Another World

di TheSlayer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** From Los Angeles to London ***
Capitolo 2: *** New Rules ***
Capitolo 3: *** Babysitting ain't easy ***
Capitolo 4: *** Don't stop the party ***
Capitolo 5: *** Reality comes crashing down ***
Capitolo 6: *** Shop until you drop ***
Capitolo 7: *** Little things ***
Capitolo 8: *** You're so hypnotizing ***
Capitolo 9: *** Come dine with me ***
Capitolo 10: *** Dance Again ***
Capitolo 11: *** Fight for this love ***
Capitolo 12: *** Moments ***
Capitolo 13: *** The zoo ***
Capitolo 14: *** Truth Or Dare ***
Capitolo 15: *** Turning Tables ***
Capitolo 16: *** Losing Grip ***
Capitolo 17: *** Talking To The Moon ***
Capitolo 18: *** The masterpiece ***
Capitolo 19: *** Last Friday Night ***
Capitolo 20: *** And now the party's over ***
Capitolo 21: *** Brighton Beach ***
Capitolo 22: *** Friends With Benefits ***
Capitolo 23: *** Just The Way You Are ***
Capitolo 24: *** Liam's Party ***
Capitolo 25: *** Goodbye ***
Capitolo 26: *** Back to La La Land ***



Capitolo 1
*** From Los Angeles to London ***


Another World

Capitolo 1 - From Los Angeles to London

 

“Ne ho abbastanza, Rebecca. Ho parlato con tuo padre e, per evitare che si ripetano i danni che hai combinato l’anno scorso, passerai l’estate con lui. A Londra.” Mi avvertì mia madre. Aprii gli occhi molto lentamente e li richiusi subito per la troppa luce che entrava dalla finestra. Perché doveva esserci il sole? E perché mia madre urlava così tanto?
“Rebecca?” Mia madre richiamò la mia attenzione. Svogliatamente mi girai verso di lei e aprii gli occhi del tutto. La mia testa sembrava volesse scoppiare da un momento all’altro.
“Cosa?” Mi sforzai di chiedere. Non capivo cosa ci facesse nella mia stanza. Non doveva essere a Miami con Philip, il suo nuovo, ennesimo, compagno? Improvvisamente registrai quello che stava succedendo: mia madre era tornata prima dalla Florida, il che voleva dire che aveva scoperto della festa che avevo organizzato la sera prima.
“Ho detto che ne ho abbastanza, Rebecca. Passerai l’estate con tuo padre a Londra.” Ripeté mia madre.
“Ma mamma, non vedo papà da cinque anni.” Protestai. “Abbiamo parlato al telefono una decina di volte in tutto questo tempo!” Aggiunsi, alzandomi a sedere. La stanza cominciò pericolosamente a girare intorno a me. Chiusi gli occhi e inspirai profondamente.
“Non mi interessa. Sono stufa del tuo comportamento. Hai almeno la minima idea di quanti danni hai causato alla casa grazie alla tua festa?” Mi chiese, ricominciando ad alzare la voce.
“Capirai, tanto paga Philip.” Mormorai. Sapevo di avere superato davvero il limite quella volta. La festa era stata un successone: tutti i miei compagni di classe – e tantissimi altri sconosciuti – si erano presentati a casa mia armati di alcool e voglia di dimenticare i quattro anni di scuola appena finiti. Avremmo cominciato tutti il college in autunno e non vedevamo l’ora di passare un’intera estate a festeggiare. Io stessa non ricordavo la metà di quello che era accaduto la sera prima. Ricordavo vagamente di essermi arrampicata sul tavolo in giardino e aver ballato con altre ragazze. Ricordavo anche di aver permesso a qualche ragazzo di bere shot di tequila dal mio corpo.
“Prepara la valigia, sei sul volo delle sette.” Annunciò mia madre con tono glaciale, prima di uscire dalla mia stanza e chiudere la porta. La sentii urlare qualcosa in corridoio in lontananza. Probabilmente aveva trovato uno dei miei amici svenuto da qualche parte. Succedeva sempre alle mie feste: il giorno dopo dovevo passare in rassegna tutta la casa per cacciare i ragazzi e le ragazze che si erano addormentati – o erano svenuti – nella vasca da bagno, negli armadi o in altri posti strani. Sorrisi, pensando a quando avevo trovato Rachel, la mia migliore amica, addormentata nella vasca idromassaggio, ovviamente vuota, in giardino.
“Nina!” Urlai dopo qualche secondo. La cameriera entrò immediatamente in camera mia.
“Sì, signorina Clark?” Rispose.
“Preparami la doccia. E, quando hai finito, la valigia. Devo passare tre mesi a Londra.” Ordinai e mi alzai dal letto, operazione non facile, visto che la testa non voleva saperne di smetterla di girare. Mi avviai verso il bagno e mi infilai sotto la doccia.
Non vedevo mio padre da cinque anni, esattamente da quando aveva divorziato da mia madre e si era trasferito a Londra, dove aveva velocemente trovato una nuova famiglia. Non avevo mai capito perché i miei genitori avessero divorziato. Probabilmente erano entrambi stufi dei continui tradimenti e avevano capito che non erano fatti l’uno per l’altra. O forse, come mia madre adorava ripetermi, mio padre era scappato perché non mi sopportava più. Sapevo dalle poche telefonate che c’erano state tra di noi in quegli anni che mio padre aveva trovato un’altra donna e si era risposato. Non mi aveva nemmeno invitata al matrimonio. Forse mia madre aveva ragione. Forse non mi sopportava davvero e non voleva più vedermi. Sapevo anche che Anne, la nuova moglie di mio padre, aveva già una figlia più o meno della mia età e, insieme, avevano avuto un bambino poco dopo essersi sposati. Non avrei nemmeno saputo cosa dire a mio padre, dopo cinque anni. L’ultima volta che mi aveva vista avevo tredici anni, ero completamente cambiata. Mi avrebbe riconosciuta all’aeroporto? Perché aveva accettato di farmi passare l’estate insieme a lui?
Il volo da Los Angeles a Londra fu estremamente lungo e noioso, soprattutto perché mia madre, per punirmi, non mi aveva fatta viaggiare in prima classe, ma in economica. Non riuscii a dormire nemmeno per pochi minuti, grazie alla coppia dietro di me, che continuava a prendere a calci il mio sedile. Non avevo mai viaggiato in classe economica in vita mia e di certo non era un’esperienza che avrei ripetuto. Oltre al fatto che volare il giorno dopo una sbronza epica non era una cosa decisamente raccomandabile.
Riconobbi subito mio padre una volta varcata la porta degli arrivi. Non era cambiato di una virgola in cinque anni. Portava sempre quegli orrendi completi classici di una taglia più grande del necessario e gli occhiali da vista che occupavano metà del suo viso.
“Ciao, Rebecca!” Mi salutò. Cercò anche di abbracciarmi, ma mi divincolai.
“Stanca. Volo orrendo.” Mi giustificai. Mio padre annuì e si occupò della mia valigia.
“Turbolenze?” Mi chiese mentre camminavamo per andare alla sua auto.
“No, giusto un paio. Però c’era una coppia che calciava il mio sedile e faceva freddo. Mi hanno dato una coperta che era spessa quanto una fetta di prosciutto.” Risposi sbuffando. A Londra erano più o meno le sei del mattino e non vedevo l’ora di dormire.
“Mi dispiace. Vedrai che a casa riuscirai a riposarti un po’.”
“Lo spero. E’ lontana la tua auto?” Chiesi. Mio padre si girò a guardarmi e sorrise.
“Non sono qui in auto. Prendiamo l’Heathrow Express.” Mi rispose.
“Il treno?” Chiesi, scandalizzata. Mio padre non aveva mai usato i mezzi pubblici in vita sua.
“E’ molto più veloce dell’auto e poi da Victoria possiamo prendere la metro per Notting Hill Gate e siamo già a casa.” Mi spiegò.
“La metro.” Dissi tra me e me. Avendo appena preso un aereo mi ero anche dovuta sbarazzare del gel antibatterico. Bene, sarei morta durante la mia prima giornata a Londra.

Mi svegliai in stato confusionale. Non avevo la minima idea di dove fossi. Cominciai a guardarmi intorno e mi ricordai di essere a Londra, nella casa di mio padre e della sua famiglia. Dopo essermi addormentata sul treno e aver faticato per tenere gli occhi aperti sulla metro, chiesi a mio padre se potevamo saltare i convenevoli e le presentazioni con la nuova famiglia e mi infilai immediatamente a letto. Guardai la sveglia appesa al muro della camera: erano le cinque. Mi alzai e scesi ad esplorare la casa.
“Papà?” Chiamai. Non rispose nessuno. Aprii tutte le porte e non trovai nessuna forma di vita, a parte un criceto sulla ruota in soggiorno. Mi diressi in cucina per mangiare qualcosa e mi resi conto che mio padre non aveva nemmeno una cameriera, così aprii tutti gli armadietti per cercare qualcosa di già pronto, ma trovai solo merendine piene di carboidrati e conservanti. Nulla di biologico, tipico degli europei! Scoraggiata, tornai in camera e aprii la valigia. Dopo una lunga doccia bollente mi rivestii e decisi di uscire di casa. Cominciai a camminare per le strade di Notting Hill, ricordandomi quel film con Hugh Grant e Julia Roberts, e cominciai a guardarmi intorno. Case, case, case, negozietto di fiori, giardino privato, case, case, case. Non c’era nemmeno un Walgreens. O un Seven-Eleven. Non che io fossi mai entrata in un Seven-Eleven, ma in casi disperati avrei anche potuto fare un’eccezione. Continuai a camminare, stringendomi nella giacca che avevo deciso di mettere – come poteva fare così freddo a giugno, dannati inglesi? – e decidendo di girare a destra ad un incrocio. Fortunatamente trovai un pub ed entrai.
“Ciao, cosa posso portarti?” Mi chiese l’uomo dietro al bancone. Il locale era quasi vuoto. C’erano un paio di uomini ad un tavolo, armati di birre e carte, una coppia ad un altro tavolo e un ragazzo al bancone, non lontano da dove ero seduta io. Mentre stavo decidendo cosa ordinare, un pensiero attraversò la mia mente.
Oh, mamma, che errore madornale che hai fatto a mandarmi in Inghilterra. Qui si può bere a diciotto anni. Legalmente, pensai.
“Un Bloody Mary, per favore.” Ordinai.
“Sono £7.50.” Disse il barista, porgendomi il bicchiere. Sterline?
“Non accettate dollari, vero?” Chiesi, nella speranza che mi dicesse di sì. Mi ero completamente dimenticata di cambiare i miei dollari in sterline. “Carta di credito?” Aggiunsi poi, prendendo il portafogli dalla borsa. Lo aprii e mi resi conto che le mie carte di credito erano sparite.
“Non preoccuparti, offro io.” Intervenne il ragazzo che era seduto poco lontano da me. Si avvicinò, trascinando la sua birra di fianco a me, e porse al barista una banconota da dieci sterline.
“Grazie.” Dissi, girandomi a guardarlo. Aveva gli occhi verdi con un taglio particolare, un po’ allungato. Mi stava sorridendo e sembrava divertito dalla mia sbadataggine.
“Americana?” Mi chiese senza perdere il sorriso.
“L’accento e i dollari mi hanno tradita?” Ribattei, sarcastica.
“Il modo in cui sei vestita è stato l’indizio decisivo. Starai congelando con quei pantaloncini corti.”
“Per qualche strano motivo pensavo che sarebbe stata estate. Sai, siamo a Giugno.”
“Benvenuta in Inghilterra.” Disse il ragazzo, alzando il suo bicchiere per un brindisi. Cominciai a sorseggiare il mio Bloody Mary senza staccare gli occhi da quel ragazzo. Aveva un’espressione furba, in contrasto con l’aria innocente che gli donavano i tratti del suo viso. Poteva essere il mio regalo di benvenuto a Londra, no? Aveva sicuramente diciotto anni, perché stava bevendo una birra.
“Potrei avere un’idea su come scaldarmi.” Sussurrai dopo un po’. La vodka del Bloody Mary stava sicuramente aiutando a non sentire il freddo, ma quello a cui stavo pensando sarebbe stato decisamente più divertente.
“Tipo?” Mi chiese il ragazzo. Avevo attirato la sua attenzione. Mi avvicinai e gli sussurrai nell’orecchio quello che pensavo di fare.
“Dove potremmo trovare un po’ di privacy?” Gli domandai dopo aver finito il cocktail che avevo davanti.
“Vieni con me.” Mi rispose alzandosi. Lo seguii nei bagni del pub, dove occupammo una delle cabine.

“Hey, aspetta! Non mi dici nemmeno il tuo nome?” Mi chiese il ragazzo. Mi ero risistemata i vestiti e stavo uscendo dal bagno.
“Non c’è bisogno che tu lo sappia.” Gli risposi. “Grazie per il Bloody Mary.” Aggiunsi e uscii dal pub. Fuori aveva cominciato a piovere e, se possibile, si congelava ancora più di prima. Cominciai a camminare verso casa, perdendomi tra le vie del quartiere di Notting Hill sotto la pioggia battente. Perché tutte le case dovevano essere uguali? Mi ritrovai davanti al pub dal quale ero appena uscita e decisi che, forse, sarebbe stata una buona idea chiamare mio padre.
“Rebecca, dove sei?” Mi chiese.
“Davanti ad un pub che si chiama Uxbridge Arms.” Risposi leggendo l’insegna del locale. “Non so come tornare a casa.”
“Arrivo.”
Qualche minuto dopo lo vidi arrivare con un ombrello.
“Sei bagnata fradicia e stai tremando.” Mi rimproverò.
“La prossima volta uscirò preparata.” Risposi sbuffando. Mio padre non disse più nulla per tutta la strada.
“Sali ad asciugarti e a cambiarti. Quando torni ti presento il resto della famiglia.” Mi disse quando arrivammo a casa. Sentivo delle voci provenire dalla cucina e non stavo morendo dalla voglia di conoscere il resto dell’allegro clan, ma non dissi nulla. Invece seguii le sue istruzioni e mi presentai in cucina qualche minuto dopo.
“Rebecca, lei è Anne.” Mi disse mio padre, presentandomi la sua nuova moglie. La donna mi sorrise, si avvicinò e mi abbracciò stretta.
“E’ un piacere conoscerti! Benvenuta a Londra!” Mi disse.
“Um, grazie.” Risposi e indietreggiai di qualche passo.
“Questa, invece, è Elizabeth.” Disse mio padre, rientrando in cucina con una bimba di tre o quattro anni in braccio. Ero convinta che avessero avuto un maschio.
“Ciao.” Dissi, sentendomi un’idiota. Non mi piacevano i bambini e mi metteva a disagio parlare con un piccolo esserino che non capiva quello che gli stavo dicendo. La bimba mi guardò intensamente e poi alzò la manina e rispose al mio saluto.
“Tesoro, dov’è Harry?” Chiese mio padre ad Anne.
“Mi ha mandato un messaggio, sarà qui a momenti.” Rispose la donna, continuando a tagliare le verdure davanti a lei.
“Harry?” Domandai, sedendomi su una sedia.
“Mio figlio.” Mi rispose Anne. Non avevo capito nulla come al solito. Anne aveva un figlio maschio, e non una femmina. Forse avrei dovuto cominciare a prestare più attenzione a quello che mi diceva la gente al telefono.
“Oh, eccolo. Dovrebbe essere lui.” Disse Anne, sentendo la porta di casa chiudersi.
“Harry, siamo in cucina! Vieni, che ti presento Rebecca!” Urlò mio padre. Sentii dei passi e mi girai per presentarmi. Quando incrociai quegli occhi verdi mi sentii quasi svenire.
“C-ciao. Piacere, io sono Harry.” Disse il ragazzo, porgendomi la mano. Notai che anche lui aveva gli occhi spalancati per la sorpresa.
“Rebecca.” Risposi con la voce un po’ strozzata.
Non era possibile: il figlio della nuova moglie di mio padre era il ragazzo del pub.

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Capitolo 2
*** New Rules ***


Another World

Capitolo 2 - New Rules

“Harry, puoi mettere Lizzie a letto, per favore?” Chiese mio padre dopo cena. Passai tutto il tempo a concentrarmi su quello che avevo nel piatto e annuire vagamente quando mi facevano qualche domanda. Anche Harry disse a malapena due parole per tutto il pasto.
“Certo.” Rispose alzandosi dal tavolo e prendendo in braccio la bimba, che gli sorrise.
Mio padre ed Anne fissarono i loro sguardi su di me e, improvvisamente, mi sentii minuscola. Non mi vergognavo di aver fatto sesso con un ragazzo appena conosciuto. Non era certo la prima volta che succedeva. Però, in qualche modo, essere stata con il figlio della nuova moglie di mio padre suonava sbagliato. Molto sbagliato.
“Becca, dobbiamo parlare delle regole di questa casa.” Iniziò mio padre. Sbuffai, pensando che tanto le regole esistevano per essere infrante, no? E poi mio padre avrebbe passato tutto il giorno al lavoro, non avrebbe mai scoperto nulla.
“Prima vorrei farti una domanda.” Lo interruppi, pensando a quello che era successo al pub. “Che fine hanno fatto le mie carte di credito?”
“Io e tua madre abbiamo deciso di ritirartele. Una delle regole è proprio sulla questione.” Mi rispose mio padre, mentre Anne annuiva al suo fianco.
“Sentiamole.” Dissi, rassegnandomi. Una regola sulle mie carte di credito non poteva portare a nulla di buono.
“Durante i tre mesi in cui starai qui, lavorerai.” Disse mio padre.
“Scusa?” Chiesi, incredula. Avrei dovuto lavorare? La prossima regola sarebbe stata quella di pulire la casa?
“Devi imparare a prenderti delle responsabilità, Becca.” Continuò mio padre. “Tua madre e io siamo convinti di averti lasciato troppa libertà in questi anni. Sei sempre stata libera di fare tutto quello che volevi e questo non va bene. Da oggi lavorerai e potrai spendere solo quello che guadagnerai.”
“Qualcuno mi svegli.” Mormorai, chiudendo gli occhi. “E cosa dovrei fare?” Chiesi dopo qualche secondo.
“Per il momento farai la baby sitter per alcuni amici di famiglia. Nel frattempo potrai cercare qualcos’altro, come la commessa in qualche negozio o la barista da Starbucks o la cameriera in qualche ristorante.” Mi rispose.
Strabuzzai gli occhi alle possibilità: odiavo i bambini, non ero in grado di trasportare un piatto dal bancone al tavolo senza rovesciare qualunque cosa ci fosse dentro e, soprattutto, non avevo intenzione di abbassarmi a vendere vestiti. Ero io quella che spendeva soldi nei negozi.
“Inoltre, durante la tua permanenza, non potrai portare ragazzi a casa e avrai un coprifuoco.” Aggiunse mio padre.
“Certo, il prossimo passo è il convento?” Ribattei con sarcasmo.
“No, il prossimo passo è il collegio.” Rispose, serio.
“Mi stai dicendo che passerò l’estate a lavorare e che non ho il permesso di avere una vita sociale, altrimenti verrò spedita in collegio?” Chiesi, incredula.
“Esattamente. E’ davvero ora che tu cresca, Rebecca. Hai diciotto anni e dovresti essere matura, invece ti comporti ancora come una ragazzina. Un’ultima cosa.”
“Fammi indovinare, non potrò nemmeno parlare con un ragazzo?” Chiesi.
“No, puoi ovviamente avere degli amici, ma preferirei se tu non avessi relazioni romantiche in questi tre mesi. Tua madre mi ha parlato delle tue avventure a Los Angeles e vorrei che tu capissi che quello che fai è pericoloso.”
“Uh, infatti sto tremando di paura.”
“Rebecca!” Mi richiamò mio padre. “Non tollererò più questo atteggiamento, sappilo. D’ora in poi ti comporterai bene con me e con Anne. E non voglio che tu beva o assuma droghe.”
“Non mi sono mai drogata.” Risposi.
“Ma so benissimo che ti piace bere troppo.”
Roteai gli occhi al cielo e fissai lo sguardo su una piega della tovaglia davanti a me. Stavo vivendo un incubo, mi sentivo in prigione. E, soprattutto, non volevo seguire le stupide regole di mio padre.
“Non alzare gli occhi al cielo quando ti parlo.” Mi richiamò di nuovo mio padre. “E non sbuffare.” Aggiunse.
“Posso almeno respirare?” Chiesi.
“Rebecca, ti avverto: continua così e finirai in un collegio femminile sperduto nella campagna per i prossimi due anni della tua vita.” Mi minacciò. Mi morsi il labbro inferiore per resistere all’impulso di sbuffare.
“Posso andare a dormire adesso?” Chiesi, alzandomi dalla sedia.
“No, prima darai una mano a pulire la cucina.”
Avevo ragione, pretendevano anche che pulissi la casa! Mi avevano forse scambiata per un elfo domestico? Sentivo il bisogno di bere qualcosa o, almeno, di fumare una sigaretta. Senza dire una parola aiutai Anne a togliere i piatti dal tavolo e la aiutai a pulire.
“Ora puoi andare.” Mi disse mio padre. Non risposi e salii nella mia nuova camera, dove frugai nella valigia per trovare il pacchetto di sigarette che mi ero portata.

Aprii la finestra, mi sedetti sul davanzale interno e accesi la sigaretta. Inspirai la prima boccata di fumo e mi sentii meglio. Qualche minuto dopo sentii bussare alla porta ed entrò Harry.
“Ci mancavi solo tu.” Commentai. Almeno non era mio padre e non avrei dovuto spegnere la sigaretta appena iniziata. “Cosa vuoi?” Chiesi.
Harry si avvicinò alla finestra.
“Beh, almeno adesso so il tuo nome.” Scherzò. Non era divertente.
“Senti, quello che abbiamo fatto è stato divertente, ma se pensi che lo rifaremo ti sbagli di grosso.” Dissi.
“No, veramente volevo semplicemente parlarti. E beh, fumare non fa benissimo, sai?”
“E’ la mia vita, non la tua. Parla, ti ascolto.”
“Stavo pensando che siamo praticamente parenti, quindi è meglio se dimentichiamo quello che è successo.”
“Almeno su questo siamo d’accordo.” Dissi senza guardarlo. Ero impegnata a fissare un uomo con un cagnolino al guinzaglio sul marciapiede di fronte alla mia finestra.
“Rebecca?” Mi chiamò Harry.
“Cosa vuoi?”
“Cos’hai fatto per fare incazzare così James? Non l’ho mai visto così.”
“Mio padre non è un fan del mio stile di vita.” Risposi lentamente, giocando con la tenda. Ero nervosa per colpa del jet lag, delle stupide nuove regole di mio padre e per aver scoperto che il ragazzo del pub era sostanzialmente il mio fratellastro. E un altro milione di motivi che non avevo nemmeno voglia di cominciare ad elencare. “Forse avrebbe dovuto pensarci prima di trasferirsi dall’altra parte del mondo con la tua famiglia.” Aggiunsi, voltandomi per guardare Harry negli occhi. Lui abbassò lo sguardo e uscì dalla mia camera.

Finita la sigaretta mi alzai dal davanzale, chiusi la finestra e mi arrampicai sul letto. In California dovevano essere le due di pomeriggio, quindi avrei potuto videochiamare Rachel e vedere finalmente una faccia amichevole. Accesi il computer, entrai su Skype e chiamai la mia amica.
“Becks!” Urlò quando mi vide apparire sullo schermo.
“Rach!” Risposi.
“Tesoro, cosa ti è successo?” Mi chiese, studiandomi con un’aria quasi disgustata.
“Piove. I miei capelli non amano l’umidità.” Dissi prendendo in mano una ciocca e guardandola. Una sola giornata in Inghilterra aveva reso i miei capelli castani, di solito lucidi e lisci, gonfi e quasi crespi. Chissà cosa mi avrebbero fatto tre mesi!
“E non sei truccata.”
“Ero fuori senza ombrello.” Risposi alzando le spalle. “Come stai?”
“Bene, ma mi manchi! Beverly Hills non è la stessa cosa senza di te.”
“Non puoi avere idea di quanto mi manchi tutto. Questo posto è un inferno.”
“Immagino.” Disse Rachel e notai che stava guardando qualcosa al di là dello schermo.
“Tutto ok?” Le chiesi.
“Sì, sì, non preoccuparti. Dicevi?”
“Che questo posto è un inferno, mio padre mi ha dato diecimila regole e… ho fatto una cazzata colossale.” Confessai. Volevo raccontarle di Harry e della scappatella nei bagni del pub. Lei avrebbe saputo cosa dirmi. Mi avrebbe consigliato come comportarmi con il ragazzo.
“Sì, um… Tesoro, non offenderti, ma sono in ritardo per la festa in piscina di Mel e Adam mi sta facendo dei gesti orrendi perché devo muovermi.” Rispose Rachel, guardando di nuovo oltre al computer e alzando il dito medio a Adam, uno dei nostri amici. “Possiamo sentirci domani?” Mi chiese.
“Certo.” Risposi, abbassando lo sguardo.
“Okay, allora a presto! Mi raccomando, vai a fare qualche lampada o, quando tornerai, sarai talmente bianca che farò fatica a riconoscerti!” Esclamò Rachel e mi salutò con la mano. Non riuscii nemmeno a risponderle perché aveva già terminato la videochiamata. Mi ritrovai a salutare lo schermo del mio computer. Sospirai e decisi di andare su Facebook per dare un’occhiata a quello che dicevano i miei amici. Vidi le foto della festa che avevo organizzato prima di essere spedita in Inghilterra e sorrisi tra me e me. I commenti confermavano quello che pensavo: i partecipanti dicevano che quello era stato il party dell’anno. Qualcuno si chiedeva che fine avessi fatto. Sentii un nodo allo stomaco quando lessi la risposta di Rachel.
“Sua madre l’ha spedita in riabilitazione in Inghilterra.” Aveva scritto.
“Beh, per forza, ho sentito che Nick l’ha messa incinta. Sono sicura che partorirà in Inghilterra e tornerà facendo finta di niente.” Aveva risposto Melanie, la ragazza che aveva organizzato la festa in piscina alla quale stava andando Rachel.
“Sempre che sia di Nick. Chi lo sa di chi è veramente?” Seguì la risposta di Emily, un’altra delle nostre amiche. Sempre che si potessero definire amiche, a quel punto. Mi morsi il labbro inferiore per non piangere. Mancavo da Beverly Hills da un giorno e i miei “amici” avevano già cominciato a sparlare di me. Ma quella che mi aveva ferita più di tutte era Rachel. Lo sapeva benissimo che ero da mio padre, perché aveva messo in giro la voce che fossi in riabilitazione? Su Facebook, poi, dove sapeva che potevo benissimo leggere.
Spensi il computer e lo allontanai da me. Sapevo che avrei dovuto dormire, ma non avevo minimamente sonno. Per il mio corpo erano le due di pomeriggio e, avendo dormito per gran parte della giornata, non riuscivo ad addormentarmi. Provai a leggere e a rilassarmi ascoltando musica, ma non riuscii a chiudere occhio per ore.

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Capitolo 3
*** Babysitting ain't easy ***


Another World

Capitolo 3 – Babysitting ain’t easy

 

“Rebecca!” Mi chiamò mio padre la mattina seguente. Mi sentivo come se mi fossi appena addormentata e, probabilmente, era così. Aprii gli occhi e lo trovai in camera mia, di fronte al mio letto, già vestito di tutto punto per andare al lavoro.
“Cosa c’è?” Chiesi.
“Svegliati, tra un’ora devi essere a casa dei Malik a fare la baby sitter.” Annunciò mio padre, dando un morso ad un croissant.
“Ma papà, sono le sette del mattino…” Protestai.
“I Malik escono presto. Forza, fuori dal letto. Anne ti spiegherà tutto mentre fai colazione, io devo andare al lavoro.”
 “Buona giornata, eh.” Dissi con sarcasmo. Mio padre si fermò un secondo sulla soglia della porta e mi sorrise.
“Grazie. Anche a te.” Rispose e poi uscì. Non aveva decisamente capito che in realtà, quello che intendevo era ‘vorrei che la tua giornata facesse schifo almeno quanto lo farà la mia’.
 
Scesi a fare colazione e trovai Harry e sua madre al tavolo della cucina. Nei loro piatti c’erano salsiccia, fagioli, bacon e altre schifezze.
“Non c’è nulla di sano?” Chiesi, sedendomi.
“Nell’armadietto ci sono dei cereali, se vuoi. Il latte è nel frigo.” Mi rispose Anne. Latte e cereali? Sempre meglio di salsiccia e fagioli alle sette del mattino. Cosa mangiavano a mezzogiorno, se quella era la loro colazione?
Mi alzai per prendere la scatola e la ciotola e mi risedetti di fianco ad Harry, cercando di ignorare il contenuto del suo piatto. Cercai di ignorare soprattutto Harry, a dire il vero.
“So che tuo padre non ha fatto in tempo a spiegarti come raggiungere la casa dei Malik.” Disse Anne.
“Esatto.” Risposi.
“Non è lontano da qui. Devi andare a prendere la metro a Notting Hill Gate e scendere due fermate dopo, a Shepherd’s Bush…” Cominciò a spiegare Anne. Mi guardai intorno, un po’ in imbarazzo. Lei dava per scontato che io sapessi come prendere la metro da sola e come trovare una casa?
“Non preoccuparti, mamma, la accompagno io oggi. Tanto è presto per andare in panetteria, faccio in tempo, così le spiego come si usa la metro e tutto.” Si offrì Harry. Lo guardai, sorpresa. Pensavo che non mi avrebbe mai più rivolto la parola dopo il modo in cui l’avevo trattato la sera prima. O almeno lo speravo.
“Grazie.” Dissi. Harry non rispose.
“Perfetto. Allora quando arriverai dai Malik, Tricia ti spiegherà tutto.” Mi disse Anne.
Finimmo tutti la colazione e tornai in camera mia per finire di prepararmi.
 
Quando tornai giù, Harry mi stava aspettando in soggiorno.
“Pronta?” Mi chiese. Annuii e lo seguii fuori dalla porta. Non disse una parola finché non arrivammo alla fermata della metro e mi spiegò che avrei avuto bisogno di una Oyster Card per caricare l’abbonamento. Mi aiutò a comprarne una e poi mi mostrò dove dovevo appoggiarla per fare aprire i tornelli.
“Shepherd’s Bush è a due fermate da qui. E’ veloce.” Mi disse quando salimmo sulla metro. “E’ inutile che ci sediamo.” Aggiunse quando vide che stavo andando a prendere un posto. Tornai indietro e lo seguii quando la metro si fermò. Tornammo in superficie e mi accompagnò davanti alla casa di questi Malik.
“E’ questa?” Chiesi.
“Sì. Ti ricordi come si torna a casa?” Mi domandò.
“Penso di sì.”
“In ogni caso, dammi il tuo telefono. Ti salvo il mio numero, così puoi chiamarmi se ti perdi.”
“Grazie.”
“A dopo.”
Guardai Harry allontanarsi e salii i tre scalini che mi separavano dalla porta d’ingresso della casa. Suonai il campanello ed attesi.
“Ciao, tu devi essere Rebecca, giusto?” Mi chiese una donna dopo aver aperto la porta. Annuii e mi fece entrare. “Piacere di conoscerti, io sono Tricia.” Aggiunse e mi porse la mano.
“Piacere.” Risposi, stringendola.
“Anne mi ha parlato molto bene di te.” Disse mentre mi faceva strada verso la cucina. Ci sedemmo al tavolo e cominciò a spiegarmi cosa avrei dovuto fare. “Waliyha ha dieci anni, mentre Safaa ne ha otto. Non dovrebbero darti nessun problema, sono bambine piuttosto indipendenti. Ho già preparato il pranzo ed è nel frigo, devi solo scaldarlo nel microonde a mezzogiorno. Ho preparato qualcosa anche per te, spero che ti piaccia il pollo con le patate.” Aggiunse. Facevo quasi fatica a seguirla e mi ero già dimenticata i nomi delle bambine.
“Sì, certo.” Risposi.
“Perfetto. Sul frigo ho attaccato un foglio con tutto quello che devi sapere. Ci sono tutti i numeri che puoi chiamare in caso di emergenza, le allergie delle bambine e i compiti che devono fare. Ti sarei davvero grata se le aiutassi.”
“Ok.”
“Zayn, il mio altro figlio, tornerà oggi pomeriggio dal lavoro.”
“Ok.” Ripetei, pensando che in quella famiglia amavano i nomi strani.
“Io devo scappare. Le bambine sono ancora a letto, dovrebbero svegliarsi tra mezz’oretta. La loro camera è la prima a destra, al piano di sopra.” Disse Tricia prima di uscire di casa. “Ricordati di guardare il foglio sul frigo se hai qualsiasi dubbio e grazie!” Aggiunse e chiuse la porta, lasciandomi sola in quella casa sconosciuta. Mi alzai e andai a leggere quello che aveva scritto sul foglio. C’era una lista infinita di numeri di telefono, compiti e medicine che dovevano prendere le bambine.
“Medicine?” Mormorai tra me e me. Non vedevo l’ora di fare la babysitter a due mostriciattoli e per giunta anche malati.
Tornai in soggiorno e mi abbandonai sul divano, dove cominciai a giocare con il mio iPhone. Tanto avevo ancora mezz’ora di libertà, no?
 
Ero nel bel mezzo di un’esaltante partita di Fruit Ninja con uno sconosciuto, quando dalle scale scesero le due bambine in pigiama, avvolte in due coperte di lana. Alzai lo sguardo dallo schermo del telefono e notai che non avevano una bella cera.
“Tu sei Rebecca?” Mi chiese quella che sembrava la più piccola. Lanciai un’occhiata alla partita e notai che il mio sfidante mi aveva stracciata. Beh, grazie tante, mocciose.
“In carne ed ossa.” Risposi.
“La mamma ci ha detto che ti avremmo trovata qui. Ci puoi aiutare a preparare la colazione?”
Bene, ero completamente spacciata. Non avevo mai nemmeno acceso un fornello. In Inghilterra avrebbero potuto arrestarmi per aver dato fuoco ad una casa durante il mio primo giorno di lavoro? Speravo di no. L’arancione della tuta da carcerato non mi avrebbe donato. Ma poi in Inghilterra usavano le stesse orribili tute dell’America? Beh, ero intenzionata a non scoprirlo. Abbandonai la partita a Fruit Ninja, immaginando gli insulti del mio avversario, per aver lasciato un match che stava vincendo, e mi avviai verso la cucina.
Mi guardai intorno, disorientata.
“Cosa mangiate di solito?” Chiesi, sperando che la risposta fosse ‘latte con i cereali’ e non ‘colazione inglese’.
“La mamma ci ha detto che sei americana. Ci fai i pancakes?” Mi chiese la più grande.
“Ehm, certo.” Risposi, cominciando ad aprire gli armadietti per trovare il preparato per pancakes. Nemmeno l’ombra.
“Sapete cosa?” Chiesi improvvisamente alle bimbe, che mi guardarono con gli occhioni sgranati. “Siete malate, non credo che i pancakes vi facciano bene. Perché non bevete una bella tazza di latte caldo con i cereali?” Chiesi, sperando che avessero in casa almeno una misera scatola di Froot Loops.
“Vogliamo i pancakes!” Urlò la bambina più piccola. La maledissi mentalmente e mi costrinsi a sorridere.
“Non ci sono gli ingredienti.” Le feci notare.
“Vai a comprarli.” Mi rispose quella più grande. Quelle due erano un’associazione per delinquere.
“D’accordo…” Dissi rassegnata e presi la giacca dal divano, dove l’avevo lasciata. Dovevo riuscire a trovare uno stupido supermercato nel quartiere. “Torno tra poco.” Dissi alle bambine e aprii la porta di casa.
“Scusa, tu non sei la babysitter?” Mi chiese un ragazzo.
“Ce l’ho scritto in faccia, per caso?” Ribattei piccata. Andavamo proprio bene. Se la gente cominciava a scambiarmi automaticamente per una babysitter voleva dire che avevo perso tutto lo ‘splendore’ di Beverly Hills.
“No, sono il fratello di Safaa e Waliyha.” Rispose il ragazzo. In effetti assomigliava alle bambine. Avevano gli occhi dello stesso color caramello, dal taglio a mandorla, e i capelli scuri. Solo che lui aveva un ciuffo biondo.
“Zayn. Sono Rebecca.” Dissi presentandomi, fiera di ricordarmi il nome che mi aveva detto sua madre prima di uscire.
“Sì, ma tu dove stavi andando?” Mi chiese sospettoso.
“A comprare il preparato per pancakes per le tue sorelle. A proposito, hai qualche sterlina?”
Vidi Zayn portarsi una mano alla fronte in un gesto sconsolato. Ok, forse chiedere soldi al primo incontro non era una cosa educata, ma si trattava delle sue sorelle!
“Tu stavi lasciando in casa da sole due bambine?” Mi chiese ancora.
“Me l’hanno chiesto loro.” Risposi infastidita.
“Non hai mai fatto la babysitter prima d’ora, vero?”
“E’ arrivato Capitan Ovvio…” Risposi e roteai gli occhi al cielo. “Quindi posso andare a comprare questo preparato per pancakes o no? Anzi, ora che sei qui potresti anche fare tu la colazione alle tue sorelle.”
“Va beh, sei fortunata perché il negozio di musica in cui lavoro oggi apre più tardi, quindi posso aiutarti.” Rispose Zayn. Salì i gradini che ci separavano ed entrò. “Almeno posso assicurarmi che non darai fuoco alla mia casa.” Aggiunse sottovoce.
“Ti ho sentito.” Lo rimproverai e lo seguii, squadrandolo. Non aveva di certo un brutto didietro. Anzi, era proprio carino. Lui, ovviamente, si girò e mi beccò mentre osservavo il suo sedere ed arrossì violentemente. Perfetto, era anche timido.
“Zayn!” Le bambine urlarono e gli corsero incontro. Lui le abbracciò entrambe e trasportò la più piccola in cucina, mentre l’altra lo seguì saltellando.
“Non abbiamo comprato il preparato.” Dissi entrando in cucina con loro.
“Non ce n’è bisogno, ci sono tutti gli ingredienti in casa.” Rispose aprendo il frigorifero e prendendo uova, latte e burro. Poi aprì un armadietto ed estrasse farina, lievito, zucchero e sale.
“Cosa devo fare?” Chiesi, sentendomi a disagio.
“Rompi le uova in quella terrina, per favore. E separa gli albumi dai tuorli.” Rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo. Perché un ragazzo sapeva cucinare e io non avevo nemmeno la più pallida idea di che cosa stesse parlando?
Presi le uova e le trasportai vicino alla terrina senza romperne nessuno. Era già un grande passo per me.
“E’ rotto?” Mi chiese Zayn quando notò che ne stavo osservando uno con aria inquisitoria.
“Non ancora.” Risposi, meditando su come ucciderlo senza fare un casino colossale. L’uovo, non Zayn.
“Devi sbatterlo sul bordo della terrina.” Disse Waliyha, spuntandomi dietro e spaventandomi. Lasciai cadere l’uovo, che si schiantò sul pavimento, schizzando su tutti i mobili intorno.
“Merda!” Imprecai. Zayn mi guardò malissimo e mi coprii la bocca con una mano.
In quel momento entrò un cane – ma da dove era spuntato? – e cominciò a leccare il pavimento.
“No, no, no!” Zayn urlò e lo tirò indietro, prendendolo per il collare. Waliyha prese un pezzo di carta assorbente e pulì il disastro che avevo combinato. Quando mi girai di nuovo verso la terrina, scoprii con stupore che Safaa, la bambina di otto anni, aveva rotto e separato le uova con successo.
“Perfetto.” Mormorai, sentendomi completamente fuori posto. A Beverly Hills questi lavori li faceva la cuoca, non io. Io mangiavo il risultato ed esprimevo il mio giudizio.
“Non preoccuparti, non è successo nulla di grave.” Mi disse Zayn dopo un po’. “Però forse è meglio se ti siedi e aspetti che siano pronti?” Suggerì con un sorriso. Non potei fare a meno di notare quanto i suoi denti fossero bianchi e perfetti. Era ancora più carino quando sorrideva.
“Ok.” Risposi e mi lasciai cadere su una sedia. Il cane mi si avvicinò e mi appoggiò il muso su una gamba. Osservai Zayn e le sue sorelle cucinare e provai una punta di invidia. Ero figlia unica e non avevo mai fatto nulla di simile con la mia famiglia. Mia madre non aveva mai cucinato in tutta la sua vita.
“Eccoli qui!” Esclamò Zayn compiaciuto, presentando un piatto pieno di pancakes sul tavolo. Le bambine presero lo sciroppo d’acero e li inondarono. “Ne vuoi uno?” Mi chiese.
“No, grazie. Ho già fatto colazione.” Risposi, ripensando all’orrore che avevo provato guardando il piatto di Harry e sua madre quella mattina. Harry…
Sospirai e guardai Zayn che interagiva con le sue sorelle. Stava mettendo dei pancakes in più piatti e le stava aiutando a tagliare fettine di banane per decorarli.
“E questo è un pancake sorridente.” Disse e Safaa sorrise, soddisfatta.
“Sei tenero con le tue sorelle.” Mi sfuggì prima che potessi fermarmi. Zayn arrossì di nuovo e mi rivolse un timido sorriso.

