L'amore all'improvviso

di Miss Fayriteil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Collezione di uomini inutili ***
Capitolo 3: *** Dana, la nuova amica del cuore ***
Capitolo 4: *** L'uomo giusto esiste davvero ***
Capitolo 5: *** Solo amiche? ***
Capitolo 6: *** Decisamente non solo amiche ***
Capitolo 7: *** C'è una donna nel mio letto! ***
Capitolo 8: *** Va tutto bene, davvero ***
Capitolo 9: *** Prepararsi per l'annuncio ***
Capitolo 10: *** Mia madre non mi capisce ***
Capitolo 11: *** Aiuto in famiglia ***
Capitolo 12: *** Natale con i tuoi ***
Capitolo 13: *** Ex per colazione ***
Capitolo 14: *** Il matrimonio della mia migliore amica ***
Capitolo 15: *** Un anello, solo un anello ***
Capitolo 16: *** Nuovo arrivo ***
Capitolo 17: *** Serate in compagnia ***
Capitolo 18: *** Va bene, organizziamo ***
Capitolo 19: *** Abiti color panna e bouquet di fiori misti ***
Capitolo 20: *** Associazione genitori ***
Capitolo 21: *** L'amore di una madre. Anzi due. ***
Capitolo 22: *** Un punto di arrivo. Un punto di partenza ***
Capitolo 23: *** Segreti e notizie ***
Capitolo 24: *** Una grossa lite e... ***
Capitolo 25: *** Un errore ancora più grosso ***
Capitolo 26: *** Non morire, amore mio ***
Capitolo 27: *** Bentornata a casa ***
Capitolo 28: *** Festa di benvenuto ***
Capitolo 29: *** La famiglia si allarga ***
Capitolo 30: *** Mason ***
Capitolo 31: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 

 
Il telefono squillò alle diciannove. Ali ne era sicura: erano le sette di sera di un banalissimo quindici maggio. Nonostante ciò, lo squillo la fece trasalire; era sicura infatti che quella telefonata non le avrebbe portato buone notizie. Prese in mano il cordless con mano tremante e premette il tasto di risposta, esordendo con un esitante: «Pronto? Chi parla?»
  «Ali?»fu la risposta, secca e laconica. La ragazza riconobbe immediatamente quella voce, profonda e leggermente roca: era quella di Brad il suo fidanzato. Si frequentavano da quasi due anni e lei lo adorava, era pazza di lui fin dal giorno in cui si erano conosciuti. Le sue amiche erano piuttosto perplesse, soprattutto negli ultimi tempi. Secondo loro, infatti, Brad non era coinvolto quanto lei e temevano che avesse un’amante. Le avvisaglie c’erano tutte, sostenevano, ma Ali diceva che erano fissate, perchè a loro Brad non era mai piaciuto. Aveva ventisette anni, due in meno di Ali, ma lei riteneva che la differenza d’età non si sentisse, perchè lui era molto più maturo di parecchi suoi coetanei. Lei gli rispose: «Sì, sono io. Che succede, Brad?».
  Lui replicò: «Dobbiamo vederci subito. Ti devo parlare, è successa una cosa». Detto questo riagganciò immediatamente. Ali restò immobile per qualche istante, con il telefono in mano, cercando di realizzare quanto fosse accaduto. Alla fine si alzò in piedi e corse in camera sua a vestirsi. Era stata colta da una specie di frenesia, perciò si truccò e si pettinò impiegandoci circa la metà del tempo rispetto ad un’altra occasione. L’istinto le suggeriva che doveva curarsi più del solito. Non aveva idea di cosa le dovesse dire Brad, ma il tono in cui le aveva parlato, più che le parole in sè, l’aveva tremendamente preoccupata.
  Dieci minuti dopo era uscita di casa ed era andata a prendere la macchina. Mentre guidava si disse: «Ali stai tranquilla. Non è detto che sia una brutta notizia, anche se molto probabilmente lo sarà. Cerca di apparire sempre sicura di te stessa e andrà tutto bene». Non si erano messi d’accordo sul luogo in cui incontrarsi, ma Ali non se ne preoccupò: da sempre, per gli incontri importanti sceglievano la piazza dello Space Needle, perciò si diresse lì quasi senza pensarci. Ali amava Seattle. Non solo perchè era la patria di Starbucks, che vendeva la sua amatissima droga quotidiana o perchè lì era ambientato il suo telefilm preferito, Grey’s Anatomy, ma perchè era la sua città, dov’era nata e cresciuta. Amava i luoghi urbani e gli immensi spazi verdi, i ferry-boats e perfino la pioggia. Non l’avrebbe lasciata per niente al mondo.
 
 Quando arrivò al luogo d’incontro, vide che Brad era già lì. Se ne accorse dopo aver parcheggiato ed essere entrata nella piazza: lui non era solo. Era accompagnato da una ragazza, che non poteva avere più di vent’anni. Bionda, piuttosto secca e con l’aria non troppo sveglia; dove l’aveva trovata il suo ragazzo una così? Li raggiunse, cercando di ignorare il profondo senso di pericolo che le pulsava in corpo. «Ciao Ali»la salutò lui, con aria leggermente colpevole. Lei stava iniziando a sospettare qualcosa, perciò rispose con un freddo cenno del capo e dicendo: «Brad».
  «Ali, senti, volevo presentarti una persona. Lei è Jenny Brooks»spiegò, indicando la squinzietta accanto a lui, «ed è...»
  «Il mio rimpiazzo»terminò Ali per lui. Fremeva dalla rabbia: dunque le cose stavano così! La chiamava con urgenza per dirle qualcosa di assolutamente importante ed in realtà voleva solo presentarle la sua nuova fidanzata! Aveva avuto qualche sospetto, nonostante con le sue amiche facesse finta di niente. Brad era stato molto distante negli ultimi tempi e non uscivano quasi più insieme. Aveva capito che c’era un’altra, ma sperava nel suo buongusto.
  Le sembrò di essersi risvegliata all’improvviso da una trance durata quasi due anni. Vedere chi Brad aveva preferito a lei, la fece rendere conto su chi aveva amato fino a quel momento, un perdente e si congratulò con se stessa per essere sfuggita in tempo alla maledizione. Disse a Brad: «Sai, voglio ringraziarti. Finalmente ho capito chi sei davvero. Stavi con me e mi hai preferito una sgualdrina che probabilmente ha appena finito la quinta elementare. Oltre ad essere un perdente sei anche uno stronzo. Basta vedere come ti sei comportato adesso. E io... io non posso credere di essere stata innamorata di te!»
Detto questo, voltò le spalle ai volti sconvolti e inorriditi di Brad e Jenny e se ne tornò alla sua auto. In realtà Ali non si sentiva affatto sicura quanto aveva voluto dimostrare a Brad: al posto del cuore le sembrava di avere una cosa bollente che le faceva male a ogni battito. Lo amava ancora e nello stesso tempo lo odiava per quello che le aveva fatto. Ma del resto, aveva sentito dire spesso che l’odio è solo l’altra faccia dell’amore. Aprì la portiera del guidatore e si sedette. Sconfortata lasciò cadere la testa sul volante e il suono improvviso del suo clacson la fece sobbalzare. Si riscosse di colpo, accese il motore e tornò a casa sua.
  Quando arrivò aprì la porta e senza nemmeno togliersi il giubbino, si precipitò in camera sua a prendere la scatola con i regali che Brad le aveva fatto nel corso di quei due anni. Avrebbe fatto un falò e avrebbe bruciato tutto ciò che lo riguardava. Le foto di loro due insieme, la maglietta, orribile, con scritto “Il mio fidanzato è stato a Las Vegas e giuro che non ero gelosa”, un fazzoletto, usato, di Brad, «Oddio, che schifo» esclamò Ali, lanciandolo disgustata nel bidone dove stava bruciando tutto. I gioielli decise di venderli o, se le piacevano, di tenerli fregandosene del loro arrivo in casa sua.
 
Una volta passato l’impulso di eliminare tutto ciò che le ricordava Brad, però, si fermò a pensare. Era la sua seconda storia importante che finiva male, la seconda che durava circa due anni. Nick Brandon. Erano stati insieme due anni e mezzo e alla fine lui l’aveva lasciata per telefono all’improvviso, senza darle una ragione plausibile. Oltre a loro, ovviamente, ce n’erano stati altri, ma Nick e Brad fino a quel momento erano stati i più importanti e Ali aveva visto in ognuno di loro il “grande amore”, che però ora era finito. «Nick, quel bastardo» si disse a bassa voce: non l’aveva ancora perdonato del tutto, per come l’aveva trattata. Non perchè in qualche modo pensasse ancora a lui, ma semplicemente perchè nel lasciarla aveva approfittato del suo essere uomo, che con le donne può fare tutto quello che vuole. E adesso anche Brad. «Ci mancava solo il coglione. Del resto uno che si comporta così con cos’altro può ragionare?»
  Sorrise tra sè. Era divertente l’idea di Brad che “pensava”. Era ancora sconvolta da se stessa, quando si rendeva conto di quanto l’aveva amato, quanto di sè gli avesse dato. Alla fine di lei non era rimasto quasi niente, lui si era preso tutto quello che aveva, ma ora era decisa a riprendersi tutto. Non pensava a cose materiali, ma alla sua dignità e al suo amor proprio, che lui le aveva tolto all’improvviso. Non riusciva a credere di essere tanto sfortunata, in amore. Aveva tanti amici, questo era sicuro, che la sostenevano tantissimo nei momenti belli e in quelli più difficili. Però le dava fastidio non riuscire a tenersi un uomo, per più di un paio d’anni. Lei avrebbe anche voluto sposarsi prima o poi, ma se le cose andavano avanti così, non sapeva quando questo sarebbe potuto succedere. Durante qualche attimo di sconforto aveva anche pensato che magari avrebbe potuto trovare la felicità accanto ad una donna piuttosto che ad un uomo, ma era sicura che non facesse per lei. Voleva sposarsi, avere dei figli, del resto ormai non era più una ragazzina. Però senza la materia prima era un po’ difficile, pensare di costruirsi una famiglia.
  “Forse dovrei restare single per un po’, e capire cosa voglio veramente da un uomo”. Già mentre pensava queste parole si rese conto di quanto suonavano stupide. Lei non aveva mai creduto al destino ed era sicura che l’uomo perfetto non esistesse, men che meno il Principe Azzurro. Al massimo poteva trovare un uomo decente che l’avrebbe amata il giusto e riflettè che sarebbe stata fortunata già così. All’improvviso afferrò il telefono e chiamò Faith, la sua migliore amica dai tempi delle medie. Pensò che in quel momento le serviva proprio un po’ di fiducia. Faith rispose al primo squillo. «Ali, che c’è, lo so che sei tu» disse. Faith conosceva Ali meglio di quanto lei conoscesse se stessa. Quindi non era solo perchè nell’ultima settimana l’aveva chiamata tre volte al giorno, che aveva capito che era lei. «Faith, voglio un uomo!» si lamentò Ali. La sua amica non fece nulla per nascondere il trionfo nella sua voce. «Brad? Quello stronzo ti ha scaricata? Io te l’avevo detto tesoro, non mi ha mai convinto quel verme. Cos’è successo, sfogati».
  «Fay, non prendermi in giro, sono triste» piagnucolò Ali. «Sì, Brad mi ha mollata, tra l’altro per una puttanella che non ha ancora l’età legale per bere. Non hai idea di come mi sono sentita, quando me l’ha detto poco fa. Hai presente che ora lo Space Needle mi ricorderà sempre Brad e Jenny? È assurdo! Quello era il mio posto preferito e ora l’idiota me l’ha rovinato per sempre. Passi di qua stasera? Ti prego. Ordino la pizza e ci guardiamo una maratona di Grey’s Anatomy. Ho bisogno di vedere che da qualche parte a Seattle possono esistere delle coppie felici».
  «D’accordo. Ma lo faccio solo perchè ti voglio un bene dell’anima». Finalmente Ali rise. Sapeva che in realtà Faith adorava quel telefilm almeno quanto lei, però sapeva anche quanto le piacesse fare la melodrammatica. Dopo neanche venti minuti suonarono alla porta ed Ali andò ad aprire sollevata. Sulla soglia c’era Faith, con un’espressione seccata negli occhi verdi. Mentre entrava disse: «Hai già fatto il falò dei ricordi?» e Ali annuì. Faith annuì e aggiunse: «Almeno posso vedere che le lezioni di base te le ricordi. E finalmente posso dirti, te l’avevo detto. Okay la prossima volta però scegli meglio. Prima Nick, ora Brad. Cazzo Ali, li scegli apposta? Forse sei autolesionista. Non so se vorrò consolarti un’altra volta». Sedettero entrambe sul divano e Ali accese il televisore. Riuscì a non pensare a Brad e a tutti gli altri, per l’intera serata, però chiese a Faith di restare a dormire da lei perchè aveva bisogno di compagnia. L’amica accettò, fingendo di fare un grande sacrificio, che dipendeva solo dal profondo affetto che provava per Ali, anche se lei in realtà sapeva che non era vero.
 

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Capitolo 2
*** Collezione di uomini inutili ***


Collezione di uomini inutili

 
Ali Donnell si girò sotto le coperte e aprì gli occhi. Un altro giorno. Un altro noiosissimo e lunghissimo giorno della sua vita vuota e senza senso. Dalla sua rottura con Brad, avvenuta undici mesi prima, la sua vita non era cambiata di una virgola, tranne per il fatto che la settimana prima aveva compiuto trent’anni. Questo fatto aveva inciso profondamente sulla sua vita da single, relegandola definitivamente al ruolo di “zitella”. Senza volerlo tornò al pensiero che la assillava dal giorno in cui era rimasta single, e cioè che lei voleva sposarsi, sul serio, voleva anche avere dei figli, non era più tanto giovane, ma la faccenda diventava sempre più difficile.
  Forse, ora che stava invecchiando gli uomini non la trovavano più molto attraente e per questo non ne trovava uno, nemmeno a pagarlo. O meglio, qualche uomo l’aveva trovato, ne aveva frequentati alcuni, ma nessuna di queste storie poteva essere definita degna di nota. Magari qualcuna di queste per lei, avrebbe anche potuto diventare importante, ma per loro no. Nessuno degli uomini che Ali aveva frequentato fino a quel periodo aveva l’aria di volersi impegnare troppo con una donna, perciò lei era di nuovo al punto di partenza. Si stese sulla schiena e rimase ferma a pensare. Lei ci provava. Aveva provato di tutto, costantemente. Usciva, andava in palestra con Faith, sfruttava tutte le occasioni che il suo lavoro di segretaria di una PR le permetteva per andare a qualche festa o incontro, andava agli speed-dating; aveva perfino, con suo profondo rammarico, cercato qualcuno nei siti di incontri su Internet, ma niente. O meglio, qualcosa sì, ma niente che riuscisse a ricordare senza desiderare di sparire dalla faccia della Terra.
  Ad esempio, due settimane dopo la storia di Brad, aveva conosciuto un certo Tim ad una conferenza sull’esportazione a Singapore. Lei c’era andata solo per aiutare Tina, il suo capo, a prendere appunti e “portarle la borsa”. Questo Tim era un gran bell’uomo, sui trentacinque anni e a lei era piaciuto subito. Avevano passato tutta la serata a chiacchierare, lui le aveva offerto da bere e si erano anche scambiati i numeri di telefono. «Ti chiamo domani»l’aveva congedata lui con un bacio sulla guancia quando, all’una di notte, era uscito per tornare a casa sua. Ali aveva cercato di non illudersi, ma quella notte non aveva quasi dormito, nell’attesa della sua telefonata. Il giorno dopo lei aveva passato ore accanto al telefono, aspettando una chiamata che però non era mai arrivata. Un paio di volte aveva addirittura preso il cordless, sentendosi un’imbecille completa, per assicurarsi che funzionasse, ma alla fine si era rassegnata ed aveva accettato il fatto che un altro uomo l’aveva delusa, che aveva fallito di nuovo.
  Una decina di giorni dopo, invece, aveva conosciuto Luke, in palestra mentre faceva il tapis-roulant. Era più giovane di Tim, atletico e a differenza dell’altro, con lui Ali era arrivata fino al terzo appuntamento. A fine serata, però, Luke l’aveva riaccompagnata a casa e a sorpresa le aveva detto: «Credo sia meglio non vederci più».
  «E perchè?» gliaveva risposto Ali, sconcertata. Lui si era guardato intorno, a disagio e alla fine le aveva replicato: «Tu mi piaci molto, Ali, ma in questo momento sono confuso, devo capire cosa voglio e di sicuro ho capito che tu vuoi una storia seria, ma io non mi sento ancora pronto per questo genere di impegno». Furiosa Ali gli aveva voltato le spalle di scatto, senza dire una parola ed era entrata in casa sbattendo la porta. Aveva aspettato di essere sola,  poi aveva esclamato: «Che stronzo! Cazzo, che stronzo! Forse Faith ha ragione, scelgo apposta quelli che mi faranno soffrire». Poi si rese conto che stava parlando da sola e smise. Si svestì e andò a letto, sperando di capire cosa sbagliava nei suoi rapporti con gli uomini. Era sicura che non fosse solo colpa loro e che lei si comportasse in modo tale o facesse qualcosa che li spaventava e così non riusciva ad avere una relazione seria e soddisfacente. In quel periodo quando qualcuno le chiedeva: «L’amore?»lei rispondeva: «Mah...insomma... benino», senza avere il coraggio di dire che a quel punto si stava arrendendo su quel versante.
  Nonostante tutto però, non riuscì a capire cosa ci fosse di sbagliato in lei e si mise invece a pensare a Faith. Era quasi automatico: quando pensava alla sua triste e disastrosa vita sentimentale, subito dopo le veniva sempre in mente quella solida e felice della sua migliore amica. Faith era fidanzata da quasi sette anni con lo stesso uomo, Daniel. Si erano conosciuti l’ultimo anno di college e avevano iniziato ad uscire insieme alla fine dell’ultimo semestre. Lui aveva frequentato la facoltà di giornalismo e ora lavorava come redattore sportivo al Seattle Times. Due anni prima erano andati a vivere insieme in un bell’appartamento con tre camere da letto. L’unica cosa che mancava era il matrimonio e magari dei figli e Ali si chiedeva spesso quando sarebbe arrivata la buona notizia. Secondo lei Faith e Daniel formavano una bellissima coppia: lei aveva dei meravigliosi capelli rossi e occhi verdi, il tutto su un fisico che avrebbe fatto invidia alla maggior parte delle donne. Nel complesso le ricordava Kate Walsh, però più giovane. Invece Daniel era biondo, con gli occhi azzurri e aveva un po’ l’aria da surfista; non per niente era di Los Angeles. Si era trasferito a Seattle per fare l’università, poi aveva conosciuto Faith e non aveva più voluto tornare in California. Ali adorava follemente Dan, perchè era un ragazzo adorabile e perchè era il ragazzo di Faith e quando pensava a loro un po’ li invidiava, ma soprattutto era molto contenta per loro. Si addormentò profondamente, sperando di ricevere un consiglio da Morfeo su come risolvere il suo problema.
 
 
Il mattino dopo si alzò come ogni mattina per andare al lavoro. Si fece una doccia veloce, si vestì ed uscì di casa. In quel periodo era piuttosto depressa, perciò si fermava a fare colazione da Starbucks più spesso del solito, come quella mattina. Ordinò un cappuccino alla vaniglia gigante e un muffin al cioccolato ancora caldo. Prese il sacchetto e uscì dal bar, rimpiangendo di non avere tempo per sedersi a fare colazione a uno dei tavolini. Mentre camminava sorseggiando il caffè, pensò al problema che la aspettava tra pochi minuti: Tina Brewer, il suo capo. Odiava il suo lavoro e soprattutto odiava Tina, che la schiavizzava e non le dava mai un attimo di tregua, chiamandola ogni dieci minuti per ogni richiesta, anche la più stupida. L’unica cosa che la fermava dallo scappare a gambe levate, era il fatto che la paga era strepitosa e che grazie ad essa aveva potuto comprarsi l’appartamento in cui viveva al momento. Respirò profondamente, buttando il bicchiere di carta vuoto nel cestino, insieme al tovagliolo che le avevano dato con il muffin. Era venerdì. Questo voleva dire solo una cosa: era l’ultimo giorno di lavoro, per quella settimana, e alla fine della giornata davanti a lei si sarebbe spianata la lunga, ampia e soleggiata strada del week-end. Il desiderato, l’agognato week-end, che poteva trascorrere come preferiva e nel quale Tina non aveva diritto di cittadinanza con le sue telefonate e con la sua presenza. “Solo altre otto ore, Ali, ce la puoi fare. Solo otto ore e poi potrai dimenticarti di Tina e dell’ufficio per due giorni interi”. Questo pensiero gliene portò un altro, quasi in automatico. Dave. Esattamente una settimana prima, lo scorso venerdì sera, erano stati a letto insieme. Solo sesso, solo quella sera e il giorno dopo non si erano più visti nè sentiti, anche se lei aveva sperato in una sua telefonata. Era la prima volta che faceva questa esperienza. Per lei il sesso esisteva solo se correlato ad una relazione più o meno stabile e non lo faceva mai di sicuro alla fine del primo appuntamento e a volte nemmeno del secondo o del terzo. Però quella sera era uscita con Faith a bere una cosa, serata tra ragazze, aveva conosciuto Dave e tra l’alcool, l’indubbia attrazione reciproca tra i due e la voglia di Ali di infrangere le sue personali regole, erano andati a casa di lei a fare follie per tutta la notte. Prima di mettersi a flirtare con lui, aveva mandato un messaggio all’amica che diceva: «Fay, tesoro, non aspettarmi. Probabilmente ho trovato compagnia, almeno per questa sera. Tu sai cosa intendo. XOXO A». La risposta di Faith era stata: «Brava, tifo per te! ;) F».
 
 
Al mattino dopo era sola nel letto e la notte con Dave era solo un ricordo che le dava la stranissima sensazione che appartenesse a qualcun altro. Non si aspettava una sua telefonata, non erano previste, ma ci sperava lo stesso. Ovviamente però ogni sua speranza era rimasta tale, perciò Ali si era ritrovata sola un’altra volta, senza un uomo che la salutasse al mattino o che alla sera sedesse a tavola con lei e le chiedesse com’era andata la sua giornata. Era sola, single, zitella e gli unici uomini che trovava si accontentavano di un paio di cene o di una notte con lei e poi sparivano nel nulla, lasciandosi dietro solo il ricordo e magari un calzino. In effetti quella mattina, mentre si alzava, Ali aveva trovato un calzino a righe da uomo che ricordava di aver visto addosso a Dave. Ripensò a tutto questo mentre entrava nell’edificio dove si trovava l’azienda di Tina e mentre saliva con l’ascensore diretta al suo ufficio. Bello era stato bello, inutile negarlo. Le era piaciuto parecchio e questa era la cosa che le seccava di più. Non era sicura del perchè, ma sapere che una notte di sesso che era finita in niente le avesse lasciato un ricordo così bello le dava molto fastidio. Sarebbe stato meglio se fosse stata un’esperienza niente di speciale, meglio ancora sgradevole, perchè almeno non le sarebbe venuto in mente che Dave non l’aveva più richiamata e star male per questo. L’ascensorè si fermò al settimo piano ed Ali entrò nel suo ufficio. Tina stava controllando la scrivania. «Ah, eccoti Aliana. Cos’è successo al tuo portapenne?»
  «Non saprei Tina»rispose Ali fissandolo perplessa; sembrava tutto normale. «Cosa potrebbe essere successo?». Guardò prima Tina e poi il suo portapenne: era possibile che la sua capa fosse impazzita del tutto? Possibile, ma poco probabile. Lei rispose molto seccata: «Mancano due matite, Aliana. Non dovrebbero mancare due matite. Che ne hai fatto? Perchè nel tuo portapenne mancano due matite?»
  Due matite? Tina le stava veramente facendo il terzo grado per due matite? Sapeva che si fissava per dei dettagli infimi, ma non credeva che arrivasse a tenere conto della sua cancelleria. Ali le disse: «Ehm, Tina, ti assicuro che io non ho toccato le mie matite. Voglio dire, le ho usate qui in ufficio per scrivere, ma non le ho mai portate via dall’ufficio. Magari sono cadute e non le hai viste, oppure sono finite sotto la tastiera del computer... le cercherò io, tu non perdere altro tempo prezioso. Non dovevi parlare con il proprietario di quel locale per la serata di sabato prossimo?»
  «Sì, giusto, Aliana hai ragione. Cercale, mi raccomando, non vorrei sapere che qualcuno ruba qui dentro. Senti, ora io parlo con quel tizio, ma stai pronta perchè potrei chiederti di controllarmi l’agenda da un momento all’altro. Se quell’uomo non risponde, cosa probabile, dovrò modificare i miei impegni. E cerca le matite!» concluse entrando nel proprio ufficio. Ali sedette alla scrivania ed appoggiò la testa sul tavolo. Matite. Era in ufficio da cinque minuti e Tina l’aveva già fatta impazzire per un paio di matite! Aprì un cassetto ed eccole, le due matite. Le prese e le infilò di nuovo nel portapenne. Dopodichè accese il computer e si preparò a ricevere gli ordini di Tina. Sarebbe stata una lunga giornata.
 
 
  Fortunatamente Tina restò chiusa nel suo ufficio per gran parte della mattina, tranne per un quarto d’ora, quando tornò nell’ufficio di Ali per chiederle se avesse trovato le matite. La ragazza fece uno sforzo profondo per non risponderle male e le fece vedere che le aveva trovate in un cassetto della sua scrivania e che le aveva già rimesse al suo posto. Tina sembrò più tranquilla e con gran sollievo di Ali non ne parlò più. All’ora di pranzo Ali scappò in mensa e come al solito sedette a un tavolo a caso, il più lontano possibile da Tina.
  Mentre mangiava il suo pranzo preferito, pasta al formaggio con budino al cioccolato, pensò al suo week-end. Sabato a pranzo era invitata dai suoi e sapeva già che sua madre le avrebbe chiesto per l’ennesima volta come andava la sua vita amorosa, mentre al pomeriggio decise che sarebbe andata a fare shopping. Da sola, perchè aveva bisogno di pensare. Non l’avrebbe nemmeno chiesto a Faith, non voleva vedere nessuno. Aveva bisogno di passare alcune ore in compagnia di se stessa e tanto valeva passarle a fare qualcosa che la divertiva. Si alzò dal tavolo, buttò i piatti di carta vuoti nell’immondizia, poi tornò a passo pesante nel suo ufficio.
  Il pomeriggio passò rilassato, Tina la chiamò nel suo ufficio solo due volte, la prima per chiederle degli appunti e la seconda per confermare un appuntamento sull’agenda. Tornò nel suo ufficio e guardò l’orologio. Erano le sei, finalmente poteva andare. Si infilò il leggero giubbotto di cotone, prese la borsa e uscì dal suo ufficio, sentendosi molto più serena rispetto a quella mattina. In fondo allo stomaco però avvertiva una strana sensazione, anche se non riusciva a capire il perchè. Era un week-end come tutti gli altri, in teoria, eppure sentiva come se fosse il suo ultimo week-end prima di qualcosa di estremamente importante; era come se durante quei giorni dovesse succederle qualcosa che le avrebbe totalmente cambiato la vita.

 
 
 
NdA: Okay, almeno secondo la mia teoria, la vera storia comincia adesso. Ovviamente spero vi piaccia e vi ricordo che le recensioni sono ben accette! Have fun!
 

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Capitolo 3
*** Dana, la nuova amica del cuore ***


Dana, la nuova amica del cuore
 

Il mattino dopo Ali si alzò tardi, si fece una doccia veloce e fece colazione a casa. Si vestì e si preparò ad uscire per andare a casa dei suoi genitori, dove era invitata a pranzo, ma dove sarebbe arrivata un po’ prima, perchè sua madre «non vedeva l’ora di vederla». Strada facendo fece una tappa obbligata da Starbucks per il suo caffè quotidiano. In realtà ne aveva bevuta già una tazza a casa, ma adesso aveva bisogno di una dose di caffeina, non diluita da altri alimenti. Mentre usciva dal bar con il bicchiere di caffè bollente in mano, pensò all’imminente incontro con Chris e Taylor Donnell, i suoi genitori. Ali voleva bene ai suoi genitori, quale figlio non ne vuole, ma non poteva negare che fossero molto invandenti. In particolare sua madre era costantemente preoccupata per la sua situazione con gli uomini, aveva paura che la figlia restasse sola e non mancava di chiederle notizie in proposito ogni volta che si vedevano. Quel giorno avrebbero pranzato insieme, poi abbastanza presto Ali sarebbe uscita per andare al centro commerciale e trascorrere lì il suo pomeriggio di shopping/riflessione.
  Quando arrivò alla porta d’ingresso della casa dei suoi genitori, gli speciali sensori di sua madre si erano già attivati e Ali trovò la porta aperta e entrambi i suoi genitori sulla soglia. La abbracciarono e sua madre esclamò: «Ali, tesoro, eccoti finalmente! Come stai?». Suo padre invece le diede un bacio sulla guancia e disse: «Ora possiamo stappare lo champagne! Ciao, Aliana, che bello vederti». Lei li salutò, li abbracciò e li baciò e non appena la lasciarono entrare in casa, pensò: “Signore e signori ecco a voi i Donnell”. Si sedettero sul divano in soggiorno e Taylor chiese ad Ali: «Allora tesoro, dimmi un po’. Stai bene veramente? Raccontami, Aliana cosa succede nella tua vita? C’è qualche persona importante?». I suoi genitori erano le uniche persone al mondo, a parte Tina, che avevano il permesso di chiamarla con il suo improbabile nome di battesimo.
  «Mamma, Faith è una persona importante» osservò Ali,cercando di evitare la risposta. Taylor le lanciò uno sguardo severo e replicò: «Non scherzare Aliana, lo sai che mi riferivo ad un uomo. Io sono un po’ preoccupata. Lo so che non è fondamentale, ma io spero che tu un giorno riesca a formarti una famiglia. Insomma, non vorresti sposarti o avere dei figli? Io vorrei tanto diventare nonna. Certo, lo so che nonna lo sono già grazie a Benji che si è sposato e ha già due figli, ma vorrei dei nipotini anche da parte tua...»
  «Lo so, mamma, Benji è il figlio perfetto, mentre io sono la tua grande delusione. Vorrei anche io una famiglia, cosa credi? Gli uomini ci sono, ma che cosa posso farci se in genere non vogliono storie serie? Mi ci vorrebbe una moglie, almeno le donne si impegnano...» sospirò, a bassa voce.
  In realtà non pensava sul serio ciò che aveva detto di suo fratello, che adorava, ma le dava molto fastidio che sua madre li mettesse costantemente a confronto. Benji aveva quattro anni più di lei, si era sposato sette anni prima con Lara, sua coetanea e insieme erano i genitori di Deena e Sam, rispettivamente di cinque e due anni. Vivevano a Portland, perchè entrambi facevano i medici e dopo l’università di medicina, e la specializzazione, avevano ricevuto un’offerta per lavorare al Providence Portland Medical Center, così si erano incontrati. Lara era di San Diego e si erano conosciuti il primo giorno di lavoro. Taylor la guardò di nuovo e le disse: «Primo, io non credo affatto che Benji sia il figlio perfetto e tu la grande delusione. E secondo non scherzare sul fatto della moglie, okay? Non è un argomento su cui fare battute!»
  «Uffa, mamma, ma lo so!» esclamò Ali, alzando gli occhi al cielo. «Figurati se mi vado a mettere con una donna! Dicevo così per dire... sto aspettando l’uomo giusto, non certo la donna!». Scosse la testa, rendendosi conto di quanto sua madre mancasse di senso dell’umorismo. In quel momento Chris si intromise nella conversazione dicendo: «Taylor, lasciala in pace. Insomma, tutti vogliamo che si crei una famgilia, anche Aliana penso che lo voglia, ma lasciala respirare è appena entrata in casa! E poi, non credo proprio che lei troverà un fidanzato soltanto perchè tu sei preoccupata che lei non lo troverà mai!»
  «Grazie papà» rispose Ali, sorridendogli con gratitudine. Lei preferiva parlare con suo padre, perchè lei e Taylor erano troppo simili e finivano per discutere. Invece con Chris erano perfettamente complementari e lui non sentiva il bisogno di metterla sempre sotto pressione. Più tardi si sedettero a tavola e iniziarono a parlare di argomenti meno importanti, come il lavoro e il fatto che Deena a settembre avrebbe iniziato la scuola. Senza dare nell’occhio, Ali continuava a guardare l’ora, cercando di capire quando sarebbe stata un’ora adatta per andarsene.
 
 
Alla fine, verso le tre, mentre erano seduti sul divano, dopo pranzo, lei si alzò e disse: «Devo andare. Devo fare una cosa e ho bisogno di uscire subito. Ciao ragazzi, vi chiamo». Li baciò entrambi sulla guancia e lasciò che loro la accompagnassero alla porta per salutarla. Mentre guidava diretta al centro commerciale, pensò al pranzo e alle parole della madre. Sapeva che aveva ragione ed era proprio questo che le dava più fastidio. Anche lei aveva il timore che sarebbe rimasta sola per il resto della sua vita, senza un marito e dei figli. Soprattutto senza un marito, perchè dei figli in qualche modo avrebbe potuto averli comunque. La infastidiva parlare di questo argomento con Taylor perchè sapeva che alla fine la pensavano allo stesso modo, ma in realtà lei aveva bisogno di qualcuno che le desse una diversa opinione. Trascorse la maggior parte del pomeriggio passeggiando senza un’idea precisa e guardando distrattamente le vetrine. Si comprò un grosso gelato con la panna montata e si sedette a mangiarlo su una panchina di fronte alle grosse finestre. Quando ebbe finito, entrò in un negozio di borse dove sapeva che vendevano un modello di Prada, scontato, che a lei piaceva moltissimo. Entrò e si diresse subito allo scaffale aperto sui due lati, dove la borsa era esposta in tutto il suo splendore. Era bellissima, Ali aveva quasi la sensazione che brillasse di luce propria. I manici di cuoio spesso e le borchie vicino all’apertura, erano perfetti come se li ricordava.
  Non guardò davanti a sè e afferrò subito la borsa. O almeno, tentò di afferrarla, ma dall’altra parte dello scaffale una mano lunga e sottile, una mano di donna senza dubbio, cercava di fare la stessa cosa. Ali d’istinto la tirò più forte verso di sè e altrettanto fece l’altra donna. A quel punto la vide: alta con i capelli biondi e lunghi quasi fino alla vita. Aveva un’aria seccata, ma Ali sentiva che era lei che avrebbe dovuto arrabbiarsi: quella ragazza credeva di poter arrivare lì e portarsi via la sua borsa? La borsa che lei aveva aspettato per mesi e che aveva costantemente tenuto d’occhio su Ebay, per essere sicura che l’avrebbero scontata davvero. A denti stretti esclamò: «Mollala! È mia, l’ho vista prima io». La ragazza replicò, nello stesso tono: «Ma stai scherzando? Sono qui dentro da venti minuti, tu sei appena entrata, l’ho notato prima!»
  «Senti, non me ne frega niente di chi è entrata per prima» ribattè Ali. Non avrebbe rinuciato a quella borsa per niente al mondo. Per nessuno al mondo. «Io sono mesi che la aspetto. Mi ricordo il giorno che è uscita, ero andata nei negozi subito, per vederla, l’ho controllata su Ebay, mi sono informata quando l’avrebbero messa in saldo e di quanto l’avrebbero scontata. Potrai anche essere entrata per prima, ma la borsa mi appartiene!»
  «Non farmi ridere» esclamò la sconosciuta. «Io ho fatto tutto quello che hai fatto tu, e molto altro. Quella borsa è mia e non permetterò a nessuno di prenderla al posto mio». Continuarono a discutere così per un po’, quando alla fine la commessa si avvicinò a loro e disse: «Sentite, allora la comprate o no? Perchè non mi va di vedervi litigare e tirare la borsa. Ci manca solo che la rompiate. Mettetela giù per piacere e toglietevi da lì». Dopodichè tornò dietro al bancone.
  «Senti, smettiamola, ha ragione» disse la ragazza ad Ali. «Tanto non riusciremo a trovare un accordo». Ali approvò la decisione, dopodichè le due donne uscirono insieme dal negozio e sedettero su una panchina poco lontana da lì. A quel punto la ragazza si voltò verso Ali tendendo la mano e disse: «A proposito, piacere io mi chiamo Dana Rogers».
  «Io sono Ali Donnell» si presentò Ali stringendole la mano, con un sorriso. «Piacere mio».
  Senza volerlo si ritrovò a fissare gli occhi di Dana come ipnotizzata. Erano azzurri, color ghiaccio, di una tonalità che non aveva mai creduto di poter vedere negli occhi di una persona. Aveva i capelli del colore del grano, caldo e dorato, lisci e veramente lunghi. Era molto carina in effetti, ma Ali era sicura che ne fosse stata rapita così tanto, proprio per la particolarità del colore dei suoi occhi. Lei, fisicamente non assomigliava per niente a Dana, soprattutto per i colori: aveva capelli neri, mossi e occhi color cioccolato. Aveva abbastanza l’aspetto della latina, almeno questo dicevano le persone di lei, anche se lei di sudamericano non aveva assolutamente niente. «Ali?» chiese Dana con aria perplessa. «Ma è un nome vero? È molto... strano». Ali scoppiò a ridere e rispose: «No, è solo un sopprannome. In realtà mi chiamo Aliana. Non so dove i miei genitori abbiano trovato questo nome, però dato che lo odio, per tutti sono semplicemente Ali. Solo loro due e il mio capo mi chiamano Aliana».
  Dana la fissò dritto negli occhi per qualche secondo, poi aggiunse: «Senti, posso farti una domanda, se non sono troppo indiscreta? Quanti anni hai?»
  «No, figurati, non sei indiscreta»rispose Ali, sorridendo. «Ne ho fatti trenta ad aprile. E tu?»
  «Io ne ho quasi ventisette» continuò Dana. Poi esclamò: «Trenta? Ma stai scherzando? Non te ne avrei dati più di venticinque! Sei sposata, per caso?». Ali si rendeva conto che tutte quelle domande da parte di una sconosciuta avrebbero dovuto infastidirla, ma si trovava talmente a suo agio insieme a Dana, come se la conoscesse da anni, da riuscire a confidarsi facilmente con lei.
  «No, magari. È una delle cose che vorrei di più al mondo, ma non ho più nemmeno un fidanzato. Il mio ragazzo mi ha lasciata circa un anno fa per una squinzietta di vent’anni con la puzza sotto il naso. Jenny qualcosa....». A queste parole Ali ebbe la sensazione che Dana si facesse più attenta. Forse la conosceva. Era un pensiero stupido, ma magari quella Jenny aveva rubato il fidanzato anche a lei. «Scommetto che è bionda» fece Dana. Ali confermò e lei annuì con aria saputa. «Le sgualdrinelle bionde sono le peggiori» aggiunse poi. «Sono stronze sia quando ti rubano il fidanzato, sia quando ci stai insieme. Ti cercano solo per una cosa e poi quando l’hanno ottenuta si stufano e se ne vanno, lasciandoti lì come un’idiota. Vedrai, tra lei e il tuo ex non durerà, fidati. Lo so anch’io sono bionda».
  Ali la guardò sconcertata. Poi le chiese: «Quindi vuol dire che anche tu sei single per colpa sua?»
  «Non so se proprio sua, però di sicuro la mia ultima fidanzata era molto simile a questa troietta. È finita cinque mesi fa con lei e sinceramente mi sto rassegnando a restare zitella per sempre». Ali era sempre più meravigliata. Fidanzata, Dana aveva parlato di fidanzata! Anche quello era un pensiero stupido, ma lei era convinta che se mai le fosse capitato di incontrare una lesbica l’avrebbe capito solo guardandola. Credeva che sarebbe stata, magari non mascolina, però certo non con un aspetto così delicato e femminile. “Non si finisce mai di imparare” pensò la ragazza a quel punto. Poi le chiese: «Cioè, fammi capire. Tu stavi con una ragazza? E che a quanto pare ti ha mollata. Questo è consolante, credevo di essere io l’unica sfigata in amore».
  «Sì, ti piacerebbe» rispose Dana con aria sarcastica. Fece un mezzo sorriso, poi aggiunse: «Pensa che per un periodo ho addirittura pensato che le donne disponibili fossero finite e che forse dovevo cominciare a cercare tra gli uomini».
  «Allora abbiamo avuto la stessa inutile idea» osservò l’altra. Poi sorrise. «Anche io per un po’ ho pensato che gli uomini disponibili fossero finiti e di cercare tra le donne. Ma a quanto pare saremmo rimaste comunque deluse. Che bella compagnia. Almeno siamo insieme in questa disgrazia e possiamo sostenerci a vicenda. Poi penso a mio fratello, sposato con due figli o alla mia migliore amica che sta da sette anni con lo stesso ragazzo e penso: perchè non sono stata fortunata come loro?»
  «Se è per questo mia sorella sta per sposarsi con l’uomo della sua vita. A quanto pare sono la grande delusione dei miei genitori. O forse siamo». Si guardarono e sorrisero nello stesso momento. Era ovvio che sarebbero diventate amiche, Ali l’aveva capito da quando avevano smesso di litigare per la borsa. Avrebbe dovuto rivedere le sue convinzioni, e cioè che non era detto che Dana si sarebbe innamorata di lei. Non credeva nell’amicizia fra uomo e donna, fatta eccezione per Daniel il ragazzo di Faith, e non vedeva perchè con Dana sarebbe dovuta andare diversamente. Ovviamente Dana non era un uomo e probabilmente avrebbero potuto benissimo essere amiche. Sperava solo che Faith non sarebbe stata gelosa.
  Alla fine di quella riflessione Ali alzò gli occhi e guardò di nuovo Dana. Dopodichè le chiese: «Posso farti una domanda strana?»
  «Ehm... suppongo di sì...» rispose Dana, con aria perplessa. Ali restò in silenzio ancora per qualche secondo pensando a come porre la domanda, poi disse: «Insomma, volevo chiederti... Stare con una donna è molto diverso? Cioè solo per curiosità, non mi interessa su altri fronti».
  «Diverso rispetto a cosa, scusa?» le chiese Dana con un’espressione molto confusa. Ali fece un sorrisetto ironico, e aggiunse: «Andiamo... rispetto a com’è stare con un uomo, no? Dai, ci sono molte differenze? Scommetto che la complicità femminile rimane, mentre con un uomo è impossibile, non è vero?»
  Dana scosse la testa. «Non ne ho idea. Io non sono mai stata con un uomo. Ho avuto la mia prima storia a quattordici anni e la persona in questione si chiamava Rachel. La complicità c’è, ma non è automatico. Dipende dalla persona, a volte mi è capitato di avere un rapporto anche d’amicizia con la mia ragazza, ma non sempre».
  Ali fece una mezza risata e disse: «Non scherzare... davvero non sei mai stata con un uomo? Ma è impossibile!». Dana scosse la testa e replicò: «Perchè scusa? Insomma, Ali tu sei mai stata con una donna? No, giusto? È esattamente la stessa cosa».
  «Bè, ma sei una donna! Scusa com’è possibile che non ti sei mai innamorata di un uomo?» Ali restò un attimo in silenzio, poi scosse la testa tra sè e aggiunse: «Okay scusa, è stupido quello che ho detto. Solo che mi sembra così strano... Senti, ma i tuoi genitori lo sanno?»
  Dana la guardò per un attimo confusa, poi sembrò capire. «Certo che lo sanno, stai scherzando? Pensi davvero che sarei riuscita a tenere segrete le mie storie d’amore per tredici anni? Lo sanno da sempre, gli avevo anche presentato Rachel, la mia prima ragazza».
  «Certo, è ovvio. E come l’hanno presa quando l’hanno saputo?» fece Ali a quel punto. «Te lo chiedo perchè oggi ho fatto una battuta sul fatto che forse dovrei trovarmi una moglie e mia madre si è offesa moltissimo». Dana ridacchiò. «Allora stai attenta a non innamorarti mai di una donna! I miei l’hanno presa bene per fortuna. Quando gli ho presentato Rachel, mi ricordo mio padre ha avuto un mezzo infarto, ma a parte questo non ne hanno mai fatto un problema. E comunque sono sempre dalla mia parte e li ringrazio per questo. Però detestavano la mia ex e non vedono l’ora che trovi la donna della mia vita. Praticamente si comportano come i tuoi».
  Ali scoppiò a ridere. Era divertente sapere che i genitori si assomigliano dappertutto. Guardò l’ora e si rese conto che si stava facendo tardi, perciò disse: «Senti, adesso devo tornare a casa. Mi dai il tuo numero? Tanto per restare in contatto».
  «Okay» fece Dana stringendosi nelle spalle. Scrisse il suo numero su un Post-it e lo diede ad Ali che se lo infilò in tasca. Dopodichè Ali si alzò e disse: «Allora ti chiamo, così magari una volta possiamo vederci e fare qualcosa insieme. Mi piacerebbe». Dana annuì e rispose che anche a lei sarebbe piaciuto. Si salutarono e Ali tornò a prendere la macchina. Era felice, si rendeva conto che quella con Dana era solo un’amicizia, ma in qualche modo era qualcosa di speciale. Forse era solo una novità in quel momento così vuoto della sua vita, ma non riusciva a vederla come una semplice amicizia.
  Quando arrivò a casa, senza sapere perchè, telefonò a Faith per raccontarle tutto. Fece il numero dell’amica e aspettò. Faith rispose al terzo squillo. «Pronto?»
  «Ciao Faith, come va?» esclamò Ali. «Ho conosciuto una ragazza».
 «Conosciuta in quel senso? » fece l’altra, molto perplessa. «Ali, che cosa vuoi dire?»
«Ma no, scema!» replicò Ali ridendo. «Sai, sono stata al centro commerciale oggi. Ti dico già che non ti ho chiesto di venire con me perchè avevo bisogno di stare da sola. Volevo comprare la borsa di Prada, quella famosa, hai presente?»
  «Sì, ma perchè me lo stai dicendo?» chiese Faith confusa. Ali era andata a fare shopping per conto suo, e allora? Sì c’era rimasta un po’ male per quello, ma non serviva che lei chiamasse. Ali rispose: «Adesso ci arrivo, Fay. Volevo comprare la borsa, solo che ho iniziato a litigarmela con un’altra tipa, quindi la commessa dopo un po’ ci ha fatte uscire. Abbiamo iniziato a parlare ed era molto simpatica! Si chiama Dana e sai cosa mi ha detto? A parte il fatto che è una single inguaribile come me? Che prima di tornare single stava con una ragazza! Non è pazzesco? Soprattutto perchè non l’avresti mai detto guardandola. E da come me l’ha descritta, la sua ex assomiglia un sacco a quella per cui Brad mi ha mollata. Comunque siamo diventate amiche e non so... volevo che tu lo sapessi». Si strinse nelle spalle e abbozzò un sorriso, anche se era ovvio che Faith non poteva vederla. Quest’ultima disse: «Quindi sei diventata amica di una lesbica. Sono felice per te. Attenta a non innamorartene! No scherzo. Ma Ali, tesoro, quello che hai detto non è da te. Da quando in qua capisci i gusti sessuali di una persona solo guardandola? Comunque... allora le troie non esistono solo per rubare i nostri fidanzati, ma anche per infrangere i cuori dall’altro lato del fiume. Interessante. Ma quindi alla fine non hai comprato la borsa? E tutte le nostre spedizioni, i piani d’attacco a cosa sono serviti?»
  «Lo so Fay, ma te l’ho spiegato. Prima di conoscerla, credevo che Dana fosse semplicemente una rompiscatole che voleva la mia borsa! E visto che la volevamo entrambe, alla fine la commessa ci ha detto che o la compravamo o dovevamo uscire dal negozio, perchè rischiavamo di romperla, quindi ci abbiamo rinunciato entrambe. Comunque non è stato un grosso sacrificio, Fay, mi sono resa conto che una nuova amica è molto più importante di una borsa, anche se meravigliosa».
  «Come siamo profonde, stasera» commentò Faith. Ogni tanto si divertiva a prendere in giro l’amica, che era una delle persone più autoironiche che conoscesse. Era contenta di sentirla così allegra dopo tanto tempo. Le era mancata la sua migliore amica, quella vera che non si lasciava abbattere da un uomo. Parlarono ancora un po’ e Ali le disse che quella sera aveva una serata di lavoro e che sperava come al solito di incontrare qualcuno.
  Alla serata incontrò qualcuno: Josh, che lavorava nel suo stesso settore e che per tutta la serata ci aveva provato con lei. Era bello, veramente bello e Ali l’aveva lasciato fare per un po’, poi alla fine gli aveva dato il suo numero di telefono. Il giorno dopo, pur essendo domenica, Ali ricevette una sua telefonata in cui le chiedeva, nientemeno che di uscire con lui a cena il giorno seguente. La ragazza credette di sognare, possibile che fosse così semplice? Vai a un incontro di lavoro e conosci un bell’uomo che il giorno dopo ti invita a cena? Lei accettò immediatamente, cercando di non far capire quanto fosse felice. Si salutarono e subito dopo Ali, che credeva di esplodere dall’eccitazione, chiamò Faith al cellulare. L’amica rispose: «Ciao Ali. Novità?»
  «Ho conosciuto uno» rispose Ali, felicissima. «Si chiama Josh, ieri sera ci provava con me, allora gli ho dato il mio numero e domani mi porta fuori a cena! Non è fantastico?»
  «Beh... credo di sì...» replicò Faith dubbiosa. «Ali, non è che poi ti affezioni a questo Josh e finisce come con Brad o Nick? Tesoro, io non so se fidarmi, ma se tu sei sicura... in effetti può darsi che Josh sia un bravo ragazzo. Ma sì, buttati! Sono molto felice per te!»
«Grazie Fay, era proprio quello che volevo sentirmi dire! Non vedo l’ora di uscire con  Josh, mi sembra così carino. Fay, ti rendi conto? Questa potrebbe essere l’ultima volta in cui mi senti parlare di primo appuntamento con un uomo!». Dall’altra parte della cornetta sentì Faith sospirare e dire: «Spero davvero che tu abbia ragione Ali. Spero che il tuo istinto dica la verità questa volta. Non sopporterei di vederti sola di nuovo».
  «Non preoccuparti, Faith. Questa volta ho imparato la lezione. Davvero». Si salutarono e riagganciarono e Ali si mise a pensare seriamente al suo appuntamento con Josh. In teoria era come tutte le altre volte, ma aveva la strana sensazione che lui sarebbe stato l’ultimo.
  Lunedì mattina Ali si preparò per andare al lavoro con un umore diverso dal solito: quella sera sarebbe uscita con Josh e solo quello bastava a renderle più sopportabile l’idea di passare la sua giornata con Tina. Il lavoro le sembrò molto più leggero delle altre volte e alle sei scappò a casa, emozionata e preoccupata per quella sera. L’appuntamento era alle otto e per circa un’ora rimase ferma davanti alle ante aperte dell’armadio con indosso solo l’accappatoio, pensando a cosa avrebbe indossato. Infine, alle otto in punto, Josh suonò il citofono e le fece sapere che l’aspettava in auto sotto casa sua. Ali per un momento fece fatica a credere alle sue orecchie: era puntuale e l’aspettava in auto! Era proprio l’uomo perfetto. Mentre aspettava l’ascensore le squillò il cellulare. Ali guardò sul display chi la stesse chiamando e lesse l’ultimo nome che si sarebbe aspettata di trovare: Dana. Rispose scendendo le scale: aveva deciso che era troppo su di giri per restare ferma nell’ascensore.
  «Dana! Che bello sentirti!» esclamò. Era davvero felice che avesse chiamato, voleva condividere la sua felicità con le sue più care amiche. Non sapeva perchè ma si sentiva un po’ in colpa a considerare Dana al livello di Faith dopo due soli giorni che la conosceva, ma non poteva farci niente, quella ragazza l’aveva conquistata in pochi minuti, nonostante quello che la legava a Faith fosse un sentimento profondissimo e inimitabile. «Sto uscendo a cena con un uomo! L’ho conosciuto sabato sera ed è davvero fantastico. Si chiama Josh ed è venuto a prendermi in auto ed era anche puntuale!»
  «Wow Ali, sono fiera di te!» rispose Dana. «Da me nessuna novità purtroppo, ma se succede qualcosa sarai la prima a saperlo, promesso». Ali sentì il sorriso attenuarsi leggermente: si era dimenticata che Dana era nella sua stessa situazione.
  Poco dopo giunse al portone, uscì e vide Josh che l’aspettava appoggiato alla sua auto e le sorrideva, più bello che mai. La ragazza sorrise e disse: «Dana, lui è qui. Devo lasciarti».
  «D’accordo, buona serata, un bacio!». Ali corse verso la macchina, incontro a lui che l’abbracciò e le diede un bacio su una guancia. «Ciao Ali» la salutò lui, galante come sempre. Aveva una voce così sexy... Le aprì la portiera poi anche lui salì in auto e partirono. Ali era al settimo cielo.
 

 
 
NdA: Eccoci qua!! Questo è il nuovo capitolo e direi che ora entriamo nel vivo della storia. Come sempre, godetevi la lettura, siate clementi e... commentate!

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Capitolo 4
*** L'uomo giusto esiste davvero ***


 L’uomo giusto esiste davvero
 



Era passato un mese. Quatto meravigliose settimane dal primo appuntamento con Josh e Ali sentiva che la situazione non faceva che migliorare. Il suo meraviglioso fidanzato la sorprendeva ogni giorno, passando dal ristorantino romantico del loro primo appuntamento, al suo lussuoso appartamento della prima volta che avevano fatto l’amore, dieci giorni dopo. Aveva poi iniziato un rito meraviglioso che aveva luogo ogni sera che si vedevano: lui le portava una rosa rossa per ogni giorno della loro storia. La prima sera una, la seconda due e così via. Ali trovava che questa idea fosse assolutamente stupenda e avrebbe voluto che non finisse mai.
  Quella sera alle cinque suonò il citofono. Ali rispose: «Ciao, tesoro. Scendo subito». Prese la borsa e le chiavi e uscì di casa. Josh l’aspettava come sempre appoggiato alla sua BMW. Tra le braccia aveva un grosso mazzo di rose rosse; Ali le contò, erano trenta. Non l’aveva delusa neanche questa volta. Ali era sicura che si stava innamorando di lui e come avrebbe potuto evitarlo? Quell’uomo era perfetto, oppure, se è vero che la perfezione non esiste, ci andava molto vicino. Josh la vide e si avvicinò dandole un dolce bacio sulle labbra. Dopodichè aprì la portiera del passeggero e fece salire Ali in auto. Salì anche lui e partirono.
  «Dove mi porti stasera?» chiese Ali. Lui si girò verso di lei e sorrise. «È una sorpresa» le rispose con un sorrisetto misterioso. Le allungò una fascia di stoffa nera che lei prese con aria perplessa. «Che devo farci?» gli chiese.
  «Devi coprirti gli occhi» rispose Josh. «O la destinazione non sarà più una sorpresa». Lei si strinse nelle spalle dopodichè si coprì gli occhi con la fascia e la legò stretta dietro la testa. Da sinistra le arrivò la voce di Josh che le chiese:  «Vedi qualcosa?» e lei scosse la testa. Lui annuì e si disse soddisfatto. Mentre viaggiavano, Ali gli chiese: «Josh, perchè hai deciso di fare così stasera?»
  «è il nostro primo mese insieme, amore» rispose lui con un sorriso dolcissimo. «Credevi che avrei fatto una cosa qualunque?»
  «Certo che no» sospirò Ali. «Ti amo Josh». L’aveva detto senza rendersi conto. Josh però fermò la macchina e le tolse la benda dagli occhi. «Che fai?» gli chiese lei. «Siamo già arrivati?». Lui scosse la testa senza riuscire a spiccicare parola.
  «Ripeti quello che hai appena detto» le disse lui con voce tremante. Ali lo guardò perplessa e ripetè: «Ho detto che ti amo Josh». A questo punto anche lei si accorse di quanto aveva detto e lo guardò sconcertata. «Wow... l’ho... detto davvero. Ho detto, ti amo Josh. Era da tanto che non mi succedeva. Comunque lo penso sul serio».
  «Be’, anch’io» fece Josh. «Anch’io ti amo, Ali. E anch’io lo penso sul serio». La baciò dopodichè le allungò di nuovo la benda e ripartirono. Viaggiarono ancora per circa un’ora e mezza, poi sentì il ronzio del finestrino che si abbassava e un’aria fredda e pungente la colpì in faccia. La portiera si aprì e Josh la aiutò a scendere dall’auto. «Togliti la benda» le disse con voce emozionata. Ali eseguì. Si guardò intorno e scoprì di trovarsi in una città che si affacciava sull’acqua. Lì per lì rimase perplessa.
  «Siamo ancora a Seattle?» chiese, ma Josh scosse la testa. «Guardati intorno. Non siamo a Seattle». La prese per le spalle e la fece voltare. Davanti a lei, in lontananza, un grosso cancello con scritto Lions gate Entertainment. Ali trattenne il fiato. «Vancouver...»
  «Esatto, piccola. Vancouver. Hai visto che alla fine ti ho portata?» le rispose sorridendo. Era da quando si erano conosciuti che Ali aveva detto a Josh di voler visitare Vancouver e per il loro primo mesiversario l’aveva portata lì. Credendo di scoppiare a piangere gli gettò le braccia al collo. «Grazie Josh. Mi hai fatto una sorpresa magnifica. Non so cosa farei senza di te». Gli passò un braccio attorno alla vita e lui le circondò le spalle con il suo. Passeggiarono così fino al ristorante dove avrebbe avuto inizio la loro serata.
 
 
Il telefono di Ali squillò, svegliandola. Aprì gli occhi e si trovò tra le braccia di Josh che le davano un meraviglioso tepore in tutto il corpo. Ancora assonnata allungò il braccio verso il cellulare e lo prese. Schiacciò il tasto di risposta e bofonchiò: «Pronto?»
  «Oddio Ali, ti ho svegliata? Scusami è solo che devo parlarti!» fece una voce squillante. Ali si sedette, liberandosi dalla stretta di Josh, perfettamente sveglia.
  «Dana! Come stai? Non preoccuparti, se mi hai svegliata. Cosa volevi dirmi?»
  «Forse sono innamorata, Ali. Dico forse perchè non voglio portarmi sfiga da sola. Ma è stata una cosa talmente improvvisa che non potevo aspettare troppo prima di dirtelo». La voce di Dana tremava per l’emozione e Ali non potè evitare un’ondata di caldo al cuore.
  «Sei innamorata? Dana è fantastico e di chi? Chi è il fortunato, scusami la fortunata? Mi sono appena svegliata» si giustificò con un sorriso.
  «Si chiama Lisa ed è meravigliosa» rispose Dana con voce sognante. Perfino al telefono Ali aveva capito che era al settimo cielo. «L’ho conosciuta ieri sera e... wow, cioè è ancora presto per dire qualcosa, ma sento che questa è la volta buona».
  «Dana, sono felice» disse Ali. «Sono davvero felice per te». Voleva davvero bene a Dana, la considerava già un’amica, al pari di Faith.
  «Ehi, tesoro» fece Josh a quel punto. «Da quanto sei al telefono?»
  «Oh, ciao Josh» gli rispose Ali distrattamente voltandosi verso di lui. «Sto parlando con Dana. A quanto pare ha trovato una fidanzata». Gli diede un leggero bacio sulle labbra, poi si rivolse di nuovo all’amica. «Dana, Josh ti è svegliato, quindi ti saluto. Mi prometti che ci vediamo?»
  «Certo che ci vediamo! Va bene, tesoro, ci sentiamo. Bacio!». Ali mise giù il telefono e si sdraiò di nuovo accanto a Josh.
  «Dana ha trovato una fidanzata quindi. C’è la svolta per le single?» osservò Josh. «Prima tu e adesso lei. Mi fa piacere saperlo, mi piace Dana». Ali era stata contenta di sapere che il suo fidanzato non aveva mai storto il naso di fronte alla sua amica lesbica. In teoria era normale, ma Taylor quando l’aveva saputo si era spaventata, come se Dana avesse potuto contagiare la figlia con la sua “anormalità”. Ali le aveva spiegato chiaramente che l’omosessualità non era una malattia contagiosa, ma Taylor era ancora convinta che Ali sarebbe andata all’Inferno di riflesso. I Donnell non erano religiosi. Chris invece era stato più lungimirante, una volta accettato il fatto che Dana era una persona completamente normale.
 
 
Come promesso, una settimana dopo Dana e Ali andarono insieme a fare shopping. Dana voleva invitare anche Faith, ma quando Ali gliel’aveva detto, l’amica aveva risposto: «Neanche morta. Ali, io con quella non voglio averci niente a che fare. Non mi interessa se siete amiche, che vada affanculo».
  «Faith!» protestò Ali scandalizzata. Cos’era successo alla sua amica? «Che cosa stai dicendo? Non puoi parlarne così davanti a me! Siamo amiche appunto! Ma perchè la odi così tanto?»
  «Ali, noi siamo amiche da quasi vent’anni, venti fottutissimi anni. Poi arriva questa Dana e in un mese diventa lei la tua migliore amica. Non è giusto Ali, non è affatto giusto».
  «Sei gelosa!» esclamò Ali sconcertata. Non se lo sarebbe mai aspettato da lei. «Fay non devi essere gelosa di Dana! Le voglio bene, ma tu sei insostituibile. Sei la sorella che non ho mai avuto, non potrei mai scambiarti con lei». Non lo diceva per placarla. Non solo almeno. Quello che la legava a Faith non poteva essere spiegato a parole e l’amicizia con Dana, per quanto profonda, non sarebbe mai arrivata a quel livello. Ne era sicura.
  «Faith non viene, vero?» chiese Dana ad Ali, quando si incontrarono. Ali scosse la testa.
  «No. Mi ha detto con una certa schiettezza che ti odia perchè la nostra amicizia dura da poco e ti considero già al suo livello. Quasi» le rispose.
  Dana la guardò per qualche istante con aria dispiaciuta. «Non sapevo che la pensasse così. Dille che non deve preoccuparsi, non mi sognerei mai di prendere il suo posto. Vabè, adesso pensiamo allo shopping. Ti devo parlare di Lisa!»
  «Giusto, Lisa! Credi che sia il tuo grande amore, la tua anima gemella? Io di Josh sto cominciando a pensarlo. Ma raccontami, com’è? Dove l’hai conosciuta?»
  «L’ho conosciuta in palestra settimana scorsa. Siamo uscite solo due volte, ma mi piace da morire. Ha i capelli scuri come i tuoi, però un po’ più corti. Non so dire se sia l’anima gemella, ma credo sia altamente possibile. Ali sono troppo felice!» esclamò Dana.
  «E io sono felice per te, mia cara» rispose l’amica con un sorriso, abbracciandola. Intanto avevano iniziato a girare per i negozi, saccheggiandoli con gli occhi nell’attesa di farlo fisicamente.
  Le due ragazze passarono un pomeriggio, molto piacevole, parlando delle loro anime gemelle e dei loro ex, di cui non sentivano per niente la mancanza. Ali tornò a casa carica di sacchetti, con dentro il risultato di molte ore passate a guardare le vetrine.
  «Ti fa male fare shopping con Dana, tesoro» osservò Josh, quando la vide entrare in casa. Ormai si era praticamente trasferita da lui, anche se non aveva ancora rinunciato al suo vecchio appartamento.
  Lei sorrise. «Lo so. Ma guarda il lato positivo. Faith non è venuta, sennò i sacchetti sarebbero stati il doppio». Josh la guardò confuso.
  «Faith non è venuta? Ma non doveva esserci il grande incontro tra le tue amiche oggi?»
  «Sì in teoria» rispose Ali, «ma a quanto pare Faith è gelosa di Dana e la odia. Mi ha detto chiaramente che non vuole averci niente a che fare».
  «Ci sei rimasta male?» fece Josh sedendosi sul divano e prendedosela sulle ginocchia. Lei lo abbracciò. «Sì un po’» rispose. «Sono le mie migliori amiche. Mi consoli un po’?»
  «Volentieri, amore mio» disse lui, dandole un bacio intenso e molto dolce. Lei sorrise. Si alzò, lo prese per mano e lo trascinò con sè in camera da letto. «Puoi consolarmi così» gli disse. E lui lo fece. Molte volte e molto a lungo, quella notte. Fu facile smettere di pensare alle sue amiche.
 
 
Il giorno dopo ricevette una telefonata di sua madre.
  «Ciao mamma» rispose Ali cauta, una volta saputo che era lei. Non sapeva mai cosa aspettarsi quando Taylor la chiamava all’improvviso.
  «Aliana! Menomale che hai risposto! Ti devo parlare». Ali non si preoccupò eccessivamente per l’urgenza nella voce di Taylor. La conosceva abbastanza bene. Per sicurezza glielo chiese lo stesso.
  «Cosa succede, mamma? Va tutto bene? Che cosa dovevi dirmi?»
  «Aliana, tu stai ancora con Josh, vero?» esclamò sua madre. Non riusciva mai ad usare un tono di voce normale. O esclamava o gridava. Ali annuì, poi pensando che sua madre non poteva vederla, aggiunse: «Sì, certo mamma. Stiamo ancora insieme. Perchè me lo chiedi?»
  «Come perchè te lo chiedo?» replicò Taylor con voce acuta. «Ti rendi conto? State insieme da un mese e io e tuo padre non l’abbiamo mai visto. Tesoro dovete venire a cena da noi! Facciamo questo sabato alle sette?»
  «A cena da voi?» ripetè Ali, cercando un modo di evitare l’invito. Era già giovedì, questo voleva dire che aveva solo due giorni, per dirlo a Josh e convincerlo ad accettare. «Non lo so... forse Josh è impegnato quella sera...»
  «Ali, si parla di famiglia, per una sera lasciate perdere il lavoro e venite a cena da noi. Io e tuo padre vogliamo conoscere il tuo fidanzato». Ali non potè che promettere che avrebbe fatto di tutto perchè Josh quella sera fosse libero. Subito dopo aver riattaccato con Taylor, telefonò a lui. Lei era uscita da poco dall’ufficio, ma lui ancora no. «Ufficio di Joshua Parker» rispose lui con tono professionale. Ali si sentì un po’ in imbarazzo, come ogni volta che lo chiamava in ufficio per motivi personali. «Ciao Josh».
  «Ali! Ciao come stai? Che cosa succede?» la sua voce era diventata istintivamente più calda e affettuosa. Ali represse un brivido di piacere. «C’è un problema» annunciò.
  «Un problema di che tipo, esattamente?» le chiese Josh. Lei prese un respiro profondo. Decise di dirglielo nel modo più semplice. Direttamente. «I miei ci hanno invitato a cena da loro, sabato».
  «D’accordo» fece lui lentamente. «Ed è un problema perchè...»
  «Tesoro, tu non conosci i Donnell. Sono pericolosi, in particolare mia madre. Credo siano i genitori più invadenti al mondo. Detestano Dana. Sicuro di voler andare a cena da loro?»
  «Perchè detestano Dana?» le chiese lui confuso. Ali sospirò rumorosamente. «Secondo te?»
  «Oh, certo, è ovvio. Ma di cosa hanno paura, che ti contagi?»
  «Precisamente» rispose Ali. Parlarono ancora un po’ e decisero che avrebbero accettato la cena, ma anche che sarebbero fuggiti nel caso l’atmosfera diventasse troppo pesante.
 
 
Sabato sera alle sette in punto Ali e Josh erano davanti alla porta di casa Donnell. Lui per l’occasione  aveva indossato un completo blu scuro ed era più bello che mai. «Suono?» chiese Ali e Josh annuì. Lei premette il dito sul campanello e pochi secondi dopo la porta si aprì. Sulla soglia c’erano Taylor e Chris, uno accanto all’altra con dei sorrisi a trentadue denti. Ali respirò profondamente. “Si dia inizio alle danze” pensò.
  «Aliana, Joshua! Che bello vedervi ragazzi!» li salutò Taylor con voce squillante, abbracciandoli entrambi. Era molto peggio che al telefono. Chris abbracciò Ali e strinse la mano a Josh, in silenzio. Entrarono e chiusero la porta. Si accomodarono tutti e quattro sul divano. «Allora! Joshua! Che mi racconti? Dove hai conosciuto nostra figlia? È una ragazza meravigliosa, non è vero?» esclamò Taylor. Ali si trattenne a fatica dall’alzare gli occhi al cielo. Josh si girò a guardarla e sorrise. «Sì è una ragazza meravigliosa. L’ho conosciuta ad una serata di lavoro. Sono stato davvero fortunato». Le passò un braccio attorno alle spalle e lei si rilassò al suo tocco. I Donnell li guardarono soddisfatti. Sicuramente quella serata avrebbe avuto risvolti positivi. Finalmente i suoi genitori non avrebbero più avuto motivo per rompere con la storia dei fidanzati.
  Durante la cena, sapientemente preparata dalle abili mani di sua moglie, Chris chiese a Josh parecchie informazioni su di lui, praticamente un interrogatorio travestito da pacata conversazione. Taylor invece per un volta non parlava, sembrava impegnata ad ammirarlo, come se non ci credesse che quell’uomo stava per diventare suo genero. In generale Ali non ebbe di che lamentarsi. A fine serata i due uscirono di casa e si guardarono negli occhi.
  «È andata bene» osservò Josh tranquillamente. Dopodichè tornarono a casa.
 

 
 
 
NdA: Eccomi qui, nuovo capitolo nuove avventure :D Come sempre vi auguro buona lettura e vi ricordo che i commenti sono bene accetti! Adieu!

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Capitolo 5
*** Solo amiche? ***


Solo amiche?

 
Ali era seduta alla sua scrivania in ufficio e fissava lo schermo del computer con sguardo assente. Era così da quasi due settimane. Da quando, per la precisione era cominciato il suo problema sentimentale. Di nuovo. Non che la storia con Josh andasse male, tutt’altro. Anzi, andava quasi fin troppo bene, per quando la riguardava. Stavano insieme da otto mesi ormai, ma lei non riusciva più a godersi la compagnia del suo uomo. Il problema si chiamava Dana Rogers. O meglio, il modo nuovo con cui Ali la guardava. Non sapeva con precisione quando fosse cominciata, sapeva solo che Dana le piaceva. Punto.
  Circa due settimane prima, appunto, aveva iniziato molto gradualmente a rendersi conto che ogni sguardo di Dana, ogni abbraccio la facevano rabbrividire, esattamente come succedeva con Josh all’inizio. Quando la guardava negli occhi, sentiva un impulso irreferenabile di saltarle addosso e spogliarla, ovunque si trovassero. Seppellì la faccia tra le mani.
  «Non posso. Cazzo, non posso innamorarmi di Dana!» si disse a bassa voce. Sapeva che quello che provava per lei avrebbe potuto trasformarsi da semplice cotta a qualcosa di molto più serio e non voleva che succedesse. Avrebbe incasinato la vita di tre persone oltre alla sua. Quella di Josh, quella di Dana e quella di Lisa. Non voleva che succedesse, voleva bene a tutti e tre. Anche a Lisa, l’aveva conosciuta di recente e aveva capito perchè a Dana piacesse tanto. Era davvero adorabile, dolce, simpatica e con Dana era stupenda, eppure ultimamente quando le vedeva insieme non poteva evitare ondate di gelosia selvaggia, che le faceva desiderare di annientarla.
  «Non posso innamorarmi di Dana, non posso innamorarmi di Dana, non posso innamo...» stava dicendo, colpendosi la fronte col pugno a ritmo delle sue parole.
  «Aliana» una voce secca la fece sobbalzare. Alzò lo sguardo e desiderò che il pavimento la inghiottisse. Tina la guardava da sopra il naso a punta e teneva le braccia incrociate. «Allora, ti pago per lavorare o per parlare da sola dei tuoi problemi sentimentali? Senti, visto che non hai niente da fare mettimi in ordine questi appunti». Detto questo le allungò una pila di fogli alta circa quindici centimetri. Ali la prese con aria rasseganta. «Va bene Tina. Scusami».
  Sicuramente non avrebbe detto niente a nessuno. Meno che mai a Josh. Non poteva fargli questo, non a lui che era una persona meravigliosa. Però non poteva neanche continuare a stare con lui, mentre pensava a qualcun altro. “Forse allora dovrei dirlo anche a Dana. Ma non voglio rovinare la nostra amicizia. In che casino mi sono cacciata”. Decise che prima di prendere decisioni drastiche avrebbe provato a farsela passare. Le sembrava impossibile essersi presa una cotta per Dana. Dana! La sua amica, era sempre stata solo quello.
  Mentre sistemava le pagine che le aveva dato Tina, cercando di non confondersi in mezzo ai numeri, pensò a cosa avrebbe dovuto fare. Avrebbe cercato di farsela passare, ma non sapeva come senza smettere di vedere Dana e lei non voleva smettere di vedere Dana, fosse anche solo come amica. Se non le fosse passata in un tempo ragionevole, cosa più che probabile, avrebbe innanzi tutto lasciato Josh e poi forse ne avrebbe parlato con Dana. “E se la prende male? Se non ricambia i miei sentimenti e finisce la nostra amicizia? Sarebbe terribile, non voglio perderla”. No, non avrebbe parlato con Dana. Però a Josh doveva dirlo. Per forza. Fra qualche settimana magari, una volta che fosse stata sicura che Dana non era qualcuno di cui si sarebbe dimenticata in fretta.
  Tornò a casa. Come se non bastasse tre settimane prima si era definitivamente trasferita da Josh. La prima settimana ovviamente era stato bellissimo, era la prima volta che un uomo le chiedeva seriamente di andare a convivere. Ma adesso... adesso non vedeva l’ora di andarsene, faceva già fatica a guardare il suo fidanzato, non parliamo poi di dormire insieme tutte le notti. Eppure non aveva il coraggio di fare niente. Più che altro per paura, paura di restare sola, in fondo adesso aveva una relazione felice, se avesse lasciato Josh e Dana le avesse detto che non provava niente per lei, sarebbe rimasta da sola di nuovo. E aveva anche paura di come avrebbero reagito i suoi genitori, Taylor in particolare. Quindi andava avanti così, in una relazione in cui era felice solo per abitudine, senza provare a cercare qualcosa di diverso.
  «Josh!» chiamò entrando in soggiorno. «Sono tornata, ci sei?»
  Appoggiò la borsa sul tavolo e appese la giacca, poi si sedette sul divano. Rimase lì a fissare il vuoto con occhi inespressivi. Era praticamente sempre così ormai. Rimase lì finchè Josh non comparve da chissà dove con addosso una tuta. O stava andando a correre o era appena tornato. Non era sudato, quindi doveva ancora andarci. Si avvicinò a lei e le diede un leggero bacio sulle labbra. Come al solito la sua faccia si trasformò per un attimo in quella di Dana, costringendola a chiudere gli occhi. Josh sorrise e si sedette accanto a lei, passandole un braccio attorno alle spalle.
  «Come è andata oggi?» le chiese Josh.
  «Com’è andata? Da schifo, ormai penso solo a Dana, perfino quando ti bacio vedo il suo viso, vorrei avere il coraggio di lasciarti perchè non posso continuare a stare con te, ma so che non ti dirò mai niente». Avrebbe voluto rispondergli così, ma tutto quello che disse fu: «Bene. Giornata tranquilla».
  «Sono contento, tesoro. Quindi Tina non ti ha fatto troppo impazzire?»
  «Mi ha fatto sistemare un migliaio di pagine di appunti, ma per il resto è stata abbastanza tranquilla. La tua giornata invece? È andato tutto bene? Mi sei mancato oggi».
  Allungò il collo e gli diede un bacio sulle labbra. Stava mentendo e lo sapeva. Non aveva sentito la mancanza di Josh, quel giorno come tutti gli altri. L’unica persona che le mancava era Dana, l’unica persona alla quale pensava era Dana. Se pensava a Josh era solo per sentirsi tremendamente in colpa nei suoi confronti. Quando lo baciava pensava di baciare Dana. “Sto impazzendo” si disse. “Sto decisamente impazzendo. Devo fare qualcosa”.
  Chiuse gli occhi e si rilassò contro di lui. Sicuramente era comodo, per appoggiarsi. Comunque gli voleva ancora bene, molto bene. Infatti non voleva starci più insieme, per questo. Chiamava Dana molto meno da allora, la vedeva molto meno, nella speranza che in questo modo potesse dimenticarla più in fretta. Ovviamente non ci riusciva, anzi questo silenzio forzato la faceva impazzire. Proprio in quel momento il suo cellulare squillò. Quasi non aveva il coraggio di vedere chi era, aveva un certo sospetto. Ovviamente, era lei. “Dana. ‘Fanculo”. Decise che non avrebbe risposto.
  «Ali chi è?» le chiese Josh. Ali si voltò a guardarlo. «Dana».
  «Beh, che fai? Non rispondi?» le chiese di nuovo, perplesso. Lei sospirò, ma che altro poteva fare? Premette il tasto di risposta e si avvicinò il telefono all’orecchio.
  «Pronto?» le sembrava di avere qualcosa incastrato in gola. Andò in camera da letto, aveva bisogno di stare da sola per parlare con Dana.
  «Sei una stronza» la salutò lei. Questo era poco ma sicuro.  «Perchè non rispondevi? E perchè sono dieci giorni che non ti fai sentire?»
  «Dana, è una lunga storia» cominciò Ali, sapendo che avrebbe dovuto dirglielo. Ma non lo fece. Le raccontò una storia farcita di impegni lavorativi, Josh e bugie, sentendosi un essere abbietto. Dana le credette o almeno finse di crederle. Chissà se l’aveva intuito? Ma era impossibile non si erano più viste apposta. In compenso vedeva molto di più Faith. A lei l’avrebbe detto. Quella sera, non appena finito di parlare con Dana, l’avrebbe chiamata e gliel’avrebbe detto. Aveva bisogno di lei. Per la prima volta voleva che Dana riattaccasse, che smettesse di parlare. Pochi istanti dopo fu accontentata.
  Fece immediatamente il numero di Faith. «Pronto?» rispose al secondo squillo.
  «Fay sono io, ti devo parlare» cominciò. Faith non disse niente, Ali la sentiva respirare atraverso il telefono. «Credo... credo di essermi innamorata».
  «E la novità dov’è?» replicò la sua migliore amica. «Sono otto mesi che sei innamorata, me lo ripeti ogni giorno. Josh dev’essere davvero meraviglioso».
  «Non è Josh» disse con voce spezzata. Sentì Faith trattenere bruscamente il respiro. «Chi è?». Niente esclamazioni, niente “Devi essere impazzita”. Faith era così.
  «Dana» una sola parola sussurrata che le risuonava nelle orecchie come un urlo. «Stai scherzando». Una semplice costatazione. Ali negò, ovviamente, non stava scherzando, ovviamente.
  «Quando è cominciata?». Faith aveva capito che Ali gliene stava parlando adesso, ma che era una cosa che la stava mangiando dentro da un po’.
  «Due settimane fa. Fay io non ce la faccio più, penso sempre a lei, perfino quando Josh mi bacia vedo lei. Non so che cosa fare». Aveva voglia di piangere.
  «Ali, devi parlare. Con entrambi. Senti perchè non ti inventi una scusa con Josh e passi da me stasera? Così possiamo parlare faccia a faccia». Ali acconsentì, le faceva solo bene passare una serata lontana da Josh e di conseguenza, da Dana. Lei era ovunque, ma a casa sua era davvero onnipresente.
  «Va bene Fay. Però attrezzati, quintali di cibo cinese e gelato». Faith assentì, conosceva la procedura. «E porterai i DVD di Grey’s Anatomy, per la maratona. Ormai lo conosco a memoria. Ma non importa, per la mia migliore amica, questo e altro!»
  Dopo aver riattaccato, andò subito in soggiorno da Josh. «Tesoro, Fay mi ha appena invitata da lei, a cena. Sai il solito, cibo cinese un po’ di TV...» non c’era bisogno di specificare cos’avrebbero guardato.
  «Va bene, chiamerò qua i ragazzi, stasera c’è la partita dei Seahawks. Chiamerò anche Daniel, magari. Voi divertitevi». Ali era stata contenta di sapere che Josh aveva inserito il ragazzo della sua migliore amica nella sua cerchia di amici. 
  Prese i suoi preziosi DVD, li mise nella borsa e dopo essersi infilata di nuovo la giacca, uscì di corsa. Arrivò pochi minuti dopo a casa di Faith. La sua amica l’aspettava sulla porta.
  «Io comunque non ti capisco» disse dopo averla abbracciata ed aver chiuso la porta dietro di lei. Le due donne andarono insieme in soggiorno.
  «Perchè non mi capisci, Fay?» le chiese fingendo sorpresa. In realtà sapeva benissimo cosa intedesse e la risposta fu esattamente quella che si era immaginata. «Sei strana, amica mia. Stai con uomo fantastico, sei finalmente felice dopo anni e cosa fai? Ti innamori della tua “migliore amica”. Non ti capisco davvero». 
  «Non so ancora se mi sono innamorata davvero, di lei. Comunque è probabile che sia così. Fay non so che cosa dirti, forse sono alla ricerca della perfezione! Forse nemmeno Josh era quello giusto, forse quella giusta è Dana. Solo che non ho il coraggio di provare la mia teoria. Fay tu al posto mio come ti comporteresti? Se lei non ricambia i miei sentimenti? Mi ritroverei da sola un’altra volta con il mio possibile grande amore a due passi da me!»
  «E se invece lasci Josh, perchè lo farai e se non lo fai ti picchio, e a lei non dici niente? Ti ritroveresti sicuramente da sola un’altra volta con il tuo possibile grande amore a due passi da te! Se glielo dici almeno hai una possibilità su due che vada bene... ma se non glielo dici? Va male di sicuro!»
  «Mah... se lo dici tu... Fra poco lascerò Josh e lo lascio di sicuro, però non so se dirlo a Dana. Metti che glielo dico, lei ricambia, lascia Lisa e poi io mi accorgo di essermi sbagliata! Potrebbe essere anche così! Io scopro di essermi sbagliata e mi ritrovo comunque da sola, e avrò anche incasinato la vita di altre tre persone oltre alla mia!»
  Faith alzò un sopracciglio, con aria perplessa. «Pensi davvero che potresti sbagliarti?»
  «No» sospirò Ali. Si sedette sul divano. Si sentiva esausta e non per la giornata di lavoro. «No, non penso proprio di sbagliarmi». Faith si sedette accanto a lei. Le mise un braccio intorno alle spalle e lo ritrasse subito come se si fosse scottata.
  «Che fai?» le chiese subito Ali. L’altra fece una faccia fintamente preoccupata. «Non è che poi ti metto a disagio? Sai magari potresti farti delle fantasie anche su di me...»
  Ali capì lo scherzo e le lanciò un cuscino scoppiando a ridere. «Quanto sei cretina». La tensione si sciolse e la serata passò allegra, senza problemi di uomini e donne.
 
