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P.S.: i pezzi scritti in corsivo (non quelli in inglese)
sono ricordi.
IT NEVER ENDS
CAPITOLO
1: RICORDI
When you’re down and troubled
And you
need a helping hand
And
nothing, whoa, nothing is going right
Close
your eyes and think of me
And soon
I will be there
To
brighten up even your darkest nights
You’ve Got A Friend, James Taylor
***************
Hermione tirò un grosso sospiro e baciò la mano di Ron che
teneva stretta tra le sue. Chiuse gli occhi, cercando per l’ennesima volta di
trattenere le lacrime, di essere forte per lui. Erano già tre lunghi giorni che
faceva del suo meglio per stargli vicina…dall’attacco che avevano sferrato a
Hogsmeade quegli strani assassini mascherati. Dal momento in cui Harry le aveva
puntato contro la sua bacchetta. E da allora erano passati tre giorni…72
ore…più di 4000 minuti…tutti passati a vegliare Ron in quel letto
dell’infermeria del quartier generale della War Mage Team, assistito
dall’intero staff medico e in particolar modo da Aki. E lei non aveva fatto
altro che aspettare…aspettare che lui uscisse dal coma…pregare che fosse forte
abbastanza da riprendersi….parlargli, per non ricevere nemmeno un fiato in
risposta….aspettare e pregare in un miracolo era tutto ciò che le avevano
consigliato di fare.
Era tutto così assurdo, sembrava tanto un incubo…solo una
settimana prima stavano tutti benissimo, felici e sereni, e in pochi maledetti
minuti Harry era come impazzito…mai, mai nella sua vita Hermione lo aveva visto
attaccare qualcuno a sangue freddo…e di certo mai si sarebbe aspettata che
avrebbe puntato la bacchetta contro di lei. E l’avrebbe uccisa, se Ron
non si fosse gettato davanti giusto in tempo, salvandole la vita a rischio
della sua. Perché se lui non le avesse fatto da scudo col suo corpo, ora
sarebbe toccato a lei lottare con la morte in quel letto…
Hermione strinse la mano di Ron, e gliela baciò di nuovo,
tirando su col naso e serrando forte gli occhi.
***************
Nella tranquillità di casa loro,
Ron e Hermione si stavano rilassando nellavasca da bagno, mentre la stanza era illuminata da una decina di candele
incantate che fluttuavano qua e là. Ron stava di spalle contro il bordo della
vasca, e fra le sua gambe stava Hermione, con la schiena contro il suo petto,
accarezzandogli il braccio che le teneva attorno alla vita.
“Che hai fatto? Hai la pelle più liscia del solito.” Fece
lui, sfiorandole col dorso della mano la pelle tra il collo e la spalla.
“Ho fatto un bagno con una di quelle creme post-parto che
usa Ginny.” Gli disse lei, giocherellando col dito sulle nocche della sua mano.
“E’ anche molto profumata, direi.” Sussurrò lui,
chinandosi a baciarle il collo. “Non sapevo che Ginny usasse ancora quella
roba. Voglio dire, sono due mesi che ha partorito, ormai dovrebbe essersi
rimessa in forma.”
Lei scrollò le spalle. “Credo di capirla, è stata per
nove mesi più simile a un pallone che a una donna, è chiaro che adesso vuole
essere di nuovo perfetta per Harry.”
A Ron sfuggì una risatina. “Tanto Harry nemmeno la vede,
ultimamente tutto quello che fa è dormire dovunque si appoggia.”
Anche Hermione rise. “Poverini, Danny ha scambiato la
notte per il giorno, avranno qualcosa come due mesi di sonno arretrato.”
“Eh già.” Annuì lui. “E’ incredibile come un figlio ti
cambia la vita.”
“Ginny lo voleva tantissimo.” Disse lei, rilassata. “E
sono convinta che anche Harry si sentisse pronto. Ora ha la famiglia che a lui
è sempre mancata.”
“E tu?” le chiese piano lui. “Tu ti senti pronta?”
“Tu?”
Lui scosse la testa, con un sorriso beffardo. “No, non
vale. L’ho chiesto per primo.”
Lei esitò. “Non lo so…cioè, forse si…ma col lavoro…e poi
non ci siamo nemmeno sposati…”
“Perché siamo troppo impegnati, certo.” Annuì lui. “Ma un
giorno o l’altro potremmo anche farlo. E poi questo non cambia niente.”
“Tu vuoi un bambino, Ron?”
“Beh…ammetto che l’idea di un frugoletto coi capelli
rossi e gli occhi nocciola che strillicchia per casa non mi fa affatto
inorridire.”
Lei si voltò per guardarlo negli occhi. “Non me l’avevi
mai detto.”
“Perché tu non me l’hai mai chiesto.” Le disse con un
sorriso. “Posso aspettare. Un figlio deve venire dalla scelta di entrambi.”
Lei si riaccoccolò sul suo petto. “Forse lo vorrei anch’io…solo
che…non lo so, col nostro lavoro e tutto il resto…non vorrei non dargli
l’importanza che merita, capisci cosa intendo?”
Lui annuì, accarezzandole la schiena. “Non programmiamo
niente, va bene? Lasciamo che le cose seguano il loro corso. Quando sarà il
momento, ci rimboccheremo le maniche e faremo anche i genitori, ok?”
Lei sorrise. “Ok. Però c’è una cosa che vorrei.”
“Cosa?”
“Vorrei che nostro figlio assomigliasse a te.”
Lui ridacchiò. “Allora abbiamo un problema, qui. Perché
sai, io sarei davvero curioso di vedere una mini-versione di Hermione Granger
al maschile. Giuro, c’è da morire dalla curiosità.”
***************
Hermione continuava ad accarezzare una guancia pallida di
Ron, sfiorandogli il viso con dolcezza. “…non vedo l’ora che ti svegli…” gli
sussurrò con una voce dolcissima e triste. “…mi manchi moltissimo, lo sai?…dopo
tutti questi anni, anche un giorno senza di te è strano…è orribile, Ron…”
La porta della stanza si aprì, e ne entrarono Arthur e Molly
Weasley, pallidi e dall’aspetto molto triste e preoccupato.
“Come vanno le cose?” fece ansiosa Molly, sedendosi accanto
al letto del figlio e prendendogli la mano accoratamente fra le sue.
“Nessun cambiamento.” Disse Hermione.
“Amore della mamma…” fece mamma Weasley, baciandogli la mano.
“Hermione, non ti sei mai mossa da qui in tre giorni.” Le
disse piano Arthur. “Perché non vai a casa a dormire un po’, stanotte? Può
restare Bill, o anche Charlie, qui con Ron.”
Lei scosse la testa. “No, sto bene, grazie. Non vorrei che
si svegliasse e non mi trovasse.”
Molly le rivolse un sorriso piccolo e amaro. “Sono certa che
il suo primo pensiero sarai tu, Hermione…ti ama così tanto…” le disse, con la
voce strozzata dalla commozione.
Hermione strinse la mano di Ron. “Nemmeno immaginate quanto
lo amo io.” Anche lei si morse le labbra e tirò un sospiro. “Ormai è solo
questione di ore, si sveglierà presto.” Mormorò, con una voce instabile che
tentava di convincere per prima se stessa.
“Ma certo.” Annuì papà Weasley.
“E’ un dormiglione il mio bambino.” Disse con un sorriso
materno e commosso Molly. “Quando era più piccolo era sempre l’ultimo ad
alzarsi, la mattina.”
“Come sta Ginny?” chiese Hermione.
Il signor Weasley scrollò le spalle. “E’ molto giù, non
riesce a riprendersi.”
“Come non capirla.” Sospirò la ragazza.
“Nessuna novità di Harry?”fece Molly.
Hermione scosse la testa. “Niente ancora. Lo stanno
cercando, stanno facendo del loro meglio.”
“Non…si sa nulla di quello che gli è successo, giusto?”
“Io non so niente, sono rimasta sempre qui…ma ci stanno
lavorando con molta attenzione.”
Il rumorino in sottofondo della macchina a cui stava
attaccato il respiratore di Ron era diventato una musichetta triste e
atrocemente angosciante, e nell’animo di Hermione si era trasformato nella più terribile
delle lancette.
***************
Ginny e Hermione non ne
potevano più di ridere: erano riuscite a trascinare Ron e Harry al ‘Club
Africaans’, una specie di discoteca babbana in cui per una sera impartivano
lezioni di danza latino-americana. Il salone era pieno di gente, e
l’insegnante, un buffo individuo dall’accento francese e l’aria alquanto
femminile, Antoine, girava tra le coppie.
“Su, andiamo, più movimento, più movimento!” strillicchiò
con una voce stridula e acuta.
Hermione si posizionò meglio la mano di Ron sul fianco e
gli diede una pacca sul sedere. “E muovi quelle chiappe!” riuscì a dire tra le
risate.
“Non ci siamo, ragazzi!” si lamentò ad alta voce Antoine.
“La danza latino-americana è sensualità, passione, intensità…ci deve essere la
scintilla!”
Ginny scoppiò a ridere quando Harry rischiò d’inciampare
nel tentativo di fare un movimento coi piedi.
“Ok, ok.” Fece Harry, passandosi una mano fra i capelli.
“E se lasciassimo perdere?”
Antoine si avvicinò alle due coppie. “Oh no, così non va,
non va!” fece, tutto irritato. “Parbleu, siete assortiti molto male!” e con un
felpato movimento per niente maschile spinse Harry verso Ron. “Ecco, così è
molto meglio.”
Harry e Ron si guardarono in faccia, poi scoppiarono a
ridere. “Stai scherzando, vero?” chiese Harry.
“Oh, ma certo che no! Voi due avete proprio un’aura
compatibile, oui.” Antoine sembrava molto soddisfatto, e sfoggiava un sorriso
fiero.
“Sei pazzo o cosa?!” sbottò Ron. “Come faccio a ballare
con lui?!?”
“Vedi che c’è la scintilla, mon amour?” squittì
entusiasta il francesino, mentre Hermione e Ginny faticavano a tenersi in piedi
per le troppe risate.
“Oh santa pazienza.” Fece Harry, coprendosi gli occhi con
una mano.
Ron si avvicinò ad Antoine. “Sta’ a sentire, amico, la vedi
quella ragazza?” gli disse, indicando con un cenno del capo Hermione, che non
riusciva a darsi un contegno per le troppe risate. “Io vado a letto con lei
dalla mattina alla sera, con lei sento la scintilla, NON COL MIO MIGLIORE
AMICO!”
“Tesoro, è proprio qui che ti sbagli.” Esclamò il
francese facendogli gli occhi dolci, e Ron lo guardò disgustato. Ginny cadde a
terra per le troppe risate.
“Ehi, e se invece…” provò Harry, ma Antoine lo spinse di
nuovo verso Ron.
“Niente ma! Ora in posizione! Vite-vite!”
Harry e Ron fecero fatica a non scoppiare a ridere, ma
quando Antoine li fece mettere in modo da tenersi la mano, a tutti e due uscì
una risata gutturale intrattenibile.
“Avanti, forza! Il bacino deve ondeggiare!” fece
spazientito il maestro, battendo le mani.
“COSA?!?” Harry e Ron si voltarono di scatto verso di
lui, contemporaneamente, con un’espressione di totale stupore sul viso;
Hermione e Ginny rischiarono di soffocare per le risate.
***************
Hermione sorrise e continuò ad accarezzare il braccio di
Ron. Era notte fuori, e gli altri Weasley erano andati tutti a casa.
L’aspettava un’altra notte insonne, ad aspettare…a pensare…a pregare…
“…lo sai a cosa pensavo?” gli sussurrò, spostando le carezze
sul suo viso, china su di lui. “…ti voglio sposare, Ron.” Bisbigliò,
sfiorandogli le labbra con le dita, stando bene attenta ad evitare i due
tubicini che aveva nel naso. “…lo so, non ne abbiamo mai parlato prima…non
abbiamo bisogno di questo tipo di formalità sociali per amarci, io e te…però adesso…quando
ti sarai svegliato, perché tu ti sveglierai…si, voglio sposarti…in
chiesa, e col vestito bianco, e con gli ospiti che si commuovono…con tutte
quelle idiozie di cui abbiamo sempre riso…” disse con un sorriso amaro,
ingoiando le lacrime a fatica. “…voglio piangere anch’io…ho tanta voglia di non
dover essere sempre forte…sono così stanca, Ron…non ce la faccio più…” sussurrò
con un filo di voce, appoggiando la testa sul suo braccio e baciandoglielo,
sopprimendo a fatica un singulto.
***************
Ron, col suo smoking
assolutamente perfetto, si alzò in piedi con in mano un bicchiere di champagne,
facendo l’occhiolino a Ginny e Harry che, al tavolo degli sposi, stavano
aspettando il discorso del testimone dello sposo, assieme agli altri invitati.
“Beh, suppongo che sia un’ironia della sorte che tocchi a
me fare il discorso,” iniziò Ron, con un brillante sorriso. “Dal momento che
alla sposina ho cambiato i pannolini e, beh, quanto allo sposo…non sareste
venuti così in tanti se aveste diviso la stanza con lui per 15 anni, russa
peggio di una caffettiera rotta.” E qui tutti risero, Harry in testa. “A parte
questo…non vi dirò che sono i due ragazzi più perfetti della terra, come in
quei ridicoli discorsi preconfezionati da bigliettino di auguri riciclato.
Ginny e Harry sono due esseri umani, coi loro pregi e i loro difetti. Ma quello
che conta è che insieme formano una squadra imbattibile, e sono certo che siamo
tutti d’accordo nell’augurare agli sposi ogni felicità possibile. Perciò…” e a
questo punto sollevò il bicchiere verso di loro. “Alla famiglia Potter: a
Harry, a Ginny…e a tutti i marmocchi che presto invaderanno la loro casa.”
Tutti gli invitati brindarono ai due sposi e si levò un festoso
applauso, accompagnato dai fischi gioiosi dei gemelli Weasley; Ginny sorrise
commossa al fratello, Harry gli fece un occhiolino che Ron ricambiò prima di
tornare a sedersi accanto a Hermione.
“E’ stato un discorso bellissimo!” Esclamò lei, entusiasta.
“Ma quando l’hai scritto?”
Le labbra di Ron si curvarono in un sorrisetto vispo e
furbo. “Ho improvvisato.”
Hermione scosse la testa, sorridendo. “Vorrei davvero
prenderti a schiaffi.”
“Puoi farmi anche di peggio stanotte, baby.” Le sussurrò
lui con la sua voce calda e sexy, e lei, arrossendo, gli mollò una gomitata
nelle costole e si guardò attorno, per assicurarsi che nessuno avesse sentito.
***************
Aki si sfilò lo stetoscopio dalle orecchie e lo passò a
Tennessee, poi diede un’ultima controllata alle pupille di Ron e si tirò su.
“Ancora nessun cambiamento.” Hermione sospirò, abbassando lo sguardo, e Aki si
sentì subito molto male. “Ma dal modo con cui sta resistendo, mi sento
incoraggiata.” Si affrentò ad aggiungere.
Tennessee, riavvolgendo lo stetoscopio, vide Hermione
stropicciarsi per un attimo gli occhi. “Hermione, devi andare a casa a dormire
un po’, sei distrutta.” Le disse in tono preoccupato.
Lei scosse la testa. “No, è tutto a posto.”
“Sciocchezze,” incalzò lei. “Lo sai, nel mio paese si dice
che la tigre che si nutre della sua stessa forza finisce presto per divenire
nutrimento.”
Hermione fece un sorriso breve e stanco. “Proverbio molto
interessante, Tennessee.”
“Io non credo che Ron sarebbe contento se ti vedesse così.”
Provò Aki.
“E io non credo che proprio lui avrebbe il diritto di
parlare, visto che è tutta colpa sua.”
Tennessee rise. “E poi si stupiscono che è l’unica donna che
combatte con gli auror speciali della Mage section.” Anche le altre due ragazze
sorrisero.
“Certo che Ron assomiglia moltissimo a Charlie.” Osservò
Aki, sistemando meglio il respiratore.
Hermione sorrise. “Eppure c’è stato un tempo in cui aveva la
stessa corporatura di Percy.”
“Di Percy?” fecero contemporaneamente Aki e Tennessee,
meravigliate.
“Ai tempi della scuola era magrolino e alto, proprio come il
buon vecchio Perce.”
Tennessee scosse la testa. “Da non credersi, e io che
pensavo che fosse nato già coi pesi in mano.”
Gettando uno sguardo alla corporatura atletica di Ron,
Hermione si lasciò sfuggire un sorriso. “Se lo vedessi ora per la prima volta,
anch’io la penserei così.” Presto il suo sorriso degenerò in un’espressione
triste, e le due dottoresse si scmabiarono un’occhiata preoccupata.
“Ce la farà, Hermione. Vedrai.” Le disse piano Aki.
Hermione annuì, accarezzandogli la mano. “Si. Lo so.”
***************
“Hermione! Hermione!!”
Hermione, sentendosi chiamare da fuori, alzò la testa dal
libro che stava leggendo comodamente sdraiata sul divano. “Che c’è, Ron?”
“Vieni fuori, c’è una cosa che voglio farti vedere! Dai,
sbrigati!”
Lei sbuffò leggermente, irritata di dover interrompere la
sua lettura, si alzò e uscì nel giardino di casa loro; fuori al cancelletto
stava Ron, con addosso un giubbotto di pelle e due caschi in mano, e stava
seduto…su una moto. O per meglio dire: su una moto enorme, con due grossi
cilindri che spuntavano dalla parte posteriore. Hermione era scioccata.
“Allora, ti piace?” fece lui, con un sorriso che gli
andava da un orecchio all’altro.
“…non posso crederci!” lei mise entrambe le mani sui
fianchi. “E’ per questo affare che hai speso tutti i soldi del tuo
straordinario?”
Ron annuì, sempre sorridente. “Non è magnifica? Da 0 a
250 km/h terra-aria in 20 secondi. E’ micidiale.”
“Lo immagino.” Disse lei, sarcastica.
“Dai, monta su.”
“Te lo puoi scordare.”
“E dai! Questa l’ho presa per noi!”
“Ma quale per noi!” sbottò lei. “Se devi fare il pazzo su
questa specie di missile, non significa che devo farlo anch’io.”
Lui scosse la testa. “E dai, non fare la bambina!”
Lei lo guardò storto. “Non mi puoi obbligare.”
Lui si fece una risatina. “Questo è da vedersi.”
Lei incrociò le braccia sul petto, con uno sguardo di
pura sfida. “Mi piacerebbe vederti provare, presuntuoso metallaro.”
Ron rise e scosse la testa. “Perché devi sempre rendermi
la vita difficile, tu, non lo capirò mai.” E così dicendo si alzò in piedi
davanti a lei, troneggiando in tutta la sua statura atletica e imponente.
“Oh, questo è molto maturo, davvero.” Fece Hermione,
sarcastica, con un sopracciglio inarcato. Lui sorrise, e invece di risponderle
le si avvicinò in un passo e la baciò. Già era difficile mantenere la
concentrazione baciando Ron, figurarsi poi quando lui decideva di rendere un
bacio indimenticabile nel più completo dei sensi, per giunta tutto
all’improvviso. Automaticamente Hermione si rilassò nel suo abbraccio,
passandogli le mani attorno alla nuca, e neanche si accorse che lui l’aveva
presa in braccio, ma quando sentì le sue labbra allontanarsi dalle proprie, prima
di aprire gli occhi si rese conto che qualcosa le era calato sulla testa:
spalancando gli occhi, subito si rese conto di essere seduta a cavalcioni sulla
moto, col casco in testa. “Ron!!” si lamentò infuriata.
Lui rise, s’infilò il casco e si sedette davanti a lei,
accendendo la moto prima che lei potesse rialzarsi. “Reggiti forte!”
Hermione strinse forte le braccia attorno ai suoi
fianchi. “Ce l’hai una vaga idea di quanto ti odio, Ron?”
Lui ridacchiò, dando gas alla moto. “Si, più o meno quanto
io ti amo.”
Un attimo dopo la moto partì a razzo, e Hermione si
strinse ancora di più a lui, chiudendo forte gli occhi. “Rallenta, accidenti,
rallenta!!!”
Ron rise, godendosi la sensazione della velocità lungo la
strada, senza rallentare neanche un po’.
***************
Hermione sistemò meglio le tende alla finestra della stanza,
lasciando entrare più sole. Con un’aria estremamente stanca tornò a sedersi
sulla sedia vicina al letto di Ron e gli prese la mano fra le sue. Qualche
istante dopo qualcuno bussò alla porta.
“Avanti.” Disse lei.
Ad entrare fu Sirius Black, che le fece un piccolo sorriso.
“Ciao, Hermione.”
Lei rispose al suo sorriso. “Ehi, Sirius. Vieni.”
Lui prese posto sulla sedia dall’altra parte del letto di
Ron. “Come sta?”
Hermione scrollò le spalle. “Come quattro giorni fa, a
quanto pare non è cambiato niente.”
Lui annuì, con un’espressione di amarezza. “Posso solo
immaginare come ti senti, piccola.”
Lei lo guardò per un momento negli occhi: quell’uomo aveva
sofferto tantissimo in vita sua, aveva perso i suoi migliori amici, era stato
ingiustamente accusato di averli uccisi, aveva dovuto sopportare anni di
sofferenze e torture nella peggiore fra le prigioni, e ora rischiava di perdere
anche Harry, che amava come un figlio. I suoi occhi erano pieni di dolore e
comprensione, e la sua presenza in qualche modo la faceva sentire meno
obbligata, più libera…libera anche di sfogarsi un po’. E lasciare libere le
lacrime fu proprio quello che fece, rilasciando per un attimo le difese.
Sirius si alzò e si inginocchiò accanto alla sua sedia,
abbracciandola, e Hermione pianse più che volentieri col viso nel suo collo.
Lui non le disse niente, le accarezzò la schiena e la testa, ma non la disturbò
minimamente; qualche minuto dopo, quando si fu calmata, si ritrasse e le
sedette accanto.
“Va tutto bene, tesoro.” Le disse paternamente. “Anche i più
forti hanno bisogno di piangere ogni tanto.”
“E’ che sono così stanca…e sto così male…”
Lui annuì. “Aki è ottimista, ho parlato con lei stamattina.
Dice che la tua continua presenza lo sta aiutando perfino più di quanto tu
stessa immagini.”
Lei abbassò lo sguardo. “Non mi interessa cosa sto facendo
io. Voglio solo che si svegli.”
“Ce la farà, ne siamo tutti convinti.” Sirius le prese una
mano. “Non perdere la speranza.”
Hermione annuì, con aria stanca. “Ci sono novità riguardo
Harry?” chiese piano.
Sirius annuì, con un’espressione non esattamente felice.
“Julian ha raccolto abbastanza materiale da finire la ricerca. Ed è come
pensavamo, purtroppo. Non è solo un normale Imperius.”
“Magia nera?”
“Ad altissimo livello. Stiamo parlando di uno di quei
malefici che restano legati alla vita di chi li formula, con molta
probabilità.”
“Quindi…” fece lei, impallidendo. “Se non uccidiamo chi lo
ha lanciato, non ci riprenderemo Harry.”
Lui annuì. “Appunto. E il problema è che non abbiamo ancora
identificato uno solo degli assalitori.”
Hermione si coprì gli occhi con una mano per un momento.
“Come state procedendo?”
“Abbiamo sguinzagliato quelli della divisione di Liam e
Bernie tra interrogatori e tampinamenti di tutte le fedine penali sporche che
possono essere anche lontanamente coinvolte in questa storia. Bill e Josh si
stanno passando al setaccio tutti i nostri informatori. Qualcosa deve venir
fuori per forza.”
Lei sospirò. “Fammi sapere sempre se ci sono novità.”
“Certo, sta’ tranquilla.” Le rispose lui.
Hermione chiuse gli occhi. “Dio, mi sembra tutto un
interminabile incubo…”
Sirius annuì lentamente. “E la parte peggiore è che è tutto
vero.”
***************
Sul divano della loro
camera da pranzo Ron e Hermione si stavano baciando senza il minimo ritegno, le
loro mani sveglie più che mai. Hermione era sdraiata sulla schiena, e aveva una
mano immersa fra i capelli di lui e un’altra intenta ad accarezzargli le
spalle. Ron la teneva stretta a sé con un braccio, con l’altra mano le
accarezzava possessivamente una coscia, baciandole e mordicchiandole il collo
senza pietà.
“…Ron…” provò a fermarlo lei.
“…shh…” lui la ignorò completamente, rendendole più
difficile ogni resistenza.
“…Ron…dai…domani dobbiamo alzarci presto…”
“…mmh…” lui non s’interruppe. “…così mi rovini tutto il
divertimento…”
In qualche modo lei riuscì a respingerlo indietro. “Ti
sei dimenticato che domani abbiamo un turno di pattuglia al Ministero alle
sette?”
“Ah già.” Ma la cosa non sembrò turbarlo più di tanto,
perché provò a baciarla di nuovo.
Lei schivò le sue labbra. “Tesoro, sono due notti che
dormiamo non più di tre ore…stanotte vorrei davvero dormire…”
Lui fece un sorrisetto malizioso. “Credimi, ti darei
retta se solo fossi un tantino più convincente.” E detto questo, le catturò di
nuovo le labbra con le sue, mentre la sua mano giocherellava con la lampo della
sua gonna.
Hermione gli appoggiò le mani sulle spalle e lo spinse
indietro dolcemente ma con determinazione. “Se ti supplico, ti fermi?”
Lui rise. “No.”
“Allora ti fermo io con le cattive.” Fece lei con un sorrisetto,
e sfilatasi la bacchetta da una tasca mormorò qualcosa a bassa voce, e un
attimo dopo sulla sua mano si materializzò un ragno. Ron balzò indietro
all’istante e lei, ridendo, saltò giù dal divano e corse fuori.
“Piccola imbrogliona!” anche lui rise, e smaterializzando
a volo il ragno con un colpo di bacchetta, si lanciò all’inseguimento.
Hermione, ridendo, raggiunse la loro stanza e balzò sul
lettone, ma un istante dopo arrivò a tutta velocità Ron, che, ridendo anche
lui, saltò sul letto, finendo sopra di lei e bloccandole i polsi sul materasso
sopra la sua testa.
“Precisamente come ti volevo io.” Le disse con un gran
sorriso, mentre lei ancora rideva. “Cinque minuti, promesso.”
Hermione gli sorrise. “…anche dieci…”
Il sorriso di lui divenne ancora più largo. “…anche tutta
la notte…” e nessuno dei due ebbe più bisogno di parlare, non il linguaggio
delle parole, comunque.
***************
Hermione sospirò, chinando la fronte sulla mano di Ron, che
teneva stretta tra le sue. Stava diventando una dolorosa abitudine tutto
questo, e il dolore che teneva stretto in un pugno il suo cuore sembrava
aumentare tutte le volte che lo guardava in faccia. Tutte le volte che guardava
quel viso così maschio e pieno di vita completamente bianco e immobile, totalmente
diverso dal solito, mentre nella sua mente ormai al suono della sua voce si
stava sostituendo un rumorino freddo e impassibile, agghiacciante nel suo
ostinato ripetersi…
…bip…bip…bip…
***************
The show must go on…
The show
must go on…
Inside
my heart is breaking
My make
up may be flaking
But my
smile still stays on
The Show Must Go On, Queens
*****************************
E finalmente ce l’abbiamo fatta
con questo benedetto seguito! Si, lo so, ce ne ho messo di tempo…ma ehi, chi
non ha da fare di questi tempi? Spero con tutto il mio cuore che anche la nuova
storia vi appassioni come la precedente…e comunque, consigli, richieste e
critiche costruttive sono sempre bene accettate… Importantissimo: non
dimenticatevi di recensire, altrimenti come posso sapere se vi piace? ^^ Oh, e
tenete presente che all’inizio potreste non capire esattamente come sono andate
le cose…comunque, al massimo entro il prossimo capitolo sarete in grado di
capire per bene tutto.
Un paio di piccole note:
1) Per quelli che sperano di
vedere molti momenti di amore della coppia Harry/Ginny. Chiariamo questa cosa:
io non sono una sostenitrice di questa coppia, se nella mia fic sono insieme è
perché Ginny mi è sembrata il personaggio dolce e comprensivo di cui Harry, che
di guai ne ha passati nella sua vita, ha bisogno più di chiunque altro. Senza
contare che mi piace l’idea del mitico trio imparentato a tutti gli effetti ;)
Perciò mi sembra superfluo ripeterlo, questa storia è dedicata alla coppia
Ron/Hermione ancora più della prima, perché in questa seconda parte di Being a
War Mage li vedremo crescere nella loro relazione in modo maturo e completo. E
tutte le altre love story avranno dei cameo marginali, o forse qualcosa in più,
ma per ora non so.
2) A tutti quelli che mi
stanno continuamente chiedendo di scrivere storie sulla relazione tra Harry e
Hermione. Ok, è vero, la mia prima fanfic è stata su loro due, ma al momento
credo di essermi affezionata un bel po’ a questa storia, e soprattutto alla
coppia Ron/Hermione. E credo proprio che diventerò una sostenitrice di questi
due a tutti gli effetti, quindi…al momento non credo che scriverò qualcosa su
Harry e Hermione insieme… ma poi si vedrà.
Beh, a questo punto che
altro c’è da dire…ci vediamo alla prossima, col secondo capitolo “Lottare fino
alla fine”. E fatemi sapere ne pensate! Tanto lo sapete già tutti quanto io
adori le recensioni e quanto aiutino la mia ispirazione, no? ;)
P.S.: le
parti in corsivo (non quelle in inglese) sono ricordi.
IT NEVER ENDS
CAPITOLO 2: LOTTARE FINO ALLA FINE
Maybe
life is like a ride on a freeway
Dodging
bullets while you’re trying to find your way
Everyone’s
around, but no one does a damn thing
It
brings me down, but I won’t let them
Staring At The Sun, Offspring
***************
….bip….bip….bip…bip…
Hermione stava seduta sul
muretto appena fuori I Tre Manici di Scopa, e ogni tanto dava un’occhiata
all’orologio; Ron, accanto a lei, stava appoggiato allo stesso muretto, con le
braccia conserte e l’aria tranquilla. Qualche minuto dopo arrivarono Harry e
Ginny – che portava il carrozzino del piccolo Danny – ed entrambi avevano
l’aria stanca e gli occhi visibilmente cerchiati e assonnati.
Hermione scese dal muretto e fece loro un gran sorriso.
“Buongiorno!”
“Ah, tu dici?” fece sarcastico Harry.
“Danny non ha voluto saperne di dormire neanche cinque
minuti stanotte.” Spiegò Ginny.
Nella sua carrozzina, Danny dormiva beatamente con un
succhietto in bocca; era un bimbetto vispo e sveglio di appena un paio di mesi,
con grandi occhioni verdi e capelli (ancora pochini) neri, e i lineamenti del
viso dolci come quelli di sua madre.
“Ora sembra molto tranquillo, si sta rifacendo.” Notò con
un sorriso Hermione, guardandolo.
“Già, lui.” Sottolineò Harry, e Ron scoppiò a ridere. “Ho
un sonno che non puoi capire.”
“Se non fosse ancora così piccolo, una bella pozione
soporifera nel lattuccio della sera non ci starebbe poi tanto male.” Fece Ron,
con un occhiolino per il suo migliore amico.
“Ron!!” esclamarono contemporaneamente Ginny e Hermione,
all’apice dello sdegno.
Lui alzò le mani. “Ehi, stavo scherzando!”
“Già, come no.” Disse ironicamente Hermione. “Ma chissà
come mai non mi stupirei se lo facessi.”
“In un momento di disperazione potrei farlo anch’io.”
Fece Harry, beccandosi un’occhiataccia da Ginny.
“Forza, è ora di andare, o faremo tardi.” Disse Hermione,
ma un secondo dopo si sentì un urlo alle loro spalle, e poi molti altri.
I ragazzi si voltarono all’istante: in mezzo alla folla,
che si apriva lungo i lati della strada per allontanarsi, c’era un grosso
pitone, con lunghi denti aguzzi e una coda vibrante a sonagli, che sibilava
rabbiosamente.
“E quello da dove spunta?” fece Ron, accigliandosi.
“Harry…” Ginny, intimorita, prese il figlioletto in
braccio e fece un passo indietro.
Contemporaneamente si sentirono altre grida dall’altra
parte della strada, dove una decina di uomini stava spaventando e aggredendo la
gente, mentre un altro paio di scatenati tentava di dare fuoco a una casa.
“Oh, bene! Si sono dati tutti appuntamento stamattina!”
sbottò ironico Ron.
“Voi occupatevi di quelli.” Disse Harry. “Al serpentone
penso io.”
“Ok.” Annuì Hermione, e lei e Ron sguainarono le
bacchette e si lanciarono verso gli assalitori.
“Sta’ indietro, Gin.” Fece Harry, facendo un passo avanti
verso il serpentone, che sibilava più che mai.
“Harry, sta’ attento, ti prego!” si raccomandò
accoratamente lei, facendosi più indietro e stringendosi il figlio al petto.
Harry fece due passi avanti e Ginny lo sentì parlare in
una strana lingua, sibilare qualcosa, e capì che stava parlando il Serpentese.
Il pitone si sollevò in alto, finchè non fu allo stesso livello coi suoi occhi,
ma Harry non arretrò e sibilò ancora qualcosa.
Con la coda dell’occhio,
Ginny vide Ron colpire con un pugno in pieno viso uno degli assalitori e poi
tramortirlo con un colpo di bacchetta, mentre Hermione ne spediva un paio
contro il muro con un deciso incantesimo respingente. Ma quando Ginny si voltò
a guardare il marito, vide che il pitone si era abbassato, e si gongolava sul
corpo viscido scuotendo la coda rumorosamente. La cosa la fece sorridere, e il
suo sorriso si ampliò nel vedere che gli assalitori si erano dileguati tutti;
quando però Harry si voltò, Ginny smise di sorridere: i suoi occhi erano
improvvisamente diventati rosso fuoco.
Ginny si coprì la bocca con
una mano. “Oh mio Dio…” facendo un passo indietro, si voltò verso suo fratello,
che stava rinfoderando la bacchetta. “Ron!!”
Ron e Hermione li raggiunsero in fretta, ma quando videro
Harry si bloccarono di colpo.
“Ma che diavolo…” fece Ron, guardando il suo amico
immobile e con dei minacciosi occhi rossi.
“Che razza di maleficio è questo?” Hermione era
inorridita.
“Se non lo sai tu, figurati io.” Estremamente teso e
cauto, Ron mise mano alla bacchetta. “Ginny, sta’ indietro.” La sorella obbedì,
tremante.
“Harry?”
provò Hermione. “Harry, puoi sentirmi?”
“Mi sa che neanche ci riconosce.” Constatò piano Ron,
prendendo in mano la bacchetta.
“Che facciamo adesso?” Hermione si stava innervosendo.
“Io non credo che attaccarlo sarebbe una buona idea.”
Ron vide il suo amico voltarsi e guardarli. “Ok, ascolta.
Nervi saldi. Cerchiamo di addormentarlo, lo porteremo subito al quartier
generale, lì s’inventeranno qualcosa.”
Lei annuì. “Va bene. Tu pensa a distrarlo.”
Ron annuì e fece due passi alla sua destra, muovendosi
piano e con cautela. “Ehi, Harry…ok, ho capito che non mi riconosci…ascolta la
mia voce…cerca di guardarmi…non ti dice niente la mia faccia? Non riesci a
ricordare chi sono?”
Harry non disse nulla, ma il
serpente alle sue spalle si sollevò e sibilò qualcosa; un istante dopo, Harry
sollevò lentamente la bacchetta, alla punta della quale si stava creando una
strana sfera verde.
“Ma che stai facendo?” mormorò Ron, seriamente
accigliato.
Hermione scosse la testa. “No, questo non mi piace…”
Tutto in una volta, Harry si voltò fulmineamente su se
stesso e lanciò la sfera verde contro Hermione.
“Nooo!!!”
gridò Ginny.
“Attenta, levati di lì!!!!” urlò Ron.
Hermione aveva ormai la velocissima sfera a due passi dal
proprio corpo, quando si sentì spingere con forza via dalla traiettoria del
colpo; cadde a terra, sentì uno strillo di Ginny e poi un tonfo sordo: alzò gli
occhi e vide Ron, a terra, proprio dove pochi secondi fa stava in piedi lei…con
un fianco che sanguinava copiosamente.
“Ron!!!!” gridò stravolta, e si lanciò verso di lui,
registrando a malapena che Harry e il pitone erano improvvisamente scomparsi;
raggiunse Ron, gettandosi in ginocchio accanto a lui. “Oddio, no…” gli tastò il
collo: non c’era battito; aveva gli occhi chiusi e stava sanguinando di brutto.
Disperata, si stracciò un lembo della camicia e lo usò per tenere premuta la
ferita, poi estrasse un talismano trasparente dalla tasca e lo portò vicino
alla bocca. “Emergenza a Hogsmeade, fuori ai Tre Manici di Scopa!! Codice
rosso!! Muovetevi!!!”
Ginny corse accanto al fratello. “Oh no!!!” strillò fra
le lacrime, stringendo a sé il figlioletto urlante.
“Ron, amore, mi senti? Riesci a sentirmi?” Hermione
teneva premuta una mano sulla ferita, con l’altra accarezzava freneticamente la
fronte e i capelli di Ron, china su di lui. “…non mi lasciare, resta con me…non
te ne andare…” continuava a ripetergli disperata, cercando con tutto il suo
cuore di non piangere e concentrarsi su di lui. “…non mi lasciare, amore, resta
con me…resta con me…non te ne andare, Ron, ti supplico…resta con me…”
“Hermione? Hermione!”
Hermione sbattè le palpebre. “Cosa?” era seduta accanto al
letto di Ron, e Ginny e Molly Weasley la stavano fissando con molta
preoccupazione.
“Stai bene, cara?” le chiese ansiosa mamma Weasley.
“Si…si, tutto bene.”
“Eri come imbambolata, temevamo che fosse successo qualcosa anche
a te.” Mormorò Ginny con voce tremante; era evidente quanto fosse scossa.
Hermione fece per risponderle, ma una terribile fitta di
nausea la costrinse a correre in bagno. Quando ne uscì era bianca come un
cencio e le girava la testa, e Molly se ne accorse, perché la fece sedere
subito, molto preoccupata.
“Santo cielo, bambina…guarda come ti stai riducendo!…”
“Sto bene, è tutto a posto adesso.”
