fissandomi.
Mi porto una mano davanti alla bocca per non ridere. «Tu... Insomma, non c'è niente di male a soddisfare le proprie... Curiosità.»
Justin alza gli occhi al cielo e mi prende per le spalle, spingendomi gentilmente verso il letto. «Non sono miei.»
«Ovviamente no. Li tieni lì così, tanto per... Ammirarli.» Scoppio a ridere e collasso sul letto, tenendomi il viso tra le mani.
Il biondo aspetta pazientemente che io abbia finito, poi riprende a parlare. «Senti, non dirlo a nessuno. Non è come sembra.»
«Aspetta, tu non vuoi che io dica che tu ti diverti a guardare i film delle principesse Disney quando sei qui da solo?»
Mi lancia un'occhiataccia, per poi sdraiarsi comodamente sul letto e farmi cenno di fare lo stesso. «Sono per Jazzy, ovviamente.»
Ridacchio divertita, osservandolo senza muovermi. «Come no.»
«Giuro!» Insiste, alzandosi per aprire la finestra e tornando a letto, buttandomi giù con sè. «E poi non sai che non si può curiosare in casa altrui senza il loro permesso?»
Faccio spallucce. «Quando hai dormito in casa con me, il giorno dopo avevi il mio reggiseno in mano.»
Prende un cuscino e se lo sistema sotto la testa, sospirando teatralmente. «Che bei tempi.» Rido.
La porta della camera si apre e Pattie appare sulla soglia, tenendo in mano un vassoio con biscotti e caffè.
«Pensavo vi facesse piacere un po' di dolce.» Ridacchia, appoggiando il vassoio sul comodino. «Oh, tesoro, se vuoi vedere qualche film, Justin ha una collezione di film per ragazze nell'armadio.»
Justin scivola lentamente giù dal letto e striscia sotto di esso, mentre io scoppio a ridere e Pattie esce.
«Non è vero.» Lo sento mugugnare, così mi appendo a testa in giù e lo vedo scrivere qualcosa sull'asse di legno.
«Cosa stai facendo?» Chiedo divertita, scivolando accanto a lui e guardandolo disegnare.
«Beh, visto che ormai sai tutti i miei segreti, queste...» Indica le assi del letto. «Sono il mio diario segreto.»
Lo fisso sconvolta. «Scrivi un diario sulle assi del tuo letto?» Annuisce. «E cosa scrivi?»
Fa spallucce tranquillamente, continuando a disegnare un cane. «Quello che mi pare. Mia madre non entra qui sotto, posso scrivere ciò che voglio.»
Mi volto di nuovo e guardo l'asse ricoperta di scritte, disegni e citazioni sopra di me. Però, chi l'avrebbe mai detto?
«Non leggere, sono cose private.» Justin ride e mi spinge fuori da sotto il letto, seguendomi qualche istante dopo.
«Tu scrivi un diario, tieni film Disney e film sdolcinati in camera, pensi che un cane sia un ratto e ti dai una mazza da hockey sulla fronte?» Aggrotto la fronte mentre Justin mangia con non chalance un biscotto.
Fa spallucce leggermente, poi si accoccola a me e nasconde il viso nell'incavo del mio collo, mentre io osservo il resto della stanza.
«Comunque non ho solo film per ragazze.» Commenta qualche minuto dopo.
La porta si spalanca di nuovo e sento Justin brontolare sottovoce.
«Resti a dormire?» Chiede Pattie senza tanti convenevoli.
«Veramente non penso-» Inizio, ma mi interrompe subito.
«Dai, resta! Justin ha degli asciugamani rosa da prestarti, se quelli normali non ti piacciono. Ha anche delle maglie-»
«Mamma! Vai fuori!» Justin si mette a sedere e Pattie alza le mani in segno di resa.
«Non ti agitare così! Vado a sistemare la tua stanza del panico.» Scuote la testa ed esce dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Guardo Justin, che inarca un sopracciglio. «Che c'è?»
«Che carino, hai una stanza del panico?» Ridacchio, spettinandogli i capelli.
«Ovviamente no.»

Sto girando a vuoto per tutta la casa da qualche minuto alla ricerca di un fottutissimo bagno. Alla fine Pattie ha bloccato le porte prima che potessi uscire, quindi mi è toccato rimanere qui e subirmi una loro litigata sulla privacy e sul comportamento da tenere quando lui porta a casa una ragazza.
Da quanto ho capito, non è la prima volta che succede.
Sbuffo e apro una porta a caso, rimanendo sulla soglia con gli occhi sbarrati.
Mi dissocio ufficialmente da questa casa, è sicuro. Davanti a me si estende un intero pavimento di peluche, CD di musica per fare yoga e candele profumate, purtroppo spente.
C'è un modo per caricare tutti i peluche su un'auto e trasferirmi in qualche tribù Indiana dove non mi possono arrestare per furto?
«Tu la devi smettere di vagabondare nel bel mezzo della notte.» La mano di Justin cerca di chiudere la porta ma lo blocco, continuando a fissare tutti gli orsi, conigli, tartarughe e canguri della stanza.
«Ma si può sapere che cosa... Posso prenderne uno?» Entro nella stanza e sento Justin sbuffare piano, poi richiude la porta alle sue spalle e mi raggiunge, sedendosi sul tappeto e prendendo in mano un cane di peluche.
«No.» Borbotta infine, spettinando il ciuffo del cane con una passata veloce di mano.
«Ma cosa te ne fai di tutti questi peluche? Anzi, come diavolo fai ad averli? Li fabbrichi?» Lo guardo dopo aver preso da terra uno scoiattolo.
Justin mi guarda divertito. «Beh, mi sembra ovvio. Tra il cantare, provare, esibirmi, viaggiare ed essere rincorso da milioni di ragazze, io trovo il tempo di farmi dei peluche.»
Mi guardo intorno di nuovo, poi capisco. «Questa è la tua stanza antipanico?» Rido.
Justin sbuffa e si alza da terra, lasciando cadere il cane e prendendomi per mano. «Andiamo.»
«No, no! Scherzavo! Lo trovo dolce.» Rido mentre lo seguo fino alla sua camera.
«Non sei normale.» Justin si infila sotto le coperte e mi fa spazio, per poi abbracciarmi e mettere il canguro di peluche in mezzo a noi. «Buonanotte. E smettila di andare in giro, potresti scovare la mia collezione di conchiglie.»
Rendendosi conto di ciò che ha detto, mi spinge via da sè e si rigira, mentre io soffoco una risata e lo abbraccio. «Io colleziono bacchette cinesi.»
Il cantante si gira di nuovo, fissandomi. «Stai cercando di farmi stare meglio?»
«Ovvio che no. Sul serio, le colleziono. Le frego ogni volta che mangio fuori. Ne ho una sessantina a Cannes.»
Si rabbuia appena nomino la mia città. «Quand'è che parti?»
«Ho sonno, ne parliamo domani.» Infilo il viso nel suo collo e lo sento sospirare tra i miei capelli.
Passiamo qualche minuto in silenzio, e sono quasi sicura che Justin si sia completamente lasciato andare al mondo dei sogni, dove Beyoncè balla con la gonna Hawaiana e Drake Bell gli sbuccia uno a uno chicchi d'uva.
Sto per muovermi quando lo sento prendere un respiro, poi parla.
«Penso di essermi innamorato di te.» Sussurra poi, abbracciandomi e non lasciandomi abbastanza spazio per muover le labbra e rispondergli.
E cosa potrei rispondergli, dopotutto?
Se gli dico che lo amo e torno a Cannes, ci rimarrà male.
Se gli dico che non lo amo e torno a Cannes, ci rimarrà male.
L'unica è fingermi Spiderman e scalare il muro della casa per correre il più lontano possibile da lui.
Se solo le finestre non fossero bloccate. Dannazione.
Sento il suo braccio stringermi di più a lui e il suo respiro sui miei capelli, poi decido di lasciar perdere e rimandare il mio monologo a domani.

«Quindi tu sei innamorata di lui ma non vuoi dirglielo perchè finiresti col farlo rimanere male quando te ne andrai da Los Angeles.» Sentenzia Chad, comodamente sprofondato sul mio divano.
Mi mordo un labbro, poi decido di annuire. «Esatto. Però se gli dico che non lo amo, allora ci rimarrà male comunque. Non è mai piacevole amare una persona e non essere ricambiato.»
«Però in quel caso potrebbe rimanerci meglio, siccome non lo abbandoneresti dopo avergli detto di amarlo. Almeno così non penserà a come potrebbe essere andata.»
«E se faccio finta di soffrire di amnesia?» Mugugno, lasciandomi cadere sulla stoffa verde scuro del divano e sospirando. «Non viaggerò mai più per studiare. Mai più.»
Chad si mette a sedere composto. «Ma tu cosa gli hai detto, esattamente? Cioè, hai annuito e sorriso? L'hai trapassato con lo sguardo?»
«Non gli ho detto niente! In teoria stavo dormendo.» Sbuffo, alzando lo sguardo su di lui e vedendolo alzarsi, per poi cominciare a camminare avanti e indietro per la sala.
«Quindi... Adesso pensi che si aspetta una risposta oppure pensa che tu non abbia sentito?» Mi guarda confuso e io faccio spallucce.
«Non lo so, Chad. Sei tu il ragazzo, tu sei quello che dovrebbe sapere ciò che pensa.» Sospiro, passandomi una ciocca di capelli tra le dita. «Ma porca puttana, ha deciso lui di innamorarsi! Ha lasciato lui il telefono sul bancone! É lui che mi ha baciata ieri, io non c'entro assolutamente niente!»
Chad si inginocchia davanti a me, mettendomi le mani sulle spalle e dicendomi di prendere un bel respiro. «Ho un piano.»
Aiuto.

