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Capitolo 1 *** Voglio trovare un senso alla mia vita ***
Underwater Light
Underwater Light
By Maya
TradottadaLuciana
(su EFP ho tradotto anche La Sala Degli Specchi di Ella_Bane!
Se siete vere fan delle Harry/Draco date un’occhiata a quella storia, anche se
ormai so per certo di preferire Underwater Light)
Pairing: Harry/Draco
Rating: R
Sommario: Con la
partecipazione di un Harry estremamente depresso, in
un mondo di maghi lacerato dalla guerra, sul punto di essere colpito dallo
shock più grande della sua vita nel momento in cui scopre che Draco Malfoy è
leggermente più importante per lui di quanto avesse mai immaginato. Include
un’amicizia molto strana, molta angst, sospetti,
lealtà conflittuali, un Ron poco sveglio, una Hermione sul piede di guerra e due ragazzi molto
incasinati.
Beta-reader:Vale. Un grazie particolare
per avermi convinta ad intraprendere questa luuungaavventura. Davvero, il tuo entusiasmo mi ha costretta a mettere le mani su un progetto che avevo in
mente da mesi, ma che mi spaventava troppo. Sei una collaboratrice favolosa, e
non ti ringrazierò mai abbastanza per quella recensione chilometrica :) Lo sai che per me vedere la passione nelle parole altrui
è come provarla io stessa.
STORIA LUNGA, LUNGHI AVVERTIMENTI PRIMA DI INIZIARE :D
Nota della
traduttrice: Utilizzo questo spazio per mettere in chiaro
alcune mie scelte.
Quello
che nella versione italiana è noto col nome di SeverusPiton rimarrà SeverusSnapein questa traduzione. Ho scelto
di lasciare in originale il suo nome, perchè era l’unico, tra i personaggi
più importanti di questa storia, a dover essere
tradotto, e la cosa non mi andava molto a genio.
Il
lettore dovrà tener conto che Maya ha iniziato a scrivere questa storia
prima della pubblicazione di “Harry Potter e l’Ordine della Fenice”,
quindi non va considerato nessuno degli eventi
accaduti durante il “vero” quinto anno. La ficè ambientata durante il settimo anno.
Il
nome dell’autrice è Maya, ma essendo già preso qui su EFP mi sono iscritta
con suo nick su livejournal,
che è appunto Mistful.
Nota della lettrice: Eheh. Prima di postare la traduzione di questa fanfiction, vorrei dire un paio di cose. “UnderwaterLight”, che ha vinto a
furor di popolo l’Oscar HP come migliore fanfiction
del 2005, è la mia storia preferita in assoluto. Come molte altre lettrici che
adorano questo pairing, vorrei
tanto possederla in versione rilegata per poterla esporre in una teca e
venerarla. Penso abbia segnato uno spartiacque nella mia esperienza in questo fandom, perché mi ha irretita e
conquistata proprio in un periodo in cui mi sembrava non ci fosse più niente di
valido da leggere. Mi ha obbligata a prendere i miei
mille pregiudizi (mai leggere storie che non siano NC17, mai leggere storie con
troppi personaggi, mai leggere storie con troppo plot…) e a buttarli dalla
finestra. Ammetto di aver passato ore ed ore a pensare
a questa storia, a scriverne, a rievocarne i passaggi più belli prima di andare
a dormire… proprio come un’innamorata.
Spero, quindi, che per voi possa essere altrettanto bella,
altrettanto importante.
Buona lettura!
Capitolo Uno
Voglio trovare un senso alla mia vita
This road is crooked,
cracked and wrong
They’ve got the odds
stacked nice and high
I don’t know how they
get along
Me, I just internalise.
[Questa strada è tortuosa, rotta e sbagliata / Loro hanno le più alte
probabilità / Non so come facciano ad andare avanti / Io interiorizzo e basta.]
Harry pensò a se stesso entrando in acqua. O forse no.
Pensò alla persona che vedeva riflessa negli occhi degli
altri.
Harry Potter.
Il Ragazzo Che Era Sopravvissuto.
Il ragazzo la cui miracolosa sconfitta di Voldemort si era
rivelata completamente futile, dal momento che era
stato incapace di impedirne la resurrezione. Anzi, era stato
una parte vitale del suo ritorno, rendendolo più potente che mai.
Il ragazzo che era stato idolatrato, ma non era neanche
riuscito a salvare il suo compagno di scuola.
L’ennesimo bambino impotente, ma ancora più deleterio poiché
Voldemort lo voleva morto, e non c’era nessuno a cui importasse
di lui.
Harry Potter, il ragazzo che aveva fallito.
Quello con cui erano tutti così
gentili. Quello di cui avevano pietà.
Era come…essere l’eroe di una storia per quattro anni, e poi
all’improvviso di nuovo un attore secondario. Una seccatura insignificante, nel
momento in cui il desolante grigiore della guerra turbinava dietro le finestre
di Hogwarts.
Tutti avevano in volto un’espressione tesa e affaticata, che
diventava un sorriso falso davanti a Harry. Ormai riusciva a
sentire i loro pensieri…povero Harry, non dobbiamo far sentire male
Harry…
Come se fosse ancora un bambino.
Era stato così per tre anni, e nessuno aveva mai mollato la
presa un secondo nel tentativo infinito e logorante di Far Stare Meglio Harry.
La pietà è una cosa così inesorabile e ipocrita. Una cosa da offrire a chi è debole e non può raccogliere le forze
per il disprezzo. Una cosa così lontana dall’amore.
La pressione di tutti quegli sguardi compassionevoli lo
spingeva negli angoli più nascosti, nell’ultima fila delle classi, sotto le
coperte del suo letto.
Dovunque potesse sfuggire ai bigliettini
di San Valentino, tutte imitazioni del tributo di Ginny
Weasley risalente al secondo anno. Alle partite di Quidditch,
in cui i Corvonero e i Tassorosso
sembravano perdere apposta, così che Harry Potter potesse gioire di una
vittoria trionfale come quella del terzo anno.
Harry si era quasi rassegnato a tutto ciò. Volevano fare
qualcosa per lui, perché impedirglielo? Era tutto…inevitabile, e assolutamente
inutile.
E adesso questo.
L’ultima indignazione, l’ultimo
insulto ad una patetica creatura ferita.
Il nuovo Torneo Tremaghi, tre anni dopo.
Che passi avanti Harry, che vinca Harry, che capisca che non
è successo niente di brutto e che basterà applaudire e l’orfano sarò contento. Non è carino?
Gliel’aveva quasi sbattuto in faccia, a quei volti
terribilmente pietosi.
Ma alla fine aveva piegato il capo
come ogni volta.
Se era quello il prezzo, se avevano bisogno di convincersi
che lui potesse far fronte al ritorno di Voldemort per continuare le loro vite…amen.
Harry amava alcuni di loro. Voleva che fossero felici.
Per questo era salito sulla Firebolt
contro il drago. Aveva accettato l’invito di CalìPatil al ballo, e aveva ballato con lei finché non si era
unita al suo ragazzo, DeanThomas.
(Poi aveva bevuto dell’acqua che SeamusFinnigan aveva trasfigurato in rum, quanto bastava
per rendere tutto piacevolmente annebbiato, ma non così tanto da preoccupare
gli altri.)
Harry ricordava il ballo molto chiaramente,
il calore e la luce della stanza erano opprimenti.
Dopo un po’ si era sentito stanco e
nauseato, a forza di sorridere a chiunque passasse.
Aveva ricambiato i sorrisi di Hagrid
e sua moglie, di Silente, Hermione e Ron, come se non
gli costasse niente.
Alla fine tutto gli girava intorno, le
luci abbaglianti risplendevano mischiandosi ai capelli della gente.
Sembrava che qualcuno avesse rivolto la luce contro un dipinto ancora fresco, e
la vernice si stesse sciogliendo mischiando e
cambiando i colori.
I profili di Hermione e Ron che
ballavano erano diventati un’unica forma sfocata. Gli
occhi blu di Silente erano finiti vorticosamente sul soffitto dipinto di cielo.
I capelli neri di PadmaPatild’un tratto si erano allungati per tutta la sala
intrecciandosi, con un contrasto agghiacciante, alle ciocche biondo pallido di
Malfoy, che sedeva al tavolo dei Serpeverde,
impegnato ad ubriacarsi.
Era stato un incubo. Alla fine Harry aveva piegato la testa
sulle braccia, sopraffatto da una lenta ma pressante disperazione, e aveva
finto di essere semplicemente stanco.
La seconda prova non poteva certo essere peggio.
Era andato nel bagno dei prefetti, alquanto legittimamente
stavolta, dato che ovviamente era un prefetto, come poteva il povero caro Harry
non essere un prefetto? Aveva interpretato l’indizio.
Aveva trovato l’Algabranchia posata con cura sotto il suo
cuscino dal leale Dobby, che ancora fingeva una
devozione scomparsa ormai da tempo.
Dio, adesso era grato alla freddezza
dell’acqua, al verde oscuro che gli girava intorno, assorbendolo e
proteggendolo dagli sguardi. Quasi desiderava poter restare là sotto per
sempre.
E se l’avesse fatto? Ci pensò
all’improvviso. Sapeva che l’Algabranchia poteva essere neutralizzata con la
forza di volontà. Doveva solo nuotare verso il fondo, e i
polmoni gli sarebbero esplosi per lo sforzo di respirare. Poi non ci
sarebbe stato altro che silenzio e acqua purificatrice, per sempre.
Ma come avrebbero reagito gli altri…e
quanto avrebbe confermato i loro sospetti. Si sarebbe dimostrato il
bimbo debole che lo credevano, incapace di sopportare
la situazione.
Harry non aveva mai scelto la via più breve. Persino adesso,
poteva lottare. Persino adesso, voleva lottare.
Quindi…dunque, avrebbe trovato Ron. Trovare Ron, aspettare
accanto agli ostaggi e ricevere punti, nonché essere
lodato per il suo buon cuore.
Trovare Ron.
Harry nuotò tra le acque che lo avviluppavano, nuotò senza
pensare tra i mille pericoli che non osavano toccarlo. Nuotò sollevato dai
movimenti confortevoli dell’acqua contro il suo corpo provato.
Nuotò fino a quando trovò il posto
dove c’erano le sirene, dove erano legati gli ostaggi, e i suoi occhi cercarono
fino allo sfinimento i capelli rosso brillante di Ron.
Fu allora che qualcosa lo prese al
petto e gli strinse il cuore come fosse una Passaporta,
torcendo il centro del suo essere per trasportarlo verso un altro e più
terrificante mondo.
Guardò il verde vuoto del lago in preda al
panico, fissò disperatamente le facce strane degli ostaggi. Si sentì
come se l’Algabranchia avesse d’un tratto smesso di funzionare e stesse
annegando, privo di ossigeno e con la vista sempre più
danneggiata, con gli occhi che si rifiutavano di vedere ciò che aveva davanti.
Non poté evitare di guardare.
Lì in fondo al lago, con l’acqua di un capriccioso turchese
che dava al suo viso l’aspetto di vetro colorato, e con i viticci dei suoi
capelli d’argento che dondolavano alla pigra corrente, c’era Draco Malfoy.
*
Harry si dimenticò completamente dell’Algabranchia, e
l’acqua gli andò di traverso: si agitò, in preda al panico, convinto di star
affogando.
Non riusciva a respirare.
Presto si accorse che era colpa dello shock.
In qualche modo, continuando ad ingoiare, inciampò cercando
disperatamente di mettersi la testa tra le ginocchia. Aveva sentito che era un
rimedio per… per…
Ma cosa stava succedendo?
Malfoy si rifiutava di scomparire. Rimase sulla roccia, coi capelli che descrivevano ghirigori argentati sul verde.
Era come se il lago soffrisse di un attacco di Serpeverdite.
Poteva trattarsi di un qualche scherzo? No, Silente avrebbe ucciso Malfoy se ci avesse provato.
Doveva essere un errore, decise Harry. O
forse c’era qualche diabolico trucco nell’indovinello, e ciò che intendeva
davvero era che bisognava salvare il proprio peggior nemico.
Dio, devo saperlo!
Harry sapeva ciò che doveva fare. Doveva arrivare laggiù per
primo, e aspettare insieme agli ostaggi. Questo era il ruolo dell’eroe senza
speranza di nome Harry.
E all’improvviso non ce la fece
più.
Mi sono rotto di tutta questa merda!
Devo sapere.
Strappò le corde che legavano Malfoy. Stava liberando il suo
ostaggio, e avrebbe scoperto cosa diavolo stava
succedendo!
Non era più un bambino stupido. E
se gli ostaggi avessero davvero rischiato di morire, avrebbe potuto lasciarsi
Malfoy alle spalle.
Non era stato così difficile trasportare Ron.
Certo, toccare Ron era stato molto meno disturbante.
Si limitò a passare un braccio attorno al torace di Malfoy,
e a ringraziare il cielo che il ragazzo fosse magro.
Un lato positivo di Malfoy? Allertate il Ministero.
Harry aggiustò la propria espressione, scacciando via la
parte terrorizzata di lui che voleva prendere tutti per il collo, farfugliargli
contro e chiedere spiegazioni. Ci vollero molte sorsate d’acqua.
Poi riemerse nella luce sulla superficie.
Lucidità e chiarezza gli si stendevano davanti. Semplicità.
In quel momento a Harry non fregava assolutamente niente di
ciò che pensavano gli altri. Voleva spiegazioni, e le voleva
subito.
Ruppe la superficie del lago, incamerando un respiro
confortevole.
Il cielo sopra di lui era di un blu bello e semplice, che
contrastava col tumulto nella sua mente. Mise fine ai poteri dell’Algabranchia
e cominciò a nuotare leggermente, con calma, verso la riva.
Fu allora che Malfoy aprì gli occhi e lanciò un grido
soffocato. Subito dopo tentò con decisione di strangolare Harry.
Harry sussultò allarmato, e non
ebbe tempo per altro.
Affondarono, e Harry lottò per tornare in superficie,
scuotendo i fianchi e facendo gonfiare il mantello sott’acqua.
Tra il verde sfocato e i rigonfiamenti di tessuto nero,
colse il viso pallido e spigoloso di Malfoy, i lineamenti tesi per la paura,
gli occhi grigi sbarrati per l’orrore.
Harry riconobbe il viso che guardava nello specchio quando, dopo un incubo, si lavava la faccia.
Sapeva come comportarsi.
Afferrò Malfoy dalle spalle e cercò di muovere le labbra
distintamente.
“Fermati, o affogherai!”
Malfoy lo fissò. Sott’acqua e mezzo morto
per la paura, sembrava più piccolo di quando aveva undici anni.
Lentamente annuì, coi capelli che
si sollevavano a formare una corona d’argento.
Harry lo strinse più forte e cercò di tenerlo a galla quando tornarono di nuovo in superficie.
Tutto il suo corpo era rigido per il terrore.
“Okay, Malfoy, respira. Dai, va
tutto bene,” disse Harry Potter, Una Schiappa Con La
Gente In Difficoltà, e disgustato di se
stesso per essere un tale sempliciotto.
“Tutto bene?” scattò Malfoy, vincitore del Premio Cretino
Integrale di Hogwarts per il settimo anno. “Sono fradicio in un lago, attaccato
ad un completo idiota e sull’orlo di una crisi di nervi. In
che modo questo si qualifica come tutto
bene?”
“Taci e ti faccio uscire dal lago.”
“Perché mi trovo nel lago, Potter?”
indagò Malfoy col suo tono più altezzoso.
“Non lo so!” urlò Harry esasperato. “Speravo che me lo
dicessi tu!”
“E io cosa ne so? Silente mi ha
fatto chiamare, sono andato nel suo ufficio, e poi d’un
tratto ero privo di sensi!”
“Non c’è stata alcuna spiegazione?”
Malfoy fece un’espressione furba, molto strana su di lui.
“Beh,”
temporeggiò. “Potrebbe esserci stata.”
“Come?”
“Non l’ho sentita,” rispose secco
Malfoy. “Ero in ritardo. I Malfoy non corrono spediti nell’ufficio del preside.
I Malfoy sono sempre in elegante ritardo.”
La sua voce arrogante esitò un momento
quando guardò l’acqua agitata, ed Harry si addolcì considerevolmente.
Forse si comportava in modo odioso perché era spaventato a morte.
Certo, in quel caso c’era da ipotizzare che trascorresse
l’intero anno scolastico in un uno stato di terrore
perenne.
“Non sapevo che avessi paura dell’acqua, Malfoy.”
“Difficilmente mettiamo in mostra i nostri sentimenti,
Potter. E tutti hanno delle fobie.” La voce di Malfoy
si fece maliziosa. “Mi viene in mente una certa persona svenuta per un Dissennatore…”
“Stai zitto, Malfoy! Vorrei averti lasciato legato insieme
agli altri ostaggi.”
“Ostaggi?”
Harry trasalì e si chiese per un secondo se non gli sanguinassero le orecchie. “Sì,”
rispose cautamente, sperando di non provocare altre grida indecenti.
“Come, vuoi dire…il Torneo Tremaghi?”
“No, Malfoy, voglio dire che i
banditi hanno rapito mezza scuola. Certo, il Torneo!”
“Ma…cazzo, come…?”
“Ovviamente,” disse Harry,
“dev’esserci stato un tremendo sbaglio.”
“Come la tua nascita?” fu il pronto suggerimento di Malfoy.
“Una volta parlato col professor
Silente, sono sicuro…”
“Credo stia arrivando adesso il Campione di Hogwarts, Harry
Potter!”
LeeJordan,
l’amico dei gemelli, nonché commentatore di Quidditch,
aveva riscosso un successo sorprendente al Ministero, e aveva preso il posto di
Bagman all’Ufficio
per i Giochi e gli Sport Magici. Si diceva che Percy Weasley fosse verde d’invidia.
Si diceva anche che davanti al microfono magico si
trasformasse in un maiale villano, nonostante si guardasse sempre le spalle quando in giro c’era la professoressa McGranitt.
In quel momento, Harry desiderò che la professoressa McGranitt lo bastonasse.
L’intera scuola fremeva nell’attesa di conoscere l’identità
dell’ostaggio di Harry, dato che i suoi migliori amici,
Hermione Granger e RonWeasley, erano tra il pubblico. Non vedevano l’ora di
sapere chi fosse la ragazza fortunata…
Fu allora che Malfoy fece un suono simile a quello causato dell’asfissia.
Harry si accorse che si stava trascinando a riva con Draco
Malfoy, abbracciati l’uno all’altro, la testa di Malfoy praticamente
sulla sua spalla, entrambi completamente bagnati.
Davanti a tutta la scuola.
“Sembra…sembra…” La voce incerta di Lee
si esaurì con un debole, “Cielo.”
Hogwarts li fissò per cinque interminabili secondi, quindi
eruppe in un delirio di suoni.
“Merda,”
disse Harry.
Malfoy si fermò per deliberare, poi si lanciò in un flusso
impressionante di oscenità.
Solo Madama Chips sembrava non
essere paralizzata. Si buttò su di loro appena furono sulla terra ferma.
“Bah, questo stupido Torneo,”
s’innervosì. “Far tuffare ragazzini delicati in un brutto lago ghiacciato…”
“Io NON SONO delicato,” dissero
Harry e Malfoy in sincronia perfetta.
Harry scagliò un’occhiata leggermente confusa a Malfoy.
“Certo che non lo sei, Draco,”
disse Madama Chips con tono gentile. “Guardati,”
continuò. “Non riesci a stare in piedi. Sembri sul punto di vomitare.”
“Lo avrei già fatto se Potter avesse avuto un costume da
bagno,” mormorò Malfoy, staccandosi irritato da Harry
e rimettendosi in piedi con la sola testardaggine.
Harry lo afferrò di nuovo quando
barcollò.
Malfoy si accigliò e Madama Chips lo tenne fermo,
maneggiandolo con facilità come se si trattasse di Gabrielle Delacour.
“Ts,”
disse. “Cos’ha in mente il preside…tra poco avrai un attacco.”
“No,” sbottò Malfoy, che sembrava
molto meno stabile del solito mentre lottava con Madama Chips. Aveva un’aria
malaticcia e i capelli sulla faccia.
Sbirciò tra le ciocche bionde irrigidite, e i suoi occhi si
spalancarono spaventati quando lei annunciò
vivacemente:
“Devi toglierti subito quei vestiti bagnati,” e gli tirò il mantello sulla testa.
Infermiera spoglia allievo!
Ancora più fervore nella scuola.
Harry fu il primo ad accorgersi che, in realtà, Malfoy
indossava abiti babbani sotto il mantello.
Ringraziò Dio. Aveva avuto abbastanza traumi per quel
giorno, anche se non aveva idea che Malfoy avesse aderito alla mania improvvisa
di Hogwarts per i vestiti babbani.
In effetti non aveva mai pensato a
ciò che Malfoy potesse portare sotto il mantello.
Madama Chips non sembrò condividere il sollievo di Harry.
“Che cose ridicole indossate voi bambini,”
commentò, afferrando l’orlo del maglione di Malfoy.
L’aveva alzato di pochi centimetri, rivelando uno sprazzo di
pelle bianca, quando Malfoy intervenne con veemenza.
“Non voglio che mi si facciano foto
senza la maglietta!” esclamò.
“Almeno, non senza una sostanziale remunerazione finanziaria,” aggiunse dopo averci pensato.
“Fo…” l’attenzione di Harry fu distratta dallo spettacolo di
Malfoy e Madama Chips per finire sulla banda di fotografi che si dirigevano
verso di loro.
“Oh, Dio.”
Dietro di lui, sentì Malfoy avviare l’ennesima sequela di
maledizioni, intervallate dalla richiesta di una coperta.
Le voci esplosero su di lui da ogni lato.
“Harry, ci puoi dire…?”
“Harry, cosa si prova ad essere in testa…?”
“…il figlio coinvolto in quella tragedia…?”
“Ecco la sua coperta, signor Malfoy, e mi lasci dire che non ho mai sentito parole simili da un allievo in
tutta la vita!”
“Che coperta scadente…”
Harry fu accecato dalla luce bianca delle fotocamere, ma riuscì a distinguere abbastanza chiaramente
la voce di Madama Chips.
E poi, ovviamente, la pronuncia
strascicata di Malfoy, che era inconfondibile.
Chiuse gli occhi davanti alla luce dolorosa dei flash,
circondato dai clic delle macchine fotografiche, quando Madama Chips lo avvolse
con una coperta. Sentì il peso di quegli sguardi opprimerlo nuovamente, quegli
occhi sorpresi, pietosi, pieni di aspettative, che lo
riducevano ad un bimbo piccolo, ammutolito…
“Oh, niente domande al povero orfano ferito,” lo schernì Malfoy. “Anche nei giorni migliori gli riesce
difficile formare frasi coerenti.”
Harry si tirò su e lanciò uno sguardo velenoso a Malfoy.
“Harry, puoi spiegare…” disse una fotografa.
Harry si concentrò su di lei. “No, non posso,” disse con voce chiara e decisa. “Sembra che ci sia stato un
errore riguardo al mio ostaggio. Sono certo che il professor Silente avrà
un’ottima spiegazione, comunque…e ho intenzione di
chiederglielo il prima possibile…”
*
“Non mi viene in mente altra spiegazione se non quella più
ovvia,” disse con calma Silente.
Harry nutriva grande affetto nei confronti dell’eccentrico
preside. Era certo che il sentimento fosse reciproco. In genere il solo
rispetto che aveva per lui lo induceva, in qualche misura, a dare il meglio di
sé.
Ora, però, stava mandando tutto a puttane.
“Che significa, non può…come vengonoscelti gli ostaggi?” Harry gridò.
“L’ha fatto lei? Come funziona? Di chi è stato l’errore?”
Silente, impassibile davanti al ragazzo furioso, mangiava un
sorbetto al limone.
Agli occhi di Harry questa era una frivolezza crudele.
“Il Calice di Fuoco sceglie gli ostaggi, ovviamente,” disse pazientemente. “Avanti, Harry, credi che usiamo un oggetto di così alto potere mistico solo per
selezionare i campioni? Il Calice è una fonte di sapere occulto. Sono convinto
che possiamo fidarci.”
“Cazzate!”
Harry non aveva mai imprecato davanti ad un insegnante.
“Non mi ha forse scelto come campione perché Crouch l’aveva raggirato?” domandò. “Potere occulto, non credo proprio! A Voldemort ci vorrebbe meno
Magia Oscura per colpire una pianta!”
“Harry, siediti e cerca almeno di restare calmo.”
Silente fece una pausa e guardò Harry con preoccupazione,
come un vecchio monarca sereno davanti ad un caso di poco conto.
Harry, che non si era accorto di essersi alzato in piedi,
incontrò il suo sguardo con occhi turbati ma fieri.
“Naturalmente dopo l’ultima…” volta in cui hai rovinato tutto, fatto uccidere Cedric
e aiutato il Signore Oscuro a risorgere –
“sfortunata disgrazia, abbiamo posto incantesimi più fidati sul Calice. Ti
garantisco, Harry, che nessuno ha interferito.”
Harry protestò flebilmente ed incoerentemente, ma Silente lo
zittì comunque con un gesto.
“Inoltre, Harry, non vedo perché Voldemort dovrebbe volere
una cosa del genere. Se l’obiettivo dei suoi piani oscuri è inzuppare il signor
Malfoy, direi che possiamo stare tranquilli.”
“Ma…ma perché?” balbettò Harry.
Silente mangiò un altro dolce.
“Non posso proprio saperlo, Harry. Conosco poco il signor
Malfoy, e me ne rammarico. Non ho avuto il tempo di fare conoscenza con tutti i
miei studenti. E’ chiaramente un ragazzo infelice e ostile, ma considerata la
tragedia, chi potrebbe biasimarlo?”
Silente gli scoccò un’occhiata penetrante.
“Scommetto che lo conosci meglio tu? Alla luce degli ultimi
eventi.”
“No!” Harry quasi urlò. “Io non lo conosco, voglio dire…beh, ovviamente…non so niente di lui. Voglio dire, lo odio, lo disprezzo assolutamente, penso
sia…”
“Non colpire la mia scrivania, se ci riesci. Mi sembra,” osservò placido Silente, “che quest’odio
sia un po’ eccessivo. Abbiamo tutti lo stesso nemico,
no? Il signor Malfoy è dalla nostra parte.”
Le mani di Harry si strinsero in pugni.
“In ogni caso, Harry…non ho risposte da darti.” Silente sospirò. “Sembrano esserci sempre meno risposte,
di questi tempi. E io, d’altronde, sono molto impegnato.
Se volessi essere così gentile…”
Harry guardò in viso Silente, più debole e più segnato di
quanto ricordasse, e sentì il proprio panico egoista accartocciarsi su se
stesso.
Silente stava tenendo insieme da solo un mondo lacerato
dalla guerra.
Sapevano tutti che Caramel era uno
struzzo con la testa sotto la sabbia, sapevano tutti delle scomparse, erano
tutti terrorizzati… Silente era l’unica cosa che si
ergeva tra i maghi e il caos.
E, ammise Harry con un dolore nel
petto, Silente era molto vecchio.
“Mi…dispiace, signore.” La sua voce era un sussurro. “Se c’è qualcosa che posso fare…”
“Oh no, Harry. Non ti preoccupare.”
Ecco. Harry Potter doveva sempre essere il bambino da
proteggere. Harry Potter doveva sempre essere parte del fardello.
Harry abbassò le spalle.
“Va bene. Grazie, signore.”
Cos’altro poteva dire o fare?
“Un’ultima cosa, Harry.”
Harry si fermò sulla soglia.
“Ricorda le parole esatte dell’indovinello.”
Rifletti…
La porta si richiuse davanti a Harry,
lasciandolo a fissare il buio.
Abbiam preso ciò che ti mancherà.
Non capiva, ma aveva intenzione di indagare.
***
I capitoli di Underwater Light saranno
pubblicati ogni mercoledì :)Ricordate,
se leggete, di lasciare un commento! Autrice e traduttrice ve ne saranno grate!
It’s just me myself again and I’mjust talking to
the wall
It’s just me myself and I deciding on a plan
Deciding on my plan
And everything must change, change
Inside
and out
[Ogni volta che ci provo le parole perdono significato / Finché te ne vai, e
tutto deve cambiare / Così devo decidermi a dirlo / Sono di nuovo solo e parlo
con il muro / Sono di nuovo solo a decidere un piano / A decidere il mio piano
/ E tutto deve cambiare, cambiare / Dentro e fuori]
Harry si precipitò nella sala comune Grifondoro.
Rimase fermo a guardare, sollevando una mano per schermarsi dalla luce e
proteggere i suoi occhi confusi.
Uno scoppio di saluti lo assalì immediatamente.
“Complimenti, Harry!” Seamus.
“Povero Harry, pensa, salvare Malfoy!” Ginny.
“E’ stato fantastico, Harry, ma non avresti potuto
inzupparlo un altro po’?” Ron.
“Allora, cosa ha detto il professor Silente?” Hermione.
Ora che Hermione gli aveva chiesto la cosa più ovvia, ognuno
di quei volti si girò verso di lui, sicuro che potesse spiegare ogni cosa.
Harry si sentì del tutto esausto.
“Non ha idea di come sia successo,”
rispose. “E nemmeno io.”
Ci fu un attimo di silenzio, quindi esplose la
conversazione.
“Beh, qualunque sia il motivo, sei stato fantastico!”
esclamò Seamus.
“Dev’essere stato uno shock vedere
Malfoy laggiù,” commentò Hermione.
Malfoy.
Dio, devo pensare a Malfoy.
Doveva andarsene, e subito dopo occuparsi di Malfoy.
Si guardò intorno. Neville Paciock
brandiva un calice in suo onore, e la sua giacca elegante
abbinata alla tuta lo rallegrò un po’.
Ora che il mondo magico era diviso in due metà, entrambe
erano diventate estremiste. O uccidevi i Babbani o li adoravi.
Di conseguenza, coloro che si opponevano a Voldemort avevano
abbracciato qualsiasi costume babbano su cui erano
riusciti a mettere le mani. I vestiti babbani erano
usati da tutti fuori dalle classi.
Chi, come Neville, veniva da famiglie purosangue, aveva però
un approccio leggermente sbagliato. Harry ancora conservava la foto dell’Affare
Tutù scattata da ColinCanon il quinto anno.
Hermione gli posò una mano gentile sul braccio.
“Sembri un po’ stanco, Harry.”
La guardò con gratitudine.
“Lo sono,” disse con fervore.
“Forse dovresti riposarti.”
Le dita di Harry si strinsero attorno alla sua mano con muta
riconoscenza. Lei ricambiò la stretta con comprensione.
Tutti lo salutarono quando uscì, e
fu libero.
Si appoggiò alla porta. Era giunto il momento di cercare di
capire.
Abbiam preso ciò che ti mancherà.
Perché Malfoy?
*
Poteva capire che non fosse Ron.
Voleva bene a Ron, gliene avrebbe sempre voluto…ma la distanza tra loro era aumentata, una piccola
frattura che comunque faceva sentire Harry più solo.
Ron non era mai stato un genio
dell’empatia. Non aveva capito, tre anni prima, che
Harry non si sarebbe mai candidato al Torneo Tremaghi senza dirglielo.
Ora aveva un bisogno ancora più grande di
essere capito, e Ron non poteva farlo.
Non aiutava il fatto che passasse
così tante ore a fare il fidanzato stracotto di Hermione.
E se fosse stata Hermione? Era quella intelligente, quella che più di ogni altro avrebbe
potuto comprenderlo.
O se fosse stato Sirius.
Sirius era stato lontano per tutto il quinto e il
sesto anno di Harry, ma ora insegnava a scuola, aiutava Lupin
a gestire il carico di lavoro.
Lupin cercava di occuparsi di Erbologia e Difesa Contro Le Arti
Oscure, e Sirius era stato accolto con quel calore un
po’ disperato così comune in quei tempi.
Harry aveva sperato che potessero passare più tempo insieme,
nonostante i suoi sogni dorati da tredicenne su un nuovo papà fossero da tempo
sbiaditi.
E comunque, se fosse stato uno di
loro?
Avrebbe potuto essere chiunque tranne Malfoy!
Harry camminò velocemente per la stanza e si sedette sul
davanzale, incrociando le gambe sotto di sé, premendo le guance contro il vetro
freddo.
Chiuse gli occhi.
Dunque. Malfoy.
Un volto pallido e beffardo gli apparve immediatamente sulle
palpebre.
Harry fu vagamente spaventato da quanto fosse
chiara quell’immagine. Evidentemente gli era
abbastanza familiare. Il deficiente gli stava intorno da anni, dopotutto.
Ma era intimità, quella? L’intimità
genera risentimento. Nel caso dell’intimità di Harry con Malfoy, generava
risentimento a palate.
Cos’era cambiato negli ultimi tre
anni?
Molto poco.
Malfoy era sempre il solito cretino malizioso, sempre il
solo ad insinuarsi sotto la pelle di Harry così a fondo che era incredibile che
non gli mangiasse le ossa. Harry ancora lo odiava tremendamente.
Solo che adesso, evidentemente, stando ad un dannato calice
e al suo inconscio traditore, non lo odiava.
Quanto era cambiato Malfoy
negli ultimi tre anni?
Molto poco.
No…forse questo era ingiusto.
C’era stato…il caso Lucius Malfoy.
Il padre di Malfoy era stato ucciso all’inizio del quinto anno. La voce che si
era diffusa era che aveva cercato di fregare Voldemort per questioni di potere,
e Voldemort l’aveva giustiziato.
Harry non conosceva i dettagli. Con la guerra che andava
avanti, le famiglie che scomparivano, la paura ovunque, a nessuno importava
investigare.
Harry aveva provato un’oscura soddisfazione, ricordando che Lucius Malfoy aveva quasi ucciso Ginny,
che era stato tra il circolo di Mangiamorte a
guardare un ragazzo dell’età di suo figlio duellare senza speranza col Signore Oscuro, ridendo.
Col senno di poi, quella soddisfazione sembrava quasi
orribile. Harry non aveva mai provato alcuna compassione per Malfoy. Tutto ciò
che aveva pensato era stato… Beh… questo lo zittirà per un po’.
Saranno i primi a
cadere, ora che il Signore Oscure è tornato!
Draco Malfoy si era sbagliato: suo padre era stato uno dei
primi a cadere.
E Harry aveva, almeno inconsciamente, appoggiato il verdetto
secco di Ron, “Ben gli sta.”
Malfoy non era mai parso particolarmente addolorato. Lui e
la sua solita gang si erano presentati al Giovane Ordine della Fenice di Lupin, con grande sorpresa di
molti, ed erano diventati immediatamente il suo elemento più distruttivo, con
ben poca sorpresa di molti.
Silente aveva ragione, insomma. Il signor Malfoy è dalla nostra parte.
Così Draco Malfoy non era un Mangiamorte.
Aspetta. Abbiamo forse uno scavo interiore qui?
Di certo tu lo conosci, aveva
detto Silente.
Malfoy era sempre stato estremamente
fastidioso, ma, nonostante suo padre fosse un Mangiamorte,
non si era mai comportato da assassino. Non si era nemmeno vendicato dello
schiaffo di Hermione durante il terzo anno. Diceva cose oscene e giocava più
sporco di un lottatore nel fango professionista, ma non era un assassino.
Bene. Harry era pronto ad ammettere che non fosse il più
oscuro dei crudeli.
Non vedeva in che modo questo portasse
a considerarlo la persona che più gli sarebbe mancata. Dopotutto, Malfoy era la
persona più irritante che avesse mai incontrato.
Premette il viso più forte contro la finestra.
Lo seccava il
fatto di non aver provato la minima compassione per Malfoy. Gli piaceva pensare
di essere una persona… abbastanza buona. Aveva detto a Blaise Zaini che gli
dispiaceva per sua madre, e nessuno sapeva se la scomparsa della signora Zabini
fosse dovuta alla sua morte, ad una fuga o ad una
conversione al Lato Oscuro.
Era quella la cosa più irritante di Malfoy. Era l’unico che
poteva trascinare Harry così in basso, al suo livello.
Oh, riusciva a disobbedire all’ordine del Signore
Oscuro di chiedere pietà sotto l’Imperius, e poi si
comportava da imbecille a causa di Draco Malfoy.
Non doveva farsi vedere da Malfoy sporco di fuliggine e con
gli occhiali rotti. Non doveva farsi vedere da Malfoy mentre
lo portavano in infermeria per via dei Dissennatori.
Doveva battere Malfoy a Quidditch.
Harry si ricordò improvvisamente del sesto anno.
Aveva sedici anni, e lo sviluppo che aveva tanto atteso era
finalmente arrivato durante l’estate. Purtroppo ancora gli mancavano dei
muscoli virili, ma almeno non era più ridicolmente basso.
Sapeva chi lo sarebbe stato. Per questo se n’era andato su e
giù per il treno come un pazzo, più vivace di quanto non fosse da un anno o
più, desideroso di trovare Malfoy e ridere di lui
dall’alto.
Rivisse con particolare intensità il fiero scatto di rabbia
che lo aveva preso quando, entrato in uno
scompartimento, aveva trovato un paio di grigi occhi glaciali esattamente al
livello dei suoi.
Era stato furioso.
Era come se Malfoy fosse cresciuto apposta per farlo incazzare.
Il che era assurdo.
Ma si era incazzatocomunque. Malfoy aveva quell’effetto
su di lui.
Come alle riunioni del Giovane Ordine, quando Malfoy faceva
una battuta fuori luogo sui Babbani, e Harry passava
dalle sue fosche fantasie alla violenza. Oppure quelle
partite di Quidditch in cui Harry improvvisamente
scattava ogni volta che vedeva la faccia perennemente ostile di Malfoy tra la
folla. Il ragazzo si sarebbe fatto vedere a
tifare per i Tassorosso, pur di dar fastidio a Harry.
Per non parlare delle partite Serpeverde contro Grifondoro. L’ultima volta Malfoy, stando a quanto si
diceva, si era portato dietro il regolamento del Quidditch
e spuntato ogni regola man mano che la infrangeva.
Aveva barato senza vergogna, puntando solo e soltanto alla vittoria.
Lui e Malfoy erano finiti a
gridarsi addosso finché Madama Bumb non aveva dovuto
staccarli con la forza. Harry si era sentito infiammato da una rabbia
perforante.
Harry si era sentito… vivo.
Harry si alzò dal davanzale con molta attenzione.
Camminò fino al suo letto e vi si stese sopra, guardando il
ben noto gioco di luce di luna e ombre sul muro di fronte. La luce si contorse
candidamente sull’intonaco, come se vi fosse incollata.
Non gli piaceva Malfoy. Non gli era mai piaciuto Malfoy.
Abbiam preso ciò che ti mancherà.
Ma
Malfoy, stranamente, era diventato… importante per lui. Rappresentava la sfida
che nessun altro osava essere. Faceva venir voglia a Harry di alzarsi e
strangolarlo, ma almeno gli faceva desiderare di alzarsi. Forniva una
motivazione alla vita di Harry.
Bel casino.
E
andava avanti da anni. Non che Malfoy avesse mai fatto molto.
Era semplicemente stato se stesso, uno spillo sotto la pelle di Harry, un
dolore costante e insistente.
Harry non se n’era mai
accorto, e ne rimase sconvolto.
La sua vita era arrivata ad
un punto in cui doveva aggrapparsi alla rabbia per aiutarsi ad andare avanti.
In cui solo la rabbia riusciva a fargli scorrere il sangue nelle vene, a farlo
crepitare in ogni poro del suo corpo, a mettere ben a fuoco il mondo che aveva
intorno e a farlo interagire con esso.
Era come se fosse
dipendente dall’adrenalina, e Malfoy fosse il suo
spacciatore. E questo… questo per lui era diventato
più importante dei suoi amici.
Cosa
diceva di lui, della sua vita?
Era un insulto a coloro che amava. E se proprio Malfoy era
importante per lui, in qualsivoglia contorto e terribile modo, allora era
tremendo che Harry non fosse stato colpito dalla morte di suo padre.
Si mise a sedere e chiuse
le tende attorno al letto.
Fu terrorizzato nel
rendersi conto che adesso tutto gli stava nitido sotto gli occhi. Non era
precipitato nella depressione, e il respiro gli si fece
rapido ed intenso.
Si mosse sul letto, come a
cercare di fuggire da tutto quanto.
Non poteva essere vero. Non
era sicuro. Non sembrava del tutto vero.
Sembrava scomodamente
vicino alla verità, però.
Doveva saperne di più. Se Malfoy era importante per lui, non potevano restare
rivali. Doveva esserci una ragione dell’influenza che aveva su Harry.
Doveva saperne di più.
Aveva fatto ciò che poteva
da solo. E Silente non poteva aiutarlo.
Era inutile continuare a
pensarci. Ma ci pensò, e ci pensò ancora. Ci pensò
rigirandosi senza tregua sul letto, dimenticandosi di togliersi i vestiti e di
mettersi sotto le lenzuola.
Domani.
Domani avrebbe affrontato
Malfoy.
*
“Harry, mi sembri un po’
nervoso.”
Harry sobbalzò.
“Io… ehm,
no.Stobene,” dissenervosamente.
Hermione lo stava guardando
preoccupata, col suo toast sollevato per aria. Harry cercò disperatamente di dissimulare il fatto che era stato sveglio metà notte, che
aveva addosso gli stessi vestiti del giorno prima e che non stava per niente,
affatto fissando l’entrata in attesa dell’arrivo di Malfoy.
Hermione lo guardò per un
altro lungo momento, quindi tornò al toast.
Sto solo guardando la porta, cercò
di esprimere al mondo Harry. La porta.
Porta affascinante. Non l’ho apprezzata adeguatamente negli ultimi sei anni e
mezzo, è giunta l’ora di godermela.
La colazione proseguiva, ma
di Malfoy nessuna traccia.
Oh, avanti! Che cavolo. La colazione è il pasto più importante della
giornata. Non si può saltarla così a cuor leggero.
C’erano persino Tiger e Goyle, PansyParkinson, MillicentBulstrode e Blaise Zabini,
tutta la solita banda. Anche nota come ‘la corte di Malfoy’.
Harry guardò verso di loro
finché non si accorsero di lui e gli rivolsero occhiate malvagie.
Si affrettò a spostare lo
sguardo.
Non è colpa mia. Voglio solo parlargli. La gente dovrebbe fare
colazione.
“Harry, non stai mangiando
niente,” disse Hermione.
Harry, estremamente
distratto, prese un toast, lo farcì e ne morse un bel pezzo.
Quindi
si accorse di aver appena ingoiato un toast al porridge.
Era ridicolo.
Andò avanti tutto il
giorno.
Sette anni, pensò Harry. Quasi
sette anni passati a sperare che fosse inghiottito da
un qualche buco nero, e l’unico giorno in cui cerco di parlargli scompare dalla
faccia della terra.
Oh, no.
Non poteva certo essere scomparso anche lui, vero? Non ora.
Harry fu sconvolto dal
provare qualcosa di simile alla paura.
Quest’emozione
inquietante fu finalmente spazzata via quando
intravide i capelli più candidi della scuola tra un gruppo di Serpeverde che si
avviavano verso l’aula di Pozioni.
Vai!
“Dai,”
disse a Ron e a Hermione. “Presto, a Pozioni. Basta
starcene in panciolle.”
Panciolle??
Stava impazzendo.
Non c’era tempo per
pensarci. Sarebbe andato a Pozioni, e Malfoy sarebbe passato sdegnosamente
davanti al suo banco, rivolgendogli un commento sgarbato come faceva sempre, e
invece di stringere i denti e resistere all’impulso di prenderlo a pugni, lui
avrebbe…
Uhm. Dunque.
Quella parte non l’aveva ancora messa a punto. Ma
avrebbe detto qualcosa, certamente.
Parlare. Questo era il
piano.
Il piano si rivelò
completamente inutile.
Malfoy non passò accanto al
banco di Harry. Ci passarono tutti gli altri Serpeverde, in compenso,
farfugliando cose ancora più virulente del solito. Pensavano che tutto avesse
l’obiettivo di umiliare il loro capo.
Harry non aveva idea di
cosa pensasse Malfoy. Si sedette in fondo alla classe
come sempre, e stette zitto.
Sarebbe stato fantastico se
Snape fosse stato ugualmente silenzioso.
“Bene, bene, signor Potter,” disse, di umore più nero del solito. “Pare che il suo
piano non riguardi solo la gloria personale bensì si estenda
allo scherno dei Serpeverde. Complimenti per la maturità.”
“Ma professore,” disse Ron scandalizzato, “Harry
non ha certo…”
“C’è stato un equivoco,” s’intromise Hermione. “Harry non ha…”
Harry si mosse sulla sedia
per vedere se Malfoy era d’accordo con Snape. Il suo
era un viso snello, ascetico, inadatto a mostrare espressioni, e Harry non
riuscì ad intuire quali pensieri nascondesse.
“Signor Potter,” lo chiamò Snape. “Occhi verso
il davanti della classe, prego. E’ qui che si svolge la lezione. Grazie.”
Harry si sentì arrossire.
Era tutto terribilmente imbarazzante.
Insomma gli toccava parlare
con Malfoy dopo la lezione.
Non lo fece. Malfoy fu
circondato da una folla di Serpeverde appena uscì. Lo stesso accadde a pranzo,
a Cura delle Creature Magiche, nei corridoi e a cena.
Gli stavano intorno come
api attorno ad un fiore, con straordinaria frustrazione di Harry.
Perché lo amate tutti così tanto? E’ un fastidiosissimo idiota!
Anni e anni di Malfoy che
si faceva vedere ad ogni angolo per ridere di Harry, e adesso avevano deciso di
costruirgli attorno una fortezza.
Eccolo
dunque in un angolo della sala comune Grifondoro dopo
un giorno molto, molto stancante in cui non era riuscito a risolvere niente.
Si sentiva scoraggiato e frustrato e…
Ne aveva
abbastanza. Era stanco di inseguire Malfoy in attesa
che il ragazzo gli concedesse udienza.
Se voleva
parlare con Malfoy, avrebbe parlato con Malfoy.
“Vado a fare un giro,” annunciò a tutta la sala comune, e si precipitò fuori
prima che qualcuno si offrisse di accompagnarlo.
*
Sulla strada verso i
sotterranei dei Serpeverde, Harry cambiò idea.
Era assurdo. Non voleva
parlare con Malfoy. Odiava quel cretino. Di certo non moriva dalla voglia di
passeggiare in mezzo ai Serpeverde facendo la figura dello scemo davanti a
Malfoy.
Oh, Dio. Ancora quell’insensata fitta d’ansia.
Harry ripensò al biglietto
di San Valentino di Ginny il secondo anno, e alla
stretta disperata nel petto quando si accorse che anche Malfoy l’avrebbe sentito.
Per qualche strana ragione gli importava l’opinione dell’idiota.
Doveva scoprire perché.
Prese un profondo respiro e
si affrettò lungo i corridoi, concentrandosi sul raggiungere la sala comune
Serpeverde prima di perderne il coraggio.
Una volta
arrivato, picchiò sulla parete di nuda pietra che ricordava essere
l’entrata. Proprio da Serpeverde, rifletté, avere un’entrata nascosta ai membri
delle altre case. I Serpeverde facevano sempre così, e apparivano sul fondo dei
laghi dove nessuno voleva vederli, rifiutandosi poi per tutto il giorno di
parlare con la gente.
Colpì il muro con maggior
veemenza.
Il muro dietro di lui si
aprì, Harry si voltò e fece finta di esser sempre stato davanti a quella
parete.
“Ti prego, Pritchard, ti sei di
nuovo dimenticato la password dei Serpeverde?”
disse MalcolmBaddock, un
ragazzo minuto del quarto anno dall’aspetto furbetto.
Si bloccò appena riconobbe
Harry Potter, campione supremo dei Grifondoro,
scapigliato, decisamente nervoso e in piedi sulla
soglia Serpeverde.
“Ehm,”
disse Harry, perdendo il controllo della lingua in quel momento cruciale.
Baddock
batté le palpebre e rimase sorpreso quando vide che
Harry non era scomparso.
Harry desiderò ardentemente
un po’ di sangue freddo. “Ehm,” ripeté, maledicendosi.
“Ehm. Um. Posso parlare con Malfoy, per favore?”
Ecco fatto. Non proprio
eloquente, ma il messaggio era stato inviato.
MalcolmBaddock lo fissò ancora un momento, quindi si girò e
corse al grido di “Ragazzi! Tutti qui, presto!”
In un paio di secondi,
Harry si trovò davanti una masnada di Serpeverde che spintonavano pur di
guadagnarsi la visuale di quell’incredibile
spettacolo.
Davanti c’erano PansyParkinson e Blaise Zabini, con in viso lo stesso identico sguardo malefico.
Era stata una cattiva idea.
“Che
cosa vuoi, Potter?” indagò Blaise, col viso scuro sospettoso e distintamente
ostile.
Pansy
incrociò le braccia, come se Harry avesse intenzione di invadere la sala
comune.
Harry deglutì. “Posso
parlare con Malfoy, per favore?”
Oh, perfetto. Ora si era
trasformato in un pappagallo isterico che ripeteva la stessa frase senza sosta.
“Perché?”
chiese Pansy senza scomporsi. “Cos’altro
hai intenzione di fare?”
“Niente! Non ho fatto niente!” protestò Harry. “Ho solo bisogno di
parlare con lui!”
Blaise e Pansy si scambiarono sguardi di pietra, e parvero giungere
ad una decisione.
“Beh, non puoi,” lo informò seccamente Pansy,
sporgendosi per chiudere l’entrata.
“Cosa
diavolo sta succedendo qui?” domandò una voce autoritaria e irascibile. “C’è
gente qui che sta cercando di lavorare,
sapete?”
Quel tono aristocratico era
inconfondibile, così come la testa biondo pallido che apparve non appena Malfoy
si fece strada tra la folla.
Harry provò al contempo
sollievo e un lampo di quella paura che aveva sperimentato al pensiero che
Malfoy fosse scomparso.
Si rese conto che non era
spaventato solo da ciò che sarebbe potuto succedere a Malfoy, ma anche da ciò
che Malfoy avrebbe potuto fare. Se Malfoy era
importante per lui, aveva un’arma per ferirlo. E a
Malfoy piaceva ferire la gente.
Giunto davanti alla folla,
stette immobile un momento, gli occhi grigi ben aperti. Sembrò esser stato
colpito da un filmine, proprio come MalcolmBaddock.
“Tu!” esclamò con aria
assente. Poi, riprendendo il controllo di sé in un attimo
(con grande invidia di Harry), chiese freddamente, “Che cosa vuoi tu?”
Devo restare calmo.
“Voglio parlare con te,” disse Harry, e arrossì in modo incontrollabile.
Malfoy si appoggiò alla
cornice della porta con disinvoltura e le braccia conserte. Lo guardò con
quegli occhi opachi, pensosi, argentati e assolutamente impenetrabili.
Harry notò che indossava un
maglione bianco e un paio di jeans. Era uno dei pochi Serpeverde con abiti babbani.
“Bene, eccomi qua,” replicò Malfoy. “Parla.”
Harry guardò i grappoli di
Serpeverde dall’aria pericolosa, disposti intorno alla porta come i denti nella
bocca di uno squalo.
“Non potremmo parlare da
soli?” chiese disperatamente.
Malfoy sembrò vagamente allarmato, ma fece cenno agli altri alle sue spalle di fare
silenzio.
“Direi di sì,” disse piano. Oltrepassò la soglia, e Harry indietreggiò
di qualche passo.
La pietra si richiuse,
sostituendosi alle facce sconvolte dei Serpeverde. Harry fu soddisfatto del
miglioramento.
Guardò Malfoy alle sue
spalle, ora appoggiato con aria spigliata al muro, e tornò ad essere nervoso.
Cominciava a capire perché
fare la figura dell’idiota davanti a Malfoy era tanto orribile. Malfoy aveva
fin troppo padronanza di sé per un ragazzo della sua età, e la cosa lo poneva
automaticamente in vantaggio.
“Allora…ehm,” disse Harry. “Vogliamo, ehm, trovare
un’aula vuota in cui parlare, o qualcosa del genere?”
Di certo non aveva
intenzione di girare per i corridoi, dove chiunque avrebbe potuto vederli e
diffondere Dio sa quali voci per tutta la scuola.
Malfoy sollevò un pallido sopracciglio.
“Passo già troppo tempo in
classe, grazie. Possiamo fare un giro lungo il lago.”
“Malfoy, si gela là fuori e
nessuno dei due ha un mantello!”
“E allora?” si informò Malfoy. “Hai detto che
vuoi parlare. Io voglio parlare lungo il lago. Possiamo parlare lì…a meno che, ovviamente, tu non abbia cambiato idea.”
Harry si ricordò, a questo
punto, che odiava ancora Malfoy.
“Va bene,”
disse, a denti stretti.
Malfoy si esibì in uno dei
suoi ghigni trionfali. Harry sentì il sangue ribollire.
“Splendido,” disse Malfoy. “Andiamo.”
*
Il vento soffiava con furia
devastante sul paesaggio grigio e sull’acqua che ne rifletteva il colore. Tutto
ne appariva soggiogato e appiattito, l’unica cosa che
pareva ribellarsi erano le increspature sulla superficie del lago. Il vento
cadeva dal cielo tagliente come la lama di una spada, e il cielo era talmente
coperto di nuvole che solo qualche rara sfumatura
grigio-acciaio ne mitigava il vasto candore.
Harry stava congelando, e
il vento sembrava aver preso i suoi capelli e i suoi
vestiti per giocattoli da colpire.
Malfoy camminava
leggermente avanti a lui, le mani in tasca, come in un mite giorno d’estate. I
suoi capelli biondi erano solo un po’ scossi dal vento, sollevati e ricomposti
da dita invisibili, soffiati sulle sopracciglia.
Harry si chiese
cosa mai gli avrebbe detto.
Il suo piano si esauriva
proprio qui, adesso si ritrovava con un Serpeverde sprezzante che si aspettava
parole a cui ancora non aveva pensato.
Camminarono in silenzio per
un po’, Malfoy sembrava perfettamente a suo agio sia col silenzio che col tempo. Aveva perso quelle poche tracce d’incertezza mostrate precedentemente.
Finalmente si voltò. Lì
fuori i suoi occhi sembravano più scuri, si adeguavano
al grigio sfumato e irregolare del lago alle sue spalle.
La pronuncia lenta era la
stessa di sempre.
“Dimmi un
po’, Potter, volevi solo fare quattro passi in silenzio? Perché ho un
appuntamento con una cioccolata calda e un libro di testo, e francamente le
cose si stanno facendo noiose.”
“Un… un libro di testo?”
esitò Harry. Era bizzarro che Malfoy potesse fare una cosa comune come
studiare.
“Beh, sì, Potter.Sai, questa è una
scuola. Pensavo che persino tu ci fossi arrivato, dopo tutti questi anni. Tende
ad includere delle lezioni.”
“Taci, Malfoy,” scattò Harry. “Sto cercando di dire qualcosa.”
“Allora parla.”
Malfoy si fermò e guardò
Harry, con l’aria quasi divertita ma una chiara sfida
negli occhi.
“Ehm,” disse Harry. “Ah. Um.Ecco…”
“Ne deduco che questo non è
uno dei tuoi giorni lucidi?”
“Malfoy!” esplose Harry.
“Potresti stare zitto e fingere per un secondo di essere una persona
minimamente civile? Ho davvero qualcosa da dire, e non ci riesco se continui ad
interrompermi coi tuoi commenti acidi.”
Malfoy alzò le spalle.
“Sicuro.”
“Mi ascolterai?” chiese
Harry, sospettoso.
“Non posso perdere tutta la
giornata per ascoltare le tue lagne patetiche. Sarò buono,”
promise Malfoy. “Sul mio onore Serpeverde.”
Harry dubitò fortemente della
validità di una simile promessa, ma…
“Allora ok.
Io, uhm, hai presente ieri quella cosa, uhm, del
lago?”
Si fermò e aspettò una
risposta. Malfoy lo osservò in silenzio, e fu solo dopo aver notato il ghigno
ancora sulle sue labbra che Harry capì.
“Puoi parlare se ti chiedo
qualcosa, per l’amor del cielo!”
“Ah, posso?” chiese Malfoy
innocentemente. “Scusa tanto. Non volevo interrompere il flusso narrativo.
Certo che ho presente, idiota.”
“Mmm.
Non ti sei, cioè, chiesto cosa sia successo?”
“Non proprio. Ho attribuito
tutto al mio irresistibile sex-appeal e arrivederci.
La vita è troppo breve.”
Ad
Harry venne in mente un nuovo piano. Uccidere Malfoy, gettare il cadavere nel
lago e vedere se davvero gli sarebbe mancato così tanto.
“Malfoy, smettila di fare
il cretino,” esclamò. “Ci ho pensato sul serio.”
“A quali conclusioni sei
giunto, WonderBoy? Sono
certo che saranno geniali.”
I suoi occhi dicevano: Imbecille.
Harry distolse lo sguardo e
fissò il lago. Il flusso di pensieri era sul punto di deragliare e avrebbe ceduto all’impulso di picchiarlo selvaggiamente, se
avesse continuato a guardarlo.
“Oh, sputa il rospo,
Potter.”
Harry prese un ampio
respiro e si buttò nelle spiegazioni.
“Dunque, Silente ha detto che è stato un incidente, e io non sapevo cosa
pensare, ma dovevo capirlo da solo, quindi sono stato sveglio tutta a notte a
pensare, e mi è venuta in mente un’unica ragione per tutta questa faccenda. Sai
che siamo, diciamo, rivali?”
“No,”
rispose Malfoy. Harry si girò e lo guardò incredulo. “Siamo nemici, Potter,”
elaborò in tono accondiscendente. “Tu mi odi e io odio
te. A ciascuno piacerebbe vedere l’altro sulla graticola. Non si tratta di una
goliardica competizione nel Quidditch. Stiamo
parlando di un odio violento qui.”
Oh? Bene, era un buon
segno.
Harry stava ancora scrutando
Malfoy. Malfoy si era portato una mano ai capelli e aveva catturato
soprappensiero una ciocca ribelle, rigirando i fili sottili in
attesa che Harry andasse avanti. Sembrava piuttosto concentrato.
“Comunque,”
disse Harry, affrettandosi. “Stavo solo…stavo solo
cercando di capirci qualcosa, ed era l’unico motivo. E adesso non so come
dirtelo, ma, ecco, sono giunto alla conclusione che
evidentemente la tua opinione mi interessa, conclusione abbastanza stupida, ma
non riesco a pensare ad altro, e così volevo vedere se era vero. E non vedo
perché dovrebbe esserlo, dato che fondamentalmente sembri essere, senza offesa,
una delle persone più orribili del mondo, ma se non lo fossi
questo spiegherebbe qualcosa e volevo solo rendermi conto e scoprire perché,
quindi, cioè, ehm.”
Harry fu molto grato al
debito di ossigeno che lo obbligò ad interrompere quel
delirio.
Malfoy piegò la testa da un
lato, a metà tra divertimento e stupore.
“Potter, stupido minorato dislessico, stai cercando di diventare mio amico?”
Harry espirò a fondo. “Sì.”
“Oh. Mmm.”
Malfoy fece di nuovo quell’espressione meditabonda,
che risultava molto strana a Harry. Sostituiva il solito sorrisetto
con uno sguardo assente, ed era quasi gradevole.
Lo guardò per un po’.
Alla fine Malfoy disse, “Io
cosa ci guadagno?”
Questa domanda così diretta
e così Serpeverde scosse Harry.
“Co…cosa?”
“Allora, se divento tuo
amico posso avere la passwordGrifondoro
per intrufolarmi e lasciare animali morti nel letto di Weasley?”
“No!”
“Ok,
mi svelerai tutti i segreti sporchi di Weasley e Granger così potrò impreziosirli e
diffonderli in tutta la scuola?”
Harry fu combattuto tra
l’impulso di ridere e l’orrore. “No!”
“Posso ingannarti e
consegnarti al Signore Oscuro?”
“N…” Harry si fermò e lo
guardò preoccupato. Dopotutto, era una domanda piuttosto seria. “Vorresti
farlo?”
Malfoy strinse le labbra,
cosa che fece sembrare i suoi zigomi appuntiti.
“Non particolarmente. Però sarebbe divertente.”
Harry scosse la testa incredulo.
E
sì, ok, un po’ divertito. Nessuno sapeva essere
platealmente cinico come Malfoy, ma era così sfacciato da farsi perdonare,
paradossalmente.
“Va bene,”
disse alla fine Malfoy.
Harry lo fissò. “Sei…sei
d’accordo?”
“Sarebbe quello il
significato generale della frase, sì.”
Harry non poté celare la
sorpresa. “Perché?”
“Ahhh?”
Malfoy sporse il capo all’indietro, guardando il cielo. La linea della sua gola
sembrò improvvisamente vulnerabile. “Non lo so. Chiamala curiosità morbosa.”
Harry si trovò a disagio e
senza parole. Era riuscito in ciò che si era prefissato, e adesso? Cosa doveva dire esattamente a Malfoy? Parlare di quanto
fosse rincoglionito Snape? Chiamarlo Draco? L’idea
gli sembrava ridicola.
Camminarono ancora per un
po’, e Harry arrischiò un’altra occhiata a Malfoy.
Stava guardando Harry, e
ora pareva anche lui scosso dal vento. Aveva un’aria persa
mentre lo fissava sotto la frangia d’argento.
“Cosa fai
con i tuoi amici?” gli chiese Harry, esasperato.
“Dico loro cosa fare, così
loro lo fanno e mi lasciano in pace.”
“Oh.” L’idea non era delle più attraenti.
“Farai ciò che ti
ordinerò?” chiese allegro Malfoy.
“No!”
“Oh,”
disse Malfoy, indispettito. “Allora? Cosa fai tu con i tuoi
amici?”
“Ehm, parliamo un sacco di
quanto sei tremendo.”
“Potresti farlo, lo
prenderei come un complimento.”
Harry non parlò. Una parte di lui desiderava ardentemente dire a Malfoy che era
stata una pessima idea, e darsela a gambe.
Il resto
di lui non sapeva esattamente che fare.
Il viso di Malfoy era un
po’ contratto a causa del vento.
“Visto questo silenzio
imbarazzante,” disse con la solita voce debole,
“potremmo rientrare? Sto morendo dal freddo.”
Harry non poté fare a meno
di ridere di nuovo.
“Zitto, Potter.”
“Te l’avevo detto, Malfoy.”
“E
io ti ho detto di stare zitto!”
Malfoy si girò e prese a
camminare vivacemente verso il castello, rinunciando alla farsa della
passeggiatina primaverile.
“Volevo solo dare un’occhiata al paesaggio tetro per Magia Creativa,”
mugugnò.
“Per??”
Harry ebbe il ricordo annebbiato di una lista, e di chiacchiere circa i compiti
nella sala comune. “Ah, la materia. Carina?”
Malfoy si bloccò
all’istante. “Stai scherzando? E’ la più bella materia del mondo.”
“Oh. Io ho scelto quelle
che prendeva anche Ron,”
ammise Harry. “Non sapevo nemmeno di cosa trattassero.”
“Cristo Santo! Ecco cosa si
ottiene a riempire la scuola di gente figlia di Babbani.” Harry stava per muovere una sentita obiezione al
commento razzista, ma Malfoy proseguì indifferente,
incedendo nel vento e parlando a voce alta oltre le proprie spalle.
“Magia Creativa è come…beh.
E’ un talento trascendente.”
Harry lo guardò inebetito.
“E’ come… ci sono maghi e
streghe che creano libri fantastici, o drammi, o dipinti, riuscendo a
trasformare la magia e il talento in una cosa sola, così da far restare
incantati anche i Babbani. Così anche i Babbani pensano che sia magia.”
Harry non aveva mai visto
Malfoy così entusiasta prima. Notò, tuttavia, che i gesti stravaganti che in
genere usava per le sue imitazioni crudeli risultavano
bizzarri associati a questa esuberante descrizione. Gli occhi di Malfoy
brillavano, e sembrava più aperto di quanto l’avesse mai
visto.
Harry fu pronto a
scommettere che l’intera sala comune Serpeverde fosse
stufa di sentirlo parlare di quella materia, chiaramente la sua preferita.
Comunque,
doveva ammetterlo, era quasi affascinato. Malfoy si comportava come un bambino.
Anche
quando erano più piccoli, non si era mai comportato da bambino.
A meno
che non si contassero i suoi momenti da piccolo cretino viziato, troppo
frequenti a dir la verità.
“I Babbani
non capiscono dove vada a finire il tempo quando
ascoltano un concerto creato con la Magia
Creativa o un dipinto fatto con la Magia Creativa,
perché la magia impregna il tempo, li porta per un po’ in un’altra dimensione,
poi ritornano alla loro senza sapere cosa sia successo, ma con la certezza di
aver sperimentato… qualcosa.” Continuò con entusiasmo,
“possiamo muoverci, Potter? Si sta facendo buio, e io mi sto congelando.”
“Voi Serpeverde siete così
fragili,” disse Harry.
“Oh, smettila. E alza il passo. Morirò di polmonite. Non ce la fai a
camminare più velocemente? Ho freddo, ho freddo, ho freddo!”
Ah. Un altro momento da
cretino viziato.
Harry accelerò. Ovviamente
non poteva permettere a Malfoy di comportarsi in modo così dittatoriale, ma…
stranamente sembrava una cosa ovvia, da parte sua.
Di certo era un fattore di
cambiamento nella politica Grifondoro del “non
respirare troppo forte su Harry se non vuoi che vada in pezzi”.
Malfoy continuò a
lamentarsi finché non furono dentro.
“Ora siamo al caldo,” disse Harry, ridendo. “Smettila di piagnucolare.”
“Non stavo piagnucolando,
stavo per morire di ipotermia,” brontolò Malfoy. “Io… mmm.”
Malfoy sollevò lo sguardo,
e Harry seguì i suoi occhi.
Ron
e Hermione venivano verso di loro.
“Harry, ti stiamo cercando
da o…” cominciò Ron, e si fermò di botto.
Gli occhi di Malfoy erano
luminescenti e attenti nell’ombra che gli nascondeva il volto.
“Ci vediamo domani, allora,” mormorò. “Stesso posto, stessa
ora.”
Scivolò via, la testa
candida già distante prima che Harry potesse acconsentire. Realizzò
che non era stata una richiesta, bensì un ordine.
Il ragazzo era
insopportabile. Eppure l’inconscio traditore di Harry
sembrava non essere del tutto d’accordo.
Scuotendo il capo rise
amaramente, e si avviò verso Ron e Hermione.
“Harry… era Malfoy, quello?” chiese incredulo Ron.
“Ehm,”
disse Harry.
***
Qui ci va una frase che lessi su un libro che parlava
dell’opera lirica, e che da allora amo alla follia.
Inverosimiglianze,
anacronismi, intrecci banali non contano se una mente creativa e capace riesce
a farci dimenticare le nostre obiezioni.
Eventually everything blurred around him, the dazzling lights mingling
with everyone's hair
Underwater Light
By Maya
Tradotta da Luciana
Capitolo Tre
Al pub
So walk with me, talk with me,
Tell me your stories
I'll do my very best to understand you
You're flesh and blood...
[Allora cammina con me, parlami, / Raccontami di te / Farò di tutto per
capirti / Sei carne e sangue…]
Harry disse a Ron e a Hermione che, sì, era Malfoy. Aveva
avuto voglia di parlargli del fatto del lago.
Non disse nient’altro.
Non voleva mentire, non si vergognava, ma sentiva che la
questione era alquanto spinosa. Finora era andato tutto sorprendentemente bene,
ma una volta aggiunti alla miscela Ron e I Mille Motivi Per
Cui i Testarossa Hanno Una Certa Reputazione,
Draco Malfoy sarebbe tornato ad essere un puntino all’orizzonte. Un puntino col
dito puntato verso Harry e Ron, impegnato a sbraitare “Hanno cercato di
uccidermi, professor Snape!”
Non che Malfoy fosse stato carino.
Di certo un Draco Malfoy dolce e garbato avrebbe spinto Harry a correre da
Silente in cerca di antidoti alla Pozione Polisucco. Era stato acido, viziato e stronzo
come sempre, per non dire apertamente ostile e pronto ad insultare.
Eppure…era andata bene.
Per qualche ragione, Harry ne era
felice.
Non spiegò la situazione a Ron e Hermione anche per un altro
motivo. Inspiegabilmente era un po’… possessivo, riguardo la
faccenda.
Da molto tempo ormai non aveva niente di privato, su cui i media non avessero messo le grinfie, che Ron e Hermione
non conoscessero, nonostante poi loro avessero i loro speciali segreti ‘di coppia’.
Qualcosa gli diceva che, una volta
saputo tutto, ci sarebbero rimasti molto male.
Ciononostante, non disse niente.
E a
colazione il giorno dopo, guardando Malfoy entrare e Blaise Zaini posargli una
mano sotto il gomito, invitandolo ad andarsi a sedere accanto a lui, Harry
sentì una fitta di quella sensazione di possesso.
Cosa credi di fare, Zabini? Non c’è bisogno di
toccare.
Harry Potter, il ragazzo che diede di matto.
“Sono così contenta di non vederti più depresso ultimamente,
Harry,” disse Hermione.
“Depresso?” rispose Harry soprappensiero, mentre Malfoy prese posto accanto a Zabini. “Perché
dovrei essere depresso?”
Voldemort. La guerra. Cedric. La
pietà goffa attorno a lui. Il senso di colpa annebbiante.
Ah, quello.
Me n’ero dimenticato, pensò Harry stupito.
Dimenticato.
Hermione gli comunicò la sua approvazione con lo sguardo.
“Hai ragione Harry, non ce n’è alcun motivo.”
Non dovrei dimenticarmelo, pensò
Harry. Ma l’ho fatto… e sto bene.
“Forza ragazzi, Difesa Contro le Arti Oscure è la prima
lezione,” disse Ron. “Chissà se ci sarà Lupin o Sirius.”
Harry si alzò, aiutando Hermione col suo zaino pieno di
libri.
Lasciando la sala, vide che Malfoy e Zabini stavano avendo
un’animata discussione. Vide la bocca di Malfoy formare le parole ‘Magia Creativa’, e quasi sorrise dell’interesse palesemente finto
di Zabini.
Un certo impulso lo fece fermare per un attimo
mentre passava davanti ai Serpeverde e gli fece dire:
“Ciao, Malfoy.”
PansyParkinson,
Tiger, Goyle e Zabini gli
inviarono tutti la stessa occhiataMuori, Potter, muori!
Malfoy, placido come se non fosse circondato da lupi
assetati di sangue, prese un pezzo di toast e rispose, “Buongiorno, Potter.”
Harry provò un oscuro senso di trionfo per quelle due
parole, che ridussero Ron e i Serpeverde ad una muta, soffocata incredulità.
Ovviamente dopo quello fu costretto
a dare spiegazioni a Ron, il quale era sul punto di giurare che Voldemort
avesse preso le sembianze di Harry e bisognasse abbatterlo immediatamente.
“Ho solo deciso di essere più
gentile,” disse sulla strada per Difesa Contro le Arti Oscure. “Voglio capire
che cosa è successo al lago.”
“Beh, ok, posso capirlo,” concordò Hermione, l’ossessiva fonte di saggezza. “Però in effetti, Harry, Malfoy…”
Ron quasi sputò.
“Posso capirlo?! Si tratta
chiaramente di un complotto dei Serpeverde! Ti fidi troppo, Harry. Quelli non
sono come noi. Sono dei mostri, ti dico, folli,
spietati…”
Interruppe la tirata per salutare il professor Lupin.
“Salve, professore. Mi chiedevo se sarebbe venuto lei o Sirius. Non si sta avvicinando…” mimò
un ululato al chiar di luna.
“Puoi sederti,” disse Lupin con un sorriso indulgente.
“Allora,” riprese Ron. “Dov’ero?”
“Mi stavi dicendo che i Serpeverde
sono mostri folli e spietati,” rispose Harry. “Ma poi sei stato distratto da un
licantropo.”
*
Harry non poté crederci quando si
sorprese a controllare l’orologio.
I minuti strisciavano via, e Malfoy non si fece vedere a
pranzo.
Saltare i pasti ogni
volta, pensò Harry. Ecco come si fa
ad ammalarsi.
“Cos’è che ti tormenta, Harry?”
“Niente mi tormenta!” esclamò Harry indignato. Hermione alzò
le spalle e morse la sua mela.
Forse Malfoy era malato. Di certo il pallore era quello.
Madama Chipsavrebbe
dovuto stare più attenta. Bisognava dargli delle vitamine.
Probabilmente i sotterranei non erano il luogo più adatto
per una salute cagionevole.
Harry rimuginò sulla questione per ore, al punto che fu uno
shock vedere un Malfoy che era il ritratto della salute raggiungere il luogo in
cui avevano appuntamento a passo svelto, con venti minuti di ritardo.
“Andiamo, Potter,” disse in fretta,
girandosi e incamminandosi.
Harry corse per stare al passo, con suo gran disgusto.
“Hey, Malfoy. Sei in ritardo. Hai
presente le buone maniere?”
Malfoy fece una faccia scocciata. “Sì, sono per gli altri.
Andiamo, muoviti.”
“Dove stiamo andando?” chiese
Harry, sospettoso.
“Non ho intenzione di aspettare la morte
vicino a quel lago,” lo informò Malfoy. “Comunque,
ieri ho notato che avevi dei problemi a parlare in maniera coerente, per cui ce
ne andiamo al pub.”
“Il pub? Questo dovrebbe rendere le
mie parole più coerenti?”
“Oh sì. L’alcol ti dà questo fantastico senso di finta
serenità,” gli assicurò Malfoy.
“In effetti ho bisogno di un po’ di
serenità, con te intorno… Dove vai?”
“Nella scuola,” disse pronto
Malfoy. “C’è un passaggio segreto che porta a Hogsmeade
dietro la statua…”
“Della strega con un occhio,” finì
piano Harry. “Come lo sai?”
Malfoy s’inorgoglì.
“L’ho scoperto quattro anni fa,”
rispose. “Weasley non parlava da solo sulla strada
per Hogsmeade. Non è una cima, quel tuo ragazzo.
Capii che dovevi aver usato qualche scorciatoia dalla scuola col tuo prezioso
Mantello dell’Invisibilità… e l’ho trovata.”
Allora lo fa anche
lui,pensò Harry. Pensa a come rompermi le scatole. Importa anche a lui.
Ciò che disse fu, “Sai del mio Mantello?”
Malfoy sogghignò. “No, Potter. Pensavo davvero di avere le
allucinazioni. Certo che lo so, e la prossima volta che andiamo al pub puoi portarlo.”
“La prossima… ? Non ho nemmeno
detto sì questa volta!”
Harry alzò il passo dietro Malfoy, sentendosi sempre più un
cagnolino portato a passeggio. Malfoy non rispose finché non furono nel
corridoio che portava alla statua.
Si guardò alle spalle e parlò disinvolto.
“Credo che tu non abbia assimilato appieno la situazione,
Potter.”
Harry avvertì un rapido colpo alle costole, come se qualcuno
l’avesse toccato all’improvviso sul petto.
“C…cosa vuoi dire?”
“Non ti ho accettato come amico per la vita, sai.” Il suo sorriso era gelido come neve inaspettata. “Sono del
tutto in grado di restituirti al negozio, se non mi vai
bene.”
Harry sentì montare l’indignazione.
“Stai dicendo che se non vengo a
bere con te…”
Denti scintillanti. “Esatto.”
Harry fu sul punto di dirgli dove poteva ficcarsi quella
cosiddetta amicizia, suggerendo anche di aggiungerci la bacchetta e il manico
di scopa, quando avvenne qualcosa di imprevisto.
Malfoy si accorse di averlo fatto arrabbiare, e sorrise.
Il fascino non era una cosa che Harry avesse
mai associato a Draco Malfoy. Tuttavia…
Sentì l’impulso di osservarlo.
Per Malfoy ogni gesto era calcolato. Sorridere sembrava
essere un’arte.
Un’arte terribilmente raffinata. La luce sorse
gradualmente su quel viso pallido e freddo, così i suoi occhi brillarono
come il sole sulla brina.
Rimase fermo nel corridoio vuoto e fece quel bel sorriso,
finché Harry fu costretto a sbattere le palpebre.
Una volta aperti gli occhi, il
sorriso era scomparso. Sentì una misteriosa fitta di delusione.
“Avanti, Potter,” insistette
Malfoy. “Ho rimandato i compiti di Magia Creativa per bere qualcosa con te.”
“Oh, sono onorato,” disse Harry,
con molta più debolezza nel suo sarcasmo.
“Dovresti esserlo.”
Malfoy si voltò e camminò, nella completa (e non infondata)
convinzione che Harry l’avrebbe seguito.
“Così potrai dirmi tutti i tuoi sconvolgenti segreti,” aggiunse con soddisfazione. Sembrò offeso dall’occhiata
scettica di Harry. “Che c’è? Io ti dirò i miei!”
“Sì,” disse secco Harry, “ma i
Serpeverde amano vantarsi delle loro malefatte. Non mi pare uno scambio equo.”
Malfoy gli rivolse uno sguardo rapido, piuttosto sorpreso,
quindi rise e alzò le spalle.
La risata echeggiò alle loro spalle mentre
oltrepassarono la statua.
*
“Malfoy! E’ una cosa privata!”
“Vuol dire ‘nessuna’, allora, vero?”
“Malfoy, quando vuoi sai essere un vero blastardo.”
Harry strizzò gli occhi alla luce dei Tre Manici Di Scopa,
che stranamente era più accesa di quando era entrato.
Harry si concentrò sul viso di Malfoy. All’inizio era solo
una macchia dorata, confusa con la lampada che spargeva argento sui suoi
capelli e nei suoi occhi, ma dopo qualche minuto comparve
un largo sorriso.
“Non è vero,” rispose Harry con orgoglio.
Formare le parole era un po’ difficile.
“Dopo tre bicchieri di idromele.
Sei un peso piuma.”
Malfoy ne aveva bevuti almeno
cinque, e sembrava solo più rilassato. Bisognava tenerli d’occhio, questi
Serpeverde.
“Rispondi alla domanda, Potter,”
ordinò il viziato dittatore. “Questo tergiversare è poco virile.”
“Oh… va bene… Due.”
A Malfoy andò il drink di traverso. “Oh, non mi dire, Gilderoy.”
“Taci, Malfoy!”
“Aspetta, aspetta. Si tratta di
bacetti sulla guancia tipo quelli della zia zitella? C’era la lingua?”
“Malfoy, non puoi fare domande del genere… Non con la prima.”
Malfoy sembrò fiaccato dalle risate trattenute. “Chi è stata
la povera sfortunata, allora?”
“ChoChang,” rispose Harry con riluttanza. “Il quinto anno.”
Ricordava nitidamente quel momento. ChoChang l’aveva preso da parte, gli aveva detto che non sopportava più quei ricordi… che si sarebbe
trasferita a Beauxbatons per il settimo anno. Aveva
aggiunto che non era stata colpa di Harry, e mentre lui guardava triste il suo
bel viso, si era avvicinata e lo aveva baciato piano sulla bocca.
Quanto aveva desiderato quel momento, e poi una volta lì…
Aveva sentito il sapore della pietà sulle sue labbra, la
carità che gli veniva premuta nella bocca. Il bacio di
ChoChang aveva espresso lo
stesso sentimento offertogli da ogni parola o tocco quell’anno.
Aveva fatto un passo indietro, e lui aveva guardato ancora
una volta quel viso tanto sognato, e desiderato con umile desolazione di non
vederlo mai più.
Draco Malfoy fischiò. “Chang?
Niente male, Potter…e vediamo un po’, la seconda. Erano vere le voci su GinnyWeasley?”
“Sì,” rispose Harry suo malgrado.
Quei pochi baci maldestri con Ginny.
Ancora si sentiva in colpa per aver usato la sorella minore di Ron solo per scacciar via la solitudine. Aveva cercato disperatamente
di desiderarla, di desiderare qualcosa, durante il
sesto anno…
Non aveva funzionato. Gli dispiaceva per Ginny
come se fosse stata la sua sorellina…
Ripensando ai Weasley e ai
precedenti di Malfoy nei loro confronti, Harry sollevò lo sguardo.
“Stai per dire qualcosa sui Weasley?”
domandò.
Malfoy lo guardò vagamente sorpreso. “No. Ho sempre avuto un
debole per i capelli rossi. Con l’eccezione della tua Weasley,
ovviamente.”
“Oh?” Harry s’incuriosì. “Bene, ora tocca a me, Malfoy. Con
quante persone?”
“Ehm…” Malfoy strinse gli occhi. “Aspetta un minuto.”
Cominciò a fare calcoli folli sul suo tovagliolo.
No, davvero. Snape dovrebbe
vegliare di più sulla morale dei suoi allievi.
“Chi è stata la prima, allora?”
“Ah.” Malfoy fece segno alla cameriera di portargli altro
alcol. “PansyParkinson,
terzo anno. Ti ricordi quando la mia giovane vita fu
quasi spezzata da quell’ippogrifo? Lei corse in
infermeria e mi saltò addosso. Praticamente per me fu
un colpo.”
“Non mi sembra che fossi così scioccato,”
commentò Harry sorridendo. “Visto che poi l’hai portata al Ballo del Ceppo il
quarto anno.”
“Beh.” Malfoy alzò le spalle. “Me l’aveva chiesto.”
Non si poteva non ammirare quella sfacciataggine così
palese.
“Che c’è?” disse, notando il
sopracciglio alzato di Harry. “I Malfoy aspettano sempre di essere invitati.
Oh, ecco qui il numero.”
Passò a Harry il tovagliolo.
Ossignore.
“E’ possibile che ci siano così tante persone nella scuola?”
Malfoy sorrise debolmente. “Se
includi lo staff.”
“Che schifo!”
Malfoy scoppiò a ridere per l’espressione di Harry. A quanto
pareva aveva molto da ridere, quella notte.
Di certo era un filo ubriaco.
“C’è vita anche fuori dalla scuola,
Potter,” aggiunse quando si fu calmato.
Madama Rosmerta si avvicinò a
Malfoy e gli porse i loro drink con un occhiolino.
“Sicuro di non aver bevuto abbastanza?”
“Rosmerta!” Malfoy inorridì. “Mi
conosci. La notte è giovane e lo sono anch’io. Saremo molto più ubriachi di
così, prima di rientrare.”
Harry pensò con preoccupazione che, se si fosse ubriacato
più di così, camminare gli sarebbe riuscito decisamente
difficile.
“Sei tremendo, Draco Malfoy,”
sospirò lei, posando altri due bicchieri sul tavolo. “E
stai cercando di corrompere il povero, innocente Harry Potter. Mi spaventi.”
“E tu mi adori!” le rispose Malfoy mentre
si allontanava. Tornò a rivolgersi a Harry e gli sorrise
maliziosamente. “Gran donna. Il terzo anno si rifiutò di portarmi da bere e
cercai di flirtare con lei. Disse
che ero il più giovane che ci avesse mai provato.”
“Malfoy, sei sicuro di non essere un alcolizzato?”
“Non sono io,” lo informò Malfoy in
tono altezzoso, “il bevitore minorenne, qui. Ho compiuto diciott’anni a gennaio.”
“Non avevi diciott’anni al Ballo del Ceppo,” mormorò Harry.
“Neanche tu. Comunque, smettila di
rispondere ai più grandi. Mmm… beh, avevo un’altra domanda, ma visto che hai baciato solo due persone so già la
risposta.”
“Che…? Ah.” Con suo grande orrore,
Harry si sentì arrossire violentemente. “Malfoy!”
Malfoy rise e si appoggiò al muro dietro di sé. “Povero
piccolo Potter…”
“Stai zitto! Quante migliaia di volte
l’hai fatto tu, allora?”
Malfoy sollevò l’angolo della bocca. “Migliaia? Mettiamo in chiaro una cosa, non tutti i Serpeverde
sono peccatori depravati. Questo è vero solo…all’ottantanove percento.”
“Quante volte, Malfoy?” Con sua sorpresa, Harry scoprì di
essere davvero curioso.
Malfoy meditò. “Ripassami il tovagliolo.”
Harry rise, scosse il capo e bevve un altro po’.
Malfoy annuì con approvazione.
“Sapevo che non eri timorato come davi a vedere,” commentò. “Insomma, sei capace di prendere le regole
della scuola e buttarle dalla finestra, e tutti ti trattano come se fossi un
angelo.”
Harry sollevò un sopracciglio. “E
tu cosa pensi?”
“Penso che gli angeli non s’incazzino ai Balli del Ceppo,
ecco cosa penso. Ti ho anche visto mentre facevi pensieri ben poco santi sul
prendermi a pugni. No, in te scorre il sangue di un vero stronzo.” L’espressione tranquillamente analitica di Malfoy si
trasformò in un sorrisino. “Per questo ho deciso di darti una chance.”
“Sono sopraffatto,” disse secco
Harry.
Era proprio una novità. Nessuno si era mai aspettato che si
comportasse male.
“Cercherò di farmi venire in mente azioni
adeguatamente malvagie.”
Malfoy allontanò l’idea con un gesto. “Non essere assurdo,
sei un novellino. Sii ragionevole. Segui me.”
Harry si convinse che Malfoy, in effetti, era proprio
ubriaco. I suoi occhi erano brillanti e selvaggi, e la frangia
candida era leggermente fuori posto.
Il controllo delle sue funzioni motorie era limitato, ed era
fuori a bere con un Malfoy la cui capacità di giudizio era ridotta.
Piuttosto interessante.
“Ci sono!” annunciò Malfoy. “Dovremmo cantare al karaoke.”
Harry squadrò il viso deliziato di fronte al suo.
“Stai male…”
“E’ molto più divertente,” gli
assicurò Malfoy. Si alzò di scatto con un’agile grazia che Harry non avrebbe
saputo imitare da sobrio, e lo sollevò a forza dalla sedia.
Fu allora che Hagrid apparve nel pub, e Malfoy scomparve sotto il tavolo.
“Oh no…” disse Malfoy, a voce bassa.
Harry soppresse a stento una risata.
“Ehilà, Harry!” Hagrid lo salutò
con lo stesso calore maldestro di tutti i Grifondoro.
I suoi occhi neri si posarono proprio in quel momento su
Harry, un po’ alterato, e sul tavolo con sopra due bicchieri.
“Ho giusto fatto un salto per un
bicchiere,” proseguì. “AOlympe
non ci piace tanto, e quindi mi devo muovere…Ehm, Harry…” ridusse la voce ad un
ronzio cospirativo. “Ho interrotto qualcosa?”
Harry lo fissò inebetito per qualche minuto, finché non
capì.
Una bestemmia risuonò piano piano
sotto il tavolo.
Harry si affrettò a tossire.
Sfortunatamente Hagrid lo
interpretò come un assenso imbarazzato.
“Ah… scusa, Harry… Sta al bagno,
vero?”
“Um,”
disse Harry.
Hagrid gli dette una gomitata
amichevole, che quasi lo fece cadere.
“Mi fa piacere saperlo, Harry. Ci voleva proprio che cominciavi a divertirti di più.”
“Visto che non hai una vita,” disse
una vocina nella zona delle ginocchia di Harry.
Harry resistette all’impulso di ridere a crepapelle, nonché di dare un calcio a Malfoy.
“Me ne vado, allora,” sbraitò Hagrid. “Non voglio che ti senti in imbarazzo. Prendo solo
un bicchiere. Dimmi una cosa sola, Harry…” partì un
altro forte colpo di gomito. “E’ carina, eh?”
“Ehm,” rispose Harry.
“Estremamente
carina,” disse la maledetta voce sotto il tavolo.
Hagrid si defilò soddisfatto. Appena girò loro le spalle, Malfoy riemerse tutto scompigliato.
Prese Harry e lo trascinò fuori dal pub.
L’aria della notte fu uno shock per Harry, che si concentrò
sul restare in piedi.
Gli occhi di Malfoy brillavano ancora, ma per il resto era
pallido e sollevato.
“Fuga!”
Harry lo guardò. “Che vuoi dire?”
“Oh, mi terrorizza,” ammise
candidamente Malfoy. “Da sempre. Ci scaglia addosso animali
crudeli e ci affida libri assetati di sangue. Per non parlare del fatto che è
scandalosamente enorme.”
Harry era stupefatto. Malfoy, sempre così freddo e
aristocratico davanti adHagrid,
e da cui sapeva che Hagrid era segretamente
intimidito. La cosa lo intrigava. Che genere di
persona avrebbe reagito in quel modo alla paura?
Malfoy sbatté le palpebre, pensieroso.
“Oh, cielo. Non credo che l’avrei mai
ammesso da sobrio.” Alzò le spalle, un gesto stranamente nitido per la
vista alterata di Harry. “Pazienza. C’è sempre il rischio di lasciarsi sfuggire
qualcosa di pericoloso.”
Harry se la prese un po’. “Non sono in cerca di punti deboli
per attaccare, Malfoy.”
Malfoy inclinò il capo da un lato, mentre la luce di un lampione
faceva dei suoi capelli rivali della mezzaluna. “Lo fai quando giochi a Quidditch,”
osservò. “Infatti sei un buon giocatore.”
“E’ diverso. La vita non è una partita.”
Malfoy fece di nuovo quel sorriso fastidioso. “No?”
A questo punto Harry era troppo impegnato a non cadere per
rispondere.
“Attento, Potter. Finire stesi sul marciapiede è una cosa
riservata ai veri alcolizzati. Quelli che se lo sono
guadagnato.”
“Mi aiuteresti se cadessi sul marciapiede?” indagò Harry,
che aveva seri dubbi sulla propria capacità di restare in piedi.
“Per chi mi hai preso? Mi metterei a ridere.”
Oh, eccellente.
Davanti ad una simile alternativa,
Harry barcollò coraggiosamente. Fu sorpreso dal calare di un silenzio
assolutamente tranquillo.
Maledetto Malfoy, aveva ragione sull’alcol. Serpeverde depravato del cavolo.
“Dunque, mi hai portato a bere,” si
ritrovò a commentare. “Cosa c’è sul menu domani, un
bordello?”
Chiunque altro si sarebbe scandalizzato sentendogli
pronunciare una cosa del genere.
Malfoy rise.
“Ma insomma!” lo ammonì. “Dobbiamo
lasciare qualcosa per giovedì.”
Tornarono un po’ instabili verso la scuola. Harry cercò con
tutte le sue forze di camminare dritto. Malfoy dondolò attorno a molti
lampioni.
Si separarono nel corridoio. Harry esitò, in cerca di
qualcosa da dire.
Alla fine scelse, “Stessa ora domani?”
*
Il giorno dopo, Harry si svegliò con la netta impressione che fosse stato tutto un sogno.
Fuori a sbronzarsi con Malfoy? Era troppo bizzarro.
Cercò di alzarsi a sedere, e il post-sbronza lo colpì come
un Bolide.
Oh. Era vero, allora.
Molto, molto lentamente, Harry si alzò. La voce di Ron gli giunse all’orecchio.
“Harry! Dove sei stato? Eravamo in ansia!”
Harry sussultò. “Potresti… non parlare così forte?”
“Hai un aspetto di merda,” osservò Ron con la gradevole
sincerità che lo rendeva famoso e ammirato nei gironi dell’inferno.
“Beh, sto di merda. Tutto quadra.”
Il sarcasmo di Harry nasceva dal fastidio. I bottoni del suo
pigiama sembravano incollati alle asole.
“Harry, sembra… sembra che sia stato in
piedi tutta la notte a bere.”
“Non tutta la notte.”
Le lentiggini sembrarono sobbalzare sul viso di Ron per lo shock.
“Come! Dov’eri, con chi… oh no, Harry, dimmi
che non era Malfoy.”
Ron respirò pesantemente. L’allarmante color pulce delle sue guance stonava violentemente
con i capelli.
Strinse il braccio di Harry.
“Aspetta, mi devo vestire…” protestò Harry, lottando coi vestiti. Ron attese
controllando a stento l’impazienza.
“Dove stiamo andando?” indagò
Harry, trascinandosi dietro Ron e sentendosi
distintamente fragile.
“Da Hermione,” disse Ron. “Meglio che te lo faccia lei il discorsetto
materno.”
“Sai Ron, lui
non è poi così…”
Ron si girò verso di lui alzando
un dito.
“Non dire niente finché non troviamo Hermione!”
*
“… posso credere che tu sia stato così irresponsabile,
Harry, prima di un giorno di scuola! Come farai a stare
attento a lezione? Dimmi che hai fatto almeno i
compiti…”
“Chi se ne frega dei compiti!” strillò Ron.
“Parliamo di Malfoy!”
Andava avanti così da un po’. All’inizio la
Sala Grande era vuota, ma poi un gruppo di Grifondoro aveva iniziato ad origliare con diversi gradi di
discrezione.
Harry sprofondò sulla sedia finché i suoi occhi arrivarono
al livello della colazione.
“Oh sì. Malfoy.” Hermione aveva un’espressione di rimprovero.
“Lui li ha fatti i compiti?”
Ron fece lo stesso suono di un
bricco sul punto di esplodere.
Hermione sospirò. “E poi Harry, lo
so che sei curioso per questa faccenda del Torneo Tremaghi, ma non c’è motivo
di saltare i compiti e passare il tempo con un piccolo deficiente come Malfoy.
Possiamo sempre cercare informazioni in biblioteca. Certo, ripeto, sei libero
di fare quello che vuoi.”
Harry e Ron la guardarono
increduli.
“Guarda il lato positivo, Ron,” disse Hermione, pragmatica. “Stando insieme a quell’idiota per un certo lasso di tempo,
Harry prima o poi perderà la pazienza e lo picchierà. Così tu potrai vincere la
scommessa.”
Harry si mise a sedere dritto, incurante del dolore acuto alla
testa.
“Scommessa? Quale scommessa?”
“Beh, sai, l’ultima partita Serpeverde-Grifondoro.”
Quell’anno il Quidditch
non era stato cancellato a causa delle richieste provenienti da tutte le case.
“Tu e Malfoy sembravate sul punto di azzuffarvi,” continuò placidamente Hermione, spalmando il suo toast. “Ron ha cominciato a scommettere che tu avresti avuto la meglio. Con quotazioni alte, tra l’altro, visto che
Malfoy ha una certa reputazione per il gioco sporco.”
Harry si offese alquanto.
“Ronci è
rimasto molto male,” lo informò Hermione in tono sereno. “Ma
lo sapevamo già, no? Voglio dire, nessun altro sa
farti diventare violento. Non lo sopporti. Non riuscirai a stargli vicino a
lungo.”
Harry dovette ammettere che un po’ aveva
ragione, ma provò comunque del disappunto.
“Non ci riuscirebbe nessuno,” gli
assicurò Hermione, dandogli un colpetto sul braccio. “Malfoy è insopportabile,
come continuo a dire a Lavanda. Non m’incanta con quell’aria
da bel principino.”
“Bello!” farfugliò Ron.
Harry ripensò al commento inconsapevole di Hagrid e sorrise. Ron era
furibondo.
“Avanti,” disse Hermione. “Andiamo
a lezione.”
Stavano oltrepassando la porta quando
passò Malfoy, non un solo capello fuori posto e l’aspetto di chi ha dormito
innocentemente per tutta la notte.
Ron, che era davanti agli altri,
gli sbatté contro.
“Attento!” scattò Ron, a cui non
andava di farsi infastidire dalla sola presenza fisica di Malfoy.
“Non c’è bisogno di correre in questo modo, Weasley,” disse Malfoy con voce
strascicata. “Il detto ‘il tempo è denaro’ è
metaforico, sai.”
“Malfoy!” esclamò Harry.
Hermione strinse gli occhi con disprezzo.
Malfoy passò oltre con indifferenza.
“Se fossi in te riconsidererei questo fatto dell’amicizia,
Harry,” disse Ron
trattenendo a stento la rabbia. “Anzi, riconsidererei proprio l’idea che
l’omicidio sia sbagliato.”
Harry si morse le labbra.
Era strano che fosse sorpreso, quando sapeva benissimo come
fosse fatto Malfoy. Era stato il solito Malfoy… e a Harry dava fastidio il
fatto di essersene dimenticato, e aver quasi apprezzato il bastardo.
*
Harry era esausto.
Passò tutto il giorno a difendere Malfoy con Hermione e Ron, il che era un po’ un problema dato che,
fondamentalmente, il comportamento di Malfoy era indifendibile. Voleva anche
fare quattro chiacchiere con lui su Ron.
Ciononostante non aveva alcuna intenzione
di rinunciare a questa… strana forma di amicizia. Si stava addirittura
chiedendo, con una certa ansia di cui si vergognava, cosa avesse
in programma Malfoy per quella sera.
Il giorno prima era stato…
interessante.
E in quel periodo non c’era molto di interessante.
Harry scrutò il paesaggio grigio in cerca di una testa
bionda, con quell’ansia bizzarra che faceva scintille
dentro di lui.
Nessuna traccia di Malfoy.
Nei successivi tre quarti d’ora divenne chiaro che non
sarebbe venuto.
Faceva freddo lungo il lago.
La rabbia crescente di Harry lo tenne caldo.
Quando tornò di fretta dentro la
scuola, era rovente.
Per questa settimana, in via del tutto eccezionale, posterò martedì e venerdì! Due capitoli anzichè uno... ma voi impegnatevi nel commentare, mi raccomando!
Una cosa che non ho detto prima: i capitoli sono 22!
Un bacio e a presto!
Underwater Light
Underwater Light
By Maya
Tradotta
da Luciana
Capitolo Quattro
Scopri chi sei
You said the air was singing
It's calling you, you don't believe
These things you never see
And never dream
[Dicevi che l’aria cantava /
Ti sta chiamando, non credi / Alle cose che non vedi mai / E che non sogni
mai…]
Il tentativo di Harry di prendere da parte Malfoy e
sgridarlo fu reso vano dal fatto che ancora una volta pareva essere circondato
da Serpeverde ovunque andasse.
Era straordinariamente popolare, considerato il fatto che
era uno stupido stronzo scostumato che non si presentava neanche agli
appuntamenti!
Solo la prospettiva di avere l’opportunità di
rimproverarlo indusse Harry a tornare al lago, il giorno dopo.
Essere costretto a piegarsi in questo modo lo infastidì
ancora di più.
La goccia che fece traboccare il vaso fu Malfoy, seduto
sulla sponda del lago, che si alzò appena vide Harry.
“Alla buonora, Potter," disse.
Sembrava del tutto privo senso di colpa.
Fu troppo.
“Dove diavolo eri ieri sera?”
Malfoy sollevò un pallido sopracciglio, leggermente
sorpreso dalla domanda.
“A giocare a carte nella mia sala comune.”
“Perché?” chiese Harry direttamente, realizzando attraverso
la rabbia di essere davvero… ferito.
Malfoy smise di sembrare indifferente.
“Perché i miei amici me l’hanno chiesto, e sono dei
Serpeverde.”
“E allora?”
Harry alzò la voce, furioso.
Malfoy, che chiaramente aveva previsto tutta la scena,
rispose con calma.
“Allora loro vengono prima di tutto,” disse. “Non lo
capisci, vero? Beh, voglio metterlo in chiaro.”
“Metterlo in chiaro,” ripeté freddo Harry.
Malfoy iniziò a camminare, le mani incrociate dietro la
schiena e il volto impassibile.
“Da che parte sto.”
Intendi sulla sponda di un lago con una piovra gigante
dentro?
“Di cosa stai parlando?” sbottò Harry.
“E’ una questione di lealtà. La mia lealtà è per
Serpeverde. Perché è così che deve essere.”
E questo cosa c’entra col farsi vivi agli appuntamenti?
Harry si sorprese a chiedergli, “Perché?” piuttosto che
dargli un calcio e buttarlo nel lago.
Malfoy si fermò e si girò di scatto verso di lui. Il vento
soffiava sui suoi capelli d’argento, e il suo viso era meno sicuro senza quella
cornice brillante.
“Hai mai sentito parlare male di Serpeverde?”
“Sentito? Io ho parlato male di Serpeverde,” gli disse
Harry. “Siete un branco di bastardi truffatori nel Quidditch.”
“Oooh, ed ecco che il Grifondoro mette in mostra un
imprevisto talento per l’evasività. Sai benissimo di cosa parlo… dell’opinione
comune che la casa di Serpeverde sia una fucina di Mangiamorte.”
Harry sapeva che il suo viso l’avrebbe tradito, ma non
rispose.
Però ricordava: Tutti i maghi e le streghe che hanno
fatto una brutta fine sono stati a Serpeverde.
L’espressione di Malfoy era molto più controllata. Harry
non vi lesse alcuna emozione mentre continuò:
“So che lo sai. Beh, Potter, siamo in guerra, e sai che i
pregiudizi pullulano quando si è in guerra. Ogni volta che una persona scompare
la gente prende un po’ più distanza da Serpeverde. E noi non facciamo i
ruffiani con nessuno. Non siamo carini con gli altri bambini perché essere
carini non è divertente. Siamo Serpeverde, e questo significa che siamo stronzi
e poco affidabili… ma non tutti sentiamo il bisogno irresistibile di diventare
servi del Signore Oscuro.”
“Non ho mai detto questo,” disse Harry, col ricordo
spiacevole delle parole dette al cappello: ‘Non a Serpeverde…’
“Ah no?” domandò Malfoy. “Mai detto niente? Mai sentito
niente del genere? Pensi che non entrerebbe nel tuo puro cervellino
Grifondoro?”
Schifosi Serpeverde.
Perché non sbatterli fuori, i Serpeverde?
Harry rimase in silenzio.
“Lo sapevo.”
Il dialogo non stava affatto andando come Harry aveva
previsto.
“Cristallino. Voi Serpeverde dovete stare appiccicati,
quindi mi tratterai di merda quando vorrai.”
Harry sperava che negasse in qualche modo. Invece, Malfoy
lo guardò con uno strano sorriso, e annuì lentamente.
“Beh…” disse Harry. “Non penso sia una prospettiva
esaltante dal mio punto di vista.”
“Oh, non saprei,” rispose Malfoy. “Non ti ho chiesto di
essere gentile con me. Non ho mai dato tutta questa importanza alle buone
maniere. Fai tardi, sii maleducato, non farti vedere affatto. Credo di averti
offerto la possibilità di non essere buono con gli altri bimbi, tanto per
cambiare.”
Sorrise di nuovo, sospettosamente a suo agio.
“Se la cosa non ti va giù, puoi andartene al diavolo. So
di non essere la persona migliore di cui…” si fermò per riflettere. “Essere
amici.”
Harry ci pensò su.
Non si aspettava che il… confronto prendesse questa piega.
Aveva previsto, con un certo presentimento di disgrazia, un acceso conflitto
tra un Grifondoro arrabbiato e un Serpeverde acido.
Che era quasi successo. Ma… Malfoy non aveva tutti i
torti.
Harry conosceva i Serpeverde. Giravano sempre in branchi.
Erano fieramente partigiani, incluso Snape.
Malfoy in realtà si stava comportando… lealmente, nel suo
modo tortuoso. Pensava di dover avvisare Harry. Malfoy era sempre stato chiaro
circa la sua appartenenza.
Harry non era affatto convinto. Ma dopotutto era un
Grifondoro. I Grifondoro si buttano a capofitto senza riflettere.
Inoltre era affascinato. Se avesse mollato tutto, la
curiosità l’avrebbe ucciso.
Ricambiò il sorriso. “Sei una persona quasi impossibile da
apprezzare, Malfoy. Ma credo di aver quasi capito come fare.”
Malfoy sembrava annoiato.
“Ora che il tuo sangue si è liberato dell’alcol, muoviti.”
“Malfoy, non andrò di nuovo al pub… ieri sono stato
di merda tutto il giorno.”
“Andare di nuovo al pub?” Malfoy se la prese. “Per che
razza di prevedibile bastardo mi hai preso?”
Prima che Harry potesse rispondere, scosse il capo.
“No, andiamo al campo di Quidditch.”
Harry guardò il crepuscolo imminente. Considerò il fatto
che si sentiva ancora un po’ stordito.
Guardò Malfoy e alzò le sopracciglia.
“Se proprio non ti sei ancora stancato di prendere calci
nel sedere…”
*
“Coraggio, Potter. Fammi vedere."
Harry guardò Malfoy ammutolito. Malfoy ricambiò con uno
sguardo calmo ma carico di aspettative, più simile ad un gentiluomo di mondo ad
una lettura di poesie che ad un ragazzo seduto sul campo di Quidditch a fare
domande bizzarre.
“Prego?”
Malfoy espirò. “Sì, prega pure.... Dai, fammi vedere di
cosa sei capace.”
Harry non sapeva che fare. Malfoy aveva appena fatto
irruzione allegramente (e, se aveva visto giusto, abilmente) nei ripostigli con
la roba per il Quidditch, preso due scope, lanciata una di quelle a Harry,
corso verso il campo e detto a lui di fare…
Cosa, per l’esattezza?
Harry buttò via la scopa e si sedette dall’altra parte
della panchina.
“Malfoy, di che diavolo stai parlando?”
“Di volare,” rispose Malfoy, guardando Harry perplesso,
con la fronte lievemente corrugata. “Sai… quel giochino che fai con la scopa…”
Harry era troppo scandalizzato per notare la faccia
divertita di Malfoy.
“Malfoy, se stai cercando di dire che…”
Le sopracciglia di Malfoy decollarono fino all’attaccatura
dei capelli.
“Cristo, Potter, voi Grifondoro avete una fervida
immaginazione. Dev’essere tutto quel tempo passato dentro a giocare a scacchi.”
Fece una pausa e si pettinò con le dita una ciocca di capelli spostata dal
vento, con un sorrisino. “Gli scacchi indurrebbero a chiunque pensieri strani.”
“Non sono sicuro che tu abbia bisogno di esserci indotto,
Malfoy,” disse secco Harry. “Ora potresti per favore dirmi di cosa stai
parlando?”
Malfoy era troppo occupato a ridacchiare per dargli
ascolto.
Harry pensava che l’amicizia non avrebbe fatto aumentare
la sua voglia di prendere a calci Malfoy.
Quando si fu calmato, continuò sulla stessa linea.
“Me li immagino, Granger e Weasley, mentre passano insieme
queste ore invernali. ‘Sì, baby, così, dammi lo scacco matto!” Lo sguardo torvo
di Harry, istintivo e immediato, gli fece alzare le spalle. “Non sei
divertente. Oh, insomma… di certo avrai volato un po’ in giro da piccolo!”
“Non direi, Malfoy. Cresciuto in casa di Babbani, ricordi?
Usavamo la scopa per pulire il pavimento.”
Il sorriso di Malfoy fu incredulo.
“Bizzarro… anche se con certe scope al giorno d’oggi
preferirei pulire per terra che cercare di volare.” Sollevò di nuovo le spalle,
il gesto conclusivo dello sciocco viziato che Harry conosceva bene. “Sì, ma
devi aver volato. Sapevi del Quidditch.”
“Ehm… veramente no.”
Malfoy ora lo fissò, esprimendo con un gesto il suo
stupore.
Notò ancora una volta che Malfoy era un grande in quanto
al linguaggio delle mani. Esprimeva ciò che provava con la stessa spontaneità e
intelligenza che metteva nelle sue crudeli imitazioni.
“Ma… la prima volta che ci siamo visti, nel negozio di
vestiti, io parlai del Quidditch e tu dicesti che non giocavi. E poi alla prima
lezione fu chiaro che non era la tua prima volta su una scopa…”
“Sì invece,” lo interruppe Harry.
Un guizzo di emozione passò sul viso di Malfoy.
“Davvero? Quella presunta bugia mi ha offeso per anni.” Si
fermò a rimuginare su qualcosa. “Potter… qualcosa di ciò che ho detto potrebbe
essere interpretato come un goffo complimento?”
“Penso di sì.”
“Facciamo finta di no. Io nonfaccio
complimenti.” Malfoy si alzò, sfregandosi mani che non potevano assolutamente
essere sporche. “Ora… se non l’hai mai fatto prima, credo che dovrò
insegnartelo io.” Sospirò col tono di un martire. “Che seccatura che sei,
Potter. Va bene… stammi dietro e cerca di non cadere.”
Harry prese la scopa e la soppesò in mano, sentendo quel
familiare impeto di fiducia.
“Non preoccuparti, non cadrò. E se sei fortunato potrei
anche cercare di prenderti se caschi.”
“Cascare io! A differenza di te, io non sono
cresciuto tra Babbani.”
“No, e non sei neanche stato il più giovane Cercatore del
secolo.”
Malfoy alzò un sopracciglio, un po’ stupito. Ciò che
disse, tuttavia, fu: “Vedrai, Potter… non è proprio come il Quidditch.”
Detto ciò, afferrò la scopa e partì.
Harry aveva dimenticato che si muoveva come un serpente.
Lo seguì.
C’era vento quel giorno, e Harry dovette tenere gli occhi
socchiusi per mantenersi in volo.
Stava andando molto, molto in alto. Di solito nel
Quidditch non si raggiungevano alte quote: sarebbe stato controproducente,
visto che il Boccino spesso appariva poco sopra il suolo e non volava mai
lontano dagli anelli. Harry s’innervosì un po’ quando realizzò che non vedeva
molto bene non solo per i capelli, bensì per colpa delle nuvole.
“Malfoy!” gridò. “Siamo troppo in alto!”
“Paura, Potter?” urlò Malfoy in risposta.
“Per niente! Ma queste sono scope della scuola… Fred e
Gorge Weasley mi hanno detto che alcune scope della scuola vibrano se portate
troppo in alto!”
Da ciò che riusciva a scorgere dell’espressione di Malfoy,
pareva interessato.
“Per caso hanno specificato quali?”
“Malfoy!”
Malfoy scrollò le spalle, sorrise e mise la scopa in
verticale verso il basso.
“Malfoy!” Harry inclinò in basso la scopa e vide il viso
dissennato e sottosopra di Malfoy.
Stava ridendo.
“Dai, Potter, prova… però tieniti forte!”
Harry esitò. Non era pazzo abbastanza per una cosa del
genere.
O forse sì.
Lo fece.
Tutto il mondo sembrava essere sotto di lui, estremamente
lontano, e per un momento ebbe delle intense vertigini. C’era solo la stretta
sulla scopa a mantenerlo salvo, era troppo in alto…
Era molto eccitante.
Harry ricordò che si trattava di una scopa. Poteva fare qualsiasi
cosa su una scopa.
Malfoy vide che ci stava prendendo la mano e, visto che
era un sadico bastardo, passò ad altro.
“Niente male, Potter,” disse, deviando a destra e
muovendosi. “Che ne dici di questo?”
“Malfoy, smettila! Così cadrai!”
Malfoy stava in piedi sulla scopa, sul volto un’aria di
intensa concentrazione.
Per niente al mondo Harry ci avrebbe provato. Per Malfoy
andava tutto bene, lui era agile sulla terraferma. Harry era più un tipo alla
Krum: era agile solo quando sedeva su una scopa.
“Troppo difficile per te, Potter?”
“Non ci sperare!”
Fu a quel punto che Harry si rese conto che i professori
che parlavano continuamente di quanto fosse imprudente non avevano tutti i
torti.
Non voglio farlo, pensò, arrampicandosi con le
ginocchia. La scopa barcollò paurosamente. Non voglio farlo, non voglio…
Si alzò, mollando la presa.
La scopa continuò a navigare dritta, un solo tremito del
manico e sarebbe stata caduta libera. Teneva le braccia in fuori, per quanto
patetica fosse la quantità di equilibrio che potevano assicurargli, gli abiti
lo colpivano come fruste ed era terrorizzato.
“Penso che morirò!” urlò.
Malfoy rise. “Ti diverti?”
“Sììì!”
*
“Oh, i miei capelli,” disse mestamente Malfoy qualche
tempo dopo, quando furono tornati sul suolo. “E’ questa la cosa più brutta del
volo. I miei capelli…”
Tentò invano di riallisciare le ciocche che gli
incorniciavano il viso, simili ad un’aureola spiegazzata.
Harry sospettò di avere l’aspetto di un porcospino, ma non
gli importava. Era sudato e accaldato, ma ovviamente lo era anche Malfoy. Gli
aveva tenuto testa.
Pensava di aver fatto una bella figura.
La stessa cosa, apparentemente, la pensava Malfoy. Lo
guardò con una certa approvazione.
“Non sei stato affatto male, Potter. Io ero a due
centimetri da terra la prima volta che provai quel giochetto.”
Harry sbadigliò. Malfoy proseguì senza curarsene.
“Beh, ci credo. E’ dannatamente pericoloso, lo sai? Pensi
che sia una specie di pazzo suicida?”
“Veramente,” disse Harry con voce soffocata, “sì. Sono a
due centimetri dal picchiarti a morte con la scopa.”
Malfoy non sembrò molto seccato.
“Un po’ di pratica, Potter, e maneggerai bene il manico.”
“Molta pratica, Malfoy, e un giorno potrai battermi a
Quidditch.” Harry roteò gli occhi. Malfoy s’inorgoglì.
“Non posso proprio abbassarmi a questo genere di bisticci
infantili con te.”
“Da quando?”
“Oh, vai via, Potter. Ci vediamo domani.” Sembrò
riflettere. “Penso che faremo qualcosa che non causi danni ai capelli.”
“I Serpeverde sono così vanitosi,” disse Harry. “E senza
motivi, fra l’altro.”
Malfoy lo guardò con cipiglio. “Vai a pettinarti, Potter.
Sembri un porcospino.”
*
Il giorno dopo, Harry aveva quasi indossato il mantello
quando una cosa gli tornò in mente.
Credo di averti offerto la possibilità di non essere
buono con gli altri bimbi, tanto per cambiare.
Non era quello. Era… che a Harry non andava di accettare
passivamente il comportamento di Malfoy. Non aveva mai preso merda da Malfoy.
Voleva anche vedere se Malfoy diceva sul serio.
Lentamente, mise a posto il mantello. Poi si recò nella
sala comune.
“Ron? Ti va di giocare a Spara Schiocco?”
Ron disse sì con una contentezza che Harry era certo non
ci sarebbe stata se negli ultimi tempi non avesse passato gran parte del tempo
con Draco Malfoy.
Così rimase nel calore confortevole della sala comune, e
il fatto che avrebbe potuto essere altrove con qualcun altro, che poteva
essere sicuro di essere voluto lì… rendeva tutto molto più piacevole.
Il gioco fu inframmezzato dalla discussione entusiasta di
Harry e Ron su come quest’ultimo fosse riuscito ad imitare la Finta Wronski.
Era il Cacciatore meno tecnicamente dotato ma più energico di tutti. Hermione,
che leggeva l’ultimo libro accanto al fuoco, roteò gli occhi al terzo replay.
“Le donne nel mondo babbano si lamentano dell’ossessione
degli uomini per il calcio parlando di omosessualità repressa,” commentò.
“Dovrebbero provare a vivere in un mondo dove lo sport principale ha quattro
palle e i giocatori montano dei simboli fallici.”
Ron trasalì.
“Spara!” disse Harry, approfittando del momento.
Ron si riprese, anche se continuò a guardarli offeso.
“Comunque anche se stai barando, Harry,” proseguì, dopo
averli rimproverati energicamente, “è bello averti di nuovo fra noi.”
“Sì, siamo entrambi alquanto pazzi di te,” disse Hermione,
sorridendo oltre il libro. “Non capisco perché.”
“Non fate gli scemi,” replicò Harry. “Siete i miei
migliori amici.”
“Bada di non dimenticarlo,” lo ammonì Hermione. “Ancora
non riesco a credere che passi volontariamente del tempo con Malfoy. E’ puro
masochismo.”
“Oh, non lo so,” disse Harry, tirando una carta. “Non è
stato così male.”
“Io continuo a pensare che ci sia qualcosa sotto,” disse
Ron, imbronciato. “Non saprebbe essere civile con nessun altro.”
Harry ci pensò su.
“Ho un’idea.”
“Cos… che idea?” Ron sembrò vagamente in panico.
“Oh, niente,” Harry mise giù un’altra carta. “Comunque,
spara!”
Quando il fumo si schiarì, sorrise.
“E con questo ho vinto.”
*
L’indomani, Harry andò al lago deciso ad attendere solo
per cinque minuti.
Con sua lieve sorpresa, Malfoy era già lì. Il suo lungo
mantello nero sembrava stonare con i jeans e la maglietta ma, trattandosi di
Malfoy, aveva comunque un aspetto superbo.
“Tranquillo, fammi aspettare,” disse.
“Scusa se ieri non mi sono fatto vivo,” gli disse Harry,
improvvisamente spinto a provocare una reazione. “Ho dovuto passare un po’ di
tempo coi Grifondoro.”
Malfoy lo fissò vacuo. “Ah, non sei venuto? Non me n’ero
accorto. Andiamo, Potter..."
"No."
Malfoy alzò un sopracciglio con aria interrogativa.
"Facciamo sempre quello che vuoi fare tu,"
spiegò Harry. "Ora tocca a me."
Malfoy s'incupì. "Io amo fare quello che
voglio."
"Avevo notato," disse secco Harry. "Avanti,
Malfoy."
"Dove vuoi che vada?"
"Beh." Harry si fermò. "Allora, Ron dice
che non sapresti essere civile con nessuno..."
"Cosa?" esplose Malfoy. "Con che coraggio!"
Harry annuì saggiamente. "Così ho pensato che dovremmo
smentirlo."
"Diavolo se hai ragione. Come osa, io sono un Malfoy,
sono stato allevato per avere maniere impeccabili..." continuò a blaterare
cose del genere mentre Harry lo guidava verso la destinazione.
Chissà, pensò. Avrebbe potuto guarire la paura da entrambi
i lati, e forse... ecco... in qualche modo sarebbe anche servito a provare che
Malfoy, dopotutto, sapeva essere una persona civile. Poteva essere una cosa
positiva per lui.
E prometteva di essere estremamente divertente.
"Gliela farò vedere, a quel completo..." Malfoy
alzò lo sguardo, e sbarrò gli occhi allarmato.
"Potter. Che ci facciamo qui?"
"Dimostriamo che sai essere civile," rispose
Harry candidamente.
"No, qui non ci posso stare. No, assolutamente no.
Lasciami andare, subito!"
Harry trattenne Malfoy dal braccio e contemporaneamente
bussò alla porta di Hagrid. Hagrid aprì la porta in un attimo, e rimase a
fissare Harry che teneva fermo un Malfoy deciso a lottare ferocemente.
"Ciao,"
annaspò Harry. "Posso
entrare per un tè? Ho portato un amico."
E spinse Malfoy.
*
Il viso di Malfoy era bianco alla luce della casa di
Hagrid.
A denti stretti, disse: "Potter, morirai per
questo."
"Cosa c'è, Malfoy?" sussurrò Harry. "Hai
paura?"
Malfoy strinse gli occhi. "Oh, per niente."
"Allora dimostralo."
Hagrid continuava a guardarlo in modo decisamente
spaventato. Harry vide Malfoy alzare lo sguardo su Hagrid. Fino all'ultimo
centimetro.
Vide anche le sue labbra contrarsi d'impulso.
E dai, Malfoy...
Malfoy smise di sogghignare con sforzo notevole.
"Bella casa," disse con una minuscola traccia di sdegno. "Ehm,
relativamente parlando. Rispetto alla capanna."
In effetti era una casa abbastanza carina. Da quando
Beauxbatons si era svuotata al punto da dover essere chiusa, Madame Maxine
aveva insistito affinché prendessero casa.
Harry si chiese se Malfoy stesse cercando di essere
carino. Non sembrava molto diverso dal solito Malfoy.
Hagrid lanciò a Harry un'occhiata che diceva: Che
diavolo sta succedendo?
Harry cercò di sembrare disinvolto.
Hagrid si schiarì la gola. "Ehm.. mi sa che è meglio
che entrate, allora."
"Grazie," rispose in fretta Harry, afferrando la
maglia di Malfoy e spingendolo dentro.
"Smettila di manovrarmi, Potter," sibilò Malfoy.
"Ho detto che smentirò Weasley e lo farò."
Si liberò con uno strattone e raggiunse il soggiorno, dove
Madame Maxine stava seduta china sulla culla.
Malfoy si gettò i capelli all'indietro e il suo viso fu
attraversato da un'espressione determinata che Harry aveva visto durante le
partite di Quidditch.
Di solito aveva quello sguardo prima di un fallo
spettacolare.
Sorrise brillantemente, si avvicinò a Madame Maxine e le
baciò la mano.
Oddio! A che cazzo di gioco sta giocando?
"Mille grazie per l'ospitalità," disse Malfoy,
guardandola dritta negli occhi.
Madame Maxine arrossì. "Enchantée."
Harry rimase a bocca aperta.
"Volete vedere le bebè?" chiese, ancora un po'
rossa.
"Sarebbe un immenso piacere," rispose a suo agio
Malfoy.
Stava diventando la festa dell'amore.
Madame Maxine mise la bambina tra le braccia di Malfoy.
Era segno di grande apprezzamento.
Malfoy quasi cadde. Guardò Harry con un'espressione che
diceva Aiutami! e Harry, scacciando un sorriso, si mosse per aiutarlo a
tenere la bambina.
"Indovinate quanto ha," disse Madame Maxine,
guardando la piccola con occhi innamorati.
"Ehm... quattro," sparò Malfoy.
"Che bravò! Ha esattamonte quatro mesi."
"Mesi?" disse Malfoy, barcollando per il
peso. "Ah, voglio dire... sono bravo a indovinare."
"La mia piccola bijou," tubò Madame Maxine.
"Che adorabile bambina che è," disse Malfoy
soddisfatto di sé.
Hagrid si rilassò visibilmente. Ciò significa che continuò
a guardarlo come la maggior parte della gente guarda uno Schiopodo Sparacoda,
però prima che punga.
Hagrid era cotto di sua figlia, nonostante la mancanza di
zanne e di teste di scorta.
"Sedetevi, voi due, e prondete del té," disse
graziosamente Madame Maxine.
Malfoy fu grato di restituire la bimba. Quando presero
posto attorno al tavolo da té,Harry lo
colse mentre cercava di rianimare il proprio braccio massaggiandolo senza dare
nell'occhio.
"I biscotti sembrano buonissimi, Mad... Signora
Hagrid," disse Harry.
Niente da fare, doveva abituarsi. Dopotutto erano sposati
da un anno e mezzo. Non ci aveva impiegato tanto ad abituarsi agli standard
superiori della cucina da Hagrid.
"Chiamami Olympe," gli disse dolcemente.
"Anzi, chiamatemi Olympe entrambi."
"Un nome delizioso," disse Malfoy.
Non posso portarlo da nessuna parte.
"Vieni a
bere un peu de té, Ruby," disse Madame Maxine.
Malfoy cercò di nascondere un sorriso dietro la tazza.
Hagrid arrossì un po'.
"Ruby adora il té," proseguì Madame Maxine, con
voce impercettibilmente più dura. "Non beve altro."
Hagrid sembrò incupirsi. Malfoy cercava disperatamente di
soffocare una risatina con la tazza.
"Dev'essere una gran consolazione," disse con
voce alquanto soffocata. "Dimmi, Olympe, quando torni in Francia per un
visita?"
"Non lo so," rispose Madame Maxine. "Per me
è una sofferensa. La Franscia è un paese così bello."
"Già, bellissimo," convenne Malfoy.
"L'estate scorsa sono stato a Bordeaux con mia madre."
Madame Maxine
s'illuminò. "Sei
stato in Franscia?"
Iniziarono una conversazione animata sulla Francia. Harry
rivolse ad Hagrid un sorriso rassegnato.
Hagrid fu contento di approfittare di quel momento per una
chiacchierata confidenziale.
"Ho ricevuto una lettera da Charlie Weasley pochi
giorni fa," disse. "Norberto è il capo del branco adesso. Ha
sbudellato un altro drago per diventarci," aggiunse orgoglioso.
"Ehm... è fantastico, Hagrid."
Malfoy aveva sporto la testa verso di loro.
"Si tratta del drago che avevi il primo anno?"
indagò in tono casuale. "Era stupendo."
Harry lo fissò. "Ti... ti piacciono i draghi?"
"Oh, sì. Mio padre mi ha insegnato tutto su di loro.
Per questo mi ha chiamato Draco. Anche a lui piacevano," disse Malfoy.
"Beh, è per questo che non ti denunciai subito. Volevo guardarlo ancora un
po'. Era un Dorsorugoso di Norvegia, giusto?"
Hagrid si sciolse un altro po’. "Sì."
"Penso siano i miei preferiti," gli disse
Malfoy.
Harry si rilassò. Di cosa si era preoccupato? Dopotutto,
ad Hagrid piacevano le creature orrende.
*
"Tornate presto," disse Madame Maxine sulla
soglia, tenendo gli occhi fissi su Malfoy.
Hagrid sembrava ancora poco convinto, per la qual cosa
Harry di certo non lo biasimava, ma si schiarì la gola e concesse,
"Va bene, sì... tornate presto."
Una volta richiusa la porta, sentirono distintamente
Madame Maxine dire,
"Che ragazzo giantile."
Malfoy guardò l'uscio con aria di trionfo.
"Ripeti quelle parole a Weasley," ordinò a
Harry. "Ha. Ha. Direi che i miei modi sono stati perfetti."
"Che mi dici di quando Hagrid ti ha offerto un
biscotto fatto da lui e tu hai detto 'Vuoi forse uccidermi, amico?'"
"Lapsus momentaneo."
"Oh, capisco."
"Non che ti abbia perdonato per avermi fatto una cosa
simile," continuò Malfoy. "Innanzitutto, credo che tenere in braccio
quella bambina mi abbia reso zoppo.
Come ti sentiresti se domani ti portassi a fare una visita
di cortesia al professor Snape?"
"Non lo farai, vero?" chiese Harry inorridito.
"Certo che no. Quell'uomo mi piace, perché dovrei
infliggergli la tua presenza?" Malfoy sembrò meditare. "No, ho
qualcos'altro in mente per domani."
"Cosa?" chiese Harry in apprensione.
Malfoy sorrise beato. "Vedrai."
*
"La Foresta Proibita? Sei matto. Sei
assolutamente, completamente fuori di testa. Non posso credere di aver
accettato."
"E' il mio turno e decido io," disse ostinato
Malfoy, sorvegliando la foresta in tutta tranquillità. "E poi ho voglia di
fare quattro passi nel verde."
"Quattro passi nel verde? Malfoy, ti ricordi l'ultima
volta che siamo stati nella Foresta?"
"Beh, sì. Ma credo che di questi tempi il Signore
Oscuro non abbia voglia di passeggiare nella natura. E' un po' impegnato, se
non l'hai notato."
"Ci sono anche altre cose pericolose laggiù. E, se
ricordo bene, in situazioni di crisi tu tendi a dartela a gambe gridando come
una ragazza."
"Anziché rimanere bloccato dal terrore? Già, quella
sì che è una reazione responsabile... pensavo che fossi proprio dietro di me,
idiota. E non stavo gridando come una ragazza." Malfoy guardò la foresta
intorno a sé con aria padronale. "Era un... urlo virile."
"Come no..."
Harry sorrise, e seguì Malfoy, che gli camminava impettito
davanti. Iniziava a rendersi conto che i Serpeverde avevano strane idee sul
divertimento.
Non che quelle di Malfoy fossero state completamente
sbagliate.
Finora.
"Ti sei mai chiesto come mai abbiano fondato una
scuola accanto ad una terribile foresta oscura?" chiese Malfoy.
"Immagino che pensassero che un po' di sano terrore fortificasse il
carattere."
Harry pensò che, se le cose stavano così, il suo carattere
doveva essere davvero notevole.
A dire il vero la foresta gli apparve molto meno paurosa
rispetto a come la ricordava. La luce fioca faceva sembrare le foglie quasi
trasparenti, e gettava pallide ombre verdi sulla superficie candida dei capelli
di Malfoy.
Harry si rilassò gradualmente. "Non è poi così
male."
Malfoy s'impettì.
"Forse è solo che ho dei brutti ricordi. Quei ragni
giganti che cercarono di mangiare me e Ron..." Harry rabbrividì.
Malfoy smise di sembrare divertito. E smise anche di
camminare.
"Quei cosa?"
"Ehm, ragni giganti."
"Ma dai, stai scherzando."
Il viso di Malfoy era sempre pallido. Forse fu
l'immaginazione di Harry a farlo apparire ancora più pallido, in quel momento.
"Non stai scherzando," disse Malfoy, fissandolo.
"Pazzo! Come hai potuto lasciarmi venire qui?"
"E' stata una tua idea..."
"Ma io non sapevo di quegli aracnidi di merda
assetati di sangue!"
Malfoy si girò e cominciò a camminare in fretta.
Harry cercò di non ridere. "Cosa dicevi della paura
che fortifica il carattere?"
"Il mio carattere è già abbastanza forte,"
scattò Malfoy. "E poi..."
Si fermò ad ascoltare. Harry sentì lo scricchiolio delle
foglie dietro di loro e vide gli occhi grigi di Malfoy spalancarsi.
“Gli anni dell’ascesa
al potere di Voldemort furono segnati dalle sparizioni.”
Silente, Harry Potter e il Calice di fuoco
Things
are gonna slide
Slide in all directions
Won't be nothing you can
measure anymore
The blizzard of the world
has crossed the threshold
And it's overturned the
order of the soul
And now the wheels of
heaven stop
You feel the devil's
riding crop
Get ready for the future
It is murder
[Le cose scivoleranno / Scivoleranno in
ogni direzione / Non ci sarà più niente che potrai misurare / La bufera del
mondo ha varcato la soglia / E sovvertito l’ordine dell’anima / E adesso le
ruote del cielo si fermano / Senti il frustino del diavolo / Preparati al
futuro / E’ omicidio]
Hermione
stava cercando Harry.
Si aggirava
per il corridoio oscuro, le braccia strette attorno al corpo.
Riuscì a
tenere la mente fredda e razionale nonostante le insistenti fitte di panico nel
petto.
Harry era stato visto l’ultima volta scendere le scale della
scuola con Draco Malfoy.
Nessuno
sapeva cosa fosse successo dopo… erano passate cinque
ore, e in così tanto tempo…
Hermione
strinse forte la bacchetta, benché sapesse bene che sarebbe stata inutile, come
per tutti gli altri. Si morse il labbro e si ordinò di smettere di pensarci.
Ron stava
cercando nei sotterranei dei Serpeverde, anche se Hermione pensava che l’unico
modo in cui avrebbero mai concesso a Harry di entrare
nel loro covo sarebbe stato a fettine.
Aveva
controllato il quarto piano e stava per cercare al quinto.
Ti prego, ti prego,
fa che stia bene. Ti prego, fa che sia…
“Malfoy, esci!”
… qui.
“Harry!”
esclamò Hermione, correndo ad abbracciarlo.
Harry
ricambiò, un po’ sorpresa. Aveva un aspetto decisamente
incasinato. I capelli erano sparati in ogni direzione, il viso sporco di fango,
i vestiti strappati e pieni di fili d’erba… inoltre sorrideva, e sembrava più a
suo agio del solito.
Era… strano.
Quasi disarmante.
“Harry… che
è successo?”
“Oh, ehm.”Harry guardò in alto.“Niente di che. Malfoy e io siamo andati a fare quattro passi nella Foresta Proibita.”
“Checosa? Perché? Da dove viene tutto quel, ehm,
fango?”
“Allora,
c’era questo fosso.”
Hermione
resistette all’impulso di strapparsi i capelli con le mani.
“Harry. Che cosa è successo?”
Harry
sorrise di nuovo. “Ah. Per caso ho detto qualcosa sui ragni giganti, e qualcuno,” alzò
la voce, “ha perso il controllo quando ha sentito un rumore e mi ha trascinato
in un fosso.”
Una voce
querula e, pensò Hermione, decisamente sgradevole, gli
rispose. “Avrebbe potuto essere qualcosa di pericoloso.”
“Era un
cervo, Malfoy,” disse Harry alla porta. “Un piccolo,
indifeso, inerme cerbiatto, per l’esattezza. E ora
sono coperto di fango, ed è più di un’ora che monopolizzi il bagno. Esci.”
Hermione era
troppo… stanca per questo.
“Harry… non
potresti usare il bagno dei Grifondoro?” chiese.
“L’idiota
aveva detto che ci avrebbe messo un minuto!”
“Errore,
Potter,” giunse la voce fredda di Malfoy. “Ho detto che ci avrei messo quanto bastava per aggiustarmi i
capelli.”
“Sei lì
dentro da un’ora! E probabilmente avrai usato tutta la schiuma bianco-ghiaccio.”
“Sì, mi
piace, e con questo?”
“Lo sai che
c’è un fantasma nella scuola che ama spiare i prefetti dai rubinetti?”
“Cosa?”
Si sentì un
rapido spruzzo, come se qualcuno si fosse tuffato sotto strati protettivi di
schiuma.
Hermione
cominciava a sentirsi tagliata fuori dalla
conversazione. Era anche inorridita al pensiero che a pochi metri da lei ci fossero nudità targate Malfoy.
“Sembra che
tu sia a conoscenza di tutti i segreti sporchi della scuola, Potter,” osservò Malfoy col suo tono condiscendente. “Non è morale
per un Grifondoro.”
“E come definirebbe un Serpeverde ciò che è morale?”
Ci fu una
pausa.
“Allora,
cosa vuole Granger?”
Fu allora
che Hermione sentì svanire la preoccupazione e il sollievo, tornando col
pensiero alla sola triste ragione per cui era andata a
cercare Harry.
“Già,
Hermione, cosa…” Harry vide il suo viso e il sorriso lasciò le sue labbra.
“Hermione, cosa c’è?”
“Aspetta, se
è interessante voglio sentire anch’io,” annunciò
Malfoy. “Ora esco… ma se qualche fantasma mi spia ci saranno serie conseguenze.”
Hermione
stava per dirglielo, che il cretino fosse d’accordo o meno, ma con suo grande
stupore Harry alzò una mano. Non aveva proprio la forza per litigare.
Un attimo
dopo Draco Malfoy comparve sulla soglia, preceduto da un soffio di vapore
simile allo stendardo di un re demone in una pantomima.
Alquanto
appropriato, pensò Hermione.
Il profilo
magrolino del ragazzo divenne nitido qualche momento dopo, mentre si sfregava
vigorosamente i capelli con un asciugamano.
“Allora, Granger?” disse. “Cosa succede?”
Hermione
incrociò di nuovo le braccia, per proteggersi dallo sguardo strafottente di
Malfoy, da quello preoccupato di Harry… e dai brividi improvvisi.
“JustinFinch-Fletcheye Ernie Macmillan sono… spariti,”
disse lentamente. “Proprio come gli altri. Erano nella sala comune Tassorosso e… niente.”
Calò un
pesante silenzio.
Alla fine
Harry disse, “Non potrebbero essere… scappati?”
“Non dire
idiozie, Potter,” gli disse secco Malfoy. “Erano i
rappresentanti di Tassorosso nel Giovane Ordine. Sono
stati presi, fine del discorso.”
Hermione si
spinse i palmi delle mani sui fianchi, cercando di consolarsi, di far finta che
fosse Ron a stringerla e che fosse al sicuro. “Inoltre, il…” Deglutì. “Il
Marchio Nero è stato visto di nuovo. Su Hogwarts.”
Un altro
silenzio.
La gente
aveva gridato quelle parole fino a logorarle.
Come ci riesce?
Ma nessuno
le aveva mai pronunciate.
Se ne
stavano tutti fermi e zitti, tenuti insieme dalla desolazione, e, per quanto
Hermione disprezzasse Malfoy, sapeva che quel legame doveva rimanere. Ognuno di
loro restava a portare il peso di coloro che erano
stati presi. Ognuno di loro era la prossima potenziale vittima.
“Oh no,” disse Harry alla fine, con un tono reso mortuario
dall’atmosfera opprimente.
“Non c’è
altro da dire.”
A Hermione
parve di star osservando la scena dal di fuori, un
osservatore indifferente davanti alle azioni di tre bimbi spaventati.
Malfoy era
appoggiato alla porta mentre Harry e Hermione erano appoggiati alle pareti, pur
di non sopportare il peso di se stessi. Era un gesto familiare per Hermione,
com’era familiare ogni cosa di quella situazione.
Le ultime
sparizioni erano state più serie delle precedenti. Entrambi i
rappresentanti di Tassorosso… un quarto del Giovane
Ordine…
Siamo nel
mirino.
Hermione
resistette all’impulso di lasciarsi scivolare lungo il muro per mettersi le
braccia attorno alle ginocchia e attendere un po’ di conforto.
Invece
disse, con voce acuta per sembrare più calma, “Il professor Lupin
ha convocato una riunione del Giovane Ordine per domani. Probabilmente verrà chiesto al Giovane Consiglio di rimanere, dopo.”
Harry annuì
debolmente. Niente di più di quanto non si aspettasse.
Malfoy
rabbrividì improvvisamente. Hermione lo guardò e notò che era ancora bagnato.
La maglietta gli si era appiccicata alla pelle, i suoi capelli sembravano
lamine fradice, e il suo viso non tradiva altra causa di quel sussulto oltre al
freddo.
Quando
tornò a guardare Harry, vide la sua espressione cambiare dal disagio alla…
preoccupazione. Porca miseria. Preoccupazione per Malfoy? Quest’amicizia
si stava spingendo decisamente troppo oltre.
“Meglio che
torni dai miei,” disse Malfoy, col tono soffuso che
stavano usando tutti e tre. Hermione notò con una lieve punta
di disprezzo il disinvolto accento possessivo delle sue parole.
“Saranno in
pensiero.”
Non riusciva
proprio ad immaginare i Serpeverde in pensiero per qualcosa.
“Sì, certo,” replicò in fretta Harry. Ora suonava inequivocabilmente
preoccupato. “Sei sicuro di voler andare da solo laggiù…”
Sembrava
guardare il collo di Malfoy, dove un’altra gocciolina scivolava lungo la curva
pallida. Non era la prima volta per Hermione, ovviamente…
davanti alle tragedie si guarda ovunque tranne che negli occhi degli
altri.
Malfoy
storse le sopracciglia.
“Se il Signore Oscuro mi piomba addosso da dietro un angolo griderò
come una femminuccia, così potrai correre a salvarmi. Per favore, Potter!”
Harry rise
piano, quasi con riluttanza, e s’incamminò con Hermione, piuttosto addolorata.
Tutta quell’ansia era dovuta al fatto
che Harry era scomparso con una persona pericolosa come Malfoy, e di Malfoy non
ci si poteva fidare in situazioni di crisi…anzi, di lui non ci si poteva fidare
mai…
Avrebbe potuto succedergli qualcosa, ma era un’eventualità troppo terrificante da
contemplare. Erano sparite così tante persone… ma non Harry.
Ti prego, fa
che non succeda ad Harry.
Ron accolse
lei con un bacio e Harry con un abbraccio… e di solito non era così espansivo,
rifletté Hermione.
Lo strinse
forte e cercò di non pensare a cosa fosse successo, né
a ciò che avrebbe potuto succedere. Guardò oltre le sue spalle per agganciarsi
allo sguardo di Harry e condividere un conforto silenzioso.
Ma Harry
guardava altrove, chiaramente assorto in altri pensieri.
*
GinnyWeasley era seduta alla riunione del Giovane Ordine della
Fenice lasciando passare i minuti e cercando di non fissare Harry.
Passava la
maggior parte delle riunioni a far quello, cullata dalla consapevolezza che lui
o pendeva dalle labbra del professor Lupin oppure era
sovrappensiero.
Ovviamente
passava la maggior parte del tempo a fissarlo anche durante le partite di Quidditch, a tavola, camminando nei corridoi…
Sapeva di essere ridicola. Le cotte di solito non duravano sette
anni.
Le cotte non
duravano tutta una vita, e non cominciavano a quattro anni insieme a pane e
latte. Quale bambina avrebbe potuto ascoltare la favola del Principe Azzurro
senza desiderare di infilarsi le scarpette di cristallo di
Cenerentola?
Quale
bambina avrebbe potuto sentire di un eroe dai capelli scuri che aveva salvato
il mondo, che era stato imprigionato come una
principessa nella sua torre tra i Babbani, senza
desiderare di raggiungerlo?
Ginny era
convinta che ogni ragazza della sua età almeno una volta avesse fantasticato
sull’essere la Ragazza Amata
Dal Ragazzo Che Era Sopravvissuto.
Solo che non tutti i fratelli di quelle ragazze erano amici di Harry
Potter. Non tutte
le loro madri l’avevano praticamente adottato.
Non tutte le
ragazze erano state salvate da Harry Potter quando
erano ancora delle povere, tremanti allieve del primo anno. Non tutte si erano
accorte che era davvero come lo descriveva la propaganda: coraggioso, nobile e
sincero.
Un ragazzo
così s’incontrava solo una volta nella vita.
Ginny
aveva provato a smettere di fare
quelle figure. Aveva scambiato qualche primo bacio impacciato con ColinCanon. Era anche uscita per
un po’ con DeanThomas, un
ragazzo artistico e introspettivo a cui aveva voluto bene, davvero bene, ma… non era durata.
Era giunta alla conclusione che, col tempo, la cotta era diventata
dura come il diamante, e nessuno sarebbe mai stato abbastanza degno da
fargliela passare.
Dopo averlo
venerato come un eroe, dopo gli sciocchi biglietti di San Valentino, quel
desiderio intenso resisteva caparbio, e lei aveva
deciso di aspettare serenamente.
Sarebbe
arrivata un’occasione, solo una. L’anno prima l’aveva baciata un paio di volte,
baci soffici e sperimentali che le avevano fatto battere il
cuore piena di speranza. Non si era spinto oltre, cosa che comprendeva,
certo che lo comprendeva, era stato ferito e
disprezzato per tutta la vita, come faceva a capire che lei lo amava?
Non c’erano
mai state voci su di lui con altre ragazze, e di questo Ginny
era profondamente grata. Il bacio a ChoChang era stato un incidente isolato.
Un giorno,
forse, Harry avrebbe cercato Ginny di nuovo. E in quel caso lei l’avrebbe aspettato.
Ginny
sorvegliò Harry con timida felicità. Ultimamente aveva un
aspetto migliore, pensò, meno triste. Si vestiva con più cura e rideva
più spesso. Di certo il Torneo Tremaghi era stato un toccasana.
Persino quest’idea assurda dell’amicizia con Malfoy la faceva
sorridere con indulgenza. Era proprio da Harry cercare di recuperare le
persone, anche i Serpeverde odiosi come Malfoy. Se lui poteva
distrarre Harry, e soprattutto tenerlo occupato nel tempo in cui avrebbe potuto
cercarsi una ragazza, Ginny era decisamente a favore.
E comunque, presto Harry si sarebbe stufato di lui.
Forse
addirittura oggi. Prima o poi Malfoy avrebbe dato
fiato ai suoi disgustosi pregiudizi, come al solito.
Ginny guardò
storto Malfoy, la cui testa era china su un pezzo di
pergamena. Persino la mano che impugnava la piuma dall’aria costosa
sembrava costosa, tutta ossa sottili e pelle candida. Era una creatura così
viziata e detestabile.
Sentì quel brivido da ragazzina – Oh, Harry è meraviglioso! – al pensiero
dell’ultima incivile sparata di Malfoy sui Mezzosangue.
Harry, che
se ne stava seduto con quell’aria malinconica e
assente che le spezzava il cuore, aveva sollevato lo sguardo e il verde dei
suoi occhi si era infiammato.
Il suo eroe
impavido.
Ginny se
lo ricordava perfettamente.
“Dillo di
nuovo, Malfoy. Ti sfido,” aveva detto.
Malfoy, con
quel tono gelido e strascicato, l’aveva detto di nuovo.
Harry e
Malfoy si erano alzati e sporti sul tavolo, gettandosi parole di odio, arrivando praticamente a toccarsi coi nasi.
“Avanti,
Potter,” l’aveva provocato Malfoy. “E’ il momento
migliore per una lite, davanti a tutti i Weasley che
ti ammirano.”
Aveva
sorriso a Ginny, che si era sentita gelare.
Harry aveva
afferrato il davanti della veste di Malfoy, apparentemente ad un passo dal
saltare sul tavolo e fare una sciocchezza.
“Li devi
lasciar stare!”
Ginny
aveva brillato per l’adorazione.
Chissà cosa
sarebbe successo, se il professor Lupin non avesse
pacatamente sciolto la riunione.
Ginny notò
che anche Harry stava guardando Malfoy.
Bene.
Avrebbe tenuto d’occhio quel Serpeverde.
*
Harry si
chiedeva se si potesse diventare schizofrenici per qualcun altro.
Aveva la
netta impressione che ci fossero due Malfoy in giro
per Hogwarts, quando uno era già sufficiente per la
sanità mentale di chiunque.
I due Malfoy
erano alquanto somiglianti tra loro, ma solo un idiota li avrebbe
confusi. Entrambi facevano quel sorrisetto sarcastico, e dispensavano commenti acidi come se
stessero per passare di moda. Entrambi avevano una
dubbia morale.
Ma uno dei
Malfoy rideva molto più spensieratamente, e aveva idee che erano più divertenti
che crudeli. Uno dei Malfoy, a prescindere dalle sue opinioni sui Babbani, evitava di usare le temute parole con la S e con la
M. All’altro Malfoy non importava un cazzo di ciò che diceva.
Un Malfoy
era in grado di parlare senza malizia. Il vento soffiava costantemente tra le
sue ciocche d’argento, dandogli un aspetto leggermente più morbido dell’altro
Malfoy.
Il secondo
Malfoy gli era seduto davanti adesso, e prendeva strani appunti su un pezzo di
pergamena. I suoi capelli erano immacolati, alcune punte curate di seta bionda
dietro le orecchie, e non alzava lo sguardo dalla pergamena che quando Pansy o Blaise gli rivolgevano la
parola.
Harry stava
tentando di attirare la sua attenzione discretamente, per nessuna ragione in
particolare. Forse voleva solo una qualche conferma che si sarebbe comportato
bene.
Non aveva
intenzione di litigare con lui, quel giorno.
Alla fine
abbandonò la strada indiretta e rilasciò un suono che era metà colpo di tosse e
metà “Malfoy!”
Malfoy alzò
gli occhi, sorridendo leggermente.
“O Potter, genio della sottigliezza.”
E nonostante
gli sguardi assassini dei Serpeverde si volsero tutti
verso di lui, Harry si sentì un po’ rassicurato. Avrebbe detto altro, ma in
quel momento entrò il professor Lupin.
*
Era dal
terzo anno che a Harry piaceva il professor Lupin.
Adesso i
suoi sentimenti andavano oltre. Lo venerava.
All’inizio
del quinto anno, Hogwarts era in subbuglio. Durante
l’estate tutti avevano capito che Voldemort era davvero tornato. La gente aveva
iniziato a svanire.
L’intero
mondo magico era stato immerso all’improvviso nella guerra.
Ma i
bambini non potevano combattere in guerra. L’unica cosa che potevano fare era
andare a Hogwarts, e attendere impauriti la notizia
del Marchio avvistato sulle loro case, e l’orrore finale.
Lupin
aveva preso quei ragazzi terrorizzati e aveva formato il Giovane Ordine della
Fenice. Grifondoro, Tassorosso
e Corvonero si erano accalcati alle riunioni,
approfittando dell’occasione per discutere… per sentire di poter contribuire
alla causa e imparare qualcosa.
I Serpeverde
non si erano neanche avvicinati.
Fino a
quando Lucius Malfoy era morto, durante le vacanze di
Natale, e Draco Malfoy si era presentato alla riunione successiva con il viso
sbiancato e i suoi amici Serpeverde alle spalle.
Harry era
stato sopraffatto dal fastidio per quell’intrusione. Lupin li aveva accolti serenamente, e per gestire il numero
più elevato di membri aveva formato il Giovane Consiglio, con due
rappresentanti selezionati da ciascuna casa, per le emergenze.
Molti non
avevano preso il Giovane Ordine seriamente fino all’anno
successivo, quando i ragazzi che avevano finito il settimo anno avevano messo a
frutto ciò che Lupin aveva loro insegnato per
diventare soldati formidabili in guerra.
Ora tutti
sapevano che il Giovane Ordine era essenziale. Se si
era contro Voldemort, se si voleva avere una chance di sopravvivenza, si
dovevano imparare le tattiche e la realtà della guerra attorno al tavolo
capeggiato da Lupin.
Il professor
Lupin, sempre così modesto e tuttavia
indiscutibilmente autorevole. Più affidabile dell’impulsivo,
volubile Sirius, più disponibile dell’ultra-impegnato
Silente. Era diventato quasi un padre per coloro i cui parenti erano…
scomparsi. E la sua presenza serena aveva molto a che
fare, sospettava Harry, con il gran numero di ragazzi rimasti a Hogwarts. Quando anche Hogwarts aveva iniziato a soffrire delle perdite, c’era
stato panico generale.
Lupin era
rimasto calmo, li aveva fatti sentire al sicuro, aveva parlato con loro.
Si era
guadagnato l’affetto della maggior parte dei suoi allievi, e persino il
rispetto dei Serpeverde. Harry sapeva che quelli del settimo anno che erano sul
punto di lasciare Hogwarts sarebbero andati a
combattere portandosi dietro quegli occhi grigi risoluti, simbolo di speranza,
e si sarebbero affidati ai suoi insegnamenti.
Era tutto
merito suo, di quel professore brizzolato e malvestito che era stato un reietto
per la maggior parte della sua vita.
Harry
nutriva grande rispetto per lui. Vedeva l’adorazione
negli occhi di molti studenti quando ristabiliva l’ordine
durante le riunioni.
Ed era per
quel motivo che le sparate di Malfoy agli incontri del Giovane Ordine gli
avevano sempre dato tanto fastidio, e che adesso temeva ne arrivasse
un’altra.
Se Malfoy
avesse insultato Lupin…
Il professor
Lupin si schiarì la voce.
“Sappiamo
tutti che è avvenuta un’altra sparizione,” disse con
la sua voce quieta. “Non avrebbe senso dirvi di non avere paura o di non essere
tristi. Ma non lasciate che la paura e il dolore vi
sovrastino. Quelli che sono rimasti hanno ancora un incarico importante
da portare a termine. La casa dei Tassorosso ha la
mia più profonda compassione, nonché la mia
ammirazione per aver prontamente nominato HannahAbbott e Susan Bones come
rappresentati per il Giovane Ordine.”
Tutti
applaudirono, e attorno al tavolo si levò un mormorio di approvazione.
Harry guardò
Malfoy applaudire in modo deciso, proprio come faceva quando
salutava i nuovi Serpeverde all’inizio di ogni anno.
Gli parve
strano conoscere il modo in cui Malfoy applaudiva. Ancora più strano era che
era il loro ultimo anno, e che non l’avrebbe mai più visto applaudire i nuovi
Serpeverde.
Lupin
stava ancora parlando.
“… sono
certo che gli altri Giovani Consiglieri faranno del loro meglio per aiutarle.
Passando ad altro, vorrei lodare il signor Malfoy e il signor Boot per il loro eccellente piano di attacco
a Casa Riddle. Penso che agendo come da loro
suggerito ci sarebbero state molte meno vittime,
l’anno scorso.
TerryBoot arrossì compiaciuto. Malfoy inclinò il capo,
accettando l’applauso educatamente.
Insopportabile idiota, pensò Harry con un sorriso. E così stava lavorando su qualcosa con un Corvonero. Saranno amici?
Guardò Terry rivolgere uno sguardo esitante a Malfoy dall’altra
parte del tavolo, ma non riuscì a capire se fosse amichevole o meno. Malfoy era
troppo impegnato a fare gli occhi dolci alla bella
Susan Bones.
Era risaputo
che Malfoy non aveva tempo da perdere con i Tassorosso,
e infatti stava completamente ignorando la timida Hannah. Ma Malfoy faceva sempre
eccezioni per la gente carina.
“Abbiamo due
mozioni da mettere ai voti, una pratica e l’altra teorica.”
Harry notò
che Malfoy quasi imitò il sorriso tranquillo di Lupin.
“Prima di tutto la questione della protezione, che include le
esercitazioni. Come sappiamo tutti, non c’è nessuna casa che non abbia sofferto una sparizione. Bisogna prendere delle misure
per proteggere gli studenti. Da adesso in poi, come previsto dall’eccellente
piano della signorina Granger, i professori
accompagneranno tutti gli studenti del primo e del secondo anno a lezione.”
Siamo troppo disperatamente a corto
di personale per vegliare sulle classi più grandi, come sapete bene.
Quella parte
del discorso restò taciuta.
“Agli altri
studenti verrà chiesto di non andare da nessuna parte
da soli. Inoltre, ogni venerdì dopo il Club dei Duellanti faremo delle
esercitazioni in caso di attacco su larga scala a Hogwarts. Voglio vedere quanto rapidamente i nostri Giovani
Consiglieri, assistiti dai prefetti, riescono a portare tutti gli studenti giù
nella Sala Grande e a porsi in posizione difensiva alle entrate.”
Ci furono
assensi solenni in tutta la stanza. L’Ordine votò a favore all’unanimità, anche
se Harry vide i Serpeverde guardare Malfoy prima di votare.
“E ora veniamo al voto teorico.”
Gli sguardi
si concentrarono su Lupin da ogni parte del tavolo.
Negli ultimi tempi i voti teorici erano presi molto seriamente, perché tutti
sapevano che, una volta usciti da scuola, quegli
argomenti sarebbero divenuti realtà.
“Siete o no
d’accordo con lo svelare segreti della Medimagia che potrebbero salvare la vita dei Babbani?”
“Assolutamente
no.”
Quella voce
limpida e fredda risuonò nella stanza.
“Mi rendo
conto di quanto sia diverso il tuo
punto di vista,” disse seccamente Hermione. “Non
t’importa se i Babbani sono vivi o morti.”
“Anche il
tuo punto di vista è diverso,” ribatté Draco.
“T’importa solo dei tuoi genitori babbani, sporca Mezzosangue.”
Un borbottio
arrabbiato si sollevò attorno al tavolo.
Malfoy aveva
usato quelle parole parecchie volte durante le riunioni, ma raramente
rivolgendosi ad uno dei presenti. Specialmente a Hermione Granger, la
Consigliera più rispettata.
Il viso di
Ron diventò rosso fuoco e Hermione strinse i pugni. I richiami di Lupin si persero tra le voci sempre più alte.
Harry sentì
il proprio petto appesantirsi, mentre l’indignazione e la delusione si unirono
in un’unica emozione che gli bruciava tra le costole e gli annebbiava la vista.
Vide Malfoy
sfocato, il viso pallido fiero e assolutamente privo
di rimorso. Il suo sguardo incrociò gelidamente quello di Harry, come se
fossero estranei.
“Malfoy.”
Harry udì quasi con sorpresa la propria voce insinuarsi come una lama tra le
emozioni annebbiate. “Fuori. Adesso.”
Malfoy
storse le labbra.
“Perché
diavolo dovrei uscire, Potter? Hai in mente una
piccola rissa lontano dal professore?”
“Harry,
siediti,” disse Lupin con
calma, ma ormai non gli interessava più.
“Ho in mente
di farti uscire così che non siano tutti costretti a
sentire i tuoi commenti nauseanti. E ho in mente di parlare di quella tua
boccaccia sporca.”
Malfoy
incrociò le braccia sul petto. Fu solo allora, quando notò di star guardando
Malfoy dall’alto, che Harry si rese conto di essersi alzato in piedi.
“Quel genere
di discorso potrebbe portare alle mani,” lo informò
Malfoy con quel suo tono lento e derisorio.
“Non m’importa,” disse Harry. “Esci e parliamo. Poi, se vuoi, possiamo
venire alle mani.”
Malfoy
sorrise all’improvviso, quel sorriso pigro e sdegnoso, e si alzò per guardare
Harry dritto negli occhi.
“Bene,
Potter,” strascicò, “per te è sempre il giorno giusto
per finire a terra.”
Harry corse
verso la porta, conscio del proprio viso infuriato.
“Vieni
fuori. Così vediamo chi finisce a terra.”
GinnyWeasley era appoggiata al tavolo, gli occhi spalancati.
Harry sperò che la poverina non si fosse spaventata troppo.
Malfoy non
si mosse. Sembrava stesse riflettendo.
Harry
incrociò quello sguardo freddo di nuovo, con chiaro intento di sfida.
Malfoy uscì,
oltrepassando Harry e lasciandolo a chiudere la porta davanti agli sguardi
increduli del Giovane Ordine.
Mentre lo
fece, sentì Hermione dire:
“Non
dovremmo fermarli, professore?”
“Hermione,” disse il professor Lupin, “se
dovessimo sospendere le riunioni ad ogni litigata tra Harry e Draco Malfoy, non
ne finiremmo mai una.”
Harry chiuse
la porta, e si voltò per affrontare Malfoy.
Era
appoggiato al muro, la testa inclinata all’indietro per donare a Harry il
beneficio di un’analisi approfondita e agghiacciante.
“Allora,
Potter? Non vedo l’ora di sapere cos’hai da dire… prima ti muovi, prima potrò
darti quello che chiedi da anni.”
*
“Voglio
sapere cosa diavolo pensavi di fare là dentro! Non ti
rendi conto dell’immagine di te che dai agli altri? Non t’importa cosa penso io?”
“Quando
vorrò la tua opinione, Potter, ti darò prima la mia,”
disse piano Malfoy.
Harry lo
sbatté contro il muro.
“Toglimi le
mani di dosso!” ordinò Malfoy, con gli occhi che mandavano fulmini.
“No!” disse
Harry, soffocato dall’ira.
Malfoy alzò
il mento, assumendo l’esatto aspetto dell’aristocratico furioso.
“Posso dire
tutto ciò che penso.”
“Sì, ma tu
sei intelligente.” Harry non si era accorto di pensarlo finché non l’aveva
detto. “Non puoi credere sul serio a tutta quella merda
razzista.”
“Di certo
non credo nella mozione bigotta di Lupin.”
La voce di
Malfoy era come ghiaccio. Il suo tono arrogante non
faceva che alimentare l’ira di Harry.
Era così
arrabbiato che non riusciva a scandire le parole. “Non… non credi che sarebbe
bello aiutare la gente a sopravvivere?”
“Preferirei
sopravvivere io. Non capisci che rivelare a medici e pazienti i segreti della
magia sarebbe l’ennesimo modo per far sapere ai Babbani dell’esistenza del mondo magico? Smetti per un
attimo di essere lo studente modello di Lupin e
pensa!”
“E’ di vite
umane che stiamo parlando!”
“Sì.” La
voce di Malfoy era piatta. “O noi o loro. Proprio come
sempre. Credi davvero a tutte quelle storie sull’Epoca dei Roghi? Quegli
aneddoti simpatici su Guendalina la
Guercia a cui le fiamme facevano il solletico? Credi sia tutto lì? Quelli furono tempi di terrore. I Babbani impararono in fretta che davanti ad un mago l’unica
cosa da fare era prendergli la bacchetta. Una volta presa quella potevano bruciarti, affogarti o spezzarti tutte le ossa del
corpo e gettare il tuo corpo tra i raggi di una ruota. Era questo che facevano,
ed è questo che farebbero oggi. Siamo in guerra, è il
momento di aprire gli occhi, e non m’importa se le redini sono nelle mani dei filo-Babbani, non è prudente rivelare i nostri segreti!”
La sua voce
si era fatta pian piano più appassionata. Ora gli brillavano gli occhi, e
avanzò di un passo verso Harry.
Harry fece
un passo indietro, spaventato dalla forza delle sue parole.
“Non c’era
bisogno di dire quella cazzata sui Mezzosangue,” rispose a voce bassa.
Malfoy tornò ad appoggiarsi al muro, la sua voce di nuovo fredda.
“Non mi fido
di quel tipo di persona,” rispose. “Ognuna di loro
aumenta le possibilità che i Babbanisappiano di noi e ci attacchino. Non sai quanto odio può far
scaturire una persona con poteri magici in una famiglia?”
Io ero l’unica che la vedeva per ciò
che era… un mostro!
Le parole di
Petunia Dursley gli esplosero in un angolo della
mente.
“Prendi Tu-Sai-Chi,” disse Malfoy. “Suo
padre era un Babbano. Mio padre mi ha detto che quelle persone sono instabili… beh, che altra
prova ti serve? La magia fa incazzare i Babbani. Dovremmo tenerci alla larga da loro.”
“Allora
perché non rifiuti di lavorare con Hermione?”
“Sono contro
Tu-Sai-Chi. Lei si è già
integrata nel mondo magico. Abbiamo bisogno di ogni
alleato… ma questo non significa che la cosa mi debba piacere.”
“Noi
combattiamo una guerra contro l’intolleranza!”
“Io no.”
“Allora…
perché?”
Malfoy
chiuse gli occhi, una mossa che spinse Harry a fissarlo. Sembrava stranamente
vulnerabile.
“Non mi
piacciono i Babbani,” disse.
“Non vuol dire che voglia vederli sterminati. Ma la
ragione principale per cui sono in questa guerra è… la
vendetta.” Un timido sorriso aleggiò sulle sua labbra.
“E’ così sbagliato?”
Harry non si
sarebbe nemmeno sognato di poter restare senza parole.
Aveva
previsto cattiveria, non le argomentazioni ragionate di chi aveva
pensato a lungo alla questione. Di certo non aveva previsto una
giustificazione, per quanto piccola, delle ragioni di Malfoy.
Il
suggerimento di Lupin era sembrato così buono e
ragionevole. Harry non aveva pensato affatto alle
conseguenze.
Ma adesso…
Ripensò alle parole di Hagrid, quando aveva undici
anni.
Nah. E’ meglio che non ci immischiamo.
L’immagine
delle ossa dei maghi che venivano spezzate… l’amarezza
dietro le parole di Malfoy e la comprensione della paura nascosta dietro l’odio
delle famiglie purosangue, quella storia oscura tramandata per generazioni.
Harry non
condivideva, ma gli sarebbe stato molto difficile
replicare.
Si accorse
che… rispettava il punto di vista di Malfoy, il che forse era la cosa più
inaspettata di tutte.
Si aggrappò
all’unica certezza che gli restava.
“E’ una
brava ragazza,” insisté. “Non hai il diritto di
lanciarle queste offese da stronzo.”
“E’ stata
lei a cominciare,” si giustificò Malfoy.
Harry si
appoggiò al muro accanto a Malfoy, toccandogli le spalle.
Improvvisamente
era del tutto privo di rancore.
“Non fingere
che sia la prima volta.”
“Ha
cominciato lei anche la prima volta,” disse cupo
Malfoy. “Dicendo che la mia entrata in squadra era
stata comprata.”
“E non era
vero?” chiese Harry, più con curiosità che in tono di accusa.
“No,
assolutamente no, Potter! Ho partecipato ad un normalissimo provino con TerenceHiggs. Una
volta ottenuto il posto, mio padre ha comprato le scope. Lui non dava ricompense prima che si fosse dimostrato di meritarle.”
“Senti…”
Harry decise di sorvolare completamente sulla questione Lucius
Malfoy. “Sai cosa significa quella parola per tutti quelli che sono lì dentro.
E’ il modo in cui parlano i Mangiamorte, ed è una parole disgustosa da usare con persone che sono davvero
civili e gentili. Non è giusto usarla solo per farla incazzare.
E’ meschino, infantile e crudele.”
“La crudeltà
è sottovalutata, sai.”
Harry lo
guardò alzare le spalle e sorridere. Il fiero scatto di
rabbia che gli aveva fatto sbattere Malfoy contro il muro e gridare era
scomparso.
Era così
bizzarro che Malfoy potesse farlo incazzare e al
contempo riuscisse a calmarlo in così poco tempo.
“Dai,
Malfoy.”
Malfoy alzò
le spalle goffamente e guardò altrove.
“Supponiamo
che ammettessi che hai ragione. Tu faresti
lo stesso?” chiese infine.
“Che vuoi dire?”
Harry era
incuriosito. Una sensazione ormai neanche più strana
quando stava con Malfoy.
“Voglio
dire… che penserò a quello che hai detto. E tu dovresti pensare a ciò che ho
detto io.”
“Solo
pensarci?”
“Certo.
Mercanteggiare è una cosa indegna per l’onore dei Malfoy.”Sorrise all’improvviso, quel sorrisetto
birichino ma meno malizioso de solito, e a cui Harry si stava abituando.
“La corruzione, invece, è tutt’altra cosa.”
Harry meditò
e infine ricambiò il sorriso.
“Va bene,
allora. E’ un… patto.”
Mentre
tornavano in silenzio ma di comune accordo nella
stanza della riunione, Harry aggiunse:
“Lo sai,
vero, che ti picchio se chiami ancora così Hermione.”
Malfoy alzò
un sopracciglio. “Non vedo l’ora di metterti al tappeto.”
Il Giovane
Ordine rimase stupefatto quando Malfoy e Harry tornarono, entrambi
apparentemente illesi e di buon umore.
Hermione
dette una gomitata sospettosa a Harry, evidentemente per controllare che non ci
fossero danni interni.
Harry sorrise guardando PansyParkinson fare la stessa cosa dall’altra parte del tavolo.
Malfoy lo
guardò, e si scambiarono un sorrisino malinconico.
GinnyWeasley guardò storto Malfoy, quasi convinta che avesse usato
una rapida Maledizione Imperius.
“Possiamo
votare adesso?” chiese il professor Lupin in tono
secco, scegliendo di chiudere un occhio sull’intera faccenda.
Harry ci
pensò su. Malfoy in effetti aveva delle ragioni valide
circa la mozione…
Votò contro.
Ora quasi
tutti nella stanza sembravano essere convinti che Malfoy avesse usato un rapido
Imperius.
“La mozione
non passa per un voto,” osservò Lupin
in tono neutrale.
“Fortuna
sfacciata,” disse Malfoy a Hermione gongolando… e
l’intera stanza sussultò per l’apprensione appena aprì le labbra per aggiungere
un’altra parola.
Ciò che
disse, guardingo, fu “Granger.”
A quel punto
tutti assunsero espressioni sconcertate. Molti tirarono un sospiro di sollievo quandoLupin dichiarò sciolta
la riunione, e mentre il Giovane Ordine si defilava le voci già iniziavano a
levarsi dietro la porta.
*
Il Giovane
Consiglio restò per sentire le ultime parole di Lupin.
“Giovani
Consiglieri,” disse, con voce più seria ora che gli
ultimi membri dell’Ordine erano usciti, “Sappiamo tutti quanto siano oscuri
questi tempi. In un certo senso voi siete responsabili per i vostri amici
studenti, senza però aver modo di proteggerli completamente. Questo non è il
momento di lasciarsi dividere dalla rivalità tra case o dai dissapori
personali. Assegno a voi tutti l’incarico delle
esercitazioni pratiche. Voglio vedervi lavorare con amichevole cooperazione.”
Harry guardò
attorno al tavolo mentreLupin
parlava.
Gli occhi
scuri e intelligenti di Hermione brillavano accanto a lui. Il viso tondo e
impaurito di HannahAbbott
e la bocca tremante di Susan cercavano di prendere coraggio. TerryBoot e PadmaPatil sembravano ansiosi. Il viso scuro e sveglio di
Blaise Zabini, per una volta, era serio.
Tutti erano
uniti da una sensazione di impellente gravità. Tutti,
in quel momento, sembravano degni di fiducia.
Malfoy aveva
fatto indietro la propria sedia e sorrideva in modo dissoluto e distintamente
beffardo. Aveva un aspetto brillante, disinvolto e stranamente maligno.
Harry
condivise quel sorriso, solo un po’, come una promessa segreta.
Penserò a ciò che hai detto. E tu dovresti pensare a ciò che ho detto io.
Ok. Harry
ci stava pensando.
“Cercate
solo di essere amici,” li sollecitò Lupin.
“Ci proverò,” disse all’improvviso una voce allegra. Harry fu sorpreso
dal realizzare che si trattava della sua.