“Non vorresti andare un po’ a casa a riposare? Potremmo
restare noi per stanotte…”
Hermione scosse la testa. “Perché continuate tutti a
ripetere la stessa cosa, è Ron che sta male, non io.” Fece, esasperata.
“Questo lo sappiamo, è solo che sei molto pallida, e Aki mi
ha detto che hai a malapena toccato cibo in questi quattro giorni.” Fece
accorata mamma Weasley. “Ti immagini a farti trovare in queste condizioni da
Ron? Ci ucciderà tutti per non averti dato una mano.” Le disse con un sorriso.
Hermione fece un sorriso stanco, poi si rivolse verso Ginny.
Sembrava stare soffrendo molto, e ce l’aveva scritto in faccia. “Come sta
Danny?”
Ginny fece un breve sorriso. “Bene, l’aria di campagna gli
sta facendo molto bene, si trova alla grande alla Tana. Ed è la mia unica
salvezza contro la pazzia.”
“E’ un gran mangione il mio nipotino.” Disse orgogliosa
Molly.
“E tu, Gin? Come stai?” domanda inutile, Hermione conosceva
già la risposta.
Gli occhi di Ginny si riempirono di lacrime. “Io vorrei solo
sapere qualcosa. E’…così atroce stare qui…senza fare niente, senza sapere
niente…” la voce della ragazza era rotta dai singhiozzi. “…ho cercato Sirius,
lui mi avrebbe detto tutto…ma non sono riuscita a trovarlo…e non hanno voluto
dirmi dov’era…”
Sua madre l’abbracciò. “Oh, tesoro…mi dispiace tanto…”
Hermione abbassò lo sguardo, stringendo la mano di Ron; ci
pensò bene, poi prese una decisione. “Sirius era qui questa mattina.”
Molly e Ginny la guardarono. “Come?” fece Ginny in un soffio
a malapena udibile.
Hermione alzò lo sguardo. “Stiamo ancora cercando di capire
chi ha fatto questo a Harry, e soprattutto dove l’abbiano portato. Ucciso chi
ha lanciato questo maleficio, Harry sarà libero.”
Ginny scosse la testa. “Ma lui dov’è ora?”
“Questo non lo sanno ancora.” Disse piano Hermione. “Ma
stanno facendo il possibile per scoprirlo, Sirius in testa a tutti.”
“Devono assolutamente muoversi, Danny ha bisogno di suo
padre!” disse energica Molly Weasley.
In quel momento qualcuno bussò alla porta, e un istante dopo
fece capolino la testa di Bill. “Ciao mamma, ciao Gin. Hermione, ti posso
parlare un momento?”
“Va bene.” Hermione si alzò per uscire dalla stanza,
evitando gli sguardi colmi d’ansia delle due Weasley. Nel corridoio
dell’infermeria Aki, Bill, Liam e Ben stavano discutendo di qualcosa di
parecchio serio.
“Harry e un considerevole gruppo di uomini stanno attaccando
la Londra babbana.” Le spiegò Liam. “Sirius e la sua divisione sono andati
subito sul posto.”
Hermione s’irrigidì. “L’attacco è ancora in corso?”
Ben annuì. “Si, è appena cominciato. Noi siamo qui perché
abbiamo bisogno di te, Hermione.”
Lei li guardò confusa. “Siamo convinti che dobbiamo
continuare a cercare di farlo ragionare proponendogli emozioni forti, e senza
Ron tu resti l’unica che può scuoterlo. Sirius non ce la farà da solo.” Disse
Liam.
Hermione scosse la testa. “Non posso andarmene, Ron ha
bisogno di me.”
“Anche Harry ha un gran bisogno di te,” Lima non si arrese.
“E per lui puoi fare anche più che aspettare e pregare.”
“Tornerai immediatamente da Ron ad attacco finito, ma sei
troppo preziosa, abbiamo davvero bisogno di te.” Continuò Ben.
“Io…non me la sento, scusatemi.” Rispose lei, passandosi
nervosamente una mano tra i capelli. “Harry non mi ha assolutamente
riconosciuta l’ultima volta, se devo cercare di aiutarlo mi serve tutta la mia
concentrazione, che al momento manca completamente. Non vi sarei di alcun
aiuto.”
Liam s’irrigidì. “Hermione, ci sono degli innocenti che
stanno rischiando la vita là fuori.”
“E ce n’è uno che la sta rischiando là dentro.” Ribbattè
dura lei, indicando la porta alle sue spalle.
“Non puoi permettere che i tuoi sentimenti intralcino il tuo
lavoro.” Fece Ben. “Tu sei un auror, e il tuo compito è salvare vite umane e
combattere il male.”
Hermione aveva un’aria esasperata e sfinita. “Ma Ron…”
“Tornerai da lui prestissimo.” La rassicurò Liam. “Coraggio,
è ora di andare.”
“Ma guarda cosa mi tocca sentire!”
Tutti si voltarono: Molly Weasley, furiosa più che mai,
raggiunse il gruppo di auror, col viso rosso quasi quanto i capelli. “Certo che
siete degli egoisti spaventosi!!” strillò.
“Mamma, per favore…” Bill cercò di fermarla, ma lei lo
fulminò con un rapido sguardo, quello che i ragazzi Weasley definivano il
tipico sguardo materno ‘come-ti-ho-fatto-ti-disfo’.
“Ma come vi permettete?!” tuonò contro Ben e Liam. “Con
quale cuore dite a questa ragazza di mettersi l’uniforme e andare a combattere
contro il suo migliore amico?! E come osate chiederle di combattere in questo
stato?!”
“Signora Weasley, noi ci rendiamo perfettamente conto di
questo, ma anche lei deve capire che la situazione è gravissima.” Disse Liam,
senza particolare durezza.
Molly sembrò ancora più furente. Mise le mani sui fianchi e
fece un passo avanti, con gli occhi stretti come due fessure. “Non osi dire a me
quanto è grave la situazione, colonnello! Staimo parlando del marito di mia
figlia, nonché del padre del mio nipotino! E nel caso in cui lo
avesse dimenticato, quello là dentro è mio figlio!”
“Mi creda, io tutto questo lo capisco, non piace nemmeno a
me fare il mio dovere, ma…”
“Se lei capisse veramente, mai e poi mai ordinerebbe a
Hermione di andare a combattere!” ruggì la grassoccia signora. “Ma non vede che
è distrutta, non dorme da giorni!”
“Su questo sono assolutamente d’accordo, come medico.”
Aggiunse spavalda Aki.
“Signora, io non…” provò timidamente a interromperla
Hermione, ma Molly Weasley non si lasciò fermare.
“No, Hermione! Questa volta non posso permetterti di fare un
sacrificio simile, e sia Harry che Ron sarebbero d’accordo con me, lo sai!”
Ci fu un momento di silenzio, durante il quale Molly Weasley
rimase a guardare i due uomini con un’espressione furiosa. Poi Liam si lasciò
sfuggire un sorriso.
“Lo sai, Bill, tua madre non starebbe male nella nostra
squadra.” Fece, e Bill ridacchiò. “D’accordo, mi ha convinto, signora Weasley.
Hermione resta qui, ce la sbrigheremo da soli. Per questa volta.”
“Grazie.” Disse piano Hermione.
L’espressione della signora Weasley cessò di essere truce, e
si fece più malleabile. “Sono felice di sapere che vi siete ricordati di avere
un cuore.” Borbottò.
“Ci terremo in contatto.” Fece Ben, e con un saluto a tutti
i presenti i due colonnelli lasciarono l’infermeria.
Aki si rivolse alla suocera con un sorriso di ammirazione
sul viso. “E’ stata fantastica! Si è fatta valere con grandissima
determinazione!”
“E sfacciataggine, potrei aggiungere.” Mormorò Bill con un
sorrisetto. “Così ora sai come ha fatto a tenere a bada sette di noi, inclusi i
gemelli.”
Hermione le rivolse un piccolissimo sorriso. “La ringrazio
moltissimo, sono certa che mia madre avrebbe fatto la stessa cosa.”
“Oh, cara.” Molly l’abbracciò. “Lo so bene, ed è per questo
che non ho permesso che ti facessero combattere. Non è giusto, devi concedere a
te stessa un attimo di riposo.”
Lei annuì con poca convinzione. “Va bene.”
“Sei sicura che non vuoi che stanotte resti io con Ron?” le
chiese Bill.
“No, non c’è problema.” Disse lei. “Sto benissimo, davvero.”
Aki e Bill si scambiarono un’occhiata. “Come vuoi.” Disse
alla fine lui.
***************
I thought that dreams belonged to other men
Cause
each time I got close
They’d
fall apart again
Almost Paradise, M.Reno and A.Wilson
***************
Fuori la sala parto Harry camminava avanti e indietro
nervosamente, Ron stava appoggiato al muro a braccia conserte, e Hermione era
seduta accanto al signor Weasley.
“Ma quanto ci vuole?” sbottò Harry.
“Credi a me, Harry.” Fece paternamente il signor Weasley
con un gran sorriso. “Sono stato al tuo posto sette volte, e ogni parto
sembrava più lungo.”
“Ci vuole il suo tempo.” Annuì Hermione.
Ron si cacciò una bottiglietta dal giubbotto e la passò a
Harry. “Dai, fatti un goccio.”
Harry accolse più che felicemente il suggerimento e buttò
giù due sorsi dalla bottiglia, mentre Hermione guardava Ron con gli occhi
stretti come due fessure.
“E quella da dove arriva?” fece, in tono di rimprovero.
“Come ti è saltato in mente di portare qui quella roba?”
“E con che cosa vorresti brindare, scusa?” le chiese
allegramente Ron.
“Vuoi brindare alla nascita di tuo nipote con del
whisky?!”
“Perché no?”ridacchiò lui.
“Ottima idea, sono d’accordo.” Harry buttò giù un altro
sorso.
“Magnifico, così tuo figlio vedrà suo padre per la prima
volta già sbronzo.”
“Non esagerare, guarda che io lo reggo alcool.” La
rassicurò Harry.
“Sicuro, è solo dopo i primi sei bicchieri che il ragazzo
comincia a cantare.” Annuì Ron, con lo stesso sorrisetto odioso del suo amico.
Hermione scosse la testa. “Voi due siete impossibili.” Il
signor Weasley rise e le diede una comprensiva pacca sulle spalle.
“Ehi ragazzina, guarda che anche tu hai diritto al tuo
goccetto dopo.” Fece Ron.
“Puoi scordartelo.” Hermione incrociò le braccia. “Io ci
tengo alle mie cellule cerebrali.”
“Ne hai talmente tante che potresti anche venderle.”
Ridacchiò Harry.
“Già, ci faremmo un affarone.” Rise anche Ron.
“Pensa un po’ che negozio: ‘Da Hermione, Cellule
Cerebrali di altissima qualità.’” Continuò Harry.
“Come no, e il primo cliente sarebbe Percy.” Ron
tratteneva a stento le risate.
“E il secondo Montgomery, così finalmente sarebbe in
grado di scriverseli da solo quei discorsetti da bigliettino di auguri che gli
prepara ogni volta quel galoppino del suo segretario.” E qui tutti e due risero
più forte.
Arthur Weasley rise per un attimo. “Quando ci si mettono,
riescono proprio a tormentarti, eh?” disse a Hermione.
Lei scosse la testa, con aria superiore. “Lo fanno dai
tempi della scuola. Quando sono nervosi per qualcosa, si mettono insieme e
rompono le scatole a me. Ci sono abituata.”
“E non ha nemmeno perso il gusto di una volta.” Rise Ron, e Harry annuì.
Proprio in quel momento dalla porta della sala parto fece
capolino una eccitatissima Molly Weasley. “Harry!!!” strillò, euforica. “Harry,
vieni!! Vieni a vedere il tuo bambino!!”
Harry fece un largo sorriso, Ron gli diede una pacca
sulle spalle e si riprese la bottiglia di whisky, e lui corse dentro la sala
parto.
Hermione sorrise. “Non vedo l’ora di vederlo!”
Il signor Weasley era quasi commosso. “Chissà a chi dei
due assomiglia di più.”
Ron ridacchiò. “Dieci galeoni che ha gli occhi verdi.”
Qualche istante dopo arrivò di corsa Sirius, trafelato.
“Scusate il ritardo! Un dannatissimo ladro m’ha fregato la moto!”
“Sirius, vecchio mio, hanno più macchine mie i ladri di
me.” Fece Arthur weasley con un sorriso.
“Allora, come sta Ginny?” chiese lui.
“E’ andato tutto bene.” Sorrise Hermione.
“Mammina e papino sono dentro.” Ron gli fece
l’occhiolino.
Sirius sfoderò un sorriso contento. “Questa sì che è una
notizia bellissima!”
“Ok, e quindi io direi di brindarci su.” Propose Ron,
prendendo di nuovo la sua bottiglia di whisky.
Hermione scosse la testa, stufa. “Alcolizzato.”
***************
Hermione si asciugò con la manica della camicia le lacrime
che le stavano rigando le guance e tirò su col naso, accarezzando la mano di
Ron, che teneva tra le sue.
“…lo so, non è da me piangere…” gli sussurrò piano, mentre
alle sue spalle il sole tramontava per lasciare il posto all’ennesima notte
insonne. “…però, sai…forse qui hanno ragione a dire che non sto bene… perché io
sto malissimo…e non riesco più a trovare la forza per andare avanti…”
Il viso pallido e immobile di Ron non si mosse di un
millimetro. Hermione si chinò in avanti e con una mano prese ad accarezzargli
la fronte bendata e i capelli, sempre tenendosi stretta al petto la sua mano.
“…sono tanto stanca, Ron…” riuscì a malapena a sussurrare,
con la voce soffocata dalle lacrime che continuavano a scenderle dagli occhi.
“…ho bisogno di te…ti prego…non ce la faccio più ad andare avanti così…darei la
mia vita per vederti di nuovo vivo…per stare con te…” sforzandosi di non
perdere la testa per il dolore, Hermione si appoggiò al letto, con la testa
accanto al suo fianco destro e la sua mano ancora stretta saldamente tra le
proprie. “…resta con me, Ron…non mi lasciare…io non voglio vivere senza di te,
non potrei mai abituarmi…” singhiozzò, mentre quel terribile rumorino
continuava inesorabilmente a scandire il ritmo delle sue speranze, e delle sue
preghiere.
…bip…bip…bip…bip…
***************
And then a hero comes along
With the
strenght to carry on
And you
cast your fears aside
And you
know you can survive
So when
you feel like hope is gone
Look
inside of you and be strong
And
you’ll finally see the truth
That a
hero lies in you
Hero,
Mariah Carey
**********************************
Ok, quanto vi adoro da 1 a 10? Diecimilaaa! Ragazzi, grazie
per le bellissime recensioni, siete davvero fantastici! Non immaginavo che vi
sarebbe già piaciuta così tanto la nuova storia! Sono contentissima! Un grazie
speciale al gruppo di fedelissimi che recensiscono sempre, e con tanto
entusiasmo: keijei, giuggy, ginny, Eli, Ron Weasley…e anche quelli che ho
dimenticato! Un bacio stratosferico!
Strekon, una sola parola: tu sei grande! La tua storia mi
sta appassionando tantissimo, mi piace! Bravissimo, continua a scrivere!
Beh, lo so che questo capitolo è più breve del solito (anche
perché è arrivato dopo solo 2 giorni! Record!), e non è nemmeno successo un
granchè, ma volevo che le cose fossero più chiare prima di entrare nel vivo
della storia. E ci tengo anche a dire che mi sono interrotta qui, ma ho già
iniziato a scrivere il terzo capitolo…perché succederà qualcosa, nel
terzo. Parola di autrice, vi piacerà…^^ ok, adesso mi cucio il becco!
Bene…recensite tanto, perché quando lo fate vado veloce come
un treno! ^^ Ci vediamo col prossimo capitolo “Ti ho fatto sempre piangere?”
Baci baci
Quando aprì gli occhi per la prima volta, tutto quello che
Ron vide furono macchie colorate e senza contorni definiti; quando li sbattè
una seconda volta forme e colori sembrarono più chiari, eccezion fatta per la
macchia rosa e rossa che stava al centro del suo campo visivo; chiudendo gli
occhi, finalmente, Ron riacquistò in pieno la vista, e per quanto non comprese
subito dove si trovasse, riconobbe al volo il viso più che sorridente di suo
fratello Bill.
“Ron!! Ti sei svegliato!!” esclamò con un sorriso enorme,
poi corse verso la porta, l’aprì e chiamò la moglie, quindi tornò accanto al
fratello.
Ron fece un tentativo a parlare, anche se i tubicini che
aveva nel naso gli davano non poco fastidio. “…che è successo?…” sussurrò
rauco.
“Non preoccuparti, sei nell’infermeria del quartier
generale, è tutto finito.” Lo rassicurò Bill.
In quel momento arrivò Aki, che appena lo vide sveglio
s’illuminò. “Ron!! Santo cielo, finalmente!”
Ron non capì il motivo di tanta eccitazione, oltretutto non riusciva
a condividerla per colpa del micidiale mal di testa che aveva; in ogni caso
pochi secondi dopo la cognata lo liberò di tutti i tubicini che aveva in corpo,
e gli passò un calice colmo di uno strano liquido azzurrino.
“Questa ti farà sentire subito meglio.” Gli disse Aki, e
Bill lo aiutò a bere la pozione, e in effetti Ron si sentì molto meglio: era
come se quel liquido rinvigorisse il suo corpo man mano che gli scendeva giù
nello stomaco.
“Meglio?” gli chiese Bill, mettendo via il calice.
“Si, molto.” Fece Ron, molto meno rauco.
“Mio Dio, ancora non riesco a crederci!” Aki era quasi
commossa. “Ci hai fatto morire tutti dalla paura, sai?”
“Ma che cosa è successo?” chiese piano Ron, molto più
sveglio. “Mi ricordo Harry…improvvisamente è impazzito e ci ha attaccati…”
Bill annuì. “Sei rimasto gravemente ferito, e sei stato in
coma per cinque giorni.”
“Cinque giorni?!” Ron quasi non credeva alle sue orecchie:
per lui non erano passati che pochi istanti! Poi sentì la mano destra racchiusa
nel calore di qualcosa che gli impediva di muoverla, e si girò per capire cosa
fosse.
A tenergli la mano fra le sue era Hermione, profondamente
addormentata; era avvinghiata a lui anche nel sonno, aveva gli occhi gonfi e
cerchiati, il viso molto pallido e l’aria triste e sbattuta. Appena capì che
cosa doveva aver passato durante quei cinque giorni, Ron si sentì subito in
colpa. “Hermione…” provò a chiamarla piano, sfiorandole una mano.
“No, Ron, non la svegliare.” Gli disse Aki, e lui si voltò
verso di loro. “Ho dovuto darle di nascosto una pozione per farla dormire un
po’. Rischiava un collasso, sono cinque giorni che non dorme nemmeno un
secondo. Si era fatta un incantesimo per tenersi sveglia.”
Ron inorridì al pensiero che si fosse ridotta in quello
stato per colpa sua, e tornò a guardarla con apprensione. “Come sta?”
“Non ti dirò stronzate, ha passato una settimana d’inferno.”
Gli disse Bill. “Non si è allontanata un solo istante da te.”
Ron le strinse la mano nella sua, accarezzandole uan guancia
col pollice.
“Appena vedrà che sei sveglio farà salti di gioia!” esclamò
allegra Aki.
“Vado a chiamare mamma e gli altri, vedrai che piomberanno
qui prima che abbia finito di avvertirli.” Fece Bill con un sorriso.
“Bill, aspetta un attimo.” Lo fermò Ron. “Che n’è stato di
Harry?”
Aki guardò il marito e lo vide rabbuiarsi in volto.
“Sappiamo che è sotto l’effetto di una potente maledizione, ma non sappiamo
quale. E non abbiamo idea di dove sia, ma lo stiamo cercando.” Ron sospirò e
annuì. “Ora non pensarci, devi riprenderti al meglio, capito?” gli disse il
fratello.
“Va bene.” Annuì lui. Bill gli rivolse un sorriso fraterno e
un’affettuosa pacca su un braccio; poi diede un veloce bacio alla moglie e uscì
dalla stanza.
Ron tornò a guardare Hermione: aveva un’aria molto fragile e
stanca, e attraverso lei lui poteva sentire il peso di quei cinque lunghissimi
giorni che per lui non erano durati che pochi secondi.
“Riposati ancora un po’.” Gli suggerì Aki, con voce dolce.
“Le ho dato un filtro a lunga durata, non si sveglierà prima di un paio d’ore.
Dormi un po’ anche tu, la pozione che ti ho dato farà effetto più rapidamente
così, e dopo ti sentirai come nuovo.”
Ron annuì, e tenendo stretta nella sua la mano di Hermione,
chiuse di nuovo gli occhi.
***************
Hermione arricciò il naso senza aprire gli occhi; era come
se qualcosa le stesse stuzzicando il viso, o forse no…sembravano carezze quelle
che sentiva sulle guance…probabilmente era un sogno, perché conosceva quelle
carezze e c’era un solo uomo al mondo capace di muovere le mani in quel
modo…non appena realizzò che per sognare doveva essersi addormentata, Hermione
si rimise seduta e aprì gli occhi, infuriata con se stessa per aver ceduto al
sonno.
Ma evidentemente stava ancora sognando, perché davanti a lei
vedeva Ron, seduto nel suo letto, sveglio e sorridente. Non aveva più tutto il
torace fasciato, ma solo il fianco sinistro e la fronte, e sembrava perfino più
colorito. Hermione sbattè gli occhi.
“Ehi, dormigliona.”
Hermione, bianca più di un lenzuolo, si coprì la bocca con
una mano, tremando e scuotendo la testa. Il suo cervello le stava facendo uno
scherzo a cui non avrebbe saputo reggere.
Ron le prese l’altra mano fra le sue. “Amore, non stai
sognando. Sono io, e sto bene.” Le disse dolcemente, facendole un piccolo
sorriso.
Ancora tremante, Hermione cercò di toccargli la guancia con
le dita; lo sfiorò per un istante, poi ebbe quasi paura di rifarlo, ma una
delle mani di lui le prese la sua. Questo non poteva essere un sogno!
Ron l’attirò a sé e lei si avvinghiò con tutte le forze al
suo collo, senza nemmeno pensare che potesse fargli male, né lui diede segno di
preoccuparsene, visto che la stringeva a sua volta forte tra le braccia.
Hermione pianse, pianse come non aveva mai fatto in vita sua, pianse in modo
straziante e disperato e liberatorio allo stesso tempo. I singulti le morirono
in gola quando lui cercò febbrilmente la sua bocca per baciarla: fu un bacio
travolgente, entrambi stavano cercando di divorarsi come per fondersi in un
unico corpo e non perdersi più.
Hermione emise un gemito: quella era davvero la sua carne,
la sua pelle, le sue ossa, il suo profumo, i suoi capelli…quello era davvero il
suo Ron, non era un’allucinazione o un ricordo, era lui ed era vivo…la
sensazione era così forte da farle girare la testa, tanto che ebbe bisogno di
rompere il loro bacio per aggrapparsi come poteva alle sue spalle, nascondendo
il viso nel suo collo, abbandonandosi contro di lui. Ron l’attirò sul letto,
facendo in modo che potesse stare seduta fra le sue gambe senza urtargli il
fianco bendato.
“Ssh, è passato, è tutto passato…” le sussurrò,
accarezzandole la schiena e i capelli e baciandole la fronte. “Sono qui con te,
amore, non me ne vado più, non ti lascio più…”
Hermione si fece leggermente indietro, per poterlo guardare
negli occhi. “Avevo così tanta paura…non mi sono mai sentita così sola in vita
mia…” riuscì a dire tra i singhiozzi.
Lui le prese il viso tra le mani e le asciugò le lacrime coi
pollici. “Non ti lascerò mai più, capito?” le disse con un rassicurante
sorriso. “Te lo prometto, amore mio, non avere più paura.”
Lei quasi non riusciva più a smettere di piangere.
Lui sorrise. “Possibile che riesco sempre a farti piangere?”
lei fece un sorriso fra le lacrime, e in quell’istante Ron odiò se stesso.
Aveva un’aria così pallida e stanca, e fragile…e tutto per colpa sua.
“Perdonami, Hermione.”
Lei si asciugò le lacrime e scosse la testa. “Mi hai salvato
la vita.”
Lui le accarezzò il viso. “Ma ti ho spaventata a morte. E ti
ho fatto piangere di nuovo. Io odio vederti piangere.”
Lei chiuse gli occhi per riprendere fiato, e lui la baciò di
nuovo. Rimasero così per buoni cinque minuti, se non di più; poi, quando
interruppero il bacio per respirare, Ron si appoggiò ai cuscini alle sue
spalle, accarezzando Hermione che si era abbandonata di nuovo sul suo petto,
baciandole la fronte.
Qualche minuto dopo bussarono alla porta ed entrò Tennessee,
con un gran sorriso sulla faccia e una cartellina fra le mani.
“Bene, i belli addormentati sono svegli.” Disse
allegramente. Ron le sorrise, e lo fece anche Hermione, ma senza staccarsi da
lui. “Potreste scollarvi un secondo, quel tanto che posso controllare le
condizioni del paziente?”
Hermione si strinse a Ron, e lui rafforzò la presa che aveva
su di lei. “Ho paura che dovrai cavartela da sola, senza aiuti.” Le disse lui,
in tono vispo.
Tennessee rise e si chinò a controllare il fianco di Ron
senza farli muovere. “Direi che ti stai riprendendo molto in fretta, grande
eroe.”
Ron sfoderò uno dei suoi brillanti sorrisi. “Bada, al
massimo per domani voglio essere fuori da qui. Ho una donna con cui recuperare
cinque giorni di sesso sfrenato, io.”
Hermione sorrise e gli baciò il collo. Tennessee si fece una
risata. “Mi sa che dovrai aspettare ancora qualche giorno, e comunque ora hai
visite.” Gli disse con un occhiolino.
In quel preciso istante la porta si spalancò, e si precipitò
nella stanza una eccitatissima Molly Weasley, seguita dal marito. Appena vide
il figlio immediatamente gli si gettò addosso, soffocandolo in uno dei suoi
abbracci materni per cui era famosa.
“Oh Signore, Ron!! Bambino mio!!” piagnucolò la signora,
stringendo forte il figlio.
Ron l’abbracciò, ma quando l’abbraccio di sua madre si fece
soffocante la spinse indietro con una risatina. “Dai, mamma, mi stai
strozzando!”
Il signor Weasley diede al figlio un abbraccio di affetto
paterno, e Ron gli diede una rassicurante pacca sulle spalle, mentre sua madre
prendeva posto accanto al suo letto.
“Come ti senti, bimbo mio?” fece Molly Weasley, col suo tono
preoccupato e inquisitorio. “Ma guardati, la ferita alla testa ti fa ancora
male? E come sta il fianco? Oh, ma guardati! Perché non ti abbottoni quella
camicia, caro, prenderai freddo! E anche quei capelli, tesoro, vuoi che la tua
mamma te li pettini?”
“Ron scansò il più dolcemente possibile le mani della madre
dai suoi capelli. “No, mamma, per favore…”
“Guarda quanto sei pallido ancora! Lo vuoi un ovetto bello
fresco sbattuto, caro?”
Hermione nascose le risate nel collo di Ron, che si passò una
mano sulla faccia. “Molly, lascialo in pace! Sta molto meglio adesso!” provò a
dirle il marito.
“Nossignore, può avere ancora molto bisogno della sua
mamma!”
“Mamma, sto benissimo, capito?” fece Ron con un sospiro.
“Sto benissimo!”
Hermione scosse la testa con un sorriso e fece per alzarsi
dal letto. “Forse è meglio che vi lasci soli per un po’.”
Ron l’attirò di nuovo a sé e poi si lasciò andare sui
cuscini alle sue spalle, abbandonando la testa indietro. “Oddio come sono
debole, ti prego, aiutami, Hermione.”
“Ah, ecco!” commentò la signora Weasley, senza riuscire a
nascondere un sorriso, mentre il marito scoppiava a ridere.
Hermione ridacchiò e si rilassò di nuovo su Ron, baciandogli
il collo mentre lui le passava un braccio attorno alle spalle.
“Visto, Hermione? Cosa ti avevo detto?” le disse
tranquillamente Molly. “Appena sveglio avrebbe avuto occhi solo per te.”
“E vorrei anche vedere, con quello che ha passato.” Disse
Ron, accigliandosi. “Com’è che nessuno di voi le ha dato una mano, eh?”
Hermione e Molly si guardarono un attimo in faccia e poi
scoppiarono a ridere. Ron le guardò con entrambe le sopracciglia inarcate.
Arthur Weasley scosse la testa. “Domani verranno a trovarti
Percy e i gemelli, Ron. Non vedono l’ora di vederti sveglio.”
Il figlio annuì con un’espressione allegra, che però si
dileguò pochi istanti dopo. “Ginny e il bambino?”
Anche il padre si fece serio. “Stanno alla Tana con noi,
almeno per il momento. Danny sta molto bene, mangia come un leone e dorme come
un angioletto.”
“E’ Ginny che mi preoccupa.” Ammise con un sospiro la
signora Weasley. “E’ molto giù, sta soffrendo molto.”
“Come non capirla.” Disse piano Hermione, cercando di
rilassarsi: Ron era sveglio e fuori pericolo, ormai.
“Appena metto piede fuori da qui, andremo a cercare Harry.”
Disse Ron, con la mascella serrata. “Lo troveremo presto.”
“Ce lo auguriamo tutti, figliolo.” Annuì il signor Weasley.
***************
Sometimes it’s hard to be
a woman
Giving
all your love to just one man
You’ll
have bad times, he’ll have good times
Doing
things that you don’t understand
But if
you love him you’ll forgive him
Even
though he’s hard to understand
Stand
By Your Man,
***************
Ginny bussò alla porta ed entrò piano. Trovò Ron nel suo
letto, seduto di spalle contro un paio di cuscini, con dei fogli in mano che
sembravano catturare la sua attenzione. L’altro braccio lo teneva attorno alle
spalle di Hermione, che stava dormendo della grossa appoggiata al suo torace,
con la testa abbandonata contro la sua spalla e un braccio placidamente
rilasciato sul suo addome. Quando vide la sorella, Ron le fece un gran sorriso
e mise giù i fogli.
“Ehi.” Le disse piano, cercando di mantenere la voce bassa
per non svegliare Hermione.
“Ciao.” Fece ugualmente piano Ginny, dandogli un bacio sulla
guancia e ricevendone uno in cambio.
“Come stai?” le chiese dolcemente il fratello, mentre lei
sedeva accanto al tuo letto.
“Tu che dici?” gli disse stancamente lei.
Lui annuì. “Danny?”
Sul viso di Ginny comparve un piccolo sorriso. “Sta bene,
mangia e dorme. Papà e mamma mi stanno dando un grande aiuto. Cosa stai
leggendo?”
“E’ una specie di resoconto sul caso di Harry.” Le spiegò
lui. “Sono tutte le informazioni che abbiamo a disposizione per cercarlo.”
Ginny annuì, guardando altrove. “Già.”
“Te lo giuro sulla mia vita, Gin.” Le disse molto serio Ron.
“Troverò Harry e te lo riporterò qui sano e salvo.”
La sorella annuì ancora, ma sul suo viso cominciarono a far
capolino le prime lacrime, e Ron non potè non provare una gran tristezza. A lui
Harry mancava così tanto che faceva male anche pensarci, per cui era più che
ovvio che a lei procurasse una sofferenza tale.
“Sai una cosa, Ron?” gli disse lei, con voce soffocata. “Io
invidio Hermione.”
Ron la guardò accigliato, cercando di capire.
“Invidio la sua forza, il suo coraggio, la sua intelligenza,
tutto.” Continuò Ginny. “Lei si è guadagnata la tua stima, quella di Harry e
dell’intero mondo della magia perché non si arrende mai, lei combatte.”
“Gin…”
Lei scosse la testa. “Tu hai rischiato di morire, e guarda
come ha reagito: Aki dice che ti ha fatto molto più bene lei che non tutti
quegli intrugli che ti hanno dato. Non ha perso tempo a piagnucolare, come
faccio io.”
“Tu non piagnucoli.” Cercò di dirle lui.
“E’ una storia che si ripete, Ron.” Sospirò lei. “Io resterò
sempre la ragazzina che la notte dell’attacco a Hogwarts è rimasta nascosta.”
Sussurrò con un singulto. “Dio mio, quanto vorrei aiutare Harry…”
“Hermione è unica nel suo genere.” Fece Ron. “Ma questo non
vuol dire che anche tu non sia speciale.” La sorella fece una smorfia triste.
“Gin, il mondo non è fatto solo di duri e guerrieri. Ci sono persone come te
che, con la loro dolcezza e la loro comprensione, fanno molto di più di quanto
immagini. Ti rendi conto di quante volte ci hai aiutati e ci sei stata vicina?”
Ginny scosse la testa. “Io non riesco a restare con le mani
in mano, vorrei poter trovare Harry…mai come adesso sento un bisogno disperato
di stargli accanto…vorrei poter andare a cercarlo di persona, subito.”
“Anch’io. Per questo stasera esco di qua e torno a casa.” La
sorella lo guardò, sorpresa. “Ho parlato con Aki, domani voglio mettermi sulle
tracce di Harry. Ne ho abbastanza di starmene qui senza far niente.”
Ginny si morse un labbro. “Pensi…pensi che ce la farete?
Pensi che ritroverete Harry?”
Ron le fece un sorriso. “Ti giuro che ti riporterò al più
presto tuo marito.”
La sorella gli sorrise in risposta. “Ti voglio bene, Ron.”
Lui le sorrise e le fece un occhiolino. Hermione si
stiracchiò e si mosse piano, emettendo piccoli suoni che fecero sentire Ron in
paradiso, e dopo qualche secondo aprì gli occhi, stropicciandoseli.
“Buongiorno.” Le disse sorridendo lui.
“Ciao.” Fece lei, cercando di mettersi seduta. “Mi sono
addormentata?”
Lui rise, facendo l’occhiolino alla sorella. “E mi hai
sbavato tutto addosso.”
“Scemo.” Rise lei, stiracchiandosi e accoccolandosi nella
sua spalla con un’aria beata.
***************
Nella grossa sala buia le voci sembravano rimbombare
cupamente; un uomo con un mantello di lupo grigio stava in piedi, inchinato su
un ginocchio in mezzo alla sala, mentre alle sue spalle stavano una decina di
uomini col viso coperto. In una zona non illuminata della grossa stanza c’era
in piedi e appoggiato al muro un uomo con un mantello nero addosso, con le
braccia conserte; solo i suoi occhi di un rosso intenso brillavano nel buio; un
grosso serpente stava attorcigliato ai suoi piedi, mentre completamente al buio
era il muro accanto a lui, dove si intravedeva a malapena il contorno di una
grossa poltrona di marmo.
“Mia signora, è stato fatto tutto come avete ordinato.”
Disse in tono ossequioso l’uomo in ginocchio.
“Eccellente, Jacob.” Fece una gelida voce da donna,
proveniente dall’angolo buio.
“I vostri uomini sono tutti appostati, pronti a colpire al
vostro comando.” Continuò quello.
“Dovranno rimanere lì fermi.” Rispose la voce. “Da’ ordine
che non rubino nemmeno un sacchetto di caramelle senza il mio permesso.”
“Si, mia signora.” L’uomo chinò il capo.
“Quando dovrò colpire io?” fece l’uomo col mantello nero
appoggiato al muro.
“Non essere così impetuoso. Colpirai quando i tempi saranno
maturi.”
Il serpente agitò la coda, emettendo un sibilo.
“Ascoltami bene, Jacob. Per il momento tutto quello che i
tuoi uomini devono fare è restare nascosti. Mentre tu sai cosa devi fare.”
“Si, mia signora.”
“Bene. Puoi andare, Jacob.” L’uomo chinò la testa e si
rialzò, schioccò le dita e uscì dalla stanza, seguito dagli altri uomini. Il
serpente si tirò su, all’altezza di quello che sembrava il bracciolo della
grossa sedia, e una mano prese ad accarezzargli la piccola testa. “Tu credi di
essere pronto per quando toccherà a te?”
“Io sono già pronto.” Fece l’uomo col mantello.
La voce da donna si fece compiaciuta. “Bene. Molto bene. Perché
presto sarà il tuo turno, Harry.”
***************
Hermione aprì la porta di casa e accese la luce, lasciando
aperta la porta per far entrare Ron. “Bentornato a casa, amore.” Disse
sorridendo.
Lui entrò con un gran sorriso. “Casa dolce casa.” Si guardò
un po’ in giro nel salotto, mentre Hermione accendeva il fuoco nel camino con
un colpo di bacchetta. “Ehi, è tutto straordinariamente pulito e ordinato, non
sembra nemmeno più casa nostra.”
“E’ stato un regalo di tua madre, stamattina è venuta qui e
ha dato una ripulita.”
Lui si sdraiò sulla sua poltrona preferita. “Ah, questa è
una poltrona comoda! Altro che quel letto di merda.”
Hermione scosse la testa con un sorriso. “Vado a preparare
la cena. Richieste?”
“Hamburger e patatine sarebbero molto fuori dal tuo menù di
sana e corretta alimentazione?”
“Si.”
“Ma me li farai lo stesso, vero?”
Lei rise. “Solo per questa sera.”
Lui fece un sorriso vittorioso. “Grazie, mammina.”
“Si, ma non ti ci abituare.” Hermione si diresse in cucina,
mentre lui rimase a rilassarsi sulla sua poltrona. Pochi minuti dopo, però, la
voce di lei risuonò di nuovo nell’aria, incerta. “Uhm…Ron?”
Lui si accigliò. “Che c’è?”
“Sai, credo…che la cena sia già qui.”
Ron si alzò e la raggiunse, e la vide in piedi vicino ai fornelli,
ad armeggiare con una grossa pentola. “Cosa vuol dire che la cena c’è già,
l’hai già preparata?” Hermione sollevò il coperchio: nella pentola stava una
specie di miscuglio dall’aspetto di un brodo vegetale. Ron fece una smorfia.
“Oh no, ancora mia madre!”
Hermione ridacchiò. “Ci resterà molto male se non lo mangi.”
“Non me ne frega un accidente! Quel dannato brodo vegetale è
stato l’incubo fisso della mia infanzia, l’ho mangiato anche troppe volte.”
Lei scosse la testa. “Va bene, ma a tua mamma non dirlo.”