HOLA, AMIGOS.
Sappiate che ho scritto il capitolo ascoltando Lana Del Rey e sbavando come un cane sulla sua dannata perfezione.
Ok, a parte tutto: chi di voi ha Tumblr? Vorrei avere più blog sulla mia dash e quelli che vedo sono noiosi. Ghgjhjds.
Se vi va, seguitemi: ricambio subito. Cliccate qui se vi va :3 ---> Sempiternal Spirit.
Spero il capitolo vi sia piaciuto, e scusate se non riesco a passare dalle storie che mi mandate in posta, ma già ho pochissimo tempo per aggiornare le mie D:
Vi voglio bene. :)

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Capitolo 15
*** Letter to Justin ***


Guardo Chad, poi guardo il pezzo di carta che tiene in mano e sui cui ha accuratamente scritto una lettera lunga quanto i titoli di coda del film Titanic.
«Cosa vuoi farci, Chad? Gliela lanci in camera come ai tempi di Shakespear?» Chiedo, guardandolo arrampicarsi su un albero fino a raggiungere la finestra della stanza di Justin.
Questa volta, però, non siamo a casa di Pattie: Chad ha guidato per mezz'ora fino a Calabasas, ha stalkerato i vicini per scoprire il suo indirizzo, e quando si è imbattuto in Kirsten Bell, è rimasto paralizzato davanti a lei senza neanche dire 'Ciao'.
«Fai silenzio, se no ci beccano.» Borbotta, tirando la porticina della finestra verso destra e sbuffando sonoramente, prima di appoggiare la lettera sul tavolo e richiudere la finestra. Scende giù e si pulisce i pantaloni, mentre io do un'occhiata in giro.
«Beh?» Chiedo appena mi prende per mano e mi trascina fino alla sua auto, aprendomi la portiera e salendo, sgommando via e ricominciando, finalmente, a respirare.
«Ce l'ho fatta, la lettera è dentro.» Annuncia infine, soddisfatto.
Alzo gli occhi al cielo. «Quello l'avevo capito, genio! Cosa ci hai scritto?»
Fa spallucce e parcheggia davanti un McDonald's, intimandomi di scendere. Lo seguo fino al bancone, continuando a fargli il terzo grado.
«Ok, però se te lo dico ti incazzi e mi costringi a salire su quel dannato albero per riprendere la lettera.» Commenta dopo avermi tappato la bocca con il tappo della sua bottiglia d'acqua.
«Spara!» Gli punto il dito contro, restituendogli il tappo.
Lo guardo mentre si passa la bottiglia da una mano all'altra, poi alza lo sguardo su di me. «Gli ho detto che tutte queste uscite erano per un test di Psicologia.»
Aggrotto la fronte, non capendo. «E come potrebbe salvarmi da tutto il casino?»
«Beh, praticamente dovrebbe capire che non ti è mai piaciuto, ma dovevi fare un esame sul comportamento dei ragazzi, e lui era il soggetto perfetto. E ora che hai preso una A, non hai più bisogno di lui.»
Spalanco gli occhi, poi la bocca, poi spingo Chad fino al muro e lo fisso. «Ma sei idiota?! Non è vero! Non puoi dirgli una cosa del genere!»
«Gliel'ho scritta, infatti.» Commenta ridacchiando.
Mi passo una mano sulla fronte, poi prendo Chad per un braccio e lo trascino fino alla sua macchina. «Dobbiamo riprendere la lettera.» Farfuglio, lanciandogli le chiavi e forzandolo a mettere in moto.
Parte. «Ma perchè? Non è ciò che volevi?»
«Che pensasse che l'ho usato come una cavia? NO!» Quasi gli urlo contro. Dio, questo ragazzo è un idiota.
«Ma hai detto che ci sarebbe rimasto male, se gli avessi detto che non lo ami o che lo ami.» Dice ancora, lanciandomi un'occhiata e accelerando appena scatta il verde e ci lascia passare.
«Chad, non capisci un cazzo!» Sbotto disperata. «Pensi che se leggesse questa lettera, si sentirebbe meglio? Peggio del non sentirsi dire 'Ti amo', c'è solo il sapere di essere stato usato per un dannato esame.»
Arriviamo alla casa di Justin e mi accerto che la sua auto non sia parcheggiata nei dintorni, poi spingo Chad fino all'albero e lo prendo a parolacce finchè non si arrampica.
«Fai da palo!» Mi urla mentre cerca di aprire la finestra per la seconda volta. «Mi sento un criminale.»
Alzo gli occhi al cielo. «Zitto! Hai voluto tu venire qui per la prima volta. Sbrigati!» Ruggisco, guardandomi intorno.
Mi appoggio con la schiena al muro mentre Chad arranca per tornare giù a terra, tenendo la lettera tra i denti.
Salta sul prato e alza la lettera trionfante. «Presa!»
«Che cosa ci fate qui?»
Io e Chad ci giriamo di scatto, vedendo un Justin abbastanza incazzato e con le braccia conserte, che ci fissa.
Aggrotta la fronte, non ricevendo risposta. «Che cosa ci fate qui?»
Chad mi da una leggera pacca sula vita, spingendomi verso Justin. «Di' qualcosa!»
Mi spalanco in un sorriso, abbracciando Justin di scatto. «Mi sei mancato!»
«E per questo hai deciso di intrufolarti in casa mia con Chad?» Mi chiede, allontanandomi da sè e guardandomi confuso, poi guarda la lettera che Chad teneva ancora in aria. «Cos'è?»
«Niente!» Chad la nasconde dietro la schiena e io scuoto la testa, sospirando. Idiota.
Justin gli prende in qualche modo la lettera di mano, cominciando ad aprirla. «No, no, no! Non aprirla! Non è una bella lettera. Non è per te.» Dico velocemente, strappandogliela dalla mano.
Justin sospira e allunga una mano verso di me. Sorrido e gliela prendo, notando uno sguardo divertito e innervosito sul suo viso.
«Eve, dammi la lettera.» Dice infine.
Scuoto la testa. «No. Non è per te. Non si legge la posta altrui, Justin.» Gli do una spinta amichevole, facendolo indietreggiare di qualche passo.
«E per chi è?» Chiede, inarcando un sopracciglio.
«Ma non c'è la tua macchina intorno. Sei venuto volando?» Chiede quell'idiota del mio amico, grattandosi una guancia.
Justin e io lo guardiamo, scuotendo la testa. «Vai, Chad.»
Il riccio alza le mani e se ne va, brontolando su quanto siano difficili le relazioni tra diciottenni.
Stronzo, prima mi mette in questo casino e poi si lamenta anche!
Guardo Justin, che intanto è occupato a leggere- Merda!
«Justin!» Cerco di toglierla di mano ma mi allontana con un braccio, aggrottando la fronte a ogni parola che legge.
Merda, sono fottuta. Se tutto questo fosse successo in un film, probabilmente avrei urlato alla protagonista di strappare la lettera, mangiarsela e non mangiare nessun Activia per non andare in bagno e rischiare di cagarla.
Justin alza lo sguardo su di me, alzando leggermente la lettera. «É tutto vero?»
Cazzo ne so, l'ha scritta Chad! «Ecco, posso rileggerla e dirti quali sono i punti veri?»
Il cantante mi sbatte la lettera sul petto e mi sorpassa, dirigendosi verso casa.
«Justin, aspetta, giuro che non è come sembra!» Lo seguo fino al portone principale. Minchia, ha una casa enorme.
Si ferma e si volta verso di me, facendomi quasi venire addosso a lui. «Ah, sì, Eve? Quindi non sono solo..." Mi prende la lettera di mano, cercando il punto con gli occhi. «Un piccolo topo con cui volevi fare esperienza prima di tuffarti nel mondo reale e affrontare le relazioni consapevole di come ti saresti dovuta comportare?»
Spalanco gli occhi. «Che cosa?! Dove è scritta questa cazzata?» Mi avvicino a lui e mi indica il punto con l'indice, per poi lasciarmi la lettera in mano. «No, Justin, non era questo ciò che intendeva-»
«Intendeva?» Inarca un sopracciglio.
«Sì, beh, è complicato-»
Mi interrompe di nuovo. «Immagino. Scusami mentre vado a pensare a come mi dovrò comportare la prossima volta che uscirò con una stronza come te.» Detto questo, apre la porta, entra e la chiude.
Sto per andarmene, quando la riapre e la sbatte ancora più forte.
Allargo le braccia. «Perchè l'hai fatto?!»
«Per mostrarti quanto sono incazzato!» Mi risponde da dentro.
«Mi bastava già essere chiamata stronza, ma grazie per avermelo fatto capire meglio!»
«Perfetto!»
«Perfetto!» Vado verso l'auto di Chad e salgo, sbattendo la portiera con la speranza che Justin abbia sentito quando incazzata sono io!
«Tutto bene?» Chiede il riccio, partendo piano.
«Vorrei fargli un dannato poster con questa lettera stampata per tutta la dannata dimensione del suo ego!» Sbotto, accendendo la musica e gettando la lettera sui sedili posteriori.

Affondo il cucchiaio nell'enorme coppa di macedonia, preparata rigorosamente da Vanessa perchè, e quoto: 'Non dobbiamo dare un cattivo esempio a Grace. Voglio che sia in forma anche quando il suo ragazzo le darà della stronza.'.
Sospiro, appoggiando la guancia sul palmo della mano e masticando rumorosamente. Mia sorella mi lancia un'occhiataccia, gettandomi l'asciugamano in faccia.
«Sii più educata, Eve. Solo perchè un ragazzo ti ha rifiutata, non vuol dire che devi essere un maiale per non essere avvicinata da altri.» Borbotta, mescolando il purè di Grace e mettendolo nel microonde.
«Non mi ha rifiutata. É Chad che ha rifiutato lui!» Sbotto poi, lasciando l'asciugamano sul tavolo e alzandomi, prendendo tutta la coppa di macedonia e dirigendomi in giardino.
Vanessa si siede accanto a me, infilando la sua forchetta in un pezzo di melone e mettendoselo in bocca. «Che c'entra Chad?»
«É lui che ha scritto quella dannata lettera. Non mi ha neanche fatto leggere.» Mugugno, maledicendo quella dannata vecchietta con il suo fottuto chiuaua che mi abbaia contro ogni volta che mi vede.
Mia sorella sospira e scuote la testa. «E perchè Chad ha scritto la lettera?»
«Perchè Justin ha detto che mi ama.» Faccio spallucce e, sentendo che non parla, mi giro verso di lei.
Mi fissa insistentemente, poi lascia cadere la forchetta nella coppa. «Tu hai lasciato Justin perchè lui ti ama?»
Faccio una smorfia. «Non esattamente. Non so neanche se stavamo insieme. E poi l'ha lasciato Chad, per essere precisi.»
«Ma perchè? Cos'hai di sbagliato, Evelyn?» Mia sorella alza le mani al cielo, alzandosi dalla sedia a dondolo e mettendosi le mani sui fianchi. «Non puoi scappare da qualcuno ogni volta che questo ti tratta meglio di quanto tu tratti te stessa.» Dice infine, tornando in casa e chiudendo la porta perchè Grace non scappi.
Torturo un pezzo di mela nella coppa, rigirando tutti i frutti. Sembra che si mettano in posa per comporre 'Idiota' dentro dieci centimetri di piatto.
Poso la coppa accanto a me e tiro fuori il telefono, componendo il numero di Justin e mettendo il vivavoce, togliendomi il maglioncino di lana che Grace mi ha infilato addosso mentre cercavo di buttarmi giù dal balcone.
Salve, sono occupato al momento, richiamate più tardi. Se sei Evelyn, allora non richiamare. Devo ancora finire di ascoltare i tuoi 78 messaggi vocali.
Bip.
Stronzo.
Ma almeno controlla i messaggi, e questo è già un passo avanti per quel che so.

