Love and Secrets

di Lady Po
(/viewuser.php?uid=224712)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Step by step ***
Capitolo 2: *** Challenges ***
Capitolo 3: *** Meetings -PART 1- ***
Capitolo 4: *** Meetings -PART 2- ***
Capitolo 5: *** Anxiety ***
Capitolo 6: *** Nel mezzo del cammin' -PART 1- ***
Capitolo 7: *** Nel mezzo del cammin' -PART 2- ***
Capitolo 8: *** The accident ***
Capitolo 9: *** Changing -PART 1- ***
Capitolo 10: *** Changing -PART 2- ***
Capitolo 11: *** Post ***
Capitolo 12: *** Fighting ***
Capitolo 13: *** Realese ***
Capitolo 14: *** I'm not jealous ***
Capitolo 15: *** Stolen kisses ***
Capitolo 16: *** Carlos ***
Capitolo 17: *** The party ***
Capitolo 18: *** Like a tatoo ***
Capitolo 19: *** All around my birthday ***
Capitolo 20: *** My birthday ***
Capitolo 21: *** Inside ***
Capitolo 22: *** Back to normality ***
Capitolo 23: *** Crazy date, crazy deal ***
Capitolo 24: *** Limiteless ***
Capitolo 25: *** I fall in love with you ***
Capitolo 26: *** Ice and warm ***
Capitolo 27: *** You&Me ***
Capitolo 28: *** The TNT secret ***
Capitolo 29: *** Closer to the solution ***
Capitolo 30: *** Freedom ***



Capitolo 1
*** Step by step ***


                                                                                     1
                                                                              Step by step

Il telefono squilla imperterrito e quasi lo scaravento a terra per la foga di rispondere e farlo smettere. Sono le sette e mezzo del mattino e fino a poco fa dormivo beatamente. Chi potrà mai essere a quest'ora?
La voce squillante di mia madre mi arriva chiara e limpida all'orecchio. -Ah bene!- penso tra me e me -ci risiamo, cosa vorrà questa volta?-
"Cloe, tesoro non sei ancora sveglia? Oggi è il tuo primo giorno di college, non vorrai arrivare in ritardo alla prima lezione?" mi bacchetta.
Quando si mette in testa di organizzarmi la vita non la sopporto.
"No mamma, stai tranquilla stavo giusto alzandomi" rispondo acida.
"Ho detto a Camille di raggiungerti, devi essere impeccabile. Sei una Downey, ricordalo sempre". E invece io non voglio ricordarlo, perché è un etichetta che non sopporto.
Ah giusto, non lo sapete. Faccio parte di una delle più importanti famiglie del New Jersey, i Downey per l'appunto. Da generazioni la mia famiglia possiede più del 50% delle banche ad Hamilton e ad altre, nelle città limitrofe. Sono cresciuta ad Hamilton, nel palazzo di famiglia, nel lusso più assoluto. I miei sono separati ormai da anni.
Mio padre non era mai a casa per affari e mia madre ne risentiva.
Un bel giorno ci ha lasciati ed è volata a New York per seguire la sua nuova fiamma, un imprenditore italo-americano. Non gliene ho fatto mai una colpa, non c'è niente di peggio che essere invisibili agli occhi di chi ami. E poi è stata sempre presente nella mia vita, sebbene a volte avrei preferito prenderle da sola, certe decisioni.
Ho sempre avuto una governante, Camille. E' lei che mi ha cresciuta, che mi ha insegnato le buone maniere e che ha coperto le mie prime bricconate.
Nella mia famiglia non ci si può permettere di sbagliare, l'occhio sociale ne risentirebbe quindi spesso ho dovuto ricorrere a sotterfugi e bugie per provare ad avere una vita normale. Non amo essere una privilegiata e proprio per questa ragione mi sono opposta alla decisione di iscrivermi ad un college prestigioso come Princeton.
In un primo momento ho lottato con tutte le mie forze, battendo in ritirata subito dopo, quando mio padre ha iniziato ad elencare tutti gli antenati che sono andati a Princeton, portando il nome della famiglia Downey sempre più in alto.
Impossibile dissuaderlo. Ho provato a trovare un compromesso chiedendo perlomeno di poter dormire nei campus adiacenti alla facoltà, per avere uno stralcio di normalità, ma chiaramente non ha accettato, asserendo che non è consono ad una "signorina dell'alta società" dormire in quei dormitori.
Chi se ne infischia dell'alta società avrei voluto dirgli,    mentre incaricava uno dei suoi collaboratori più fidati a trovare un appartamento degno del mio nome, nelle vicinanze della facoltà.
L'appartamento in questione, è un lussuoso penta vani nei pressi di Princeton, dotato di tutti i comfort immaginabili ma dannatamente grande per me.
Il letto a baldacchino della mia stanza è enorme e comodissimo, ho fatto fatica ad alzarmi perfino dopo la chiamata di mia madre.
Vado in cucina, voglio preparare la colazione. Un piacere che poche volte ho provato, perchè c'è sempre stato qualcuno a prepararla per me.
Apro la dispensa e rimango sbalordita della quantità di cibo presente. Scelgo un pacchetto di cereali a caso, ce ne sono di tutti i gusti. Preparo il latte e nel frattempo metto una cialda nella macchinetta del caffè, viene direttamente dall'Italia; non bada a spese mio padre.
Quando ho finito di fare colazione, mi dirigo in bagno ma vengo distratta dal suono del videocitofono, sullo schermo appare Camille. Le apro.
"Piccola cara, sono venuta ad aiutarti con i preparativi, hai fatto colazione?" esordisce.
"Stavo giusto per farla, Camille" le dico velocemente, schioccandole un bacio sonoro.
Non faccio in tempo nemmeno ad uscire dal mio sontuoso bagno che la vedo armeggiare in cucina e a giudicare dall'odore invitante sta preparando i pancakes.
Dovevo immaginare che non sarebbe mai rimasta con le mani in mano così mi rassegno e la raggiungo. "Ho preparato i pancakes, so che sono i tuoi preferiti ed oggi ne hai proprio bisogno, guarda come sei pallida..stai bene?" mi dice in tono premuroso. A stento trattengo una risata "Camille, sono sempre stata pallida e per la cronaca sto bene, oggi siete tutti in fibrillazione, mia madre mi ha già chiamata e mio padre lo farà presto ne sono sicura" concludo, inghiottendo l'ultimo delizioso morso di pancake.
Lei, mi stringe la mano con aria rassicurante e mi dice "andrà tutto bene vedrai!" , ricambio il suo sorriso e corro a vestirmi.
Scelgo una blusa nera, una paio di jeans/leggins e i miei adorati stivaletti neri in pelle.
Do un' occhiata allo parete dove vi è incastonato uno specchio enorme ad altezza naturale.