“Ovvio.” Disse lui, svuotando la pentola nel lavandino.
Quando si voltò, però, vide che Hermione stava ferma immobile, stranamente
impallidita. “Che c’è?” le chiese.
Lei non rispose, ma si portò una mano allo stomaco, mentre
il colorito del suo viso si avvicinava sempre di più al verdastro. “Hermione,
ti senti bene?” le chiese ancora lui, avvicinandosi a lei.
Lei non rispose, invece girò sui tacchi e corse via a tutta
velocità. Ron la seguì immediatamente, più confuso che mai, e la trovò in bagno,
in ginocchio davanti al gabinetto a vomitare anche gli occhi. Lui fece la prima
cosa logica che gli venne in mente: tenerle i capelli lontani dal viso e
accarezzarle la schiena, aspettando che avesse finito. E ci mise un bel po’
prima di calmarsi. Quando riuscì ad alzare il viso dal gabinetto, era
pallidissima e sfinita.
“Va meglio?” le chiese preoccupato lui.
Lei non riuscì a rispondergli, scossa da un’altra scarica di
vomito. Lui aspettò che i conati le fossero passati, poi l’aiutò ad alzarsi e
la sorresse per tutto il tragitto dal bagno fino alla camera da letto, dove la
fece stendere sul letto e le sedette accanto, prendendole una mano.
“Come ti senti?” le chiese, molto preoccupato.
Lei si stava ricolorendo poco alla volta. “Meglio.”
“Sei sicura? Vuoi un po’ d’acqua?”
Lei scosse la testa. “No, non ti preoccupare. Fa così e poi
passa subito.”
Ron la guardò accigliato. “Vuoi dire che ti è già successo
ultimamente?”
“Ron…”
“Quante volte? Perché non me l’hai detto?”
“No, ascoltami…”
“Da quant’è che va avanti questa storia?”
Hermione sospirò. “Mi è successo quasi tutti i giorni questa
settimana, tutto qui.”
Lui guardò altrove. “E’ colpa mia. Ti sei strapazzata troppo
per me.”
Lei scosse la testa. “Non è stata colpa tua se ti sei
ritrovato a rischiare la vita in un letto d’ospedale. E ti ricordo che ti sei
preso in pieno quel colpo per salvare me.”
Lui la guardò un attimo e le accarezzò il viso. “Io detesto
vederti piangere, e odio vederti soffrire. E la maggior parte delle volte a
farti star male sono io.”
Hermione si raddrizzò nel letto, finchè non si mise quasi
seduta. “Ron, io mi preoccupo per te e soffro se tu stai male, perché ti amo.”
Lui si passò una mano fra i capelli. “Ci sono delle volte
che vorrei proteggerti anche dall’aria.”
Lei gli strinse la mano. “Ma non lo puoi fare. E non ne ho
bisogno, io sono innamorata del mio compagno, non della mia guardia del corpo.”
“Ti amo.” Le disse semplicemente lui; avrebbe voluto dirle
tante cose, ma questa era senza dubbio la più importante. “Ti amo come non ho
mai amato niente e nessuno al mondo.”
Lei gli fece un piccolo sospiro e gli passò una mano dietro
alla nuca. “Più dei Cannoni di Chudley?” gli sussurrò.
Anche lui le sorrise. “Si, molto più di loro.”
Lei non gli rispose, ma lo attirò a sé e lo baciò. Questa
era una delle tante cose che amava di lui: baciarlo. I suoi baci erano sempre
così pieni di passione, di sentimento…così pieni di lui…perché questo era Ron,
così pieno di emozioni e impeto, dava la sua anima in tutto ciò che faceva, spirito
galoppante e forte…baciare lui era come correre su un cavallo selvaggio senza
briglie, volare aggrappati alle ali di un’acquila, correre lungo la spiaggia
sotto la pioggia…ecco perché riuscivano a baciarsi per decine e decine di
minuti senza mai staccarsi l’uno dall’altra.
Hermione era così persa nel vortice di emozioni che a
malapena si accorse che lui le stava tormentando il collo con dei baci a cui
era materialmente impossibile resistere, e non riuscì a tenere gli occhi aperti
né a trattenere un gemito, ma poi la parte razionale del suo cervello fece sì
che lo respingesse indietro.
“Ron…ci dobbiamo fermare…” mormorò col fiato corto. Lui si
chinò di nuovo per baciarla. “…tu non ti sei ancora ripreso…”
“Sto benissimo.” Le sussurrò lui, cercando disperatamente la
sua bocca.
Lei si sforzò di trattenersi. “…devi mangiare…”
“Voglio solo te. Dopo tutto il resto.” E senza indugiare
oltre, la baciò di nuovo. Hermione non ribbattè più sull’argomento cena: ci
sarebbe stato tutto il tempo per mangiare, dopo.
***************
You came into my life sent
from above
When I
lost all hope you showed me love
I’m
checking for you, boy you’re right on time
Angel of
mine
Angel
of Mine, Monica
*********************
Tutti contenti, adesso? Io si, molto! Sto cominciando ad
adorarli questi due! ^^
Bene…e adesso cosa dovete fare? Recensire, è ovvio! Perché
siete belli, buoni, adorabili, e così io scrivo più in fretta! ^^
Ok, il prossimo capitolo, “Il gioco si complica”, mi frulla
in mente dall’inizio di questa fic…sarà un capitolo mooolto importante, denso e
penso anche più lungo…e ci saranno grandi novità. E quando dico grandi, voglio
dire grandi!
When you
think you’ve had too much of this life, hang on…
Everybody
hurts sometimes, everybody cries
Don’t throw
your hand, oh no…
Everybody
Hurts, R.E.M.
***************
Ron e Hermione raggiunsero Sirius, Liam, Bill e Remus, che
stavano discutendo di qualcosa in piedi, nella sala grande.
“Ron, come stai?” gli chiese Liam, che teneva in mano una
specie di cartellina.
“Benissimo, e sto morendo dalla voglia di fare qualcosa.”
Fece lui, raggiuntili. “Che novità ci sono su Harry?”
“Non molte.” Gli rispose Bill. “L’unica cosa che sappiamo è
il nome di uno dei tizi che erano presenti all’ultimo attacco. Uno dei nostri
informatori l’ha riconosciuto.”
“E chi è?”
“Jacob Renan. Una specie di ricettatore, qualche anno fa
spacciava formule di incantesimi banditi dal Ministero.” Gli spiegò Remus. “Il
nostro amico, qui, lavorava alla Disciplinare nel reparto proibito, un corrotto
di merda, molto conosciuto nell’ambiente.”
“Fammi indovinare.” Fece Ron, dando un’occhiata alla foto
segnaletica che il fratello gli porgeva. “Qualcuno ha fatto lo spione e l’amico
è stato buttato fuori a calci in culo mentre era nel fiore della carriera.”
“Centro.” Disse Remus. “Hermione, hai appuntamento tra un
paio d’ore al Paiolo Magico con la donna che l’ha scoperto e denunciato, la
dottoressa Katerine Van Dauff, vice direttrice della Disciplinare.”
“Va bene.” Annuì Hermione.
“Abbiamo trovato qualche connessione tra questo tizio e
Harry?” chiese Ron.
Bill scosse la testa. “Apparentemente no. Sappiamo che
questo Renan è uscito di prigione su cauzione pagata dalla sorella sei mesi
fa.”
“Non sapevo che da Azkaban si uscisse su cauzione.” Notò
Hermione.
“Quel furbone di Montgomery gli ha concesso di scontare la
sua pena a Braxtown.” Fece disgustato Remus, riferendosi a una piccola prigione
per crimini non eccessivamente lesivi per la comunità.
Ron scosse la testa. “Io l’ho sempre detto che solo un
coglione della portata di Montgomery poteva ereditare il posto da Caramell.”
Sirius, che fino a quel momento era rimasto in silenzio,
alzò lo sguardo. “C’è una cosa che non mi convince. Hanno attaccato solo due
volte, la prima hanno fatto poco o niente, escludendo ovviamente quello che è
successo a Harry. La seconda volta hanno preso in ostaggio cinque membri del
Comitato di Difesa dei Babbani, e Harry li ha uccisi a sangue freddo appena
siamo arrivati sul posto. Poi…più niente. Silenzio completo da oltre quattro
giorni.”
“Non ha molto senso.” Fece Ron, incrociando le braccia sul
petto.
“Non ne ha affatto.” Replicò Sirius. “Che diavolo vogliono?
Perché hanno preso Harry?”
Ron mise le mani sui fianchi. “A me non importa un accidenti
di chi sono o di cosa vogliono. Troviamo questi bastardi e riprendiamoci
Harry.”
Hermione si passò una mano fra i capelli. “Ok, una cosa alla
volta. Innanzitutto io vado a sentire cos’ha da dire la tipa della
Disciplinare.”
Ron annuì. “Sta’ attenta.”
“Ci vediamo verso le cinque nell’ufficio di Homer.” Si
raccomandò Remus. Hermione annuì e uscì.
***************
Hermione, seduta a uno dei tavoli del Paiolo Magico,
sorseggiava il suo caffè con calma, guardando fuori dalla finestra. Era una
giornata fredda, ma il sole era molto caldo e particolarmente luminoso.
Nonostante questo, la nausea che aveva dalla prima mattina non le era
assolutamente passata, anzi. Perfino un semplice caffè la disgustava. Si
sentiva la testa pesante, aveva un gran sonno, di sicuro non aveva voglia di
stare ad ascoltare la solita capellona cotonata super-bionda in carriera,
saccente e sicura di sé. Ma per Harry avrebbe fatto tutto, anche questo.
Ad ogni modo, alzando lo sguardo, si ritrovò seduto
dall’altra parte del tavolo non una ‘so-tutto-io’ piena di capelli, ma un uomo
coi capelli grigi e lo sguardo di ghiaccio, il che la fece sobbalzare.
“Salve.” Fece tranquillo l’uomo. “Hermione Granger, giusto?”
“Chi è lei? E come fa a sapere il mio nome?” lei s’irrigidì,
e spontaneamente si portò una mano nella tasca della giacca, in cerca della
bacchetta.
L’uomo le rivolse uno sgradevole sorriso. “Non è il caso di
agitarsi tanto.”
“Chi è lei?” ribadì ferma Hermione.
L’uomo si attirò davanti la tazzina di caffè appena
assaggiato. “Diciamo che da ora in avanti per te sarò un amico molto speciale.”
Hermione studiò rapidamente i lineamenti dell’uomo,
squadrandolo con attenzione: l’aveva già visto da qualche parte…poi le venne in
mente la foto segnaletica che aveva visto quella mattina. Quindi quello era
Jacob Renan! Immediatamente serrò la mano attorno alla bacchetta, pronta a
estrarla al momento opportuno.
L’uomo sorseggiò il caffè tranquillamente. “Ti suggerisco di
non farlo.” Mormorò, in tono sereno e sicuro. “Ho anch’io la mia, e come immagino
tu sappia già, sono un maestro con le maledizioni proibite. Qui è pieno di
gente, sarebbe davvero uno spiacevole casino se cominciassi a lanciarle sulla
folla.”
Hermione serrò la mascella e allentò un po’ la mano attorno
alla bacchetta. “Che cosa vuoi da me?”
“Sono qui per riferirti un messaggio.” Fece lui, guardandola
dritta negli occhi. “Riguarda il tuo amico Harry.”
Lei si sentì gelare il sangue nelle vene. “Cosa gli avete
fatto? Dove lo avete portato?” chiese animatamente.
Lui fece un sorriso alquanto sinistro. “Quante domande.”
“Dov’è Harry?” sibilò lei a denti stretti, con gli occhi
ridotti a due fessure.
“Calmati, dolcezza.” Replicò lui. “Il tuo amico sta bene.
Direi che la parte del burattino gli sta divinamente, comunque.”
Hermione aveva un’espressione furiosa. “Che cosa diavolo
vuoi, Renan? Perché hai preso Harry?”
L’uomo ridacchiò. “Ironia della sorte, mia cara, non è stata
una decisione mia, ma del mio capo, che poi è il mittente del messaggio che ti
sto per recapitare.”
“Chi è il tuo capo?”
“Qui non siamo alla centrale della tua unità operativa,
agente Granger, e non puoi farmi il terzo grado. Ora mi ascolterai e basta.” Il
tono di Renan era glaciale, e non ammetteva repliche. “Il mio capo, la cui
identità per il momento non ti verrà rivelata, vuole che tu sappia che tutto
questo sta succedendo a causa tua.”
Hermione lo guardò, stupefatta. “Mia?!”
Lui annuì lentamente. “Harry Potter è il tuo migliore amico,
per di più ora è un padre di famiglia. Ma a causa tua, ora è uno dei nostri migliori
assassini.”
Lei scosse la testa. “E io che c’entro?!”
“Oh, si dà il caso che tutto questo sia stato fatto per
creare dolore a te.” Renan si gustò fino in fondo il pallore di
Hermione. “Certo, a soffrire per quello che gli è successo sono in tanti, ma il
mio capo ha centrato il suo obbiettivo ferendo te. E’ dura sapere di essere la
causa di tanto dolore per gli altri, vero?”
Forse per la prima volta in vita sua, Hermione era senza
parole. Aveva la gola completamente bloccata e il cervello svuotato.
Renan rise crudelmente. “Bene. Ora penso che sia superfluo
dirti che se parlerai, sarà Harry Potter a pagarne le conseguenze. Anche se non
credo che avrai voglia di spifferare a tutti quanti che quello che sta
succedendo è colpa tua.”
Lei raccolse le forze per parlare, ma la sua voce non era
ferma come al solito. “Perché mi hai detto queste cose? Cosa vuoi che faccia?”
Lui curvò le labbra in un sorrisetto malizioso e si alzò.
“Per il momento nulla. Rifletti. La prossima volta che vorrò parlarti, mi farò
vivo.” E con questo se ne andò.
Hermione nascose il viso tra le mani. Era perfettamente
consapevole del fatto che Renan stesse cercando di minare la sua
concentrazione. E ci era completamente riuscito. Tutto in una volta sentì sulle
sue spalle centuplicarsi il dolore per la scomparsa di Harry: il suo, quello di
Ron, della signora Weasley, di Sirius, e soprattutto di Ginny. Il suo pensiero
andò al piccolo Danny: suo padre stava davvero subendo le pene dell’inferno a
causa sua? Ma che colpa poteva mai avere lei di una situazione simile?
“E’ lei l’agente Granger?”
Hermione alzò gli occhi: davanti al suo tavolo stava in
piedi una donna bionda, coi capelli molto vaporosi, occhiali da sole, tailleur
beige e foulard panna attorno al collo.
“La…dottoressa Van Dauff, immagino.” Disse lei, facendo del
suo meglio per concentrarsi sul lavoro. “Prego, si accomodi.”
La donna le strinse la mano e si sedette. “Molto lieta. Le
ho portato la documentazione su Renan, su richiesta del suo generale.”
Hermione prese la cartellina che le porgeva e diede
un’occhiata ai fascicoli che conteneva. “Mi parli pure di lui.” Mormorò, col
cuore pesante più che mai.
***************
I can’t believe the news
today
Oh, I
can’t close my eyes and make it go away
How
long…
How long
must we sing this song?
How
long? How long…
Sunday
Bloody Sunday, U2
***************
Ron entrò nella saletta che lì al quartier generale usavano
come tranquillo posticino per gli interrogatori. C’erano due auror in piedi, e,
seduto dietro a una specie di scrivania mezza sgangherata, un omuncolo
semi-pelato, all’apparenza piuttosto nervoso.
“Guarda chi abbiamo ripescato.” Disse Ron, con un gran
sorriso sfacciato e le mani in tasca. “Il mio vecchio amico Matt Parker.”
L’ometto s’irrigidì, visibilmente nervoso. “Co…cosa ci fai
tu qui?…”
Ron rise. In genere a gestire gli interrogatori era sempre
Remus Lupin, perché sapeva mantenere i nervi saldi fino all’inverosimile. I
fratelli Weasley erano famosi per il contrario. “Remus aveva da fare.”
L’ometto scosse la testa spaventato, mettendosi seduto in
posizione sempre più eretta come per sfuggirgli. “No…con te, no…”
“Mi sento profondamente offeso, Matt.”
“No…so cos’hai fatto a Sam Braccia di Legno.” Replicò
terrorizzato quello, ripensando all’uomo che aveva camminato per una settimana
con le braccia di legno dopo un interrogatorio con Ron.
Ron si mise seduto sulla scrivania, e l’omino si ritrasse
ancora. “Questo perché il vecchio Sam voleva fare il furbo. Ma tu non farai il
furbo, anche perché altrimenti saremmo costretti a sbatterti dentro e a far
concludere la tua prestigiosa carriera di ladruncolo da strapazzo.”
“…ho diritto a un processo…” provò quello, con voce
tremante.
“Quanti portafogli hai rubato nell’ultimo mese con la tua
tecnica dell’Oblivio, Matt?” fece Ron, scuotendo la testa. “E’ davvero un
peccato finire in galera per una cazzata simile, non credi?”
“Ma tu cosa vuoi da me?” piagnucolò l’ometto.
“Un po’ di informazioni.”
“Io non parlo.”
“Allora finisci dietro le sbarre.”
“Meglio questo che altro, lì perlomeno sarò al sicuro.”
Ron fece un sorrisetto odioso, poi si rivolse ai due auror.
“Ehi ragazzi, perché non andate a fumarvi una sigaretta fuori?” I due soldati
annuirono e uscirono. L’ometto tentò di alzarsi, ma Ron lo afferrò per un lembo
della giacca e lo respinse nella sedia. “Sta’ giù.” Fece, sfilandosi dal
cinturone un pugnale e prendendo a giocherellarci con un dito sopra. “Io e te
dobbiamo fare due chiacchiere, Matt.”
L’uomo, bianco e sudato, si accartocciò tutto sulla sedia.
“…ma cosa vuoi?”
“Per quanto ne so io, tu sei stato a Braxtown lo stesso anno
in cui c’è stato un certo Jacob Renan, giusto?”
“Si.” Sussultò lui. “E allora?”
“Mi risulta che fossi suo compagno di cella. E’ vero anche
questo?”
“Si.”
“Eri con lui quando la sorella gli ha salvato il culo con la
cauzione?”
“…perché?” chiese timidamente quello.
“Perché voglio sapere chi e com’era questa donna.”
L’uomo scosse la testa. “Non so niente.”
“E’ un vero peccato.” Disse lentamente Ron, continuando a
sfiorare con le dita il pugnale.
“E…e tu non puoi farmi niente!” disse l’uomo, con voce
tremante più che mai. “…se usi la magia contro di me, dovrai dare le
dimissioni!”
Il sorrisetto di Ron si allargò. “E chi ha parlato di usare
la magia?” e così dicendo, prese a far dondolare il pugnale in corrispondenza
della coscia dell’ometto, tenendolo sospeso in aria con due dita. “Pensa se accidentalmente
questo pugnale mi scivolasse di mano ora…”
Matt Parker sbiancò ancora di più, sudato da fare schifo.
“…non vorrai…tu….è contro le regole…”
“Dici?” Ron si finse sorpreso. “Allora facciamo una prova,
vediamo se hai ragione tu. Vediamo se mi cacciano fuori dopo che ti avrò
infilzato la gamba.”
“No!!” scattò l’omuncolo. “Va bene, va bene!! Ti dirò tutto
quello che vuoi sapere!!”
“La sorella di Renan.” Ribadì fermo Ron.
“Era un gran bel pezzo di donna,” iniziò quello, ancora
tremante. “Quando l’abbiamo vista arrivare a Braxtown, abbiamo capito subito
che con molta probabilità si era fatta il direttore della prigione per far
uscire Renan.”
“Ti ricordi il suo nome?”
“No, certo che no, sono passati mesi! E comunque nemmeno lui
doveva ricordarselo bene, visto che continuava a fissarla con una faccia da
idiota, come se l’avesse vista per la prima volta.”
Ron si accigliò. “Ti ricordi com’era fatta?”
All’omino untuoso scappò un piccolo, viscido sorriso. “E chi
se la scorda una così…aveva un corpo da urlo, sembrava una dea con tutte quelle
curve…castana, capelli corti…gli occhi…no, aveva gli occhiali da sole…”
“Come si è firmata?”
“E che diavolo ne so io?! Perché non lo chiedi all’ufficiale
che li ha lasciati uscire? E poi che cosa sono tutte queste domande su una
faccenda vecchia come il cucco, che nemmeno mi riguarda, poi!” sbraitò
l’ometto, ma smise all’istante appena Ron gli piantò il pugnale a un millimetro
dalla gola.
“Sta’ buono, Matt, ti sale la pressione.” Gli disse
ironicamente il giovane auror, con un sorrisetto. “Adesso facciamo un gioco: io
conto fino a tre, e se tu sei fuori entro il tre, ti lascio andare. Uno…”
L’omuncolo si lanciò verso la porta, inciampando e rotolando
lungo la strada, per poi rialzarsi e schizzare fuori giusto in tempo. Ron rise
quasi fino alle lacrime.
***************
Hermione bussò alla porta dell’ufficio di Homer ed entrò in
silenzio. Dietro alla sua scrivania era seduto il generale Graam, che stava
discutendo con Liam e Ben, e Remus che stava in piedi.
“Hermione, bene. Vieni.” La invitò Homer, e lei li raggiunse
ma rimase in piedi.
“Hai parlato con la tizia della Disciplinare?” le chiese Ben.
Lei annuì. “Si, la dottoressa Van Dauff.”
Remus la guardò accigliato. “Ti senti bene, Hermione?” le
chiese dolcemente. “Sei molto pallida.”
Lei scosse la testa. “Sto bene, non ti preoccupare.”
“Siediti, rilassati.” Fece gentilmente Homer.
“No, davvero, dopo ho da fare. Volevo solo riferirvi sul mio
colloquio.”
“Ok, dimmi tutto.” Replicò Homer.
“Renan lavorava in uno dei settori più proibiti della
Disciplinare, quello delle maledizioni che manipolano il cervello.” Disse lei
stancamente, massaggiandosi la fronte con due dita. “Aveva rivenduto un paio di
formule per perfezionare l’Imperius, e fu beccato prima che potesse vendere la
formula di una maledizione ben più forte.”
Liam annuì. “Potrebbe essere la connessione che cercavamo.”
“Dobbiamo continuare sulla pista di questo Renan.” Fece
deciso Homer. “Ben, manda Sirius a interrogare quel tizio del carcere.”
“Sirius è di pattuglia, se ne sta occupando Ron.” Fece Ben
con un mezzo sorrisetto.
Anche a Homer scappò una risatina. “Beh, allora siamo a cavallo.”
Hermione si massaggiò ancora la tempia e barcollò a destra,
ma Remus la sorresse. “Ehi! Che cos’hai?”
“Non è niente…” mormorò lei con gli occhi socchiusi,
cercando di riprendere l’equilibrio.
“Io credo che tu non stia bene.” Disse Homer, alzandosi in
piedi.
“Posso accompagnarti in infermeria?” le chiese gentilmente
Remus. Lei fece per rispondere, ma non ne ebbe la forza: la testa le stava
girando, le gambe sembravano tutt’a un tratto gelatina, e Remus la prese giusto
prima che cadesse. “Hermione?” provò a scuoterla leggermente, ma accorgendosi
che aveva perso conoscenza la prese in braccio.
“Portala in infermeria, presto.” Fece Homer, e Lupin annuì e
uscì, approfittando della porta che Liam gli teneva aperta. “Ben, va’ a
chiamare Ron, muoviti.”
***************
Hermione stava raggomitolata su un fianco nel letto
dell’infermeria, coi lunghi capelli castani che le ricoprivano le spalle e in
parte il viso. Aki le rivolse un sorriso rientrando nella stanza, e prese posto
sul letto accanto a lei.
“Suvvia, tesoro.” Le disse dolcemente, scansandole i capelli
dal viso. “Lo so che è un momento molto duro. Ma sai, le cose più belle
capitano proprio nelle situazioni più cupe.”
Hermione scosse leggermente la testa, ma rimase in silenzio.
Avrebbe dovuto dire del suo incontro con Renan. Ma l’uomo le aveva chiaramente
detto che se avesse parlato, avrebbero fatto del male a Harry; e sarebbe stata
ancora colpa sua. Ma chi poteva avercela così tanto con lei da metterla in una
situazione così atroce?
“Come ti senti ora?” le chiese ancora Aki.
“Ho ancora nausea.” Mormorò tristemente Hermione.
Aki sorrise. “Cara, temo che quella dovrai tenertela ancora
per un po’.”
Hermione la guardò con un’espressione un po’ confusa, ma,
prima che potesse ribbattere, le loro attenzioni furono attirate dalla voce di
Ron fuori al corridoio, insieme a quella di un’infermiera.
“Capitano, non si può entrare senza autorizzazione!”
“Mi faccia rapporto al generale.” Disse bruscamente lui, e
in un secondo fu dentro l’infermeria.
Aki sorrise e gli lasciò il posto accanto a Hermione, che
lui occupò in un istante. “Ron resta sempre il mio cognato preferito, non c’è
alcun dubbio.”
Ron prese la mano di Hermione, e con l’altra le accarezzò
una guancia. “Come ti senti?”
Lei gli rivolse un microscopico sorriso. Quanto avrebbe
avuto bisogno di parlare almeno con lui… “Bene. Scusami se ti ho fatto
preoccupare.”
“E’ grave?” chiese lui ad Aki.
La dottoressa scosse la testa. “No, grave non direi.”
“Pensi che se si prendesse una settimana di riposo starebbe
meglio?” continuò lui.
Hermione lo guardò. “Ron, non è il momento per le vacanze.”
“Eh no, adesso mi starai a sentire!” esclamò con decisione
lui. “Non serve a niente che tu ti distrugga con le tue stesse mani, penserò io
a cercare Harry finchè tu non sarai di nuovo in perfetta forma.”
Hermione si mise seduta in mezzo al letto, furiosa. “Non
venirmi a dire quello che devo o non devo fare!”
“Devo per forza, visto che tu non ti rendi conto da sola di
quando non è il caso di insistere!” replicò irritato lui.
“Harry è il mio migliore amico, Ginny è la mia migliore
amica, e sono la madrina di Danny! Ti sembrano ragioni sufficienti per non
mollare proprio ora?!”
“Ma non abbastanza per lasciare che ti ammali!”
“Ehi, calma! Calma!” li interruppe Aki. “E’ inutile
litigare, e poi una settimana non le basterebbe per tornare come prima, Ron.”
Tutt’e due la guardarono accigliati, e lei fece un sorriso enorme. “Piuttosto
ci vorrebbero nove mesi.”
Ron e Hermione rimasero a bocca aperta. “Come?” chiese incredula
lei.
Aki annuì, euforica. “Hai capito benissimo, tesoro! Aspetti
un bambino!”
Hermione si coprì la bocca con una mano. “Ma…da quando?”
chiese ancora allibito Ron.
“Quasi tre mesi.” Spiegò la dottoressa. “E’ evidente che non
ci hai fatto caso, con tutto quello che è successo ultimamente.”
Ron rimase ancora per un secondo a bocca aperta, poi sorrise
e guardò Hermione. “Oddio, non ci posso credere.” Aveva un tono allegro.
Hermione si sentiva più confusa di prima. Un figlio…non ci
aveva mai veramente pensato. E sicuramente in una circostanza come quella che
stava vivendo, non era esattamente l’ideale. Così poteva concentrarsi molto
meno su entrambe le cose, il che era alquanto irritante, visto che sia suo
figlio che Harry meritavano il massimo delle attenzioni.
“Congratulazioni, ragazzi!” squittì gioiosa Aki.
Ron scrutò con attenzione il viso di Hermione. “Va tutto
bene, baby?” le chiese, sospettoso.
Lei sussultò, scossa dai suoi pensieri, e fece di tutto per
sorridere. “Si! Si, cioè…voglio dire…wow, un bambino…nostro!”
Lui ignorò il suo tono leggermente nervoso e l’abbracciò.
“E’ il regalo più bello che potevi farmi.” Le disse dolcemente.
Hermione si strinse a lui, vergognandosi con se stessa per
non aver gioito quanto era giusto. Aveva appena saputo di aspettare un figlio
dall’uomo che aveva sempre amato, dannazione! Perché non riusciva a
entusiasmarsi? “…è una notizia bellissima, Ron. Io…ti amo.”
Lui le baciò la fronte. “Dio, un bambino da te.” Disse, con
un sorriso quasi incredulo ma molto compiaciuto.
“Ehi, sulla cartella clinica io questo devo scriverlo…”
disse piano Aki. “E questo significa che tutto il Dipartimento lo verrà a
sapere.”
Ron rise. “Dillo pure a chi ti pare, sto per avere un figlio
dalla donna più unica al mondo!” fece, con un sorriso gigantesco. “Mi costerà
un occhio in burrobirre da offrire, ma bisogna brindare!”
Aki lo abbracciò forte. “Auguri di cuore, tesoro! Il vostro
bambino sarà stupendo!”
Hermione sorrise e si mise una mano sulla pancia. C’era
davvero un bimbo là dentro…il suo bimbo.
***************
I’ve got a secret I can’t
explain
And all
the time I’ve waited for this day
There
are things I cannot tell
And
there are things that you know damn well
This is
getting very hard for me
I guess
you’d better just wait and see
Secret,
OMD
***************
Hermione appoggiò la testa sulle ginocchia, che teneva
strette al petto, e tirò un sospirone, guardando il suo riflesso nella
specchiera in fondo alla sua camera da letto. Stava seduta sul lettone, di
spalle contro la spalliera, coi piedi nudi e il pigiama caldo e confortevole
addosso. Stava cercando di capirci qualcosa: alle 11 della mattina un ricercato
ex-galeotto le aveva detto che Harry era stato catturato per il puro gusto di
fare un dispetto a lei, e un’ora dopo aveva scoperto di essere incinta.
La testa le faceva quasi male dai troppi pensieri: aveva
tanta voglia di pensare al fatto che c’era una piccola vita dentro di lei, un
bimbo che avrebbe amato più di se stessa, e che quello era il prodotto dell’amore
suo e dell’uomo che aveva amato praticamente da sempre…ma come faceva a gioire
di una cosa così bella se aveva il cuore appesantito dal dolore e dalla
preoccupazione? Ma se anche fosse stato vero che la colpa, se di colpa si
poteva parlare, era sua: che cosa poteva fare? Renan le aveva detto di tacere e
lei lo avrebbe fatto, ma come avrebbe potuto aiutare Harry in modo concreto?
Forse consegnandosi di persona a chi ce l’aveva con lei? Ma chi ce
l’aveva con lei, poi?! Quel dannato Renan non le aveva detto nemmeno di chi
diavolo si trattasse…e poi non poteva più mettere a repentaglio la sua vita,
ora aveva anche la responsabilità del suo bambino…era il rompicapo peggiore che
avesse mai dovuto affrontare…e doveva vedersela da sola…
Ron entrò nella stanza con addosso solo un paio di pantaloni
e una t-shirt in mano. Le fece un occhiolino e un gran sorriso, poi s’infilò la
maglietta e si stese sul letto accanto a lei, appoggiando la testa sulle sue
ginocchia, sistemandosi comodamente su un fianco.
“Come stai?” le chiese, accarezzandole il naso con un dito.
“Bene, credo.” Disse piano lei.
“Sicura?”
“Si.” Hermione gli scansò un ciuffo di capelli dalla fronte.
“Cos’avete fatto tu e i ragazzi in birreria, poi?”
Lui rise. “Oh, hanno fatto tutti il loro dovere. Mi hanno
terrorizzato alla grande sull’idea di avere un ragazzino urlante per casa, e
devo ammettere che Bill è stato il più convincente di tutti.”
Anche a lei sfuggì un sorriso. “Hai avvertito Bill e Charlie
di non spifferare niente a tua madre e tuo padre?”
Lui annuì. “Sarà una prima assoluta sabato sera, al
compleanno di papà.”
“Tua mamma farà salti di gioia.”
“E attraverserà le tre fasi: Hermione, tesoro, quando ti
ritiri dal lavoro per entrare in maternità?” Ron imitò alla perfezione la
voce della signora Weasley, facendo ridere Hermione. “Poi ovviamente: Ron,
sei contento, adesso? Hai aspettato così tanto a sposarla che dovrai farlo col
pancione! Poi scoppierà a piangere, papà le dirà di smettere, e lei invece
piagnucolerà che sarà nonna per la decima volta.”
Hermione ridacchiò; Ron chiuse gli occhi e si rilassò sulle
sue ginocchia, mentre lei gli accarezzava la testa passandogli le mani fra i
capelli. Rimasero qualche minuto in silenzio prima che lui parlasse di nuovo.
“La sola persona al mondo a cui sarei corso a dire tutto subito è l’unica che
non sa niente.”
Hermione annuì piano. “Già.”
Lui sospirò. “Harry per me è un fratello più di quanto non
lo siano quelli che ho già. Tu non sai quanto lo vorrei qui in questo momento.”
Lei abbandonò la testa contro la spalliera del letto.
“Anch’io, credimi.”
“Ma perché tutto questo non ha mai fine…perché dovunque
andiamo, i guai ci inseguono?”
Lei chiuse forte gli occhi. Non chiedermelo, ti prego…
Lui la guardò per un momento. “Tu…naturalmente continuerai a
lavorare, non è vero? Non pensi che sarebbe più prudente prenderti un periodo
di riposo?”
“No, non adesso. Voglio trovare Harry. E’ lui la cosa più
importante ora.”
Ron si accigliò. “Più importante anche di nostro figlio?”
Anche Hermione lo guardò senza troppa dolcezza. “Non ho
detto questo.”
Lui si mise seduto sul letto, guardandola cupo. “Hermione,
correggimi se sbaglio. Ma tu non mi sembri molto entusiasta di questo bambino.”
Anche lei si raddrizzò. “Ti stai comportando in modo molto
immaturo, Ron. Solo perché non lo vado sbandierando ai sette venti e non mi dò
arie da madre già esperta come fai tu, non vuol dire che non ne sono felice.”
Sibilò tra i denti, gelida.
“Io non mi dò arie.” Replicò brusco lui. “Sono solo
contento, a differenza di te.”
Ora gli occhi di Hermione fiammeggiavano pericolosamente.
“Come ti permetti di stabilire se sono o non sono felice?!”
“Oh, certo! L’entusiasmo ti sta travolgendo.” ribbattè
sarcastico lui.
“Per favore, risparmiati quest’aria da uomo di grande esperienza!”
fece acida lei. “In fondo non sarai tu a dover ingrassare come un pallone nei
prossimi mesi, tantomeno sarai tu a dover partorire.”
“Beh, scusa tanto se sono un uomo!”
“Più che per essere un uomo, dovresti scusarti per essere un
idiota insensibile!”
“Io sarei un idiota insensibile?” tuonò lui. “Ma a me almeno
fotte qualcosa di questo bambino!”
Hermione non gli rispose, ma in una frazione di secondo gli
mollò un ceffone che gli fece girare la faccia dall’altra parte. Ron rimase per
un attimo immobile, intontito dalla sberla decisamente vigorosa, poi si alzò
dal letto e uscì dalla stanza senza dire una parola, sbattendosi la porta alle
spalle.
***************
Dopo il terzo bicchiere di whisky, Ron decise di fermarsi.
Aveva voglia di qualcosa di forte, ma non voleva ubriacarsi. In realtà voleva
solo calmarsi, per poter ragionare a mente fredda. Non riusciva esattamente a
capire com’erano arrivati a una litigata simile quando stavano semplicemente
parlando. Certo, la cosa che sicuramente lo aveva innervosito era il modo con
cui Hermione parlava del loro bambino: quasi con indifferenza. Ma perché, poi?
Non era contenta di averlo? Non si sentiva emozionata all’idea? O forse era
solo paura la sua? Comunque non era una cosa che poteva finire così, e in
situazioni come queste Harry era di grande utilità. Avrebbe parlato con lui, e
come al solito il suo amico gli avrebbe fatto vedere il punto di Hermione in
modo meno cruento, e poi…gli avrebbe detto la solita frase: ‘Andiamo, culo
di piombo. Comportati da uomo, fa’ tu la prima mossa.’
Ron sospirò e si alzò dal divano. “Io odio essere un uomo.”
Disse alla stanza vuota, e poi si avviò verso la loro camera.
Hermione, sul letto, stava accartocciata come una pallina su
un fianco, col viso nascosto nel cuscino che teneva stretto tra le braccia, e
dal modo in cui sussultava fu facile capire che stava piangendo.
Ron si sedette sul letto accanto a lei, le passò un braccio
attorno alla vita e l’attirò verso di sé, baciandole la testa. Lei gli gettò le
braccia al collo e continuò a piangere disperatamente nel suo petto, mentre lui
le accarezzava la schiena.
“Mi dispiace.” Riuscì a mormorare lei tra i singhiozzi.
“Ssh.” Le sussurrò lui. “Eravamo arrabbiati, abbiamo detto
tutti e due cose che non pensavamo.”
“Non è vero…che non voglio…questo bambino…lo voglio tanto…”
Hermione riusciva a malapena a spiccicare due parole fra i singulti.
“Lo so.” La rassicurò lui, con la sua voce più calma e
dolce. “Lo so bene.”
Le ci volle qualche minuto per calmarsi un po’, ma alla fine
ci riuscì. “Non pensare che io non voglia avere il bambino, Ron. Non potrei mai
non amarlo, perché…è te e me insieme, è una cosa stupenda.”
Lui annuì. “Vedi, non è vero che io mi dò delle arie perché
sono sicuro di quello che ci sta succedendo. Io sono uno scapestrato, Hermione,
non ho mai fatto il padre e non so come si fa. Certo che anch’io mi sento
preoccupato all’idea di crescere un bambino, specie in un momento come questo,
però…il fatto è che avere un figlio da te mi fa toccare il cielo con un dito.
Mi fa sentire che sei completamente mia, e questo è…è indescrivibile.”
Hermione non riuscì a trovare parole adeguate per
rispondergli, per cui fece la cosa che più le sembrò giusta: lo baciò. Questa
era una cosa che non facevano molto spesso: baciarsi e basta, senza andare
oltre e strapparsi via freneticamente i vestiti di dosso. Ma forse era proprio
quello di cui avevano bisogno in quel momento, c’era bisogno di un contatto
fisico e allo stesso tempo di una piccola prova del loro amore. La dimostrazione
più pura e semplice di quanto si adorassero l’un l’altra.