Sono passate tre ore e Justin ha cambiato il messaggio della segreteria.
In realtà non è molto meglio. Cinque minuti fa era: “Salve, sono occupato al momento, richiamate più tardi. Se sei Evelyn, allora non richiamare. Devo ancora finire di controllare i tuoi 25 messaggi vocali.
Ora è: “Salve, sono occupato al momento, richiamate più tardi. Se sei Evelyn, allora non richiamare.
Non è un buon segno, giusto? Ma in fondo io non ne sapevo niente di cosa ci fosse scritto nella lettera, altrimenti avrei fatto sì che Chad cadesse dall'albero la prima volta che ci si è dovuto arrampicare sopra.
Lancio il telefono su uno dei cuscini e mi trascino fino alla finestra, chiudendo le tende e tornando al letto.
Ma non ha detto niente a proposito dei messaggi, vero? No. Riprendo il telefono.
Se mia nonna vedesse quanto sono stata al telefono oggi, probabilmente la inventerebbe lei una macchina del tempo per mandarmi a vivere all'epoca dei dinosauri.
Cerco di comporre un messaggio che abbia un senso compiuto, un linguaggio articolato e qualch altra parola oltre alle solite: “Mi dispiace, davvero. Non doveva finire così, possiamo parlarne? Va bene anche tra cinque anni!
Lascio il telefono sul cuscino senza scrivere niente, poi spengo la luce e mi sdraio sul fianco, abbracciando il peluche che Justin, alla fine, mi ha regalato: un pinguino.
Dio, che palle. Ma perchè non può finire tutto come nei film?
Anche se, pensandoci bene, anche nei film la protagonista dice così, ed è sdraiata nel letto abbracciata al suo gatto.
Però il gatto le da un minimo di affetto leccandole tutta la faccia.
Se lo facessi da sola, sembrerei una mucca. Ancora più patetica di quello che sembro ora.

«Eve, ho un piano che non potrà mai fallire.» Dice Chad, sprofondando in camera mia e buttandosi sopra di me, schiacciandomi sotto i suoi 80 chili.
Farfuglio un 'Aiutatemi' mentre cerco di buttarlo giù. «Non mi fido più dei tuoi piani.» Dico appena riesco a spostarlo.
«Dai, vestiti. Abbiamo poco tempo. Dobbiamo raggiungere la casa di Justin prima che esca.» Chad si alza e apre le ante del mio armadio, lanciandomi addosso un paio di pantaloncini e una maglietta.
«Aspetta, spiegami il piano, poi mi vesto.» Mi metto seduta, sistemandomi i capelli.
Il riccio si siede sul bordo del letto e tira fuori una padella da sotto il mio letto. «Gliela diamo in testa e cadrà in coma. Quando si sveglierà, non si ricorderà niente.»
Lo fisso sconcertata. «Guarda, lascia stare, che dopo aver ricevuto le bacchette della batteria sulla fronte, ha già i suoi problemi.» Ride.

CAZZO, CAZZO, CAZZO, CAZZO, CAZZO: due parole: #BELIEVEACOUSTIC.
PORCA TROIA QUANTO É BELLO.
ok, evitiamo di urlare alle 4.30 di notte.
spero il capitolo vi sia piaciuto.
non garantisco un lieto fine ;)
ho già il 21 capitolo, ovvero quello finale, pronto.
jfkdjls.
sciao, bellissime. <3 :)

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Capitolo 16
*** We were so perfect ***


OK. AVVERTO TUTTE VOI CHE LE CANZONI SOTTO ELENCATE SONO USCITE TRA NOVEMBRE E GENNAIO, E LO SO BENISSIMO, MA SERVONO PER IL SUSSEGUIRSI DELLA STORIA. NON ME NE VOLETE. :)

 

We were so perfect.

 

Mescolo la cioccolata calda nel pentolino, guardando distrattamente le notizie alla televisione e tentanto di abbassare il fuoco.
“Justin Bieber di nuovo single?”
Fottiti.
Cambio canale e, dopo aver trovato Jersey Shore su MTV, spengo definitivamente la televisione, così come il fuoco.
Mi verso la cioccolata nella tazza e prendo un cucchiaino, andando fuori nel portico e sedendomi sul dondolo.
Sono passati due giorni da quando Chad ha dato la lettera a Justin, e le uniche notizie che ho dal cantante arrivano indirettamente da Internet o dalla televisione.
A quanto pare adesso è a New York per un concerto, e non tornerà fino al giorno dopo la mia partenza.
Sospiro e mescolo la cioccolata, prima di berne un po'.
“Eve!”
Alzo lo sguardo e vedo Serena arrancare su per le scale con una borsa in mano.
Mi alzo di scatto e lei ridacchia. “Stai tranquilla, non sono qui per mandarti sotto un camion.”
Oh, che peccato. Ci speravo quasi. “Che c'è?”
“Ti ho portato questa.” Mi porge la borsa e si siede accanto a me, stiracchiandosi. “Che bella giornata.”
“Parla per te.” Mugugno, aprendo la borsa e trovandoci dentro i libri di scuola che avevo lasciato al college. “Beh, grazie, allora.”
Mi fa l'occhiolino. “Dai, Ev, ci sono almeno 40 gradi. Come fai a bere la cioccolata calda?”
Faccio spallucce e appoggio la schiena allo schienale. “Non so.”
“Come state tu e Justin?” Cambia totalmente discorso e si volta verso me, sorridendo.
“Pensavo ormai lo sapessi anche tu.”
Inarca un sopracciglio, visibilmente confusa. E la capisco: devo avere la stessa espressione da un paio di giorni, ormai. Non faccio altro che ascoltare Sad, Beautiful, Tragic di Taylor Swift e chiedermi se abbia scritto quella canzone come autobiografia o come mia biografia.
“Cosa è successo?” Chiede Serena, distraendomi dai miei pensieri.
Faccio spallucce e poso la tazza, portandomi le gambe al petto. “Non stiamo più insieme. In realtà non so se siamo mai stati insieme, ma così sembrava.”
“Che ha combinato? Dai, ti aiuto io a tagliargli i capelli. Diventeremo ricche, cazzo!” Scoppia a ridere e mi da una sberla sul braccio.
Faccio una smorfia. “Come mai sei qui? Pensavo mi odiassi.”
“Pensavo tu mi odiassi. Beh, avresti tutte le ragioni, ma sono contenta che tu non ce l'abbia con me. Mi dispiace davvero tanto per quello che ti ho fatto. Non so cosa mi sia preso.” Sospira, passandosi una mano tra i capelli.
Ridacchio. “Come mai ora hai i capelli marroni?”
Lascia cadere le braccia sulle gambe. “Sai, ho deciso di fare un cambiamento.”
“Che genere di cambiamento?” Domando, aggrottando la fronte.
Fa spallucce e guarda l'albero davanti a sé. “Ho capito che se non cambio io, non posso cambiare niente di ciò che sta intorno a me. Ho passato così tanto tempo cercando di essere originale, quando ormai l'originale era diventato normale.”
Annuisco leggermente. Ha senso, se ci penso per bene.
“E poi un giorno mi sono svegliata e lo sapevo.”
“Cosa sapevi?” Chiedo.
Caccia un sospiro. “Che solo io potevo cambiare la situazione in cui ero. Non sarebbe venuto nessuno a portarmi via dalla realtà in cui mi ero rinchiusa. Così ho deciso di farlo da sola.”
“E ora stai meglio?” Mi mordo l'interno della guancia e la guardo alzarsi.
Sorride e annuisce, legandosi i capelli in una coda di cavallo. “Sì, molto meglio.” Fa una pausa e mi mette la mano sulla spalla. “Questa sera parto, torno a casa. E sai cosa? Non so cosa sia successo tra te e Justin, ma se davvero ci tieni, allora ti consiglio di fare il primo passo e cambiare la situazione. Non deprimerti con la cioccolata.” Mi fa l'occhiolino e scende le scale. “Ci vediamo!”
La guardo sparire dietro l'angolo e sospiro, torturandomi le dita. Forse ha ragione: devo cambiare io la situazione, non aspettare qualcuno che lo faccia al posto mio.
Mi infilo le cuffie dell'iPod nelle orecchie e clicco sulla solita canzone, lasciando che le note di Sad, Beautiful, Tragic mi disidentifichino dalla realtà.
Questi dieci minuti con Serena sono stati molto più utili dei tentativi da parte di Jimmy di essere uno psichiatra e dirmi citazioni sull'amore prese da film scadenti.
Words, how little they mean, when you're a little too late...”
E dei tentativi da parte di Vanessa di trascinarmi in giro per la città, usando la scusa che 'Lo shopping è molto più economico di iTunes per scaricarsi canzoni deprimenti.'
In effetti questi due giorni ho passato le ore a letto a scaricarmi tutte le possibili canzoni di gente che ha avuto il cuore spezzato.
We had a beautiful, magic love there...”
Mi alzo dal dondolo, prendendo la tazza e rientrando in casa, mettendola nel lavandino e arrivando in camera mia.
We both wake in lonely beds, different cities...”
Prendo il telefono da sotto il cuscino e compongo il numero di Justin, togliendomi le cuffie dalle orecchie e gettando l'iPod sul comodino.
Tuu.
Forse dovrei staccare. Sono sicura che non mi risponderà oggi come non ha risposto ieri, e l'altro ieri ancora.
Tuu.
Ecco, appunto. Sicuramente sta fissando il telefono con il mio nome sul display, tenendo in mano un fucile.
Tuu.
Ok, devo farmi forza. In fondo non succede niente se non mi risponde. Io parto domani, riprenderò la mia vita piena di club di libri nel cuore di Cannes, visite con la scuola alla Tour Eiffel e shopping nelle botique costose del centro.
Sospiro e stacco la chiamata, sentendo l'ennesimo 'Tuu' perforarmi i timpani.
Forse non puoi sempre cambiare la situazione. A volte devi imparare ad accettarla e ad andare avanti.
Riprendo l'iPod e cambio canzone fino a trovare Come Back, Be Here, sempre di Taylor.
I told myself 'Don't get attached', but in my mind I play it back...”
La mia vita sta diventando una schifosa ispirazione per Taylor Swift.
Se avessi ancora il telefono di Justin, probabilmente la chiamerei e lei riceverebbe altri tre grammy e un disco di platino.
I guess you're in New York today, and I don't wanna need you this way...”