 
Dieci giorni dopo Ali era in ufficio. Si sentiva esattamente come nelle scorse settimane, i suoi sentimenti verso Dana non erano cambiati di una virgola, anzi forse erano aumentati. Non poteva andare avanti così, doveva fare qualcosa. Avrebbe lasciato Josh, quella sera. Ormai aveva iniziato ad evitarlo, non dormiva quasi mai con lui, il sesso era quasi inesistente e se lui non era un idiota, doveva essersi accorto per forza che qualcosa non andava.
  Nonostante la sua testa fosse affollatissima cercava di non far trapelare niente all’esterno. Voleva evitare la figuraccia che aveva fatto quella volta con Tina. Non voleva pensare quindi si concentrò ancora di più sul suo lavoro. “Che starà facendo Dana?” si chiese.
  “Non pensarci”. Sì, quella sera non appena lei e Josh si fossero visti, lei l’avrebbe preso da parte e gli avrebbe detto come stavano le cose.
  “Sarà con quella? Magari mi sta pensando”.
  “No di sicuro sta con quella”.
  “Troia, giù le mani dalla mia donna”. Non era sicura di sapere con precisione quando aveva cominciato ad odiare la fidanzata di Dana.
  “Piantala, non è la tua donna”.
  Si infilò gli auricolari e fece partire la musica ad alto volume, per zittire quelle due voci che rischiavano di farla impazzire. Questo l’aiutò a non ascoltare i suoi pensieri e a smettere di pensarci.
  Il chiasso della caffetteria durante la pausa pranzo per la prima volta le fece piacere. Si sedette al tavolo più affollato e si limitò ad ascoltare le voci, senza far caso alle parole. Le bastava il rumore. Eppure Dana non se ne andava, era sempre lì. Se non avesse saputo per certo che Dana era ignara di tutto questo, avrebbe detto che lo faceva apposta. Non riusciva a togliersi dalla testa quegli occhi di ghiaccio, quei capelli dorati, avrebbe dato chissà cosa per poterci infilare dentro le dita. Poi l’avrebbe baciata, l’avrebbe spogliata, poi le avrebbe... Si riscosse. Stava venendo tardi, la pausa era finita e lei doveva tornare in ufficio.
  Nel pomeriggio mise a punto il discorso che avrebbe fatto a Josh. Non voleva sbagliare nel parlare con lui e voleva essere assolutamente chiara. “Allora Josh, ti devo dire una cosa molto importante. Stare con te è stato bellissimo, sei stato molto importante, ma il fatto è che io mi sono innamorata di un’altra persona. Gli dico che è Dana? No, non è il caso. Vabè mi dispiace moltissimo e tanti saluti. Va bene gli dico così. Speriamo non la prenda troppo male”.
  Uscì dall’ufficio circa mezz’ora dopo e si precipitò a casa. Era il momento della verità, non doveva perdere tempo. Guardò l’orologio. Sì Josh doveva già essere tornato, era giovedì quindi finiva presto. Entrò in casa e appoggiò le chiavi nella ciotola all’ingresso, poi si tolse la giacca. Mentre andava verso il divano si accese improvvisamente la luce. Josh era in piedi davanti a lei, con le braccia incrociate. Ali lo guardò, confusa. Era successo qualcosa di brutto?
  «Dobbiamo parlare». Perchè le era venuta la voce di Josh? Lei non aveva detto niente! Le ci volle qualche secondo per capire che il suo fidanzato aveva detto proprio la frase con cui lei voleva iniziare il suo discorso importante.
  «Josh, cosa c’è? È successo qualcosa? Senti... anche io ti devo parlare» gli rispose. Lo guardò fisso negli occhi. «Va bene» concesse. «Prima tu». Lui si sedette sul divano, invitandola a fare altrettanto. Lei lo imitò. Josh si schiarì nervosamente la voce.
  «Sì, senti Ali, c’è una cosa importante che devo dirti. Da un po’ di tempo ho notato che c’è qualcosa che non va. Praticamente da quando abbiamo iniziato a vivere insieme. Forse... forse non eri pronta, forse ho fatto le cose troppo in fretta, se è così mi dispiace, non volevo farti pressioni, ma credevo che ormai fossimo arrivati a quel punto e...»
  Ali lo interruppe, posandogli un dito sulle labbra. Sorrise, un sorriso triste. Se n’era accorto, fin dall’inizio. Ora non aveva scelta, doveva parlare.
  «Smettila. Non dire più niente. Hai ragione, sì è successa una cosa, è per quello che mi sono allontanata, mi dispiace. Tu non c’entri niente, neanche il fatto che viviamo insieme. Tu sei fantastico, che sia accaduto in questo periodo è una coincidenza. Io volevo parlarti perchè... mi sono innamorata. Di qualcun altro. Ormai sono tre settimane. Forse te l’avrei detto anche prima, ma volevo essere sicura dei miei sentimenti. Ora lo sono e... Josh non possiamo più stare insieme, non funzionerebbe».
  Lui annuì stancamente. Se l’era aspettato. Non sapeva perchè, sperava di sbagliarsi, invece aveva avuto ragione. «Quindi, è così. Te ne andrai». Era una semplice costatazione, non la stava accusando. Lei annuì, incredibilmente dispiaciuta. Aveva amato moltissimo Josh e in un certo senso lo amava ancora, ma non poteva più stare con lui, non      quando la persona di cui era veramente innamorata era un’altra. Senza sapere cosa fare lo abbracciò. «Quando te ne vai?» le chiese.
  «Domani mattina, mi sembra inutile rimandare. Anzi vado subito a fare la valigia. Josh?» lui alzò lo sguardo, con aria interrogativa.
  «Mi dispiace tanto, sul serio. Mi dispiace che mi sia capitato mentre stavo con te, perchè tu sei meraviglioso. Ti auguro la vita migliore del mondo, sul serio».
  Lui annuì e a quel punto Ali andò in camera da letto, prese la valigia e iniziò a riempirla con tutte le sue cose. Si sentiva strana, le dispiaceva lasciare Josh, ma sentiva che era la cosa giusta da fare e finalmente si sentiva libera.  Quando ebbe finito chiamò Faith al cellulare. «Pronto?» rispose quella.
  «Ciao Fay. L’ho fatto, finalmente».
  «Fatto cosa?» le chiese. Poi capì. «Ah Josh? Gli hai parlato? Come l’ha presa?»
  «Veramente è stato lui a parlarmi per primo perchè aveva capito che c’era qualcosa che non andava, che mi ero allontanata. L’aveva attribuito al fatto che eravamo andati a convivere troppo in fretta. Allora gli ho spiegato che mi sono innamorata di un’altra persona e vabè l’ha accettato».
  «Capisco» commentò Faith. «E gli hai detto di chi ti sei innamorata?»
  «No Fay, non volevo infierire» rispose Ali. Più che altro non aveva il coraggio di ammetterlo. Non tanto perchè si vergognasse. «Mi dispiaceva già così tanto per lui, poverino. Certo che poteva capitarmi in un altro momento e non subito dopo che siamo andati a vivere insieme».
  «Tesoro, che vuoi che ti dica?» disse l’amica. «L’amore quando arriva, arriva. Non puoi controllarlo. Anche a me dispiace per Josh, ma tu che ci puoi fare? Lo dirai a Dana?»
  «No per la centesima volta, no. Non posso! Mi passerà, prima o poi. Troverò qualcun altro e sarò felice di nuovo. Me la toglierò dalla testa, vedrai».
  «Va bene, vedrò» la voce di Faith era molto scettica. «Ma dimmi una cosa. E se non ti passa? Se non riesci a togliertela dalla testa? Cosa farai allora, eh? Passerai il resto della tua vita a soffrire per amore, perchè hai paura e non hai il coraggio di affrontare la realtà? Sei una vigliacca, Ali?»
  A questo Ali non seppe rispondere. Non sapeva come avrebbe affrontato quello che provava per Dana, sapeva solo che non gliel’avrebbe detto. Di questo era sicura. Avrebbe smesso di pensare a lei, si sarebbe concentrata sul lavoro, avrebbe trovato un hobby e con un po’ di fortuna se la sarebbe dimenticata in un paio d’anni. “Sì e se non fosse così?” pensò. “Se avesse ragione Fay? Io non voglio passare il resto della mia vita a soffrire per amore”.
  Si sedette sconfortata sul letto e si prese la testa tra le mani. “Che cosa devo fare?”

 
 
 
NdA: Ecco qui il nuovo capitolo! Sspero che vi piaccia! Ringrazio chi legge, recensisce eccetera eccetera! Have fun!
 

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Capitolo 6
*** Decisamente non solo amiche ***


Decisamente  non solo amiche

 
Non era stato molto difficile, smettere di pensare a Dana. Almeno in apparenza. Era passato circa un mese da quando Ali aveva lasciato Josh e si era concentrata profondamente sul lavoro, su come sopportare Tina, aveva iniziato ad andare in palestra e quasi aveva smesso di pensare a lei. A parte quando si vedevano. In quel caso i brividi si sprecavano e spesso Ali si incantava a guardarla, non sempre negli occhi. Tante volte si fissava sul suo fondoschiena, e se Dana si accorgeva lei distoglieva subito lo sguardo, tentando di non arrossire.
  Non sapeva se fosse diventato più facile o più difficile vedere Dana di nuovo da quando aveva lasciato Josh. Da una parte non si sentiva più in colpa per lui, quando pensava di spogliarla e fare sesso con lei in mezzo alla strada, ma d’altra parte non aveva neanche più la protezione della sua storia con Josh a trattenerla. Ovviamente non le aveva detto niente, a parte il fatto che aveva lasciato Josh.
  Le aveva dato la notizia, un paio di giorni dopo, in una casuale telefonata. Dopo le solite chiacchiere di routine, Dana le aveva detto: «Ho la sensazione che tu voglia dirmi qualcosa. Anche se non ti vedo capisco che è dall’inizio che muori dalla voglia di dirmi qualcosa. Avanti spara». Ali infatti era stata tutto il tempo sulle spine rispondendo in modo vago alle domande dell’amica.  
  «Sì è vero ho una novità» cominciò Ali. “A parte il fatto che sono innamorata di te da circa due mesi”. «In realtà non è proprio una novità allegra. Ho lasciato Josh».
  «CHE COSA?!» esclamò Dana sconvolta. «Hai lasciato Josh?! E come mai? Tu sei pazza». Ali esitò. Il motivo le stava parlando in quel momento. Ma non poteva dirglielo. Sospirò e si inventò una scusa.
  «Non funzionava più» le rispose. «Eravamo appena andati a vivere insieme, ma io non potevo più stare con lui. È una storia complicata».
  «Non mi inganni, Ali» ridacchiò l’altra. «Ammettilo ti sei innamorata di un altro». Ali arrossì furiosamente. Fu grata che in quel momento l’amica non potesse vederla.
  «Ehm... sì, cioè... insomma... una specie, diciamo» rispose. Dana scoppiò a ridere. Quando le avesse detto che si era innamorata di lei... no alt, non gliel’avrebbe detto.
  «Ali sei tremenda, non riesci proprio ad accontentarti. Ma chi è il fortunato? Lo conosco per caso?» Ora cosa le avrebbe detto? “Sì lo conosci molto bene. Anzi la conosci, perchè sei tu”. No no, assolutamente no era fuori discussione. Perciò preferì uscirsene con un: «Non lo so, forse».
  Era sempre più difficile però non dirglielo. Ogni volta che si parlavano, che fosse al telefono o di persona, Ali aveva la tentazione di dirglielo, ma c’era sempre qualcosa che la frenava. Non sapeva se fosse paura o qualcos’altro, ma il fatto era che non aveva il coraggio di affrontare nemmeno l’argomento con lei. Invece con Faith ne parlava sempre e l’amica le diceva sempre la stessa cosa.
  «Parla con Dana». Erano sedute in soggiorno a casa di Ali. Era tornata nel suo vecchio appartamento non appena aveva rotto con Josh. Non aveva mai veramente rinunciato a quell’appartamento, aveva paura che potesse succedere qualcosa del genere. «Dico sul serio, devi parlare con lei. Non puoi tenerti tutto dentro, Ali. Questa cosa ti ucciderà prima o poi! È una tua amica, non un’estranea, la vedi continuamente! Non riesco a immaginare come devi sentirti quando stai con lei. Devi solo stringere i denti e farlo». Ali annuì. Sapeva che la sua migliore amica aveva ragione, ma non riusciva comunque a trovare il coraggio. Era fermamente convinta della sua decisione. Avrebbe pensato ad altro.
 
 
Era ancora fermamente convinta della sua decisione tre mesi dopo. Le era appena venuto in mente che aveva da poco compiuto trentun’anni, tantissimi per i suoi gusti, e che un anno prima era andata a Vancouver con Josh e che più di due anni prima aveva rotto con Brad. La sua vita era cambiata tantissimo in quel periodo. Aveva frequentato uomini inutili, aveva conosciuto Josh, era stata con lui per otto mesi e si era innamorata della sua nuova amica Dana.
  Proprio in quel momento, qualcuno aveva iniziato a bussare con violenza alla porta di casa sua. Temendo che potessero buttarla giù era andata ad aprire. Davanti si era trovata un’agitatissima Dana che si era precipitata in casa senza salutare. Ali era rimasta impalata sulla soglia. Aveva chiuso lentamente la porta e aveva raggiunto la donna in soggiorno.
  «Anch’io sono felice di vederti Dana» le aveva detto, dopo aver respirato profondamente un paio di volte per calmarsi. Le faceva sempre un certo effetto incontrare Dana e vedersela piombare così all’improvviso in casa metteva il suo autocontrollo a dura prova. «Ti si è allagata la casa? Cosa ci fai qui? Cioè sono contenta di vederti».
  “E non sai quanto” pensò subito dopo. Si era seduta sul divano e aveva iniziato a parlare con lei. «Seriamente Dana, cosa ti è successo? Sembra che tu abbia visto un fantasma!»
  «Ho avuto una rivelazione Ali! È stata una cosa incredibile!» aveva risposto l’altra prendendole una mano. Il cuore di Ali aveva saltato qualche battito poi aveva iniziato a pulsarle nelle orecchie. Tutto regolare. Preso un respiro profondo, aveva di nuovo alzato lo sguardo verso Dana.
  «Che cosa ti è successo?» le aveva chiesto con una mezza risata. Magari aveva avuto un’apparizione della Madonna e aveva deciso di entrare in convento. No impossibile. Dana la guardava fisso negli occhi, con un sguardo intenso e indagatore che non le aveva mai visto prima. «Ehm... Dana... stai-stai cominciando a spaventarmi. Che hai?»
  «Ali, da quanto è che noi due ci conosciamo?» aveva detto Dana all’improvviso. Ali ci aveva pensato su per un po’. «Non saprei» aveva risposto. «Da maggio mi pare. Un anno e qualcosa. Perchè?»
  «Secondo te è possibile che una persona sia innamorata di un’altra da un anno e qualcosa, ma che non se ne sia mai resa conto, fino a quattro mesi fa?»
  Ci volle un attimo perchè queste parole facessero breccia nel cervello forzatamente discattato di Ali. Dopo qualche istante gracchiò: «Che cosa hai detto
  «Ali» aveva risposto Dana guardandola di striscio ma molto intensamente, «io... non so come dirtelo. Però... credo-credo di essermi innamorata di te. Credo di essere sempre stata innamorata di te. Ti prego non prenderla male. Capisco che per te possa essere uno shock, ma...»
  «Dana» la interruppe Ali, con una gran voglia di piangere. Credeva di sognare. Era innamorata di lei, Dana era innamorata di lei da un anno! Non essendo sicura di essere sveglia, si graffiò un braccio senza farsi notare. Le fece male. «Tu sei innamorata di me? Stai parlando sul serio?»
  «Sì» rispose quella. «Ho lasciato Lisa, una settimana dopo che tu mi hai detto di aver lasciato Josh. Sai quella notizia mi ha aperto gli occhi. Cioè sapere che eri libera, non lo so, mi ha fatto pensare a te in un altro modo. Non ti vedevo più come amica. E non potevo non dirtelo». Ali era pietrificata. Non riusciva a pensare, non riusciva a parlare. Doveva parlare quello era il suo momento. Senza volerlo aveva risolto il suo dubbio più grande, quello che Dana provava per lei. Eppure non riusciva a muoversi, girare la testa per guardarla negli occhi, a muovere le labbra per parlare. Come da un grande distanza sentì la voce di Dana dire: «Ali, è meglio che vada. Capisco che tu voglia rifletterci su, perciò ti lascio sola e ti do la possibilità di non odiarmi. Ci vediamo».
  Sentì la porta d’ingresso aprirsi e chiudersi, ma non si mosse. Rimase lì seduta sul divano girata di circa quarantacinque gradi verso destra, con le mani un po’ alzate, esattamente come le aveva quando Dana gliele aveva prese. A un certo punto disse: «Io non ti odio, Dana», ma si accorse che nessuno le avrebbe risposto. Ancora sotto shock, prese il telefono fisso e chiamò Faith. Doveva raccontarle l’incredibile novità. Dopo due squilli, sentì la voce di Faith: «Pronto?»
  Il cervello di Ali reagiva molto lentamente e quando si rese conto che l’amica aveva risposto, quella aveva già ripetuto: «Pronto? Ma chi è? Jean sei tu? Non prendermi in giro, dai».
  «Fay, sono io» disse finalmente con voce tremante. Sentirsi chiamare da Faith col nome della sorella l’aveva risvegliata. «Devo raccontarti una cosa».
  «Ali! Eri tu, allora! Ma perchè non parlavi? Cos’è successo? Hai una voce strana» osservò Faith. Ali pensò che non poteva raccontarglielo al telefono.
  «CI vediamo al Needle tra un quarto d’ora? La cosa che devo dirti.... be’ è meglio se te la dico di persona, non al telefono». Faith assentì.
  Un quarto d’ora dopo era nella stessa piazza dove due anni prima aveva visto la sua vita andare in frantumi. Ma adesso andare lì le dava di nuovo la vecchia sensazione di familiarità. Si sedette su una panchina ad aspettare Faith, che arrivò dopo pochi minuti. Lo shock per l’incontro con Dana le era passato e ora era tornata la Ali di sempre. Quando vide l’amica si alzò per abbracciarla, poi si sedettero insieme sulla panchina. «Fay è successa una cosa incredibile» esordì. «Dana è venuta da me oggi. Mi ha detto di avere lasciato Lisa una settimana dopo che le ho detto di aver lasciato Josh».
  «Che cosa? E come mai?» esclamò Faith sconcertata. Ali prese un respiro profondo e si preparò a pronunciare le quattro parole che le avevano cambiato la vita. «È innamorata di me»
  «STAI SCHERZANDO?!» disse Faith a voce altissima. «Scusa. Ma seriamente? Ti ha detto che si è innamorata di te? Seriamente? E tu che le hai detto?»
  «Niente, non ho risposto» rispose. Faith la guardò allibita. «Ero troppo sconvolta dal suo arrivo improvviso e da quello che mi ha detto. Ci ho messo un po’ a reagire. E sai una cosa, Fay? Vuole lasciarmi del tempo per elaborare la cosa e cercare di non odiarla. Crede che io l’abbia presa male!»
  «Be’? Adesso che farai? Devi dirle che non l’hai presa male e che anche tu sei innamorata di lei! Ali devi farlo subito, se fossi in te andrei a casa sua e glielo direi chiaro e tondo. Anzi la bacerei anche se il concetto non fosse abbastanza chiaro! Ma scusa hai sprecato tutto questo tempo perchè non sapevi e adesso sai! Non hai più scuse!»
  Ali annuì. La sua amica aveva ragione. «Sì, è giusto. Vado subito da lei, non posso più aspettare». Faith le disse che tifava per lei, l’abbracciò e la guardò andare via. Non avrebbe mai creduto che Ali potesse innamorarsi di una donna, le sembrava impossibile. Ma era comunque la sua migliore amica ed aiutarla ad essere felice era uno dei suoi compiti.
 
 
Ali si precipitò a casa di Dana. Senza fare apposta replicò la scena di poco prima a casa sua. Non appena arrivò al suo appartamento inziò a tempestare di pugni la porta. Dana aprì qualche secondo dopo. Ali corse dentro senza salutare. «Che ci fai qui?» le chiese Dana.
  «Ti devo parlare» fece Ali. La prese per mano e la trascinò sul divano. L’amica la guardava perplessa, ma lei la ignorò e aggiunse: «Senti quello che devo dirti, potrebbe sembrarti un po’ strano, perchè riguarda il discorso che mi hai fatto prima. Come prima cosa sappi che non ti odio, nè potrei mai odiarti. Avrei dovuto parlartene già mesi fa, ma non trovavo mai il coraggio di farlo...»
  «A-ali...» cominciò Dana, ma Ali la fermò con una mano. «Non interrompermi, è già difficile così. Senti, devi sapere la verità sul perchè ho lasciato Josh. Ora non credere che ti stia prendendo in giro, ma... Dana, io mi sono innamorata di te. È già quasi cinque mesi che me ne sono resa conto e dovevo dirtelo già da tempo, lo so, ma quello che mi hai detto oggi, mi ha fatto capire che stavo facendo la cosa giusta. Vedi non te l’ho detto perchè avevo paura che tu non ricambiassi, così avrei incasinato la vita tua e quella di Lisa, oltre alla mia. Però ho lasciato Josh, gli volevo troppo bene, per continuare a stare con lui. Quindi... è tutto qui, ed è fantastico. Così anche Fay sarà contenta, è da un sacco di tempo che mi dice che dovrei dirti che ti amo».
  «Ali... tu-tu sei innamorata di me? Cioè, sul serio, non mi stai prendendo in giro? Tu sei innamorata di me, da quasi cinque mesi? Tu hai lasciato Josh per me? È-è assurdo, insomma, tu non ti innamori delle donne, cioè, tu stavi con Josh, eri innamorata di Josh, sembrava la storia perfetta e intanto ti sei innamorata di me? Okay, ho bisogno di un momento».
  In quel momento Ali mise da parte ogni prudenza. Si avvicinò a Dana, molto lentamente, si avvicinò sempre di più fino a trovarsi a pochi centimetri dal suo viso. Si perse nei suoi occhi ghiacciati e allungò la mano per infilarla finalmente in quella incredibile chioma dorata. Sapendo che se avesse esitato non avrebbe più avuto il coraggio di farlo, avvicinò il volto di Dana al suo e la baciò. Fu incredibilmente dolce, e molto diverso da com’era baciare Josh, ma forse ancora più bello. Le sue labbra erano morbide, sentì il sapore del lucidalabbra alla vaniglia e la passione con cui Dana la ricambiava.
  «Wow» commentò Dana a voce bassa quando si separarono. «Sì, non mi stai prendendo in giro. Mi sembra incredibile che tu non me l’abbia detto per tutto questo tempo. Ma Josh lo sapeva?»
  «Cosa che mi ero innamorata di te?» Dana annuì. «No. Gli ho detto che mi ero innamorata di un’altra persona, ma non gli ho detto di chi. Mi sembrava troppo. Però dovevo lasciarlo».
  «Gli vuoi ancora bene, non è vero? Se è per questo hai fatto bene a lasciarlo. È lo stesso ragionamento che ho fatto con Lisa. L’ho lasciata perchè mi ero innamorata di te, ma ero affezionata a lei. Certo che.... ci siamo fidanzate e separate di nuovo a un mese di distanza e adesso eccoci qui. Noi due». Ali annuì, era troppo emozionata per dire qualcosa. L’aveva fatto, aveva parlato con Dana e non avrebbe potuto fare una scelta migliore. La guardava attentamente rendendosi conto di quanto fosse bella... e sua. Per la prima volta in vita sua avrebbe avuto una fidanzata e Dana era assolutamente perfetta per lei.
 
 
La prima cosa che fece quando tornò a casa fu, ovviamente, telefonare alla sua migliore amica. «Fay sono io» esordì, non appena l’altra ebbe risposto.
  «Ali? Sei andata da lei? Le hai parlato? Allora cosa ti ha detto? Rispondi non sto nella pelle!» esclamò Faith, bersagliando l’amica di domande, senza neanche fermarsi a prendere fiato. Ali sorrise e cominciò a raccontare, fermandosi ogni tanto per permettere all’amica di commentare o di emettere un gridolino di sorpresa e di gioia. Le piaceva il fatto che Faith si sentisse così, lei stessa si sentiva esplodere di felicità.
  Non smise di sorridere per tutto il resto della giornata e sorrise ancora di più, quando Dana le telefonò più tardi e le chiese se la sera dopo poteva portarla fuori a cena. Ali avrebbe voluto tuffarsi nel telefono per raggiungerla ed abbracciarla, ma si accontentò di accettare l’invito. Quella sera andò a dormire più felice che mai, con la sensazione di aver fatto finalmente qualcosa di buono.

 
 
 
NdA: Eccomi qui! Un giorno in ritardo rispetto al solito, ma sono stata impegnata. Come sempre vi invito a leggere e commentare e ringrazio chi ha recensito e messo la storia tra i preferiti.
Have fun!
 

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Capitolo 7
*** C'è una donna nel mio letto! ***


C’è una donna nel mio letto!

 
Ali Donnell si sentiva strana. Quella mattina si era svegliata in un letto che non conosceva. La settimana precedente sembrava appartenere ad un sogno, un sogno molto realistico. Ma le sembrava impossibile che Dana fosse davvero andata a casa sua per dirle che si era innamorata di lei e che mezz’ora dopo lei, Ali, fosse andata a casa di Dana per dirle la stessa cosa. E le sembrava ancora più impossibile che i giorni seguenti si fossero viste tutti i giorni e che fossero uscite a cena altre due volte. Eppure quella stanza era sconosciuta. Non era casa sua, non era casa di Faith, non era, senz’ombra di dubbio, casa di Josh. Si guardò intorno confusa. Letto a due piazze con lenzuola lilla. No, non le dicevano niente. Si mise a sedere e si rese conto di essere in intimo. Strano. Vicino a lei dormiva qualcuno. Allungò il collo e si ritrasse subito. Quel qualcuno era Dana. La toccò leggermente su una spalla. Non sapeva perchè, ma si sentiva strana, quasi in imbarazzo a dormire nello stesso letto con lei. Eppure stavano insieme non c’erano dubbi su questo. Non l’aveva ancora detto ai suoi genitori, ma c’era sempre tempo per quello.
  Dana si girò e aprì leggermente gli occhi. «Ehi! Buongiorno» la salutò con un sorriso e Ali si sentì stringere lo stomaco, come sempre. Si lasciò baciare, poi le chiese: «Io che ci faccio qui?»
  «Hai dormito qui stanotte» rispose Dana stringendosi nelle spalle. Ali ci pensò un attimo, scrollò le spalle anche lei e le si sdraiò di nuovo accanto. Dana si voltò verso di lei e si appoggiò a un gomito per guardarla meglio. Le diede un altro bacio e le chiese: «Perchè sei così sconvolta?»
  «È la prima volta che dormiamo insieme. Abbiamo solo dormito?» replicò con una leggera apprensione. Si rese conto di ricordarsi molto poco della notte appena trascorsa. Se pensava alla serata ricordava solo fiumi di alcool e tante risate. Ricordava anche diversi baci al sapore di liquore, non sapeva bene di che tipo. Dana la guardò. «Sì abbiamo solo dormito. Direi che è presto per passare alla seconda fase. Ma c’è qualcosa in particolare che ti preoccupa? Tesoro, puoi dirmelo lo sai».
  «Sai... è strano... cioè non fraintendermi, sono contenta di stare con te... però...» cominciò Ali, ma poi si interruppe, imbarazzata. Dana la guardò sorridendo e la abbracciò.
  «Va tutto bene. Ho capito, è normale che tu sia imbarazzata. In un certo senso è come se tu fossi vergine, l’imbarazzo è assolutamente normale. Ci andremo piano, non voglio farti nessun tipo di pressione, ti aspetterò finchè non sarai pronta, sei troppo importante per me».
  Ali sorrise e la baciò dolcemente. «Grazie, Dana. Capisci, non è per te. È solo che devo abituarmi».
  «Lo so» annuì Dana. Ali si mise seduta e lei la raggiunse da dietro e l’abbracciò, dandole un leggero bacio sulla spalla. «Vado a preparare la colazione». Si alzò e andò in cucina. Ali non le tolse gli occhi di dosso finchè non fu sparita. Era incredibile quanto l’attraesse anche quando semplicemente stava in piedi, senza fare niente di particolare. A quel punto decise di vestirsi e di raggiungere Dana in cucina. La donna stava cucinando qualcosa che aveva un ottimo profumo e lei si sedette al tavolo, in attesa. Amava quando Dana cucinava per lei. All’improvviso, come se avesse captato i suoi pensieri, Dana si voltò verso di lei, accigliata. «Che ci fai qui? Perchè non sei a letto? Volevo portarti la colazione». Si strinse nelle spalle e le mise davanti un piatto in cui ci fece scivolare tre o quattro pancakes. Ali fece per prendere la forchetta, ma Dana la fulminò con un’occhiata. «Giù le mani!»
  «Perchè? Che ho fatto?» esclamò Ali mollando immediatamente la forchetta. Dana sorrise.
  «Perchè non ho ancora finito. Aspetta un attimo». Prese una casseruola e le versò sopra una generosa dose di densa salsa al cioccolato, calda e assolutamente invitante. «Ecco qui» disse poi. «Una colazione meravigliosa per la mia donna meravigliosa». Si preparò un piatto identico e si sedette a mangiare di fronte a lei. Gustarono i pancakes in silenzio: non c’era bisogno di parlare, ad entrambe bastava la presenza dell’altra, un solo sguardo, un sorriso. Era la prima volta che si fermava a dormire lì e di conseguenza che faceva colazione lì. Però avevano pranzato e cenato qualche volta l’una a casa dell’altra e aveva sempre cucinato Dana. Ali non si fidava a mettersi ai fornelli, dopo aver quasi mandato a fuoco la cucina di Josh, tentando di cucinare delle bistecche. Da single, andava avanti a pasti precotti e fast-food, tutte le cose peggiori, in sostanza. Invece con Dana era praticamente rinata, scoprendo il piacere di avere chi ti ama che cucina per te.
  Quando ebbero finito di fare colazione, Ali raccolse i piatti e li mise nella lavastoviglie, poi si avvicinò a Dana per scambiare un bacio che sapeva di cioccolato. Come al solito le si sciolse il cuore: le succedeva ogni volta che baciava Dana e si stupiva sempre di come potesse averlo ancora. A questo punto si preparò e andò al lavoro. Perfino Tina le sembrava più sopportabile, il nuovo amore con Dana le faceva vedere tutto leggermente dorato e molto, molto più bello. Quando entrò in ufficio si tolse la giacca, la appese e si sedette alla scrivania, il tutto con una leggerezza tale che le sembrava di svolazzare da un punto all’altro della stanza. Accese il computer e quando Tina entrò, lei la salutò con un vago sorriso. «Ciao Tina» le disse. «Bellissima giornata, vero?»
  «Suppongo di sì, Aliana» fece l’altra, piuttosto dubbiosa. La scrutò con sospetto. «Che ti prende?»
  «Sono innamorata, Tina» rispose Ali con un sospiro. La donna le lanciò un ultimo sguardo perplesso e se ne andò. Mentre lavorava era presente ma non del tutto e durante la pausa pranzo, Faith la chiamò al cellulare. «Pronto?» rispose con aria sognante.
  «Ciao, Ali nel Paese delle Meraviglie» la salutò l’amica con un tono a metà tra il seccato e il divertito. «Ti sono passati almeno gli occhi a cuore o sei ancora persa nella dimensione-Dana?»
  «Sono persa» le disse Ali, con aria sognante, «assolutamente persa e non ho alcuna intenzione di essere salvata. Sto troppo bene nella dimensione parallela». 
  «Quindi Dana va bene...» osservò Faith leggermente sarcastica. Sapeva che Ali era innamorata persa di Dana, come non l’aveva mai vista per nessuno, nemmeno per Josh. Ogni tanto si divertiva a punzecchiarla, in quel modo le sembrava ancora di avere la vecchia Ali che le parlava. La risposta scioccata dell’amica non si fece attendere. «Se va bene?! Fay, Dana è perfetta! È assolutamente perfetta e non tollero che se ne parli in altri modi!»
  Faith scoppiò a ridere. «Donnell, lo so! Ti stavo solo prendendo in giro! È solo che non sembri più tu in questo periodo. Per carità sono felice per te, ma sei troppo innamorata, amica mia!»
  «Ah, okay» replicò Ali. «Be’, Faith cosa posso dirti? Forse mi passerà, forse no, ma non ho alcuna intenzione di smettere di essere innamorata. È troppo bello! Stamattina mi ha fatto i pancakes con la salsa al cioccolato!»
  «Stamattina? Avete dormito insieme? Ali hai fatto quello che penso che tu abbia fatto dopo una settimana che state insieme? Com’è stato, ti è piaciuto?» esclamò Faith, sconcertata.
  «Non abbiamo fatto niente, Fay. È troppo presto per passare alla seconda fase e Dana ha detto che mi aspetterà finchè non sarò pronta. Ha detto che sono troppo importante per lei».
  «Com’è che in questo periodo sei così fortunata in amore?» le chiese Faith, perplessa. «Cos’è successo alla vera Ali? Finalmente ti stai vendicando di tutti i Brad e i Nick di questo mondo!»
  Più tardi tornò a lavorare e a quanto pareva Tina aveva pensato che in quel periodo Ali era un po’ troppo svagata per i suoi gusti, perciò le aveva lasciato un blocco di ospiti, locali e manifestazioni dell’ultimo anno da riordinare. Per un attimo le venne da piangere. Ecco rovinata una giornata perfetta. Ma il peggio arrivò, quando lei entrò in casa dopo essere uscita dall’ufficio. Non appena si fu tolta la giacca e seduta sul divano, squillò il telefono fisso. Aveva una certa idea su chi potesse essere.
  Come volevasi dimostrare. Una volta che ebbe risposto, sentì la voce acuta di Taylor perforarle i timpani. «Aliana, non posso credere che tu non ce l’abbia detto! Credevi che l’avremmo indovinato da soli o ce l’avresti tenuto nascosto per sempre?»
  «Mamma, mamma, calmati. Comincia dall’inizio. Di che diavolo stai parlando?» rispose con una certa ansia. Che avesse saputo di Dana? No probabilmente le avrebbe telefonato un medico, dicendo che sua madre aveva avuto un attacco di cuore. Doveva essere qualcos’altro.
  «Come di che sto parlando, Ali? Mi riferisco a Josh! Te e Josh! Quando pensavi di dirmi che vi eravate lasciati? Cos’è successo tra voi due?»
  «Ma niente mamma, lo sai, le persone si lasciano! A quanto pare Josh non era quello giusto!» rispose Ali, sollevata. Poi però le venne in mente un dettaglio. «Tu come fai a saperlo?»
  «Ho incontrato Josh, stamattina, me l’ha detto lui» rispose Taylor. «Era così avvilito, poverino, mi ha fatto un gran dispiacere. Che cos’è successo, Aliana? Dimmi la verità».
  «È una lunga storia, mamma» sospirò Ali. Non poteva dirle che stava con Dana. Non ancora, almeno. Avevano deciso insieme che ancora per un po’ non l’avrebbero annunciato pubblicamente, anche perchè i genitori di entrambe dovevano ancora smaltire le recenti rotture, appunto. I signori Rogers erano rimasti molto male, a sapere che la figlia aveva lasciato quella che sarebbe potuta essere la donna della sua vita. E non sapevano perchè. «È successa una cosa... ma lui non c’entra, è colpa mia. Prima o poi te lo dirò perchè ci siamo lasciati. Però... adesso sono felice, davvero. Sono molto più felice e ora ho capito di sicuro cosa voglio dalla vita. L’ho lasciato perchè era giusto così, gli volevo bene e non potevo continuare a stare con lui. Ti spiegherò».
  «C’è un altro, vero Ali? Ti sei innamorata di un altro uomo» disse Taylor con aria saputa. Ali deglutì.
  «Ecco... sì, una specie» rispose. Non poteva dirle che stava con Dana, almeno non al telefono.
 
 
Una volta che ebbe riattaccato con Taylor, Ali chiamò Dana e si incontrarono circa venti minuti dopo. «Dana, mia madre sa. Fa domande, inizia a sospettare» iniziò a balbettare Ali subito dopo aver visto la fidanzata. Le sembrava ancora strana quella parola pensando al rapporto tra lei e Dana. Fidanzata. Dana era la sua fidanzata. Però l’idea le piaceva.
  «Ali, Ali tesoro calmati. Di che stai parlando? Cosa succede con tua madre, cosa sa? Sa di noi? Di Josh?»
  «Ha saputo che io e Josh ci siamo lasciati» sospirò Ali. «Si sono visti e lui gliel’ha detto. Ha detto che aveva una faccia tristissima. Poverino... mi dispiace per lui».
  «Io dico che il destino ha un piano segreto per noi. Mi ha chiamata Tracy Rogers oggi» Tracy  era la madre di Dana, «e indovina? Ha incontrato Lisa che le ha detto con aria molto addolorata che ci siamo lasciate. E ora lei vuole sapere come e perchè tra noi è finita».
  «Credo che Taylor e Tracy dovrebbero conoscersi» osservò Ali, stupefatta. In realtà sapeva che non sarebbero mai andate d’accordo, perchè Taylor non approvava Dana, però erano davvero molto simili.
Dana le prese una mano e le disse: «Vedrai, andrà tutto bene. Te lo prometto, Ali, andrà tutto bene».
  Ali annuì: non c’era niente da fare, quella donna era assolutamente perfetta non sarebbe riuscita a trovarle un difetto neanche volendo. E aveva scelto lei, proprio lei Ali Donnell. Le sembrava ancora impossibile. Rimasero in giro per circa un’ora passeggiando mano nella mano. Non le importava che tutti le guardassero incuriositi, nè che un’anziana coppia, marito e moglie, che si teneva a braccetto le guardasse con aria infastidita. Non le importava perchè in quel momento erano solo loro, Dana e lei e niente poteva rovinarle quel momento.
  Quella sera tornò a casa sua per cena e sentì immediatamente nostalgia della cucina di Dana. A casa aveva soltanto della pasta precotta da riscaldare nel forno a microonde e una fetta di torta che si era portata a casa dall’ultima cena con i suoi. Accese la tv e guardò Extreme Makeover: Home Edition. Era un altro dei suoi programmi preferiti. Si commosse un po’ guardando la storia di quella famiglia e pensò che sarebbe stato bello guardarlo con Dana. Però era anche bello passare una serata da sola e pensare a lei. Trovava che le facesse bene. All’improvviso le venne in mente che prima o poi avrebbe dovuto dirlo ai suoi genitori che stava con Dana, ma allontanò il pensiero. Era troppo presto anche pensarci e poi voleva essere sicura che non l’avrebbero rinnegata una volta saputolo. Si preoccupava più per Taylor che per Chris. Lui era stato più bendisposto nei confronti di Dana, ma vivere quell’esperienza sulla propria pelle poteva essere diverso. Ci avrebbe pensato in un altro momento, adesso era comunque presto, non l’avrebbe detto in nessun caso, non sapeva neanche se era una cosa seria, anche se probabilmente lo era. Telefonò a Faith e chiacchierò un po’ con lei, poi andò a letto sentendosi completamente in pace con se stessa. Sì, la vita per lei stava finalmente andando nella direzione giusta, ed era troppo contenta per questo. Era davvero felice, adesso, come non era mai stata con nessuno, nemmeno con Josh nonostante quegli otto mesi con lui fossero stati bellissimi. Ma Dana era diversa, stare con lei era diverso. Non sarebbe tornata indietro per niente al mondo e anzi, si era un po’ pentita di non aver parlato prima con Dana. “Fay aveva ragione” pensò. “Come sempre”.

 
 
NdA: Eccomi qui, leggermente in ritardo, ma l’università mi impegna troppe ore al giorno. Comunque come al solito ringrazio chi recensisce e chi ha messo la storia nei preferiti. Aspetto i vostri commenti! Have fun!
 

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Capitolo 8
*** Va tutto bene, davvero ***


Va tutto bene, davvero

 
Gli occhi a cuore, ad Ali, non erano passati neanche dopo un mese. Non erano ancora riuscite a passare alla seconda fase e lei aveva paura che Dana si stancasse, ma la sua ragazza l’aveva rassicurata. «Dovrai essere tu a dirmelo, quando vorrai farlo» le aveva detto. «Io ho paura di forzarti e che tu lo faccia contro voglia, ma l’unica cosa che voglio è che sia tutto perfetto quando succederà».
  Quella sera erano da Ali e dopo cena si erano sedute sul divano a guardare un dvd. Combinazione, anche Dana adorava Grey’s Anatomy. Avevano guardato un paio di episodi, poi erano andate a dormire.
  «Ali?» la chiamò Dana, mentre erano sdraiate con la luce spenta.
  «Che c’è?» rispose Ali a bassa voce, voltandosi verso di lei, anche se al buio non riusciva comunque a vederla. Dana rispose: «I miei ci hanno invitato a cena domani. Ti presenterò a loro. Va bene?»
  «Be’, sì va bene. Avrei preferito che me lo dicessi un po’ in anticipo, ma va bene così» rispose Ali.
  «Lo so, amore, ma cosa posso dirti? L’ho saputo anche io due ore fa. Sai come sono i miei, se ti invitano lo fanno sempre all’ultimo momento. Allora domani andiamo per le sette da loro».
  «D’accordo»fece Ali, con uno sbadiglio. Si voltò a pancia in giù e chiuse gli occhi. Non ci mise molto ad addormentarsi, si sentiva rilassata e questo le conciliò il sonno.
 
 
Il mattino seguente era sabato, perciò Dana e Ali decisero di restare a letto fino a tardi. Dopo un po’ Dana si alzò per preparare la colazione, intimando ad Ali di rimanere dov’era, poi tornò nel letto con un vassoio pieno di cibo. Se la presero comoda e anche la colazione durò circa tre quarti d’ora. Poi si rimisero a poltrire sotto le coperte.
  «Possiamo stare qui così, finchè non dobbiamo andare dai tuoi?» disse Ali. Stava benissimo sotto le coperte, non si sarebbe alzata per nessun motivo. Però Dana scosse la testa, sorridendo.
  «No, non è il caso. Adesso ci alziamo con molta calma, più tardi pranzeremo, poi ci faremo la doccia, tutte e due, ci vestiremo e andremo dai miei genitori». E così fecero.
  Trascorsero un pomeriggio molto tranquillo e verso le sette erano davanti alla porta di casa Rogers, tutte vestite, pettinate e profumate. Dana suonò il campanello e attesero qualche secondo. Poi si aprì la porta e si trovarono davanti Bob e Tracy Rogers. Ad Ali piacquero subito, in particolare Tracy: non assomigliava per niente a sua madre e al momento questo andava solo a suo favore. La donna sorrise e allungò la mano ad Ali che la strinse.
  «Quindi tu sei Aliana» disse. «È bello conoscerti finalmente. Dana ci ha parlato tantissimo di te, da quando vi siete conosciute. Sei entrata nelle nostre vite tantissimo tempo fa». Bob invece si limitò a stringerle la mano e farle sapere tutto il suo piacere nel fare la sua conoscenza.
  «Signora Rogers... mi chiami Ali, per favore» disse Ali a quel punto. Le spiegò cosa pensava del suo nome e chi poteva chiamarla così.
  Entrarono in casa e Dana chiuse la porta. «Sedetevi, ragazze, forza!» le invitò Tracy con un gran sorriso, accennando al divano. Ali sentiva di volerle più bene ogni secondo che passava. Pensava che una madre dovesse comportarsi così con la propria figlia, qualunque cosa succedesse. Supportarla sempre, non metterla mai in difficoltà.
  Taylor ancora non lo sapeva, ma Ali poteva già immaginare come avrebbe reagito e sapeva già che non le sarebbe piaciuto. Sapeva già che sua madre non sarebbe stata d’accordo, che avrebbero litigato e che lei sarebbe stata malissimo per questo. Non sapeva invece come avrebbe reagito Chris, ma sperava meglio di sua moglie. Ma si riscosse da quei pensieri e ritornò al presente. Avrebbe pensato a tempo debito all’annuncio, adesso voleva solo godersi la cena e la compagnia dei genitori di Dana.
  Bob era un tipo piuttosto silenzioso, aveva fatto qualche domanda ad Ali, ma solo per curiosità e per il resto se ne stava seduto ad ascoltare. Tracy invece chiacchierava allegramente, sembrava che non ne avesse mai abbastanza, ma era piacevole, non fastidiosa. Chiese ad Ali della sua famiglia, di suo fratello, del suo ex, Josh, e alla fine le disse: «Ma parlami un po’ dei tuoi genitori. Che tipi sono? Sai, prima o poi dovremo conoscerci, in fondo entreremo a far parte della stessa famiglia».
  «Ehm... signora Rogers...» cominciò Ali, ma la donna la interruppe.
  «Ti prego Ali, chiamami Tracy. Se mi chiami “signora Rogers” sembra che mi vuoi tenere a distanza. Non siamo più estranee, giusto?»
  «No hai ragione... Tracy» rispose Ali con un cenno della testa. «I miei genitori... non offenderti, ma non sono rimasti molto entusiasti da Dana, per... per il fatto che è omosessuale. Sai, non sanno ancora che stiamo insieme noi due e... ho paura per quando glielo dirò, soprattutto mi riferisco a mia madre. È piuttosto, come dire... all’antica su certe cose».
  «All’antica?» replicò Tracy, con le sopracciglia aggrottate. «In che senso all’antica? Scusa se te lo dico, ma questo non è essere all’antica, è essere di mentalità chiusa».
  «Lo so» annuì Ali. «Continuano a dire che Dana andrà all’Inferno e io la seguirò di riflesso».  Scosse la testa e Dana ridacchiò. Non l’aveva mai presa sul serio quella minaccia, per fortuna. Rimasero ancora un po’ a chiacchierare, con Bob che ascoltava e ogni tanto faceva qualche domanda.
  Trascorsero una serata molto piacevole, tra la cena e il resto. I signori Rogers erano molto contenti di sapere che Dana era di nuovo felice. Erano rimasti effettivamente molto dispiaciuti, ammisero, quando avevano saputo della fine della storia tra Dana e Lisa, perchè quella ragazza a loro piaceva molto, e temevano che questo potesse deprimere la figlia, subito dopo che sembrava finalmente aver trovato la felicità. D’altra parte erano stati molto contenti nel sapere che adesso Dana stava con Ali, la sua grande amica e che sembrava perfino più contenta di prima.
  Ali era molto compiaciuta ma cercava di non darlo a vedere. Il punto è che anche lei si sentiva così. Ma non sapeva, anzi aveva paura per come avrebbe reagito Taylor, in confronto a Tracy. Per questo motivo avrebbe preferito non doverlo mai dire, poter vivere costantemente con il segreto e non sentirsi colpevole o spaventata per questo motivo. Avrebbe voluto anche non essere costretta a provare questi sentimenti, nei confronti di sua madre. Avrebbe voluto poter dire tranquillamente ai suoi genitori che stava con una ragazza meravigliosa e che si amavano, senza doversi aspettare urla, pianti, minacce o chissà cos’altro. Ma sapeva che sarebbe stata un’illusa a sperarlo davvero. Era sicura che quando l’avrebbe detto ai suoi, Taylor avrebbe reagito esattamente come si aspettava. Poteva addirittura immaginarsi il discorso. Forse non con le parole esatte, ma era sicura che Ali avrebbe parlato, Taylor sarebbe rimasta in silenzio, poi avrebbe urlato in generale e contro Ali, forse si sarebbe messa a piangere e alla fine si sarebbero messe a litigare. Quello era poco ma sicuro.
 
 
A fine serata, Dana e Ali tornarono a casa della prima. Avevano deciso che quella sera sarebbero state lì. Presto o tardi sarebbero andate a vivere insieme. Mentre erano ancora in macchina, Dana guidava e Ali le disse: «I tuoi genitori sono fantastici».
  «Sì, non sono male» rispose Dana stringendosi nelle spalle. Poi sorrise e aggiunse: «Mi sostengono in tutto e per tutto, questo non posso negarlo. Sono dei bravi genitori».
  «Sarebbe bello se anche i miei fossero così» commentò Ali con un sospiro profondo. «O meglio, mio padre è possibile che reagirà così, ma mia madre... vorrei non doverglielo mai dire». Appoggiò il mento alla mano e si mise a guardare fuori dal finestrino. Dana si voltò per un istante verso di lei, poi riprese a guardare la strada.
  «C’è ancora tempo. Vedrai, andrà tutto bene, io te lo prometto. Prima o poi glielo dirai. E io sarò lì con te, questo te lo posso assicurare, non ti lascio da sola».
  «Grazie tesoro» rispose Ali guardandola per qualche secondo. Si rimise seduta dritta e poco dopo arrivarono a casa.
  Era tardi, ma decisero comunque di mangiare un po’ di gelato prima di andare a dormire. Era una routine piacevole quella, Ali trovava che non ci fosse niente di più bello che gustarsi un gelato al marron glacè con la donna più perfetta del mondo che lo mangiava con lei. Non parlavano, ma come spesso succedeva non ce n’era bisogno. Ogni tanto si guardavano negli occhi, sorridevano e quello bastava. Alla fine andarono a dormire e prima di addormentarsi chiacchierarono della cena dai Rogers, di quanto fosse stata piacevole e di come Tracy e Bob fossero stati carini. Questo lo disse Ali, ovviamente, per Dana era normale così. Poi pensarono al prossimo annuncio che sarebbe stato più difficile e sicuramente avrebbe portato molta più sofferenza. Ali ne era sicura, ma Dana ancora una volta la rassicurò, promettendole che sarebbe rimasta con lei tutto il tempo.
  «Dana?» chiamò Ali. L’altra si voltò verso di lei.
  «Che c’è, amore?» le chiese. Ali sorrise nel buio.
  «Potremo passare alla seconda fase, fra poco» rispose. E lo pensava davvero, finalmente si sentiva pronta. Però voleva che fosse tutto perfetto e disse a Dana che avrebbero dovuto organizzare la cosa nei minimi dettagli. Voleva che fosse indimenticabile. La sua ragazza le disse che era d’accordo con lei e dopodichè si diedero un bacio sulle labbra e Ali si rilassò aspettando di addormentarsi.

 

 
 
NdA: Forse questo capitolo non è un granchè, ma abbiate pazienza, non era programmato. L’ho inserito all’ultimo, perchè avevo l’impressione che mancasse un pezzo. In ogni caso, eccolo qua e come sempre aspetto i vostri commenti e ringrazio chi ha letto, recensito o messo nei preferiti. Have fun!
 

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Capitolo 9
*** Prepararsi per l'annuncio ***


Prepararsi per l’annuncio
 
Sapeva di doverlo fare, Ali. Doveva dirlo ai suoi genitori, di questo ne era consapevole, solo che non riusciva a trovare il momento giusto per farlo. Certo, ormai lei e Dana stavano insieme da sei settimane, i tempi erano maturi, ma per come la vedeva lei era sua madre a non esserlo. Di Chris, suo padre, non si preoccupava, l’aveva capito che lui avrebbe approvato la sua relazione con Dana, ma non poteva dirlo a lui tenendo Taylor all’oscuro della faccenda. Non avrebbe mai osato tanto.
 Ormai i Rogers lo sapevano, erano passati dieci giorni dalla famosa cena a casa loro, quella cena che era andata così bene e durante la quale Ali non aveva fatto altro che pensare che sua madre non avrebbe mai reagito così. Probabilmente non l’avrebbe neanche ascoltata e si sarebbe messa a urlare che l’Inferno si sarebbe aperto sotto i piedi suoi e quelli di Dana per inghiottirle. Ali quando sua madre parlava così si arrabbiava moltissimo, perchè in realtà Taylor non ci credeva a quelle cose, ma si limitava a sfruttare le credenze altrui per parlare di qualcosa che non le andava bene. Ali si arrabbiava molto con Taylor durante questi discorsi, anche prima che si mettesse con Dana.
  Nel frattempo Ali e Dana erano passate alla seconda fase della loro relazione, giusto due giorni prima. Ali aveva detto alla sua ragazza che si sentiva finalmente pronta e avevano fatto l’amore per la prima volta. Era stato bellissimo, anche se all’inizio si era sentita un po’ imbarazzata. Dana però era stata fantastica come sempre e l’aveva guidata e aveva sopportato tutte le sue paranoie per tutto il tempo.
  Alla fine era stato bellissimo addormentarsi vicine, abbracciate, respirando in sincronia. Ed era stato ancora più bello svegliarsi la mattina dopo e trovarsi ancora nella stessa posizione. Quella volta Ali si era svegliata e si era trovata completamente rannicchiata contro Dana che la stringeva alla vita e aveva appoggiato la fronte sulla sua spalla. Era stata una delle sue mattine preferite in assoluto. Aveva aperto gli occhi e si era trovata di fronte il viso di Dana che dormiva, sereno e più bello che mai. Se doveva trovarci un difetto era che in quel momento gli occhi erano chiusi e non poteva vedere quel colore magnifico che, ne era sicura, l’aveva fatta innamorare fin dalla prima volta in cui l’aveva vista. In realtà non sapeva se si fosse innamorata di lei subito o dopo un po’ ma questo non aveva importanza.
  Ma c’era sempre quel velo di preoccupazione, che era causato dal doverlo dire a Taylor. Per il primo mese l’avevano tenuto segreto a tutti, ma i motivi erano diversi. Almeno, Dana voleva solo essere sicura che la loro storia fosse seria, e infatti non appena ne era stata sicura, l’aveva annunciato ai suoi genitori. Ma per Ali era diverso. Lei non voleva dirlo, ma sapeva di doverlo fare. Aveva troppa paura di come avrebbe reagito Taylor, aveva paura di essere rifutata da lei. Quindi rimandava, evitava l’argomento. E Dana o non si accorgeva o faceva finta di non accorgersene, pensando che la fidanzata avrebbe cambiato idea da sola, con il passare del tempo. Ogni volta che ne parlavano alla fine una delle due si zittiva, imbarazzata e alla fine l’altra cambiava discorso, profondamente a disagio.
 
 
Tre settimane dopo la situazione era sempre la stessa. Stessa decisione e stesso modo per rispettarla. Vedendo che non si sbloccava niente un giorno Dana decise di parlarle. Erano a casa di Ali, non vivevano ancora insieme. Si sedettero insieme sul divano. «Amore, vorrei parlarti».
  «Che cosa succede?» chiese Ali con aria preoccupata. «Vuoi lasciarmi?»
  «No!» rispose Dana scoppiando a ridere. «Ma sei matta? È solo che... c’è questa storia di tua madre... Ormai sono passati più di due mesi da che stiamo insieme e tu non gliel’hai ancora detto. All’inizio mi andava bene, ma adesso non possiamo più continuare a fingere con i tuoi. Senti... se vuoi ti accompagno, ma devi parlare con lei e affrontarne le conseguenze. Sono sicura che non ti odierà, è tua madre!»
  «Fossi in te non ne sarei così certa, tesoro. Tu non sai com’è lei. Se vuoi possiamo provarci, ma non ti sorprendere se non vorrà nemmeno ascoltarmi. Ci penserò da sola, Dana, è una faccenda tra me e lei».
  «D’accordo» Dana annuì. «Allora vengo come sostegno morale, ma poi te la sbrighi da sola okay?»
  «Sì, è a questo che pensavo» rispose Ali. «Grazie, tesoro». Sorrise, la baciò e andò in cucina. «Ci andiamo domani!» gridò dalla cucina. «Preparati okay?»
  «D’accordo, mi preparo» rispose Dana, con aria scettica. Ali spuntò improvvisamente dalla cucina con la caraffa del caffè in mano.
  «Perchè ho l’impressione che tu non mi stia prendendo sul serio?» le chiese, con un sopracciglio sollevato. Dana sorrise e le mandò un bacio sulla punta delle dita.
  «Ali ti preoccupi troppo! Domani andiamo da lei, le parliamo, magari si arrabbierà un po’ e sarà tutto finito. Vedrai andrà bene!»
  «Hm, se lo dici tu» fece Ali dubbiosa. Si sedette di nuovo sul divano con in mano una tazza di caffè bollente e appoggiò la testa sulla spalla di Dana, che l’abbracciò. «Mi prenderai in braccio se ci sbatte fuori a calci? E mi consolerai se mi dirà che non sono più sua figlia?» le chiese?
  «Che cosa?» esclamò Dana. Ali alzò lo sguardo verso di lei. «Lo farebbe sul serio? Ti rinnegherebbe solo perchè stai con me?»
  «Non lo escluderei» commentò Ali cupa. Dana le diede un bacio leggero sulle labbra e le disse: «Non preoccuparti ti proteggerò io». Ali annuì, leggermente più tranquilla. Si fidava di Dana e sapere di averla accanto durante l’incontro con Taylor, la faceva sentire più sicura.
 
 
Il mattino dopo si svegliò di soprassalto, con il fiatone. Aveva appena fatto un incubo spaventoso.
  «Dana, non credo che sia una buona idea» disse ad alta voce voltandosi di scatto verso la fidanzata.
  «Mmhh?» Dana emise un suono indistinto e affondò la faccia nel cuscino. Dopodichè alzò appena la testa e con gli occhi socchiusi disse: «Ma di che diavolo stai parlando?»
  «Di oggi! Del Grande Incontro con Taylor!!! Non è una buona idea, me lo sento. È una pessima idea. Andrà malissimo, lei mi odierà lo so. Amore aiutami!»
  «Ali ti scongiuro, sono le cinque di mattina, è sabato, fammi dormire, per favore. Dopo ne parliamo, dai. Adesso calmati, però». Detto questo si seppellì di nuovo sotto le coperte e chiuse gli occhi.
  Ali la guardò per qualche secondo, impaziente, poi le picchiettò leggermente un dito sulla spalla. Dana si allontanò di qualche millimetro e bofonchiò: «Piantala e torna a dormire».
  «Non posso dormire, non ce la faccio!» esclamò Ali allargando le braccia con espressione sconfitta. Di punto in bianco si alzò e andò in bagno. Si spogliò e si buttò sotto la doccia. Magari l’acqua calda l’avrebbe calmata un po’. Rimase sotto il getto della doccia a lungo, finchè l’acqua non cominciò a raffreddarsi. Allora uscì e si avvolse nell’asciugamano, poi tornò in camera da letto. Dana si stava alzando e la guardò meravigliata. «Ma che fine avevi fatto?» le chiese.
  «Mi sono fatta la doccia. Dovevo rilassarmi» fu la risposta. La fidanzata sollevò un sopracciglio.
  «E ha funzionato?» fece con aria scettica. Ali scosse la testa.
  «No. Anzi, ho avuto modo di pensarci mentre ero sotto l’acqua. Sono ancora più agitata. Io me lo sento, sarà una catastrofe. Non dovremmo proprio farlo sai. Tanto sarà inutile». Dana le mise le mani sulle spalle. Ali si rilassò immediatamente sotto il suo tocco.
  «Tesoro, smettila. Adesso facciamo colazione, poi ti accompagno dai tuoi. Se non andrà bene ce ne faremo una ragione. Ora per favore, smettila di parlarne. Mi stai facendo impazzire».
  Detto questo andò in cucina e preparò caffè e frittelle per colazione. Quando ebbero finito di mangiare si vestirono entrambe, poi uscirono di casa. Mentre Dana metteva in moto l’auto, Ali si allacciò la cintura, ma disse: «Siamo ancora in tempo, spegni il motore e torniamo a casa». L’altra la ignorò e uscì in retromarcia dal vialetto, dopodichè prese la direzione tanto temuta da Ali.
 
 
Dieci minuti dopo erano davanti a casa Donnell. Dana spense il motore e guardò Ali in attesa.
  «Devo proprio?» fece Ali a voce bassa.
  «Temo di sì» rispose la fidanzata con un sorrisetto. «Dai vengo con te, tranquilla!». Si sganciarono la cintura ed uscirono entrambe. Percorsero il vialetto mano nella mano e arrivata davanti alla porta, Ali prese un respiro profondo. «Avanti, suona» la incoraggiò Dana. Lei suonò.
  La porta si spalancò quasi all’istante. «Aliana! Che bella sorpresa!» esclamò Taylor quando la vide. Sorrise e l’abbracciò. Poi vide Dana, leggermente nascosta dietro la figlia.
  «Oh, vedo che hai portato anche...» aggiunse e si interruppe, guardando Dana con evidente fastidio. Lei decise di non farci caso e completò: «Dana, mi... mi chiamo Dana».
  «Già, mamma» cominciò Ali con crescente nervosismo. «A proposito... dovrei parlarti di una cosa. È un po’ complicata, quindi forse è meglio se...»
  «Ma certo!» fece Taylor con entusiasmo, nonostante fosse chiaro che la presenza di Dana la metteva a disagio. «Entrate, forza». Si fece da parte per lasciar entrare le due ragazze e richiuse la porta dietro di loro. Si sedettero tutte e tre sul divano. Taylor guardò la figlia.
  «Di che cosa dovevi parlarmi, tesoro?» le chiese con un sorriso. Ali guardò Dana che sorrise e annuì con fare incoraggiante.
  «Ho una notizia» rispose Ali. Respirò profondamente e aggiunse: «Mi sono fidanzata».
  «Oh... Santo Cielo, Ali, è meraviglioso!» strillò Taylor con le lacrime agli occhi. Abbracciò la figlia che sorrideva a fatica. «E chi è, piccola? Lo conosco?»
  «Sì mamma» rispose Ali, dopo aver deglutito. «È proprio qui, mamma. È Dana, sto con lei da tre mesi ormai. Avrei dovuto dirtelo prima lo so, ma...»
  «Tu... tu stai... con...» balbettò Taylor dopo qualche secondo di silenzio, mentre un’espressione di profondo orrore le si dipingeva sul viso. Poi gridò: «CHRIS! Vieni subito qui!»
  Mentre sentivano i passi affrettati dell’uomo venire dal corridoio, Dana e Ali si guardarono. Quest’ultima scosse la testa con aria sconfortata. «Te l’avevo detto che era una pessima idea» disse.
 
 
 
 

NdA: Scusatemi per il ritardissimo, ma oltre ai soliti impegni questo capitolo mi ha fatto disperare. Okay spero vi piaccia e come sempre aspetto i vostri commenti! Have fun!
 

 Prepararsi per l’annuncio

 
Sapeva di doverlo fare, Ali. Doveva dirlo ai suoi genitori, di questo ne era consapevole, solo che non riusciva a trovare il momento giusto per farlo. Certo, ormai lei e Dana stavano insieme da sei settimane, i tempi erano maturi, ma per come la vedeva lei era sua madre a non esserlo. Di Chris, suo padre, non si preoccupava, l’aveva capito che lui avrebbe approvato la sua relazione con Dana, ma non poteva dirlo a lui tenendo Taylor all’oscuro della faccenda. Non avrebbe mai osato tanto.
 Ormai i Rogers lo sapevano, erano passati dieci giorni dalla famosa cena a casa loro, quella cena che era andata così bene e durante la quale Ali non aveva fatto altro che pensare che sua madre non avrebbe mai reagito così. Probabilmente non l’avrebbe neanche ascoltata e si sarebbe messa a urlare che l’Inferno si sarebbe aperto sotto i piedi suoi e quelli di Dana per inghiottirle. Ali quando sua madre parlava così si arrabbiava moltissimo, perchè in realtà Taylor non ci credeva a quelle cose, ma si limitava a sfruttare le credenze altrui per parlare di qualcosa che non le andava bene. Ali si arrabbiava molto con Taylor durante questi discorsi, anche prima che si mettesse con Dana.
  Nel frattempo Ali e Dana erano passate alla seconda fase della loro relazione, giusto due giorni prima. Ali aveva detto alla sua ragazza che si sentiva finalmente pronta e avevano fatto l’amore per la prima volta. Era stato bellissimo, anche se all’inizio si era sentita un po’ imbarazzata. Dana però era stata fantastica come sempre e l’aveva guidata e aveva sopportato tutte le sue paranoie per tutto il tempo.
  Alla fine era stato bellissimo addormentarsi vicine, abbracciate, respirando in sincronia. Ed era stato ancora più bello svegliarsi la mattina dopo e trovarsi ancora nella stessa posizione. Quella volta Ali si era svegliata e si era trovata completamente rannicchiata contro Dana che la stringeva alla vita e aveva appoggiato la fronte sulla sua spalla. Era stata una delle sue mattine preferite in assoluto. Aveva aperto gli occhi e si era trovata di fronte il viso di Dana che dormiva, sereno e più bello che mai. Se doveva trovarci un difetto era che in quel momento gli occhi erano chiusi e non poteva vedere quel colore magnifico che, ne era sicura, l’aveva fatta innamorare fin dalla prima volta in cui l’aveva vista. In realtà non sapeva se si fosse innamorata di lei subito o dopo un po’ ma questo non aveva importanza.
  Ma c’era sempre quel velo di preoccupazione, che era causato dal doverlo dire a Taylor. Per il primo mese l’avevano tenuto segreto a tutti, ma i motivi erano diversi. Almeno, Dana voleva solo essere sicura che la loro storia fosse seria, e infatti non appena ne era stata sicura, l’aveva annunciato ai suoi genitori. Ma per Ali era diverso. Lei non voleva dirlo, ma sapeva di doverlo fare. Aveva troppa paura di come avrebbe reagito Taylor, aveva paura di essere rifutata da lei. Quindi rimandava, evitava l’argomento. E Dana o non si accorgeva o faceva finta di non accorgersene, pensando che la fidanzata avrebbe cambiato idea da sola, con il passare del tempo. Ogni volta che ne parlavano alla fine una delle due si zittiva, imbarazzata e alla fine l’altra cambiava discorso, profondamente a disagio.
 
 
Tre settimane dopo la situazione era sempre la stessa. Stessa decisione e stesso modo per rispettarla. Vedendo che non si sbloccava niente un giorno Dana decise di parlarle. Erano a casa di Ali, non vivevano ancora insieme. Si sedettero insieme sul divano. «Amore, vorrei parlarti».
  «Che cosa succede?» chiese Ali con aria preoccupata. «Vuoi lasciarmi?»
  «No!» rispose Dana scoppiando a ridere. «Ma sei matta? È solo che... c’è questa storia di tua madre... Ormai sono passati più di due mesi da che stiamo insieme e tu non gliel’hai ancora detto. All’inizio mi andava bene, ma adesso non possiamo più continuare a fingere con i tuoi. Senti... se vuoi ti accompagno, ma devi parlare con lei e affrontarne le conseguenze. Sono sicura che non ti odierà, è tua madre!»
  «Fossi in te non ne sarei così certa, tesoro. Tu non sai com’è lei. Se vuoi possiamo provarci, ma non ti sorprendere se non vorrà nemmeno ascoltarmi. Ci penserò da sola, Dana, è una faccenda tra me e lei».
  «D’accordo» Dana annuì. «Allora vengo come sostegno morale, ma poi te la sbrighi da sola okay?»
  «Sì, è a questo che pensavo» rispose Ali. «Grazie, tesoro». Sorrise, la baciò e andò in cucina. «Ci andiamo domani!» gridò dalla cucina. «Preparati okay?»
  «D’accordo, mi preparo» rispose Dana, con aria scettica. Ali spuntò improvvisamente dalla cucina con la caraffa del caffè in mano.
  «Perchè ho l’impressione che tu non mi stia prendendo sul serio?» le chiese, con un sopracciglio sollevato. Dana sorrise e le mandò un bacio sulla punta delle dita.
  «Ali ti preoccupi troppo! Domani andiamo da lei, le parliamo, magari si arrabbierà un po’ e sarà tutto finito. Vedrai andrà bene!»
  «Hm, se lo dici tu» fece Ali dubbiosa. Si sedette di nuovo sul divano con in mano una tazza di caffè bollente e appoggiò la testa sulla spalla di Dana, che l’abbracciò. «Mi prenderai in braccio se ci sbatte fuori a calci? E mi consolerai se mi dirà che non sono più sua figlia?» le chiese?
  «Che cosa?» esclamò Dana. Ali alzò lo sguardo verso di lei. «Lo farebbe sul serio? Ti rinnegherebbe solo perchè stai con me?»
  «Non lo escluderei» commentò Ali cupa. Dana le diede un bacio leggero sulle labbra e le disse: «Non preoccuparti ti proteggerò io». Ali annuì, leggermente più tranquilla. Si fidava di Dana e sapere di averla accanto durante l’incontro con Taylor, la faceva sentire più sicura.
 
 
Il mattino dopo si svegliò di soprassalto, con il fiatone. Aveva appena fatto un incubo spaventoso.
  «Dana, non credo che sia una buona idea» disse ad alta voce voltandosi di scatto verso la fidanzata.
  «Mmhh?» Dana emise un suono indistinto e affondò la faccia nel cuscino. Dopodichè alzò appena la testa e con gli occhi socchiusi disse: «Ma di che diavolo stai parlando?»
  «Di oggi! Del Grande Incontro con Taylor!!! Non è una buona idea, me lo sento. È una pessima idea. Andrà malissimo, lei mi odierà lo so. Amore aiutami!»
  «Ali ti scongiuro, sono le cinque di mattina, è sabato, fammi dormire, per favore. Dopo ne parliamo, dai. Adesso calmati, però». Detto questo si seppellì di nuovo sotto le coperte e chiuse gli occhi.
  Ali la guardò per qualche secondo, impaziente, poi le picchiettò leggermente un dito sulla spalla. Dana si allontanò di qualche millimetro e bofonchiò: «Piantala e torna a dormire».
  «Non posso dormire, non ce la faccio!» esclamò Ali allargando le braccia con espressione sconfitta. Di punto in bianco si alzò e andò in bagno. Si spogliò e si buttò sotto la doccia. Magari l’acqua calda l’avrebbe calmata un po’. Rimase sotto il getto della doccia a lungo, finchè l’acqua non cominciò a raffreddarsi. Allora uscì e si avvolse nell’asciugamano, poi tornò in camera da letto. Dana si stava alzando e la guardò meravigliata. «Ma che fine avevi fatto?» le chiese.
  «Mi sono fatta la doccia. Dovevo rilassarmi» fu la risposta. La fidanzata sollevò un sopracciglio.
  «E ha funzionato?» fece con aria scettica. Ali scosse la testa.
  «No. Anzi, ho avuto modo di pensarci mentre ero sotto l’acqua. Sono ancora più agitata. Io me lo sento, sarà una catastrofe. Non dovremmo proprio farlo sai. Tanto sarà inutile». Dana le mise le mani sulle spalle. Ali si rilassò immediatamente sotto il suo tocco.
  «Tesoro, smettila. Adesso facciamo colazione, poi ti accompagno dai tuoi. Se non andrà bene ce ne faremo una ragione. Ora per favore, smettila di parlarne. Mi stai facendo impazzire».
  Detto questo andò in cucina e preparò caffè e frittelle per colazione. Quando ebbero finito di mangiare si vestirono entrambe, poi uscirono di casa. Mentre Dana metteva in moto l’auto, Ali si allacciò la cintura, ma disse: «Siamo ancora in tempo, spegni il motore e torniamo a casa». L’altra la ignorò e uscì in retromarcia dal vialetto, dopodichè prese la direzione tanto temuta da Ali.
 
 
Dieci minuti dopo erano davanti a casa Donnell. Dana spense il motore e guardò Ali in attesa.
  «Devo proprio?» fece Ali a voce bassa.
  «Temo di sì» rispose la fidanzata con un sorrisetto. «Dai vengo con te, tranquilla!». Si sganciarono la cintura ed uscirono entrambe. Percorsero il vialetto mano nella mano e arrivata davanti alla porta, Ali prese un respiro profondo. «Avanti, suona» la incoraggiò Dana. Lei suonò.
  La porta si spalancò quasi all’istante. «Aliana! Che bella sorpresa!» esclamò Taylor quando la vide. Sorrise e l’abbracciò. Poi vide Dana, leggermente nascosta dietro la figlia.
  «Oh, vedo che hai portato anche...» aggiunse e si interruppe, guardando Dana con evidente fastidio. Lei decise di non farci caso e completò: «Dana, mi... mi chiamo Dana».
  «Già, mamma» cominciò Ali con crescente nervosismo. «A proposito... dovrei parlarti di una cosa. È un po’ complicata, quindi forse è meglio se...»
  «Ma certo!» fece Taylor con entusiasmo, nonostante fosse chiaro che la presenza di Dana la metteva a disagio. «Entrate, forza». Si fece da parte per lasciar entrare le due ragazze e richiuse la porta dietro di loro. Si sedettero tutte e tre sul divano. Taylor guardò la figlia.
  «Di che cosa dovevi parlarmi, tesoro?» le chiese con un sorriso. Ali guardò Dana che sorrise e annuì con fare incoraggiante.
  «Ho una notizia» rispose Ali. Respirò profondamente e aggiunse: «Mi sono fidanzata».
  «Oh... Santo Cielo, Ali, è meraviglioso!» strillò Taylor con le lacrime agli occhi. Abbracciò la figlia che sorrideva a fatica. «E chi è, piccola? Lo conosco?»
  «Sì mamma» rispose Ali, dopo aver deglutito. «È proprio qui, mamma. È Dana, sto con lei da tre mesi ormai. Avrei dovuto dirtelo prima lo so, ma...»
  «Tu... tu stai... con...» balbettò Taylor dopo qualche secondo di silenzio, mentre un’espressione di profondo orrore le si dipingeva sul viso. Poi gridò: «CHRIS! Vieni subito qui!»
  Mentre sentivano i passi affrettati dell’uomo venire dal corridoio, Dana e Ali si guardarono. Quest’ultima scosse la testa con aria sconfortata. «Te l’avevo detto che era una pessima idea» disse.

 
 
 
 

NdA: Scusatemi per il ritardissimo, ma oltre ai soliti impegni questo capitolo mi ha fatto disperare. Okay spero vi piaccia e come sempre aspetto i vostri commenti! Have fun!
 

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Capitolo 10
*** Mia madre non mi capisce ***


Mia madre non mi capisce

 
Chris arrivò correndo in soggiorno, ancora in vestaglia. Aveva l’aria molto confusa.
  «Ma che succede?» chiese guardando la moglie. «Taylor, perchè stai urlando? Oh, ciao Ali! Dana, ci sei anche tu, che piacere vedervi!» esclamò con un sorriso quando vide le due ragazze.
  «Nostra figlia mi ha appena dato una notizia Christopher» cominciò Taylor con voce piena di rabbia. «Ha detto che si è fidanzata di nuovo».
  «Ma è fantastico, e con chi?» chiese Chris più felice che mai. Ali sperò che non si arrabbiasse quanto Taylor, quando gliel’avrebbe detto. Anzi sperò che non si arrabbiasse proprio.
  «Con... Dana» rispose Taylor con fatica. Sembrava che pronunciare quel nome le provocasse un dolore fisico. Anche se non credeva che fosse possibile, Ali la odiò per questo.
  «Con Dana?» ripetè Chris sorpreso guardando la figlia. Lei annuì. Poi guardò Dana. Anche lei annuì. L’uomo capì che era la verità e si sedette sul divano. «Perchè non ce l’hai mai detto?»
  Ali indicò la madre con le lacrime agli occhi. «Ecco perchè!»
  «Be’, d’accordo» rispose lui. «Stai con Dana... dovrò abituarmi all’idea. Però non mi sembra una cosa così grave. Dana mi... sembra una brava persona...»
  «Grazie papà» gli disse Ali abbracciandolo. Taylor lanciò agli altri tre un’occhiata disgustata, si alzò da divano e se ne andò in un’altra stanza. Chris la guardò andare via, con un’espressione addolorata sul viso, poi si rivolse di nuovo alla figlia e alla sua ragazza.
  «Mi dispiace, ragazze» mormorò. «Proverò a parlarle io. Andrà tutto bene, vedrete». Le abbracciò di nuovo, poi raggiunse la moglie. Qualche secondo dopo li sentirono urlare furiosamente e alla fine li videro tornare, uno dietro l’altro. Erano tutti e due stravolti e rossi in faccia, sicuramente avevano litigato. Ali però dubitava fortemente che la cosa si fosse risolta a suo favore. Infatti Chris si sedette di nuovo sul divano, accanto a Taylor, la guardò e scosse la testa. Ali si strinse nelle spalle, se l’era aspettato. Era grata a Chris per averci almeno provato, ma era sicura che non sarebbe stato così facile convincere Taylor a cambiare idea. Sua madre la guardò.
  «Tuo padre potrà anche approvare questa vostra... relazione. Ma io no. Sappiatelo, non sono d’accordo e non lo sarò mai. Trovo che questa cosa che fate insieme sia ingiusta e immorale».
  «Oh ti prego, mamma, smettila! La nostra relazione non è ingiusta e immorale! Fossero queste le cose ingiuste e immorali, staremmo tutti benissimo! Ma perchè non capisci? Io e Dana stiamo insieme, lei mi ama e io la amo e insieme siamo felici. L’amore è meraviglioso proprio perchè è così ampio! Non posso credere che tu non capisca! Così come ho amato Josh, adesso amo Dana! È la stessa cosa!»
  Ma Taylor scosse la testa. Sembrava che si rifiutasse perfino l’idea di accettare una cosa del genere. Ali si strinse le mani tra loro per evitare di lanciare il vaso che c’era sul tavolino davanti a lei. Quella situazione era tremendamente frustrante. Non aveva idea di cosa avrebbe potuto dire per convincere Taylor che il fatto che lei stesse con una donna fosse perfettamente normale. Sospirò e riprese: «Va bene, senti. Pensaci su, riflettici e renditi conto che non sto facendo niente di ingiusto e immorale. Quando sarai pronta a parlarmi, io sarò qui. Andiamo Dana».
  Si alzò dal divano, seguita da Dana e si voltò verso Chris. «Papà» gli disse, «mi dispiace». Lui annuì.
  «Lo so. Va tutto bene» rispose lui. Si alzò anche lui dal divano e abbracciò le due ragazze. Ali si staccò in fretta: sentiva che le stava venendo da piangere e si voltò di scatto. Sentì Dana che salutava Chris e che le metteva una mano sulla spalla. «Ali? Stai bene?»
  «Sì certo» rispose lei cercando di sorridere. Per confermare quello che stava dicendo annuì più volte. A quel punto andarono alla porta e tornarono alla loro auto. Tennero i finestrini abbassati per far entrare la fresca aria autunnale, che le faceva sentire meglio dopo lo scontro con Taylor. Mentre viaggiavano, Dana guardò Ali e le disse: «Mi dispiace per com’è andata. Però hai fatto bene a dirglielo, sarebbe stato peggio continuare a mantenere il segreto non credi? Adesso va bene, magari per un po’ non ti parlerà, ma almeno non saremo costrette a fingere. Non avrei sopportato di continuare a dover dire ai tuoi che siamo solo amiche. Invece tuo padre mi è piaciuto. Non dirò che non me l’aspettavo, perchè non lo conosco ancora abbastanza, però speravo che reagisse così. Ovviamente speravo per entrambi, ma avere tuo padre dalla nostra parte sarà molto utile, per far cambiare idea a tua madre».
  «Dana, menomale che c’eri anche tu. Lo sapevo che mia madre avrebbe reagito così, ci avrei giurato. Per quello avrei voluto non doverglielo dire, però hai ragione tu, è meglio così. Almeno le parleremo ancora e forse riusciremo a convincerla. Io ci spero tanto, ma credo che sarà difficile, anzi ne sono sicura. Tu e papà mi darete un grande aiuto e magari insieme ce la faremo».
  «Ma sì, te l’ho detto. Vedrai andrà bene. Ci riproveremo, fra un po’, cambierà idea. Se non la convincerai tu, ci proverò io. Andrà bene, non preoccuparti». Ali annuì.
  «Spero che tu abbia ragione, Dana. Davvero» le disse.
 
 
Qualche giorno dopo, Ali provò a chiamare sua madre, ma ancora una volta non ricevette risposta. Era chiaro che Taylor la evitava. Aveva provato a telefonarle, ad andare a casa sua, ma non era mai riuscita a parlarle. Voleva spiegarle, convincerla che non era una cosa negativa, ma fino a quel momento era stato tutto inutile. Piangeva spesso, ma cercava di non farlo vedere a Dana che però aveva capito. Le notti che passava da sola erano le più brutte, ma almeno poteva piangere con tranquillità. La rottura con Taylor l’aveva devastata, perchè il legame che aveva con sua madre era uno dei più importanti della sua vita e per questo aveva sperato davvero che fosse felice per lei. Questa situazione andava avanti da una settimana e gli animi cominciavano a surriscaldarsi. Parlava con Dana e con Chris, entrambi le dicevano di non preoccuparsi, suo padre cercava sempre di parlare con Taylor di quella storia e di farsi ascoltare ma anche lui avrebbe potuto benissimo parlare al muro, per quanto lei l’ascoltava. Sembrava addirittura che Taylor volesse dimenticarsi di avere una figlia. Ali aveva temuto che sarebbe successo così.
  Alla fine un giorno Dana, stanca di vedere la sua ragazza sempre in quello stato le disse: «Okay non ne posso più. Sai cosa faccio, adesso? Vado da lei, vado a casa sua, busso, entro e le spiego fino alla nausea come stanno le cose. Dovessimo stare una settimana chiuse in casa, non me ne vado finchè non l’ho convinta che la nostra storia non è un crimine».
  «Lo faresti sul serio?» fece Ali voltandosi a guardarla. La abbracciò e sussurrò contro la sua spalla: «Ti amo, Dana. Ti amo davvero». Dana sorrise e la baciò.
  «Ci vado subito. Ma tu non venire, è una questione tra me e lei. Non mi piace essere disprezzata. Ormai è diventata una questione di principio». Detto questo si vestì, baciò ancora Ali e se ne andò.
  Torno dopo circa mezz’ora con un’aria discretamente furibonda.
  «Com’è andata, amore?» le chiese Ali preoccupata. L’altra scosse la testa con un verso disgustato.
  «Quando ha capito che ero io, non mi ha neanche fatto entrare. Ma io non mi arrendo, sappilo. Domani ritorno» rispose. Ali la abbracciò stretta e rispose: «Mi dispiace, almeno ci hai provato».
  «Dovremmo andare a convivere, sai?» le disse Dana all’improvviso, mentre erano ancora abbracciate sul divano. Ali la guardò perplessa.
  «E come mai?» le chiese. Dana si strinse nelle spalle.
  «Perchè credo che sia arrivato il momento. È ora di fare sul serio. Dobbiamo cominciare a vivere insieme. Era da un po’ che ci pensavo».
  «È per mia madre vero?» le chiese subito Ali, con aria inquisitoria. Dana non rispose e lei lo prese come una conferma. «Tesoro, no! Senti, se lo vuoi fare per noi va bene, ma non lo devi fare per mia madre. È stupido se vuoi andare a vivere insieme solo per provocazione verso di lei... non ne vale la pena. Parliamone ti prego, non voglio che fai una cosa di cui non sei del tutto sicura solo perchè sei arrabbiata con mia madre».
  «In parte sì, è per tua madre» rispose Dana esitando. «Ma lo voglio fare davvero. Ho iniziato a pensarci prima del pranzo dai tuoi, ma da quel momento è diventato un pensiero fisso. Ali, io voglio davvero vivere con te. Hai presente com’è bello quando andiamo a dormire insieme, poi ci svegliamo e io ti preparo la colazione?»
  Ali annuì, con un sorriso sognante. Amava quelle mattine. A questo punto Dana aggiunse: «Ecco e io voglio che sia così tutti i giorni. Voglio che la nostra casa sia una, sempre, che il letto dove dormiamo e il tavolo dove mangiamo siano gli stessi, sempre. Voglio vivere con te Ali. Perchè ti amo».
  «Ti amo anch’io» le disse Ali. Dana sorrise.
  «E comunque domani torno da tua madre. Magari mi porterò da mangiare, potrei accamparmi lì. Okay, sto scherzando. Però sul serio, non ho intenzione di cedere».
  «Be’, in questo caso...» osservò Ali, fingendosi pensierosa. «Anch’io voglio vivere con te. E non voglio che cedi, alla fine cederà lei, ne sono sicura».
  Quella sera Ali andò a dormire, con un misto di sentimenti. Da una parte era preoccupata per quello che sarebbe potuto succedere tra Taylor e Dana, ma dall’altra era convinta che alla fine la sua ragazza sarebbe riuscita a far valere le loro ragioni. Si addormentarono abbracciate ed entrambe si tranquillizzarono, limitandosi a godere l’una della presenza dell’altra.
 