Malfoy
sbadigliò e si stiracchiò. “Oh, perché no?”
Tell me your secrets, all your
hopes and wishes too
I want to know everything
there is to know about you
[Le
cose serie, e quelle leggere / Ti guardo negli occhi ed è solo l’inizio / Dimmi
i tuoi segreti, le tue speranze e i desideri / Voglio sapere tutto ciò che c’è
da sapere di te]
Harry Potter aveva guardato
Draco Malfoy per anni.
Ovviamente non se n’era mai
accorto prima d’ora, ma comunque. Ricordava quando durante il quarto anno
ispezionava il tavolo dei Corvonero in cerca del viso di Cho, ma quella cotta
si era dimostrata molto più effimera del suo odio per Malfoy. Non aveva mai
iniziato un anno senza cercare Malfoy tra la folla sul treno e tra i Serpeverde
a tavola. Non riusciva a rilassarsi, se prima non rintracciava la familiare e
odiata testa bionda: solo allora, localizzato il nemico, poteva sedersi,
stringere gli occhi e squadrarlo per un minuto.
Non se n’era mai reso conto
prima. Ora che stava sperimentando questo nuovo concetto di amicizia, si
rendeva conto di sapere molto più di quanto pensasse sulla vita quotidiana di
Draco Malfoy. Era incredibile quante cose fossero entrate nel suo campo visivo
da quando aveva smesso di stringere gli occhi stizzito.
Lo schema della giornata di
Malfoy sembrava non essere per niente schematico. A volte arrivava a colazione
ad un orario rispettabile, sebbene sempre con aria seccata. A volte Pansy e
Blaise Zabini dovevano trascinarlo nella sala, cercando di farlo mangiare con
la forza mentre lui si lagnava chiedendo del caffé. Il più delle volte a
colazione non si faceva vedere affatto. Non era una persona mattiniera, e
saltava decisamente troppi pasti.
Ma Harry era riuscito a
distinguere un certo schema. Lo aveva creato lui, uno schema. Ogni mattina in
cui Draco si faceva vedere, Harry passava davanti al tavolo dei Serpeverde e
diceva buongiorno.
E Malfoy ricambiava sempre,
anche se non sembrava mai aver voglia di salutarlo per primo.
E ogni venerdì Malfoy
arrivava un po’ in ritardo a colazione, ma con gli occhi che gli brillavano e
un’allegria celata a stento, e parlava quasi incessantemente, rimpinzandosi in
modo osceno.
Harry non aveva mai capito
perché, finché le indagini di Hermione non gli avevano fatto scoprire che Magia
Creativa era la prima lezione del venerdì mattina.
Ogni volta che Malfoy
riceveva un pacco di dolci da casa, aveva uno schema di comportamento molto
rigido. Apriva i pacchetti squisitamente incartati con cura, lentamente,
lanciando occhiate gongolanti a quei bavosi di Tiger e Goyle. Poi, con
ostentazione, disponeva tutti quei dolcetti costosi in un piatto.
Fatto ciò, reclinava il
capo all’indietro e scrutava l'intero tavolo dei Serpeverde, assicurandosi di
avere l’attenzione di tutti. Era sempre il solito principino arrogante e
capriccioso, che dispensava dolci a chi era degno abbastanza con cautela e
malizia.
Ogni volta che si accorgeva
che c’era qualcuno interessato ad un dolce in particolare, se lo mangiava con
la faccia di bronzo. A Harry non piaceva assistere ad un simile spettacolo, ma
non poteva fare a meno di guardare… e sorridere.
E lo infastidiva, un pochino,
vedere rompersi lo schema che si era stabilito in quelle poche settimane di
amicizia.
Un giovedì mattina arrivò
un pacchetto. Il gufo col pedigree di Malfoy planò sul tavolo dei Serpeverde
con la stessa grazia pigra del suo proprietario, dichiarando con ogni battito
d’ala che non era stato generato per muoversi in modo rozzo, e grazie tante.
Harry lo vide prima di lui
ma, una volta atterrato, Malfoy alzò lo sguardo senza alcuna sorpresa. Quando
scorse la lettera, però, esitò.
A Harry venne in mente che
Malfoy non riceveva mai lettere. C’erano quei pacchi di dolci che arrivavano
con regolarità, e anche alcuni regali costosi e sfiziosi, ma non ricordava di
averlo mai visto ricevere lettere.
Eppure ora c’era una
lettera, e se la stava rigirando in mano, il viso privo della benchè minima
traccia di emozioni, come se non avesse ancora deciso quale fosse opportuno
mostrare. Gettò il pacco sul grembo di Pansy, con indifferenza, con
preoccupazione e… sì, quella era una cosa molto strana.
Sembrò esser giunto ad una
decisione. Si alzò lentamente, e a quel punto qualche emozione gli passò
rapidamente sul volto, tra cui apprensione e circospezione. Harry continuò a
guardarlo mentre fece lo slalom tra i tavoli, per arrivare all’uscita. Si
chiese se fosse il caso di preoccuparsi.
Allora gli occhi di Malfoy
cercarono i suoi. Gli volse un fulmineo sorriso radioso.
“Buongiorno.”
Di certo tutta questa
faccenda dell’amicizia con Malfoy gli aveva insegnato una cosa, e cioè che ogni
tanto andava bene rompere gli schemi.
*
Nonostante la
rassicurazione seguita al saluto di Malfoy, Harry continuò a pensare
all’espressione scioccata sul suo viso, ai movimenti sconnessi quando aveva
preso la lettera.
Così inventò una scusa per
Hermione e Ron, e seguì Malfoy nell’aula di Pozioni. Entrambi avevano Pozioni
alla prima ora, il giovedì.
Lo trovò nell’aula vuota.
Era seduto su un banco, la schiena appoggiata al muro e le ginocchia piegate
verso il petto. Aveva la testa inclinata, e sembrava assorto nei suoi pensieri.
Malfoy alzò gli occhi
quando Harry entrò, spalancandoli per la sorpresa.
Per il resto, il suo viso
restò immobile.
“Potter,” disse.
“Malfoy,” rispose Harry.
“Sono… venuto a vedere se va tutto bene.”
“Preoccupato? Molto
pastore-Grifondoro da parte tua." Non c'era risentimento nel tono di
Malfoy, ma sembrava che non ci fosse nemmeno alcun desiderio di raccontare le
sue pene.
Harry vide la lettera
accartocciata nella sua mano.
"Spero che arrivi il
professor Snape," disse all'improvviso Malfoy.
Snape non c'era. Affatto.
Certo, tutti sapevano cosa stava facendo (laspia) e, ogni volta
che partiva in missione, sapevano che c'era una possibilità che non tornasse.
Pensare che sarebbe venuto
un giorno in cui Lupin avrebbe occupato la cattedra di Pozioni al suo posto, e
che a Harry sarebbe dispiaciuto!
"Pensavo ti piacesse
il professor Lupin."
"Non mi
dispiace," rispose Malfoy. "Ma preferisco il professor Snape."
Era vero, ovviamente.
Malfoy era sempre un po' teso quando Snape era via. Apprezzare Snape con tanto
ardore... Harry non capiva come fosse possibile.
In qualche modo quel breve
dialogo sembrò rilassare un po' Malfoy. Si sporse in avanti, il petto premuto
sulle ginocchia, e disse bruscamente:
"Era mio padre a
volere un figlio."
Harry non aveva idea di
cosa ribattere ad un'affermazione del genere.
"Sì?"
Malfoy abbassò lo sguardo
sulla carta appallottolata nella sua mano. La curva del labbro inferiore lo
faceva somigliare ad un bimbo trascurato e insoddisfatto.
"Passava molto tempo
con me. Ora che non c'è più, lei sente di doversi interessare a me."
"Cosa ha scritto la
tua mamma?"
Per qualche motivo era
strano dire 'mamma' a Malfoy. Malfoy poteva tranquillamente avere un padre e
una madre, ma di certo non una mamma e un papà.
Certo, non che Harry
riuscisse a immaginare Lucius Malfoy che portava fuori suo figlio per giocare a
palla. Magari se al posto della palla ci fosse stata una testa di Babbano
avvizzita…
“Vuole vedermi. Dice che
faremo una gita a Hogsmeade.”
Non c’era traccia di
emozione nella sua voce, ma Harry percepì qualcosa sotto la superficie
immobile. Pensò a quanto sarebbe stato naturale adesso raggiungere il tavolo
dov’era seduto e mettergli una mano sulla spalla, o qualcosa del genere. Ma
Malfoy non era tipo da lasciarsi toccare con disinvoltura.
“E’ ovvio che vuole
vederti,” disse Harry.
“Oh, sì. E’ la cosa giusta da
desiderare per una madre. E lei fa sempre la cosa giusta.”
“Sono, ehm… sono certo che
ti vuole bene.”
Malfoy alzò le sopracciglia
e guardò Harry con stupore, e Harry pensò che forse aveva frainteso
completamente la situazione.
“Bene,” ripeté Malfoy, con
una risatina incredula. “Sei proprio un lattante, eh, Potter?”
Harry s’incupì.
“Forse prova qualcosa per
me,” disse Malfoy dopo una pausa. “E’ che non la conosco molto bene. Ogni volta
che usciamo insieme porto un amico, così possiamo giocare ad essere garbati e
fingere di conoscerci.”
Harry guardò il viso di
Malfoy, calmo e ombreggiato, cercando di capire. Sei triste o no?
La cosa assurda era che gli
sembrava che stesse cercando di essere onesto.
“Non la biasimo per non
essere interessata,” gli disse. “E non è una cosa che direi proprio a tutti,
quindi se ne parli con Granger o Weasley macinerò le loro ossa per farti del
pane avvelenato.”
“Malfoy!” esclamò Harry,
colpito. “Non lo direi a nessuno!”
Malfoy alzò le spalle.
“Beh, non lo pensavo sul
serio.” Harry sorrise leggermente, e Malfoy andò avanti. “Dopotutto sei Harry
Potter. Colui che crede nella verità e nella giustizia, l’essenza autentica
dell’onore.”
Sei Harry Potter.
Harry smise di sorridere.
“Scusami tanto se la mia
morale ti offende, Malfoy.”
Malfoy fece il suo
sorrisino piuttosto maligno.
“Nah, non preoccuparti.
Almeno è qualcosa di originale.” Si fermò. “Non che non sia un po’ patetico,
Potter.”
“Oh, certo.” Harry abbassò
la testa per nascondere un ghigno simile. “Hei, uhm, vuoi stare con me? A
Pozioni?”
“Se voglio causare un
infarto al mio professore preferito? Sii serio, Potter. E in ogni caso Goyle
farebbe esplodere i sotterranei senza di me.” Però sorrideva. “Se ti va di
causare un infarto a quell’ex-guardiacaccia, vedrò cosa posso fare.”
C’era Cura delle Creature
Magiche dopo l’intervallo.
Harry gli rivolse un ultimo
rapido sorriso e un assenso assente quando Snape entrò in classe. Snape se ne
accorse e lo guardò scandalizzato, come se stesse smerciando droga al suo
favorito. Harry registrò la gioia circospetta di Malfoy nel vedere Snape, e
riuscì a guardare il professore senza risentimento.
Lui e Malfoy studiarono
insieme le salamandre a Cura delle Creature Magiche. Ovviamente una di loro
fece la cattiva e Malfoy non indugiò a mollarlo lì, correndo a chiudersi nella
capanna.
“Tipico di un Serpeverde,”
disse Harry, proprio come avrebbe fatto nei sei anni pecedenti.
Ma stavolta rideva, e
Malfoy anche.
*
“Vestiti?” chiese assente
Harry.
Lui e Malfoy erano accanto
al lago a guardare la vasta distesa d’acqua. Nonostante le frequenti obiezioni
di Malfoy circa il freddo, si incontravano sempre lì.
“Sì, Potter. Li si usa per
coprirsi in inverno, per decenza in estate e, nel tuo caso, per commettere
atroci crimini contro la moda.”
Harry storse il naso.
“Atroci è un po’ forte…”
Malfoy scosse il capo con
veemenza.
“No, non è abbastanza
forte! Insomma, i tuoi mantelli vanno bene, è alquanto arduo sbagliare coi
mantelli, ma i vestiti Babbani? Pensavo fossi cresciuto tra quella gente.”
Harry si girò verso il
lago, strizzando gli occhi quando il vento gli soffiava diretto sul viso. Ciò
gli permise di mascherare la sua espressione quando rispose:
“Infatti. E’ quello il
problema.”
Malfoy, che era seduto su
un masso, stirò le gambe e fissò quelle anziché Harry. Questa, cominciò a
notare Harry, era la sua forma di tatto.
“Ok, lo so. Ti obbligavano
a metterti i vestiti di tuo cugino, che aveva un’orbita gravitazionale tutta
sua. Però i soldi ce li hai, no? Avrai comprato degli abiti per te!”
“Certo,” ammise Harry di
malavoglia.
“Allora la colpa è tua.
Vediamo, i vestiti che hai comprato tu sono quelle cose di taglia più consona
ma marroni e assolutamente monotone che ostenti ogni tanto?”
“Senti, non so come siamo
finiti a parlare di moda… Sono comodi e basta, ok? Insomma, i vestiti
non sono poi così importanti.”
Le sopracciglia di Malfoy
schizzarono fino ai capelli.
“Non vuoi avere un
bell’aspetto?” indagò, col tono scandalizzato di chi si rifiuta semplicemente
di pensare che la risposta possa essere no.
Beh, stava per rispondere Harry, sarebbe un po’ da
stronzi pensare ai vestiti quando si è in guerra, o sbaglio? Inoltreio sono il Ragazzo Che E’ Sopravvissuto, ho
delle aspettative da soddisfare, non posso mettermi a fare il vanitoso, no?...
Poi si ricordò che quello
era Malfoy, e Malfoy gli avrebbe potuto lanciare qualcosa addosso.
Ricordò anche l'angoscia
tremenda che gli ispiravano i vestiti smessi di Dudley... quel maglione osceno!
Quell'uniforme grigia stinta che non aveva mai dovuto indossare... con quanta
passione aveva desiderato essere come gli altri bambini.
"Ma sì," disse
lentamente. "Solo che... non lo so..."
Guardò Malfoy, che
indossava una maglietta grigia e dei jeans con l'aria di chi è coperto di
velluto e pizzo.
"Tu... ti intendi di
vestiti babbani, no?" disse.
"Beh, di certo non
vado in giro conciato come te, mostruosa fashion victim."
"Ok, ma perchè te li
metti?"
Malfoy chinò la testa da un
lato e si fermò un momento a pensare prima di rispondere.
"E'... un messaggio. I
Serpeverde non si uniscono al Giovane Ordine. I Serpeverde non usano abiti
babbani. E io non faccio ciò che la gente si aspetta." Strinse gli occhi.
"E di certo non indosso il velluto a costine marrone. Mi dai lanausea,
Potter."
Harry distolse lo sguardo.
Malfoy aveva un modo terribilmente spiazzante di guardare la gente. Lo faceva
senza alcun imbarazzo, con l'aria di chi controlla gli oggetti su un elenco.
"Mmm," disse
infine, alzandosi. "Andiamo."
"Andiamo dove?"
chiese Harry con apprensione.
"Non certo a rapinare
un negozio, scemo. Andiamo innanzitutto a ripulire il tuo guardaroba, lo
riforniremo la prossima volta che andiamo a Hogsmeade. Hanno aperto dei negozi
di moda babbana davvero carini."
Malfoy girò i tacchi e
cominciò a camminare.
Malfoy tendeva ad agire
d'impulso. Harry aveva pensato di fargli presente che era una caratteristica da
Grifondoro, ma non è che gli andasse granché l'idea di fare a pugni.
"Aspetta," lo
chiamò Harry. "Ma così dovrai... cioè, entrare nella sala comune
Grifondoro... sentirai la parola d'ordine, no?"
"Senza dubbio."
"Uhm."
Ci fu una pausa. Harry era
combattuto. Malfoy vagamente divertito.
"Pensi che
m'infiltrerò e scarabocchierò sui muri della sala comune?"
"Qualcosa del
genere..." ammise Harry. "Solo un po' più malvagia."
Malfoy scrollò le spalle.
"Non posso dire di non averci pensao. Vediamo." Si fermò. "La
parola d'ordine Serpeverde è Vici."
Harry sorrise. "Tiri
Vispi."
"Che cosa da
Grifondoro," disse Malfoy, alzando gli occhi al cielo. "Niente
immaginazione. Ti è venuto in mente che potrei essermela inventata, quella
parola d'ordine? O che comunque potrei averti dato la mia per commettere
qualsiasi crimine, contando sul tuo onore Grifondoro?"
Beh, gli venne in mente in
quel momento.
"Ehm."
"Non l'ho inventata,
per la cronaca," lo informò Malfoy severamente. "Ma avrei potuto
farlo. Non dovresti fidarti affatto di quelli come me."
"Perchè, potrebbero
buttar via metà dei miei vestiti?"
"Oh, taci e datti una
mossa."
*
I Serpeverde erano furbi. I
Serpeverde erano tremendi.
Harry lo sapeva.
Ciò che nessuno aveva
ricordato di menzionare era che i Serpeverde avevano uno spiccato talento per
le arti drammatiche.
Malfoy aveva in viso
l'ennesima espressione schifata mentre frugava nel guardaroba di Harry. Harry
era seduto sul letto, alquanto divertito.
"Oddio, Potter, ma ti
togli gli occhiali quando vai a fare shopping? Non posso credere di star
toccando questa roba, è disgustoso!"
Nessuno sarebbe riuscito ad
imitare la sua aria schizzinosa. Afferrava gli abiti con prudenza, come se
l'assenza di senso estetico potesse essere contagiosa.
"Mmm. Questo va nel
mucchio A Malapena Sopportabili, questo nel mucchio Gettali Via, e questo nel
mucchio Bruciali, Perchè Non Posso Vivere In Un Mondo In Cui Esistono."
Malfoy lanciava in aria i
vestiti a casaccio, ma, mentre la terza maglietta era ancora per aria, si girò
e puntò la bacchetta.
"Incendio!"
La cenere atterrò
pigramente sul pavimento.
"Malfoy! Non puoi
bruciare i miei vestiti!"
Malfoy strinse gli occhi.
"Guardami."
Harry lo guardò. Diciamo
inerme. E anche un po' sorridente, ma pensò che quello era dovuto al fatto che
aveva avuto la lucidità di nascondere il suo pigiama preferito.
Malfoy produsse dei
fastidiosi versi di stizza quando scoprì il peggio degli scarti di Dudley.
"Nessuno è tanto
enorme," disse alla fine. "Stai scherzando, spero."
"Magari."
"Posso accettare che
non tutti abbiano la mia figura slanciata, ma questo è un oltraggio. Ci
dev'essere una qualche associazione..."
"Che lo aiuti a
dimagrire? C'è, però..."
"Non proprio."
Malfoy guardò storto i pantaloni enormi. "Pensavo più ad un suicidio
assistito."
"Malfoy!"
"E' incredibile quanta
rettitudine scandalizzata riesci ad infondere in una parola. Oh, Oh, questo è ignobile."
Aveva appena trovato
l'ammasso vergognoso di maglioni di lana di Dudley.
"Incendio!
Incendio! Incendio!"
"Malfoy, smettila di
dar fuoco alle cose!"
Malfoy fece un sorriso
placido e angelico mentre le ceneri gli cascavano intorno.
Harry non riusciva a
smettere di ridere.
Ron Weasley aprì la porta,
lanciò a Malfoy uno sguardo inorridito e la richiuse immediatamente,
sbattendola.
Ci fu una breve pausa.
"Il dormitorio comune
crea sempre questo tipo di problemi," notò Malfoy. "Insomma, come
fate voialtri quando dovete portarvi su... aspetta un attimo, i Grifondoro non
hanno una vita sentimentale. Come non detto."
"Certo che abbiamo una
vita sentimentale! Ron e Hermione..."
"Potter, smettila! E'
un'immagina orrenda."
"Sono certo che le
nostre storie d'amore sono ben più interessanti di quella di Tiger e
Goyle..."
"Potter, quell'immagine
è ancora peggio!"
"Io... cosa...
Malfoy!"
Malfoy abbandonò l'armadio
spaventosamente vuoto di Harry e crollò sul letto, appoggiandosi alla testiera.
"Ancora questa
rettitudine scandalizzata, Potter," disse pigramente. "Mmm. Occuparsi
del guardaroba di un caso disperato è un lavoro stancante. Forse mi andrò a
stendere nella mia bella e calma stanza da letto da prefetto."
Si appoggiò sulla testiera
e socchiuse gli occhi. I suoi capelli sembravano ancora più candidi, in
contrato col rosso cupo delle tende.
"I prefetti non hanno
stanze da letto speciali," fece notare Harry.
"Forse non quelli
della tua casa. Ah. Ah."
"La professoressa
McGranitt dice che non è giusto che i prefetti abbiano dei privilegi."
"Nella mia casa non
contano né la professoressa McGranitt né il concetto di giusto." Malfoy
sorrise sarcastico, tuttavia l'effetto fu alquanto guastato dal fatto che il
resto del suo viso rimase rilassato e quasi affabile.
"Serpeverde regna. O
se non altro uccide i contendenti e usurpa il trono. Ho una stanza privata
molto carina, per tua informazione. Sentiti libero di farmi visita e salivare
dall'invidia quando vuoi."
Harry si alzò dal letto e
guardò sbigottito il mucchietto di vestiti che gli era concesso indossare.
"Malfoy, ci sono sette
capi di vestiario lì?"
Malfoy aprì gli occhi.
"Così tanti? Lo sapevo
che ero stato troppo indulgente."
*
"E' stato orribile,
Hermione," disse Ron angosciato.
Hermione era seduta accanto
a lui davanti al camino nella sala comune. Si era appena buttato sul sofà e
aveva affondato il viso nei cuscini. Lei si stiracchiò, rilassata, soddisfatta
dopo ore di quieta lettura e giusto un pizzico perplessa.
"Cosa?" chiese
con indulgenza, accarezzandogli i soffici capelli rossi.
"Malfoy!" Ron
sputò fuori il nome. "Nel nostro dormitorio! Che faceva cose ai vestiti
di Harry!"
'Uomini che amano troppo i
draghi' cascò dal grembo di Hermione.
"Cosa? Che stava
facendo Harry?"
"Non lo so,"
rispose Ron in tono soffocato e indispettito. "Se ne stava lì sul letto.
Sembrava piuttosto contento della faccenda."
"Io... oh, Ron!"
"Lo so. Sta
oltrepassando il limite."
"Beh, a questo punto
sono d'accordo!"
In quel momento Harry e Malfoy
scesero le scale.
La voce di Harry era forte
e allegra. Quella di Malfoy era più bassa, ma dopotutto quegli astuti
Serpeverde davano l'impressione di mormorare sconcezze persino mentre leggevano
gli ingredienti a Pozioni.
Harry volse lo sguardo
oltre Malfoy quando li vide, più con preoccupazione che con senso di colpa.
Bene, pensò Hermione. Harry
temeva che i grandi e grossi Grifondoro avrebbero maltrattato Malfoy. Quando
Malfoy, a quanto pareva, gli stava strappando i vestiti di dosso al piano di sopra!
"Salve, ragazzi,"
disse con imbarazzo.
"Che stavi facendo con
lui?" domandò Hermione, troppo agitata per darsi pena con ulteriori
preliminari.
"Mi stava aiutando a
ripulire il mio armadio," rispose Harry confuso.
Malfoy si appoggiò al muro
di pietra e storse il labbro superiore verso di loro.
Hermione ricambiò lo
sguardo assassino.
Harry sembrava pensieroso.
"Ron, sei pronto per l'allenamento di Quidditch?"
Ron si alzò a sedere, nonostante
la tremenda consapevolezza che Malfoy stesse avvelenando l'aria Grifondoro con
la sua presenza.
Certo, pensò Hermione,
nominare gli allenamenti forse avrebbe riportato in vita Ron.
La voce gelida di Malfoy
squarciò il silenzio.
"Ah già," disse
impensierito. "L'allenamento di Quidditch. Farò tardi se non mi
muovo."
Se Ron fosse stato un cane,
gli si sarebbero drizzati i peli sul dorso.
"Tu non giocherai affatto,"
scattò. "Abbiamo prenotato noi il campo."
Harry, per fortuna, rivolse
a Malfoy un'occhiata di rimprovero.
"Ron ha ragione,"
gli disse. "Ricorda, le prenotazioni non possono essere modificate.
L'abbiamo stabilito l'anno scorso."
'Stabilito', che termine
diplomatico, pensò Hermione. Avevano dovuto impedire fisicamente a Harry e
Malfoy di ammazzarsi, dopo che Malfoy aveva cancellato la prenotazione dei
Grifondoro per la quinta volta di seguito, obbligando Silente ad intervenire.
A guardarli così
amichevoli, uno accanto all'altro, sentiva davvero la mancanza di quei giorni
feroci.
"Non intendevo
allenamenti sul campo," disse Malfoy con indifferenza. "A dopo,
Potter."
Uscendo di fretta, sorrise
beffardo a Hermione e Ron.
Harry lo seguì con lo
sguardo, evidentemente incuriosito dalle sue ultime parole. Ron cominciò ad
inveire contro Harry prima ancora che la porta si fosse chiusa alle sue spalle.
Hermione si piegò e
raccolse il libro.
*
Harry sapeva di essere
stato nominato capitano solo per via del suo nome.
Secondo la tradizione
venivano scelte persone nate in famiglie di maghi, che avevano confidenza col
Quidditch sin dall'infanzia e che erano in grado di formulare schemi basati su
ricordi di vecchie partite e strategie discusse a casa. Ma, certo, per Harry
Potter si faceva sempre un'eccezione.
Almeno poteva contare su
Ron e sulla sua conoscenza enciclopedica di qualsiasi partita in cui avessero
giocato i Cannoni di Chudley: proprio in quel momento stava descrivendo
dettagliatamente una mossa leggendaria del loro Portiere al nuovo Portiere, Natalie
McDonald.
Harry stava a bordo campo,
e sorrideva educatamente mentre le loro voci lo sovrastavano.
Ron avrebbe dovuto
essere il capitano.
"Spero che Ron non
stia terrorizzando Natalie," disse Dean Thomas dietro di lui.
Harry si voltò leggermente.
Dean gli stava sorridendo, quel sorriso gentile e amichevole che lui e tutti i
compagni di stanza di Dean conoscevano bene.
Dean era un ragazzo con cui
si parlava tranquillamente. Harry si rilassò un pochino.
"Perchè dovrebbe
terrorizzare Natalie?"
"Terrorizza me,"
disse Dean imitando un brivido. "Tutto quel parlare di innumerevoli
partite del passato mi annebbia la vista. Certo... io non sono mai stato un
esperto di Quidditch."
Era vero, ovviamente. Dean
si era sempre limitato ad un entusiasmo moderato per il Quidditch, nonostante
le sue grandi doti tecniche, ed era rimasto fedele al calcio e all'arte.
"Allora perchè sei
entrato in squadra?"
Dean assunse un'aria
imbarazzata. "Ecco, io... volevo passare più tempo con Ginny."
Harry spostò lo sguardo sui
capelli rossi di Ginny. Stava parlando con passione dei Cannoni di Chudley, a
voce alta e allegra come al solito.
Harry non aveva mai
compreso il breve rapporto tra Ginny e il riservato Dean.
"Mi spiace che non
abbia funzionato... Sfortuna."
Ora Dean stava con Calì,
quindi era tutto a posto. Era così gentile... Harry non aveva capito come mai
Ginny l'avesse lasciato. Ginny si voltò all'improvviso e vide i loro occhi su
di lei.
Arrossì.
"Beh, sarebbe potuta
andare peggio," disse Dean con filosofia. "Sarei potuto essere uno di
qui poveri idioti della squadra dei Serpeverde."
Harry gli lanciò uno
sguardo interrogativo.
"Malfoy li comanda
come un sergente istruttore indemoniato," spiegò Dean. "Di sicuro
l'avrai notato."
Ciò che Harry notò fu
l'assenza di rancore con cui Dean aveva pronunciato il nome di Malfoy.
Dean se ne stava sempre
zitto, ma capiva molte cose.
"Non ho niente contro
Malfoy," disse Dean. "Lo conosco appena, ma non mi ha mai dato
fastidio. Ho sentito che siete amici adesso?"
"Beh. Sì."
"E' una persona
interessante," affermò Dean alzando le spalle. "Agghiacciante, ma
unico."
"Agghia..."
In quel momento, Malfoy
apparve per confermare l'impressione di Dean. Stava correndo sull'erba intorno
al campo da Quidditch, lanciato all'inseguimento di Tiger e Goyle. I capelli
gli si muovevano in ogni direzione, gli occhi gli brillavano follemente e
portava una borsa pesante. I suoi due Battitori si muovevano a fatica alla
velocità che le gambe gli consentivano, mentre lui li colpiva violentemente con
delle palle medicinali.
"Non arriverete da
nessuna parte se avete paura di essere colpiti dai Bolidi! Tornate qui!
Venite a prendere queste palle come veri uomini!"
Nemmeno Tiger e Goyle erano
tanto stupidi. Continuarono a correre, lanciando ogni tanto delle grida quando
Malfoy centrava il colpo.
" E Serpeverde,
affamato di potere, ama molto quelli di grande ambizione," recitò Dean, ma sorridendo. "Malfoy ha deciso di
fare di nuovo piazza pulita contro Corvonero.
Agghiacciante, come
dicevo."
Malfoy si accorse che la
borsa era ormai vuota all'incirca nel momento in cui fu davanti a Harry e Dean.
Tiger e Goyle, ignari, si trascinarono oltre.
"Imbecilli!"
gridò loro Malfoy.
Guardò Harry e Dean, e
annuì in fretta. Sembrava esausto mentre si scostava dagli occhi le ciocche
bionde sudate, ma si girò e ripartì con la stessa energia di sempre.
Harry sorrise a Dean.
"Ma, come dicevi, unico."
Tornò da Ron e Natalie.
"Hei, potremmo fare
meno chiacchiere e più Quidditch qui? Tutti in volo!"
Dean sorrise. "Sì,
capitano."
*
Il lunedì successivo, a
lezione di Pozioni, Harry arrivò di nuovo in anticipo per parlare con Malfoy.
Malfoy era stato alle prese
con una vittoria assolutamente spettacolare con Corvonero quel finesettimana, e
Harry era stato con Ron e Hermione. Era da un po' di giorni che non l'aveva
incontrato da solo e... fu sorpreso dal fatto che, beh, un po' gli era mancato.
"Congratulazioni per
la vittoria," disse. "Non ho potuto farti gli auguri prima della
partita."
Malfoy sollevò il mento.
Non aveva dimostrato in alcun modo di aver sentito la mancanza di Harry, però
era arrivato prima, no?
Harry cominciava a capire
il suo modo di agire.
"Ai Serpeverde non
servono gli auguri," disse. "Noi abbiamo tattica."
"Sì, e la vostra
tattica consiste nell'infrangere tutte le regole del manuale."
"Esistono settecento
modi di commettere fallo nel Quidditch," lo informò altezzosamente Malfoy.
"Non posso certo impararli tutti."
"Sei impossibile,
Malfoy, te l'ha mai detto nessuno?"
Addolcì il viso
leggermente. "Mio padre me lo diceva sempre." Si fermò, e aggiunse
all'improvviso: "Stasera non posso fare niente."
La prima emozione che Harry
provò fu la gratificazione. Malfoy non si era mai preso il disturbo di dirgli
una cosa simile prima. Farsi vivo, di solito, era una questione di umore.
Ma rimase anche,
ovviamente, deluso.
"Oh... perchè
no?"
"Folle notte di
passione. Sai com'è."
Il rossore violento di
Harry era appena comparso, quando Malfoy alzò le sopracciglia e sorrise.
"Ma dai, Potter,
stupido ingenuo. Cavolo, mi lusinga che pensi io abbia il tempo per rimorchiare
bellezze. Nel caso non l'abbia notato, ultimamente mi stai tenendo
impegnato."
Harry si rilassò un po'.
"E così il famoso
Fascino Malfoy che riesce a rimorchiare ragazze nel giro di due minuti ha perso
lo smalto?"
"Mai dubitare del mio
fascino, Potter. E' ancora all'opera, ma non posso sottrarre neanche due minuti
ai compiti di Astronomia."
"Ah beh, se devi andare
sulla Torre di Astronomia, ti basterà aprire un armadio per ritrovarti in mezzo
ad un abbraccio."
Malfoy agitò una penna.
"Ora stai pensando
come un Serpeverde. Ma, sfortunatamente, nienteTorre di Astronomia. Ho bisogno
di uno spazio aperto e vasto per mettere a frutto l'ampia portata del mio
progetto. E a meno che non voglia darmi agli appuntamenti con le mucche..."
Malfoy scrollò le spalle.
Harry si poggiò pensieroso al suo banco.
"Dev'essere una noia
mortale," commentò.
"Beh, sì."
"...Potrei venire con
te, se ti va?"
Malfoy alzò lo sguardo, gli
occhi estremamente grigi. Era un colore che sembrava non esprimere niente.
"Tu non fai
Astronomia," disse. "Un altro esempio lampante della tua idiozia,
Potter, perchè è una materia davvero fantastica. Non dirmi che la tua vita è
così patetica che ti andresti a stendere in un campo per il puro gusto di
farlo?"
Harry calò lo sguardo sulle
venature del legno del banco.
"Hermione e Ron hanno
in programma un incontro privato. Questa serata si prospetta così patetica che
potrei benissimo farlo. E poi pensavo ti andasse un po' di compagnia."
Piegò la testa all'indietro
per rivolgergli un sorriso sbilenco.
"Ma dato che vuoi
liberarti di me per avere il tempo di rimorchiare..."
Il labbro di Malfoy si
contorse. "Ho detto questo? Oh, va bene, puoi venire. Adesso corri,
piccolo Grifondoro, prima che il crudele professore di Pozioni ti morda."
Harry alzò lo sguardo, vide
che era arrivato Snape e sbuffò, volando al suo posto.
*
Harry era steso sul
lenzuolo, stranamente calmo.
C'era qualcosa di
meraviglioso nel cielo... gli ricordava la felicità che provava quando giocava
a Quidditch. Persino adesso che era nero e vuoto, lo guardava e vedeva un
enorme campo da gioco. E il terreno era silenzioso, l'oscurità protettiva,
nessuno si aspettava niente da lui.
Guardò Malfoy, di cui
scorgeva il profilo contro il buio della notte, che si premeva l'Omniocolo
sugli occhi. Ogni tanto si chinava sulla pergamena e prendeva appunti con la
piuma, spostandosi i capelli dagli occhi e sorridendo disinvolto a Harry.
Malfoy di certo non dava
l'impressione di aspettarsi qualcosa da lui, neanche la compagnia. Era una
persona così indipendente; se l'era cavata senza amici per anni, a parte Tiger
e Goyle.
Harry pensò che
probabilmente per lui faceva poca differenza stare con lui o da solo. E questo
un po' lo seccava.
Era una sensazione del
tutto nuova per lui - per Harry Potter - desiderare che qualcuno gli prestasse
più attenzione.
Sorrise di nuovo,
appoggiando la testa sulle mani giunte mentre guardava il cielo in alto.
"Cos'è che ti fa
sorridere, Potter?" chiese Malfoy distrattamente, buttando giù un altro
appunto.
"Oh... niente.
Semplicemente mi sento... appagato."
Appagato. Era quella la
parola.
"In un campo gelato
nel mezzo della notte? Ti hanno mai detto che hai aspettative molto basse nella
vita?"
Harry si sporse e gli diede
un pugno leggero sulla spalla.
"Ah. Capisco.
L'appagamento viene dal poter picchiare il povero Serpeverde indifeso di turno.
Sai, il sadismo non è una buona regola di vita."
"Pensavo che per i
Serpeverde fosse l'unica regola di vita."
"Ah," disse
Malfoy, senza preoccuparsi di negarlo. "Ma tu non sei un Serpeverde."
Harry si tirò su reggendosi
su un gomito.
"C'è mancato
poco."
Malfoy lasciò cadere
l'Omniocolo.
"Cosa?"
Harry sentì una piccola,
irrazionale scintilla di trionfo, ora che aveva l'attenzione di Malfoy.
"Il Cappello Parlante
voleva assegnarmi a Serpeverde," ammise, e poi, a voce bassa, sperando che
Malfoy non si offendesse, "Io gli ho detto di no."
Malfoy non si accorse
nemmeno di quella delicatezza.
"Tu," si stupì.
"Harry Potter, l'epitome di tutto ciò che è Grifondoro, scampato per un
pelo alla fossa dei serpenti." Rise all'improvviso, una risata inquietante
ma piacevole. "Quello sì che sarebbe stato incredibile!"
Harry si stese di nuovo, le
stelle brillavano davanti ai suoi occhi.
"Già," disse.
"Credo di sì."
"Oh, in quanti modi
avrei potuto rendere la tua vita un inferno," si lagnò Malfoy.
"Avremmo condiviso la stanza per cinque anni. Avrei potuto farti impazzire."
Harry chiuse gli occhi,
lasciando che l'aria della notte giocasse sul suo viso. L'unico suono era la
voce familiare di Malfoy e il rumore stridulo della piuma.
"Mmm. Non credi che
saremmo diventati amici prima?"
"Siamo amici,
adesso?"
Harry alzò lo sguardo,
sbattendo gli occhi come davanti ad un'improvvisa luce accecante, e guardò
Malfoy.
Il suo sguardo non era
malevolo, ma leggermente inquisitorio, e Harry fu assalito da un intenso
sollievo.
"Lo so," disse
Malfoy con voce precisa e distaccata come se si trattasse di un compito,
"mi hai chiesto di essere amici, e ho accettato. Ma sei mio amico?"
Harry si alzò a sedere,
incerto sulle parole da usare, in cerca di qualcosa di speciale da dire.
Alla fine l'unica cosa che
gli venne in mente fu un vigoroso: "Sì."
Attese la risposta con una
certa tensione.
"Oh. Bene,"
rispose Malfoy, alzando il viso verso le stelle e finendo la mappa con un
ghirigoro.
Harry aspettò, sentendosi
piuttosto strano, che Malfoy gli desse una risposa... seria, e che ricambiasse
con qualche parola che indicasse emozioni.
Era un'amicizia così
strana, così diversa dall'intimo e rassicurante cameratismo con Ron e Hermione,
e dall'amicizia senza impegni con Seamus e Dean. Era una cosa nuova, abbastanza
nuova da generare tensione e incertezza, eppure era... intensa. Per lui contava
più di Seamus e Dean, e... e aveva il potere di fargli male senza offrirgli la
sicurezza che gli offrivano Ron e Hermione.
E ora era steso lì coi
nervi a fior di pelle, ad aspettare qualcosa che Malfoy sembrava non avere
intenzione di dargli.
Sentì un oscuro desiderio
di metterlo a disagio.
"Certo, in quel caso
non avrei mai fatto amicizia con Ron e Hermione," disse, cercando col tono
di enfatizzare l'affetto che provava per loro.
"Già, sarebbe stata
una tragedia," disse Malfoy.
"Non capisco perchè li
odi così tanto," disse Harry.
Malfoy stava mettendo a
posto i libri e non guardò Harry mentre rispose, col viso che non tradiva
alcuna emozione se non una certa distrazione,
"Non li odio, ma lo
sai cosa penso di... ok, dei figli di Babbani. E per quanto riguarda quel
branco di Weasley..."
Storse il labbro.
"Mio padre mi ha detto
tutto di loro."
"I Weasley sono
persone meravigliose," disse Harry arrabbiato, alzandosi a sedere.
Ora che Malfoy era
inginocchiato accanto al suo zaino, il suo viso era alquanto vicino, e non
c'era rabbia nei suoi occhi. Anzi, sembrava parecchio convinto.
"Suo padre ha
attaccato il mio in una libreria. Non m'importa se erano nemici, non c'è scusa
per un comportamento del genere. E i suoi figli non sono diversi. Quei gemelli
Weasley non facevano che fischiare i ragazzini che venivano assegnati a
Serpeverde. La gente pensa che io abbia pregiudizi, ma non mi abbasserei a quel
livello. E per quanto riguarda il tuo lacché Weasley... è uguale ai suoi
fratelli. Mi disprezza per via della mia famiglia, e io lo disprezzo per la
sua. Le cose stanno così... anche se non hanno nessuna ragione per essere così
dannatamente inferociti."
"Ma non è v..."
Ho sentito parlare della
sua famiglia. Papà... dice che al padre di Malfoy non serviva una scusa per
passare al Lato Oscuro.
Harry ripensò alla risatina
di Ron quando aveva sentito che il giovane Malfoy faceva di nome Draco. Si era
sentito autorizzato ad essere scortese perchè si trattava di un Malfoy.
Ecco un vantaggio del non
avere genitori. Harry non aveva ereditato i loro rancori e le loro opinioni.
"Ron è una brava
persona," disse Harry stanco, stendendosi e tornando a guardare le stelle.
"Non dovresti giudicare la gente in base alla famiglia da cui
proviene."
Quella famiglia è
completamente marcia.
"Dillo a lui,"
disse Malfoy con sarcasmo.
"Ok," rispose
Harry. "Ma continuerò a dirlo anche a te."
Malfoy mise da parte il suo
zaino e si stese sul lenzuolo.
"Oh, non rompere,
Potter. Altrimenti ti scateno contro i miei scagnozzi."
"Uh!" Harry rise.
"Non mi fai paura."
"Naturale. Harry
Potter non ha paura di niente," disse Malfoy prendendolo in giro.
"Sta' zitto!"
"Impavido Potter. Sei
l'unico nella scuola che non sembra provare quei momenti in cui il terrore ti
gela il sangue."
"Perchè mi si dovrebbe
gelare il sangue?"
"Il Ragazzo Che Non
Capiva Mai Niente. Per un anno sono scomparse persone là fuori, e Hogwarts era
sicura. Adesso stanno svanendo studenti sotto il naso di Silente, e la nostra
scuola non è più sicura di questo campo, e sappiamo tutti che deve esserci
qualcuno che lo aiuta dall'interno. Non hai mai paura?"
"Non ti ho mai visto
tremare con la testa sotto le lenzuola."
"Quello perchè ho dei
nervi d'acciaio," annunciò Malfoy pomposamente.
"Potter! Hai un
cuscino, bastardo?"
"Sto usando il mio
mantello. Vedi, avevo addosso un mantello. E un maglione. E' perchè siamo a
febbraio, fa freddo, e io non sono idiota."
"Come osi darmi
dell'idiota? Avrai notizie dai miei avvocati, domattina."
Malfoy tentò
maleducatamente di soffiargli il mantello ripiegato, ma riuscì solo a prenderne
un angolino.
"Bene," disse
sgraziatamente. "Fatti un po' in là, Potter,"
Harry sentì una ciocca di
capelli biondi solleticargli l'orecchio, e si spostò per far spazio a Malfoy.
Il cielo era sereno, e il respiro di Malfoy era regolare e rassicurante accanto
a lui.
"Tu hai
paura?" gli chiese infine Harry.
"Mm? Certo, Potter,
non sono un maledetto Grifondoro valoroso. Ti ricordi quando il tuo stupido
Patronus mi venne incontro durante quella partita di Quidditch del terzo anno?
Fu tremendo. Mi inseguì."
Harry rise sottovoce.
Giusto... Malfoy, Goyle e
Flitt vestiti da Dissennatori.
"Non... non pensavo
che ti avesse inseguito."
"Beh, è andata
così."
"In un certo modo è un
complimento, Malfoy," lo informò Harry. "Persino con quel mantello ti
riconoscevo come avversario."
La voce di Malfoy suonò
irritata.
"Se essere inseguito
da un cervo fantasma è segno di rispetto, mi sento indegno."
"Oh, smettila di
lagnarti."
Ovviamente, chiedere a
Draco di non lamentarsi era come chiedere al cielo di diventare giallo, e...
Draco.
Harry si accorse di quanto
pensare al suo nome gli fosse venuto naturale. Qualche settimana prima sarebbe
suonato... strano. Un concetto quasi assurdo. E ora, beh... il suo nome era
Draco, no? Era quello che gli veniva in mente quando lo guardava. Era normale.
Non che avesse intenzione
di chiamarlo così.
"Non mi sto
lagnando!" Una breve pausa. "Fa freddo," si lamentò.
"Dovremmo rientrare."
"Mmm." Si stava
bene nel campo. "Ancora un minuto."
*
Harry si svegliò
infreddolito e indolenzito, la mattina dopo. Sbadigliò, stringendo gli occhi
per la luce, si girò e si trovò faccia a faccia con Draco.
Si morse la lingua e rotolò
via in fretta, quindi si mise a sedere. I suoi vestiti erano bagnati di
rugiada.
"Malfoy! Svegliati!
Abbiamo dormito qui tutta la notte!"
Draco borbottò qualcosa e
spinse il viso contro il mantello di Harry. Era raggomitolato in dormiveglia,
con i capelli sulla faccia e gli occhi imbambolati. Aveva un aspetto veramente
assurdo.
"Malfoy!"
Harry gli afferrò una
spalla e la smosse con urgenza.
"Lasciami stare,"
disse Draco con voce soffocata.
"Malfoy, svegliati!"
Draco sollevò minimamente
le palpebre. Quindi le spalancò in un attimo.
"Potter, cosa... oh.
Oh, no. Oh, dimmi che non ho dormito in un campo. Oddio, che cosa plebea."
"Già, è proprio quello
che mi preoccupa," disse Harry, roteando gli occhi. "L'effetto che
avrà sul mio rango. Saranno tutti preoccupatissimi."
"Non i miei
compagni," rispose prontamente Draco. "Penseranno semplicemente che
fossi a letto con qualcuno. Bleah, i miei vestiti sono cartonati... Potter, ti
ho detto che ti odio, di recente?"
Harry si alzò e cominciò a
ripulirsi i pantaloni. Offrì una mano a Malfoy per alzarsi.
Draco, ancora supino, si
girò sui gomiti e guardò acido Harry.
"Ti disprezzo."
"Certo che mi
disprezzi, Malfoy."
Draco prese la sua mano e
lo guardò piegare il lenzuolo senza muovere un dito.
"Puoi portarmi la
borsa," ordinò accigliato.
"Col cavolo,"
rispose calmo Harry.
Draco prese la propria
borsa. "Ti odio. Ti aborro. Ti..."
"Detesto va bene come
parola," offrì Harry.
"Grazie, Potter. Ti
detesto col fuoco di mille soli."
"Oh, stai calmo e
vieni a fare colazione."
*
Ci volle un po' per
convincere Draco a fare colazione. Si era fissato sull'idea di trovare una
spazzola e uno specchio.
"Non fare lo scemo,
Malfoy. Oggi non la salti. La salti già troppe volte."
"Non sei la mia balia,
Potter. Posso saltarla quando mi pare."
"Ti porto la
borsa."
Pausa.
"Fino a dove?"
Così Harry entrò nella Sala
Grande portando la borsa di Draco su tutto il resto. Draco lo lasciò alla
porta, si buttò su una sedia al tavolo dei Serpeverde e ordinò un caffé in tono
stridente.
Nel caso qualcuno non
l'avesse ancora visto.
Ron e Hermione lo accolsero
con sollievo isterico e rimproveri in parti uguali. A quanto pareva, Ron
pensava che stesse con una ragazza. Hermione non gli disse cosa aveva pensato.
Entrambi rimasero sconvolti
dalla verità.
"In un campo,
Harry, col pericolo..."
"Con Malfoy,
Harry, che schifo..."
Harry guardò verso il
tavolo dei Serpeverde, dove stava avendo luogo un interrogatorio simile. Draco
sembrava rifiutarsi di rispondere alle domande, e nascondeva il viso sulla
spalla di Pansy. Pansy lo guardava dall'alto con fare quasi materno. Blaise
Zabini gli mise una mano sulla spalla.
Hermione toccò il braccio
di Harry. Lui la fissò, spaventato.
"Non ti voglio
sgridare, Harry... sembri irritato ed esausto. Però devi stare più
attento."
"Scusami. Non volevo
farvi preoccupare..." disse Harry. "E non sono irritato!"
*
Quel venerdì, Draco non si
fece vedere.
La cosa infastidì Harry.
Gli era sembrato che avesse capito, lunedì, che doveva avvisarlo se non poteva
venire. E gli dava ancora più fastidio il fatto che lui si fosse presentato
come promesso tutti i giorni, per settimane.
Ed essere scocciato lo
scocciava. Perchè, che cavolo, voleva vedere Draco, e di certo non c'era niente
di male nell'ammetterlo.
Erano amici. L'aveva detto,
e ora ci credeva davvero.
E Draco gli aveva detto la
parola d'ordine Serpeverde, dicendogli che era libero di entrare.
Harry fu disgustato
dall'accorgersi che si stava svendendo per il piacere di vedere Draco.
Non voglio usare la
parola d'ordine, ma potrei bussare e chiedere se c'è. Quella non sarebbe
un'invasione della privacy. Se non sta facendo niente di importante, uscirà.
Forse addirittura vuole che vada a prenderlo. Gli piace mettere alla prova le
persone. Gli piace mettermi alla prova.
Sì, decise che sarebbe
andato nelle stanze dei Serpeverde.
Si guardò intorno con vaga
sorpresa, accorgendosi di essere già quasi arrivato all'entrata di Hogwarts.
*
Harry capì che c'era
qualcosa di strano appena si aprì la porta dei Serpeverde. C'era un chiasso
insolito, e la ragazza che aprì la porta aveva un abito decisamente scollato.
Distolse educatamente lo
sguardo dal seno in bella vista, e chiese se fosse possibile vedere Malfoy.
L'ulteriore segno che qualcosa non andava fu che la ragazza si limitò a
strizzare un occhio e andarsene via.
Aveva le pupille dilatate?
Qualcuno dovrebbe tenerli d'occhio, questi Serpeverde.
Era Blaise Zabini quello
vestito di pelle?
Questo genere di cose era
semplicemente sbagliato.
Oh, bene, ecco Draco.
Harry strabuzzò gli occhi.
Draco appoggiò un polso
alla porta, scaricandoci su il peso e guardando Harry con aria interrogativa.
Indossava dei jeans neri e
una maglietta aderente color argento. I capelli sembravano soffici e luminosi,
come se li avesse spazzolati per ore.
"Uhm," disse
Harry. "Ciao."
"Ciao," disse
Draco, con voce piuttosto divertita. "Passavi da queste parti, eh? Giuro,
niente sacrifici di vergini."
"Che sta
succedendo?"
Draco sembrava un po' sulle
spine.
"Niente, la solita
gita al club. Sai, dietro i Tre Manici Di Scopa. Tutti i Serpeverde più grandi
ci vanno, ogni mese. Pensavo lo sapessi."
"No..."
"Oh, beh." Alzò
le spalle. "Ti chiederei di unirti a noi, ma ho ricordi terribili di te
che balli. E poi ti mangerebbero vivo."
"Oh... già.
Divertiti."
"E' quello che ho in
programma. Ci vediamo, Potter."
"Ehm... a
presto."
Harry si sentì stranamente
depresso quando la porta gli si chiuse in faccia.
*
"Ah, è vero, le orge
dei Serpeverde," disse rigida Hermione. "Con la scusa dello spirito
di solidarietà si ubriacano e si mettono le mani addosso."
Evidentemente Harry era
l'unico a non sapere niente.
Tipico.
"Dai, Harry, non
abbatterti," disse Hermione. "Puoi approfittare di stasera per
cominciare a ripetere per i G.U.F.O."
Ron era seduto ad un
tavolo, afflitto, mentre Hermione disegnava un grafico a colori. Ginny
sbirciava da dietro le spalle di Ron con lo sguardo felice di chi era lontano
più di un anno dai G.U.F.O.
Ron gli disse col labiale
'Scappa! Salvati!' mentre Hermione non guardava.
"Eccitante,"
disse Harry cupo, e aggiunse irritato, "E non sono abbattutto."
Hermione sembrò voler
replicare a quell'affermazione, ma strinse le labbra e mantenne un silenzio
avveduto.
"E' bello averti
qui," disse Ginny sottovoce, facendo cadere la penna e diventando tutta
rossa.
"Grazie, Ginny,"
disse Harry, colpito. Ginny diventò di nuovo porpora.
"Almeno siediti
lontano dal fuoco," si affrettò a dire Hermione. "Sei lì da ore. Ti
starai arrostendo."
"Potremmo uscire e
farci un giro sul campo da Quidditch," suggerì speranzoso Ron.
"Ron, è già da tempo
che rimandi i compiti di Erbologia," disse Hermione, fissandolo con occhi
minacciosi. "Li farai, a costo di doverti legare alla sedia."
"Che cosa perversa,
Granger. Chi avrebbe mai pensato che nascondessi un lato oscuro?"
La voce disinvolta e
strascicata fece sobbalzare Harry.
Draco era appoggiato
all'entrata aperta dei Grifondoro. Aveva i capelli un po' scompigliati e il
viso arrossato, ma era ancora vestito come prima, e sfoggiava la sua solita
espressione sicura.
"Malfoy," disse
Harry, stupendosi egli stesso della gioia manifesta nel suo tono.
Draco inclinò la testa.
"La festa era noiosa," spiegò. "Mi ero rotto. Sono venuto a chiederti
se ti va ancora di fare qualcosa."
Harry non poté fare a meno
di sorridere.
"Sì... certo. Arrivo
subito."
*
Draco si rifiutò
categoricamente di uscire con quei vestiti.
"Mi prenderei un
raffreddore," disse a Harry accigliato. "E' un miracolo che non sia
morto, dopo quella breve spedizione sui campi. Sono fragile, sai."
Harry ripensò a quel
ragazzo cosiddetto fragile mentre lanciava palle pesantissime a due poveri
innocenti, e scelse di restare in civile silenzio.
"No," decise.
"Possiamo andare nella mia stanza. Non ci saranno molti Serpeverde per
qualche ora."
Così fecero. E Harry si
sentì oltraggiato.
"Questa stanza è
veramente bella! Vuoi dire che tutti i prefetti Serpeverde hanno una
cosa simile?"
Era davvero bella.
Tutta decorata di verde Serpeverde, ovviamente, con una scrivania, un camino
vero e...
"Hai due armadi! Ma è
ridicolo!"
Draco se la prese. "Infatti.
Ho fatto presente a Snape che non posso certo vivere senza tre armadi, ma pensi
mi ascolti? Quell'uomo ha un cuore di pietra."
Harry si buttò sulla
morbida poltrona di fronte a Draco, e lo fissò a lungo, incredulo.
"Non ti servono tre
armadi. A nessuno servono tre armadi."
Draco gli fece una smorfia.
"Ma che ne sai tu, disastro sartoriale?"
"So solo che, grazie a
te, al momento non posso riempirne neanche uno."
"E smettila di
rinfacciarmelo, Potter." Draco si stiracchiò. "Ti ho detto che ti
avrei portato a Hogsmeade per dirti cosa comprare, e lo farò."
"Tu non mi dirai
cosa comprare."
Draco spinse in fuori il
labbro inferiore. "Ok."
"Ma possiamo andare a
Hogsmeade, domani, se ti va." Lo disse con voce disinvolta.
Draco all'improvviso sembrò
più freddo, e i suoi lineamenti si irrigidirono.
"Non posso. Domani ho
quella piccola rimpatriata con mia madre."
"Oh."
Harry deglutì, cercando di
resistere all'impulso di chiedere 'Va tutto bene?', in quanto Draco non
l'avrebbe apprezzato, e di controllare la propria delusione.
Fu allora che Draco,
com'era sua abitudine, gettò all'aria tutti i programmi.
"Se vuoi puoi venire
con noi," buttò lì.
Harry esitò. Gli venne in
mente una donna dall'espressione altera, e il fatto che si trattava della
vedova di Lucius Malfoy.
Non aveva una gran voglia
di rivederla.
D'altro canto, però, non
aveva nient'altro da fare... e una giornata senza Draco gli sembrava
incredibilmente priva di attrattive.
"Allora va bene,"
disse cautamente.
Draco fece un sorriso
rapido e luminoso, quindi si stese all'indietro, col fuoco che giocava sui suoi
capelli, e suggerì di giocare a carte.
Fu così che Harry si
ritrovò a camminare goffamente dietro Draco mentre lui quasi correva
all'appuntamento con sua madre, nella piazza di Hogsmeade.
Era più bassa di come la
ricordasse.
"Salve, madre,"
disse Draco. "Questo è l'amico di cui ti ho parlato."
Narcissa Malfoy guardò
Harry, e sbattè le palpebre.
Disse in tono neutrale,
"E' Harry Potter."
"Complimenti per lo
spirito di osservazione, madre," osservò con calma Draco.
Narcissa sorrise e porse la
mano a Harry, che la strinse sentendosi piuttosto stupito.
"Significa che non
riceverò l'ultimo episodio di Perchè Odio Quell'Idiota Di Potter, Volume IV,
Parte VII? Che peccato. Era avvincente."
Narcissa non somigliava
molto a suo figlio, che era più simile al padre. Aveva i capelli dorati, alcune
ciocche più scure, e gli occhi di un blu glaciale. La sua pelle era leggermente
abbronzata.
Tuttavia c'era nei suoi
tratti una raffinata delicatezza che la rendeva simile a lui quando parlava e
mentre si muoveva, e il suo sorriso lento e vivo era proprio quello di Draco.
Harry capì cosa intendeva
Draco quando parlava di sua madre. I suoi occhi erano un po' freddi, e i suoi
modi con lui - era gentile, ma distaccata - erano praticamente gli stessi che
aveva con Harry. Eppure...
"Piacere di
conoscerla," disse, chiedendosi se fosse vero.
"Il piacere è tutto
mio," rispose secca Narcissa. "Sembri capace di formulare frasi
coerenti, che è più di quanto possa dire dei poveri Vincent e Gregory."
"Madre!"
Di certo era uno degli
argomenti preferiti della signora Malfoy.
"Draco ha dei gusti
discutibili in fatto di amici," continuò. "Esclusi i presenti,
naturalmente. Quella Pansy mi guarda sempre come se fossi la ragazzaccia
portata a casa da suo figlio, e, quanto a quel Blaise, mi sembra sempre che
stia tentando di sedurre almeno uno di noi."
Harry cominciò a capire che
anche il gusto di Malfoy per le conversazioni scandalose faceva parte del suo
corredo genetico.
"Bene, ragazzi,"
disse Narcissa, "dove volete andare? Sono a vostra completa
disposizione."
Draco strinse gli occhi con
fare studiato. Harry fece un passo indietro, allarmato.
"Non possiamo farci
vedere in pubblico con lui vestito in quella maniera," annunciò Draco.
*
Guardaroba Magico era da anni
uno dei più esclusivi negozi di abbigliamento, ideato su misura per le esigenze
sartoriali di qualunque mago.
Nonostante ciò, Harry vide
i commessi affollarsi con particolare ansia attorno ai Malfoy, non appena
furono entrati. Draco reagì con annoiata indifferenza, come se tutto gli fosse
dovuto. Narcissa sorrise discretamente e procedette a vele spiegate.
Harry desiderò tanto avere
il Mantello dell'Invisibilità quando Draco si tuffò alla ricerca di abiti sugli
scaffali, cominciando a parlare con voce alta e imperiosa.
"Assortimento alquanto
scarso, ovviamente. Oh no, con questo addosso saresti ancora più
orribile. Toglimi davanti quel coso giallo e fa in modo che non incroci più il
mio sguardo."
Narcissa volse a Harry quel
sorriso calmo e grazioso da hostess.
"Draco è sempre stato
interessato ai vestiti. Quand'era più piccolo mi preoccupava un po'."
Harry cercò di fare un
commento spiritoso. "E ha smesso di preoccuparla quando ha cominciato a
tirare le trecce delle bambine nel giardino della scuola?"
Narcissa si fermò a
riflettere.
"Non penso abbia mai
tirato le trecce alle bambine. Piuttosto faceva perdere i sensi agli altri
bimbi con secchiello e paletta. Non ha mai conosciuto mezzi termini."
"Ero un bambino
favoloso," s'intromise Draco. "Una delizia. Così educato. Così
precoce. E, ovviamente, così bello." Gettò una pila di vestiti a Harry.
"Comincia a provare questi."
"I suoi precettori
continuavano a licenziarsi," mormorò Narcissa, come se stesse parlando di
un bambino di cui aveva sentito parlare, piuttosto che di quello a cui aveva
dato la vita. Gli indicò i camerini. "Dicevano che era un mostriciattolo arrogante.
E che mordeva, anche."
Harry entrò con esitazione
nel camerino. Tanto per cominciare, non era abituato a cambiarsi nei camerini.
In più, era imbarazzante il fatto che Draco gli buttasse dentro un vestito ogni
due secondi.
Era come essere sotto un
diluvio di vestiti. E i vestiti...
"Malfoy, questi jeans non
sono della mia taglia."
"Ma certo che lo
sono," ribatté Draco allegramene. "Sono quelli che hai addosso a non
essere della tua taglia."
"Malfoy, nessuno di
questi vestiti è della mia misura!"
"Potter, fidati."
"No!"
"Potter, non vuoi che
le ragazze ti vengano dietro?"
"Io... cosa..."
Harry si fermò. "Dici?"
"Beh, no," disse
pragmatico. "Ma non possiamo certo trasformarti in me con la Polisucco,
per cui dovrai accontentarti."
Alla fine la pioggia di
abiti e il suono di Draco che insultava disinvolto la merce e i commessi del
negozio cessarono. Harry rimase a fare i conti col problema di entrare in
quegli stupidi vestiti.
"Potter, non riesci
neanche a vestirti?" gridò Draco. "Muoviti, o entro ad
aiutarti."
Harry si vestì più in
fretta di quanto avrebbe creduto umanamente possibile. Quindi uscì, con aria
decisamente perplessa.
"Molto bene,
Harry," lo lodò Narcissa.
Draco aggrottò la fronte.
"A malapena decente,
Potter. Il prossimo!"
Gli fece provare ogni capo
che gli aveva buttato nel camerino. E poi, per coronare l'affronto, glieli fece
comprare tutti.
*
Narcissa e Harry
camminavano sul molo sul lago di Hogsmeade al tramonto. Harry era esausto,
carico di borse... e piuttosto felice. Draco non si vedeva da nessuna parte.
"Presumo che questo
bizzarro cameratismo sia stato causato dal Torneo Tremaghi?" domandò
all'improvviso Narcissa.
Aveva anche lo stesso tatto
di Draco.
"Ehm. Sì,"
rispose Harry.
"Madre, smettila di
fargli il terzo grado," implorò Draco, comparendo dal nulla con un
lecca-lecca al sangue.
"Dove l'hai
preso?" chiese Harry, insospettito.
"Ho cercato."
"Cercato dove?"
Draco sorrise radioso.
"Hai presente la frase 'facile come rubare una caramella a un
bambino'?"
"Draco!"
"Malfoy!"
"Calmatevi,"
disse Draco, minimizzando, indicando una bancarella di dolci alla fine del
molo. "L'ho detto per creare l'effetto drammatico. Ehi, ho un'idea."
"Harry, sembri un
ragazzo dolce e cortese," osservò Narcissa. "Non dovresti proprio
frequentare persone come mio figlio."
Draco li circondò, sempre
sorridendo, e si appoggiò alla ringhiera del molo.
"Dovreste sposarvi,
voi due," suggerì. "Così potreste unire i vostri sforzi per allevarmi
come un essere umano civile. Avanti, Potter, sei un eroe, no? Adori i
casi disperati."
"Non così
disperati."
Narcissa e Draco risero.
"Credo che sia
spettata soprattutto agli elfi domestici la rogna di crescerti," commentò
Narcissa alla leggera.
Il sorriso scomparve dal
volto di Draco.
"Sì," disse
freddamente. "Me lo ricordo."
Saltò sulla ringhiera e
cominciò a camminare verso la fine.
Narcissa rimase a guardare
suo figlio. Per la prima volta Harry si rese conto di quanto fossero freddi i
suoi occhi blu.
"Non ho mai avuto un
grande istinto materno," disse. "Non sono mai stata molto interessata
ai bambini."
Harry restò in silenzio,
incerto di cosa dire.
"Quel po' d'interesse
che avevo era scoraggiato da Lucius. Non voleva che suo figlio crescesse
debole."
La voce cristallina di
Narcissa era priva di emozioni. "Sarebbe stato perfetto, se Draco fosse
somigliato ad uno di noi. Ma lui è sempre stato un po'... irruente. Prova
troppi sentimenti, e non è affatto bravo a nasconderli."
Harry personalmente pensava
che Draco avesse un vero talento nell'essere enigmatico. Tuttavia ripensò alla
voce gelida di Lucius Malfoy, la prima volta che l'aveva udita, quando aveva
avvisato suo figlio che non era prudente mostrarsi poco entusiasta di Harry
Potter. Draco non l'aveva ascoltato per niente.
Riconobbe inoltre la
differenza che c'era tra il sorriso di Narcissa e quello di Draco. Dietro
quello di Draco c'era una sfumatura di calore, una passione che mancava in
quella donna.
Considerato l'ambiente,
dopotutto Draco era venuto su piuttosto espansivo.
"Lucius ha sempre
cercato di reprimere quella sua caratteristica," meditò Narcissa,
"cosa che l'ha reso ancora peggiore, chiaramente. Avrai notato che Draco
non si lascia influenzare facilmente."
Harry biascicò qualcosa di
più educato rispetto a 'Questo è poco ma sicuro.'
"E ora... Lucius è
morto, siamo rimasti solo noi due, e Draco crede che... lui, beh. Lo
amava," concluse. "E io ho lasciato che lo amasse. Era più semplice
in quel modo."
Harry guardò verso Draco.
"Lui le vuole
bene," disse d'impulso. "Me ne sono accorto."
L'espressione contorta di
Narcissa gli ricordò intensamente un altro viso.
"Povero Harry,"
disse piano. "Madri ansiose che ti annoiano con le loro lamentele. Dubito
che ti stia divertendo."
"Non fa niente,"
mormorò Harry.
"Fa freddo su questa
ringhiera," gridò Draco verso di loro. "Quando si cena?"
Aveva di nuovo quel tono
arrogante, il tono che Harry pensava fosse causato dall'aver sempre ottenuto
tutto ciò che voleva. Ora che ci pensava, forse Draco riusciva ad ottenere ciò
che voleva solo quando fingeva che non gli importasse.
"Quando vuoi cenare,
Draco?" gli chiese sua madre.
"Immediatamente!"
Si fermò per meditare. "Cioccolata calda."
Harry si tolse quei dubbi
dalla testa, sostituendoli con quella divertita incredulità che lo perseguitava
ogni volta che era con Draco.
Narcissa mise una mano sul
braccio di Harry.
"Sono contenta che tu
e Draco siate amici," disse. "Lo voleva così tanto."
Harry stava guardando
Draco, che si scostava i capelli dalla fronte così delicatamente da farli
annodare e subito sciogliere nel vento. Rivide la struttura delicata di
Narcissa Malfoy nella magrezza dei suoi polsi, e nel profilo del suo viso e
della sua gola.
Vide anche uno sguardo
curiosamente indomito in quegli occhi che rifrangevano la luce argentata sotto
il cielo pallido.
"Scusi?" le
chiese Harry, un po' distratto. "Come dice?"
Sommario: Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla
guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel
momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di
quanto avesse mai immaginato. Avvertenze: amicizia molto strana. Potrebbe
nuocere alla salute.
CapitoloSette
Parlare chiaro
If you want me all you have to do is ask a thousand questions
Could you put a name to someone else's sigh?
Could you put a face to someone else's eyes?
Is it someone that you'd maybe recognise?
But it all fades into morning when you open your eyes.
[Se mi vuoi non devi far altro che un
migliaio di domande / Potresti dare un nome al sospiro di qualcuno?/Potresti dare un volto agli occhi di
qualcuno?/E’ qualcuno che magari
riconosci? / Ma tutto scompare al mattino appena apri
gli occhi.]
Draco
camminava impettito sotto le foglie verdi degli alberi nel recinto di Hagrid, chiaramente contrariato.
“La fine di
marzo,” disse aspramente, “preannuncia l’inizio di
aprile. Sbocciano il sole e la stagione serena, che annunciano a loro volta i
soavi cieli estivi.”
Scandì ogni
esse come se fosse un’offesa personale.
Harry
soffocò un sorriso.
“E la cosa ti dà fastidio perché…”
“Odio
l’estate,” disse Draco, stringendo gli occhi e
pronunciando quella parola come a mettere in guardia l’estate, ché se le avesse
messo le mani addosso…
“Ok,” rispose Harry con indulgenza,
guardando la pallida luce del sole e tornando con gli occhi su Draco. “Spiegami
perché.”
“Per il
sole, ovviamente,” rispose Draco. “Tutti con la loro
maledetta abbronzatura. Trovo inaccettabile che io sia l’unico a non prendere
colore. Ho fatto qualsiasi cosa mi sia venuta in mente. Ti abbronzi anche tu, suppongo?”
Harry sbatté
le palpebre sotto lo sguardo accusatorio di Draco. “Beh… un po’.”
Draco sbuffò
addolorato.
“Certo.
Bene! Non m’importa. Non mi dà fastidio,” disse a
Harry infastidito. “Sono solo un’imbarazzante mozzarella bianco smorto dodici
mesi all’anno. Fantastico.”
Contorse
l’angolo delle labbra e calciò con veemenza il muschio.
Harry nascose
un altro sorriso. Draco, a volte, si comportava proprio come
un bimbo imbronciato, eppure, inspiegabilmente, cominciava non solo ad
accettarlo, ma addirittura a trovarlo stranamente tenero.
Non gli era
mai passato per la mente che potesse avere il
complesso della carnagione pallida. Era… era parte di
lui, no?
Harry
osservò Draco, il cui colletto si era spostato quanto bastava ad esporre il
profilo di una clavicola. Il colore della sua pelle faceva sembrare le ossa più
aguzze, come se da un momento all’altro potessero forare la carne delicata.
C’era qualcosa di fragile nella sua pelle, che aggiunto ai capelli avrebbe
potuto renderlo infantile, se non fosse stato per
l’acuta intelligenza degli occhi.
Nessuno
aveva una pelle come la sua.
“…rivoltante,” concluse in tono disgustato.
Harry sbatté
di nuovo gli occhi. “Oh… no, guarda, sei… ehm… insomma, abbastanza bello.”
Evitò il suo
sguardo. Draco lo guardò scandalizzato.
“Brutto
idiota quattrocchi! Sono maledettamente favoloso,”
disse, incrociando le braccia. “Abbastanza bello, come no! Non sono mai stato
tanto offeso in vita mia.”
Harry
sospirò. “Come non detto. Magari quest’estate ti
abbronzerai… o ti verranno delle lentiggini, che ne so.”
Draco se la
prese ancora di più. “Lentiggini! Potter, non è divertente.”
“Ehm.
Scusa.”
“Ecco,
bravo, scusati,” mormorò draco. “Abbastanza bello.
Lentiggini. Una profanazione della mia pelle aristocratica. Prima
o poi, Potter, una ragazza ti mollerà uno schiaffo.”
“Continui a
farmi questa promessa, ma non la mantieni mai,” disse
Harry scherzando. “Mi avevi promesso che avrei avuto l’attenzione di tutti se
avessi comprato questi stupidi vestiti, e non hanno sortito
alcun effetto.”
“Certo. A GinnyWeasley è caduto il porridge perché le andava di rovesciarselo sulle gambe.”
“Io… non
c’entra niente con me!”
Draco
abbassò la testa e nascose un sorrisino, il che era quanto si avvicinava di
più, penso Harry, all’evitare di deriderlo.
“Beh,
Potter. Questa eventuale ragazza si prenderà una persona senza senso estetico
né tatto… ma con ciò non voglio dire che non sarà
fortunata.” Scosse il capo. “Non quanto la ragazza che avrà me, ovviamente.”
“Oh,
ovviamente.”
Draco si
morse il bordo del labbro, pensieroso.
“Anzi, ora
che ci penso è un onore troppo grande per non condividerlo. Forse dovrei essere
condiviso da un gruppo di eletti.”
Harry non
poté fare a meno di ridere. Era una bella giornata, il sole splendeva nel
cielo, e tra un minuto Draco avrebbe fatto smorfie
disgustate davanti alle ultime mostruosità di Hagrid.
Harry si appoggiò ancora al recinto, chiuse gli occhi e sorrise di nuovo.
L’urlo
squarciò l’aria.
E prima che
la sua mente potesse registrare ciò che aveva udito, addirittura prima che
aprisse gli occhi, l’istinto gli ordinò di afferrare il braccio di Draco prima
che iniziasse la folle corsa verso la scuola.
*
Irruppero
nella Sala Grande e in un tumulto totale.
Harry si
guardò intorno: nello scompiglio generale vedeva volti terrorizzati, ma non
riusciva a distinguerli, ecercava di dare un senso alle voci che non erano voci ma grida,
e… Era come un mare di rumore e squallore e paura, ma almeno lui era ancora
aggrappato al braccio di Draco.
Lo faceva
sentire… sicuro, come lo sguardo di Draco che lo cercò di scatto, anche lui in
cerca di conforto.
Ci aveva
appena fatto caso, quando il viso rigato di lacrime di
Hermione gli si parò davanti, e provò un’ansia tremenda e una fitta momentanea
di sgomento, perché sarebbe dovuto andare da lei… e proprio non voleva
staccarsi.
Hermione si
appoggiò a lui quando Draco si allontanò, e lo perse.
Guardò la sua testa bionda scomparire tra la folla di Serpeverde, nonostante
fosse circondato dai Grifondoro.
Vide il viso
spaventato di Ron, Neville con le guance bagnate di lacrime, i capelli rosso
fuoco di Ginny premuti leggermente sulla spalla di Dean, e capì,
capì con un senso di gelido e oscuro terrore prima che Hermione parlasse.
“Hanno preso
dodici studenti,” sussurrò con la voce rotta. “Tutti
in una volta, Harry, da tutte le case, e… Seamus è
scomparso. E’… lui è…”
Si
contorceva le mani e piangeva, lei che era sempre così forte, lei che non si
rassegnava mai. Harry le strinse una mano e per un attimo lei ricambiò la
stretta con ardore. Poi girò la testa e si appoggiò sul petto di Ron, si
abbracciarono forte e lui intrecciò le dita fra i suoi capelli. Hermione
continuò a stringere la mano di Harry. Harry si chinò un po’ su di loro,
socchiudendo gli occhi, fingendo che… Chissà. Che
fossero al sicuro, insieme e legati l’uno agli altri indissolubilmente, come
quando da piccoli erano alle prese con le loro avventure magiche, e niente
avrebbe potuto ferirli.
Seamus. Il
suo compagno di stanza, il suo amico. Seamus che aveva ancora la mascotte a forma di quadrifoglio
della Coppa del Mondo di Quidditch, nonché una cotta segreta ma molto discussa per PadmaPatil. Seamus.
No, smettila di pensarci!
“Chi… chi
altro?”
Ron era pallido
e stanco. Non riusciva a parlare.
Harry guardò
Dean, che era sempre calmo, maGinny era ancora appoggiata a lui, e Calì, la sua ragazza, sembrava devastata. Era chiaramente
occupato.
Alla fine fu di nuovo Hermione a parlare, la voce spezzata e affievolita
dai vestiti di Ron. Di solito riusciva a tenere i nervi saldi nei momenti di
crisi, anche quando tremava e sembrava sul punto di crollare.
“Non… non lo
so. Soprattutto i più giovani… Orla Quirke, il
fratello minore di B-Blaise Zabini, e… qualcuno del primo anno. Non so i loro nomi, io…” La sua voce si mutò in pianto. “Non li
conoscevo…”
“Hermione,
va…” prese a dire Harry.
Ron, che di
solito non era espansivo, le baciò i capelli e la strinse a sé. “Va tutto bene,
amore,” disse, sistemandosi la sua testa sotto il
mento. “Va tutto bene.”
Il fratello
minore di Blaise Zabini… Harry non poté fare a meno di guardare i Serpeverde.
Draco era
inginocchiato, una posizione in cui non l’aveva mai visto prima. Il suo viso
era pallido e deciso, e stava parlando con un ragazzino del primo anno.
Harry vide
le sue labbra formare le parole “Non devi avere paura,”
un ordine quasi violento, ma lo disse con tale sicurezza che anche il ragazzino
assunse un’aria più sicura.
Continuò a
guardare, senza capire come mai quella visione lo colpisse
tanto.
A quel punto
Draco si decise ad avvicinarsi a Zabini.
Harry cercò
di distinguere l’espressione sul volto di Zabini, ma aveva la testa piegata
verso il basso.
“Oh, Harry,” bisbigliò Ginny, “come faremo?”
Harry le
prese una mano e la strinse, e lei gli si avvicinò, grata. Povera dolce Ginny. Per lei poteva essere ancora un eroe… o almeno un
amico.
“Non lo so,” disse, notando i suoi occhi lucidi. “Però
non piangere, Ginny. Ti prego.”
Lei lo
strinse forte, aggrappandosi al suo braccio.
Harry vide i
capelli di Draco sfiorare la manica di Zabini.
Ed ecco che il chiasso, la confusione e l’angoscia che lo circondavano
si calmarono, perché Silente si era alzato in piedi e tutti si erano girati a
guardarlo.
Il preside
era vecchio e fragile, ma non era tanto lui quanto le speranze che in lui erano riposte ad essere d’aiuto.
L’unico mago che Voi-Sapete-Chi avesse mai temuto.
Hermione e Ginny cercarono entrambe di asciugarsi le lacrime.
Il professor
Silente continuava ad avere un tipo di magia molto speciale.
“Siamo in
guerra,” si limitò a dire. “In guerra non si possono
evitare gli orrori. Ciò che mi consola è la convinzione che voi tutti
soffrirete coraggiosamente. Sono convinto che riusciremo a riavere coloro che sono stati presi. Sono certo che coloro che sono rimasti continueranno a battersi.”
La sala era
piena di volti illuminati da una speranza disperata.
“So di poter
contare sul coraggio di ognuno di voi. Il professor Lupin discuterà le ulteriori precauzioni
da prendere durante le riunioni del Giovane Ordine, ma la cosa più importante
per tutti voi, in questo momento, è solo affrontare il pericolo e mantenere la
convinzione che stiamo lottando per una giusta causa, e che non saremo
sconfitti.”
Attorno a
Harry la tensione sembrò placarsi, e sui volti si fece
strada una convinzione sempre maggiore.
I
Serpeverde, osservò Harry, guardavano Silente con rispetto, ma senza quella
fede luminosa. Per loro non avevano mai dato importanza a ciò che era
importante per il resto della scuola. Draco si era rimesso in
piedi, sicuro e biondo e quasi simile ad un cavaliere dall’armatura
scintillante, se non lo si guardava negli occhi. I Serpeverde facevano calca
attorno a lui. La sua mano era posata sul braccio di Blaise Zabini.
Restarono
accanto a lui mentre uscirono dalla sala, e Harry
pensò, dov’è Snape?
Hanno bisogno di qualcuno… Draco ha bisogno di
qualcuno…
Avrebbe
voluto parlare con lui per un attimo, ma adesso stava con
i Serpeverde. Era loro.
Così Harry
assunse un’espressione coraggiosa e abbracciò fraternamente Ginny,
e raggiunse con tutti gli altri la
Torre di Grifondoro. Si strinsero
tutti nella sala comune, perché nessuno aveva voglia di guardare i letti vuoti,
e inoltre stare in gruppo trasmetteva sicurezza.
Harry si disse che il suo posto era con loro, e bastò quello per confortarlo.
*
Hermione e
Ron finirono per addormentarsi abbracciati sul divano nella sala comune,
stringendosi forte per combattere il dolore. Era tardi quando
Harry salì le scale aiutando Neville e Dean, che
erano esausti e scossi.
“Buonanotte,
Harry,” disse Ginny quando
furono arrivati.
“Notte.” Si
chiese cosa stesse facendo Draco in quel momento.
Il tragitto
fino al suo letto fu rapido, tremendamente rapido.
Cercò di non guardare il letto di Seamus, cercò di
non guardare gli altri mentre facevano lo stesso e
fingevano che ogni loro più piccolo gesto non fosse rigido e terrorizzato.
Tentò di non pensare alla solitudine, e al fatto che alcuni erano
stati rapiti durante il sonno. Cercò di ripensare alla luce del sole
poco prima, alle risate.
Non
funzionò. Continuava a rigirarsi tra le lenzuola al pensiero di chi sarebbe
stato il prossimo, Hermione, Ron, Ginny, Dean… e nel mezzo di quell’incubo
e dell’ansia si addormentò e…
Stava
nuotando nel lago di notte. Si sentiva particolarmente pesante nell’acqua, come
sul punto di sprofondare.
Che poi
voleva dire annegare, no? L’idea gli sembrò stranamente rasserenante.
Hermione gli
passò accanto su una delle imbarcazioni con cui Hagrid
trasportava i ragazzi del primo anno, e aveva accanto una lanterna che
illuminava il suo libro.
La chiamò, e
lei rispose, “Harry, ho da fare. Devo combattere una
guerra. Potresti star zitto, per favore?”
Quando
passò il battello seguente vide Ron, immerso negli schemi delle strategie di Quidditch. Gridò il suo nome, ma
Ron alzò la testa e disse,
“Scusa,
Harry, ma appena finiti questi devo stare un po’ con
Hermione.”
Diventava
sempre più pesante.
“Sorbetto al
limone.”
Harry si
voltò e vide Draco in acqua.
“Che… che
cos’hai detto?”
Draco rise,
con un suono simile al lieve tremolio del lago. Nuotò all’indietro, la pelle
bagnata lucida e candida.
“Di chi ti fidi?”
A quel punto
Harry si tese per toccarlo, e si svegliò.
Era notte
fonda, e il suo letto era più freddo del lago. Dean e
Neville stavano dormendo, li sentiva, e sentì il
bisogno di fuggire all’assenza del leggero russare di Seamus.
Voleva
andare a parlare con Draco, ma nel bel mezzo della notte doveva star dormendo,
inoltre vagare per i corridoi di quei tempi…
Harry si
alzò e si sedette sul davanzale a guardare la pallida alba
mentre sorgeva il sole.
“Sei sveglio, Harry?” chiese sottovoce Dean.
“Io… sì. Ho
fatto un brutto sogno.”
Poteva parlare
con Draco a colazione.
“Su cosa?”
Harry
aggrottò la fronte. “Non… non mi ricordo.”
*
Draco non
c’era a colazione, e quel giorno non avevano lezioni in comune coi Serpeverde. A pranzo era circondato da persone, a cena
Harry era occupato a discutere con gli altri Grifondoro
della fine della storia tra Dean e Calì avvenuta quella mattina, e a chiedersi se c’entrasse qualcosa GinnyWeasley.
Draco aveva
prenotato il campo di Quidditch per dopo.
Per qualche
strano motivo Harry guardò gli allenamenti dalla finestra della torre, ma non
riuscì a trovarsi faccia a faccia con Draco fino alla
riunione del Giovane Ordine.
Draco era
appoggiato allo schienale della sedia, col viso molto pallido. Aveva delle
ombre lievi sotto gli occhi, e i capelli leggermente fuori posto.
Sembrava che
non avesse dormito per niente.
E’ scandaloso. Qualcuno dovrebbe
occuparsi dei Serpeverde. Finirà per ammalarsi.
Pansy gli
stringeva una mano, e lui la lasciava fare con aria regale. Blaise Zabini gli
stava appiccicato al fianco. Tutti i Serpeverde erano stretti attorno a lui,
più vicini che mai.
Harry capì
il perché grazie alle parole di Lupin.
“Il
professor Snape è fuori a raccogliere informazioni
che aiuteranno a spiegare l’ultimo attacco. Il professor Black e io prenderemo il suo posto.”
Harry si
chiese vagamente se fossero così disperati da lasciare che Sirius
insegnasse di nuovo ai Serpeverde. Silente stesso l’aveva vietato dopo la Grande Guerra dei
Punti del sesto anno, quando Sirius e Snape avevano cominciato un circolo vizioso
di rimozione punti e sia i Grifondoro che i
Serpeverde erano finiti con punteggi negativi. Ricordava anche che c’era stata
un’ammucchiata fuori dall’ufficio di Silente, in cui
tutti avevano smesso di urlare per mettersi finalmente le mani addosso.
Ricordava di aver cercato di spaccare la testa a Draco contro il muro di
pietra, prima che uscisse Silente.
A Draco era
sempre piaciuto Snape, ed era chiaro che sapeva già della sua assenza. Qualche ragazza Serpeverde
sembrava sull’orlo delle lacrime.
Draco
guardava Lupin, e sembrava calmo e assorto. A Harry
non pareva troppo sconvolto.
“Verrà introdotto un nuovo regolamento di sicurezza,”
proseguì Lupin. “Ai ragazzi dal primo al terzo anno è
assolutamente proibito lasciare le sale comuni senza un insegnante. Inoltre, i
prefetti saranno in servizio a tutte le ore per assicurarsi che fili tutto
liscio. Nessuno dovrà lasciare l’edificio se non con la classe intera, e gli
allenamenti di Quidditch saranno supervisionati da
Madama Bumb. Nessuno, per nessuna ragione al mondo,
potrà andare in giro da solo. Inclusi i Giovani Consiglieri. Harry Potter, ti
ho visto camminare per la scuola da solo, ieri. Che
non accada più.”
Harry vide
l’ansia negli occhi di Lupin, e si sentì male per
averlo fatto preoccupare. Ma dovevo vedermi con Draco. Se non possiamo andare in giro da soli per incontrarci, e
non possiamo uscire, come farò d’ora in poi a vederlo?
“Mi rendo
conto di quanto soffrano molti di voi,” disse
dolcemente Lupin. “Ma tutte
le informazioni raccolte finora da Snape portano ad
affermare che le persone scomparse non sono morte. Voi-Sapete-Chi sta mostrando da tempo grande
interesse per l’incanto Captus.”
Fu Ginny ad alzare timidamente la mano e a chiedere cosa
fosse.
Lupin, che
di solito incoraggiava le discussioni, chiese se ci fosse
qualche studente in grado di spiegarlo, e la forza con cui Hermione sparò in
aria la mano la fece quasi sobbalzare sulla sedia.
Ma fu
Draco che parlò senza essere interpellato, con voce pigra e quasi distratta.
“E’ la
versione nuova di un incantesimo antico,” illustrò
lentamente. Harry guardò le sue lunghe, pallide dita giocare oziosamente con
una piuma. “In passato, quando noi maghi eravamo più potenti e più numerosi,
potevamo creare un mondo a parte, intrappolarlo in una piccola sfera, e intrappolarci dentro persone vere. In questo modo, entrandoci,
la sfera diventava il nostro regno, quelle persone i nostri schiavi.”
Non sembrava affatto disgustato dall’idea, anzi, sembrava affascinato, ed era
simile a quei piccoli ritratti di maghi antichi nei libri del professor Rüf, tutto tratti da purosangue e raffinata crudeltà.
Ron borbottò
qualcosa come, “Ci avrei scommesso che lo sapevi, tu.”
“Lo sa anche
la tua ragazza, Weasley,”
ritorse Draco. “La magia necessaria per creare interi mondi è andata perduta,
ma si pensa che la Magia
Oscura sia stata usata di recente per creare prigioni
all’interno di sfere. Un migliaio di piccole Azkaban che Voi-Sapete-Chi può
portarsi in tasca, che i Dissennatori possono
custodire e da cui non si può scappare. Il vantaggio, per lui, è che può
torturare i nostri per ottenere informazioni e convertirli, e magari usare i
purosangue per programmi di procreazione, più avanti. Il vantaggio per noi sta
nel fatto che… forse possiamo liberarli.”
La voce di
Ron si fece un po’ più alta.
“Strano che
tu sia così informato sulla Magia Oscura, Malfoy.”
Draco si
appoggiò allo schienale della sedia.
“Conosci il
tuo nemico, Weasley.”
“Certo,
perché la tua famiglia è sempre stata così contraria alle Arti Oscure,” ribatté Ron. “Tuo padre non ti ha insegnato…?”
“Ron,
smettila!” esclamò Harry.
“Non dire una parola su mio padre.”
Il tono
deciso di Draco spinse Pansy ad avvicinarglisi,
ma lui se la scrollò di dosso con fare imperioso. Harry stette ben attento a
non incrociare lo sguardo scioccato di Ron.
“Credo sia
meglio evitare le offese personali, signori.” La voce
di Lupin era tranquilla, ma
autoritaria. “Si è spiegato perfettamente, signor Malfoy, grazie. Altre
domande?”
Blaise parlò
con voce decisa, quasi accusatoria.
“E’vero che
il Signore Oscuro sta agendo con l’aiuto di qualcuno
dentro Hogwarts?”
Draco ha parlato con lui.
Però aveva
senso, così come l’aveva quando Draco ne aveva parlato
con Harry. Era una cosa che sapevano tutti, anche se molti non ne parlavano se
non sussurrando.
Lupin
guardò Zabini dritto negli occhi. Harry sapeva che non avrebbe mai mentito ad
uno dei suoi studenti.
“Sì, io
credo di sì. Ma non abbiamo idea di chi possa essere.
Posso solo invitare tutti voi ad essere discreti e a
stare all’erta per qualsiasi segnale che indichi comunicazioni con il nemico.”
Tutti si
guardarono intorno con timore e sospetto. Una cosa del genere poteva portare
alla paranoia, e forse era proprio quello il piano di Voldemort.
Harry si
ritrovò a osservare i volti attorno al tavolo in cerca
di segni di colpevolezza, e la cosa lo sconvolse.
“Grazie. I
prefetti possono scortare gli altri nelle rispettive sale comuni, adesso. Il
Giovane Consiglio deve discutere ulteriori misure di
sicurezza.”
Harry sorrise a Ginny quando lei si alzò,
perché era bianca e spaventata, come se non si fosse ancora resa conto di ciò
che aveva detto Lupin. Lei ricambiò, seppur con un sorriso
tremante.
Pensò di
stringerle la mano, ma fu distratto da Pansy che
continuava a dare piccoli bacini sulla guancia a Draco. Draco glielo lasciava
fare, e le labbra di Pansy sfioravano appena la
delicata linea bianca del suo zigomo. Harry pensò, ma a lui non piace che la gente lo tocchi, non
vuole che lo faccia…
In quel
momento Pansy si tirò via, affiancata da altre
ragazze Serpeverde e da Tiger e Goyle,
e lasciò Blaise e Draco. Harry vide Blaise spostare la sedia più vicino a
quella di Draco, quando se ne furono andate.
“Bene,” disse Lupin con fermezza,
appena la porta si chiuse dietro l’ultimo studente non-membro del Consiglio.
“La situazione è grave. Dobbiamo agire tutti per questa emergenza,
e questa è una delle cose che dobbiamo fare. Ecco delle mappe di Hogwarts, con su segnati i punti
che potrebbero essere vie di fuga in caso di pericolo. Sono incantate in modo
da mostrare le coordinate di chiunque sia nella scuola.”
La versione in tempo di guerra della Mappa del Malandrino, per gentile
concessione dei signori Felpato e Lunastorta.
“Noi
insegnanti abbiamo bisogno di aiuto per perlustrare
questi punti di notte, così, con l’aiuto del signor Boot,
ho preparato un orario per voi…”
Distribuì le
mappe e gli orari, e Harry prese i suoi automaticamente, prendendo
una piuma per scriverci su il suo nome, e ascoltando Lupin
mentre elencava i loro nomi.
“E il
martedì notte PadmaPatil e
la professoressa Sinistra controlleranno la statua
della strega con un occhio...”
Una lista di
nomi, e Harry la lesse, e Lupin la lesse
a voce alta, e…
“… eHannaAbbott
si occupe…”
“Hei!” disse Harry, a voce troppo alta, assolutamente
inappropriata in quel contesto e praticamente gridando
chiaro e tondo che non gliene fregava niente. “E io
cosa faccio?”
Lupin
abbassò le palpebre come a volersi isolare dal dolore di Harry. Hermione si
rifiutò di guardarlo negli occhi. Draco lo fece, ma il suo sguardo era
assolutamente inespressivo.
“Perché il mio nome non è sulla lista?”
“Beh, Harry.
Pensiamo tutti che sarebbe saggio tenerti lontano dai
pericoli. Nessuno dubita che saresti utile…”
Harry rise:
un suono divertito che, non fosse stato per la scintilla negli occhi di Draco,
avrebbe stentato a credere provenisse da se stesso.
“Semplicemente
non credete che potrei rendermi utile. Credete di dovermi proteggere.”
Era una
parola semplice, proteggere, una
parola che era intensa in senso positivo, ma che
strangolava senza pietà.
Non voglio la vostra pietà. Non
voglio niente di tutto questo. E non ho più voglia di
sopportarlo.
“No, Harry,
sii ragionevole…”
“Se non posso essere come gli altri Consiglieri, allora
perché mi avete fatto entrare in questo stupido Consiglio? Dovremmo
lavorare per proteggere il resto della scuola, non dovremmo essere
inermi né accuditi come bambini, e… non
mi toccare…”
Hermione
tirò via la mano di scatto, come se Harry l’avesse morsa.
“Harry, devi
capire che sei il bersaglio di Tu-Sai-Chi…”
“Siamo tutti
il bersaglio di Voldemort!” urlò Harry, pronunciando quel nome con rabbia.
“Siamo in guerra! Non voglio essere al sicuro mentre
tutti gli altri sono in pericolo, non voglio che tutti stiano in pena per me,
non voglio essere debole e forse non
voglio essere Harry Potter.”
Ecco
finalmente il segreto, la finzione smascherata, ci erano
rimasti male tutti, e a Harry non importava più un cavolo.
“Harry…”
“Taci! Non sono un debole orfanello, non c’è bisogno di tenermi in un
guscio o di cercare di farmi star meglio. Sono un membro del Consiglio, e se
non posso essere trattato in quanto tale… fanculo il
Consiglio. Fanculo il Torneo Tremaghi. Efanculo tutti voi.”
E finalmente
ci fu una scintilla di emozione negli occhi di Draco:
sembrò quasi che stesse per parlare, ma in quel momento Harry distolse lo
sguardo e corse via dalla stanza.
*
Harry
inclinò la testa all’indietro contro il muro e si disse
che non avrebbe pianto.
Era ancora
tremendamente furioso, aveva nel petto un magone
rovente, ma la rabbia cominciava a lasciare il posto alla desolazione. Era così
stanco di tutto.
Era successo
altre volte che gli saltassero i nervi: incidenti
minori rispetto all’ultimo, ma in ciascuno di essi c’era stato una specie di
copione secondo cui, dopo un ragionevole lasso di tempo, Hermione andava a
cercarlo. Poi lo riportava nella Torre Grifondoro,
dove tutti lo trattavano con quell’orribile
compassione.
E lui lo
aveva accettato. Non poteva deluderli. Era Harry Potter, la povera vittima
pietosa, il ragazzino eroe.
Strinse i
denti finché la mandibola non gli fece male.
Già se
l’immaginava. Il passo leggero di Hermione nell’atrio tra mezzora, il suo
gentile bussare, il suo tatto: non era arrabbiata
perché erano tutti in pensiero per Harry…
Fu allora
che sentì dei colpi che rischiarono di buttar giù la porta.
“Potter!
Fammi entrare, altrimenti faccio saltare la porta e ti fracasso il cranio coi pezzi!”
Draco.
Nessun altro poteva avere quel tono così aristocratico e incazzato
al tempo stesso.
“Che ci fai qui?”
“Alohomora!” La porta si spalancò all’istante. Draco era
sulla soglia che si guardava intorno con aria delusa. “Vitious
non sa proprio chiuderla bene la classe di Incantesimi.”
“Potevi
aspettare che ti aprissi,” disse Harry.
“I Malfoy
sono noti per la loro pazienza.” Draco sogghignò. “Nel
senso che la gente ci indica, dice che soffriamo di
una terribile mancanza della stessa, e poi racconta storie su mio zio, una sala
d’attesa e un orso.”
Improvvisamente
a Harry venne in mente cosa ci faceva lì Draco.
Era lì per
offrirgli comprensione. Era amico di Harry, l’aveva visto soffrire ed era stato
male per lui. E ora era lì a confortarlo e
rassicurarlo.
Oh, Draco. Pensavo che
fossi diverso!
“Ora,” disse Draco, effervescente. “Già che ci sono, voglio
sapere cosa diavolo era quel piccolo stupido exploit di autocommiserazione.”
Harry lo
fissò.
Ok. Era
ancora diverso.
E anche
piuttosto offensivo.
“Non era
auto…”
Draco
inclinò il capo. “Forse non voglio essere Harry Potter,”
citò in falsetto. “Forse Neville Paciock non vuole
essere Neville Paciock. E io
non gli darei certo torto se non volesse. Sono certo che un sacco di persone vorrebbero cambiare identità di questi tempi, ma nessuno di
loro interrompe riunioni maledettamente importanti del Consiglio.”
Harry
sollevò la testa. “Non si tratta solo della riunione del Consiglio!” Come osava
Draco comportarsi come se fosse Harry ad avere torto? Come osava chiedergli di
giustificarsi?
“Oh, qui ti
do ragione,” rise Draco, prendendolo in giro. “Passi
la metà del tuo tempo a lamentarti e a far passare l’appetito al prossimo. Cazzo, è ridicolo.
Ti
suggerisco di smetterla.”
Harry balzò
in piedi.
“Io ti
suggerisco di non mettere il naso in cose che non capisci!”
Si accorse
di aver stretto i pugni. Draco abbassò gli occhi su quei pugni e curvò un
angolo della bocca.
“Illuminami.”
Sogghignò. “Oppure colpiscimi, Potter. Come
preferisci. La conoscenza è potere e il potere è divertente, ma una sana
azzuffata non fa mai male.”
“Oh,
sparisci e smettila di fare il bastardo!”
Non lo
avrebbe colpito. No.
“Posso
provare la mia legittimità, Potter. Fino a dodici generazioni, se necessario.”
Beh. Magari
una volta sola.
Avanzò fino
a costringere Draco a reclinare la testa all’indietro. Cercò di mantenere la
voce distaccata.
“Smettila di
prendermi in giro! Non sai cosa si prova.”
“Cosa si prova quando?”
La voce di
Draco era quasi annoiata, ed era una cosa irritantissima, così Harry prese fiato e gli raccontò tutto.
“Cosa si prova quando tutta la scuola ti compatisce! Quando tutti sanno che hai fallito e che una persona è
morta! Cosa si prova ad essere un povero fragile orfanello di
cui non si fida nessuno, che tutti proteggono, che tutti coccolano. L’hai visto. Lo sai. Lo sanno tutti. Il modo in
cui mi hanno eletto capitano della squadra di Quidditch, e campione per il Torneo Tremaghi, il modo in
cui tutti cercano sempre di farmi sentire
meglio, anche se nessuno mi lascia fare niente perché sanno che sono
inutile! Lo odio, è… è insopportabile ed è… è…”
Harry si
fermò per prendere fiato. L’ho detto, pensò,
stordito. L’ho detto, e adesso Draco
capirà…
Gli occhi di
Draco erano spalancati.
“Cazzate,” disse.
Harry sbatté
le palpebre. “Cosa?”
“Perché dici tante cazzate,
Potter?” domandò Draco. “Cadevi spesso sulla testa, da piccolo?”
“Malfoy, se
hai intenzione di ridere dei miei sentimenti…”
“Certo che
ho intenzione di ridere dei tuoi sentimenti. E’ quello che fanno
i Malfoy.” Guardò Harry dall’alto del suo naso. “E ho
anche intenzione di chiederti perché hai deciso di vomitarmi nelle orecchie
queste idiozie melodrammatiche. Mi sento violato, francamente. Hai fallito e
una persona è morta, cavolo, ok. Non sei riuscito a
battere il Signore Oscuro e i Mangiamorte,
tutto solo all’età di quattordici anni. Già, lì sì che hai
deluso tutti. Se solo ci fosse stato Paciock,
al tuo posto, avrebbe certamente salvato Diggory
sacrificandosi eroicamente.”
“Non è
divertente!”
Però in effetti suonava stranamente più convincente di Non è colpa tua, Harry. Non c’era niente che
potessi fare.
Draco
continuò impietoso.
“Perché ti
hanno eletto capitano, per l’amor del… Hai ragione, Potter, dev’essere
stata di certo compassione. Avrebbero
proprio dovuto dare quel ruolo al
bimbo prodigio della squadra, il giocatore più giovane del secolo… ehi, aspetta
un attimo, l’hanno fatto! Ancora un po’ e mi dirai che
ti lasciano vincere le partite, quando le hai vinte ogni volta che eri
abbastanza in salute da giocarle, dal primo anno. Ma almeno ti ascolti quando ti lamenti? Datti una calmata!”
Aveva un’espressione esasperata, sembrava avesse voglia di colpire Harry con
una sedia. Draco non avrebbe potuto essere più stronzo,
considerato il fatto che si trattava dei sentimenti sinceri di una persona: si
stava comportando come l’idiota egoista e insensibile che Harry aveva sempre
voluto prendere a pugni fino allo svenimento, e…
Draco aveva ragione. Era grandioso.
“Già, ti
coccolano tutti. Cos’altro ti aspetti, se porti sempre
il broncio per la tua Grossa Grassa Tempesta Emotiva? Sono i Grifondoro, Potter, gli inutili bacchettoni, nel caso non
te lo ricordassi. E’ ovvio che saranno carini con te. Dubito che l’unico
obiettivo della loro vita sia proteggerti e viziarti, a parte quella rimbambita
di Weasley e quell’inquietante
Canon. E poi dicono che io sono vanesio. Assurdo.”
Draco espirò
a fondo.
“Questa
scuola è piena di gente a cui non frega un cazzo di
Harry Potter e delle sue patetiche crisi. Povero, fragile orfanello.
Riprenditi, Potter, continuano a scomparire studenti e nessuno ha il tempo di interessarsi a te o ai tuoi adorati gen…”
“Attento, Malfoy.”
Harry avanzò
così furiosamente che quasi sentì il battito di ciglia di Malfoy sulle guance,
quando chiuse gli occhi.
“Fanculo, Potter.” Ma non terminò
quella frase. “Dov’ero rimasto? Ah, sì. Stavo
demolendo il tuo bel castello di illusioni. Ti
proteggono perché sei tenero e debole. Giusto?”
Di certo
Harry non avrebbe usato quelle parole, ma… “Sì…”
“Certo. Ora
tutto quadra. Non è possibile che siano preoccupati per te per ragioni
legittime. D’altronde chiunque in questa scuola almeno una volta ha sventato i
piani di conquista del mondo del Signore Oscuro. Lupin non può aver preso in esame questa cosa e aver deciso
di non usarti come guardia invitando le forze oscure a precipitarsi qui decise
a farti fuori.”
Harry lo fissò.
Non ci aveva mai pensato.
“E’ questo
che credi?”
“A dire il
vero, no,” rispose Draco. “Tu-Sai-Chi
ti odia, lo sappiamo tutti, e penso che se ci fosse stata
una possibilità di catturarti l’avrebbe già fatto. Credo che tu sia una delle
persone più al sicuro, a scuola. Ma sicuramente capisco Lupin,
e né io né nessun altro pensiamo che tu abbia bisogno
di qualcuno che ti stringa la mano mentre cammini per i corridoi.”
Fu in quel
momento di tremolante sollievo, con il pensiero fluttuante che forse, ma forse,
Draco aveva ragione… che Harry si rese conto che aveva torto.
“C’è il
Torneo Tremaghi,” disse, alzando il mento. “L’hanno
organizzato praticamente con le stesse prove, solo per
tirarmi su e metterci una pietra sopra. Spiega quello.”
Draco lo
fissò incredulo.
“Sei stato proprio
fortunato a non finire a Serpeverde,” disse a Harry.
“Se avessi dovuto ascoltare queste chiacchiere per sei anni, avrei dato di
matto e ti avrei ucciso con un manico di scopa.”
“Oh, hai
un’altra idea?”
Draco spinse
Harry indietro di qualche centimetro, così da avere lo spazio per sporgersi in
avanti.
“Ti sembrerà
strano ma sì. E la mia idea è molto più plausibile,
cosa assai meno strana dato che la tua è la più stupida che abbia mai sentito.
Nessuno organizza tornei internazionali per rallegrare scolaretti intristiti. I
tornei servono a rallegrare tutto il
mondo magico. Non capisci che Beauxbatons è stata
chiusa, e che hanno dovuto prendere il loro terzo campione dai patetici avanzi
di una scuola di magia in Francia? Credi davvero di essere
tanto importante?”
Harry
avrebbe risposto di no, ma l’unica cosa che sembrava essere in grado di fare
era fissare Draco mentre la speranza gli affiorava
alla bocca dello stomaco.
“Per favore,
Potter,” disse Draco nel suo tono più sdegnoso.
“L’hanno organizzato per dare coraggio al mondo dei maghi. E’ stata una mossa
molto semplice per far sì che ci fosse altro da scrivere sui giornali, oltre
alle sparizioni. E scusami tanto, ma non credo che
abbiano tempo da perdere per cambiare le prove. Siamo nel mezzo di una guerra,
e poi… sono certo che farebbe piacere a tutti, se tu vincessi. Sei Harry
Potter, dopotutto. Sarebbe bello per i giornali. Ma non credo
affatto che sia stato messo su per il tuo bene.”
Draco lo
sorvegliò, come se non credesse che si potesse essere tanto stupidi. Harry quasi sussultò.
Quindi
spinse Draco contro il muro.
“Se stai
cercando di consolarmi, non ti perdonerò mai,” giurò.
Draco lo
spinse via.
“Io non
cerco di consolare la gente,” rispose immediatamente.
“E non mento che per i miei interessi. Perciò perché non ci dai un taglio col teatro amatoriale,
Potter, e mi spieghi perché?”
Si aggiustò
i vestiti e raggiunse la bassa scrivania di Vitious, appoggiandovisi,
senza dare a vedere che l’altezza lo disturbava.
Harry lo
seguì con lo sguardo.
“Perché cosa?” chiese.
Draco
sorrise, un sorriso fulmineo e luminoso. “Se è da anni
che sei convinto che la gente pensi questo di te… se è per questo che a volte
hai un muso lungo fino al pavimento… perché hai lasciato che lo pensassero? Non
sei un tipo falso. Cosa stavi nascondendo?”
Harry si
sedette sul pavimento. Praticamente ci cadde.
“Malfoy,
non…”
Si tirò le
ginocchia al petto, ci posò il viso, e forse dopotutto era davvero un bimbo, e
Draco aveva il diritto di essere spietato.
Draco gli si
avvicinò, e Harry lo sentì sedersi davanti a lui.
Harry alzò
gli occhi e incrociò il suo sguardo intenso.
“A me puoi dirlo,”
disse.
“Ho solo
lasciato che pensassero ciò che volevano, va bene?” scattò Harry. “Non c’è
niente di male. Se volevano credere che fossi un
martire innocente, era meglio…”
“Cosa sei?” Draco gli lanciò le parole, veloci, fredde e
dure.
L’emozione morse Harry all’interno. “Sono… oh, al diavolo!”
Ricordò
l’odio per gli assassini dei suoi genitori, e lo sguardo sui volti innocenti e
terrorizzati di Ron e Hermione.
Harry non vuole uccidere nessuno,
vero, Harry?
L’odio accecante che aveva provato per Voldemort sentendo dei genitori
di Neville, e poi dopo Cedric… sapere che nessun
altro avrebbe mai potuto sapere cosa pensava il piccolo eroe, sapere che non
era davvero innocente quanto loro, sapere, adesso, che doveva dirlo a qualcuno. A Draco.
“Odio
Voldemort,” disse Harry con trasporto, con la lingua
che si caricava di veleno. “Lo odio. Lo detesto, più di quanto gli altri
possano immaginare, voglio ucciderlo, adorerei ucciderlo… e non dovrei provare queste cose!”
Si era
sporto in avanti, solo le sue ginocchia lo separavano da Draco, e Draco non esitò un secondo.
“Anch’io,” disse deciso. “Anch’io lo odio.
Non vuol dire che debba sentirti in colpa.”
Ed ecco quella
gelida e tagliente amarezza nella voce di Draco, quella furia omicida, e Harry rabbrividì al pensiero e capì, e non era il disgusto
automatico che si era aspettato. Non c’entrava niente con ciò che si era
aspettato.
Abbassò di
nuovo la testa sulle ginocchia, prendendo un respiro inerme.
Sentì il
tocco di Draco tra le scapole, leggero e fugace.
“E’ tutto
qui quello che ti tormentava?” domandò. “Solo il fatto che vuoi vendetta e non
pensi che gli altri capirebbero? E’ perfettamente naturale, è
perfettamente normale, e loro potrebbero capirlo. E anche se non lo facessero, va benissimo essere diversi da loro e…” Draco si
fermò. “Potter… stai piangendo?”
Harry alzò
il viso indignato. “No!”
Draco parve
distintamente sollevato. “Oh. Beh. Bene. Stavo per correre a chiamare Granger. Tutto a posto, allora?”
Aveva
nascosto tutto così bene, come un segreto colpevole, perché non era giusto
sentire quella rabbia cieca che gli tamburellava dentro.
Come il segreto di essere quasi finito a Serpeverde, che non
aveva mai svelato né a Ron né a Hermione. Ma
l’aveva detto a Draco, che era un Serpeverde e che comprendeva il dolore,
l’odio e l’ira mortale.
L’aveva
detto a Draco.
“Diciamo di
sì,” rispose Harry. Si sentiva completamente
prosciugato.
Riuscì a
sentire Draco sporgersi in avanti per sbirciare il suo viso, sentì il suo peso sulle gambe, e fu come se mancasse qualcosa, quando
quel peso sparì. Draco sembrava soddisfatto di ciò che aveva visto.
“Sei un po’
idiota, Potter,” osservò senza reale rancore.
Harry si inclinò all’indietro. “Può darsi,”
disse, esausto. “Non capisco perché tu abbia accettato di essere
mio amico.”
“Ovviamente
c’è il fattore divertimento,” considerò Draco. Si
fermò, e Harry vide vacillare nei suoi occhi quella luce brillante che aveva sempre quando rifletteva. “E poi per… per quello che provi
per Tu-Sai-Chi,” disse
infine, con gli occhi rivolti verso Harry. “Perché lo
sai fare anche tu.”
La ferocia
nello sguardo di Draco rispose alla domanda prima che Harry la ponesse.
“Fare cosa?”
“Vivere.”
Draco alzò in aria le mani. “Voglio dire, vivere davvero. Non
esistere con o senza un obiettivo, ma amare il fatto di esistere.
Insomma… Non devo spiegartelo. Lo sai. Che altro provi quando
voli?”
Harry
ricordò all’improvviso e vividamente la sensazione provata quando era salito su
una scopa per la prima volta. Quella gioia assoluta… era facile, era meraviglioso.
“Sì,
esattamente,” disse Draco, continuando a guardarlo con
orgoglio. “Proprio così. E’ così che può essere tutto quanto. Lo so. E’ così
che vivo… è così che puoi vivere tu. E loro non
possono, nessuno di loro, nemmeno i tuoi amici tanto speciali, ed è per questo
che non possono arrivare né al mio livello né al tuo. Perché non riescono a
vivere con la stessa furia.”
Furia.
Quella parola sembrava stranamente azzeccata per Harry, per il solo motivo che
chiunque altro l’avrebbe trovata inadatta.
Capì. Draco
non sprecava nessun momento, ci si buttava dentro. La
sua ostilità verso di lui era stata così intensa perché Draco non conosceva
altri modi di essere. Sapeva essere solo assolutamente atroce o assolutamente
spassoso, ma sempre assolutamente, perché c’era sempre passione in lui.
Passione. Si
trattava solo di passione. Ed era per quello che lui e
Draco, nonostante fossero nemici, erano sempre stati allo stesso livello.
“Non ne sono
capaci,” continuò Draco.
“Smettila,” disse Harry. “Io voglio bene a Ron e Hermione.”
Draco alzò
le sopracciglia. “Sì, beh, è questo il tuo problema, no? Il fatto che gli vuoi
bene ti ha fatto sentire in colpa per anni. Sei tornato in quel sottoscala nel
momento in cui hai deciso di volergli bene.”
“No, questo
non è vero,” rispose Harry. “Ho capito cosa vuoi dire.
Ho capito che è per questo che riesci a vivere così. Ma l’amore non funziona così. Il rischio di cadere rende più
bello il volo. Io voglio amarli: questo rende più bella la mia vita. Ha persino
reso più sopportabili i giorni passati lì dentro. Perché mi ha fatto capire che
non volevo mai più essere messo in gabbia.”
“Non capisco,” disse Draco. “Io riesco a vivere, no? E
non sono mai stato intrappolato.”
Harry pensò
a Draco negli anni passati, alla pura energia che aveva messo in ogni cosa,
giusta o sbagliata che fosse. Era quello il motivo per cui Harry l’aveva odiato tanto: perché anche se era solo
un altro studente e Harry aveva affrontato le forze dell’oscurità, lui era
stato capace di diventare un nemico che non poteva essere ignorato.
E l’aveva
fatto perché Harry sapeva odiarlo così tanto, sapeva desiderare con passione di batterlo una
volta per tutte.
Allo stesso
livello, appunto.
“Ne sei
sicuro?” chiese Harry, ma non fu capace di pronunciare il nome del padre di Draco.
“Sì,” scattò Draco, volgendo le spalle a Harry nel modo deciso
in cui faceva tutto.
“Non c’è
niente di male nell’amare,” gli disse sottovoce Harry.
“Chi?”
“Chiunque,
come io amo Ron e Hermione. Non c’entra il sottoscala. Rende
tutto più brillante, è parte del… vivere davvero. Nessun uomo è
un’isola, sai?”
“Astuta
osservazione. E nessun uomo è un campo da Quidditch.” L’angolo della bocca di Draco si piegò
all’ingiù. “Non sono d’accordo.”
Sorrise all’improvviso, un sorriso di tale intensità che sarebbe
sembrato dolorosamente acceso a chiunque, tranne che a Harry.
“Comunque. E’ per questo che ho accettato… questa cosa.” Fece un gesto ampio. “Bene allora. Tutto a posto con la
tua crisi emotiva? Sicuro di non star pensando alla tua infanzia abusata?”
Si alzò con
grazia. Harry guardò in su.
“Mm?”
Draco rise.
“Ti ho chiesto a cosa stai pensando.”
“Oh. Stavo
pensando a te.”
Draco sorrise leggermente, misteriosamente, e gli porse la mano. “In questo caso, forse puoi alzarti
dal pavimento duro e possiamo tornare alla riunione.
Ho chiesto agli altri di aspettare, ma non pensavo ci sarebbe voluto così tanto.”
Harry scosse
la testa incredulo, ma non poté fare a meno di ridere.
“Mi piace stare qui. Dopotutto non riuscirò più a vederti tanto spesso.”
“Oh,
davvero?” Draco alzò un sopracciglio. “Mi vedrai stasera. Promesso. Adesso ti
alzi, inutile idiota?”
Harry si
sporse e prese la sua mano. “Ok.”
*
Hermione
squadrò Blaise Zabini dall’altra parte del tavolo, e lui strinse gli occhi
imitandola.
Il tuo piccolo leader
Serpeverde non sta riportando qui Harry. Voleva dirlo, voleva gridarlo, ma Lupin la stava guardando, così rimase in discreto silenzio.
Conosceva quello sguardo afflitto sul volto di Harry. Harry aveva bisogno di
stare solo dopo sfoghi come quello.
Certo,
Malfoy non le aveva dato il tempo di dirlo. Appena
Harry era uscito dalla stanza quel Serpeverde
ficcanaso aveva fatto indietro la sedia, sul volto una maschera che non tradiva
nulla, e gli era corso dietro.
Non
presagiva niente di buono. Hermione l’aveva sempre saputo. E
si sentì quasi soddisfatta al pensiero di come avrebbe probabilmente reagito
Harry. Era ora di porre fine a quella strana amicizia, comunque.
Malfoy era sbagliato per Harry.
Harry. Hermione strinse le dita attorno
alla piuma. Odiava quello sguardo triste, quell’espressione
impenetrabile e quegli occhi feriti che chiedevano di lasciarlo solo e che le
facevano desiderare di alzarsi e urlare, Qualsiasi
cosa sia, Harry, puoi dirmela, puoi dirmi tutto…
Ancora un
attimo e sarebbe andata da lui.
Un attimo
dopo Malfoy e Harry entrarono nella stanza. Malfoy tenne su il mento e
sorvegliò tutti con quell’aria autorevole che
Hermione trovava così incredibilmente irritante.
“Vi siamo
mancati?” chiese con supponenza.
Harry lanciò un sorriso imbarazzato in direzione di Hermione, quindi si
mise a sedere in silenzio.
Hermione non si lasciò affatto ingannare dalla posa timida e modesta
che gli veniva tanto bene. Guardò il sorrisino appena accennato agli angoli
della bocca di Harry e la strana luce nei suoi occhi.
Non ci
capiva niente.
“Nessuna idea geniale mentre ero via? Certo che no, ero via,” mormorò Malfoy tra sé e sé nel suo tono tremendamente
tronfio. “Discutiamo la questione sicurezza, ok?”
Quelle
parole fecero scattare in su la testa di Hermione. Ok, odiava Malfoy, ma sapeva che era una risorsa dalla loro
parte. Lui e Hermione avevano lavorato insieme su un
paio di progetti necessari, e malgrado i commenti acidi e le frequenti
occhiatine allo specchio, il ragazzo sapeva il fatto suo.
Inoltre
Harry collaborava raramente. Hermione non poteva deludere i Grifondoro.
Malfoy si era
alzato in piedi.
“C’è una
spia di Voi-Sapete-Chi a Hogwarts,” disse disinvolto. “Quindi,
naturalmente, dobbiamo prendere precauzioni. Nessuno deve sapere tutto. Dobbiamo
assegnare diverse aree di investigazione e custodia a
diverse sezioni del Consiglio e dell’Ordine.”
“Io devo
occuparmi sia delle cure che della ricerca,” lo
interruppe Hermione, mantenendo un tono professionale. “Siamo quasi giunti ad
un punto di svolta nella conservazione delle lacrime di
fenice. Potrebbero rivelarsi cruciali sul campo di battaglia.”
Malfoy annuì
delicatamente. Da molto tempo avevano stabilito dei limiti di finto rispetto.
“Quanto cruciali?”
chiese Harry. “Le lacrime di fenice curano solo le ferite
fisiche, me lo ricordo. Quanto servirebbero le
lacrime conservate, se i Mangiamorte si affidassero
agli incantesimi? Servirebbero solo a curare ferite procurate lungo il cammino.
Non penso che tutto il reparto cure dovrebbe
focalizzarsi su questo.”
Hermione
sbatté le palpebre e si domandò se per caso non fosse finita in un universo
parallelo. Certo, Harry sapeva delle lacrime di fenice sin dal secondo anno, per
via della Camera dei Segreti, ma… era davvero strano da parte sua intervenire
durante le riunioni del Giovane Consiglio.
Era strano
che fosse così… reattivo. Vivo.
“Ben detto,
Potter. Mi raccomando, Granger,”
disse Malfoy freddamente.
Hermione si
accigliò. Ovviamente a lui non
importava.
“Ora. Per
quanto riguarda la questione di quanto possiamo
fidarci del professor Lupin,” continuò Malfoy.
Hermione si
alzò. “Come osi! E’ il capo del Giovane Ordine. E’ stato a lui a mettere in
piedi tutto questo. Come osi anche solo insinuare che potremmo non fidarci di
lui?”
Malfoy
inarcò un sopracciglio.
“Non l’ho
detto. So che voi Grifondoro siete anime pure. Potete
fidarvi, se credete… ma io sono un Serpeverde, noi non
ci fidiamo di nessuno. E in questo momento, in questa
situazione, non possiamo assolutamente fidarci di nessuno. Perciò siete
dannatamente fortunati ad avere me.”
“Professore…!”
“Signorina Granger,” disse Lupin. “Non voglio costringere nessuno a
fidarsi di me. Il signor Malfoy sta facendo del suo meglio per il bene
della scuola. Non ho problemi ad essere considerato un sospetto come tutti gli
altri… e penso che abbia ragione.”
“Non
sospetta di lei,” disse Harry, intervenendo
nuovamente.
Lo sguardo
di Malfoy guizzò brevemente.
“No,” ammise, più delicatamente. “Ma
potrei sbagliarmi. E’ già successo, una volta o due. Ora, che ne pensate di
inserire TerryBoot nella divisione ricerca?
Siediti, Granger.”
Hermione si
sedette pesantemente, e alzò lo sguardo per scambiare con Harry una delle loro
solite occhiate quei-maledetti-Serpeverde.
Ma Harry
stava guardando Malfoy, e splendeva d’orgoglio.
*
Draco aveva detto che si sarebbero visti quella sera.
Qualche ora
più tardi, mentre scendeva le scale per andare nella sala comune, Harry ne
dubitò. Non che non gli credesse, ma
era alquanto probabile che Draco avesse sopravvalutato le proprie capacità…
Harry stata in effetti soppesando l’ipotesi di indossare il Mantello
dell’Invisibilità, fingere di stare andando al bagno e sgattaiolare nei
sotterranei. L’unico neo era che Ron e Hermione, probabilmente, sarebbero stati
scettici circa una permanenza al bagno lunga ore, e i Serpeverde avrebbero potuto allarmarsi di fronte a strane presenze invisibili
che aprivano le porte, ma…
Si bloccò su
uno scalino, perché Draco era nella sala comune. Era appoggiato al muro e stava
sussurrando pigramente qualcosa a CalìPatil, che pareva piuttosto affascinata.
Harry pensò
che eradavvero
carina.
“Malfoy,” disse.
Draco si
voltò e sorrise. “Potter. Tiger e Goyle
mi hanno piantato qui, e mi serve qualcuno che mi riaccompagni. Non vorrai
certo abbandonare un innocente nel momento del bisogno, spero.”
Harry
sogghignò. “Non sono sicuro che tu possa essere definito innocente, Malfoy, ma
suppongo di doverti accompagnare. Rompiscatole.”
Draco si
spostò di un passo da Calì, alzando le sopracciglia.
“Allora
suppongo che il mio ultrasviluppato senso
dell’ospitalità mi obbligherà ad intrattenerti nella mia stanza. Che fastidio. E’ sempre un piacere, Calì.”
Draco le
regalò il suo sorriso più fascinoso e Calì ricambiò.
Aveva i
capelli lunghi e lucenti, era molto popolare e aveva degli enormi occhi neri.
Si era appena lasciata con Dean. Non era un
comportamento appropriato.
Draco stava
già camminando spedito verso la porta, quando Calì
mise un piede sul primo scalino, sempre sorridendo, e scosse la testa.
“Quel Draco
Malfoy,” disse divertita. “Spudorato.”
“Come,
scusa?”
“Potter,
datti una mossa, non ho intenzione di passare la vita in queste stanze. C’è
gente onesta e leale qui, e quelle cose sono contagiose.”
Harry alzò
gli occhi al cielo e camminò in tutta calma fino al punto dove stava Draco, che
aveva l’aria da martire di chi è stato trattenuto da rozzi bifolchi.
Durò i due
secondi che impiegarono per uscire dalle stanze dei Grifondoro,
quindi Draco avviò la conversazione, e prese a sembrare di ottimo
umore.
“Devo dirlo,
voi Grifondoro avere standard molto alti di bellezza
femminile,” osservò allegramente. “Alcune cose
sfornate dai Tassorosso sono semplicemente tragiche,
ma le vostre ragazze sono attraenti quasi senza eccezioni. C’è Calì che è davvero notevole, e anche la tua fan GinnyWeasley è piuttosto carina.”
“E Hermione, allora?” chiese Harry in tono accusatorio.
Draco rise.
“Oh, non mi
piace la ragazza, ma devo ammettere che è molto attraente.”
“Malfoy, non
puoi dire certe cose. E Ron?”
“No, lui non è affatto attraente.”
Draco fece
una faccia un po’ sconvolta. Harry si vietò di ridere. Dopo qualche secondo,
disse neutrale,
“Dunque, Calì. Sai, lei e Dean si sono lasciati l’altro giorno.”
Lasciò la
frase in sospeso. Draco si girò verso di lui, un angolo della bocca sollevato.
“Pensi
davvero che sia interessato a quella Calì? Per
favore. Un’innocente Grifondoro.” Tirò una ciocca di
capelli di Harry. “Sai, ho degli standard.”
Harry non
riuscì a non ridere.
“Errore
mio.”
“L’errore è
sempre tuo, Potter. Allora, dimmi. C’è qualche possibilità che tu sappia giocare a poker?”
Harry
sospirò con fare drammatico. “Allora è così che andrà a finire. Niente più
avventure, solo partite a carte nella tua stanza. Probabilmente mi annoierò
fino alle lacrime.”
Dubitava che
Draco sapesse essere noioso.
Draco era
impegnato ad assumere la sua aria superiore, cosa che includeva lo scuotere i
capelli all’indietro guardando il mondo dall’alto con indifferenza.
“Non essere
assurdo, Potter,” disse Draco. “Hai un Mantello dell’Invisibilità,
no? E secondo i miei calcoli tu e i tuoi compagni siete
completamente al sicuro. Possiamo uscire, domani. Nel frattempo ti insegnerò a giocare a poker. Un adolescente che non sa giocare
illegalmente è davvero tragico…”
Si fermò.
“Beh, cos’hai da ridere, Potter? E cos’hai da
guardare? Non lo sai che è maleducato?”
“E’…” Harry
scosse la testa. Era infrangere allegramente le regole, fare piani illeciti,
ridere dell’estate, e questa intensa forza moralmente
discutibile che gli aveva invaso la vita, e sentirsi così bene e… adorava tutto
ciò. Lo adorava.
“Niente. Andiamo
nella tua stanza.”
***
Qualche
chiarimento da parte della traduttrice: La storia è slash,
ovviamente. Guardate il pairing :)
Abbiate fiducia e continuate a seguirmi, ne vale la pena!
I capitoli sono 22.
Il prossimo
capitolo, per esigenze personali, sarà pubblicato martedì 20 marzo!
Sommario: Con la partecipazione di un mondo
lacerato dalla guerra, ragazzini psicologicamente danneggiati, atroci portenti,
oscuri sospetti e i jeans di Harry e Draco.
If you want my sympathy
Just open your heart to me
And I'll be whatever you ever
need
[Se vuoi la mia comprensione / Aprimi le
porte del tuo cuore / E sarò tutto ciò di cui hai bisogno]
Harry
se ne stava mezzo addormentato sotto un albero, al riparo dal sole rovente.
L’intera
settimana era stata il preannuncio dell’estate imminente, un’ondata di calore
che aveva spinto tutti a togliersi quanti più vestiti
possibile e a nascondersi all’ombra. Una o due lezioni erano state
tenute all’aperto, e Hermione aveva convinto Ron a portarle bevande ghiacciate
dalla cucina ogni giorno.
Era
cominciato tutto quella sera della partita a carte
nella stanza di Draco, ed era proseguito per tutta la settimana. Il caldo aveva
rilassato tutti, e Harry si sentiva semplicemente più a suo agio, di recente.
Non
ci pensò. Si limitò a chiudere gli occhi e a crogiolarsi al caldo, e pensò a
quanto fosse divertente vedere Draco squadrare la
prima tintarella degli altri come se la cosa lo offendesse a morte.
Proprio
in quel momento, Draco si buttò per terra accanto a lui.
“Potter,” disse. “Stupido pigrone, sei stato
steso qui tutta la mattinata?”
“Mm.
Più o meno,” rispose Harry. “Ron e Hermione erano qui
fino a poco fa, ma sono andati via”
“Stanno
limonando dietro il magazzino delle scope,” disse
Draco immediatamente. “Fidati, sono appena tornato dagli allenamenti di
Quidditch. Oh, i miei occhi. Ero già stanco, non sentivo proprio il bisogno di
vederli.”
Harry
lo guardò, steso sulla schiena con un braccio calato sugli occhi. Pensò che era tipico di Draco buttarsi a terra con tanta grazia.
“Devi
essere esausto,” osservò secco. “I tuoi capelli sono un casino.”
“Ti
odio Potter,” lo informò Draco. “L’ho messo in chiaro
ultimamente? E’ che proprio non mi piaci. Senti chi parla! Un giorno o
l’altro perderò il controllo, prenderò una spazzola e
ti pettinerò come si deve.”
“Mm.
Non vedo l’ora.”
Lo
guardò meglio e notò che era davvero stanco. Il suo respiro era leggermente
accelerato e il colletto degli abiti da Quidditch era aperto. Aveva addirittura
il collo arrossato.
“Pesanti,
gli allenamenti?”
“Non
so di cosa parli,” rispose Draco, innocente. “Sono
stati fantastici. Ti distruggeremo in finale.”
Tutta
la scuola dava per scontato che la finale di Quidditch se la sarebbero
giocata i Serpeverde e i Grifondoro. Di solito finiva così, e i Grifondoro
avevano vinto gli ultimi due anni. Draco non si lasciava minimamente turbare da
quel dettaglio importuno.
Era
proprio da lui rifiutarsi di ammettere le sconfitte. La squadra era composta dai
suoi cortigiani, per cui era piuttosto un one-man
show. Draco, rifletté Harry, non aveva mai nemmeno pensato all’eventualità di
non farcela, o di non farcela alla grande. Il suo
problema era che non riusciva neanche ad immaginare di poter essere altro che
completamente autosufficiente.
“Ti
piacerebbe,” replicò Harry. Draco gli fece una
linguaccia.
Le
foglie sopra di loro proiettavano un disegno cangiante di luci e ombre
sull’erba. Harry strizzò gli occhi a quel verde e dorato sfocati. Era una
giornata così tranquilla, non c’era nemmeno un alito di vento, e gli venne in
mente che sarebbe stato piuttosto felice, rilassandosi lì con Draco per qualche
ora.
Non
l’aveva visto la sera prima, perché Draco aveva dovuto fare il servizio di
guardia. Il che era probabilmente un’altra delle ragioni per
cui era così stanco, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
Draco
si mosse. “Mi piacerebbe bere una bibita gelata,”
borbottò. “Mi piacerebbe essere a casa. Abbiamo dei veri elfi domestici
lì.” Si tirò su appoggiandosi ad un gomito. “Non è che
ti andrebbe di…”
A
Harry venne un’idea.
“Alzati,” disse.
“Potter!”
si lamentò Draco. “Il punto di mandarti a prendermi un drink è proprio che non
dovrò muovermi. E’ quello il bello.”
Harry
incrociò le braccia con aria irremovibile.
“Oh,
avanti, Potter! Sono steso sulla schiena. Sono tutto sudato. Non farti
pregare.”
“Non
farti trascinare.”
Draco
gli rivolse uno sguardo malvagio a palpebre basse. Rimase steso per un attimo,
quindi saltò su di malavoglia.
“Ci
saranno delle bibite?”
“Promesso.”
“Oh,
va bene.”
*
Le
cucine divertivano Draco.
“Sono
sotto le scale,” disse, gongolando. “Guarda, un
forno. Più bibite, schiavi.”
Hermione
sarebbe svenuta a sentirgli dare ordini agli elfi.
Harry si limitò a sussultare. Ma notò che gli elfi domestici gli mandavano
occhiate soddisfatte mentre correvano ad esaudire le
sue richieste, come se fosse finalmente arrivato qualcuno che li trattava come
si deve. Harry nascose un sorriso.
Draco
era seduto a gambe incrociate su un tavolo, con molti bicchieri vuoti e un
assortimento di cibi strani intorno.
Harry
si appoggiò al tavolo.
“Non
avevo idea che i lecca-lecca al sangue fossero solo la
punta dell’iceberg.”
”Non
asseconderò le tue aspettative plebee,” disse Draco
altezzosamente. “Prima si mangiavano anche ghiri ripieni. Penso di poter
mangiare zucchero a velo senza provocare commenti maleducati.”
Ne
inghiottì un’altra cucchiaiata e bevve un altro sorso
di succo di zucca, giusto per rafforzare il concetto. Ad un certo punto Harry
stava per fargli notare che lo zucchero a velo gli aveva lasciato una lieve
scia sulla bocca appiccicosa.
“Allora,
Potter, sei stressato?”
“Ehm,
no,” disse Harry, distratto. “Perché?”
Draco
agitò il cucchiaio. “Perché la terza prova è stata
anticipata a maggio, ovviamente. Siamo ad aprile. Ti senti già sotto pressione?
Crollerai, Potter? Perderai il controllo?”
“Già,
sono ad un passo dall’esaurimento. Passami il succo di zucca.”
Draco
se lo strinse al petto con fare protettivo. “Non c’è bisogno di annegare i tuoi
dispiaceri, Potter. Bere non è mai la soluzione.”
E meno male che era stanco. Harry si sporse e cercò di
togliergli di mano il succo, ignorando i piccoli versi di protesta di Draco e
spingendolo all’indietro. Dopo qualche secondo di lotta, Draco si ritrovò steso
sul tavolo e Harry aveva il succo di zucca. Draco lo guardò indignato.
“Grosso
bullo Grifondoro.” Non si sforzò neanche di rimettersi a sedere, bensì guardò i
lampadari sul soffitto, da cui gli pioveva una luce fioca sugli occhi e sui
capelli. “Spero che un mostro ti divori, nel labirinto.”
Harry
si chiese se non fosse effettivamente preoccupato per lui. Era difficile da
capire.
Però
gli piaceva pensarlo, e cercò di essere rassicurante.
“Non
sono molto preoccupato.”
“No?
Hai già messo gli occhi sulla gloria?” Draco finalmente si tirò
su a sedere e spinse indietro Harry, con gli occhi brillanti. “So quanto ami
leggere il tuo nome sui giornali, Potter. Immagina il nastro al traguardo…”
“Non
c’è nessun nastro al traguardo…”
“Non
seccarmi con questi dettagli insignificanti. Il nastro al traguardo, la folla
urlante, le ragazze che svengono.” Draco imitò una
voce paurosamente simile a quella di Ginny. “Harry Potter, ti amiaaaamo!”
“Taci,
Malfoy.” Harry non stava affatto ridendo.
Draco
si mise le mani sul cuore. “Ma voglio solo un autografo,
una ciocca di capelli, avere un figlio da te…”
“Ma ti rendi conto di quanto sei irritante?” Ancora nessuna
risata.
Draco
lasciò perdere e si appoggiò sui gomiti, scoccandogli
un sorriso compiaciuto. “Non pensi che io sia irritante. Pensi che sia fantastico.”
Harry
alzò un sopracciglio. “Cosa te lo fa credere?”
“La
seconda prova, idiota. Sono io quello che si è svegliato con l’acqua putrida in
bocca e una simpatica garanzia di quello che pensi di me.”
Draco pescò nel barattolo di marmellata, che Harry sperava non intendesse mangiare insieme allo zucchero a velo. In quel caso
gliene sarebbe rimasto ancora di più sulla sua bocca. “E
così non è la gloria che cerchi, a quanto dici. Cosa ti
piacerebbe avere?”
Harry
lo studiò.
“Una
garanzia piacerebbe anche a me, in effetti,” disse.
Draco
lo guardò interdetto, e Harry approfittò della pausa per guardare l’orologio.
“Per
quella cosa che volevo facessimo a Hogsmeade. Te ne ho
parlato ieri.”
“Ti
sei dimenticato di dirmi di che si tratta esattamente.”
“Non
importa. Sarà divertente, te lo prometto. Andiamo.”
“A
Hogsmeade? Con la tuta da Quidditch? Conciato così?” Draco sembrava
scandalizzato. “Di sicuro stai scherzando.”
“Avanti,
Malfoy.”
Draco
alzò gli occhi al cielo. “Oh, dammi venti minuti.” Scivolò agilmente giù dal
tavolo e raggiunse la porta. “Un’ultima cosa, Potter. Se l’idea di divertimento
dei Grifondoro è lavare i vasi da notte al San Mungo,
ti chiudo in una cella e me ne torno a casa.”
E va bene, Harry rise. Ma solo quando Draco ebbe varcato la soglia, quindi non contava.
Guardò
sconsolato il casino che aveva lasciato sul tavolo.
“Sentite, posso dare una mano…”
“Harry
Potter non deve pensare di lavorare per un elfo domestico,”
disse Winky inorridita, alzando il passo. Lei e una
squadra di elfi cominciarono a ripulire il tavolo alla
velocità della luce. Harry si guardò intorno, e gli venne in mente che poteva
usare quel tempo per salutare Dobby.
Con
sua grande sorpresa Dobby se
ne stava in un angolo, e il suo viso restò turbato quando Harry lo salutò.
“Dobby pensa che quello era Padron
Draco,” dichiarò in tono vago.
Harry
aveva dimenticato che Dobby lo conosceva.
“Esatto,” disse con prudenza. “Perché non
sei venuto a salutare?”
Dobby non gli rispose. Disse solo,
“Somiglia proprio a suo padre.”
E all’improvviso non gli andava più di parlargli.
“Ti
sbagli,” lo informò freddamente. “Non c’entra niente
con suo padre.”
Dobby non disse niente.
*
Harry
finì ad aspettare Draco sulla scalinata di Hogwarts. Draco arrivò a passo lento
dopo mezzora, con addosso un maglioncino bianco e un
sorriso disarmante rivolto a Harry.
Vedi, pensò Harry,
rivolgendosi ad un Dobby assente. Non somiglia a
suo padre. Non gli somiglierà mai.
“Andiamo,” disse Harry.
Si
accorse che Draco non era l’unico ad essersi ricordato che la terza prova era
stata anticipata quando qualche giornalista corse verso
di loro mentre entravano a Hogsmeade.
“Harry,
ti andrebbe di condividere…”
“Harry,
vorresti dirci…”
“No,
grazie,” disse Harry, stanco. “Sono qui solo per
un’uscita con un amico. Con permesso.”
I
loro sguardi si concentrarono su Draco e, dopo una conversazione sussurrata in
cui Harry udì distintamente le parole ‘Amico?’ e ‘Il figlio di Lucius Malfoy?’,
cominciarono ad assalire lui.
“Signor
Malfoy! Ci può parlare della seconda prova…”
“Potremmo
offrirle dell’oro…”
Draco
inclinò la testa verso Harry, sorridendo malizioso.
“Quanto,
per l’esattezza?” indagò.
“Malfoy!”
disse Harry scioccato, e lo trascinò via.
Draco
mise il broncio mentre veniva strattonato via. “Avevo
intenzione di inventare una storia molto divertente,”
si lamentò. “Avrebbe dato una scossa al mondo magico. Che te
ne sarebbe parso di una relazione illecita con un membro del corpo docenti?”
“Malfoy,
sei una persona veramente cattiva,” gli disse Harry
severamente.
Draco
rise. “C’è una possibilità che io possa avere un
lecca-lecca al sangue prima di qualsiasi cosa sia in programma?”
“No,” disse Harry duramente. “Il battello starà per partire.”
Draco
smise di ridere.
Nonostante il fatto che stesse strizzando gli occhi per il
sole, nonostante la sua pelle candida, Harry notò chiaramente che era
sbiancato.
“Il
battello?” ripeté.
*
Il
grande lago che si estendeva fino alla foresta, a
Hogwarts e a Hogsmeade veniva usato solo per i trasporti necessari (e
ovviamente all’arrivo degli studenti del primo anno) da secoli. Fino a quando
qualcuno non aveva realizzato che i turisti maghi che
arrivavano in gregge nell’ultimo insediamento non babbano della Gran Bretagna
sarebbero impazziti per una cosa del genere.
Il
battello, come tutte le imbarcazioni magiche, era azionato
da un semplice incantesimo. C’erano incantesimi extra che rendevano superfluo
il timone, perciò, con qualsiasi condizione atmosferica, il viaggio era sempre
tranquillo. Fare un giro sul battello era un’attività molto popolare tra i
turisti, e quasi tutti gli studenti di Hogwarts l’avevano provato almeno una
volta.
L’ultima
volta per Harry era stata durante il quinto anno, con
Ron e Hermione. Aveva pensato che sarebbe stato carino andarci con Draco.
Ma, in quel momento, l’espressione di Draco lo
convinse in fretta del contrario.
“Non
dobbiamo andarci per forza, sai,” disse, muovendosi a
raggiungerlo.
Draco
camminava velocemente verso il molo, la bocca tirata in una linea sottile.
“Voglio
andarci,” rispose, con voce forzata. “Perché non dovrei? Non mi fa paura un dannato battello. Le
paure irrazionali sono le peggiori, diceva sempre mio
padre. Era un modo per dire ‘sei uno stupido codardo’.”
“Va…
bene, Malfoy, ma…”
“Potter.
Volevi andarci e ci andremo, fine della storia.
Adesso, per favore, potresti cambiare argomento?”
Harry
fu certo di aver colto una scintilla di disperazione degli occhi di Draco. Si sentì a terra.
“Pensavo
che sarebbe stato divertente andarci insieme,”
mormorò, scusandosi.
Draco
stava chiaramente tentando di calmarsi, anche se il sorriso restava forzato.
“Una volta ci siamo andati,” commentò.
Se scoprire con orrore che Draco era a bordo dopo che
il battello aveva preso il largo contava come andarci insieme… Harry ricordava
la sensazione di stare sul ponte cercando educatamente di ignorare gli abbracci
appassionati da quindicenni di Ron e Hermione, che si erano messi insieme
proprio quella settimana. Si era girato, cercando di guardare qualsiasi cosa
non fosse quei due, e si era trovato davanti un’altra
coppietta.
Draco
Malfoy si era leggermente scostato da Pansy, che quindi aveva cominciato a
lavorargli il collo, e Harry l’aveva riconosciuto proprio nel momento in cui
gli occhi di Draco si erano posati di lui e la sua bocca si era curvata per il
disgusto. Un paio di minuti dopo, Draco gli era passato accanto con Pansy
attaccata al fianco, e aveva fatto un commento a voce alta su come fosse possibile che Ron avesse trovato i soldi per il biglietto.
Ron non l’aveva sentito. Harry, solo, infelice e tremendamente furioso, gli si
era buttato addosso.
La
seguente feroce rissa sulle assi del ponte era stata interrotta solo dal
capitano, che aveva minacciato di darli in pasto alla piovra gigante.
Harry
sorrise. “Me n’ero dimenticato.”
Era
divertente il modo in cui erano cambiate le cose.
Allora
Draco non aveva paura delle barche. Anzi, era stato rilassato
e felice, nel breve istante in cui aveva stuzzicato Harry. Harry suppose
che fosse stato felice per via di Pansy. Erano stati insieme per sei mesi il
quinto anno, e poi erano rimasti amici. Draco non era mai stato con nessun
altro per così tanto tempo.
Soppresse
l’improvviso impulso di chiedergli di Pansy. Draco non sembrava in vena di
discutere storie d’amore passate. Si stava chiaramente snervando per mettere in
scena una specie di trauma, mentre Harry faceva i biglietti. Desiderò di non
aver mai proposto quello stupido giro in barca.
Le
labbra di Draco erano prive di colore.
“Sei
sicuro di volerlo fare?”
“Certo
che sono sicuro,” disse rigido Draco. “Sto bene.”
Salì
inquieto sulla rampa. Harry notò che non guardò l’acqua finché non fu al sicuro
sul ponte.
Una
volta lì, si aggrappò alla ringhiera così forte che le nocche gli divennero
bianche.
“Malfoy,
va tutto bene?”
“Sì!”
Fu quasi un urlo.
Harry
posò le mani sulla ringhiera, mettendosi vicino a
Draco per farlo sentire più tranquillo. Sulla sua fronte c’erano alcune
goccioline di sudore.
Il
battello si mise in moto. Draco strinse il polso di Harry in una morsa letale.
Appena
il battello si mosse, il polso fu sul punto di essere spezzato. Il viso di
Draco era pallido come un osso, e lui non sembrò essersi accorto di averlo
stretto così forte. Tremò tutto, quando il battello cominciò a distanziarsi dalla
riva.
Quindi la barca oscillò, solo di poco, e Draco non ce la
fece più.
Il
suo corpo si contorse sulla ringhiera, e il suo viso era cinereo
quando alzò lo sguardo.
“Credo
di essere sul punto di vomitare,” disse tra i denti.
Harry
lo sostenne mentre cercarono di raggiungere il bagno,
sobbalzando ogni volta che il battello oscillava. E ripensò con dolorosa
chiarezza a quando aveva stretto Draco durante la
seconda prova, perché non riusciva a reggersi sui suoi piedi.
Avrebbe
dovuto pensarci. Ma le cose erano state… diverse,
allora. Aiutare Draco Malfoy, in quel momento, era stata
solo una spiacevole necessità.
Non
si era preoccupato.
A
metà del percorso Draco si fermò e agguantò di nuovo la ringhiera. Deglutì più
volte e infine parlò, con la voce tesa per lo sforzo di mantenerla normale.
“Non…
Non vomiterò. Fammi solo… fammi solo scendere dal battello, Potter.”
“Ma siamo già…”
“Ti
prego!”
Harry
lo guardò in volto.
“Ok,” disse, cercando di essere gentile. “Va bene. Solo…
aspettami un attimo qui. Me ne occupo io, promesso.”
Draco
riuscì ad annuire. Harry corse verso il capitano.
“Ci
riporti indietro,” disse in un tono che non lasciava
spazio a repliche.
“Guardi,
non posso…” L’uomo si fermò. “Ehi! Ma lei è Harry
Potter.”
Harry
cercò di chiudere un occhio su quella familiare esasperazione. Doveva
assolutamente far scendere Draco dall’imbarcazione, qualsiasi fosse il suo
maledetto nome, e di certo non sarebbe servito…
Si
bloccò, fulminato da un’idea. Evidentemente aveva passato troppo tempo con
Draco.
“Sì,
esatto,” disse lentamente. “Sono Harry Potter, ed è molto
urgente che il mio amico ed io scendiamo da questo
battello.”
*
“Ti
è venuto proprio bene,” disse Draco con voce stanca.
“Forse, dopotutto, saresti stato un buon Serpeverde.”
“Sai
che brivido.”
Draco
accennò a stento un sorriso. Erano seduti sotto il portico di un negozietto vicino a Hogsmeade, che fortunatamente era chiuso per
pranzo. Draco teneva le ginocchia contro il petto, apparentemente troppo scosso
e triste per pensare alle apparenze.
Doveva
sentirsi veramente male.
“Odio
quegli aggeggi,” disse con veemenza alla fine. “Odio
quei maledetti incantesimi. Fanno muovere la barca sopra la superficie
dell’acqua, ed è orrendo lo stesso, perché chiunque potrebbe neutralizzare
l’incantesimo, e saresti fregato.”
Ci
fu una pausa. Harry guardò Draco e cercò di farsi venire in mente qualcosa da
dire.
Draco
aggiunse, cupo, “Detesto sentirmi inerme.”
Harry
provò l’impulso di… mah, tendersi verso di lui, stringergli una mano, qualsiasi
cosa. Ma non era bravo con quel genere di cose, e in
ogni caso Draco non sembrava gradirle.
“Andrà
tutto bene,” disse. Una cosa piuttosto stupida.
Draco
lo guardò per un momento, con un lampo di consapevolezza
sotto le ciglia, quindi si concentrò su altro. All’improvviso sembrava
totalmente indifferente alla presenza di Harry.
Stranamente,
il fatto che gli parlò rinforzò quell’impressione.
“A
mio padre piaceva fare giri in yacht sul lago.”
“Avete
uno yacht?”
Persino
in quelle condizioni, Draco sapeva atteggiarsi.
“Siamo
Malfoy. Possedevamo anche il lago.” Continuava a fissare un punto distante.
“Portava me e mia madre sul lago, durante le vacanze. Ripassava le strategie di
Quidditch e i compiti con me. Era… divertente.”
A
Harry non sembrava divertente. Tuttavia, Draco non era stato cresciuto con
molto amore. Forse l’interesse di Lucius era stata la
cosa più vicina all’affetto che avesse mai provato.
“Era
il quinto anno… le vacanze di Natale.” Disse Draco con
difficoltà. “Mia madre era malata e non poté venire, così restammo solo io e
mio padre. E la… la barca si fermò.”
Draco
sembrava stranamente piccolo sotto il portico. Senza quell’aria invincibile e
sicura, sembrava molto più giovane.
“E ci fu una tempesta. Il cielo si fece nero e l’acqua
intorno a noi impazzì, ma la barca non si muoveva e… Mio padre mi disse di non
farmi prendere dal panico.”
Harry
aveva conosciuto Lucius Malfoy quanto bastava per esser certo che era stato un
ordine, e non la rassicurazione di un padre al figlio. Riusciva ad immaginare
la tempesta magica che infuriava attorno alla barca, il cielo livido su di
loro, un Draco più piccolo che correva su e giù sul ponte, e quel freddo richiamo che risuonava.
La
sfumatura tesa nella voce di Draco dava l’impressione che, se fosse stato un
altro, e se si fosse trovato in un altro mondo, si sarebbe
messo a piangere.
“Si
udirono delle voci, arrivò qualcuno, e… la barca era distrutta. Io mi aggrappai
ad un’asse e gridai, ma sentii lo stesso… la sentii lo stesso.” Deglutì dolorosamente. “La Maledizione che
Uccide. La sentii e vidi la luce in mezzo alla tempesta, e…”
Ovviamente
non riuscì a continuare. Non fece che continuare a fissare quel punto lontano,
e restò immobile mentre lottava per mantenere il contegno
Malfoy.
E a me non dispiacque nemmeno per lui, pensò
Harry. Non gli chiesicome fosse successo. Non m’importava. Ha visto tutto, ha visto il padre che amava essere ucciso e…
Avrebbe
dato qualsiasi cosa, in quel momento, per rimediare. Ebbe l’impulso improvviso
e fiero di… oh, afferrare Draco e stringerlo, come se fosse possibile mettere a
posto le cose stringendolo abbastanza forte, premendo la testa sulle sue spalle
e sussurrandogli delle scuse sul collo. Ma non aveva
idea di come fare una cosa simile, e in ogni caso Draco sarebbe rimasto
allibito.
Si
limitò ad accarezzargli piano i capelli.
Draco
non si scostò immediatamente come Harry aveva
anticipato. Se ne stette seduto, immune al mondo esterno, e continuò a parlare
in un flusso implacabile, come se avesse pensato a quelle cose per due anni e
dovesse assolutamente tirarle fuori.
“Mio
padre è stato ucciso da Tu-Sai-Chi.
La gente dice che lavorava per lui, e anch’io penso
fosse così all’inizio, perché non gli piacevano i figli di Babbani, ma deve
essersi accorto che Tu-Sai-Chi si era spinto troppo
oltre. Mio padre voleva sempre che i maghi fossero rispettati, ma io lo
conoscevo. Non si sarebbe ridotto a partecipare ai massacri, a strappare bimbi
innocenti dalle loro famiglie dopo averle distrutte. Dev’essersi
ribellato a Tu-Sai-Chi.
Insomma, uno non uccide i propri seguaci. Ha senso.”
Uno normale e sano di
mente non uccide i propri seguaci, no, pensò Harry. Ma prendere di mira i bambini, uccidere i figli di
Babbani e pianificare il dominio del mondo… perché dovremmo aspettarci che le
azioni di Voldemort abbiano senso?
Non
lo disse ad alta voce. Continuò ad accarezzare gentilmente i capelli di Draco,
cercando di decidere cosa dire.
Conoscevi tuo padre,
Draco?
Harry
aveva conosciuto Lucius Malfoy. L’uomo che ‘non si sarebbe ridotto a
partecipare ai massacri’
aveva dato ad una ragazzina un libro destinato ad uccidere decine di studenti
innocenti, ed era stato presente fra i Mangiamorte intorno a Harry e aveva riso
di lui mentre affrontava Voldemort.
La
prima volta che Harry aveva udito pronunciare la Maledizione che Uccide
contro un umano era stata in un cimitero, dove Lucius Malfoy era comparso per
offrire la sua lealtà a colui che l’aveva usata.
Ma Draco, che di solito comprendeva ogni cosa,
ovviamente non riusciva a sopportare la verità su suo padre. Non poteva sapere
niente di tutto ciò.
E Harry non ce la faceva a dirglielo. E se fosse stato il padre di Harry a morire, se fosse
vissuto abbastanza a lungo da farsi amare da lui? Anche
lui avrebbe voluto credere le cose migliori su suo padre.
Inoltre…
Draco gli aveva raccontato tutto fidandosi di lui.
Cosa poteva mai dire?
“Oh,
Draco…” Fu un debole lamento addolorato.
Draco sorrise lievemente, e Harry si accorse
che era la prima volta che lo chiamava Draco.
Non
c’era dispiacere in quel sorriso, così Harry pensò di
poter proseguire.
“Mi
dispiace tanto,” disse, e gli sembrò una cosa
tremendamente patetica.
Draco
aveva smesso di tremare come una bestia ferita, però: Harry capì che non se la
stava cavando tanto male.
Non
gli sarebbe dispiaciuto restare lì con Draco ancora un po’, ma vide il titolare del negozio arrivare per aprire e rivolgere
ai due fannulloni un’occhiata severa.
“Torniamo?”
chiese Draco debolmente.
“In
effetti,” disse Harry, “Ho un po’ fame.”
Gli
angoli della bocca di Draco si sollevarono. “Portami vicino a delcibo e ti ammazzo.”
Harry
rise. “Beh, magari potrei prendere un panino e poi potremmo
andarcene un po’ sul lago…”
“Sei
completamente matto, Potter?”
“Potresti
lanciare pietre sul lago e sfotterlo perché adesso non può più farti niente?”
Draco
lo guardò storto, ma ci pensò un attimo.
“Sì,” decise alla fine. “Penso che mi piacerebbe.”
Si
appoggiò alle ginocchia per un altro momento, come per prepararsi ad sostenere un peso.
Harry
sapeva solo che avrebbe voluto portarlo al posto suo, e sentì una fitta dentro,
perché raccontargli quelle cose era il massimo che Draco potesse fare per
appoggiarsi a lui.
Zabini
e Pansy Parkinson gli passarono davanti, e guardarono stupiti Harry e Draco.
Harry si rese conto che stava ancora accarezzando i capelli di Draco.
Draco
fece finta di non vederli. Harry non era così abituato a fingere.
“Loro
lo… lo sanno?”
Draco
incrociò le braccia sul petto come per difendersi. “Sanno che mio padre è
morto. Io… no, non gli ho detto nient’altro.”
No,
davvero, era sbagliato essere contenti mentre Draco
era ancora così triste.
“Io
e lui litigavamo sempre,” disse piano Draco. “Voleva
solo aiutarmi ad essere il meglio che potessi essere,
ed ero fiero di lui, ma mi offendevo e non… non mi sono mai piaciute le
critiche.”
Harry
ricordò ancora una volta com’era davvero Lucius Malfoy.
Draco
voleva ricordarlo così. L’amore distorce sempre la memoria dei defunti, pensò
Harry, impedisce ogni giudizio obiettivo e ti lascia a rimpiangere una
fantasia. E le persone che ti amano non possono
portarti via quel sogno, perché un giudizio obiettivo sarebbe solo crudeltà
gratuita.
Draco
aveva un’aria così afflitta e stanca in quel momento che Harry disse,
sopprimendo un’ignobile sensazione di delusione,
“Stasera
non fare niente. Hai bisogno di dormire. Appena
torniamo vai dritto a letto.”
Draco
sogghignò, quel sorrisino beffardo che Harry scambiava spesso per un sorriso,
negli ultimi tempi. “Ooh, sì, Madre.”
“Taci
e vieni a comprare un panino con me, Draco.”
Lo
guardò per controllare che gli andasse bene essere chiamato così. Non sembrò
essersene accorto.
“Mi
rimboccherai le coperte e mi leggerai una storia?” domandò Draco.
Stava
ridendo di lui, e Harry si sentì rassicurato e un po’ triste per il ritorno di
quell’espressione sicura e maliziosa.
Sospirò
e gli tese una mano per alzarsi.
*
“E’
possibile che I magnifici sette sia ancora così affascinante alla
trentaduesima lettura, Harry?” lo stuzzicò Hermione.
“Mm?”
Harry alzò gli occhi. “Beh, è un libro molto bello.”
Veramente
lo aveva prestato a Draco la settimana prima, e quel cretino gliel’aveva
restituito pieno di scarabocchi ai margini. Harry lo stava sfogliando
sorridendo della sua sfacciataggine assoluta.
Non che avesse mentito. Era davvero un libro
molto bello.
Hermione
gli sorrise affettuosamente e i suoi occhi scuri brillarono
della luce del camino. Aveva un libro aperto in grembo, e Harry dedusse che si
stava rilassando, perché non era un libro di scuola.
Si
guardò intorno nella sala comune, sentendosi invaso dall’affetto che provava
per tutti loro. Ultimamente le cose andavano un po’ meglio. Malgrado
la situazione terrificante tutti si stavano facendo forza, e in quel momento
sembravano felici.
Dean
rideva sommessamente con Ginny mentre la divertiva con
l’imitazione della grafia del professor Snape in una
lettera d’amore indirizzata a Sirius. Ron disegnava una mappa di Divinazione da
consegnare entro la settimana. Lavanda e Calì
facevano turbanti nel vano tentativo di assomigliare di più alla professoressa Cooman, e Neville sembrava impegnato a far familiarizzare Trevor con una signora rospa poco
interessata.
D’un
tratto Ron disse, con una voce che tentò, senza riuscirci, di essere del tutto scherzosa, “E’ bello riaverti qui. Te ne stai sempre con quel maledetto Malfoy, stavo iniziando a
dimenticarmi la tua faccia!”
Niente
di terribile, certo. Harry sapeva che Ron disprezzava Draco, e di certo Draco
disprezzava Ron, e non era una cosa in cui avesse
voglia di intromettersi… Ma gli tornò in mente, improvviso e vivido, il volto
turbato di Draco poco prima, e sentì di nuovo quell’intenso desiderio di
proteggerlo.
“Mi
farebbe piacere se non parlassi in quel modo di Draco,”
disse.
Dall’altra
parte della stanza Ginny smise di ridere. Hermione alzò gli occhi dal libro,
scossa.
Ron
alzò entrambe le sopracciglia.
“Chi?”
disse.
“Sai
come si chiama,” disse Harry, in un tentativo di
ammorbidire la voce che si rivelò infruttuoso.
“Oh,
mi spiace tanto di aver detto qualcosa che potrebbe offendere il tuo nuovo
amico del cuore,” disse Ron, adirato.
“Lo
so che a volte si comporta da idiota,” rispose Harry,
con voce calma, “ma non voglio sentirti insultarlo.”
Il Ron di qualche anno prima avrebbe potuto lanciargli
qualcosa in testa. Quel Ron fece qualche lungo respiro e disse una cosa che a
Harry sembrò ancora peggiore.
“Senti, siamo tutti preoccupati, ok? A noi importa di
te, stupido. E non voglio vederti diventare tanto amico di qualcuno di cui non
possiamo fidarci.”
Ovviamente
anche a Harry importava di Ron, e si addolcì al punto che avrebbe quasi
risposto con gentilezza, ma c’era sempre… quell’istinto di far da scudo a
Draco, e il quasi non bastò a fermarlo.
“In
che senso, non possiamo fidarci?”
“Tu
che dici?” sputò Ron. “Se c’è una spia a Hogwarts che consegna ragazzini al Signore Oscuro, chi potrebbe essere se non Draco Malfoy?”
All’improvviso
ci fu fermento tutt’intorno.
I
Grifondoro più piccoli cominciarono a bisbigliare eccitati. Ginny fece un suono
di disagio, fissando Harry. Dean e Hermione dissero entrambi cose gentili,
sensibili e che furono del tutto ignorate. Calì si
alzò in piedi e annunciò ad alta voce che nessuno avrebbe dovuto fare simili
accuse. Neville fece uno sforzo impacciato di sdrammatizzare la situazione
lamentandosi perché l’umore dei rospi era stato rovinato.
Harry
sentì stranamente bene Lavanda chinarsi e dire sottovoce a Neville, “Penso siano entrambi maschi. Non funzionerà.”
Sentì
anche, con ira gelida, il sangue che se ne andava dal
suo viso.
La
voce gli uscì bassa, ma estremamente fredda.
“Come
ti permetti?”
Ron
era rosso in viso, ma deciso. “E’ solo buonsenso,
Harry,” disse con rabbia. “Pensaci…”
“Non
voglio sentirlo!” gridò Harry. Calò il silenzio nella sala comune, così inspirò
e si sforzò di abbassare la voce. “Faresti meglio a rimangiarti ciò che hai
detto.”
Ron
non sembrava aver alcuna intenzione di farlo.
“Deve
essere un membro del Consiglio,” osservò. “Di certo
persino tu avrai sospettato…”
Harry
lo guardò male.
“Tranne
Hermione, prima di Draco sospetterei qualsiasi membro del Consiglio.”
Fece
un passo indietro, cercando la porta con l’istinto.
“Non
mi va più di stare con te, stasera,” disse, invece di
colpirlo.
“Dove vai?” chiese Ron infuriato.
“Cazzo, Ron,” disse, voltandosi.
“Dove credi che stia andando?”
*
Harry
corse via dalle stanze dei Grifondoro senza dire
altro. La voce di Ron continuò a risuonargli nelle orecchie, l’istinto di
protezione urlava dentro di lui e Draco era a letto e avrebbe dovuto affrontare
i Serpeverde ma doveva, doveva assolutamente vederlo,
subito…
Camminò,
camminò, e ad un certo punto… incontrò Draco, che
veniva dai sotterranei.
Si
bloccò, sentì un’ondata di inatteso sollievo, e gli
occhi di Draco si spalancarono quando lo vide. Esterrefatti e argentati, lo
fecero sorridere.
“Ehilà!”
Draco
sembrava impegnato a cercare qualcosa di arguto da
dire, ma ovviamente era stato colto alla sprovvista. Alla fine roteò gli occhi
e si infilò le mani in tasca.
“Ehi.”
“Allora,
niente serata con i Serpeverde, oggi?” indagò Harry.
“Ma certo. Entra pure, fuggi e seduci Pansy. Temo di non
poter venire con te, al momento sono persona non grata laggiù.”
Harry
optò per restare dov’era.
“Ho…
uhm… litigato un po’ con Ron,” disse. “Non credo che i
Grifondoro mi rivogliano lì.”
“In
questo caso, vai a morire in qualche angolo. Io ho in programma una serata coi cari vecchi Weasley e Granger, dato che presumo di avere
ancora lo status di principe tra loro.”
“Principe
delle Tenebre, forse.”
Draco
sogghignò. “Personaggio reale dell’anno, a mio modesto parere.”
Harry
cominciò a scendere le scale, e Draco lo raggiunse.
“E così adesso ti odiano tutti? Ti daranno
fuoco? Ti costringeranno ad unirti ai Tassorosso perché le fiamme sarebbero troppo poco, dopotutto?”
“Sì,
Draco, esattamente,” disse Harry. “E
poi tutto tornerà a posto, domattina.”
Non
aveva intenzione di ripetere quelle follie a Draco. Inoltre… in quel momento, di
nuovo con lui, sentiva che tutto sarebbe tornato a posto la mattina dopo.
Poteva perdonare Ron, perché non lo conosceva, non poteva conoscerlo,
altrimenti non avrebbe mai detto una cosa tanto stupida.
“Domattina?
Nel caso in cui avessi la bizzarra illusione, Potter, che percorrerò
corridoi pieni di correnti d’aria con te fino al mattino, ti annuncio che
resterai amaramente deluso.”
“Ok
allora. Che ne dici dell’aula di Pozioni?”
Draco
sorrise.
“Le
voci sono tutte false,” disse.
Harry
lo fissò. “Come?”
“Tutte
le storie su di te, Potter. Il povero piccolo orfanello
fragile e umile, che si lamenta perché nessuno lo ama. Ti aspetti che me
ne vada in giro per ostili aule nei sotterranei, solo per tenerti compagnia. Ti
rendi conto che sono stato allevato nel lusso più sfrenato? Che
egoista.”
“Draco.
Tu vivi nei sotterranei, non hai alcun diritto di parlare dell’egoismo
altrui, e sono certo che non ti farebbe male passare un po’ di tempo nel… oh,
insomma, in qualcosa che non sia il lusso.”
Il
nome di Draco gli suonava ancora strano in bocca.
“Io
amo il lusso,” protestò Draco. “Io e il lusso siamo in ottimi rapporti.”
Seguì
Harry lo stesso, e quando la porta dell’aula si rifiutò di aprirsi per Harry,
Draco si abbassò e sussurrò qualcosa alla serratura.
“La
parola d’ordine,” spiegò appena la porta si spalancò.
“Il professor Snape me l’ha data
quando stavo dando ripetizioni di Pozioni a Goyle.”
“Allora
è così che è stato promosso,” rimuginò Harry,
entrando. La stanza era molto meno sinistra quando non
c’era alcuna lezione in programma. “Devi essere un insegnante fantastico.”
Draco
entrò e scivolò agilmente sulla cattedra di Snape,
tirando su le gambe e posando il mento sulle ginocchia. Harry non sarebbe mai
più riuscito a guardare Snape preparare una pozione
su quella cattedra, senza immaginare al suo posto un ragazzo biondo
sghignazzante.
“Ho
molte doti.”
“Se lo dici tu.” Harry si appoggiò al muro accanto alla
cattedra, guardando Draco mentre alzava un
sopracciglio con finta indignazione.
“Saresti
allibito da tutte le cose che so fare.” Si fermò. “Il
litigio con Weasley era su di me?”
Fu
il turno di Harry di bloccarsi.
“Forse,” rispose alla fine. “Perché eri
in giro, quando ti avevo detto di andare a letto?”
Draco
sorrise raggiante. “Cercavo qualcuno con cui andare a letto.”
Dato che Harry continuò a fissarlo, sospirò e si rassegnò. “Ho litigato con
Blaise.”
Harry
gli rivolse un sorrisino storto, e si lasciò scivolare fino a sedersi sul
pavimento.
“Il
litigio con Zabini era su di me?”
Draco
sospirò di nuovo, ma più drammaticamente, e scese dalla cattedra di Snape per sedersi accanto a lui, le mani sulle ginocchia.
“Forse.”
Harry
guardò le ginocchia di Draco e la sua mano pallida, di un pallore disarmante
contro il tessuto nero dei jeans.
“Draco…”
Anche se era arrabbiato e distratto, c’era un certo fascino nell’avere il
permesso di dirlo. Si tese e tirò a sé la mano di Draco dal polso.
Draco
lo guardò, privo di espressione, e lo lasciò fare.
Harry
si rigirò la mano di Draco tra le sue, esaminandone le nocche.
“Draco.
L’hai colpito?”
Ci
fu una lieve piega sulla bocca di Draco, né un sorriso né un ghigno. “Sì.”
Harry
era esterrefatto.
“Che aveva detto?”
“Niente
che tu debba sentire,” rispose Draco, con voce
finalmente seria. “Niente di vero.”
Harry
guardò pensieroso la sua mano.
“Lui
ti ha colpito?”
Uno
sbuffo leggero. “Non credo proprio.”
“Beh…
bene.” La mano di Draco non sembrava poi così danneggiata. “Non devi dirmelo,
se non vuoi.”
Non
gliene poteva fregare di meno degli stupidi insulti di
Blaise Zabini. Ciò che importava, l’unica cosa che gli importava di quel
tipo di insulti, era la reazione di Draco.
“Potter.”
La voce di Draco era divertita. “Ho speranze di riavere indietro la mano?”
Le
dita di Harry erano scure sulla pelle di Draco. “Non lo so.” Meditò. “Mi piace
abbastanza.”
Draco
rise. “Può darsi, ma mi serve per ogni genere di cose. Credo che dovrò
insistere affinché me la restituisca, anche se un uncino farebbe la sua figura.”
Harry
aprì le dita, e Draco rimosse la mano.
“Credo
che i nostri amici abbiano detto le stesse cose su noi due,”
disse Harry.