“Vuoi stare nella vasca ancora per molto o posso riaverti senza le sembianze di una rana?!” Urla mia sorella dalla mia camera, mentre io mi rilasso comodament nella vasca da bagno e gioco con le bollicine.
“Evelyn!” Strilla ancora.
“Che cazzo vuoi?!” Ormai non posso trovare pace da nessuna parte. Sto in camera e non va bene, sto in sala e non va bene, perchè butto giù anche l'umore di Grace e crescerà con sintomi di depressione.
“Esci, c'è Chaz!”
“Chad, Vanessa! Si chiama Chad!” Sbuffo, uscendo dalla vasca e infilandomi gli abiti puliti addosso, sistemando i capelli in un codino. Esco dal bagno e mi trovo Chaz seduto sul letto.
“Ciao!” Mi sorride, posando il mio iPod sul letto. “Scusa, non pensavo stessi facendo il bagno quando sono arrivato.”
“Fa' niente.” Dico titubante. “Che ci fai qui?”
“Oh, questo è per te. Justin mi ha detto di dartela perchè è a New-”
Lo interrompo con un cenno della mano. “So benissimo dov'è.”
Annuisce leggermente, mordicchiandosi un labbro e porgendomi la lettera. “Beh, questa è tua.”
La prendo e la appoggio sulla scrivania, sapendo già che è la lettera che ha scritto Chad.
“Ok, allora io vado. Oh, mi ha detto che ha ancora la tua giacca a casa sua. Te la riporta appena torna. Io non ho le chiavi.” Il biondo fa spallucce e si alza dal letto, avviandosi verso l'uscita.
Sospiro e prendo la spazzola, mentre Chaz si ferma sulla soglia.
“Eve?”
“Mhm?” Mugugno.
Fa una piccola pausa, poi parla. “Gli manchi tanto.” Dice, poi esce dalla stanza e si chiude la porta alle spalle.
Come no.
“Eve, vieni di sotto!” Urla Vanessa dal piano di sotto.
Brontolo parolacce sottovoce mentre scendo le scale, raggiungendo Jimmy e Vanessa nel salotto.
Grace è a casa di qualche sua amica, a quanto ne so.
Mi siedo accanto a Jimmy e prendo un cuscino dalla poltrona, poggiandolo sulle gambe e fissando la televisione, senza realmente vedere niente.
“É il concerto di Justin a New York.” Mi informa mia sorella.
Soffoco con la saliva e Jimmy mi da qualche colpetto sulla schiena. “Ma non va live in TV!” Dico poi.
Vanessa fa spallucce e si gira verso la televisione, mangiucchiando una ciambella.
Cazzo, la voglio anche io.
“Justin ci ha detto di cambiare canale, e questo è quello che abbiamo trovato.” Sussurra Jimmy, indicando lo schermo.
“L'ultima canzone per stasera è davvero personale. Parla di una persona a cui...” Justin fa una pausa. “A cui voglio molto bene. Le cose tra di noi non hanno funzionato come avrebbero dovuto, e questo, per quanto possa essere triste, mi ha aiutato a scrivere la canzone. Spero vi piaccia.”
Sento la gente gridare il suo nome mentre Justin va al piano; le luci si spengono lasciandolo un solo riflettore ad illuminare sia il cantante che il piano.
Lately I've been thinking, thinking about what we had, I know it's hard, it was all we knew, yeah...”
Scatto a sedere sul divano e lascio cadere il cuscino per terra, sentendo in lontanzanza la voce di Vanessa che si lamenta della polvere sul tappeto.
I wish that I could give you what you deserve...”
Che idiota. Si colpevolizza per colpa mia. Anzi, per colpa di Chad! Minchia, giuro che uccido quel riccio di High School Musical.
Tell me, was it worth it? We were so perfect...”


Sto sdraiata sul letto con un cuscino premuto sul viso: che giornata di merda.
Sento il letto muoversi e riconosco il profumo di mia sorella. Mi passa un braccio intorno alle spalle e sospira.
“Stai bene?”
Che domanda. “Ovvio. Una meraviglia. Non sono mai stata meglio.”
“Allora perchè hai un cuscino sulla faccia?” Ridacchia.
“Sto contando i pelucchi.” Mugugno, spostandomi il cuscino dal viso e sospirando. “Che devo fare?”
Mia sorella fa spallucce. “Non lo so, Ev. É la vostra relazione. Io la mia l'ho già sistemata tempo fa.”
“Sì, ma tu non dovevi partire. Qualsiasi cosa io possa fare, sarà sbagliata.” Sospiro, mettendomi a sedere e passandomi una mano tra i capelli.
“Ascolta, so che ti sembra che non ci sia via d'uscita, ma c'è sempre una soluzione.” Mia sorella si alza dal letto e si avvia verso l'uscita. “E poi, puoi sempre rimanere a vivere qui. Me l'ha proposto Jimmy.” Esce dalla mia camera e il mio telefono suona.
Perfetto: non ho proprio voglia di sentire le lamentele di Chad sul fatto che non gli ho risposto per due giorni interi.
“Non sono in vena di consolarti.” Borbotto, premendo il telefono sull'orecchio e affondando il viso nel piumone.
“Zitta e ascoltami.” Asserisce lui. “Justin ha cantato una canzone per te questa sera.”
“E con questo?” Chiedo confusa.
“Significa che ti ama ancora! Possiamo risolvere tutto, devi solo darmi fiducia.”
“Mhm, ricordami come è andata a finire l'ultima volta che è successo?” Ribatto sarcastica, alzando gli occhi al cielo.
Lo sento sbuffare dall'altro capo del telefono. “Andiamo a New York.”
Scoppio a ridere. “Sì, aspetta che mi vesto e facciamo una corsa, ok? Smettila di sparare cazzate a quest'ora.”
“Sono solo le 10.” Fa una pausa con il fiatone. “Comunque ero serio. Andiamo a New York!”
Mi metto a sedere. “No, Chad. Hai già fatto abbastanza casini. Voglio solo farmi una dormita, svegliarmi e partire senza altri problemi. Ci sentiamo.”
Stacco la chiamata e poso il telefono, andando a dormire.


Cazzo, è tutto merito di Taylor Swift e delle sue canzoni se mi è venuto fuori un capitolo del genere D:
Comunque sia, come ho già detto di sopra, le canzoni là sopra elencate sono uscite molto tempo dopo Agosto, ma mi servivano ora perciò ecco qua :3
Spero vi piaccia il capitolo, e ricordatevi che la storia finisce tra... OOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO.
Cinque capitoli.
O forse meno ;] Dipende da come andrà.
Sciao, bellesse. 

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Capitolo 17
*** 8 ***


Allora non c'è niente da fare? É sicuro?” Mia sorella si mordicchia l'unghia mentre il dottore scrive qualcosa sul suo foglio, scuotendo la testa.
Sospira. “No, signorina. Penso che sua sorella soffra di un deficit amoroso.”
“E pensa sia permanente?” Chiede ancora Vanessa, mentre io giocherello con il pinguino e gli mordo il naso, per poi sputare in fuori un paio di pelucchi.
“Credo che debba darle tempo. Sa, le delusioni d'amore sono difficili da dimenticare, non importa quanto tempo passi.” Il dottore fa spallucce e si appende la borsa a fiorellini sulla spalla. “Evelyn, mi raccomando, non correre più fuori in strada urlando che ami Justin Bieber. Ok?” Mi accarezza i capelli e io alzo il pollice in segno di ok, per poi accoccolarmi al mio pinguino e chiudere gli occhi, sentendo il dottore e mia sorella uscire dalla mia camera.
Qualche minuto dopo il letto si muove e Vanessa mi scuote leggermente. “Eve?”
Non rispondo, continuando a fissare il vetro della finestra e l'albero che si muove al di fuori.
“Eve.” Tenta ancora, continuando a darmi leggere sberle sul braccio.
Continuo a ignorarla: so già che mi dirà di andare a fare un bagno e uscire da questa camera.
“Eve, cazzo!”

Scatto a sedere, respirando affannosamente. “Borsa a fiorellini!” 
Mia sorella inarca un sopracciglio, confusa. “Cosa?”
Mi passo una mano sulla fronte, asciugando il sudore dalla pelle. “Cavolo. Questo sì che era... Realistico.”
La vedo guardarmi storto, poi prende un bel respiro e si impone di mantenere la calma. “Eve, c'è qualcuno per te.” 
Mi ributto a letto. “No, di' a Chad che non voglio andare a New York per trovare Justin, confessargli che lo amo, che la lettera era tutta una minchiata di quel riccio, che ho passato gli ultimi tre giorni a letto a fissare la lettera e a maledirmi.”
Silenzio.
“Però, questo non me l'aspettavo.” 
Mi volto verso la porta della mia camera, dove c'è un Justin piuttosto divertito con la mia giacchetta in mano e le braccia incrociate. 
“Bene, vi lascio soli.” Vanessa esce dalla stanza e chiude la porta.
Guardo Justin che butta la mia giacca su una sedia e viene verso il letto, spingendomi via in modo da avere abbastanza spazio da sdraiarsi accanto a me.
“Come stai?” Chiede infine, fissando il soffitto mentre io fisso lui.
Faccio spallucce. “Come una che ha appena fatto l'ennesima figura di merda davanti a un cantante di fama mondiale.”
Ridacchia, sdraiandosi su un fianco e mettendosi un braccio sotto la testa. “Davvero non hai lasciato il letto, questi tre giorni?”
Mi volto dall'altra parte. Colta in flagrante. Sento un suo braccio circondarmi la schiena e tirarmi a sé, ma non mi oppongo. 
“Eve?” 
“No, smettila di dirlo. Questi tre giorni sono stati un inferno, hanno ripetuto il mio nome ogni secondo della giornata per ordinarmi di uscire o di fare qualcosa. Smettila.” Sbotto, alzandomi dal letto e andando a sedermi sul divanetto davanti alla finestra.
Justin non si muove e mi guarda. “Mi ami davvero?”
“No, era uno scherzo. Sapevo che eri alla porta e volevo illuderti un po'.” Sposto lo sguardo dall'albero a lui, che ridacchia.
“Ah, fantastico. Allora vado, visto che non ho niente da fare qui.” Si alza dal letto e si ferma un secondo, prendendo la lettera dal comodino e girandosi verso di me. “Non l'hai letta?”
“E perchè dovevo farlo? Mi bastava sapere che era abbastanza brutta da rovinare tutto ciò che c'era tra noi.” Borbotto, giocando con il naso del mio pinguino.
Il cantante si avvicina a me e si inginocchia, lasciando le sue mani sulle mie gambe. “Perchè, cosa c'era tra noi?”
Mi mordo il labbro e faccio spallucce leggermente. “Non lo so. Ma qualcosa c'era, ed è stato rovinato.” 
Alza la lettera e me la porge, facendomi cenno con la testa di leggerla. “Non è la lettera di Chad.” 
“Cosa?” Aggrotto la fronte, prendendo la lettera dalla sua mano e aprendola. Beh, in effetti la calligrafia è diversa, ed è anche molto più corta.
Ma davvero molto più corta. Infatti l'unica cosa che c'è scritta è un 'Ti amo', con un rossetto rosso scuro.
“Perchè l'hai scritto con il rossetto?” Guardo Justin, che invece di rispondermi mi scaraventa sul divano con un bacio. 
Evviva la delicatezza, mi dicono. 
“Ce l'aveva Scooter.” Dice appena si allontana, e questo mi preoccupa ancora di più. “Sì, beh, sai... Carin l'aveva dimenticato nella giacca di Scott, e non c'erano penne intorno, perciò...” Fa spallucce e io scoppio a ridere. 
“Non ci credo. Dove eravate che non c'erano penne?” Inarco un sopracciglio e lo guardo sdraiarsi accanto a me e circondarmi con le braccia. 
Ridacchia. “Bloccati in un bagno dell'aeroporto.”
“E tu hai pensato a me mentre eri bloccato in un bagno? Molto dolce da parte tua, Justin.” Scuoto la testa e la affondo nel suo collo.
“Beh, spiegami cosa è successo con Chad.” Annuncia infine.
Siamo nei casini.