Nessuno dei due tenne il conto di quanto tempo rimasero
così, ma a un certo punto Ron ruppe il bacio, sdraiandosi sul letto e facendo
stendere Hermione accanto a lui, così da poterla tenere abbracciata.
“Promettimi solo una cosa.” Le disse molto piano. “Che se mai avessi dei
problemi, lascerai che mi occupi io di Harry, e tu penserai al bambino.”
Lei sospirò. “Te lo prometto.”
Non passò molto che si addormentarono così, l’uno fra le
braccia dell’altra.
***************
Girl, I live for how you
make me feel
So I
question all this being real
Cause
I’m not afraid of love
For the
first time I’m not afraid to love
This day
seems to be made for you and me
You
Sang To Me, Marc Anthony
***************************
Beh, questo capitolo non doveva essere già on-line, ma è un
periodo che sono un po’ triste, e visto che scrivere mi rilassa…ho fatto lo
straordinario. Non che ora mi senta felice…ma almeno sentire cosa ne pensate
voi mi tirerà un po’ su il morale. Uff, quanto sono brutti i periodacci!
Vorrei ringraziare tutti i miei lettori come sempre, un
bacio complessivo a tutti quanti. Continuate a recensire! Ci vediamo al
prossimo capitolo “Un’ombra tra di noi”. Bacioni,
Il bello della Tana era senza dubbio la possibilità di
cenare all’aria aperta sotto le stelle, il che, in primavera, era a dir poco
fantastico. Era una serata magnifica, e c’era un cielo pieno di stelle molto
suggestivo.
Hermione, Ginny, Aki e Penelope stavano sedute sotto il
piccolo semi-tendone che il signor Weasley aveva piazzato in un angolo del
giardino; Penelope era seduta con la piccola Gertie (figlia sua e di Percy) tra
le braccia; Ginny dava spesso uno sguardo al carrozzino in cui dormiva
beatamente il piccolo Danny; i figli di Bill e Aki, Jimmy ed Emily,
giocherellavano con le costruzioni e col cappello di uno degli gnomi del
giardino della Tana.
Arthur Weasley e i suoi figli riapparvero nel giardino un
attimo dopo. “Niente, non vuole nemmeno il nostro aiuto.” Fece Bill, sedendosi
accanto alla moglie.
“Tu non hai idea, tua madre sta organizzando questa cosa
della torta da più di due settimane, vuole che sia una sorpresa per tutti.”
Spiegò loro il padre.
“Io trovo che sia una cosa molto carina.” Disse Penelope con
un cordiale sorriso.
“Speriamo solo che Charlie si sbrighi, o non arriverà in
tempo per lo spettacolo.” Constatò Ginny, dando un’occhiata all’orologio.
“Oh, mi ha avvertito che avrebbe fatto un po’ tardi, aveva
da fare.” Fece Arthur.
Bill ridacchiò. “Come no, doveva farsi Tennessee.”
Aki gli rifilò una gomitata fra le costole. “Bill! Ci sono i
bambini!”
“Non sapevo che quei due…” disse stupito Percy.
“Oh, andiamo, Perce.” Ridacchiò Ron. “Sono anni che quei due
giocano a marito e moglie e poi vanno dicendo che a malapena escono come
amici.”
“Quanto sei discreto e romantico, Ron.” Disse Hermione
sarcastica, arricciando il naso.
“Concordo.” Annuì Ginny.
“Già, e poi proprio in quanto a giocare a marito e moglie,
non dovresti essere tu a parlare.”
“Te l’ho mai detto che sei il mio fratello preferito,
Perce?” fece ironico Ron, con un sorrisetto che strappò qualche risatina.
Percy scosse la testa. “Prendi il numero, allora, al momento
sono ancora nella hit-parade di Fred e George.”
Tutti risero. Si sentiva la mancanza dei gemelli alla festa,
ma entrambi avevano ottimi motivi per non essere venuti. I tre figli di Fred e
Angelina si erano beccati tutti e tre contemporaneamente il morbillo; il povero
George era rimasto da solo a gestire il loro grande e ben avviato negozio di
giochi magici, anche se era aiutato dalla moglie Eve e a volte perfino dai due
figli, che più che vendere adoravano consumare la merce.
“Ehi, lascia stare mio fratello, tu!” fece ridendo Bill a
Percy. “E poi ora lui e Hermione hanno cambiato gioco, non fanno piùmarito e moglie.”
Hermione lo guardò con le sopracciglia inarcate. “E che
gioco fanno, zio Bill?” chiese la piccola Gertie, sulle ginocchia di Penelope.
“Oh, ora giocano a papà e mamma.” Disse tranquillamente
Bill, ma dagli sguardi assassini che gli lanciarono immediatamente Ron e
Hermione capì di aver fatto un passo falso.
“Ma insomma, Bill!” fece indignata Aki, dandogli uno
schiaffo sul ginocchio.
“Ops!” replicò
lui.
"Come come?? Ho sentito bene?!?” chiese il signor
Weasley con un sorriso un po’ idiota.
“Oh, santo cielo!” esclamò felicemente Penelope.
“Hermione, sei davvero…” chiese Percy con discrezione.
Lei accolse con molto piacere un incoraggiante occhiolino di
Ginny, a cui aveva detto tutto il giorno stesso, e sorrise. “Si.”
“Ma questa è una notizia fantastica!” Arthur Weasley era
all’apice della gioia, e abbracciò prima lei e poi Ron. “Questo è il miglior
regalo di compleanno che mi abbiate mai fatto!”
“Che cos’ha fatto zia Hermione?” chiese un po’ confusa
Gertie.
“Tesoro, avrai un nuovo cuginetto per Natale.” Le rispose
con un sorriso suo padre. “Congratulazioni, ragazzi.”
Ron gli fece un occhiolino. “Grazie, Perce.”
“Un cuginetto più piccolo di Danny?” esclamò emozionata Gertie,
e sua madre le baciò la guancia.
“Ora sono proprio curioso di vedere la reazione di mamma
quando saprà che il suo bambino sta per diventare padre.” Osservò Bill, senza
trattenere una risatina.
“Se fossi così carino da non dirle niente e lasciare a noi
il compito.” Propose Hermione, pungente.
Ron gli porse un vassoio di tartine. “Tieni, Bill, ficcatene
una in bocca e cuciti il becco.”
Proprio in quel momento la voce della signora Weasley
risuonò nell’aria, dalla finestra della cucina a cui era affacciata. “Coraggio,
cominciate a cantare! Sto per uscire con la torta!”
Tutti si alzarono in piedi e cominciarono a cantare ‘tanti
auguri’ a papà Weasley: la signora Weasley uscì cinque secondi dopo, dietro di
lei fluttuava una torta a tre piani e su ogni piano saltellavano allegramente
tra la panna dei pupazzetti di zucchero che canticchiavano a loro volta ‘tanti
auguri’, il che fu accolto da tutti, e soprattutto dai bambini, con applausi e
complimenti a non finire che la signora Weasley accolse più che volentieri.
La torta era veramente buonissima, e per qualche minuto
anche Ginny dimenticò il suo dolore e si rilassò un po’. Ma l’emozione tornò
alle stelle quando Ron si schiarì la gola, attirando tutti gli occhi su di sé.
“Ehm…ehi, mamma?”
La signora Weasley, che stava seduta tra Aki e Percy, lo
guardò. “Che c’è, Ron?”
Ron ci pensò un attimo, quindi fece un sorrisetto.
L’approccio diretto era sempre il migliore con sua madre. “Ti piacerebbe
diventare nonna per la decima volta?”
Molly Weasley si accigliò per un attimo, poi guardò
Hermione, che le rivolse un sorriso timido, e immediatamente corse ad
abbracciare forte sia lei che suo figlio, tra i sorrisi di tutti. “Oh, Signore!
Questa è una notizia magnifica!! Oh, cielo!” disse commossa, poi si ritrasse
per poter guardare in faccia Hermione, con le lacrime negli occhi. “Oh tesoro,
sono così felice per te!”
Hermione sorrise. “Grazie.”
La signora le accarezzò una guancia. “Cara…oh, ma ora
dovremo pensare a un sacco di cose! Quand’è che entri in maternità?”
Hermione vide Ron, alle spalle di sua madre, sollevare un
dito, e fece del suo meglio per non scoppiare a ridere. “Finchè riesco a
lavorare, preferisco farlo.”
“La terrò sotto controllo io.” Aki tranquillizzò la suocera.
“Se mai dovessero esserci problemi, la rispedirò a casa immediatamente.”
Molly Weasley parve rassicurata, perché annuì , ma non si
fermò. “Ron, tu sei il solito incorreggibile figlio disobbediente! Visto a
rimandare sempre il matrimonio cosa succede? Ora dovrete sposarvi col pancione!”
Ron sollevò un altro dito, indicando un due, e Hermione ebbe
bisogno di mordersi un labbro per non ridere.
“Mi sa che questo sia l’ultimo dei loro problemi, mamma.”
Ridacchiò Bill.
“E poi le spose col pancione sono più raggianti.” Disse
Penelope con un sorriso.
La signora Weasley abbracciò ancora una volta Hermione,
scoppiando a piangere come una fontana. “Signore, come sono felice! Un altro
nipotino!”
Arthur le sorrise. “Suvvia, Molly! Ti stai sciogliendo come
la cera, cara!”
Ron inarcò un sopracciglio e indicò un tre con le dita della
mano, e Hermione non potè trattenere una minuscola risatina.
***************
Bill a Aki, con I figli in braccio, salutarono i signori
Weasley per poi avviarsi verso casa loro; Ron e Hermione, che si erano già
sorbiti la loro dose di raccomandazioni quotidiane da mamma Molly, erano alla
porta a salutare Ginny.
“Beh, e tu?” le disse dolcemente Ron, appoggiandosi alla
porta.
Lei scrollò le spalle. “Io…niente. Grazie al cielo c’è
Danny, pensando a lui riesco in qualche modo a sopravivere.”
Hermione provò una fitta al cuore a vedere la sua
espressione così triste e sofferente, e l’unica cosa che riuscì a fare fu
stringerle amorevolmente una mano.
“Ascolta, perché non vieni a mangiare da noi domani sera,
insieme a Danny?” propose Ron. “O meglio ancora, te lo tengo io il bambino e
voi due andate a farvi un giro in centro, vi comprate qualcosa…”
Ginny fece un sorriso stanco. “Ron, sei un fratello
adorabile e un padrino dolcissimo, ma non ti devi preoccupare. Mamma si occupa
di Danny praticamente sempre, perciò…”
Hermione sospirò. “Non c’è niente che posso fare per te?”
“Voi state facendo il possibile per ritrovare Harry, e sono
certa di poter stare tranquilla. Dopotutto siete i migliori, no?”
“Ti ho giurato che lo ritroverò, Gin.” Mormorò Ron.
La sorella annuì. “Lo so.”
Hermione sentì il bisogno di guardare altrove. Se chi aveva
preso Harry sperava di averla colpita sotto tutti i punti di vista, beh, aveva
fatto un ottimo lavoro.
“Chiama per qualunque cosa, ok?” disse ancora Ron alla
sorella, abbracciandola.
“Certo.” Rispose lei, abbracciando anche Hermione.
“Hermione, potremmo vederci a ora di pranzo ai Tre Manici di Scopa, domani?
Vorrei parlarti.”
“Certo, ci vediamo lì verso l’una.” Annuì lei.
Ginny fece loro un altro sorriso. “Ancora una cosa: per
favore, non lasciate che tutta questa situazione vi tolga la gioia di diventare
genitori. Harry non vorrebbe mai che i suoi migliori amici si perdessero un
momento come questo per colpa sua.”
Ron passò un braccio attorno alle spalle di Hermione e fece
un sorriso un po’ malinconico alla sorella. “Grazie, Gin.”
Hermione si preoccupò bene di tenere gli occhi bassi nel
rivolgerle anche il suo piccolo sorriso, così nessuno potè vedere che erano
lucidi.
***************
There are too many men,
too many people
Making
too many problems
And not
much love to go around
Can’t
you see, this is land of confusion
Land
of Confusion, Genesis
***************
Hermione, seduta dietro alla scrivania, sembrava molto
concentrata sul libro in cui aveva
immerso il naso. Qualche minuto dopo bussò alla porta della sua stanza Lysa, la
segretaria di Homer.
“Ehi, posta!” squittì allegramente la bionda, sedendosi e
porgendole un foglio.
“Ciao, Lysa.” Hermione diede subito una rapida occhiata al
documento che aveva appena ricevuto. “Cos’è?”
“E’ una copia del permesso di rilascio su cauzione di Renan,
viene direttamente dagli archivi di Braxtown.” Spiegò la segretaria. “Homer
vuole che tu faccia una bella ricerca tra gli archivi del Ministero e verifichi
la firma in basso, dovrebbe essere quella della sorella.”
Hermione annuì e si alzò in piedi, prendendo la sua giacca
dall’attaccapanni. “Ok, ci vado subito.” Disse, infilandosela e cacciandosi i
capelli fuori dal colletto.
Lysa le sorrise. “Come ti senti, mammina?”
Hermione le rivolse un sorriso fugace, mentre si prendeva
anche la borsa. “Per il momento sembra tutto uguale a prima, tranne ovviamente
le vomitate di prima mattina.”
Lysa rise. “Ron è molto contento, sai, si vede proprio. Sta
lavorando con molto più impegno. E’ proprio dolce, vero?” disse, con aria
sognante.
Hermione sorrise a sua volta e annuì. “Si, quando vuole sa
essere un vero tesoro.”
Lysa la vide riprendere in mano il documento e avviarsi
verso la porta. “Sei sicura di sentirtela? Se vuoi posso accompagnarti.”
“Non ti preoccupare, sto benissimo. Però fammi un piacere,
se vedi Ron, digli che dopo vado direttamente a pranzo con Ginny, ok?”
Lei annuì. “Ok, ci penso io.”
“Ci vediamo dopo.” Le disse Hermione, salutandola prima di
uscire.
“Fa’ la brava, mammina!” ridacchiò Lysa.
***************
Hermione ricontrollò ancora una volta le carte, per essere
certa che la sua scoperta non fosse stata un abbaglio: la firma sul documento
di scarcerazione e quella sull’atto di matrimonio di Paulette Renan Wilkinson
non coincidevano affatto. Appurato che non se lo stava immaginando, Hermione
chiuse di nuovo i documenti nella borsa, si rimise la giacca addosso e si avviò
verso l’uscita, salutando la bibliotecaria ministeriale lungo la strada.
Forse era il suo istinto di auror. Forse era la sensazione
cupa che la opprimeva da troppo tempo. Forse era solo un attacco di paranoia.
Ma nemmeno cinque minuti dopo aver lasciato il palazzo del Ministero, Hermione
avvertì che qualcuno la stava seguendo.
Mantenendo la calma, portò una mano attorno alla bacchetta e
continuò a camminare con la stessa andatura, tenendo sotto controllo la
situazione alle sue spalle con la coda dell’occhio. Ma quando si ritrovò in un
piazzale in cui un gruppo di bambini stava giocando a rincorrersi, Hermione si
fermò per un attimo, cercando di riflettere in fretta: qualunque cosa stesse
per succedere, sicuramente non doveva nemmeno sfiorare la folla, specie i
bambini.
“Che piacere rivederti, agente Granger.” Sibilò una gelida
voce al suo orecchio, e Hermione si voltò di scatto verso l’uomo che le stava
alle spalle, con la mano pronta ad estrarre la bacchetta.
“Che diavolo vuoi, Renan?” ringhiò lei.
“E’ come dice il mio capo. Fiera e ribelle.” Mormorò lui,
con uno sgradevole sorriso. “Suppongo che vorrai buone nuove del tuo amico
Potter, no?”
Lei lo guardò dritto in faccia. “Voglio augurarmi che stia
bene.” Sibilò a denti stretti.
“E’ vivo e in salute.” Rispose lui. “Per il momento.”
“Sono stanca di giocare al gatto e al topo con te.” Replicò
furiosa lei. “Chi è questo tuo dannatissimo mandante?! E che vuole da me?! Se
ce l’ha con me, perché ha preso Harry?!”
L’uomo ridacchiò. “A quanto vedo, sta facendo un ottimo
lavoro. Di gran lunga migliore che se avesse preso direttamente te.”
Hermione fece appello a tutto il suo self-control per non
estrarre la bacchetta e ridurlo a brandelli di carne. “Voglio sapere cosa
volete da me. E questa volta, se non mi rispondi, ti riporto nella prigione da
cui sei evaso.”
Lo sguardo di Renan non si oscurò minimamente. “E questo
significa morte certa per il tuo amico, se chi mi sta aspettando non mi vede
rientrare.”
Hermione si passò nervosamente una mano fra i capelli. “Ma
che cosa vuoi che faccia?”
“Continua a riflettere tra te e te.”
Lei non sopportò la provocazione e lo afferrò per i lembi
della giacca. “Mi hai rotto i coglioni, hai capito?!” tuonò, scuotendolo con
tutta la rabbia. “Non puoi chiedermi di restare qui e impazzire senza poter
fare un dannatissimo cazzo, se c’è anche una fottutissima cosa che volete che
faccia per liberare Harry, dlmmelo adesso, sporco bastardo!!”
Renan inarcò un sopracciglio. “Piuttosto nervosa, eh?”
Hermione fece un passo indietro per non strangolarlo,
tenendo i pugni serrati e respirando affannosamente per la rabbia, con gli
occhi che le fiammeggiavano pericolosamente.
Lui si risistemò la giacca. “Il mio capo ti manda a dire che
potrai incontrare il tuo adorato Potter, se sarai abbastanza sveglia da capire
dove il tempo è più manifesto. E’ lì che lo troverai.”
Lei lo guardò accigliata. “Come? Ma che vuol dire?”
Lui rise. “Riflettici un po’ su.” E con questo fece per
andarsene.
“No, aspetta!…” lei provò a fermarlo, ma Renan le fece un
saluto con la mano e si allontanò a passo deciso.
***************
Quando Hermione entrò ai Tre Mnaici di Scopa vide subito il
tavolo a cui stava seduta Ginny, e la raggiunse rapidamente, sforzandosi di non
apparire tesa come in realtà si sentiva.
“Scusami per il ritardo.” Le disse sedendosi, rivolgendole
un sorriso nervoso, mentre posava la borsa sulla sedia vuota accanto alla sua.
“Non ti preoccupare, non sono qui da molto.” La
tranquillizzò Ginny. “Ehi, non dirmi che ti sei affannata per me.”
“Come? Oh, no…no, è che è stata una mattinata un po’ dura.”
Fece Hermione, evitando il suo sguardo.
“Sai, va bene che continui a lavorare…però dovresti evitare
di strafare.” Le disse Ginny con prudenza.
Hermione annuì e si passò una mano fra i capelli,
imponendosi di calmarsi almeno il minimo indispensabile. “Si, lo so. E’ stato
solo un caso.”
“Beh, me lo auguro.” Disse Ginny con un piccolo sorriso.
“Specie se Ron lo viene a sapere.”
“Già.” Rispose Hermione, cercando di ingoiare le lacrime che
le si erano bloccate in gola. “Hai già ordinato?”
Lei annuì. “Si, ma Tom ha detto che ci vorrà qualche minuto
in più, è da solo in cucina oggi. Due cuochi sono malati.”
“Oh, non c’è problema per me.”
Ginny tirò un sospiro, quindi la guardò dritta in faccia.
“Senti, Hermione…ho una cosa importante da dirti.”
Hermione si accigliò. “Di che si tratta?”
“Vedi…sei la prima con cui ne parlo, perché sei come una
sorella per me. E i miei genitori e i miei fratelli per una volta saranno messi
di fronte al fatto compiuto.”
Hermione s’irrigidì. “Non mi piace come inizio. Cosa vuoi
fare, Ginny?”
Ginny sospirò. “Voglio entrare a far parte dello staff
medico della War Mage Team. Me la cavo abbastanza bene con il pronto soccorso,
e Aki ha detto che si può fare.”
Hermione, dimenticando tutto il resto per un momento, cercò
di soppesare bene le parole. “Gin, tu non devi provare niente a nessuno. Lo sai
questo, vero?”
Lei annuì. “Si, ma a me stessa devo ancora molto. Sono
stanca di essere la ragazzina che si nasconde sotto la botola dell’infermeria
di Hogwarts, io voglio essere forte.”
“Tu sei forte.”
“No, io vivo circondata da persone forti.” La
corresse Ginny. “Sono stanca di aspettare a casa in lacrime che ritroviate
Harry, io voglio dare una mano.”
Hermione si passò una mano fra i capelli. “Io non so cosa
dirti. Per quanto mi riguarda, penso che tu sia la persona più dolce e
comprensiva di questo mondo, e tanto mi basta per definirti speciale. Ma se tu
senti il bisogno di dare una svolta alla tua vita, beh…non spetta a me né a
nessun altro decidere per te.”
“Sarà solo un lavoro da infermiera, tutto qui.”
“Potresti vedere cose che non ti piaceranno.”
“Tu lo fai tutti i giorni.”
“Gin, molte persone con cui veniamo in contatto vengono
uccise dal cattivo di turno. Io mi ci sono abituata, ma tu…tu sei ancora così
pura sotto questo aspetto…pensaci bene, sei sicura di quello che fai?”
Ginny annuì con determinazione. “Mai come ora.”
Hermione sospirò. “Ai tuoi genitori e ai tuoi fratelli non
piacerà.”
A Ginny sfuggì un sorriso. “Oh, lo so bene. Secondo te,
perché non ne ho ancora parlato con nessuno di loro?”
Anche Hermione sorrise, scuotendo la testa, poi si fece
seria. “E’ una scelta molto coraggiosa.”
“Sarebbe anche ora che ne facessi una anch’io, no?”
Hermione annuì sorridendo, e le tese la mano. “In tal
caso…benvenuta a bordo, infermiera Potter.”
Ginny le strinse la mano con entusiasmo. “Grazie, capitano
Granger.”
***************
Ooh Superman, where are
you now
When
everything’s gone wrong somehow?
The men
of steel, the men of power
Are
losing control by the hour…
Land
of Confusion, Genesis
***************
Ron rientrò a casa che erano le otto passate; era rimasto al
quartier generale un’ora in più, non appena aveva saputo di Ginny: avevano
fatto un bel discorso tra fratello e sorella, e le cose sembravano più chiare,
ora. Avevano raggiunto una specie di compromesso: niente più atteggiamenti
iperprotettivi, ma rispetto e dignità. Una volta a casa diede subito
un’occhiata nella cucina, aspettandosi di trovarci Hermione, invece tutto
quello che vide furono le pentole che si davano da fare per preparare la cena.
Hermione stava in salotto: era seduta sul divano accanto al caminetto, tutta
spettinata, coperta solo da uno dei maglioni più larghi di Ron che le andava
come un vestito. Stava leggendo con evidente frenesia un libro, e sul divano
accanto a lei ce n’erano tre o quattro aperti, e sul tavolino di fronte c’era
una pila piuttosto alta di volumi non esattamente leggeri.
Ron ridacchiò. “Ehi, hanno aperto una succursale della
biblioteca in casa mia e io non ne so niente?”
Lei non gli rispose, e lui, sedendosi sul tavolino, non potè
fare a meno di notare le copertine dei numerosi libri: ‘Tempo e Potere’,
‘Compendio di studi sull’uso che fanno i Babbani del Tempo’, ‘C’è un tempo per
ogni magia’, ‘Gli sviluppi del Mondo Magico nei secoli’, e perfino ‘Il
tempo dei Grandi Maghi’.
“Non dirmi che ti sta venendo una crisi da capelli bianchi.”
Tentò di scherzare lui, ma in cambio ottenne un’occhiataccia. “Va bene, ho
capito.” Disse, alzandosi in piedi e avviandosi verso la cucina. “Scommetto che
sai già di Ginny, giusto?”
“Si.” Disse semplicemente lei, senza nemmeno alzare lo
sguardo dal libro.
Ron si mise a frugare nel frigorifero. “Io non sono molto
d’accordo, conosco mia sorella: si deprimerà col primo ferito irrecuperabile che
le capiterà fra le mani. Ma lei ha detto che ce la farà…” finalmente venne
fuori dal frigo con una bottiglia d’acqua in mano. “…non ci credo, ma non
voglio essere io a scoraggiarla.”
Hermione non si preoccupò nemmeno di annuire né di fare un
qualsiasi cenno del capo, continuò a leggere perfino quando Ron si attaccò alla
bottiglia, cosa per cui normalmente gli avrebbe fatto la predica per un’ora di
seguito. E continuò a leggere finchè non le venne strappato il libro di mano,
il che la irritò non poco.
“Ron!!”
“Si può sapere che stai facendo?” le chiese lui, tenendo il
libro bene in alto lontano dalla sua portata.
Lei balzò in piedi. “Ridammi il mio libro.”
“Che devi farci?”
“Che cosa ci fai con un libro, lo leggi!!!” urlò lei.
“E che cosa ci fai con una decina di volumi di 700 pagine
l’uno, li leggi tutti per conciliarti il sonno?!” chiese innervosito lui.
“Cos’è, ti hanno assegnato una ricerca o cosa?”
“Nessuna ricerca! E quello che
faccio non sono affari tuoi!” ribbattè lei, inferocita.
“Sono affari miei.”
Sibilò lui. “Hai l’aria molto stanca, tutto questo fa male a te e al bambino.”
Hermione, al massimo della
frustrazione, si passò una mano fra i capelli. Dopotutto Ron aveva ragione, e
avrebbe tanto voluto confidarsi con lui…in 14 anni non gli aveva mai tenuto dei
segreti, ma ora era costretta a farlo, per il bene di Harry…
“Io non mi affatico a leggere.”
Cercò di spiegargli con calma.
“Cosa stai cercando, Hermione?”
le chiese serio lui, e lei lo guardò esitante. “Conosco quello sguardo, e voglio
sapere cosa stai cercando.”
Lei aprì e chiuse la bocca
ritmicamente più volte, poi chiuse gli occhi e sospirò. “Credevo di aver
trovato un controincantesimo per Harry, ma mi sbagliavo. Era pura ostinazione.”
Lui annuì piano, e mise giù il
libro. Capiva bene cosa significasse spremersi le meningi per cercare una
soluzione al problema di Harry.
Hermione sospirò. “Non
litighiamo più, va bene?”
“Si, d’accordo.” Lei fece per
andare in cucina, ma lui la trattenne. “No, lascia. Riposati, penso io a
preparare qualcosa da mangiare.”
Lei annuì, e mentre lui usciva
dalla stanza si lasciò andare sul divano, emotivamente e fisicamente a pezzi.
***************
Niente da fare, non riuscova a
prendere sonno in alcun modo. Hermione stava sdraiata nel suo letto, a guardare
il soffitto con gli occhi sbarrati. Continuava a ripetersi in mente quella
dannata frase: dove il tempo è più manifesto…cosa poteva significare? E se
avesse risolto l’indovinello, sarebbe mai arrivata a Harry? Le sfuggì un
sospiro di frustrazione. Perché non riusciva a capirlo?
Hermione girò la testa: accanto
a lei stava dormendo Ron, a pancia sotto, senza maglietta e coi pantaloni del
suo pigiama preferito. Aveva i capelli tutti arruffati, l’aria beata nel sonno,
e le teneva un braccio sulla pancia. Dio, se era difficile per lei tenergli un
segreto…avevano condiviso esperienze atroci, si erano sempre aiutati l’un
l’altra e così avevano superato ostacoli all’apparenza insormontabili. Perché
li avevano affrontati insieme.
A questo punto occorreva prendere
una decisione: doveva vedersela da sola, senza che quella storia orribile le
ottenebrasse il cervello; avrebbe continuato la sua vita normalmente, e in ogni
singolo momento libero avrebbe lavorato sull’indovinello di Renan, senza dire
niente a nessuno. L’avrebbe risolto e avrebbe ritrovato Harry, e il suo rimorso
sarebbe svanito. Hermione sospirò profondamente. Il suo era davvero un
piano di fortuna. L’ultimo che avrebbe scelto in condizioni normali.
***************
Damn, I hate the way you
know me and
Damn, you kill me when you hold me
Like I’m your world, like this won’t hurt
Like a favourite curse hittin’ every nerve
Damn,
LeeAnn Rimes
**********************
Situazione alquanto incasinata, direi…si, lo so, sono
proprio sadica ^^ Però così c’è più vita, non mi piacciono le storie piatte e i
personaggi perennemente tranquilli e con l’anima in pace.
Prima di andare avanti: un bacio grande, grandissimo,
enorme a tutti quanti! Sono stata qualche giorno fuori, e quando sono tornata e
ho visto 50 recensioni…wow! Stavo cadendo dalla sedia! E’ fantastico! Vi adoro
tutti! ^^ (keijei, amore mio, grazie…ma nessuno mi ha fatto niente! E’ solo che
devo prendere un paio di decisioni difficili e mi sento un po’ giù di corda per
questo…sai com’è complicata la vita di noi ragazzi…) Davvero, non ho
parole…anzi, una ce l’ho: continuate a recensire, perché siete davvero
importantissimi per il mio genio creativo (genio si fa per dire…)
Adesso devo andare…il prossimo capitolo (“Rivelazioni e
Pannolini”) sarà piuttosto importante, si alterneranno scene diveretenti e
situazioni più serie…presumo che sarà piuttosto lungo, comunque ho già
cominciato a scriverlo, perciò…
Homer sollevò subito la testa dai documenti che aveva tra le
mani appena sentì bussare alla porta. Nel suo ufficio entrarono Sirius, Liam e
Ron, quindi una donna di una cinquantina d’anni dall’aria piuttosto confusa.
Avevano finalmente rintracciato la sorella di Renan, e ora l’avrebbero
interrogata.
“Prego, si accomodi.” Le disse educatamente Sirius,
indicando la sedia dall’altra parte della scrivania di Homer. Lei sedette
timidamente.
“Signora Wilkinson, ci dispiace distrubarla, ma avremmo
bisogno di qualche minuto del suo tempo.” Cominciò Homer.
La donna annuì, ancora confusa. “Va bene, di che si tratta?”
Homer le porse un foglio. “Riconosce questa firma?”
La donna guardò il foglio. “Certo, è la mia. Paulette Renan in Wilkinson.”
Homer si riprese il foglio e gliene porse un altro. “E
questa?”
Lei osservò bene l’altro documento. “C’è il mio nome, ma non
è la mia firma.”
Homer si riprese anche l’altro foglio. “Il documento che mi
ha detto di aver firmato di suo pugno è l’atto del suo matrimonio. Il secondo è
il rapporto di scarcerazione di suo fratello Jacob Renan dalla prigione in cui
era rinchiuso.”
La donna si accigliò. “Deve esserci sicuramente uno sbaglio,
perché io non ho mai firmato questo documento, e non ho pagato alcuna cauzione
per mio fratello.”
Homer annuì. “Dunque non ha mai favorito la sua
scarcerazione?”
“Assolutamente no, e le spiego anche il perché.” Replicò
la donna. “Quando mio fratello lavorava ancora alla Disciplinare, io conobbi un
suo collega, che poi ho sposato. Mio marito mi aveva avvertito che Jacob non si
stava comportando in modo onesto, ma le cose non tardarono ad aggravarsi. Ben
presto mio fratello cominciò a frequentare ambienti sempre più scadenti e
pericolosi, e finiva puntualmente col tornare a casa da noi per ottenere cifre
di denaro assurde che non gli toccavano per nessun motivo.”
“Lei sapeva che suo fratello
vendeva le formule degli incantesimi dichiarati proibiti agli assassini che lo
pagavano?” chiese Homer.
Lei scosse la testa. “Mio marito
ed io lo scoprimmo solo dopo, quando fu arrestato e ci informarono del perché.
Jacob era diventato un incubo per noi, e sentire cosa aveva fatto ci fece
provare un tale dolore che decisi di non avere più nulla a che fare con lui. Si
può immaginare se l’avrei mai liberato.”
“Certo, capisco.”
“Ma quel documento che mi ha
fatto vedere…significa che qualcuno lo ha liberato usando il mio nome?” chiese
preoccupata la signora.
“Signora, quello che sappiamo
con certezza è che per qualche ora qualcuno ha rubato il suo nome e la sua
identità per far uscire suo fratello di prigione. Stiamo indagando, ma non
sappiamo chi è questa persona, né perché ha fatto questo, né dove sono ora lei
e suo fratello. L’unica cosa che le chiedo, ora, è di contattarci
immediatamente se dovesse farsi vivo con lei.”
Lei annuì. “Certamente.”
“Bene.” Homer si alzò in piedi e
le strinse la mano. “La ringrazio molto, signora Wilkinson.”
“Oh, si figuri. E mi dispiace di
non esserle stata più utile.” La signora fu educatamente scortata alla porta.
“A questo punto abbiamo una gran
bella fase di stallo.” Commentò amaro Liam. “Nella teoria abbiamo indizi che
portano a un vicolo cieco.”
“Ce li faremo bastare.” Fece
subito Sirius. “Troveremo uno sbocco a tutto questo.”
Homer annuì. “Per il momento ci
daremo dentro con questa pista, è l’unica che abbiamo. Anche se, in effetti,
non so come usciremo da questo blocco.”
***************
…3 mesi dopo…
Aki si sfilò lo stetoscopio dalle orecchie e rivolse un
gran sorriso alla sua paziente. “E’ sano come un pesciolino, il tuo bimbo.”
Anche Hermione sorrise, e si
accarezzò la pancia; al sesto mese di gravidanza ormai era già più visibile.
“Con tutto il movimento che fai,
non stai praticamente ingrassando affatto.” Le disse Ginny. “Davvero, non so
come tu ci riesca. Quando aspettavo Danny, io non facevo altro che mangiare.”
Hermione scrollò le spalle.
“Mangio molto anch’io, sai. E’ solo che…”
“Che dormi poco e male.”
S’intromise Aki, e Hermione la guardò stupita. “Me l’ha detto Ron. E’ molto
preoccupato, sai.”
“Sta esagerando, sto benissimo.”
“Hermione, non essere la solita
testarda.” Replicò Aki. “Nessuno vuole sollevarti dal lavoro, ma devo
ricordarti che aspetti un figlio, e dovresti evitare di strapazzarti fino a
questo punto.”
Hermione abbassò lo sguardo e si
mise dietro l’orecchio un ciuffetto di capelli che le ricadeva dalla coda. “Non
posso mollare tutto adesso, Harry ha bisogno di me. E sono tre dannatissimi
mesi che non riusciamo a fare passi avanti.”
Ginny si morse un labbro, poi
alzò lo sguardo da terra. “Hermione, sono certa che Harry vorrebbe comunque che
tu ti riguardassi. Non sopporterebbe mai che succedesse qualcosa al tuo bambino
per colpa sua.”
Hermione non disse nulla, ma
dopo qualche minuto di silenzio scese dal letto su cui stava seduta e riprese
da una sedia la sua borsa e la sua giacca. “Devo andare, adesso. Per favore,
non vi preoccupate, non è affatto necessario. Sto bene, e anche il bambino è a
posto.”
Aki scosse la testa e si lasciò
scappare un piccolo sorriso. “Riguardati e fa’ la brava, capito?” le disse
amichevolmente, e in cambio ottenne un sorriso e un occhiolino.
***************
Quando Ron e Hermione rientrarono a casa, quella sera,
trovarono la luce accesa in cucina. Tutti e due impugnarono saldamente le
bacchette nelle tasche, ma per fortuna ebbero abbastanza autocontrollo da non
sfoderarle quando nel salotto comparve Molly Weasley.
“Mamma, che ci fai qui a quest’ora?” brontolò Ron,
lasciando la bacchetta.
La signora Weasley sembrava molto eccitata. “Ragazzi, ho
una meravigliosa sorpresa per voi!”
“A quest’ora?” mormorò accigliato Ron, e Hermione gli
mollò una gomitata.
“Visto che voi due non avete esperienza coi neonati, dato
che siete sempre fuori, e visto che il tempo stringe e fra tre mesi il mio
nipotino sarà qui…ta-dan!” esclamò, mostrando un bambolotto che si stava
ciucciando il dito.
“Un…bambolotto?” chiese confusa Hermione.
“Non è un bambolotto qualsiasi!” squittì la grassoccia
signora. “Questo è stato animato, e così si comporta in tutto e per tutto come
un neonato vero!”
“Si, ma…che c’entra con noi?” domandò Ron.
“Lo terrete con voi per una settimana, così da vedere come
sarà quando avrete vostro figlio.” Molto allegramente, Molly mise il bambino
fra le braccia di Hermione.
“Ma…mamma, aspetta un attimo! Noi abbiamo troppo da fare
per…” provò Ron, ma sua madre si era già infilata il cappotto e stava sulla
soglia della porta di casa.
“Meglio ancora, così saprete già come regolarvi col vostro
bambino! In bocca al lupo!” e detto questo uscì.
Ron si passò una mano sulla faccia. “Tutto questo ha
dell’incredibile.”
“Beh, però tua madre ha ragione. Ha dell’incredibile anche
che con tanti nipotini non ne abbiamo mai cambiato o allattato uno.” Fece
perplessa Hermione. “Almeno proviamoci.”
“Ma non abbiamo né pannolini né biberon!”
“Beh, per stasera ci arrangeremo. Domani compreremo tutto
il necessario.”
Qualche secondo dopo il bambolotto iniziò a piangere
incessantemente, e Ron lo fissò con un’aria molto confusa. “E ora che gli
prende?”
“Avrà fame.” Disse Hermione. “Ed è anche bagnato. Dai, io
penso a cambiarlo mentre tu ti occupi del latte.”
“E dove lo metto, poi?”
“Fatti venire un’idea!”
Ron, brontolando, si avviò in cucina. Hermione, invece,
portò il neonato urlante in camera loro e lo stese sul lettone; poi si guardò
intorno alla ricerca di qualcosa da trasformare in un pannolino, e alla fine
scelse un paio delle sue mutandine. Mentre il bambolotto continuava
inesorabilmente a strillare, lei riuscì in qualche modo a sfilargli il
pannolino bagnato, cercando di evitare le gambette scalcianti del finto
neonato, ma quando cercò di sistemare gli adesivi del pannolino finì per
strapparne uno.
“Dannazione!” si lamentò, mentre gli strilli continuavano
a romperle i timpani.
“Arriva la pappa.” Ron entrò nella stanza e le porse
qualcosa che a Hermione fece venir voglia di ridere e urlare
contemporaneamente. Era una bottiglietta piena di latte su cui stava, nel
tentativo di sembrare una tettarella, un imbuto capovolto.