I capelli castano scuro ricadono sulle spalle perfettamente in ordine, lisci come la seta (qualcosa di positivo ereditato da mia madre), la blusa si abbina perfettamente ai jeans che ho scelto e gli stivaletti..oh quelli li adoro; li ho presi in un mercatino dell'usato a Londra durante una vacanza studio, qualche anno fa.
Adoro lo stile vintage ma non sempre posso vestirmi come mi pare, a causa del mio status sociale. Oggi faccio un'eccezione alla regola e indosso ciò che mi va, tanto nessuno della mia famiglia ne verrà a conoscenza.
Ho deciso di non dire a nessuno della mia famiglia facoltosa, per tutti sarò semplicemente Cloe, appassionata di musica e fotografia. Cloe che ama leggere ogni genere di libro e che ama lo stile vintage.
Mentre fantastico sul mio primo giorno di college, Camille mi raggiunge in camera. Ha già preparato la borsa a tracolla con dentro gli orari delle mie lezioni odierne, l'i-pad (mio padre dice che al giorno d'oggi la tecnologia è importante) e qualche snack. L'abbraccio istintivamente, questa donna è come una madre per me.
"Oh cara cosi mi fai emozionare, lascia che ti sistemi il trucco, i tuoi occhioni verdi sono poco in risalto" e in un batter d'occhio mi passa tra le ciglia un filo di mascara. Ci siamo, è ora di andare. Non credevo potessi essere così tesa, dentro l'ascensore sono assorta dai miei pensieri tanto che quasi non rivolgo parola alla povera Camille.
E' proprio lei che rompe il silenzio, annunciandomi che l'autista mi sta aspettando sotto.
"Non ho intenzione di arrivare accompagnata da un'autista" le dico sbuffando. Lei fa una smorfia e mi imita scherzosamente. "E va bene signorina, diremo all'autista di fermarsi all'angolo, così nessuno ti noterà" mi dice, amorevole.
Faccio un bel respiro di sollievo ed entro nella Bmw nera.
L'autista mi saluta cortesemente e partiamo, immergendoci nel traffico.
Arrivati all'angolo prima della facoltà, scendo speranzosa. Camille mi abbraccia e quasi si commuove poi entra in macchina e la vedo sparire per le vie della città.
Princeton è maestosa, ha un'aria decisamente solenne. Varcato l'ingresso, mi ritrovo dinnanzi allo stand del comitato di accoglienza, dove alcuni ragazzi distribuiscono dépliant ed altri danno informazioni sui corsi. Mi fermo a parlare con uno di loro, un certo Robert, da quello che vedo scritto sul cartellino che ha appeso al collo.
"Ciao, io sono Robert, benvenuta a Princeton! Tu sei?" chiede senza esitazioni. Panico. E se dovesse riconoscere il mio cognome? Magari non farebbe caso, dato che a Princeton la maggior parte degli iscritti provengono da famiglie ricchissime.
Non voglio correre rischi così decido di rivelargli solo il mio nome. "Mi chiamo Cloe" dico esitante.
"Bene Cloe, ho bisogno che tu compili questa scheda con i tuoi dati e con le attività extracurriculari che hai scelto, poi consegnala in una busta chiusa in segreteria. Ciao e buona lezione, la mappa delle aule è all'ingresso". Perfetto, non devo far altro che compilare quei stupidi fogli e consegnarli, ho abbastanza tempo, la prima lezione comincia tra mezzora. Trovo un angolino appartato sotto un albero e mi siedo a terra appoggiando la schiena alla corteccia. Prendo in mano i fogli ma una brezza di vento me ne fa volare uno.
-Che fortuna!- penso amareggiata, dove sarà finito?
Alzo la testa con aria interrogativa e lo vedo. Maledetto foglio si è cacciato proprio accanto ad un tizio che è intento a leggerle un libro come se lo stesse divorando con gli occhi. Perfetto, mi toccherà disturbarlo.
Mi avvicino lentamente e dico a bassa voce "scusami", ma il tizio non sembra aver sentito. Peggio per lui, vuol dire che dovrò parlare ad alta voce correndo il rischio di fargli prendere un colpo.
"Ehm.." mi schiarisco la voce. "Scusami, il mio foglio ha preso il volo ed è finito proprio accanto a te" concludo. Il tizio si gira e resto senza fiato.
Non potevo certo immaginare che fosse così..bello. Di una bellezza sofisticata. Una folta chioma castana fa da cornice ad un viso dalla pelle chiara, come gli occhi del resto. Di un azzurro cristallino. Dopo averlo contemplato per bene, mi accorgo che tiene il foglio in mano. Chissà da quanto tempo. Che figuraccia. "Grazie" dico imbarazzata.
Non riesco a staccare gli occhi dai suoi. Sono come calamite. "Prego" dice, abbozzando un sorriso. Un attimo dopo, riprende la lettura del libro mentre io ritorno al mio posto.
Mentre compilo i fogli, mi sorprendo a guardarlo, non riesco a smettere. Lui forse accorgendosi che lo sto fissando da un po, alza lo sguardo e mi sento avvampare. Abbasso subito gli occhi e scrivo come una forsennata. Quando rialzo timidamente lo sguardo, lui non c'è più e io sono tremendamente in ritardo per la prima lezione.
Consegnerò i moduli durante la pausa, non ho più tempo. Al mio arrivo, trovo l'aula gremita di gente, ma noto subito un posto vacante in prima fila. Per fortuna, il professore è in ritardo.
All'improvviso il ronzio delle voci si affievolisce e dalla porta fa il suo ingresso..il ragazzo dell'albero? Che ci fa qui? Mi sento agitata e una consapevolezza sempre maggiore si fa strada dentro di me.
E' lui il professor Adam Bexter.
Con passo lento, sfila davanti a noi e sistema le sue cose sulla cattedra. Prende il microfono e inizia a parlare. "Benvenuti al corso di letteratura, sono il professor Adam Bexter, colui che vi condurrà in un viaggio intenso tra i meandri della scrittura. Non ci occuperemo solo dei grandi classici, ci addentreremo anche nelle selve sconosciute di nuovi scrittori e a fine corso consegnerete un romanzo scritto interamente da voi"  conclude. Sta per riprendere parola quando si accorge della mia presenza e resta a guardarmi per qualche secondo, poi inizia a spiegare senza sosta.
Non incrocio mai il suo sguardo, sembra così preso da quello che spiega, per un attimo mi estraneo dalla spiegazione.
Penso che finora non è andata così male, sto muovendo i miei primi passi nel mondo dell’università da sola, in una nuova città con una nuova vita in cui posso finalmente essere me stessa.
“Signorina Downey, la lezione non è di suo gradimento?” la sua voce suadente ma ferma mi riporta alla realtà. La prima cosa che mi viene da pensare è..come fa a sapere il mio cognome?
 
