Ricominciare a vivere di Illly (/viewuser.php?uid=138453)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incubo ***
Capitolo 2: *** Arrendersi ***
Capitolo 3: *** Insieme ***
Capitolo 1 *** Incubo ***
Incubo
Dedicato a tutti quelli che mi
sostengono, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto.
Tutto per voi, con affetto,
Ile
Un'inquietante
urlo
pervade la mia mente. Straziante e penetrante rimbomba nella mia testa
ancora e
ancora. Una sensazione di panico mi pervade riconoscendo la voce che lo
emette.
Peeta. Senza fiato, madida di sudore, mi risveglio imprigionata dalle
lenzuola
avvolte sul mio corpo ad impedirmi i movimenti, tanto mi sono agitata
nel
sonno. Respiro, incanalo più aria possibile riempiendo i
polmoni, per calmarmi
a poco a poco. Era solo un incubo. Un incubo.
Tendo
la mano e a tentoni
cerco l'interruttore. Appena accendo la luce ritrovo la mia stanza ad
attendermi. La mia stanza nel villaggio dei Vincitori, calda e
accogliente,
vuota e fredda. Se un tempo avrebbe potuto significare protezione e
famiglia
ora la mia casa ricordava solamente una grande sensazione di gelo.
Senza mia
madre e senza... . Una lacrima mi rigò il volto, solitaria.
Eccola
nuovamente, quella
paura che mi avvolge sempre il cuore e lo stringe fino a soffocarmi.
Capisco
subito che, per quella notte, non avrei potuto riaddormentarmi. Ho il
terrore
che quell'urlo si ripercuota ancora nella mia testa. Non potrei
sopportarlo
ancora. Ho fatto troppo male a Peeta da poter anche solo immaginare che
lui
possa soffrire ancora.
Mi
alzo e vado in bagno.
Mi guardo allo specchio e non mi riconosco più.
Dov'è la ragazza decisa che per
sopravvivere avrebbe fatto di tutto? Le occhiaie e i profondi segni di
tutte le
battaglie che ho combattuto, con me stessa e con gli altri, mi
ricordano la
risposta. I miei pensieri sprofondano nell'odio. Un odio che, sebbene
abbia
avuto la sua vendetta, continua a bruciare imperterrito. So
perchè. Troppe
persone sono morte. Troppe persone hanno sofferto. Non sono
più la stessa
ormai.
Eppure...
qualcosa nel
mio animo mi ricorda ancora che qualcuno che mi tiene ancorata alla mia
vecchia
me stessa esiste. E sebbene i suoi ricordi a volte sono confusi, o
sfocati,
Peeta sa guardarmi dentro. Ha sempre saputo farlo, ma me ne sono
accorta troppo
tardi. Lo sconforto mi assale. Torneremo mai come un tempo? Che
sciocca, certo
che no. Eppure lui, con la sua risata, con le sue parole sempre giuste,
con i
suoi gesti amorevoli, mi manca. Mi manca immensamente.
Mi
sciacquo la faccia,
spruzzandomi dell'acqua fresca in viso. Ritornando nella mia camera la
sola
visione del letto sfatto mi ricorda che non avrei potuto addormentarmi
se non
volevo di nuovo inorridire davanti ai miei sogni. Eppure le uniche
volte in cui
il mio sonno non era mai stato turbato era quando dormivo con Peeta. Le
sue
braccia calde mi stringevano proteggendomi dalle cattiverie e dal male.
Era una
protezione così debole davanti alla potenza di chi avevamo
davanti, ma in quei
momenti sembrava così tenace che mi ero quasi convinta che
lui potesse davvero
proteggermi da tutto.
E
solo in questo momento
comprendo come quel ragazzo sia indispensabile per la mia
sopravvivenza. Buffo.
Quando Gale aveva proferito queste parole, in quella soffitta
soffocante, mi
ero sentita offesa. Come poteva anche solo pensare che fossi
così cinica e
razionale? Eppure aveva ragione: Peeta è la mia unica
speranza, la mia sola
ragione di vita, ormai. Mia madre è lontana, Prim
è morta e Haymitch è
perennemente ubriaco. Su chi posso contare? Il suo nome affiora nella
mia mente
con una facilità quasi assurda.
Da
quando dipendo così
tanto da una sola persona? Sono diventata così debole? Nego
nella mia mente una
situazione così assurda. Mi lascio cadere sul letto,
sopraffatta da questa
verità schiacciante, posando le mani sulla fronte, sperando
bambinescamente di
frenare i miei pensieri. Ma, ovviamente, non funziona. Sorrido della
mia
stupidità, se potessi spegnere il cervello ogni volta che lo
desidero non avrei
tutti quei problemi che mi perseguitano incessantemente.