“Che cosa diavolo è questo affare?!” sibilò lei, scandendo
minacciosamente e furiosamente ogni parola.
“Secondo te cos’è?!” replicò irritato lui. Gli strilli del
bambolotto non accennavano a placarsi.
“Come pretendi di far bere a un neonato del latte in un
imbuto?!?” urlò lei.
“Beh, scusa tanto se non ho usato l’attrezzatura adeguata!
Mi dici dove lo trovo un biberon a quest’ora?!” sentendo Ron urlare, il pianto
aumentò.
“Ma non potevi trasfigurarlo?” strillò frustrata Hermione,
passandosi nevroticamente una mano fra i capelli.
“Guarda, io non ne so niente di ragazzini, ma mia madre mi
ha sempre detto che non si trasfigura la roba che va in bocca ai neonati!”
ribbattè lui.
“E allora tu cosa proponi, visto che tua madre ti ha
insegnato tutte queste perle di saggezza, eh?!” strillò frustrata lei.
Ron perse la pazienza, e in un istante puntò la bacchetta
contro il bambolotto e gridò “Finite Incantatem!” finalmente il pianto cessò.
Hermione non si spiegò il perché, ma sentì le lacrime
salirle agli occhi. “Pensi che potrai risolvere così i nostri problemi quando
ci sarà il bambino?” gli chiese, con la voce tremante. Ron cercò di
risponderle, ma non gli venne in mente una risposta adeguata. “La verità è che
forse non siamo pronti, e saremo dei pessimi genitori.” E senza dargli
l’opportunità di consolarla, se ne uscì dalla stanza.
***************
I don’t want a
lot for Christmas, there’s just a thing I need
I don’t care
about the presents underneath the Christmas three
I just want you for my own, more than you could ever
know
Make my wish come true…
All I want for Christmas is you
All I Want
For Christmas Is You, Mariah Carey
***************
Tenendogli
fermo il sacco mentre lo colpiva ripetutamente coi pugni, Liam studiò
l’espressione di Ron con attenzione: stava lì in palestra, con un paio di
pantaloni e una canotta tutta sudata addosso, e una bandana fra i capelli per
impedire che gli finissero davanti agli occhi; non aveva la solita aria
furiosa: era piuttosto triste, probabilmente anche frustrato a giudicare dai
movimenti.
Ron
diede gli ultimi due colpi al sacco, poi si fermò, ansimante e sudato, con le
mani sui fianchi e la testa bassa. Liam lo guardò con un sopracciglio inarcato.
“Tutto bene?”
Il
ragazzo alzò la testa e tirò su col naso, fissando un punto lontano alla sua
destra, riprendendo fiato. “Perché non dovrebbe, tutto fila alla perfezione
nella mia vita.”
Liam
colse al volo il sarcasmo. “Facciamo la lista di quello che non funziona?”
Ron
si lasciò cadere stancamente sulla panca. “Mi sa che facciamo prima a elencare
quello che funziona.”
Liam
curvò le labbra in un sorrisetto e prese posto accanto al suo allievo.
“Problemi con Hermione?”
Ron
annuì e si tolse la bandana dai capelli, passandoci una mano in mezzo. “Non ci
sto capendo più niente.” Disse alla fine, tenendo lo sguardo basso. “Hermione è
la persona più complicata che conosca, ed è unica nel suo genere…ma ci siamo
sempre capiti noi due. Ci siamo sempre aiutati, anche se abbiamo passato la
maggior parte del nostro tempo a litigare.”
“E
cos’è cambiato ora?” chiese piano Liam.
Ron
scosse la testa. “Non lo so. Tutta questa storia di Harry…il bambino…avremmo
dovuto essere più uniti che mai, e invece lei fa di tutto per tenermi a
distanza.”
Liam
annuì. “Non tutti reagiamo allo stesso modo. E’ una situazione più difficile
del solito, e con un buon 98% di possibilità è solo spaventata.”
“Beh,
non è che io mi senta l’immagine della serenità in questo momento.” Replicò
Ron. “Il fatto è che…” poi scosse la testa. “Ho paura che non abbia una gran voglia
di fare la mamma.”
“Come
sei arrivato a questa conclusione?”
“Non
si concede mai una pausa, nemmeno quando è stanca e dovrebbe riposarsi per non
creare problemi al bambino. Mai una volta che ne parlasse un po’. E poi…”
“Poi?”
Ron
annuì, facendo scrocchiare le mani. “Ok, va bene, l’altra sera è stata colpa di
mia madre. Ha pensato bene di portare a casa un bambolotto animato, e noi,
ovviamente, non eravamo attrezzati e abbiamo combinato un casino.” Liam scoppiò
a ridere. “Bene, sono contento che la cosa ti diverta, perché non ti saresti
divertito così tanto al mio posto!”
“Scusami,
figliolo, ma una roba del genere è impagabile.” Liam smise di ridere, e
tornando serio si schiarì la voce. “Ron, tu sai quanto io stimi tua madre, ma
secondo me stavolta si è spinta un po’ troppo in là.”
“Lo
penso anch’io.”
“Fondamentalmente,
da quello che mi hai detto tu, il problema è uno solo: Hermione ha paura.” Ron
rimase in silenzio. “Non ne parla e non ci pensa perché è convinta di non
essere all’altezza della nuova vita in arrivo. Pensaci, la conosci molto meglio
di me: si è mai sentita a suo agio con qualcosa che non è riuscita a
sperimentare almeno una decina di volte prima?”
Ron
sorrise. “Questo posso immaginarlo, conoscendola. Ma se non riesco a
trasmetterle neanche un po’ di tranquillità, vuol dire che tra noi c’è qualcosa
che non va.”
“Al
momento né tu né lei comunicate tranquillità.” Lo corresse Liam. “E nessuno dei
due se la sente di prendersi un minuto di riposo perché volete ritrovare Harry.
Il che non è assolutamente condannabile.”
Ron
si appoggiò con la schiena e la testa al muro alle sue spalle e chiuse gli
occhi. “Già.” Disse stancamente.
“Lo
ritroveremo.” Fece Liam. “Lo ritroveremo, e non dovete smettere di sperare.”
“Nemmeno
di questo riusciamo a parlare. Questa cosa di Harry sta facendo soffrire tutti,
e noi avremmo bisogno di parlarne…lo so che vorrebbe tanto sfogarsi, ma è così
dannatamente testarda, non vuole abbassare le difese.”
“Aspetta
che sia lei a chiedertelo. Forse non se la sente di parlare, riesce a sfogarsi
meglio cercandolo con tutta se stessa.”
“All’inizio
credevo che sarebbe stato tutto più semplice, che ce la saremmo cavata come al
solito. Ma adesso…” Ron sospirò profondamente. “Forse ha ragione lei, ieri
avevo un bambino per le mani e l’ho fatto stare zitto con uno schiantesimo.”
A
Liam sfuggì una piccola risatina, poi si fece serio. “Ragazzo mio, tu non avevi
a che fare con un bambino, ma con un bambolotto. Sarà tutta un’altra cosa
quando guarderai per la prima volta tuo figlio. Non ti sentirai nemmeno più il
fiato nei polmoni, credimi. Sarà la sensazione più intensa e mozzafiato che tu
abbia mai provato…quando te lo vedrai tra le braccia, che ti guarda con quegli
occhi grandi e confusi, quando lo sentirai sgambettare, muovere le manine verso
di te…credimi, ti sembrerà che il mondo sia cominciato in quel preciso
istante.”
Ron
aprì gli occhi e si voltò leggermente verso di lui. “Liam…anche tu hai un
figlio.” Il suo tono, più che di una domanda, era quello di un’affermazione.
L’uomo
fece un sorriso amaro. “Si, una volta. Ed era proprio come te, irruento e buono
d’animo.”
“Cosa
gli è successo?”
Liam
tirò un sospiro profondo e abbassò lo sguardo. “Aveva 16 anni. E ancora devono
spiegarmi perché diavolo Voldemort doveva andare a fare il figlio di puttana a
Hogsmeade proprio quel giorno che lui e la mia prima moglie erano lì.”
Ron
rimase in silenzio per qualche istante. “Mi dispiace. Non ne sapevo niente.”
Liam
scosse la testa. “Ti ho detto questo, figliolo, perché so come ti senti. So che
se fosse una situazione normale saresti già spaventato di tuo, figurati in
tutto questo casino. Però devi avere le palle. Devi essere uomo, devi mantenere
i nervi saldi. Hermione ha bisogno di te.”
Ron
rimase un momento zitto, poi annuì. “Hai ragione tu. Ho sempre contato su di
lei perché è la donna più forte che conosca, ma non è giusto. Ha bisogno anche
lei di una spalla su cui piangere.”
Liam
gli diede una pacca sulle spalle. “Questo è lo spirito giusto.”
Ron
si alzò, mettendosi l’asciugamani attorno al collo. “Grazie, Liam.”
L’uomo
gli fece un occhiolino. “Lo metto in conto, Weasley.” Il ragazzo rise e uscì
dalla palestra.
***************
I will cross the ocean for you
I will
go and bring you the moon
I will
be your hero, your strenght, anything you need
I will
be the sun in your sky
I will
light your way for all time, promise you
For you
I will, yeah…
For You I Will, Monica
***************
Hermione,
sul divano di casa sua, mise giù il libro (Il Tempo e le sue molteplici espressioni)
e abbandonò la testa contro la spalliera del divano. Tre mesi di quel niente…le
ricerche si erano arenate, l’indovinello era rimasto irrisolto, con Ron a
malapena riusciva a spiccicare due parole, e di Harry neanche l’ombra. Non
poteva andare peggio. Stava accumulando una tale sofferenza che cominciava ad
avere problemi a fare anche le cose più semplici.
Ron
rientrò nella stanza interrompendo le sue riflessioni e si sedette sul divano
accanto a lei, guardandola. “Come va?”
Lei
scrollò spallucce, guardando altrove. “Ho ancora mal di schiena.”
Lui
le accarezzò la guancia col dorso della mano. “Perché non ti stendi? Penso io a
preparare la cena, nel frattempo tu ti riposi un po’.”
Hermione
si sentì lo stomaco serrato in un pugno. Le faceva ancora più male quando lui
si mostrava così premuroso, le centuplicava la fatica di tenergli il segreto, e
la faceva sentire più in colpa. Perciò si sottrasse leggermente dalla sua mano.
“No…non ti preoccupare, Aki dice che è più che normale.”
Ron
le voltò il mento con due dita, per poterla guardare in faccia. “Tesoro,
possiamo parlare un po’?” le chiese dolcemente.
Hermione
evitò il suo sguardo. “Di cosa?”
“Di
noi. Di nostro figlio. Di Harry. Di tutto quello che sta andando storto nella
nostra vita.” Lui si mise seduto ancora più vicino a lei. “E’ parecchio che io
e te non parliamo.”
Lei
s’irrigidì. “Non ho voglia di parlare.”
“Perché?”
Domanda
molto interessante, risposta alquanto complessa. “Perché…non ho niente da dire.
Non abbiamo tempo da perdere in chiacchiere.” Ribbattè, con la voce nervosa.
Hermione
perse la capacità di pensare nell’istante in cui incrociò gli occhi di Ron. Per
tre mesi non aveva fatto altro che evitarli. Come si può guardare negli occhi
l’uomo che si ama senza cedere e rivelargli ogni segreto? E per quel preciso
motivo era riuscita a tenerlo a distanza per tanto, troppo tempo…e affrontare
tutto da sola era ancora più duro per lei….per non dire quanto le mancava
dividere tutto con lui.
“Sei
così lontana da me…” le sussurrò piano Ron, mentre il blu cobalto dei suoi
occhi si fondeva col castano caldo e profondo dei suoi.
Lei
si sentì mancare il fiato e cercò di allontanarlo, respingendolo. “Lasciami
stare, per piacere.”
Respingere
qualcuno della mole fisica di Ron era tutto fuorchè facile. “Perché?” le chiese
brusco. “Perché io e te non riusciamo più a comunicare?”
Lei
scosse la testa, testarda. “Sei tu che sei invadente.”
“Perché
continui a sfuggirmi, Hermione? Ho il diritto di saperlo.”
“E
io ho il diritto di non risponderti.” Hermione fece per alzarsi, ma si ritrovò
le spalle bloccate contro il divano dalle mani di Ron. “Sei uscito di testa?!”
“Questa
volta non mi lascerò sbattere la porta in faccia, Hermione! Non puoi tagliarmi
fuori dalla tua vita!” tuonò lui, con gli occhi e la voce più profondi che mai.
“Tu hai più bisogno di me di quanto non voglia ammettere.”
“Io
non ti voglio ascoltare.” Replicò istericamente lei, scuotendo la testa.
Lui
la ignorò. “Cos’è che ti fa più male, il fatto che non riesci a goderti
completamente il bambino, o che Harry non è qui con noi?”
“Basta,
smettila…”
“Perché
se lui fosse qui, se non fosse mai successo niente, tu non ti vergogneresti di
essere felice, non è così?” continuò incalzante lui. “Tu sei felice di avere
questo bambino, ti ho vista più volte accarezzarti la pancia, lo vuoi quanto me
tuo figlio. Allora il problema è Harry, non è vero?”
“Ti
ho detto di finirla!!” strillò lei con le lacrime agli occhi, ma lui non si
fermò; anzi, alzò ancora di più la voce per coprire la sua.
“Ti
vergogni di gioire del tuo bambino mentre Ginny piange perché Harry non c’è a
vedere Danny che sta imparando a mangiare le prime pappine? O meglio ancora,
hai paura?”
“Basta,
stai zitto!!” strillò di nuovo lei, mentre le lacrime le scendevano liberamente
sulle guance. Le prime dopo tanto tempo, e a malapena si rendeva conto che
finalmente stavano uscendo.
“No,
sei tu che devi smetterla!!” tuonò lui, dandole uno scrollone alle spalle. “Sei
un essere umano, cazzo, e hai tutto il fottutissimo diritto di avere paura!
Credi che avere un figlio sia una passeggiata? No, e hai proprio ragione!
Saranno cazzi molto acidi quando sarà qui, dovrà essere il nostro primo
pensiero in ogni singolo momento! E non ci sono libri che spieghino come si fa
a stargli dietro, né è incluso nella confezione un fottutissimo libretto
d’istruzioni!! Ma la sai una cosa? E’ proprio questo il bello. Sarà una
bellissima avventura, perché la vivremo insieme, tu e io. Noi due siamo una
squadra e tu non puoi lasciarmi fuori, come posso aiutarti se fai così?!”
“Tu
non capisci!” riuscì a lamentarsi Hermione tra i singhiozzi.
“Che
cosa non capisco?” ribbattè lui, scuotendola di nuovo. “Che cosa c’è da capire,
dimmelo!”
“Lasciami
stare, ti supplico…” lo implorò lei tra le lacrime.
Vederla
in quello stato gli fece male al cuore, ma Ron si sforzò di continuare a
pressare. Doveva assolutamente sbloccarla, ora che finalmente le sue difese
stavano cedendo. “Che cosa devo capire che ancora non ho capito, Hermione?
Credi che a me Harry non manchi? Porca puttana, lui è il mio migliore amico, è
un fratello per me! Credi che non sarebbe piaciuto anche a me passare una sera
con lui, a bere birra e a scommettere su come sarà nostro figlio e a chi
somiglierà di più?”
Hermione
fece un ultimo tentativo di liberarsi dalla sua presa, ma non le riuscì. “…io
non…”
“Lo
so che fa male, fa malissimo.” Ron cercò di rendere più pacato il tono della
voce. “Tutto quello che ti chiedo è di non chiuderti così tanto in te stessa,
di non lasciarmi fuori. Io ho bisogno di te, tu hai bisogno di me…e la vita del
nostro bambino dipende da te, ora più che mai. Non puoi continuare a
distruggerti in questo modo, fai del male a te e anche a lui, e per me è atroce
stare a guardare senza poter fare niente.”
Hermione
serrò forte gli occhi. Come poteva dirgli tutta la verità? Se gli avesse detto
tutto di Renan e dell’indovinello, avrebbe messo ancora di più in pericolo la
vita di Harry. Non poteva farlo…eppure quanto aveva ragione Ron, non aveva
inventato né immaginato niente, si era limitato alla pura verità. Si meritava
altrettanta onestà da parte sua.
“Che
cosa c’è che ti trattiene, Hermione?” continuò lui. “C’è qualcos’altro, non è
vero? A ma non puoi raccontare cazzate, te lo leggo negli occhi che c’è
qualcosa. Che cosa, spiegami!”
Lei
scosse freneticamente la testa, con gli occhi serrati. “…no, no…”
“Cosa
c’è, Hermione?!” ora Ron era più allarmato. Quella non era la reazione che
normalmente avrebbe avuto Hermione: c’era davvero sotto qualcosa, molto
probabilmente più grave di quanto potesse immaginare. “Perché fai così, non
tenerti tutto dentro! Quando mai ci siamo tenuti dei segreti io e te?”
“…non
posso…non posso farlo…”
Lui
le diede un paio di scrolloni. “Che cosa non puoi fare? Ti prego, amore,
spiegami cosa c’è!”
Hermione
aprì gli occhi e lo guardò con un’espressione sfinita e supplice. “…perdonami…”
“Per
che cosa dovrei perdonarti? Che cosa hai fatto?”
“…è
tutta colpa mia…solo mia…tu devi perdonarmi…e anche Ginny…e Danny…e tua
madre….e Sirius…” singhiozzò lei.
Ok,
ora c’era davvero di cui preoccuparsi. “Hermione, cosa stai dicendo? Non ti
capisco, perché dovremmo perdonarti?”
Lei
si avvinghiò alle sue braccia disperatamente. “…tienimi stretta a te…”
Lui
non se lo fece ripetere due volte e la prese fra le braccia, stringendola forte
e accarezzandole i capelli e la schiena. “…Hermione…”
“…tutto
quello che è successo a Harry è solo colpa mia…” disse piano lei, stringendosi
forte a lui e nascondendo il viso nel suo collo. “…solo colpa mia…”
“Tesoro,
perché dici questo?” le chiese piano lui, sfiorandole la fronte con le labbra.
“…io
non potevo dirtelo…” sussurrò lei, chiudendo gli occhi e stringendo la presa
attorno ai suoi fianchi. “…non potevo…avrei messo in pericolo Harry…ma non ce
la faccio più…sto tanto male, Ron…”
Lui
l’abbracciò di più e continuò ad accarezzarle i capelli, sforzandosi di restare
calmo per il suo bene. “…va bene, non preoccuparti…non fa niente se non mi hai
detto niente prima….dimmelo adesso, però…qualunque cosa sia…”
Hermione
tirò un sospiro tremulo. “…il giorno…il giorno in cui ho scoperto di essere
incinta… Renan…mi ha avvicinata…” lui non disse nulla, ma s’irrigidì. “…ha
detto…che non potevo dirlo… o avrebbe fatto altro male a Harry…”
“Che
cosa ti ha detto?”
“…che
chi ha preso Harry l’ha fatto solo per colpire me…” riuscì a dire Hermione tra
i singhiozzi. “…ma non mi ha detto chi è né cosa vuole…ha detto solo che se non
mi odiasse fino a questo punto… nonavrebbe mai fatto tutto questo a Harry…”
A
Hermione venne un altro attacco di pianto, e Ron serrò forte la mascella. Sentì
un’ondata di odio e rabbia intensa in corpo, segno evidente che la tigre dentro
di lui stava cacciando gli artigli. Nonostante l’unica cosa a cui riuscisse a
pensare fosse la testa di Renan su un piatto, s’impose di dominarsi; Liam aveva
ragione, ora la prima cosa da fare era aiutare Hermione, perché ne aveva
davvero bisogno. “Ti ha detto…solo questo?”
“…no…”
lei tirò su col naso. “…mi ha dato una specie di indovinello…se lo risolvo,
saprò dove tengono Harry…ma ci sto lavorando giorno e notte da tre mesi e
mezzo, devi credermi, non sono ancora riuscita…non riesco a capirlo…”
piagnucolò.
“Figlio
di puttana.” Sibilò Ron a denti stretti, serrando gli occhi. Ora tutto aveva un
suo dannato senso, a cominciare dal comportamento di Hermione: quanto doveva
aver sofferto… “Qual è l’indovinello?”
Lei
cercò di riprendere fiato tra i singulti. “Harry è tenuto prigioniero dove il
tempo è più manifesto.”
Lui
si accigliò. “Ma che vuol dire?” e immediatamente lo sguardo gli cadde sul
libro che stava leggendo lei fino a qualche minuto prima; in un istante gli
tornarono in mente tutte le volte che l’aveva beccata con un libro sul tempo in
mano negli ultimi mesi.
“…ho
combinato…solo casini…”
“No,”
le disse dolcemente lui, respingendola indietro e prendendole il viso tra le
mani. “No, invece sei stata bravissima! Ora che mi hai detto come stanno le
cose, non dovrai più fare tutto da sola. Troveremo insieme la soluzione a
questo rompicapo, ne sono certo.”
“…se
Renan scopre…” sussurrò lei.
“Non
potrà accorgersene, questa cosa resterà fra te e me. Quando saremo sicuri di
aver fatto centro, lo diremo anche agli altri.” Hermione lo guardò con uno
sguardo insicuro e ancora profondamente scosso e confuso, e lui si sforzò di
sorriderle, per il suo bene. “Ora siamo di nuovo insieme, baby, e lo sai che
nessuno è più forte di noi.”
Lei
si asciugò gli occhi col palmo della mano. “Allora tu…anche se è colpa mia, non
mi odi?”
Lui
scosse la testa. “Amore, come potrei mai odiarti? E poi non è colpa tua, e se lo
pensi fai il gioco di quei bastardi. Quella carogna ti ha detto queste cose
perché tu cominciassi a tormentarti e a perdere la lucidità. Ragiona: ammesso
che sia vero che hanno rapito Harry per colpire te, cosa potevi fare? Ti
butteresti nel fuoco per lui se servisse, e questo lo sa lui, lo so io, lo sa
Ginny e lo sanno anche tutti gli altri.”
Hermione
chiuse gli occhi e si abbandonò di nuovo nel suo abbraccio. “Non volevo tenerti
un segreto, devi credermi…”
“Lo
so.” Le rispose piano lui, accarezzandole la testa. “Non avere paura, l’incubo
è finito. Qualunque cosa sia l’affronteremo insieme, e andrà tutto per il
meglio. Ti fidi di me?”
“Più
che di me stessa.” Fece lei in un soffio.
“Ok.”
Rispose altrettanto piano lui. Rimasero così per molto tempo, fin quando Ron
non sentì il respiro di Hermione regolare e tranquillo. Molto lentamente,
evitando movimenti bruschi, la stese sul divano e la coprì con una coperta,
scansandole dal viso una ciocca di capelli e asciugandole le lacrime coi
pollici. Lei singultò ancora, ma non si svegliò; una volta sistemata, lui prese
il libro sul tempo che era rimastò lì vicino, si abbandonò nella sua poltrona e
cominciò a sfogliarlo, cercando qualcosa che desse un senso all’indovinello.
***************
I will shield your heart from the rain
I won’t let no harm come your way
Oh,
these arms will be your shelter
No,
these arms won’t let you down
If
there’s a mountain to move
I will
move that mountain for you
I’m here
for you, I’m here forever
I will
be your fortress tall and strong
I’ll
keep you safe, I’ll stand beside you right or wrong
For
You I Will, Monica
***************************
Bene, ecco anche il sesto capitolo…mi piace questa cosa, ci
sto mettendo molto meno tempo di quanto pensassi ad aggiornare! Sarà perché
trovo sempre tutte quelle bellissime recensioni che mi rallegrano la giornata?
^^
A proposito di recensioni: a Eli e Kia (e anche a…ops, non
mi ricordo più chi altro l’ha detto…giuggy? Ginny?…uff, non mi viene in mente,
ma forse una delle due…o entrambe? …) che pensano di sapere chi è la brutta
antipatica che sta facendo questo casino: accipicchia, ho le labbra cucite, ma
vorrei potervi dire che siete MOLTO sulla strada buona…ehi, bocca chiusa però,
eh? ^^
Keijei, tesoro mio, naturale che Ron avrebbe fiutato il
problema! Ci voleva solo un po’ più di tempo… sai com’è, il bello di questa
storia è che i protagonisti riflettono pericolosamente il periodo di casino
mentale che sto passando io…perciò sono un po’, anzi, molto incasinati anche
loro. Però a me piacciono, perché così non sono piatti e monotoni…vabbè, il mio
parere non fa testo, io sono l’autrice! ^^
Wow, Strekon: se riesci a risolvere l’indovinello prima che
lo faccia Hermione, ti prometto che risponderò a qualsiasi domanda tu voglia
farmi a proposito di questa storia, incluse quelle sulla fine! ^^ Ma sai, non
per scoraggiarti…ma la cosa non è così semplice come può sembrare… Si, è un
luogo preciso. E la domanda è: quale? Hai ancora un po’ di tempo per
rifletterci su, poi se ti viene in mente mandami una mail (così non lo scopre
nessun altro). In bocca al lupo, Sherlock! ^^
Bacissimi a tutti, ma un bacio gigante a chi recensisce ^^
Maybe it’s intuition, some
things you just don’t question
Like in
your eyes, I see my future in an istant
And
there it goes, I think I’ve found my best friend
I know
that this might sound more than a little crazy,
But I
believe…
I
Knew I Loved You, Savage Garden
***************
Dare retta a Ron fu una di quelle cose di cui Hermione non
si pentì; seguendo il suo consiglio si era presa un paio di giorni di vacanza,
e anche se li aveva passati a fare ricerche per risolvere l’indovinello di
Renan, rimanendo a casa e non dovendo tenere segreti a Ron riuscì a sentirsi
finalmente molto meglio.
Perciò quella domenica mattina si era alzata decisamente
molto più in forma di quanto non si fosse sentita dall’inizio della sua
gravidanza. E ora era seduta nel letto, appoggiata a una pila di cuscini, con
un libro sulle ‘espressioni più minuziose del tempo’ sulle ginocchia, mentre Ron dormiva ancora.
Qualche minuto dopo, comunque, anche lui si stiracchiò e si mise
seduto sul letto, sbadigliando e stropicciandosi gli occhi assonnati.
Lei gli rivolse un radioso sorriso. “Bene alzato.”
Lui rispose al suo sorriso, ancora assonnato. “Siamo di
buonumore stamattina.”
Hermione, sorridendo, gli prese una mano e se la mise sulla
pancia. Un istante dopo anche lui sorrise. “Ehi, direi che è lui il più allegro
oggi.”
“O lei.”
“Nah, io dico che è un lui. Senti che calcioni?”
Hermione si risistemò la spallina della camicia da notte che
era scivolata giù. “Potrebbe essere una femminuccia con la forza del papà.”
Ron la guardò intensamente per qualche secondo. “Preferirei
che fosse bella come la mamma.”
Lei sorrise e tornò a sdraiarsi sui cuscini. “Non mi sento
bella, mi sento grassa.”
“Ho visto di peggio, Madame Maxime.” Ridacchiò lui,
appoggiandosi su un gomito e continuando ad accarezzarle la pancia. “Ce ne
vuole per definire te grassa.”
“Non oso pensare a come mi definiresti ora.” Fece lei
autoironicamente, scostandosi un ciuffo di capelli spettinati dal viso. “Non si
parla delle donne incinte come di belle donne.”
“Io non parlo delle altre, parlo di te. E tu sei bellissima,
lo sei sempre stata.” Il suo sguardo era molto serio mentre parlava.
Lei gli sorrise e gli accarezzò una guancia. “Anche tu.” Lui
le fece un occhiolino. “Pensa a quanto dovrà essere perfetto il nostro
bambino.”
Hermione chiuse gli occhi. “Che stamattina sta facendo
particolarmente il dispettoso…mi ha fatto venire un’incredibile voglia di
fragole e panna…”
“Ehi, fattela passare subito! Non vorrai che questo bambino
venga tutto rosso!”
Lei rise. “Ron, è tuo figlio! Al 98% dei casi sarà rosso.”
Lui annuì compiaciuto. “E sarà un autentico rubacuori. Il
fascino è incluso nella confezione dei geni Weasley.”
“Certo, dimenticavo.” Fece lei, stando al gioco. “E
l’irruenza, l’aggressività e l’impulsività sono parte del pacchetto regalo?”
Lui finse di pensarci un attimo. “Si, credo proprio che sia
la confezione Magnum.”
Hermione rise e scosse la testa. “Oh mio Dio, due di te con
cui avere a che fare…”
“C’è una soluzione alternativa.” Mormorò lui, chinandosi a
baciarle il collo. “Possiamo provvedere subito a un altro figlio…serio,
studioso e con gli occhioni color cioccorana…”
Lei non potè non ridere. “I miei occhi avrebbero il colore
di una cioccorana?” Lui ridacchiò e annuì, quindi ne approfittò per baciarla.
Andarono avanti in quel modo per parecchi minuti, ma quando Ron le abbassò una
spallina della canotta lei lo respinse dolcemente indietro. “Ron…non si può…il
bambino…”
Lui non sembrava così ben predisposto a fermarsi, ma si
sforzò di annuire e tirarsi indietro. “Solo in docce gelate, questo ragazzino
mi sta costando un patrimonio.”
Lei rise e gli accarezzò il viso, tornando seria. “Ti
ringrazio.”
“Per che cosa?”
“Mi hai aiutato più di quanto credessi. Mi hai salvato da
una situazione che mi stava mangiando viva…” e qui sospirò. “Fa male lo stesso,
ma almeno ora riesco ad affrontare le cose con più concentrazione e lucidità.
Perché le stiamo fronteggiando insieme.”
Lui inarcò entrambe le sopracciglia. “Non ho sentito le
paroline magiche.”
Hermione alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, ma
mantenne un sorrisetto sul viso. “Tu avevi ragione e io torto. Soddisfatto?”
“Oh, santo cielo!” Ron si finse commosso. “Non avrei mai
creduto che avrei sentito una cosa del genere uscire proprio dalle labbra di
Miss Perfezione!”
“Sta’ zitto, Ron Weasley, o va a finire che ti ci mordo con
queste labbra.”
Lui curvò la bocca in un odioso quanto malizioso sorrisetto.
“E perché non lo fai, scegli pure con cura il tuo obbiettivo.” Le sussurrò con
la sua voce più provocante.
Hermione gli tirò in faccia un cuscino, e tutti e due
risero. “Sei incorreggibile.” Ridacchiò lei.
“Ah, ora che mi ci fai pensare.” Ron si voltò verso il suo
comodino e prese qualcosa. “Ieri mattina Bill e io avevamo un appostamento a
Londra, e beh…ho trovato una cosa proprio carina per Piripicchio.” Le disse,
accennando col mento verso il pancione e porgendole una scatola.
Lei gli rivolse un sorriso a 32 denti e prese la scatola.
“Che cos’è?” quando dalla confezione sbucò un pigiamino azzurro di morbida
flanella per neonato, Hermione quasi si commosse. “Oddio…è…è bellissimo, Ron!
Ed è il primo regalo per il nostro bambino!” euforica, gli gettò le braccia al
collo. “Certe volte puoi essere così dannatamente dolce, tu!” e, stracarica di
entusiasmo, si fece di nuovo indietro, per poter guardare meglio il pigiamino.
Ron non potè non sentirsi completamente appagato. Finalmente
la vedeva sorridere di nuovo, finalmente la vedeva presa anche dal bambino…il
panico che le le aveva letto negli occhi fino a qualche giorno prima era
svanito, e la fase di shock era finalmente passata: la sua Hermione era tornata
la donna determinata e grintosa che era sempre stata.
“In effetti…” si decise a parlarle, con un po’ di
esitazione.
“Cosa?” gli chiese al volo lei, senza staccare gli occhi dal
pigiamino che teneva in mano.
Ron annuì e vinse ogni esitazione. “…ho preso qualcosa anche
per te, ieri.”
Lei lo guardò. “Per me? Oh, ma non avresti dovuto…”
“No, no.” Fece serio lui. “Questo invece credo proprio che
avrei dovuto farlo già molto tempo fa.”
Hermione s’incuriosì nel notare la sua serietà. “Di che
parli, Ron?”
Ron tirò un sospiro e prese una cosa dal suo comodino. “Ci
ho pensato molto quando l’ho visto, e poi ho capito…beh, mi sono detto: perché
no?…insomma…con un’altra donna sarebbe tutto così complicato e pieno di quelle
convenzioni che non ho mai potuto sopportare…ma con te è tutto diverso…” e così
dicendo le prese una mano. “…tu sei la mia migliore amica, e la donna che amo
di più al mondo.”
Hermione si guardò la mano: nel palmo aveva una piccola
scatolina di velluto. Non le fu difficile immaginare cosa contenesse, e si
coprì la bocca con una mano, guardandolo con gli occhi spalancati.
Lui le rivolse un breve sorriso. “Lo so che noi non abbiamo
bisongo di formalità per amarci e tutto il resto…però…dicono che queste cose si
fanno così, d’istinto, perché se sei lucido ti fai assalire da un milione di
dubbi inutili…e io posso dubitare di qualunque cosa al mondo, ma non di noi.
Perciò…”
Quando Ron aprì la scatolina, Hermione aveva già le lacrime
di commozione che le rigavano le guance. Era davvero un anello bellissimo,
tutto d’oro e con tre piccoli diamanti incastonati.
Lui le fece uno dei suoi sorrisi più fascinosi. “A costo di
suonare pomposo e sdolcinato…baby, mi vuoi sposare?”
Hermione sorrise tra le lacrime e gli gettò le braccia al
collo. “Dio mio, si! Si, non c’è niente che vorrei di più al mondo!”
Anche Ron l’abbracciò forte e tirò un sospiro di sollievo.
Diamine, c’era proprio riuscito. “Adesso sì che si ragiona.” Anche lei rise, ma
tornò a commuoversi quando lui le infilò l’anello al dito. “Ehi, ma riesco
sempre a farti piangere, eh?” le mormorò con un occhiolino.
Lei rise e si asciugò gli occhi col dorso della mano. “Si,
accidenti, come ci riesci tu non sa farlo nessuno.”
Ron ridacchiò e scosse la testa. “Quasi non riesco a
crederci…non solo sto per avere un figlio, ma sto anche per sposarmi.”
“Perché, non credevi che l’avresti mai fatto?” gli chiese
lei, tirando su col naso.
“No, soprattutto dopo tutto quello che ci è capitato a
Hogwarts, credevo che la vita da padre di famiglia sarebbe stata troppo
impegnativa per me…non credevo di volerla più, fondamentalmente non volevo più
responsabilità. Ma con te è cambiato tutto, sono cresciuto e ho smesso di fare
lo scapestrato…grazie per avermi riportato sulla strada giusta.” Le disse,
baciandole la mano.
Anche lei gli baciò la sua. “Grazie per esserci sempre stato
ogni volta che ho avuto bisogno di te.”
Ron le fece un occhiolino. “Ehi, ci stiamo bruciando i
discorsi da fare all’altare al nostro matrimonio.”
Anche Hermione sorrise. “Improvviseremo.”
Lui rise e le diede un bacio sulle labbra, poi si alzò dal
letto. “Bagno o doccia?”
“Bagno, con tante bolle di sapone.”
“Vado a preparare l’acqua.” Lui si avviò verso la porta.
“Ron?”
“Mh?”
“Ti amo.” Fece lei con un sorriso.
Lui le scoccò uno dei suoi sguardi più allegri e intensi
prima di uscire dalla stanza. “Io di più.”
***************
Almost
Paradise,
We’re
knocking on heaven’s door
Almost
Paradise
How
could we ask more?
I swear
that I can see forever in your eyes…paradise
Almost
Paradise, M.Reno and A.Wilson
***************
“Deve essere stata una scena impagabile.” Commentò Ginny
ridacchiando, dopo aver sentito da Hermione la storia del bambolotto.
Hermione, che la stava aiutando ad apparecchiare la tavola
nella sala da pranzo della Tana, scosse la testa. “Oh certo, tu ridi ora, ma
avrei voluto vederti al posto mio.”
“Non credere che i primi tempi con Danny siano stati una
passeggiata per me e Harry.” Le disse lei. “Ma vi ci abituerete, come fanno
tutti.”
“Ah, me lo auguro con tutto il cuore.”
Ron e suo padre rientrarono nella stanza, il primo col
piccolo Danny in braccio, il secondo con un grosso piatto di frutta fresca fra
le mani.
“Direi che è quasi pronto.” Esclamò entusiasta Arthur
Weasley, posando il piatto sul tavolo.
Hermione si avvicinò a Danny, che si stava succhiando la
manina in braccio a Ron, e gliela sfilò dalla bocca con un sorriso. “Ehi, non
ti puoi pappare tutta la manina, sennò come farai senza?”
Il bimbetto sgambettò vivacemente e cercò di mettere in
bocca la mano che Ron gli teneva attorno al pancino per sorreggerlo. “Gin, mi
sa che Sbirulino ha fame.” Fece Ron.
Ginny si prese in braccio il figlio e si voltò verso il
padre. “Papà, il biberon è in cucina?”
“Eccola qua, la pappa dell’amore di nonna sua!” canticchiò
Molly Weasley, entrando con il biberon di Danny in una mano e una pila di
piatti nell’altra.
“Le do una mano io.” Si offrì Hermione, prendendole dalle
mani tre piatti e in biberon.
“Oh mio Dio!!” strillò la paffuta signora, facendo cadere a
terra tutti i piatti che le erano rimasti in mano. Hermione sussultò e arretrò
di un paio di passi, gli altri fissarono mamma Weasley ad occhi sbarrati.
Nonostante tutto, lei li ignorò tutti e afferrò freneticamente la mano sinistra
di Hermione. “Oddio!! Finalmente il mio bambino l’ha fatto!!” esclamò, già
sull’orlo della commozione.
Ginny, sorpresa per non averlo notato prima ed eccitata per
la prima volta dopo tanto tempo, prese subito la mano di Hermione per guardare
a sua volta, e rivolse alla sua quasi-cognata un sorriso enorme. “Oh Signore, è
bellissimo, Hermione!” poi si voltò verso il fratello, altrettanto entusiasta.
“L’hai scelto tutto da solo?”
Ron annuì con un sorriso soddisfatto sul viso. Suo padre gli
diede un abbraccio paterno. “Congratulazioni, figliolo, e anche a te, Hermione
cara.” Disse allegramente.
La signora Weasley abbracciò forte Hermione e poi si gettò
al collo del figlio. “Gioia mia! Finalmente l’hai fatto! Avevo così tanta paura
che avresti continuato a vivere come uno scapestrato!” piagnucolò.