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Capitolo 4
*** Don't stop the party ***


Another World

Capitolo 4 – Don’t stop the party

Ero sopravvissuta alla prima giornata di lavoro ed ero anche riuscita a tornare a casa senza dover chiamare Harry per farmi recuperare da qualche parte. Ringraziai mentalmente l’applicazione delle mappe sul mio telefono. Ero seduta sul letto della mia nuova camera e stavo osservando la banconota da cinquanta sterline che Tricia mi aveva dato prima che tornassi a casa. La guardavo con sentimenti contrastanti. Una parte di me era quasi orgogliosa: quelli erano i primissimi soldi che avevo guadagnato da sola. L’altra parte di me era perplessa. Cinquanta sterline per passare la giornata insieme a due bambine erano troppo poche. Come potevo spenderle? Era venerdì sera, volevo andare in un locale, ma non ne conoscevo nessuno e non sapevo dove andare da sola. A Beverly Hills uscivo quasi ogni sera perché i miei amici organizzavano costantemente feste ed io ero sempre invitata.
Pensai alla sera del Prom dell’ultimo anno scolastico e sorrisi malinconica. La scuola aveva affittato la sala da ballo dell’hotel Loews ad Hollywood per l’evento ed era stata una serata magica. Dopo essere stata incoronata Reginetta del Ballo, avevo proposto di spostare l’afterparty al Level3, un club under 21 ad Hollywood & Highland poco lontano dall’hotel e avevamo ballato fino all’ora di chiusura. Nick, il ragazzo con cui uscivo all’epoca, era stato incoronato Re del Ballo ed era venuto con noi al locale. Aveva anche prenotato una suite all’hotel, dove festeggiammo l’after-afterparty con Rachel, Melanie e Adam. Mi addormentai all’alba sfinita dalle ore sui tacchi alti, dallo champagne che avevo bevuto e dalle risate.
Anne mi riscosse da quei pensieri entrando in camera. Non l’avevo nemmeno sentita tornare a casa.
“Tra poco vado a prendere Elizabeth all’asilo. Vuoi venire con me?” Mi chiese. Mi fermai ad osservarla per qualche secondo prima di rispondere e mi ritrovai a pensare che fosse davvero una bella donna. Sembrava quasi la sorella di Harry, non la madre. Mio padre aveva scelto bene.
“No.” Risposi.
“E’ andato tutto bene dai Malik?” Chiese ancora, sedendosi sul letto di fianco a me.
“Sì.”
“Ok, io torno tra poco. Harry è in camera sua, tuo padre dovrebbe tornare a momenti.” Disse rialzandosi. Probabilmente aveva capito che non volevo parlare con lei.
Annuii, tornando ad osservare la banconota di fronte a me.

Improvvisamente sentii delle voci sconosciute provenire dalla stanza di Harry e decisi di indagare. Bussai alla sua porta e aspettai che mi invitasse ad entrare.
“Ciao.” Mi salutò un ragazzo seduto sul letto di Harry. Aveva gli occhi azzurri e i capelli castani con un ciuffo pettinato a regola d’arte. Di fianco a lui c’era una ragazza con occhi e capelli castani.
“Ciao.” Risposi, incuriosita. Harry mi stava guardando con aria inquisitoria. “Mi stavo chiedendo se per caso conoscete un locale dove posso andare stasera.” Aggiunsi dopo un po’.
“Noi pensavamo di andare al Cuckoo. E’ un locale nel Mayfair. Tutte le mie amiche ci vanno e mi hanno detto che è fantastico.” Rispose la ragazza, rivolgendomi un sorriso. Una veloce occhiata al suo abbigliamento mi confermò che aveva un ottimo gusto in fatto di moda ed era anche apparentemente ricca. Avrei potuto andare molto d’accordo con lei.
“E’ lontano da qui?” Chiesi. “A proposito, io sono Rebecca, piacere di conoscerti.” Aggiunsi porgendole la mano.
“Eleanor, piacere mio.” Rispose e me la strinse. “No, non è eccessivamente lontano, però noi andiamo in taxi perché non ci sono parcheggi.”
“Perché non vieni con noi?” Suggerì il ragazzo di fianco a lei. “Io sono Louis, comunque.”
“Piacere, Rebecca.” Mi presentai. Lanciai un’occhiata ad Harry e notai che non era per niente contento.
“In realtà non penso che tu possa.” Intervenne. “Non so fino a che punto James…” Cominciò a dire, ma lo interruppi.
“Andiamo, è il mio primo venerdì sera a Londra e sono sicura che non avrà nulla da ridire se sarò con te. Mi sembri un ragazzo responsabile.” Dissi con un sorriso che voleva ricordargli che, in realtà, sapevo benissimo che non era responsabile, visto quello che avevamo fatto cinque minuti dopo esserci conosciuti.
“E poi, se c’è un’altra ragazza, abbiamo più possibilità di entrare tutti gratis.” Aggiunse Louis. “Non so te, ma io non ho voglia di spendere venti sterline solo per entrare.”
“Ok.” Disse Harry dopo un po’. Aveva un’espressione rassegnata. “Parlerò con James e mia madre.”
“Grazie.”
“Non ti assicuro nulla, però.” Mi avvertì prima che potessi uscire dalla sua stanza. Io stavo già pensando a quale favoloso vestitino potevo mettere quella sera. Sapevo come vestirmi per andare in un locale. Era una delle mie specialità.

Quella sera a cena si fermarono anche gli amici di Harry. Louis aveva suggerito che, se ci fossero stati ospiti, mio padre ed Anne non avrebbero potuto dirmi di no. Infatti aveva ragione. Mio padre non sembrava per niente contento, ma alla prima minaccia di fare una scenata di fronte agli altri ragazzi, mi disse di sì.
“Solo perché sei con Harry e so che è una persona responsabile.” Mi avvertì. “Non voglio che tu beva e devi essere a casa per l’una.” Aggiunse.
“Ma papà, usciamo di qui alle undici e mezza!” Protestai. “Dai, ti prometto che non berrò nulla e farò la brava. Posso tornare alle due? Non vorrei mai rovinare la serata agli altri con il mio coprifuoco.”
Mio padre guardò Anne, che annuì.
“D’accordo, le due. Non un minuto più tardi e, se quando torni sei ubriaca, ti metto in punizione.” Mi minacciò.
“Ok, come vuoi.” Risposi e sorrisi ad Eleanor, che mi stava guardando. Visto che le persone con cui uscivo a Beverly Hills non erano con me – e non ero più tanto sicura che fossero miei amici – dovevo trovare qualcuno con cui passare il tempo, altrimenti sarei morta di solitudine.
Dopo cena aiutai Anne a pulire la cucina senza protestare e mi offrii persino di portare Elizabeth in camera. Era una bambina tranquilla e si lasciò cambiare ed infilare a letto senza dire niente.

Arrivammo davanti al locale e trovammo una fila di persone che aspettavano di entrare.
“Non ce la faremo mai, non siamo in lista.” Si lamentò Louis. Mi guardai intorno e studiai la situazione. Mi erano capitate cose del genere anche a Los Angeles e Rachel ed io avevamo studiato un modo per passare sempre davanti a tutti.
“Ho in mente una cosa che ci farà entrare senza problemi, ma voi dovete stare al gioco. Chiamatemi Kaya.” Dissi e cominciai a camminare verso il buttafuori, ignorando gli sguardi perplessi degli altri.
“Kaya?” Domandò Eleanor con voce incerta. Ormai eravamo molto vicine al buttafuori ed ero sicura che avrebbe potuto sentirci.
“Lavorare con Robbie è stato bellissimo! Candy è la canzone più bella che abbia mai fatto e sono stata abbastanza fortunata da essere scelta per quel video!” Esclamai ad alta voce, fingendo l’accento inglese.
“Giusto!” Rispose Eleanor, probabilmente intuendo le mie intenzioni. Le sorrisi per incoraggiarla a perdere l’espressione spaventata e si rilassò un pochino.
“Signorina Scodelario?” Domandò il buttafuori. Sorrisi trionfante, pensando che ero riuscita a fregarlo.
“Siamo in quattro.” Risposi e lui ci fece entrare senza dire una parola.

Rachel cominciò a notare la mia somiglianza con Willa Holland, quell’attrice che aveva avuto parti in The O.C, Gossip Girl e altri telefilm popolari in America, qualche mese prima della mia partenza per Londra. Ero tornata dal parrucchiere con un nuovo taglio di capelli e lei era rimasta a bocca aperta.
“Dobbiamo assolutamente provare questa cosa! Altro che carta d’identità falsa! Willa è maggiorenne e potremmo entrare nelle discoteche senza problemi!” Aveva detto. E così avevamo fatto. Eravamo andate allo Chateau Marmont a cena – locale frequentato da celebrità di ogni tipo – e, sfruttando la mia somiglianza con l’attrice, eravamo riuscite a passare la serata in discoteca gratuitamente e senza controlli di documenti. Quella sera ero stata scambiata anche per Kaya Scodelario, un’attrice inglese che, da quanto avevo scoperto dopo averla cercata su Google, era quasi identica a Willa Holland e a me. Kaya, a quanto sembrava, era molto popolare in Inghilterra per aver recitato in un telefilm chiamato Skins e, soprattutto, per essere stata la protagonista dell’ultimo video musicale di Robbie Williams. Era un piano perfetto!

“Come hai fatto?” Mi chiese Louis appena entrati nel locale.
“Storia lunga, ti spiegherò.” Lo liquidai e mi fiondai al bancone, dove una ragazza sorridente mi diede il benvenuto dopo aver parlato brevemente con il bodyguard che ci aveva fatti entrare.
“Signorina Scodelario, che piacere averla qui con noi! Mi permetta di mostrarle il suo tavolo.” Disse e ci accompagnò all’interno del club. Non solo eravamo riusciti ad entrare gratis, ma al tavolo c’erano anche bottiglie di ogni tipo!
“Tu devi uscire con noi più spesso!” Esclamò Louis entusiasta. Si accomodò sul divanetto e prese una bottiglia di vodka e quattro bicchierini da shot.
“Brindiamo a Rebecca!” Suggerì Eleanor, alzando il suo bicchiere. La imitai e lanciai un’occhiata ad Harry, che sembrava tutto tranne che felice di essere lì con noi.
“A Rebecca!” Esclamò Louis. “O Kaya.” Aggiunse poi, facendomi l’occhiolino. Brindammo e buttammo giù l’alcool in un sorso.
“Perché questo posto è così triste?” Chiesi quando notai che tutti erano seduti e nessuno ballava.
“Tranquilla, succede sempre così. Durante la prima mezz’ora sono tutti seduti a giudicarsi l’uno con l’altra, poi si ubriacano e cominciano a ballare. Tra un’ora non ci sarà nemmeno un centimetro libero sulla pista.” Mi spiegò Eleanor.
“Beh, ok, allora un altro shot!” Suggerii e versai altra vodka nei bicchierini.

Avevo bevuto parecchio. Più del previsto, in realtà. Gli Inglesi erano estremamente generosi e più di un ragazzo mi aveva offerto un cocktail e chi ero io per rifiutare alcool gratis? Stavo ballando in piedi su un tavolo insieme a ragazzi sconosciuti e mi stavo divertendo come non mai. In quel momento non mi mancava Beverly Hills. Non mi mancavano Rachel, Melanie, Adam o nessun altra persona con cui uscivo in America. Eleanor e Louis erano impegnati a ballare e a baciarsi, mentre avevo perso di vista Harry. La testa cominciava a girarmi, quindi decisi di scendere dal tavolo per evitare di cadere e rompermi qualcosa.
“Hey, attenta!” Esclamò Harry, prendendomi per un braccio quando appoggiai male un tacco e rischiai di volare in mezzo alla pista. Mi girai a guardarlo e incrociai di nuovo quegli occhi verdi. In un istante decisi che lo volevo. Al diavolo il matrimonio di mio padre e sua madre, non eravamo seriamente parenti. Avvicinai il mio viso al suo e…
“Rebecca?” Mi chiamò Harry allarmato, allontanandomi leggermente da lui.
“Cosa c’è?” Chiesi, infastidita. Le sue labbra erano state così vicine alle mie, dov’erano andate?
“Cosa stai facendo?” Mi domandò.
“Secondo te?”
“Mi stavi per baciare.”
“Ma va? Possiamo riprovarci adesso?” Chiesi e cercai di riavvicinarmi. Mi allontanò di nuovo da lui e il movimento mi causò un giramento di testa. “Dai, non siamo davvero parenti.” Cercai di convincerlo.
“Non è solo quello…” Cominciò a spiegarmi. Lo interruppi sbuffando e rimettendomi dritta di fronte a lui. Ma ero io o era la stanza che era storta? Non riuscivo a capirlo.
“E allora cos’è? Mi pare che tu ti sia divertito al pub.”
“Certo che mi sono divertito, ma io… Non avevo in programma di rivederti, figuriamoci addirittura di vivere con te!”
Per un secondo la stanza smise di girare e lo guardai negli occhi. Mi stava rifiutando? Non sapevo cosa dire, cercavo di aggrapparmi ad uno dei mille pensieri che vagavano veloci nella mia mente, ma non riuscivo ad aprire bocca. Harry si girò e se ne andò, lasciandomi in mezzo alla pista come un’idiota. Nessuno mi aveva mai rifiutata prima d’ora. Di solito ero io quella che diceva di no ai ragazzi, non il contrario.
Abbassai lo sguardo e notai la bottiglia di vodka sul nostro tavolino. La presi e la portai alla bocca, bevendo un lungo sorso. Il liquido bruciava scendendo nel mio stomaco, ma non mi importava. Volevo solo dimenticare quello stupido episodio imbarazzante.
“Rebecca, vieni!” Esclamò Eleanor quando cominciò una nuova canzone. “Questa è la mia preferita, la devi ballare con me!” Aggiunse e mi trascinò di nuovo in pista.
Quando la mia testa cominciò a girare ancora di più, mi fermai e cercai Harry con lo sguardo. Era avvinghiato ad una bionda in un angolo. Sentii un nodo allo stomaco. O forse non era un nodo? Era la vodka? Inspirai profondamente e mi sedetti sul divanetto. La musica mi rimbombava nelle orecchie. Mi si chiudevano gli occhi, non riuscivo a stare sveglia.

“James ti ucciderà.” Sussurrò Harry. La terra si muoveva sotto di me e non riuscivo a capire dove fossi. Aprii gli occhi e notai le mura di casa. Stavamo salendo le scale per andare in camera mia.
“Perché siamo tornati?” Chiesi. Avevo la bocca impastata e sentivo il bisogno disperato di bere dell’acqua.
“Perché Louis mi ha fatto notare che sei praticamente svenuta sul divano e avevo promesso a tuo padre che non ti avrei fatto bere.” Rispose scocciato. “Sei un disastro.”
“Senti chi parla, Mister ho-la-lingua-in-gola-ad-una-bionda.” Dissi sottovoce e richiusi gli occhi.
“Una bionda che mi sarei anche portato a letto, se solo tu non avessi avuto la brillante idea di fare l’idiota e svenire.” Ribatté roteando gli occhi al cielo.
“Mi stai facendo venire voglia di vomitare.” Dissi ed Harry si fermò in mezzo alle scale, in panico.
“No, non addosso a me. No. Stai male?”
“No, ma se nomini di nuovo la bionda potrei pensarci seriamente.” Risposi e lo vidi tirare un sospiro di sollievo. Ricominciò a salire le scale e arrivò in camera mia, dove mi abbandonò sul letto.
“Mi aiuti?” Lo richiamai prima che potesse uscire dalla stanza. Ero ubriaca, ma riuscivo ancora a formulare qualche pensiero di senso compiuto. Se mio padre mi avesse trovata conciata così la mattina dopo, sarei stata nei guai. Seri.
“Ma chi me l’ha fatto fare?” Lo sentii sussurrare e tornò indietro. Mi aiutò ad uscire dal vestito che avevo addosso e andò in bagno a recuperare una salviettina struccante. Me la porse e la passai su tutto il viso. Ero sicura che sarei risultata un panda, ma avrei potuto dare la colpa alla stanchezza.
“Hai finito? Hai bisogno di altro o posso finalmente andare a dormire?” Mi chiese Harry dopo qualche minuto.
“Ti hanno mai detto che sei odioso?” Domandai prendendo una bottiglietta d’acqua dal mio comodino e bevendone il contenuto in pochi sorsi.
“Senti chi parla.” Rispose e se ne andò dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle.

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Capitolo 5
*** Reality comes crashing down ***


Another World

Capitolo 5 – Reality comes crashing down

Lunedì. Ero sul divano a casa dei Malik e aspettavo che Safaa e Waliyha si svegliassero. Avevo passato il weekend a riprendermi dalla sbronza del venerdì sera e ad ignorare Harry. Lui aveva fatto la stessa cosa con me ed era stato fuori casa il più possibile. Due suoi amici, Louis e un tale Niall, lo avevano tenuto occupato giocando a calcio al parco e io ne avevo approfittato per sistemare i miei vestiti nell’armadio e rendere la mia nuova camera più accogliente. Avevo ancora la banconota da cinquanta sterline che mi aveva dato Tricia perché, grazie al mio piano, venerdì sera non avevo speso nulla.
“Rebecca!” Esclamò Safaa, scendendo le scale e correndomi incontro. Non pensavo di aver fatto così una buona impressione sulle bambine e invece sembrava che mi adorassero.
“Ciao, Safaa. Dormito bene?” Chiesi, alzando gli occhi dallo schermo del mio iPhone. Da quando avevo chiamato Rachel su Skype, non avevo più ricevuto una parola da lei. Avevo provato a mandarle qualche messaggio per chiederle spiegazioni sul suo commento su Facebook, ma avevo ricevuto solo silenzio.
“Sì, sto molto meglio di venerdì!” Esclamò la bambina in risposta.
“Facciamo colazione?” Chiese Waliyha.
“Sì, però a questo punto sapete che non sono in grado di fare i pancakes da sola.” Risposi e mi alzai dal divano.
“Fa niente, vogliamo il latte con i cereali!” Disse Safaa, seguendomi in cucina. Chestnut, il cane che adorava leccare le uova dal pavimento, era beatamente sdraiato nella sua cuccia e alzava ogni tanto un orecchio.
 
“Il mio divano è proprio comodo, eh?” Domandò Zayn rientrando a casa quel pomeriggio. Le bambine avevano pranzato e poi erano sparite in camera loro a giocare. Ero salita un paio di volte per controllare che tutto andasse bene e poi ero tornata a giocare con l’iPhone sul divano in soggiorno. Ero piuttosto sicura che ormai avesse assunto la forma del mio didietro.
“Molto.” Risposi e mi misi a sedere. Zayn mi rivolse un sorriso.
“E’ andato tutto bene oggi?” Mi chiese, sedendosi sul divano di fronte a quello su cui ero seduta io.
“Sì, le tue sorelle sono state brave e stanno molto meglio di venerdì.” Risposi, pensando che, invece, io non stavo benissimo.
“E tu come stai?”
“Ho una brutta faccia?” Scherzai e cercai di sorridere.
“Senza offesa, ma sì, un po’. Sei pallida. Hai mangiato?”
“No.” Risposi.
 
Prima di pranzo ero andata su Facebook per controllare il profilo di Rachel e avevo visto le ultime foto che aveva pubblicato: era insieme a Nick, il ragazzo con cui uscivo poco prima di partire per Londra, in tutti gli scatti. Poi avevo letto i commenti a quelle foto e un paio particolarmente dolorosi mi avevano fatto passare l’appetito.
“Rach, ma hai notizie di Rebecca?” Aveva chiesto Claire, una ragazza che aveva frequentato i corsi di Biologia e Chimica insieme a noi durante l’ultimo anno di scuola.
“Non me ne frega niente. E’ stata così idiota da farsi sbattere in riabilitazione dai suoi genitori, quindi per me è come se fosse morta. Se ci tieni tanto chiamala tu, ma non penso che in clinica le lascino usare il telefono.” Aveva risposto Rachel.
“No, per carità, non chiamatela. Non sono mai stato così bene! Adesso che se ne è finalmente andata ho il via libera con Rach!” Era il commento di Nick, con tanto di cuoricino dopo il nome della mia ex migliore amica.
 
“Vuoi qualcosa prima di andare via? Posso prepararti un panino.” Si offrì Zayn, scuotendomi dai miei pensieri. Pochi giorni prima pensavo di essere al top, di avere tutto. A Beverly Hills ero popolare, andavo a tutte le feste e avevo tantissimi amici. O almeno così credevo. Per anni avevo creduto che Rachel fosse la mia migliore amica, la persona più importante della mia vita. Io e lei ne combinavamo di tutti i colori insieme, ci dicevamo sempre tutto e ci davamo consigli a vicenda. Come potevo non essermi mai accorta di quanto fosse falsa in realtà? In pochi giorni avevo dovuto cambiare casa, avevo perso la mia migliore amica ed ero stata rifiutata da un ragazzo. Ero sicura che non potesse andarmi peggio di così.
“No, grazie. Anzi, penso che sia ora di andare a casa, visto che sei qui.” Risposi e mi alzai dal divano.
“Aspetta!” Esclamò Zayn, alzandosi a sua volta. “Che ne dici di un thè caldo, almeno? Così aspettiamo che torni anche mia madre.” Aggiunse.
“Ok, vada per il thè. Grazie.” Acconsentii alla fine. In effetti faceva ancora abbastanza freddo e, come sempre, non ero preparata alla temperatura inglese. Dovevo andare assolutamente a comprare qualcosa di più caldo. Ecco come avrei speso i soldi che avevo guadagnato quel giorno, insieme a quelli del venerdì prima.
“Ma è sempre così il tempo, qui da voi?” Chiesi una volta seduta al tavolo, con una tazza di thè fumante davanti.
“No, non sempre. Dipende dall’anno. Comunque hanno previsto sole per il fine settimana e dovremmo arrivare a ventidue gradi.” Rispose.
“Speriamo, non ho visto altro che pioggia da quando sono qui.”
“Ti manca Los Angeles?” Mi chiese improvvisamente.
“No. A quanto pare non c’è più niente per me là.” Risposi e cominciai a sorseggiare il thè per prendere tempo. Notai che Zayn mi stava guardando incuriosito, ma non aggiunse altro alla sua domanda, così sentii il bisogno di elaborare. “Credevo di avere degli amici, di appartenere a qualcosa di preciso… era tutto falso.” Aggiunsi e cercai di sorridere. Non mi riuscì. Non mi ero mai sentita più fragile, più vulnerabile in tutta la mia vita. Mi sentivo come se non avessi più nulla. Se non avevo la mia popolarità, i miei amici e i ragazzi che facevano la fila per uscire con me, chi ero?
“Mi dispiace.” Disse Zayn. “Per quanto tempo starai in Inghilterra?”
“Tutta l’estate.” Risposi, pensando che in tre mesi sarei dovuta tornare a Los Angeles. Come avrei potuto affrontare tutti? Ma soprattutto, cosa mi aspettava? Di certo non sarei più potuta uscire con Rachel e gli altri.
“Quindi è la prima volta che vieni a Londra?”
“Sì.”
“Stavo pensando ad una cosa…” Cominciò a dire, arrossendo lievemente. “Visto che sei qui da poco credo che tu non abbia ancora visto nulla della città, giusto?” Mi chiese dopo qualche secondo.
“Solo Notting Hill e Piccadilly Circus di sfuggita. Ah, e l’aeroporto.”
“Che ne dici se il prossimo weekend ti accompagno a vedere qualcosa?” Mi suggerì, distogliendo lo sguardo dai miei occhi. In quel momento lo trovai assolutamente adorabile.
“Mi piacerebbe.” Risposi, sorpresa dall’invito. “Hai già un’idea su dove possiamo andare?”
“Visto che hanno previsto bel tempo vorrei portarti a South Bank.”
“Perdonami, sono completamente ignorante in materia. Sai che in America non siamo ferratissimi sulla geografia europea.” Scherzai.
“Dove c’è il London Eye, la ruota panoramica. E dall’altra parte si possono vedere il Parlamento e il Big Ben.”
“Ci sto.” Risposi, entusiasta. Londra era comunque una delle città più belle del mondo. Avrei dovuto passarci tre mesi, tanto valeva approfittarne e visitarla decentemente. Inoltre Zayn era un bel ragazzo e sembrava anche estremamente dolce, il che non guastava. Forse avrei dovuto fare dei cambiamenti nella mia vita e dire basta agli stronzi.
“Rebecca? Sono a casa!” Esclamò Tricia, entrando e chiudendo la porta alle sue spalle. Safaa e Waliyha, che erano rimaste tutto il tempo in camera loro a giocare con le Barbie, scesero di corsa per salutarla.
“Ciao!” La salutai, uscendo dalla cucina seguita da Zayn. “Le bambine sono state bravissime oggi. Questa mattina hanno fatto qualche compito e hanno mangiato tutto.” Aggiunsi. Venerdì, dopo la prima giornata di lavoro, avevo scoperto che la donna si aspettava un resoconto su quello che avevano fatto le figlie.
“Ottimo, grazie mille.” Rispose estraendo il portafogli dalla borsa. Prese un’altra banconota da cinquanta sterline e me la porse.
“Grazie.” Dissi, sistemandola nella mia borsa. “Domani alla stessa ora?”
“Esatto.”
“Perfetto, allora a domani!” Esclamai e rivolsi un sorriso a Zayn.
“Hey, hai l’ombrello?” Mi chiese il ragazzo prima di uscire.
“No, questa mattina l’ho dimenticato a casa.”
“Lascia che ti accompagni alla fermata della metro. Poi da Notting Hill Gate casa tua è vicina, giusto?”
“Vicinissima.” Affermai annuendo. “Grazie.” Aggiunsi. Zayn prese un ombrello e uscimmo.
“Quindi per la nostra visita alla città… Sabato?” Mi chiese dopo qualche passo.
“Direi di sì. Per me va benissimo.”
“Ci troviamo davanti alla fermata di Notting Hill Gate alle quattro di pomeriggio?”
“Volentieri.”
“Perfetto, allora a domani. Rientrerò alla stessa ora di oggi.”
Ci trovammo davanti alla stazione della metro e, improvvisamente, scese l’imbarazzo tra di noi. Come avremmo dovuto salutarci? Abbracciandoci? Dandoci un amichevole bacio sulla guancia? Senza preavviso, Zayn mi porse la mano. La strinsi, non sapendo che altro fare.
“Allora ciao.” Farfugliò, impacciato.
“Ciao. E grazie per il passaggio sotto l’ombrello!” Risposi.
 
Durante il breve viaggio verso casa mi ritrovai a pensare a come fosse strano Zayn. Sembrava un ragazzo rock and roll, aveva anche dei tatuaggi sulle braccia, e il ciuffo biondo mi faceva pensare che fosse anche un po’ vanitoso. Invece era davvero timido e adorabile. Non come Harry, con quell’aria da furbo.
Cercai di pensare a qualcos’altro e cominciai a leggere tutte le fermate della linea Central della metro, ma quegli occhi verdi e le fossette che apparivano sul suo viso quando sorrideva continuavano a tormentare i miei pensieri. Perché non riuscivo a togliermelo dalla testa? Mi aveva rifiutata, punto. Era inutile pensarci ancora, perché non aveva senso. Avevo sbagliato a provare a baciarlo in primo luogo, ma ero ubriaca e non potevo tornare indietro e cancellare quello che avevo fatto. Se mio padre o sua madre avessero scoperto cos’avevamo fatto sarebbe stata la fine ed ero sicura che avrebbero dato tutta la colpa a me perché l’avevo sedotto. Loro pensavano che Harry fosse un bravo ragazzo, uno responsabile. Ero io quella scatenata che beveva troppo e si cacciava sempre nei guai.

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Capitolo 6
*** Shop until you drop ***


Another World

Capitolo 6 – Shop until you drop

Quando tornai a casa dal lavoro, il giorno seguente, stavo sorridendo. Safaa e Waliyha erano state bravissime, avevano fatto i compiti senza protestare e io ero più ricca di cinquanta sterline. Il che mi portava ad un totale di centocinquanta sterline da spendere per comprare qualcosa di caldo per sopravvivere alle giornate di pioggia. Inoltre avevo rivisto Zayn, avevamo bevuto un’altra tazza di thè insieme e avevamo fatto programmi per il sabato seguente.
In soggiorno trovai Harry, Louis, Eleanor e un altro ragazzo biondo che doveva essere Niall, quello con cui andavano sempre a giocare al parco. I ragazzi stavano giocando ad un videogame di calcio per Xbox, mentre Eleanor era seduta sul divano a sfogliare l’ultimo numero di Vogue. Cercai di ignorare le urla che provenivano da quegli scalmanati.
“Hey!” Salutai Eleanor. La ragazza alzò gli occhi dal giornale e mi sorrise.
“Ciao, Rebecca! Come stai?”
“Bene, grazie. Tu?”
“Ignoro questi animali.” Rispose ridendo e puntando la testa nella direzione dei ragazzi. Niall aveva appena fatto goal e aveva cominciato a correre per tutto il soggiorno, urlando.
“Ragazzi.” Commentai con un sorriso. Incrociai lo sguardo di Harry e tornai immediatamente seria.
“Oh, hey Becca!” Mi salutò Louis, spostando la sua attenzione su di me per qualche secondo per poi tornare a fissare lo schermo. Niall era tornato davanti alla TV e stava pigiando sui tasti del controller come se fosse la missione principale della sua vita.
“Ciao, Louis.” Risposi.
“Appena ho finito la partita mi presento!” Esclamò Niall. “Non sono maleducato, sono concentrato!” Aggiunse.
“Non preoccuparti.” Lo rassicurai. “Eleanor, posso chiederti una cosa?” Domandai poi alla ragazza.
“Certo, e chiamami pure El.” Mi rispose e sorrise di nuovo. Mi accomodai sul divano di fianco a lei.
“Dovrei andare a fare shopping per comprare qualcosa di più pesante, ma non ho idea di dove andare. Consigli?”
“Sei venuta dalla persona giusta. Cosa ti serve?”
“Dovrei comprare delle felpe, credo. Una sciarpa, perché qui il vento è freddo, e delle calze, così posso continuare ad usare i miei vestiti. Ah, e delle scarpe che tengano la pioggia.”
“Hai un budget?” Mi chiese ancora El.
“Sfortunatamente sì. Centocinquanta sterline e me le devo fare bastare per tutto.” Risposi, vergognandomi. Ero sempre stata la ragazza ricca che poteva permettersi qualsiasi cosa. Mio padre, invece, mi aveva costretta a lavorare e a spendere solo quello che guadagnavo. Quindi potevo dire addio a quel bellissimo trench di Burberry che avevo visto sul giornale che stava leggendo Eleanor. E alle ballerine di Marc Jacobs che avevo visto su Internet la sera prima. Con i soldi che avevo potevo permettermi, forse, una manica di quell’impermeabile. Oppure la suola di una delle due scarpe.
“Potremmo andare a Oxford Street domani, dopo il lavoro?” Suggerì lei dopo qualche minuto. “Oppure, se piove troppo, andiamo da Westfield.”
Niall si girò verso di noi.
“Andate da Westfield? Posso venire anch’io? Così mangiamo da Nando’s!” Ci chiese ed Eleanor scoppiò a ridere.
“Certo che sì. Ma prima devi sopportare il nostro shopping.”
“Affare fatto.” Rispose il ragazzo. “Comunque sono Niall, piacere di conoscerti.” Aggiunse porgendomi la mano.
“Piacere, Rebecca.” Dissi e la strinsi.
“A questo punto vengo anch’io.” Intervenne Louis. “Ho bisogno di un paio di cose da Hollister.”
Lo guardai e sorrisi. Louis sembrava uscito da un catalogo di Hollister con le sue magliette a righe e i pantaloni risvoltati alla caviglia portati rigorosamente senza calzini.
“Perché non andiamo adesso? Tanto i negozi sono aperti fino alle dieci e poi possiamo mangiare.” Propose Niall.
“Tu pensi sempre al cibo, eh?” Lo rimproverò Louis, scherzando.
“Sì, il suo unico neurone si chiama Nando.” Disse Harry, aprendo bocca per la prima volta da quando ero entrata. Eleanor, Louis e Niall risero. Mi unii a loro anche se non ero sicura di aver capito bene la battuta.
“Hazza, vieni anche tu?” Chiese Louis.
“Hazza?” Chiesi sottovoce ad Eleanor.
“Qui in Inghilterra se un nome contiene una ‘r’ dopo la prima sillaba per noi finisce automaticamente in ‘zza’. Tipo Cheryl diventa Chezza, Harry Hazza e così dicendo.” Mi spiegò lei. “Ogni tanto lo abbreviamo anche semplicemente in Haz.” Aggiunse dopo qualche secondo.
“Ah, ok. Non lo sapevo.”
“Dai, vieni con noi da Hollister!” Louis pregò Harry.
“E da Nando’s!” Rincarò la dose Niall.
“Va bene, d’accordo. Vengo con voi.” Acconsentì Harry.
 
Scoprii che Westfield, il centro commerciale dove eravamo diretti, era davvero vicino a casa nostra. In realtà era vicinissimo a casa di Zayn perché era alla fermata della metro di Shepherd’s Bush.
“Hey, ti posso parlare un secondo?” Mi chiese Harry mentre camminavamo tra i negozi. Avevo visto la vetrina di Jimmy Choo e avevo seriamente rischiato di attaccare le mani al vetro come fanno i bambini davanti ad un negozio di giochi. Annuii, cercando di mettermi in testa che non potevo permettermi quelle stupende scarpe, e mi voltai a guardarlo. Avvertii l’ormai familiare stretta allo stomaco quando i nostri sguardi si incrociarono, ma cercai di ignorarla.
“Cosa c’è?” Chiesi, scocciata. Eleanor, Louis e Niall stavano andando avanti, mentre noi eravamo ancora fermi davanti a Jimmy Choo. Qualunque conversazione che si svolgeva davanti ad un negozio di scarpe che non potevo più permettermi non poteva essere buona.
“Volevo chiederti scusa per venerdì sera. Forse sono stato un po’ duro con te.” Disse semplicemente. Pensai di mandarlo a quel paese e raggiungere Eleanor, ma qualcosa nel suo sguardo mi diceva che era sincero. Gli dispiaceva davvero… cosa, poi? Avermi rifiutata o avermi detto che per lui ero stata semplicemente una delle tante?
“Per cosa ti stai scusando, precisamente?” Chiesi, incapace di starmene zitta.
“Per le cose che ti ho detto e per come te le ho dette. Ero ubriaco.” Rispose facendo spallucce.
“Non avrei nemmeno dovuto provarci con te, ho sbagliato io.” Ammisi a testa bassa.
“Eravamo ubriachi entrambi.”
“Io molto più di te.” Affermai e lui sorrise.
“Torniamo a rapporti civili?” Propose.
“Dobbiamo pur sempre vivere nella stessa casa.” Accettai, porgendogli la mano per stringere l’accordo.
“Penso che sia meno imbarazzante anche per i nostri genitori se evitiamo di ignorarci e lanciarci occhiatacce da una parte all’altra della stanza quando siamo a cena.”
“Direi di sì.”
“Ottimo, allora smetteremo di ignorarci e di essere maleducati l’uno con l’altra...” Disse Harry, rimuovendo la sua mano dalla mia.
“E io non ci proverò più con te.” Conclusi la frase e abbozzai un sorriso.
“Possiamo aggiungere anche una piccola clausola sull’alcool?” Mi chiese improvvisamente. Avevo già ricominciato a camminare verso gli altri ragazzi, ma mi bloccò.
“In che senso?” Chiesi.
“Se usciamo di nuovo insieme eviterai di ubriacarti come hai fatto venerdì sera. Portarti in camera in braccio non è stato divertente. Mi è preso un colpo quando ti ho vista sul divano, pensavo fossi morta.”
“D’accordo.” Dissi e abbassai di nuovo lo sguardo. Quello non era di certo stato uno dei momenti più brillanti della mia vita. “E tu non mi parlerai più delle bionde che ti vuoi portare a letto.” Aggiunsi.
“Le more e le rosse vanno bene?” Mi chiese e risi, dandogli una lieve spinta.
“No, nessun colore di capelli.” Risposi. “Anche se torniamo ad avere rapporti civili, siamo pur sempre stati a letto insieme. Non mi va di sentire delle tue avventure con le altre. Hai i tuoi amici maschi per questo.”
“Mi sembra abbastanza giusto, anche se, tecnicamente, non siamo mai stati a letto insieme.”
“Sei pignolo al limite del sopportabile!” Esclamai. Entrambi stavamo ridendo e l’atmosfera tra di noi era decisamente meno pesante rispetto ai giorni passati. Le nostre risate si affievolirono quando tornammo a guardarci negli occhi. Sentii un brivido risalirmi la schiena mentre ripensavo a quello che era successo in quel pub ed ero sicura che anche lui stesse pensando alla stessa cosa. Distogliemmo velocemente lo sguardo e ricominciammo a camminare per raggiungere Eleanor, Louis e Niall che, nel frattempo, erano già arrivati dall’altra parte del centro commerciale.