 
 SPAZIO AUTRICE
Salve a tutti i lettori!! Questa è la seconda storia che pubblico spero sia di vostro gradimento.. Volevo precisare alcune cose, il titolo è uguale a quello di un film che in molti conoscerete ma la storia non è ispirata al film. Tutti i fatti e i personaggi sono di mia invenzione, tranne i luoghi che realmente esistono ma non entro in particolari descrizioni.
Fatemi capire se vi piace o dove ho sbagliato, recensendo!. Mi fa piacere avere un dialogo costruttivo con chi legge! vi lascio un'immagine dei personaggi creata da me, su come li immagino..
Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Challenges ***


 2

                                                                                                          Challenges

La campanella segna la fine delle prime due ore di lezione. Che sollievo, non avrei retto un minuto in più lo sguardo accusatore del professore Adam Bexter. Dopo avermi beccata in flagrante con la testa tra le nuvole, non aveva fatto altro che monitorarmi per tutta la durata della lezione.
Corro in fretta verso la segreteria, ho appena dieci minuti di tempo per consegnare i moduli delle mie attività extracurriculari. Ho scelto di seguire un corso di scrittura, uno di musica, uno di moda e uno di marketing, che riassumendo sono le mie passioni.
Sono abbastanza trafelata, Princeton è un labirinto e impiego cinque minuti per trovare la segreteria. Che sfiga! Ci sono dieci persone prima di me, non arriverò mai puntuale alla lezione di economia finanziaria.
Sento un leggero tremolio provenire dalla tracolla, afferro il cellulare e rispondo alla chiamata di mio padre. Non avevo dubbi che chiamasse.
"Sweety" esordisce. Odio quel nomignolo mi fa sentire stupida.
"Papà" replico stanca.
"Come sta andando il primo giorno di college?" chiede entusiasta.
"Non male" taglio corto. Non mi va di dilungarmi in inutili spiegazioni, questa è la mia nuova vita e voglio tenerla per me.
"Tesoro ti hanno morso la lingua?" replica ancora. L'insistenza è una caratteristica della mia famiglia. Mi schiarisco la voce e rispondo che è il mio turno di consegna dei moduli e chiudo la chiamata salutando frettolosamente mio padre. Una ragazza dai folti capelli biondi ride sotto i baffi. Avrà ascoltato la telefonata.
Nel frattempo la fila si è dimezzata e rimangono solo cinque persone davanti a me.
Mando un messaggio alla mia migliore amica Joy, per rassicurarla e dirle che tutto procede bene. Io e Joy ci raccontiamo sempre tutto da dieci anni, da quando lei e i suoi genitori sono venuti ad abitare nel nostro palazzo, nell'ala dedita agli alloggi dei dipendenti. Suo padre dapprima era l'autista del mio, poi grazie alla sua lealtà e all'impegno che mostrava è divenuto uno stretto collaboratore di mio padre. Praticamente gli organizza tutto. È stato lui a trovarmi l'appartamento dove vivo adesso, purtroppo non lo posso dividere con Joy perché lei ha scelto di frequentare un' università pubblica molto rinomata ma dannatamente lontana.
Tiro un sospiro di sollievo, finalmente è il mio turno.
"Signorina Downey, un documento grazie" dice con tono perentorio la segretaria. "Devo registrare le sue attività extracurriculari e stamparle la lista delle lezioni e dei professori corrispondenti" continua annoiata. Le porgo il documento e dopo averlo controllato digita qualcosa sul computer. Dopo pochi minuti dalla stampante esce un foglio e me lo pone davanti. "Firmi qui" dice indicandomi uno spazio infondo alla pagina. Come se non potessi arrivarci da sola. "Può andare, grazie. Buona lezione" conclude meccanica.
Do un'occhiata al foglio delle lezioni che ho scelto e impreco mentalmente. Dovevo immaginare che il corso di scrittura avanzata, l'avrebbe tenuto Adam Bexter, con quella sua aria da professorino colto e dannatamente sexy.
Giro l'angolo e mi ritrovo davanti l'aula 302, la porta è chiusa. Percepisco che il professore ha già iniziato a spiegare perché sento la sua voce al microfono. Non me la sento di entrare e permettere a tutti di bisbigliare alle mie spalle, tacciandomi come la ritardataria di turno. Andrò a fare qualche foto in giro, Princeton è magnifica.
Esco fuori dall'imponente struttura e gironzolo per i giardini. Le chiome degli alberi sono pieni di foglie che tendono ad imbrunire, il loro colore vira dal verde al classico giallo ocra fino ad arrivare alle tonalità più accese dell'arancione e del rosso. Tiro fuori la mia reflex e catturo l'immagine di un albero secolare, è uno spettacolo. Sono così intenta ad ammirarlo che quasi non vedo arrivare quell'arrogante del professore Bexter.
"Signorina Downey non dovrebbe seguire economia finanziaria?" esordisce a due centimetri da me. Cavolo, se non fosse così bello da mozzare il fiato e non fosse il mio professore di letteratura, gli avrei risposto con un bel "si faccia gli affari suoi". Schiarisco la voce e recuperando la parola rispondo semplicemente "ero in ritardo, non volevo interrompere la lezione". Mi perdo nei suoi occhi, sono intensi..una voragine in cui mi butterei volentieri. Un momento, come fa a sapere che avrei dovuto seguire economia finanziaria?
Lo guardo sbilenca e decido di sfidarlo. "Professor Bexter mi scusi, tiene per caso il calendario di tutte le lezioni dei suoi alunni?".
Vedo un sorriso beffardo crescere sul suo viso "no, solo di quelli che lasciano il proprio, in giro signorina Downey". Uno a zero per lui.
Gira le spalle e se ne va, lasciandomi di stucco.
Mi guardo intorno arrabbiata e impreco contro quel presuntuoso. Come si permette? Al diavolo il suo ruolo, gliel'avrei fatta pagare.
Per attaccare un nemico bisogna prima studiarlo per bene facendo finta di abbassare la guardia salvo poi trafiggerlo in pieno. Non prendete le mie parole alla lettera, la mia vendetta non avrebbe avuto nulla di sanguinoso. Dovevo semplicemente scoprire il punto debole del professor Bexter e poi usarlo contro di lui.
-Calma Cloe, calma- mi ripeto mentalmente tentando di placare il mio animo bellicoso.
Mentre rimetto la reflex nella tracolla continuando a camminare senza meta, mi imbatto in un gruppo di ragazzi e ragazze che parlano chiassosamente, un vero delirio accidenti.
Uno di loro tutto muscoli e abbronzatura (chiaramente finta) mi si avvicina porgendomi un foglio colorato e pieno di scritte. "Stasera c'è il party di inaugurazione del nuovo anno accademico nella sala feste della confraternita dei 'Lions', per l'occasione ospiteremo le nostre consorelle le 'Gazelles' e daremo la possibilità di iscriversi, naturalmente dietro un test accurato" sghignazza compiaciuto.
Prendo il foglio con indifferenza e andando pochi metri avanti lo appallottolo, gettandolo dentro la tracolla. Non sarei mai andata alla festa di quei deficienti.
Decido di fare un salto nell'imponente biblioteca di Princeton, infondo ho più di un'ora libera prima che cominci la prossima lezione.
Varco l'enorme porta a vetri del complesso che sembra essere proprio la biblioteca. Resto allibita..un'intera struttura adibita a biblioteca, mi sarei potuta perdere tanto era grande.
All'ingresso c'e' una reception alla quale bisogna lasciare un documento e il tesserino di iscrizione a Princeton, niente di più semplice.
Subito dopo mi addentro in un corridoio dalle miriade di stanze a destra e a sinistra. Ogni stanza è preceduta da una targa contrassegnata da un'enorme lettera. Ad intuito capisco che le stanze sono suddivise in base alla lettera iniziale dei nomi degli autori.
Proseguendo lungo il corridoio mi accorgo che ogni sei stanze c'è un'aria dedita alla lettura o alla scrittura dato che è ammobiliata con divanetti, poltroncine ed enormi tavoli in legno. Noto con piacere che pullula di persone impegnate nella lettura, quasi isolate nel loro mondo. Bene, un pò di pace per me.
Sprofondo in una poltrona comodissima e prendo uno dei libri di letteratura. Alla mia terza pagina vengo distratta da una voce che ho imparato a conoscere. Accidenti a me e alla mia curiosità. Alzo lo sguardo e vedo chiacchierare il professor Bexter con una dipendente, tendo le orecchie magari apprendo qualcosa su di lui che mi può servire per la mia vendetta.
"Nevill, grazie ancora qui ci sono i libri e i codici di registrazione, tra poco ho la lezione non saprei come riporli in così poco tempo" dice commiserevole alla povera ragazza che pende dalle sue labbra. Ma come fa? Riesce ad incantare chiunque quel tizio lì, nei corridoi di Princeton gira voce che molte muoiano dietro lui e che alcune addicano fantomatiche scuse per avere un colloquio post lezione.