Draco
alzò un sopracciglio. “Se è così, il giovane Weasley mi ha sconvolto.”
Harry
rise. “Sei proprio un incubo.”
“Sono
un Serpeverde,” rispose Draco disinvolto. “Noi siamo
incubi. E usiamo anche un linguaggio che davvero non mi aspetterei
da Weasley.”
“Non
gli piaci,” gli disse Harry.
Draco
parve lievemente preoccupato.
“Ti
sto… proprio incasinando le cose, eh, Potter?”
“Cosa vuoi di…”
“Sarebbe meglio rinunciare a tutto, sai. A volte le cose
diventano troppo problematiche,” proseguì con calma.
“No!
Cioè… siamo amici. Non m’importa nient’altro. Secondo
me ne vale la pena… e poi anch’io sto dando problemi a te.”Harry quasi si disprezzò per aver tradito il proprio terrore
in modo così lampante. “E’… è così? Vuoi
rinunciare a tutto?”
Draco
lo guardò riflettendo, e Harry pensò che volesse farlo davvero. Cercò di non
sembrare nervoso.
“Nah,” disse infine Draco. “Penso
che ti terrò intorno.”
Harry
non riuscì a trattenere un sorriso. Draco lo ricambiò, solo un po’, con un
sorriso debole e dispettoso.
“Io
non rinuncerei per nessun motivo,” gli disse Harry.
“Non voglio. C… cioè… oh, lo sai, Draco.”
Draco
alzò un sopracciglio.
“Oh,
so tutto. Non certo grazie a te, dato che sei la
persona più disarticolata che abbia mai avuto il piacere di conoscere.” Sollevò
un angolo della bocca. “Bene. E’ tutto a posto.”
La
scomparsa della tensione dal corpo di Draco fece capire a Harry che c’era
stata. Piegò la testa all’indietro e chiuse gli occhi, e Harry si chiese per un
momento a chi altri fosse concesso di guardare Draco
Malfoy privo di difese, che fosse distratto, sollevato o anche semplicemente
stanco. Sperava che la risposta fosse a nessuno.
“Ehi,
Potter.” Draco lo spinse piano. “A cosa pensi?”
La
spalla di Draco era calda e solida contro la sua. Era un tocco confortante,
rassicurante, perché era diverso dalla certezza assoluta che Ron sarebbe sempre
stato lì per lui. Quasi tutto, con Draco, era incerto
e diverso… Ma lui era lì, c’era, e quello
doveva voler dire qualcosa.
Si
girò verso Draco, la cui espressione non lasciava trasparire nulla, e gli
rivolse un sorrisino dispettoso.
“Perché non mi dici a cosa pensi tu?”
Draco
lo guardò, il suo viso così vicino che Harry riuscì a vedere la scintilla di
calore nei suoi occhi prima che diventasse un sorriso.
“Stavo
pensando alla tua vita sentimentale.”
Harry
lo fissò e Draco rise della sua faccia.
“Ehm,
cosa?”
“Beh.
Ginny Weasley non è del tutto appropriata. Io dico che puoi avere qualcosa di meglio di una Grifondoro.
Dovremmo trovarti una bella ragazza Serpeverde,”
suggerì allegramente.
Harry
roteò gli occhi verso Draco, che finse di non vederlo.
“Pansy
andrebbe bene, ma non sono sicuro che ti piaccia, e poi… ti odia fino al
midollo.” Si fermò a pensare. “Che
ne pensi di Morag?”
“Non
la conosco,” rispose Harry, e Non ho intenzione di
farlo mai rimase alquanto implicito.
“Potresti
conoscerla. Avanti, Potter, cosa farai ogni venerdì sera?”
“Potrei
stare con te.”
“Ti
converrà essere molto gentile con me, se hai intenzione di uccidere la mia vita
sociale.”
Il
che, notò Harry, non equivaleva ad un no.
“Penso
che rinuncerò comunque a Morag.”
Draco
sbadigliò, cercando vagamente di nascondersi dietro una mano.
“Bene.
Ma non sai cosa ti perdi.” Spostò lo sguardo da Harry
e sbadigliò di nuovo.
“Sei
esausto.”
C’erano
delle ombre sotto gli occhi di Draco, e una piccola smorfia di stanchezza sulla
bocca. Era ridicolo. Avrebbe dovuto essere a letto.
“Ancora
un po’.” Draco sbadigliò per la terza volta e si sdraiò sul pavimento di pietra
con movimenti languidi, usando i gomiti per stendersi per bene. “Non mi
lasciare a dormire qui,” ordinò. “Mai più dormite in
posti senza un vero cuscino. E’ scomodo, e non penso che riuscirei a sopportare
la vergogna.”
Harry
si stese sulla pietra accanto a lui. “Smettila di fare lo scemo,” disse. “Non c’è niente di cui vergognarsi nell’essere
stanco come tutti gli altri. E hai bisogno di
riposare.”
Draco
aggrottò un po’ la fronte. “Non rompere, Harry,”
mormorò mezzo addormentato.
Il
suo respiro si fece più profondo e rallentò.
Harry
lo guardò. Mi ha chiamato Harry, pensò, un po’ sorpreso.
Capitolo 9 *** Lo spettatore vede meglio dei giocatori ***
Underwater Light
UnderwaterLight
By Maya
Tradotta da luciana
Beta: Vale
Capitolo Nove
Lo spettatore vede meglio dei giocatori
Sommario:
Vediamo della faccenda cosa pensa Hermione
Ma i jeans di Draco sono ancora al centro della situazione!
This is your new thing now
And it makes the whole world
spin
It's as least as old as sin
But not quite
This is your new thing now
And now you're turning
grinning
But maybe no one's listening
And you might lose it all my darling, yes you might
[E’ il tuo nuovo giocattolino/
E fa girare tutto il mondo / E’ vecchio almeno quanto il peccato / Ma non
proprio / E’ il tuo nuovo giocattolino / Ed ecco che
inizi a sogghignare / Ma forse non ti ascolta nessuno / E potresti perdere
tutto, amore, sì, potresti ]
Al
cigolio della porta del sotterraneo Harry si svegliò di soprassalto, si mise a
sedere e si mosse automaticamente verso Draco guardandosi intorno agitato,
finché non vide il professor Lupin alla porta, piuttosto allarmato e seguito da
allievi del primo anno.
Il
balzo svegliò Draco, la cui testa arruffata si sollevò
leggermente dal pavimento.
Lupin
sgranò gli occhi quando incrociò quelli di Draco,
oltre il ginocchio di Harry.
“Harry.
Draco,” disse. “Ehm… che sorpresa.”
Draco
guardò i ragazzini alle spalle di Lupin, che li stavano osservando con molto
interesse, e cominciò a ridere fra sé e sé.
Era
molto d’aiuto.
“Ehm,noi, ehm, stavamo rivedendo l’esercitazione pratica di
Pozioni, e ci siamo addormentati…”
Beh,
non era proprio una bugia, dato che evidentemente Lupin non credettea una sola parola.
Harry
fece un gesto vago in direzione di Draco, che aveva colto l’espressione di
Lupin durante le sue rocambolesche spiegazioni, ed era paralizzato dal ridere.
“Ecco,
stavo scortando gli studenti in anticipo per prendere posto,”
disse Lupin, ancora incerto su come reagire. “Se fate presto, riuscite a fare
colazione.”
“Non
toglierà dei punti?” sussurrò uno del primo anno.
“Non
si tolgono punti a Harry Potter,” disse un
amico, scandalizzato. Harry quasi soffocò.
Guardò
verso Draco, che stava praticamente piangendo dal
ridere.
“Grazie,
professore,” disse in fretta Harry, afferrando Draco e
tirandolo su con la forza.
Lo
spinse fuori dalla porta, e Lupin li guardò uscire.
Harry non riuscì ad interpretare la sua espressione.
Dopo
qualche passo nel corridoio, Draco dovette appoggiarsi al muro.
“La
sua faccia!” esclamò debolmente. “La tua faccia… Scusa, ho
bisogno di un minuto…”
Harry
incrociò le braccia e gli diede cinque minuti, guardandolo con indulgenza.
“Già,
molto divertente,” disse, tollerante. “Muoviti. A
colazione.”
Draco
si ricompose all’istante. “Non senza una spazzola.”
“Questa
fissa dei capelli non è salutare, Draco. Devi mangiare di più.”
“Oh,
perfetto, così sarò trasandato e soprappeso?” domandò Draco. “Sei un sadico,
Potter. Esigo uno specchio.”
Si
voltò e cercò di esaminarsi nel vetro della porta. Harry, alle sue spalle,
guardò il riflesso di Draco.
Il
suo riflesso era ancora più pallido di lui. Sembrava sveglio solo a metà, la
bocca ancora morbida di sonno e gli occhi velati e foschi.
“Tremendo,” disse Draco, guardandosi con aria furibonda.
“Mmh?” Harry sbatté le palpebre. “Ti stai comportando da
idiota. Il che non accade esattamente di rado, aggiungerei. Avanti. Mi rifiuto
di lasciarti di nuovo saltare la colazione.”
“Lasciarmi?”
lo rimbeccò Draco, con una voce che sarebbe stata minacciosa, se solo non avesse sbadigliato mentre parlava. “Come credi di fermarmi?”
Harry
sbadigliò e appoggiò la fronte sulla spalla di Draco. Draco si rilassò un po’ e
Harry gli mise i palmi delle mani sulla schiena e lo spinse con forza per il
corridoio.
“Così,
cervellone. A colazione. Subito.”
Draco
si lamentò debolmente per tutto il tragitto. Harry continuò a spingerlo ad
intervalli strategici.
Finché non si trovarono davanti Pansy Parkinson e Ron.
“…
non certo più di te, Weasley, brutto zotico rossiccio,”
gridò Pansy, appena prima di notare Draco e di lanciarglisi
addosso. “Draco!” Allungò una mano per toccare i suoi capelli, e Draco le cinse
il polso gentilmente. Allora si limitò ad indicarli. “Ma…
non sono pettinati.”
Lo
sguardo di accusa che rivolse a Harry gli fece
credere, per un terribile istante, che stesse per domandare, Cosa hai fatto
al mio bambino?
Prese
a trascinarlo nella Sala Grande, chiedendogli a voce alta cosa volesse mangiare. Harry lo afferrò per un attimo. Lei si
girò e gli scoccò un’occhiata velenosa, Harry la fissò gelidamente e lasciò la
presa.
Ron
aveva uno sguardo torvo quando entrò.
“Ho
bisogno di una tazza di caffé,” si lagnò Draco.
“Togliti, Pansy.”
Guardò
il tavolo dei Serpeverde, incrociò lo sguardo ad occhi stretti di Blaise Zabini
e si voltò di proposito verso Harry.
“Ci
vediamo stasera, Harry?”
“Sì,” disse Harry. “Certo. Perfetto.”
Draco
proseguì. Ron aveva l’aria di chi avesse appena morso
un limone.
“Dov’eri?” sibilò.
“Non
sono affari tuoi,” gli rispose freddo Harry.
Ron
espirò forte dal naso e incrociò le braccia. “Ascolta, io… Hermione e io abbiamo parlato. E’ stato… non dovrei accusare nessuno,
senza prove.”
Harry
si rilassò un po’.
“Ron,
tu non lo conosci.”
E
fu sicuro che tutto era tornato a posto tra loro,
anche se Ron fece una faccia strana e bisbigliò, “Tu sì?” mentre
raggiungevano il tavolo dei Grifondoro.
Hermione e io abbiamo parlato, aveva detto Harry, ma Hermione
non lasciò trasparire nulla, e gli offrì un toast.
Si
chiese cosa mai pensasse di tutta la faccenda.
*
Hermione
non aveva idea di come comportarsi, in una situazione così inquietante.
Era
sconcertante.
Lei
era abituata ad avere idee, ad essere ragionevole, a capire. Sentiva che Ron
era più adatto alla parte di quello perplesso.
Ma adesso…
Era
raggomitolata su una sedia davanti al camino della sala comune Grifondoro al calare della sera, e pensava a Harry.
Di
rado Harry le dava da pensare. Un amico certe cose le capiva solo con uno
sguardo.
Pensò
al viso di Harry. Era uno di quelli che amava di più al mondo, un viso che
aveva guardato così tante volte da essere pazza anche
dei suoi difetti.
Per
molti versi era ancora il viso di un bambino. Snello e
bianco, con un’ossatura così delicata da renderlo quasi triangolare. Era
un viso così aperto. Rifletteva tutto ciò che pensava.
Sorrise
lievemente ripensando al modo in cui Harry si comportava con ChoChang il quarto anno, a come
arrossiva, a come mandava occhiate oblique e a come gli si annodava la lingua
ogni volta che lei era nei paraggi.
Era
l’opposto di Ron, che fissava esplicitamente e tirava le code di cavallo. Harry
era più il tipo timido e adorante.
Il
sorriso di Hermione si spense quando pensò
all’espressione che Harry aveva avuto spesso, sin dal quarto anno.
Oh,
Harry. Pensava di dissimulare tutto alla perfezione, quando chiunque poteva
leggergli in volto quell’infelicità devastante. Anche
se sapeva quanto odiava quella opprimente
commiserazione, Hermione non riusciva a non cercare di stargli accanto, perché
non riusciva a smettere di stare in ansia per lui. Aveva visto gli occhi di
Harry divenire piatti e freddi come le lenti degli occhiali tondi che insisteva a portare. Ogni volta che vedeva quello sguardo, le si spezzava il cuore. Non voleva vederlo mai più.
Era
stata così felice di vederlo contento. Ma adesso…
Hermione
vedeva anche cose che non voleva vedere.
Vedeva
gli sguardi tra lui e Malfoy nei corridoi, privati e intimi come un tocco.
Vedeva come sembravano venirsi incontro istintivamente. Ricordava l’odio nero
ed esplosivo di Harry, che eruttava in sfoghi che facevano scappare gli altri
studenti a gambe levate nei corridoi, e vedeva che l’energia di quei tempi era
scomparsa.
Vedeva
piccole cose, come Harry e Malfoy a Cura delle Creature Magiche che dividevano
un libro, lo sfioramento casuale ed esitante tra due mani, il sedersi più
vicini del necessario. Vedeva le occhiate di Harry a Malfoy, come quando
dimenticavano di accarezzare il libro e quello mordeva Malfoy, e lo imitava
ridendo, da istrione… e lei pensava, non ènormale…
Proprio
in quel momento entrò Harry. Hermione posò lo sguardo sul suo viso arrossato e
sui capelli scossi dal vento. Lui sorrise e sparì su per le scale.
C’era
qualcosa di tenero nella pelle candida di Harry: il fatto che mostrava ogni
emozione. Harry non le poteva nascondere nulla, nemmeno
quando lei faceva di tutto per non rendersene conto.
Si
accorse, fissando il fuoco, che stava cercando di capire se Harry fosse attraente o no.
Lo
amava come un fratello, quindi non aveva mai dato molto
importanza alla cosa. Ma ora doveva alzare gli occhi e pensare a Harry
in un contesto completamente diverso da quello a cui
era abituata. Alla luce degli ultimi eventi, sentiva di dover pensare alla
questione.
Harry
entrò di nuovo, in pigiama, e balzò nella poltrona accanto alla sua.
Hermione decise che era piuttosto carino. Era più
bello del solito con quei vestiti nuovi, e i suoi occhi splendevano di entusiasmo… ma no, il suo non era un fascino
convenzionale.
Avevano
stabilito una sorta di routine.
Harry
rientrava ad orari pressoché assurdi e si sedeva accanto a lei, fissandola con
quegli occhi euforici. Dopo un po’, Hermione si arrendeva e gli chiedeva della
sua giornata.
Valeva
la pena di vederlo accendersi in volto.
A
quel punto si lanciava in una descrizione eccitata dell’ultima incredibile
avventura che gli era capitata quella sera, disseminando intenzionalmente nel
racconto frasi chiave come “e poi Draco ha detto…” Il suo sorriso durante tutta
la storia era sereno e deliziato.
Era
da un po’ che andava avanti così. All’inizio, Hermione era stata sollevata
dalla scomparsa di quella brutta depressione. Poi aveva iniziato a pensare che quella amicizia era troppo intensa per essere salutare. E poi…
Sempre meglio dei giorni in cui Malfoy non si faceva vedere.
Succedeva circa due volte a settimana e, a prescindere dall’opinione che
Hermione aveva di Malfoy, odiava con tutte le sue forze vedere Harry afflosciato davanti al fuoco tutta la sera. Non faceva
altro che declinare mestamente offerte di partite a
scacchi o a Spara Schiocco.
Era
una fregatura essere così trasparente. Rendeva troppo vulnerabili.
“Allora,
Harry, che hai fatto oggi?” indagò Hermione con un sorriso rassegnato.
Harry
si tirò su a sedere, tutto allegro, e le raccontò tutto con entusiasmo.
Fu
un racconto lungo e coinvolgente. A quanto pareva,
Malfoy aveva pensato che sarebbe stato estremamente divertente far volare un
tappeto con la magia, e alla fine quello li aveva scaricati su un albero.
A
quanto pareva gli indomiti rivestimenti per pavimenti
erano il cavallo di battaglia di Harry. Sembrava che si fosse divertito
parecchio.
Hermione
notò che sembrava più piccolo quando era seduto, e più
alto di quanto fosse realmente quando era in piedi. Stranamente, la sua
corporatura snella rendeva possibili entrambi gli effetti.
E gli donava anche grazia, ma di uno strano tipo. A
prima vista sembrava impacciato, ma poi ci si rendeva conto che aveva l’agilità
di un uccellino. A prima vista o alla seconda, si restava sempre colpiti dalla
totale mancanza di calcolo di ogni suo movimento.
Era
un bambino anche nella spontaneità.
Si
comportava da adulto solo quando era alle prese con
un’emozione intensa, e allora era più saggio e più maturo di chiunque altro
avesse mai conosciuto.
Gli
voleva bene. Voleva bene davvero al serio, imprudente, assolutamente
vulnerabile Harry, un amico che contava più di un fratello.
“Dev’essere stato divertente,”
disse, per assecondarlo.
Il
viso di Harry risplendeva. “Già,” convenne. “E poi Draco ha detto…”
“Ehi
Harry, Hermione.” Ron era ai piedi della scala. “E’ ora di andare a letto.”
Harry
si alzò volentieri, mandando a Hermione il timido sorriso vi-lascio-soli. Mai era più ovvio di
quando cercava di essere sottile.
Oh,
ma non aveva più quell’aria solitaria e sconsolata, quando li lasciava.
Hermione
era perplessa. Non riusciva a decidere cosa fosse
meglio.
“Amore,
sembri pensierosa.”
Hermione
guardò il viso leggermente preoccupato di Ron. Era un viso dai lineamenti
grandi, e pieno di lentiggini, non molto attraente per un osservatore
noncurante. Ma, in qualche modo, lei aveva imparato ad
amarlo.
Senza
un perché, se non che non riusciva a farne a meno.
Si
alzò e gli mise le braccia intorno al collo, dimenticando tutti i pensieri su
Harry.
Era
tutto così difficile e spaventoso negli ultimi tempi. Quella era l’ennesima
cosa di cui preoccuparsi, l’ennesima minaccia a chi
amava.
Affondò
il viso nella spalla di Ron e cercò di non pensare a niente per un po’.
*
Il
giorno dopo, le preoccupazioni di Hermione ritornarono.
A
volte pensava che Ron aveva ragione: rifletteva
troppo.
Era
una di quelle belle mattinate grigie disegnate sulle tazze da tè. Frammenti di
nuvole indugiavano nel cielo, che indossava tuttavia pallide
eco della luce del sole. Il paesaggio sembrava insolitamente tranquillo.
L’aria
del mattino era frizzante mentre camminavano a passo
svelto verso la capanna di Hagrid, per la lezione di Cura delle Creature
Magiche.
Ron
e Hermione stavano mano nella mano, stretti stretti per darsi calore. Hermione offrì l’altra
mano a Harry, ma proprio in quel momento si accorsero che davanti a loro
c’erano i Serpeverde, che si spostavano tutti insieme
verso la capanna.
Harry
fece quell’irrefrenabile sorriso giovanile, e scostò la mano.
“Naa,” disse.
Non
si fermò neanche prima di avanzare: non finse un approccio casuale.
Muovendosi
scaltramente come un serpente tra gli amici Serpeverde, Malfoy scivolò dietro
al gruppo. Quello fu l’unico segno che aveva visto Harry, finché Harry non gli
si avvicinò, e allora annuì rigido.
Il
sorrisino di Harry fu generoso e schietto.
Dio,
se erano diversi.
Hermione
li osservò bene, cercando di analizzarli ancora una volta. Era difficile,
perché in testa aveva un coro greco che cantava “Bastardo!” ogni volta che
Malfoy era nei paraggi.
Non
fece che guardarli insieme, e pensare a tutti i dettagli che aveva notato in
Harry la sera prima, per confrontare le due immagini.
Uno
studio in bianco e nero.
Malfoy
era pallido, ovviamente. In quello somigliava a Harry. Ma
la pelle di Harry era una pergamena chiara dove i suoi sentimenti erano scritti
a chiare lettere.
Invece i sentimenti non riuscivano a penetrare la pelle di Malfoy… oddio,
sempre che avesse mai provato sentimenti. Persino l’intensa
attività fisica lo rendeva rosato, non rosso.
Non
c’era niente di tenero nella sua calma serafica. Era agghiacciante quella sua
abilità di essere sempre rilassato e aggraziato.
La
perfezione è un tratto estremamente irritante in chi
si disprezza.
Era
l’antitesi di Harry, lei amava così tanto, e per cui
provava quel gran senso di protezione.
Guardò
storto la testa bionda che si voltò leggermente verso quella spettinata e scura
di Harry. Sembrava che quel contrasto fosse intenzionale.
Bastardo!disse il coro greco. Perfino i suoi capelli sembrano avere
secondi fini.
Poi
Hermione vide il suo viso quando guardò Harry, e le
venne in mente un’altra cosa.
Anche il suo viso era diverso da quello di Harry. Era
fatto per mascherare, piuttosto che mostrare, calcoli piuttosto che sentimenti.
Era un viso snello, dai lineamenti ascetici, con una bocca fatta per storcersi,
un mento a punta e occhi che brillavano come il ghiaccio.
E, sì, Hermione dovette ammetterlo… era bello.
Eppure in quel momento c’era qualcosa di spontaneo nella
sua espressione vagamente divertita che… le dette da pensare.
Poteva
essere che non se ne fosse accorto?
Ovviamente, alcuni non se n’erano accorti. I
Serpeverde non lo sapevano, infatti ultimamente non
c’erano state molestie sanguinose per liberarsi di Harry. I Grifondoro erano
per la maggior parte ignari di tutto.
Ron
non lo sapeva, perché altrimenti avrebbe dato di matto.
Tuttavia… c’erano state delle voci al tavolo dei Corvonero, dei
sussurri tra i Tassorosso, e qualche sopracciglio alzato tra i membri dello
staff. E c’era lei stessa, che aveva cercato e
cercato di negarlo, ma era stata costretta ad accettare ciò che era lampante.
Lo
sapeva abbastanza gente da poter dire ‘Lo sanno tutti…’
Lo
sapevano tutti che Harry era completamente partito per
Draco Malfoy.
Il
povero innocente Harry, ovviamente, non ne aveva idea.
Ma Malfoy…
Hermione
aveva dedotto che sapeva tutto (era un tipo sveglio, il piccolo bastardo) e che
stesse manipolando Harry per un suo sporco proposito.
Eppure, quello sguardo… beh, non era amichevole, ma
neanche controllato. Malfoy era sembrato quasi normale, e non una persona che complottasse la rovina del prossimo.
Certo,
probabilmente era proprio quello il suo obiettivo. Bastardo!
O Malfoy aveva capito tutto, e stava tramando una
trappola per Harry, oppure era allegramente all’oscuro di quel gran casino.
In
entrambi i casi…
“A
cosa stai pensando, Hermione?” chiese Ron, cingendola con le braccia
mentre camminavano insieme.
Lei
girò il viso verso il suo collo per cercare conforto, assaporando il calore
privo di complicazioni e la vicinanza. Alla fine rispose.
“Guai,” disse cupamente.
*
I
guai possono essere più vicini di quanto sembri.
Hermione
se ne accorse il giorno dopo. Era un sabato, e
cominciò la giornata seduta di fronte a Harry.
Il
suo sorriso smagliante Non-è-un-giorno-fantastico-per-essere-vivi-e-sul-punto-di-incontrare-Draco-Malfoy?
le fece passare l’appetito.
Così come le sbirciatine costanti verso il tavolo dei Serpeverde, oltre
la sua spalla.
“Oggi
c’è la partita di Quidditch Corvonero contro Tassorosso,”
dichiarò Harry, posando un uovo nella tazza con cura.
“Lo
so,” replicò Hermione. “E’ sempre una buona occasione per averti con noi sugli spalti.”
Eccetto all’ultima partita Serpeverde-Corvonero,
aggiunse tra sé e sé, quando tenesti le dita incrociate per i Serpeverde e per
poco non scoppiasti di gioia in segreto, quando Malfoy (il bastardo!)
ebbe preso il Boccino.
Harry
arrossì: quella tinta infantile gli macchiò la pelle.
“Oh,
beh… A dire il vero, visto che è l’unica partita in cui non gioca nessuno dei
due, io e Draco avevamo pensato di guardarla insieme.”
Si confidò. “Abbiamo fatto una scommessa.”
Oh, Harry, adorabile
idiota, pensò Hermione, con un’improvvisa e dolorosa fitta d’impazienza. Potresti
essere più cotto?
Potresti
essere più stupido?
Malfoy
entrò nella Sala Grande, con quei vestiti babbani acquistati di recente.
Harry
fece cadere l’uovo dalla tazza.
“Scusa,” disse a Ron, che fissava l’uovo nei suoi cereali. “Mi conosci, sono sempre maldestro.”
Sì, pensò
Hermione con sarcasmo. Sei la nostra star del Quidditch davvero
scoordinata. Poveri noi.
Hermione
proprio non capiva perché facesse tante storie. Certo, Malfoy era slanciato nei
suoi jeans babbani, e la camicia bianca col collo aperto mostrava un po’ più di
petto, ma era pur sempre il re del Bastardshire.
Malfoy
vide Harry e gli concesse un altro di quei freddi assensi.
Oh, guarda com’è assalito
dai sentimenti,pensò Hermione. Bastardo!
Il
sorriso di Harry fu semplice e gioioso.
Non se ne
accorge nemmeno, rifletté Hermione quando vide Harry prendere un
toast e spalmarci sopra la marmellata di lamponi soprappensiero, proprio come
Malfoy al tavolo dei Serpeverde.
Harry
sembrava troppo concentrato a guardare Malfoy mangiare per accorgersi di ciò
che stava mangiando. Hermione dette un’occhiata e vide
Malfoy sogghignare e conversare animatamente con Blaise Zabini, agitando il
toast in aria con fare melodrammatico. Quindi vide il
riflesso fioco dell’espressione di Malfoy sul viso di Harry, che baluginava
come i raggi del sole sull’acqua. Stranamente sembrava pura, filtrata da quei
lineamenti così diversi.
Dio, Harry. Hai idea di
cosa stai facendo? Non ricordi che suo padre era un Mangiamorte? Lucius Malfoy
non è morto per la nostra causa. E’ stato punito per doppio gioco dal suo amato
Signore Oscuro. Era un Mangiamorte assassino a sangue
freddo, fra i peggiori della sua categoria. E suo
figlio è proprio come lui, solo che si trova dalla nostra parte per la sua
dolce vendetta, e non possiamo permetterci di fidarci di uno così… specie di
questi tempi.
E tu ti dovevi innamorare del
bastardo.
*
Fu
durante la partita di Quidditch che Hermione ebbe la netta e sgradevole
certezza che il disastro stava per abbattersi su di loro.
I
Tassorosso e i Corvonero stavano giocando davvero bene, e gli studenti si
stavano godendo la suspense dovuta all’assenza di Harry
Potter, che giocava meglio di tutti, e di Draco Malfoy, che imbrogliava meglio
di tutti.
La
giornata era luminosa ed estiva, e la partita andò avanti piacevolmente per
gran parte del giorno, fino a quando il sole scivolò
dietro l’orizzonte e il cielo diventò viola.
Hermione
si stava quasi divertendo, appoggiata ad un Ron entusiasta, impegnata a
guardare la partita con il sole che le accarezzava le spalle nude.
Quasi.
Se non fosse stato per lo spettacolo dei due ragazzi
accanto al campo da Quidditch.
Non
erano sugli spalti. Ron non l’avrebbe sopportato, e (Hermione
controllò gli sguardi biechi di Pansy, Zabini, Tiger e Goyle) i Serpeverde
avrebbero squarciato Harry da parte a parte.
No,
stavano appena fuori dal campo, vicino alle panchine
dove i giocatori tenevano gli asciugamani e dove stavano sedute le riserve.
Malfoy era appoggiato all’indietro sulle mani, le gambe tese e le caviglie
incrociate, il viso alzato verso il cielo. Harry aveva le braccia incrociate
attorno alle ginocchia e gli occhi fissi sulla partita.
Errore,
gli occhi generalmente fissi sulla partita. Hermione notò che la sua
concentrazione, ogni tanto, dava forfait.
Ad
esempio quando Malfoy sventolò una bandiera immaginaria e strascicò, “Forza
Corvonero.”O quando Malfoy
si stiracchiò languidamente, o scosse la testa così che le ciocche dei suoi
capelli sfolgorarono nel sole.
Gli
occhi di Harry si staccavano dalla partita senza che potesse farci niente,
guardavano e fuggivano. Non sembrava neanche accorgersene. Ma
Hermione se n’era accorta, eccome. Ed era anche
disgustata.
Si
chiedeva di cosa stessero parlando, così mormorò una
scusa a Ron e raggiunse senza fretta un punto degli spalti dove poteva spiarli
in modo discreto. Sapeva che era poco etico, ma… era disperatamente preoccupata
per Harry! Doveva scoprire cos’aveva intenzione di
fare Malfoy con lui.
Nel
momento esatto in cui iniziò ad origliare, la folla esplose in una ola.
Hermione
decise che era la Vita.
Alla
fine riuscì a distinguere una certa voce odiosa.
“Hanno
vinto i Corvonero! Mi devi cinque lecca-lecca al sangue.”
Hermione,
per un terribile istante, pensò si trattasse di un doppio senso.
“Trionfa
finché puoi, Draco,” disse la voce di Harry. Hermione bruciò quando sentì quella voce, quella voce dolce e mite,
giusto un pizzico più profonda di quella che ci si aspetterebbe da un viso così
giovane, rivolgersi a Malfoy come a un amico. “La prossima settimana ti userò
per pulire il campo.”
“Provaci,
e ti tratterò con l’odio più assoluto per l’eternità.”
Ecco, ci siamo. Ricatto
emotivo.
Hermione
strinse i pugni sentendo l’improvvisa vibrazione d’incertezza nel tono di
Harry.
“Davvero?
Per…”
“Per
l’eternità,” lo imbeccò Malfoy. “Perciò ti conviene
non rivolgermi la parola per… oh, tre giorni.”
Hermione
fu allarmata dal sentirli ridere entrambi: la risatina odiosa di Malfoy si unì
al ridacchiare di Harry.
“Comunque,” continuò Malfoy, “stavolta vincerò io. Vedi,
questo tuo flusso interminabile di vittorie non è stato, come alcune teste di
legno nel pubblico avranno pensato, un’offerta di compassione
al tuo cuore abbattuto. In verità è stato tutto un astuto piano dei Serpeverde
per far sì che ti cullassi in un finto senso di
sicurezza. E ora che è successo…”
“Draco,
smettila di delirare. Che ore sono?”
Il
pigro e inequivocabile affetto nel tono di Harry fece sì che Hermione li
guardasse con ira protettiva. Strinse gli occhi, quando si posarono su Malfoy.
Se mai un ragazzo si era meritato un altro ceffone…
Poi
sgranò gli occhi allarmata.
Harry
si era sporto con disinvoltura per guardare l’orologio di Malfoy, appoggiandosi
con una mano alla sua spalla.
Malfoy
si era voltato e inclinato verso Harry per dirgli l’ora.
I
loro volti finirono a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro.
Il
cuore di Hermione le si bloccò nel petto con puro
terrore.
I
loro profili si stagliavano contro il cielo violetto. Riusciva a scorgere la
pallida luce che risplendeva sui capelli lisci di Malfoy, e la graduale
sfocatura degli occhi verdi di Harry.
Sembrava
che avesse smesso di respirare. La sua mano non afferrava più la spalla di
Malfoy, ma era solo posata lì, con le dita attorcigliate ai suoi capelli.
Hermione vide il tremolio delle labbra e delle ciglia di Harry, vide
l’esitazione trasformarsi in consapevolezza…
Se si fosse mosso leggermente, avrebbe sfiorato la bocca
di Malfoy con la sua.
Malfoy
era aristocratico e immobile come sempre. Si voltò via, controllando di nuovo
l’orologio.
“Sono
le sei e un quarto.”
Harry
si ritirò, e quel momento in cui si era quasi accorto di tutto si dissolse. La
sua mano restò un attimo di troppo sulla spalla di Malfoy.
Malfoy
la guardò, quelle dita che gli toccavano i capelli, e Hermione pregò per un
segno che lasciasse intendere che almeno lui aveva
capito…
“I
miei capelli sono di nuovo troppo lunghi,” commentò
vago. “Orrendi.”
Hermione
sentì delle braccia scivolarle attorno alla vita, e trattenne eroicamente un
grido di allarme.
“Eccoti
qui,” disse Ron alle sue spalle. “Ti stavo cercando.”
Le strofinò il naso sul collo. “Allora, dimmi, quando accadranno questi guai di
cui parlavi?”
Hermione
si appoggiò alle sue braccia per sicurezza, anche se la sua mente era ancora
impegnata ad esaminare varie possibilità.
Harry
e Malfoy si stavano alzando. Vide Malfoy girarsi verso di loro e guardarli con
occhi grigi e freddamente diffidenti.
Harry,
ovviamente, non aveva occhi che per lui.
Cosa significava quello sguardo? Cos’aveva intenzione
di fare, Malfoy? Presto o tardi Harry l’avrebbe scoperto, e allora…
Hermione
ripensò a ChoChang. Harry
era stato molto nervoso prima di invitarla al ballo, ma alla fine ce l’aveva fatta. Una ragazza carina, popolare, più grande…
una che molti ragazzi non si sarebbero nemmeno sognati di invitare.
Non
che Harry fosse sicuro di sé… era che non poteva fare a meno di inseguire
ciecamente ciò che voleva. Non poteva fare a meno di desiderare qualcosa con
tutto il cuore.
La
questione non era cosa avrebbe fatto Harry. Ma
Malfoy... gli avrebbe semplicemente spezzato il cuore, o aveva forse un
progetto ancora più sinistro?
Hermione
si ricordò di Lucius Malfoy, e rabbrividì.
“Non
ti preoccupare, Ron.”
Posso farlo io per
entrambi.
*
Hermione
capì che quella riunione del Club dei Duellanti sarebbe stata diversa dalle altre quando fu chiesto a tutti loro di presentarsi in abiti
casual babbani.
I
suoi sospetti furono confermati quando entrarono e
videro la stanza piena di materassini. E quando,
all’inizio della lezione, a Lupin si unì Sirius, a cui in genere non era
permesso avvicinarsi ai Serpeverde.
Hermione
notò una certa quantità di battiti di ciglia tra le ragazze, quando videro
Sirius. Il loro nuovo professore, ora che poteva accedere
a bagni e pasti regolari, era davvero molto attraente, e il suo oscuro passato,
nonché la motocicletta volante, non facevano affatto male.
Hermione
pensò che era ridicolo. Sirius Black
era quasi un padre.
No…
non era vero, giusto? Harry sarebbe stato molto più in forma, se Sirius Black avesse avuto l’atteggiamento di un padre.
Voleva
bene a Harry, questo Hermione non l’aveva mai messo in
subbio. Avrebbe sacrificato la vita per lui in un attimo: stava combattendo
quella guerra con determinazione per salvare Harry ad ogni costo. Era nato per
gesti drammatici come omicidi per vendetta, evasioni dalla prigione e adozioni
impulsive.
Ma non era nato per la vita di tutti i giorni. Non
sapeva come prendersi cura di un bambino né come dimostrare la considerazione e
l’affetto che irradiava sempre il professor Lupin, più stabile. Era volubile e
inattendibile di natura, il ragazzo che aveva quasi ucciso Snape,
e dodici anni ad Azkaban avevano solo esasperato quelle qualità.
Semplicemente,
non era il padre di Harry. Non poteva farci niente. E
Harry non riusciva a non starci male.
Hermione
vide lo scambio di sorrisi fra loro, e pensò che Sirius era
stato tanto impegnato da non aver avuto il tempo di assorbire la
situazione tra il suo figlioccio e Draco Malfoy.
Chiaramente,
neanche Harry.
Ma era solo questione di tempo.
Gli
occhi di Hermione si strinsero quando Draco Malfoy e i Serpeverde arrivarono al
Club dei Duellanti. E lo stesso fecero, notò agitata,
quelli di Sirius.
*
Harry
sorrise, scosse la testa e disse col labiale Sei
in ritardo, quando Draco entrò nella stanza.
Draco
roteò gli occhi verso di lui e continuò a discutere con Blaise Zabini, che
sembrava convinto che una maglietta aderente lucida si potesse definire casual.
Ovviamente
il fastidioso Draco si era messo dei vestiti del tutto appropriati: una t-shirt
bianca sbiadita e pantaloni da combattimento neri, che (notò Harry) furono
presto adocchiati dalla piccola NatalieMacDonald.
“Siete
in ritardo, Serpeverde,” osservò Sirius, gli occhi
ridotti a fessure scure.
Harry
si preparò ad un’allegra rimozione di punti in massa. Draco rivolse a Sirius
un’occhiata gelida.
“Faremmo
meglio ad iniziare, allora,” s’intromise gentilmente
Lupin. “Ragazzi, il professor Black ha accettato
gentilmente di mostrarvi alcune tecniche di lotta di cui, lo confesso, non
m’intendo molto. Suppongo che sappiate ben poco dei combattimenti corpo a corpo?”
Ron,
che viveva con cinque fratelli più grandi, sbuffò, e si guadagnò un sorriso
ironico prima che Lupin proseguisse.
“Credo
sia un’abilità molto importante da acquisire. Potrebbe essere decisiva in un
duello. Se voi e il vostro rivale doveste disarmarvi
contemporaneamente, sarebbe cruciale per la sopravvivenza. Spero che presterete
la massima attenzione e che farete del vostro meglio, quando vi sarà chiesto di
duellare.”
“Io
ho imparato queste cose a scuola,” esordì Sirius,
sorridendo malizioso a Harry in particolare. “Potete farlo anche voi.”
La
maggior parte dei presenti ricambiò il sorriso.
“Meraviglioso,” disse Draco, non proprio sottovoce. “La guerra contro le
forze del male si è ridotta a una rissa da bar.”
Blaise
Zabini ridacchiò, Lupin scelse saggiamente di non sentire e Sirius strinse di
nuovo gli occhi.
“Sapevo
di dovermi aspettare quel genere di commento, dal figlio di Lucius Malfoy.”
Draco
alzò il mento e assunse quell’aria superiore che solo a lui veniva così bene.
“Esatto.”
“Bene,
sono sicuro che ha un sacco di trucchi sporchi pronti per le emergenze,” disse cupo Sirius, “ma, se non le dispiace, credo di
avere ancora qualcosa da insegnarle.”
Si
era girato, mettendosi una mano tra i capelli neri con inutile vigore, quando
tutta la stanza sentì Draco sussurrare non abbastanza
piano:
“Ne
dubito.”
Harry
cercò di intercettare gli occhi di Draco, gli occhi di
Sirius, di chiunque, ma erano occupati a guardarsi in cagnesco.
“Perfetto,” disse Sirius a denti stretti. “Visto che lei è così esperto, signor Malfoy, forse vorrà proporsi
volontariamente come mio assistente?”
Lupin
tossì in modo urgente, e fu completamente ignorato.
“Sarebbe
un piacere,” ribatté Draco.
Harry
guardò Sirius angosciato. Sapeva di non potersi fidare del temperamento di Sirius quando era seccato… l’anno prima aveva dato un pugno
al professor Snape.
“E’
sicuro?” chiese Sirius. “Potrei scompigliarle i capelli.”
I
suoi occhi guizzarono con disprezzo appena velato sui capelli di Draco, che gli sorrise tranquillo.
“In
quel caso dovrei ucciderla.”
Sirius
storse le labbra.
“Bene,
ragazzi,” annunciò. “Guardate con attenzione, per
favore. Le assicuro,” aggiunse rivolto a Pansy, che
era aggrappata al gomito di Draco, “che non farò molto male al signor Malfoy.”
“Ne
sono certo,” replicò Draco, scrollandosi di dosso
Pansy e spostandosi di buon grado verso il materassino dove si trovava Sirius.
Ron
mormorò sentiti ringraziamenti al fato. Harry dovette resistere all’impulso di
trascinare via Draco e di non lasciarlo andare prima
di avergli messo un po’ di sale in quella sua zucca dura.
“Lei
è anche il favorito di Snape,”
disse Sirius, occhieggiando Draco con crescente disprezzo. “State bene attenti mentre circondo il giovane signor Malfoy…”
“Il
professor Snape è l’insegnante migliore che abbia mai
avuto,” rispose austero Draco. “E’ davvero un esempio
per i suoi colleghi.”
Sirius
strinse i denti con un clic.
“Prego,
stia attento, signor Malfoy,” disse. “Sono stato in
prigione per un bel po’. Si imparano dei bei trucchetti.”
“Sì,
ne ho sentito parlare,” disse Draco. “Scommetto che ha
combattuto con i ragazzini anche lì. Stia attento a dove mette le mani.”
“Draco,” disse severo Lupin, circondato da sibili nella stanza.
Sapevano
tutti che il professor Black non era esattamente un
insegnante convenzionale, ma la cosa stava andando troppo oltre. Harry tenne a
bada fieramente l’impulso di trascinare via Malfoy.
Sirius
attaccò.
Nonostante fosse furioso, non avrebbe mai fatto del male ad
uno studente. Harry lo vide controllarsi mentre si
lanciò, muovendosi con l’intenzione di togliergli il fiato e di immobilizzarlo,
piuttosto che colpirlo. Sirius fu veloce e agile come Harry
aveva immaginato.
Ma Harry non aveva pensato al fatto che Draco non
aveva simili scrupoli, e che era rapido come un serpente.
Sferrò
un colpo. Sirius barcollò all’indietro.
La
classe trattenne il respiro all’unisono.
Con
i capelli scompigliati sul viso furioso, Sirius balzò su Draco, gli afferrò il
braccio, Draco lo guardò torvo con aria di sfida, sarebbe
bastato torcerlo e Harry sarebbe stato costretto ad alzarsi e a gridare…
“Sirius!”
Fu l’avvertimento del professor Lupin. “Forse sarebbe meglio disporre in coppie
gli studenti, e istruirli passo dopo passo.”
L’ira
balenò sul volto di Sirius, ma lasciò andare il braccio di Draco.
“Va
bene,” disse a denti stretti. “Harry… perché non
prendi lui?”
“Con
piacere,” rispose in fretta Harry. Saltò su e prese il
braccio di Draco, tirandolo via da Sirius. “Lo sai, vero, quanto riesci ad
essere incredibilmente stupido?” gli disse nell’orecchio.
Draco
sembrava offeso, e Sirius, dopo averli squadrati incredulo,
parve oltraggiato.
Quindi si mosse per sistemare gli altri in coppie.
“Ron
e Hermione, voi due insieme, Neville e… Millicent,
perché no, Neville, non piagnucolare… Il primo che riesce a mandare l’altro al
tappeto per cinque secondi vince.”
Draco
lo guardò, gli occhi simili a fessure grigie di ghiaccio.
“Detesto
quell’uomo,” dichiarò a voce alta.
“Stai
zitto,” disse Harry. “Stiamo parlando del mio
padrino.”
Si
allontanò da Draco e si affrontarono sul tappeto.
Gli
studenti erano disposti a coppie per tutta la stanza. Hermione stava ridendo di
Ron, che fingeva di lottare contro di lei. Blaise Zabini stava gridando
qualcosa a Pansy, che lo teneva in una presa di testa.
Harry
attaccò debolmente Draco, e Draco si spostò di lato senza perdere un secondo.
“Il
professor Snape mi ha raccontato tutto ciò che gli ha
fatto,” disse, accigliandosi e sferrando un colpo che
Harry evitò solo grazie all’agilità di Cercatore.
“Era
uno scherzo!”
Draco
lo guardò perplesso. “Bello scherzo,” disse alla fine.
“Il tentato omicidio non mi sembra così divertente. Sapeva maledettamente bene
cosa sarebbe successo, se un lupo mannaro si fosse trovato davanti il professor
Snape. E quel licantropo era
anche suo amico.”
Harry
si fermò e Draco lo colpì quasi. Non aveva mai pensato all’azione di Sirius
come a un tradimento nei confronti di Lupin.
“Beh…”
disse. “Se ha fatto degli sbagli li ha pagati, non
credi? Dodici anni ad Azkaban pagano per qualsiasi cosa, secondo me.”
Draco
aggrottò la fronte, ma non rispose. Harry approfittò del vantaggio.
“Non è che il professor Snape non
abbia fatto gravi errori, a suo tempo. Ma ha pagato, e
ora è tutto a posto. E’ così che va la vita. Fai uno sbaglio e poi rimedi… e la
gente ti perdona.”
Draco
sorrise brillantemente e cercò di fare uno sgambetto a Harry.
“Sì?
E tu quando mai hai fatto uno sbaglio, Potter?”
“Io…
ti ho fatto andare a colazione coi capelli
spettinati.”
“E non potrai mai rimediare a quello. Vade
retro, Satana!”
Harry
sorrise e cercò di afferrare il braccio di Draco.
“E’ il mio padrino… gli voglio bene. Perché non gli dai una possibilità?”
Draco
strinse le labbra. “Non sono sicuro di credere nelle possibilità. Non me ne
hanno mai offerte molte.”
Harry
si bloccò e lo guardò serio. “Io… io te la darei.”
“Se ricordo bene, l’hai già fatto.” Ricambiò la sua
espressione allarmata con un sorriso attraente. “Ma
d’altronde, tu ti fidi troppo.”
Draco
gli si gettò addosso e lo placcò sul pavimento.
Harry
finì steso sulla schiena con Draco addosso, e doveva averlo colpito piuttosto
forte, perché gli mancava il fiato. Respirò a fondo, stordito, lasciando
passare i secondi. I capelli e il respiro di Draco gli sfiorarono appena la
pelle.
I
capelli di Draco erano circondati da un’aura per la luce alle sue spalle. Sorrise dispettoso a Harry, un sorriso luminoso e sfuggente come un
brivido. Quindi puntò i gomiti sul petto di
Harry, e cambiò posizione per alzarsi.
Sommario: Sia Ginny che Harry hanno ansia di
amare
Hermione ancora non sa cosa fare
Draco è bellissimo, questo è normale
Ma poi questi sommari che li scrivo a fare?
Capitolo Dieci
L’ultima prova
Le siepi
torreggianti proiettavano ombre nere sul sentiero, e, fosse perchè erano così
alte e fitte o perchè erano state stregate, il fragore della folla circostante
svanì nell’istante in cui misero piede nel labirinto. Harry si sentì quasi di
nuovo sott’acqua. - Harry Potter e il
Calice di Fuoco
Try to keep
it clear
But I'm
losing it here
To the
twilight
There's a
dead end to my left
There's a
burning bush to my right
You aren't in
sight
You aren't in
sight
[Cerco di tenere tutto a mente / Ma sto per perdermi / Al tramonto / C’è un
vicolo cieco alla mia sinistra / E una siepe in fiamme alla mia destra / E non
ti vedo / Non ti vedo ]
Harry era a letto e non
riusciva a dormire.
Avrebbe voluto attribuire
quell’inquietudine al tempo, o qualcosa del genere, ma era una dolce notte
d’aprile. Il problema, chiaramente, era quello.
Avrebbe voluto che ci
fosse Draco.
Era convinto che la terza
prova sarebbe andata benissimo. Sapeva che erano state prese misure speciali.
Sapeva che Voldemort non era così stupido da fare una cosa tanto prevedibile
come catturare Harry durante la prova. Sapeva che non c’era nessun altro
campione di Hogwarts quell’anno, nessuno da… nessuno che potesse…
Uccidi l’altro.
Harry aveva visto altre
persone morire, da allora. I Dissennatori e gli orchi avevano cercato di
irrompere sul binario 9 e ¾ alla fine del quinto anno, e due genitori erano
rimasti uccisi. Gli studenti erano arrivati dopo la battaglia, ma Harry
ricordava ancora quelle sagome afflosciate sulla piattaforma. Riusciva ancora a
sentire le grida di dolore e di terrore, Neville Paciock che vomitava, Ginny
che non riusciva a smettere di tremare. Ricordava ancora quanto gli erano
sembrate distanti quelle morti, quanto poteva essere impersonale quella
tragedia, e così quella successiva, e quella dopo ancora…
Ma la morte di Cedric era
stata la prima. La morte era qualcosa che faceva crescere molto più delle
avventure di cui si vantavano gli altri ragazzi. Era la consapevolezza
dell’esistenza di un universo indifferente, e non la carne di un’altra persona,
a marcare il passaggio verso ciò che un giorno si sarebbe potuto chiamare età
adulta, ma che per ora sembrava più disperazione.
Harry si svegliava ancora
urlando, a volte.
Aveva lasciato aperte le
tende intorno al letto e, nel tentativo di distrarsi dal letto vuoto di Seamus
di fronte al suo, guardò fuori dalla finestra.
Era solo un’apertura
verso il buio.
Sarebbe andato da Draco,
ma Draco era fuori in quel buio. Era il suo turno di custodire le entrate con
Terry Boot. Era il posto più pericoloso, e di solito lo controllavano gli
insegnati, ma Draco e Terry si erano offerti volontari. Harry e Draco ci
avevano anche litigato, ma lui era stato molto deciso.
Smise di sbirciare fuori
nella notte nera, si guardò intorno agitato nella stanza e vide Draco entrare
furtivamente dalla porta.
Si tirò a sedere sul
letto, incapace di trattenere il sorriso nonostante lo shock.
“Draco!”
“Shh,” disse Draco
severo, fermandosi sulla soglia. “Se qualcuno mi scopre sono guai, ok? Non
tutti siamo abituati a strisciare nei corridoi di notte.”
Harry alzò un
sopracciglio. “A me sembra che te la stia cavando bene. Pensavo fossi fuori a
controllare le entrare con Terry Boot.”
“Lo stimato Caposcuola ed
io siamo stati sollevati dall’incarico alle due,” lo informò Draco. “Ho
intuito, di certo grazie alle mie doti psichiche di proporzioni incredibili,
che ti stavi comportando da idiota e che saresti rimasto sveglio tutta la
notte. La sola idea di una tale stupidità mi irritava così tanto che non sarei
riuscito a dormire, così, prima di andare a letto, sono venuto in persona a
prenderti a pugni finché non svieni.”
“Oh, capisco.” Harry
cercò di non allargare ulteriormente il sorriso, con uno sforzo non indifferente.
Il mantello nero di Draco
rendeva il suo viso bianco alla luce della luna, il cappuccio gettato
all’indietro a mostrare i suoi lineamenti pallidi e puliti e i suoi capelli,
tra cui erano intrappolate delle gocce di pioggia.
“Se Weasley si sveglia mi
ammazza,” commentò con noncuranza.
“Possiamo andare nella
sala comune,” decise Harry, togliendosi di dosso le coperte e ringraziando il
cielo per non aver scelto di mettersi il suo vecchio pigiama preferito che era
sfuggito alla campagna di distruzione di Draco. Invece si era messo il pigiama
che Draco aveva selezionato durante il loro piccolo festival dello shopping
perché… ecco, gli aveva ricordato quel giorno, e la cosa gli aveva dato un po’
di conforto.
Ma mai quanto questo.
*
Gli ultimi resti di brace
ardevano nel camino della sala comune, e la notte sembrava un po’ meno
minacciosa e più consolante.
Draco emise un leggero
sospiro di sollievo e si buttò sul divano più grande e lussuoso. Nella luce
rossa soffusa, sembrava un bambino stanco.
“E’ stato duro il turno
di guardia?” chiese delicatamente Harry, prima che Draco potesse parlare
d’altro. “Sai, potrei…”
“No,” disse Draco deciso.
“Non puoi accompagnarmi col tuo maledetto Mantello dell’Invisibilità.”
“Non puoi dirmi cosa
fare!”
Draco sorrise appena. “Io
no, ma il professor Lupin sì… e credo che l’abbia fatto. C’è un motivo per cui
la chiamano posizione di responsabilità, sai? E poi non ha senso far stancare
anche te, e dovresti sapere perché.” Lo guardò accondiscendente. “Anche se il
buonsenso non è mai stato il tuo forte.”
Harry si piegò e gli
diede un leggero pugno sul braccio.
“Creatura insensibile,”
lo rimproverò Draco. “E pensare che sono stato in piedi metà notte per il bene
della causa.” Abbandonò il tono ironico. “Vieni qui, stupido idiota, e raccontami
i tuoi problemi. Non dormirò finché non lo farai tu.” Sgranò gli occhi. “E
potrei ammalarmi se non dormissi.”
In uno dei suoi momenti
di minor saggezza, la settimana prima, Harry aveva detto a Draco che si sarebbe
ammalato, se avesse saltato altri pasti. Draco si era leggermente offeso, e ora
tirava fuori l’argomento della sua salute cagionevole per riuscire a ottenere
ciò che voleva circa una volta all’ora.
Harry finse di guardarlo
male e scostò il mantello di Draco mentre prendeva posto sul divano occupato da
lui.
“Sono certo che i tuoi
fini sono del tutto egoisti.”
“Sempre,”
lo rassicurò Draco. “Adesso parla, e fai in fretta. Non lo sai che sono fragile?”
Il
suo sguardo era sveglio e fermo. Harry conosceva Draco: non avrebbe mollato la
presa.
“Non
so,” disse. “E’ che continuo a pensare all’ultima volta. A…”
“Al
Signore Oscuro?” chiese Draco.
“No…
a Cedric.” Faceva ancora male pronunciare il suo nome.
Sentì
Draco irrigidirsi contro di lui, con un’espressione lievemente sorpresa in
viso.
"Allora
è questo quello che ti fa soffrire di più. Ma io credevo che…” Si bloccò, e
sorrise con una traccia di sforzo. “E’ proprio da te, Potter.”
“Non
so cosa intendi.”
Draco
aveva inclinato la testa all’indietro, e stava studiando il soffitto. “No?”
“Non
sono un eroe altruista,” esclamò Harry infastidito. “Io… certo che ricordo il
resto. Ero un bambino, spaventato a morte, e quando usò la Maledizione
Cruciatus…”
Gli
occhi di Draco tornarono di scatto sui suoi.
“Quando
usò cosa?”
Harry
fissò gli occhi sulle braci e cercò di scacciare l’emozione dalla propria voce.
Non voleva perdere il controllo… non voleva mettere in imbarazzo né se stesso
né Draco.
“Ho
ancora… Ho ancora la cicatrice nel punto in cui Codaliscia mi tagliò il
braccio,” disse, arrotolandosi la manica del pigiama. “Non ho voluto che me la
togliessero. Sembrava… sbagliato fingere che non fosse mai stata fatta.”
Draco
guardò il marchio in silenzio, con gli occhi che brillavano di luce fioca. Si
sollevò su un gomito, si sporse e lo toccò leggermente. Fu solo uno sfioramento
di dita, ma sembrò una carezza.
Harry
si voltò di nuovo verso il fuoco quasi spento, e parlò a bassa voce della
risurrezione, del duello, dei suoi genitori e del tradimento finale di Moody.
“Hagrid
disse che sarei tornato a star bene,” gli disse.
La
voce di Draco era calma e bassa. “Ed è così?”
“Draco,
come faccio a saperlo? Ci sono giorni in cui penso di no.” Tornò con lo sguardo
su Draco, che era steso all’indietro e che gli tirava il braccio, e sentì la
propria voce ammorbidirsi involontariamente. “In questo momento forse sì.”
Sospirò
per lo stento, l’antica tristezza e il sollievo, e si allungò accanto a Draco.
Draco era caldo e si spostò più a lato per fargli spazio, sbadigliando dalle
parti del suo orecchio.
“Grazie,”
mormorò Harry. “Per essere venuto. E… beh, per tutto.”
“Oh
certo,” rispose asciutto Draco. “Tutto. Perché sono stato di grande aiuto
quando stava succedendo, vero?”
Harry
aprì gli occhi per guardarlo, e i suoi occhiali toccarono il lato del viso di
Draco. Se li tolse e Draco divenne solo l’immagine sfocata di un bambino
assonnato, e non riuscì a distinguerne lo sguardo freddo.
Si
ricordava chiaramente cosa gli aveva detto sull’Espresso di Hogwarts alla fine
del quarto anno.
“Beh,
adesso hai scelto anche tu il partito sbagliato.”
“E tu
hai iniziato a scegliere le amicizie più attentamente,” ribatté Draco, e rise
un po’ amaramente. “Ho passato anni ad arrovellarmi per trovare le cose che
potessero farti più male. Non… non m’interessava proprio nient’altro, e non
sapevo che avevi sopportato così tanto che avresti a malapena notato un
bambinello isterico.”
“Oh,
ti ho notato. Ti ho sempre notato.” Harry si fermò. “Sei piuttosto... difficile
da ignorare.”
“Lo
so,” disse Draco con una traccia di vanità.
“Perché
sei una peste assolutamente velenosa, ovviamente.”
“Ovviamente.”
La voce di Draco si fece decisamente orgogliosa. “Sono un Serpeverde.”
Harry
sentì sul viso il movimento della mandibola di Draco, quando sogghignò.
“Comunque…”
disse. “Dicevo sul serio. Grazie per essere venuto stasera.”
“Ti
senti proprio la centro dell’universo, eh Potter? E’ solo successo che fossi
annoiato.” Draco a quel punto lo toccò sul braccio, nel punto esatto in cui,
sotto la manica, c’era la cicatrice. Il fatto che sapesse esattamente dov’era
rese quel secondo tocco ancora più simile a una carezza.
Era
così vicino a Draco che riusciva a vederlo senza occhiali: aveva gli occhi
chiusi, la guancia poggiata sul cappuccio nero. Fu stranamente contento quando
Draco non tolse la mano.
“Notte,
Draco.”
“Oh,
e così dovrei dormire qui, adesso?” domandò Draco, fingendo molto bene
di essere oltraggiato. “Lo sai che sto iniziando a dimenticare che forma ha il
mio letto?”
“Notte,
Draco,” ripeté serenamente.
Ci fu
una pausa. Draco non tolse ancora la mano.
“Notte,
Harry.”
*
Quando
Harry si svegliò era solo. Salì le scale e si vestì in fretta, col terrore di
svegliare qualcuno. La loro ovvia preoccupazione (per lui, per la prova) gli
faceva aggrovigliare l’intestino per l’ansia. Voleva raggiungere al più presto
la Sala.
Fu
solo mentre scendeva di corsa le scale che gli venne in mente che Draco non ci
sarebbe stato. Gli ci volevano sempre almeno tre quarti d’ora per scegliere i
vestiti e aggiustarsi i capelli.
Draco
lo stava aspettando davanti alla porta della Sala Grande. Di certo non si era
cambiato. Si era spazzolato i capelli, ma d’altronde se li sarebbe spazzolati
anche prima di essere scortato al patibolo.
“Sei
arrivato presto.” Per me. Harry sorrise.
“Per
il caffè,” Draco inalò. “Non ho dormito affatto bene.”
“Certo.”
“Peste.”
Entrarono nella Sala. Il
sollievo di Harry fu enorme. Se quello poteva essere così diverso rispetto al
quarto anno… forse tutto sarebbe potuto essere diverso.
Stava per proporre di
prendere un toast e andare a fare un giro intorno al lago, quando Draco lo tirò
per il braccio e lo portò al tavolo dei Serpeverde.
“Non mi siederò qui,
Draco.”
“Te l’ho chiesto?”
Draco impilò
metodicamente due piatti e riempì due tazze di caffè. Quindi si spostò verso
ciò che pareva, e in effetti era, un muro spoglio alla fine della stanza.
Scivolò sul pavimento e vi si appoggiò.
Guardò in su e Harry non
poté far altro che ridere di gusto.
“Sai,” disse, sedendosi
in modo più pacato, “non mi piace il caffè.”
Draco lo guardò
minaccioso.
“Lo so. Ho mai detto che
il caffè è per te?”
“Ci sono due… oh, lascia
stare.”
“Bravo. E niente più
chiacchiere sulla caffeina da parte tua.” Draco spinse il piatto verso di lui.
“Mangia, adesso. Immagina i titoli sui giornali se svenissi nel bel mezzo della
prova.”
“Oh, mangia tu,” disse
Harry. “Non sono io quello pallido e delicato.”
“Chiudi il becco, piccolo
orribile Grifondoro. Mangia e smettila di preoccuparti per inezie come uno
stupido Torneo. Non può certo essere importante quanto il mio progetto
di Magia Creativa.”
Draco sollevò il mento.
Harry sorrise dietro una mano.
Era stato annunciato che
il progetto di Magia Creativa sarebbe stato decisivo per la valutazione ai
M.A.G.O. di Magia Creativa, e Draco era completamente impazzito. Un giorno il
pavimento della sua stanza era stato completamente tappezzato di progetti
accartocciati.
“Sono certo che sia
cruciale.”
Draco lo colpì forte alla
caviglia. “Lo è. E se il mio progetto fosse bocciato? In quel caso quasi
certamente sarei bocciato all’esame, e allora… morte e rovina! Mia madre non
accetterà mai come figlio un abietto fallimento accademico. Potrei essere
costretto a diseredarmi da solo.” Gli diede un altro calcio. “Prova ancora a
darmi fastidio. Ti decidi a mangiare?”
*
Era tutta la mattina che
Ginny cercava di raccogliere il coraggio per augurare buona fortuna a Harry.
Poteva essere importante.
La prima volta che l’aveva baciata, l’anno prima, era stato quando lei gli
aveva fatto i complimenti dopo una rissa.
Si era pettinata i
capelli centinaia di volte quella mattina, e aveva scelto i vestiti più belli.
Pianificava di tendersi, prendergli la mano e parlargli a colazione.
Harry era timido… ma
avrebbe certamente colto il messaggio.
Quando scese, però, Harry
non era al tavolo dei Grifondoro. A quanto pareva, lui e Draco Malfoy erano
seduti per terra a darsi calci a intervalli regolari.
Ginny scosse il capo con
un sorrisino. Era così dolce vederlo comportarsi così, come un
ragazzino. Era sempre così serio… non che lo si potesse biasimare, considerato
tutto ciò che aveva passato.
Tuttavia questo
scombussolava un po’ i suoi piani. Decise di fermarlo quando fosse tornato
nelle stanze dei Grifondoro.
Andò un po’ nel panico
quando Harry e Malfoy parvero dirigersi direttamente al campo da Quidditch.
Quindi le venne in mente che, se li avesse rincorsi, avrebbe potuto essere
sicura che nessun Grifondoro (ad esempio il suo fratello incredibilmente
imbarazzante) l’avrebbe sentita.
Così si alzò di scatto e
si affrettò a raggiungerli.
“Harry!” chiamò,
affannata. “Harry!”
Harry non sembrò
sentirla, ma Malfoy si girò e così lo fece anche lui. Ginny rallentò, cercando
di recuperare il fiato e la compostezza, e di aggiustarsi le ciocche ribelli.
Ebbe il tempo di guardare
Harry per un attimo, deliziata.
Era davvero bello ultimamente.
Lei aveva sempre pensato che fosse bello, chiaramente, ma di recente
anche altre ragazze avevano iniziato a farci attenzione.
Lui non guardava nessuna
di loro. Non si sognava neanche di potergli piacere: era proprio modesto.
Sorrise, con quel suo
sorriso solare. Le sembrò così… sano in quel momento, e così bello.
Indossava uno dei suoi bellissimi vestiti nuovi, il paio di jeans che Ginny
preferiva e una maglietta rossa aderente che enfatizzava i suoi capelli neri
arruffati.
I suoi occhi erano di un
verde acceso, dolci e semplici mentre la guardava.
“Ginny.”
Come sempre, sentirlo
pronunciare il suo nome fece balbettare il suo cuore, e la riempì di un ardore
caldo ed esultante.
Ginny si rese conto per
la prima volta che c’era Malfoy, un po’ distante e con un’aria alquanto
divertita.
Era molto diverso dal suo
Harry, che era il modello del ragazzo ideale. Non l’aveva mai visto se non
incline alla malizia.
Ma Harry l’aveva scelto
come amico, quindi doveva essere la scelta giusta. La gente era molto stupita,
come se Harry non fosse in grado di prendere la decisione giusta.
Probabilmente a Harry
dava fastidio, rifletté Ginny, e si girò verso Malfoy col sorriso più dolce che
le riuscì. Non poteva essere poi così male.
“Sono felice che fai il
tifo per lui,” disse.
Fu ricompensata dallo
sguardo brillante e affettuoso di Harry. Malfoy non fece che sembrare ancora
più compiaciuto.
“Tifiamo tutti per te,
Harry,” continuò col cuore in mano, incoraggiata dal suo aspetto contento.
“Non è fortunato ad avere
una sostenitrice così affettuosa e devota?” disse Malfoy, prendendole la mano e
portandosela alle labbra.
Ginny arrossì
violentemente e vide svanire il sorriso di Harry.
“E’ meglio muoverci.
Grazie, Ginny,” disse, e la abbracciò, tirandola via di peso da Malfoy.
Ginny chiuse gli occhi e
inspirò per un momento l’odore pulito di sapone e la sensazione del corpo di un
giocatore di Quidditch.
La lasciò andare troppo
presto.
Quindi fece un passo
indietro, salutandola goffamente, e andò via con Malfoy. Vide la testa chiara
di Malfoy inclinarsi verso quella scura di lui, e sentì chiaramente la risata
di Malfoy. Lo stava certamente prendendo in giro per lei.
Ginny avrebbe voluto
mettersi a saltare. Un altro ragazzo le aveva baciato la mano… e a Harry non
era piaciuto.
No, a Harry non era
piaciuto affatto.
*
“Perché l’hai fatto?”
Harry sapeva che Draco
era divertito e che lui stesso era agitato. La situazione stava diventando rapidamente
insostenibile.
“Pensavo che sarebbe
stato divertente,” disse pigramente Draco. “E, beh, lo è. Sei tutto
eccitato e accaldato. Hai deciso che ti piace la più piccola dei Weasley, alla
fine?”
“No!” scattò Harry.
“Allora c’è ancora
speranza per Morag,” concluse Draco soddisfatto.
“Non so ancora chi è
Morag!” Harry quasi gridò.
“E’ nella tua classe di
Pozioni da quasi sette anni,” osservò Draco con disapprovazione. “Ma insomma, a
cosa pensi tutto il tempo?”
“Scusa, ero assorbito dal
divorante odio nei tuoi confronti. E diSnape,” aggiunse Harry distrattamente.
“Senti… Ginny è una brava ragazza, ok? Non voglio che, sai, si faccia strane
idee a causa tua.”
Draco rise paziente.
“Stai sopravvalutando il mio allure, Potter. Non mi noterebbe neanche se
facessi uno spogliarello.”
“Draco!” Alcuni
studenti più piccoli erano in fila per prendersi i posti migliori per il
Torneo, e li stavano sentendo dire quelle cose scioccanti.
Draco sembrava proprio
beato. “Nessuno riuscirebbe a dirlo nel modo scandalizzato in cui lo dici tu.
Avanti, ripetilo. Ti sfido.”
“Dr… taci.”
“Certo, o Potente Ragazzo
Che E’ Sopravvissuto. Ogni tua parola è un ordine. Giuro solennemente che la
virtù dell’intero clan Weasley è al sicuro da me. Offro questo enorme
sacrificio in tuo ono… ahi!”
“Te lo sei meritato,” lo
informò Harry severamente.
“Mi hai colpito,”
disse Draco oltraggiato. “Con la bacchetta. E’ un’amicizia abusiva. Non
mi pare che attaccare la gente con la bacchetta senza motivo sia molto eroico.
Tu lo chiami eroico? Io no.”
Harry smise di ascoltare
appena vide il labirinto.
“Come vorrei che la prova
non fosse in programma così presto,” si lasciò sfuggire. “So che non vogliono
che sia buio, ma preferirei avere un po’ di tempo per andare da qualche parte e
pensare.”
Stava lottando per
ignorare la fitta di panico dovuta alla visione della siepe altissima intorno
al campo di Quidditch. Non voleva neanche guardare l’entrata oscura del
labirinto.
Draco diede un’occhiata
oltre le spalle di Harry, Harry guardò Draco negli occhi e vide Hermione
correre verso di loro, una figura piccina incorniciata d’argento. “Forse,”
disse piano, “dovrei andare, adesso.”
“Non fare lo stupido,”
rispose Harry. “Lo sai che voglio che resti.”
Hermione, affiancata da
altri Grifondoro, stava camminando verso di loro. Draco parlò bruscamente dagli
angoli della bocca.
“Non sono stupido.”
Hermione e gli altri lo
raggiunsero, e lei e Ron voltarono le spalle a Draco. Harry vide le espressioni
preoccupate attorno a sé e lo sguardo scontroso di Draco. Sorrise leggermente.
“Oh, io dico di sì.”
“Harry, come ti senti?”
chiese Hermione, ansiosa.
“No,” insisté
Draco di malumore.
Harry resistette
all’impulso di fargli una linguaccia. “Invece sì.”
“Harry!” Le dita di
Hermione strinsero il suo braccio così forte che quasi sobbalzò.
Cercò di essere forte e
di rassicurarla.
“Sto… benone, Hermione.
Mi sento solo… di nuovo quattordicenne.”
La pietà riempì gli occhi
di Hermione. “Oh, Harry…”
“Hermione.” Mantenne
la voce calma. “Non devi stare in ansia. Perché invece non ti fidi di me? Posso
farcela.”
Hermione sembrò stupita.
“Io… io mi fido di te, Harry.”
“Lo so.”
Harry le si avvicinò e le
mise le braccia attorno al collo. Lei si aggrappò a lui con la stessa tenacia
di sempre, perché era Hermione e non si arrendeva mai.
“Con calma, Harry, stai
facendo il cascamorto con la ragazza di un altro,” disse Ron, fingendo di
minacciarlo. Harry gli sorrise sopra la spalla di Hermione.
“Harry, stavolta è
diverso,” gli assicurò fiera Hermione, spostandogli indietro i capelli con le
dita. “Ci sono tutte queste nuove precauzioni, sei al sicuro, e… e andrà tutto
bene.”
“Inoltre,” aggiunse Ron
con aria spavalda, “Come hai detto tu, sai badare a te stesso. Conosci molti
più incantesimi adesso.”
Harry fece un sorriso
poco convinto. “Nessuno dei quali alla perfezione.”
Hermione quasi lo
strangolò con un’ultima stretta, quindi si tirò via. “Le cose sono cambiate,”
ripeté, quasi a voler convincere se stessa.
Ron, Neville e Dean gli
somministrarono ciascuno una pacca sulla spalla, con diversi gradi di sentita
virilità. Draco alzò un sopracciglio guardandolo.
“Ha ragione, sai? Le cose
sono cambiate,” commentò mentre i giudici e gli altri concorrenti si
incamminavano verso di loro.
Lo so. L’ultima volta
tu eri in mezzo a una folla di Serpeverde, con una spilla che diceva Potter Fa
Schifo. Harry
aspettò che Draco dicesse qualcosa.
Draco sorrise malizioso.
“Sei più alto, adesso.”
“Oh, perché non te ne vai
ad indossare un’altra stupida spilla offensiva?”
Draco parve offeso. “Non
erano stupide! Ci misi ore per confezionarle.”
“L’avevo immaginato,” gli
disse Harry. “Malvagio agitatore.”
“Ti sbagli, Potter.
L’unica ragione dei miei abusi verbali è che ci tengo.”
Ebbe appena il tempo di
ridere incredulo prima che Lee Jordan lo prendesse per il gomito e cominciasse
a trascinarlo via per unirsi agli altri campioni. Harry fissò con esitazione la
professoressa McGranitt, che cominciò a dirigere i suoi amici sugli spalti.
Draco stava fra i
Grifondoro, probabilmente a disagio e chiaramente sdegnoso. Sembrava
assolutamente fuori posto. Ma c’era. Forse aveva già detto troppo.
Incrociò lo sguardo di Harry
e gridò, “Datti una mossa, Potter!”
Harry nascose l’ennesimo
sorriso e salutò gli altri campioni. Il ragazzo francese pareva decisamente
schizzinoso. La ragazza di Durmstrang gli sorrise timidamente.
“Buon amico?” indagò.
Nascondere il sorrise
divenne improvvisamente impossibile. “Sì.”
In quel momento Harry si
accorse che Lee Jordan stava gridando verso la folla.
“… con ottanta punti,
Harry Potter…”
“Al primo posto, alla
pari, con ottantacinque punti ciascuno, il signor Cedric Diggory e il signor
Harry Potter”
La bocca gli si seccò.
Sorridere divenne impossibile.
*
Entrò per primo e da
solo. Non c’era nessuno con cui condividere il primo posto stavolta, nessuno
con cui prendersela segretamente e, Dio, sentirsi così in colpa dopo.
Pensò che sarebbe potuta
andare peggio.
Fu un immenso sollievo.
Pensava che sarebbe stato tutto di nuovo come il quarto anno, e invece non
provava altro che dispiacere per quel ragazzo ingenuo. Si sentiva ormai molto
lontano da quel bambino che aveva la testa piena di ottimistici sogni a occhi
aperti sull’essere salvato dai Dursley.
Beh, nessuno l’aveva mai
salvato né dai Dursley, né da Voldemort, né da qualsiasi altra cosa. Aveva
dovuto farlo da solo.
E ce l’aveva fatta,
nonostante tutto.
Continuò a camminare, gli
occhi fissi sul sentiero ombroso davanti a sé. L'aveva fatto, aveva impugnato
la spada e stretto la bacchetta, e progettava di farlo ancora, quindi poteva
benissimo cavarsela con quello.
Harry alzò la testa e si
guardò intorno mentre si avvicinava ad un bivio nel labirinto.
Ed ebbe lo shock più
grande della sua vita.
Ovviamente dopo l'ultimo
sfortunato incidente abbiamo messo a punto protezioni più estese...
“Ci sono tutte queste
nuove precauzioni, sei al sicuro, e… e andrà tutto bene.”
Le alte siepi all'esterno
del labirinto avevano cominciato ad offuscarsi come se fossero state di acqua
anziché di foglie, trasparenti come vetro ondulato. Harry riusciva a vedere la
gente sugli spalti affollati, e loro vedevano lui, anche se non vedeva
attraverso le siepi interne del labirinto.
Silente non ha voluto
correre alcun rischio. E ora, ti prego, fà che non faccia la figura dell'idiota
davanti a tutto il pubblico: Draco non me la farebbe passare liscia.
Strinse forte la
bacchetta nel palmo della mano, sussurrò l'incantesimo e seguì la direzione
indicata.
Si sentirono schiamazzare
i giornalisti in prima fila, con le fotocamere pronte. Perfetto, fu ciò che non
pensò. Gli avevano detto che alcuni studenti più piccoli avevano ritagliato e
conservato la foto di lui e Draco che uscivano dal lago.
Il fischio di Lee Jordan
comunicò a Harry che gli altri due campioni, che erano pari, erano entrati nel
labirinto.
Harry sentì lo stomaco
contrarsi al suono pesante di qualcosa che si trascinava per terra, perché
voleva dire che stava per incontrare uno degli ostacoli. Strinse i denti e si
disse che poteva farcela.
Tra la folla vide le
teste inconfondibili di Hermione e Ron. Quella di Hermione dondolava perché
stava ballando in punta di piedi. Ron stava sventolando uno degli striscioni Harry
Potter Campione di Hogwarts fatti da Dean.
La creatura svoltò
l'angolo, e Harry dovette mettercela tutta per non vomitare.
Era un enorme Vermicolo,
il cui corpo fangoso e tremolante occupava il passaggio. Pieghe di carne
nauseabonda, dello stesso colore e materiale del verme, quasi nascondevano i
suoi piccoli occhi neri. Ma, a differenza di qualsiasi altro Vermicolo Harry
avesse mai visto, aveva una bocca, una bocca spalancata piena di file di denti
simili a quelli di uno squalo, che scattò in alto appena Harry fece un passo
indietro.
La sua testa piccola e
minacciosa oscillava, come se stesse annusando la sua preda, e cominciò a
muoversi lentamente verso Harry, il suono della carne pesante che strisciava
sull'erba accompagnato da piccoli, terribili sibili.
Harry si chiese
seriamente se avrebbe potuto ritirarsi.
Il verme schizzò verso di
lui e Harry indietreggiò: i suoi denti si erano chiusi a pochi centimetri dalla
sua maglia. La sua testa gli ricordava i serpenti, e per un momento pensò che
avrebbe potuto cercare di parlargli, ma non pensava affatto che Silente gli
avrebbe dato un simile vantaggio sugli altri studenti.
Continuò a indietreggiare
man mano che si muoveva verso di lui, inarrestabile come uno tsunami, finché
non fece un passo di lato e la sua schiena non toccò una siepe.
A quel punto puntò la
bacchetta e gridò "Impedimenta! Impedimenta!"
Il Vermicolo continuò ad
avanzare, come se il suo moto potesse rompere qualsiasi incantesimo. Harry alzò
lo sguardo sui suoi occhietti neri assenti. All'improvviso la creatura
rabbrividì, e si immobilizzò.
Non dovette far altro che
darsi coraggio per il compito disgustoso che aveva davanti.
Cercando di non toccare
l'essere con la propria pelle, cominciò ad arrampicarcisi sopra. L'orribile
creatura squittì e lo spinse, e Harry cadde carponi. I suoi jeans erano
ricoperti di melma viscosa.
"Oh... che
schifo," disse Harry, ma non poté neanche fermarsi a considerare
l'assoluto raccapriccio di quell'esperienza, perché l'Incantesimo di Ostacolo
non sarebbe durato in eterno, e non gli andava affatto di trovarsi sul
Vermicolo quando avrebbe potuto muoversi liberamente.
Si arrampicò e scivolò
dalla carne viscida sul terreno fortunatamente asciutto, storse la bocca e
corse via più veloce che mai da quella cosa.
Bleah, bleah, bleah, non
riusciva a credere di aver davvero toccato quella rivoltante, disgustosa... incarnazione
della bellezza.
Harry si fermò di scatto.
Una Veela dondolava sul sentiero davanti a lui, danzando, e persino l'erba
attorno ai suoi piedi nudi si curvava amabilmente verso di lei. Harry non era
molto esperto in quanto a bellezza femminile, per non parlare di bellezza da
semidea, ma persino lui si accorse che si trattava di un esemplare
eccezionalmente delizioso.
I suoi piedi bellissimi
tracciavano disegni sull'erba come se volesse creare un cerchio magico attorno
a sé, un cerchio che non teneva fuori gli altri ma li invitava a entrare. Harry
voleva fare qualcosa, mettersi in mostra, inscenare azioni valorose per lei, ma
allo stesso tempo desiderava soltanto avvicinarsi e non fare altro che
guardarla danzare.
Sembrava immersa in una
luce argentata, come se la sua danza fluida e ipnotica fosse sotto i riflettori
e... c'era qualcosa che avrebbe proprio dovuto fare, giusto, ma... era
importante continuare a guardarla, e forse...
Si gettò sulle spalle
capelli candidi come quelli di Draco.
"Resta qui a farmi
compagnia," cantò, con voce piena. "Non pensare a nient'altro."
Pensare. Fu come se gli
avessero buttato addosso dell'acqua fredda.
Harry sbatté le palpebre
e fece un passo indietro. Oh, che imbarazzo, l'intera scuola lo stava
guardando mentre guardava la Veela a bocca aperta, come un idiota.
Chiuse gli occhi e si
mise le mani sulle orecchie, cercando di appoggiare la schiena alla siepe e di
andarsene furtivamente. Invece, fu fermato dalla sensazione di mani snelle sul
petto.
Spalancò gli occhi, e si
trovò di fronte oceani di un blu profondissimo.
"Mi scusi... ehm,
signorina," disse, cercando di non suonare troppo scandalizzato.
"Sono certo che lei abbia una personalità grandiosa e tutto quanto, ma
devo proprio andare."
"Mi sento così sola,"
bisbigliò, ondeggiando verso di lui.
"Ehm," rispose
Harry. "No, grazie.
E', ehm, una proposta molto gentile da parte sua, comunque," aggiunse
educatamente.
La dribblò e la lasciò
lì. Lei smise di ballare e lo fissò.
"Cosa fai
dopo...?" chiese, piuttosto sconsolata.
Harry accelerò. Pregò con
tutte le sue forze che nessuno avesse scattato foto.
La bacchetta gli indicò
la direzione giusta per qualche fortunato minuto tranquillo. Harry si rilassò
quasi, mentre correva nel labirinto. Di certo niente poteva essere peggio di
Mostri Fangosi e Sirene Dannate.
Sembrava che quell'anno
gli ostacoli fossero stati scelti in base a criteri di qualità, più che di
quantità. Harry rimase calmo per un po', sussurrando ogni tanto "Guidami,"
e continuando a camminare.
Quella calma non lo
rilassò. Il silenzio era sinistro, indicava che qualcosa di astuto lo stava
inseguendo, non che era al sicuro.
L'importante è essere
cauti, pensò fra sé
e sé. Basta stare all'erta, ricorda ciò che devi fare, non lasciare che
niente...
Qualcosa lo colpì e lo
fece cadere per terra, mandando la bacchetta per aria.
... ti colga di
sorpresa.
Harry si contorse e si
rigirò sotto il formicolio di zoccoli sulla propria schiena, cercando di darsi
uno slancio per raggiungere la bacchetta e ritrovandosi faccia a faccia con...
un leone. Ansimava, con i suoi enormi artigli piegati vicini al viso di Harry e
una fiammella blu intorno ad un dente.
Zoccoli. Leone. Fuoco.
Harry ricordò, con quella
lucidità disperata che si acquisisce in quelle situazioni, una pagina di un
libro di Hermione.
Testa di leone, coda di
serpente, corpo di capra.
Una chimera.
Harry sussultò e tese una
mano disperatamente tremante. Le dita si chiusero attorno a del legno.
Un attimo dopo realizzò
che era un ramo della siepe trasparente. Lo strattonò via comunque, rotolando
nuovamente per sfuggire alla chimera, ma dato che non funzionò gli infilò il
rametto nella gola, aspettandosi di ricevere una fiammata sul viso da un
momento all'altro.
Invece, il mostro ringhiò
e si avventò sul viso di Harry. Un dente ricurvo gli graffiò una guancia, e
sentì il sangue affluire di colpo. Spinse forte il rametto nella sua gola,
tirandolo subito via, pregando che non si infiammasse.
Sto combattendo un
mostro enorme con un bastoncino invisibile, pensò disperato. Queste le chiamano misure di
sicurezza?
La creatura ringhiò e
indietreggiò un pochino, e Harry si pulì la faccia dal sangue.
Si guardò la mano: era
pulita.
L'animale balzò di nuovo
e Harry rotolò nel fango e fendette l'aria col rametto, continuando a
rimuginare tutto il tempo.
Stranamente udì nella sua
mente la voce dello zio Vernon a colazione, un paio di anni prima, che diceva
che l'idea delle tasse ridotte per gli handicappati... era una chimera.
Una fantasia.
Un'illusione.
Harry spinse il
bastoncino contro la gola della chimera, sempre più a fondo, finché il mostro
non rotolò all'indietro, nel fango, con Harry appoggiato su di lui.
"Non puoi farmi del
male," disse Harry affannato. "Non sei neanche reale."
Per poco non cadde in
avanti quando la creatura crollò su se stessa, ma riuscì a mantenersi in piedi
barcollando.
Respirando
affannosamente, asciugandosi la fronte sulla manica, Harry avanzò verso il
varco successivo.
E quello scoppiò in
fiamme.
Harry gridò per lo
spavento e, per puro caso, fece un passo avanti anziché indietro.
Rimase a guardarsi
intorno, aspettandosi per un istante di panico il dolore della bruciatura, o
l'odore dei vestiti e dei capelli in fiamme, quindi lentamente si accorse che
era tutto perfettamente a posto. Non c'era stato alcun aumento di calore. Non
c'era stato nessun vero fuoco.
Era stata un'illusione,
proprio come la chimera.
Harry prese un altro
respiro profondo, alzò gli occhi e vide la Coppa Tremaghi che splendeva su un
piedistallo a nemmeno un metro da lui.
La guardò stupefatto.
Non poteva di certo
essere finita. Il terrore che l'aveva perseguitato tutto l'anno per il Torneo,
la seconda prova e tutte le sue conseguenze, i pensieri su Cedric la notte
precedente, la terribile lotta contro il mostro poco prima... Come poteva
essere finita?
Beh... lo era. C'era la Coppa,
e non doveva far altro che prenderla per avere finalmente una cosa in meno a
cui pensare.
Si sentì quasi leggero
per il sollievo quando tese la mano per prenderla. Si rese conto solo dopo che
non aveva pensato affatto a Cedric, nel momento in cui la sua mano si era
chiusa su uno dei manici.
Un attimo dopo il viso
esangue di Cedric fu tutto ciò a cui riuscì a pensare, perché sentì quella
sensazione familiare e nauseante di essere tirato dall'ombelico, e quel mondo
ingannevole scivolò sotto i suoi piedi, e pensò terrorizzato sta succedendo
di nuovo...
*
Era più forte questa
volta, e non era ferito; era deciso a non cadere a terra quando atterrò, e
rimase in piedi nonostante lo sballottamento dovuto all'impatto.
Si tenne stretta la Coppa
con una mano (non metterla giù, tienila con te, potrebbe riportarti
indietro) e prese la bacchetta.
Quindi i suoi occhi si
abituarono all'oscurità, e si accorse che dopotutto non era in un cimitero. Era
nel suo dormitorio nella torre Grifondoro, era notte, e tutte le luci erano
spente.
Non c'era alcun suono o
segno di vita nella stanza. I letti erano tutti vuoti.
Come quello di Seamus.
Harry si guardò intorno
angosciato e indietreggiò dal letto vuoto di Ron. Il pavimento emise uno
scricchiolio orribile e sinistro sotto al suo piede, come se in quella stanza
non ci fossero stati suoni per anni.
Il silenzio aleggiò
pesante e opprimente come il buio sulla stanza, e Harry non ce la fece più a
guardare quei letti.
Si voltò e corse fuori
dalla porta, giù per le scale, nella sala comune, col cuore che gli batteva
contro le costole, pregando che lì ci fosse qualcuno che potesse aiutarlo, che
potesse spiegargli...
Nella sala comune era
tutto freddo e immobile, proprio come al piano di sopra.
Nel camino c'erano i
residui di un fuoco molto, molto antico, e sulla sedia preferita di Hermione
giaceva il suo libro, Uomini Che Amano Troppo I Draghi. Era aperto alla
pagina a cui Harry sapeva che era arrivata la notte prima... stava per finirlo,
e nessuno riusciva a convincerla a chiuderlo.
Evidentemente era
riuscita a riporlo, comunque, e quando Harry si chinò per toccarlo notò che la
pagina era coperta da uno spesso strato di polvere.
Sobbalzò con una morsa di
terrore attorno alla gola, come se si fosse teso per toccare la mano di
qualcuno, e l'avesse trovata fredda e morta.
E perse completamente la
ragione.
Fece una cosa che non
aveva mai nemmeno pensato di fare nella sua vita: corse su per le scale che
portavano al dormitorio femminile ed entrò di corsa.
Niente. Silenzio
assoluto, polvere e una grande farfalla ornamentale che Calì amava portare tra
i capelli. Il sospiro rapido e atterrito che rilasciò fu l'unico suono nel
mondo, e si ritrovò a correre via anche da quella stanza, per tornare nella
sala comune, attraversare il ritratto della Signora Grassa e...
Eccola lì, tutta rosa e
in carne sotto uno strato di polvere, come se persino un ritratto potesse
morire e diventare un fantasma.
"Do... dove sono
tutti quanti?" balbettò Harry, con la voce che risuonò scioccante in
quella stanza ammutolita.
"Non so a cosa ti
riferisci," rispose la Signora Grassa. "Certo, ultimamente c'è molto
meno andirivieni... ma..."
Fece una pausa, sul viso
una vaga espressione di dolore. La polvere sul suo ritratto suggeriva che non
veniva aperta da anni.
"Niente, lasciamo
stare," disse severa. "La parola d'ordine, se non ti dispiace."
"Ehm... Tiri Vispi
Weasley," le disse Harry.
Fammi uscire da qui. Aveva la gola secca per il terrore.
"Esatto," disse
la Signora Grassa. "Anche se, in effetti, sarebbe ora che la cambiaste..."
La porta si spalancò, e i
cardini urlarono. L'urlo echeggiò disperatamente nel corridoio oscuro che aveva
davanti.
Harry corse in quella
direzione, si precipitò giù per le scale di marmo fino al Salone d'Ingresso, e
stava per correre giù verso i sotterranei dei Serpeverde quando un'altra fitta
di panico gli esplose nel petto. Si avvicinò a una parete, vi si appoggiò
contro e fissò il soffitto.
I suoi respiri gli
risuonavano affannati e disperati nelle orecchie. C'erano ragnatele sul
soffitto, e si costrinse a credere davvero che fossero scomparsi tutti, perché
aveva troppa paura di vedere vuota anche la stanza di Draco.
L'orrore l'aveva
raggiunto in casa sua, e la sua casa gli era stata portata via.
Perfino Hogwarts non era
più sicura. Perfino Hogwarts e le persone che amava erano stati distrutti, e
lui non era stato in grado di proteggerli.
Quando udì il tintinnio
delle stoviglie giungere dalla Sala Grande, quasi gridò. Lottò contro speranze
e paure isteriche mentre spinse le porte.
Gli elfi domestici
stavano apparecchiando per la cena, organizzando un banchetto sontuoso davanti
a sedie vuote e impolverate. L'odore del cibo caldo fece venir voglia a Harry
di vomitare con violenza.
Un elfo lo vide, ed
eruppe in un gridolino di gioia.
"Uno dei padroni è
tornato!"
Immediatamente tutti gli
elfi alzarono lo sguardo, e misero le mani sui vestiti di Harry, cercando di
trascinarlo al tavolo dei Grifondoro. La sensazione delle loro piccole mani che
lo afferravano attraverso i vestiti aumentò la sua voglia di vomitare.
"Che diavolo state
facendo?"
Winky lo guardò assente
con quei suoi occhi enormi e alquanto orrendi. "L'ultimo ordine che
abbiamo ricevuto è stato di preparare la cena, Harry Potter. Noi ha preparato
la cena per tantissimo tempo. Noi è molto felice di vedere te. Noi spera che tu
ha fame."
"Lasciatemi andare!"
Harry non ricordò, in
seguito, se li avesse calciati via. Fare una cosa del genere... essere una
persona del genere... gli avrebbe ricordato troppo Lucius Malfoy, e non avrebbe
mai voluto ricordarlo.
Desiderava andarsene
disperatamente, anche se soltanto per salire di nuovo le scale e raggiungere
l'ufficio di Silente. Era già al secondo piano quando gli venne in mente che
Silente era ovviamente andato via anche lui, e si ritrovò a guardare gli occhi
di pietra del gargoyle e a ridere sottovoce, istericamente, chiedendosi se
Fanny fosse ancora lì dentro ad aspettare che gli altri tornassero. Proprio
come la Signora Grassa. Proprio come gli elfi domestici.
Non disse una parola
quando il gargoyle si spostò di lato e le scale si abbassarono verso terra con
un movimento lento e fluido.
Harry aveva superato la
sorpresa, e a quel punto anche la paura: la sentiva solo vagamente. Per cui fu
solo con una forma distaccata di terrore che vide un enorme serpente scivolare
giù lungo le scale, con lo stesso andamento graduale della scala. Riconobbe
subito Nagini... l'aveva vista spesso in sogno.
Fu solo dopo aver udito i
passi sulle scale dietro al serpente che ricordò il terrore.
Rimase immobile ad
aspettare, con la bacchetta e la Coppa che pendevano inutili dalle sue mani. La
scala toccò il pavimento.
Voldemort era sulle
scale, il volto pallido e appuntito privo di pietà, come Harry lo ricordava. I
suoi occhi rossi si strinsero quando vide Harry, e Harry era solo, tutti i suoi
amici erano già scomparsi, e non c'era più niente per cui combattere.
"Ora, credo,"
disse, "che ti inchinerai a me senza bisogno di ulteriori
persuasioni."
Harry lo fissò per un
lungo momento.
"Perché
dovrei?" chiese lentamente. "Bastardo."
In quel lungo e calmo
momento Harry pensò... neanche le GiraTempo possono portare nel futuro. Non può
essere notte. E' impossibile che ci sia polvere ovunque.
E' tutto impossibile. E'
come la chimera, come il fuoco, è...
"Non sei neanche
reale!"
Voldemort non scomparve,
ma cominciò a scendere le scale.
Non basta, pensò Harry avvilito. Devo fare
qualcosa di più, come col rametto, come quando sono saltato tra le fiamme...
Era una situazione, per
dirla in parole povere, disperata. Non c'era niente che potesse fare contro
Voldemort.
Ma non sarebbe scappato.
Rimase lì, tremante,
mentre Voldemort scese gli ultimi gradini. Non indietreggiò quando guardò quel
viso disumano e alzò la bacchetta mentre Voldemort alzò la sua, e Harry pensò
distintamente, Ho deluso tutti.
Voldemort aprì la bocca,
e Harry cercò di pensare ad un incantesimo da urlare. E...
Un attimo dopo era di
nuovo alla luce del giorno, l'illusione si era sciolta come se non l'avesse mai
vista.
Anche la coppa nelle sue
mani si era sciolta, e la vera Coppa luccicava sul piedistallo davanti a lui.
Si tese... e si ritrovò fuori dal labirinto.
Aveva vinto il Torneo
Tremaghi, ed era tutto finito.
Harry restò fermo al
sole, guardando in alto verso Silente, il cui viso era austero. Non ebbe il
tempo di chiedere cosa avrebbe dovuto fare, o come avrebbe potuto saperlo, o
cosa pensasse avrebbe dovuto fare... per vincere qualcosa di più del torneo.
Silente si fece da parte
e le luci abbaglianti delle macchine fotografiche, insieme alla corsa euforica
dei suoi amici verso di lui, oscurarono tutto il resto.
Le mani di Ron si
chiusero sulle sue spalle.
"Harry! Eri
scomparso... Stavamo diventando matti. Stai bene?"
Harry guardò Ron, che era
così pallido che le lentiggini sembravano fiamme. Ricordò con la stessa
intensità del colore di quelle lentiggini tutti i letti vuoti nel dormitorio.
"Sto bene,"
disse piano.
Sirius e Lupin erano
impegnati in una discussione animata con Silente. Hermione cercava di farsi
strada tra la folla, la sua voce interrogativa troppo flebile per giungere alle
orecchie di Silente.
"Signore! Signore,
era... era proprio necessario farlo sparire...?"
Il viso tondo di Neville
era luminoso quando guardò Harry oltre le spalle di Ron. La sua espressione gli
ricordò tremendamente quella di Colin Canon.
"Sei stato
spettacolare, Harry," disse col cuore.
"Per l'amor del
cielo, Paciock, non lo stai mica lodando per una prestazione sessuale."
La pronuncia strascicata
e crudele fece capire a Harry che qualcosa non andava addirittura prima che si
girasse verso Draco, e il suo sorriso si spense ancora prima di sorgere. Come
un serpente che inseguiva la propria coda. Come un serpente.
Draco si teneva alla
larga dal clamore improvviso attorno a Harry, e la sua posa da sola bastò a
provocargli il vuoto intorno. Le sue labbra erano curvate sdegnosamente, lo
sguardo freddo.
"Congratulazioni,
Potter," disse. "Un'altra stupefacente dimostrazione di stupidità
sconsiderata. Ben fatto."
Quindi si voltò e corse
via.
"Che bastardo!"
esplose Ron. "Non starlo a sentire, Harry. E' geloso... è sempre stato
geloso di te."
Gli occhi scuri di Ginny
erano spalancati.
"Va tutto bene,
Harry?"
Harry si divincolò da
Ron, guardando in direzione di Draco. Nella sua mente non c'era niente oltre
allo shock e al desiderio opprimente di scoprire cosa Draco pensava che avesse
fatto.
Stava ancora stringendo
la Coppa, realizzò sovrappensiero, e la spinse verso Ron.
Ron lasciò andare le sue
spalle per prenderla.
"Senti... me la
terresti un minuto?" chiese Harry, allontanandosi da tutti loro.
Avrebbe trovato Draco e
lo avrebbe riportato indietro. Era semplice, e non aveva certo attenzione da
sprecare per le mani che cercarono di trattenerlo quando si mosse.
Inseguì con caparbietà
Draco, che era già molto lontano dal campo di Quidditch e stava accelerando
lungo il pendio, fuori dalla sua visuale. Sembrava che si stesse dirigendo
verso la Foresta Proibita. Evidentemente desiderava davvero di non
essere seguito.
Cominciò a piovere,
piccole punte di spillo quasi invisibili, e Harry sentì fitte di irritazione e
preoccupazione per i freddi colpi di pioggia sul viso. Cosa aveva fatto, e
perché Draco si stava comportando così, e maledizione, era stanco e si era
spaventato follemente, e non vedeva l'ora di... di avere un po' di pace, e
magari che Draco fosse contento o sollevato, non così!
Si concentrò su quella
testa candida e continuò a correre, perché Draco non sapeva che qualcuno lo
stava seguendo, e non faceva altro che andare avanti, e fu la cosa più facile
del mondo spingersi in avanti quando furono al riparo sotto alcuni alberi,
afferrare il gomito di Draco, voltarlo con uno strattone e gridare.
"Perché diavolo hai
detto quelle cose, Malfoy?"
Il viso di Draco era
bianco, aguzzo e implacabile, e le gocce di pioggia che aveva in viso non
sembravano che lacrime.
"Ti stavo facendo i
complimenti, Potter," rispose Draco con calma. "Esibizione geniale di
idiozia simil-suicida. Una delle tue opere più belle finora, devo dire. Chissà
a quali vette potresti arrivare? Adesso che hai ricevuto i miei omaggi, faresti
meglio a tornare al fan club. Si staranno struggendo senza di te."
Harry lo guardò male.
Draco ricambiò lo sguardo spietatamente.
"Perché non la
smetti di fare lo stronzo," suggerì Harry, con voce bassa e accaldata.
"Perché non la
smetti di essere uno stronzo?" domandò Draco in tono freddo, quasi
colloquiale e completamente sprezzante.
Cercò di tirar via la
manica dalla stretta di Harry, ma Harry gli afferrò la spalla. Vide le sue
labbra arricciarsi e pensò che c'era una persona che odiava e che aveva proprio
quell'espressione. Cercò di ricordarsi chi fosse, e si rese conto che era
Malfoy.
Il vecchio Malfoy,
proprio uguale a lui, e Harry sentì l'impulso bizzarro di colpirlo, e
l'unica ragione per cui non lo fece fu che al vecchio Malfoy non sarebbe mai
importata la sua idiozia simil-suicida.
"Perché non la
smetti di insultarmi per un secondo e mi dici cosa ho fatto!"
esplose Harry. "Ho fatto solo quello che dovevo, non capisco perché te la
sia presa tanto, per cui perché non la smetti con queste cazzate e me lo
dici?!"
"Cosa hai
fatto?" scattò Draco. "Stavi cercando di combattere una chimera con
un bastoncino!"
"Ascolta, ho dovuto
farlo, non c'era nient'altro e non avevo tempo per pensare..."
"Pensare?" La
voce di Draco era fioca per l'oltraggio. "Ci pensi mai a..."
"Penso a te
continuamente!" gridò Harry.
Rimasero a guardarsi in
cagnesco sotto il freddo luccichio della pioggia, respirando a fatica,
furiosamente sincronizzati. Sotto la mano di Harry, le spalle di Draco si
alzavano e si abbassavano in respiri rapidi e secchi.
La bocca di Draco era una
linea inflessibile.
"Sei uno stupido
imprudente," gli disse in tono piatto.
"Non so
cosa..."
"Senti, la devi
smettere, va bene?" disse Draco all'improvviso. "La devi smettere di
correre avanti e indietro cercando di fare l'eroe e salvarci tutti, ti vedo mentre
ci pensi. Non puoi lottare contro i mostri da solo."
"Io non sto...
non... Dio, Draco, è per quello che sei così arrabbiato?"
Draco, che sembrava
perfettamente a suo agio con gli sguardi assassini, fissò il terreno.
"Non so
cosa..."
Harry provò di nuovo la
calma improvvisa che aveva sentito entrando nel labirinto.
"Draco. Draco,
guardami." Non lo fece, e Harry gli spinse il mento in su. Immediatamente
Draco tornò a guardarlo male, gli occhi sbarrati per l'indignazione. "Non
c'è niente di male se eri preoccupato per me," disse dolcemente.
"Di cosa stai
parlando, Potter," disse Draco con voce poco convinta. Solo la mano di
Harry gli impedì di voltarsi.
La pioggia rendeva sempre
i capelli di Draco un po' elettrici. Non menzionò che erano leggermente gonfi,
perché Draco sembrava già abbastanza agitato.
"Va bene essere
preoccupati," disse. "Lo so che non ci sei abituato."
"Sei impazzito,
Potter?" chiese Draco. "Io mi preoccupo continuamente. L'intera
scuola vive nel terrore. I miei Serpeverde non sono al sicuro, non so come fare
per proteggerli..."
"Ed è quello il tuo
problema!" gridò Harry. "Sei abituato a proteggere la gente dando
ordini e dimostrandoti più forte di chiunque altro. E' per questo che ti stai
comportando da idiota, perché non sei abituato a vedere qualcuno a cui tieni in
preda a un pericolo che non puoi contrastare!"
"E allora?"
gridò Draco di rimando. "Lo fai anche tu! Fai anche di peggio!"
Harry pensò a quando
sembrava che fossero spariti tutti, all'acuta sensazione di aver deluso tutti.
"Lo so," disse
con voce soffusa. "E' per questo che lo capisco."
Draco alzò gli occhi su
Harry, stavolta di sua spontanea volontà, e si morse un labbro. Quindi prese la
mano di Harry, la rimosse gentilmente dal proprio viso e la lasciò cadere.
"Non ho intenzione
di essere da meno rispetto a te, Draco," disse Harry, incrociando le
braccia. "Non puoi dare ordini a me."
"Beh, io non
intenzione di essere da meno rispetto a te, Harry," ricambiò secco Draco.
"Non voglio sentir dire altre cazzate sul non accettare i compiti
pericolosi."
"Non è... stavo solo
cercando di..." Harry espirò pesantemente. "Ok. Scusa."
Draco annuì.
"Scusami se sono stato... un po' stronzo prima. Non che tu non sia stato
un pazzo suicida, ovviamente. Saresti dovuto rimanere bello tranquillo con
quella Veela." Si illuminò. "A dire il vero, penso fosse molto presa.
Potresti..."
Harry non poté fare a
meno di ridere.
"Sei
impossibile."
Draco ricambiò il sorriso
con gioia, e alzò la mano per toccare il viso di Harry. Harry sentì la fredda
pressione di polpastrelli bagnati che scivolavano sul suo zigomo.
Guardò Draco, e ripensò
alla fitta di panico quando non avrebbe neanche sopportato l'idea di poter
trovare la sua stanza vuota.
Draco ritirò la mano e si
esaminò le dita.
"Sei sporco,"
osservò. Harry gli prese il polso.
"Torna
indietro," disse. "Devo occuparmi della premiazione."
"Oh, mio Dio!"
esclamò Draco, scandalizzato. "Ma certo che devi! C'è una cerimonia. Ci
sono soldi. Deficiente completo, perché mai te ne vai in giro in posti
come questo?"
Harry alzò le
sopracciglia. Draco non ebbe neanche la decenza di apparire imbarazzato.
"Torna
indietro," ripeté, e Draco lasciò che lo tirasse verso il campo di
Quidditch.
Ginny rivolse a Harry uno
splendente sorriso di benvenuto, quando tornarono. Ron gli lanciò un'occhiata
perplessa, trattenendosi a fatica dal sorridere beffardo a Draco.
"Harry, ti prego,
riprenditela," disse, spingendo la Coppa nella mano libera di Harry. I
soldi devono essere messi qui dentro, e poi Caramel dovrà riconsegnarti la
Coppa durante la cerimonia. C'è un discorso e tutto quanto. La gente continuava
a cercare di fotografarla, stavo diventando matto..."
A conferma delle parole
di Ron, un esercito di fotografi si stava dirigendo verso di loro. Ron
indietreggiò velocemente verso Hermione. Harry ricordò di essere ferito e
sporco. Se solo ci fosse stato lì Hagrid, per nascondercisi dietro.
"Oh no," disse
a bassa voce.
"Possono fotografare
me, se vogliono," annunciò Draco compiaciuto. "Sono molto
carino."
Arrivò Caramel tutto
affaccendato, con la sua patina di finta sicurezza ripristinata per
l'occasione, dopo che era stata visibilmente erosa dalle sparizioni. Teneva in
mano il sacchetto con i soldi, e rivolse a Harry un sorriso raggiante. Harry lo
studiò con fredda diffidenza. Lui non sembrò accorgersene.
"Insomma, Harry,
dove eri andato a finire?" indagò. "Ecco, prendi questo e
mettilo nella Coppa... Dirai qualche parola, vero?" aggiunse, quando Harry
lasciò andare il polso di Draco per prendere il denaro.
"Ehm," rispose
Harry, fissandolo. "Un discorso?"
"Ti suggerisco di
portare con te quella Veela sul palco, e di convincerla a togliersi i
vestiti," propose Draco. "Quello distrarrà tutti gradevolmente.
Oppure potresti toglierti la tua, di maglietta. Ammettiamolo, questi fotografi
sono evidentemente affamati di ogni centimetro di te."
"Grazie,
Draco," disse Harry dall'angolo della bocca. "Hai qualche
suggerimento che non preveda l'oltraggio alla morale pubblica?"
"Io?" disse
Draco, scandalizzato. "Mai!"
"Dovresti essere sul
palco tra qualche minuto, Harry," gli disse Caramel. "Mantieni un
attimo la Coppa... devo andare a prendere gli appunti del mio discorso..."
Si allontanò in fretta.
Harry rimase a fissarlo, guardando desolato le macchine fotografiche che
scattavano e l'interno dorato della Coppa. Era già esausto per la fatica e il
dolore.
Guardò Draco, prese la
sua decisione, e sorrise.
"Ho cambiato
idea," disse. "Andiamo."
"Cosa?"
Harry lasciò cadere i
soldi e strinse di nuovo il polso di Draco. Draco parve scioccato e si chinò
per raccogliere il sacchetto.
"Mai, mai far cadere
i soldi per afferrare una persona!" lo ammonì severo. "Si possono
comprare le persone con i soldi!"
"Che mi dici di
te?" suggerì Harry. "Muoviti. Voglio andare via."
"Di certo non
me," disse Draco serio. "Io sono di classe speciale. Dove vuoi
andare, di preciso?"
"Non lo so. Ovunque.
Tranne che qui. Con te."
Draco sembrò quasi
impaurito. "Dici sul serio. Sei veramente matto."
Harry sorrise
impunemente. Era stata tutta un'illusione, il Torneo era finito, e che fosse
dannato se avesse mai fatto un discorso. Si girò e afferrò Draco, che rise e lo
seguì volontariamente.
"Non posso credere
che tu mi abbia trascinato fino a qui per poi andarcene di nuovo."
"Oh, ma è
diverso," disse Harry con sicurezza, mentre si iniziarono a sentire
sussulti alle loro spalle. Prese a camminare più in fretta sul pendio.
"Comunque, Draco... sei libero questo sabato?"
"Credo di sì,"
rispose Draco con prudenza. "Perché?"
"Ho un regalo per
te," rispose Harry, facendo del suo meglio per sembrare indifferente.
Draco parve deliziato.
"Un regalo? Per
cosa? Perché non puoi darmelo adesso? Cos'è? Brilla? Dammi un aiutino."
Harry gli lanciò
un'occhiataccia alle sue spalle. "Draco?"
"Sì?" disse
Draco, la cui mente era chiaramente occupata dalla prospettiva di un regalo.
"Corri, ok?"
La pioggia continuò a
cadere piano su di loro, e, ridendo per qualche strano motivo, corsero giù per
la collina con un branco di fotografi alle calcagna.
.
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RICORDATE DI LASCIARE UN COMMENTO: RIPAGHERà LA FATICA DELLA TRADUTTRICE (CHE SAREI IO :P) E DELL'AUTRICE! ANCHE POCHE RIGHE BASTANO A RINFRANCARE LO SPIRITO!
UN BACIO A TUTTI/E
Sommario: Harry: Tutta questa idolatria da eroe
mi ha fatto sentire alienato.
Draco: Sono arrogante in modo accattivante, e assolutamente incorreggibile.
Harry: In effetti *sei* stranamente affascinante. Uhm. – l’inimitabile Silvia.
Capitolo Undici
Quando cala il buio
I looked into
your eyes
They told me
plenty I already knew
I never let
myself believe that you might stray
I thought,
I'll be with you until my dying day
[Guardai i tuoi occhi / Mi dissero tante cose che sapevo già
/ Non avevo mai voluto credere che ti saresti potuto perdere / Pensavo, resterò
con te fino alla fine dei miei giorni]
Era venerdì mattina,
quattro giorni dopo la fine del Torneo, e Harry si era appena svegliato con la
cicatrice che gli bruciava.
Bruciava spesso in quei
giorni, mentre il potere di Voldemort aumentava. Aveva imparato ad accettarlo.
Non aveva imparato a non
odiarlo.
Finita la preoccupazione
per il Torneo, bastava non guardare il letto di Seamus per poter quasi fingere
che il Quidditch fosse il suo unico pensiero. Perché quel dolore doveva
colpirlo proprio allora?
“Harry.”
Si girò al suono della
voce di Ron, e sentì un improvviso, stupido lampo di paura, come se Ron, vedendo
la cicatrice, avesse potuto pensare che fosse il marchio di un assassino.
Ron sorrise debolmente,
preoccupato. Harry ricambiò il sorriso per dimostrare che andava tutto bene, e
il sorriso divenne più spontaneo appena vide il pigiama di Ron.
Ron era cresciuto
abbastanza da indossare il pigiama che usava Bill alla sua età, e c’era
l’immagine di un paio di labbra rosse schiuse sulla tasca che aveva sul petto,
cosa per cui Harry lo prendeva sempre in giro. Inoltre, per qualche strana
legge roniana della fisica, i pantaloni del pigiama gli andavano corti,
nonostante Harry fosse piuttosto certo che lui e Bill fossero alti uguale.
“Tutto ok?” chiese Ron,
sedendosi sul letto.
Harry si tirò le gambe al
petto per fargli spazio, grato per quella distrazione.
“Io… sì. Mi succede
spesso.”
E mi fa pensare sempre
più che dobbiamo annientarlo. Mi rende sempre più deciso ad uccidere quel
bastardo.
“E’ peggio, sapere che
Tu-Sai-Chi è incazzato?” Ron parlò in fretta, come se avesse quasi paura di
dirlo. “A volte credo che sia… che non sapere sia la cosa peggiore. Odio i
misteri. Odio tutto ciò che è…” fece una smorfia. “Sinistro.”
“Non so,” disse Harry
fiaccamente. “Ce l’ho sempre avuta, ricordi?” Si fermò. “Penso che siano brutte
entrambe le cose.”
“Già.” Ron si spostò più
avanti sul letto, colpendo la testiera e sobbalzando. “Vuoi sapere una cosa?
Anche se ti sembrerà una pazzia.”
Harry annuì.
“Hai presente il modo
strano che ha Neville di russare? A volte mi metto ad ascoltarlo con
attenzione, perché mi fa sentire che c’è ancora qualcuno in quel letto. Certe
volte non riesco a dormire, se non lo sento.”
Restarono entrambi zitti
per un minuto ad ascoltare il ronzare di Neville. Era un suono tremendo, e si
scambiarono un sorrisino.
“Non penso che sia una
pazzia,” disse Harry. “E’ tutto così triste… bisogna approfittare di qualsiasi
cosa per tirarsi su.”
“Già…” Ron strinse la
mandibola. “E’ da un po’ che volevo parlartene. E’ per questo che… sai.”
“Cosa?” chiese Harry.
“E’ per questo che non ho
ancora strangolato e sepolto Malfoy in una caverna oscura per impedirti di
fraternizzare col nemico."
“Lui non è il nemico,”
disse Harry con fermezza.
“Ovviamente per te non lo
è, Harry. Ma io lo odio ancora, quel deficiente. E’ sempre stato il
nemico…” aggrottò le ciglia. “Quel damerino strisciante e crudele è capace di
smettere di dire stronzate solo quando si agita per i capelli. Ma… ok, lo so
che per qualche strana ragione adesso ti piace.”
Ron fece una strana
smorfia nel dirlo, come se avesse voluto lavarsi la bocca.
“Non è come pensi,” disse
Harry. “Oddio. In effetti si agita molto per i capelli.”
Visto? Diceva l’espressione di Ron. E’
il male.
“E a volte fa il
damerino. E sì, ok, non sa quando è il momento di tacere. Ma…” Harry si fermò.
“Ci tengo a lui,” disse con calma. “Ci tengo molto.”
“Uhm. Sì, lo vedo,” disse
Ron. “Non sono completamente cieco, sai? Vi ho visti scappare insieme come due
fuggitivi dal Torneo.” Scosse il capo. “Insomma, Harry, cosa avevate in mente?”
“Ha quasi funzionato,”
protestò.
“Harry, vi hanno
raggiunti ai piedi del pendio, e poi quel cretino ha cercato di dir loro che
avevi una storia con la professoressa Cooman.”
“Avrebbe potuto
funzionare,” disse Harry sulla difensiva.
“Cretino,” ripeté Ron.
“E, per la cronaca, pensavo che preferissi la professoressa Sinistra.”
“Ron,” disse Harry,
sopprimendo un sorrisino. “Fra un po’ vomito.”
Ron parve a disagio.
“Beh, ecco… il punto è che… la situazione è davvero brutta, come dicevi.
E abbiamo tutti bisogno di qualcosa che ci faccia stare meglio. Se ti fa stare
meglio – se ti fidi di lui – non voglio portartelo via.”
Harry osservò il viso
aperto di Ron.
Ron si incupì. “Comunque
continuo ad odiare questa situazione. E lui,” aggiunse, giusto per
mettere in chiaro le cose. “Magari tu ti fidi di lui, ma non penso che dovresti.
Se le cose fossero messe appena un po’ meglio, gli farei lo scalpo e appenderei
i suoi stupidi capelli fuori all’ingresso Grifondoro. E se non fa del suo
meglio come amico, per quanto sia possibile ad un viscido Serpeverde, gli farò
lo scalpo lo stesso.”
Harry soppresse un
sorriso. “Ron.” Ron lo guardò. “Io… sei il mio migliore amico. Lo sai.”
“Lo spero bene,” disse
Ron. “Altrimenti dovrei davvero uccidere Malfoy.”
“E’ un pigiama party
privato o possono imbucarsi tutti?”
Gli occhi scuri di Dean
erano al contempo severi e sorridenti, e Harry non l’avrebbe mai mandato via.
Adesso che il migliore amico di Dean era scomparso, poi, l’avrebbe fatto ancora
meno.
“Non possono imbucarsi
tutti,” disse. “Ma tu sei il benvenuto.”
Dean salì sul letto,
spingendo piano Ron per farsi spazio. “Allora, di che parliamo?”
“Del Torneo,” rispose
Harry.
“Ah.” Dean sogghignò. “Ti
sei tolto un peso dalle spalle, in ogni caso. Anche se devo dire che quando sei
sparito ci hai fatto prendere un colpo.”
“Non è stato bello
nemmeno per me,” replicò Harry.
Non voleva pensarci, non
aveva voluto parlarne. Quel poco che aveva detto aveva reso Sirius livido di
rabbia e ansioso di andare a staccare la testa di Silente a morsi. Silente
aveva detto che era stato necessario, e che Harry l’avrebbe capito in seguito.
Harry avrebbe tanto
voluto capirlo subito.
“Ginny era in lacrime,”
continuò a bassa voce Dean.
“Anche Hermione stava
dando i numeri,” aggiunse Ron.
“Penso fossero tutti
terrorizzati,” disse Dean. “Sai come vanno le cose di questi tempi. Neanche
Hogwarts è al sicuro. C’è una spia.”
Quella parola, spia, fece
calare delle cortine pesanti intorno a tutti loro. Harry non ricordava di
averla mai sentita pronunciare nel dormitorio Grifondoro. Vide i volti intorno
a lui farsi foschi. Si rannicchiarono ancora di più.
“Andrà tutto bene,” disse
loro Harry, perché qualcuno doveva dirlo.
“Dobbiamo scoprire chi
è,” rispose piano Dean. “Dobbiamo avere almeno un posto che sia sicuro. Solo
allora le cose potrebbero iniziare ad andare bene.”
*
Era giorno adesso, l’ora
di pranzo.
“E dai, Harry.”
“Perché dovrei?”
“Lo desidero davvero.”
“Forse se mi supplichi.”
“Ci sto pensando.”
Harry sorrise. “In
ginocchio, Malfoy.”
Draco inclinò la testa di
lato e gli fece un sorriso vittorioso. “Vuoi dire che lo farai?”
“Io… devo guardare
l’immagine di un serpente,” tergiversò Harry.
Draco alzò gli occhi al
cielo. “Scusa patetica, Potter. Ho un serpente sulla mia spilla da prefetto.
Guardalo, e dì qualcosa in Serpentese entro un minuto. L’ho sentito solo una
volta e voglio sentirlo di nuovo!”
“Non fare l’idiota,”
disse Harry vago. “E poi cosa dovrei dire?”
Draco ci pensò su.
“Potresti dire ‘Draco è il capo supremo di tutto l’universo, e ha degli zigomi
perfetti'."
Harry si concentrò sulla
spilla appuntata sul petto di Draco. Il serpente non era che un abbozzo verde e
piatto su sfondo grigio, ma si vedeva la lingua biforcuta e fremente.
“Draco è un vero idiota
certi giorni, e penso che sia innamorato del suo specchio.”
Il sibilo profondo
aleggiò nell'aria.
“Ehi!” disse Draco.
Harry alzò un
sopracciglio. “Ma se non conosci nemmeno la lingua.”
“No. Ma conosco te,
scemo.” Draco si concesse un sorrisino prima di continuare. “E quella roba
è grandiosa,” disse a Harry con apprezzamento. “Dovresti farlo più spesso.
Scommetto che Morag resterebbe colpita.”
“Draco Malfoy, se non la
smetti di parlare di questa Morag…”
Lo sguardo sicuro di
Draco vagò per il cortile in cui stavano passeggiando, mantenendosi sui
sentieri coperti per via del freddo.
“Beh. Se non ti piace la
scena Serpeverde, ti farà piacere sapere che la tua molestatrice più carina è
ancora parecchio in vista.”
Harry si guardò intorno e
vide un lampo di capelli lucenti.
“Parli di Ginny?”
Draco incurvò il labbro.
“Di certo non parlo di Canon, no? Eccola là, in carne e ossa e tremendamente
infatuata. Per fortuna non sei un tipo infedele: sei fratelli maggiori assetati
di vendetta sarebbero una prospettiva inquietante. E poi è bello essere
adorati.”
“Draco. Ti ricordi quando
abbiamo parlato del fatto che non puoi prenderti cura di me? Vuol dire che non
puoi neanche organizzarmi gli appuntamenti.”
Era certo che Ginny fosse
fuori solo per prendere un po’ d’aria. Sì, aveva una cotta per lui da quando
erano bambini, e la cotta era chiaramente resistita abbastanza da spingerla a
ricambiare il suo bacio quella volta… e, sì, forse voleva davvero uscire
con lui, ma Harry non era interessato, e si rifiutava di credere che la cosa
fosse tanto seria.
Draco sembrò offeso.
“Ti sto solo indicando la
strada per la felicità.”
“Sono già felice adesso,
grazie tante.”
“Potresti esserlo di
più,” insisté Draco. “C’è una cosa con la lingua che ho insegnato a Morag… è
una lunga storia di night club e limoni…”
“Draco!”
Il viso di Draco schizzò
in su. Harry si era accorto che Draco capiva sempre quando era serio e quando
scherzava.
“Smettila, ok? Non mi
piace sentire quel genere di cose. Puoi fare di meglio.”
Draco alzò le
sopracciglia.
“Certe volte sei
veramente idiota, Harry. Lo sai, vero?”
“Sì, lo so. Ma devi
sopportarmi ancora per un’ora. Hai promesso di lasciar stare quel cavolo di
progetto, se ti avessi raccontato l’intera storia della Camera dei Segreti. Ti
ho in pugno.”
Draco sorrise. “Lungi da
me infrangere una promessa. Anche se non sono ancora molto convinto di questa
faccenda della Camera dei Segreti.”
Harry lo colpì con una
gomitata per un rapido scambio di sguardi pseudo-indignati.
“Credi che ti mentirei?”
“Credi che ti accuserei?
E’ solo questa cosa della spada tirata fuori dal cappello. Dai cappelli si
tirano fuori i conigli.”
“Non credo mi sarebbe
piaciuto cercare di uccidere un basilisco con un coniglio.”
“Oh, ma a me sarebbe
piaciuto vedertelo fare. Pensa. Immagina le foto.” Draco si immerse in una
breve ma energica imitazione. “L’impavido eroe brandisce il soffice e frignante
cucciolo infernale. ‘Indietro, indietro, rettile rivoltante!’ Bastonata! Guaito
stremato. Altra bast…”
Harry si tese e lo
afferrò, tirandolo di nuovo accanto a sé dalla manica.
“A volte sei veramente
melodrammatico, Malfoy.”
“Come osi! Nessuno
comprende il mio temperamento artistico.”
Harry si limitò a
scuotere la testa divertito. Draco mise il broncio per un attimo, quindi sembrò
rallegrarsi e cominciò a cantare sottovoce, probabilmente per dimostrare il
proprio temperamento artistico. O magari per infastidire Harry.
Cantava sempre quella
canzone. Era un vecchio brano delle Sorelle Stravagarie, e Harry ricordava che
a Draco era sempre piaciuta.
Quella volta che, il
sesto anno, i suoi compagni di stanza (specialmente Seamus, ma meglio non
pensarci) avevano trascinato Harry al pub di Hogsmeade, aveva passato tutta la
sera a fissare la sua Burrobirra, mentre nell’aria risuonavano una dopo l’altra
tutte le canzoni delle Sorelle Stravagarie. Le aveva odiate tutte quante mentre
se ne stava lì seduto, cercando di non guardare Ron e Hermione, né Seamus e
Lavanda che a quel tempo stavano insieme…
E quella era stata la
canzone che aveva odiato di più, perché quando era iniziata tutti i Serpeverde
si erano riversati dal bar sulla pista in un assalto di corpi seminudi, e in
effetti non è che ai Serpeverde fosse mai servita la nottata fuori una volta al
mese per ubriacarsi e dare scandalo en masse.
Harry ricordava di essere
rimasto di stucco per il fatto che non erano solo i vestiti delle ragazze ad
essere molto scollati, e che, anzi, anche Zabini e… Malfoy, a quell’epoca,
indossavano ben poco. I vestiti di Zabini gli erano sembrati di draghetereo ed
erano tagliati sul petto, quelli di Malfoy erano senza maniche. Harry aveva
pensato Tipico, e aveva guardato male la Burrobirra mentre metà dei
Serpeverde cominciavano a gridare il testo con entusiasmo.
L’interno della bocca di
Malfoy era stato tinto di nero e rosa shocking dalle luci al neon e dalle
ombre.
Harry aveva pensato che
era una canzone orrenda.
“Nessuno con cui ballare,
Potter? Estremamente non-sorprendente.”
Aveva riconosciuto la
voce lenta e deliberatamente spietata prima di alzare gli occhi. Malfoy,
improvvisamente accanto a lui, come messo lì da un fato crudele.
Nonché chiaramente ubriaco
e sudato per la calca, e Harry riuscì a sentire un intreccio di odori forti
quando Malfoy si piegò per guardare il suo drink e strillare in una risata
sprezzante.
“Burrobirra? Vedo
che gareggiamo con Paciock per l’ambito titolo di Studente Più Patetico
Dell’Anno. Coraggio Potter, puoi farcela. Io credo in te!”
Harry l’aveva spinto via
violentemente. “Sparisci, Malfoy.”
Si era sforzato di
ricordare quale terribile azione avesse fatto per essere punito con Malfoy.
Harry era stato salvato
da Zabini, proprio lui, che era arrivato alle spalle di Malfoy e gli aveva
toccato i fianchi per un istante. Persino allora aveva notato che Zabini
allungava le mani in modo ingiustificato.
“Non balli, Draco? E’ la
tua canzone.”
Gli occhi brillanti
d’alcool di Malfoy avevano scintillato dopo essersi staccati da quelli di
Harry. “Certo che ballo,” aveva risposto.
Harry se n’era andato.
Non intendeva restare lì ad essere preso in giro, o a guardare Serpeverde
pervertiti che si strusciavano sulla pista.
Oh, allora aveva odiato
quella canzone.
Adesso non gli dava più
tanto fastidio.
Si accorse di aver
mormorato quando Draco sollevò un sopracciglio.
“Potresti cantare anche
tu,” propose.
“No grazie,” rispose
Harry. “Non canto, così come non ballo.”
“Non canta. Non balla.
Tutto ciò che sa fare, signore e signori, è uccidere mostri con i conigli.”
“Io non…” Harry si fermò
e rise. “So fare molte più cose.”
“E parlare una lingua
fighissima di serpenti,” aggiunse Draco. “Te lo concedo.”
Harry si fermò e
rabbrividì. Ricordò che Tom Ridde parlava la stessa lingua, e ripensò al
fremito di disgusto quando Silente gli aveva detto: ti ha trasmesso alcuni
dei suoi poteri… Non avrebbe mai parlato di nuovo in Serpentese se non
fosse stato Draco a chiederglielo, e se non si fosse sentito… in colpa.
Perché aveva tirato Draco
fuori dalla sua stanza con delle scuse, ovviamente. Non gli aveva detto proprio
tutto sulla Camera dei Segreti. Aveva tralasciato la parte del cattivo, l’uomo
che aveva fatto scivolare una maledizione nelle mani di una ragazza innocente.
Voleva proteggere Draco,
e poi non era più così importante. Così aveva lasciato fuori il nome di Lucius
Malfoy, e di certo il desiderio di proteggere Draco non era una cosa per cui
sentirsi in colpa.
Ma si sentiva in colpa lo
stesso, ed ebbe di nuovo i brividi.
“Per l’amor del cielo,
Harry, ti stai congelando,” notò Draco. “Perché non ti sei messo dei guanti,
stupido bifolco?”
Dette a Harry un’occhiata
critica, quindi si tese e gli annodò meglio la sciarpa attorno al collo. E, sì,
doveva far freddo, perché l’alito di Draco fu stranamente caldo sulla guancia
di Harry.
“Insomma, è l’ultimo
freddo dell’anno,” si lagnò Draco. “Quale sadico decide che l’ultimo freddo
dell’anno debba essere a maggio?”
“Draco,” gli disse Harry,
“non credo ci sia qualcuno che decide queste cose.”
Draco spinse in fuori il
labbro inferiore. “Potrebbe essere la vendetta del fato crudele per dei
misfatti passati.”
“Allora ringrazia che non
stia nevicando.”
Draco gli rivolse
un’espressione ripugnante, incrociando gli occhi sotto la frangia che il
cappello di lana gli aveva appiattito sulla fronte.
“Almeno io indosso
cappello e guanti appropriati,” disse con profonda soddisfazione.
Era proprio tipico di
Draco avere cappello e guanti in coordinato con la sua sciarpa Serpeverde. Lo
atterriva vedere gli altri abbinarla ai guanti vecchi, e Harry aveva notato che
sfruttava ogni occasione per pavoneggiarsi in giro.
Harry improvvisamente si
ricordò dell’ultima volta che aveva nevicato, proprio prima di Natale. Stava
passeggiando con Ron e Hermione, cercando di ignorare le loro battutine sul
vischio, e aveva notato vagamente il cappello e i guanti di Malfoy, pensando
che-stronzo-vanitoso.
A quel punto Terry Boot
era giunto con passo felpato alle spalle di Malfoy e gli aveva tirato una palla
di neve sulla nuca. Malfoy era finito seduto sulla neve con aria ridicolmente
offesa, a cercare di non ridere. Harry era rimasto stupefatto dall’apparente
assenza di rancore.
Aveva guardato storto
Terry Boot, e si erano visti dei fiocchi di neve sulle sue ciglia.
A quel punto, ovviamente,
si era alzato in piedi per mettere in atto una vendetta a base di neve, e
alcuni Corvonero erano corsi a difendere il loro Capocasa, mentre Harry aveva
chiamato i Grifondoro per ovviare alla differenza di numero.
Si era trasformato in una
lotta feroce tra Grifondoro e Serpeverde, come ogni cosa a Hogwarts, con Tiger
e Goyle che lanciavano pietre ricoperte di neve e Pansy che usava il ginocchio
per difendere Malfoy in maniera ben poco femminile, lasciando Ron sdraiato
sulla neve.
“Sei fortunata, Granger,”
aveva ansimato Malfoy. “Se fosse stata Millicent, a quest’ora usciresti con un
eunuco.” Aveva sogghignato. “Il che sarebbe tremendamente divertente…”
Alla fine Snape e la
McGranitt erano arrivati a grandi passi dalla scuola giù per la collina
innevata per assegnare le punizioni e separare i più rissosi.
“Potter, si alzi immediatamente!
Sono assolutamente disgustata dal suo comportamento… si è forse rotolato
nella neve? Vada su e si cambi subito.”
“Malfoy, quand’è che
guarirà da questo impulso puerile a… perbacco, che è successo alla sua bocca?”
“Potter ha cercato di
farmi ingoiare del ghiaccio!”
“E’ stato Malfoy a
iniziare tutto!” aveva ringhiato Harry.
Snape, saggiamente, aveva
messo una mano sulla spalla di Malfoy per trattenerlo. La presenza del suo
professore preferito aveva frenato Malfoy abbastanza da limitarsi a sogghignare
verso Harry alle spalle della McGranitt.
Harry aveva lanciato uno
sguardo assassino a Malfoy, col suo stupido cappello storto e la bocca rossa, e
aveva pensato che era la persona più odiosa del mondo intero.
"Ho qualcosa sulla
bocca?"
Harry sbatté le palpebre. "No. Stavo solo pensando a
Natale e, ehm..."
Draco gettò indietro la
testa e rise. "E a quando cercasti di infilarmi il ghiaccio in bocca, mi
ricordo. Stronzetto malvagio. Stavo attraversando un difficile stato motivo in
quel periodo, sai?"
"Sì, beh..."
Ricordò una cosa che Draco gli aveva detto nel lago. "Difficilmente
mettiamo in mostra i nostri sentimenti, Malfoy."
Draco sorrise radioso, e
Harry seppe che aveva riconosciuto quelle parole.
Calì e Lavanda emersero
da una porta e, fermandosi solo per scambiare quattro chiacchiere con Ginny,
gli fecero cenno e si incamminarono verso di loro.
Harry desiderò fortemente
che andassero via. Fra le lezioni, i compiti, le riunioni del Giovane Ordine e
del Consiglio e tutte le nuove restrizioni, in quel periodo era molto difficile
riuscire a vedere Draco, per cui, francamente, l'intrusione era decisamente
sgradita.
"Ciao Harry,"
disse Lavanda, che era rosa per il freddo.
"Bel cappello,
Malfoy," osservò Calì, mettendosi una mano sul fianco e alzando un
sopracciglio.
Era molto posata, era
sempre stata di buona compania, e Harry voleva che se ne andasse
immediatamente.
"Lo so,"
rispose Draco pieno di soddisfazione. "Certamente è per questo che Ginny
Weasley si aggira furtivamente laggiù. Spera che mi esibirò in uno spogliarello
ardito, lasciando su solo il capello. Sono nato per il porno, tutto qui."
Calì e Lavanda risero
entrambe.
"Allora, di cosa
stavate discutendo tanto vivacemente, prima che arrivassmo?" indagò
maliziosamente Calì.
Draco aggrottò la fronte.
"Soprattutto di sconfiggere rettili con teneri animaletti, credo."
Lavanda parve un tantino
allarmata.
Draco sorrise seducente.
"E del ballo. Harry non sa né cantare né ballare. Non è inquietante?"
Calì ricambiò il sorriso.
"In effetti ricordo di aver dovuto guidare io, al nostro primo Ballo del
Ceppo..."
"Avevo quattordici
anni!" protestò Harry.
"Certo, certo,"
disse Draco, lasciandogli le mani. "E poi non possiamo nascere tutti con
la grazia innata di..." accennò vagamente a Calì, poi cambiò idea e puntò
il dito verso se stesso, "...del sottoscritto."
"Ti ho visto fuori
nei club," commentò Calì. "Ho visto che idea hai del ballare."
"Quindi vuoi dire
che non si tratta di grazia innata ma di depravazione innata," propose
Harry, scansandosi automaticamente prima che Draco assestasse il colpo.
"Non ti fidi di
me," osservò Draco, indignato. "Bene allora. Ti sfido."
Si tolse il guanto destro
con i denti, quindi si sfilò il sinistro e se li mise sulle spalle.
"Avanti,"
disse, gettandosi anche la sciarpa sulle spalle. "Meno parole e più fatti,
Patil."
Le afferrò una mano e la
trascinò verso il cortile, ignorando i suoi versi stupiti mentre la tirò via
dal selciato e tra le sue braccia. Poi le fece fare un casquet.
Alzò gli occhi verso
Harry e gli mandò un sorriso.
"Puoi dire che non
so ballare, adesso?"
Harry non ebbe mai il
tempo di rispondere, perché Padma Patil uscì di corsa da un'altra porta e si
diresse verso di loro.
Harry avrebbe ricordato
per molto tempo i volti delle gemelle in quel momento, due specchi che
riflettevano cose molto diverse. Calì era arrossata e sorridente, innocente ed
eccitata, mentre il viso di Padma era bianco e teso, i suoi occhi sbarrati per
l'orrore.
"Venite tutti,
presto," disse, sfogando tutta l'emozione con la voce. "Abbiamo
bisogno di tutti voi nella stanza del Giovane Ordine. Subito."
*
I membri dell'Ordine
attorno al tavolo non chiacchieravano come facevano sempre all'inizio di una
riunione. Stavano fissando Lupin con una sorta di terrore ammutolito. Neville
si era fatto pallido come cenere, e Harry cercò di inviargli un sorriso
rassicurante. Stava già tenendo la mano a Hermione e a Ginny... sembrava che
Ginny fosse sul punto di piangere.
Temeva che il sorriso non
gli fosse riuscito molto convincente. Il professor Lupin, che di solito teneva
in serbo per loro uno sguardo caloroso, era serissimo.
Erano tutti stretti
attorno al tavolo in quattro gruppi compatti.
Il gruppo più compatto e
più lontano dagli altri era quello dei Serpeverde. Ma era sempre stato così.
A Harry non era sempre
importato.
Aspettarono, e finalmente
Lupin parlò. Il suo sguardo rimase fisso sul tavolo, la voce bassa e formale.
"La signorina
Granger e il signor Boot erano stati assegnati alla divisione ricerca della
nostra squadra," disse. "Stavano indagando sulla magia antica che il
professor Silente ha più volte invocato per proteggere luoghi." Gli occhi
di Lupin fluttuarono un attimo su Harry. "Si stava pensando di organizzare
una stanza sicura a Hogwarts dove gli studenti potessero rifugiarsi in caso di
allarme, e stare al sicuro. Il progetto stava avanzando in modo...
soddisfacente. Stamattina, invece, si è scoperto che tutte le barriere
preliminari sono state infrante, e i progetti rubati."
Lupin alzò leggermente
gli occhi.
La stretta di Hermione
per poco non spezzò la mano di Harry.
"La spia dentro
Hogwarts è passata al sabotaggio diretto. Ci è stata sottratta una delle
speranze migliori, e una gran quantità di lavoro e magia è andata sprecata. Dobbiamo
capire chi ne era al corrente... e io ammetto di essere tra quelli. La
signorina Granger mi ha chiesto consiglio per un problema con gli incantesimi,
e io a mia volta ho chiesto aiuto a diversi membri dello staff per lo stesso
motivo."
Fece una pausa. Era in
momenti come quello che Harry odiava di più la guerra: quando gli adulti su cui
contava sembravano così vecchi e stanchi.
"Sono felice di
essere sotto sospetto," disse. Si levò un mormorio di proteste, e lui alzò
una mano. "Ma devo insistere affinché la signorina Granger e il signor
Boot ci informino di ogni possibile falla nella sicurezza. Ci serve una lista
completa dei sospettati."
Mentre Hermione Parlava,
Harry la guardò, e notò che i suoi occhi sembravano troppo grandi su quel viso
improvvisamente emaciato.
"Io l'ho detto a
Ron," disse a bassa voce. "E l'ho detto... l'ho detto a Ginny. Era
spaventata, e pensavo che sarei riuscita a rassicurarla."
"Signor Boot?"
chiese Lupin, senza commentare.
Gli occhi di Terry Boot
erano nascosti dai suoi occhiali da lettura, e forse era per quello che se li
era messi.
"Io l'ho detto a
Padma e a Mandy," disse. "Abbiamo lavorato in gruppo su ogni
progetto. Abbiamo fatto ricerche insieme."
"Nessun altro?"
Lentamente, Hermione e
Terry annuirono all'unisono.
"No," disse una
voce fredda e cristallina, mentre ogni testa si voltava verso il centro del
gruppo dei Serpeverde. "Io lo sapevo," continuò Draco, il viso privo
di emozioni. "Boot me l'ha detto mentre sorvegliavamo l'entrata principale.
L'ho aiutato con una parte complessa dell'incantesimo."
Ci fu un breve istante di
silenzio. Harry guardò gli occhi calmi di Draco.
Si scatenò il pandemonio.
Gente che saltava su,
gridava, si girava e avviava conversazioni deliranti con i vicini. E quasi
impercettibilmente, in modo del tutto naturale, molti volsero le spalle ai
Serpeverde.
"Non l'ho detto
perché sapevo che tutti avrebbero pensato che il colpevole fosse lui,"
scattò Terry Boot. "E non lo è."
"Penso sia molto
improbabile," ribatté Padma Patil, lo sguardo freddo fisso su Draco.
"Improbabile?"
strillò Ron, che si era alzato in piedi. "E' stato lui! Basta guardarlo
per capire che è stato lui! Bisognerebbe spedirlo ad Azkaban in questo
istante..."
Tiger e Goyle si
scrocchiarono entrambi le dita, ma fu Pansy Parkinson che tentò di tuffarsi
all’altro capo del tavolo.
"Ti ammazzo,
Weasley!"
"Goyle, tienila
ferma," ordinò Draco.
Pansy si dimenò
furiosamente tra le braccia di Goyle.
"Ti ammazzo!"
"E' ovvio che la sua
ragazza la pensi così..."
"Chiusi quella
stupida bocca!"
Hermione lasciò la mano
di Harry e si alzò. I suoi occhi mandavano fulmini, e c'erano due chiazze scure
di colore sulle sue guance.
"Non ti permettere
di usare quel tono con Ron," disse gelida. "Coma osa Malfoy
strisciare qui dentro fingendo di essere dalla nostra parte, gettando il
sospetto su persone come il professor Lupin? Non avremmo mai dovuto credere a
voi... a nessuno di voi."
"Siediti,
Hermione."
Hermione lo fissò, e
Harry si rese conto di aver parlato grazie alla fredda palla di panico e furia
acciambellata nel suo petto.
Quasi nessun altro se ne
accorse. Erano troppo occupati a gridare, a fare domande, a muoversi
furtivamente per allontanarsi il più possibile dai Serpeverde. Ron e Pansy si
urlavano oscenità l'un l'altra, e Pansy cercava di mordere Goyle per indurlo a
lasciarla. Blaise Zabini parlava in toni freddi con Padma. Tiger guardava
minacciosamente alcuni Tassorosso, che improvvisamente ammutolirono. Quasi ogni
Serpeverde aveva attaccato qualcuno con veemenza.
Ma Draco lo guardava
assorto, e gli occhi scioccati di Hermione erano inchiodati al suo viso.
"Harry, non c'è più
alcun dubbio," sussurrò. "Harry, è una pazzia..."
"Non è stato
lui," disse Harry.
Ginny tremava
violentemente. Non gli importava.
"Silenzio, per
favore," disse Lupin, e Harry lo guardò con una specie di speranza
disperata.
Metti le cose a posto,
diglielo, Draco si fida di te, dì loro che... che...
Le voci si interruppero a
malincuore.
"Non vuole
dichiarare la sua innocenza, signor Malfoy?" chiese con calma Lupin.
Draco guardò il Giovane
Ordine, torcendo il labbro con fare acido o beffardo.
"Non spreco mai il
fiato."
*
"Chi trova tiene."
Harry quasi ringhiò la
parole d'ordine che Draco gli aveva dato al muro di pietra vuoto, immobile e
irritante, e spinse lui stesso la pietra entrando, perché non si sbrigava ad
aprirsi. I Serpeverde nella sala comune non gli fecero domande né
sogghignarono, mentre gli passò davanti in fretta.
Spalancò la porta della
stanza di Draco e si precipitò all'interno.
Draco era steso a pancia
in su contro i cuscini sul suo letto, e studiava un libro. Lo mise giù e guardò
verso Harry.
"Oh. Sei tu,"
disse.
Due passi decisi e fu
accanto al letto.
"Cosa credevi di fare?"
domandò Harry.
"Di cosa
parli?" chiese Draco, con una pronuncia strascicata che risultò più
fastidiosa che mai.
Harry afferrò i suoi
vestiti con la mano.
"Ehi!" gridò
Draco, oltraggiato. "Che stai..."
"Dimmi," disse
Harry, "per quale cazzo di motivo ti sei rifiutato di negarlo!"
Draco si tirò via dalla
stretta di Harry e si alzò dal letto, alzandosi in piedi e guardandolo storto.
"E perché me lo
chiedi?" volle sapere.
La sua voce era ancora
fredda, e solo la lieve colorazione delle sue guance fece capire a Harry che
era arrabbiato.
"Cosa?"
disse Harry. Perché Draco gli aveva chiesto quello? Non era ovvio che
dovesse proteggere Draco, persino da se stesso? Non era chiaro?
Draco rimase a guardarlo,
con quel lieve rossore che ancora ornava le punte dei suoi zigomi e gli occhi
che luccicavano in modo strano.
"Credi che sia stato
io?"
Per un attimo Harry non
fece altro che fissarlo. Draco ricambiò lo sguardo, irremovibile.
"Allora,"
disse. "Lo credi?"
"No!" Per poco
Harry non urlò. "Certo che no!"
Draco sorrise
sgradevolmente. "Quanto sei sicuro?"
"Sono sicuro,"
disse Harry, con la voce più energica che gli riuscì. "Ne sono
assolutamente certo. Ti conosco."
"Potrei star
mentendo."
"Draco," saltò
su Harry, "non sai nemmeno mentire tanto bene!"
Draco parve offeso.
"Sì invece! Io..."
"Menti in modo patetico,"
continuò inesorabile. "Se ne accorgono tutti quando lo fai, perché sei
convinto che non vale la pena di darsi noia per ingannare le masse inferiori, e
ti comporti come se pensassi che ogni cosa che fai sia geniale. Non hai saputo
fingere per un secondo quando non ti piacevo, non riuscisti nemmeno a fingere
di esserti ferito al braccio. Saresti la spia peggiore della storia!"
Draco storse il naso e
sembrò decisamente attonito. "Beh."
Harry si concesse un
sorrisino a quella ammissione parziale. "Lo vedi?" disse, più
gentilmente. "Ti conosco."
Draco lo guardò di nuovo
con occhi attenti. "E non credi che sia stato io."
"Io so che non sei
stato tu."
"Assolutamente."
"Sì."
"Senza
domande."
"Sì."
"Niente che nessuno
dicesse potrebbe farti cambiare idea."
"Sì!"
ringhiò Harry, facendo un passo verso Draco senza un'idea in mente se non forse
quella di colpirlo fin quando non fosse rinsavito.
Draco sbatté le palpebre,
fece un passo indietro e poi rise.
"E quante persone
credi che abbiano la stessa fiducia in me?"
Harry ammiccò a sua
volta. "Io... sono certo che, se lo avessi negato, moltissime persone
avrebbero..."
"Creduto alla parola
di un Serpeverde?" chiese Draco. "Creduto alla mia parola? Lascia che
ti faccia un esempio. Mettiamo che questa cosa fosse successa sei mesi fa. A
prescindere dalle mie parole, avresti creduto per un solo attimo che non fossi
stato io?"
Harry avrebbe voluto dire
Sì, ma ricordava di aver pensato che quello stesso ragazzo fosse l'Erede
di Serpeverde, quando avevano entrambi dodici anni.
Non se ne sarebbe
dissuaso per nessun motivo.
"Visto," disse
Draco. "Penseranno comunque che sia stato io. Lo negherei se pensassi che
servirebbe a qualcosa, ma non è così. E non ho intenzione di strisciare ai
piedi di un gruppo di Corvonero petulanti e Tassorosso mollaccioni per meno di
niente."
Era una cosa così
stupida, ma era tremendamente da Draco, e c'era una bizzarra logica dietro quel
ragionamento. E il fatto che avesse citato i Corvonero...
"Perché doveva
dirtelo, Terry Boot?" rimuginò Harry infastidito. "Avrebbe dovuto
pensare a cosa avrebbe pensato la gente se si fosse scoperto, e tu lo sapevi.
Non avrebbe dovuto farlo."
Draco parve vagamente
stupito. "Non l'ha fatto apposta," rispose. "E' un mio
amico."
Harry ripensò alla
riunione dell'Ordine in cui avevano discusso della medimagia e dei Babbani, e a
come, all'inizio, Terry aveva guardato Draco, e lui si era chiesto se fossero
amici.
Adesso aveva avuto la
risposta.
"Da quando?"
Draco alzò un
sopracciglio. "Dall'inizio dell'anno. Fui sorpreso quando lo elessero
Caposcuola. Avevo sempre pensato che saresti stato tu o io. Mi ero abituato
a quell’idea, vincere e rendere la vita dei Grifondoro un inferno per un anno,
oppure perdere ed essere il prefetto più ribelle che avresti potuto immaginare
"Sei proprio
un cretino."
Draco scrollò le spalle. "Pensai che
forse l'avevano eletto perché era una scelta neutrale, ma non ne ero sicuro. Mi
interessava, così decisi di conoscerlo meglio e di manipolarlo in modo da
lavorare insieme al progetto di Astronomia."
"Tu e i tuoi astuti
piani da Serpeverde. Non potevi semplicemente parlargli?"
Draco sollevò il mento.
"Mi piace rendere la mia vita interessante. E lui è interessante. E'
sveglio e intelligente. Ti piacerebbe."
"Neanche lui pensa
che sia stato tu."
"Beh, ha le sue
ragioni. Innanzitutto, probabilmente non vuole pensare di esser stato lui a
consegnare il segreto alla spia."
"Tu non sei
la spia," disse Harry. "Non dirlo neanche."
Draco gli rivolse di
nuovo un'occhiata pungente e decisa, come se stesse cercando di tradurre un
testo e non fosse del tutto certo di averlo compreso.
"Sei sicuro?"
chiese. "Voglio dire, ne sei davvero sicuro? Sapevo che l'avresti detto,
ma tutti i tuoi amici penseranno che sia stato io, e se non ne sei certo
dovresti dirmelo. Non voglio la tua stupida nobiltà Grifondoro, non voglio che
tu stia dalla mia parte per principio, voglio sapere..."
"Draco, la smetti di
fare l'idiota?"
Draco non lo stava
ascoltando. Il suo respiro era accelerato, e le macchie di colore sui suoi
zigomi si stavano scurendo.
"Lo negherò se
vuoi," gli disse duramente. "Non lo farei mai per loro, ma lo farò.
Non sono stato io. Hai bisogno di sentirmelo dire?"
Harry vide che i pugni di
Draco erano stretti. Afferrò le sue spalle.
"No," disse, e
si accorse che stava respirando affannosamente come Draco. "No, non ho
bisogno di sentirtelo dire."
Molto semplicemente,
Draco si rilassò e ritornò al suo naturale strascicare.
"Bene allora,"
disse, e fece il suo sorrisino luminoso. "Tu mi credi. I Serpeverde mi
credono. Che altro importa?"
La porta si aprì, e
Zabini, Pansy, Tiger e Goyle entrarono.
"Oh mio Dio, sei tu,"
disse Zabini, disgustato. "Ma sei sempre qui intorno? Non hai una casa
dove andare?"
"Dobbiamo parlare
con Draco," annunciò brevemente Pansy, rivolta a Harry.
"Ciao," disse
Tiger.
"Non c'è bisogno di
essere scortesi con il mio ospite," disse Draco, ma senza rancore. Harry
lo vide guardare Pansy, e si accorsero entrambi che aveva pianto.
"Me ne vado,"
disse Harry, muovendosi verso la porta.
Draco lo raggiunse, e
parlò a bassa voce.
"E' venerdì. Fra un
po' potremmo andare a Hogsmeade."
"Sì?" Harry
sorrise. "Magari."
"Ci vediamo tra un
paio d'ore," disse Draco. Si girò verso gli altri e parlò con chiarezza.
"Tiger e Goyle, voi due andate con lui. Nessuno deve uscire da solo, e a
Lupin verranno sette infarti se al povero Harry Potter verrà concesso di
andarsene in giro da solo nei sotterranei dei Serpeverde.
Tiger e Goyle si mossero
verso la porta senza un sussurro.
Harry si guardò alle
spalle camminando verso la porta. Pansy stava piangendo con ira silenziosa, e
Draco le aveva appena messo un braccio attorno alle spalle. Zabini si stava
mordendo le labbra.
Tiger e Goyle lo
riaccompagnarono in silenzio, nessuno profferì parola. Ma Harry indugiò davanti
al ritratto della Signora Grassa.
"So che non è stato
lui," disse.
Ci fu un attimo di
silenzio. Poi Tiger grugnì, "Certo che non è stato lui."
Se ne andarono,
camminando lentamente. Harry li guardò allontanarsi.
*
Alla fine, comunque,
dovette entrare e affrontarli tutti.
Hermione alzò lo sguardo
appena fu entrato, con gli occhi sfolgoranti e una mano stretta stretta a
quella di Ron. Ron era pallido e infuriato, le sue lentiggini sembravano punte
di spillo illuminate da luci fluorescenti. Calì era rannicchiata su una sedia
vicino al divano, il viso rigato di lacrime, ma senza alcuna certezza sul viso
a cui lui potesse appigliarsi. E accanto alla sedia c'era sua sorella, con la
sciarpa blu dei Corvonero al collo, una fascia di freddo turchino.
Padma Patil affrontò
Harry con uno sguardo che non era ferito, ma freddamente devastante quanto la
sua voce.
"Hermione ed io
abbiamo parlato," gli disse.
"Ma che
carine," disse Harry freddamente.
"Harry,"
esclamò Ron all'improvviso, involontariamente, vibrando di pura indignazione.
"Cosa c'è,
Ron?" scattò Harry. "Cos'hai da dire? Per caso qualcosa sul genere di
'non ti porterò via una persona in cui credi'?"
"Harry, adesso è diverso..."
cominciò Ron.
Harry lo interruppe
ferocemente. "Perché?"
"E' diverso perché
adesso abbiamo tutti i motivi per pensare che sia lui la spia in mezzo a
noi."
Non era una voce
arrabbiata. Harry la odiò, perché sapeva che quella voce parlava per tutta la
scuola, senza sentimenti personali, senza passione... ma con una logica priva
di rimorso che avrebbe condannato Draco completamente e assolutamente.
Era Padma, ovviamente.
"Perché?"
chiese Harry, con voce serrata. "Perché lui dovrebbe essere più sospetto
di chiunque altro conosciamo?"
"Perché...!"
Per un attimo la voce di Ron fu soffocata dall'ira, poi Hermione posò la mano
sul suo braccio, facendo cenno a Padma di continuare.
La ragazza che era la
Corvonero ideale, e che era diventata con tanta facilità prefetto e membro del
Consiglio. Che era intelligente e carina, e che non si era preoccupata di
celare lo sdegno, quando Ron l'aveva portata al Ballo col suo abito
sfilacciato.
A Harry non era mai
davvero piaciuta.
"Il ragionamento
fila, Harry," disse, e oh, era molto astuto da parte di Hermione far
parlare Padma, perché lei non avrebbe potuto farlo con lo stesso distacco.
"E' l'unico Serpeverde che conosciamo, e Serpeverde produce la maggior
parte dei maghi Oscuri. E' il figlio di Lucius Malfoy, ed è ben noto per le sue
opinioni anti-Babbani. E' sempre stato un mistero per quale motivo abbia scelto
di supportare il nostro partito. Se fosse una spia, quadrerebbe tutto."
"E' la
spia," disse Ron, quasi strozzandosi.
"Harry," disse
dolcemente Hermione, "deve essere lui."
Harry chiuse gli occhi
per un momento contro l'impeto di rabbia rosso e nero, e vide Draco con quel
rossore sul viso che diceva Non sono stato io. Hai bisogno di sentirmelo
dire?
"No," ringhiò
contro tutti quanti. "Io lo conosco."
"Davvero?"
chiese Padma. "Non mi pare che tu abbia mai avuto molto tempo per lui,
prima di quest'anno. Non pensi sia strano che d'un tratto abbia deciso di
esserti amico, proprio a te, Harry Potter, nello stesso anno in cui tutti i
nostri segreti cominciano a scivolare via? Ti sta usando."
Harry poté scorgere la
consapevolezza che prendeva forma dietro gli occhi di Ron, un mulinello nero
concentrato nella pressione di uno spillo dietro la fronte. E il risultato
finale: furia.
"Lo uccido,"
sputò Ron.
E Harry pensò, stanno
voltando ogni cosa contro di lui.
"Non azzardarti
anche solo a pensare di toccarlo," disse, la voce glaciale. "Nessuno
di voi. Io ho passato del tempo con lui. Voi no. Non avevo molta stima di lui
prima, lo so. Non sapevo nulla di lui prima, ma adesso sì."
"Hai passato del
tempo con lui," ripeté Padma con enfasiraggelante. "Allora,
quali analisi hai da offrirci? Cosa pensi di lui adesso?"
Harry pensò alla lieve,
remota eco di quell'offesa.
Gentilmente disse,
"Penso sia fantastico."
"Ti sta
manipolando," s'intromise Hermione. "Non è colpa tua, Harry, lo so
che gli sei leale, lo so bene, ma devi pensare... Harry, l'ultimo traditore è
stato... E' stato un amico di tuo padre. Non puoi permetterti di fidarti di lui
così ciecamente."
Harry si accorse, con sua
leggera e distaccata sorpresa, che stava tremando. Stavano paragonando Draco a
quel... a quel...
"L'ultimo
traditore," tirò fuori con voce roca, "era una persona di cui si
fidavano tutti."
Volse uno sguardo truce a
Padma Patil, perché non sarebbe mai riuscito a dirlo a Hermione o a Ron. Lei lo
guardò con un principio di offesa personale negli occhi.
"Come osi!"
esclamò.
"Come osi tu,"
ribatté Harry. "Vieni qui, nella mia casa... e insulti un mio amico.
Come ti sentiresti se fosse un tuo amico? Non voglio sentire neanche un'altra
sola parola contro di lui."
Non gli importava. Non
sarebbe rimasto lì. Aveva bisogno di stare da solo, di pensare. E non gli
importava neanche di essere beccato a camminare per la scuola da solo.
Si gettò un'occhiata alle
spalle, vide Ron col viso di un rosso acceso, Hermione furiosa e sull'orlo
delle lacrime, tutti i Grifondoro.
"E questo vale anche
per voi," aggiunse gelido, prima di sbattersi dietro la porta.
*
Ginny era piuttosto
soddisfatta del suo piano.
Era chiaro che Harry non
sarebbe tornato nelle stanze dei Grifondoro per ore. Era furioso, e non c'era
niente di strano, con quella Padma Patil che si comportava come se fosse in
casa sua e che lo accusava.
Lui l'aveva salvata dal
basilisco. DI lui ci si poteva fidare per tutto. Forse la spia era davvero
Malfoy, e Harry aveva un piano. Forse era davvero leale col suo amico, ma
avrebbe comunque scoperto la verità. Forse la spia era qualcun altro e lui già
lo sapeva e ci stava lavorando.
Era l'unico che avrebbe
potuto salvarli. Ed era il ragazzo che aveva sempre amato, e stava soffrendo
perché nessuno credeva in lui.
Ginny poteva dirgli che
lei gli credeva. Gli avrebbe fatto piacere sentirlo, sapere che qualcuno lo
capiva.
Certo, non aveva idea di
dove potesse essere. Per questo le era venuto in mente un piano.
Malfoy era sotto
sospetto, e Harry, il leale Harry, di certo era corso da lui. Doveva solo
trovare Malfoy, e subito dopo avrebbe trovato Harry.
Dovette attendere solo
qualche minuto prima che il primo obiettivo fosse raggiunto. Malfoy e Blaise
Zabini spuntarono fuori dai sotterranei dei Serpeverde, ovviamente nel bel
mezzo di una conversazione animata.
Captò il nome Harry
Potter, e perse qualsiasi scrupolo sul fatto di origliare.
"Non è niente del
genere," stava dicendo Malfoy, e Ginny rimase segretamente terrorizzata
dall'inflessibilità della sua voce. "Non mi aspetto che tu lo capisca. Non
ne sai molto di tocchi innocenti."
"All'incirca quanto
te, Draco," biascicò Blaise Zabini. Stava cercando di suonare divertito,
ma l'irritazione era palese.
A Ginny non era mai
piaciuto Malfoy, ma almeno da lui si sapeva cosa aspettarsi. Tutti sapevano che
Zabini era inaffidabile, con quegli occhi scuri come sorgenti di ombre infide e
quel viso attraente, un po' troppo furbo per essere gradevole.
"Di certo io ne so
di più, se non altro per principio," disse Malfoy senza perdere la calma.
"Dopotutto, Blaise, mi piace pensare di essere leggermente più selettivo
di te. E sono stato davvero un bravo ragazzo, di recente."
"Questo è
vero." La voce di Zabini suonò rigida. "Niente è più come
prima."
Ginny cominciò a sentirsi
a disagio sentendo quelle cose. Era convinta che Malfoy l'avrebbe portata quasi
subito da Harry.
Con la voce di Malfoy si
sarebbe potuto tagliare il ghiaccio.
"E con questo cosa
vorresti dire?"
"Senti, Malfoy. Sono
solo... in pensiero. Specialmente adesso." Il tono di Zabini si fece
improvvisamente asciutto. "Ti chiedo solo... se hai una specie di piano,
se sai cosa stai facendo."
"Oh, non
preoccuparti." Malfoy parlò più dolcemente, con voce setosa, come se
all'improvviso avesse deciso di rassicurare Zabini, o come se avesse paura di
essere udito. "Lo so. Ciao, Harry."
Il cuore di Ginny balzò
quando vide Harry camminare verso di loro nel corridoio, col suo dolce sorriso
curvato.
S'incrinò un po' quando
vide Zabini, ma quando Malfoy si sporse un po' verso di lui il suo viso si
distese nuovamente.
"Blaise stava giusto
andandosene," annunciò Malfoy, la voce simile ad un balsamo, e poi
all'improvviso fissò quello sguardo di ghiaccio su Ginny.
Lei lo guardò in muto
terrore, certa che avesse capito che era stata lì per tutto il tempo.
"Qualcuno deve
scortare la magnifica Ginny alla sua sala comune, dopotutto." Ginny trovò sinistra
l'occhiata che accompagnò quell'esclamazione, ma Harry rise. "Sono certo
che per Blaise sarebbe un onore."
Zabini parve contrariato.
Il sorriso di Malfoy debordava verso il ghigno birichino, e Ginny continuava a
non vederci proprio niente di divertente.
"Non vi
preoccupate," disse una voce alle loro spalle. "Ci penso io a
Ginny."
Ginny si voltò
spaventata, e si ritrovò appoggiata a Dean. Rimase calmo dietro di lei,
sostenendola, mentre Malfoy mormorò:
"Beh, sappiamo tutti
che ti piacerebbe..."
"Draco!" Harry
gli diede una gomitata di rimprovero, e Malfoy si zittì.
La malizia di Zabini,
ovviamente, rimase senza freni. Ginny la vide balenare nei suoi occhi quando
rivolse a Dean uno sguardo insistente e tranquillo.
"Oh, a me non
dispiace andare in sala comune con lui," disse Zabini, guardandosi
intorno con una sorta di gioia dispettosa per le espressioni scioccate di tutti
i presenti.
Harry lo guardò con
disprezzo, ma anche un po' divertito. Malfoy aveva un sorriso altezzoso appena
accennato.
Dean guardò Zabini,
assolutamente sereno.
"Certo, se ti va
puoi venire con me e Ginny."
Zabini sembrò
contrariato. "Malfoy, questi qui ti hanno accettato," notò con
sarcasmo, prima di precipitarsi fuori. Mentre avanzava spintonando Ginny e
Dean, lei lo sentì mormorare, "E spero tu abbia un piano."
Ginny non guardò né lui
né Dean, mentre uscirono. Era troppo occupata a fissare Harry, la cui fronte
era amabilmente corrugata. Harry si mosse e toccò il gomito di Malfoy.
"Ti conviene andare
in giro solo con Zabini?" gli chiese a bassa voce. "Insomma,
è..."
Malfoy alzò un
sopracciglio in quel suo modo particolarmente fastidioso. “Sono perfettamente
al sicuro. Male colga colui che rapisse sia me che Blaise. Ci spedirebbe
indietro con una nota di solidarietà entro una settimana."
Harry sogghignò.
"Penso che ne accetteremmo solo uno indietro." Si fermò.
"Dopotutto Zabini non è tanto male, considerando l'alternativa."
Malfoy gli scoccò
un'occhiata truce.
"Tutto bene, voi
due?" domandò Dean, che era rimasto assorto in quella educata sordità che
Ginny aveva molto apprezzato quando uscivano insieme e lei si fermava a parlare
con uno dei suoi amici.
"Tutto a posto,
Thomas," rispose Malfoy, roteando gli occhi con fare melodrammatico.
"E' solo il mio Grifondoro idiota che si comporta da stupido. Di
nuovo."
"Beh, devo finire il
mio progetto di Magia Creativa," disse Dean. "Ci vediamo, Malfoy.
Harry."
Ginny fu sconvolta quando
vide Malfoy sorridere a qualcosa detto da Dean. Il sorriso fece sembrare il suo
viso più luminoso e più giovane.
Dal modo in cui Harry
fissò Malfoy, Ginny si accorse che era sorpreso anche lui.
Prese il braccio di Dean,
lo strinse forte e guardò ardentemente Harry, sperando che le chiedesse di
restare. Ma lui continuò a guardare Malfoy, quando Dean cominciò a guidarla per
il corridoio.
"Che intendeva dire
Zabini?" le chiese, con la sua voce morbida e seria. "Parlava di un
piano?"
Ginny rifletté un
momento. "Prima ha chiesto a Malfoy... se sapesse cosa stava facendo, se
avesse un piano. E Malfoy ha detto che ne ha uno."
Guardò in su verso il
viso di Dean, angosciata, e lesse la preoccupazione nei suoi dolci occhi
castani.
"Pensi che dovremmo
dirlo a Harry?" chiese lei, con ansia.
"No..." disse
piano Dean. "No. Non ci crederebbe."
"Oh, è vero. Si fida
troppo." Ginny si appoggiò a Dean, lasciando che la sua presenza la
consolasse. "Ma ci prenderemo cura di lui, giusto?"
Dean assicurò la sua mano
sul proprio braccio, il viso ancora per un momento molto serio. Poi si
rischiarò appena.
"E io mi prenderò
cura di te."
*
"Dai," disse
Draco, appena Ginny e Dean ebbero effettuato la loro uscita di scena.
"Andiamo."
Si diressero in silenzio
verso il corridoio con la statua della strega orba. Harry stava cercando un
modo per dare voce ai pensieri turbati e incoerenti che lo avevano assalito
mentre girava per la scuola da solo, e continuava a distrarsi dal suo intento
per guardare Draco. Era un tale sollievo riaverlo, con la sua testa bionda che
splendeva pallida nel buio pesto, lì dove nessuno poteva accusarlo,
tormentarlo, dirgli cose che avrebbero potuto metterlo nei guai.
"Prevedo che la
notizia sarà già arrivata a Hogsmeade," osservò Draco mentre
attraversavano il tunnel. "Prendiamoci tutti un attimo per maledire le
voci di corridoio."
"Potremmo andare
alla Stamberga Strillante," propose Harry. "Non ci sarà nessuno
lì."
Draco lo guardò allegro
quando emersero dalla cantina di Mielandia.
"Potrebbero esserci
dei fantasmi," fece notare. "Sai che Tiger e Goyle ancora non
riescono a tornarci?"
"Ehm," disse Harry.
Draco si fermò per
comprare alcuni lecca-lecca al sangue, rivolgendo all'arcigno commesso il più
gioioso e affascinante dei suoi sorrisi. Poi risalirono la collina alla volta
della Stamberga Strillante.
Draco stava ancora
rimuginando sulle offese passate.
"Attaccare qualcuno
con un Mantello dell'Invisibilità non è affatto una cosa nobile," meditò.
"Molto vile. Molto subdolo. Molto Serpeverde, in effetti,
bastardo."
"Draco, tu sei un
Serpeverde."
"Esatto! So di cosa
parlo."
Harry non poté trattenere
una risata per la sua faccia tosta.
"Comunque,"
disse, cercando di essere il più serio possibile, "te lo meritavi. Eri
stato davvero uno stronzo con Hagrid."
"Oh, dici?"
ammise Draco, senza il minimo rimorso. "Ma è stato prima che lo conoscessi
davvero."
Harry si era un po'
spaventato per lo sguardo indecente di Draco quando ad un certo punto, mentre
prendevano il tè da Hagrid, si era reso conto che Hagrid ascoltava gli studenti
che gli piacevano. E che era assolutamente insicuro riguardo le sue competenze
didattiche, e bramava suggerimenti.
"Prima che potessi
iniziare a manipolarlo, vuoi dire."
Draco fece un cenno di
indifferenza con la mano. "E' uguale. In ogni caso nego le tue
dichiarazioni folli e infondate. Lo sto aiutando. Sto assistendo un
insegnante."
Non che le lezioni fossero
diventate meno potenzialmente letali. Tuttavia ora si concentravano su animali
che potevano effettivamente essere utili a qualcosa (di solito a scopi
diabolici), e Draco sembrava aver assunto una posizione di supervisione. Aveva
anche sviluppato la tendenza a schiamazzare in modo decisamente seccante,
durante le lezioni.
Divertente.
"Sei il cocco del
professore che cova piani di ammutinamento sulla classe."