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Angolo autrice:
Volevo ringraziare tutte le persone che leggono questa storia! Ogni volta che vedo il numero delle visite salire di uno mi spunta un sorriso, quindi grazie :)
E' la prima storia che pubblico e di solito sono molto nervosa quando si tratta di far leggere quello che scrivo ad altra gente.
Grazie anche alle ragazze che mi hanno lasciato qualche recensione, le apprezzo tantissimo! :*

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Capitolo 7
*** Little things ***


Another World

Capitolo 7 – Little Things

 

Era finalmente sabato ed ero pronta per uscire con Zayn. In soggiorno incontrai mio padre, che stava leggendo un giornale.
“Dove stai andando?” Mi chiese, alzando lo sguardo verso di me.
“Zayn mi ha detto che mi accompagna a vedere la città.” Risposi. “Posso andare?” Chiesi poi, incerta. Non avevo mai dovuto chiedere il permesso di fare nulla, ma sembrava che mio padre si aspettasse che lo facessi.
“Dove andate?” Chiese ancora.
“Ha detto che mi porta a vedere South Bank.”
“D’accordo, ma torni per cena.” Acconsentì. “Conosco Zayn ed è un bravo ragazzo.” Aggiunse poi, tornando a leggere il giornale.
Sorrisi e uscii per raggiungere la fermata della metro. C’era il sole e non faceva freddissimo, anche se all’ombra il vento dava fastidio. Avevo seguito il consiglio di El, cioè quello di portarmi la sciarpa in borsa, ed ero contenta di averlo fatto, perché la indossai subito.
Quando arrivai alla metro vidi Zayn appoggiato al muro. Stava ascoltando la musica e sembrava perso nei suoi pensieri.
“Ciao!” Esclamai quando arrivai vicino a lui. Si tolse immediatamente gli auricolari e mi rivolse un sorriso.
“Ciao, Rebecca!” Rispose. “Pronta?”
“Prontissima.” Dissi. “Ma voi inglesi non avete mai freddo?” Domandai dopo qualche minuto. Io stavo indossando una sciarpa e una felpa, mentre lui era semplicemente in camicia, con tanto di maniche arrotolate.
“Siamo abituati.” Rispose. “E oggi non fa freddo, dai.”
“Insomma, il vento non è piacevole. E’ quasi come stare a Santa Monica.” Riflettei ad alta voce.
“Fa freddo là?”
“No, ma essendo sull’oceano c’è quasi sempre vento e non è il massimo.” Risposi.
“Dobbiamo prendere la District o la Circle.” Mi avvertì quando notò che stavo per salire sul treno che era appena arrivato.
“Questa non va bene?”
“No, la Central non ci porta a Waterloo.”
Tornai indietro e sospirai. Non mi sarei mai abituata alla metropolitana. C’erano troppe linee, troppe direzioni… ed era sottoterra. Le scale mobili per scendere ai livelli dei treni mi sembravano infinite e mi inquietavano parecchio.
 
“Ed ecco il famoso London Eye!” Esclamò Zayn quando arrivammo ai piedi dell’enorme ruota panoramica. Era gigantesca, in confronto a quella del Santa Monica Pier a Los Angeles.
“Wow.” Commentai, guardando in alto. Le cabine erano chiuse e sembravano quasi navicelle spaziali.
“Vuoi salire?” Mi chiese. Guardai la fila chilometrica per comprare i biglietti e scossi la testa.
“Non preoccuparti, non voglio farti stare qui tre ore ad aspettare.” Risposi.
“Ma noi non dobbiamo aspettare.” Disse lui, sorprendendomi.
“Hai intenzione di tagliare la fila?” Chiesi, sbalordita. Zayn mi sembrava un ragazzo timido, da dove era uscita questa idea?
“Ma no! Ho l’applicazione dell’iPhone e posso comprare i biglietti da qui. Basta che prendiamo quelli con l’accesso prioritario e saliamo in pochi minuti.” Mi spiegò estraendo il telefono dalla tasca dei suoi pantaloni. Improvvisamente mi sentii a disagio: io non avevo più le mie carte di credito, come avrei potuto pagare il biglietto?
“No, davvero, Zayn, lascia stare. E’ meglio se facciamo una passeggiata qui intorno.” Dissi abbassando lo sguardo.
“Ok, come preferisci.”
Cominciammo a camminare sulle rive del Tamigi – inorridii quando vidi il colore dell’acqua: i fiumi dovevano essere come minimo azzurri o verdolini, non marroni! -  e ci fermammo davanti ad un ponte.
“Questo è il Westminster Bridge.” Mi spiegò. “E di fronte abbiamo il Parlamento e il Big Ben.”
“E’ enorme.” Dissi, guardando l’immensità del palazzo del Parlamento. L’avevo sempre visto solo in televisione.
“Vieni, attraversiamo il ponte e andiamo vicino!” Propose e, girandosi, mi sfiorò una mano. Arrossì e distolse lo sguardo, strappandomi un sorriso.
“Non mordo.” Lo rassicurai e presi io l’iniziativa, intrecciando le mie dita alle sue. Dopo un primo momento di imbarazzo, Zayn si rilassò e cominciammo ad attraversare il ponte alla volta del Big Ben.
“Aspetta, voglio fare una foto!” Dissi quando arrivammo quasi ai piedi dell’enorme orologio. Estrassi il mio iPhone dalla borsa, inquadrai il monumento e scattai. “Mettiti lì.” Aggiunsi poi, facendo posizionare il ragazzo di fronte al Big Ben. Scattai un’altra foto e gliela mostrai.
“Ne vuoi una anche tu?” Mi chiese e annuii, sistemandomi dov’era lui prima. Improvvisamente mi tornò in mente la settimana che avevo passato a New York con Rachel e mi rabbuiai. Avevamo passato sette giorni a posare per foto buffe in tutta la città e ci eravamo divertite tantissimo.
“Mi scusi, signore?” Sentii Zayn ad un certo punto. Stava fermando un uomo e gli stava chiedendo se fosse disponibile a scattarci una foto insieme. Mi avvicinai al ragazzo per entrare nell’inquadratura e mi circondò le spalle con un braccio. L’uomo scattò la foto e ci chiese di guardarla per assicurarci che andasse bene.
“Grazie!” Esclamammo insieme. La foto era venuta benissimo ed ero felice di essere in giro per Londra con Zayn. La città, sotto il sole, era ancora più stupenda.
 
Dopo un’altra passeggiata, in cui Zayn mi mostrò l’abbazia di Westminster, dove si erano sposati il principe William e Kate, decidemmo di riattraversare il ponte e tornare a Waterloo, dove ci fermammo ad uno Starbucks.
“Sei un gentiluomo.” Dissi quando insistette per pagare anche il mio drink. “Grazie.”
“Figurati. E’ un piacere per me, sul serio.” Rispose. “Allora, cosa ti è piaciuto di più, fino ad ora?”
“Il Big Ben. E’ stupendo!” Esclamai, entusiasta. Vedere la torre dell’orologio, per me, era stato come vedere la Statua della Libertà di New York per la prima volta: emozionante. Soprattutto in un periodo come quello. Avevo dato tutto per scontato nella mia vita, ma recentemente avevo imparato che, in realtà, dovevo apprezzare ogni momento.
“Sono felice che ti sia piaciuto.” Rispose Zayn ed estrasse il suo iPhone. “Scusa, ma devo fare una cosa, un secondo.” Aggiunse poi, concentrandosi sullo schermo.
“Nessun problema.” Dissi e cominciai a sorseggiare il thè verde che mi aveva offerto. Mi ritrovai a guardarlo di sottecchi, per non essere troppo ovvia, e ad apprezzare le sue qualità. Zayn era diverso da qualsiasi ragazzo avessi mai conosciuto. Era timido, gentile e adorabile. Erano i piccoli gesti che lo rendevano così… attraente. Come quando mi aveva sfiorato la mano sul ponte ed era arrossito. O quando, non sapendo come concludere il pomeriggio, mi aveva stretto la mano e aveva farfugliato un saluto in tutta fretta prima di girare sui tacchi e tornare indietro. O, ancora, quando mi aveva offerto un thè caldo perché si era accorto del mio pallore e si era preoccupato per me.
“Eccomi.” Disse dopo un po’, rimettendo il telefono in tasca. “Scusa, non volevo essere maleducato.”
“Non preoccuparti, figurati.”
Notai che guardò l’ora e finì in fretta il suo thè.
“Vieni con me.” Disse. Mi alzai e lo seguii fuori, dove, dopo una breve camminata, si fermò davanti al London Eye.
“Cosa facciamo qui?” Chiesi. Zayn sorrise e ricominciò a camminare verso la fila e, più specificamente, verso il cartello che segnava l’ingresso dei possessori del biglietto con accesso prioritario. “Hai comprato i biglietti!” Esclamai, realizzando quello che aveva fatto quando era concentrato sul suo telefono.
“Non sei stata davvero a Londra finché non sei salita sul London Eye.” Mi rispose. Mostrò lo schermo del suo iPhone all’addetto ai biglietti, che ci lasciò passare.

La vista della città dal London Eye era da togliere il respiro e non riuscivo a pensare ad un pomeriggio più perfetto di quello che avevo appena passato. Avevo scattato parecchie foto con il mio iPhone, inclusi alcuni autoscatti buffi insieme a Zayn. Eravamo davanti alla fermata della metro di Notting Hill Gate, quindi molto vicini a casa mia ed era quasi ora di cena.
“Grazie per la visita alla città. E per il thè. E per il London Eye.” Dissi dopo qualche minuto di silenzio imbarazzato. Era la fine della giornata, avremmo dovuto salutarci e, di nuovo, non sapevo come avremmo dovuto farlo. Eravamo usciti da amici oppure era un appuntamento?
“Grazie a te, sono contento che tu ti sia divertita.” Rispose.
“Dovremmo rifarlo.” Proposi.
“Magari il prossimo weekend ti porto a vedere qualcos’altro.”
“Mi farebbe piacere.”
“Allora ci vediamo lunedì a casa mia, così ne parliamo.”
“Perfetto.” Dissi. Stavo ancora cercando di capire quale saluto sarebbe stato più adatto alla situazione quando, senza preavviso, Zayn mi abbracciò lievemente e mi diede un bacio su ogni guancia per poi scappare velocemente all’interno della stazione della metro. Non prima di avermi mandato un ultimo saluto con la mano.

---
Angolo autrice:
Buongiorno! Ecco il capitolo in cui Zayn porta Rebecca a vedere Londra. Ho scelto di ambientarlo a South Bank perchè è uno dei posti di Londra che conosco meglio (nonostante mi ci sia persa parecchie volte XD) e penso sia perfetto per l'occasione.
Buona lettura, grazie per le visite, i preferiti e grazie a chi mi ha inserita nelle seguite o ricordate! E, soprattutto, grazie a chi recensisce *_*
A venerdì prossimo, con il prossimo capitolo (che è il mio preferito)!

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Capitolo 8
*** You're so hypnotizing ***


Another World

Capitolo 8 – You’re so hypnotizing

Sentii bussare alla porta di camera mia. Stavo riguardando le foto che avevo scattato il giorno precedente in giro per Londra e ripensando al bellissimo pomeriggio passato insieme a Zayn.
“Avanti.” Risposi, appoggiando il telefono di fianco a me sul letto.
“Hey.” Disse Harry, entrando. “Mamma e James vogliono parlarci.” Aggiunse. Immediatamente entrai in panico. Avevano scoperto della scappatella al pub e mi stavano per buttare fuori di casa. O peggio, mi volevano sbattere in collegio. Sgranai gli occhi e, istintivamente, mi aggrappai alla coperta del letto.
“Rilassati, è il loro anniversario e, come tutti gli anni, vogliono avere del tempo da soli e vogliono chiederci se possiamo fare da babysitter ad Elizabeth.” Mi spiegò quando notò la mia espressione. Mi rilassai ed espirai. Non mi ero nemmeno accorta di aver trattenuto il respiro per qualche secondo. “A proposito, firma questo.” Aggiunse porgendomi un bigliettino.
“Cos’è?” Chiesi incuriosita.
“Il biglietto per il loro regalo di anniversario. L’ho comprato io l’altra sera, è una bottiglia di vino abbastanza pregiato. A loro piace.” Rispose. Harry non lasciava proprio nulla al caso, vero? Ci teneva alla sua famiglia. Io non sapevo nemmeno che fosse l’anniversario di matrimonio di mio padre e la sua nuova moglie, figurarsi se avrei mai pensato di comprare loro un regalo.
“Quanto ti devo?” Chiesi dopo aver firmato il biglietto. Non volevo che si accollasse da solo la spesa.
“Nulla, figurati.” Rispose e mi rivolse quel maledetto sorriso furbo che mi faceva accelerare il cuore ogni volta.
Lo seguii al piano inferiore, dove mio padre e sua madre ci stavano aspettando.
“Rebecca, Harry…” Cominciò a dire Anne.
“Buon anniversario.” La interruppe lui, porgendole la bottiglia di vino con attaccato il biglietto che avevo appena firmato. Poi la abbracciò e le diede un bacio sulla guancia.
“Buon anniversario.” Dissi anch’io e andai ad abbracciare mio padre, che sembrava davvero sorpreso.
“Vi siete ricordati! Grazie!” Esclamò Anne, guardando il figlio con amore. Un pensiero odioso si formulò nella mia mente: mia madre non mi aveva mai guardata così.
“Certo! E ho già parlato con Rebecca: questa sera penseremo noi a Lizzie mentre voi andrete a mangiare fuori e vi divertirete.” Rispose Harry.
“Grazie.” Disse Anne, estendendo il suo sorriso anche a me.
“Rebecca, vorrei parlarti un secondo.” Intervenne mio padre. Sentii il cuore accelerare di nuovo e, questa volta, era per la paura di aver fatto qualcosa di sbagliato. “Questa settimana ti sei comportata veramente bene. Hai fatto la babysitter tutti i giorni, sei stata scrupolosa con i soldi guadagnati e ieri sera sei tornata in tempo per cena come ti avevo chiesto. Sono orgoglioso di te.” Aggiunse. Sentii un calore invadermi tutto il corpo. Mio padre era orgoglioso di me. Nessuno mi aveva mai detto nulla del genere.
“Dici sul serio?” Chiesi, incredula. Stavo provando un miscuglio di emozioni mai provate prima e la parola ‘orgoglioso’ continuava a rimbombare nelle mie orecchie.
“Certo, Becca. Ero preparato al peggio, ma stai migliorando. Ti stai comportando molto bene e la cosa mi rende fiero.”
Orgoglioso, fiero. Alcune lacrime stavano minacciando di fare comparsa nei miei occhi. Mi morsi il labbro inferiore e le ricacciai indietro.
“Grazie.” Risposi sentendomi, per la prima volta nella mia vita, umile. Per anni non avevo desiderato nient’altro che l’approvazione dei genitori e non l’avevo mai ricevuta. Mia madre si accorgeva di me solo quando il suo nuovo compagno di turno non era in casa e mio padre… beh, lui aveva cambiato continente per non stare con me. O almeno così credevo. Mia madre adorava ripetermi quella storiella.
“Continua così.” Rincarò la dose mio padre, appoggiandomi una mano sulla spalla e guardandomi negli occhi. Improvvisamente un pensiero si fece spazio nella mia testa: mio padre era orgoglioso di me. Non avevo intenzione di fargli cambiare idea su di me un’altra volta. Avrei fatto il possibile per farlo restare fiero di me.
 
“Ti sei calmata rispetto ai primi giorni, eh?” Mi chiese Harry mentre stavamo cucinando. O meglio, lui cucinava e io mi limitavo a controllare che Elizabeth stesse bene e preparavo il tavolo per la cena.
“Sono cambiate tante cose.” Risposi alzando le spalle.
“Quindi se venerdì prossimo uscissimo ancora insieme ad Eleanor e Louis…” Cominciò la frase e si girò a guardarmi.
“Non mi ubriacherei come l’altra volta.” Conclusi.
“Bene, perché volevamo sperimentare un altro locale nel Mayfair, il Project. Pare che sia relativamente nuovo.”
“D’accordo. Niall non viene?” Chiesi.
“No, lui non ama andare nei locali. Preferisce stare a casa a giocare ai videogame.”
“Capito. Hai bisogno di aiuto a fare qualcosa?” Chiesi, guardandomi intorno. Il tavolo era pronto ed Elizabeth stava colorando di rosa un dinosauro. Scelta bizzarra, ma probabilmente aveva senso per una bambina di quasi quattro anni.
“No, grazie, tra poco è pronto.” Rispose, così mi sedetti di fianco alla bambina e controllai se avevo ricevuto qualche messaggio. Avevo una notifica di Facebook, così aprii l’applicazione e lessi quello che Rachel aveva postato sulla sua bacheca, taggandomi: “Nel caso non vi fosse ancora chiaro il concetto, Rebecca Clark è in riabilitazione in Inghilterra per abuso di alcool, quindi smettetela di chiedermi dove sia finita. Io e lei non siamo più in contatto. Anzi, spero che marcisca laggiù.” Seguiva una lunga fila di commenti del tipo: “Che sfigata!” o “Quella stronza, le sta bene!” e “Finalmente possiamo smettere di preoccuparci per i nostri ragazzi. Spero che stia lontana da Beverly Hills per tutta la vita, così non dovrò preoccuparmi che si porti a letto il mio ragazzo.”
“Sei triste?” Mi chiese improvvisamente Elizabeth con la sua vocina. Mi porse un pennarello rosa, probabilmente convinta che avrebbe reso migliore il mio umore. Mi costrinsi a sorriderle.
“Rebecca, è successo qualcosa? Perché stai piangendo?” Mi chiese Harry. Asciugai gli occhi con il dorso della mano. Non mi ero accorta che alcune lacrime erano sfuggite al mio controllo.
“Non è nulla.” Risposi velocemente. Harry, però, era stato più svelto ed era già dietro di me.
“Chi è questa?” Chiese, dopo aver letto il messaggio di Rachel. Abbassai lo sguardo e mi morsi il labbro inferiore.
“Quella che doveva essere la mia migliore amica.” Risposi a bassa voce.
“Perché sta mettendo in giro queste voci su di te?”
“Ti giuro che vorrei saperlo. Non lo so, pensavo che fossimo amiche…”
“Scusa, ma tu non le hai risposto?”
“No, non so cosa dirle.”
“Per esempio puoi cominciare a farle fare la figura della bugiarda, perché non sei in riabilitazione, ma sei solo in vacanza in Inghilterra.” Suggerì Harry mentre serviva i nuggets di pollo e le patatine ad Elizabeth.
“Lascia stare, non ha senso combattere con Rachel. So di cosa è capace.” Risposi chiudendo l’applicazione di Facebook e appoggiando l’iPhone di fianco al mio piatto.
“Cosa può essere peggio di quello che sta già facendo?” Insistette Harry. Aveva servito nuggets e patatine anche a me e mi si era seduto di fronte. “Ti sta distruggendo la reputazione e sta alienando tutti i tuoi amici.”
“Harry…” Cominciai. “Finché vivevo anch’io a Beverly Hills non me ne rendevo conto, ma da quando sono qui, e sono arrivata da poco più di una settimana, ho capito che gli amici che avevo là non erano altro che bugiardi. Ero popolare a scuola e a loro interessava solo venire alle feste insieme a me.” Spiegai.
Harry aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiuse e stette zitto. Mangiammo in silenzio per un po’. Elizabeth si guardava intorno, spaesata, e poi cominciò a raccontarci la storia di Gerard, il dinosauro maschio che era nato rosa e quindi nessuno lo voleva. Era la sua versione del brutto anatroccolo e mi strappò un sorriso.
 
Dopo cena Elizabeth ci convinse che avremmo dovuto assolutamente guardare “La Bella e la Bestia” con lei, così ci sistemammo tutti sul divano in soggiorno e cominciammo a guardare il cartone animato insieme.
“Però poi subito a nanna.” Aveva detto Harry ed Elizabeth, tutta felice, annuì e si accoccolò tra di noi. Inutile dire che, dopo quarantacinque minuti, la bimba si addormentò profondamente, così la portammo a letto.
 
“Cosa guardiamo?” Mi chiese Harry dopo essere tornati in soggiorno.
“Non lo so.” Risposi prendendo il telecomando e cominciando a cambiare i vari canali. Trovammo delle repliche di “True Blood” e cominciammo a guardarle.
“Hai pensato se rispondere a Rachel o no?” Mi chiese Harry dopo un po’.
“No.” Risposi. Lo vidi raddrizzarsi sul divano.
“Non voglio che ti tratti così.” Ammise a bassa voce, parlando lentamente. Mi girai a guardarlo, sorpresa.
“Perché ti interessa?” Domandai. Non voleva essere un’accusa, la mia era pura e semplice curiosità.
“Non lo so, perché anche se ti conosco da poco non mi sembri una brutta persona. A parte quel paio di episodi all’inizio, che non ti rendono un’alcolizzata ninfomane, ma semplicemente umana, sei a posto. Mi dispiace che quella stronza ti tratti così e ti faccia stare male.” Rispose alzando le spalle. Il soggiorno era buio e i nostri visi erano illuminati solo dalla scarsa luce che proveniva dalla televisione.
“Sinceramente pensavo di cancellare il mio account di Facebook.” Confessai alla fine.
“Così la dai vinta a lei, però.”
“Lo so, ma non vedo un’altra via d’uscita.”
“Ce n’è una ed è semplice. Dammi il telefono.”
Lo fissai per qualche istante, poi presi il mio iPhone dal tavolino e glielo passai, sedendomi più vicina a lui. Harry aprì l’applicazione di Facebook e cercò il post di Rachel.
“Cosa vuoi fare?”
“Sono indeciso tra il risponderle semplicemente, oppure allegare anche una bella foto che dimostri che sei viva e vegeta e non in clinica.” Rispose, pensieroso. Dopo qualche secondo accese la luce del soggiorno e mi scattò una foto.
“Non sono in riabilitazione, sono in vacanza da mio padre. Un saluto dall’Inghilterra e andate all’inferno.” Mormorò mentre digitava sul mio telefono.
Fino all’ultimo secondo non ero sicura che si trattasse di una buona idea ma alla fine mi convinsi perché tanto non avevo nulla da perdere. Avevo già capito che dovevo eliminare quella gente dalla mia vita, tanto valeva farlo in stile. Harry inviò il commento con il mio profilo e aspettammo insieme di vedere la reazione dei miei ex amici. Sotto alla mia foto iniziarono a comparire messaggi di scuse e notai che tanta gente aveva cancellato i commenti cattivi postati in precedenza.
“Visto? Bastava poco.” Disse Harry cingendomi le spalle con un braccio. Mi voltai a guardarlo e tornai ad avvertire la solita stretta allo stomaco. Possibile che non riuscissi a guardarlo negli occhi senza provare quella sgradevole sensazione? Deglutii, cercando di costringermi a non pensare al pub. Non era facile. Sembrava che il suo braccio pesasse tantissimo sulle mie spalle e non ero mai stata tanto consapevole della sua presenza di fianco a me. Anche lui mi stava fissando.
Eravamo immobili, a pochi centimetri di distanza. Avevo quasi paura a respirare.
Improvvisamente, ma molto lentamente, cominciò a muovere il suo viso verso il mio. Chiusi gli occhi e mi tornarono in mente le parole di mio padre. Orgoglioso, fiero
“Harry, fermati.” Dissi. Il ragazzo si immobilizzò e poi, come se avesse realizzato cosa stava per fare, girò il viso dall’altra parte e cominciò a guardare la televisione.
“Mi dispiace, non so cosa mi è preso.” Si scusò.
“Non importa.” Risposi e mi alzai dal divano. “Vado a letto, a domani.”
“Buona notte.”
Cominciai a salire le scale per arrivare in camera mia con mille emozioni contrastanti e mille pensieri che occupavano la mia mente. Perché non riuscivamo a stare lontani l’uno dall’altra? Non avevo mai provato quell’attrazione fisica con nessuno in tutta la mia vita.

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Angolo autrice:
Buon Venerdì! Ecco uno dei miei capitoli preferiti! (Era il mio preferito, ma data la quantità di pagine che sto sfornando in questi giorni è diventato difficile scegliere!)
E a questo proposito, ho deciso di postare due volte alla settimana, il Venerdì e il Martedì (altrimenti a Natale 2015 non abbiamo ancora finito eheheheh)
Grazie per aver letto, recensito, messo la storia tra le seguite o le preferite <3 Non avete idea di come mi faccia piacere!

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Capitolo 9
*** Come dine with me ***


Another World

Capitolo 9 – Come dine with me

Dopo aver passato la notte a rigirarmi nel letto, pensando a quello che sarebbe potuto succedere e ai mille motivi per cui non sarebbe dovuto, andai al lavoro dai Malik.
La mattina passò tranquilla, tra un compito e l’altro e un centinaio di pensieri di troppo. Ogni volta che lasciavo vagare i miei pensieri mi venivano in mente gli occhi di Harry prima di iniziare ad avvicinare il suo viso al mio. Eravamo entrambi come ipnotizzati l’uno dall’altra.
I miei pensieri furono disturbati dal suono del campanello. Mi alzai dal tavolo della cucina, dove stavo facendo colorare Safaa e Waliyha, e andai alla porta.
“Ciao, c’è Zayn?” Mi chiese un ragazzo con occhi e capelli castani.
“No, è al lavoro, ma dovrebbe rientrare tra poco.” Risposi. Il ragazzo sembrò deluso.
“Accidenti, mi ero dimenticato del lavoro.” Mormorò lui. “Ok, fa niente. Puoi dirgli che è passato Liam e di ricordarsi della cena di stasera?” Mi chiese dopo un po’.
“Certo.” Risposi, un po’ perplessa.
“Ok, grazie.” Disse e si girò per andarsene. Richiusi la porta, pensando che avrebbe anche potuto mandargli un messaggio per ricordarglielo, e tornai in cucina dalle bambine.
“Allora, chi ha finito di colorare la tartaruga?” Chiesi.
“Io!” Esclamò Safaa, mostrandomi l’opera d’arte. “Mi disegni un pappagallo adesso?”
“Certo.” Risposi e mi concentrai sul foglio bianco che avevo davanti. Il mio pappagallo assomigliava di più ad un gufo, ma andava bene così. Era il massimo che avrei potuto fare in quello stato d’animo. Era già tanto che avessi disegnato un pennuto e non un gatto. E, a proposito di felini, Harry mi ricordava un po’ un gatto, con quegli occhi verdi… no, basta. Dovevo smettere di pensare a lui.
 
“Ciao, Rebecca!” Mi salutò Zayn quando tornò a casa. “Hey, piccole!” Si rivolse poi alle sue sorelle.
“Ciao!” Risposi. Safaa e Waliyha lo abbracciarono e tornarono al tavolo per finire di colorare i vari animali che avevo disegnato. “E’ passato un certo Liam e mi ha detto di ricordarti la cena di stasera.” Dissi dopo un po’.
“Giusto, la cena!” Esclamò Zayn, come se si fosse dimenticato. “Devo uscire con il mio amico, Liam, ma lui porta sempre la sua ragazza e mi sento un po’ a disagio.”
“Classica coppia che passa tutto il tempo a sbaciucchiarsi?” Chiesi.
“No, sono molto educati ed evitano di fronte a me, però mi sento sempre un po’ in imbarazzo perché sono da solo.” Mi spiegò. “Non è che… insomma, ti andrebbe di venire con me?” Mi chiese poi, arrossendo e distogliendo lo sguardo, come sempre.
“Devo chiedere a mio padre se posso stare fuori a cena, ma mi farebbe piacere.” Dissi estraendo il cellulare dalla mia borsa e inviandogli un messaggio. Dopo aver ricevuto il suo okay lo riferii a Zayn, che sorrise e mi porse una tazza di thè. Ormai era quasi un rituale: tornava a casa dal lavoro poco prima delle cinque, preparava il thè per entrambi e passavamo il tempo a chiacchierare, aspettando sua madre, che rientrava alle cinque e mezza.
“Grazie per la compagnia.” Mi disse.
“Figurati. Piuttosto, come devo vestirmi? E’ un posto elegante o casual?” Mi informai. Odiavo presentarmi in un posto vestita per l’occasione sbagliata.
“Andiamo in un ristorante italiano al centro commerciale, non è un ambiente elegante. Vai benissimo vestita così.”
“Oh, andiamo da Westfield?”
“Lo conosci?”
“Sì, sono andata a fare shopping qualche giorno fa. Avevo bisogno di vestiti più pesanti.”
“Ottimo. Per che ora devi essere a casa?”
“Mezzanotte.” Risposi arricciando le labbra. Al coprifuoco non mi ero ancora abituata e dubitavo che sarei riuscita a farlo tanto presto.
 
Liam si presentò a cena con Danielle, una bellissima ragazza con lunghi capelli ricci castani. Sembrava una modella.
“Piacere di conoscervi, sono Rebecca.” Dissi stringendo le mani ad entrambi.
Decidemmo di farci accomodare all’interno del locale e cominciammo a guardare i menu.
“Certo che fanno delle pizze strane!” Commentai.
“E’ la loro specialità.” Mi rispose Zayn. Ero seduta di fianco a lui e di fronte a Danielle. Notai che Liam le aveva preso la mano sul tavolo e gliela stava accarezzando.
“Penso che prenderò un’insalata o domani non entrerò nel costume!” Esclamò la ragazza esaminando il menu.
“Danielle è una ballerina e domani dovrà ballare nel nuovo video di Jessie J.” Spiegò Liam, che era chiaramente orgoglioso di lei.
“Wow, complimenti!” Dissi e le sorrisi.
“Tu hai deciso cosa prendere?” Mi chiese Zayn.
“Penso che proverò una pasta.” Risposi pensierosa. Pensai all’espressione che mi avrebbe rivolto Rachel se avesse scoperto che stavo per mangiare carboidrati dopo le sei di sera. Le sarebbe preso un colpo.
“Allora, come ti trovi qui a Londra? Zayn ci ha detto che sei arrivata da poco.” Mi chiese Danielle dopo che il cameriere aveva preso il nostro ordine. Il ragazzo, che era di fianco a me, arrossì lievemente.
“Sorprendentemente bene. Anzi, a dire il vero sto cominciando a trovarmi meglio qui che a casa.” Risposi.
“Immagino che sarai abituata al sole e all’oceano. Chissà come dev’essere triste tutta questa pioggia per te!”
“Mi ci sto abituando, non è così male. Certo, è strano perché a Los Angeles piove davvero raramente e qui è tutto il contrario, ma mi sto trovando bene.”
“Sono contenta. Zayn ci ha anche detto che ti ha portata a vedere il Big Ben l’altro giorno.”
“Sì, è stato la mia guida personale.” Risposi voltandomi e rivolgendo un sorriso al ragazzo, che sembrava imbarazzato. “Stavamo pensando di andare a vedere qualcos’altro questo sabato, vero?”
“Sì, sto sperando che non piova, perché la vorrei portare a Hyde Park.” Intervenne Zayn.
“Oh, è bellissimo. Io e Liam abbiamo avuto uno dei primi appuntamenti lì!” Esclamò Danielle.
“Già, è romantico. C’è un giardino delle rose stupendo.” Intervenne Liam.
“Solo che, quando ci siamo stati noi, era autunno e le rose erano quasi tutte morte.” Rise Danielle.
“Io pensavo di portarla al Serpentine.” Disse Zayn. “Oppure a Kensington Gardens, al Round Pond.”
“Il Serpentine è il lago artificiale?” Chiesi.
“Sì, anche il Round Pond. E’ carino, secondo me, e ci sono sempre i cigni.” Mi rispose.
“Cigni?” Domandai. “Mi piacciono tantissimo!” Esclamai poi, entusiasta.
“Allora è andata. Se sabato c’è bel tempo ti porto al parco.”
“E se piove, dove andate?” Chiese Danielle.
Il cameriere ci portò i nostri ordini e sbarrai gli occhi quando vidi quello che c’era sulle pizze dei due ragazzi. Avevano ordinato entrambi la ‘New York Pizza’, che conteneva qualsiasi cosa, compresa la marmellata di cipolle.
“Covent Garden. E’ quasi tutto al chiuso.” Rispose Zayn. “Immagino che non vorrai assaggiarla, vero?” Mi domandò poi, notando che il mio sguardo era ancora fisso sulla sua pizza.
“Ehm, senza offesa, ma no, grazie. Non mi ispira molto.” Risposi.
“Ci sono anche la panna acida e il bacon, è la fine del mondo!” Intervenne Liam. Io e Danielle ci guardammo e scoppiammo a ridere.
“Sulla mia c’è il pollo, io non mangio maiale.” Puntualizzò Zayn.
“Tu non sognarti nemmeno di baciarmi questa sera, dopo la marmellata di cipolle.” Disse la ragazza a Liam e ridemmo di nuovo.
 
“Vado un secondo in bagno.” Annunciò Danielle, alzandosi dalla sedia. “Rebecca, vieni anche tu?” Mi chiese. Annuii e mi alzai a mia volta.
“Non capirò mai perché voi ragazze andate in bagno in coppia.” Sospirò Liam.
“Perché così possiamo sparlare di voi in tranquillità e vi lasciamo un po’ di tempo per i vostri noiosi discorsi da uomini.” Rispose la ragazza. Mi piaceva Danielle, era una ragazza in gamba. Mi sembrava il completo opposto dalle persone che conoscevo a Los Angeles, il che non poteva che essere una cosa positiva.
“Volevo solo dirti che Liam non è un pazzo scatenato.” Mi disse mentre ci lavavamo le mani.
“Non l’ho mai pensato.” Risposi, sorpresa. Danielle rise.
“Lo so, ma oggi si è presentato a casa di Zayn dicendo a te di ricordare a lui della cena.” Rispose.
“Beh sì, quello è stato un po’ strano. Avrebbe potuto inviargli un messaggio, no?”
“No, perché altrimenti tu non avresti chiesto a Zayn della cena e lui non avrebbe mai trovato il coraggio di invitarti fuori. Questo è un appuntamento a quattro.” Mi spiegò Danielle.
“Ah.”
“Zayn è timidissimo e ha parlato di te a Liam. Lui me l’ha raccontato e abbiamo escogitato questo piano. So che siete già usciti da soli sabato, ma una cena è diversa. E’ il primo passo verso una relazione. Sappi che gli piaci molto.”
“Anche lui mi piace.” Ammisi. Danielle mi aveva presa un po’ alla sprovvista con le informazioni che mi stava dando. Sapevo che Zayn era attratto da me per il modo in cui arrossiva sempre e per tutti i piccoli gesti che avevo notato da quando l’avevo conosciuto… e anch’io ero attratta da lui. Era la soluzione perfetta ai miei problemi: uscire con lui mi avrebbe aiutata a dimenticare qualunque cosa ci fosse tra me e Harry. E che non doveva assolutamente esserci.
 
“Così eccoci qui.” Disse Zayn dopo avermi accompagnata davanti a casa mia. Questa volta aveva camminato con me fino alla porta d’ingresso.
“Grazie per la bella serata, mi sono divertita. I tuoi amici sono molto simpatici.” Risposi, cominciando a salire un gradino.
“Grazie a te.” Disse lui. “Becca…” Aggiunse. Mi voltai verso di lui, convinta che mi avrebbe dato un bacio della buonanotte. Improvvisamente diventai nervosa. Non riuscivo a capirne il motivo, visto che avevo baciato decine di ragazzi.
“Sì?” Chiesi.
“A domani.” Rispose, abbracciandomi e dandomi un bacio su ogni guancia come aveva fatto il sabato prima.
“A domani.” Dissi e lo guardai allontanarsi verso la fermata della metro.
Rientrai in casa alle undici e quarantacinque precise, confusa come non mai.

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Angolo autrice:
Buongiorno! In questo capitolo troviamo anche Liam (finalmente! Aspettavo il momento giusto per introdurlo!) e Danielle (so che non stanno più insieme, ma per la storia mi serviva che Liam avesse una ragazza ed erano tanto carini). Sappiate che la pizza con la marmellata di cipolle esiste davvero e l'ho vista con i miei occhi (anche se non l'ho mangiata perchè no, grazie.) e spero che il capitolo vi piaccia! Vi prometto che cominceranno a succedere più cose a partire dai prossimi capitoli! Vi anticipo che nel prossimo Becca, Harry, Louis ed El andranno a ballare :D

Come sempre grazie a tutti quelli che hanno letto, inserito tra le ricordate, preferite o seguite e grazie mille a chi mi recensisce sempre.
Quando scrivo non so mai se la storia possa interessare a qualcuno, ma vedere le visite che salgono ogni giorno mi rende davvero felice. Quindi grazie e un bacione :*

p.s. Ieri sera ho finito di scrivere questa storia e vi devo confessare che i personaggi mi mancano un po' :)

p.p.s. Sono anche curiosa di sapere se Rebecca vi piace di più con Zayn o con Harry. Ormai il finale è deciso, ma sono curiosa di sapere le vostre idee!