"Ora è meglio che vada, grazie ancora Nevill" conclude sornione. La ragazza si limita ad ammirarlo e salutarlo con un cenno del capo.
Abbasso velocemente lo sguardo sul libro, sperando che non mi noti invece mi nota, eccome.
"Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la dritta via era smarrita.." recita appena mi è vicino. " Adoro la profondità dei versi di Dante. Non trova anche lei un parallelismo con la vita reale?" continua con voce vellutata che inspiegabilmente mi crea imbarazzo. No, no, no. Non posso farmi distrarre dal nemico, anche se è un professore sexy, dai capelli perfettamente in ordine e gli occhi splendenti.
"Trovo che la vita reale sia fatta d'altro, Mr. Bexter" rispondo risoluta. "E di cosa, Miss Downey?. Ma non doveva andare via? Perché si ostina a mettermi in imbarazzo?
"Di persone, di vite di tutti i giorni, di sogni, di speranze e anche se amo Dante temo che fosse solo la sua splendida immaginazione" dico lasciandomi un pò andare. Lui rimane evidentemente senza parole. Bene, uno ad uno.
All'improvviso sembra farsi serio e dice in tono imperativo "nell'altra ala del palazzo c'è una stanza dedicata ai critici del capolavoro Dantesco, le mostrerò qualche libro così potrà valutare meglio e approfondire l’argomento e forse capirà che in realtà non era solo immaginazione.. quando finirà la sua ultima lezione, può raggiungermi, io sarò là. Le raccomando di seguire le lezioni, potrebbero esserle d'aiuto" conclude saccente e come al solito va via, sfuggente. Quest' uomo è proprio un bel mistero e disgraziatamente per lui, io amo risolvere i misteri..
 
SPAZIO AUTRICE:
Vi piace il professor Bexter?  Beh non è di certo un tipo che scopre subito le carte in tavola..per quello c’è da aspettare, sebbene lungo il cammino seminerà indizi..ma Cloe riuscirà a coglierli? Lo scopriremo insieme se deciderete di seguirmi in questa nuova avventura. Ah dimenticavo, recensite e fatemi sapere la vostra! Bacio, Fra
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Meetings -PART 1- ***


                                                                                                           3
                                                                                               Meetings   -PART 1-

Mi ritrovo a contare i minuti che mi separano dalla fine di questa lezione ma il professore di statistica e analisi dei dati non ne vuole proprio sapere di concludere la sua brillante spiegazione. Sono impaziente di vedere cosa ha da mostrarmi Bexter.
Dovrebbe essere l'ultimo dei miei pensieri ed invece è il primo.
Dopo quasi mezzora "Mr so tutto io" ci saluta invitandoci a comprare l'e-book del suo libro, il primo di una sfilza.
-Bene, ora sono libera- è l'unica cosa che riesco a pensare. Raccolgo le mie cose e mi dirigo a spasso spedito verso la biblioteca.
Cos'è quest'ansia che sento?
Varco l'entrata secondaria che mi conduce direttamente alla stanza indicatami da Bexter. Più che una stanza sembra un'immensa sala rettangolare, riempita di scaffali pieni zeppi di libri polverosi. Non vi sono posti a sedere e ogni scaffale è posto perpendicolare all'altro. Tra uno scaffale e l'altro vi è un'enorme scala che arriva fino al tetto così da consentire di prendere i libri posti nelle estremità più alte. Al contrario delle stanze poste nell'altra ala del palazzo, queste sono decisamente più trascurate.
Stranamente a primo acchito non vedo nessuno, così decido di dare un'occhiata addentrandomi tra gli scaffali. Impiego meno di un minuto a trovare Bexter. E' intento a sfogliare un vecchio libro e non sembra nemmeno accorgersi che lo sto fissando a pochi passi da lui. Se non provassi un certo astio nei suoi confronti direi che è terribilmente affascinante assorto com'è dal libro. Il ciuffo ribelle ricade sugli occhi, mentre la camicia bianca dalle maniche risvoltate lo fa sembrare un ragazzino.
Fingo di tossire per attirare la sua attenzione e mi avvicino di un passo a lui.
"Salve Mr.Bexter" dico imbarazzata. Mi domando perchè mai dovrei esserlo.
Lui alza gli occhi dal libro e mi fulmina con il suo sguardo languido. "Salve a lei Miss Downey"  dice abbozzando un sorriso.
Mi fa cenno di seguirlo e ci dirigiamo verso un altro scaffale dove mi indica una serie di libri particolarmente vecchi e malandati "prendi i testi di Boccaccio e Petrarca, sono stati trai primi critici della Commedia e del suo autore, io ti raggiungo tra poco"  dice scomparendo dal mio raggio visivo.
Comincio a frugare scrupolosamente tra quei vecchi tomi. Sono animata da una strana curiosità, afferro il primo libro e lo apro facendo scorrere velocemente le pagine, adoro il profumo dei libri datati.
Sto per prendere l'altro tomo quando sento una presenza alle mie spalle. Un brivido mi percorre la schiena. "Questo è il tomo che preferisco" dice Bexter sfiorandomi la mano che tiene il libro.
Mi giro lentamente e ci ritroviamo a pochi centimetri di distanza. Ha un profumo inebriante e un viso d'angelo. Accoppiata micidiale, cazzo.
Lo vedo deglutire e in un lampo cambia espressione. I suoi tratti assumono un'espressione dura. "Leggili e poi esponi la tua opinione in una sintesi, la valuterò come prima prova. Consegnala al mio ricevimento giovedì" dice autoritario.
Tutto qui? Rimango delusa e non capisco il perchè. Afferro i libri e corro via lasciandolo immobile.
Sono le quattro e un quarto del pomeriggio e sono incavolata nera. Non c'è male come primo giorno di college..ho consegnato in ritardo i moduli di iscrizione alle attività extracurriculari, ho saltato una lezione e ho intrapreso una sorta di sfida del cazzo con un professore. Brava Cloe, davvero geniale.
Percorro il giardino che dalla biblioteca porta all'uscita principale di Princeton, devo tornare a casa; magari mangerò della cioccolata e guarderò un vecchio film.
"Cloe Downey" dice il ragazzo di fronte a me. Lo riconosco subito, è il figlio di un caro amico di mio padre. "Bernard Whiston" faccio eco io.
"Sei cresciuta" nota con piacere il mio interlocutore. Gli rivolgo un sorriso di circostanza, per l'ovvietà della sua constatazione.
"A quanto pare frequentiamo lo stesso college" dice lui continuando la saga delle ovvietà.
"Pare di si" rispondo concisa. Saranno passati quasi dieci anni dall'ultima volta che avevamo parlato, non so come approcciarmi con lui. L'ultima volta che l'avevo visto non era così spigliato. Ricordo un bambino troppo alto per la sua età, con un viso particolare e due spalle enormi. Mi viene da ridere al pensiero di noi due che giocavamo. Devo dire che con gli anni si è trasformato decisamente in un bel ragazzo. 
"Allora Cloe ti va di andare a prendere qualcosa da bere stasera? Abbiamo tante cose da raccontare. Dieci anni sono tanti" dice, rivolgendomi un sorriso sincero.
Certo che accetto mio caro Bernard devo assolutamente togliermi di dosso il malumore che mi ha provocato quell'arrogante, lunatico e pazzoide di Bexter.
"Passa a prendermi alle dieci" rispondo risoluta.
"Ci vediamo dopo cake" dice, alludendo all'orrendo soprannome che mi aveva affibbiato quando ero piccola.
"A dopo" ribatto secca. Dietro l'angolo ad aspettarmi la bmw nera e George, il mio autista.
Non appena apro la porta del mio appartamento vengo avvolta da un profumino delizioso, un profumo che riconoscerei tra mille altri in quanto ha accompagnato la mia infanzia e la mia adolescenza. Andavo ghiotta di torta di mele e Camille questo lo sa. La preparava quando ero triste perchè avevo tutto ma in realtà non avevo niente. Mi mancava l'affetto sincero e presente di un genitore e la stabilità di una famiglia attorno. In quei momenti c'era lei, la mia dolce Camille con la sua torta di mele fumante e un abbraccio bonario.
"Camille sono a casa" annuncio.
"Cloe, tesoro come è andata la prima giornata di college"? disse accogliendomi.
Per l'ennesima volta mi trovo a rispondere alla stessa domanda che tutti mi pongono da un giorno intero ma dopotutto è Camille a porgermela quindi non mi arrabbio e le rispondo raccontandole per sommi capi la mia prima giornata a Princeton.
"E questo professore è carino?" chiede curiosa. Esito nel darle una risposta. Si che è carino, fin troppo direi.
"Si più o meno" rispondo vaga, addentando la mia prima fetta di torta di mele.
Camille sa quando non deve insistere così cambia argomento chiedendomi del mio appuntamento con Bernard.
"Andremo a bere qualcosa, non preoccuparti starò attenta e poi conosci Ben, non farebbe mai nulla di male" la rassicuro.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Meetings -PART 2- ***