 
Come promesso, il giorno seguente Dana tornò a casa Donnell. Quello e i giorni seguenti andarono esattamente come il primo: Taylor si ostinava a non farla entrare. Dopo ogni visita fallita, Ali chiamava a casa, ma se non c’era suo padre non rispondeva nessuno. Quella situazione andò avanti per una settimana, ma un giorno, forse grazie all’aiuto di Chris, sembrò che Dana sarebbe riuscita a discutere con Taylor. Quella volta era rimasta via più a lungo e Ali sperò che fosse riuscita a parlare con Taylor. In realtà al suo ritorno la sua ragazza le disse che sì, l’aveva fatta entrare, ma solo per urlarle contro tutto il suo disprezzo, e che per quanto la riguardava aveva completamente rovinato la vita di sua figlia. Ali non aveva mai visto Dana così arrabbiata.
  «Se non fosse che è tua madre...» cominciò con la voce che le tremava dalla rabbia.
  «Se non fosse che è mia madre...?» ripetè Ali, con aria interrogativa. Sapeva già che non si sarebbe arrabbiata qualunque cosa Dana avrebbe detto di lei. O quasi.
  «Se non fosse che è tua madre, per come mi ha trattata oggi direi che è proprio una gran tr...» 
  «Va bene, amore. Va bene» la interruppe Ali. Non era sicura di essere pronta a sentire la sua fidanzata che definiva sua madre una troia. «Cos’è successo di preciso?» le chiese poi.
  «Allora...» rispose Dana. «Ho bussato alla porta, lei ha aperto la porta con la catenella e mi ha detto: “Ah, sei ancora tu”. Poi ha aperto la porta del tutto e mi ha fatto entrare. Mi ha fatto sedere sul divano e io ho pensato, wow forse vuole avere un colloquio civile con me, fantastico. Invece si è seduta anche lei e ha iniziato a urlare. Ha detto che non l’ho mai convinta del tutto fin da quando mi ha vista la prima volta, che di sicuro in me c’è qualcosa che non va, che andrò all’Inferno come al solito e che ci porterò anche te, che chissà che cosa ti ho fatto perchè tu, la sua dolcissima figlia, ti innamorassi perdutamente di me, che ti ho rovinato la vita, che per colpa mia il vostro rapporto sarà rovinato per sempre e poi... poi basta ha aperto la porta e mi ha detto di non farmi più vedere. Tutto qua».
  «Papà non c’era, vero?» fece Ali tristemente. Dana scosse la testa e lei annuì. Sì era ovvio. Se Chris fosse stato a casa probabilmente le cose sarebbero andate in modo diverso. La abbracciò di nuovo e le sussurrò: «Mi dispiace. Mi dispiace tanto. Adesso non vuole parlare nemmeno con me. Mi sento quasi in colpa per quello che ti ha detto, è così ingiusto. Il problema è che non ti conosce e non vuole conoscerti, perchè sa che se provasse a conoscerti meglio, potrebbe cambiare idea su di te e su noi due, ma lei non  vuole cambiare idea! È davvero incredibile! Dobbiamo assolutamente vivere insieme».
 
 
Quella sera Dana rimase a dormire da Ali. Chiacchierarono a lungo di quella faccenda per tutta la serata e per cena ordinarono una pizza che poi mangiarono davanti alla televisione. Più tardi, dopo il solito gelato andarono a dormire. Mentre Dana si lavava i denti, Ali le disse: «Sai, non dicevo per dire. Dovremmo davvero vivere insieme, adesso ho capito cosa intendevi dicendo che in parte era per mia madre. Anche io vorrei fare qualcosa del genere per darle fastidio e andare a convivere è sicuramente la cosa migliore». Dana si girò verso di lei e sorrise, la bocca piena di schiuma.
  «Sono contenta che la pensi così, Ali» le rispose una volta che ebbe la bocca libera. Ali sorrise in risposta, mentre si metteva il pigiama.
  «Poi volevo dirti un’altra cosa» aggiunse. «Se... se nessuna di noi due dovesse riuscire a parlare con mia madre e a farle cambiare idea... dovremmo parlare con la tua. Credo che sia la persona adatta per convincere mia madre. Non dico che sarà facile, ma possiamo provarci. Che ne dici?»
  «Dico che è una buona idea e che posso chiederglielo» rispose Dana tornando verso il letto. Poi prese la maglia del pigiama dalle mani di Ali e la gettò in fondo al letto. «E dico anche che stanotte questa non ti serve. Puoi anche metterla, ma te la toglierei comunque fra tre, due, uno...»
  Ali sorrise, mentre Dana la baciava e si lasciò sdraiare sul lenzuolo. Le allacciò le braccia intorno al collo e iniziò a giocare con i suoi capelli. “Vorrei che la mamma ci vedesse adesso” pensò.  Per quanto ne sapeva quello era il modo migliore per distrarsi dalle preoccupazioni.

 
 
 

NdA: Ecco il nuovo capitolo, scusate il ritardo! Ringrazio chi legge, chi ha messo nei preferiti e chi ha recensito. Aspetto i vostri commenti. Have fun!
 

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Capitolo 11
*** Aiuto in famiglia ***


Aiuto in famiglia

 
Il mattino dopo, come promesso, Dana telefonò subito a Tracy. Mise in vivavoce in modo che anche Ali potesse parlarci. «Pronto?» si sentì la voce della donna dopo due squilli.
  «Ciao mamma, sono Dana» rispose la figlia. «Sono qui con Ali».
  «Ciao Tracy!» esclamò Ali, felice di sentirla.
  «Ciao ragazze! Che succede, perchè mi avete chiamata? Non credo sia solo per salutarmi».
  «No mamma, hai ragione» rispose Dana, «abbiamo bisogno del tuo aiuto. Vedi qualche giorno fa abbiamo parlato di noi ai genitori di Ali...»
  «Capisco» fece Tracy pensierosa. «E com’è andata?»
  «Ehm...» cominciò Dana, ma poi si interruppe imbarazzata .
  «Di merda» disse Ali. «Scusa se lo dico così, ma mia madre ha dato il peggio di sè. Ora non mi parla più, Dana è anche andata da lei, ma è stato tutto inutile. Mio padre l’ha accettato e anche lui cerca di convincere mia madre a cambiare idea, ma potremmo provarci per anni senza risultati».
  «Aha» rispose Tracy, «e cosa vi fa pensare che invece io potrei riuscirci?»
  «Be’, mamma, perchè tu riesci a convincere chiunque a fare quello che non vuole fare. Sei riuscita a convincere me ad andare a nuoto per dieci anni! Convincere Taylor ad accettarmi nella sua vita dovrebbe essere uno scherzetto per te!» fece Dana sorridendo ad Ali. Tracy scoppiò a ridere.
  «D’accordo ci proverò. Dite che Taylor è un osso duro? Molto bene, troverà pane per i suoi denti».
  Le due ragazze la ringraziarono e la salutarono. Poco dopo Dana osservò: «Vorrei assistere».
  «Sì anch’io» fece Ali. «Dovremmo chiederglielo. Tanto ha detto che verrà da noi prima di andare no? Possiamo offrirci di accompagnarla».
  In quel momento squillò il cellulare di Ali. «Pronto?» rispose lei.
  «Ali, ma che fine hai fatto?» era Faith. «Non ti sento da secoli! Sei isolata nel tuo amore felice?»
  «Ciao Fay» disse Ali, con un sospiro. «Abbiamo appena finito di parlare al telefono con la madre di Dana. Sai finalmente abbiamo detto alla mia di noi due e puoi immaginare...»
  «Gliel’avete detto? Cazzo, e Taylor come ha reagito? Già, mi immagino... ha urlato? E Dana come l’ha presa? È incazzata nera? Io lo sarei al posto suo».
  «Sì lo è» disse Ali. «Ha provato ad andare a casa loro un po’ di volte e all’inizio mia madre non la faceva neanche entrare. Ieri è tornata ed è riuscita a entrare, ma mia madre l’ha fatto solo per riuscire a insultarla. Mio padre l’ha accettato e anzi ci aiuta, ma con Taylor Donnell non bastano tre persone convinte della stessa cosa per portarla dalla loro parte, lo sai».
  «Tesoro mi dispiace» rispose Faith. «Quindi avete chiesto alla madre di Dana di aiutarvi? E perchè lei dovrebbe riuscire dove voi avete fallito, scusa?»
  «A detta di Dana è molto brava a convincere le persone a fare quello che non vogliono fare. A proposito» disse Ali a quel punto. «Sbaglio o adesso non sei più gelosa di Dana?»
  «Non ne ho più motivo» rispose Faith con una mezza risata. «Voi non siete più amiche, giusto?»
  «Sì, hai ragione, non siamo più amiche. Ora stiamo insieme, abbiamo altri problemi, altre faccende... sai che Dana mi ha chiesto di vivere con lei? Dice che i tempi sono maturi e dobbiamo muoverci oltre, passare a una fase più seria e stabile. Ma io lo so che lo fa solo per fare un dispetto a mia madre».
 «Be’, è bello se andate a vivere insieme» osservò Faith, perplessa. «Ma non è che fate le cose di corsa e vi pentite? Se dici che lo fa solo per tua madre il rischio c’è. Ne avete parlato?»
  «Sì, le ho fatto questo stesso discorso. Lei ha ammesso che in parte lo fa per mia madre, ma in sostanza vuole farlo per replicare le mattine che dormiamo insieme, che ormai sono la maggior parte. E perchè mi ama. Non è incredibilmente dolce, la mia donna?» sospirò Ali.
  «Sì, da carie quasi» rispose l’amica. «Senti, adesso devo andare, stasera Dan mi porta fuori a cena. È il nostro nono anniversario, se sono fortunata mi chiederà di sposarlo».
  «Oddio, è vero Fay!» esclamò Ali. Se n’era completamente dimenticata. «Auguri! Non ci posso credere che state insieme da nove anni! Incrocio le dita per te!»
  Si salutarono e riattaccarono. Ali si sentiva un po’ più felice, adesso.
  «Amore, chi era?» le chiese Dana, ricomparendo dalla cucina. Era andata a preparare il pranzo.
  «Era Fay. Ci credi che lei e Dan stanno insieme da nove anni? Vanno fuori a cena e spera che lui le chieda di sposarlo. In effetti dopo tutto questo tempo...»
  «Sarebbe una bella cosa... insomma sposarsi... è bello. Dove credi che potremmo andare a vivere insieme? Da me, da te o prendiamo una casa nuova? Una casa che sia davvero nostra, che abbiamo scelto insieme, eccetera?»
  «Be’ se la metti così» rispose Ali, «non posso che dire, ma certo prendiamo una casa nuova, che sia davvero nostra e che abbiamo scelto insieme!»
  «Prima però voglio parlare con la mamma e chiederle se possiamo assistere all’incontro al vertice. Cosa dici, la richiamo subito?»
  «No aspetta oggi pomeriggio o stasera. O domani meglio ancora» osservò Ali a quel punto. «Almeno le diamo il tempo di organizzarsi. Tanto non credo che vorrà andarci subito, abbiamo tempo».
  «Potremmo cominciare a guardare gli annunci delle case, andare a vederne qualcuna. Io non vedo l’ora di iniziare a vivere insieme tesoro!» esclamò Dana.
 
 
Il giorno seguente Ali e Dana vennero svegliate verso le otto e mezza dal trillo del telefono, che in quel momento si trovava sul comodino di Dana, che rispose con gli occhi ancora mezzi chiusi.
  «Pronto?» un attimo di silenzio. «Sì te la passo».
  «Amore che c’è?» biascicò Ali. La fidanzata le allungò il cordless.
  «È Faith, ti vuole parlare» le disse.
  «Pronto Fay? Stavo dormendo, che vuoi?» chiese Ali. Sperava che fosse una buona notizia o l’avrebbe uccisa con le sue mani per averla svegliata così.
  «Ali! Mi sono fidanzata! Ieri Dan mi ha portata a cena in un ristorante pazzesco e a fine serata me l’ha chiesto! Scusa se ti ho svegliata, ma dovevo dirtelo subito. Non vedo l’ora di farti vedere l’anello che mi ha regalato è... wow! Non me l’aspettavo, ma ci speravo... Ali mi sposo!» strillò alla fine.
  «Fay è fantastico!» esclamò Ali ormai perfettamente sveglia. «E com’è stato, romantico? Senti magari oggi pomeriggio possiamo vederci e mi fai vedere l’anello, ma ti prego non svegliarmi mai più a quest’ora con una telefonata».
  «Sì, scusa è solo che non potevo aspettare» rispose Faith imbarazzata. Si salutarono e riattaccarono.
  «Fay si è fidanzata allora?» chiese Dana. «La perdono solo perchè è la tua migliore amica, tesoro».
  Dato che ormai erano sveglie decisero di alzarsi e come ogni volta Dana andò a preparare la colazione. Ali apparecchiò la tavola e poi si sedette, dato che Dana non le permetteva di fare nient’altro in cucina. Non si fidava di lei ai fornelli. Una volta le aveva permesso di cucinare della pasta, ma non si sa per quale motivo si era incollata tutta e avevano dovuto mangiarla tagliata a fette.  Da allora non la faceva neanche avvicinare per far bollire l’acqua.
  Più tardi telefonarono di nuovo a Tracy. Alla fine la sera precedente avevano deciso di aspettare. Misero di nuovo il vivavoce.
  «Pronto?» rispose lei.
  «Ciao mamma siamo di nuovo io e Ali. Volevamo chiederti un favore» disse Dana.
  «Un altro? Chi altro devo convincere di cosa, adesso?» chiese.
  «Devi convincerti da sola, Tracy» fece Ali allegramente. «Volevamo chiederti se quando andrai a parlare con mia madre potevamo venire anche noi. Senza farci vedere, ma vogliamo assistere. Possiamo? Ti prego di’ di sì!»
  «Per me va bene» rispose Tracy. «Ma come farete a non farvi vedere?»
  Si misero d’accordo sui vari dettagli. Sarebbero andate il giorno seguente, dopo aver avvisato. Ali avrebbe preferito che Tracy si fosse presentata a sorpresa, ma lei osservò che al giorno d’oggi nessuno fa entrare uno sconosciuto in casa. Le avrebbe telefonato, presentandosi come la madre di Dana e le avrebbe detto che il giorno dopo sarebbe andata a trovarla per fare conoscenza. Le avrebbe anche detto che non avrebbe accettato un “no” come risposta. Quanto a Dana e Ali sarebbero rimaste nascoste sulla veranda e non si sarebbero fatte vedere neanche dalla finestra.
 
 
Quindi il pomeriggio dopo Tracy si presentò a casa di Dana, dove le due ragazze risiedevano da un paio di giorni. Senza averlo deciso prima, stavano facendo una vera e propria prova di convivenza. Fu la prima cosa che le dissero e lei si disse contenta per loro, ma temeva che stessero facendo le cose troppo in fretta. Però aggiunse anche che dovevano fare quello che si sentivano.
  Poco più tardi si misero in auto e andarono tutte e tre a casa Donnell. Quando arrivarono, come pianificato Ali e Dana si sedettero sul dondolo nella veranda, ma solo dopo che Tracy fu fatta entrare in casa da Taylor, che nonostante fosse chiaro che non gradiva quella visita, non aveva ribattuto neanche una volta. Quello per Ali fu il primo miracolo. Avevano la finestra leggermente aperta e potevano sentire quello che le due donne si dicevano.
  «Salve signora Donnell» stava dicendo Tracy. «Sono Tracy Rogers, la madre di Dana come le ho detto al telefono. Sono venuta qui perchè so che mia figlia e sua figlia si sono fidanzate e visto che mi sembra una storia che non si concluderà in un paio di settimane, personalmente me lo auguro, ho creduto bene di venire a fare la sua conoscenza. Sa ormai entreremo a far parte della stessa famiglia».
  «Non capisco perchè si augura che la relazione tra le nostre figlie continui» rispose Taylor freddamente. Tracy non si lasciò scomporre e fece un bel sorriso.
  «Non so Ali» rispose, «ma Dana è sempre stata un po’... sfortunata in amore, diciamo. Si era innamorata di una brava ragazza, si chiamava Lisa, qualche mese fa. Sembrava felice e lo ammetto quando ha detto a me e mio marito che l’aveva lasciata per Ali... ero un po’ preoccupata, temevo che saremmo ritornati all’infelicità. Non credevo che Ali la ricambiasse, visto che anche lei era fidanzata. Ora però ho visto quanto sono felici e sono contenta».
  «Io invece non riesco a definirmi contenta. Quando Ali ce l’ha detto mi sono sentita malissimo. Non ho niente contro sua figlia» “bugiarda” pensò Ali. «Però sa, è una donna. Io ero così contenta quando Ali mi aveva detto di essersi fidanzata con un ragazzo di nome Josh, era così bravo, era perfetto per lei. Poi ci viene a dire così di punto in bianco che l’ha lasciato. E quando ho saputo che ora sta con Dana, ripeto non ho niente contro sua figlia, ma è stato un momento molto difficile».  
  Il secondo miracolo avvenne poco dopo. Le due donne si stavano salutando e sentirono Taylor dire: «Allora verrà anche domani? È stato davvero piacevole parlare con lei. Sa, forse non ha tutti i torti sul fatto che questa relazione non è poi così negativa». Ali e Dana si guardarono a bocca aperta.
  «Dana, hai sentito? Tua madre è un genio!» bisbigliò Ali. Poi la porta si aprì e loro due corsero alla macchina nel caso Taylor avesse guardato fuori.
  Mentre tornavano a casa, Ali chiese: «Tracy, ma come hai fatto? Mia madre non ammette mai di avere quasi torto di sua spontanea volontà! E in un giorno solo, poi! Tu sei incredibile, Dana aveva ragione! Tornerai domani, vero? Abbiamo bisogno che la mamma cambi idea per Natale!»
  «Certo che torno domani!» rispose Tracy. «La mia opera di convincimento è appena cominciata! Ti prometto che per Natale saremo tutti insieme».
  Ali sorrise. Non aveva alcun dubbio sul fatto che la madre di Dana avrebbe potuto mantenere quella promessa. Già in un giorno avevano fatto grandissimi passi avanti e le cose per quanto la riguardava non avrebbero potuto che migliorare in quel periodo. C’era tempo fino a Natale e nel frattempo lei e Dana avrebbero cercato una casa nuova. Le cose andavano bene e lei era davvero felice.

 
 
 
 
 
NdA: Ecco qui il nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto e come sempre ringrazio, chi recensisce, o preferisce, o legge. Spero di leggere i vostri commenti. Have fun!
 

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Capitolo 12
*** Natale con i tuoi ***


Natale con i tuoi

 
Alla fine il Natale arrivò e in quei tre mesi molte cose erano cambiate. Innanzitutto Ali e Dana non avevano ancora trovato una casa, ma ormai vivevano una settimana per volta l’una in casa dell’altra, per provare davvero cosa vuol dire vivere insieme e la prova stava dando buoni frutti. Faith organizzava il suo matrimonio, che sarebbe stato in giugno e chiamava Ali anche tre volte al giorno. Ma la cosa più importante era l’enorme cambiamento avvenuto in Taylor che dopo svariati incontri quotidiani con la futura consuocera era arrivata a una discreta tolleranza nei confronti della relazione tra le due ragazze. Non era ancora arrivata ad accettarla del tutto, per quello era presto, ma si era adattata abbastanza per accettare la famiglia Rogers al completo a casa sua per Natale. Sarebbe stata una bella festa, Benji sarebbe tornato da Portland con la famiglia e Kim, la sorella di Dana col suo neo-marito Jacob (erano sposati da circa un anno)  li avrebbero raggiunti da Olympia, dove vivevano. Ali non vedeva l’ora che arrivasse quel giorno, anche per conoscere la sorella di Dana, che era stata paragonata a suo fratello.
 
 
Una mattina di novembre Ali e Dana si erano appena alzate quando era squillato il telefono. Dana era la più vicina e aveva risposto.
  «Pronto?» Aveva inarcato le soppracciglia e aveva aggiunto: «Salve signora Donnell!»
  Ali le aveva chiesto «È mia madre?!» col solo movimento delle labbra e Dana aveva annuito e messo il vivavoce. «Ciao mamma!» aveva esclamato Ali allegra. Nonostante avesse risposto Dana non aveva riattaccato, si facevano progressi!
  «Ciao Ali» aveva risposto Taylor, con voce piuttosto acuta, ma meno del solito. «Dana ascolta... mi costa dirtelo, però... puoi chiamarmi Taylor. Puoi darmi del tu, va bene. Parlando con tua madre mi sono resa conto che ha ragione. Insomma... in un certo senso facciamo tutti parte della stessa famiglia. È per questo che venite tutti a pranzo da noi a Natale, no?»
  «Già Taylor» disse Dana esitante. Lei e Ali si erano guardate incredule. Erano sicure che fosse ancora Taylor Donnell, la donna che stava parlando con loro? «Va tutto bene? Cioè, ci hai chiamate per un motivo in particolare?»
  «Sì infatti» fece Taylor. «Lo so che non ve ne avevo mai parlato, ma volevo chiedervi una cosa. Cosa fate per il Ringraziamento? Se siete libere potete venire a cena da noi, solo voi due. Sai per fare conoscenza. Però se non avevate programmi».
  «N-no. Non avevamo programmi per-per il Ringraziamento. Cioè sa-saremmo rimaste a casa da sole e avremmo fatto u-una cena tranquilla. Insomma, vuo-vuoi che portiamo qualcosa, voglio dire... io so cucinare, se-se hai bisogno di qualcosa...» balbettò Dana. Quell’invito improvviso l’aveva sconvolta, sembrava proprio che Taylor volesse farsi perdonare i mesi passati. Ali era semplicemente ammutolita, credeva di sognare. Non era ancora riuscita a spiccicare parola.
  «Sì, va bene. Se dici che sai cucinare Dana, ti farebbe niente preparare un dolce? Io credo di non farcela. Ma scusa un attimo, mia figlia c’è?» chiese Taylor perplessa alla fine.
  «Sì, è qua... almeno, fisicamente è qui, però mentalmente non ne sono sicura... mi sembra un po’... assente, non so perchè. Allora va bene, preparerò un dolce. Ci vediamo settimana prossima».
  Dana la salutò e riattaccò, poi si voltò a guardare Ali. La fidanzata era ancora immobile, con la bocca un po’ aperta che guardava fisso il telefono. Si voltò verso di lei e le mise una mano sotto il mento, le sollevò il viso e la guardò negli occhi.
  «Stai bene, Ali?» le chiese. «Sembri una statua di sale». Ali la guardò in silenzio.
  «Sì... insomma non lo so. Ho l’impressione di aver sognato una telefonata di mia madre che ti diceva di chiamarla Taylor e ci invitava alla cena del Ringraziamento. Sembrava così reale...»
  «Era reale, tesoro. È appena successo. Sono rimasta sorpresa anche io. Però sono contenta, finalmente ha deciso di cominciare a ragionare. Secondo te che dolce dovremmo preparare? Io pensavo al tiramisù, ma non ne sono del tutto convinta. Tu che ne dici?»
  «Che ne dici dei brownies? Oppure la torta di zucca...» suggerì Ali esitante. Dana sorrise.
  «Vada per i brownies. Ti ho mai detto che sono una delle mie specialità?» disse.
  «Ah sì?» fece Ali. «E com’è che non li ho mai assaggiati?» Dana sorrise di nuovo e la baciò.
  «È che la mia vera specialità sono le frittelle e quelle te le preparo tutte le mattine» replicò. Ali sorrise, non sapeva neanche come, ma Dana riusciva sempre a far andare le cose nel verso giusto.
  Quella sera quando andarono a letto Dana decise di festeggiare a lungo quell’invito inatteso e l’altra non si fece pregare. Alla fine si sdraiarono abbracciate, senza perdere tempo a rivestirsi.
  «Quindi mia madre ci ha invitate sia per Natale che per il Ringraziamento?» osservò Ali a quel punto.
  «Mhm, così pare» rispose Dana con voce soffocata. Aveva la faccia affondata nel cuscino e strinse ancora di più il braccio attorno alla vita di Ali, avvicinandola a sè. «Sei contenta?»
  «Certo che sono contenta» rispose Ali. Sorrise e aggiunse: «Sono assolutamente sconcertata, ma sono molto contenta. Figurati, aspettavo solo che succedesse così».
 
 
Una settimana dopo a casa di Ali c’era grande fermento. Quella settimana vivevano entrambe lì e quella mattina si erano alzate quasi in preda al panico. La cena dai Donnell si era infine mostrata in tutta la sua enormità e le due ragazze volevano fare la figura migliore del mondo. Nonostante fosse alla sera, loro due volevano essere pronte fin dal mattino. I brownies si erano raffreddati sul piano della cucina e ora Dana li aveva cosparsi di zucchero a velo e impacchettati.
  Inoltre, per evitare di perdere tempo al momento cruciale, rimasero mezz’ora davanti all’armadio per scegliere i vestiti adatti. Non volevano fare errori, perciò decisero per un abbigliamento discretamente elegante ma sobrio. Dalle vaghe indicazioni di Ali, Dana aveva capito che quella sarebbe stata la soluzione migliore, per fare una buona impressione a Taylor e al resto della famiglia. Benji aveva saputo della novità e si era detto entusiasta all’idea di conoscere la fidanzata della sua sorellina, che aveva già ribattezzato “cognata”. Ali sapeva che il suo fratellone non l’avrebbe mai delusa.
  Dopo un pranzo leggero, apposta per prepararsi al tacchino serale, decisero di rilassarsi un po’ prima dei preparativi. Rimasero parecchio tempo sul divano abbracciate senza fare assolutamente niente. L’appuntamento era alle sette, perciò alle sei cominciarono a prepararsi per andare. Aver deciso i vestiti al mattino si rivelò una scelta azzeccata. Quando scesero dall’auto e andarono a suonare il campanello erano in perfetto orario. La porta si spalancò all’istante rivelando Chris e Taylor.
  «Ali, Dana, benvenute! Entrate, forza!» esclamò lei sorridendo. Abbracciò la figlia e dopo un solo istante di esitazione strinse la mano a Dana, che si rese conto di cosa questo significasse per Taylor. «Benji, Lara e i bambini sono appena arrivati» aggiunse la donna. Ali s’illuminò e corse in soggiorno.
  «Benji!» strillò quando lo vide. Benji alzò lo sguardo e sorrise. Assomigliava molto ad Ali: era più alto di lei, capelli neri e occhi scuri della stessa forma. Anche il sorriso era identico.
  «Ali!» si alzò dal divano e la abbracciò, sollevandola da terra. Poi vide Dana e la lasciò andare. Si avvicinò alla ragazza di sua sorella e tese la mano. «Tu sei Dana, vero? Sì, Ali mi ha parlato tantissimo di te... e dei tuoi occhi. Wow, Ali avevi ragione!» esclamò ridendo, imitato dalle ragazze.
  A quel punto dal corridoio comparve una donna piuttosto alta, con i capelli castano chiaro e gli occhi verdi: Lara, la moglie di Benji. Ali non aveva ancora fatto in tempo a salutarla, che qualcosa di piccolo la placcò alle ginocchia, facendola cadere sul divano. «Zia, zia, sei arrivata!!»
  «Pulce!» esclamò Ali, abbassando lo sguardo su suo nipote Sam. «Come stai?»
  «Sto benissimo, zia! Deena quest’anno non è venuta» rispose il bambino. Ali non si lasciò impressionare: Sam le faceva quello scherzo ogni volta che si vedevano. Almeno da quando aveva imparato ad esprimere concetti di senso compiuto ad alta voce. Sam aveva quattro anni.
  «Come non è venuta? E cosa le è successo?» gli chiese Ali stando al gioco. Lui le fece segno di avvicinare la testa con fare misterioso e lei obbedì.
  «L’hanno rapita i marziani» le bisbigliò nell’orecchio, poi annuì con aria solenne. Ali si finse sconvolta.
  «I marziani? Oh povera Deena adesso si perderà il Ringraziamento!» esclamò. Sam scosse la testa scoppiando a ridere.
  «Ma no, zia! Guarda che il tempo dei marziani è diverso dal nostro! Quando tornerà non sarà passato neanche un minuto! Ma tu chi sei?» disse all’improvviso, notando Dana. Gli adulti si guardarono, tranne Taylor e Chris che in quel momento non c’erano.
  «Senti, campione, Dana è... la tua nuova zia!» gli spiegò Benji. «Vedi, la zia Ali le vuole molto bene. Ma tanto tanto bene. Si vogliono bene come ci vogliamo bene io e la mamma, o i nonni». Lui ci pensò per un attimo in silenzio, poi si strinse nelle spalle.
  «Okay» rispose. «Zia Dana, vuoi vedere i miei dinosauri?» La prese per mano e la trascinò in un angolo, dove c’era la borsa con la decina scarsa di giocattoli che si era portato da casa. A quel punto Ali, Benji e Lara si sedettero insieme sul divano, facendo finalmente salutare le due cognate.
  «Ali, dimmi la verità» chiese Benji. «Come l’ha presa la mamma la storia di te e Dana?»
  «Sinceramente?» rispose la sorella. «Male. Malissimo, non ci siamo parlate per un bel po’. Dana è andata da lei, ma la mamma l’ha solo insultata. Poi la madre di Dana le ha parlato e adesso è così».
  «Wow, che cosa le ha detto?» fece Benji stupefatto. «La mamma non ha mai cambiato idea spontaneamente su qualcosa che non le andava bene». Ali annuì, con un sorriso.
 
 
Più tardi si sedettero a tavola per mangiare. La cena andò molto bene, il tacchino era delizioso e i brownies di Dana vennero elogiati da tutta la famiglia. Deena nel frattempo aveva conosciuto Dana, e come il fratello minore non aveva avuto problemi ad accettarla come nuova zia. Ad un certo punto si era voltata verso di lei (erano sedute vicine) e le aveva chiesto: «Zia Dana, ma i tuoi occhi sono veri?»
  «Deena!» esclamò Lara. «Scusala Dana, a volte parla senza pensare».
  «Ma no figurati!» rispose lei, tra le risate generali. «Me lo chiedono spesso se indosso le lenti a contatto. Invece no, Deena. Quello che vedi è tutto naturale!»
  Ali pensava al fatto che Taylor le aveva detto di essere molto preoccupata su come Deena e Sam avrebbero potuto reagire alla conoscenza del ruolo di Dana in famiglia, ma Ali lo sapeva che Taylor come al solito era troppo negativa. Nel complesso fu una serata molto piacevole e durante il viaggio di ritorno Ali non riusciva a smettere di sorridere.
  «Stai bene, Ali?» le chiese Dana con aria perplessa. Lei continuava a sorridere.
  «Sto bene. Sono solo felice per come è andata la serata» rispose. «Insomma hai conosciuto mio fratello e mia cognata, i miei nipoti ti hanno subito inserita in famiglia, mia madre è stata carina...»
  «Sì hai ragione. I tuoi nipoti sono adorabili, davvero. Sam con quello scherzo sui marziani mi ha fatto troppo ridere. E tuo fratello e tua cognata sono fantastici. È stata una bella serata».
  «E ora tocca al Natale» ricordò Ali con un sospiro.
  «Già» commentò Dana. «Ora tocca al Natale. Così conoscerai mia sorella e suo marito. Speriamo che Jacob sia un po’ più sopportabile di com’era al loro matrimonio...»
  «Perchè?» le chiese Ali. «Che cos’aveva fatto?»
  «Niente di che» rispose Dana, «ma è una di quelle persone che continua a fare battute, anche pesanti. Ricordo che un momento mi ha chiesto: “Allora Dana, quando ti sposi, tu?” E poi si è risposto da solo. “Ah, già. Tu non ti puoi sposare, a meno che non ti decidi ad attraversare il fiume”. E poi è scoppiato a ridere. Qualcuno gli è andato dietro, ma non tanti».
   «Che stronzo» osservò Ali, scuotendo la testa. Poi si voltò di scatto verso Dana. «Scusa» le disse.
  «Figurati, l’ho pensato anch’io» rispose Dana e Ali continuò a guidare in silenzio.
 
 
La settimana dopo erano a casa di Dana, naturalmente e quella mattina si erano svegliate entrambe prestissimo. Mentre facevano colazione squillò il telefono e Ali andò a rispondere.
  «Pronto?» disse.
  «Ali! Scusami, ti ho svegliata? Lo so che è presto, però volevo farti gli auguri di Natale» esclamò la voce della sua migliore amica. Ali sorrise.
  «No Fay, figurati non mi hai svegliata, veramente stavo facendo colazione. Buon Natale! Oggi abbiamo il pranzo dai miei, con la famiglia di Dana, siamo piuttosto nel panico tutte e due. Per quello siamo già in piedi. Settimana scorsa abbiamo fatto la cena del Ringraziamento e Dana ha conosciuto Benji e la sua famiglia. Sai i bambini la chiamano già “zia Dana”! Mia mamma era un po’ preoccupata che non l’avrebbero accettata, ma si sa che i bambini hanno la mente aperta».
  «Questo è il mio primo Natale da fidanzata, ci credi?» le disse Faith a quel punto. «Io e Dan andiamo a pranzo dai suoi. Mi immagino già gli infiniti discorsi sul matrimonio».
  «Perchè vuoi farmi credere che non è vero che non stai aspettando altro da settimane?» le chiese Ali con tono ironico. Faith scoppiò a ridere.
  «Hai ragione non vedo l’ora. Va bene, ti lascio alla colazione io devo prepararmi. Ciao, tesoro, un bacio e divertiti oggi! Fai gli auguri anche a Dana da parte mia, okay?»
  «D’accordo, a presto Fay» replicò Ali e riattaccò, poi tornò in cucina e si sedette di nuovo al tavolo.
  «Chi era al telefono?» le chiese Dana, con la bocca piena.
  «Era Fay. Mi ha fatto gli auguri di Natale e mi ha detto di farli anche a te» le rispose. Dana annuì.
  «Glieli ricambierò appena possibile» disse.
  Finirono di mangiare e cominciarono a pensare a come avrebbero dovuto vestirsi quel giorno. Fu una decisione sofferta, ma alla fine erano pronte per uscire e si misero in auto, Dana alla guida. Fu strano tornare a casa Donnell per la seconda festa nel giro di una settimana. Quando arrivarono scoprirono di essere le prime, non era arrivato neanche Benji, che di solito era sempre il primo ad arrivare. Comunque lui arrivò dieci minuti dopo di loro, con in groppa Sam che parlava di qualche strano mostro che aveva visto in un cartone animato quella mattina.
  «Capisci papà? Ben 10 con il suo braccialetto si trasforma negli alieni! Non è fortissimo?»
  «Certo, campione, è fortissimo» disse suo padre. Poi lui vide Ali e Dana che erano sedute sul divano in soggiorno. «Ciao ragazze! Non credevo foste già arrivate». Scaricò Sam sul pavimento e andò a salutarle. Le abbracciò entrambe e andò a cercare i genitori, mentre entravano anche Lara e Deena. Si salutarono e poco più tardi arrivarono anche Tracy e Bob.
  «Buongiorno a tutti e buon Natale!» si sentì la voce allegra della madre di Dana. Le due ragazze andarono subito ad accoglierli. Dana abbracciò i genitori.
  «Ciao mamma. Ciao papà, che bello vedervi! Buon Natale».
  «Ciao Dana, buon Natale» le rispose la madre. Bob le diede un bacio sulla guancia e aggiunse: «Ciao piccola, buon Natale anche a te». Poi si avvicinò Ali e salutarono anche lei.
  «Non ci fai conoscere la tua famiglia?»le chiese Tracy con un mezzo sorriso. Ali annuì.
  «Ma certo! Venite con me». Prese i loro cappotti e li portò in camera dei genitori, poi li guidò in soggiorno dove c’erano Benji e la sua famiglia e li presentò.
  «Tracy, Bob, lui è mio fratello Benji. Sua moglie Lara e là nell’angolo ci sono i suoi figli Deena e Sam. Benji, Lara, questi sono Tracy e Bob, i genitori di Dana. Posso dire... i miei futuri suoceri?»
  «Ma certo che puoi!» esclamò Tracy con una risata.
  «Certo, a me fa piacere sentirlo» aggiunse Bob, che  come sempre era piuttosto silenzioso.
  In quel momento arrivò Sam che prese Ali per un braccio costringendola ad abbassarsi. A quel punto le chiese a bassa voce: «Ma chi sono questi signori, zia?»
  «Sono la mamma e il papà della zia Dana, pulce! Si chiamano Tracy e Bob». Lo prese in braccio e lo presentò ai due. In quel momento entrarono anche Taylor e Chris. Ci fu un momento di leggero imbarazzo, tra Taylor e Tracy, dopo i loro diversi incontri. Invece Bob e Chris si strinsero la mano con un sorriso, non essendosi mai incontrati prima. Mancavano solo Kim e suo marito che non tardarono ad arrivare. Avevano usato il navigatore satellitare e avevano trovato subito la casa. Ali era curiosa di conoscerli, soprattutto Jacob, dopo quello che Dana le aveva detto di lui. Kim assomigliava abbastanza a Dana, ma Ali non ebbe dubbi sul fatto di avere scelto la sorella giusta. Dana era mille volte più bella, almeno ai suoi occhi, che sicuramente non erano imparziali. Jacob invece era carino, alto muscoloso con capelli scuri e occhi grigi.
  Quando entrarono salutarono subito i padroni di casa, poi i signori Rogers. A questo punto Kim andò a salutare la sorella e Ali. Tese la mano a quest’ultima e disse: «Quindi tu saresti colei che ha finalmente reso felice e stabile mia sorella? Lui è mio marito Jacob. Jake».
  «Piacere di conoscerti Kim. E Jacob, naturalmente. Dana mi ha parlato molto di voi» rispose Ali. Jacob si avvicinò a Dana con un sorrisetto ironico stampato in faccia.
  «Allora, DeeDee! Che mi racconti?» esclamò. Dana sospirò: «Jake non chiamarmi DeeDee».
  «Ne hai contagiata un’altra? Invece di venire tu da questo lato, porti le donne dall’altro? Sei proprio incorreggibile, DeeDee. E magari vuoi anche sposarti!» rise lui.
  «Piantala Jake, lo sai che sei odioso quando fai così» lo rimproverò la moglie. «D, non ascoltarlo. Quando fa così vorrei non averlo mai conosciuto». Jacob alzò le mani in segno di resa.
  «E va bene, Kim. Basta, non faccio più battute. Tu sei Ali, giusto?» chiese tendendole la mano, che lei strinse. Ali cercò di sorridere, anche se aveva solo voglia di strozzarlo.
  «Già sono io. Te lo dico in amicizia, ma stai molto attento a come parli con la mia fidanzata, capito?» lo disse con uno sguardo così feroce che Jacob deglutì e si limitò ad annuire in silenzio.
 
 
Più tardi stavano finendo di pranzare e mentre Taylor si alzava per sistemare i piatti, Kim si schiarì la voce. Tutti guardarono verso di lei. Jake le sorrise e le prese una mano.
  «Dovremmo fare un annuncio» disse lei. Tutti annuirono attenti.
  «Che succede, Kimmy?» fece Tracy incoraggiante.
  «Io e Jake aspettiamo un bambino»  disse raggiante.  Dopo alcuni secondi di silenzio assoluto ci fu un acuto strillo che proveniva dal lato dei Rogers. Di scatto, Tracy, Bob e Dana si alzarono da tavola e andarono ad abbracciarla, commossi. I Donnell sorrisero, sentendosi un po’ di troppo nella gioia della famiglia. Dana invece si voltò verso Ali e le disse: «Amore divento zia! Anzi diventiamo zie! Non è fantastico? Spero che Jake maturi un po’ adesso e la pianti di fare l’imbecille».
  Nel tornare a casa Ali decise di guidare. Mentre viaggiavano, disse: «Quindi Kim avrà un bambino. È una bellissima notizia, no?»
  «Già bellissima» commentò Dana. Rimase in silenzio per qualche istante poi aggiunse: «Perchè ti sei intromessa, mentre parlavamo con Jake?»
  «Che vuoi dire?» le chiese Ali in fretta. Dana si mise a guardare fuori dal finestrino.
  «Quando ha fatto quella battuta. Poi tu l’hai... minacciato, più o meno. Non avresti dovuto» disse.
  «In che senso “non avrei dovuto”?» ribattè Ali con voce crescente. «Dana, quel tipo ti ha umiliata. Non me ne frega niente se è il marito di tua sorella. È un idiota e quello resta. Se ti insulta, insulta me. Insulta noi. Quindi non puoi dirmi che mi sono intromessa. Sono intromessa dal fatto che stiamo insieme, Dana! Non dirmi mai più che non mi devo intromettere».
  «Senti, Jake è il marito di mia sorella, quindi vuol dire che fa parte della mia famiglia. Se non ti va bene la mia famiglia, forse non dovremmo stare insieme» fece Dana con voce fredda. Ali si voltò di scatto verso di lei: non la stava guardando.
  «Oh piantala, Dana. Lo sai che non intendevo dire quello. Dico solo che... Jacob è stato un idiota. Non avrebbe dovuto dirti quelle cose» spiegò stringendosi nelle spalle.
  Arrivarono a casa e andarono subito a letto. Le venne in mente che quella era stata la prima discussione che aveva avuto con Dana. E poi le venne in mente che il giorno dopo doveva tornare in ufficio. Non era psicologicamente pronta a rivedere Tina.
  «Dana» sussurrò nel buio. L’altra fece un grugnito. Ali suppose che stesse ascoltando.
  «Dimmi qualcosa» aggiunse. Dana alzò leggermente la testa dal cuscino e la guardò con gli occhi mezzi chiusi e le sopracciglia aggrottate.
  «Che tipo di “qualcosa”?» le chiese con voce assonnata. Ali restò in silenzio per qualche istante.
  «Qualcosa che mi prepari psicologicamente a domani» le rispose sempre sussurrando.
  «Ali, anch’io torno al lavoro, domani» fece Dana sdraiandosi sulla schiena. Lei faceva l’aiuto-chef in un piccolo ristorante lì vicino. Ali non si era sorpresa quando l’aveva saputo, Dana era troppo brava a cucinare. Ali si voltò verso di lei.
  «Sì ma tu non devi rivedere Tina Brewer. Chissà se ha festeggiato il Ringraziamento e Natale. Per me no, ho il sospetto che quella donna sia un robot, che non mangia, non dorme e lavora» osservò.
  «È probabile» disse Dana con uno sbadiglio. Si voltò su un fianco e chiuse di nuovo gli occhi. Ali la guardò con un piccolo sorriso aspettando di addormentarsi, ripensando alla loro discussione avvenuta in auto. “Non riuscirei più ad immaginare la mia vita senza di lei” pensò. “Non avrebbe senso”.

 
 
 
NdA: Ecco il nuovo capitolo! Chiedo perdono per il ritardo, ma tra gli esami e un blocco creativo, non sono riuscita prima a finire. Comunque spero vi piaccia e ringrazio chi legge, preferisce e commenta! Spero di leggere qualche vostra opinione! Have fun!
 
 

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Capitolo 13
*** Ex per colazione ***


Ex per colazione

 
Qualche giorno dopo Capodanno Ali e Dana ebbero degli incontri molto interessanti. Il primo fu per Ali, al mattino subito dopo colazione. Avevano suonato il campanello e lei era andata a vedere chi era. Era rimasta talmente sconcertata che aveva aperto subito la porta.
  «Ali chi è?» le aveva chiesto Dana dalla cucina. Lei non le aveva risposto, ma aveva parlato con il nuovo venuto, l’ultima persona che Ali si sarebbe aspettata di incontrare, dopo tutto quel tempo.
  «Brad!» esclamò. «E tu che ci fai qui?»
  «Ciao... Ali» fece lui imbarazzato. «Ehm... potrei... potrei entrare?»
  Lei annuì, ancora ammutolita dallo stupore e si spostò di lato per farlo passare. Lui entrò e in quel momento Dana comparve dalla cucina. Ali si guardò intorno: era una situazione quasi surreale, il suo ex fidanzato e la sua fidanzata attuale nella stessa stanza.
  «Ali, lui chi è?» chiese Dana perplessa. Lei si riprese abbastanza da fare le presentazioni.
  «Giusto. Dana lui è Brad, ti ho parlato di lui. Brad, questa è Dana» disse. I due si strinsero la mano e in quel momento comparve qualcun altro che nessuno si aspettava di rivedere. Si presentò sulla soglia e tutti si voltarono verso di lei. Anche Ali riconobbe i capelli biondi e l’aria vuota.
  «Jenny?» esclamarono in coro Brad e Dana, sconcertati.  Ali guardò entrambi: Brad era un conto, ma Dana? Come faceva Dana a conoscerla?
  «Brad? Dana? Ma che succede, qui?» esclamò Jenny guardando i tre in casa.
  «Vorrei saperlo anch’io» replicò Ali. Aprì la porta e lasciò entrare Jenny, che si piantò in soggiorno, squadrando Brad e Dana con gli occhi fuori dalle orbite.
  «Mi spiegate che cazzo sta succedendo qui?» sbraitò Ali, dato che nessuno si preoccupava di darle delle spiegazioni. Gli altri tre si voltarono a guardarla, come se si fossero resi conto solo in quel momento che c’era anche lei. «Dana? Perchè tu e Jenny vi conoscete?» chiese.
  «Ali... ti ricordi quando ci siamo conosciute che ti ho detto della mia ex che mi aveva mollato? E ti avevo detto che le puttanelle bionde ti cercano solo per il sesso?» Ali annuì. Certo che si ricordava. «Ecco... la... puttanella in questione era lei. È quella per cui Brad ti ha lasciata, vero?»
  Ali annuì di nuovo. Le sembrava impossibile: il suo passato e il suo presente si riunivano. A quel punto Jenny intervenne.
  «Scusa Dana... ma voi due vi conoscete? Insomma io lei me la ricordo... siete amiche?» chiese. Ali e Dana si guardarono e quest’ultima trattenne a stento una risata. Però decisero di non rispondere subito. Prima volevano sapere cosa ci facevano i loro ex lì.
  «Voi...» cominciò Ali esitante, «non state più insieme, vero? Insomma, siete arrivati separati e Jenny mi è sembrata stupita di trovare Brad qui».
  «No infatti... ci siamo lasciati un anno fa, non funzionanva più» rispose Brad. A quel punto lui corse da Ali e le prese una mano. Lei la tolse subito, lanciando un’occhiata fugace a Dana. Si accorse però che Jenny l’aveva presa per un braccio e fatta sedere sul divano.
  «Brad che stai facendo?» sibilò accigliata. Lui la guardò per un po’ con uno sguardo misto di senso di colpa e... adorazione? Era possibile?
  «Ali senti, lo so che sono passati anni, so che mi sono comportato da vero stronzo con te, ma devi sapere che non ti ho mai dimenticata, che ti amo ancora e... ti prego torna con me!»
  «Ma sei scemo?» esclamò lei indignata. «A parte che sono sentimalmente impegnata, ma anche se non lo fossi credi davvero che tornerei con te, dopo quello che mi hai fatto?»
  «Lo so, lo so hai ragione, hai totalmente ragione. Ma sul serio non puoi pensare a darmi un’altra possibilità? Non si meritano tutti una seconda possibilità? Ti prego!»
  Si avvicinò di scatto a lei la baciò. Ali si scostò e gli diede uno schiaffo, forte.
  «BRAD!» urlò. «Ma sei impazzito? Ti ho detto che sono fidanzata!». Alzò lo sguardo e cercò Dana che però era ancora seduta nelle grinfie di Jenny.  «CHE COSA?!» esplose all’improvviso la voce della sua fidanzata. «Tornare con te? Ma stai scherzando?»
  «Brad vi siete messi d’accordo?» gli chiese Ali accigliata. «è un piano per separarci?»
  «Separarvi?» fece Brad sbalordito. «In che senso, separarvi? Non state insieme, vero?»
  Jenny mollò di scatto le braccia di Dana e si alzò dal divano. Il suo sguardo passava veloce da Dana ad Ali e viceversa. «State insieme?» chiese. Ali e Dana si guardarono e quest’ultima soffocò una risata.
  «È... è importante saperlo?» fece Ali, voltandosi verso gli altri due. Brad la guardò a lungo.
  «Sì, piccola, direi che è importante» le rispose. Ali gli lanciò uno sguardo disgustato.
  «Non chiamarmi piccola» gli disse. Lanciò un altro sguardo a Dana e aggiunse: «Sì, stiamo insieme».
  «È un problema per voi?» chiese Dana fingendo preoccupazione. Brad guardò Ali con aria molto perplessa, come se non fosse sicuro di aver capito bene.
  «Ali, tu stai con lei? E-e da quando esci con le donne?» le chiese sbalordito. Ali alzò le spalle e indicò col pollice Dana che era alle sue spalle.
  «Da quando mi sono innamorata di lei, ossia... sette mesi fa, giusto amore?» le domandò. Era raro che si rivolgesse a Dana con un soprannome affettuoso in pubblico, non amando le smancerie, ma Brad e Jenny non erano un pubblico qualsiasi.
  «Sì sette mesi fa, mi sembra... Brad, ma perchè ti stupisci?» fece Dana a quel punto. «Insomma, Jenny stava con me e mi ha mollata per mettersi con te. È la stessa cosa, no?»
  «Sì certo, però... insomma è strano. Non avrei mai creduto che Ali sarebbe finita con una donna. Io quindi sono stato l’ultimo uomo con cui sei uscita?» chiese, questa volta rivolgendosi direttamente ad Ali. Lei scoppiò a ridere e scosse la testa.
  «No, Brad. Ti piacerebbe eh?» gli rispose. «Sei stato l’ultimo e sono rimasta talmente scioccata dalla nostra storia che ho cambiato genere di amanti. No, mi dispiace. Anzi prima di Dana sono stata per otto mesi con un ragazzo, Josh che mi piaceva tantissimo finchè non mi sono innamorata di lei. Tu non hai più niente a che fare con la mia vita, ormai». A quel punto Jenny guardò Dana.
  «Allora che cosa mi dici?» le chiese. «Cosa dici sul fatto di tornare insieme? Puoi solo... pensarci?»
  «Jenny, quale parte di “noi stiamo insieme” non ti è chiara?» replicò Dana con voce fredda. «Io non tornerò con te! Sto con Ali, sono innamorata di Ali e questo non cambierà! Fattene una ragione! Ah, a proposito... Ali oggi dovevamo vedere la casa! Abbiamo l’appuntamento tra meno di mezz’ora, dobbiamo scappare!». Ali guardò l’orologio e trasalì.
  «Porca miseria, hai ragione! Okay dobbiamo uscire, quindi fuori, sparite!»
  Aprì la porta e li spinse fuori entrambi. Guardò Dana e forse per l’assurdità della situazione, scoppiarono a ridere nello stesso istante. «Cioè» fece Dana senza fiato, «ci hanno veramente chiesto di tornare con loro? È la cosa più incredibile che abbia mai sentito!»
  «Tesoro, ti arrabbi se ti dico una cosa?» le chiese Ali, smettendo di ridere. Dana alzò le spalle.
  «Non credo... tu dimmela» rispose.
  «Brad mi ha baciata» sbottò tutto d’un fiato. L’altra la guardò per qualche secondo con espressione indecifrabile. Poi scoppiò a ridere più forte di prima. Diede ad Ali un bacio sulla guancia e andò in bagno sempre ridendo a crepapelle.
  «Certo, Dana, prendimi in giro!» le urlò dietro Ali, prima di andare in cucina e sparecchiare il tavolo della cucina. Mise i piatti nella lavastoviglie e si infilò le scarpe. In quel momento Dana spuntò dal bagno. Era tornata seria e si sedette sul divano accanto alla fidanzata.
  «Credi che questa sia la volta buona?» le chiese. Ali la guardò sollevando un sopracciglio.
  «Di che stai parlando?» disse.
  «Della casa» rispose Dana. «Secondo te questa sarà quella giusta?»
  «Beh spero di sì» osservò Ali. «Da quello che ci ha detto l’agente immobiliare dovrebbe essere proprio come la vogliamo. Io sinceramente lo spero perchè questa è la decima che vediamo!»
 
 
Mezz’ora dopo avevano raggiunto l’agente immobiliare che le aspettava già fuori dalla casa. Anche solo guardando la facciata Ali pensò che poteva essere la casa giusta per loro. Guardò Dana che annuì: anche a lei piaceva.
  «Bene, signore, se volete seguirmi» fece l’uomo con voce secca, aggiustandosi gli occhialetti rotondi sul naso. Entrò nella casa, le due donne subito dietro. Ad Ali piacque moltissimo quella casa. Era grande e luminosa, con stanze molto spaziose e un bellissimo giardino sul retro. Non sapeva neanche perchè, ma la prima immagine che le venne fu quel giardino con molti giochi, come altalene e scivoli e due o tre bambini che correvano nell’erba strillando di gioia. Si riscosse e alzò gli occhi, rendendosi conto che Dana la guardava perplessa. «Tutto bene, amore?» le chiese, con voce bassa e preoccupata.
  «Sì stavo solo pensando come sarebbe questo giardino con le altalene e i nostri figli che giocano» rispose con semplicità. Era una scena totalmente naturale per quanto la riguardava.
  «I nostri... figli?» ripetè Dana incerta. «Ma non è un po’ presto per pensare ai figli?»
  «Che... che vuoi dire?» balbettò Ali. «Vuoi dire che non vuoi figli? O che non vuoi averli con me? O che avere un figlio con me sarebbe un legame troppo importante che non puoi più spezzare? È questo che vuoi dire, rispondimi!»
  «Ali, smettila» le disse Dana con voce brusca. «Non intendevo dire quello e lo sai. Tutto quello che voglio è un legame che non posso spezzare con te! Però un figlio è un passo importante, in ogni caso, quindi intendo dire che dobbiamo fare un passo alla volta. Per ora limitiamoci a guardare questa casa solo per quello che è».
  Alla fine della visita avevano deciso che quella era la casa giusta; era perfetta per loro, delle giuste dimensioni e con un prezzo ragionevole. Si misero d’accordo con l’agente per firmare il contratto, la settimana successiva, dopodichè tornarono a casa.
  «Abbiamo una casa! Ali, hai sentito, finalmente possiamo traslocare!» esclamò Dana non appena furono sole. Abbracciò Ali che ricambiò al settimo cielo. Subito dopo la baciò e in quel momento una voce alle sue spalle la fece sobbalzare. «Ali?! Ma sei proprio tu?»
  Lei si voltò di scatto. «Josh! Che sorpresa, mi hai spaventata!». Era proprio Josh, il suo ex-fidanzato, che Ali non aveva più visto dalla famosa sera in cui l’aveva lasciato. Vide che era mano nella mano con una donna piuttosto carina e quella vista la riempì di gioia, come se avesse rivisto un caro amico che credeva smarrito da tempo. «È così bello vederti» gli disse. «Come stai?»
  «Tutto bene» rispose lui. «Tu come stai? Perchè avevo l’impressione che stessi baciando Dana?». Quest’ultima nel frattempo si era tuffata in auto, non sapendo come Josh avrebbe reagito venendo a sapere che lei e Ali stavano insieme.
  «Già... ehm... ci stavamo baciando in effetti, perchè... stiamo insieme. Da sette mesi. Mi dispiace» gli disse. Non sapeva neanche perchè avrebbe dovuto dispiacersi, però era imbarazzante incontrare il proprio ex mentre era insieme alla donna per cui aveva rotto con lui. «Quando... quando ti ho detto che mi ero innamorata di un’altra persona... be’ era lei».
   «A me non dispiace» rispose subito Josh, con una naturalezza che la spiazzò. «Sono... sorpreso. Comunque come vedi, ora sono felice anch’io. Lei è Marie. Marie, questa è Ali, ti ho parlato di lei».
  «Piacere di conoscerti» disse Marie, tendendo la mano. Ali la strinse, sorridendo, studiandola per capire se poteva andare bene per Josh. Non voleva una donna qualsiasi per lui. Comunque almeno al primo esame le piacque, sembrava adatta a Josh. Aprì la portiera e fece uscire Dana dicendole: «Puoi venire, siamo al sicuro». Dana uscì e salutò Josh un po’ nervosa. Lui però la abbracciò, facendole chiaramente capire che non ce l’aveva assolutamente con lei.
  «Oggi è il giorno degli ex» osservò Ali. Dana ridacchiò, probabilmente pensando alle vicende di quella mattina. «Prima Brad e adesso tu. Vi siete messi d’accordo?»
  «Chi è Brad?» le chiese Josh.
  «È quello con cui stavo prima, che mi ha mollata per una ragazza che tra l’altro ho scoperto essere una ex di Dana. È venuto a chiedermi di tornare con lui» gli rispose.
  «E tu che gli hai detto?» fece Josh, esterrefatto. Lei si strinse nelle spalle.
  «Di no. Sto con Dana, non volevo tornare con lui!» rispose. A quel punto pensò che era meglio tornare a casa. Salutarono Josh e la sua fidanzata, Marie, poi rientrarono in auto e partirono.
  Mentre viaggiavano Ali pensava al suo passato che si era presentato alla sua porta o alle sue spalle quando meno se l’aspettava. Era stata felice di rivedere Josh, almeno sapeva che non la odiava per averlo lasciato e nemmeno a sapere per chi l’aveva lasciato.
  «Hai rivisto i tuoi due ex più importanti» osservò Dana. «Come ti senti?»
  «Bene... è stato strano» le disse Ali. «Mancava solo Nick, il ragazzo che ho avuto prima di Brad, ma quello non ci tengo a vederlo. Invece mi ha fatto piacere rivedere Josh. Avrei voluto chiamarlo in questi mesi, ma non avevo il coraggio perchè avevo paura che mi odiasse. Tu hai più visto Lisa?»
  «Una volta. Quando stavo andando a parlare con tua madre, nel periodo in cui lei non voleva saperne di me, ma lei non mi ha vista. E io non ho avuto il coraggio di andare a salutarla. Avevo la tua stessa paura. Poi era in giro da sola, non me la sono sentita». Ali annuì.
  Era stata una giornata intensa. Aveva visto i suoi ex e aveva finalmente trovato la casa giusta in cui andare a vivere con Dana. Quasi a sorpresa era felice.
 
 

 
NdA: Nuovo capitolo! Spero vi sia piaciuto! È un po’ un capitolo di transizione prima di qualcosa di più importante, ma spero lo stesso che vi sia piaciuto e di leggere qualche vostro commento! Have fun!
 

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Capitolo 14
*** Il matrimonio della mia migliore amica ***


Il matrimonio della mia migliore amica

 
Era aprile e il matrimonio di Faith si avvicinava inesorabile. Ali sarebbe stata la testimone perciò era coinvolta da vicino. Inoltre c’era appena stato il suo compleanno, ma compiere trentadue anni non le era pesato più di tanto. I trenta erano stati mille volte peggio. Soprattutto perchè ora non era più single. Lei e Dana avevano traslocato nella casa nuova una settimana dopo aver firmato il contratto e le due donne sentivano di aver raggiunto una nuova stabilità.
  Ali stava attraversando un periodo confuso. La sua migliore amica la chiamava spessissimo per il matrimonio, ma da qualche settimana Faith, incredibilmente, parlava molto di più con Dana che con lei. Erano telefonate segrete, sussurrate e Ali non sapeva più cosa pensare. Era iniziato tutto per caso: un giorno stava parlando al telefono con Faith e all’improvviso Dana le aveva chiesto di passargliela. La cosa che aveva sorpreso di più Ali era stato il fatto che Faith non si era per niente sorpresa di quella richiesta, anzi sembrava quasi che se lo aspettasse. Le domande e le richieste di spiegazioni fatte ad entrambe erano state del tutto inutili, le risposte erano sempre le stesse: era una sorpresa che lei avrebbe saputo soltanto a tempo debito. Il fatto che lei avrebbe saputo tutto, comunque, l’aveva frenata dal pensare le cose peggiori, pur fidandosi ciecamente sia di Dana che di Faith.
  Quel giorno, però, era tornata dal lavoro, piuttosto stressata per colpa di Tina, che le aveva fatto fotocopiare il contenuto di un intero faldone, per circa un migliaio di fogli. Entrando in casa aveva trovato Dana al telefono e spinta dalla curiosità era rimasta non vista ad ascoltare in silenzio.
  «Va bene, Faith, grazie» stava dicendo. «Allora ci sentiamo più...»
  «Ciao, Dana...» la salutò Ali ad alta voce. L’altra si voltò di scatto e arrossì. «Ti richiamo io» disse e mise giù subito il telefono. A questo punto si rivolse ad Ali.
  «Quanto hai sentito?» le chiese preoccupata. Ali scosse la testa.
  «Quasi niente» rispose. «Vi stavate già salutando quando sono entrata... non mi dirai mai perchè continuate a telefonarvi, vero?»
  «No infatti» fece Dana. «Ma tanto prima o poi verrai a saperlo, devi aspettare fino al matrimonio di Faith. Comunque è una sorpresa e sono sicura che ti piacerà, quindi smettila di rompere!»
  «Okay, okay... Però è strano vederti sempre al telefono con lei. All’inizio credevo che ci fosse sotto qualcosa di poco piacevole per me... sai cosa intendo». Dana scoppiò a ridere.
  «Credevi che ti tradissi?» le chiese. «Con Faith?»
  «Avevo finito le opzioni» si giustificò Ali stringendosi nelle spalle. Subito dopo però sorrise le andò incontro e la abbracciò stretta. «Ti amo» sussurrò contro la sua spalla.
  «Ti amo anch’io» le rispose Dana accarezzandole la testa. «Quanto sei stupida» aggiunse con un piccolo sorriso, «lo sai che non potrei mai tradirti. E comunque Faith non è il mio tipo».
  «Adesso ne sono sicura» disse Ali. «Ma sarà meglio per voi che la sorpresa che mi farete sia pazzesca, oppure non la passerete liscia, sappilo».
  «D’accordo, glielo dirò» fece Dana sempre ridacchiando. Sciolse l’abbraccio e andò in cucina a preparare la cena. «E comunque ti assicuro che la sorpresa ti piacerà un sacco».
  «Lo spero, Dana» disse Ali andandole dietro. «Lo spero per voi». Prese i piatti e cominciò ad apparecchiare la tavola, dato che in cucina era l’unica cosa che le era permessa di fare.
 
 
Mentre cenavano parlarono della loro giornata e di quello che avrebbero dovuto fare per il matrimonio di Faith. Dana avrebbe aiutato il catering con la preparazione del rinfresco e Ali ovviamente era la testimone, quindi entrambe sarebbero state molto impegnate.
  Quella sera erano a letto e Dana stava leggendo un libro. Aveva l’aria molto concentrata, ma nonostante quello, Ali non potè resistere dal farle una domanda. Voleva chiederle qual era la sorpresa sperando di coglierla alla sprovvista e di farglielo dire.
  «Dana, qual è la sorpresa che mi state preparando tu e Faith?» disse velocemente e senza riprendere fiato. Nonostante ciò Dana scoppiò a ridere, mise giù il libro e le fece una carezza sulla guancia.
  «Ci hai provato, Ali» rispose. «Mi dispiace, non te lo dirò. È inutile che mi provochi, te l’ho già detto. Devi aspettare il matrimonio di Faith per saperlo».
  «Uffa e va bene, hai vinto» disse Ali sbuffando e incrociando le braccia. Si ficcò sotto le coperte e voltò le spalle a Dana. Dopo qualche secondo quest’ultima le si avvicinò e le scoprì una spalla che poi baciò dolcemente. «Ali... che ne dici se provo a farmi perdonare?» le chiese.
  «No» rispose Ali seccamente e senza voltarsi. In realtà faceva solo finta di essere offesa, voleva solo che Dana la coccolasse un po’.
  «Ali, andiamo non essere arrabbiata!» la abbracciò e iniziò a baciarla sulla spalla, sulla guancia, su tutti i punti di lei che riusciva a raggiungere. Alzò la maglietta e iniziò a baciarla anche su tutta la lunghezza della schiena. Ali iniziò a sciogliersi leggermente e un piccolo sorriso le increspò il volto.
  «Ti odio quando fai così e...» disse girandosi finalmente verso la fidanzata, che la baciò sulle labbra interrompendo la sua frase a metà. Era inutile provare a resistere e infatti non tentò nemmeno, abbandonandosi totalmente alla passione. Baciò Dana che cominciò lentamente a spogliarla, riempiendola di baci sull’addome. Per un po’ smise di pensare a qualsiasi cosa. Più tardi Ali si appoggiò su un gomito e guardò Dana. «Tu ti rendi conto che io non posso aspettare ancora due mesi, vero?» osservò. Dana annuì e la baciò. Poi le voltò le spalle.
   «Adesso dormiamo, basta parlare». Chiuse gli occhi e non si mosse più per quanto Ali la chiamasse e la scuotesse per la spalla. Alla fine Ali rinunciò e si sdraiò di nuovo, aspettando di addormentarsi e continuando a pensare alla sua sorpresa.
 
 
Era passato esattamente un mese da quel discorso e le cose non erano cambiate. Mancavano tre settimane al matrimonio e Faith aveva cominciato a presentarsi a casa di Ali e Dana con inquietante regolarità. Arrivava tutte le mattine alle dieci precise, ogni volta con una scusa diversa. Una volta credeva di aver lasciato una scarpa da loro, un’altra Daniel le sembrava “giù” e non voleva parlarle. Per questo motivo le due amiche avevano ormai preso l’abitudine di aprire la porta di casa qualche secondo prima di vederla spuntare nella via.
  Le visite andavano sempre nello stesso modo. Prima parlavano un po’ tutte e tre, poi Faith chiacchierava un po’ con Ali delle fatiche della vita di coppia e poi lei e Dana si chiudevano in una delle stanze degli ospiti e parlavano per diverso tempo a bassa voce. Una delle prime volte aveva provato ad ascoltare dal buco della serratura, ma era stata scoperta, rimproverata e allontanata. Perciò aveva rinunciato, suo malgrado. Adesso si accontentava di bombardare entrambe di domande quando uscivano, ma per quanto la ascoltavano, sembrava che stesse parlando col muro. Come se tutto ciò non fosse ancora abbastanza, la settimana prima Dana e Faith erano uscite insieme due volte. Senza di lei! Quello per Ali era stato il momento di massima confusione. Le sarebbe sembrato impossibile solo un anno prima, quando lei e Dana ancora non stavano insieme e Faith la odiava perchè la considerava una sua rivale. Non aveva la più pallida idea di che cosa avessero fatto quelle due e ovviamente chiedere era fuori discussione.
  In sostanza Ali, per diversi motivi, non vedeva l’ora che arrivasse il matrimonio di Faith, quasi più della sua migliore amica stessa. Quel giorno finalmente si sarebbe risolto tutto e non vedeva l’ora di sapere che cos’era la sorpresa che le stavano preparando. Non riusciva a credere che mancasse ancora un mese. Non credeva di riuscire ad aspettare tutto quel tempo. Nonostante tutto non poteva esimersi da riempire Dana e Faith di domande dopo ogni telefonata o incontro segreto, anche se il risultato era sempre lo stesso, era più forte di lei.
 
 
Era finalmente arrivata la vigilia del matrimonio di Faith, Ali non riusciva a crederci. In più lei e Dana avevano festeggiato il loro primo anniversario che avevano celebrato con una cena romantica, corredata da una gita sul ferry-boat e si erano scambiate dei bellissimi regali, per supplire alla mancanza di quelli di Natale.
  Nelle ultime settimane lo stress prima della cerimonia aveva raggiunto l’apice, perciò lei non aveva avuto molto tempo di scervellarsi sul segreto che condividevano la sua ragazza e la sua migliore amica. Però quella sera dopo cena le era tornato in mente all’improvviso. Lei e Dana erano sedute sul divano e guardavano un film abbracciate. A un certo punto Ali osservò: «Allora domani c’è il matrimonio, finalmente, non riesco a crederci». Dana le diede un leggero bacio dietro l’orecchio che la fece rabbrividire e commentò: «Già, nemmeno io».
  «E perciò domani...» fece Ali e si interruppe. Dana annuì stancamente.
  «Sì» le rispose. «Domani conoscerai la sorpresa che io e Faith ti abbiamo preparato. Ma dovrai aspettare fino a dopo la cerimonia». Ali annuì. Le andava bene, aveva già aspettato tanti mesi, alcune ore in più non le avrebbero certo cambiato la vita.
  Il mattino seguente il panico predominava su qualsiasi altra emozione. Faith era arrivata a casa loro alle otto in punto con il terrore negli occhi. Per un attimo spaventoso Ali pensò che avesse cambiato idea. Sarebbe stato terribile, in quel momento dopo tutto quel tempo. Fortunatamente l’amica si era solo fatta prendere da un normalissimo panico prima della cerimonia. Era sicura che tutto sarebbe andato male, che avrebbe piovuto (ma questo era normale a Seattle, le fece notare Dana), che Daniel non si sarebbe presentato, e che per consolarsi lei si sarebbe ubriacata rovinandosi la festa. Ci volle una mezz’ora buona alle altre due per calmare Faith, che alla fine si costrinse a restare seduta senza fare niente, mentre la pettinavano e la truccavano. Fino al momento di arrivare in chiesa quasi non disse una parola, poi vide tutti gli invitati e soprattutto Daniel che la aspettava, meraviglioso nel suo smoking nero e quasi svenne. Anche lei era bellissima. Il suo vestito bianco e senza maniche, coperto da una leggera stola di tulle era semplicemente perfetto, con il corpetto pieno di perline ricamate e la gonna ampia e dritta. La cosa che ad Ali piaceva di più di quel vestito era la fila diagonale di perle azzurre che avevano risolto il problema di Faith dell’avere “qualcosa di blu”.
  Sia Faith che Daniel erano cattolici e avevano deciso di non fare la cerimonia tradizionale. Faith non sarebbe stata accompagnata all’altare da suo padre, ma lei e Daniel sarebbero entrati insieme in chiesa. Avevano deciso per la cerimonia non completa cosa che ad Ali, che non aveva mai assistito a una Messa cattolica, era un po’ dispiaciuta.
  Tutti gli invitati entrarono in chiesa e Ali sedette subito al suo posto accanto all’altare. Lanciò un’occhiata a Dana seduta in prima fila e le lanciò uno sguardo emozionato. Lei le sorrise e le mandò un bacio sulla punta delle dita. Ali era felicissima per Faith ovviamente, ma una piccola parte di lei era dispiaciuta che quello non fosse il suo matrimonio. C’era tempo, lei e Dana stavano insieme da un anno e Faith aveva dovuto aspettarne nove prima di riuscire a portare l’uomo della sua vita all’altare. Ora comunque c’era riuscita e Ali non riusciva a non chiedersi quando sarebbe toccato a lei. Tutti gli invitati presero posto e arrivò anche il prete, che le fece un piccolo sorriso. Lei non potè fare a meno di pensare che il sacerdote avrebbe sorriso molto meno se avesse saputo a chi era sentimentalmente legata. Per non scoppiare a ridere in maniera imbarazzante si mise a fissare gli affreschi sulle pareti.
  In quel momento partì la musica dall’organo e tutti si voltarono a vedere l’ingresso degli sposi. Il cuore di Ali batteva forte, guardò Faith e vide che il volto della sua migliore amica era l’immagine stessa della felicità. Sentì una lacrima di gioia scivolarle lungo la guancia.
  «Cari fratelli» esordì il prete con le braccia aperte, una volta che Faith e Daniel ebbero raggiunto l’altare. «Siamo qui riuniti oggi per unire quest’uomo e questa donna in matrimonio».
  La cerimonia proseguì e mentre gli sposi ripetevano le formule ad Ali venne seriamente da piangere.
  «Daniel, vuoi tu prendere Faith come tua sposa per amarla e rispettarla ogni giorno della tua vita, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finchè morte non vi separi?» chiese il sacerdote allo sposo.
  «Lo voglio» rispose Daniel con voce alta e sicura anche se emozionata. Faith invece parlò con voce quasi tremante, quando toccò a lei rispondere alla promessa. Al momento dello scambio degli anelli Ali dovesse mordersi le labbra per non singhiozzare ad alta voce. Era seriamente commossa, molto più di quanto si sarebbe aspettata da se stessa. Guardò Dana e vide che anche lei aveva le lacrime agli occhi. Ormai la cerimonia era finita. Il prete pronunciò la frase finale: «Con il potere conferitomi io vi dichiaro marito e moglie» e i due sposi si avvicinarono per baciarsi. Tutti si alzarono in piedi e dalla prima fila partì un applauso che presto coinvolse tutti i presenti.
 
 
Dopo la cerimonia si spostarono in un bel ristorante poco lontano dove ci sarebbe stato il ricevimento. Era una bellissima giornata, il sole splendeva e faceva caldo. Ali aveva appena preso un’ostrica dal banco del buffet e si guardava intorno in cerca di Dana e dei suoi genitori. Era riuscita a malapena a fare gli auguri a Faith e Daniel che erano costantemente circondati da una grossa folla. Naturalmente Taylor e Chris erano invitati alle nozze, ma fino a quel momento lei non era ancora riuscita a parlarci. E c’era anche Benji, da solo perchè aveva preferito non trasferire di nuovo tutta la famglia da Portland. Poi Deena non poteva perdere la scuola. Con lui aveva parlato poco prima.
  Alla fine li vide e si avvicinò. «Ciao mamma. Ciao papà! Vi è piaciuta la cerimonia?»
  «Ciao Aliana!» rispose Taylor. «Sì è stata molto bella, non avevo mai visto una chiesa cattolica all’interno, nè assistito a una funzione, è stato interessante! Hai già fatto gli auguri a Faith e Dan? Io non ci sono ancora riuscita. Dana non c’è?»
  «Sì è in giro da qualche parte» le rispose Ali, ignorando il fatto che sua madre avesse parlato ancora con un velo di speranza nella voce, nonostante fosse passato un anno. Sospirò e si mise a parlare con suo padre di altre cose. Dopo un po’ decise di cercare ancora Dana che però in quel momento sembrava essere sparita del tutto. Sperava che sarebbe ricomparsa per il taglio della torta e il lancio del bouquet. Tornò al tavolo con le cibarie e si riempì un piatto con dentro un po’ di tutto e prese un bicchiere di champagne. Si mise a passeggiare e a parlare con gli altri invitati. Era una bellissima festa e non sapeva che cosa avrebbe potuto migliorarla. Si guardava sempre intorno in cerca di Dana e ancora non l’aveva trovata per il taglio della torta. In quel momento Faith disse a voce alta: «Bene ragazze, tutte qui per favore! Adesso lancio il bouquet!»
  Con strilli emozionati tutte le donne non sposate presenti si accalcarono dietro di lei. Ali era in prima fila e Dana era ricomparsa poco dietro di lei. Le sorrise poi si voltò di nuovo.
  «Pronte?» gridò Faith. Abbassò il braccio destro e lo fece scattare all’improvviso. Il bouquet volò alto sopra la folla e tutte le donne si lanciarono per afferrarlo. Ali si sentì afferrare per un braccio e trascinare giù, ma niente le avrebbe impedito di prenderlo. Jean, la sorella di Faith, non era vicino a lei e sapeva che l’avversaria più agguerrita sarebbe stata lei. All’improvviso non sapeva neanche come si ritrovò con  i fiori tra le mani e tutte le altre che la guardavano inviperite. Senza badare a loro si voltò per festeggiare con Dana, ma questa era sparita. “Non di nuovo!” pensò incredula. In quel momento le sembrava di essere fidanzata con un ologramma.
Dopo il lancio del bouquet iniziava a fare buio e Ali pensò che presto gli invitati avrebbero cominciato ad andarsene. E lei ancora non vedeva Dana. Le sembrava quasi incredibile di essere andata al matrimonio con lei quella mattina.
In quel momento la vide. Era in un angolo e parlava in modo furtivo con Faith. “Non si sono ancora stancate?” pensò seccata.
  Ma in quel momento Dana si voltò verso di lei e le andò incontro. Guardò Faith che le sorrise, alzando entrambi i pollici. Camminava con fare deciso e Ali capì che aveva deciso di rivelarle finalmente il fatidico segreto. Rimase in piedi immobile ad aspettare che si avvicinasse. Il suo modo di camminare aveva attirato l’attenzione di tutti gli invitati che smisero di fare quello che stavano facendo, soprattutto chiacchierare e mangiare. Dana arrivò davanti a lei e si fermò.
  «Tesoro, che c’è? Sei stata evasiva tutto il giorno. Si può sapere cosa ti prende?» le chiese Ali.
  «Devo farti una domanda» cominciò lei. Azzardò uno sguardo verso Faith e aggiunse: «Fay ha insistito che te la facessi oggi, ma in fondo è il suo matrimonio e non mi sembra giusto...»
  «Il mio matrimonio è finito Dana, non cercare scuse» ribattè l’altra. «Glielo chiedo io?»
  «No, no! Okay va bene» fece Dana nervosamente. Guardò Ali fisso negli occhi e le disse: «Non mi metterò in ginocchio. Non indosso il vestito adatto e non lo farei comunque».
  «Da-dana...» balbettò Ali. Credeva di aver capito. «Che diavolo stai...»
  «No sta’ zitta, sennò mi impappino e poi non te lo dico più!» esclamò l’altra agitando una mano per fermarla. Respirò profondamente. «Okay senti... Ali io ti amo e... oddio... Insomma» prese una scatoletta coperta di velluto blu e la aprì. Dentro c’era un anello d’oro bianco con un rubino incastonato. Ali trattenne il fiato e sentì le lacrime invaderle gli occhi. «Mi vuoi sposare?»
  «Sì» Ali sentì la propria voce pronunciare quell’unica parola prima ancora di aver capito perfettamente la domanda di Dana. La sua risposta parve eccheggiare nell’aria ferma. Il silenzio era assoluto e tutti gli occhi erano puntati su loro due. Si era chiesta cosa avrebbe potuto migliorare quella bellissima festa. Adesso lo sapeva.
 
 

 
NdA: Nuovo capitolo! Forse un po’ dolcioso, ma meno del prossimo. Cercherò di non farvi aspettare troppo, promesso! Come sempre ringrazio chi legge, recensisce et-cetera. Have fun!
 

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Capitolo 15
*** Un anello, solo un anello ***


Un anello, solo un anello

 
Ali si guardò intorno. «Oh, mio Dio» mormorò. Alzò gli occhi verso Dana e sentì una lacrima cominciare a scorrerle lentamente lungo la guancia destra. «Sì, mille volte sì. Certo che ti voglio sposare».
  Dana sorrise con gli occhi umidi e annuì, poi prese l’anello e lo infilò all’anulare sinistro di Ali. Quest’ultima si guardò la mano, poi la abbracciò d’impulso. All’improvviso con un lampo di comprensione si rivolse a Faith. «Tu sapevi tutto!» strillò.
  La sua migliore amica annuì e applaudì. Ben presto tutti la seguirono e dopo qualche istante di esitazione anche Taylor la imitò. Quello per Ali fu il momento migliore, quasi più della proposta stessa. Si avvicinò a lei e la abbracciò stretta, mormorando: «Grazie mamma».
  «Già» rispose lei. Sospirò e ricambiò la stretta. «Direi che ormai mi sono rassegnata. Dana farà definitivamente parte della nostra famiglia, giusto?»
  «Giusto. Sono contenta che adesso tu l’abbia accettato, mamma» fece Ali. A quel punto si diresse con passo deciso verso Faith. Abbracciò anche lei e le disse: «Da una parte ti odio, sappilo. Allora era questo il vostro segreto? Immagino che quando uscivate andavate a vedere l’anello, vero?»
  «Esatto» rispose Faith. «Ha fatto tutto Dana. Un giorno mi ha mandato un sms con scritto che doveva assolutamente parlarmi e che avrebbe approfittato della volta successiva in cui ti avrei telefonato. E così ha fatto. Mi ha detto che voleva chiederti di sposarla, ma che voleva farlo in maniera inaspettata e che aveva bisogno del mio aiuto. Io ho pensato che in questo periodo avreste festeggiato il vostro primo anniversario e che poteva essere carino se te l’avesse chiesto dopo il mio matrimonio. Ne ho parlato con mio marito, adoro dirlo, e lui era d’accordo con me. Vero, tesoro?»
  «È vero, Fay. Anche se allora non ero ancora tuo marito. Ma ho capito cosa intendi. Comunque sì, Ali, ero d’accordo, mi sembrava un’ottima idea. E direi che non ci siamo sbagliati».
  «Ragazzi non ci posso credere!» esclamò Ali. In quel momento arrivò anche Dana. «Mi avete ingannato per tutti questi mesi! In pratica l’unica a non sapere tutto ero io?»
  «Sì direi di sì. Anche i tuoi genitori lo sapevano» questa volta fu Dana a parlare. «Ho chiesto a tuo padre cosa ne pensava e lui mi ha detto che gli sembrava una bella idea e ne ha parlato con Taylor. Lei ovviamente non era molto d’accordo, diceva che non aveva senso che ti chiedessi di sposarmi, visto che non ha senso sposarci, dal momento che siamo due donne e il matrimonio è fatto per un uomo e una donna. Alla fine però ha detto che in fondo non aveva niente in contrario. Adesso sai tutto».
  «Non ci posso credere» ripetè Ali scuotendo la testa. Le sembrava incredibile che in quei due mesi tutte le persone più vicine a lei si fossero organizzate per prepararle quella sorpresa. «Tutti sapevano cosa sarebbe successo adesso tranne me. È incredibile».
  «Sì» rispose Faith. «Ah e naturalmente anche gli invitati erano stati messi al corrente della cosa. Bisognava creare l’atmosfera» spiegò in risposta allo sguardo scioccato di Ali. Lei si strinse nelle spalle e annuì poi se ne andò da sola gli occhi fissi sull’anello che scintillava all’anulare sinistro.
  «Tutto bene?» sentì la voce di Dana dietro di lei. Si voltò e le sorrise. «Certo!» esclamò. «Tutto benissimo, ma scherzi? Mi hai appena chiesto di sposarti non so se rendo l’idea! Me l’hai chiesto a mia totale insaputa davanti a tutta la mia famiglia dopo il matrimonio della mia migliore amica. Cosa avrei potuto desiderare di più?»
  «Non lo so» le rispose Dana sorridendo. Le mise un braccio attorno alle spalle e Ali la strinse alla vita. Sedettero su una panchina in disparte e a quel punto Dana aggiunse: «Quindi sembra proprio che noi due ci sposeremo».
  «Già» commentò Ali. Non trovò nient’altro da aggiungere. Aveva l’impressione che quel giorno fossero già state dette tutte le cose importanti. I suoi occhi cadevano sull’anello a intervalli regolari, come se ne fossero calamitati. Oltre a essere una cosa incredibile di suo, quell’anello era perfetto, proprio come si era sempre immaginata il suo anello di fidanzamento. Ma del resto Dana la conosceva, sapeva che le piacevano i gioielli d’oro bianco e non d’oro giallo e che la sua pietra preferita era il rubino.
  Dopo un po’ Ali vide Chris e Benji camminare verso di loro, con Taylor due passi dietro. Sorrise e si alzò, imitata da Dana. «Va bene. Adesso è arrivato il momento delle congratulazioni ufficiali. Giusto?»
  «Giusto, sorellina» osservò Benji. «Non pensate di poterci sfuggire per sempre! Tanti auguri, ragazze! Non vedo l’ora di sapere la data fatidica!» sorrise e le abbracciò entrambe, poi si fece da parte lasciando spazio a Chris. Anche lui le abbracciò poi disse: «Congratulazioni a entrambe. E, Dana, benvenuta in famiglia. Adesso lo dico davvero».
  «Già...» a quel punto si intromise anche Taylor, «mi dispiace per come sono andate le cose tra noi, ma capisco che voi due vi amate sul serio. Quindi lo dico anche io, Dana. Benvenuta in famiglia». Allungò la mano, ma all’improvviso cambiò idea e la strinse tra le braccia. Dana, dopo un attimo di sconcerto ricambiò l’abbraccio. Qualche istante dopo Taylor la lasciò andare e si rivolse alla figlia.
  «Ali...» cominciò con voce tremante. «Non so che cosa dirti se non... scusami. Per tutto quanto. Mi sono comportata in maniera davvero terribile, potrai mai perdonarmi?»
  «Certo mamma» rispose Ali commossa. «Certo che ti perdono. Ti voglio bene» la abbracciò e sua madre ricambiò sorridendo. Poi le disse: «Anche io ti voglio bene, piccola». Ali sorrise contro la sua spalla. Quella giornata era stata perfetta. Assolutamente perfetta.
 