State di nuovo insieme! Finalmente, cazzo! Non ci speravo più!” Un Chad appena entrato nel bar ci salta addosso, stritolandoci in un abbraccio. “Justin, mi devi 1400 dollari.”
Justin lo guarda confuso. “E per che cosa?”
“Allora, ho fatto da terapista a Eve per colpa tua, poi ho preso i biglietti per andare a New York, e non costano mica poco, e poi ho cercato di risolvere tutta la situazione.” Elenca Chad, sedendosi accanto a noi. 
Momento rovinato.
“Veramente è tutta colpa tua, Chad.” Justin fa spallucce leggermente e mordicchia la cannuccia del suo caffè. “E poi, perchè hai preso i biglietti per New York?”
Chad fa spallucce. “Perchè Eve stava male e dovevo portarla allo zoo.” Fa una pausa e alza gli occhi al cielo. “Perchè c'eri tu! E io volevo farmi perdonare, così ho preso i biglietti, ma tu sei tornato, stronzo!”
“Chad!” Gli do un colpo sul braccio e affondo nella poltrona, stringendomi a Justin, che ride divertito.
“Io avevo un piano. Avevo anche detto a Chaz di chiamarti e dirtelo, ma a quanto pare non l'ha fatto.” Scuote la testa, sospirando amaramente.
“Quindi tu non eri incazzato con Eve?” Chad inarca un sopracciglio dopo aver ordinato da bere e guardato il culo alla cameriera per dei buoni venti secondi.
“Ovvio che sì. Per i primi due giorni. Poi ho ripensato alla situazione, ho scritto la canzone, ed è finita così.” Justin fa spallucce leggermente, passandomi il braccio intorno alle spalle.
“Sapete che Serena è venuta a farmi visita?” Chiedo di punto in bianco, attirando l'attenzione di entrambi.
“Davvero? Aveva un mitra con sé? Oppure ha preferito una colonna sonora di Taylor?” Chad ridacchia e mi batte una mano sulla spalla, facendomi sobbalzare. “Hai capito, no? Perchè, insomma, fa canzoni così deprimenti che ti suicidi.”
Io e Justin lo guardiamo in silenzio mentre continua a ridere, attirando l'attenzione di tutti i clienti.
“Beh, che voleva?” Si decide a parlare il mio ragazzo. Oh, sì. Abbiamo chiarito la nostra posizione nel mondo. 
“Ha detto che partiva ieri sera e tornava a casa. Adesso si è fatta i capelli marroni.” Faccio spallucce e vedo Christine e Connor entrare nel bar. 
Connor chiude la porta alle loro spalle e le mette il braccio intorno alle vita, accompagnandola al tavolo. Si siedono e prendono i menù, poi Connor alza lo sguardo e incrocia il mio.
Esita prima di alzare una mano e salutarmi con un sorriso. 
Mi mordo il labbro e ricambio. In fondo non ha fatto niente di male. Chi non sarebbe scappato di fronte alla vista di una ragazza che poteva finire invalida?
“Ehi.” Justin mi da una leggera gomitata, catturando la mia attenzione.
“Che c'è?” Rido, alzando gli occhi al cielo. 
“Non flirtare con Connor.” Mi ammonisce, prendendo il suo caffè dal tavolo.
Li vedo alzarsi e venire al nostro tavolo, e stranamente Christine non è minimamente infastidita dalla mia presenza.
“Possiamo sederci con voi?” Chiede Connor, indicando le due sedie libere.
Annuiamo e ci spostiamo un po', lasciando loro lo spazio necessario.
“Come state?” Chiede Christine, prendendo un fazzoletto e mettendoci dentro la gomma da masticare.
“Benone!” Annuncia Chad, pimpante.
“La volete sentire una battuta?” Comincia Connor, battendo le mani una volta.
“Dai, spara.” Christine si prende due fazzoletti e li accartoccia, infilandoseli nelle orecchie e facendoci ridere.
Connor non le presta attenzione. “Se io mi nutro, tu ti nutri, egli si nutre...” Fa una pausa, guardandoci. “Perchè Frank si natra?”
Che orrore. Affondo il viso nel collo di Justin mentre questi ridono e Christine mi lancia un'occhiata complice. 
Mi giro appena la porta del bar si apre di nuovo, vedendo Chaz, Ryan e... Serena? 
Arrivano al nostro tavolo e si siedono senza tanti complimenti, ordinando qualcosa da bere.
“Ma tu non partivi ieri?” Chiedo a Serena, inarcando un sopracciglio.
Fa spallucce. “Il mio aereo ha avuto dei problemi meccanici e mi sono ritrovata qui.” Dice casualmente. 
“Non credevo ti fossi fatta mora sul serio.” Commenta Justin, guardandola con la testa inclinata.
Serena alza una mano, scuotendo la testa. “Tieni a freno i tuoi ormoni, ragazzo. Sappiamo tutti che sono molto più figa di Eve, ma è comunque la tua ragazza. Portale un po' di rispetto.”
Scoppiano a ridere mentre io spalanco la bocca. “Beh, grazie!”
“Dai...” Serena da una leggera sberla sul braccio di Justin. “Ci vediamo a casa tua, stanotte. Non dirlo a Eve, mi raccomando.”
“Farò il possibile.” Ride Justin, baciandomi i capelli e la guancia. 
Ed è proprio questo quello che volevo da questa vacanza studio: otto persone che hanno avuto abbastanza tempo per amarsi, odiarsi, e alla fine sedersi allo stesso tavolo senza che nessuno provasse invidia per l'altro.


Raccolgo le mie cose da terra mentre tutti gli altri sono seduti sul letto, pavimento e divano.
“Devi proprio fare la valigia adesso?” Chiede Chaz, alzando lo sguardo dalle tette di Serena e posandolo su di me.
Annuisco, spostandomi una ciocca di capelli dal viso. “Parto domani sera, ragazzi. Non ho più tempo.”
Tutti guardano Justin, che fa spallucce leggermente e torna a giocherellare con il suo telefono.
“Dobbiamo fare un piano.” Annuncia Connor, scattando a sedere e facendo quasi cadere Christine dalle sue gambe. 
“Che piano?” Chiede Serena, intenta a passarmi le magliette dall'armadio. “Posso tenerla?!” Sbotta, afferrando una maglietta con la faccia di Bob Marley sopra.
Rido e annuisco. “Certo.” 
“Domani sera ci presentiamo qui davanti e facciamo sì che Eve arrivi tardi all'aeroporto, così non parte e rimane a vivere qui.” Continua Connor, facendo ridere tutti. “Che c'è? Ero serio, ragazzi!”
“Non sparare minchiate. I suoi genitori si incazzeranno con noi, poi.” Ride Chad, pettinandosi i riccioli con la mia spazzola. Eh, vabbè.
“Beh, e allora? Mica prenderanno un aereo da Cannes solo per venire ad urlarci contro.” Dice Christine, stranamente d'accordo con l'assurdo piano del fidanzato.
“Non conoscete i miei genitori.” Ridacchio, chiudendo la prima valigia e portandola fino alla porta della stanza. Mi giro e vedo tutti che mi fissano. “Che c'è?”
Fanno spallucce e tornano a fare ciò che facevano, ovvero organizzare una rivolta perchè io non parta.
Scuoto la testa, sdraiandomi accanto a Justin mentre Serena continua a lanciare roba nella mia seconda valigia.


Ma quanto cazzo è lungo questo capitolo? D:
Scusate, lol.
Spero vi piaccia, ora ho finalmente capito quanti capitoli ci sono ancora prima della fine, Ok, detto questo, vorrei spiegare a tutte voi il motivo per cui ho cancellato le altre due storie. 
Tra una settimana o poco più, dovrò cominciare delle sedute con un gruppo di 'sostegno' e con il mio psichiatra, che ovviamente ha rifiutato la mia richiesta di non vederlo più. -.-
Non avrò più così tanto tempo per aggiornare delle storie che richiedano così tanto impegno come quella sull'amnesia, dove avrei dovuto fare richerche su ricerche, perchè è così che scrivo una storia.
A parte questo, ne scriverò sicuramente una che richieda meno impegno e la aggiornerò regolarmente (si spera!), quindi se vi va, continuate a seguirmi, se no, sono contenta di aver avuto delle lettrici pazzesche come voi. :]
Sciao, bellesse.