"Stai... stai
cercando di distrarmi dal punto della questione," disse Draco cupamente.
"E il punto è il vile attacco perpetrato alla mia persona quando ero un
bimbo innocente."
"Eri un bimbo tremendo."
"In modo
innocente," insisté Draco, muovendosi con grande prudenza sul sentiero per
la Stamberga. Era proprio da lui fare lo schizzinoso e temere di sporcarsi gli
stivali di fango, pensò Harry, e roteò gli occhi. "Per poco non ebbi un
attacco di cuore, lo sai? Ero un ragazzo sensibile."
"Eri un demone
mandato direttamente dall'inferno per tormentarmi."
"A tutti serve un
hobby," sbuffò Draco. "Nonché un argomento ben più importante degli
affari di cuore... cioè, gli affari di capelli. I miei bellissimi, bellissimi
capelli."
"I capelli biondi
danno un aspetto slavato," disse Harry disinvolto. "E comunque sono
troppo chiari per essere naturali. Scommetto che te li tingi."
Draco fece un verso
soffocato di terrore. Harry si morse il labbro con un ghigno selvaggio.
"Harry," disse
Draco nella sua voce più terrificante, "questa è la cosa peggiore che tu
mi abbia mai detto. E' la cosa peggiore che chiunque mi abbia mai
detto."
Draco volse le spalle a
Harry facendo cenni al cielo, come per far notare all'aria i torti che stava
patendo. Quando ebbe finito, Harry si piegò in basso.
"Osa dirmi
questo," si lamentò Draco verso le nuvole. "Dopo aver rovinato i miei
capelli. Rovinato! Erano incrostati di fango, luridi, per un po' sembrarono marroni,
dovetti passare ore nella doccia a lavarli freneticamente, e lui dice..."
"Draco," disse
Harry con disinvoltura, lanciandogli con assoluta precisione una manciata di
fango, "basta vivere nel passato."
Ci fu un momento di
silenzio, durante il quale il fango filtrò tra i capelli di Draco e sul suo
mantello. Poi Draco si girò lentamente, vibrando per qualche emozione repressa,
e fissò Harry con un gelido sguardo assassino.
"Potter,"
dichiarò con convinzione, "morirai per questo."
Si piegò e afferrò una
manciata di fango rapido come un serpente, ma anche Harry aveva riflessi da
Cercatore. Lo schivò, e fu colpito solo su una spalla, perché ormai era già
rannicchiato per terra.
Draco girò il viso, e il
fango lo prese solo su una guancia. Se la toccò un secondo, incredulo, quindi
indietreggiò leggermente per scansare un altro lancio. Cercava ancora di
salvare almeno gli stivali.
Prese una manciata di
fango e si scansò di nuovo, stavolta spostandosi più vicino a Harry anziché
lontano da lui, quindi gliela ficcò con forza giù per il retro della maglietta.
Harry gridò, si dimenò e
inciampò su una pietra, atterrando di schiena nel fango.
Draco scoppio a ridere.
Harry allungò un braccio, gli afferrò una caviglia e gliela tolse da sotto al
corpo.
L'urlo oltraggiato di
Draco fu interrotto da un rumore che fu insieme un tonfo e uno 'splash'.
Harry alzò appena la
testa per guardare l'espressione immobile e sconvolta sul viso di Draco. I suoi
capelli erano in una pozzanghera di fango.
Harry lasciò cadere la
sua testa nel fango e rise a non finire. Chiuse gli occhi per un momento e
pensò solo, Mi fido di te, qualsiasi cosa succeda.
"Rovina,"
intonò Draco sullo sfondo. "Angoscia. Disperazione. Oh, i miei capelli.
Ti odio, Harry Potter."
"Sì, sì," disse
Harry, schizzandogli addosso del fango.
Draco si accigliò.
"Sono in condizioni delicate oggi, e tu lo sai."
Harry si alzò su un
gomito e fissò Draco, che aveva gli occhi chiusi, probabilmente al fine di
immergersi completamente nella disperazione. Le sue ciglia erano lievi riflessi
d'argento sulla sua pelle.
"Draco," disse
dolcemente, "Dicono che sei mio amico solo per ottenere informazioni da
me."
Draco non aprì gli occhi.
"Tu gli credi?"
chiese, senza scomporsi.
"No!" Quante
volte glielo doveva dire? "Solo che... volevo dirti che se per te è troppo
pesante... se ti rende ancora più sospetto..."
"Dimenticatelo."
Finalmente i suoi occhi si aprirono, piccole lamine di grigio. "Non ti
libererai di me così facilmente."
Il sollievo fu così
grande che non provò nemmeno a non sorridergli.
"No?
Maledizione."
"Così vicino, eppure
così lontano," convenne Draco. "Non ho intenzione di restare tutta la
notte steso qui nel fango. Tirami su."
Porse una mano imperiosa,
ma guastò l'effetto scrollandola.
Harry si rimise in piedi
e incrociò le braccia sul petto, guardando Draco con paziente divertimento,
finché Draco non si rialzò da solo. Lanciò a Harry un'occhiata di rimprovero.
"Vorrei mettere in
chiaro che il sottoscritto si approprierà del bagno dei prefetti," lo
informò.
"Non credo," disse
Harry mite. "Penso spetti a chi ci arriva per primo."
Draco lo guardò per un
momento, scrollandosi soprappensiero la striscia di fango che aveva sul collo.
Quindi si fiondò precipitosamente giù per la collina.
Harry lo seguì euforico.
Si fermarono solo una volta, per infilarsi nel retrobottega di Mielandia e giù
per la botola.
Si precipitarono
attraverso il tunnel, e poi nel corridoio, con Draco che lo colpiva
strategicamente ogni volta che era sul punto di raggiungerlo.
"Sparisci,
Potter," annaspò. "E' il mio bagno. Esigo la mia schiuma
bianco-ghiaccio! Esigo..."
Si fermò all'improvviso,
bloccandosi.
I loro amici erano nel
corridoio, nel bel mezzo di una accesa discussione.
"Noi controlliamo
questo corridoio," stava dicendo Pansy, in tono dispettoso. "Voi
pensate al vostro."
"Siamo arrivati
prima noi," disse Ron bellicosamente.
"Ah sì? Ah sì? Fuori
dalle palle, Weasley."
"Siamo solo
preoccupati..." cominciò Hermione con un filo di voce.
Blaise Zabini tossì.
"Ragazzi? Guardate laggiù."
Ogni testa si voltò per
guardarli. Harry rimase fermo e tentò coraggiosamente di fingere un'aria
innocente.
"Draco!" disse
Pansy, terribilmente sgomenta. "Mio Dio, che ti è successo?"
Si gettò verso di lui, tirando fuori un fazzoletto e lanciando a Harry
un'occhiata velenosa. "Cos'ha fatto?" chiese, strofinando sulla
guancia di Draco.
"Non sputarci
sopra," la istruì Draco, guardando il fazzoletto con sospetto.
Hermione parlò con voce
forzata. "Harry," disse, "per favore, vieni con noi,
eravamo preoccupati..."
Harry incontrò il suo
sguardo con aria di sfida.
"Non c'era bisogno
di preoccuparsi," disse. "Ero con Draco."
"E adesso puoi
tornare con noi," gli disse Ron con decisione.
"E tu dovresti
andare nel bagno dei prefetti, Draco," disse Pansy, lasciando stare il
fazzoletto con l'aria di chi sa quando è il momento di accettare la sconfitta.
Draco sorrise
compiaciuto. "Ti stai offrendo di accompagnarmi, donzella?"
"Dopo quello che è
successo," lo informò Zabini, "dobbiamo tutti parlare con te."
La bocca di Draco si
assottigliò. "Bene," scattò, e si tese verso Harry. "Ci vediamo
domani," disse, modulando ad arte la voce in modo che fosse discreta ma
che tutti potessero udirla con chiarezza. Quindi un pensiero improvviso lo fece
sorridere. "Cioè sabato."
Harry alzò le
sopracciglia. Era tutta la settimana che Draco lo irritava con domande sul suo
regalo. Si era abituato a sentirsi dire 'Harry, cos'è il mio regalo?' al posto
dell'ovvio e troppo comune ciao.
Guardò Draco, che non
riusciva a trattenersi dal togliersi il fango dai capelli, e pensò di nuovo, Mi
fido di te.
Sommario: Come in ogni capitolo, Maya perde il filo della
trama e va a cercarlo nei jeans di Draco.
Capitolo Dodici
Pensa prima di buttarti
I've forgiven myself for the mistakes I've made Now there's just one thing, the only one I
want to do I want to feel the sun shine, shining down
on me and you I don't want to take this life for granted
like I used to do I want to love somebody, love somebody like
you.
[Ho perdonato me stesso
per gli errori che ho fatto / Ora c'è solo una cosa che voglio fare / Voglio
sentire la luce del sole brillare su me e te / Non voglio più dare niente per
scontato nella vita / Voglio amare qualcuno, amare qualcuno come te.]
Harry si alzò alle sei del sabato per controllare che tutti i
preparativi fossero a posto, e per andare a prendere il cestino dalla cucina.
Quindi si incamminò verso dei Serpeverde, mormorò la parola d'ordine e cercò di
non fare rumore finché non raggiunse la porta della stanza di Draco.
Bussò ma non ricevette alcuna risposta dall'interno, così aprì ed
entrò.
Un dubbio improvviso lo assalì mentre attraversava la stanza fino
al letto circondato da pesanti drappeggi.
E se Draco... fosse stato in compagnia?
Non era possibile. Non l'avrebbe fatto. L'avrebbe detto a Harry.
Con più vigore del necessario, Harry dette uno strattone alle
tende.
Draco era solo.
Ovvio.
Dormiva tranquillo, la guancia candida contro il cuscino, e non
aveva un aspetto innocente. Non innocente come sapeva apparire, con quell'aria
lucida e calcolata che aveva quando era sveglio e faceva il superiore. Sembrava
leggermente preoccupato, come se il sonno fosse qualcosa su cui dovesse
concentrarsi, e inoltre sembrava... indifeso. Le sue ciglia erano lucenti e
argentate contro la sua pelle.
Poi i suoi occhi si contrassero per via della luce.
"Harry?" disse senza aprire gli occhi.
Harry trasalì. "Come facevi a sapere che ero io?"
Un bagliore grigio apparve tra le ciglia.
"Perché non conosco nessun altro che sia abbastanza stupido e
suicida da svegliarmi a quest'ora del sabato," disse Draco di malumore. Si
stiracchiò, pigro come un gatto, e il suo umore sembrò migliorare dopo quel
gesto.
La coperta scivolò un po' più giù sul suo petto.
"Allora, che sei venuto a fare?" chiese infine Draco.
Harry scosse il capo, distratto.
"Avanti, alzati," disse. "Ti ricordi, ho una
sorpresa per te."
Draco si alzò su un gomito, scuotendo il capo con divertita
incredulità. "Cosa stai blaterando, Potter?"
"Ti ho detto che è una sorpresa," gli disse fermamente
Harry. "Dai, Draco, muoviti. Puoi dormire domani."
Usava il nome di Draco deliberatamente. Per qualche ragione ogni
volta che Draco lo chiamava Potter sentiva il bisogno di provare che era ancora
suo diritto.
"Voglio dormire adesso,"
gemette Draco. "Portami la sorpresa dopo pranzo."
"Devi venire a vederla, la sorpresa," disse Harry, con
voce severa. "Subito."
"Oh, siamo autoritari ora che abbiamo vinto il Torneo
Tremaghi, o sbaglio?"
Draco sorrideva. Era incredibile cosa ci si doveva sentir dire da
Draco, solo perché era Draco.
"Bene allora," continuò, con un gesto che incitava
nobilmente ad allontanarsi. "Sparisci. Esco tra un minuto."
Harry parve dubbioso.
"Stai tentando di farmi uscire per rimetterti a
dormire?"
Era altrettanto incredibile il modo in cui Draco riusciva a
guardarti dall'alto in basso anche rimanendo sdraiato.
"No, Harry, imbecille completo," spiegò con estrema
condiscendenza. "E' che non ho niente addosso."
Harry sentì il proprio viso andare a fuoco. D'un tratto il petto
pallido di Draco gli sembrò molto più esposto rispetto a un minuto prima.
"Oh... io... scusa."
Draco rise. "E' tutto a posto. Non c'è bisogno di fare quella
faccia sconvolta."
Non sono sconvolto!
Ok, era un pochino sconvolto.
Harry uscì in fretta dalla stanza, e si disse che si stava
comportando da stupido. Aveva visto spogliarsi i suoi compagni di squadra e di
dormitorio innumerevoli volte, per l'amor del... Non era niente di che. Si
stava comportando da idiota.
Draco non sembrò pensarci quando riemerse, stropicciandosi gli
occhi. Harry si rallegrò notando che i suoi capelli erano all'insù, e che
indossava un mantello sopra i vestiti. Era chiaramente stanco, e Harry, che non
aveva alcun problema ad alzarsi presto, lo trovò stranamente tenero.
"Oh, spero proprio che questa sorpresa valga la pena di esser
vista."
"Sono le nove passate, pigrone."
Draco alzò le spalle. "Lo
sapevo che era qualche ora assurda della mattina."
"Dai, stai facendo aspettare la tua sorpresa."
Draco non aveva ancora espresso una singola parola di piacere o
gratitudine, e non sembrava sul punto di cominciare.
"Sarà meglio che ne valga la pena," mormorò di nuovo.
Harry finse di dargli uno schiaffo. "Scemo," rispose,
non senza affetto. "Muoviti."
*
Draco continuò a trascinarsi giù per la gradinata della scuola.
"Perché dobbiamo andare a Hogsmeade dalla strada più
lunga?" domandò poco dopo, scuotendo la testa e cercando di darsi un'aria
più sveglia.
"Perché Mielandia apre alle dieci il sabato, e forzare
l'entrata è una cosa sconveniente," spiegò Harry. "Te l'ho detto,
Draco."
"Sconveniente! Definisci la parola sconveniente."
"La definizione corrente è ‘non conveniente'."
"Quello potrebbe anche voler dire costoso. Abbiamo forse
qualcosa contro le cose costose?"
"Bene, allora prova con ‘non legale'. I proprietari dormono
sopra al negozio. Potremmo svegliarli."
"E allora?" chiese Draco con ironia. "Se sono
sveglio io, dovrebbero esserlo tutti. Quando non sono felice, mi piace spargere
la malinconia a cucchiaiate. Ti sei mai svegliato col solo desiderio di
prendere a calci la
gente?"
"A volte mi viene l'impulso, sì," disse Harry con uno
sguardo obliquo.
Draco lo guardò storto.
"Bleah. Fai schifo, Potter."
Harry alzò le sopracciglia. "Fai schifo, Potter? Sei fuori
allenamento, Draco."
"Baah," disse Draco, caustico. "Cos'hai nel
cestino, Harry? Fa parte del regalo?" Si illuminò. "Oooh, è così,
vero? Posso guardare? Solo una sbirciatina?"
Harry lo colpì col cestino.
"Fa parte del regalo, e non puoi ancora vederlo."
"Era il mio ginocchio
quello," lo informò torvo Draco. "Potrei morire."
"Come fai a morire per un colpo di cestino al ginocchio? E'
la stessa logica speciale che ti porta a morire perché un Ippogrifo ti ha
graffiato il braccio?"
"Avrei potuto morire! Avrei potuto contrarre un'infezione,
sai?" disse Draco. "Era molto sporco, mi pare. E quel cestino avrebbe
potuto avere una scheggia, che avrebbe potuto intossicarmi il sangue, cosa che
avrebbe portato alla mia rapida e tragica dipartita, che a sua volta avrebbe
indotto migliaia di ammiratori a piangere sulla bara con dentro il mio
bellissimo, pallido cadavere, e successivamente a lapidarti."
Harry guardò Draco a lungo. Draco incrociò le braccia sulla
difensiva.
"Potrebbe succedere."
"Credo che correrò il rischio," disse Harry asciutto, e
afferrò il braccio di Draco per farlo camminare.
Era un po' troppo nervoso per rilassarsi prima di sapere quale
sarebbe stata la reazione di Draco. Così continuarono a camminare nella leggera
nebbia mattutina, che il sole stava già iniziando a scaldare e rarefare, finché
non giunsero al piccolo porto dove di solito approdava il battello, e fu allora
che Draco vide il regalo.
Lo fissò terrorizzato e disse, "Dimmi che stai scherzando."
La piccola barca a remi dondolava piano sul lago, le onde
segnavano la placida superficie dell'acqua. Harry si piegò e vi pose dentro il
cestino.
"No," disse. "Non sto scherzando, Draco."
"Non salirò
su quella cosa."
"Cosa... vuoi avere paura ed evitarlo per sempre?"
"Già, mi sembra un ottimo piano! Non sono un Grifondoro.
Avere paura delle cose non mi dà fastidio."
"No?" chiese Harry.
Draco lo guardò fosco, quindi tornò a guardare la barca e
impallidì. Harry lo vide deglutire.
"Harry," disse sottovoce. "Non posso."
"Draco, non devi farlo per forza. Ma è stata resa immune agli
incantesimi. E' perfettamente sicura."
Draco guardò di nuovo la barca, poi guardò Harry. Deglutì con un
piccolo movimento doloroso. "Devi averci messo secoli."
"Ho chiesto a Hermione di indicarmi alcuni libri che
potessero essermi d'aiuto." Harry sorrise leggermente, e fu lieto di
vedere Draco ricambiare il sorriso. "Non le ho detto per cosa era."
"Naturale." Draco posò ancora una volta lo sguardo dubbioso
sulla barca. "Proprio nessun incantesimo?"
"Giuro. Ma... non devi salirci, se non ti va."
Draco guardò ancora una volta la barca, e poi Harry. Si stava
mordendo un po' il labbro, ma i suoi occhi erano ben aperti e limpidi.
"Lo so," rispose, e salì cautamente sulla barca.
Harry salì a bordo, cercando di non farla oscillare. In quel
momento lo sguardo di Draco si era fatto sospettoso.
"Se è immune a qualsiasi incantesimo," disse, "in
che modo, di grazia, riusciremo a farla muovere?"
"Tu cosa pensi?" Harry sollevò i remi. "Nel modo
babbano, idiota."
Draco sembrò esterrefatto.
"Lavoro manuale? Ma tu stai male."
"Prendi un remo, Draco."
"Io?" disse Draco, e subito assunse un'aria
studiatamente vacua. "Come si fa a muoverlo? Quali parole si dicono?"
Harry lo guardò incredulo.
Alla fine disse, "Tu remi al ritorno," prese entrambi i
remi e cominciò a remare in modo saldo verso il largo.
Vide le dita di Draco premere sui bordi della barca, ma non ne
fece parola. Invece disse, "Come va il progetto di Magia Creativa?"
"Malissimo!" rispose Draco con pronta disperazione.
"Non riesco a scegliere. Insomma, come si fa? Ci sono musica, arte,
scultura e recitazione, e per qualche motivo mi piace molto l'idea della
poesia."
"Non ti facevo un amante della poesia."
"Oh, non lo sono. Ma se ne recito una posso indossare la
camicia da poeta. Mi piacciono le maniche."
"Non credo proprio che dovresti pensare alle maniche."
Draco scrollò le spalle. Aveva lasciato andare uno dei bordi, ma
continuò a guardare in alto con entusiasmo, quando raggiunsero il centro del
lago.
"Fatto? Possiamo tornare adesso?"
"No, Draco," disse Harry. "Rimarremo qui per un
po'. Fin dopo l'ora di pranzo... è per questo che ho chiesto agli elfi
domestici di farmi il cestino."
Draco parve offeso. "Non voglio, e non puoi
costringermi!"
Harry gli sorrise innocentemente. "Vuoi scommettere?"
chiese, e lasciò cadere i remi oltre i bordi.
Draco eruppe in un gridolino di sconfitta.
"Non posso credere che tu l'abbia fatto! Hai detto che gli incantesimi non funzionano su
questa barca, come faremo a tornare indietro? Io non nuoterò fino a riva,"
aggiunse in tono piatto. "E non ti lascerò andar via. Quindi moriremo di fame, e tu morirai per primo
e io dovrò mangiarti, ma questo
non mi salverà perché, diciamolo, il tuo corpo scheletrico non nutrirebbe uno
scoiattolo, e alla fine morirò tutto solo."
"Draco. Ti fidi di me, giusto?"
"Diciamo," concesse Draco di malavoglia.
"Torneremo indietro. Rilassati."
Draco guardò la barca, poi l'acqua, e finalmente Harry. Inspirò
profondamente.
"Ok."
"Bene." Harry reclinò la schiena. "E non sono
scheletrico," aggiunse con tardiva indignazione.
Draco si sporse di lato con prudenza.
"Sì che sei scheletrico," insisté, con aria più allegra.
"Hai dei polsi nodosi. Quello che dovresti fare è prendere peso e farti
crescere i baffi."
Harry sbatté le palpebre. "Perché?"
Draco si stiracchiò, riuscendo a dare l'impressione di starsi
distendendo sontuosamente in una barchetta che chiaramente aveva paura di
toccare.
"Non te l'ho detto? E' il mio piano arguto," disse.
"Sai che odi essere famoso, e tutto il resto. Quello che devi fare è
crearti un alter ego. Un
normalissimo mago Joe, se vuoi. Chi mai sospetterebbe che quel baffuto grassone
sia il famoso Harry Potter? Potresti indossare gilet di lana e farti chiamare
Ignazius Trout."
"Ignazius Trout," ripeté
assente Harry.
Draco sorrise radioso. "Secondo me ti dona. E poi, non è che
Harry Potter sia un bel nome."
"A me piace il mio nome!"
"Oh, no," disse draco, liquidandolo. "E' un nome
orrendo. Prendiamo Harry. Harry significa tormentare o importunare, mentre
potter significa bighellonare. Pensa al messaggio che trasmetti al mondo!
Sembra che tu te ne vada a zonzo a importunare la gente."
"Beh, ora è tutto chiaro. Ovviamente dovrei chiamarmi come
te."
"Parli per pura invidia del mio nome aristocratico,"
osservò Draco altezzosamente. "Ammettilo, Potter. I tuoi polsi sono nodosi, e il tuo nome è orrendo."
Il sole cominciava ad alzarsi. Draco si tolse di dosso il mantello
e si sbottonò i polsini della camicia senza pensarci. Guardò in su mentre lo
faceva, e il suo sorriso fu breve e splendente.
"Però mi piaci lo stesso," aggiunse, e si appoggiò più
comodamente.
*
Ovviamente, una volta arrivato al punto in cui sembrava oziare
felice e a proprio agio, Draco cominciò a lamentarsi.
"Haaaaarryyy."
"Sì, Draco?"
"Haaaaarryyy."
"Che c'è, Draco?"
Harry aveva chiuso gli occhi, godendosi il sole. Quando li aprì e
guardò verso Draco, Draco stava sbirciando l'acqua dal bordo della barca.
"Penso che la piovra gigante sia sotto di noi," annunciò
tetro.
"E perché la cosa ti secca?" chiese Harry pazientemente,
roteando gli occhi e preparandosi a una scenata.
Draco era scandalizzato. "Le piace ghermire innocenti coi suoi
tentacoli."
"Ha salvato Dennis Canon dall'annegamento. Probabilmente non
è malvagia."
"Oh, questo è ciò che vogliono farti credere," gli disse
Draco. "Secondo me erano in combutta. Ho i miei sospetti su quei Canon. Conosci
il maggiore... ehm, Callum..."
"Colin."
"Comunque. Una volta si è infilato negli spogliatoi dei
Serpeverde, ha scattato delle foto e le ha vendute! Ti sembra crudele o no,
come cosa?"
Harry si accigliò. "Veramente, mi sembra una cosa da
Serpeverde."
"Oh, beh. Alla fine si scoprì che era stata un'idea di
Blaise." Draco agitò una mano. "In ogni caso, penso di aver reso
l'idea. Crudele."
"E anche piuttosto stupido," rifletté Harry.
"Voglio dire, senza offesa, ma non mi viene in mente nessuno disposto a pagare
per una foto di Goyle."
"Niente più di un pallido zellino, comunque."
Draco mantenne la faccia seria per circa due secondi, poi scoppiò
a ridere.
"Draco, è una battuta orrenda,"
disse Harry, mordendosi l'interno della guancia per frenare la propria risata.
"Dovresti vergognarti."
"Me l'hai servita su un piatto d'argento," si difese
strenuamente Draco. "Non è colpa mia."
"Beh, almeno hai chiarito il mistero delle foto di te avvolto
da un asciugamano che circolavano nella Torre di Grifondoro l'anno scorso."
Draco trasalì. Harry sorrise innocente.
"Saresti proprio dovuto essere un Serpeverde," disse
Draco con ferma convinzione, quindi parve improvvisamente interessato.
"Per caso, ehm, ti è capitato di sentire a che prezzo le davano?"
"Beh, no," disse Harry tranquillo. "Non ero nel
mercato."
Draco lo guardò storto. In realtà Harry ricordava che molte di
quelle foto erano semplicemente finite sul tavolo dei Grifondoro, finché i
gemelli non avevano incantato l'asciugamano in modo da farlo diventare rosa con
una fantasia a cuoricini e con su la scritta ‘Malfoy e McGranitt forever'.
Scelse diplomaticamente di non menzionare questo dettaglio, né il fatto che lui
e Ron avevano riso fino a star male.
Dopotutto, sarebbe stato molto più divertente riuscire a recuperarne
una e mostrarla a Draco.
Draco continuava a tenere il broncio e a mormorare commenti su
persone che si credevano mooolto
divertenti, quando la barca traballò.
"Oh mio Dio," esclamò Draco, facendosi verde pallido.
"E' la piovra. Te l'ho detto, è la piovra."
"Draco, ti giuro che non è cattiva."
"Non m'importa,"
si lamentò Draco. "Tocca le persone coi tentacoli." Scrutò di nuovo
ansiosamente oltre il bordo della barca. "Non voglio che mi tocchi,"
aggiunse, distrutto. "E' tutta viscida. Colpiscila con un remo."
"Li ho gettati via, ricordi?"
Draco gli scoccò un'occhiata funesta, quindi incrociò le braccia
sul petto con l'aria di un martire che si fosse rassegnato a un destino
crudele.
"Geniale, Ignazius Trout."
Harry non riuscì a non ridere, stavolta. "Sei ancora più
folle di mattina," notò. "E sei un po' strambo, nel migliore dei
casi."
"Mangia prima lui," consigliò Draco alla piovra,
gridando. "E' molto più croccante."
"No, mangia lui," propose Harry. "E' più malvagio.
Ho sentito che i malvagi sono molto saporiti."
"Macchè, anzi, sono decisamente insipido," lo corresse
in fretta Draco. "Sono un malvagio budino al latte."
"Oh, sta' zitto," disse Harry, appoggiandosi al bordo e
spruzzando un po' d'acqua sul viso di Draco.
Draco sputacchiò per un momento.
"C'era una cosa viscida!" gridò. "Era acqua
molliccia di piovra! Me la pagherai, Potter."
All'improvviso gli occhiali di Harry furono colpiti dall'acqua.
Vide Draco sogghignare attraverso le goccioline. Harry sorrise. Il sorrisino di
Draco sbiadì.
"Adesso siamo pari," annunciò con una voce
improvvisamente calma. "Va bene, Harry?"
"Sei sicuro?"
"Sicuro," Draco annuì, ancora con un'aria diffidente.
"No, non pensarci nemmeno. I miei capelli si gonfiano se si bagnano e non
vengono asciugati per bene."
Harry annuì solennemente. "Capisco."
"Quindi non devi schizzarmi."
"Se lo dici tu." Harry sogghignò, e spruzzò un piccolo
getto d'acqua direttamente sulla testa di Draco. "Gonfi."
Draco lo squadrò attraverso la frangia sgocciolante. Poi cominciò
a togliersi i vestiti.
"Ehm?" disse Harry, confuso.
Draco emerse dai vestiti con l'acqua che già colava sulle spalle
della sua camicia.
"Mi preparo a prendere il sole," spiegò con dignità.
"Mi servirà un cuscino per elevare la testa così che si asciughi a dovere,
nonché per il fine secondario della comodità."
Harry alzò le sopracciglia. Draco sollevò il mento e restò
adeguatamente serio.
"Possiamo dividere il tuo cuscino?"
"Ok," acconsentì Draco scortesemente. "Basta che ti
metti in testa che i miei capelli non sono materiale da risata."
"Oh, capisco," gli disse Harry, ridendo piano mentre si
allungava sul fondo della barca.
Draco si schermò gli occhi con la mano per guardare in alto verso
di lui.
"E' la seconda volta in pochi giorni che organizzi un assalto
ai miei capelli," sbuffò, dando un calcio alla caviglia di Harry.
"Sacrilego."
"Per favore, ho sentito della gente dire che il corpo è un
tempio, ma questo è ridicolo," mormorò Harry.
Draco si alzò immediatamente a sedere.
"Ora basta," dichiarò, e immerse il braccio nell'acqua
fino al gomito. Lo tirò fuori e scompigliò vigorosamente i capelli di Harry.
Harry non oppose resistenza, si limitò ad alzarsi sui gomiti e a
sorridergli, convinto che Draco potesse fare ben poco per rovinare i suoi, di
capelli.
Draco si strofinò la mano sui jeans, seccato.
"Ho toccato la piovra," lo informò allegro. "Hai
della bava nei capelli. Ecco fatto, Potter. Ora siamo pari."
"Bava! E' disgustoso. Quanti anni hai, quattro?" Harry
gli dette un pugno sulla spalla, quando Draco fece per distendersi di nuovo.
Draco parve decisamente insultato, e gli restituì il pugno.
"Te lo meritavi," ribatté, mettendosi i capelli bagnati dietro le
orecchie.
Harry lo spinse e Draco cadde sulla schiena. Si tese verso Harry,
gli occhi quasi chiusi per il sole.
"Dopo tutto il fastidio che mi sono preso." Harry finse
di rimproverarlo. "Ingrato."
"Mai scherzare coi capelli," gli disse con calma Draco.
"E niente più azzuffate in barca: si rovescerà, io mi metterò a gridare
come una ragazza, e allora sarò costretto ad affogarti per nascondere la
vergogna."
C'era un briciolo di autentica paura dietro il sorriso di Draco.
Harry si sdraiò.
Il sole splendeva e avrebbe potuto dormire, ma ad un tratto Draco
gli strattonò la spalla.
"Harry. Ehi, Harry."
"Sì?"
Draco si tese a guardare il cielo. "Secondo te a cosa
somiglia quella nuvola?" Chiese, in quello che sembrava lo spirito di
un'indagine scientifica. "Secondo me sembra una tartaruga con la
parrucca."
*
Rimasero stesi al sole per qualche ora, ad assorbirne i raggi
appisolandosi ogni tanto. Ogni volta che Draco si svegliava sembrava avere una
nuova domanda, tipo ‘Se fossi un oggetto inanimato, cosa saresti?' o ‘Credi che
gli elfi domestici scelgano il proprio partner basandosi sulla misura dei globi
oculari?'
Draco pensava che fosse così, e decise anche che Harry sarebbe
dovuto diventare il manico di scopa di Ginny Weasley, cosa per la quale Harry
fu costretto a minacciare di picchiarlo.
Poi Draco disse, "E qual è la tua più grande paura?"
Harry sollevò la testa dalle braccia, guardando la curva della
guancia di Draco con la coda dell'occhio, sebbene con la mente pensasse ad un
incubo oscuro e privato.
"Non avere la forza di uccidere Voldemort," rispose sottovoce.
Draco sussultò sentendo quel nome, e guardò l'acqua placida
attorno a sé. "Speravo che dicessi qualcosa di più divertente, che so,
Hannah Abbott come mamma l'ha fatta," protestò, cercando di mantenere la
voce frivola.
"E dai, Draco."
Draco sospirò e si alzò a sedere, tirandosi le gambe contro il
petto e avvolgendo le braccia attorno alle ginocchia.
"Io... ok," disse. "Perderli. Perdere i Serpeverde.
Quelli dalla nostra parte."
Harry si appoggiò sui gomiti, guardando preoccupato il viso di
Draco.
"Vuoi dire... che muoiano, o spariscano?"
"No." Draco si morse il labbro. "Cioè, anche
quello. E' che... Non sto dicendo che li ho costretti ad unirsi al Giovane
Ordine, ma molti di noi hanno genitori che sono... hanno dei genitori che hanno
delle aspettative, o si trovano in posti di cui abbiamo paura, o... E' stato
molto difficile per ogni Serpeverde prendere una decisione. E dopo che mio
padre... è morto, sono tornato, e avevo una... missione, credo, e sapevo che
alcuni di loro mi rispettavano e me ne sono approfittato e non me ne pento e non mi arrendo. Così ho ottenuto ciò che
volevo, come faccio di solito, ma l'unica cosa che volevo era la vendetta, e
dovevo anche prendermi delle responsabilità. E adesso... ho paura per loro, e
devo proteggerli, e..."
Harry guardò Draco, finalmente veramente e assolutamente serio,
col viso pallido e concentrato, il profilo teso contro l'acqua calma.
Draco alzò lo sguardo e lo riabbassò, prese un respiro profondo,
sorrise lievemente perché tra loro si capivano, e infine ritentò.
"E' solo... ci è voluto così tanto impegno," disse.
"Non che molti di noi saltellassero di gioia all'idea di farsi marchiare
gli avambracci, ma sembrava che non ci fosse molta scelta e che ci fosse
veramente poco per cui lottare... noi non siamo nel suo mirino, e non ci
importa molto dei filobabbani né dei figli di Babbani. Non potevo contare né
sulla lealtà cieca a Silente, né su fulgidi ideali. Noi non siamo così."
Si fermò e si guardò le mani giunte sulle ginocchia. "Mi sono impegnato
troppo per loro per abbandonarli adesso."
"Stai dicendo che c'è davvero una possibilità che..."
"Sto dicendo che non lo so!" saltò su Draco. "Noi
non siamo come voialtri. Alcuni di noi stanno mandando al diavolo le proprie
famiglie per questa cosa. Alla maggior parte di noi piace Lupin, ma per noi è
difficile contare su una persona che non è dei nostri. Non mi piace Silente, e
non permetterò che sia lui a dirmi cosa fare. E adesso Snape se n'è andato, e
tutti stanno male per quelle accuse, è un casino, e non so cosa fare!"
Harry non sapeva neanche cosa dire. Rimase a guardarlo a bocca
aperta.
In quel momento si ricordò di quando Lupin aveva detto che il
professor Snape era via per cercare di raccogliere informazioni che spiegassero
l'attacco recente.
Snape era partito alla fine di Marzo. Ed erano a Maggio. E Harry
si era talmente abituato alla sua assenza, preso da pensieri su... sul Torneo,
la guerra, le preoccupazioni, Draco... che non
se n'era accorto.
E si era chiesto come mai
Draco sembrasse sempre così stanco!
Guardò la testa inclinata di Draco, quasi incantato.
"Draco. E tu cercavi di portare questo peso da solo."
Draco non alzò lo sguardo. "I Serpeverde non hanno bisogno di
aiuto."
"Stupido idiota." Harry si fermò e disse, con meno
veemenza: "Sei... sei in pensiero per lui?"
Fu allora che Draco alzò gli occhi, spalancati come se avesse
ricevuto un colpo imprevisto. "Sì," disse duramente. "Sappiamo
esattamente quali rischi corre. Ed è l'unico adulto di cui possiamo fidarci qui
dentro... e l'unico che abbia un minimo di fede in noi."
Dato che si trattava di Draco, non aggiunse E gli voglio bene.
"Potete fidarvi di Lupin," disse Harry. "Potete
fidarvi di Silente."
"Sì?" ringhiò Draco. "Vuoi che chieda a gente a cui
è stato insegnato a sospettare di chiunque fuori da un certo circolo sociale di
affidarsi ad un licantropo? E' già difficile per me. E vuoi che mi fidi di
Silente, che ogni tanto decide arbitrariamente di togliere la Coppa delle Case ai
Serpeverde? No. Non è mai stato un mentore per me. Non è il mio leader e non mi
fido di lui."
"Senti, i Grifondoro avevano vinto la Coppa senza
imbrogli..."
"Non ti sto accusando," rispose Draco. "Ti sto
dicendo come vedo la cosa. Lui non ci ha mai spiegato niente. Non concediamo la
nostra fiducia facilmente, e lui non ha mai nemmeno cercato di ottenerla. Sai
cosa successe quando Crouch mi trasfigurò e mi lanciò contro una pietra? Snape
gli disse che se avesse toccato un'altra volta un suo studente l'avrebbe
ucciso. Silente, invece, ha assunto quel bastardo. Se permetti, so di quale dei
due posso fidarmi."
Harry notò l'espressione arrabbiata e testarda di Draco, e pensò
al modo in cui gli aveva raccontato la storia. Si ricordò un ragazzino che,
durante una lezione di Pozioni, aveva detto che Snape era il miglior professore
della scuola.
"Snape ritornerà," disse gentilmente. Draco tornò a
guardarsi le ginocchia. "Con tutta questa lealtà cieca," aggiunse
spontaneo, "forse avresti dovuto essere un Tassorosso."
Draco lo fulminò con gli occhi, ma nello sguardo gli si leggeva
una traccia di sollievo.
"Rimangiatelo, o ti colpisco con il cesto."
Cominciò a cercarlo sul fondo della barca, ma rialzò lo sguardo
quando Harry gli toccò il braccio.
"Puoi davvero
fidarti di loro," disse. "Di Lupin e Silente. Credimi."
"Perché dovrei crederti, Potter?" chiese Draco
sdegnosamente. "Tu ti fidi di chiunque. Ti fidi perfino di me. C'è nessuno nella scuola in cui possa
avere un minimo di salutare mancanza di fiducia?"
La linea delle sue spalle rimase un po' troppo tesa, e Harry gli
offrì un sorriso rassicurante.
"Gazza," suggerì. "Gazza e il suo gatto malvagio.
Di loro puoi diffidare quanto vuoi."
"Mi piacciono i gatti," obiettò Draco, rilassandosi.
"Sono così meravigliosamente egoisti. Li capisco."
"Nah," disse Harry. "A me piacciono i cani. Ho
sempre desiderato un cucciolo, da quando ero piccolo." Si illuminò,
pensando a una cosa. "E me ne prenderò uno, una volta finita la
scuola."
Draco gettò la testa all'indietro e urtò il fianco della barca.
Non sembrò tremendamente infastidito dalla cosa, si limitò a tenere gli occhi
verso il cielo.
"Oh, sì. L'anno prossimo," disse. "Non ne abbiamo
mai parlato, vero? Tu cosa farai?"
E tu cosa farai?
Aveva parlato come se il futuro di Harry sarebbe stato
assolutamente connesso al suo, e non ne avevano mai parlato prima... e se per
caso il futuro di Draco Malfoy fosse già pianificato, senza alcuno spazio
libero?
Il sole splendeva, ma Harry sentì un po' di freddo. Guardò Draco e
vide solo la sua gola, e cercò di formulare una frase a caso.
"Ci sarai ancora? " gli uscì fuori invece, e in quel
momento avrebbe sacrificato tutta la sua abilità nel Quidditch pur di imparare
ad essere meno disastrosamente goffo con le parole. "Ehm, voglio
dire..."
Draco lo guardò con un sopracciglio alzato.
"Non come cucciolo, Potter," lo informò. "Starò a
casa mia. Vivere con mia madre in effetti scalfirà la mia reputazione, ma
abbiamo trenta stanze da letto, quindi forse c'è speranza. Inoltre... ad alcuni
Serpeverde servirà un posto dove stare. Casa mia andrà bene."
Curvò un lato della bocca.
"Potresti venire anche tu," propose disinvolto.
"Ogni tanto. Mio padre aveva fatto costruire molti campi di Quidditch sui
terreni. Sei geloso?"
Harry lo squadrò deliberatamente.
"Sì, molto." Fece una pausa. "Io lavorerò con gli
Auror," gli disse. "Ho già comprato un appartamento in una zona
magica di Londra."
Ripensare a quando, l'estate prima, aveva cercato l'appartamento insieme a
Sirius gli inviava ancora una scossa di piacere al petto. Sirius gli aveva
offerto una casa una volta, e lui non aveva desiderato altro che avere una casa
vera ed essere libero dai Dursley, ma adesso era cresciuto, e i suoi sogni
d'infanzia erano divenuti realtà. Avrebbe potuto comprarsi una casa da solo e
lasciare Privet Drive per sempre.
Una casa. Harry l'aveva comprata, aveva chiesto a Sirius di uscire
un momento e si era semplicemente seduto lì. Niente regole, niente parenti,
stabilità e sicurezza, la promessa di un futuro dopo la guerra. Avrebbe scelto
i mobili e comprato un cane, e...
"Anche tu potresti venire a stare da me, qualche volta,"
disse.
"Grande," disse Draco in tono soddisfatto. "La
dimora di uno scapolo in città. Divertente." Si incupì. "A meno che
non venga a viverci anche Weasley. In quel caso dovrò rifiutare il tuo gentile
invito, dal momento che mi soffocherebbe nel sonno in modo ben poco
ospitale."
"Ron resterà a casa sua," gli disse Harry. "Credo -
e non dirlo a nessuno - che voglia mettere da parte i soldi e il coraggio per
chiedere a Hermione di andare a vivere con lui, tra un paio d'anni."
Si aspettava un'osservazione acida sulla coppia d'oro, invece
ricevette un imprevisto sorriso dorato.
"Meraviglioso," disse Draco, radioso. "Posso
aiutarti ad arredare la stanza degli ospiti?"
"La vuoi arredare con qualcosa che stoni coi capelli rossi,
vero?"
"Lo farei mai?"
"A Ron non importerebbe, lo sai."
Draco parve infastidito.
"Puoi aiutarmi a scegliere il cane," propose Harry
generosamente.
"Non mi va. Voglio aiutarti a scegliere un gatto."
"Draco, se vuoi un gatto puoi prendertene uno tuo. Io avrò un
cagnolino, perché ne volevo tanto uno, e i Dursley dicevano sempre che
avrebbe..."
"Non posso avere un gatto," disse Draco, imbronciato.
"Ci sono mobili antichi in casa mia. Mio padre mi diceva sempre che un
gatto avrebbe fatto..."
"Troppo casino," concluse Harry per entrambi,
rivolgendogli un altro sorriso.
Draco assunse un'aria pensierosa e si rannicchiò sul fondo della
barca come un bambino meditabondo. Il vento si stava alzando un pochino, e i
suoi capelli si erano sollevati leggermente dal collo.
"Com'era stare dai Dursley?" chiese. "Cioè, ho
sentito delle voci, e so che non sei mai tornato da loro per Natale, ma... si
stava tanto male?"
Harry lo guardò. Draco lo fissò a sua volta, un po' curioso, un
po' preoccupato.
Dio, com'era strana la vita. Pensare che un giorno si sarebbe
trovato a raccontare la storia della sua infanzia rubata a Draco Malfoy, fra
tutti quanti.
Fece un respiro profondo e gli raccontò alcune cose. Il
sottoscala. La stanza con le sbarre alla finestra e i giorni passati con
porzioni di cibo ridicole.
Quando disse quell'ultima cosa Draco si sporse, gli prese un polso
e lo serrò dolorosamente con le dita. Harry gli disse solo alcune cose sulla
vita dai Dursley, e con cautela. Ormai era tutto finito. Non importava più.
Quando ebbe finito alzò gli occhi su Draco. Draco aveva quello
sguardo stranamente deciso che sfoggiava prima delle partite di Quidditch.
"Benissimo, Harry," commentò in tono minacciosamente
disinvolto. "Ora, ecco cosa faremo. Lasceremo la scuola con i nostri bei
diplomi freschi freschi e trasformeremo quelle persone in scarafaggi. Per
dargli una nuova esperienza di vita, capisci, e poi tragicamente, per puro caso, li schiacceremo con un
matterello, più e più volte."
"Draco, non voglio schiacciare i miei parenti con un
matterello." Harry ci pensò. L'idea aveva un certo fascino. "Beh,
comunque non lo farò."
Gli occhi di Draco mantennero un'aria fanatica.
"Nessuna giuria al mondo ci condannerebbe," replicò.
"Tu sei famoso e io sono ricco. Siamo giovani e spericolati. Dobbiamo
commettere crimini e non pagarne le conseguenze. E' un nostro dovere
civile."
La sola idea di Draco nella stessa stanza dei Dursley era molto
strana. Erano così gretti e squallidi, e lui sarebbe sembrato tremendamente
fuori posto a Privet Drive, col suo mantello costoso, i capelli candidi e
lucenti e ogni poro del suo corpo che emanava aristocrazia magica.
Era assurdo sovrapporre Draco alla sua vita di prima. Era troppo
energico, troppo brillante a confronto, e Harry si era lasciato alle spalle
quella soffocante monotonia. Aveva portato via ogni cosa dalla sua stanza, e
nel momento in cui se n'era andato aveva capito che non sarebbe mai tornato, e
così anche loro, e solo il sollievo era rimasto ad accompagnare quel perpetuo
odio logorante da entrambe le parti.
Davvero, non gli importava più.
Però gli sarebbe piaciuto, anche solo una volta, vedere la faccia
di Draco se zia Petunia gli avesse detto di cucinare del bacon per Dudley.
Sarebbe stato saggio andarsene prima dell'esplosione.
"Ok, allora non vuoi ucciderli," disse Draco entusiasta.
"Faremo così: gli daremo delle memorie false e li convinceremo di essere
tutti cubisti..."
"Draco." Harry rise. "Basta. Davvero."
Draco obbedì, e ancora una volta cercò con gli occhi il suo viso.
"Non può venire niente di buono da dei cubisti," lo
informò solennemente Harry.
Draco annuì e lasciò andare il polso di Harry.
"Scusami, Harry." Alzò gli occhi per incrociare lo
sguardo sorpreso di Harry, e proseguì. "I tuoi polsi non sono poi tanto
male. Non ti devi preoccupare."
"Grazie, Draco. La cosa mi stava dilaniando."
Draco sollevò il mento. "Ne sono certo. Non tutti hanno avuto
dei genitori che trasmettessero la perfezione nel loro stesso sangue."
"Scusa," disse Harry, "hai detto ‘nel loro stesso
sangue' o ‘nello stesso sangue'? Perché ho sentito certe storie sulle antiche
famiglie purosangue..."
"Zitto."
"I tuoi genitori erano consanguinei, Draco?" chiese
Harry con voce velata. "Perché a me puoi dirlo, se lo erano. Non è colpa
tua... anzi, spiegherebbe molte cose."
"Zitto, zitto, zitto!"
Il viso di Draco era rosso per l'indignazione, e il vento del lago
gli aveva arruffato i capelli nonostante i suoi sforzi per tenerli in ordine,
così che le ciocche si attorcigliavano attorno alle sue dita mentre cercava di
lisciarli. Harry ricordò la prima volta che avevano camminato attorno al lago,
e pensò com'è diverso, com'è strano, e come
avrei mai potuto immaginarlo, e sorrise verso di lui.
Parlò con voce morbida e premurosa. "Erano cugini,
Draco?" domandò.
Draco scosse la testa. "Ti informo che erano legati solo dal
sacro vincolo del matrimonio," disse severo. "E non si somigliavano
per niente, a parte il fatto che erano entrambi biondi e irresistibili. Neppure
io somiglio molto a mia
madre."
"A parte il fatto che sei biondo e irresistibile, vuoi
dire," aggiunse Harry, che conosceva bene quel Malfoy.
Draco gli rivolse un sorriso abbagliante. "Ma certo." Si
gettò indietro i capelli con superbia, poi si fece pensieroso.
"Dicono," cominciò con incertezza, una cosa molto strana addosso a
lui.
"Sì?" chiese Harry,
Draco si fermò per qualche altro secondo.
"Che sono la copia di mio padre," terminò
all'improvviso, quindi alzò gli occhi e parlò con un entusiasmo che cercava
spudoratamente di mascherare. "Hai visto mio padre, no? Una volta in
libreria e un'altra alla Coppa del Mondo. Secondo te... gli somigliavo?"
Somiglia proprio a suo padre.
E la prima volta che Harry aveva visto Lucius Malfoy, aveva capito
che non poteva essere altri che il padre di Draco.
Così uguale a lui, con gli occhi dei Malfoy, i capelli dei Malfoy
e il viso dei Malfoy, l'erede dei Malfoy creato a immagine e somiglianza di
Lucius Malfoy per seguire le orme di Lucius Malfoy.
Solo che Lucius Malfoy se n'era andato, e i capelli, gli occhi, il
viso e il destino appartenevano solo a Draco, e Harry non aveva mai provato una
simile gratitudine vendicativa per la morte di qualcuno.
Voleva rispondere No. Voleva ripetere, non c'entri niente con lui, e voleva che Draco gli credesse,
e credesse che fosse una cosa positiva.
Ma c'era quello sguardo sul viso di Draco, quella fame malcelata,
quel bruciante e costante bisogno di un amore che non si ha e non si potrà mai
avere. Harry lo conosceva perché l'aveva visto nello specchio, e nonostante le
frottole sull'essere un bambino viziato che Draco raccontava a se stesso e agli
altri, Harry non poté non riconoscere una disperazione che conosceva benissimo,
così come non poteva pensare che una bugia, in quel momento, non avrebbe
avuto conseguenze.
Si tese e sollevò il mento di Draco. Draco lo lasciò fare,
convinto evidentemente che servisse ad esaminare meglio i suoi lineamenti per
paragonarli a quelli paterni.
Non era per quello. Era per...
Quei capelli, quegli occhi, quel viso.
"Secondo me tu sei più bello," disse Harry.
Draco alzò un sopracciglio e si fece indietro, lasciando la mano
di Harry in aria per un attimo. "Potrebbe tornare utile per i manifesti
per la campagna, no?" disse.
"Come, scusa?"
Draco si sporse di nuovo in avanti, i gomiti sulle ginocchia.
"Mio padre ha sempre desiderato che mi buttassi in politica," disse,
"ma... non lo so. Non sono sicuro che mi interessi, ma d'altronde non so
cosa mi interessi. Magari qualcosa nel campo della Magia Creativa, o forse...
Ho sempre voluto saperne di più sugli Indicibili."
"Lo capirai," gli disse Harry.
"Ho un sacco di tempo," convenne freddamente Draco.
"E comunque non posso fare niente finché non è finita la guerra. Ho cose
da fare, persone a cui pensare, e chissà cosa potrebbe succedere."
Intendeva dire che Voldemort avrebbe potuto vincere, e lui morire,
ma Draco era troppo insopportabilmente sciocco per ammettere una qualsiasi
delle possibilità.
Harry non avrebbe permesso che nessuna delle due cose accadesse.
"Lo capirai," ripeté, con più fermezza.
Draco sorrise furbo. "La tua fede mi commuove," fu tutto
ciò che disse. "Forse diventerò un gentiluomo edonista, steso su cuscini
di seta con decine di ballerine e cioccolata a portata di mano."
"Niente male," rispose Harry. "Ma hai detto che
sono invitato. A me piace il cioccolato bianco."
Draco si passò una mano sulla fronte con fare drammatico, come se
improvvisamente si sentisse male.
"Tipico della tua spietatezza sviolinare sul cibo mentre io
sto per morire di denutrizione," disse offeso. "Non che ti stia
biasimando, Harry, per avermi portato qui a morire di fame. Non lasciare che la
mia morte prematura ti scombussoli il cervello, proprio non vorrei che la mia
tragica dipartita ti danneggiasse."
"E' l'una e mezza. Non credo che morirai adesso."
"Anche se sarai direttamente responsabile della mia morte,
non lasciare che il bruciante senso di colpa ti consumi. Ti perdono, Harry,
davvero, nonostante la fame straziante mi stia corrodendo perfino gli organi
vitali."
Draco sembrava un martire. Harry sospirò rassegnato.
"Puoi guardare nel cestino se vuoi, Draco."
"E vai," disse Draco, afferrandolo e cominciando a
frugarvi all'interno. "Mm, mm, mm, sandwich, prosciutto e formaggio e che
fantasia!, mm, mm, mm, cosa c'è in questo thermos?"
"Succo di zucca," disse Harry.
"E nell'altro?"
"Beh, caffé."
Draco si illuminò.
"Caffé," osservò con grande gioia. "Oooh, e...
alghe. Alghe, Potter. Non mangerò alghe, anche se sono un toccasana per
l'incarnato."
"E' Algabranchia," spiegò Harry. "Nel caso la barca
dovesse rovesciarsi."
"Nel caso dovesse rovesciarsi?" Draco era scandalizzato.
"Quanto è instabile questa tinozza? Perché non hai espresso prima i tuoi
dubbi sulla sua capacità di stare a galla? Coleremo a picco?"
"Forse nella tua testa," teorizzò Harry, e guardò in
basso. "Come se sarei andato alla cieca, con te. Idiota."
Draco parve leggermente addolcito. "Oh."
Quindi ricominciò a frugare nel cestino.
"Mm, biscotti, mm, oh!" Alzò gli occhi, stupito.
"Lecca-lecca al sangue. Te lo sei ricordato."
Harry scrollò le spalle e annuì goffamente, poi rialzò lo sguardo
per controllare che Draco fosse soddisfatto.
"Assortimento di dolci, mm, mm, mm, e un cucchiaio, bene,
e... un vasetto di marmellata, e... un pacchetto di zucchero a velo."
Draco alzò nuovamente gli occhi, lasciando che i suoi capelli volassero ognuno
in una direzione alla volta, e il suo sguardo fu quasi indifeso. "Oh, Harry."
"Beh, volevo che fosse il picnic più pazzo di sempre,"
si giustificò Harry.
"Il giorno. Più Bello. Di sempre," disse Draco con
convinzione. "Harry, la prossima volta dobbiamo organizzarne uno per te.
Magari affitterò delle ballerine. Cosa vuoi?"
Harry cominciò a tirare fuori le cose noiose che Draco aveva
ignorato, come i piatti, e a sistemarli.
"Mi piace stare con te," rispose realisticamente.
"Mi versi del succo di zucca?"
"Pensa alle ballerine," suggerì Draco, prendendo il
thermos. "Noterai che l'idea sarà lì a devastarti il cervello. O perlomeno
a strusciarsi contro un palo con fare alquanto rapace."
"Vedremo," aggiunse con calma Harry.
Guardò verso Draco, che si stava occupando della tazza di Harry,
il viso concentrato mentre la barca oscillava un poco, il labbro inferiore
risucchiato appena all'interno.
"Dovremmo ordinare delle ballerine quando ti trasferirai nel
tuo appartamento," decise allegramente, raddrizzandosi. "In realtà
non ho mai ordinato delle ballerine prima d'ora. Sarebbe la migliore
inaugurazione possibile."
Harry trasalì. "Il mio padrino e il professor Lupin verranno
all'inaugurazione della casa. Non farmi pensare a queste cose."
"Sai, sono abbastanza grandi," ribatté Draco. "Sono
certo che sappiano tutto su..."
"No, Draco. Non dirlo nemmeno: non dire quella parola in
relazione ai miei modelli di riferimento. Fermati. Ti piacerebbe se fossi io a
farlo?"
"Beeeeeh, credo di poter avere qualche ragionevole dubbio sul
professor Snape," osservò Draco, aggrottando la fronte pensieroso.
"Insomma, è così bisbetico, e ha quei capelli orribili. Ma è anche vero
che è un Serpeverde..."
"Cos'è, le storie da una notte sono un rituale
Serpeverde?"
Draco si fermò e sollevò la testa, col sole che si rifletteva sui
suoi capelli e lo faceva sembrare incredibilmente innocente.
"Sì, Harry, esatto. E' un rituale. Quando un Serpeverde
compie dodici anni, viene deflorato con la forza su un altare macchiato di
sangue di agnello, con vestiti di plastica, da
un parente più grande. Non dire una parola. Ho forse mancato di
rispetto alle tradizioni della tua casa?"
Harry roteò gli occhi. "Grazie per l'immagine, Draco. Non
intendevo quello."
Draco sbuffò. "Ti informo che per noi la purezza è molto
importante. Nessuno di noi ha mai detto una parola a Tiger circa la sua virtù
privata."
Harry dovette distogliere lo sguardo e riflettere un momento,
prima che quell'orribile immagine potesse essere assimilata. Il lago era di un
blu più scuro sotto un cielo leggermente più scuro, un blu che si fondeva con
il verde scuro e il grigio indistinti della terra al di là.
"Vuoi dire che..." Fece una pausa, e deglutì.
"Cioè, insomma, Goyle l'ha fatto?"
"Oh, sì." Draco annuì con calma. "Con Millicent
Bulstrode."
"Bleah, fermati. Sei sicuro?"
"Sono molto sicuro. Mi svegliò dal sonno profondo dei bravi
ragazzi leggermente ubriachi per controllare un certo incantesimo vitale."
"Bleah, mio Dio. E cosa gli dicesti?"
Draco fece un sorriso malizioso. "Se ben ricordo, ‘Vai e
acchiappala, tigre.'" Sorrise dell'espressione di muto terrore di Harry.
"Sono un buon amico," si difese con decisione. "Parte dell'accordo
è sostenere le esperienze di apprendimento degli amici."
"Che schifo," disse Harry conciso. "Non sapevo
nemmeno che stessero insieme."
Draco storse gli occhi verso Harry, come per cercare di decifrare
un geroglifico.
"Non penso che stessero insieme," rispose lentamente.
"Stavano solo sperimentando. Non c'entravano i sentimenti."
"Oh, è disgustoso," disse Harry.
"Grazie tante," rispose Draco distratto, aprendo lo
zucchero a velo.
"Draco, non mi riferivo... Non mi hai mai detto con esattezza
quante, ehm volte..."
Draco alzò un sopracciglio interrogativo. Harry si rassegnò e gli
dette un pugno sulla spalla.
"Dai."
Draco cedette. "E va bene, allora. Cinque. Due relazioni, due
storielle e una persona di cui sono amico con cui è successo qualcosa un paio
di volte."
"Solo cinque?"
Draco parve oltraggiato. "Si dà il caso che secondo me è già
molto per un diciottenne, Potter," lo informò. "E comunque, cosa
credete succeda nei sotterranei dei Serpeverde, voialtri? Non ci sono frustini
né cuoio. Anzi, alcune sere facciamo i cruciverba."
"Ok, scusa," disse Harry. "Non guardare me. Non
sono un esperto in materia."
"Già, lo so." Draco sembrava assorto nei suoi pensieri.
"Harry, ti dispiacere... ti dispiace se...?"
"Cosa?"
"Sarebbe proprio disgustoso se mettessi lo zucchero a velo e
la marmellata in un sandwich?"
"Sì," disse Harry, molto deciso. "Sì, lo sarebbe.
Non provare a farlo mentre mangio."
"Oh, va bene," disse Draco imbronciato, leccandosi via
la marmellata da un dito. Forse fu il pallore a causare l'effetto di contrasto
che fece apparire l'interno della sua bocca tanto rosso.
Harry si accorse che Draco gli aveva appena fatto una domanda.
"Come hai detto, scusa?"
"Immagino ti dia fastidio perché aspetti una gran bella
storia romantica?"
Harry era abbastanza a disagio da non voler incrociare gli occhi
di Draco. Preferì concentrarsi sulle cuciture della maglietta di Draco.
"Non lo so," disse. "Non è che ci abbia pensato
molto."
Era vero. Succedevano sempre così tante cose, e niente era
successo con tremenda immediatezza. La cosa era ferma allo stato di vaga
promessa di conforto e godimento futuri, ma gli era sempre sembrata
fondamentalmente inquietante.
"Spostati, mi voglio stendere," disse Draco autoritario.
Harry si spostò obbedientemente su un lato. Draco si alzò in piedi
con attenzione, sempre stringendo il pacchetto di zucchero a velo, e scavalcò i
piatti. Poi si sistemò comodamente accanto a Harry e continuò.
"Però scommetto che è così," disse. "Ti conosco, tu
e i tuoi ideali ridicoli. Sai che le cose non sono solo bianche o nere, ma vuoi
che lo siano."
"E perché è tanto ridicolo?" chiese Harry, irritato.
Draco si appoggiò all'indietro sui gomiti.
"Niente è assoluto," disse pigramente, stiracchiandosi.
"Non può esserlo. Non esistono cose come la bellezza assoluta, la
perfezione assoluta, il sentimento assoluto. Io non posso avere fiducia
assoluta in qualcuno, Weasley non può provare affetto assoluto per Granger,
e... mio padre non poteva provare amore assoluto per me."
Che Draco dovesse misurare le emozioni della vita in base
all'esperienza di un assassino a sangue freddo, poi...
"Ti stai contraddicendo," gli disse con voce dolce.
"Una volta mi hai parlato del modo in cui vivi, ricordi? Del vivere con
furia. Se è così che vivi... se devi vivere con passione... beh, cos'è quello,
se non assoluto?"
Draco si alzò su una mano, i capelli morbidi per la brezza che
ancora increspava la superficie del lago.
"Che paradosso fatale, eh?" osservò.
Sembrava quasi felice di essersi costruito intorno un mondo
impossibile. Harry non capiva cosa spingesse ad essere così compiaciuti di ciò
che sembrava una dolorosa incertezza generale.
A lui non sarebbe affatto dispiaciuto credere ad alcune promesse
di assoluto. Desiderava tanto avere una risposta per ogni cosa.
Si tese e toccò la spalla di Draco.
"Io voglio assolutamente essere tuo amico," disse.
Fare egli stesso una promessa assoluta era il meglio che potesse.
"Ora potremmo parlare di qualcos'altro, per favore?"
chiese rattristato. "Quel luccichio adesso-ti-aggiusto-io nei tuoi occhi
si noterebbe da un miglio di distanza."
"Stavo solo considerando i meriti di Lavanda Brown,"
disse speranzoso Draco "L'abbiamo dimenticata, sai? E' una ragazza
attraente."
"Draco, ti ho avvertito."
Draco storse il labbro.
"Oooh, Harry, temo la tua ira. Cosa ne sarà di me?"
Harry lo colpì con un tovagliolo. "Sta' zitto."
"Non farmi del male," squittì Draco. "La potenza
del grande e spietato Harry Potter è nota a tutti. M'inchino al tuo titanico
potere. Dovrei temere di essere dannato, se non fossi in possesso di un'arma
segreta..."
Draco si mosse in un decimo di secondo, e allungò una mano verso
il viso di Harry.
Aprì le dita e cercò di spingergli con la forza una Tazza da tè
Mordinaso sul naso. Harry gli acchiappò il polso appena in tempo, gridò e lo
spinse via. Draco atterrò sulla schiena, la mano con la tazza curvata sul petto
e il sorriso diabolico ancora sulle labbra.
"Ti porti gli scherzi in tasca," disse Harry. "Ti
comporti proprio come se avessi quattro anni."
"Ti avevo quasi preso," disse sfacciatamente Draco.
"Non è questo il punto."
"A-ha! Lo
ammetti!"
Harry scosse la testa e mormorò di nuovo, "Quattro
anni." Una goccia di pioggia gli cadde sulla mano, e vide gli occhi di
Draco concentrarsi su di essa con puro sgomento.
"Oh no," dichiarò. "Sta iniziando a piovere."
Harry alzò le spalle. "Beh, ci bagneremo un po'."
Draco aggrottò la fronte. "I miei capelli," disse con
voce bassa e triste. "Saranno rovinati. Rovinati, ti dico!"
Harry alzò lo sguardo verso i cielo. Le nuvole in effetti erano
grigio scuro, e piuttosto minacciose. Le gocce lo colpivano con sempre maggiore
regolarità.
"Possiamo tornare," propose riluttante.
Draco si tuffò su qualcosa dall'altra parte della barca.
"Nah," disse. "Ho un piano. Sotto il mantello!"
A quel punto stese il suo mantello abbandonato sulla propria testa
e quella di Harry.
"Piano fantastico, Draco," osservò Harry con voce
soffocata, cercando di rannicchiarsi di più sotto il mantello. "Non vedo
niente. Oooh, i Serpeverde sono gente davvero arguta."
"Zitto, tu," ordinò Draco, agitandosi per assicurarsi
che i suoi capelli fossero coperti.
Harry sentì il polso di Draco accarezzargli il ginocchio.
"Draco."
"Sì?" disse Draco con la voce dell'innocenza perfetta.
"Stai pensando di farmi cadere la Tazza da tè Mordinaso sulla
pancia, vero?"
Ci fu un attimo di silenzio.
"... forse," ammise Draco, contrariato.
Harry rise e afferrò i polsi di Draco. "Non pensarci
nemmeno."
Chiaramente l'ira di Harry Potter infastidiva Draco meno della
pioggia. Entrambi la sentivano cadere pesante sul mantello.
"Uff," disse Draco, avvicinandosi ancora di più a Harry,
e poi ridendo. I suoi capelli solleticavano l'orecchio di Harry, e quando parlò
Harry poté sentire il movimento del suo naso sulla guancia e la sensazione di
solletico leggermente diversa del suo respiro caldo. "Sarebbe stato
divertente," gli assicurò Draco. "Fu esilarante quando ne lasciai
cadere una in grembo a Paciock. Si mise a gridare."
Harry impiegò un attimo a registrare la cosa.
"Quando tu cosa?"
"E' stato secoli fa," disse evasivo Malfoy. "E ora
che ci penso, non fui io. Fu Tiger o Goyle o qualcun altro, probabilmente non
fui neanche io a dare l'ordine, e forse non fu neanche Paciock, avrebbe potuto
essere chiunque, e forse io non c'ero nemmeno, in ogni caso fu molto
divertente."
Harry sbatté le palpebre nel buio sotto il mantello, e una piccola
ciocca di capelli di Draco gli toccò il collo.
"Non solo sei un bimbo di quattro anni, sei un bambino
cattivo di quattro anni," disse, spostandosi leggermente per evitare la
ciocca ribelle.
Sentì la calda esplosione di fiato sulla pelle, quando Draco rise.
"Ok, è stato la settimana scorsa."
"Giusto per fartelo sapere, Draco, sto roteando gli occhi.
Non fare mai più una cosa del genere."
"Da dove è arrivata questa pioggia?" si chiese Draco,
seccato.
"Mm, probabilmente dal cielo. Promettimelo."
"E va bene, prometto di non mollare mai più tazze da tè su
Paciock. Sei una noia, Potter."
"E tu a volte sei un piccolo furetto scocciante, Malfoy."
Draco si lagnò, un suono terribile quando la bocca
dell'interessato era così vicina che, per ogni suo sussulto offeso, le sue
labbra toccavano un punto sotto il tuo orecchio.
"Hai detto la parola che comincia per ‘F'! Tutti i miei amici
hanno promesso di non pronunciare mai la parola con la ‘F'!"
Harry inspirò a fondo, perché si soffocava sotto il mantello, e
sussurrò, "Furetto, furetto, furetto," nell'orecchio di Draco.
Gli ci volle un minuto per accorgersi che il piccolo verso
tamburellante accanto alla sua guancia era Draco che cercava di sopprimere una
risata.
"Non mi serve questo," lo informò Draco addolorato,
riuscendo a sghignazzare solo una volta. "Piove a catinelle, e durerà ore,
e la pioggia si è già infiltrata nei miei capelli."
"Beh, io sto bene così," disse Harry. "Comunque,
dopo l'acquazzone potrebbe arrivare l'arcobaleno."
Draco rifletté. "Bene. Hai il thermos col caffé?"
*
Ci fu un pallido arcobaleno, come se Dean l'avesse dipinto e i colori stessero
scivolando giù perdendosi nel blu profondo dell'acqua. I colori pallidi di
sogno si dissiparono quasi subito nella luce piena del sole.
Draco e Harry erano stesi sul fondo della barca ad assorbire gli
ultimi raggi di sole.
"Non ho mai visto nessuno mangiare tanta cioccolata,"
osservò pigramente Harry, quando Draco si tirò su per prendere l'ennesima
Cioccorana.
Draco si voltò per guardarlo, offeso. "Ne ho bisogno per
mantenermi in forze," spiegò serioso.
Harry sorrise e chiuse gli occhi. "Ma certo."
"Harry, sei uno dei miei migliori amici, ok, ma se stai
insinuando che sono grasso ti colpisco con la cesta da picnic. E non farai
nessun commento sulla scelta dell'arma, va bene?"
"Chi insinua niente?" disse pigro Harry, dandogli un
colpetto nello stomaco.
Draco gli diede un calcio e si scostò, alzandosi sui gomiti per
guardare truce Harry e considerare un attimo la Tazza da tè Mordinaso, che
aveva appeso in equilibrio precario, con una certa dose di ammirevole coraggio,
sulla fibbia della propria cintura.
Harry lanciò uno sguardo apprensivo alla tazza da tè. Poi si alzò
a sedere, prese le Cioccorane e, portandosele dietro, le buttò nel lago.
"Ehi!" Draco si mise a sedere e lo guardò storto.
"Hai inquinato. Lo dirò alla professoressa McGranitt."
Harry si sdraiò e chiuse gli occhi. "Ok."
"Oooh, Harry Potter, sei proprio un ribelle," disse
Draco cantilenando, con una voce minacciosamente simile a quella di Colin
Canon. "Sei cattivo fino al midollo. Adeschi gli innocenti per strapparli
alle loro oneste attività quotidiane..."
"Cosa intendevi fare esattamente?"
Harry aprì gli occhi per guardare Draco sollevare il mento.
"Avevo una cosa molto importante da fare. Dovevo farmi tagliare i
capelli."
"Sono così spiacente di aver rovinato i tuoi piani
vitali," disse Harry solennemente. "Potrai mai perdonarmi?"
"Suppongo di sì. Perché, beh, diciamo che ne vale la
pena." Draco dette un altro morso soddisfatto e sorrise radioso, agitando
la rana per farsi capire. "Cioccolato," disse.
Harry annuì, stanco e contento. Il sole era un po' sotto
l'orizzonte, col suo calore giallo, ed era così vicino, Draco era lì sull'acqua
e non era spaventato. Tutto era dipinto in semplici colori accesi e tutto, per
qualche minuto, sarebbe potuto essere a posto.
Sembrava che Draco stesse cercando di addormentarsi e mangiare
cioccolata allo stesso tempo, gli occhi velati, i vestiti appena fuori posto
così che la sua maglietta era sollevata a mostrare qualche centimetro di pelle.
Sorrise indolente attorno al cioccolato quando colse lo sguardo di Harry.
"Ne vale la pena," ripeté, e poi, "Cosa c'è?"
C'era una macchia di cioccolato a un angolo della bocca di Draco.
"Mm, niente," disse Harry, sporgendosi e togliendola con
il lato della mano. "Avevi solo una piccola... cosa..."
"Oh, grazie." Draco si stese, così rilassato da sembrare
privo di ossa, con la mano piegata dietro la testa. "Mm. Il sole
tramonterà fra non molto."
"Già, dovremmo... tornare."
"Mmm. Ancora qualche minuto."
Qualche minuto durante cui il sole si fece più sottile e l'aria
appena un po' più fresca. Il respiro di Draco era morbido e regolare, e quando
parlò la sua voce era come liquida, felice e completamente priva di sforzo.
"Harry, come faremo
a tornare senza i remi?"
Harry si mise a sedere, frugò nella tasca della sua giacca e tirò
fuori la bacchetta.
"Accio
remi," disse, e sogghignò mentre giunsero volando. "Insomma, Draco.
Cerca di ricordarti che sei un mago."
Draco guardò i remi bagnati e per un attimo restò senza parole,
poi fece una faccia orribile verso Harry. Harry rise e gli passò uno dei remi,
e Draco cercò di fare una faccia ancora più brutta.
"Sono proprio uno schiavo,"
mormorò col tono di un martire. "Potrebbero venirmi i calli."
"Sono virili," gli disse Harry, e sorrise quando Draco
fece una terza orrenda faccia indignata, appena prima di rimettersi il
mantello.
"Si dà il caso che io sia già straordinariamente virile, per
tua informazione," disse sottovoce.
Il rumore dei remi nell'acqua era lento e stabile, Draco guardava
Harry per capire come fare, e i loro remi si muovevano quasi in sincronia.
Harry provò un po' di rimpianto solo quando la barca giunse a riva, sbattendo
piano sui ciottoli, e Draco sollevò il cestino e lo lanciò a riva.
"Penso che tu abbia appena rotto i piatti."
"Vivi pericolosamente," suggerì allegro Draco, alzandosi
in piedi e balzando fuori dalla barca.
Cosa che, dato che Harry aveva già cominciato ad alzarsi, finì per
provocare il quasi ribaltamento della barca.
Harry gli lanciò un'Occhiataccia, e Draco rise sguaiatamente, una
volta, quindi gli tese una mano.
"Scusa, dai," disse, e Harry afferrò la sua mano
nonostante la barca stesse ancora dondolando; Draco lo tirò troppo rapidamente,
Harry sussultò e quasi inciampò, e Draco rise di nuovo per l'allegria
mozzafiato di tutta quella giornata, e lasciò andare la mano di Harry mentre
Harry era ancora instabile. La luce del sole che se ne andava era oro nei suoi
capelli mossi dal vento, e Harry era... era felice, e rideva, ed era ancora
preso da quel momento in cui stava per cadere.
Si piegò in avanti e afferrò il davanti dei vestiti di Draco,
quasi per tenersi in equilibrio, e, proprio quando entrambi smisero di ridere,
lo baciò sulla bocca.
Harry chiuse gli occhi, il profilo del sole attorno ai capelli di
Draco splendeva contro l'oscurità sotto le ciglia. Per un attimo la sua mente
si svuotò di ogni pensiero: le labbra di Draco erano così morbide.
Poi riaprì gli occhi, indietreggiò e guardò Draco.
Il suo viso era freddo e duro, e il sole era scomparso.
"Allora era questo il motivo di tutto," disse, la voce
assolutamente furiosa, poi si voltò e corse via.
Harry rimase in piedi accanto al lago a fissarlo terrorizzato.
ANGOLINO PER
LE LETTRICI DI EFP:
Salve! Sono Luciana, come avrete capito… approfitto dell’occasione per
ringraziare tutti i lettori… ok, le lettrici di EFP che hanno deciso di dare
una chance ad Underwater Light su un
sito dove mi sembra veramente difficile scegliere una storia, dato che ne aggiornano
20 al minuto…
Un grazie particolare a chi ha commentato, specie a chi ha lasciato commenti
sostanziosi (anche se non disdegno certo quelli da un rigo!).
Non vi
preoccupate, la storia non è affatto finita, i capitoli sono 22! Che altro dire…
DIFFONDETE IL VERBO! Per favore, parlate di Underwater Light e di quel genio
che è Maya con le ragazze che conoscete su EFP. Mi farebbe davvero piacere se
questa storia stupenda raggiungesse un ampio pubblico ^_^
Oh, e approfitto di questo angolino anche per dirvi qualcosa di me, visto che
non sono molto conosciuta qui! Mi chiamo Luciana (ma dai!), ho 21 anni, studio
lingue e adoro tradurre.
A mercoledì prossimo, allora…
Sommario: Oscuri Portenti, Rivelazioni, Gesta Vigliacche!
Eroi che stringono donzelle urlanti tra braccia virili!
Da oggi con 1000 Elefanti!
Capitolo Tredici
Come eravamo
Once upon a time
When we were friends
I gave you my heart
The story ends
[Una volta / Quando
eravamo amici / Ti donai il mio cuore / Fine della storia]
Harry era steso nel letto quella notte, sul punto di
addormentarsi.
Non riusciva a smettere di pensare a ciò che era successo. Erano
ore che non pensava ad altro, e le cose non sarebbero certo cambiate lì,
nell'oscurità soporifera, con il respiro lento di Ron nel letto accanto e gli
occhi serrati, come se potesse cadere nell'oblio con la forza di volontà.
Perché l'ho fatto?
Perché mai aveva voluto farlo... cosa gli era venuto in mente...
Non aveva alcuna risposta.
Era... a lui piacevano le ragazze.
Perciò a cosa diavolo stava giocando? Ci aveva mai pensato prima...?
Pensato a come sarebbe stato, quel giorno, se la bocca morbida di
Draco si fosse schiusa sotto la sua. Se gli fosse stato concesso di toccare
quel corpo, di far scorrere le mani lungo il petto di Draco, fino al collo, con
i capelli di Draco così soffici tra le sue dita, e se Draco l'avesse toccato
anche lui...
Il corpo di Draco contro il suo. Il suo sapore e il pensiero di
quelle labbra che premevano sulle sue con concentrata ferocia, la testa
inclinata all'indietro mentre Harry lo baciava, la pelle liscia e dolce sotto
le sue mani e la sua bocca... la voce di Draco che si faceva scura e bassa,
come quando le sue emozioni erano intense.
"Harry! Harry!"
Harry si svegliò con un sussulto e vide il viso ansioso di Ron.
"Stavi facendo dei versi," spiegò Ron. "Era... un
sogno su Tu-Sai-Chi?"
Harry trasalì. "Ehm, no... E' tutto a posto."
Ron annuì comprensivo e tornò a letto.
Harry rimase sdraiato al buio a cercare di riprendere il controllo
sul proprio respiro.
Era tutto sudato e agitato. Male.
Dunque... cercare di trovare spiegazioni logiche non stava
funzionando. Calde gocce di sudore gli scivolavano sul viso facendogli
attaccare il pigiama alla pelle sudaticcia. La disperazione stava rendendo le
cose di una semplicità disarmante.
Lo voglio.
Lo voleva da star male. Perché non se n'era accorto prima...?
Aveva sentito...
Chiuse gli occhi e cercò di scacciare via i pensieri, ma le
immagini continuavano ad infestargli la mente, minuscole particelle di colore
vivido che colpivano l'oscurità. Aveva la gola secca.
La sensazione di Draco su di lui al Club dei Duellanti. Il modo in
cui curvava le labbra quando sorrideva. La scintilla nei suoi occhi grigi,
simile all'esplosione del sole su un mare scosso dalla tempesta. Il suono un
po' malizioso e un po' infantile della sua risata. La morbidezza di piuma dei
suoi capelli sotto la mano di Harry.
Si accorse che i suoi denti erano serrati e il suo corpo teso in
uno spasmo di desiderio. Cercò in ritardo di calmarsi.
Sono incredibilmente stupido.
Avrebbe dovuto accorgersene... e non avrebbe mai dovuto fare ciò
che aveva fatto.
In quel momento il ricordo del viso di Draco lo colpì come un
pugno nello stomaco. Quell'espressione sofferente e sciupata, il modo in cui i
suoi occhi si erano assottigliati e i suoi lineamenti si erano come affilati
per lo sforzo di trattenersi. Harry la conosceva bene, e non aveva mai
voluto... oh, come aveva potuto fargli assumere quell'espressione?
La torsione amara delle sue labbra, quell'ultimo distinto
sguardo... tradito.
Non ho mai voluto ferirlo! Pensò Harry con un'improvvisa fitta di
angoscia. Non ho mai, mai voluto farlo. Non a Draco.
Ha sofferto abbastanza. Lo so. Nessuno lo sa quanto me.
E fu quel dolore, piuttosto che la felicità sconfinata di prima o
l'improvvisa scossa di desiderio, che fece capire esattamente a Harry quanto
quella solitaria creatura acerba era diventata importante per lui.
Draco.
Come avrebbe fatto a sistemare le cose? Come avrebbe mai potuto
farsi perdonare da Draco? Come avrebbe fatto anche solo ad affrontarlo, dopo ciò che era successo?
Proprio non poteva sopportare l'idea di perderlo. Draco era...
aveva bisogno di lui!
Spinse la testa contro il cuscino.
Le cose sarebbero state molto più semplici se non ci fosse stato
il Torneo Tremaghi. Prima le cose erano chiare.
Non poteva sopportare che le cose tornassero come prima.
Allora era questo il motivo di tutto, aveva detto Draco.
Pensava che la loro amicizia fosse solo una specie di impulso ormonale. Draco
pensava...
Probabilmente era disgustato e inorridito, e pensava...
Draco pensava che a Harry non importasse di lui.
E come avrebbe potuto giustificarsi? Non poteva dire di non
desiderarlo, ma così Draco avrebbe comunque pensato...
Non riuscì a dormire quella notte.
Disse "Draco," molte volte sottovoce, così come aveva
detto "Voldemort" quando era più piccolo. Sfidava l'oggetto dei suoi
pensieri ad apparire, evocato dalla sua chiamata. Allora aveva quasi voluto
convocare Voldemort, per cercare di combatterlo, di sconfiggere la paura.
Pronuncia il nome del demone e perderà il suo potere.
Harry avrebbe voluto convocare Draco... per migliaia di cose. Il
desiderio di vendetta, ad esempio, l'urgenza di chiedergli, come puoi pensare
che voglia usarti, come osi
farmi sentire così e poi correre via. Voleva anche averlo semplicemente lì con
lui, silenzioso e a suo agio, solo per poterlo guardare e ricevere un sorriso
di tanto in tanto.
E voleva baciarlo di nuovo.
Si morse le labbra e chiuse gli occhi.
*
Non poté rispondere a Ron il giorno dopo. A malapena vide Hermione
nella sala comune. Era come se non potessero essere lì, come se lui agisse su
un altro livello, come se stesse guardando le loro forme appena percepibili da
sott'acqua.
Solo un pensiero lo spronava quel giorno, e gli causava ansia.
E quando arrivò nella Sala Grande solo un volto era reale, solo
uno riuscì a vedere davvero chiaramente.
Draco era al suo livello. Draco era tutto ciò che vedeva.
Era seduto al tavolo dei Serpeverde a giocare pigramente con un
toast. Harry distinse solo la curva spigolosa del mento e le due ciocche di
capelli biondi adagiate sul collo.
Per un attimo restò immobile. Non aveva mai notato quanto potesse
essere reale la metafora della farfalla infilzata. Restò trafitto da una
singola sensazione di dolore, rimorso, preoccupazione, affetto e desiderio,
tutte riunite in una punta sottile. Sentimenti confusi e strazianti gli
ribollivano dentro e la gola gli bruciava, come se qualcosa stesse cercando di
artigliarlo da lì.
Appena poté muoversi e respirare, Harry agì. Non poteva farne a
meno.
Si avvicinò al tavolo dei Serpeverde, così disperato che non gli
importava fare scenate davanti a tutti, e disse,
"Ho bisogno di parlarti."
Draco alzò gli occhi.
Il suo sguardo sconvolse Harry. Era uno sguardo intenzionalmente
esplosivo, come un affondo di spada, ed era completamente privo di qualsiasi
emozione che non fosse ira.
"Allora continuerai ad averne, Potter."
Il suo tono era furiosamente freddo.
"Draco..." disse Harry, terrorizzato dalla profondità
della passione che udì nella propria voce.
Il piatto e la tazza di Draco sbatterono sulla tavola quando si
alzò in piedi, il viso reso nitido dal veleno.
"Il mio nome è Malfoy," sibilò.
Harry odiò la deliberata assenza di calore negli occhi di Draco, e
trovò assolutamente impossibile distogliere lo sguardo.
"Draco," si avventò su di lui, quasi per sfida.
"Chiudi la bocca."
Era una cosa gelida da dire, tipica di un Malfoy. E i pugni di
Draco erano stretti sul tavolo, come se morisse dalla voglia di uccidere
qualcuno.
"Draco, vuoi starmi a sentire..."
Draco esplose.
Saltò sul tavolo e afferrò i vestiti di Harry così da spingerlo
all'indietro contro una sedia.
Harry inciampò per l'impatto doloroso, ma si rifiutò di cadere.
La bocca di Draco si curvò per il fastidio e la frustrazione.
Rimase lì a guardarlo con rabbia e puro odio, proprio come se volesse
strangolare Harry a mani nude,
Qualcosa doveva aver brillato negli occhi di Harry, perché quelli
di Draco si ridussero a fessure d'acciaio.
"No," disse, ogni parola un'arma scelta con cura.
"Non ti ascolterò. Non voglio vederti né parlarti mai più. Questa parodia
di un'amicizia è finita, Potter, quindi striscia fino ai tuoi odiosi amichetti
e lasciami in pace, cazzo."
Stava ancora stringendo i vestiti di Harry. Harry afferrò i suoi.
La fiamma di oltraggio negli occhi di Draco gli ricordò
prepotentemente del giorno prima, gli fece pensare con terribile chiarezza al
sapore della sua bocca. Harry scacciò via quel ricordo con uno scatto d'ira.
"Smettila di fare lo stronzo testardo e ascoltami!"
gridò.
Draco lo spinse e Harry spinse lui. All'improvviso stavano lottando,
senza colpirsi, bensì stretti in un fiero corpo a corpo fatto di spintoni e
strattoni.
"Ascoltami,
cazzo!" Harry era senza fiato per lo sforzo.
Il braccio di Draco lo colpì violentemente, tagliando la sua
riserva di ossigeno.
"Non voglio!" gridò.
Harry gli abbassò il braccio.
"Non me ne frega niente! Perché non rinuncio finché non lo
fai tu, non me ne vado, non ti lascio ritirarti! Perché sei mio amico!"
"Non sono tuo amico," ruggì Draco. Con un improvviso
afflusso di forza, gettò Harry all'indietro.
Harry afferrò il polso di Draco cadendo, e si mantenne a lui.
Ciascuno dei due vide l'altro trasalire per la forza del colpo,
per la torsione sgradevole del polso.
Si ritrovarono alla distanza di un braccio, e lentamente si resero
conto di ciò che avevano intorno. Tutta Hogwarts li stava fissando a bocca
aperta.
Non sembrava che gli importasse.
Il viso di Draco si rilassò gradualmente, e quando guardò Harry
sembrò immobile e inesorabile come un paesaggio ghiacciato.
"Non sono tuo amico," spiegò, "perché detesto anche
solo guardarti."
Harry restò affranto.
Era stato uno stupido a concedere fiducia e affetto ad una persona
come Draco Malfoy. Se ne accorse in quel momento, intorpidito, nonostante sapesse
che lo sbaglio era ormai irreparabile. Draco aveva un orribile talento per la
crudeltà.
In quell'istante, guardando il lento crollo dell'espressione di
Harry, l'angolo della bocca di Draco si curvò per la soddisfazione.
"E adesso sparisci," ordinò, e si voltò.
Harry lo vide lasciare la Sala Grande, poi registrò il viso beffardo di
Blaise Zabini.
"Hai sentito cosa ha detto," disse. "Vattene dal
nostro tavolo, Potter. Non sei il benvenuto qui."
Restò accanto a Harry e abbassò la voce.
"Non sei mai stato il benvenuto qui. Ora è tornato in sé, e
se ti avvicini di nuovo a lui... te ne pentirai."
Zabini indietreggiò, affiancato da Tiger e Goyle che portavano in
viso una promessa di minaccia.
Harry li fissò inebetito.
E' tornato in sé.
*
Harry corse su per le scale della sala comune Grifondoro, così
veloce che tutto intorno a lui sembrava sfocato. Non voleva parlare con
nessuno, non poteva spiegare e non poteva analizzare i propri sentimenti,
riusciva a malapena a sentire attraverso il dolore...
Sbatté contro Ginny così forte che a entrambi mancò il respiro.
"Harry!" disse lei con la sua voce dolce e comprensiva.
"Ho appena saputo della lite. Stai... bene?"
Harry indietreggiò, improvvisamente allarmato, cercando di non
avvicinarsi a lei nel buio delle scale, cercando di non scorgere i suoi occhi
grandi e speranzosi nell'oscurità, perché era così simile a... Era proprio
come...
Il sesto anno, quando sia Snape che Sirius avevano tentato di
togliere cinquecento punti alla casa preferita dell'altro, e si erano ritrovati
tutti accalcati davanti all'ufficio di Silente per denunciarsi a vicenda.
"Sai, Snape," era scattato Sirius, "saresti una
persona meno arrogante, se non fossi nato ripugnante e senza alcuna speranza di
portarti a letto qualcuno."
Ogni Serpeverde fuori all'ufficio di Silente aveva inspirato
scioccato. I Grifondoro e i Serpeverde presenti si erano scambiati sguardi
truci.
Harry, rimasto fedelmente alla destra di Sirius, aveva rivolto una
feroce occhiata d'odio a Malfoy, che aveva le braccia conserte e si trovava
alla sinistra di Snape. Malfoy aveva curvato il labbro sdegnosamente.
"A me invece non viene in mente niente che potrebbe renderti
meno arrogante," aveva replicato Snape. "Sei stato insopportabile dal
primo momento che ti ho visto... tu e i tuoi preziosi amichetti, il traditore,
il licantropo e quel completo ipocrita..."
Sirius si era buttato su Snape, gli occhi neri che lampeggiavano,
ed erano caduti in un turbine di mantelli e pugni.
Malfoy si era girato, chiaramente intenzionato a prestare un po'
di disonorevole soccorso al suo insegnante preferito. Harry, punto dall'insulto
a suo padre e dall'offesa degli ultimi punti sottratti da Snape, non aveva
alcuna intenzione di stare a guardare.
Aveva afferrato il braccio di Malfoy.
Malfoy se l'era scrollato di dosso, gli occhi gelidi accesi di
rabbia, e l'aveva sbattuto contro di lui.
"Non ti permettere di toccarmi, Potter," aveva ordinato,
sebbene il suo pugno fosse ormai connesso alla mandibola di Harry e gli avesse
fatto inclinare il capo.
Harry non ci aveva pensato un attimo prima di lanciarsi su Malfoy
e mandarlo al tappeto. Non era accorto nemmeno che entrambe le case lo avevano
preso per un segnale di guerra immediata, non aveva sentito il boato di
confusione che era esploso, soffocato dallo scorrere del proprio sangue e dai
ansiti tormentati di Malfoy.
Aveva udito molto bene la voce glaciale di Malfoy.
"Ovviamente voialtri pensate che azzuffarsi come cani
impazziti risolva tutto. Che gusto ci prova il tuo padrino carcerato ad attaccare
il capo della nostra casa?"
Quindi aveva sollevato il gomito per colpire Harry sotto le
costole.
Harry si era lasciato sfuggire un sospiro stupito, e Malfoy aveva
approfittato dell'occasione per togliersi Harry di dosso e scaraventarlo a
terra.
"Che gusto ci prova Snape ad insultare mio padre?" aveva
detto Harry.
Malfoy era rotolato su di lui con calma e gli aveva procurato un
naso insanguinato.
"Non l'ho sentito insultare nessuno," aveva detto
sogghignando. "L'ho solo sentito dire la verità."
"Come ti sentiresti se qualcuno parlasse così della tua
famiglia?" aveva domandato Harry. "Oh, aspetta, dimenticavo che non
hai sentimenti. Per nessuno che non sia te stesso, almeno."
Aveva stretto i vestiti di Malfoy in un pugno, mantenendolo fermo
su di lui mentre gli dava un pugno nello stomaco.
"E tu non hai una famiglia," aveva detto Malfoy a denti
stretti.
E solo la pura rabbia per tutto lo schifo sputato da Malfoy aveva
fatto sollevare Harry dal pavimento, riuscendo quasi a mettersi in piedi per
poi ricadere sulla massa ribollente di corpi sopra Malfoy.
"Un'altra cosa che ho dimenticato," aveva ringhiato
Harry, "è che in effetti tutti parlano male della tua famiglia."
Gli occhi di Malfoy si erano assottigliati mentre cercava di
togliersi di dosso Harry. "Sei un bastardo, Potter."
Aveva colpito Malfoy sulla bocca.
"Ci vuole un bastardo per riconoscerne un altro,
Malfoy."
Aveva guardato con fiera soddisfazione il sangue fluire su quelle
labbra contorte, quel viso odioso e arrogante diventare rosso per la
frustrazione mentre Malfoy lottava per liberarsi di Harry. Lui aveva dato pugni
e l'aveva bloccato a terra mentre lottava e si dimenava, piegandosi mentre
Malfoy attaccava e cominciava a perdere fiato e...
Silente era uscito dal suo ufficio, e la massa rumorosa era
rimasta paralizzata.
"Studenti!" aveva urlato. "Che significa tutto
questo? Dove sono i professo..."
La voce gli era calata quando Sirius e Snape avevano alzato le
teste, e due furiose coppie di occhi neri avevano incrociato i suoi.
Harry aveva lanciato un'ultima occhiata truce a Malfoy, che era
affannato e sanguinava violentemente, ma che ciononostante aveva ricambiato lo
sguardo con intensità. Poi si era tolto da sopra di lui. Malfoy si era alzato
con un unico movimento agile, ed entrambi erano indietreggiati fino alle
rispettive posizioni, con gli occhi ancora incollati.
Silente aveva congedato gli studenti per occuparsi di Snape e
Sirius, e Harry aveva salito le scale dalla sala comune, in fretta, desideroso
di farsi una doccia.
Evidentemente era distratto, perché aveva quasi fatto cadere Ginny
Weasley. Lei gli aveva sorriso, nonostante tutto.
"Harry! Ho appena saputo della rissa. Stai... bene?"
Harry si era accorto di avere ancora il fiatone. Aveva bisogno di
una doccia subito, ma lei era lì speranzosa e lui doveva risponderle ed era
arrabbiato e frustrato e... moriva dalla voglia di fare qualcosa...
Aveva ripensato al viso pallido e odioso di Malfoy sotto di sé.
Vorrei avergli dato un altro bel pugno, aveva pensato.
E aveva detto, "Tutto bene," aveva afferrato gentilmente
i capelli di Ginny e l'aveva baciata con una sorta di desiderio lacerante di
fare qualcosa e sentire qualcosa...
Il bacio esitante di Ginny non era stato ciò che cercava, non era
stato abbastanza, e lui si era sentito vuoto, e tutto gli era parso deprimente,
come sempre, e si era tirato via appena possibile.
L'aveva guardata con una specie di muto orrore, e lei era
arrossita.
Stavolta la guardò con un tipo diverso di orrore, ma lei arrossì
nello stesso identico modo.
Corse su per le scale, e lei restò lì tremante e deliziata nella
sua scia, ad accarezzare il ricordo dell'inconfondibile desiderio che velava
gli occhi di Harry.
*
Ora ne era certo, assolutamente e disperatamente certo...
Era strano... volere di nuovo qualcosa. Si era quasi abituato al
dolore sordo del non tenere molto alle cose.
E adesso, all'improvviso, voleva qualcosa con tanto ardore.
Era terribile.
Ogni mattina era come una scossa. Si svegliava tranquillo,
chiedendosi cosa avrebbero fatto lui e Draco quel giorno, ed ecco che qualcosa
gli faceva ricordare, e quel nuovo terribile desiderio lo colpiva di nuovo.
A volte era così bizzarro che Harry credeva di sognare. Di certo
non poteva... non se ne sarebbe accorto prima...?
Bastava un'occhiata a Draco per chiarire ogni dubbio.
Altre volte la sensazione gli sembrava puramente fisica, e
l'angoscia e il desiderio gli serpeggiavano nello stomaco, troppo reali per
essere solo emozioni.
Ogni volta che cercava di convincersi che non poteva essere...
così, gli succedeva qualcosa, ad esempio...
Harry conosceva la bocca di Draco meglio di qualsiasi altra bocca
sul pianeta.
Aveva passato quasi sette anni a guardarla, e conosceva ogni
espressione che potesse creare. Aveva pensato ad ogni smorfia maligna, ogni
sorrisino, ogni cipiglio con varie emozioni e lo stesso grado di intensità.
L'aveva osservata in classe e mentre giocava a Quidditch, si era
concentrato su quella bocca come se la sola attenzione furiosa avrebbe potuto
costringere il ragazzo a tacere.
Certe volte aveva guardato quella bocca con puro odio, quando
sputava cose veramente schifose, e aveva immaginato di colpirla con un pugno.
Più di recente aveva cercato di decifrare emozioni da quella
bocca. Si assottigliava un po' quando Draco era turbato.
Non aveva mai sognato, in tutto quello studiare, odiare e
analizzare, che sarebbe diventata un'ossessione.
Ma forse era inevitabile.
Ora ogni volta che gli passava accanto nei corridoi, un angolo
della sua bocca si curvava per il disgusto involontario, e faceva male.
E quando Harry era seduto in classe o camminava per la scuola o
fissava il soffitto del suo dormitorio nell'ennesima notte insonne...
Quella bocca era di nuovo davanti a lui, così flessibile, ed
esprimeva solo le emozioni che Draco voleva esprimere. Tutto il suo viso era
allenato, anche la curva della sua bocca.
Harry pensò a quelle labbra, si rigirò più e più volte ripensando
alla loro consistenza.
Sognò di premere il pollice sul labbro inferiore, di sentirlo
cedere, di poterlo fare. Sognò
di sentire quella bocca aprirsi per ricambiare il bacio.
La notte prima della successiva riunione del Giovane Ordine della
Fenice, durante la quale intendeva trovare un modo per parlare con Draco, fece
un sogno.
Sognò di essere seduto in riva al lago, e che il cielo era grigio
e freddo, ma che nonostante tutto stava bene perché era protetto dalle pareti
trasparenti del labirinto.
Draco camminava verso di lui, sicuro e silenzioso, con indosso i
vestiti di Snape. Erano un po' lunghi e troppo larghi, il colletto scivolava
sulla sinistra. Harry fissò la soffice pelle bianca del collo e della gola
esposti.
"Perché indossi quei vestiti?" chiese, dato che
sembravano un po' strani.
Draco spinse Harry contro il muro vicino alla statua, e Harry
chiuse gli occhi e girò il viso tra i capelli di Draco.
La voce di Draco risuonò bassa e sicura nel suo orecchio.
"Non lo sai?" disse, e Harry si limitò a voltarsi alla
cieca verso il calore del fiato di Draco.
Sbatté le palpebre e vide il volto di un grifone, poi di una
chimera, poi di un basilisco.
"Non lo sai?" chiese quello.
Hermione era inginocchiata su un sofà a frugare tra un mucchio di
libri. Harry li guardò confuso: c'era anche Uomini
Che Amano Troppo I Draghi, ma lei scelse un volume enorme.
"Non lo sai?" indagò, togliendosi gli occhiali.
Draco si chinò sul suo petto, e tutto tornò a posto, erano sulla
barca e non era cambiato niente, e Draco stava dicendo, "Mi piacciono i
gatti," ma Harry sentiva solo "Non
lo sai?"
Harry si svegliò di soprassalto.
Sapeva cosa voleva.
*
Hermione pensava che il mondo sarebbe tornato alla normalità,
adesso.
Malfoy e Harry avevano avuto la loro enorme litigata in pubblico,
e tutta la loro malaugurata amicizia era crollata in modo catastrofico e
irrevocabile. Per quanto riguardava la piccola... cosa di Harry, beh, i ragazzi
della sua età avevano spesso strani impulsi ormonali, e Harry era troppo
sensibile per lasciare che la cosa lo influenzasse troppo.
Vederlo infelice le spezzava il cuore, ma lei e Ron cercavano di
tenerlo su di morale. Harry aveva persino sorriso, quando Ron l'aveva battuto a
scacchi.
Tutto il resto era così difficile. Disse a se stessa che almeno quello sarebbe filato liscio.
Fu durante la prima riunione del Giovane Consiglio dopo la lite
che si accorse di quanto si sbagliava.
Non ci fu alcuna scenata. Non ci fu neanche una minima traccia di scortesia,
la minima traccia di qualunque cosa, e
quella, quando si trattava del rapporto di Draco Malfoy con Harry Potter, era
una cosa strana e quasi... spaventosa.
Vide Harry sussultare quando Malfoy guardò verso di lui, ma lo
sguardo di Malfoy era impassibile e si limitò a sorvolare la stanza,
controllando che fossero tutti presenti. Quella mancanza di reazione la
sconvolse, le sembrò sbagliata fino all'osso.
Lui se ne stava lì seduto pigramente a rigirarsi la piuma tra le
dita, e Harry teneva gli occhi fissi su di lui, e Hermione non aveva mai visto
niente del genere prima...
Ripensandoci, forse sì.
Quando Draco Malfoy si era unito al Giovane Ordine il quinto anno,
si era comportato in maniera perfettamente civile durante tutta la prima
riunione. Ron aveva annunciato che si trattava di un complotto dei Serpeverde,
ma d'altronde Ron pensava anche che fossero i Serpeverde a far piovere quando i
Grifondoro avevano gli allenamenti di Quidditch.
Harry era stato decisamente d'accordo.
Quando Malfoy aveva iniziato a passargli davanti nei corridoi
senza insultarlo, Harry si contorceva per il fastidio.
Il terzo giorno a Harry si era incastrato un dito nella bocca del
gargoyle sul rubinetto, nell'aula di Pozioni. Malfoy si era morso il labbro,
chiaramente morendo dalla voglia di sparare diverse decine di insulti e
scoppiare a ridere, ma poi gli aveva passato un asciugamano.
Harry l'aveva sbattuto sulla porta mentre lasciavano l'aula, e
quella era stata la prima volta che Hermione lo aveva visto toccare
volontariamente Malfoy.
"Che cos'hai in mente, Malfoy?" gli aveva chiesto.
"Cosa stai progettando?"
"Levati," aveva risposto Malfoy. "Cos'è, un altro
dei tuoi episodi di psicosi, Potter? Ti fa di nuovo male la cicatri..." Si
era fermato e aveva preso fiato. "Voglio dire," aveva detto a denti
stretti, "Perché ti comporti così? Dobbiamo lavorare tutti insieme."
"Lo scoprirò, sappilo," aveva detto Harry, spingendolo
di nuovo.
"Certo," gli aveva detto Malfoy, spingendolo via e
andandosene.
Harry era rimasto a guardarlo col volto concentrato.
"Non la passerai liscia stavolta," aveva detto.
"Qualunque cosa tu abbia in mente."
Hermione aveva pensato che passava troppo tempo con Ron.
Durante la successiva riunione del Giovane Ordine, Lupin aveva
chiesto a tutti di stringersi le mani da un lato all'altro del tavolo, a
significare l'impegno di cessare le ostilità verso quell'afflusso di
Serpeverde. Malfoy aveva guardato male Hermione, che sedeva di fronte a lui, e
aveva detto acido,
"Non vedo perché dovrei toccare una Mezzos..."
D'un tratto aveva chiuso la bocca, lasciando tutti stupiti, si era
sporto e aveva stretto la mano di Hermione. Era tornato a sedere in fretta, e
aveva cominciato a scrivere sulla pergamena distesa davanti a lui. Aveva alzato
lo sguardo parecchie volte, ogni volta che qualcuno diceva qualcosa di stupido,
e Hermione aveva notato la voglia palpabile di sfottere stampata sul suo viso,
nonché che aveva stretto ancora più forte la piuma per scrivere.
Alla fine della riunione Hermione si era alzata e aveva guardato
la pergamena un attimo prima che potesse arrotolarla.
Draco Malfoy ci aveva scritto sopra tante volte ‘Datti una calmata.'
Harry, vibrante di rabbia, si era frapposto tra Malfoy e la porta.
"Dimmi, che stai cercando di fare?" era esploso.
Le dita di Malfoy si erano fatte bianche contro la sua borsa.
"Sto cercando di oltrepassare la porta," aveva detto a Harry,
cercando chiaramente di mantenere la voce calma. "Pensi di potermi
aiutare?"
"Oh, datti una calmata, Malfoy," era scattato Harry.
E il viso di Malfoy era lentamente tornato alla solita malizia.
"Perché mai dovrei farlo, Potter?" aveva indagato
pigramente. "Secondo me così sono meraviglioso."
Il viso di Harry era lentamente tornato alla solita espressione di
disgusto causata da Malfoy.
"Solo tu e la tua ragazza siete così scemi da crederci."
"Almeno," aveva osservato Malfoy in tono acido, "io
ho una ragazza."
Pansy Parkinson era apparsa accanto a lui con uno sguardo torvo.
Hermione aveva notato un po' divertita che era appena più alta di Malfoy.
Certo, Hermione era più alta sia di Harry che di Malfoy.
"Oh, congratulazioni," aveva detto Harry.
Malfoy e Harry avevano continuato a sibilare l'uno contro l'altro,
come due piccoli ma feroci gatti arrabbiati.
Harry gli aveva afferrato un gomito.
"Lo sapevo
che non eri cambiato!"
Malfoy aveva alzato un sopracciglio. "Perché cercare di
superare la perfezione? Hai ragione. Penso ancora nello stesso esatto modo di
sempre. Non sarò mai uno degli schiavetti di Silente," aveva detto.
"Per cui fai un bel respiro virtuoso di sollievo e smamma, Potter. Perché
non vai a firmare autografi per quegli svenevoli dei Canon, e non provi a
evitare di toccarmi? Sono certo che la tua scorta di Weasley ti ha attaccato i
pidocchi."
Aveva spinto via Harry con sicurezza ed era uscito con Pansy alle
spalle.
Calì era arrivata dietro Harry e Hermione.
"Gli conviene pregare di potersi sempre pavoneggiare in quel
modo," aveva osservato. "Se fa..."
"Oh, sta' zitta e smettila di dire scemenze, Calì,"
aveva detto Harry, il viso contorto per la repulsione.
Dopo quell'episodio Malfoy, seppur sforzandosi di non mandare
all'aria le riunioni, non si era più trattenuto fino al punto in cui la testa
gli sarebbe esplosa se non avesse provocato qualcuno.
Era successo, ma allora Malfoy era decisamente meno abile
nell'ignorare la gente.
E così Harry si era innervosito, anche ingiustificatamente, e
successivamente aveva strattonato per bene Malfoy ... ma non era mai esploso.
E adesso Malfoy non si stava certo comportando meglio, ma era
molto più scortese di quanto non fosse da molto tempo. Si comportava come se
notasse a malapena Harry, e per
qualche strano motivo Hermione considerava questa cosa molto più inquietante.
Era chiaro che Harry, stavolta, soffriva.
Hermione lo guardò preoccupata durante la riunione del Giovane
Ordine.
Quando Hannah Abbott arrivò in ritardo Malfoy strascicò, "Per
favore, Abbott, non scusarti. Queste riunioni non riguardano mica questioni
importanti... anche se ovviamente a tutti è mancato il tuo contributo
insostituibile di squittii su ogni dato allarmante."
Solo l'ansia aveva impedito a Hermione di lanciare un'occhiataccia
a Malfoy. Harry aveva l'aria di non aver dormito affatto") non avesse
dormito affatto. Dio, cosa mai gli faceva credere che ne valesse la pena, per
quel piccolo idiota maligno?
Più tardi il professor Lupin discusse nei dettagli quante delle
conoscenze del Ministero dovessero essere passate ai governi babbani, dato che
bisognava mantenere un legame tra il mondo magico e quello babbano.
"Un legame giù mantenuto dai sudici Mezzosangue,"
mormorò Malfoy.
"Signor Malfoy, questo commento è decisamente
inappropriato," replicò Lupin, mentre tutta la stanza mise gli occhi su
Harry.
Harry disse, "Draco,
smettila," con voce bassa e seria.
Malfoy non lo degnò di uno sguardo, e disse, "Malfoy,"
senza alcuna traccia di emozione e senza guardarlo.
Alla fine della riunione Harry si alzò con un'espressione decisa
che riempì Hermione di terrore e si mosse per bloccare Malfoy prima che
raggiungesse la porta.
"Malfoy, ti posso parlare?" chiese gentilmente Terry
Boot, alzandosi con molta meno fretta.
Malfoy spinse via Harry come se fregarsene di lui fosse la cosa
più naturale del mondo, e rispose, "Certo."
"Senti," disse Harry, "Draco... Dio, Malfoy, se
vuoi..."
"Ti dispiace, Potter? Sto parlando," rispose calmo
Malfoy.
Hermione mise una mano sul braccio di Harry e cercò di trascinarlo
verso la porta. Ogni muscolo del suo braccio era teso.
"Non sono riuscito a beccarti prima," disse Terry,
riponendo i libri nel suo zaino. "Volevo solo scusarmi..."
"Puoi parlare," lo interruppe Malfoy con un sorriso, e
si sporse per sfilare a Terry gli occhiali da vista, "ma devi toglierti
questi. Giuro che non sono un testo scritto."
Terry gli sorrise. A Hermione era sempre piaciuto Terry Boot, così
rimase sconvolta quando si accorse di quanto si era sbagliata sul suo conto.
Quantomeno doveva aver avuto un'opinione troppo alta del suo gusto in fatto di
amicizie.
"Volevo dirti che mi dispiace di non aver fatto il tuo nome
durante la scorsa riunione," disse. "Ero andato nel panico, ma poi mi
sono accorto di averti messo in una posizione orribile. Mi perdoni?"
"Non c'è niente da perdonare," gli disse tranquillamente
Malfoy. "Non era un complotto per diffamarmi. Cercavi solo di
aiutarmi."
A quel punto Hermione riuscì finalmente a tirare Harry fuori dalla
porta.
"Avanti," disse, "Ron ci sta aspettando nella sala
comune..."
"Io... tu vai," rispose Harry, la voce cupa e infelice.
"Ho solo bisogno di... chiarirmi le idee. Voglio uscire e allenarmi nelle
curve ad anello. Dopotutto la
Finale per la
Coppa si avvicina."
Storse la bocca e si allontanò a grandi passi.
Hermione si strinse i libri al petto e tornò nella sala comune.
Pensò a quanto fosse indescrivibilmente strano vedere Malfoy
ignorare Harry, anche se era una cosa che aveva già sperimentato.
Ripensò a quando aveva scritto ‘Datti una calmata.' L'unica
ragione che avrebbe potuto spingere Draco Malfoy, tra tutti, a cercare di
controllare il proprio comportamento supponente e arrogante era un obiettivo da
raggiungere. Sapere di doverci riuscire a tutti i costi.
Era una persona assolutamente crudele, e in quel momento stava
facendo del male a Harry, ma, pensò, poteva esserci solo una ragione dietro lo
sforzo che aveva fatto. Se davvero gli importava del Giovane Ordine e della
guerra, allora...
Entrò nella sala comune e prese una sedia dal tavolo dove era
seduto Ron.
"Ron," disse lentamente, "comincio a credere che
Draco Malfoy non sia la spia."
Si aspettava una delle loro litigate, ma Ron alzò gli occhi dai
compiti molto seriamente.
"Non lo so," disse piano. "La lite con Harry...
insomma, lo odio, ma se davvero stesse cercando di estrapolare informazioni da
Harry, perché litigherebbe con lui?" Si fermò e strinse i denti. "Non
ha alcun senso. Cosa pensi che dobbiamo fare?"
Hermione si chinò su di lui, e avrebbe quasi pianto per il
sollievo. Ron sapeva essere difficile, e di tanto in tanto avevano dei periodi
neri, ma lui non l'aveva mai delusa quando aveva davvero avuto bisogno di lui.
Appoggiò la mano sulla sua spalla e stava per dire "Ti
amo," invece disse, "Ci serve più pergamena."
Passò del tempo prima che Harry tornasse, ancora più esausto di
prima.
"Cosa state facendo?" chiese quando entrò. Ron alzò gli
occhi dalla pergamena su cui Hermione stava scrivendo.
"Stiamo stilando una lista dei possibili sospetti come
spie," disse.
Harry aveva il viso teso. "Pensavo aveste già le idee chiare
a riguardo."
"Ci stiamo ripensando," spiegò Hermione. "Vuoi...
darci una mano?"
Esitò per via dell'espressione di Harry, ma Harry era
determinatissimo.
"Sì," disse. "Datemi la lista."
*
Ogni volta che Harry ripensava dolorosamente al passato, con
quella sensazione di distacco che si prova prima di addormentarsi, gli
tornavano in mente alcune cose.
Il viso di Draco quando aveva detto di nuovo ‘sudici Mezzosangue'
alla riunione del Giovane Ordine della Fenice. Tutti si erano voltati verso
Harry... e lui era rimasto zitto, a fissare l'unico viso che non lo stava
guardando, in preda ad una fitta di desiderio del tutto inappropriata.
Già sentiva di essere sul punto di impazzire, ci mancava solo questo. La partita Serpeverde-Grifondoro,
decisiva per la Coppa
delle Case.
Era stato così anche il terzo, quinto e sesto anno. I Grifondoro e
i Serpeverde a lottare per la
Coppa, serrati al primo posto con i due Cercatori eternamente
rivali serrati ai posti di combattimento.
Quest'anno era diverso, per entrambi.
Draco sembrava ancora più concentrato. Quando si trovarono l'uno
davanti all'altro durante la partita, i suoi occhi si strinsero fino a sembrare
fatti solo di acciaio e odio.
Come capitani delle rispettive squadre, erano stati costretti a
stringersi la mano.
Fu il primo contatto fisico dal... dalla giornata sul lago.
E il morso freddo della stretta astiosa di Draco fece girare forte
la testa a Harry.
La forza furiosa di quella presa gli fece pensare a loro due
avvinghiati follemente, da soli, schiacciati sulle gradinate attorno al campo.
Il viso di Draco in quella fantasia era accaldato, e i suoi capelli soffici
erano ovunque, perfino tra le labbra di Harry mentre gli baciava il collo,
assaporando il sudore e la sua pelle e...
Draco strappò via la mano da quella di Harry il prima possibile.
Harry rimase a fissare quel viso gelido con i capelli perfettamente aggiustati
come se non lo riconoscesse.
Lottò contro quegli impulsi malsani e la sensazione sorda di
abbattimento che provava, e cercò di lasciarsi quelle emozioni alle spalle
quando si alzò in volo. Per un attimo pensò di esserci riuscito: era in aria, i
capelli e i vestiti mossi dal vento, e sentiva soltanto la solita ondata di
eccitazione.
Sarebbe andato tutto bene. Si era preso una cotta per Cho Chang,
in passato, e la cosa non l'aveva mai influenzato. Volare era sempre come la
prima volta...
Quando Draco l'aveva sfottuto con la Ricordella di Neville,
ed era stato così soddisfatto nel vedere lo shock negli occhi di Malfoy, solo
che stavolta niente era come
con Cho Chang, perché lei non era mai stata sua nemica, non era mai stata sua
amica, non era mai stata niente di reale per lui, e non gli era mai importato
veramente di lei.
Aveva bisogno che tutto tornasse come prima. Uno qualsiasi dei
prima.
L'ultima partita di Quidditch l'aveva giocata ribollendo di
rabbia, e Malfoy l'aveva guardato ad occhi stretti, e a ogni break per
discutere di un fallo era andato a controllare il regolamento. Harry ricordava
che aveva odiato ogni molecola del corpo di Malfoy, la terza volta che Malfoy
aveva inclinato la scopa verso il basso per scendere in picchiata verso la gradinata.
Si era seduto, aveva aperto il regolamento, squadrato velenosamente Harry con i
capelli sul viso, leccato deliberatamente la punta della sua matita e depennato
l'ennesima regola.
E Harry aveva stretto le mani sulla scopa proprio come stava
facendo in quel momento, accorgendosi che sapeva esattamente come volava Draco.
Era così misurato, ci teneva così tanto a farlo nel migliore dei modi, e anche
se sembrava liscio ed istintivo Harry capiva dalle pause prima di decollare e
dopo aver messo piede a terra che non lo era. Lo aveva guardato per sentire
quel piccolo brivido di trionfo.
Non era così strano per lui guardare famelico Draco Malfoy.
Non che ci avesse mai pensato prima, certo che no, dato che si sentiva in colpa perfino a farlo
adesso. Non si trattava di quello.
Era che certi ricordi erano stampati a caso nella sua mente, come
quelle lunghe dita unite, il modo in cui i vestiti da Quidditch si alzavano a
mostrare una coscia tesa sul manico di scopa.
Un corpo colpì violentemente quello di Harry, e lo spavento lo
fece balzare via. Si inclinò tutto a sinistra, tagliando con la scopa il
percorso dell'altro giocatore, e ovviamente capì chi era prima di guardare.
Draco era una macchia indistinta di velocità e capelli agitati dal
vento prima che la sua scopa toccasse quella di Harry e si fermasse vibrando.
Poi comparve il suo viso, rosso per lo sforzo, teso per la concentrazione e
assolutamente, gelidamente furioso.
Gettò la testa all'indietro e fissò Harry con uno sguardo
agghiacciante.
"Non ti permettere di lasciarmi vincere, Potter."
Ci volle un momento affinché Harry assorbisse ciò che Draco stava
dicendo, perché c'era una patina brillante di sudore sulla sua gola nuda e
pallida, e le goccioline calde splendevano sulla pelle sopra le sue labbra,
scivolando lentamente e tremolando sulla linea curva della bocca.
Poi si concentrò sugli occhi e sentì che riflettevano il principio
di qualcosa di simile all'offesa.
"Lasciarti vincere?"
scattò. "Hai molta stima di te, vero, Malfoy? Non ho mai rinunciato al
gioco in vita mia."
"Bene," disse Draco. "Continua così."
"Oh, va' al diavolo," sputò Harry, inclinandosi a destra
e accelerando. Con la coda dell'occhio vide il manico di scopa di Draco
abbassarsi e sfrecciare in avanti per seguirlo.
Non c'era alcun Boccino in vista. Harry ebbe la vaga idea che
avrebbe potuto aiutare alcuni dei giocatori presi di mira dai Serpeverde.
Durante l'ultima partita Malfoy aveva fatto cadere Ginny, e Harry
era riuscito a prenderla appena in tempo. Harry si ricordava benissimo la
stretta delle mani di lei attorno al collo, e lo sguardo beffardo che Malfoy
gli aveva rivolto mentre spiegava a Madama Bumb che i Grifondoro non potevano
certo beccarsi un tiro di punizione, quando tutto ciò che aveva fatto era
realizzare le piccole fantasie preadolescenziali di Ginny Weasley.
Questa partita, però... tutto sembrava tranquillo. I Serpeverde
erano in vantaggio coi punti perché stavano facendo innervosire Natalie
ingannando Dean con le finte, a sinistra quando andavano a destra e viceversa,
ma non stavano realmente... non stavano imbrogliando.
Non stavano imbrogliando.
I Serpeverde imbrogliavano sempre
nelle partite contro i Grifondoro. Da quando Draco aveva preso il posto di
capitano, il quinto anno, imbrogliavano molto meno con i Tassorosso e i
Corvonero. Proprio come col suo modo di volare, a Draco piaceva farlo sembrare
facile, gli piaceva mettersi in mostra e mettere in chiaro che poteva vincere
senza sforzi. Imbrogliava quando era costretto, ma avveniva di rado... a meno
che i Serpeverde non giocassero contro i Grifondoro, nel qual caso l'inganno
raddoppiava e diveniva selvaggio, fino a fare impazzire Harry.
Quella era l'ultima partita Serpeverde-Grifondoro, l'ultima in cui
avrebbero giocato l'uno contro l'altro, e tutto era diverso e ancora più
importante. E Draco era troppo orgoglioso e arrabbiato per barare.
Per un folle minuto Harry pensò a quello, alla sua feroce boria
arrogante, e fu tentato di lasciarlo vincere.
Ma lo conosceva meglio di quanto pensasse Draco, e non era il tipo
di persona che tradiva gli altri, anche se Draco pensava il contrario. E non
aveva mai lasciato vincere nessuno.
Si avventò in un cerchio attorno al campo, cercando e cercando con
gli occhi, quindi vide un barlume dorato in alto nel cielo.
Draco era molto più in alto di lui, molto più vicino al Boccino.
Diresse in alto la scopa, tagliando l'aria in verticale col vento che gli
risucchiava le guance, e Draco lo vide accelerare, non guardarlo non guardarlo non guardarlo, e Harry vide solo
il boccino, ma l'altro giocatore l'avrebbe preso per primo perché la sua scopa
non si sarebbe mai alzata tanto rapidamente. Così si alzò in piedi sulla scopa,
oscillando violentemente, e udì l'urlo della folla di sotto quando afferrò il Boccino.
La scopa di Draco si fermò accanto a quella di Harry come un
uccello che avesse urtato contro una finestra.
La sua espressione frastornata fece capire a Harry che colpo
doveva essere stato per lui vederlo vincere con una mossa che gli aveva
insegnato proprio Draco, quando erano amici.
Vincere, in qualsiasi modo, gli era venuto d'istinto. E dato che
sapeva come fare...
Gli occhi impalliditi di Draco erano assorti e spietati.
"Almeno non mi hai lasciato vincere," disse.
Alla fine erano molto più simili di quanto nessuno avesse mai
potuto sognare.
"Senti," disse Harry disperato, tendendo la mano che non
stringeva il Boccino, "Ti prego..."
Draco non lo guardò nemmeno, virò a sinistra e verso il basso,
tornando direttamente a terra.
Harry piombò in basso fino a toccare il suolo, planando lentamente
tra una massa di gente in festa e abbracciando Ron in uno sbalzo di esultanza
che svanì troppo presto, accettando un'altra Coppa che non voleva più.
*
Alla fine Harry pensò che, probabilmente, sarebbe stato meglio
andarsi a fare una doccia. Ron ci era già andato dopo che Hermione aveva storto
il naso e si era rifiutata di abbracciarlo.
Harry era già stato abbracciato da Natalie, Ginny, Ron, Dean e
(orrore!) dalla professoressa McGranitt. Era pronto per una bella doccia
rilassante.
"Potter, potrei parlare un attimo con lei?" chiese la
professoressa McGranitt.
Tipico.
Harry annuì e si divincolò educatamente da Ginny, che parlava
rapita della sua azione.
La professoressa era ancora un po' scossa dalla confusione di
quando tutti si erano buttati su Harry, e il suo cappello era inclinato.
L'irritazione di Harry diminuì quando vide delle venature bianche nei suoi
capelli neri.
Sette anni prima i suoi capelli erano stati neri come le piume di
un corvo. Ora il grigio li aveva quasi ricoperti.
Tuttavia conservava il suo incedere autoritario, e Harry dovette
alzare il passo per starle dietro. Pensò che era impressionante, per una donna
anziana.
Passarono davanti ai Serpeverde uscendo dal campo di Quidditch.
Draco, Zabini e Pansy erano seduti sulla divisa da Quidditch di Draco,
spaparanzati sull'erba accanto alle gradinate. Harry distolse lo sguardo da
Draco, cercando di non fissarlo.
Quando non furono più a portata di orecchie, sulla strada per la
scuola, la professoressa McGranitt parlò e catturò pienamente la sua
attenzione.
"La signorina Granger mi ha detto che ultimamente lei fa
sonni agitati."
"Io..." disse Harry, ma ciò che avrebbe voluto dire era Come e perché
e Non sono affari suoi, ma il
fatto era che Ron diceva tutto a Hermione, Hermione aggiornava regolarmente la McGranitt sugli altri
studenti da quando era diventata Capocasa, e lui non era così stupido da dire
una cosa del genere alla McGranitt. Invece disse, frustrato, "Non è
niente."
"Potter," disse la professoressa McGranitt con voce
acuta per l'esasperazione, poi si fermò e addolcì leggermente il tono.
"Lei sa cosa le ha detto il professor Silente riguardo ai suoi sogni. Gli
incubi sono causati dalla stessa cosa che rende dolorosa la sua cicatrice...
quando Lei-Sa-Chi è vicino o si sente particolarmente vendicativo. I suoi sogni
sono avvertimenti, e non può permettersi di ignorarli."
Harry la guardò e tentò disperatamente di formulare ‘A dire il
vero i miei sogni recenti sono più sul genere delle fantasie sessuali, quindi
non riguardano Voldemort' in un qualche tipo di frase che potesse pronunciare
davanti alla McGranitt.
"Credo proprio..." cominciò, e si fermò prima di
aggiungere, ‘che Draco Malfoy che si toglie i vestiti non sia certo un piano
malefico.'
Guardò la sua scopa e si chiese se non potesse usarla per
bastonarsi fino a perdere i sensi.
"Potter, so bene che per lei deve essere difficile giudicare
ciò che è importante," gli disse la McGranitt, non senza comprensione. "E' per
questo che abbiamo portato a Hogwarts un Sognatoio."
"Uhm. Professoressa, cos'è un Sognatoio?"
Raggiunsero la vetta della collina, e la McGranitt iniziò a
scendere i gradini.
"Venga, Potter," disse vivacemente. "Le faccio
vedere."
*
L'ufficio della professoressa McGranitt era stato spostato nei
sotterranei durante il sesto anno. Lei e Snape avevano svolto insieme delle
ricerche per trasfigurare pozioni suicide per i soldati in spille dall'aspetto
innocuo che sarebbero tornate utili in caso di bisogno.
Sentì l'ennesima inutile e stupida fitta quando passarono davanti
allo studio vuoto di Snape, e Harry ripensò allo sguardo desolato di Draco
quando pronunciava il nome del professore.
L'ufficio della McGranitt era pulito e ordinato come Harry lo
ricordava da quel paio di occasioni in cui ci era stato, con un grande
scrittoio pieno di pile ordinate di fogli a dominare la stanza. L'unico tocco
personale era una piccola, logora cesta per gatti in un angolo.
Non c'era niente di nuovo a parte il basso bacile di pietra al
centro del pavimento, che era decorato con rune e che, se non fosse stato per
l'assenza di qualsivoglia contenuto argenteo, aveva l'aspetto esatto di un
Pensatoio.
"I Pensatoi e i Sognatoi, nel mondo magico, filtrano il contenuto
della mente umana e trattengono i residui importanti," disse la McGranitt, con un'aria
più contenta, ora che aveva la possibilità di insegnargli qualcosa. Harry
soffocò l'impulso, che sospettava Hermione avrebbe trovato irresistibile, di
cercare della pergamena e iniziare a prendere appunti. "Il Pensatoio lo fa
coi pensieri, il Sognatoio lo fa con i sogni. Cosa le ha detto il professor
Silente dei Pensatoi, esattamente?"
Harry cercò di ricordare.
"Che... diventa più facile riconoscere trame e collegamenti
tra i pensieri in eccesso, usandone uno," disse lentamente.
Se registrare i suoi sogni sarebbe potuto essere utile nella
guerra, doveva farlo.
Ma non era pronto nemmeno lui ad accettare l'idea. Non sapeva se
sarebbe mai stato pronto a lasciare che fosse la professoressa McGranitt a
fargliela accettare.
Non importava.
"Questo Sognatoio è calibrato specialmente per estrapolare i
sogni chiusi nel suo subconscio, dimenticati dalla sua coscienza," proseguì
precisamente la McGranitt.
"E' anche progettato per estrapolare i sogni che provengono da una fonte
esterna, piuttosto che i sogni originati dalla mente stessa."
Il sollievo fu così grande che Harry rimase a fissarla.
"Cosa?"
"E' una caratteristica inusuale," continuò la McGranitt, e Harry si
accorse in quel momento che le rune sul bacile di pietra erano diverse e più
complesse di quelle sul Pensatoio di Silente. "E' giunto dietro precisa
richiesta dal Ministero, e con parecchi rotoli di istruzioni scritte dal
giovane Percy Weasley. Penso che filtrerà solo i sogni inviati da Lei-Sa-Chi,
cosa che ci farà risparmiare tempo, e sarà anche decisamente meno imbarazzante
per lei."
Harry alzò di scatto la testa. La professoressa McGranitt si era
colorata di un rosa leggero, ma sorrideva sardonica.
"Sono stata giovane anch'io, Potter," lo informò
severamente.
Il primo impulso di Harry fu di negare tutto e chiederle se
pensasse che avesse sogni erotici tutto il tempo (e non li aveva), ma poi visualizzò le parole che stava per
dire, che avrebbero incluso ‘Draco Malfoy,' ‘solo di recente' e ‘fisicamente
improbabile.'
"Uhm, dubito che lei sia stata un adolescente maschio,
professoressa," disse invece, e lei sorrise un po' di più.
Harry si fece avanti, si toccò la fronte con la bacchetta e poi
colpì anche il bacile.
Si era chiesto, dopo aver visto Silente che lo faceva, cosa si
provasse. Pensava che si potessero vedere i pensieri... i sogni, in questo
caso, riavvolgersi nella mente e poi comparire nel bacile come in un videoregistratore.
Invece era come doveva essere una ferita curata sotto anestesia.
Un taglio dentro di lui che veniva osservato anziché sentito, quindi il flusso
di... qualcosa, un tipo di sangue secondario, argentato e meno tangibile.
Rimase lì e il tempo sembrò dilatarsi, viscoso come il materiale che si andava
riversando nel Sognatoio.
Poi aprì gli occhi, che evidentemente aveva serrato.
Una luce soffusa si levava dal Sognatoio, un bagliore pallido
sospeso sulla sua superficie argentata. La professoressa McGranitt sorrideva di
approvazione sullo scintillio.
"Bene allora, Potter," disse. "Vediamo. Se sta
funzionando correttamente, dovrebbe cominciare dai tuoi incubi più
recenti."
Sollevò la bacchetta e la mise nel Sognatoio.
Harry guardò e vide il contenuto del bacile diventare trasparente.
L'immagine di un lago apparve lentamente, seguita dall'immagine di un labirinto
che vi si sovrappose.
Poi fu la volta del volto pallido di Draco, lievemente sfocato ma
che si faceva sempre più nitido, fino a quando solo le punte dei suoi capelli
restarono liquide, come se fosse sott'acqua. Si mosse in avanti, gli abiti di
Snape scivolarono lungo una clavicola, e l'immagine di Harry nel Sognatoio si
ritrovò con le spalle al muro.
Harry provò contemporaneamente l'impulso di gridare ‘Ma me l'aveva
promesso!' alla professoressa McGranitt, e quello di nascondersi il viso tra le
mani prima di morire di imbarazzo.
"Capisco," disse la professoressa. "Si è mai
sentito minacciato da Draco Malfoy?"
"No..." Harry si bloccò e aggiunse con tutta la forza
che gli riuscì, "Non per anni."
La McGranitt si limitò ad annuire, e
continuò a scrutare il Sognatoio. Harry guardò il suo viso e vide la sua
espressione alterarsi sottilmente una volta, ma pur tornando a guardare le
immagini non capì cosa l'avesse impressionata.
Seguì un breve episodio di violenza che Harry neanche si
ricordava, solo il viso di un estraneo e un urlo. Harry sentì la propria bocca
farsi feroce.
E poi... il lago di notte. Quel sogno la notte dopo che Seamus era
scomparso. Harry stava nuotando, vide le proprie spalle nude e pensò allarmato,
Ma avevo qualcosa addosso?
La professoressa McGranitt era una delle ultime persone al mondo
che voleva lo vedessero nudo, insieme a Mirtilla Malcontenta, ma per quello
ormai era troppo tardi.
Barche, Ron, Hermione e poi ancora Draco, ma la professoressa non
poteva pensare che volesse dire qualcosa, perché anche Hermione era in entrambi
i sogni. Draco che nuotava. Oh mio Dio, ma Draco aveva qualcosa addosso?
"Va tutto bene, Potter?"
"Sto bene," disse Harry con un filo di voce.
Doveva cominciare a stare più attento al suo subconscio.
Alzando gli occhi dopo quel sogno, vide che la professoressa
McGranitt si era fatta molto più pallida.
"Cosa ha..."
"Silenzio," disse severa la McGranitt, piegandosi in
avanti.
Ci fu un fiume di violenti frammenti di sogni, della maggior parte
dei quali Harry non ricordava nulla. Alcuni erano sopravvissuti, erano rimasti
freddi accanto a lui nel suo letto a Privet Drive o nel dormitorio, sempre
quando era solo, ma non aveva avuto idea che fossero così tanti.
Si domandò, con un brivido, che tipo di effetto avessero quelle
oscure immagini sanguinose su una mente che ne era piena.
Non sapeva per quanto avrebbe potuto sopportarlo.
"Fino a che punto può andare indietro nel tempo?"
chiese, con voce forzatamente ferma.
"Sin da quando lei e l'agente di Lei-Sa-Chi, Raptor,
arrivaste a scuola il primo anno," rispose a bassa voce la professoressa.
Harry rabbrividì e continuò a guardare.
C'era quello del quarto anno, in cui un gufo lo aveva portato alla
finestra di Voldemort e Voldemort aveva lanciato il Cruciatus su Codaliscia...
"Un gufo aquila," disse pensierosa la professoressa
McGranitt. "So che ce n'è uno nella Guferia. Sa di chi è?"
"No," mentì immediatamente Harry, prima di fermarsi per
un attimo, frustrato. "Cioè... è di Draco Malfoy, ma..."
La professoressa McGranitt gli fece un cenno silenzioso.
Non significa niente, si disse Harry in modo ribelle. E' ovvio che questi avvertimenti sono tutti
mischiati con immagini di sogni a caso. Devo aver visto il gufo di Draco a
colazione quel giorno, o qualcosa del genere.
Dato che erano al quarto anno, fu vagamente rassicurato dal fatto
che i pensieri sensuali non si sarebbero fatti vivi per scioccare la
professoressa.
Continuò a guardare con caparbietà, cercando di non gridare. Era
strano vedere se stesso nel Sognatoio, sempre più giovane fino a quando non era
che un ragazzino del primo anno, con delle ginocchia incredibilmente nodose,
che litigava col Cappello Parlante.
Nel sogno c'era il turbante. Un avvertimento arrivato con sette
anni di ritardo.
Harry alzò gli occhi quando l'ultimo sogno fu finito per scambiare
un'occhiata mesta con la professoressa, ma lei era ancora più pallida e più...
spaventata di prima.
"Professoressa, che cos'ha?" esclamò.
Lei parve riprendersi da una fantasticheria, le labbra tese.
"Niente, Potter. Penso di aver visto qualcosa... ma non ne
sono sicura. Non è più un suo problema."
"Ma è la mia mente!" disse Harry.
La McGranitt parlò con voce affaticata.
"Sì, e la ringrazio per la sua assistenza, ma lei è ancora
uno studente e non le metterò un altro fardello sulla schiena!"
Harry la guardò ammutolito, ma un minuto dopo la McGranitt si era già
ricomposta.
"Potrebbe portare al professor Lupin un messaggio da parte
mia?" chiese. "Vorrei vederlo il prima possibile."
Harry si voltò e infilò la porta, poi si fermò sulla soglia,
colpito da un pensiero improvviso.
"Professoressa... sta calando il buio, e stanotte c'è la luna
piena."
Lui e Sirius avevano memorizzato il calendario lunare. E...Silente
era al Ministero, e non sarebbe tornato fino a tardi. Non c'era nessuno a cui
rivolgersi.
"Vuole che vada a chiamare Siri... ehm, il professor
Bl..."
"No," rispose la professoressa McGranitt. "No.
Posso aspettare fino a domattina. Io... grazie, Potter, può andare."
Era ancora visibilmente scossa. Mentre Harry esitava sulla porta
lei ritornò alla scrivania e vi si appoggiò, togliendosi il cappello, che
scivolò e si appiattì sulla scrivania. Harry vide il grigio e i fermagli nei
suoi capelli.
"Quando la signorina Granger stava consultando i libri,"
mormorò, ma si fermò. Alzò gli occhi e disse in tono secco, "Ho detto che
può andare, Potter."
Harry esitò ancora un momento, e il viso della professoressa di
addolcì.
"Se ha bisogno di una chiacchierata, Potter," disse, un
po' rigida, "So bene che il suo padrino è disponibile... ma io sono il
capo della sua casa, dopotutto."
Harry pensò che non c'era niente che potesse fare per riassicurarla,
se non un rapido sorriso forzato.
"Sì, professoressa," disse, e uscì.
Camminò esausto nel corridoio, diretto verso l'entrata che dai
sotterranei portava alla Sala Grande. Sentì di nuovo il suo stomaco
attorcigliarsi per l'odio feroce, come se l'oscurità lo stesse artigliando da
dentro. Voldemort ha causato tutto questo, ha causato questo dolore e me l'ha
trasmesso...
Alzò lo sguardo: si trovava accanto alla parete che portava alle
stanze dei Serpeverde. Persino il suo odio era esausto.
Lui non... non aveva alcun piano, e non voleva niente di nuovo,
voleva solo... Voleva vedere Draco, riavere il dono della sua comprensione
offerta con voce così confortevole, anche se non certo al fine di confortarlo.
Era così stanco, e moriva dalla voglia di qualcosa che fosse giusto.
Alzò una mano e picchiò contro il muro.
Picchiò ancora una o due volte, anche quando divenne chiaro che
nessuno avrebbe risposto. Quindi si accorse che accanto a lui c'erano due
Serpeverde più piccoli che lo guardavano a bocca aperta.
"Beh?" scattò. "Perché non dite la parola d'ordine
ed entrate?"
Restarono ostinatamente in silenzio. Harry lasciò cadere la mano.
"Bene," disse loro. "Ma ditegli che tornerò."
Se ne andò in fretta, e gli sembrò che nel mondo non ci fosse
altro che quell'odio nero, che lo lasciava completamente solo.
*
Hermione non sapeva esattamente cosa fosse successo con Malfoy, ma
vedeva bene come aveva ridotto Harry.
Vedeva come aveva ridotto Harry, non era difficile... la parte difficile era
capire cosa fare. Perché gli voleva bene e gliene aveva sempre voluto, ma lui
non le parlava più dei suoi problemi, e lei proprio non sapeva come fare a
farsi avanti e reclamare quell'antica fiducia, per non parlare di come
aiutarlo.
Ed era una caratteristica straziante dell'amicizia quella che,
sebbene sapesse che avrebbe solo combinato guai... non poteva non tentare.
Harry era tornato dal colloquio con la professoressa McGranitt e
si era rifiutato di parlare tutta la sera. Era seduto davanti al camino con le
gambe strette al petto, la testa china su I
magnifici sette. Il suo rapporto con quel libro era diventato
quello di un tossicodipendente con la droga.
Hermione attese finché la stanza non si svuotò, poi si avvicinò e
gli toccò un ginocchio.
"Harry."
Alzò gli occhi, verdi occhi ombrati. "Cosa vuoi dirmi,
Hermione?" chiese lui in tono stranamente neutrale. "E' da quando
sono tornato che mi guardi."
Stai soffrendo, e sono disperatamente preoccupata per te, ma non
posso farci niente perché non capisco, e se cercassi di fare qualcosa ti farei
solo stare peggio.
Abbassò lo sguardo sul suo grembo, e sperò di averlo preso in un
momento in cui era così stanco da essere sincero, parlando con quella dolorosa
franchezza che sperava potesse aiutarlo.
"Non sei... felice, Harry."
Rimase zitto per un minuto, poi disse, "No."
Quell'ammissione bastò a spezzarle il cuore.
"Harry..." disse, e inorridì nel sentire la propria voce
stridula e sull'orlo delle lacrime. "Perché non me lo dici, ti giuro che capirò... perché non mi
dici cosa... Ti sto chiedendo di non chiudermi fuori. Se solo mi dicessi... che
cosa vuoi..."
Harry alzò gli occhi su di lei, nel suo sguardo l'affetto, il
dolore e la distanza.
Lentamente, disse, "Lo rivoglio."
"Dai, Harry... pensa a tutti quegli anni in cui saresti stato
contento di sbarazzarti di lui..."
La sua risatina spaventata e forzata fu interrotta dallo sguardo
di Harry, come se fosse stato ferito e la ferita fosse ancora aperta e
sanguinante.
"No,"
disse. "Tu non capisci."
Lo guardò senza parole. Lo so,
pensò. Lo so, e non capisci che la cosa che
mi ferisce di più è che in questo periodo orribile non posso nemmeno essere
certa che le cose tra di noi vadano bene...
"Non eravamo amici quando lo trovai in..." Harry
deglutì. "In fondo al lago."
"Ma è stato un..." la voce quasi le mancò, e udì
l'ultima parola oltrepassare le proprie labbra come se ne avesse paura.
"Errore?"
"No," disse di nuovo Harry.
Hermione lo fissò implorante, come se potesse fargli cambiare
idea. Lui continuò a guardare le fiamme assorto.
"Non avevo mai avuto nessuno prima di venire a
Hogwarts," le disse, e la sua voce era quasi immobile. "Poi sono
arrivato qui, ho incontrato te e Ron, e... ed eravamo tu, io e Ron. Poi siete
diventati tu e Ron, tanto che sembrava non esserci più posto per me. Ma ho
incontrato anche lui a Hogwarts, e a volte quando litigavamo... non me n'ero
accorto, era quasi una costante, non ci avevo mai pensato ma a volte... a volte
si trattava solo di me e lui."
Strinse i denti.
Hermione si strinse una mano nell'altra fino a farsi quasi
scricchiolare le ossa. Non ci aveva pensato, non aveva pensato alla vita di
prima di Harry e a quanto la sola attenzione totale di qualcuno potesse
significare per lui. Né a quanto potesse significare la totale attenzione per qualcuno
da parte sua.
Il fuoco che aveva contribuito a trasformare la rivalità tra case
in una guerra tra case il terzo anno, spirali di violenta tensione incentrate
sulla loro intensa ostilità. Il modo in cui Harry, che non gongolava, aveva guardato il volto
inorridito di Malfoy il primo anno, come se la vittoria su di lui fosse l'unica
cosa da festeggiare, l'unica cosa da assaporare.
Il modo in cui, il quarto anno, gli altri studenti era corsi via
non appena loro due avevano estratto le bacchette, scappando per la sala solo a
causa dei loro sguardi, e Hermione sentì che avrebbe dovuto capirlo...
"Mi manca più di ogni altra cosa," disse Harry con quel
tono belligerante che usano i ragazzi, fissando con un'ira sconvolta il loro
dolore. "Lo rivoglio indietro. Ad
ogni costo. Non sopporto di... essere di nuovo così solo."
Hermione si morse le labbra per non piangere. "Non sei
solo," disse fieramente.
Harry la guardò di nuovo, un breve sguardo sfuggente. "Non
intendevo quello," disse, ma non parve consolato.
Hermione piegò il capo per impedire che la vedesse lottare contro
quelle lacrime imbarazzanti. Era stata così felice, così compiaciuta, aveva pensato che le cose
sarebbero tornate alla normalità ora che Malfoy era di nuovo suo nemico. Ma le
cose non erano tornate normali, adesso lo capiva, Malfoy non l'aveva mai
ignorato prima, non aveva mai smesso di cercarlo in qualche modo, e forse le
cose non erano mai state normali. Ora lo capiva e, peggio, ora Harry lo capiva, e la cosa lo stava
distruggendo.
"Scusami, Harry," disse a bassa voce. "Devo
andare."
Saltò su e corse alla porta, con movimenti stranamente impacciati,
urtando contro un mobile. Non sapeva nemmeno dove stesse andando, finché non fu
fuori dalla Sala Grande e non scese di corsa le scale che portavano ai
sotterranei.
Non sapeva cosa avrebbe fatto finché non vide Malfoy in persona
passeggiare per il corridoio con i suoi due scagnozzi alle spalle. In quel
momento... ancora non sapeva
che fare.
Ne fu ancora più dolorosamente certa, però.
Eccolo lì, odioso come sempre, proprio come se l'era sempre
immaginato. Con quel ghigno, lo sguardo gelido e quei due gorilla alle spalle,
ma forse non era lo stesso, perché adesso non c'era veleno nei suoi occhi, non
c'era il riconoscimento di lei come bersaglio in quanto amica di Harry, ma un
semplice disprezzo impersonale, come se fosse Neville e... poteva significare qualcosa?
"Granger," disse freddamente. "Ti sei persa?"
Lei esitò e cercò di analizzarlo. Non voleva capirlo, voleva
odiarlo, ma non poteva... per il bene di Harry.
Ma era possibile che ad una persona che aveva deciso senza rimorsi
di tagliare i ponti con Harry importasse ciò che lei aveva da dire? Se si era
capaci di una tale ira fredda e spassionata...
Non era possibile che gli importasse di Harry. Non ci credeva. Lei
non avrebbe mai ferito così una persona a cui avesse voluto bene.
Era inutile cercare di recuperare qualcosa per Harry.
"No," rispose, rivolgendogli una singola occhiata
raggelante. "Cercavo una persona che non c'è."
Hermione girò i tacchi e si incamminò verso l'entrata della Sala
Grande. Era già tardi, era stato stupido recarsi da quelle parti, non capiva
cosa le fosse venuto in mente, e...
Sentì un rumore.
Veniva dal corridoio buio sulla sinistra. Probabilmente era
qualche studente che combinava pasticci nell'ufficio di Snape, si disse, ed era
suo dovere provvedere a sgridarlo, ma persino mentre alzava la bacchetta e
diceva, "Lumos," udì
il lieve tremolio della sua voce, e il battito del cuore nelle orecchie.
Non avrebbe dovuto andar lì da sola.
La luce tremò come la sua mano, così strinse più forte la
bacchetta, desiderando con improvvisa passione le comodità quotidiane delle
cose normali, una semplice lampada babbana e uno dei corridoi di cartongesso di
casa sua. La luce illuminava solo una zona limitata del corridoio, enormi
blocchi grigi con cavità e crepe che risaltavano quando la luce fioca spariva
arrendendosi alle tenebre.
A un certo punto la luce sfiorò qualcos'altro, e per un secondo
Hermione non capì cosa fosse, anche se il suo cuore aveva già messo le gambe in
spalla.
Era il bagliore della luce su una pelliccia, e pensò, Proprio come quando fu aperta la Camera dei Segreti, è come
tornare una dodicenne terrorizzata.
La bacchetta le cadde dalla mano e sbatté sul pavimento
provocandole un gridolino che non riusciva a credere di aver fatto.
Tutto ad un tratto udì dei passi sulle scale, e fu strappata a
quella vista da forti mani sulle sue braccia che la fecero voltare, la gola le
faceva male e qualcuno la stava quasi sostenendo.
Occhi chiari seri e concentrati sotto capelli chiari. Malfoy,
pensò, cercando di riacquistare il controllo sui suoi pensieri stravolti dal
panico.
"Granger," disse, con urgenza. "Granger! Che è
successo?"
"E'... è un gatto," riuscì a dire, rifiutandosi di farsi
sostenere, rifiutandosi di cedere del tutto. "E'... devono aver
Pietrificato Mrs Purr, è come la
Camera dei Segreti..."
Fermati, si disse. Non si sarebbe fatta prendere dal panico.
Con una mano che ancora stringeva forte il braccio di Hermione,
Draco sollevò la bacchetta e disse, "Lumos,"
con una voce un po' incerta, proprio come quella di lei prima che vedesse...
Tiger e Goyle erano dietro di lui, i loro volti due maschere di
terrore. Goyle stava guardando e il suo viso si rilassò appena, si fece avanti
e disse,
"Ha ragione. E' solo Mrs Purr..."
Hermione non si voltò, perché se l'avesse fatto... Già si
immaginava la scena. Malfoy aveva la mandibola serrata, e quando lei si appese
spudoratamente al suo braccio e lui la strinse a sua volta, il suo braccio era
rigido.
Spinse le parole oltre il muro dell'orrore, parole che lei non
sarebbe riuscita nemmeno a pensare, mentre il suono di altri passi giungeva
rapido e furioso dietro di loro.
"Non è Mrs Purr," disse. "E non è stata
Pietrificata."
*
Harry non avrebbe ricordato nulla con chiarezza, dopo. Avrebbe
solo ricordato di aver camminato, irritato per il fatto che Ginny aveva
insistito per accompagnarlo, e che a un certo punto aveva alzato il passo
perché Hermione sarebbe potuta essere ovunque, e non voleva che lei gli
chiedesse dove stesse andando... poi aveva udito qualcosa che somigliava a un
grido e aveva iniziato a correre...
Ginny era rimasta indietro, i suoi passi rapidi, leggeri e
irregolari, e il suo primo urlo era arrivato insieme al suono di un corpo
pesante che cadeva.
Harry vide che era Goyle, che continuava a indietreggiare a
gattoni. E provò una breve sensazione di straordinaria incredulità quando vide
Draco che con un braccio quasi cingeva Hermione.
La consapevolezza di ciò che era successo arrivò a piccole dosi,
colando come il gelido orrore che lo animava.
La mano di Tiger si era stretta sulla spalla di Draco, facendolo
sembrare quasi un nano a confronto, e la mano che stringeva la bacchetta accesa
di Draco era posata su Tiger in un gesto protettivo. Il suo viso era bianco e
spaventato, ma tenne la voce ferma mentre disse,
"Non è Mrs Purr. E non è stata Pietrificata."
C'era un gatto morto per terra.
Forse furono solo il buio e la costante paura mischiata al ricordo
della Camera a causare il mugolio di Goyle e il piagnucolio pungente di Ginny
alle sue spalle, ma vide il viso bianco di Hermione. Vide lo sguardo immobile
di Draco, che gli serviva a fingere di avere ancora delle forze da prestare
agli altri
Lo sapevano.
Sentì la mano di Ginny cercare di riafferrarlo, ma si mosse in
avanti sfuggendole. La luce di Draco era ferma dietro di lui, e dovette
muoversi perché nessun altro voleva farlo. Pensò non ce la faccio ma ce la fece. Doveva farlo.
Dimenticò le paure che gli turbinavano in mente e si ricordò un
incantesimo che gli avevano insegnato qualche mese prima, le stesse parole che
Sirius e Lupin avevano usato molto più agevolmente nella Stamberga Strillante,
anni prima...
Infine Harry tese la bacchetta come in segno di sfida, echeggiando
contro le scure pareti vicine.
"In Veterem Revolvaris
Figuram."
Ci fu un flash di luce azzurrina.
La professoressa McGranitt giaceva morta sul pavimento.
Harry non si scompose, guardò gli altri e sentì Tiger gemere con
un sollievo quasi disperato. Goyle indietreggiò furtivamente.
Né Draco né Hermione emisero alcun suono, ma lei aveva nascosto il
viso sulle spalle di Draco. Draco guardò Harry, il viso giovane, nudo e
sconvolto, ma gli occhi ancora concentrati.
Harry riuscì a guardare di nuovo dopo un minuto. Le forcine nei
capelli della McGranitt erano cadute, e brillavano alla luce che cadeva
direttamente sui suoi occhi aperti.
L'urlo di Ginny risuonò acuto e puro come la paura, e andò avanti
finché non furono arrivati tutti quanti.
I had a little lantern, oh but it got blown out too
I’m reaching out my hand. I hope you are too.
I just want to be in the dark with you.
[Le persone al buio non
sanno cosa fare / Avevo una piccola lanterna, ma anche quella si è spenta / Sto
tendendo una mano. Spero lo stia facendo anche tu. Voglio solo stare al buio
con te.]
Tre giorni
dopo la morte della professoressa McGranitt, Silente convocò il Giovane Ordine.
“Non c’è più
alcun dubbio,” disse. “C’è un nemico fra di noi, e non si fermerà davanti a un
omicidio.”
Erano tutti
accalcati attorto al tavolo, i Serpeverde leggermente isolati come al solito.
Harry guardò tutte le facce pallide e sconvolte e provò quell’ormai
familiare ondata di sconforto.
Non posso lasciare che continui. Non
lo farò.
“Per usare
le parole di uno dei nostri Auror…” Silente cercò di sorridere, ma il tentativo
fallì. “E’ necessaria una vigilanza costante. Minerva era leale, forte e
prudente, e nonostante questo è stata colta di sorpresa mentre tornava nei
sotterranei.
Dobbiamo
stare ancora più attenti, ed essere ancora più uniti per smascherare il nemico
e annientarlo.”
La maggior
parte dei presenti era grata anche solo di crogiolarsi nelle sue parole. Il
viso di Hermione era teso per l’attenzione disperata. HannahAbbott stava piangendo di nuovo, e PadmaPatil stava guardando Draco
con uno sguardo di accusa.
“Abbiamo
ricevuto un duro colpo, non ve lo nascondo,” disse Silente. “Ma non dovete
disperare. Sono assolutamente certo che possiamo catturare l’assassino. Mi fido
pienamente di ognuno di voi. So che nessuno di voi incrocerà le braccia in un
mondo in cui l’assassino di Minerva McGranitt è a piede libero.”
Tranne il
suo assassino, che è uno di noi.
I Serpeverde
erano pallidi e sconvolti come tutti gli altri, ma i loro volti erano
impassibili mentre ascoltavano Silente. L’avevano notato tutti.
“Se qualcuno
vede o sospetta qualsiasi cosa, la mia porta è sempre aperta,” continuò
Silente, e si tese in avanti. “Qualsiasi cosa. Potete star certi che vi
crederò.”
Ammiccò
gentilmente verso DennisCanon,
che aveva un colorito cinereo ed era svenuto appena saputo della McGranitt. Poi
uscì.
Quando
Silente fu andato via, e nella stanza fu rimasto solo il Giovane Consiglio,
Lupin suggerì delle nuove misure di sicurezza.
“La proposta
del signor Malfoy di formare delle coppie per lavorare sui progetti era
eccellente, ma chiaramente è stata compromessa,” disse. “Suggerisco nuove
coppie e ancora più discrezione: nessuno all’infuori della coppia deve avere
idea di ciò su cui si sta lavorando. Dato che sembra che la gente parli con i
propri compagni di casa, propongo un’altra precauzione… tutte le coppie devono
essere formate da membri di case diverse.”
“Io prendo Granger.”
Harry guardò
Draco dall’altra parte del tavolo. Aveva parlato immediatamente, e con voce tagliente,
senza guardarsi indietro.
“Signorina
Granger,” disse calmo Lupin, “ha delle obiezioni a fare coppia col signor
Malfoy?”
“No,”
rispose Hermione a bassa voce. Harry restò sbalordito, e anche Draco parve
stupito per il suo pronto consenso. Lupin annuì, come se fosse ormai tutto
deciso.
“Altri
volontari?”
“Io prendo TerryBoot,” disse Blaise Zabini,
inclinando la testa all’indietro per rivolgere a Terry
uno sguardo di apprezzamento.
Terry
arrotolò la sua pergamena. “Preferirei Harry Potter, a dire il vero.”
Harry fu
ancora più stupito. Conosceva appena Terry, e quel
poco che sapeva di lui – ossessionato dai
libri, sorride troppo a Draco – non gli andava particolarmente a genio.
Terry gli
sorrise leggermente. “Se per te va bene, naturalmente.”
“Uhm, va
bene.” Gli serviva una persona intelligente. Voleva fare la differenza, e se
Draco e Hermione non erano più disponibili (oh,
maledizione, Draco), TerryBoot avrebbe fatto al caso
suo. Di certo non si sarebbe avvicinato a Blaise Zabini.
“Io, ehm,” Susan
Bones arrossì. “Io prendo Blaise Zabini.”
Zabini le
scoccò uno sguardo torvo. “Ti piacerebbe.”
Lupin
annuì e li assegnò l’uno all’altra. Hannah parve un
po’ intimidita quando fu messa in coppia con Padma,
ma probabilmente si consolò col fatto che non era una Serpeverde.
Harry guardò
tutte le coppie male assortite intorno a sé. Che cosa avrebbero pensato tutti
quanti? Cosa avrebbero potuto escogitare per migliorare la situazione?
La
professoressa McGranitt era morta, e Harry non aveva la benché minima idea di
come vendicarla. Una specie di lavoro di gruppo con TerryBoot gli sembrava così inadeguato che avrebbe voluto
urlare.
Quando molta
gente era arrivata sulla scena, quella notte, e Ron aveva tirato via con
decisione Hermione da Draco, Harry gli si era avvicinato. Voleva solo scambiare
due parole con lui, per un po’ di conforto, un minimo di riconciliazione a cui
potersi appigliare in quella tragedia. Qualcuno che capisse quell’ira che
avrebbe spaventato gli altri, qualcuno che lo comprendesse.
La bocca di
Draco si era tesa e aveva detto, “Ho da fare, Potter,” con voce provata.
Da allora
non era riuscito a parlargli. Erano stati entrambi impegnati a parlare con gli
altri, a consolarli e a cercare di organizzare orde di studenti in preda al
panico. Ma lui si portava dietro un carico pesante e deleterio di infelicità e
rabbia, perché il Capo della sua Casa era morto, ed era tutto così ingiusto e
Draco ancora non voleva parlargli. Voleva sfogarsi con qualcuno, ma nemmeno
quello sarebbe stato giusto.
Harry
inspirò profondamente, rivolse a HannahAbbott un sorrisino di incoraggiamento e sentì il proprio
cuore battere all’impazzata, fin quasi a fargli male, quando si accorse che
Draco lo stava guardando.
“Ci vediamo
in biblioteca alle sei, Granger?” domandò.
Hermione
annuì. Harry guardò altrove.
*
A Hermione
non piaceva fare cose sulla cui saggezza nutriva seri dubbi. Si recò in
biblioteca incerta sul da farsi, e lottando contro l’impulso di girare i tacchi
e correre via.
Odiava
davvero Malfoy per aver scelto il suo santuario come luogo d’incontro. Lei
avrebbe dovuto sentirsi al sicuro in biblioteca! Era il suo posto, sempre pieno
di studenti seri che non la disturbavano mai, e lei ci andava per rilassarsi.
Evidentemente
lui lo sapeva. Bastardo!
Ma aveva
accettato di prenderlo come partner. Avrebbe preferito di gran lunga PadmaPatil, che era ugualmente
intelligente e molto meno crudele, ma lui l’aveva scelta, e da parte di Malfoy
quello era quasi un complimento. Poi si era ricordata di quando lo aveva
stretto terrorizzata, e di quando lui aveva ricambiato quella stretta. Non
avrebbe mai pensato che Malfoy potesse fare una cosa del genere.
Così aveva
ceduto al sentimentalismo, e adesso avrebbe dovuto sorbirsi il bastardo biondo
per il resto dell’ultimo anno.
Raddrizzò
bene la testa e camminò fino al tavolo dove era seduto Malfoy, con la testa china
su delle pergamene. Notò che stava usando una piuma d’aquila, evidentemente per
pura ostentazione.
“Ah,
Granger,” disse col suo sorrisino odioso. “Ce ne hai messo di tempo.”
“Avevo da
fare alla torre,” rispose secca, e vide la sua espressione cambiare appena.
Allontanò dalla mente ogni pensiero sulla professoressa McGranitt, ignorando
l’orrore e la paura e concentrandosi sulle venature del legno del tavolo che
aveva di fronte.
“Bene, dato
che dobbiamo pensare al nostro progetto, ho pensato che sarebbe meglio iniziare
ad analizzare gli eventi recenti per poi concentrarci sul da farsi,” disse
Draco.
“Va bene.”
Hermione fu
piacevolmente sorpresa da quell’approccio metodico. Le piaceva avere dei buoni
organizzatori come partner nello studio. Per poco non sorrideva a Malfoy.
“Innanzitutto
credo che il Giovane Consiglio, e possibilmente l’intero Giovane Ordine,
dovrebbero analizzare questo Sognatoio di cui ha parlato Potter al Giovane
Ordine, quello in cui la
McGranitt aveva messo i sogni di Potter.”
Hermione
ignorò la fitta di dolore seguita alla menzione del suo nome e respirò a fondo,
indignata. Non davanti a Malfoy. Non
perdere il controllo davanti a Malfoy.
“Assolutamente
no! Quelli sono i sogni privati di Harry. Tutte quelle persone non hanno il diritto di vederli…”
La voce di
Malfoy suonò glaciale. “La professoressa McGranitt potrebbe esser stata uccisa
perché sapeva qualcosa. Quel qualcosa potrebbe trovarsi in quei sogni, per cui
tutti devono vederli. Solo così avremo delle buone possibilità di capire. Non
abbiamo tempo per badare ai sentimenti personali di nessuno, se vogliamo
vincere questa guerra.”
“Che ne
pensi del fatto che ognuno ha diritto alla privacy?” chiese Hermione, cercando
di controllare la sua voce oltraggiata, e trovando la cosa molto difficile.
“Oh, dici?”
disse Malfoy sarcastico. “Non sono stati i Babbani a inventarsi questi diritti?
Vuoi che lasci qualcuno cavarsela dopo un omicidio e vari rapimenti per via dei
tuoi scrupoli da stupida Mezzosangue?”
Hermione
controllò di nuovo la voce. “Voglio che stai attento a come parli,” gli disse
con freddezza. “Siamo partner.”
Malfoy
sembrò annoiato. “Non ti scaldare, Granger. Can che abbaia…”
“Morde,
Malfoy, se non stai attento.”
Hermione
sobbalzò d’impulso, e prima che potesse fare niente, Malfoy si era alzato in
piedi al suono di quella voce decisa che lo sfidava, e ora stava fissando gli
occhi ardenti di Harry.
Per quale
motivo erano così furiosi?
“Ne abbiamo
già parlato, Malfoy,” disse Harry in fretta, rosso di rabbia. “Ti ho detto che
è meschino e crudele, e tu eri d’accordo. Il fatto che ci siamo allontanati non
vuol dire che hai il permesso di smettere di usare il cervello… di smettere di
comportarti da persona civile.”
Hermione
avrebbe voluto nascondere il viso per la disperazione, ma continuò a guardare.
I loro corpi erano entrambi tesi come corde di violino.
“Non mi
interessa comportarmi da persona civile, stronzo ipocrita,” sbottò Malfoy.
Lo
scintillio negli occhi di Harry fu quasi di sollievo.
“E’ una
cazzata! Ti comporti così perché vuoi rinnegare tutto ciò di cui abbiamo
parlato, ed è una stupidaggine! Hai sempre fatto idiozie anche contro te stesso
per il solo gusto di dar fastidio, ti comporti sempre da piccolo snob…”
“Non sai
nulla di me!” urlò Malfoy. Si calmò nel giro di due respiri profondi e furiosi,
col petto che gli sussultava, quindi parlò più tranquillamente. “Vogliamo
parlare di te? Non lo sai che questi progetti sono segreti? Eppure stavi
ascoltando… io direi che è proprio un comportamento da spia…”
Madama Pince
si stava già precipitando verso di loro parlando con severità, ma sia l’uno che
l’altro non la ascoltavano.
“Come osi!”
gridò Harry, sbattendo Draco contro una libreria.
Tutti gli
studenti nella biblioteca li stavano fissando, e Hermione non poté far altro
che mordersi le labbra quando Harry strinse in un pugno la camicia di Draco e
si piegò su di lui, le loro spalle tese e preparate alla violenza, curvate
l’una contro l’altra per tenere fuori il resto del mondo.
“Perché
diavolo dovevi insinuare una cosa del genere?” esclamò Harry, trafiggendo con
gli occhi il viso di Malfoy. “So che non lo credi, lo so, perché devi infierire…”
“Che diavolo
stai facendo!”
“Sono
costretto a infierire perché non vuoi stare a sentirmi!” ringhiò Harry, e
continuò a ringhiargli in faccia, e Malfoy lo spinse più forte per potergli
sorridere sarcastico in viso. “Perché non la smetti di essere così odioso, e…”
Malfoy reagì
all’improvviso, spingendolo via con cattiveria.
“Perché non
mi lasci in pace!” Fu quasi un urlo.
“Signor
Potter, signor Malfoy, venti punti in meno per ciascuna casa!”
Finalmente i
ragazzi si accorsero di Madama Pince, ma non le dettero molta attenzione.
Apparentemente a Harry sarebbe alquanto piaciuto rompere le ossa a Malfoy.
Madama Pince dovette afferrarli entrambi per i gomiti e trascinarli fuori dalla
biblioteca. Mentre venivano portati via, il braccio di Malfoy toccò quello di
Harry e Malfoy sobbalzò come se gli avesse dato una scossa elettrica.
Hermione
ripose frettolosamente la pergamena e le piume nella sua borsa e corse dietro
di loro, cogliendo la fine della paternale di Madama Pince mentre li spingeva
fuori dalla biblioteca.
“Un simile
comportamento! Mai visto prima…”
I due
ovviamente non la stavano ascoltando, presi com’erano dal guardarsi con una
furia concentrata e distillata, finché la porta non si fu chiusa dietro Madama
Pince.
Hermione si appiattì
contro la parete, fingendosi invisibile.
“Secondo te
come mi sento,” disse Harry a bassa voce, “con te che dici quelle cose, con
te…”
“Beh,
secondo te come mi sento i…” Malfoy smise di gridare. Rimase immobile e teso
per un momento, poi la sua bocca si curvò malignamente. “Lasciami in pace,”
disse. “Ti chiedo solo questo. Io e Granger ci teniamo davvero a lavorare per
la guerra.”
“Tu…” le
mani di Harry si strinsero sui suoi fianchi. Il suo viso era pieno di fosca
tristezza. “Io ci tengo.”
Malfoy lo
lasciò lì, andandosene senza altre parole e camminando impettito per il
corridoio. Hermione guardò disperatamente Harry, che indietreggiava da lei con
un’espressione di fiera e privata infelicità, quindi, per ragioni del tutto
misteriose, rincorse Malfoy.
Malfoy entrò
in una classe e gettò una sedia contro il muro. Rimase immobile al centro della
stanza, ancora col fiatone, e Hermione esitò sulla soglia e si chiese se per
caso non fosse instabile mentalmente. Le sarebbe piaciuto decisamente tanto
Schiantarlo.
Malfoy si
girò verso di lei, non molto sorpreso che l’avesse seguito. Hermione notò che
aveva la mandibola contratta, i denti stretti, e si preparò a qualsiasi cosa
stesse per arrivare.
Malfoy si
infilò le mani in tasca con forza ingiustificata.
“Le mie
scuse, Granger,” disse tra i denti. “So di averti scelta io come partner, ed è
mio dovere non lasciare che il mio carattere interferisca con ciò che dobbiamo
fare.”
Hermione lo
fissò.
“Sarai
educato con me? Non so, Malfoy. Sei sicuro di esserne capace?”
Malfoy alzò
le sopracciglia e quasi sogghignò. Era molto bizzarro. “Non arriverei a
definirmi educato,” disse. “Pensavo più a ‘non intenzionalmente e apertamente offensivo’.”
“Ripeto, sei
sicuro di esserne capace?”
“Potrei
rivelarmi un partner molto tranquillo.”
Hermione si
accorse che Malfoy stava cercando di convincerla che aveva il pieno controllo
di sé, il che era un tantino ambizioso dato che l’aveva appena visto buttare in
aria una sedia. Notò anche che si stava comportando in modo quasi civile, ed
era da più di cinque minuti che non pensava a quanto fosse stronzo.
Bisognava
fare qualcosa.
“Beh, sono
contenta che Harry ti abbia convinto.”
“Potter non
ha niente a che fare con questo,” tagliò corto Malfoy. “Diavolo, potrebbe anche
smettere di seccarmi.”
Hermione
strinse le dita attorno alla bacchetta. “Ti secca perché vuole attirare la tua
attenzione,” lo informò. “Dovresti saperne qualcosa.”
Piccolo fastidioso snob. Non fingiamo
che tu non l’abbia perseguitato per sei anni.
“Voglio solo
essere lasciato in pace,” sbottò Malfoy. “E adesso non vorrei che ti saltassero
le coronarie, Granger, ma in questo caso particolare non sei in possesso di
tutti i fatti!”
Hermione
prese un altro ampio respiro. Era vero: non sapeva esattamente cosa fosse
successo. Malfoy, per quanto la cosa sembrasse inverosimile, poteva anche
essere completamente innocente. Non si comportava come qualcuno i cui piani
crudeli fossero riusciti alla perfezione.
“Hai
ragione. Non… non sono affari miei.”
Malfoy la
squadrò. “Non pensavo che avrei mai sentito queste parole da te, Granger.”
Hermione
arrischiò un sorriso. “Beh, io non pensavo che avrei mai sentito ‘Le mie scuse’ da te, Malfoy.”
Era una
conversazione quasi civile. Molto strano.
“Beh. Come
ho già detto, devo fare in modo che lavoriamo insieme. Non posso essere
completamente spregevole.” Malfoy era accigliato, come se essere costretto ad
un comportamento educato fosse per lui un enorme peso.
“Potrebbe
essere un bel cambiamento,” disse vivace Hermione. “E’ una tregua, allora?”
Malfoy alzò
gli occhi su di lei, aperti e stupiti. “Solo fino alla fine dell’anno. Poi
ucciderò te e tutti i tuoi amici col sangue misto.”
Hermione lo
fissò. Malfoy sogghignò.
“Scusa, non
ho resistito,” disse. “La tua espressione non ha prezzo.”
“Malfoy! Non
è divertente!”