 
Il mattino seguente Ali aprì gli occhi. Aveva una mano di Dana appoggiata sul fianco e invece di toglierla, le si avvicinò ancora di più. Dato che stava dormendo, Ali le diede un leggero bacio sulle labbra per svegliarla. Dana aprì gli occhi e le sorrise. «Buongiorno» mormorò.
  «Buongiorno a te» rispose Ali. Sorrise in risposta, si rannicchiò contro di lei e affondò la faccia nella sua spalla. Strofinò il naso sulla sua pelle e alla fine la baciò.
  «Come stai? È bello essere fidanzata con me? Ti senti privilegiata?» le chiese Dana con tono ironico. Ali si staccò da lei e si allontanò un po’ nel letto. «Non lo so» rispose, fingendo di pensarci. Le fece una linguaccia e aggiunse: «Quasi quasi ci ripenso».
  «D’accordo, d’accordo, come non detto» Dana si strinse nelle spalle. Si infilò una maglietta e si alzò per preparare la colazione. Ali si sdraiò di nuovo sulla schiena sorridendo tra sè. Era al settimo cielo, non avrebbe seriamente potuto essere più felice di così. Alzò il braccio sinistro e guardò il suo anello di fidanzamento, forse per la centesima volta da quando Dana gliel’aveva infilato al dito. Ne ammirò a lungo ogni angolo, ogni faccetta della pietra incastonata, ancora incredula che una cosa del genere fosse capitata proprio a lei. Poco dopo Dana tornò nella stanza con un vassoio pieno di cibo tra le mani. Si sedette sul letto e lo appoggiò sul materasso. C’era sopra veramente di tutto: le classiche frittelle ricoperte con la salsa al cioccolato, due tazze di caffè fumante, un bricco di latte e una novità.
  «I brownies?!» esclamò Ali entusiasta. «Grazie amore!»
  «Prima della cena del Ringraziamento mi avevi fatto notare che non te li avevo mai preparati, quindi ho pensato di coronare la giornata di ieri così» rispose Dana dandole un bacio sulla punta del naso.
  «Hai avuto una bellissima idea» mormorò Ali afferrando coltello e forchetta. Dana la imitò e per circa mezz’ora mangiarono in silenzio, svuotando completamente il vassoio. Dopodichè Ali si alzò e andò in cucina a mettere tutte le stoviglie sporche nella lavastoviglie. Decise di non tornare a letto e infatti qualche istante dopo vide Dana spuntare dalla loro camera.
  «Pensi che ci dovremo comportare in modo diverso da oggi?» le chiese. «Sai, in fondo siamo fidanzate, il che vuol dire che ci sposeremo. Abbiamo raggiunto un nuovo livello nel nostro rapporto».
  «Naah, io non credo» rispose Ali. «Siamo sempre noi, giusto? Questo anello per quanto meraviglioso e significativo non ci cambia. Magari fra un po’ potremo cominciare a pensare al matrimonio, ma ti avverto: voglio un fidanzamento lungo. Insomma, stiamo insieme da un anno, prima vediamo com’è. Abbiamo anche traslocato da poco, quindi prima proviamo a vivere così. Ci stai?»
  «Certo che ci sto» le disse Dana. Le diede un bacio sulla guancia e andò in bagno a lavarsi i denti. Ali la seguì. Non l’aveva detto a Dana, ma in realtà un po’ si sentiva diversa. Con quell’anello si sentiva più completa, ma sentiva che era una cosa solo sua e non voleva condividerla con nessun altro, nemmeno con la sua fidanzata. Anche se sapeva che era una cosa da adolescenti, l’unica cosa che voleva fare davvero era andare su Facebook e cambiare la sua situazione sentimentale da “impegnata” a “fidanzata ufficialmente”. Era sicura che Dana l’avrebbe presa in giro se l’avesse saputo. Lei non si interessava a quelle cose; aveva l’account su Facebook, ma solo perchè Ali l’aveva pregata di farlo.
  Dana decise di farsi una doccia, perciò Ali tornò in soggiorno e accese il computer. Mentre stava guardando le sue notifiche, Dana comparve dal bagno con addosso solo un asciugamano e una salvietta in testa a mo’ di turbante. «Che stai facendo?» le chiese.
  «Niente di che, sto aggiornando il mio stato su Facebook» le rispose Ali, reprimendo l’impulso di strapparle di dosso l’asciugamano e fare del sesso violento sul divano con lei. Dana la raggiunse e si mise dietro di lei. Poi sbuffò. «Hai messo che ti sei fidanzata ufficialmente?» le chiese con aria seccata. «Quanti anni hai, sedici?»
  «Uffa, quanto sei noiosa. Cos’hai contro i social network? È una cosa carina, non essere acida!» replicò Ali alzando gli occhi al cielo. Dana sorrise e si strinse nelle spalle.
  «Non ho niente contro i social network» osservò. «È solo che mi sembra inutile far sapere gli affari tuoi a un mucchio di sconosciuti». 
  «Ma mica sono sconosciuti! Le persone che vedono questa cosa sono Benji, Lara, Faith e tutte persone che conosco! C’è anche qualche mio amico del liceo o del college...»
  «Come vuoi» fece Dana. Le diede un bacio sulla testa e andò in camera da letto a vestirsi. Rimasta sola Ali chiuse Facebook e si alzò, raggiungendo Dana nella stanza. «Facciamo sesso?» le chiese.
  «Va bene!» rispose Dana iniziando subito a togliersi i pochi indumenti che aveva indossato. Ali la imitò e si buttò sul letto. «Ma perchè?»
  «Ne ho voglia, non per altro» fece Ali dandole un bacio sul collo. Dana finì di spogliarla con lentezza e lei rabbrividì sentendo il tocco delle sue dita sulla schiena. I suoi capelli bagnati le solleticavano il viso.  Come spesso le succedeva in quelle situazioni, per un po’ di tempo il suo cervello si scollegò e lei smise di pensare a qualsiasi cosa.
 
 
Un’ora più tardi erano ancora sdraiate nel letto. «Dana, ma non abbiamo parlato di una cosa successa ieri sera» disse Ali all’improvviso. L’altra le lanciò uno sguardo interrogativo.
  «Vale a dire?» le chiese. Ali si sdraiò sulla schiena sorridendo felice.
  «Della reazione di Taylor Donnell alla proposta di matrimonio!» rispose allargando le braccia sopra la testa. Si voltò verso Dana e vide che anche lei stava sorridendo.
  «Hai ragione. Quando ha applaudito ho creduto che ti saresti messa a piangere. Mi ha dato il benvenuto nella vostra famiglia e mi ha abbbracciata. Faccio ancora fatica a crederci».
  «Anche io. Mi ha chiesto scusa e tutto il resto. Credo che d’ora in poi non avrà più niente da ridire» rispose Ali. Restò in silenzio per qualche istante poi si diede una manata sulla fronte. «Che idiote!»
  «Che diavolo ti prende?» le chiese Dana perplessa. Ali la guardò incredula.
  «Non abbiamo dimenticato di dire a qualcuno di fondamentale che ci siamo fidanzate?»
  «Chi...?» fece Dana. Poi un lampo di comprensione passò nei suoi occhi e spalancò la bocca inorridita. «Oh, cazzo, è vero i miei! Loro non c’erano ieri sera al matrimonio!!! Dobbiamo andare da loro!» balzò dal letto e cominciò subito a vestirsi, imitata da Ali.
  Uscirono di casa e presero l’auto. Poco dopo avevano parcheggiato nel vialetto di casa Rogers e avevano suonato il campanello. La porta si aprì dopo alcuni secondi e Bob le salutò entrambe, piuttosto sorpreso. «Ragazze che ci fate qui?» chiese, spostandosi di lato per farle passare. Loro  entrarono e Dana disse: «Ciao, papà, la mamma c’è?»
  «Sì, è...» rispose lui, ma in quel momento la voce allegra di Tracy arrivò dal corridoio.
  «Ciao, Dana, arrivo subito!» subito dopo apparve in soggiorno. «Stavo sistemando i vestiti stirati. Ciao piccola» disse dandole un bacio sulla guancia. Poi vide Ali e la abbracciò. «Ah, ci siete tutte e due! Che bella sorpresa! Allora, forza sedetevi. Qual buon vento?»
  «Vento di novità, mammina cara!» rispose Dana con un sorriso. Ali le strinse la mano. «Ieri c’era il matrimonio di Faith, l’amica di Ali. È successa una cosa e... be’ dovevamo dirvela subito perchè siete gli unici a non saperlo ancora. Non avevo pensato che voi due non ci sareste stati».
  «Allora forza, raccontate!» esclamò Bob, raddrizzandosi sulla poltrona. Le due ragazze si guardarono e Ali allungò la mano sinistra. Tracy la afferrò tra le sue, incredula. Il suo sguardo passava da Ali alla figlia e viceversa, come aspettando spiegazioni. «Voglio sperare che questo non sia un anello di fidanzamento, ragazze». Loro due assunsero un’aria colpevole.
  «Che cosa?!» esclamò indignata. «Volete forse dirmi, che tu ieri sera, Dana, hai chiesto ad Ali di sposarti? Ieri, quando noi non c’eravamo? È questa la considerazione che hai verso i tuoi genitori?»
  «No mamma, vedi... io volevo chiederlo ieri ad Ali perchè sapevo che non se lo sarebbe mai aspettato, ma che ci sperava. Solo che giuro, non ho pensato che voi non ci sareste stati! Mi dispiace. Per fortuna che Ali se n’è ricordata stamattina». Sua madre incrociò le braccia.
  «Ormai mi posso fidare più di mia nuora che di mia figlia» commentò scuotendo la testa. «Almeno raccontatemelo con dovizia di particolari. Voglio sapere tutto» aggiunse subito dopo. Annuirono entrambe e Dana cominciò a raccontare, partendo dalla sua idea e lasciando ad Ali il piacere di raccontare il momento della proposta vera e propria. Alla fine della storia, Tracy era ancora molto infastidita. «Comunque sappilo Dana, ci sono rimasta piuttosto male. Spero che ti ricorderai di mandarci la partecipazione! A proposito, avete già pensato alla data?»
  «No abbiamo deciso per un fidanzamento lungo» rispose Dana. «Ali mi ha giustamente fatto notare che stiamo insieme da un anno e che ci siamo trasferite solo da qualche mese nella casa nuova. Quindi vogliamo vivere per un po’ così e vedere come vanno le cose. E non preoccupatevi, se per voi è importante, sarete i primi a ricevere l’invito!»
  «Sarà meglio!» rispose Tracy. Bob accanto a lei annuì. «Tua madre ha ragione, Dana. Ovviamente sono contento che tu e Ali vi siate fidanzate, però avremmo voluto esserci! Ma ormai è andata perciò è inutile continuare a parlarne». Fece un sorriso alla moglie e le accarezzò un braccio.
  «Sì be’, d’accordo» disse lei. «Allora... volete... volete fermarvi a pranzo?»
  «Certo, mamma, volentieri!» rispose Dana. Tracy si alzò subito e andò in cucina, sorridendo di nuovo. Poi si rivolse ad Ali e le disse a bassa voce: «Oggi non avevo per niente voglia di cucinare».
  «Sai mi sembra quasi strano, ma ho fame. Abbiamo fatto una colazione indecente oggi!» osservò Ali. Dana per tutta risposta ridacchiò. «Abbiamo fatto una discreta attività fisica dopo».
  «Anche questo è vero, in effetti» osservò Ali. Dopodichè si alzarono e chiesero a Tracy se aveva bisogno di una mano in cucina. Ali cominciò ad apparecchiare e Dana raggiunse la madre ai fornelli. Poco più tardi il pranzo era pronto e tutti e quattro sedettero a tavola.
  «Come sta Kim?» chiese Dana a un certo punto. Sua madre fece un sorriso sognante. «Lei e Jake aspettano una bambina, giusto?»
  «Sta bene! Ci ha appena telefonato e ci ha detto che manca poco più di un mese e che non vede l’ora. Stanno pensando di chiamarla Leah. Oppure... ne aveva detto un altro. Karen mi sembra».
  «Sì sono dei bei nomi. Però preferisco Leah» fece Dana. Ali annuì e si disse d’accordo con lei. Tracy le guardava continuando a sorridere. La figlia le lanciò uno sguardo interrogativo.
  «Che c’è mamma?» le chiese.
  «Ma guardatevi» rispose. «Lì sedute vicine... siete bellissime! Veramente, Ali sto cominciando a benedire il giorno in cui Dana ti ha conosciuta in quel centro commerciale. Lisa sembrava quella giusta, ma a quanto pare ci eravamo sbagliati. Dico questo perchè quando Dana ci aveva detto di averla lasciata per te... non ero molto dell’idea. Ma adesso... mi rendo che siete assolutamente fatte l’una per l’altra. Insomma quello che voglio dire è... Ali benvenuta nella nostra famiglia».
  Si alzò e fece il giro del tavolo per abbracciare una stupefatta e commossa Ali. «Grazie» balbettò lei. «Io... non so cosa dire. Sono felice di aver reso felice vostra figlia. E voi».
  «Non so cosa farei senza di te Ali» s’intromise Dana. «Mi hai cambiato la vita e l’hai resa speciale. E pensare che quando ti ho detto che mi ero innamorata di te credevo che mi avresti odiata. Invece subito dopo tu eri venuta a casa mia per dirmi lo stesso. Ti amo».
  «Va bene, ragazze, smettetela» disse Bob alzandosi a sua volta e costringendosi la moglie e la figlia a sedersi di nuovo. «Non vedete che me la mettete in imbarazzo così? I complimenti vanno fatti un po’ alla volta». Si sedettero di nuovo tutti e lui le sorrise e lei ricambiò. «Grazie Bob» gli rispose, pensando che da quando l’aveva conosciuto non l’aveva mai sentito pronunciare così tante parole di fila. A un certo punto Tracy riprese la conversazione interrotta prima di pranzare.
  «Ali a proposito, tua madre come l’ha presa?» le chiese. Ali fece un gran sorriso.
  «Bene!» esclamò. «Benissimo! Veramente, quando Dana me l’ha chiesto ha applaudito con tutti gli altri, poi ha abbracciato Dana e mi ha chiesto scusa. Non avrei potuto desiderare di meglio!»
 
 
Più tardi nel pomeriggio Ali e Dana tornarono a casa. Mentre guidava la prima chiese: «Cosa vi era preso a te e tua madre oggi a pranzo? Tu non sei mai così sdolcinata e lei... beh non ho mai sentito tanti complimenti tutti insieme».
  «Non lo so. Lei ha cominciato a dire quelle cose e io mi sono lasciata trascinare» rispose l’altra. Ali annuì e approfittò di un semaforo rosso per darle un bacio veloce. «Comunque anch’io ti amo» disse.
  «Certo, lo so» commentò Dana mentre ripartivano.
  A casa passarono la serata chiacchierando degli ultimi due giorni che per la quantità di cose successe, valevano quasi come due settimane. Alla fine l’essersi dimenticate dei genitori di Dana si era risolto nel migliore dei modi, con un invito a pranzo e una sfilza di complimenti che Ali non si sarebbe mai aspettata. Si rannicchiò sul divano e appoggiò la testa alla spalla di Dana che l’abbracciava e intanto andarono avanti a guardare il film che aveva deciso di vedere, Grease.
  Quando finì Dana si allontanò da Ali per guardarla negli occhi. «Sei felice?» le chiese.
  «No» rispose subito Ali. «Sono molto, molto più che felice».

 
 
NdA: Ecco il nuovo capitolo! Speravo di riuscire ad aggiornare prima, ma un po’ gli impegni e un po’ il capitolo in sè me l’hanno impedito. Comunque spero vi piaccia e come sempre ringrazio tanto chi legge, recensisce e preferisce. Have fun!
 

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Capitolo 16
*** Nuovo arrivo ***


Novità in arrivo

 
Durante quel pranzo, subito dopo la proposta di matrimonio avevano parlato della figlia di Kim. E un mese più tardi il 15 luglio alle nove e mezza di mattina, Leah Greene fece la sua comparsa nel mondo. Ali rispose alla telefonata di un’emozionatissima Tracy solo trenta minuti dopo. Lei e Dana erano a letto, impegnate a fare qualsiasi cosa fuorchè dormire. Quando squillò il telefono, Ali salì sopra la fidanzata e la imprigionò tra le sue ginocchia, poi prese il cordless.
  «Pronto?» rispose.
  «Ali, ciao!» disse la voce di Tracy, un po’ sorpresa. «Hai il fiatone, va tutto bene?»
  «Tracy!» esclamò Ali. Dana sotto di lei spalancò gli occhi. «Sì, tutto bene, stavo solo facendo, sai... un po’ di ginnastica». A queste parole, Dana scoppiò a ridere e per non farsi sentire afferrò il cuscino di Ali e se lo premette sul viso. Quest’ultima, sforzandosi a sua volta di restare seria, la colpì forte sul braccio. «Che succede? Ci sono novità?»
  «Sì, in effetti» fu la risposta. «Volevo dirvi che Kim ha avuto la bambina poco fa! Siamo in ospedale!»
  «Ma è fantastico!» strillò Ali. «Ti passo Dana». A questo punto si lasciò cadere di nuovo sul materasso accanto a Dana e le allungò il telefono.
  «Ciao mamma!» rispose lei. Dopo qualche istante aggiunse: «È meraviglioso! Certo che veniamo in ospedale! Ci vediamo fra poco, ciao!!» chiuse la comunicazione e appoggiò il telefono sul comodino.
  Subito dopo baciò Ali ed entrambe si alzarono raccogliendo i loro vestiti sparsi su tutto il pavimento e indossandoli. Poi andarono a fare colazione e poco più tardi erano in viaggio verso l’ospedale. Dana sorrise per tutto il viaggio in macchina e continuò anche quando arrivarono in ospedale.
  «Amore, sembri pazza» le disse Ali a bassa voce mentre si avvicinavano all’accettazione. Dana fece una risatina e ricompose la propria espressione in una più neutra.
  «Buongiorno» disse all’infermiera dietro al bancone. «Potrebbe dirmi dove si trova la camera di Kimberly Greene? Si trova in ginecologia, insomma, è una neomamma».
  «Certo. Terzo piano, corridoio 4 camera 2213. Voi siete sue parenti?» replicò l’infermiera.
  «Sì io sono la sorella e questa è la mia fidanzata. Grazie mille» disse Dana, poi prese Ali per mano e andarono a prendere l’ascensore. Non si lasciarono la mano neanche per un attimo e quando finalmente arrivarono al terzo piano e si incamminarono verso la camera di Kim, si attirarono gli sguardi di molte persone. E non tutti erano semplicementi curiosi. Ad un certo punto una donna, una paziente a giudicare dall’abbigliamento, aveva esclamato rivolgendosi direttamente a loro: «Non vi vergognate? Qua ci sono dei bambini piccoli, volete che vedano una cosa del genere appena nati?»
  «Potrei farle la stessa domanda» rispose Ali. «Senta signora, glielo chiedo con gentilezza, ma non ha niente di meglio da fare che guardare in che modo camminano gli altri? Perchè non torna in camera e non se ne sta un po’ con suo figlio?»
  «Brava, tesoro, bella risposta» le disse Dana dandole un bacio sulla guancia, mentre la donna si allontanava. Erano arrivate al corridoio 4. La camera 2213 era la seconda sulla sinistra. Entrarono e videro che Kim era semisdraiata nel letto ed era sola.
  «Kimmy!» esclamò Dana quando la vide. Entrò nella stanza e abbracciò la sorella, che ricambiò il saluto con analogo entusiasmo. Ali rimase in disparte, ma Kim la vide e le sorrise.
  «Ali, vieni qui! Abbracciami!» esclamò, perciò Dana la prese per un braccio e la spinse avanti. Ali la abbracciò, ma all’improvviso l’altra le afferrò la mano sinistra. «E questo cos’è?»
  «Un anello di fidanzamento, Kim» rispose Dana, con un gran sorriso. Kim fece un’espressione incredula e guardò la sorella.
  «Vuoi dire che tu... tu gliel’hai chiesto?» le domandò meravigliata. Dana annuì. Kim si rivolse di nuovo ad Ali. «Quando è successo?» le chiese.
  «L’altro ieri» rispose Ali, con gli occhi che le brillavano ancora al solo pensiero. «C’era il matrimonio della mia migliore amica e lei e tua sorella avevano in serbo una “sorpresa” per me. Alla fine della cerimonia Dana mi si è avvicinata e me l’ha chiesto!»
  «Hai capito la sorellina?» fece Kim, con sguardo leggermente ironico. «E brava la nostra Dana... avete già visto la mia bambina? Il nido è nel corridoio principale».
  «Non ne abbiamo avuto l’occasione» rispose Dana. Ali scosse la testa. «Siamo state interrotte da una tipa simpaticissima che aveva dei problemi sul fatto che ci stessimo tenendo per mano».
  «Sì ci sono sempre le persone strane. Lasciatele perdere. Dai, vengo con voi a vedere Leah, non ne ho ancora abbastanza. Andiamo!» disse Kim, dopodichè si alzò dal letto e le precedette fuori dalla stanza. Andarono tutte e tre al nido, dove i neonati erano sdraiati nelle culle di plastica. Leah era in prima fila, avvolta in una copertina rosa. Un cartellino con disegnata Cenerentola, dava le informazioni più importanti. Restarono tutte e tre a guardarla per un po’, immobili. Fu Dana a rompere il silenzio.
  «È bellissima, Kimmy, davvero» disse, utilizzando il soprannome che tutti usavano in  famiglia, da prima che Dana nascesse. «Ti assomiglia molto. Ma Jake, la mamma e papà? Non ci sono?»
  «Jake torna subito, era andato a prendere un caffè» rispose Kim e Ali, senza farsi vedere alzò gli occhi al cielo. Non aveva voglia di vederlo. «Mamma e papà sono usciti, poco prima che arrivaste voi».
  «Mi avrebbe fatto piacere vederli» commentò Ali, che non poteva dire lo stesso del futuro cognato. «E Leah è davvero stupenda, congratulazioni, Kim».
  Mentre erano ancora appoggiate al vetro, arrivò Jacob con un bicchiere di caffè in mano. Vide Ali e Dana e si fermò. Poi fece un sorrisetto.
  «Ma guarda chi c’è!» esclamò. «La coppia d’oro! Siete venute a vedere nostra figlia?»
  “Ma guarda chi c’è!” pensò Ali. “Il cognato stronzo! Sei venuto a rompere le palle?”. Però non espresse niente di tutto ciò ad alta voce: non aveva ancora dimenticato il litigio con Dana a Natale.
  «Hai visto?» replicò Dana con un sorriso falso. «E la sai l’ultima? La coppia d’oro si sposa!»
  «Stai scherzando?» disse Jacob. «Vuoi dire che fate il grande passo, DeeDee? Ma potete? No perchè... insomma, non se sarei tanto sicuro. Ma chi l’ha chiesto a chi?»
  «Jake...» cominciò Kim in segno d’avvertimento e lui fece uno sguardo innocente.
  «Dana l’ha chiesto a me, l’altro ieri dopo il matrimonio della mia migliore amica» gli rispose Ali, cercando di controllare l’istinto di lanciargli qualcosa. Nonostante il discorso che aveva fatto con Dana, era più forte di lei: Jacob continuava a starle antipatico. «E ci sposeremo, che tu sia sicuro o meno».
  Dana le diede una gomitata nelle costole e le sibilò nell’orecchio: «Piantala, ne abbiamo già parlato. Non litigare con lui, ti prego. Capisco che possa darti fastidio, lo da anche a me».
  «Va bene, va bene» bisbigliò Ali seccata. «Perchè devo adattarmi sempre io, però?» incrociò le braccia e guardò di nuovo la bambina all’interno del nido. In quel momento si era svegliata e agitava le braccine sotto la coperta. Spalancò i grandi occhi blu e si guardò intorno con aria interessata.
  «Oh, ma guardatela!» esclamò Kim, in uno stato simile all’adorazione. «È fantastica mia figlia».
 
 
Più tardi, dopo aver salutato Kim e Jacob, Ali e Dana tornarono a casa. Avevano ancora in mente la mattinata, la donna troppo suscettibile, Leah nel nido e l’incontro con Jacob.
  «Comunque Jacob non mi piace, non posso farci niente» commentò Ali a un certo punto. Dana si voltò verso di lei e sospirò.
  «Lo so, neanche a me sta molto simpatico, ma cosa ci possiamo fare? È il marito di mia sorella, è uno di famiglia. Non posso certo cacciarlo» rispose.
  «Ma certo, questo lo so. Però mi da fastidio che qualunque cosa succeda, quella che deve stare zitta sono sempre io. Non è giusto! È perchè sono l’ultima arrivata? È perchè loro sono sposati?»
  «Non essere sciocca, non è per quello. È che... non lo so, Jake è sempre stato ben visto in famiglia e i miei lo adorano, non chiedermi perchè, a quanto pare è un buon partito e quindi tutti sorvolano sul fatto che a volte faccia delle battute un po’ pesanti» disse Dana.
  «Cioè, è ricco e influente? Quindi se lo tengono stretto e gli perdonano tutto perchè hanno paura che potrebbe scappare?» le chiese Ali scettica.
  «Sì, qualcosa del genere» rispose Dana. Ali si strinse nelle spalle. «D’accordo» commentò, anche se in realtà non era d’accordo per niente. Arrivarono a casa e Ali ruppe il silenzio all’improvviso.
  «Ti piacerebbe avere un figlio?» chiese. Dana stava andando in camera da letto e si bloccò. Si voltò verso di lei e la guardò per qualche istante in silenzio.
  «Un figlio? Non lo so... Ma lo dici perchè hai visto Leah oggi? O lo vuoi di tuo? Perchè quando eravamo venute a vedere la casa la prima cosa che mi hai detto era stata che ti immaginavi il giardino con i nostri figli sulle altalene. Ti rispondo come l’altra volta. Un figlio è un passo importante e prima è meglio se... vediamo come va la vita a due» rispose.
  «D’accordo, d’accordo, era solo un’idea!» disse Ali sollevando le mani in segno di resa. Dopo un po’ le venne in mente che di sicuro la prossima a restare incinta sarebbe stata Faith. Lei aveva sempre voluto un figlio, Ali lo sapeva e ora che era sposata non avrebbe aspettato troppo tempo. I bambini non ti avvisano, è vero, ma Ali aveva la sensazione che entro qualche mese la sua migliore amica le avrebbe detto che stava per diventare mamma. E lei non vedeva l’ora che arrivasse quel momento. Guardò Dana. “In attesa che arrivi anche il mio turno, però”.
  Non sapeva perchè, ma aveva la sgradevole sensazione che, anche qualche anno più tardi, avrebbe avuto difficoltà nel convincere la sua fidanzata ad avere un figlio. Decise di parlargliene. In fondo lei gliel’aveva chiesto in generale, non come qualcosa da far succedere subito e la reazione di Dana le era sembrata fin troppo decisa, come se appunto, in realtà non volesse avere figli. La seguì in camera da letto per parlarle. Dana si era appena cambiata e ora indossava la solita tuta casalinga. Perfino così era sexy, secondo Ali. Ma non era il momento di perdere la testa.
  «Dana» le disse, sedendosi sul letto. Lei non si voltò e si chiuse la cerniera della felpa.
  «Mh?» rispose. Ali si guardò le mani, pensando a come porre la domanda. Non voleva che suonasse come un’accusa, e si sforzò per non farlo succedere.
  «Riguardo al discorso di prima. Voglio che tu sia completamente sincera con me. Quindi devi dirmi la verità. Tu... tu non vuoi figli, giusto?» Dana si voltò verso di lei e aprì bocca per parlare, ma Ali la anticipò. «Non sto dicendo adesso, o tra due anni. Dico... in generale. Tu non immagini un figlio nella tua vita, vero? Dimmi quello che pensi, voglio che ne parliamo. Io... io voglio un figlio, o più di uno e soprattutto voglio averli con te. Quindi... dimmi, tu che ne pensi?»
  «Ali ascolta...» le disse Dana sedendosi accanto a lei. «Non è che non voglio un figlio. È che... in realtà non ci ho mai pensato. Credo di essere spaventata all’idea di avere un figlio. Ho paura di non essere all’altezza, ho paura che se dovessimo deciderlo, poi potrebbe prendermi il panico e penso che sarei capace di abbandonarti. Credimi mi conosco. E non potrei mai, mai farti una cosa del genere».
  Ali la guardò a lungo, senza parlare. «Io mi fido di te» mormorò. Poi si alzò e tornò in soggiorno. L’aveva sospettato, ma aver parlato con Dana, aver capito di cosa aveva veramente paura, l’aveva resa più forte, adesso sapeva come affrontare l’argomento. Si strofinò l’anello con il pollice, un’abitudine che aveva preso da qualche giorno. Le piaceva sentirlo, anche se sapeva di averlo sempre al dito. Poco dopo Dana arrivò e si sedette accanto a lei sul divano. «Ne potremo parlare, allora» annunciò.
  Ali sorrise felice. «Grazie, amore» le disse, poi la baciò e appoggiò la testa alla sua spalla. Avrebbe aspettato, avrebbe seguito il corso degli eventi, sperando che prendessero una piega che piaceva anche a lei. Lei e Dana avrebbero discusso e sarebbero riuscite ad aggiustare le cose, come sempre.
 
 
Erano passati cinque mesi dal suo matrimonio e, come Ali aveva previsto, Faith un giorno di novembre le telefonò annunciandole di aver scoperto che a giugno avrebbe avuto un figlio. L’amica era elettrizzata dalla notizia. «Fay, è fantastico, sono contentissima per te!» esclamò. «L’ho sempre saputo, da quando siamo diventate amiche, che tra noi due la prima ad aver avuto un figlio saresti stata tu».
  «Già, mi ricordo» commentò Faith. «Non ho voluto aspettare troppo perchè sai, non sono più una ragazzina e sono felice di esserci riuscita così in fretta. Sono al settimo cielo, davvero».
  «Me lo immagino» fece Ali. Poi le chiese: «E Dan? Lui come l’ha presa?»
  «Dan? Lui è... lui è contentissimo, non riesco neanche a descriverti quanto, te lo devi immaginare da sola. Ma dimmi una cosa, Donnell. Tu? Tu quando avrai dei figli? Ne hai mai parlato con Dana?»
  «Sì ne abbiamo parlato, poco dopo che è nata sua nipote» rispose Ali. Pensò che da allora non avevano più toccato l’argomento. «Lei... non è molto convinta. Prima mi diceva che voleva aspettare e vedere come va la vita a due. Ma io sono andata più a fondo, l’ho interrogata e in realtà mi ha detto che è spaventata, che ha paura di non essere all’altezza, che se dovessimo deciderlo, poi lei potrebbe pentirsi e piantarmi in asso. Non so cosa pensare» concluse infine.
  «Io credo che andrà bene, Ali» disse la sua migliore amica, improvvisamente molto più seria. «Insomma, lei ti ama da morire, chiunque se ne accorgerebbe e secondo me non farebbe mai una cosa del genere. Sono sicura che sarebbe felice di avere un figlio con te».
  «Grazie, Fay» le rispose Ali, con un sorriso. Ce l’aveva fatta ancora una volta, era riuscita a sistemare le cose. «Non so cosa farei senza di te, riesci sempre a farmi sorridere. Sei stupenda».
  «Lo so, lo so» sospirò Faith con finta modestia. Poco dopo decisero di salutarsi e riagganciarono. Poi Ali andò in soggiorno ad aspettare Dana e intanto accese la televisione. Era sabato perciò Ali era a casa dall’ufficio, ma Dana era dovuta andare al ristorante. Intanto pensò alla conversazione avuta con la sua migliore amica. Sperava che avesse ragione, che Dana l’amasse davvero così tanto da decidere di non scappare nel caso avessero deciso di avere un figlio.
  Poco dopo Ali sentì la chiave infilarsi nella serratura e Dana entrò in casa. «Ciao, Ali!» esclamò, vedendo la sua testa spuntare dallo schienale del divano. Lei alzò un braccio e lo agitò. Dana si tolse la giacca e appoggiò la borsa sulla credenza nell’ingresso, poi raggiunse Ali sul divano e le diede un bacio sullo zigomo. Ali si girò e le sorrise. «Ciao, tesoro» disse Ali a bassa voce. «Indovina?»
  «Che succede?» le chiese Dana con uno sguardo interrogativo. Ali spense la televisione e si voltò con tutto il corpo verso di lei. «Ha telefonato Fay quando eri al lavoro. E sai cosa mi ha detto?»
  «Non lo so» rispose Dana. «Che cosa ti ha detto?»
  «È incinta» annunciò Ali. «Aspetta un bambino per giugno e mi ha chiesto quando ne avremo uno noi! Io le ho risposto che non lo so perchè tu non vuoi...»
  «Io non ho mai detto che non voglio!» ribattè Dana indignata, incrociando le braccia. «Ho solo detto che sono un po’ spaventata e che prima dobbiamo parlarne con serietà!»
  «Ma Dana, lo so!» rispose Ali ridendo e accarezzandole una guancia. «Ti stavo solo prendendo in giro! Lo so che la realtà è quella, infatti è quello che ho detto a lei... Lo sai che ti amo».
  «Non puoi averla sempre vinta così, però» replicò Dana fingendosi irritata e lasciandosi baciare. Si voltò verso lo schermo scuro del televisore, poi però guardò di nuovo Ali e sorrise.
  «Quindi tu vuoi avere un figlio?» le chiese e Ali annuì. «Allora parliamone. Seriamente però. E comunque se dobbiamo avere un figlio, prima voglio che ci sposiamo. Preferisco... avere una situazione più stabile, insomma... se siamo sposate è più difficile che io scappi».
  «Tesoro» disse Ali avvicinandosi ancora di più a lei e prendendole una mano, «te l’ho già detto, io ho completa fiducia in te. Perchè hai così paura che potresti scappare? L’hai già fatto in passato?»
  «No...» rispose Dana, in tono poco convinto. Ali la guardò scioccata, aveva capito che l’altra non diceva la verità. «Non proprio in realtà. Quando... quando avevo ventitrè anni stavo con una ragazza da due anni e lei a un certo punto mi ha chiesto di sposarla. Io mi sono spaventata e le ho detto di no e poi me ne sono andata e non l’ho più vista da allora».
  «D’accordo, ma...» disse Ali. Non capiva dove fosse il problema. «Eri una ragazzina, adesso sei cresciuta. Insomma, guarda cos’hai fatto quest’anno. Sbaglio o sei stata tu a chiedermi di sposarti? Può darsi che tu non sia pronta a diventare mamma e lo rispetto, voglio solo che ne parliamo e se prima ti vuoi sposare per me va bene!»
  «Grazie, Ali» rispose Dana abbracciandola. «Hai ragione, come sempre. Non so come farei senza di te, mi sentirei perduta, penso». Si alzò e visto che era quasi ora di cena andò in cucina a preparare qualcosa da mangiare. Ali la guardò allontanarsi con un lieve sorriso che le si allargava sul viso. Dana, la sua Dana, aveva paura di farla soffrire, ma lei le aveva parlato ed era riuscita a farla sorridere ancora. Soddisfatta di se stessa si alzò e la raggiunse in cucina. La abbracciò da dietro e le diede un bacio sotto l’orecchio. Dana rabbrividì.
  «Se intanto ti risparmi» le disse. «Stanotte ti faccio andare sulle montagne russe. Dobbiamo approfittarne adesso, perchè se poi davvero avremo un figlio, non so se avremo molto tempo libero».
  «Giusta osservazione» fece Ali, «perciò in pratica vuoi utilizzare tutti i biglietti disponibili adesso, in modo che se mai in futuro dovessimo avere un figlio, abbiamo già giocato tante volte sulle montagne russe? Comunque direi che ci sto».
  Cenarono e dopo il gelato e un po’ di televisione andarono in camera da letto e andarono a lungo sulle montagne russe. Quando alla fine si addormentarono Ali pensò a quel giorno. La sua migliore amica stava per diventare mamma e lei era riuscita a fare un discorso serio a riguardo con Dana. Si voltò verso di lei e anche se stava dormendo le diede un bacio sulle labbra e si avvicinò a lei, abbracciandola. Poi chiuse gli occhi e poco dopo si addormentò, felice.

 
 
NdA: Ecco qui, nuovo capitolo nuove avventure! XD no seriamente, spero vi piacca e il solito grazie a chi legge, recensisce eccetera. Have fun!

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Capitolo 17
*** Serate in compagnia ***


Serate in compagnia

 
Era iniziato l’inverno a Seattle, e dopo un Ringraziamento di coppia, quando arrivò dicembre Ali e Dana si ritrovarono a festeggiare il loro secondo Natale insieme. Questa volta, per sdebitarsi dell’anno precedente, il pranzo si sarebbe svolto a casa Rogers, con gli stessi ospiti. Ci sarebbero state Ali e Dana, i genitori di entrambe e i fratelli con le rispettive famiglie. In più però, ci sarebbe stata Leah, la figlioletta di Kim e Jacob. Ormai aveva quasi sei mesi ed era davvero adorabile, tentava di mettersi seduta da sola e all’improvviso scoppiava a ridere con voce squillante.
  A novembre, poco dopo aver saputo della gravidanza di Faith, Ali e Dana avevano deciso che per il Ringraziamento avrebbero fatto una cena tranquilla, solo loro due. Quell’anno le festività natalizie furono molto diverse rispetto a quello prima. Avevano comprato un albero di Natale, finto, e diverse decorazioni e avevano passato il giorno prima la festa del Ringraziamento ad addobare la casa per Natale. Era stato bellissimo trascorrere il pomeriggio così, rendendo la loro casa decorata e allegra. Poi sempre a differenza dell’anno precedente quell’anno c’erano anche dei regali sotto l’albero. Se li sarebbero scambiati la mattina di Natale. E non solo per loro due. Dana aveva scelto i regali per Kim e Jacob, dato che conosceva i gusti di entrambi: un maglione per lui, un profumo per lei e un peluche per Leah. Ali aveva fatto lo stesso con il fratello e la sua famiglia.
  Invece la sera del Ringraziamento avevano ordinato cinese e guardato un musical in DVD. Il giorno dopo avevano ricevuto una telefonata in cui Tracy chiedeva loro se volevano partecipare al pranzo di Natale. Loro ovviamente non si fecero pregare e il 25 dicembre si presentarono in perfetto orario a casa Rogers. Entrambe sfoggiavano il loro regalo di Natale: Ali una collana con le lettere pendenti che formavano le parole “Ali+Dana” e la sua fidanzata, per una semplice coincidenza un braccialetto con due ciondoli, la A e la D. Kim era già arrivata, annunciò Tracy, perciò Dana andò subito a cercare la nipotina e riapparve pochi istanti dopo con lei in braccio che rideva allegramente.
  «Non vedeva l’ora di vedermi, me l’ha fatto capire» disse mentre tornava in soggiorno. Lei e Ali salutarono Kim e Jacob quando li videro, a poco a poco arrivarono tutti gli ospiti e la casa si riempì. Deena e Sam erano elettrizzati all’idea di conoscere la nuova arrivata e Taylor, per la prima volta da che la conosceva, quando vide Dana le andò incontro e la abbracciò stretta. Aveva già salutato la figlia che aveva risposto alla sua domanda, spiegandole dove fosse Dana. Quando furono arrivati tutti si sedettero a tavola e iniziarono a pranzare. Ad un certo punto Chris chiese alle due ragazze: «Allora diteci un po’. Avete pensato alla data per le nozze, voi due? Ne avete mai parlato?»
  Ali e Dana si guardarono. «Sì, ne abbiamo parlato» disse la prima. In effetti ne avevano parlato. Durante l’estate, in vacanza in Florida e anche quando erano tornate a casa. Ci avevano pensato a lungo e avevano concluso che un periodo interessante poteva essere l’inizio dell’autunno successivo, ma senza andare troppo nello specifico. Ali aveva detto di volere un fidanzamento lungo, ma in realtà non riusciva ad aspettare troppo prima di sposarsi con Dana. All’improvviso Taylor, con la sua solita aria di urgenza si era inserita nella conversazione.
  «Però dovete cominciare a pensare a una data vera» disse, «manca meno di un anno, lo so che adesso sembra tanto, ma fidatevi il tempo vola in queste situazioni e senza che ve ne rendiate conto mancheranno pochi mesi e l’organizzazione del matrimonio sarà incombente e all’improvviso penserete che non riuscirete a fare tutto».
  «Grazie mamma, lo terremo presente» rispose Ali, con la solita punta d’ansia che le veniva da un normalissimo dialogo con sua madre. Dana la guardò e le sorrise con aria rassicurante. Tracy guardò Taylor e aggiunse: «Tua madre ha ragione, Ali, dovete cominciare a pensare subito a una data. Secondo me settembre è un bellissimo periodo, potete farlo in quel parco carino dove abbiamo fatto la tua festa di laurea, Dana. Mi sembra un bel posto per un matrimonio. Fatemi sapere e mi informo, va bene?»
  «D’accordo, mamma, ti faremo sapere. Quel posto è carino, lo prendiamo in considerazione» rispose Dana. Tracy le sorrise e lanciò uno sguardo d’intesa a Taylor che annuì. Ali le tenne d’occhio e bisbigliò all’orecchio della fidanzata: «Tesoro, siamo fregate, Tracy e Taylor si sono alleate per il nostro matrimonio, dovremo guardarci le spalle ancora di più».
  «Hai ragione, Ali» osservò Dana sembra a voce bassissima, «quasi quasi preferivo quando non si sopportavano. Immagino che adesso verremo perseguitate giorno e notte, con domande e suggerimenti costanti. Saranno mesi molto duri, amore mio».
  A quel punto Bob ebbe il buonsenso di introdurre un argomento completamente diverso, guadagnandosi un’occhiata colma di gratitudine dalle due ragazze. Benji lanciò uno sguardo ironico alla sorella che rispose alzando gli occhi al cielo. Andarono avanti a mangiare tranquilli per un po’, finchè Leah non decise di ricordare ai presenti che c’era anche lei. Kim si alzò da tavola di scatto e corse a prenderla, spuntando poco dopo di nuovo in soggiorno con la bambina in braccio, che nel frattempo aveva già magicamente smesso di piangere.
  «Ciao, tesoro!» esclamò Tracy alzandosi anche lei e andando verso di loro. «Vieni dalla nonna! Posso prenderla, vero Kimmy? Vieni qua, Leah». Kim le passò la bambina e lei si sedette sul divano. Poco dopo tutti gli altri finirono di mangiare e si unirono a lei, con Deena e Sam che reclamavano a gran voce i loro regali. Perciò gli adulti decisero che per un po’ si sarebbero dedicati a quello. Qualche istante dopo Sam correva per il soggiorno brandendo la mazza da baseball di gommapiuma regalatagli dalle due zie e gridando a suo padre di giocare con lui. Benji dopo un po’ decise di accontentarlo e uscirono in giardino, dove restarono a giocare per più di un’ora. Deena, invece, era seduta sul divano e chiedeva a sua madre se potevano iniziare a vedere Ribelle – The Brave, il DVD che aveva appena ricevuto in regalo.  Alla fine riuscì a spuntarla e tutta la famiglia si riunì in soggiorno per guardare insieme il film. Fu un bel modo di finire il pomeriggio.
 
 
Più tardi tutti si salutarono e Ali e Dana tornarono a casa, dopo aver aiutato Tracy a sistemare un po’ di cose. Mentre erano in auto entrambe pensavano ai discorsi sul matrimonio avvenuti a pranzo. Ali sospirò una volta e poi un’altra. Dana la guardò.
  «Che c’è?» le chiese. Lei si strinse nelle spalle. «Niente» rispose. «È stata una bella giornata. Jacob è stato tranquillo, poi. E ho la sensazione che siamo diventate ufficialmente una coppia che si sposerà. Verremo sicuramente tormentate, interrogate e quant’altro dalle nostre madri nei prossimi mesi».
  «Sì infatti» osservò Dana. «Dovremo prepararci e organizzare delle difese in tempo. Ribadisco quello che ho detto a pranzo, era quasi meglio prima. Non dico quando tua madre mi odiava, però quando lei e la mia non si conoscevano tanto bene da decidere di allearsi contro di noi».
  «Sono d’accordo con te» disse Ali. Appoggiò il mento in una mano e si mise a guardare fuori dal finestrino. «Comunque sono contenta per come è andata questa giornata. Poi pensando al Natale dell’anno scorso... non avevamo addobbato la casa, non ci eravamo regalate niente. Quest’anno è andata molto meglio direi».
  «Però pensa alla situazione in cui eravamo l’anno scorso. Non avevamo una casa vera e propria, praticamente eravamo delle nomadi» replicò Dana. «Poi per quanto mi riguarda, tra tutto quello che è successo il Natale era arrivato troppo in fretta per i miei gusti». Ali si disse d’accordo con lei.
  Arrivarono a casa e ripiombarono nella realtà. Ad entrambe venne in mente che il giorno dopo dovevano tornare al lavoro. Ali non aveva voglia di rivedere Tina. Erano cambiate tantissime cose nella sua vita in quegli ultimi anni, ma una cosa era rimasta sempre la stessa: Tina Brewer e il rapporto che Ali aveva con lei. Lavorava in quel posto da cinque anni ormai e la sua capa non era mai cambiata di una virgola. Stesso viso, stessi occhiali, stesso taglio di capelli e stesso tipo di vestiti. Ali non credeva di conoscere qualcun altro con una vita tanto monotona. “Per forza che è così antipatica” pensò.
  «Tu sei fortunata» disse a Dana mentre guardavano la televisione sedute sul divano. La sua fidanzata si voltò verso di lei con sguardo interrogativo.
  «Perchè dici così?» le chiese. Ali si strinse nelle spalle. «Perchè tu per lavoro fai qualcosa che ti piace davvero. Sei riuscita a trovare un lavoro nel campo che davvero ti appassiona. Non come me» disse.
  «Io non capisco perchè non te ne vai» le rispose Dana. «Il lavoro non ti piace, la tua capa è una stronza... credo che dovresti andartene e cercare qualcosa di meglio».
  «Non è che il lavoro non mi piace, in sè» osservò Ali. «Credo che non sarebbe male, ma Tina è obbiettivamente una stronza e alla fine me lo fa odiare. Vuoi sapere perchè non me ne vado?» le chiese. Dana annuì. «Per lo stipendio. Chiamami venale, ma è così. La paga è strepitosa, è l’unico motivo per cui rimango. Mi sono informata e nessun’altra azienda da uno stipendio del genere».
  «Per i soldi? Sul serio solo per i soldi? Wow, devi avere davvero una busta paga incredibile. Insomma ho conosciuto Tina e non capisco come fai a sopportarla da cinque anni».
  «Ho imparato un’efficace tecnica di autocontrollo per quello» le spiegò Ali. Sorrise, allungò il collo e la baciò, poi si alzò dal divano per andare a lavarsi i denti. Dana la seguì e quando entrò nel bagno la abbracciò alla vita e appoggiò il mento sulla sua spalla.
  «Ti adoro» disse. «Davvero. Per... per quello che sei, per quello che fai, per avermi scelta. Ti adoro». Ali le sorrise nello specchio, ma non disse niente perchè aveva la bocca piena di schiuma. Poi sputò nel lavabo e ribattè: «Fa conto che te l’abbia detto anch’io». Dana sbuffò e si staccò subito da lei. «Non mi dai mai una cavolo di soddisfazione» si lamentò.
  Si buttò sul letto fingendosi offesa, sicura che Ali l’avrebbe raggiunta subito. Lei infatti non si fece attendere. Spense la luce del bagno e si lanciò sul materasso accanto a Dana. Le mise un braccio attorno alla vita e appoggiò la guancia sul suo braccio. Poi sorrise. «Dai scherzavo» disse. «Lo sai che ti amo. E lo sai che ti ringrazierò sempre per avermi dato il coraggio di dirti che mi ero innamorata di te. Se tu non fossi piombata in casa mia a dirmelo io probabilmente non te ne avrei mai parlato».
  «Già...» disse Dana sorridendo. «Tutta quella storia, tu avevi lasciato Josh e me l’hai detto, poi io ho lasciato Lisa, ti ho detto che mi ero innamorata di te e tu mi hai detto lo stesso. Mi avevi raccontato tutta la storia. Ma davvero non volevi dirmi niente?»
  «No, non avevo il coraggio» replicò Ali. «Avevo paura che tu non ricambiassi i miei sentimenti e che ti avrei persa come amica. La tua illuminazione è stata davvero fondamentale». Era strano parlare di quella storia in quel momento, dopo tutto quel tempo. Dana le diede un bacio sulla testa e allungò il braccio per spegnere la luce. Poi lo mise di nuovo attorno al corpo di Ali che si rilassò contro di lei.
 
 
Il mattino dopo Ali era al lavoro da un paio d’ore e non ne poteva già più di Tina. L’aveva chiamata nel suo ufficio a intervalli di dieci minuti ogni volta con un pretesto assurdo. La prima volta l’aveva tenuta lì mezz’ora perchè non trovava delle fotocopie che poi erano sulla sua scrivania. Un’altra invece le aveva chiesto di portarle degli appunti che Ali le aveva già portato la settimana prima. Oppure per farle fare delle fotocopie o per darle qualche incarico veramente importante. Insomma in due ore era già tremendamente stressata e non vedeva l’ora che arrivasse la pausa pranzo. Ripensò al dialogo avuto la sera prima con Dana e in quel momento quasi avrebbe voluto seguire il suo consiglio e andarsene da lì. Ad un certo punto il suo cellulare si illuminò per l’arrivo di un SMS. Aveva imparato a metterlo in modalità silenziosa dopo una sfuriata di Tina secondo la quale il rumore dei cellulari le impediva di concentrarsi. Lo prese e selezionò la lettura del messaggio. Era di Dana. “Oh guarda, parli del diavolo...” pensò. Il messaggio diceva: «Ciao amore, tutto bene? Stavo pensando che dovremmo invitare Faith e Daniel a cena una volta. Penso che sarebbe carino. D». Ali riflettè per un po’ sulle sue parole e alla fine cominciò a scrivere la risposta, che era affermativa. Ci aveva pensato anche lei in effetti e le sembrava una bella idea. «Sì, hai ragione. Ci ho pensato anch’io e dovremmo farlo davvero. Stasera la chiamiamo. A più tardi, ti amo. A». Inviò il messaggio e posò di nuovo il cellulare sulla scrivania, appena prima che Tina irrompesse nel suo ufficio, spalancando la porta comunicante.
  «Aliana!» esclamò con voce acuta. «Stai lavorando?»
  «Certamente, Tina» rispose Ali, guardando un foglio pieno di dati sul monitor del computer. Tina annuì bruscamente e sparì di nuovo sbattendo la porta. Ali sbuffò e aprì la sua casella e-mail. Eliminò senza guardarli tutti i messaggi pubblicitari che aveva ricevuto, poi guardò se ci fosse qualcosa di realmente importante o urgente. Visto che non era così la chiuse di nuovo e riprese a guardare i numeri sullo schermo. Controllava periodicamente l’ora, aspettando che arrivasse la pausa pranzo. Aveva fame e aveva bisogno di stare per un po’ lontana dall’ufficio e da Tina. Poi aveva voglia di parlare un po’ con Dana al telefono, quella mattina quando Ali era uscita lei stava ancora dormendo.
  Alla fine verso l’una Tina le disse che poteva andare a mangiare e lei corse nella caffetteria. Prese il suo solito pranzo e si sedette a un tavolo quasi pieno. Mangiò in fretta poi uscì dall’edificio e telefonò a  Dana al cellulare. Non sapeva se fosse a casa e non voleva rischiare di non trovarla.
  «Ciao Ali!» esclamò lei al primo squillo. Ali sorrise solo al sentire la sua voce. «Come stai?» le chiese.
  «Tutto bene tu?» rispose Dana. «Stamattina non ti ho neanche sentita uscire. Sei in pausa, adesso? La giornata come va? Tina è gentile? Allora aspetto quando torni a casa così chiamiamo Fay, d’accordo?»
  «Ciao tesoro, sto benissimo!» disse Ali. «Tina era leggermente più pazza del solito, ma alla fine non è stato tanto male. Non vedo l’ora di tornare a casa comunque. Ciao, ti amo».
 «Okay, perfetto. Adesso devo andare al ristorante. A più tardi, ti amo anch’io» concluse Dana e riattaccò. Ali chiuse il cellulare e lo mise tasca, poi tornò in ufficio. Si risedette alla scrivania, pregando perchè il pomeriggio passasse in fretta. Per fortuna successe proprio così. Tina rimase al telefono per la maggior parte del tempo, parlando con diversi proprietari di locali e la chiamò nel suo ufficio solo una volta per farle confermare degli appuntamenti. Poco più tardi Ali ebbe il permesso di andarsene e lei scappò a casa senza voltarsi indietro. Il primo sabato dopo Capodanno ci sarebbe stato un evento e doveva andare anche lei. Quindi era già un giorno possibile in meno per invitare Faith. Poi pensò che non voleva andarci da sola, quindi avrebbe chiesto a Dana di accompagnarla. Non c’era bisogno che stessero sempre insieme, le serviva solo un po’ di supporto morale.
  Tornò a casa e vide che Dana non era ancora arrivata. Andò in camera da letto e si spogliò poi decise di farsi una doccia veloce per rilassarsi, dopo quell’estenuante giornata. Era incredibile come una giornata relativamente tranquilla potesse diventare estenuante se a condividerla con lei c’era Tina Brewer. Rimase a lungo sotto il getto della doccia, e quando uscì e si avvolse nell’accappatoio si rese conto di sentirsi meglio. Infine si sedette sul divano e si mise a guardare la televisione, in attesa che Dana tornasse a casa. Aveva bisogno di vederla, bisogno di lei. Per fortuna dopo circa un quarto d’ora sentì la porta d’ingresso aprirsi e si alzò di scatto dal divano, per poi correre incontro a Dana ed abbracciarla stretta. Dana ricambiò la stretta e sorrise sorpresa.
  «Ehi, va tutto bene?» esclamò con dolcezza. «Che cosa ti prende?»
  «Deve per forza prendermi qualcosa?» replicò Ali leggermente contrariata. «Non posso semplicemente correre incontro alla mia fidanzata e abbracciarla quando torna a casa?
  «Non è successo niente, mi mancavi» aggiunse poi. «E poi volevo chiederti un favore». Prese Dana per mano e la fece sedere sul divano e le si mise accanto. «Il sabato dopo Capodanno c’è un evento, roba di lavoro, e Tina vuole assolutamente che vada con lei. Solo che prevedo già una serata molto lunga, quindi... verresti con me? Solo come supporto morale».
  «Beh...» rispose Dana, riflettendoci, «a queste cose c’è sempre un sacco di gente, anche persone che potrebbero provarci con te. Perciò sì, penso che verrò, devo tenerti d’occhio».
  «Ehi, guarda che non c’è niente da tenere d’occhio!» esclamò Ali scandalizzata. «Io sono una persona seria, Dana! Non ti tradirei mai!»
  «Hai ragione, scusami» convenne Dana dandole un bacio sulle labbra. «Allora diciamo che verrò per supporto morale e per tenere d’occhio le altre persone. Perchè tu sei mia e solo mia. Va bene così?»
  «Sì così va bene» disse Ali. «Grazie, tesoro. Ah, a proposito, per Faith. Ho pensato a quando potremmo invitare lei e Dan a cena. Pensavo di invitarli dopo Capodanno, così siamo tutti più tranquilli. Che ne dici? E poi cosa facciamo per l’ultimo dell’anno?»
  «Allora, per quanto riguarda Faith, sono d’accordo con te» rispose Dana. Restò in silenzio per qualche istante, riflettendo, poi aggiunse: «Anzi. Mi hai chiesto cosa facciamo per l’ultimo dell’anno. E se li invitassimo a cena quella sera lì? Dai, almeno sappiamo cosa fare e poi passiamo una bella serata!»
  «In effetti è un’ottima idea, perchè non ci ho pensato io?» fece Ali. «Okay passami il telefono, la chiamo subito e glielo chiedo. Credo che accetteranno». Dana le passò il cordless e lei fece il numero della sua migliore amica. Dopo due squilli sentì la voce di Faith.
  «Pronto?» disse. Ali disse solo «Ciao», solo quello e subito, l’altra la riconobbe ed esclamò: «Ali! Che bello sentirti, come stai? Dana, come sta? È un sacco che non ci sentiamo!»
  «Tutto benissimo, Fay» replicò Ali ridendo. Si era dimenticata di come Faith a volte fosse così allegra e travolgente. Aveva ragione, era tanto che non si sentivano. «Anche Dana sta bene. E tu? Il bambino sta bene? Il Natale? Tutto bene, spero. Senti volevo chiederti... tu e Dan avete programmi per il 31? Perchè se non avete niente da fare io e Dana volevamo invitarvi a cena. Sai oggi pensavamo che era tanto che non ci vediamo, e che sarebbe stato carino invitarvi da noi. E visto che non sapevamo cosa fare quella sera abbiamo deciso di chiedervi questo. Che ne dici?»
  «Dico che... tecnicamente devo parlarne con Dan, ma effettivamente va benissimo! Sono sicura che sarà entusiasta anche lui. Io sto bene, il bambino sta bene, è ancora piccolino, ma va tutto bene. Allora okay, ne parlo con Daniel e ti richiamo. A presto, tesoro!» riattaccò e Ali ripassò il telefono a Dana che lo appoggiò di nuovo sul mobile accanto al divano.
  «Allora?» le chiese poi. «Che ti ha detto? Non riuscivo a sentire». Ali ridacchiò: era tipico di Dana ascoltare le sue conversazioni con Faith. Lo faceva sempre.
  «Ha detto che va bene. Cioè ne deve parlare con Daniel, ma è sicura che anche lui dirà di sì. Quindi direi che siamo a posto! Ho ragione?» le chiese e Dana annuì.
 
 
Alla fine arrivò il 31 dicembre e tutto era pronto per la serata. Dana aveva cucinato per un giorno intero ed era sollevata di sapere che Faith e Daniel avrebbero portato il dolce. Ali era emozionata, come una bambina il giorno del suo compleanno. I vestiti erano adagiati sul letto, lo champagne per il brindisi era in frigorifero e la televisione era pronta per essere sintonizzata sul programma di Capodanno meno stupido. Dopo la mezzanotte sarebbero usciti per vedere i fuochi d’artificio e per quello si erano munite di pacchetti interi di stelline da accendere. Petardi no, di sicuro ce ne sarebbero stati in quantità industriale e ad Ali non erano mai piaciuti. Neanche a Dana in realtà. Dato che mancava circa un’ora decisero di farsi la doccia; insieme per metterci di meno, usare meno acqua e divertirsi di più. Alla fine si vestirono e si acconciarono i capelli con molta cura. Poco più tardi suonò il campanello e Ali andò ad aprire. Faith e Daniel erano arrivati: lui in giacca e cravatta, lei con un bellissimo vestito che le metteva in evidenza la pancia appena accennata. Entrarono e si sedettero tutti insieme sul divano in attesa di mettersi a tavola. Chiacchierarono a lungo anche durante la cena e fu molto piacevole. Alla fine rimasero in soggiorno ad aspettare la mezzanotte con una bottiglia di champagne in mano pronta per il brindisi.
  Dopo il brindisi erano usciti per andare in un posto lì vicino per guardare i fuochi d’artificio. Erano lì in piedi a godersi lo spettacolo e a un certo punto Ali sussurrò: «È bellissimo, vero Dana? È stata una serata speciale, noi due e i nostri amici insieme a festeggiare il nuovo anno».
  «Hai ragione è stato bellissimo» replicò Dana prendendole una mano. Poco dopo si avvicinarono anche Faith e Daniel, lui col braccio attorno alle spalle della moglie. «Possiamo unirci a voi?» chiese. Ali annuì e rimasero tutti e quattro uno accanto all’altro fino alla fine dello spettacolo. Poi tornarono ognuno a casa propria e Ali andò a dormire in pace col mondo.
 
 
Il sabato della serata di Tina era arrivato e Ali era pronta da diversi giorni. Quella sera indossò il suo solito tailleur e uscì di casa con Dana in orario perfetto. Tina non fece nessun commento sul fatto che Ali l’avesse portata, ma stava parlando con il proprietario del locale quando arrivarono e sembrava non avere occhi e orecchie per nient’altro. «Cosa devo fare?» le chiese Dana. Ali alzò le spalle.
  «Boh, vai a prendere da bere e siediti» le rispose. Le diede un bacio sulle labbra e aggiunse: «Io ti raggiungo appena posso, okay?». Dana annuì e si allontanò. Ali rimase sola e poco dopo Tina le si avvicinò. Le fece solo un paio di domande per assicurarsi che avesse tutto sotto controllo e poi se ne andò di nuovo. Ali andò al bar e prese un bicchiere di vino bianco, poi si guardò intorno per trovare Dana. In quel momento le si avvicinò un tizio con un bicchiere da cocktail in mano.
  «Sei qui da sola, dolcezza?» le chiese. Ali non disse niente, ma allungò “casualmente” la mano sinistra in modo che l’anello di fidanzamento scintillasse alla luce dei riflettori. «Esatto, è fidanzata. Con me» rispose la voce di Dana alle sue spalle. Ali si voltò di scatto e le sorrise. «Mi dispiace» disse al tizio. Quasi si era dimenticata del flirtare infinito a quegli eventi. Lei stessa vi aveva partecipato. Le erano capitate delle esperienze poco piacevoli, ma d’altra parte a una di quelle serate aveva conosciuto Josh, che prima che lei si innamorasse di Dana era stato la persona giusta. «Meno male che ero in zona» osservò Dana. «Ho fatto bene a venire, non c’è da fidarsi degli uomini. E neanche delle donne, in realtà. Devo per forza starti vicino e controllare che gli altri non ti ronzino troppo vicino».
  In genere fu comunque una serata tranquilla e fu incredibilmente piacevole avere Dana vicino, che le stava vicina in qualsiasi momento e sopportava con lei le follie di Tina. E quel mezzo tentativo di abbordaggio comunque le aveva fatto piacere, soprattutto quando aveva mostrato l’anello di fidanzamento e Dana era accorsa per reclamare il fatto che Ali stesse con lei. Ogni volta che ci pensava le veniva da sorridere, anche quando la serata fu finita e loro tornarono a casa.

 
 
 
NdA: Ecco il nuovo capitolo! Spero vi piaccia! Come sempre ringrazio tutti quelli che leggono, hanno messo la storia nelle preferite e nelle seguite e che recensiscono! Mi fate felice! Have fun!
 

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Capitolo 18
*** Va bene, organizziamo ***


Va bene, organizziamo

 

Era aprile, un altro anno era passato nella vita di Ali, aveva compiuto trentatrè anni e in quel periodo lei e Dana erano impegnate ad organizzare il loro matrimonio. Naturalmente non da sole, perchè le loro mamme, Taylor e Tracy, erano sempre presenti, o in carne ed ossa, quando si presentavano a casa nei momenti più inaspettati oppure al telefono. Ali naturalmente era contenta che sua madre fosse così positiva ed accettasse con tanto entusiasmo il suo matrimonio. Però una piccola parte di lei avrebbe voluto che non fosse interessata e la lasciasse in pace. Però era bello pensare che si stava comportando esattamente come avrebbe fatto nell’organizzare il suo eventuale matrimonio con Josh. Poi loro due non erano le uniche ad aiutare. Anche Kim e Faith, in quanto giovani spose, spesso facevano parte del consiglio matrimoniale. La sorella di Dana si portava spesso dietro Leah che aveva cominciato a gattonare e non era da perdere d’occhio perchè non si sapeva dove si poteva infilare. Una volta per esempio l’avevano trovata nel ripostiglio incastrata nel secchio delle pulizie che guardava la scopa tutta interessata. Oppure un’altra era riuscita non si sa come ad arrampicarsi nella lavatrice e si era chiusa dentro, per fortuna subito prima che Kim la trovasse. Erano giornate intense, ma comunque piacevoli, piene di fiori, fotografie di abiti da sposa e biglietti da visita di ristoranti oltre agli innumerevoli consigli da parte delle donne sposate.  Faith di solito entrava in casa, si sedeva sul divano e non si muoveva da lì, fino al momento di andare a casa. Mancavano meno di due mesi al parto e ormai lei era incredibilmente stanca, tutto il giorno. Tra la foto di una composizione floreale e quella di un abito da sposa, chiedeva alle altre se Michael, come nome, fosse più o meno adatto di Sean. Quattro settimane prima aveva saputo di aspettare un maschietto e da quel momento non passava giorno senza che comprasse qualche indumento o decorazione per la camera da letto che non fosse bianco e azzurro. Nessuno si era sorpreso da quella notizia: era ovvio che Faith sarebbe diventata madre di un maschio, anche se era il padre in un certo senso, a decidere il sesso. Il punto era che l’opzione alternativa era impensabile.

  «Okay allora sentite questo» annunciò Faith. «Howard. Che ve ne pare?»

  «Howard?» esclamò Ali con un verso disgustato. «Assolutamente no, è un nome da ‘800! Scegli un nome più attuale, Harry o Alex. Cosa pensi dei gigli per il mio bouquet?»

  «Sì però non da soli. Gigli e qualche fiore più piccolo, per alleggerire. Poi i fiori piccoli non bianchi, sceglili tipo rosa chiaro, un colore così». Ali annuì e prese un appunto sul suo bloc-notes. Taylor comparve all’improvviso da un’altra stanza e disse: «Gli abiti? Avete detto che non volete vestirvi di bianco. Che ne dite del color panna?». Ali e Dana si scambiarono un’occhiata e annuirono.

  «Sì perchè no?» commentò quest’ultima. «Sì è una bella idea il color panna. Non è bianco, ma è comunque un colore chiaro, delicato». Ali si disse d’accordo con lei.

  «Ragazze, ho parlato con il proprietario di quel parco dove vorremmo fare la cerimonia» annunciò Tracy chiudendo una telefonata. «Dice che l’unico giorno che ha disponibile è il 15 settembre alle 11. Va bene? Perchè se non va bene cerchiamo un altro posto. Non è l’unico parco quello».

  «No il 15 settembre mi sembra perfetto, Tracy» osservò Ali. Prese un altro appunto, poi chiuse il blocchetto e lo appoggiò sul tavolo. Poi sedette sul divano accanto a Faith e le appoggiò una mano sulla pancia. «Oh, non si muove» disse un po’ delusa.

  «Sì sta dormendo» le spiegò Faith. Alla fine si sedettero con loro anche le altre quattro, Kim con Leah al sicuro tra le braccia. Dana si mise accanto ad Ali e le passò un braccio attorno alle spalle. Continuarono a parlare delle nozze finchè Kim, Faith, Tracy e Taylor decisero di tornare a casa. A quel punto, rimaste sole, Dana chiese ad Ali: «Hai mai pensato a come sarebbe la tua vita se stessi ancora con Josh e non ti fossi mai innamorata di me?»

  «Sì...» rispose Ali. «Sì ci ho pensato. Penso che... a quest’ora probabilmente starei organizzando il mio matrimonio con lui oppure saremmo già sposati».

  «Quindi vi sareste sposati» osservò Dana in tono neutro. Ali annuì. «Sì quasi sicuramente. E tu ci hai mai pensato? Credi che avresti sposato Lisa?»

  «Non lo so...» rispose Dana pensierosa. «Però penso di sì. Magari ci saremmo fidanzate fra un po’ di tempo però probabilmente l’avrei sposata. Comunque non importa perchè adesso sto per sposare te e non potrei essere più felice. Ti amo». Le diede un bacio sulle labbra e andò in camera da letto e poi in bagno per farsi una doccia. Quasi dopo ogni sessione di organizzazione matrimoniale, Dana doveva farsi la doccia. Ali non aveva voglia di seguirla perciò mentre la aspettava decise di cercare altre fotografie di abiti da sposa su Internet. Aveva una vaga idea di come lo voleva, ma era sicura che quando avesse trovato quello giusto qualcosa le si sarebbe mosso dentro e avrebbe pensato: «Eccolo». Il problema era che non aveva idea di quando ciò sarebbe successo. Erano mesi che guardava e provava vestiti su vestiti, ma nessuno riusciva a convincerla. Nemmeno Dana l’aveva ancora trovato, ma lei almeno doveva fare la scelta definitiva tra un campione di dieci. Stampò qualche fotografia poi controllò la sua pagina su Facebook. Alla fine chiuse anche quella e andò in cucina a controllare cosa c’era di commestibile in frigorifero. Però anche se era ora di cena non si azzardò a toccare niente: Dana sarebbe andata fuori di testa, lo sapeva. Primo perchè nessuno poteva toccare la sua preziosa cucina e secondo perchè era meglio per tutti che Ali non toccasse nessuna cucina.

  «Che stai facendo?» chiese Dana con voce secca, arrivandole alle spalle. «Allontanati dal frigorifero lentamente e non toccare niente. Ti chiamo io quando puoi venire ad apparecchiare la tavola».

  «Va bene, va bene» replicò Ali indietreggiando. Sbuffò e aggiunse: «Comunque non volevo fare niente di male, ho solo aperto il frigorifero e l’ho richiuso». Dana annuì e indicò il soggiorno con il dito.

  «Fuori. Da. Qui» scandì lentamente. Ali annuì e uscì a passi pesanti dalla cucina. Crollò sul divano e accese la televisione. Il programma che le si presentò davanti era American Bake Off.

  «Ma, sì, prendetemi in giro anche voi, signori della TV» mormorò tra sè e sè, mettendo su Extreme Makeover. Qualche storia strappalacrime poteva distrarla. Quando Dana le disse che poteva raggiungerla in cucina, spense il televisore e andò ad apparecchiare la tavola. Poi cominciarono a mangiare e a certo punto Dana le disse: «Scusa se ti ho cacciata dalla cucina, ma lo sai, tengo alle nostre vite e anche alla casa. Quindi... non prendertela, lo faccio per noi».

  «Sì lo so» fece Ali. «Scusa, non entrerò più in cucina senza il tuo permesso, va bene?»

  «Va bene» rispose Dana. «Ti ringrazio». Per il resto della cena andarono avanti a parlare del matrimonio e una volta che ebbero finito andarono in soggiorno a guardare le ultime fotografie degli abiti che Ali aveva scaricato da Internet. Si consultarono a lungo e decisero di andare su un sito specializzato in torte nuziali. Ne guardarono a decine, ma ancora non sapevano decidere quale poteva essere quella giusta. Avrebbero preso solo la forma, poi Dana l’avrebbe commissionata a qualcuno del ristorante. Si fidava ciecamente di loro e in più avrebbero risparmiato non poco. Passarono tutta la serata a parlare di quello, mancavano cinque mesi, ma all’improvviso le nozze sembrarono dietro l’angolo. Avevano l’impressione che non sarebbero più riuscite a fare niente: gli abiti di entrambe, i bouquet e la torta. Ali tentò di farsi prendere dal panico, ma Dana la fermò prima. Le prese entrambe le mani e disse: «Ali, guardami. Guardami negli occhi e respira profondamente. Ti devi calmare, va tutto bene. Mancano cinque mesi al matrimonio, risolveremo tutto vedrai. Sai adesso cosa facciamo?»

  «Che cosa?» le chiese Ali ancora sull’orlo delle lacrime. Dana sorrise e la abbracciò.

  «Prendiamo tutte le foto dei tuoi possibili abiti da sposa e quelli delle torte e le guardiamo tutte. Non dico che faremo la scelta definitiva, ma almeno elimineremo gli abiti e le torte che davvero non ci piacciono. Anche perchè io non devo sapere quale vestito sceglierai e nemmeno tu con il mio. E soprattutto non ci potremo vedere prima della cerimonia perchè porta sfiga. Però adesso ti do una mano a eliminare quelli che di sicuro non scegli. La torta invece la scegliamo insieme e non ti preoccupare perchè controllerò personalmente la sua preparazione. Va bene?»

  «Sì va bene. Allora prendo tutte le foto e le controlliamo» disse Ali. Andò vicino alla credenza e prese la cartelletta trasparente in cui c’erano tutte le fotografie e si risedette sul divano accanto a Dana. Tirarono fuori tutte le foto e le guardarono una per una. A fine serata avevano eliminato una trentina di abiti e una decina di torte. Ali si sentiva soddisfatta di ciò che erano riuscite a concludere. Adesso si sentiva un po’ meno preoccupata quando pensava che mancavano cinque mesi al matrimonio.

 

 

Un paio di settimane dopo, di sabato, Ali era andata con sua madre e Faith in un negozio di abiti da sposa. Stava decidendo quale prendere e aveva bisogno di vederli dal vivo. Dana sarebbe andata un altro giorno con Tracy e Kim. La clausola era che non dovevano andarci insieme, per non rischiare di vedersi con l’abito addosso. In quel momento stava girando per la boutique insieme a Taylor esaminando i vari abiti, mentre Faith stava seduta su una poltrona e si faceva portare i vestiti da guardare. Come erano entrate nel negozio era crollata a sedere e per un po’ si era lamentata dei piedi gonfi. Ormai Ali era quasi sicura del vestito che avrebbe comprato, per quello che era passata nel negozio. Aveva eliminato a priori tutti quelli bianchi e quelli colorati, concentrandosi solo su quelli color panna che non erano più una mezza dozzina. Non ne voleva uno con troppi pizzi e decorazioni. Aveva una strana sensazione: era sicura che quel giorno avrebbe trovato il suo vestito. Insieme alla commessa mise su uno stesso appendiabiti tutti gli abiti che le piacevano e cominciò a provarli. Erano tutti belli, ma nessuno la convinceva fino in fondo. Ognuno aveva un qualche problema che alla fine le faceva cambiare idea. Poi arrivò lui. Come lo prese in mano Ali capì che sarebbe stato quello giusto. Naturalmente era del colore che voleva lei, poi il corpetto per metà di pizzo e per metà di seta e la gonna ampia e dritta sempre di seta. Lo indossò e come aveva previsto sentì una stretta allo stomaco e disse ad alta voce: «Ci siamo. È questo, sono sicura. È il mio vestito».

  Taylor e Faith si voltarono di scatto verso di lei. Sua madre si avvicinò a lei e la squadrò attentamente. Le girò intorno e alla fine sorrise e annuì. «Hai ragione, piccola. È bellissimo. È assolutamente perfetto. Tu che ne pensi Faith?»

  «Mi piace. È stupendo, Ali. È sicuramente il tuo abito» rispose la sua migliore amica alzandosi e avvicinandosi a lei. Ali sorrise nervosa, ma aveva un ultimo dubbio.

  «Credete che a Dana piacerà?» chiese con voce ansiosa. Faith la guardò attentamente. «Non sono nei pensieri di Dana, tesoro» rispose. «Però io credo di sì. Penso proprio che le piacerà».

  «Non potresti non piacerle, obbiettivamente» rispose Taylor con gli occhi un po’ umidi. «Sei bellissima. Aspetta che ti veda tuo padre, sarà così felice». Ali annuì, poi si rimise i suoi vestiti. Alla fine vide il prezzo dell’abito che aveva scelto e per poco non le venne un infarto.

  «Mamma» disse. Taylor le si avvicinò. «Io non posso spendere una cifra del genere. Cosa faccio?»

  «Possiamo chiedere alla zia Jill se ti può fare lei il vestito. Ti fai dare il modello e lo fai fare a lei, così non deve spendere troppi soldi. Va bene?»

  «Va bene, farò così» disse Ali. Perciò si fece dare il modello e alla fine tornarono a casa. Ali era felice e si sentiva totalmente soddisfatta. Quando aprì la porta di casa sua vide che Dana era già tornata e in quel momento stava leggendo un libro. «Tesoro, sono tornata!» la salutò ad alta voce. Dana si alzò dal divano mettendo giù il libro, le sorrise e le  andò incontro. La baciò lievemente sulle labbra e le disse: «Bentornata! Com’è andata oggi la prova del vestito?»

  «Bene! Anzi benissimo!» esclamò Ali tutta esaltata. «Non ci crederai ma l’ho trovato! Ovviamente non te lo faccio vedere, ma sappi che è stupendo! Però non l’ho comprato».

  «Tesoro è fantastico!» replicò Dana abbracciandola. «Ma perchè non l’hai comprato?»

  «Costava un patrimonio, Dana. È vero che non abbiamo problemi di soldi, ma non volevo spendere così tanto per un vestito che verrà usato una volta sola, o al massimo due o tre. Quindi ho deciso che me lo faccio fare da mia zia. Ho preso il modello così me lo fa uguale».

  «Hai ragione» convenne Dana con un cenno del capo. «Ma cosa intendi dire che verrà usato solo una volta o al massimo due o tre?»

  «Non so quante figlie avremo... però non credo più di due. Magari avremo figli maschi, quindi non lo useremo mai più». Restò in silenzio per lasciare che le sue parole facessero effetto e non fu delusa.

  «Figli? Sul serio? Vuoi ricominciare a parlare di figli? Te l’ho detto un milione di volte, Ali, ogni cosa a suo tempo. Adesso pensiamo a sposarci, poi per i figli si vedrà». Ali scoppiò a ridere.

  «Dana, lo so! Ti stavo solo prendendo in giro! Quando sarà il momento giusto arriveranno dei figli, sono d’accordo con te. Il matrimonio è già abbastanza stressante di suo». Dana sorrise.

  «Non vedo l’ora che arrivi il gran giorno» disse. «Intanto lunedì vado a fare la prova del vestito e spero di riuscire a trovarlo anch’io».

  «Sì infatti...» fece Ali pensierosa. Poi si riscosse. «A proposito, che libro stavi leggendo prima, quando sono entrata in casa?». Dana lo prese dal mobile accanto al divano e glielo mostrò.

  «Al ristorante abbiamo parlato della torta e loro mi hanno sottoposto un’idea. Ti farò vedere una foto, ma dimmi se ti piace anche solo così. Dovrebbe essere a tre o quattro piani, dobbiamo decidere, bianca con dei decori sulla glassa e la forma dei piani esagonale invece che rotonda. Che ne pensi?»

  «Penso che...» rispose Ali riflettendo. «Dovrò vedere la fotografia per capire bene, ma da come me l’hai descritta sembra bellissima. Soprattutto i piani esagonali! Ma poi ci mettiamo su le bamboline a forma di spose, vero? Dai non puoi deludermi!»

  «Va bene, mettiamo le bamboline» concesse Dana fingendo di fare un grosso sforzo, quando in realtà l’aveva deciso fin dall’inizio. Ali strillò felice e l’abbracciò di slancio facendola cadere sul divano.

  «Dana, ci sposiamo!! Te ne rendi conto?» strillò. Dana ricambiò l’abbraccio, ridendo poi la baciò.

  «Sì mi rendo conto» rispose. «Ma mi sembra ancora incredibile e non riesco ad aspettare».  

 

 

Erano passati quasi due mesi dal giorno in cui Ali aveva trovato il suo abito da sposa e ormai quasi ogni cosa era a posto. Anche Dana aveva trovato il suo e la torta sarebbe stata pronta in tempo per la cerimonia. Quel giorno erano a casa con Taylor, Tracy, Faith e Kim come spesso succedeva. Stavano discutendo della cerimonia, delle decorazioni del posto dove si sarebbe tenuta e tutto il resto. All’improvviso si sentì un’esclamazione angosciata venire dal lato di Faith. «Oh mio Dio!»

  «Faith! Che è successo?» le chiese Ali correndo verso il divano dov’era seduta. E vide quasi subito cos’era successo. Faith era in piedi e una piccola pozza di liquido si allargava sotto i suoi piedi.

  «Dobbiamo andare in ospedale» mormorò lei. «Mi si sono rotte le acque». A quelle parole le altre quattro si fecero intorno a loro. Dana prese il comando della situazione.

  «Okay, io prendo la macchina, muoviamoci!» esclamò. Prese le chiavi e uscirono tutte quante. Visto che erano troppe per un’auto sola, Kim e Tracy presero la loro, mentre Ali, Dana, Taylor e Faith salirono sull’altra. Mentre viaggiavano arrivarono le prime contrazioni. Ali e Dana erano sedute davanti e dal sedile posteriore arrivò un lungo gemito.  Ali si voltò di scatto.

  «Fay?» chiese. L’amica aveva la testa girata all’indietro ed era sudata. Taylor le stringeva una mano con fare rassicurante. «Le sono venute le contrazioni» spiegò tranquillamente. Intanto Dana continuava a guidare. Ali si ricordò improvvisamente di Daniel e lo chiamò al cellulare.

  «Pronto, Ali? Che succede? È Faith?» fece lui con voce piena d’ansia.

  «Sì siamo in macchina, stiamo andando in ospedale. Raggiuncici subito, Fay sta per avere il bambino!» rispose lei. Daniel fece uno strillo di sorpresa.

  «Che cosa?! Arrivo subito! Sto per diventare padre!» esclamò. Ali scoppiò a ridere e riattaccarono. «Ha detto che ci raggiunge subito» spiegò alle altre tre. Poco dopo arrivarono all’ospedale. Dana parcheggiò e Taylor portò subito Faith all’interno. Dietro di loro c’erano Tracy e Kim e qualche minuto più tardi arrivò anche Daniel. Uscì di corsa dalla sua auto e si precipitò verso di loro. «Ali!» la chiamò ancora ansimando. «Lei dov’è? Va tutto bene?»

  «Sì tutto bene Dan» rispose lei. Lo abbracciò e aggiunse: «Mia madre l’ha già portata dentro, fossi in te le raggiungerei. Noi andiamo adesso, va bene? Aspettiamo che torni mia madre e torniamo a casa». Lui annuì e raggiunse la moglie all’interno dell’ospedale. Pochi istanti dopo arrivò Taylor e tornarono tutte a casa. Non smisero di parlare di quello che era successo per tutto il viaggio in macchina e quando arrivarono a casa dopo aver accompagnato Taylor, Ali e Dana ne discutevano ancora.

  «So a cosa stai pensando, tesoro» osservò Dana togliendosi la giacca. Ali la seguì e chiuse la porta d’ingresso. «Hai visto che anche Faith ha avuto un figlio e pensi quando toccherà a te».

  «Già...» rispose Ali sedendosi sul divano. «Sì ci sto pensando. Ma mi rendo conto anche che è meglio se prima ci sposiamo. Sia tua sorella che Fay sono sposate del resto. Non vedo l’ora di vedere come sarà Michael. Dici che Daniel ci avviserà quando sarà nato?»

  «Sì io credo di sì» disse Dana sedendosi accanto a lei e passandole un braccio attorno alle spalle. «E credo anche che la prossima ad avere un figlio sarai tu. O io. Insomma noi... devi solo avere pazienza».

  «Lo so. Grazie Dana» fece Ali con un leggero sorriso. Ora si sentiva meglio. Sapeva che qualunque cosa fosse successa se lei e Dana stavano insieme avrebbero potuto risolverla.

 

 

La mattina dopo, sul tardi, Daniel telefonò ad Ali per dirle che Michael finalmente era nato e che se volevano le aspettavano in ospedale. Loro si precipitarono là e Ali tornò con la mente a quando, quasi un anno prima, era nata la nipote di Dana, Leah. Chiesero della stanza di Faith Donovan, anzi Edwards e salirono subito al piano. L’ospedale era sempre lo stesso e anche il nido con tutti i bambini sdraiati nelle culle. Quella volta però non furono interrotte da nessuna mamma troppo suscettibile e prima di andare a trovare Faith dettero un’occhiata al suo bambino. Era davvero carino e Ali sentì un stretta al cuore. «Ammettilo che ne vuoi uno anche tu» disse a Dana. Quest’ultima sospirò e scosse la testa con aria rassegnata.

  «È inutile parlare con te, l’ho capito» osservò Dana. «Dai, andiamo da Faith». Si incamminò verso la sua stanza e Ali la seguì, determinata a ricevere una risposta soddisfacente. Faith era seduta al tavolo davanti al suo letto. Quando le vide sorrise e andò loro incontro. Le abbracciò entrambe e disse: «Immagino che abbiate già visto Michael. Ali ha ancora gli occhi che le brillano. Quando ne avrete uno voi? Dopo sposate? Prego che questo giorno arrivi in fretta, lo dico per la tua serenità Dana». Quest’ultima alzò gli occhi al cielo. «Ogni volta che vediamo un bambino» replicò, «mi dice sempre: “E se ne avessimo uno noi? Avanti Dana, so che ti piacerebbe”. È un tormento».

  «Che ci posso fare?» disse Ali, alzando le spalle. «Ho l’istinto materno. E Michael è stupendo, Fay. Daniel dov’è? Voglio fare le congratulazioni anche a lui». In quel momento Daniel entrò nella stanza, vide le due amiche e fece un gran sorriso.

