Ricominciare a vivere

di Illly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incubo ***
Capitolo 2: *** Arrendersi ***
Capitolo 3: *** Insieme ***



Capitolo 1
*** Incubo ***


Incubo

Dedicato a tutti quelli che mi sostengono, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto.

Tutto per voi, con affetto,

Ile        

Un'inquietante urlo pervade la mia mente. Straziante e penetrante rimbomba nella mia testa ancora e ancora. Una sensazione di panico mi pervade riconoscendo la voce che lo emette. Peeta. Senza fiato, madida di sudore, mi risveglio imprigionata dalle lenzuola avvolte sul mio corpo ad impedirmi i movimenti, tanto mi sono agitata nel sonno. Respiro, incanalo più aria possibile riempiendo i polmoni, per calmarmi a poco a poco. Era solo un incubo. Un incubo.

Tendo la mano e a tentoni cerco l'interruttore. Appena accendo la luce ritrovo la mia stanza ad attendermi. La mia stanza nel villaggio dei Vincitori, calda e accogliente, vuota e fredda. Se un tempo avrebbe potuto significare protezione e famiglia ora la mia casa ricordava solamente una grande sensazione di gelo. Senza mia madre e senza... . Una lacrima mi rigò il volto, solitaria.

Eccola nuovamente, quella paura che mi avvolge sempre il cuore e lo stringe fino a soffocarmi. Capisco subito che, per quella notte, non avrei potuto riaddormentarmi. Ho il terrore che quell'urlo si ripercuota ancora nella mia testa. Non potrei sopportarlo ancora. Ho fatto troppo male a Peeta da poter anche solo immaginare che lui possa soffrire ancora.

Mi alzo e vado in bagno. Mi guardo allo specchio e non mi riconosco più. Dov'è la ragazza decisa che per sopravvivere avrebbe fatto di tutto? Le occhiaie e i profondi segni di tutte le battaglie che ho combattuto, con me stessa e con gli altri, mi ricordano la risposta. I miei pensieri sprofondano nell'odio. Un odio che, sebbene abbia avuto la sua vendetta, continua a bruciare imperterrito. So perchè. Troppe persone sono morte. Troppe persone hanno sofferto. Non sono più la stessa ormai.

Eppure... qualcosa nel mio animo mi ricorda ancora che qualcuno che mi tiene ancorata alla mia vecchia me stessa esiste. E sebbene i suoi ricordi a volte sono confusi, o sfocati, Peeta sa guardarmi dentro. Ha sempre saputo farlo, ma me ne sono accorta troppo tardi. Lo sconforto mi assale. Torneremo mai come un tempo? Che sciocca, certo che no. Eppure lui, con la sua risata, con le sue parole sempre giuste, con i suoi gesti amorevoli, mi manca. Mi manca immensamente.

Mi sciacquo la faccia, spruzzandomi dell'acqua fresca in viso. Ritornando nella mia camera la sola visione del letto sfatto mi ricorda che non avrei potuto addormentarmi se non volevo di nuovo inorridire davanti ai miei sogni. Eppure le uniche volte in cui il mio sonno non era mai stato turbato era quando dormivo con Peeta. Le sue braccia calde mi stringevano proteggendomi dalle cattiverie e dal male. Era una protezione così debole davanti alla potenza di chi avevamo davanti, ma in quei momenti sembrava così tenace che mi ero quasi convinta che lui potesse davvero proteggermi da tutto.

E solo in questo momento comprendo come quel ragazzo sia indispensabile per la mia sopravvivenza. Buffo. Quando Gale aveva proferito queste parole, in quella soffitta soffocante, mi ero sentita offesa. Come poteva anche solo pensare che fossi così cinica e razionale? Eppure aveva ragione: Peeta è la mia unica speranza, la mia sola ragione di vita, ormai. Mia madre è lontana, Prim è morta e Haymitch è perennemente ubriaco. Su chi posso contare? Il suo nome affiora nella mia mente con una facilità quasi assurda.

Da quando dipendo così tanto da una sola persona? Sono diventata così debole? Nego nella mia mente una situazione così assurda. Mi lascio cadere sul letto, sopraffatta da questa verità schiacciante, posando le mani sulla fronte, sperando bambinescamente di frenare i miei pensieri. Ma, ovviamente, non funziona. Sorrido della mia stupidità, se potessi spegnere il cervello ogni volta che lo desidero non avrei tutti quei problemi che mi perseguitano incessantemente.

