Un'altra ancora

di Melitot Proud Eye
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** I ***


Note: pseudo-tragedia in due parti. "Pseudo" perché doveva essere un'angst!fest del peggior taglio, poi me romantica ha ceduto alla tentazione di un lieto fine. Non sono proprio soddisfatta di come è uscita, ma ho dato tutto quel che potevo dare e non intendo lavorarci più ;-p Ho altre torte in forno!
Prima versione scritta per la Sfida 1 della Staffetta in Piscina @
piscinadiprompt col prompt: The Avengers, Loki&Thor o Loki/Thor, Un'altra possibilità (e un'altra, e un'altra ancora). Spudorato autofill.
Avvertimenti: angst, pseudo-incesto, Loki, slash.

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Un'altra ancora

I



La loro inimicizia è un torneo di mezzinverno, pericoloso e infecondo, perché dal sangue e dalle promesse mancate non può che nascere ghiaccio. Loki lo trova appropriato – no, indispensabile: nulla gli dà più dipendenza della speranza che tramuta in delusione sul volto di Thor, per poi tornare con forza.
«Mi darai un'altra possibilità?» schernisce, «saggio figlio di Odino?»
«Un'altra, finché sarà necessario» risponde Thor, pulendosi la bocca insanguinata. «Fratello.»
E cinque anni più tardi: «Un'altra. Ti libererai più facilmente della tua pelle che di me.»
E dieci anni dopo, con un sorriso che è smorfia: «Una vita a lamentare disinteresse, e ora vuoi che ti abbandoni?»
E cinquanta, a braccia aperte: «Un'altra ancora, sì. Mi fermerò solo quando ti fermerai tu–»
«–ma non significa che non ti punirò» aggiunge quando stanno perdendo il conto.
«Oh» fa Loki, deliziato. «Una variazione? Un incentivo per redimermi? Quanto sei generoso, Thor. No, non fare quella faccia: sei libero di provare, anzi... hai il mio incoraggiamento.»
L'attenzione di Thor è ferma e intensa, incurante di guerre, tregue, nascite, morti – un sole che illumina i recessi bui dell'anima, anche la più mostruosa. A volte Loki si chiede se quel bisogno di ingannare e scappare non sia un retaggio animale del suo sangue, un invito caloroso alla caccia. Possibile. Probabile.
Quel che sa è che non potrà mai farne a meno.

E così continuano, instancabili, mentre i decenni corrono verso i secoli e oltre, rassicuranti come l'Uroboro che si mangia la coda. Loki fugge, Thor insegue. Ogni volta che s'incrociano il sangue brucia e si sparge.
«Quante occasioni mi darai ancora?» chiede Loki, ignorando il vago senso di nausea dato dalla separazione imminente. «Non sei stanco?»
(Thor non sarà mai stanco.)
«Un'altra» dice Thor, occhi febbricitanti.

Ma il tempo è impietoso anche con gli dèi e un giorno, lontana la caduta dal Bifrost, dimenticate dalla storia le sue intemperanze su Midgard, Loki s'accorge di esser logorato. Nel fisico, nello spirito. Per la prima volta nella sua vita non riesce a immaginare nulla di più bello che trovare un luogo dove mettere le radici, e quel luogo può essere solo dove c'è–
(Anche il Regno d'Oro è cambiato.)
Ma non può tornare così. Loki Linguadargento deve salvare la faccia.
È quando Thor lo guarda dall'altro lato dell'ultimo campo di battaglia – l'ultimo, e alla fine Loki si arrenderà, per lui – che avverte qualcosa di strano. Prima che si sia posata la polvere, suo fratello stringe le labbra e gli volta le spalle; Loki capisce cos'era la febbre che gli accendeva gli occhi quel giorno.
'Un'altra', aveva detto. 'L'ultima', aveva pensato.
Nessuna, alla fine. E Loki, sferzato dal vento della piana, si sente andare alla deriva. No, vorrebbe gridare. Correre, gettarsi ai suoi piedi, da cane qual è. No, no, non è così che doveva andare, non è questo che volevo! Thor–
Nonlasciarminonlasciarminonlasciarmi
Ma è troppo tardi. È troppo tardi da tanto tempo.
Ci sono limiti che neppure gli dèi dovrebbero oltrepassare, che neppure l'amore di Thor può vincere. Alla fine Loki, figlio bastardo di un mostro, li ha trovati. E ha solo se stesso da biasimare.

Non dimenticarmi.

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Capitolo 2
*** II ***


Note: seconda e ultima parte. Prima versione scritta per la Sfida 1 della Staffetta in Piscina @piscinadiprompt; questa è pesantemente editata :)
Avvertimenti - solo la boccaccia di Thor. Oh, e slash, ovviamente. E magari anche un po' di fluff
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II



Lo prendono a tradimento, con un'imboscata. Non importa. Avrebbe potuto fermarli ma non l'ha fatto.

Sono cavalieri di Asgard e con loro c'è un giovane stregone di Alfhèim, pallido come un lichene, bardato d'argento e foglie rosse. L'hanno trovato grazie ai suoi talenti: è bravo, pensa Loki. In una battaglia seria potrebbe anche dargli del filo da torcere.
Considerato questo, si chiede perché siano tanto civili; non ne hanno bisogno. A mano a mano che il torpore della lunga inattività lo abbandona comincia a guardarsi intorno, ignorando i loro tentativi di conversazione. Forse lasciarsi prendere non è stata una buona idea. Forse dovrebbe–
Uno strappo familiare. Alle sue spalle si apre una breccia spaziale che li risucchia tutti e, all'altro capo, c'è il sole.