  «Ali! Dana! Che bello vedervi!» esclamò. Anche lui le abbracciò e alla fine andò dalla moglie, le passò un braccio attorno alle spalle e la baciò. Ali sorrise. Pensò che insieme erano davvero perfetti. Era sicura che una volta sposate anche lei e Dana sarebbero state come loro. Faith e Daniel erano stati la sua coppia modello negli ultimi dieci anni e sperava di finire così anche lei. Entro tre mesi si sarebbe sposata poi sarebbe finalmente riuscita a convincere Dana ad avere un figlio. Si voltò verso di lei, le prese una mano e la baciò sul dorso. «Ti amo» sussurrò.

  «Ti amo anch’io» mormorò Dana con un sorriso dolce. Non l’avrebbe mai ammesso con Ali, ma una parte di lei voleva sposarsi per poter finalmente pensare ad avere un figlio. Non voleva dirlo alla sua fidanzata, ma non sapeva bene perchè. Forse perchè non voleva vedere il suo sguardo ironico che era sicura le avrebbe lanciato oppure perchè non si fidava ancora del tutto di se stessa e prima di parlarne voleva essere definitivamente legata ad Ali. In quel momento Dana Rogers era sicura di due cose. Lei amava Ali Donnell e Ali amava lei. “Tanto basta, per ora” pensò.

 

 

 

NdA: Lo so, lo so, sono in ritardissimo, ma capitemi. Sto studiando per due esami e ho finito da poco di scrivere una storia, quindi prima non ce l’ho fatta. Comunque grazie a tutti e... Have fun!

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Capitolo 19
*** Abiti color panna e bouquet di fiori misti ***


Abiti color panna e bouquet di fiori misti

 
 
Era esattamente il 14 settembre, la vigilia del matrimonio di Ali e Dana. Ogni cosa era ormai a posto. La torta era pronta, sarebbe stata portata dai camerieri del ristorante in tempo per il ricevimento. Il vestito di Ali era chiuso in un sacco di cellophane, cucito apposta da sua zia. Lo stesso quello di Dana e il mattino seguente avrebbero dovuto ritirare i bouquet, composti da diversi tipi di fiori. Ali non doveva nemmeno preoccuparsi per le tradizioni: l’abito era nuovo, le scarpe prestate da sua cognata Lara e quella sera Taylor e Chris erano andati a cena da lei e Dana e dopo mangiato, la donna aveva preso la figlia da parte. Da una scatola di velluto, aveva tolto i due famosi orecchini di turchese che per Ali erano stati un sogno fin da quando era solo una bambina. Taylor le aveva detto che glieli avrebbe dati quando si sarebbe sposata.
  «Beh, eccoci qua» disse sua madre con un sospiro. «Ti stai per sposare quindi ti do gli orecchini della nonna. È una tradizione della nostra famiglia, che quando una ragazza si sposa, la madre le regala questi orecchini. Sono vecchi e blu, quindi è perfetto. Ammetto che all’inizio questo... tipo di matrimonio non era quello che io sognavo per te, ma ormai ho capito che sei felice, quindi non posso che dirti... Ali... ecco gli orecchini e... sono fiera di te». La abbracciò e Ali sorrise.
  «Anche io sono fiera di te, mamma» disse. Taylor la guardò perplessa. «Per aver cambiato idea. Per avermi accettata per quello che sono, per aver accolto Dana in famiglia. Per tutto quanto».
  «Spero che quando sarà il momento giusto li darai a tua figlia, Aliana» replicò Taylor. Ali sorrise e annuì. «Spero anch’io» commentò, quasi più a se stessa che a sua madre. Alla fine tornarono in sala da pranzo e Dana lanciò ad Ali un’occhiata interrogativa, ma lei le fece capire che gliel’avrebbe spiegato più tardi, quando sarebbero state da sole.
 
 
Alla fine Chris e Taylor tornarono a casa e Ali e Dana rimasero finalmente sole.
  «Dana!!» strillò Ali saltandole al collo. «Domani ci sposiamo! Non ci posso credere! Domani ci sposiamo! È davvero fantastico!»
  «Io non sto più nella pelle» esclamò Dana baciandola sulle labbra. «Credo che stanotte non riuscirò a dormire, non vedo l’ora che arrivi domani!», le diede un altro bacio e all’improvviso sentì il bisogno impellente di fare una telefonata al ristorante, per sapere della torta. Quando finì di parlare tornò in soggiorno da Ali e le chiese: «A proposito, cosa ti ha dato prima tua madre?»
  «Gli orecchini» rispose Ali sorridendo. Li prese dalla scatola di velluto e li mostrò alla fidanzata, ormai futura moglie. Le piaceva moltissimo pronunciare quella parola tra sè. “Moglie. Dana è mia moglie. Buongiorno, le presento mia moglie Dana”. Sì suonava decisamente bene. «Gli orecchini di turchese che si tramandano nella mia famiglia da un sacco di tempo, da madre a figlia. La mamma mi ha detto... mi ha detto che spera che prima o poi io li darò a mia figlia». Dana annuì, ma non disse niente. Anche Ali non aggiunse altro. Non era il caso di aggiungere altro stress, poi era talmente felice, che non voleva rovinare tutto con una stupida discussione sui figli. Avrebbero ripreso a parlarne in luna di miele, o una volta tornate a casa. Per il viaggio di nozze sarebbero andate in giro per le isole caraibiche, un posto che aveva sempre fatto parte dei sogni di Ali. Ma per quel momento era meglio pensare solo al matrimonio, che sarebbe stato l’indomani e aveva un sacco di cose che potevano andare storte. Controllarono un’ultima volta che fosse tutto a posto, chiamarono Taylor e Tracy che dovevano andarle a prendere di lì a poco. Com’era giusto quella notte non dovevano dormire insieme, si faceva così dalla notte dei tempi, prima di un matrimonio e loro avevano deciso di rispettare le usanze.
 
 
La sveglia suonò alle 7 e Ali balzò a sedere sul letto, completamente sveglia. Le sembrò stranissimo svegliarsi in un letto singolo da sola per la prima volta dopo mesi. Erano entrambe tornate a casa dei genitori la notte prima delle nozze, per seguire la tradizione. Si alzò e si preparò con la massima cura aiutata da Taylor. Alla fine sua madre uscì per prima per andare a prendere l’auto e Ali la seguì poco dopo con il vestito in mano. Quando entrò in macchina diede a Taylor un bacio sulla guancia, ma poi cominciò a farsi prendere dal panico. «Non credo di poterlo fare» disse Ali. Taylor sorrise.
  «Sì che puoi, Ali» le rispose. Le mise una mano sul braccio continuando a guidare, poi le allungò un bicchiere di caffè e un muffin. «Hai sentito Dana ultimamente?»
  «No, è da ieri sera quando sono uscita che non la sento... oddio, pensi che sia ancora viva?» esclamò all’improvviso. Sua madre scoppiò a ridere. «Ma certo che è ancora viva, tranquilla! La vedrai al parco».
  «Mamma ho paura» disse ancora Ali con voce venata d’ansia. «E se... e se in realtà è tutto uno sbaglio? Se Dana capisce che non vuole sposarsi con me e scappa? Se la cerimonia è un disastro? Se non viene nessuno? Se Benji, Lara e i bambini perdono l’aereo? Lei è la mia testimone! Potrebbe piovere, i fiori potrebbero rompersi, magari quelli del ristorante si dimenticano di portare la torta, magari...»
  «Ali, smettila» disse sua madre in tono fermo, smettendo di guidare e spegnendo il motore. Si voltò verso di lei con un’espressione molto seria. «Ti stai facendo prendere dal panico, è normale. Devi capire che andrà tutto bene, se pioverà andremo sotto il gazebo, Benji è già arrivato ed è in albergo, dice che arriverà in perfetto orario. Quanto al fatto che Dana potrebbe scappare...è strano che sia io a dirlo, tesoro, ma non credo che lo farà, lei ti ama, ti ha chiesto di sposarla, non ti lascerebbe mai all’altare da sola. Andrà tutto bene, Ali. Respira profondamente e calmati. Io ti porto al parco».
  Ripresero ad andare e Ali prese alcuni respiri profondi per calmarsi. In realtà la sua parte razionale era sicura che sarebbe andato tutto bene, ma quella irrazionale, continuava a vedere tutto negativo. Dopo circa dieci minuti arrivarono al parco dove si sarebbe tenuta la cerimonia e dove erano stati montati alcuni gazebo, quello grande in caso di pioggia e altri due più piccoli uno di fronte all’altro, in modo che lei e Dana potessero prepararsi. Ali scese dall’auto cominciando a sentirsi molto emozionata. All’improvviso si rese conto che stava per sposarsi e fece un improvviso strilletto. «Ali, tutto bene?» le chiese Taylor con aria piuttosto perplessa.
  «Sì tutto bene, mamma» fece lei ancora emozionata. «Ho appena realizzato che sto per sposarmi ed è... è fantastico! Non vedo l’ora che arrivi Dana».
  «Già...» Taylor apparve improvvisamente molto nervosa. «Per-perchè non vai a cambiarti intanto? Io vengo con te e... e ti aiuto». Ali annuì confusa ed entrò in uno dei camerini e Taylor la seguì.
  «Mamma, che c’è?»le chiese la figlia. «Fammi indovinare. Finchè era teorico andava bene, ma adesso che sto per sposarmi davvero, con Dana, stai cambiando idea. Credevo l’avessi superato, sinceramente. Credevo che la cosa più importante per te fosse la mia felicità». Scosse la testa e si sedette su una panchina. Taylor le si sedette accanto e le prese una mano.
  «Mi dispiace» disse. «Mi dispiace sul serio. Credevo davvero di averlo superato, te l’assicuro. E la cosa più importante per me è ancora la tua felicità. È solo che... non lo so... è pensare che ti sposi. Oh, mio Dio Ali. Non è il fatto che ti sposi con Dana, ma è il fatto che ti sposi! Sei diventata così grande...»
  «Mamma...» cominciò Ali, ma questa l’abbracciò, con gli occhi umidi e lei ricambiò la stretta.
  «Credimi» le disse, «se ti stessi per sposare con Josh, mi sentirei esattamente allo stesso modo. Sei la mia bambina e stai per sposarti. È un momento che mi voglio ricordare per sempre. E senti... Dana mi va bene, se va bene a te».
  «Mamma sono contentissima» disse Ali quasi con le lacrime agli occhi. «È un momento unico, non potrò mai dimenticarlo e sono contenta che tu sia qui con me».
  «Okay, che ne dici se adesso ti metti il meraviglioso abito di zia Jill? Vai lì in piedi e ti aiuto ad indossarlo. Sarai meravigliosa, tesoro». Ali annuì e asciugandosi gli occhi prese l’abito dal suo sacco e sua madre l’aiutò ad indossarlo. Alla fine mentre Ali si guardava allo specchio ritoccandosi il rossetto, Taylor le si avvicinò di nuovo e le mise le mani sulle spalle, guardando il suo riflesso. «Sei bellissima» le disse. Ali le sorrise di rimando con gli occhi lucidi.
  «Mamma, mi passi gli orecchini?» chiese Ali cercando di evitare il tremito nella voce. Taylor li prese e fece per passagliergli poi cambiò idea e li appese lei stessa ai lobi della figlia. Le lisciò pieghe inesistenti sul vestito e alla fine la abbracciò. Subito dopo uscì dal gazebo e rimise dentro la testa e annunciò: «Sono arrivati tutti, sei pronta? Oh, eccoti Chris, bene» aggiunse rivolta a qualcuno fuori. A quel punto suo padre entrò e disse: «Andiamo piccola?» rivolto alla figlia. Lei annuì e lui la prese sotto braccio. Uscirono insieme dal gazebo e Ali vide per la prima volta il parco preparato per la cerimonia e rimase a bocca aperta. Sul prato erano state posizionate moltissime file di sedie di color rosa pallido e in mezzo c’era un vialetto di pietra. C’erano composizioni floreali all’inizio e alla fine di ogni fila e il palco dove sarebbe stato il celebrante era ricoperto di seta dello stesso colore e c’erano fiori ovunque. C’erano altre decorazioni appese alle gambe del gazebo. Un pianista era su un lato del palco e tutti gli ospiti erano già arrivati. Lei e Dana avrebbero raggiunto il palco da due punti opposti del parco e sarebbero quindi arrivate insieme.
  Cominciò a percorrere il vialetto al braccio con suo padre, che indossava un completo scuro e sembrava essere ringiovanito di anni. Mentre camminava vide Dana venirle incontro accompagnata dal padre e seppe che ormai era arrivato il momento che tanto aveva aspettato. Era bellissima, l’abito era di seta con il corpetto tutto ricamato. I capelli erano sciolti sulle spalle e pettinati con morbidi boccoli. Quando la vide le sorrise e Ali pensò in quel momento più che mai che quella donna era meravigliosa ed era stata incredibilmente fortunata ad averla conosciuta. Arrivarono davanti all’uomo che le avrebbe sposate e Ali passò il suo bouquet formato da gigli e piccole rose rosa a Lara poi si voltò a guardare Dana e le sorrise emozionata. Poi si guardò intorno e notò i suoi amici e i suoi familiari. Con un po’ di sorpresa vide Josh seduto in una delle prime file accanto alla fidanzata. Non credeva che sarebbe venuto davvero, anche se lei gli aveva mandato l’invito non per educazione. Alla fine si voltò di nuovo verso Dana e il consigliere guardò entrambe sorridendo.
  «Cari amici» esordì, «siamo qui oggi per unire queste due donne in matrimonio. Se qualcuno, chiunque, è a conoscenza di un motivo per cui non debbano sposarsi, parli ora o taccia per sempre». Fu un attimo. Un attimo in cui tutto quello che era successo negli ultimi mesi, sembrò non essere mai accaduto e Ali si voltò di scatto a guardare sua madre. Ma non avrebbe dovuto preoccuparsi: Taylor era in prima fila, si asciugava gli occhi in un fazzoletto e la guardava orgogliosa. Sorrise e si girò ancora una volta, verso il palco. «Il matrimonio è un passo importante nella vita di una persona e di una coppia e Dana e Aliana sono pronte per compierlo. Prendetevi per mano» disse l’uomo e Ali afferrò le mani della fidanzata con gli occhi luminosi e il cuore che batteva a mille. «Ali, ripeti dopo di me. Io Aliana prendo te Dana come mia moglie...»
  «Io Aliana prendo te Dana come mia moglie...» gli fece eco Ali con voce tremante. Ripetè tutta la formula in cui promise di amare Dana per tutta la vita e in qualunque occasione. Poi toccò a Dana e Ali, per altri due spaventosi secondi, era sicura che lei non avrebbe detto niente e se ne sarebbe andata da lì, rendendosi conto di stare per fare un enorme errore. Ma non fu così.
  «Io Dana prendo te, Aliana come mia moglie. Per amarti ogni giorno della mia vita, in ogni situazione, finchè morte non ci separi» disse e le sorrise emozionata. A quel punto si scambiarono gli anelli e Ali cercò di infondere quanta più solennità possibile in quel semplice gesto. Il consigliere le guardò e alla fine concluse: «Per il potere conferitomi dallo stato di Washington, io vi dichiaro... moglie e moglie. Potete baciarvi». Loro non se lo fecero ripetere due volte e si avvicinarono per baciarsi. Quando si separarono tutti i presenti si alzarono in piedi e applaudirono fragorosamente.
 
 
Dopo la cerimonia ci fu il ricevimento e fu bellissimo. Ali non sapeva se avrebbe mai potuto essere più felice di così. Il buffet era eccezionale e ogni momento era buono per mostrare le fedi agli invitati. E soprattutto per Ali ogni momento era adatto per parlare di Dana e usare la parola “moglie”. Ogni volta che ci pensava sentiva un fremito in tutto il corpo. Era sposata, con la donna più fantastica del mondo, e tutta la sua famiglia era lì con lei per festeggiare quel giorno. Aveva già ricevuto gli auguri emozionati di tutti i suoi parenti e adesso i suoi genitori la stavano abbracciando per l’ennesima volta. Taylor la strinse tra le braccia, la guardò negli occhi e la strinse ancora una volta. Poi Chris si avvicinò alla coppia con aria commossa.
  «Sei sposata. La mia bambina è sposata. Oh, Ali sono così fiero di te. Dana... trattamela bene, ti prego. Adesso te la affido, definitivamente. Sono felice che tu sia entrata nella nostra famiglia» disse. Dopo aver lasciato libera la figlia si avvicinò alla nuora e abbracciò anche lei. Ma in quel momento qualcun altro si avvicinava sorridendo. «Lo ammetto. Credevo che in questo momento saremmo stati insieme».
  «Josh!» esclamò Ali abbracciandolo d’impulso. Poi guardò sua moglie e, temendo che potesse ingelosirsi, lo lasciò andare. «Anche io l’ho creduto per un bel po’. Ma... a quanto pare la vita aveva altro in mente per noi. Sono davvero contenta di vederti. Spero solo di poter assistere al tuo matrimonio prima o poi! Senti... lo so che conosci bene Dana, però... posso presentarti mia moglie?»
  «Certo che puoi» rise lui. «Sono felice di rivederti, Dana». Lei ricambiò il sorriso. «E io sono felice di rivedere te, Josh» disse. Passò un braccio attorno alle spalle di Ali e le diede un bacio sulla guancia. Ali si voltò a guardarla e si sentiva ancora come quando stavano insieme da poco. La stessa sensazione di farfalle nello stomaco, lo stesso brivido di piacere, la stessa incredulità che una simile fortuna fosse capitata proprio a lei. «Auguri ragazze» disse Josh prima di allontanarsi. Ma la persona che, a parte i suoi famigliari, Ali voleva vedere di più arrivò subito dopo di lui. Teneva la mano al marito, ma quando raggiunse lei e Dana lo lasciò andare. «Ali...» disse Faith con voce emozionata. «Sei sposata, non ci credo. Adesso siamo entrambe sposate e... io ho un figlio, ma sono sicura che presto l’avrai anche tu. Sono così felice per te, vieni... parliamo un po’». La prese per un braccio e si allontanarono insieme dai due coniugi. Si sedettero insieme su una panchina e Faith le prese una mano.
  «Allora?» le chiese con un sorriso smisurato. «Come stai? È stata una cerimonia fantastica, sono così felice per voi. Quindi hai invitato anche Josh... hai fatto bene. Non ti chiedo nemmeno se sei felice perchè lo capisco dai tuoi occhi. Ti brillano così solo quando parliamo di Dana o di qualcosa che ha a che fare con lei. Quindi sì, direi che sei felice».
  «Non sono solo felice, Fay, sono al settimo cielo» rispose Ali senza smettere un secondo di sorridere. «Hai ragione, adesso siamo tutte e due sposate, ma tu hai un figlio. Non vedo l’ora di averne uno mio, ma ho paura di non essere all’altezza. Poi sai... io vorrei adottarlo».
  «Adottarlo? Tesoro, è fantastico! Sono sicura che sarai più che all’altezza, tu e Dana sarete due mamme fantastiche e qualunque bambino sarà fortunato a essere figlio vostro». Ali la abbracciò, con le lacrime agli occhi. «Grazie Fay» disse con voce tremante.
  «Tesoro, vieni?» disse Dana e Ali si voltò di scatto e le sorrise. «Ci vogliono per delle foto». Ali si alzò e la seguì. Arrivarono in mezzo al prato dove un fotografo era pronto in mezzo a tutti i familiari. Fecero la foto con i Rogers e Jacob tentò di mettersi accanto a Dana per prenderla in giro, ma lei lo allontanò sbuffando. «Aria Jake».
  «Che c’è non mi vuoi nella foto?» chiese lui seccato. «Nella foto del matrimonio più ridicolo del mondo? Non ci credo che siete sposate davvero, per me non potete neanche. Allora che vuoi dire? Non posso far parte della fotografia?»
  «La tentazione è forte Jake, credimi» rispose Dana nello stesso tono. «Ma immagino di dover accettare che fai parte della famiglia. Ma non azzardarti più a fare battute su di me, o su mia moglie o sul nostro matrimonio, hai capito? Voglio la mamma qui. Mamma!» Tracy le si avvicinò e le mise un braccio attorno alle spalle. Kim prese il marito per un braccio e lo tirò verso di sè sibilando: «Devi sempre mettermi in imbarazzo Jake, non è possibile!» alla fine scattarono la foto tutti insieme, con Leah in braccio a sua madre che tendeva una mano verso il fotografo. Fatte quelle foto venne il turno dei Donnell. In quel caso fu più semplice, Taylor insistè per stare vicina alla nuora e Chris abbracciò subito la figlia. Deena e Sam erano davanti a tutti, in piedi, mentre i loro genitori erano ai due lati. Poi ci furono gli scatti con le spose insieme, poi da sole con i propri genitori, quelle con i testimoni e tante, tante con gli amici. Infine, ancora con l’immagine del flash impressa nella retina, Ali decise che era arrivato il momento del taglio della torta. L’aveva vista solo da poco e trovava che fosse bellissima. Non le era mai capitato di vedere una torta con i piani esagonali e pensò che era unica e speciale, come il suo matrimonio e come la sua bellissima moglie. Era perfetta, c’erano anche le bamboline a forma di sposa, proprio come le aveva volute e il momento più bello fu quando, le mani nelle mani, presero il coltello e tagliarono la torta insieme. Poi assaggiarono l’una la torta dell’altra, guardandosi negli occhi e Ali sentì i suoi bruciare. Pensò che era inutile frenarsi, quindi lasciò che una lacrima le scorresse sulla guancia. Vide che anche Dana aveva gli occhi lucidi, e seppe subito che si sentiva esattamente come lei. Innamorata, sposata, felice.
 
 
 
 
NdA: lo so l'ho pubblicato una vita fa, ma volevo modificarlo... c'erano delle incongruenze nella trama... va bene, non voglio tediarvi. Have fun!

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Capitolo 20
*** Associazione genitori ***


Associazione genitori

Un mese esatto dopo il matrimonio, Ali e Dana erano ancora in luna di miele e in quel momento in particolare erano stese a prendere il sole su una spiaggia di Santo Domingo. Erano partite due giorni dopo il matrimonio e Ali avrebbe voluto che quei momenti non finissero mai. Voleva stare in viaggio di nozze in eterno, non voleva più tornare a casa e riprendere la solita vita. In quel momento davanti a loro passò una coppia con una bambina per mano. Ali sospirò e Dana si voltò di scatto verso di lei.
  «Che hai?» le chiese con sguardo interrogativo. Ali la guardò a lungo e le sorrise.
  «Ho appena visto una famigliola passare. Non abbiamo più parlato dei figli da prima del matrimonio. Allora, che ne dici?» le rispose. Dana le prese una mano.
  «Tu vuoi avere un figlio, giusto?» le chiese. Ali annuì. «Allora parliamone. Stasera». Le si avvicinò e la baciò sulle labbra, poi tornò a sdraiarsi e Ali la imitò con un gran sorriso stampato in faccia. Finalmente ne avrebbero parlato davvero, sua moglie era d’accordo con lei e avrebbe potuto sottoporle la sua idea dell’adozione. Le piaceva così tanto l’idea di crescere un bambino che magari non aveva i genitori, o che era stato abbandonato da una madre troppo giovane... Sperava che questa idea sarebbe piaciuta anche a Dana, quanto piaceva a lei. Mentre stava stesa con gli occhi chiusi godendo del calore del sole e della lieve brezza pensò a cosa avrebbe detto. Le piaceva anche il pensiero di portare un bambino in grembo, ma se ce ne fosse stata la possibilità, preferiva senz’altro adottare. All’improvviso non vedeva l’ora che arrivasse la sera.
  Alla fine la sera arrivò e dopo cena le due donne decisero di uscire a fare una passeggiata. La camera d’albergo era molto bella, ma il fuori era decisamente meglio e infatti stavano al chiuso solo per dormire e a volte per mangiare. Arrivarono fino alla piazza principale e si sedettero su una delle panchine. Dopo un attimo Dana si voltò a guardare la moglie. Le prese una mano e disse: «Allora... i figli. È arrivato il momento di parlarne vero?»
  «Direi di sì» rispose Ali sollevata. «Sono felice che finalmente hai deciso di parlarne. Non hai idea di quanto voglia avere un figlio. Non vedo l’ora che succeda».
  «Adesso che siamo sposate e che quindi non posso più abbandonarti facilmente, posso dirtelo. Anch’io non vedo l’ora di averne uno» rispose Dana, baciandola dolcemente sulle labbra. Un paio di persone le guardarono infastidite, ma loro non ci fecero caso. «Allora cosa vuoi fare? Quando torniamo a casa, dico. Ci mettiamo a cercare un donatore?»
  «Dana...» cominciò Ali esitante e lei la guardò interrogativa. «Non so cosa ne pensi tu, ma io vorrei tanto adottare un bambino. Non è per il fatto della gravidanza, assolutamente, anzi è un’esperienza che vorrò fare prima o poi, ma questa è una cosa che mi piace moltissimo».
  «Adottare un bambino?» le fece eco Dana pensierosa. «Non ci ho mai pensato, ma sai che è una bellissima idea? Hai ragione, facciamo così. Quando torniamo a casa, richiediamo i moduli per poter avere un bambino in adozione e... speriamo vada bene». Rimasero sedute su quella panchina ancora per un po’ e alla fine si alzarono e tornarono in albergo. Molto più tardi Ali era ancora sveglia e pensò alla conversazione avuta con Dana quella sera. Cercò di immaginarsi come sarebbe stato il suo bambino. “Se sarà una bambina si chiamerà Erica”. Spalancò gli occhi e si sedette sul letto, stupita. Non era un pensiero cosciente. Aveva pensato a un bambino qualsiasi e le era venuta in mente quella frase. Una cosa era evidente: qualcuno aveva fatto sì che lei sapesse questo particolare in anticipo.
  «Dana!» sussurrò nel buio, scuotendo la moglie per una spalla. «Dana, svegliati!»
  «Mmh...» mugugnò l’altra, ancora mezza addormentata. «Che vuoi?»
  «Se adotteremo una bambina la chiameremo Erica. Segnati questo nome!» replicò Ali. Dana si voltò verso di lei con uno sguardo assassino che Ali ignorò.
  «Erica? Di che diavolo stai parlando?» gemette Dana, dando un’occhiata all’orologio. «Amore, sono le due di notte, te ne rendi conto? Non possiamo discuterne domani mattina?»
  «No non possiamo! Io stavo pensando a tutt’altro, poi mi è saltata alla mente questa frase. Non può essere solo un caso, vuol dire che è destino che adotteremo una bambina e la chiameremo così! Avanti prendi carta e penna e segnati questo nome!»
  «Schiavista» borbottò Dana, accendendo la luce e cercando qualcosa per scrivere. Alla fine scrisse il nome e tornò a letto. «Adesso dormi. Non voglio più sentire una parola fino a domani mattina». Spense la luce e le voltò le spalle. Ali invece continuò a pensare. “Erica. Non avevo mai pensato a questo nome per mia figlia. Però... mi piace. Mi piace un sacco”. Si voltò su un fianco e mise il suo braccio attorno alla vita di Dana, poi finalmente si addormentò.

 

 
Una settimana dopo tornarono a casa. Taylor che era al corrente della data e dell’ora di rientro telefonò dieci minuti dopo che loro erano entrate in casa. Ali corse a rispondere.
  «Pronto?» disse e la voce acuta di sua madre le perforò un timpano. Non sentivano nessuno della famiglia da ben cinque settimane e non fu facile tornare alla normalità.
  «Aliana!» esclamò col solito tono d’urgenza. «Siete tornate a casa?»
  «Señoras no en casa, escusame» replicò Ali con il naso tappato per mascherare la voce. Taylor sospirò. «Aliana, per favore, fai la persona seria. Siete tornate?»
  «Mamma, certo che siamo tornate!» esclamò lei esasperata. «Dal momento che tu chiami al telefono fisso e io rispondo, vuol dire che siamo tornate! Piuttosto, è successo qualcosa? Papà, Benji... stanno tutti bene? Tu stai bene?»
  «Sì, stiamo bene, Aliana. Non è successo niente. Volevo solo essere la prima a sentirvi. Com’è andato il viaggio? Dana è scappata con qualche ragazza caraibica?»
  «No, mamma. È tornata a casa con me. E anzi, abbiamo deciso di adottare un bambino. E abbiamo anche deciso che se sarà una bambina la chiameremo Erica».
  «Tesoro, che bella notizia!» disse Taylor deliziata. Sembrava che l’idea che sua figlia crescesse un bambino con un’altra donna, non la turbasse più di tanto se il risultato sarebbe stato che lei poteva avere un nipote. «E quando pensate di andare a chiedere? Presto spero. Lo sai i tempi per un’adozione possono essere lunghissimi e voi due non siete più delle ragazzine. Volete adottare un neonato? Se sì, dovete sbrigarvi, perchè dopo una certa età non ve li daranno più. Mi piace il nome Erica». Ali sospirò, ma sorrideva. Era un discorso normale, che avrebbero affrontato in ogni caso e le piaceva che il suo matrimonio non avesse cambiato niente. Dopo la reazione di Taylor all’inizio della sua storia con Dana, Ali non era mai del tutto tranquilla a parlare con lei. Ma questa telefonata era la dimostrazione che le cose erano tornate alla normalità. Poco dopo riattaccarono e Dana le si avvicinò.
  «Che ti ha detto?» le chiese. Ali sorrise. «Prima mi ha chiesto se eri fuggita con qualche cubana, o cose del genere. E poi che dobbiamo sbrigarci con l’adozione perchè se aspettiamo troppo poi invecchiamo e non possiamo più avere bambini appena nati». Dana ridacchiò. Però Ali pensò che comunque Taylor aveva ragione e che non vedeva l’ora di cominciare la procedura. Lo disse a Dana che le fece sapere che anche lei non aspettava altro, quindi decisero che il giorno dopo sarebbero andate a chiedere informazioni in un’agenzia di adozioni per sapere cosa dovevano fare e altre cose.
  Purtroppo non andò subito tutto liscio come avevano sperato. Il mattino seguente in possesso dei certificati di nascita di entrambe, del contratto di matrimonio e di tante buone intenzioni, si recarono alla principale società di adozioni di Seattle. Erano entrate in un ufficio e la giovane impiegata aveva detto ad Ali di accomodarsi.
  «Ma io veramente...» aveva cominciato indicando Dana. La donna le aveva lanciato uno sguardo interrogativo. «Sono venuta con lei. Siamo... siamo sposate. Vogliamo adottare un bambino».
  «Voi due?» fece l’impiegata allibita. «Beh, noi... seguiamo una politica molto rigida... solo le coppie legalmente sposate possono adottare».
  «Noi siamo legalmente sposate!» esclamò Dana. Si avvicinò e appoggiò il contratto sulla scrivania. «Da sei settimane. Ma credo che lei intenda dire che solo una coppia sposata formata da un uomo e una donna può adottare». Lo sguardo della donna rispose al posto suo.
  «Andiamo Ali» riprese, prendendo sua moglie per un braccio. «Qua non siamo gradite». Uscirono dall’edificio e rimasero in piedi a guardarsi.
  «Sinceramente non pensavo che sarebbe andata così» osservò Ali. «Adesso cosa facciamo?»
  «Andiamo da un’altra parte» rispose Dana freddamente. «A Tacoma. Speriamo vada bene». Andarono verso la loro auto e si misero in viaggio per Tacoma. Strada facendo Ali disse: «E cosa facciamo? Dico se a Tacoma non si fanno problemi. Ci iscriviamo subito?»
  «Facciamo che per ora chiediamo solo informazioni» rispose Dana. «Per capire cosa dobbiamo fare eccetera. Poi ci penseremo. Io vorrei anche conoscere una coppia che ha adottato un bambino. Cioè, penso che sarebbe interessante sapere la loro esperienza».
  «Hai ragione, sì è una bellissima idea» approvò Ali. «Possiamo chiedere anche questo all’ufficio. Se possono metterci in contatto con una coppia». Sorrise e appoggiò una mano sul ginocchio di Dana che la strinse con la sua. Poco dopo erano arrivate a destinazione ed entrarono subito nell’edificio. Sedettero una accanto all’altra dopo aver preso un numero da una macchinetta e dopo un po’ dal cubicolo di fronte a loro un uomo chiamò il loro numero. Si avvicinarono e l’impiegato sorrise affabile. «Buongiorno, signore» disse. «Prego accomodatevi». Loro sedettero nelle poltrone davanti alla scrivania. «Quindi voi vorreste adottare un bambino?»
  «Sì» rispose subito Ali. «Noi due. Insieme. Siamo sposate». L’uomo sorrise ancora e annuì, con aria leggermente confusa. «Mi scusi, è solo che a Seattle ci hanno fatto problemi. Ci hanno detto che solo le coppie legalmente sposate potevano fare la richiesta e noi lo siamo, ma poi l’impiegata ha fatto capire a mia moglie che in realtà accettavano solo le coppie eterosessuali. Per quello siamo venute qui».
  «Capisco» osservò l’uomo con un piccolo cenno del capo. «Beh, vedrete che noi siamo molto più... aperti. L’importante è che siate sposate. Posso vedere i documenti? I vostri certificati di nascita e il contratto di matrimonio per favore». Dana gli passò i fogli e lui li studiò per qualche istante.
  «Bene, è tutto a posto» annunciò alla fine. «Ora... un paio di domande... volete iniziare subito la procedura? E siete interessate all’adozione internazionale? Perchè per quella l’iter è un po’ più lungo, ci sono degli step in più. Volete sapere qualcosa?»
  «Veramente per ora volevamo solo delle informazioni» replicò Ali. «Cioè sapere un po’ come funziona la procedura, che cosa dobbiamo fare... e soprattutto volevamo chiederle se potevate metterci in contatto con una famiglia. Vogliamo parlare con qualcuno che ha fatto questa esperienza».
  «Credo di potervi aiutare» disse l’impiegato prendendo un pacco di fogli da un cassetto. «Naturalmente dovrete tener conto che non tutte le famiglie saranno disposte a parlare. Alcune vorranno mantenere la privacy, ma troviamo sempre qualcuno di disponibile. Allora, vediamo... ecco la famiglia Brown, abitano a Seattle, siete fortunate. Hanno adottato un bambino di nome Ethan, tre anni fa. Vi lascio l’indirizzo, va bene?»
  «Perfetto, grazie mille» rispose Dana, prendendo un foglio che l’uomo le porgeva insieme ai loro documenti. Dopodichè le due si alzarono e uscirono dall’agenzia. «Allora che ne pensi?» chiese.
  «Penso...» disse Ali. «Penso che non vedo l’ora di parlare con questi Brown e di poter adottare un bambino tutto nostro. Anzi... non vedo l’ora di adottare Erica».
  «Ma questa è una tua idea» disse Dana mentre tornavano alla macchina e si mettevano in viaggio verso casa. «Non è affatto detto che adotteremo una bambina. Se succederà la chiameremo come vuoi tu, ma magari ci danno un maschio, che ne sai?»
  «Secondo me invece era un segno» ribattè Ali ostinata. Era sicura che quel pensiero non fosse suo, ma del destino. «Te l’ho detto non l’ho pensato apposta, non stavo pensando ai nomi che mi piacevano... pensavo a un’altra cosa e poi è venuta fuori quella frase... vorrà pur dire qualcosa!»
  «D’accordo, come vuoi...» rispose Dana alzando le mani dal volante. L’auto sbandò paurosamente a destra e Ali, terrorizzata, si aggrappò al cruscotto.
  «MA SEI PAZZA?» esclamò furiosa non appena Dana, altrettanto spaventata, ebbe rimesso le mani sul volante. «Per poco non ci schiantavamo contro il muro!»
  «Scusami» disse Dana, ansimando. «Non so cosa mi sia preso». Riprese a guidare tranquillamente e poco dopo arrivarono sane e salve a casa loro. Ali aveva ancora una certa voglia di litigare per l’incidente mancato per un soffio, ma la vista di Dana, ancora così dispiaciuta e spaventata per l’accaduto, le fece cambiare idea. Decise invece di riprendere a parlare dell’adozione.
  «Allora? Che facciamo?» chiese. «Ci mettiamo in contatto con i Brown?»
  Dana non rispose subito. Si sedette sul divano con lo sguardo fisso. «Stavo per causare un incidente. Saresti potuta morire e sarebbe stata tutta colpa mia, non ci posso credere. Davvero non so a cosa stessi pensando quando ho lasciato il volante» disse con voce incredula. Ali si sentì sciogliere e in un attimo le passò tutta la rabbia.
  «Tesoro, non importa» mormorò Ali sedendosi accanto a lei e prendendole una mano. «Vedi? Sono qui con te e non è successo niente. Non pensarci più». Dana si voltò verso di lei e la guardò come se la vedesse per la prima volta. Ali sorrise e la baciò. L’altra la ricambiò timidamente e le appoggiò la testa sulla spalla. «Come farei senza di te?» mormorò. Ali la strinse con un braccio.
  «Non lo so, è meglio non chiederselo neppure» rispose. Dana alzò gli occhi e la guardò per un paio di secondi, accigliata, poi scosse la testa.
  «Hai una capacità incredibile di togliere tutto il romanticismo da una conversazione» osservò. Ali ridacchiò e la baciò di nuovo. Rimasero sedute per un po’ abbracciate, finchè Ali decise di riprendere il discorso che le premeva di più: l’adozione. «Senti, Dana, sul serio. Cosa facciamo adesso? Ci mettiamo subito in contatto con i Brown, o aspettiamo?»
  «No, va bene. Facciamolo subito, prendo il telefono» rispose Dana alzandosi dal divano, di nuovo padrona di sè. Prese il foglio dove c’era scritto il numero di telefono e lo compose sul cordless, poi se lo appoggiò all’orecchio e attese. Dopo qualche istante disse: «Salve! Mi chiamo Dana Rogers... no, signor Brown, non voglio venderle niente è solo... no mi lasci parlare! Ho parlato con... no ascolti, è importante. Ho parlato con l’agenzia di adozioni di Tacoma e visto che io e mia moglie vogliamo adottare un bambino ci hanno messo in contatto con voi per parlare della vostra esperienza. D’accordo... metto in vivavoce». Allontanò il telefono, schiacciò un pulsante e una voce maschile invase la stanza. «Salve...» disse. Ali si alzò e rispose al saluto.
  «Salve!» disse. «Sono Aliana Donnell, la moglie di Dana. Che ne direbbe di parlare un po’ con noi? Lei e sua moglie... sa per capire un po’ come funziona il processo e cosa fare...»
  «Certo» rispose Richard Brown con voce cordiale. «Potreste venire a pranzo con me e Judy. Diciamo... martedì prossimo all’una? Che ne dite? Venite a casa nostra, così parliamo un po’».
  «Perfetto, grazie signor Brown» disse Dana, dopodichè riattaccò. Si voltò verso Ali e le sorrise emozionata. «Finalmente! Questa cosa diventa sempre più reale!»
  «Non vedo l’ora di conoscerli!» rispose Ali. «Così sapremo tutto quello che ci serve e potremo cominciare davvero il processo! Presto Erica arriverà in casa nostra!»
  «Non servirà a niente dirti di smettere di dirlo, vero?» sospirò Dana. Ali scosse la testa e la baciò poi accese il computer e cominciò a guardare siti specializzati nell’educazione dei bambini. Stampò un paio di pagine e si alzò. «Oggi è sabato» disse. «Vuol dire che il pranzo dai Brown è fra tre giorni. Pensi che dovremmo prepararci in qualche modo?»
  «Non lo so...» rispose Dana pensierosa. «Magari potremmo scriverci qualche domanda da fare, sai giusto per sicurezza...»
  «Hai ragione» rispose Ali. Quindi presero un blocco per gli appunti e si misero a scrivere le domande che potevano essere utili porre a chi aveva già fatto quell’esperienza. Quella sera alla fine andarono a letto felici e decisero di celebrare la cosa con del sano, buon sesso. Avevano iniziato ufficialmente a usare i biglietti delle montagne russe da finire prima che arrivasse un bambino.

 

 
Tre giorni dopo erano ormai pronte per andare a pranzo dai Brown. Si erano vestite ed erano appena uscite di casa. Ali teneva in mano i fogli con le domande da fare. Arrivarono alla casa giusta, che era molto carina, simile alla loro. I padroni di casa erano sull’ingresso ad aspettarle. Si presentarono e sia Richard che Judy fecero alle due un’ottima impressione. Durante il pranzo chiacchierarono molto e le domande che Ali e Dana si erano preparate in realtà non servirono. Ethan si sedette a tavola con loro, ma poco dopo si alzò preferendo andare a giocare e i quattro adulti rimasero soli. Ali approfittò di quel momento per chiedere: «Ma Ethan sa di essere stato adottato?»
  «Non ancora» rispose Judy. «Ma glielo vogliamo dire non appena sarà abbastanza grande per capire. Certi genitori non lo dicono, ma io non sono d’accordo. È come se adottare un bambino fosse una cosa negativa da tenere nascosta. Noi non la pensiamo così. Invece, se posso chiedere... perchè tu e Dana avete deciso per l’adozione?» erano passati al tu praticamente subito dopo essersi presentati, era stata una cosa assolutamente naturale, da entrambe le parti.
  «Non c’è un motivo particolare» rispose Ali. «Semplicemente è un’idea che mi è venuta quasi per caso al nostro matrimonio, è maturata durante il viaggio di nozze e mi è piaciuta molto. Sarei davvero contenta di riuscirci».
  «Io ho un buon presentimento» disse Judy e Ali le sorrise. «Non so se lo sapete, ma una volta che avrete fatto la domanda riceverete una visita da parte di un’assistente sociale, per vedere se la casa è adatta ad accogliere un bambino».
  «Davvero? Grazie per avercelo detto. Tesoro» disse alla moglie, «Judy ha detto che prima o poi riceveremo la visita di un’assistente sociale per vedere la casa».
  «Ah sì?» rispose Dana mediamente sorpresa. «Buono a sapersi. Ma non mi preoccupo, tanto lo so che non ci sarà nessun problema. Casa nostra non è pericolosa».
  Poco dopo si alzarono da tavola e andarono avanti a parlare davanti a una tazza di caffè. Utilizzarono un po’ di domande che si erano scritte e quando tornarono a casa erano soddisfatte di com’era andato il pranzo. Finalmente avevano le idee più chiare su quello che dovevano fare e ora l’unica cosa che dovevano fare era pensare di compilare i moduli per entrare in lista d’attesa. Li presero e cominciarono a leggerli. «Li compiliamo adesso?» disse Dana.
  «No aspettiamo» rispose Ali. «Prima voglio leggerli bene, per essere sicura che non ci sfugga niente quando li compileremo definitvamente». E così fecero.

 

 
La settimana successiva proprio nel momento in cui si stavano preparando a compilare i moduli squillò il telefono e Dana andò a rispondere. «Pronto?» disse. Un attimo di silenzio: «Benji!»
  «Mio fratello?» esclamò Ali alzandosi dal tavolo. Sua moglie annuì e mise in vivavoce. «Ciao Benji!» lo salutò meravigliata. «Che succede?»
  «Ho parlato con la mamma» rispose lui. «Mi ha detto che volete adottare un bambino, è vero?»
  «Sì avremmo questo piano» commentò Ali. «Perchè?»
  «Allora ho una notizia che potrebbe interessarvi». Le due donne si fecero più attente e lo incitarono a proseguire. Allora lui aggiunse: «Tre giorni fa è venuta da noi una ragazzina incinta, non poteva avere più di sedici anni... ha avuto una bambina e l’ha lasciata in ospedale. Ora, io non dovrei farlo, però so che volete un bambino e se mi dite che l’idea vi va davvero, potrei fare in modo di facilitarvi le cose. Ho aspettato a dirvelo perchè ho dovuto aspettare le quarantotto ore che, per legge, spettano alla madre per eventualmente cambiare idea. Adesso queste ore sono passate, quindi... che ne dite?»
  «Benji questa è... una notizia fantastica! Davvero potresti aiutarci? Noi cosa dobbiamo fare?»
  «Compilare i moduli e consegnarli, poi immagino fare quello che si fa di solito. Se le cose vanno bene in tre o quattro mesi dovreste avere la bambina» disse Benji. Si salutarono e Dana riattaccò. Subito dopo si voltò verso Ali e le chiese: «Allora, che ne pensi?»
  Per tutta risposta lei corse al tavolo prese la penna e cominciò a riempire le parti dei moduli destinati a lei con tutti i suoi dati. Dana le si avvicinò di corsa. «Ehi, ehi, ehi!» esclamò. «Che diavolo fai?»
  «Tesoro, tu lo sai vero?» disse continuando a scrivere. «Quella bambina è Erica, sicuramente. Quindi dobbiamo sbrigarci, perchè Benji non può fare miracoli e qualcuno potrebbe passarci avanti! Forza sbrigati, vieni anche tu a scrivere!»
  «Ma non l’abbiamo nemmeno vista, Ali!» osservò Dana. «Magari la vedi e capisci che Erica non è lei. Dobbiamo andare a Portland e vederla prima. Non credi sia una buona idea?»
  Ali smise di scrivere. «Sì forse hai ragione... chiamo Benji». Si alzò prese il telefono e chiamò il fratello maggiore. Lui rispose al secondo squillo. «Ciao Ali!» esclamò sorpreso. «Che succede?»
  «Come facevi a sapere che ero io?» chiese lei e subito dopo aggiunse: «No senti, io e Dana abbiamo pensato che prima di riempire i moduli vogliamo vedere la bambina. Pensi si possa fare?»
  «Immagino di sì» rispose Benji lentamente. «Ma perchè me lo chiedi?»
  «Non è che non mi fidi» disse Ali. «È solo che io sogno di avere una figlia che si chiami Erica. Quindi voglio essere sicura che questa bambina sia quella giusta, capisci?»
  «Certo che capisco» replicò Benji con una leggera risata. «Potete venire domani, se a Dana va bene».
  «A me va bene, aspetta che glielo chiedo». Coprì il telefono con una mano e si voltò. «Ehi, tesoro».
  «Che c’è?» rispose Dana avvicinandosi a lei.
  «Benji ha proposto di andare domani a Portland a vedere la bambina. Per te va bene?» Dana annuì e Ali riferì al fratello che poco dopo la salutò. Ali tornò al tavolo e mise i moduli in un cassetto. Era contenta di come stavano andando le cose. Sarebbero andate a vedere la bambina, ma in cuor suo lei era sicura che sarebbe stata sua figlia, che sarebbe stata Erica. Non vedeva l’ora che arrivasse il giorno dopo. Dana si mise a preparare sandwich per il pranzo, visto che sicuramente sarebbero dovute star via una giornata intera. Portland non era vicina.
  Il mattino dopo si alzarono di buon’ora. Volevano arrivare là presto in modo da avere tempo di fare tutto. Mentre erano in autostrada dopo quasi un’ora di viaggio, Ali teneva d’occhio Dana. «Tieni le mani sul volante, mi raccomando» le disse. Dana annuì seria. C’era rimasta molto male per il quasi-incidente. «Tranquilla. Non ho la minima intenzione di provocare un incidente quando stiamo per andare a conoscere la nostra possibile figlia».
  «Facciamo cambio fra un po’» disse Ali. « Così non ti stanchi» le accarezzò un braccio. «Okay?»
  «Okay» rispose Dana. «Alla prossima stazione di servizio. Devo andare in bagno, sto scoppiando». Ali ridacchiò e annuì. Quando arrivarono andarono in bagno entrambe e Ali si mise al volante. Dopo poco più di un’altra ora di viaggio arrivarono a Portland. Dana chiamò Benji per farsi dire dov’era l’ospedale e ci arrivarono in poco tempo. Lui le aspettava all’ingresso e le affidò subito a una ragazza vestita di rosa, spiegando che lui non poteva accompagnarle perchè non era di quel reparto, ma che la dottoressa Davies era al corrente della cosa. «Però non parlate con altre persone. È meglio che lo sappiano in pochi, visto che non è una cosa del tutto legale».
  La dottoressa Davies, Martha si chiamava, le scortò fino al suo reparto e al nido, dove le fece entrare dopo aver fatto indossare a entrambi dei camici. Si diresse fino a una delle ultime file e indicò una delle culle. Ali e Dana si avvicinarono entrambe. La bambina che dormiva lì dentro era bellissima. Ali quando la vide si sentì stringere il cuore e mormorò: «Erica...»
  «Hai ragione» rispose Dana con gli occhi lucidi. «Hai ragione, è Erica. È perfetta».
  «Assolutamente perfetta» aggiunse Ali allungando una mano per accazzerarle la testa minuscola coperta da pochi capelli scuri. La bambina mosse una mano e per istinto lei lasciò che le afferrasse un dito. Dana si rivolse a Martha. «Dottoressa Davies, crede... posso prenderla in braccio?»
  «Certo!» rispose l’altra sorridendo, così Dana allungò le braccia e la prese. Nel momento in cui sentì il suo peso addosso, capì cosa significava essere madre. Le scese una lacrima lungo una guancia e la passò ad Ali che la prese subito e si sentì sciogliere. Quella bambina era sua figlia, lo sapeva.
  «Dottoressa Davies» disse, «crede che... se dovessimo avere la bambina... potrebbero esserci dei problemi con la famiglia di origine?»
  «Dubito» rispose Martha. «Dubito perchè la madre naturale è arrivata qui da sola e da quello che ho capito nessuno a parte lei sapeva che era incinta. Lei non voleva saperne quindi non credo che qualcuno rivendicherà la sua presenza».  
  Più tardi tornarono nell’ingresso e si incontrarono di nuovo con Benji. «Allora?» chiese non appena le vide arrivare. «Com’è andata? Avete visto la bambina?» loro annuirono. «Che ne dite?»
  «È lei» disse Ali con gli occhi ancora che brillavano. «È Erica. Senza dubbio». Dana annuì con un sorriso emozionato, mettendole un braccio attorno alle spalle. Poco dopo salutarono Benji e la dottoressa Davies e tornarono a casa. Una volta arrivate si tolsero le giacche e si precipitarono a prendere i moduli e li compilarono entrambi. Una volta finito, visto che era presto, decisero subito di andare a Tacoma per consegnarli, insieme a tutti i documenti necessari. Per una curiosa coincidenza trovarono lo stesso impiegato della volta precedente. Consegnarono il tutto e lui chiese con un sorriso: «Allora avete deciso di entrare in lista d’attesa?»
  «Non proprio» rispose Ali. «Abbiamo conosciuto una bambina. È stata abbandonata dalla madre appena nata nell’ospedale dove lavora mio fratello. L’abbiamo presa in braccio... ed era nostra figlia».
  «Sono contento per voi» rispose l’impiegato prendendo i fogli che Dana gli porgeva. «Spero davvero che ce la facciate ad averla. Se tutto va bene fra qualche giorno vi faremo sapere quando riceverete la visita di una nostra impiegata, per controllare casa vostra».
  «Sì ce l’hanno detto» replicò Dana. «I Brown. Quando siamo stati da loro». L’impiegato sorrise e disse che la notizia gli faceva piacere. Poco dopo tornarono a casa continuando a parlarne. L’atmosfera quel giorno era diversa, da quando avevano visto la bambina all’ospedale erano entrate entrambe nell’ottica materna e improvvisamente si sentivano più adulte. E molto, molto felici
.

 

 

 
NdA: perdono, chiedo umilmente perdono *si inginocchia* Lo so sono schifosamente in ritardo. È stato un capitolo tirannico, poi avevo gli esami... Comunque grazie a tutti! Have fun!

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Capitolo 21
*** L'amore di una madre. Anzi due. ***


L’amore di una madre. Anzi due
 

 
La prima volta che Erica arrivò in casa di Ali e Dana erano passati esattamente quattro mesi da quando le due l’avevano vista in ospedale. Sei settimane prima un’assistente sociale aveva visitato la casa e alla fine aveva detto alle due donne che molto facilmente la bambina sarebbe stata loro. Poi un giorno era suonato il campanello e sulla soglia c’era la solita assistente sociale con la neonata tra le braccia.
  «Probabilmente sarà vostra, ma per ora ve la lascio in affido» disse. Ali le si avvicinò quasi di corsa e la prese subito, con il cuore che le scoppiava dalla gioia. «Ciao Erica» mormorò con le lacrime agli occhi. Dana corse nella stanza che avevano preparato per lei e portò in soggiorno la culla con le ruote.
  «Tesoro, prova a metterla qui dentro» disse alla moglie. Ali si avvicinò alla culla e vi depose dentro la bambina addormentata. Dopo le ultime indicazioni sulle sue abitudini, rimasero a guardarla per un po’, incantate, e alla fine decisero di salutare e ringraziare la giovane donna. Rimaste sole loro due portarono la culla vicino al divano e vi si sedettero, continuando a guardare la bambina sdraiata sul fondo. «Allora la chiamamo Erica?» chiese Dana.
  «Ti viene in mente un nome migliore?» replicò Ali senza smettere di fissare la bambina. Dana le accarezzò una guancia con un dito e lei storse il naso in una smorfia dolcissima.
  «No hai ragione» osservò. «Erica è il nome giusto. Guardala, è perfetta». Ali annuì guardandole il viso dai tratti delicati e le mani dalle dita minuscole. Ad un certo punto decise di andare nella camera da letto che avevano preparato apposta per l’arrivo di Erica, aprì l’armadio e si mise a guardare tutti i vestitini che le avevano comprato. Pensò a cosa sarebbe successo se avessero deciso che la bambina non poteva stare con loro e il suo cuore saltò un battito. Sarebbe stato il momento più brutto della sua vita, ne era sicura. Tornò in soggiorno e vide che Dana non si era mossa: era ancora seduta e accarezzava distrattamente la guancia di Erica. Sorrise intenerita a quella vista e le mise una mano sulla spalla. Lei sobbalzò. «Ehi, amore» la chiamò. Dana alzò gli occhi con lo sguardo leggermente annebbiato. «Lo sai che anche se adesso smetti di guardarla non scompare, vero? Il fatto è che... è ora di cena e io proverei anche a cucinare qualcosa, ma...»
  «No. Giusto. Hai ragione» disse. Si alzò e si diresse in cucina. «È meglio che pensi a preparare la cena. Poi fra poco dovremo anche darle da mangiare. Quella tizia ha detto che di solito mangia alle otto». Ali la seguì e le disse: «Ti amo tanto». Era una giornata magnifica e si era resa conto che era da un po’ di tempo che non glielo faceva sapere. Dana sorrise.
  «Lo so, anch’io» rispose dandole un leggero bacio sulle labbra. Ogni tanto voltava la testa e guardava la culla, dove sapeva che dentro c’era sua figlia. Sua figlia. Sua e di Ali. Era madre, le faceva ancora un po’ impressione a pensarlo. Era ancora in affido, tecnicamente, ma lei la considerava sua da quel giorno in ospedale. Nel periodo che avevano aspettato prima di quel momento avevano ricevuto una foto al mese, perchè sapessero come stava crescendo. Le avevano fatte vedere al resto della famiglia al pranzo di Natale che quell’anno, per festeggiare il matrimonio e il probabile arrivo di Erica, si era tenuto a casa loro. Guardando le fotografie Taylor e Tracy avevano squittito deliziate varie volte, mentre gli altri si congratulavano con loro e Benji non faceva niente per dissimulare il suo orgoglio. Invece Deena e Sam erano elettrizzati all’idea di avere una nuova cugina. Leah era ancora troppo piccola per capire di cosa stessero parlando, ma sarebbe stata di sicuro la più vicina a Erica.
 
 
  Ripensandoci, ad Ali sembrava quasi incredibile che adesso fosse davvero lì, in casa con loro. E che probabilmente ci sarebbe rimasta ancora per molti, molti anni. Era sicura che non l’avrebbe lasciata andare via di casa molto presto. «Al college andrà vicino a casa, così tornerà a dormire qui» disse.
  «Ali... ehm... lo sai, vero, che primo Erica non è ancora ufficialmente nostra e che soprattutto ha solo quattro mesi?» replicò Dana. «Direi che prima di preoccuparci del college abbiamo ben diciotto anni per sapere come sarà la sua vita».
  «Sì hai ragione» disse Ali, lanciando anche lei un’occhiata alla culla. Le sfuggì un leggero sorriso. «Il fatto è che ancora non mi rendo conto che lei sia davvero qui, a casa con noi. Mi sembra troppo bello per essere vero... Sono così felice».
  «Lo so» rispose Dana. «Anche io lo sono. Fai una cosa, scaldale il biberon, d’accordo? Devi versarci dentro l’acqua e la polvere, mescolare, metterlo nello scaldabiberon e premere il pulsante. È una cosa talmente facile che secondo me anche tu puoi essere in grado di farlo».
  «Lo sai» rispose Ali mentre eseguiva tutte le operazioni necessarie, «non mi piace per niente il tono che usi. Credo che dovresti darmi un po’ più di fiducia. Adesso che c’è anche la bambina, credo che alcune cose in cucina potrei farle anch’io».
  «Sì hai ragione» sospirò Dana accendendo il forno per scaldare il pollo. «Un giorno di questi ti insegnerò a cucinare. È una cosa che dovresti saper fare, perchè è utile. Io non ci sono tutti i giorni e tu non puoi andare avanti a pasti precotti. Soprattutto adesso che c’è Erica».
  «Sì infatti, per quello lo dicevo. Non voglio che prenda anche lei queste abitudini. Poi io vorrei davvero imparare a cucinare. Non dico le cose meravigliose che fai tu, ma giusto il minimo per sapermela cavare da sola». Dana le sorrise e cominciò a preparare l’insalata. Nel frattempo Ali apparecchiava la tavola. Aveva appena finito, quando Erica si svegliò e cominciò a piangere. Visto che Dana era impegnata, Ali corse subito da lei e la prese in braccio. Capì che aveva fame, per il fatto che non smise di piangere quando lei l’ebbe sollevata e perchè si portava il pugno minuscolo alla bocca. Allora la portò in cucina, prese il biberon e si sedette. Saggiò la temperatura sul polso e cominciò a darle da mangiare. Fu uno dei momenti più emozionanti per lei, vedere quella bambina che prima piangeva e non appena lei le aveva avvicinato il biberon aveva iniziato a succhiare avidamente e si era improvvisamente calmata. Mentre mangiava, piantò gli occhi in quelli di Ali e non li tolse finchè non ebbe finito. Anche Ali continuava a guardarla, sembrava che non esistesse altra cosa al mondo. Non credeva che avrebbe potuto provare un amore altrettanto forte come quello per sua moglie, ma guardare quella creaturina dai grandi occhi chiari tra le sue braccia la fece ricredere. Seppe immediatamente di avere il cuore diviso in due, da una parte Dana e dall’altra Erica. Se una qualsiasi delle due parti se ne fosse andata in qualche momento, lei ne sarebbe morta. Sentì dei passi alle sue spalle e poi la voce di Dana, venata d’emozione.
  «Ma guardatevi, siete davvero deliziose!» esclamò. Ali alzò lo sguardo e le sorrise. Poi guardò di nuovo Erica e vide che aveva svuotato il biberon. Si stirava con gli occhi socchiusi e un’espressione serena sul viso. Ali se l’appoggiò contro la spalla e prese a batterle gentilmente sulla schiena per farla digerire. Come se non avesse mai fatto altro in tutta la sua vita. «Perchè non facciamo una foto?» propose. «Noi tre, come una vera famiglia. Sperando che sia la prima di una lunga serie. Dai vai a prendere la macchina fotografica, approfittiamone intanto che è ancora sveglia».
  Dana annuì e corse a prendere la macchina. La impostò sull’autoscatto poi corse a sedersi accanto alla moglie. Sorrisero entrambe e, quasi avesse capito cosa stava succedendo, anche Erica le imitò. Subito dopo Ali la passò a Dana e andò a vedere la fotografia. «Ehi, stava sorridendo!» esclamò. Dana guardò la piccola come se avesse ricevuto la notizia più bella del mondo. Si alzò in piedi continuando a guardarla. «Stavi sorridendo, Erica! Sì, amore, sorridevi!» le disse. La bimba socchiuse gli occhi e scoppiò a ridere. A quel suono sia Ali che Dana la guardarono incredule. «Ha riso» balbettò la prima. «Hai-hai sentito anche tu? È il primo giorno a casa con noi e già ride! L’assistente sociale non avrà niente di cui lamentarsi quando verrà a trovarci il mese prossimo, giusto?»
  «Direi proprio di no» rispose Dana, ancora stupefatta. «Sei la nostra bambina, Erica, nessuno potrà metterlo in dubbio. E nessuno ti porterà via da noi». Se l’avvicinò al viso e le diede un bacio sulla guancia. Lei sorrise ancora e si stiracchiò, poi chiuse gli occhi. Dana sapeva che avrebbe dovuto metterla nella culla, ma non riusciva a lasciarla andare. Alla fine si convinse e la depositò piano sul materasso, ma non si mosse, pronta a riprenderla nel caso si fosse svegliata di nuovo. Ali le si avvicinò e la spinse al tavolo della cucina. «Noi non la vizieremo, tesoro» le disse, fingendosi arrabbiata e puntandole un dito contro il petto. «Mia figlia non sarà una principessina, sarà una bambina come tutte le altre! Ti conviene ricordarlo». Dana annuì e si sedette. «Ci proverò. Ma è talmente carina, come fai a non volerla tenere in braccio ogni momento?»
  «Lo so, credimi» rispose Ali prendendole una mano. «Ma davvero, lo faccio per lei. E per noi». Dana annuì, si alzò e servì la cena. Mangiarono in silenzio, gli sguardi di entrambe correvano continuamente alla culla, ma Erica non si svegliò. Quando ebbero finito ed ebbero anche sistemato la cucina, decisero di guardare un film e solo alla fine lei decise di annunciare di nuovo la sua presenza. Scoppiò a piangere e Dana corse a prenderla in braccio. «Dev’essere cambiata» annunciò e nel dirlo sembrava che avesse ricevuto un premio. La portò sul fasciatoio e Ali le andò subito dietro. Dopo che l’ebbero cambiata la tennero a lungo in braccio, soprattutto Ali, al che Dana ridacchiò e osservò: «Cosa dicevi prima a proposito del non viziarla?»
  «Hai ragione» rispose Ali. «Adesso la metto nella culla e la faccio addormentare da lì. Deve imparare,  giusto? Non dobbiamo viziarla e non la vizieremo». Dana annuì e le passò un braccio attorno alle spalle. La fecero addormentare, poi decisero di andare a dormire.
  Perciò portarono Erica nella sua stanza, misero un baby monitor sul davanzale accanto a lei e presero l’altro da mettere in camera loro. Si prepararono entrambe e si misero sotto le coperte. «Pensi che avremmo dovuto farla dormire con noi?» chiese Ali.
  «Amore, abbiamo preso il baby monitor con il video apposta» rispose Dana. «Non c’è nessun bisogno di farla stare in camera nostra. Lei dorme ed è troppo piccola per capire dove si trova. Se si mette a piangere la sentiamo. Lo tengo sul mio comodino che ho il sonno più leggero. Va bene?»
  «Okay. Hai ragione tu, è meglio così. Ora... dormiamo o montagne russe?» chiese Ali con un sorrisetto malizioso. Dana le lanciò uno sguardo e per tutta risposta iniziò a spogliarsi. Ali ridacchiò e la imitò subito. All’improvviso si avvicinò a lei e la baciò. Non sapeva perchè ma le sembrò di essere tornata  a quando stavano insieme da poco. «Sei così sexy stasera...» mormorò.
  «Dev’essere la maternità che mi dona» rispose Dana. Ricambiò il bacio e le disse: «Anche tu sei molto sexy. Probabilmente la maternità dona anche a te». Prese Ali per le spalle e la fece sdraiare sul materasso. Le infilò le dita tra i capelli e la baciò di nuovo. Ali le allacciò le braccia attorno al collo e sorrise. «Quando Erica sarà abbastanza grande le farò vedere Grey’s Anatomy» commentò.
  «Sì, mi sembra un’ottima idea» disse Dana con approvazione. Ali sorrise e cominciò a baciarla sul collo. Fecero l’amore a lungo, fu uno dei momenti più belli per entrambe. Quasi per inaugurare la prima notte nella casa nuova Erica dormì tutta la notte svegliandosi solo alle otto, quando ormai anche Ali e Dana si erano alzate per andare al lavoro. O meglio, Ali si era alzata per andare al lavoro e Dana come ogni mattina l’aveva imitata per semplice solidarietà e per prepararle la colazione. Era una delle tante cose che Ali amava di sua moglie. Nel momento stesso in cui uscirono dal letto Erica si mise a piangere, perciò corsero entrambe nella sua stanza, preoccupate. In realtà aveva solo fame, perciò Ali la prese e la portò in cucina per darle da mangiare, mentre Dana preparava la colazione.
  Alla fine Ali uscì quasi di corsa perchè si era attardata con Erica e alla fine rischiava di arrivare in ritardo al lavoro. Tina non sapeva niente dell’arrivo della bambina nella sua vita, ma dubitava che anche se l’avesse saputo, questo avrebbe cambiato qualcosa nel modo di fare del suo capo. Infatti quel giorno Tina si comportava nello stesso modo di sempre e quando Dana la chiamò a metà mattina si mostrò molto infastidita. Lei rispose: «Ciao tesoro, che succede?»
  «Ali dove tieni il biberon di Erica? Sta piangendo da mezz’ora perchè ha fame, ma non lo trovo. Dammi almeno un indizio: è in cucina?» le disse Dana piuttosto agitata. Lei di solito stava a casa al mattino quindi era praticamente ovvio che sarebbe stata lei a occuparsi di Erica mentre Ali era al lavoro. Aveva preso un permesso speciale al ristorante per stare a casa con la bambina finchè sua moglie non tornava dal lavoro. Avevano pensato di cercare subito un asilo nido, ma come Ali aveva fatto giustamente notare l’assistente sociale avrebbe badato a tutto per decidere di lasciarla a loro due e mandarla all’asilo fin dai primi giorni che l’avevano in affido non era certo il modo migliore per fare una buona impressione. Quindi avevano trovato quella soluzione e Dana ne era felicissima: le piaceva immensamente l’idea di qualche ora con Erica, solo loro due.
  «Sì, Dana, è in cucina. È nell’armadietto sopra il lavandino. Quello a destra, sul secondo ripiano a sinistra. Dovrebbe essere dentro allo scaldabiberon, li ho messi via insieme. Se non è lì è nella lavastoviglie, controlla» rispose Ali. Sentì dei rumori in sottofondo e pochi secondi dopo Dana le disse che l’aveva trovato, la ringraziò e riappese.
  Ali riprese a lavorare con un leggero sorriso stampato in faccia che non le andò via per tutto il resto della mattinata. Non vedeva l’ora di tornare a casa dalla sua famiglia, però le piaceva anche pensare alle due donne della sua vita a casa da sole. Tina la lasciò in pace, tranne un momento in cui la chiamò nel suo ufficio per farle fare delle fotocopie di certi appunti, a suo dire assolutamente indispensabili. Era un incarico lungo, ma almeno non aveva bisogno di concentrarsi. “Infila il foglio, chiudi il coperchio, schiaccia il bottone”. Mentre eseguiva tutti questi gesti in modo meccanico continuava a pensare a Dana ed Erica. Le sembrava incredibile che la bambina fosse in casa loro da meno di un giorno e che l’avessero vista solo due volte prima di quel momento. Le sembrava di conoscerla da sempre, anche quasi da prima che nascesse. E Dana... ormai non riusciva quasi più a ricordarsi di come fosse la sua vita prima di incontrare lei. E non era in grado di immaginarsi la sua vita senza di lei. Ma non gliel’avrebbe detto: era una di quelle cose che non si dicono alla propria moglie.
 
 
Più tardi durante l’intervallo per il pranzo Ali era nella caffetteria e ricevette un’altra telefonata da Dana. Sorrise prima di premere il tasto di risposta. «Cos’altro non riesci a trovare?» le chiese.
  «Come?» replicò Dana leggermente spiazzata. Poi sembrò capire. «Oh! Oh, no no va tutto bene! È solo che... hanno chiamato le nostre mamme poco fa. Prima Taylor e poi Tracy».
  «Che cosa?!» esclamò Ali sbigottita. «E... e che cosa volevano?» per Tracy non era preoccupata, ma sapeva per certo che Taylor non chiamava mai solo per salutare.
  «Secondo te?» disse Dana. Sospirò e aggiunse: «Venire a trovarci, no? E non lo so per certo ma temo che si siano messe d’accordo e verranno insieme. E tua madre mi ha anche detto che quando torni ti richiama perchè vuole parlare con te».
  «Sì lo immaginavo» disse Ali. Se l’era aspettato, era sicura che prima o poi Taylor e Tracy avrebbero cominciato a reclamare il loro ruolo di nonne. Salutò Dana e riattaccò. Era contenta che Taylor volesse andare a trovarle, ma l’idea di incontrarla le faceva venire sempre un po’ di ansia. E si era anche resa conto che sua madre e Tracy erano diventate grandi amiche da quando Tracy aveva cercato di convincerla della normalità della relazione tra le loro figlie.
  Ali pensò a tutto questo per il resto del pomeriggio e anche mentre tornava a casa. Quando aprì la porta scoprì che Dana la stava aspettando con Erica in braccio. Le si strinse il cuore a quella vista.
  «Ehi Erica» disse Dana alla bambina. «Hai visto chi c’è? Dì: ciao mamma. Bentornata!»
  «Ma che bel comitato di accoglienza» osservò Ali baciando sua moglie e sua figlia mentre si toglieva la giacca. Subito dopo Dana le mollò in braccio Erica e corse a vestirsi. «Devo scappare al ristorante!» gridò dalla camera da letto. Tornò nel soggiorno, prese la borsa, baciò le altre due e uscì sbattendo la porta. Ali andò in cucina sempre tenendo la bambina tra le braccia. «Bene, amore» le disse. «Adesso siamo solo io e te. Che facciamo? Cominciamo a vedere se la mamma ci ha lasciato la cena». Aprì il forno a microonde e vide che sì, Dana le aveva lasciato una porzione di polpettone che doveva solo essere riscaldata. Ringraziandola mentalmente apparecchiò la tavola per sè e cenò in fretta. Dopodichè cominciò a preparare il biberon per Erica, sapendo che di lì a poco avrebbe iniziato a piangere per la fame. Dato che lei ormai aveva finito anche di sistemare si sedette sul divano davanti alla tv, aveva deciso di guardare Grey’s Anatomy che nell’ultimo periodo aveva leggermene trascurato, mentre dava da mangiare a Erica. Era tutto calcolato, infatti notò che poco dopo la bambina si era voltata rapita verso la televisione, forse catturata dai colori e dalle voci. «Sei proprio mia figlia, Erica» osservò Ali, con una leggera risata. La bambina la guardò e continuò imperterrita a mangiare.
  Quando Dana tornò a casa qualche ora dopo le trovò addormentante entrambe sul divano. Sorrise commossa e come prima cosa prese Erica in braccio e la depositò nella culla, pregando perchè non si svegliasse. Visto che le sue preghiere erano state esaudite tornò in soggiorno per svegliare Ali. Prima pensò di svegliarla nel solito modo, scuotendole una spalla, ma poi decise di farlo in un modo più romantico. Perciò si sedette accanto a lei e le diede un dolce bacio sulle labbra. Ali si mosse leggermente e aprì gli occhi. Poi sorrise. «Ciao» disse.
  «Ciao» rispose Dana. Le passò un braccio attorno alle spalle e aggiunse: «Io sono appena arrivata e Erica sta dormendo. Andiamo a letto? Ti vorrei dire una cosa...»
  «È una cosa brutta?» chiese Ali improvvisamente preoccupata. Dana trattenne a stento un sorriso.
  «Non direi» rispose. «No. Vieni dai, te lo dico quando siamo sotto le coperte». Ali assentì perciò andarono nella loro stanza e dopo essersi preparate andarono a letto. A quel punto Dana decise di abbandonare l’aria indifferente e si mostrò per quella che era davvero: una donna che aveva appena ricevuto la più bella notizia della sua vita.
  «Allora?» le chiese Ali. «Si può sapere cosa ti è successo?»
  «Ali hai presente Dominic?» fece Dana con voce emozionata.
  «Sì è... il tuo capo-chef, giusto?» chiese ancora Ali e Dana annuì. Le prese le mani e la guardò dritto negli occhi. «Il mese prossimo va in pensione» disse. «E indovina chi prenderà il suo posto?»
  «Stai scherzando?» esclamò Ali a bocca aperta. Dana scosse la testa e lei la abbracciò. «Oh tesoro, sono così orgogliosa di te! Sarai capo-chef!»
  «Già, non sai come mi sono sentita quando me l’ha detto. Cioè un po’ me l’aspettavo, in fondo ero la seconda persona più importante lì dentro, però insomma... è sempre emozionante». Ali annuì e la baciò felice per lei e poco più tardi spensero le luci e si addormentarono quasi subito, non prima di aver controllato che il baby monitor di Erica fosse acceso e funzionante.
 
 
Il giorno dopo Taylor chiamò ancora per sapere quando poteva andare a trovarle. Ali le disse che il pomeriggio seguente andava bene, quando lei fosse tornata dall’ufficio. Sapeva già che la prima cosa che sua madre avrebbe fatto sarebbe stato controllare come loro due stavano crescendo la bambina. La cosa che la consolava era che l’aveva fatto anche con Benji entrambe le volte. Quindi il fatto che stesse crescendo con due donne non avrebbe dovuto essere un problema. Più tardi scoprì che Taylor sarebbe andata a casa loro insieme a Tracy, che voleva “vedere come stavano le ragazze”. Perciò le due “ragazze” si prepararono in anticipo a quello che, ne erano sicure, sarebbe stato un pomeriggio molto impegnativo. Era il giorno libero di Dana, sicuramente era per questo motivo che avevano scelto proprio quel pomeriggio per andarle a trovare.
  Quindi il giorno seguente, alle sei, Ali si era da poco sistemata dopo essere tornata dall’ufficio e in quel momento era suonato il citofono. Dana andò a rispondere e di lì a poco Tracy e Taylor erano nel loro soggiorno, con degli enormi sorrisi stampati in faccia e dei regali per Erica. Quando le vide Ali non potè fare a meno di sorridere. Era felice di vederle, soprattutto di vedere sua madre. Quest’ultima si avvicinò alla sdraietta dove avevano messo Erica che non dormiva e si guardava intorno tutta interessata. «Oh, ma guardatela, quanto è bella! Ragazze posso prenderla un attimo?»
  «Certo certo! Non farti problemi!» esclamarono Dana e Ali in coro e quasi in falsetto. In realtà non sapevano nemmeno loro perchè avessero parlato così. Comunque fu un pomeriggio piacevole, Tracy e Taylor si dimostrarono delle ottime nonne e Ali non avrebbe potuto essere più felice di così, neanche sforzandosi. Guardava parte della sua famiglia riunita lì, sua madre, sua suocera, sua moglie e sua figlia, tutte nella stessa stanza. Erica faceva dei gran sorrisi a tutte loro e Ali pensò ancora una volta, non tanto che quella bambina avesse finalmente dato un senso alla sua vita, perchè non era assolutamente così, ma che fosse la punta di perfezione che mancava nella sua vita che in quel periodo era davvero meravigliosa.
  Poco più tardi Tracy e Taylor se ne andarono e Ali crollò immediatamente sul divano. Non sapeva nemmeno perchè, ma ogni visita di sua madre, anche la più piacevole, la stremava. Era sempre così.
  «Ho la faccia di chi è stato investito da un camion? Perchè mi sento così» disse a Dana dopo un lungo silenzio. Dana rispose tenendo gli occhi chiusi e la testa appoggiata allo schienale. «Probabilmente ce l’abbiamo tutte e due. Ma che cos’hanno le nostre mamme? Perchè ogni loro visita mi distrugge fisicamente e mentalmente? Non capisco!»
  «Sai me lo chiedo anch’io» ribattè Ali alzando debolmente il braccio sinistro e lasciandolo ricadere subito dopo. «Non hanno fatto assolutamente niente di che, oggi, eppure sono esausta».
  Dopo un po’ Dana si alzò e si trascinò in cucina per preparare la cena. Ali la seguì per apparecchiare la tavola e dopo aver dato da mangiare a Erica cenarono anche loro. Dana si mise a raccontare un po’ come sarebbe stato il suo lavoro una volta che fosse diventata capo-chef, ma Ali la ascoltava con un orecchio solo. Le era appena venuta in mente una cosa che la preoccupava tremendamente.
  «Ali, tutto bene?» le chiese Dana a un certo punto, leggermente infastidita dal fatto che chiaramente la moglie non la stava ascoltando. Ali si voltò verso di lei.
   «Sì bene» rispose, «mi stavo solo chiedendo... lei non avrà problemi, vero? Erica?»
  «Che cosa intendi dire?» le chiese Dana con aria perplessa. Ali lanciò un’occhiata alla culla e sospirò.
  «Non credi che... magari quando sarà un po’ più grande... sentirà la mancanza di un padre?»
  Dana ammutolì per un istante. Poi replicò: «Se intendi una figura maschile nella sua vita, primo è una femmina e una cosa del genere succede più facilmente ai maschi e secondo avrà due nonni e due zii che vedrà il più possibile. Se invece intendi un genitore... se noi saremo delle brave mamme, non avrà bisogno di nessun altro». Le prese una mano e la strinse forte. «Non aver paura, andrà tutto bene».
  Ali sorrise suo malgrado. «Grazie tesoro» disse. «Hai ragione. Erica non sentirà la mancanza di qualcosa che non ha mai avuto, giusto? Io... io ho paura che le persone non... non siano pronte, che abbiano dei problemi. Magari quando la manderemo all’asilo nido. Io non voglio che nostra figlia si senta discriminata, nella sua vita».
  «Ali capisco quello che vuoi dire ed è quasi impossibile che nessuno la discriminerà. È una cosa che succede e succederà sempre. Ma noi faremo di tutto perchè questo, se succederà, non la renda una persona triste. Lei starà bene, Ali. Te lo prometto». Lei sorrise di nuovo stringendo la mano di Dana con entrambe le sue. Non aveva idea di come con poche parole riuscisse sempre a sistemare le cose. Era un dono, ne era sicura.
  Quella sera si sentiva un po’ più tranquilla. Aveva pensato a quella piccola paura fin da quando avevano saputo che avrebbero avuto Erica in affidamento, ma fino a quel momento non aveva mai osato esprimerla ad alta voce, forse per paura di suonare ridicola. Ma alla fine si rese conto che era stata una buona idea. Non aveva idea di cosa le avrebbe riservato il futuro, ma visto quello che era successo nell’ultimo periodo, non poteva che pensarci con gioia. Sarebbe andato tutto bene, aveva una bellissima famiglia ed era sicura che il destino avesse in serbo altre sorprese per lei. Sperando ovviamente che fossero belle il più possibile.
 
 
 
 
 
NdA: ecco il nuovo capitolo! So che può sembrare che mi fossi dimenticata di questa storia, ma non è così! Ahah! XD Solo che ho scritto un'altra storia e sono stata impegnata con l'università. Voi vi eravate dimenticati di me? Spero di no! Have fun!

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Capitolo 22
*** Un punto di arrivo. Un punto di partenza ***


Un punto di arrivo. Un punto di partenza
 
 




 
Erano passate due settimane da quando Dana era diventata capo-chef e in quel periodo alcune cose erano cambiate. Improvvisamente aveva molto meno tempo libero, perciò dopo alcuni giorni  Taylor si ritrovò a fare da baby-sitter a Erica. Però, presto, Ali riuscì a iscriverla all’asilo aziendale che si trovava nello stesso edificio in cui lavorava anche lei. Quel lunedì avrebbe cominciato a portarcela, e sperava con tutta se stessa che non ci sarebbero stati problemi. Dana si era detta un po’ gelosa, perchè con il suo nuovo lavoro poteva vedere la bambina molto meno tempo. Fu questo pensiero che le fece venire un’idea assolutamente inaspettata.
  «Sai» disse ad Ali una sera di quelle, mentre cenavano, «mi piace fare la capo-chef, non sono mai stata il capo di nessuno, però... non pensavo che fosse così».
  «Così come?» le chiese Ali con sguardo interrogativo. Dana sospirò.
  «A parte che non riesco quasi più a vedere Erica... ma poi è stressante, non me l’aspettavo... Perciò, ho pensato a una cosa. Mi sembra una grande soluzione!»
  «Cioè, che cosa?» fece Ali incredula. «Vuoi tipo... andartene?! Lasciare il lavoro? Sei pazza?»
  «No! Cioè sì» rispose Dana. «Ma ascoltami. Mi è venuta questa idea. Lascio il ristorante, ma per aprirne uno tutto mio! Non è una pazzia. Senti il ristorante dove lavoro adesso è incasinato. Non lavora più, già da prima che sapessi della promozione e qualcuno aveva parlato di andarsene. Quindi, se io apro un ristorante tutto mio avrei anche già degli impiegati! Che ne dici?»
  «Dana, questa è assolutamente una follia!» esclamò Ali. Era davvero sconcertata dalla decisione di sua moglie. Aveva paura che Dana restasse senza lavoro, e lei non era pronta a quella evenienza. «Non... non puoi decidere di aprire un ristorante così, dalla sera alla mattina! Non è così semplice!»
  «Ali io potrei restare senza lavoro domani» disse Dana prendendole una mano. Ali sospirò e la guardò negli occhi. Aveva capito perfettamente quello che stava pensando. «E non è una cosa che ho deciso ieri. È da quando mi sono resa conto che ero brava a cucinare, tipo a dieci anni, che desidero aprire un ristorante, ma sai... non è semplice, quindi fin’ora non l’ho mai fatto. Ma questo è il momento adatto! Il mio posto di lavoro potrebbe sparire domani o fra una settimana, perciò ho pensato: ehi, ora posso realizzare il mio sogno!»
  «Non lo so Dana...» disse Ali preoccupata. «Mi sembra una cosa talmente grande... Ho paura che magari possa non andare bene come vorresti e poi chissà cosa potrebbe succedere. Io voglio solo sapere che tu sei sicura di quello che stai per fare».
  «Lo sono, tesoro» le rispose Dana, stringendole la mano. «Devi solo fidarti di me». Ali annuì, anche se non era molto convinta.
  Però l’idea di Dana non era così malvagia in fondo. Anzi, Ali stava cominciando a pensare che forse anche a lei serviva un punto di svolta. Era da tanto che cercava un modo di lasciare il suo lavoro e trovarne uno con un capo più umano, ma non aveva mai trovato il coraggio. Doveva cominciare a guardarsi intorno, perchè in quel modo quando avrebbe detto a Tina che se ne andava, non sarebbe rimasta disoccupata. Ma le tornò in mente una discussione avuta con Dana tempo prima: sua moglie, allora fidanzata, le aveva chiesto perchè non lasciava quel lavoro. Ali le aveva risposto che era per i soldi. Ed era ancora lo stesso, ma era sicura che avrebbe potuto trovare di meglio e con uno stipendio magari non così alto, ma comunque dignitoso. Decise che ci avrebbe pensato seriamente e più avanti ne avrebbe discusso con Dana e avrebbe saputo cosa ne pensava anche lei.
  Poco dopo si alzarono da tavola e guardarono per un po’ la televisione, tenendosi vicina Erica che non si era ancora addormentata. Stava diventando grande a poco a poco, e alle sue mamme sembrava ogni giorno più bella. Ali era ancora vagamente persa in quella dimensione in cui non esiste quasi nient’altro a parte il proprio figlio e Dana la imitava in tutto. Rimasero lì per un po’, poi più tardi decisero di andare a dormire. Erica si era addormentata da poco e la portarono nella sua stanza in silenzio, perchè non si svegliasse.
  Continuarono a pensare entrambe al discorso che avevano avuto durante la cena, ma nessuna delle due ne parlò più. Ali decise che avrebbe lasciato passare qualche giorno e poi avrebbe parlato della sua idea a Dana. Intanto continuò a rifletterci su,  a pianificare le prossime mosse, in modo da non rischiare di avere brutte sorprese quando fosse arrivato il momento. Guardò Dana dormire per un po’, sperando che non si svegliasse perchè le piaceva guardarla dormire. Alla fine si sdraiò e passò un braccio attorno alla vita della moglie, chiuse gli occhi e poco dopo si addormentò.
 