Un piccolo raggio di luce filtra tra le fessure della persiana che la sera prima non avevo chiuso bene. Me ne accorgo perché sento un tiepido calore riscaldarmi il collo. E in quel momento mi rendo conto che è l’alba. Ridacchio senza allegria quando capisco che ho passato parte della notte a riflettere su un ragazzo. Posso ancora permettermi di essere felice dopo tutto quello che è successo? Mi alzo e, sfiorandomi le labbra, non so darmi una risposta.

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Capitolo 2
*** Arrendersi ***


Arrendersi

Al mio Chris, che crede in me.

Sempre.

Baci,

Ile 

Quando mi decido ad aprire la finestra respiro l’aria fredda del mattino. I polmoni mi bruciano dopo l’aria viziata della mia stanza, ma va bene così. La prima cosa che vedo sono le altre due case. Distolgo lo sguardo e lo punto verso i boschi verdi in lontananza: non provo più nessuna felicità nel vederli, nessuna voglia di addentrarmici. Abbandono la finestra aperta, non mi interessa che entri freddo. Scendo le scale e mi aggiro per la casa, senza sapere cosa fare, aspettando Sae.

Sono seduta in un angolo della cucina quando sento la porta aprirsi. Alzo il capo, scrutando tra le gambe del tavolo, aspettandomi di vedere i piedi rattrappiti di Sae La Zozza. Invece scorgo dei piedi maschili, per nulla grassocci come quelli di Haymich. Resta solo un’alternativa, e, sebbene non voglia formularla, la mia mente inevitabilmente mi propone l’immagine di Peeta. Sbuffo, sono già scocciata dal fatto che invada così spesso i miei pensieri, ora deve anche presentarsi in casa mia?

Non mi alzo, non dico nulla e lui mi trova rannicchiata sul pavimento. Mi osserva, sospira, e mi si siede accanto. Punta i suoi occhi maledettamente azzurri su di me, insistentemente, obbligandomi a osservarlo a sua volta. Non so come faccia, eppure non mi dà fastidio il fatto che mi costringa a guardarlo. Ho bisogno di guardarlo. Mi fa sentire bene. Nei suoi occhi leggo tutto ciò che voglio sentirmi dire. Nei suoi occhi mi perdo, e dimentico ciò che troppo spesso mi tormenta.

Riesco a sorridergli, seppur con fatica, ma è un sorriso sincero. Cerco di non ammetterlo a me stessa, ma sono felice che sia venuto a trovarmi. Eppure non dovrei esserlo, pensavo di aver perso per sempre il diritto ad essere felice. Gli stessi dubbi che mi tormentavano durante la notte tornano prepotenti nella mia memoria. Aggrotto la fronte e lui si accorge che qualcosa non va.

Si alza e mi tende la mano, quasi impassibile. Io esito, nonostante tutto mi aspettavo dicesse qualcosa, qualcosa che potesse confortarmi. Poi ricordo. A volte è così facile dimenticare che anche lui ha la sua parte di ferite da affrontare. Ferite profonde, che bruciano ancora in qualche recesso della sua mente, che, sebbene gli sforzi, non si cancelleranno mai del tutto. Potremo mai ritornare noi stessi?

La risposta è così logica. Ovvio che no. A volte vorrei credere in qualcosa di diverso dalla logica, forse la mia situazione e quella di Peeta risulterebbero meno tragiche, meno patetiche. Sbuffo e ritorno alla realtà in cui Peeta mi sta allungando una mano per potermi rialzare dal pavimento, sul quale sono rannicchiata da tutta la mattina.

Lo guardo e, con un gesto di stizza, allontano la sua mano e mi alzo da sola. Lui non sembra quasi farci caso e, prendendo una sedia, si accomoda, appoggiando i gomiti sul tavolo della cucina. Incerto, accompagnata da un’occhiata verso di me, mi rivolge la domanda: “Allora Katniss... come... va?”