Un piccolo
raggio di luce filtra tra le fessure della persiana che la sera prima
non avevo
chiuso bene. Me ne accorgo perché sento un tiepido calore
riscaldarmi il collo.
E in quel momento mi rendo conto che è l’alba.
Ridacchio senza allegria quando
capisco che ho passato parte della notte a riflettere su un ragazzo.
Posso
ancora permettermi di essere felice dopo tutto quello che è
successo? Mi alzo
e, sfiorandomi le labbra, non so darmi una risposta.
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Capitolo 2 *** Arrendersi ***
Arrendersi
Al
mio Chris, che crede in me.
Sempre.
Baci,
Ile
Quando
mi decido ad aprire la finestra respiro l’aria fredda del
mattino. I polmoni mi
bruciano dopo l’aria viziata della mia stanza, ma va bene
così. La prima cosa
che vedo sono le altre due case. Distolgo lo sguardo e lo punto verso i
boschi
verdi in lontananza: non provo più nessuna
felicità nel vederli, nessuna voglia
di addentrarmici. Abbandono la finestra aperta, non mi interessa che
entri
freddo. Scendo le scale e mi aggiro per la casa, senza sapere cosa
fare,
aspettando Sae.
Sono
seduta in un angolo della cucina quando sento la porta aprirsi. Alzo il
capo,
scrutando tra le gambe del tavolo, aspettandomi di vedere i piedi
rattrappiti
di Sae La Zozza. Invece scorgo dei piedi maschili, per nulla grassocci
come
quelli di Haymich. Resta solo un’alternativa, e, sebbene non
voglia formularla,
la mia mente inevitabilmente mi propone l’immagine di Peeta.
Sbuffo, sono già
scocciata dal fatto che invada così spesso i miei pensieri,
ora deve anche
presentarsi in casa mia?
Non
mi alzo, non dico nulla e lui mi trova rannicchiata sul pavimento. Mi
osserva,
sospira, e mi si siede accanto. Punta i suoi occhi maledettamente
azzurri su di
me, insistentemente, obbligandomi a osservarlo a sua volta. Non so come
faccia,
eppure non mi dà fastidio il fatto che mi costringa a
guardarlo. Ho bisogno di
guardarlo. Mi fa sentire bene. Nei suoi occhi leggo tutto
ciò che voglio
sentirmi dire. Nei suoi occhi mi perdo, e dimentico ciò che
troppo spesso mi
tormenta.
Riesco
a sorridergli, seppur con fatica, ma è un sorriso sincero.
Cerco di non
ammetterlo a me stessa, ma sono felice che sia venuto a trovarmi.
Eppure non
dovrei esserlo, pensavo di aver perso per sempre il diritto ad essere
felice.
Gli stessi dubbi che mi tormentavano durante la notte tornano
prepotenti nella
mia memoria. Aggrotto la fronte e lui si accorge che qualcosa non va.
Si
alza e mi tende la mano, quasi impassibile. Io esito, nonostante tutto
mi
aspettavo dicesse qualcosa, qualcosa che potesse confortarmi. Poi
ricordo. A
volte è così facile dimenticare che anche lui ha
la sua parte di ferite da
affrontare. Ferite profonde, che bruciano ancora in qualche recesso
della sua
mente, che, sebbene gli sforzi, non si cancelleranno mai del tutto.
Potremo mai
ritornare noi stessi?
La
risposta è così logica. Ovvio che no. A volte
vorrei credere in qualcosa di diverso
dalla logica, forse la mia situazione e quella di Peeta risulterebbero
meno
tragiche, meno patetiche. Sbuffo e ritorno alla realtà in
cui Peeta mi sta allungando
una mano per potermi rialzare dal pavimento, sul quale sono
rannicchiata da
tutta la mattina.
Lo
guardo e, con un gesto di stizza, allontano la sua mano e mi alzo da
sola. Lui
non sembra quasi farci caso e, prendendo una sedia, si accomoda,
appoggiando i
gomiti sul tavolo della cucina. Incerto, accompagnata da
un’occhiata verso di
me, mi rivolge la domanda: “Allora Katniss... come...
va?”