 
Il mattino dopo erano tutte di fretta. Ali voleva arrivare per tempo al lavoro perchè doveva lasciare Erica all’asilo e voleva essere sicura che non ci sarebbero stati problemi. Voleva arrivare presto in modo da avere tempo di discutere con le maestre se fosse stato necessario. Non era sicura del perchè fosse convinta che avrebbe dovuto discutere, ma non voleva correre rischi. Sicuramente un motivo avrebbe potuto essere che a volte sarebbe capitato che Dana avrebbe dovuto andare a prenderla per conto suo e non sapeva quanto questo fosse in accordo con la politica dell’azienda. Entrò nell’edificio e si diresse subito all’asilo che si trovava a piano terra, in modo che fosse comodo per gli eventuali passeggini. Lei infatti posteggiò la carrozzina di Erica fuori dalla porta ed entrò con la bambina in braccio. Una donna con la camicia rosa chiaro le andò incontro.
  «Aliana Donnell?» disse. Ali annuì. «E questa è Erica, giusto?». La prese in braccio e la mise a dormire nella culla da viaggio che aveva portato Ali. Fatto questo ritornò da lei.
  «Allora lei può stare qui fino alla fine del suo turno o fino a quando qualcuno non la viene a prendere. Naturalmente se lei non riesce, può delegarlo a qualcuno della famiglia. Io le chiederò ogni giorno chi la porterà a casa e lei o la persona in                 questione dovrete firmare un registro. Per esempio oggi la prende lei?» le chiese.
  «Non credo proprio» rispose Ali. «Ci provo comunque, ma al novanta per cento viene mia moglie. Esce dal lavoro prima di me e riesce a passare di qua». La donna annuì e scrisse qualcosa su un libro, ma Ali notò che l’espressione le si era leggermente irrigidita. Sperò che non facesse commenti e fu accontentata; la cosa la tranquillizzò. Alla fine andò da Erica e la salutò con un bacio sulla guancia, poi uscì dall’asilo. Andò a prendere l’ascensore e si mise a pensare a quello che sarebbe successo se davvero avesse deciso di lasciare quel lavoro. Non osava pensare alla reazione di Tina quando gliel’avrebbe detto. Comunque per ora passava le sue giornate come sempre, lavorava e allo stesso tempo cercava di non impazzire. Entrò nel suo ufficio e Tina era lì che l’aspettava con le braccia incrociate. «Sei in ritardo» le disse non appena la vide. Ali guardò l’orologio: il suo orario di ingresso era passato da un minuto. Non avendo nè la forza nè la voglia di discutere, non disse niente.
  «Hai ragione Tina, scusami» rispose invece. «È che oggi ho portato mia figlia all’asilo qua sotto per la prima volta e quindi ho dovuto firmare un sacco di roba e...»
  «Non mi interessano i tuoi problemi personali, Aliana» le disse Tina seccamente. «Mi interessa solo che sei arrivata in ritardo. Fa che non si ripeta più, va bene? E ora vai alla tua scrivania». Detto questo le voltò le spalle e tornò velocemente nel suo ufficio, sbattendosi la porta alle spalle. Ali si sedette e accese il computer. Poi telefonò a Dana, sperando che non fosse troppo occupata per rispondere. Per fortuna non lo era.
  «Pronto?» Ali sentì la voce di sua moglie e sorrise. Aveva deciso di parlarle della sua decisione.
  «Ciao Dana, sono io» le disse. «Volevo dirti una cosa... mmm... hai presente ieri sera a cena che tu mi parlavi del fatto che vuoi aprire un ristorante tutto tuo, eccetera?»
  «Certo che mi ricordo» rispose Dana. «Perchè?»
  «Perchè ho deciso una cosa. Cioè non l’ho proprio decisa, più che altro ci ho pensato, ma prima volevo parlarne con te. Insomma voglio... voglio lasciare questo lavoro e cercarne un altro. Uno che non abbia un capo come Tina perchè altrimenti rischio di impazzire. Cosa ne pensi?» le chiese Ali alla fine.
  «Cosa ne penso?» le fece eco Dana. «Penso che finalmente ti sei decisa! Io da quanto è che ti dico di mollare quella pazza furiosa? Brava Ali, sono fiera di te». Ali la ringraziò e poco dopo riattaccò, per evitare che Tina facesse irruzione e la vedesse fare telefonate private. Però le mandò un SMS dicendole che l’avrebbe richiamata durante la pausa pranzo. Per la prima volta da quando lavorava lì non avrebbe trascorso la pausa pranzo in mensa, ma avrebbe comprato un sandwich e sarebbe andata a trovare Erica all’asilo. Sarebbe stato un grande cambiamento dopo tutti quegli anni. Era contenta che sua figlia fosse lì. Come promesso telefonò di nuovo a Dana, che rispose subito. «Ciao! Allora, come va?» le chiese.
  «Bene! Sto andando a trovare Erica. Senti, amore... allora oggi pomeriggio vieni a prenderla tu? Io non ci riesco. Già pensavo di non riuscirci in partenza, ma poi quando sono arrivata Tina mi ha detto che ero in ritardo, di un minuto ma vabè, e quindi di sicuro mi terrà qua di più. Riesci a venire?»
  «Sì. Sì arrivo io, non preoccuparti. Okay, devi sbrigarti a lasciare quel posto, te ne rendi conto, vero?» osservò Dana. Ali sospirò, sapeva che aveva ragione. Doveva sul serio cominciare a guardarsi in giro e trovare un altro posto in modo da essere pronta, quando se ne fosse andata. Salutò Dana e si diresse all’asilo. Quando entrò salutò la donna con cui aveva parlato alla mattina e si diresse subito dove c’era la culla di Erica. In quel momento lei era sveglia, perciò la prese in braccio e sedette a un tavolino con lei. Rimase il più tempo possibile, finchè non si rese conto che se non fosse partita in quello stesso istante, Tina le avrebbe segnato due ritardi nella stessa giornata e non era il caso. Perciò rimise Erica nella sua culla e la salutò con un bacio sulla fronte. «Ciao tesoro, ci vediamo stasera» le disse. «Oggi viene la mamma a prenderti».
  Detto questo uscì di corsa dall’asilo e si precipitò al nono piano. Per fortuna Tina non si era accorta di niente e la sua assenza era passata inosservata. Non credeva che fosse appropriato fare qualcosa di diverso da mangiare, durante la pausa pranzo. Di nuovo Ali cercò di immaginarsi la faccia del suo capo quando le avrebbe detto che se ne andava. Sarebbe stata da fotografare, ne era sicura.
 
 
Come pensava, quel pomeriggio Tina la fece uscire solo alle sei e mezza, con la scusa del ritardo e di lavoro arretrato che probabilmente si era appena inventata. Perciò quando fu finalmente libera, Ali si precipitò a casa, dopo aver controllato all’asilo che in effetti Dana fosse passata a prendere Erica. Karen, la donna con la camicia rosa chiaro, le mostrò che sul registro c’era la firma di sua moglie. Finalmente tranquilla, Ali annuì e tornò a casa: non vedeva l’ora di rivedere le sue donne. Soprattutto Dana che non vedeva dalla sera prima.
  Quando arrivò a casa e aprì la porta, Dana era seduta sul divano con in braccio Erica e le stava dando da mangiare, mentre guardava la televisione. Sorrise a quell’immagine ed entrò in soggiorno facendo il meno rumore possibile per non disturbarle. Sua moglie però aveva comunque captato la sua presenza e si voltò di scatto, poi le sorrise. «Ciao!» le disse. «Perchè stavi entrando in casa come un ladro?»
  «Non volevo disturbarvi, eravate così carine» si giustificò Ali con un sorrisetto. Dana vide che Erica aveva svuotato tutto il biberon, perciò spense la televisione e si alzò tenendola in braccio. Si avvicinò ad Ali e le diede un bacio sulle labbra, dopodichè le voltò le spalle e se ne andò in cucina, sempre tenendo in braccio la bambina e battendole gentilmente sulla schiena per farla digerire. Alla fine la mise nella culla e si voltò a fronteggiare Ali, che nel frattempo era entrata in casa e si era spogliata. Aveva un’espressione strana, che la moglie notò con appena una punta di preoccupazione. «Dana... che cos’hai in mente?»
  «Stasera ti insegno!» le annunciò l’altra con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Ali le lanciò uno sguardo interrogativo.
  «Mi insegni... cosa?» chiese Ali perplessa. Per tutta risposta Dana le si avvicinò con un grembiule in mano. Ali cominciò a capire. «Sul serio? Vuoi insegnarmi... a cucinare?»
  «Esattamente!» esclamò Dana, sempre più entusiasta. «Visto che è presto, stasera ci mettiamo qua e la cena la cucini tu! Iniziamo con qualcosa di semplice, faremo solo un po’ di pasta, ma vedrai che grazie al mio aiuto riuscirai a preparare un pasto completo in pochissimo tempo!»
  «Sei sicura di fidarti?» le chiese Ali appena un po’ più preoccupata. Lei per prima non si fidava molto di se stessa in cucina, visti i suoi tentativi precedenti. Nonostante questo prese il grembiule dalle mani di Dana e se lo infilò, legandolo stretto attorno alla vita. L’altra battè le mani una volta e annunciò: «Bene! Cominciamo! Come prima cosa, riempi la pentola di acqua e mettila sul fornello. Poi accendi il fuoco, con attenzione... no, non così! Così rischi di incendiare tutto! Guarda, fai come me». Le si avvicinò e le fece vedere come accendere il fornello e alla fine Ali riuscì a imitarla. Fu un’esperienza davvero bellissima per Ali, per la prima volta in vita sua provò a cucinare qualcosa e quel qualcosa le uscì alla perfezione. Guardare quel piatto fumante, pieno di cibo, cibo vero e sapere che l’aveva fatto lei, le fece venire quasi da piangere. «Ho fatto da mangiare...» mormorò stupefatta.
  «Sì Ali» le disse Dana abbracciandola. «Hai fatto da mangiare». Sedette al tavolo e afferrò la forchetta. Prese una forchettata di spaghetti e se la portò alla bocca, con gli occhi chiusi. Ali lo sapeva: Dana stava lavorando in quel momento. Finì di masticare e riaprì gli occhi, sorridendo. «Ottima» sentenziò. «Davvero ottima».
  «Dici davvero?» fece Ali sorpresa e felice. «Davvero è buona?». Dana annuì convinta.
  Perciò anche Ali si sedette e cominciò a mangiare. Sua moglie aveva ragione, era davvero buona. E l’aveva davvero cucinata lei. Se gliel’avessero raccontato non ci avrebbe mai creduto, ne era sicura. Nel frattempo chiacchieravano della loro giornata. «Ti hanno fatto qualche problema all’asilo?» chiese Ali a un certo punto.
  «No, non particolarmente» rispose Dana stringendosi nelle spalle. «La tipa all’ingresso ha fatto una faccia strana quando le ho detto chi ero, ma no. Non ha fatto problemi. Ho preso Erica e ho firmato un registro, poi basta».
  «Sì ho visto il registro. Me l’ha fatto vedere Karen, la tipa all’ingresso». Continuarono a parlare per un po’ e Dana raccontò ad Ali del suo lavoro. Poi Ali le parlò ancora della sua decisione di lasciare il lavoro e Tina. Dana le disse di nuovo quanto fosse fiera di lei.
  Fu particolarmente piacevole quella sera, forse perchè c’era stata quella grossa novità in cucina. Erica intanto dormiva. Aveva mangiato e si era addormentata serenamente. Dopo cena si misero sul divano insieme a guardare la televisione, con Erica vicino a loro, in modo da non perderla d’occhio. In realtà sapevano che non si sarebbe svegliata, e ovviamente che non sarebbe andata da nessuna parte, però volevano tenerla vicino a loro il più possibile. Erano sedute tranquille e abbracciate e intanto guardavano un film. Ali a un certo punto sorrise e si tirò le ginocchia al petto, avvicinandosi ancora di più a Dana. Lei per tutta risposta le mise il braccio attorno alla schiena e alle braccia e l’abbracciò anche con l’altro. «Che bell’atmosfera» commentò Ali a un certo punto. Dana si voltò verso di lei, sorrise e la baciò.
  «Hai ragione» le disse accarezzandole un braccio. «Davvero una bellissima atmosfera».
  Ali si sentiva felice. Era stata una bellissima giornata, nonostante il lavoro e la serata era stata anche meglio. Lei e Dana rimasero sedute sul divano ancora per circa dieci minuti, fino a quando decisero di andare a dormire. O meglio a letto. Poi non era affatto detto che avrebbero dormito.
 
 
Due settimane dopo Ali aveva un colloquio di lavoro. Sembrava incredibile, ma era davvero così. Aveva cominciato a cercare un nuovo lavoro e forse l’aveva trovato. Il giorno seguente sarebbe stato il suo compleanno tra l’altro, perciò lei era incline a considerarlo un bellissimo regalo.  Non voleva illudersi, ma aveva un buon presentimento. L’uomo che le aveva parlato al telefono le aveva fatto una bella impressione, cosa che non aveva mai provato con Tina. Ripensò al momento in cui aveva parlato con lei la prima volta. Ricordava di averla trovata molto antipatica, ma di non aver dato troppo peso alla cosa, sicura che una volta cominciato a lavorare lì davvero la situazione sarebbe cambiata. Ovviamente si era sbagliata, ma aveva tenuto duro per tutti quegli anni, sperando in qualche avvenimento che non sapeva neanche quale potesse essere.
  Invece il signor Hayes, che lavorava nel suo stesso campo si era dimostrato molto cordiale e comprensivo, quando Ali gli disse per chi stava lavorando al momento. Tina Brewer non aveva una buona fama neanche tra i suoi pari. Avevano fissato il colloquio per il lunedì seguente alle dieci e Ali non vedeva l’ora. Si era presa una mattinata di permesso al lavoro, anche se Tina si era lamentata  a lungo, ma alla fine aveva acconsentito quando Ali le aveva detto che era una questione urgente. Finchè non fosse stata sicura di essere assunta preferiva non dirle niente. Il vero problema sarebbe stato dirle che se ne andava.
  Dana invece era decisa a organizzare una cena in suo onore nel suo ristorante, che quella sera avrebbe aperto apposta per loro due, nonostante fosse giorno di chiusura. Ma voleva che fosse una sorpresa, quindi non aveva detto niente alla moglie. Era grata che Erica fosse troppo piccola per parlare perchè se l’era portata dietro dopo averla presa all’asilo quando era andata al ristorante. Ed era stata contenta della sua decisione dopo aver visto quanto Ali fosse nervosa per il colloquio e quanto ci tenesse. L’idea di una cena celebrativa non l’avrebbe di sicuro aiutata a rilassarsi.
  In effetti Ali la mattina del colloquio era tesa come una corda di violino. Il minimo rumore improvviso la faceva scattare come una molla e anche Dana doveva fare attenzione a come le parlava perchè rischiava di prendersi un insulto o una scarpata in fronte. Ma lei non se la prendeva, sapeva che sotto quell’ammasso di nervi c’era ancora sua moglie. Perciò sorrideva e faceva finta di niente.
  «Io sarò qui ad aspettarti, succeda quel che succeda» disse ad Ali. La baciò e aggiunse: «Vai e stendili».
  Ali tentò di sorridere, prese la borsa e uscì di casa. Prese il taxi perchè era sicura di non essere in grado di guidare e mentre viaggiavano ripetè mentalmente quello che avrebbe dovuto dire e ripassò i documenti che si era portata. Sperava che sarebbe andata bene, ci sperava con tutta se stessa. Sarebbe stato davvero meraviglioso poter finalmente lasciare quel lavoro per un altro simile, ma migliore. In circa un quarto d’ora erano arrivati alla sede dell’azienda e Ali scese di corsa dopo aver fatto cadere alcune banconote sul sedile del passeggero accanto al tassista. «Tenga il resto!» esclamò sbattendosi la portiera alle spalle.
  Spinse le porte a vetri e si ritrovò in una grande sala d’ingresso. Varie persone andavano e venivano, ma lei si diresse senza esitare al banco informazioni. «Buongiorno, sono Aliana Donnell» disse alla donna con l’auricolare. «Ho un appuntamento con Jeremy Hayes della società Hayes & Johnson. Cioè, a dire la verità ho un colloquio di lavoro».
  «Certo» rispose l’impiegata con voce indifferente. «Donnell... Donnell... sì, alle dieci giusto? Deve salire al sesto piano, gli ascensori sono lì a destra». Ali la ringraziò e andò a prendere l’ascensore. Ora forse si era un po’ calmata, ma non ne era del tutto sicura. Arrivò al piano giusto e si diresse subito all’ufficio di Hayes. Bussò alla porta e le aprì un uomo non molto alto e con i capelli chiari. «Aliana Donnell?» chiese con un sorriso cordiale.
  «Sì sono io» rispose lei ricambiando. L’uomo si fece da parte per lasciarla entrare e chiuse la porta. Si sedette dietro alla sua scrivania, poi fece cenno ad Ali. «Sì accomodi!»
  «Grazie» disse Ali. «La ringrazio moltissimo per avermi ricevuta, è stato davvero gentile. Stavo cercando un modo per andarmene dal posto in cui sono adesso e... è arrivato lei!»
  «Già» rispose Hayes. «Tina Brewer. E ha resistito otto anni! Davvero congratulazioni! Conosco Tina Brewer e so che non è la persona più facile del mondo con cui lavorare. Ma penso che questa esperienza la renderà adatta a lavorare con noi. Devo farle solo un paio di domande di natura personale se me lo permette, ha delle ottime referenze. Lei per caso è sposata? Ha figli?»
  «Sì, sono sposata e... sì ho una figlia piccola. Dove lavoro adesso c’è l’asilo nido e la lascio lì, mentre lavoro. Quindi se la sua domanda era se ho problemi a lavorare tutto il giorno la risposta è no. Credo di riuscire a trovare un asilo nido qui vicino».
  «Molto bene» rispose Hayes. «E... se posso chiederglielo... che lavoro fa suo marito? Sempre per chiarire la faccenda del suo orario. Potrebbe essere lui a occuparsi della bambina, o... i nonni?»
  «Moglie...» lo corresse Ali a bassa voce. Hayes le lanciò uno sguardo interrogativo.
  «Mi scusi?» le chiese. Lei fece un sorrisetto.
  «Mia moglie... sono sposata con una donna». Negli occhi di Hayes passò un lampo di comprensione e annuì. Ali aggiunse: «Comunque sì, lavora. È capo-chef in un ristorante. Di solito va lei a prendere la bambina all’asilo quando io non riesco». L’uomo annuì ancora una volta.
  «D’accordo, abbiamo tutte le informazioni. Le farò sapere in settimana, d’accordo?»
  «D’accordo, grazie mille signor Hayes» rispose Ali. Si alzarono entrambi e lui tese la mano che Ali strinse, sentendosi molto sollevata. Uscì dall’ufficio resistendo all’impulso di mettersi a ballare per la gioia. Non riuscendo ad aspettare chiamò Dana al cellulare. «Ali!» rispose lei al primo squillo. «Allora com’è andata?»
  «Non voglio dire niente per scaramanzia, ma credo davvero bene! Il signor Hayes è molto gentile e mi ha anche fatto i complimenti per aver resistito tanto tempo con Tina. Quando torno ti racconto meglio. Ti amo!» disse Ali.
  «Ti amo anch’io!» esclamò Dana e riagganciò. Ali uscì dall’edificio e tornò a casa in taxi. Si sentiva leggera e soddisfatta. Molto probabilmente se ne sarebbe andata davvero, non riusciva a crederci.
  Quando arrivò Dana la stava aspettando sulla porta. Come la vide arrivare la abbracciò stretta e le disse: «Sei stata fantastica, ero sicura che saresti riuscita a impressionarli. Per stasera ho pronta una sorpresa per te che ti farà impazzire. Lasciamo Erica dai Rogers e noi due andiamo a cena. Sarà fantastico vedrai!»
  «Non vedo l’ora!» sospirò Ali lasciandosi cadere sul divano. Era stata una mattina frenetica, ma piena di soddisfazioni. Però lei quel pomeriggio doveva tornare al lavoro. L’idea la fece sentire meno rilassata. Dopo pranzo salutò Dana e Erica e scappò in ufficio. Per fortuna Tina non le fece domande su quella mattina, perciò aveva ancora un po’ di tempo per darle la notizia. Dopo quello che le aveva detto la moglie non vedeva l’ora che arrivasse la sera e quando alle sei Tina le disse che poteva andare a casa non se lo fece ripetere e si precipitò fuori. Dana l’aspettava nell’auto davanti al marciapiede e quando la vide suonò il clacson per attirare la sua attenzione. Ali si voltò di scatto e la salutò agitando il braccio poi entrò in macchina. Sua moglie la salutò con un bacio poi mise in moto. Erica era al suo posto, nel seggiolino sul sedile posteriore, e dormiva.
  «Adesso passiamo da casa dei miei, gli lasciamo la bambina e poi andiamo a cena. E non hai idea di dove ti porterò. Però ti piacerà di sicuro, vedrai».
  «Aspetto con ansia» disse Ali con un sorriso. Dopo circa dieci minuti di viaggio arrivarono a casa Rogers, con l’idea di rimanerci poco. E Tracy le avrebbe volentieri rapite se non avesse saputo che loro due avevano un impegno urgente. Quindi alla fine rimasero da loro solo mezz’ora e, quando riuscirono ad andarsene, ritornarono in auto e si diressero verso la loro meta. Dana aveva deciso di arrivare dal retro, dove Ali non era mai stata, in modo che non potesse capire. Disse alla moglie di aspettare in macchina e andò in cucina passando da una porta che quasi non si vedeva. Una volta sicura che fosse tutto pronto uscì di nuovo e fece scendere Ali, dopodichè le disse di chiudere gli occhi e le fece fare il giro dell’edificio. Quando si trovarono all’ingresso le disse di guardare.
  «Perchè siamo venute al ristorante?» le chiese Ali con aria perplessa. Dana le prese una mano e la portò dentro. Ali si guardò intorno meravigliata. «Credevo che oggi fosse giorno di chiusura!» esclamò.
  «Lo è, in effetti...» rispose Dana con un gran sorriso. «Ma ha aperto solo per noi, per festeggiare il tuo colloquio. Ho fatto preparare il tavolo migliore e le candele. Vedrai sarà una serata speciale».
  «Non ci credo...» mormorò Ali, mentre Dana la portava al loro tavolo e la faceva sedere. «Tu hai fatto tutto questo per me? Hai aperto apposta il ristorante solo per noi due? È fantastico...»
  «Questo e altro per te, amore mio» replicò Dana sporgendosi sul tavolo per baciarla. Ali sorrise.
 
 
Fu una bellissima serata. Finalmente riuscirono a passare un po’ di tempo da sole, in assoluta privacy. Ali si era emozionata quando aveva saputo cosa Dana avesse organizzato per lei. Durante la cena quasi non fecero altro che guardarsi negli occhi senza un gran bisogno di parlare. In cuor suo era sicura che il colloquio fosse andato bene e il pensiero la rendeva ancora più euforica. Poco prima di tornare a casa Dana chiamò la madre per chiedere se potevano tenere Erica tutta la notte. Tracy disse che non c’era problema, perciò le due donne tornarono a casa pronte a concludere degnamente la loro serata. Fu strano non avere la bambina in giro per casa, ma poterono rilassarsi veramente dopo quello che era sembrato un tempo infinito. Ancora una volta Ali ripensò a quanto era stata fortunata a trovare una donna come quella che aveva sposato. Avevano deciso di fare l’amore come conclusione, ma non riuscirono ad aspettare di arrivare a letto. Ali ebbe il tempo solo di chiudere a chiave la porta, prima che Dana la prendesse e cominciasse a toglierle i vestiti.
  «Ti amo, Dana» le disse Ali mentre entrambe si stavano spogliando nel soggiorno spargendo i vestiti sul pavimento. Caddero sul divano, una sull’altra, poi Dana si fermò per una frazione di secondo, la baciò e rispose: «Ti amo anch’io».
 

 
 
 
 
NdA: Eccomi di ritorno con un nuovo capitolo! Come sempre chiedo scusa per il ritardo, ci sono state le feste ed è periodo di esami, perciò non ce l’ho fatta prima. Ringrazio chi ha letto, seguito e recensito (tu sai chi sei XD)! Have fun!
 
 
 
 
 

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Capitolo 23
*** Segreti e notizie ***


Segreti e notizie
 

 
Naturalmente il colloquio di Ali era andato bene. Tre giorni dopo Jeremy Hayes le telefonò per dirle che il posto era suo e che l’aspettava in ufficio il lunedì di due settimane dopo. Una volta riattaccato con lui non riuscì a resistere e cacciò un urlo di trionfo. Era stato assolutamente involontario e ridacchiò quando Dana corse in soggiorno con aria preoccupata. «Che è successo?» le chiese.
  «Tesoro, ho avuto il posto!» esclamò Ali abbracciandola. «Ha appena telefonato Hayes!»
  «Ali è una notizia fantastica!» replicò Dana stringendola e alzandola da terra. «Sono davvero orgogliosa di te! Quando lo dirai a Tina?»
  «Oh già...» mormorò Ali mentre il sorriso le spariva lentamente dalla faccia. «È vero, Tina, mi ero dimenticata di lei. Come faccio a dirglielo? Sarà un momento terribile».
  «La cosa peggiore che può fare quale sarà? Licenziarti? No, quindi... vedrai andrà bene!» osservò Dana. Ali le sorrise e le diede un bacio sulla guancia.
  «Grazie, tesoro» le disse. «Prepariamo la cena? Vorrei provare a fare qualcosa di più complicato».
  «Davvero?» fece Dana felicemente sorpresa. «Bistecche? Te la senti? Ci proviamo?»
  «Bistecche?» ripetè Ali pensierosa. «Sì proviamoci, perchè no?». Ali aveva scoperto che cucinare le piaceva moltissimo. Sapeva che non avrebbe mai potuto farlo come lavoro, Dana aveva un qualcosa che a lei mancava, ma lo trovava un ottimo modo per rilassarsi. Mentre prendeva la padella e ci versava dentro un po’ di olio, naturalmente sotto lo sguardo vigile del capo-chef, lo disse.
  «Mi piace cucinare, sai?» osservò. Dana sorrise.
  «Davvero?» le chiese. Ali annuì e aggiunse: «Sì... insomma... mi rilassa. È una cosa che si fa con le mani, non con la mente e non sono abituata. Non so come la vedi tu, perchè è il tuo lavoro e la tua vocazione, però secondo me questa è una cosa bellissima». Dana si strinse nelle spalle.
  «La cucina ha effetti diversi su ognuno di noi. Per te è rilassante, per me è stato quello che mi ha tenuto in piedi quando non c’era nient’altro a farlo e la mia vita faceva schifo».
  «Cosa?» le chiese Ali bloccandosi di colpo. «Di che stai parlando?»
  «No... non voglio parlarne» replicò Dana scuotendo la testa. Era come se un’ombra fosse scesa dietro ai suoi occhi. «Dimentica che te l’abbia detto».
  «Come? No no, stai scherzando? Non puoi dirmi una cosa del genere e poi lasciarmi con il dubbio!» esclamò Ali. Non sapeva neanche perchè si stesse arrabbiando con lei. Dana le si avvicinò guardando il fornello con aria preoccupata. Ali non si accorse di niente, era troppo concentrata sul viso di sua moglie. Quest’ultima scosse la testa e disse: «Fidati, questo non è il momento di parlarne».
 «E perchè no?» le chiese Ali incrociando le braccia e fissandola accigliata.
 «Perchè l’olio nella padella sta bruciando» rispose lei lanciandosi a spegnere il fuoco. Ali si voltò di scatto imbarazzata. «Ah» mormorò. 
  «Quando cucini devi sempre tenere d’occhio quello che stai facendo. Hai a che fare con il fuoco, non è una cosa da prendere alla leggera, capito?»
  «D’accordo» fece Ali abbassando lo sguardo. «Mi dispiace». Dana sorrise e la abbracciò.
  «Va tutto bene» le disse. «Ricomincia da capo. Senti non voglio parlarne perchè... non è una bella storia e non voglio farti preoccupare o renderti infelice per una cosa che ormai è passata».
  «Non è passata» osservò Ali. «O almeno non del tutto. Lo sguardo che avevi prima non è quello di una persona che ha dimenticato. Cosa ti è successo?»
  «Ali, io...» cominciò Dana, ma lo sguardo di sua moglie la fece desistere. Alla fine sospirò e aggiunse: «Va bene. Te lo dirò. Ma non è una cosa di cui parlo volentieri». Ali sorrise.
  «Grazie. Ti ascolto davvero, lo sai. Dimmi tutto quello che ti succede» disse. Dana esitò, prese un respiro profondo e si preparò a parlare, ma in quel momento Erica scoppiò a piangere.
  Loro due si guardarono, poi Dana sospirò. «Vado a prenderla» disse.
  «Ma Dana! Mi lasci qui...» esclamò Ali, ma prima che potesse terminare la frase l’altra era già di ritorno con Erica, che aveva smesso di piangere, in braccio. «Allora mi racconti?» aggiunse.
  «Non voglio davanti alla bambina» improvvisò Dana, e ignorò Ali quando lei obbiettò che era troppo piccola per capire o ricordarsi. «Magari ne parliamo stasera. Tu vai avanti a cucinare. L’olio è abbastanza caldo, quindi prendi le bistecche e appoggiale, appoggiale mi raccomando, nella padella. Non lasciarle cadere perchè altrimenti ti schizzi di olio. E ti bruci».
  «Va bene, va bene!» replicò Ali facendo esattamente quello che Dana le aveva detto. «E adesso?»
  «Adesso controlli quando da una parte sono cotte, te lo dirò io, poi le giri e fai la stessa cosa. Okay? Adesso vado a rimettere giù Erica ma non dare in escandescenze, torno subito». In effetti, neanche due minuti dopo era di nuovo accanto a lei, pronta per aiutarla.
  «Adesso mi racconti?» ripetè Ali con un filo di impazienza. Dana esitò e spostò il peso da un piede all’altro. Prese un respiro profondo, poi un altro, mosse di nuovo i piedi e alla fine rispose: «Sai non credo sia il caso» Ali alzò gli occhi al cielo. «Potrei distrarti e adesso devi restare concentrata».
  «Farai così ogni volta che ti chiederò di parlarmene?» le disse l’altra. «Troverai sempre una scusa per evitare l’argomento? Non sono d’accordo, sappilo».
  «No, te ne parlerò stasera a letto, promesso» replicò Dana. Ali scosse la testa.
  «Poi mi convincerai a fare sesso, durante non ne parleremo e alla fine io me ne sarò dimenticata». Lo sguardo della moglie le disse che il suo piano era esattamente quello. «Sei tremenda Dana» continuò. Scosse di nuovo la testa, poi fece un mezzo sorriso e la baciò. «Comunque prima o poi ti convincerò a parlare, stanne certa. Non finisce certo così!»
  «Va bene» replicò Dana a bassa voce, dandole un altro bacio. Dopo restò lì in piedi accanto a lei dandole tutte le istruzioni necessarie e poco più tardi le bistecche erano cotte e pronte per essere messe nei piatti. Come la prima volta Dana fece un assaggio preventivo con aria molto professionale e alla fine sentenziò che erano perfette. «Avevi un talento nascosto, Ali» disse.
  Sedettero entrambe a tavola e cominciarono a mangiare. Dopo circa dieci minuti di silenzio Ali decise di romperlo, dicendo: «Adesso sei pronta a parlarne?». Dana sospirò, ma poi annuì.
  «E va bene» disse, senza alzare gli occhi dal piatto. «Ma devi ascoltarmi fino in fondo, senza interrompermi, perchè non riuscirei a ripeterlo. Va bene?»
  «Certo» annuì Ali. Le prese una mano e aggiunse: «Spara. Io ti ascolto».
  «Allora... è successo quando avevo circa diciotto anni. Mi ero appena diplomata e avevo inviato varie domande in college che conoscevo e che avevano anche corsi di tipo alberghiero. Sai per imparare a cucinare, diventare cameriere eccetera. Ma la cosa che mi è successa non c’entra con il college. Cioè sì, ma solo per l’ambientazione. Comunque. In quel periodo stavo con una ragazza, Carol, ma ci siamo dovute lasciare al momento di cominciare il college. L’abbiamo deciso insieme, io rimanevo nello stato di Washington, lei andava in Maryland, era semplice buon senso. Un po’ mi era dispiaciuto lasciarla, ma credevo che avesse capito e l’avesse accettato. Non mi aspettavo certo tutto quello che è successo. Per esempio una mattina, avevo iniziato da circa tre settimane, sono uscita dall’edificio dei dormitori. Carol era lì, fuori dalla porta». Ali spalancò gli occhi, ma non disse niente. Dana continuò: «Non la vedevo da mesi, perciò sono stata abbastanza stupita di vederla. Ma quello che mi ha sorpreso di più è stata la sua espressione: era tutt’altro che amichevole. Aveva lo sguardo del ragno che è riuscito finalmente ad attrarre una mosca nella sua ragnatela. “Eccoti qui” mi ha detto.
  “Carol!” ho esclamato. Non volevo evitarla o qualcosa del genere, ma era tardi. “Scusa” le ho detto, “devo andare in classe”. Lei però mi è arrivata davanti, bloccandomi il passaggio.
  “Non credo proprio” ha detto. Io ho sospirato.                                                                                                                     
  “Carol che succede?” le ho chiesto stancamente. “Che cosa ci fai qui?”»
  Ali non aveva ancora detto una parola. Avevano finito di mangiare da qualche minuto, ma intanto non si erano ancora mosse dal tavolo. Ali ascoltava la moglie, come ipnotizzata. Dana però non parve essersene accorta. Era tornata nel passato e i suoi occhi erano persi nei ricordi. Ali le allungò una mano e lei la strinse con aria assente. «Lei mi ha guardata per un po’, ha sorriso e mi ha risposto: “Ti ho raggiunta. Così non siamo più costrette a lasciarci. Ho lasciato l’università per stare con te. Non sei contenta?”. La verità è che io non me l’aspettavo. Avevo rimesso in piedi la mia vita e l’arrivo improvviso di Carol avrebbe potuto incasinare tutto quanto. Quindi no. Non posso dire che fossi felice di vederla. Ma cosa puoi dire a una che ha lasciato gli studi per stare con te? Quindi le ho risposto: “Certo, tesoro. Sono contenta”.
  E in effetti per un po’ le cose hanno ripreso ad andare bene. Carol si era trovata un lavoro e un appartamento vicino al campus e avevamo ripreso la nostra storia in pratica da dove l’avevamo lasciata. Verso metà semestre ho lasciato l’alloggio nel college per andare a vivere con lei. Credevo davvero che fosse quella giusta. Poi è successo qualcosa. Non so bene cosa, ma ad un certo punto le cose non andavano più bene. Carol era diventata strana. Era irritabile, a volte cattiva, mi aggrediva per il minimo problema. Ma non come quando qualcuno è nervoso. Era pericolosa, quando era nei suoi momenti più bui mi faceva anche del male. Non avevo capito cosa avesse e non sapevo che lasciarla era la cosa peggiore che potessi fare. Ma è stata l’unica cosa sensata che mi è venuta in mente. Non potevo più stare con lei, meno che mai viverci.
  Allora l’ho fatto. Ho preso le mie cose e me ne sono andata. Lei ha urlato per tutto il tempo, lanciandomi oggetti anche dalla finestra mentre uscivo di casa. È stato tremendo, ma credevo di essermente liberata. Mi sbagliavo». Dana si fermò e riprese fiato. Si appoggiò allo schienale della sedia, sempre guardando nel vuoto. Ali continuava a stringerle la mano e non riusciva a staccare gli occhi dal suo viso. Non riusciva a credere che Dana avesse passato quelle cose e avrebbe voluto dirle qualcosa, ma non osò. Sentiva che sua moglie non aveva ancora finito. Infatti poco dopo Dana riprese a parlare.   «Ho iniziato a vederla fuori dal mio vecchio alloggio, dove ero tornata. Non mi parlava, ma mi seguiva ovunque. Trovavo messaggi minacciosi su dei Post-it attaccati alla porta. Non sto a raccontarti cosa c’era scritto sopra, ma stai sicura che trovarli lì quando tornavo a casa era un’esperienza difficile da sopportare. A volte me la trovavo davanti a lezione, o in mensa. Naturalmente non diceva niente, si limitava a fissarmi. Ero veramente terrorizzata, avevo gli incubi per colpa sua. Probabilmente aveva qualche disturbo mentale, non so di che tipo, comunque era una squilibrata.
  Un paio di volte ho provato a parlarci, ma lei nemmeno mi ascoltava. Mi telefonava, ma quando io rispondevo riattaccava. Sono stati mesi infernali e ci ho messo tantissimo a rendermi conto di essere vittima di stalking. Il secondo semestre del primo anno era quasi finito, quando ho deciso di fare l’unica cosa intelligente e chiamare la polizia. Non so perchè ho aspettato così tanto... forse non volevo rendermi conto che quello che mi stava succedendo era una cosa seria. Alla fine è andato tutto bene, la polizia l’ha arrestata e io non ho più sentito parlare di lei. Ma la paura non mi è passata per un bel po’». Sospirò e concluse: «E questo è tutto».
  Si alzò dal tavolo così all’improvviso che Ali rimase spiazzata. Dopo un attimo la seguì: Dana era seduta sul divano con le braccia incrociate. Aveva ancora lo sguardo spento, ma finalmente sorrise quando vide avvicinarsi la moglie. Lei non disse niente, ma le si sedette accanto e la abbracciò stretta. Non aveva parlato, ma Dana lo capì comunque e pianse. Pianse a lungo, liberamente, Ali la sentiva sussultare tra le sue braccia.
  «Grazie» disse alla fine. Si asciugò gli occhi e le diede un bacio. «Grazie per avermi ascoltata. Erano anni che non ne parlavo e mi ha fatto bene tirare fuori tutto».
  «Non devi ringraziarmi» rispose Ali. «Lo sai che farei di tutto per te». Si alzò e aiutò Dana a fare altrettanto. Sorrise e cercò di alleggerire la tensione.
  «Se ti può far sentire meglio» disse, «domani dico a Tina che me ne vado». Dana scoppiò in una risata tremula che aumentò di volume quando Ali la imitò. Poco dopo si calmarono per paura di svegliare Erica e decisero di sistemare la cucina. In quel momento Dana ritornò all’improvviso sull’argomento.
  «È stato qui che la cucina mi ha aiutata» osservò. «Dopo che hanno portato via Carol io ero traumatizzata e niente mi ha fatto passare lo shock tranne cucinare. Mi sono chiusa nella cucina di casa dei miei, quando sono tornata a casa per l’estate e ho sfogato il dolore sui muffin, sulla pizza, sulle torte... I miei non hanno mai saputo cosa mi fosse successo. Gli ho detto solo che con Carol era finita male, ma nient’altro. E non ho ancora cambiato idea». Ali annuì e non disse niente.
  Quando ebbero finito di sistemare guardarono un po’ di televisione abbracciate e poco dopo andarono a letto. Quasi non parlarono più, entrambe sentivano che quella sera l’unica cosa di cui avevano bisogno era il silenzio e la presenza l’una dell’altra. Rimasero a lungo semplicemente sdraiate sotto le coperte, Dana si era rannicchiata contro Ali che la stringeva in maniera protettiva. Alla fine caddero in un sonno profondo.
 
 
Il mattino dopo era venerdì, perciò Ali aveva deciso di parlare con Tina quel giorno, perchè non sarebbe riuscita ad aspettare un altro week-end. Mentre si recava in ufficio aveva in mente il racconto di Dana e si rese conto che quello che doveva fare lei non era nemmeno lontanamente così terribile. Avrebbe detto a Tina che aveva trovato un altro lavoro nient’altro. Aveva deciso solo quello, per il resto avrebbe improvvisato. Non aveva idea di come avrebbe reagito il suo capo e preferiva non pensarci. Era arrivata presto in ufficio, talmente presto che Tina non c’era ancora. Quando arrivò si fermò sulla soglia, stupita nel vedere Ali seduta alla sua scrivania.
  «Aliana! Che ci fai qui così presto?» esclamò. Ali sospirò e non rispose subito. Poi si alzò e fece il giro della scrivania per trovarsi di fronte a Tina. Prese un respiro profondo e si preparò a darle la notizia.
  «Tina, me ne vado, ho trovato un altro lavoro» disse tutto d’un fiato, prima di cambiare idea. Vide l’espressione del suo capo cambiare come al rallentatore. Da confusa divenne attonita, poi furiosa e il colore del suo viso passò dal normale roseo a un rosso pericoloso.
  «CHE COSA?!» sbraitò. «Tu fai COSA?!». Ali la lasciò urlare per un po’, poi quando lei si interruppe per riprendere fiato, le disse il resto.
  «Ho fatto un colloquio con Jeremy Hayes della Hayes&Cox lunedì. Ieri mi ha telefonato per dirmi che ho avuto il posto. Comincio lunedì, non di questa settimana, ma della prossima. Non te ne ho voluto parlare finchè non fossi stata sicura di essere stata assunta. Mi dispiace Tina. Quel posto è più vicino sia a casa mia che al ristorante di mia moglie e c’è un asilo vicino, perciò ho deciso di accettare. Questa settimana verrò normalmente, ma sarà l’ultima».
  Detto questo fece di nuovo il giro del tavolo e tornò a sedersi al suo posto. Tina la guardò per un po’ con gli occhi sbarrati, all’apparenza troppo sconvolta per parlare. Alla fine le voltò le spalle e tornò a passo di marcia nel suo ufficio. Sbattè la porta e calò il silenzio. Ali appoggiò la fronte sul tavolo e ce la sbattè sopra un paio di volte. Era andata peggio di quanto si sarebbe aspettata, ma almeno gliel’aveva detto. Non avrebbe potuto dirglielo il week-end prima di andarsene. In quel modo entrambe avevano una settimana intera per metabolizzare la cosa. Sarebbe stata una lunga giornata. Accese il computer e cominciò a controllare i fogli elettronici con le liste delle ultime serate organizzate dall’azienda. Fece le solite cose, fece una somma di tutte le spese e dei guadagni, guardò che le persone sulla lista nel computer corrispondessero a quelle che si era segnate lei sul suo taccuino, ma aveva una sensazione stranissima. Ogni tanto le veniva in mente all’improvviso che quella era praticamente la sua ultima settimana in quel posto e sentiva un tuffo al cuore. Era felice, ma si rendeva conto benissimo che la sua vita stava per cambiare radicalmente. Aveva passato gli ultimi otto anni in quel posto, odiando quasi ogni minuto e adesso era finita. Ancora pochi giorni e probabilmente non avrebbe più visto quell’edificio, nè Tina per il resto della sua vita. Era un pensiero strano. Quasi in automatico si alzò dalla sua scrivania e andò a bussare all’ufficio di Tina. Dopo che ebbe sentito il suo secco: «Avanti», aprì piano la porta. La donna era in piedi accanto alla finestra e le dava le spalle.
  «Tina...» esordì timidamente Ali, «posso fare qualcosa per te?»
  «No Aliana, per oggi hai fatto anche abbastanza» replicò l’altra voltandosi a guardarla. Aveva gli occhi lucidi. Possibile? «Perchè hai deciso di andartene? Sono forse un capo così terribile?»
  «Tina, io...» cominciò Ali, ma poi si interruppe. Cosa poteva dirle? Sì, sei un capo terribile e ti ho odiata per otto anni? No, non era il caso. Non disse altro, ma Tina sembrò capire. La sua espressione ferita fu per Ali uno dei momenti peggiori della giornata. Uscì dal suo ufficio a testa bassa. Tina non faceva apposta a essere così, faceva parte del suo carattere. Sperava che sarebbe riuscita a trovare una nuova assistente e che soprattutto sarebbe riuscita a trattarla meglio. Prese il telefono e chiamò Faith, aveva bisogno di sfogarsi con la sua migliore amica. Lei rispose al secondo squillo.
  «Pronto?» disse.
  «Ciao Fay» esordì Ali. L’altra avvertì nella sua voce che qualcosa non andava. In quel momento anche lei stava lavorando e appena sentì quel saluto si raddrizzò sulla sedia.
  «Ali ciao! Come stai, che succede?» le chiese. Ali sospirò.
  «Oggi ho detto a Tina che fra due lunedì me ne vado perchè inizio il lavoro nuovo. L’ha presa peggio di quanto mi aspettassi, ci è rimasta male davvero. Non credevo reagisse così. Mi ha chiesto perchè me ne vado e se sia davvero un capo così terribile». Faith soffocò una risata.
  «E tu che le hai detto? Non di sì spero...» commentò. Ali sospirò di nuovo.
  «No» rispose. «Non le ho detto niente, ma lei ha capito. Mi sono sentita una persona orribile».
  «Beh, non dovresti» osservò Faith con molto buonsenso. «Tu l’hai sopportata per otto anni, anche se lei non era stronza intenzionalmente, era comunque stronza. Fai bene ad andartene. Ma Dana che dice? È d’accordo con il fatto che cambi capo?»
 «Se è d’accordo?» replicò l’altra. «Lei per prima mi ha detto che dovevo andarmene! Era quasi più felice di me quando le ho parlato del colloquio! Direi che è d’accordo».
  Poco dopo salutò Faith e riattaccò. Era tantissimo che non la vedeva e decise che nei prossimi giorni sarebbe andata di sicuro a trovarla. Oppure li avrebbe invitati a cena, lei, Daniel e Michael, per passare una serata tra amici. Riprese a lavorare nell’attesa della pausa pranzo. Mancava poco finalmente, quella mattina le era sembrata eterna. Quando Tina le diede il permesso di andare lei corse in caffetteria prese un sandwich e andò all’asilo a trovare Erica. Anche se poteva sembrare patetico trovava rilassante parlare con lei in quei momenti. All’ingresso salutò Karen e andò a vedere sua figlia. Per fortuna era sveglia, perciò la prese in braccio e si sedette a uno dei tavolini. Le sembrava più bella ogni giorno che passava e per un attimo ripensò alla prima volta che l’aveva vista in ospedale. Le sembrava incredibile che ora fosse lì, tra le sue braccia e che stesse crescendo in quel modo.
  Rimase in quella posizione per tutto il resto della pausa pranzo e alla fine la rimise nel box e la salutò con un bacio sulla fronte. «Vai a casa con la mamma oggi, ci vediamo stasera, tesoro». Uscì dall’asilo e tornò al lavoro. Tina non le parlava più, anche in quel momento le lasciò un pacco di fogli da riordinare senza una parola. Ad Ali quel comportamento sembrava un po’ eccessivo, in fondo non aveva fatto niente di così terribile, ma per quanto la ascoltava Tina, lei avrebbe potuto non parlare affatto. Quando effe finito quel lavoro guardo l’orologio e vide che erano quasi le sei, poco dopo infatti ebbe il permesso di tornare a casa.
 
 
Quando arrivò Dana si stava preparando a uscire, era in ritardo come sempre, e aveva messo Erica nel suo lettino che si era addormentata non appena erano entrate in casa. Le due donne si salutarono con un bacio e subito Dana le chiese com’era andata la sua giornata. Ali le raccontò di quando aveva detto a Tina che se ne andava e di come lei aveva risposto.
  «Pensa questo» osservò Dana, mentre si allacciava la giacca, «adesso c’è il week-end e poi hai solo altri cinque giorni da passare lì. Ce la puoi fare».
  «Lo so questo» disse Ali. «È che non credevo che avrei potuto dispiacermi per lei. Però è così».
  «Mi dispiace per lei, ma ti ha comunque reso il lavoro un inferno per otto anni. Forse adesso se n’è resa conto e tratterà meglio la prossima assistente».
  «Me l’ha detto anche Fay. Le ho telefonato prima» disse. «Ah sai? Ho pensato che una sera dovremmo invitarli a cena. Lei, Daniel e Michael, è un sacco che non li vediamo. Che ne dici?»
  «Sì è una bellissima idea» fece Dana. Poi guardò l’orologio e trasalì. «Amore è tardissimo, devo andare. Ci vediamo stasera okay? Buona serata! Ti amo!» la baciò e uscì di corsa di casa.
  «Ti amo anch’io!» riuscì a urlarle Ali prima di vederla sparire lungo il vialetto. Era raro che la vedesse camminare, era sempre di corsa. Rientrò in casa e cercò in frigorifero qualcosa da riscaldare per cena. Ormai Dana non le doveva più lasciare la cena pronta e le permetteva di entrare in cucina da sola. Questa per lei era stata una grande conquista. Ripensò alla giornata appena trascorsa e ancora una volta si rese conto con sollievo che aveva due giorni di libertà prima di rivedere Tina. Non credeva che avrebbe reagito così; si era aspettata il fastidio del suo capo, magari un po’ di rabbia. Ma non la delusione e quell’aria ferita. Quelle erano state veramente un pugno nello stomaco: aveva appena scoperto che anche Tina Brewer aveva un cuore e lei gliel’aveva professionalmente spezzato. Non riusciva a crederci.  
  Erano stati due giorni molto intensi tra il nuovo lavoro, il racconto di Dana e la reazione di Tina alla notizia. Mentre mangiava riflettè su tutto questo e alla fine sedette a guardare la tv. Per una sera era felice di essere sola, per poter pensare un po’ a se stessa. Naturalmente subito dopo Erica si mise a piangere e lei alzò per un attimo gli occhi al cielo, ma poi andò a prenderla preoccupata per quello che potesse avere. Per fortuna aveva solo fame e lei le diede da mangiare, pensando che in fondo quella bambina era la cosa più bella che le fosse capitata in quei due giorni. Si rimise sul divano con sua figlia in braccio e non passò molto tempo che entrambe si addormentarono. Ali non sentì niente quando più tardi Dana rientrò e le trovò sul divano. Non la avvertì sorridere, nè la sentì che si preparava e che si sdraiava insieme a lei dopo aver rimesso Erica nella sua culla. Non aveva avuto il coraggio di svegliare sua moglie e preferì mettersi lì a dormire con lei, abbracciandola alla vita.

 
 
 
NdA: Avete notato? Stavolta ho aggiornato più in fretta! Questa alla fine potrebbe essere l’ultima immagine di serenità per un certo tempo, vi avverto. Ringrazio tutti come sempre e have fun!
 
 

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Capitolo 24
*** Una grossa lite e... ***


Una grossa lite e...


 
 
Erano passati nove giorni da quando Ali aveva detto al suo capo che se ne sarebbe andata. Quella mattina cominciava il nuovo lavoro, presso la Hayes&Cox. Era molto emozionata e per quel motivo si era svegliata prestissimo. Aveva deciso il look giorni prima, tormentando Dana per avere un consiglio. Quella mattina erano sveglie tutte e due molto presto: l’affinità unica che c’era tra loro due impediva a una di dormire tranquilla se l’altra era in piedi e molto agitata. Si alzò e si infilò le ciabatte poi notò che Ali non era in zona. Sorrise quando la vide in piedi davanti alla finestra, con una tazza di caffè in mano e lo sguardo allucinato. Le si avvicinò e le mise un braccio attorno alle spalle.
  «Tutto bene?» le chiese a bassa voce. Ali annuì senza parlare e bevendo un sorso di caffè. Appoggiò la testa alla sua spalla e dopo un attimo appoggiò la tazza sul tavolo. Dopo si voltò a guardare la moglie negli occhi e la baciò, appoggiandole una mano sul viso.
  «Andrà bene, vero?» le chiese, come per avere una conferma di qualcosa. Dana la guardò sorridendo e rispose: «Ho un buon presentimento. Il primo giorno è sempre difficile, ma tu sei forte e supererai anche questa. Poi Hayes è una brava persona, no? Sarà anche un bravo capo, penso».
  «Sì forse hai ragione» rispose Ali pensierosa. «Anzi sono sicura che hai ragione. E... tu oggi vai a vedere i locali per il tuo ristorante, no? Potresti portare anche Erica? Sai, devo ancora iscriverla all’asilo, ma penso di riuscire a risolverlo oggi».
  «Certo non c’è problema» osservò Dana. «Anzi, passare un giorno all’aria aperta invece che al chiuso non può che farle bene».
  «Infatti» disse Ali annuendo. Finì di bere il suo caffè e andò a vestirsi. Dopo un attimo Dana la seguì e si sedette sul letto davanti a lei.
  «Sai cos’ho deciso di fare?» disse. Ali le lanciò uno sguardo interrogativo. «Ti accompagno al lavoro. Penso sarebbe una cosa carina e poi io devo andare comunque in quella zona, quindi...»
  «Lo faresti davvero?» esclamò l’altra, avvicinandosi e dandole un bacio leggero sulle labbra. «Grazie tesoro, mi piacerebbe moltissimo». Si infilò la giacca del tailleur e tornò in soggiorno. Si infilò le scarpe e preparò la sua borsa mentre Dana si vestiva e preparava anche Erica. Dieci minuti dopo uscirono tutte e tre, appena prima che Ali iniziasse a lamentarsi per il ritardo. Mentre erano in macchina Dana continuava a parlare di argomenti poco importanti, per cercare di distrarre la moglie. Lei però non era preoccupata. Era nervosa, certo, ma era un nervosismo positivo. Era contenta di iniziare il nuovo lavoro, ma le faceva piacere che Dana facesse così in quel momento.
  Arrivarono in fretta e Ali uscì dalla macchina dopo aver salutato le altre due. Attraversò l’ingresso e una volta in ascensore si preparò psicologicamente al momento. Entrò nell’ufficio e Hayes era in piedi ad aspettarla. Sorrise quando la vide entrare e le andò incontro.
  «Ali Donnell! Che piacere!» esclamò stringendole la mano. Lei non potè evitare di ricambiare il suo sorriso e la stretta di mano.
  «Salve signor Hayes» disse lei alla fine. «Anche per me è un piacere rivederla».
  Lui le indicò la sua scrivania e lei si sedette. Hayes le augurò buon lavoro e tornò nel suo ufficio. Ali sospirò e sorrise. Si sentiva in soddisfatta e in pace: aveva ufficialmente iniziato il nuovo lavoro e finalmente si rendeva conto che non era più nell’ufficio di Tina e soprattutto che non avrebbe dovuto tornarci. I suoi compiti erano gli stessi di prima e questo era positivo perchè non aveva bisogno di istruzioni o di addestramento. Finiva alla stessa ora, ma l’ufficio era più vicino a casa sua perciò sarebbe comunque riuscita a tornare a casa prima. Anche quello era un vantaggio. Aveva un’ora di pausa pranzo e quel giorno aveva deciso che sarebbe andata all’asilo nido di fronte per iscrivere sua figlia. Ma decise che per evitare incomprensioni avrebbe chiesto il permesso al suo capo. Quando lui la chiamò nel suo ufficio per confermare degli appuntamenti lei ne approfittò.
  «Ehm... signor Hayes?» esordì, dandosi mentalmente dell’idiota. Poche frasi iniziate con “ehm” avevano avuto risvolti positivi. Lui tuttavia annuì una volta e la incitò a proseguire. Allora lei prese un respiro profondo e proseguì. «Oggi avrei una commissione da sbrigare, dovrei iscrivere mia figlia all’asilo nido e pensavo di farlo nella pausa pranzo, se lei mi da il permesso di farlo. Le assicuro non ci metterò molto, l’asilo è qui di fronte e a quell’ora non dovrebbe esserci troppa coda». Rimase a guardarlo, in attesa. Lui si strinse nelle spalle e rispose: «D’accordo. Per me non c’è nessun problema, basta che non torni in ritardo».
  «Assolutamente» disse lei. «Grazie signor Hayes». Gli voltò le spalle e uscì dal suo ufficio. Andò avanti a lavorare fino all’inizio della sua pausa pranzo. A quel punto uscì dall’ufficio e si diresse alla caffetteria che aveva già trovato. Era molto simile a quella del vecchio lavoro e anche lì c’era il bancone dei sandwich. Ne comprò un pacchetto e andò all’ingresso dove timbrò e uscì dall’edificio. L’asilo nido era quasi esattamente di fronte, perciò attraversò la strada mangiando il panino ed entrò. Come aveva previsto il banco della segreteria era praticamente deserto, così vi si avvicinò preparandosi a compilare i documenti che sapeva avrebbe dovuto compilare per l’iscrizione. Non era molto grande, in una stanza alla sua sinistra alcuni bambini sui due anni giocavano con dei giocattoli e tra  di loro. Ali sorrise, le piaceva quel posto.
  La donna davanti a lei si spostò e la signora pienotta con gli occhiali sul naso le fece cenno di avvicinarsi da dietro il banco. Ali la raggiunse e la salutò.
  «In cosa posso esserle utile?» le chiese la segretaria con voce cordiale.
  «Vorrei iscrivere mia figlia al vostro asilo se possibile. Mi ero informata e so che non c’è la lista d’attesa, il che è un bene perchè ho davvero bisogno che la prendiate. Lavoro qui di fronte».
  «D’accordo, le do i moduli da riempire» disse. L’altra annuì e lei glieli passò. Ali si mise da parte per compilarli tutti, mentre la segretaria serviva la persona dopo di lei, che doveva solo chiedere un’informazione. Alla fine lei li consegnò e la donna li studiò per qualche istante, in silenzio. Dopodichè annuì e osservò: «Va tutto bene, c’è solo una cosa che non capisco. Perchè all’inizio, quando ha inserito i dati dei genitori ha cancellato due volte la parola “padre”? Ha sbagliato?»
  «No, non ho sbagliato. Dana Rogers è mia moglie. Stiamo aspettando di adottarla insieme».
  «Oh, capisco. Va bene, signora Donnell, è tutto a posto. Sua figlia è iscritta, adesso registro questi e lei può venire già domani. Ha cinque mesi, giusto?»
  «Sì all’incirca. L’abbiamo in affido da un mese e la conosciamo da quando aveva due giorni. Ce ne siamo innamorate subito. Fra qualche mese l’assistente sociale verrà a visitarci e se troverà che Erica con noi sta bene eccetera, la potremo adottare davvero. Io ci spero veramente».
  «Posso immaginarlo» rispose la donna. Le sorrise e Ali ricambiò sinceramente. Era simpatica quella segretaria, era già un passo avanti. La ringraziò e tornò al lavoro, prima che la pausa pranzo fosse finita. Hayes non era ancora tornato, ma non dovette aspettarlo a lungo. Quando entrò la trovò già seduta alla sua scrivania. «Oh Aliana! Sei già qui? Tutto a posto, sei riuscita a iscrivere tua figlia?»
  «Sì signor Hayes non c’è stato nessun problema. Non c’era nessuno quindi ho fatto anche veloce. Posso portarla già domani, quindi sono più tranquilla».
  «Bene, mi fa piacere» rispose Hayes. Le sorrise e tornò nel suo ufficio. Anche lei sorrise tra sè e ricominciò a lavorare. Passò un pomeriggio tranquillo e alle sei in punto ebbe il permesso di andarsene. Con Tina non succedeva mai.
  Tornò a casa in taxi, veramente soddisfatta di com’era andata quella giornata. Aveva già capito che il nuovo lavoro le sarebbe piaciuto più di quello vecchio ed era contenta di essere riuscita a iscrivere Erica all’asilo così velocemente, ma in quel momento non vedeva l’ora di tornare a casa. Scese dal taxi davanti al vialetto di casa sua ed entrò in casa. «Ciao!» urlò a nessuno in particolare.
  «Ciao Ali!» arrivò la voce di Dana dal soggiorno. Quando arrivò nella stanza vide che era in piedi con Erica in braccio. Le si avvicinò e la baciò sulle labbra, mentre le prendeva Erica dalle braccia.
  «Mh, mi siete mancate oggi. Però ho iscritto Erica all’asilo nido e inizio a portarcela già domani».
  «Oh bene» rispose Dana. «Sai cosa pensavo? Non so se si può ma visto che adesso ancora per qualche settimana vado a vedere i locali sarebbe carino porterla portare ancora con me».
  «Boh immagino di sì... domani chiedo, per sicurezza. Allora, com’è andata la tua giornata? Hai trovato qualche posto interessante?»
  «Sì qualcosa sì» disse Dana, pensierosa. «Ma non hai idea dei prezzi che chiedono per l’affitto. Non me l’aspettavo, sul serio. Non sto dicendo che non me lo posso permettere, però insomma...»
  «Certo... beh, sono sicura che troverai il posto perfetto» fece Ali accarezzandole un braccio. Dana fece un sorriso leggero. «Speriamo... va bene, preparo la cena». Ali annuì e si sedette sul divano mentre coccolava un po’ Erica. Intanto però pensava a quello che le aveva detto Dana. L’affitto dei locali era caro, adesso c’era da pagare anche l’asilo e lei con il nuovo lavoro aveva uno stipendio più basso. Non le piaceva pensare in negativo, ma in quel momento era difficile non farlo. Poco dopo Dana le disse che la cena era pronta e lei la raggiunse in cucina. Smise di pensarci, perchè non voleva far vedere alla moglie che era preoccupata. Durante la cena parlarono di tutto e di niente, come sempre e il resto della serata passò normale. L’equilibrio familiare era fantastico in quel periodo.
 
 
Per tre settimane tutto trascorse perfettamente: di lunedì Dana andava a vedere i locali in affitto, portando anche Erica che poteva andare più o meno quando voleva, non era obbligatorio l’asilo e Ali adorava il suo nuovo lavoro. Hayes le aveva detto che poteva anche chiamarlo Jeremy e darle tu, ma lei aveva preferito non farlo. Dava del tu a Tina ed era finita nel peggiore dei modi.  Poi una sera scoppiò una lite furibonda, che sembrò rompere tutti gli equilibri. Come spesso succede, cominciò tutto per caso. Ali era tornata a casa da poco con Erica e in quel momento stava aspettando che tornasse anche Dana. Lei arrivò dopo circa venti minuti. Entrò in casa con la faccia scura e Ali ne rimase sorpresa, perchè era raro che Dana fosse arrabbiata.
  «Ciao» disse stupita. «Tutto okay?»
  «No» rispose l’altra seccata. «Per niente. Ho guardato locali per tutto il giorno, non c’è un solo fottutissimo posto che costi meno di mille dollari al mese. Io non posso crederci. Poi ho visto la retta dell’asilo di Erica, altro bel mucchio di soldi che se ne va, se poi ci aggiungiamo che io potrei non avere più uno stipendio da un giorno all’altro...»
  «Dana, andiamo, sono sicura che la cosa non è così tragica. Senti... non per cambiare argomento, ma... prepariamo la cena? Sai, insieme. O se tu non te la senti, posso pensarci io».
  «Cosa vuoi dire se non me la sento? È il mio lavoro! Ma sai una cosa? Hai ragione, non me la sento e tu non entri in cucina, non stasera. A volte» disse mentre apriva il freezer, «mi sembra di essere una cameriera. Anzi neanche, una schiava, una che deve solo pensare a cucinare. E sai un’altra cosa? Mi sono stufata Ali, veramente. Vuoi cenare? Tieni, ecco la cena» lanciò sul tavolo una confezione di lasagne surgelate. «Sei capace di usare il microonde, no? Buon appetito». Andò in soggiorno, sprofondò nel divano e accese la televisione. Ali si voltò verso di lei, a bocca aperta.
  «Dana, ma che ti prende?» le chiese. «Sei impazzita?». Dana le lanciò un’occhiata gelida, spense la televisione e lanciò il telecomando sul divano.
  «Tu dovresti stare zitta e basta, Ali» sibilò Dana. Sua moglie rabbrividì, non aveva mai sentito quel veleno nella sua voce. «Che ho fatto?» le chiese, sconcertata.
  «Proprio adesso dovevi cambiare lavoro?» esclamò avvicinandosi a lei e afferrandole un braccio. Ma non come faceva normalmente, le fece male. «Proprio adesso che io sono in questa situazione, che potrei perdere il mio in un attimo. Sei solo un’egoista!»
  «Ma sei diventata del tutto cretina?» ribattè Ali, liberandosi con uno strattone. Anche lei si stava arrabbiando adesso. «Guarda che eri tu quella che continuava a dirmi di farlo! Mi dicevi da mesi, no da anni che avrei dovuto cambiare lavoro, quindi tu devi stare zitta! Non è certo colpa mia se questo stipendio è più basso! Se l’asilo è un problema d’accordo, Erica non ci va più e smettiamo di pagarlo! La può tenere mia madre. E comunque non siamo ancora povere, lavoriamo in due, piantala di recitare la parte di quella senza soldi, Dana! Smettila, perchè non è vero!»
  «Sei un’egoista, pensi solo a te stessa!» gridò Dana con le lacrime agli occhi.  «Lo sapevi, sapevi che questo era il mio sogno! Avresti potuto fare un piccolo sacrificio per aiutarmi a realizzarlo, non è anche questo il matrimonio? Non è fare dei sacrifici per la persona che ami?»
  «Dana, ma si può sapere che cazzo stai dicendo? Te ne rendi conto che stai parlando a caso?». Dana le diede uno spintone, forte, che le fece quasi perdere l’equilibrio.
  «Modera il linguaggio, almeno questo, c’è Erica di là!» disse con voce fredda. Ali si riprese e ricambiò lo spintone, anche più forte.
  «Non ti azzardare... non osare mettere in mezzo la bambina! Lei non ha niente a che vedere con questo! Ce la porteranno via, te ne rendi conto?» gridò. Era appena venuto in mente anche a lei, ed era stato quasi come ricevere un pugno nello stomaco. All’improvviso Dana le voltò le spalle e sparì in camera da letto. Ali la seguì dentro, ma Dana uscì dal bagno e la costrinse a uscire dalla stanza.
  «Vattene, stanotte non voglio dormire con te, sparisci». Ali le lanciò un’occhiata di fuoco e se ne andò sul serio. Prese la borsa, la giacca e uscì di casa. Dana sentì il rumore della porta che si chiudeva e la raggiunse sul gradino di ingresso. Ali era già lontana sul vialetto. «Ehi, ma dove diavolo credi di andare?» le urlò. Ali la ignorò continuando a camminare. «STRONZA!» gridò ancora sua moglie, prima di tornare in casa sbattendo la porta. Ali quando sentì l’ultima  parola soffocò un singhiozzo, ma non si fermò. Non aveva mai odiato nessuno in vita sua e non era sicura di come avrebbe dovuto sentirsi, ma immaginava non molto diversamente da come si sentiva in quel momento. Prese la macchina e girò per ore. Verso le undici, dato che non aveva mangiato e stava morendo di fame, all’improvviso si fermò davanti a un bar. Entrò e si sedette al bancone. Ordinò una birra e qualcosa da mangiare; rimase seduta lì, cercando di non pensare a cosa stesse succedendo a casa sua.
  Nel frattempo Dana era rientrata in casa, aveva consolato Erica che si era svegliata per colpa delle loro urla e si era preparata una cena solitaria a base di lasagne precotte e lacrime. Non riusciva a crederci. Avevano litigato, litigato sul serio, Ali se n’era andata e in tutta onestà non sapeva dire se sarebbe tornata. Però era ancora arrabbiata con lei e non riusciva a sentirsi in colpa.
 
 
Ali era sempre al bar, aveva cenato e in quel momento erano arrivati un Martini e un Cosmopolitan che lei non aveva ordinato. Fermò il cameriere e gli chiese: «E questi da dove arrivano?»
  «Il Martini è da parte di quella donna al bancone» rispose lui. Ali seguì il suo sguardo e vide una donna dai lunghi capelli rossi all’incirca della sua età seduta all’altra estemità del bancone. Carina, pensò. Poi si voltò di nuovo verso il cameriere. «E il Cosmopolitan?» chiese.
  «Glielo manda lui» disse il ragazzo prima di andarsene, indicando con un cenno della testa l’unico uomo a uno dei tavoli che fosse seduto da solo. Era bello, con i capelli abbastanza lunghi e castano chiaro. Ali decise di non fare complimenti e bevve entrambi i cocktail. Ne aveva bisogno, dopo quella serata. In poco tempo sentì l’alcool entrare in circolo e allora si alzò. Era furiosa con sua moglie e voleva farla soffrire e lì c’erano due persone che erano interessate a lei. I due si erano accorti che lei si era alzata e le andarono incontro. Prima arrivò la donna, che dei due era più vicina. Aveva degli occhi molto belli, verdi e brillanti. Le tese una mano, lunga e affusolata. «Ciao, sono Amanda, piacere di conoscerti» si presentò. Ali sorrise.
  «Ali, piacere mio» replicò stringendola. La donna ricambiò il sorriso e si voltò per ordinare da bere al barista. Ali continuò a guardarla, ma in quel momento si stava avvicinando l’uomo del Cosmopolitan.
  «Ehi, ho visto che sei qui tutta sola» esordì con un sorriso accattivante.
  «Già» osservò lei, mentre studiava i suoi occhi: erano azzurri, ma non erano uguali a quelli di Dana, per fortuna. L’uomo si presentò: si chiamava Wes. Intanto Amanda era sparita, perciò gli disse che andava alla toilette e si mise a cercarla. Mentre si guardava intorno, pensò a chi avrebbe scelto, con chi dei due avrebbe tradito sua moglie. Comunque di quello era sicura, si sentiva una persona orribile, anche solo a pensarci, ma non le importava. Voleva vendicarsi, Dana l’aveva ferita e adesso Ali avrebbe ferito lei. Aveva due possibilità ed erano entrambe interessanti. Voleva conoscere meglio entrambi e  alla fine avrebbe dovuto solo scegliere. Continuò a pensarci mentre andava veramente in bagno e tornava al bancone per ordinare qualcos’altro da bere. Wes o Amanda? Erano di nuovo lì tutti e due e lei li studiò per un po’ continuando a ripetersi i loro nomi nella testa. Wes o Amanda?
 
 
 
 
NdA: Lo so, mi avrete odiato già dal titolo. Penso di poterlo sopportare e la cosa peggiore è che temo che succederà altro. Non uccidetemi. Have fun? Grazie persone!
 

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Capitolo 25
*** Un errore ancora più grosso ***


...un errore ancora più grosso
 





Ali Donnell aveva litigato con sua moglie e se n’era andata di casa. In quel momento si trovava in un bar e un uomo e una donna le avevano appena offerto da bere. Si chiamavano Wes e Amanda ed erano entrambi interessanti e interessati a lei. Era impegnata a scegliere con chi dei due avrebbe tradito Dana. Amanda le piaceva e Wes era un bell’uomo: entrambi avevano i loro vantaggi. Scegliere Amanda sarebbe stato un modo eccellente di ferire Dana, conosceva abbastanza sua moglie. D’altra parte scegliere Wes le avrebbe ricordato i vecchi tempi in cui usciva con gli uomini. Riflettè per qualche momento e decise che non voleva veramente ricordare quel periodo e anche che Amanda le piaceva infinitamente di più. Sapeva cos’avrebbe fatto.
  Si avvicinò a lei e le si sedette accanto. «Ciao» le disse. «Come va?»
  «Oh ciao!» esclamò l’altra, voltandosi di scatto verso di lei. «Vuoi bere qualcosa?»
  «Non proprio» rispose Ali, lanciandole uno sguardo esplicito. «Voglio passare direttamente alla seconda parte della serata, se capisci cosa intendo».
  «Certo che capisco» disse Amanda facendo un sorrisetto. «Mi piace questo programma».
Ali si avvicinò a lei e senza riflettere la baciò. Amanda ricambiò subito e pochi secondi dopo stavano uscendo dal bar senza smettere un attimo di baciarsi. Ali aveva smesso di pensare, ma non come quando faceva l’amore con Dana, in quei momenti entrava in una specie di trance, adesso non pensava perchè se avesse riflettuto non avrebbe mai avuto il coraggio di fare una cosa simile a sua moglie. Finirono contro un’auto parcheggiata, che Ali riconobbe vagamente come la sua. Schiacciò due volte l’antifurto per aprire anche le portiere posteriori, ma poi si ricordò di un impedimento.
  «Oh accidenti» esclamò, smettendo all’improvviso di baciare Amanda. «Aspetta un attimo...»
  «Cosa? Cosa c’è?» le chiese Amanda perplessa. Ali la fece spostare dalla portiera e la aprì, poi trafficò per un po’ sul sedile. Gettò qualcosa sul sedile davanti e si raddrizzò di nuovo, voltandosi verso di lei.
  «Ma che prob...» stava dicendo ancora la donna, ma Ali riprese a baciarla e la spinse sul sedile.
  «Dovevo sganciare il seggiolino di mia figlia. Potevamo romperci la schiena...» sussurrò Ali.
  «Hai una figlia?» fece Amanda sconcertata. Ali si strinse nelle spalle e cominciò a spogliarsi. L’altra le afferrò all’improvviso la mano sinistra. «Oh mio Dio, sei anche sposata!»
  Ali ritirò la mano, si sfilò la fede e l’anello di fidanzamento e se li mise in tasca. «No affatto» rispose tuffandosi di nuovo su di lei. «Non stasera. Non con lei». Prese a baciarle il collo e finalmente Amanda smise di fare commenti e iniziò a spogliarsi. A quel punto Ali perse del tutto il controllo e si dimenticò di qualsiasi cosa, prima di tutto di avere una famiglia. Quella donna le piaceva da morire, solo quello aveva in mente. Avvertiva le labbra di Amanda sulle sue, il suo profumo, il sapore della sua bocca e la sensazione delle mani della donna sul suo corpo. Si sentiva benissimo e avrebbe voluto che non finisse mai. Fu lungo e fu meraviglioso e alla fine rimasero a lungo sedute a riprendere fiato.
  Dopo un po’ Ali guardò l’ora e si rese conto che forse era il caso di andare a casa. «Senti...» disse ad Amanda. «Io devo tornare a casa. Tu dove abiti? Se vuoi ti do un passaggio».
  «Non ci vedremo un’altra volta vero?» le chiese Amanda. Lei scosse la testa e l’altra annuì e si strinse nelle spalle. «Non importa. Mi ha fatto piacere conoscerti, Ali».
  «Anche a me, Amanda» rispose Ali sorridendole. «Anche a me».
  Si rivestirono entrambe, poi Amanda tornò alla sua auto. Ali invece accese il motore e tornò a casa. Quando fu davanti al suo cancello si chiese cos’avrebbe dovuto fare. Entrare e mettersi a dormire sul divano come se niente fosse successo? O passare quelle poche ore che la separavano dal mattino in macchina e aspettare che Dana arrivasse, visto che l’avrebbe sicuramente fatto? Non aveva la minima intenzione di tornare a casa. Con un sospiro prese gli anelli dalla tasca e se li infilò di nuovo al dito. Si guardò intorno: l’unica cosa che faceva pensare che su quei sedili fosse successo qualcosa era il seggiolino di Erica accanto a lei. Lo prese in mano e uscì dalla macchina. Aprì la portiera posteriore e riagganciò il seggiolino al suo posto. All’improvviso notò sul pavimento qualcosa che le fece rizzare i capelli in testa: il reggiseno di Amanda. Dana l’avrebbe trovato di sicuro. Lo prese e se lo mise in tasca, quasi come un souvenir. Si sdraiò sul sedile e chiuse gli occhi.
  Probabilmente si era addormentata perchè alle sei venne improvvisamente svegliata di soprassalto da qualcuno che bussava insistentemente al finestrino. Si alzò a sedere di scatto e si voltò: Dana era in piedi fuori dall’auto e adesso aveva le braccia incrociate. Stava dicendo qualcosa, con aria seccata, che Ali non riusciva a capire, perciò abbassò il finestrino. «Che vuoi?» le chiese con voce fredda.
  «Perchè stavi dormendo in macchina?» fece Dana nello stesso tono. «Cos’è stai facendo la vittima? Vuoi che le persone ti vedano lì dentro e dicano “Oh povera Ali! Che moglie stronza che ha, non la lascia neanche dormire in casa!”».
  «Non stavo dormendo in macchina... sono tornata a casa» guardò l’orologio, «quattro ore fa e... ma perchè non ti fai gli affari tuoi? Torna in casa, non rompere».
  «Non mi faccio gli affari miei, perchè si da il caso che gli affari tuoi siano anche miei. Siamo sposate, hai presente? Avanti scendi, piantala di fare l’idiota». Aprì la portiera e aspettò che Ali scendesse. Lei lo fece e le passò davanti. Pescò nella tasca del giubbotto per prendere il cellulare e con una mossa strategica fece cadere sul vialetto il reggiseno di Amanda, fingendo di non accorgersene. Sentì Dana fare un paio di passi di corsa e li ascoltò con un sorrisetto di trionfo.
  «Questo che diavolo è, Ali?» esclamò Dana con voce acuta. Ali non si voltò e continuò a camminare.
  «Questo cosa?» le chiese continuando a sorridere senza farsi vedere. Sua moglie la raggiunse e la prese per un braccio, costringendola a voltarsi. Le fece penzolare l’indumento davanti alla faccia con uno sguardo pericoloso negli occhi. «Questo» sibilò.
  «Ah. È un reggiseno» disse Ali con la massima tranquillità. Dana ebbe il desiderio improvviso di mollarle uno schiaffo, ma si controllò appena in tempo.
  «Lo vedo che è un reggiseno, guarda un po’. Ma da dove arriva?» le chiese. «Non è tuo».
  «Lo so che non è mio» replicò Ali. Non avrebbe voluto confessare così il suo tradimento, ma l’atteggiamento di sua moglie la irritava e non riuscì a resistere. «Infatti è di Amanda. L’ho conosciuta stanotte al bar e abbiamo fatto sesso in macchina». A questo punto Dana non si controllò più, il suo braccio partì da solo e mollò un sonoro ceffone sulla guancia di Ali. Lei barcollò. Si portò una mano alla guancia e lanciò alla moglie uno sguardo spaventato. Dana abbassò il braccio e la guardò preoccupata, respirando affannosamente. «Ali, io... » disse con voce tremante, tentando di metterle una mano sulla spalla. Lei fece un passo indietro sempre tenendosi la mano sulla faccia.
  «Non mi toccare» disse. Le voltò le spalle e corse in casa sbattendo la porta. Dana la seguì dopo un attimo. Entrò e la vide seduta in cucina, aveva gli occhi pieni di lacrime. «Mi dispiace» le disse. Anche a lei stava venendo da piangere. «Mi dispiace di averti... picchiata. È solo che... come hai potuto?»
  «Non lo so» rispose Ali, mentre le lacrime cominciavano a scorrerle lungo le guance. «Ero arrabbiata con te, ieri sera, pensavo solo a un modo per ferirti. Sono arrivata in quel bar e c’erano quei due che mi hanno offerto da bere, Wes e Amanda. E allora ho pensato che quello era il modo migliore. Ho scelto di conoscere meglio Amanda, e niente... è successo».
  «Perchè eri arrabbiata?» le chiese Dana con sguardo interrogativo. Ali spalancò gli occhi.
  «Me lo stai chiedendo sul serio? Innanzi tutto mi hai dato della stronza, mentre uscivo. E poi hai iniziato a urlarmi contro, mi hai aggredita senza motivo! Mi sono vendicata...»
  «Avevo avuto una brutta giornata, mi conosci, lo sai come sono! Hai ragione, ti ho aggredita senza ragione, ma non è un buon motivo per andare a letto con altre persone! Non credere, l’idea di cacciarti di casa a calci mi intriga enormemente» osservò. «Ma non possiamo. Per Erica. Se... se viene l’assistente sociale e scopre che non stiamo più insieme, poi ce la portano via. E non possiamo farle una cosa del genere, lei non c’entra niente e ha bisogno di noi. Però tu vai nell’altra stanza, in questo momento non riesco neanche a guardarti in faccia». Le voltò le spalle e sparì in quella che per molte settimane sarebbe stata camera sua. Ali rimase seduta al tavolo della cucina, come pietrificata. Quindi non stavano più insieme? Erano separate? Allora era tutto finito, bastava una serata difficile, una lite e crollava ogni cosa. Non poteva permetterlo. Si alzò di scatto e andò a bussare alla porta chiusa della stanza. «Dana! Andiamo apri! Voglio parlare, non possiamo arrenderci così! Mi dispiace, mi dispiace di averti tradita, non so a cosa stessi pensando, ma non possiamo lasciarci solo per questo! Noi valiamo più di questo, ne abbiamo passate tante, io ti amo e lo so che anche tu mi ami, Dana...»
  Ma il silenzio ostinato che ricevette in risposta la convinse che per il momento sua moglie non voleva avere niente a che fare con lei. Si rese conto di avere fame perciò aprì l’armadietto in cucina e tolse una scatola di cereali. Se ne versò un po’ in una ciotola e aggiunse del latte freddo. Prese un cucchiaio e cominciò a mangiare, sentendo una nostalgia acuta delle frittelle con salsa al cioccolato di Dana. Circa mezz’ora dopo sua moglie uscì dalla stanza e si preparò la sua stessa colazione. Mangiò seduta al tavolo in cucina, mentre Ali era sul divano con in braccio Erica che si era svegliata da poco e non le rivolse la parola per tutto il tempo. Aveva gli occhi rossi e gonfi di chi ha pianto. Ali si chiese per quanto le cose sarebbero andate avanti così, non riusciva a crederci.
 
 
Cominciò in questo modo un periodo che negli anni seguenti Ali e Dana avrebbero soprannominato scherzosamente Guerra Fredda. Il primo giorno Ali aveva sistemato il letto nuovo, aveva preso una parte delle sue cose e le aveva trasferite nella terza camera da letto che ovviamene prima di allora era sempre stata vuota. La prima settimana, forse dieci giorni passò tecnicamente normale, a parte per il silenzio innaturale che regnava in casa, interrotto soltanto dagli sporadici messaggi di Erica, generalmente trasmessi con il pianto. Forse quel periodo così infelice sarebbe durato più a lungo, se non fosse successa quella cosa.
  Un mercoledì mattina Ali e Dana si erano alzate come al solito. Avevano fatto colazione separatamente, come sempre e Ali aveva tentato senza successo di parlare con sua moglie. Non sapeva nemmeno perchè continuasse a provarci. Poco più tardi si era vestita ed era andata al lavoro, dopo aver lasciato un messaggio a Dana sul tavolo in cui le chiedeva se al pomeriggio poteva passare a prendere Erica all’asilo. Mentre usciva le disse: «Dana io sto andando!»
  «E chi ti ha chiesto qualcosa!» fu la risposta. Ali alzò gli occhi al cielo. «Ma vaffanculo...» mormorò tra sè. Percorse il vialetto con Erica in braccio e quando arrivò alla macchina la mise nel seggiolino. In quel periodo farlo le dava una sensazione strana. Dopo quello che era successo negli ultimi giorni, niente era più come prima. Mise in moto e si diresse verso il suo ufficio. Prima però passò dall’asilo dove lasciò Erica e avvisò le maestre che probabilmente quel pomeriggio sarebbe passata sua moglie. Dopodichè uscì dall’asilo, attraversò la strada e entrò dalle porte girevoli dell’edificio dove si trovava la Hayes&Cox. Mentre camminava ripensò a quello che era successo la prima mattina dopo il tradimento.
Fino all’arrivo in ufficio era andata esattamente come quel giorno.
 