L’idiota,
evidentemente, si stava scompisciando. Aveva ancora il sorriso sulle labbra
quando lasciò la scena del sediacidio, ed era
abbastanza di buon umore da offrirsi di portare la borsa di Hermione, quando
attraversarono il corridoio.
“Grazie, ma
sono perfettamente capace di portarla da sola,” disse secca Hermione.
“In effetti
sembra che portare borse strapiene sia un tuo hobby, ma pensavo che fosse
carino chiederlo. Il sottoscritto è sempre un gentiluomo.”
Hermione
sbuffò. Malfoy parve offeso. NatalieMcDonald, che passava di lì, rivolse loro un’occhiata
esterrefatta, e poi guardò con apprezzamento Draco. Hermione avrebbe fatto una
chiacchierata con quella ragazza.
Pensò che i
jeans di Malfoy attraevano l’attenzione non perché lui fosse oggettivamente attraente,
ma perché li indossava come se fosse una cosa audace e proibita.
Si accorse
che aveva appena considerato seriamente la questione dei jeans dei Malfoy, e si
sentì leggermente sporca.
“Senti,
Granger.” Malfoy esitò, una cosa rara al punto da spingere Hermione a guardarlo
interrogativa. Era un po’ imbronciato, come se stesse pensando. “Mi chiedevo,
ti piacerebbe venire nella mia stanza tra un paio di notti? Io…”
Malfoy
sorrise. Tutto il sangue corse verso la testa di Hermione, appena si accorse
che diceva sul serio.
Bastardo!
“Non posso
credere al coraggio che hai, Malfoy,”
scattò, e per la seconda volta nella sua vita gli diede uno schiaffo in pieno
viso.
Poi tornò di
corsa alla Torre di Grifondoro.
*
Harry
camminava lungo il lago, avanti e indietro, col vento che gli sferzava il viso
e la tristezza stretta in un magone sotto le costole, ma anche uno strano senso
di sollievo che aveva mitigato il furioso mal di testa che aveva avuto per giorni.
Almeno era riuscito a rilassarsi per un po’, a sfogarsi senza preoccuparsi, e almeno Draco aveva reagito. Odiava
quella situazione, ma si era sentito vivo, e se quello era tutto ciò che
potevano avere, allora ne voleva ancora, e subito.
Non era salutare.
Non voleva.
No. Voleva che le cose tornassero a posto.
Non voleva
proprio tornare alla Torre di Grifondoro. Sentiva che la frustrazione l’avrebbe
distrutto, se fosse rimasto lì un minuto di più. Da quando era morta la McGranitt, la Torre era stata imbavagliata
da una cappa di silenzio. Continuava a vedere ragazzi che piangevano e a
cercare di consolarli, continuava a vedere persone che lo guardavano sperando
di ottenere da lui risposte o conforto, senza però offrirne a loro volta. Gli
faceva venir voglia di spaccare qualcosa. No, gli faceva venir voglia di
spaccare Voldemort, di annientarlo e fargliela
pagare per tutto.
La notte
prima era rimasto sveglio per ore a parlare con Neville. Quel giorno, nella
sala comune, Ginny gli si era buttata addosso e si era messa a piangere, e lui
le aveva dato delle pacche sulla spalla, con la gentilezza e la goffaggine con
cui aveva parlato con Neville. Non era bravo in queste cose, l’unica cosa che
gli riusciva bene era affrontare qualcosa che andava affrontato. Era in
trappola, voleva agire, voleva
gridare la sua ira a Draco e che Draco gli gridasse che era un idiota, così
avrebbe potuto finalmente riposare, sedersi appoggiandosi a Draco e parlare,
anziché sentirsi così responsabile.
Con un
calcio violento tirò un sasso nel lago, e vide la piovra agitarsi per protesta
sotto la superficie torbida dell’acqua.
Harry la
guardò cupo. “Fanculo anche tu,” mormorò, prima di accorgersi che stava
parlando con una piovra, e che forse era ormai avviato alla follia irreversibile.
Guardò
l’edificio di pietra che si stagliava in lontananza, Hogwarts, quindi la luce
fioca alla finestra della casa di Hagrid. Lasciò il lago e si diresse verso
quella.
Erano secoli
che non faceva visita a Hagrid. Sentì il proprio umore migliorare mentre si
avvicinava alla porta. Hagrid non avrebbe avuto aspettative, Hagrid era stato
il suo primo amico al mondo…
Hagrid
aprì di pochi millimetri la porta, con un’espressione molto imbarazzata.
“Ah… ciao,
Harry,” disse, piuttosto preoccupato.
Harry lo
guardò di traverso. “Ehm… ciao? Posso entrare?”
“Beh, ma
certo,” replicò Hagrid, aprendo la porta di un altro centimetro. “E’ solo che…
beh, è proprio che è un momentaccio, lo sai no…”
L’orribile
idea che avesse potuto interrompere Hagrid e Madame Maxime gli attraversò la
mente, e cercò di allontanare quell’immagine.
“E’ solo che
ci sta il giovane Malfoy,” terminò Hagrid impacciato.
“Oh,” disse
Harry.
“Lo so che
vi siete litigati di nuovo, così ho pensato che magari non lo volevi vedere…”
Di nuovo,
perché ovviamente l’unica cosa che Harry e Draco facevano era litigare, e
nessuno si aspettava che la loro amicizia durasse, fine della storia. Il viso
di Hagrid era ancora preoccupato e benevolo, e Harry scacciò l’ennesima ondata
di desolazione.
“No,” disse
sforzandosi. “Cioè… voglio vederlo, non c’è problema…”
Spalancò la
porta e Harry lo seguì nel soggiorno, dove il fuoco scoppiettava luminoso.
Madame Maxime stava leggendo un libro con dei cavalli zannuti in copertina, la
bimba era seduta sul tappeto agitando quello che pareva un sonaglio zannuto, e
la finestra era spalancata, con la tendina che ondeggiava al vento.
Draco se
n’era andato.
“Oh, sei Errì,” disse Madame Maxime con un sorriso appena accennato.
“Mi chiedevo cosa avesse spinto il sciovane Draco ad
uscire così rapidement. Di solito è tanto educato,
per essere un ragasoAnglais.”
“E’ venuto
qui molte volte,” disse Hagrid. “Ci piace giocare con la bambina e fare quattro
chiacchiere con Olympe. Mi sa che ultimamente si
sente un po’ oppresso, se devo essere sincero.”
Lui e il
resto del mondo, pensò Harry. Trovò commovente e amaramente ironica la
preoccupazione nella voce di Hagrid, e Dio, Draco era infelice e lui non poteva
neanche parlargli.
“Oh,”
ripeté, impotente.
Hagrid lo
guardò con due occhi nero-scarafaggio molto impensieriti.
“Ci ho
parlato qualche volta, da quando lo hai portato qui. Non è malaccio come
persona, a suo modo,” disse. “Secondo me siamo stati troppo duri con lui.
Questo non è mica il momento di discutere, Harry. Non potresti fare pace con
lui?”
Harry fissò
il tappeto e ne odiò ogni fibra. Fino a quel momento gli erano sempre stati
simpatici i tappeti.
“Vorrei
tanto,” ammise alla fine, la voce tetra alle sue stesse orecchie. “Non mi vuole
parlare.”
*
Ginny si
cinse le ginocchia, appoggiando il viso alla finestra. Aveva guardato Harry
camminare lungo il lago fino a quando era calato il buio, e ora non riusciva
più a distinguere se fosse ancora lì. Si chiedeva cosa avesse in mente.
Avrebbe
voluto che tornasse. Pensava che avrebbe dormito meglio, se lui fosse tornato
alla torre. Continuava ad avere incubi su quella notte, l’oscurità, il terrore,
Hermione che era quasi crollata, Harry per una volta quasi indifeso e la
professoressa McGranitt… Continuava a svegliarsi gridando. Ormai succedeva
abbastanza spesso che qualcuno si svegliasse gridando nei dormitori, così nessuno
lo notava tanto, ma Ginny sì. Voleva stare meglio. Voleva sentirsi al sicuro.
Si era
sentita al sicuro prima, quando era crollata e Harry l’aveva sostenuta. Lui non
era spaventato come tutti gli altri.
“Ginny, è
buio pesto là fuori. Rinuncia.”
Ginny
spostò lo sguardo su Dean, in piedi davanti alla sua finestra con un viso
preoccupato. Si strinse più forte le gambe.
“Non so di
cosa parli.”
“Non
riuscirai a vedere Harry,” disse Dean gentilmente, sedendosi accanto a lei.
“Stavo
solo…” Ginny si fermò e guardò Dean in cerca di un po’ di muto conforto. Glielo
aveva sempre offerto, ma ora sembrava distante, addolorato e affatto
affidabile.
“Lo so,” le
disse. “Lo capisco. E’ solo che… Ginny, sono mesi che cerco di capire. Sono
così stanco.”
Parlò con
calma, con un tono affaticato e per nulla esigente, e Ginny non capì come mai
la gola le si strinse. Lo fissò, e cercò di parlare nonostante l’improvviso
magone.
“Non capisco
cosa vuoi dire.”
La sua voce
suonò fredda, e bassa. Rabbrividì.
“Stavi bene
prima che cominciassero a succedere queste cose. Stavi… più che bene. Eri
bellissima, e così viva, e… stavamo insieme, e andava tutto bene.”
Dean fissò
il pavimento mentre parlava. Ginny alzò gli occhi su di lui, colpita.
“Oh, Dean…
ma ti ho spiegato, è Harry, deve essere Harry…”
“Oh,
maledizione!” disse Dean, così forte che Ginny sobbalzò. “Non deve essere
Harry! Non era Harry prima che cominciassero a rapire gente a Hogwarts! Eravamo
tu ed io, e so che hai paura e vuoi essere salvata, ma come credi che mi senta
a guardarti così? Come pensi che stia senza… Ginny, ho aspettato tanto, e ho
paura anch’io!”
Ginny
deglutì. Lui aveva paura e Ginny aveva paura, e avrebbe potuto sopportare
qualsiasi cosa e voleva combattere per la giusta causa, ma quello… quel lento
diminuire del loro numero, quella paura costante, quella violazione del loro
unico porto sicuro… Si sentiva smarrita e indifesa, proprio come quando era una
bambina la cui mente era stata invasa. Non poteva lottare contro qualcosa che
non conosceva, ma Harry sarebbe piovuto dal cielo e avrebbe sconfitto il nemico
che Ginny non aveva neanche riconosciuto. Harry era l’eroe, Harry non aveva
paura, Harry l’avrebbe salvata, ed era Harry che amava.
“Mi
dispiace,” disse con voce tremante, “ma questo non cambia niente.”
La professoressa
McGranitt era stata uccisa.
L’espressione
di Dean le fece venir voglia di piangere. “Eri così sveglia e coraggiosa,”
disse, con voce bassa e vuota. “Ho sempre voluto disegnarti. Mi facevi ridere e
ci sostenevamo a vicenda…”
“Io non
posso sostenere nessuno!” la voce di Ginny fu quasi un urlo.
Le ombre si
stavano chiudendo su di lei. Svegliarsi in un corridoio buio con del sangue
sulle mani e delle scritte sui muri, e ora un altro corridoio con un gatto che
era…
“Scusami,”
le disse Dean, e riacquistò la sua solita calma con uno sforzo. “Non volevo… E’
solo che è tutto così…” Si fermò. “Ti amo,” disse. “Lo sai.”
Si alzò.
“Non ti darò
più fastidio.”
Ginny lo
guardò andarsene con una tristezza indescrivibile. Alcune persone la stavano
guardando incuriosite, ma la maggior parte era riunita davanti al camino a
parlare con sussurri impauriti, e nessuno andò da lei. CalìPatil stava camminando per la stanza, con un’aria
incerta.
Ginny
cercò di piangere senza farsi notare. Si sentiva come se stesse affogando,
tutti stavano affogando, e desiderò più che mai che Harry arrivasse e salvasse
tutti.
*
Harry non
rimase molto tempo da Hagrid. Madame Maxime non la smetteva di parlare della
professoressa McGranitt, e la visita si era rivelata un fallimento completo.
Tuttavia era
ancora così a pezzi e in cerca di conforto e terrorizzato che avrebbe preso a
morsi qualcuno se fosse tornato alla torre, così andò nella stanza di Sirius.
Lupin aveva spiegato loro con pazienza che una visita di Harry sarebbe stata
una violazione dei rapporti studenti-professori, e così Sirius gli aveva sempre
raccomandato di farlo discretamente.
Forse erano
meno vicini di quanto Harry avesse sperato, ma sapeva di poter contare su di
lui.
Alzò gli
occhi quando Harry entrò, la sua bocca abbandonò le linee della cinica
sopportazione e si rilassò in un caldo sorriso.
“Harry,”
disse. “Speravo che passassi di qui. Come stai?”
Harry lo
guardò per un minuto, perso nell’infelicità più orrenda, e Sirius si alzò di
scatto dalla scrivania.
“Domanda
stupida,” tagliò corto. “Dai, vieni a sederti accanto al fuoco, ti faccio una
tazza di tè.” Si fermò. “Vuoi che ci metta dentro qualcosa di forte?”
Harry alzò
gli occhi, stupito, dalla sedia dove Sirius l’aveva
depositato quasi con la forza. Poi sogghignò appena. “Ok.”
“Perfetto,”
gli disse Sirius, e ricambiò col suo sorriso scaltro, dirigendosi verso una
credenza sulla parete. “Non dirlo a Remus,” aggiunse
serio. “Si imbestialirebbe. E poi mi taglierebbe la testa .”
“Però
sarebbe bello vedere un lupo mannaro andare in bestia,” rispose Harry.
Sirius rise. Erano
giorni che Harry non sentiva qualcuno ridere.
Tornò con
una bottiglia di FirewhiskeyOgden,
un bicchiere, una tazza e un bricco. Mise il bricco sul fuoco. Sirius era
ancora un po’ goffo con le faccende domestiche, si muoveva come se fare le cose
più normali fosse strano, ma Harry era contento che ci stesse provando. Tornò a
sedersi con un sospiro, quindi guardò Harry con occhi neri e attenti.
“Non so se
questo può aiutarti,” disse all’improvviso, “ma Silente mi ha appena detto che
sarò il nuovo Capocasa di Grifondoro.”
“Tu!” Harry
lo fissò. “E Lupin?
Sirius
roteò gli occhi. “Ha rifiutato. Continuava a dire che deve restare in una
posizione neutrale per via del Giovane Ordine. Se vuoi sapere come la penso,
tutto questo è ridicolo. Hai quasi finito la scuola. Tu, Ron e Hermione
dovreste poter entrare nel vero
Ordine.” Fece una smorfia fintamente seccata. “E comunque, cos’ho io che non
va?”
“Niente,”
disse subito Harry. “Ero solo sorpreso. Io… non voglio pensare a qualcuno che
sostituisce…”
Non voglio pronunciare il suo nome. Abbassò gli occhi sul pavimento di
pietra e li rialzò quando Sirius gli si avvicinò e gli mise una mano sulla
spalla. Lo aveva fatto in segno di comprensione, ma Harry pensò che sembrava
deluso. Avrebbe voluto che Harry fosse eccitato quanto lui.
“Scusa,” gli
disse. “E’ grandioso. Davvero.”
Sirius si
illuminò, e per un attimo le rughe lasciate da Azkaban si ammorbidirono. Seduto
davanti al caminetto, Harry vide Sirius come doveva esser stato quando era
giovane e felice, prima che Voldemort distruggesse tutto quanto.
“Almeno
adesso la scomparsa di Snape ha un lato positivo,”
osservò. “Non dovrò più discutere il protocollo delle case con quel viscido
idiota.”
L’acqua
nella teiera bollì, e Sirius si preparò a riempire la tazza da tè di Harry.
Harry lo guardò mentre lo faceva.
“Sirius,” disse tranquillo. “I Serpeverde hanno bisogno di Snape.
Deve tornare.”
Sirius
prese a versare il Firewhiskey. “Sì, beh, spero che
ritorni. Sto solo sottolineando il lato positivo, come ho detto. Quell’uomo è
insopportabile.”
Per quanto
Harry ricordasse, Sirius non aveva mai fatto un grande sforzo in quella
direzione… ma probabilmente non avrebbe funzionato lo stesso. Snape era davvero
impossibile, ricordò. Solo perché Draco…
“Sembri
proprio a terra, Harry,” disse Sirius, porgendogli la tazza. “Cioè… so che è
normale, e non c’è molto che possa fare. Ma c’è per caso qualcos’altro che non
va con cui potrei darti una mano? Roba di ragazze?” Rivolse a Harry un altro
sorrisetto speranzoso. “Posso darti un sacco
di consigli su quello.”
“Ehm, no.”
Harry bevve in fretta un sorso di tè. Gli bruciò la gola. “Niente ragazze.
Assolutamente no.”
Sirius
parve di nuovo deluso. “Non capisco per quale motivo non sei circondato di
ragazze,” disse, in un disastroso tentativo di rallegrarlo. “Quando io e James eravamo giovani…” Si fermò per versarsi un generoso
bicchiere di Firewhiskey, e sembrò visualizzare l’ira
di Lupin. “Eravamo piuttosto popolari,” concluse con prudenza, poi sorrise con
aria sveglia e leggermente maliziosa. “E tu non hai alcun rivale del mio
calibro, no? Insomma, non dovresti essere il rubacuori della scuola?”
“Non sono il
rubacuori della scuola,” mormorò Harry, conscio di essere diventato rosso. Ti prego, ti prego, Sirius, smettila di
parlare di donne.
Sirius
sembrò offeso, come se qualcuno avesse cercato vigliaccamente di soffiare il
titolo al suo figlioccio. “Allora chi lo è?”
“Non lo so…”
Harry desiderò che il pavimento avesse fame e si convincesse ad ingoiarlo.
“Draco Malfoy,” bisbiglio. “Ehm. Forse.”
A Sirius andò di traverso il liquore.
“Draco Malfoy?” esclamò, tossendo. “Quel
ragazzetto scialbo e puntuto? Il servetto di Snape?”
Harry bevve
ancora un po’, e disse con impeto ribelle, rivolto al suo tè, “Non è così
puntuto.”
“Quel
piccolo scemo anemico che non la smette mai di dar fiato alla bocca e passa
metà delle uscite a Hogsmeade dentro Guardaroba Magico? Quello sarebbe attraente, per le ragazze?”
Dovresti chiederlo a loro. Ma secondo
me sì. Harry decise
che forse c’era troppo alcool nel suo tè, e preferì un “Già.” Dopotutto,
ragazze come Calì giravano sempre intorno a Draco.
“Alle
ragazze non piacciono i ragazzi che pensano troppo ai capelli,” gli disse
Sirius, ancora sconvolto. “Me lo disse proprio tua madre.”
Harry prese
quella frase e la archiviò nella sua memoria. Era da quando Sirius e Lupin
erano arrivati il sesto anno che Harry collezionava pezzetti di ricordi sui
suoi genitori, anche se, quando Lupin gli aveva confessato che a volte suo
padre era stato crudele, si era depresso ancora di più. Se non aveva neanche un
modello di padre a cui aspirare…
“Ehi.
Harry,” disse Sirius, aggrottando la fronte. “Sembri… turbato. Ascolta, non
intendevo…” Si fermò. “Ultimamente sei piuttosto vicino a quel Malfoy, vero?”
Un po’ più vicino di quanto volesse,
a dire il vero.
Harry tossì. Troppo alcool nel suo tè. Troppo alcool.
“Abbiamo
litigato,” disse invece.
“Sì, lo so.
Beh… è meglio così, Harry,” Sirius fece una pausa. “Conoscevo molto bene
Lucius. Io… lo vedevo spesso alle riunioni di famiglia dopo che si era fidanzato,
a dire la verità. Certo, ero molto giovane allora, e lui non era molto più
grande di me, ma quell’uomo era disgustoso.” Fece roteare il bicchiere con aria
da intenditore. “Non mi è mai piaciuta la gente che striscia intorno ai più
forti in cerca di potere,” borbottò, e Harry vide il bruciore del tradimento
nel suo sguardo. “Non sopporto la gente così.”
Stava
ripensando a Codaliscia, e Harry pensò, Lo
lasciai andare quando avrei dovuto ucciderlo con le mie mani.
Non avrebbe
fatto lo stesso errore due volte.
“Lo so,”
replicò. “Draco non è così.”
Uno dei
sopraccigli scuri di Sirius si curvò all’insù. “Ah no? Qual era esattamente il
motivo per cui il piccolo Serpeverde ti era amico?”
“Non so.
Diceva che si trattava di curiosità morbosa.” Quasi sorrise al ricordo, e vide
lo sguardo allibito di Sirius. Sperò che il suo sorriso non fosse sembrato
tenero. “In realtà, secondo me gli piacevo.”
“Dannati
Serpeverde,” disse Sirius aggressivo. “Essere smistato a Grifondoro mi ha
salvato, Harry, lo sai? Altrimenti sarei finito… Non ti serve un amico così,
Harry. Stai meglio senza di lui.”
Harry si
concentrò su un punto sopra il viso cupo di Sirius, cercando di non lasciar
trasparire alcuna emozione. Allora come
mai mi manca così tanto?
“Senti,”
disse Sirius cambiando improvvisamente argomento come suo solito, “ti
piacerebbe venire al funerale di Minerva con me e Remus?
Ho il programma qui, potrei far venire te, Ron e…”
La menzione
del funerale stridette nelle sue orecchie. Strinse la tazza nella mano, grato
che bruciasse.
Avrebbe
voluto romperla. Invece la mise giù.
“Potremmo
parlarne un’altra volta? Si sta facendo tardi.”
Sirius
sembrò confuso, ma poi si ricompose e si sforzò tremendamente di essere
gentile. “Come vuoi, Harry. Ora che sono il tuo Capocasa
possiamo vederci più spesso, e se mai avessi bisogno di parlare…”
“Sì, certo.”
Harry doveva
uscire di lì. Il programma del funerale della McGranitt era sulla scrivania, e avrebbe voluto mandare in
pezzi qualcosa. Si alzò dalla sedia e raggiunse la porta quasi senza pensarci.
“Harry, dico
davvero.”
Il dolore
sincero nella voce di Sirius lo fece voltare. Il suo padrino si era alzato in
piedi e lo stava guardando, lottando per trovare le parole che potessero far
breccia dentro Harry. Sirius era stato così impegnato, e non aveva mai saputo
bene come comportarsi con Harry, e Harry era così arrabbiato e infelice e
confuso, e nessuno di loro era mai stato capace di reggere i confronto con ciò
che volevano sul serio.
“Sono… un
padrino orribile e senza speranze,” ammise Sirius, curvando la bocca. “Ma… ti
voglio bene. Questo è un dato di fatto.”
Alla fine,
nonostante i fraintendimenti e la distanza, Sirius ci sarebbe sempre stato per
lui. Era per quello che Harry era andato da lui, quella notte. Inoltre… quelle
parole Harry non le sentiva tanto spesso.
Sorrise un
po’ goffamente. “Ehm, anch’io ti voglio bene,” disse, troppo velocemente. “Io,
ehm, ci sentiamo presto.”
Il sorriso
di Sirius, quel sorriso fiero e luminoso che l’aveva fatto sembrare di nuovo
giovane, si spense, e quando Harry chiuse la porta, nonostante tutto, si
sentiva leggermente meglio.
*
“Passami il
caffé,” ordinò Draco, pallido e convulso.
Pansy gli
si avvicinò amorevolmente e gliene versò una tazza. Draco le afferrò il gomito.
“Certo, getta
una briciola all’affamato, ottima idea,” sogghignò. “Lascia la caraffa lì.
Accanto a me.”
“Dai proprio
il meglio di te la mattina, Draco.” Draco gettò la testa all’indietro con
drammatica disperazione e Pansy si addolcì, accarezzandogli la schiena con un
gesto decisamente intimo. “Non preoccuparti. Sarai fantastico. Altrimenti
aggiusteremo i tuoi voti.”
“Non
insultarmi,” sbottò Draco, prendendo il suo caffé. “Posso farcela, e posso
farcela alla grande.”
Sembrava
determinato, e appena un po’ pallido.
A quel
punto, quello che sarebbe dovuto essere un discreto colpo di tosse, ma che
suonò piuttosto come un terremoto in miniatura, risuonò alle spalle di Harry.
Harry sobbalzò colpevolmente, e si girò per guardare Goyle negli occhi.
“Smamma,”
disse Goyle.
“Sto solo fermo qui,” obiettò Harry. Stava solo
fermo lì ad origliare sfacciatamente, ma comunque.
Goyle
parve ostinato e impassibile. “Smamma.”
Fu allora
che Draco e Pansy alzarono gli occhi, e un attimo dopo Draco li spostò di
nuovo. I suoi occhi erano quasi velati. Sembrava stanco.
“C’è
qualcosa in programma oggi?” chiese.
“Non credo,”
rispose Ron. “Perché non mangi qualcosa, Harry? Hermione, anche tu dovresti.”
Hermione
sembrava stanca. Lasciò cadere il pezzo di toast con cui stava giocando e smise
di fingere. Si appoggiò a Ron per un minuto e lui la abbracciò.
Harry spostò
lo sguardo, ma non verso il tavolo dei Serpeverde. Verso le uova.
“Malfoy
mostrerà il suo progetto di Magia Creativa,” disse con calma Dean.
La testa di
Harry scattò in su. Dean gli sorrise dall’altra parte del tavolo, anche se il
sorriso gli riuscì teso. Anche lui aveva un’aria stanca… Dio, erano tutti
stanchi e tristi.
“Il mio l’ho
consegnato la settimana scorsa,” continuò Dean speranzoso. “Il progetto pratico
è piuttosto importante. Conta per…”
“Lo so,
Draco me l’ha detto.” Pensò che non aveva importanza se Draco non lo sentiva.
Tutti avevano il diritto di chiamare gli altri come volevano.
Draco aveva
parlato del progetto un sacco di volte, spargendo fogli accartocciati per la
sua stanza e occasionalmente su Harry.
Harry aveva
odiato quel progetto per il tempo che sottraeva a Draco, ma adesso l’unica cosa
a cui riusciva a pensare era che Draco ne aveva parlato, e che allora si
parlavano. Se n’era lamentato in barca, prima che tutto cadesse a pezzi, e
un’altra volta Harry aveva detto che gli sarebbe piaciuto vederlo.
Draco
l’aveva guardato, sorpreso, e dopo un attimo si era lisciato le piume come un
pavone. Harry sorrise ricordandoselo, e poi si morse le labbra.
“Magari
potrei convincermi a farti una dimostrazione privata,” aveva detto Draco. “Se
prometti di restare colpito.”
“Non posso
prometterti nulla,” aveva sogghignato Harry, e Draco gli aveva tirato
l’ennesima pallottola di carta e gli aveva ordinato di andarsene dalla sua
stanza. Harry non l’aveva fatto.
E adesso
Draco non gli parlava, e Harry non poteva accedere alle stanze della sua casa,
e soprattutto si sarebbe ucciso
piuttosto che perdersi il progetto di Magia Creativa.
“Dean,” disse vivace, “dov’è l’aula di Magia Creativa?”
Dean lo
fissò. “Al secondo piano,” rispose cautamente. “A sinistra del ritratto di Lady
Violet.”
“Buono a
sapersi,” gli disse Harry. “Davvero.”
Si alzò e
Ron si girò sulla sedia, le braccia ancora intorno a Hermione. “Che fai, Harry?”
“Salto la
lezione,” lo informò Harry. “Dite alla professoressa Cooman
che mi è successo qualcosa di terribile, ne sarà estasiata.”
“Harry,” cominciò Hermione con una voce
scandalizzata, ma Harry era già fuori dalla Sala Grande.
Era bello
fare finalmente qualcosa, anche se solo una stupidaggine come quella. Si
sentiva di nuovo energico e vivo. Salì le scale due gradini alla volta, e
addirittura sorrise alla Signora Grassa quando le disse la password, Armadilli
di Cioccolata (Harry non era mai riuscito a mangiarne uno intero, ma alcune
ragazze li adoravano).
Andò nel
dormitorio e tirò fuori il Mantello di suo padre.
Era strano
essere invisibile in pieno giorno. Di solito lo usava dopo il coprifuoco in
quel periodo, ma era piuttosto eccitante scendere e camminare tra i gruppi di
persone senza essere visto. Ginny gli passò accanto e non lo guardò. Blaise
Zabini gli camminò davanti e non gli fece alcun gesto osceno.
Era quanto
di più vicino ci fosse alla libertà per Harry, dati i tempi.
Oltrepassò
il ritratto di Lady Violet ed entrò nell’aula prima
di chiunque altro. Quindi si sedette sul davanzale interno della finestra e si
preparò a starsene zitto.
Quando
cominciarono ad entrare degli studenti, fu tremendamente sollevato dal fatto
che Dean si sedette accanto alla finestra. Poco dopo notò che Dean era l’unico
Grifondoro nella stanza, e c’erano pochi Tassorosso, fra l’altro. I Serpeverde
e i Corvonero dominavano la scena. Non c’era da meravigliarsi se prima di
parlare con Draco non sapeva quasi niente di Magia Creativa, pensò Harry mentre
guardava MandyMcTass e
Lisa Turpin ridacchiare insieme su una specie di
diario.
Quando
entrò, non sembrava molto contento. La sua espressione lasciava intendere che
se la sarebbe svignata volentieri.
“Signor
Malfoy, può procedere,” disse l’insegnante, che per lo stupore di Harry era il
professor Vector. In effetti ricordava che Hermione
lo aveva informato della sua mania di dire cose tipo ‘la matematica è la musica
dell’universo.’
Draco si
posizionò davanti alla classe. Era ancora troppo pallido, e deglutiva
nervosamente. Harry osservò i movimenti della sua gola.
Coraggio, Draco. Sarai magnifico.
Fu il suo
innato talento da showman che lo salvò. Guardò le facce attente attorno a sé e
sembrò accorgersi di avere un pubblico. Così si esibì nel suo sorriso
collaudato e brillante e fece un gesto verso la porta.
Tiger e
Goyle entrarono spingendo quello che, per un orrido istante, Harry pensò fosse
il Sognatoio della McGranitt. Si accorse subito, per via dei simboli diversi,
che era un comune Pensatoio.
“Signor
Malfoy?”
Draco,
almeno esternamente, era calmo. “Ci è stato richiesto di scegliere una branca
della Magia Creativa per il nostro progetto,” disse. “L’unico problema era che…
non riuscivo a decidermi. Così ho distillato i miei ricordi artistici preferiti
e li ho mescolati. Mi ci è voluto… un bel po’ di tempo.”
Si udì un
mormorio intrigato nella classe. Draco, che sapeva sempre qual era il momento
giusto per cominciare a dare spettacolo, agitò trionfalmente la bacchetta e
toccò il bacile di pietra.
Il liquido
argenteo si attorcigliò intorno a quello, e una luce più intensa cominciò a
comparire nel Pensatoio.
“Vorrei che
tutti venissero a toccarlo,” disse Draco, che adesso cominciava a divertirsi.
Rivolse a Lisa Turpin un sorriso smagliante. “Voglio
che ciascuno sperimenti appieno ciò che c’è nella mia mente.”
Appena il
professor Vector annuì, i ragazzi si alzarono in
massa per andare a toccare i pensieri liquidi e scintillanti. Dean fu l’ultimo
a muoversi e Harry si fermò, cercò di capire se fosse saggio seguirli, smise di
fingere di poter riuscire a non
farlo, e mise la mano nel Pensatoio.
Il vortice
che lo risucchiò era più accecante di quello del Pensatoio di Silente. Finì su
una panca accanto a Dean, il cui volto impassibile non dava a vedere che avesse
notato presenze invisibili vicino a sé, poi si accorse che la panca era sospesa
a mezz’aria, e che l’aria era…
L’aria era
multicolore. L’aria era viva.
Harry
ripensò a quando si era seduto vicino a Draco mentre lui sfogliava alcuni dei
suoi libri di arte, e ricordò alcune delle immagini che l’avevano colpito.
L’aria era piena di ritagli di dipinti e striature verdi, cerulee e di un
intenso color oro. E poi Draco, in piedi davanti alla classe, sollevò la
bacchetta e mormorò altre parole, e l’aria prese a muoversi.
La melodia
sembrò giungere dal nulla, o da ogni direzione. Canzoni indistinte d’amore o
tristezza, piene di passione, indussero i ragazzi a guardarsi intorno, quindi
comparvero suoni di strumenti, melodie che Harry non credeva potessero esistere
nel mondo babbano, e che improvvisamente gli ricordarono la musica delle fate.
Il mondo intorno a loro turbinava in un’ondata di bellezza, e le parole
cominciarono a fluire mentre Draco faceva un altro gesto.
“ …Volando al centro del sole
sfidiamo la sorte, portiamo un’insegna, la conquista o la morte…”
“… Non potevo risvegliare il cuore alla
gioia sulle stesse tonalità, e tutto ciò che amai, lo amai da solo…”
“… Sono salito verso il sole, ho
condiviso l’euforia eccitata delle nuvole tagliate dal sole… e fatto centinaia
di cose che non hai mai sognato… ho roteato, veleggiato, dondolato…”
“… non ho mai sentito questo canto
nel cuore della notte. Da dove viene questa tenerezza?...”
Frammenti di
tutto ciò che aveva letto e amato. Tutti quei libri impilati in camera sua.
Poi
diventarono così vaghi e veloci che Harry pensò che forse gli altri non li vedessero,
ma era la mente di Draco e lui ci stava bene e riusciva a vedere tutto…
Immagini ed emozioni attorcigliate in quei suoni e quelle visioni artistiche,
tutte insieme.
Erano più
impressioni che immagini. Gli sembrò di vedere una donna tendersi con i capelli
dorati in una luce strana, e pensò che fosse Narcissa colta in un raro momento
di dolcezza. Sentì la voce di Pansy Parkinson resa bella dalla preoccupazione e
Lucius Malfoy visto da un punto in basso sul pavimento, enorme, severo e
adorato. Udì il fruscio del vento nelle orecchie, come quando volava,
l’infrangersi delle onde sulla sabbia, il rumore di una tempesta al di là del
bagliore e l’improvviso, dolce sciabordio dell’acqua sulla terra.
Ebbe una
visione improvvisa di se stesso, modificato come le altre immagini… più
luminoso che nella realtà, colto in un momento di silenzio mentre si riavviava
i capelli. Era certo che fosse involontario.
E c’era il
dolore, un impeto di dolore unito alle cose belle, urla e ira cieca e terrore e
tristezza, che attraversarono Harry come fulmini e lo lasciarono con
nient’altro che l’idea, vagamente ricercata e mai raggiunta, che potesse essere
tutto bellissimo.
Guardò
Draco, avvolto da colori e immagini mentre conduceva l’intera scena. Un raggio
di sole rosso sembrò quasi irradiarsi dalla linea candida della sua mandibola,
e dietro i suoi capelli selvaggi c’erano l’oscurità e qualche stella. Poteva portarsi dentro tutto quello, avere
tutto e tenere a tutto e infuriarsi per tutto e desiderare che tutto fosse
bello, poteva mettere in scena la passione.
Harry si
accorse, in modo dolorosamente superfluo, che quel ragazzo folle gli piaceva davvero.
Draco
abbassò la bacchetta, affannato e con gli occhi lucidi.
“Ed ecco che
cala il sipario,” disse, e mosse di nuovo la bacchetta.
Harry si
sentì sollevare insieme agli altri in una massa volante, e tornarono tutti
all’improvviso nell’aula. Harry tornò in fretta sul davanzale.
Suonò la
campanella, e Draco, esausto, prese la borsa e corse fuori dalla stanza. Molti
studenti vollero restare per commentare eccitati, ma Dean si alzò
immediatamente e, spalancando la porta, uscì. Harry lo seguì e si diresse verso
il bagno più vicino, riponendo il Mantello nella sua borsa e sbrigandosi per
arrivare a Pozioni prima di Draco.
Ci riuscì, e
ascoltò Lupin con molta attenzione. Ron e Hermione si accalcarono attorno a lui
a pranzo e gli chiesero dove fosse stato.
“Volevo
vedere una lezione di Magia Creativa,” rispose. Hermione aveva un’aria triste,
mentre Ron era solo incuriosito.
“Com’è
stata?”
Harry si
fermò e sorrise. “Sai che ti dico, Ron?” disse. “Avremmo dovuto seguirla.”
La lezione
successiva sarebbe dovuta essere Trasfigurazione, così rimasero nella sala
comune a parlare di ulteriori protezioni da apporvi. Neville mise a
disposizione con un po’ di esitazione la sua conoscenza delle erbe protettive.
L’ultima
lezione era Cura delle Creature Magiche, e Hagrid sorrise a tutti mentre
parlava di nutrire versioni in scala del Vermicolo
che Harry aveva affrontato durante la Terza Prova. Scese nei dettagli su ciò che
avrebbero dovuto fare.
Calì diventò
un po’ verde. “Sto per vomitare.”
“Potresti
aiutarmi a supervisionare,” propose Draco dall’altro lato della stanza, facendole
l’occhiolino.
“Tu supervisioni?” domandò Ron. Draco
sorrise beffardo verso di lui. “Idiota,”
disse Ron infervorato, sottovoce. “Idiota, idiota, idiota.”
“Beh, sì.”
Harry alzò le spalle e Ron gli lanciò un’occhiata tradita.
L’unica cosa
che dovevano fare durante quella lezione era studiare dal libro. Non fu
malaccio, anche se Calì continuava a minacciare di
vomitare l’anima. Alla fine della lezione Harry andò ad aiutare Hagrid a
mettere a posto i suoi diagrammi allarmanti.
Era accovacciato per terra a riporre gli ultimi fogli
sotto la scrivania di Hagrid, quando si accorse che nella stanza erano rimasti
solo Draco, Tiger e Pansy.
“Com’è
andato il progetto? Non ci siamo scambiati neanche una parola a pranzo.
Raccontami tutto,” disse Pansy.
I loro passi
si avvicinavano alla porta e alla scrivania, e sicuramente l’avrebbero visto e sarebbero
ammutoliti. Aveva la borsa accanto a sé.
La prese,
recuperò il Mantello e se lo mise addosso.
Si alzò con
prudenza, uscì dalla porta insieme a Pansy e camminò accanto a loro,
mascherando i suoi passi seguendo il ritmo di quelli di Tiger.
“E’ stato
perfetto,” disse Draco con grande soddisfazione. “Sono stato splendidamente,
irresistibilmente geniale.” Si girò verso Tiger, mordendosi un labbro. “Vero?
Che te ne è parso?”
“Ti ho visto
solo per un minuto,” rispose Tiger.
“Ma è stato
un minuto splendidamente, irresistibilmente geniale, no?” Draco parve agitato.
“Sicuro,”
replicò Tiger.
L’agitazione
di Draco non fece che aumentare. “Ok, non mentire,” disse. “Lo vedo cosa pensi.
Ero troppo nervoso. Ho calcato la mano. Ho fatto un casino completo, sono stato
troppo teatrale, verrò bocciato, oh vergognarovinadisonore.
E’ questo che intendi?”
Tiger
aggrottò la fronte. “Qualsiasi cosa dici.”
“Oh, ma che
ne sai tu,” sbottò Draco. “Non riconosceresti la genialità splendente nemmeno
se ti facesse lo shimmy davanti con la biancheria di Pansy.”
Draco alzò
le spalle.
“Meno
chiacchiere sulla mia biancheria, se non ti spiace,”
disse Pansy pericolosamente.
Harry non
avrebbe potuto essere più d’accordo. Draco, Pansy e Tiger erano giunti nei
sotterranei, e si stavano dirigendo verso il muro che nascondeva l’entrata
della loro sala comune. Draco si piegò in avanti e sussurrò verso la pietra
qualcosa che Harry non udì.
“Per quanto
tempo dovremo continuare a sussurrare la parola d’ordine?” chiese Pansy.
“Per tutto
il tempo necessario,” disse Draco succinto. “Potter ha un Mantello
dell’Invisibilità. Potrebbe avercelo chiunque a scuola, e poi ci sono altri
modi per spiare senza esser visti. Vuoi forse facilitare le cose alla spia?”
Harry si
sentì in colpa e si fermò, specie per la smorfia che aveva fatto Draco quando aveva
detto ‘Potter’. Ma Tiger era proprio dietro di lui, e fu costretto a entrare
nella sala comune Serpeverde insieme a loro. Si fermò per un attimo sulla porta
chiusa, chiedendosi se non fosse meglio aspettare di poter uscire, quindi corse
nella sala comune e seguì Draco mentre entrava nella sua camera.
La porta si
chiuse alle loro spalle. Draco si fermò, e per un terribile secondo Harry ebbe
la certezza che potesse vederlo.
Riprese a
respirare quando Draco attraversò la stanza, sfilandosi le scarpe, e smise di
respirare quando Draco si slegò il mantello.
Ok. Ok. Sotto il mantello ci sono i
vestiti. Ricordo. Smettila di essere così patetico, Harry.
Draco
indossava un maglioncino nero e jeans dello stesso colore. Sembrava più magro
senza il mantello, e stranamente vulnerabile. Harry non pensava di averlo mai
visto coi calzini.
Disse, “Lumos,” e quando
la luce gli colpì il viso Harry notò le occhiaie sotto i suoi occhi. Era
ovviamente esausto e aveva perso troppo peso in troppi pochi giorni. Harry vide
ciò di cui Sirius aveva parlato. I suoi lineamenti erano più spigolosi che mai,
e il suo pallore sottolineava la stanchezza, in più non irradiava carisma in
ogni direzione.
Era quasi
incolore, e sciupato in modo preoccupante, e Harry avrebbe voluto prendersi cura di lui, ma non sapeva prendersi
cura di nessuno. Si limitò a guardare Draco aggirarsi per la stanza, sospirare
e buttarsi sulla sedia della scrivania.
In quel
momento entrò Pansy. Indossava anche lei un maglione e un paio di jeans, i suoi
capelli scuri erano tirati all’indietro e aveva dei fogli di pergamena in mano.
“Draco,”
disse a bassa voce, “questi sono i fogli per il funerale della professoressa
McGranitt. Dobbiamo occuparci dei Serpeverde… qualcuno deve controllare il
nostro gruppo al posto di Snape, ma ovviamente
nessuno avrà voglia di obbedire a un esterno…”
Draco alzò
gli occhi, naturalmente sveglio e sicuro di sé. “Non preoccuparti,” disse. “Ci
penso io. Organizzerò tutto, chiederò al professor Vector
di farci da capo e lo spiegherò agli altri.”
Pansy
sospirò sollevata e si mosse fino alla scrivania per consegnargli i fogli. Li
lasciò sul ripiano, posò le mani sullo schienale della sedia e guardò dall’alto
la testa di Draco.
Draco
reclinò la testa all’indietro per guardarla, ed era un gesto così intimo che la
gola di Harry si chiuse per l’invidia.
“Cosa c’è?”
chiese calmo Draco.
“I ragazzi
del primo anno stanno avendo altri incubi,” disse. “Non si sentono più al
sicuro da quando è morta la professoressa, e poi c’è il fatto che Snape potrebbe essere…”
Si fermò. Entrambi
guardarono ovunque tranne che negli occhi dell’altro.
“Non
potremmo dar loro dei calmanti?” suggerì Draco illuminandosi.
Pansy
rise. “Madama Chips ha le sue stupide regole sull’armadio dei medicinali.”
“Eppure continuo
a pensare che potremmo soffiarle dei sonniferi in polvere. Me ne occuperò io.”
Draco aggrottò la fronte. “Fino ad allora penso che dovremo convincere gli elfi
con un bello spavento a distribuire cioccolata calda dopo cena, così poi potrò
terrorizzare i ragazzi più piccoli con chiacchiere su quanto so essere seccante
con chi non dorme tutta la notte.”
Quasi si
vide la tensione evaporare dal corpo di Pansy. Prese a far scorrere le dita di
una mano tra i capelli di Draco.
“A proposito
di chiacchiere,” disse lei con riluttanza. “Sono tutti nervosi. Comincio a
sentir parlare di cambiamenti di idee. Forse dovremmo… forse è l’ora di andare
dal professor Lupin…”
“Nessuno lo
accetterebbe. Dovrò spiegare nuovamente come stanno le cose.” La bocca di Draco
era quella di un monello viziato che non avrebbe accettato un no come risposta.
“Tutti dovranno riconoscere da che parte sta la ragione. Se no c’è sempre l’Imperius.”
La bocca di
Pansy si curvò. “Non sei divertente, Draco,” lo informò. “I ragazzi hanno paura
di tornare a casa. Sta per arrivare l’estate…”
“Possono
venire tutti a casa mia,” la interruppe Draco. “Ho già pensato a tutto. Lì
saranno al sicuro, farò…” Reclinò di nuovo la testa per guardarla. “Oh,” disse
con un tono diverso. “Lettera da casa?”
Pansì
annuì, cingendosi con il braccio libero come se avesse freddo. “Una specie di
ultimatum,” disse guardando nel vuoto.
“Oh,” ripeté
Draco. “Avresti dovuto dirmelo subito. Cos’è, ti aspetti che ti legga nel
pensiero e ti consoli? Dovresti sapere che non so fare nessuna delle due cose.”
Pansy sorrise
sulla sua testa, e solo Harry la vide farlo. “Ma come, Draco? Mi hai sempre
detto che puoi fare tutto.”
“Beh, non
credere mai alle promesse di giovanotti senza principi,” la ammonì Draco. “E’
così che le ragazze perbene finiscono nei guai.”
Entrambi
fissarono l’armadio di Draco per un minuto, e il silenzio aleggiò nella stanza.
“Cosa diceva
la lettera?” chiese Draco alla fine, e Pansy sembrò sollevata dal fatto di non
dover introdurre l’argomento lei stessa.
“Che o
lascio immediatamente l’Ordine e torno subito a casa, o è meglio che non ci
torni più.”
“E tu
cos’hai risposto?”
“Gli ho
detto che possono andare al diavolo. C’è una stanza per me a casa tua?”
“Puoi stare
nella stanza degli ospiti e avere il bagno con la schiuma bianco ghiaccio.”
Pansy rise
e Harry pensò che si fosse rilassata quel tanto di cui era capace.
“Ora ti
lascio,” disse dolcemente. “Hai già abbastanza cose a cui pensare. Vado a
ordinare agli elfi di fustigarsi con i bollitori. Ci serve la cioccolata calda,
e poi mi tirerà su di morale.”
Tolse la
mano dai suoi capelli, Draco la strinse e le sorrise.
“Ehi,
troietta.” Le strinse le dita. “Stai facendo del tuo meglio,” le disse
altezzosamente. “Continua così e potrebbe esserci un posto per te nell’harem
Malfoy.”
Pansy
rise, e stavolta sembrò una risata vera. Si trattenne un altro istante, quindi
uscì dalla stanza, con la testa molto più alta di quando era entrata.
Draco restò
immobile sulla sedia per un momento, con le candele che gli illuminavano i
capelli. Poi crollò in avanti, la schiena curva e sgraziata, e si mise la testa
tra le braccia.
Compassione
e senso di colpa attraversarono Harry. Avrebbe voluto raggiungerlo,
abbracciarlo, pensare a qualcosa di impacciato da dire per provare a
consolarlo. Ma non l’avrebbe fatto, perché Draco non gli parlava, perché non
avrebbe nemmeno dovuto vederlo così, perché Draco l’avrebbe odiato se avesse saputo che l’aveva
visto così.
Draco così
orgoglioso e riservato. Questo era voyeurismo della peggior specie, perché
Draco si sarebbe fatto vedere in qualsiasi situazione tranne che nella
debolezza.
Harry doveva
uscire da lì.
Pansy
aveva lasciato la porta socchiusa e lui la oltrepassò più in fretta che poté,
seppur con discrezione. Uscì dalle stanze dei Serpeverde, salì le scale, tornò
alla torre di Grifondoro, si lasciò cadere su una
sedia e cercò di scacciare la solitudine e il disgusto di sé.
“Harry,”
disse Neville, in tono incerto, “mi daresti una mano con questi libri di Erbologia? Le piante protettive…”
Niente era più
importante di quello. Lo sapeva.
“Certo,”
rispose. “Subito.”
Neville
sorrise. “Grazie. Sapevo di poter contare su di te.”
Harry si
sedette con Neville e aprì un libro. Trovarono dei passaggi interessanti e non
si accorse prima di qualche minuto che la sala comune si era svuotata.
Quando lo
notò, disse, “Neville, faresti meglio a sbrigarti se vuoi mangiare qualcosa,
stasera.”
Neville lo
guardò. “Ah, già… tu non vuoi niente?”
Tutte quelle
emozioni alla bocca del suo stomaco avevano sostituito perfettamente il cibo.
“Nah, non ho fame.”
Si concentrò
ferocemente sui libri per un altro po’ e si impegnò a non pensare ad altro.
A un certo
punto Ginny arrivò di corsa dall’entrata verso Harry, i capelli rossi sul viso,
incerta e un po’ scandalizzata.
“Fuori c’è
qualcuno di Serpeverde che ha chiesto
di te,” spifferò.
Harry
sorrise incredulo, incapace di trattenersi.
Draco. Chi altro potrebbe essere?
Fu un brutto
colpo quando si accorse che il Serpeverde altri non era che PansyParkinson.
*
Harry la
fissò inebetito, e pensò che il genere di persone di cui si circondava Draco,
dato il suo aspetto, era piuttosto strano.
Tiger e
Goyle erano due gargoyle scuri e massicci, e la
bellezza vagamente ambigua di Blaise Zaini era ugualmente oscura e sinistra.
Pansy era alta per essere una ragazza, e il suo viso era incorniciato da
capelli neri e pesanti che sembravano trascinarla in basso.
Il suo viso
sembrava più aggressivo del solito, anche se aveva i capelli raccolti. Le sue
sopracciglia importanti si mossero, e l’espressione dei suoi occhi castani era
distintamente minacciosa.
“Potter?”
disse irruente.
“Ehm, ciao?”
buttò lì Harry, alquanto smarrito.
Pansy
restò a braccia conserte, col viso teso, come a far intendere che Harry avrebbe
dovuto osare di più.
Alla fine il
suo sguardo accusatorio lo convinse ad offrire un debole, “Posso, ehm, fare
qualcosa per te, Pansy?”
Pansy
sospirò, forse stupita dal fatto che un imbecille come Harry non avesse messo
fine alle proprie sofferenze tempo addietro.
“Sì che
puoi,” disse stringata. “Puoi smettere di rendere infelice Draco.”
Harry restò
immobile.
Pansy
proseguì a mettere in chiaro il suo punto di vista con occhi freddi e duri come
pietre.
“Sai con
quanta merda ha dovuto fare i conti da quando ha deciso di andarsene in giro
con te, Potter? Siamo Serpeverde. Di
certo non ha ricevuto solo paternali. Ma lui ha accettato tutto quello che gli
hanno lanciato addosso. Aveva quest’idea completamente folle che potesse valerne
la pena, per te. Ma sembra che tu gliel’abbia fatta passare.”
“Ehm,” disse
Harry, che non aveva alcuna intenzione di dirle in che modo ci era riuscito.
“Non so cosa
tu abbia fatto,” gli disse Pansy, guardandolo storto.
Harry fu
felice di sentirlo.
“So solo che
un bel giorno è corso in camera sua e ha buttato tutto all’aria. Non siamo
riusciti ad ottenere una risposta civile per giorni. E’ ancora irritabile, e
ogni volta che vede te nei corridoi
si irrigidisce e ti rivolge uno sguardo letale. Persino Tiger e Goyle sono
riusciti a capire che è colpa tua.”
Pansy
aveva i pugni stretti, ma il suo tono era neutrale.
“Volevano
venire qui e darti un’aggiustatina. Per tua fortuna
ho deciso che ti serviva un tocco femminile.”
Il tocco
femminile si preannunciava bello violento.
Harry
avrebbe preferito evitare di esser preso a pugni da Pansy Parkinson, se per lei
era lo stesso. Voleva semplicemente andare a pensare a ciò che aveva fatto
Draco – buttato tutto all’aria – e a ciò che poteva significare.
Tuttavia
doveva prima occuparsi di Pansy. Dopotutto era venuta solo perché…
“Gli vuoi
bene,” osservò, quasi meravigliandosene.
Ripensò al
sorriso che aveva fatto sulla testa di Draco. Improvvisamente si ricordò di
quando Draco era stato ferito il terzo anno, e il volto di lei si era riempito
di lacrime.
Lo stesso
viso, cresciuto e più deciso, si fece ancora più astioso.
“Voi Grifondoro pensate di avere il monopolio sulle emozioni?
Certo che gli voglio bene. Siamo amici da quando eravamo piccoli… e sì,”
aggiunse di scatto. “Prima che tu lo dica, sono pazza di lui. Da sempre. Lo
sanno tutti.”
Harry si
sentì stranamente solidale. Pensò a cosa avrebbe fatto se avesse detto, ‘Siamo
in due’.
Disse, “Cosa
ci fai qui, Pansy?” Cercò di essere gentile.
Pansy lo
guardò con estrema avversione.
“Te l’ho
detto. Voglio che smetti di renderlo triste. Se il tuo obiettivo era appurare
se i Serpeverde hanno un cuore, beh, ecco il risultato. Ce l’abbiamo. E abbiamo
anche dei magnifici ganci destri, come potrai notare se non ti dai una mossa
per aggiustare le cose con lui. Rompi l’amicizia con un po’ di rispetto. Non
m’importase per te era solo un gioco,
glielo devi.”
Harry
dimenticò di star parlando con una ragazza che non conosceva molto bene.
“Ma
vaffanculo, Parkinson!”
Pansy
parve oltraggiata.
“No,
davvero, vai al diavolo,” sbottò Harry. “Un gioco… cosa credi che siamo noi
delle altre case, alieni? Credi che i Grifondoro non conoscano la lealtà, credi
che non possiamo davvero essere amici di qualcuno? Smettila di dire idiozie.”
“Non sto…”
“Stai
dicendo un mare di idiozie. Pensi che Draco fosse una specie di esperimento interscolastico per me… Mi
hai visto mentre cercavo di parlargli! Mi hai visto provarci un sacco di volte!
Come osi venire qui a farmi la paternale e comportarti come se non tenessi a
lui quando invece ci tengo, cazzo!” Smise
di urlare e fissò Pansy con occhi assassini. Aveva il fiatone.
Pansy non
fece che guardarlo. “Ah si?” disse.
“Sì,”
rispose Harry, la voce ora controllata e gelida. “Ci tengo. Per cui prendi la
tua dannata paternale e marcia fino ai tuoi sotterranei, stronza, perché io voglio andare da lui e mettere a posto
le cose e restare suo amico, e mi
uccide non poterlo fare!”
Pansy
restò ferma a guardarlo con i suoi occhi fissi e ostili, senza muoversi.
“Potter…”
disse finalmente, e Harry vide il suo viso addolcirsi appena per un secondo.
“Lui credeva che fossi qualcosa. Ce
n’eravamo accorti tutti. Pensa di essere tanto superiore, ma non è difficile
capirlo. Specie quando lo si conosce.”
Harry la
guardò stordito per un attimo, poi sentì il primo vero sorriso rilassato da
settimane curvargli le labbra.
“Già,”
rispose a bassa voce. “Io… me lo ricordo.”
Pansy si
mise le mani in tasca. “Pensava che fossi… non lo so. Parlava di te, sai?
Quando eri il nemico che credeva che una lezione di Pozioni senza alcun tentato
omicidio con un calderone fosse una lezione sprecata… parlava tantissimo di te.
Si imbestialiva. Sai come fa lui.”
“Ho sentito
un paio di tirate… o un paio di decine,” ammise Harry.
Pansy
arrischiò addirittura un sorriso.
“Poi d’un
tratto ha smesso di parlare di te. Abbiamo cercato di spingerlo a farlo… non
era normale che non ne parlasse.
Siamo Serpeverde, ci piace parlare alle spalle degli altri. Ma lui non
abboccava. Faceva l’indifferente, ma cercava di non pronunciare nemmeno il tuo
nome. Eppure qualche volta qualcuno lo pronunciava, e lui… faceva quel
sorrisino.”
“Che stai
dicendo, Pansy?” chiese, parlando piano come per non infrangere l’immagine.
“Sto dicendo
che si comportava come se gli importasse,” disse Pansy. “Quindi ci tiene a te.
Quindi…”
Si fermò e
fece un piccolo gesto frustrato. Sembrava che volesse dare un pugno al muro.
“Tu non mi
piaci, Potter,” lo informò gelida.
Harry roteò
gli occhi. “Nemmeno tu mi piaci. E allora?”
“E allora la
parola d’ordine di Serpeverde è king cobra,” sbottò lei. “Aspetta qualche ora.
E non fare casini stavolta!”
Pansy
fissò il suo viso basito e se ne andò su due piedi.
*
Tornò dentro. Si sedette e riaprì i libri di Erbologia. Studiò con determinazione per due ore.
Scese verso
le stanze dei Serpeverde. Percorse il corridoio di pietra. Pronunciò la parola
d’ordine. Passò davanti agli sguardi allibiti dei Serpeverde assorti diretto
verso il suo obiettivo, quella particolare porta, pronto al confronto.
Aprì la
porta ed entrò.
Fu in quel
momento che la sua determinazione vacillò.
Draco e
Blaise Zabini erano seduti accanto al camino a giocare a carte. Il fuoco aveva
scaldato leggermente il viso di Draco, e stava ridendo.
Era tutto
così diverso dall’immagine solitaria che si aspettava che rimase per un minuto
a bocca aperta. Il viso di Zabini passò dalla calma alla malizia con rapidità
encomiabile.
“Vado a
chiamare Tiger e Goyle,” annunciò, alzandosi dalla sedia e fissando Harry con
uno sguardo minaccioso.
“No,” scattò
Draco, e l’espressione di Zabini crollò e il cuore di Harry sobbalzò. Poi Draco
si girò verso Harry e disse in tono teso, “Preferirei davvero che te ne
andassi, Potter.”
Harry
incrociò le braccia al petto. “Non ho intenzione di andarmene, Malfoy. Voglio
parlare con te. In privato.”
“Che coraggio,”
cominciò Zabini.
“Taci,”
disse Draco. “Fuori, Potter. Ho avuto una giornata stancante, ho bisogno di
rilassarmi, tu non sei il benvenuto e
io e Blaise non abbiamo finito la partita.”
Harry
attraversò la stanza e si sedette accanto al letto.
“Bene,”
disse tranquillo. “Posso aspettare.”
Zabini fece
per alzarsi di nuovo.
“Siediti,”
ordinò Draco. “Perfetto. Resta lì se vuoi. Non fa differenza.”
Zabini si
rimise a sedere con malagrazia. “Lui resta?”
chiese, curvando le labbra disgustato. “La posta in gioco cambia?”
“No,” disse
Draco, dando le carte. “Lui non conta. La posta resta la stessa.”
A Harry non
importava di cosa stessero parlando. Si era conquistato almeno un po’ di
terreno. Era su quella sedia e sarebbe rimasto su quella sedia, e alla fine
avrebbe parlato con Draco.
Zabini alzò
le sopracciglia ma non protestò più. Il fuoco ardeva alto e caldo dietro di
loro, e la partita proseguì in silenzio.
Harry
attese. Carte schioccarono su carte, e passarono lunghe pause riflessive tra
uno schiocco e l’altro. Il fuoco era rovente e lo scoppiettio quasi
rasserenante. L’urgenza di parlare con Draco era ancora presente, e lui era
ancora nervoso e irritabile, ma sentì le sue palpebre abbassarsi quasi contro
la sua volontà. Era stanco, e adesso era al caldo e tutto era tranquillo.
Shh, shh, shh, diceva il fuoco, e
Harry continuò a guardare Draco e Zabini giocare a carte con gli occhi
semichiusi e un interesse alquanto distaccato.
Zabini
guardava attentamente Draco, gli occhi scuri e taglienti. Draco era appoggiato
all’indietro con uno sguardo di calcolata preoccupazione.
Sembrava che
fossero arrivati alla conclusione, finalmente.
“Ti
dispiacerebbe specificare qual è la posta in gioco?” indagò Zabini, e Harry
pensò che l’avesse guardato. Fece il suo sorriso malizioso.
“Mi piace
tenere vivo l’interesse,” rispose Draco.
“Ma io mi
preoccupavo per te, Draco,” disse Zabini, mettendo a terra le sue carte una
dopo l’altra.
“Mi
commuovi, Blaise.” Draco mise giù le sue carte. “Ma non è proprio necessario.”
Zabini si
bloccò, guardò le carte e si inumidì le labbra deliberatamente. Persino la sua
voce era morbida, e aumentò il sonno di Harry.
“Oh, beh.
Non è che mi dispiaccia poi così tanto,” ammise. “Allora, Draco… che cosa
vuoi?”
Draco
sorrise. “Voglio che esci,” rispose dolcemente. “Devo parlare con Potter.”
Zabini lo
fissò per un minuto, fece un verso esplosivo e irripetibile, si alzò e uscì in
fretta dalla stanza. Lo shock svegliò definitivamente Harry appena Draco si
alzò dalla sedia e lo guardò.
I suoi occhi
si abbassarono quasi subito, e restò in piedi davanti al camino con le mani
dietro la schiena, come se stesse concedendo udienza a qualcuno.
“Penso sia
giunta l’ora di fare quattro chiacchiere,” disse con una voce strana. “Le
ostilità tra i membri del Giovane Consiglio sono pericolose nella situazione
attuale. Dobbiamo riuscire ad andare d’accordo in modo civile, e a comunicare.
Mi rendo conto di aver reso le cose difficili, ma ero un po’ irritato. Sul
serio, non m’importa molto dei tuoi metodi di corteggiamento Grifondoro…”
“Draco,” lo
interruppe Harry deciso, “Mi dispiace tanto, tantissimo. Cosa posso fare per
sistemare le cose?”
Draco
sollevò gli occhi e sbatté le palpebre. Dopo un po’ disse, “Ti ho detto di non
chiamarmi così.” Fece una pausa, guardò accigliato il tappeto e proseguì come
se parlasse con se stesso, “Cosa intendi dire esattamente?”
Con suo
assoluto orrore, Harry si rese conto che non aveva idea di cosa dire. “Voglio
dire… Mi dispiace, non lo farò mai più, lo giuro,”
disse, e poi realizzò con eterno imbarazzo che stava diventando rosso. “Voglio
che torniamo ad essere amici,” esplose quasi ribellandosi, odiando le parole,
odiando un sacco di cose. “E’ l’unica cosa che voglio, non so a cosa ti
riferisci quando dici… quando dici corteggiamento, io non volevo…”
Alzò gli
occhi. Draco rimase in silenzio e qualcosa si incrinò sotto le costole di
Harry.
“Voglio solo
che torniamo amici,” ripeté disarmato. “Mi manchi,
stupido idiota.”
L’ultimo
pezzo non era proprio conciliante, ma era frustrato e si sentiva ridicolo e
perché con Draco tutto doveva essere così difficile?
Draco alzò
lo sguardo, e sul suo viso c’era un’espressione strana. “Credevo che gli amici
fossero sinceri tra loro,” disse, non più tanto calmo. “Avevo la netta impressione
che ti piacessero le ragazze.”
“E’ così!”
esclamò automaticamente Harry, prima di mordersi forte il labbro. “Cioè, non lo
so, forse. Non ci ho pensato molto. E’ tutto un po’ confuso…”
“Hai quasi diciott’anni, Potter,” disse Draco, facendo una smorfia
divertente con la bocca. “Cosa sei, sessualmente ritardato?”
Mi perdoni se lo sono?
“Sono stato
preso da altre cose,” rispose Harry offeso.
Draco
sospirò e si scompigliò i capelli, un chiaro segno di tumulto interiore. “E
allora perché l’hai fatto, esattamente?” domandò, e stavolta c’era una chiara
emozione nella sua voce, ma lui la spinse via e tornò freddo. “Era un
esperimento?”
“No… certo che no! Che idea hai di me?” Harry
quasi gridò, poi si ricordò che era in missione di pace. “Sei mio amico,” disse
in tono imbranato e sommesso. “Non lo farei mai.”
“Beh,
perdonami, Potter, ma sono un po’ confuso riguardo ciò che faresti e non
faresti, al momento. E per un periodo piuttosto lungo non sei stato così
ansioso di essere mio amico,” disse Draco conciso. “Qual era lo scopo della
gita in barca e del picnic, allora?”
Harry si
chiese se Draco fosse stato colpito da amnesia.
“Ehm, tu hai
paura dell’acqua, Draco. Pensavo che avrei potuto aiutarti. Pensavo che ti
sarebbe piaciuto il picnic. L’ho
fatto perché… aspetta un attimo, secondo te
quel era l’obiettivo?”
Draco gli
lanciò un’occhiataccia.
“Hai una
mente malata e sospettosa,” disse Harry, scosso.
“Mirare in
alto non mi ha mai ripagato,” ribatté Draco.
“Beh, non
farei mai una cosa simile,” gli disse Harry, arrabbiato. “Mai. So di aver sbagliato e so che sei furioso o disgustato o
qualsiasi cosa, ma non avrei mai tramato qualcosa e ti giuro, ti giuro che non ci proverò mai più.”
Draco parve
vagamente intrigato. “Davvero non sapevi che…”
“No,” tagliò
corto. Pensava di averlo già messo in chiaro. “Non ne avevo idea.”
Draco fece
un’altra smorfia strana con la bocca, ma stavolta con aria un pochino
divertita. “Allora cos’è, stai attraversando una specie di crisi?”
“Non rompere,”
mormorò Harry, e poi ricordò che era stato lui a introdursi in quella stanza
per chiedere di parlare.
“E davvero
non intendevi…”
Quell’insistenza
su argomenti già trattati era morbosa.
“Ho detto di
no,” disse Harry. “Continuo a ripeterlo, ma non mi ascolti. Non lo sapevo, non
volevo farlo e non avrei mai fatto nulla che potesse turbarti, e mi dispiace, e sono venuto qui solo per
chiederti di tornare amici, ma se non vuoi…”
“Supponiamo
che voglia,” disse lentamente Draco.
Harry si
fermò e lo guardò fisso. Draco era un po’ imbarazzato.
“Beh, non
posso smettere di essere tuo amico se stai passando un periodo di crisi,”
continuò, quasi sulla difensiva. “Sarebbe crudele.
Hai bisogno di supporto. Altrimenti,” aggiunse in tono riflessivo, “potresti
impazzire.”
Harry alzò
gli occhi a cielo e non fece alcuno sforzo per controllare il suo enorme e
ridicolo sorriso. “Non impazzirò, Draco.”
“Potresti,”
replicò testardamente Draco. “Sei abbastanza scemo da fare qualsiasi cosa. E
poi…” si fermò per soppesare le parole. “Suppongo che sia stato esposto ad una
tentazione quasi irresistibile.”
“Sta’
zitto.”
“Dopotutto,”
proseguì Draco, affascinato dall’idea del proprio fascino, “Sono favoloso,
meraviglioso, delizioso.”
“Sta’
zitto.” Harry si interruppe e disse impacciato, “Allora è tutto a posto?
Amici?”
Draco
sorrise all’improvviso, luminoso. “Amici.”
Harry si
afflosciò per il sollievo proprio nel momento in cui l’orologio batté le dieci.
“Oh,
maledizione, devo andare,” disse, con estrema riluttanza. Stupidi orologi.
Stupido tempo. Stupido coprifuoco. Era tutto un sistema male organizzato.
“Senti, possiamo parlare domani? Possiamo parlare a colazione? Io…”
“Aspetta,”
lo interruppe Draco, pensieroso. “Se ti va, puoi restare.”
(***)
Le poesie
nella mente di Draco esistono realmente e sono, nell’ordine:
- la
composizione per pianoforte “Weconquer
or die” di JamesPierpont (1861)
- “Alone” di
EdgarAllan Poe
- “High Flight” di John
Gillespie Magee (1941)
- una poesia
della poetessa russa Marina Tsvetaeva (1908-1910)
I pezzi
erano in inglese, le traduzioni sono mie :)
Maya è
davvero crudele...
Cari
lettori, c'è il rischio, per ora quotato al 5%, che il prossimo capitolo tardi
di qualche giorno. Ovviamente farò il possibile e l'impossibile per far ciò che
non accada, ma voi siate pazienti!
Questa volta, più che mai, è d'obbligo ringraziare la mia schia
Questa volta, più che mai, è d'obbligo ringraziare la mia schia...
ehm, la grandiosa Vale, che mi fa da beta con tanto impegno e abnegazione :D
Sei grande!
Sommario: Questo capitolo è presentato da alcool,
bacchette, incidenti inquietanti e dalla parola ‘gay'.
Capitolo Quindici
Mantenere la fede
We can't play this game any more
But can we still be friends?
Things just can't go on like before
But can we still be friends?
[Non possiamo più giocare
a questo gioco / Ma possiamo essere amici lo stesso? Le cose cambieranno / Ma
possiamo essere amici lo stesso?]
Harry fissò Draco, e la testa quasi gli esplose per il panico.
Una parte del suo cervello balbettò, è tutto a posto, è tutto
perfettamente a posto, Draco mi sta solo proponendo di restare a dormire da
lui, lascia stare i doppi sensi, vuoi forse rovinare tutto? Un'altra parte
gridava verso Draco, abbiamo appena stabilito che sono confuso, perché cavolo proponi una cosa
del genere, non so nemmeno se lo sono io, tu
lo sei, potresti esserlo?
Un'altra parte guardava Draco con un'espressione stupida e
bramosa, mettendolo in imbarazzo con quell'impeto di felicità e sollievo. La
curva dei capelli di Draco sul suo collo era ipnotica.
"Ehm," disse.
Draco rise. "Scusa, ho formulato la frase senza alcun tatto.
Specie dato che sei in crisi," aggiunse coscienziosamente. "Volevo
dire, ho organizzato una riunione notturna per discutere della spia e di altre
cose. Vorrei che rimanessi."
"Oh," disse Harry. "Oh. Sì, certo."
Draco gli sorrise vittorioso. "Bene," rispose.
A Harry era mancato
quel sorriso, per quanto fosse ambiguo e generalmente preoccupante.
"Parlerò a tutti con una bacchetta," continuò Draco.
"Per indicare le cose. Mi darà un'aria molto autorevole."
Andò a sedersi sul letto, recuperando un'anonima bacchetta da sotto al cuscino,
e fece cenno a Harry di andare a vederla. La agitò un paio di volte, per
provare.
Harry guardò la bacchetta poco convinto. "Draco. Quella
magica non era sufficiente?"
Draco lo fissò. "Niente è mai sufficiente, Harry."
"Invece sì, quando sembra che sia per compensazione," lo
avvertì Harry. Draco lo colpì col bastoncino.
Harry si stese sul letto, lasciando che un enorme senso di
sollievo filtrasse dentro di lui. Le cose tra loro erano di nuovo... a posto, e
lo sarebbero rimaste.
Draco tirò su le ginocchia e si sedette a gambe incrociate sul
letto, appoggiando la bacchetta accanto al ginocchio.
"Gli altri arriveranno tra un po'," disse.
"Potremmo parlare della tua crisi."
"Uhm, no, va tutto bene," si affrettò a dire Harry.
"Parliamo d'altro. Come stai?"
Draco si accese quando gli venne in mente una cosa. "Oggi ho
mostrato il mio progetto," annunciò. "Penso sia andato bene. Sai,
insomma, penso fosse adeguato. Adeguato in modo geniale."
Harry tenne fisso lo sguardo sul copriletto verde, senza
distogliere gli occhi dal tessuto.
"Veramente l'ho visto." Ti prego, non arrabbiarti. "E' solo che... Ne avevo
sentito parlare così tanto che volevo vederlo. E così, ehm, ho usato il
Mantello dell'Invisibilità."
"Davvero?" Draco si mise a ridere, quasi esterrefatto.
"Beh... è quasi voyeurismo. Ma è anche lusinghiero, per cui va bene.
Harry! Come ti è sembrato?"
Sembrava entusiasta. Harry gli sorrise, di nuovo sollevato, e
cercò di formulare una qualche frase intelligente sul progetto.
"E' stato... diverso," disse. "Mi è piaciuto molto.
Era come... un concentrato di sogni."
Draco si illuminò. "Beh, sono stupendamente
intelligente," ammise sfacciatamente. "Balbettavo in latino nella
culla. Sono sempre stato un genio..."
"Darsi arie non è intelligente, Draco."
Draco si offese. "Al contrario," disse. "Se non ti
dai arie, chi mai lo saprà?" Si fermò. "Di cosa stavamo
parlando?"
"Dimmelo tu, visto che sei così intelligente."
Draco lo colpì sul ginocchio con la bacchetta. "Lo so,"
disse. "La tua crisi. Hai ragione, non devi preoccuparti. Ti aiuterò
io."
"Ehm," disse Harry. "Come?"
Draco si morse il lato del labbro. "Devo pensarci su. Se solo
Blaise fosse disposto a dare una mano... beh, purtroppo ti odia."
Harry sbatté le palpebre parecchie volte dopo che Draco ebbe
parlato, ma la frase rimase agghiacciante.
"Blaise Zabini è gay?"
Draco lo fissò a sua volta. "Sì," disse con cautela.
"E il cielo è azzurro, Harry. I mantelli che indossiamo di solito a scuola
sono neri. Nel caso non l'avessi notato, in questi anni."
"Non mi piace neanche Zabini," disse Harry, ancora
scioccato. "Come hai potuto credere..."
Draco sospirò e assunse un'aria contrita. "Scusa. Mi ero
scordato di quanto fossi sentimentale."
"Non sono sentimentale!"
La porta si aprì ed entrò Pansy Parkinson, con addosso una camicia
di flanella di qualche taglia più grande. Harry si trattenne a stento dal dirle
seccamente di tornare più tardi.
"Allora, la riunione comincia," disse Draco a mezza
voce, prima di tendersi e di afferrare la spalla di Harry, col palmo contro la
sua clavicola. "Ne parliamo dopo."
Harry non poté fare a meno di sorridergli. "Va bene."
"Harry Potter," disse Pansy acida. "Che
sorpresa."
Draco la strinse dolcemente quando si avvicinò al letto, scuotendola
dai fianchi. "Ne parliamo più tardi, donna. La conversazione potrebbe
includere le parole ‘intromissione non autorizzata.'"
"È un passatempo della casa," disse Pansy, alzando le
spalle. Draco rise e la lasciò andare.
"Dovevamo portare pergamena e piume," cominciò Blaise
entrando, e il suo viso si incupì appena vide Harry. "Che ci fa lui ancora
qui?"
"L'ho invitato io," disse con calma Draco, la mano
ancora sulla clavicola di Harry.
Zabini continuò a squadrare Harry con disprezzo. "Perché?
Pensavo dovessimo decidere insieme chi ammettere alle riunioni."
Draco si spostò sul letto avvicinandosi a Harry, e gli fece
scivolare piuttosto intenzionalmente un braccio attorno al collo, piegandosi in
avanti.
Harry guardò il profilo di Draco, la sua mandibola lontana nemmeno
due centimetri dalla sua spalla, e cercò di non trattenere il fiato.
"Questa è la mia stanza," disse Draco a Zabini, con voce
morbida. "E queste sono le mie regole. Faccio entrare chi voglio nella mia
stanza, e se la cosa non ti va a genio sei libero di andartene."
Harry strappò via lo sguardo da Draco e guardò Zabini. Lui e Draco
si stavano fissando, chiaramente impegnati in una gara di volontà. Zabini non
si avvicinò nemmeno alla vittoria.
Lasciò cadere lo sguardo e poi rivolse un'occhiata risentita a
Harry.
"Bene," disse Draco con quel tono allegro che aveva
quando si sentiva trionfale e voleva infierire. "Tra l'altro, penso sarà
utile."
La porta si aprì ed entrarono Tiger e Goyle. Harry rimase un
attimo stupito quando si accorse che Tiger aveva il pigiama di Marvin il
marziano. Entrambi si fermarono e guardarono prima Harry e poi Draco, senza
capire.
Zabini sollevò un sopracciglio. "Già, è proprio una questione
di utilità, come no. Non credo che tu abbia invitato questi due per usufruire dei
loro travolgenti poteri mentali."
Draco si alzò e andò vicino a Tiger e Goyle, mettendosi tra loro e
Zabini come se avessero bisogno di protezione fisica.
"Non credo che dovresti parlare di loro in quel modo,"
disse Draco con voce fredda.
"Oh, per favore. Lo fai anche tu. Parli di loro in quel modo
ogni ora di ogni singolo giorno."
Zabini roteò gli occhi, ancora sprezzante. Draco annuì come per
dire ‘mi hai beccato', e poi fece uno di quei suoi sorrisi imprevisti e
irresistibili.
"E' diverso," disse, tornando con gli occhi sui due
ragazzi alle sue spalle. "Sono i miei ragazzi."
Tiger e Goyle rimasero lì quieti. O Draco non stava dicendo niente
che non sapessero già, oppure erano veramente stupidi.
"Comunque, voi due," aggiunse Draco disinvolto, "è
stato tutto un malinteso. Harry è tornato. Tutto è come prima."
Non sarebbero giunte domande da quei due. Goyle annuì.
"Ciao, Harry," disse Tiger, col tono di chi stesse
venendo a capo faticosamente di una manovra tattica.
Harry gli rivolse un sorriso fulmineo. "Ciao."
"Tutto chiarito, allora," osservò Draco. "Non è
bellissima l'armonia? Sento un dolce calore. Ed ecco gli ospiti, giusto in
tempo. Meraviglioso."
Zabini si buttò sulla sedia che aveva occupato poco prima, con
un'espressione che avrebbe fatto pensare ai sintomi di un'ulcera. Pansy si
appoggiò alla testiera del letto e Draco fece un cenno di invito quando Calì
Patil aprì la porta e sbirciò prudentemente all'interno.
I suoi capelli erano legati in una bellissima treccia lunga, e
Harry vide Draco guardare con apprezzamento il quadro che offriva col suo
pigiama rosa. Ebbe anche pensieri poco caritatevoli sulla sfacciataggine di
gente che se ne andava in giro in pigiama per adescare Serpeverde che
avrebbero dovuto essere seduti accanto a lui.
Vide Harry e sembrò euforica, infatti esclamò, "Harry, sono così felice che ci sia anche tu," e
corse a sedersi accanto a lui. Dato che Calì aveva ignorato completamente
Draco, Harry si concesse un minimo di senso di colpa per la persona terribile
che senza dubbio era.
Si era anche seduta al posto di Draco, ma Harry non era tanto
meschino da notarlo.
"Calì, davvero dubitavi della mia parola d'onore sulle
ragioni di questi incontri?" indagò Draco, tremendamente divertito.
Calì arrossì. "Beh, avevi detto che non sarebbe venuto nessun
altro Grifondoro. Non avrei dubitato se avessi saputo che veniva anche
Harry."
"Ok, evidentemente questa settimana tutti i miei motivi
vengono fraintesi da giovani donne virtuose," disse Draco. "Non
pensavo di avere una reputazione tanto orribile. E' molto eccitante."
Pansy sbuffò e Draco le fece una smorfia.
"Draco," disse Harry. "Che cosa hai fatto?"
"Io?"
esclamò innocentemente Draco, facendo un altro gesto di benvenuto a Terry Boot,
Mandy McTass e Lisa Turpin. Erano tutti in pigiama e Terry era in testa, mentre
Lisa e Mandy stringevano quaderni al petto. Draco rivolse loro un sorriso.
"Stavo spiegando a chi è già arrivato che ho cercato di invitare Hermione
Granger alla nostra piccola riunione."
"Beh... di certo sarebbe una grande idea. E' la studentessa
più in gamba della scuola," notò Terry. I suoi occhi aleggiarono per la
stanza, e ovviamente videro Harry, ma non fece alcun commento.
Mandy e Lisa si separarono entrambe da Terry e andarono a sedersi
sul letto con Harry e Calì.
Meraviglioso, pensò Harry. Proprio
quando comincio ad essere attratto da un ragazzo, mi ritrovo su un letto
circondato da ragazze in pigiama.
"E' bello vederti qui, Harry," disse Lisa, che conosceva
appena.
"Ehm, grazie," rispose.
Nel frattempo Draco aveva messo il broncio. "Granger non è
poi così in gamba," brontolò. "Comunque, io le ho chiesto di venire.
Non è colpa mia se ha, ehm, equivocato il mio invito."
Tutti nella stanza rimasero divertiti o allibiti. Harry sobbalzò.
"Lei cosa? Non mi ha detto niente!"
"Non c'era bisogno che chiedesse protezione ai suoi
uomini," disse Draco sarcastico.
Pansy rise sommessamente. "L'ha colpito," disse a tutti
deliziata. "Gli ha dato uno schiaffo in pieno viso."
"Oh no, di nuovo," esclamò Harry. A quel punto anche Pansy e Zabini
rimasero esterrefatti.
Draco si fece leggermente rosa. "Ci tengo a precisare che ero
giovane, e non ancora così affascinante."
"Sì," disse Harry. "Pare che sia rimasta molto
colpita dal tuo attuale livello di fascino maturo."
Pansy e Calì risero entrambe, e Terry Boot abbozzò un sorriso.
"Stavo semplicemente spiegando come mai Granger non ci ha
graziati con la sua presenza."
"Perché non l'hai spiegato a lei?" chiese Terry pragmatico.
Pansy roteò gli occhi. "Qualcuno deve aver pensato che fosse
troppo divertente, vero? Essere inutile."
"Infatti è divertente," s'intromise Zabini.
"Immaginatevi Granger che
pensa che Draco sia sopraffatto dal desiderio per lei."
"Penso che potrei esserlo," disse Draco con tono
introspettivo. "Mi piacciono le ragazze che hanno carattere."
"Ora basta, Draco," disse Harry.
Draco guardò verso di lui. Harry ricambiò lo sguardo. E' Hermione, quindi non è divertente, e a differenza
di Zabini io non farò marcia indietro neanche tra un milione di anni.
Neanche Draco abbassò lo sguardo. "Oppure non si accorgerà
mai della passione dirompente tra di noi," disse piano. "Per quanto
ciò sia tragico. Ah, è arrivato il contingente Tassorosso."
Susan Bones si infilò nella stanza, avvolta da una camicia da
notte a fiori aderente. Si guardò intorno come se fosse stata nella gabbia dei
leoni, poi Draco le sorrise. Lei ricambiò il sorriso timidamente.
"Dov'è Smith?" chiese Zabini dalla sua poltrona.
"Non viene," disse con calma. "Mi dispiace. Ha
detto che non era sicuro su Malfoy."
Vide Harry e le altre ragazze e li raggiunse più in fretta che
poté. Harry Potter, beato tra le donne, cominciava a pensare che il destino gli
stesse facendo uno scherzo.
"Bene, perfetto. Possiamo cominciare," disse Draco, e
sollevò la sua bacchetta. Strinse appena le labbra quando aggiunse, "E poi
non mi è mai piaciuto tanto, quello Smith."
Blaise e Pansy sospirarono rumorosamente all'unisono. "E
tutti sappiamo perché, tra l'altro," osservò Pansy.
Draco si intestardì. "Non mi piacciono le persone bionde."
Pansy evidentemente l'aveva già sentito, ed era affettuosamente
esasperata. "Draco, non ti ha rubato l'idea. Non hai il copyright sul
biondo."
"Al contrario," disse Draco. "Sono certo che la mia
famiglia abbia depositato i diritti intorno al 1600. Se solo trovassi i
documenti, quel parvenu la pagherebbe cara."
Stavolta risero tutti. Harry si guardò intorno e capì che Draco
stava aspettando proprio quel momento per cominciare ad occuparsi di cose
serie. Tutti erano a loro agio e si godevano la compagnia.
Era stata una performance davvero degna di lode.
"Lasciate che metta in chiaro alcune cose," continuò
Draco, cambiando argomento. "Ho invitato tutti voi e ho dato la parola
d'ordine di Serpeverde a chiunque ne avesse bisogno, dicendovi solo che volevo
discutere di alcuni eventi. Tutti voi dovete essere pieni di domande...
tutti tranne quelli che hanno pensato che stessi proponendo dei favori
sessuali, ovviamente."
"Perché, non è così?" chiese Pansy. "Ok, me ne
vado."
Draco rise e finse di spingerla sulla sedia di fronte a quella di
Zabini. Lei mise una gamba sul bracciolo.
"La versione ufficiale è che tutte voi ragazze siete state
invitate ad un pigiama party nella stanza privata di Pansy, mentre i ragazzi ne
stanno facendo uno nella mia. Certamente la gente sospetterà che ci sia una
certa promiscuità, ma questo non farà che rendere la cosa più interessante e
procurarci l'invidia dei nostri compagni." Draco scoccò un sorriso
malizioso. "Nessuno dovrà mai venire a conoscenza della tremenda verità,
ossia che Harry si è fregato tutte le ragazze."
Harry si guardò intorno sul letto. "Quale vuoi?" chiese.
"Ne ho una vasta scelta."
Calì ridacchiò e gli diede un pugno sul braccio.
Draco parlò pieno di sentimento. "Devo sceglierne solo una?
Le cose si dividono con le persone a cui si tiene, Harry. Dovresti tenerlo a
mente. Ora, qualcuno ha domande sugli alibi?"
"Io," disse Zabini. "Dov'è il tuo pigiama?"
Naturalmente a Harry non era mai piaciuto Zabini. Passava il tempo
a fare domande private e offensive.
"Scusatemi," disse Draco in modo molto aristocratico.
"Non sono proprio riuscito a cambiarmi prima dell'arrivo degli ospiti. Ero
in compagnia."
"La cosa non ti ha mai fermato," osservò Zabini.
Draco guardò Harry e sogghignò. "Ero in compagnia
speciale."
"Basta con la falsa modestia," disse Zabini. "Sul
serio, disapprovo l'abitudine maschile di dormire vestiti."
Magari Draco aveva ragione, e Harry in effetti avrebbe dovuto
accorgersi prima di Zabini.
"Dacci un taglio!" intervenne fortunatamente Pansy.
Tutti risero di nuovo, con molta naturalezza.
"Siamo qui," proseguì Draco, "perché pensavo che
fosse una buona idea organizzare un gruppo formato da membri di ogni casa in
cui condividere segreti e preparare piani, non solo portando al minimo le
possibilità di interferenza della spia, dato che potrebbe essere uno di noi, ma
anche senza l'autorità dei professori."
"Già, Potter," disse Zabini beffardo. "Stiamo
parlando di infrangere le regole. Sicuro che non vuoi dartela a gambe?"
Harry rise, sinceramente sorpreso. "Beh, ora so per certo che
non sai proprio niente di me, Zabini."
Vide Susan Bones un pochino spiazzata da tutto quel parlare di
infrangere le regole, così le sorrise con aria rassicurante. Lei gli sorrise a
sua volta, più sicura.
"Non si tratta solo di infrangere le regole," continuò
Draco. "Possiamo anche fare cose moralmente discutibili che il professor
Lupin non può appoggiare apertamente. Io non ho alcuna remora morale, e sono
pronto a mentire, imbrogliare e rubare pur di danneggiare il Signore Oscuro."
I Serpeverde nella stanza annuirono, insieme a Terry Boot, ma
Harry si guardò intorno sul letto e vide sguardi esitanti, finché non annuì
anche lui. A quel punto anche Calì e Susan annuirono.
"Inoltre possiamo puntare il dito contro chi sospettiamo di
essere la spia, e indagarli, anziché seguire questa politica del fingere di
fidarci tutti, cercando disperatamente un indizio a caso. Possiamo puntare il
dito persino contro i professori. E ovviamente," concluse Draco
grandiosamente, "ho un ultimo argomento per convincervi a prendere parte a
queste riunioni."
Aprì il suo armadio. Su un'anta era fissato un blocchetto della
misura di un calendario, da usare chiaramente come lavagnetta. Draco lo indicò
con la bacchetta e una certa quantità di orgoglio.
"Penso che sembri molto ufficiale adesso," disse.
"Ora, facciamo qualche nome. Scusa, Calì... Padma Patil."
Calì si raddrizzò accanto a Harry. "So perché lo pensi,"
disse, "ma conosco mia sorella. E' impossibile. Non è lei."
Gli occhi di Draco erano freddi. "Chiunque sia la spia,"
disse dolcemente, "ha qualcuno che crede in lui o lei. Che si fida
ciecamente, senza sapere di essere tradito."
"Non Padma," insisté Calì.
Draco sorrise. "Allora proviamo la sua innocenza, va bene,
tesoro?"
Scrisse ‘Padma Patil' sul blocchetto. Calì stava ancora tremando
in atteggiamento di quieta sfida al fianco di Harry.
"E tu?"
chiese. "Molti sospettano te."
Pansy si tirò su all'istante. "Senti, piccola..."
"Shh, Pansy," disse secco Draco. Si girò e scrisse il
proprio nome. Harry notò divertito che lo scrisse con una grafia molto più
bella di quella che aveva usato per il nome di Padma, e aggiunse un ghirigoro
ricurvo alla ‘y'.
Evidentemente essere sospettato di azioni malvagie andava bene, se
lo si faceva con stile.
Calì era ancora un po' scossa, e stava iniziando a contagiare le
altre ragazze sul letto. Susan si tese e strinse il gomito di Harry: quando la
guardò stupefatto, la sua espressione era una richiesta di rassicurazione
urlata.
Non guardò verso Terry Boot, ma sembrava che l'incertezza non
fosse limitata al letto.
"In questa caccia alla spia non possiamo dimenticare che la
minaccia definitiva è Voi-Sapete-Chi."
"Non l'ho dimenticato," tagliò corto Draco.
"Allora... come possiamo dar fastidio a lui con questo gruppetto?"
"Perché, tu cosa suggerisci di fare?" chiese Pansy,
simile a un cagnolino aggressivo e pronto ad attaccare. "Starcene qui
seduti ad aspettare che ci prenda uno per uno? Piano geniale!"
Draco spostò rapidamente lo sguardo dall'uno all'altra. "I
Corvonero sono rinomati per i loro piani geniali," strascicò.
Terry fissò incredulo Pansy. "Non stavo attaccando..."
A Draco serviva un po' d'aiuto.
"Un gruppo può fare la differenza per Voldemort," disse
Harry, e improvvisamente calò il silenzio. Harry vide le labbra di Blaise
Zabini curvarsi per quel commento da eroe solenne, e decise di metterlo a
tacere. "Anche se, ovviamente, potrebbe essere troppo per i nervi di
Draco."
Pansy e Zabini parvero entrambi a un passo dall'omicidio.
Draco colse la palla al balzo. Era ridicolmente altezzoso.
"Se ti riferisci a quella volta in cui avevo undicianni
e rimasi un tantino scosso dalla visione del Signore Oscuro che bevevo sangue
di unicorno, decidendo di effettuare una ritirata strategica..."
"Ritirata strategica durante la quale corresti gridando come
una donnicciola," disse affettuosamente Harry. Susan rise nervosa.
"E' il poco conosciuto urlo di battaglia dei Malfoy,"
spiegò Draco. "Causa di innumerevoli equivoci. Dovremmo proprio
cambiarlo."
I Serpeverde si rilassarono. Ovviamente l'attacco gli andava bene,
ma solo finché sentivano che Draco non era minacciato. E gli altri risero, e
smisero di sembrare minacciati anche loro.
"Oh, ne sono certo,"
disse Harry.
"Beh, io sono
certo che tutti adoreremmo un discorso valoroso. Tanto alla fine ognuno di noi
avrà il suo momento col blocchetto e la bacchetta," disse Draco, mettendo
in chiaro con discrezione che non ci sarebbe stato alcun leader. Poi porse la
bacchetta a Harry con un inchino. "Coraggio allora. Ti va?"
Harry alzò le sopracciglia. "Perché no."
Prese la bacchetta e si alzò in piedi, ignorando l'improvvisa
sensazione di goffaggine e panico. Era troppo importante.
Draco prese posto sul letto, su cui a quel punto c'erano rappresentanti
di ogni casa.
Draco si guardò intorno con una malizia incredibile. Le ragazze
parvero divertite e Calì, che ora si era calmata del tutto, gli restituì
l'occhiatina. Draco le mise un braccio attorno alle spalle, e Harry soppresse
un fremito di... qualcosa.
Lo stava solo stuzzicando. Harry non voleva che gli si mettesse un
braccio attorno al collo come a una dannata ragazza. Harry non sapeva cosa
volesse.
Comunque.
Si dette una calmata. "Ho ottenuto ottimi risultati con due
persone, quando ero molto più giovane di adesso. Non serve a niente parlare di
ciò che non abbiamo e di ciò che non possiamo fare. Dobbiamo racimolare le
nostre risorse e ottenere tutto il possibile."
Susan e Calì annuirono impressionate, e i Corvonero erano
pensierosi ma quasi convinti.
Harry sperò che Draco avrebbe persuaso i Serpeverde.
"Certe volte bisogna agire fuori dalle regole. E bisogna
lavorare insieme," disse Harry lentamente, cercando di mettere in parole
una cosa che gli era appena venuta in mente, col timore di poter sbagliare
qualcosa. "Il Cappello Parlante parlava sempre dei diversi punti di forza
di ciascuna casa. Dobbiamo combinarli, così potremo essere più forti... e più
efficienti."
"Così potremo annientarli." Blaise Zabini sembrava
contento. Lui e Draco si scambiarono un'occhiata fugace e fiera, poi Draco
tornò a guardare Susan Bones.
"Certo, il punto di forza dei Serpeverde sono i piani astuti.
Ma l'avrete già notato." Draco prese un cuscino, ne sfilò abilmente la
federa e se la mise in testa. Poi agitò le mani. "Uuhh," disse, senza
espressione. "Sono un Dissennatore."
Risate tutt'intorno.
"Uno dei piani più astuti di Draco," concordò Harry
solennemente. "Peccato che sia miseramente fallito."
Draco si tolse la federa dalla testa, si aggiustò i capelli
arruffati e rivolse un sorriso a Harry.
"Ah, ma è successo perché non avevo tutti i dati
necessari," disse. "Per questo ci servono i Corvonero."
Mandy e Lisa alzarono lo sguardo da ciò che stavano scrivendo e
sorrisero entrambe. Draco guardò verso Terry Boot, seguito dagli occhi di
Harry.
Terry sembrava interessato. "Vai avanti, Harry," disse.
"Ti ascoltiamo."
*
"Non è che abbiamo concluso molto," mormorò Harry.
"L'obiettivo di questo incontro non era l'azione, ma
l'organizzazione," mormorò a sua volta Draco. "E tu hai fatto un
ottimo lavoro, Potter. Sei stato grande."
"Figurati. Non sei l'unico a dover pareggiare i conti."
La riunione era finita alle due e mezza del mattino, dopo che
erano stati assegnati tutti i posti per dormire. Il letto era stato
immediatamente dichiarato a gran voce proprietà delle ragazze, anche se Draco
ci era rimasto un po' male.
"Ma è il mio letto," aveva osservato con tono
malinconico.
"Dunque, visto che sei l'ospite, lo cederai alle signorine
costrette dal coprifuoco a restare nella tua stanza mal equipaggiata," gli
aveva detto Pansy decisa. "Se le signorine ci staranno. Il tuo letto è
abbastanza grande per cinque ragazze?"
"Non ho mai avuto modo di scoprirlo," aveva risposto
Draco, col labbro tremolante. "Che vita triste e vuota, la mia."
Tutte le ragazze si erano sistemate sul letto, seppur con
parecchie risatine e scalciate di gambe. Draco aveva sorvegliato l'intero
processo con occhi sbarrati e terrorizzati. Nel frattempo, Blaise Zabini si era
appropriato di due poltrone costruendosi un comodo giaciglio.
"Io devo dormire per terra?" aveva detto Draco,
sconvolto. "Le conseguenze della virtù sono amare, e causano problemi
negli anni a venire."
"Puoi dormire con me, se ti va," propose Zabini.
"Ah... no. Staremmo un po' stretti."
"Boot?"
Terry Boot l'aveva squadrato. "Mi va bene il pavimento."
"Beh, sia Tiger che Goyle romperebbero le poltrone e mi
ucciderebbero. E tu non pensarci
nemmeno, Harry Potter."
"Sta' tranquillo," aveva replicato Harry.
Zabini, sollevato su un gomito, gli aveva scoccato un'occhiata
velenosa. Harry aveva ricambiato, e poi aveva guardato Draco, che li stava
osservando con aria assorta. Tiger e Goyle erano dietro di lui come sempre, a
guardargli le spalle a un passo di distanza. Draco si era voltato e aveva fatto
un cenno col capo in direzione di Harry, intenzionalmente. Goyle si era
spostato da lui e si era posizionato accanto al gomito di Harry.
Harry e Zabini avevano continuato a fissarsi.
"Per..." aveva detto irritato Zabini, prima di roteare
gli occhi verso Draco. "Possiamo dormire insieme, Potter, se vuoi,"
disse, con l'intenzione di voler aggiungere ‘e se essere soffocato nel sonno è
la tua idea di una bella dormita.'
"No, grazie, Zabini," aveva risposto Harry, con
dolcezza. "Ma sei stato molto gentile a chiedermelo."
A quel punto il resto del gruppo era disteso per terra. Tiger e
Goyle, due montagne che russavano, fungevano da parete per Terry Boot, e a dire
il vero anche per il resto della stanza. Harry e Draco parlavano sussurrando.
"Solo una cosa," disse piano. "Alla prossima
riunione voglio Ron e Hermione."
Era buio, ma la voce di Draco indicava che il suo viso si era teso
in un'espressione sdegnosa. "Granger sicuramente," si affrettò a
rispondere. "Ma non mi serve peldicarota."
"Beh, io ho sempre bisogno di Ron," gli disse Harry con
voce bassa e determinata. "E' stato molto utile in passato, e penso che lo
sarà ancora. E anche se non lo fosse... a cosa servono Tiger e Goyle?" Si
fermò, e pensò all'implicito insulto a Ron. "E Pansy," aggiunse
affrettatamente.
Quando molta gente aveva iniziato a teorizzare e accusare, l'unica
persona che era rimasta in silenzio, oltre a Tiger e Goyle, era stata Pansy.
Aveva aiutato Harry, ed era leale a Draco, e Harry era anche pronto ad
apprezzarla, ma non pensava che avesse una mente molto analitica.
"E' diverso," ribatté secco Draco. "Sono miei..."
"E loro sono miei," gli disse Harry.
Ci fu una pausa. Harry udì un suono delicato che segnalava che
Draco era rotolato accanto a lui, e quando parlò la sua voce era più vicina
all'orecchio di Harry.
"Ok," disse adirato. "Porta pure i tuoi stupidi
amichetti."
"Lo farò," ribatté Harry, e sentì un tocco di calore. La
mano di Draco doveva essersi posata accanto al suo fianco, e ogni volta che
Harry respirava c'era un minimo contatto tra le nocche di Draco e la sua anca.
Non era niente. Il contatto era quasi inesistente.
Harry parlò concitato, cercando disperatamente di distrarsi e
lottando per mantenere stabile la voce. "Sapevo che avresti capito,"
disse pragmatico, lasciandosi sfuggire cose di cui si era reso conto ma che non
aveva detto a voce alta, per la fretta. "Era... una cosa che mi mancava.
Il fatto che tu capissi alcune cose."
Draco era a suo agio, sul punto di addormentarsi. Con quella voce
assonnata sembrava facesse le fusa.
"Beh, tu hai capito cosa volevo per questa riunione."
Continua a parlare e non pensare. "So come
pensi," ammise Harry, "e una volta capito quello, ho voluto rendermi
utile. Mi sento meglio finché faccio qualcosa."
"Lo so. E la gente si fida di te, sa che farai qualcosa e la
farai al meglio. Hai il potere di rassicurare gli altri. Mi serviva qualcuno
che li compattasse."
"Però io allontanerei i Serpeverde, se tu ed io non..." Ci capissimo. "... andassimo
d'accordo."
"E invece andiamo d'accordo. Possiamo creare la giusta
atmosfera rilassata per farli lavorare insieme. E' così che va la
politica."
Harry l'aveva già capito prima, ma la voce fredda di Draco lo
disturbò un po'. Stava parlando come il figlio di Lucius Malfoy, il figlio di
un perfetto politico corrotto.
"Non volevo usare la nostra amicizia per questi affari,"
sussurrò Draco con improvviso ardore. "Pensavo che non avrebbe avuto niente a che fare con questo."
E Harry si rilassò e si vergognò, perché Lucius Malfoy non aveva
mai avuto il minimo scrupolo sull'usare la gente (innocenti di undici anni, il suo stesso figlio). E aveva
ricordato una cosa che non avrebbe dovuto dimenticare.
"E' tutto a posto. Se vuoi puoi usarla. Mi fido di te."
Riuscì a percepire il sorriso nella voce di Draco. "L'ho
sempre detto che sei un credulone."
"Non sono un credulone."
"Detesto dovertelo dire, ma l'unica altra opzione è
stupido."
"Se avessi un cuscino, ti colpirei."
Draco gli diede un colpetto sul fianco. "Provaci,
Potter."
Harry si girò sul fianco per proteggersi e restituì il colpo a
Draco, ma a un certo punto si ritrovò con la mano sul corpo di Draco e e il suo
respiro caldo sul viso e Harry, così
diventi matto.
"Ho bisogno di dormire, sai? Lavorare al posto tuo può stancare."
Draco rise affettuosamente. Anche se stavano succedendo cose
strane nel petto di Harry, e respirare era diventato molto difficile, e la mano
di Draco che era ancora ferma contro il suo fianco era come uno scherzo
dell'intero universo, lui era felice.
"Buonanotte, Harry."
*
"Malfoy ti ha invitato nella sua stanza e tu non mi hai detto
niente?"
Harry guardò Ron con un po' di preoccupazione. Andava avanti e
indietro sul pavimento freddo della Guferia, e sembrava sul punto di avere un
colpo apoplettico.
"Certo che no," rispose Hermione. "Gli avevo già
dato uno schiaffo, tu l'avresti ucciso e saresti finito in un mare di
guai."
"Non l'avrei... e va bene, l'avrei ucciso, perché no? Sei la
mia ragazza!" esplose Ron. "Non si può andare in giro a fare cose
come, che so, proposte indecenti alle ragazze
altrui!" Dopo aver detto ‘proposte indecenti', le orecchie di
Ron si erano fatte rosse. Harry suppose che anche Ron ne era consapevole, e la
cosa lo rendeva ancora più infuriato. "Comunque," aggiunse in tono
truculento, "a chi mancherebbe?"
"A me," disse piano Harry.
"Harry, amico," disse Ron. "So che hai avuto
un'infanzia di merda, e che magari ti ha distrutto il cervello, così ti perdono
per le cose folli che dici. Ma Hermione..."
Hermione stava di nuovo guardando fuori da una delle finestre
senza vetri, con gli occhi che le bruciavano per il vento. Si voltò verso Ron
con un'aria piuttosto desolata.
"Beh, alla fine è andato tutto bene, no?" chiese,
cercando evidentemente di mettere a fuoco. "Hai sentito Harry. Malfoy non
voleva farmi una proposta, stava cercando di reclutarmi per questo pericoloso
gruppetto di vigilanti."
"Questo non è giusto, Hermione," disse Harry. "Sai
bene che, se Lupin non avesse creato il Giovane Ordine, saresti stata la prima
a pensare ad una qualche organizzazione per renderci utili."
"Può essere," rispose seriamente Hermione, "ma il
professor Lupin ci ha pensato per primo, e non vedo l'utilità di mettere in
piedi una specie di banda cospirativa. Il professor Lupin sta facendo un lavoro
meraviglioso..."
"Ma certo!" esclamò Harry. "Solo che la gente
continua ad essere rapita, e Lupin è un professore, non può autorizzarci ad
aggirarci per la scuola o a infrangere le regole. E questa... banda
cospirativa, se vuoi, potrebbe davvero aiutare le case a comprendersi l'un
l'altra. La scorsa notte eravamo quasi tutti affiatati."
Ron parve irremovibile.
"Io non voglio comprendere Malfoy," disse in tono
piatto. "Credo che darei di matto in un secondo. E questo gruppo è un'idea
di Malfoy, il quartier generale
è la stanza di Malfoy, e io non
voglio averci niente a che fare!"
"Ron, so come ti senti," saltò su Harry. "Non ti
sto chiedendo di fartelo piacere. Ti sto chiedendo di dargli una
possibilità."
Ron arrossì nuovamente.
"Senti, Harry... Hermione ha ragione. C'è il Giovane Ordine.
Non sento il bisogno di immischiarmi con Malfoy e so che è tornato tuo..."
Ron fece una smorfia "amico, e che hai fatto pace con lui dopo un litigio
avvenuto sicuramente per colpa sua, per cui non penso che tu sia molto
obiettivo su questa situazione."
Harry balzò via dalla parete.
"Non lo sei neanche tu," sbottò. "Non è stata colpa
sua. Non capisci..."
"Per favore!" si intromise Hermione con voce affranta.
"Vi prego! Non litigate. Non lo sopporto, il resto è già abbastanza. Non
potremmo semplicemente starcene seduti ad aspettare quell'uccello del
cavolo?!"
Restò in piedi con un'espressione glaciale, tesa e infelice, le
ciocche di capelli che volavano per il vento freddo. Hermione non diceva mai
parolacce.
Ron sospirò e si infilò le mani in tasca, raggiungendo la finestra
per starle accanto.
"Ok," disse con voce agitata, ma prendendole le mani
gentilmente e accarezzandole tra le sue. "Per lui non ne vale la
pena."
"Io credo di sì," disse Harry sommessamente.
Hermione fece un verso molto simile a una risatina. "Lo
sappiamo, Harry," gli disse. "Solo... basta parlarne. Per ora."
"La smetto se mi prometti che parlerai con Calì,"
insisté Harry. "O con Terry Boot. O chiunque altro. Pensaci, almeno."
Hermione non era soddisfatta, ma annuì con riluttanza. Lei e Ron
restarono vicini davanti alla finestra, rabbrividendo leggermente.
"Fa freddissimo," disse Hermione. "Spero che il
tempo si aggiusti per giugno."
Siamo quasi a giugno. E se la spia non verrà catturata, o entrerà
nella società come membro fidato del vero Ordine e tradirà gli altri, oppure
resterà a Hogwarts con nuove persone nel Giovane Consiglio e Hogwarts verrà
decimata.
Harry aveva pensato che fosse l'occasione perfetta per cercare di
convincere Ron e Hermione. Era sabato e molti erano a Hogsmeade, così loro
erano rimasti ad aspettare nella Guferia come ordinato da Silente.
I professori erano tutti molto impegnati in quel periodo, ed era
indispensabile che qualcuno ricevesse il gufo di Giunone McGranitt il prima
possibile. Hermione stava prendendo molto sul serio quella responsabilità.
Col senno di poi, probabilmente non era il momento migliore. Anche
Harry era un po' agitato per quel gufo.
"Se la sorella della professoressa McGranitt dice di
no..." disse infine Ron, con la sua malaugurata abitudine di dire cose a
cui gli altri cercavano di non pensare.
"Deve dire di sì!" replicò Harry con violenza.
"Vuole giustizia per sua sorella, no?"
"E' solo che alcune streghe anziane sono molto
conservatrici," lo avvertì Ron. "E questa cosa è piuttosto
sperimentale."
Hermione si consolò spiegando ciò che sapeva, e il suo corpo si
rilassò mentre parlava. "E' lo stesso principio dell'Incantesimo
Reversus," disse seriamente, come se il problema si sarebbe risolto se
fosse riuscita a convincere Ron e Harry. "Solo che invece di mostrare
l'ultimo incantesimo eseguito da una bacchetta, si dovrebbe poter vedere quale
bacchetta ha eseguito l'ultimo incantesimo sull'oggetto... in questo caso
sul..." SI fermò e deglutì, e poi disse ‘cadavere' in tono frettoloso e
ferito. "C'è un margine di errore," disse di sfuggita, "ma
potremmo davvero risalire all'assassino. Deve capirlo."
Un pensiero stava prendendo forma nella mente di Harry, oscuro e
ineluttabile.
Bisogna eseguire l'incantesimo, pensò, che
lei voglia o no.
Non poteva chiedere a Ron e a Hermione di farlo. Infrangere le
regole andava bene, eseguire incantesimi sperimentali sul cadavere della
professoressa McGranitt... no. Ma lui l'avrebbe fatto.
Lui e Draco l'avrebbero fatto. Se ce ne fosse stato bisogno.
I suoi pensieri furono interrotti da un battito d'ali proveniente
dall'alto. I gufi volarono dentro e si sistemarono sul davanzale accanto a Ron
e Hermione.
Forse sarebbe andato tutto bene. Hermione stava già slegando le
lettere, magari avrebbe aperto quella indirizzata a Silente e avrebbe mandato
all'obitorio del San Mungo il gufo col permesso del parente più vicino.
Hermione era agitata. Si tolse i capelli dal viso in due mosse
concitate. "Ron, Harry, sono entrambe indirizzate a Silente... cosa devo
fare?"
Fu Harry a rispondere, assolutamente certo. "Aprile tutte e
due. Non c'è tempo da perdere."
Hermione aprì la prima con mani tremanti. Ron le strinse le spalle
finché le nocche non gli divennero bianche, ma lei non sembrò far caso a quella
stretta troppo forte. Dette un piccolo grido di sollievo una volta esaminato il
contenuto.
"E' da Giunone McGranitt... ha detto di sì! Perfetto. Ron,
fa' presto, prendi dalla mia borsa una busta, una piuma e un po' di
pergamena..."
Harry non seppe mai cosa lo spinse a parlare. "Hermione...
cosa dice l'altra lettera?"
Hermione la aprì in fretta, distrattamente, mentre Ron li
raggiungeva con la borsa tra le mani. A quel punto le dita di lei tremarono di
nuovo, e la lettera le cadde dalle mani.
Anche la borsa cadde da quelle di Ron. Hermione si inginocchiò e
prese la lettera, frugando attentamente tra la paglia e gli escrementi dei
gufi. Quando alzò gli occhi, il suo viso era molto pallido.
"Cosa dice?" chiese Harry. Aveva la bocca secca.
Persino le labbra di Hermione erano pallide. "Qualcuno l'ha
preso," disse. "Qualcuno ha preso il cadavere della professoressa
MaGranitt. L'hanno rubato proprio dall'obitorio del San Mungo... Dio sa cosa le
hanno fatto... non volevano che scoprissimo niente e noi non scopriremo
niente!"
Si alzò in piedi, le mani praticamente elettrizzate, sul viso
quell'espressione feroce e tesa che Harry aveva visto solo poche volte, che
l'aveva sempre messo in allarme e che gli faceva sentire di averla
sottovalutata. Qualcuno, suggeriva il suo atteggiamento, l'avrebbe pagata cara.
Stavolta Harry era pienamente d'accordo. Qualcuno avrebbe pagato.
Tuttavia le sue parole lo sorpresero. "Avremmo dovuto farlo
immediatamente," disse Hermione furiosa. "Voi-Sapete-Chi e la sua
gente non si curano affatto della legge, giusto? Avremmo dovuto prevedere cosa
sarebbe successo se avessimo rimandato. Non avremmo dovuto pensare a questo
stupido..."
Per un terribile istante, Harry pensò che Hermione si sarebbe
messa a piangere. Poi lei cominciò a correre verso la porta.
"Harry, dov'è Malfoy?" domandò. "Voglio unirmi a
questo stupido gruppo! Farò tutto il possibile. Presto, andiamo a
Hogsmeade!"
Il suo mantello divenuto un turbine segnalò che si era fiondata
giù per le scale. Harry guardò verso Ron, che era afflitto fuori quanto lui lo
era dentro, ma che sembrava ancora aver bisogno di essere convinto.
"Beh," disse, "non la lascerai mica andare alle
riunioni nella stanza di Draco senza di te, no?"
La seguirono.
*
Incontrarono il professor Silente e Lupin e li misero al corrente
della cosa prima di muoversi. Tra quello e la camminata per Hogsmeade, Hermione
si calmò. Ormai erano tutti abituati ad assorbire gli shock e andare avanti.
Niente la faceva vacillare. Harry era disperatamente orgoglioso di
lei.
Cercarono in molti negozi, e trovarono i Serpeverde ai Tre Manici
di Scopa. Tiger e Goyle stavano mangiando qualcosa, Draco e Zabini avevano dei
drink mezzi vuoti e Pansy stava mangiando una grossa coppa di gelato al
cioccolato. Nonostante tutto, Harry sorrise quando vide Draco cercare di
rubargliene un po'.
Pansy lo colpì sulle nocche col cucchiaio. "Draco, se tocchi
di nuovo il mio gelato ti lancio un incantesimo," lo avvertì. "Sono
una donna. Quello è cioccolato. Qual è la parte che non ti è chiara?"
Hermione raggiunse decisa il loro tavolo.
"Malfoy," disse. "Voglio parlare con te."
Pansy le rivolse un'occhiata disgustata oltre la sua spalla.
"Ma guarda," disse. "C'è un gruppetto di Grifondoro affamati.
Dai, Blaise, andiamo a bere qualcosa di pesante. Draco, non toccare il mio
gelato."
Lei e Zabini si alzarono e se ne andarono spingendoli. Draco alzò
gli occhi e li spalancò, come se solo allora si fosse accorto della loro
presenza.
"Granger," disse. "Che piacere. Se sei qui per
chiedermi se l'offerta è ancora valida..."
"Smettila, Draco," disse Harry.
"Qualcuno ha rubato il cadavere della professoressa
McGranitt," gli disse brevemente Hermione. "Non possiamo eseguire
l'incantesimo. Dimmi di questo tuo gruppo."
"Qualcuno ha fatto cosa?" All'improvviso gli occhi di
Draco si strinsero e divennero gelidi.
"L'ha rubata," disse Harry. "E qualcuno la
pagherà."
Sul viso di Draco si accese una scintilla che Harry non aveva
visto nell'ira di Hermione, qualcosa di spaventoso e fiero, e fu come se
qualcuno gli avesse messo all'improvviso uno specchio davanti.
"Oh sì," rispose. Lui e Harry si scambiarono un sorriso,
come una furiosa promessa.
Ron li riportò al pub e ai loro progetti.
"La pagheranno," disse tetro, sedendosi al posto di
Pansy. "Entrerò nel gruppo se lo farà Hermione. Farò ciò che devo fare. Ma
tu non mi piaci, Malfoy, e non mi piacerai mai. E non penso che sia una buona
idea."
"Oh no, Weasleiuccio, non ti piaccio? Come farò a
sopravvivere?" disse sarcasticamente Draco. "Assicurami la luce della
tua divina approvazione dai capelli rossi, o deperirò fino a morire."
"Vaffanculo, Malfoy, non sei divertente."
Ron corrugò la fronte e schiacciò il gelato di Pansy maneggiando
il cucchiaio con rabbia.
Hermione rimase in piedi con le braccia incrociate. "Dimmi
del tuo gruppo, Malfoy," ripeté.
Draco si piegò in avanti. "Non è il mio gruppo," rispose.
"Non sono il capo. Ho solo pensato che dovremmo cospirare insieme per
catturare il nemico con ogni mezzo necessario. Hai qualche scrupolo su
questo... o sul fatto di unirti a un gruppo creato da un Malfoy?"
Ron guardò il suo viso intento e parve poco colpito. Cominciò a
mangiare il gelato al cioccolato di malumore, ma quando Hermione iniziò a
parlare si rassegnò.
"Ci sto," disse.
"Anch'io, se ci sta lei," disse Ron fermamente,
prendendo un'altra cucchiaiata. Draco parve infastidito, e Ron si assicurò che
la cucchiaiata fosse bella grande.
Almeno stiamo facendo qualcosa, pensò Harry. Non è il massimo, ma stiamo facendo qualcosa. Guardò in
basso verso Draco, e Draco annuì.
Hermione stava per accasciarsi, le sue energie l'avevano
abbandonata. "Ci vediamo in biblioteca domenica per parlare del nostro
progetto in comune," disse. "Ron, Harry, andiamo."
Era ora di andarsene, specie perché Zabini e Pansy stavano
tornando al tavolo, e Harry non aveva voglia di vedere il suo migliore amico
morire per mano di Pansy Parkinson.
Per qualche motivo temporeggiò mentre Hermione e Ron si giravano
per andarsene, guardando quella testa biondo-argento piegata.
"Forse possiamo fare qualcosa," suggerì.
"Dopo."
Draco lo guardò, e dopo un attimo sorrise. "Sono un po'
impegnato," rispose. "Ma ci vedremo presto."
"Ok," disse Harry con riluttanza, e seguì Ron e
Hermione.
Stavano per oltrepassare la soglia del pub quando udì Pansy
esclamare, "Draco, come hai potuto?" Si sentì un rumore simile a
qualcuno che colpiva la testa di qualcun altro con un cucchiaio.
"Ahi!" esclamò Draco.
Ron si rallegrò.
*
Harry prese accordi con Terry per incontrarsi in biblioteca alla
stessa ora in cui si sarebbero incontrati Hermione e Draco, ansioso di scoprire
se avrebbero cooperato sul serio.
Cominciò a stendere la pergamena su un tavolo nei paraggi ma non
troppo vicino, mentre Hermione raggiungeva il tavolo che Draco aveva già
preparato. Draco alzò lo sguardo verso di lei, con occhi raggianti.
"Non sei riuscita a starmi lontana?" chiese, la sua voce
una carezza beffarda.
"Risparmiatelo, Malfoy," lo avvertì Hermione.
"Harry mi ha spiegato tutto. Suppongo di dovermi scusare con te per aver
frainteso le tue ragioni." Il suo tono indicava che non aveva alcuna
intenzione di porgere delle scuse.
"Oh, non ci pensare," le disse cortesemente Draco.
"A volte i desideri inconsci influenzano la percezione mentale."
"Per favore, non lusingarti. Possiamo metterci a lavorare,
Malfoy, o devo..."
Draco, che evidentemente si stava divertendo, sfoderò il suo
sorriso più provocante. "Vuoi darmi un altro schiaffo, Granger?"
"Forse," disse cupa Hermione.
Draco gettò i capelli all'indietro. "Fa' pure. Mi piace
alquanto."
"Malfoy!" Hermione diventò scarlatta. Guardò in basso
verso la pergamena e forse trasse forza da quella. "Malfoy, ti garantisco
che ci saranno sempre innumerevoli persone disposte a prenderti a schiaffi.
Possiamo iniziare a lavorare, adesso?"
Draco aprì un grande libro di incantesimi, facendosi serio e
assorto. Harry rimase in attesa un altro momento, poi Terry Boot lo raggiunse
con la borsa che pendeva da una spalla.
Harry distolse immediatamente lo sguardo verso il basso,
terrorizzato al pensiero che il suo viso potesse tradirlo.
Quando sollevò gli occhi, Terry non sembrava aver notato niente.
Prese della pergamena e una piuma dalla borsa e si sedette di fronte a Harry,
chiaramente in cerca di qualcosa da dire.
Harry non era mai stato un tipo eccessivamente socievole, e tutto
ciò che sapeva di Terry era che era timido e che non gli piaceva il Quidditch.
Normalmente non avrebbe avuto niente da dirgli.
"Sei Caposcuola," disse.
Terry sbatté le palpebre e si scompigliò i capelli castani. Anche
senza occhiali, Harry non aveva mai visto una persona più simile a un gufo
angosciato. "Sì," disse, con voce misurata. "Da un bel po' di
tempo, sai."
"Sì, sì. Ma sei un Corvonero," proseguì Harry. "E
sei Caposcuola. Devi avere una certa autorità. Senti... quello che ha detto
Draco è vero. Dobbiamo iniziare a cooperare meglio. Se la spia è uno studente,
di certo sta sfruttando i pregiudizi contro le case. Nessuno vuole credere che
la spia sia nella sua casa, e ovviamente è molto più facile sospettare di gente
che non si conosce. E se la spia è un professore... ci troviamo in una
situazione in cui è indispensabile lavorare insieme. Dobbiamo farlo
assolutamente."
Se Sirius e Lupin non avessero sospettato l'uno dell'altro, Sirius
non avrebbe mai riposto tanta fiducia in Codaliscia. E qui non si parla di
poche persone... ma di un'intera scuola.
Terry aveva ancora un'aria angosciata. "Capisco cosa vuoi
dire, Harry, ma... ecco. Sappiamo tutti che gli stereotipi sulle case non sono
sempre veritieri. Insomma, non credo che si possa definire astuto Tiger,
l'amico di Draco, e tutti penserebbero che Hermione sia una Corvonero. Ma ci
sono... sentimenti diversi in ogni casa. I Corvonero fanno gruppo molto meno
rispetto alle altre case. Noi tendiamo a decidere le cose e ad agire secondo
giudizi individuali. Non penso che con quelli come noi si formino gli
eserciti."
Harry guardò Terry, e provò una fitta di risentimento. Capisco cosa intendeva Draco, pensò. E' intelligente. Devono avere molte cose in comune.
Allontanò il pensiero perché era stupido. "Preferenze
personali o meno," disse, "siamo in guerra. Io sto cercando di farlo
capire agli altri. Draco sta facendo lo stesso. Lo capisci, no?"
"Sì," rispose lentamente Terry. "L'ho capito ieri
notte. Draco è molto astuto."
"Ma non riusciremo a convincere una casa intera. Specialmente
Draco. Dici che dipende dai giudizi individuali, ma tu devi avere una certa
autorità. Per cui... spiega loro come stanno le cose, e lascia che ognuno si
formi un proprio giudizio."
Terry era pensieroso. Harry guardò Hermione e Draco, che a quanto
pareva si stavano sollazzando con delle rune antiche. Draco aveva quel suo
sorrisino, quello che non serviva a fare effetto, e che nessuno avrebbe dovuto
vedere.
Una spia ha ucciso i miei genitori. Deve solo provare - soltanto provare - a toccare i miei amici.
Terry giunse a una decisione. "Ci proverò."
Harry annuì. "Prova a riuscirci."
*
Era lunedì quando successe, e (giustamente) erano tutti a lezione
di Pozioni. Il professor Lupin, il supplente migliore che mai fosse esistito,
stava dispensando consigli su come prepararsi agli imminenti GUFO pratici di
Pozioni.
"La cosa più importante," avvertì, facendo brillare i
suoi occhi grigi in direzione di Neville, "è non farsi prendere dal panico."
Neville rise, un po' imbarazzato.
"La cosa più importante è assicurarsi che Granger sia seduta
accanto a te, Paciock," disse sottovoce Draco.
Harry si girò e gli rivolse un'occhiata di rimprovero. Draco fece
un gesto agitato.
"Beh, è così!" sussurrò. "L'ho vista mentre lo aiutava! E' sleale!"
"Io ti ho visto giocare a Quidditch," gli ricordò Harry.
"E' diverso," ribatté Draco sussurrando. "Stiamo
parlando di Pozioni."
"Signor Malfoy, signor Potter," disse Lupin. "E' un
immenso piacere dedurre che non vi accoltellerete alla prossima riunione del
Giovane Ordine, ma dico sul serio, il vostro esame pratico è tra due settimane.
Sono certo che la conversazione può attendere."
"Scusi, signore," replicò Draco, appoggiando il mento su
un pugno e guardando indubbiamente Lupin con occhi grandi e limpidi. "E'
stata tutta colpa sua. Mi influenza negativamente."
I Serpeverde ridacchiarono. Harry notò con piacere che Calì e
Lavanda sorrisero quando protestò ridendo sopra il baccano, poi d'un tratto la
porta si aprì, e un Serpeverde in miniatura corse nella stanza.
"Draco!" disse il piccolo Edmund Baddock. "C-cioè,
Malfoy!"
Draco si voltò. "Spero sia una cosa importante,
Baddock."
"Lo è!" Le parole di Edmund inciampavano l'una
sull'altra. "Lo è, lui
è... è tornato, Malfoy! E' tornato!"
Ci fu una pausa stupita. Poi Blaise Zabini strillò
disordinatamente, si alzò e volò oltre la cattedra, mostrando dei pantaloni di
pelle non proprio regolamentari, e scomparve oltre la porta.
"Signor Zabini," lo incalzò con calma Lupin, "Sono
sicuro che quei pantaloni non sono..."
La sua voce si perse completamente nell'improvviso frastuono
Serpeverde. Tiger si alzò, ribaltò la sedia, ci salì sopra e ruppe lo
schienale. Se ne liberò e camminò deciso verso la porta, senza guardarsi
indietro. Tutti gli altri si accalcarono verso la porta. Draco era davanti a
tutti.
Scomparvero tutti in meno di un minuto.
"Potete andare," disse Lupin nella loro scia. Si girò e
rivolse agli altri uno dei suoi sorrisi stanchi e gentili. "Avanti.
Possiamo andare tutti."
Harry si assicurò che Ron e Hermione lo seguissero, anche se, una
volta giunti nel corridoio, procedere diventò arduo. Sembrava che Hogwarts
fosse improvvisamente e follemente piena di Serpeverde, una massa veemente,
ribollente e brutalmente impetuosa di Serpeverde che cercavano di guadagnarsi
la Sala Grande come lemming verso un dirupo.
Harry e gli altri arrivarono all'entrata della Sala Grande appena
in tempo, prima della prima ondata. I Serpeverde si davano gomitate nello
stomaco pur di arrivare per primi, ma in testa al gruppo c'era Pansy.
Pansy Parkinson, generalmente considerata una donnaccia dal cuore
di pietra, la cui espressione abituale era il broncio, che si buttò sul
professor Snape e gli gettò le braccia al collo.
"Professor Snape!" esclamò, "è tornato! E' tornato!
Sapevo che sarebbe
tornato!"
Poi lo baciò su entrambe le guance e scoppiò in lacrime.
"Una donna ha toccato volontariamente il professor
Snape," disse Ron, esterrefatto. "Ok, ho visto tutto. Adesso posso morire."
Il professor Snape era assolutamente inorridito. "Signorina
Parkinson, la prego di
controllarsi," disse nel suo tono più severo. "Queste effusioni sono
del tutto inappropriate."
Pansy lo lasciò andare controvoglia, facendo un passo indietro e
soffocando un singhiozzo con la mano. Nessuno studente nella storia di
Hogwarts, pensò Harry, poteva esser stato così felice di essere allontanato.
"Tocca a me," disse Blaise Zabini, intrepido.
"Non tocca a nessuno," disse acido il professor Snape.
Guardò la folla impetuosa di Serpeverde che lo circondava. "A quanto vedo
state tutti saltando le lezioni," disse. "Voglio sperare che non
accada spesso. Malfoy?"
Draco era lì vicino a lui, e lo guardava negli occhi. Non
sorrideva nemmeno. Era solo assolutamente rilassato, e luminoso. Era una cosa
stupida e da ragazzina, ma Harry non poté fare a meno di guardarlo e pensare, è bellissimo.
"Sì, signore," disse Draco, la voce calma in superficie
e ribollente in profondità, come se fosse sul punto di scoppiare a ridere deliziato.
La voce sgradevole e ruvida del professor Snape era ancora più
secca del solito. "Per caso ha trovato il tempo, ogni tanto, di distrarsi
dalla sua occupazione a tempo pieno di cura dei capelli per sincerarsi del
benessere di questa casa?"
"Sì, è successo circa un mese fa," disse Draco schietto,
"ma poi ho notato una doppia punta, professore, e ha assorbito ogni mia
attenzione."
Era difficile notarlo, dato che il suo viso era mascherato da quei
tratti sardonici e dietro quei capelli lunghi e unti, ma Harry pensava che il
professor Snape avesse sorriso leggermente. "Non puoi portarteli nell'aldilà, Malfoy." (*nota in basso)
Draco sorrise, tutto il suo viso si illuminò. La sua voce fingeva
ancora di essere indifferente. "Allora non ci andrò, signore."
Pansy continuava a singhiozzare.
"Oh, per... Prenda il mio fazzoletto, signorina
Parkinson," disse Snape, estraendolo da una tasca. "Me lo restituirà.
E interrompa immediatamente questa scena pietosa."
Lei annuì e sorrise in un modo allo stesso tempo estremamente
vivace e ridicolmente afflitto.
Arrivarono i professori, che superarono Harry, Ron e Hermione e
raggiunsero Snape. Lupin stringeva forte il braccio di Sirius e lo trascinava
verso Snape. Offrì cordialmente l'altra mano a Snape.
"Professor Snape, sono sollevato quasi quanto i suoi studenti
ora che è tornato sano e salvo," disse, sorridendo.
Snape gli scoccò un'occhiata cupa e sospettosa, ma accettò con
prudenza la mano di Lupin e la strinse brevemente.
"E certamente il professor Black è..." Lupin agitò il
braccio di Sirius per incoraggiarlo, forse un po' troppo forte.
Sirius lanciò un'occhiata truce a Snape. "Sono... contento
del fatto che... non sei morto," disse a denti stretti.
Snape sogghignò.
"Che piacere vedere il mio staff cooperare così amabilmente,"
disse Silente col suo tono geniale e gentilmente ironico, raggiungendo Snape.
Gli offrì la mano, e stavolta Snape la prese senza esitazioni.
"Severus," disse Silente. "E' splendido riaverti fra noi. Sei
mancato a tutti. Certamente in seguito avremo modo di parlare in privato dei
tuoi viaggi indubbiamente preziosissimi."
C'erano persone, lì, che non facevano parte del Giovane Ordine, e
che non avevano ancora dichiarato la loro alleanza ad un partito o all'altro.
Non era prudente.
"Ci penseremo domani," continuò generosamente Silente.
"Ora, credo che il tuo ritorno esiga dei festeggiamenti. Cosa ne pensano i
tuoi studenti, Severus?"
*
"Stiamo veramente festeggiando il fatto che Snape è tornato a
farci da professore. Abbiamo toccato il fondo," disse Ron, guardando
stravolto la sua Burrobirra.
Madama Rosmerta era sorpresa ed eccitata. Il lunedì sera, pensò
Harry, I Tre Manici Di Scopa doveva essere un mortorio, e invece ora tutta
Hogwarts vi si era insediata ed esigeva da bere.
Era stata messa musica ad alto volume, e molti stavano ballando.
Harry, Ron, Hermione e Ginny si erano presi un tavolino. Avevano ordinato tutti
Burrobirra, ma Harry aveva pensato ad un'altra serata in quel pub, aveva
sorriso malinconicamente tra sé e sé e aveva ordinato dell'idromele.
"Harry, non sei ancora maggiorenne!" sibilò Hermione
appena Madama Rosmerta se ne fu andata. "E' contro la legge."
"In qualche modo sopravvivrò," disse Harry, e ne bevve
un sorso.
Ginny rise. Era seduta sulla panca accanto a Harry, e Harry era
felice che fosse lì. Sembrava davvero contenta per i Serpeverde, e che Snape
fosse tornato.
"Guardali," disse, con un gesto. "Si sentono molto
più al sicuro adesso, si vede. Sono così felice."
Harry le sorrise con gratitudine, e lei ricambiò il sorriso.
Ovviamente lei provava ciò che avrebbe voluto provare lui, solo gioia piena, e
in effetti lui era felice che
Snape non fosse morto, ed era molto sollevato per Draco, ma... Beh. Aveva
sempre odiato Snape, quello non era cambiato, e inoltre...
Si stava comportando in modo meschino, stupido e assurdo. Ma Draco
non aveva mai sorriso così rapito a lui,
e aveva cercato di parlare con Draco mentre stavano andando al pub e Draco non
se n'era neanche accorto. Ovviamente era occupato... ma era tutto il fine
settimana che era occupato.
Era seduto accanto al fuoco scoppiettante del camino, vicino alla
sedia di Snape. In quel punto c'era un intero grappolo di Serpeverde che
occasionalmente si alzavano per ballare o bere, ma che tornavano sempre alla
base.
"Spero che il professor Snape abbia portato delle
informazioni," disse a bassa voce Hermione, poi scosse il capo e cercò di
distrarsi. "Ma guardate quella donnaccia di Pansy," disse. "L'ho
beccata a comprare da bere ai ragazzi del primo anno."
Pansy, tutta tirata a lucido e apparentemente impegnata a
dispensare minacce a chiunque nominasse il suo pianto di poco prima, stava
camminando verso la sedia del professor Snape cercando di mantenere in
equilibrio il suo grosso bicchiere in mezzo alla folla. Harry dovette ammettere
che il suo abito nero era molto aderente e molto corto, cosa che evidentemente
seccava Hermione.
Posò il drink su una mensola e scompigliò i capelli di Draco, che
parevano dorati alla luce del camino. Draco spinse via la sua mano, ma le sorrise
raggiante.
No, davvero, il suo vestito era troppo aderente e troppo corto.
Comprendeva benissimo Hermione.
"I Serpeverde hanno tutti un aspetto ridicolo," convenne
Ron. "Guardate Blaise Zabini."
Blaise Zabini, a quanto pareva, si era fatto molti bicchierini, e
ora ballava euforico con chiunque riuscisse ad agguantare. Theodore Nott era
traumatizzato.
"Io comunque penso sia bello vedere tutti così felici,"
insisté Ginny. "Ci sono fin troppi sentimenti negativi in giro."
Harry finì il suo idromele. "Sono d'accordo con Ginny,"
disse risoluto, e le mise un braccio fraterno sulle spalle. Poi fece cenno di
portargli altro idromele.
Tutti si stavano rilassando, stavano festeggiando, non c'era nulla
da fare e Harry aveva paura di pensare. Bevve il secondo bicchiere più veloce
che poté.
Draco sollevò il viso verso il professor Snape, ancora raggiante,
e disse qualcosa sottovoce, ma tutti intorno a loro si bloccarono, e Harry capì
che doveva aver detto qualcosa di serio. Si tese e cercò di sentire meglio.
"Sì," disse Snape con la sua voce severa e risuonante.
"L'ho sentito. Sono rimasto quasi... sopraffatto dalla
notizia. La professoressa McGranitt era una collega molto... valida, e non ha
affatto giovato alla mia calma mentale sapere che è stata sostituita da una
persona che considero non solo incompetente, ma pericolosa."
I suoi occhi neri guizzarono su Sirius, che era seduto a un tavolo
con Lupin. Sirius saltò su e tutti i presenti trattennero il fiato, ma poi
Lupin mosse in fretta la sua sedia così da bloccare Sirius tra il tavolo, la
sua sedia e la parete. Sirius bofonchiò qualcosa per protesta, oltraggiato.
"Scusami, Sirius," disse Lupin, senza muoversi. "Ti
do fastidio?"
Sirius bofonchiò ancora qualcosa, quindi tornò a sedersi e ordinò
gridando un altro Firewhiskey. Draco guardò verso di lui, gli occhi duri, e
Harry provò quella sensazione che per anni aveva dato per scontata... che lui e
Draco erano in due mondi opposti.
Cercò di intercettare lo sguardo di Draco, ma non ci riuscì. Gli
venne quasi da vomitare.
Quando ordinò l'ennesimo idromele, Ron decise di provarlo anche
lui. Harry si rallegrò appena quando cominciarono una specie di gara, e
successivamente ordinarono del Firewhiskey.
Tutti stavano bevendo un sacco. Il professor Snape aveva davanti
una notevole collezione di bottiglie, perché ogni studente della sua casa
sembrava deciso a offrirgli da bere.
Alla fine Hermione intervenne. "Ron," disse determinata,
"sei ubriaco."
"No, no," rispose Ron con grande convinzione, tornando
con altri due bicchieri di Firewhiskey. "Non sono ubriaco, sono del
tutto..." Mancò la sedia quando si sedette, e guardò in su dal pavimento
con uno sguardo perso e ferito. "Hermione," disse dopo un attimo, con
suo grande stupore, "Mi sa che forse sono ubriaco. Hai sempre
ragione."
Hermione lo cinse con un braccio e lo aiutò a rimettersi sulla
sedia, ma senza lasciarlo andare. Ron, che evidentemente era aveva le sbronze
sentimentali, (chi mai l'avrebbe detto...) si tese verso di lei e le sussurrò
qualcosa nell'orecchio, prima di baciarla in quel punto. Hermione si rilassò un
po' e si voltò verso di lui, i loro volti caldi e felici.
Harry attirò a sé entrambi i bicchieri di Firewhiskey.
Blaise Zabini era finalmente riuscito a trascinare Draco sulla
pista da ballo, anche se continuava a sorvegliare il gruppo attorno a Snape.
Eppure sembrava che si stesse divertendo, e ballava bene, leggero e fluido e
flessuoso come un gatto, scivolando via dalla presa di Zabini come acqua, pur
guardandolo con occhi luccicanti.
Poi si staccò con grazia da lui e tornò al gruppo, proprio quando
Tiger si alzò dal sofà accanto alla sedia del professore. Draco occupò quel
posto, tirando le gambe sul divano come un gatto contento.
Harry distolse lo sguardo disperatamente, e vide Ron e Hermione
che sorridevano e si baciavano, così distolse lo sguardo ancora una volta.
"Mi fa davvero piacere che tu e Malfoy abbiate fatto
pace," giunse la voce morbida di Ginny, che gli strinse la mano. Era un
gesto carino di affetto, pensò Harry. La guardò sollevato. "So quanto eri
triste dopo che avevate litigato. Malfoy ti ha chiesto scusa?"
Anche il suo calore e la sua comprensione erano carini. I suoi
capelli rossi diventavano nitidi a tratti, una forma brillante e indefinita
attorno a lei, ma il suo viso era gentile.
"Cosa ti fa pensare che non sia stato io a scusarmi?"
chiese Harry.
Ginny lo fissò. "Non vedo perché avresti dovuto," disse.
"Ti conosco. Non faresti mai del male a nessuno. Non credo che volessi far
del male a Malfoy. E di certo lo sa anche lui. Chiunque ti conosca sa come sei
fatto."
"Oh, Ginny..."
L'enormità del suo errore di valutazione rese Harry assolutamente
incapace di contraddirla. Non voleva nemmeno farlo. Voleva che fosse così, voleva che Draco la vedesse in quel
modo, voleva che Draco lo guardasse con occhi scintillanti di fiducia, anche se
solo di quello.
"Harry, c'è qualcosa che ti turba?" chiese Ginny. C'era
così tanta preoccupazione sul suo viso. Harry tentò di assorbirla. Era tutto un
po' sfocato, e lui voleva disperatamente un po' di conforto. "Ne vuoi
parlare?"
"No," mormorò, e si piegò in avanti senza esattamente
volerlo e toccò le sua labbra con le proprie.
Ginny si fece in avanti e si sciolse immediatamente nel bacio, e
Harry pensò che fosse un buon segno. Le mani di lei si mossero piano per
posarsi sulle sue spalle e sulle sue costole, e Harry si ricordò che si era
dimenticato di toccarla, e gli occhi di lei si chiusero, una frangia di ciglia
rosse contro le guance lentigginose, e si accorse che aveva dimenticato di fare
anche quello.
Spostò l'angolazione goffa del bacio, e si ritrovò a guardare
oltre il suo orecchio.
Draco era ancora rannicchiato su quel sofà, e finalmente guardava
dritto verso Harry. La luce era scomparsa dal suo volto, e lo fissava tetro.
Aveva gli occhi grigi e immobili. Tutto tornò nitido. La mano di
Harry si sollevò per afferrare il mento di Ginny. Le tenne le dita sulla
mandibola, per tenerla ferma, e incrociò lo sguardo di Draco.
L'espressione di Draco era illeggibile ma c'era, guardava Harry, lo guardava con attenzione.
Il fuoco continuava a giocare sui suoi capelli e a farli sembrare d'oro, ma i
suoi occhi restarono dov'erano, sbarrati e concentrati, e Harry baciò più forte
e più a fondo, e...
Andò tutto in frantumi quando Sirius cercò di cantare l'inno del
Puddlemore United.
Harry si tirò via, scioccato. Che
cosa ho fatto?
E Ginny lo guardò, la bocca quasi graffiata e gli occhi enormi. E
Draco distolse lo sguardo senza moine, voltandosi per parlare con Pansy.
"Noi siamo quelli in viola, e mai ci batterete!" urlò
Sirius. "Noi siamo quelli in viola, il nostro capitano va sempre in
rete!"
"Già, Sirius, molto carino," disse Lupin con pazienza. "Penso
sia ora di tornare a casa. Così domani potrai ancora guardare in faccia i tuoi
studenti," aggiunse sottovoce.
Tirò su Sirius dalla sedia, cercando di sostenerlo nonostante
l'altezza, ma Sirius per poco non cadde sul tavolo di Harry. Harry cercò di
spostarsi, ma era sul lato sbagliato della panca e ci arrivò prima Ginny, che
sollevò Sirius più in fretta che poté.
"Ginny," disse Lupin con gratitudine, "ti ringrazio
molto. Sarebbe orribile da parte mia strapparti da qui? Credo di aver bisogno
di qualcuno per portarlo a casa. Ti prometto che non ci vorrà molto."
Ginny lanciò a Harry un'occhiata contrariata. Harry annuì con estremo
vigore per incoraggiarla, così lei scivolò via dalla panca e se ne andò.
La loro uscita sembrò indurre gli altri professori a racimolare
gli ultimi studenti. I Serpeverde erano particolarmente contrari all'idea di
andar via, ma la maggior parte dei ragazzi (sotto il settimo anno, quindi
decisamente minorenni) delle altre case avevano già risposto all'appello. Harry
si rilassò, quasi certo che non avrebbero permesso a Ginny di tornare, e che
anzi l'avrebbero mandata a dormire con le altre.
Cosa avrà pensato Draco? Oh, l'alcool era una brutta cosa. Ora lo
capiva.
Harry sentì un braccio sulla spalla e una mano sugli occhi.
"Indovina."
Harry spinse via la mano e sorrise malizioso. "Draco,"
disse, girando il viso e sollevando una mano per toccare l'interno del braccio
ancora posato sulle sue spalle.
Draco gli sorrise divertito. Gli occhi di Harry erano al livello
della vena pulsante alla base del collo di Draco. Distolse rapidamente lo
sguardo verso Ron, che si era districato da Hermione e sembrava sconvolto dal
fatto che Harry stesse toccando Malfoy, probabilmente beccandosi ogni tipo di
virus dai sotterranei.
"Ti abbiamo chiesto di unirti a noi?" disse.
"Come se io lo volessi," rispose Draco, in tono ancora
leggero e giocoso. "Voglio solo prendere in prestito Harry. Ho bisogno di
lui." Abbassò la voce e si rivolse a Harry. "Ehi," disse.
"So che non ti piace eccetera... ma il professor Snape è sbronzo marcio, e
tutti i nostri si stanno divertendo. Ti dispiace aiutarmi a portarlo
fuori?"
"No, figurati," gli disse Harry.
Draco si alzò, un'ottima idea dato che il suo corpo aveva scaldato
la schiena di Harry, e lui era già abbastanza confuso.
Aspettò fuori dal gruppo dei Serpeverde mentre Draco faceva alzare
Snape e lo portava via da lì, in un coro di proteste e addii.
"Tornerò," promise Draco oltre le sue spalle.
"Prendetemi da bere e riservatemi un ballo."
"Chi è che deve riservarti un ballo?" chiese Zabini.
Draco ammiccò. "Tutti, ovviamente. Chi altri, se no?"
Harry afferrò l'altro braccio di Snape ed uscirono dalla porta.
"Che balordo, quel Black," osservò ad alta voce Snape.
"Tale padrino, tale figlioccio."
Non fu una gran sorpresa che Snape fosse un tipo da ubriacatura
crudele.
"Non si preoccupi, signore," disse allegro Draco.
"Gli ricorderemo l'inno dei Puddlemore United per settimane, dopo stasera.
Vedrà, sarà divertente."
Snape si illuminò. Harry strinse i denti e spinse. Snape,
nonostante fosse sciupato come un avvoltoio denutrito, era alquanto pesante.
Harry la prese come una punizione divina. Hai baciato Ginny Weasley? Ti tocca
portare Snape sul groppone per l'eternità. O qualcosa del genere.
Erano quasi arrivati ai cancelli di Hogwarts quando Snape inciampò
e, nonostante i loro sforzi, cadde a terra.
Guardò Draco attraverso occhi neri e affilati.
"Questo... questo è bene che rimanga tra le mura della Casa
di Serpeverde," disse, pronunciando male le parole. "O verranno tolti
punti. Dimin-diminuisce il rispetto, vedere il proprio insegnate..."
Draco gli strinse gentilmente un braccio. "Non si preoccupi,
la rispetto ancora più di chiunque altro, professor Snape. A parte mio
padre," aggiunse. "Siete i miei modelli," aggiunse in tono di
incoraggiamento. "Riesce ad alzarsi, adesso?"
Qualcosa oscurò il viso a uncino di Snape. "Lucius
Malfoy," disse, con un che di velenoso che di solito riservava a Harry.
"Draco, tu non... non devi seguire l'esempio di tuo padre. Né il
mio." La sua bocca tornò alle solite linee acide.
Draco si inginocchiò e cercò di risollevarlo. "Ma io voglio,"
disse, con dolcezza. "Certo che voglio. Chi altro potrebbe rappresentare
un modello decente? Ci siete solo lei e mio padre."
La testa barcollante di Snape colpì la spalla di Draco, ma si
rialzò. "No," disse, con voce dura. "Puoi fare di meglio."
Poi guardò truce Harry attraverso i suoi capelli unticci, e fu distratto.
"Che cosa stai guardando, Potter? Cosa ci fai qui, soprattutto?"
"Mi creda, me lo chiedo anch'io," rispose Harry, e tornò
a stringere l'altro braccio di Snape.
Snape era praticamente inconscio quando arrivarono nei
sotterranei, e non riuscì nemmeno a mugugnare un ultimo insulto quando lo
lasciarono sul letto nella sua stanza. Era una camera spartana, e il letto era
l'unico mobile presente.
Harry e Draco rimasero a guardarlo.
"Hai intenzione di, ehm, spogliarlo?" chiese Harry con
apprensione.
"Uhm, no, non credo," disse Draco, ugualmente
terrorizzato dalla prospettiva. "Te l'ho detto, rispetto quest'uomo.
Vorrei rispettarlo anche domattina." Lanciò un'occhiata divertita a Harry.
"Potresti farlo tu,"
suggerì allegro. "Magari ti aiuterebbe per quella tua crisi."
"Sì," disse Harry, "infatti mi assicurerebbe di non
voler mai più guardare un altro essere umano."
"Si rimetterà," decise Draco. "Andiamo."
Tornarono a Hogsmeade al buio, e durante il tragitto Harry si rese
conto che era la prima volta che stava solo con Draco da quando avevano fatto
pace.
"Vorrei..." cominciò, quando Draco lo interruppe.
"Allora, Ginny Weasley?" disse. Harry realizzò,
sentendosi sprofondare, che avrebbe preso tutto alla leggera. "Una bella
soluzione dai capelli rossi alla tua crisi. Approvo assolutamente."
"Ginny," disse Harry, con cautela. "Lei è..."
"E' molto carina," s'intromise Draco. "Ma se non
fai sul serio..."
"E' ovvio che non faccio sul serio!"
"Beh, c'è sempre Morag. E... ah, vai molto d'accordo con
Terry Boot, o sba..."
Harry si girò di scatto verso Draco. "Draco, smettila!"
"Stavo solo riflettendo," disse Draco sulla difensiva.
"Si dà il caso che Ginny Weasley, secondo me, sia davvero un bel
bocconcino."
A quel punto comparvero Ron e Hermione, che stavano tornando a
Hogwarts. Draco guardò Ron timoroso, e sembrò pronto a usare Harry come scudo
umano.
Evidentemente nessuno dei due aveva sentito niente. "Harry,
torna insieme a noi," disse Hermione, un po' ansiosa.
"Già, forse dovresti," convenne Draco. "Saranno
rimasti solo i Serpeverde. Grazie di..."
"Non me ne sto andando,"
sbottò Harry. "Voglio parlare con Draco."
Draco pareva pronto a fuggire. "Possiamo parlare più tardi."
"Parleremo adesso," disse Harry.
"Beh..." Hermione sembrava incerta. Ron li fissò.
Draco agitò una mano. "Andate," disse, autoritario.
Harry restò sconvolto mentre se ne andavano.
Poi Draco iniziò a camminare rapidamente verso Hogsmeade.
"Cosa vuoi dirmi?" chiese, con una voce improvvisamente
naturale. Harry osservò la linea tesa della sua mascella.
"Devi smetterla di comportarti così," disse cupamente.
"Comportarmi come?" domandò Draco.
"Lo sai," scattò Harry.
Draco continuò a camminare e Harry provò un'ondata di rabbia
completamente ingiustificata, afferrò il braccio di Draco e lo voltò. Draco era
di fronte a lui, gli occhi sbarrati e freddi di furia improvvisa. Cercò di
tirar via il braccio ma Harry lo strinse forte, cercò di muoversi ma Harry lo bloccò,
quindi dette una spinta con l'altro braccio e Harry ricambiò la spinta. Ci fu
una breve lotta affannosa che durò un attimo.
"Sta' fermo e ascolta," gridò Harry.
"Cazzo, no! Non so di cosa parli," urlò Draco. "Non
sto..."
"Devi smetterla di mettermi alla prova!" gridò Harry.
"Devi smetterla di non fidarti di me!"
Draco si fermò e Harry invase il suo spazio, sollevandogli il
mento con la forza.
"Non mi guardi neanche più," continuò, più dolcemente.
"Sorridi e poi sposti lo sguardo, oppure ti dimentichi, mi guardi e poi ti
ricordi e distogli lo sguardo ancora più in fretta."
"Ti sto guardando, adesso," disse Draco con voce stanca.
"Non sei cambiato. Buono a sapersi. Smettila di parlare come un
matto."
"Non sto parlando come un matto," sbottò Harry.
"Sai di cosa parlo. Abbiamo litigato e abbiamo fatto pace da poco, e non
trovi un'ora libera in tutto il fine settimana? Prima la trovavi sempre."
Erano usciti dal sentiero, camminavano quasi alla cieca e
gridavano nel vento della notte. A Harry non fregava nulla.
Draco sollevò il mento. "Ho da fare, e il mondo non gira
intorno a te, Harry Potter, nonostante ciò che hai sempre pensato. Inoltre, il
litigio non è stato per colpa mia..."
"No!" gli urlò contro Harry. "La colpa è mia, ma ti
ho spiegato, e mi hai detto che era tutto a posto. Per cui perché non ti
comporti di conseguenza, Draco? Pensi che sia stupido? Fai finta che sia tutto
a posto e poi continui a mettermi alla prova. Una carezza accidentale con la
mano di notte, la tua mano sulle mie spalle, tutto quello stuzzicare su
Hermione, le chiacchiere sulla compagnia speciale e quel tuo giochino con la
mano sugli occhi. Te l'ho promesso! Perché non abbassi la guardia, tanto per
cambiare, e non ti fidi di
me!"
"Perché dovrei?" ringhiò Draco, lottando di nuovo per
liberarsi. "Perché dovrei, quando fai cose come baciare Ginny Weasley
mentre guardi... cosa pensi che
dovrei pensare? E' stato inquietante, cavolo! Come pensi che dovrei
comportarmi, se non so cosa fare?"
Harry si avvicinò a lui furiosamente, cercando di fargli capire.
"Neanch'io so cosa fare!" urlò. "Pensi che lo sappia? Come puoi
pensare che abbia la minima idea di cosa fare quando faccio errori tremendi
come..."
"Lasciami," disse Draco, la voce improvvisamente nitida
e molto secca. Harry si accorse, in modo dapprima confuso e poi d'un tratto
preciso, come se fosse l'unica cosa che importasse al mondo, che il viso di
Draco era molto vicino. I suoi occhi erano freddi ma così concentrati, solo e
soltanto su Harry, come un predatore in trappola. "Lasciami," ripeté
Draco in tono secco e squillante. "Hai promesso, quindi lasciami!"
Harry lo lasciò e Draco si allontanò di scatto, solo di un passo ma il più
rapidamente possibile, e si pulì la bocca col retro del pugno senza alcun motivo
apparente. Il suo petto si alzava e si abbassava con violenza.
"Scusa," disse Harry. "Te l'avevo promesso. Così ti
ho lasciato andare."
"Avrei dovuto picchiarti, cazzo" disse Draco
funestamente.
"Ma non l'hai fatto," sottolineò Harry. "Sapevi che
ti avrei lasciato quando me l'avessi chiesto. Quindi per quale motivo devo
spingerti al limite per sapere se ti fidi di me o no?" chiese.
"Perché non puoi semplicemente... fidarti sempre?"
"Ci sto provando!"
urlò Draco. Poi si calmò un po', e guardò per bene Harry. "Non è
facile," spiegò, di nuovo con quella nota leggermente intrappolata nella
voce. "Ognuno ha le sue priorità, non posso essere sicuro."
"E se lo fossi?"
Un angolo della bocca di Draco si curvò. "Vaffanculo, Potter.
Allora sono stupido." Fece una pausa. "Fantastica proposta, comunque.
‘Fidati di me perché non faccio che fare sbagli tremendi.'"
"E' così che si comporta la gente normale, Draco,"
spiegò Harry, e assunse un'aria superiore. "Capisco che per te sia
difficile."
Draco fece un tentativo poco convinto di colpirlo. "Posso
tornare alla mia festa adesso?" chiese, lamentandosi. "Fa freddo,
sai? Questa camicia è di seta. Se pensi che protegga dal vento, sei più stupido
di quanto avessi supposto in precedenza."
"Puoi fidarti di me?" chiese Harry.
Draco roteò gli occhi. "Mi fido, Harry. Non sai neanche
quanto," disse con voce annoiata, "Perché tu sei Harry Potter,
l'impavido e giusto salvatore del mondo magico. Chi mai può nutrire dubbi sulla
sua nobiltà e sincerità? Dovranno risponderne alla gente, e la gente li
guarderà con indignazione e ordinerà loro di andarsene, non prima di aver
esternato crudeli commenti personali."
"L'ho sempre saputo."
Draco riprese a camminare verso il sentiero. "Ma certo,"
disse. "E' per questo che abbiamo dovuto lottare gridando nel mezzo della
notte. Perché sei assolutamente sicuro di ogni cosa nel mondo."
"Le scenate sono uno dei nostri passatempi," disse
Harry, quando trovarono il sentiero.
"Preferirei mangiare un gelato," disse Draco.
"Potremmo fare quello?"
"Ok. Ti va bene domani?"
Draco si infilò le mani in tasca. "Va bene."
Erano quasi arrivati ai Tre Manici Di Scopa. Si vedevano luci e si
sentivano rumori terribilmente forti dall'interno. Draco tese l'orecchio e
inorridì immediatamente.
"Oh no, questa canzone," disse. "Forse non mi va di
entrare. No, credo che tornerò a scuola con te."
"Che canzone?" chiese Harry.
"Nessuna canzone," rispose in fretta Draco. "Che ne
pensi di quella scuola, Harry? Seguimi. Credo che ti piacerà, è a forma di
castello."
Il motivo era familiare. In realtà a Harry ricordava quella
canzoncina crudele che Draco si era inventato il quinto anno quando Ron aveva
avuto la sua imbarazzante avventura come Portiere. Per quanto ricordava, alla
fine gli si era rivoltata contro, quando Ron aveva fatto una parata fortunata.
Al motivo familiare si fusero delle parole quasi familiari.
Qualcosa di moderatamente osceno e che finiva con un ritornello trionfale di
‘Malfoy è il nostro re!'
"Ah, vedo che ti sei ricordato," disse Draco con voce
finto-allegra. "Sì, esatto, i miei amati compagni hanno cambiato la
canzone, sì la cantano per mettermi in imbarazzo ogni volta che si ubriacano,
sì sono oggetto di pubblico ludibrio. Perché tutti i miei piani astuti mi si
ritorcono contro come boomerang?"
"Penso sia nella natura del boomerang," rispose Harry.
"No," lo corresse Draco. "L'affidabile boomerang
del guerriero deve volare, ammazzare i nemici e tornare al sicuro nella sua
mano."
Harry alzò le spalle. "Magari devi migliorare nel lancio del
boomerang."
Draco aprì un poco la porta, e furono inondati da più luce e
rumore. "Sono migliorato," rispose, sogghignando. "Non l'hai
notato? E' solo che ho smesso di mirare a te e ai tuoi."
"Se la prende per un niente, ha paura delle onde
Sa imitare bene Vitius, al suo fare corrisponde
Così noi cantiam perché
Perché Draco è il nostro re!"
Pansy spalancò la porta, rossa in viso. "Draco," disse a
voce alta, euforica. "Stiamo cantando la tua canzone. Vieni!"
"Odio questa canzone," brontolò Draco. Si girò verso
Harry. "Dovrei raccogliere un po' di gente e tornare con te..."
Proprio allora uscirono Lavanda e Calì.
"Nah, torno con loro," disse Harry.
"Divertiti." Si fermò. "E' tutto a posto? Davvero?"
Draco fece per colpirlo, poi si bloccò, rise e lasciò cadere la
mano. Le luci del pub evidenziarono i suoi capelli e gli resero il viso
sfocato.
"Sì," disse, con voce sicura. Poi aggiunse,
"Buonanotte, Harry," e chiuse la porta.
Harry rimase lì fuori un momento, ignorando Calì e Lavanda che lo
chiamavano perché le accompagnasse. Era solo... lo sguardo feroce, quasi
selvaggiamente diffidente di Draco, e la stupida canzoncina crudele che si era
inventato, e quella malizia che non era cambiata, lo sapeva. Era qualcosa di
lui, il poter gridare cose truci nel vento della notte.
Per quanto fosse stupido, ne era certo.
Lo voglio.
Nota della Traduttrice: il "Lo voglio" finale è riferito
alla situazione, allo stare con Draco, a tutto il loro rapporto. Infatti
l'originale è "I want that",
e non "I want him". Ci tenevo a specificarlo :D
(*) Snape dice a Draco "You
can't take it with you". E' una citazione, e si riferisce all'opera del '38 "You
can't take it with you" (in Italia "L'eterna illusione"), in cui
questo modo di dire, riferito al denaro denota il fatto che esso non dà la
felicità.
Snape, ironicamente, riporta il titolo in quel contesto per far capire a Draco
che... i capelli curati non fanno la felicità :)
Sommario: Caffé o Cioccolata? Infuria la Grande Guerra della
Caffeina, che devasta Hogwarts.
Ci sono anche una spia, una guerra e varie crisi sentimentali. Sì, anche quelle.
Capitolo Sedici
Cenni di disastro
Someone to need you too much
Someone to know you too well
Someone to pull you up short
And put you through hell
[Qualcuno che abbia tanto
bisogno di te / Qualcuno che ti conosca troppo bene / Qualcuno che ti lasci a
bocca aperta / E ti faccia passare l'inferno]
"Allora, Giovane Consiglio, a rapporto. C'è stata
un'incredibile ondata di nuovi piani la scorsa settimana," disse Lupin,
guardandosi intorno con aria enigmatica.
Harry fu improvvisamente certo che stesse per menzionare le
riunioni segrete nei sotterranei, e assegnare mille anni di punizione.
Invece disse: "Sta funzionando? L'appello notturno?"
"Ci sono le liste in ogni sala comune," lo informò
Hermione, raggiante. "Non c'è stata nessuna sparizione da quando le
abbiamo stilate."
"E gli incantesimi di guardia per le scorte di
emergenza?"
"Quelli nuovi sono pronti e tremendi," disse Draco con
soddisfazione.
Aveva costretto gli altri a restare svegli tutta la notte a
sfogliare i libri del Reparto Proibito che si erano procurati usando il
Mantello dell'Invisibilità e gli Incantesimi Tacitanti, e Hermione aveva
litigato violentemente con lui sull'opportunità di testarli sugli animali. A
quel punto, Draco aveva proposto i Tassorosso del primo anno.
"Sulla seconda non avevo dubbi, signor Malfoy," gli
disse Lupin.
Draco si mise a sedere un po' più composto e gli rivolse un
innocente sguardo trionfale. Lupin alzò le sopracciglia e tornò alle sue carte.
"Che mi dite dell'idea di un allarme per le emergenze?"
"Ah," disse Harry, e sogghignò. "Le piacerà,
professore. I fantasmi di tutte le case hanno acconsentito a collaborare. Fanno
la guardia in sala comune ogni notte, e se vedono qualcuno che non dovrebbe
esserci, o se uno studente denuncia sparizioni multiple, loro attraversano i
muri gridando per avvertire tutti. Dicono che riescono a farsi sentire in tutto
il castello, e appena li sentiamo noi ci raduniamo nelle nostre sale comuni e
facciamo l'appello. Poi ci riuniamo tutti nella Sala Grande."
Di quell'ultima idea andava particolarmente fiero. Si ricordava di
quando Pix aveva dato l'allarme, in altre occasioni. Occasioni in cui,
ovviamente, lui era stata una sfortunata vittima delle circostanze, e l'allarme
era stato del tutto non richiesto e ingiusto.
"Ingegnoso," mormorò Lupin. "Questo spiega perché
ho trovato il Frate Grasso che urlava dentro un vaso. Mi ha fatto preoccupare,
non ho idea di cosa faremmo se un fantasma avesse un esaurimento nervoso."
Arrotolò la pergamena e sorrise a tutti.
"Signorina Granger, ho sentito che tutti i ragazzi del primo
anno sono terrorizzati dalle sue abilità organizzative. Signor Malfoy, in giro
ci sono voci spiacevoli su un rospo in suo possesso, che in qualche modo si è
trasformato in un pollo arrosto. Signor Potter, il fatto che pensassi che nella
mia stanza ci fosse una banshee è probabilmente dovuto alle sue prove con gli
incantesimi di allarme nel mio corridoio. La riunione è conclusa," disse
Lupin. "Non potrei essere più orgoglioso di voi."
Hannah Abbott era arrossita per la gioia. Gli occhi di Hermione
brillavano. Draco incrociò lo sguardo di Harry e sogghignò.
"Potete andare tutti. Tranne te, Harry, devo dirti una
cosa," gli disse Lupin sottovoce.
Harry attese che gli altri uscissero. Lupin si piegò verso di lui,
improvvisamente più disinvolto e intimo, e in quel momento Harry si accorse che
sembrava più consunto dei suoi vestiti. Quattro anni prima i suoi capelli erano
stati brizzolati, ora invece erano grigi con qualche striatura castana.
Non aveva ancora quarant'anni.
"Il Ministero ha decretato che mostrare i pensieri registrati
nel Pensatoio al Giovane Ordine - beh, anche al vero Ordine, per la verità - è
illegale," disse piano.
Harry restò a bocca aperta. "Cosa? Ma ho dato il mio permesso!" protestò. "Ho detto
loro che andava bene! Sono i miei pensieri, perché non posso..."
"Non posso farci niente. Il professor Silente ha appoggiato
la decisione," gli disse Lupin. Alzò le spalle e si raddrizzò, premendosi
le dita sulle tempie. "Per come la vedo io," disse con un piccolo
sorriso, "è un po' come la nudità. Il corpo è tuo, ma è comunque illegale mostrarlo
in pubblico. I tuoi pensieri sono altrettanto personali, e altrettanto
strenuamente difesi dalla legge."
Harry era ancora offeso, ma fu tuttavia distratto dall'improvviso,
terribile pensiero che, se le cose stavano in quel modo, lui si era comportato
da voyeurista nei confronti di Silente. Inoltre c'era una parte di lui che,
ferma ai cinque anni, se la rideva perché un professore aveva appena detto la
parola nudità.
"Comunque, esattamente come la nudità, è del tutto
ammissibile mostrare i propri pensieri in privato ad un individuo o un gruppo
interessato," disse pensieroso Lupin.
L'Harry Potter di cinque anni ridacchiò.
Harry mise a tacere il suo fanciullo interiore. "Come dice,
signore?"
"Se dovessi chiedere di avere il Pensatoio, pur promettendo di
non mostrarlo al Giovane Ordine, te lo restituirebbero. Sono pensieri
tuoi," disse Lupin. "Ovviamente, contiamo su di te per mantenerli al
sicuro."
"Oh," disse Harry. "Oh. Sì, non c'è problema."
"Ho sentito che ultimamente hanno avuto luogo delle nottate
tra ragazzi di varie case," osservò Lupin. "Ora, questo è ciò che
voglio vedere. Cooperazione."
Si alzò in piedi e raccolse la pergamena.
"Per favore, Harry, tieni presente che ti sto incoraggiando
ad attenerti strettamente alla legge," disse. Un angolo della sua bocca si
curvò all'insù. "Non ho mai approvato gli studenti che si fanno trovare
con le mani nel sacco."
Harry non riuscì a controllare il suo sorrisetto. "Capisco.
Grazie, professore."
Lupin annuì. "Bene, devo andare. Il professor Snape terrà una riunione dei
professori nel suo ufficio per discutere le sue... avventure in terra
straniera."
Harry uscì insieme a lui. Si aspettava che gli altri fossero ormai
andati via, ma molte persone erano ancora lì intorno, curiose dello spettacolo.
Ron era steso per terra, la faccia verde, e Hermione era
inginocchiata accanto a lui con le mani sulla sua schiena.
"Stava origliando," disse seccamente Pansy agli
spettatori.
"Pansy è una signora," asserì Draco. "Sono certo
che stava solo passando di qui, diretta da qualche parte."
Pansy e Draco si scambiarono un sorrisino. "Esatto,"
disse Pansy. "Mentre passavo, mossa dallo spirito di questa nuova
cooperazione tra le case... ho offerto a Weasley una sigaretta."
La maggior parte della gente restò vagamente sorpresa confusa, e
mentre Pansy spiegava e agitava il suo pacchetto di Marlboro Light, Harry e
Hermione afferrarono Ron dalle braccia e uscirono dalla calca. Ron si piegò
nella loro presa, e quasi cadde quando voltarono l'angolo e Hermione dette uno
scappellotto sulla nuca a Ron.
"Ron Weasley! Quello è un brutto vizio."
"Oddio, no," gemette Ron. "Non so cosa mi abbia
dato. Lo sapevo che non avrei dovuto provare. Credo che vomiterò. Quella
stronza Serpeverde."
"Non vomitare," disse subito Harry. "E non avere
pregiudizi."
"Non ho pregiudizi," disse Ron con dignità. "Non è
colpa mia se la maggior parte dei Serpeverde sono bastardi completi."
"La maggior parte?" disse Harry, contento e sorpreso.
Ron ci pensò un attimo. "Potrebbero essercene alcuni
decenti," concesse. "Mi piace abbastanza quel Blaise Zabini. E' uno a
posto."
Harry sentì il suo cervello smettere di funzionare per un breve,
pietoso istante. Incrociò lo sguardo di Hermione oltre la testa di Ron.
"E' grandioso, Ron," disse debolmente.
"Te l'ho detto che non ho pregiudizi," gli disse Ron con
voce sdegnata.
"Già... beh, meglio così," lo rassicurò Harry, e poi si
scosse da quell'orribile stordimento. "Dì un po', Ron, ti senti meglio?
Lupin mi ha appena detto quando e dove Snape racconterà ai professori cosa gli
è successo."
"Davvero?" chiese Hermione, alzando la testa di scatto.
Harry annuì. "Forse mi ha anche raccomandato di partecipare a
un'orgia," aggiunse pensieroso. "Ma credo che ci atterremo al primo
suggerimento."
*
Stringersi sotto il Mantello dell'Invisibilità era stato molto più
facile, a undici anni.
Camminarono come gamberi fino ai sotterranei, con grandi
difficoltà. Harry teneva le mani in tasca nonostante creasse problemi di
equilibrio, perché, per quanto stesse attraversando un momento di crisi, non
aveva certo voglia di tentare la sorte con Ron o Hermione.
Scosse il capo per liberarsi di quelle immagini inquietanti, e
sibilò: "Ron, hai portato le Orecchie Oblunghe?"
"Una per ciascuno di noi," mormorò Ron. "Sono solo
stato avvelenato di proposito da una pazza calcolatrice, non sono idiota."
Anche se fuori c'era ancora luce, nei sotterranei era buio pesto.