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Capitolo 18
*** Summer love ***


Summer love


Oggi è la nostra giornata.” Annuncia Justin, entrando in casa mia mentre sto letteralmente dormendo in piedi.
Controllo l'ora sull'orologio appeso al muro e seguo Justin su per le scale, stropicciandomi gli occhi. In teoria dovrei essere io a fargli strada, ma non va esattamente così.
Justin apre la porta della mia stanza e mi fa cenno di entrare. Chiude la porta alle nostre spalle e mi siedo sul letto.
“Che hai nella borsa?” Chiedo, aggrottando la fronte quando lo vedo tirare fuori una busta della spesa, o qualcosa del genere.
“A che ora parti?” Ignora totalmente la mia domanda e mi spinge gentilmente fino a farmi sdraiare.
“Alle 9...” Lo guardo mentre prende il telecomando della televisione e la accende. “Mi faccio una doccia mentre prepari tutto ciò che stai preparando.” Dico infine, andando in bagno e chiudendomici dentro.
Lo sento armeggiare con il DVD ma decido di non uscire per indagare. Qualche minuto dopo sono fuori: un asciugamano intorno alla testa per coprire i capelli bagnati e i vestiti addosso.
Non intendo uscire in asciugamano come in tutti quei film scadenti. Manco per sogno.
Torno in camera e Justin sta tranquillamente mangiando biscotti al cioccolato.
“Anche io!” Mi fiondo sul letto e faccio rimbalzare il biondo, che mi passa la confezione di biscotti e mi fa cenno di sdraiarmi accanto a lui. E così faccio. “Cosa guardiamo?” 
Noi siamo infinito.” Risponde, ingoiando il biscotto e sciogliendo l'asciugamano dai miei capelli, gettandolo per terra senza prestarci troppa attenzione. “I ragazzi hanno fatto un piano, ma dubito lo metteranno in atto.”
Alzo lo sguardo su di lui, che continua a guardare il film con interesse. Non ho mai notato il neo che ha sulla mandibola, né la piccola cicatrice prorpio sotto il lobo o il sopracciglio sinistro che è leggermente più irregolare di quello destro.
“Smettila di fissarmi, mi fai paura.” Justin mi guarda e io rido, tornando a fissare lo schermo della televisione. 
Penso che partire sia più difficile di quanto mi aspettassi, anche più di quanto mi sono immaginata questa notte mentre correvo da una stanza all'altra, sperando di trovare il caricabatterie del telefono. Non ci sono riuscita.
Prendo a torturare un bottone della sua camicia blu scuro. Non riesco a guardare il film, non mi interessa minimamente e anche la voglia di biscotti è sparita.
Tra poco più di un giorno sarò a Cannes, se casa ancora è. Forse hanno ragione Justin e gli altri: potrei rimanere qui, cominciare l'università a Los Angeles e continuare andare a trovare i miei genitori ogni tanto. Una o due volte al mese.
O all'anno.
“A che pensi?” Justin spegne la televisione e si sdraia sul fianco, mettendo un braccio sotto la testa e una mano sul mio, accarezzandolo. 
Faccio spallucce leggermente, arricciando il naso. “Non so se voglio tornare a casa.”
Mi guarda per un po', poi sospira. “Mi sento un po' in colpa, a dire il vero.”
Lo guardo confusa. Che cazzo sta dicendo? Prima mi ringhia contro quando gli dico che devo andarmene, e quando gli dico che non ne sono più così sicura, mi confessa di sentirsi in colpa?
“Per quanto non io non lo accetti, la tua vita è a Cannes. Non puoi stravolgerla per delle persone che hai incontrato tre mesi fa e lasciare tutto ciò che conosci in un altro Paese.” Dice piano, giocando con il mio orecchino. 
Questo mi ricorda di quando sono scattata fuori dal bagno e ho visto lui e Serena flirtare per un dannato orecchino che non entrava nel buco.
“E non penso che la nostra relazione possa essere portata avanti in qualche modo.” Aggiunge poi. “Sarebbe più semplice se tu vivessi in America, anche a New York, ma non posso volare a Cannes ogni weekend. E non mi sembra giusto ferirti quando sarò associato a una scappatella con tutte le modelle di Victoria Secret.”
Rido, anche se non voglio. Dopotutto ha ragione. Non c'è molto che lui possa fare, e io dovrò impegnarmi negli studi, perciò il tempo che avremmo per vederci rimarrebbe comunque poco. 
Faccio una leggera smorfia e Justin sorride. “Vanessa e Jimmy sono fuori?”
Annuisco. “Sì, lavoreranno fino alle 7, poi mi accompagneranno all'aeroporto.” Faccio spallucce e mi mordo l'interno della guancia. “Quindi la finiamo così?”
Il biondo ci pensa un po' su, poi allunga il braccio che aveva sotto la testa e lo mette sotto la mia, avvicinandomi a sé. “Sei vergine?” 
Spalanco gli occhi e do un colpo di tosse. Mi sembrava troppo bello perchè il momento non venisse rovinato da un commento idiota! 
Maschi.
“Credo di sì.” Dico infine, e Justin corruga la fronte, guardandomi confuso.
“Come credi?” 
“Beh, forse qualcuno mi ha drogata, ubriacata, bendata e anestetizzata, e poi mi ha stuprata e io non ne sono a conoscenza.” Faccio spallucce e Justin ride, alzando gli occhi al cielo.
“Sai come rovinare un momento, Eve.” Dice poi, stampandomi un bacio sulle labbra e facendomi sdraiare sulla schiena. “Non voglio farti tornare a Cannes nello stesso modo.” 
“Con l'aereo?” Inarco un sopracciglio e Justin si stacca da me, mettendosi le mani sul viso.
“Perchè sei capitata a me? Non poteva esserci Beyoncè dietro di me, in fila?” Sospira.
Gli do una leggera sberla sul braccio. “Non le avresti chiesto di passare avanti. Saresti rimasto dietro di lei a fissarle il culo.” 
Ci pensa un po' su e toglie le mani dal viso. “Giusto, mi sembra verosimile. E intanto tu non torni vergine.”
Pensavo la mia opinione contasse pur qualcosa, ma da come l'ha detto, penso che mi dovrò ricredere.


Sobbalzo a ogni minimo rumore che si propaga per la casa, mentre Justin sta tranquillamente sdraiato sul mio letto e continua ad accarezzarmi la schiena, alternandola con i capelli dopo qualche minuto. 
Sono in un fantastico dormiveglia che viene rovinato ogni volta che qualcuno parla fuori dalla mia casa, facendomi pensare che sia o Vanessa o Jimmy.
Sento Justin sdraiarsi sul fianco e stringermi a sé come se fossi un'ancora di salvezza e lui si trovasse nel bel mezzo dell'oceano. E avrebbe senso: le mie lenzuola sono blu. 
Mi ritraggo appena mi morde la spalla. “Ahia!” Gli do un colpo sul braccio mentre lui ridacchia.
“Torna qui.” Mugugna con voce roca, tirandomi di nuovo contro di sé e continuando a stampare leggeri baci sulla mia spalla. “Don't promise that you're gonna write, don't promise that you'll call, just promise that you won't forget we had it all...” Canticchia sottovoce al mio orecchio, poi caccia un sospiro. 
Non riesco a sopportare questa situazione. Mi metto a sedere velocemente e mi infilo la maglietta, poi i pantaloncini, infine mi alzo dal letto e mi sistemo i capelli in una coda disordinata, non facendoci tanta attenzione. 
Raccolgo la borsa che mi terrò sull'aereo e inizio a tirarci dentro telefono, iPod, occhiali, un libro, delle riviste e tutto ciò che mi potrebbe servire.
Justin rimane sdraiato e osserva ogni mio movimento, il tutto senza parlare. 
Mi costringo a non urlargli contro che ciò che abbiamo fatto è sbagliato; che non potevamo farlo dopo che lui mi ha detto che dovevamo finirla qui e non continuare la relazione.
Vorrei urlargli che non ha il diritto di portarmi a letto, consapevole che il giorno dopo non ci sarò e che potrà tranquillamente dimenticarsi dell'accaduto come se non fosse mai successo.
E vorrei dirgli che se fosse per me, resterei, ma alla fine tutto si rovinerebbe e i momenti che abbiamo passato si trasformerebbero solo nell'ennesima rottura tra adolescenti, che le cose si complicherebbero e finiremmo per sentire un diritto di possesso sull'altro, e finiremmo per lasciarci.
Ma ovviamente mi mordo la lingua e continuo a sistemare le cose in silenzio, sentendomi i suoi occhi ancora addosso.
Non mi rendo conto di aver cominciato a piangere finchè non mi ritrovo le sue braccia intorno al corpo e il mio viso nel suo collo.
“Shh, non piangere. Poi scoppio anche io e dovremmo chiamare il pescatore che ci ha quasi scoperti allo scoglio così ci salva.” Dice piano, facendomi ridere al ricordo delle urla dell'uomo. Mi bacia i capelli e continua ad accarezzarmi la schiena, mentre io mi asciugo le lacrime e sospiro.
“Mi mancherai.” Riesco a dire per la prima volta, e per la prima volta capisco che, ora come ora, preferirei rimanere qui a Los Angeles, lontano da tutto ciò che conosco e vicino a un cantante che comincerà il tour tra pochi mesi.
“Tu di più.” Ribatte, poi mi lascia andare e raccoglie la sua maglietta dalla sedia. “Dai, ti aiuto a portare la roba giù.”
Annuisco e prendo il borsone, mentre Justin afferra le due valigie e mi segue al piano di sotto. Lasciamo la roba in soggiorno e torniamo su, richiudendoci in camera e buttandoci sul letto. “I miei amici mi sommergeranno di domande quando torno. E sono più che convinta che le mie amiche non mi parleranno più perchè saranno gelose.”
Justin ride e intreccia le nostre dita, passandomi il pollice sul palmo. “Lo penso anche io. E se scoprissero che la canzone che amano tanto è stata scritta per te, sappi che la mia casa sarà il tuo nascondiglio segreto.” Si volta verso di me e sorridiamo nello stesso istante.
Guardo fuori dalla finestra e corrugo la fronte, mettendomi a sedere. “Ma sta nevicando?” 
“Ad Agosto?” Justin mi lancia un'occhiata divertita prima di girarsi verso la finestra. “Oh, cazzo.” 
Scoppio a ridere per la sua reazione e ci alziamo, andando verso la finestra. La apro e tiro in fuori la mano. “A me non sembra neve.” 
“Aspetta...” Justin mi tira dentro e sporge la testa, guardando in alto. “Certo che siete coglioni forte, eh!” Ride.
“Che c'è?” Chiedo confusa. 
Justin torna dentro e alza gli occhi al cielo. “Ti ricordi che ti ho detto che il gruppo aveva un piano?”
Annuisco e, prima che Justin possa rispondermi, un tonfo al muro ci fa sobbalzare. Guardiamo fuori dalla finestra e vediamo Chad spiaccicato contro il muro di casa.
“Ma sei impazzito?” Corrugo la fronte, tirandolo verso il cornicione. É legato a una corda, grazie a Dio. “Perchè state tirando batuffoli di zucchero filato dal tetto? E come ci siete saliti?”
Chad mi mostra la scala che hanno appoggiato al muro, poi sorride. “L'ho detto a Justin che avevamo un piano.”
“E sarebbe questo il piano?” Justin guarda i batuffoli che cadono, poi ne afferra uno e se lo mette in bocca. “Uh, buono.” 
Scuoto la testa, ridendo. “Beh?” 
Chad fa spallucce. “Visto che abbiamo capito che non possiamo fermarti dal partire, abbiamo deciso di rendere questo giorno il più speciale, con la neve e tutto il resto.” 
Io e Justin ci guardiamo, poi guardiamo Chad, che sta ancora tentando di stabilizzarsi sul cornicione come un piccione. 
“Non è che mi fareste entrare e uscire?” Chiede infine il riccio, sbuffando.
Io e Justin scuotiamo la testa e chiudiamo la finestra. “Visto che è il nostro giorno più speciale...” Justin fa spallucce e mi tira a sedere sul divanetto davanti alla finestra, abbracciandomi.
Chad sospira e si siede più comodamente, osservando i batuffoli cadere, così come io e Justin.