Una settimana prima
“Camminava velocemente, anzi quasi correva nell’ingresso e prese al volo un ascensore. Mentre saliva sospirò di sollievo: era la prima volta che attendeva con ansia di andare al lavoro per uscire di casa. Ma era anche la prima volta che stare nella stessa stanza con Dana le provocava un dolore fisico. Era arrivata al suo ufficio e si era seduta subito alla scrivania, dopo essersi tolta la giacca.
  Hayes era arrivato dopo circa dieci minuti e l’aveva trovata già seduta alla sua scrivania, intenta a lavorare. In quelle settimane in cui lei aveva lavorato lì, tra loro due si era instaurato un rapporto piacevole, quello che può nascere tra uno zio un po’ anziano e la nipote preferita. Ali si era affezionata a lui e Jeremy Hayes aveva imparato a conoscerla e a decifrare anche il più piccolo cambiamento di umore sul suo viso. In effetti quella mattina le si era avvicinata e l’aveva guardata negli occhi. «Cos’è successo? Non sei mai qui così presto e soprattutto non con quella faccia». Lei aveva annuito e aveva appoggiato il mento a una mano.
  «Ieri sera ho litigato con mia moglie» aveva detto. Lui l’aveva guardata con gli occhi sbarrati: sapeva bene quanto loro due fossero innamorate e la cosa gli era sempre sembrata del tutto normale. Era incredibile, per lui, pensare a un litigio di quel genere. «Abbiamo litigato e poi io l’ho tradita con un’altra donna».
  «E lei l’ha scoperto» aveva concluso  Hayes per lei. Ali aveva annuito. Lui si era seduto alla scrivania di fronte a lei e l’aveva guardata negli occhi, serio.
  «Hai fatto un errore. Capisco, eri arrabbiata, ma con la vendetta non si ottiene niente. Soprattutto perchè non ti ha fatto stare meglio. Adesso devi cercare di risolvere questo problema, lo sai». Si era alzato e le aveva messo una mano sulla spalla, poi aveva aggiunto: «Ce la farete. Ho un buon presentimento». Detto questo le sorrise e andò nel suo ufficio. Ali rimase seduta a fissare il computer con un vago sorriso per un po’, ripensando a cosa le aveva detto il suo capo, ma poi le tornò in mente Dana e il sorriso sparì, lasciando il posto ad un’espressione addolorata.”
 
Tornò con la mente al presente e si sorprese quando si rese conto che stava rivivendo quel momento per l’ennesima volta. Doveva smetterla, perciò cercò di non pensarci troppo, almeno fino alla pausa pranzo, quando decise che avrebbe chiamato Faith per sfogarsi. Fece partire la musica e questo la aiutò un po’. Le venne in mente che aveva fatto esattamente la stessa cosa un paio di anni prima, quando aveva scoperto di essersi innamorata di Dana e cercava di non pensarci per non far soffrire il suo fidanzato di allora, Josh. Adesso invece voleva evitare di insultare pesantemente la stessa donna, ormai sua moglie, anche se solo con il pensiero.
  Ore dopo stava scendendo rumorosamente le scale per andare alla caffetteria. In quella parte di edificio non c’era l’ascensore e quel giorno lei non l’avrebbe preso comunque, non era dell’umore. Prese un vassoio e si sedette a mangiare a un tavolo affollato. Alla fine aveva ancora un po’ di tempo, così prese il telefono per chiamare la sua migliore amica. Invece in quell’esatto momento il cellulare squillò e Ali vide con sorpresa che era proprio lei. Rispose immediatamente.
  «Fay ciao! Non ci crederai, ma stavo per chiamarti! Che succede?»
  «Niente di particolare» rispose Faith. «Volevo salutarti e chiederti una cosa. Visto che fra qualche giorno è il tuo compleanno, pensavo che tu, Dana e Erica potreste venire a cena da noi per festeggiare, quella sera. Che ne dici?»
  «Fay io... io...» iniziò Ali senza fiato. Poi scoppiò a piangere. Faith strinse più forte il cellulare e sbarrò gli occhi. Cos’era successo? Per sicurezza glielo chiese.
  «Ali, Al calmati. Smettila di piangere, non capisco quello che dici! Cos’è successo? Raccontami tutto, ma tranquillizzati, per piacere».
  «È... è Dana, è successo... e io credo... insomma credo che tra noi sia finito tutto!» rispose Ali, cercando nello stesso tempo di riprendere fiato e smettere di singhiozzare. Faith si strozzò mentre deglutiva. Annaspò per qualche secondo, poi si riprese.
  «Cosa? Che cosa? Di che diavolo stai parlando Ali? Come può essere finito tutto tra voi due? Che cosa è successo, devi raccontarmelo!»
  «Settimana... settimana scorsa  ci siamo messe a litigare di brutto ed era partito dal niente. Alla fine io me ne sono andata. In un bar ho conosciuto una donna Fay... e io... io...» gemette.
  «No... Ali, no...» mormorò Faith con aria desolata. «L’hai tradita? Ma perchè? Perchè hai fatto una cazzata del genere, Ali? Lei l’ha scoperto, immagino. E ti ha cacciata di casa».
  «E che ne so io perchè? Ero arrabbiata! Sì l’ha scoperto, ma no... non mi ha cacciata di casa. Fra non molto arriverà l’assistente sociale e se dovesse scoprire che io e Dana non stiamo più insieme potrebbero portarci via Erica. Ci dovremo sopportare per un po’. Ma io non ce la faccio Fay, mi manca da morire ed è solo da alcuni giorni che non mi parla. Provo a parlarle ogni mattina, ma non mi ascolta. Come faccio a farmi perdonare?»
  «Come fai? E devo dirtelo io come fare? Senti Ali... Dana è tua moglie, se vi siete sposate un motivo c’è. Prova a ignorarla tu per un paio di giorni. Magari farà lei il primo passo. Da quello che ho capito è anche colpa sua» replicò Faith. Ali fece per rispondere, ma poi guardò l’ora e si accorse che ormai doveva di tornare in ufficio. Disse all’amica che l’avrebbe richiamata e riattaccò. Salì di corsa le scale e poco dopo riprese a lavorare, di nuovo alla sua scrivania. Non vedeva l’ora di uscire, voleva tornare a casa. Più tardi quando arrivò l’ora di andare, le venne in mente di andare all’asilo per controllare che Dana avesse letto il biglietto. Quando la vide, una maestra che stava con i bambini dell’età di Erica, la salutò con un sorriso.
  «Buonasera signora Donnell! È tutto a posto, sua moglie è passata a prendere la bambina un paio d’ore fa. È venuta qui per questo, giusto?»
  «Sì grazie» rispose Ali. «Le avevo scritto un biglietto stamattina, ma visto che non ci parliamo non ero sicura che l’avesse letto. Va bene, mille grazie, arrivederci».
  Le voltò le spalle e uscì di corsa dall’edificio. Aveva una gran voglia di tornare a casa. Forse se non fosse stata così sovrappensiero in quel momento, alcune cose non sarebbero mai accadute. Non stava realmente pensando a dove andava quando iniziò ad attraversare la strada e non vide l’automobile che arrivava a velocità folle e non sentì la donna che le urlava dal marciapiede di fare attenzione. Pensava a Dana e a quello che avrebbero fatto se non avessero fatto pace. L’uomo alla guida non la vide o forse finse di non vederla, probabilmente era ubriaco fradicio, chi lo sa. Fatto sta che Ali sentì il rumore di un motore che si avvicinava e parecchie persone che urlavano, ma si voltò quando ormai era troppo tardi e l’auto l’aveva già urtata e fatta cadere prima sul cofano e poi sull’asfalto. Rimase lì immobile per un tempo indefinito. Non si era mai sentita così, aveva male dappertutto, letteralmente dalla testa ai piedi e non riusciva a muovere un dito. Sentì vagamente qualcuno che chiamava il 911, poi la testa le ricadde sulla strada e l’oblio la invase.
  Si risvegliò qualche minuto dopo e si ritrovò circondata da persone vestite di blu scuro. Paramedici, pensò. «Signora, va tutto bene. Adesso la portiamo in ospedale e ci prenderemo cura di lei» le disse una donna con fare rassicurante, mettendole una mano sulla spalla. «C’è qualcuno che dovremmo avvisare? Un familiare o qualcosa del genere?»
  «Sì... sì» rispose a fatica. Ogni parola era una fitta di dolore al petto. «Mia... moglie... Dana Rogers. È... è il primo... numero sul mio... mio cellulare. Non... mi parla, ma... questo lo vorrebbe sapere...»
  «D’accordo, qualcuno si preoccuperà di avvisarla, lei stia tranquilla» le disse la donna. La caricarono su una barella e poi nell’ambulanza, che si mise a correre a sirene spiegate verso l’ospedale. Intanto il paramedico aveva preso il cellulare di Ali e aveva chiamato Dana.
  Quest’ultima nel frattempo era a casa e si chiedeva infastidita quando Ali si sarebbe degnata di tornare a casa. Non era preoccupata, ma non aveva mai fatto così tardi. Lo squillo del suo cellulare risuonò come uno sparo nella notte. Rispose immediatamente. «Pronto?»
  «Lei è Dana Rogers?» le chiese una voce di donna che non conosceva. Lei rispose di sì. «Mi chiamo Sue, sono un paramedico» continuò la sconosciuta. Il cuore di Dana saltò un paio di battiti.
  «Cosa, che è successo?» chiese spaventata. Sue sospirò.
  «Stiamo portando sua moglie in ospedale, all’Harborview Medical Center» disse. «È stata investita da un’auto, dovrebbe raggiungerci subito». A Dana cadde il cellulare dalle mani. Lo raccolse tremante e rispose con un filo di voce.
  «Va bene, arrivo subito» disse, prima di riattaccare e iniziare a piangere.
 
 
 
 
NdA: lo so, in questo momento mi odierete. Ma fidatevi è solo un momento! Ho inserito un flashback come avrete notato. Grazie a chi legge, recensisce, segue eccetera! Adieu!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 26
*** Non morire, amore mio ***


Non morire, amore mio
 



Ali era arrivata all’ospedale in ambulanza e stava ancora malissimo. Avevano dovuto sedarla perchè continuava ad agitarsi e a chiedere di sua moglie e di sua figlia.
  «Donna, trentaquattro anni, investita da un’auto. Ferite sulla maggior parte del corpo e fratture a gamba e braccio sinistri. Probabilmente ha anche un paio di costole rotte» disse un secondo paramedico mentre entravano nel pronto soccorso. La trasferirono dalla barella a uno dei letti e lei in quel momento riprese lucidità. «Dov’è Dana?» gemette. «Dov’è Erica? Dov’è la mia bambina?»
  «Signora Donnell, deve stare tranquilla» disse un’infermiera. «Sua moglie sta arrivando».
  La moglie in questione si era appena ripresa dallo shock e si stava preparando per andare in ospedale. Prese il telefono e fece un numero familiare.
  «Pronto?» rispose la voce di Tracy. Dana si impose di smettere di tremare e di parlare normalmente.
  «Mamma... mamma sono Dana. Devi venire qui appena puoi, devi badare a Erica, io devo andare in ospedale e non posso portarla, non posso... è troppo...»
  «Dana tesoro, calmati» disse sua madre. «Vengo senza dubbio a badare a Erica. Perchè devi andare in ospedale, cos’è successo, qualcosa di brutto?»
  «È Ali» singhiozzò lei. «Mi hanno appena chiamata da un’ambulanza, è stata investita da un’auto e credo che sia una cosa grave, ed è tutta colpa mia».
  «Che vuoi dire che è tutta colpa tua?» fece Tracy sconcertata. Poi aggiunse: «Senti, metto giù adesso. Arrivo subito, aspettami e stai tranquilla». Riattaccò e Dana cominciò a vestirsi, poi andò da Erica. La prese in braccio e la strinse, lasciando che la sua presenza le facesse ricordare che valeva la pena di essere viva. Non voleva rimanere vedova, ma si rendeva conto che perdere la testa non sarebbe servito a niente. Poco dopo sentì bussare alla porta, mise giù Erica di nuovo e corse ad aprire. Sulla soglia c’era sua madre e Dana le si gettò tra le braccia ricominciando a piangere. Tracy la strinse e le diede un bacio sulla fronte. «Vieni entriamo in casa» le disse. Fece un passo avanti e chiuse la porta dietro di sè, poi portò, anzi quasi trascinò la figlia verso il divano. «Sono sicura che Ali starà bene, adesso all’ospedale si staranno prendendo cura di lei. Vai da lei, sono sicura che ha bisogno di te. Ma prima spiegami perchè è tutta colpa tua. Che cosa hai combinato?»
  «Settimana scorsa abbiamo litigato e ho cominciato io, l’ho insultata senza motivo e lei se n’è andata. Poi mi ha tradita, ma sono sicura che se io non le avessi dato della stronza lei non avrebbe fatto niente, e inoltre quando me l’ha detto mi ha fatto arrabbiare e le ho dato uno schiaffo. Non ci parlavamo da giorni e sono sicura che è per colpa mia se l’hanno messa sotto. Avrà attraversato la strada senza guardare perchè era sovrappensiero, di sicuro».
  «Va bene, la risolviamo dopo. Adesso corri in ospedale, forza» disse sua madre facendola alzare. Dana annuì, prese la giacca e la borsa e uscì di corsa. Mentre guidava decise di avvisare Taylor e la chiamò con l’auricolare. Sperò di riuscire a mantenere il controllo.
  «Pronto?» rispose la voce di sua suocera. Lei deglutì e si asciugò gli occhi. Non doveva piangere.
  «Taylor, ciao sono Dana. Devo dirti una cosa importante ed è meglio se ti siedi» disse. Sentì la donna prendere una sedia. «Sono in macchina, sto andando in ospedale. È... è successa una cosa. Non farti prendere dal panico, ma Ali è finita sotto una macchina. Non so come sia successo perchè io ero a casa. Adesso è al pronto soccorso dell’Harborview e io sto andando lì. Venite anche voi?»
  «Oh Santo Cielo, è stata investita? Okay... okay hai ragione, niente panico. Va bene, avviso Chris e ci vediamo lì. Grazie per avermelo detto, Dana». Riattaccarono e Dana decise di non frenarsi in quel momento e sentì le lacrime che le scorrevano sulle guance. Poco dopo arrivò all’ospedale e parcheggiò subito, poi entrò correndo nel pronto soccorso. Si avvicinò all’accettazione e disse: «Aliana Donnell è qui? Sono... sono sua moglie, la devo vedere, la prego...»
  «Ma certo» le disse la donna dietro il banco, quasi preoccupata per la sua agitazione. «È in pronto soccorso, letto tre». Dana la ringraziò e corse via. Il letto tre era vicino all’ingresso e la vide quasi subito. Ebbe un leggero mancamento: Ali era sdraiata con gli occhi chiusi e la testa fasciata. Aveva anche un braccio e una gamba ingessati e le avevano messo un tubo nel naso per aiutarla a respirare.
  «Ali! Tesoro! Oh Dio, ma che ti è successo? Mi dispiace tanto...» le prese una mano e le si sedette accanto. Ali non aveva più ripreso conoscenza, da quando l’avevano sedata di nuovo in ospedale, ma all’improvviso aprì gli occhi e mise a fuoco la sagoma di sua moglie seduta accanto a lei. Sorrise.
  «Dana...» mormorò con voce rauca. «Sei venuta...»
  «Ma certo... come potevo non venire? Anche se abbiamo litigato rimani sempre mia moglie. Ma cos’è successo? Ho avvisato i tuoi, arriveranno da un momento all’altro. Raccontami».
  «Sono una stupida» rispose Ali con un sorriso debole. Le faceva male dappertutto, anche se il braccio e la gamba stavano un po’ meglio. Respirare però era ancora faticoso. Tossì leggermente e continuò: «Ero andata a vedere se eri passata a prendere Erica all’asilo e poi ho riattraversato la strada senza guardare perchè stavo pensando... a noi e niente ero sovrappensiero... non ho visto la macchina e mi ha fatto cadere. Per fortuna che qualcuno ha chiamato subito il 911».
  «Ne ero sicura. L’ho detto alla mamma che di sicuro era andata così» disse Dana con le lacrime agli occhi. Nonostante tutto era sollevata nel vedere che Ali stava bene. «Ali io... mi dispiace tanto per quello che è successo tra noi e...» ma in quel momento sua moglie si irrigidì e il suo sguardo si perse nel vuoto. Subito dopo il monitor accanto al suo letto impazzì e cominciò a lampeggiare e il regolare pigolio aumentò di volume e velocità. «Ali? Ali che cosa succede?» urlò Dana terrorizzata. Si sporse dal lettino e gridò a chiunque la ascoltasse: «Aiuto! Serve un medico qui!»
   «Che succede?» fece un medico giovane arrivando di corsa. Poi vide Ali e imprecò. «Maledizione è andata in arresto, bisogna rianimarla. Signora deve uscire di qui».
  «No, voglio restare» replicò Dana con lo sguardo fisso su Ali. Non poteva pensare all’eventualità che sarebbe potuta morire. Arrivò un infermiere che la prese per un braccio. «No. No! Ali!» urlò mentre lottava per divincolarsi dalla presa ferrea dell’uomo. «Ali non te ne devi andare, capito? Non te ne andare, io ho bisogno di te!»
  Uscì dal pronto soccorso e andò in sala d’attesa, ma non riusciva a stare seduta, perciò rimase in piedi a passeggiare nervosamente. Intanto al letto di Ali i medici stavano tentando di rianimarla. «Carica a 300! Libera! Andiamo, andiamo!» le piastre premettero sul petto di Ali e le fecero fare un leggero sobbalzo sul letto. Il suo cuore riprese a battere normalmente e anche i dati del monitor si stabilizzarono. Ci fu un generale sospiro di sollievo. Il giovane medico che era arrivato di corsa poco prima disse: «Vado ad avvisare la moglie, torno subito». Uscì dal pronto soccorso e la vide ancora intenta a camminare avanti e indietro. Insieme a lei c’era anche una coppia, un uomo e una donna che potevano avere circa sessant’anni. Dana lo vide e gli andò incontro. «Come sta?» gli chiese con aria preoccupata. «Ce la farà?»
  «Sì, sta bene. L’abbiamo rianimata in tempo. Loro sono...» disse accennando a Taylor e Chris. Dana si voltò verso di loro. «È il medico di Ali» spiegò. Poi si rivolse di nuovo a lui. «Sono i suoi genitori, sono arrivati solo pochi minuti fa».
  «Quindi... quindi sta bene?» balbettò Taylor. Si accasciò su una sedia con la faccia tra le mani. Chris le si sedette accanto e le mise un braccio attorno alle spalle. «Grazie a Dio, grazie a Dio!»
  «Volete vederla?» chiese il ragazzo. Taylor annuì e si precipitò nel pronto soccorso seguita dal marito. Dana invece rimase lì. Aveva avvisato Faith e voleva aspettarla. Mezz’ora dopo Faith arrivò: era da sola, ed era giusto così. Voleva vedere la sua migliore amica e non aveva bisogno della famiglia. Quando vide Dana corse ad abbracciarla. «Come... come sta?» le chiese.
  «Bene credo» rispose Dana. Si sedettero vicine in sala d’attesa. «Era andata in arresto poco fa, ma l’hanno rianimata, quindi... va bene...»
  «Dana mi dispiace tanto» mormorò Faith abbracciandola di nuovo. A quel punto decisero di andarla a trovare entrambe. Entrarono nel pronto soccorso e si avvicinarono al suo letto. Ali quando la vide vicino a lei si illuminò. «Fay... non ci posso credere, che cosa ci fai qui?»
  «La mia migliore amica finisce sotto una macchina e io non vado a trovarla?» fece Faith con un sorrisetto. «Ma per chi mi hai presa?»
  «È bello vederti, Fay» replicò Ali stringendola con il braccio sano. A quel punto arrivò un’infermiera che vide tutta la gente attorno a lei. Si avvicinò cominciando ad allontanarli.
  «Siete in troppi qui. Massimo due persone per volta. Via via!» esclamò. Taylor e Chris si allontanarono subito e dopo un po’ Dana disse: «Rimani tu, Fay. Mi sembra giusto». Seguì i suoceri e insieme tornarono in sala d’attesa. Sedettero uno vicino all’altro e rimasero a guardare nel vuoto in silenzio.
  «Credete che morirà?» chiese Dana a nessuno in particolare. Erano stati in silenzio tanto a lungo che parlare le sembrò improvvisamente strano. Taylor le prese una mano e la strinse.
  «No Dana» disse. «Non credo che morirà. Stai tranquilla». Le prese il mento tra due dita e la fece voltare verso di lei. Le sorrise e l’abbracciò. «Sai, credo che dovresti chiamare tua madre».
  «Che cosa? Perchè?» disse Dana confusa. Taylor la lasciò andare.
  «Penso che ad Ali farebbe bene vedere Erica per un po’» rispose con semplicità.
  «Hai ragione» osservò l’altra. Prese il telefono e chiamò a casa. Tracy prese subito il telefono. Era sicura che fosse sua figlia. Le disse di raggiungere tutti in ospedale, ma non parlarono a lungo, perchè Tracy riattaccò praticamente subito dopo aver detto di sì. Richiuse il cellulare e lo rimise nella borsa e qualche istante dopo si accorse che Taylor la stava guardando fisso.
  «Che c’è?» chiese. Taylor incrociò le braccia sul petto.
  «Mi è venuto in mente adesso che quando io e Chris abbiamo parlato con Aliana ci ha confessato di essere molto sorpresa di averti vista qui. Come mai? Non dovrebbe essere sorpresa che tu sia qui, visto che siete sposate. È successo qualcosa?»
  «Io... sì è successo qualcosa. Abbiamo litigato» confessò Dana timidamente. «Qualche sera fa. Per la verità ho cominciato io, lo ammetto. L’ho aggredita senza motivo e...»
  «Avete problemi di qualche tipo?» la interruppe Chris. Taylor, invece, la fissò accigliata.
  «Perchè avresti fatto una cosa del genere? Spiegati» disse.
  «Avevo avuto una brutta giornata, e in casa c’era solo lei. Ma comunque... io l’ho aggredita» continuò Dana. Era determinata a dire le cose come stavano. «Ma lei è andata a letto con un’altra».
  Se ne pentì subito. Non voleva dirlo in quel modo davanti ai suoi genitori.
  «Prego?» chiese Taylor dopo un attimo di silenzio sconcertato. Si voltò verso le porte del pronto soccorso come se riuscisse a vedere la figlia. Dana annuì.
  «È per questo che l’hanno investita, me l’ha detto lei poco fa. Era sovrappensiero e non ha guardato la strada mentre attraversava».
  «Ti ha tradita...» mormorò Taylor avviandosi verso le porte automatiche, però Dana la fermò.
  «Non dirle niente intanto. È ferita, è stanca... lasciala in pace per adesso». Taylor si lasciò di nuovo cadere sulla sedia accanto a lei. Annuì bruscamente.
  «E va bene. Ma appena starà meglio mi starà a sentire». Incrociò le braccia e si mise a lanciare occhiate truci tutto attorno.
  Un discorso simile stava avvenendo al di là delle porte. Faith si era seduta accanto al letto di Ali e si stava apprestando a interrogarla.
  «Allora? Cosa sarebbe questa storia che tu e Dana avete litigato?» chiese con sguardo severo.
  «Andiamo Fay... ho appena avuto un incidente, ho rischiato di morire... dobbiamo per forza parlarne adesso?» si lamentò Ali.
  «Sì dobbiamo parlarne adesso. Anche perchè stai bene, non rischi di morire. Che diavolo è successo?» incalzò la sua migliore amica. Ali sospirò.
  «Guarda che è stata lei a cominciare! È tornata a casa scazzata e io non c’entravo niente. Ha iniziato ad aggredirmi così gratuitamente e poi mi ha detto di andarmene. E io me ne sono andata poi, cosa pretendi? Ero arrabbiata e ho agito senza pensare. Dopo un po’ mi sono pentita di averla tradita».
  «Dopo un po’?! Che cacchio vuol dire dopo un po’? Dovevi pentirti subito, in quello stesso momento! Senti va bene, eri arrabbiata, ma non è una buona ragione per andare a letto con un’altra!» esclamò Faith con le braccia incrociate. Ali sbuffò e le voltò le spalle.
  «Lo so Fay... lasciami in pace, adesso» disse. Faith fece per metterle una mano sulla spalla, ma poi ci ripensò e si limitò a scuotere la testa.
  «Come vuoi. Senti... mi dispiace che abbiate litigato, spero che riusciate a risolvere. È giusto per voi e lo dovete a vostra figlia. Cosa dirai all’assistente sociale se ti vedrà in questo stato?» chiese. Ali restò per un attimo in silenzio. Non ci aveva ancora pensato, ma la soluzione arrivò quasi immediamente. Era semplice, davvero.
  «Dirò che stavo attraversando» disse. «E che un ubriaco è spuntato all’improvviso e mi ha investita. È così che è andata in realtà. Non è necessario dire che non stavo guardando la strada. Quel tizio è fuggito, nessuno sa chi è, non può testimoniare. Poi probabilmente era davvero ubriaco».   
  «E va bene. Io devo andare adesso. Vuoi che ti chiami Dana?» fece Faith cominciando a rivestirsi per uscire. Ali la guardò per qualche istante in silenzio, poi annuì.
  Uscì dal pronto soccorso e vide che nel frattempo era arrivata anche Tracy, insieme a Erica. Si avvicinò a Dana e le disse: «Ali ti vuole vedere. Penso che potresti portare anche la bambina». Dana annuì e prese in braccio Erica poi entrò nel pronto soccorso mentre fissava confusa la nuca di Faith che si allontanava. Sembrava arrabbiata per qualcosa.
  «Ali guarda chi ti ho portato» annunciò mentre si avvicinava al suo letto. La guardò e per un attimo l’immagine di lei nuda, con addosso mani che non erano le sue le balenò davanti agli occhi e fu assalita da un senso di nausea. Ci aveva pensato spesso negli ultimi giorni, ma non si era mai trovata sua moglie tanto vicina. Decise di non pensarci in quel momento, l’ospedale non era il luogo adatto.
  «Erica!» esclamò Ali quando vide sua figlia. Aveva voglia di tenerla un po’ con sè. Dana le si sedette accanto e gliela passò. Ali la prese subito in braccio e la strinse. «Ciao piccola, mi sei mancata».
  «Anche tu le sei mancata» rispose Dana. Dopodichè sospirò e aggiunse: «Ali...»
  «Sì tesoro?» disse l’altra continuando a sorridere, mentre Erica le toccava i capelli. Dana fece un leggero sorriso, nel sentire come l’aveva chiamata.
  «Dobbiamo parlare, credo» osservò. Ali la guardò senza parlare. «Di quello che è successo, intendo».
  «Lo so» rispose Ali con un sospiro. «Mi dispiace tanto. So che... che tu non mi avresti detto quelle cose apposta. Lo so che ti sei sfogata con me perchè non c’era nessun altro con cui farlo. E per questo mi dispiace ancora di più di averti tradita. Non so perchè ho deciso di farlo. Volevo ferirti e... mi dispiace tanto di averlo fatto. Potrai mai perdonarmi?»
  «Prima devo cercare di... come dire? Di non farmi venire il vomito ogni volta che ti penso insieme a quella» tappò le orecchie di Erica con la mano e aggiunse, «puttana». Detto questo si risedette come prima. La bambina non si era accorta di niente e continuava a giocare distrattamente con i capelli della madre. Ali annuì. «E questo vale anche per il dormire insieme, immagino».
  «Sì. Per un po’ non penso di riuscire a volerti nel letto. Penso che capirai...»
  «Certo che capisco» osservò Ali. «Hai ragione. Ma comunque... per un po’ di tempo rimarrò qui, quindi... non potrei dormire con te in ogni caso». Dana annuì poi le venne in mente un’altra cosa.
  «A proposito, cos’è successo con Faith prima? L’ho vista, mi sembrava arrabbiata...»
  «Abbiamo litigato più o meno. Per quello che è successo con te, l’ha presa molto male. Non volevo che si arrabbiasse. Le telefonerò appena posso, quando esco di qui».
  «E quando esci di qui?» le chiese Dana con un tono di voce improvvisamente preoccupato.
  «Settimana prossima, credo. Mi hanno dovuto sistemare le fratture e bisogna aspettare che le costole guariscano da sole. Per fortuna anche se ho battuto la testa non mi è successo niente. E neanche al cuore, anche se prima sono andata in arresto» rispose lei. Sua moglie la guardò meravigliata.
  «Parli come un medico» osservò. Ali ridacchiò, ma smise subito perchè le faceva male.
  «Ho ascoltato i medici che ne parlavano» disse. In quel momento si avvicinò un’infermiera che spingeva una barella. Dana si alzò immediatamente.
  «Che volete farle?» esclamò. La donna le fece segno di spostarsi.
  «Dobbiamo trasferirla in una stanza» spiegò. «E temo che lei debba andare via, adesso».
  «Ma noi siamo sposate» protestò Ali. «Lei deve stare qui».
  «Lo so questo» replicò l’infermiera senza scomporsi. «E trovo fantastico che siate così innamorate, ma gli orari di visita sono uguali per tutti, mi dispiace». Dana annuì e prese di nuovo in braccio Erica.
  «Torno domani appena posso, Ali» disse. Le si avvicinò e rimase per un attimo indecisa, poi le diede un bacio sulla guancia. «Buonanotte».
   «Buonanotte Dana» rispose lei. Poi si sporse quanto poteva e diede ad Erica un bacio sulla testa. «Buonanotte anche a te piccola».
  «Erica dì: buonanotte mamma» disse Dana prendendole la mano per farla salutare. Le sorrise un’ultima volta e se ne andò. L’infermiera aiutò Ali a spostarsi sulla barella e mentre la spingeva decise di fare quello che la divertiva di più: impicciarsi della vita dei pazienti.
  «Cos’è successo tra voi due?» chiese. «Mi sembrate una bella coppia, ma allo stesso tempo ho capito che ci sono stati dei problemi. E non so perchè, ma ho la sensazione che c’entrino con il fatto che lei adesso si trova qui. Mi sbaglio?»
  «No, non sbaglia» sospirò Ali. «Abbiamo litigato e io l’ho tradita. Ma non voglio parlarne».
  «D’accordo, ha ragione. Non sono affari miei» rispose l’infermiera. Si fermò davanti a una stanza aperta ed entrò. Era doppia, ma al momento non c’era nessuno. Si avvicinò a uno dei letti e aiutò Ali a salirci, poi le disse: «Un medico dovrebbe venire a visitarla fra poco».
  «Perfetto, grazie» rispose Ali con un sorriso. Poi si rese conto di avere fame. «Posso mangiare?»
  «Sì immagino che le porteranno qualcosa» fece l’infermiera, poi se ne andò sempre spingendo la barella, ormai vuota. Ali rimase sola. Stava giusto pensando che non era poi così male avere un po’ di tempo per sè, quando la porta si aprì di nuovo e due medici entrarono nella stanza.
  «Allora, signora Donnell» esordì quello vestito di scuro. «Come si sente?»
  «Meglio» rispose Ali. «Mi fa ancora un po’ male respirare, ma per il resto sto bene».
  «È normale che faccia fatica a respirare, intanto. Le costole ci metteranno un bel po’ a riaggiustarsi, temo. Ma tenuto conto di quello che le è successo, è stata davvero molto fortunata». Ali annuì, se ne rendeva conto anche lei.
  I due medici la visitarono velocemente, poi se ne andarono di nuovo. Nelle ore seguenti, non arrivò più nessuno, a parte l’ausiliario che a un certo punto le portò da mangiare. Alla fine si sdraiò nel letto e si mise a riflettere. Era stata una giornata strana: aveva avuto un incidente terribile e se l’era cavata con un paio di fratture. Di sicuro il destino aveva voluto che succedesse in modo che lei potesse avere una possibilità di chiarire con sua moglie. Sorrise tra sè, chiuse gli occhi e poco dopo si addormentò.
 
 
Dana invece era tornata a casa in macchina, insieme a Erica, dopo aver salutato il resto della famiglia. Fu strano rientrare in una casa vuota e sapere che sarebbe stata così per un’altra settimana. In quella precedente Ali dormiva nella stanza accanto alla sua, ma era lì. Adesso invece era in un letto d’ospedale, ferita e reduce di un brutto incidente che avrebbe potuto ucciderla.
  «Andrà tutto bene, vedrai» disse a Erica in braccio a lei, mentre chiudeva la porta. «La mamma presto tornerà a casa e tutto tornerà come prima».
  Andò a dormire cercando di non pensarci più, ma per la prima volta da giorni si voltò verso il lato vuoto del letto e sfiorò il cuscino con una mano, sentendo la mancanza di sua moglie. Non credeva che sarebbe successo tanto in fretta. Prese il cellulare per chiamarla, ma poi si ricordò che in ospedale non si potevano usare i cellulari e che di sicuro in quel momento Ali stava dormendo. Doveva riposare, aveva avuto un incidente. Si girò dall’altra parte e pianse in silenzio. In quel momento se l’avesse avuta davanti l’avrebbe perdonata immediatamente: non poteva sopportare di sentirla così lontana da lei.
  Il mattino dopo si alzò e mentre si preparava per andare al ristorante squillò il suo cellulare. Rispose e fu stupita di sentire dall’altra parte la voce del capo di Ali.
  «Signor Hayes! Che sorpresa, che succede?» esclamò.
  «Buongiorno, mi dispiace disturbarla a quest’ora. Volevo solo sapere cos’è successo a sua moglie, perchè stamattina non si è presentata in ufficio». Dana rimase a bocca aperta.
  «Lei... lei non sa niente? Oh, accidenti, perchè nessuno le ha detto niente?» mormorò più a se stessa che a lui passandosi una mano sul viso.
  «Cosa? Cosa dovevano dirmi?» chiese Hayes ora con voce preoccupata.
  «Ali... Ali ha avuto un incidente ieri sera. È stata investita da un’auto e ora è in ospedale. Si rimetterà, ma per un bel po’ sarà fuori gioco, temo».
  «Non ci posso credere» mormorò Hayes. «E ora cosa faccio? Va bene, grazie Dana e mi dispiace».
  «Lo so, anche a me, arrivederci signor Hayes». Riattaccarono e lei finì di vestire Erica, poi la prese e uscì di casa. Aveva preso un permesso al ristorante per tutta la settimana come prima cosa; sarebbe andata solo di mattina e poi sarebbe andata in ospedale. Aveva deciso che sarebbe rimasta là tutto il giorno, se necessario. Voleva restare accanto alla sua donna il più possibile, il lavoro poteva aspettare. Mentre guidava pensò a tutto quello che le era successo e quando arrivò al ristorante tutti la salutarono con aria preoccupata.
  «Ciao Dana» la salutò Jamie, uno dei camerieri, correndole incontro. «Come stai? Come sta Ali?»
  «Meglio credo» rispose lei. «Oggi pomeriggio vado da lei in ospedale».
  «Certo, certo hai ragione» riprese lui. «So che hai preso il permesso e hai fatto bene, lo farei anch’io al posto tuo. Tu devi stare con tua moglie e riusciremo a sostituirti».
  «Grazie. Comunque stamattina rimango qui. Quindi non pensiamoci più e cominciamo a lavorare» disse cercando di essere autorevole. Gli altri la guardarono. «No, sul serio non devo pensarci finchè rimango qui, altrimenti impazzisco». Ci furono cenni di assenso e lei sparì in cucina. Sarebbe stata una lunga mattina e le ci sarebbe voluto tutto il suo autocontrollo per resistere.
 
 
Ali si era svegliata di un umore strano. Non aveva dormito molto bene, non poteva muoversi e il letto dell’ospedale era abbastanza scomodo, perciò si era svegliata molto presto e si era trovata un po’ spaesata. Il buio era quasi completo, una cosa a cui lei non era abituata e il silenzio un po’ opprimente, reso ancora più fastidioso dal regolare pigolio del monitor accanto al suo letto. Era rimasta distesa sulla schiena con gli occhi aperti per un tempo indefinito, senza pensare, ascoltando il suo respiro e rendendosi conto con chiarezza che quando inspirava le faceva male. Appoggiò la mano sulla fasciatura, premendo leggermente e il dolore aumentò. La lasciò subito. «Mai più» si disse.
  Dopo un po’, non avrebbe saputo dire quanto, la porta della sua stanza si aprì ed entrò uno dei suoi medici, quello vestito di azzurro. Entrò in punta di piedi, probabilmente credendo che stesse ancora dormendo, ma visto che non era così, si schiarì la gola per farglielo capire. Il ragazzo sobbalzò.
  «Oh, è già sveglia! Bene... meglio... come si sente?»
  «Abbastanza bene, mi sembra. Non ho dormito un granchè, ma a parte questo è tutto okay. Mi sono accorta adesso che respirare mi fa ancora male e se premo è peggio. È grave?»
  «No, è normale» rispose lo specializzando. «Si è rotta due costole. Non le hanno bucato il polmone, altrimenti sarebbe stato peggio, comunque per qualche giorno le farà male». Ali annuì e il medico cominciò a visitarla. Alla fine ripose lo stetoscopio e aggiunse: «Verrà qualcuno a trovarla oggi?»
  «Mia moglie dovrebbe venire di sicuro. So che ha preso un permesso al lavoro. Poi forse verranno anche i miei genitori e magari anche mio fratello. Spero ce la faccia».
  «Perchè non dovrebbe farcela? Dove abita?»
  «A Portland, in Oregon. È un medico anche lui» disse Ali con un leggero orgoglio nella voce. Il medico annuì distrattamente, mentre scriveva qualcosa sulla sua cartella. Le sorrise e se ne andò. Ali rimase di nuovo sola e la mattina passò così, con gente che entrava ogni tanto a visitarla e verso mezzogiorno le portarono un vassoio con dentro il pranzo. L’unico evento interessante fu quando arrivò una nuova paziente che andò nel letto accanto al suo. Non era sveglia e seppe che aveva avuto un incidente simile al suo, ma più grave e che c’era la possibilità che finisse in coma. La vita non le era mai sembrata così bella. E non vedeva l’ora che arrivassero Dana e gli altri a trovarla.
  Ben presto si rese conto che la vita in ospedale, se sei un paziente e stai mediamente bene, è molto noiosa. Avrebbe voluto fare un giro, ma con un braccio e una gamba ingessati l’unico mezzo possibile era una sedia a rotelle e nessuno degli infermieri era abbastanza libero da poterla portare in giro. Si rassegnò ad attendere il pomeriggio e per il momento si limitò a scendere dal letto e a sedersi nella poltrona lì accanto. Fu una fatica incredibile. Aveva il lato sinistro del corpo tra i gessi e la fasciatura praticamente immobilizzati. «D’ora in poi andrò in giro con l’armatura» pensò. Rimase seduta in poltrona per il resto del tempo, gettando di tanto in tanto un’occhiata alla sua compagna di stanza.
 
 
Quel pomeriggio ricevette di nuovo delle visite e come aveva sperato arrivò anche Benji, scusandosi per non aver portato i bambini. Comunque le promise che nei giorni seguenti avrebbe fatto il possibile. Tornarono anche i suoi genitori e Ali notò che Taylor sembrava arrabbiata con lei per qualche motivo e non potè fare a meno di pensare che forse Dana le aveva raccontato di quello che era successo. Per sicurezza glielo chiese: «Mamma, per caso hai parlato con Dana?». Taylor annuì. Anche Ali annuì, rassegnata. «E per caso ti ha detto che noi...»
  «Già» rispose sua madre interrompendola. Ali sospirò. Era davvero fantastico.
  «Mamma, ascolta...» cominciò lei, ma Taylor la fermò.
  «Tua moglie mi ha detto di aspettare quando starai meglio. E ha ragione». Ali si sentì ancora più preoccupata. Se voleva aspettare che stesse meglio c’era da chiedersi quanto volesse urlarle contro.
  Ma l’incontro più atteso fu quello con Dana. Più che altro perchè voleva parlare ancora con lei. Quando arrivò acconsentì a farle fare un giro con la sedia a rotelle e intanto decisero di parlare.
  «Mi manchi» disse Dana improvvisamente, dopo un lungo silenzio. Ali sentì una lacrima scorrerle lungo la guancia. Era un bene che le desse le spalle, non voleva che Dana la vedesse piangere, anche se non era del tutto sicura del perchè.
   «Mi manchi anche tu» replicò. «Ma sai, quando tornerò a casa andrà meglio. Potremo parlare sempre. Non vedo l’ora di tornare a casa, stare qui è insopportabile».
  Come il giorno precedente Dana rimase lì fino alla fine dell’orario di visita. Alla fine si congedò da Ali con un bacio sulla guancia e tornò a casa. Taylor aveva tenuto Erica quel pomeriggio, era andata anche a prenderla all’asilo, dove erano rimasti tutti scioccati nel sapere dell’incidente di Ali. Lei quella sera si preparò a trascorrere la sua seconda notte in ospedale. Guardò di nuovo l’altra donna. Non aveva ancora ripreso conoscenza e si ritrovò a pregare per la sua vita. Nella sua le cose andavano bene, nonostante tutto, e non voleva che andassero male in quella di qualcun altro.
 
 
 

 
 
NdA: Eccomi con il nuovo capitolo! Ci ho messo un po’, ma spero che ne sia valsa la pena. Grazie a tutti come sempre e buona lettura! Intanto non me la sento ancora di dirvi “have fun”.
 
 

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Capitolo 27
*** Bentornata a casa ***


Bentornata a casa

 




Una settimana dopo l’incidente Ali fu dimessa e potè finalmente tornare a casa. Uscì dall’ospedale in sedia a rotelle, con due gessi, senza più la fasciatura sull’addome e con cinque punti sulla fronte. Sarebbe rimasta un altro mese a casa, prima che potessero toglierle i gessi e lei non vedeva l’ora perchè le dava fastidio dover dipendere dagli altri praticamente per tutto. Le sembrava di essere stata via tantissimo e la sensazione divenne ancora più forte, quando arrivò a casa e vide che Dana aveva organizzato una piccola festa in suo onore. C’erano tutti, i suoi genitori e quelli di sua moglie, Benji con il resto della sua famiglia, Faith, Daniel e Michael. C’erano anche Kim, Jacob e Leah. Era incredibile, come fossero riusciti a organizzare tutto a sua insaputa. C’era il tavolo del soggiorno pieno di cose da mangiare, tutte preparate dalla cuoca di famiglia e Benji aveva appeso un enorme festone che diceva: BENTORNATA A CASA ALI. Si commosse quando vide tutto quello che avevano fatto per lei e per i primi dieci minuti salutò e abbracciò persone a caso. Sam corse verso di lei e volle salirle in braccio.
  «Campione sta’ attento» gli disse suo padre. «La zia Ali si è fatta male e tu sei diventato grande. Non sei più così leggero, perciò devi essere delicato».
  «D’accordo papà» assicurò lui con la sua vocetta, ma tutto serio. Seduto comodo sulla gamba destra di sua zia le toccò con delicatezza il braccio ingessato. «Ti fa male, così?»
  «No pulce, se lo tocchi così non mi fa male. Me l’hanno messo apposta per aggiustarlo. E anche la gamba. Devo tenerli per un po’, poi quando la gamba e il braccio saranno guariti me li toglieranno».
  «E poi potrai camminare di nuovo, zia?» le chiese Sam. Lei annuì con un sorriso.
  «Zia Dana, dov’è Erica?» chiese Deena in quel momento con gli occhi che le brillavano. Una delle prime cose che le aveva detto quando si erano conosciute era stata che avevano quasi lo stesso nome. E adorava alla follia la sua nuova cuginetta.
  «Nella sua stanza, Deena, ma sta dormendo. Non la svegliare, ci ho messo un’eternità a farla dormire, d’accordo? Vai pure di là, ma non fare troppo rumore». Lei annuì e corse via.
  La festa durò tutto il pomeriggio e fu bellissima. A un certo punto Ali volle alzarsi dalla sedia a rotelle, perciò Benji e Jacob si offrirono di alzarla e metterla sul divano. Lei notò che il cognato sembrava un’altra persona. Non aveva fatto neanche una battuta e con lei era veramente gentile. Non sapeva se fosse per l’incidente o per qualcos’altro, ma apprezzò enormemente il cambiamento. Anche Dana se ne accorse e questo la rese ancora più felice. Deena ad un certo punto apparve in soggiorno con Erica in braccio che si era svegliata. Camminava sicura nonostante il peso della bambina e si avvicinò a Dana, allungandogliela. «Piange» disse. Dana annuì e la prese subito.
  «Scusate, la devo cambiare» annunciò, dopodichè sparì in bagno. In quel momento Kim si sedette sul divano accanto a Ali. Le sorrise e disse: «Ma che è capitato?»
  «Di cosa parli?» le chiese Ali con uno sguardo interrogativo. «Dell’incidente, o...»
  «Di tutto! Dana non mi ha spiegato cos’è successo... ancora due settimane fa circa mi ha chiamata e mi ha detto solo che avevate litigato e che tu eri “una stronza di prima categoria”. Visto che mi sembra molto strano che mia sorella parli così di te.... cos’è successo?»
  «Abbiamo litigato» cominciò Ali cercando di prendere tempo. Kim annuì e la incitò a proseguire. «Dana è arrivata a casa e si è messa a dire che gli affitti dei locali costavano tanto e che io avevo cambiato lavoro proprio in quel momento e dato che prendo meno di prima ero un’egoista perchè avrei dovuto aiutarla a realizzare il suo sogno e invece avevo pensato solo a me stessa. Ci siamo spintonate a vicenda e poi mi sono arrabbiata anch’io. Quando Dana mi ha detto di andarmene dalla nostra camera io me ne sono andata. Di casa». Era la prima volta che ne parlava così nel dettaglio e si rese conto di quanto le facesse bene sfogarsi con qualcuno. Kim la ascoltava a bocca aperta. «Credo mi abbia dato della stronza anche in diretta. E poi... niente ho girato in macchina per un po’ e poi sono andata in un bar. Ho conosciuto una».
  «E poi?» chiese Kim. Poi si mise una mano sulla faccia. «Fammi indovinare... ci sei...»
  «Andata a letto?» la interruppe Ali. «Indovinato. E non so perchè l’ho fatto... cioè, volevo farle del male, solo questo. Poi gliel’ho detto al mattino. Sai quando ti vendichi, ma dopo stai peggio di prima? Ecco mi è successo così. È andato tutto normale fino a settimana scorsa. Cioè non ci parlavamo, ma alla fine andava bene. Poi non so perchè quel giorno mi sono messa a riflettere su di noi mentre attraversavo. Non ho visto la macchina, mi ha presa su e mi ha fatta cadere».
  «Mio Dio, Ali, ma che vi è successo?» esclamò Kim, sconcertata. «Siete impazzite entrambe, o cosa? Quindi la diagnosi? Due ossa rotte e le costole, giusto? Dana mi ha detto un po’ cosa ti è successo».
  «Sì, la cosa alla testa sembrava chissà cosa, ma sono bastati i punti, alla fine, per fortuna» disse Ali. «Sarebbe potuta andare molto peggio, sono stata fortunata».
  «È vero, sei stata fortunata» si sentì la voce di Taylor. Ali sospirò. «Possiamo parlare adesso».
  «Cos’altro c’è da dire?» si lamentò lei. Sua madre la guardò perplessa. «Ho fatto un errore e ho avuto una punizione divina! Non è abbastanza?»
  «No! Voglio dirti anch’io quello che penso! Voglio dirti che mi hai profondamente delusa, che un litigio per quanto spiacevole, non può portarti a tradire tua moglie e che spero vivamente che vostra figlia non risenta mai di questa situazione».
  «Mamma, è piccola!» esclamò Ali esasperata. «Ha sei mesi! Credo che non sappia nemmeno chi è!»
  «I bambini capiscono quello che succede accanto a loro!» ribattè Taylor sedendosi dall’altro lato.  «Anche quando sono piccoli! Sentono quando c’è tensione e se voi due non fate pace potrebbe restarne traumatizzata in futuro. Dico sul serio!»
  «Io voglio solo che Erica stia bene» mormorò Ali. Taylor le mise un braccio attorno alle spalle.
  «Lo so tesoro. E starà bene, vedrai. Voi starete bene e anche lei. Andrà tutto bene».
  In quel momento Dana tornò in soggiorno con Erica in braccio. La bambina sembrava rilassata e sorridente come sempre e ad Ali sembrava impossibile che sua figlia potesse avere qualche trauma dalla storia tra lei e Dana, ma proprio per questo decise che si sarebbe fatta in quattro perchè niente turbasse la serenità della sua piccola principessa. Kim e Taylor si alzarono dal divano e Dana si sedette accanto a lei. Ali le lanciò un breve sorriso, ma non sapeva bene come comportarsi.
  «Come va?» le chiese sua moglie.
  «Bene» rispose lei. «Bene. Una bella festa». Dana annuì. Fece per metterle un braccio attorno alle spalle, ma poi cambiò idea. Si sentiva a disagio, anche se non sapeva bene perchè. Ali se ne accorse e dal suo sguardo si capiva quanto ci fosse rimasta male.
  «Dammi solo un po’ di tempo» rispose Dana. Lei annuì. «La tua stanza ha un bagno» aggiunse l’altra. «Ti do il baby monitor di Erica, così se hai bisogno di qualcosa me lo dici e... e ti aiuto, insomma. Lei per un po’ dormirà in camera con me». Ali inghiottì il nodo che le si era formato in gola.
  «D’accordo» disse. Dana nel rivederla non aveva potuto fare altro che rimandare il pensiero di perdonarla. Le tornavano in mente nei momenti più impensati le scene con l’altra donna, come aveva iniziato a chiamarla e finchè quello non fosse passato non la poteva perdonare.
  «E per quanto andremo avanti così?» chiese Ali. Dana scrollò le spalle.
  «Non lo so. Finchè ne avrò bisogno, credo» disse. Ali annuì di nuovo. Non avrebbe saputo dire perchè si aspettasse di tornare a dormire con sua moglie. L’incidente aveva cambiato le cose solo in parte e Dana era evidentemente ancora molto arrabbiata con lei. Avrebbero dovuto lavorarci a lungo insieme, ma era sicura che alla fine ce l’avrebbero fatta.
 
 
Alcune ore dopo la festa era finita e tutti erano tornati a casa loro. Ali e Dana erano rimaste finalmente sole. Mentre la moglie era impegnata a sistemare la cucina, Ali si avvicinò la sedia a rotelle al divano e tentò di salirci da sola. Voleva farcela, ne andava della sua autostima. Purtroppo il lato sinistro del corpo era quello più vicino al bordo del divano e per un po’ si sforzò inutilmente. All’improvviso perse la pazienza e si gettò quasi di peso sulla sedia. Purtroppo perse l’equilibrio, Dana sentì un tonfo sordo e arrivò nel soggiorno giusto in tempo per vederla lunga distesa sul tappeto.
  «Ali!» esclamò correndo preoccupata verso di lei e aiutandola a mettersi finalmente seduta sulla sedia a rotelle. «Ma che volevi fare?»
  «Quello che hai fatto tu» sorrise Ali mentre sua moglie iniziava a spingerla in avanti. Non poteva fare neanche quello. «Speravo di riuscirci da sola».
  «Potevi farti del male» mormorò Dana scuotendo la testa. «Devi stare attenta».
  «Lo so» sospirò Ali, gentilmente guidata verso la sua camera da letto. «Mi da fastidio dover dipendere sempre dagli altri, però».
  «È solo finchè non ti tolgono i gessi» le disse Dana. «Poi tornerà tutto come prima. Non voglio infierire, ma... hai bisogno di aiuto per andare a letto?»
  «Dana, senti...» cominciò Ali, ma lei la guardò con un sopracciglio alzato. «Sì, ne ho bisogno, grazie» ammise controvoglia alla fine. «Comunque non ci vado subito».
  «D’accordo» replicò Dana con un sorrisetto. «Beh, dimmelo quando sei pronta».
  Borbottando tra sè e sè Ali entrò in camera sua e andò in bagno per lavarsi i denti. Rimase a guardare il lavabo per un po’, finchè alzò gli occhi al cielo e chiamò: «Dana...».
  In un attimo sua moglie fu accanto a lei. «Sì, cara?» chiese. Lei alzò di nuovo gli occhi al cielo.
  «Mi aiuti?» disse. Le indicò lo spazzolino e il dentifricio sulla mensola. Lei non ci arrivava. Dana annuì, li prese entrambi e spremette una certa quantità di dentrificio sullo spazzolino. Lo bagnò e glielo porse. «Ecco qui, tesoro
  «Grazie» replicò Ali a denti stretti. In quei momenti ringraziava di non essere mancina. Alla fine prese un bicchiere per sciacquarsi la bocca, e appoggiò lo spazzolino sul bordo del lavabo. Per la prima volta notò ogni mossa che faceva, era automatico quando all’improvviso riusciva a fare un terzo delle cose rispetto a prima dell’incidente. Provò a spingersi da sola con la sedia a rotelle, anche se sapeva di non dover sforzare il braccio ingessato.
  «Che accidenti stai facendo?» chiese la voce di Dana alle sue spalle. La aiutò a uscire dal bagno e a infilarsi a letto. In un certo senso non c’erano mai stati momenti così intimi tra loro. Le rimboccò le coperte e le disse: «Perchè pensi che ti abbiano immobilizzato un braccio? Hai bisogno di me».
  «E l’idea ti riempie di gioia, vero?» le chiese Ali, seccata. Glielo leggeva negli occhi.
  «Diciamo che è un modo eccellente per ripagarmi di quello che hai fatto...» commentò Dana. Le diede un bacio abbastanza ironico sulla fronte e si avviò alla porta della stanza, ma una volta sulla soglia si fermò e si voltò di nuovo verso di lei. «Sogni d’oro!» disse, poi se ne andò.
  «Sì, sogni d’oro, come no» sibilò Ali a bassa voce. Chiuse gli occhi e girò la testa sul cuscino. Era contenta di essere a casa comunque. Anche se era ancora nel letto da sola, si rendeva conto di non essere più in ospedale e quel pensiero la confortava.
  Invece Dana era andata in camera da letto, dopo essere passata nella stanza di Erica e aver spostato la sua culla portatile accanto al proprio letto. Andò in bagno e alla fine si infilò sotto le coperte e rimase sdraiata sulla schiena a riflettere. Pensò che Ali le mancava e molto anche. Come aveva fatto qualche sera prima si voltò verso il suo lato del letto. Pensò che le mancava, ma che allo stesso tempo non ce la faceva proprio a perdonarla e riaccoglierla nella loro stanza. Era presto.
 
 
Il mattino dopo Ali si svegliò presto, ma dovette restare a letto e aspettare che Dana si alzasse. Non voleva provare di nuovo a salire da sola sulla sedia a rotelle e magari farsi male sul serio. Si limitò a mettersi seduta per stare più comoda. Dana però stava dormendo e nemmeno da tanto perchè abbastanza presto aveva fatto un sogno molto angosciante che l’aveva tenuta sveglia per ore.
  Aveva sognato di rivivere l’incidente subito dalla moglie; lei assisteva dal marciapiede, ma non poteva fare niente per fermarla. Come se ciò non fosse abbastanza si rendeva conto che nonostante i soccorsi Ali non sarebbe sopravvissuta. Quando l’aveva vista distesa sul letto, morta, aveva iniziato a gridare e si era svegliata terrorizzata e coperta di sudore freddo. Si era alzata ed era corsa nella stanza di sua moglie. Dormiva tranquilla e lei tirò un sospiro di sollievo. Le fece una leggera carezza sulla fronte e tornò a letto. Non si addormentò per molto tempo, però, perchè le era rimasta addosso l’angoscia.
  Ali cambiò idea e volle riprovare. Allungò la gamba destra e avvicinò la sedia a rotelle al letto. Con cautela fece passare la gamba destra oltre il bracciolo e con uno slancio spostò il resto del corpo e si sedette. Ce l’aveva fatta. Poi però si rese conto che non poteva muoversi comunque. E adesso? Si allungò verso il comodino, afferrò la ricetrasmittente lì sopra e la accese.
  «Dana...» chiamò nel microfono con voce incerta. «Dana... ehm... ci sei?»
  Quest’ultima si svegliò di soprassalto e prese il suo walkie-talkie. «Ali! Sì ci sono! Dove sei? Che succede? Stai bene?» la sua voce uscì più ansiosa di quanto intendesse.
  «Sono sulla sedia a rotelle, sto bene... devo solo andare in bagno...»
  «Arrivo subito, non ti muovere» rispose la moglie, che un attimo dopo si alzò, si infilò le ciabatte e corse nell’altra stanza. La vide seduta sulla sedia a rotelle e la aiutò ad arrivare fino al bagno. Lì la aiutò a sistemarsi e fece per spogliarla, ma Ali la fermò. «Questo posso farlo da sola» disse a denti stretti. «E un’altra cosa... potresti... girarti o andare via?»
  «Per l’amor del Cielo, Ali, so cosa c’è lì sotto!» esclamò Dana esasperata. «Ti conosco bene».
  «Non è per quello» mormorò Ali, così piano che l’altra non la sentì. Era molto imbarazzante per lei, aver bisogno dell’aiuto della moglie per qualsiasi cosa, anche andare in bagno. Soprattutto considerando cos’era successo tra loro nelle ultime settimane. Era grata alla moglie di essere così presente per lei, ma avrebbe quasi preferito che non lo facesse. Si sentiva troppo in colpa.
  Più tardi erano sedute a tavola insieme a fare colazione. Era la prima volta da settimane e anche se Dana non aveva cucinato niente era già un enorme passo avanti.
  «Cosa fai oggi?» chiese Ali a un certo punto. «Vai al ristorante?»
  «Sì, per forza. Sono stata a casa fin troppo e lì non sanno neanche da che parte girarsi se non ci sono io. Senti...» aggiunse dopo un attimo di esitazione. «Visto che sicuramente oggi non vai in ufficio e che non me la sento di lasciarti a casa da sola... che ne diresti di venire con me?»
  «Con te? Al ristorante?» ripetè Ali stupita. Non se l’era aspettato. «Sì vengo volentieri! E Erica? La portiamo lo stesso all’asilo o la teniamo con noi?»
  Il suo sguardo rivelava che avrebbe preferito la seconda opzione. Dana però scosse la testa.
  «La portiamo all’asilo. No Ali» disse alzando la voce, quando la moglie provò a interromperla. «Deve stare con i bambini della sua età, è per il suo bene! Penso che lo direbbe anche l’assistente sociale».
  «D’accordo. Sì hai ragione, deve andarci» fece Ali con convinzione.
    Dopo colazione si prepararono entrambe e nonostante le proteste di Ali, Dana la aiutò a vestirsi. Non lo avrebbe mai ammesso, ma le piaceva moltissimo occuparsi di lei. Non avrebbe saputo dire perchè, ma sapere di essere così indispensabile per qualcuno, per Ali, le dava una sensazione piacevole. Sentiva di fare qualcosa per gli altri, una buona azione. Non era solo per vendetta personale. Sentiva che quell’incidente era capitato a proposito nella loro situazione. Si era risolto nel migliore dei modi e questo era un segno che dovevano riuscire a chiarirsi e fare pace.
  Più tardi erano in auto e si preparavano a cominciare ufficialmente la loro giornata. Ali era contenta di passare una giornata con sua moglie: voleva parlare davvero con lei, anche se sapeva che sarebbe stata comunque molto impegnata. Dopo aver lasciato Erica all’asilo decise di affrontare il discorso per prima. Non aspettava altro da settimane.
  «Dana possiamo parlare?» esordì.
  «Di cosa?» chiese Dana fingendo indifferenza, anche se in realtà si era subito messa in allarme. Non sapeva nemmeno perchè, anche lei voleva parlare.
  «Sai benissimo di cosa» sospirò sua moglie. Si prese un attimo per raccogliere le idee, poi riprese. «È solo che... vorrei capire cosa devo fare perchè tu mi perdoni. No aspetta, mi sono espressa male. Quello che voglio dire è... riuscirai a perdonarmi? Cosa vuoi che faccia per farmi perdonare? Dimmi qualsiasi cosa e lo faccio. Parlo sul serio. Vuoi che mi scusi per il resto della vita? Posso farlo».
  «Ali ascolta...» cominciò. Si interruppe un attimo e aggiunse: «Non è questione di fare qualcosa per farti perdonare. Mi hai già chiesto scusa, non è quello. Ho bisogno di tempo, non dico per dire. Non ho bisogno che tu faccia niente, devo solo accettare il fatto che una donna che non sono io ti ha vista nuda, che ti ha toccata Dio solo sa come e dove e devo riuscire a non farmi venire il vomito ogni volta che ci penso, te l’ho detto. Tempo, mi serve questo. È un bene che tu sia in queste condizioni adesso. Intendo dire...» spiegò quando Ali la guardò perplessa, «che tu adesso hai bisogno di spazio, quindi di una stanza tua e questo fa bene alla nostra situazione. Almeno, a me fa bene».
  «Sì capisco cosa intendi dire» osservò Ali con un cenno del capo. «Ed hai ragione, immagino. Spero comunque che non ti serva tantissimo tempo perchè... mi manchi. Mi manca parlare con te, mi manca stare con te, mi manca dormire con te. Mi manca la nostra famiglia».
  «Lo so» replicò Dana, mentre arrivavano al ristorante e lei parcheggiava al solito posto. «Anche tu mi manchi e mi manca tutto quanto. Ce la faremo, te lo prometto». Uscì dall’auto e andò a prendere la sedia a rotelle della moglie, poi le aprì la portiera e la aiutò a sedercisi sopra. «So quello che pensi» disse con un sorrisetto, «ma non smetterò di occuparmi di te solo perchè ti senti in colpa. Sei mia moglie, ho promesso di stare con te anche in salute e in malattia, perciò ti dovrai adattare».
  Entrarono insieme nel ristorante, mentre Ali rifletteva su queste parole. Avrebbe potuto provarci anche per tutta la vita, ma non sarebbe mai riuscita a nascondere veramente i suoi pensieri a Dana. Si conoscevano troppo bene e troppo in profondità perchè questo fosse possibile. Tutti quanti nel ristorante, quando le videro arrivare andarono loro incontro. Tutti si misero d’impegno perchè Ali fosse comoda e perchè avesse tutto quello che le serviva. Era stata accudita così solo in ospedale, non per niente era la moglie del capo. Jamie continuava a chiederle come stava.
  La mattina fu lunga e piuttosto noiosa dal suo punto di vista perchè erano tutti molto impegnati e Dana non uscì quasi mai dalla cucina. Rimase sorpresa nel vedere quanta gente frequentasse quel posto, più che altro perchè a sentire sua moglie si sarebbe detto che fosse sull’orlo del fallimento. Decise che gliel’avrebbe chiesto non appena avesse avuto un minuto di tempo. Durante la sua pausa pranzo Dana uscì finalmente dalla cucina e Ali la prese al volo per un braccio quando le passò accanto.
  «Ciao» le disse, dopo che la moglie si fu fermata e si fu seduta di fronte a lei. «Quanto tempo!»
  «Lo so, scusami» mormorò Dana affondando la faccia tra le mani. «Ti ho invitata a venire qui per stare un po’ con te e non ti ho mai vista. Non ho avuto un secondo libero, mi dispiace».
  «Me ne sono accorta» replicò Ali con un sorriso, appoggiandole la mano sana sul braccio. «Sono stata qui tutta la mattina... è stato un viavai continuo! Perchè dici che questo posto è sull’orlo del fallimento? A me non sembra, anzi mi sembra che lavori molto».
  «Sì beh... forse sono stata un po’ precipitosa, quando te ne ho parlato. Okay... credo di doverti chiedere scusa. Non credo che chiuderà questo posto e la mia sfuriata quella sera è stata totalmente fuori luogo. E lo so che da lì è partito tutto, quindi... mi dispiace. Per tutto».
  «Quindi non sei più arrabbiata per il fatto che sono andata a letto con un’altra?» chiese Ali esitante.
  «No sono ancora arrabbiata» disse Dana tranquillamente. «Ma anche io ho esagerato. Direi che tutto considerato, tra l’incidente e il resto... siamo quasi pari».
  «Quasi? E quando saremo completamente pari?» fece Ali con un sorrisetto. La tensione tra loro due si era definitivamente sciolta. «Quando mi toglieranno i gessi?»
  «Sì probabilmente sì» fece Dana guardando l’orologio. Alzò di nuovo lo sguardo. «Posso stare qua ancora un po’, ma poi devo tornare al lavoro, okay?  Ali annuì e le prese una mano. Avrebbero parlato veramente come non facevano da settimane. Era più che okay.
 
 
Un giorno, verso le sette di sera, suonarono il campanello. Dana stava preparando la cena, ma corse subito ad aprire. Si trovò davanti Evelyn, l’assistente sociale. Ali in quel momento era nella sua stanza senza un granchè da fare, quando sentì la moglie chiamarla. Godendo della liberazione dai due gessi, avvenuta solo qualche giorno prima, iniziò a spingersi con la sedia a rotelle verso il soggiorno. In quel periodo le cose tra loro erano migliorate molto.
  «Salve!» esclamò stupita quando vide la donna sulla porta. Era decisamente l’ultima persona che si aspettava di vedere. «Che succede?»
  «Prego si accomodi» disse Dana, facendo segno alla moglie di farsi da parte. Evelyn entrò chiudendosi la porta alle spalle.
   «Mi dispiace disturbarvi a quest’ora» disse. «Ma sono venuta perchè dovevo assolutamente parlare con voi. Prima di tutto... cosa le è successo?» chiese stupita ad Ali. «L’ultima volta che l’ho vista... sì insomma... camminava».
  «Ah sì...» fece Ali pensierosa. «Il controllo mensile non l’aveva fatto lei, è vero. Ho avuto un incidente un mese fa, pochi giorni prima in effetti. Sono stata investita da un’auto mentre attraversavo. Mi sono rotta un braccio e una gamba, ma sto in sedia a rotelle ancora per un po’, anche se le fratture sono guarite. Devo dire che questa cosa ci ha avvicinate ancora di più».
  «Già» replicò Dana mettendole una mano sulla spalla. Non volevano raccontare delle altre cose. «Da quel giorno siamo più unite che mai».
  «Beh, mi dispiace per l’incidente, ma sono contenta che si sia risolto tutto per il meglio. In ogni caso ero venuta a darvi una bella notizia. Abbiamo valutato la vostra esperienza con Erica e... è fatta. La potete adottare adesso, se volete».
  «Cosa?!» esclamarono Ali e Dana in coro. Al sapere la notizia Ali rimase senza fiato e sentì che gli occhi le si riempivano di lacrime, mentre Dana si commosse e si sentì allargare il cuore. «Davvero?»
  «Sì davvero» disse la donna sorridendo. «È vostra. Potete andare subito in tribunale e sbrigare tutte le pratiche necessarie». Detto questo le salutò e se ne andò. Ali e Dana aspettarono che fosse abbastanza lontana prima di abbracciarsi strillando.
  A un certo punto Dana allungò la mano e prese quella di Ali, che la guardò perplessa.
  «Dai! Provaci!» la incoraggiò Dana. «Alzati, è un mese che non ti muovi da lì!»
  «Non so, Dana... » fece lei ritirando la mano. «Non è che mi fidi...»
  «Oh, andiamo... prima o poi dovrai alzarti da lì. Non sei paralizzata e devi muovere i muscoli o non si riabitueranno più. Forza». Le prese entrambe le mani e la sollevò quasi di peso. Ali ondeggiò un po’ e si aggrappò a lei per non cadere.
  «Ce la fai?» le chiese Dana sorreggendola con un braccio sulla schiena. Ali annuì. «Ho le gambe un po’ deboli in effetti. Dovrei fare ginnastica».
  «Già» disse Dana mentre si sedevano entrambe sul divano. «Ma ci pensi? Possiamo adottare Erica!»
  «Lo so, non mi sembra vero» mormorò Ali, la voce tremante e lo sguardo perso nel vuoto. «Ho paura che sia soltanto un sogno».
  «Ma non è un sogno, tesoro, è la realtà» fece la moglie accarezzandole una guancia. Senza riflettere Ali la baciò, ma si stacco subito, quasi preoccupata. L’altra però sorrise e la baciò di nuovo, a lungo. Si separarono soltanto quando entrambe cominciarono ad aver bisogno di ossigeno. Erano tutte e due al settimo cielo: dopo più di un mese le cose erano tornate alla normalità e presto nella loro famiglia ci sarebbe stato un nuovo ingresso ufficiale.
 
 
 
 
NdA: Scusate tantissimo per il ritardo! Posso spiegare! Ho avuto gli esami e per far dispetto alla mia BFF (tu lo sai) non volevo aggiornare neanche adesso, ma poi ho pensato che vi avevo già fatto aspettare troppo! Quindi che ne dite di essere super carini e recensire? Grazie a tutti, have fun!

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Capitolo 28
*** Festa di benvenuto ***


Festa di benvenuto
 


 
Una settimana dopo l’annuncio dell’assistente sociale, appena riuscirono a procurarsi tutte le carte necessarie e un appuntamento in tribunale, Ali e Dana diedero ufficialmente il benvenuto a Erica nella loro famiglia. Le misero entrambi i loro cognomi, come avevano pensato di fare fin dall’inizio e tornate a casa improvvisarono un balletto di gioia in soggiorno. Alla fine si lasciarono cadere sul divano, raggianti e con il respiro leggermente affannoso.
  «Sono troppo vecchia per queste cose» commentò Dana dando alla moglie un bacio sulla guancia.
  «Ma smettila, hai tre anni meno di me» replicò Ali ridendo e dandole una leggera spinta. «Sai cosa dovremmo fare? Organizzare qualcosa per festeggiare, è un giorno importante».
  «Hai ragione, ci sto» disse Dana baciandola di nuovo, questa volta sulle labbra. Farlo le era mancato tantissimo e adesso coglieva ogni occasione possibile. Ali rispose al bacio chiudendo gli occhi e lasciandosi invadere dalle sensazioni del momento. Anche a lei era mancato tantissimo.
  «Ti amo tanto, lo sai?» disse alla fine accarezzando Dana sul braccio.
  «Lo so» replicò Dana. «Ti amo tanto anch’io. Allora organizziamo questa festa, forza. Cominciamo a telefonare, io chiamo i miei genitori, tu chiama i tuoi». Detto fatto prese il proprio cellulare e iniziò a fare telefonate, e Ali fece lo stesso. Passarono il resto del pomeriggio a chiamare e a organizzare la festa, che si sarebbe tenuta il pomeriggio seguente: volevano che fosse perfetta. Quando ebbero finito di chiamare tutti iniziarono a pensare all’organizzazione vera e propria. Naturalmente Dana si sarebbe occupata della cucina e dato che volevano fare una cosa in grande stile decise di chiamare anche qualcuno del ristorante per farsi aiutare. Quando tutto fu sistemato andarono insieme ad ammirare l’ultimo membro della famiglia che in quel momento stava dormendo.
  «Riesci a crederci?» fece Dana mettendo un braccio attorno alle spalle della moglie.
  «Mi sembra impossibile, tesoro, non riesco ancora a crederci» rispose Ali. Le diede un bacio sulla guancia e aggiunse: «È nostra. Davvero nostra. Ti ricordi quando discutevamo se dovessimo avere dei figli? E tu che mi avevi fatto quel discorso sulla tua paura di scappare. Sembra una vita fa».
  «Certo che mi ricordo, Ali. Mi ricordo tutto alla perfezione. E adesso eccoci qui, dopo qualche anno. Siamo sposate e abbiamo una figlia. Non va poi tanto male, no?»
  «No, infatti» disse Ali e la baciò. «Direi che va tutto benissimo. E domani c’è la festa!»
  «Domani c’è la festa e tra noi va di nuovo tutto a meraviglia. Tu sei felice? Io sono felice» fece Dana. Detto questo prese la moglie per mano e tornarono insieme nel soggiorno. Sedettero di nuovo sul divano e rimasero lì per un po’, abbracciate e senza pensare a niente in particolare se non a quanto fossero felici in quel momento. Avevano passato delle settimane difficili, ma ora si era tutto risolto nel migliore dei modi. Una festa era un’idea perfetta per festeggiare tutto questo. La loro bellissima famiglia, nata dal profondo amore che provavano l’una per l’altra e che non era stato scalfito da nessuno degli ultimi avvenimenti, tra la lite e il tradimento e l’incidente di Ali. Ad aiutarle a risolvere i loro problemi c’era quel sentimento reciproco e naturalmente Erica, che anche nei momenti peggiori era stata la loro ancora di salvezza. Dopo circa dieci minuti Dana finalmente si alzò con aria decisa.
  «Vediamo di prendere in mano la situazione» disse. «Vado a preparare la cena».
  «Vengo anch’io» le fece eco Ali seguendola in cucina. «Adesso. E magari anche più tardi».
  «Ali!» esclamò Dana fingendosi scandalizzata. Sua moglie sorrise e le diede un bacio leggero sulle labbra. «Va bene, stasera abbiamo un appuntamento».
  «Esattamente» mormorò Ali prima di baciarla di nuovo e allacciarle le braccia intorno al collo. In quel momento Erica scoppiò a piangere. Immaginando che avesse fame, Ali si staccò dalla moglie e si mise a prepararle il biberon. Alla fine andò a prendere la bambina e le diede da mangiare, mentre Dana finiva di cucinare. Seduta sul divano con sua figlia in braccio tutta concentrata, Ali sorrise tra sè. Era felice, più di quanto fosse stata nelle ultime settimane. Nella sua vita andava tutto benissimo e non sapeva cosa sarebbe potuto andare storto. Il giorno seguente ci sarebbe stata la festa e da qualcosa che le aveva detto Dana, aveva la sensazione, condivisa dalla moglie, che Kim avesse grosse novità.
  «Ali sei pronta?» la chiamò Dana dalla cucina in quel momento. «La cena quasi lo è!»
  «Sì, arrivo» rispose Ali, alzandosi con Erica appoggiata alla sua spalla. «Cos’hai preparato di buono?»
  «Vedrai» rispose Dana con aria misteriosa. «Aspetta. Devo finire di preparare tutto. Ti chiamo io».
    Dopo circa due minuti Ali sentì la moglie che la chiamava dalla cucina. Andò a posare Erica nella sua culla e raggiunse Dana a tavola. Sul tavolo c’era un grosso piatto da portata con sopra un pollo arrosto circondato da patatine fritte. Ali alzò un sopracciglio e per tutta risposta Dana le lanciò uno sguardo ammiccante. Ali spalancò gli occhi e poi scoppiò a ridere. «Va bene... sono i preliminari» disse.
  La cena fu molto piacevole e parlarono per tutto il tempo come non facevano da tanto. Chiacchierarono di tutto e di niente, quasi che fossero di nuovo all’inizio della loro storia; il tempo sembrava non essere passato per niente. Ali si sentiva innamorata di Dana come il primo giorno, quando ancora non aveva la minima idea di tutto quello che sarebbe successo e anche Dana naturalmente provava la stessa cosa. A un certo punto le prese una mano e il cuore di Ali saltò un battito. Alzò lo sguardo e sorrise.
  «Che c’è tesoro?» le chiese. Dana scrollò le spalle e strinse la presa, che Ali restituì.
  «Niente» rispose. «È solo che mi piace tenerti per mano. Non ho potuto farlo per troppo tempo».
  «Lo so» rispose Ali. «Ma ormai è passata, abbiamo fatto pace e io mi sono ripresa dall’incidente. Va tutto bene, non vedi? So che è per questo che fai così, e ti dico che va tutto bene adesso».
  «Ti amo, Ali» disse Dana sorridendo. «Lo sai questo, vero?»
  «Certo che lo so» replicò Ali sporgendosi sul tavolo per baciarla. «E ti amo anch’io».
  «E amo nostra figlia» aggiunse Dana. Ali annuì.
  «Anch’io amo nostra figlia» disse. «È così bello poterlo dire davvero, finalmente. Erica è ufficialmente nostra figlia, sono talmente contenta».
  Più tardi avevano finito di cenare, avevano sistemato la cucina e si erano trasferite in soggiorno per guardare insieme la televisione. Stavano sedute abbracciate e Ali aveva appoggiato la testa sulla spalla di Dana. Erica stava dormendo, ma in quel momento decise che le sue mamme avevano avuto abbastanza tempo per loro stesse quella sera, così cominciò a piangere disperatamente. Loro due si lanciarono un’occhiata e subito dopo Dana si alzò per andarla a prendere. Non appena la prese in braccio, la bambina smise di piangere.
  «Divertente, Erica, davvero divertente» mormorò lei, mentre tornava in soggiorno.
  «Cosa aveva?» le chiese Ali senza voltarsi a guardarla, mentre lei si sedeva di nuovo sul divano.
  «Voleva essere presa in braccio» rispose Dana scrollando le spalle. Rannicchiò le gambe sotto il corpo e si accomodò accanto alla moglie che le mise un braccio attorno alle spalle. Il film che stavano guardando terminò dopo circa un’ora e mezza. Erica nel frattempo si era riaddormentata, così non appena sullo schermo apparvero i titoli di coda, Dana si alzò per riportarla in camera sua. Ali la raggiunse poco dopo e le diede un leggero bacio dietro l’orecchio. L’altra rabbrividì e lei tornò con la mente a qualche tempo prima del matrimonio quando aveva fatto la stessa cosa. Si ricordava anche di come si fosse conclusa la serata e sperò che succedesse ancora. Non fu delusa.
  «Andiamo, è arrivato il momento delle montagne russe» le disse Dana prendendola per mano e conducendola nella loro camera da letto. Appena furono dentro Ali chiuse la porta, le gettò le braccia al collo e la baciò con passione. Senza staccarsi Dana sorrise e cominciò a spogliarla, poi caddero insieme sul materasso. «Fammi andare in paradiso» sussurrò Ali mentre le accarezzava il fondoschiena.
  «Puoi scommetterci che lo farò» disse Dana sfilandole gli slip con un movimento quasi impercettibile e gettandoli sul pavimento. «Sarà indimenticabile».
 
 
Più tardi erano sdraiate a letto, ancora nude e abbracciate. Dana baciò leggermente Ali e le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Sei bellissima» le disse.
  «Grazie» rispose Ali, sfiorandole una guancia con il pollice. «Anche tu lo sei. Comunque ora dovremmo dormire un po’, credo».
  «Sì hai ragione» fece Dana sporgendosi a spegnere la luce. Ali fece lo stesso e si sdraiò di nuovo, mettendo un braccio attorno alla vita della moglie. Chiuse gli occhi e poco dopo si addormentò. Si sentiva benissimo, serena e perfettamente in pace con se stessa, una cosa che non capitava da troppo tempo, tra la lite, il tradimento e l’incidente.
  Il mattino dopo, quando aprì gli occhi, si rese conto di essere nella stessa posizione con cui si era addormentata, con la testa appoggiata alla schiena di Dana. Le diede un bacio sulla spalla e si stiracchiò voltandosi sulla schiena. Dopo qualche secondo si sentì arrivare un bacio sulla guancia. Sorrise e si voltò, incontrando il viso di Dana che la baciò sulle labbra.
  «Buongiorno» disse. Si sedette sul letto e Ali rimase per un attimo a fissare incantata le sue forme perfette. «Che hai?» le chiese l’altra con una mezza risata. Ali scosse la testa e la guardò negli occhi.
  «Voglio prenderti in modi che non immagini nemmeno» rispose. Si mise a sedere a sua volta poi abbrancò Dana all’altezza della vita e la fece sdraiare di nuovo. Dana sorrise e la baciò mettendole una gamba contro il fianco. «Ti amo, Ali» mormorò.
  «Ti amo anch’io Dana» rispose sua moglie, baciandola di nuovo. «Adesso basta parlare». Dana annuì e la prese per i fianchi facendola rotolare sul materasso e finendo sopra di lei. Le baciò il collo e finalmente fece arrivare la propria mano dove Ali desiderava di più.
  Purtroppo la fine arrivò all’improvviso perchè Erica, quando la sua ora del pasto era passata da un po’, scoppiò a piangere costringendole a ricomporsi in tutta fretta. Si misero addosso qualcosa e Ali corse dalla bambina mentre Dana si precipitò in cucina a preparare la colazione. Pochi istanti dopo Ali la raggiunse con Erica in braccio che continuava a strillare. La sua colazione era già pronta, perciò si sedette sul divano e cominciò a dar da mangiare a sua figlia. Dana sospirò: «Silenzio, finalmente».
  «Già» rispose Ali sorridendole. «Che hai preparato di buono?»
  «La nostra colazione preferita! E non sono le frittelle!» rispose Dana. Ali si illuminò.
  «Brownies! E come mai?» chiese alzandosi e appogiandosi Erica a una spalla mentre con una mano le batteva delicatamente sulla schiena.
  «Per festeggiare la prima mattina di Erica come membro effettivo di questa famiglia!» esclamò Dana allegramente. Ali depositò la bambina nella sdraietta e ritornò in cucina. Si sedette a tavola e Dana la servì di tutto punto, prima di accomodarsi di fronte a lei.
  «È tutto pronto per oggi?» chiese Ali addentando un pezzo di dolce. I brownies di Dana erano una delle cose che amava di più al mondo. «I tuoi ragazzi a che ora arrivano?»
  «I miei ragazzi arriveranno circa un’ora prima dell’inizio della festa, verso le cinque. Per il resto è tutto a posto. Ah, tranne le decorazioni, dobbiamo andare a prenderle stamattina».
  «Giusto. Dio, menomale che è sabato. Ma come fai con il ristorante?» disse Ali. Dana scrollò le spalle.
  «Troveranno qualcuno disposto a sostituirci, voi siete più importanti» osservò. «E poi, in un certo senso, lavoriamo anche noi».
  Dopo colazione avevano sistemato tutto e avevano preparato loro stesse e la bambina per uscire. Trascorsero una mattinata piacevole a fare shopping insieme. Comprarono tantissime cose e si divertirono a scegliere i festoni più allegri e colorati. Doveva essere tutto perfetto. Un paio d’ore dopo tornarono a casa e quando ebbero finito di mangiare iniziarono a decorare il soggiorno per la serata. Dana aveva già cucinato alcune cose, ma non aveva ancora finito, perciò quando arrivò la squadra del ristorante si misero d’impegno per preparare quello che mancava.
 
 
La festa cominciò alle sei del pomeriggio e fu davvero divertente. C’erano tutti, tutti quelli che avevano preso parte a quell’avventura e che in un modo o nell’altro facevano parte della vita di Ali e Dana. Avevano invitato anche i bambini dell’asilo nido di Erica insieme ai loro genitori, doveva essere una cosa grandiosa. C’erano anche, con grande sorpresa di Dana, Richard, Judy e Ethan Brown, la famiglia che avevano conosciuto quando volevano adottare Erica. Ali li aveva invitati senza dire niente alla moglie perchè sapeva che le avrebbe fatto piacere. In effetti Dana fu molto contenta di vederli.
  Il soggiorno era molto affollato e lo sembrava ancora di più a causa di tutti quei bambini delle età più diverse, che correvano, camminavano o gattonavano qua e là. Michael aveva appena imparato a muovere i primi passi e Leah, che ormai aveva due anni era davvero bellissima. Assomigliava molto a Kim e aveva ereditato gli incredibili capelli biondi di sua zia. Come Ali aveva sospettato, appena ci fu un attimo di calma, quando tutti si riunirono per mangiare la torta, Kim si schiarì la gola.
  «Vorrei approfittare di questo momento per fare un annuncio» disse. Tutti si fecero più attenti e Dana e Ali si scambiarono un’occhiata veloce. «Io... io e Jacob aspettiamo un altro bambino!»
  «Lo sapevo!» strillò Dana. Si alzò in piedi e corse ad abbracciare la sorella. «Congratulazioni Kimmy!»
  «Grazie sorellina!» esclamò lei ricambiando la stretta. «Ma, ehi! Non voglio rubarti la scena! Questa è la tua giornata, la vostra giornata. Tua, di tua moglie e di vostra figlia! Le congratulazioni possono aspettare anche domani!»
  «Sì hai ragione» rispose Dana. Poi esclamò: «Va bene gente! È il momento del brindisi!»
  Tutti si riunirono intorno al tavolo con in mano i bicchieri di champagne con molti «evviva!», «che bello!» e «congratulazioni!» in sottofondo. Kim, naturalmente, brindò con della semplice soda. Tutti risero e bevvero alla salute della nuova famiglia. Ali si sentiva il cuore esplodere dalla gioia e Dana credeva di non essere mai stata così felice, dal giorno del suo matrimonio.
  Poco dopo gli ospiti cominciarono ad andarsene un po’ alla volta finchè rimasero solo i genitori di entrambe e Faith con la sua famiglia. Le aiutarono a sistemare e alla fine si sedettero tutti insieme chi sul divano chi sulle sedie a chiacchierare.
  «Ragazze, è stata una festa stupenda» esordì Taylor e gli altri annuirono. «Avete avuto una bellissima idea, davvero. E, Dana, riesci a sorprendermi ogni volta con la tua cucina, mi chiedo come fai».
  Dana sorrise, leggermente in imbarazzo. «Grazie Taylor. Sono proprio felice per Kimmy a proposito».
  «È stata una vera sorpresa » intervenne Tracy. «L’abbiamo sentita ieri, ma non aveva detto niente che potesse farci sospettare! Ma forse dovevamo aspettarcelo, Kimmy ha sempre detto che voleva almeno due figli. Ma a parte questo, sono così contenta per voi. Vi siete meritate tutto questo».
  «Grazie mamma» rispose Dana con gli occhi umidi, mentre Ali le stringeva una mano. «Insomma Erica... Erica è sempre stata nostra figlia, da quando l’abbiamo vista quel giorno in ospedale, ma adesso che lo è davvero, a tutti gli effetti, è una sensazione magica...»
  «Sì e poi chi lo sa... magari prima o poi ne arriverà un altro...» fece Ali con indifferenza e Dana si voltò di scatto a guardarla, imitata da tutti gli altri.
  «Che cosa?!» le chiese sconcertata la moglie. «Vuoi farne un altro? Adesso?! Non... non è ancora un po’ presto per pensarci, tesoro?»
  «Non intendevo dire adesso» precisò Ali. «Volevo solo dire che fra un paio d’anni mi piacerebbe avere un altro figlio, tutto qui. Ma... averlo io. Mi piacerebbe restare incinta».
  «Beh okay... ma non dobbiamo per forza parlarne adesso. È appena finita la festa per Erica, adesso abbiamo lei ed è sufficiente, no?»
  «Sì... sì hai ragione. Certo che è sufficiente» disse Ali con un sospiro. Tutti gli altri le guardavano e sembravano felici quanto loro che le cose fossero finalmente tornate alla normalità.
 