E,
quando sento queste parole, sono dominata da due sentimenti
così contrastanti
che non so se riuscirò a rispondere. Da una parte vorrei
arrabbiarmi, urlare
contro a quel ragazzo che ha avuto il coraggio di chiedermi una cosa
del
genere. Come vuole che stia? Sono vuota, persa, ormai non provo
più nemmeno a
comportarmi come una persona che ha dei sentimenti. Dopo tutto quello
che ho
passato, dopo tutte le persone che ho visto morire, dopo che la mia
vita si è
inaridita per una guerra, per un gioco di morte.
Ma
poi riesco a riflettere sulla gentilezza e sulla sensibilità
della persona che
mi ha rivolto questo interrogativo. Peeta, che forse ha sofferto
più di me, ha
sopportato più di me, si preoccupa ancora per me. Io, che
sono stata la causa
di tutti i suoi mali, che l’ho sempre rifiutato, che
l’ho sottoposto a torture
indicibili.
Resto
senza parole, fissandolo, guardando la sua faccia diventare sempre
più
dubbiosa. Mi riscuoto e, per una manciata di secondi, penso a qualcosa
di
giusto da dire. Ma non trovo nulla nella mia testa adatto ad esprimere
la mia
vita in questo momento. “Ecco... vado... vado avanti. E
tu?”
Mi
concede un piccolo sorriso alla mia risposta, ma poi lo vedo esprimere
la mia
stessa difficoltà nel formulare qualcosa in replica. Alla
fine, sembra
decidersi: “Anche io, penso...”. I suoi occhi si
adombrano per un secondo,
inquieti. Peeta solleva le braccia dal tavolo e le porta in grembo,
appoggiandosi
allo schienale della sedia, il capo chino. Sembra così
stanco, sfinito.
Eppure
continua a combattere. Il solo fatto che sia qui ne è un
segno. Sono
assolutamente certa che ora lui stia avendo una reminiscenza legata al
suo
depistaggio, che gli fa ricordare cose di me che non sono vere. Ma lui
combatte
per non crederci, combatte per starmi vicino. Lui è
più forte di me.
Scuoto
la testa, sono confusa. Quanto sono cambiate le cose. Siamo qui, nella
mia
cucina, distrutti e amareggiati, com’è possibile
credere ancora in qualcosa?
Sento il rumore di una sedia che viene spostata, un improvviso calore
vicino a
me. Peeta.
Alzo
gli occhi e lo ritrovo molto vicino, forse troppo. E, mentre sfiora le
mie
mani, gelide, con le sue, decido di non resistere più.
Decido di affidarmi a
lui, lui sa come farmi sopravvivere. Non capisco come né
perché, ma lui mi conosce
meglio di quanto io conosca me stessa. E quando qualche lacrima riga il
mio
volto non mi appongo alla sua carezza, che le asciuga dolcemente.
E
non
mi ribello alle mie sensazioni quando lo abbraccio e mi sento bene. Lo
abbraccio e sospiro. Lo abbraccio e mi sento completa.
Mi
arrendo per la prima volta nella mia vita. Per lui.
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Note
dell’autrice
Care
lettrici, eccovi un
altro capitolo. Katniss finalmente una cosa l’ha capita e si
è arresa a questa
verità. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Un grazie a
Chris, che con la
sua sola presenza riesce a ispirarmi. Un grande ringraziamento va a voi
che
leggete e avete recensito, e a chi deciderà di farlo in
seguito.
Grazie davvero, mi rendete immensamente felice.
Ile
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Capitolo 3 *** Insieme ***
Insieme
Come
promesso... a Coral, che odia Harry Potter,
adora Hunger Games,
mi sostiene.
Ile
Respiro. Finalmente respiro. Quel peso opprimente,
soffocante, che schiacciava i miei polmoni ricordandomi ciò
che con
disperazione cercavo di dimenticare, ora si è allentato. Si
è allentato e lui è
qui. Alzo la testa e lo osservo. Gli occhi chiari, i riccioli biondi,
le mani
calde. Con sorpresa mi ritrovo a pensare che Peeta è bello.
Una bellezza delicata, percettibile solo con uno
sguardo attento. Una bellezza che deve essere studiata
perché fatta di
particolari, spontanea. Potrei perdere ore studiando il suo volto, per
percepire tutte le cose che, con sguardi frettolosi e poco attenti,
avevo
tralasciato durante tutti quegli anni in cui credevo di conoscerlo.
Anche lui mi osserva e io mi specchio nei suoi
occhi
azzurri, quasi sollevata. E lì, nel suo sguardo, capisco
come lui mi consideri
una persona diversa da quella che io reputo di essere. Vedo ancora una
speranza
brillare in fondo ai suoi occhi, una speranza per lui, per noi.