                                                                                                          4
                                                                                            Meetings   -PART 2-

"Cake sei uno schianto" commenta gradasso Ben.
"Bernard Whiston smettila di chiamarmi cake o ti giuro che ti mollo un ceffone" dico sorridendo al mio amico.
"Hey Downey, sei più tosta di quanto ricordassi" ammicca Ben, spintonandomi.
"Dove andiamo? Ho proprio intenzione di divertirmi stasera" dico spavalda.
"Vicino la facoltà c'è un pub, è frequentato da studenti e insegnanti di Princeton. E' proprio un bel posto fidati" conclude.
Raggiungiamo a piedi il Prince pub in pochi minuti. L'ambiente è caldo e accogliente. Ci sediamo e ordiniamo due birre alla cameriera bionda che Ben continua a fissare.
"Allora Ben dieci anni sono tanti, cosa hai da raccontare alla tua vecchia amica"? dico distraendolo.
"Cake ops scusami Cloe, devi sapere che quando me ne andai da Hamilton, dieci anni fa avevo una cotta per te. Niente di serio si intende. Ero poco più che un bambino ma tu rappresentavi una figura importante, una delle poche amiche che avevo. Eri un vero maschiaccio ricordi?" ride sonoramente.
"Come dimenticarlo, arrossisco ancora al pensiero di quei pantaloni che una volta ti rubai" commento ironica.
"Fu un vero trauma vederteli addosso" ribatte Ben.
"Sai in questi dieci anni sono stato in giro per il mondo. Londra, Parigi, Berlino,Roma. Ho frequentato diverse scuole ed ho avuto tante relazioni sbagliate che mi hanno portato a desiderare di tornare a casa, alle mie origini e così eccomi qua.. Tu che mi racconti principessa"?
Mi ritrovo a non sapere cosa rispondere. Lui ha chiaramente vissuto la sua vita, io mi sono limitata a sottostare ai voleri di mio padre e di mia madre, a volte anche discordanti tra di loro. Scuole, compagnie, viaggi tutto deciso da loro. Io ero solo il burattino, loro i burattinai del mio destino. A volte mi ritrovavo a mentire per poter fare ciò che volevo e frequentare chi volevo.
"Io ho frequentato le migliori scuole, ho viaggiato e studiato diverse culture e non ho avuto relazioni scandalose" faccio una pausa "a parte una, Carlos" mi correggo.
"Carlos il figlio del giardiniere"? chiede divertito Ben.
"Si" rispondo imbarazzata.
"Wow quando vi ho lasciati, era un bambino anche lui. Come sei finita tra le sue braccia"? continua a domandare curioso.
Sarà la quarta birra che bevo, sarà che finalmente rivedo una persona cara ma la mia lingua non ha più freni. Inizio a raccontare dall'inizio senza alcun pudore.
"Io e Carlos siamo stati amanti per tre anni. La prima volta che siamo andati a letto insieme io avevo quindici anni e lui sedici. Ero tornata da poco dalle vacanze estive con mamma negli Hamptons, puoi immaginare il mio stato d'animo. Lei e il suo compagno non hanno fatto che tubare tutto il tempo. Sembravano dei ragazzini e allora non mi andava giù" comincio a raccontare.
"Ero incazzata con il mondo intero, sai l'adolescenza! L'unico che sembrava capirmi e ascoltarmi era Carlos. Ci incontravamo di nascosto dietro la dependance, stavamo ore a chiacchierare e a baciarci senza sosta. Poi un giorno i baci non furono più abbastanza e finimmo per fare l'amore. E' con lui che ho perso la mia verginità" concludo il mio discorso ma Ben sembra intenzionato a saperne di più.
"Perchè è finita"?
"Dopo tre anni di sotterfugi, di paura di essere scoperti e di tensioni il nostro amore, se così si può chiamare, non ha retto alla pressione. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata Princeton. Carlos odiava pensare ad un rapporto a distanza, nonostante mancasse un anno alla mia partenza. Da un giorno all'altro è diventato sempre più freddo, i nostri incontri non contenevano altro che sesso, zero parole e niente dolcezza" concludo sospirando. Ho vuotato il sacco con Ben e mi sento meglio.
"Cloe, tu provi ancora qualcosa per lui? Vi vedete ancora?" chiede premuroso il mio amico.
"No Ben, il nostro amore si è logorato nel tempo. Lui continua ad abitare nell'ala del palazzo dei dipendenti ma ormai ci ignoriamo. Prima di partire per Princeton l'ho visto baciare una ragazza" dico rammaricata.
La sesta birra comincia a dare i suoi primi effetti, accidenti credo di avere esagerato. Mi gira la testa e credo di avere le allucinazioni perchè al bancone sembro scorgere il professor Bexter. -Ci mancava solo lui-penso avvilita.
Mi avvicino al bancone mentre Ben ha attaccato bottone con la cameriera bionda.
Riconosco la chioma folta e il profumo inebriante. E' seduto di spalle e sorseggia un bicchiere di whiskey da solo.
Ormai non più freni inebitori e con una sfrontatezza inaudita mi siedo nello sgabello accanto al suo.
"Un whiskey doppio anche per me grazie" cinguetto.
Il barman mi guarda divertito e mi serve quanto gli ho chiesto.
Bexter lentamente si gira verso di me e esclama "signorina Downey non dovrebbe bere così tanto alla sua età".
Ma chi si crede di essere? Avrà giusto dieci anni più di me ma è pur sempre un ragazzo.
Odio quel suo fare da professorino sapiente.
"Io penso che lei non dovrebbe dire certe cose invece, si faccia gli affari suoi" dico decisamente ubriaca mentre scolo l'ultimo goccio di whiskey.
Vedo il suo viso rabbuiarsi e di colpo chiede al barman di servirgli un altro drink.
"Come mai è solo"? chiedo sfacciatamente, ormai non so più trattenermi.
"Credo che valga anche per lei la regola di farsi gli affari propri non crede signorina Downey"? uno a zero, un punto ancora per lui. Dannazione non so cosa rispondere, ho la mente offuscata e l'istinto malsano di tappargli quella bocca con un bacio. Sfinirei le sue labbra di baci. Hanno un aspetto invitante, sono carnose e sembrano morbide.
Diamine devo smetterla di pensare a lui in questi termini, è il mio professore.
"Colpita e affondata" rispondo mentre mi alzo barcollando. Sto per cadere a terra ma per fortuna Bexter ha i riflessi pronti e mi attira a se evitandomi una brutta caduta.
"Gra-grazie" balbetto confusa ad un palmo dal suo viso.
Di nuovo quell'espressione dura si impossessa del suo viso e in un attimo mi lascia, adagiandomi sullo sgabello.
"E' qui con qualcuno"? chiede scontroso. Volgo uno sguardo furtivo a Ben, sembra divertirsi con la cameriera bionda, non mi va di rovinargli la serata.
"No" mento spudoratamente.
"Bene, l'accompagno a casa in queste condizioni non può andare da nessuna parte" conclude. In un attimo mi cinge la vita e mi trascina fuori.
"Dove abita?" chiede mentre avvia la macchina
"Su Princeton Boulevard" dico sfinita.
Durante il tragitto in macchina non proferiamo parola, per fortuna abito nelle vicinanze del pub così arriviamo in men che non si dica.
Bexter mi cinge la vita un'ennesima volta mentre mi accompagna al portone del mio palazzo elegante. Credo mi piaccia sentirlo così vicino, la sua presa è forte e decisa. Per un attimo i miei pensieri diventano poco limpidi mentre lo immagino in situazioni più intime. Mi mordo il labbro, sarà l'alcol ma vorrei si fermasse a baciarmi e invece quando tiro fuori le chiavi si congeda all'istante "arrivederci signorina Downey" dice.
Non riesco nemmeno a centrare la serratura e brontolo. Poi in un attimo tutto è confuso, mi si annebbia la vista e l'istinto più convenzionale quando si beve tanto ha il sopravvento. Risultato? Bexter mi tiene la testa mentre vomito fino alo sfinimento.
Riesce a sfilarmi le chiavi dalle mani e apre il portone, poi mi prende in braccio e con l'ascensore saliamo al piano che gli ho indicato: il quarto.
Quando arriviamo davanti all'enorme porta, mi mette giù e prende le chiavi, con abilità apre la porta e mi riprende in braccio per il breve tragitto verso la mia stanza.
Mi adagia lentamente sul letto e mi libera dagli stivali. Riesco a sentire il suo respiro affannato per la fatica.
"Professor Bexter"? mugugno.
"Si"? risponde lui.
"Grazie" riesco a dire finalmente.
"Prego signorina Downey ma stia attenta la prossima volta" mi bacchetta severo.
Ecco, la parte da professorino che odio.
"Lei è sempre così freddo"?
Cosa diamine mi salta in mente? Non posso credere alle mie orecchie. Maledetto alcol.
"Mi scusi Professore, non intendevo dire quello che le ho detto" preciso in fretta.
"E cosa voleva dire signorina Downey"? incalza lui.
"Niente mi scusi io non dovevo.." arrossisco impercettibilmente. 
Sembra irrigidirsi, "arrivederci" dice solamente.
No, non posso lasciarlo andare via così. Mi rialzo barcollando dal letto e lo raggiungo parandomi davanti a lui.
"Che ci fa qui? Torni a letto" dice in tono risoluto.
"Perchè? Non mi può dare mica ordini.." lo sfido guardandolo dritto negli occhi.
La testa continua a girarmi e sento le forze venire meno.
"Signorina Downey, io le consiglio di tornare a letto, il mio compito è finito" e fa per andarsene. Ora o mai più.
In un lampo mi fiondo sulle sue labbra. Le desidero da quando l'ho visto la prima volta.
Riesco ad assaporarle qualche secondo poi lui mi respinge accigliato.
"E' impazzita?" urla fuori di sé ma io io non mi arrendo.
"Perchè non le piaccio"? chiedo maliziosa.
"Lei dovrebbe bere di meno, si ricordi che io sono il suo professore" dice lui esasperato.
"Qui dentro non sei il mio professore. Qui dentro siamo Cloe e Adam, che c'è di male"?
Se avesse voluto sarebbe andato via subito e invece era ancora fermo ad ascoltare i discorsi di una ragazza ubriaca. Motivo per cui continuo imperterrita.
"Non risponde? Come mai non trova le parole? Di solito è sempre pronta a dire la sua" rincaro la dose.
"Tu non mi conosci. Sei solo una ragazzina viziata che vuole ottenere tutto come sempre" sentenzia.
"E' vero io non la conosco ma mi piacerebbe farlo" e intraprendente faccio scivolare via una bretellina del mio vestitino.
"Dimmi che non ti piaccio nemmeno un pò e smetterò all'istante. Puoi essere sincero, domani non ricorderò nulla" concludo speranzosa.
Vedo le sue mani stringersi a pugni, è in difficoltà.
Tutto ad un tratto lo sento avvicinarsi al mio orecchio e sussurrare gelido "tra di noi non accadrà mai niente se lo metta in testa".
Resto immobile a fissarlo mentre va via furioso, sbattendo la porta.
Lacrime copiose inondano il mio viso, mi adagio sul letto e con le poche forze rimaste mando un sms a Ben.
Il giorno seguente salto accuratamente la lezione di Bexter non avrei il coraggio di guardarlo negli occhi dopo ieri sera ma so che non posso sottrarmi dal leggere i libri su critici della Commedia e cosa più deprimente consegnarglieli insieme alla mia sintesi, giovedì a ricevimento.
Durante la pausa tra una lezione ed un'altra mi siedo nel mio angolino sotto l'albero del primo giorno e inizio a leggere. Inutile dirvi che la concentrazione è poca, tutti i miei pensieri sono rivolti a ieri sera. Tiro fuori il cellulare e trovo un messaggio di Ben.
"Ci vediamo a pranzo al Prince Bar, novità scottanti. Urge aggiornamento".
Abbozzo un sorriso e riprendo la mia lettura.