“Grazie, mamma.” Fece ironico Ron, facendo del suo meglio
per non restare soffocato nell’abbraccio di sua madre.
Ginny passò il braccio con cui non teneva il figlio intorno
alle spalle di Hermione, e le diede un bacio sulla guancia. “Benvenuta nella
famiglia a tutti gli effetti.”
Hermione sorrise, ricambiando anche il bacio affettuoso di
Arthur Weasley. “E allora, figlioli, quando sarà il grande giorno?”
Ron fece un sorriso a Hermione, poi si voltò verso suo
padre. “Abbiamo deciso di aspettare Harry. Non mi posso sposare senza il mio
testimone.”
Mamma Weasley gli accarezzò il viso, e Ginny lo raggiunse
per dargli un bacio suilla guancia.
“Bene, bisogna brindare!” esclamò vispo il signor Weasley.
“Ginny, tesoro, dove ho messo quella bottiglia di vino che mi ha portato Percy
ieri sera?”
“Vado a prendertela io.” Gli rispose la figlia, lasciando il
bambino in braccio a sua madre e uscendo dalla stanza.
“E’ tutto così…così…” Molly Weasley si commosse di nuovo, e
il marito le diede un paio di gentili pacche sulle spalle.
“Suvvia, Molly, sono già sei figli che fai questo!”
Ron e Hermione risero, ma qualcosa li interruppe
bruscamente.
“AAAAAAHHHH!!!!!”
Il grido di Ginny richiamò l’attenzione di tutti, che in
meno di un secondo la raggiunsero, Ron e Hermione con le bacchette puntate e
Molly Weasley col piccolo Danny stretto in collo.
Ginny stava di spalle contro la porta di casa quasi del
tutto aperta, in cui stava conficcata la lama di un pugnale a due passi dalla
sua guancia. Di fronte a lei, nel giardino, c’erano una ventina di uomini
armati di bacchetta e, appoggiato a un albero e intento a giocherellare con un
pugnale, stava Harry.
“Ginny!!” strillò la signora Weasley appena l’ebbero
raggiunta. Ron e Hermione si misero subito davanti, puntando a loro volta le
bacchette contro gli assalitori, mentre Molly faceva un passo indietro nel
tentativo di nascondere il nipote.
“Oh, santissimo cielo…” mormorò Arthur Weasley quando vide
chi sembrava avere il comando di quel gruppo di assalitori; ma in quel momento
quello non sembrava per niente il viso di Harry, non con quel ghigno piantato
sulla faccia.
“Harry…” sussurrò Ginny piano, poi prese coraggio e fece tre
passi avanti. “Harry! Harry,
sono io!! Riesci a sentirmi? Harry!!” lui nemmeno la degnò di uno
sguardo, e lei cercò di raggiungerlo, ma suo padre l’afferrò per le braccia e
la trattenne. Lei cercò di divincolarsi. “Harry!! Perché non mi guardi??
Ascoltami, ti prego!!”
Arthur la trattenne. “E’ tutto inutile, Ginny! E’ sotto
l’effetto del maleficio!”
Harry lasciò perdere il pugnale e fece un paio di passi in
avanti, prontamente seguito dal serpentone che era a Hogsmeade il giorno
dell’attacco. “Io vi suggerirei di lasciare le bacchette.” Disse a Ron e
Hermione. “Se non volete che di questa casa resti solo l’indirizzo.”
I due non esitarono, e lasciarono cadere le bacchette a
terra. “Harry,” cominciò piano Ron. “Ti rendi conto che ti stanno usando,
vero?”
Harry, con un ghigno alquanto irritante, raggiunse il suo
amico e gli si mise faccia a faccia, con aria di sfida. “Quando vorrò il tuo
parere, pel di carota, te lo chiederò. Ma fino ad allora, fai un favore a tutti
e cuciti il becco.”
“Perché non reagisci?” incalzò Ron, sforzandosi di
ignorarlo. “Non esiste un’incantesimo né una maledizione che sia mai riuscita a
domarti. Che è successo alla tua volontà di ferro, Harry? Che cazzo ne hai
fatto?”
Harry gli rivolse un sorrisetto maligno e si voltò verso
Hermione. “Perché non lo chiedi alla tua bella fidanzata?”
Istintivamente, Hermione fece due passi indietro quando lui
li fece avanti.
“Hermione, amica mia.” Fece Harry con una voce
tagliente. “Dimmi…l’hai detto a loro che la colpa di tutto questo è solo tua?”
Hermione si sentì di morire, prima di tutto perché sentire
una cosa del genere proprio dalla bocca di Harry era peggio di una pugnalata
dritta al cuore, e poi perché si sentì gli occhi di tutti puntati addosso.
“…Harry, io non…”
“Perché forse loro non lo sanno ancora.” Infierì Harry. “Non
lo sanno che se ora sono qui è solo per far del male a te.”
“Basta, smettila!” tuonò Ron.
“E l’indovinello? Non l’hai ancora risolto? Guarda un po’…” continuò
Harry, abbassando lo sguardo sul pancione. “A quanto pare hai avuto altro da
fare che cercare di salvare il tuo migliore amico.”
“Lasciala stare, Harry!!” ruggì Ron.
Hermione, atterrita, a malapena riuscì a trovare il fiato
per replicare. “…no, devi credermi, io ci ho provato…è solo che…”
“E’ solo che?” la interruppe Harry. “E’ solo che non riesci
a spiegare alla mia mogliettina e alla sua mielosa famiglia che non solo è
colpa tua per quello che mi è successo, ma che nemmeno ti stai impegnando per
risolvere il caso? Beh, hai ragione, non si può andare a dire una cosa del
genere, immaginati la reazione.”
A Hermione bruciava la gola così tanto che aprì la bocca per
parlare, ma non ne uscì nemmeno un fiato.
“Lo sai io cosa…” ma stavolta Harry non potè continuare,
perché un pugno in pieno viso lo fece arretrare di parecchi passi.
Ron, davanti a Hermione, aveva gli occhi che gli
fiammeggiavano. “Ti ho detto di lasciarla stare, brutto stronzo!!” urlò.
“Cazzo, Harry!! Svegliati!! Ti stai lasciando manipolare da loro come un
fottuto burattino!! Perché ci stai facendo questo, tu non diresti né faresti
mai cose del genere! Perché non crechi di tornare te stesso?! Dannazione, non
avrei mai creduto che ti saresti lasciato manovrare così!!”
“E io non avrei mai creduto che tu avresti dato più
importanza a una scopata che alla nostra amicizia.” Sibilò Harry.
Hermione trattenne per un braccio Ron prima che potesse
lanciarsi di nuovo contro di lui.
“Harry, ti prego!!” piagnucolò Ginny.
“Beh, ci rivedremo presto, amici miei.” E con un
ultimo perfido ghigno, Harry e gli altri uomini si avvolsero nei mantelli e
svanirono nel nulla.
Il pianto di Danny non fece che centuplicare il dolore nel
cuore di tutti. Ron si passò le mani fra i capelli e chiuse gli occhi per un
attimo. Il suo pensiero, prima di ogni altra cosa, corse a Hermione: stava lì
in piedi, coi pugni stretti e gli occhi bassi fissi nel vuoto. No, non poteva
bloccarsi di nuovo, non dopo tutto quello che avevano fatto per uscire da
quell’incubo…
Evidentemente la preghiera di Ron fu ascoltata, perché la
salvezza venne proprio di lì a pochi secondi. Ginny, in lacrime, le si avvicinò
e l’abbracciò. “Mi dispiace tanto…non avrebbe mai detto queste cattiverie, lui
vi adora…non è colpa sua…né tantomeno tua…” le disse tra i singhiozzi.
Questo sbloccò Hermione, che l’abbracciò a sua volta e
scoppiò a piangere forte. Ron tirò un piccolo sospiro di sollievo e si lasciò
andare di spalle contro la casa, con la testa bassa, gli occhi chiusi e i pugni
serrati forte.
***************
If I go crazy, then will you still
call me Superman?
If I’m alive and well, will you be
there holding my hand?
Kryptonite,
Three Doors Down
***************
Hermione
aprì gli occhi e si accorse che il letto accanto a lei era vuoto; ancora
assonnata, si stropicciò gli occhi e gettò uno sguardo all’orologio sul suo
comodino: le 3.30 di mattina. Ma Ron? Dopo un attimo di smarrimento si alzò dal
letto e scese le scalette, per andarlo a cercare al piano di sotto della loro
casetta. Aveva addosso una delle magliette di Ron, che le arrivava poco più su
delle ginocchia, perciò non si soffermò a mettersi addosso niente; le premeva
di più cercare lui.
Lo
trovò su uno sgabbello in cucina, seduto al tavolo con una bottiglia di whisky
davanti; aveva addosso la canotta e i boxer che aveva messo per andare a letto
e i capelli erano tutti arruffati, quindi probabilmente era sceso da poco;
aveva l’aria molto triste, lo si vedeva dai muscoli delle spalle estremamente
contratti e tesi. Hermione gli passò la braccia attorno al collo e gli diede un
bacio sulla nuca; lui le accarezzò un braccio e voltò leggermente la testa.
“Tutto
bene?” le chiese piano.
Lei
annuì. “Tu?”
Lui
tirò su col naso e riprese a guardare dritto davanti a sé. “Non riuscivo a
dormire.”
Con
molta cautela, Hermione si staccò da lui e prese in mano la bottiglia di
whisky. “Lo sai che non mi piace che bevi.”
Lui
scosse la testa. “L’ho toccato a stento.”
Lei
alzò gli occhi al cielo, ma non infierì e si lasciò attirare da lui sulle sue
ginocchia. “Cosa c’è?” gli mormorò piano, accarezzandogli una guancia e
scostandogli un ciuffetto di capelli dalla fronte.
Ron
sospirò. “Harry e io ce le siamo suonate molte volte. Ma ci siamo sempre presi
a botte come due fratelli che devono chiarirsi. Stamattina, invece…quando ho
visto cosa ti stava facendo…per un attimo ho dimenticato che è il mio migliore
amico, e avrei voluto spaccargli la faccia per davvero.”
Hermione
tirò un sospiro e si accoccolò sotto di lui, nascondendo il viso nel suo collo
e accarezzandogli un braccio. “Lo so.” Gli sussurrò.
“Per
un momento, un piccolo insignificante momento…mi è sembrato se stesso mentre
diceva quelle cose orrende.” Continuò piano lui, carezzandole inconsciamente il
pancione. “E sentirle dalla sua voce…ha fatto male.”
“Già.”
Annuì Hermione.
“Non
ci capisco più un cazzo di niente in questa dannatissima storia.”
Hermione
rimase in silenzio. Cosa poteva dirgli? Anche a lei il cuore faceva male dopo
lo scontro della mattina. Certo, Ginny e la madre le avevano detto in mille
modi che non avrebbero mai e poi mai incolpato lei per il rapimento di Harry.
Ma Harry stesso – o almeno l’automa in cui si era trasformato – aveva accusato
sia lei che Ron di fregarsene altamente della loro amicizia. E una cosa era
sentirselo dire da Renan, un’altra da lui in persona.
Rimasero
in silenzio tutti e due per parecchi minuti, finchè un calcio ben assestato del
bambino non fece sussultare sia lei che lui. “Oh!” a Hermione sfuggì un
lamento.
Ron
sorrise. “Accidenti!”
Lei
non sembrava tanto contenta. “Ecco un altro che è di buonumore!”
Lui
le diede un bacio sulla fronte e le accarezzò il pancione. “Fatta male?”
“Mi
ha bucato la pancia, tuo figlio è un vandalo!”
Malgrado
tutto, a Ron scappò una risatina. “Cominciamo bene, quando ne combina una è
solo figlio mio.”
Anche
Hermione non potè trattenere un sorriso, poi si abbandonò di nuovo sul suo
petto. Seguì un altro lungo momento di silenzio prima che lei lo interrompesse
di nuovo, con una voce piccola e sottile. “Ron…ti chiedi mai come sarebbe stata
la nostra vita…se Harry fosse stato un ragazzo qualunque, e non il famoso Harry
Potter?”
Lui
sospirò. “Avremmo completato gli studi a Hogwarts. Tu ti saresti diplomata col
massimo dei voti, probabilmente Caposcuola e chissà che altro. E noi avremmo
fatto vincere a Grifondoro la coppa di Quidditch.”
Lei
si accoccolò di più sotto di lui. “E non saremmo dei War Mage.”
“No.
Io farei l’auror, uno di quei cazzoni che devono solo mantenere intatte le
relazioni coi babbani. Tu saresti una scenziata. Ginny lavorerebbe al
Ministero. E Harry sarebbe il Cercatore dei Cannoni di Chudley.”
“Saremmo
gente normale.”
“Già.”
Lei
sospirò, ma s’incuriosì quando lo sentì ridere piano. “Perché ridi?” gli
chiese, alzando la testa per guardarlo in faccia.
“Stavo
pensando a come sarebbe stato se io e te ci fossimo messi insieme ai tempi
della scuola. Ti immagini i commenti dei professori?”
Anche
a lei sfuggì un sorriso. “Piton ci avrebbe seguiti di nascosto per poterci
togliere cinquanta punti al primo bacio che avesse visto.”
Lui
rise. “La McGranitt mi avrebbe raccomandato di non deviare la sua studentessa
modello con la mia svogliatezza.”
“E
la Cooman avrebbe predetto che saremmo morti un mese dopo il nostro primo
bacio.”
“Io
mi sarei avvelenato credendoti morta, e dopo tu ti saresti accoltellata.”
Continuò fra le risate lui.
Hermione
lo guardò incuriosita. “Conosci Shakespeare?”
Ron
inarcò un sopracciglio. “Tu dimentichi troppo spesso che mio padre è un
babbanologo.”
“Giusto.”
Ron
gettò un’occhiata all’orologio. “E’ tardi, dovremmo tornare a dormire.”
“Si,
però solo un momento.” Disse lei, alzandosi e avviandosi in direzione del
frigorifero.
“Che
fai?”
Hermione
richiuse il frigo, tenendo in mano una busta di latte. “Mi è venuta fame.”
A
lui scappò un sorriso, e la guardò con entrambe le sopracciglia inarcate. “A
quest’ora?”
“Ti
ricordo che sono incinta, intelligentone.” Replicò lei, versandosi un po’ di
latte in un pentolino e accendendo il fornello per riscaldarlo. “Dove sono i
biscotti che ho comprato ieri?”
“Quelli
al cioccolato?” lei annuì. Lui si alzò e prese una scatola da uno scaffale più
in alto. “Posso farti compagnia nel tuo spuntino notturno?” le disse,
porgendole i biscotti.
Lei
li prese. “Perché no.”
Hermione
rimase ad armeggiare col pentolino di latte, e non si accorse che Ron la stava
guardando con uno sguardo strano. Solo qualche secondo dopo, quando lo sentì
alle sue spalle che le passava le braccia attorno alla vita, percepì di nuovo
una vena di tristezza in lui.
“Tu
e questo bambino siete le cose più importanti del mondo per me.”Lemormorò. “Siete entrambi la mia prima
priorità. Non posso permettere che accada qualcosa a uno di voi due.”
Lei
sospirò. “Non puoi mettermi sotto una campana di vetro, Ron. Quello che fai, il
modo in cui ti prendi cura di me e di nostro figlio, significa già moltissimo
per me.”
“Io
morirei per te.”
“Anch’io.”
Il
latte stava bollendo già da un po’ quando Hermione si decise a togliere il
pentolino dal fuoco. Lui le passò due tazze, ma in quel preciso istante il
telefono prese a squillare insistentemente, bloccando entrambi.
“Ma
chi è a quest’ora?…” mormorò tesa Hermione.
Ron,
molto rigido, rispose al telefono. “Pronto? Sirius?…no, figurati…come?” lei lo
vide spalancare gli occhi e s’irrigidì. “…si…si, ho capito. Ok, siamo lì da voi
subito, il tempo di metterci qualcosa addosso.” E mise giù.
“Cosa
è successo?” chiese preoccupata lei.
“Hanno
trovato l’elfa domestica di Renan. Pare che sappia tutto e sia disposta a
parlare.”
***************************
Ok,
chiedo scusa a tutti per il ritardo, ma si sa…quando uno va a fare la settimana
bianca non può portarsi dietro il pc! Comunque, ora sono tornata, riecco la
pazza ^^
I
soliti saluti e bacioni a tutti i miei lettori (che vi adoro lo sapete già),
stavolta non mi dilungo perché sono appena tornata e ho passato la mattina a
scrivere questo capitolo. Devo ancora leggere gli altri capitoli della storia
di Strekon (sono rimasta indietro) e *forse* poi disferò la valigia! ^^
Una
bella notizia: mentre ero fuori ho scritto tutta la fine della storia! Si,
avete capito proprio bene: questa fic è già bella che scritta fino all’ultima
parola (quanto adoro l’ultimo capitolo! ^^). Ma non cantate vittoria: l’ho
scritta non sul pc, ma su un quaderno che avevo portato con me per annotare
eventuali ispirazioni. Questo, però, NON significa che in tre giorni avrete il
resto dei capitoli, primo perché sennò finisce tutto subito e non è divertente,
secondo perché mi sono iscritta a un corso d’infomatica, il che riduce i miei
spazi liberi ancora di più e non ci sarà tutto il tempo che vorrei per stare a
computer. Però sappiate che It Never Ends è ufficialmente già scritta! ^^
Per
l’indovinello: volevo solo fare i miei complimenti ancora una volta a Oby, che
l’ha indovinato neanche 3 ore dopo che ho messo on-line lo scorso capitolo, e
senza nemmeno chiedere indizi! Sei stata davvero grande, Oby! (mi raccomando,
bocca chiusa, eh?)
Beh,
devo lasciarvi…baci baci e recensite, sennò ci metto ancora più tempo ad
aggiornare, capito? ^^ Prossima fermata: “Fantasmi dal Passato” Bye!
Ron e Hermione arrivarono al quartier generale in meno di
dieci minuti; li accolse Ben, che stava portando dei documenti nella stanza di
Homer.
“Ben, che cazzo sta succedendo?” gli disse Ron, mentre lui e
Hermione affiancavano a passo sostenuto il loro corpulento collega lungo i
corridoi del castello.
“L’elfa domestica di Renan, Tilly, s’è presentata a casa
della sorella del bastardo mezzora fa.” Fece lui, sempre camminando. “Pare che
si sia trovata ad assistere ad una scopata fra Renan e una donna che più o meno
corrisponde alla descrizione di quella che lo ha fatto uscire da Braxtown sei
mesi fa. Si è terrorizzata e per caso li ha sentiti parlare.”
“E cosa si sono detti?” chiese Hermione.
Ben scosse la testa. “Non si è ancora scucita niente, è
sconvolta. Pare che facesse la governante in casa Renan da quando i suoi
padroni erano piccoli, è ancora sconvolta per aver scoperto che il suo adorato
signorino è un collaudato figlio di puttana.”
Arrivati fuori dall’ufficio del generale, Ben aprì la porta
della stanza senza soffermarsi a bussare. Nella grossa stanza c’era la
scrivania dietro alla quale stava seduto Homer, mentre dall’altra parte c’era
Remus Lupin, e di fronte a lui stavano sedute un’elfa in lacrime e una donna di
mezza età che le teneva la mano. Alle loro spalle stavano in piedi Sirius,
Bill, Liam e Charlie, e tutti avevano un’aria più che tesa sul viso.
“Allora, Tilly, ora vuoi sforzarti di raccontarmi tutto per
bene?” fece Remus, facendo appello a tutta la sua pazienza per la quale era
famoso.
L’elfa fu scossa da un enorme singhiozzo. “Tilly lo sa,
signore, che padroncino Jacob non voleva fare una cosa così! E’ stata tutta
colpa della donnaccia volgare, colpa sua, signore, Tilly lo sa bene!”
“Che cos’ha fatto il tuo padrone?” le domandò Lupin.
“Povero padroncino…lui ha…lui ha peccato!” e qui l’elfa
scoppiò a piangere di nuovo, mentre la donna accanto a lei – Paulette Wilkinson
– le teneva la mano, e Homer e Remus si scambiarono un’occhiata.
“Va bene, Tilly, ho capito. Ha peccato con questa donna. Ma
dopo? Hai detto di essere rimasta per errore nel corridoio ad ascoltare,
giusto?”
L’elfa scosse violentemente la testa. “Padroncino Jacob non
avrebbe mai fatto una cosa simile, Tilly è sicura, signore! E’ stata solo colpa
della donnaccia, signore!”
Remus annuì. “Si, lo sappiamo. E’ proprio per questo che
devi dirci per bene come stanno le cose, perché così possiamo salvarlo.”
“Coraggio.” La incitò la signora accanto a lei.
L’elfa emise un lungo e tremante sospiro. “Loro hanno
peccato veramente molto.”
“Va bene, e dopo?”
“Dopo sono rimasti nella stanza di padroncino Jacob. E hanno
parlato, ma non tanto. Tilly ha sentito perché andava a portare caffè,
signore.”
“Ti ricordi cos’hanno detto?”
“Tilly non ha capito molto di cosa loro parlavano, signore,
lei ha detto che il tempo stava per scadere e che dovevano agire subito. E
padroncino Jacob ha detto che l’avrebbe aiutata, ma che voleva qualcosa in
cambio. E poi…”
“Poi?”
“Hanno peccato ancora!” l’elfa si coprì il viso con le mani
e tornò a piagnucolare forte.
Remus si passò una mano fra i capelli, molto frustrato, e
scoccò uno sguardo a Homer, che, buio in viso, scosse la testa. “Non hanno
detto altro, Tilly? E’ molto importante, cerca di ricordare.”
L’elfa si soffiò il naso rumorosamente. “Tilly non ricorda
bene, signore…”
“Per favore, sforzati.”
“Forse….forse una cosa Tilly se la ricorda. Dopo che hanno
peccato, la donnaccia ha parlato di un posto sicuro, ma Tilly non ha sentito
quale, signore. Padroncino ha chiesto se era davvero sicuro, e lei ha detto che
in quella torre non li avrebbe disturbati nessuno, né maghi né babbani. Ma
Tilly non sa che torre è, signore.”
I War Mage s’irrigidirono e si scambiarono occhiate tra di
loro: quello era il primo indizio valido in tre mesi!
Remus mantenne i nervi saldi e la concentrazione. “Ancora
una cosa, Tilly. Questa donnaccia l’hai mai vista distintamente, tu?”
L’elfa mise su un’espressione disgustata. “Oh, si signore.E
a Tilly non è piaciuta nemmeno un po’.” Commentò. “Aveva i capelli corti
castani e gli occhi color del ghiaccio, si. E poi Tilly ha visto anche uno
strano disegno su una spalla, signore. Una specie di artiglio di lupo,
signore.”
Ron, che fino a un momento prima era rimasto in silenzio,
appoggiato al muro con le braccia conserte, impallidì e si rabbuiò. “Corinne.”
Disse, con la voce dura e tesa.
L’elfa si voltò di scatto verso di lui. “Tu come lo sai,
signore? La donnaccia si chiama proprio così!”
Ron si passò nervosamente una mano fra i capelli, sentendo
lo sguardo sorpreso e confuso di Hermione su di lui.
Homer mise tutti a tacere alzandosi in piedi e stringendo la
mano alla signora Wilkinson. “Signora, la ringrazio moltissimo per la
collaborazione. Ci è stata davvero molto utile.”
La donna ricambiò la stretta. “Lo spero davvero.”
“Le comunicheremo eventuali novità. Grazie anche a te,
Tilly.” L’elfa sorrise brevemente, poi tornò a piangere.
“Venga, signora, l’accompagno.” Si offrì Ben.
Quando la porta del suo ufficio fu finalmente chiusa, Homer
si voltò verso Ron. “Conosci questa donna, Ron?”
Lui annuì, tenendo lo sguardo basso. “Era con Voldemort
quattro anni fa.”
Sirius annuì. “Mi ricordo di lei. E’ stata già citata nei
rapporti della battaglia. E se non sbaglio, mancava proprio lei tra i
nominativi da sbattere ad Azkaban.”
Liam fece una smorfia. “Quindi sappiamo che anche lei è
coinvolta. Ma bisogna capire se è tutta farina del suo sacco o se è la punta di
diamante di qualcun altro.”
“Escluderei che dietro questa storia ci sia Voldemort.”
Disse asciutto Remus. “Oltre ad essere morto, questo non è il suo stile. E i
suoi fantocci andavano in giro con mantelli e cappucci neri, questi no.”
“A questo punto un indizio per trovarli ce l’abbiamo.”
S’intromise Charlie. “Hanno parlato di una torre dove non sarebbero stati
trovati né dai maghi né dai babbani.”
“Allora questa torre deve trovarsi nel mondo babbano,
altrimenti non avrebbe citato anche i babbani. Vi pare?” disse Homer, con aria
concentrata.
“Sono d’accordo.” Annuì Sirius. “Ma in quale città?”
“Quante città in questo dannato stato hanno una torre?” fece
Ron. Hermione sembrò concentrarsi molto, ma non disse nulla.
“La Torre di Londra?” propose Bill, poco convinto.
Remus scosse la testa. “Non credo. I babbani la visitano in
continuazione, non è esattamente quel tipo di tranquillità che cercano loro, se
li abbiamo capiti bene.”
“Possiamo fare una ricerca rapida.” Propose Charlie. “Ma
quanti paesi dobbiamo coprire?”
“Il Big Ben!”
Tutti si voltarono: Hermione aveva lo sguardo vispo e
convinto di chi ha appena trovato l’interruttore della luce in una grotta buia.
“Come?” le chiese Homer.
“Il Big Ben è una torre!” esclamò più convinta lei. “Per di
più non ci entra mai nessuno. E’ un enorme orologio, e finchè funziona bene
nessuno ha bisogno di verificare in che stato è.”
Quando sentì la parola ‘orologio’, Ron si voltò di scatto a
guardarla: tutti e due capirono al volo di aver finalmente interpretato
l’indovinello.
“Mi sembra una tesi più che ottima.” L’appoggiò Liam.
“Io dico di andarci subito.” Incalzò Sirius, ansioso.
Homer annuì con decisione. “Ok. Allora faremo in questo
modo: prenderemo cento uomini e andremo al Big Ben solo noi, tra un’ora
precisa. Gli altri resteranno di guardia qui.”
Gli altri annuirono ed uscirono in silenzio.
***************
Hermione entrò nella stanza di Ron molto piano, senza
bussare né fare il minimo rumore. A differenza sua, che era già tutta pronta,
lui aveva la tuta addosso ma il suo cinturone era ancora abbandonato su una
sedia. Stava appoggiato contro la finestra, con la testa contro un braccio e
l’altra mano su un fianco; si capiva benissimo che aveva qualcosa dentro che
gli faceva male.
“Dove il tempo è più manifesto.” Mormorò piano, voltandosi.
Evidentemente l’aveva sentita entrare. “Un orologio.”
Lei annuì con amarezza, ripensando a tutto il tempo che si
era dannata sui libri di magia senza pensare alla soluzione più ovvia e
semplice. “Il più grande e il più preciso di tutti.”
Ron sospirò e guardò altrove. Hermione prese il suo
cinturone e glielo passò attorno alla vita, allacciandoglielo con cura. Lui la
lasciò fare, ma prima che potesse finire le sollevò il mento con due dita per
guardarla in faccia.
“Ti vorrei qui al sicuro.” Le disse alla fine, vinta ogni
esitazione.
Lei sembrò esitare. “Non puoi chiedermi questo.”
“Potresti essere ferita. Potresti mettere in pericolo la tua
vita e quella del bambino.”
Istintivamente Hermione si posò una mano sulla pancia
rotonda. “Farò attenzione. Non permetterò mai che succeda qualcosa a nostro
figlio.”
Ron sospirò. “Non servirebbe a niente se ti chiedessi di non
venire, vero?”
Lei scosse la testa. “No, infatti. Harry è il mio migliore
amico, e non lo abbandonerò proprio ora che ha più bisogno di me.”
Lui annuì lentamente. “D’altra parte è questa la donna di
cui mi sono innamorato, no?”
Hermione non rispose. Non sapeva esattamente cosa dire; si
sentiva molto tesa. Fu molto grata alle sue labbra quando se le sentì sulle
proprie: forse in quel momento uno scambio di amore era proprio quello che
serviva a entrambi per ricaricarsi. Ma anche quando si abbandonò nel bacio,
quando sentì le sue braccia circondarle i fianchi e stringerla a sé, quando gli
passò le mani dietro alla nuca, e anche dopo minuti e minuti di passione,
quella domanda continuava a rimbombarle nella testa.
“Ron…” gli mormorò contro la bocca.
“Mmh…” replicò lui, senza smettere di baciarla. Lei, però,
lo respinse dolcemente indietro. “Cosa c’è?” le chiese preoccupato,
guardandola.
Hemione prese coraggio. “Chi è la donna che stiamo
cercando?” lui abbassò lo sguardo. “Tu…la conoscevi già, anche prima della
battaglia contro Voldemort….vero?”
“Mi dispiace.”
“E’ vero?”
Ron annuì. “Lei è…uno dei motivi per cui all’inizio, anni,
fa, tu non volevi stare con me.” Lei non disse nulla. “Sono andato a letto con
Corinne per due anni, ma non c’è mai stato coinvolgimento da parte mia. Era
solo…solo sesso. Puro piacere fisico animale.”
Hermione tirò un grosso sospiro. Lui non ebbe il coraggio di
guardarla negli occhi e si voltò di spalle, appoggiandosi coi pugni alla
scrivania. “Non avevamo una relazione. Ma andavo da lei ogni volta che mi
sentivo frustrato o furioso…o semplicemente per liberarmi dei miei incubi. Ma
poi ho cominciato a capire cosa provavo per te, ho capito che con te i miei
incubi sarebbero stati completamente rimpiazzati da qualcosa di più grande, più
intenso…e ho detto addio a quelle nottate brave solo per te.”
Lei non lo interruppe, preferì lasciarlo finire. “E quando
ci hanno trascinato da Voldemort l’ho trovata lì. E ho capito di essere stato
il più grande coglione della terra.”
Hermione gli appoggiò le mani sulle spalle. “Mi dispiace.
Non deve essere stato facile.”
Lui si voltò per guardarla. “In fondo me lo meritavo.”
“Ron, è passato, va bene?” cercò di rassicurarlo lei. “Mi
ricordo bene cos’eravamo diventati dopo l’attacco a Hogwarts, ma ricordo anche
che ci siamo fatti delle promesse che abbiamo mantenuto entrambi, e presto
quelle stesse promesse ci renderanno marito e moglie. Sbagliare è umano. Quello
che conta è che ne sei pentito.”
“Tu non sai quanto.”
Lei gli passò una mano fra i capelli, accarezzandoglieli.
“Per me questo è più che sufficiente.”
Ron le passò di nuovo le braccia attorno alla vita, e senza
replicare la baciò ancora. Quando si furono separati, rimasero in piedi
abbracciati ancora per qualche secondo.
Lui sospirò. “Ti amo. Se ci fosse una parola abbastanza
grande per definire quanto, te lo direi.”
Lei chiuse gli occhi per un momento. “Ti amo anch’io, da
morire.”
“Andiamo a prendere Harry.”
“Andiamo.”
Uscirono dalla stanza in silenzio, mano nella mano.
***************
Charlie uscì dalla sua stanza e si avviò lungo il corridoio
che portava alla sala centrale,quando
si sentì chiamare e si voltò, per vedere arrivare di corsa Tennessee.
“Ehi, bella pantera dell’Est.” Le disse scherzosamente.
Lei lo raggiunse, ma non sorrideva assolutamente. “So dove
state andando.”
Il sorrisetto sicuro sul viso di Charlie vacillò, ma non
scomparve. “Si, beh…non dovremmo metterci molto.”
Tennesse non disse nulla, ma fece due passi in avanti, gli
afferrò il colletto della maglia, lo attirò a sé con forza e lo baciò con tutta
l’intensità che aveva in corpo. Charlie, dopo un primo istante di esitazione e
sorpresa, rispose al bacio con altrettanto impeto. S’interruppero qualche
minuto dopo, solo quando non avevano più aria.
Tennessee si sforzò di sorridere nel suo solito modo
ironico. “Questo è quello che ti aspetta quando torni. Niente più giochetti né
tira e molla…ho deciso che con te voglio fare sul serio.”
Charlie tornò a ostentare il suo sorriso sicuro. “Questo è
un valido motivo per tornare in fretta.”
Lei rise e gli diede una pacca sul sedere. “Vai, muoviti,
prima che ti salti addosso.”
Anche lui rise e scese i primi due scalini della grossa
scalinata, poi si voltò indietro. “Ci vediamo quando torno. Aspettami alzata,
ok?”
“Ok.” Lui le fece un occhiolino e si avviò verso il salone
centrale. Tennessee tirò un grosso sospiro, stringendosi nelle spalle e
accarezzandosi le braccia come per scaldarsi. “Torna presto, tutto intero…”
***************
We can beat them forever and ever
We can be heroes just for one day
I’ll be the king, you’ll be the queen
We can be heroes
Just for one day…
Heroes,
Wallflowers
***************
Alle
sei della mattina le strade di Londra erano quasi completamente vuote, oltre
che terribilmente umide e avvolte dalla nebbia; tutto questo avrebbe creato dei
problemi a delle persone normali, ma ai War Mage faceva solo comodo.
Il
gruppo si mosse nel silenzio della penombra, e quando riuscirono ad entrare nel
Big Ben si fermarono lungo le mura dell’ingresso. Una stanza dava sulla parte
interna, quella degli ingranaggi; Homer fece cenno con la testa in quella
direzione, e Bill e Remus vi si avviarono, seguiti da una trentina di soldati.
Il
resto del gruppo proseguì in silenzio lungo una grossa scalinata a chiocciola,
e raggiunsero una specie di piattaforma rettangolare con due porte diverse
senza alcuna segnalazione esterna. Charlie, Homer e Josh oltrepassarono la
prima, con la metà degli uomini; l’altra metà seguì Sirius, Liam, Ron e
Hermione.
Il
lungo corridoio quasi completamente buio che seguì fu un inferno da percorrere;
i War Mage capirono di trovarsi dietro al quadrante del Big Ben perché le
lancette, nello spostarsi, facevano un rumore infernale, rendendo ancora più
difficile l’attraversamento al buio. Scelsero di procedere molto piano, per
prevenire eventuali spiacevoli sorprese, ma a quanto sembrava il corridoio era
deserto. E questo non andava bene per niente, visto che per esperienza sapevano
di temere di più un nemico invisibile che non uno spavaldo che agiva alla luce
del giorno.
Ma
quando furono giunti in un’enorme stanza illuminata a malapena, qualcosa
trovarono: due uomini tenevano con forza Harry, che stava cercando di liberarsi
dalla loro presa alla meglio, mentre un terzo individuo gli stava puntando la
bacchetta contro.
“Nooo!!”
urlò Hermione, e l’uomo si voltò.
“Petrificus
Totalus!!” Sirius approfittò dell’attimo di smarrimento e confusione dell’uomo
per pietrificarlo.
“Relevo!”
l’incantesimo scagliato da Hermione fece fare un gran volo ai due uomini, che
finirono a terra tramortiti.
“Harry!!”
Ron lo raggiunse di corsa, seguito a ruota da Hermione, Sirius, Liam e gli
altri.
“Come
stai?” incalzò ansioso Sirius.
Harry,
massaggiandosi un polso, rivolse a tutti un gran sorriso. “Va tutto bene,
grazie a voi sono salvo.”
Hermione
lo abbracciò per qualche secondo. “Oh, Harry! Allora il maleficio è finito! Sei
tornato quello di sempre!”
Lui
sorrise, incoraggiando tutti. “Si, sono il buon vecchio Harry di tutti i
giorni.”
“Sapessi
che gioia sentirtelo dire, figliolo.” Fece sollevato Sirius.
Ron
si guardò un attimo attorno. “Ehi Harry, non sai dove sono finiti tutti gli
altri bastardi?”
Lui
scosse la testa. “No, purtroppo.”
“Ok,
ora pensiamo solo ad andarcene di qui.” Disse Hermione decisa.
In
quel momento Liam abbassò lo sguardo sui piedi di Harry: aveva giurato di aver
sentito un sibilo, ma probabilmente era colpa del casino delle lancette del Big
Ben. Quello che invece lo fece tornare sui suoi passi fu una piccolissima
porzione di qualcosa di viscido che strisciava nella zona di buio alle spalle
di Harry. Liam riconobbe quell’essere, e strinse le mani attorno alla
bacchetta.
“Allontanatevi
da lui.” Disse piano, e gli altri si voltarono a guardarlo.
“Ma
che diavolo dici, Liam?” fece bruscamente Sirius.
Non
ci fu il tempo di pensare né di reagire: in meno di tre secondi Harry passò un
braccio attorno alla gola di Hermione e l’attirò con violenza a sé, puntandole
la bacchetta alla tempia.
Tutti
si voltarono di nuovo verso di lui, e d’istinto Liam e gli altri soldati gli
puntarono contro la bacchetta.
“Harry!” fece Sirius.
“Ma
che diavolo stai facendo?!” tuonò Ron.
Hermione
sembrava avere seri problemi a respirare col braccio del suo amico così stretto
attorno alla gola, e cercò inutilmente di liberarsene.
“E’
ancora sotto l’effetto del maleficio.” Mormorò a bassa voce Liam.
“Rimettete
subito nel fodero le vostre bacchette.” Sibilò Harry con voce glaciale, mentre
il solito pitone strisciava al suo fianco.
I
soldati esitarono, ma seguirono immediatamente l’esempio di Liam, Sirius e Ron.
“Bene.”
Commentò Harry, con uno sgradevole ghigno. “Ora tutti un passo indietro.” Fu
subito obbedito.
“Lasciala
andare, Harry.” Provò Sirius. “Tu non vuoi fare quello che stai facendo,
fermati finchè sei in tempo.”
Harry
a stento lo degnò di uno sguardo. “Hai finito?” senza liberare Hermione,
schioccò sonoramente le dita e nel salone si accesero delle luci abbaglianti.
Tutti gli uomini dell’esercito nemico balzarono giù dalle travi del soffito su
cui stavano, puntando le bacchette contro il gruppo di War Mage al centro della
stanzona. Renan, con uno spettacolare ghigno più che soddisfatto, affiancò
Harry con passo sicuro.