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Capitolo 10
*** Dance Again ***


Another World

Capitolo 10 – Dance Again

“Louis, per carità, muoviti! I tuoi capelli sono perfetti!” Esclamò Harry venerdì sera. Dovevamo uscire per andare al Project e il ragazzo aveva passato quindici minuti a cercare di decidere se il ciuffo pettinato all’insù lo convincesse o no.
“Lou!” Lo chiamò anche Eleanor. “Il taxi è fuori!”
“Arrivo, arrivo!” Rispose lui, uscendo finalmente dal bagno e mettendosi la giacca. “Tu sei pronta ad essere Kaya?” Mi chiese, facendomi l’occhiolino.
“Prontissima.” Dissi io, lanciando un’ultima occhiata allo specchio. Mi ero truccata come l’attrice nelle ultime foto che avevo visto e avevo tenuto i capelli sciolti come lei. Mi ero anche documentata sugli ultimi gossip per sapere di cosa parlare davanti al buttafuori.
Durante il tragitto in taxi cominciai a pensare alla settimana appena trascorsa con Zayn. Tutti i giorni, dopo il lavoro, avevamo passato la solita mezz’ora insieme a chiacchierare e a progettare la nostra visita alla città del sabato, ma non avevamo mai minimamente accennato alla cena del lunedì sera. Danielle mi aveva detto che gli piacevo, ma negli ultimi giorni non me l’aveva dimostrato per niente.
“Eccoci. Guarda che fila!” Commentò Louis quando il taxi si fermò.
“Assecondatemi.” Dissi e cominciai a camminare verso il buttafuori, parlando ad alta voce. “Stiamo girando l’episodio dedicato ad Effy di quest’ultima stagione. Un po’ mi dispiacerà lasciare il set di Skins.”
“Alla fine il cast è un po’ come la tua seconda famiglia ormai, no?” Mi chiese Eleanor, stando al gioco.
“Più che il cast direi proprio la crew: il gruppo di ragazzi che lavorano dietro le quinte. Li conosco dalla primissima stagione che abbiamo girato, da cinque anni.” Risposi. Il buttafuori ci stava ascoltando con aria interessata.
“Buonasera.” Ci disse.
“Buonasera.” Risposi e sorrisi. “Possiamo entrare?” Chiesi.
“Signorina Scodelario, giusto? Mia figlia è una grande fan del suo show.”
“Oh, grazie, mi fa molto piacere.” Dissi, sperando che, con il fatto che sua figlia seguisse il telefilm, il tizio non riconoscesse che non ero la vera Kaya Scodelario. Invece mi chiese semplicemente un autografo. Scarabocchiai qualcosa a caso sul foglio che mi stava porgendo, sperando che fosse il più simile possibile alla firma dell’attrice.
“Venite, da questa parte.” Ci lasciò passare il buttafuori. Ci accompagnò all’interno, dove ci fecero accomodare ad un tavolo che, esattamente come la volta precedente, era ricco di bottiglie gratis.
“Il tuo piano è sempre geniale.” Commentò Louis, stappando una bottiglia e prendendo quattro bicchierini.
“E’ vero, sei fantastica!” Aggiunse Eleanor. Brindammo a Kaya, come l’altra volta, e ci sedemmo sul divanetto. Harry si stava guardando intorno.
“Sei già a caccia?” Lo scherzò Louis.
“No, stavo solo dando un’occhiata in giro. Questo posto è più bello del Cuckoo.” Rispose lui.
“Io spero solo che il DJ sia bravo.” Disse Eleanor.
“Sul sito dicono che stasera c’è un tale che si chiama Steve Angello, ma non ho idea se sia bravo o meno.” Dissi alzando le spalle.
“Oh, a proposito, fammi cambiare argomento un secondo.” Disse improvvisamente Eleanor. “Ci sono novità con il ragazzo?” Mi chiese poi.
Eleanor era l’unica persona a cui avevo parlato di Zayn, anche se avevo sempre omesso il suo nome. Dopo la serata passata a fare shopping ci eravamo scambiate il numero di telefono e parlavamo spesso. Essendo l’unica persona che conoscevo all’infuori di Harry, avevo finito per raccontarle della visita alla città di sabato e della cena del lunedì.
“No, niente di nuovo. Anzi, Zayn è stato un po’ freddo questa settimana.” Risposi scuotendo la testa.
“Zayn?” Domandò Harry, voltandosi verso di noi. Stava bevendo una birra e chiacchierando con Louis prima di girarsi improvvisamente verso me ed El.
“Stai uscendo con Zayn?” Disse la ragazza.
“Lo conoscete?” Chiesi, preoccupata.
“Andavamo tutti a scuola insieme, siamo amici.” Rispose Eleanor al posto di Harry. Ma certo, mio padre mi aveva detto che i Malik erano amici di famiglia, solo che non avevo mai collegato perché non li avevo mai visti insieme.
“Quindi state insieme?” Mi chiese Harry. Mi sentii in imbarazzo e ringraziai il buio del locale e il fondotinta che stavo indossando perché ero sicura di essere arrossita.
“No, non lo so. Siamo usciti un paio di volte.” Risposi a testa bassa. Harry si alzò di scatto dal divano e trascinò Louis con lui.
“Andiamo a prendere un’altra birra.” Disse e si allontanò. Eleanor mi guardò e scossi la testa per dirle che non avevo idea di cosa gli fosse preso. Non ero riuscita a confessarle della nostra scappatella e della tensione tra di noi. Suonava troppo sbagliato e me ne vergognavo.
“Balliamo?” Le chiesi per sviare l’attenzione da quello che era appena successo.
“Certo.” Rispose e ci alzammo dal divano, dirette al centro della pista.
 
“Hai visto Harry?” Mi urlò Louis cercando di farsi sentire. Il livello della musica era altissimo. Io, Eleanor e Louis avevamo ballato insieme per gran parte della serata, ma avevamo perso di vista Harry. Guardai l’orologio e notai che erano le due meno un quarto. Dovevamo assolutamente trovarlo e tornare a casa.
“No.” Risposi.
“Vado a cercarlo in bagno.” Urlò ancora Louis.
“Non preoccuparti, ogni tanto sparisce, ma lo ritroviamo sempre.” Mi rassicurò Eleanor.
“Non è quello. Io dovrei essere a casa per le due.” Risposi fissando il punto in cui era sparito Louis. Non volevo nemmeno immaginare cosa stesse facendo Harry in quei bagni. Flash del mio primo giorno a Londra riapparvero nella mia mente, freschi come se fossero appena successi.
“Non era in bagno!” Esclamò Louis tornando qualche minuto dopo.
“Dove accidenti si è cacciato?” Domandò Eleanor. “Andiamo a prendere le nostre cose al tavolo e andiamo a cercarlo.” Aggiunse poi. Recuperammo quello che avevamo lasciato sui divanetti e cominciammo a fare il giro del locale. Nulla, di Harry non c’era nemmeno l’ombra. Intanto si stava facendo sempre più tardi.
“Hai provato a chiamarlo?” Chiesi a Louis, che scosse la testa ed estrasse il telefono dalla tasca dei suoi pantaloni.
“Niente, non risponde.” Disse dopo un po’. Stavo cominciando a preoccuparmi. Se non era in bagno e non lo trovavamo da nessun’altra parte, dove si era cacciato?
“Proviamo a cercarlo fuori.” Proposi e lasciammo il locale. L’aria notturna era pungente e rimpiansi di non avere indossato le calze.
“Provo a richiamarlo.” Disse Louis.
“Che idiota, dove è finito?” Chiese Eleanor, guardandosi intorno.
 
Un’ora dopo, quando si decise finalmente a rispondere al telefono, ci raggiunse davanti al locale. Il colletto della sua camicia era sporco di rossetto e i suoi capelli erano spettinati.
“Chissà dov’è andato.” Commentò Eleanor scocciata. Non risposi e guardai dall’altra parte. Io ed Harry non stavamo insieme, allora perché mi sentivo così… gelosa? Ero stanca, avevo freddo e, soprattutto, mi sentivo uno straccio per aver scoperto che era stato con un’altra ragazza.
“Andiamo a casa.” Disse senza guardarmi.
“Andiamo a prendere un taxi.” Propose Louis scuotendo la testa. “Non so cosa ti è preso, ma non hai mai fatto nessuna cazzata del genere.” Lo rimproverò.
“E Rebecca doveva essere a casa alle due. Ormai sono le tre.” Rincarò la dose Eleanor.
“Non farmici pensare.” Dissi, sospirando. Speravo solo che mio padre dormisse profondamente.
“Non me ne frega niente.” Sentii Harry dire a bassa voce mentre saliva sul taxi.
 
“Rebecca, Harry?” Ci chiamò mio padre quando aprimmo la porta di casa. Perfetto, ci stava aspettando sul divano del soggiorno.
“Siamo in ritardo, papà, scusa.” Dissi prima che Harry potesse aprire bocca. Mio padre accese la luce e si avvicinò a noi due.
“Hai bevuto.” Mi accusò.
“Sì, ma non sono ubriaca.” Mi giustificai. Speravo che quel piccolo incidente non gli avrebbe fatto cambiare idea su di me.
“Hai bevuto e sei tornata con più di un’ora in ritardo. Sei in punizione, Rebecca. Questo weekend starai in casa e aiuterai a fare le pulizie.” Disse mio padre. Guardai Harry, sperando che mi aiutasse e dicesse che eravamo in ritardo per colpa sua. Io non avevo bevuto nient’altro oltre allo shot di vodka per iniziare la serata e avevo ballato con Eleanor per tutto il tempo. Mi ero comportata benissimo! Harry si chiuse in un silenzio cocciuto e tenne lo sguardo fisso sul pavimento.
“Grazie mille.” Sbottai.
“Vai a dormire adesso.” Disse mio padre. Lanciai un’ultima occhiataccia ad Harry, che era sempre risolutamente zitto e fermo, e poi mi avviai verso camera mia. Ero delusa e arrabbiata e non avevo assolutamente voglia di dire a Zayn che non potevamo uscire insieme il giorno dopo.

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Angolo autrice:
Buon venerdì! Eccoci con il nuovo capitolo!
Vi avevo promesso che le cose avrebbero cominciato a complicarsi e vedrete cosa succederà prossimamente! :D

A martedì con il prossimo (vi anticipo che Rebecca sarà arrabbiata!) e passate tutti un buon weekend!

Un grazie immenso a tutte le persone che leggono, mettono tra le seguite, preferite e recensiscono la mia storia. Non mi stancherò mai di dirvi quanto mi faccia piacere! :*

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Capitolo 11
*** Fight for this love ***


Another World

Capitolo 11 – Fight for this love

Il giorno seguente fui costretta ad aiutare Anne a pulire tutta la casa da cima a fondo. Mio padre mi svegliò alle otto del mattino e non mi disse una parola per tutta la giornata. Anche Harry sembrava intenzionato ad ignorarmi così, approfittando del fatto che Anne e mio padre erano andati ad accompagnare Elizabeth a casa di un’amichetta per giocare, quel pomeriggio entrai in camera del ragazzo.
“Cosa vuoi?” Mi chiese.
“Una spiegazione.” Risposi.
“Su cosa?”
“Su ieri sera. Sei sparito, mi hai fatto fare tardi e quando mio padre mi ha messa in punizione non hai detto una parola!” Sbottai. Ero furiosa.
“Non c’è nulla da dire.”
“Invece sì. Per colpa tua oggi non posso uscire!” Esclamai.
“Dovevi andare ad un appuntamento con Zayn?” Mi chiese, alzando per la prima volta gli occhi verso di me.
“Dovevo andare ad Hyde Park con lui.” Ammisi.
“Oh, mi dispiace di aver rovinato i piani con il tuo fidanzatino.” Disse, quasi sputando l’ultima parola.
“Non è il mio ragazzo! E, anche se fosse, non dovrebbe importartene nulla!”
“Come a te non dovrebbe importare nulla delle ragazze che voglio portarmi a letto.” Ribatté lui.
“Come quella di ieri sera?” Chiesi sbuffando.
“Perché, sei gelosa?” Mi schernì.
“No.” Risposi velocemente, mentendo. “Però forse sei tu quello geloso.” Aggiunsi.
“Sì, ti piacerebbe.”
Ci guardammo negli occhi e, in un secondo, capimmo che eravamo entrambi arrabbiati per lo stesso identico motivo: la gelosia.
“Sai una cosa? Sei uno stronzo egoista. Pensavo che potessimo essere amici, ma evidentemente mi sbagliavo.” Dissi infine, uscendo dalla sua camera e tornando al piano inferiore. Mi sedetti sul divano e cominciai ad osservare il criceto di Elizabeth. Beato lui che non aveva altri pensieri oltre a mangiare, dormire e a correre sulla ruota.
“Io sono uno stronzo egoista?” Mi chiese Harry. Mi aveva raggiunta in soggiorno.
“Sì.” Risposi semplicemente.
“E sentiamo, perché lo sarei?”
“Perché mi hai rifiutata e non vuoi nemmeno che io stia con qualcun altro.” Risposi, incerta.
“Tu non stai facendo la stessa cosa con me? Sbaglio o non hai voluto che ti baciassi domenica scorsa?”
“Sì, ma non sto facendo nulla per impedirti di stare con altra gente! Mi pare che tu ti sia divertito ieri sera.” Lo accusai. Harry chiuse gli occhi e scosse la testa.
“Certo che mi sono divertito. E anche lei.” Disse poi, riaprendoli e puntandoli su di me. Volevo alzarmi e tirargli un ceffone, ma mi trattenni. Non ero mai stata una persona violenta e non volevo cominciare ad esserlo per colpa sua.
“Sei patetico.” Dissi invece, passandogli di fianco per andare in cucina. Non volevo più vederlo, mi stava facendo innervosire troppo. Improvvisamente mi bloccò, prendendomi per un polso. “Ma che… lasciami!” Esclamai, voltandomi verso di lui.
Non stava stringendo la presa e non mi stava facendo male, ma volevo che mi lasciasse andare perché sentivo come una scossa elettrica che partiva dal polso e si estendeva in tutto il mio corpo.
Harry lasciò il mio braccio, ma io non riuscivo lo stesso a muovermi. Ci stavamo fissando con aria di sfida, come se entrambi volessimo scoprire chi avrebbe ceduto prima alla tensione che era tanto tangibile in quella stanza. Come la sera in cui ci eravamo quasi baciati sul divano, eravamo ipnotizzati l’uno dall’altra. Non importava quanto fossimo arrabbiati, non importava il litigio che avevamo appena avuto. Tutto alimentava quella maledetta attrazione che non riuscivamo a spegnere.
Volevo toccare il suo viso, lasciare che le sue labbra trovassero le mie e ripetere quello che avevamo fatto in quel pub. Invece distolsi lo sguardo al pensiero di quello che avrebbe pensato mio padre se avesse scoperto quello a cui stavo pensando. Chiusi gli occhi e pensai a Zayn, ai suoi occhi color caramello e alla sua espressione dolce. Pensai a come si sarebbe sentito se avesse saputo che provavo attrazione per Harry che, oltre ad essere quasi il mio fratellastro, era anche suo amico.
Senza dire una parola, lo superai e andai in camera mia, dove chiusi la porta alle mie spalle e mi ci appoggiai contro. Sentivo il cuore che batteva a mille nel mio petto e non riuscivo a smettere di pensare all’incredibile attrazione fisica che provavo per Harry e all’espressione di Zayn se avesse scoperto che razza di persona orribile fossi.
Frugai nel cassetto del comodino e recuperai il pacchetto di sigarette che avevo portato da Los Angeles. Non fumavo spesso, solo quando sentivo di essere al limite e avevo bisogno di calmarmi. Aprii la finestra, mi sedetti sul davanzale interno e accesi la sigaretta, inspirando profondamente. Perché, per quanto mi sforzassi di odiarlo, riuscivo solo ad alimentare la voglia di stare con lui?
 
“Rebecca, volevo dirti che domani non sarai in punizione.” Mi disse mio padre quella sera a cena. Lo guardai sorpresa.
“No?” Chiesi.
“Harry mi ha detto che siete tornati a casa in ritardo perché non riusciva a trovare il suo telefono e l’hai aiutato a cercarlo.” Rispose. Mi girai a guardare Harry, che teneva lo sguardo fisso sul piatto.
“Grazie.” Dissi. “Quindi domani posso uscire?”
“Sì, ma tornerai per cena.”
“D’accordo, grazie.” Risposi. Non vedevo l’ora di andare in camera mia e dare la bella notizia a Zayn.
Per il resto della cena non riuscii a non pensare a Harry, che aveva mentito a mio padre per farmi togliere la punizione. Certo, era colpa sua se eravamo tornati in ritardo, ma non aveva perso il telefono e io non l’avevo aiutato a cercarlo.

 



Buongiorno e buon Martedì! Ecco il nuovo capitolo, come promesso!
So che è più corto degli altri, ma secondo me non c'era altro da aggiungere a questa scena. Direi che è abbastanza intensa (e non preoccupatevi, gli altri saranno più lunghi). :)

Sto diventando ripetitiva, ma GRAZIE mille a tutte le persone che leggono la storia! Onestamente pensavo che non l'avrebbe letta nessuno. Ogni visita, ogni persona che la inserisce nelle preferite, nelle seguite o nelle ricordate mi fa immensamente piacere! E poi ci sono le ragazze che mi lasciano le recensioni, seguono sempre la storia e mi scrivono cose carinissime (shoutout a choco_cupcake <3). Sappiate che ho scritto tantissime cose prima di decidermi a pubblicare e non riuscivo quasi mai a finire nulla (oltre al fatto che mi ci sono voluti anni per decidermi a fare leggere a qualcuno quello che scrivo XD). Invece questa ho già finito di scriverla e ne ho anche iniziata un'altra, che pubblicherò più avanti :D Quindi grazie anche per incoraggiarmi a finire le mie storie :D

E basta, ho già scritto troppo! Grazie ancora per avere letto e, se avete voglia di darmi la vostra opinione, mi farà molto piacere leggerla :)
A Venerdì con il prossimo capitolo!

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Capitolo 12
*** Moments ***


Another World

Capitolo 12 - Moments

Vista la giornata più calda del solito, Zayn mi propose di camminare fino al parco. Non era lontano ed arrivammo in fretta all’ingresso dei Kensington Gardens su Bayswater Road. Entrammo e passammo di fianco alla zona dedicata alla memoria della Principessa Diana.
“Vieni, andiamo di qui.” Mi disse indicandomi una stradina alla nostra sinistra, con disegnato per terra il divieto di circolazione per le biciclette. La strada principale era piena di gente in bici o che faceva jogging.
“Dove porta questa strada?” Chiesi.
“Al Round Pond, uno dei due laghi artificiali di cui ti parlavo.”
“Quello con i cigni?”
“Esatto.”
Sorrisi soddisfatta e mi guardai intorno. L’erba era verde brillante, al contrario di quella a Los Angeles, che a Giugno cominciava già ad essere secca e bruciata per colpa del caldo, e c’era tanta gente seduta in mezzo ai giardini su coperte da pic nic. Un cagnolino notò uno scoiattolo e cominciò a rincorrerlo.
“Questo parco è bellissimo.” Commentai quando intravidi il riflesso del sole sull’acqua calma del Round Pond. C’erano cigni e anatre che nuotavano vicino alla riva e mangiavano il pane che gli lanciavano i bambini.
“Vieni, sediamoci qui.” Mi propose Zayn, accompagnandomi vicino alla riva e sedendosi per terra. Mi accomodai di fianco a lui e lo guardai mentre estraeva qualcosa dal sacchetto che aveva in mano.
“Pane?” Chiesi.
“Già. Mi hai detto che ti piacciono i cigni, quindi ho pensato che avremmo potuto dar loro da mangiare.” Rispose e me ne passò un po’. Cominciai a spezzettarlo e a lanciarlo nel laghetto. Presto un gruppo di cigni ed anatre cominciò a nuotare verso di noi e a mangiare quello che stavamo buttando in acqua.
C’era qualcosa di estremamente rilassante nello stare seduta per terra con Zayn e dare da mangiare ai cigni. Mio malgrado mi ritrovai a pensare alla tensione che provavo ogni volta che ero in presenza di Harry e a come, invece, ero tranquilla insieme a lui.
“Comunque preparati, perché ho pianificato una giornata particolare.” Mi disse il ragazzo dopo qualche minuto di silenzio. Avevo appoggiato la testa alla sua spalla e lui mi stava cingendo la vita con un braccio.
“Ah sì?” Chiesi, alzando lo sguardo per incontrare i suoi occhi.
“Sì e cammineremo un po’. Spero che non ti dispiaccia.” Mi rispose, rivolgendomi un sorriso.
“Neanche un po’.” Dissi. Ero così felice di essere con lui che avrei camminato anche per tutta Londra. Avevo indossato un paio di scarpe comode apposta, nonostante non fossero proprio adatte ad un appuntamento con un ragazzo.
“Bene.” Affermò e tornò a guardare i cigni per qualche minuto. “Quindi tuo padre ha deciso di farti uscire, alla fine?” Mi chiese. Nel messaggio che gli avevo inviato il giorno prima non avevo specificato i dettagli.
“Sì.” Risposi semplicemente, ripensando a Harry che prima mi aveva messa nei guai e poi mi aveva aiutata ad uscirne. Eppure continuava a non parlarmi e a non guardarmi. Quella mattina a colazione aveva impegnato il suo tempo a contare i fagioli nel suo piatto. Avevo disperatamente bisogno di parlare con qualcuno di tutta quella situazione, solo che non avevo idea di chi potessi fidarmi. Eleanor sembrava una buona candidata, ma essendo la ragazza di Louis e conoscendo entrambi i ragazzi, non sapevo se fosse una buona idea.
“Stavo pensando… ti piace l’arte? Cioè, ti piacciono i quadri?” Mi chiese Zayn improvvisamente, cambiando argomento. Forse aveva capito che non volevo parlare della mia punizione.
“Molto.” Risposi.
“Allora vieni con me.” Mi disse alzandosi. Lo seguii fuori dal parco, dove c’era una mostra di dipinti di vari artisti di Londra. Tutti avevano appeso i loro lavori alla cancellata che costeggiava Kensington Gardens.
“Wow.”
“Vengono qui tutte le domeniche ed espongono i loro quadri, così la gente può comprarli.” Mi spiegò mentre camminavamo tra gli artisti.
“Sono bravissimi.” Dissi. “E tu sei la guida turistica più brava che io abbia mai avuto.” Commentai poi, voltandomi verso di lui. Intrecciai le mie dita alle sue e continuammo a camminare finché arrivammo a Lancaster Gate e rientrammo nel parco.
“Questa è la fontana italiana.” Mi spiegò, mostrandomi un enorme complesso di fontane e statue di marmo bianco. “E, come puoi vedere, ci sono altri cigni.”
“Mi stai portando a fare un tour dei cigni di Londra?” Chiesi, prendendolo in giro.
“Sì.”
“Grazie. E questa fontana è bellissima.” Commentai.
 
Eravamo sempre mano nella mano e stavamo passeggiando lentamente nel parco. Ogni tanto Zayn si fermava per mostrarmi qualcosa, come l’Osaka Garden, il giardino zen di Hyde Park.
“Uno scoiattolo!” Esclamai. Ne avevo visti tanti durante la nostra visita, ma quello era particolarmente vicino a me.
“Ho ancora del pane, vogliamo provare a darglielo?” Propose Zayn, estraendone un pezzo dal sacchetto. Me lo porse e lo allungai verso lo scoiattolo che, dopo un primo momento di paura, si avvicinò e lo prese.
“Lo mangia!” Esclamai ancora, entusiasta. Il ragazzo mi passò altri pezzi di pane ed estrasse il suo iPhone. “Cosa stai facendo?” Gli chiesi.
“Ti sto facendo una foto.” Mi rispose. “Voglio documentare la tua avventura con gli scoiattoli.”
Allungai un altro bocconcino di pane all’animaletto, che si avvicinò e lo prese con le zampine. Non avevo mai fatto nulla di simile ed era sicuramente un’esperienza che avrei ricordato per tanto tempo. Sfortunatamente una bimba che aveva visto lo scoiattolo da lontano era corsa verso di noi e l’aveva fatto scappare. Mi rialzai e ricominciai a camminare insieme a Zayn.
“Non avete i procioni, qui?” Chiesi, guardandomi intorno.
“No, non ne ho mai visti. Ci sono allo zoo, però.”
“Non ci sono liberi?” Chiesi, sorpresa. “In America sono ovunque e sono l’incubo di tutti perché frugano nei bidoni della spazzatura e fanno casino.” Aggiunsi.
“Non ne ho mai visti liberi! Quindi voi avete scoiattoli e procioni?” Mi chiese, meravigliato.
“Sì, quelli ci sono dappertutto in America. E a Los Angeles, se vivi sulle colline, ci sono anche i coyote.” Risposi.
“I cosa?” Mi chiese, strabuzzando gli occhi.
“I coyote.” Risposi, come se fosse la cosa più naturale del mondo. “E, ultimamente, c’è anche un puma in libertà a Griffith Park.” Aggiunsi.
“Coyote e puma. Wow. Direi che è una zona molto sicura.”
“Sì, ma non ti fanno nulla. Sono spaventati dall’uomo. Cioè, io non li ho mai visti, ma le autorità dicono che, in caso di avvistamento del puma, bisogna sembrare molto grossi e cominciare ad urlare, così quello si spaventa e se ne va.”
Zayn mi stava guardando estasiato, come se gli stessi raccontando che a Los Angeles incontravamo alieni per strada.
“Beh, direi per fortuna che non l’hai mai visto.” Disse, ridendo.
“In effetti sì.” Risposi, unendomi alla sua risata.
Eravamo arrivati al Serpentine e trovammo una panchina libera su cui sederci. Ormai era il tramonto e il cielo si stava dipingendo di bellissime sfumature rosa e arancioni.
“Cos’è quella torre rotonda, laggiù?” Domandai dopo un po’. Zayn aveva il braccio intorno alle mie spalle e stavamo entrambi osservando il tramonto sopra al lago artificiale.
“E’ un hotel.” Rispose, voltandosi a guardarmi. Improvvisamente pensai che quello sarebbe stato il momento perfetto per un bacio. Eravamo vicinissimi e quello era, probabilmente, il momento più romantico di tutta la mia vita. Come se mi avesse letto nel pensiero, Zayn avvicinò il suo viso al mio e le nostre labbra si toccarono. Un brivido percorse la mia schiena e chiusi gli occhi, assaporando il momento.
“E’ un hotel che ricorderò piacevolmente.” Sussurrai quando riaprii gli occhi. Il ragazzo stava sorridendo e notai che era arrossito. Abbassai lo sguardo e sorrisi, sentendomi un po’ in imbarazzo anch’io. Era la prima volta che mi succedeva una cosa del genere.
 
Per tornare a casa prendemmo l’autobus. La giornata con Zayn era stata così bella che non mi interessava nemmeno non aver portato il gel antibatterico con me. Se non ero ancora morta dopo aver perso la metropolitana per due settimane, non sarei di certo morta per una veloce corsa sull’autobus.
Arrivammo davanti alla porta di casa mia cinque minuti prima dell’orario in cui sarei dovuta rientrare.
“Ho passato una giornata bellissima.” Mi disse Zayn.
“Anch’io, grazie.” Risposi. Questa volta mi sentivo più sicura e lo abbracciai io, dandogli un leggero bacio sulle labbra.
“Ci vediamo domani pomeriggio?” Mi chiese.
“Certo.” Risposi.
“A domani.” Mi disse e mi diede un altro fugace bacio prima di dirigersi verso la fermata della metro.

 



Buon venerdì!
Questo capitolo è ambientato in alcuni dei miei posti preferiti di Londra. Se vi capita di andarci, visitate assolutamente i Kensington Gardens e il Round Pond. Ma anche Hyde Park, l'Osaka Garden e il Serpentine, perchè è tutto bellissimo. E, secondo me, sono posti romantici per un appuntamento! Ma io sono innamorata di Londra, quindi per me tutto è romantico!

Come sempre ringrazio tutte le persone fantastiche che leggono, inseriscono la mia storia tra le seguite, preferite e ricordate e quelle meravigliose che recensiscono. Vi abbraccio tutte!

Da domani comincerò a postare anche un'altra storia (inizio domani perchè ho scritto un capitolo di Natale che voglio postare il 25, così, postando un capitolo ogni due giorni arriviamo esatti!).

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero che continuiate a seguire questa long. Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate!
A Martedì con il prossimo!
:*

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Capitolo 13
*** The zoo ***


Another World

Capitolo 13 – The zoo

Non avevo mai amato la mattina e avevo sempre odiato il lunedì, ma Zayn mi aveva fatto cambiare idea su tutto. Non vedevo l’ora di andare al lavoro e aspettavo con ansia l’orario in cui sarebbe tornato.
“Sono a casa!” Esclamò il ragazzo poco prima delle cinque. Safaa e Waliyha gli corsero subito incontro e lui le abbracciò. Volevo fare la stessa cosa, ma mi trattenni perché non volevo che le bambine sapessero.
“Ciao, Becca.” Mi salutò dopo essersi seduto sul divano di fianco a me. Le sue sorelle erano sedute sul tappeto e stavano disegnando appoggiate al tavolino.
“Ciao.” Risposi e sorrisi. “Com’è andata al negozio di musica?” Chiesi.
“Due tizi hanno litigato furiosamente perché uno ha comprato il nuovo album di Justin Bieber e l’altro gli ha dato dello sfigato. Sono quasi arrivati alle mani e ho dovuto dividerli.” Mi raccontò. “Per il resto non vedevo l’ora di tornare a casa.” Aggiunse dopo poco, lanciandomi una veloce occhiata. Mi assicurai che le bambine fossero ben concentrate sul disegno che stavano colorando e gli presi la mano per qualche secondo.
“Allora, cos’avete fatto oggi?” Chiese Zayn alle sue sorelle.
“Abbiamo disegnato e abbiamo vestito le Barbie. Rebecca ci ha aiutate a fare dei vestiti nuovi!” Esclamò Safaa, appoggiando il pastello che aveva in mano sul tavolino e saltando in piedi.
“Wow, perché non me le fate vedere?” Rispose il fratello. Anche Waliyha abbandonò i disegni e corse di sopra insieme alla sua sorellina. “Abbiamo qualche secondo per salutarci.” Mi disse poi, avvicinandosi e dandomi un bacio.
Le bambine tornarono in soggiorno troppo in fretta e fui costretta a risedermi più lontana da Zayn, nonostante non ne avessi la minima voglia.
“Ho deciso di chiamare questa Barbie Rebecca, perché si veste bene come lei.” Disse Safaa, mostrando la bambola al fratello. Lui finse interesse e le sorrise.
“Mi piace il suo vestito.” Commentò.
“Rebecca mi ha aiutata a mettere gli accessori!” Esclamò la bambina, entusiasta. “E ha detto che dopodomani possiamo giocare a travestirci!” Aggiunse. Era così felice che stava saltellando per tutto il soggiorno.
“Poi voglio vedervi, eh.” Rispose il fratello che, come sempre, era dolcissimo con loro. “E la tua, Waliyha?”
La bambina più grande estrasse la sua bambola da dietro la schiena e la porse al fratello. Waliyha era la più romantica delle due e aveva voluto vestire la sua Barbie da sposa perché mi aveva confessato che si era innamorata di un bambino della sua scuola e voleva sposarlo.
“Che bella!” Esclamò Zayn, guardandomi e sorridendomi. “Sei esperta anche di matrimoni?” Mi chiese.
“Mia madre ne ha avuti tre.” Risposi alzando le spalle. Da quando aveva divorziato da mio padre, cinque anni prima, si era già risposata due volte. E aveva avuto innumerevoli compagni.
“Oh.” Disse Zayn, senza aggiungere altro.
 
“Sono tornata!” Esclamò Tricia, chiudendo la porta d’ingresso. Entrò in soggiorno e ci trovò tutti sul divano a parlare di vestiti delle Barbie.
“Bentornata!” Disse Zayn. Le bambine si alzarono a salutare la madre e poi tornarono a giocare con le bambole. Waliyha aveva deciso che la sua Barbie si sarebbe sposata il giorno seguente e aveva chiesto a Safaa se la sua bambola potesse essere la damigella d’onore.
“Com’è andata?” Mi chiese poi Tricia, accomodandosi di fianco alle sue figlie.
“Benissimo, sono sempre più brave.” Risposi. “E mi hanno chiesto se dopodomani possiamo giocare a travestirci.” Aggiunsi.
“Certo, basta che non combinino disastri e mettano via tutti gli abiti quando hanno finito.” Rispose la donna.
“Mi premurerò di controllare che lo facciano.” Dissi.
“Perfetto. Allora questo è il tuo compenso per oggi.” Tricia si alzò dal divano e si avvicinò a me con una banconota da cinquanta sterline in mano. “E noi ci vediamo dopodomani, giusto?” Mi chiese.
“Sì, domani è il compleanno di Elizabeth e la portiamo allo zoo.” Risposi. “Grazie per avermi dato la giornata libera.” Aggiunsi.
“Non preoccuparti. Ho preso un giorno di ferie, perché tanto devo portare entrambe le bambine dal dentista, quindi non ci sono problemi.”
“Grazie ancora.” Ripetei. “A dopodomani, allora!”
“Ti accompagno alla metro.” Si offrì Zayn. Annuii e sorrisi, pensando che, in quel modo, potevamo avere qualche minuto di privacy. Cominciammo a camminare verso la stazione, che non era lontano, mano nella mano.
“Così domani non ci sarai quando tornerò a casa?” Mi chiese.
“No, passerò tutta la giornata allo zoo con Lizzie.” Risposi.
“Mi mancherai, ormai mi sono abituato a vederti quasi tutti i giorni.”
“Anche tu.”
Ci fermammo e si posizionò di fronte a me, guardandomi negli occhi. Mi prese entrambi le mani nelle sue e mi baciò.
 
Quando mio padre mi aveva chiesto di portare Elizabeth allo zoo per il suo compleanno, per qualche motivo, avevo pensato che ci sarebbero stati anche lui e Anne. Invece ero rimasta da sola insieme a Harry, perché loro due non erano proprio riusciti a prendersi una giornata di ferie.
Il viaggio in auto verso lo zoo di Londra fu particolarmente teso. Harry guidava la sua Range Rover nera senza parlare ed io, seduta al posto di fianco a lui, guardavo fuori e, ogni tanto, rispondevo alle domande di Elizabeth sugli animali che avremmo visto.
“Eccoci!” Esclamai entusiasta quando Harry parcheggiò. La bambina non stava più nella pelle e voleva assolutamente vedere i pinguini.
“Posso avere un pinguino?” Mi chiese quando le slacciai la cintura del seggiolino e la aiutai a scendere dall’auto.
“Lizzie, un pinguino vivo soffrirebbe a casa. Però possiamo comprare un peluche, cosa ne dici?” Proposi, pensando che, con i soldi che avevo guadagnato facendo la babysitter, avrei potuto regalargliene uno. Era il suo compleanno, no?
Elizabeth ci pensò per un po’ e poi annuì. Sospirai, sollevata. Non avrei saputo come vincere una guerra di quel tipo con una bambina di quattro anni.
“Dove sono i dinosauri?” Mi chiese mentre compravamo i biglietti. Harry si girò a guardarla e le sorrise. Sbarrai gli occhi. Elizabeth sapeva che i dinosauri erano estinti, vero? Non avrei dovuto essere io a farle cadere il mondo addosso, no?
“Liz, ne abbiamo già parlato. I dinosauri non ci sono allo zoo.” Le spiegò pazientemente Harry. Alla bimba cominciò a tremare il labbro inferiore. Si preannunciava una giornata infernale.
 
Quando arrivammo finalmente alla vasca dei pinguini – dopo un paio di capricci di Elizabeth, prima perché non voleva entrare a vedere i serpenti e poi perché aveva cambiato idea – la bambina decise che saremmo dovuti stare lì per parecchio tempo. Harry andò al bar di fronte alla piscina e comprò milkshake per tutti.
“Stai bene?” Mi chiese, rivolgendomi la parola per la prima volta in tutto il giorno.
“Eh? Sì.” Risposi, distratta. Elizabeth, che si faceva mille problemi per i serpenti, aveva voluto entrare anche a vedere gli insetti e, arrivata alle teche delle tarantole, avevo pensato di morire. Quei cosi a otto zampe che la affascinavano tanto mi terrorizzavano. Avevo cercato di non darlo a vedere, ma avevo notato qualcuno che rideva vedendo che camminavo rasente ai muri.
“Sai che potevi non entrare?” Mi chiese poi. Elizabeth stava osservando i pinguini e aveva cominciato ad imitare la loro camminata, mentre Harry ed io eravamo dietro di lei e controllavamo che non si allontanasse troppo.
“Cosa?” Domandai, cercando di fare finta di nulla.
“Dagli insetti. Ti ho vista che sei quasi svenuta davanti alle tarantole.”
Sospirai e abbassai lo sguardo. Ottimo, se ne era accorto anche lui.
“Hanno troppe zampe.” Spiegai. “E sono pelose! Perché i ragni devono essere pelosi? E così grossi, poi!” Mi sfogai. Il ragazzo cominciò a ridere. “Molto divertente.” Dissi, dando un piccolo calcio ad un sasso.
“Erano nelle teche, non potevano farti nulla.” Rise ancora.
“E se una scappava? Ho visto che organizzano questi eventi in cui te le fanno tenere in mano. Anche se, ovviamente, non capisco perché qualcuno voglia tenere in mano quelle cose.” Dissi, rabbrividendo.
“Hai bisogno di un sacchetto per respirare?” Mi scherzò lui. Aveva un sorrisetto furbo che lo rendeva tanto odioso quanto attraente. Scossi la testa, sperando di cacciare anche quel pensiero insieme alla mia irrazionale paura per i ragni.
“Sei proprio simpatico.” Dissi, facendo qualche passo verso Elizabeth.
“Guarda, Becca! Sono un pinguino!” Esclamò lei, camminando con le braccia rigide sui fianchi.
“Sei una pinguina bellissima.” Le dissi. “Cosa vuoi fare adesso?”
“Posso andare a giocare insieme agli altri bambini?” Mi chiese, indicando il piccolo parco giochi poco lontano dalla vasca dei pinguini. C’erano scivoli, altalene e altre attrazioni. Guardai Harry, che annuì.
“Ok, ma non allontanarti troppo.” La avvertii. La bimba corse a giocare insieme ai suoi coetanei, mentre Harry ed io ci sedemmo sul prato di fronte allo scivolo, così potevamo tenerla d’occhio.
“Senti, Louis mi ha chiesto di chiedertelo.” Disse il ragazzo improvvisamente. Mi voltai a guardarlo e, ancora una volta, avvertii la solita stretta allo stomaco. Come poteva essere così bello? Accidenti a lui.
“Cosa?” Chiesi, incuriosita.
“Questo weekend andiamo tutti nella casa in campagna dei suoi genitori a Berkshire. Mi ha chiesto di chiederti se vuoi venire.” Rispose, distogliendo lo sguardo e concentrandosi su Elizabeth, che stava facendo amicizia con una bambina della sua età che aveva in mano un peluche a forma di dinosauro.
“Non preoccuparti, non voglio rovinarti il weekend.” Dissi.
“Ci saranno anche Niall, Liam, Danielle e Zayn e la casa è grande, non dovremo nemmeno stare nella stessa stanza.”
“Louis ha invitato anche Zayn?” Chiesi.
“Sì, Eleanor ti ha detto che ci conosciamo tutti perché siamo andati alla stessa scuola.” Mi spiegò. “Comunque sì, ci sarà anche lui, quindi se anche non te lo avessi detto io, ci avrebbe pensato il tuo ragazzo.” Aggiunse, soffermandosi sull’ultima parola. Alzai gli occhi al cielo e non risposi per un po’.
“Dovrò chiedere il permesso a mio padre.” Dissi.
“Non penso che ti dirà di no.”
Evitammo di parlare finché Elizabeth non tornò da noi perché voleva andare a vedere le farfalle. Non riuscii a smettere di pensare alla possibilità di passare un weekend intero nella stessa casa insieme a Harry e a Zayn. Sarei sopravvissuta? Suonava tantissimo come un brutto incubo.