ANGOLO AUTRICE: Eccoci al 3/4 Capitolo.. la situazione comincia a delinearsi pian piano.. cosa avverrà nel prossimo capitolo? beh non vi resta che seguirmi :P  ps: qualche recensione? mi farebbe piacere!! seguitemi.. alla prossima..penso non troppo tardi!! Xo Xo Frà

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Anxiety ***


                                                                                                        5
                                                                                                    Anxiety

                                                                                                                                                                
-Non devo più bere, non devo più bere, non devo più bere- continuo a ripetere mentalmente mentre mi avvio al Prince bar; inconsciamente accompagno le parole al gesto di picchiettarmi la testa, riuscirò a inculcarmelo nella zucca vuota che mi ritrovo? Ben mi attende fuori con il suo zainetto mono spalla e un'enorme felpa grigia che risalta la sua corporatura possente.
"Cosa diavolo è successo ieri sera? Sei sparita e poi mi mandi un messaggio per niente convincente" attacca subito.
"Buongiorno anche a te Ben" ribatto sarcastica.
"Cake non prendermi in giro, sputa il rospo" continua imperterrito.
"Quante volte ti devo dire di non chiamare con quell'orrendo soprannome dai entriamo a mangiare un boccone, a stomaco pieno sarà più facile raccontare" deglutisco.
***
"Non ci posso credere? Davvero hai tentato di sedurre il professor Bexter?" Ben non riesce nemmeno a parlare, le risate fragorose glielo impediscono.
"Non c'è niente da ridere Ben, se non gli interessavo non mi avrebbe accompagnata a casa e non sarebbe restato a parlare con me" sbuffo.
"Si dice che Bexter abbia un debole per le donne mie cara, non montarti la testa" dice scherzoso quello scemo del mio amico.
"Allora io non sono tra le sue preferite perché non mi ha sfiorato nemmeno con un dito" dico sconsolata e ferita nel mio orgoglio di donna "non che lo volessi, la mia era solo una provocazione e per giunta ero ubriaca" aggiungo subito.
Lui inarca un sopracciglio e poi scoppia a ridere nuovamente. Comincio ad odiarlo.
"Smettila di ridere! Piuttosto a te com'è andata con la biondina"? chiedo curiosa, adesso tocca a lui vuotare il sacco.
"Direi piuttosto bene, ho fatto canestro mia cara" e nel pronunciare quelle parole mima il gesto della palla con le mani.
"Sei disgustoso" concludo lanciandogli uno sguardo divertito.
Mentre faccio ritorno nella mia dimora, inizio a sentirmi stupida nel ripensare alla sera prima. Mi lascio scappare un sospiro profondo. Ho combinato proprio un bel pasticcio, ma non posso rovinare la mia carriera universitaria per uno stupido sbaglio. Giovedì andrò al ricevimento e farò finta che non sia successo niente. Non male come piano, no?
Stranamente trovo la casa deserta, non vi è nessuna traccia di Camille. Sarà tornata a casa. Entro in cucina e trovo un foglio sul tavolo "tesoro sono dovuta tornare a casa, Jerry mi attende con ansia, non si può mica lasciarlo troppo tempo da solo!? Sai che combina..ho lasciato cibo pronto in frigo. Basta riscaldarlo in microonde. E' abbastanza per un'intera settimana. Tornerò domenica. Buona settimana piccola mia. Tua Camille".
Sono felice di avere Camille al mio fianco, ve l'ho già detto? Beh lo ripeterei all'infinito. Lei e Jerry in molte occasioni hanno sostituito i miei veri genitori dimostrandosi sempre all'altezza. Peccato che tutto quell'amore non hanno potuto donarlo anche a dei figli loro,Jerry infatti non può averne.
Lo squillo del cellulare interrompe i miei pensieri -ci risiamo- penso. Chi sarà mai?
Lancio una rapida occhiata al display e sbuffo.
"Mamma" rispondo fredda.
"Cloe, scricciolo come stai? Come sta andando a Princeton? Ieri sera avrei voluto chiamarti ma Marco ha insistito tanto affinché lo accompagnassi ad una delle sue noiose cene di lavoro.." si giustifica lei, forse per attenuare il suo senso di colpa.
"Non preoccuparti mamma, qui sta andando tutto bene. Adoro Princeton e poi ho incontrato Ben, Ben Whiston. Sono felice di averlo rivisto, sai? Abbiamo ripreso la nostra amicizia ed ho qualcuno in carne ed ossa con cui parlare."
"Fantastico tesoro" esclama lei con sincerità. Poi continua "ricordo quanto eravate legati tu e Bernard e non può che farti bene avere un amico a fianco" conclude materna.
"Eh già! Ora devo andare mamma, vado a studiare i primi libri che ci hanno assegnato" -che mi ha assegnato- avrei voluto dirle, riferendomi chiaramente a Bexter. Avevo meno di un giorno e mezzo per leggere i due libri e scrivere la mia sintesi a riguardo.
"Ok tesoro, buono studio ci sentiamo domani"
"A domani mamma" concludo, pigiando il tasto rosso per chiudere la chiamata.
Mi armo di buona volontà e comincio a studiare senza sosta. L'ambiente calmo e silenzioso di casa mia favorisce la concentrazione e così riesco a terminare un libro.
Quando alzo lo sguardo verso l'orologio appeso alla parete mi accorgo che sono già le dieci di sera e ancora non ho cenato. Rimedio subito, tirando fuori dal frigo uno di quei piatti che mi ha cucinato Camille.
Dopo aver mangiato mi sdraio sul mio letto a baldacchino esausta.
Afferro il cellulare che ho precedentemente impostato sulla modalità silenziosa e trovo due messaggi di Ben. In entrambi mi invita ad uscire per una serata all'insegna del divertimento che secondo la sua visione equivale al rimorchiare qualcuno e portarselo a letto. No, non fa per me. Mi e' bastata la figuraccia con Bexter.
Compongo in fretta il numero di Ben, conoscendolo non si accontenterebbe di un semplice rifiuto tramite sms e continuerebbe a inondarmi di messaggi con la speranza di stressarmi a tal punto da accettare.
Dopo il secondo squillo sento la sua voce pimpante "Cake che fine hai fatto? Ti sto venendo a prendere. Si e' aperto un nuovo pub in centro, me l'ha detto Jill, la cameriera biondina" esordisce lui evidentemente già su di giri. Mi dispiace smorzare il suo entusiasmo ma non ho nessuna voglia di uscire.
"Ben frena. Dove stai andando? Io non ho nessuna voglia di uscire. Ho studiato tutto il pomeriggio, giovedì ho la consegna" dico fiacca.
"Cloe non puoi abbandonarmi. Ho bisogno di te, non riuscirò a reggere Jill e i suoi amici per un'intera serata" ribatte sconsolato.
"Ben credimi non posso. Non sono in vena di uscire. Ho ancora parecchie cose da studiare. Ti prometto che mi farò perdonare" dico frettolosamente.
"Ok, ok. Mi arrendo. Sappi che dopo la consegna del compito al tuo amato professorino mi devi un'uscita!" conclude ironico.
"Non è il mio amato professorino e smettila di prendermi ancora in giro per quella storia. A domani e non fare il cascamorto con le altre, perlomeno non davanti a Jill" rido di gusto.
"A domani Cake, tranquilla cercherò di tenere a bada i miei bollori".
Mi ritrovo a sorridere immaginando la scena di Ben che finge di essere un santo davanti a Jill. Il mio amico è proprio un grande stronzo. Lo dico con affetto, si intende.
Poco dopo mi rannicchio sotto le coperte e tiro fuori il secondo libro.
Quando finisco di leggere sono già le due, il mio corpo e la mia mente reclamano il meritato riposo che gli spetta. Chiudo il libro e mi addormento all'istante.
Mercoledì passa in fretta tra nuove lezioni e momenti dedicati alla stesura della mia sintesi. Anche Ben è indaffarato con lo studio e riusciamo a vederci per poco tempo, giusto il necessario per accompagnarmi a casa e raccontarmi che è finito di nuovo a letto con Jill e ora la poverina comincia a fantasticare su un ipotetico futuro insieme.
"Quando metterai un pò di giudizio in quella zucca vuota?" lo ammonisco in tono scherzoso mentre apro la serratura della mia abitazione.
"Dai Cake, sai come sono fatto. Non riesco ad impegnarmi seriamente con nessuna" dice scanzonato mentre mi schiocca un bacio in guancia.
Rido di gusto, Ben è proprio buffo. E' rimasto il bambino di allora, nel corpo di un ragazzone alto un metro e novanta circa. E' sempre premuroso con me. Da quando ho rifiutato di avere un autista al seguito, praticamente è lui che mi scorazza in giro per la città. Mio padre ha accettato la mia decisione di buon grado solo perchè conosce Ben e la sua famiglia e sa che non mi farebbe mai del male.
"Notte rubacuori" dico prendendolo in giro.
"Notte seduttrice di professori" risponde a tono lui.
Quella notte sono inquieta, mi giro e rigiro milioni di volte nel letto. Non faccio che pensare all'incontro dell'indomani con Bexter. So che è una semplice consegna ma non riesco a non pensare al suo viso, in questi giorni l'ho evitato come la peste. O forse è lui che ha evitato me. Ripensando a quello che sarebbe potuto succedere se solo lui avesse ceduto, sono scossa da un brivido lungo la schiena. No, no, no mi dice la ragione.
Si, si, si mi dice il mio pessimo istinto mosso dall'incredibile attrazione che provo per Bexter nonostante il suo carattere. Mi sembra di essere tornata di colpo adolescente, non vedo l'ora di vederlo e fremo al pensiero di parlargli nuovamente.
Mi abbandono al sonno quando ormai fuori albeggia ma sono sicura che non arriverò in ritardo in facoltà per nessun motivo al mondo.     

SPAZIO AUTRICE: Salve a tutti i lettori di questa storia :) allora, stiamo imboccando la via che ci condurrà al cuore vero e proprio della storia. Come avrete di certo notato, Ben sta acquisendo sempre maggiore importanza nella vita di Cloe, nei panni del migliore amico è un po buffo ma le vuole veramente bene. Il nostro amato? professor Bexter non si è visto in giro.. nel prossimo capitolo lo rivdremo e mi fermo qui altrimenti rivelo troppo!! continuate a seguirmi se vi va, non chiedo più di recensire perchè vedo che non va a molti. Vi lascio con un immagine di Ben (come immagino che sia) credo proprio che gradirete :) 

        Photobucket" target="_self">Photobucket" />                                                                                 Photobucket

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Nel mezzo del cammin' -PART 1- ***


                                                                                                                     6
                                                                                             Nel mezzo del cammin’ –PART 1-