“Molto,
molto bene.” Disse. “Esattamente come prevedevo.” Avvicinandosi a Hermione le
fece un occhiolino, che lei ricambiò con uno sguardo di puro odio.
“Bastardo,
era una trappola.” Sibilò a denti stretti Liam.
Rimase
forte, e si portò davanti a Sirius e Liam, incrociando le braccia sul petto. “E
voi ci siete caduti come un branco di idioti.”
“Tua
sorella…l’elfa…” mormorò furente Sirius.
Renan
annuì vigorosamente, con un ghigno più che odioso sul viso. “E’ incredibile
cosa si riesce a fare oggigiorno con un Imperius Duo.”
“Che
tu hai scrupolosamente trafugato dall’archivio segreto del Ministero.” Ribbattè
acido Ron.
Renan
si fermò spavaldo di fronte a Ron. “E che cosa vuoi fare per questo,
arrestarmi?” lo stuzzicò.
Il
giovane auror serrò i pugni forte al solo pensiero che quello era il viscido
verme che aveva minacciato Hermione per tanto tempo. “No, gran figlio di
puttana, se riesco a metterti le mani addosso non è in progione che finirai.”
Gli disse, con tono glaciale.
Renan
si limitò ad inarcare un sopracciglio per poi voltarsi e tornare a mettersi al
fianco di Harry, che teneva ancora Hermione sotto tiro e non accennava ad
allentare la sua presa soffocante, tanto che lei aveva il fiatone.
“Vieni
qui, tu.” Fece Harry a Ron. Lui esitò, e Harry strinse più forte il braccio
attorno alla gola di Hermione, che emise un gemito. “Te lo devo ripetere?”
Ron
non ci pensò nemmeno, gli si avvicinò subito e si sentì trattenere le braccia
da due uomini.
“Direi
che a questo punto siamo tutti a posto.” Esclamò soddisfatto Renan, rivolto a
Harry.
“Ora
sta a te continuare qui. Vedi di fare un buon lavoro.” Harry si portò vicino
alla bocca un polso, su cui stava una specie di orologio dal quadrante un po’
strano, mormorò qualcosa e sparì; altrettanto fecero i due uomini che tenevano
Ron, portandoselo dietro.
Sirius
e Liam s’irrigidirono nel vederli svanire nel nulla senza poterli aiutare né
seguire.
“Su,
non fate quella faccia.” Fece Renan, con la voce più melliflua di cui era
capace. “Ci divertiremo molto anche senza di loro.”
I
due War Mage, e quindi anche tutti gli altri, sfoderarono rabbiosamente le
bacchette. “Ci puoi contare che lo faremo.” Sibilò Sirius.
Passò
qualche secondo di estrema tensione prima che Liam urlasse “All’attacco!!” ai
suoi uomini, Renan fece altrettanto coi suoi, e lo scontro iniziò più acuto che
mai.
***************
Il
suo dannatissimo orologio batteva le dieci della mattina…e questo significava
che erano quasi tre ore che stava rinchiuso in quella maledetta cella. Ron si
muoveva da una parte all’altra della stanza murata come una tigre in gabbia;
non aveva idea di dove fosse, e ancora peggio, non sapeva dove avevano portato
Hermione. Fuori era tutto buio, nonostante l’ora mattutina, e non c’era un solo
rumore nell’aria. Quella situazione stava diventando a dir poco insopportabile;
doveva trovare il modo di uscire a qualunque costo di lì.
Stanco
di camminare avanti e indietro nevroticamente, Ron si appoggiò di spalle al
muro, abbandonando la testa contro le pietre ruvide e fredde e coprendosi il
viso con le mani. Le cose stavano precipitando pericolosamente: dov’era
Hermione? Lei e il bambino stavano bene? E come poteva fare a scappare?
Qualche
secondo dopo si sentirono dei passi lungo il corridoio, poi il rumore della
chiave nella toppa vecchia e arruginita. Quindi la porta si aprì, e Ron
istintivamente portò la mano sul fianco, dove teneva la bacchetta nel suo
cinturone prima che glielo levassero.
“Cerchi
questa?”
Era
Harry che era entrato, e gli stava mostrando la sua bacchetta.
Ron
ebbe un tuffo al cuore: per un istante aveva dimenticato come stavano le cose,
e vedere entrare il suo migliore amico con la sua bacchetta in mano era stato
più rassicurante che mai. Gli ci volle qualche secondo per ricordarsi che Harry
era momentaneamente suo nemico, anche se non per sua volontà.
“Non
sei contento di rivedermi?”
Ron
fece una smorfia. “Sarei contento di rivedere il mio migliore amico, non un
burattino senza cervello che si muove a comando degli altri.”
Harry
fece qualche passo avanti, seguito dal pitone che nell’ultimo periodo sembrava
non volerlo mollare mai. “Stai diventando piuttosto monotono.”
“Harry…”
Ron scosse la testa. “Smettila di farti comandare a bacchetta. La tua volontà
può spezzare qualunque incantesimo o maledizione che sia, tu sei più forte di
così. Torniamo indietro adesso, andiamo a prendere Hermione e poi torniamo a
casa da Ginny, da Danny, da Sirius e da tutti quelli che ti amano.”
Harry
inarcò un sopracciglio, mentre il serpentone sibilava forte. “Il mio compito è
un altro.” Replicò in tono asciutto e netto.
“Il
tuo compito è salvare i tuoi amici!” tuonò Ron, allontanandosi dalla parete.
“Dov’è Hermione? Dove l’hanno portata?”
Harry
mise su un ghigno beffardo. “Qui, da qualche parte.” Con un movimento elastico
tirò a Ron la sua bacchetta, e si sfilò dalla tasca la propria.
“E
questo che significa?”
“Significa
che ora io e te ci sfideremo a duello. Un duello a morte.”
Ron
scosse la testa. “Io non voglio combattere contro di te.”
“Io
invece credo proprio che lo farai.” Ribbattè Harry con aria di sfida.
“Non
voglio combattere con te, perché quando tornerai te stesso ti farai tormentare
dai rimorsi.” Fece Ron, insistendo. “Ne hai avuti fin troppi di sensi di colpa,
tu.”
“Ma
che amico premuroso.” Harry non si scompose minimamente. “Eppure resto convinto
che tutti i tuoi buoni propositi finiranno nel cesso entro i prossimi cinque
secondi.”
“Io
non combatterò con te.” Ribadì fermo Ron, in tutta la sua imponenza fisica.
“Benissimo.
Allora non ti dirò dove tengono la ragazza.”
“Cosa?!”
“Hai
sentito bene.” Mormorò soddisfatto Harry, facendo un paio di passi avanti. “La
tua Hermione è tenuta prigioniera qui. E ti farebbe molto comodo trovarla il
prima possibile. Sai, non hanno le migliori intenzioni nei suoi riguardi.”
Ron
aveva i pugni serrati così forte che le nocche delle dita erano diventate
bianche. “Che cosa le hai fatto?” ruggì.
Harry
sembrò fiero di aver fatto centro. “Io niente. Ma non posso parlare per tutti
gli altri.”
Ron
fece due minacciosi passi avanti, con gli occhi che gli fiammeggiavano. “Ma
come hai fatto, Harry?! Cazzo, Hermione è come una sorella per te, e tu l’hai
consegnata nelle loro mani senza farti nemmeno uno straccio di scrupolo!!”
urlò, furioso.
“La
vuoi salvare? Combatti.” Tuonò in risposta lui.
Ron
sollevò la mano con la bacchetta e guardò il suo amico con uno sguardo che
avrebbe potuto squagliare un blocco di marmo. “Harry, tu sei più che un
fratello per me.” Sibilò fra i denti. “Ma se hai fatto del male a Hermione, io
t’ammazzo con le mie mani.”
Anche
Harry sollevò la bacchetta, mentre il serpente strisciava alle sue spalle. “Mi
piacerebbe vederti provare.” Ringhiò.
Passò
qualche minuto in cui i due studiarono attentamente i loro movimenti,
spostandosi con passi lenti e silenziosi in una specie di cerchio immaginario,
uccidendosi a colpi di sguardi. L’attesa fu rotta proprio dal pitone, che si
rizzò bruscamente in verticale, emettendo un sibilo più forte, e Harry puntò
rapidamente la sua bacchetta contro l’avversario.
“Lamadardas!”
Ron
si chinò appena in tempo per evitare un’enorme falce invisibile, che divenne
perfettamente visibile ad occhio nudo quando si conficcò con un rumoraccio nel
muro.
“Almaflui!”
il colpo che in risposta partì dalla bacchetta di Ron materializzò una grossa
fune, che mancò per un soffio Harry prima di cadere a terra inanimata.
“Vortiratica!”
Ron fu centrato in pieno da una zaffata di vento che lo fece barcollare
vigorosamente; Harry, velocissimo, gli sferrò un pugno in faccia, facendolo
cadere a terra. Uno della stazza fisica di Ron non poteva cadere senza un
grosso tonfo; ma, lucido più che mai, Ron velocemente afferrò con una mano la
caviglia di Harry e la tirò con violenza, facendo sbattere a terra anche lui e
puntandogli contro la bacchetta.
“Finiamola
con questa storia!” ruggì. “Dimmi dov’è Hermione, e cerca di far funzionare di
nuovo il cervello!!”
Per
tutta risposta il pitone emise un sibilo più acuto, drizzandosi sul corpo
viscido pericolosamente e dando a Harry il tempo di dare un calcio alla mano di
Ron, che però non perse la bacchetta.
“Non
credere che sia così facile.” Sibilò astioso, rimettendosi in posizione da
combattimento.
Ron
si rialzò in piedi, anche lui in assetto da guerra. “Dovessi spaccarti la
faccia a sangue, giuro che ti farò tornare normale, Harry.” Disse con un tono
deciso più che mai, scandendo ogni singola parola.
***************
I
due uomini scortarono Hermione in una grossa stanza buia, tenendola saldamente
per un braccio.
“So
camminare anche da sola!” fece furiosa lei, liberandosi della mano che la
teneva stretta.
L’uomo
fece un sorrisetto losco e maligno. “Scommetto che sai fare anche un sacco
d’altre cose.”
“Si,
come spaccarti la faccia.” Replicò a denti stretti lei.
“Vedo
che hai mantenuto i tuoi atteggiamenti mascolini anche negli anni.”
L’arcigna
e gelida voce femminile fece voltare Hermione, mentre nello stanzone le
fiaccole lungo i muri prendevano fuoco, illuminando tutto. C’erano sei guardie
armate, in un angolo stava bollendo qualcosa in un calderone con una vecchia
intenta a mescolarlo con una grossa pastoia, mentre su una specie di grosso
altare di marmo nero era seduta lei.
Quella
maledetta donna che di recente era diventata la madre di tutti i suoi incubi.
Corinne
Skinnamon.
**************************
Ta-ta-ta-ta! E non cominciate a dire che sono bastarda perchè ho
interrotto qui il capitolo, perchè non posso scriverne uno di 50 pagine! Calma
e sangue freddo!^^ Mi rendo conto che questo è il momento più elettrizzante
della storia, ma…un po’ di suspence non fa male, no? (ok, ora sono bastarda…^^)
Il
prossimo capitolo, “Un disegno diabolico”, sarà molto interessante perché si
scopriranno finalmente molti altarini…e sarà molto, molto intenso…fidatevi.
Come
avete visto, l’indovinello è stato finalmente interpretato: una beffa per
l’intelligenza della nostra Hermione, ed è proprio questo che doveva essere.
Non era poi così difficile, visto che la maggior parte di voi l’aveva risolto
già prima ^^
Vorrei
ringraziare il solito gruppo di irriducibili: keijei, Ginny, giuggy, Strekon
(che sta andando alla grande con la sua storia!), Amelie, le meravigliose Eli e
Kia (ragazze, vi adoro!)…e chi altro? Beh, non mi ricordo chi altro. Un bacio
gigantesco a tutti gli altri che hanno lasciato una recensione (mi piace da
morire vedere quell’80 tondo tondo! Wow! ^^) Oh, e Scayla: grazie infinite per
i complimenti, ma non credo di essere così brava da poter dare dei consigli!
Posso solo dirti come faccio io: mi viene l’ispirazione e subito la butto giù
proprio come mi è venuta, allo stato grezzo, e poi la rileggo e la sistemo.
Ecco perché ci metto un po’ più di tempo ad aggiornare! E poi se non mi comunica
delle sensazioni forti, niente da fare: non mi piacciono le cose piatte, voglio
emozioni, io!
Beh,
ora devo lasciarvi…baci baci, ci vediamo presto!
Hermione
rimase immobile al centro della stanza, fissando Corinne con uno sguardo di
odio profondo e i pugni stretti. Non la ricordava perfettamente, visto che
l’ultima volta che l’aveva visto ci aveva combattuto solo per meno di cinque
minuti, ma in qualche modo la riconobbe, anche perché corrispondeva
perfettamente alle descrizioni che avevano fornito: avvenente, sensuale,
volgare e altera.
“Vedo
che ti ricordi di me, Hermione.” Disse la donna, con una nota di compiacimento
nella voce. “Non sei riuscita a dimenticarmi.”
“E’
un po’ difficile dimenticare qualcuno che ti rompe le palle come fai tu.”
Replicò sdegnosa Hermione.
Corinne
inarcò un sopracciglio e accavallò con disinvoltura le gambe. “Sei rimasta lo
stesso maschiaccio di quattro anni fa.”
Hermione
la guardò con aria di sfida. “Ci sei tu dietro tutta questa storia, vero?
Cos’è, stai cercando di riportare in vita Voldemort con uno dei tuoi
trucchetti?”
“Non
ho fatto altro che quello che serviva a me.” Fu la risposta della donna.
“Tutto questo non ha niente a che fare con Voldemort.”
Hermione
le rivolse un sorrisetto beffardo. “Le tue prestazioni sotto le coperte non
erano… adeguatamente retribuite?”
La
pazienza di Corinne sembrò vacillare, perché si alzò dall’altare e fece due
passi verso la sua prigioniera. “Modera la tua piccola lingua biforcuta, prima
che te la faccia tagliare.”
“Perché
hai organizzato tutto questo?” Hermione non era certo il tipo che si lasciava
intimorire da una minaccia.
“Buona
domanda. E’ la stessa che mi sono posta anch’io quattro anni fa, quando sono
stata costretta a nascondermi per mesi nei posti più assurdi per sfuggire alla
cattura. Mi sono serviti quei mesi, sai. Mi hanno resa più forte.”
E
hanno reso la tua mente ancora più malata, pensò Hermione.
“E
in quel periodo ho riflettuto molto.” Continuò Corinne. “E ho capito che per
quanto la vita fosse stata ingiusta e severa con me, una cosa buona me l’aveva
data.” E qui la guardò dritta negli occhi. “Mi aveva dato Ron.”
Hermione
s’irrigidì, ma non disse nulla.
“Per
tutti c’è qualcosa che la vita riserva in dono, tutto sta a saper capire cos’è
per riconoscerla quando arriva. Io l’ho riconosciuta solo dopo.”
“Se
credi che Ron ti sia mai appartenuto, ti sbagli di grosso.” Ribbattè Hermione
con voce tagliente.
Corinne
fece un paio di passi avanti, sicura di sé. “Questo è ciò che credi tu, piccola
monotona ragazzina incolore. Lui è stato mio molto prima di essere tuo.”
“Ti
illudi.” Rispose Hermione, glaciale. “A te ha dato solo il suo corpo, e niente
di più. So cosa c’è stato fra di voi, me ne ha parlato lui stesso. Tu sei stata
uno dei tanti errori che ha commesso quando non aveva ancora messo la testa a
posto.”
“Questo
è ciò che vuoi pensare tu.” Anche Corinne era gelida. “Lui con me ha avuto
qualcosa che ha sempre saputo di non poter trovare in nessun’altra.”
“Sei
la peggiore ipocrita che abbia mai visto sulla faccia della terra.” Sibilò
Hermione. “Tu l’hai tradito per una causa in cui dici di non aver mai creduto.”
“Io
non l’ho mai messo in pericolo!” strillò Corinne, poi cercò di controllare la
rabbia. “Quando vi catturarono io gli offrii una possibilità di salvarsi e di
fuggire con me per amore, ma lui rifiutò. E sai perché? Per colpa tua.”
Hermione
scosse la testa. “Che falsa. Se tu lo avessi amato sul serio non gli avresti
chiesto di abbandonare i suoi migliori amici, né tantomeno di scappare. Lo
avresti rispettato, e non avresti cercato di trasformarlo nel bastardo che non
è mai stato.”
“Il
suo cuore sarebbe stato mio se tu non ti fossi immischiata.” Corinne prese a
camminarle intorno. “In quei mesi ho cercato di ricostruire nella mia mente
ogni dettaglio, ogni cosa…volevo riuscire a capire cosa ci fosse in te di tanto
speciale da portarlo via da me. Ai miei occhi tu sei sempre stata e resterai
sempre una piccola squallida mocciosa presuntuosa, convinta di essere un dio.
Ma la questione era come ti vedeva lui.”
Hermione
non abbassò lo sguardo quando Corinne tornò a guardarla dritto in faccia.
“Sei
dannatamente intelligente e furba. Sei combattiva. Non ti arrendi mai. Sfidi il
nemico anche se sei spacciata. E mantieni i nervi saldi in ogni circostanza. E
lui ti ama per questo.”
Ancora
silenzio.
“Ma
soprattutto c’è qualcosa che lui ha sempre nutrito nei tuoi confronti, ma non
nei miei.” Continuò Corinne. “Stima.”
“Io
me la sono guadagnata la sua stima, passo dopo passo, in dieci anni
d’amicizia.” Replicò animosamente Hermione. “Ron non è una persona facile da
comprendere, ma mi sono sforzata di capirlo. Per anni abbiamo litigato, ci
siamo sostenuti l’un l’altra nelle difficoltà, abbiamo pianto e abbiamo riso
insieme. Anch’io ho perso la testa per lui col tempo, ma ho aspettato anni per
dirglielo. Perché dopo quello che avevamo passato, la prima cosa di cui avevamo
bisogno era un vero amico, perfino prima dell’attrazione fisica. L’amore è
anche dare, non è solo avere, ed è per questo che tu non capirai mai cosa vuol
dire.”
“Già,
lo so anch’io che figlio di puttana sia l’uomo che amiamo entrambe.” Corinne
abbassò lo sguardo sul suo pancione. “Ma a te almeno ha dato un figlio.” Disse
lentamente, con una voce carica d’invidia.
Isintivamente
Hermione si portò una mano sul pancione, come per proteggerlo.
Corinne
fece qualche passo indietro e si voltò, dandole le spalle. “Ci ho pensato molto
in questi anni. Se voglio riprendermi Ron, tu devi sparire dalla circolazione.
Ho pensato anche a come, e alla fine sono arrivata a una considerazione.”
Disse, voltandosi di nuovo verso di lei. “Se ti facessi uccidere, lui
passerebbe metà della sua vita a cercare di vendicarti, e l’altra metà a
compiangerti. E l’ultima cosa di cui ho bisogno è fare di te una martire.”
Che
diavolo avrà in mente, allora?! Hermione sentì il nervoso salirle allo stomaco.
Corinne
le si avvicinò di nuovo. “No. Tu devi sparire senza che il tuo ricordo si metta
fra me e Ron. E quindi c’è un’unica soluzione. Io devo diventare te.”
“Ma
che diavolo dici? Pensi di poter vivere ingoiando litri di pozione Polisucco?”
Il
sorriso crudelmente felice di Corinne non prometteva nulla di buono. “Qui
abbiamo sistemi molto più efficienti, mia cara. Lo vedi quel calderone laggiù?”
le disse, indicandolo. “Ci sta bollendo dentro una pozione rivoluzionaria, si
chiama Artimutante. Sono sei mesi che la sto preparando, e tra un’ora sarà
finalmente pronta. Manca solo l’ultimo ingrediente, ormai.” E le si mise a un
centimetro di distanza. “Il tuo sangue.”
Hermione
serrò i pugni forte.
“Quando
l’avrò bevuta fino all’ultimo goccio, io diventerò te.” Concluse soddisfatta la
donna.
“Non
funzionerà mai!” ribbattè furiosamente Hermione. “Ron non potrebbe mai
confondermi con un’altra!!”
Corinne
rise forte, e fu in quel momento che Hermione comprese di avere a che fare con
una psicopatica. “La pozione riduce del 98% tutte le differenze. Quanto al
moccioso, si dirà che i troppi strapazzi e le troppe paure hanno causato un
aborto.”
Hermione
scosse furiosamente la testa. “Tu sei pazza!! Come puoi dire di amare Ron, se
poi hai intenzione di farlo soffrire tanto e uccidere suo figlio?!”
“Ci
penserò io a ridargli il sorriso, e tutti i figli che vorrà.”
“Se
pensi che in questo modo ti libererai di me, ti sbagli di grosso.” Sibilò a
denti stretti Hermione, fremendo dalla rabbia. “Credi che se sarai
esteticamente identica a me, riuscirai ad ingannarlo? Spiacente, ma non è così
semplice.”
“Ah
si, eh?” fece scettica Corinne. “E sentiamo, cosa mi mancherebbe?”
“L’anima.”
Replicò determinata Hermione. “Quella non potrai rubarmela, né tantomeno
fingere di averla. Ognuno di noi ne ha una diversa, e Ron e io conosciamo
perfettamente le nostre, non potrai mai prenderlo per il culo fino a questo
punto. E quando se ne accorgerà, soffrirà come nemmeno puoi immaginare…dici di
essere innamorata di lui, e fai di tutto per fargli del male!! Tu sei la
peggiore fra le puttane assassine a questo mondo!!”
L’aria
sicura di Corinne vacillò. Tornò ad avvicinarsi a Hermione con aria
provocatoria. “Ormai la tua sorte è segnata, devi arrenderti! Cosa credi di
poter fare ora?”
Hermione
provò una rabbia immensa; non poteva davvero fare nulla per salvare il suo
bambino, e Ron, e se stessa…era tutto così frustrante che non potè trattenersi,
e l’odio prese il sopravvento. E senza esitare nemmeno per un secondo, centrò
il viso di Corinne col pugno più violento e preciso che avesse mai sferrato,
tanto che la donna barcollò di parecchio indietro, con la faccia voltata
dall’altra parte per l’intensità del colpo ricevuto. Immediatamente due uomini
l’afferrarono saldamente per le braccia, ma lei prese a dimenarsi e a scalciare
con tutte le forze.
Corinne
si toccò il naso e la bocca con una mano, e se la ritrovò insanguinata.
Furiosa, avanzò di nuovo verso la sua scalpitante prigioniera e le puntò contro
la bacchetta. “Razza di piccolo mostro impudente!! Hai respirato il tuo ultimo
fiato!! Animafleo!”
Hermione
si sentì troncare il respiro da qualcosa, e tutto in una volta il mondo attorno
a lei divenne prima grigio, poi misteriosamente bianco…trasparente…la colse un
freddo terribile, ed ebbe la sensazione di essere attirata via da un vortice,
di lasciare il suo corpo…come se la sua anima stesse volando via…nell’oscurità
profonda…
Corinne
guardò soddisfatta la sua nemica stramazzare a terra priva di sensi e si voltò
di nuovo, cercando di constatare il danno al viso. “Preparatela per il
sacrificio.” Disse con voce autoritaria ai due uomini, e poi si rivolse contro
un incantesimo per rimettersi a posto il naso rotto e la bocca spaccata.
***************
Ron
si rialzò in piedi con una smorfia di dolore; l’ultimo attacco era stato troppo
veloce da schivare, e lo aveva centrato in pieno addome, col risultato che ora
aveva una ferita superficiale ma dolorosa al fianco destro. Non che Harry fosse
illeso: aveva un braccio sanguinante e l’aria molto arrabbiata.
“Dannazione,
Harry!!” gli urlò Ron, all’apice della frustrazione. “Perché stai facendo tutto
questo?! Rispondimi, perché?!?”
“Pensa
a combattere!!”
“Il
punto è che non lo sai nemmeno tu il perché!! Ti stai facendo pilotare da loro
come un coglione!!”
Harry,
prima ancora di riprendere in mano la bacchetta, cercò di colpire il suo
avversario con un calcio – che però venne abilmente schivato – e mise a segno
un gancio destro che fece cadere a terra Ron, lasciandogli come ricordo un
taglio sul sopracciglio; per tutta risposta, Ron afferrò il piede che stava per
colpirlo di nuovo e lo tirò con forza, centrando con un pugno piuttosto sonoro
il naso di Harry, che prese a sanguinare. Caduto a terra, a Harry scivolò la
bacchetta di mano e Ron ne approfittò per costringerlo a terra.
“Ti
vuoi decidere ad ascoltarmi?!”
Ron
aveva completamente dimenticato tutte le ore che Harry aveva passato ad
allenarsi per imparare la magia senza bacchetta, o forse non avrebbe mai
creduto che il suo amico l’avrebbe usata come arma contro di lui; comunque si
rese conto subito del perché la maggior parte di quelli che venivano affrontati
in quel modo finivano ko: perché quando Harry gli puntò contro il palmo bene
aperto della mano e gli fece fare un volo pazzesco contro la parete opposta, si
sentì come se lo avesse investito in pieno un treno.
Harry
ebbe tutto il tempo di recuperare la bacchetta. “Se ti concentrassi di più sul
nostro combattimento, mi starei divertendo.” Ruggì, ignorando il rivolo di
sangue che gli scorreva dal naso.
Ron,
ancora stordito, si rimise in piedi. “Tu sei un perfetto idiota.” Sibilò fra i denti,
dando alla sua vista il tempo di smettere di fare flip-flop. “Ma davvero non
capisci quello che ti sta succedendo?!”
“Oh,
si che lo capisco.” Replicò lui, con un sorrisetto soddisfatto. “Succede che ti
sto facendo un culo tanto.”
“Coglione!!”
gli urlò Ron, puntandogli contro la bacchetta. “Ma non ci pensi a Ginny e
Danny?! Non riesci nemmeno a ricordarti di tuo figlio, per la puttana?!?”
Harry
gli puntò contro la sua bacchetta in risposta. “L’unica cosa che ricordo bene è
la mia missione! Tu devi essere eliminato!! Stralis Inseunda!!”
Dalla
bacchetta di Harry si materializzò una freccia che si andò a incastrare
velocissima nel muro, ferendo di striscio Ron a un braccio.
“Se
credi di riuscire a vincere a parole, farai meglio ad arrenderti! Ti risparmierai
un sacco di sofferenze!” fece Harry con tono durissimo.
Ron,
tenendosi il braccio, fece un passo avanti. “Harry, noi due siamo stati come
fratelli per 15 anni! E’ possibile che in cinque minuti ti abbiano cancellato
dalla testa tutti i nostri ricordi? Possibile che non riesci a opporti??”
Harry
esitò per un momento.
***************
Corinne
mise giù lo specchio in cui si stava controllando il viso fino a pochi secondi
prima, e si voltò verso la vecchia che stava mescolando la pozione nel grosso
calderone.
“A
che punto siamo?”
“Manca
meno di un quarto d’ora, mia signora.” Rispose quella, con un cenno del capo.
Corinne
gettò uno sguardo alle guardie. “Come sta procedendo il duello?”
Uno
degli uomini parlò. “Ancora stabile.”
Lei
annuì. “Raggiungeteli. Uccidete Potter e portatemi qui il prigioniero. Ma non
prima di venti minuti.”
“Si,
mia signora.” Le guardie fecero un inchino e uscirono.
Corinne
si voltò verso l’altare dove stava stesa Hermione, priva di sensi. Le tastò il
collo: il battito stava rallentando progressivamente, e ormai era lentissimo.
Con un sorriso pienamente soddisfatto, la donna riprese a guardarsi allo
specchio.
***************
Vedendolo
esitare, Ron fece un passo avanti, tenendo però sempre la bacchetta pronta.
“Ascolta, lo immagino che inferno stai passando, e ci credo che hai un gran
casino nella testa, ma resto convinto che puoi farcela.”Con prudenza fece un altro passo avanti.
“Ascoltami, per ora non importa se non riesci a ricordarti di me o di Hermione,
ma devi ricordarti di Ginny. Lei sta soffrendo molto, Harry, ha bisogno
di te. E Danny ha bisogno di suo padre, non puoi abbandonarlo ora!”
Harry
vacillò.
Ron
fece un altro passo avanti. “Andiamo, Harry. Dammi la bacchetta. Torna da noi.”
In
quel preciso istante il pitone si rizzò sulla schiena ed emise un sibilo lungo
e acuto, mostrando i denti aguzzi. Harry si scosse dal torpore in cui era
caduto e gli puntò di nuovo la bacchetta contro. “Adesso la facciamo finita con
questa storia una volta e per tutte! Insorgeo!!”
Una
improvvisa stalattite schizzò su dal pavimento e Ron riuscì ad evitarla facendo
un salto indietro appena un secondo prima di essere trafitto, ma nel farlo
cadde a terra, sentendo un dolore forte alla nuca e facendo appello a tutto il
suo coraggio e alla sua forza di volontà per non perdere la bacchetta.
Harry
gli mollò un calcio fra le costole, e gli puntò di nuovo la bacchetta contro.
“Ti chiuderò la bocca per sempre!!” ruggì, con gli occhi rosso fuoco. Alle sue
spalle il serpente si drizzò ancora di più, con gli occhi che sembravano due
bolle di magma.
E
fu in quel momento che Ron capì.
“C’è
una cosa che non mi è molto chiara.” Disse Ron, fissando accigliato il rapporto
sul caso di Harry, mentre Hermione gli sistemava meglio le coperte del letto
dell’infermeria.
“Cosa?”
“Qui
dicono che non sanno bene di che natura è il maleficio che hanno fatto a Harry.
Due paragrafi dopo parlano di magia nera e precisano anche quale categoria.
Come mai?” le chiese, alzando lo sguardo dai fogli che aveva in mano.
Hermione
si sedette sul letto accanto a lui e alzò spallucce. “In verità non è molto
chiaro. Che sia magia nera è facile intuirlo, perché l’unico incantesimo che
può controllare la mente umana è l’Imperius. E sappiamo che Harry sa resistere
a quella maledizione.”
Lui
annuì, appoggiandosi di spalle ai cuscini. “Ok, allora ammettiamo che le cose
stiano veramente così. Come facciamo a capire con precisione chi diavolo ha
fatto questo incantesimo? Dobbiamo essere precisi, no? Che succede se non
capiamo chi è che ha usato questa magia nera?”
Lei
sospirò e guardò altrove. “Non lo sappiamo con certezza. Per ora come indizio
abbiamo solo gli occhi di Harry, che da verdi sono diventati rossi.”
Ron
inarcò entrambe le sopracciglia. “Quindi dovremmo cercare un omone brutto e
cattivo con lo sguardo di fuoco?”
“Sembrerebbe
proprio di si.”
“Ah,
niente di più facile. Voglio dire, come fa a passare inosservato un tizio con
gli occhi rossi?”
“E
con questo il nostro duello è ufficialmente finito!!” Harry sollevò la
bacchetta.
Ron
decise di giocarsi il tutto per tutto senza starci troppo a pensare. Colpì
Harry duro allo stomaco a piedi uniti; lui ovviamente riuscì a parare il
calcio, ma l’intensità del colpo lo fece arretrare di qualche passo, quel tanto
da dare a Ron la possibilità di rimettersi in piedi. Harry tornò all’attacco
con un rapido e incisivo pugno che fece vedere le stelle al suo avversario, ma
Ron fu svelto a riprendersi dal colpo e a passare con forza il piede destro
dietro alle ginocchia del suo amico, che cadde a terra.
Ora
o mai più.
Forse era l’ultima occasione che gli era rimasta: si girò a tempo di record e
puntò la sua bacchetta contro il pitone. “Inflamare!!” urlò con tutte le sue
forze.
Il
serpente sibilò molto acutamente quando la coda cominciò a prendere fuoco, ma
in meno di cinque secondi il suo sibilo finì bruciato col resto del suo viscido
corpo.
Harry,
in ginocchio, tenendosi la testa fra le mani, si lasciò sfuggire una smorfia di
dolore. Ron gli fu accanto in un attimo. “Harry!!”
“Mi
sta scoppiando la testa!!!” si lamentò lui. Fortunatamente qualche secondo dopo
sembrò calmarsi, e piano piano anche l’affanno che aveva si stabilizzò.
Ron
aspettò qualche secondo per vedere se aveva ottenuto ciò che voleva. “Harry?”
provò.
“Ron?”
Harry si guardò rapidamente in giro, confuso. I suoi occhi erano di nuovo
verdi.
Sul
viso di Ron comparve un sorriso enorme. “Sei di nuovo tu?”
“Ma
che è successo? E dove diavolo siamo?” gli chiese spaesato lui.
Ron
non potè trattenersi e lo abbracciò. “Dio, quant’è bello riaverti fra noi!”
Harry
ricambiò l’abbraccio, ma poi lo guardò più confuso di prima. “Ok, non ci sto
capendo davvero più niente.”
“Non
ti ricordi niente di quello che è successo?”
“No!
Ma che cosa è successo?!”
“Ti
hanno fritto il cervello e t’hanno messo contro di noi.” Harry lo guardò
allibito. Lui annuì. “Già. Pensa un po’ cos’è stato per noi combattere contro
di te.”
“Oddio,
è un incubo…io non mi ricordo assolutamente niente!” fece Harry, completamente
inorridito. Poi si guardò un attimo e vide in che stato era ridotto. “Vuol dire
che questi me li hai fatti tu?” gli chiese, indicandogli le sue ferite.
“Tu
non sei rimasto esattamente a guardare!” fece Ron, mostrandogli le sue.
Harry
si passò una mano fra i capelli. “Dio…ma da quant’è che va avanti questa
storia?”
Ron
fece una smorfia. “Tre mesi e mezzo.”
Harry
spalancò occhi e bocca. “Ginny e Danny!”
“Già.”
Annuì Ron. “Staranno cento volte meglio quando ti rivedranno.”
Harry
decise di non perdere altro tempo, e si rimise in piedi. “Voglio andare da
loro.”
Anche
Ron si rimise in piedi. “Aspetta, dobbiamo prima ritrovare Hermione.”
“Hermione
è qui?” Harry si accigliò.
“La
tengono prigioniera da qualche parte qua dentro, dobbiamo cercarla.”
“Ok,
andiamo.”
Proprio
in quel momento la porta dello stanzone si spalancò, e ne entrarono sei uomini
armati di bacchetta. Nel vederli in piedi si soffermarono un secondo.
“Ah,
bene.” Brontolò Ron. “Solo questi ci mancavano.”
Uno
dei soldati puntò la bacchetta contro Harry. “Avada Kevadra!”
“Remando!!”
Harry lanciò un incantesimo che deviò il flusso di luce verde e lo rispedì al
mittente, che cadde a terra morto.
“Stupeficium!!”
Ron centrò in pieno uno dei nemici, che stava per sfoderare la bacchetta.
Harry
si buttò nella mischia e con un calcio disarmò uno dei suoi aggressori,
pietrificandolo un attimo dopo; l’altro riuscì a colpirlo con un pugno in pieno
viso, ma, quando gli puntò contro la bacchetta, Harry lo disarmò al volo e un
secondo dopo lo mise ko con uno schiantesimo.
Ron
afferrò il suo nemico per la testa mentre quello stava ancora cercando di
estrarre, e gli tirò una ginocchiata atrocemente dura al viso e allo stomaco,
lasciandolo completamente inerte a terra. L’ultimo soldato cercò di attaccarlo
alle spalle, ma i suoi riflessi di guerriero gli permisero di voltarsi in tempo
per afferrare l’aggressore e sbatterlo contro il muro, tenendolo bloccato col
braccio contro la sua gola. Era un ragazzo piuttosto magro ed esile, perciò i
suoi tentativi di liberarsi furono vanificati facilmente.
Ron
serrò più forte la sua presa. “Dimmi dov’è la ragazza.” Ruggì, mentre lo
affiancava anche Harry.
“Non
ne so niente!” rispose quello, ma il braccio di Ron lo spinse ancora di più
contro il muro.
“Dimmelo,
o ti faccio un buco fra gli occhi!!” urlò il giovane auror, puntandogli la
bacchetta alla fronte.
“…la
stanza in cima alle scale…” si fece uscire alla fine il ragazzo, tremando.
Ron
lo schiantò e lo lasciò cadere a terra, e lui e Harry si lanciarono di corsa
nel corridoio fuori dalla stanzona. “Dove diavolo sono queste scale?!” sbottò
nervosamente, guardandosi intorno.
“Laggiù!”
Harry gli indicò una rampa di scale in una zona d’ombra alla fine del
corridoio, e tutti e due corsero in quella direzione.
***************
Corinne,
che era impegnata a controllare il battito cardiaco di Hermione, sentendo i
passi veloci alzò lo sguardo di scatto. Non le ci volle molto a capire che non
appartenevano alle sue guardie, soprattutto quando sentì dei pugni piuttosto
violenti battere contro la parete.
“A
che punto siamo?” disse nevroticamente alla vecchia vicino al calderone.
“Manca
ancora qualche minuto.” Le rispose quella.
Corinne
si alzò. “Andiamo avanti col piano, presto.”
La
vecchia esitò. “Ma mia signora, se aggiungiamo il sangue della ragazza adesso,
rischiamo di…”
“Non
mi interessano i tuoi rischi!!” strillò isterica la donna. “Uccidila ora!!
Immediatamente!!!”
***************
“Ma
come cazzo si apre questa merda di porta?!?”
Ron
diede un calcio alla porta murata senza maniglie, continuando a dare pugni
sulle grosse pietre con rabbia e frustrazione.
Harry
stava tastando febbrilmente il muro alla disperata ricerca di un qualche
passaggio segreto. E ad un certo punto sotto la mano gli capitò una specie di
piccolo bassorilievo di forma strana: la forma di un serpente.
“Porca
puttana, apriti!!!” urlò Ron.
Harry
ebbe un’idea; tirò indietro Ron per un braccio, chiuse gli occhi e sibilò
qualcosa in Serpentese: un momento dopo la porta si spalancò, e furono in
condizione di vedere cosa stava succedendonella stanza al suo interno.
Una
vecchia non molto alta teneva in mano un pugnale, ed era vicinissima a quello
che sembrava un altare su cui stava stesa una ragazza, a prima vista svenuta.
Era Hermione! La vecchia spalancò gli occhi nel vederli, ma subito si concentrò
nuovamente su quello che stava facendo, e rialzò il pugnale per completare la
sua opera.