E, quando sento queste parole, sono dominata da due sentimenti così contrastanti che non so se riuscirò a rispondere. Da una parte vorrei arrabbiarmi, urlare contro a quel ragazzo che ha avuto il coraggio di chiedermi una cosa del genere. Come vuole che stia? Sono vuota, persa, ormai non provo più nemmeno a comportarmi come una persona che ha dei sentimenti. Dopo tutto quello che ho passato, dopo tutte le persone che ho visto morire, dopo che la mia vita si è inaridita per una guerra, per un gioco di morte.

Ma poi riesco a riflettere sulla gentilezza e sulla sensibilità della persona che mi ha rivolto questo interrogativo. Peeta, che forse ha sofferto più di me, ha sopportato più di me, si preoccupa ancora per me. Io, che sono stata la causa di tutti i suoi mali, che l’ho sempre rifiutato, che l’ho sottoposto a torture indicibili.

Resto senza parole, fissandolo, guardando la sua faccia diventare sempre più dubbiosa. Mi riscuoto e, per una manciata di secondi, penso a qualcosa di giusto da dire. Ma non trovo nulla nella mia testa adatto ad esprimere la mia vita in questo momento. “Ecco... vado... vado avanti. E tu?”

Mi concede un piccolo sorriso alla mia risposta, ma poi lo vedo esprimere la mia stessa difficoltà nel formulare qualcosa in replica. Alla fine, sembra decidersi: “Anche io, penso...”. I suoi occhi si adombrano per un secondo, inquieti. Peeta solleva le braccia dal tavolo e le porta in grembo, appoggiandosi allo schienale della sedia, il capo chino. Sembra così stanco, sfinito.

Eppure continua a combattere. Il solo fatto che sia qui ne è un segno. Sono assolutamente certa che ora lui stia avendo una reminiscenza legata al suo depistaggio, che gli fa ricordare cose di me che non sono vere. Ma lui combatte per non crederci, combatte per starmi vicino. Lui è più forte di me.

Scuoto la testa, sono confusa. Quanto sono cambiate le cose. Siamo qui, nella mia cucina, distrutti e amareggiati, com’è possibile credere ancora in qualcosa? Sento il rumore di una sedia che viene spostata, un improvviso calore vicino a me. Peeta.

Alzo gli occhi e lo ritrovo molto vicino, forse troppo. E, mentre sfiora le mie mani, gelide, con le sue, decido di non resistere più. Decido di affidarmi a lui, lui sa come farmi sopravvivere. Non capisco come né perché, ma lui mi conosce meglio di quanto io conosca me stessa. E quando qualche lacrima riga il mio volto non mi appongo alla sua carezza, che le asciuga dolcemente.

E non mi ribello alle mie sensazioni quando lo abbraccio e mi sento bene. Lo abbraccio e sospiro. Lo abbraccio e mi sento completa.

Mi arrendo per la prima volta nella mia vita. Per lui.

 

 

 

 

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Note dell’autrice

Care lettrici, eccovi un altro capitolo. Katniss finalmente una cosa l’ha capita e si è arresa a questa verità. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Un grazie a Chris, che con la sua sola presenza riesce a ispirarmi. Un grande ringraziamento va a voi che leggete e avete recensito, e a chi deciderà di farlo in seguito. Grazie davvero, mi rendete immensamente felice.

Ile

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Capitolo 3
*** Insieme ***



Insieme

Come promesso... a Coral, che odia Harry Potter,
adora Hunger Games,
 mi sostiene.
Ile


Respiro. Finalmente respiro. Quel peso opprimente, soffocante, che schiacciava i miei polmoni ricordandomi ciò che con disperazione cercavo di dimenticare, ora si è allentato. Si è allentato e lui è qui. Alzo la testa e lo osservo. Gli occhi chiari, i riccioli biondi, le mani calde. Con sorpresa mi ritrovo a pensare che Peeta è bello.

Una bellezza delicata, percettibile solo con uno sguardo attento. Una bellezza che deve essere studiata perché fatta di particolari, spontanea. Potrei perdere ore studiando il suo volto, per percepire tutte le cose che, con sguardi frettolosi e poco attenti, avevo tralasciato durante tutti quegli anni in cui credevo di conoscerlo.

Anche lui mi osserva e io mi specchio nei suoi occhi azzurri, quasi sollevata. E lì, nel suo sguardo, capisco come lui mi consideri una persona diversa da quella che io reputo di essere. Vedo ancora una speranza brillare in fondo ai suoi occhi, una speranza per lui, per noi.