Harry pensò tra sé e sé che era un miracolo che Draco e gli altri non fossero
diventati miopi, ma poi gli venne in mente che quello era il corridoio in cui
avevano trovato il cadavere della McGranitt, e rabbrividì. In quel momento Ron
inciampò su qualcosa, e volarono tutti a terra.
"Buon Dio, i barbari hanno appena invaso il villaggio,"
strascicò una voce familiare. "Prendete le nostre donne e il nostro
bestiame, ma risparmiateci la vita. Penso che un Weasley mi abbia appena
palpato."
"Draco, per l'amor del cielo!" sibilò Harry. "Che
ci fai qui?"
"Stiamo origliando la riunione del professor Snape," sussurrò
la voce di Pansy nell'oscurità.
"E' proprio da voi," osservò Ron, col tono acido dovuto
alla nausea. "Aggirarvi per la scuola spiando la gente. E'
disgustoso."
"Allora tu cosa sei venuto a fare, Weasley?" chiese
Zabini.
"E' diverso," disse Ron. "Il professor Lupin ci ha
praticamente dato il permesso. Stiamo... spiando col permesso di un
insegnante."
"Il professor Snape ha dato il permesso a noi," osservò
Draco con una voce superiore. "E' una specie di scampagnata
Serpeverde."
I profili scuri divennero più chiari quando la vista di Harry si
abituò. Zabini teneva l'orecchio premuto contro il muro, e Pansy aveva la mano
sul braccio di Draco senza nessun motivo apparente.
"Comunque, come avete fatto a oltrepassare Greg e
Vince?" chiese Pansy all'improvviso.
"Beh," disse Harry. "Siamo terribilmente spregevoli
e striscianti."
Hermione stava già riponendo il Mantello sotto i vestiti. Harry
vide Draco chinare la testa verso di lei, ma non disse niente fino a quando Ron
non tirò fuori le Orecchie Oblunghe e non cominciò a distribuirle.
"Ascolteremo anche noi," disse in tono piatto.
"Oppure mi metto a urlare."
"Oh, è una minaccia?" chiese Ron, che lasciò perdere
appena Hermione gli diede una gomitata.
Zabini e Pansy tesero entrambi le mani, lui guardò male Pansy e
diede un Orecchio a Zabini. Si avvicinarono istantaneamente l'uno all'altra,
mettendo le orecchie sull'Orecchio, e forse era quel genere di comportamento
che aveva fatto credere a Harry che Zabini fosse eterosessuale come chiunque
altro.
L'altro era Draco, che guardava truce i suoi amici.
"Scusate, uno di voi dovrebbe dividere con me," disse a
denti stretti.
Pansy alzò le spalle. "Sei tu quello a cui piace uno di
loro," gli fece notare. "Non guardare me. Non gli sputerei addosso
neanche se stessero andando a fuoco, e per quello ci vuole meno contatto
fisico."
"Credimi, Parkinson, l'idea di un contatto fisico con te mi
disgusta più dei tuoi bastoncini velenosi," disse rovente Ron, e Pansy
stava per rispondergli sogghignando quando Draco li interruppe.
"Vieni qui e dividi un Orecchio con me, Granger," disse
trionfale.
"Non sarà lei a dividere un Orecchio con te!" esclamò
Ron, e tutti gli fecero immediatamente cenno di tacere.
"Insomma, Weasley," disse piano Draco. "Non so che dire.
E' successo tutto troppo in fretta. Certo, non sei esattamente il mio
tipo..."
Ron indietreggiò da Draco così in fretta che per poco non inciampò
sul piede di Hermione.
"Ti stai zitto?!" sbottò Pansy.
"Grifondoro, signore e signori, maestri del furto e
dell'astuzia," disse Draco. "Questo è un corridoio, l'effetto
dell'Incantesimo Tacitante non è garantito! Per l'amor del... Harry, vuoi
venire qui e dividere il tuo stupido Orecchio? Ma per favore!"
Lanciò a Ron un'occhiata che a Harry parve decisamente velenosa,
poi si inginocchiò.
Harry, con molta cautela, non pensò a nulla, e si inginocchiò
anche lui. Mise l'orecchio sull'Orecchio Oblungo e si concentrò a fondo sul
suono che giungeva assordandolo.
"...Se parliamo di sospetti," disse la voce sdegnosa di
Snape, "potremmo prendere in considerazione il fatto che i Grifondono
hanno perso meno studenti rispetto ad ogni altra casa."
"Forse," ribatté acidamente Sirius, "è perché
sappiamo guardarci le spalle meglio degli altri."
"Oh sì," disse Snape. "Io stesso sono rimasto molto
colpito dal geniale metodo di auto-conservazione ‘buttiamoci tutti nel pericolo
più estremo e infrangiamo un po' di regole' di Harry Potter."
"Non ha tutti i torti," mormorò Draco per stuzzicare.
Harry sentì il fiato di Draco sul viso, e i capelli di Draco che
gli solleticavano la fronte. Concentrò tutta l'attenzione sulle voci.
"Ce l'hai sempre avuta con Harry!" esclamò Sirius.
"Questo non è vero," lo interruppe pacificamente la voce
di Silente. "Il professor Snape è sempre stato molto attento al benessere
di Harry. Ha vegliato su di lui in modo assiduo come un padre."
Quelle parole provocarono un moto di proteste. Harry poté solo
immaginare il sorriso di Silente.
"Certo, è vero," disse Snape. "Lui è il figlio che
non mai avuto, e che dunque non ho mai potuto portare su una collina in attesa
che i lupi mannari lo divorassero."
"E' il figlio di James,"
ringhiò Sirius. "E tu non sei degno di leccargli gli stivali!"
"Professori," disse Silente. "Non credo che siamo
qui per discutere i difetti di carattere di uno studente che, fortunatamente, è
ancora con noi. Né penso che sia troppo chiedere un minimo di cortesia
professionale. Siamo tutti qui per ascoltare il rapporto del professor Snape,
non per ascoltarvi mentre vi beccate."
"Insomma, quello possiamo farlo in sala professori," si
intromise Lupin. "Ancora del tè?"
"Due cucchiaini di zucchero, grazie, Remus," disse
Silente. "Vuoi concederci il piacere di sentire il tuo rapporto,
Severus?"
Ci fu un attimo di pausa. A Harry non piacevano le pause. Le pause
gli facevano pensare ad altre cose oltre alle voci. Draco odorava di... beh, a
dire il vero, Harry non riconobbe il profumo. Profumava come una persona,
pensò, o forse di shampoo costoso, perché lui era tipo da cose del genere. Il
fatto era che odorava di buono, ed era vicino e caldo e sbagliato e ingiusto
quanto Harry volesse... fare qualcosa.
Afferrò l'Orecchio Oblungo come se fosse una Passaporta verso un
mondo in cui non volesse molestare i suoi amici.
Era importante.
Non c'era tempo per fare lo stupido.
"Era l'incanto Captus,
come sospettava il professor Lupin," disse Snape con una voce
completamente diversa, e Harry si tese e all'improvviso non ebbe alcun problema
a focalizzare l'attenzione. "Li ha messi in una sfera Captus."
Tornò col pensiero a ciò che Draco aveva detto ad una riunione del
Giovane ordine
Si pensa che la
Magia Oscura sia stata usata di recente per creare prigioni
all'interno di sfere. Un migliaio di piccole Azkaban che Voi-Sapete-Chi può
portarsi in tasca, che i Dissennatori possono custodire e da cui non si può
scappare.
"Sei sicuro?" chiese una voce che sembrava quella del
professor Vitius.
"L'ho vista," rispose Snape a denti stretti. "Il
Signore Oscuro la tiene sempre con sé. Ho provato qualsiasi cosa mi sia venuta
in mente, ma non sono mai rimasto da solo e alla fine ho destato dei sospetti.
Sapete che pensano che faccia da spia per loro, ma non vogliono dirmi chi è
l'altra spia, e mi sorvegliano continuamente."
"Non si limitano a sorvegliarlo." Era Madama Chips.
"Preside, quelle maledizioni l'hanno ridotto molto male. Ha bisogno di
stare in infermeria e insiste a non voler prendersi il tempo per
recuperare..."
"Questo è irrilevante," disse animato Snape. "Il
punto è che stanno usando la sfera Captus.
Le persone scomparse non sono morte, e ci deve essere un modo per
liberarle."
"Una squadra di salvataggio," iniziò intrepido Sirius.
"Un incantesimo che raggiunga grandi distanze," disse
pensieroso Lupin.
"Sì," disse il professor Vitius. "Ho sempre
pensato..."
"Insomma, se si potessero far Materializzare degli oggetti, o
se Snape riuscisse a organizzare una Passaporta..." disse una voce simile
a quella del professor Vector.
"E' una sfera ruvida, color lapislazzuli," continuò
Snape con voce asciutta, poi si fermò. "Organizzare una Passaporta? Cosa
vi ho detto riguardo a..."
Le voci si alzarono e si unirono in una discussione.
"Abbiamo posto un Incantesimo Tacitante su questa
stanza?" indagò Silente.
Tutti rimasero zitti.
"Oh no, oh per favore," gemette piano Draco,
avvicinandosi di più e premendo l'orecchio contro l'Orecchio Oblungo, ovvero
piegandosi ancora di più verso Harry ed effettivamente gemendo nel suo
orecchio.
Evidentemente lo stava facendo apposta, assolutamente, così Harry
lo guardò oltraggiato, e vide che non era come pensava. Draco era attento alla
conversazione all'interno, gli occhi semichiusi e il viso rivolto verso il muro
ed era oh, Dio, così vicino che il profilo della sua guancia sfiorava quella di
Harry e Harry sentì la propria pelle riscaldarsi e si chiese per un attimo se
magari non potesse leccare la gola di Draco e successivamente dichiarare che si
era trattato di un gesto platonico.
"Silencio,"
disse il professor Vitius.
"Oh, merda," disse Draco, poi guardò Harry e si tirò via
di colpo.
Una volta rimossa la distrazione fornita da Draco quasi sul suo
grembo, Harry poté riprendere a pensare. La sfera Captus. Avrebbero dovuto organizzare un altro viaggetto nel
Reparto Proibito.
"Beh, il fatto che non sono morti è una buona notizia,"
disse Hermione. Sembrava stanca, notò, e Ron pareva ancora nauseato. Erano
rimasti svegli fino a tardi molte volte, quella settimana.
"Già," disse Pansy, appoggiandosi al muro. "Ma noi
cosa possiamo fare? Se perfino il professor Snape non riesce..."
Anche lei sembrava stanca, pensò Harry. Certo che lo era: lo erano
tutti. Perfino il viso malizioso di Zabini era inconfondibilmente esausto, e
gli stivaloni che probabilmente Pansy credeva la facessero sembrare dura non
facevano che renderla quasi fragile.
Ci fu un delicato momento di equilibrio, quasi di armonia, lì nel
corridoio oscuro, solo perché erano stanchi e disperati e ormai non è che
diffidassero più gli uni degli altri.
Harry sentì un breve fremito di trionfo. Tutti quegli sforzi si
erano dimostrati fruttuosi, pensò, e alzò lo sguardo per condividere il trionfo
con Draco. Evidentemente Draco non si era accorto del momento. Si stava
rialzando in piedi, e ora che era meno vicino, Harry notò che forse era ancora
più pallido del solito.
Pallido o no, il suo viso era deciso. "Stasera riunione in
camera mia," tagliò corto.
"Va bene," disse Hermione. "Ma se ne facciamo
un'altra, devo andare immediatamente a studiare un po' per i MAGO. Grazie al
cielo non c'è Pozioni e posso recuperare un po' di cose di Aritmanzia."
"Oh, Granger, che vita eccitante la tua," disse Pansy.
"Io vado a farmi una lunga pausa-sigaretta." Sogghignò
all'improvviso. "Ne vuoi un'altra, Weasley?"
Ron chiuse gli occhi. "Sto per vomitare," annunciò con
voce piatta. "E poi andrò a dormire."
"Weasley, sono tremendamente invidioso del tuo fascino
elegante," disse Draco. "Come è mai possibile che questa patita
dell'Aritmanzia sia riuscita ad averti solo per sé?"
"Non far finta di snobbare l'Aritmanzia," disse Harry.
"Ho visto i tuoi appunti colorati."
Draco restò interdetto. Pansy alzò gli occhi, poi tossì un poco e
si colpì sul petto.
"Non ha tutti i torti," osservò un minuto dopo. "So
anche dei libri di teoria facoltativi."
"Quoque tu, Pansy," mormorò Draco.
Ron sogghignò. "Sei un secchione Malfoy."
"Non sono secchione, sono versatile," sbottò Draco.
Harry rise. "Mi gioco tutto che anche tu userai quest'ora
libera per studiare. Ammettilo. Abbraccia i tuoi appunti."
Draco alzò le sopracciglia. "A dire il vero, credevo
potessimo andare a prendere quel gelato di cui parlavamo qualche giorno fa. Ma
se ormai hai deciso per gli appunti, va' pure a studiare. Di certo Pansy sarà
felice di venire a mangiare un gelato al cioccolato con me."
Harry si alzò.
"Forse potrei lasciarmi convincere ad andare a prendere un
gelato," disse. "Ecco, non che non mi impegni nello studio,"
aggiunse, guardando l'espressione contrariata di Hermione.
"Vi prego, smettetela di parlare di cibo," implorò Ron.
"Hermione, mi sta fumando in faccia. Penso che vomiterò sul serio."
"Potrei accompagnarti ai bagni dei Serpeverde," propose
cortesemente Zabini. "Sono più vicini."
"No, grazie," replicò Ron, preoccupato di buscarsi
qualcosa di Serpeverde.
"No, grazie," replicò Hermione, preoccupata che qualcosa
di Serpeverde potesse contagiarlo. "Harry, credo proprio che dovresti
studiare..."
"Lo farò, Hermione, lo farò," promise Harry. "Solo
che ho bisogno di zucchero. Per l'energia," disse. "Che dedicherò
allo studio. Ehm, ovviamente."
Draco fece il suo sorrisino rapido e furbetto. "Qual è il
problema, Granger?" chiese. "Non ti fidi di noi?"
Zabini stava guardando truce Harry e Pansy era circondata da una
nuvola di fumo, Ron sembrava sul punto di rimettere in qualsiasi momento e
direzione, e Hermione aveva un'aria molto ansiosa.
"Torniamo presto," promise Harry, prima di afferrare il
braccio di Draco e fuggire.
*
"Questa è una caffetteria," disse Draco. "Ci si
aspetta che ordini un caffé."
"Un caffé, Draco, non tutto il menu dei caffé."
"Non sottilizzare, Harry, è segno di una mente piccola."
Draco chiuse di scatto il suo menu. "Il mio ordine resta lo stesso,"
disse deciso alla cameriera. "Un cappuccino, un espresso e un latte
macchiato, per favore."
"Pensavo fossimo venuti a prendere un gelato," borbottò
Harry. "Un gelato al cioccolato, per favore."
"Al gelato ci stavo arrivando," lo informò Draco.
"Lo vorrei al caffé."
"Ed ecco che il pubblico resta scioccato," disse Harry, sorridendogli.
Con sua sorpresa, la cameriera rise. Harry Alzò gli occhi verso di
lei e, cosa ancora più sconvolgente, lei ammiccò.
"Perfetto," disse. "Bei jeans, comunque."
Si allontanò mentre Harry stava ancora processando il fatto che,
effettivamente, non ce l'aveva con Draco. Guardò verso Draco e disse, "Io?"
Draco gli sorrise. "Tu," confermò luminoso. "Era
carina, non credi? Ed è più grande. Credo," disse con molta cautela,
"che dovresti fare crisi con lei."
"Fare crisi non esiste come verbo," gli disse cupo
Harry.
Draco agitò disinvolto una bustina di zucchero. "Sai cosa
voglio dire. Usare la sua esperienza e il suo corpo nubile per schiarire la tua
ingenuità e la tua confusione adolescenziale! Lo sai che vuoi farlo!"
Harry lo fissò. "Forse dovresti smetterla di leggere quei romanzetti
rosa babbani."
"Non cambiare argomento," disse sdegnoso Draco. "E
poi, ti ho detto che li leggo solo per ridere di quelle imbecilli autrici
babbane. Penso che dovresti fare crisi con lei immediatamente!"
"Non è carino ridere delle autrici di romanzi rosa, non
possono difendersi."
"Io non sono
carino, e penso sia divertente prendere in giro la gente che non può
difendersi," disse Draco. "Se piangono è ancora meglio. Ora fai crisi
con lei come un ermellino in calore!"
"Abbassa la voce, Draco, o finirà per sentirti!" esclamò
Harry, ed evitò gli sguardi di alcune coppie che sembravano a disagio, perché
non riuscivano a parlare distratte dalla voce alta di Draco.
Draco gli lanciò una bustina di zucchero, e apparentemente si
arrese.
"Te l'avevo detto che quei jeans erano della tua
taglia," aggiunse assente. "Sono un genio della moda. Ah, e non sono un secchione."
"Non ho detto che lo sei," sottolineò Harry.
Draco si accigliò. "Era sottinteso. Sottinteso di fronte a un
Weasley. Solo perché ho delle
velleità intellettuali, a differenza di certi fanatici dello sport senza
cervello, seduti a questo tavolo, il cui nome fa rima con ‘otter'."
La cameriera arrivò con un vassoio pieno dei caffé di Draco, per
il quale Draco la ricompensò con un sorriso lento e luminoso. La ragazza
sorrise di nuovo a Harry e Harry iniziò a domandarsi seriamente se non avesse
problemi di vista.
"Non sono un fanatico dello sport senza cervello," lo
corresse Harry. "Ho molti pensieri per la testa. Tutta questa faccenda del
combattere il male per te è una novità, mentre è il mio lavoro da quando avevo
undici anni. Non ho tempo per la poesia."
"Perché non hai un'anima," disse calmo Draco, che
ovviamente aveva raggiunto il nirvana per via di tutto quel caffé. Cominciò a
mescolare le tazze, una per una. "Voglio dire. Un hobby. A parte il
Quidditch. Combattere il male non conta. Avanti, dimmene uno. Ti sfido."
"Ehm..." disse Harry, e inghiottì una cucchiaiata di
gelato al cioccolato per fare i conti con quel momento crudele. "Mi piace,
uhm... colleziono le figurine delle Cioccorane!" disse sollevato.
Draco lo squadrò, poi bevve un sorso di uno dei caffé, molto
lentamente, come se sapesse che avrebbe avuto bisogno di ogni goccia, e
intendesse razionarlo.
"Harry," disse alla fine, insinuante.
"Cosa?" chiese Harry.
"Haaaarrrrry."
Il tono basso e mellifluo della voce di una persona non avrebbe
dovuto essere così immediatamente e terribilmente attraente.
"Cosa?" sbottò Harry.
"Puoi prestarmi gli occhiali?"
Harry glieli passò prima di accorgersi di aver appena fatto una
cosa molto stupida. Di colpo non vide quasi niente, e dette la colpa a Draco,
il cui viso ora era una macchia pallida con un paio di occhiali ondeggianti sul
naso.
Draco imitò una voce più grave.
"Ehm," disse. "Sono,
ehm, Harry Potter. E il mio intelletto non è progredito dall'età di dodici anni. Mi
piace molto, uhm, il Quidditch, e inoltre il male è malvagio. E' Hermione
quella intelligente. Grazie per l'attenzione."
"Bene," disse Harry, e fece del suo meglio per imitare
una pronuncia strascicata. "Sono Draco Malfoy. Penso di essere figo, ma ho
appunti colorati, e penso di essere imperturbabile, ma perdo le staffe quasi
ogni giorno, penso di essere il dono di Dio alle donne, ma la cameriera ha preso
di mira il mio amico chiaramente più tonico e muscoloso. Forse avrei dovuto
filare di più il Quidditch, che in realtà mi piace molto ma che sto fingendo di
snobbare perché sono anche un orribile, orribile snob."
Draco gli lanciò un'altra bustina di zucchero.
"Sono, ehm, sono un ragazzo normale, come ogni ragazzo,"
insisté. "Scusa, per chi hai detto che è l'autografo? Ok, perfetto. Sapete
chi non sopporto? La gente che ha pregiudizi! Penso dovrebbero essere
ostracizzati e possibilmente uccisi, perché noi siamo migliori di loro. Guarda!
C'è il male! Dovrei rivolgermi alle autorità competenti? No, perché sono Harry
Potter, ed è mio dovere sacrosanto vincerlo! Sono l'incubo dei poteri
oscuri!"
Forse quel gelato al cioccolato era più buono, se uno non ci si
strozzava ridendo.
"Una volta ho fatto un discorso sull'imbroglio come forma
d'arte," strascicò Harry, "e ho un amico con degli appunti che
possono provarlo. Ho in mente una lista di studenti che potrei ridurre in
lacrime se solo lo volessi, e parlo troppo... ehi!"
Draco aveva rinunciato alle bustine di zucchero ed era passato ai
tovaglioli di carta. Harry ne schivò uno.
"Ti devi calmare, Sirius!" disse Lupin dietro di loro.
"Come facciamo a concludere qualcosa se..."
"Ha cominciato lui!" lo interruppe Sirius, superando
Lupin e facendo sollevare i bordi del suo mantello nero. "Non sto... ciao,
Harry!" Per un attimo sembrò raggiante e contento, ma la sua espressione
cambiò non appena vide Draco. "Sei qui col tuo amico, a quanto vedo,"
notò.
"Molto bene," disse Lupin, camminando più
tranquillamente dietro Sirius e afferrandogli il gomito. "Non proprio
conforme alle leggi, ma molto bene. Salve, ragazzi. Signor Malfoy, il professor
Snape vuole parlare con lei, la signorina Parkinson e il signor Zabini il prima
possibile. Fingerò di non sapere di questa assenza ingiustificata."
"Di certo è stata un'idea di quel furfante Serpeverde,"
disse Sirius a Lupin, non proprio sottovoce.
"Già," disse a voce alta Harry, "perché come ben
sappiamo, i Grifondoro non infrangono mai
le regole."
Lupin rise, poi sorrise a Draco e si voltò per ordinare due caffé
da portare via. Sirius rimase accanto al tavolo, guardando sospettosamente
Draco. Draco si trattenne dal ridere sotto il suo sguardo, e batté le dita su
una delle tazze.
Poi cominciò a cantare, molto piano. "Noi siamo quelli in
viola," disse, "e mai ci batterete..."
L'oltraggio fiorì sul viso di Sirius e un attimo dopo Harry prese
a cantare anche lui. "Così noi cantiam perché," ricordò a Draco, e
Draco smise di cantare per fargli una smorfia.
"Traditore,"
esclamò, e gli dette un calco sullo stinco.
Trattandosi di Draco, gli fece piuttosto male.
"Ahi," disse allegro Harry. "Va tutto bene, Siri...
professor Black?"
Sirius assunse l'aria cupa che sempre aveva quando qualcuno lo chiamava
professor Black, come se non riuscisse a immaginare a chi si riferissero, e poi
fece un sorriso a Harry, come sempre.
"Si, sì, tutto bene," disse, guardando Draco con un'aria
minacciosa e poco convinta. "Vieni a trovarmi qualche volta, ok, Harry? Ho
saputo che tu e la piccola Ginny Weasley..."
Harry sussultò. Il sorriso di Sirius si fece malizioso.
"Niente di cui vergognarti, Harry..."
"Al contrario della tua curiosità per la vita sentimentale
degli studenti," osservò Lupin, porgendo a Sirius il suo caffé.
"Qualcuno potrebbe iniziare a credere che non ne hai una tua."
"Lunastorta,"
esclamò Sirius inorridito.
"Non rida, signor Malfoy," aggiunse Lupin. "Anche
lei un giorno sarà vecchio e grigio."
Draco scosse la testa. "No," disse, e sogghignò.
"Sarò biondo cenere."
Sirius gli rivolse un'occhiata esasperata e ancora sospettosa,
guardò preoccupato Harry e infine uscì dal negozio. Lupin salutò entrambi e lo
seguì con aria rassegnata.
Draco continuò a squadrare Sirius, deliberatamente, dalla sua
sedia. "Sono il professor Black," disse con voce grave. "Non è
mai colpa mia se perdo le staffe e mi comporto da idiota integrale. Faccio
sempre quello che voglio, perché sono il migliore, e di certo non sono del
tutto rovinato socialmente a causa dei dodici anni di galera durante i quali ho
potuto essere toccato solo dai Dissennatori..."
Harry si accigliò, poi prese un tovagliolo e se lo mise in testa.
"Sono il professor Snape," dichiarò. "Odio i
bambini, i tramonti, le farfalle e i gattini. L'acidità mi fuoriesce dai
follicoli sul cuoio capelluto."
Draco inclinò la testa su un lato.
"Colpito e affondato," concesse. "Adesso Harry, per
l'amor di Dio, togliti quel tovagliolo dalla testa prima che la dolce cameriera
ti veda."
*
"Non mi va affatto di parlarne," disse Harry,
spostandosi sulla sedia.
"Non ti va? La tua volontà non c'entra, Potter," disse
Draco, facendogli una brutta smorfia. "Quando ti rifiuti di fare crisi con
giovani cameriere impertinenti, i tuoi amici devono prendere in mano la
situazione. Dobbiamo investigare i bizzarri risvolti della tua psiche,
altrimenti sarai condannato ad una vita di amara solitudine. Avanti, devi
esserti preso delle cotte."
"Sì, per Cho, te l'ho già detto," disse Harry, esasperato.
Draco aveva insistito per tornare dalla strada più lunga,
costeggiando il lago, e Harry non avrebbe mosso alcuna obiezione se l'unico
scopo della vita di Draco non fosse stato metterlo tremendamente in imbarazzo.
"Sì, e poi?"
domandò Draco.
"Cho Chang," ripeté testardamente Harry, attenendosi a
ciò che sapeva. "Per quasi tre anni. Sono un tipo fedele."
"No, sei un maniaco fissato," lo corresse Draco.
"Veramente triste. Dai, Harry, per favore! Sei stato quindicenne per un
anno intero! Deve esserci stato qualcun altro. Dobbiamo analizzare bene la
questione. Una cotta per una vicina di casa, un insegnante, un Weasley, tua
zia. Prometto di non giudicarti. Nemmeno se si tratta di qualcosa di
orribilmente innaturale, nemmeno se è un rospo o Ron Weasley."
"Ehi, Ron non è così male," protestò Harry.
Draco gli puntò contro un dito, con fare melodrammatico. "A-ah!"
"No!" disse Harry. "Siamo amici da
anni. Sarebbe come prendermi una cotta per Hermione!"
"A-ah!"
"E smettila!" gridò Harry.
Era inquietante la lucina che brillava negli occhi di Draco ogni
volta che pensava di aver fatto centro. E inoltre doveva smetterla di puntare
il dito contro degli innocenti.
"Devo bere qualcosa," annunciò Draco, roteando gli occhi
e tirando fuori dalle tasche dei jeans una fiaschetta.
"E' caffé, vero? Ne hai già bevute quattro tazze."
Draco strinse gli occhi. "Non capisco dove vuoi
arrivare." Mise a posto la fiaschetta.
"Comunque, che c'è di tanto strano," mormorò Harry.
"Molte persone non si innamorano di nessuno a quindici anni. Ron non ha
mai avuto cotte. E poi che significa, un insegnante?"
Draco alzò le sopracciglia. "Ogni ragazza a Hogwarts voleva
lezioni private dal professor Allock, ricordi?"
"Oddio, sì," disse Harry. "Ma, cioè... tu non hai
mai avuto una cotta per un'insegnante, no?"
Guardò Draco, e notò con grande stupore che era arrossito
leggermente.
"A-ah," disse, poco convinto.
"Stai zitto, tu," disse Draco, arrossendo ancora un
pochino. "Avevo tredici anni."
"Precoce," osservò Harry. "E chi era?"
Il rossore stava scendendo fin sugli zigomi, intensificandosi.
Harry sperò che non se ne uscisse con qualcosa di disgustoso, come la
professoressa Cooman.
"E' durata poco," tergiversò Draco.
"Visto che dobbiamo analizzare ogni dettaglio della mia vita,
direi che potresti condividere qualcosa anche tu."
Draco guardò rassegnato la propria fiaschetta. "Non ti è
concesso ripeterlo," lo informò. "Il professor Lupin."
Prese un altro sorso di caffé. Harry si fermò e lo fissò.
"Cosa?" disse. "Ma tu non sei... cioè, sei..."
Draco lo guardò un istante, e poi il caffé gli andò di traverso.
Harry continuò a fissarlo, ancora in uno stato di totale shock, mentre Draco
soffocava e si piegava in due. Alla fine si preoccupò un po', e gli toccò la
schiena.
"Non stai morendo, vero?" chiese.
Draco alzò gli occhi, lucidi. "Sì," gracchiò.
"Oh," disse Harry. "Ehm. Hai un'ultima
richiesta?"
"Come fai a essere tanto stupido?" domandò Draco, la
voce ancora lievemente graffiata. Si raddrizzò. "Insomma, se non... Harry,
non puoi andartene in giro a baciare ragazzi a caso senza conoscere le loro
preferenze. Prima o poi qualcuno ti picchierà. Qualcuno dovrebbe... oh, santo
Dio," disse, prima che un altro pensiero indubbiamente folle lo
attraversasse. "Non hai baciato Weasley, vero?"
"No!" Harry
quasi urlò. "Non ho baciato nessuno!"
Draco lo guardò perplesso.
"Tranne... ehm, quelli che già sai," disse Harry,
sentendo caldo sotto il colletto. Sentiva che ciò che stava succedendo era
molto ingiusto, dal momento che era stato Draco a tirare fuori queste
rivelazioni e a sventolarle in giro. "Il professor Lupin?" Il
professor Lupin? Perché? Non
che non mi piaccia," aggiunse frettolosamente. "Grande uomo. Uno dei
migliori."
"E' stata solo una minuscola cottarella," disse Draco,
evasivo. "Lui trattava i Serpeverde come tutti gli altri. E' raro, sai. Ed
era intelligente, e un ottimo insegnante, anche divertente." Si fermò,
sorrise e si leccò le labbra. "E mi piaceva la sua voce, e il modo in cui
i capelli gli cadevano sugli occhi. Vestiti orribili, però."
"Ok," disse debolmente Harry, cercando di rimettere
insieme i pezzi.
"E' stata solo una cosa così. Poi ho perso la testa per Pansy
e l'ho dimenticato."
"Ok... no, aspetta, Pansy è una ragazza..."
"Oh, acuta osservazione," disse Draco. "Sai, è
perfettamente possibile che mi piacciano entrambi..."
"Lo so, lo so," disse Harry.
"Ah, lo sai?" chiese Draco, con un gesto simile a una
flagellazione drammatica. "Beh, meno male, perché stavo per partire dalle
basi e spiegarti come si fanno i bambini."
"Non sono stupido," disse Harry. "Solo che non ho
passato l'infanzia a scrivere bigliettini d'amore a Lupin."
"Scommetto che credi ancora alla storia delle cicogne.
Scommetto che tuta questa crisi è dovuta a un terribile equivoco sugli
uccelli."
Harry si spinse i capelli all'indietro con una certa dose di
agitazione. Draco stava gesticolando e parlando troppo velocemente, ed era la
conversazione più surreale che avesse mai avuto.
"Eppure parli sempre di ragazze," gli fece notare d'un
tratto.
Draco sollevò le sopracciglia. "E' naturale. Mi piacciono le
ragazze, sono meravigliose, e poi mi sembrava più appropriato. Ad esempio, a te
piace sia il Quidditch che giocare con le figurine delle Cioccorane. Con me
parli di Quidditch, non delle figurine, perché non sono un patito delle
collezioni. Allo stesso modo io potrei parlare di Quidditch con te, e di
figurine delle Cioccorane con Zabini. Mi segui?"
Harry si incupì. "Sì, ma sto visualizzando immagini
orrende," disse. "Perché non me lo hai mai detto?"
"Pensavo che lo sapessi!"
esclamò Draco. "Non è certo un segreto, volevo solo essere educato, evitare di metterti a disagio,
comportarmi in modo civile. Non
mi hai mai chiesto della relazione che ho avuto prima di Natale quando te ne ho
parlato, pensavo che avessi sentito già tutto in giro."
"Ti prego, non il professor Lupin," disse Harry,
sconvolto.
Draco gli fece una smorfia. "Harry, per favore! No, certo che
no. Terry Boot."
A Harry stava venendo mal di testa. "Cosa, anche lui?"
"Beh," Draco fece una pausa. "Non sono sicuro, in
realtà. Forse è stato solo un esperimento, ad essere sincero. Mi aveva detto
che non aveva mai fatto niente del genere. Senti, non è... piacevole."
Draco si passò una mano tra i capelli, e Harry lo guardò
preoccupato. Il vento li aveva già scompigliati, ma quel gesto era sempre un
segno di estremo tormento interiore.
"Scusami," gli disse a bassa voce. "Non
intendevo... non devi dirmelo per forza."
Draco gli sorrise di sottecchi, e batté una spalla contro quella
di Harry.
"No, è tutto a posto," disse. "A un certo punto è
diventato un po' sentimentale, e le cose si sono incasinate. E non ci sono
state scintille, verso la fine. Non mi piace quando qualcuno si comporta da
stupido, tutto qui. Non mi dà fastidio."
"Capisco," rispose piano Harry. Si appoggiò un po' alla
spalla di Draco. Era confortevole.
"A te dà fastidio?" chiese Draco. "Cioè, so che
stai passando un momento di crisi e tutto quanto, ma potresti sentirti a
disa..."
"No!" disse subito Harry. "No, no, non mi dà
fastidio. No, va bene, assolutamente, sono solo sorpreso. Anche se non lo
fossi... anche se non ti avessi... ehm. No, certo che no." Un altro
orribile pensiero gli attraversò la mente. "Uhm, Draco, posso
chiederti..."
Draco sembrava ispirato. La cosa spaventava Harry a morte.
"Potrebbe aiutarti con la crisi, giusto?" rifletté.
"Chiedi pure. Voglio essere d'aiuto. Chiedi quello che vuoi."
"Ok," disse goffamente Harry. "Hai mai...
collezionato figurine delle Cioccorane con Blaise Zabini?"
"Qualche volta," rispose Draco. "Il sesto
anno."
Una persona amica con cui sono successe delle cose una volta o due, aveva detto Draco.
Harry aveva dato per scontato che fosse Morag vattelappesca.
"Allora, come hai... ecco..."
"Beh, ti ho detto, c'è stata la cottarella per il professor
Lupin," iniziò Draco.
"Ti prego, passa oltre," lo incalzò Harry.
"Poi Pansy. Ci piacevamo tutti e due, e alla fine ci siamo
messi insieme, ma tutto è crollato prima della fine del quinto anno.
Quell'estate stavo cercando un po' di supporto contro il Signore Oscure dalle
casate antiche... solo domande discrete, capisci, e c'era questo ragazzo di
Durmstrang che era un po' più grande di me. Il sesto anno io e Zabini abbiamo
fatto qualcosina, e poi d'estate ho conosciuto una ragazza di Beauxbatons,
figlia di un'amica di mia madre. Poi c'è stato Terry, così in tutto sono
cinque."
Draco guardò trionfalmente Harry, come se si aspettasse che
potesse illuminarsi e preparare le valigie per Durmstrang, o chissà che.
"Due ragazze e tre ragazzi," disse Harry.
"Quindi... più maschi che femmine."
"Sei bravo in matematica. Esatto. Sono cose che
capitano," gli disse Draco. "Non è un piano di battaglia. Non ha
tutta questa importanza."
"Giusto," disse Harry.
Per un motivo che non aveva molta importanza, si sentì come se la
testa potesse cadergli per lo shock. Strinse gli occhi verso l'acqua increspata
del lago, e dette ad essa la colpa, in modo oscuro e cattivo.
"Non posso credere che non lo sapessi," osservò Draco,
come se tutto fosse sistemato. "Perché mai lo hai fatto, allora? Non avevi
paura che perdessi la ragione e ti picchiassi?"
Che domanda assurda. Perché mai lo aveva fatto, come se non se lo
fosse chiesto dal momento in cui era successo. Perché era stato felice, e non
aveva dovuto pensarci, e a un certo punto si era sentito così lontano da tutta
quella confusione, dalle preoccupazioni e dalle paure con cui tutti avevano a
che fare, che ormai non riusciva nemmeno più a ricordare esattamente il motivo.
"Nah," disse Harry. "Non mi fai paura."
"Come no," gli disse
Draco. "Non provare a mettere in dubbio il leggendario valore in battaglia
del clan Malfoy. Devo forse ricordarti che ti ho sconfitto pietosamente in quel
duello babbano qualche mese fa..."
"Sì, ma io ti ho battuto in non meno di due risse il quinto
anno," obiettò Harry. "Potrei metterti al tappeto."
"La prima volta non contava, uno dei fratello Weasley ti
stava aiutando," replicò Draco indignato. "E la seconda volta fummo
interrotti, quindi conta come pareggio."
Voltarono le spalle al lago e tornarono verso Hogwarts. Harry
cercò di non pensare a tutte quelle novità, cercò semplicemente di rilassarsi e
tornare contento come lo era stato nella caffetteria. Era già tutto abbastanza
difficile, e spesso dovevano occuparsi della sopravvivenza a tal punto che la
felicità passava in secondo piano.
"Pareggio? Ah," disse. "Ricordo distintamente che
ti proposi una rivincita, e tu non l'hai mai accettata. Hai paura,
Malfoy?"
Per il momento, era lì con Draco e basta.
"Un Malfoy non conosce la paura," rispose altezzosamente
Draco, e poi sogghignò. "Beh, più o meno."
"Diciamo più, quando si tratta di ragni giganti,"
osservò Harry.
"Devo parlare con il professor Snape," gli disse Draco.
"E tu sei una persona crudele."
Harry, per restare in tema, menzionò la Foresta Proibita
e lo stesso Hagrid. Draco ricambiò con un commento sui Dissennatori, e Harry fu
costretto a ribattere parlando di come un certo qualcuno si era offerto
volontario per salire per primo su un Ippogrifo, mentre qualcun altro si era
ritirato terrorizzato ed era stato colpito come un idiota.
Poi arrivarono a Hogwarts, e Draco lo lasciò.
*
"Non capisco come avrei potuto sapere che un semplice
bastoncino potesse essere velenoso. Sarebbe potuto succedere a chiunque,"
dichiarò Ron. "Non credi, Harry?"
"Uhm, sì," disse Harry.
Quindi... quella novità rendeva le cose più facili o più
difficili? Draco non era corso via perché l'idea dei ragazzi lo disgustava, ma
perché non era molto entusiasta circa Harry.
"Chiunque con un minimo di conoscenze di Babbanologia
l'avrebbe saputo," disse Hermione. "Hai visitato casa mia, Ron, hai
visto mio padre fumare una pipa. E poi non avresti dovuto accettare niente da
quella donnaccia di Pansy Parkinson. Giusto, Harry?"
"Direi di sì," rispose Harry.
Beh, Draco non si era mai risparmiato nel sottolineare che Harry
si vestiva male e aveva dei capelli orribili. Portava degli occhiali che
insisteva a rompere, e aveva una brutta cicatrice sulla fronte e, pensò, non
era esattamente il tipo di uomo che mandava in visibilio le ragazze, o i
ragazzi a cui piacevano i ragazzi. O i ragazzi che pescavano a sinistra, a
destra, al centro e andavano dietro a Lupin.
"Pensavo che dovessimo far finta di essere un'unica famiglia
felice," disse Ron. "Stavo cercando di cooperare come mi avete
chiesto, e sono finito intossicato. E' come ho sempre detto, non ci si può
fidare affatto dei Serpeverde."
"Sì, questo è vero," disse Harry.
Dunque... Terry Boot. Calmo e intelligente, e gli piacevano i
libri. A Draco doveva piacere, pensò Harry, ma d'altronde uno non sta con una
persona solo perché entrambi amano leggere, altrimenti Hermione e Madama Pince
avrebbero fatto coppia da anni.
Il fatto è che sembrava sbagliato pensare ai ragazzi come... beh,
attraenti. Harry sapeva già come sarebbero dovute andare le cose, glielo
avevano insegnato tante cose che Sirius, Silente e altri avevano detto. Un
giorno sarebbe diventato come i suoi genitori, e le ragazze sarebbero diventate
carine e lui avrebbe sposato quella che gli fosse piaciuta di più, così la
tragedia dei suoi genitori sarebbe stata riscattata, e lui sarebbe stato felice
come sarebbero dovuti esserlo loro.
Sapeva come giudicare se una ragazza era attraente, ma gli veniva
strano, e sbagliato, meditare sui ragazzi in quel modo. Riconosceva quelli
belli, ma aggiungere cose come... Sapeva come giudicare se una ragazza era
attraente, ma evidentemente la cosa non gli interessava. Non riusciva a pensare
a un ragazzo che lo fosse, eppure c'era qualcosa nel sorrisino di Draco, nel
suo naso, nel suo collo, di cui non pensava che avrebbe mai potuto fingere di
poter fare a meno.
Insomma, che importava perché a Draco piaceva Terry Boot?
Si accorse che Ron e Hermione lo stavano fissando.
"Scusate," disse. "Ho detto qualcosa di
sbagliato?"
"Non capisco perché abbiamo dovuto attraversare tutta la
scuola affinché tu potessi sgridarmi," borbottò Ron rivolto a Hermione.
"Puoi farlo benissimo nella sala comune. Ginny registra tutto e poi lo
riporta a mamma."
"Silenzio," disse Hermione, fermandosi davanti alla
porta dell'aula di Incantesimi.
"Che stai facendo?" chiese piano Harry.
"Ho sentito il professor Vector dire a Blaise Zabini che
Snape voleva incontrarlo qui," sussurrò Hermione. "Se Snape ha tanta
fretta da passare messaggi ai Serpeverde tramite altri professori, voglio
sentire ciò che ha da dire."
Harry ci pensò un attimo, e annuì. Se era importante, certo che
dovevano saperlo. Molto semplice.
Quando sentì la voce di Pansy incrinarsi mentre parlava, però,
guardò verso Ron e vide sul suo viso il suo stesso senso di colpa.
"La prego, signore, non può," disse. "M-mio
fratello ha detto che non parlano bene di lei. E sappiamo tutti che la stanno
torturando... non può tornarci. La uccideranno, e a quel punto non sarebbe
servito a niente."
Le ultime parole le pronunciò con voce incrinata.
"Non ha tutti i torti, signore. Ne vale la pena?" chiese
Zabini.
La voce di Snape suonò aspra e severa. Harry ripensò alle parole
crudeli che aveva sentito da quella voce, e a quanto l'aveva odiata dalla prima
volta in cui l'aveva sentita.
"Alcuni miei studenti sono intrappolati lì," disse.
"C'è una possibilità che possa salvarli. Non c'è altra scelta."
"E cosa ne sarà di noi?" chiese Zabini.
"Cosa ne sarà di Draco?" domando Pansy. "Non può
tornare a fungere da Capocasa, è ridicolo, le cose stanno precipitando e non
possiamo fidarci..."
"Per me va bene. Ce la faccio," disse asciutto Draco,
quasi offeso. Era così da lui offendersi al primo dubbio sulla sua onnipotenza.
"Perché dovrebbe restare qui a guardar sparire anche tutti noi? Non può
fare niente se resta qui."
"Draco ha ragione," osservò Snape, in tono sgradevole,
forzato e orgoglioso. "Devo andare laddove posso rendermi utile a tutti
voi."
"Ma lei ci serve qui,"
disse Pansy, al contempo severa e sconsolata. "Signore, lei morirà..."
"Siamo in guerra," la interruppe Draco con una voce
furiosa che, pensò Harry, indicava che anche lui era spaventato e agitato.
Lui e Hermione si tesero per sentire meglio, quando Ron si tirò
via dalla porta e li guardò entrambi.
"Lei... credo stia per mettersi a piangere," disse,
inquieto. "Non dovremmo ascoltare."
Hermione esitò. "E se per caso ha dell'altro da dire..."
"Non m'importa, non voglio origliare ragazze che
piangono," disse secco Ron. Si allontanò dalla porta, e Hermione lo guardò
e si alzò con riluttanza.
Harry rimase sulla porta, incerto. Non avrebbe voluto spiare
nessuno, ma il fatto che Snape stesse per partire era una notizia importante, e
Draco non si sarebbe fatto alcuno scrupolo, se avesse pensato che mantenere il
segreto avrebbe giovato ai Serpeverde.
Doveva pensare a tutti gli altri. Era troppo importante.
Il suo dilemma morale fu risolto quando Ron, ancora scosso, parlò
a voce troppo alta.
"Snape sa essere dannatamente insopportabile," disse.
"Forse è meglio se se ne va."
Dentro la stanza calò il silenzio. Harry fece un passo indietro
dalla porta un attimo prima che fosse spalancata, e che uscisse Pansy
Parkinson. Non sembrava che stesse per piangere. Era assolutamente infuriata.
"Perché non glielo dici in faccia?" domandò, e colpì Ron
sul naso.
"Ahi!"
gridò Ron. "Stronza!"
Il viso di Hermione si irrigidì e vide Draco, che era giunto sulla
soglia.
"Pensavo che stessi supportando l'armonia tra le case."
osservò. "Cosa pensi di fare, adesso?"
Il volto di Draco era già un po' troppo pallido. I suoi occhi si
strinsero e guardò prima l'espressione accusatoria di Hermione, poi Pansy con i
suoi capelli neri scompigliati, e infine Ron, col sangue che gli colava tra le
dita.
"Beh," disse, camminando intenzionalmente verso Ron.
"Per lui potrei fare un'eccezione."
Harry si mise tra loro due senza neanche pensarci.
"Non ci provare," scattò.
L'istinto di protezione per i suoi amici minacciati, la nuova
confusa indignazione per Snape che sarebbe partito, e a Harry non era mai
piaciuto, ma i Serpeverde avevano bisogno di lui, e i pensieri che non avevano
smesso di vorticargli nella mente dopo la confessione di Draco si tramutarono
in ira.
Draco alzò i suoi occhi grigi e gelidi sul viso di Harry, e disse
deliberatamente, "Non dirmi cosa devo fare, Potter."
E spinse via Harry.
O almeno ci provò. Cercò di spostarlo, ma Harry si girò, fu
colpito su una spalla e spinse l'altra, forte, contro il petto di Draco.
"Allora non minacciare i miei amici!"
Draco strinse gli occhi. "Farò più che minacciare,"
promise, e colpì Harry sulla bocca.
Harry registrò vagamente che Draco era così crudele solo quando
aveva paura, e con la stessa confusione si accorse che dalla bocca gli colava
del sangue. Nella mente gli echeggiava il ronzio che aveva nelle orecchie,
quando incassò il colpo e sbatté Draco contro il muro.
Non mi piace quando qualcuno si comporta da stupido.
Settimane di vergogna e imbarazzo e pensieri su ciò che aveva
dovuto provare Draco, quando invece...
"Ti conviene chiudere la bocca," scattò Harry, e si
gettò su Draco, spinto contro il muro di pietra con il viso arrossato che
pregava di essere preso a pugni.
Draco scansò il colpo e le nocche di Harry colpirono il muro.
Prima che si riprendesse dallo shock del dolore, Draco gli afferrò la maglia
mentre si chinava, tentando di fargli perdere l'equilibrio.
Non ha tutta questa importanza.
Harry si lasciò andare e sentì la propria camicia strapparsi, e
afferrò Draco mentre cadeva e lo trascinava sotto di lui. Quindi lo colpì
sull'occhio.
"No, Harry!" disse Hermione.
"Vai, Harry!" strillò Ron.
"Non immischiarti, Pansy." Era Zabini.
"Cosa sta succedendo?" Il professor Snape.
Come il sangue in fondo alla sua gola, le voci erano poco
importanti e lontane. Ciò che importava era Draco, spaventato e disperato ed
effettivamente incazzato anche con Harry, col labbro curvato a mostrare i
denti. Cercò di buttarsi su Harry e lo mancò, ma gli occhiali di Harry gli si
sfilarono per metà quando schivò il colpo, e tutto divenne sfocato. Si
concentrò sulla macchia pallida mentre Draco lottava e si dimenava ferocemente
sotto di lui, tenendolo fermo anche quando Draco alzò di scatto la testa e urtò
la fronte contro quella di Harry. Gli diede un pugno sulle costole e cercò di afferrargli
la camicia in modo da poterlo immobilizzare e colpire per bene.
Perché mai lo hai fatto, allora?
"Smettetela immediatamente!
Toglietegli di dosso il signor Potter!"
Il verso duro e soffocato che uscì a Draco quando Harry gli sbatté
di nuovo le spalle sul pavimento era molto più importante, ma fu la voce a
causare l'interferenza esterna.
Delle mani afferrarono Harry e lo tirarono via, mentre lui lottava
per liberarsi da quella presa e tornare su Draco. Draco gli assestò un pugno
nello stomaco mentre lo sollevavano.
Draco tentò ti lanciarglisi addosso, ma Ron lo tirò dalla camicia
appena si alzò.
"Non credo proprio,
Malfoy," disse.
Draco ringhiò qualcosa di imperioso e sconclusionato, e Hermione
lasciò subito andare Harry per dare una mano a Ron.
"Si controlli, signor Malfoy!" eruppe Snape, lasciando
andare Harry e mettendosi in mezzo a loro. Draco lo fissò e si fece da parte,
interrompendo il tentativo di liberarsi da Ron e Hermione. Snape inveì contro
Harry. "Quanto a lei, Potter! Non solo lei e i suoi amichetti stavate
origliando una conversazione privata, avete anche deciso, con la genialità che
vi contraddistingue, di peggiorare la situazione aggredendo uno studente senza
essere provocati!"
"Certo, e io mi sono dato un pugno sul naso da solo, vero?"
chiese Ron, aggiungendo in ritardo, "...signore."
Snape alzò le sopracciglia. "Ah sì, signor Weasley?"
domandò aspramente. "Beh, è sempre stato un po' maldestro."
Che persona meschina e schifosa. Harry l'aveva sempre odiato, e
farfugliò oltraggiato insieme a Ron, e per poco non odiò tutti i Serpeverde per
essersi schierati fieramente dalla parte di Snape.
"Benissimo, via quaranta punti ai Grifondoro," continuò
Snape soddisfatto. "Credo proprio che voi due fareste meglio a passare in
infermeria, nonostante io sia personalmente convinto che non sarebbe male se il
signor Potter imparasse che le sue azioni comportano delle conseguenze."
"Secondo lei in questo
momento mi frega qualcosa dei punti?" chiese Harry
furiosamente. "Non sia patetico!"
"Ed ecco che diventano cinquanta punti," dichiarò Snape.
"Signor Zabini, signorina Parkinson, potete lasciar andare Potter adesso.
Probabilmente uno dei suoi lacché gli porterà una camicia con qualche bottone
in più in infermeria."
Harry si infilò gli occhiali e incrociò le braccia sul petto, con
un'aria truce. Draco scosse via le mani di Ron e Hermione con grandi arie di
sdegno, e procedette ad ignorare completamente i propri vestiti in disordine
per riavviarsi i capelli.
"Lei può andare per primo, signor Malfoy," lo incalzò
Snape. "Il signor Potter certamente potrà aspettare qui, in modo da
evitare che la selvaggia aggressione si ripeta."
C'era un rigonfiamento rosa attorno all'occhio di Draco. Si fermò
mentre Pansy faceva del suo meglio per portarlo via subito, e guardò Harry, Ron
e Hermione.
"Ci vediamo stasera, comunque," disse loro, e se ne
andò.
*
Harry aveva intenzione di sgattaiolare via prima per parlare con
Draco, ma Ron, che se n'era andato in giro tutto trionfante a raccontare storie
di malvagie arpie Serpeverde e psicolabili aggressori Serpeverde, lo beccò
mentre cercava di uscire.
"Forse è meglio scendere in anticipo, per evitare scenate
davanti ai, ehm, ai Tassorosso e ai Corvonero," disse Harry.
"Buona idea," disse Ron. "Vado a chiamare
Hermione."
Così scesero insieme, e l'unica conseguenza del loro anticipo fu
che i capelli di Draco erano ancora bagnati dopo la doccia, ed erano crespi.
"Che piacevole sorpresa," disse, aprendo la porta.
"E' sempre un piacere per me essere colto in stato di deshabillè dai Grifondoro."
Evidentemente essere visto in maglietta, calze e pantaloni della
tuta era un'enorme caduta di stile, per un Malfoy. Li guardò con aria assassina
e tornò a strofinarsi vigorosamente i capelli con l'asciugamano.
Harry non pensava che stesse tanto male.
Gli ci volle qualche secondo per realizzare che nella stanza c'era
anche Pansy, completamente a suo agio con una camicia da notte di flanella, che
mangiava una porzione di mousse al cioccolato che pareva in grado di sfamare
una famiglia. Harry la guardò e lei gli rivolse un cenno col cucchiaio.
"Fatemi mettere in chiaro una cosa," disse Draco
attraverso l'asciugamano. "Saremo tutti assolutamente, perfettamente,
meravigliosamente educati l'uno con l'altro, stasera. Io non provo rancore.
Voglio essere la cortesia in persona. Ci siamo capiti?"
Riemerse dall'asciugamano con i capelli simili a lance bagnate, e
rivolse loro un'occhiata velenosa, soffermandosi su Ron.
"Io sono sempre educato," sbottò Ron. "Rispetto a
te, almeno."
"Eccellente," disse Draco. "La mia stanza è tua,
Weasley. Solo non toccare il letto, i libri e nessuno dei miei vestiti. Sarebbe
una vera seccatura doverli disinfettare."
Ron non sembrava bruciare dal desiderio di mettere mano su nessuna
delle proprietà di Draco, però guardava con interesse la mousse al cioccolato.
"Potrei mangiare," propose.
Pansy lo guardò cupa. "Peccato che non hai portato del cibo,
allora," osservò con voce gelida.
Ron gettò la spugna di fronte all'incurabile maleducazione
Serpeverde, e prese posto con fare protettivo accanto a Hermione. Si limitò a
scoccare qualche occhiata furtiva alla mousse.
Hermione era ancora sospettosa. "Così voi due non finirete in
un altro match di pugilato."
"No," disse Harry.
"Perché Draco vincerebbe," aggiunse Pansy, non
esattamente sottovoce.
"Harry vincerebbe," la corresse Ron a bassa voce.
Pansy ripeté il gesto col cucchiaio. "Vai al diavolo,
Weasley, deficiente."
"Certo che no," disse Draco rivolgendosi disinvoltamente
a Hermione. "Ogni tanto prendersi a pugni serve a rinfrescare l'aria. I
maschi lo fanno sempre. E noi siamo maschi. Maschi virili. Qualcuno ha visto la
mia spazzola?"
La cauta cortesia di Draco durò tutto il tempo in cui si asciugò e
si spazzolò i capelli, poi arrivarono Tiger e Goyle. Si sedette dietro di loro
mentre entravano tutti gli altri, usandoli come scudo, ricomponendo il
familiare blocco Malfoy-e-i-suoi-scagnozzi, che esisteva dal primo anno.
A Harry non era mai venuto in mente che potessero essere di
conforto per Draco, e per un breve, umiliante momento lo invidiò.
Smise di pensarci quando entrarono i Corvonero. Terry Boot rivolse
a Draco un sorriso timido quando entrò, e anche se Draco lo guardò funesto per
un attimo, prima di ricordarsi che era un ospite, Harry riconobbe quel breve
flash possessivo.
Dio, era geloso. Era tutto
così umiliante.
Contemplò l'idea di prendersela con Terry, ma la prospettiva di
colpire Draco era molto più allettante, cosa che faceva capire quanto fosse
fastidioso Draco o quanto fosse impazzito Harry, o magari entrambe le cose.
Ancora una volta, sentì che avrebbe dovuto accorgersene prima.
D'altra parte, anche Ron ce l'aveva sempre avuta con Draco, e se anche lui gli
moriva dietro, beh, l'aveva nascosto straordinariamente bene.
Harry si disse che si stava comportando in modo patetico, e
ritornò in sé abbastanza da spiegare a tutti la questione del pensatoio.
"Zitto," disse Draco imperiosamente. "Non possiamo
ancora cominciare. Dov'è..."
Fu allora che Blaise Zabini entrò di corsa, il viso pallido e
sincero per la prima volta.
Disse senza fiato, "Sono sparite. Tutte le scorte per le
emergenze. Sono semplicemente... scomparse. Le ha prese la spia."
Harry ricordò quando Silente e Lupin avevano insistito per mettere
da parte alimenti per le emergenze. Era stato all'inizio del sesto anno, prima
delle prime sparizioni a Hogwarts, e l'idea che sarebbero potute servire delle
scorte, che avrebbero potuto essere assediati nella sicura e Indisegnabile
Hogwarts era sembrata così inverosimile da sembrare uno spreco di tempo.
Ormai Hogwarts sembrava così poco sicura che era diventato
consolante sapere che c'erano delle scorte, e Harry non se ne accorse fino a
quando non si guardò intorno e non vide le facce sconvolte.
Calì, accanto a lui, fece un piccolo verso di disagio, e lui parlò
per cercare di rincuorarla. Per cercare di rincuorare tutti.
"Potrebbe rivelarsi una cosa positiva," disse.
Tutti lo guardarono speranzosi e carichi di aspettative, perché
non c'era nessun altro verso cui voltarsi. Dopotutto era il Ragazzo Che Era
Sopravvissuto, e avrebbe dovuto mettere fine alla faccenda sedici anni prima.
"A cosa ci servono quelle scorte? Insomma, ci stanno venendo
a prendere lo stesso, è improbabile che moriremo di fame, anche se dovesse
esserci un assedio," disse, e si accorse che forse avrebbe dovuto avere
più tatto quando Mandy e Lisa lo guardarono come se stessero per svenire
all'unisono.
Beh, le cose stavano in quel modo, e non poteva indorare la
pillola.
"Ma si è tradito," continuò. "Cioè... deve avere
qualche mezzo segreto per entrare e andare in giro nel castello, o come minimo
dei complici, o qualsiasi cosa. Non può girare con tonnellate di cibo nascoste
sotto il maglione."
"A meno che non sia il professor Hagrid," disse Zabini
illuminandosi.
"Che commento utile, Zabini," replicò Draco. "Vedo
che stiamo tornando al nostro piano di sconfiggere il Signore Oscuro tramite le
nostre oscure e mistiche competenze nel campo delle critiche personali. Vai
avanti, Harry."
Harry annuì. "Io conosco i passaggi segreti di Hogwarts, e so quando
qualcuno li usa," disse.
In quel momento tutti lo stavano guardando rapiti. Si sentì un
imbroglione perché aveva la
Mappa del Malandrino, mentre tutti erano convinti che avesse
dei poteri arcani.
"E come lo sai?" chiese bruscamente Draco.
"Ci hai spiati tutti?" aggiunse Blaise, appena un po'
sospettoso.
Vatti a fidare dei Serpeverde.
Harry guardò Draco.
"Ho una... mappa speciale," disse con prudenza, e
proseguì. "Per cui o hanno costruito dei nuovi passaggi - e credo che ce
ne saremmo accorti - oppure hanno un altro metodo per trasportare persone e
cose."
"Forse stanno usando la Camera dei Segreti," suggerì Terry Boot.
"Come si spostava il mostro Serpeverde? Potrebbero esserci dei cunicoli
segreti."
Prima di allora Harry aveva sempre pensato che i contributi di
Terry alle discussioni fossero intelligenti, ma nel momento in cui Draco annuì
capì che non era altro che un enorme, orribile spaccone che cercava di
impressionare gli altri col suo cervello.
"No," disse, un po' esultante. "La Camera può essere aperta
solo da un Rettilofono, e il basilisco usava le tubature, i serpenti non hanno
bisogno di passaggi segreti..."
Si fermò, e tutti lo fissarono.
"Tu sei un Rettilofono," osservò Pansy. "Dovremmo
forse aggiungerti alla lista?"
"Zitta, Pansy," ordinò Draco. "Le persone che sono
state possedute dal Signore Oscuro conoscono il Serpentese, vero?"
"Sì," disse piano Harry. "Ma non è quello che
intendevo. Voldemort parla coi serpenti e loro eseguono i suoi ordini. Se
fossero dei serpenti a fare da spie, non comparirebbero mai sulla Mappa."
Si sollevò un ronzio di voci, tra cui spiccava limpida quella di
Draco.
"Cos'è questa mappa? E come fanno esattamente dei serpenti
privi di arti a portar via pile di scorte, secondo te?"
"Potrebbero riuscirci," disse Harry. "Pezzo a
pezzo."
La voce di Hannah Abbott tremò mentre parlava.
"Vuoi dire che anche le persone sono state portate via a
pezzi?"
"No!" esclamò Ron, terrorizzato dall'idea che potesse
mettersi a piangere. "Sappiamo che sono vivi dentro una..."
"Cuciti la bocca, Weasley," ringhiò Pansy.
"Ben detto, Pansy," disse Draco, lanciando a Ron uno
sguardo truce. "Come credi che dei serpenti possano rapire delle persone,
Harry?"
"So che sembra stupido," disse Harry contrariato.
"Ma possono farlo. Potrebbero star lavorando in molti, potrebbero esserci
dei cobra... o magari loro controllano che il campo sia libero e che tutti
dormano prima di far entrare qualcuno. Il punto è che è possibile che lo stiano
facendo! Forse non è affatto una spia umana. Forse non è nessuno di noi."
Non ci credeva.
Era una soluzione così incredibilmente facile e indolore, quando
un attimo prima si pensava a qualcuno di cui ci si fidava e a cui si voleva
bene, nel qual caso oltre al disastro ci sarebbe stato il tradimento.
Ma vide che tutti gli altri si rincuorarono improvvisamente, ed
era un bene. Era l'unica cosa che gli importava.
"Allora che possiamo fare?" chiese Draco.
"Procurarci trappole per serpenti? Si possono intrappolare i
serpenti?"
Harry si sentì improvvisamente stanco. "Non dovete fare
niente," replicò. "Lasciate fare a me."
Salve :)
Vi è piaciuto questo capitolo? Avete voglia di farmi sapere cosa pensate di
Draco, di Harry, di Terry, di Ron, di Pansy, di tutto ciò che è successo?
Alzate la cornetta, che Luciana vi aspetta!
No, a parte gli scherzi... ho rischiato di farmi mandare a quel paese diverse
volte e da diverse persone per finire in tempo, e tutto per voi! Ricambiereste
con un commentino? Perchè lo so che ci siete!
Grazie a tutti, un bacione e alla settimana prossima.
Voglio più bene a Snape ma Sirius è più carino
Lupin dovrebbe proprio essere il mio padrino
Pansy è la mia ragazza, Hermione è brillante
Ginny è molto più di una persecutrice ansimante
Ron è adorabile, lo dico chiaramente
Lo stesso Harry, anche se ambiguamente
Ma chi è sempre al primo posto per me?
Sì, sì, sì, Malfoy è il nostro Re!
Capitolo Diciassette
Il colpo di grazia
No we can't be friends
Not while I'm still so obsessed
I want to ask were I went wrong
But don't say anything at all
[No, non possiamo essere
amici / Non ora che sono così ossessionato / Voglio chiederti dove ho sbagliato
/ Ma tu non dire niente]
Il giorno dopo, Harry scelse il corridoio con la strega di pietra
per iniziare a lavorare. Era isolato e tranquillo, e aveva con sé una spilla di
scorta che gli aveva dato Lupin, delle scorte di Madama Chips e una gabbia
enorme che gli aveva prestato Hagrid.
Non doveva far altro che guardare la spilla Serpeverde e
concentrarsi.
"Ehm," disse, cosa che suonò molto strana in Serpentese.
"Venite, serpenti. Vi voglio tutti qui. Qualsiasi serpente vicino a
Hogwarts o nei paraggi... venite qui subito!"
Udì alcune domande vaghe, dei commenti stupiti e semplici assensi
passivi.
Quando il primo piccolo serpente di campagna scivolò nella gabbia,
provò un impeto di soddisfazione.
Era da troppo tempo che si sentiva inutile e frustrato. Non
avrebbe mai permesso che la cosa lo abbattesse, se avesse sentito di poter fare
qualcosa, qualsiasi cosa, per cambiare le cose. Ma era da quasi un anno che
Hogwarts sanguinava, e non era diventata altro che l'anticamera della
depressione, perché nessuno aveva idea di cosa fare.
Se ci fosse stata anche solo una possibilità che fossero i
serpenti, e quello avrebbe potuto fermarli...
"Avanti, venite," disse Harry persuasivo, facendo
scivolare e sibilare le sillabe sulla propria lingua.
"Oh baby, dimmi le parolacce."
Harry sobbalzò, si voltò di scatto e roteò gli occhi verso Draco.
Draco sogghignò e si appoggiò alla parete del corridoio.
"Mi hai fatto quasi prendere un colpo," gli disse Harry,
e per un istante gli sembrò strano parlare in inglese.
"Noi Serpeverde siamo i maestri dell'astuzia e del
sotterfugio," disse Draco, distaccatamente orgoglioso. "Senti, credo
che dovremmo parlare."
"Ehm, sì, forse," rispose Harry, e aggiunse
immediatamente ‘andare nel panico' alla lista di cose da fare una volta
attirati tutti i serpenti. Spostò lo sguardo dal viso di Draco alla spilla sul
suo petto, e disse, "Venite," giusto per essere sicuro.
Draco tossì. "Così mi distrai," commentò.
Altri serpenti strisciarono nella gabbia, intrecciandosi finché
Harry non perse il conto.
"Beh, mi dispiace, ma si dà il caso che sia importante,"
disse Harry, più duramente di quanto volesse.
"Lo so," disse freddo Draco.
"E tu non mi sei d'aiuto," aggiunse Harry. "Non
potremmo parlarne più tardi, qualsiasi cosa sia?"
"Oh, certo!" esclamò Draco, e la sua voce si fece più
aspra. "Quale orario ti sarebbe più congeniale?"
"Ascolta, non si tratta di me,"
gli disse Harry. "Se fosse per me... se fosse per me, troverei il
tempo da dedicarti. Ma devo fare qualcosa per tutti, adesso. Devi
capirmi."
"No, non proprio," disse Draco di riflesso. "Cosa
ne so io della responsabilità? Dopotutto non sono un eroe."
"Non fare lo stupido!" sbottò Harry. "So che sei
nervoso per Snape..."
"Non ficcare il naso nei miei affari," ordinò Draco,
stringendo gli occhi alla menzione di Snape. "Bene. Mi spiace molto averti
disturbato. Scappo."
Si girò e andò via.
"Draco!" gli urlò dietro Harry, ma lui non si voltò.
Harry guardò i serpenti esasperato, e poi lasciò perdere.
"Forza," disse, osservando di nuovo la spilla che aveva
in mano.
Era solo un ultimo richiamo di sicurezza, ma pensava di averli
presi tutti. La gabbia conteneva una massa lucida e acciambellata.
Era la loro unica idea, e potevano essere loro le spie, o almeno i
loro complici.
Harry si ricordò di quando, a undici anni, aveva liberato il
serpente dallo zoo.
Beh, i tempi erano cambiati.
Prese il veleno e cominciò a versarlo.
*
Harry si era scordato che Draco era di guardia quella notte, così
decise che gli avrebbe parlato l'indomani.
Il giorno dopo, Draco, Tiger e Goyle saltarono la colazione, e il
posto vuoto alla tavola dei professori rese chiaro il perché.
Harry non pensava che sarebbe successo così presto.
Doveva vedere Draco. Draco sarebbe andato a lezione, e lui lo
avrebbe preso in disparte e gli avrebbe detto... beh, non gli avrebbe detto
niente di così incoraggiante, ma almeno avrebbe controllato che stesse bene.
Perché ovviamente Draco stava bene.
Preferì non parlarne con Hermione, che era chiaramente nel mezzo
di qualche furioso calcolo su quali sarebbero state le conseguenze dell'assenza
di Snape, né con Ron, che guardava nervoso una Pansy Parkinson con gli occhi
rossi. Il fatto che i Serpeverde possedessero dotti lacrimali sembrava avergli
causato un tremendo shock, ed era quasi preoccupato che Pansy potesse esplodere
da un momento all'altro.
Preferì anche non guardare verso il tavolo dei professori, dove
Sirius mostrava grande allegria.
Si limitò ad osservare cupo il suo porridge, e a mangiarlo.
Draco non si fece vedere a nessuna lezione. Harry pensò di andare
nei sotterranei dei Serpeverde, ma non sapeva se fosse appropriato disturbare
tutti i Serpeverde così evidentemente turbati, e di certo non avrebbe usato il
Mantello dell'Invisibilità... con la faccenda della conversazione origliata
aveva già messo un piede in fallo.
Di conseguenza si sentiva male, e, peggio, inutile, mentre saliva mogio mogio le
scale per il dormitorio maschile con un libro di incantesimi difensivi.
Era convinto che non sarebbero serviti a niente, ma magari avrebbe
potuto incidentalmente guadagnarsi un Eccellente nel MAGO di Difesa contro le
Arti Oscure.
Stava leggendo il capitolo sulle tombe maledette quando sentì la
voce di Draco nella sala comune al piano inferiore, che chiedeva imperiosamente
dove fosse.
Si alzò di scatto e scese.
Draco gli dava le spalle, e c'era un'atmosfera distintamente
sgradevole, come se qualcuno avesse appena insultato qualcun altro, o perlomeno
assunto un'espressione particolarmente sdegnosa.
L'atmosfera non sembrava aver influenzato Colin Canon, che aveva
alzato gli occhi dalla sua sedia e stava camminando verso Draco.
"Ciao," disse, allegro ed entusiasta, come se Draco non
l'avesse preso in giro o ignorato continuamente per più di sei anni.
"Senti, Malfoy, sto facendo un collage del Giovane Consiglio, sicuramente
non ti dispiace..."
Sollevò la macchina fotografica.
"Invece sì," sbottò Draco, esattamente sul clic della
macchina fotografica.
Ci fu un flash di luce, e Colin disse, "Non sono sicuro di
aver preso l'angolazione giusta... potresti..."
Draco si avvicinò e gli strappò via la macchina fotografica da
sopra la testa. Parlò lentamente.
"Ti ho detto di non puntarmi addosso questa cosa."
Si sentì l'inconfondibile scricchiolio della camera fotografica
che si rompeva. L'espressione di Colin si tramutò in stupito orrore. Draco
inclinò la testa, come se si stesse godendo la visione e volesse cambiare punto
di vista.
Gli altri Grifondoro rimasero seduti, immobilizzati dallo shock,
quando Draco aggiunse sfacciatamente, "Che ti serva di lezione."
Harry ritrovò la voce.
"Draco," disse a voce alta. "Cosa diavolo credi di fare?"
Draco si girò, lasciando cadere la macchina fotografica. Lo
sguardo desolato di Colin la seguì.
"Oh, Harry," disse, annoiato. "Eccoti."
"Fuori," scattò Harry. "Adesso. E dopo tornerai
dentro e chiederai scusa."
Afferrò il braccio di Draco e lo tirò verso l'uscita. Appena
giunti fuori, Draco tirò via il braccio.
"Non darmi ordini come se fossi un bimbo impertinente!"
sbottò, offeso. "E non ti azzardare a toccarmi."
Con che coraggio
parlava!
"Cazzo, non costringermi a colpirti di nuovo," ringhiò
Draco.
Draco sollevò le sopracciglia. "Costringerti?" disse
tagliente. "Strano, io non
ricordo di aver aperto le braccia e di aver detto ‘Prego, Potter, prendi bene
la mira.' Sarei stato contento se non avessi reagito affatto. Colpirmi è stata
un'idea tutta tua."
"E lo sarà di nuovo, se ti becco ancora a fare il bullo in
quel modo!"
"Se ci tieni tanto a quello sporco Mezzosangue fastidioso,
digli di non seccarmi più," scattò Malfoy.
"No, e non usare più quella parola," si infuriò Harry.
"Non puoi trattare la gente così!"
"Ma pensa un po'," lo informò Draco. "L'ho appena
fatto."
La sua bocca era curvata in modo malvagio, e Harry era arrabbiato
perché era familiare, perché sapeva
che Draco era esattamente così, e che era per quello che aveva odiato tanto
Malfoy, e ancora adesso...
"Tu chiederai scusa," disse in tono piatto.
"Puoi andare al diavolo," ribatté furioso Draco.
"Non sono uno dei tuoi devoti seguaci. Non muoio dalla voglia di obbedire
ai tuoi ordini."
"E io non sono uno dei tuoi Serpeverde! Non ti importa di
nessun altro, ma a me sì, deve importarmi!" gridò Harry. "Quel tipo
di comportamento non mi sembra divertente , e non ho intenzione di dartela
vinta ogni volta. E' per questo che sei incazzato, vero?"
Draco lo guardò gelido.
"Non so di cosa parli."
Harry rincarò la dose. "Perché sei così abituato ad essere
circondato da persone che fanno qualsiasi cosa per te, ad avere il
controllo."
"Oh, certo," disse Draco, alzando la voce. "Che
grande controllo ho sulle cose. Sono proprio
felice che tu abbia notato quanto tutto il mondo obbedisca ai miei
desideri..."
"Ma è ciò che vorresti! Vorresti essere come tuo padre per
poter manipolare tutti e pretendere rispetto, e se gli altri non fanno
esattamente ciò che ti aspetti da loro, pensi sia una mancanza di rispetto e li
aggredisci perché hai paura!"
"Non ho paura!" urlò Draco, e lo spinse. "E non
parlare di mio padre."
"Farò qualsiasi cosa mi sembri giusta! Anche senza il tuo
permesso. So cosa stai cercando di fare, comportandoti come tuo padre..."
"Ti ho detto di chiudere la bocca!" esplose Draco.
"E io ho detto di no! Finché aiuti qualcuno, non mi importa.
Ma se hai intenzione di fare il piccolo bullo
crudele..."
"Io faccio quello che mi pare. Non sei tu a dovermi dare
consigli. Non sono qui per obbedire ai tuoi desideri. E comunque, che te ne
frega di lui?"
"Che te ne... è una persona!"
Draco curvò il labbro. "Non è interessante, non è utile, e mi
stava bloccando la strada."
"Oh, perché Tiger e Goyle sono molto interessanti e
utili," ringhiò Harry. "Nessuno merita di essere tormentato, idiota,
quindi vedi di entrare e chiedere scusa immediatamente!"
Spinse di nuovo Draco. Draco lo fissò, gli occhi chiari stretti e
il viso pallido accigliato.
"Ti piacerebbe,"
disse, e sbatté Harry contro il muro, così forte che la testa gli urtò sulla
pietra e vide le stelle.
Quando si riprese, Draco era già andato via.
Tornò di corsa nella sala comune e, mentre si incamminava verso i
dormitori, vide Ron e Hermione, ugualmente confusi.
"Harry, cosa è successo?" chiese Hermione.
"Quello stronzo di Malfoy," ringhiò. "Chi altri, se
no?"
Mentre saliva le scale, udì Ron dire, "Proprio come i vecchi
tempi."
*
Harry restò in fermento per tutto il giorno successivo, in cui
Draco e i suoi scagnozzi continuarono ad essere assenti ovunque.
Era pura stupidità da parte di Draco saltare i pasti e le lezioni.
In che modo sarebbe stato utile a Snape? In che modo sarebbe stato utile a
chiunque altro? Ma Draco non pensava a quelle cose, lui preferiva crogiolarsi e
tenere il broncio da qualche parte, tutto doveva riguardare lui, suo padre, il
suo professore e la sua vendetta, e al diavolo tutti gli altri.
Qualcuno avrebbe dovuto dargli una lezione.
Spezzò una piuma mentre ci pensava, e sia Lupin che Hermione lo
guardarono preoccupati. Mormorò una scusa a caso e ne tirò fuori una nuova.
Qualcuno avrebbe dovuto prendere a pugni la sua stupida testa
bigotta, stenderlo e fargli male
e...
"Due in una sola lezione, Harry?" chiese Lupin.
Harry guardò la piuma dilaniata nella propria mano. "Forse
era un lotto difettoso ," sbottò.
Stupida manifattura scadente.
Si sentiva... nervoso, e scomodo nella sua stessa pelle. Draco
meritava di essere preso a pugni per ciò che aveva fatto a Colin, ma aveva
anche bisogno di appoggio perché Snape era andato via, e Harry voleva ancora
fargli delle domande su quella stupida questione che non avrebbe neanche dovuto
toccarlo.
Terry Boot lo intercettò mentre stava andando a cena, cena che si
era limitato ad infilzare con la forchetta, più che mangiare.
"Ciao," disse.
"Ciao," disse freddo Harry, guardandolo. Fu stranamente
soddisfatto nel rendersi conto che era più alto di Terry.
"Com'è andata con i serpenti?" chiese Terry.
Non sembrava nemmeno tanto intelligente da ciò che diceva. E aveva
degli occhi piuttosto piccoli.
Doveva smetterla.
"Ok," tagliò corto Harry.
"Beh, comunque era una buona idea," disse vago Terry.
"Senti, per quanto riguarda... ehm, Malfoy..."
Sembrava preoccupato e nervoso, e si lisciò i capelli.
"Non mi va proprio di parlare di lui," disse Harry, e se
ne andò.
Più tardi si sedette sul bracciolo della poltrona in sala comune,
e prese a rimuginare su ciò che aveva detto Terry. Cosa aveva voluto dire con comunque era una buona idea?
Neville stava parlando di un'idea tipo mettere il Tranello del
Diavolo nei condotti. Harry lo fissò e cercò di ascoltare con attenzione.
"Harry."
Qualcuno gli toccò il ginocchio per chiamarlo, e lui sobbalzò.
Era Calì, acciambellata sulla poltrona accanto alla sua, piuttosto
seducente col suo pigiama rosa, che invadeva il suo spazio personale.
"Sì?" chiese.
"Ho visto cosa è successo a Colin ieri," disse con
cautela.
Giocava con la sua treccia nera come se si sentisse impacciata, ed
era molto strano che Calì, sicura di sé com'era, esitasse su qualcosa. Forse
stava pensando a come articolare la frase ‘il tuo amico è un piccolo deficiente
che dovrebbe essere preso a schiaffi'.
"E' stato orribile," disse. "Lui è stato orribile.
Lo so, non avrei dovuto dirgli la parola d'ordine. La cambieremo."
"Beh," disse Calì, ed esitò di nuovo. "Ehm, sì.
Bene."
Studiò una ciocca che era sfuggita sulla sua manica, con gli occhi
bassi per non incontrare quelli di Harry. Sembrava che avesse qualcosa di rosa
e lucido sulle labbra, nonostante fosse vestita per andare a dormire.
Harry si chiese all'improvviso se avesse mai baciato Draco.
"C'è qualcosa che vuoi dirmi, Calì?" sbottò.
Lei alzò i suoi occhi scuri verso i suoi. "Non ho una grande
opinione dei Serpeverde," disse schietta. "Ma Malfoy mi è sempre
sembrato a posto." Rise leggermente. "So che non sono in molti a
pensarlo, e forse c'entra il fatto che gli piacevo un po'..."
"Sono davvero felice per voi due. Arriva al punto, Calì."
Calì lo guardò confusa. "Non è per quello, Harry,"
disse. "Non è proprio il mio tipo. Stavo solo dicendo... Per me è a posto,
ed è tuo amico. Non credi di essere stato un po' duro con lui?"
Hermione aveva sempre detto che Calì e Lavanda erano un po'
ottuse. Improvvisamente, e appassionatamente, le dette ragione.
"Scusa," disse. "Hai appena detto che pensi che io non sia stato giusto con lui? Lui
entra nella nostra sala comune, si comporta da vandalo e fa il bulletto
crudele, pregando di essere preso a pugni, e io
sono quello ingiusto?"
Calì si morse le labbra. "Non sto dicendo questo,"
disse. "E' solo che... Harry, ha perso i suoi due migliori amici."
"Cosa?"
Harry si accorse che la voce di Neville si era interrotta, e che
tutti si erano voltati verso di loro. Li ignorò e fissò gli occhi su Calì.
"Cosa?" chiese, con una voce più bassa e ragionevole.
Calì sbatté le palpebre. "Pensavo te l'avesse detto."
"Nessuno mi ha detto niente," ribatté Harry, cercando di
tenere stabile la voce.
Nessuna parlava molto delle sparizioni. Non aveva senso rimuginare
su qualcosa che nessuno poteva cambiare. Si cercava di ignorarle, di andare
avanti, perché non c'era altro da fare, e maledizione, aveva parlato di Tiger e
Goyle, e Draco doveva aver pensato che lo sapesse.
"Tiger e Goyle sono scomparsi due notti fa," disse Calì,
abbracciandosi le ginocchia contro il petto. "Credo sia successo proprio
dopo la partenza di Snape."
"Oh, no," disse Harry, nauseato. "Io... senti,
devo..."
La lasciò, si alzò e corse via più veloce che poté. Probabilmente
avrebbe dovuto ringraziarla, ma non gli venne in mente finché non ebbe già
sceso la scala per la Sala
Grande, e a quel punto non gli andava di tornare indietro.
Ecco a cosa si riferiva Terry. Se c'erano state altre sparizioni,
evidentemente i serpenti non c'entravano.
Harry imprecò sottovoce e bussò sul muro davanti all'ingresso
Serpeverde. Un attimo dopo, una voce soffocata disse:
"Chi è?"
"Harry Potter," disse Harry.
Udì una breve discussione condotta dall'altro lato del muro, e
qualcosa che suonava come ‘ancora quel dannato Potter.' Alla fine la porta si
aprì, e due ragazzi del primo anno lo guardarono sospettosi.
"Grazie," disse, spostandoli e ricordandosi poi del suo
dovere di prefetto. "Ah, e siete un po' troppo piccoli per usare certe
parole," aggiunse distrattamente.
I due sbuffarono mentre li oltrepassava, attraversando una sala
comune piena di Serpeverde che lo ignorarono. Infine aprì la porta della stanza
di Draco.
Draco era seduto sulle due poltrone unite accanto al fuoco. Tra le
braccia stringeva Pansy Parkinson, che stava piangendo sulla sua spalla.
"Mi dispiace," disse d'impulso Harry.
Pansy alzò la testa di scatto e lo fissò fieramente tra le
lacrime, come se i suoi occhi non fossero gonfi e arrossati, e potesse
imbrogliarlo. Lasciò andare la presa stretta sulla maglietta sciatta e grigia
di Draco.
Draco si districò e raggiunse la porta.
"Ti serve qualcosa?" chiese cauto. Aveva un aspetto
cinereo e teso, come una corda troppo tirata.
"No," disse Harry.
La bocca di Draco diventò una linea diritta, come se stesse
cercando di sorridere cortesemente ma non ci riuscisse.
"Bene allora," disse. "Se vuoi scusarmi..."
"Ho sentito solo adesso," farfugliò Harry. "Non lo
sapevo. Mi dispiace davvero tanto."
La bocca di Draco si mosse di nuovo, ma il suo tentativo di
sorridere fallì.
Harry lo guardò e si sentì completamente impotente e stupido. Non
aveva idea di cosa dire. Draco sembrava stanco e malato, e anche ieri aveva avuto
quell'aspetto, ma Harry era stato troppo arrabbiato per accorgersene.
Continuò a fissarlo. "I tuoi capelli sono orribili,"
disse alla fine.
Draco lo fissò come se non avesse mai visto una persona così
stupida in tutta la vita, e Harry concordò segretamente con lui.
"Ci sono cose più importanti dei capelli," disse Draco,
con una voce strana.
Pansy ridacchiò sul divano, in modo quasi isterico.
"Ecco," disse piano. "Moriremo tutti."
Un angolo della bocca di Draco si curvò leggermente all'insù.
"Bravo, Harry. Le hai dato il colpo di grazia," disse. "E' vero,
i miei capelli sono orribili. Che fai, entri?"
Harry entrò.
"Non chiudere la porta, sto andando via," gli disse
Pansy. Aveva un'aria provata ed esausta sulle poltrone dove Draco l'aveva
lasciata.
Draco si andò a sedere accanto a lei e le mise una mano sulla
schiena curva.
"Non devi andare da nessuna parte," disse con voce
stanca. Harry pensò che stesse cercando di suonare gentile.
Pansy curvò una spalla in una sorta di rifiuto approssimato.
"Voglio andare," rispose. "Devo pensare a cosa
mettermi per domani."
Draco annuì pensieroso. "In effetti non possiamo essere tutti
belli di natura."
"Non farmi ridere, Draco, persino Harry Potter pensa che i
tuoi capelli siano brutti," disse Pansy.
Harry stava iniziando a sentirti un po' troppo responsabile per
quel commento sui capelli, ma Pansy non sembrava assetata di vendetta perché il
suo leader era stato terribilmente insultato. Rivolse a Harry un mezzo sorriso
forzato ed uscì.
Draco guardò appena Harry, si alzò dalla poltrona e camminò un po'
per la stanza, senza meta. Sembrava più piccolo che mai, fuori posto senza quei
due bastioni dietro cui ripararsi. Sembrava piccolo, pallido e troppo magro,
coi vestiti trasandati che pendevano e i capelli ridotti a una massa intricata
e stressata.
Harry si ricordò che non sarebbe stato molto saggio toccarlo.
"Mi dispiace tanto, Draco," disse invece, e si mise le
mani in tasca per resistere alla tentazione.
Draco si voltò e lo guardò. I suoi occhi erano vuoti.
"Certo," disse in tono piatto. "E perché? Non ti
piacevano molto."
"Non volevo che li prendessero!"
"Beh, no," concesse Draco. "Ma se avessi dovuto
scegliere chi dovesse essere preso e chi salvato..."
SI guardò intorno con sguardo assente, quindi andò a sedersi sul
letto. Strinse forte le dita attorno alle sbarre della testiera.
"Non importa se mi piacevano o meno," disse Harry, e
arrischiò un passo verso di lui. "So che piacevano a te. Per questo mi
dispiace."
Draco lasciò andare le sbarre e si tirò le ginocchia al petto.
"Mio padre decise di istruirmi in casa, quando ero
piccolo," disse a Harry con voce distaccata,
Harry cercò di non uscirsene con qualcosa di orribilmente banale
tipo ‘Ho sentito che l'istruzione privata ha i suoi vantaggi,' e invece annuì.
"Esistono gruppi di studio per la maggior parte dei bambini
maghi," spiegò Draco. "Ma mio padre non voleva che stessi con gente
inopportuna ad un'età impressionabile. Cioè, i gruppi erano frequentati anche
da traditori come i Weasley. Così sono stato istruito a casa."
Harry sentì segretamente che avrebbe dovuto difendere i Weasley,
ma Draco aveva posato la guancia sul braccio, e continuava a parlare con quella
voce stanchissima, e pensò che se anche avesse parlato lui non l'avrebbe
ascoltato.
"Mio padre pensava che dovessi avere dei compagni, a circa
otto anni," continuò Draco. "Così richiese ad alcuni suoi amici
politici di mandare i loro figli a casa nostra qualche giorno, in estate.
Alcuni erano più grandi e altri più piccoli, e... io non mi comporto molto bene
con gli altri." Nei suoi occhi guizzò una scintilla di amara ironia.
"Come avrai notato," aggiunse.
Qualcosa nella curva ferita della sua bocca spinse Harry ad
andarsi a sedere sul letto accanto a lui, ad una distanza prudente.
"Giusto un paio di volte," disse.
"Succedeva che ogni tanto ne combinassi una," ammise poi
Draco. "E allora loro mi disprezzavano, e io gli affibbiavo dei nomignoli.
Però c'erano questi due stupidi bestioni, e tutti
li sfottevano, anche io, e... loro non andavano via. Tutti gli altri si
allontanavano quando li chiamavo con certi nomi. Evidentemente loro due avevano
avuto ordine dai genitori di non ribellarsi, e... erano molto testardi quando
si fissavano un'idea in testa. Restavano lì a incassare, e quando me ne andavo
mi seguivano e io li colpivo, e loro incassavano anche quello. Io non avevo
nessun altro, e loro neanche, così qualche volta gli lanciavo dei dolci o gli
dicevo cosa fare per far sì che gli altri non li sfottessero troppo, e alla
fine si affezionarono a me. Per una cosa tanto stupida. Non volevano andarsene.
Volevano restare insieme a me."
Sembrava molto lontano, e suonava un pizzico orgoglioso. Come se
nessuno avesse mai voluto stare con lui prima di allora, come se Tiger e Goyle
gli avessero concesso un onore.
"Loro facevano tutto ciò che i genitori volevano che
facessero," disse Draco, gli occhi grandi e lucidi, "ma da
quell'estate in poi cominciarono a fare tutto ciò che io volevo che facessero. Non ho mai
dovuto convincerli con dei trucchi o con le parole. Non importava cosa facessi.
Loro mi apprezzavano. Ed erano diversi, fra l'altro, tutti ne parlavano come se
fossero la stessa persona divisa in due corpi, ma non lo erano. Tiger sotto sotto era un romanticone, e io lo
prendevo in giro per quello, mentre Goyle aveva paura del buio quando eravamo
piccoli."
Draco si spostò dall'angolo del letto e si gettò al centro, fissando il
soffitto con occhi tristi. Harry guardò una delle mani di Draco, poggiata sul
cuscino con le dita curvate all'interno.
"Erano diversi," insisté Draco, come se Harry avesse
avuto da ridire. "A un certo punto gli dissi che avremmo cambiato
schieramento e loro accettarono senza che avessi nemmeno bisogno di spiegargli
perché. Lasciarono le loro famiglie e non mi chiesero neanche il perché. Si
fidavano di me, e io potevo contare su di loro, non se ne sarebbero mai andati,
non mi avrebbero mai lasciato..."
La voce gli si incrinò, un suono dolorosamente turbato, e Harry
alzò lo sguardo dalla sua mano. Il viso di Draco era schiacciato sul cuscino,
coperto dai capelli, e se ne scorgeva solo qualche centimetro teso.
"Draco, no," disse sconsolato, e si accoccolò accanto a
Draco, gli mise una mano sulla schiena e lo strinse.
In quel momento Draco voltò il viso verso di lui, e Harry riuscì a
sentirlo deglutire e cercare di ricomporsi.
"Erano miei,"
disse, il respiro umido e caldo contro il lato del collo di Harry, "E io
ho lasciato che gli accadesse una cosa simile, loro hanno cambiato schieramento
per me e io non sono neanche riuscito a proteggerli..."
"Non è colpa tua," disse fieramente Harry tra i suoi
capelli. "Non si può proteggere nessuno da una cosa così. Non c'era niente
che tu potessi fare, Draco, non..."
Draco tremava violentemente e Harry lo strinse più forte,
abbracciandolo in modo protettivo ma cercando allo stesso tempo di mantenere le
distanze, alzando l'altra mano per spostare i capelli di Draco dai suoi occhi e
lasciare tra loro qualche centimetro.
"Erano miei,"
ripeté, quasi furiosamente. "Ora non c'è nessun altro e io non so cosa
fare!" Inspirò, le labbra e le ciglia umide contro il profilo del viso di
Harry, e Harry trattenne il respiro quando sentì le dita di Draco posarsi sulle
sue costole, e Draco disse, "Io..."
Aprì gli occhi di scatto, e Harry lo guardò. Erano così vicini che
gli occhiali di Harry premevano contro il naso di Draco. Il respiro di Draco
diventò improvvisamente simile a quello di un animale in trappola.
Spinse via Harry ferocemente, e Harry per poco non cadde dal
letto.
Draco si buttò sull'altro lato e scese dal letto, schiacciandosi
contro il muro con le ginocchia nuovamente tirate al petto e gli occhi, sottili
e diffidenti, che guardavano cupi Harry da dietro le braccia incrociate.
"Non mi fido nemmeno di te," sbottò. "So
perfettamente che la tua amicizia non è affatto pura e disinteressata. Nessuno
fa niente per niente, e io sono troppo stanco!"
Harry si alzò a sedere, col fiatone.
"Draco," disse, "ma di che diavolo stai parlando?
Se credi..."
"Oh, non fare l'ipocrita, Potter," disse Draco, ancora
infuriato, con quella voce bassa e precisa e le braccia attorno alle ginocchia.
"Mio padre mi aveva messo in guardia. Decidesti tu di non voler essere mio amico, quando
eravamo piccoli. Sei tu che non
mi hai particolarmente apprezzato, quando ho rotto la macchina fotografica di
quel sudicio Mezzosangue."
Harry si alzò dal letto, poiché restare seduto lì sembrava
inappropriato, e rimase a guardare Draco dall'altra parte.
"Che cos'è, una specie di test?" chiese, disperato.
"Senti, non devo approvare tutto ciò che fai per essere tuo amico! E non
ho intenzione di... di scaricarti o chissà cosa, se fai qualcosa che non
condivido! Non si tratta di un
test, non è così che funziona..."
"Certo che no," disse Draco, curvando la bocca.
"Non importa se vuoi ammetterlo o no, Harry. Tutto si può comprare. Questo
lo so. E io sono stanco di tutto questo, ho la nausea, voglio andare a casa e
voglio... vorrei..."
Piegò la testa sulle braccia, e Harry vide solo la sua testa
bionda piegata e la figura rannicchiata contro il muro.
"Draco," disse. "Ti prego..."
La voce di Draco lo colpì come una frusta.
"Vattene via!"
ringhiò. "Non ci provare. Non posso... Lasciami in pace!"
Harry esitò. "Non posso...?"
"Per favore!" Draco lo disse come un insulto. "Vattene!"
Harry se ne andò. Non avrebbe voluto andarsene, non poteva
sopportare l'idea di lasciare solo Draco in quel frangente, ma non poteva
restare se Draco glielo chiedeva in quel modo.
Tornò in sala comune e trovò Ron e Hermione seduti accanto al
fuoco. Il camino risplendeva sui capelli rossi di Ron, e Harry si avvicinò a
loro con un enorme senso di sollievo. Entrambi gli sorrisero cautamente quando
entrò. Ron aveva approntato una partita di Spara Schiocco sul tavolino,
probabilmente per persuadere Hermione a giocare, mentre Hermione aveva un libro
aperto in grembo.
"Cosa c'è?" chiese Ron, guardandolo in viso. "Hai
litigato di nuovo con Malfoy?"
"No," disse Harry. "Sì. Più o meno."
Ad onor del vero, Ron non fece altro che sogghignare appena quando
disse, "Mi dispiace."
I serpenti non c'entravano, Tiger e Goyle erano spariti, e Draco
era seduto solo e amareggiato nei sotterranei.
"Ecco," iniziò Harry. "Cioè. Vorrei solo che
sapeste. Voi due. Io... insomma."
Hermione chiuse il libro e alzò lo sguardo su di lui, confusa.
"Sì, Harry?"
"Beh. Lo sai," disse goffamente Harry, prima di tendersi
e stringerla in un abbraccio.
Era la prima volta che la abbracciava di sua iniziativa, e udì il
verso di sorpresa incerto e contento?) che fece contro il suo torace . Poi gli
mise le mani attorno al petto e lo strinse per un minuto. Harry aveva in faccia
i suoi capelli crespi, e la strinse forte.
"Sì, lo so," gli disse Hermione.
La lasciò andare, e rise nervosamente. "Sei sempre stata tu
quella intelligente."
Hermione si risistemò sulla poltrona e gli sorrise. "Non è
mai stato difficile."
Ron lo guardò preoccupato quando Harry si chinò verso la sua
poltrona.
"Non credo che dovremmo abbracciarci," disse in fretta.
"Siamo troppo virili."
"Ah, gli uomini,"
osservò Hermione col suo vecchio tono rassegnato, e Harry diede un pugno sulla
spalla a Ron.
"Ti va di giocare a Spara Schiocco?" chiese Ron.
Harry accettò.
*
Il giorno dopo Draco tornò a seguire le lezioni, ma non parlava
con nessuno. Era seduto accanto a Pansy o Blaise Zabini, ma non parlava con
loro. Hagrid cercò di parlargli dopo Cura delle Creature Magiche, ma Draco
mormorò poche parole e se ne andò molto in fretta.
Chiaramente non voleva essere scocciato. L'unica cosa da fare era
rispettare i suoi termini e i suoi desideri, e aspettare che fosse pronto ad
accettare un po' di sostegno. Per quanto sostegno Harry potesse dargli,
ovviamente, ma non era quello il punto.
La cosa più sensibile che potesse fare era lasciarlo in pace.
Così Harry fece esattamente quello per tutto il giorno, e non
guardò nemmeno verso il tavolo dei Serpeverde, durante i pasti. Piuttosto parlò
con Neville e Dean, mentre Neville cercava di descrivergli e Dean di
disegnargli il piano per piazzare il Tranello del Diavolo nelle tubature, in
modo da lasciare spazio solo per il passaggio dell'acqua.
Rimase a parlare con loro di idraulica per circa due ore dopo
cena, fino a quando Neville non decise di spiegare il piano a tutti gli altri.
Fu a metà della spiegazione di Neville agli altri Grifondoro che
Harry lo interruppe e, con una scusa, andò a cercare Draco.
Per poco non inciampò su di lui, una volta scese le scale. Draco
era steso a pancia in giù a giocare a biglie.
"E' stato più facile di quanto pensassi," gli disse
Harry.
Draco si tirò su puntellandosi su un gomito. "Cosa,
esattamente?"
Harry abbassò lo sguardo su di lui. "Trovarti."
"Oh," disse Draco, e poi, cambiando discorso con suprema
disinvoltura, proseguì: "Ecco cosa facevo quando avevo dodici anni."
Prese una biglia dal sacchetto accanto al suo gomito e la fece
rotolare verso il gruppetto di fronte a lui. La biglia colpì un'altra biglia
che diventò rossa, e rimbalzò per colpirne altre tre. Diventarono tutte rosse,
all'improvviso accese come sangue fuoriuscito da un taglio sul pavimento, e
Harry le guardò e si sedette per terra.
Il viso di Draco era al livello del suo, e, anche se non poteva di
certo essere dimagrito nel giro di un giorno, il suo sguardo ferocemente teso
fece apparire i suoi zigomi terribilmente aguzzi. I suoi occhi erano sbarrati e
tragici e furiosi col mondo.
Harry soffocò l'impulso di abbracciarlo.
"Biglie incantate," disse Draco, vagamente soddisfatto.
"Devi cercare di ucciderne il maggior numero possibile. E le uccidi solo
se il centro della tua colpisce il centro di ogni biglia. Quattro è un buon
colpo, ma a tredici anni arrivai a sette."
"Ehm," disse Harry. "Mi sembra che collezionare
figurine delle Cioccorane sia molto meno criminale."
"E' un gioco basato sull'abilità," gli disse Draco,
offeso. "E sul desiderio di uccidere delle cose."
"E' proprio da te," disse Harry, e rise un pochino di
lui. "Perché tu, indubbiamente, sei una persona orribile."
"Ovviamente ho smesso di giocarci," lo informò Draco,
"perché io, a differenza di te, sono tremendamente maturo e
sofisticato."
"Io continuo a collezionare figurine delle Cioccorane,"
lo informò Harry a sua volta, "perché, a differenza di te, non
mollo."
Draco fece rotolare un'altra biglia, e stavolta ne colpì cinque.
Si ringalluzzì un attimo.
"Ecco una cosa che mollerò ," annunciò. "Appena
sarà tutto finito, smetterò di essere gentile con gli altri. Lo odio. Durante
il quinto anno compilai una lista di tutte le persone con cui avevo intenzione
di comportarmi male, annotando come l'avrei fatto e le parole esatte che avrei
detto."
Harry prese una biglia, e Draco gli dette uno schiaffo sulla mano
e lo guardò severamente.
"Do per scontato che il mio nome fosse sulla lista."
"Quarantacinque volte," rispose prontamente Draco.
"La mia vendetta sarà terribile e totale."
"Oh," disse Harry. "Hai ancora intenzione di
farlo?"
"Sì," disse Draco, molto determinato.
"Pensavo che dato che siamo amici e tutto il resto..."
"Terribile e totale," ripeté Draco. "Nessun
ripensamento, Harry. La tua vita, a meno che tu non scelga la parte migliore
del coraggio (*) e non fugga dal paese, sarà una tragedia epica."
Harry unì le braccia attorno alle ginocchia e mimò il tono superbo
di Draco.
"Sfido te e le tue temibili minacce, Draco Malfoy. Puoi
essere cattivo quanto vuoi, ma non andrò da nessuna parte."
"Benissimo," disse Draco con calma. "Allora esigerò
vendetta da tutti i miei nemici, e anche dagli amici e dagli sconosciuti il cui
aspetto non mi convince, e passerò il resto della mia vita a sollazzarmi,
odiato e temuto da tutti, fermandomi solo per leggere qualche libro e
occasionalmente sedermi sul balcone come un dio del sole."
"Un dio del sole," ripeté scettico Harry. "Draco.
Potrebbero venirti le lentiggini."
"Quarantasei volte sulla lista. Continua a parlare.
Migliorami la giornata." Draco alzò un sopracciglio, e si fermò in
atteggiamento di sfida. Harry riuscì a stento a non agganciare, e Draco disse
stancamente, come se Harry non gli avesse dato pace fino a costringerlo a
cedere, "Ho comprato a Canon una dannata macchina fotografica nuova, se ti
rende felice."
"Lo hai fatto per farmi contento?"
Draco sogghignò. "No, sono un tipo generoso." Tirò
un'altra biglia, e ne prese solo due.
"Gli hai comprato lo stesso modello? Gli piaceva tanto."
"No," disse Draco, curvando il labbro. "Gliene ho
preso uno migliore. Un Malfoy non entra in un negozio a chiedere prodotti di
basso livello." Si illuminò. "In realtà ne ho comprata una anche per
me. Il negoziante mi ha fatto vedere un manuale di fotografia, penso che
potrebbe essere interessante. Lo sai che non esistono fotografi magici, tranne
che per i giornali? Pensa alle foto panoramiche con i fiumi che scorrono."
"Magari tu e Colin potreste fondare un club," disse
Harry.
"Quarantasette," gli disse Draco. "Non mi sto
divertendo, lo sai. Beh... magari un pochino."
Si sollevò a fatica, la maglia bianca si tese appena un po' sulle
spalle, e si mise seduto. Quindi tirò fuori un pezzo di pergamena ripiegata
dalla tasca, e lo porse a Harry.
"Mi è arrivata una lettera da mia madre, ieri," disse.
"Puoi leggere il primo pezzo. Se ti va."
"Ehm, ok," disse Harry, chiedendosi se non fosse tutto
un piano malefico per fargli fare crisi con Narcissa Malfoy.
Non che fare crisi esistesse, come verbo.
Aprì la lettera e la lesse tra sé e sé.
‘Caro Draco,' diceva la lettera, ‘Ho
ricevuto la tua ultima con grande interesse. Non era per niente simile alle
solite. Se quando riceverai questo Gufo avrai fatto pace con Harry Potter, ti
prego di salutarlo da parte mia. Altrimenti, ti prego di non inviarmi alcuna
Strillettera. Non credo proprio che siano missive appropriate da parte di un
ragazzo ad un genitore rispettato, e l'ultima ha spaventato gli elfi
domestici.'
Harry abbassò la lettera, sorrise e la porse di nuovo a Draco.
"Dunque la tua ultima lettera era sul genere di Perché Odio
Quell'Idiota di Potter, Volume IV, Parte VII?" chiese.
Draco sollevò il mento. "Più o meno, forse," ammise.
"Ho scritto il Gufo quando avevamo litigato. Naturalmente lei ha risposto
solo ieri... e naturalmente, io le ho risposto subito." Curvò il labbro,
forse rivolto a se stesso. "Volevo solo... fartela vedere. A volte perdo
le staffe," continuò, "ma non vuol dire che ti odierò per sempre o
chissà cosa."
Harry strinse gli occhi. "E' il tuo modo tortuoso scusarti
per avermi colpito, Draco?"
"Forse," ammise altezzosamente Draco.
"Bene, allora," disse Harry. "Scusami per aver
reagito al colpo."
Draco si tese e prese la lettera dalla mano di Harry. "Ma
ricorda, non ho intenzione di scusarmi con Canon, quel figlio di Babbani,"
disse. "Ho il mio orgoglio."
"Non vedo cosa c'entri il tuo orgoglio col suo essere figlio
di Babbani," dichiarò Harry, cercando di non andare oltre. "Lui e suo
fratello non possono farci niente."
Draco parve leggermente sorpreso. "Ha un fratello? Ecco perché certe volte sembrava più
basso di altre."
"Sì, ha un fratello," disse Harry. "Insomma,
Draco."
"Oh, per favore," lo beccò Draco. "Nominami un
Serpeverde del quinto anno. Uno solo. Avanti."
"Ehm," disse Harry. "Ehm. Quel Cacciatore,
comesichiama, ehm, è del quinto anno?"
Draco fece un encomiabile sforzo per ridacchiare.
"Lo ammetto," disse Harry con dignità. "Sono un po'
distratto."
"Vuoi dire egocentrico," lo corresse Draco.
"Mi scusi, signor bue, mi
pare che lei mi abbia appena dato del cornuto."
"E sei anche smemorato," proseguì allegramente. "E
in definitiva non sei affatto una persona per bene."
Sorrise appena. "Beh, tranne quando ti trovi con le spalle al
muro."
Faceva quello che era necessario, quello che alla fine era meglio
per tutti, quando persone come Ron si allontanavano dalla porta... quando si
trovava con le spalle al muro. E Draco lo sbatteva sempre con le spalle al muro
per portarlo a quel limite, ed era incredibile quanto volesse essere messo con
le spalle al muro, finché si trattava di Draco.
Finché lui poteva metterlo spalle al muro a sua volta.
"Forse no," ammise. "Non credo che le persone per
bene salvino il mondo."
"E non diventano neanche mie amiche," osservò Draco,
come se per lui le due cose avessero la stessa identica importanza.
"Beh, sono fortunato, allora," disse Harry, e ripensò a
quando aveva versato il veleno per i serpenti.
"Per quanto riguarda i figli di Babbani," disse Draco,
lentamente. "Prima che cominciassimo a mischiare il nostro sangue col
sangue babbano, noi maghi eravamo più protetti, sai? Ed eravamo in grado di
generare talenti, prima che si diffondessero gli incroci."
"Non credo che i matrimoni dovrebbero essere combinati
tenendo conto della procreazione," disse Harry, guardando fisso Draco.
"Mia madre era figlia di Babbani."
"Lo so, Harry, ma non ti preoccupare, i Potter erano
un'ottima famiglia," lo consolò distrattamente Draco. "Anticamente
nascevano Animaghi innati, stando a quanto dicono i libri. E il
Metamorfomaghismo era presente nella mia famiglia, prima che così tante
famiglie di maghi mischiassero il sangue con i Babbani, che il corredo genetico
si riducesse e il filo si indebolisse. C'è stato solo un Metamorfomago nella
mia generazione, ed è anche una mezza Babbana. Non potrà più procreare."
"La conosco," disse Harry, ripensando alla ragazza
nell'Ordine della Fenice. "E' carina, a dire il vero. E preferirei che non
usassi mai più la parola ‘procreare'."
"Si, ma, Harry," disse Draco, con quel fervore che gli
faceva brillare gli occhi e che a Harry piaceva tanto vedere, anche quando
pensava che Draco stesse dicendo un mare di cretinate. "Una volta eravamo
creature mitologiche, dotate di incredibili poteri, e avevamo il mondo in
pugno, poi siamo stati sminuiti dal sangue babbano, traditi dalle loro parole e
bruciati." Fece rotolare
un'altra biglia, e ne colpì sei. Fra quelle fiorì il colore rosso. "E' una
cosa su cui riflettere," aggiunse, spostando gli occhi su Harry.
Harry gli soffiò una biglia e la lanciò direttamente a Draco.
"Eccoti una cosa su cui riflettere," disse. "Per
quale motivo la colpa dovrebbe essere di Colin?"
"Beh, non lo è," ammise Draco controvoglia. "E'
solo che mi sembra un cretino."
Harry rise forte. "Tu
sei un cretino," disse affettuosamente.
"Può essere," disse Draco con sdegno, piegandosi a
raccogliere le biglie, "ma sarei potuto
essere un Metamorfomago. Pensaci, avrei potuto assumere le sembianze di
chiunque. Sarei potuto essere il dio del sesso di Hogwarts. Avrei potuto avere chiunque volessi."
"Non dico che non ti servirebbe una mano," concordò
innocentemente Harry. "Calì Patil mi stava giusto dicendo che non sei il
suo tipo."
"Beh, no, Harry," disse Draco, guardandolo col suo
sguardo ‘Potter, sei un idiota senza speranze'. "Aveva una cotta per te il
quarto anno. Non vedo come una persona che si sia presa una cotta per te possa
prendersi una cotta per me; non potremmo essere più diversi fisicamente. A meno
che, ovviamente," aggiunse assorto, "uno dei due non fosse Millicent
Bulstrode."
"Non io," disse Harry. "Un attimo... Calì aveva una
cotta per me?"
Draco riassunse la sua posizione prona sul pavimento e iniziò a
guardare con occhio predatore le biglie risistemate.
"Non riusciva a smettere di blaterare sul Ballo del Ceppo e
su come tu l'avessi scelta," lo informo. "Harry, stupido smemorato,
non te la meriti una vita sentimentale. Cosa deve fare una persona per attirare
la tua attenzione?" Alzò lo sguardo, negli occhi una scintilla maligna.
"Oltre a giocare come Cercatore contro di te, evidentemente."
Con suo grande orrore, Harry sentì di star arrossendo.
"Non è vero," disse. "Io non... non... non ho mai
notato alcun Cercatore Tassorosso."
"No?" chiese Draco. "Non vorrei risvegliare brutti
ricordi, ma Cedric Diggory non era male."
"Draco!" esclamò Harry. "Ti piacevano tutti quando eri più piccolo?"
"Forse," concesse Draco pomposamente, colpendo quattro
biglie mentre le sue orecchie diventavano un po' rosse. "Tranne quella
Fleur Delacour. Non ho mai capito cosa ci trovassero in lei, a dire la verità.
Odio le bionde."
Harry si lisciò i capelli distrattamente. "Mi stai
dicendo," disse piano, "che il fascino delle Veela è meno potente
della tua vanità personale?"
"Non giudicarmi," disse Draco.
"Sono solo un po' terrorizzato, tutto qui."
"Vedrai se condividerò altri ricordi privati con te."
"Non piaceva neanche a me Fleur," disse Harry. "Ero
fissato con Cho allora, ovviamente. Non mi ero nemmeno accorto di piacere a
Calì, al Ballo del Ceppo."
Si stese accanto a Draco e cercò di allineare la propria visuale
con la sua per capire come colpisse le biglie.
"Poco dopo l'inizio del ballo già non le piacevi più,"
annunciò Draco. "Perché, e mi addolora doverlo ripetere, sei uno stupido
smemorato."
"Almeno non ci andai vestito da vicario," osservò Harry.
Draco corrugò la fronte. "Non ci andai... Non posso credere
che l'abbia notato... Per tua informazione il velluto nero mi dà un'aria molto
affabile."
"Come un vicario affabile, magari."
"Non cercare di darmi consigli sulla moda, Harry. Sarebbe
come se un cieco cercasse di guidare uno con due Omniocoli. E i miei vestiti,
per quanto affabili, erano al secondo posto sulla mia lista, in quanto dovetti
convincere Tiger a togliersi di dosso quel coso orribile con l'immagine babbana
di Marvin il Marziano per mettersi l'abito di
scorta di Goyle..."
Draco si bloccò. Harry si tese verso di lui e gli toccò la schiena
di sfuggita.
"Draco," disse. "Mi dispiace davvero tanto."
"Sì, beh," disse Draco distaccato, alzandosi in piedi e
ripulendosi i pantaloni. "Devo andare."
"Andare? Dove?" chiese Harry.
Aveva notato, ma senza rifletterci su, il fatto che Draco
indossava del jeans bianchi e una maglietta bianca aderente, e che i suoi
capelli avevano di nuovo quell'aria più soffice del solito.
"Primo venerdì di giugno," disse Draco. "Notte al
locale. Dio solo sa quanto abbiamo bisogno di rilassarci."
"Oh," disse Harry. "Non... fare stupidaggini."
"Cioè, cose tipo ignorare una ragazza attraente che mi punta
tutta la sera? Quello è il tuo campo, non il mio," disse Draco,
ammiccando. "Insomma, Harry, a volte sei veramente stupido. Tò,"
aggiunse all'improvviso, mettendo le biglie tra le mani di Harry. "Prendile.
Credo che dovresti imparare a giocare."
"Grazie," disse Harry, abbassando gli occhi su quelle.
Draco alzò le spalle e chiuse le dita di Harry sulle biglie.
"Di niente," disse. "Mi sembra di ricordare che una volta mi hai
fatto un regalo senza alcuna ragione. E mi sembra di ricordare che non ti ho
detto grazie."
Era bianco e argenteo nella luce soffusa. Harry si alzò in piedi.
"Beh," disse. "Già. Screanzato."
Draco rise. "Ci vediamo domani," disse, poi si voltò e
tornò ai sotterranei.
Harry tornò lentamente alla sala comune Grifondoro, dove Ron stava
sfogliando la copia di Harry di I magnifici
sette.
"Ehi," disse. "Lo sapevi che qualcuno ti ha
riempito il libro di scritte?" Notò le biglie. "Sono biglie
incantate, quelle?"
"Ehm, sì," disse Harry.
"Mamma non ci permetteva di giocarci," commentò Ron.
"Diceva che le famiglie come... sai, quelle dei maghi oscuri, giocavano
con le teste avvizzite dei Babbani."
"Non penso che sia vero, Ron," disse Harry. "Dai,
con le teste uno giocherebbe a bowling, o qualcosa del genere."
"Poteva essere vero," disse Ron, evidentemente
intenzionato ad attenersi ai racconti della sua infanzia. "Avrebbe potuto
esserlo."
Hermione li raggiunse, sollevando una mano per posarla sulla
spalla di Ron.
"Cos'è successo, Harry?" chiese, preoccupata. "Non
dovevi vederti con Malfoy?"
"Beh... sì," rispose Harry. "Ma stasera vanno a
ballare."
"Ah," disse Hermione, stringendo gli occhi. "E tu
resterai qui ad abbatterti, vero?"
"Magari potrei imparare a giocare a biglie."
"Dev'essere una noia mortale, Harry," continuò Hermione,
incurante di ciò che diceva. "Dovresti uscire e conoscere gente
nuova."
"Gente che viene a scuola con me, vuoi dire?"
Hermione allontanò quelle scuse improbabili con un gesto della
mano. "Sai cosa voglio dire," disse. "Moltissime persone vanno a
ballare, stanotte. E' divertentissimo."
"Ehi, forse è vero," concordò Ron, illuminandosi.
"Hermione," disse Harry. "Non credo
proprio..."
*
Due ore dopo, ci stava ancora provando. "E' che, ehm, non
sono sicuro..."
"Oh, avanti, Harry," disse Ron incoraggiandolo. "Ti
prometto che sarà divertente."
Ma mentre Harry si guardava intorno con apprensione, non sembrava
poi così piacevole. Il locale sotto i Tre Manici di Scopa era pieno di fumo e
affollatissimo, e il buio veniva squarciato a intermittenza da cerchi di colore
abbagliante. Un sacco di corpi si intrecciavano l'uno con l'altro rivelando
mantelli o vestiti babbani pressoché inesistenti.
Harry non era affatto certo che fosse il posto adatto a lui.
Sembrava più adatto alle coppie, o... a chi cercava disperatamente qualunque
tipo di contatto fisico.
E lui a quel punto non ci era ancora arrivato.
Ron e Hermione lo guardavano speranzosi, mano nella mano,
probabilmente aspettandosi che si mettesse a saltare per la gioia e che si
buttasse nella mischia.
"Vado a prendere qualcosa da bere," mormorò, cominciando
a farsi strada tra la folla.
Aveva fatto appena qualche passo quando lo vide.
Draco era seduto in fondo al bar, rilassato su uno sgabello, con i
capelli chiari leggermente spettinati che pendevano su un bicchiere vuoto.
Sembrava vagamente divertito e assorto nei suoi pensieri.
Harry si illuminò e attraversò la folla verso di lui.
Non fece molta strada prima che succedesse. Blaise e Pansy
comparvero entrambi accanto a Draco, prendendolo per le braccia. Draco alzò lo
sguardo e rise, muovendo le labbra in un breve commento che Harry non riuscì a
decodificare.
Entrambi sorridevano maliziosi mentre cercavano di trascinarlo via
dalla sedia. Lui scuoteva il capo, sorridendogli, il viso luminoso e i gesti
rilassati.
Non dovrebbe comportarsi così con gli altri Serpeverde. Quello è
il modo in cui dovrebbe comportarsi con me.
Blaise disse qualcosa nell'orecchio a Draco. Harry notò il
movimento delle sue labbra, così vicine alla pelle di Draco.
Draco si chinò verso di loro, chiaramente pronto a lasciarsi
convincere.
Pansy, meno minacciosa del solito nel suo vestitino nero, con un
sorrisino spontaneo, gli tirò il braccio. Finalmente Draco lasciò che lo
alzassero in piedi e li seguì sulla pista.
Era assolutamente a suo agio, come quando era felice. Sorrideva
raggiante quando salutò una coppia del quinto anno, probabilmente ordinandogli
di prendergli un drink con quella totale e drachesca inconsapevolezza di star
facendo qualcosa di maleducatissimo.
E ballava senza accorgersi, o forse fregandosene, degli sguardi
che scivolavano su di lui. Senza nemmeno notare l'idiota che lo stava fissando,
immobile al centro della pista.
Ballava con una grazia agile e allenata, muovendosi come se amasse
farlo, agitando i capelli all'indietro e sorridendo con aria sensuale.
I suoi capelli e la sua maglietta splendevano sotto la luce, il
rosso e il blu brillavano su di lui mentre si muoveva.
I Serpeverde ballavano più stretti di tutti gli altri.
Pansy e Blaise erano ognuno ad un lato di Draco, e si muovevano
contro di lui, tutti presi in una sincronia lenta e quasi lasciva.
Draco rise di nuovo, flirtando spudoratamente, lasciando che Pansy
gli toccasse il colletto e che facesse scorrere le dita lungo il suo collo,
lasciando che Blaise gli posasse una mano su un fianco. Ogni tanto avvicinava
il viso ad uno dei due, lasciando che la sua guancia sfiorasse le loro e che i
suoi capelli scompigliati accarezzassero la loro pelle, e poi si tirava
indietro per osservare le reazioni.
Era da settimane che cercava di prendere le distanze da Harry.
Harry sapeva che si stava solo divertendo, nel modo menefreghista
e crudele che tanto gli piaceva. Harry sapeva che non significava niente.
Harry si sentì male.
Non fu esattamente un'emozione. Fu proprio come se fosse malato,
come se una qualche malattia avesse preso il controllo del suo stomaco e della
gola con un dolore sordo che preannunciava il vomito.
C'era la gelosia, una gelosia oscura, violenta e irrazionale che
gli faceva desiderare di far male ad uno di loro, mentre guardava Blaise Zabini
che guardava Draco. C'erano desiderio e disperazione, e ad un tratto qualcosa
lo attraversò come un vento freddo: la desolata presa di coscienza.
Harry indietreggiò, muovendosi goffamente tra la folla, come se
non avesse più il controllo del proprio corpo. Distolse lo sguardo da quel viso
bianco, vide il resto del mondo farsi sfocato mentre inciampava in quel gregge
di persone, cercando di uscire da quello sciame accaldato alla cieca, di
raggiungere l'uscita e oh, la limpidezza dell'aria fresca della notte.
Si accasciò sul sentiero lastricato, col viso tra le mani. La
testa gli girava come se avesse bevuto troppo, l'aria era pesante e c'era quel dolore intenso
proprio al centro del petto e...
"Harry."
La voce, fredda e nitida, era inconfondibile. Harry rabbrividì per
il modo in cui aveva pronunciato il suo nome e sussultò perché, no, per favore,
non ce la faceva ad affrontarlo adesso.
Alzò di nuovo la testa, mentre tutto continuava a girargli
intorno. Draco era in piedi sotto un lampione, l'unica pennellata bianca in un
mondo nero e vuoto.
Era magro come una lama coi suoi vestiti bianchi sotto la luce
bianca. Gli occhi gli brillavano ancora per l'alcool e l'eccitazione, le
ciocche spettinate ricadevano sul suo viso, mentre il collo e le braccia
risplendevano coperti da un sottile strato di sudore.
Harry fissò con la sua stupida infelicità Draco che si allontanava
dal cono di luce per avvicinarsi a lui, spostandosi i capelli dal viso. Fissò
la linea troppo sottile del polso di Draco.
"Va tutto bene?" La voce di Draco suonò quasi gentile.
"Quei Grifondoro allupati ti hanno fatto bere troppo? Hai un aspetto di
merda."
"Sto di merda?)." La voce di Harry risuonò secca nelle
sue stesse orecchie. "Ma non ho bevuto."
L'ombra di Draco a quel punto investì Harry. Fu quasi come una
carezza.
"Allora cosa..." Fece un piccolo verso esasperato col
retro della gola. "Senti, non stai facendo lo stupido, vero? Perché - non
che siano fatti tuoi - ma non ho nessuna storia, né con Pansy né con Zabini.
Torna dentro, e magari potrei anche concederti un ballo."
Per un attimo il tormento della gelosia si alleviò. Non fu molto
d'aiuto.
"Non posso tornare lì dentro."
Il tono di Draco si fece irritato. "Perché no? Senti, avevi
promesso che... che quello non
avrebbe cambiato niente. Avevi detto che saremmo stati amici come prima, quindi
perchè non puoi..."
"Perché non può andare così!"
Harry aveva quasi urlato. La sua voce rimbalzò contro il muro di
mattoni: Draco la assorbì con la gelida indifferenza che assumeva quando
qualcosa lo feriva.
"Oh." Si fermò, e la sua voce diventò impercettibilmente
più tagliente. "Allora è questo che vuoi. Perché tu..."
Harry provò l'impulso di prenderlo di nuovo a pugni, di sbatterlo
al muro e colpirlo per quanto era idiota.
"Perché ti amo,"
ringhiò, e subito dopo si bloccò inorridito.
Doveva sfogarsi con lui, pensò Harry distrattamente. Lui non disse
niente, né corse via. Non disse nemmeno il ‘Cosa?' che avrebbe evitato
l'inevitabile grazie alla finzione di non aver sentito ciò che non si voleva
sentire.
Si limitò a restare fermo lì, con le mani in tasca e il viso
nell'ombra. Harry non capiva cosa stesse pensando.
Poi udì un suono velato provenire dalle labbra di Draco, e si
accorse con incredulo orrore che stava ridendo.
Alzò la testa di scatto e lo fissò indignato.
Gli occhi di Draco erano freddi, ma brillavano di uno strano tipo
di divertimento.
Disse, "Harry Potter, hai bisogno di una bella scopata."
*
Harry non seppe mai per quale motivo gli occhi non gli caddero
dalle orbite.
"... cosa?" chiese, incredulo e impotente.
"Ho detto che hai bisogno di una bella scopata," ripeté
freddamente Draco. "Ma non ne otterrai una da me. Ma dai, Potter. Mi ami."
Il suo tentativo di tenere la voce calma e vagamente divertita
fallì in quell'ultima frase aspra.
Harry fu quasi grato per quello scampolo di crudeltà. Sollevò il
mento e guardò Draco negli occhi.
"Sì," disse con calma.
Draco scosse il capo. "Cerca di non fare il Grifondoro. E'
maledettamente ovvio, Potter. Sei stato preso dal desiderio per una persona che
mai avresti immaginato. Bene, non c'è niente di male. Succede a tutti. Quello
che non va bene è questa assurda convinzione Grifondoro che tutto ciò che si
prova deve essere puro, che Harry Potter non può provare un fremito di sporca
libidine, che bisogna dargli un nome ridicolo..."
"Non è ridicolo!" scattò Harry.
Si alzò in piedi senza sapere chiaramente come ci fosse riuscito-
"Non devi essere contento," tuonò. "Non devi
ricambiare. Ma non ti azzardare
a dirmi che cosa provo."
Draco strinse gli occhi.
"Allora smettila di parlarmi delle tue patetiche
illusioni."
"Non sono un illuso!" Avanzò di un passo verso Draco,
furioso, e Draco indietreggiò. "Ok, non ho l'esperienza che hai tu,"
sputò Harry. "Non so proprio tutto sulla libidine. Ma so per certo che
ti..."
"Non voglio sentirlo!" urlò Draco.
Harry fece un altro passo verso di lui, e Draco lo spinse via.
"A me importa," disse Harry a bassa voce. "Tu mi
importi."
All'improvviso lui e Draco si stavano accerchiando, le voci caute,
come sul punto di attaccare.
"Cazzo, sei completamente folle," rispose sottovoce
Draco.
"Lascia solo che..."
Draco smise di muoversi, gli occhi puro ghiaccio.
"No. Lascia che sia io a dirti una cosa. Non mi interessano i
sentimentalismi che stai grondando. Quello di cui parli riguarda solo... il
desiderio di qualcosa. E' una cosa che si dice per ottenere ciò che si vuole.
E' una frase fatta detta per uno scopo preciso... e non significa assolutamente
niente. E questo vuol dire, Harry," lo spinse un'altra volta, quasi con
noncuranza, "che questa amicizia non significa niente."
Draco camminò fino alla porta, e Harry, nonostante la sua voce
bassa, vide che il suo viso era stravolto dall'ira.
"Non rivolgermi più la parola," ordinò, e se ne andò.
*
Hermione era stesa nell'oscurità, nervosa e incapace di prendere
sonno.
Oddio, come avrebbe fatto a dirlo a Harry?
Era stanca e aveva bevuto solo un bicchierino, e i rumori smorzati
che provenivano da chi dormiva intorno a lei la facevano sentire ancora più
stanca, nonostante la sua mente continuasse a ripensare a ciò che aveva visto.
Stava scrutando ogni angolo del locale fumoso in cerca di Harry, e
Ron si era appoggiato a lei, già un po' brillo. Aveva sorriso amorevolmente nel
buio, a dispetto di se stessa. Ron era davvero un disastro quando si trattava
di reggere un drink.
"Non guardare," gli aveva detto Ron con fare protettivo,
come se gli occhi vergini di Hermione avessero bisogno di essere protetti dallo
spettacolo di una Pansy Parkinson tremendamente ubriaca e apparentemente priva
di pudore con le gambe attorno al petto di Ted Nott e la lingua nella sua gola.
Molti Serpeverde le erano sembrati disperatamente sbronzi e pronti
a buttarsi su chiunque, quella sera. I soliti standard da locale notturno,
ricordava di aver pensato.
Poi l'avevano visto.
Draco Malfoy aveva attraversato in fretta la pista, spintonando la
gente per farsi strada. Aveva dato una gomitata in testa a un Serpeverde del
quinto anno, e non sembrava neanche essersene accorto, dopodichè si era fermato
di fronte a Blaise Zabini.
Blaise aveva smesso di ballare e l'aveva guardato.
Malfoy era rimasto immobile a fissarlo, valutando la situazione,
con le luci colorate che tracciavano strani disegni sui suoi capelli così
eccentricamente chiari. Poi lo aveva spinto contro un muro e aveva sollevato il
viso di Blaise verso il suo.
"Argh," aveva detto Ron, inorridito e allibito.
C'era stato qualcosa di molto intenzionale in quel gesto, nella
mano di Malfoy sotto il mento di Blaise, mentre l'altra mano era tesa sul muro
per tenerlo fermo. La sua bocca si era aperta su quella di Blaise, e Blaise
aveva reagito con entusiasmo, lingue, denti, e Blaise che si strusciava contro
di lui e spostava il viso in modo da approfondire il bacio.
"Non posso guardare," aveva detto Ron. "Hermione,
non guardare."
Entrambi erano rimasti a fissarli. Blaise aveva messo le braccia
attorno al collo di Malfoy e Malfoy aveva abbassato ancora di più la testa,
nell'ennesimo bacio diretto e deciso con cui si era impadronito della bocca di
Blaise. Blaise aveva cercato di infilare una gamba tra quelle di Malfoy.
"Ma guarda cosa sta facendo Malfoy!" era esploso Ron.
"Anzi no, non guardare," aveva aggiunto in fretta. "Te lo
immagini? Ma Harry lo sa che gli piacciono certe cose?"
Non per esperienza personale, spero, aveva pensato Hermione.
Si era guardata intorno di nuovo cercando disperatamente Harry, ed
era stata molto grata di non vederlo.
Ron aveva continuato a inveire. "E se gli piacesse Harry?" domandò, e si illuminò.
"Come vorrei che ci provasse."
"Ron! Non dire così!" aveva gridato Hermione.
"Harry lo metterebbe al tappeto," aveva detto Ron,
soddisfatto.
"Oh certo, lo farebbe eccome," aveva asserito Hermione,
un tantino disperata. Ma solo per poi
cadergli sopra, aveva aggiunto tra sé.
Poco dopo avevano visto Malfoy e Blaise andarsene insieme, e non
erano tornati. Con un po' di domande in giro erano riusciti a sapere che, prima
dell'incidente, Harry si era sentito male ed era uscito, probabilmente per
tornare a casa.
Per un attimo Hermione era stata estremamente sollevata, ma poi le
era venuto in mente che avrebbero dovuto dirglielo per forza. Avrebbe dovuto
dirglielo lei, dato che Ron avrebbe agito sicuramente senza alcun tatto.
Inorridiva al solo pensiero di cosa sarebbe successo. Se Harry non
se n'era ancora accorto avrebbe potuto avere un'epifania, e se invece lo sapeva
già ed era geloso o pensava di avere una chance... Oh, non riusciva a pensarci!
Dovette rigirarsi nel letto ancora un po', prima di riuscire
finalmente ad addormentarsi.
Quando si svegliò era ancora notte. Si chiese se non fosse stata
svegliata da un incubo particolarmente brutto, ma aveva l'impressione che fosse
successo qualcosa nella realtà.
Non sentiva assolutamente niente.
Tese l'orecchio con molta attenzione, e stava per rimettersi a
dormire quando le venne un'idea.
Improvvisamente il suo letto era diventato molto freddo.
Non sentiva niente, neanche il suono dei corpi che si muovevano
sotto le lenzuola, o il respiro pesante di Mavis.
"Mavis?" disse, cautamente, e odiò la propria voce per
essere suonata così incerta. "Calì? Lavanda?"
La mano le tremò quando si tirò su e scostò le tende, quindi urlò.
La luce della luna si riversò nella stanza e le mostrò tutto. Ogni
letto tranne il suo era vuoto. Era sola in tutto il dormitorio. Erano state
prese tutte.
Hermione gridò di nuovo, incapace di frenarsi, e sentì un gelido
terrore impadronirsi lentamente del suo petto.
Molto vagamente, sentì delle voci lamentose e soprannaturali che
echeggiavano le sue grida. Le contò metodicamente in qualche meandro della
mente, mentre il resto di lei restava rannicchiato sotto le coperte a tremare
senza poter fare nulla.
I fantasmi di ogni casa stavano urlando le loro perdite.
(*) Citazione molto nota ai britannici. Discretion is the better part of valor:
[He] who fights and runs away lives to fight another day. (cioè, La
prudenza è la parte migliore del coraggio: chi combatte e fugge potrà vivere
per combattere il giorno dopo). Shakespeare dixit :D
Sommario: Donzelle urlanti in camicia da notte! Giovanotti
urlanti in abiti da notte! Paura, panico, alcool e ogni tipo di sostanze
deleterie! Manca solo un marchese villano su un cavallo nero, ma dovevo
lasciare qualcosa per il capitolo 19.
Capitolo Diciotto
Condannati
We are the children of Paradise
On our own now since the fall
All the things that are worth having
Were never ours to keep
I've been alone so long
That I just don't know what to do
And I don't want to lose you
[Siamo i figli del
Paradiso / Soli dopo la caduta / Tutte le cose che valeva la pena avere / Non
sono mai state nostre / Sono stato solo così a lungo / Che proprio non so cosa
fare / E non voglio perderti ]
Ginny se ne accorse nel sonno, voltando la testa sul cuscino e
cercando di guardare attraverso un intreccio di capelli nel dormiveglia.
Qualcuno stava gridando, era Hermione, e fu allora che si accorse che era tutto
vero.
Si buttò fuori dal letto prima di riuscire a scuotersi dal sonno,
e non fu del tutto conscia fino a quando non entrò nel dormitorio del settimo
anno.
Tutti i letti erano vuoti, le lenzuola spiegazzate e abbandonate,
tranne quello in cui Hermione tremava, con la bocca ancora aperta in quell'urlo
di panico.
Hermione era una delle persone su cui Ginny avrebbe contato senza
esitazioni in caso di crisi, e ora era così terrorizzata che per un attimo era
semplicemente andata in pezzi.
Non può continuare così.
Corse fino al letto e strinse le braccia di Hermione. Hermione la
fissò e la abbracciò in un attimo convulso, così che Ginny si ritrovò avvolta
da braccia tremanti e capelli ricci. Il sussurro di Hermione attraversò i suoi
denti serrati indicando che aveva ripreso il controllo di sé, e le sue mani
strinsero disperatamente le spalle di Ginny.
"Oh, Ginny, Ginny, credevo... credevo di essere rimasta solo
io nel castello..."
Nient'altro avrebbe potuto spaventare tanto Hermione.
"Sono qui," disse Ginny trafelata e decisa. "Sei al
sicuro."
La maniglia della porta si mosse, e per un unico terribile istante
si strinsero l'una all'altra. Poi Ginny spinse da parte Hermione e corse verso
la porta. Si accorse solo a metà strada che aveva tenuto la bacchetta stretta
in mano per tutto il tempo, e quando lo notò si ritrovò a pensare: Bene. Tornerà utile.
Quando la porta si aprì e una figura scura si mosse verso di lei,
non le venne in mente nemmeno un incantesimo. Stava ancora elaborando l'ira e
il senso di responsabilità.
Agitò la bacchetta in alto e colpì la figura in pieno viso. Quella
barcollò all'indietro.
"Che diavolo... Ginny, ma che fai?"
Ginny era pronta ad attaccare ancora, ma quella domanda offesa la
fece riflettere, e per poco non lasciò cadere la bacchetta.
"Ron?"
"Sì,"
disse Ron contrariato.
"Oh mio Dio, scusami," iniziò Ginny, quando si accorse
che Ron aveva appena visto Hermione e il vuoto attorno a lei e che, per quanto
lo riguardava, il resto del mondo aveva cessato di esistere.
"Ron," disse Hermione con voce rotta ma che cercava
chiaramente di sembrare normale e calma, "Ron, grazie al cielo."
Si buttò giù dal letto e corse da lui, e lui la avvolse in un
abbraccio agile e stretto. Si strinsero entrambi, premuti l'uno contro l'altra,
finché Hermione non racimolò abbastanza autocontrollo da farsi indietro e
chiedere scossa:
"Chi altro è...?"
"Un sacco di persone," disse Ron, con la mano spinta con
forza sulla schiena di lei, come se soltanto toccarla sullo spazio rigido tra
le scapole potesse garantirgli la sua presenza. "Quando abbiamo sentito
gridare ci siamo guardati intorno nella stanza e..."
"Oddio, Dean!" esclamò Ginny, con un altro fremito di
panico. "Dean è...?"
Ron la guardò. "No, lui c'è, ma Neville..." Deglutì.
"Neville no. Harry e Dean stanno controllando gli altri dormitori
maschili, Harry ha detto che mi avrebbe raggiunto..."
Ginny provò un impeto di desiderio per tutto ciò che era
ordinario, per il mondo sicuro in cui era nata. Avrebbe voluto andare da Ron
per chiedergli se il suo naso arrossato era migliorato, perché era certa di
poter almeno guarire un naso, ma tutto quello...
"Come sei arrivato qui?" chiese, sconsolata.
"Questo è il dormitorio femminile."
La mascella di Ron si contrasse e le sue mani si curvarono sulla
schiena di Hermione. Ginny notò che le sue unghie erano rotte e i polpastrelli
arrossati.
"Mi sono aggrappato alle crepe della pietra, quando le scale
mi sono sparite da sotto i piedi," spiegò. "Ti sentivo gridare.
Dovevo venire."
Hermione si districò, cercando di riallisciarsi i capelli.
"Sei stato gentile, Ron, ma quello che dobbiamo fare adesso è
organizzarci," disse, e Ginny vide la sua espressione mutare, come se si
fosse obbligata a tornare lucida.
"Giusto," disse Ginny. "Cosa posso fare?"
Si udì un altri rumore, la porta si spalancò e Ginny vide una
Firebolt volare a terra mentre qualcuno le passava davanti.
"Hermione? Stai bene?"
La mente di Ginny crollò per il sollievo quando vide Harry.
Avrebbe dovuto saperlo che sarebbe venuto a salvare Hermione.
Hermione cominciò subito a raccontare. Ron guardò la Firebolt sul pavimento e
mormorò, "Perché non ci ho pensato? Avrei dovuto portare una scopa."
Harry poteva anche aver pensato a portare una scopa, ma non aveva
portato nient'altro. Non indossava né gli occhiali né la maglia del pigiama in
quella notte estiva, e quando Ginny lo raggiunse e si appoggiò a lui, sentì il
calore rassicurante della sua pelle sul proprio polso nudo.
"Harry, eravamo così agitate," gli disse.
"Ma se mi hai quasi rotto il naso," esclamò Ron
Ginny non lo filò, troppo occupata ad aggrapparsi alla sicurezza.
In quel momento Harry era proprio un eroe, coi capelli neri scompigliati sul
viso, le ampie spalle nude e sode e gli occhi decisi e assottigliati per via
dell'assenza degli occhiali. Lo strinse con ogni grammo di forza che le era
rimasto.
"Cosa facciamo adesso?"
*
Harry dava il meglio di sé nei momenti di crisi, notò
distrattamente Hermione mentre faceva l'appello e cercava di non pensare
all'agghiacciante scarsità di persone. Solo quando era costretto all'inattività
diventava irrequieto. Ora che era incazzato, agiva.
Sirius si era scagliato in una furiosa invettiva contro il fato,
anche se cercava di consolare una ragazza del secondo anno in lacrime. Harry
andava avanti e indietro come se avesse la situazione in pugno, cosa che in
effetti era molto più rassicurante.
"Prendete le bacchette," lo sentì dire Hermione con la
sua voce cupa e ruvida per il sonno. "Se sta succedendo qualcosa là fuori,
dovremo essere tutti armati. Dobbiamo essere in grado di combattere: è questa
la cosa più importante."
"Quando andiamo nella Sala Grande?" chiese nervosamente
Dennis Canon. Sembrava molto traumatizzato e angosciato. Suo fratello non si
trovava da nessuna parte, e aveva anche una ragazza di Tassorosso. "Posso
andare un attimo a cercare..."
Harry si precipitò su di lui.
"Abbiamo tutti degli amici in altre case," sbottò.
"Ci andremo quando avremo finito l'appello. Avete preso tutti le bacchette?"
Hermione terminò l'appello e cercò di non lasciare che il panico
si notasse sul suo viso. Mancavano più della metà dei ragazzi. Cercò di non
pensare alle singole persone, ma la sua memoria ben allenata si rifiutò di
fallire.
Settantotto Grifondoro all'inizio dell'anno, che si erano ridotti
lentamente a sessantaquattro durante l'anno. E ora ce n'erano... Hermione cercò
di tenere a bada quello stupido terrore che poco prima l'aveva resa così
inutile, cercò di non pensarci ma non poté farne a meno. Erano rimasti trenta
studenti. Trenta.
Ron le teneva la mano in una stretta spezza-ossa. Lei tirò via
gentilmente le dita.
"Dai, sto bene," lo rassicurò con un debole sorriso.
Doveva stare calma, doveva pensare e mantenere i nervi saldi.
Harry e Sirius andarono a controllare un'ultima volta i dormitori,
prima di andare in Sala Grande. Hermione fece il giro della stanza con Ron,
cercando di dispensare qualche confortante sorriso da Caposcuola ai più
piccoli.
Lei e Ron erano vicini al ritratto della Signora Grassa, quando
udirono qualcuno parlare all'esterno, e videro il ritratto cominciare
lentamente ad aprirsi verso l'interno.
Niente più panico! Si ordinò Hermione, e rimase proprio accanto a
Ron quando lui si piazzò davanti all'ingresso la bacchetta puntata.
"Chi è?"
"Oh, leva questo bastoncino magico, prima di farti male,
Weasley," disse una voce immediatamente familiare.
Malfoy aveva ancora addosso i suoi ridicoli vestiti da discoteca
bianchi, evidentemente spiegazzati, e persino quella luce soffusa rendeva
lucido il sudore che gli imperlava guance e fronte.
"Che cosa vuoi, Malfoy?" domandò Ron, guardandolo con
decisa ostilità.
Hermione pensò che non aveva mai visto su Malfoy un'espressione
tanto cattiva come in quel momento, quando sputò la sua domanda come se fosse
stata un insulto.
"Hanno preso Harry?"
"Come se t'importasse," esclamò Ron, ma Hermione si
appoggiò a lui in segno di ammonimento.
"No," disse piano Hermione. "No, sta bene."
Persino nell'ombra, vide una certa tensione evaporare dai
lineamenti di Malfoy. Il ghigno sulla sua bocca smise di sembrare tanto
crudele.
"Bene," rispose, ugualmente piano. "Bene. Io...
perfetto. Credo..." Sollevò il mento e parlo ancora più convinto mentre
faceva qualche passo indietro. "Credo che andrò via, adesso. Non c'è
bisogno che diciate a Harry che sono passato."
Prima che Malfoy potesse andarsene o che Hermione potesse capire
cosa pensava della questione, Harry li spinse da parte.
Bene, ci mancava solo questa, pensò Hermione infastidita.
Harry strinse gli occhi senza occhiali, il suo viso nudo e
stranamente più maturo, e camminò direttamente nello spazio personale di
Malfoy, anche se all'inizio Malfoy indietreggiò di un passo. Era come se avesse
il diritto di stringere il braccio di Malfoy e stargli a due centimetri dal
viso, quando Malfoy era teso come una corda di violino al contatto. Hermione si
strinse di più a Ron, ed era troppo stanca per agitarsi nel momento in cui
pensò, Si vede che Harry se n'è accorto,
alla fine. Era solo che era successa una cosa dopo l'altra, e se
Malfoy intendeva fare il cretino con Harry in quel momento di crisi, beh, in
quel caso lei intendeva strappargli la lingua e fargliela ingoiare.
"Draco," disse Harry, con voce calma e risoluta.
"Grazie a Dio, stavo per impazzire. Che ci fai qui?"
Hermione vide la bocca di Malfoy curvarsi nuovamente, e parlò in
fretta per precederlo.
"E' venuto a vedere se stavi bene," annunciò, e ci
avrebbe pensato più tardi, se mai ci fosse stato del tempo. Malfoy la guardò
come se avesse appena ucciso e mangiato il suo gufo.
"Davvero?" domandò Harry, sbattendo le palpebre
incredulo.
Malfoy lo fissò avvolto da un silenzio ribelle. Hermione guardò i
muscoli tesi delle braccia di Harry e fu certa, per un tremendo istante, di
stare per assistere a qualcosa di orribile tipo Harry che stringeva tra le
braccia Malfoy, assicurandosi che fosse davvero lì... Dio, pensò, con un'improvvisa e stupida
urgenza di mettersi a ridere. Ron darà di
matto.
Malfoy era ancora teso e accigliato, e lottò strenuamente contro
la sola stretta di Harry sul braccio, rifiutandosi nel suo silenzio offeso di
muoversi di un millimetro.
"Grazie," disse Harry, quasi sussurrando.
"Andate al diavolo," ringhiò Malfoy, scoccando
un'occhiata velenosa a Ron e Hermione. "Stiamo facendo l'appello, gli
altri sono nella Sala Grande con Blaise che li controlla. Non li avrei certo
lasciati per..."
"Lo so. Nemmeno io," disse Harry. "Quanti ne hanno
presi da voi?"
"Siamo rimasti in ventisette," gli disse tetro Malfoy.
"Non è rimasto nessuno del mio anno a parte me, Blaise e Morag."
Restarono zitti per un momento. "E Pansy?" disse Harry.
Malfoy restò in silenzio. "Draco, mi dispiace."
Hermione cominciava a sentirsi veramente a disagio lì sulla
soglia, a guardarli stagliati contro la luce, simili a uno spettacolo di ombre
cinesi; era come intrufolarsi in emozioni che non la riguardavano. In ogni
caso, non aveva intenzione di lasciare che Malfoy distraesse Harry ancora a
lungo.
"Non c'è tempo per dispiacersi," disse acido Malfoy.
Harry esitò, poi annuì deciso. "Noi siamo rimasti in
trentuno," disse, sorprendendo Hermione. Non pensava che avesse tenuto il
conto.
Malfoy lo fissò, e si passò il dorso della mano libera sugli
occhi. "Allora possiamo presumere che la situazione sia più o meno simile
in tutta la scuola," disse. "Non deve restare nessuno dei
dormitori."
"No, certo," disse Harry. "Se dormissimo tutti
nella Sala Grande con delle sentinelle, penso..."
"Anch'io," disse Harry. "Scendiamo tra poco."
Lasciò libero il braccio di Malfoy e, prima che lo lasciasse cadere, Hermione
vide i segni rossi delle dita sulla pelle candida appena sopra il gomito di
Malfoy. Harry tentennò. "Draco. Sono contento che sei in salvo."
Malfoy lo guardò con gli occhi stretti. Hermione pensò che fosse
decisamente indicativo che, in assenza di motivi per avere altre espressioni,
il viso di Malfoy assumeva automaticamente uno sguardo vagamente antipatico.
Alla fine annuì. "Vatti a vestire, Harry. Altrimenti i
Tassorosso potrebbero molestarti."
Tipico di Malfoy uscirsene con battute sconvenienti in un momento
del genere. Harry sogghignò e si voltò quando lo fece Malfoy, e Hermione vide
Harry tornare verso di loro e Malfoy allontanarsi sollevato.
Harry era ancora stanco e torvo, ma si era un po' calmato.
"Coraggio. Andiamo," disse.
*
Persino il cielo nella Sala Grande era nuvoloso e privo di stelle.
Gli studenti piangevano silenziosamente nell'ombra, ed erano tutti rannicchiati
così stretti che sembravano un'unica grande casa. Il loro numero si era ridotto
al punto che avrebbero potuto riempirne una sola, pensò Harry furente.
L'unico evento positivo della notte avvenne poco dopo, quando
Pansy e Zacharias Smith entrarono nella Sala Grande trafelati, terrorizzati e
discinti.
Pansy guardò attentamente ciò che era rimasto della sua casa, col
panico che defluiva dal suo viso per essere sostituito da una cosa simile alla disperazione.
Raggiunse Draco, e anche in quella situazione Harry notò con dolore che
formavano una coppia perfetta.
Pansy restò immobile, scalza, con le spalline del vestito
abbassate sui gomiti e il disopra del reggiseno in vista, e fissò Draco con
incertezza, come se non sapesse se le fosse permesso abbracciarlo in pubblico.
Tese una mano e Draco se la tirò al petto con violenza. Harry vide la sua mano
curvarsi con troppa forza attorno al collo di lei, e l'espressione insieme
confusa e addolorata di Pansy.
"Non farmi mai più una cosa simile," le disse
bruscamente, poi la spinse via e le dette le spalle, girandosi verso gli altri
Serpeverde.
Pansy incrociò le braccia sul petto, respirando a fondo. Harry
vide Zabini alzarsi e andare ad abbracciarla, appoggiando la fronte sulla sua.
Pansy sorrise.
Nonostante quella gelosia incredibilmente sciocca e irrazionale,
era contento che si fosse salvata.
Molti altri non erano stati altrettanto fortunati. Dennis Canon
non era riuscito a trovare la sua ragazza, e la doppia perdita l'aveva lasciato
pallido e scosso. Si appese a Harry quasi con la stessa tenacia di Ginny, e
Harry gli strinse le spalle.
"Cosa gli sarà successo?" sussurrò. Harry non sarebbe stato
tanto stupido e inutile da dire Non lo so.
"Non sono morti," disse fieramente. "E noi andremo
a riprenderli."
"Lo so," rispose Ginny, che a quel punto era totalmente
a pezzi.
Harry avrebbe voluto che non lo fosse: quando era entrato nel
dormitorio femminile Grifondoro, l'aveva vista combattiva, con la bacchetta in
mano, e aveva provato un fremito di speranza, al pensiero che sarebbe stata
un'altra alleata su cui contare. Ma evidentemente era stata forte solo in quei
primi momenti di panico.
Si sentì in imbarazzo, come se permettendole di stringerlo le
stesse dando un'idea sbagliata, ma non poteva certo spingerla via. Restò lì ad
abbracciarla goffamente e a cercare con gli occhi Hermione.
"Povero Dean," disse Hermione a Ron, con voce bassa ma
discretamente udibile. "Era ancora molto amico di..." deglutì e
continuò, "...Calì, è sconvolto."
La testa di Ginny emerse dalla spalla di Harry. Guardò verso Dean,
come anche Harry. Hermione aveva ragione: Dean era solo e terrorizzato. Harry
si chiese cosa mai avrebbe potuto dirgli.
"Scusami, Harry," disse Ginny con una voce estremamente
determinata, e si diresse verso Dean. Harry vide Dean sorridere quando se la
trovò davanti.
Si avvicinò a Hermione e le parlò all'orecchio.
"Sei un genio," mormorò, chiedendosi come avesse fatto a
capire che far leva sul senso di compassione di Ginny sarebbe stata la mossa
giusta.
Un sorriso guizzò sul viso di Hermione. "Solo rispetto a voi
due," disse, stringendo il braccio di Ron. Entrambi le dettero una
gomitata sui fianchi.
I ragazzi ormai si stavano calmando un po': erano ancora
spaventati, ma pronti ad ascoltare e a ragionare. Lupin era per terra insieme a
cinque undicenni di case diverse, che a quanto pareva stavano cercando di
arrampicarglisi in grembo, e distribuiva cioccolata come se avesse messo su un
chiosco. Aveva tormentato Sirius fino a quando Sirius non si era calmato, e
aveva smesso di dire cose come ‘Diamo pugnali ai ragazzini.'
Sirius si avvicinò a Harry e lo abbracciò impacciato, di lato, in
modo da poter fingere che fossero abituati a quelle dimostrazioni fisiche di
affetto. Ad ogni modo Sirius lo strinse fieramente, e Harry piegò il capo sulla
sua spalla, fingendo di non essere alto quanto Sirius, di avere ancora tredici
anni e di essere certo che Sirius sarebbe stato la sua salvezza.
"Ho già detto ‘grazie a Dio stai bene?'" chiese
bruscamente Sirius.
"Nah. Ma forse era sottinteso in ‘dai, Harry almeno tu prendi
un pugnale'," disse Harry, rivolgendogli un sorriso di sottecchi.
"Grazie a Dio stai bene," disse Sirius, scompigliandogli
i capelli e lasciandolo andare.
Scompigliare i capelli di Harry era un po' come versare acqua
nell'oceano, ma apprezzò comunque il gesto. Cominciò a spiegargli la sua idea
di dormire in Sala Grande con delle sentinelle, e Sirius ne fu subito
entusiasta.
Così quando comparve Silente, con un cappello floscio con un
pompon e tuttavia chiaramente da mago, Harry pensò che tutti avessero voglia di
ascoltare e pianificare qualcosa. Si rifiutava di farsi prendere dal panico.
Avrebbero lottato tutti insieme.
Il viso di Silente era serio e contratto sotto il cappello
floscio. Harry non l'aveva mai visto così vecchio e triste, prima di allora.
"Ho amato questa scuola e creduto in ogni singolo
studente," disse.
Harry sorrise lievemente quando Hermione si irrigidì al suo
fianco, vide il mento di Draco sollevarsi nella folla di Serpeverde e si
accorse che Silente stava parlando al passato.
"E' andata avanti per centinaia di anni, e mi addolora molto
dover assistere a questo giorno. Tuttavia, i fatti vanno affrontati. Hogwarts
non è più sicura. Non abbiamo idea di cosa stia oltrepassando le nostre difese,
e ci stanno decimando."
Una ragazza del primo anno cominciò a singhiozzare silenziosamente
sul petto di Lupin. Harry rimase immobile, incredulo.
"Gli studenti che provengono da famiglie di maghi possono
tornare a casa, a meno che non siano considerati in particolare pericolo. Le
loro famiglie possono proteggerli almeno quanto noi, e se non altro non
vivranno più in un posto che è chiaramente il bersaglio principale di
Voldemort. Coloro che invece hanno famiglie babbane, non hanno famiglie o sono
esposti a rischi particolari, partiranno con i professori o con dei membri
dell'Ordine, e cercheremo di difenderli con ogni sforzo..."
Tutti si erano accorti che Silente era serio appena aveva iniziato
a parlare, ma fu solo quando continuò a descrivere dettagliatamente i piani con
quella nuova voce piatta che tutti realizzarono che stava succedendo davvero.
Hogwarts, il baluardo della magia e il posto in cui per la prima
volta vi erano entrati a contatto, l'unico rifugio di Harry, si stava
disintegrando. Si guardò intorno in cerca di mormorii di protesta, ma erano
tutti troppo in soggezione davanti a Silente per mettere in discussione le sue
parole. Sembravano più spaventati per il fatto che Silente lo ritenesse
necessario, e persino i Serpeverde, che non lo stimavano come gli altri, si
limitarono ad assumere un'aria ribelle. Sirius era perplesso, così come gli
altri professori. Lupin non era mai stato a favore della ribellione diretta.
Nessuno avrebbe parlato. Nessuno avrebbe protestato.
"Non può farlo!" esclamò Harry, e tutti si girarono per
fissarlo.
Cercò di non farci caso e prese a camminare concentrandosi su
Silente.
"Ci arrenderemo e basta?" domandò. "Vuole che me ne
vada?"
"Mio caro Harry," disse Silente, sbattendo le ciglia ma
senza sorprendersi, "se hai un altro suggerimento da offrire, sono certo
che saremo tutti molto felici di ascoltarlo."
Harry vide con panico sempre maggiore che tutti lo guardavano come
se avesse una proposta, una specie di soluzione per salvarli. La cosa lo rese
ancora più arrabbiato.
"No, ma non possiamo fare così!"
quasi gridò. "Se ci dividiamo tutti, ci decimeranno. Ci è voluto tanto per
cominciare a lavorare insieme... come pensa che riusciremo a formare un
esercito, se ci sta insegnando solo a fuggire?"
Gli occhi blu di Silente erano cupi. "Non voglio che formiate
un esercito," disse infine. "Siete ancora dei bambini. Voglio che
sopravviviate."
"Io non voglio essere un bambino. Non sono un bambino," ringhiò Harry. "Voglio
combattere."
"E io voglio combattere con lui," aggiunse lealmente
Ron, abbassando lo sguardo quando Silente lo fissò.
"Credo che Harry abbia ragione," si inserì Draco.
"Mostrare debolezza al nemico non è proprio una tattica geniale."
Il cuore di Harry aveva iniziato a battere più forte per la
speranza, quando vide che la quieta tristezza sul viso di Silente non era
andata via.
"Nessuno di voi può decidere il destino di Hogwarts. E' una
mia responsabilità," disse. "Non permetterò che i miei studenti
corrano tali rischi, dato che nessuno di noi sembra essere in grado di
identificarli, figurarsi di annientarli."
Harry strinse i pugni inconsciamente. La prese come una sfida
personale.
"Alcune persone sono state rapite anche fuori da
Hogwarts," disse a voce alta. "Saremmo comunque..."
"Oh, ma non quanto qui!" disse Silente, alzando la voce
in tono autoritario. "Credo sia la cosa migliore da fare, per la sicurezza
di voi tutti. Mi addolora vedere che qualcuno non è d'accordo, e mi addolora
dover dire addio a tutti quanti, ma non posso cambiare una decisione presa nei
vostri interessi. Dopodomani andrete via tutti. Hogwarts verrà chiusa."
*
Harry restò sveglio con Ron e Hermione fino alle prime ore del
mattino, tutti stretti in un angolino della Sala Grande. Ron era d'accordo con
Harry, inquieto e determinato a lottare, Hermione continuava a sfregarsi
nervosamente i gomiti nel tentativo di stare seduta con le braccia incrociate.
"I più piccoli non dovrebbero restare qui," disse.
"Forse Silente ha ragione..."
"Sì, ma noi potremmo restare," le disse aggressivo Ron.
"Noi abbiamo affrontato molte cose alla loro età," disse
Harry. "Se fossi in loro non vorrei fuggire."
Il viso di Hermione crollò quando entrambi la guardarono. "E'
che continuo a pensare che non faremo i MAGO," ammise con un filo di voce.
"E' stupido, lo so, dopo tutto questo, ma... avrei voluto farli."
Alla fine Ron abbassò lo sguardo annuendo, ancora seduto contro il
muro, e Hermione guardò Harry con uno sguardo colpevole e si rannicchiò su di
lui. Harry osservò la sua testa contro il petto di Ron e si ritrovò a odiare
quel mondo in cui Hermione non poteva nemmeno fare i suoi MAGO.
Non sarebbe mai riuscito a dormire. Vibrava per l'indignazione.
Si puntellò su un gomito e si guardò intorno nella Sala Grande.
Ginny dormiva con la testa di Dean in grembo. Dennis Canon sembrava essersi
addormentato a forza di piangere. Lupin era stato tra i primi ad addormentarsi,
rannicchiato sul pavimento con l'aria di chi era abituato ad essere tanto
esausto da dormire ovunque. Sirius russava a pancia in su.
Mancavano Draco, Pansy, Zabini e, pensò Harry, un paio di
Serpeverde del sesto anno.
Sentì una scarica di paura e si toccò di scatto la tasca. Quando
aveva preso una maglia da usare sui pantaloni del pigiama, aveva afferrato
anche la Mappa
del Malandrino.
Per quanto fosse irrazionale, non era ancora riuscito a perdonare la Mappa per quella volta in
cui lui e Ron l'avevano osservata per quattro notti, facendo a turno per
dormire, e quella non aveva mostrato niente di strano la notte in cui
Tassorosso aveva perso tre persone. Ormai non la usava più molto.
In quel momento gli tornò utile per assicurarsi che i Serpeverde
fossero ancora a Hogwarts e presumibilmente al sicuro, infatti erano scappati
per fare... qualcosa nell'aula di Antiche Rune. Harry era certo che non fossero
affari suoi.
Ebbe quasi un infarto quando si accorse che il nome di Draco non
era tra quelli nell'aula di Antiche Rune. Cercò istericamente sulla Mappa fino
a quando non vide il suo nome da solo nel corridoio con la strega orba.
Il corridoio con la strega orba, che portava a Hogsmeade. Cosa
stava facendo?
Harry lottò per uscire dal sacco a pelo che Silente aveva
procurato, imprecando. E se Draco avesse avuto un qualche piano
appassionatamente-studiato-per-essere-geniale tipo scappare e mettere su un
gruppo di guerriglia? E se avesse avuto in mente di vivere nel corridoio
segreto con una scorta di Burrobirra, steso in attesa che il nemico di Hogwarts
si facesse vivo?
Fu una grossa delusione scoprire che Draco non era affatto vicino
alla statua della strega orba: era seduto contro il muro e si teneva stretta
una bottiglia di tequila, col viso afflitto.
"Cosa diavolo ci fai qui?" chiese, fissando Draco irritato.
Si grattò il collo, sentendo la barbetta sotto le dita e desiderando di essere
a letto, in procinto di svegliarsi e trovare di nuovo Neville e Seamus e tutto
tornato alla normalità, con nient'altro ad attenderlo che un rasoio e una
colazione genuina.
Draco alzò le sopracciglia. "Veramente cercavo un po' di
privacy," disse in tono distaccato. "Beh, addio, bel sogno."
Fece un gesto con la bottiglia di tequila, che sembrava un po' troppo grande e
sul punto di scivolare dalla linea sottile della sua mano e del polso.
"Hai intenzione di sederti?"
Harry si sedette, esausto, si appoggiò al muro e stette attento a
non toccarlo minimamente. Non voleva in nessun modo disturbare la fragile
tregua che sembrava essersi instaurata, l'unica conseguenza positiva dell'attacco.
"Hai intenzione di berla tutta?"
"Perché?" indagò Draco. "Ne vuoi un po'?"
Harry stava per dirgli di non fare l'idiota. "Sì, ok,"
disse stancamente. Che male poteva fare? Cos'altro poteva succedere, quando
Hogwarts avrebbe chiuso e li avrebbero rispediti al mittente come dei bambini?
Draco ridacchiò piano e gli passò la bottiglia. Harry la inclinò e
vide il liquido ambrato scivolare contro il vetro mentre la alzava, poi se lo
sentì bruciare in bocca. Tossì un attimo e la ripassò a Draco.
"Dove l'hai presa?" chiese.
"Dalla scorta personale del professor Black," rispose
prontamente Draco. "Così impara a lasciare aperto l'armadietto dei liquori
con tanti giovani influenzabili in giro. Gli altri ne hanno un'altra. Dimmi,
cercherai di proteggermi quando verrà a uccidermi? Se arrivassimo a quel punto,
chi sceglieresti?"
Harry guardò il muro inebetito. "Cercherei di
separarvi."
"Come disse il pacifista quando gli chiesero cosa avrebbe
fatto se un soldato gli avesse stuprato la sorella," osservò Draco divertito.
Harry continuò a guardare il muro, cercando di non pensare a
Hogwarts che si era arresa. Era un baluardo contro Voldemort che non avrebbero
dovuto sacrificare, specie per per la volontà di un uomo solo. Era pronto ad
opporsi a Silente. Se solo avesse capito come fare.
Il panico e la rabbia lo assillavano da ore, e adesso si erano
fusi insieme generando un'energia pulsante proprio sotto la sua pelle. Voleva
combattere, voleva... qualcosa. Ce l'aveva con Silente, e col mondo.
Draco tossì, sorrise e si passò la bottiglia da una mano
all'altra, poi la inclinò e bevve ancora un po'. Harry guardò il movimento
lento della sua gola nel momento in cui deglutì.
Ce l'aveva anche con Draco, perché non era di aiuto. Non era di
aiuto sapere che si sarebbe sentito meglio se lui e Draco fossero stati uniti
sulla questione, se avesse potuto tendersi e premere la bocca contro la curva
delle sue labbra.
"Sono debole, ecco il problema," disse Draco come se
nulla fosse, come se stessero parlando da un sacco.
Harry si accigliò. "Come?"
"Sono debole," ripeté Draco, curvando la bocca
sgradevolmente. "L'ho sempre saputo. Posso fingere fino a un certo punto
di essere in grado di comportarmi come avrebbe voluto mio padre. Riesco ad
essere brillante in piccole cose che non fanno la differenza. Riesco a tenerli
uniti ma non a salvarli. Ho cercato di studiare una strategia, di convincerli
tutti, ma cosa ho ottenuto?"
La sua solita espressione di disprezzo era diretta dalla parte
opposta, visto che era così frustrato da offendersi da solo.
"Molti Serpeverde non sarebbero con noi se non ci fossi stato
tu," osservò Harry, abbastanza confuso da addolcire il tono.
"E che senso ha, ora che tutti verranno rispediti alle loro
famiglie?" Il suo viso era teso per l'ira, e Harry si elettrizzò appena,
come se fossero due corde di uno strumento musicale. "Questo posto mi serviva! E' stato tutto inutile. Non sono
affatto simile a te, Harry l'eroe..."
Sputò quella parola con l'antico odio, e i nervi irrequieti di
Harry scattarono.
"Non sono un eroe," sbottò. "Cosa mi hai visto
ottenere ultimamente?"
"Non hai paura," replicò Draco. "Ti ho visto, lì
dentro. Non hai paura, mantieni il controllo senza nemmeno provarci, perché sei
fatto così. Harry l'eroe, il prezioso, perfetto Potter..."
"Smettila,
Draco!" ringhiò Harry.
"Io non sono così. Mio padre l'ha sempre saputo. Tu lo avevi
capito, quella volta sul treno..."
"Avevamo undici anni..."
"Mio padre non aveva bisogno di consensi. Mio padre non aveva
bisogno di nessuno." Draco fissò furioso il muro, e fu solo la
consapevolezza di quella furia a trattenere Harry dal dire qualcosa di crudele
in merito a Lucius Malfoy.
Sapeva cosa significava desiderare un padre perfetto.
"Quanta tequila hai bevuto, Draco?" chiese.
"Decisamente troppa," disse Draco, agitando la bottiglia
con rigida convinzione. Harry gli si avvicinò e lo guardò negli occhi. Le
pupille erano dilatate, e l'anello intorno così sottile che non avrebbe potuto
distinguerne il colore, se non l'avesse già conosciuto.
Era proprio da Draco ostinarsi a sgattaiolare via e ubriacarsi
amaramente da solo, aggrappandosi gelosamente alla propria dignità.
"Beh... cosa vorresti dire?" chiese distrattamente,
tendendosi per cercare di rimuovere gentilmente le dita di Draco dalla
bottiglia.
Draco, con la stessa gentilezza ma con molta determinazione,
resistette al tentativo.
"Sto dicendo che ti comporti da idiota," annunciò.
"Non è che sia proprio niente di nuovo, allora," osservò
Harry.
"Ti comporti da idiota o peggio, e io cerco di essere forte
ma fallisco come al solito, e sono debole e ridicolo ma è inutile. Non devi
neanche... non voglio nemmeno che mi lasci provare." Draco continuava a
tenere gli occhi immobili sulla pietra, la voce instabile per la rabbia mentre
continuava: "L'imbarazzante verità è che io non... sto bene senza di
te."
L'espressione e la voce di Draco erano così piene di risentimento
che Harry impiegò un po' per comprendere ciò che stava dicendo.
"Oh," disse.
Draco sbuffò. "Te l'ho detto che sono debole. E ti informo
che probabilmente è la paura a farmi dire certe cose."
"O la tequila," gli ricordò Harry.
"Oh, non cercare di sollevarmi."
Harry si chiese se davvero Draco preferisse avere un problema con
l'alcool piuttosto che accettare di poter provare affetto per qualcuno, ma poi
si disse che era meglio smettere di porsi domande stupide.
Notò anche che Draco iniziava ad avere problemi di pronuncia.
Draco strizzò gli occhi. "E non pensare neanche per un minuto, Potter, che... che..."
"Cosa?" chiese Harry dopo una pausa.
Tornò a guardare Draco, e vide che si era appoggiato al muro. La
sua testa era piegata verso Harry, gli occhi chiusi e le labbra schiuse.
Harry lo cinse con un braccio per impedirgli di cadere di lato.
Sospirò, ma nessuno nel corridoio udì quel suono esasperato.
"Stupido bastardo," disse, commosso, rassicurato e
ancora scosso dall'ira accecante. "Neanche io sto bene senza di te."
*
Harry recuperò qualche ora di sonno contro il muro, quindi si alzò
di mattina presto per rimettere a posto la bottiglia di tequila. Sirius lo
beccò mentre scendeva le scale con passo felpato.
"Harry!" disse, prima di notare la bottiglia.
Harry seguì il suo sguardo. "Ehm," disse. "Posso
spiegare..."
"Figurati," gli disse Sirius. "E' stata una notte
difficile, ma Harry, bastava chiedere. Il mio armadietto dei liquori è tuo...
altrimenti a cosa servono i padrini?"
‘Non a questo' fu l'unica cosa che venne in mente a Harry. Lo
fissò, la bocca prima aperta poi chiusa, e Sirius lo esaminò critico.
"Devo dire," osservò soddisfatto, "che sembri molto
in forma per uno che ha bevuto così tanta tequila. Tale padre tale figlio,
davvero." Sbatté le ciglia. "Non che nessuno di noi abbia mai preso
parte a bevute di alcun genere, da minorenne. Non dire a Remus che te l'ho
detto."
"Ok," disse Harry incerto.