E continuo a chiedermi, con grande sorpresa, come
sia possibile. Una risposta affiora nella mia mente con
facilità: lui è molto
più forte di me. Davanti a così tante afflizioni
ha ancora qualcosa a cui
aggrapparsi, ma la cosa più stupefacente è che io
faccia parte di quel
qualcosa.
E allora capisco. Il fatto che lui sia
indispensabile alla mia sopravvivenza vale anche al contrario. Mi si
mozza il
fiato quando intuisco che anche io sono indispensabile a lui. Lui mi
scruta,
attento, incuriosito dal mio comportamento. Sembra quasi che voglia
leggermi il
pensiero, tanto è profonda la sua espressione.
Penso però che lui non abbia bisogno di
leggere la
mia mente per riuscire a capire cosa vi passa attraverso. Lui
è così bravo a
capirlo che non ne ha nessun bisogno. Un’altra ondata di
sollievo mi
attraversa: lui è qui per me, non sono più sola.
Gli sorrido, un sorriso pieno,
quasi felice.
Peeta fa lo stesso, ma in lui vedo
un’allegria vera
e reale, soddisfatta. In poco tempo noto come lo spazio tra i nostri
volti sia
diminuito, mentre noi, inconsapevoli, ci studiavamo a vicenda. Sembra
troppo
facile avvicinarmi ancora, finché non riesco più
a distinguere i contorni del
suo viso, chiudendo gli occhi.
Ho solo il
tempo di sentire le mie
labbra sfiorare le sue, quando, rabbrividendo, Peeta si allontana da me
bruscamente. “Non posso, Katniss, non posso...”
sussurra, quasi inudibile.
Rabbrividisco anch’io, spaventata. Sentendomi smarrita senza
le sue braccia che
mi avvolgono, lo guardo, confusa.
A pochi
passi da me Peeta sta
combattendo la sua battaglia personale: la testa china, i pugni stretti
e gli
occhi chiusi, tremante. Non so cosa fare, cosa dire, come comportarmi.
Reprimo
l’istinto di abbracciarlo ma, incerta, allungo una mano per
toccargli il
braccio, sperando che possa aiutarlo, anche se nel modo più
insignificante che
esista.
Quello che
mi sorprende è, poco
dopo, sentire le sue dita scorrere sulle mie per stringerle con vigore,
come
una barca si aggrappa alla sua ancora in un giorno di tempesta.
Restituisco la
sua stretta, afflitta di potergli offrire solo questo.
Minuti
interminabili passano: io,
angosciata e immobile e Peeta, al mio fianco, scosso da forti tremiti.
Poi,
lentamente, Peeta riapre gli occhi e capisco che il peggio è
passato. Lo guardo
e, potente, ritorna in me una sensazione così familiare che
sospiro. Rivederlo
così, indifeso e stanco, ha risvegliato in me
l’istinto di volerlo proteggere.
Ma sono
impotente, non posso fare
nulla per aiutarlo, nulla. Mi viene da piangere per la frustrazione, e
rimbomba
ancora nella mia testa quella domanda che mi sono posta così
spesso: perché a
me? A noi? Perché la follia di pochi uomini deve rovinare
tante vite innocenti?
Mi
sfugge un singhiozzo e Peeta è di nuovo vicino a
me. “Insieme...” mormora. Sollevo uno sguardo
interrogativo verso di lui, ma
lui si avvicina di nuovo e sussurra: “Vedrai Katniss. Ce la
faremo. Insieme.”
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Note
dell'autrice
Care lettrici,
ecco un nuovo capitolo dopo una lunghissima assenza. Mi dispiace di non
aver potuto aggiornare prima ma gli esami universitari non perdonano...
. In ogni caso, vi propongo un capitolo piuttosto statico ma molto
importante: finalmente anche Peeta inizia a rivelarsi
autonomamente, non solo attraverso i pensieri di Katniss. Vi prometto
che il prossimo sarà più movimentato. E ora i
ringraziamenti: un grazie a Coral e a Valentina_P che mi stanno
seguendo fin dal primo capitolo e spero non smetteranno di farlo, il
solito grazie a Chris, sempre presente quando ho bisogno di lui e un
grande ringraziamento va a voi che leggete e avete recensito, e a che
deciderà di farlo in seguito. Grazie davvero, mi rendete
davvero felice.
Ile
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