 



Buon Martedì!
Diciamo che questa è una premessa per il prossimo capitolo che, come avrete intuito, sarà ambientato nella casa in campagna e saranno tutti insieme. Vi prometto che sarà intenso e succederanno tante cose!
Purtroppo però dovrò postarlo martedì prossimo, perchè nei prossimi giorni sarò nella mia amata Londra e non avrò modo di pubblicare.

Grazie a tutte le persone stupende che leggono, inseriscono la storia nelle preferite/seguite/ricordate e che recensiscono. Apprezzo tantissimo tutto quello che fate! <3
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e se volete farmi sapere cosa ne pensate, mi farebbe piacere!

Infine vi volevo segnalare la mia nuova long, "Over Again". Ho iniziato da poco a pubblicarla ;)
:*

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Capitolo 14
*** Truth Or Dare ***


Another World

Capitolo 14 – Truth or Dare

 
“Diamo inizio al nostro annuale weekend di perdizione.” Annunciò Louis con aria teatrale, facendo tintinnare un coltello sul bicchiere di vino che aveva alzato al cielo. Stava indossando una felpa al contrario e un paio di occhiali da sole ed eravamo all’interno della casa in campagna dei suoi genitori.
O forse avrei dovuto chiamarlo palazzo. Era un enorme edificio in mattoni a vista, circondato da ettari ed ettari di erba verde e nient’altro. Eravamo completamente sperduti in mezzo al nulla e Louis si era premurato di portare una grande scorta di alcool.
La casa aveva due saloni e noi ne stavamo occupando uno. In mezzo alla stanza c’era un grandissimo tavolo con un totale di dieci sedie tutte intorno e ognuno di noi aveva davanti un bicchiere pieno di vino rosso.
“Lou, sono le dieci del mattino.” Gli fece notare Eleanor.
“Colazione!” Esclamò il ragazzo, tracannando un lungo sorso. “Salute!” Disse poi, portando il bicchiere verso di noi. Ci scambiammo tutti un’occhiata e decidemmo di brindare con lui.
“Vino alle dieci del mattino.” Commentò Niall. “Forse preferivo una birra.” Aggiunse dopo un po’, alzandosi dal tavolo e cominciando a camminare verso la finestra.
“C’è pieno di birra nel primo frigo a destra in cucina.” Rispose Louis. “Ma il vino è più di classe.”
“Se lo dici tu.” Commentò Liam.
“Ragazze, ma se andassimo a prendere un po’ di sole?” Propose Danielle. Eleanor ed io ci scambiammo un’occhiata di intesa ed annuimmo entrambe. Forse sarebbe stato meglio passare un paio d’ore in giardino.
 
All’ora di pranzo eravamo già tutti mezzi ubriachi e stavamo ridendo come pazzi per qualsiasi cosa. Louis aveva indossato l’elmo di una delle armature che c’erano all’ingresso e stava giocando a calcio con Niall, provocandoci attacchi di risate isteriche, perché la visiera continuava a chiudersi.
Ero felice che ci fosse dell’alcool in giro perché, se fossi stata sobria, probabilmente non sarei riuscita a sopravvivere.
“Cuciniamo?” Propose Danielle.
“C’è qualcosa da mangiare in questa casa o abbiamo solo birra e vino?” Chiese Liam al proprietario.
“Frigo, cucina. Fate quello che volete!” Esclamò lui, abbandonando il pallone e raggiungendo Eleanor. Le mise un braccio intorno alle spalle e le sussurrò qualcosa nell’orecchio. La ragazza arrossì un po’ e rise.
“Io e Liam cuciniamo, chi vuole unirsi?” Chiese Danielle. Harry e Niall scossero la testa, dicendo che avrebbero preferito sfidarsi al biliardino.
“Ti va?” Mi chiese Zayn.
“Non so cucinare.” Risposi. “Penso che tu ricordi la scena dell’uovo.” Gli ricordai e abbozzai un sorriso.
“Certo che mi ricordo, è per questo che volevo approfittarne per insegnarti. Possiamo cucinare insieme, magari.” Mi propose.
“Ci sto.” Risposi.
 
La lezione di cucina si trasformò in fretta in una battaglia di farina, interrotta ogni tanto da qualche bacio rubato, ma alla fine riuscimmo a cucinare qualcosa per tutti. Certo, la stanza era in condizioni disastrose, ma avevamo preparato un fantastico piatto di pancakes e tutti sembravano entusiasti.
“Da quanto tempo organizzate questi weekend di perdizione?” Chiesi mentre stavamo mangiando.
“E’ una tradizione che abbiamo da un paio d’anni.” Mi rispose Louis, sorseggiando champagne insieme al suo pancake. “Visto che dobbiamo lavorare tutta l’estate, abbiamo stabilito che, per almeno un weekend su tre mesi, saremmo venuti qui ad ubriacarci e a non pensare a nulla.”
“Sembra una buona idea.” Commentai.
“Immagino che tu sia esperta di questo argomento.” Disse Louis.
“Io non organizzavo weekend di perdizione. Per me era così tutto l’anno. Facevamo feste più o meno tutte le sere, soprattutto d’estate.” Risposi, pensando all’ultima, che mi aveva messa in quel grosso guaio.
“Cosa si fa a Beverly Hills?” Mi chiese Niall, incuriosito.
“Beh, si balla, soprattutto sui tavoli.” Spiegai. “Si fanno giochi come ‘obbligo o verità’, ‘beer pong’ e cose del genere.”
“Obbligo o verità? Non è un gioco da bambini?”
“No, non la nostra versione.” Risposi.
“Dopo dobbiamo farlo.” Disse improvvisamente Louis. “Anche se ho l’impressione che dovremmo essere più ubriachi.” Aggiunse.
“Sicuramente.” Risposi, pensando agli obblighi che ci inventavamo Rachel ed io di solito.
 “Questa sera. Dopo cena.” Annunciò Louis. “Ora tutti fuori a giocare a beer pong!” Esclamò e ci trasferimmo tutti in giardino, armati di bicchieri di birra e palline da ping pong.
“Forse, però, devi prima spiegarci come si fa a giocare.” Ci ripensò Louis, fermandosi e guardandomi.
“Ok, allora: prendiamo dei bicchieri e riempiamoli di birra. Vanno divisi in parti uguali e dobbiamo metterne metà da una parte del tavolo e metà dall’altra. Quando uno dei due riesce a mandare la pallina da ping pong in uno dei bicchieri, l’altro deve bere la birra.” Spiegai.
 
“Bene, ora possiamo dedicarci a ‘Obbligo o Verità’.” Disse Louis dopo cena.
“Volete le regole?” Chiesi, alzandomi e prendendo un foglio, un pennarello e delle forbici.
“Certo.” Rispose il ragazzo.
“Ok, questa è la versione a cui gioco sempre io, da quando ho quattordici anni.” Dissi, disegnando un paio di baffi e ritagliandoli.
“Baffi?” Mi chiese El.
“Fanno parte del gioco.” Spiegai e mi alzai. Li attaccai su un punto preciso dello schermo della televisione in soggiorno e mi posizionai di fronte al gruppo. “Adesso guarderemo qualcosa, un film, telefilm, DVD, non importa. Ogni volta in cui ci sarà un’inquadratura per cui i baffi saranno sul viso di una persona, al posto giusto, dovremo bere uno shot.” Dissi.
“E come decidiamo chi deve fare ‘obbligo o verità’?” Mi chiese Liam.
“Noi siamo in otto, giusto?” Chiesi e tutti annuirono. “Usiamo sette bicchieri da shot e chi rimane senza dovrà rispondere alla domanda o fare qualcosa.” Spiegai. “Ognuno può scegliere ‘obbligo o verità’ solo una volta e, se li esaurirà, sarà escluso dal gioco.” Aggiunsi.
“Mi piacciono queste regole.” Commentò Louis. “Prendo la bottiglia di tequila?”
“No, champagne. Se usassimo shot di tequila saremmo in coma etilico dopo mezzo minuto di gioco!” Dissi ridendo.
“Chi sceglie la domanda o l’obbligo?” Mi chiese Niall.
“Le scriviamo tutte su dei cartoncini e chi resta senza bicchiere deve pescarne uno.” Risposi. “Ora date sfogo alla creatività e scrivete tutte le domande e gli obblighi che vi vengono in mente!” Esclamai.
Dividemmo i cartoncini in due gruppi, Louis prese il DVD di Easy A che c’era di fianco al televisore e lo fece partire.
“Non guardatemi così, è delle mie sorelle.” Si giustificò quando notò che tutti i ragazzi lo stavano guardando male.
“Cominciamo il gioco!” Esclamò Liam, versando champagne in sette bicchierini e posandoli sul tavolo.
“Quando vediamo i baffi al posto giusto fermiamo l’immagine. Uno di noi conterà fino a tre e poi prenderemo i bicchieri, ok?” Chiesi, sedendomi sul divano tra Zayn ed Eleanor.
Non passò molto prima che Niall fermò l’immagine e cominciò a contare fino a tre, perché i baffi erano esattamente sul viso di Emma Stone, l’attrice protagonista del film. Ci buttammo tutti sui bicchieri e Liam restò a mani vuote.
“Obbligo o verità?” Chiesi. Sembrò pensarci per un attimo e poi pescò un cartoncino tra quelli delle domande.
“Se potessi baciare una persona qualunque tra quelle che ci sono in questa stanza, chi sarebbe?” Lesse ad alta voce. “Beh, direi che è facilissimo: Danielle!” Rispose e si avvicinò alla sua ragazza.
“Sei noioso.” Lo accusò Louis e scoppiammo tutti a ridere.
“Ricordati che se rimani senza bicchiere un’altra volta, puoi scegliere solo l’obbligo.” Gli dissi prima che Niall facesse ripartire il film.
Pochissimi minuti dopo Niall bloccò ancora l’immagine – Amanda Bynes con i baffi era davvero divertente – e, al tre, prendemmo tutti un bicchierino. Questa volta Louis rimase senza.
“Beh, direi obbligo.” Disse e prese un cartoncino. “Bacia la persona alla tua destra.” Aggiunse, voltandosi nella direzione delle istruzioni.
“Immagino che questa sia la tua destra e non quella, vero?” Chiese Harry, indicando Eleanor che era a sinistra.
“Proprio così.” Rispose Louis con un sorriso da Stregatto.
“E per bacio intendevo bacio.” Disse Niall che, evidentemente, aveva scritto quel cartoncino.
Louis diede un’occhiata ad Eleanor, che annuì, e poi si avvicinò ad Harry, piazzandogli un veloce bacio sulle labbra ed allontanandosi subito, pulendosi la bocca con la manica della felpa.
“E’ il massimo che otterrete.” Disse con aria teatrale, rivolgendosi al resto del gruppo per poi scoppiare a ridere. Ci unimmo tutti presto alla sua risata. “Niall, premi play.” Ordinò poi al ragazzo biondo, che eseguì immediatamente.
Durante il turno seguente Harry rimase senza bicchiere e scelse un obbligo.
“Fai nascondere qualcosa a qualcuno e poi vai a cercarlo. Nudo e al buio. Ma che diavolo?” Lesse Harry ad alta voce. Scoppiammo tutti immediatamente a ridere, cercando di capire chi fosse l’autore di quel cartoncino meraviglioso.
“Ok, mi costituisco. Sono stato io.” Ammise Louis dopo un po’.
“Lo sapevo!” Esclamò Eleanor. “E meno male che l’ha pescato Harry, che tanto è sempre nudo e siamo abituati a vederlo!” Aggiunse poi.
“Per rendere le cose più difficili, però, nasconderò questa orrenda statuetta a forma di gatto in giardino.” Annunciò Louis, uscendo dal soggiorno.
“Sei proprio sadico!” Esclamò Liam, seguendo l’amico.
“Immagino di dover cominciare a spogliarmi.” Disse Harry, sospirando. “Ma proprio nudo-nudo?” Chiese.
“Come un verme!” Rispose Louis, urlando dal giardino.
“Però ti concediamo la torcia dell’iPhone, altrimenti non troverai più quel gatto osceno.” Disse Eleanor.
“Non che mi dispiaccia se quel coso rimanga perso, sia chiaro. E’ di mia madre.” Spiegò Louis, rientrando. “Forza, via i vestiti e vai a cercare il gatto!”
Harry, riluttante, si spogliò ed uscì in giardino con la torcia dell’iPhone. Lo seguimmo tutti, ridendo fino alle lacrime ad ogni passo del ragazzo.
“Trovato!” Esclamò trionfante dopo qualche minuto. Louis aveva nascosto la statuetta dietro ad un cespuglio di ortensie.
Tornammo in soggiorno per un altro round ed Harry perse di nuovo.
“Ti è rimasta solo la verità!” Gli ricordai e il ragazzo pescò un cartoncino tra quelli delle domande.
“Qual è la cosa più stupida che sei stato obbligato a fare?” Lesse ad alta voce. “Mi sono dovuto spogliare ed uscire in giardino, al freddo, a cercare una stupida statuetta a forma di gatto!” Rispose poi. Scoppiammo tutti a ridere di nuovo.
“Forza, un altro round!” Esclamò Niall, facendo ripartire il DVD.
I baffi tornarono ad essere perfettamente posizionati sul viso di Emma Stone e fermammo di nuovo l’immagine.
“Uno, due, tre…” Contò Louis e ci buttammo di nuovo sui bicchierini. Questa volta rimasi io senza.
“Accidenti!” Esclamai con un sorriso.
“Obbligo o verità?” Mi chiese Eleanor.
“Verità.” Risposi, sporgendomi per prendere un cartoncino. Ero piuttosto ubriaca, contando che avevo anche perso il match di beer pong contro Eleanor e quindi avevo dovuto bere parecchi bicchieri di birra. Portai il cartoncino all’altezza dei miei occhi e sbattei le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco. “Sei mai stata a letto con qualcuno in questa stanza? Se sì, scambiatevi un bacio.”
Mi alzai dal divano, superai Eleanor e Louis e mi avvicinai ad Harry che, probabilmente preso alla sprovvista, si alzò a sua volta. Lo guardai negli occhi, scuotendo la testa e ridendo e poi avvicinai il mio viso al suo e lasciai che le nostre labbra si toccassero.
Quando mi girai per tornare al mio posto notai Zayn, che mi stava fissando con aria affranta. Era rimasto silenzioso per tutta la durata del gioco. Improvvisamente, sentii l’effetto dell’alcool sparire, facendomi tornare sobria. Mi sentivo come se qualcuno mi avesse appena tirato uno schiaffo e avevo tutti gli sguardi puntati addosso.
“Sei stata a letto con Harry?” Mi domandò il ragazzo.

 



Dun dun dun! Sono tornata!
E non vedevo l'ora di postare questo capitolo da quando l'ho scritto perchè mettere Rebecca, Harry e Zayn nella stessa stanza non preannunciava nulla di buono!
Venerdì posterò il prossimo, che riprenderà esattamente da dove è finito questo e vedrete cosa succederà!

Come sempre un grazie enorme a tutte le persone che leggono, inseriscono tra le storie seguite/preferite/ricordate e grazie alle ragazze che recensiscono <3
Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate di questo!

A Venerdì!

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Capitolo 15
*** Turning Tables ***


Another World

Capitolo 15 – Turning tables

 

Successe tutto troppo in fretta. Prima che riuscissi a rendermene conto, Zayn era già in piedi.
“Allora?” Mi esortò. Non sapevo cosa fare, ero in panico. Se gli avessi detto di no, gli avrei mentito e non volevo farlo. Ma se gli avessi detto di sì… l’avrei ferito e non volevo fare nemmeno quello.
“Sì, ma…” Risposi alla fine, con un filo di voce. Zayn non mi lasciò nemmeno finire di parlare. Si avvicinò a Harry come una furia e gli tirò un pugno in faccia.
“Harry!” Esclamammo tutti. Danielle, Eleanor, Louis ed io ci inginocchiammo intorno al ragazzo, che era caduto e si stava massaggiando lo zigomo. Niall e Liam avevano trascinato Zayn lontano dai divani e stavano cercando di calmarlo.
“Vai a parlargli, ci pensiamo noi qui.” Mi suggerì Eleanor.
“Vado a prendere del ghiaccio.” Si offrì Danielle, mentre Louis aveva preso dei fazzoletti di carta e li stava porgendo ad Harry. Il ragazzo ne appoggiò uno al naso, che stava sanguinando, e fece una smorfia di dolore.
Mi avvicinai a Zayn.
“Pensavo fossi diversa.” Disse.
“Zayn…” Cominciai a dire. Volevo spiegargli che ero stata con Harry solo una volta e prima di conoscere lui.
“Lascia stare, Rebecca. Ormai ho visto che tipo di persona sei. Hai passato tutto il giorno a bere e a fare giochi idioti. Sei esattamente come tutte le altre.” Mi accusò.
“E’ il weekend della perdizione! Sei qui anche tu!” Esclamai.
“E tu sei stata talmente occupata da non renderti conto che non ho bevuto niente per tutto il giorno! Ho solo preso i bicchieri per non perdere durante quest’ultimo stupido gioco, ma io non bevo!” Rispose, lasciandomi senza parole. Come eravamo passati dal cucinare insieme e fare una battaglia di farina, scherzando e ridendo, a quello?
“Ma non è come pensi!” Cercai di spiegarmi. Se solo mi avesse fatta parlare!
“Sai una cosa? Non mi interessa. Lascia stare.” Mi interruppe e uscì in giardino, diretto verso la sua auto. Aveva cominciato a piovere e faceva abbastanza freddo.
“Zayn!” Lo chiamai, seguendolo fuori.
“Ne ho abbastanza, vado a casa.” Disse, aprendo la portiera della sua auto.
“Zayn!” Esclamai ancora, ma il ragazzo aveva già messo in moto e stava facendo manovra per uscire dal giardino.
Rimasi ad osservare i fari posteriori della sua auto mentre si allontanava.
“Becca, torna dentro.” Mi disse Eleanor, prendendomi gentilmente per mano e riportandomi all’interno della casa insieme a lei. Danielle mi porse un enorme asciugamano, che mi avvolsi intorno al corpo. Ero bagnata fradicia e non me ne ero resa conto finché non ero tornata all’asciutto.
“Scusa.” Dissi poi, rivolgendomi a Harry. “Non so perché l’ho fatto. Ero ubriaca e non stavo pensando.” Aggiunsi.
“Non importa. Stai bene?” Mi chiese.
Tu come stai?” Domandai, spostandomi per sedermi di fianco a lui. Eleanor e Danielle, che erano le uniche ancora in soggiorno, ci lasciarono soli.
“Starò bene.” Rispose, massaggiandosi lo zigomo. Cominciava a vedersi il livido violaceo e mi sentivo davvero in colpa. Se non fossi stata così idiota non sarebbe successo nulla.
“Non berrò mai più.” Dichiarai, strappando un sorriso ad Harry, subito seguito da una smorfia di dolore.
“Ci stavamo solo divertendo, non eri conciata male come la prima volta che siamo usciti.”
“Lo so, ma non penso quando bevo. Divento impulsiva e faccio cazzate. Non avrei dovuto dire a tutti che…”
“Hey, non preoccuparti. Ormai è andata. Lo sanno tutti e non dobbiamo più nascondere nulla.” Disse, appoggiandomi una mano sul braccio. Sorrisi, ma non c’era gioia in quel gesto. “Vedrai che gli passerà e ti ascolterà quando gli spiegherai quello che è successo davvero. Non potrà prendersela perché ci siamo incontrati prima che tu lo conoscessi.”
Lo guardai e provai una fitta allo stomaco. Si era preso un pugno dal ragazzo con cui stavo uscendo e mi stava anche consolando? Detestavo non riuscire a controllare le mie emozioni. Mi sentivo triste, perché avevo rovinato tutto con Zayn, il ragazzo perfetto per me. Mi faceva sentire diversa, mi rendeva una persona migliore e ci tenevo a lui.
Ero ferita per quello che mi aveva detto. Pensavo fossi diversa. Sei esattamente come tutte le altre… quelle frasi continuavano a rimbombarmi nelle orecchie, mentre rivedevo l’espressione delusa e ferita che aveva sul volto ogni volta che chiudevo gli occhi. Eppure ero di fianco ad Harry, con il cuore che faceva delle capriole nel mio petto ogni volta che i suoi occhi incrociavano i miei e le farfalle nello stomaco. Perché era tutto così difficile?
Zayn era il ragazzo giusto per me: era dolce, premuroso, divertente… Harry era la persona sbagliata e lo sapevo. Era il figlio della nuova compagna di mio padre, il che ci rendeva quasi parenti. Condividevamo una sorella e questo rendeva tutto ancora più sbagliato. E poi c’era il fatto che fosse un donnaiolo e avrebbe finito per spezzarmi il cuore. Però, mentre eravamo su quel divano, sentivo che entrambi eravamo preoccupati per l’uno per l’altra.
Cominciai a massaggiarmi le tempie per cercare di far sparire il mal di testa, sperando di poter smettere di pensare. Sapevo già che avrei passato una notte insonne, pentendomi di quello che avevo fatto e continuando a pensare alla reazione di Harry: non aveva nemmeno tentato di difendersi e colpire a sua volta Zayn. Perché?
“Dai, andiamo a letto.” Propose Harry dopo qualche minuto. “Direi che, per oggi, abbiamo avuto abbastanza perdizione.” Aggiunse poi ridendo e facendo una smorfia per il dolore.
 
Il giorno seguente a colazione eravamo tutti silenziosi mentre sorseggiavamo i nostri caffè. Mi sentivo in colpa per aver rovinato l’annuale weekend di perdizione di Louis, quindi cercavo di essere invisibile. Harry, invece, sembrava di buonumore.
“Dormito bene?” Chiese Louis e il ragazzo annuì.
Beato lui, pensai. Io non ero riuscita a chiudere occhio perché continuavo a pensare a quello che era successo. Inoltre quando Zayn era andato via dalla casa in campagna pioveva e lui era arrabbiato. Gli avevo inviato un messaggio per chiedergli se fosse arrivato a casa, ma, ovviamente, non mi aveva risposto.
“I letti di questa casa sono comodissimi.” Disse Harry. “Zucchero?” Mi chiese poi. Sussultai quando mi rivolse la parola. Mi ero concentrata così tanto sul cercare di non essere notata dagli altri, che mi ero quasi dimenticata che potessero vedermi.
“No, grazie.” Risposi e scossi la testa.
“Ok, c’è un grosso elefante in questa stanza e credo che faremmo meglio a parlarne.” Annunciò Louis dopo un po’. “Siete stati a letto insieme.” Aggiunse. Non era una domanda, non era un’accusa. Era semplicemente un’affermazione.
“Sì.” Rispose Harry.
“Quando è successo?” Chiese Louis. Lo guardai sorpresa: erano migliori amici, pensavo ne avessero parlato.
“Quando sono arrivata a Londra.” Spiegai. “Non sapevo ancora chi fosse. Ci siamo incontrati in un pub e…” Aggiunsi.
“E poi abbiamo scoperto che avremmo dovuto vivere insieme.” Disse Harry.
“E non abbiamo mai più fatto nulla. Zayn l’ho conosciuto dopo.” Dissi sulla difensiva.
“Noi non giudichiamo.” Intervenne Eleanor mentre Danielle, al suo fianco, annuiva. “E sono sicura che Zayn ti perdonerà, quando gli spiegherai come sono andate le cose.”
“Non penso.” Risposi. “Non voleva nemmeno ascoltare cos’avessi da dire ieri sera.”
“Gli passerà.” Disse Liam.
“Forza, abbiamo ancora un giorno da passare insieme!” Esclamò Louis. “Ho programmato delle attività interessanti.”
“Tipo?” Chiese Niall. “Io oggi ho intenzione di mangiare e basta.”
“Non preoccuparti, i miei piani includono anche quello.” Ci assicurò Louis. “Anzi, in realtà non prevedono molto altro…”
“Io approvo.” Rispose il ragazzo e scoppiammo tutti a ridere.
“Anche se non mangiamo da Nando’s?” Chiese Eleanor, prendendolo in giro.
“Possiamo sempre cercare su Internet una ricetta per il pollo alla portoghese e cucinarlo qui.” Propose Niall.
“No, grazie.” Rispose Louis. “Non vogliamo rischiare di bruciare la casa o avvelenare tutti.”
 
La giornata passò tranquillamente. Mangiammo tutti insieme e chiacchierammo, evitando di parlare degli eventi della sera prima, e ognuno si rilassò come meglio credeva. Io avevo trovato un libro di Agatha Christie e avevo cominciato a leggerlo, sdraiata sul divano di uno dei due saloni.
“E’ bello?” Mi chiese Harry, sedendosi di fianco a me. Mi raddrizzai e mi misi a sedere anch’io.
“Ne ho lette solo quindici pagine, ma sembra interessante.” Risposi, chiudendolo e mettendolo sul tavolino. Il ragazzo aveva tutta l’aria di voler chiacchierare.
“Come stai?” Mi chiese.
“Dovrei essere io quella che lo chiede a te.” Gli feci notare, osservando il livido intorno al suo occhio.
“Non è nulla. Il destro di Zayn non è così potente.” Scherzò.
“Perché non hai reagito?” Chiesi improvvisamente, incapace di stare zitta.
“Perché non avrebbe avuto senso.” Rispose, alzando le spalle. “E sarei passato dalla parte del torto. In realtà non ho fatto nulla di male.”
“Zayn non la pensa così.”
“Zayn è un idiota. Non ti ha lasciato spiegare ed è andato via. Ma si renderà conto presto di cosa si è lasciato scappare e tornerà indietro strisciando.”
Lo guardai negli occhi, cercando di capire cosa gli passasse per la mente. Sembrava troppo tranquillo per essere uno che si era preso un pugno per una cosa che era successa quasi un mese prima.
“Ti giuro che non riesco a capirti, Harry.” Dissi alla fine. “Mi hai rifiutata, dicendomi che non progettavi di rivedermi mai più, mi hai ignorata per giorni, poi ti sei scusato e abbiamo cercato di riprendere rapporti civili.” Aggiunsi.
“Sì.” Disse lui, esortandomi ad andare avanti.
“Non capisco il tuo comportamento.” Conclusi. Volevo andare avanti ad analizzare gli eventi, parlare del bacio che c’era quasi stato tra di noi, della litigata perché mi aveva messa nei guai e del modo in cui me ne aveva tirata fuori per farmi uscire con Zayn, ma non trovai le parole.
“E’ semplice, Rebecca.” Mi disse, arricciando le labbra in un sorriso che mise bene in evidenza le fossette che aveva sulle guance. “Ho cercato di ignorare quello che provo, ma è inutile. Mi piaci.” Aggiunse semplicemente.
“Io… ti piaccio?” Chiesi, incredula. Quindi le fitte allo stomaco, le farfalle e tutto quello che provavo quando ci guardavamo negli occhi… erano tutte cose che provava anche lui?
“Sì. E mi pare evidente che la cosa sia reciproca. La nostra attrazione è innegabile e trovo inutile combatterla a questo punto. Zayn ti ha lasciata andare ed io non nego di non esserne dispiaciuto.”
“Io e te non potremo mai stare insieme, Harry.”
“Perché?”
“Mio padre ha sposato tua madre!” Esclamai. “Abbiamo una sorella, Elizabeth. E’ tua sorella, ma è anche mia. Non vedi come tutto ciò sia sbagliato?”
“Io non trovo nulla di sbagliato nell’essere attratti da qualcuno. Come hai detto tu, non siamo davvero parenti.”
“Ma questo non vuol dire che la nostra relazione sarebbe vista di buon occhio.”
“Nessuno lo dovrà mai sapere.”
“E se, invece, mio padre o tua madre lo scoprissero?” Chiesi. “Non ti immagini come reagirebbero? Cosa penserebbero di noi? Ci butterebbero fuori di casa e mi rispedirebbero a Los Angeles, sul primo volo e senza tanti problemi.”
“Ripeto: nessuno lo dovrà mai sapere.”
“Non lo so, Harry. Una relazione segreta non è quello che sto cercando. Anche perché vorrei sistemare le cose con Zayn.” Dissi e lo vidi sospirare.
“Cos’ha Zayn che io non ho?” Mi chiese.
“Tanto per cominciare, non sono quasi sua parente.” Risposi. “E poi mi piace.” Aggiunsi.
“Certo, tutti pazzi per Zayn, il ragazzo perfetto. Non importa che a lui non vada bene il tuo stile di vita, vero? A lui piaci solo quando sei perfetta. Io so tante cose che a lui farebbero rizzare i capelli, eppure sono ancora qui.”
“Ti prego, Harry. Non rendere tutto ancora più complicato di quanto lo sia già.” Sussurrai, cominciando a sentire il peso della nottata passata in bianco. Mi sentivo stanca e debole e non avevo le forze per sostenere quella discussione. Sapevo che avrei finito per cedere e fare qualcosa di cui mi sarei pentita in seguito. Qualcosa che non mi avrebbe mai fatta perdonare da Zayn.
“Dove vai?” Mi chiese quando notò che mi stavo alzando.
“In giardino. Ho bisogno di aria fresca.” Risposi e lasciai la stanza.

 



Buon Venerdì!
Non so da voi, ma dove abito io sta nevicando tantissimo! So che è una cosa abbastanza odiosa per chi deve uscire, ma io amo la neve. Mi mette proprio nello spirito Natalizio!
So che non c'entra nulla con la storia, ma volevo condividere eheheh
Anche perchè questo capitolo non ha nulla di Natalizio.

Comunque spero che vi sia piaciuto e grazie mille a tutte le persone fantastiche che leggono, inseriscono la storia tra le seguite/preferite/ricordate e che recensiscono! Un abbraccio enorme <3
Direi che sono successe talmente tante cose che non c'è bisogno di aggiungere nulla.
Non vedo l'ora di leggere cosa ne pensate!

Martedì posterò il prossimo!
:*

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Capitolo 16
*** Losing Grip ***


Another World

Capitolo 16 – Losing grip

Durante il viaggio di ritorno chiesi un passaggio a Louis ed Eleanor, che passarono tutto il tempo a farmi ridere e a cercare di non farmi pensare a quello che era successo nel weekend. Mi scusai ancora con loro per aver creato quel casino enorme, ma Louis mi assicurò che quello appena passato era stato decisamente il weekend della perdizione più epico di tutti i tempi.
Non riuscii a dormire molto quella notte, pensando che, il giorno dopo, avrei dovuto vedere Zayn a casa sua, dopo il lavoro. Continuavo a pensare a cosa avrei potuto dirgli per farmi perdonare e i miei pensieri erano sempre disturbati da Harry. Dai suoi occhi verdi così chiari che, ogni tanto, sembravano azzurri. Dal sorriso che mi aveva rivolto prima di dirmi che gli piacevo. Dalle sue fossette e dai capelli ricci che gli ricadevano spettinati intorno al viso.
Arrivai persino a fare una lista mentale dei pro e dei contro di entrambi i ragazzi, arrivando alla conclusione che, a modo loro, erano entrambi perfetti. Certo, Harry aveva quel piccolo difetto di essere quasi mio parente, ma per il resto era… Harry. Continuavo a chiedermi chi avrei scelto dei due se avessi mai dovuto fare una scelta e non riuscivo mai a trovare una risposta. Era possibile essere così attratti da due persone allo stesso tempo? Non l’avevo mai creduto possibile. Anzi, non ero mai stata attratta così tanto da nessuno prima di incontrare Harry e Zayn.
 
“Rebecca, è asciutta!” Mi fece notare Waliyha quel pomeriggio, mentre asciugavo una tazza per preparare un latte caldo alle bambine. Ero così persa nei miei pensieri che stavo continuando ad asciugarla anche se non c’era più una goccia d’acqua.
“Sì, scusa.” Risposi e mi spostai dall’altra parte della cucina per versare il latte freddo nella tazza. Lo inserii nel microonde e lo feci partire.
Diedi un’occhiata all’orologio appeso alla parete della stanza e notai che mancavano dieci minuti alle cinque. Zayn sarebbe dovuto tornare tra poco e io non sapevo ancora cosa gli avrei detto. Avevo passato tutta la giornata a distrarmi facilmente da qualunque cosa stessi facendo e le bambine se ne erano accorte in più occasioni.
“Ecco la tua tazza di latte.” Dissi quando il timer del microonde suonò, facendomi sussultare. Porsi la tazza a Waliyha, che la riempì di cereali e si sedette al tavolo della cucina. Safaa era seduta di fronte alla sorella e stava sgranocchiando una merendina.
“Ci fai compagnia?” Chiese la bambina più piccola. Annuii e mi sedetti di fianco a lei.
“Mi piacciono i tuoi capelli, sono lunghi.” Annunciò Waliyha dopo un po’. “Li voglio fare crescere anch’io.”
“Sono sicura che starai benissimo.” Dissi. Ero così tesa che continuavo a saltare sulla sedia ad ogni rumore, pensando che fosse la porta d’ingresso.
“Bambine, sono a casa!” Esclamò Zayn. Il mio stomaco si esibì in un perfetto salto carpiato e mi sentii sbiancare. Avevo passato quasi due giorni a pensare incessantemente al momento in cui l’avrei rivisto e stava per accadere. Chiusi gli occhi ed inspirai profondamente.
“Ciao.” Lo salutai lentamente quando entrò in cucina. Mi rivolse un lieve cenno del capo e passò ad abbracciare le sue sorelle. “Possiamo parlare?” Gli chiesi poi.
Si voltò verso di me e mi guardò negli occhi con un’espressione glaciale che mi provocò una stretta al cuore.
“Cinque minuti.” Mi concesse dopo averci pensato un po’. “Bambine, perché non andate in camera vostra a giocare? Devo parlare con Rebecca.” Aggiunse poi, rivolgendosi alle sue sorelle.
Safaa e Waliyha annuirono e lasciarono la stanza.
“Zayn, mi dispiace di non avertelo detto, ma, onestamente, me ne vergognavo.” Cominciai. Alzò una mano per farmi smettere di parlare.
“Non mi interessano le scuse. Voglio sapere cos’è successo.” Mi disse.
“Il giorno in cui sono arrivata a Londra sono uscita e sono andata in un pub vicino a casa, dove ho incontrato Harry. Non sapevo ancora chi fosse ed ero arrabbiata per essere stata spedita in questo posto…” Spiegai. “Solo dopo ho scoperto chi era e ti giuro che da quella volta non è mai più successo nulla.” Continuai.
“Perché non me l’hai mai detto?”
“Me ne vergognavo, Zayn! E’ il figlio della nuova compagna di mio padre e tu sei suo amico. Come inizi una conversazione del genere con un ragazzo con cui stai uscendo?” Chiesi. “Ho fatto tante cose di cui non vado fiera nella mia vita, ma sto cambiando.”
Zayn chiuse gli occhi per qualche secondo e si massaggiò le tempie. Quando li riaprì, li puntò su di me.
“Perché hai fatto finta di essere qualcun altro con me?” Mi domandò poi.
“Non ho mai fatto finta di essere nessun altro.” Risposi, alzando le sopracciglia. Cosa intendeva?
“Invece sì. Sabato ho scoperto parecchie cose su di te e non mi sono piaciute. Quando siamo insieme fingi sempre di essere una persona diversa.”
“Non sto fingendo, Zayn. Sto cercando di cambiare perché ho scoperto che non mi piace la persona che ero prima. Sei il primo ragazzo che incontro che mi fa venire voglia di cambiare, di diventare una persona migliore. Sei il primo che mi fa provare questi sentimenti nuovi. Io…” Risposi.
“Ho bisogno di tempo per pensarci.” Mi interruppe lui. “Non credo di essere in grado di fidarmi di te dopo quello che ho visto e scoperto.”
“C-Cosa?” Balbettai. Gli stavo aprendo il mio cuore, stavo per confessargli che mi piaceva davvero tanto e che avrei voluto avere una relazione con lui. Sentivo che il mio labbro inferiore aveva cominciato a tremare e mi si stavano riempiendo gli occhi di lacrime.
“Siamo troppo diversi, viviamo in due mondi completamente diversi. A te piace uscire con gli amici, bere e fare casino. Io preferisco rimanere a casa a guardare un film sul divano con la ragazza che mi piace. Non penso che possa funzionare tra di noi in questo momento.” Disse. Mi sentivo come se mi avessero appena accoltellata. Le lacrime cominciarono a scendere sul mio viso. Le parole non uscivano dalla mia bocca.
“Stai dicendo che è finita?” Sussurrai.
“Sto dicendo che è meglio se smettiamo di frequentarci per un po’, finché non capirò cosa provo per te.” Mi rispose distogliendo lo sguardo dal mio. Un’altra pugnalata. Mi morsi l’interno del labbro per non scoppiare a piangere davanti a lui. Avevo la vista annebbiata dalle lacrime e mi sentivo a pezzi. Avevo stupidamente pensato che, una volta che gli avessi spiegato che Harry ed io eravamo stati a letto insieme solo una volta e prima che lo conoscessi, mi avrebbe perdonata e saremmo tornati a frequentarci. Non mi aspettavo quella reazione.
“E’ meglio se vado a casa.” Dissi dopo un po’. Stavo cominciando a sentirmi come un automa: vuota. Forse ero in stato di shock, oppure stavo semplicemente cercando di ignorare il dolore che sentivo al petto. Mi girai e uscii da casa di Zayn senza aspettare che lui mi dicesse qualcosa. Non mi importava nemmeno se sua madre non fosse ancora arrivata e non mi avesse dato il compenso per la giornata di lavoro. Volevo solo uscire da quella casa, che stava diventando stretta e soffocante. Mi avviai alla fermata della metro e una parte di me continuava a sperare che Zayn mi rincorresse, che mi dicesse che aveva cambiato idea e che poteva fidarsi di me. Invece arrivò il treno ed io salii da sola.
 