Sirius gli tolse la bottiglia dalle mani, ammiccando con fare
cospiratorio. "Sarà il nostro piccolo segreto."
Entrambi ripresero a camminare molto sollevati. Harry trovò gli
altri e illustrò loro il piano che gli era venuto in mente mentre fissava il
muro, poco prima.
"Voglio tutti i membri del Giovane Ordine rimasti, tutti
coloro che venivano alle riunioni nella stanza di Draco e chiunque altro possa
essere utile," disse a Hermione, che si svegliò e iniziò ad organizzarsi
nel tempo che Ron impiegò per russare e rotolare sul fianco. "Se dobbiamo
andarcene, ce ne andremo con tutte le informazioni che riusciremo a
condividere."
"Giusto," disse Hermione, energica. "Dove ci
vediamo?"
"Sempre nella stanza di Draco," rispose Harry. "Ora
che ci penso, sarebbe meglio andare ad avvisarlo."
Si alzò in piedi e tornò nel corridoio prima che Draco si
svegliasse. Quando lo scosse dalla spalla Draco cercò di sbattere le palpebre
ma trovò che erano incollate. Le obbligò ad aprirsi e formulò una pietosa
richiesta di morte.
"Non posso ucciderti, ho da fare," disse Harry.
"Faremo una riunione nella tua stanza. Muoviti."
"E non mi avete informato?"
domandò Draco. "Non sono nemmeno vestito
per l'occasione!"
"Visto, stai già meglio," disse Harry in tono
incoraggiante.
"Sto malissimo," lo informò Draco. "E rinnego
completamente qualsiasi cosa io abbia detto ieri notte. E' colpa dei crudeli
déi della tequila."
"Bene... quindi non ci parliamo..."
Draco lo zittì con un gesto. "E' tutto risolto,"
concesse. "Lascerò valere qualsiasi cosa io possa aver detto.
Sottolineando però che non ricordo nulla, e che non è successo davvero."
Harry si rassegnò al proprio destino. "Hai dei problemi,
Draco."
"Anche più di un manuale di Aritmanzia. E' questo il
punto?" Draco gli rivolse uno sguardo penetrante e imperioso.
"No," disse Harry. "Voglio che mi aiuti a portare
il mio Sognatoio nella tua stanza."
Draco ci pensò su. "Prima devo cambiarmi."
"Non passare secoli a pettinarti."
*
Il bacile di pietra non era esattamente leggero, ma non aveva
alcuna intenzione di portare dei ragazzi già spaventati nell'ufficio di
un'insegnante morta. Strinse i denti e spinse mentre Draco cercava di tirarlo.
Draco si era lamentato a lungo per convincerlo ad usare un Incantesimo
Levitante, ma Harry aveva paura che potesse fuoriuscire una parte di quel
prezioso materiale argenteo.
"Non sono proprio adatto a sgobbare," osservò Draco
quando lo ebbero portato nel corridoio. "Non potremmo andare a chiamare
Weasley? La sua lunga storia di antenati contadini potrebbe rivelarsi utile,
adesso."
"Non parlare di Ron, smidollato congenito," ribatté
Harry.
"E' il meglio che sai fare? Mi deludi," gli disse Draco.
"Sei sotto la mia esperta tutela da mesi, e credi che quella sia un'offesa
adeguata..."
Harry spinse il bacile con la spalla e quasi colse Draco di
sorpresa. Draco sogghignò e lo aiutò a trascinarlo.
"Senti chi parla," disse Harry sforzandosi. "Ogni
volta che ti arrabbi sul serio sembri un bambino di otto anni. Non mi parli,
fai il cattivo, e tua madre puzza di capra malata."
"Ora metti in discussione le mie risposte pronte,"
protestò Draco mentre trascinavano il Sognatoio nella sala comune Serpeverde,
deserta. Evitò intenzionalmente di guardarsi intorno, come rifiutandosi di
credere che presto avrebbe dovuto farlo per l'ultima volta. "Non mi
lascerai proprio niente?"
Una volta installato il sognatoio al centro della stanza di Draco,
Harry si lasciò andare contro il muro. Draco, spinto da una vanità
evidentemente più forte della stanchezza, andò allo specchio e controllò il
proprio riflesso.
"Pensavo che ci fossero cose più importanti dei
capelli," disse Harry.
Draco spazzolò alcune ciocche in modo da disporle in maniera più
artistica, e sbottonò strategicamente un bottone. "Probabilmente ce ne
sono," rispose, non del tutto convinto. "Ma non è questo il momento
di arrendersi. Siamo in piena crisi, e mi rifiuto di mostrare alla gente che
sto andando in pezzi per la troppa pressione."
Harry annuì, d'accordo con l'idea di fondo pur se non con i
preparativi eccessivi.
"Se non fossimo tutti in pericolo sarei rimasto arrabbiato
con te," continuò Draco.
Harry incrociò le braccia sul petto. "Ah sì?"
"Ehi Potter! Io sono la gomma, tu la colla, quello che dici
rimbalza su di me e si attacca su di te." Draco alzò le spalle.
"Chiaramente, sono un poderoso inferno d'ira."
La porta si aprì ed entrò Pansy, con un maglione di un rosa
stranamente acceso sul vestito nero.
"Sei anche il massimo della maturità, a quanto vedo,"
osservò lei.
"E' una battuta privata," disse Draco irritato.
"E' un insulto da asilo nido, Draco," gli disse Pansy, e
fece un gesto ampio che allarmò Harry e gli fece pensare a grossi uccelli
predatori. "Guarda! Eccolo lì. Harry Potter in persona nella tua stanza.
Non devi più ricorrere alle lettere d'odio."
Draco si appoggiò al guardaroba e parve mortalmente offeso.
"Le mie lettere d'odio erano opere geniali."
"Salve, qui non-Serpeverde," disse Harry. "Non so
cosa sia una lettera d'odio."
Draco lo fissò. "Le mie lettere," disse. "Alcune
anche lunghe, altre incredibilmente concise nella loro velenosità. In cui
illustravo nel dettaglio le mie opinioni sul tuo aspetto, comportamento, odore,
destino dopo la morte e progenie. Lettere di un odio espresso in modo geniale,
dai, Harry, come fai a non ricordarle?"
Era scandalizzato. Harry si arruffò i capelli e lo guardò confuso.
"E' proprio strano, Draco. Non credo di averle mai
ricevute."
Draco girò la testa e rivolse un'occhiata silenziosamente
accusatoria a Pansy.
Lei alzò le mani sulla difensiva. "Abbiamo dovuto farlo,
Draco. Eri pazzo, eri posseduto. Alcune di quelle lettere facevano davvero
paura, dovevamo pensare ai punti..."
Il tono di Draco era minaccioso. "Pansy, che cosa ne avete fatto?"
"Beh..." disse Pansy, con un filo di voce. "Beh,
noi... le buttavamo."
"Le mie lettere d'odio confezionate con tanta cura,"
disse Draco. "Le mie piccole opere d'arte. Per alcune impiegai delle ore.
Me la pagherai, cacciatrice di Tassorosso senza scrupoli."
Pansy sogghignò.
Harry si accigliò appena. "Mi odiavi così tanto?"
Draco rinunciò ad appoggiarsi al guardaroba, si avvicinò a lui e
gli diede una pacca sul braccio.
"Allora, Harry, allora," gli assicurò. "Da quando
sei saggiamente entrato sotto la mia supervisione hai guadagnato punti molto in
fretta. Adesso sei piuttosto tollerabile."
"Grazie," disse asciutto Harry. Scoccò a Draco uno
sguardo obliquo. "Se le avessi ricevute avrei risposto, lo sai." Ci
pensò un attimo. "Oddio, forse ti avrei versato in testa una
pozione."
Pansy, tirandosi le maniche vistose del maglione, anziché la gonna
estremamente corta del vestito, si avvicinò incerta al letto di Draco e vi si
buttò sopra.
"Vedo che andate di nuovo d'accordo," disse.
"Quando solo stanotte hai detto..."
"Smettila di vivere nel passato, donna," ordinò Draco.
Pansy alzò gli occhi al cielo. "Almeno le lettere d'odio
erano concrete. Bel bacile, comunque. Molto retrò."
A quel punto la porta si aprì di nuovo ed entrò Blaise Zabini,
tutto vestito di nero e ben più sofferente per i postumi della sbornia rispetto
agli altri due alcolizzati nella stanza.
Rivolse a Harry uno sguardo disgustato. "Oh no, ancora,"
disse vago, e andò a sedersi con Pansy sul letto. Una volta lì, occhieggiò il
Sognatoio. "Ne deduco che siamo tutti qui per dare un'occhiata a..."
Fu interrotto dall'entrata di Ron, più circospetto in quanto
preoccupato dall'eventualità che i germi Serpeverde banchettassero su di lui.
Si rilassò leggermente appena vide Harry.
"Hermione sta per arrivare con gli altri," disse.
"Vedo che qualcuno ha già..."
Fu allora che si guardò intorno e notò che le altre tre persone nella
stanza erano tutti Serpeverde, e inoltre si trattava di una stanza Serpeverde.
I suoi occhi si mossero da un lato all'altro, cercando esplicitamente Harry.
Serpeverde dappertutto! Qualcuno ci salvi, chiunque! Assediati,
sopraffatti, destinati al contagio!
Harry gli sorrise rassicurante.
L'espressione di Ron si fece addolorata. Povero, povero Harry, già contagiato. SI salvi chi
può!
"Oddio," disse Pansy. "Al genio con le lentiggini
mancano le competenze mentali per terminare le frasi."
"Non rompere, Parkinson," sbottò Ron, rivolgendole uno
sguardo misurato che indicava, con una certa carica di sentimento, cosa avrebbe
pensato la signora Weasley del suo vestito. "Proprio non capisco come faccia Zacharias."
Pansy si mise una mano sul maglione. "Oh, beh, Weasley,"
disse dolcemente, "quando una mamma e un papa si amano tanto, e non sono
costretti a dividere il letto con I porci come fanno alcuni poveracci..."
Harry e Ron la stavano guardando truci quando Hermione entrò,
accompagnata da una dozzina di persone. Ron si rallegrò per quell'apporto di
non-Serpeverde e Harry approfittò dell'occasione per rivolgere a Draco, che
aveva sogghignato, un'occhiata di rimprovero. Draco gli sorrise fingendo di
sentirsi in colpa.
Padma Patil aveva una mano sui fianchi e gli occhi stretti.
"Sono qui perché hanno preso mia sorella," disse gelida
a Draco. "Mi rifiuto assolutamente di collaborare con un gruppo sovversivo
partorito dalla tua mente. Continuo a non fidarmi di te."
Draco sollevò le sopracciglia.
"Sei bellissima quando sei sospettosa," le disse, con
spirito di pura malizia.
Padma sbuffò e Harry si sporse un pochino. "Stai cercando di
peggiorare le cose?"
"Sì," gli sussurrò Draco. "Ma è anche un istinto
naturale."
Dopo qualche minuto per sistemarsi, Hermione si alzò in piedi e si
rivolse a tutti.
"Questi sono i sogni che fa Harry quando gli brucia la
cicatrice," disse con voce seria. Qualcuno guardò automaticamente la
fronte di Harry, e Draco mosse appena la spalla per coprire la sua.
"Pensiamo che possano contenere delle prove... specie perché la
professoressa McGranitt è stata uccisa la notte in cui li ha visti. Forse era
giunta ad una conclusione che rendeva necessaria la sua morte, e se scoprissimo
qual'era saremmo più vicini all'identità della spia."
"Se è tanto importante," disse Zacharias Smith,
"perché non li abbiamo visti prima?"
"Perché il Ministero vieta l'esposizione dei pensieri in
pubblico," disse Harry. Draco guardò indignato Zacharias.
"Quindi stiamo infrangendo la legge...?" chiese Susan
Bones, ancora più spaventata ora che Hannah era stata presa.
Harry cercò di mettere insieme uno sguardo goffamente
rassicurante. "No, questa sarà un'esposizione privata dei miei pensieri.
E' come..." Cercò un'analogia che non fosse quella usata da Lupin,
terrorizzato dall'idea che qualcuno potesse guardarlo e accorgersi che stava
pensando al sesso. "Uhm. Beh, guardiamoli e basta..."
"Vediamo a quale conclusione giungiamo," aggiunse
Hermione, guardando Susan con un sorriso che Harry trovò molto più
rassicurante.
Zabini sbadigliò, annoiato. "Uno scavo speciale nella mente
di Potter. Sarà sicuramente elettrizzante."
"Dacci un taglio, Zabini," scattò Harry. "Non ho
tempo per te."
Si accorse che dopo quelle parole era calato il silenzio, così si
fece avanti e mise la bacchetta nel liquido argenteo. Tornò ad appoggiarsi al
muro accanto a Draco, e mantenne il viso attentamente impassibile.
Tutti si sporsero per guardare i suoi sogni.
Harry rimase stoico. Ricordava tutto. Draco, Ron, Hermione, il
sangue, le chimere, i grifoni, i basilischi e i libri. Nessuna sorpresa.
Draco con gli abiti di Snape si mosse attraverso il liquido
luccicante, spingendo Harry contro un muro. Harry sperò che non si accorgessero
del fatto che, nonostante il comportamento alquanto predatorio di Draco, lo
sguardo sul viso dell'Harry nel sogno non dava esattamente l'idea di sentirsi
minacciato.
"Beh, beh,"
disse Zabini, deliziato.
Harry strinse i denti e aspettò, vide comparire il sogno del lago
e il suo stomaco si attorcigliò per l'umiliazione.
Non era stato così quando l'aveva sognato, con Harry confuso e
bagnato nel lago, senza niente che facesse pensare che avesse addosso dei
vestiti.
"Guarda guarda,"
disse l'orribile, maledetto Zabini, mentre altri, tra cui Smith e Pansy,
curvavano le labbra in accordo.
Harry si preparò alla parte peggiore. Arrivarono Hermione e Ron, e
nel mondo reale lo guardarono preoccupati quanto lui. Hermione si era piegata
in avanti poco prima, nel punto in cui sfogliava dei libri con uno sguardo
concentrato, e Harry ripensò a quando la professoressa McGranitt aveva parlato
del libro che stava leggendo Hermione, ma non gli venne in mente nessun libro
in particolare, e Hermione non disse niente.
Quindi comparve Draco nell'acqua, e l'ondata di terrore nelle
orecchie di Harry gli rese impossibile ascoltare le sue parole.
"Qualcuno vada a prendere i popcorn," propose Zabini.
"E' molto meglio di quanto pensassi."
"Di chi ti fidi?" chiese Draco nel sogno, prima di
nuotare all'indietro.
La luce della luna splendeva sui muscoli bagnati del suo petto.
Harry era certo che Zabini fosse sul punto di fischiare.
"I sogni sono mischiati ad episodi di vita reale," disse
il Draco in carne e ossa, tremendamente diverso quando era asciutto,
vestitissimo e leggermente rosso. "Questa scena deve richiamarsi a quando
io e Harry siamo andati a nuotare al lago."
"Ma siete..." cominciò Pansy.
"Come dici, Pansy?" chiese Draco glaciale.
"Ehm, cioè, ci siete andati?" chiese Pansy.
"Sì," mentì tranquillamente Draco. "E ovviamente
avevamo entrambi dei costumi da bagno, Blaise, ti ho sentito."
"Peccato," disse sfacciatamente Zabini.
Quel momento imbarazzante passò. I flash di violenza dei sogni di
Harry, di quando Voldemort desiderava particolarmente uccidere, furono più
difficili da sostenere. Harry vide gli occhi di Susan riempirsi di lacrime, e
gli altri guardarlo come se nessuno, una volta avuti quei sogni, sarebbe potuto
restare normale. Forse avevano ragione.
Quando nel bacile iniziarono a comparire sogni più vecchi e
innocui, Draco si tese verso Harry e gli sussurrò in tono infastidito,
"Avresti potuto avvisarmi."
Harry cercò di non notare il colore rosa che intravide alla base
della gola di Draco, incorniciata dal colletto aperto della camicia, che
risaliva lungo il collo.
"E come avresti preferito che te lo dicessi?"
Si rifiutò di pensare a capelli bagnati simili a fili d'argento
offuscati e intrecciati sotto la luna, o a quanto era ingiusto il fatto che non
sapeva se i dettagli del corpo di Draco mostrati nel sogno fossero accurati o
meno. I membri delle squadre di Quidditch si facevano le docce, dopotutto, ed
era ovvio che cercassero di risparmiare acqua facendosele insieme. Era
palesemente ingiusto sapere di poter disegnare correttamente l'anatomia di Fred
e George (oh, brutto, brutto pensiero) e rimanere incerto sulla curva esatta
della coscia nuda di Draco.
Harry si sentì sollevato quando i sogni finirono, e dovette
concentrarsi completamente. Era una guerra, e non c'era altra scelta.
Finalmente Hermione parlò, sporgendosi oltre le proprie ginocchia,
in una posizione che ricordò a Harry un punto interrogativo.
"Quel libro che ho pescato dal mucchio," disse.
Harry ricordava che aveva preso un libro nel sogno, ma sapeva solo
che non era ‘Uomini Che Amano Troppo I
Draghi'.
"Sì?" chiese teso, e tutti si sporsero verso Hermione
quando aggiunse, "Anche la professoressa l'aveva notato."
"Si chiama ‘Le Più
Antiche Forme Di Magia'," disse Hermione con voce decisa.
"Lo lessi il primo anno. Ti ricordi che mostrai a voi due i passaggi su
Nicolas Flamel e la
Pietra Filosofale?"
Il ricordo calò su Harry, la familiarità di quel tomo enorme e
vecchio tra le piccole mani di Hermione. Doveva aver preso anche quello dalla
vita reale, ma perché la professoressa McGranitt ci si era soffermata?
"La spia ha la Pietra Filosofale?" chiese Terry Boot,
spalancando gli occhi.
"No, non può averla. E' stata distrutta," disse Harry
mantenendosi sul vago.
"Quel libro è pieno di magia antica," disse Hermione,
corrugando la fronte. "Potrei rileggerlo."
"Quante copie ci sono in biblioteca?" domandò Draco.
"Che fantastico indizio. Giochiamo tutti quanti ai piccoli
detective," propose secco Zabini.
"Hai qualche grande teoria? No? Allora cuciti la bocca,
Zabini," ordinò Harry.
Zabini si calmò, ma lo scatto di Harry mise fine all'accavallarsi
di suggerimenti. Tutti avevano l'aria di essere assorti, ma la paura e
l'infelicità lottavano per prevalere sulla maggior parte dei volti.
"Che importa? Tanto Hogwarts è finita," disse Michael
Corner.
Harry si girò verso di lui. "E la spia potrebbe essere
mandata via con un gruppo di innocenti," ringhiò.
"Certo che no," disse Padma Patil con occhi freddi.
"Probabilmente la spia è molto legata a Voi-Sapete-Chi, e questo significa
che appartiene ad una delle antiche famiglie purosangue. Sarà mandato a casa
anche lui, e tanto meglio per noi."
Tutti seguirono lo sguardo di Draco, che sogghignò sarcastico.
"Bene!" esclamò Harry. "Analizziamo la prova. Oh,
non ce l'hai? Beh, è una fortuna, no," disse con sarcasmo violento,
"che una spia non sia mai giunta da un posto inaspettato? Sono molto
contento di vedere che faresti rischiare ad altri di fare la fine di tua
sorella sulla base di un istinto casuale."
Padma si arrese. Dopo che Sirius era diventato professore, tutti
avevano saputo di Peter Minus. Ebbe il buonsenso di cambiare tattica.
"E i tuoi sogni, allora?" incalzò. "Hai detto che
c'erano degli indizi. C'era solo Malfoy! Vorresti farmi credere che la professoressa
McGranitt non ha commentato questo particolare?"
Harry esitò.
"L'ha fatto?" chiese senza fiato Ron, parzialmente
convinto.
"Forse è per il suo fascino. Non ci ha pensato nessuno?"
chiese Zabini pigramente, ma con un tocco di aggressività.
"Forse è davvero
Malfoy," disse Hermione, e Harry la guardò inorridito.
Se pensava che fosse quello il modo giusto per attenuare la
tensione, evidentemente le aveva attribuito più intelligenza di quanta ne
possedeva in realtà.
"Forse sì, ma non possiamo esserne certi. Dobbiamo analizzare
i sogni da ogni prospettiva e raccogliere il maggior numero di sospetti
possibile, altrimenti rischieremmo di lasciare che la spia scivoli fuori dalla
rete. Dobbiamo memorizzare i sogni e guardare i componenti dei nostri gruppi tenendoli
a mente, per sicurezza. Incolpare un'unica persona è controproducente, a questo
punto," disse Hermione, finendo col rivolgere a Padma un'occhiata di
biasimo.
Terry Boot sembrava soddisfatto.
"Ho sempre detto che quella ragazza dovrebbe essere una Corvonero,"
mormorò con approvazione a Michael Corner, e sorrise calorosamente verso Draco.
Se i Corvonero erano tanto intelligenti, quello stupido Caposcuola
avrebbe potuto pensare a come difendere Draco lui stesso. Inoltre, il sorriso
grato che Draco stava rivolgendo al suddetto Corvonero sarebbe potuto essere
dedicato ben più appropriatamente a Grifondoro più utili.
"Beh, li abbiamo visti," disse Ron pragmatico. "Se
a qualcuno viene in mente qualcos'altro, che ce lo dica. Per ora dobbiamo
prepararci... Silente ha detto che oggi andremo a Hogsmeade per l'ultima volta.
Chiunque abbia bisogno di oggetti magici ne approfitti oggi o mai più."
Ci fu una corsa generale verso la porta.
"Presto," disse Draco a Pansy. "Dove sono i più
piccoli? Devono fare una lista di ciò che gli serve."
Harry stava prendendo la pergamena per Draco dalla scrivania, e
quando alzò gli occhi vide che Pansy era andata a parlare con i più piccoli,
mentre lui, Draco e Zabini erano rimasti da soli nella stanza. Draco era seduto
sulla sua poltrona e Zabini stava chino su di lui.
"Beh, io vado," disse Zabini." "Ci vediamo
dopo."
"Ci vediamo in giro," gli disse Draco, e Zabini si chinò
su di lui. Draco alzò il viso verso il suo, senza alcuna espressione.
Le loro labbra si toccarono in un bacio morbido, svogliato e molto
definito. Harry restò a fissarli.
Zabini uscì dalla stanza.
"Che cosa..." cominciò Harry, e si accorse che la sua
voce aveva tremato. "Niente. Me ne vado."
"Harry, aspetta," disse Draco. Quando Harry si voltò lo
vide stanco, e si sentì furioso e in colpa.
"Lo so che non ho alcun diritto," disse Harry.
"Io... devo andare."
Draco parlò con voce tagliente. "Non ho dormito con lui,
Harry!"
Harry si appoggiò alla cornice della porta. Studiò le proprie dita
strette su quella, e vide le nocche diventare meno bianche. "Oh."
"Non per te," continuò Draco, con voce intenzionalmente
sgradevole. "Per lui. Io non uso i miei amici. Non uso chi rispetto."
Perché dovresti aver bisogno di usare qualcuno, Draco? Draco era andato a letto
con lui altre volte. Cosa era cambiato la notte precedente?
Harry aveva una domanda più incalzante. "Allora perché...?" disse, e
fece un gesto rassegnato.
Draco curvò il labbro. "Abbiamo fatto... delle cose,"
disse, ed era assurdo come una parola innocente e generica facesse ringhiare la
gelosia nella mente di Harry. Draco alzò le spalle. "Almeno quello glielo
dovevo oggi, se voleva."
E già, povero Zabini,
pensò Harry. Certamente martirizzato da
tutto quel baciare Draco.
"Ci parliamo ancora?" chiese Draco con cautela.
Non era tenuto nemmeno a offrirgli quella minima giustificazione.
Harry non aveva assolutamente alcun diritto. E Draco non aveva dormito col
bastardo.
Harry lasciò che l'angolo della sua bocca si curvasse all'insù.
"Sì."
*
Harry ripensò a ciò che aveva detto Draco, e disse ai Grifondoro
del primo e del secondo anno che gli avrebbe comprato qualsiasi cosa volessero
da Hogsmeade. Solo non si aspettava che volessero così tanto.
Lesse la lista scettico. Era certo che alcuni di quei ragazzini
erano Tassorosso e Corvonero che si erano intrufolati approfittando
dell'affare. Era pronto a scommettere che nessuno ci avrebbe provato con Draco.
Certo, forse il motivo era che Draco aveva l'abitudine di
riferirsi agli studenti più giovani che non facevano parte della sua casa come
a larve insignificanti.
"E' perché tu sei il grande eroe," disse Ron, triste e
appena un po' risentito dopo tutto quel tempo. Sembrava quasi geloso della
stupida lunga lista di Harry. "A me nessuno ha chiesto di prendergli
niente. Sarei stato in grado di comprare un po' di dolci, sai?"
"Ma certo," disse Harry. "Sai cosa ti dico, puoi
aiutarmi con la lista."
"No, amico, sbrigatela da solo," disse Ron. "In
realtà non mi va molto di comprare dolci a quei nanetti. Ma sei stato gentile a
chiedermelo."
Harry spintonò un po' la calca in fermento, certo che avrebbero
fatto cadere le sue liste. Non aveva mai visto nessuno, tra coloro che avevano
il permesso, così ansioso di correre a Hogsmeade, come se potessero comprare
dei rimedi alla situazione.
Finì quasi per spingere Pansy, e si fermò appena in tempo.
Lei restò davanti a lui a sorridergli maliziosa, e per un momento
ne fu terrorizzato.
"Ciao Harry," disse con voce melliflua.
Harry fece un passo indietro strategicamente.
Pansy roteò gli occhi. "Oh, non preoccuparti per quello,
Potter," disse con voce annoiata. "Ti assicuro che non tutti muoiono
dalla voglia di avventurarsi nei tuoi eroici pantaloni. Non mi sono mai
piaciuti gli uomini con gli occhiali, personalmente. E' solo... insomma, si
direbbe che siamo amici, no?"
"Io vi definirei nemici giurati per lealtà alla propria
casa," si intromise Ron.
Pansy lo guardò cupa e rivolse di nuovo il suo sguardo vittorioso
a Harry.
Lui si mosse un po', a disagio. "Beh, sì, siamo amici."
"Direi più conoscenti che si sopportano a vicenda, a dire il
vero," lo informò, "ma speravo che tu lo pensassi. Perché mi serve un
favore da te."
"Dimenticatelo!" disse Ron aggressivo. "Non puoi
convincerlo con l'inganno a..."
"Cosa vuoi che faccia, Pansy?" chiese Harry.
Ron lo guardò triste, come se avesse rinunciato alla battaglia.
Pansy lo guardò da sotto le ciglia, e le sbatté.
"Ti vorrò bene per sempre," gli promise intrigante.
"Molto gentile," disse Harry. "Che cosa vuoi?"
"Della cioccolata," rispose in fretta Pansy.
"Ascolta, il professor Lupin mi ha beccata con una bottiglia di tequila a
cui ho fatto il favore di svuotarla e... per qualche ragione ha pensato che me
ne fossi già procurata un'altra, Draco dice che ha troppe cose sulla lista per
comprarmi la cioccolata, e ho tentato di spiegare a Madama Chips che è una
necessità medica ma non mi dà retta!"
Harry fece una smorfia colpevole. "Mi dispiace, Pansy. L'ho
già promesso a troppo persone."
Pansy fece un lamento ferito e alcuni si girarono per controllare
chi l'avesse accoltellata al cuore. Lei si aggrappò al suo braccio e lo guardò
negli occhi con aria tragica.
Harry capì che la ragione per cui molti Serpeverde diventavano dei
cattivi da melodramma era che facevano parte della casa delle regine del
dramma.
"Harry! Pensavo che ti piacesse
salvare la gente dalle situazioni dure e potenzialmente fatali!"
"A-ehm," fece Ron.
"Non senti il tuo cuore che ti ordina di salvare una
damigella in... insomma, peldicarota, hai un insetto in gola o cosa?"
Ron smise di tossire piano.
"Stavo solo osservando," commentò molto altezzosamente,
"che anch'io, come un'altra persona in questa conversazione ma a
differenza di un'altra, sto andando a Hogsmeade."
Pansy gli concesse un sorriso raggiante.
"Ah sì?" disse. "Beh, peldicarota, se mi fai questo
favore, io... io cercherò di apprezzarti per... circa una settimana."
Ron la squadrò. "Come prego? Non credo sia giusto."
Pansy lo fissò. "Vuoi dei soldi..."
"No!" tuonò Ron. "Sto solo dicendo che a Harry hai
offerto molto di più che a me. Il che è tipico, la storia della mia vita,
grazie mille, e poi cerchi anche di insultarmi..."
"Forse per la prima volta nella mia vita, non stavo..."
"Offrendomi dei soldi..."
"Piccolo mostro
insicuro..."
Harry guardava prima uno e poi l'altra, sentendosi come ad una
partita di tennis con i giocatori che si rilanciavano la palla a velocità
folle.
Pansy si fermò e si mise una mano sul fianco.
"Ah," disse. "Ho capito cosa vuoi."
Ron si addolcì. "Meno male. Un trattamento equo, ecco cosa..."
"Mi offro volontaria per fare sesso con te," dichiarò
Pansy, e poi fece una smorfia. "Parzialmente volontaria."
Harry sobbalzò e Ron fece un lodevole sforzo di volare senza la
scopa. Strinse impaurito il braccio di Harry, come se potesse proteggerlo, e si
guardò intorno agitato in cerca di Hermione.
"Voi Serpeverde siete disgustosi," sibilò Ron, dopo
essersi assicurato che nessuna fidanzata stesse per avventarsi su di lui
assetata di vendetta.
Ron era rosso acceso fino alla radice dei capelli. Pansy sogghignava.
"Penso di averti fatto un'offerta molto generosa,"
osservò, poi sospirò drammaticamente. "E va bene, Weasley. Se mi compri la
cioccolata, ti vorrò bene... tra qualche anno."
"Tra qualche anno?" le fece eco Ron.
Lei alzò le spalle. "Sento che avrò bisogno di tempo."
"Tra qualche anno," la informò Ron, "spero che
vivrò felicemente in un mondo privo di Serpeverde e che - mi spiace dirlo - le donne scarlatte come te vivranno
dall'altra parte dell'oceano."
"Sì, sì, va bene," sbottò Pansy, "ma se mi compri
la cioccolata ti vorrò tanto bene dall'altra parte dell'oceano. Per favore,
Weasley, ti prego!"
La sua voce cominciava a stridere paurosamente.
"E va bene, allora," mormorò Ron, e Pansy tirò fuori un
rotolo di pergamena dalla camicia e gliela passò.
Poi si girò e se ne andò senza ringraziare, richiamando con voce
roca un Zacharias Smith che guardava con molto interesse la sua camicia un po'
sbottonata.
Ron si stava già guardando intorno per cercare di far capire a
tutti che anche lui aveva una lista molto importante, una lista che gli era
stata data da qualcuno che aveva bisogno di Ron Weasley. Abbassò la voce e si
rivolse a Harry in tono agitato.
"Sto stringendo una pergamena che teneva sulle te... sul
petto!" Arrossì violentemente e fece un gesto ampio. "Pergamena sul
petto! Cioè, non posso crederci, i Serpeverde sono un disonore, vero Harry?
Nessuno trova preoccupante che un quarto della nostra scuola sia sprofondato
nel male più oscuro e... e nella depravazione sessuale?"
Harry cercò di non pensare che per lui il problema era che i
Serpeverde non fossero ancora più
depravati sessualmente.
"Io mi preoccuperei di più della reazione di Hermione al
fatto che compri cioccolata per un'altra ragazza," disse con calma.
Lui, Ron e Hermione passarono ore a racimolare da Hogsmeade ciò
che serviva ai più giovani e a loro stessi. Hermione cercò disperatamente di
comprare l'intera libreria, reggendo i volumi come se non avrebbe mai più visto
un libro magico. Harry passò un tempo eccessivamente lungo nel negozio di
dolci, cercando di trovare le chicche per ogni persona sulla lista mentre il
negozio si svuotava a velocità allarmante.
Quando vide Draco per strada entrare nella libreria che Hermione
aveva appena saccheggiato, si accorse che i dolci sarebbero finiti molto prima
che arrivasse. Sperò che Draco non fosse divorato da piccoli Serpeverde in
delirio goloso.
Non vide più Draco fino a quando non tornarono a scuola e non
furono assaliti dalla folla. Draco sorrise a Pansy, che lo guardò contrariata e
lo spinse via.
"Chi ti vuole?" chiese. "Dov'è Ron Weasley?"
Draco si mise teatralmente il dorso della mano sulla fronte mentre
Harry lo raggiungeva.
"Respinto per un Weasley," disse. "Mi sento male
per lo shock. Sii buono, reggimi fino a che non trovo un divano su cui
svenire."
Piccole creature si gettarono sull'involto di dolci tra le braccia
di Harry con versi affamati. Dedusse che erano studenti e che gli elfi
domestici non avevano scelto quel momento per la ribellione di massa a cui
Hermione continuava imperterrita a spingerli.
"E ho anche finito i miei sali," replicò Harry,
sogghignando. "Uhm. Ehi, ti ho preso qualcosa."
Draco piegò la testa all'indietro, sorpreso, quindi rivolse a
Harry quel sorriso luminoso e graduale che usava tanto di rado.
"Sì?"
"Sì," disse Harry. "Uhm, ce l'ho in tasca..."
"Harry Potter, è una battuta?" Draco era distintamente
divertito, e Harry si sentì arrossire.
"No," rispose, spostando i sacchetti su un braccio e
frugando nella tasca posteriore dei jeans.
Estrasse l'ultima manciata di lecca-lecca al sangue (evidentemente
i più giovani erano proprio disperati) e li porse a Draco. Draco li guardò per
un attimo, tendendo il sorriso quasi in una risata, e li prese.
Stava ancora guardando Harry da sotto le ciglia quando se li mise
tutti in tasca tranne uno, e scartò distrattamente il lecca-lecca rimasto.
Harry lo guardò farsi scivolare la caramella rossa e lucida tra le labbra e
curvarvi la lingua intorno. Draco gli strizzò amichevolmente l'occhio.
"Chi dice che non sei un eroe, Harry?" chiese.
"Grazie."
Si allontanò per distribuire altre provviste ai piccoli
Serpeverde.
I lecca-lecca erano degli oggetti sporchi e perversi, e andavano
vietati. Erano indecenti. Non era giusto.
Tornò nella torre di Grifondoro per trovare Hermione carponi e
quasi in lacrime davanti al camino, mentre cercava di far entrare quanti più
libri possibile nella sua valigia. Le dette una pacca sulla schiena e le
garantì che lui e Ron sarebbero stati felici di portare quelli in eccesso.
Hermione gli sorrise debolmente e fortunatamente si trattenne da
una di quelle brevi e intense crisi di pianto che coglievano sempre di sorpresa
lui e Ron e li terrorizzavano.
La cinse con un braccio mentre lei sospirava e lisciava le
copertine dei libri, e gli venne in mente che erano così presi dalla partenza
imminente che nessun aveva protestato dalla notte prima.
*
Harry si precipitò all'ufficio di Silente appena poté lasciare
Hermione. Rimase un po' davanti alla faccia stupida del batacchio finché non si
ricordò la parola d'ordine corrente.
"Lecca-lecca al lime," disse. All'improvviso andavano
tutti pazzi per i lecca-lecca.
Entrò con impeto nell'ufficio di Silente e Silente alzò gli occhi
dalla scrivania con aria vagamente interrogativa.
"Harry," disse. "Che piacevole sorpresa. Tuttavia,
come puoi immaginare, sono piuttosto indaffarato..."
"Non dovrebbe farlo," scoppiò Harry. "Le loro
famiglie non possono proteggerli in nessun modo. Dovremmo provare
qualcos'altro, dovremmo mettere degli incantesimi protettivi nella Sala
Grande..."
Silente gli rivolse un rapido sguardo da dietro gli occhiali a
mezzaluna.
"Abbiamo sparso incantesimi nella scuola senza alcun
effetto," disse gentilmente e ragionevolmente. "Molti studenti
avevano così tanta paura che non riuscivano a dormire: non è servito a niente.
Voldemort sembra mirare a voi ragazzi, e mi preme allontanarvi dalla linea di
fuoco."
Harry sbatté le mani sulla scrivania.
"Io voglio stare sulla linea di fuoco!" urlò.
"Questa è la mia battaglia!"
"No, Harry, non lo è." Harry non aveva mai visto Silente
così solenne. "Non hai ancora lasciato la scuola, perciò sei sotto la mia
giurisdizione. Non intendo vederti ferito. Come potresti anche solo pensare di
combattere in questa guerra?"
"Io... non lo so," balbettò Harry. "In qualche
modo. Voglio fare qualcosa. In ogni caso se ce ne andiamo non farò mai i MAGO e
non lascerò la scuola ufficialmente, quindi sono un adulto. Posso lasciare la
scuola adesso e unirmi all'Ordine della Fenice, voglio..."
L'ufficio circolare, la grande scrivania sontuosa, tutti i libri,
gli strumenti, il Cappello Parlante e la fenice splendente, tutto vorticò
davanti agli occhi di Harry in un turbine di rabbia. Silente avrebbe dovuto
aiutarlo.
"Hai appena detto," disse gentilmente Silente, "che
non hai idea di cosa fare. Dico bene?"
Harry si alzò in piedi, tremante d'ira. "Sì," disse,
sentendo il peso della speranzosa aspettativa priva di basi di Silente, che
magari aveva pensato che avesse una risposta.
Silente sospirò, stanco e provato. "Lascia che ti protegga al
meglio della mia abilità fino ai tuoi ultimi giorni di scuola. Manca poco più
di un mese, poi potrai fare domanda per entrare nei programmi di allenamento
estivo degli Auror. Là sarai al sicuro perché sarete in tanti, e non voglio
affrontare l'eventualità di perdere altri studenti."
L'idea di essere costretto all'inattività per qualsivoglia periodo
di tempo lo divorava, ma l'idea di Silente non era male. In quel caso avrebbe
potuto combattere presto, e Silente era sempre stato buono con lui. Poteva
chiedergli una cosa tanto piccola.
"Ovviamente tu, Ron e Hermione siete considerati
particolarmente in pericolo," proseguì Silente, i cui occhi penetranti
notarono l'esitazione di Harry. "Sarete posti sotto la tutela speciale di
due professori nei quali ripongo piena fiducia: il professor Lupin e il
professor Black. Inoltre adotterete la precauzione di viaggiare e comportarvi
come semplici Babbani. Penso di poterti garantire l'assoluta sicurezza per il
prossimo mese."
Harry esitò ancora. Non gli andava di essere assolutamente sicuro
se non lo erano anche gli altri, ma la sicurezza di Ron ed Hermione era
un'offerta allettante. Il pensiero che uno di loro venisse rapito lo faceva
stare malissimo.
"Sono in pericolo perché sono miei amici," dichiarò in
tono piatto. "C'è un'altra persona..."
"Il giovane Draco Malfoy," disse prontamente Silente,
con un flebile tentativo di ammiccargli. "Sono certo che potremmo
organizzare la sua inclusione."
"Ecco," disse Harry.
"Ti ringrazio per la cooperazione, Harry. Mi hai tolto un
peso dalla mente." Si toccò la fronte mentre parlava, e Harry pensò che
doveva avere davvero molti fardelli sulla schiena, se quella era la sua aria
sollevata.
Rimase un altro momento davanti alla scrivania di Silente, e prese
la sua decisione.
"Va bene," disse a denti stretti. "Ma continuo a
credere che dovremmo lasciare Hogwarts aperta, e combattere adesso. Presto o
tardi le dimostrerò di cosa sono capace. Lo farò."
Silente prese la piuma per scrivere quella che sembrava una
lettera aperta a tutti i genitori dei ragazzi che stavano per essere mandati a
casa.
"Harry," disse sinceramente, "lo spero."
Harry tornò alla sala comune Grifondoro e cominciò a fare le
valigie insieme a Hermione, quando la porta fu quasi buttata giù nonostante le
vigorose proteste della Signora Grassa.
Draco era sulla soglia, il viso gelido di rabbia.
"Figlio di puttana," disse. "Vieni subito a parlare
con me. O ti spezzo il collo proprio qui."
*
"Non capisco perché sei così incazzato," disse Harry,
seguendo Draco nell'aula di Pozioni.
Draco si sbatté la porta alle spalle con un suono apocalittico e
si voltò per affrontare Harry. Il suo viso era una maschera d'ira contratta.
"Non lo capisci," ripeté. "Bene, allora lascia che
ti rinfreschi la memoria. Hai chiesto tu a Silente di separarmi dai Serpeverde,
da tutto ciò che ho lavorato per mantenere unito nell'arco di due anni? L'hai
fatto?"
Harry capì e cercò di non perdere la calma, dato che il nervosismo
nuotava già troppo vicino alla superficie.
"Sì," disse. "L'ho fatto."
Draco sembrava intenzionato a colpirlo. "Vivere come Babbani?
Senza alcun modo di comunicare con loro o di offrirgli un rifugio?"
Forse Harry non ci aveva pensato proprio a fondo.
"Sì, ma ascolta, Draco, prima o poi avresti comunque dovuto
fidarti di loro. Puoi chiedere a tua madre di ospitarli a casa tua, di certo
accetterà, e tu devi capire. Sei in pericolo perché sei uno dei miei migliori
amici. Devi essere..."
"Lo so!" sputò Draco. "Sono un Serpeverde. Ho già
analizzato ogni rischio da solo. Non ho acconsentito ad essere portato via dai
Serpeverde quando hanno più bisogno di un leader. Quindi ora tu vai da Silente,
dato che non vuole ascoltarmi, vai da lui e gli dici che posso andare a
casa..."
Le intenzioni di Draco erano buone. Quello, e il lieve tremolio
nella sua voce durante la sua richiesta aggressiva, fecero desiderare a Harry
di accontentarlo. Di mettere a posto le cose e assicurare a Draco che era stato
un errore dovuto alla preoccupazione.
Ma erano in guerra.
"Se persino adesso devono stare costantemente sotto i tuoi
occhi, vuol dire che non si può contare su di loro! E' meglio saperlo
adesso," gli disse. "Come credi che mi sentirei se dovessero
prenderti per colpa mia e io non avessi fatto niente per cercare di
impedirlo?"
Draco fece un passo avanti, scattando come se stesse per colpirlo,
ma si fermò e si controllò con uno sforzo evidente.
"Harry l'eroe," ringhiò. "Anche gli altri hanno
delle responsabilità, sai? Non ci siete solo tu e l'esercito della luce che sei
stato scelto per guidare e proteggere, anch'io ho delle responsabilità, me le
sono prese, come osi intrometterti con questa strafottenza e cercare di
portarmele via!"
I sotterranei erano sempre freddi e bui, ma di notte lo erano
ancora di più. L'unica cosa che Harry distingueva era la pallida luce della
luna che entrava da una delle finestrelle, e Draco era quasi simile a un
fantasma in quella luce. Harry rabbrividì per il freddo e incrociò lo sguardo
gelido di Draco.
"Mi dispiace vederti infuriato, Draco," disse con la
voce più decisa e stabile che gli riuscì. "Per caso ti è venuto in mente
che sei un bersaglio, e che se insisti a rimanere con i Serpeverde renderai dei
bersagli anche loro? Non puoi tenere lontani i più piccoli dai loro genitori,
mentre così offrirai ai più grandi una possibilità e un posto dove stare. Ed è
davvero l'unica cosa che puoi offrirgli, e il modo migliore per proteggere te
stesso e gli altri è quello che ho scelto io!"
Draco era livido di rabbia, quasi vibrante d'ira.
"Non posso lasciarli. Ci ho messo tutto me stesso, non
posso..."
"La scorsa notte hai detto che era tutto inutile," lo
interruppe Harry con aggressività. "So quanto era importante per te, ma
Hogwarts chiuderà. La scorsa notte hai detto..."
Le mani di Draco erano strette in pugni.
"Credevo che avessimo stabilito di dimenticare ogni cosa
della scorsa notte," disse con voce sottile e fredda.
Harry lo fissò, comprendendo lentamente, e sentì l'ira sgorgare
lenta e bollente per il modo in cui lo stava manipolando.
"Non ho mai acconsentito a una cosa del genere,"
replicò. "Lo so che niente sta andando nel modo in cui avevi sperato,
Draco, e so che hai paura..."
"Non ho paura!"
"Non posso chiedere a Silente di cambiare le cose quando penso
di aver preso la decisione giusta. E non m'importa se non mi credi, non rinnego
niente di ciò che ho detto ieri notte!"
Draco si muoveva irrequieto, gli occhi lucidi come quelli di un
animale in fuga e terrorizzato che stesse per azzannargli la gola.
"Ti giuro che se non la pianti..."
A quel punto Harry aveva sentito troppe minacce da Draco. Era così
stanco di tutto il potere che aveva su di lui, il potere di arrabbiarsi con
lui, di rimuovere la sua presenza e la sua amicizia. Non aveva intenzione di subire
minacce per aver detto la verità.
Draco scattò in avanti, gli prese il viso tra le mani e lo baciò
forte.
In realtà Harry non aveva mai baciato un ragazzo, se si escludeva
il casto bacio a Draco tempo prima. Era violentemente diverso dal baciare una
ragazza, con i denti di Draco che premevano forte sul suo labbro, e senza la
morbidezza dei seni e dei fianchi tra loro. Draco era lì, con le costole spinte
contro quelle di Harry e nient'altro che strati sottili di tessuto e pelle a
dividerli. Harry era infuriato e agitato, e gli sembrava di poter sentire il
rombo del sangue di Draco contro l'impeto del proprio.
Draco tirò via la bocca ma non il corpo, e restò attaccato a Harry
con i denti simili ad un sussurro di potenziale dolore a un millimetro dal
labbro inferiore di Harry.
"E' diverso, vero?" disse Draco a bassa voce. "E'
strano, ti fa sentire un po' a disagio, non sai che fare..."
"Sì," ammise Harry, spingendo più forte il fiato che gli
solleticava la gola verso quello di Draco.
Draco emise un risolino di gola e fece un passo indietro.
"Te l'avevo detto," continuò, aspro. "Avevi questa
ridicola cottarella, ora ti sei accorto che era una fantasia inopportuna e che
ti sbagliavi completamente, e..."
Harry lo afferrò e lo sbatté contro il muro più vicino. Lo
immobilizzò col peso del proprio corpo, conscio della pietra fredda e della
barriera sottile fornita dalla carne e dalle ossa di Draco. Draco gli stava
troppo addosso, troppo vicino, strano e pericoloso.
Piegò la mano attorno alla nuca di Draco.
"Non ti ho detto di fermarti," gli disse bruscamente, e
spinse di nuovo la bocca sulla sua.
La bocca di Draco si aprì per lui, calda e umida. Fu un bacio
vizioso e insaziabile con lingue e denti, morsi e carezze con la lingua, con
Harry che cercava di spingere più forte contro Draco e Draco che cercava di
inarcarsi, le ossa delle spalle e dei fianchi schiacciate le une contro le
altre troppo forte, e tuttavia non abbastanza. Harry emise un verso incoerente
che gli bruciò la gola e aprì di più la bocca, adorando la sensazione dei denti
che sfregavano il bordo del labbro di Draco, cercando contemporaneamente di
assimilare i piccoli versi avidi che stava facendo.
Harry sentì un barattolo rompersi per uno di quegli scoppi
incontrollabili di magia che non si erano più verificati da quando era bambino.
Si separarono per un confuso istante e Draco gli rivolse uno sguardo fulmineo
di paura mista a sorpresa. I suoi capelli candidi brillavano coperti da
pagliuzze di vetro.
"Dio, Harry," disse, ma il suo respiro era una calda
presenza sulla guancia di Harry, le palpebre pesanti per il desiderio e le
labbra rosse e umide, e Harry non si sarebbe fermato adesso.
Draco vide il suo sguardo determinato, o almeno doveva averlo
visto, perché le palpebre gli si abbassarono ancora di più. I suoi occhi
parvero neri sotto le ciocche argentee quando si sporse e tolse gli occhiali a
Harry, gettandoli su un banco qualsiasi con un tintinnio.
Harry aveva entrambe le mani nella camicia di Draco e gli spingeva
entrambi i pugni sul petto, e da così vicino gli occhiali non facevano alcuna
differenza. Vide la curva tremolante del labbro inferiore di Draco con perfetta
chiarezza.
Lo baciò di nuovo, e senza occhiali fu ancora meglio, un altro
bacio osceno ed esigente con le ciglia che sfioravano quelle di Draco, le
guance che scivolavano l'una sull'altra mentre le loro bocche continuavano ad
aprirsi bollenti. Fece scivolare una mano sulla schiena di Draco, fregandosene
della pietra ruvida che lo graffiava, impaziente di sentire i muscoli della sua
schiena muoversi fluidi sotto il suo palmo, l'unica ostruzione quella del
sottile strato di tessuto che già aderiva alla schiena di Draco.
Riuscì a sentire lo spazio, l'istante di calore tra i bottoni
della camicia di Draco, con l'altra mano. Sapeva che di lì a un minuto avrebbe
strappato quei bottoni per avvicinarsi in qualche modo, e si sentì arrossire
lentamente ma inesorabilmente al sol pensiero, al pensiero di tutto ciò che
stava accadendo, mentre affondava il viso nella lunga curva umida della sua
gola. Draco fece un suono disperato quando le labbra di Harry si dischiusero
sul punto accanto al suo orecchio, gemette e spinse la testa all'indietro
contro il muro quando Harry lasciò scivolare la bocca in una scia fino alla
gola. A metà strada lasciò che i denti gli graffiassero la pelle, e i gemiti di
Draco divennero irregolari.
Le mani di Draco strinsero ferocemente l'orlo della maglietta di
Harry e d'un tratto fu in movimento, un'ondata selvaggiamente istintiva da cui
Harry si lasciò trasportare senza pensare che avrebbe potuto cadere e
fregandosene dell'impatto della propria schiena con la cattedra, perché aveva di
nuovo la bocca di Draco. Aveva Draco addosso che lo baciava affannosamente
muovendo le mani e i fianchi, che si muovevano nonostante fossero incastrati
con quelli di Harry. Harry sentì entrambi ansimare e strinse le braccia attorno
al collo di Draco, attirando a sé la sua bocca per soffocare quei gemiti. Le
mani di Draco si insinuarono sotto la maglietta, le dita risalirono le costole
e artigliarono la sua pelle, spingendo in su la maglia, e Harry sospirò e si
inarcò, lasciandogli fare.
Draco sollevò la maglietta fino alla clavicola di Harry e scivolò
col corpo tra le sue gambe aperte. Harry chiuse gli occhi ma gridò quando sentì
la punta dei denti di Draco sulle costole, lì per tentarlo e assaporarlo e
farlo inarcare impotente ancora di più. La sua bocca viaggiò verso l'alto,
calda, lasciando sul petto di Harry una scia di brividi freddi. Harry lo chiamò
di nuovo pronunciando approssimativamente il nome di Draco, quando i suoi denti
gli si chiusero su un capezzolo. Il movimento prima graffiante e poi morbido
gli fece male per un attimo, e Harry strinse i denti e produsse suoni soffocati
che significavano che voleva di più.
Quando Draco tornò verso la sua bocca, a entrambi sfuggirono versi
bruschi e supplicanti ad ogni mossa. Il tessuto umido della camicia di Draco
era l'unica cosa tra i loro toraci e unirono di nuovo i fianchi mentre Draco
respirava affannosamente su di lui, iniziando a muoversi ancora prima di
toccargli le labbra.
"Harry," mormorò, col fiato corto e la voce pesante di
desiderio.
"Sì," mormorò a sua volta Harry, stregato dal movimento
dolorosamente piacevole e dalla promessa imminente della sua bocca.
"Dimmi solo che era una stupidaggine," disse Draco,
guardando la bocca di Harry come ipnotizzato. "Dimmi che non dicevi sul
serio, così possiamo... possiamo..."
Il fatto che non riusciva neanche a dirlo significava che moriva
dalla voglia di farlo, e Harry si mosse contro di lui e pensò, Dio sì,
qualsiasi cosa, perché Draco lo voleva e sarebbe stato così facile e così
bello, così...
Harry non era un esperto in materia, ma sapeva che non era giusto
mentire a chi si amava. Non su una cosa tanto importante.
Ripensò alla voce morbida e stanca di Draco nel momento in cui
aveva supplicato per un'altra ragione.
Non voglio nemmeno che mi lasci provare. Non... sto bene senza di
te.
"Sì che ero serio," Harry quasi grugnì tra le labbra di
Draco, continuando a muoversi sotto di lui. "Sono serio," aggiunse,
più dolcemente e in solo respiro contro la linea gonfia del labbro inferiore di
Draco, sentendo la spinta iniziale di un altro bacio. "Io..."
Draco si irrigidì. Guardò Harry con occhi sbarrati e selvaggi,
senza quasi vederlo davvero.
"No invece," ringhiò. "Fermati."
Si staccò da Harry e scappò via in quello che sembrò un unico
movimento. Harry era ancora steso sulla cattedra a cercare di rimettere insieme
i pezzi e di recuperare il fiato. Non riusciva neanche a rimettersi a posto la
maglietta, e pensò con improvvisa disperazione che non avrebbe mai ritrovato
gli occhiali.
Sommario: Ron fa sgradevoli scoperte, Draco fa due
dichiarazioni d'amore e Harry fa piangere le ragazze.
CapitoloDiciannove
Esilio
I haven't felt the sun for weeks
So long, so far from home
I feel just like I'm sinking
And I claw for solid ground
If all of the strength and all of the courage
Come and lift us from this place...
I know I can love you much better than this
[E' da settimane che non
sento il sole / Così tanto tempo, così lontano da casa / Mi sento come se
stessi sprofondando / E cerco di artigliare la terraferma / Se tutta la forza e
tutto il coraggio / Potessero sollevarci da questo posto... / So che potrei
amarti molto meglio di così]
Più tardi quella notte, Harry uscì dalle docce
dei dormitori e pregò che lo lasciassero in pace.
Ma dato che quelli che gli dei vogliono
distruggere, prima li rendono Harry Potter (*), Ron era lì a parlare degli
infiniti ‘e se' della chiusura di Hogwarts,
cosa a cui Harry preferiva non pensare. Si frizionò intenzionalmente i capelli
in direzione di Ron, ma Ron ignorò l'ovvio segnale.
"E mia madre dice che il cibo babbano può essere dannoso, cioè, loro credono che il
cioccolato faccia male e... ehi," disse Ron. "Harry. Che hai fatto al petto?"
Harry lo fissò, poi abbassò lo sguardo
sul proprio corpo traditore. C'era una scia di segni rossi fino allo stomaco,
e... oh Dio... aveva un
capezzolo gonfio.
"Io, ehm, ah, uhm," disse vago.
"Mm. Porta. Ho sbattuto contro una porta...?"
"Una porta con i denti," disse
piatto Ron.
Harry desiderò fortemente poter tornare a quando
avevano quattordici anni, prima che Ron e Hermione iniziassero a pomiciare,
quando Ron non avrebbe riconosciuto i segni dei denti nemmeno se avessero morso
lui, e Harry, al sol pensiero di Draco Malfoy che gli mordeva la pancia avrebbe
avuto un infarto e si sarebbe risparmiato tutti quei guai.
"E' un castello magico,"
insisté. "Con molte... porte magiche."
Ron era divertito. "Vuoi farmi credere che ti sei spupazzato una porta? Perché sei
mio amico, Harry, e ci crederò. Inoltre
lo dirò a Dean non appena arriva, e lo dirò a
Hermione, e presto tutta la scuola saprà che Harry Potter flirta
con oggetti inanimati..."
Harry nascose brevemente il viso nell'asciugamano, ma quando alzò
gli occhi Ron era ancora appoggiato alla testiera del letto a ridacchiare come
un matto. Cominciava a credere che sarebbe stato meglio restare al sicuro in
quel bel sottoscala, durante tutti quegli anni.
"Va' al diavolo!"
"Avanti,
Harry," disse Ron. "Ammettilo. Tanto lo so
già."
"...Cosa?" chiese Harry. Come
aveva fatto? Dove aveva nascosto il cadavere?
"E' piuttosto ovvio," continuò
Ron.
"Oddio," disse Harry. "Sei
arrabbiato? Sirius lo sa?"
"Credo di sì, Harry, dato che ti ha visto
mentre la baciavi."
"La?" disse Harry. "Cioè...
ehm, mi ha visto?"
"Ti abbiamo visto tutti! E guarda, non devi pensare che ce l'abbia con te solo perché è mia sorella. Insomma, sei un
bravo ragazzo, e mamma sarà contenta."
Harry sentì un peso terribile sprofondargli nello stomaco. Quanto
sarebbe stata semplice la vita, se avesse potuto
semplicemente chinare la testa e mormorare sì, grazie, e concentrarsi sulla
promessa di sicurezza e calore e vicinanza ai Weasley
da lì all'eternità. Entrare a far parte di quella famiglia era tutto ciò che desiderava quando aveva quattordici anni. Sarebbe stato perfetto.
"Non è Ginny,"
disse cupamente. "Vorrei tanto che lo fosse. Cioè...
no, non vorrei, ma vorrei... Vorrei tanto poterla desiderare."
Avrebbe voluto essere l'eroe semplice che di sicuro Ginny vedeva in lui, una persona priva di complicazioni e
paure, con l'unico obiettivo di salvare il mondo e farle perdere la testa, e
non invece un ragazzo furioso e insicuro e probabilmente destinato a morire
presto, che pensava che in qualche modo i suoi pezzi infranti avrebbero potuto
combaciare con quelli di Draco Malfoy.
"Voglio un'altra persona,"
proseguì a bassa voce.
Sollevò lo sguardo dai propri pugni stretti attorno
all'asciugamano. Ron lo fissava cercando di controllarsi.
"Adesso mi devi spiegare,"
sbottò, "perché diavolo illudi mia sorella se ti stai scopando un'altra
ragazza?"
"Non mi sto scopando un'altra ragazza!" esclamò Harry.
"Io... ok, senti, perché non ti siedi?"
Se Ron si fosse seduto, Harry avrebbe guadagnato
qualche secondo in più per fuggire. E poi, una volta sentito
ciò che aveva da dire, Ron avrebbe potuto svenire e... sbattere la testa, o
chissà che altro.
Ron si avvicinò al suo letto e si sedette lì, coi
pugni stretti sull'orlo dell'ira, e Harry non poteva certo dargli torto. Non
aveva pensato a Ginny. I Weasley
meritavano di meglio, e Ron era il suo migliore amico. Si meritava... la
verità, o qualcosa di simile.
Salì sul suo letto, si fissò le mani e inspirò a fondo, quindi
tornò a guardare Ron. Ron era seduto immobile ma rigido, gli occhi azzurri
concentrati e le ampie spalle pronte a scattare, come se si stesse
preparando al momento in cui avrebbe colpito Harry o Harry avrebbe colpito lui.
Per il momento, comunque, sembrava intenzionato ad
ascoltarlo con attenzione.
Harry gli doveva almeno quello.
"C'è un'altra persona," disse,
in un unico sospiro doloroso. "Da un po' di tempo."
"Da prima che baciassi Ginny," osservò Ron. Harry non pensava che la voce di Ron
potesse suonare così severa.
Si mise la mano sulla fronte e guardò i drappeggi attorno al letto
e le ombre familiari del dormitorio in cerca di supporto morale.
"Sì," disse. "Non... uhm. Non me ne sono accorto per un po', e poi è
successa una cosa, ed è... Ron, è tutto folle e impossibile, ed ero a pezzi."
"Oh mio Dio," sibilò Ron,
rientrando per un attimo nel territorio dell'amicizia. "La ami?"
Harry si schiarì la gola e ammise: "Sì. Solo che..."
"E' una professoressa?"
"No!" strillò Harry. Oddio, in effetti
Ron avrebbe accettato molto meglio la professoressa Sinistra. "Ma è una
cosa del genere," mormorò. "Questa
persona..."
"Il tuo amore segreto," si
intromise Ron, che aveva preso quelle parole da sua madre.
"Beh, sì, comunque... non è
interessata, ed è un casino, io sono un casino, tutto è un casino, e sarebbe
tutto molto dur... difficile, voglio dire..." si corresse Harry, sperando di non arrossire.
"Stai diventando rosso, amico,"
osservò critico Ron, prima di spalancare la bocca. "E' qualcuno di molto
giovane, vero?" domandò. "E' NatalieMcDonald, vero? Harry, ma è disgustoso, non ha neanche
quattordici anni-"
"Non è Natalie!" scattò Harry.
"Il fatto è che ero agitato per questa faccenda,"
continuò bruscamente. "Ed era ancora peggio, non ci parlavamo, ero
ubriaco, e Ginny era lì... come anche..."
Si interruppe. Ron strinse gli occhi.
"Fantastico."
"Senti, non ne vado orgoglioso, ok?"
"Beh, cazzo, lo spero
proprio!" esclamò Ron. "Dovrei prenderti a pugni, Harry. E' la mia
sorellina-"
"Lo so. Puoi picchiarmi se vuoi, mi dispia..."
Ron saltò su con il pugno chiuso. "Non dirlo!" ordinò. "Che importanza ha? Non sei l'unico a pezzi, Harry! Ci siamo
dentro tutti quanti, ed è davvero un casino. Hermione
è nella sua stanza a mettere in valigia tutti i libri
per i MAGO mentre piange come un agnellino, e non vuole nemmeno aprirmi la
porta. Sta lì tutta sola perché le altre ragazze sono scomparse, e non vuole
neanche..."
"E questo ti distrugge," disse
Harry piano. "Lei ha il potere di distruggerti perché la ami, sono anni
che non fate nient'altro che amarvi. Ora c'è una persona che amo, e..."
"Io non ho ferito nessuno!" urlò Ron. "Non uso nessuno quando lei mi fa soffrire. Lo so che sono stato
fortunato, e pare che tu non lo sia, ma questo non cambia le cose. Hermione è a
pezzi, ma lo è anche Ginny. Non aspetta altro che tu vada a salvarla perché è troppo paralizzata dalla paura per
cercare di farlo da sola. Io la conosco. E' brava ad agire, e non deluderebbe
mai nessuno, ma questa situazione... la gente che scompare e il male che si infiltra e noi che non possiamo fare niente... le ricorda
di quando rischiò la vita per quel maledetto diario. Non sa cosa fare adesso, e
non è nelle condizioni adatte per sopportare per sopportare
questa situazione, te che la baci perché hai paura anche tu e finalmente sei
tutto sottosopra per una ragazza. Non ne avevi il
diritto!"
"Lo so!" gridò a sua volta Harry, e lo sapeva davvero.
Solo che non ci aveva pensato. C'erano state così tante cose a cui pensare, e lui non era mai stato bravo con
i sentimenti, o con l'analisi delle emozioni altrui. Era un disastro nello
stare accanto alle persone, nell'essere premuroso, e adesso aveva davvero
deluso Ron.
"Colpiscimi," disse. "Dai, me lo merito."
Ron guardò Harry, poi il proprio pugno, con lo stesso stupore. Poi
lo lasciò cadere.
"Sei il mio migliore amico, e sta andando tutto a puttane," disse. "Non ti colpirò. Sei stato un idiota,
ma... anch'io lo sono a volte. E non avrei certo
capito i suoi sentimenti, se non fosse stata mia sorella. Le cose vanno troppo
male per mettersi a litigare... però, Harry, devi
rimediare." Lo sguardo e la voce di Ron tornarono entrambi normali.
"Vai da lei, ti spieghi e le chiedi scusa. E metti le cose in chiaro."
"Sì," disse Harry. "Va
bene."
Ron espirò a fondo. "Ok. Harry...
non è Hermione, vero?"
Era proprio da Ron essere così insicuro su Hermione da chiederlo,
ma non prima di essersi accertato della situazione dei componenti
della propria famiglia.
"No, non è Hermione," promise
Harry.
"Bene," disse Ron. "Perché non puoi averla. Ora vai a parlare con Ginny, ma prima mettiti una camicia."
Harry pescò una maglietta dal disordine totale attorno al suo
letto. Avrebbe dovuto raccogliere tutto quanto e metterlo in valigia prima che
sorgesse il sole. Ron si buttò steso sul letto, e l'eventualità di una rissa si
dissolse.
"Hermione ti prenderebbe a schiaffi se sapesse che hai
dubitato di lei," osservò vagamente Harry,
lottando con la maglietta.
"Ah sì?" disse Ron. "Beh, molto presto avrai una
ragazza e potrò vendicarmi."
"Una ragazza? Io?" chiese Harry.
Ron roteò gli occhi. "Sì, Harry, stupido idiota. Non
m'importa cosa ti sta dicendo la pollastrella: se si insinua
sotto la tua maglia e ti morde lungo tutto il petto, probabilmente un po' le
interessi."
"Ehm," disse Harry.
"Vai a parlare con Ginny.
Altrimenti ti picchio. E ti picchieranno anche Fred e Gorge, e anche Percy -
anche se di lui non ti accorgerai nemmeno - e infine ti picchierà Charlie. E avrà con sé dei draghi, per
cui non credo che rimarrà molto di te, e questo farà incazzareBill."
"Sei un amico, Ron," disse
asciutto Harry.
Ron si mise a sedere di scatto e per poco non cadde dal letto.
"Aspetta! Stavo per dimenticarmi di dirti una cosa. Forse è meglio se ti
metti a sedere, sarà uno shock per te. So che apprezzi il ragazzo..."
"Cosa?" chiese Harry.
"Anche se secondo me è una serpe e
avrebbero dovuto mandarlo ad Azkaban dalla nascita
per risparmiare tempo, mi dispiace che tu debba scoprirlo così..."
"Cos'è successo
a Draco?"
"Malfoy," disse Ron, "è
una checca paurosa!"
"Oh," disse Harry.
Ron lo fissò incredulo, evidentemente aspettandosi che urlasse ‘Una volta mi ha toccato la spalla nell'atrio! Non sarò mai
più pulito!' e cadesse preda di un attacco di panico.
Harry si chiese se il sistema nervoso di Ron avrebbe potuto
reggere lo shock di un'ulteriore rivelazione.
"A proposito di Draco," disse
con cautela.
"Beh, cosa?"
"Viene con noi domani," disse
in fretta Harry.
"CHE COSA?"
"Devo andare da Ginny," gli disse Harry, e fuggì.
*
Harry trovò Ginny nella sala comune. Lei
e Deanstavano scrivendo
lettere ai loro familiari. Entrambi sarebbero andati
via con la professoressa Sinistra: i parenti di Dean
erano Babbani, e non potevano proteggerlo, e i Weasley erano troppo nel mirino perché Ginny
potesse essere al sicuro a casa.
La colpa era anche di Harry. Ginny
sembrava così piccola col suo pigiama giallo, i capelli raccolti in due trecce mentre sorrideva alle battute di Dean
per fargli piacere. I Weasley erano stati sempre
buoni con lui, e lui li aveva messi in pericolo, e adesso avrebbe
ferito la loro piccola.
"Ciao," disse.
Ginny sollevò il viso e gli rivolse un sorriso
raggiante che lo fece sentire così in colpa da fargli
credere che avrebbe vomitato. "Harry,"
disse. "Ciao."
"Posso, uhm." Harry esitò. "Posso parlarti?"
"Io vado," disse Dean all'improvviso. Raccolse in fretta i suoi fogli e disse che se ne sarebbe andato in ogni caso, parlando in
modo da non costringere Harry e Ginny a farlo. Dean era premuroso, a differenza di un altro orribile
essere umano che si trovava di fronte a Ginny.
La guardò, rivolgendole finalmente la sua totale attenzione. I colori giallo e rosso gli riempirono gli occhi, e pareva
che la sala comune Grifondoro fosse il suo sfondo
naturale. Ginny sarebbe stata molto felice di essere
il posto in cui Harry potesse sentirsi a casa. Sarebbe stato tutto così
semplice e confortevole.
Lei non sarebbe mai stata una sfida, non sarebbe mai stata al suo
livello, ma nonostante questo Harry continuava a
desiderare di diventare il tipo di persona che avrebbe potuto amarla. E non ferirla come stava per fare.
Dean uscì discretamente, rivolgendo a Harry un unico
sguardo indecifrabile.
Harry si inginocchiò accanto al fuoco, ai
piedi di Ginny. I coniglietti sulle sue pantofole lo
fissarono con occhi minacciosi.
"Hai presente quando ci siamo
baciati," buttò lì Harry, e subito si maledisse.
Complimenti, Potter, molto sensibile.
Ginny gli porse una mano, ma se l'avesse
presa sarebbe esploso per il senso di colpa.
"Sì," disse lei, radiosa e
imperturbabile.
"Ginny,"
disse Harry, sconsolato.
"Harry," rispose lei senza
fiato.
Forse avrebbe fatto meglio a gettarsi giù dalla Torre di Grifondoro. Come opzione era molto
più allettante.
La guardò a disagio.
"Harry," disse Ginny. "Non c'è problema."
"No?" chiese Harry, animato da una speranza folle.
Lei si piegò in avanti, e la dolce bellezza dei suoi occhi lo
riempì di terrore. "Certo. So che sei timido, Harry, ma non c'è bisogno
che me lo chiedi."
Era terribile, incredibilmente terribile.
Si piegò ancora un po', le lentiggini simili a scie dorate alla luce del
camino, e Harry desiderò tanto aver scelto Charlie, i
draghi e la morte. Sarebbe stato molto rapido, bastava
tornare da Ron e Ron sarebbe stato ragionevole, avrebbe organizzato tutto al
meglio...
"Non sei tu," disse
bruscamente.
Quella mancanza di tatto doveva essere una specie di difetto
congenito.
Ginny sbatté le palpebre e deglutì. La bocca di Harry
ormai era un treno in corsa, mentre il suo cervello si era fatto da parte per
osservare l'imminente carneficina.
"Non sarai mai tu," proseguì.
"Non può succedere, devi dimenticartelo. Mi
dispiace tanto, Ginny, ma c'è un'altra persona.
No..."
Harry si fermò e, non avendo trovato alcun tatto a cui ricorrere,
andò avanti imperterrito con la cruda verità.
"Non c'è un'altra
persona," disse piano. "C'è questa persona e
basta. Non riesco nemmeno a pensare a qualcun altro, non così. C'è una persona,
e... non c'è proprio spazio per te. So di averti trattato davvero male, e non
ho scuse. Mi dispiace davve..."
"La ami?" La voce di Ginny era
diventata un sussurro ferito e mortificato. "Lei ti ama? Cioè... ti ama davvero davvero?"
Harry esitò. Si era approfittato di Ginny,
e adesso doveva dirle la verità. Inoltre, come gli
suggerì la sua parte più egoista, avrebbe sopportato che Ginny
gli voltasse le spalle. Non era importante quanto Ron.
"Lo amo," disse. "Per lui
non fa tanta differenza."
Gli occhi di Ginny si aprirono a tal
punto da farla somigliare a un elfo domestico. Harry
continuò a fissarla con sincerità.
"Lui?" disse Ginny, con voce
perfettamente piatta.
Harry tossì, ma non lasciò che il suo sguardo vacillasse. Non
sarebbe stato giusto farle credere che provasse vergogna. "Già."
"Sì," rispose Harry.
L'espressione di Ginny lo fece sentire più viscido di
un verme. "Scusami, Ginny. Ti ho illusa, non avrei mai dovuto baciarti. Ero..."
"Avevi litigato con lui in quel periodo,"
disse con calma Ginny. "Me lo ricordo, e lui
era... oddio, lui era nel pub, giusto?" La voce le si
incrinò e si mise una mano sulla bocca. "Ero così felice," mormorò. "Sono stata proprio
un'idiota."
"No, non sei un'idiota. E' stata colpa mia. Ginny, credimi, non volevo farti del male. Io... Tu sei mia amica. La tua famiglia è stata così gentile con
me, e..."
Il luccichio dei suoi occhi, che Harry aveva sperato fosse dovuto al calore del camino o persino alla rabbia
omicida, si tramutò in una lacrima.
"La mia famiglia. Non sono mai stata altro che un membro
qualsiasi dei Weasley per te, non è così?"
"Io... non è vero, Ginny. Io ti voglio bene."
Ginny si asciugò le lacrime con le dita, velocemente,
come se sperasse che lui non le avesse notate. "Ma non abbastanza," sussurrò. "Non più che a Draco Malfoy, Malfoy,
per... Preferisci una persona razzista e crudele..."
"Basta, Ginny. Puoi dire qualsiasi
cosa su di me, ma lui non ti ha fatto niente."
A quel punto non cercò più di nascondere le lacrime. Si raddrizzò
sulla poltrona, mentre le lacrime le rotolavano lungo le guance e gli occhi
affogavano e luccicavano insieme.
"No?" domandò. "Neanche suo padre mi ha mai fatto
niente? Non mi ha mai consegnato qualcosa che ha rischiato di togliermi la
vita, che mi ha fatto avere incubi ogni notte per anni, che mi fatta
s-svegliare col sangue fino ai gomiti e quel terrore..."
"Ginny,"
disse Harry, cercando la sua mano.
Lei rispose con un verso simile a un
grido e lo scacciò via. "No! Tu avresti dovuto salvarmi, non... non andare a letto col nemico!"
"Non sono andato a letto col nemico, e lui non è il nemico. Non è suo padre."
"No!" gridò Ginny. "Tu mi
hai salvato da suo padre. Adesso di chi dovrei fidarmi?"
"Puoi fidarti di te stessa,"
disse Harry.
Ginny lo guardò per un lungo istante. "Forse lo
farò," rispose. "Senti. Dimmi solo perché.
Non capisco... tu dovresti essere un eroe, una persona buona...
una persona grandiosa... perché mai dovresti scegliere un bullo assetato
di potere?"
"Non è stata una scelta,"
tagliò corto Harry. "Nessun altro è mai neanche stato sulla lista. Almeno
per lui non ero solo un eroe!"
Ginny si alzò in fretta quando
Harry alzò la voce, e lo fissò dall'alto.
"Bene," disse secca.
"Benissimo. Ora ho capito cosa devo fare."
Lo guardò ancora per un momento. "Sei proprio un bastardo, Harry Potter," gli disse, e se ne andò.
"Mi dispiace tanto," disse
Harry alla sua schiena coperta di giallo. Lei non si girò né si fermò mentre saliva le scale.
Beh. Sarebbe potuta andare meglio.
Forse non aveva tutti i torti su quella nota del bastardo, e ora
aveva dichiarato il suo amore per Draco Malfoy ai Weasley
più spesso che allo stesso Draco. Si sentiva male al sol pensiero. Non è che avesse molta esperienza in quel genere di cose... le persone
amate andavano trattate come la propria famiglia, e lui non ne aveva mai avuta
una. Tutto si sarebbe risolto in un disastro totale, e almeno questa idea gli era più familiare.
Stavano per chiudere Hogwarts e lui
pensava alla propria vita sentimentale. Era davvero
un bastardo.
Si sentì bussare dietro il ritratto della Signora Grassa.
"Scusa," disse una voce che
riconobbe come quella del Portiere NatalieMcDonald. "Avete finito? Perché vi ho sentiti gridare, ma devo proprio fare i bagagli..."
"Sì, certo, entra," disse
Harry.
Natalie entrò timidamente. Era una bella ragazza,
pensò Harry, ed era la seconda volta nel giro di pochi minuti che vedeva una
bella ragazza sul punto di piangere. Disse, "Ciao, Harry" con l'aria
di chi stesse per svenire.
Harry, mosso da un malnato desiderio di redimersi, la fermò e le
chiese: "Va tutto bene?"
"Oh... sì," rispose lei.
"Torno a casa da mamma e papà, per me va bene, ma... sono
appena andata a trovare il mio ragazzo. Ha paura da morire, i suoi genitori non
lo rivogliono a casa... per lui sarà molto difficile."
Le tremò il mento. "Dovrà andare al Maniero Malfoy."
"Malfoy... Natalie,
chi è il tuo ragazzo?"
"MalcolmBaddock," disse Natalie, sorridendo
al suono di quel nome.
"Un Serpeverde?" chiese Harry sempre più interessato,
visto che era il re dei bastardi.
"Beh, Harry, ormai nessuno è così stupido da avere pregiudizi
sui Serpeverde."
"No, no," disse in fretta
Harry. "Non ne ho mai avuti, comunque. Solo,
uhm... goliardia tra case. Per divertimento."
"Non è ciò che ho sentito io,"
disse Natalie, aggrottando la fronte. "Comunque, sai cosa dicono."
"Non... esattamente," rispose
lentamente Harry.
Natalie iniziò ad arrossire. "Beh, che i
Serpeverde baciano meglio di tutti," disse.
"Insomma, si dice che... i Grifondoro
si buttano a capofitto, i Corvonero ci pensano a
fondo, i Tassorosso ci provano con ardore... ma i
Serpeverde conoscono tutti i trucchi."
"Ehm," disse Harry.
Era scioccante. Quando aveva quattordici anni,
di certo né lui né i suoi amici andavano in giro a blaterare delle tecniche
amatorie dei Serpeverde. All'epoca avevano cercato di sconfiggere il
male, e... ok, si era fissato sull'invitare ChoChang al ballo e riuscire a
far espellere Draco Malfoy in maniera vergognosa, e Ron era rimasto indeciso
tra fare il filo a Hermione e scrivere ‘Signor FleurDelacour' sulla propria pergamena, e Hermione - sempre la
più sveglia - aveva sedotto una star internazionale del Quidditch.
Inoltre, stando alle esperienze effettivamente limitate di Harry, Natalie aveva assolutamente ragione.
"Insomma, non è solo per quello,"
si affrettò a precisare Natalie. "Malcolm mi piace davvero. Sono preoccupata sul serio,
lui... Vedi, Malfoy sarebbe dovuto andare con tutte le persone che hanno dei
genitori Mangia... cioè, che non li rivogliono a casa,
ma ora ha detto loro che Silente lo farà partire con te, e..." Si morse le
labbra. "Arriveranno al Maniero Malfoy per stare con la madre di Malfoy, e
lei non vuole prendersi questa responsabilità. Non... non sarà facile, e capisco che Malfoy deve essere
tenuto al sicuro, ma..." Si sfregò le braccia, come se le fosse venuta la
pelle d'oca nonostante il fuoco nel camino. "Malcolm
è davvero terrorizzato," disse piano. "E io ho paura per lui."
Il senso di colpa era gelido nella gola di Harry. Era tutta colpa
sua. Non era certo che avrebbe cambiato idea, se fosse stato possibile (era
vero, Draco doveva essere protetto) ma avrebbe dovuto
pensare alle conseguenze, così come avrebbe dovuto pensare a Ginny. Era ora di iniziare ad essere responsabile.
Si ricordò una cosa, strinse una spalla di Natalie
con una mano e disse: "Tu non hai paura."
Natalie lo guardò come se fosse impazzito.
"Oh sì che ce l'ho," rispose. "Te l'ho
appena detto."
Al diavolo, allora.
"Beh, non dovresti. Perché ho intenzione di uccidere
Voldemort," promise Harry, "dopodichè andrà
tutto bene."
In effetti sembrava rincuorata, forse aveva capito
che diceva sul serio. E lui diceva sul serio: voleva
agire, voleva vendicare tutti, dai suoi genitori alla McGranitt,
fino a Silente, così abbattuto da decidere di chiudere Hogwarts.
Era schifosamente incapace di prendersi cura degli altri, ma aveva affrontato
molti più pericoli di loro: le sue chance erano molto
più alte.
Qualcuno doveva farlo, e lui doveva fare
qualcosa.
Era quasi giugno, e dopo quell'estate
passata a nascondersi avrebbe compiuto diciott'anni e non sarebbe più stato uno studente: avrebbe potuto
fare l'addestramento con gli Auror, e poi un giorno,
in qualche modo, sarebbe stato pronto per farlo. Non vedeva
l'ora, già l'assaporava...
Vendetta o giustizia, non c'erano alternative. Doveva farlo e l'avrebbe fatto, per la salvezza di tutti.
Fino ad allora, ovviamente, era
condannato a restare un terribile idiota che faceva piangere le ragazze.
"Vuoi che ti aiuti a fare i bagagli?" le chiese, non
perché andasse fiero della sua abilità superiore nel piegare i vestiti, ma
perché forse per lei sarebbe stato meglio avere qualcuno con cui parlare nel
frattempo. Se fosse stato necessario, le avrebbe
ripetuto che avrebbe ucciso Voldemort.
Natalie accettò. Mentre la aiutava, qualcun altro
disse che aveva bisogno di una mano (o meglio, di una
persona sicura e rassicurante) e lui accontentò tutti. Non era convinto di star
facendo tutto al meglio, ma almeno stava facendo qualcosa.
L'alba era passata da un pezzo quando
tornò nel suo dormitorio. Dette una gomitata a Ron finché non si tese e non
esclamò, "Maledetti Vermicoli!"
"Ehm, sono io, Harry," disse
Harry. "Ho parlato con Ginny. Uhm, ho fatto un
casino. Scusami."
"Non mi aspettavo altro,"
mormorò Ron. "Senza offesa."
"Figurati."
Ron lo fissò incerto. "Malfoy viene sempre con noi, domani?"
"In realtà è oggi, comunque
sì," disse Harry in tono colpevole.
"Oddio. Speravo che fosse tutto un incubo orren..." Ron si addormentò nel bel mezzo della frase.
Harry preparò le valigie con la comprovata tecnica di raccattare
tutto dal pavimento sperando di non aver raccolto anche escrementi di gufo. Una volta finito guardò fuori dalla finestra. Il cielo era
grigio e freddo, ma leggero luminoso, e alcuni tocchi
di luce giungevano sulle colline attraverso dei varchi nelle nuvole, come
ciocche bianche tra i capelli grigi di un'anziana signora. Era mattina.
Era inutile cercare di dormire, e aveva passato tutta la notte a
dispensare rassicurazioni. Voleva...
Andò a cercare Draco.
*
Trovò Draco nella sala comune, impegnato a fare il giustiziere
della notte. Piuttosto ironico.
"Non si tratta di ‘l'ho trovato e me
lo tengo', perché non sei stato tu a trovarlo,"
stava dicendo severamente ad un ragazzino rosso di vergogna. "Tu ti sei
intromesso nel suo dormitorio, hai aperto il suo baule
con un incantesimo e l'hai preso, e soprattutto hai lasciato il baule aperto. E quindi sei stato beccato. Ti pare astuto?
Restituisciglielo immediatamente, abbiamo una reputazione da mantenere
qui."
Il ragazzo porse ciò che pareva un reggiseno con
l'aria rattristata di chi sa che commetterà crimini peggiori in futuro.
"E voi ragazze! Cassandra, venderle
la multiproprietà della tua statuetta di giada è stata un'idiozia da Tassorosso, ma è un oggetto piccolo e ve lo potrete inviare
via Gufo. Riguardo a chi se la prenderà per prima, se
avete in mente di lottare per deciderlo sono assolutamente disponibile a
fornirvi una vasca piena di marmellata, costumini
succinti e rinfreschi per il pubblico indubbiamente numeroso che raccogliereste.
Se l'idea non vi garba - e personalmente credo che questo la dica lunga -
potreste sempre lanciare una moneta."
La ragazza che aveva chiamato Cassandra, che Harry pensava fosse del sesto anno, sorrise e gli ammiccò. Draco ricambiò
l'occhiolino.
Draco se ne andava in giro ad ammiccare
con i pantaloni del pigiama e una vestaglia aperta. Si vedeva una parte del suo
petto. Era assurdo. Così distraeva l'attenzione della gente dall'impegno per la
guerra.
"Posso parlarti un attimo, o devo tornare dopo il combattimento?"
chiese Harry.
Draco lo guardò e strinse gli occhi. "Penso che possiamo
parlare adesso," concesse. "Cassandra, Ann, siete libere di cominciare a spogliarvi
mentre sono via."
Si incamminò e Harry lo seguì. Avrebbe giurato che
stesse imitando HughHefner,
se solo avesse creduto che Draco sapeva chi fosse HughHefner.
"Ci state mettendo un bel po' a fare i bagagli," osservò Harry. "Dev'essere
quella mancanza di rispetto per la proprietà privata a rallentare le cose."
"Non tutti i Serpeverde sono dei ladruncoli, Potter," disse Draco con dignità.
"Non cambia il fatto che ci state
mettendo secoli."
"Beh, non ho detto che nessuno di
noi lo è," disse Draco, con non meno dignità.
C'era una pergamena srotolata sulla sua scrivania, con la sua grafia sopra. Quando vide che
Harry la stava guardando, gli rivolse un'occhiataccia e andò a ripiegarla.
"E' un Gufo per mia madre,"
spiegò, poi si girò e guardò Harry, il viso affilato e sgradevole come ogni
volta che era teso. "Io... Senti. Potter. Ti devo
delle scuse."
Harry lo fissò. "Come, scusa?"
Lo sguardo di Draco rimase fisso nel vuoto in mezzo a loro.
"Sì, più o meno era quella la parola che avevo in
mente. Io non... non mi approfitto dei miei amici. Non
li uso. E non cerco di manipolarli per ottenere dei
vantaggi. Tutti gli altri posso manipolarli, ma... non
te. Quindi scusa. Non succederà più."
Era ufficiale: a Harry non succedeva mai niente di bello.
"Grazie del pensiero, Draco,"
disse Harry, mantenendo il volto impassibile.
Draco si incupì, apparentemente per uno
dei nodi della sua porta. "Sono ancora furioso per il modo in cui verrò trascinato via," disse, appena più rilassato,
come se per lui la rabbia fosse molto più naturale. "Hanno bisogno di me.
Avresti dovuto chiedermelo."
"Avresti detto di no! E come
potresti essergli d'aiuto, morto? Ragiona!"
"Sto cercando di ragionare,"
disse Draco tagliente. "Non mi va molto di litigare. Ma è stata una notte
difficile."
"Sì," disse Harry con trasporto.
"Sono tutti così spaventati."
"Tu no?"
Harry aggrottò la fronte. "Forse. Sono
più... sono più incazzato. Mi guardo intorno,
li vedo e vorrei uccidere qualcuno."
Un angolo della bocca di Draco si curvò in su.
"Oh, sì."
Harry sollevò anche lui un angolo della bocca. Entrambi sapevano essere davvero stronzi.
Quel breve attimo di intesa, un momento
fragile in cui sembrò che Draco potesse davvero guardarlo, fu infranto dalla
comparsa di Pansy e Zabini. Appena
fu sulla porta Zabini lanciò a Harry uno sguardo velenoso.
"Di nuovo il wonder boy
onnipresente," osservò. "Vuoi assicurarti di
prenderti qualcosa che serve ai Serpeverde?"
"Sta' zitto, Blaise," sbottò
Draco. Zabini lo ignorò. Camminò fino a Harry e sollevò un po' il viso per
guardarlo negli occhi.
"Mi fai schifo, Potter," disse
con attenzione. "Non fai che andartene in giro come se questo posso fosse tuo, il cucciolino di Silente, ignorandoci
quando non sei occupato a guardarci con quell'aria
preoccupata da ragazzo d'oro. Draco e io ti abbiamo
capito sin dall'inizio, e adesso per via di non so quale capriccio sei riuscito
a fargli cambiare idea, e hai deciso di portarci via il meglio che abbiamo
perché non hai mai, mai pensato che niente fosse importante quanto te!"
Mise entrambe le mani sul petto di Harry e lo spinse.
Harry era troppo stanco per litigare.
"Allontanati, Zabini, non mi piaci in quel senso," scattò. "Anzi, non mi piaci
affatto."
"Sì, smettila, Blaise," si
intromise severa Pansy e, ora che aveva tutti contro,
Blaise indietreggiò di un passo per guardare Harry con quegli occhi furiosi e
spaventati. "Siamo tutti stufi delle scenate. Ormai non possiamo farci
niente. Noi... sopravviveremo, e se Draco è in
pericolo è giusto che vada dove sarà al sicuro."
Il mento le tremava leggermente. Harry Potter faceva piangere le
ragazze.
"Non che io ti apprezzi, Potter,"
proseguì Pansy, girandosi verso di lui con
un'espressione glaciale. "Ti intrometti troppo e
sei sempre fra i piedi. Preferisco di gran lungaWeasley. Mantiene le distanze e mi compra la cioccolata.
Dovresti essere più simile a lui."
"Per carità!" disse Draco.
Fu allora che Pansy rischiò di
togliergli il fiato con un rapido e violento abbraccio. Lo strinse troppo forte
e fu un'esperienza tutto sommato molto dolorosa.
"Abbi cura di lui," gli sussurrò
minacciosamente all'orecchio. "Proteggilo, altrimenti ti taglierò le parti
intime con un incantesimo e le terrò in un vasetto per farci degli esperimenti."
"Mmh,"
disse Harry, impaurito.
Pansy si staccò da lui con un sorriso incredibilmente
falso. "E guardati le spalle anche tu, Potter.
Non ti scoperà mai nessuno se finirai sfigurato da due cicatrici."
"Ok,"
disse Harry.
Pansy aveva evitato accuratamente di guardare Draco
sin da quando era entrata nella stanza, ma ogni suo
muscolo era attratto da lui. Continuò a non guardarlo persino
quando gli andò accanto e si tese verso di lui, chinando il capo
sull'incavo della sua gola.
"Ho mandato un Gufo a mia madre,"
disse Draco. "Sarete al sicuro."
Doveva aver mandato due Gufi a sua madre, visto che anche il
foglio che aveva tolto dalla scrivania era diretto a lei. Strano. Harry si
chiedeva cosa le avesse detto.
"Lo so. Mi occuperò io degli altri. Non ti preoccupare per
noi, posso farcela," disse al suo collo con
grande convinzione.
"Occupati anche di te," ordinò
Draco, lisciandole i fitti capelli neri con una mano. "Mi mancherai,
svergognata," aggiunse parlando tra i suoi
capelli. "Soprattutto per gli abiti succinti con cui ti presentavi nella
sala comune."
"Mi mancherai," sussurrò Pansy in risposta. Avvicinò la bocca al suo orecchio e
disse, "Ti voglio bene."
Fu subito molto chiaro a Harry che doveva andarsene da quella
stanza senza battere ciglio e senza fare rumori. A che serviva la magia se non
permetteva una cosa del genere?
Draco chiuse gli occhi, il viso teso e livido, la pelle cinerea tesa sulle ossa. Mai aveva avuto quell'aspetto:
così stanco, triste e spaventato era grottesco, e Harry avrebbe voluto tirare viaPansy per impedirle di ferirlo
ancora.
"Anch'io ti voglio bene," disse
Draco, e la voce gli uscì calma e perfettamente normale attraverso i denti
serrati.
Pansy si mise a piangere. Harry si accorse che Zabini
lo stava fissando con gli occhi neri pieni d'odio.
"Sparisci," disse a denti stretti.
"Non ti basta quello che hai fatto? Vuoi restare per goderti la scena?
Sparisci!"
Né Draco né Pansy
parvero accorgersi che qualcuno stava parlando.
"Voglio che siano tutti al sicuro,"
disse Harry. "Ecco quello che sto cercando di fare. Voglio fare la cosa
giusta, anche se nel modo sbagliato. Alla fine riuscirò a far sì che siano
tutti al sicuro... persino tu, Zabini. Anche se non sei d'accordo."
"Un giorno o l'altro ti ucciderò,
Potter. Sparisci!"
"Un giorno o l'altro ti aiuterò, Blaise,"
disse Draco, senza aprire gli occhi. "Harry, so che stavi cercando di fare
la cosa giusta. E forse è davvero così. Ma in questo momento non conta. Ci vediamo dopo."
"Ok,"
disse Harry, e se ne andò.
La Sala Grande, vecchia e cupa, era
pervasa da una luce grigiastra quando Harry vi entrò,
e quel colore sbiadito quasi si confondeva col bianco della barba di Silente e
con l'azzurro dei suoi occhi, mentre era lì in piedi a salutare gli alunni.
Rivolse a Harry una versione triste e sottotono del suo vecchio sorriso, ormai
privo di qualsiasi luce.
"E' meglio così," disse.
"No," disse Harry, stringendo i
pugni. "Non importa a che prezzo, ma si continua a lottare. Non ci si
arrende così. Io non lo farò."
Hogwarts stava per chiudere i battenti, la sua Hogwarts, e tutti erano straziati e terrorizzati. Non
sapeva cosa fare per impedirlo, o almeno per migliorare la situazione, ma la
rabbia cresceva in lui, ogni minuto più forte. Promise una cosa ad ogni pietra,
ad ogni dolore e ogni persona che aveva conosciuto lì:
che avrebbe ucciso Voldemort.
*
Lasciarono Hogwarts molto sommessamente.
Hermione aveva immaginato che ci sarebbero stati squilli di
tromba, bandiere nere, una spada in fiamme a sbarrare l'uscita. Niente affatto: solo un gruppo di persone così strette da sembrare
ancora meno di quante erano, che si dirigevano alla stazione e si dividevano in
gruppetti attorno al professore assegnatogli. Quelli che sarebbero
tornati a casa dai genitori arrivarono tutti insieme e
a disagio, quasi vergognandosi della loro fortuna. Quelli destinati al Maniero
Malfoy, le cui case erano abbastanza forti magicamente da essere sicure, ma per
i quali tornare a casa avrebbe voluto dire unirsi a Tu-Sai-Chi,
si erano raggruppati attorno a una PansyParkinson versione capo branco.
I ragazzi che avrebbero alloggiato al Maniero
Malfoy erano più di quanto si aspettasse Hermione. Non pensava che così tanti
Serpeverde avrebbero voltato le spalle ai genitori... d'altronde sarebbe stato normale voler tornare alla sicurezza e al
confort di casa propria. Malfoy era più intelligente di quanto pensava, se era
riuscito a convincere così tante persone che la sicurezza non stava dalla parte
di Voldemort.
Sperava che PansyParkinson
non lo deludesse, quella stupida gatta morta che si truccava decisamente
troppo, si vestiva troppo poco e passava le lezioni a fare gli occhi dolci ai
ragazzi. Per quanto ne sapeva, Pansy
era brava solo a fare commenti acidi, neanche sinceramente crudeli come quelli
di Malfoy ma piuttosto viscidi, tipicamente femminili e così ambigui che i
ragazzi non se ne accorgevano mai, mentre le ragazze la odiavano sempre di più.
Tuttavia, quel giorno Hermione non aveva proprio tempo per i disprezzo. Pansy era agitata e
aveva delle occhiaie profonde. Hermione guardò i volti pallidi dei Serpeverde
(alcuni erano del primo anno) e le augurò buona fortuna.
Si sentiva in colpa per la gioia che provava al pensiero che
almeno loro non erano così soli, e avevano con sé dei professori. Cercò di non
pensare a come dovevano sentirsi sole le ragazze del suo dormitorio in quel
momento, vedendo che nessuno correva ad aiutarle... e incontrò lo sguardo
rassicurante di Lupin. Sentì Ron cercare la sua mano,
e la allontanò in modo da non fargliela prendere. Non voleva crollare lì sul
binario.
Tutti gli altri membri del gruppetto erano separati l'uno
dall'altro: Lupin provato e silenzioso, Sirius che cercava di comportarsi come se stessero per
partire per un'avventura, Harry con uno sguardo furioso che la spaventava.
Malfoy se ne stava in disparte chiuso in un silenzio di protesta, con un'aria
stupida per via degli abiti.
Il mondo babbanoera
grande abbastanza da perdercisi, aveva detto Lupin.
Avrebbero viaggiato con i mezzi di trasporto babbani,
non avrebbero ricevuto Gufi, avrebbero indossato uniformi scolastiche babbane e sarebbero stato dei
normali studenti babbani accompagnati dai professori
per un'escursione didattica sul latino. Hermione si sentiva come se l'avessero
chiusa fuori dal suo mondo e rispedita alla vita che
si aspettava quando aveva undici anni. Forse Harry provava la stessa cosa:
dopotutto aveva mormorato qualcosa come StonewallHigh.
Gli altri erano un po' strambi. Sirius
si era agghindato in stile chic anni Ottanta, e Hermione non se l'era sentita
di fargli presente che i jeans slavati non erano la
scelta migliore per chi era più vicino ai quaranta che ai trenta; Ron
continuava a tirarsi la cravatta come se fosse una catena pronta a strozzarlo,
e la sua espressione lasciava pensare che fosse davvero stato intrappolato in
una mise sadomaso e nutrisse seri dubbi circa il suo nuovo stile di vita. Prima
di allora Hermione aveva dato per scontato che, essendo i Weasley
abbastanza moderni da indossare jeans e felpe, si sarebbero sentiti a loro agio
con qualsiasi capo babbano, ma evidentemente le cose non stavano affatto così. I pantaloni avevano lasciato Ron
perplesso, la camicia con i bottoni l'aveva messo in agitazione, la cravatta
l'aveva avvilito e il blazer gli era sembrato gratuitamente crudele.
Malfoy sembrava fosse andato in guerra. I pantaloni,
fortunatamente, era riuscito a capirli, ma la camicia
bianca leggera era tutta spiegazzata e abbottonata male, la cravatta era
slegata e non c'era segno della giacca a vento. La sua bocca era tesa nella linea
crudele che di solito aveva prima di dire ‘sporca mezzosangue',
e guardava nel vuoto.
Persino quando TerryBoot
gli si era avvicinato per salutarlo, non se n'era quasi accorto.
Era stato estremamente scortese da parte
sua. Terry aveva detto: "Draco, voglio che tu
sappia che io continuo a..."e
Malfoy lo aveva fissato, lo aveva guardato truce e aveva detto: "Scusa,
hai detto qualcosa?"
Hermione sapeva bene che il motivo per cui
pensava solo ai vestiti, a Pansy e a tutto il resto,
era che sperava di non sentire il discorso di addio di Silente. Stava per
terminare, ancora un po' e sarebbe finito tutto, e le nuvole rendevano il cielo
greve e tetro, come se fosse sul punto di cadere e schiacciarli tutti.
C'era Ginny nel gruppo della
professoressa Sinistra, coi capelli brillanti che
ondeggiavano attorno al suo viso triste. Stava sussurrando qualcosa a Dean, che avvicinò la mano alla sua con aria quasi
speranzosa. Lei gliela lasciò stringere, il che era una novità...
Salirono tutti sulle carrozze. Hogwarts
finiva lì.
Mantenne alta la testa e continuò ad allontanare la mano da quella
di Ron. Harry le colpì la spalla con la sua quando
salirono sulla loro carrozza.
"Lo ucciderò, e poi potrai fare gli
esami," disse a bassa voce.
Hermione guardò i suoi occhi furiosi, e annuì. Forse si sentì
anche un po' più leggera. Harry era la persona sentimentalmente più ottusa che conoscesse, col suo ostinarsi a ferire Ginny
e i suoi gusti tremendi in fatto di ragazzi, ma si poteva contare su di lui
nelle emergenze. Sapeva che era rimasto sveglio tutta la notte con metà torre
di Grifondoro. Si poteva credere in Harry. Lei lo
aveva sempre fatto.
Rimase alquanto sorpresa quando Malfoy
occupò il posto accanto al suo prima che Ron potesse precederlo. Quando chiese direttamente a Lupin
di sederglisi accanto, capì: aveva messo il broncio a
Harry per una delle sue manipolazioni. Come se Harry non avesse già abbastanza
motivi per essere infelice.
Il treno cominciò a muoversi. Scorse Silente fuori, una figura
solitaria stagliata sul grigio. Si strinse le unghie nei palmi.
Lasciarono la stazione di Hogwarts.
Calò un silenzio teso e terribile. A Hermione faceva male la gola.
Malfoy lo ruppe, perché era un bastardo insolente.
"Secondo me avrebbero potuto... come
dicono i Babbani? - postarci i MAGO.
Lei avrebbe potuto supervisionarci, professor Lupin.
Sono certo che la commissione si sarebbe fidata
ciecamente di lei."
Un altro difetto di Malfoy, e ne aveva
così tanti che era difficile tenere il conto, era che era un lecchino
spudorato.
Ron gli rivolse uno sguardo schifato. "Oltre che un dannato
Serpeverde, sei pure matto," disse. "E'
meraviglioso averti tra noi, Malfoy."
"Beh, è una pagliacciata impedirci di fare i
MAGO," disse Malfoy, e Hermione l'avrebbe quasi apprezzato se non
avesse aggiunto: "Si aspettano che mi affatichi per niente? E che ne sarà delle nostre prospettive lavorative? Ci
saranno ripercussioni sulla mia carriera politica?"
"Ci saranno conseguenze sulle nostre carriere?" chiese
Ron, improvvisamente teso.
Malfoy alzò le sopracciglia, "Non certo sul tipo di carriera
che potresti avere tu, Weasley."
"Sta' zitto," disse stanco
Harry.
Ron fu nobile e lo ignorò. "Sul serio, professor Lupin. Perché stavo pensando, ecco, di entrare in affari
nel campo della magia pratica - sa, me la cavo abbastanza bene - e poi, ehm,
insomma, di prendere un appartamento per due..."
"Harry ce l'ha già un
appartamento," disse distrattamente Hermione.
Capì solo quando Ron arrossì fino alla
punta dei capelli che, nel suo pensare ad altro, era stata incredibilmente
ottusa.
"Ehm. Lo so," disse Ron. "Ma stavo pensando. Ehm. Se ti andasse,
tra un anno o giù di lì... puoi pensarci quanto vuoi, davvero, se non hai
nessun altro programma... Non avrai mica scritto a quell'idiota
di ViktorKrum, vero?"
"No, Ron," gli giurò. Hermione,
sorridendo. Era più o meno la centesima volta che
glielo chiedeva.
"I giocatori di Quidditch viaggiano
un sacco, e... hanno anche le groupies. E' uno stile
di vita corrotto, Hermione, davvero, non credo che saresti felice..."
Ron che si comportava da stupido le era così caro e familiare che
si mosse e prese la sua mano tra le sue, giocandoci.
Le mani di Hermione si perdevano tra quelle di Ron, ma lui lasciò che tentasse
di afferrarle.
"E' che non ci avevo pensato, Ron,"
disse. Lui la guardò con i suoi occhi blu decisi, a cui poteva aggrapparsi e
sentirsi amata e protetta, e che nella loro muta richiesta contenevano la sua
insicurezza passata. Hermione gli strinse le mani e continuò: "Ma ci
penserò."
"Sì?" disse Ron, e si illuminò.
"Grande."
Malfoy sbuffo e Hermione lo guardò truce mentre alzava
gli occhi al cielo. "Grifondoro innamorati," li schernì. "Che
teneri. Vi dispiace se vomito fuori dal
finestrino?"
"Signor Malfoy, sia civile,"
disse Lupin, facendo sbuffare sia Harry che Sirius.
"Mi scusi, professore," si
affrettò a dire Malfoy il leccapiedi. "E la
prego, mi dia del tu."
"Va bene, Draco," disse Lupin spassionatamente.
Malfoy dedicò a Lupin il suo sorrisino
provocante. Era il genere di sorriso che ti faceva dimenticare che aveva il
naso a punta e la camicia sgualcita.
Lupin tirò fuori un libro. Malfoy iniziò a parlarne
con lui.
L'atteggiamento di Malfoy suggeriva che non era ancora a stretto
contatto con Harry, e che anche se l'aveva fatto, evidentemente in quel momento
per lui non c'era alcun Harry. Hermione decise fra sé e sé di prendere da parte
Malfoy al più presto e di ottenere risposte su cosa diavolo aveva in mente.
"Dobbiamo proprio usare i trasporti babbani?"
chiese Malfoy all'improvviso. "Insomma, ci sono tutte quelle malattie
particolari, no?, e non abbiamo Madama Chips con noi..."
"Oh, Malfoy, se pensi che siamo tanto disgustosi perché non
scappi, invece di venire con noi?" domandò Hermione.
Malfoy la guardò, abbassò le ciglia argentee e assunse
l'espressione più seria che mai gli avesse visto, prima di rispondere: "Ho
le mie ragioni."
Hermione lo fissò confusa, ricordando i volti esangui di tutti
quei giovani Serpeverde. Malfoy sembrava quasi vulnerabile in quel momento, con
la curva della bocca tremante.
"Beh... perché, allora?" chiese, più gentilmente.
Con suo enorme stupore, lui si mosse verso di
lei come per stringerle la mano, e parlò a bassa voce.
"Perché..." Si fermò e la
guardò negli occhi. "Perché ti amo, Hermione,"
sussurrò.
Hermione restò a bocca aperta.
Malfoy ridacchiò. "La faccia che hai fatto non ha prezzo."
"Sei proprio uno stronzo, Draco
Malfoy!"
Malfoy si limitò a scuotere la testa e a ridacchiare contento tra sé. Hermione guardò Ron e lesse il suo stesso
oltraggio nei suoi occhi, poi guardò Harry, che stava
scuotendo la testa sorridendo leggermente.
Malfoy era la peggiore influenza possibile. Bisognava occuparsi di
lui.
Dovettero aspettare sul treno finché non furono scesi tutti. Loro
erano gli ultimi.
Il treno era l'ultimo pezzo di Hogwarts
che gli restava, e Hermione lasciò che Ron la abbracciasse perché non era certa
di voler attraversare il muro del Binario 9 e ¾.
Tuttavia lo fece. Lo fecero tutti, e si
ritrovarono alla stazione di King's Cross sul binario
Dieci, insieme a uomini d'affari in abiti grigi,
bambini dai volti sudaticci e una massa di gente di cui adesso aveva quasi
paura.
Non dicevo sul serio quando ero stressata
e desideravo di essere come tutti gli altri, pensò. Voglio tornare indietro, ho
imparato a vivere in mondo fatto di incantesimi. Non
so cosa fare qui, non per sempre. Voglio tornare indietro.
Le travi di acciaio li sovrastavano, il
cemento era duro sotto i loro piedi. Non c'era alcuna macchina a vapore rossa e
nessun castello. La magia era scomparsa.
Raggiunsero la biglietteria e Sirius
fece i biglietti per tutti. Dovevano recarsi a Stonehenge,
tutto lì. Malfoy camminava molto vicino aLupin.
"Non avevo mai visto questa parte della stazione," disse col suo solito tono sarcastico, trattenendo a
stento un fremito. "Il mondo babbano è enorme e
brutto come questo posto, vero?"
"Sei sempre stato un codardo, Malfoy,"
disse tagliente Hermione.
"Non sono un codardo!" sbottò Malfoy.
"Non lo è," disse piano Harry.
Hermione lo guardò contrariata, ma non stava
affatto guardando Malfoy col suo sguardo innamorato. Era ancora
arrabbiato, e aveva parlato con pura convinzione. Lo credeva davvero.
Ripensò al modo in cui Malfoy l'aveva stretta dopo che avevano
trovato la McGranitt, e aprì la bocca per chiedere
scusa, ma... era un bulletto schifoso. La richiuse.
Il treno era un contenitore triste e rumoroso dall'aspetto squallido. Malfoy era così occupato a lamentarsi dei sedili
sdruciti che Sirius, Lupin,
Ron e Hermione occuparono i posti da quattro, e lui fu costretto a sedersi con
Harry.
"Mi ripeta come ci organizzeremo per dormire e fare colazione," disse. "Posso dividere la stanza con lei?"
Hermione si rifiutò di mettere insieme il tono dolce e lusinghiero
della sua voce e il modo in cui spalancò gli occhi per ottenere una spiegazione
di quel comportamento. Perché non ci si comportava così con
gli insegnati, perché era sbagliato, sbagliato, schifoso e sbagliato.
"Non dividerò la stanza con quel piccolo viscido... cioè, voglio dire, è meglio di no," disse Sirius, ricordandosi in ritardo di essere un educatore e
tutore imparziale.
"Oh," disse Draco in tono
piatto. "Perché, dovrei dividerla anche con lei,
professor Black? Allora non fa niente."
Lupin, a cui Hermione fu appassionatamente grata per
il modo in cui finse di non aver nemmeno sentito la richiesta scioccante di
Malfoy, rispiegò i programmi. C'era una stanza con tre letti all'inizio del
corridoio, due dei quali sarebbero stati occupati da Lupin
e Sirius. Non c'erano finestre, per
cui era la stanza più a rischio di attacco. Poi c'era una stanza con due
letti, e l'ultima con un lettone a due piazze.
"Hermione può prendere la stanza col
letto grande, e Harry starà con noi," decise Sirius,
appagato.
Ron fece un verso strozzato di protesta. Hermione dedusse che il
significato di ‘Gyaaargh!' era che Malfoy era il
male, che probabilmente avrebbe ucciso Ron nel sonno, oppure - ancora peggio! -
l'avrebbe molestato nel sonno, e insomma per farla breve, no.
"Non credo che Ron sia d'accordo,"
disse diplomaticamente.
"Beh, allora può dormire lui con noi,"
propose Lupin.
"Sì. La prego, sì," disse Ron
disperato.
"No!" disse secco Malfoy. "No, scelgo Weasley."
Ron strinse Hermione in una morsa letale per non essere preso.
Harry non disse una parola. Il suo silenzio era quasi assordante.
Hermione si stupì di sé. "Va bene,"
disse. Voleva parlare con Malfoy in privato. Quale opportunità migliore?
"Hermione!" gridò Ron.
Lupin era rimasto attonito. "Non sono sicuro che
possiamo permettere ad un ragazzo e una ragazza di condividere la stanza..."
"Ascolti, professore," disse
Hermione, avvicinandosi a lui e sorridendo. "Mi faccia il favore. Avanti.
E' Malfoy. Ron non vuole dormire con lui, e... Ron non vuole dormire con lui, e
a me non importa. Lo sa che piuttosto bacerei un Ippogrifo."
"Ammettilo, Granger,
mi desideri."
Hermione lo guardò sconvolta e Sirius
sbuffò molto forte.
"Perché parli così, piccolo idiota?"
chiese quest'ultimo. "Ti è forse sfuggito che
non sei altro che un albino?"
"Forse," disse altezzoso
Malfoy, "ma ho una struttura ossea bellissima."
"Credo che possa andare bene,"
disse Lupin, e sorrise a entrambi. "Se
mettessimo uno specchio nella stanza, Draco potrebbe anche non notare la
presenza di Hermione."
Malfoy era felice di essersi ingraziato almeno un professore, e
ricambiò il suo sorriso con un'aria attraente.
"Due me, dice? Sarà corretto nei confronti di Granger? Ha vissuto in modo appartato: potrebbe avere un
infarto."
"Malfoy," esplose Ron, "i
tuoi genitori avrebbero dovuto affogarti alla nascita."
Malfoy storse la bocca. "Non nominare i miei genitori solo
perché ti preoccupi per le mutandine della tua piccola Mezzosangue."
"Oddio, Draco," tuonò Harry.
"Sta' zitto."
Il suo urlo echeggiò nella carrozza. Ron e Sirius,
entrambi sul punto di perdere la pazienza e iniziare a litigare, ammutolirono
insieme agli altri. Malfoy girò la testa e guardò
Harry, e Hermione si accorse che non lo aveva fatto una sola volta quella
mattina.
"Sai benissimo che non diceva sul serio! Smettila di
prendertela con chiunque, dobbiamo passarci tutti..."
"Oh, dubito che tu abbia la minima idea di ciò che sto
passando io," sogghignò Malfoy.
Harry sbatté il pugno contro il plexiglas del finestrino.
"No? Tu credi?" domandò. La sua mano si
chiuse attorno al braccio di Malfoy, le sue dita così bianche che la pelle di
Malfoy doveva essersi fatta rossa al di sotto. "Muoviti. Andiamo."
Si alzò in piedi e Malfoy si alzò con
lui, solo per spingerlo all'indietro e oltrepassare la porta davanti a lui.
Harry lo seguì e se la richiuse alle spalle.
"Perché
sono amici?" chiese Ron. "Se litigano tutto
il tempo, perché devono essere amici? Non potevano rimanere rivali? A me andava
benissimo!"
Soffocate dalla porta, si udirono delle urla.
Sirius e Ron cominciarono a scommettere su quanto
sarebbe durato Malfoy in caso di rissa.
*
Nel corridoio stretto tra le carrozze, Harry spinse via Draco per non colpirlo, e colpì forte la parete.
"Oddio, cazzo,"
disse. "Niente sta andando come avrei voluto! Mi sono scordato di dire addio a Hagrid, ti
rendi conto? Lui è una delle persone che mi sono state
vicino sin da quando ero piccolo, e me ne sono andato così."
La luce fluorescente era rotta, emanava
un bagliore opaco solo da un lato. Gli occhi di Draco brillavano freddi nella
penombra.
"Tu te ne sei
andato così," disse sarcastico. "Hai la
minima idea di cosa mi sono lasciato alle spalle io? Hai la minima idea di
cosa... avevo promesso
di proteggerli e ho dovuto abbandonarli! Hai la minima idea di quanto ti odio, cazzo?"
"Non m'importa!" gridò Harry. "Non m'importa, non m'importa,
voglio solo spaccare qualcosa.
Pensavo che tutto sarebbe andato bene se solo fossi riuscito a promettere a me
stesso che avrei ucciso Voldemort, maHogwarts era la mia casa e ci abbiamo provato col Giovane
Ordine e le riunioni nella tua stanza, ci abbiamo provato tutti e non è servito
a un cazzo."
Draco avanzò nello spazio personale di Harry.
"Non parlarmi di cose inutili!" sibilò. "Ci ho
messo tutto me stesso per unirli! Ora non so più cos'ho, non so
più chi sono e non voglio essere un codardo!"
"Non sei un codardo, stupido idiota!" gli urlò Harry.
"E non m'importa se mi disprezzi, preferisco
quello piuttosto che saperti in pericolo, ma non ci sarebbe stato bisogno di
scegliere se mi avessero permesso di combattere! Odio questa situazione. Odio tutto!"
Si mosse per spingere Draco contro la parete, pur di fare
qualcosa, qualsiasi cosa, e Draco fece resistenza.
Restò immobile, e Harry si accorse che aveva messo la mano sulla spalla di
Draco e che i loro volti erano distanti pochi millimetri.
Ed era già sudato e senza fiato.
All'improvviso ammutolirono entrambi.
Harry riuscì a sentire l'alito caldo di Draco sulla guancia. Sentiva
il battito del cuore di Draco sotto la mano, e mosse le dita fino ai muscoli
del suo collo. La pelle era liscia e tremante al suo tocco.
Molto lentamente, Draco inclinò la testa nella giusta angolazione. Harry vide il luccichio della lingua e dei denti
dietro le sue labbra dischiuse.
Poteva sentire ogni centimetro del corpo di Draco. Avrebbe potuto scattare e afferrare i capelli di Draco, e
lui avrebbe aperto la sua bocca rovente sotto la sua. Se uno
dei due si fosse mosso...
E Draco aveva già paura. Dopo una notte piena di
donne in lacrime, Harry sentiva di doversi impegnare per essere meno
insensibile, e... Draco aveva sempre voluto attirare l'attenzione, aveva sempre
lottato per adeguarsi alle aspettative degli altri e fatto di tutto per far
ridere. Harry se n'era accorto quando l'aveva visto
cercare l'approvazione di Lupin. Draco aveva bisogno
degli altri, e odiava sentirsi dipendente.
Draco era disperato.
Espirò a fondo, fece un passo indietro e crollò sul pavimento,
appoggiandosi alla parete opposta e tenendosi le mani intorno alle ginocchia
per non cadere in tentazione.
"Oh, merda,"
disse di nuovo, poi si tolse gli occhiali e si massaggiò la fronte. Quando li inforcò nuovamente e alzò lo sguardo, Draco si era seduto
contro l'altra parete.
"Vedo che siamo in completo accordo,"
osservò Draco, con la tipica voce gelida Malfoy che Harry conosceva fin troppo
bene, anche se i suoi zigomi erano spruzzati di un lieve colore. "Odi
tutto? Anch'io odio tutto."
"Non ti odio sempre," disse
stanco Harry.
"Beh," concesse Draco.
"Forse non sempre." Esitò. "E neanche la
maggior parte del tempo. So che stavi cercando di... proteggermi, o
chissà che, ma non posso dimenticarmi di loro! E non posso perdonare te,
adesso, per essere riuscito a fare l'eroe solitario del cazzo."
"Il fatto non è che sei un codardo, Draco,"
disse Harry, che ci aveva pensato su. "Il fatto è che hai il modo di
pensare di un comandante di esercito. Vuoi delle forze
armate per il tuo piano di battaglia."
Draco ci pensò su a sua volta, e sembrò apprezzare l'idea.
"E questo fa di me un guerriero più moderno ed efficiente," notò con ovvia soddisfazione. Harry alzò le spalle,
e Draco aggiunse: "Non preoccuparti per Hagrid.
Sono certo di aver fatto impallidire il povero Terry
lì sul binario."
"Che peccato," disse Harry con
assoluta sincerità.
"Non ti piace, vero? Come mai?"
"Ehm... i bibliofili. Non mi piacciono,"
rispose Harry.
Draco sollevò le sopracciglia. "Poveri me e Granger. Il favore di Harry Potter ci è
stato ritirato. Si rende chiaramente necessario un patto suicida."
"Taci, cretino."
"Oooh, Harry, mi spiace davvero che
i tuoi nobili istinti siano stati frustrati dalla vile resa di tutti gli altri
a Hogwarts. Ti andrebbe di tornare con un treno
occupato e cantare nobili inni di resistenza, esigere di fare i MAGO e tutto il resto? Scommetto che Granger
si unirebbe a noi, se sentisse il pezzo sui MAGO."
"Forse non è un piano molto pratico,"
disse Harry con una certa dose di dispiacere.
"Cosa sento? Logica sulla bocca di
Harry Potter," strascicò Draco. "Il mio
bambino è diventato un ometto. Sto per mettermi a piangere."
Il treno sobbalzò e la luce si spense, poi si riaccese del tutto.
Harry vide la luce evidenziare il sudore sul collo di Draco, e pensò a come
sarebbe stato leccare quel punto morbido proprio sotto la sua mandibola.
"Ti rendi conto," disse Draco,
con molta calma, "che ci urliamo contro e la pensiamo allo stesso modo? Se
continuiamo così, entro domani ci ammazzeremo."
"Giusto," disse Harry,
ripensando alla curva gonfia della bocca di Draco la notte prima. Scosse il
capo. "Sì, giusto, hai pienamente ragione."
Il viso di Draco si contorse in qualcosa di simile al rimorso.
"Sono un genio, lo sai."
"Così continui a ripetermi,"
disse Harry, e sorrise.
"Ho peggiorato una situazione già brutta. E' colpa mia.
Scusa, Harry, è stata una cosa irresponsabile e imperdonabile mentre sei... mentre non sai ancora niente di queste cose. Sono tuo
amico e dovrei aiutarti anziché confonderti."
L'espressione di Draco suggeriva che si stava concentrando per
un'autocritica privata e severa. Harry cominciava a sentirsi in estremo
imbarazzo. Era stato quasi certo che Draco fosse... no, al diavolo, era sicuro che Draco fosse...
ma era anche vero che Harry non aveva molta esperienza.
"Insomma, non hai ancora scelto uno stile di vita, non ne hai
idea," continuò Draco, con voce severa e il
labbro inferiore tra i denti.
"Oh," disse Harry. "Ci ho
pensato. Ho deciso che non importa."
Draco chiuse gli occhi come se stesse provando dolore.
"Senti mai voci che non siano del
Signore Oscuro, nella testa?" chiese con cautela. "Qualche voce che
magari ti dice di bruciare qualcosa perchè il fuoco è
bello, o magari di metterti un tutù giallo ed esibirti in un rituale di
accoppiamento per ranuncoli?"
"Non sono pazzo, Draco."
"Certo che no," lo consolò
Draco. "Ma sarebbe meglio se non ascoltassi le
voci, Harry. Ti basta dirgli di no, è questa la chiave."
"E' solo che non m'importa. Cioè,
non con tutto ciò che sta succedendo. Potrei finire senza alcuna vita per cui dover scegliere uno stile, e non vedo per quale
ragione dovrei perdere tempo ad arrovellarmi su ciò che provo come un cretino,
quando è tutto così semplice." Si concentrò a fondo sulle proprie mani
annodate, cercò di superare il magone di mortificazione
che aveva nello stomaco e disse: "Voglio te. Se ci sarà
qualcun altro..."
"Quando ci
sarà qualcun altro," lo corresse Draco, con voce
flebile. "Quando, tra breve, ci sarà qualcun altro."
"Non credo," disse Harry,
cocciuto. "Se ci sarà, allora mi chiarirò le
idee. Per adesso non c'è nessun altro, quindi che importa?"
La bocca di Draco continuava a cambiare espressione, come se fosse
incerto su come reagire a quella conversazione. Continuava a cercare di
guardare Harry senza riuscirci.
Certo, Harry se ne accorse solo per gli
sguardi sfuggenti che rivolse a Draco mentre si concentrava sulla linea bianca
delle proprie nocche.
"Non puoi non accorgerti che è pura follia, Potter," disse infine, con un gesto vago. "Insomma...
dai, non puoi mica volere che ci mettiamo insieme o cose simili."
Mettersi insieme. Che espressione
stupida, stupida e imbarazzante.
"Non mi dispiacerebbe,"
mormorò, poi decise di mandare tutto al diavolo e guardò Draco dritto negli
occhi. "Cioè, sì. Sì. E' quello che voglio."
Era la prima volta che Harry faceva una proposta del genere a
qualcuno, per non parlare del fatto che non avrebbe mai pensato di rivolgerla a
Draco, e che non si era certo immaginato che la persona a cui l'avrebbe detto
avrebbe appoggiato la fronte sulle braccia e avrebbe detto: "Non può essere la mia vita, questa."
"Senti, Draco," sbottò Harry.
"Ti è piaciuto? Ieri notte?"
Draco sollevò il viso dalle braccia, guardò Harry con prudenza e
si piegò di nuovo.
"Sì," disse brevemente.
"Sì, ma... non voglio mandare tutto a puttane perché tu sei confuso e io
sono debole e in preda agli ormoni. Non voglio... non voglio non doverti più
guardare in faccia perché quando andavamo a scuola ci fu qualcosa tra noi e tu
non ricordi più per quale motivo."
"Me lo ricorderò," disse Harry,
e quando Draco alzò lo sguardo gli porse un debole sorriso. "E' tutta
colpa della struttura ossea. Ho un debole per le strutture ossee ben fatte."
Draco rise davvero, cosa che in quel giorno, fra
tutti, era un risultato pazzesco.
"Va bene," disse dopo un
minuto. "Allora torna lì dentro e racconta tutto a Weasley."
Harry lo guardò e si alzò lentamente in piedi. "Ok."
"Siediti! Non muoverti, sei impazzito?"
Harry si sedette perché Draco era in preda al panico, anche se
generalmente non obbediva a comandi strillati solo per rafforzare la
convinzione di Draco di essere il Comandante Supremo dell'Universo.
"Ma non ti vergogni?" chiese
Draco.
"Non credo che tu sia una cosa di cui vergognarsi," disse con calma.
Draco lo indicò con un dito. "Tu sei matto. Lo sapevo! E tutto ciò che ho detto è ancora
valido," aggiunse. "I sentimenti sono bugie,
poi arriverebbe il momento in cui ti renderesti conto
di aver fatto una cazzata, e... non posso. Cioè, non voglio."
Non si aspettava altro, ed era già stato abbastanza
ragazzetta senza fare la donnetta offesa. Si concentrò sul muro dietro
la testa di Draco e cercò di parlare con voce normale.
"Ok,"
disse. "Tocca a te decidere. Sono contento che ci parliamo di nuovo, comunque, e che mi guardi di nuovo."
"Certo," replicò Draco, che al
momento non stava facendo quell'ultima cosa.
"Ora che abbiamo sistemato tutto e il mondo rimane
un posto crudele e odioso, ed entrambi vorremmo tanto uccidere qualcuno, che ne
dici di tornare dagli altri? Temo che Weasley si
disperi senza di me."
Harry si alzò in piedi e porse una mano a Draco per aiutarlo.
Draco la prese, con un'aria leggermente meno stanca.
Draco aveva bisogno degli altri, e per adesso aveva solo Harry.
Non era giusto esserne felici.
"La tua camicia è un disastro,"
disse Harry, lasciandolo andare e toccandogli una spalla. "Cosa ci hai fatto, il wrestling?
L'hai accartocciata finché non ti ha chiesto pietà e l'hai indossata?"
Draco lo guardò superbo. "Mi dava fastidio. Ecco il destino di
tutti i nemici dei Malfoy."
"La cravatta andrebbe annodata, fra l'altro."
"Oooh, la tua esperienza in fatto
di costumi babbani mi fa letteralmente fremere di ammirazione, davvero."
"Scusami tanto se le mie conoscenze sono superiori alle tue.
Non è colpa mia se sono così colto."
Draco mantenne aperta la porta. "Dopo di lei, o eroe
onnisciente," disse con voce annoiata.
Harry aveva già meno voglia di spaccare tutto.
*
Quando ritornarono stavano quasi sorridendo. Hermione
si stupì lei stessa dell'occhiata che rivolse a
entrambi, sicura che se fosse successo qualcosa di strano se ne sarebbe
accorta. Per non parlare del fatto che sperava che Harry si comportasse con
decenza, con Ron e Sirius ad una carrozza di distanza
dall'arresto cardiaco.
Comunque, fu fastidioso vedere Harry visibilmente
più calmo e felice dopo che Malfoy si era comportato da stronzo
razzista e si erano gridati addosso. Era frustrante e inspiegabile.
"Perdoni le mie parole indelicate, gentile damigella," disse Malfoy, e Hermione fu certa che solo il suo
sguardo assassino gli impedì di inchinarsi. Piuttosto sogghignò.
"Va bene," disse con poca
convinzione.
"L'hai colpito, Harry?" chiese Sirius,
sporgendosi verso di lui. "O l'hai prima messo in
ginocchio?"
"Non gli ho fatto niente,"
rispose Harry. Anche la sua voce era più rilassata, e
Hermione fu grata per quell'informazione.
"Ti ha colpito lui?" chiese Sirius.
"Quel viscido furetto!"
Malfoy lo guardò tranquillo. "L'ho ucciso,"
disse felicemente, mentre lui e Harry tornavano a sedersi ai loro posti.
"Poi ho trasfigurato il mio fazzoletto da tasca in Harry Potter, per
sfuggire alle ripercussioni e ingannarvi tutti. Dite
che la mia pezzolina riuscirà a sconfiggere il
male?"
"L'idiota sta cercando di dire che
nessuno ha colpito nessuno," disse Harry pazientemente.
A volte Hermione pensava che sarebbe stato semplice essere gentile
con Malfoy, se solo Harry avesse continuato a sognare ad occhi aperti che
Malfoy venisse mangiato dalla piovra gigante,
piuttosto che disturbandola terribilmente usando quel tono che irradiava
affetto. Non aveva alcun problema ad accettare che Harry fosse attratto da
lui... ad alcuni piacevano quel genere di cose, Malfoy era biondo e vanesio.
Non aveva mai capito neanche la sua cotta per ChoChang. E Harry era ingenuo, per lui
essere attratto da qualcuno era una cosa seria, per quello aveva lo sguardo da
lunatico. Solo che ogni volta che Malfoy faceva o diceva qualcosa e Harry
reagiva con quella gratitudine calorosa, le tornava in mente che era la persona
che lui, lui, che era... la persona...
Le faceva venire la nausea, tutto lì. Una volta lei e Ron gli bastavano.
Malfoy, rilassandosi come un gattone
contento, estrasse un libro dal suo borsone e lo gettò a Harry.
"E' sulle alternative vegetariane ai
sacrifici di sangue," spiegò, riuscendo perfettamente a gestire la
difficile impresa di strascicare con entusiasmo. "Insomma, sono sicuro che
manchi di stile, ma siamo in un'epoca decadente e ci sono sempre meno vergini,
quindi le radici innocenti sono il sostituto più vicino. Inoltre
è soprattutto tecnico, rimarresti sconvolto dai punti in comune tra piante e
persone. A volte si assomigliano davvero."
"Affascinante, Draco. Dico davvero,"
disse Harry serio.
Malfoy alzò le sopracciglia e ridacchiò. Si tuffò nel suo libro
(che ad onor del vero sembrava interessante, e se avessero condiviso la stanza
Hermione avrebbe approfittato della cosa per raccattare ogni libro che avesse
lasciato in giro) e Harry guardò fuori dal finestrino.
O meglio, Harry guardò fuori dal
finestrino per un po', ma era stata una lunga notte per lui. Tutti abbassarono
la voce quando il respiro di Harry si fece più
profondo, Sirius e Ron tornarono a discutere su chi
dovesse del denaro a chi, Lupin tornò al suo libro e
soltanto Hermione si accorse che Harry era scivolato nel sonno e la sua testa
era finita sulla spalla di Malfoy.
Malfoy abbassò gli occhi su di lui, e il suo viso si rilassò
nell'espressione più dolce che Hermione gli avesse mai visto. Poi sprofondò un
po' sul sedile, tese l'altra mano e sfilò gli occhiali a Harry. Se li mise in tasca.
A quel punto si accorse che Hermione lo stava fissando e le
rivolse uno guardo glaciale e torvo, posò la guancia
contro i capelli di Harry e tornò al suo libro, mentre il suo viso ritornò al
solito ghigno freddo.
Doveva prendere da parte Malfoy e parlargli il più presto
possibile.
Una volta giunti alla loro fermata, Malfoy svegliò
Harry dicendogli "Buh!" nell'orecchio e
passandogli gli occhiali mentre Harry si muoveva, mormorava e apriva gli occhi
a metà prima di sorridere. Il più presto possibile, promise di nuovo Hermione. Se si fosse trattato di chiunque altro, avrebbe giurato che
Malfoy fosse dolce con Harry. Era ingiusto.
Quando furono fuori, e iniziarono a guardare le strade
grigie e sudice di una delle zone meno attraenti di Salisbury
al calare della sera, Hermione realizzò tutt'un
tratto che aveva usato la vita sentimentale di Harry per non pensare a quanto
erano lontani da casa.
Voleva Hogwarts. E
se proprio non era possibile, voleva mamma e papà.
Aveva Ron che le stringeva la mano. Riuscì a non mettersi a
piangere.
"Qualcosa mi dice che non siamo più
in Kansas, Totò," disse Harry. (**)
Malfoy gli scoccò un'occhiata finto-scocciata.
"Non siamo più dove? Con chi ce l'hai? Sei
proprio matto, Harry Potter. Probabilmente è per tutto quel
tempo nel sottoscala, l'ambiente è vitale per le menti giovani.
Professor Lupin! Mi fa citazioni babbane.
Non è gentile, e non è giusto."
Il gomito di Harry toccava l'interno di quello di Draco. Hermione
si aggrappò alla mano di Ron e guardò il viso stanco di Lupin,
gli occhi neri e irrequieti di Sirius, e capì che
quelle persone erano l'ultima cosa che le restava del suo mondo.
Era patetico, ma aveva una paura tremenda.
Continuò ad aver paura quando irruppero
nel bed and breakfast, e Lupin
sorrise con fascino stanco alla donna del luogo porgendole una carta di
credito, che Malfoy chiese di poter toccare.
"Carino questo denaro di plastica,"
disse. "Potrei averne uno per me?"
Harry gliela tolse di mano con decisione. Poi Malfoy si sollazzò
denigrando Salisbury.
"E smettila," ringhiò Sirius alla fine. "Anche il
Maniero Malfoy è nel Wiltshire, ci sono stato per un
matrimonio. Sei uno del posto, dannazione."
"Non ho niente a che fare con le squallide
periferie babbane," disse sdegnosamente Malfoy.
Lupin rimproverò Malfoy per aver detto la parola ‘babbane', lasciò guardare a Ron la carta di credito e
propose di andare tutti a letto presto.
"Già, io e Granger vorremmo stare
da soli," disse Malfoy, godendosi l'espressione
omicida di Ron con gioia serena. "Non vede l'ora di sguazzare
nell'innominabile lussuria carnale della mia pelle contro sulla sua," proseguì.
"Hai ragione, non vedo l'ora di darti un ceffone," lo informò vivacemente Hermione. "Adesso entra
e cambiati per primo, e tu, Harry, vai nella tua stanza. Sei chiaramente a
pezzi."
Harry obbedì piuttosto gentilmente, attraversando il corridoio
imbiancato col tappeto marrone scuro e un lieve odore di medicinali. Gli altri
erano così esausti che lo seguirono ed entrarono nelle rispettive stanze. Ron
si fermò per darle un bacio.
"Tra un po' vengo a trovarti,"
promise. "Sopportare Malfoy, che eroina! Rimedierò io per lui. Ti cucinerò
una cena, o magari..."arrossì,
"eseguirò favori sessuali su richiesta, o cose del genere."
Hermione lo baciò dolcemente. "Un buon libro è sempre il
benvenuto, lo sai," mormorò.
"Grazie tante," disse Ron, e la
abbracciò forte prima di lasciarla andare.
Hermione rimase nel corridoio freddo e angusto e prese fiato. Poco
dopo Malfoy uscì e lei strillò inorridita.
"Mettiti una maglietta, Malfoy!"
"Dormire con una delle mie camicie?"
chiese Malfoy con voce glaciale. "Non credo proprio. Mi piego a indossare abiti da notte solo perché sei una signorina.
Non ci sono abituato, e probabilmente non riuscirò a dormire. Mi verranno le
occhiaie, e dovrai sentirti in colpa per aver guastato la mia bellezza radiosa."
"Oddio, sta' zitto," disse
Hermione con passione, ed entrò.
Ora capiva come ci era riuscito. Aveva
parlato con Harry fino a distruggergli il cervello e renderlo cera tra le sue
mani. Gli aveva rubato la facoltà di pensare con le sue fastidiosissime
chiacchiere senza fine.
Scelse il pigiama blu abbottonato fino al collo, si legò
severamente i capelli, entrò nel letto e si tirò le lenzuola fin sotto il
mento, poi disse a Malfoy che poteva entrare.
"Granger, splendida visione di
delizia," strascicò Malfoy, trattenendosi sulla
porta al fine, dedusse Hermione, di sembrare lascivo a petto nudo.
Conosceva decine di uomini più belli di
lui e con delle belle spalle.
"Se hai intenzione di scocciarmi, Malfoy, puoi dormire nel
corridoio," lo informò. "Mi farebbe comodo
un fermaspifferi dietro la porta."
Malfoy alzò gli occhi verso le crepe nel soffitto, le scuciture
del tappeto marrone e infine le lenzuola bianche di seconda mano.
"Qualsiasi cosa possa farti stare
meglio in questo posto è mio dovere di gentiluomo."
"Beh... bene," disse Hermione,
che preferiva l'approccio diretto. "Bene, perché voglio che tu faccia una
cosa per me."
"Hai capito, la gattina," disse
Malfoy, fintamente scandalizzato.
"Puoi smetterla di fare lo scemo, entra nel tuo letto e
parlami."
Malfoy roteò gli occhi. "Mi stai spezzando il cuore," dichiarò, e si gettò drammaticamente sul letto con
una mano sulla fronte. Hermione rise leggermente, perché era chiaro che era
quello l'obiettivo di Malfoy, e in effetti era
piuttosto divertente.
"Credo che sia giunta l'ora di fare quattro chiacchiere."
"Allora parla, Granger," disse pigramente Malfoy.
"Voglio parlare di Harry."
Malfoy si irrigidì. "Cosa c'entra lui?"
Hermione voleva incrociare lo sguardo di Malfoy, ma lui restò
fermo sotto le lenzuola, appoggiato sui gomiti, con gli occhi fissi davanti a
sé. Hermione vedeva solo il suo profilo duro e indecifrabile.
"Ci tengo a lui, tutto qui. Immagino che tu lo sappia,
ovviamente."
"Infatti," disse Malfoy
distaccato.
Continuava a non guardarla, e Hermione pensò che forse era stata ingiusta. Quel pensiero la fece arrabbiare al
punto che si mise a sedere e sbottò.
"Malfoy, voglio solo sapere cosa sta succedendo! Dici che sei dalla nostra parte, bene, penso che le cose
siano già messe abbastanza male senza bisogno di te che manipoli Harry. Voglio
sapere cosa stai facendo con lui. Voglio sapere cos'hai in mente."
"Qualcosa di terribile,"
rispose Malfoy, in tono piatto.
"Da te non mi aspetto altro! Non fa che attraversare alti e
bassi da quando avete iniziato a frequentarvi. Ho bisogno di sapere che non
stai cercando di ferirlo. Ho bisogno di sapere che sei
davvero suo amico!"
"Sono suo amico, allora!" scattò Malfoy, rivolgendole
uno sguardo avvelenato e tendendosi in avanti. "Sono suo amico, o
perlomeno tornerò ad essere suo
amico, dopo che si sarà tolto queste stupide idee dalla testa, e non puoi
impedirmi-"
In quel momento inopportuno, Ron entrò nella stanza. Hermione non
era mai stata così infelice di vederlo.
Ron interpretò la sua espressione accusatoria come un segno di
benvenuto, e andò a sedersi sul letto cingendola con un braccio.
"Ehi," disse. "Volevo
controllare come te la cavavi col maledetto Malfoy."
Avevano proceduto bene fin quando non si
era fatto vivo Ron, ma Hermione chiuse gli occhi e si appoggiò a lui quando le
baciò la tempia. Era così stanca, e si sentiva così sola. A quell'ora
di solito faceva l'appello.
Ron le baciò l'angolo della bocca e lei sospirò e lo accarezzò.
"Oh mio Dio," esclamò Malfoy.
"Rituali di accoppiamento Grifondoro
davanti ai miei occhi. Perché a me?"
"Oh, chiudi il becco, Malfoy,"
disse Ron, e la baciò di nuovo.
Si sentì uno sfregare di lenzuola, ma
Hermione tenne gli occhi chiusi e si lasciò rapire da quelle breve illusione di
calore e sicurezza. Poi la voce sgradevole di Malfoy ruppe il silenzio.
"Vado a dormire con Harry,"
annunciò, e sbatté la porta.
Bastardo!
*
Harry era steso nel letto e pensava a Draco.
Oh, e qual era la novità? Pensò esasperato, girandosi sul fianco.
Avrebbe dovuto pensare a Voldemort, al pericolo che stavano affrontando,
all'indomani. Era un eroe dannatamente patetico, che lasciava che i pensieri su
Draco vincessero gli altri e vi si sovrapponessero.
Cosa penserebbe Draco, cosa avrebbe direbbe se
sapesse... o più semplicemente, come sarebbero le cose se avessi Draco con me
in questa situazione? Con me nel senso di mio.
Quel costante desiderio amaro. Se era quello
l'amore...
Era maledettamente stupido!
Era così umiliante essere costretto dal suo
subconscio, ogni notte, a richiamare alcune immagini e ad aggrapparvisi,
cercando di convincersi che fosse Draco, Draco, Draco...
Draco si intrufolò nella sua stanza.
Harry era così certo che fosse un sogno che afferrò gli occhiali,
e cominciò a crederci solo guardando Draco attraverso le lenti e le impronte
delle sue dita sudate.
Draco era lì che lo guardava. Indossava solo un paio di pantaloni
neri del pigiama, e nonostante la mente di Harry cercasse disperatamente una
spiegazione alla sua presenza, una parte di lui era
impegnata a catalogare immagini con fare da maniaco.
La curva bianca delle sue spalle, il torace liscio e pallido. Il modo in cui il tessuto nero gli mordeva dolcemente i fianchi.
I piedi nudi e, ovviamente, quella fastidiosa aria
sicura di sé, come se fosse tutto assolutamente normale.
"Non fraintendermi, Harry,"
strascicò, "ma posso entrare nel letto con te?"
La bocca di Harry era troppo secca per
rispondere, con sua tremenda vergogna. Riuscì solo a fare un gesto tipo
‘fa pure'.
Si sentiva estremamente sensibile, come
capita dopo un bel bagno caldo. Ogni suo poro gli urlava messaggi.
Sentì il soffio di aria fredda quando
Draco sollevò le lenzuola. Il peso di un altro corpo sul materasso,
una cosa che Harry non aveva mai provato in vita sua e che francamente era
meravigliosa. Il calore del corpo di Draco, che sembrava irradiarsi
verso Harry in modo indecente.
E poi l'aspetto di Draco, steso accanto a lui, coi
capelli appena un po' gonfi sul cuscino. Harry provò una gioia improvvisa e
oscena.
"Weasley è entrato nella stanza di Granger," spiegò Draco,
scivolando più a fondo sotto le lenzuola. "Se
l'abbia fatto per le coccole o per una scopata, non ho voluto scoprirlo. Non mi
serve quel tipo di trauma."
Harry ritrovò la voce. Era impossibile che fosse la sua, la sua
non gracchiava in modo tanto allarmante.
"Non fa niente."
L'angolo della bocca di Draco si contorse leggermente.
"Potter, Potter, se ti ecciti tanto per una dormita la testa potrebbe esploderti, se GinnyWeasley decidesse di offrirsi a te."
"Smettila," disse secco Harry.
L'espressione che assunse Draco lasciava trasparire un certo
dispiacere. Harry dovette combattere l'impulso di voltarsi e baciarlo.
"Scusa," disse Draco, con la
sua voce meno sincera.
A Draco piaceva suonare falso quando
diceva cose che pensava ma che non avrebbe voluto dire.
Harry sospirò. Adesso capiva Draco, pensò.
Riusciva a interpretare la maggior pare dei segnali
che l'avevano frustrato, confuso e infine intrigato. Sapeva che Hermione non ci
credeva, ma sarebbe dovuto essere cieco per non
accorgersi che era un grande stronzo, metà del tempo.
E lo amava terribilmente, cosa che naturalmente
rendeva uno stronzo anche lui.
"Ok."
Il sorriso di Draco si fece malizioso.
"Beh, buonanotte, Harry. Domani sarà una lunga giornata,
quindi cerca di non prenderti libertà con la mia
persona, mentre dormo."
"Buonanotte, Draco," rispose
asciutto Harry.
Draco rotolò sul fianco, volgendo la schiena a Harry, e sembrò
prepararsi ad addormentarsi.
Se pensava che in quel modo avrebbe aiutato Harry
a distrarsi, si sbagliava di grosso.
Harry rimase steso a guardare il profilo di quella schiena, la
definizione fin troppo nitida delle sue scapole e la linea dritta della spina
dorsale.
Smettila di sbavare su una schiena, Harry Potter. Stai diventando
veramente triste.
Piuttosto si mise a dormire.
*
La prima cosa che vide nel sonno fu una sfera di cristallo con
dentro luci e urla, poi un sovrapporsi di immagini
sfocate e suoni confusi.
Una risata acuta che conosceva e odiava.
Un mantello nero che svolazzava su un sentiero
di pietre, ombre e le fiamme di varie torce che si mescolavano in alto. Una
donna che cadeva sulle pietre, una donna che gridava un nome. Il tonfo
orrendo di una testa sulla pietra.
Il terrore corse gelido nelle sue vene o in quelle di qualcun
altro, provò un senso di panico, urgenza, ma soprattutto incredulità. Qualcuno
si chiedeva come potesse essere vero...
Occhi rossi nel buio. Occhi rossi con il sangue
di mille vite dentro, e un bagliore di luce lunare su capelli biondi.
Chi...?
"Non credere che non ti punirò."
Una donna urlava di dolore stavolta, dolore
orribile e insopportabile... non poteva fare niente per lei... solo
testimoniare e gridare in silenzio, gridare perché se non si fossero fermati
quella donna sarebbe...
"No!"
Harry si alzò a sedere, col petto che fremeva e tutto sudato sotto
la maglia del pigiama. Il mondo era sfocato intorno a lui, e per un attimo
pensò di essere ancora... lì - dovunque si trovasse -
con quella donna...
Harry sbatté gli occhi.
Era nel letto, i capelli di Draco splendevano sul cuscino accanto a
lui. Era... Era stato solo un altro sogno su
Voldemort, uno di quelli...
Harry si morse forte il labbro e gettò la testa all'indietro
finché il suo labbro non sanguinò e i muscoli del suo collo urlarono di dolore.
Solo un altro sogno in cui era costretto a
sapere che qualcuno stava soffrendo, e che non poteva fare altro che saperlo. Non poteva mai fare
niente per aiutare, non c'erano indizi, non c'era niente tranne svegliarsi
disperato e tremante, scosso da un terrore lancinante. Ora che Hogwarts era stata chiusa, non poteva nemmeno metterlo nel
Sognatoio. Non serviva a niente!
Cercò di calmarsi, si stese con l'odore della
propria paura nelle narici e quell'insopportabile
nodo di disperazione nel petto. Aveva gli occhi così secchi che gli bruciavano.
Appena la sua testa ricadde sul cuscino la voce di Draco raggiunse il suo orecchio, impastata per il sonno.
"Harry...?"
Harry cercò di respingere il magone nella
sua gola.
"Va tutto bene. Era solo... un brutto sogno."
Aveva freddo, e stava iniziando a tremare."
Quella donna che urlava... e lui non poteva fare niente.
"Mmmh,"
mormorò Draco, il verso di chi tornava a dormire. D'altronde non si era mai
svegliato del tutto.
Fu allora che Harry si accorse che stava tremando contro Draco.
Doveva essere balzato su di lui, svegliandosi. Avrebbe dovuto spostarsi di
nuovo.
Con una lentezza addormentata, le braccia di Draco lo cinsero.
Harry si immobilizzò all'istante. La sua
mente continuò a catalogare. Devo ricordare questo, e questo, e questo...
Un braccio attorno alle spalle di Harry, stretto
sulle sue scapole. L'altro poggiato sul fianco di Harry, le dita
piegate sulle sue costole. La sensazione del petto caldo di sonno di
Draco schiacciato contro quello di Harry.
La sua guancia e il solletico appena accennato
dei suoi capelli sul viso di Harry, il sussurro di calore della sua bocca sul
collo di Harry.
"Mmmh,"
mormorò Draco, muovendo le labbra sulla pelle della gola di Harry e facendogli
venire i brividi. "Shhh. E' tutto a posto."
Harry non era mai stato abbracciato dopo un
incubo prima di allora, figurarsi abbracciato da una persona che amava.
Il primo impulso fu quello di cercare di avvicinarsi, baciare, accarezzare e
stringere, ma aveva il terrore che il proposito gentile e filtrato dal sonno di
Draco potesse cambiare. Se si fosse svegliato un po' di più...
Harry restò fermo per un attimo, quindi mise le braccia con
cautela intorno a Draco. Draco fece un verso leggero, simile a quello di un
cucciolo che cercasse di dormire comodamente. La sua
pelle era morbida, e Harry lo accarezzò lungo tutta la spina dorsale.
Sentì la bocca di Draco curvarsi sul suo collo.
"Harry," disse a bassa voce.
Harry sentì il corpo di Draco rilassarsi ancora di più contro il suo. Era quasi
liquido, acciambellato accanto a lui, e la mente di Harry stava per frantumarsi
per il benessere.
Perché nessuno gli aveva mai detto che
gli incubi potevano sparire, con una cosa tanto semplice?
"Ti amo," sussurrò Harry, e
stavolta non sembrò così tremendo, né spaventoso.
Draco si era già riaddormentato. Harry baciò un angolo del suo
occhio e spinse più forte il viso contro il suo. Il dolore si disciolse
delicatamente, lasciandolo abbandonato e rilassato e, nonostante tutto, quasi
felice.
(*) dal celebre aforisma di Euripide: "Quelli che gli dei vogliono
distruggere, prima li rendono pazzi."
(**) citazione da "Il mago di Oz". Scusate, queste note non ci sono
in originale, ma forse per noi sono meno familiari. D'altronde Maya fa matta
per la letteratura per l'infanzia!
Sommario: La mia beta si è commossa perché questo capitolo
l'ha fatta riflettere sul bellissimo amore di Draco Malfoy e Arthur Weasley.
Credo non ci sia bisogno di dire altro.
Capitolo Venti
A raccolta
You can't change the way I am
I'll be the last to help you understand
Try and love me if you can
Are you strong enough to be my man?
When I've shown you that I just don't care
When I'm throwing punches at the air
Are you man enough to understand?
Are
you man enough to be my man?
[Non puoi cambiare il mio
modo di essere / Sarò l'ultimo ad aiutarti a capire / Prova ad amarmi, se ci
riesci / Sei abbastanza forte da essere il mio uomo? / Quando ti avrò
dimostrato che proprio non m'importa niente / Quando prenderò a pugni l'aria /
Sarai abbastanza uomo da capire? / Sarai abbastanza uomo da essere il mio
uomo?]
Harry non si era reso conto di non vedere l'ora di svegliarsi
accanto a Draco finché non si svegliò senza di lui.
Addirittura prima di aprire gli occhi, riuscì solo a starsene
disteso e a pensare come sarebbe stato se non si fosse svegliato da solo.
Guardare la pelle così vicina ai suoi occhi da diventare il
candido sfondo di capelli biondi sottili che rifulgevano come argento sulla
nuca di Draco. Calore e pace e una certa sicurezza nell'essere insieme,
nell'essere capace di misurare il tempo con il respiro di un'altra persona.
Stava cominciando ad avere delle idee creative che riguardavano il
petto di Draco sul suo, voci roche e mani contro pelle calda di sonno, quando
gli venne in mente che lasciarsi andare a fantasie roventi su Draco con Draco
nella stanza sarebbe stato incredibilmente stupido.
Aprì gli occhi in fretta.
Draco uscì dal bagno lavandosi i denti.
Era giovane e allegro alla luce del mattino, i capelli incasinati,
e indossava dei pantaloni grigi classici e una camicia che cercava di
abbottonarsi con una sola mano. Rivolse a Harry un sorriso smagliante intorno
allo spazzolino da denti.
Harry sentì la fitta di delusione nel suo petto alleviarsi.
L'intera scena era così... confortevole. Avrebbe potuto abituarcisi, fin troppo
facilmente.
Poi si accigliò. "Non è il mio spazzolino, quello?"
"Fì," disse Draco, prima di togliersi lo spazzolino di
bocca. "La mia bocca faceva schifo," spiegò impunemente. "Sapevo
che per te non sarebbe stato un problema."
Sul labbro inferiore gli era rimasto un po' di dentifricio, a mo'
di ornamento. A Harry la sua bocca faceva tutto tranne che schifo.
Mancava solo il feticcio del dentifricio e sarebbe diventato un
vero maniaco.
"Lupin ha lasciato a tutti e due delle uniformi
babbane," continuò Draco, gesticolando tra sé. "A quanto pare per
fingere di essere in gita scolastica con i professori dobbiamo necessariamente
indossare le uniformi tutto il tempo, stando alle crudeli regole della
spaventosa scuola babbana da cui veniamo. Avrei voluto inventare un nome falso
per me, ma Lupin ha detto che non ce n'era bisogno." Era onestamente
deluso. "Guastafeste."
Harry si alzò sui gomiti, senza riuscire a smettere di sorridere.
Draco gli fece una smorfia.
"Datti una mossa, Potter. Voglio fare colazione."
Harry sbadigliò e si stiracchiò. "Com'è che sei così sveglio?
Pensavo dormissi sempre fino a tardi."
"Infatti è tardi," rispose Draco distrattamente.
"Sono le undici passate. Dormivi come un tronco."
Prese la cravatta e la esaminò perplesso. Alla fine se la mise
intorno al collo. Poi tirò su i due lembi e cercò di muoverli senza criterio.
"Ehm," disse finalmente. "Un aiutino??"
Harry avrebbe voluto essere meno patetico, e riuscire a fermare
quel sorriso perenne.
Si alzò e prese i due lembi della cravatta di Draco.
Certo, così facendo fu costretto ad avvicinarsi a Draco, cosa che
aveva sempre un effetto infelice sulla sua capacità di pensare. Cercò di
sembrare calmo quando fece un passo verso di lui e sentì quella cupa sensazione
in gola, come se gli mancasse il respiro.
Draco odorava... beh, più che altro di dentifricio.
Harry annodò la cravatta meglio che poté e indietreggiò.
Funzionava molto meglio quando gli era un po' distante.
"Grazie," disse Draco, col suo tono più signorile.
"Adesso muoviti, dai, sto morendo di fame."
"Prima mi devo radere," mormorò Harry, dirigendosi verso
il bagno mentre si stropicciava gli occhi.
Draco lo seguì, cosa che si sarebbe rivelata piuttosto
problematica se Harry avesse avuto bisogno di andare al gabinetto. Inoltre
Draco si appollaiò sul lavandino e si sporse mentre Harry cercava di radersi.
Harry avrebbe davvero voluto che gli desse fastidio, ma quella
sensazione di calma persisteva.
"Ehi," disse Draco, scrutando il viso di Harry con fare
critico. "Ma guarda lì che barbetta. Hai un culo sfacciato."
Se Draco continuava a guardarlo, alla fine si sarebbe tagliato la
gola.
"Perché?"
"Oh, mi piace." Draco sembrava assorto. "E' virile,
e io non riuscirò mai ad averla, disgraziatamente."
"Scusa se ho molto più fascino maschile di te." Harry
mantenne un'espressione neutrale mentre Draco farfugliava indignato.
Più tardi, mentre Harry si metteva i calzini, rifletté su quanto
era patetico. Non gli era stata offerta alcuna speranza. Non c'era stato altro
che un po' di consolazione nel sonno e un sorriso al mattino. Però quella
sensazione di essere al caldo e al sicuro lo pervadeva, e la ragione non
riusciva a cancellarla.
Se non fosse stato per... tutto il resto, il bisogno furioso di
fare qualcosa e proteggere gli altri invece di nascondersi come un bimbo
spaventato, avrebbe potuto essere felice.
Se non fosse stato per tutto il resto.
*
Hermione era in preda all'orrore. Cos'era successo quella notte?
Erano tutti fuori dall'ostello a discutere i programmi per la
giornata. Harry e Malfoy stavano un po' in disparte e formavano quello che
sembrava un piccolo sottogruppo esclusivo. Parlavano continuamente, parole
smorzate tra le pause della conversazione di Sirius e Lupin. Hermione non
riusciva a capire le parole, sentiva solo la pronuncia strascicata divertita e
vivace di Malfoy e il mormorio basso e contento della voce di Harry, ancora
roca per il sonno. Malfoy aveva la cravatta annodata un po' sul lato ma con
grazia, dettaglio esperto e per niente nel suo stile, e stava così vicino a
Harry che i suoi capelli quasi toccavano la sua fronte.
Harry, che era un po' in disordine e non si era rasato al meglio,
girava il viso verso quello di Malfoy ogni volta che Malfoy cambiava posizione
o che uno dei due parlava. Guardandoli da alcune angolazioni si sarebbe potuto
pensare che i dolci sorrisi fossero già diventati dolci baci.
In un luogo pubblico!
Le cose non migliorarono quando decisero di passeggiare per le
strade più vicine al fine di trovare il punto magico più vicino da cui Lupin
potesse mandare un Gufo a Silente per avvertirlo che erano arrivati sani e
salvi. Camminarono fianco a fianco, con Malfoy che gesticolava come se ogni sua
parola non fosse che la versione meno potente delle sue mosse da mimo, e la
mano di Harry e che toccava il suo polso ogni volta che lasciava cadere la
mano.
"L'elettricità è molto divertente," sentì dire Malfoy.
"La usano per illuminare e fare i toast, sai?"
La voce di Ron che impediva a chiunque di dire che Malfoy
ricordava il signor Weasley coprì il dolce mormorio della risposta di Harry.
"So che nessuno di voi avrebbe voluto trovarsi qui,"
disse Lupin mentre camminavano, e Malfoy e Harry smisero di sembrare felici.
Insieme agli altri.
"Già," rispose brevemente Harry.
"Ma dato che ormai è successo, forse dovremmo considerare
queste ore una specie di riposo prima che succeda qualcosa di... veramente
terribile." Lupin era serio. "Sta per iniziare una guerra, e so che
tutti voi combatterete, ma siete giovani, e siamo in estate. Qualche settimana
in sicurezza non può che farvi bene. Dovreste considerarvi in vacanza, ora che
potete ancora realizzare i vostri desideri. Ditemi cosa volete fare."
"Io voglio tornare indietro," sbottò Malfoy, sia lui che
Harry ancora serissimi, con le spalle rigide che spingevano l'una contro
l'altra. Poi Malfoy smise di guardare Lupin negli occhi e alzò le spalle.
"Se quello non è possibile, mi piacerebbe vedere un negozio di aggeggi
elettrici. Anche se non posso avere una carta monetaria per fare acquisti."
"Mio padre è un brav'uomo," asserì Ron con veemenza.
Malfoy lo stava guardando come se fosse un matto quando Harry
disse, "Io ho una carta di credito. Me l'ha data Sirius: ha detto che la
sua famiglia era sempre stata in buoni rapporti con il governo babbano."
Sirius finse indifferenza sotto lo sguardo accusatorio di Lupin.
"Conoscevamo delle persone... ehm, che corrompevamo e
incantavamo per ottenere favori," mormorò. "Senti, ho solo pensato
che gli sarebbe stata utile. La zona di Londra in cui si trova il suo
appartamento è perlopiù babbana, potrebbe aver bisogno di fare la spesa e cose
del genere..."
Malfoy ci stava riflettendo. "Sono certo che tornerà molto
utile."
"Cosa vuoi che ti compri?" chiese Harry, col tono
inquietante di uno che aveva appena vinto Malfoy alla lotteria e, per qualche
strano e incomprensibile motivo, ne era anche felice.
"Io? No, no, Harry, non dire follie, non potrei mai fare il
mantenuto, a mia madre verrebbero cinque infarti," disse distrattamente
Malfoy, mettendo una mano in fondo alla schiena di Harry. Hermione fu
attraversata dal desiderio di spostargliela, ma Harry si rilassò a quel tocco e
lasciò che Malfoy lo spingesse in un negozio. "Ma non c'è niente di male a
dare un'occhiata," disse Malfoy, prima che la sua voce sfumasse.
Presero accordi per mangiare nel bar dall'altra parte della
strada. Lupin disse che avrebbe trovato un posto magico da solo, e fu lui ad
entrare nel negozio per dire a Harry e a Malfoy dove sarebbero andati. Sirius
era giù partito a ordinare il cibo, Ron dichiarò che gli apparecchi elettrici
gli avrebbero risvegliato traumi infantili, e Hermione decise che non li
avrebbe più guardati fin quando non avesse scoperto cosa stava succedendo e
come diavolo avrebbe potuto sistemare le cose.
*
Draco se la tenne in grembo persino quando entrarono nel bar.
Harry l'aveva previsto sin dal momento in cui si era fermato a guardarla nel
negozio, come attirato da una voce arcana.
"E questa come la chiamate?" aveva chiesto.
"E' una macchina per l'espresso," aveva risposto Harry,
spaventato.
"Macchina Perle Spresso," aveva ripetuto attentamente.
"E a cosa serve?"
"Ti avverto da ora, Draco, se cominci a fare l'isterico ti
abbandono qui." Harry gli aveva detto a cosa serviva.
"Non ti piace neanche tanto il caffé, Harry," osservò
Ron confuso.
"Ti proibisco di dire infamie del genere su Harry,"
ordinò Draco, accarezzando amorevolmente la scatola. Aveva uno sguardo strano e
terribile.
Harry si mosse inquieto sulla sedia. "Il caffé mi
piace."
"Beh, ma," insisté Ron, "se è tua e se è per il tuo
appartamento, perché Malfoy la sta stringendo e... toccando in quel modo?"
Harry non poté certo biasimare Ron per il suo tono inquieto. Draco
stava praticamente covando la scatola.
"La sto tenendo al sicuro per Harry. Bella sicura, piena di
dolce, dolcissimo potenziale caffeinoso inesplorato."
Harry si mosse e bloccò una delle mani di Draco. "Sarà al
sicuro sotto la sedia," promise.
La luce del sole estivo filtrava nel bar come il burro attraverso
la mollica del pane, e gli occhi di Draco erano grandi e attraenti. Il dorso
della sua mano restò caldo e immobile sotto il palmo di Harry.
"Weasley potrebbe darle un calcio," supplicò. C'era un
piccolo incavo sul suo labbro inferiore, leggermente a sinistra, nel punto da
cui partivano i suoi sorrisi e i suoi ghigni, che supplicava: baciami, baciami,
baciami.
Harry sorrise rassegnato, si sporse e tolse la scatola dalle mani
di Draco, depositandola sotto la propria sedia.
Draco rimuginò allo stesso tempo su quel torto e sul menu.
"Weasley, i sospetti che nutri su di me sono corretti. Conosco ogni genere
di orribile incantesimo oscuro."
"Davvero?" chiese Ron.
"Sì. E li userò tutti su di te se per caso i tuoi piedi
smisurati oscilleranno verso la preziosa scatola."
Era arduo mantenere una certa ostilità nei confronti di un uomo
che era perdutamente innamorato di una macchina per l'espresso. Persino Sirius
disse: "Scommetto che conosco più incantesimi oscuri di te," con un
tono amichevolmente competitivo.
C'era una radio nel bar, e anche quella attrasse l'attenzione di
Draco. Era talmente preso da quella e dalla macchina da caffé, che si rilassò
quasi come quando era con i Serpeverde. L'unica traccia di disagio consisteva
nel suo mantenersi vicino a Harry, ma a Harry non dava affatto fastidio.
Ordinarono bacon, muffin, tè e l'adorato caffé di Draco, e Ron
propose di prendere una copia del menu plastificato per suo padre. Sirius bevve
un sacco di caffé, e Harry si chiese se non fosse un tratto genetico. Persino
Hermione sorrise quando Draco passò da battere le dita sul tavolo a
canterellare a bassa voce con un cucchiaio, fingendo che fosse un microfono
magico.
"E' tutta colpa dei sotterranei," disse Harry a suo
agio, mentre Draco cantava sommessamente quanto tempo era passato dall'ultima
volta che qualcuno aveva sussurrato. (*)
"Sono pieni di fumi delle pozioni. Brutta atmosfera, gli ha
modificato il cervello."
Ron ridacchiò sul suo bacon.
"E il suo cervello era già fragile in partenza. Sapete,
genitori imparentati," continuò compassionevolmente.
"Ehi," disse Sirius.
"Sta' zitto," si intromise Draco, e lo colpì sulla
spalla con il cucchiaio.
Poi lasciò lì la mano, il polso sull'orlo della spalla di Harry,
caldo e vicino. Con l'altra mano afferrò un pezzo del croissant di Harry, e
Harry gli rubò un pezzo di toast per ripicca. Draco incrociò il suo sguardo e
gli dette il permesso sorridendo, quindi si rilassò ancora di più contro di
lui. Era una bella giornata, avevano dormito fino a tardi ed era
meravigliosamente semplice e piacevole appoggiarsi pigramente l'uno all'altro e
mormorare luoghi comuni senza malizia tra un boccone e l'altro.
"Dopo potremmo andare a cercare un autonoleggio,"
annunciò Draco. "L'ha detto il professor Lupin."
Harry sorrise della pura delizia nel tono di Draco. Draco ricambiò
il sorriso, un sorriso segreto e luminoso che la tazza di caffé rese ancora più
privato, e Harry si ritrovò a pensare che forse c'era un'altra ragione per cui
Draco gli stava così vicino.
Una vacanza in cui potete ancora realizzare i vostri desideri.
Per un attimo l'idea gli sembrò piena di promesse autentiche.
Poi Lupin entrò nel bar, il viso livido e teso. Aveva in mano la Gazzetta del Profeta.
*
Harry e Malfoy stavano ancora dando bella mostra di sé quando
entrò il professor Lupin. Si avvicinò a Sirius, mettendogli discretamente
davanti il giornale, manovra che divenne meno astuta quando Sirius si sporse in
avanti, lesse e sibilò a denti stretti.
Hermione si incupì, non così vicina da poter leggere, e sentì Ron
irrigidirsi accanto a lei.
"Cos'è-" cominciò Harry dall'altra parte del tavolo, ma
fu quel maleducato di Malfoy ad alzarsi di scatto per prendere il giornale.
Ron gli afferrò il polso. "Malfoy, no," disse, e
Hermione raggelò per il tono pietoso della sua voce.
All'improvviso Malfoy apparve tormentato e astioso nella luce
brillante, con la bocca curvata per il tono di voce di Ron. Scosse via
sdegnosamente la sua mano e aprì la propria, indicando imperiosamente che
esigeva il giornale.
"Lascia che te ne parli fuori, Draco," disse Lupin a
bassa voce, guardandolo come fosse un bimbo ferito.
"Non ho bisogno né di parlare con lei né della sua
compassione. Voglio solo quel giornale," replicò secco Malfoy.
Lupin sembrava più vecchio ogni secondo, ma annuì e gli consegnò la Gazzetta. Malfoy
la strinse senza che le sue mani sottili e tese tremassero, il viso immobile se
non per gli occhi stretti.
"Capisco," disse un attimo dopo. "Chiedo
scusa," aggiunse, e gettò il giornale sul tavolo alzandosi.
"Draco, aspetta..." disse Harry, afferrando il giornale.
Malfoy lo ignorò, e un momento dopo lo videro attraversare la
strada dalla finestra del bar. Le automobili frenarono rumorosamente mentre
tornava di corsa al bed and breakfast.
"Che cosa dice, Harry?" chiese Hermione.
"Io lo seguo," tagliò corto Harry.
Nessuno aprì bocca. Hermione aveva imparato sin dal primo anno
che, quando Harry parlava in quel modo, la cosa migliore che si potesse fare
era farsi subito da parte. Alzò gli occhi sulla sua bocca decisa e tesa mentre
si alzava e pensò che forse, se a Malfoy serviva del conforto, avrebbero dovuto
mandare anche qualcun altro.
Ma prima agguantò il giornale.
Marchio Nero sul Maniero Malfoy: tutti scomparsi.
La scoperta, stamattina presto, della scomparsa di Narcissa Malfoy
e degli studenti che avevano trovato rifugio presso la sua dimora ha causato
ampio sgomento. "E' necessario ricordare," ha detto un membro
influente del Ministero, "che secondo alcune voci la signora Malfoy era
strettamente legata a Voi-Sapete-Chi a suo tempo, e che molti di quegli
studenti provengono da famiglie spesso protagoniste di fatti di cronaca. E'
possibile che siano fuggiti per unirsi a lui, per ingrossare le fila del suo
esercito in vista di una mossa decisiva contro di noi."
"Smentiamo nel modo più assoluto queste illazioni," ha
dichiarato la signora Parkinson, madre di una delle ragazze scomparse.
Interrogata sul perché Pansy Parkinson non sia tornata a casa dopo la chiusura
di Hogwarts, ha negato ogni ulteriore commento.
La Gazzetta del Profeta non è in
grado di chiarire se si tratti di un ricongiungimento in massa a Voi-Sapete-Chi
o di un rapimento di dimensioni mai raggiunte prima in una residenza privata.
Tuttavia ci sono ragioni di credere che alcune delle persone scomparse siano
state prelevate contro la loro volontà. Gli Auror sulla scena hanno riportato i
segni di una lotta, e sospettano fortemente che siano state usate Maledizioni
Senza Perdono. I lettori sono tutti invitati a restare a casa e a rinforzare le
protezioni.
"Oddio," disse Hermione. "Oh... Dio. Povero Malfoy.
Dobbiamo seguirlo."
Sirius, come stordito, stava dicendo qualcosa a bassa voce
riguardo a corse sui manici di scopa con sua cugina, quando erano piccoli.
Hermione pensò che fosse impazzito del tutto, prima di rendersi conto che la
signora Malfoy era sua cugina.
"Io... prendo la sua macchina da caffé," disse Ron
prontamente. "Di sicuro vorrà che sia al sicuro. Posso farlo, mio padre mi
ha insegnato tutto sull'eclettricità."
"Pensate forse," disse Lupin, che era ancora in piedi e
sembrava vecchio quanto Silente, "che Draco apprezzerà un'orda di persone
pronte a commiserarlo. Specie trattandosi di persone che, in passato, non hanno
mostrato alcun apprezzamento nei suoi confronti? Non lo conosco bene quanto
vorrei, ma so quanto è orgoglioso. La considererebbe carità, e reagirebbe
estremamente male."