E continuo a chiedermi, con grande sorpresa, come sia possibile. Una risposta affiora nella mia mente con facilità: lui è molto più forte di me. Davanti a così tante afflizioni ha ancora qualcosa a cui aggrapparsi, ma la cosa più stupefacente è che io faccia parte di quel qualcosa.

E allora capisco. Il fatto che lui sia indispensabile alla mia sopravvivenza vale anche al contrario. Mi si mozza il fiato quando intuisco che anche io sono indispensabile a lui. Lui mi scruta, attento, incuriosito dal mio comportamento. Sembra quasi che voglia leggermi il pensiero, tanto è profonda la sua espressione.

Penso però che lui non abbia bisogno di leggere la mia mente per riuscire a capire cosa vi passa attraverso. Lui è così bravo a capirlo che non ne ha nessun bisogno. Un’altra ondata di sollievo mi attraversa: lui è qui per me, non sono più sola. Gli sorrido, un sorriso pieno, quasi felice.

Peeta fa lo stesso, ma in lui vedo un’allegria vera e reale, soddisfatta. In poco tempo noto come lo spazio tra i nostri volti sia diminuito, mentre noi, inconsapevoli, ci studiavamo a vicenda. Sembra troppo facile avvicinarmi ancora, finché non riesco più a distinguere i contorni del suo viso, chiudendo gli occhi.

Ho solo il tempo di sentire le mie labbra sfiorare le sue, quando, rabbrividendo, Peeta si allontana da me bruscamente. “Non posso, Katniss, non posso...” sussurra, quasi inudibile. Rabbrividisco anch’io, spaventata. Sentendomi smarrita senza le sue braccia che mi avvolgono, lo guardo, confusa.

A pochi passi da me Peeta sta combattendo la sua battaglia personale: la testa china, i pugni stretti e gli occhi chiusi, tremante. Non so cosa fare, cosa dire, come comportarmi. Reprimo l’istinto di abbracciarlo ma, incerta, allungo una mano per toccargli il braccio, sperando che possa aiutarlo, anche se nel modo più insignificante che esista.

Quello che mi sorprende è, poco dopo, sentire le sue dita scorrere sulle mie per stringerle con vigore, come una barca si aggrappa alla sua ancora in un giorno di tempesta. Restituisco la sua stretta, afflitta di potergli offrire solo questo.

Minuti interminabili passano: io, angosciata e immobile e Peeta, al mio fianco, scosso da forti tremiti. Poi, lentamente, Peeta riapre gli occhi e capisco che il peggio è passato. Lo guardo e, potente, ritorna in me una sensazione così familiare che sospiro. Rivederlo così, indifeso e stanco, ha risvegliato in me l’istinto di volerlo proteggere.

Ma sono impotente, non posso fare nulla per aiutarlo, nulla. Mi viene da piangere per la frustrazione, e rimbomba ancora nella mia testa quella domanda che mi sono posta così spesso: perché a me? A noi? Perché la follia di pochi uomini deve rovinare tante vite innocenti?

Mi sfugge un singhiozzo e Peeta è di nuovo vicino a me. “Insieme...” mormora. Sollevo uno sguardo interrogativo verso di lui, ma lui si avvicina di nuovo e sussurra: “Vedrai Katniss. Ce la faremo. Insieme.”




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Note dell'autrice

Care lettrici, ecco un nuovo capitolo dopo una lunghissima assenza. Mi dispiace di non aver potuto aggiornare prima ma gli esami universitari non perdonano... . In ogni caso, vi propongo un capitolo piuttosto statico ma molto importante: finalmente  anche Peeta inizia a rivelarsi autonomamente, non solo attraverso i pensieri di Katniss. Vi prometto che il prossimo sarà più movimentato. E ora i ringraziamenti: un grazie a Coral e a Valentina_P che mi stanno seguendo fin dal primo capitolo e spero non smetteranno di farlo, il solito grazie a Chris, sempre presente quando ho bisogno di lui e un grande ringraziamento va a voi che leggete e avete recensito, e a che deciderà di farlo in seguito. Grazie davvero, mi rendete davvero felice.


Ile

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