Fortunatamente
Harry fu più rapido di lei a puntarle la bacchetta contro e a urlare
“Petrificus Totalus!!” La vecchia si pietrificò all’istante, e il suo pugnale
si fermò a pochi centimetri dal petto di Hermione. Harry corse subito da lei e,
prima ancora di chinarsi sulla sua migliore amica, diede un calcio alla statua,
che cadde a terra distruggendosi in mille pezzi.
Per
quanto Ron desiderasse con tutto il suo cuore di raggiungere Hermione, si
costrinse a fermarsi: aveva visto la figura nell’ombra. Le puntò la bacchetta
contro, facendo due passi avanti. “Avanti, vieni fuori.” Disse, con una voce
durissima.
Corinne
fece come le era stato ordinato e uscì alla luce, ancheggiando e mantenendo
un’espressione assolutamente altera e per niente sconfitta. “Ciao, Ron.”
Mormorò.
Lui
vide la bacchetta che lei teneva in mano. “Buttala.” Sibilò a denti stretti.
Lei
la lasciò cadere a terra, senza smettere di guardarlo. “Sei cresciuto parecchio.”
“Avrei
dovuto immaginare che dietro tutto questo c’eri tu.” La voce di Ron era gelida.
“Dovresti
essere lusingato, visto che tutto quello che ho fatto era solo per riavere te.”
Replicò calma lei.
“Non
mi sento lusingato, semmai disgustato.” Fece lui.
Corinne,
a dispetto della situazione, sorrise. “Non sei contento di rivedermi?”
Lui
fece una smorfia. “Sicuro, perché non dovrei essere felice di rivedere la donna
che mi ha tradito, mi ha preso in giro e ha trasformato il mio migliore amico
in un serial killer?”
“Tu
dai troppa importanza al passato. Io sono il tuo futuro.”
“L’unico
momento del futuro che condivideremo sarà quando ti trascinerò in catene ad
Azkaban, dove devi stare. E’ quello il tuo posto.”
Corinne
decise di essere sincera fino in fondo. “Sono tornata da te perché ti amo,
Ron.”
Lui
non si scompose. “Abbiamo già affrontato questo discorso in passato.”
“E
non potremo mai risolvere il problema, finchè tu manterrai questo
atteggiamento.” Fece lei, acida.
“Corinne,
non c’è niente da risolvere.”
“Perché
ti rifiuti perfino di ascoltarmi?” si lamentò lei, esasperata.
“Perché?!”
ruggì lui. “E me lo chiedi, anche?! Tu hai fatto tutto il possibile per
rovinarmi la vita, per distruggere quello che più amo, e ti meravigli se non ti
credo quando mi dichiari il tuo amore?!?”
“Io
volevo solo te, e tu invece hai dato il tuo cuore a un’altra!” strillò lei.
“Una ragazzina che non ha niente più di me, ma che tu veneri come una dea!!”
Istintivamente
Ron guardò con la coda dell’occhio Harry, che stava seduto sull’altare con
Hermione stretta protettivamente fra le braccia e la bacchetta ancora serrata
in una mano. Rassicurato, Ron tornò a concentrarsi su Corinne.
“Lei
vale cento volte quello che vali tu.” Sibilò con un tono freddo e tagliente.
La donna
s’irrigidì e guardò altrove. “Ho passato quattro anni ad elaborare questo
piano. Era tutto perfetto. Tu avresti dovuto odiarla, perché per colpa sua il
tuo migliore amico aveva perso la ragione. Lei avrebbe dovuto perdere la
lucidità e la concentrazione, e tu avresti dovuto smettere di provare stima nei
suoi riguardi. E invece qualcosa deve essere andato storto.”
“Te
lo dico io cos’è andato storto.” Ruggì Ron. “Io amo Hermione, e la conosco
bene. Ho sempre saputo che non aveva nessuna colpa per quello che era successo
a Harry. E tu l’hai sottovalutata, Hermione è in gamba proprio perché è capace
di mantenere il sangue freddo in situazioni come queste.”
Corinne
annuì. “Mi sono arresa all’idea che il tuo cuore appartiene a lei. E’ per
questo che volevo sostituirmi a lei.” disse, con amarezza.
Ron
si accigliò. “Cosa?!”
“Hai
capito benissimo.” Rispose lei, con gli occhi tutto in una volta indemoniati.
“Avevo anche pronta la pozione per prendere una volta e per tutte le sue
sembianze, mi mancava solo il suo sangue, era l’ultimo ingrediente.”
Lui
scosse la testa, inorridito. “Tu sei pazza, Corinne.”
Sul
viso della donna comparve un ghigno strano, e gli occhi le balenarono
perfidamente. “Ma forse non è ancora troppo tardi per finire ciò che avevo
cominciato.”
Corinne
fece un passo verso l’altare, ma Ron le si parò davanti. “Sta’ lontana da lei.”
la sua voce metteva paura.
Lei
fece un passo indietro, ma la sua espressione folle rimase dov’era. “Vieni via
con me, Ron!” disse, quasi euforica. “Scappiamo insieme!”
Lui
scosse la testa. “Tu sei soltanto una povera psicopatica che ha fatto di me la
sua ossessione, non capisci più nemmeno quello che vuoi.”
“Io
voglio te!!” urlò lei.
“Io
non sarò mai tuo! E non potrò mai amarti! Non dopo quello che hai fatto a Harry,
a mia sorella e a tutti gli altri, per non parlare del fatto che hai quasi
ucciso Hermione e mio figlio! L’unico motivo per cui sono qui è per sbatterti
ad Azkaban a vita!!”
Corinne
sembrò prendere coscienza di quanto Ron le aveva detto e s’irrigidì, mantenendo
lo sguardo folle. “Bene. Benissimo. Facciamo pure a modo tuo, Ron. Vuol dire
che verrai comunque con me. Ma nel regno dei morti.” E così dicendo si
sfilò una piccola sfera gelatinosa dalla tasca e gliela tirò addosso.
“Ron!!!” urlò Harry.
Ron
fu svelto a sollevare la bacchetta. “Remando!!”
Uno
scoppio enorme, un rumore assordante e un lampo di luce travolsero la stanza.
**************************
Fiùùù…capitolo
piuttosto intenso, eh? E non vi arrabbiate se vi dico che è il penultimo!
Calma, e sangue freddo: non vi libererete così facilmente di me, gente….^^
Comunque, il prossimo capitolo è senza dubbio il mio preferito in assoluto…ma
non vi dico niente, neanche il titolo, sennò vi rovino la sorpresa!
I
soliti baci e bacioni ai miei recensitori (uno speciale alla dolcissima
Mony-chan, e grazie a giuggy, che mi fa pubblicità! Sono onorata! ^^), e
stavolta vorrei dare un bacio cosmico a mia sorella, che ieri sera si è offerta
volontaria per ricopiare l’ultima parte del capitolo sul pc mentre io finivo di
annegare fra i compiti di matematica…a dirla tutta, senza Nenè a quest’ora
avreste dovuto aspettare un altro po’ per vedere on-line questo
capitolo…grazie, amore! Mi sdebiterò, prima o poi.
Infine
vorrei chiedervi una cosa: dunque, mi sono arrivate parecchie mail questa
settimana con delle specifiche richieste. Una buona parte (diciamo la maggior
parte) vorrebbe ancora un altro seguito, cioè vorrebbe che questa storia
diventasse una trilogia il cui ultimo episodio sia un’eccitante avventura che
coinvolge ancora i nostri eroi…però in versione mamme e papà. Un’altra parte,
invece, mi ha esplicitamente chiesto se scriverò mai tutto il pezzo che separa
il primo Being a War Mage dai tempi della scuola: cioè l’attacco a Hogwarts, la
decisione di Harry, Ron e Hermione di diventare War Mage, come sono cresciuti,
sono cambiati e si sono avvicinati, ecc… Ok, sono due richieste interessanti,
anche se la seconda è un pochino più difficile perché tratta di un momento
molto delicato della vita di questi personaggi. In teoria, penso che si possano
realizzare entrambe (non avete idea di quanto possa essere fonte d’ispirazione
la sedia del dentista…^^) …ma voi che ne dite? Quale volete vedere per prima?
Beh, fatemi sapere, ok?
Ron tossì e si fece spazio fra la povere per vedere l’enorme
solco che si era creato nel muro davanti a lui; era una grossa voragine, la
maggior parte delle pietre erano crollate di sotto, e si poteva vedere ben poco
nell’ombra, visto che fuori il cielo era completamente annuvolato e
attraversato da fulmini poco rassicuranti. Ron si sporse leggermente per
guardare giù, nello strapiombo di rocce in cui un secondo prima era precipitata
Corinne; ma si tirò indietro un attimo dopo e chiuse gli occhi: ciò che era
rimasto di lei in quel burrone non era esattamente piacevole a vedersi.
Lui e Harry si guardarono un momento, e tirarono un sospiro
di sollievo; poi Ron lo raggiunse in fretta, balzando a sedere sull’altare
nero.
“Hermione?” Harry provò a scuoterla piano. “Hermione, riesci
a sentirmi? Hermione?”
Ron, più che teso, le sentì la fronte col dorso della mano:
era fredda, e lo erano anche i suoi polsi e le sue mani. Con la mano che gli
tremava le tastò il collo, e un attimo dopo guardò Harry con gli occhi
sbarrati. “Respira a malapena! Che diavolo succede?” agitatissimo, l’attirò fra
le sue braccia e prese a scuoterla più vigorosamente. “Hermione? Hermione?
Avanti, apri gli occhi! Mi senti, amore? Svegliati, dai!”
Harry le sollevò una palpebra: la sua pupilla da castana era
diventata tutta nera.
“Ma cosa…” mormorò inorridito Ron.
Harry riflettè per qualche istante, poi sembrò essere
illuminato da un’idea. “Ho capito che incantesimo è.” Un momento dopo appoggiò
una mano sugli occhi di Hermione e chiuse anche i suoi.
Ron avrebbe voluto chiedergli cosa stava facendo, cosa stava
succedendo a Hermione, ma Harry aveva sul viso l’espressione terribilmente
concentrata che assumeva ogni volta che utilizzava la sua magia senza
bacchetta, per cui preferì lasciarlo fare. Passarono degli interminabili
minuti, durante i quali Harry sembrò nel pieno di uno sforzo non indifferente,
e Ron non potè fare altro che trattenere il fiato, continuando a stringere fra
le braccia la sua Hermione. A un certo punto Harry aprì gli occhi e ritirò la
mano, con un po’ di fiatone.
Un secondo dopo anche Hermione aprì gli occhi e si guardò
confusamente intorno.
Ron le rivolse un sorrisone. “Ehi, dormigliona! Adesso ti
addormenti anche sul lavoro?”
Nel vederlo, Hermione spalancò gli occhi e si mise seduta di
scatto. “Ron, dobbiamo fermare quella donna! Conosco il suo piano, lei vuole…”
Ron la interruppe, appoggiandole le mani sulle spalle. “E’
tutto finito adesso, e lei non farà più male a nessuno.” Hermione rimase per un
istante ferma, poi gli gettò le braccia al collo e lo abbracciò forte, e lui
fece altrettanto.
“Bene! E io, allora? Lui te lo abbracci, e io non ho diritto
nemmeno a un sorriso?”
Il suono di quella voce fece voltare Hermione di scatto.
Davanti a lei stava Harry, sorridente più che mai. Istintivamente si coprì la
bocca con una mano e si voltò verso Ron che, altrettanto sorridente, le fece un
occhiolino per tranquillizzarla. Commossa, Hermione si lanciò fra le braccia di
Harry e scoppiò a piangere, stringendolo forte mentre anche lui ricambiava il
suo affetto con la stessa intensità.
“Non puoi nemmeno immaginare quanto mi sei mancato, Harry!”
gli disse lei, quando riuscì a staccarsi da lui e ad asciugarsi le lacrime con
il dorso delle mani.
“Mi dispiace da morire di avervi fatto passare un periodaccio.”
Le rispose lui, facendole una carezza.
Lei scosse la testa, poi sembrò rendersi finalmente conto
dello stato in cui erano sia Harry che Ron. “Ma chi vi ha conciati così?”
Harry e Ron si guardarono in faccia, poi ridacchiarono e si
indicarono contemporaneamente a vicenda. “Lui.” Dissero insieme.
Hermione scosse la testa. “Sempre i soliti.” Borbottò,
scendendo dall’altare su cui stavano seduti tutti e tre. “Sarà meglio cercare
un modo per andarcene via da questo posto.”
Harry la trattenne per un braccio. “Aspetta un po’.”
“Mh?”
Lui fece un sorrisone felice e leggermente incredulo. “E lui
da dove sbuca?” disse allegramente.
Hermione seguì la traiettoria del suo sguardo e sorrise
anche lei, appoggiandosi una mano sul pancione.
Harry rivolse a tutti e due i suoi amici un sorriso enorme e
li abbracciò entrambi con grandissimo affetto, poi appoggiò una mano sulla
pancia rotonda di Hermione. “E’ un giovanotto o una signorina?”
“Lo sapremo quando sguscerà fuori, fra tre mesi più o meno.”
Disse orgoglioso Ron.
“Non ci posso credere.” Fece Harry vispo. “Guarda un po’, uno sta via qualche mese e…”
Hermione, con un sorrisetto, gli mostrò la sua mano sinistra. Harry la guardò
un attimo, poi si voltò verso Ron con un sorriso furbo e allegro. “Noo….non ci credo!”
Ron rise. “Ebbene si.”
“Scommetto che ci saranno stati molti cuori infranti in giro
per il mondo.” Ridacchiò Harry. “E quando?”
Hermione scosse la testa. “Abbiamo aspettato te.”
Ron annuì. “Ti fanno troppe difficoltà se vuoi sposarti
senza testimone.”
Harry gli diede una pacca sulle spalle. “Nel tuo caso
avrebbero anche potuto fare un’eccezione, visto che si aspetta questo giorno
praticamente da quando avevamo tredici anni.”
“Si, ma poi chi me l’organizzava la festa di addio al
celibato con le spogliarelliste?”
Harry e Ron risero maliziosamente, quello era il loro solito
botta e risposta per cui Hermione li definiva quotidianamente sedicenni
immaturi, ma non si aspettavano certamente che lei gettasse le braccia al collo
di entrambi e li abbracciasse forte.
“Mi mancava così tanto tutto questo!” esclamò, commossa.
Harry le strapazzò i capelli e Ron le diede un bacio sulla
guancia. “Che ne dite, ce ne torniamo a casa?”
“Direi di si, ci sono giusto un paio di personcine che avrei
voglia di vedere.” Sorrise Harry.
***************
Aki, in ginocchio vicino al marito, finì di fasciargli la
spalla. “Te la senti troppo stretta?”
“No, va bene.” La rassicurò lui.
Lei gli rivolse un piccolo e veloce sorriso prima di
dedicarsi agli altri feriti. Ce n’erano davvero tanti, perché finalmente erano
di ritorno i gruppi di War Mage spediti al Big Ben. Ne arrivavano di nuovi in
continuazione, perché dovevano portare con loro anche i nemici sconfitti e
catturati.
Tennessee si passò una mano fra i capelli, stanca e ancora
molto tesa, mentre finiva di applicare una fasciatura alla gamba di un soldato.
Sentendosi appoggiare una mano sulla spalla, si voltò di scatto: era Charlie.
Aveva un sopracciglio, una tempia e un braccio sanguinante, ma era vivo e
vegeto. E sorridente, per di più.
Lei gli balzò subito in collo, e anche lui l’abbracciò. “Io
ho mantenuto la mia parola, ora tu devi mantenere la tua.” Le mormorò
all’orecchio.
Tennesse non se lo lasciò ripetere due volte: gli fece un
sorriso malizioso e lo baciò follemente, mentre Josh, Bill e gli altri auror li
incoraggiavano con fischi e applausi.
Ginny stava aiutando due medimaghi alle prese con una ferita
piuttosto seria, ma non potè fare a meno di guardare dove Homer, Sirius, Remus
e Liam stavano parlando animatamente. E quando capì che stavano parlando di
Harry, Ron e Hermione, dimenticò i suoi doveri di infermiera e li raggiunse di
corsa.
“Ma non sappiamo quale dannata passaporta abbiano usato!”
esclamò nervoso Sirius.
“Che fosse quel mantello che…” provò Remus, ma intervenne
Ginny.
“Che cosa fate ancora qui, perché non andate a cercarli?!?”
gridò.
“Non sappiamo ancora dove cercarli!” rispose teso Liam.
“Come sarebbe a dire che non sapete?!?” strillò disperata
Ginny. “Voi dovete trovarli!!!”
“Ginny!!”
Tutti si voltarono di scatto nella direzione della voce fin
troppo familiare. Ginny, con gli occhi sbarrati, fu l’ultima a girarsi, proprio
perché aveva riconosciuto quella voce. E quando voltatasi vide suo marito in
piedi sulla soglia della porta, malridotto ma sorridente, non potè trattenere
le lacrime. E piangendo gli corse incontro.
Harry corse a sua volta verso di lei, e appena furono vicini
Ginny gli balzò in collo e lo strinse forte a sé, piangendo di gioia nel suo
collo. Harry l’abbracciò più forte che potè, accarezzandole i capelli e la
schiena e sussurrandole all’orecchio parole dolci e rassicuranti, mentre tutti
sorridevano soddisfatti e applaudivano allegramente.
Aki vide avvicinarsi Ron e Hermione, e subito li raggiunse.
“State bene voi due?”
“Per favore, Aki, controlla se il bambino sta bene!” fece
Hermione con urgenza.
“Le hanno fatto un incantesimo strano prima, aveva smesso di
respirare.” Incalzò Ron.
Aki appoggiò la bacchetta sulla pancia di Hermione, senza
evitare un piccolo sorriso. “Voi due state diventando dei veri genitori, se la
vostra prima preoccupazione è vostro figlio. Cordem Audeo.”
Un istante dopo si sentì un rumore che riconobbero come il
battito di un cuore – un cuoricino, per la precisione. Hermione fece un sorriso
enorme e abbracciò Ron, che la strinse forte a sé con altrettanta felicità.
Aki rivolse a entrambi un sorriso colmo di tenerezza.
“Coraggio, papà, fatti dare un’occhiata a quei graffi. Dobbiamo tenerti al
massimo della forma per il tuo piccolino.”
***************
You’re the first in my
life
Who has
ever made me feel this way
And I
will not deny
I’m
gonna need you right here by my side
For
All Time, Saluna
***************
3
mesi e mezzo dopo circa….
“Corri, corri!!”
“Muoviti, muoviti, muoviti!!”
Harry e Ron si fecero le scale saltando quattro gradini alla
volta, correndo come pazzi verso l’infermeria. Perché Hermione aveva avuto le
doglie proprio mentre loro erano fuori di pattuglia?! Arrivarono
nell’infermeria – fuori la sala parto – praticamente senza fiato, e subito
tutti i presenti (i signori Weasley, Bill, Charlie e Sirius) balzarono in
piedi.
“Si può sapere dove eravate?!” tuonò mamma Weasley.
“A fare il nostro lavoro!!” sbottò Ron, mentre si toglieva
il giubbotto di dosso nervosamente.
“Tranquillo, figliolo, non è dentro da molto.” Lo rassicurò
il padre.
“Muoviti, non puoi entrare senza questo affare addosso!”
Bill passò a Charlie una specie di camice verde che si allacciava da dietro, a
Harry una mascherina di tela e lui tenne la cuffia verde.
“Peggio di carnevale.” Borbottò Ron mentre, di fretta e
furia, Charlie gli faceva infilare le braccia nelle maniche del camice.
Contemporaneamente Harry prese a legargli la mascherina dietro alla nuca,
mentre Bill gli schiacciava in testa la cuffia.
“Ora, Ron, devi tenere bene a mente una cosa.” Disse
incalzante Bill, cercando di infilargli i capelli nella cuffia. “Qualunque cosa
succeda, non svenire! Non devi svenire, è chiaro?”
“Ha ragione lui, le donne lo odiano. Come minimo Hermione ti
friggerebbe nell’olio bollente.” Annuì Harry, dandosi da fare per finire il
nodo alla mascherina.
“E perché diavolo dovrei farlo?!” ribbattè istericamente
Ron, cercando di lasciarsi il naso fuori dalla opprimente mascherina.
Sirius e Arthur Weasley non riuscivano a trattenere le
risate, e anche sul viso di Molly comparve un sorriso divertito. “I capelli!
Infilaglieli bene dentro!”
Harry afferrò i lembi della cuffia e gliela tirò giù fino
agli occhi; Ron cercò di posizionarsela meglio, ma quando Charlie gli fece il
nodo all’ultimo laccio del camice più stretto e con più forza degli altri,
spalancò gli occhi e non si lasciò scappare uno strillo per decenza.
“Mi schiacci le palle!!!”
Le risate di Sirius e papà Weasley si moltiplicarono, e
anche a Harry scappò una risata mentre Bill spostava bruscamente Charlie e
slacciava il nodo.
“Coglione, non glielo devi abbottonare tutto fino ai piedi!”
Ron, spazientitosi, si liberò dalle cento mani che gli
stavano addosso. “Adesso basta!! Grazie a tutti dell’aiuto, ma se non entro
adesso tutto questo travestimento sarà stato inutile!”
“Ok! Vai, vai,
vai!” Harry lo spinse verso la porta.
“E ricordati di non svenire!” gli urlò dietro Bill, mentre
si chiudeva la porta alle spalle. E una volta dentro, Ron capì perché suo
fratello gli aveva fatto quella raccomandazione così accoratamente.
Nella stanza, seduta su una specie di poltrona particolare e
circondata da parecchie figure con camici verdi addosso, Hermione, ansimante e
sudata, si lamentava e sembrava parecchio sofferente, mentre Ginny le teneva la
mano e le asciugava il sudore sulla fronte. Proprio per non svenire Ron fu
costretto a distogliere lo sguardo da quello che stavano facendo Aki, Tennessee
e un’altra infermiera fra le sue gambe, coi guanti sporchi di sangue.
“Aaahhh!!” strillò Hermione.
“Coraggio, Hermione!” la incoraggiò Aki. “Ci siamo quasi,
continua così!”
Ginny si voltò e vide il fratello immobile davanti alla
porta. “Ron, vieni!” gli disse con un sorriso dietro la mascherina.
Lui si fece coraggio e le raggiunse; la sorella gli lasciò
il suo posto, ma quando lui fece per darle la mano Hermione lo afferrò con
violenza per il bavero del camice e lo tirò giù.
“Ron Weasley, io t’ammazzo!!!!!” urlò tra gli affanni, con
gli occhi letteralmente in fiamme. “Ecco cos’hai combinato!!! Io ti stacco la
testa!!!!!”
Ginny, alle sue spalle, gli mormorò un ‘è normale’ con le
sole labbra, e Ron scelse di non ribbattere, di certo non con la donna che in
quel momento gli stava urlando contro con un’espressione da squalo inferocito.
“Ok, amore, sono qui adesso!” le disse subito, prendendole
la mano. “Sono qua con te!”
“Questo non cambia molto le cose!!!” urlò di nuovo lei,
isterica, ma un momento dopo s’inarcò tutta. “Aahh!!!”
“Respira, respira come ti hanno insegnato!” incalzò Ron.
“Su, coraggio!”
Hermione fece un tentativo per respirare più ritmicamente,
ma qualche istante dopo riprese a lamentarsi. “Che dannatissimo dolore
infernalee!!!”
“Tieni duro, stai andando benissimo!” la rassicurò
Tennessee.
“Ok Hermione, ora voglio che tu spinga forte, più forte che
puoi!” le disse con decisione Aki.
“Dai, amore, spingi!” fece Ron.
Hermione raccolse un po’ di fiato e spinse forte,
fortissimo. “Aaaahh!!!”
“Così, bravissima!” la esortò Tennessee. “Ancora un po’!”
Ginny gettò un’occhiata alla mano di Ron che Hermione stava
stringendo: era praticamente bianca, con molta probabilità il sangue non ci
stava più scorrendo dentro, ma suo fratello sembrava a malapena accorgersene; e
questo non potè non farla sorridere.
“Ecco, ecco!” fece trionfante Aki. “E’ uscita la testa!”
Ron fece un sorriso a 50 denti. “Hai sentito, amore? E’
uscita già la testa!!”
“Non sono diventata sorda!!” replicò lei, abbandonandosi
stancamente, e Ginny le asciugò il sudore. “Ma perché devo farlo io e non lui?”
si lamentò con gli occhi a malapena aperti.
“Scusami, amore mio, al prossimo me la vedo io, prometto!”
le disse lui, pur di metterla tranquilla.
Hermione gli lanciò un’occhiataccia. “Al prossimo?!
Scordati che ti lascerò avvicinare di nuovo a me, brutto maschio inutile e
sfaticato, è tutta colpa tua se siamo arrivati qui!!!! Aahhh!!!” un’altra fitta
di dolore salvò Ron. Le infermiere alle loro spalle cercarono di nascondere le
risatine.
“Bravissima, te la stai cavando alla grande!” le disse tesa
Aki. “Manca solo un’ultima spinta, una bella forte, e il tuo bambino sarà tutto
fuori!”
“No, ti prego…” si lamentò Hermione tra gli affanni. “Non ce
la faccio più…”
“Sì che ce la fai!” la incoraggiò Ron, scansandole i capelli
bagnati dalla fronte. “Dai, Hermione, è solo un’altra spinta, solo una!”
“Pronta?” fece Tennessee.
“Vai, più forte che puoi!” incalzò Ginny.
Hermione raccolse tutte le forse rimastele e spinse
fortissimo, stringendo la mano di Ron così tanto da fargli diventare gli occhi
come due palline da tennis.
“Eccolo che arriva!” disse entusiasta Aki, e un secondo dopo
il pianto di un neonato riempì la stanza.
Hermione si abbandonò debolmente sulla poltrona, ancora
ansimante e visibilmente stanca e dolorante, ma nel sentire quel pianto non
potè fare a meno di sorridere. Ron aveva un’espressione di pura gioia sul viso,
e le baciò la fronte. “Sei stata bravissima, Hermione! Ce l’hai fatta!”
Aki prese il fagottino di asciugamani con un amabile
sorriso. “E’ un bellissimo maschietto.”
“Auguri, ragazzi!” Ginny diede un bacio sulla guancia ad
entrambi i nuovi genitori.
Aki si avvicinò a Ron. “Prendilo, Ron.”
Lui sorrise. “E’ talmente piccolo…non è che si rompe?”
Aki ridacchiò e scosse la testa. “No, è infrangibile.”
Con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro, Ron
prese in braccio suo figlio. Stava lentamente smettendo di piangere, singultava
con dei piccoli sussultini e sbatteva piano gli occhietti, tutto infagottato
nell’asciugamani enorme in cui era avvolto.
Ginny si sporse per vedere il nipotino. “E’ bellissimo!
Congratulazioni, mammina e papino! Vado subito a dirlo agli altri!” e così
dicendo se ne uscì dalla sala parto, e pochi istanti dopo da fuori si sentirono
delle esclamazioni di gioia.
Ron si voltò verso Hermione, che lo guardava con un sorriso
stanco, e le appoggiò il bambino tra le braccia, rimanendo chino su di loro.
Hermione non potè evitare di commuoversi nel vedere il suo piccolino finalmente
fuori, lì con loro, e gli sfiorò una manina con un dito. “Allora sei stato tu a
darmi tutto questo da fare.” Gli sussurrò dolcemente, con un sorriso felice.
“E’ stato lui.” Annuì sorridente Ron. Hermione lo guardò con
un’espressione di felicità completa e lui le diede un bacio sulla fronte, poi
tornò a guardare il piccolino, sfiorandogli una piccola guanciotta morbida e
paffuta. “Benvenuto fra noi, Jack.”
Tennessee si avvicinò con un sorriso. “Vi dispiace se mi
porto via il pupetto per qualche minuto? Lo facciamo bello e ve lo riportiamo
presto presto.”
Hermione lasciò che la dottoressa le prendesse il piccolo
dalle braccia con un po’ di riluttanza, ma si abbandonò stancamente alla
poltrona appena un istante dopo.
“Ehi, bada dove porti mio figlio, tu.” Fece Ron a Tennessee,
che rise e si allontanò col bambino in braccio.
Aki si avvicinò a Hermione con un sorriso amorevole e le
asciugò la fronte e il viso. “Come ti senti, mammina?”
“…un po’ stanca…” Hermione ricambiò il sorriso, mentre Ron
tornava ad accarezzarle la fronte e darle piccoli baci.
“Tranquilla, ormai abbiamo finito.” La rassicurò Aki,
infilandosi un altro paio di guanti. “Adesso ti rimetto in ordine e poi potrai
riposarti in santa pace.” E così dicendo prese in mano un paio di forbici un
po’ sporche di sangue.
Ron spalancò gli occhi. “Co-cosa devi farci con quelle?…”
Aki sorrise, mentre alle sue spalle due infermiere
ridacchiarono. “Devo solo metterle un paio di punti, Ron. E’ la procedura
normale, è andato tutto perfettamente.”
Ron sbiancò e guardò Hermione. “I p-punti…lì?!…ma…non
le farà male?…”
Hermione fece un sorriso stanco e scosse la testa, chiudendo
gli occhi e rilassandosi. Aki trattenne una risatina. “Dopo tutto quello che ha
passato? Sono solo un paio di punti, nemmeno se ne accorgerà. Non dirmi che
questo ti manda in tilt, Ron Weasley.” Fece ironicamente, inarcando un
sopracciglio.
“A me? N-no…”
“Buon per te. Passatemi ago e filo.”
TUMP.
Hermione socchiuse gli occhi molto tranquillamente, e nel
vedere Ron lungo disteso per terra inarcò entrambe le sopracciglia, con
un’espressione divertita. “Mi pareva strano.”
Aki scosse la testa, mantenendo il suo sorriso sarcastico.
“Uomini.”
***************
If I had to live my life without
you near me
The days would be all empty, the nights would seems so
long
I tried to be in love before, but it never felt this
strong
I don’t want to live without you, and
Nothing’s gonna change my love for you
One thing you can be sure of,
That nothing’s gonna change my love for you
Nothing’s Gonna Change My Love
For You,Glenn Meridien
***************
circa 5 mesi dopo…..
Ron
uscì dal bagno col suo accappatoio blu, mentre ancora si asciugava i capelli
con l’asciugamani. Tornò nella sua camera da letto facendo bene attenzione a
non fare rumore, visto che non erano neanche le nove di mattina e di sabato si
poteva finalmente dormire e rilassarsi a tempo pieno. Sulla soglia della porta
non potè fare a meno di sorridere.
Hermione
dormiva profondamente nel lettone con un’aria serena e tranquilla, e teneva un
braccio sul pancino del bimbetto dall’aria allegra e vispa sdraiato accanto a
lei, che invece era perfettamente sveglio e occupato a mettersi in bocca la
scatolina porta-succhietto. Era davvero un bambino bellissimo: aveva due grandi
occhi blu e i capelli rossi, e sul nasino e sulle guanciotte erano sparse qua e
là piccole lentiggini.
Ron
sorrise e si sedette sul letto, evitando movimenti bruschi, e con una mano
accarezzò il pancino del figlio. “Che fai di bello, Jack?” il piccolo si cacciò
la scatolina dalla bocca. “Ah, ecco. Meglio quella del tuo ciuccio.” Ridacchiò
il padre.
Il
piccolo Jack si voltò leggermente verso Hermione, e con una manina e dei
piccoli suoni poco chiari cercò di chiamarla. Ron lo prese in braccio e si alzò
dal letto. “Sshh, mammina sta ancora dormendo. Andiamo un po’ a vedere fuori
che giornata è.”
Dal
balcone si poteva vedere il loro piccolo giardino illuminato dal sole, e questa
fu una vista che eccitò all’inverosimile il piccolo Jack, che prese a
sgambettare allegramente e a emettere piccoli “uh” pieni di entusiasmo.
Ron
rise. “Che c’è, piccola peste? Ti piace il sole?” il bimbo lanciò uno strillino
felice, tendendo la manina verso le foglie dell’albero che si muovevano col
venticello, e riprese ad emettere piccoli versi tranquilli. Il padre gli
accarezzò la guanciotta. “Che vi state dicendo di bello tu e l’alberello, mh?”
Jack
tornò a voltarsi verso il suo papà e con un ditino gli toccò il naso, cercando
di infilarglielo nella narice. Ron ridacchiò e gli prese la manina nella sua.
“Si, questo è il naso. Ma non infilarci il ditino dentro, perché potresti
trovarci qualche sgradevole sorpresina.” Il bimbo sgambettò impaziente e Ron
gli diede il suo succhietto, che subito il piccolo si mise in bocca. “A posto,
ora?” gli disse, baciandogli la guanciotta morbida.
Girandosi,
Ron vide Hermione sulla soglia del balcone, con la sua vestaglia bianca
addosso, le braccia conserte e un sorriso sereno e assonnato.
“Ti
abbiamo svegliato?” le disse con un sorriso lui.
Lei
scosse la testa e si avvicinò. “Mi stavo giusto chiedendo dove fossero i miei
due uomini preferiti.” Diede un bacio sulle labbra al marito e tese le braccia
verso il figlio. “Buongiorno, amore!”
Il
bimbetto sgambettò felicemente, lanciando piccoli strillini gioiosi e
spingendosi verso la mamma. Ron glielo passò, e Hermione gli diede un bacio
enorme. “Come siamo allegri stamattina! Ti piace il cielo azzurro? O il sole?”
“Lui
e l’alberello stavano scambiando quattro chiacchiere amichevoli.” Disse con un
sorrisetto Ron.
“Ah,
capisco.” Hermione pizzicò il naso del figlio, che chiuse gli occhietti e poi
rise. “Ops, ti ho rubato il nasino! E adesso come si fa?” il piccolo la guardò
con gli occhietti vispi. “Mh…va bene, te lo restituisco…ma in cambio di un
bacione grande grande!” e così gli baciò di nuovo la guancia con uno schiocco
di labbra che fece ridere il figlio.
Ron
sorrise e le passò un braccio attorno alla vita, attirandola a sé. “Adesso io
ho preso te…ma ti lascio andare per lo stesso prezzo.”
Lei
rise e lo baciò. Dimenticarono entrambi di essere in presenza del piccolo Jack,
che, vedendo i genitori incollati in quel modo, cominciò a sgambettare e ad
agitarsi furiosamente, tanto che Hermione fu costretta a rompere il bacio per
assicurare la sua presa sul bimbo.
“Bene,
cominciamo alla grande.” Fece ironico Ron, scuotendo la testa.
Hermione
rise. “Beh…a questo punto Jack e io andiamo a farci un bel bagno rilassante,
con le bolle che ci piacciono tanto.”
“Ehi,
e io?” Ron si finse offeso.
“Tu
cosa?”
“Niente
bagno io?”
“Ti
faccio notare che hai appena fatto una doccia.”
Ron
sfoderò il suo sorriso più vispo e furbo. “Ma sono ancora molto sporco, sai.”
Hermione
gli fece un occhiolino. “Io e Jack ti lasciamo partecipare al nostro bagno…se
tu dopo ci prepari la colazione.”
“Affare
fatto.” Disse soddisfatto lui. “Latte e caffè?”
“Coi
biscotti al cioccolato.”
“E
pane e burro.”
“E
marmellata.”
“Tu,
giovanotto, cosa gradisci?” Ron si avvicinò al figlio, che lo guardava coi suoi
grandi occhi blu, e gli sfilò il ciuccio dalla bocca. “Non ho capito bene, puoi
ripetere?” Jack si riprese il succhietto con la manina e se lo rimise in bocca
con decisione, facendo sorridere i genitori. “Biberon?” disse alla fine Ron.
“Biberon.”
Annuì Hermione, dandogli un veloce bacio sulle labbra. “E adesso noi andiamo a
preparare la vasca…e la riempiamo di bolle, come piace al mio amore.” Il bimbo
emise uno strillino felice quando la mamma se lo portò in braccio fuori dalla
stanza.
Ron
rimase a guardare con un gran sorriso sua moglie e suo figlio mentre uscivano.
Li amava più della sua stessa vita, e ogni giorno con loro era come vivere un
bel sogno sempre diverso. Con un sospiro soddisfatto si stiracchiò i muscoli,
godendosi il sole e il venticello mattutino fino in fondo: e finalmente, dopo
tanti anni, sentì la tigre dentro di sé rilassarsi e rinfoderare gli artigli.
Era bello sentirsi finalmente felici e completi.
The
End
…per il momento…
***********************************
Devo
ammettere che mi stavo affezionando sul serio a questa storia! Peccato, è
finita….ma non vi preoccupate, niente è mai definitivo… ^^ Beh, spero solo che
vi sia piaciuta….
Prima
di andare avanti, c’è mia sorella che vuole dare un bacio a tutti…devo dire che
si è molto gasata quando ha visto che tutti l’avete ringraziata così tanto, e
vi manda a dire che vi adora! ^^ Qualche volta è perfino adorabile quando è
contenta, perciò…grazie davvero, una sorella maggiore di buon umore rende
allegri tutti in casa! ^^
Allora:
un super grazie a Ginny, Giuggy, Keijei, Kiak (la musichetta della Coca Cola è
fantastica ^^), Ameliè, Strekon (il mio 100° recensitore!^^), Scayla, Arianna,
Mony-chan (che è sempre dolcissima), Concy…ho dimenticato qualcuno? Non
credo…vabbè, comunque… E adesso che fine fa la svitata della Sunny? Tranquilli,
non vi abbandono: io adoro scrivere! L’altra volta vi avevo chiesto di farmi
sapere con cosa volete che vada avanti; la Nenè è contentissima perché, per 14
a 12, ha vinto il gruppo che la pensava come lei: vogliono espressamente un
seguito prima a questa parte della storia, e poi magari anche la parte
precedente, anche per non incasinare le cose facendo troppi balzi avanti e
indietro nel tempo, come giustamente diceva Keijei. Ma sono d’accordo con
quelli che hanno votato per la storia precedente al primo Being A War Mage:
quella sarà molto interessante da scrivere….comunque, c’è tempo. Accontentiamo
prima la Nenè, così la smette di asfissiarmi.
Beh,
adesso devo proprio lasciarvi…non ci sentiremo per un paio di settimane: la
prossima parto per il viaggio con la scuola, e dopo ho la bellezza di quattro
interrogazioni da farmi tutte nella stessa settimana! Ohi ohi…povera Sunny!
Vabbè, tanto c’è Strekon: continuate a seguire la sua storia, siete in buone
mani! ^^