Siamo all'aeroporto. La gente che lo affolla è troppa, decisamente troppa. Penso che l'intera popolazione Cinese si sia trasferita qui e abbia deciso di partorire un altro miliardo di persone.
Ho il braccio intorno alla vita di Justin, che mi tiene stretta come se da un momento all'altro un alieno potesse rapirmi. Probabilmente ho già le spalle con i lividi. Mio padre penserà che ho fatto sesso violento.
Arrossisco al pensiero di ciò che abbiamo fatto a casa e abbasso lo sguardo, mentre Chaz e Serena si rincorrono per l'aeroporto e si urlano contro varie parolacce.
“Sei pronta?” Chiede mia sorella, dandomi una leggera pacca sulla schiena.
Justin le ringhia leggermente contro e mi avvicina di più a sé, facendoci ridere. “Penso di sì.” Annuisco.
“Bene, perchè io devo andare in bagno e mi sto pisciando addosso.” Sbuffa Chad, facendo un balletto strano.
“Beh, vai, no?” Ryan scuote la testa e alza gli occhi al cielo, imprecando sottovoce per la batteria scarica del telefono. Ti capisco, ti capisco.
“Ma poi mancherei ai saluti ufficiali con la Francesina!” Ribatte il riccio, aprendo le braccia perchè mi ci tuffi dentro.
Cerco di farlo, ma le braccia di Justin me lo impediscono e mi tengono stretta. “No, è mia.” Gli altri ridono mentre io scuoto la testa, appoggiando la mia schiena al suo petto e prendendo un bel respiro.
“Jimmy dov'è?” Chiedo, guardandomi intorno. Anche Serena e Chaz sono spariti. Probabilmente si sono uccisi a vicenda.
“Ha portato Grace al bar.” Risponde distrattamente Vanessa, stiracchiandosi con uno sbadiglio. “Sono esausta.”
“Vai a casa, tanto rimangono loro con me. E poi Grace ha fame.” Mi allungo per darle un abbraccio e questa volta le braccia di Justin mi lasciano.
“Ok, allora.” Mia sorella mi bacia la fronte e mi abbraccia stretto. “Mi mancherai. Comportati bene, non far sclerare mamma e papà e non rompere i coglioni ai vicini.” 
Alzo gli occhi al cielo e ci stacchiamo. “Zì, padrona.” 
Ride e accenna un saluto agli altri, raggiungendo Jimmy al bar. La perdo di vista tra le altre persone e mi stringo a Justin di nuovo. 
“Speriamo che l'aereo non cada.” Se ne esce fuori Ryan, facendomi irrigidire.
“Cosa?” Chiedo immediatamente, guardandolo storto.
Fa spallucce. “Succede tante volte. Magari per poca benzina, o un incendio, un temporale...”
“Cosa?!” Ripeto.
Justin da una sberla al braccio di Ryan e mi stringe. “Non ascoltarlo, è un idiota. Si diverte così.”
“L'aereo non cadrà, vero?” Lo guardo. Mi stampa un bacio sulle labbra e uno sul naso.
“No. Arriverai sana e salva e mi chiamerai per farmi sapere che sei viva. Ok?” Annuisco leggermente e mi bacia ancora, prima di appoggiare il mento sulla mia testa.
“L'aereo 28374 sta per decollare, invitiamo i passeggeri a salire a bordo con solo il bagaglio a mano.” La voce metallica degli autoparlanti interrompe le camminate tranquille della gente, che comincia a correre da una parte all'altra.
Serena, Chaz, Ryan, Chad e Justin mi accompagnano fino al mio gate e mi circondano mentre do il biglietto e il passaporto alla ragazza dietro il bancone.
Mi giro per salutare ma le braccia di Justin cominciano a trascinarmi via, facendomi ridere. “Justin, mollami! Non voglio essere l'ultima passeggera!”
“Oh, non sarai passeggera affatto.” Dice serio, fermandosi.
“In che senso?” Corrugo la fronte. 
“In senso che...” Si morde un labbro e tira fuori una scatolina dalla tasca, porgendomela. “Penso che dovremmo provarci. So cosa ti ho detto oggi, ma... Voglio provare.” 
Apro la scatola e ci trovo dentro una collana con un ciondolo a forma di J. Non so cosa dire, perciò rimango in silenzio e lo abbraccio.
“Sei mia.” Mi sussurra, poi mi gira e chiude il gancetto intorno al mio collo. “Fatto.”
Mi volto verso di lui di nuovo, sentendo la seconda chiamata per il mio volo. “Ti amo.” 
“Ti amo.” Si lecca le labbra e mi da un bacio, poi mi segue fino agli altri.
Saluto tutti con meno tristezza, poi prendo la mia borsa dalla mano di Chad e sospiro, entrando nel tunnel che mi avrebbe portata fino all'aereo.
É come se fossi morta e ripercorressi la mia vita in quegli ultimi minuti: rivedo tutto ciò che è successo in questi tre mesi, a partire dall'aeroporto e a finire... Con l'aeroporto. E con mia sorpresa mi rendo conto che ricordo tutto, ogni minimo dettaglio, e non sono affatto triste di come siano finite le cose.
Alla fine si sono sistemate come dovevano: Serena tornerà a casa domani sera, Chad continuerà con l'università e seguirà un corso d'arte, Connor e Christine si trasferiranno a New York in Ottobre e frequenteranno dei corsi di recitazione. Tutti si terranno in contatto con tutti. 
Le valigie che all'arrivo pesavano così tanto sono state sostituite con due più leggere, siccome ho lasciato metà della roba a casa di Vanessa per infilarci dentro il pinguino di Justin.
E non mi pento di niente: ho avuto quell'amore estivo a cui tutte le ragazze aspirano, e l'ho avuto con un cantante di fama mondiale, cazzo!


MUHAHAHAHAHAHAHAAHAHAHAHAHAHAAH ._.
É finita. Olè. 18 capitoli, altro che 21, lol. Sappiate solo che per scriverlo, ho dovuto ascoltare le canzoni più deprimenti che ho nell'iPod, e comunque non è uscito triste. Questo vi da prova di quanto sia difficile per me scrivere momenti tristi D:
Comunque sia, spero vi piaccia e che la storia non vi abbia deluse: mi sono impegnata sempre duramente e spero abbiate visto i frutti. :]
Grazie a tutte quelle che sono rimaste con me per tutti i capitoli e che continuavano a minacciarmi di morte, inducendomi così a scrivere e riscrivere e RIRIscrivere minchiate.
Vi voglio bene. Lkslkslakslaks.




OH, mi sono dimenticata che c'è un capitolo 19! D:
Al prossimo capitolo, belle. L'epilogo. :]

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Capitolo 19
*** Un mese dopo ***


Apro un occhio, poi l'altro, guardandomi intorno.
Che cosa ci faccio in ospedale un'altra volta?
Sento delle voci tutti intorno a me, così cerco di mettermi a sedere, ma la gamba e il braccio appesi a un'asse me lo rendono abbastanza difficile.
«Evelyn! Tesoro, ti sei svegliata! Finalmente! Non ci speravo più!» Mia madre mi corre incontro in lacrime, fiondandosi su di me e stritolandomi in un abbraccio. «Dicevano che non ti saresti più svegliata, che dovevamo staccare la macchina entro le cinque di oggi. Ho pregato con tutte le mie forze e ha funzionato!»
Che cosa? Allontano mia madre e la guardo confusa. «Cosa?»
Si passa le mani sulle guance, asciugandosi le lacrime. «Tesoro, l'aereo ha avuto un incidente, siete precipitati e siete rimasti nell'oceano per un giorno intero. Tu e un'altra ragazza siete gli unici sopravvissuti.»
«Ma che stai dicendo? No, sono arrivata a Los Angeles benissimo! Ho anche finito il college, e ho incontrato Justin, e sono finita in ospedale dopo essere andata sotto un camion perchè Serena mi ha spinta!»
Vedo tutti scambiarsi degli sguardi scioccati, poi mio padre parla per primo. «Sei stata in coma per due settimane, Eve. Hai delle brutte ferite, ti ci vorrà del tempo per ricordarti tutto. Probabilmente era solo un sogno.»
Spalanco gli occhi, poi mi guardo intorno, vedendo Vanessa, Grace, Jimmy e mia madre lì.
Niente Chad, Connor, Serena... Justin.
«E Chad?» Chiedo piano.
«Chi è Chad, Eve?» Vanessa corruga la fronte, pettinando i capelli di Grace.
Guardo fuori dalla finestra. «Non importa. Dove sono?»
«A Los Angeles.» Mia mamma mi bacia la fronte e sospira. «Vado a chiamare il dottore. Dalle da bere.»
Mio padre annuisce e prende il bicchiere, mettendolo davanti alla mia bocca.
Scuoto la testa leggermente. «Non ho sete.»
«Eve, so che sarà difficile, ma devi cercare di rimuovere tutto ciò che ti è successo. La vita va avanti, e due settimane non sono poi così tante.»
«In queste due settimane io ho vissuto interi mesi! Ho avuto Justin Bieber come ragazzo, ho finito la scuola con il massimo dei voti, sono andata sotto un camion e ho conosciuto una stronza che faceva riti satanici contro i ragazzi!» Quasi urlo, catturando gli sguardi di qualche infermiere e paziente che passavano accanto alla stanza.
Mi ributto a letto e sospiro, asciugandomi le lacrime. 
«Tesoro, passerà. Era solo un sogno, non è successo niente di quello.» Mi rassicura mio padre, accarezzandomi piano il braccio. 
Mi allontano da lui e cerco di sdraiarmi sul fianco, fallendo miseramente. «Lasciatemi da sola.»
«Il dottore aveva detto che avrebbe subito dei cambiamenti. Dai, andiamo. Diamole del tempo per digerire la situazione.» Jimmy si alza e prende in braccio Grace, uscendo dalla stanza.
Mio padre e Vanessa lo seguono, chiudendosi la porta alle spalle.
Quindi non ho incontrato Justin Bieber, non sono finita sotto un camion e non ho passato gli esami con il massimo dei voti.
Però in compenso sono precipitata con un aereo e sono sopravvissuta, mi sembra già un buon inizio.