“Becca?” Mi chiamò Harry quando tornai a casa. Avevo chiuso la porta d’ingresso e mi ero avviata direttamente verso le scale per salire in camera mia. Non volevo che nessuno mi vedesse così. Sfortunatamente il ragazzo era in soggiorno e mi aveva vista.
Mi fermai e mi voltai lentamente verso di lui, sentendo una stretta allo stomaco quando vidi il livido violaceo sotto al suo occhio.
“Stavo pensando, ti va se ordiniamo cinese questa sera?” Mi chiese dopo essersi alzato dal divano e avermi raggiunta in corridoio. “Stai piangendo?”
“Non è niente.” Risposi, asciugandomi le lacrime.
“Cos’è successo?”
“Nulla, non preoccuparti. Va benissimo ordinare cinese per me.” Risposi e cercai di fare qualche passo verso le scale. Harry mi fermò, mettendomi una mano su un braccio.
“Guardami.” Ordinò e mi voltai verso di lui. “Cos’è successo da Zayn?”
“Ti prego, non ne voglio parlare.” Dissi, evitando di incrociare i suoi occhi. Si stava preoccupando per me e non volevo che lo facesse. Senza dire una parola Harry si avvicinò a me e mi abbracciò. Dopo un primo momento passato a cercare di resistere, appoggiai il viso sua spalla e scoppiai a piangere. Non ricordavo l’ultima volta che ero scoppiata davvero a piangere. Era una cosa che non facevo mai.
“Andrà tutto bene.” Mi sussurrò tra i capelli, accarezzandomi la schiena. Mi sentivo ancora peggio perché tra tutte le persone al mondo, era proprio Harry a consolarmi dopo quello che era successo con Zayn.
Inspirai profondamente e mi staccai dal ragazzo che, però, non aveva la minima intenzione di lasciarmi andare. Prese il mio viso tra le sue mani e mi guardò negli occhi. Deglutii e smisi di respirare per qualche secondo, dimenticandomi di provare qualsiasi sentimento. Poi, dal nulla, Harry si avvicinò e mi diede un bacio. Un brivido risalì la mia schiena e lo guardai, stupita, prima di abbassare ogni barriera e riavvicinarmi, iniziando io un altro bacio.
Salimmo le scale e arrivammo in camera sua, inciampando l’uno nei piedi dell’altra, mentre continuavamo a baciarci. Chiuse la porta alle sue spalle e tornò a guardarmi negli occhi.
“Sei bellissima.” Mi disse.
“Sono un panda.” Ribattei, pensando allo stato in cui doveva essere il mio viso, con tutto il trucco colato dopo aver pianto.
“Forse dovremmo fermarci.” Suggerì dopo avermi baciata un’altra volta. Si allontanò da me e si sedette sul suo letto. “Non voglio approfittare di te, sei sconvolta.” Aggiunse. Mi sedetti di fianco a lui e scossi la testa.
“Non mi interessa.” Risposi. Non ero sicura che andare a letto con Harry fosse esattamente quello che mi serviva in quel momento, ma mi avrebbe aiutata a dimenticare quello che era successo con Zayn, giusto? E poi Zayn non aveva intenzione di perdonarmi, quindi non stavo facendo nulla di male. E comunque non ero più sicura di niente. E Harry mi aveva dimostrato interesse, mi aveva fatta sentire… desiderata. Cercai di convincermi a non pensare a nulla e mi persi di nuovo nei suoi occhi. Mi stava fissando con cautela, come se potessi rompermi da un momento all’altro.
“Sei sicura?” Mi chiese.
“Sì.”

 



Buongiorno e buon Venerdì!
Sono dieci minuti che sto cercando di decidere cosa scrivervi, ma non trovo nulla!
A questo punto penso che non ci sia bisogno che io aggiunga altro (anche perchè non vedo l'ora di scoprire cosa ne pensate!)

Quindi un grazie enorme a tutte le persone stupende che leggono, inseriscono questa storia tra le preferite/seguite/ricordate e che recensiscono.
Mi fa sempre davvero piacere leggere quello che pensate dopo ogni capitolo <3

Spero che passerete una bellissima giornata!
A Venerdì con il prossimo capitolo (vi anticipo che saranno le conseguenze di quello che è successo in questo eheheh)
:*

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Capitolo 17
*** Talking To The Moon ***


Another World

Capitolo 17 – Talking to the Moon

“Maledizione!” Esclamai. Harry ed io eravamo sdraiati sul suo letto, sotto le coperte, e sentimmo la portiera dell’auto di sua madre chiudersi. Mi rivestii immediatamente e sgattaiolai fuori dalla sua stanza senza dire un’altra parola. Cosa diavolo avevo fatto? Cosa mi era venuto in mente? Perché ci ero cascata un’altra volta?
Entrai in bagno e mi infilai sotto la doccia, sperando di lavare via la vergogna per quello che avevo appena fatto, oltre al trucco colato. Come avevo potuto perdere il controllo della situazione? Quando Harry mi guardava negli occhi mi sentivo persa. Quando mi baciava, poi, perdevo completamente il senso della ragione e finivo per fare cazzate ancora più grandi di quando ero ubriaca. Il problema era che mi sentivo come se fossimo solo io e lui in quel momento. Prima di sentire l’auto di sua madre, ovviamente, e rendermi conto di tutto. La consapevolezza di quello che avevo fatto mi stava quasi soffocando. Ero andata a letto con il figlio della moglie di mio padre.
Di nuovo, aggiunse una vocina odiosa nella mia testa.
E dopo aver litigato con Zayn, il ragazzo con cui stavo uscendo e per il quale sapevo di provare dei sentimenti. Cosa mi stava succedendo? Che razza di persona orribile ero diventata? Non che fossi mai stata una santa.
 
“Vedo che sei di buonumore questa sera, Harry.” Notò Anne quella sera a cena. Il ragazzo aveva aiutato a cucinare, a preparare il tavolo e aveva passato la serata a chiacchierare e a fare battute divertenti.
“Tu, invece?” Mi chiese mio padre. Alzai lo sguardo, che avevo tenuto fisso sul piatto per tutta la sera. Harry mi stava osservando.
“Va tutto benissimo.” Risposi senza troppa convinzione.
“Sono contento che tu abbia trovato degli amici qui. Com’è andato il weekend in campagna?” Chiese ancora mio padre.
“E’ stato molto bello, come sempre. Ci ha fatto piacere avere Rebecca con noi.” Rispose Harry al posto mio, salvandomi dall’imbarazzo di non sapere cosa dire.
“E al lavoro, come va?”
“Bene, le bambine sono bravissime.” Risposi.
“E hai conosciuto anche Zayn, vero?” Mi chiese Anne. Per poco non mi strozzai con quello che stavo mangiando.
“Sì.” Dissi.
“James mi ha detto che ti ha portata a vedere un po’ di Londra. Che bravo ragazzo!” Esclamò la donna. Lanciai un’occhiata a Harry e notai che stava stringendo la forchetta più del dovuto. Era chiaramente irritato.
“Ehm, già.” Replicai, non sapendo come comportarmi. Di certo non avrei potuto dire a mio padre e ad Anne che ci eravamo frequentati.
“Anche voi due andate d’accordo, quindi?” Chiese di nuovo mio padre. Questa volta mi strozzai davvero con il cibo e fui costretta a bere un bicchiere d’acqua per riprendermi.
“Sì, siamo amici.” Rispose Harry, indugiando sull’ultima parola.
“Bene, sono felice.” Commentò mio padre.
“Anch’io.” Concordò Anne.
“Soprattutto perché, sapendo quello che stavi combinando a Los Angeles, ho visto che stai cambiando tanto e questa cosa mi fa piacere. A parte la piccola incomprensione di quella sera, quando siete tornati in ritardo, non hai fatto nessun danno.” Disse mio padre. Se solo avesse saputo…
Mi costrinsi a tirare le labbra in un sorrisetto e tornai a concentrarmi sul mio piatto. Di solito a cena parlavamo del lavoro di mio padre, di quello di Anne o della giornata di Elizabeth, non di me. Dovevano decidere di concentrarsi sulla mia vita proprio quella sera? Mi vergognavo come una ladra.
“Becca si è ambientata bene.” Disse Harry, posandomi una mano sul braccio, facendomi rabbrividire al contatto. Mi sentivo come se mi avessero legato una bomba addosso e che, ad ogni minimo movimento, potesse esplodere.
“Per fortuna.” Replicò mio padre, sorridendomi. “C’è qualcosa che ti piacerebbe fare, mentre sei qui a Londra? Questo mese sei stata davvero brava e vorrei ricompensarti in qualche modo.”
“Ehm, no, davvero. Sono a posto così.” Risposi.
“Anche se ti dicessi che il mese prossimo c’è il concerto di Bruno Mars e ti ho preso i biglietti?” Mi chiese mio padre. Mi illuminai quando nominò il cantante.
“Come…?” Cominciai a chiedere.
“Non arrabbiarti, ma ho chiesto a Harry di guardare sul tuo iPod e abbiamo scoperto che lo ascolti sempre, così ho pensato di farti un regalo.” Mi spiegò mio padre. Harry mi rivolse un sorriso ed io mi sentii vagamente persa.
“Grazie!” Risposi quando ripresi il controllo della mia mente e del mio corpo.
“Prego.” Disse mio padre.
“Il concerto sarà alla O2 Arena qui a Londra e ti accompagnerò.” Annunciò Harry senza perdere il sorriso. Quindi sarei dovuta andare a vedere Bruno Mars insieme al ragazzo? Magari avrei potuto fingermi malata.
“Grazie.” Ripetei e cercai di sorridere a Harry. Ero piuttosto sicura che, invece, mi era riuscita solo una brutta smorfia.
“Bene, aiutate Anne in cucina e poi potete andare.” Disse mio padre, notando che avevamo finito tutti di mangiare. “Ah, Rebecca, i biglietti te li darò solo il giorno del concerto, okay? Voglio che tu li meriti fino alla fine.” Aggiunse.
“Lo trovo giusto.” Risposi, prendendo il mio piatto e portandolo al lavello. Poi tornai al tavolo e portai via anche il piatto vuoto di Elizabeth, sotto lo sguardo allucinato di mio padre.
“Ha veramente risposto così?” Lo sentii sussurrare ad Anne, che annuì divertita. Probabilmente si aspettava una reazione simile a quella che avevo avuto quando mi aveva parlato delle regole della casa, ma non avevo la forza di combattere. Per una cosa così stupida, poi. Da quando ero arrivata a Londra e avevo drasticamente cambiato stile di vita mi ero resa conto di quanto fossero stupide le cose per cui facevo delle scenate prima.
 
Finito di aiutare Anne mi congedai e salii in camera mia, dove presi l’iPod e cominciai ad ascoltare un po’ di musica, seduta sul davanzale interno della finestra. Guardavo fuori svogliatamente, giocando con il filo degli auricolari.
“Posso entrare?” Sentii chiedere Harry. Mi girai verso di lui, fermando la musica, e annuii. Tanto aveva già un piede dentro. Si sedette di fianco a me e lo guardai incuriosita. Parte di me voleva sapere perché fosse entrato in camera mia, mentre l’altra parte voleva essere il più lontana possibile da lui.
“Così andremo al concerto di Bruno Mars.” Cominciò, cominciando a giocare con la tenda.
“Già.” Dissi.
“Scusa se ho guardato nel tuo iPod senza permesso.”
“Non preoccuparti.”
Silenzio. Imbarazzo. Ogni volta che chiudevo gli occhi rivedevo flash di quello che avevamo fatto e mi sentivo ancora peggio, perché questa volta ero completamente sobria e sapevo benissimo che Harry era… Harry.
“Vieni con me. Prendi una giacca.” Disse il ragazzo improvvisamente, alzandosi.
“Dove andiamo?” Chiesi, seguendolo e vestendomi. Lui non rispose ed uscì da camera mia.
“Mamma, andiamo a fare quattro passi! Torniamo tra poco!” Esclamò aprendo la porta. Aspettò che lo seguii fuori e la richiuse alle sue spalle.
“Dove stiamo andando?” Domandai di nuovo.
“Vedrai. Ti piacerà.” Rispose misterioso. Lo seguii per un breve tratto di strada e arrivammo ad un giardino privato, chiuso da un cancello di ferro battuto e circondato da una siepe altissima. Harry estrasse il suo mazzo di chiavi e trovò quella giusta. Aprì il cancello e mi fece entrare.
“Possiamo?” Chiesi.
“Certo, questo è il giardino comune. Hanno le chiavi solo i residenti della zona.” Mi spiegò. Come il primo giorno, mi ricordai del film con Julia Roberts e Hugh Grant e sorrisi.
“E’ come Gramercy Park!” Esclamai estasiata.
“A New York?” Mi chiese Harry, superandomi di qualche passo e andando a sedersi su una panchina. Faceva freddo, ma non eccessivamente.
“Sì.” Risposi. “Anche Gramercy Park è privato e hanno le chiavi solo i residenti. O gli ospiti dell’hotel che c’è nel quartiere.” Aggiunsi, prendendo posto di fianco a lui.
“Ci sei stata?”
“Sfortunatamente no, ma mi sarebbe piaciuto. Rachel ed io avevamo prenotato un hotel in un’altra zona.” Dissi, ripensando a quella settimana. A quando tutto era più facile. A quando le mie azioni non avevano mai conseguenze. A quando mi sentivo come se avessi il mondo ai miei piedi.
“L’hai più sentita?” Mi chiese improvvisamente.
“No, e non ho nemmeno più controllato Facebook per leggere quello che scrive. Non ha più senso.” Risposi alzando le spalle. Il giardino era illuminato da alcuni lampioni e dentro non c’era nessuno oltre a noi. La luna era alta in cielo ed era quasi piena.
Tra di noi calò di nuovo il silenzio, mentre la mia mente vagava a una velocità che non credevo possibile. Continuavo a pensare che avrei dovuto evitare Harry dopo quello che era successo di nuovo tra noi due, ma non riuscivo.
“Vuoi parlarne?” Mi chiese dopo un po’, spezzando il silenzio e voltandosi a guardarmi. Scossi la testa e sospirai.
“In realtà non c’è molto da dire.” Dissi dopo un po’.
“Pensavo fossi confusa.”
“Lo sono.” Ammisi. “Ma sono arrivata al punto di non sapere nemmeno più cosa dire.”
“Forse le parole non servono.” Disse e mi abbracciò, tenendomi stretta e facendomi provare mille emozioni in pochi secondi. Volevo allontanarmi e scappare a casa, ma non riuscivo a sciogliermi da quell’abbraccio. Avevo bisogno del contatto fisico con lui più di ogni altra cosa al mondo in quel momento, soprattutto perché eravamo di nuovo stati a letto insieme ed ero scappata da camera sua in fretta e furia, sentendomi come una prostituta da quattro soldi.

 



Buonasera!
Ecco il nuovo capitolo (scusate il ritardo, nuovo lavoro e sono stata occupata tutto il giorno :D).
Ho adorato scriverlo e spero che vi piaccia! Non vedo l'ora di sapere cosa ne avete pensato!
Il prossimo lo posterò il giorno di Natale (anche se non è in tema. Anzi, non c'entra proprio niente), quindi a Martedì!

Grazie alle persone che leggono, inseriscono la storia tra le preferite/preferite/seguite. Mi mettete sempre di buonumore <3
Vi abbraccio tutte/i!
Gli auguri ve li faccio martedì :D

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Capitolo 18
*** The masterpiece ***


Another World

Capitolo 18 – The masterpiece

Forse avevo sbloccato il segreto per comprendere l’universo. O, perlomeno, per comprendere la situazione in cui mi trovavo. Safaa e Waliyha stavano pigramente guardando il DVD di “Alla Ricerca di Nemo”, sdraiate sul divano in soggiorno, mentre io, guardando distrattamente lo schermo, riflettevo su tutto. Forse tra me e Harry c’era solo una grande attrazione fisica. Forse io e lui ci desideravamo così tanto perché sapevamo di non poter dare sfogo alle nostre fantasie e, ora che era successo di nuovo, potevamo dormire sonni tranquilli. Quella mattina, a colazione, non mi aveva guardata con il sorriso da furbetto che aveva di solito. Avevamo anche avuto una conversazione normale ed ero rimasta sorpresa. Non avevo nemmeno provato la solita stretta allo stomaco. Certo, avevo cautamente evitato di guardarlo negli occhi, però era già qualcosa, no?
“Rebecca, ci disegni Nemo?” Mi chiese Waliyha quando il cartone animato fu finito.
“Posso provarci.” Risposi, prendendo il blocco da disegno di Safaa e cominciando a tracciare delle linee. Dovevo disegnare un pesce pagliaccio con una pinna atrofica, quanto poteva essere difficile? Invece lo fu più del previsto e il risultato non era esattamente quello che speravo, ma alle bambine piaceva. Lo ricalcai anche sul blocco di Waliyha e le lasciai a colorare i pesci, mentre io mi sgranchivo le gambe in cucina. Mi accucciai di fianco a Chestnut e cominciai ad accarezzarlo. Guardai l’orologio e mi accorsi che Zayn sarebbe stato a casa da lì a pochi minuti.
“Rebecca!” Urlò improvvisamente Waliyha con una nota di panico nella voce. Corsi in soggiorno e mi bloccai alla vista di quello che stava accadendo: Safaa, per qualche motivo a me ignoto, aveva cominciato a colorare il muro, prima candido, con i pennarelli colorati.
“No!” Dissi, correndole incontro e togliendole i pennarelli di mano. “Cos’è successo?” Chiesi poi a Waliyha. “Sono stata di là cinque minuti!”
“Si è arrabbiata perché ho finito il suo pennarello arancione.” Si difese Waliyha. “Così si è alzata e ha cominciato a imbrattare le pareti.”
Guardai il danno, inorridita. La bambina aveva fatto delle linee e aveva cominciato a disegnare una casa e i colori, come per prendermi in giro, erano brillantissimi in contrasto con il bianco del muro. Come avrei potuto risolvere quella situazione? Le bambine erano sempre state due angioletti, non ero preparata a niente di quel tipo!
Dopo essermi assicurata che tutti i pennarelli fossero fuori dalla portata di Safaa, andai in cucina per vedere se, per caso, sul foglio appeso al frigo ci fosse scritto cosa fare in certi casi. Nulla.
Stavo cominciando ad andare nel panico. Era colpa mia, perché mi ero distratta e avevo permesso che Safaa combinasse un casino. Avrei dovuto essere con lei e avrebbero potuto licenziarmi.
“Sono a casa!” Esclamò Zayn dall’ingresso. Mi posizionai davanti all’opera d’arte di Safaa, impietrita.
“Zayn!” Urlarono le bambine e gli corsero in contro. Lui le abbracciò e poi entrò in soggiorno, dove ero rimasta nella stessa posizione, cercando di coprire il danno.
“Cos’è successo?” Mi chiese.
“Nulla.” Mentii, ma la mia voce uscì dalla mia bocca di qualche ottava più alta del normale e sapevo di avere una faccia colpevole. Gran bel modo per dimostrargli che avrebbe potuto fidarsi di me. “Ok, Safaa ha disegnato un Picasso sul muro del soggiorno e stavo cercando di capire come risolvere.” Ammisi poi, abbassando la voce e guardando il pavimento. Mi sentivo colpevole come se fossi stata io ad imbrattare la parete. Mi aspettavo una scenata o una strigliata, invece lo sentii ridere. Alzai lo sguardo su di lui, chiedendomi cosa ci fosse di così dannatamente divertente.
“Hanno usato i colori che ci sono sul tavolo?” Mi chiese, avvicinandosi ai pennarelli.
“Sì.” Risposi.
“Sono lavabili. Non è la prima volta che Safaa si improvvisa Banksy e disegna murales per tutta la casa. Avresti dovuto vedere quando le bambine erano più piccole…” Cominciò Zayn. “E’ per questo che i miei genitori hanno fatto ridipingere tutta la casa con vernice lavabile.” Aggiunse, alzando le spalle.
“Per fortuna.” Dissi e mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo. “Vado a prendere uno straccio.”
Zayn mi seguì in bagno, dove trovai uno straccio. Lo bagnai e strizzai e tornai in soggiorno. Notai che ne aveva preso uno anche lui e si era sistemato di fianco a me.
“Beh dai, almeno è una bambina creativa.” Cercai di scherzare. Zayn sembrava di buonumore e volevo rendere le cose il più normale possibile. Non l’avrei pregato di cambiare idea o niente del genere. Volevo semplicemente mantenere un rapporto normale con lui. Tanto, dopo quello che avevo fatto il giorno prima, non speravo nemmeno più che mi perdonasse.
“Lo siamo tutti in famiglia.” Commentò con un sorriso.
“Disegni murales anche tu?” Chiesi, indicando i muri del soggiorno.
“No, non ho mai disegnato sulle pareti, ma mi piace disegnare in generale.” Mi rispose, alzando le spalle.
Tra di noi scese un silenzio un po’ imbarazzato, così mi concentrai sui disegni di Safaa e finii di pulire il muro.
 
Tornai a casa poco dopo le cinque e mezza, dopo che Tricia mi diede il compenso della giornata e di quella precedente.
“Ciao, Becca!” Sentii tre voci dal soggiorno e infilai la testa per vedere chi fosse. Erano Harry, Louis e Niall.
“Ciao, ragazzi.” Risposi, sorridendo. Esplorai la stanza con lo sguardo, ma non c’era traccia di Eleanor. Comprensibile, visto che i ragazzi erano impegnati a sfidarsi ad un videogame e la cosa era piuttosto noiosa.
“Ho una buona notizia!” Esclamò Louis dopo poco, abbandonando il joystick sul divano. Niall e Harry lo imitarono, probabilmente perché avevano finito la partita. Non riuscii a decifrare chi avesse vinto dalle loro espressioni.
“Sì?” Chiesi, incuriosita. Non conoscevo benissimo quel ragazzo, ma ormai avevo capito che le sue buone notizie equivalevano a pazzie.
“Mia madre e suo marito hanno deciso di portare le mie sorelle in campagna questo weekend, così ho la casa libera.” Rispose il ragazzo.
“Il che significa solo una cosa.” Continuò Niall.
“Party.” Concluse Harry, come se avessero provato la scena migliaia di volte prima di propormela.
“Sei invitata.” Disse poi Louis.
“Non sono sicura che sia una buona idea, ragazzi.” Risposi, arricciando le labbra in un sorrisetto. Il ricordo del weekend appena passato era ancora vivido nella mia memoria e non volevo certo ripeterlo.
“Oh, ma non preoccuparti. La mia casa sarà così piena di gente che non avremo nessuna possibilità di interagire.” Mi spiegò il ragazzo, scrutandomi con occhi divertiti.
“Non lo so.” Ripetei.
“Forza, non darci buca! Sarà come quando andiamo nei locali, solo che saremo a casa di Lou.” Cercò di convincermi Harry.
“Vi farò sapere. Però sappiate che, se deciderò di venire, non berrò nemmeno una goccia di alcool.” Li avvisai. Vidi tre sorrisi comparire sui loro volti. Quello di Louis era trionfante.
“Vedremo.” Rispose. “Comunque El ci tiene che tu venga.” Aggiunse dopo un po’.
“Va bene, va bene, vengo!” Esclamai alla fine, dandogliela vinta.
“Ottimo!” Disse Niall. “Adesso possiamo andare a cena?” Chiese poi, facendo scoppiare tutti a ridere. Osservai il suo corpo minuto, chiedendomi come diavolo facesse a non pesare duecento chili con tutto quello che mangiava.

 



Buon Natale!!
Spero che possiate passare tutti una bellissima giornata insieme ai vostri cari <3

Purtroppo non avevo pensato che avrei postato a Natale, quindi questo capitolo non c'entra assolutamente niente (anche perchè la storia è ambientata durante l'estate eheheh).
Anzi, è un capitolo filler che porterà a qualcosa nel prossimo capitolo.
Vi anticipo che Venerdì posterò il capitolo della festa a cui è appena stata invitata Rebecca e vedrete :D

Ancora Buon Natale e grazie a tutte le persone che leggono, inseriscono la storia tra le preferite/ricordate/seguite e recensiscono!
Nello scorso capitolo mi avete lasciato quattro recensioni, non me lo aspettavo proprio! Grazie, mi avete decisamente messa di buonumore!!

A Venerdì :*

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Capitolo 19
*** Last Friday Night ***


Another World

Capitolo 19 – Last Friday Night

“Sono esattamente trenta giorni che sono a Londra!” Esclamai venerdì sera, quando arrivai a casa di Louis insieme a Harry e incontrai Eleanor. La casa era già piena di gente sconosciuta, la musica era altissima e tutti stavano ballando e bevendo in tutte le stanze. Sembrava una delle tante feste a cui avevo partecipato a Los Angeles.
“Dobbiamo festeggiare!” Disse la ragazza, prendendomi per mano e portandomi in cucina, zona adibita a bar per l’occasione. C’erano bottiglie di alcool di ogni tipo, birra a volontà e…
“Punch?” Chiesi, indicando una ciotola di liquido rossastro.
“Sì, ma non te lo consiglio.” Rispose Eleanor, offrendomi, invece, una bottiglia di birra.
“Perché?”
“La birra è più sana, credimi. E poi il punch non è mai analcolico, qualcuno ci svuota sempre dentro bottiglie e, alla fine, diventa la cosa più alcolica della festa.” Mi spiegò la ragazza, prendendo a sua volta una bottiglia di birra. Le stappammo e brindammo al mio primo mese a Londra.
Non avevo ancora visto Louis o Niall e non sapevo nemmeno se avessero invitato anche Zayn o Liam. Pensavo di sì, però. Erano tutti amici, dubitavo che si sarebbero fatti dividere da me.
“Dai, balliamo!” Esclamò Eleanor dopo il primo sorso e mi trascinò in soggiorno, il cuore della festa. C’era gente ovunque e stavano ballando tutti. Alzai lo sguardo e vidi Zayn, insieme a Louis. Erano dietro ad un computer portatile e stavano selezionando le canzoni per la serata.
“Non sapevo ci fosse anche lui!” Dissi a El.
“Gli piace fare il DJ.” Rispose la ragazza, continuando a ballare. “Tu ignoralo e vedrai che passerai una bella serata!”
 
E la cosa funzionò fino al punto in cui il ragazzo non decise di far partire una canzone di Ke$ha chiamata “Fuck Him He’s a DJ”. Mi voltai verso di lui e incrociai il suo sguardo. Cosa stava facendo? Quali erano le sue intenzioni?
Danielle raggiunse me ed Eleanor e ci rivolse un sorriso enorme.
“Finalmente vi ho trovate! Questa casa è troppo piena di gente!” Esclamò, distraendomi dai miei pensieri. “Ma Louis sa chi sono tutti i partecipanti?” Chiese ancora.
“Figurati, ci sono sempre imbucati. Lou conoscerà al massimo una cinquantina delle persone che sono qui stasera.” Rispose Eleanor, divertita dal pensiero.
“Amici di amici…” Dissi.
“Che portano altri amici, e così via.” Concluse El. “Forza, ballerina, facci vedere come si fa!” Esclamò poi la ragazza, rivolgendosi a Danielle, che si liberò del coprispalle che stava indossando e cominciò a ballare insieme a noi. Non ricordavo l’ultima volta che mi ero divertita così tanto praticamente senza bere.
“Come sta andando la serata, ragazze?” Chiese Harry, avvicinandosi a noi. Louis aveva abbandonato Zayn e ci aveva appena raggiunte.
“Benissimo!” Esclamai, guardando ostinatamente ovunque tranne che dietro quel computer.
“Io vi rubo El per un secondo! Andiamo a bere qualcosa.” Disse Louis, prendendo la sua ragazza per mano e portandola in cucina.
“Vado a trovare Liam, allora.” Disse Danielle, alzando lo sguardo per incontrare quello del suo ragazzo, che adesso era di fianco a Zayn, dietro al computer.
“Oh, beh.” Commentò Harry. “Mi concedi questo ballo?” Chiese con un sorriso e facendomi un mezzo inchino.
“Che gentiluomo.” Ribattei sarcastica e ridendo. “Certo, comunque.” Aggiunsi, avvicinandomi di più a lui e cominciando a ballare.
Zayn aveva cambiato canzone, sfumando abilmente la fine di “Dirty Dancer” di Enrique Iglesias e Usher e facendo cominciare “Womanizer” di Britney Spears. Scelta piuttosto bizzarra per un party, pensai, contando che quella canzone era uscita anni prima. La gente che stava ballando cominciò a guardare male il ragazzo.
“Penso che il DJ stia cercando di dirmi qualcosa.” Rise Harry nel mio orecchio, provocandomi un brivido. No, la nostra attrazione fisica non era decisamente calata da quando eravamo stati di nuovo insieme.
Fortunatamente la canzone non durò molto e, dopo il primo ritornello, Zayn la sfumò in un brano di Akon che fece riprendere gli animi dei partecipanti alla festa, che ricominciarono a ballare.
“Eccoci!” Esclamò Eleanor, tornando con Louis e offrendo una nuova birra sia a me che a Harry.
“Devo andare a chiedere a Malik cosa cavolo sta combinando con quella playlist. ‘Womanizer’ non si sentiva come minimo da tre anni!” Esclamò Louis, voltandosi nella direzione del ragazzo e facendogli una smorfia.
“Tutto bene?” Mi chiese El.
“Sì, ma penso che sia geloso.” Risposi alla ragazza, puntando la bottiglia di birra che avevo in mano nella direzione del DJ. Mi guardò perplessa, per qualche secondo, e poi si illuminò.
“Ecco con chi ce l’aveva!” Disse guardando Harry, che alzò le spalle.
“Io non me la prendo.” Rispose il ragazzo. “Ha fatto tutto lui.”
“Rimanete qui a dormire stasera, vero?” Chiese El.
“Sì, ho già avvisato mia madre e James.” Rispose Harry, lanciandomi un’occhiata. “Anche perché vi aiuteremo a sistemare il casino che ci sarà dopo la festa.”
“In certi momenti mi manca Nina da morire.” Commentai e ricevetti due sguardi perplessi. “La cameriera che faceva queste cose dopo che organizzavo feste a casa mia a Los Angeles.” Spiegai.
“Ma dove cavolo si è cacciato Niall?” Chiese Eleanor ad un certo punto, guardandosi intorno. “Non lo vedo da tutta la sera.”
“Potrei avere un’idea o due.” Rispose Harry, restando sul vago.
“Parla, Styles.” Lo incitò la ragazza.
“L’ho visto che baciava una ragazza prima. Penso che il giovane Horan sia al piano di sopra, impegnato in attività… esplorative.” Disse Harry, arricciando le labbra in un sorriso e lanciandomi un’occhiata eloquente.
“Fa caldo in questa stanza.” Mi lamentai, sentendomi improvvisamente accaldata. “Continuiamo a ballare?” Chiesi poi per spostare l’attenzione di tutti, soprattutto la mia, da un’altra parte.
“Ok.” Disse El. “Spero solo che Niall non si sia chiuso in camera di Lou. Che schifo.” Commentò e scoppiammo tutti a ridere.
 
Il party stava lentamente arrivando alla fine ed ero fiera di me stessa. Avevo bevuto una birra e qualche sorso dalla seconda bottiglia che mi aveva portato Eleanor e nient’altro. Avevo ballato tutto il tempo con El, Danielle e Harry – ogni tanto spuntavano anche Louis o Liam – e non avevo combinato nessun casino. A parte rischiare di spezzarmi il collo, scivolando su della birra rovesciata sul pavimento, ma fortunatamente non mi ero fatta nulla, perché Louis ed Eleanor mi avevano tenuta in piedi.
Mi ero seduta sui gradini della piccola veranda per prendere una boccata d’aria. La casa era troppo piena e l’atmosfera stava diventando soffocante.
“Ti sei divertita?” Sentii una voce familiare alle mie spalle. Alzai lo sguardo e incrociai quello di Zayn, che era uscito a fumarsi una sigaretta.
“Fumi?” Gli domandai. Così non approvava il mio stile di vita, ma anche lui non era un santo.
“Sì, è il mio unico vizio.” Rispose accomodandosi sui gradini di fianco a me. “Quindi, stavamo dicendo, ti sei divertita?”
“Sì, anche se ho trovato la scelta delle canzoni alquanto strana.” Lo provocai.
“Colpito e affondato.” Confessò. “Ero un po’ geloso quando ho visto che stavi ballando con Harry.”
“Stavamo solo ballando.” Dissi, cercando di ignorare il senso di colpa per quello che, invece, avevamo fatto qualche giorno prima. Zayn non avrebbe mai dovuto scoprirlo, altrimenti avrebbe avuto la conferma di quello che mi aveva detto durante il weekend in campagna: ero come tutte le altre.
“Non sei ubriaca.” Commentò dopo qualche minuto di silenzio, guardandomi sorpreso. Gli presi la sigaretta dalle dita e inspirai un tiro.
“Non sono alcolizzata, eh.” Gli ricordai. “Non mi ubriaco fino a star male ad ogni festa. Anzi, a dire la verità sono state davvero poche le volte in cui sono stata male.” Dissi, pensando a tutte le feste a cui avevo partecipato a casa.
“Scusa se sono saltato a conclusioni troppo affrettate l’altro giorno.” Mi disse.
“Non importa.”
“E’ che sapere che sei stata con Harry… mi ha fatto incazzare in un modo che non credevo fosse possibile. Sarà perché io e lui abbiamo già avuto a che fare in passato.”
“Uh, non sapevo foste amanti.” Lo presi in giro, ridendo. Tornai seria appena vidi la sua espressione. “Scusa, era uno scherzo.”
“Non siamo mai stati amanti, per ovvie ragioni. Però lui è andato a letto con la mia ragazza un paio di anni fa.” Mi spiegò.
“Non lo sapevo.”
“Non potevi.” Disse e accennò un sorriso.
“Comunque non l’ha fatto apposta. Cioè, non avevamo la minima idea di chi fosse l’altro quando ci siamo incontrati.”
“Lo so, è per questo che, pensandoci, mi è passata un po’. Poi quando ti ho vista questa sera…” Cominciò a dire e arrossì.
Avevamo passato una settimana a comportarci quasi come estranei quando tornava a casa dal lavoro. Io rimanevo con le sue sorelle e lui, ogni tanto, mi rivolgeva la parola per parlare di cose banali come il tempo.
Avrei voluto fare una battuta per alleviare la tensione, ma non mi veniva in mente nulla che non sarebbe sembrato troppo presuntuoso.
“Cos’è cambiato?” Chiesi invece.
“Ho provato gelosia e mi sono reso conto che non hai mai smesso di piacermi.” Mi confessò, tenendo lo sguardo basso.
Non sapevo cosa rispondere a quella confessione, quindi cominciai a fissare un punto indefinito nella siepe di gelsomino di fronte a me. Non riuscivo a capire come mi sentivo. Presi tempo facendomi passare di nuovo la sigaretta e inspirando un paio di volte.
“Mi rendo conto di essere stato un idiota a dirti quelle cose. Non le pensavo davvero, ero solo arrabbiato.” Continuò quando si accorse che non stavo dicendo nulla.
“So di averti deluso e mi dispiace, ma questa sono io. Prima che mi conoscessi tu ero… particolarmente scatenata. Ma sto cercando davvero di cambiare e non ho mai finto di essere un’altra persona con te.” Dissi, riflettendo con cautela sulle parole da dire. Continuavo a sentire un nodo in gola per essere stata di nuovo con Harry e non potevo dirglielo.
“Pensi che potremmo provarci un’altra volta?” Mi chiese, alzando lo sguardo sul mio e fissandomi con i suoi occhi color caramello. Non mi ero mai resa conto di quanto fossero grandi. Sembravano enormi.
Mi morsi il labbro, non sapendo cosa fare. Dirgli di sì avrebbe voluto dire continuare a portarsi il peso di quello che era successo con Harry sulle spalle, mentendogli. Però non volevo dirgli di no, perché, nonostante tutto, continuava a piacermi.
Zayn avvicinò il suo viso al mio e mi diede un lieve bacio sulle labbra. Un bacio che sapeva di fumo.
Sentii un movimento dietro di me e alzai lo sguardo per capire da dove provenisse. Mi si ghiacciò il sangue nelle vene quando vidi Harry, che mi stava fissando.
“Harry…” Mormorai. Perché mi sentivo così in colpa? Il ragazzo aveva l’aria di uno a cui era appena stata data una coltellata da qualche parte.
“Ero solo venuto a cercarti per sapere se vuoi aiutarmi a sistemare la casa.” Disse. “Ma vedo che sei occupata, quindi torno più tardi.” Aggiunse velocemente, prima di rientrare in soggiorno.