E' proprio nei momenti come quello che sto per vivere io che si ha bisogno di un'amica. Non di una qualsiasi, la migliore.
Quella che ti conosce fino in fondo, quella che sa scavare tra i tuoi sbagli per trovare qualcosa di positivo, quella che non ti giudica, ti abbraccia.
In una parola:Joy.
Cavolo quanto mi manca se ci fosse lei al mio fianco non proverei quest'ansia soffocante perchécon la sua voce riuscirebbe a placare le mie paure.
Ma lei non c'è e cosa più assurda, è all'oscuro di tutto. Non abbiamo avuto modo di parlare in questo periodo, travolte dalle rispettive nuove vite.
Cammino lungo il corridoio e poi svolto a destra, pochi passi e sono davanti alla porta di Bexter. Sono titubante, non so se bussare o aspettare che lui esca.
Decido che è più opportuno bussare, non posso aspettare all'infinito, non con quest'ansia che mi attanaglia lo stomaco.
Dopo il primo colpo di nocche alla porta, la sua voce suadente mi invita ad entrare.
Quando mi vede comparire da dietro la porta sembra avere un sussulto e la sua espressione si acciglia. Mi fa cenno di accomodarmi e mi siedo titubante.
Sento il viso avvampare e non riesco a guardarlo in faccia per la vergogna, il pensiero dell'altra notte è ancora vivido.
"Ecco io.. Beh vede le ho portato la mia sintesi e i due libri" esordisco imbarazzata.
Lui non sembra scomporsi e prende con un movimento repentino i fogli dalle mie mani. Il suo sguardo passa a setaccio le mie righe, una dopo l'altra.
Quando anche l'ultima riga è letta, alza lo sguardo su di me.
"Credo che lei abbia talento, signorina Downey è innegabile. Venga con me" dice alzandosi in modo brusco dalla sedia. Lentamente fa il giro della scrivania e in un attimo è proprio di fronte a me e mi porge una mano per farmi alzare.
A contatto con la sua mano sento un brivido percorrermi la schiena. Dove mi sta portando? Non tardo a capire che stiamo andando in direzione della biblioteca e lui continua a tenermi per mano, sicuramente non ci avrà fatto caso.
Solo quando entriamo in biblioteca mi libera dalla sua presa e va incontro alla ragazza con cui l'avevo visto parlare qualche giorno prima, mi sembra di ricordare il suo nome, Nevill per l'appunto. Appena lo vede le si illuminano gli occhi. Perché fa questo effetto alle donne? Beh forse perché è paurosamente bello e intelligente, accoppiata difficile da trovare al giorno d'oggi. -E anche il tuo professore- aggiunge la mia coscienza che  sembra avere pareri discordanti.
La povera Nevill sembra pendere dalle sue labbra e prende in consegna i libri che le ha portato, quelli della mia sintesi per intenderci. Poi la saluta cortese e mi fa cenno di seguirlo.
Passo davanti alla ragazza che mi scruta guardinga e raggiungo Bexter in una stanza vuota di libri. Sembra un salotto della Parigi del 1800, luogo d'incontro di molti letterati.
E' finemente arredato. Alle pareti ci sono quadri di dimensioni enormi che rimango ad osservare affascinata.
"Le piacciono?" dice Bexter indicandomi con lo sguardo i quadri che continuo a fissare. La sua voce vellutata mi riporta sulla terra, nel 2012, in quel salotto.
"Li trovo bellissimi" mormoro, contemplando anche lui.
"Sono opere di immenso valore, come vede. Credo siano state una donazione di qualche ricca famiglia." dice trasognato e per poco sembra aver abbandonato quell'aria da saputello.
Mi lascio cadere su una poltrona proprio di fronte a lui e attendo che mi parli, ha l'aria di chi vuole dire qualcosa di importante.
Spero con tutta me stessa non voglia accennare all'altra sera, sarebbe imbarazzante.
"Bene" si schiarisce la voce.
"Signorina Downey, lei si chiederà il perché di quest'incontro" continua evidentemente nervoso. Annuisco semplicemente. Dove vuole arrivare?
"Mi premeva dirle che apprezzo molto il suo modo di scrivere, il suo pensiero è brillante, devo ammetterlo.Come avrà capito, ammiro il sommo poeta e i suoi scritti. Sto scrivendo un libro su di lui. E' un lavoro lungo ed estenuante, devo lavorare sodo e in più la mia cattedra qui a Princeton mi occupa gran parte del tempo. Ho bisogno di qualcuno che si affianchi a me nel lavoro di ricerca, qualcuno valido. Qualcuno che ami la letteratura quanto me, qualcuno disposto a sacrificare delle ore per leggere dei testi ed estrapolarne la vera essenza. Lei mi è parsa la più adatta a ricoprire questo ruolo, fermorestando che non deve tralasciare le lezioni e lo studio. Se deciderà di accettare, ci riuniremo tutti i pomeriggi utili in cui lei non ha lezione, escluso il finesettimana" conclude impassibile.
Sono totalmente sorpresa dalla sua richiesta. Mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio per celare l'imbarazzo. Vorrei accettare subito ma una parte di me, forse quella più razionale, pensa non sia una buona idea. Quella parte di me insinua che accetterei quell'incarico anche per altri motivi, non proprio legati all'ambito universitario. Scuoto la testa per destarmi da quei pensieri.
Ce l'avrei potuta fare.
Perché precludermi una tale opportunità?
"Si, accetto" dico decisa.
"Bene, apprezzo molto la sua volontà. Cominciamo pomeriggio stesso dato che non ha lezioni"
"Si" rispondo perplessa. Punto di domanda. Come fa a sapere che non ho lezioni? Mistero. Quest'uomo è un mistero. Un bellissimo e affascinante mistero.
"Perfetto. Per non destare sospetti o invogliare inutili dicerie le chiederei di incontrarci nella biblioteca comunale di Princeton alle quattro in punto. Territorio neutro" dice carezzevole.
"Certo" è l'unica cosa che riesco a dire prima che lui si alzi e se ne vada ravvivandosi i capelli con una mano.
Devo assolutamente avere il parere di Ben.
Il telefono squilla a vuoto un paio di volte, poi la voce del mio amico mi giunge all'orecchio "Ca-ke".
"Ben, oddio che voce. Sembri venuto dall'aldilà" commento
"Cake sono le dieci del mattino dell'unico giorno in cui non ho lezioni e pretendi di trovarmi sveglio? ribatte bacchettandomi.
"Hai ragione scusami, non ho pensato potessi dormire" dico mortificata.
"Cake, suvvia non penserai mica che mi sia arrabbiato? Mi ricordo benissimo dell'incontro con il tuo professorino. Aspettavo una tua chiamata"
"Mi hai fatto prendere un colpo. Pensavo fossi arrabbiato sul serio." dico tirando un sospiro di sollievo.
"Naaa. Allora? Bando alle ciance. Racconta" mi ordina lui.
"Mi ha proposto di diventare la sua assistente in un progetto privato. Sta scrivendo un libro su Dante e vuole che lo aiuti con le ricerche e i libri. Mi ha chiesto di vederci al di fuori della facoltà, nella biblioteca comunale" racconto tutto ad un fiato.
"Mia cara devi aver fatto colpo. Scommetto c'entri poco il libro su Dante, vuole vederti al di fuori della facoltà, è chiaro" dice lui convinto.
"Credi davvero? Io non ci scommetterei, sembrava abbastanza distaccato e professionale e non ha menzionato nulla sull'altra sera."
"Io credo che sia solo una scusa per vederti. "
"No, non penso. Chiudiamo il discorso, tra poco ho lezione di diritto commerciale e non mi va di fare tardi. Ci vediamo a pranzo da me?" chiedo
"Ovvio" risponde Ben.
Chiudo la chiamata e mi dirigo verso l'aula 111.
Riesco a seguire la lezione nonostante continui a pensare alla proposta di Bexter e alle parole di Ben a tal proposito. Cerco di raccogliere le idee. Accidenti perché mi sono messa in questa situazione?
Mentre mi lascio alle spalle l'aula, tiro fuori il mio I-pod. Le note di all the right moves dei One republic mi invadono. Canticchio mentalmente ogni singola parte di quella canzone, la adoro.
Controllo l'orologio, sono le dodici e trenta in punto. Ho giusto il tempo di passare a fare la spesa. Non me ne voglia Camille e la sua cucina squisita ma oggi voglio cucinare io, indipendentemente da quello che ne verrà fuori. Povero Ben, sarà la mia cavia.
Entro distrattamente in un mini market su Princeton Boulevard, a pochi passi da casa mia. Il proprietario mi rivolge un sorriso di cortesia che ricambio con entusiasmo. E' molto alto e magro, sulla trentina -l'età di Bexter- penso. Mi mordo l'interno della guancia volutamente per quel paragone a dir poco inutile e mi concentro sulla spesa.
Esco fuori carica di buste, mi sono lasciata decisamente prendere la mano. Ho deciso di preparare degli involtini di carne accompagnati da un purè di verdure.
Rimpiango per qualche secondo di non avere un mezzo di trasporto a seguito. Se mi vedesse mio padre, così affaticata dal peso di quelle enormi buste, direbbe che sono incoerente nel voler condurre una vita senza agi nonostante ne avessi in realtà bisogno.
Quando sono davanti al portone, lascio cadere dolcemente le buste a terra e prendo fiato.
Menomale che hanno inventato gli ascensori, dopo aver fiondato le buste dentro, mi godo un ulteriore minuto di riposo. Non sono mai stata capace di fare grandi sforzi fisici, non eccedevo nemmeno nello sport nonostante i miei mi avessero iscritta nelle migliori scuole di danza o mi avessero fatto praticare tutti gli sport possibili dal polo al golf, tanto per citarne alcuni tra i più improbabili.
Dopo aver sistemato la spesa, mi metto all'opera.
Il profumo che aleggia in cucina è delizioso. Sto morendo di fame e Ben è in ritardo. Decido di ingannare l'attesa guardando un po' di tv. Scopro con piacere che danno le repliche del mio telefilm preferito,Veronica Mars. Ho visto quelle puntate tante di quelle volte che riesco ad anticipare i dialoghi dei personaggi. E poi amo Logan Echolls, lui e il suo fascino proibito.
I miei pensieri vengono interrotti dal suono del videocitofono, è Ben!
Lo aspetto sulla soglia e lui in pochi minuti si materializza di fronte a me.
"Ce l'hai fatta finalmente! Ma dove diavolo eri finito?" chiedo dandogli una pacca affettuosa.
"Cake, siamo ufficialmente parte integrante della facoltà. Ora l'anno universitario può avere il suo vero inizio." afferma allegramente. Lo guardo torva, non capisco cosa vuole dirmi ma sento che non è nulla di buono.
"Cake mi sono ufficialmente iscritto alla confraternita dei Lions ed ho parlato di te alla presidentessa delle Gazelles che ha una certa sintonia con il sottoscritto. In poche parole sei dentro anche tu." dice raggiante.
"Oddio, temo di non avere capito, cosa hai fatto?"
"Ti ho praticamente aiutata ad entrare nelle Gazelles solo con la mia buona parola, niente prove." ammette divertito
"Hey, un momento. Non sembri entusiasta" continua sconvolto.
Monto su tutte le furie e gliene canto quattro.
"Ben, sei impazzito? Io non voglio assolutamente entrare a far parte delle Gazelles.
Non avrei nemmeno il tempo necessario per frequentarle capisci?" pian piano il mio tono si ammorbidisce notando la sua espressione cupa.
"Credevo di farti un bel regalo e invece ho combinato un casino. Domani Jiselle vuole conoscerti" confessa, facendo gli occhi dolci.
"No, no. Non tentare di forzarmi usando le tue tattiche persuasive. Non funzionano" ribatto ma dentro di me so già che mi ha convinta. Lui continua imperterrito il suo giochino e più lo guardo, più mi lascio intenerire.
"Ok, hai vinto. Solo un incontro, le dirò che ti sei sbagliato e che non ho tempo. Ora fila dentro, il mio stomaco brontola" concludo ormai rassegnata.
 TO BE CONTINUED...