Non perdono tempo: ha appena avuto modo di riconoscere le colline che è già sceso dal Bifrost, ha varcato le mura, è entrato nella cittadella, viene condotto per corridoi e passaggi discreti. Un'entrata trionfale mancata. I colori corrono in tutte le direzioni, forse è un incantesimo. Non ne vede tanti da... anni? Secoli? Lo disorientano e lo mandano in collera, ma è una rabbia distante, ancora indecisa.
Norne, a questo si è ridotto.
Patetico. Ma potresti ancora finire con uno scoppio invece che con un lamento, se lo volessi.
Mentre cerca senza entusiasmo nel suo polveroso repertorio di espedienti, l'ultimo cavaliere rimasto a fargli da scorta lo guida oltre una soglia e, tenendolo per una spalla, lo fa sedere su una specie di scranno d'olmo. Loki gli ringhia contro – no, è già sparito.
Veloci. La qualità dell'addestramento è salita... o forse no, visto che l'hanno lasciato incustodito. Si guarda intorno. Esita: riconosce il posto. Sono le vecchie stanze di suo fratello, trasformate in studio di stato – formale, dorato, accecante; se hanno ristrutturato sperando di sconvolgere i poveri postulanti ci sono riusciti. Poi sente un respiro, uno schiarirsi di gola. Non è solo. Deglutendo, si gira.
Alza gli occhi.
Thor è di fronte alle vetrate orientali, mani strette dietro la schiena. Gli volta le spalle – sempre, ormai – ma lo osserva con la coda dell'occhio.
In quella luce sembra Odino, per i Nove, ed è tutta colpa di Loki.
La gola gli si chiude. Il suo corpo diventa tutto un nodo di fame e miseria. Nessuna delle due sarà alleviata, lo sa, e non spera in niente; ci fa caso solo per colpa di una vecchia, patetica speranza riaffiorata per colpa di quelle sale. Può solo immaginare il motivo per cui il nuovo Padretutto l'ha fatto prelevare dal buco in cui esisteva; qualche problema di magia, forse; forse un pericolo tra i cui denti buttare l'ultimo degli stregoni del passato, come nell'antica Midgard si gettava acqua sugli incendi. Di certo non è lì per esser perdonato.
Poi Thor spezza il silenzio e Yggdrasil si capovolge sull'asse.
«Ti perdono» dice.
Loki rialza la testa di scatto. Il viso di Thor è tirato, ma sotto la patina del sovrano resiste l'uomo che ha sempre conosciuto.
(Amato. Amato.)
«Ti perdono, ma per amore di tutto quanto è sacro, basta. Basta. Non posso più vivere così.»
Il sangue lo abbandona, ed è tanto meraviglia quanto paura. Dalle ceneri del loro legame emerge un'ultima possibilità. Ma ne ha sprecate così tante, perché questa volta dovrebbe andare diversamente?
Si ritrae. Thor si avvicina.
«Mi hai sentito, Loki? C'è ancora in te la persona che eri prima che della nostra separazione? Dimmi che l'hai ritrovata.» Si protende verso di lui, e dalla cappa del re riemerge il principe sincero. «Dimmi che non è mai morta. Che sarai ancora mio alleato, mio consigliere, mio–e che abbandonerai, no, che hai abbandonato la strada del risentimento. Dimmi che verrai a me con onestà, se non con amore.» La sua intensità non si è affievolita; brucia ancora, come la fiamma di un falò nella notte. «Perché mi guardi così? Pensi che sia un pazzo sentimentale? Forse. Ma non m'interessa. Non m'interessa cosa diranno i parenti, i politici, i pettegoli, gli altri regni. Francamente, possono andare a farsi fottere: sono abbastanza vecchio da distinguere fra le cause perse e quelle che non posso perdere.»
E' impossibile. Ma suo fratello non sa mentire a volto scoperto. Thor lo afferra, lo tira su di peso come se fossero tornati ragazzi e dalla bocca di Loki esce una specie di risata.
«Non sei vecchio» dice, di tutte le cose che dovrebbe dirgli.
È quella giusta, però. Thor sorride.
«Ti perdono» mormora, lasciando che le loro fronti si tocchino. «Sono stato debole. Mi sono arreso. Ora intendo rimediare: non ti abbandonerò mai più, Loki.»
E' un giuramento a condizionale data – sa che lui è cambiato, ne ha avuto dimostrazione in secoli di calma e silenzio. Thor è molto più che un avventuriero, oggi; e va bene così. Loki vuole che sia così. (Lo terrà al sicuro.)
Cerca nei suoi occhi, ancorato alla realtà dal calore della sua mano. Accenna un sorriso.
«Ma non dimenticherai.»
«Vorresti che lo facessi?»
«No. Ti proteggerà» mormora. «Ci proteggerà.»
La memoria del male che si sono fatti sarà lo scudo che impedirà loro nuovi errori e il monito che nessuno è perfetto quando, invece, non riusciranno a evitarli. Si lascia tirare avanti e Thor lo abbraccia con cautela, retaggio di secoli incerti, finché la stretta non viene ricambiata. Quasi soffocato contro la sua spalla, Loki si sente a casa.
Finalmente.

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