 



Ta-daaa! Colpo di scena!
Vi lascio con il fiato sospeso fino a Martedì! (ma vi prometto che il prossimo capitolo comincerà esattamente dove è finito questo)

Spero che vi sia piaciuto e, come sempre, grazie a tutte le persone che leggono, inseriscono la storia tra le preferite/seguite/ricordate e che recensiscono! Ogni volta che leggo il numero di persone che ha letto i capitoli precedenti o il numero di recensioni mi sembra impossibile!
Mi avete lasciato 40 recensioni a questa storia <3
Sono felicissima che vi stia piacendo! A me è piaciuto tanto scriverla :)
Non vedo l'ora di leggere cosa ne pensate di questo capitolo (so che mi odierete perchè Zayn ha baciato Becca ahahah)

Spero che abbiate passato tutti un Buon Natale e non mi resta che augurarvi Buon Anno!
Noi ci rileggiamo Martedì 1 Gennaio 2013 :D

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Capitolo 20
*** And now the party's over ***


Another World

Capitolo 20 - And now the party's over

“Ho bisogno di un po’ di tempo per pensarci.” Dissi a Zayn. “Mi piaci, ma ho paura di deluderti un’altra volta. Non… Io… devo pensarci.” Aggiunsi distrattamente.
“Beh, sai dove trovarmi quando avrai deciso.” Rispose il ragazzo, rivolgendomi un sorriso. Sembrava contento e speravo che non fosse perché Harry aveva visto che ci eravamo scambiati un bacio.
“Vado a prendere, uhm, qualcosa da bere.” Dissi, rialzandomi e rientrando in casa. C’era molta meno gente di prima e la musica si era abbassata notevolmente. Adesso c’erano Louis e Liam dietro al computer e stavano scegliendo canzoni meno movimentate.
“Hai visto Harry?” Chiesi a Eleanor, che era di fronte ai ragazzi.
“L’ho visto passare poco fa, è andato di sopra.” Mi rispose, indicando le scale con un cenno della testa.
“Grazie.” Dissi e salii anch’io, sperando di trovarlo. Provai ad aprire la prima porta, ma era chiusa a chiave. Ne provai altre tre, ma non ebbi fortuna. Riuscii solo a sorprendere una coppia che si stava baciando appassionatamente in bagno. Mi scusai ed uscii, continuando a cercare Harry.
“Niall!” Esclamai, quando lo vidi uscire da una stanza. Aveva le guance arrossate e i capelli spettinati.
“Becca!” Rispose, rivolgendomi un sorriso.
“Non hai visto Harry, vero?” Chiesi.
“No. In realtà sono rimasto in camera tutto il tempo.” Rispose, arrossendo ancora di più.
“Ok, nessun problema. Grazie.” Dissi e sospirai. Tornai al piano inferiore e mi avvicinai di nuovo a Eleanor.
“Non l’hai trovato?” Mi chiese la ragazza.
“No.” Risposi, scuotendo la testa.
“E’ successo qualcosa?”
“No.” Dissi. “Cioè, sì. Insomma, forse.” Aggiunsi.
“Vuoi parlarne?”
“No, figurati, non voglio annoiarti.”
“Ma non dirlo nemmeno! Vieni.” Disse e si sedette con me al tavolo della cucina che, ormai, era vuota. “Cos’è successo?”
“Zayn mi ha detto che era geloso perché stavo ballando con Harry.” Spiegai. “E mi ha chiesto se posso dargli un’altra possibilità. Mi ha anche dato un bacio e, quando mi sono girata, ho visto Harry. E se ne è andato e non l’ho più trovato.” Risposi.
“Penso che tu debba fare un passo indietro. Cosa c’è, esattamente, tra te e Harry?” Mi chiese Eleanor, confusa.
“Ah già, tu non lo sai.” Dissi, sospirando. “Dopo che Zayn mi ha scaricata… diciamo che ho trovato conforto in Harry, ecco. E, prima che tu possa dire qualsiasi cosa, Zayn non lo sa e non lo dovrà mai sapere.” Aggiunsi.
“Non preoccuparti, terrò la bocca chiusa. Ma a te piace Harry?”
“E’ questo il problema, non lo so. Penso di sì, ma è sbagliato. Però tra di noi c’è questa attrazione… questa elettricità. Non so spiegartelo, quando siamo insieme provo sensazioni fortissime.”
“E Zayn?”
“Se ti rispondessi che mi piace anche lui? Non lo so, sono confusissima. Mi piacciono entrambi.” Confessai, sentendomi miserabile.
“Può capitare.” Mi disse El, mettendomi una mano amichevole sul braccio. “Devi solo fare un passo indietro e valutare chi ti piace di più dei due.”
“Ci ho provato e non riesco a decidermi, perché mi piacciono entrambi per ragioni diverse. Oltre al fatto che non potrei mai stare con Harry perché i nostri genitori sono sposati.”
“Oh, beh. E’ vero.”
Sospirai di nuovo, chiudendo gli occhi. Fino a poco più di un mese prima non mi sarei fatta nessun problema a frequentare entrambi i ragazzi nello stesso momento. Era una cosa che avevo già fatto. Ma non ero più la stessa Rebecca e adesso volevo fare la cosa giusta. Volevo scegliere uno di loro e avere una relazione seria.
“Va beh, cominciamo a pulire la casa.” Dissi, alzandomi e prendendo un sacco nero della spazzatura. Cominciai a raccogliere tutti i bicchieri vuoti, mentre Eleanor buttava via le bottiglie di vetro in un altro sacchetto.
 
Se ne erano andati tutti, lasciando Eleanor, Louis e me da soli. Avevamo finito di mettere a posto la casa, eliminando tutti i rifiuti, e ci eravamo lasciati andare sui divani del soggiorno della casa di Louis, esausti.
“Grazie per avermi aiutato.” Disse il ragazzo.
“Mmh-mmh.” Mugugnai, ancora distratta perché non ero più riuscita a trovare Harry da nessuna parte. E continuavo a pensarci, maledizione a me. Così come continuavo a pensare al bacio che mi aveva dato Zayn dopo avermi chiesto di riprovarci.
“Oh, toh, guarda chi si vede!” Esclamò ad un certo punto Louis, quando notò Harry che stava scendendo le scale. Era stato di sopra per tutto quel tempo?
“Scusate se non vi ho aiutati.” Disse, sedendosi di fianco all’amico sul divano. Mi costrinsi a smettere di fissarlo, perché avevo capito dove era stato. Conoscevo quello sguardo. Sapevo che era appena stato con una ragazza.
Infatti, pochi minuti dopo, una bionda scese le scale e si diresse verso la porta, senza dire una parola a nessuno. Beh, me l’ero meritato, in fondo. Mi aveva vista mentre baciavo Zayn. O meglio, mentre Zayn mi baciava. Io non mi ero mossa.
Sentii lo sguardo di Eleanor su di me e guardai per terra.
“Nessun problema, amico. Andiamo a letto?” Chiese Louis, alzandosi e stiracchiandosi.
“Direi di sì.” Rispose Eleanor, sbadigliando. Erano le quattro e mezza del mattino ed ero stanchissima.
“Ok, vi prendo delle coperte.” Disse Louis, sparendo su per le scale. Tornò giù qualche minuto dopo con un paio di cuscini e delle coperte.
“Vi offrirei una delle camere degli ospiti, ma…” Cominciò il ragazzo.
“No, grazie.” Risposi prontamente. Sapevo cosa succedeva in quelle stanze durante le feste e non avevo nessuna intenzione di dormire in uno di quei letti. E nemmeno di cambiare le lenzuola, ero troppo stanca. Uno dei due divani sarebbe andato più che bene.
“Beh, allora buona notte.” Disse Eleanor, cominciando a salire un paio di scalini.
“Buona notte.” Rispondemmo sia io che Harry.
“A domani.” Si congedò Louis e seguì la sua ragazza al piano di sopra, lasciando me e Harry da soli a sistemarci sui divani, uno di fronte all’altra.
 
“Dormi?” Sentii Harry sussurrare dopo quelle che mi sembrarono ore. Ovviamente non ero ancora riuscita a chiudere occhio. Continuavo a ripensare agli eventi della serata e, grazie alla luce dei lampioni che entrava dalla finestra, riuscivo a vedere il viso di Harry.
“No.” Risposi, sospirando.
“Quindi Zayn ti ha perdonata?” Chiese Harry dopo qualche secondo, mettendosi a sedere e avvolgendosi con la coperta.
“Sì.” Risposi inespressiva.
“Siete tornati insieme?”
“No.”
“N-no?” Balbettò.
“No, gli ho detto che ho bisogno di tempo per pensare alla sua proposta. Mi ha chiesto di riprovarci.” Risposi. Lo vidi chiudere gli occhi e deglutire.
“Sono un idiota.” Commentò, passandosi una mano tra i capelli ricci.
“Ti sei divertito.” Dissi.
“No. E non volevo che… lascia stare, sono stato stupido.”
“Non ti devi scusare, non stiamo insieme e non mi hai tradita.” Spiegai, nonostante non mi sentissi proprio così. Ero gelosa e odiavo quel sentimento. Lo odiavo con tutta me stessa e avrei voluto sopprimerlo, ma non riuscivo. E dire che non ero mai stata una persona gelosa in tutta la mia vita.
“Lo so, ma… è stata una cosa brutta da fare.”
Un pensiero mi colpì come un fulmine a ciel sereno. Harry ed io eravamo esattamente identici. Io mi ero consolata con lui quando Zayn mi aveva scaricata e lui era andato con un’altra ragazza quando aveva visto quel bacio. Reagivamo esattamente nello stesso modo.
“Lascia stare, non è importante.” Borbottai.
“Becca, cosa hai intenzione di fare?” Chiese dopo un po’ di silenzio.
“Non lo so.” Risposi. “Sai che io e te non potremmo mai funzionare per un milione di motivi.”
“Quindi ti rimetterai con Zayn?”
“Non so nemmeno quello. Se tornassimo insieme… dovrei continuare a mentirgli su quello che è successo tra di noi. Penso che rimarrò da sola per un po’. Ho bisogno di riflettere e non posso avere altre distrazioni.” Risposi.
“Ok, rispetto la tua decisione.”
Lo vidi sdraiarsi di nuovo e chiusi gli occhi, pensando che la conversazione fosse finita. Sì, quello di cui avevo bisogno era di stare da sola per un po’. Avevo passato un mese a fare avanti e indietro tra i due e non ero ancora riuscita a chiarire la mente. Dovevo assolutamente mettere i miei pensieri in ordine e fare la cosa giusta, per una volta nella mia vita.
“Becca?” Mi chiamò dopo un po’. “Se dovessi cambiare idea…” Sussurrò e lasciò la frase in sospeso.

 



Buon Anno!
Vi lascio con il capitolo delle conseguenze.
Harry reagisce dopo aver visto il bacio tra Becca e Zayn e poi, quando scopre che in realtà i due non sono tornati indietro, si pente di quello che ha fatto.
E Becca prende una decisione: vuole rimanere da sola per un po' per schiarirsi le idee. Chissà cosa succederà :)
Il prossimo capitolo sarà ambientato in parte a Brighton per una vacanza al mare, ma non vi svelo altro!

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e grazie mille a tutte le persone che leggono, recensiscono e inseriscono la mia storia tra le preferite/ricordate/seguite. <3
So di avervelo detto tantissime volte, ma mi viene ancora difficile credere che a qualcuno interessi quello che scrivo :)

Auguro a tutti un bellissimo 2013 e spero che tutti i vostri desideri si possano realizzare!
A Venerdì!

p.s. se vi piacciono le storie con Harry come protagonista, vi consiglio la mia nuova One Shot: Wherever You Are.

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Capitolo 21
*** Brighton Beach ***


Another World

Capitolo 21 – Brighton Beach

Il lunedì seguente avevo annunciato la mia decisione di stare da sola per schiarirmi le idee anche a Zayn che, riluttante, aveva accettato la situazione. Così avevo passato le due settimane successive a lavorare ed essere amichevole con Zayn, tornare a casa ed essere amichevole con Harry e a passare tanto tempo con Eleanor. Eravamo diventate quasi inseparabili ormai. Le avevo raccontato tutto quello che era successo e mi aveva confermato che la scelta di stare da sola era la migliore per il momento.
 
Era un giovedì sera e stavo cenando con Eleanor e Danielle da Westfield, al ristorante messicano. Era la metà di luglio e avevamo avuto qualche giorno di sole pieno in cui avevamo raggiunto persino i venticinque gradi. Mi sentivo diversissima dall’inizio di Giugno, quando ero arrivata per la prima volta a Londra. Avevo imparato ad essere meno scatenata, senza però perdere l’entusiasmo e la voglia di divertirmi. Ovviamente avevo pensato costantemente ai due ragazzi durante quelle due settimane e non ero arrivata nemmeno lontanamente vicina ad una conclusione. Soprattutto perché, ogni volta che incrociavo Zayn a casa sua, quando tornava dal lavoro, mi guardava sempre con quegli occhioni enormi pieni di speranza che mi spezzavano il cuore. E perché, tornata a casa mia, vedevo Harry, che invece mi guardava con il suo solito sorriso che mi faceva trattenere il respiro per qualche secondo.
“Quindi gli ho detto: ‘Liam, non se ne parla nemmeno. Non ho assolutamente intenzione di venire al cinema a vedere Batman con la tuta di pelle di Catwoman!’ E sai lui cosa mi ha risposto?” Chiese Danielle. Eleanor la stava ascoltando rapita.
“No, cosa?” Domandò.
“Se potevo almeno mettere le orecchie. Ma ci rendiamo conto?” Disse Danielle, ancora sconvolta per la conversazione che aveva avuto quel pomeriggio con il suo ragazzo. Eleanor scoppiò a ridere e io mi unii a loro.
“E alla fine avete trovato un compromesso?” Chiesi.
“No, stiamo ancora litigando. Ma tu guarda se si può litigare per certe stronzate.” Rispose la ragazza, scuotendo la testa.
“Io e Lou non litighiamo spesso, ma quando lo facciamo è quasi sempre sui vestiti. Di lui.” Raccontò El.
“Spero che tu non voglia che indossi quegli orribili pantaloni troppo corti.” Commentò Danielle, facendoci scoppiare di nuovo a ridere.
“Ovvio. Ogni tanto cerco di chiedergli se non può mettersi un paio di pantaloni della lunghezza delle sue gambe. Con un paio di scarpe e i calzini, come le persone normali. Ma no, lui si impunta e piuttosto non esce.” Disse Eleanor. Mi ritrovai a pensare a come si potesse litigare per dei vestiti. Ma, in fondo, non ero mai stata in una relazione seria, non avevo idea di come ci si comportasse in coppia. Tutte le mie storie erano state troppo corte o basate solo sul sesso. Non ero mai arrivata al punto di cercare di obbligare il mio ragazzo a mettersi una cosa piuttosto che un’altra.
“Va beh, uomini.” Commentò Danielle, sorseggiando la sua Coca Cola Light.
“Sono il nostro punto debole.” Rise Eleanor. “Becca, quindi tu questo weekend non ci sei?” Mi chiese poi, cambiando argomento.
“No, sono a Brighton con Anne, mio padre, Elizabeth e Harry.” Risposi. La madre del ragazzo aveva proposto che passassimo un bel weekend in famiglia a Brighton, al mare, per conoscerci meglio. Non ne ero felicissima.
“Vedrai, ti piacerà.” Mi disse Danielle.
“E non ti farà male passare un paio di giorni lontana da Londra.” Aggiunse Eleanor.
“Speriamo.” Commentai, mangiando l’ultimo pezzo del burrito che avevo nel piatto.
“Gelato, vero?” Propose Danielle e io ed Eleanor annuimmo. Tanto avevamo ancora un’ora prima che cominciasse il film al cinema.
 
Dopo un’ora e mezza di viaggio in auto arrivammo a Brighton. Era sabato mattina e mio padre aveva voluto partire presto, quindi avevamo due giorni di completo relax davanti a noi. Arrivammo all’hotel che aveva prenotato mio padre e, dopo aver fatto check-in, entrammo nella suite.
“Wow.” Mi lasciai sfuggire. Ero abituata al lusso, ma quel posto era qualcosa di spettacolare. L’hotel era a pochi passi dalla spiaggia e la nostra suite aveva due piani e tre camere da letto. Ma non solo: c’erano anche una sala cinema – chi poteva aver bisogno di un cinema personale per un weekend? – balconcino che dava sul mare, sauna e sala giochi.
“Vi piace?” Ci chiese mio padre.
“E’ bellissimo.” Risposi, guardandomi intorno. “Le camere da letto sono di sopra?”
“Sì. Io ed Anne condivideremo una stanza con Elizabeth, abbiamo fatto aggiungere un letto.” Cominciò a spiegare. “Tu e Harry avrete una stanza a testa.”
“Perfetto.” Risposi e Harry annuì. Ero felice di avere una stanza tutta per me. Dormire insieme al ragazzo sarebbe stato imbarazzante.
Salimmo le scale e andammo tutti nelle nostre camere, dove lasciammo i borsoni che avevamo portato e poi ci ritrovammo nello spazio adibito a soggiorno. C’erano un angolo cucina e un tavolo enorme, televisore, divani, un grande tappeto e una finestra enorme con vista sul mare.
“Allora, volete andare in spiaggia?” Chiese mio padre.
“Perché no?” Risposi. “Devo andare su a cambiarmi e poi ci sono.” Dissi.
“Ok, ti aspettiamo qui.” Rispose mio padre, così tornai su, indossai un costume, un copricostume e riempii la borsa da spiaggia con tutto l’occorrente: crema solare, libro, iPod, asciugamano, occhiali da sole e cappello di paglia. E tanto altro.
Vidi mio padre scuotere la testa, divertito, ma lo ignorai. Sapevo che la mia mania di portare tutta la casa con me ogni volta che andavo in spiaggia era ridicola, ma se avessi avuto bisogno di qualcosa?
Appena usciti dall’albergo cominciai a guardarmi intorno: l’hotel era in una piazza, c’erano ristoranti, negozi e un piccolo parco. A pochi metri c’era la spiaggia.
“Ecco, questi sono i nostri ombrelloni.” Disse mio padre. Ci sistemammo, mettendo gli asciugamani sulle sdraio e appoggiando le borse. Notai che Anne, mio padre e Harry erano subito rimasti solo in costume.
“Non lo togli?” Mi chiese Anne, indicando il copricostume.
“No, sto bene così per adesso.” Risposi, rabbrividendo un po’. Quando mi avevano parlato di mare, spiaggia e sole, pensavo a qualcosa di caldo, piacevole. Invece faceva piuttosto freddo, soprattutto all’ombra.
“Tieni.” Sentii Harry. Mi voltai e vidi che mi stava offrendo la sua felpa.
“No, va bene così, grazie.” Cercai di rispondere.
“Mettila, so che hai freddo. Vedo che hai i brividi.” Disse, guardando le mie braccia. Aveva ragione, ci saranno stati al massimo diciotto gradi e avevo freddo.
“Ok, grazie.” Cedetti alla fine, indossandola. Lo vidi sorridere.
“Andiamo a fare il bagno?” Propose mio padre.
“Andate voi, io rimango qui con Lizzie e Becca.” Rispose Anne. “Voglio prendere un po’ di sole.” Aggiunse, sistemando il lettino lontano dall’ombrellone e sdraiandosi sull’asciugamano dopo essersi spalmata abbondantemente di crema solare. Con la pelle bianca che aveva ero sicura che si sarebbe scottata in cinque minuti. Come me, del resto. Un mese e mezzo prima avevo la classica abbronzatura californiana, ma con il passare delle settimane ero diventata bianchissima. Non che mi dispiacesse, Eleanor mi aveva detto che in quel modo sembravo davvero inglese.
 
Passammo tutto il giorno in spiaggia, facendo solo una piccola pausa per andare a mangiare qualcosa. Dopo aver letto sotto l’ombrellone decisi che sarebbe stata una buona idea spostarmi al sole, così aiutai Elizabeth a costruire un castello di sabbia. Beh, perlomeno ci avevo provato. Io non ero brava a fare sculture e Lizzie aveva solo quattro anni, così il castello sembrava più una montagna, ma lei era soddisfatta. Certo, ci era voluto del tempo per convincerla che non sarei riuscita a fare un unicorno di sabbia, ma alla fine l’avevo persuasa.
“Ragazzi, noi torniamo in hotel. Venite?” Chiese Anne. Elizabeth, che si era stancata giocando e rincorrendo le onde, annuì e prese la mano di sua madre.
“Io rimango in spiaggia ancora qualche minuto. Voglio asciugarmi ancora un po’ al sole.” Rispose Harry.
“Ok. Becca?” Mi chiese Anne.
“Mi fai compagnia?” Domandò Harry, voltandosi nella mia direzione.
“Volentieri, al sole si sta bene.” Risposi. Ero finalmente riuscita a liberarmi della sua felpa ed ero rimasta in copricostume. Non avevo avuto il coraggio di rimanere in bikini, perché per me faceva comunque troppo freddo, ma era già un passo avanti.
“Ok, allora vi raggiungiamo in hotel più tardi.” Disse Harry.
“Avete la card della suite?” Chiese Anne.
“Sì, ce l’ho in borsa.” Risposi io, mentre Harry era impegnato a guardare nelle tasche della felpa che mi aveva prestato.
“Per fortuna, perché io mi sono dimenticato.” Disse ridendo.
“Sei il solito distratto.” Lo rimproverai con un sorriso dopo che Anne se ne andò con Elizabeth e mio padre. Harry si era seduto sulla spiaggia di fianco a me e stavamo guardando il mare.
“E tu non ti sei ancora abituata alla temperatura inglese, dopo un mese e mezzo!” Ribatté lui.
“Sai com’è, ho letto su Internet che Luglio dovrebbe essere il mese più caldo a Brighton.” Mi difesi. “Cosa ne sapevo io che la massima fosse di diciannove gradi. Pensavo a una trentina.”
Harry scoppiò a ridere di gusto.
“Penso di non aver mai sentito trenta gradi in tutta la mia vita.” Disse poi.
“Se un giorno deciderai di venire a trovarmi a Los Angeles li sentirai.” Risposi distrattamente.
“Mi piacerebbe. Te ne ho sentito parlare tanto, vorrei vederla.”
Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, lui avvolto nell’asciugamano ed io di fianco a lui, con lo sguardo perso tra le onde.
“Dai, andiamo.” Dissi dopo un po’, quando stavo per abbandonarmi all’idea di appoggiare la testa sulla sua spalla.
“Hai fame?” Mi chiese con un sorriso.
“Un po’.”
“Allora andiamo a cena. Poi però devi fidarti e venire con me.”
“Dove?”
“Fidati.”
 
Mangiammo nella nostra suite dopo aver ordinato il servizio in camera. Poi Harry mi riportò in spiaggia.
“Cosa facciamo qui?” Chiesi.
“Vieni.” Rispose. Ormai c’era pochissima gente. Harry prese la mia mano, facendomi rabbrividire al contatto, e mi portò più lontano. Si sedette sulla spiaggia e mi fece un cenno per dirmi di fare la stessa cosa.
“Volevo farti vedere una cosa.” Rispose misterioso.
“Ok, mi fido e non ti faccio più domande.” Dissi, scuotendo la testa e ridendo. Se Harry non voleva dirmi qualcosa, non ci sarebbe stato verso di scoprire cosa fosse.
Qualche minuto dopo il cielo cominciò a colorarsi di arancione, rosa e viola.
“Mi hai portata a vedere il tramonto?” Chiesi.
“Già. L’alba è più bella, ma ho pensato che ad entrambi non piace svegliarci troppo presto.” Rispose ridacchiando.
“Hai ragione.” Confermai. Rimanemmo seduti lì, uno di fianco all’altra, ad osservare il tramonto. Continuavo a ripensare alla frase che Harry mi aveva detto a casa di Louis, prima di addormentarsi, due settimane prima. Becca, se dovessi cambiare idea…
“A cosa stai pensando?” Mi chiese improvvisamente, voltandosi verso di me. E in quel momento non pensai a niente. Avvicinai il mio viso al suo e lo baciai.
 



Buon Venerdì!
Ecco il nuovo capitolo e spero che vi piaccia :)
Martedì il prossimo, che riprenderà esattamente da dove è finito questo. Buon weekend!

Grazie a tutte le persone che leggono e recensiscono (anche a chi inserisce la storia tra le preferite/seguite/ricordate)!
So di essere ripetitiva, ma mi fa davvero piacere che quello che scrivo vi piaccia. E' sempre una piacevole sorpresa :)

p.s. esiste davvero un hotel con sala giochi e cinema privato a Brighton, solo che la suite ha solo due camere da letto, mi pare, e non tre.


p.p.s. probabilmente non vi interessa, ma da Westfield hanno chiuso il ristorante messicano (non che mi dispiaccia più di tanto, il cibo non era dei migliori XD) e quando ci sono stata l'ultima volta ci sono rimasta male, pensando a questo capitolo.

p.p.p.s non sono ancora stata a Brighton, ma ho letto davvero su Internet che il mese più caldo dell'anno dovrebbe essere Luglio e che la massima è di 19°. Non esattamente l'ideale per andare in spiaggia, eh?

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Capitolo 22
*** Friends With Benefits ***


Another World

Capitolo 22 – Friends with benefits

“Mi è fisicamente impossibile starti lontano.” Mormorai sulle sue labbra. Il sole era ormai sceso e il cielo stava diventando più buio.
“A me non dispiace questa cosa.” Rispose lui, baciandomi di nuovo e sorridendo. “Sono irresistibile.” Scherzò poi.
Lo spinsi lievemente lontano da me, ridendo.
“Sei sempre il solito presuntuoso.” Lo presi in giro.
“Dai, a parte gli scherzi… questo significa che hai cambiato idea?” Mi chiese.
“Non lo so.” Sospirai. “So solo che cercare di fingere di non essere attratta da te mi sta distruggendo. Però poi penso che mi rimane solo un mese e mezzo qui in Inghilterra, quindi, probabilmente, non vale nemmeno la pena iniziare qualcosa. Tanto poi, con la distanza non funzionerà.” Aggiunsi, parlando velocemente.
“Hey, Becca.” Mi interruppe, mettendomi un dito sulle labbra. “Non dobbiamo sposarci domani.”
“Anche perché questo vorrebbe dire che i nostri genitori…”
“Ho un’idea.”
“Sentiamo.”
“Perché non cominciamo una cosa casuale? Siamo attratti l’uno dall’altra e lo sai. E’ innegabile, penso che sia ovvio.”
“Sì.” Annuii, aspettando che continuasse.
“E visto che rimarrai qui ancora per poco e non vuoi iniziare una storia seria… pensavo che potremmo, insomma, hai capito.”
“Amici… con qualcosa in più?” Chiesi.
“Sì, senza legami, senza sentimenti.”
Riflettei sulla proposta del ragazzo. In un mese e mezzo sarei tornata a Los Angeles, lontano da lui e lontano dall’Inghilterra. Non mi ero mai innamorata e la relazione che mi stava proponendo di avere non era diversa da quelle che avevo a casa. Avrebbe potuto funzionare, no? Poi mi tornò in mente Zayn.
“Stai pensando a lui?” Mi chiese Harry, un po’ irritato.
“Sì.” Ammisi, sospirando. “Mi piace, perché è adorabile, gentile, premuroso, ma…”
“Ma?”
“E’ troppo innocente per me.” Conclusi. “Ho paura che finirei semplicemente per spezzargli il cuore. Non me lo perdonerei mai.”
“Mentre tu ed io siamo uguali.” Disse Harry, avvicinandosi e sussurrando lentamente quelle parole nel mio orecchio.
“Lo siamo.” Mi voltai a guardarlo. “E penso che potrebbe funzionare.” Aggiunsi, sorridendo di riflesso al sorriso che era appena comparso sul suo volto.
“Bene.”
“Tanto lo sappiamo entrambi che io, per te, sono solo l’ennesima ragazza.” Dissi.
“E io, per te, sono solo l’ennesimo ragazzo.” Ribatté lui.
“Esatto.” Risposi, sentendo un brivido risalirmi la spina dorsale.
“Quindi possiamo… esplorare la nostra attrazione fisica senza paura di innamorarci e stronzate varie.”
“Direi di sì.”
“Mi piace questo accordo.” Disse Harry, avvicinandosi ancora di più al mio viso.
“Anche a me.” Sussurrai. “Però adesso spostati, perché siamo in vacanza con mio padre e tua madre e non possiamo… no. Levati.” Aggiunsi poi, alzando il tono di voce e spingendolo via. Cominciammo entrambi a ridere, anche se ero sicura che avremmo voluto tutti e due sparire da qualche parte e perderci l’uno nell’altra.
 
“Lo sapevo che avresti scelto Harry.” Mi disse Eleanor il martedì dopo, mentre eravamo dall’estetista e ci stavamo facendo fare manicure e pedicure entrambe. I genitori di Zayn avevano una settimana di vacanza e avevano portato le bambine sulla Costa Azzurra, lasciandomi quindi libera per sette giorni.
“Non ho propriamente scelto lui.” Puntualizzai, osservando il color corallo che brillava sulle unghie delle mie mani. “E’ che non riesco a stargli lontana.” Aggiunsi.
“Perché è sexy.” Disse lei, guardandomi con un’espressione eloquente.
“Sì. E perché ho ancora poco tempo e mi sono resa conto di non poter iniziare qualcosa di serio. Finiremmo solo per spezzarci il cuore a vicenda quando non funzionerà perché io sarò dall’altra parte del mondo.” Spiegai.
“Non ricordarmi che tra un mese e mezzo te ne vai.” Sospirò Eleanor.
“Già, non voglio pensarci nemmeno io.” Concordai, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa sullo schienale della poltrona su cui ero seduta. “Mi verrai a trovare, vero?”
“Ovvio.”
“E poi non è proprio un mese e mezzo.” Confessai.
“Come no?” Mi chiese El.
“No, perché devo tornare a casa una decina di giorni prima della fine di Agosto.” Spiegai. “A Settembre comincio a frequentare la UCLA e, visto che voglio trasferirmi sul campus, devo presentarmi un po’ prima per traslocare e tutto.”
“UCLA? Wow! Ti unirai ad una di quelle confraternite femminili che si vedono nei film?” Mi chiese affascinata.
“Beh, penso di sì. Cioè, non lo so. Per anni Rachel ed io non abbiamo parlato di altro, ma adesso non lo so. Però mia madre è stata una Kappa Alpha Theta quando era all’università, quindi potrei seguire le sue orme senza problemi, ma non lo so ancora.” Risposi. “Senza Rachel non ha molto senso.” Aggiunsi alzando le spalle.
“Ma tu fregatene di lei, scusa. Almeno troverai nuove amiche e non sarai sola, no?”
“Sì, in effetti è un’idea, anche se sono piuttosto sicura che anche lei vorrà entrare a far parte della stessa confraternita e potrebbe rendermi la vita un inferno.”
“Hey, la Rebecca che conosco io non si fa mettere i piedi in testa da nessuno.” Mi disse la ragazza, sorridendomi.
“Forse la Rebecca di un paio di mesi fa. Questa…”
“Ma smettila. Adesso alza le chiappe e andiamo a fare shopping per domani.”
Eleanor ed io ci alzammo dalle poltrone, indossammo le scarpe e pagammo.
“Per domani?” Chiesi distrattamente, rimettendomi gli occhiali da sole. Non passavo una giornata tra shopping, parrucchiere ed estetista da molto tempo e mi era mancato. In un certo senso era come se fossi tornata a Los Angeles, soprattutto perché avevo un’amica fidata al mio fianco.
“Il concerto di Bruno Mars, sveglia!” Mi ricordò ridendo.
“Oddio, mi ero completamente dimenticata che fosse domani!” Esclamai. Ma certo, mio padre mi aveva regalato i biglietti perché ero stata brava e sarei andata con Harry.
“Come hai fatto a dimenticarti del primo appuntamento con il tuo ragazzo?” Mi prese in giro.
“El!” Esclamai. “Harry non è il mio ragazzo e domani non è un appuntamento.” Aggiunsi.
“Vedremo.”
Sospirai anche se in realtà stavo sorridendo, ricordando la domenica appena passata, quando Harry ed io avevamo trovato il modo di sgattaiolare lontano da tutti per un po’ di privacy. O il giorno precedente, il mio primo lunedì a casa dal lavoro. Non appena mio padre era uscito e sua madre aveva accompagnato Elizabeth all’asilo, per poi andare al lavoro, il ragazzo era entrato in camera mia e avevamo passato tutta la giornata a letto con la TV accesa, nonostante nessuno dei due la stesse guardando. Ci eravamo alzati solo qualche minuto prima che tornassero i nostri genitori, giusto il tempo di fare una doccia e fingere di preparare qualcosa da mangiare.
“Pronto?” Richiamò la mia attenzione Eleanor. Non mi ero resa conto di essere entrata in un negozio. La ragazza aveva in mano almeno cinque diversi vestiti.
“Wow, El! Avevi bisogno di fare shopping?” Chiesi.
“No, questi sono per te. Per domani sera. Vai a provarli, così ne scegliamo uno.” Rispose scuotendo la testa e ridacchiando. 
“Sono un po’ distratta ultimamente.” Mi giustificai.
“Non l’avrei mai detto!” Esclamò Eleanor, spingendomi in un camerino e abbandonando tutti gli abiti che aveva scelto per me tra le mie braccia. “Tanto domani sera quello distratto sarà lui.” Aggiunse. Le feci una smorfia divertente attraverso il piccolo oblò che c’era sulla porta del camerino, chiedendomi per quale motivo H&M a Londra avesse dei buchi nelle porte.

 



Sorpresa! 
Ho postato prima! Avevo fatto casino con le date (avevo scritto che avrei postato mercoledì, poi martedì, e insomma, io non so mai che giorno è) e devo andare al lavoro tutto il giorno domani e dopo, quindi ho pensato di postare prima, così domani, quando aprirete EFP, avrete già l'aggiornamento :)

Questo capitolo, come promesso, riparte esattamente da dove era finito l'altro, ovvero da quel bacio al tramonto sulla spiaggia di Brighton.
Harry suggerisce una soluzione e Becca accetta. Chissà cosa porterà questa decisione!
Nel prossimo capitolo ci sarà il concerto di Bruno Mars e vedrete cosa succederà!
Mancano ancora solo quattro capitoli alla fine!

Alla prossima (posterò Venerdì) e grazie mille a tutte le persone che leggono, recensiscono e inseriscono la storia tra le seguite/preferite/ricordate!
Non mi stancherò mai di dirvi quanto mi faccia piacere sapere quello che pensate della storia! <33


p.s. Sì, se ve lo state chiedendo: i camerini di H&M da Whiteleys (è un centro commerciale) a Londra hanno davvero degli oblò sulle porte.

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Capitolo 23
*** Just The Way You Are ***


Another World


Capitolo 23 – Just the way you are

Non avevo mai capito il bisogno della gente di fare la fila davanti al luogo di un concerto per giorni prima che iniziasse l’evento. Fortunatamente mio padre aveva comprato i biglietti sulle gradinate numerate della O2 Arena, quindi io e Harry non avevamo dovuto aspettare per ore per poi passare il concerto schiacciati come sardine in mezzo alla gente.
“Beh, sono punti di vista.” Mi stava dicendo il ragazzo mentre eravamo seduti comodamente ai nostri posti. Avevamo una visuale splendida del palco ed eravamo comodi. Avevamo già visto il gruppo di supporto e stavamo aspettando che Bruno Mars salisse sul palco.
“Io non vorrei mai passare un concerto in quella situazione.” Dissi, indicando la folla che si stava ammassando nelle prime file vicino al palco.
“E’ emozionante. Certo, probabilmente non per Bruno Mars, ma io lo farei per i Rolling Stones.”
“Sono vecchi.” Commentai e Harry sospirò.
“Dovrò insegnarti qualcosa sulla buona musica.” Disse.
“Bruno Mars fa buona musica.”
“Certo, non lo nego, ma gli Stones… Dai, almeno i Queen!”
“Va beh, i Queen mi piacciono.” Ammisi.
“Ti porterò a vedere il musical, allora. Ne hai mai sentito parlare? E’ ‘We Will Rock You’ e lo fanno al Dominion Theatre.”
“No, non sapevo ci fosse un musical.”
“E’ molto bello, vedrai. Sono sicuro che ti piacerà.”
Le luci si spensero, provocando un urlo generale dalla folla e interrompendo il nostro discorso sulla musica. Tutte le persone intorno a noi si alzarono, così le imitammo e seguimmo il concerto in piedi.
 
“Vorrei averla scritta per te.” Mi confessò Harry appena Bruno Mars andò nel backstage prima del bis. Aveva appena finito di cantare “Just The Way You Are” e mi aveva quasi commossa. Quasi. Poi le parole di Harry mi avevano sorpresa e mi ero ritrovata a guardarlo negli occhi con il cuore che batteva velocemente e lo stomaco tutto aggrovigliato.
Avrei voluto rispondergli con una battuta sarcastica, con qualcosa di divertente, ma non riuscivo a trovare le parole.
“C-cosa?” Boccheggiai invece.
“Quella canzone, vorrei averla scritta per te.” Ripeté lui, rivolgendomi un sorriso che avrebbe fatto sciogliere un iceberg. Eravamo tornati a sederci mentre aspettavamo che Bruno tornasse sul palco per cantare le ultime due o tre canzoni e io non sapevo cosa dire. “Ti ho lasciata senza parole?” Mi chiese poi, quando notò che non stavo rispondendo.
“Un po’.” Ammisi.
“Non è una dichiarazione d’amore, eh.” Mi spiegò, facendomi rilassare. Avevamo detto niente legami e sentimenti e mi stava spaventando. Soprattutto perché il mio cuore stava cercando di farmi capire in tutti i modi che ci tenevo a quel ragazzo, nonostante non volessi ammetterlo nemmeno con me stessa. “E’ solo che trovo che tu sia perfetta esattamente come sei.” Aggiunse.
“Ma hai frequentato un corso per essere così adorabile?” Chiesi quando ritrovai la voce. Volevo cercare di sdrammatizzare la situazione.
“E’ talento naturale.” Mi rispose lui, facendomi l’occhiolino.
“Oh, per favore!” Risi.
Bruno Mars tornò sul palco e terminò il concerto con due canzoni. L’ultima era una ballata struggente che spinse tutte le coppie presenti nel pubblico a baciarsi. Harry mi guardò intensamente per qualche secondo prima che decidessi di avvicinarmi a lui e, con un’alzata di spalle, lo baciai.
 
“Devo dire che è stato molto romantico quel bacio.” Mi prese in giro Harry mentre eravamo a cena. All’interno della O2 Arena c’erano locali e ristoranti e avevamo deciso di fermarci a mangiare qualcosa prima di tornare a casa. Avevamo scelto un ristorante italiano e avevamo ordinato entrambi una pizza.
“Mmh?” Chiesi.
“Il bacio che mi hai dato sull’ultima canzone dopo aver alzato le spalle: molto romantico.” Rispose mentre tagliava una fetta di pizza.
“Pensavo che avessimo deciso di lasciare romanticismo e sentimenti fuori dalla porta, no?”
“Sì, ti stavo solo prendendo in giro.” Disse, tenendo la sua fetta di pizza a mezz’aria.
“Devo fare una cosa.” Annunciai. Mi avvicinai a lui e diedi un morso alla sua pizza. Scoppiammo entrambi a ridere. “Scusa, ma era troppo invitante. Non la stavi considerando, si sentiva sola.” Mi giustificai.
“Sei incredibile.” Disse appoggiando la sua mano sulla mia.
“Anche tu non sei tanto male.” Commentai fingendo nonchalance. In realtà avrei voluto dirgli che era semplicemente perfetto. Mi stavo rendendo conto che mi piaceva esattamente tutto di lui e non avrei dovuto permettere che succedesse.
“Vieni qui.” Mi disse poi, appoggiando la fetta di pizza sul piatto e dandomi un veloce bacio sulle labbra.
“Non ho voglia di tornare a casa.” Sussurrai.
“Perché?”
“Perché avrei voglia di passare la notte con te, ma a casa non possiamo.” Spiegai.
“Oh.” Rispose. Si passò la lingua sulle labbra e poi tornò a concentrarsi sulla sua pizza.
“Però mi consolo pensando che domani possiamo passare tutta la giornata insieme.” Aggiunsi e sorrisi, pregustando un’altra giornata passata interamente a letto.
 