"Professor Lupin," disse Hermione disperata, "lei
non capisce. Harry è un disastro in queste cose, è pazzo... no, non volevo dire
questo, è che... è cresciuto in un armadio, non sa bene come trattare le
persone! Malfoy ha bisogno di qualcuno che sappia cosa dire."
Aveva visto Harry cercare di consolare gli altri... lei stessa una
volta era stata la persona che Harry aveva cercato di consolare. Non pensava
che a Malfoy servisse qualcuno che farfugliava in cerca delle parole giuste, in
quel momento.
Era pronta ad incamminarsi, ma Lupin la trattenne.
"Neanche Draco è molto maturo emotivamente," disse con
gentilezza. "Dubito che saprebbe come reagire ad una risposta normale,
mentre sono convinto che fra loro due potrebbero capirsi. Inoltre, Draco si è
sempre lasciato trasportare dalle proprie emozioni..."
La sorpresa nel sentire l'odioso Malfoy descritto in quel modo
doveva essere apparsa a caratteri cubitali sul viso di Hermione, perché Lupin
annuì.
"Ha ascoltato suo padre e il professor Snape, e credo...
credo che potrebbe ascoltare Harry."
Hermione continuava a volersi muovere, a voler aggiustare le cose,
fare qualcosa invece che rimanere seduta lì a pensare che chiudere Hogwarts era
servito a fermare le sparizioni nemmeno per un giorno. Sentì freddo nella calda
luce del sole che filtrava attraverso la finestra, e udì come a distanza le
voci di Ron e Sirius che discutevano su chi avrebbe potuto custodire meglio la
macchina per l'espresso.
Lupin si sporse a toccarle una mano.
"Abbi un po' di fiducia in lui, Hermione," disse.
"Fra un po' andremo a controllare se stanno cercando di uccidersi."
*
Harry raggiunse Draco sulla porta della locanda, afferrandolo per
il gomito e voltandolo. Draco lo guardò come se non potesse immaginare una
vista più odiosa di lui.
"Mi corri ancora dietro?" sbottò. "Avrei dovuto
saperlo."
Harry restò zitto e tenne stretto il braccio di Draco, tirandolo
dentro fino allo squallido salottino in cui i clienti potevano stare mentre le
loro camere venivano riordinate. Una volta giunti lì aveva superato l'impulso
di ribattere con astio, ed evitò accuratamente di guardare l'espressione di
Draco, che non suscitava compassione quanto disprezzo immediato.
"Draco, mi dispiace tanto," disse, e all'improvviso fu
nel panico più totale. Non c'era niente che potesse dire per migliorare le
cose, e lui avrebbe dovuto poter fare qualcosa... per Draco, lui avrebbe dovuto
dargli sostegno.
"Va' al diavolo, Harry! E' tutto finito. Hai la minima idea
di cosa si prova?"
"Beh," disse Harry.
"Non ne hai idea!" ringhiò Draco. "Essere un
perdente? Ho provato e riprovato, ho lavorato sodo, tu hai sempre salvato la
situazione, hai sempre vinto, e io non sono riuscito neanche a
proteggerli!"
"Non sei un perdente," gli disse Harry surriscaldandosi.
Draco storse la bocca. "Lo chiami un successo, tu? Mia madre
- mia madre - tu," chiese bruscamente. "Hai fatto (avuto?) un incubo
la scorsa notte. C'era lei?"
Harry si fermò e inspirò. Aveva cercato di non pensarci, di non
pensare a quei capelli biondi e all'urlo che aveva squarciato la notte. Sin da
quando aveva visto il giornale, aveva cercato di non pensare alla giornata a
Hogsmeade, e a Narcissa Malfoy sul molo. Aveva quasi... non che la
comprendesse, ma aveva creduto che magari prima o poi gli sarebbe piaciuta.
Sul viso di Draco c'era la stessa pretesa cattiva di quando aveva
teso la mano per avere il giornale.
"Non essere gentile," disse.
"Sì," scattò Harry. "Sì, c'era. In quel momento non
sapevo che fosse lei, ma evidentemente doveva esserlo. Si sentivano delle urla,
e credo... credo che la stessero torturando. E' questo che volevi
sentire?"
Draco restò immobile al centro di quella brutta stanzetta, nel
pieno della mondanità babbana, dove Harry non se lo sarebbe mai immaginato. La
sua pelle e i suoi capelli erano quasi sbiaditi sotto le luci fluorescenti, e i
suoi occhi erano ormai fessure crudeli.
"Non preoccuparti di cosa voglio," disse. "Almeno
io ho avuto dei genitori."
"Per l'amor del cielo, Draco..."
"Mia madre se la caverà, non hai letto il giornale? E'
risaputo che è legata al Signore Oscuro. Non è come i tuoi eroi santi, i
cagnolini di Silente, quelli che seguivano la linea di partito come pecore
e..."
"Smettila di parlare di mia madre e mio padre!"
"...sono morti senza mai partorire un pensiero che fosse loro
perché erano patetici e stupidi!"
Harry gli diede un pugno.
Draco barcollò all'indietro, il sangue lucido al centro della
bocca, e mentre Harry cercava di mettere insieme, nella rabbia, il pensiero che cosa ho fatto, sorrise.
"Oh," disse. "Sono così felice che l'abbia
fatto."
Era ancora piegato per lo shock del colpo, e non fece altro che
gettarsi su Harry, colpendolo selvaggiamente nello stomaco con il gomito mentre
rotolavano sul pavimento. Harry inspirò scioccato e nauseato e in quel momento
Draco lo colpì in pieno viso.
Ebbe il tempo di ringraziare il cielo per aver perso gli occhiali
quando Draco lo placcò; dette un pugno a Draco nello stomaco e cercò di
toglierselo di dosso.
"Sapevo che sarebbe successo," ringhiò Draco, la voce
densa di sangue. "Lo sapevo, lo sapevo che sarebbe successo, sapevo che
avrei fallito, sapevo che li avrebbe presi, e adesso sono rimasto con te, mi
resti solo tu, e tu morirai!"
"Io non morirò," ringhiò Harry, afferrando la camicia di
Draco e dandogli un pugno forte nelle costole, cercando di costringerlo ad
alzarsi.
Draco gli restò addosso, un peso tutto gomiti cattivi e dita come
artigli.
"Sì invece," annaspò infuriato. "Sì, morirai,
stupido, stupido idiota, certo che morirai. Devi smetterla di credere a tutte
quelle cose, le storie, le bugie. Vincerà lo schieramento con più armi e più
numeri, e non ci sarà alcun eroe. Nessuno è riuscito a vincere contro di lui,
noi perderemo, e tu sei matto e morirai!"
"Non ho paura."
"Io sì!" gridò Draco. "Avrei dovuto... Sapevo che
sarebbe successo. Sono spariti tutti, stupido, cieco idiota, e tu morirai!"
Colpì forte lo sterno di Harry, lasciandolo stordito per l'assenza
di respiro, e Harry scattò in avanti ferocemente e, prima ancora di sentirlo,
udì il suono del proprio pugno che entrava in contatto col naso di Draco. Draco
oscillò brevemente all'indietro, e Harry colse l'occasione per rimettersi in
equilibrio in modo da potersi sedere, stringendo il davanti della camicia di
Draco per tenerlo fermo.
Lo sguardo di Draco vacillò: l'incertezza aveva superato il dolore
che rendeva sempre odioso il suo viso.
Harry realizzò all'improvviso perché nessuno gli si era mai
avvicinato mentre era depresso. Era un atteggiamento orribile, aspro, troppo
simile all'ira e troppo lontano dallo sfogo discreto delle lacrime di Hermione.
Draco aveva appena perso sua madre e si erano presi a pugni: qual era il suo
problema con lui? Non sapeva cosa dire.
Era sempre rimasto paralizzato davanti alle lacrime altrui, però,
mentre in quel momento non lo era affatto. Il sangue gli ribolliva nelle vene,
fissava il viso di Draco, e il cuore di Draco martellava con insistenza sotto
il suo pugno chiuso. Dopotutto Draco gli si era avvicinato: Draco aveva capito.
"Draco," disse dolcemente. "Io non morirò."
Attirò Draco a sé e lo baciò. Draco fece un piccolo verso disperato,
prese tra le mani il viso di Harry, sollevandogli il viso verso il proprio, e
lo baciò avidamente.
Harry sentì il sapore del sangue all'angolo della bocca di Draco,
il taglio che si apriva quando Draco apriva la bocca, e una parte della sua mente
si preoccupò per un attimo. Non abbastanza da fermarsi, tuttavia, e nemmeno
abbastanza da concedersi una pausa mentre mordeva e leccava le labbra di Draco,
e Draco lo ricambiava fieramente. L'unica accortezza che riuscirono a tenere a
mente fu stare attenti al naso di Draco, e si separarono solo perché già prima
di baciarsi erano a corto di ossigeno, e Harry pensava che gli sarebbero
esplosi i polmoni. Harry non si mosse e non lo lasciò andare neanche mentre
annaspava, e Draco si mosse solo per raggiungere lo zigomo gonfio di Harry. Lo
leccò, il suo alito bollente sulla pelle di Harry, malizioso e provocante, e
Harry voleva che continuasse ma si ritrovò a tirare di nuovo la bocca di Draco
sulla sua.
Quando dovettero nuovamente fermarsi per prendere fiato, una delle
mani di Harry era finita nel colletto della camicia di Draco. Il petto di Draco
si alzava e si abbassava, la sua pelle era calda, e il suo alito stuzzicava la
guancia di Harry con un ritmo regolare. Erano entrambi vivi, entrambi al sicuro
per il momento, anche se la carezza della bocca di Draco a distanza di bacio lo
imprigionava in un continuo istante di selvaggio nervosismo.
"Va tutto bene," mentì Harry a bassa voce. "Va
tutto bene, va tutto-"
Si mosse appena e riuscì a baciare l'angolo morbido e tremante
della bocca di Draco. Volse il viso verso una delle mani di Draco, piegò appena
la testa e gli morse gentilmente il polso. Il gemito di Draco risuonò lungo e
indifeso.
Harry mandò al diavolo tutto e afferrò i capelli di Draco con una
mano, attirandolo per un altro bacio e arrancando per avvicinarsi un altro po',
per avere ancora un po' di lui. Draco gli fece scivolare un braccio attorno al
collo e lo attirò più vicino, coi denti che scivolavano sul labbro inferiore di
Harry, e la schiena di Draco era schiacciata sul sofà sporco e Harry aveva la
mano tra i bottoni della sua camicia, l'aveva quasi aperta e aveva la bocca di
Draco sotto la sua e la pelle di Draco sotto le mani, e...
Lupin aprì la porta, restò immobile per un istante, quindi disse:
"Mi dispiace terribilmente, non sapevo..." e uscì in un lampo.
Sentirono la sua voce assicurare a Sirius che i ragazzi non
avevano bisogno di aiuto. Harry lasciò andare la camicia di Draco.
Draco appoggiò la fronte a quella di Harry e sussurrò: "Dio,
che imbarazzo."
"Grazie mille," disse Harry, e si accorse di star
arrossendo ancora di più.
"Non intendevo quello," rispose Draco, e Harry fu
sollevato nel sentire che riusciva quantomeno a strascicare. "Solo che...
beccato da un professore. Che vergogna. I Serpeverde dovrebbero essere più
furbi."
Harry scoppiò a ridere con prudenza sulla guancia di Draco, e
quando Draco gli tolse il braccio dal collo lo fece lentamente, e si fece
indietro solo quanto bastava a guardarlo bene in faccia.
Harry ricambiò lo sguardo. Il naso di Draco era gonfio e il suo
labbro sanguinava ancora, e Harry sentì una fitta di senso di colpa prima di
rendersi conto che non riusciva ad aprire un occhio.
"Quanti incantesimi medici conosci?" chiese.
"Un sacco," disse vivacemente Draco. "Sai, ho
passato tutta l'infanzia a girare per la campagna sulla scopa. Dopo un
incidente con un elicottero - incidente in cui fui molto eroico, ardito e
impavido, nonostante quella cosa stesse chiaramente cercando di uccidermi -
mia... madre mi insegnò ogni tipo di incantesimo nel caso finissi a miglia e
miglia da casa con una gamba rotta."
Si appoggiò a Harry mentre estraeva la bacchetta dalla tasca
posteriore. Harry ignorò l'impulso di girare il viso verso il suo collo e prese
anche lui la bacchetta.
Rimosso il gonfiore che aveva sulla guancia, posò la bacchetta
sulle labbra gonfie di Draco e sussurrò un incantesimo. Draco alzò un
sopracciglio.
"Non osare uscirtene con commenti osceni, Draco Malfoy,"
ordinò Harry. "Se Lupin sta sentendo dietro la porta, morirò di
imbarazzo."
"Lo farei mai?"
"Non ti conviene, altrimenti non ti curo il naso."
Draco strinse le labbra guarite e sembrò pensarci. "Forse
quello dovresti lasciarlo a un esperto."
"Così sembrerà che sono venuto per picchiarti. No,
grazie," disse secco Harry.
"Beh... però bada a pronunciarlo bene. Mi piace parecchio, il
mio naso."
"Non vedo perché," disse Harry, sogghignando. "Non
è certo il tuo tratto migliore." Sogghignò ancora di più mentre Draco
biascicava una protesta. "L'ho sentito definire a punta," proseguì
affettuosamente. "Molto a punta. Quasi da topo, si potrebbe dire."
"Ti odio, Harry Potter," disse Draco con convinzione.
"Ti ho sempre odiato, e ti odio ogni giorno di più."
Una volta sistemato il naso, Draco afferrò la mano destra di
Harry, stringendogli le dita attorno al polso.
"Non voglio vederli," disse con voce tirata. "Non
voglio vedere nessuno di loro."
Harry avrebbe voluto stringerlo, ma non era sicuro che gli fosse
concesso. "Non devi. Rimarremo qui."
"Ma non voglio che sappiano che non voglio vederli!"
sbottò Draco, come se fosse ovvio. "Non ho paura. Andiamo."
"Resterò io con te," disse Harry, e Draco abbassò gli
occhi e annuì, alzandosi in piedi e lasciandolo andare. Raggiunse la porta.
"E poi non voglio che il professor Lupin si faccia strane
idee su di me," disse da dietro la sua spalla. "Potrebbe parlare, e
allora la mia reputazione sarebbe compromessa."
Scese il panico, e Draco si voltò al silenzio di Harry.
"Ehm," disse infine Harry. "Non so... Non voglio...
Non mi sono, uhm, approfittato di te, giusto?"
Le luci fluorescenti spiccavano ancora, il sofà e i tappeti erano
ancora sporchi e sbiaditi, e Draco ancora molto pallido. Harry pensò che non
avrebbe mai dimenticato il modo in cui Draco lo guardò in quel momento tenero e
straziante.
"No." Si fermò, una mano sulla maniglia e l'altra dietro
di sé, appoggiata alla manica di Harry. Sorrise. "Peccato," aggiunse
a bassa voce.
Uscirono, e Harry vide i volti degli altri oltre la linea rigida
della spalla di Draco, pieni di compassione.
Draco tese le spalle. "Che effetto avrà questo incidente
sulla gente sul campo? Di certo non migliorerà il morale."
*
Parlarono di strategia, nient'altro che strategia, per ore.
Hermione ripensò alle nottate nella stanza di Draco, quando erano ancora un
gruppo di scolaretti che cercavano di progettare grandi cose.
Allora gli era quasi piaciuto.
Era cambiato molto. Continuava a parlare in modo duro, pragmatico,
concreto, niente a che vedere col solito vantarsi di Malfoy. Hermione continuava
a esitare quando avrebbe potuto replicare, ma Harry riusciva a star dietro a
Malfoy. Suggeriva opinioni come sempre, con voce diffidente e sicura allo tesso
tempo e, ogni volta che parlava, Malfoy sembrava rincuorarsi e andare avanti.
Però Malfoy non lo guardava mai. Non si toccavano neanche, o
almeno non gentilmente, quindi forse Hermione si era sbagliata.
Si mossero di scatto per prendere un foglio di carta nello stesso
istante e i loro polsi si scontrarono con forza. Continuavano a darsi gomitate
e a sussultare: era chiaramente vero, faceva chiaramente male.
A un certo punto Harry disse: "Potrebbe aiutare se...
attirassimo quei genitori dalla nostra parte. Sono i loro figli quelli che
hanno preso. Forse potrebbero riconsiderare la loro posizione."
"Persino i Serpeverde," mormorò Malfoy. "E non
pensi che qualcuno possa esserci andato volontariamente?"
Harry incontrò il suo sguardo con decisione. "No,"
disse. "No, non credo."
Malfoy sorrise leggermente e si rilassò contro Harry così che le
loro spalle si scontrarono.
Era un'idea stupida. Almeno Malfoy era sicuramente stato con
qualcuno in passato. Non potevano essere entrambi così tesi, impacciati,
smaniosi. Era stupido pensare che l'unico modo in cui riuscivano ad avvicinarsi
fosse facendosi del male.
In più momenti durante la giornata, Sirius e Lupin uscirono a
comprare dei sandwich. I cartoni di succo e le cannucce di plastica lasciarono
Ron molto confuso, e quando Hermione spostò lo sguardo vide Harry prendere il
cartone di Malfoy prima che potesse anche solo provarci.
"Ci sarei arrivato, prima o poi," dichiarò pomposamente
Malfoy.
L'angolo della bocca di Harry si torse. "Certo. Sei così
ferrato in Babbanologia."
"Ne so qualcosa, sì."
"Specie di cravatte," osservò Harry. Solo Hermione vide
la fierezza protettiva dello sguardo che rivolse a Malfoy, mentre Malfoy
piegava la testa e mormorava cupo qualcosa sui vestiti di Harry.
La madre di Malfoy poteva essere morta, e loro non facevano che
stuzzicarsi e ferirsi. Non poteva significare... nemmeno loro potevano essere
tanto stupidi.
Rimasero seduti tutto il giorno a discutere tattiche e a cercare
di prevedere il futuro. Hermione avrebbe voluto dire qualcosa, o che Malfoy
fosse diverso così che lei avrebbe potuto dispensare un po' di conforto. Voleva
qualcosa di normale, ma pareva che Malfoy preferisse così.
Quando Harry disse che era stanco, Malfoy disse la stessa cosa. Si
alzarono e Hermione li vide scambiarsi un sorriso stanco, come se Malfoy fosse
riuscito ad ottenere qualcosa. Come se si fossero capiti.
Hermione non capì. Stava per chiedere a Malfoy dove aveva
intenzione di dormire, quando Lupin la guardò e scosse piano il capo.
Harry e Malfoy andarono insieme nella stanza di Harry.
*
Harry si svegliò la mattina dopo, e trovò Draco accanto a sé.
La notte prima, al buio, Draco era riuscito a sporgersi, mettergli
intorno un braccio ostinato e dire minacciosamente "Neanche una parola,
Harry" sulla sua nuca, ma era stato la notte prima, ed erano stati
entrambi così stanchi che avevano finto che andasse tutto bene e si erano
addormentati quasi immediatamente.
Ora era mattina, e Draco era rannicchiato al lato opposto del
letto, chiaramente non abituato ad avere vicino un'altra persona. Harry non
aveva la più pallida idea di cosa fare.
Non sapeva che fare con qualcuno nel letto. Non conosceva nessuna
frase rassicurante e appropriata da dire a qualcuno che era appena stato
privato di una persona cara, e le linee preoccupate tra le sopracciglia di Draco
che dormiva non lo facevano sentire bendisposto. Voleva andare ad uccidere
Voldemort, per poi tornare e dirlo a Draco. Forse quello l'avrebbe fatto
sentire meglio.
Era un disastro in quel genere di cose. Era inutile starsene steso
lì a incamerare rabbia e guardare Draco dormire con quell'espressione infelice.
Si tese e gli toccò il viso, tutto contratto per il sonno ansioso.
Fu un impulso stupido, e fu così goffo che Draco si svegliò all'istante.
Non avevano neanche tirato le tende, la sera prima. La stanza era
piena di una luce che non lasciava spazio a compromessi, che strappava via le
ombre da ogni angolo, e faceva risplendere ogni piega bianca delle lenzuola.
Draco non alzò nemmeno la testa dal cuscino, si limitò a guardare in alto con i
suoi grandi occhi grigi.
Disse freddamente, "Com'è che non provi mai a prenderti ciò
che vuoi?"
Harry non sapeva come reagire. Così disse dolcemente. "Taci,
Draco. Lo sto facendo."
Era ancora impacciato, in un letto, alla luce del sole, con Draco
traumatizzato o qualcosa del genere, ma non aveva intenzione di tirarsi
indietro. Non avrebbe ritirato proprio nulla.
Sentiva di doversi muovere con cautela.
Tornò a guardare Draco e sfiorò con le dita la linea della sua
mandibola, gli zigomi, la fronte. Le piccole rughe si addolcirono e scomparvero
sotto la sua mano, e quello gli sembrò... incoraggiante, così non si fermò.
Accarezzò il lato del viso di Draco, e non era niente di particolarmente
soffice, era solo pelle, ma era la pelle di Draco, e Draco lo stava lasciando fare,
con quello sguardo indecifrabile fisso su Harry. Gli tolse i capelli dagli
occhi, e quelli sì che erano soffici.
Draco tese una mano silenziosamente, la mise dietro al collo di
Harry e lo attirò in basso. Il respiro di Harry si fece rapido ed esitante quando
le loro bocche si toccarono la prima volta, brevemente, e poi con più
sicurezza.
La luce non era poi così male, in effetti. Vedere tutto sembrò
improvvisamente una buona idea, quando Draco si lasciò sfuggire un lungo
sospiro e lasciò che gli occhi gli si chiudessero quasi del tutto. Le sue
ciglia erano un velo argentato da così vicino, e aprì la bocca sotto quella di
Harry, tendendosi. Harry rimase su di lui per un altro incerto momento, poi ad
un certo punto del lungo bacio finì con Draco schiacciato contro di sé.
La luce fluiva come acqua sulle curve lievi delle clavicole di
Draco mentre Harry sfregava il viso contro il suo collo. Aprì la bocca e
assaporò la pelle liscia e salata, sentì il guizzo dei muscoli di Draco mentre
si muoveva sotto di lui.
La mano di Draco sul suo braccio lo attirò di nuovo su, lo fece
tornare alla bocca di Draco e a un altro lungo, lento bacio. Fu caldo e quasi
sognante, ma Harry continuava ad avere i brividi, e sentì un verso ruvido
provenire dal petto di Draco mentre respirava. Cuore e immaginazione
sfrecciavano, inciampando l'uno nell'altra, e non riusciva a smettere di
toccarlo.
Lo toccò molto, molto piano, continuando ad accertarsi che gli
fosse permesso e senza riuscire a credere che potesse esserlo. Passò il dorso
delle dita sulla curva della gola di Draco e sul suo sul suo petto caldo e
tremante. Spinse le nocche sulle sue costole.
Le mani di Draco gli accarezzarono i muscoli della schiena
lentamente, con la stessa esitazione di Harry ma senza mai fermarsi. Il bacio fu
un'offerta, caldo e rilassato come il corpo di Draco, una promessa sospesa a
mezz'aria.
Quando Harry aprì gli occhi Draco lo stava guardando, così vicino
che le loro ciglia si intrecciarono. Le labbra si sfiorarono e spinsero le une
contro le altre, e mentre si fissavano Draco accarezzò anche lui le costole di
Harry, un tocco leggero che liberò brividi intenti a rincorrersi sulla sua
pelle. Draco mosse le dita fino all'incavo sul fianco di Harry.
Continuava a guardare Harry. Era quasi una domanda.
Harry chiuse di nuovo la bocca sulla sua, sentì il corpo di Draco
sollevarsi sotto il suo, sentì l'interno del suo labbro e la punta dei suoi
denti scivolare sulla propria lingua. Le dita di Draco scivolarono di un
centimetro sotto l'elastico dei pantaloni di Harry, e a Harry quasi mancò il
respiro.
Qualcuno bussò alla porta.
"Harry? Draco? Siete svegli?" chiese Lupin.
Draco rimosse immediatamente la mano e Harry gli si tolse di dosso
in un attimo, sentendo tutto il sangue tornare a irrorargli il viso. Sentì
Draco lasciarsi andare a un sospiro molto diverso ed esasperato alle sue
spalle.
"Sta diventando peggio di una barzelletta," disse Draco
contrariato. "Ehm... entri pure, professor Lupin!"
Harry si trascinò fino alla testiera del letto, sperando che Lupin
attribuisse il suo aspetto vagamente intontito al sonno. Fece del suo meglio
per sembrare disinvolto e sveglio da poco, e mentre tornava a sedersi la sua
mano sfiorò quella di Draco e Draco lo guardò, caloroso come quel tocco
accidentale.
Lupin entrò con un foglio stretto in un pugno. Ogni emozione che
non fosse paura si volatilizzò dal petto di Harry, e lui restò freddo in attesa
di sentire il peggio.
Lo sentì.
"E' un Gufo di emergenza da Silente," disse cupo Lupin.
"Il piano è fallito completamente. Ci ha richiamati a Hogwarts... e per
quanto ne sappia lui siamo l'unico gruppo rimasto."
(*) Si tratta del verso sottolineato di questa canzone, come
intuito dalla mitica Vale!
Shut Up And Kiss Me (Mary-Chapin Carpenter)Don't
mean to get a little forward with you,
don't mean to get ahead of where we are
Don't mean to act a little nervous around you,
I'm just a little nervous about my heart 'causeIt's been awhile since I felt
this feeling
that everything that you do gives me It's been so long since somebody whispered Shut up and kiss me Didn't expect to be in this position,
didn't expect to have to rise aboveMy reputation for cynicism,
I've been a jaded lady when it comes to love but
Oh baby just to feel this feeling t
hat everything that you do gives meIt's been too long since somebody whispered
Shut up and kiss meThere's something about the silent type attracting me to you
All business baby none of the hype
That no talker can live up toCome closer baby I can't hear you,
just another whisper if you please
Don't worry 'bout the details darlin',
you've got the kind of mind I love to readTalk is cheap and baby time's
expensive,
so why waste another minute more
Life's too short to be so apprehensive,
love's as much the symptom darlin' as the cureOh baby when I feel this feeling,
it's like genuine voodoo hits me
It's been too long since somebody whispered...
Oh baby I can feel this feeling
that everything that you do gives meIt's been too long since somebody whispered
Shut up and kiss me
Shut up and kiss me
Scusate il ritardo! Il prossimo capitolo sarà
l'ultimo, e ho intenzione di aggiungere anche qualcosa scritta da Maya riguardo
a questa storia, insomma qualche commento dell'autrice. Il problema è che non
so ancora *dove* inserirli. Magari li spargerò allafine dei vecchi capitoli, vi
avviserò in seguito! Godetevi il 21 ^_^
Mai
rivolto preghiere al Signore?
Mai dubitato del vostro amore?
La timidezza adesso buttatela via.
Leggete qui, scoprite la spia!
Capitolo Ventuno
La spia di Hogwarts
It's
always darkest in the night
Hold
on so tight your fists turn white
And
your soul may be blown wide open...
[La notte è sempre più
buia / Aggrappati forte finché le nocche ti diventano bianche / E la tua anima
potrebbe esplodere completamente...]
Il viaggio di ritorno in treno fu quasi identico a quello verso il
Surrey. Erano tutti tesi e tristi, solo di più. Ron continuava a cercare di
mettere il braccio intorno a Hermione, ma ogni volta lei si inarcava e si
muoveva finché non la lasciava andare. Lupin e Sirius erano lividi.
Erano rimasti solo loro. Silente li aveva mandati via ed erano
stati presi uno per uno, ed era ovvio che non l'aveva fatto apposta ma era
successo, e Harry l'aveva detto che non avrebbero dovuto farlo! Aveva promesso
a Natalie che avrebbe ucciso Voldemort e che non c'era alcun motivo di avere
paura.
Avrebbe volentieri ucciso
qualcuno. Ne aveva abbastanza di essere incazzato senza potersi sfogare. Appena
tornati si sarebbero seduti e avrebbero organizzato un piano tutti insieme.
Avrebbero potuto parlare di cosa stavano facendo gli Auror, o anche unirsi a
loro. Finalmente avrebbe potuto fare qualcosa.
Potevano salvarli tutti. L'avrebbero fatto.
Draco tamburellava con le dita sul finestrino. Harry pensò che si
sarebbe rallegrato se qualcuno se la fosse presa, ma nessuno sembrò notarlo. Lo
guardò e Draco annuì.
"Vado a sgranchirmi le gambe," annunciò Draco.
"Perché ho bisogno di gambe sgranchite."
"Già, anch'io," disse Harry.
Si alzò e seguì Draco. Draco cominciò a tamburellare anche sul
finestrino del corridoio.
"Smettila," disse Harry, più che altro per dargli
soddisfazione.
"Non assecondarmi, Potter," replicò Draco. Gli rivolse
comunque un mezzo sorriso, smise di tamburellare e si appoggiò al finestrino.
"Dunque," disse. "Silente ha mandato dei Gufi e non ha ricevuto
risposte, quindi crede che siano stati presi tutti. Tranne la spia. Ovviamente
ha consegnato tutti quelli con cui era ed è sparito nell'ombra, così non
sapremo mai chi fosse. A meno che..."
"Draco, basta,"
disse Harry ferocemente.
Doveva essere andata così. Qualcuno in uno dei gruppi aveva consegnato
tutti gli altri. Magari Ginny aveva visto il viso del traditore e doveva esser
stato orribile vedere un amico di cui si fidava trasformarsi in una spia
durante la notte...
"A meno che non sia uno di noi," continuò Draco senza
fare una piega. "Non ti sembra un po' strano che siamo rimasti solo noi?
Possibile che nessuno nella gang del Signore Oscuro abbia detto ehi, un
momento, chi ha preso quel ragazzo con gli occhiali, come si chiama... ce l'ho
sulla punta della lingua..."
"Draco, sta' zitto. Non è nessuno di noi. Non è Lupin, non è
Sirius, di certo non è né Ron né Hermione, e tu..." Dopo tutto quel tempo,
dopo tutto ciò che aveva detto, c'era ancora una certa tensione sulle spalle di
Draco. Harry ne strinse una, forte, e lo strattonò.
"Draco," disse. "Non sei neanche tu."
"E chi parla di me?" chiese Draco. "Sei chiaramente
tu. E' sempre la persona meno sospetta."
"Sta' zitto, Draco." Strinse anche l'altra spalla e le
strattonò entrambe. Si scambiarono un sorriso esausto.
"Hai complottato tutto sin dal primo anno, è ovvio,"
continuò Draco. "Dietro quegli occhiali tondi si cela la mente di un genio
malvagio." Glieli sfilò e a Harry, attraverso l'improvvisa nube sfocata,
sembrò che lo stesse scrutando in modo esagerato. "Sì, ora lo vedo,"
concluse.
Harry si sporse in avanti e il viso di Draco divenne nitido, molto
più vicino di quanto pensasse. Draco sbatté le palpebre una volta, lentamente,
e quando Harry lasciò cadere con incertezza una mano dalle sue spalle, Draco la
afferrò. Restarono immobili, Draco appoggiato al vetro e Harry appoggiato a
Draco, e Harry si accorse che ogni volta che avevano i brividi respiravano
all'unisono.
"Decisamente malvagio," mormorò Draco.
Harry non era affatto certo di poter dire cose sensate mentre
teneva Draco contro il finestrino, ma sentiva di doverci provare.
"Senti, io non voglio... in questo momento so che sei
confuso..."
Harry era confuso, furioso, irrequieto e perso perché Draco era
troppo vicino. Il suo respiro gli volava rapido contro la guancia, e fu come se
le corde del suo cuore si fossero ispessite, aggrovigliandoglisi nel petto.
Voleva spingere Draco più forte contro il vetro e fare... qualcosa, qualsiasi
cosa, poi andare ad uccidere qualcuno, sistemare qualcosa, tornare da Draco e
riposare.
"Sei tu quello confuso," sbottò Draco. "Ti ricordi
di cosa abbiamo parlato l'altra volta, sul treno... di noi... di ciò che
volevi?"
Le dita di Harry erano chiuse sul dorso delle mani di Draco,
schiacciate contro il vetro lucido del finestrino. Guardò Draco, così scontroso
e impacciato, e pensò a tutte le cose per proteggere le quali valeva la pena di
uccidere, alle cose per cui valeva la pena di morire. Il profilo plumbeo di
Hogwarts che si stagliava in lontananza come casa. Sirius che faceva del suo
meglio e falliva sempre, Hermione che alzava gli occhi da un libro e gli
sorrideva, Ron a undici anni col naso sporco.
"Sì," disse.
"E' molto probabile che moriremo presto," gli disse
Draco, pensieroso. "Neanche io posso deluderti nel poco tempo che ci
resta..."
"Solo perché pensi che stiamo per morire... lo sai, non devi
fare niente se non..."
"Harry, sta' zitto!"
Harry fissò il suo viso affilato e caparbio, e pensò a tutte le
cose per cui valeva la pena uccidere.
E questo, pensò. E tu.
"Lo so che
non devo," disse Draco. "Io..."
Tese la mano che stringeva ancora gli occhiali di Harry tra due
dita, e Harry sentì le stanghette graffiargli la nuca quando Draco lo baciò. Fu
un bacio intenso, nonostante Draco tremasse.
Il proposito di trattenersi fallì miseramente, e Harry gli si avventò
contro, lo spinse più forte contro il finestrino, sentì la bocca di Draco
aprirsi calda sotto la sua mentre le loro mani intrecciate premevano contro il
vetro. Con l'altra mano immobilizzò Draco contro il finestrino, e lo sentì
tirargli i capelli mentre si baciavano.
Draco si mosse, lottando per non essere tenuto fermo e Harry
avrebbe pensato che volesse davvero liberarsi, se non fosse stato per i gemiti
profondi e irregolari che gli sfuggivano e per le dita strette tra i capelli di
Harry.
Harry cercò di stringerlo ancora più forte, si strusciò
disperatamente contro il suo corpo e Draco si contorse e tremò contro il vetro,
affondando i denti nel labbro inferiore di Harry.
"Oh, insomma," disse Hermione.
Harry si voltò di scatto e diventò scarlatto sotto il suo sguardo.
"Ehm, Hermione. Ascolta. Lasciami spiegare," disse, poi
guardò verso Draco per assicurarsi che capisse che non avrebbe mentito. Draco
aveva il fiatone e pareva piuttosto divertito.
"Non disturbarti," disse Hermione. Sembrava stanca.
"Non è questo il momento, e poi lo so da mesi. Malfoy, se gli fai del male
giuro su Dio che ti ammazzo."
"Non va avanti da mesi," protestò Harry, offeso. "E
non ho bisogno di essere protetto da te, fra l'altro."
Hermione incrociò le braccia. "Ah, davvero? Siamo l'unico
gruppo rimasto, Harry, non ti sembra un po' sospetto..."
"Siamo l'unico gruppo rimasto, Hermione, non ti sembra un po'
controproducente cominciare a scagliarci accuse tra di noi?" scattò Harry.
"E' anche possibile che sia tutta una trappola," disse
Draco.
Hermione guardò Draco, e disse con voce forzata: "Cosa vuoi
dire?"
"Silente è un uomo in vista. Credi che sia difficile per
chiunque nel mondo magico accedere a documenti con la sua calligrafia? Io
stesso potrei imitare la sua scrittura. Quel Gufo potrebbe essere falso, e
potrebbe portarci dritti dritti in una trappola."
Hermione e Draco erano entrambi molto seri, ma qualcosa di
quell'idea fece sorridere Harry.
Che ci provassero. Non vedeva l'ora di fare qualcosa.
"Potrebbe essere," concesse. "Ma dobbiamo comunque
andare, nel caso non lo sia. Perciò... come andiamo con le Maledizioni Senza
Perdono?"
Hermione aveva detto che sarebbe stato meglio tornare dentro, ma
alle parole di Harry si fermò con la mano sulla porta.
"Harry, a parte tutto... non funzionano sempre. Bisogna
crederci davvero..."
"Allora suggerisco di crederci," disse Harry. "Dopo
di te."
Hermione entrò. Harry si fermò ancora un attimo prima di seguirla.
"Prima," disse, e si interruppe. "Volevi dire quello? Che tu...
che vuoi essere..."
Draco lo guardò quasi con sfida, e per un attimo continuò a
fissarlo. Un sorriso lento ed esitante gli fiorì sul viso. "Sì."
Harry si accorse che si tenevano ancora per mano, e strinse la
presa. "Ok," disse. "Bene."
Entrarono nella carrozza e Sirius, cupo, si offrì volontario per
essere posto sotto la
Maledizione Imperius.
Il viaggio di ritorno fu quasi identico a quello di andata.
Ma non del tutto.
*
Il Binario 9 e ¾ era una distesa immobile e vuota di piattaforme
di cemento e binari. Non c'era alcun Espresso di Hogwarts rosso sfavillante, e
non ne sarebbe mai arrivato uno, per quanto avessero potuto attenderlo.
Sirius e Lupin forzarono con successo la porta del magazzino in
cui i ferrovieri magici tenevano le scope, nel caso in cui ci fosse bisogno di
volare sul luogo di un guasto e non ci si potesse Materializzare.
Una certa dose della tensione di Harry fu attenuata dal contatto
di un manico di scopa nel palmo della mano. Un altro po' fu alleviata dal
sorriso inquieto che comparve a un angolo della bocca di Draco.
"Segui la mia scia," disse piano. "E cerca di non
cadere."
"Sono preoccupato, Draco," replicò Harry, chinandosi su
di lui, senza baciarlo ma animato della consapevolezza di poterlo fare.
"Potrei finire così avanti che non ti vedrei nemmeno cadere."
Draco storse la bocca contento della sfida, e Harry prese il volo
nel vento. Nel cielo non c'era che quella luce all'angolo dei suoi occhi,
ovvero Draco che lo raggiungeva. Draco gridò qualcosa che non riuscì a sentire,
e Harry quasi rise, e il nodo che aveva nel petto si allentò per qualche
momento.
Quando si avvicinarono ad Hogwarts anche quel sollievo sparì, e
atterrò pieno di rabbia e paura davanti all'entrata della scuola.
*
Harry non aveva mai visto Hogwarts deserta prima, ma adesso si
stagliava scura sul cielo tetro. Non c'erano gufi che volavano verso la Guferia né luci alle
finestre, e la forma familiare delle torri e dei tetti spioventi apparve
improvvisamente sinistra, troppo tranquilla, come il guscio vuoto di una
persona amata.
Formarono un gruppo stretto stretto fuori alla porta, tremando
come se potessero volare via da un momento all'altro. Harry percepì incertezza
nella spinta della spalla di Ron contro la sua, e del gomito di Draco
dall'altra parte. Ora che erano arrivati, tutti avrebbero voluto andarsene.
Ripensò alle parole di Draco sull'eventualità che fosse una
trappola, e si ricordò che lì dentro c'era l'assassino della McGranitt e che
avrebbe potuto perderli tutti.
Avevano perso già abbastanza persone.
"Che ne direste," disse, "se io entrassi per primo
e... non so, dessi un'occhiata in giro?"
"Harry, non esiste,"
esclamò Hermione.
"No, lo farò io," disse in fretta Sirius.
"Avete obiezioni morali a organizzare un piano?" chiese
Draco.
La sua voce aveva un che di teso che gli altri non avevano, e si
irrigidì leggermente quando Harry lo guardò. Harry si ricordò che Draco aveva
molta meno esperienza di loro con situazioni potenzialmente mortali, e solo per
un secondo ripensò a un ragazzino del primo anno nella Foresta Proibita che
mormorava lamentele con voce tremante. Spinse la spalla, solida e rassicurante,
contro quella di Draco.
"Hai qualche idea geniale, Malfoy?" chiese Ron, e dalla
piccola dose di sarcasmo si intuiva quanto fosse disperato.
"Stranamente no."
Le sopracciglia nere di Sirius si avvicinarono all'istante.
"Harry ha ragione, qualcuno dovrebbe entrare. Lo farò io, voglio
farlo..."
"Sirius..."
"Credo che il piano di Harry non sia male," disse
lentamente Lupin.
Tutti, incluso Harry, lo fissarono.
Proseguì. "Sono certo che qualcuno fra voi abbia pensato a
una trappola. Se lo è davvero, non ha senso entrare tutti. Entrerà una sola
persona, e se non uscirà, Sirius potrà contattare l'Ordine della Fenice - o
quello che ne resta." Si fermò e aggiunse: "Ovviamente, quella persona
dovrei essere io."
"Ma è stata un'idea mia!" disse Harry.
"Non posso permettere che entri nessun altro!" ribatté
Lupin, e fu il primo rimprovero severo che Harry udì dalla sua voce. "E'
giusto che entri io, almeno ho vissuto. Non sono stato intrappolato ad Azkaban
per dodici anni, e non sono un ragazzino che si è appena affacciato alla
vita..."
"Io non sono un ragazzino..." obiettò Harry.
Il viso di Lupin parve più grigio e più stanco che mai alla luce
del crepuscolo. "Sei ancora uno studente, e sei sotto la mia
responsabilità. Non lascerò che entri nessun altro. Entrerò io."
"Mi lasci venire con lei."
Harry vide la stessa espressione sconvolta sui volti di Sirius,
Ron e Hermione prima di guardare Draco. Draco si morse il labbro e incrociò
orgoglioso i loro sguardi allarmati.
"Mi lasci venire con lei," ripeté, a voce più bassa.
"Non farò nulla di..."
Lupin, proprio come Harry, non era affatto sorpreso. "Non
essere ridicolo, Draco," disse. "Certo che lo faresti. E certo che
non permetterò niente del genere. Entrerò da solo."
Si fermò, non per esitazione ma come aspettandosi di dover
rispondere ad altre obiezioni. Harry lo guardò impotente.
Lupin annuì, come faceva di solito quando tutto era stato
sistemato alle riunioni del Giovane Ordine della Fenice.
"Datemi una mezz'ora, dopodiché scappate più in fretta che
potete," disse, sempre con l'aria di chi avesse finalmente stabilito
tutto. Raggiunse l'enorme portone di Hogwarts che Harry aveva oltrepassato di
corsa migliaia di volte, e lo spinse. Poi si voltò un'ultima volta. "E'
stato un onore conoscervi," disse, e scomparve nell'oscurità.
Il portone gli si chiuse alle spalle.
*
Draco aveva imprecato dopo che si era chiusa la porta, dopodiché
nessuno aveva fiatato per un po'. Sirius era impegnato in quella che sembrava una
sfida di sguardi con la porta dietro cui era scomparso il suo ultimo amico, e
Ron era impegnato in una battaglia per far sì che nessuno si accorgesse di ciò
di cui si erano già accorti tutti, e cioè che i suoi occhi erano pieni di
lacrime.
Harry si sedette accanto al portone di Hogwarts con le mani giunte
attorno alle ginocchia, cercando di non prendere niente a pugni. Si arrese dopo
quindici minuti e dette un pugno al muro di pietra.
Lo colpì forte e sentì la pelle lacerarsi contro la pietra, il
morso bollente del sangue che si portava via un po' della sua rabbia. Draco si
inginocchiò accanto a lui, tirandolo via dal muro.
"Non farlo," disse. La sua voce era distante, il suo
viso freddo.
"Perché diavolo non dovrei?" chiese brusco Harry.
"Questo stupido muro potrebbe mettermi in pericolo?"
L'attenzione di Draco fu apparentemente distolta dal tono di
Harry, e quando guardò Harry negli occhi i suoi si addolcirono. "Lasciami
riformulare," disse nel modo più condiscendente. "Non farlo, idiota, perché potrebbe servirti la mano
con cui tieni la bacchetta."
Le sue dita erano conficcate nel polso di Harry, e lui era la
persona meno comprensiva al mondo. Harry sapeva, in qualche anfratto nascosto
della sua mente, che era ridicolmente grato a Draco per la sua presenza.
Ma in quel momento quasi non riusciva a percepire quella
sensazione. Riusciva a pensare solo a Lupin che era entrato al posto suo.
Avrebbe potuto sopportare tutto tranne quello, pensò, tutto tranne l'essere
tenuto al sicuro.
"Sei tu l'idiota," disse, con voce aggressiva. "Non
ti avrei mai lasciato entrare lì dentro senza di me."
Draco piegò la testa con un piccolo verso. "Vorrei proprio
vederti mentre cerchi di fermarmi," disse, quasi teneramente.
Hermione aveva le braccia strette attorno a se stessa, come
cercando di mantenersi in piedi. La sua bocca stava formulando incantesimi, ma
cercò di sorridere quando Ron la guardò. Sirius non staccò un attimo gli occhi
dal portone.
Draco tenne la testa abbassata per il suo solito terrore di
mostrare le emozioni che tradiva. Harry si guardò intorno e desiderò di poter
dire qualcosa di appropriato come aveva fatto Lupin... ma ciò che voleva
davvero era fare qualcosa.
Essendo quello che era, nel mondo in cui vivevano, il suo modo di
dire Vi voglio bene sarebbe
stato uccidere qualsiasi cosa avesse tentato di toccarli.
Stava appunto pensandoci quando, da qualche parte nel castello,
Lupin urlò.
Sembrava vicino e suonava grave, e se non fosse stato per quello
forse Sirius si sarebbe fermato un attimo e avrebbe fatto ciò che aveva detto
Lupin, portandoli tutti al cospetto dell'Ordine. Ma l'urlo era ancora nell'aria
quando Sirius si lanciò sulla porta e sparì all'interno.
"Sirius, aspetta," gridò Hermione, troppo tardi.
"Non possiamo lasciarlo andare da solo," disse Ron.
Harry era già in piedi. "Non sappiamo dove sia l'Ordine della
Fenice. L'unica scelta che abbiamo è seguirlo e cercare di salvare almeno
lui."
Dopo si sarebbe sentito uno schifo per essere riuscito a prevedere
la morte di Lupin, ma quello era il momento di agire.
"Odio i Grifondoro," disse Draco, in tono di assenso.
Era bianco persino sulle labbra.
"Avanti," ordinò Harry, ed entrarono tutti. Alle sue
spalle sentì tutti gli altri che si affrettavano in modo da non poterci pensare
un secondo di più.
All'interno il castello era buio. Non c'era traccia di Sirius.
*
Harry vide gli altri esitare, avvolti dalle tenebre come insetti
dall'ambra.
"Dobbiamo fare qualcosa adesso,"
disse. "Dobbiamo trovare Sirius, non può essere andato lontano."
"Ci dobbiamo dividere," annunciò Draco con voce esile.
No, pensò Harry all'istante. Era per quello che si erano ritrovati
in quel casino. Si erano divisi e la spia li aveva rintracciati uno per uno. Ma
Draco parlava velocemente.
"So cosa pensi, ma è l'unico modo. Come hai già detto, non
può essere andato lontano, ma se prendiamo tutti la direzione sbagliata
potrebbero essere uccisi o... messi insieme agli altri... Non è una grande
scelta, ma è l'unica che ci resta! Se ci ritroviamo tutti qui tra venti
minuti..."
Si fermò, perché sapeva che c'era una possibilità che nessuno
tornasse al punto d'incontro. Hermione annuì piano ma con determinazione.
"Allora va bene. Andiamo, Ron."
Harry pensò in fretta. Se avesse dovuto scommettere, avrebbe
scommesso che l'urlo fosse venuto dai piani inferiori del castello.
"Voi andate di sopra, e continuate a salire se non trovate
niente. Io cercherò qui e poi nei sotterranei, così impiegheremo tutto il tempo
che abbiamo. Poi torniamo tutti qui. Mi raccomando! Starò attento."
"Staremo
attenti," lo corresse Draco, contrariato.
Ron e Hermione annuirono all'unisono, senza più tempo per le
parole, e corsero su per le scale come avevano fatto decine di volte quando Ron
si era dimenticato la sciarpa, o a Hermione serviva urgentemente un libro della
biblioteca.
Hogwarts era buia adesso, tutti i ricordi erano contaminati, e Harry ripensò
alla terza prova del torneo e provò un senso di gelo. Era stato in un altro
mondo in cui ogni sua paura si avverava, e quel mondo ora aveva conquistato il
suo.
Era così infuriato che non c'era quasi spazio per la paura. Lui e
Draco attraversarono la Sala
e le stanze adiacenti trovandovi soltanto ombre, e Harry quasi desiderava di
inciampare sul nemico.
Quella era casa sua!
L'unica casa che avesse mai avuto!
Nessuno aveva il diritto di portargliela via.
Le uniche cose a rivendicare Howarts erano le ombre, e Harry non
poteva certo combattere contro quelle. Lui e Draco si scambiarono rapidi
sguardi e iniziarono in silenzio a scendere le scale verso i sotterranei.
Avevano appena terminato i gradini quando udirono voci e passi
nelle vicinanze.
Harry afferrò la bacchetta. Draco afferrò Harry, e lo attirò in
una nicchia che Harry avrebbe giurato non fosse lì un minuto prima.
"Sta' fermo,"
ordinò Draco, la sua voce un sibilo appena percepibile, la bocca sull'orecchio
di Harry. "Siamo qui per trovare
delle persone, non per combattere!"
Harry si fermò e ogni muscolo del suo corpo protestò. L'adrenalina
ingannata gli scorreva rovente nel corpo, spinse forte il palmo contro la
bacchetta e girò il viso verso quello di Draco. Cercarono di respirare con
calma, ma senza riuscirci.
Le persone dietro l'angolo erano un gruppo di Mangiamorte che
camminavano avvolti dai mantelli e coi cappucci sollevati, che ad Harry
ricordarono dei monaci da incubo. Sirius e Lupin non erano tra loro.
I muscoli tesi di Harry gli urlarono di muoversi, ma rimase
immobile, col petto di Draco che sobbalzava contro la sua schiena. I
Mangiamorte, dopo qualche attimo infinito, si allontanarono. Harry e Draco
aspettarono finché non furono scomparsi persino i rumori dei loro passi.
Poi Draco lasciò andare il braccio di Harry ed espirò a fondo,
rabbrividendo.
"Ok," disse. "Lasciami andare da solo."
"Sei matto?
Lupin è entrato da solo..."
"E sarebbe stata la decisione giusta, se Black non l'avesse
seguito! Questa è la decisione giusta. Mi hai visto adesso, Snape mi ha
mostrato ogni angolo segreto dei sotterranei. Posso nascondermi meglio di
qualsiasi altro Serpeverde. Se Black o Lupin sono qui posso trovarli, e posso
farlo più velocemente da solo!"
"E io cosa dovrei fare mentre te ne vai in giro a rischiare
la vita?"
Draco lo guardò in un modo che, più che suggerire, gridava che
Harry si stava comportando da idiota. "Tutti noi abbiamo lasciato a scuola
ogni oggetto magico tranne la bacchetta per non essere scoperti," disse, e
all'assenso perplesso di Harry sibilò, "Non credi che il mantello e la
mappa potrebbero tornare utili in questo momento?"
Harry non sprecò tempo a darsi dell'idiota. "Hai ragione.
Resta qui, vado a prendere la mappa così possiamo cercare insieme."
"Siamo un po' a corto di tempo, nel caso non l'avessi
notato," sbottò Draco. "Con la mappa saprai dove trovare me, gli
altri, chiunque. Io cercherò qui, e tu andrai da un'altra parte. Voglio fare
qualcosa, non ho paura..."
"Non lo pensavo," disse Harry.
Inaspettatamente, Draco gli sorrise. "Sono un bugiardo.
Dovresti saperlo. Ma voglio andare lo stesso, credo sia la cosa migliore per
noi."
Se ne accorse mentre guardava la linea tesa della mandibola di
Draco. Draco aveva paura. Avere paura sembrava una cosa così remota a Harry,
che nel sangue non sentiva che l'impulso ronzante di agire, ma... nonostante la
paura, Draco si era ricordato del mantello e della mappa.
Strinse forte il braccio di Draco. Avrebbe quasi voluto lasciargli
un livido.
"Ucciderò qualsiasi cosa cerchi di toccarti," disse
contro l'orecchio di Draco. "Vai."
Draco fece un passo indietro e sbatté le palpebre anziché guardare
dritto Harry. Poi si fermò e lo fece.
"Non fare niente di stupido," disse alla fine, la voce
dura.
Prese tra le mani il viso di Harry e lo baciò, e anche il bacio fu
duro. Il pericolo non lasciava più né tempo né spazio per la gentilezza, e la
schiena di Harry colpì il muro quando i denti di Draco graffiarono l'interno
della sua bocca. Non poté lasciarsi andare a un gemito, così afferrò
bruscamente Draco per soffocare sia il gemito che il pensiero di morire.
Reclinò la testa all'indietro contro il muro e attirò a sé Draco, in modo da
sentire solo la pietra e la solidità del corpo di Draco su di sé. La sua
schiena sotto le mani di Harry, sotto la camicia, era umida di sudore.
Harry voleva riempirlo di graffi. Anche la sua schiena era
schiacciata dolorosamente contro la pietra e le sue cosce erano tese sotto il
peso di Draco, ma non gli importava. Draco lo spinse più forte contro il muro,
come se volesse fargli male, fargli implorare pietà. I fianchi di Harry si
sollevarono verso Draco e il suo respiro si fece irregolare come in una
preghiera.
Non voleva pietà. Soffocò un gemito affamato ma non il desiderio
di mangiarsi vivo Draco.
Draco poteva anche avere paura, pensò vagamente Harry, ma nel suo
sangue c'era lo stesso fremito di eccitazione che c'era nel suo, la stessa
smania di fare qualcosa, qualsiasi cosa, Dio,
e se Draco fosse rimasto lì e si fosse spinto su di lui un altro istante... ma
Lupin e Sirius erano in pericolo. I denti di Draco si mossero lenti ma decisi
sul labbro inferiore di Harry, e le sue dita si curvarono leggermente tra i
suoi capelli. Poi si staccò da Harry.
"Non azzardarti a
morire," ordinò, e corse via.
Harry raggiunse le scale dei sotterranei diretto alla Torre di
Grifondoro.
*
Non c'era polvere sulla Signora Grassa, tuttavia lei lo guardò
confusa mentre saliva le scale verso di lei e pronunciava la parola d'ordine.
"Tiri Vispi Weasley," sussurrò, ricordando la Terza Prova. Anche
allora aveva detto quelle parole, quando avrebbe dovuto ricordarsi che la
parola d'ordine serviva solo per entrare. Le cose erano andate al contrario sin
da allora.
Sapeva che la sala comune sarebbe stata fredda e vuota, con tutte
le cose che si erano lasciati dietro simili a reliquie nella luce grigia della
notte che calava. Non si risparmiò un'occhiata al libro abbandonato da
Hermione, né alle scale che portavano al dormitorio delle ragazze, che avrebbe
potuto salire tranquillamente perché le ragazze erano andate via tutte. Aveva
altre cose di cui preoccuparsi.
Corse su per le scale, e con gli occhi già abituati all'oscurità
intravide le forme di tutti i letti vuoti. Il suo era desolato, un angolo del
lenzuolo ripiegato con cura dagli elfi domestici, e la cassapanca ai piedi del
letto... depredata.
Harry si inginocchiò. I suoi libri erano sparsi in giro, la scopa
spezzata, e il Mantello dell'Invisibilità era scomparso. Col respiro affannato
in quel silenzio profondo e solitario afferrò I magnifici sette e lo aprì alla pagina dove teneva nascosta
la mappa.
Era lì.
Harry la aprì in fretta e la pergamena gli tremò tra le mani.
Quando le familiari linee e i puntini neri iniziarono a comparire sulla pergamena
giallognola seguì avidamente ogni linea con lo sguardo.
Ron e Hermione, al sicuro al primo piano. Draco, apparentemente al
sicuro nei sotterranei con nessuno nei dintorni. Sirius e Lupin c'erano, vivi,
ma quasi persi in due gruppi separati di Mangiamorte, e gruppi di Mangiamorte
(o quelli che Harry presumeva fossero Mangiamorte) erano sparsi per tutto il
castello. C'era Codaliscia, ma non si trovava vicino a nessuno di loro e... In
uno di quei gruppi Harry vide oscillare le parole Tom Riddle.
Voldemort era a Hogwarts.
I pensieri di Harry sfuggirono al suo controllo e si persero nel
panico. Stava succedendo, stava succedendo davvero, e non c'era niente che
potesse fare né nessuno che potesse soccorrere nessuno di loro...
Le linee e i punti si rincorsero in un angolo, e Harry vide chi
poteva aiutarlo.
Richiuse la mappa e corse, corse, corse come se tutti i
Mangiamorte lo stessero già rincorrendo attraverso le stanze orribilmente
deserte dei Grifondoro e attraverso i corridoi bui e riecheggianti che portavano
ad un gargoyle di pietra.
Non c'era bisogno di una parola d'ordine. Il gargoyle si fece da
parte mentre Harry si avvicinava, e appena Harry salì il primo gradino della
scala a chiocciola ascendente gli tornarono di nuovo in mente la Terza Prova e la comparsa
di Voldemort, e strinse forte le dita attorno alla bacchetta quando la
scintillante porta di quercia di Silente entrò nel suo campo visivo, con il
batacchio a forma di grifone che risplendeva nella penombra.
La porta si spalancò, e dentro non c'era Voldemort. C'era solo
Silente.
"Oh, Harry," disse. "Mi chiedevo se avrei avuto una
chance di parlare con te."
*
La stanza circolare era immersa nelle tenebre come il resto di
Hogwarts. Gli strumenti d'argento erano silenziosi e privi di vita, e i
ritratti dei vecchi Presidi erano stati strappati dalle pareti. Silente era
seduto al buio dietro la sua enorme scrivania, e fissava una pila di cenere
davanti a lui.
"Fanny," spiegò, fraintendendo lo sguardo di Harry.
"E' molto triste, ma anche le fenici a un certo punto muoiono senza più
risorgere."
Sembrava gobbo e minuto sulla sua sedia con lo schienale alto.
Ormai la luna era uscita, una forma ricurva che sbirciava da dietro le
finestre, e la sua luce proiettava un'aura fioca e stanca sui suoi capelli
bianchi e disordinati. Il mento gli arrivava quasi al petto, ma gli occhi
azzurrini che guardavano Harry erano acuti come sempre.
Harry respirò a fondo. "Professore... signore, la prego,
Voldemort è nella scuola!"
"Certo," disse gentilmente Silente. "L'ho invitato
io."
La sua voce era così calma che la prima cosa che Harry provò fu
sollievo. Era tutto a posto, Silente aveva un piano, e mentre il suo respiro
tornava regolare e la prima ondata di adrenalina si calmava, cominciò a sentire
freddo.
"Vi ho invitati tutti a tornare per incontrarlo,"
continuò Silente, sempre sereno. "Cominci a capire adesso, Harry?"
Il battito del suo cuore aveva rallentato così tanto che un
pensiero tremendo riuscì a farsi strada tra un battito e l'altro. Sembrava che
dell'acqua fredda gli stesse gocciolando nel petto a intervalli regolari, come
incidendo una pietra.
Ripensò alle immagini nel Sognatoio, e capì cosa aveva cercato di
comunicargli il sogno.
Mentre Draco nuotava nel lago nel suo sogno, aveva sussurrato la
prima parola d'ordine che Harry avesse mai udito per l'ufficio di Silente. Sorbetto al limone.
Le facce delle creature pericolose nel sogno... grifone, chimera,
basilisco. Tutte cose che l'avevano minacciato... tutte tranne il grifone. Che
era il batacchio di Silente.
Quella frase ricorrente nell'ultimo sogno, quella in cui la McGranitt aveva visto
qualcosa prima di morire.
Non lo sai?
Harry lo sapeva. Finalmente lo sapeva.
"E' lei la spia," disse lentamente. Provò una strana
sensazione nel pronunciare quelle parole, come se stesse parlando una lingua
straniera, un Serpentese che non avrebbe mai avuto senso perché all'improvviso
niente nel mondo aveva più senso.
"E' troppo tardi. A cosa ti serve saperlo adesso?"
chiese Silente. "Non sei mai stato abbastanza svelto, Harry... ma sono
certo che hai fatto del tuo meglio."
Fece un gesto consolatorio con le mani, la cui pelle avvolgeva i
nodi blu delle vene come carta crespa. Sembravano fragili e vecchie le sue
mani, investite solo dell'autorità di un bisnonno gentile.
Harry non riusciva a mettere insieme le parole senza sforzo.
Persino la sua lingua gli aveva voltato le spalle.
"Ma... come?"
"E' stato molto facile, Harry."
Certo che lo era stato. Per quanto Harry avesse potuto studiare la Mappa del Malandrino in
cerca della spia, non gli sarebbe mai venuto in mente di sospettare della
presenza di Silente in qualsiasi luogo. Nessuno studente si sarebbe allarmato
incontrando Silente, nessuno studente avrebbe urlato quando Silente avesse
alzato la bacchetta.
Ripensò stordito alle fughe di informazioni. Lupin aveva detto che
si era rivolto a dei membri dello staff. Chiunque avrebbe detto a Silente
qualsiasi cosa avesse voluto sapere.
Nessuno si era lontanamente sognato di mettere il nome di Silente
su una lista dei sospetti. Solo una persona l'aveva fatto, solo una, e perché
non l'aveva capito? La McGranitt non era corsa
dal Preside dopo aver avuto la rivelazione. Aveva chiesto a Harry di chiamare
Lupin, e aveva detto qualcosa a proposito del libro che Hermione aveva scelto
nel suo sogno...
Il vecchio libro, ricordò finalmente Harry, che avevano esaminato
il primo anno. Quello su Nicolas Flames... e il suo partner, Albus Silente.
L'orrenda e sconvolta incredulità si trasformò in ira.
"Ha ucciso la professoressa McGranitt!" gridò Harry.
"Come ha potuto... come ha potuto?
Noi ci fidavamo di lei e lei... lei è malvagio...
è sempre stato malvagio..."
La tranquillità di Silente non vacillò. Restò seduto lì,
ingobbito, con la testa china, vecchio e intoccabile e senza pietà.
"Non sempre, Harry. Neanche adesso, in verità."
Harry si indignò nello scoprire in se stesso l'impulso furioso e
confuso di scoppiare a piangere. Non era più un bambino, maledizione, ma si
sentiva un bambino mentre fissava con assoluta incredulità un adulto di cui si
fidava.
"Come può dirlo?" chiese. "Ha ucciso..." La
voce gli si incrinò mentre parlava, e deglutì con forza. "L'ha uccisa! Ha
preso tutte quelle persone!"
"Sei proprio un bambino, Harry," disse Silente, più
triste che arrabbiato, come se riuscisse a leggere nella mente di Harry.
"Sei così giovane, e credi che tutto sia o bianco o nero. Hai la minima
idea di quanto abbia vissuto a lungo io? Hai idea di cosa abbia visto?"
Harry sentì di nuovo freddo, e fece appello a tutte le sue energie
per soffocare le lacrime. La notte era grigia e inanimata, come le ceneri della
fenice.
"Ho più di cent'anni, e so che non c'è alcun modo di
sconfiggere il male. Ho sconfitto Grindelwald ed è comparso Voldemort. Prima di
Grindelwald ce n'era stato un altro, e nel corso della storia ci sono stati
leader crudeli e guerre in cui entrambi gli schieramenti hanno dovuto piegarsi
al male perché l'unica alternativa era la morte. Ogni cosa buona che sia mai
accaduta in tutta la storia del mondo non è stata che un sogno, un desiderio,
una costruzione fragile innalzata nell'intervallo tra due mali e
inevitabilmente distrutta. Lo so. L'ho imparato. Ero giovane, stupido e pieno
di speranze, e ho riscosso molte vittorie, ma queste cose scompaiono. Il male è
l'unica cosa che resiste, così io... ho deciso di arrendermi e
sopravvivere."
"Ha deciso di schierarsi dalla parte di Voldemort!"
"Ho deciso di vivere. Ho smesso di lottare e ho negoziato. Al
prezzo della mia vita ho iniziato a prosciugare Hogwarts. Ho consegnato degli
studenti a Voldemort... ma non ho mai consegnato te, né alcun amico che potesse
aiutarti. Anche ora hai una chance di affrontare Voldemort, proprio come diceva
la profezia."
Si sporse in avanti, gli occhi pallidi e guardinghi. "Ma non
vincerai, vero, Harry? Lo sappiamo entrambi. Ho organizzato la Terza Prova in modo da
vedere come potessi cavartela davanti a Voldemort, e sappiamo tutti e due che
non sei riuscito a far nulla. E' stato allora che ho perso ogni speranza, ma
dopo tutto importa ben poco."
Harry ricordò di aver letto qualcosa sul trauma da combattimento
in alcuni libri babbani, e cercò di pensare ad una cosa simile prolungata per
un secolo di lotte. Non poteva immaginare quanto dovesse essere incredibilmente
stanco Silente.
Non sopportava la vista di quel vecchietto avvizzito, che ormai
era privo di ogni qualità gloriosa avesse mai avuto.
"I migliori, i più svegli soccombono sempre, e ogni
generazione è più povera della precedente. Avresti dovuto conoscere Nicolas
Flamel quando era giovane. Avresti dovuto conoscere tuo padre, Harry. Lo
adoravo. Hai mai avuto la forza di creare qualcosa di simile alla Mappa con le
tue mani, o di diventare segretamente un Animago? No, Harry, mai. Non ce n'era
alcuna speranza."
"Ha detto che amava mio padre," disse Harry, e lasciò
che la voce gli tremasse. La
Mappa del Malandrino gli cadde dalle mani e svolazzò
dolcemente fino al pavimento. "Lascerà che la sua morte non significhi
niente?"
Silente non era mai stato l'uomo che Harry aveva creduto fosse, da
quando l'aveva conosciuto. Quell'uomo era stato morto come i suoi genitori, per
tutta la vita di Harry.
"La morte non significa mai niente, Harry. Riduce le vite
della gente a nulla, e arriva sempre. I tuoi genitori, altri miei allievi,
tutti i miei amici d'infanzia... Ora non sono niente, nient'altro che parole su
una pagina e cenere nel vento. Mi è dispiaciuto uccidere Minerva, ma alla fine
cosa importava se moriva allora o un po' più tardi? Sono io il possessore della
Pietra Filosofale. Sono io che vivrò per sempre."
"Lei ha la Pietra Filosofale?" mormorò Harry. "Ma
aveva detto..."
"Avevo detto di averla distrutta, ma non mi hai visto farlo.
E non l'hai mai messo in dubbio, come non hai messo in dubbio nessuna delle mie
assenze strategiche. Non sei mai stato abbastanza intelligente da non fidarti
degli altri."
E' perchè mi fidavo di lei, pensò Harry. Sentì di aver
oltrepassato l'ira e la sensazione di essere stato tradito, fino a uscire
dall'altra parte. Non aveva freddo, e non era più rovente per l'oltraggio.
Tutto era immobile, e non provava che tristezza.
Silente parlò in tono lievemente addolorato, come se stesse
parlando dei brutti voti di Harry ai suoi MAGO.
"Io vivrò, vivere è meglio che morire, e qualsiasi cosa è
meglio della lotta perpetua e lacerante contro una cosa che è dappertutto. Io
vivrò, e forse tra un po' di tempo dimenticherò le persone migliori che ho
conosciuto, tutte distrutte da questo mondo. E anche se ciò non dovesse
succedere... la tua morte sarà solo un piccolo rimorso accanto a quella di
James o a quella di Minerva. Ho fatto il possibile per te. Credevo che ti
avrebbe fatto piacere sentire una spiegazione. E' stato tutto molto triste, ma
non c'è niente che nessuno avrebbe potuto fare."
Sembrava che avesse finito. Incrociò le braccia e guardò Harry con
un certa pazienza apatica ed esausta. Harry sapeva che non poteva essere smosso
né dalla rabbia né dalle lacrime, da nessuna emozione.
Era tutto ciò che rimaneva del più grande mago che fosse mai
esistito.
Harry si rese conto per la prima volta che gli aveva voluto bene.
Gli aveva voluto bene, e in quel momento c'era qualcosa che farfugliava e
piangeva dentro di lui, ma l'unica cosa che riuscì a raggiungere fu una triste
certezza. Ricordava con perfetta chiarezza di aver ucciso i serpenti che aveva
creduto spie perché erano troppo pericolosi per permettergli di vivere.
La bacchetta di Silente era sulla scrivania, mentre quella di
Harry era stretta nella sua mano. Alzò la bacchetta e per la prima volta vide
una vera emozione sul viso di Silente.
"Invece sì," disse Harry lentamente. "C'è una cosa
che posso fare."
*
Trovarono Lupin nella Torre di Astronomia.
Hermione aveva pensato che sarebbe stato meglio controllare anche
lì, dato che avevano ancora qualche minuto prima di doversi ritrovare con Harry
e Malfoy, ed erano appena entrati quando sentirono dei passi venire verso la
porta.
Ron le agguantò la mano e la tirò su per le scale che portavano
alla terrazza dell'osservatorio, dove alcuni telescopi erano rimasti alle
finestre. Li ignorarono e si misero in ginocchio, e Hermione sperò che la
ringhiera li tenesse nascosti anche quando vi si affacciarono.
Fu allora che i Mangiamorte trascinarono nella torre Lupin in
catene.
Hermione riconobbe anche il leader di quel gruppetto. Era
Codaliscia.
"Chi altro è entrato con te?" domandò mentre gettavano
Lupin per terra.
Lupin grugnì quando colpì il pavimento, coi capelli nella polvere.
"Nessuno. Sono stato solo tutto il tempo."
"Sappiamo che sei stato mandato nel mondo babbano con Harry
Potter!"
Come faceva a saperlo la spia? pensò nervosamente
Hermione. Chi potrebbe essere?
"Loro sono rimasti lì. Sono venuto da solo, Peter,"
rispose calmo Lupin.
Codaliscia sussultò. "Non c'è bisogno... non c'è bisogno che
mi parli così! Io non ti ho mai fatto niente... ti ho lasciato fuori!"
"Gentilissimo," disse asciutto Lupin, incatenato per
terra.
"Io... io vorrei tanto lasciarti andare anche adesso,
Remus," disse con voce tremula Codaliscia, "ma dobbiamo sapere dov'è
Harry Potter."
Si voltò, incapace di guardare Lupin un secondo di più, e Hermione
vide bene il suo viso per la prima volta. Era contorto in un'espressione fiacca
e sgradevole.
"Altrimenti," continuò a voce bassa, "dovremo
procedere con la tortura."
"E allora tortura sia. Fate pure. Io non sono mai stato un codardo."
Ron sobbalzò per l'orrore e Hermione lo tirò giù, lo attirò a sé e
sentì la sua bocca contorcersi per l'orrore e la disperazione sul suo collo.
Gli accarezzò i capelli con gentilezza ansiosa, si aggrappò forte a lui e pensò
che se l'avessero visto avrebbero potuto strapparglielo via.
Chiuse gli occhi e nascose il viso tra i capelli di Ron, cercando
di non pensare a ciò che stavano facendo a Lupin.
Realizzò che era una cosa da stupida, e guardò di nuovo oltre la
ringhiera. Lupin stava guardando in su verso di lei, con gli occhi sbarrati, e
le mani di Hermione strinsero più forte quelle di Ron. Ma nessun altro li aveva
visti.
Magari lei e Ron avrebbero potuto coglierli di sorpresa...
Non aveva ancora sentito il suo cuore gonfiarsi per quel principio
di progetto e di speranza, che la porta si aprì di nuovo.
Riconobbe la coppia che entrò con la stessa sicurezza con cui
aveva riconosciuto Codaliscia.
Uno era Voldemort, e Hermione sentì il suo cuore accelerare come
quello di un coniglio, come se avesse potuto scoppiarle fuori dal petto per
fuggire verso un posto più sicuro.
L'altro, non in catene e non certo prigioniero, che camminava
volontariamente e con noncuranza accanto al Signore Oscuro, era Draco Malfoy.
"Stai ancora racimolando il coraggio, Codaliscia?"
strascicò Malfoy, la voce inconfondibile quanto i capelli. "Ti mostro io
come si fa."
Prese la sua bacchetta e la puntò verso Lupin.
Poi disse disinvolto, "Crucio."
Il corpo di Lupin si contorse in uno spasmo di agonia.
***
Vi aspetto numerosi ^_^ Il prossimo capitolo potrebbe tardare
causa esame di letteratura inglese in avvicinamento, ma farò di tutto per
muovermi prima del 30 :)
Ecco a voi l'ultimo capitolo! Tra qualche
giorno inserirò in coda al cap.11 una cosina scritta da Maya sul suo Draco,
quindi magari tornate a leggere tra un po' ^_^
E ora buona lettura :)
[Riconosco come mi fai
sentire / E' difficile credere che tu possa non essere vero / Sento che l'acqua
ora diventa più alta / Cerco di lavare via il dolore ]
Hermione strinse Ron più forte per tenerlo giù. La sua mente stava
andando in frantumi per il panico, e ogni coccio era intollerabile. Non riusciva
a guardare Voldemort - Dio, non era neanche umano,
sembrava la versione in carne e ossa di una delle creature che vedeva nei
cartoni animati quando era piccola - e non riusciva a guardare Lupin che si
contorceva con gli occhi chiusi e della schiuma agli angoli della bocca. Cercò
di guardare Malfoy, di osservare il suo viso e cogliere un'espressione che
lasciasse intendere che c'era una spiegazione, e si accorse in un'improvvisa
ondata di tradimento che si era davvero fidata di lui.
"Lo ammazzo," le ringhiò Ron nell'orecchio.
"Zitto," sussurrò disperata Hermione. Chissà se
Voldemort poteva sentirli? Come avrebbero fatto a uscire?
"Per quanto encomiabile sia il tuo entusiasmo," disse
Voldemort, e la sua voce fece rabbrividire Hermione: sembrava parlasse in
Serpentese anche quando parlava in inglese. "Direi che possiamo continuare
a interrogare il licantropo insieme al suo prezioso amico Black. Portateli
nella mia stanza." Hermione vide lo sguardo rapido di Peter Minus, e
Voldemort spiegò con una nota di spossatezza. "Probabilmente ti è più nota
come aula di Incantesimi, Codaliscia."
La testa di Codaliscia sobbalzò nervosamente. "Oh sì mio
Signore. Certo!"
"Quanto a te, Malfoy," e a quel punto la speranza affogò
nell'indignazione di Hermione, "apprezzo molto la tua crudeltà, ma
potrebbe essere meglio utilizzata. Dopotutto sappiamo bene che Harry Potter è
vicino. Non ci resta che aspettare che sia lui a raggiungerci."
Fece un gesto uscendo e Malfoy lo seguì. Hermione li guardò
andarsene con sollievo, sentendo l'orrore e il disgusto passare in secondo
piano e lasciarle un unico impulso: cercare un modo per scappare.
Ron alzò di nuovo la testa incoscientemente. Hermione lo tirò in
basso, ma vide gli occhi di Lupin spalancarsi, e fu certo che stavolta almeno
una persona li aveva visti.
"Ti dirò una cosa, Peter," disse Lupin come se niente
fosse, nonostante la sua voce fosse fioca per il dolore e avesse ancora della
schiuma agli angoli della bocca. "Hai sempre pensato che essere un
licantropo fosse molto simile ad essere un Animago, solo... meno piacevole e
meno programmato. Non è così."
Peter Minus tremò, confuso, guardando i suoi compagni Mangiamorte
in cerca di aiuto.
"No?" disse alla fine.
Lupin rotolò, si alzò e spezzò le manette in un'unica agile mossa,
quindi fu in piedi davanti a Peter. Hermione non aveva mai visto il tranquillo
professor Lupin così: le sue spalle e la scintilla nei suoi occhi le
ricordarono una bestia feroce.
"No," disse, e la sua voce si fece grave. "Io sono
sempre un lupo mannaro, e né le manette né la Cruciatus possono
tenermi a bada a lungo."
Alzò lo sguardo solo un momento. Hermione vide le sue labbra
muoversi con chiarezza.
Disse col labiale "Scappate."
Poi Lupin balzò, e appena Peter Minus cadde ai suoi piedi e tutti
i Mangiamorte puntarono le bacchette, Hermione tirò su Ron con la forza e
approfittò di quel momento di distrazione per fuggire dalla Torre scendendo le
scale.
Dopo aver attraversato un po' di corridoi cominciarono a barcollare
per l'insano desiderio di scappare e per via dei terribili pensieri che avevano
in mente.
"Lo uccido, quel bastardo di Malfoy," disse Ron, e
sembrava dicesse su serio. "Lo inseguirò e lo ucciderò. Che cosa ha fatto
a Harry?"
"Niente," rispose Hermione. Vide lo sguardo stupito di
Ron e ricambiò con uno impaziente. "Avrebbe detto a Voldemort... no,
davvero Ron, te lo garantisco, se avesse saputo dov'era Harry, gliel'avrebbe
detto. Devono essersi divisi, e questo significa che dobbiamo tornare in Sala
Grande e dirlo subito a Harry."
Soppresse un fremito al pensiero di quello che avrebbe dovuto
dirgli. Lei, Hermione Granger, da tutti ritenuta intelligente, si era davvero
fidata di quello stronzo di Malfoy, e Dio solo sapeva se Harry avesse fatto di
peggio.
Non poteva pensarci in quel momento. Doveva riflettere. Lupin
aveva rinunciato alla sua unica possibilità di fuga per darne una a loro.
Camminarono in fretta fino alla Sala Grande. Hermione cercò di non
pensare che ogni rumore fosse un Mangiamorte, e continuò a cercare incantesimi
nella propria mente. Non le era mai sembrata così vuota.
Quando sentirono un rumore dall'alto Ron le afferrò le spalle per
spingerla dietro di sé. Lei lo spinse via e afferrò la bacchetta.
Rimasero a guardare entrambi, ed era Harry. Aveva la bacchetta
puntata, una manica nera era a brandelli e penzolava mostrando uno sfregio
insanguinato sul braccio. La forma delle sue spalle le ricordò Lupin in
procinto di saltare, e i suoi occhi bruciavano in modo strano su un viso
pallido e teso.
Non l'aveva mai visto così.
Per un attimo pensò che lo sapesse, e si ritrovò a parlare
rapidamente, disperata, così che non avrebbero dovuto affrontare l'argomento.
"Abbiamo visto Lupin. Hanno preso lui e Sirius, li stanno
portando nell'aula di Incantesimi, c'è anche Voldemort, Voldemort è a Hogwarts, Harry, che cosa facciamo
adesso? Non abbiamo trovato Silente. Credo che ci siano solo Mangiamorte."
Desiderò non aver aperto bocca quando si accorse di quanto era
deprimente ciò che aveva da dire, quindi guardò il viso ancora più deprimente
di Harry.
"Ho incontrato Silente," disse con voce piatta. "E'
morto."
L'enormità di quel disastro ingoiò tutto il resto. Hermione rimase
immobile e perse ogni pensiero.
Cercò di racimolare parole da un mare di disperazione.
"Allora non c'è nessuno che possa aiutarci."
Il viso bianco di Harry fu stravolto dall'ira, come la benzina a
contatto col fuoco. Hermione quasi si schermò da lui. Pensò per un attimo che
Harry fosse una delle cose di cui aver paura in quel luogo di terrore che era
stato Hogwarts, e che tutto ciò che avesse osato sfidarlo sarebbe stato
distrutto.
"Chi ci ha mai aiutati?" ringhiò Harry. "Quando mai Silente ci ha aiutati?
Siamo soli e per me è meglio così. Possiamo farcela. Ora, dov'è Draco?"
Hermione se n'era quasi dimenticata. Strinse i pugni, forte, come
se potesse sbriciolare l'intera faccenda prima che si abbattesse su Harry.
Ron la precedette. "Probabilmente Malfoy sta torturando
ancora un po' Lupin. L'abbiamo visto farlo la prima volta... mentre se ne stava
praticamente a braccetto con Tu-Sai-Chi."
*
Sulle prime Harry non assorbì le parole. Una parte di lui era
rimasta in quella stanza a guardare quel viso avvizzito, imprigionato
nell'ostinata determinazione a vivere. Una parte di lui stava pensando se avesse avuto la bacchetta in mano, io sarei...
Non fece che fissare stupidamente Ron per qualche minuto, e poi
all'improvviso comprese, tutto in un momento, e si infuriò terribilmente.
Afferrò Ron per la maglia e lo spinse contro il muro.
"Ritira tutto!" gridò.
"No! lasciami andare, sei fuori di testa? L'abbiamo visto
entrambi, Hermione, diglielo..."
"Non è vero! Dì che non è vero!"
"Ti prego, calmati," sibilo Hermione, afferrando
impotente le mani di Harry. "Ti prego, ti prego, fermati. Harry, è vero.
L'ho visto. Mi dispiace, ma è vero."
Lasciò andare la maglietta di Ron e fece un passo indietro, senza
fiato. Guardò il viso sconvolto di Hermione e desiderò scappare via da loro - i
suoi migliori amici! - e mettersi le mani sulle orecchie. Non era vero.
"Perché dovrebbe torturare Lupin?" domandò.
"Per scoprire dove fossi tu," disse Ron.
"Non dire cazzate! Lo sa dove sono."
"Sì, Harry," rispose Hermione con voce tremante, e lui
fissò gli occhi sul viso di lei, pregando che gli venisse in mente una qualche
spiegazione. Hermione lo fissò con occhi imploranti. "Solo che...
Voldemort ha detto che loro sapevano già
dov'eri, e che Malfoy si stava comportando in modo crudele. E tu sai che può
esserlo, Harry..."
"Ma non fino al punto di torturare Lupin! Lupin gli
piace!"
"Harry," spiegò Hermione, con la voce rotta. "Non
c'è altra spiegazione. Non può essere Polisucco, e Voldemort lo ha chiamato per
nome. Ha usato la Cruciatus
su Lupin. L'ho visto. Era lui, e io continuavo a cercare di guardarlo in
faccia, per capire se fosse tutta una finta, ma non vedo come potrebbe esserlo.
Harry, so cosa provi per lui, ma è lui la spia"
"No, non è lui," disse Harry automaticamente, e poi si
fermò perché non sapeva come dire a Ron e Hermione chi era la spia.
Quando si fermò fu assalito da un dubbio.
Chi diceva che c'era solo una spia? Non avrebbe forse avuto senso?
Nessun avrebbe mai messo in discussione la presenza di Silente... tranne un
Serpeverde. I Serpeverde erano sempre stati ostili a Silente, i Serpeverde
avrebbero potuto essere una falla nel piano... a meno che Silente non avesse il
supporto di una persona di cui loro si fidavano.
"Non lo hai visto in viso," aggiunse, con meno
sicurezza, ma non ebbe bisogno dell'espressione triste di Hermione per avere
una risposta alla sua tacita domanda. Si ricordò di quando una volta aveva
riconosciuto Draco che si allontanava nell'oscurità, il primo anno. Draco era
decisamente inconfondibile.
Quindi doveva esserci una spiegazione.
"Lo conosco!" protestò violentemente contro i suoi
stessi pensieri.
"Già, siete amici da quanto, sei mesi interi?" sbottò
Ron. "Noi siamo amici da sette anni, e siamo immersi in molti più guai di
quanti potrebbe procurarcene Draco Malfoy. Dobbiamo decidere cosa fare."
Harry sentì il nitido impeto di determinazione sopraffare ogni
pensiero. Di quello fu molto grato: dell'impossibilità di pensare nella fretta
di agire.
"Hai ragione," disse brevemente. "Ci serve o Sirius
o Lupin: questo lo sappiamo. Se sono insieme li possiamo recuperare entrambi...
poi si vedrà. Ho il Mantello dell'Invisibilità. Andiamo nell'aula di
Incantesimi."
Mentre dispiegava il mantello, gli occhi di Hermione si
illuminarono. "Ce l'hai la mappa?"
"Io..." Harry pensò alla mappa giallognola abbandonata
per terra in quella stanza, e si maledisse. Non sarebbe tornato lassù, e Ron e
Hermione non potevano vedere cosa si era lasciato alle spalle. "Non c'è
più."
Hermione sembrava delusa, ma annuì. Harry guardò il suo viso
assorto e capì che stava già calcolando le loro probabilità di successo.
Avrebbe vinto. Non c'era altra scelta.
Avvolse il mantello attorno a tutti e tre, e quando cinse Hermione
con un braccio ripensò a ciò che aveva appena fatto con quella mano e alla
faccia che avrebbe fatto Hermione se l'avesse saputo.
Draco avrebbe capito... Ma Draco era...
Salirono le scale vicini vicini e attraversarono i corridoi di
Hogwarts, consci che la sola eco dei loro passi avrebbe potuto tradirli, ma
Harry non riusciva a smettere di pensare a un tradimento molto diverso.
Il giorno in cui avevano lasciato Hogwarts, Draco aveva scritto
una lettera che non aveva voluto far vedere a Harry. Aveva detto che era per
Narcissa, ma aveva già spedito un Gufo a sua madre il giorno prima.
Se fosse stata una bugia. Se fosse stata tutta una bugia.
Draco non aveva mostrato alcun interesse fino... beh, fin quando
non avevano chiuso Hogwarts e non aveva perso il contatto con i Serpeverde. Fin
quando Hogwarts non era finita e Harry, forse, era diventato una moneta di
scambio più pregiata per Voldemort ed era passato dal grado di amico a quello
di...
Doveva smetterla!
Qual era esattamente il motivo per cui Draco aveva cambiato idea?
Silente non l'aveva mai amato, non più di Dudley. Era improbabile che Draco
fosse stato sopraffatto dal fascino di Harry.
Le dita di Hermione si chiusero sul suo braccio un secondo dopo
aver visto i Mangiamorte. Puntò la bacchetta e Pietrificò il primo.
Il secondo si voltò e Hermione lo colpì con lo stesso incantesimo,
Ron colpì il terzo e Harry afferrò il mantello dell'ultimo mentre
indietreggiava e usò un'ultima volta l'Incantesimo Pietrificante.
Poi Harry tornò al primo, gli alzò la testa per i capelli e la
sbatté forte contro la pietra.
"Harry!"
"Chiunque potrebbe passare e annullare l'incantesimo,"
spiegò senza emozioni. "Dubito che abbiano con sé dei Medimaghi, e voglio
liquidare ogni Mangiamorte. Siamo in guerra."
Hermione si inumidì le labbra. "Non colpirli troppo forte.
Potresti causare danni cerebrali."
"Non credo che loro si preoccuperebbero così teneramente per
te," disse Harry. Si sentì stordito mentre guardava l'espressione
inorridita sul viso di Hermione. Non capiva perché la prendesse così. Ciò che
diceva aveva senso.
Non pensare a Silente. Non pensare a Draco.
Colpì il muro con la testa del secondo uomo.
Quando ebbe finito si alzò in piedi. Hermione indietreggiò appena
da lui, ma Harry sentì una mano sulla schiena. Fissò sconvolto gli occhi di
Ron.
"Cerca di stare calmo, Harry," disse Ron. "Noi
siamo con te."
"Certo che lo siamo," confermò Hermione, con la voce sempre più
sicura mentre parlava. "Hai fatto solo quello che dovevi."
"So che siete dalla mia parte," disse loro Harry.
"Grazie."
Erano solo in tre, erano gli amici di cui poteva fidarsi
completamente, e andava bene così. Era giusto. Sarebbe riuscito ad andare
avanti fino al covo di Voldemort, con la sicurezza che loro gli avrebbero
guardato le spalle.
Si fermarono fuori alla porta dell'aula di Incantesimi.
"Continuo a credere che non fosse Draco," disse Harry a
bassa voce, e aprì la porta.
*
La stanza vuota e oscura fu una specie di anticlimax. Rimasero
sotto il mantello per qualche minuto, esitando e analizzando ogni dettaglio
della stanza. Le sedie e i banchi dell'aula della McGranitt erano stati tolti
di mezzo, e la stanza sembrava più grande che mai.
In fondo c'era un trono, e dritto sul pavimento c'era quello che
pareva essere uno scettro.
Harry si sentì perso. Si era aspettato... che ci fosse qualcosa,
qualcosa contro cui combattere, e non poté far altro che restare immobile e
chiedersi se non fosse una trappola, o se non avessero spostato Sirius e Lupin
da qualche altra parte.
Fu Hermione a rompere la protezione del Mantello dell'Invisibilità
e ad entrare nell'aula di Incantesimi. Li guardò da dietro le spalle con gli
occhi spalancati.
"O mio Dio," disse. "Non può essere. L'incanto
Captus."
"Il che cosa?" chiese Ron.
Ma Harry ricordava. Ricordava una riunione del Giovane Ordine e
una riflessione su cosa stesse facendo Voldemort con gli studenti scomparsi, e
Hermione e Draco colmi di informazioni su quell'incantesimo.
Questo non significava che Draco fosse colpevole. Anche Hermione
l'aveva saputo.
Riusciva a sentire con chiarezza la voce di Draco nella sua mente,
lenta e precisa. Si pensa che la Magia Oscura sia
stata usata di recente per creare prigioni all'interno di sfere. Un migliaio di
piccole Azkaban che Voi-Sapete-Chi può portarsi in tasca, che i Dissennatori
possono custodire e da cui non si può scappare.
Lasciò Ron col mantello e raggiunse il punto dov'era Hermione,
fissando ciò che stava fissando lei. Eccola lì, la sfera Captus, sola e
incustodita. Era una sfera tonda, di un blu opaco, montata sul suo piedistallo
di metallo. L'idea di Voldemort di uno scettro, con una pietra che conteneva
centinaia di anime.
Gli tornò di nuovo in mente la voce di Draco. Il vantaggio per noi sta nel fatto che... forse
possiamo liberarli.
"Se rompo la sfera," si sentì chiedere Harry,
"tornano liberi?"
"Harry, non ci provare!" esclamò Hermione.
"Potresti ucciderli tutti. E' una magia molto antica e non ho idea di cosa
fare per liberarli. Dobbiamo portarla all'Ordine della Fenice: loro sapranno
come comportarsi. Quindi dobbiamo trovare urgentemente Lupin o Sirius. Tutte le
loro vite dipendono da questo. Dobbiamo uscire tutti da qui."
Ron stava ripiegando il mantello, Hermione fissava la sfera. Harry
li guardò entrambi, cercando di valutare le loro possibili reazioni, e capì che
non gli importava.
"Sì, dobbiamo uscire tutti," disse lentamente.
"Incluso Draco."
"Harry, per-!" esplose Ron. "Ha permesso che i suoi
preziosi amichetti venissero chiusi lì dentro! So che ti piaceva, ma devi
affrontare i fatti!"
Già, i fatti. Draco non era mai stato interessato a farsi degli
amici, prima del Torneo Tremaghi... che era stato organizzato da Silente. Draco
aveva scritto una lettera e aveva mentito al riguardo. Draco aveva ammesso di
essere razzista. Draco non si era mai interessato così fino a quando Harry non
era stato la sua ultima risorsa...
Ricordò il viso di Draco, teso in un momento di sgradevole
intensità.
Non ti azzardare a morire.
Non ci credeva.
Ma se Silente li aveva traditi, chiunque poteva farlo.
Harry esitò.
"Faccia un passo indietro dalla sfera Captus, signor
Potter," disse una voce nell'ombra. "Non vorrei che le venissero in
mente strane idee."
Harry riconobbe la voce immediatamente. Erano anni che non la
sentiva, anni, e l'odio di anni gli si dischiuse nel petto e si trasformò in
furia omicida mentre Voldemort usciva dall'invisibilità e avanzava verso la
luce.
Restò a fissare Harry con quelle due fessure rosse che non si
chiudevano mai. Il suo volto era quasi troppo disumano per mostrare trionfo.
In quel momento Harry voleva solo una cosa: ucciderlo.
Hai ucciso i miei genitori. Hai ucciso Cedric. Hai reso desolato
il mio mondo, hai distrutto la mia scuola e io ti ucciderò, bastardo...
Poi vide chi c'era dietro Voldemort.
Stava ancora camminando verso la luce, la testa biondo pallido
chinata, il caratteristico passo lento. Si mosse col suo solito portamento
aristocratico.
Capì come mai
Hermione e Ron ne erano stati così sicuri, anche senza
guardarlo in viso. Ma Harry conosceva Draco molto meglio.
Non fu una sorpresa incrociare due occhi grigi e gelidi, e
guardare un viso uguale a quello di Draco, solo più vecchio e diverso, come se
qualcuno avesse sbagliato volontariamente i particolari.
"Salve, Potter," disse Lucius Malfoy.
*
I Mangiamorte cominciarono lentamente ad emergere dagli
incantesimi di invisibilità, uno per uno, e in un angolo recondito della mente
di Harry crebbe la certezza di quanto l'avessero completamente fregato, e la
determinazione a distruggerne il maggior numero possibile.
Al centro della scena c'era un solo pensiero allarmato che correva
e correva nella sua mente.
Questa cosa ucciderà Draco.
L'avrebbe ucciso. In un luogo ancora più inaccessibile della sua
testa c'era la soddisfazione di poter dimostrare a Ron e Hermione che Draco era
innocente, ma innocente o no, ne sarebbe morto.
La morte era imminente e lui si preoccupava per i sentimenti di
Draco.
Almeno Draco era al sicuro... e ti prego, ti prego, fa' che sia al sicuro, perché ora era certo che
Sirius e Lupin erano già nella sfera, e Ron e Hermione erano in trappola
insieme a lui. Tutto ciò che amava, tranne quell'unica persona, era lì... e i
Mangiamorte li stavano attorniando.
Harry puntò la bacchetta.
"Oh, avanti, perchè tanta fretta?" gli disse Voldemort.
"Uccidete gli altri due se si muove," aggiunse disinvolto ai mangiamorte,
che si appressarono ancora di più. Harry sentì Ron e Hermione avvicinarsi a
lui, caldi alle sue spalle. "Questo non è un piccolo battibecco, né una
riunione segreta in un cimitero che possa essere interrotta. Ho vinto io, Harry
Potter. Il mondo magico è mio. E intendo godermelo."
"Perché?" urlò Harry. "Cos'è, ti fa sentire importante? Sei tornato dalla morte per
circondarti di una grossa gang di bulli e torturare chi è più piccolo di te? E'
patetico. Tu sei patetico. Lo sei sempre stato."
Vide le lunghe dita di Voldemort stringere la bacchetta, e si fece
coraggio. Quasi voleva che Voldemort usasse la Cruciatus. Sarebbe
stato un altro motivo per odiarlo.
Fissò quegli occhi rossi, osò farlo, e poi udì la porta dietro di
lui aprirsi.
"Harry!" disse Draco, con tono irritato e casuale.
"Perché diavolo stai gridando, i Mangiamorte potrebbero... oh."
Harry lasciò perdere Voldemort e si girò verso Draco che sbiancava
man mano che comprendeva la situazione.
"In effetti," disse Draco con cautela, "vedo che
sei impegnato. Credo che me ne andrò."
Cazzo, ucciderò qualsiasi cosa cerchi di toccarlo.
Harry l'aveva pensato poco prima, senza capire davvero cosa
significasse. Adesso lo sapeva: aveva pronunciato la formula e aveva avuto
davvero l'intenzione di uccidere, e aveva visto quel corpo afflosciarsi subito
dopo, sapendo che era stato lui.
L'intenzione ce l'aveva ancora. Nessuno cercò di far del male a
Draco. Voldemort inclinò il capo. "E' il giovane Malfoy, vero?"
disse, come se si stessero scambiando i convenevoli durante il tè, ma con un
inquietante piacere dietro quelle maniere educate. "Entra pure. Sarà
interessante."
Draco avanzò confuso. Era così pallido da sembrare malato, e Harry
ricordò che era la prima volta che vedeva Voldemort, e immaginò che quella visione
dovesse occupare gli occhi e la mente fino all'esclusione di tutto il resto,
fino...
Fino a quando Draco non guardò accanto a Voldemort, e il suo viso
cambiò completamente. Harry pensò che non fosse più consapevole della presenza
di Voldemort, né della sua, né di quella di qualsiasi altra cosa a parte la
gioia e l'incredulità che si rincorrevano sul suo viso facendolo sorridere, con
molta esitazione, come se temesse che qualcuno potesse rubargli quel sorriso se
fosse stato troppo evidente.
Disse senza fiato, "Papà?"
Harry guardò il viso di Lucius e fu di nuovo violentemente conscio
di quanto si somigliassero quel viso che amava e quell'altro che odiava. Il
viso di Lucius era solo più composto, con lineamenti forse meno appuntiti, di
una bellezza più convenzionale. Non c'era niente di lui nell'aspetto tagliente
e affamato di Draco, simile a quello di un animale famelico in cerca di una
casa.
Ora c'erano fame e speranza sul volto di Draco. Lucius lo fissò
gelido.
"C-cioè, Padre," farfugliò brevemente Draco, gli occhi
ancora inchiodati al viso di suo padre. "Pensavo fossi morto,"
continuò quasi sussurrando.
"Chiaramente no," disse Lucius. "Non hai mai saputo
quando tenere la bocca chiusa, Draco. Noto con dispiacere che non sei cambiato
negli anni."
"Scusami," disse automaticamente Draco.
Sembrava ancora stordito, ma era l'unico che si muoveva. Tutti gli
altri erano come immobilizzati davanti al rifiuto assoluto di Draco di
riconoscere che al mondo esistessero altre persone oltre a suo padre. Harry vide
qualche Mangiamorte muoversi, ma Draco era il figlio di Lucius Malfoy ed erano
incerti sul da farsi.
Lucius no. "Vieni qui, Draco. Non è il momento per le tue
chiacchiere senza fine."
Il viso di Draco cominciò a schiarirsi. "Pensavo fossi morto.
Tu... ti ho visto morire!"
Non lo disse con diffidenza. Harry
aveva incontrato Lucius Malfoy solo poche volte, e ne fu certo. Nessuno nel
ruolo di un padre avrebbe potuto credere che l'emozione giusta da mostrare
davanti a un figlio perso da tempo fosse il fastidio.
"Sì. Ti sei rivelato un testimone eccellente. Ci è bastato
creare una tempesta, incantare la barca in modo che si spezzasse, creare una
visione del Signore Oscuro, e tu, prevedibilmente, hai reagito in modo
eccessivo."
Era strano. Harry li aveva visti insieme solo una volta prima di
allora, il secondo anno, quando la sua preoccupazione più grande era stata
Draco che rideva di lui perché aveva della fuliggine nei capelli. Ora erano
tutti davanti a Voldemort e ai suoi scagnozzi, che continuavano a comparire
nella stanza sempre più numerosi, e nonostante la rabbia che gli montava dentro
Harry riuscì comunque a capire... perché Draco era come era.
Non perché Lucius fosse cattivo, ma perché aveva la deformazione
del politico e cercava le debolezze di tutti quelli con cui entrava in
contatto. Non gli era sfuggito un solo punto debole dell'unica persona al mondo
che lo amava. Li aveva visti tutti e aveva fatto soffrire Draco per ciascuno di
quelli.
Non aveva capito proprio niente
di Draco, e Draco continuava a muoversi verso di lui come un uccellino
ipnotizzato da un serpente. Perché non avrebbe dovuto? Harry si era seduto
accanto a lui e gli aveva accarezzato i capelli mentre Draco aveva lasciato che
le sue illusioni su suo padre sgorgassero liberamente, e non aveva mai corretto
neanche una di quelle affermazioni in cui Draco si ostinava tanto
disperatamente a credere. Aveva pensato che per lui sarebbe stato meno doloroso
credere a delle bugie, che non avrebbe fatto male a nessuno.
Anche Silente aveva pensato che l'inganno fosse la cosa migliore.
"Perché avreste dovuto fare una cosa del genere?" chiese
Draco.
A quel punto parlò Voldemort, come offeso che qualcuno potesse
mettere in discussione le sue decisioni. "Tuo padre era troppo in vista e
la sua fedina troppo sporca perché potesse essermi utile nella sua posizione.
Inoltre non è mai stato uno dei miei servi più affidabili. Avevo bisogno che mi
dimostrasse la sua lealtà, e mi serviva un assistente appena più competente di
Codaliscia." Rivolse a Lucius un'occhiata superficiale. "Direi che ha
provato di essere all'altezza, in questo modo."
Nemmeno il Signore Oscuro riuscì a far spostare lo sguardo di
Draco da suo padre, ma mentre Voldemort parlava la sua espressione mutò.
Si rivolse a Lucius. "Hai finto di morire per fare da inserviente?"
Harry per poco non si mise a ridere. Era così assurdo e così da
Draco, e Lucius aveva ottenuto molto più di quanto non gli spettasse per
contratto.
"Lucius," tuonò Voldemort. "Hai intenzione di
zittire quel piccolo insolente, o devo farlo io?"
"Chiedo scusa, mio Signore," si affrettò a dire Lucius.
"Draco, so che non sei così poco intelligente. Me l'hai dimostrato negli
ultimi due anni."
"Davvero? Pensavo di aver solo reagito in modo
eccessivo." La voce di Draco era asciutta, tuttavia continuava a muoversi
verso suo padre.
Harry non poteva muoversi, non poteva afferrare l'idiota e tenerlo
fermo, perché i Mangiamorte avevano l'ordine di uccidere Hermione e Ron se solo
muoveva un muscolo. Poteva solo guardare.
"No," disse Lucius rilassato. "Mi hai sorpreso, a
dire il vero. Non hai pensato a ciò che facevi, ovviamente, ma hai ottenuto qualcosa, Draco. Hai riunito i
tuoi compagni dietro di te. Per quanto fossero sbagliate le tue azioni hai
fatto qualcosa, e l'hai fatto bene... e per un motivo ammirevole. Per la
famiglia, per vendicarmi."
"Sì," rispose lentamente Draco. "L'ho fatto per
te."
Harry non aveva mai sentito Lucius parlare come un politico, come
un oratore, con la voce piena, suadente e convincente. Sospettava che lo stesso
valesse per Draco... o almeno che Lucius non l'avesse mai usata con lui.
"Ma ora capisci che non era necessario. Tu non hai mai voluto
allearti con degli sporchi traditori, con degli sciocchi che gettano fango sul
mondo magico con ogni concessione ai sudici Mezzosangue. È giunto il momento di
lasciarli, Draco. E' giunto il momento di mostrarmi di cosa sei davvero
capace."
Probabilmente era la lode più grande che Lucius avesse mai fatto a
suo figlio, ma Harry notò che gli occhi di Draco avevano finalmente trovato
qualcosa di più importante su cui posarsi rispetto a suo padre.
La sfera Captus.
Proprio come Hermione, la riconobbe subito.
"Avete preso i miei Serpeverde," disse, fingendo di
rivolgersi ad altre persone quando invece parlava solo con suo padre.
"Avete preso mia..."
A quel punto ci fu un'altra apparizione inattesa. L'incantesimo di
invisibilità si dissolse e rivelò un'altra dozzina di Mangiamorte, come se
l'invisibilità fosse un'onda che si ritirava dalla stanza.
Narcissa Malfoy comparve dietro suo marito.
Harry sentì un'altra fitta di tradimento. Lei gli era piaciuta.
Dio, quanto erano stati stupidi e ciechi.
Però... no. Nel suo sogno aveva urlato. L'avevano torturata. Non
era stata presa di sua volontà.
Ora appariva un po' rigida, come se il corpo le facesse ancora
male, ma restò ferma accanto a suo marito e il suo viso era calmo.
"Draco, per favore, vieni qui," disse, e il timbro della
sua voce cambiò come se la gola le si fosse ristretta. "So che forse non
ti piace l'idea, ma non abbiamo scelta. Ha vinto lui, e abbiamo una possibilità
di sopravvivere. Lo stesso vale per i ragazzi che mi hai mandato... se
scegliamo il partito vincente.
Quindi l'avevano presa con la forza. Stava usando la logica di
Silente, la logica della sopravvivenza. Harry non capì se Draco ne fosse
influenzato o no. I suoi occhi continuavano a spostarsi da suo padre a sua
madre.
I Lestrange si materializzarono dietro i genitori di Draco. Vide
la smorfia sulla bocca di Draco quando guardò il viso folle di Bellatrix
Lestrange. Avevano tutti lo stesso sangue, e il sangue era sempre stato molto
importante per Draco.
"E' giunta l'ora di scegliere la tua famiglia," disse
Lucius con la sua voce allettante. "E poi... non puoi credere sul serio
che questo gruppo di stupidi amanti dei Mezzosangue pensasse davvero che fossi
uno di loro. Non si sono mai fidati di te. Ti sei reso schiavo per loro, e
pensavano tutti che tu fossi l'infame spia di Hogwarts."
Draco si mosse, ma non verso suo padre. Si girò e lanciò
un'occhiata verso Harry, calda come un bacio.
"Non Harry," rispose, sicuro come il sole. "Lui è
mio amico."
Neanche quando suo padre parlò smise di guardarlo. Sembrava ancora
sopraffatto dallo shock e dalla paura, ma nei suoi occhi c'era una fiducia dura
come l'acciaio.
Quello era il momento di dire qualcosa,
di accusare il padre di Draco anche se non l'aveva mai fatto prima, di dire che
non aveva mai pensato davvero... Era quello il momento, con Draco sull'orlo
dell'indecisione, in cui Harry avrebbe dovuto parlare.
Ma non aveva idea di cosa dire.
"Ne sei sicuro, Draco?" indagò Lucius. "Li ho
sentiti parlare. Credi che il tuo... amico Harry Potter ti dirà che non ha mai
dubitato di te, nemmeno per un momento?"
Un dubbio annebbiò il volto di Draco, e quando Harry non parlò
continuarono a fissarsi con l'intensità di una preghiera, e la fiducia nei suoi
occhi si infranse.
"Non sei mai stato uno di loro, e loro lo sapevano. Sei uno
di noi. Sei mio figlio. Hai solo la tua famiglia. Non deludermi, Draco. Vieni
qui!"
Devi parlare, pensò Harry furioso, rivolto a se stesso, ma troppo
stravolto per riuscire ad aprire bocca. Silente aveva parlato, e con lui Lucius
e Narcissa. Non significava niente. Non significava amore.
Draco spostò un po' il viso da Harry, e Harry lo vide farsi più
scuro. Un sorriso lento e freddo si impadronì delle sue labbra, simile a quello
sul viso di suo padre, simile a quello di Bellatrix. In quell'istante sembrò il
prodotto perfetto del loro sangue puro, uno specchio rivolto verso i suoi antenati.
"Eccomi, Padre," disse, e avanzò fino a suo padre.
"Molto commovente," osservò Voldemort. "Ora, a meno
che nessun altro Mangiamorte intenda mettere in scena una melodrammatica
riunione di famiglia, potremmo dedicarci alle cose serie?"
Harry continuava a guardare Draco. Aveva abbassato gli occhi, come
imposte chiuse su delle finestre, in attesa di balzare o chissà cosa. Draco non
era mai stato bravo a nascondere le cose troppo a lungo. Harry lo guardò, e
Draco alzò gli occhi. Non sembrava pronto a perdonare Harry per aver dubitato
di lui. Sembrava impotente, straziato, e pronto a uccidere.
Harry incrociò il suo sguardo mentre un brivido fiero lo
attraversava. Io ti conosco.
"Sono rimasto aggrappato alla barca rotta per ore prima che
venissero a salvarmi," disse Draco ripensandoci.
Persino Voldemort lo guardò quando parlò, incapace di credere che
avesse scelto quel momento per lamentarsi. Gli occhi di Draco erano ancora
fissi su quelli di Harry oltre le spalle di Lucius.
Harry fece un passo in avanti, con prudenza. Nessuno se ne
accorse.
"Ho gridato fino a perdere la voce. Pensavo che... dato che
eri morto, forse ero morto anch'io ed ero già all'inferno."
Harry fece un altro passo avanti. Gli occhi di Voldemort si
assottigliarono per un attimo da far fermare il cuore, quindi si spostarono al
suono dello scatto esasperato di Lucius.
"Vieni al punto,
Draco."
Un altro passo con gli occhi di Draco fissi su di lui, solo i
suoi. Un altro passo verso di lui.
Harry, non ci provare!
Ma qualcuno doveva farlo.
Potresti uccidere tutti.
L'emozione illuminò il viso di Draco, una sensazione bianca e
calda che sarebbe potuta essere amore, odio o puro sollievo di poter finalmente
agire.
"Va' all'inferno, papà," disse, e colpì suo padre in
pieno viso.
Lucius cadde ai piedi del Signore Oscuro, che quasi perse
l'equilibrio, e Draco lo sovrastò pronto a colpire ancora. I Mangiamorte si
affollarono accanto al loro padrone in un'ondata caotica.
Fu solo un attimo.
Hai fatto la tua scelta, hai sfruttato la tua occasione.
Harry si lanciò in avanti e spinse giù la sfera Captus dal
piedistallo. Cadde sul pavimento e si ruppe in mille pezzi.
*
Era stata colpita con il Confundus. Ginny si ricordava almeno
quello, ricordava la lista di sintomi che sua madre le aveva mostrato. Questo è
ciò che potrebbero cercare di farti degli estranei, sentirai queste cose e
dovrai cercare di pensare, dovrai proteggerti!
Semplice, come le mamme babbane che insegnano ai loro figli a non
accettare passaggi dagli sconosciuti. Solo che lei non era riuscita a
proteggersi.
Aveva visto... non si sarebbe mai sognata di essere in pericolo, e
invece...
Ma tutte le altre cose che pensava di ricordare erano impossibili.
Il terrore annebbiato era il prodotto di un incantesimo, così come la loro
situazione. Non poteva permettersi di perdersi in sogni orribili. Non con Dean
che era sempre accanto a lei, e aveva bisogno del suo aiuto. Lui era rimasto
ancora più disorientato dall'incantesimo Confundus e da ciò che era successo, e
anche quello le faceva pensare a sua madre.
I figli di Babbani erano protetti dall'assenza di magia durante
l'infanzia. I loro istinti erano diversi, le loro vite non erano toccate
dall'ombra del Signore Oscuro. Una parte di loro non avrebbe mai creduto di
poter essere in pericolo.
La cosa la riempiva di tenerezza, e aveva continuato a stringergli
la mano ben oltre l'attimo di paura, mormorando parole di conforto senza senso.
Lui contraccambiava nello stesso modo, e per giorni avevano intrattenuto
conversazioni intere sul nulla.
Era tutto così buio, e il tempo passava in una confusione
infinita. Cercare di pensare era come cercare di muoversi sott'acqua, e gli
altri prigionieri erano quasi tutti inermi quanto Dean. Qualche volta a Ginny
era sembrato di sentire una ragazza sussurrare a dei ragazzini, con una voce
furiosa e insistente, ma perlopiù stavano in silenzio, per la disperazione o la
confusione dovute alla magia.
Era stata colpita dal Confundus, e ora era imprigionata. Questa
era l'unica cosa che sapeva.
Oltre alla confusione e all'affetto, sentiva solo che li stavano
osservando. Quella era un'altra delle ragioni per cui erano tutti raggomitolati
nell'oscurità e in semi-silenzio: riuscivano a sentire degli occhi maliziosi
che li guardavano, come se fossero diventati dei cuccioli da osservare.
Erano come pesci rossi in una palla di vetro, quella prigione
tutto il loro mondo.
Poi il mondo era andato in frantumi. L'aveva sentito rompersi
intorno a lei, insieme agli ultimi effetti dell'Incantesimo Confundus, e in lei
era sbocciata una paura feroce. Aveva sentito il mondo sbriciolarsi, e di certo
i cocci di quella distruzione li avrebbero uccisi tutti.
Tenne stretta la mano Dean, senza fiato, come se la libertà fosse
diventata un'atmosfera aliena, e appena i suoi occhi si abituarono capì dove si
trovavano.
C'erano Mangiamorte ovunque, alcuni caduti su di loro come se
fossero esplosi nel mezzo della stanza. Ora Ginny riusciva a vedere Hermione e
Ron, che era assolutamente certa non fossero stati presi, e dai quali sarebbe
corsa se non avesse dovuto tenere stretto Dean. Riusciva a vedere Voldemort,
proprio uguale all'uomo nero che i suoi fratelli le avevano descritto
nell'infanzia, e molto diverso da Tom Riddle.
Harry Potter stava davanti a un piedistallo di pietra vuoto,
ricoperto di vetri e di liquido. Ginny fissò i cocci ai suoi piedi. Erano
usciti tutti da lì dentro, pensò sconvolta, poi si stupì che la sua prima
reazione vedendolo non fosse stata di sollievo. Il viso di Harry era pallido e
malvagio, pronto a uccidere: non aveva più l'aspetto di un eroe ragazzino.
Draco Malfoy stava accanto a Voldemort e ai Lestrange. Suo padre -
suo padre? - evidentemente era
stato colpito anche lui dall'eruzione dei prigionieri nella stanza, ma sembrava
che Malfoy avesse scelto di stare dalla sua parte.
Quando cominciarono lentamente a comparire i confini della stanza,
Ginny vide che i Serpeverde catturati erano giunti alla stessa conclusione. Un
silenzio sgomento cadde su di loro, e rimasero al centro della stanza mentre
tutti si spostavano scegliendo un lato.
Alcuni di loro guardavano Malfoy in cerca di ordini, ma lui
continuava a fissare suo padre. Altri riconobbero chiaramente dei volti di
parenti sotto i cappucci neri.
L'esitazione silenziosa durò solo qualche attimo, ma in un momento
come quello ogni secondo si caricava di significato dilatandosi.
Una ragazza si alzò lentamente dal pavimento. Ginny riconobbe i
capelli neri e il viso duro: era Pansy Parkinson.
"Non m'importa," disse, e Ginny realizzò scioccata che
la voce testarda che parlava con i ragazzini nella loro piccola prigione era
stata la sua. Guardò Malfoy, poi uno dei Mangiamorte, e avanzò. Ginny non
pensava che avrebbe mai udito la voce di un Serpeverde incrinarsi. "Non
voglio..."
Pansy si fermò, il volto teso come se stesse trattenendo a fatica
le lacrime, ma si allontanò dal gruppetto di Serpeverde per raggiungere il lato
illuminato della stanza.
Una volta arrivata inciampò, ma Ron si sporse in avanti e la
sostenne. Il fratello maggiore di Ginny tenne le mani stabili sotto le sue
braccia finché Pansy non fu in piedi a fronteggiare un Mangiamorte insieme a
loro.
I Serpeverde cominciarono a seguirla.
Quelli che erano rimasti indietro esitarono di nuovo quando Malfoy
alzò lo sguardo da suo padre e li vide. Ginny vide un lampo di orgoglio sul suo
viso nell'accorgersi di dove stava Pansy, e capì di essersi sbagliata.
Lucius Malfoy si stava contorcendo ai suoi piedi. Aveva un labbro
insanguinato, e per un momento Ginny si chiese stupidamente come fosse
successo. Quindi Lucius si gettò su suo figlio.
Scoppiò il caos.
Tutti passarono in un attimo dall'incertezza alla violenza, e
all'improvviso la stanza si riempì di corpi in movimento e l'aria di
maledizioni. Ginny vide il contingente dei Serpeverde nel mezzo guidato da
qualcuno che le pareva Blaise Zabini verso Voldemort... ma subito strizzò gli
occhi e si accorse che si stavano dirigendo verso Malfoy.
Qualcuno le afferrò il braccio e in un secondo prese la bacchetta,
prima di girarsi e accorgersi che l'aveva puntata per l'ennesima volta contro
Ron.
"Ginny," disse, e l'intensità con cui pronunciò il suo
nome significava che le voleva bene e che si era spaventato a morte, "Sei
scema? Dobbiamo combattere!"
"Sì!" gridò Ginny. "Ma devo assicurarmi che Dean
sia al sicuro, è ancora sotto l'effetto del Confundus..."
"No," replicò Dean, con voce intontita vicino al suo
orecchio. "No, sto bene, posso aiutare..."
Ginny si voltò contenta mentre parlava, e guardò i suoi occhi già
più decisi per un attimo, prima che un Mangiamorte gridasse "Stupeficium!" e che Dean cadesse a
terra ai suoi piedi.
Il Mangiamorte si stava avvicinando, diretto verso due facili
prede: una ragazza tremante e un ragazzo incosciente.
Ginny era stanca di essere terrorizzata.
Lo colpì con una Fattura Gambemolli con tutti i riflessi dovuti a
una vita insieme a Fred e Gorge, e quando l'uomo stava per cadere sopra Dean,
lo colpì molto forte. Con la bacchetta.
Il Mangiamorte cadde di lato, gli occhi gli si chiusero, e Ginny
trascinò via Dean e lo attirò come meglio poté sul proprio grembo, rannicchiata
su di lui con la bacchetta pronta.
Pensava che Ron avrebbe potuto aiutarla, ma vide che stava
affrontando tre Mangiamorte. Ebbe un attimo di paura per lui, ma poi si accorse
che uno dei Mangiamorte se la stava vedendo con Pansy Parkinson alle sue spalle
che lo colpiva sulla testa con la bacchetta, mentre Hermione avanzava verso un
altro con sguardo determinato.
Di conseguenza non aveva alleati. Non aveva altra scelta che
proteggere Dean da sola.
Le persone cadute a terra venivano calpestate. Forse anche l'uomo
che aveva colpito stava venendo schiacciato da qualcuno in quel momento... ma
lui se lo meritava, Dean no. Neanche per sogno avrebbe lasciato che gli
succedesse qualcosa.
Ginny sollevò la bacchetta e scagliò ogni incantesimo che le venne
in mente.
Intorno a lei continuavano a urlare e morire persone, c'erano
alcuni ragazzi molto giovani ancora privi di sensi. Vide il professor Lupin
ringhiare mentre ne difendeva otto, e il professor Black ridere e ferire
chiunque minacciasse Lupin mentre era distratto. C'erano dei ragazzini
accalcati intorno a Pansy Parkinson, e Ron era attaccato a loro. Ginny abbassò
lo sguardo un momento e vide due ragazzi del primo anno, uno dei quali cercava
di fare scudo alla testa di Dean, ma che in realtà cercavano solo di starle
vicini.
Pensò che erano più numerosi dei Mangiamorte, ma molti di loro
erano confusi, altri ancora inermi.
Quindi doveva combattere lei.
Per un pelo non imprecò contro Hermione, che le afferrò un braccio
mentre le passava accanto. I capelli di Hermione erano una massa increspata
attorno a un volto feroce.
"Non vedo Harry!" esclamò. "Cosa gli sta succedendo?"
"Non lo so e non m'importa," disse in fretta Ginny.
Hermione riusciva a sembrare scandalizzata persino nel mezzo di una guerra
totale. "Cioè... m'importa, è ovvio che m'importa," si corresse
Ginny, "ma... non posso fare niente per lui, mentre posso aiutare loro."
Hermione la fissò, poi annuì e si fece strada selvaggiamente tra
la folla verso Harry. Ginny le augurò buona fortuna.
"Ginny?" disse dolcemente Dean per terra, lottando per
tornare conscio.
Ginny lo sovrastava, aspettando la minaccia successiva.
"Sì," disse, contenta di notare che la propria voce era
ferma quanto la sua bacchetta. "Ci sono io con te."
*
Quando Hermione vide un guizzo di capelli biondo pallido il suo
cuore mancò un battito: di certo Harry era con Malfoy.
Mentre lottava per avvicinarsi, vide che non era così. Malfoy e
suo padre si stavano scagliando l'uno contro l'altro. Preso da quella lotta
probabilmente Draco non si era neanche accorto di essersi lasciato Harry alle
spalle.
Qualcuno doveva proteggere i più piccoli, qualcuno doveva
combattere contro Lucius Malfoy. Ma qualcuno doveva raggiungere Harry. Se
avessero perso lui, avrebbero perso la guerra, possibile che nessuno lo
capisse?
Dov'era Harry?
"Nox,"
sibilò Hermione, agitando la bacchetta davanti agli occhi improvvisamente
ciechi di un Mangiamorte.
Malfoy non stava nemmeno usando incantesimi contro suo padre.
Stavano rotolando l'uno sull'altro, colpendosi con veri pugni, a sangue, come
se si odiassero così tanto da non poter sopportare la distanza imposta da una
bacchetta. Hermione esitò un attimo per controllare se fosse possibile
scagliare una maledizione su Lucius con la certezza di non colpire Draco per
sbaglio.
A un certo punto vide Peter Minus emergere alle spalle di Draco, e
puntò la bacchetta verso di lui, solo per vederlo svenire. Narcissa Malfoy
stava su di lui con la bacchetta alzata.
Disse, "Non osare toccare mio figlio."
Lucius Malfoy sputò del sangue in faccia a suo figlio. "Bene,
la mia famiglia è un gruppo di traditori," cominciò, quando Draco gli si
buttò addosso cogliendolo di sorpresa con un pugno che lo lasciò stordito.
All'improvviso Malfoy si alzò e corse verso di lei, e Hermione si
bloccò per lo shock quando puntò la bacchetta contro di lei e gridò:
"Incendio!"
Si voltò appena in tempo per vedere i capelli di Bellatrix
Lestrange scoppiare in fiamme, ma si rigirò subito dopo per allontanarsi dalle
sua urla, ritrovandosi schiacciata contro la spalla massiccia di Malfoy.
"Attenta, Granger, stupida stronza!" sbottò. Aveva il
labbro spaccato in due punti, il viso pieno di graffi e dei segni rossi sulla
gola lasciati dal suo stesso padre quando aveva cercato di strangolarlo.
Ebbe appena il tempo di schiantare il signor Lestrange alle spalle
di Malfoy. Lasciò che gli angoli della bocca le si curvassero all'insù.
"Attento, Malfoy, stupido bastardo."
Gli occhi di Malfoy brillarono e si mossero da suo padre, caduto,
a lei, rapidi come insetti in un improvviso raggio di luce. Hermione rimase
sorpresa nello scoprire che si sentiva più sicura con lui al suo fianco, come
se fosse un alleato valido quanto un Grifondoro.
"Harry mi ammazzerebbe se lasciassi che ti torcessero uno
solo di quei capelli crepi," mormorò, poi la sua voce si fece più intensa.
"Harry. E' rimasto solo?"
"Ero leggermente occupata! Centinaia di persone sono esplose
nella stanza!" strillò Hermione sovrastando i rumori della battaglia.
"Dobbiamo andare a prenderlo. Presto..."
Colse lo sguardo di Hermione prima ancora di accorgersene lui
stesso. Hermione restò immobile per un attimo cruciale alla visione di Narcissa
Malfoy per terra con del sangue tra i capelli chiari, e Lucius in piedi col
volto gelido e la bacchetta puntata contro il suo unico figlio.
Avrebbe voluto gridare qualcosa a Draco ma aveva la bocca secca e
non poté far altro che guardare, e guardarono entrambi. Era solo, come realizzò
in una frazione di secondo, che non c'era
tempo, e Lucius Malfoy era deciso.
"Avada Kedavra!"
Lo ha fatto. Draco è suo figlio e l'ha fatto, gridò qualcosa dentro
la mente di Hermione, che desiderò tanto poter tornare al sicuro dai suoi
genitori, e che fosse tutto un incubo, desiderò di non dover guardare Malfoy
morire davanti ai suoi occhi.
Qualcuno si era accorto del pericolo prima di entrambi. Mentre
Hermione guardava, certa di ciò che avrebbe visto, registrò con la coda
dell'occhio due figure robuste che correvano verso di loro più velocemente di
quanto le avesse mai viste muoversi.
Tiger arrivò troppo tardi.
Goyle riuscì in qualche modo a fare da scudo a Malfoy prima che la
maledizione lo colpisse, ed ecco che Malfoy non era morto davanti ai suoi
occhi. Era inginocchiato per terra accanto a Goyle, e Goyle era morto.
Hermione si mise una mano sulla bocca per impedirsi di urlare. Si
morse il palmo e cercò di tenere stretta la bacchetta, e non fece altro che
guardare il viso teso di Malfoy e pensare ridicolmente: sembra così giovane. Gli aveva attribuito mille
caratteristiche sinistre, mentre era solo giovane e sconvolto da quanto il
mondo potesse ferirlo, e Gregory Goyle, steso lì per terra, era solo un
ragazzone.
Hermione voleva mettersi a piangere. Incrociò gli occhi di Tiger e
vi vide riflesso il suo stesso orrore; poi tornò a guardare in viso Draco.
Draco si alzò, lasciando il suo amico morto per terra. La sua
espressione le ricordò quella di Harry poco prima: lo sguardo di chi aveva
attraversato il fuoco e ne era uscito di acciaio. Non sembrava più né giovane
né triste.
Il trionfo stava scomparendo dal viso logoro di Lucius Malfoy. Non
ha abbastanza energia per usare di nuovo la Maledizione Che
Uccide, realizzò lentamente Hermione. Non ha la magia, non ha la forza.
Draco era disperato e a pezzi e furioso e sicuro. Non esitò, ne
per amore né per pietà.
"Avada Kedavra,"
disse.
Ci fu un getto di luce verde.
Solo dopo che Lucius fu caduto a terra Hermione si rese conto che
non avrebbe mai pensato che Malfoy potesse davvero scagliare una Maledizione
Senza Perdono. Non con il sangue e con la magia, non tanto da uccidere suo
padre.
Eppure lo aveva fatto, e ora non avrebbe mai più potuto fingere
che non ci fosse stato un attimo in cui aveva voluto vedere morto suo padre più
di qualsiasi cosa al mondo.
Un attimo dopo l'Ordine della Fenice irruppe nella stanza come un
miracolo, e cominciò a farsi largo attraverso i Mangiamorte. Snape era in
testa.
Hermione non avrebbe mai dimenticato la faccia di Draco quando
capì che se avesse aspettato solo un altro istante forse non sarebbe stato
costretto a farlo.
Indugiò, spaccata in due dalla paura e dalla compassione, e fu
allora che sentì lo schianto terribile proveniente dal lato della stanza in cui
Harry e Voldemort stavano combattendo l'uno contro l'altro.
Gli occhi di Draco, fissi su un punto remoto, tornarono concentrati.
Strinse il braccio di Tiger, le dita bianche mentre affondavano nella sua
pelle.
"Resta qui," ordinò. "Non metterti nei guai per
me!" Guardò il viso ammutolito e testardo di Tiger e lo scosse.
"Resta con lui,"
ringhiò. "Qualcuno deve restare con lui. Non puoi lasciare che la gente lo
calpesti."
"E tuo padre?" si lasciò sfuggire Hermione, solo per
desiderare subito dopo di mordersi la lingua.
"Lui se lo merita," disse aspro Draco. "Merita di
peggio. Dobbiamo andare ad aiutare Harry."
A quel punto lo schianto diventò un tuono, si scambiarono uno
sguardo e presero a correre, anche se Hermione era certa che ormai non
avrebbero più potuto aiutarlo.
*
Alla fine, come all'inizio, erano solo loro.
Harry vide il ricordo dell'inizio in quegli occhi stretti e
attenti, vide le dita di Voldemort stringersi attorno alla bacchetta con
piccoli tocchi esitanti, come un uomo con un'amante desiderata a lungo, e sentì
un'ondata di pura irritazione sovrastare l'ira costante.
A quella cosa era stato concesso di orchestrare la sua vita sin
quasi da quando era nato.
Si era chiesto, a volte, se fosse capace di uccidere. Ora lo
sapeva. Aveva ucciso Silente. Aveva amato
Silente.
Aveva dovuto farlo.
Quell'essere aveva ucciso i suoi genitori, rapito i suoi amici e
causato una guerra che aveva minacciato tutti coloro che amava, ed era
disgustoso. Andava distrutto. Era tutto molto semplice.
Harry strinse forte la bacchetta e restò calmo, cercando di
leggere sul viso di fronte a lui la sua prossima mossa.
In quel posto nuovo e freddo si rese conto che Voldemort aveva un
aspetto grottesco. Aveva marciato nel sangue ed era risorto dalla morte per
diventare quella cosa, quando una volta era stato umano, ed eccolo lì tutto
soddisfatto di sé. Dov'era la vittoria?
"Ho atteso questo momento per molto tempo," sussurrò
Voldemort, la voce grave e quasi intima.
"L'ho detto che sei patetico," disse Harry.
Nella sua mente non c'erano altro che quell'unico impulso di
uccidere, e tutti i modi in cui avrebbe potuto farlo.
Avrebbe scelto qualcosa di semplice. Come una madre che difende
suo figlio. Come prima, quando la bacchetta di Silente era semplicemente stata
fuori dalla sua portata.
... se non fosse stato per quello Harry sarebbe morto, perché
Silente era troppo potente, esattamente come Voldemort in quel momento. Non
sarebbe stato un gioco pieno di effetti speciali sotto gli occhi del preside,
come estrarre una spada da un cappello. Harry aveva approfittato di una piccola
casualità e aveva desiderato poter chiudere gli occhi, ma non aveva potuto, era
dovuto rimanere concentrato, e quando aveva alzato la bacchetta lo aveva
guardato negli occhi e aveva detto...
Si udì il suono della Maledizione Che Uccide, come un suggerimento
per Harry, e Harry sentì una fitta di terrore al pensiero di chi potesse esser
stato colpito.
Non c'era modo di saperlo, e la Maledizione Che
Uccide non avrebbe funzionato in quel frangente.
Voldemort non aspettava altro, e aveva la bacchetta in mano. Ma
duellare con Harry gli avrebbe creato qualche problema, e quella poteva essere
una possibilità.
Voldemort non vedeva l'ora di ucciderlo, ma erano anni che
Voldemort non vedeva l'ora di uccidere Harry, e quella voglia doveva essere
invecchiata con lui. Sollevò la bacchetta e aprì le labbra, e Harry, che stava
aspettando quel momento, sollevò la bacchetta e parlò a sua volta.
Le loro bacchette restarono congelate, la magia tremò fino alla
paralisi proprio come era successo il quarto anno, e Voldemort restò con la
propria magia incatenata a quella di Harry, senza altre difese. La battaglia si
era concentrata nel centro della stanza, e persino Nagini era occupata a
strisciare tra i corpi mordendo.
Non aveva la magia e non aveva i suoi servi.
Harry aveva ucciso Silente. Questo non era niente.
All'improvviso fu tutto chiaro a quella macchina assassina che era
diventata la sua mente. Voldemort era fisicamente vulnerabile. Sedici anni
prima era stato il suo corpo a essere distrutto, e il suo nuovo corpo,
acquistato col sangue di Harry, lo rendeva di nuovo carne e ossa.
Qualsiasi cosa fatta di carne e ossa poteva essere uccisa, e lui
era pronto a farlo. Voleva farlo. D'un tratto pensò a come venivano uccise le
persone a cui veniva tolta la magia nelle favole babbane: mai con la magia,
sempre fisicamente. Spinte in un forno, fatte rotolare in un barile fino alla
morte, fatte sfrecciare in cielo e poi fracassare
al suolo...
Un piano cominciò a prendere forma nella mente di Harry.
Sentì delle grida alle sue spalle, grida e lampi di luce che
trasformavano in un campo di battaglia quella che sarebbe dovuta essere
un'aula. C'erano persone che stavano morendo. Doveva porre fine a tutto questo subito.
I fantasmi presero ad affiorare dalla bacchetta di Voldemort, ma
aveva ucciso parecchie persone negli ultimi anni, quindi erano sconosciuti,
pallidi sconosciuti che sussurravano incoraggiamenti di cui non aveva bisogno,
persone che non poteva salvare.
Silente non si era mai aspettato che provasse a sconfiggerlo.
C'era una cosa che quelle persone non capivano.
La linea di magia che univa le bacchette stava vacillando. Non
avrebbe retto.
Se ne accorse anche Voldemort, e cominciò a sorridere, un sorriso
lento e terribile.
"Vuoi dire qualche ultima parola?"
Non voleva che i suoi ultimi pensieri riguardassero Voldemort. Non
ne valeva la pena, così in quel millesimo di secondo prima del dolore e
dell'oscurità pensò a tutte le persone che aveva perso nel tumulto urlante
della guerra. Non aveva il tempo di chiedersi se stessero bene, poteva solo
chiamare i loro nomi, per ricordare che esistevano anche loro oltre a
Voldemort, e che erano più importanti di lui.
Ron, Hermione, Sirius, Draco.
"Addio," disse Harry. Interruppe il contatto per un
attimo, e puntò la bacchetta verso un punto proprio sopra la testa di
Voldemort. "Accio
muro!"
L'intera parete sud di Hogwarts crollò su entrambi.
*
Tutti si fermarono mentre le pietre cadevano accanto a loro, e
Hermione e Draco stavano già correndo verso il rumore del muro che crollava.
"Incantesimi di supporto!" gridò Lupin a Sirius e al
mondo in generale, e mentre Hermione e Draco correvano, Hermione capì che erano
gli incantesimi del loro schieramento che tenevano su il pavimento che stavano
calpestando e il soffitto sulle loro teste.
Davanti a loro c'erano macerie, e oltre quelle il cielo notturno.
Le stelle guardavano impassibili le rovine di Hogwarts.
I Mangiamorte avevano smesso di lanciare incantesimi. Quelli di
loro che erano ancora vivi avevano lasciato cadere le bacchette e si
stringevano le braccia con il Marchio Nero, come se la morte del loro padrone
avesse lasciato loro una ferita. L'Ordine della Fenice, senza perdere un colpo
tra battaglia e stasi, cominciò ad accerchiarli.
Hermione avrebbe voluto perdersi nel trionfo. Avrebbe voluto
trovare Ron e dargli pugni sul braccio e urlare e dire Ce l'ha fatta, lo sapevo che ci sarebbe riuscito! Invece corse
accanto a Draco Malfoy verso il cumulo di pietre - la tomba di pietre,
continuava a pensare, mentre la sua mente cercava di nascondersi dal mondo -
che Harry aveva buttato giù.
Arrivarono fin troppo in fretta. Hermione vide i blocchi enormi
che avevano sorretto Hogwarts, vide un ammasso di mattonelle di pietra e capì
che chiunque sotto quel peso sarebbe morto schiacciato.
Oh, Dio. Oh, Dio.
Sentì qualcuno gridare dietro di loro, e riconobbe la voce di Pansy
Parkinson. Doveva aver trovato Goyle, pensò tristemente.
C'erano solo la notte improvvisamente silenziosa e quel cumulo di
enormi, stupide pietre. Non era così che doveva andare.
Si sporse e toccò il braccio di Draco.
"Ce l'ha fatta," sussurrò, e all'improvviso si ritrovò a
dover soffocare le lacrime. "Lo sapevo
che ce l'avrebbe fatta!"
Draco le rivolse uno sguardo freddo.
"Cerca di frenare questo assurdo sentimentalismo," la
schernì lui. "Lo sapevo anch'io che ce l'avrebbe fatta. Adesso tiriamolo
fuori."
Hermione lo fissò, incapace di dire ciò che era ovvio, specie
perché era chiaro che la calma che gli stava deformando sgradevolmente il viso
non era altro che l'anticamera della disperazione, ma altre persone
cominciarono ad ammassarsi intorno a loro e qualcuno parlò.
Era Blaise Zabini. "Cosa vuoi fare, tirarlo fuori per poi
sotterrarlo di nuovo?"
"Sta' zitto!" ordinò Draco, gettandosi su Zabini con uno
slancio di aggressività quasi consolante. "Non è morto!"
"Draco," disse Hermione, e Draco la guardò.
Anche se erano circondati dalla morte, Hermione si accorse che una
parte di lui era sorpresa per la familiare intimità del suo nome sulla sua
bocca. Non le importava. Era troppo occupata a non sentire ciò che stava
dicendo.
"Credo... che abbia ragione. Queste pietre sono enormi. Gli
avrebbero spezzato la schiena... gli avrebbero rotto tutte le ossa del
corpo..."
Doveva averlo saputo, prima di tirare giù il muro. Hermione si
spinse la mano sulla bocca mentre cercava di non pensarci, di non immaginare
cosa aveva dovuto provare Harry. Fu così grata a Ron per le braccia forti che
le scivolarono intorno all'improvviso, e per le mani che si chiusero sulle sue.
Lo sentì tremare con lo stesso terrore inorridito.
Draco aveva un'espressione crudele. "Non m'importa! Siamo
maghi, Granger, nel caso te lo fossi dimenticato. Non fa niente se ha il cranio
fracassato, l'importante è che arriviamo in tempo. E ora aiutami a tirarlo
fuori!"
Hermione si appoggiò a Ron per un breve e dolce momento, come se
aver vinto significasse potersi riposare. Poi aprì gli occhi e guardò la notte,
i feriti e i morti, e Draco Malfoy coperto di sangue e di sporco, che si
tagliava le mani mentre cercava di sollevare un masso da solo.
"Siamo maghi," disse Hermione. "Possiamo fare di
meglio."
Cominciarono tutti a far levitare le pietre. All'inizio furono
solo Hermione, Draco, Ron e Pansy Parkinson, quindi si unirono degli altri.
Presto la notte si riempì di macigni volanti, alcuni dei quali finirono contro
gli altri muri per la fretta. Quei rumori e i mormorii furono gli unici suoni
mentre lavoravano in silenzio, con una fretta disperata.
Individuarono il primo corpo. Era abbandonato come un pupazzo, un
enorme fantoccio nero usato per spaventare i bambini alle feste, e per un
attimo tutti indietreggiarono, senza osare toccarlo. Dicevano che se lo si
chiamava arrivasse, e che non morisse mai...
Hermione d'un tratto si infuriò con se stessa per essere stata
così stupida.
Fece un passo avanti e si rese conto che Draco ne aveva fatto uno
nello stesso momento. Lui sembrava più calmo di lei, ma il suo viso era tetro.
Sentì Ron alle spalle, e tutti e tre insieme sollevarono quella cosa inumana e
rotta e la gettarono via come spazzatura.
E quella fu la fine del mago cattivo.
Harry era sotto di lui, il volto insanguinato. Era immobile.
Hermione fu sopraffatta dalla tenerezza, cruda come una ferita
aperta. Non voleva che nessuno lo toccasse: non voleva che Ron la consolasse,
non voleva più guardare Harry. Aveva di nuovo rotto gli occhiali, pensò
stupidamente. Si rompeva sempre gli occhiali.
Hermione si mise a piangere. Draco imprecò, inginocchiato accanto
al cadavere - a Harry - col
respiro come a singhiozzi, ma gli occhi privi di lacrime.
"Andate a chiamare Madama Chips," ringhiò rivolto a
tutti, e afferrò il braccio di Harry.
Hermione gridò sentendo le ossa del braccio di Harry scricchiolare
e stridere, come qualcosa di troppo frantumato per poter essere mai
riaggiustato.
"Non puoi mostrare un po' di rispetto?"
"No," disse Draco. "No, non voglio. Non è morto,
non è morto perché lo dico io! Cazzo, Harry, apri gli occhi!"
Non assomigliava affatto alla vittoria che si era immaginata
Hermione, col loro castello mezzo distrutto e gente che continuava a morire.
Non ci furono miracoli. Harry non aprì gli occhi.
Ma quando Madama Chips spinse via una Hermione in lacrime e un
Draco imprecante, si mise al posto di Draco accanto a Harry e premette
brevemente due dita sul collo di Harry, disse che sentiva un battito.
Epilogo
This is what I know now
My salvation lies in your
love
[Questo è quanto so
adesso / Il tuo amore è la mia salvezza]
Harry aprì gli occhi.
Sbatté le palpebre e cercò di mettere a fuoco. Era un mattino
grigio e nuvoloso, notò attraverso le finestre dell'infermeria. Sembrava che la
luce del sole si fosse arresa, e ricadeva poco lontano dal suo letto. Si
sentiva come se qualcuno gli avesse triturato le ossa con un mortaio e un
pestello.
Draco era seduto su una sedia accanto al letto, piegato in avanti
a guardarlo con occhi chiari. A Harry ricordava un po' un avvoltoio appollaiato
su un albero nell'attesa paziente che il suo pranzo morisse.
Harry gli sorrise meglio che poté, e la tensione scivolò via dalle
spalle di Draco.
"Draco," disse, testando la propria voce e trovandola
incrinata ma ancora funzionante. "Cos'è successo?"
"Beh, non so proprio come dirtelo, Harry, ma dopo che hai
ucciso Voldemort Peter Minus ha preso il comando e ha trionfato su tutta la
linea. Ci ha concesso di vivere come suoi schiavetti malvagi."
Harry rise con cautela, nonostante il vago presentimento che così
facendo si sarebbe di nuovo rotto le costole. Il viso di Draco si addolcì
ulteriormente, le rughe causate dall'amarezza e dalla stanchezza si distesero
finché non tornò quasi normale, familiare e amato.
"Come ti senti?" chiese, e senza tracce di ostilità o
ironia la sua stanca voce strascicata suonò quasi dolce.
Harry si sollevò con molta prudenza, quindi si rilassò in
posizione seduta contro i cuscini. "Sono... un po' sorpreso di non essere
morto," rispose sinceramente. "Com'è successo, secondo te?"
"Crediamo che Voldemort ti abbia salvato," disse Draco.
"E' caduto su di te, ed era alto due metri con una testa gigante. Il suo
corpo ti ha protetto dal peggio. Ti prego, Harry, non morire per
l'ironia."
Harry alzò solo le sopracciglia. Stava ancora cercando di testare
tutte le ossa del suo corpo, che insistevano nel fargli notare che erano rotte
e che curarle era una pia illusione, pronta a scomparire ad ogni movimento
improvviso. Se era stato protetto dal peggio, il peggio doveva essere...
Morire fracassato.
Sì, ricordò Harry. L'ho fatto.
Bene. Andava fatto.
"Chi... chi altro è morto?" chiese, temendo la risposta.
"Weasley e Granger stanno bene," disse subito Draco.
"E anche il professor Black e il professor Lupin."
Per un attimo provò solo sollievo, poi si ricordò che stavolta non
si era trattato di un gruppetto in pericolo: stavolta c'era stata una guerra.
"Chi è morto?"
"Calì Patil e Lavanda Brown," rispose secco Draco.
"Natalie McDonald... pensiamo che lei e Malcolm Baddock stessero cercando
di proteggersi a vicenda. Nessuno dei due ci è riuscito. Non so quali altri
Grifondoro conosci."
"Dimmi tutti i nomi," disse Harry.
Cercò una magra consolazione nell'idea che quella sarebbe stata
l'ultima lista di persone che non era riuscito a salvare.
Draco obbedì, la voce piatta come se avesse già memorizzato la
lista. Harry lo ascoltò, cogliendo nomi che conosceva tra gli estranei che non
aveva salvato. Persone della scuola. Persone dell'Ordine della Fenice.
"Aspetta," disse. "Cosa? L'Ordine della Fenice?
Come hanno fatto ad arrivare?"
"Oh, è stato un miracolo, sono arrivati al momento giusto, un
segno del cielo," rispose Draco loquace. Allo sguardo scettico di Harry,
aggiunse: "Ho mandato un Gufo a Snape dalla guferia quando ci siamo
separati. Io... nessuno doveva sapere dove fosse andato, aveva usato
incantesimi per non farsi trovare, ma mi aveva lasciato un indirizzo e io gli
avevo dato la mia parola che non l'avrei detto a nessuno. Per questo... ti ho
mentito sulla lettera che stavo scrivendo, e ti ho mentito sul perché volessi
che ci dividessimo. E' stata una stupidaggine. Facevi bene a dubitare di
me."
Harry non chiese come facesse a sapere che aveva sospettato della
lettera. Sospettava che Draco avesse analizzato ogni ragione per cui Harry
avesse potuto non fidarsi di lui, oltre ad imparare a memoria le liste dei
caduti.
"No, non dubitavo," disse, e si sporse impacciato per
toccare la mano di Draco.
Draco la allontanò leggermente, e tornò a leggere la sua lista
invisibile. Harry lasciò cadere la mano.
"E Pansy è ...?" chiese quando Draco fece una pausa in
quella lista che sembrava interminabile, senza finire la frase. Se erano potute
morire tante persone, Harry sentiva che anche solo dirlo avrebbe potuto farlo
succedere.
Ma Draco disse, "Sta benissimo. Le farà piacere sapere che me
l'hai chiesto, anche se temo che niente smuoverà Weasley dal primo posto della
sua classifica di Grifondoro Migliori, a questo punto. Ovviamente ha preso un
colpo in testa che non è stato curato."
"Ron? Davvero?" chiese Harry, fissandolo.
"Non temere, non credo che abbia in mente di far lasciare
Granger e Weasley, specie considerato il fatto che si sta chiedendo se sia il
caso di farsi tramortire dal suo pezzo di Tassogrosso pur di evitare i
MAGO."
"I MAGO?" ripeté Harry. "Faremo lo stesso i
MAGO?"
Era troppo stanco per fare appello all'indignazione, ma sentì
comunque che era decisamente troppo.
"Passeremo tuta l'estate a scuola per farli," confermò
Draco. "Granger è disgustosamente felice. E' tutta colpa del nostro nuovo
preside."
La testa di Harry cominciò a pulsare, come se tutte quelle nuove
informazioni stessero picchiando contro una porta per irrompere nella sua
mente.
"Chi è il nostro nuovo preside?"
Draco sollevò un sopracciglio. "Il professor Lupin."
"Oh," disse Harry, e poi, riuscendo a racimolare un po'
di vago piacere: "Oh. Bene."
"Sapevo che saresti stato contento. Ovviamente per me è uno
scandalo. Avrebbe dovuto essere il professor Snape. Almeno avrebbe potuto
prendere la cattedra di Difesa dalle Arti Oscure, ora che Silente è
morto."
Era come se qualcuno stesse aprendo e chiudendo delle persiane
nella mente di Harry. Quando si aprivano vedeva l'infermiera impietosamente
immobile, quando si chiudevano nient'altro che il ricordo di quella notte,
quando Silente...
"Allora lo sai," disse lentamente.
"So che è morto," rispose Draco. "Conosco
l'incantesimo per cancellare gli incantesimi lanciati da una bacchetta. Me l'ha
insegnato Snape. Torna molto utile."
Si sfilò la bacchetta di Harry da un passante dei jeans e, dopo un
momento, Harry la accettò.
"Li avevano colpiti tutti col Confundus," proseguì
Draco. "Nessuno ricorda con certezza cosa ha visto. Non ti crederebbe
nessuno. Non sospettavo... non mi era mai piaciuto, e ho sospettato di chiunque. E' morto in battaglia, e questo
è quanto."
Harry si schiarì la gola e disse la verità a Draco, perché Draco
l'avrebbe compresa completamente.
"L'ho ucciso," disse. "Ho dovuto farlo."
Draco annuì, accettando senza scomporsi la rabbia che avrebbe
fatto ritrarre chiunque altro. Qualcosa disturbò la calma del suo viso, ma
quell'emozione passò troppo in fretta perché Harry potesse identificarla.
Harry avrebbe voluto dire qualcosa. Dire che era felice che Lucius
fosse morto non gli sembrava appropriato, così il silenzio si protrasse,
diventando teso come la corda di uno strumento musicale, finché non emerse un
suono rotto.
Proveniva da Draco. "Ha ucciso Goyle," disse, e la voce
gli si spezzò. "Voleva uccidere me, e Goyle mi si è messo davanti, e io
non capisco perché l'abbia fatto!"
"Tuo padre?"
"Goyle! Non capisco. E' morto per causa mia e ancora non
capisco perché l'ha fatto!"
Harry non era certo di capirlo lui stesso. Di certo non sapeva
quale fosse la cosa giusta da dire, non a Draco così addolorato e confuso, e
che lo guardava arrabbiato in cerca di risposte.
"Ti voleva bene," disse.
Gli occhi di Draco erano desolati.
"Io volevo bene a mio padre," disse. "Non posso...
Non ho mai saputo amare nessun altro. Lui mi guardava e mi istruiva quando ero
piccolo, e io pensavo che... non lo so, pensavo che mi avrebbe amato, se solo
l'avessi reso abbastanza fiero! Era un bastardo, era pronto a strisciare e a
uccidere per ottenere ciò che voleva, e adesso capisco che si possa uccidere,
ma che io sia dannato se mai capirò lo strisciare. Non mi avrebbe mai amato, e
Goyle è morto per me, e io avevo sbagliato tutto."
Harry si tese per provare una certa teoria, e vide Draco
allontanare di nuovo la mano.
"Ora capisci meglio."
"Sono sempre lo stesso," disse Draco. Sembrava
tormentato e infelice, come se si stesse prendendo gioco di se stesso con
estrema crudeltà, come se la voce di suo padre gli risuonasse ancora nelle
orecchie. "Sarei diventato un Mangiamorte se non se ne fosse andato.
L'avrei fatto, pur di guadagnarmi la sua approvazione. Avrei percorso quella
strada pensando che lui sapesse cosa fosse giusto, e se mai mi fossi accorto
che le cose non stavano così sarebbe stato troppo tardi. Ancora non so come
comportarmi. Ancora non conosco le parole giuste."
"Un mio amico è morto per me, perché mi sono raccontato delle
bugie stupide e patetiche su mio padre e non l'ho ucciso il primo momento che
l'ho visto, e non capisco nemmeno perché mai qualcuno dovrebbe aver fatto una
cosa simile per me!"
Draco evitò il suo sguardo e cercò di ricomporsi. "Non per
mettere su un dramma in tre atti mentre sei ancora a letto," disse dopo un
attimo. "Volevo solo dirti perché... sai. Non funzionerebbe."
Ci fu un attimo di silenzio. Harry aspettò che Draco gli
rivolgesse un'occhiata prudente, quindi lo guardò storto.
"Ma perché dici tante cazzate?" chiese.
*
Hermione, che andava a controllare Harry una volta all'ora, aprì
la porta e vide Harry e Draco nel mezzo di quella che sembrava una conversazione
intensa. Il suo primo pensiero fu schiantare Draco e metterlo in un angolo così
che potesse riflettere sulle ragioni per cui importunare un invalido era
un'idea deplorevole.
Il secondo fu chiudere la porta il più lentamente possibile e
appoggiarvisi contro.
Ron la fissò.
"Perché non entriamo?"
"Come? Niente! Nessun motivo. Facciamo una passeggiata!"
suggerì vivacemente Hermione.
Ron la guardò dubbioso. "Io credo di voler entrare,"
disse con un tono che indicava che la signora Weasley non aveva tirato su uno
stupido.
"Non puoi! Ehm, cioè, Harry è sveglio!"
"E allora?" disse Ron. "Meglio così. Andiamo
piuttosto d'accordo quando è conscio, ricordi?"
"Ok, Ron, ascoltami: non ti devi agitare."
"Agitare?" esclamò Ron. "Non mi agiterò.
Perché?" Ad ogni parola alzava la voce. "Per che cosa dovrei
agitarmi?!"
Hermione prese un ampio respiro. "Niente," rispose.
"Non piaceva neanche a me... oddio, non sono ancora sicura di apprezzare,
ma Harry l'ha presa sul serio, e dopotutto non è così male. Hanno uno strano
modo di andare d'accordo che sembra funzionare, e almeno ora sono sicura
che..."
"Hermione, se stai cercando di dirmi che Harry sta avendo un
momento privato lì dentro, basta dirlo."
Il corridoio fuori all'infermeria non era abbastanza grande da
contenere lo stupore di Hermione. Ron assunse un'aria lievemente compiaciuta.
"Me n'ero accorto. Sai, non sono stupido."
Hermione non riusciva a chiudere la bocca. Rimase aperta. "Te
n'eri accorto davvero?"
"Beh, Harry aveva detto che c'era qualcuno, e da quel momento
ho pensato che fosse ovvio."
"Io... suppongo di sì..."
"E per me hai ragione," continuò Ron allegramente.
"Poteva andare peggio."
"Tu credi?" Hermione considerò l'orribile eventualità
che stesse pensando a Snape.
"Non vado matto per i Serpeverde, ma, beh, se hanno scelto lo
schieramento giusto direi che non importa a quale casa appartengono. E poi sono
mesi che Harry si accampa nei sotterranei dei Serpeverde metà del tempo."
Le rivolse un sorrisino dispettoso. "Dai, non ci vuole un genio per fare
due più due."
"Beh... beh, certo che no," rispose Hermione, e riuscì a
riprendere il controllo dei propri muscoli facciali abbastanza da rivolgergli
un sorriso di approvazione. "Stai dimostrando grande sensibilità, Ron.
Devo ammetterlo, non me lo aspettavo."
Si tirò le maniche sfilacciate del maglione, cosa che per Hermione
era il modo di Ron Weasley di lisciarsi le penne.
"Sono tollerante, è un mio pregio," la informò.
"Comunque devo dire che lei mi piace. Certo, dovrebbe trovarsi dei nuovi
amici, ma d'altronde anche Harry è amico di Malfoy, quindi non gli darà
fastidio."
Hermione ci impiegò un attimo a sprofondare.
"Scusa?" disse. "Cosa
hai detto? Lei... di chi stai parlando?"
Ron la squadrò. "Di Pansy Parkinson, ovviamente. E' l'unica
ragazza nel gruppo di Serpeverde che frequenta Harry, no?"
Nel giro di due minuti a Hermione vennero in mente un centinaio di
frasi che iniziavano con: E' assolutamente
vero, Ron, ma...
"Stai pronunciando il mio nome invano, Weasley?" chiese
una voce allegra, e Hermione sollevò inorridita gli occhi occupati a
contemplare intensamente il pavimento verso Pansy Parkinson, che stava
attraversando il corridoio.
Francamente Hermione preferiva Draco. Almeno Draco apriva un libro
una volta ogni tanto, e non indossava quelle minigonne scioccanti.
Mentre Hermione lottava contro visioni tremende di Draco Malfoy in
minigonna inguinale, sentì Pansy avviare quella che sembrava una chiacchierata
amichevole con il suo ragazzo.
Una parte della sua mente notò che Ron aveva appena detto che le piaceva.
Quella sgualdrina.
"Ho portato dei cioccolatini," lo informò Pansy. "E
non ne ho mangiato neanche uno. Ho visto, uhm... la Weasley femmina e Patil
che portavano in giro i loro feriti sul lago in una specie di festa dell'amore
per i nostri eroi di guerra, e ho pensato che fosse il momento giusto per
venire a dar da mangiare allo sciocco idiota."
"Sai che Harry è sveglio?" chiese Ron.
"E' sveglio?"
chiese Pansy. Si fermò a riflettere. "Allora saranno occupati, lì dentro.
Dovrò mangiarli tutti io."
Aprì la scatola. Hermione notò che Ron era più confuso di prima.
E così Seamus e Dean erano di nuovo in piedi. Erano gli ultimi
feriti gravi, a parte Harry. Seamus era stato costretto a farsi ricrescere le
ossa di entrambe le gambe, e Dean era stato a letto due giorni per smaltire
l'effetto della Cruciatus. Ginny aveva dormito sul mantello accanto al suo
letto in infermeria.
Forse Seamus avrebbe potuto consolare un po' Padma. Stava sempre
zitta, da quando...
Hermione si scrollò dalla mente il pensiero di Calì, e pensò di
nuovo a Seamus e Dean. Loro camminavano, e Harry era sveglio. Era più di quanto
avessero sperato meno di una settimana prima.
Stavano guarendo. Si sarebbero rimessi tutti.
Sentiva di voler bene a tutti, persino a Pansy Parkinson, che ora
stava provocando Ron con la sua scatola di cioccolatini.
"Non ne vuole," si intromise fermamente.
"Esatto," disse Ron, fissandoli con aria ingorda.
"Non ne voglio neanche uno."
Pansy aveva colto la preoccupazione di Hermione dal suo tono di
voce. "Non preoccuparti," disse, con un tono maliziosamente divertito
e quindi simile a quello di Draco. "Sono piuttosto soddisfatta del mio
Tassorosso."
"Zacharias Smith?"
Pansy scelse un altro cioccolatino. "Certo, quello."
La mente di Ron, momentaneamente distratta dal cioccolato, virò
nuovamente verso il punto di partenza. Hermione sapeva che quel momento sarebbe
arrivato.
"Un momento," disse. "Se tu sei qui..." Pansy
sorrise e dimostrò il suo assenso colpendolo con la scatola di cioccolatini.
"Sì, ma se tu sei qui... allora chi c'è lì dentro con Harry?"
Hermione corse a spalmarsi di nuovo sulla porta.
"Non entrare!"
"Entra," lo incoraggiò Pansy, prima di essere colta da
un rimorso di coscienza. Gli porse la sua scatola di cioccolatini. "E'
meglio se prendi un cioccolatino, prima," aggiunse gentilmente.
"Prendine uno al liquore. Credo che ne avrai bisogno."
*
"Come, prego?" disse Draco, con sgradevole e gelida
educazione.
Harry lo guardò e non trovò nessuna parola adatta. Nonostante
quello, era sicuro.
"Hai ragione, sei stupido," disse.
"Tu sei un romantico, ecco il tuo problema," osservò
asciutto Draco.
"E così amavi tuo padre. Succede alla maggior parte della
gente, lui era un bastardo e tu hai fatto la cosa giusta. Non importa quello
che pensi avresti fatto se le cose fossero andate diversamente. Hai fatto la
cosa giusta."
Sembrava che Draco avesse già una risposta sulla punta della
lingua, ma non ebbe mai il tempo di pronunciarla. Madama Chips aggiunse
l'ultimo tocco di charme all'infermeria grigia uscendo dalla stanza dei
medicinali con un catino pieno di liquido puzzolente.
"Dov'è quel Dean Thomas? Non salterà di nuovo la sua dose di
Sciroppo Rinvigorente," annunciò vivace. Dette a Harry un'occhiata attenta
prima di comunicare la sua diagnosi. "Sei sveglio."
"Ehm, sì."
"Così va meglio," disse severamente Madama Chips.
"Ora magari il signor Malfoy tornerà nel suo letto e cercherà di dormire.
Scusatemi."
Lasciò la stanza, intenzionata a rinvigorire Dean con ogni mezzo
necessario. La udirono rimproverare degli studenti per essersi aggirati nei
pressi dell'infermeria, e la porta si richiuse con un botto.
Draco era un po' arrossito.
"Sono solo passato un momento mentre andavo da un'altra
parte. E' la mia prima visita, in effetti," assicurò a Harry. "Quella
donna è pazza. Passa tutto il giorno in quella stanza a mescolare sciroppi,
intrugli di latte e vino speziato e cose varie... È colpa dei fumi,"
aggiunse irritato. "Fondono il cervello. E smettila di sorridere."
Harry non smise. Era solo un sorrisino, il massimo che poteva
permettersi quando continuava a tornargli in mente la lista di persone che non
aveva salvato, ma aveva appena recuperato la sensazione che aveva avuto proprio
prima di quella notte piena di morte, quella che un giorno sarebbe stato
ridicolmente felice.
C'era tempo adesso, tutto il tempo del mondo. L'orrore incalzante
non sarebbe durato per sempre. Col tempo l'avrebbe superato.
Si accorse che una delle ragioni per cui il cielo era scuro era che
dietro le finestre stavano levitando alcuni massi enormi. Si udì un rumore
improvviso, come... qualcuno che giocava all'autoscontro con enormi blocchi di
granito .
"Fa' attenzione, Black!" risuonò dal basso la voce
inconfondibile di Snape.
"Chi ha detto che è stato un incidente?" esultò Sirius. "Preso di nuovo!"
La gioia si rovesciò su Harry come un'ondata di acqua calda quando
capì cosa stavano facendo.
Hogwarts sarebbe tornata in piedi. La stavano ricostruendo.
"E poi qualcuno doveva restare qui per impedire che dei
ragazzini innocenti vedessero accidentalmente il tuo pigiama!" annunciò
Draco, con l'aria di chi aveva appena giocato la carta vincente. "Pensavo
di aver bruciato tutte le cose di quel genere nel tuo armadio, e invece no,
Granger se ne esce con quella... quella mostruosità e sostiene che è il tuo
preferito. Ho gridato, ho cercato di stracciartelo di dosso, ma Granger ha
frainteso completamente."
Harry abbassò gli occhi sul proprio pigiama e ricordò di averlo
nascosto sotto un cuscino per salvarlo dal suo triste destino. Era stato...
Dio, sembravano passati anni.
Certe cose non cambiavano mai.
"Non ti rimangerai la parola," disse bruscamente.
"Te lo impedirò. Sei mio, cazzo."
Draco lo fissò. "Dimmi che non devo spiegarti che... quello
che ho detto sul treno non era una proposta di matrimonio. Dimmelo,
Harry."
"Non che tu abbia detto molto sul treno, sai?"
"Infatti. Te l'ho detto," disse Draco. "Non conosco
le parole."
"Non importa. Ho capito cosa volevi dire," disse Harry.
"E ci credevi davvero. L'unica cosa che è cambiata è che non moriremo. Hai
paura?"
"Mi hai visto fallire," gli disse Draco, con lo stesso
sorriso beffardo di suo padre. "E' una cosa che mi riesce molto bene. I
miei fallimenti sono spettacolari."
"Correrò il rischio."
Draco continuava a guardarlo come se fosse stato un animale
selvaggio scappato da una gabbia. "Cambierai idea."
Harry notò che non aveva detto che lui avrebbe cambiato idea.
"Draco Malfoy, stupido idiota. Sei fortunato, perchè io sono
ancora più testardo di te."
Si aggrappò alla testiera e si tirò su, e la sua schiena lanciò un
lungo e silenzioso urlo di agonia. Draco si alzò dalla sedia, la voce
improvvisamente acuta per l'ansia.
"Harry, smettila! Abbiamo dovuto far ricrescere quasi tutte
le tue ossa... Harry, ti fai male!"
Tutte le ossa di Harry gridarono violentemente che erano d'accordo
con lui. Harry sussultò appena mise i piedi a terra, poi cercò di reggere il
proprio stesso peso. Sembrò riuscirci.
Draco era in piedi e lo guardava incerto. Harry immaginò che
dovesse essere combattuto tra la logica che gli diceva di non toccare Harry e
l'impulso irritato di buttarlo di nuovo sul letto.
Sfortunatamente, Draco non diede retta all'impulso. Harry fece un
passo verso di lui e vacillò per il dolore indistinto e, d'un tratto, un dubbio
reale. Era sicuro, ma... se per caso...?
"Dove sono i miei occhiali?" domandò. Se avesse potuto
vedere, ne sarebbe stato certo.
La certezza lo investì, calda e avvolgente come la felicità,
quando Draco parlò improvvisamente in tono deciso.
"Non ti servono gli occhiali," disse. "Mi avvicino
io."
Invase lo spazio personale di Harry, così vicino che Harry sentì
il suo respiro pizzicargli il petto. Le sue mani erano alzate in un gesto di
resa, a un millimetro dalla pelle di Harry.
Harry mise le mani sui fianchi di Draco e annullò quell'ultima
distanza. Stare in piedi gli provocava un dolore sordo in tutto il corpo, ma
aveva le mani premute contro la pelle calda tra i jeans di Draco e la sua
maglietta, e sentiva il respiro di Draco sulla guancia. In fin dei conti ne
valeva la pena.
"Non è stata colpa tua, per Goyle," disse piano.
"E'... Dio, è terribile, ma non è stata colpa tua. Anch'io mi sono fidato
troppo di una persona, ma non per questo smetterò di fidarmi di chiunque. Non
posso... idiota, credi di essere l'unico a non saper dire le cose? Sono stato
cresciuto in un sottoscala, non potrei... non voglio una persona normale."
Era certo che Draco stesse alzando le sopracciglia a quel
complimento bizzarro, ma persino il dolore si ritirò in un angolino della sua
mente quando Draco inspirò lentamente, e all'improvviso strinse forte le spalle
di Harry. Troppo forte. Harry apprezzò.
Draco allineò il viso davanti al suo e fece scivolare la bocca
sulla sua per un lento bacio improvviso. La stretta di Harry sui suoi fianchi
si fece possessiva: adesso ne era sicuro.
"C'è di più," sussurrò Draco nel mezzo del bacio.
"Sono disgustoso. Mi vergogno di me."
"Che altro?" lo incalzò Harry. Il suo petto era pieno di
calore, in qualche modo: il suo sangue pulsava per l'impulso di agire, eppure
era contento anche solo di starsene fermo a guardare Draco che cercava le
parole.
"Io," disse Draco. "Io, c'è qualcosa che dovrei...
Mi piace il tuo stupido modo di vestirti. Mi piace persino il fatto che i tuoi
capelli sono sempre orrendi. Harry, sono un uomo malato."
Harry indietreggiò di un centimetro mentre realizzava gradualmente
quello che Draco stava cercando di dire.
"Ti piaccio," disse, e quasi rise.
Draco aveva un'aria mortificata. "Era palesemente
ovvio."
"Già, assolutamente. Come ho potuto essere così cieco? Era
proprio ovvio che ‘non mi parlare, non mi toccare, non mi guardare' significava
‘Vieni, ti voglio.'"
Era probabile che Harry stesse sogghignando leggermente. Draco continuò
ad arrossire.
"Sta' zitto. Torna a letto," mormorò. "Pensavo
fossi pazzo di me. Dov'è l'adulazione? Dov'è l'adorazione? Pensavo che sarei
stato il tuo idolo di alabastro..."
Lo baciò di nuovo, probabilmente per fargli smettere di ridere
così tanto.
"Invece no, e non dire mai più quelle cose," gli ordinò
Harry.
Draco approfittò sfacciatamente del suo stato di debolezza per
stringergli le spalle e spingerlo giù sul letto. In qualche modo ci finì sopra
anche lui.
Harry fu estremamente grato per la morbidezza del cuscino sotto di
sé, ma lo fu ancora di più per Draco su di lui, che lo stava guardando con aria
molto delusa mentre giocherellava coi bottoni della camicia del pigiama.
"Comunque," osservò Draco, "ho deciso che dato che
ci sarà un semestre estivo e tutto il resto, tutte le partite di Quidditch sono
da considerarsi nulle. Quindi i Serpeverde sono ancora in gara per la Coppa delle Case. Quest'anno
la vinceremo. Aspetta e vedrai."
La camicia di Harry era ormai aperta.
"Giochi proprio sporco, Draco Malfoy," disse Harry.
C'era luce nell'infermeria, perché il cielo era ormai sgombro di
pietre. Evidentemente Lupin aveva interrotto i lavori di ricostruzione per
sgridare Snape e Sirius. C'era abbastanza luce per vedere una cosa così ovvia.
Cominciava già a respirare a fatica, ma sollevò la mano e spinse
all'indietro una ciocca di capelli di Draco, facendogli spuntare uno sguardo
distratto e sorpreso sul viso. Per una sciocchezza simile.
Dire certe cose come se niente fosse era difficile, ma voleva
segnare quel momento.
"Draco," disse Harry. "Io..."
"Zitto," gli disse Draco, e appena Harry corrugò la
fronte lui rise e lo baciò di nuovo, trattenendo tra i denti il suo labbro
inferiore come se non volesse far finire il bacio. Stava ridendo ed era senza
fiato e ancora scosso dal bacio quando abbassò gli occhi su Harry, mentre la
luce rendeva i suoi capelli dorati.
"Cioè, non ora,
Harry," mormorò. "Voglio imparare le parole."
Fine
Voglio ringraziare tutti i lettori e le lettrici, per
l'incoraggiamento e l'entusiasmo. Grazie a tutte, le fedelissime e le
saltuarie, perché senza di voi il mio lavoro non avrebbe alcun senso.
Sono piuttosto fiera di questa traduzione, in cui ho portato avanti
strenuamente la mia battaglia personale contro la congiuntivite acuta, la d
eufonica e i calchi sintattici spudorati, ma allo stesso tempo so che senza
l'aiuto di una persona che stimo tantissimo, e cioè Vale, il
risultato finale sarebbe stato molto meno bello, molto più imperfetto e ruvido
e sgraziato.
Per me non è semplice fare dichiarazioni di affetto e di stima, ma
devo dire che più e più volte mi sono ritrovata a pensare "come ho *fatto*
prima senza di lei?". Quindi grazie di cuore, è stato un vero spasso
lavorare con te :)