 
Quella sera una volta rimaste sole e non avendo voglia di cenare si misero sul divano a guardare la televisione con un barattolo di gelato da condividere. Erica si era addormentata da poco. Ali aveva la sensazione di essere in paradiso. Era tutto perfetto: l’atmosfera, il ricordo del pomeriggio, la donna meravigliosa accanto a lei. Appoggiò la testa sulla spalla di Dana e sospirò.
  «Che c’è?» le chiese l’altra prendendo un altro po’ di gelato.
  «Sono felice» rispose Ali. Sorrise e aggiunse: «Oggi è stata davvero una bellissima giornata, non trovi? E amo sempre di più la nostra famiglia. Non so perchè ho parlato di avere un altro figlio. Credo che c’entri l’annuncio di Kim, mi ha fatto desisderare di avere un secondo bambino».
  «Ne ero sicura» fece Dana passandole un braccio dietro la schiena. «Potremo parlarne se vuoi, ma voglio aspettare almeno l’anno prossimo». Ali annuì e prese una cucchiaiata di gelato.
  Più tardi andarono a letto senza smettere nemmeno per un secondo di parlare di tutto quello che era successo negli ultimi due giorni, l’adozione di Erica e la festa innanzi tutto. Rimasero per ore sdraiate a chiacchierare di qualsiasi cosa, con Ali che continuava ad accarezzare il braccio della moglie. Alla fine si diedero un dolce bacio sulle labbra, Ali si voltò su un fianco e prima di addormentarsi continuò a fissare Dana con un leggero sorriso stampato in faccia.

 
 
 

 
NdA: Sono tornata! Credevate che fossi sparita? Credevate che vi avessi abbandonati così? E invece no! Qui è arrivato un capitolo nuovo nuovo! Divertitevi, leggete e recensite! Have fun!
 
 
 

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Capitolo 29
*** La famiglia si allarga ***


La famiglia si allarga



 
 
Contrariamente a quanto avevano deciso alla festa per l’adozione di Erica solo pochi mesi più tardi, cioè il giorno del suo primo compleanno, l’argomento del secondo figlio venne affrontato di nuovo e questa volta proprio da Dana. Non ne avevano più parlato soprattutto perchè a settembre ci fu il loro primo anniversario di matrimonio e i loro tre giorni a New York dovevano essere assolutamente privi di bambini. Erica era rimasta tre giorni con Benji e la sua famiglia. Deena e Sam erano stati contentissimi all’idea che la cuginetta stesse da loro per un po’. La gita nella Grande Mela era stata assolutamente perfetta e il modo migliore per festeggiare un anniversario di matrimonio. Ali credeva di non avere mai fatto così tanto sesso in vita sua e al ritorno si sentiva magnificamente.
  Circa un mese più tardi arrivò il giorno del compleanno di Erica e loro decisero di organizzare una festa per l’occasione. Dana preparò una bellissima torta a forma di “uno” ed entrambe si diedero da fare per sistemare il giardino. Nonostante fosse ormai fine ottobre, il tempo era soleggiato e tiepido, e così avevano deciso di allestire la festa all’aperto. Era un’occasione unica a Seattle, perciò avevano voluto approfittarne. Poi quella sera era la vigilia di Halloween quindi anche il loro giardino, come quelli delle case del vicinato, era già decorato con zucche, candele arancioni e vari addobbi a tema. Mentre apparecchiavano il tavolo sotto il gazebo Dana fece un commento così a bassa voce che sarebbe potuto essere rivolto solo a se stessa. E probabilmente era proprio così.
  «Però sarebbe bello avere un altro figlio, in effetti» mormorò. Ali si voltò di scatto verso di lei.
  «Che hai detto?» le chiese. Credeva di aver capito, ma non ne era sicura. Dana strinse le spalle.
  «Non ho detto niente» mentì. Ali la guardò stringendo gli occhi.
  «Non è vero...» disse. «Ho sentito chiaramente la parola “figlio”. Cosa stavi dicendo?»
  «E va bene» acconsentì Dana, «ho detto che in effetti mi piacerebbe avere un altro figlio. Contenta?»
  «Pensavo che per ora non dovessimo parlarne» osservò Ali esultando in silenzio. «Credevo che avessimo deciso che intanto era ancora troppo presto».
  «Lo so» sospirò Dana. «Però ho anche pensato che non voglio che Erica rimanga figlia unica troppo a lungo e se tu vuoi restare incinta dobbiamo cercare un donatore e potrebbe volerci tanto tempo».
  «Hai ragione. Non vedo l’ora di farlo, tesoro!» esclamò Ali. Dana sorrise.
  «Sì, lo immaginavo» osservò. Sospirò e aggiunse: «Adesso però possiamo concentrarci sulla festa di compleanno per nostra figlia? Quella che abbiamo già?»
  «Assolutamente. Certo» rispose Ali sistemando alcuni piatti di carta su un tavolo. «Hai ragione». Si voltò all’improvviso e si trovò Dana davanti agli occhi. Sorrise, l’afferrò per il collo della camicia e le diede un bacio molto appassionato. «Quanto ti amo...»
  «Ti amo anch’io, Ali...» fece Dana stupefatta ricambiando il sorriso. «Che succede?»
  «Niente... Sono felice» rispose Ali stringendosi nelle spalle.
 
La festa cominciò un paio d’ore più tardi. Il giardino brulicava di bambini che correvano con in mano biscotti e caramelle gommose, inseguiti dai propri genitori. Erica era ormai sul punto di muovere i primi passi, perciò le sue mamme la tenevano costantemente d’occhio, emozionate. Ali, aveva addirittura la precisa sensazione che sarebbe accaduto proprio quel giorno. E aveva ragione.
  Successe in maniera del tutto naturale. Loro due erano in piedi in mezzo al giardino, mentre Erica era a mezzo metro da loro seduta nell’erba. A un certo punto si alzò in piedi e come se niente fosse mosse alcuni passi barcollanti nella loro direzione. Ali e Dana si guardarono incredule. «Sta camminando!» esclamarono in coro. Ridacchiarono entrambe e Dana aggiunse: «Non ci posso credere! È il suo compleanno e praticamente fa un regalo a noi». Si inginocchiò fino ad arrivare all’altezza della bambina, appena in tempo per accoglierla tra le sue braccia.
  «Tesoro, sei stata bravissima!» le disse e lei rise. Le diede un bacio sulla guancia e si rialzò tenendola in braccio. Ali intanto aveva assunto un’espressione pensierosa.
  «Come credi che ci chiamerà?» chiese all’improvviso. Dana le lanciò uno sguardo interrogativo.
  «Che intendi dire?» le domandò. Ali scrollò le spalle.
  «Mi chiedevo se ci chiamerà “mamma” tutte e due. In quel caso potrebbe creare un po’ di confusione. Pensi che dovremmo insegnarle a chiamare una di noi due in modo diverso?»
  «Sì sarebbe una buona idea» osservò Dana. «Dio non posso crederci che comincerà a parlare, ma quanto è cresciuta? Mi sembra ieri che l’abbiamo incontrata in ospedale...»
  «Lo so... sono volati questi mesi, vero?» disse Ali baciando prima sua moglie e poi sua figlia. Dana fece tornare Erica a terra che mosse ancora qualche passo incerto prima di cadere pesantemente sull’erba. Ali si allarmò subito, ma la bambina, senza fare una piega si rialzò e ricominciò a camminare. Loro due si guardarono e sorrisero, poi Dana chiese: «Tagliamo la torta?»
  «Certo» fece Ali stringendosi nelle spalle. Andò a prendere Erica che era sempre impegnata a gironzolare intorno a loro e insieme si avviarono verso il tavolo con le cibarie. Come se la famigliola fosse il pifferaio di Hamelin, tutti i presenti le seguirono e si strinsero intorno al tavolo, mentre Dana accendeva l’unica candelina che si trovava sulla torta. Dopo un breve coro di “Tanti auguri a te” tagliò la torta e di lì a poco il giardino era pieno di bambini con la bocca impiastricciata di panna e cioccolato. Erica era una di loro naturalmente e sia Ali che Dana non riuscivano a guardarla senza sorridere.
  «Come sarà averne due?» chiese Ali. Dana le passò un braccio attorno alla vita.
  «Sarà il doppio più difficile, ma il doppio più bello. Mi sembra che con lei stiamo facendo un buon lavoro no? Ce la faremo, vedrai». Ali annuì e le appoggiò la testa sulla spalla.
  «Tutto bene ragazze?» fece Taylor comparendo all’improvviso. «Erica cammina! Mi sembra incredibile! Ed è davvero una bella festa, i miei complimenti!»
  «Grazie mamma» disse Ali allontanandosi dalla moglie per abbracciarla. «È già passato un anno da quando ve l’abbiamo presentata, non è incredibile?»
«Hai ragione» disse Taylor. «Erica è diventata davvero bellissima. Ma allora questo secondo figlio arriva oppure dovrò aspettare? So che ne avete parlato». Ali e Dana si scambiarono uno sguardo.
  «Sì... ne abbiamo parlato» fece Ali. Taylor fece passare lo sguardo da una all’altra.
  «E? Parlate, Santo Cielo!» esclamò poi. Le altre due ridacchiarono.
  «Avremo un altro figlio» rispose Dana. «Con un donatore anonimo». Taylor rimase a bocca aperta.
  «Oh, ragazze, ma è meraviglioso!» esclamò commossa abbracciandole entrambe. Ali ricambiò subito la stretta con gli occhi umidi e Dana fece lo stesso dopo un attimo di sorpresa. Anche se era passato più di un anno dal matrimonio si sentiva sempre un po’ strana quando Taylor la abbracciava. Quando alla fine le lasciò andare e si allontanò per raggiungere il marito le due si guardarono e si scambiarono un lungo bacio molto appassionato che non si trasformò in qualcosa di più solo perchè sopraggiunse un minimo di razionalità a farle desistere dal commettere atti osceni in luogo pubblico.
  «Stasera?» chiese Dana inclinando la testa. Ali annuì con un sorrisetto.
  «Stasera. Quando saremo da sole» convenne lei. Fece una carezza alla moglie e tornò dagli ospiti. Era il momento di aprire i regali e molti genitori, lei compresa, erano più eccitati dei bambini.
 
 
La sera dopo la festa, Ali e Dana finirono di sistemare il giardino e crollarono insieme sul divano.
  «Una bella giornata» esordì Ali con un sospiro. Sua moglie annuì.
  «Faticosa, ma sì... molto bella» disse. Le diede un bacio leggero e aggiunse: «Allora... un bambino. Pare che lo faremo davvero, giusto?»
  «Sì giusto» fece Ali guardandola di traverso: Dana le sembrava perplessa. «A meno che tu non abbia cambiato idea e non voglia più».
  «No... non ho cambiato idea, che cosa te lo fa pensare?» le chiese Dana genuinamente stupita. Ali scrollò le spalle.
  «Non lo so, mi sembrava che avessi un tono poco convinto. D’accordo se non hai cambiato idea meglio» disse, poi si illuminò. «Perchè io non vedo l’ora!»
  «Lo so, tesoro!» esclamò Dana con un grande sorriso. «E anch’io non vedo l’ora!»
  «Allora dobbiamo cominciare a pensarci sul serio» fece Ali con aria pensierosa. «Dobbiamo cercare un donatore e io dovrò andare dalla ginecologa per farmi visitare. Dio, vorrei che Erica fosse grande abbastanza per poterle dire che sta per avere un fratellino o una sorellina...»
  «Non è meglio aspettare che tu sia effettivamente incinta prima di parlare al presente indicativo?» osservò Dana mettendole una mano sulla spalla. Ali la guardò per qualche istante.
  «Certo» rispose annuendo. «Assolutamente. Hai ragione». Era emozionata, ma per qualche strana ragione invece di mettersi a cantare e ballare per la stanza chiuse gli occhi per un attimo e si guardò le ginocchia riflettendo su tutto quello che avrebbero dovuto fare. Dana si schiarì la gola.
  «Tesoro...» cominciò con voce esitante. Ali sospirò e alzò lo sguardo.
  «Che c’è, Dana?» le chiese. Lei ebbe un altro colpetto di tosse. Sembrava imbarazzata per qualcosa.
  «Riguarda il bambino. Ehm... io so che Erica è stata adottata quindi è solo un caso, però fisicamente assomiglia a te» Ali le lanciò uno sguardo sbigottito, «intendo dire che ha i tuoi colori scuri... E io... io vorrei che questo nuovo bambino assomigliasse a me». L’altra sembrava perplessa.
  «Vuoi portare avanti tu la gravidanza?» le chiese. Dana scosse la testa e fece una smorfia spaventata.
  «No assolutamente no!» disse. «Però intendevo dire che potremmo usare i miei ovuli così il bambino sarebbe biologicamente un po’ di entrambe. E... e poi potremmo cercare un donatore biondo, per avere più possibilità». Ali riflettè un attimo e poi scrollò le spalle.
  «Sì okay» replicò. «Facciamo così».
  «Grazie tesoro!» esclamò Dana. Fece un gran sorriso e la baciò.
  «Prima però dobbiamo sentire anche cosa dice la ginecologa» osservò Ali e sua moglie annuì. Erano sedute sul divano l’una accanto all’altra. Si baciarono di nuovo, Ali si sdraiò e Dana le si mise sopra. Le baciò leggermente il collo e Ali perdendo il controllo cominciò a spogliarla muovendosi a scatti. Non avevano alcuna intenzione di alzarsi ed arrivare fino alla camera da letto. Dana le infilò una mano sotto la maglietta e Ali si lasciò sfuggire un gemito ad alta voce. Dana la baciò per farla stare zitta.
  «Voglio vedere quanto riusciamo a essere silenziose. È un buon allenamento» sussurrò. Ali sorrise mentre riprendevano a baciarsi.
  «Va bene ci sto» mormorò con le labbra di Dana sulle sue. Continuarono a rotolarsi sul divano per circa un’ora e alla fine decisero di andare a letto. Si infilarono sotto le coperte e continuarono a parlare rimanendo abbracciate finchè entrambe non si addormentarono.
 
 
Qualche giorno dopo Ali aveva preso appuntamento dalla ginecologa e lei e Dana ci andarono un lunedì mattina. Dalla visita di controllo la dottoressa sentenziò che era tutto perfetto e che potevano fare l’inseminazione quando volevano. A questo punto Ali e Dana si scambiarono uno sguardo e quest’ultima annuì. Perciò Ali disse: «Senta dottoressa Harrison. Io e mia moglie ci stavamo chiedendo una... una cosa. Se fosse possibile». La donna annuì.
  «Certo, chiedete pure. Può rivestirsi» disse. Ali la ringraziò con lo sguardo, saltò giù dal lettino, si rimise slip, pantaloni e scarpe e si accomodarono tutte e tre intorno alla scrivania del medico.
  «Abbiamo un’altra figlia che abbiamo adottato e come Dana mi ha fatto notare, anche se è casuale, assomiglia a me, ha i miei stessi colori scuri. Perciò abbiamo pensato che sarebbe carino avere un altro figlio che assomigli a Dana. Quello che volevo chiederle è: posso portare avanti la gravidanza, ma portando in grembo un bambino che sia “suo”?»
  «Mi faccia capire...» cominciò la ginecologa con voce incredula, «lei vorrebbe fare da madre surrogata... per sua moglie?»
  «No» rispose Ali leggermente frustrata. Era così difficile da capire? «Semplicemente, gliel’ho detto, vogliamo un figlio che assomigli a lei e che sia biologicamente di entrambe. Quindi volevamo usare i suoi ovuli e il seme di un donatore anonimo, ma impiantati nel mio utero. Si può fare?»
  «Sì è lo stesso procedimento che si usa con la madre surrogata. Quindi volete fare così? Siete sicure?».
  «Siamo sicure?» chiese Dana. Le due si guardarono. «Sì, siamo sicure. Quando possiamo cominciare?»
  «Per me possiamo cominciare anche subito» fece la dottoressa, questa volta rivolgendosi a Dana. «Se vuole le segno subito un appuntamento per cominciare la procedura». Dana annuì e strinse convulsamente la mano di Ali con entrambe le sue.
  «D’accordo» disse. Baciò sua moglie sulla guancia e le sorrise emozionata. «Non ci credo che stiamo per farlo, non è vero tesoro?». Ali annuì e l’abbracciò alla vita.
  Quella sera a casa, dopo cena, si sedettero insieme sul divano e cominciarono a esaminare i profili dei vari donatori che si erano procurate. Avevano scartato a priori quelli che non erano biondi, visto quello che avevano deciso. C’erano uomini diversissimi: alti, bassi, più o meno attraenti e con diversi interessi e gradi di istruzione. Ne guardarono circa una decina facendo cadere infine la scelta su un venticinquenne di bell’aspetto, laureato e appassionato di musica.
  «Non vedo l’ora di rimanere incinta» disse Ali con un sospiro, guardando la foto del donatore da bambino. «So cos’aspettarmi perchè sia Fay che Lara mi hanno raccontato dei dettagli più spaventosi della gravidanza, ma non ho paura. Sarà bellissimo dare alla luce il fratellino o la sorellina di Erica».
  «Lo so» replicò Dana. «E io non vedo l’ora di viziarti per i prossimi nove mesi».
  «Non sono  ancora incinta, Dana, ricordalo. Forse è meglio aspettare che sia andato tutto a buon fine, non credi?» fece Ali dandole un bacio sulla punta del naso.
  «Lo so, ma sono talmente sicura che andrà tutto bene che ormai sono già in quell’ottica. Secondo te possiamo fare entrambi i procedimenti nello stesso giorno? Io penso di sì».
  «Penso anch’io. Comunque domani mattina chiamo la ginecologa e glielo chiedo. Se dice di sì prendo l’appuntamento più vicino, d’accordo?»
  Dana annuì e Ali annuì in risposta. A quel punto decisero di andare a dormire, perciò dopo una breve visita in camera di Erica che dormiva tranquillamente da circa un’ora, andarono nella loro stanza e si infilarono sotto le coperte.
  «Dobbiamo solo telefonare alla Harrison per confermare l’appuntamento» disse Dana.  «Così riusciremo ad avere presto il bambino. Mi sembra che esista già e non vedo l’ora di conoscerlo».
 
 
Come avevano deciso il mattino seguente Ali telefonò alla ginecologa per confermare l’appuntamento che sarebbe stato il giovedì di quella settimana. Si era informata e aveva saputo che potevano fare entrambi i procedimenti lo stesso giorno. Dopo aver riagganciato chiamò la sua migliore amica per comunicarle la notizia. Doveva per forza dirlo a qualcuno e Faith era la persona adatta.
  «Pronto?» rispose Faith al secondo squillo. Ali fece un gran sorriso.
  «Fay, è fatta!» le disse con la voce che tremava per l’emozione. L’altra rispose in tono perplesso.
  «Cosa è fatta?» le chiese. Ali le raccontò in breve la storia. Alla fine Faith era emozionata quanto lei.
  «Oddio non ci credo!» esclamò. «Quindi avrete sul serio un altro bambino? Ma è fantastico!»
  «Lo so Fay, siamo emozionatissime! Giovedì andiamo dalla ginecologa a fare tutto e poi dovremo solo incrociare le dita. Fay e se dovessi rimanere incinta per davvero? A dirti la verità sono leggermente terrorizzata all’idea».
  «No Ali. Lo so che può fare paura, ma è un’esperienza meravigliosa. E tu e Dana ve la caverete alla perfezione, come sempre. Ne sono sicura».
  «Grazie Fay. Ti voglio bene, lo sai?» le disse Ali con un improvviso slancio di affetto. Le capitava di rado, ma non perchè fosse una persona poco affettuosa. Tutt’altro. Faceva solo fatica, certe volte, ad esprimerlo a parole. Faith sorrise, piacevolmente stupita da quella frase.
  «Anche io ti voglio bene Ali. Te ne vorrò sempre. D’accordo adesso devo andare, tesoro. A presto!» esclamò Faith, che detto questo riagganciò. Ali rimase ferma per qualche secondo sorridendo tra sè e ripensando alla conversazione appena avvenuta. All’improvviso non vedeva l’ora che arrivasse giovedì, nonostante tutti i suoi timori. Guardò l’orologio e vide che la pausa pranzo era quasi finita, perciò prese le sue cose e si affrettò a tornare in ufficio.
  Quel pomeriggio nonostante fosse concentrata sul suo lavoro non poteva fare a meno di continuare a pensare all’appuntamento dalla ginecologa. Era lunedì e giovedì le sembrava lontanissimo. Più tardi tornò a casa e parlò di tutto quanto con Dana rendendosi conto che lei provava la stessa cosa. A cena, mentre pulivano la cucina, mentre mettevano a dormire Erica e durante la loro serata normale non parlarono d’altro. L’argomento era solo quello che sarebbe successo quel giovedì e l’arrivo del nuovo bambino. Dana disse che voleva prendere una maglietta per Erica, in modo da farla essere parte della situazione nonostante fosse ancora così piccola, ma Ali la guardò perplessa.
  Alla fine nonostante i giorni sembrassero non passare all’inizio, prima che potessero rendersene conto, arrivò giovedì e con esso il fatidico appuntamento in cui la loro vita sarebbe cambiata. O meglio, avrebbe subito un ulteriore cambiamento. Erica era stata un regalo meraviglioso, aveva reso speciale la loro vita e ora con questo nuovo bambino l’opera sarebbe stata completa. La loro famiglia sarebbe stata completa. Ne erano entrambe sicure. Erano sedute una accanto all’altra in sala d’attesa di fronte a una giovane coppia, marito e moglie, che si teneva per mano. Non c’era nessun altro lì dentro. La donna ad un certo punto le guardò e sorrise.
  «Avete un appuntamento con la dottoressa Harrison?» chiese. Ali annuì.
  «Vogliamo avere un bambino. Il secondo, dopo la bambina che abbiamo adottato l’anno scorso. E voi invece? Per scelta o... per necessità magari?» rispose. Poi si interruppe temendo di aver detto troppo. Il giovane però sorrise a sua volta.
  «Necessità. Abbiamo provato diverse volte ad avere un bambino in maniera... tradizionale, ma non ci siamo riusciti. Magari in questo modo saremo più fortunati».
  Loro vennero chiamati per primi, perciò Ali e Dana rimasero nella sala da sole. Non sapendo che fare per ammazzare il tempo si misero a leggere qualche rivista sui bambini che c’erano lì, ma smisero subito perchè le cose che lessero le spaventarono a morte.
  «Dana... non so se sono pronta a farlo» mormorò Ali. Dana si voltò verso di lei e la baciò.
  «Lo so» disse. «Ma ce la faremo vedrai. Tu e io insieme possiamo conquistare il mondo. Sicuramente riusciremo anche a crescere due bambini. Io ho fiducia. Questo basterà».
  Una decina di minuti dopo un’infermiera entrò nella sala d’attesa e le chiamò. Loro due si guardarono e con un cenno della testa si alzarono e tenendosi per mano entrarono nell’ambulatorio. Erano nervose, ma sapere di essere insieme in una cosa così grande aveva calmato molte loro paure. Nonostante tutto quello che avevano passato erano ancora insieme, e innamorate come il primo giorno. Erano decise e pronte ad affrontare qualsiasi cosa.
 
 
Più tardi tornarono a casa con la consapevolezza che ormai potevano solo affidarsi al caso e alla speranza. La ginecologa aveva detto che Ali poteva fare il test di gravidanza dopo due settimane circa. Quella sera erano troppo stanche per fare qualsiasi cosa che non fosse stare sul divano a guardare la televisione, ma il giorno seguente quando Ali fu uscita dal lavoro andarono tutte e tre a fare qualche acquisto per la camera del bambino. Tante cose sarebbro state le stesse che aveva usato Erica, ma tanto per cominciare, non era nemmeno detto che fosse un’altra femmina.
  Senza che potessero accorgersene in mezz’ora il carrello era pieno di oggetti che a dire la verità nemmeno loro sapevano come ci fossero finite. Avevano afferrato praticamente qualsiasi cosa vedessero, dalle tutine alle scarpine, ai giocattoli. Arrivate vicino alle casse ripresero lucidità e si resero conto di avere esagerato. Ali guardò nel carrello e disse:
  «Tesoro, non pensi che forse dovremmo lasciare qualcosa anche agli altri? Forse ci siamo lasciate prendere un po’ la mano. Teniamo solo quello che davvero ci serve».
  «Ehm... credo che tu abbia ragione Ali» osservò Dana prendendo tra le braccia un orso di peluche gigante che non ricordava assolutamente di aver visto sullo scaffale. Perciò si allontarono dalle casse e una spingendo il carrello, l’altra il passeggino di Erica rifecero il giro del grande magazzino rimettendo al loro posto ciò che non avevano realmente intenzione di comprare. Alla fine andarono alla cassa con in mano solo due tutine bianche e un coniglio di peluche a cui davvero non avevano saputo resistere. Pagarono i loro acquisti e tornarono finalmente a casa. Mentre viaggiavano ad un certo punto Dana si voltò verso Ali con aria pensierosa. Quest’ultima la guardò con la coda dell’occhio sempre però guardando la strada.
  «Che cosa c’è?» le chiese. Dana lanciò un’occhiata a Erica che si era addormentata e poi si voltò di nuovo verso la moglie.
  «Se sei incinta... io voglio sapere il sesso del bambino. Non so perchè. Forse voglio essere preparata. Sapere il più possibile riguardo lui o lei prima che arrivi. Che ne dici?» disse Dana.
  «Prima voglio sapere se sono incinta. Ma poi... sì immagino che sia un ragionamento sensato. Anche se fosse un maschio alcune cose di Erica le potremo riutilizzare comunque» rispose Ali. Dana annuì e gli ultimi minuti di viaggio prima di tornare a casa rimasero in silenzio. Entrambe non vedevano l’ora che le due settimane di attesa finissero e Ali potesse finalmente fare il test di gravidanza.
 
 
Alla fine le due settimane passarono. Ali si era svegliata quella mattina con la netta sensazione che fosse successo qualcosa di grosso. Era rimasta sdraiata nel letto con gli occhi sbarrati finché non aveva sentito Dana muoversi accanto a lei.
  «Ali da quanto sei sveglia?» le chiese la moglie con voce assonnata. Lei l’aveva guardata negli occhi per qualche istante con calma assoluta.
  «Devo comprare un test di gravidanza» disse. Dana aprì del tutto gli occhi e si sedette sul materasso.
  «È vero oggi è il giorno!» esclamò. «Pensi di essere incinta?»
  Ali annuì e disse: «Credo di sì, ma devo esserne sicura». Dana piegò le ginocchia e ci appoggiò sopra il mento. Ali sorrise: quel gesto la inteneriva tantissimo. Dopo una trentina di secondi l’altra alzò di nuovo la testa e ricambiò il sorriso.
  «Vado subito a prenderlo. Mi vesto e corro alla farmacia più vicina. Ma non credi che dovremmo andare dal medico per saperlo davvero?» chiese con aria perplessa.
  «Certo» replicò Ali stringendosi nelle spalle. «E nei prossimi giorni ci andremo. Ma adesso devo saperlo subito, non posso aspettare!»
  «In realtà neanche io riesco ad aspettare» disse Dana davvero emozionata.  La baciò e aggiunse: «Va bene, vado e torno! A dopo, ti amo!»
  «Ti amo anch’io, Dana!» rispose Ali ad alta voce mentre l’altra usciva. Rimase seduta sul letto con un vago sorriso e si riscosse solo quando sentì Erica che la chiamava.
  «Mamma!» disse la bambina con la sua voce infantile e così dolce. Ali si alzò e aprì la porta della sua camera da letto trovandosela davanti. Si piegò sulle ginocchia e la prese in braccio, ma il momento durò solo pochi istanti, perchè presto Erica cominciò a divincolarsi e volle tornare a terra. Da quando aveva imparato a camminare non amava più stare in braccio, a meno che fosse stanca o malata.
  «E mami?» chiese. Ali sorrise: in quelle due settimane sua figlia aveva imparato a distinguere lei e Dana con i due nomi che le avevano insegnato.
  «Mami torna subito» rispose, accarezzandole la testa e dandole un bacio leggero sulla fronte. È andata a prendere una cosa per mamma. Forse avrai un fratellino, lo sai?»
Erica fece un sorriso sereno e andò verso camera sua per giocare seguita dalla madre. Non aveva idea di cosa sarebbe successo di lì a nove mesi e non sapeva che presto avrebbe avuto un altro bambino con cui dover dividere i suoi giochi e le sue mamme. La vita di tutte e tre sarebbe cambiata e nemmeno loro sapevano quanto. Le cose per loro erano solo all’inizio.
 
 
 
 
NdA: Scusate tantissimo per questo ritardo! Purtroppo per settimane non ho avuto il computer e non ho potuto scrivere, nè fare niente. Mi perdonate? Intanto ho pubblicato il nuovo e ahimè terzultimo capitolo di questa storia. Spero vi piaccia. Have fun!
 
 

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Capitolo 30
*** Mason ***


Mason



 
 
In effetti Ali era incinta. Il primo giorno in cui aveva avuto il sospetto aveva fatto un test di gravidanza che era risultato negativo. Prima che potesse abbattersi o lasciarsi sopraffarre dalla delusione Dana le aveva fatto vedere che era stata abbastanza previdente da prenderne altri due.
  «Non si sa mai con i test di gravidanza» aveva detto. «Meglio farne più di uno».
  Dana aveva avuto ragione: i due seguenti erano risultati entrambi positivi e loro due decisero che la cosa era abbastanza sicura perché potessero cominciare a festeggiare. Telefonarono ai rispettivi genitori immediatamente e sia loro che tutti gli altri fecero sapere di essere al settimo cielo almeno quanto le future mamme. Poi subito dopo l’entusiasmo subentrò una sorta di frenesia che portò le due donne a fare parecchie spedizioni ai grandi magazzini più del necessario e a comprare tonnellate di cose per il bambino che per la maggior parte si rivelarono del tutto inutili. A loro non importava però: erano talmente emozionate che tutto il resto passava in secondo piano. Trascorrevano parecchie ore ad arredare la terza camera da letto che presto sarebbe diventata la stanza del bambino. Anche se volevano sapere il sesso, non erano riuscite ad aspettare per arredare la stanza, perciò avevano preso i mobili di un delicato color crema che sarebbe potuto andare bene tanto per un maschio come per una femmina.
 
La prima ecografia fu un grande momento per entrambe le donne. Si tennero per mano tutto il tempo e salutarono commosse quell’esserino minuscolo, ma già dotato di gambe e braccia che entro qualche mese sarebbe venuto alla luce.
  «Ciao piccolo» mormorò Ali con le lacrime agli occhi. «Ma guarda, Dana! Ha il tuo naso!»
  «Hai ragione, Ali» rispose Dana nello stesso tono di voce. «Non riesco a crederci, diventa sempre più reale! È meraviglioso, non vedo l’ora di conoscerlo o conoscerla». Si voltarono verso il medico che le guardava incuriosito. Si aspettavano delle domande che però non arrivarono. Non avrebbero avuto problemi a dire le cose come stavano. Ma il ragazzo continuò a esplorare il ventre di Ali con l’ecografo e a illustrare le varie parti del corpo del feto.
  Alla fine stampò l’immagine, tolse il gel dall’addome di Ali con della carta assorbente e le disse che si poteva rivestire. Lei obbedì e poco dopo si alzò dal lettino.
  «Ci rivediamo per la prossima visita, allora» disse. Lei e Dana strinsero la mano al dottore e alla fine tornarono a casa. Quando arrivarono Erica corse loro incontro con passi incerti e Tracy dietro di lei che le salutò con un sorriso. Chiuse la porta alle loro spalle, mentre si toglievano le giacche, poi si sedettero tutte e tre sul divano.
  «Allora com’è andata?» chiese Tracy. Dana e Ali si guardarono e quest’ultima tolse dalla borsa l’immagine dell’ecografia. Disse solo: «Il bambino ha il naso di Dana». Tracy prese la fotografia e la guardò a lungo con gli occhi lucidi. Alla fine la restituì ad Ali con aria raggiante.
  «Ragazze, è meraviglioso. È ancora minuscolo, eppure mi sembra già di conoscerlo da una vita. O conoscerla. Non so perchè, ma ho la sensazione che sarà un maschio. Ed è raro che mi sbagli in queste cose. In ogni caso sarà un bambino stupendo». Fece una pausa e aggiunse: «Sarà meglio che vada. A presto, ragazze. E ciao, Erica!»
  La prese in braccio e le diede un bacio su una guancia. La bambina le sorrise e disse: «Nonna».
  «Sì piccola» rispose lei, emozionata mentre la posava di nuovo a terra, «sono la nonna». Era la prima volta che lo diceva. Tracy si rivestì, prese la borsa e con un ultimo abbraccio a tutte e tre uscì di casa, chiudendosi la porta alle spalle. Come fu uscita Ali e Dana si voltarono a guardare Erica.
  «L’ha chiamata nonna? Ha davvero detto nonna?» fece quest’ultima meravigliata. Ali annuì incredula.
  «Non l’aveva mai detto, vero? La nostra bambina sta imparando a parlare, non riesco a credere che sia già così grande. Se ci distraiamo un po’ ce la ritroveremo all’università senza avere idea di come sia potuto succedere. Non è che con il nuovo bambino si sentirà trascurata?»
  «Ma no, Ali, come può venirti un’idea del genere? È una follia! Il nuovo bambino arriverà e noi ameremo lui o lei ed Erica esattamente allo stesso modo e daremo loro esattamente tutta la quantità di affetto di cui hanno bisogno. Smettila di preoccuparti» rispose Dana mettendole un braccio intorno alle spalle. Ali si voltò verso di lei e le sorrise.
  «Hai ragione» le disse. Dana si avviò verso la cucina e lei la seguì, rimproverandosi per le proprie preoccupazioni eccessive. Era così da sempre, non riusciva ad evitarlo. Era una fortuna che avesse incontrato Dana, che invece cercava sempre di vedere il lato positivo di ogni situazione. Erano in un equilibrio perfetto.
  Mentre Dana preparava la cena lei si diede da fare per apparecchiare la tavola. Intanto andavano avanti a parlare, ovviamente dell’argomento che in quel periodo premeva loro di più, cioè l’arrivo del nuovo bambino e di che effetti avrebbe avuto sulla loro famiglia e anche su Erica. Non sapevano bene come prepararla all’arrivo del nuovo fratellino, dal momento che era ancora così piccola. Poco dopo Dana annunciò che la cena era pronta e si sedettero a tavola una di fronte all’altra come ogni sera.
  Ad un certo punto a Dana venne un dubbio, che per quanto insensato la lasciò preoccupata. Alzò lo sguardo verso Ali e le chiese: «Non pensi...?»
  «Cosa?» fece l’altra con aria interrogativa. Dana sospirò e appoggiò la forchetta sul piatto. «Non pensi che fra qualche anno... magari... il nostro donatore decida di conoscere il bambino? Potrebbe succedere? Cioè io non credo, ma non si sa mai, no?»
«Non credo nemmeno io, Dana, tranquilla» rispose Ali. Per la prima volta era lei a consolare la moglie e non viceversa. «È anonimo e non penso proprio che cambierebbe idea. Forse sarà nostro figlio a voler conoscere chi gli ha dato metà del suo DNA e quella sarà un’altra faccenda... Ma è inutile pensarci adesso, non è ancora nato e abbiamo circa diciotto anni prima che arrivi quel momento. Stai tranquilla, tesoro». Le prese una mano e Dana sorrise.
  «Mia madre ha detto che secondo lei sarà un maschio. Sai? Lo penso anch’io. Forse è solo perchè dopo Erica vorrei avere un figlio per fare entrambe le esperienze».
  «Questo vuol dire che abbiamo ufficialmente cambiato idea sull’aspettare per avere la sorpresa?» chiese Ali con un sorrisetto. Era una domanda retorica. Dana sorrise in risposta. La cena continuò tranquillamente e serenamente. Erica aveva già mangiato e stava giocando per conto suo nel soggiorno, ma le sue mamme la tenevano sempre sott’occhio. Alla fine sistemarono la cucina e si concessero una serata di tranquillità, solo loro due e la loro bambina.
 
 
Circa un mese dopo era arrivato il momento di un’altra visita dal medico. In quelle settimane la stanza del bambino aveva decisamente cambiato faccia. Le pareti erano state dipinte di un delicato color verde prato e i primi mobili erano stati messi al suo interno, come la culla e un piccolo armadio. Ali e Dana volevano che fosse tutto perfetto per l’arrivo del bambino. Anche se avevano deciso di non aspettare per scoprire il sesso del bambino non avevano cambiato idea sullo scegliere tutte cose di colore neutro. Ci si poteva sempre sbagliare. Ma quella sarebbe stata una visita importante perché finalmente potevano scoprire se avrebbero avuto un maschietto o una femminuccia.
  Quel pomeriggio si recarono ovviamente insieme all’ospedale per la visita ed erano molto emozionate. Come ogni volta Ali si sdraiò sul lettino e Dana rimase in piedi accanto a lei e le tenne la mano per tutto il tempo. A fare l’ecografia non c’era lo stesso medico dell’altra volta; adesso c’era una donna nera sui quarant’anni che le accolse con un bel sorriso.
  «Allora!» esclamò. «Siete le future mamme, giusto? Vogliamo dare un’occhiata a quel nanerottolo? Venite, la mamma incinta si sdrai sul lettino, per favore!»
  Ali ubbidì subito e si sdraiò sulla striscia di carta, in mezzo alla ginecologa e a sua moglie. La dottoressa aveva già acceso l’ecografo e iniziò la visita. Come sempre iniziò a descrivere lo stato di salute generico del bambino, illustrandone le varie parti del corpo. Dopo aver sentenziato che era in perfetta salute chiese: «Per caso volete sapere il sesso?»
  «Sì» rispose Dana dopo un’occhiata veloce con Ali, «vorremmo sapere il sesso. Per favore».
  «Agli ordini!» esclamò la ginecologa. Cambiò angolazione all’ecografo e si mise a cercare. «Bene, possiamo vedere che... Non si vede un bel niente! Ha le gambe chiuse!»
  Girò lo schermo verso le due mamme e fece loro vedere che in effetti il bambino aveva le gambe incrociate e non si vedeva niente. «Sarà per la prossima volta» disse ridendo. Diede ad Ali della carta assorbente perché si pulisse il gel e alla fine le disse che poteva andare e che alla visita successiva avrebbero riprovato a controllare se il bambino era maschio o femmina.
  Mentre uscivano Dana prese Ali sottobraccio e osservò: «Comunque io sono sempre più sicura che sia un maschio. Non so perché, però ho questa sensazione precisa. Un bel maschietto... Io inizierei già a pensare ai nomi. Come ti piacerebbe chiamarlo?»
«Dana non lo so...» rispose Ali con aria perplessa. «Non sappiamo nemmeno se è un maschio. Facciamo che prima lo o la vediamo in faccia e decidiamo il nome giusto per lui o lei?»
  «Sì forse è meglio» osservò Dana. «Magari decidiamo il nome adesso e poi quando nasce ci rendiamo conto che non gli sta bene. O non le sta bene». All'improvviso allungò il braccio libero e appoggiò la mano sul ventre di Ali, che si stava lentamente ingrossando. «Sì posso avvertire la vibrazione. Sarà un maschio. E si chiamerà... Jonah».
  «Scusami?» fece Ali con espressione schifata. «Non se ne parla proprio! Mio figlio non si chiamerà Jonah! Niente nomi biblici, sono troppo impegnativi. Gli daremo un nome neutro».
  «D'accordo, d'accordo! Stavo solo scherzando!» esclamò Dana, sollevando le mani in segno di resa. «Però hai visto? Ha! Ne hai parlato al maschile anche tu, questa volta!»
  «No, io...» cominciò Ali, poi si interruppe e sorrise. «Per forza! Tu continui a parlarne al maschile, mi hai contagiata! Mancano ancora parecchie settimane alla nascita, dobbiamo avere pazienza. Lo so che non vedi l'ora di conoscerlo o conoscerla, per me è la stessa cosa».
  «Già non vedo l'ora» mormorò Dana, passandole un braccio attorno alle spalle. Poco dopo arrivarono alla macchina e salirono entrambe. Dana si mise alla guida, ormai era raro che lasciasse guidare Ali, anche se lei le diceva sempre di essere perfettamente in grado. La moglie però non voleva sentire ragioni, da quando avevano sfiorato un incidente quella volta mentre tornavano dalla società di adozioni, aveva molta più paura a viaggiare in auto e non voleva correre rischi inutili facendo guidare una donna incinta. Non voleva ammetterlo nemmeno con se stessa, ma era terrorizzata all'idea di perdere la sua famiglia, come era già quasi successo qualche mese prima, a causa di una loro lite.
  «Sai, in realtà non è che voglia saperlo poi così tanto» osservò Ali dopo un lungo silenzio. Dana, colta alla sprovvista, la guardò per un attimo con aria perplessa.
  «Non vuoi sapere cosa?» le chiese. Ali la guardò come se ciò che stava pensando dovesse essere ovvio anche per lei.
  «Il sesso del bambino, no? Non stavamo parlando di quello? Siamo tutti convinti che sarà un maschio, giusto? Quindi direi che possiamo aspettare ancora qualche mese e verificare di persona se avevamo ragione oppure no. Che ne dici?»
  «Immagino che sia una buona idea» replicò Dana lentamente. Sembrava sinceramente stupita. «Ma perché hai cambiato idea così all'improvviso?»
  «Non saprei» fece Ali stringendosi nelle spalle. «Credo perché in realtà preferisco avere la sorpresa. Ho avuto l'impressione che sia stato un segno il fatto che oggi avesse le gambe chiuse... Come se in realtà non dovessimo saperlo prima del tempo».
  «Sì...» osservò Dana pensierosa, «forse hai ragione».
 
 
Poco dopo arrivarono a casa e come prima cosa salutarono Taylor che aveva badato ad Erica mentre loro due erano fuori. «Avete saputo allora?» chiese lei con aria emozionata.
  «In realtà no, mamma» fece Ali con una leggera risata. «Il bambino aveva le gambe chiuse, ma non è un grosso problema. Abbiamo deciso che preferiamo la sorpresa dopotutto. Quel che sarà sarà».
  «Sapete che cosa dovremmo fare adesso?» disse Dana all'improvviso. Moglie e suocera si voltarono di scatto verso di lei con aria interrogativa. Lei sorrise. «Un baby shower!»
  «Un baby shower?» le fece eco Ali, inizialmente perplessa e poi entusiasta. «Sì, è una splendida idea! Potremmo invitare Fay e Kimmy e anche qualche mamma dell'asilo, preparare dei giochi, un sacco di cibo... Oddio, sarà fantastico!»
  «D'accordo, allora!» esclamò Dana con un gran sorriso, altrettanto entusiasta. «Iniziamo subito a organizzare, verrà fuori una festa fantastica, ne sono sicura». Ciò detto prese il telefono e telefonò subito alla sorella maggiore.
  «Kimmy, ciao, sono Dana! Senti vorremmo organizzare un baby shower settimana prossima! Vuoi venire?» rimase un attimo in silenzio mentre ascoltava. Alla fine disse: «Perfetto allora ti aspettiamo alle cinque! Mi raccomando niente marito!» la salutò e riattaccò. Nel frattempo Ali aveva telefonato a Faith e le aveva detto più o meno le stesse cose. Dopo loro due chiamarono una alla volta anche le mamme dell'asilo che volevano invitare, raccomandando a tutte di venire da sole.
  La festa venne organizzata con abituale maestria e fu davvero fantastica. C'era cibo per tutti i gusti, giochi divertenti e le future mamme ricevettero regali in quantità, tutti che sarebbero potuti andare bene tanto per un maschio come per una femmina. Era stata una loro richiesta specifica, data la loro ultima decisione in merito. Tra i doni c'erano vestitini e peluche, ma anche giocattoli e una culla nuova, visto che quella di Erica ormai era troppo vecchia e malandata per riuscire a sopportare il peso di un altro bambino. Kim aveva una pancia davvero grossa, ormai mancava poco, circa due mesi e fece sapere quasi subito che aspettava un'altra bambina. «Questa volta stiamo pensando di chiamarla Morgan» disse. «Oppure Alexandra».
  «Sono entrambi nomi bellissimi, Kimmy» disse Dana. Guardò Ali e aggiunse: «Noi non abbiamo ancora pensato ai nomi. O meglio, io sì, ma poi Ali mi ha detto che è meglio aspettare che nasca per vederlo, o vederla in faccia e scegliere il nome adatto».
  «Io ho fatto così quando aspettavo Thomas» disse Caroline, una delle mamme che avevano conosciuto all'asilo. Aveva tre figli, Thomas di cinque anni e i gemelli Chloe e Jason che avevano la stessa età di Erica. Ad Ali stava molto simpatica. Altre mamme raccontarono la loro esperienza, compresa Faith che sognava di chiamare un suo eventuale figlio Michael dall'età di cinque anni, ma si era sforzata di prendere in considerazione altre possibilità. E ora disse che lei e Dan stavano pensando di replicare. «Sono stata la prima ad avere un figlio» disse ad Ali e Kim, «e ora mi state superando tutte e due».
  «Allora forza! Mettetevi d'impegno e sfornate il secondo pargolo!» esclamò Ali mettendole un braccio attorno alle spalle. Si misero entrambe a ridere stupidamente, come quando erano ragazzine.
  «Oh, Ali» disse Faith. «Lo sai vero cosa ti aspetta prima di tutto? Il parto». Le altre mamme annuirono solidali. «Buona fortuna» fece Kimmy. Ali sentì un lieve velo di sudore freddo coprirle la fronte.
 
 
Più tardi quella sera Ali e Dana si ritrovarono sole, una volta finita la festa. Erica dormiva, così poterono avere un po' di tempo per loro due.
  «Allora cosa ne pensi?» chiese Ali a un certo punto. Dana scrollò le spalle.
  «Dipende a quello a cui ti stai riferendo» rispose. Ali fece un gesto vago con le braccia, poi si strinse nelle spalle a sua volta.
  «Non lo so, a tutto quello di cui abbiamo parlato oggi. Al parto per esempio». Dana fece un sorrisetto e le diede un bacio su una guancia.
  «Verrò con te al corso, naturalmente» osservò. «Ma per quanto riguarda il parto vero e proprio... Sono felice di non essere al tuo posto, amore mio».
  «Ecco. Grazie, sei molto carina» fece Ali sedendosi pesantemente sul divano. Sua moglie si sedette accanto a lei e le mise un braccio attrorno alle spalle.
  «Lo so» disse ridendo. «Ed è per questo che mi ami, giusto?»
  Rimasero in silenzio per qualche minuto, durante il quale Ali si appisolò leggermente. Le capitava abbastanza spesso nelle ultime settimane. Alla fine Dana riprese a parlare e lei si svegliò di soprassalto, guardandosi intorno leggermente spaesata.
  «Senti...» cominciò, «visto che non facciamo niente da qualche settimana... Per te è pericoloso... Andare sulle montagne russe, adesso?»
  «No... Ma vuoi davvero?» le chiese Ali, dubbiosa? «Guardami, guarda come sono ingrassata! Non mi offendo se dici che non ti piaccio più».
  «Oh andiamo, Ali, sul serio? Tu sei bellissima, adesso ancora di più. Piantala, non smetterai di piacermi così facilmente. Dai, vieni, andiamo a letto». Si alzò, allungò una mano e aiutò la moglie a fare altrettanto che la seguì un po’ controvoglia in camera. Malgrado quello che le aveva detto Dana lei si vedeva sempre più grassa e sempre meno attraente, ma sapeva anche che sua moglie non le avrebbe mai fatto dei complimenti che non pensava davvero solo per farla sentire meglio. Non era quel tipo di persona e Ali la amava anche per questo.
 
 
Era l’inizio di agosto. Erano passati diversi mesi dal baby-shower, così tanti che ormai Ali avrebbe partorito nel giro di un paio di giorni. Nel frattempo Kim aveva avuto una bella bambina che aveva chiamato, come tutti pensavano, Morgan e Faith giusto due settimane era passata a trovarle per annunciare di essere rimasta incinta per la seconda volta. E adesso toccava ad Ali e lei era sempre più terrorizzata all’idea del parto. Frequentare il corso e sapere che Dana sarebbe stata con lei tutto il tempo la aiutavano molto, ma tutte le neomamme parlavano del parto come un’esperienza veramente molto dolorosa. D’altra parte però non vedeva l’ora di partorire perché a voler essere onesti era stufa di essere incinta. Oltre a tutti le conseguenze sgradevoli della gravidanza si aggiungeva il fatto che aveva una voglia incredibile di conoscere il suo bambino. Suo e di Dana, ovviamente. Sperava con tutto il cuore che accadesse presto, nonostante avesse comunque paura del parto.
  Fu esaudita la settimana dopo. Era sera e Dana stava iniziando a preparare la cena e intanto parlava con lei. Però poi Ali si interruppe all’improvviso e Dana si voltò a guardarla. «Che succede?»
  «Amore...» disse Ali, guardandola con gli occhi sbarrati, «mi sa che ci siamo». Dana ricambiò il suo sguardo, altrettanto sconcertata.
  «Cosa? Vuoi... vuoi dire che stai per avere il bambino? Adesso? Proprio adesso?» le chiese. Ali annuì tenendosi il ventre.
  «Credo di sì. Anzi, ne sono sicura» rispose. «Qualcuno deve venire a tenere Erica! Chiama qualcuno!» esclamò e sua moglie annuì e prese il telefono. Intanto la guardava con occhi scintillanti di gioia.
  «Ommioddio stiamo per avere un bambino, stiamo per avere un bambino, stiamo per avere un bamb... Taylor!» Dana interruppe la sua cantilena all’improvviso quando la suocera rispose. «Ciao sono Dana! Potresti venire a badare a Erica? Devo portare Ali in ospedale, sta per avere il bambino!»
  Rimase un attimo in silenzio e aggiunse: «Perfetto, ci vediamo tra poco!» dopodiché riagganciò.
  «Partiamo non appena arriva, okay tesoro?» chiese Ali. L’altra annuì e corse in camera da letto a prendere la borsa dei vestiti che avevano preparato un paio di giorni prima. Tornò in soggiorno e poco dopo arrivò Taylor, così loro due saltarono in auto e corsero in ospedale. Arrivarono abbastanza velocemente e quando entrarono dal pronto soccorso un infermiere le fece accomodare in sala d’aspetto, dicendo: «Un medico sarà da voi non appena possibile».
  «Perfetto, grazie» rispose Dana, tenendo la mano di Ali che da qualche minuto aveva iniziato a soffrire “come un cane” a detta sua. «Come va, tesoro?» le chiese.
  «Fa male, Dana. Fa un male tremendo. Quando ci fanno entrare?» le chiese. Dana le mise un braccio attorno alle spalle e le diede un bacio sulla testa. Vide gli sguardi delle altre persone, ma non se ne curò, non contavano in quel momento.
  «Presto, amore. Sta’ tranquilla, adesso arriverà un medico e ti visiterà». Ali annuì e chiuse gli occhi, appoggiandole una testa sulla spalla. Un paio di minuti dopo arrivò un altro infermiere che la mise su una sedia a rotelle e insieme a Dana entrarono in sala parto. Arrivò una ginecologa che la fece sdraiare su un letto e cominciò a visitarla. Dana la osservava e si rese conto che la sua espressione era sempre più tesa e preoccupata. Alla fine uscì dalla stanza e lei la vide parlare a bassa voce con un altro medico.
  «Dana, che sta succendendo?» le chiese Ali. Lei le accarezzò la fronte. «Qualcosa è andato storto, vero? L’ho vista anch’io, quella non è l’espressione di una che pensa che andrà tutto bene. Adesso è uscita. Che c’è che non va? Vai... chiediglielo, ti prego».
  «D’accordo, aspetta un secondo» rispose Dana. Uscì dalla stanza e raggiunse i due medici. «Dottoressa Jones, mi dispiace disturbarla» cominciò torcendosi le mani. «Io e mia moglie ci stiamo domandando se ci sia qualcosa che non va. Che cosa succede?»
  «Signora, deve stare tranquilla» disse il secondo medico mettendole una mano sulla spalla. Dana lo guardò spaventata e fece un passo indietro. «Andrà tutto bene».
  «No, non è vero. Voi dite che andrà tutto bene quando le cose stanno precipitando. Mi dica la verità, che cosa sta succedendo?»
  «D’accordo, venga con me» le disse l’uomo, dopodiché tornò nella stanza di Ali, seguito da Dana e dalla ginecologa. Si passò una mano sul viso e continuò: «Signore Donnell, temo di dovervi dare una notizia spiacevole». Ali e Dana si strinsero la mano. «Dall’ecografia abbiamo visto che il bambino non è nella giusta posizione per un parto naturale. Dovremo procedere con un cesareo».
  «Perché? Qual è il problema?» chiese Ali. Dana annuì. «Sì spiegateci tutto».
  «Non c’è molto da spiegare» spiegò il medico. «Il bambino si presenta di spalla, molto semplicemente non può uscire. Il taglio cesareo è l’unica opzione disponibile».
  «Va bene, d’accordo. Grazie dottore» rispose Dana. Lui annuì e disse: «Torneremo non appena saremo pronti per la sala operatoria».
 
 
Più tardi i due medici tornarono, seguiti da uno specializzando e un paio di infermieri. Spostarono Ali su una barella e Dana le diede un bacio, le augurò buona fortuna e li guardò allontanarsi. Alla fine tornò in sala d’aspetto, dove vide che erano arrivati tutti quanti. C’erano Kim e Benji e poco dopo arrivarono anche i suoi genitori. «Ciao» fece lei, assolutamente meravigliata, andando ad abbracciare sua madre e suo padre. «Che ci fate tutti qui? Kim, dove sono Jake e le bambine?»
  «Sono a casa, ho preferito venire sola e non mobilitare tutta la famiglia. Come va? Ali sta bene?» rispose sua sorella. Benji si alzò e le andò incontro.
  «La mamma mi ha detto che Ali aveva le doglie e che stava tenendo Erica... Non potevo non venire. Allora cos’è successo?»
  «Ali è in sala operatoria» rispose lei, lasciandosi cadere su una sedia. Immediatamente furono tutti accanto a lei. «Devono farle un taglio cesareo. Ho una paura del diavolo. Quanto pensi che ci vorrà?»
  «Beh...» osservò Benji con aria saputa. «Un cesareo dura tra mezz’ora e quarantacinque minuti, salvo complicazioni. Ma tranquilla!» aggiunse all’improvviso notando l’espressione atterrita di Dana. «Sono sicuro che sia Ali che il bambino stanno perfettamente!»
  «Non stanno poi così bene o altrimenti mia moglie non avrebbe dovuto essere operata!» esclamò lei con voce isterica. «Scusa... Scusami».
  «Lo so che fa paura» le disse Benji mettendole un braccio attorno alle spalle, «ma devi stare tranquilla, davvero. Sì, è un intervento, ma è in anestesia locale e Ali è assolutamente in buone mani. Non ti preoccupare, prima che tu te ne accorga arriveranno a dirti che l’intervento è terminato e che sia lei che il bambino stanno alla grande. Vedrai che è così».
  «Spero che tu abbia ragione Benji» mormorò lei, alzandosi e iniziando a camminare avanti e indietro. Andò avanti così per una decina di minuti finchè Kim iniziò a lamentarsi.
  «Dana dacci un taglio, mi fai venire il mal di testa» le disse. Dana smise di camminare e anche se non aveva mai fumato in vita sua sentì l’improvvisa quanto insana voglia di una sigaretta; perciò andò a prendere una lattina di soda al distributore più vicino. In quel momento si avvicinò al gruppo lo specializzando che Dana aveva visto prima dell’intervento. «I familiari della signora Ali Donnell?»
  «Sì, siamo noi» disse Dana avvicinandosi. «Come stanno lei e il bambino? È andato tutto bene?»
  Il ragazzo si lasciò sfuggire un leggero sospiro, probabilmente dovuto alla stanchezza, ma Dana sbarrò gli occhi. «No...» mormorò terrorrizzata, mentre lo specializzando diceva: «Stanno bene. Mi dispiace se non sono uscito ad avvisarvi prima, ma non potevo allontanarmi dalla sala. In ogni caso stanno bene entrambi. Suo figlio è davvero bellissimo».
  «È un maschio?» esclamò Dana con un gran sorriso. «Posso vederli?»
  «Certo!» rispose il ragazzo. «Venga con me, sua moglie è già nella sua stanza. Non le abbiamo fatto l’anestesia totale perciò vedrà che è sveglia e cosciente. Potrebbe solo accusare dolori all’addome ed è assolutamente normale. Ecco è qua» aggiunse aprendo la porta di una stanza. Dana entrò e vide Ali semi-sdraiata nel letto e la culla del bambino accanto a lei.
  «Ali!» esclamò andandole incontro. La baciò e le chiese: «Come stai?»
  «Dana!» le rispose la moglie sorridendo. Aveva l’aria un po’ sofferente, ma per il resto stava bene. «Tutto okay. Guarda, c’è qualcuno che vorrebbe conoscerti»e indicò la culla con un cenno della testa. Dana si avvicinò e vide suo figlio per la prima volta.
  «Ali è stupendo!» mormorò. Lo prese in braccio e gli sorrise commossa. «Hai visto che avevo ragione? È un maschio. Allora, come lo chiamiamo?»
  «Io avevo pensato a un nome» disse Ali. «Poi dimmi se ti piace. Mason. Che ne pensi?»
  «Mason...» ripetè Dana guardando il bambino. Inclinò la testa da una parte e dall’altra. «Sì, mi piace!»
  Quasi come se le parole di sua madre fossero quello che aspettava, Mason si stiracchiò con aria rilassata e chiuse gli occhi. Ali e Dana lo guardavano come se non avessero mai visto niente di così meraviglioso. «Dovremmo chiamare mia madre» osservò Ali. «Erica vorrà conoscere suo fratello».
  Dana annuì e replicò: «Giusto. Adesso le telefoniamo. Ti amo». La baciò e le accarezzò una guancia. Ali sorrise. «Ti amo anch’io» disse piano. Si scambiarono un altro bacio e Dana uscì dalla stanza. Subito venne circondata da tutta la famiglia e cominciarono a tempestarla di domande. Come stava? Come l’avevano chiamato? Oh, e a chi assomigliava? Ali stava bene? Dana li fermò tutti e sorrise.
  «Va bene, potete entrare. Pochi alla volta, però! Benji» aggiunse poi, «che ne dici di chiamare tua madre? È con Erica e vorremmo che venissero qui».
  «D’accordo» disse lui. Prese il cellulare e si avvicinò all’ingresso. Dana invece tornò nella stanza di Ali e si sedette nella sedia accanto al suo letto. Era felice. No, più esattamente era al settimo cielo. La vita era meravigliosa: aveva una moglie fantastica e due figli stupendi. Non avrebbe potuto chiedere di più. Quando arrivarono anche i Donnell con Erica, Kim e i suoi genitori decisero che era meglio togliere il disturbo per evitare di creare una folla troppo grossa. Poco dopo gli altri seguirono il loro esempio e se ne andarono, lasciando la famiglia da sola. Erica guardò curiosa nella culla di plastica dove Mason stava dormendo. «Chi è?» chiese. Stava imparando a parlare e sembrava che ogni giorno conoscesse una nuova parola. «Il tuo fratellino, piccola. Sei contenta?»
  «Pecché?» chiese di nuovo, con aria interrogativa. Dana ricambiò lo sguardo. «Perché cosa, tesoro?»
  «Pecché un fatellino?» disse a questo punto Erica. Ali sembrava confusa. «Beh, è appena nato e fra qualche giorno lo portiamo a casa con noi. D’accordo?»
  «E io?» ribattè la bambina, con espressione offesa. Dana scoppiò a ridere. «Anche tu vieni a casa! Andremo a casa tutti e quattro insieme! Va bene così?»
  «Mh... Sì, mami» rispose Erica stringendole le braccia intorno al collo. Sua madre le diede un bacio sulla guancia continuando a ridere tra sè.
  Era tutto perfetto, pensò Ali guardandosi intorno. Aveva una famiglia meravigliosa e niente alla fine era riuscito a dividere lei e sua moglie. Avevano avuto tanti problemi, ma grazie all’intensità del loro amore tutto si era risolto e adesso erano lì in ospedale, ancora insieme e con due bambini stupendi. Sorrise a Dana che le diede un bacio leggero e alla fine guardò Erica e Mason e pensò che non avrebbe davvero potuto chiedere qualcosa di meglio. “La vita va alla grande” si disse. “Davvero alla grande”.
 
 
 
 
NdA: Lo so, lo so era una vita che non pubblicavo, ma ho avuto da fare e per un periodo non ho avuto nemmeno il computer. In ogni caso spero che sia valsa la pena aspettare e vi prometto di metterci di meno con il prossimo e, ahimè ultimo, capitolo. Grazie a chi leggerà, recensirà eccetera. Have fun!
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 31
*** Epilogo ***


Epilogo
 



 
La sveglia suonò alle sette e Ali aprì gli occhi di scatto. Si voltò verso la moglie e le diede un bacio sulle labbra per svegliarla.
  «Buongiorno» mormorò con un sorriso. Dana sorrise a sua volta.
  «Buongiorno a te» rispose. Le diede un altro bacio e aggiunse: «Oggi è un giorno speciale».
  «Altrochè» fece Ali mettendosi a sedere sul materasso. «La nostra bambina si diploma al liceo. Non riesco ancora a crederci».
  Il silenzio della casa fu interrotto da un tonfo sordo. Ali e Dana si scambiarono uno sguardo. «Mason!» esclamò la prima. «Che sta succedendo? Tutto bene?»
  «Ehm... sì, ma’ non è niente!» rispose la voce del figlio minore. «È solo caduta una... cosa...»
  Entrambe sorrisero con affetto al pensiero di quel sedicenne biondo e maldestro che amavano con tutto il loro cuore. Si alzarono dal letto e lo raggiunsero. Per fortuna davvero non era successo niente: camminando al buio Mason aveva urtato uno sgabello che era caduto a terra. Dana sospirò sollevata; solo la settimana prima il ragazzo aveva rotto un vaso di ceramica a causa di uno sfogo di rabbia mentre giocava alla Play Station.
  «Non potevi accendere la luce?» gli chiese. «Erica è già uscita?»
  «No credo che sia ancora in bagno» disse lui. «Le ho chiesto come stava e mi ha risposto di non seccarla. Va tutto bene, è solo un po’ nervosa». Poco dopo Erica uscì dal bagno e andò a mettersi le scarpe. Ali e Dana si avvicinarono alla figlia maggiore con sorrisi incoraggianti stampati in faccia.
  «Tutto bene? Sei pronta? Oggi è un gran giorno» commentò Ali, mentre Dana annuiva con aria convinta al suo fianco. Erica sbuffò.
  «Lo so. Me lo ripetete da due settimane» rispose alzandosi in piedi e prendendo la borsa. Sorrise. «Sto bene. Sono nervosa, ma è tutto okay. Mamma, allora ci accompagni tu? Non voglio fare tardi».
  «Sì, vi accompagno io» rispose Ali. Si era completamente dimenticata del discorso avuto la sera prima. “Sto invecchiando”, pensò. «Mi vesto in due minuti e arrivo». Detto questo corse in camera a vestirsi e cinque minuti dopo era di nuovo in soggiorno, pronta per uscire.
  «Sono pronta, ragazzi. Andiamo?» disse. Erica e Mason annuirono e andarono ad aprire la porta. «A dopo, amore» salutò Dana, dandole un bacio sulle labbra. Uscirono e Dana rimase sola, come accadeva quasi tutte le mattine da dodici anni. Iniziò a preparare la colazione sapendo che Ali sarebbe tornata entro mezz’ora. Amava farle trovare la tavola apparecchiata con una pila di frittelle e caffè bollente. Era emozionata al pensiero della figlia che si sarebbe diplomata nel pomeriggio. Ed era ancora più emozionata e orgogliosa quando pensava alla carriera che aveva pensato di intraprendere dopo la scuola. Si era iscritta al college pochi mesi prima e dopo quei quattro anni intendeva frequentare l’università di medicina. “Avremo un medico in casa, che bello”. Invece Mason stava per finire il secondo anno di liceo e non avrebbe potuto essere più diverso dalla sorella. Lui sognava di giocare a baseball da professionista sin dalla tenera età di cinque anni. E aveva talento da vendere, non solo secondo le sue mamme, ma anche secondo il suo coach. Era probabile che sarebbe riuscito a realizzare il suo sogno. Era fiera dei suoi figli, di tutti e due. Entrambi avrebbero avuto successo nella vita, anche se in due campi molto diversi. Circa cinque minuti dopo, come previsto, la porta si aprì e Ali entrò in casa, con i vestiti e i capelli bagnati: evidentemente stava piovendo forte, fuori.
  «Piove» annunciò sbuffando, senza che fosse necessario. «E io non ho pensato di portare l’ombrello. Mmm, che profumino! Hai preparato la colazione, amore?»
  «Proprio così» replicò Dana andandole incontro per toglierle la giacca e mettendola ad asciugare sul calorifero. «Una colazione calda e invitante per la mia bella mogliettina infreddolita».
  «Oh, grazie Dana» disse lei sorridendo e dandole un bacio sulle labbra, «che cosa farei senza di te?»
  «Moriresti di fame!» rispose Dana ridendo. Ali sorrise in risposta, poi prese per mano la moglie e la portò in cucina. La fece sedere al tavolo e si sedette di fronte a lei. «Ali, che cosa c’è?»
  «Dana è quasi vent’anni che stiamo insieme eppure quando ti guardo mi sento come il primo giorno in cui ci siamo conosciute» cominciò Ali. Si sentiva in uno di quei momenti in cui riusciva ad esprimere i suoi sentimenti e voleva dire a Dana una cosa che voleva dirle da anni prima di cambiare idea. «Quello che voglio dirti è... che ti amo. E sul serio, dopo tutto quello che abbiamo passato ormai non riuscirei più a immaginare la mia vita senza di te. In realtà è una cosa che sento da anni, ma per qualche motivo non ero mai riuscita a dirtela».
  «Io...» rispose Dana dopo un paio di minuti in cui non era riuscita a fare altro che guardare la moglie a bocca aperta. «Io... è... wow! Come mai tutto questo, così all’improvviso? Ti amo anch’io... E non ho mai nemmeno pensato a una vita senza di te... L’idea non mi ha mai neanche sfiorata, nemmeno durante la Guerra Fredda. Sei parte di me, lo saresti stata in ogni caso... Ma che cosa succede?»
«Non succede niente» replicò Ali stringendosi nelle spalle. «È solo che... non lo so, forse perchè oggi Erica si diploma e a settembre incomincerà il college... Al pensiero mi emoziono tantissimo e dico cose che in altre occasioni non direi, anche se è ovvio che le penso».
«Allora ringraziamo le occasioni speciali che ti fanno emozionare!» disse Dana con una risatina, anche se si sentiva pizzicare il naso e sapeva di avere gli occhi lucidi. Abbracciò Ali e si alzò in piedi. «Allora, vogliamo fare colazione? Il caffè e le frittelle non aspettano caldi e gustosi in eterno!»
«Va bene mangiamo» disse Ali. Dana andò fino al bancone e prese le cibarie che poi portò al tavolo apparecchiato. Si sedette di nuovo e cominciarono a mangiare in silenzio, sorridendo quando alzavano gli occhi dal piatto. “Vent’anni”, pensò Ali. “Vent’anni della mia vita e due figli insieme a questa donna meravigliosa e mi sento davvero come il primo giorno. Mi sembra ancora impossibile che sia successo proprio a me. Non posso essere la stessa persona che veniva sistematicamente lasciata da tutti i suoi fidanzati. La svolta è iniziata con Josh” riflettè, “ed è continuata con Dana. E so che finirà con lei”.
 
 
Una volta finito di mangiare, Ali si preparò per andare al lavoro. Da quando l’aveva trovato non aveva più lasciato il posto nello studio di Jeremy Hayes e si trovava benissimo, anche se nel frattempo il signor Hayes era andato in pensione ed era stato sostituito dal figlio Jonathan, che non voleva assolutamente essere chiamato “signor Hayes”. «Mio padre è il signor Hayes» era solito dire. «Io sono solo Jonathan». Ali non aveva niente da lamentarsi della nuova gestione.
Invece Dana dodici anni prima era riuscita finalmente ad aprire il suo famoso ristorante, il “Dame”, dalle iniziali di tutti i membri della sua famiglia. Ci aveva messo circa due anni per prendere il via, ma da quel momento aveva avuto un successo strepitoso. Avere una propria attività le aveva cambiato molto la vita: non doveva rendere conto a nessuno, anzi era lei che dava gli ordini e per quanto fosse molto appagante, lo stress che ne derivava a volte le faceva lievemente rimpiangere la sua idea. Ma nonostante questo non sarebbe mai tornata indietro e sapeva che se ne avesse avuto la possibilità avrebbe preso sempre la stessa decisione.
Ali tornò in soggiorno, vestita da lavoro e pronta per uscire. Dana guardò sua moglie a lungo che la ricambiò sorridendo. Studiò le sottili rughe intorno ai suoi occhi neri e quelle appena accennate ai lati della bocca carnosa e notò che in mezzo alla massa corvina dei suoi capelli ne riluceva timido qualcuno bianco. Questo più di ogni altra cosa la fece rendere conto di quanto tempo fosse passato da quando si erano incontrate per la prima volta in quel centro commerciale e quanti anni avessero trascorso una accanto all’altra. “Il tempo passa” si disse. Ali allungò una mano e le accarezzò una guancia e lei sapeva che stava pensando esattamente la stessa cosa. Le venne in mente all’improvviso la festa che aveva organizzato in occasione dei cinquant’anni di Ali, ad aprile dell’anno prima. Al Dame naturalmente, che aveva interamente riservato per la serata.
«Tesoro, adesso devo proprio scappare» disse Ali, facendola ripiombare di colpo alla realtà. Le diede un bacio veloce e aggiunse: «Ci vediamo oggi pomeriggio a scuola, per la cerimonia». Dana annuì. Si scambiarono un ultimo bacio e Ali uscì di casa. Percorse il vialetto di corsa e prese la macchina. Mentre sedeva al posto del guidatore le venne in mente quella sera in cui, dopo aver litigato con Dana, aveva preso la macchina e girato per la città senza sapere dove andare. “E alla fine... La Guerra Fredda” pensò. Così avevano chiamato il periodo seguito al suo tradimento in cui lei e Dana non si parlavano e che era improvvisamente finito a causa del suo incidente. “Ci sono successe abbastanza cose per una vita intera”. Mise in moto e andò al lavoro, dove avrebbe trascorso la mattinata. Aveva preso un permesso speciale per il pomeriggio, in modo che potesse assistere alla cerimonia del diploma di sua figlia.
 
 
La mattina era passata in modo normale per tutti e alle tre del pomeriggio Ali e Dana si trovavano nel cortile della scuola insieme a Mason. Erano appena arrivati e non avevano ancora visto Erica; quest’ultima intanto si stava preparando insieme ai suoi compagni di corso e a un certo punto arrivò un ragazzo per avvertirla che la sua famiglia era arrivata. «Grazie Simon» disse lei finendo di abbottonarsi la toga. Quando ebbe finito corse nel giardino per andare a salutarli. Ali quando la vide credette di scoppiare d’orgoglio: quella era proprio la sua bambina, così bella e cresciuta. Dana le corse incontro e l’abbracciò a lungo tenendola stretta a sè, come faceva quando era piccola. Dopo aver salutato anche Mason, Erica si guardò intorno.
  «Non è ancora arrivato nessuno?» chiese. Ali scosse la testa. «Noi siamo i primi» disse. Aveva appena finito di parlare che un giovanotto alto e con i capelli castani entrò nel cortile, camminando con le mani in tasca. Erica quando lo vide lanciò un grido di gioia.
  «Ryan!» esclamò, correndo ad abbracciarlo. Ali e Dana sorrisero un po’ meccanicamente quando videro il ragazzo di Erica. «Ciao Ryan» dissero in coro. Lui sorrise leggermente impacciato.
  «Salve signore Donnell» rispose, togliendo subito il braccio dalla vita di Erica. Ali si guardò intorno, mentre aspettavano il resto della famiglia e vide vicino al cancello una donna sconosciuta che però per qualche strana ragione aveva un’aria molto familiare. La tenne d’occhio per un po’ e si rese conto che stava guardando verso di loro, in particolare verso Erica. La attraversò un pensiero improvviso. “Ma potrebbe essere...? No, è impossibile”.
  «Ehi, Dana» bisbigliò rivolta alla moglie, che al momento stava parlando con Erica e Ryan. «Dana!»
  «Che c’è?» le chiese l’altra voltandosi verso di lei. Ali le fece cenno di seguirla e si allontanarono leggermente dai tre ragazzi. «Che cosa c’è?» ripeté a voce più alta quando si fermarono.
  «La vedi quella donna?» le chiese Ali indicandola con un cenno della testa. Dana la guardò e aggrottò le sopracciglia. «Sì, ma chi è?»
  «Non lo so, ma guardala in faccia! Non ti sembra che abbia un’aria familiare?» fece Ali. A queste parole Dana la guardò di nuovo, questa volta leggermente più a lungo.
  «In effetti sì, ora che mi ci fai pensare... Aspetta un momento, pensi che sia...?»
  «Non ne ho idea, ma è possibile no? Che facciamo, andiamo a parlarle? Secondo te cosa ci fa qui? Come sapeva dove trovarla?» Ali sembrava preoccupata e Dana, più ottimista, le mise una mano sulla spalla con fare rassicurante.
  «Può darsi che abbia chiesto a qualcuno a Portland» osservò. «Secondo me non dobbiamo fare niente per ora. Se poi quando è finita la cerimonia è ancora lì, andiamo a parlarle. Okay?» chiese Dana e Ali annuì. Tornarono dai due figli e videro che erano arrivati Benji e Lara, con Sam. Ali salutò tutti quanti e dopo aver saputo che Deena stava parcheggiando e sarebbe arrivata poco dopo, prese il fratello per un braccio e lo trascinò in disparte.
  «Benji...» esordì, ma lui la interruppe. «Ali, all’ingresso c’è una donna che continua a guardare verso di noi. Te ne sei accorta?»
  «Volevo parlarti proprio di questo!» esclamò la sorella. «So di non averla mai vista, eppure mi sembra di conoscerla. Tu non pensi che potrebbe essere lei
  «Lei?» le fece eco Benji con aria pensierosa. «Cioè intendi...?» Ali annuì e lui annuì in risposta. «Sì, potrebbe essere in effetti». Si passò una mano tra i capelli neri, tagliati corti e leggermente ingrigiti sulle tempie. «Vuoi andare a parlarci o vuoi che vada io?»
  «No, fratello, non ce n’è bisogno» rispose Ali. «Io e Dana abbiamo un piano, volevo solo essere sicura di non sbagliarmi».
  «Va bene, Al» disse Benji. Fece per andarsene e poi si voltò di nuovo. «Non l’hai mai vista. Come hai fatto a capire che era lei, così a colpo d’occhio?»
  «Non dirmi che non l’hai notato, Benji» fece lei con un sorriso ironico. «Sono identiche». Tornarono di nuovo da tutto il gruppo e pochi minuti dopo arrivò Deena, seguita a qualche passo di distanza da Taylor e Chris, che si erano fermati ad ammirare il cancello ed erano rimasti indietro.
  «Mamma, papà!» esclamò Ali andando ad abbracciarli. Erano un po’ incurvati per via dell’età, ma in fondo erano sempre gli stessi. «Che sorpresa, non sapevo sareste venuti anche voi!»
  «Non ci saremmo mai persi un evento importante come questo!» esclamò Taylor. Anche il suo modo di parlare non era cambiato. Nel giro dei dieci minuti seguenti arrivarono i genitori e la sorella di Dana insieme alla famiglia e poco dopo si sentì una voce dall’altoparlante che invitava studenti e insegnanti a prendere posto perché la cerimonia sarebbe cominciata entro breve. Andarono tutti a sedersi chiacchierando emozionati; Ali non stava più nella pelle dalla felicità. Erica gliel’aveva ripetuto decine di volte nei giorni precedenti. «Mamma» diceva, «è solo il diploma del liceo, datti una calmata! Quando mi diplomerò al college o alla scuola di medicina che cosa farai?»
  Sua figlia aveva ragione, lo sapeva, ma lei non poteva farci niente. Era anche sicura che al momento in cui il preside avesse chiamato Erica si sarebbe messa a piangere, ma non le importava. La sua bambina si sarebbe diplomata e per lei niente contava di più in quel momento. Dana le si avvicinò e intrecciò una mano alla sua: insieme, era così che loro due funzionavano. Andarono a sedersi e pochi istanti dopo iniziò la cerimonia. Non fecero molto caso ai primi nomi dell’elenco, ma quando il preside chiamò «Erica Diane Donnell-Rogers» si risvegliarono entrambe e Dana uscì dalla fila per scattare una montagna di fotografie. Volevano mandarle anche a Faith, che non era potuta venire perché era alla partita di calcio di Julian, il figlio minore. Ali vide sua figlia ricevere il diploma e stringere la mano a diversi membri del corpo insegnante e infine tornare al suo posto in una delle prime file, il tutto applaudendo così forte che probabilmente l’avrebbero sentita anche in California. A quel punto si voltò, mentre Dana tornava accanto a lei, e vide come aveva immaginato, la donna che aveva già notato in piedi sul fondo che applaudiva con gli occhi lucidi. Questo le confermò l’identità della sconosciuta.
  «È ancora qua» bisbigliò in un orecchio a Dana. Lei ridacchiò e si grattò leggermente il collo, come sempre quando Ali le parlava nelle orecchie, poi annuì. «Appena finiamo qui andiamo a parlarle». 
  Così fecero. Quando fu tutto finito, si alzarono e si diressero verso di lei e appena Benji se ne accorse si mise a correre per raggiungerle.
  «Vieni anche tu, Benji?» gli chiese Ali senza la minima sorpresa. Suo fratello annuì. «Sono un medico, forse si ricorderà di me. In ogni caso voglio darvi sostegno morale».
  «Grazie Benji» fece Dana, dandogli un’amichevole pacca sulla spalla. Quando arrivarono dalla donna lui rimase indietro, lasciando campo libero alle altre due. Guardandola Ali vide che poteva avere circa trentacinque anni, esattamente l’età che immaginava che avesse. La donna annuì quando le vide arrivare, come se già sapesse.
  «Immaginavo che sareste arrivate» disse. Poi tese la mano a entrambe. «Mi chiamo Jennifer Thompson e sono...»
  «La madre biologica di Erica» concluse Dana per lei. «Sì, l’avevamo immaginato».
  «Già...» fece Jennifer, abbozzando un sorriso imbarazzato e passandosi una mano dietro il collo. «So di non avere niente a che fare con voi, ma... insomma, volevo vederla. Due mesi fa sono tornata all’ospedale in cui è nata per sapere cosa ne fosse stato di lei e ho saputo che era stata adottata da una coppia formata da due donne dolcissime. Ormai ha quasi diciotto anni, mi sono detta, chissà come sarà diventata. Poi ho saputo che oggi si sarebbe diplomata qui e non ho resistito a dare un’occhiata. Avete fatto un ottimo lavoro». Ali le sorrise in risposta.
  «Beh, grazie» disse. «È una ragazza fantastica, davvero. Vorrebbe conoscerla? Immagino che a Erica farebbe piacere conoscere chi l’ha messa al mondo».
  «Sì anche a me piacerebbe conoscerla... Ma solo se vuole lei... Penso che prima dobbiate chiederglielo, magari non le interessa» aveva un’espressione così speranzosa che Ali pregò intensamente che Erica dicesse di sì. In quel momento vide la figlia poco distante dal gruppo che le guardava incuriosita. Si allontanò e la raggiunse.
  «Ciao Erica...» cominciò mettendole una mano sul braccio. Erica le lanciò un’occhiata interrogativa. «Mamma, ma che sta succedendo?» chiese con espressione confusa. «Con chi state parlando tu, mami e lo zio Benji? Chi è quella donna?»
  «Ecco... sarebbe... tua madre. La tua madre naturale» rispose Ali. «Era già qua stamattina, ha detto di aver saputo che cosa ti era successo e ha voluto vedere com’eri diventata. Vorrebbe conoscerti se tu sei d’accordo. Che ne dici? La vieni a salutare?» sorrise e le allungò una mano. Erica esitò e guardò prima sua madre e poi il gruppetto davanti a lei. Alla fine però fece un mezzo sorriso, annuì e prese la mano di Ali. «Va bene, andiamo» disse.
  Si avvicinarono perciò di nuovo al gruppetto e Ali presentò la figlia alla madre naturale. Le diede una strana sensazione che non seppe definire. «Jennifer, questa è Erica. Erica, lei è Jennifer».
  Erica abbozzò un sorriso e allungò la mano che l’altra strinse con l’aria di chi non riesce a credere ai suoi occhi. La ragazza quando vide la madre biologica ebbe la precisa e stranissima sensazione di guardare dentro uno specchio invecchiante: di fronte a lei c’era la sua esatta versione con sedici anni di più. L’unica differenza stava nei colori: Erica aveva occhi e capelli neri e la pelle che sembrava perennemente abbronzata, mentre l’altra aveva occhi nocciola, capelli castano chiaro e qualche lentiggine sparsa qua e là sulle guance e sul naso. «Piacere di conoscerti» disse.
  «Il piacere è tutto mio, Erica» rispose Jennifer. Entrambe sorrisero, ma nessuna delle due sapeva cosa dire e poco dopo Jennifer se ne andò, ma prima Erica le diede il suo numero di telefono. Magari ogni tanto potevano mandarsi un sms.
  Ali si godeva la scena un po’ in disparte e quando Dana le si avvicinò, lei le sorrise e la abbracciò. In quel momento avrebbe voluto che qualcuno le chiedesse: «L’amore come va?» per poter rispondere, «benissimo». Poi però si guardò intorno: vide tutta la sua numerosa famiglia al completo, sua moglie accanto a lei e i suoi figli poco distanti. Pensò a tutto quello che aveva passato, sofferto e conquistato in tutti quegli anni. Le venne in mente solo una cosa: “Ho tutto quello che potrei desiderare, qui e adesso. La mia vita è meravigliosa”.
 
 
 
Fine
 
 


NdA: *musica solenne* amici, siamo davvero arrivati alla fine... Siete tristi? Io un po' sì, è stato un viaggio bellissimo e ringrazio tutti quelli che hanno letto, preferito, seguito e ricordato, le due che hanno recensito (molto delusa), ma soprattutto tutti i miei personaggi, a cui ho fatto capitare davvero di tutto. E niente... alla prossima, magari! E come sempre, have fun!
 
 
 

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