“Ho fatto i conti precisi.” Disse Harry il giorno successivo prima di mordermi una spalla.
“Anch’io. Tra esattamente tre minuti e quarantaquattro secondi ti butto giù da questo letto.” Risposi voltandomi e rubandogli un pezzo di coperta.
“No, non quello. Tra venticinque giorni parti.” Mi disse, provocando un piccolo brivido lungo la mia schiena. Abbassai lo sguardo e sospirai.
“Lo so.” Risposi.
“Ti manca casa tua?”
“Solo certe cose.”
“Tipo?”
“Il clima.” Dissi, fermandomi per ascoltare la pioggia battente sul vetro della finestra di camera mia per qualche secondo. “Le mie scarpe.” Aggiunsi.
“E basta? Non ti manca tua madre?”
“No. Non mi ha chiamata una volta in quasi due mesi e ha sapientemente evitato di rispondere ad ogni messaggio che le ho mandato.” Risposi.
“Mi dispiace.”
Scossi la testa. Non volevo pensare al momento in cui avrei dovuto lasciare l’Inghilterra. A quando avrei dovuto lasciare Eleanor e gli altri ragazzi che avevo conosciuto. Louis, Niall, Danielle, Liam. Zayn. Provai una fastidiosa sensazione allo stomaco pensando al nome del ragazzo. Non lo vedevo da quasi una settimana e non avevo pensato a lui fino a quel momento. Mi aveva baciata e mi aveva chiesto un’altra possibilità e io gli avevo risposto che avevo bisogno di stare da sola. Invece ero letteralmente a letto con Harry. Harry, avrei dovuto lasciare anche lui in soli venticinque giorni. Il pensiero mi fece rabbrividire e lui se ne accorse, perché si spostò più vicino a me e mi circondò con le braccia.
“Stupido tempo.” Commentai.
“Come fai ad avere freddo? Sei sotto le coperte!”
“E’ stato il rumore della pioggia.” Mentii.
“Ah già, voi in California non la vedete mai.”
“Raramente.”
“Dai, alziamoci, tra un’ora torna mia madre.” Disse Harry dopo qualche secondo, togliendosi le coperte di dosso e camminando verso il bagno completamente nudo. Non resistetti alla tentazione e gli lanciai un cuscino.
“Te l’hanno mai detto che sei dispettosa?” Mi chiese, rilanciandomelo e colpendomi in faccia.
“Senti chi parla! Chi è quello che continua a mordermi le spalle quando sa che lo odio?” Ribattei ridendo.
“Va bene, siamo pari.”

 



Eccoci!
In questo capitolo volevo esplorare quello che c'è tra Becca e Harry. E' più corto degli altri, ma spero che vi piaccia lo stesso!
Nel prossimo ci sarà una festa e Rebecca incontrerà Zayn dopo un po' di tempo. Come reagirà? Cosa succederà?

Come sempre grazie a tutte le persone che leggono, recensiscono e inseriscono la mia storia tra le preferite/ricordate/seguite.
Vi abbraccio tutti e non vedo l'ora di sapere se vi è piaciuto e se avete idee su cosa potrebbe succedere nel prossimo <3

A Martedì!


p.s. meno tre capitoli alla fine!

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Capitolo 24
*** Liam's Party ***


Another World

Capitolo 24 – Liam’s party

Spinto dal successo della festa a casa di Louis, Liam ne aveva organizzata una a casa sua. Liam, che a prima vista sembrava il ragazzo più tranquillo e serio del mondo. Lo stesso ragazzo che in quel momento era in piedi sul divano e stava versando birra in bocca a cinque tra ragazzi e ragazze. Ed era anche sobrio, perché Danielle mi aveva rivelato che non beveva: aveva un solo rene e non voleva rischiare la sua salute. Un’altra cosa che non avevo notato durante il weekend che avevamo passato tutti insieme in campagna. Anche Liam, oltre a Zayn, non beveva.
“Quindi questa sera dobbiamo per forza fare finta di niente?” Mi chiese Harry, sussurrando nel mio orecchio mentre ero distratta a guardare Liam e la sua bottiglia di birra. Chissà cosa avrebbero detto i genitori al ritorno, quando avrebbero scoperto che il tappeto puzzava di quella bevanda.
“Lo sai che c’è anche Zayn.” Risposi voltandomi verso di lui e indicando l’altro ragazzo, che stava facendo il DJ dall’altra parte della stanza. “Non voglio che sappia che io e te ci stiamo… vedendo. Anche perché lui crede ancora che io sia da sola.” Aggiunsi, sentendomi mortalmente in colpa.
“Ok, ma sarà difficile.” Disse il ragazzo prima di andarsene. Mi girai verso Eleanor, che era di fianco a me, e cercai di distrarmi.
“Dai, andiamo a ballare!” Le proposi.
“Sì, calmiamo i bollenti spiriti!” Rispose lei, ridendo. Diede un bacio a Louis, indugiando sulle sue labbra per qualche secondo di troppo, e raggiunse me e Danielle in mezzo alla gente che stava già ballando.
 
La casa di Liam era più piccola di quella di Louis quindi, se possibile, era ancora più piena di gente. La musica era altissima e Zayn stava continuando a scegliere canzoni dance con testi molto espliciti.
“Mi sta facendo venire abbastanza caldo.” Confessai ad Eleanor, che rise.
“Anche a me.” Rispose la ragazza, guardando il suo ragazzo in lontananza con intensità. “Penso che abbia voglia.” Aggiunse. Automaticamente guardai Harry, che era vicino a Louis.
Quando spostai lo sguardo su Zayn notai una biondina molto carina che gli si era avvicinata. La ragazza gli sussurrò qualcosa nell’orecchio e vidi Zayn diventare completamente rosso e poi scuotere la testa.
“L’ha rifiutata.” Dissi, più a me stessa che ad El.
“Cosa?” Mi chiese lei.
“La tizia bionda. Penso che sia andata da Zayn a proporgli qualcosa e lui l’ha rifiutata. Devo parlargli.” Risposi.
“Perché?”
“Perché il poverino sta ancora aspettando me e la mia risposta. Io sono qui che mi diverto con Harry e lui si ritrova a rifiutare le altre. Cioè, non so se l’hai vista. E’ bellissima.”
Scossi la testa e mi allontanai da Eleanor, diretta verso il computer dove Zayn stava scegliendo le canzoni.
“Hey!” Mi salutò sorridendomi.
“Ciao.” Risposi. “Possiamo parlare un secondo?” Chiesi. Il ragazzo annuì e chiese a Liam se potesse fare il DJ al suo posto.
“Non devi fare nulla, la playlist è già pronta.” Gli spiegò. Lo seguii fuori dalla casa, dove la musica era più bassa, e ci sedemmo sui gradini che portavano alla porta d’ingresso.
“Cosa volevi dirmi?” Mi chiese il ragazzo con un’espressione speranzosa che mi fece quasi venire il voltastomaco. Come avrei potuto dirgli che sostanzialmente avevo scelto Harry perché volevo divertirmi e non riuscivo a stargli lontana?
“Ho visto la biondina che ti parlava prima. Era carina.” Dissi, cercando di studiare il modo in cui avrei potuto iniziare quella conversazione.
“Oh sì, Perrie. Non preoccuparti, non è nessuno di cui devi essere gelosa.” Rispose immediatamente.
“E’ di questo che volevo parlarti.”
“Di Perrie?”
“Anche. Cioè, non so come iniziare questo discorso.” Ammisi alla fine. Il sorriso che c’era sul suo volto si spense, facendomi sentire ancora peggio. Chiusi gli occhi e inspirai profondamente.
“Va tutto bene?” Mi chiese.
“Sì, è che io parto tra ventiquattro giorni.” Risposi. “Non è abbastanza tempo per costruire nulla di serio, quindi…” Aggiunsi e mi interruppi. Come avrei potuto finire quella frase?
“Becca, potremmo far funzionare le cose anche se tu starai a Los Angeles e io qui, lo sai? Potremmo vederci durante le vacanze e poi c’è Skype…”
“Zayn.” Lo fermai. “Le relazioni a distanza non funzionano mai.”
Il ragazzo abbassò lo sguardo.
“Hai scelto Harry e non sai come scaricarmi?” Mi chiese improvvisamente, prendendomi alla sprovvista.
“Cosa? No, non ho scelto Harry.” Mentii. Beh, in un certo senso non era falso. Non avevo scelto Harry per cominciare una relazione seria. Ci stavamo solo divertendo un po’ prima che io ripartissi per l’America.
“E allora qual è il problema?”
“Non voglio innamorarmi di te per poi avere il cuore spezzato per colpa della distanza.” Ammisi. “E non voglio nemmeno spezzare il cuore a te, sei troppo… tu sei troppo per me.”
“Rebecca, non sono un bambolotto innocente. Non mi spezzo facilmente, dammi almeno una possibilità!” Esclamò il ragazzo, guardandomi negli occhi con convinzione come non aveva mai fatto prima e provocandomi un brivido. Non potevo essere attratta anche da lui, mi rifiutavo. Eppure quel ragazzo che avevo sempre creduto essere perfetto e innocente mi stava guardando con un’espressione del tutto diversa dal solito. Sembrava quasi che mi stesse chiedendo di andare a letto insieme e, per quanto lo volessi fare, non potevo. Anche se Harry ed io avevamo deciso di avere una relazione casuale, non volevo avere rapporti con nessun altro. Sarebbe stato troppo anche per me.
“Non posso.” Risposi velocemente, alzandomi dagli scalini e rientrando in casa, lasciando Zayn fuori. Mi avvicinai al tavolo adibito a bar, mi versai uno shot di tequila e lo buttai giù, facendo una smorfia quando lo sentii bruciare nel mio stomaco.
“Tutto bene?” Mi chiese Harry, avvicinandosi a me.
“No, sono una persona orrenda.” Risposi, versandomi un altro bicchierino. Volevo semplicemente ubriacarmi e non pensare ad altro per il resto della serata.
“Fermati.” Mi disse Harry, togliendomi il bicchiere dalle mani e obbligandomi a girarmi verso di lui. “Cos’è successo?”
“Lascia stare, davvero. Non so proprio perché continui a perdere tempo con me.” Risposi, scuotendo la testa.
“Hai fatto qualcosa con Zayn?” Mi chiese subito.
“No.” Risposi. “Ma ci ho pensato.” Ammisi e lo vidi chiudere gli occhi. Quando li riaprì parlò con una lentezza incredibile, come se ogni parola fosse difficile da pronunciare.
“Puoi andare a letto con lui, se vuoi.”
“Cosa?” Chiesi, incredula.
“Ci tengo a te, ma non voglio che tu ti senta… costretta. Voglio che tu sia libera e se Zayn è quello che vuoi… cercherò di non essere troppo geloso.”
Lo guardai quasi allucinata. Sembrava che soffrisse mentre mi faceva quel discorso e mi fece sentire ancora peggio di quanto già non mi sentissi.
“No.” Risposi con naturalezza. “Non potrei mai farti nulla del genere.” Aggiunsi e lo vidi sospirare. In quel momento mi resi conto di due cose: tenevo così tanto ad Harry che non avrei mai potuto tradirlo, nonostante non fossimo in una relazione seria e… sì, avevo scelto lui, alla fine.
“Mi hai fatto spaventare.” Disse dopo un po’, buttando giù in un sorso il contenuto del bicchierino di tequila che mi ero versata qualche minuto prima.
“Scusami.”
“Dovrai farti perdonare.” Mi disse con un sorrisetto malizioso, mettendomi le mani sui fianchi e avvicinandomi a lui. 
“Sono sicura che troverò il modo.” Risposi, sussurrando nel suo orecchio, prima di prendergli una mano e trascinarlo al piano di sopra, in una delle stanze.

 



Hellooo!
Ecco il nuovo capitolo e sono sicura che renderà felici parecchie di voi eheheh :)
Venerdì posterò il prossimo e Martedì prossimo ci sarà l'ultimo!

Ho creato recentemente un account Twitter (@TheSlayerFF), se vi va di seguirmi!
Ricambio, ho voglia di conoscervi :D Posterò aggiornamenti sulle mie storie e varie!

Alla prossima e grazie mille a tutte le persone che leggono, recensiscono e inseriscono questa storia (e le altre) tra le seguite/preferite/ricordate.
Quando ho cominciato a postare non pensavo proprio che a qualcuno sarebbe piaciuta! Mi avete sorpresa e continuate a farlo tutti i giorni <3
Un bacione a tutti!

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Capitolo 25
*** Goodbye ***


Another World

Capitolo 25 - Goodbye

Mi vergognavo tantissimo per come mi ero comportata con Zayn, così passai le successive tre settimane ad evitarlo. Chiesi a sua madre se per lei non sarebbe stato un problema pagarmi una volta sola alla fine della settimana, così avrei potuto tornare a casa non appena Zayn fosse tornato dal lavoro e non avrei dovuto parlargli. Non che lui avesse mai provato ad approcciarmi dopo quello che gli avevo detto durante la festa di Liam.
Nel frattempo le cose non potevano andare meglio con Harry. Anche se potevamo vederci solo per poco prima che tornassero a casa i nostri genitori dal lavoro, trovavamo sempre il tempo per scambiarci un bacio o qualcosa di più.
Mancavano tre giorni alla mia partenza e non riuscivo a pensare ad altro. Tricia aveva trovato una babysitter che avrebbe preso il mio posto, così avrei potuto passare gli ultimi due giorni prima di tornare in America a casa a sistemare tutto.
Dire addio alle bambine mi aveva spezzato il cuore. Non avrei mai pensato di affezionarmi così tanto a quei due mostriciattoli, ma l’avevo fatto. Ero riuscita ad essere forte e a non mostrare emozioni davanti a loro, ma ero scoppiata a piangere non appena avevo chiuso la porta d’ingresso per l’ultima volta, per l’ultimo venerdì.
 
“Così ti trasferirai alla UCLA e cosa studierai?” Mi chiese Harry il lunedì pomeriggio prima di partire. Avevo ancora solo due giorni a Londra e stavo già preparando la valigia per cercare di distrarmi dai miei pensieri.
“Recitazione e letteratura inglese.” Risposi, chiudendo gli occhi e deglutendo.
“Ok.” Rispose Harry e annuì. “Sembra interessante.” Aggiunse. Sapevo che era solo un modo per fare conversazione, ma non riuscivo a parlare. Avevo costantemente un nodo in gola e rischiavo di scoppiare a piangere ogni tre secondi.
“Harry, forse è meglio che smettiamo di… vederci, ecco. Cioè, penso che sia meglio smettere perché non credo di potercela fare.” Dissi dopo qualche minuto di silenzio.
“Penso di sì.” Concordò il ragazzo. “Però domani sera devi venire con me.”
“Dove?”
“Vedrai.”
 
Quando vidi la tavolata del ristorante messicano di Westfield con tutti i miei amici seduti non potei fare a meno di piangere. Harry, Eleanor e Louis avevano organizzato una cena di addio e c’erano anche Niall, Liam e Danielle. Ovviamente Zayn non era venuto, ma lo capivo. Non mi sarei aspettata altrimenti.
“Ragazzi…” Dissi, sedendomi. “Mi mancherete tutti. Non avete nemmeno idea di quanto.” Aggiunsi asciugandomi le lacrime.
“Anche tu ci mancherai tantissimo.” Rispose Eleanor, abbracciandomi stretta. “Abbiamo un regalo per te.” Disse la ragazza quando ci sedemmo.
“Non dovevate.” Mi sforzai di dire senza scoppiare di nuovo a piangere. Ero un disastro. Mi sentivo come se stessi camminando sull’orlo di un precipizio e rischiavo di cadere nel vuoto ad ogni passo.
“Per te.” Dissero El e Danielle quando mi porsero il pacchetto. Lo aprii con cautela e trovai una cornice con una foto di gruppo che avevamo scattato ad una festa a casa di Louis una settimana prima. Eravamo io, Harry, Zayn, Eleanor, Louis, Liam, Danielle e Niall e avevamo tutti delle espressioni buffissime. Zayn aveva fatto la foto con noi perché, anche se avevamo avuto varie incomprensioni, faceva pur sempre parte del gruppo di amici.
“Così penserai a noi anche quando sarai nel dormitorio.” Mi spiegò Danielle.
“Oltre al fatto che la cornice è carinissima e ti servirà a decorare la tua camera.” Aggiunse Eleanor. Avevano entrambe gli occhi lucidi.
“Non so come farò senza di voi.” Ammisi. I ragazzi stavano cercando di fare finta di nulla, ma anche loro sembravano un po’ scossi dalla mia partenza. Soprattutto Harry, che aveva passato quasi tutto il tempo in silenzio.
“Ci sentiremo su Skype tutti i giorni.” Mi disse Eleanor.
“Tutti i giorni.” Ripetei. Sapevo che, con la distanza, non saremmo mai riuscite a rimanere amiche ed ero piuttosto disperata. Avevo sempre visto la mia estate a Londra come una punizione, un incubo. Invece avevo trovato dei nuovi amici, avevo imparato ad assumermi qualche responsabilità – non troppe, perché avevo sempre quella questione in sospeso con Zayn e non ero riuscita ad affrontare le conseguenze delle mie azioni – ed ero cambiata moltissimo.
“Guardate chi c’è!” Esclamò Liam improvvisamente. Stavamo per ordinare, quando Zayn entrò al ristorante e si diresse al nostro tavolo.
“Spero che non ti dispiaccia, ma l’ho invitato. Ho pensato che ti sarebbe dispiaciuto non salutarlo.” Mi spiegò Eleanor, facendomi l’occhiolino. Annuii e guardai Harry, che cercò di farmi un sorriso incoraggiante.
Durante le ultime tre settimane avevamo parlato spesso di Zayn e di come erano finite le cose. Avevo cercato tante volte di convincermi a parlargli e a spiegargli quello che era successo, ma non l’avevo mai fatto. Non riuscivo a trovare il coraggio.
Mi alzai dal tavolo e seguii il ragazzo fuori dal locale, dove ci sedemmo su un muretto.
“Così domani parti.” Mi disse.
“Già.” Risposi. “Zayn, mi dispiace.” Aggiunsi poi.
“Anche a me.”
“Lo so che mi sono comportata in modo orribile con te e mi dispiace tantissimo.”
“Non preoccuparti, ho capito perché l’hai fatto.”
“Perché?” Chiesi, sorpresa.
“Perché sei innamorata di Harry e non sai come dirlo a nessuno. Nemmeno a te stessa.”
“Io non…” Cominciai a dire, ma poi mi fermai. “In ogni caso, mi dispiace veramente tanto. Sono stata una codarda e non ti sei meritato nulla di tutto ciò che è successo tra di noi.” Dissi, sentendo le lacrime agli occhi.
“Mi sono incazzato all’inizio, ma poi ho lasciato perdere. Sai una cosa? Alla fine ho capito che tu ed io funzioniamo meglio come amici perché non posso competere con quello che hai con Harry. E mi dispiacerebbe perderti come amica.” Mi disse, facendomi piangere di nuovo.
“Scusa, sono terribile. Non faccio altro che piangere da una settimana, praticamente.” Spiegai, asciugandomi le lacrime.
“Capisco, non deve essere facile.”
“No, è la cosa più difficile che abbia mai fatto in tutta la mia vita.” Dissi. Non sapevo come avrei trovato il coraggio di prendere quell’aereo il giorno dopo. E non sapevo nemmeno come avevo finalmente trovato il coraggio di affrontare Zayn e scusarmi con lui. Aveva dimostrato fino alla fine di essere il ragazzo perfetto, perdonandomi e chiedendomi di rimanere amici.
“Dai, vieni qui.” Mi disse e mi abbracciò. “Sei una combinaguai e mi mancherai.” Disse.
“Anche tu mi mancherai. Mi dispiace di aver sprecato tutto questo tempo ignorandoti.”
“Non preoccuparti, esiste Skype e potremo recuperare il tempo perso. Mi dovrai raccontare tutto sul tuo ritorno a casa. E mi dovrai dire se ci saranno i procioni a rovistarti tra la spazzatura e se vedrai il puma.”
“Certo.” Dissi, cercando di sorridere tra le lacrime. “Odio gli addii.”
“Anch’io. Dai, andiamo dentro e mangiamo.” Propose, aiutandomi a rialzarmi. Tornammo dentro dal resto dei nostri amici e cercammo di passare una cena divertente, nonostante tutti fossimo un po’ tristi.
 
Il giorno dopo mio padre, Anne e Harry mi accompagnarono all’aeroporto dopo aver portato Elizabeth all’asilo. Cominciai a piangere subito dopo aver salutato la bambina e continuai praticamente per tutto il viaggio verso Heathrow. Questa volta mio padre aveva deciso di usare l’auto.
Dopo aver fatto check-in e registrato il mio bagaglio arrivò il tanto agognato momento degli addii.
Abbracciai Anne per prima e la salutai dandole un bacio su ogni guancia. Poi fu il turno di mio padre.
“Becca, mi mancherai.” Disse, dandomi un’amichevole pacca sulla spalla. “Mi ha fatto piacere averti con me per tutta l’estate. Dovrai tornare a trovarci. Magari a Natale.” Suggerì con gli occhi lucidi.
“Mi farebbe piacere.” Risposi a fatica.
“La porta sarà sempre aperta per te.” Mi disse prima di abbracciarmi. Mi morsi il labbro inferiore, che stava tremando pericolosamente. Feci un respiro profondo per cercare di calmarmi e mi voltai verso Harry. No, non volevo salutarlo. Non ce l’avrei mai fatta.
“Mi ha fatto tanto piacere conoscerti, Becca.” Mormorò lentamente, con la voce più roca del solito.
“Anche a me.” Risposi. Ormai mi bruciavano gli occhi e li sentivo gonfi. Deglutii per cercare di far sparire quel tremendo nodo in gola, ma non riuscii.
Non aggiunse altro e mi abbracciò stretta. Scoppiai a piangere sulla sua spalla senza più riuscire a trattenermi. Ormai singhiozzavo.
“Tesoro, ti conviene andare alla sicurezza.” Disse mio padre, mettendomi una mano sul braccio.
“Mi mancherete tutti.” Risposi, staccandomi da Harry e sapendo che era davvero finita. Che sarei salita su un aereo diretto a Los Angeles in un paio d’ore e tutto sarebbe cambiato di nuovo.
“Anche tu.” Mi disse Anne, asciugandosi gli occhi.
“Salutatemi la piccoletta e ditele che è un pinguino bellissimo.” Aggiunsi, prendendo un fazzoletto dal mio bagaglio a mano.
Mi abbracciarono tutti per un’ultima volta e mi diressi verso i controlli di sicurezza, voltandomi ogni tanto per guardarli. Rimasero tutti e tre nello stesso punto, a salutarmi con la mano, finché non sparii dietro alla parete che divideva la zona check-in da quella della security.

 



Eccoci con il penultimo capitolo!
E' triste, lo so. Io mi sono commossa mentre lo scrivevo!
Però la buona notizia è che la storia non è finita così e Martedì prossimo ci sarà l'ultimo capitolo, quindi potete sperare in un lieto fine fino all'ultimo!

Per farmi perdonare per questo capitolo un po' cupo vi lascio il primo capitolo della nuova semi long che sto postando "Love At First Sight" (penso che vi farà ridere un pochino ed è a rating rosso per rendere felici anche le persone a cui piace il genere) e il mio account Twitter @TheSlayerFF se avete voglia di chiacchierare o conoscermi o leggere gli aggiornamenti sulle mie storie!

Grazie davvero a tutti, Martedì, insieme all'ultimo capitolo, posterò un ringraziamento più lungo e specifico <3
I vostri complimenti mi fanno sempre tanto piacere e mi risollevate sempre il morale quando sto passando una brutta giornata <3

A Martedì e non vedo l'ora di sapere cosa ne avete pensato di questo capitolo e se avete idee su cosa potrebbe succedere una volta che Rebecca tornerà a Los Angeles!
Baci!

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Capitolo 26
*** Back to La La Land ***


Another World

Capitolo 26 – Back to La La Land

Mia madre non aveva nemmeno avuto la decenza di venire a prendermi in aeroporto. Avevo dovuto cambiare le sterline che avevo guadagnato facendo la babysitter a Safaa e Waliyha e usarle per un taxi fino alla mia casa a Beverly Hills.
Suonai il citofono e aspettai che qualcuno mi aprisse.
“Chi è?” Rispose una voce maschile che non avevo mai sentito.
“Rebecca. Chi sei tu?” Chiesi, irritata.
“Michael.” Rispose. “Tu sei Rebecca, la figlia di Samantha, giusto?”
“Sì, e sono appena tornata da Londra. Mi farebbe piacere entrare.” Dissi. Ero stata via poco meno di tre mesi, chi era questo Michael? E che fine aveva fatto Philip?
Sentii un suono metallico e si aprì il cancello, permettendomi di entrare in casa, trascinando la mia pesante valigia con qualche difficoltà.
“Chi diavolo sei?” Chiesi all’uomo che mi aprì la porta. Stava indossando solo un costume da bagno.
“Te l’ho detto, mi chiamo Michael. Sono il compagno di Samantha.” Rispose squadrandomi dalla testa ai piedi.
“Ma quanti anni hai? Venticinque?” Chiesi, sconvolta. Sembrava giovanissimo. Mia madre non si era mai spinta così in là con i suoi amanti.
“Ventisette.” Rispose.
“Dio, che schifo.” Mormorai, superandolo ed entrando in casa. Lasciai la valigia in soggiorno e salii le scale per andare in camera mia, dove programmavo di seppellirmi a letto e non alzarmi come minimo fino al giorno successivo.
“Mamma!” Esclamai quando aprii la porta della mia stanza. All’interno c’erano tantissimi scatoloni.
Mia madre salì le scale con aria scocciata e si fermò sulla soglia della mia porta con un cocktail in mano.
“Cosa c’è?” Mi chiese, togliendosi appena gli occhiali da sole.
“Dov’è tutta la mia roba? Cosa sono questi scatoloni? Chi è Michael?” Chiesi.
“Invece di essere così irriconoscente, dovresti ringraziarmi. Quegli scatoloni sono tutte le tue cianfrusaglie. Ti trasferisci all’università, no?” Domandò mia madre, mescolando il cocktail con la cannuccia e guardandomi da sopra le lenti.
“Sì, ma… io dove dormo stasera?” Chiesi, guardando il mio letto. Era rimasto solo il materasso, non c’erano più lenzuola o coperte.
“Puoi anche dormire sul divano. Tanto te ne vai domani, no?”
Scossi la testa e scesi in soggiorno, dove mi sdraiai sul divano.
“Cosa fai?” Mi chiese mia madre, seguendomi.
“Dormo, sono stanca.” Risposi, cercando di chiudere gli occhi. “Tanto, fortunatamente, me ne vado domani, no?” Aggiunsi, imitando il suo tono di voce.
 
Ero stanca e il jet lag non mi stava lasciando tregua, ma ero felice di essere finalmente uscita da quella casa infernale. Mia madre aveva passato tutto il tempo a fare gli occhi dolci al ventisettenne e mi stava facendo venire voglia di vomitare. Il dormitorio della UCLA sembrava il paradiso, in confronto.
Ovviamente non c’erano più singole, così dovetti accontentarmi di condividere una stanza con una sconosciuta.
“Ciao, mi chiamo Katy.” Disse la ragazza, porgendomi la mano e sorridendomi. Cercai di rispondere a quel sorriso, ma non ero dell’umore di socializzare. Trascinai la mia valigia nella stanza e mi sistemai sul letto ancora vuoto. Essendo arrivata prima di me, Katy aveva ovviamente scelto la parte migliore della stanza.
Los Angeles era stata la mia casa per diciotto anni e non mi ero mai sentita così fuori posto. Guardavo le enormi strade circondate dalle palme, le case, il sole… era come se fosse tutto estraneo.
Il campus e i dormitori erano già pieni di gente, ma erano tutti sconosciuti. Quando tolsi la cornice con la foto che mi avevano regalato i miei amici dalla valigia sentii una stretta allo stomaco. Mi mancavano già così tanto! Ero riuscita a sentire Eleanor su Skype, ma non era la stessa cosa. Avrei voluto incontrarla da Westfield e andare a mangiare una pizza insieme, mentre spettegolavamo su Louis e Harry e facevamo shopping fino alle dieci di sera, prima di andare a vedere un film.
“Tutto bene?” Mi chiese Katy. Mi accorsi di essere immobile sul letto, con la foto tra le mani.
“Sì, stavo solo pensando ai miei amici.” Risposi, ricacciando indietro le lacrime.
“Non sei di Los Angeles?” Mi chiese ancora la ragazza.
“Sì, ma ho passato l’estate a Londra e ho conosciuto persone fantastiche.” Dissi, guardando la fotografia. Anche Katy si avvicinò a guardarla e sorrise.
“Sembrate affiatati.” Commentò.
“Lo eravamo.” Risposi.
 
Per quanto mi sforzassi di ambientarmi, non riuscivo. Passai una settimana a vagare per il campus, informandomi sulle lezioni, partecipando alle visite delle case delle confraternite femminili, sperando che almeno quello mi avrebbe distratta dai pensieri costanti verso i miei amici a Londra.
Sfortunatamente mi ritrovai nello stesso gruppo di Rachel e, come avevo sospettato, aveva in mente di distruggermi la vita.
“Beh, vedo che la riabilitazione non ti ha fatto molto bene, Clark.” Mi disse mentre visitavamo la casa delle Kappa Alpha Theta, assicurandosi di parlare abbastanza ad alta voce, così tutti sentirono.
“Riabilitazione?” Mi chiese Hollie, la Presidentessa della casa.
“Non ero in riabilitazione.” Risposi stizzita. “Ero in vacanza da mio padre, che abita in Inghilterra.” Aggiunsi. Ma tanto sapevo già che il danno era fatto. Le ragazze della confraternita stavano già sussurrando il gossip e mi guardavano come se fossi un animale allo zoo. Sospirai e cercai di ignorare Rachel e i suoi commenti odiosi per il resto della serata.
 
“Non so perché vuoi entrare a fare parte di una confraternita, onestamente.” Mi disse Katy quella sera.
“Volevo trovare un posto in cui mi trovassi bene.” Risposi alzando le spalle. “O che mi aiutasse a ritrovare me stessa.” Aggiunsi.
“Non penso che un gruppo di ragazze con la puzza sotto il naso ti aiuterà, sai?” Commentò la ragazza, aggiustandosi i grossi occhiali da vista sul naso. Katy era hipster. Molto hipster. Portava sempre occhiali enormi e aveva baffi disegnati ovunque: sui gioielli, sulle magliette, sulle calze, sulle lenzuola. Avevo quasi cominciato ad essere allergica a quella fantasia.
“Beh, diciamo che ci ho provato.” Dissi e sospirai. “Tanto non credo che riceverò nessun invito, perché una ragazza che conoscevo ha messo in giro una voce su di me e si è sparsa velocemente.” Aggiunsi. “Vado a lavarmi i denti.” Dissi poi, entrando nel nostro bagno condiviso e spruzzando un po’ di dentifricio sullo spazzolino.
Mi guardai allo specchio e sospirai di nuovo. Cosa stavo facendo? Dovevo smettere di prendermi in giro: non ero più la ragazza di Beverly Hills che ero fino a prima di partire per Londra. Le confraternite femminili non erano decisamente per me.
“Rebecca?” Mi sentii chiamare da Katy.
“Shì?” Risposi a fatica. Non era facile parlare con il dentifricio in bocca.
“C’è qualcuno per te.” Disse. Incuriosita, mi affacciai alla porta e, per un secondo, il mio cuore smise di battere.
“Harry?” Chiesi, spalancando gli occhi. Poi mi resi conto di avere ancora la bocca piena di dentifricio e tornai in bagno a sciacquarmi.
“Mi mancavi.” Rispose il ragazzo quando tornai in camera.
“Penso che andrò a prendermi una cioccolata calda.” Disse Katy, prendendo la sua borsa – ovviamente a forma di baffi – e lasciandoci soli.
“Cosa… come hai fatto a trovarmi?” Chiesi, ancora incredula. Non riuscivo a credere che Harry fosse davvero davanti a me.
“Beh, mi avevi detto che ti eri trasferita nei dormitori. Non ho dovuto fare altro che chiedere più informazioni ad Eleanor, che è stata felicissima di dirmi come trovarti.” Rispose, alzando le spalle e rivolgendomi il suo sorriso da furbetto.
“Ma cosa fai qui?” Chiesi ancora.
“Dovevo parlarti e volevo farlo di persona.” Rispose con lentezza. Si avvicinò a me di qualche passo e mi appoggiò le mani sui fianchi, facendomi sorridere e rabbrividire nello stesso momento. “Sono venuto a dirti che non riesco a starti lontano. Sono pazzo di te e vorrei che tu tornassi in Inghilterra.” Aggiunse, sempre lentamente.
“Sei pazzo di me?” Chiesi, come se avessi capito solo quello.
“Più che essere pazzo di te… ti amo.” Mi rispose. Aprii la bocca e sentii il cuore accelerare quando sentii quelle due parole.
“M-mi ami?”
“Sì. E anche parecchio, visto che sono venuto fin qui per dirtelo.” Scherzò, azzerando la distanza tra di noi e dandomi un bacio sulle labbra. Chiusi gli occhi istintivamente, sentendomi a casa.
“Anch’io ti amo.” Ammisi a bassa voce. “E vorrei tornare in Inghilterra, ma come faccio?”
“Io, El e Louis abbiamo passato una settimana a studiare un piano.” Rispose, sedendosi sul letto. Presi posto al suo fianco e lo guardai con interesse.
“Cioè?” Chiesi.
“Dunque, si dà il caso che a Ottobre cominceremo tutti l’università a Manchester.” Cominciò a spiegarmi. “El studierà Scienze Politiche, io, Niall, Zayn e Liam Musica, Danielle è stata presa per fare la ballerina a X Factor e verrà a trovarci quando può e Louis… beh, Louis studierà Recitazione e Letteratura Inglese.” Aggiunse. “Quindi ci siamo informati e abbiamo visto che è possibile fare richiesta di trasferimento per prendere la laurea all’estero.”
“Mi stai dicendo che potrei studiare Recitazione e Letteratura Inglese a Manchester, con voi?”
“Sì, e che puoi vivere con noi a Manchester. Possiamo passare due anni insieme lì, e poi vedremo.”
“Non so cosa dire.” Dissi, sentendomi viva per la prima volta in una settimana. Harry era di fronte a me, mi aveva appena detto che mi amava e aveva anche trovato una soluzione a tutti i miei problemi.
“Dimmi di sì.” Rispose lui, guardandomi negli occhi.
“Sì.” Dissi con convinzione. Mi sarei trasferita a Manchester insieme ai miei amici e al ragazzo che amavo e avrei pensato a tutto il resto dopo. Avremmo potuto vivere insieme per due anni e avremmo trovato il modo per dirlo ai nostri genitori.  Oppure no, non dovevamo decidere nulla in quel momento. Dovevamo semplicemente compilare il modulo per il trasferimento e goderci il tempo che avremmo passato insieme a Los Angeles prima di tornare in Inghilterra, la mia casa.

The End

 

Ho deciso di farvi una sorpresa e postare l'ultimo capitolo di "Another Life" oggi al posto di domani perché non sono sicura che sarò in casa e vi ho già fatti aspettare troppo!
Siamo arrivati alla fine di questa storia, dopo due mesi. Direi che tutto è bene quel che finisce bene, giusto? Devo ammettere che Rebecca e Harry mi mancheranno particolarmente, così come tutti gli altri. Mi sono affezionata a loro!
In teoria la strada per il sequel sarebbe aperta, perché potrei raccontare della loro vita a Manchester, ma non ho ancora avuto l'ispirazione, quindi, per il momento, la storia è conclusa così. Ma mai dire mai, un giorno potrei postare qualche One Shot o direttamente il seguito!

Ed ora è il momento dei ringraziamenti. Sappiate che io mi commuovo per niente, quindi preparo i fazzoletti mentre scrivo!
Prima di tutto voglio ringraziare la mia beta anonima. Grazie a lei ho corretto gli errori che avevo fatto in fase di scrittura e, sempre grazie a lei, è nata l'idea per tutta questa storia. All'inizio era diversa e lei mi ha aiutata a cambiarla in meglio.
Poi voglio ringraziare la mia soulmate, che ha letto tutto in anteprima e mi ha dato il suo parere e mi ha supportata quando le ho confessato che stavo scrivendo una storia. <3
Pooooi, voglio ringraziare Lu, perché c'è stata tutte le settimane e mi ha sempre dato il suo parere su tutti i capitoli. <3
E un grazie a tutte le persone che mi hanno lasciato recensioni, perché è grazie a voi se ho finito di scrivere questa storia. Mi avete dato la voglia e l'ispirazione per andare avanti e non abbandonarla come quasi tutte le altre storie che ho scritto.
Un grazie speciale va anche ad ogni singola persona che ha letto anche solo un capitolo di questa storia. E a chi l'ha inserita tra le seguite, preferite e ricordate. Vi giuro, non mi sarei mai aspettata niente del genere.

Mi sono iscritta a EFP nel 2009 ma non ho mai postato fino a quest'anno perché mi vergognavo a far leggere ad altri quello che scrivevo. Non ero tanto sicura di postare nemmeno questa, ma ho preso coraggio e l'ho fatto. E sono felicissima di averlo fatto, perché ho conosciuto persone meravigliose (sia qui che su Twitter in questi ultimi giorni) e ho ricevuto tanto feedback che mi ha permesso di continuare a scrivere.

Quindi un GRAZIE gigantesco a tutti e spero di "rileggervi" nei commenti delle mie altre storie :)
Non vedo l'ora di sapere cosa ne avete pensato della fine di questa storia!

E adesso vado e vi lascio in pace ahahaha
Un bacione grande <3
- R.

p.s. Seguitemi su Twitter (@TheSlayerFF) per aggiornamenti sulle mie storie! Ricambio :)

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