Un mese dopo.

«E io che pensavo che non avrebbe più avuto fame!» Ride Jimmy, porgendomi un altro piatto di patatine fritte.
«Io ho sempre fame.» Mugugno, infilandomi le patatine in bocca e bevendo il mio succo all'arancia.
Grace mi guarda con un'espressione divertita. «Tu mangi quasi come papà quando deve andare a lavoro presto e non ha tempo.»
Rido e Jimmy scuote la testa. «Hai già deciso quando parti?»
«Domani sera, ho già il biglietto e questa volta spero di non frantumarmi.» Sospiro, facendo spallucce. «É un peccato che Vanessa sia dovuta partire.»
«Ah, dovevamo prenderci una pausa.» Jimmy mi fa cenno di lasciar perdere. «Era diventato abbastanza difficile stare insieme, ultimamente.»
«Spero non perchè ci fossi io. Insomma, so di aver portato parecchi problemi con tutto ciò che urlavo e sognavo, perciò...»
Jimmy aggrotta la fronte, poi mi da una sberla sul braccio. «Cogliona.»
«Mamma ha detto di non dire quelle parole davanti a me.» Trilla Grace, afferrando una patatina dal mio piatto e ficcandosela in bocca.
«Scusa, piccola.» Jimmy le spettina leggermente i capelli, poi si alza e prende il suo vassoio. «Dai, andiamo.»
«Ma non ho finito.» Lo guardo, raccogliendo la borsa da terra e prendendo il pacchetto di patatine.
«Beh, io devo andare a lavoro tra qualche minuto, perciò porto Grace da Jenna e poi te a casa. Non ho tempo.»
Annuisco e prende Grace in braccio, seguendo Jimmy fuori dal McDonald's. 
Entriamo in macchina e io allaccio la cintura a Grace, mentre Jimmy parte sgommando ed entra velocemente nel traffico di Los Angeles.
In qualche minuto arriviamo a casa di Jenna e Jimmy porta Grace dentro casa, poi rientra e mi accompagna a casa.
«Ci vediamo dopo, e non guardare documentari sugli incidenti in aereo.» Mi ammonisce, spingendomi scherzosamente fuori dall'auto.
Rido ed entro in casa, gettando la borsa in un angolo e andando al piano di sopra, buttandomi sul letto e fissando il soffitto senza muovermi.
Da quando sono tornata a casa e i miei genitori sono tornati a Cannes, non ho perso nessuna programmazione che trattava di Justin, nessuna rivista, niente di niente, e come al solito era sempre accompagnato da Selena.
Ma penso sia giusto così: in fondo il mio era solo un sogno durato tre mesi che si meritava un lieto fine e un brutto risveglio.

Il giorno dopo.

Prendo la valigia da terra e la trascino fino all'auto, mettendola nel bagagliaio.
«Eve, non andare!» Strilla Grace, correndomi incontro e attaccandosi alla mia gamba.
Ahia. «Lo sai che devo tornare a casa. Ci rivediamo a Natale.»
Alza la testa e sporge il labbro inferiore in avanti. «Però mi chiamerai, vero?»
«Ovvio che sì.» Ridacchio, inginocchiandomi e abbracciandola forte.
«Ehi, vuole sbrigarsi o vuole pagare di più?» Il tassista suona il clacson e mi rialzo, alzando gli occhi al cielo.
«Fai un buon volo, questa volta. Mi dispiace di non poterti accompagnare.» Jimmy mi da un abbraccio veloce e apre la portiera dell'auto, aiutandomi ad entrare «Chiamaci quando arrivi.»
Annuisco e chiude la portiera, lasciando che il taxi inizi la sua corsa lungo le strette stradine.
Ignoro la radio che trasmette la partita di calcio e guardo fuori dal finestrino.
Arriviamo all'aeroporto circa mezz'ora dopo, dopo che il tassista ha urlato a tutti i passanti di muovere il culo e dopo che ha quasi messo sotto mezza popolazione.
«Ecco, lascia che la aiuti.» Tira fuori la mia valigia e la trascina fino all'entrata dell'aeroporto, lasciandola lì.
Lo pago, lo ringrazio ed entro, andando direttamente all'edicola per prendere un mucchio di riviste da leggere durante il viaggio.
«Salve, signorina.» Un uomo sulla cinquantina mi sorride, poi sgrana gli occhi. «Ma lei non è la sopravvissuta all'incidente aereo di un mese fa? Cavolo, deve essere una situazione così spiacevole trovarsi nell'oceano da sola, per un giorno intero. Non è nervosa di salire su un altro aereo?»
«Beh, prima no, ma adesso sì. Grazie mille.» Bofonchio, prendendo un mazzo di riviste e dandogli i soldi.
«Mi raccomando, se l'aereo cade-»
«Arrivederci!» Lo interrompo, allontanandomi velocemente e portandomi dietro la valigia.
Dio, quanto pesa. 
Mi siedo su una sedia e apro la prima rivista a una pagina a caso, leggendo in stampatello maiuscolo 'JELENA IS OFF', ovvero che finalmente hanno rotto e danno pace alle Beliebers di tutto il mondo.
Sfoglio le pagine della rivista e la chiudo, alzandomi e andando allo Stabucks dell'aeroporto.
Dopo una marea di clienti insoddisfatti, vecchiette che dovevano assolutamente appoggiarsi a quelli davanti a loro perchè erano stanche e qualche spinta qui e lì, finalmente raggiungo la cassa.
"Salve, vorrei un caffè con marshmallows." Do i soldi alla donna dietro il bancone e tamburello piano con le dita. Controllo l'ora di nuovo e appoggio il telefono sul bancone.
Non vedo l'ora di essere a casa.
Un tipo col cappuccio mi viene accanto. "Ciao, scusa, posso passare davanti? Il mio aereo parte tra poco e ho urgente bisogno di caffeina."
E che palle! Annuisco leggermente. "Certo." Mi sposto indietro e lo lascio passare.
"Grazie." Sorride e ordina un caffè con doppia razione di zucchero e panna.
Aspetta.
Io questa scena l'ho già vissuta, e me la ricordo anche bene!
Mi volto velocemente verso destra, vedendo ciò che mi aspettavo: una donna corre dietro alla figlia, tenendo palloncini viola scuro nella borsa. 
Mi volto di nuovo e osservo attentamente la maglia del tipo davanti a me.
Qual era la marca? Non Gucci, non Dolce e Gabb- Hollister! 
É una maglia dell'Hollister!
Guardo velocemente il mio telefono appoggiato accanto a quello del ragazzo davanti a me, poi guardo il ragazzo.
Oh, minchia.
«Scusa?» Lo affianco e lui mi guarda da dietro i suoi occhiali da solo.
«Ci metto solo un secondo, prometto. Devo andare fino a Cannes, non posso stare senza caffè.»
Aspetta, non me la ricordavo così la storia. «Anche io vado a Cannes. E l'aereo parte tra mezz'ora. Sei furbo.»
Ridacchia e prende il suo caffè dalla donna, poi mi sorride. «Allora ci vediamo. E grazie ancora.» Prende il telefono e se ne va, mentre la donna a cui avevo ordinato il caffè mi da una leggera scossa.
«Ecco a lei, signorina.» Sorride.
Lo prendo velocemente e prendo il telefono, andandomene dal bar. 
Quindi non può essere Justin.
Dio, sto impazzendo. Probabilmente mi è crollato l'intero aereo in testa e ora sto manifestando sintomi da idiozia avanzata, giusto?
Sì.
Sorgeggio il mio caffè mentre aspetto nella sala d'attesa.
Mi piacerebbe ricordarmi cosa diavolo è successo quando l'aereo è caduto.
Magari sono un'eroina e ho salvato la ragazza che è rimasta viva con me, che tra l'altro non ho mai conosciuto.
O magari ho combattuto contro uno squalo e sono stata portata a riva da un gruppo di delfini come succede nei film.
O forse ho semplicemente nuovato a mo' di cane fino alla riva di qualche isola e sono morta di stanchezza lì.
Molto eroico, mi dicono.
«Ehi, scusa?» Una mano mi tocca la spalla e io sobbalzo.
«Ma ti sembra il modo di parlare a una persona?!» Sbotto, alzando lo sguardo fino a incontrare gli occhiali da sole di prima.
«Scusa.» Il tipo ride e si siede accanto a me, porgendomi un iPhone bianco. «Penso che questo sia tuo.»
«No, questa volta no. Questa volta il mio ce l'ho io e il tuo ce l'hai tu.» Tiro fuori il telefono dalla tasca dei jeans e lo sblocco, mostrandogli lo schermo.
«Sì, ecco, io...» Il ragazzo sorride e indica il mio telefono. «É mio.» Lo gira verso di me e aggrotto la fronte appena vedo la foto del display.
Justin.
Minchia.
Minchia, doppia minchia, tripla minchia!
«Aspetta, è successo davvero!» Mi metto a sedere di colpo e fisso il telefono, poi Justin, poi il mio telefono.
«É successo cosa?» Justin inarca un sopracciglio, guardandomi confuso.
«Questo! Io ho già avuto il tuo telefono, e tu andavi in Australia, e poi sei venuto a riportarmi il mio telefono e ti sei messo con una mia amica, ma quell'amica mi ha mandato sotto un camion e noi ci siamo messi insieme e poi mi sono svegliata dal coma!»
Mi guarda spaventato, poi prende il suo telefono dalle mie mani molto lentamente. «Come mai eri in coma?»
«L'aereo su cui ero è crollato nell'oceano e penso sia iniziato tutto lì.» Faccio spallucce.
Ridacchia e controlla l'ora. «Abbiamo dodici ore da passare insieme, a quanto pare. Perchè non mi racconti del tuo sogno?» Chiede, infilandosi il telefono nella tasca dei jeans.
Sorrido.
Ecco il mio lieto fine.


Dovete amarmi, cazzo! É passato solo un giorno e ho già postato l'epilogo c:
Spero vi piaccia, e mi dispiace se non sono riuscita a rendere minimamente triste anche questo D:
Semplicemente non ci riesco, boh!
C'est finì. Mi dispiace anche dell'enorme ritardo per il capitolo prima, ma sono contenta che molte voi di voi siano rimaste con me, nonostante tutto. :)
Per quanto riguarda la fine della storia... Sta a voi immaginare se si sono messi insieme oppure no ;)
Un'altra cosa: una mia amica sta scrivendo una ff su Justin, PASSATE per favore? Cliccate sul titolo, e godetevela. You are afraid to burn?
Sciao, bellesse. <3

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