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Nel mezzo del cammin' -PART 2- ***


                                                                                                    7
                                                                         Nel mezzo del cammin' -PART 2-

Usciamo di casa qualche ora dopo. Ben è soddisfatto del pranzo che gli ho preparato e canticchia una canzoncina mentre mi accompagna in biblioteca.
Quando arriviamo, lo noto subito. Indossa una camicia nera e un paio di jeans scuri. Ha in mano una cartelletta e un giubbino. I suoi occhi azzurri, guizzano veloci da me a Ben e poi tornano a guardare un punto indefinito.
Saluto Ben e mi avvio all'entrata.
"Salve professor Bexter" esordisco.
 Lui si volta verso di me e sfodera un sorriso che stende ogni mia capacità cognitiva.
"Puntualissima. Mi piace" mormora sornione.
Resto in silenzio, sono in evidente stato di imbarazzo.
"E' meglio se entriamo o si farà tardi. Non vorrei approfittare della sua buona volontà" continua. Sa di avere il gioco in mano. Tra noi due, è in netto vantaggio. Divento paonazza, spero non noti le mille tonalità di rosso che colorano le mie guance in questo momento. So benissimo che stiamo solamente collaborando ad un progetto e che se va bene al massimo avrò qualche ringraziamento stampato ma non riesco a rigettare del tutto l'idea che infondo non gli sono indifferente.
Per tutto il pomeriggio non fa altro che darmi titoli di libri da cercare e autori da ricercare in qualche banca dati. Il ritmo è abbastanza serrato, quasi non mi guarda in faccia e a stento mi parla. Per un attimo lotto contro me stessa e la voglia di andare via ma vedendo l'impegno e la passione che Bexter mette in ogni cosa cambio idea.
Dopo quattro ore di intenso lavoro, decidiamo di smettere e tornare a casa. Sono gia' le otto di sera e fuori è buio. Accidenti sono esausta.
Bexter si affianca a me all'entrata, per un attimo ci sfioriamo nel tentativo di uscire allo stesso momento dalla porta.
"Scusi" si affretta a dire
"Non si preoccupi, prego passi avanti. Io temo di dover aspettare il mio amico che come al solito è in ritardo" sbuffo.
"Magari se n'è dimenticato. Posso darle un passaggio? Conosco la strada.." dice, allusivo.
Deglutisco e a fatica lo guardo negli occhi. Colpo basso.
"Quando mi servirà, ricorderò di chiederglielo Mr. Bexter, ne stia certo" rispondo poi risoluta.
Il suo sguardo è profondo, senza più traccia di sarcasmo. Lo vedo avvicinarsi sempre di più a me e sporgendosi in avanti mi sussurra all'orecchio "insisto, non è cortese lasciarla aspettare da sola."
Lo guardo sbattendo le palpebre, non so cosa rispondere. Ben ma dove sei? Accidenti.
"Si" la mia voce suona stridula anche alle mie orecchie.
"Mi segua, la macchina si trova nel parcheggio interno" dice lui, ritornando in modalità iceberg. Lo seguo senza fiatare mentre mando un sms a Ben <Perché non sei mai puntuale? Un giorno me lo spiegherai. Bexter mi da un passaggio. Ci sentiamo dopo.>
Nel frattempo arriviamo all' utilitaria di Bexter. Da vero gentiluomo apre la portiera e mi fa accomodare sul sedile a fianco al suo.
Sembra tranquillo nonostante il suo viso presenti i segni della stanchezza. Accende la radio, il tragitto per arrivare a casa mia da dove ci troviamo adesso è più lungo rispetto all'altra sera e sarebbe imbarazzante stare in silenzio.
Le note di It's my life di Bon Jovi invadono l'abitacolo ad un volume decisamente alto.
Bexter si precipita ad abbassarlo.
"Scu-scusi è solo un vecchio cd che ascolto a tutto volume" mormora imbarazzato. Lancio una rapida occhiata al suo viso, non l'ho mai visto abbassare le difese, sembra disorientato.
"No, lasci pure. Mi piace questa canzone" dico, bloccando la sua mano che sta per cambiare cd. Il contatto con la sua pelle mi provoca una strana scossa emotiva.
I suoi occhi azzurri e profondi ora sono puntati su di me, ho la sensazione che anche lui abbia provato la stessa cosa. Reggo il suo sguardo e per una frazione di secondo vorrei poter abbattere le barriere che ci sono tra di noi, gli schemi sociali da mantenere e gli anni di differenza per assaporare un'altra volta quelle sue labbra carnose e rosse. Sono tremendamente imbarazzata dalla direzione che hanno preso i miei pensieri e distolgo lo sguardo dal suo. In quel momento il mio cellulare comincia a squillare. Lo afferro all'istante e il nome di Ben fa capolino dal display. Scuoto la testa e riattacco.
"Non risponde?" dice lui all'improvviso.
"Non è importante, richiamerò dopo". -Ma cosa ti importa?- lo fulmino dentro di me.
"Magari il suo amico vorrà dirle qualcosa di importante"
Sgrano gli occhi avendo cura di nascondere la sorpresa per la sua sfrontatezza, girandomi verso il finestrino.
"Ben saprà aspettare. Dopotutto siamo quasi arrivati" farfuglio.
"Ben è il suo fid.." non riesce a completare la frase notando il mio disappunto. A che gioco sta giocando? Gli interessa veramente la mia vita sentimentale? Eppure è stato lui a rifiutarmi quando senza freni inibitori mi ero proposta. Ok, non ero nelle mie piene facoltà mentali ma lui non ha più accennato a quella sera. Mi ha sempre trattato con distacco.
"Mi scusi, sono stato imperdonabile" farfuglia confuso e di nuovo rosso in viso.
"Siamo arrivati" dico non appena intravedo il mio palazzo, tirando un sospiro di sollievo.  "Grazie del passaggio" dico sbrigativa.
"Prego" mormora lui ancora scosso.
Mentre mi siedo comodamente sul divano tiro le somme del pomeriggio appena trascorso. Mi impongo di non rimuginare troppo sopra a quanto è accaduto, infondo è stato solo un pomeriggio di lavoro.
Non ho tanta fame e così dopo la doccia decido di mettermi comoda sul mio letto a baldacchino. Prendo il mio Mac e comincio a scrivere, mentre ascolto della musica, tutto ciòmi rilassa e io ne ho decisamente bisogno.
Dopo un paio d'ore sento la stanchezza pervadermi e mi abbandono alle braccia di Morfeo.
Il suo del cellulare mi fa svegliare all'improvviso. Sono le due del mattino e non ho la più pallida idea di chi possa avere tanta urgenza di parlarmi. Mi tremano le mani e vengo assalita da una strano senso di angoscia.
Leggo il messaggio tutto d'un fiato e ne resto sconvolta. Ben.
 
SPAZIO AUTRICE:
Eccoci di nuovo qui..innanzitutto mi scuso per il ritardo, per cause di forza maggiore non ho potuto pubblicare prima, compenso con il pubblicare ben due capitoli di seguito! ANYWAY cosa avrà combinato Ben stavolta? E Cloe cosa deciderà in merito alle Gazelles? E per finire, il nostro caro Bexter cosa vorrà esattamente dalla nostra Cloe? Beh per questo e molto altro seguitemi nel prossimo capitolo  Xo Xo Fra
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** The accident ***


                                                                                                                        8
                                                                                                               The accident

Corro senza fermarmi ormai da parecchio tempo. Sono trafelata, ho il fiatone e una maledetta paura. Ben ha avuto un incidente stradale.
So che ha perso i sensi ma che si è ripreso subito dopo. E' stato lui a scriverlo nel messaggio che mi ha mandato all'incirca mezzoretta fa.
E' all'ospedale centrale di Princeton e dovrà restarci per accertamenti tutta la notte. Mi ha chiesto di restare a tenergli compagnia e senza pensarci due volte sono corsa da lui.
Quando arrivo al pronto soccorso una signora in camice bianco mi accoglie.
"Sto cercando Bernard Whiston, ha avuto un incidente. Devo vederlo" dico tremante.
"Signorina stia calma. Lei è Cloe Downey?" chiede materna.
"Si, sono io" rispondo stupita.
"Il signor Whiston ha chiesto di lei. Vuole che l'accompagni nella sua camera, mi segua".
Ed io la seguo, ansimante per la fatica e la paura.
"Ecco siamo arrivati" dice lei, spalancando la porta della camera di Ben.
Lo trovo disteso a letto, intento a giocare con il suo smartphone.
Constatare che non è ferito gravemente mi riempie di gioia e tiro un sospiro di sollievo.
"Ben"
"Cake, finalmente! Sei più lenta di una lumaca!"
Rido, rido di gusto. Mi sento sollevata, il mio caro Ben non ha subito traumi. Riesce perfino a prendermi in giro, come fa sempre.
"Brutto testone quante volte ti ho detto di non correre?"
"Cake questa volta io non c'entro niente. Un ragazzino ha perso il controllo della sua auto ed è venuto a fiondarsi sulla mia. Per fortuna ho sterzato in tempo, ma non ho potuto evitare un muretto di mattoni rossi" conclude il mio amico.
"Cosa ti hanno detto i medici?"
"Non mi hanno detto niente che già non sapessi. Trauma cranico e qualche ematoma sparso per il corpo, proprio alla vigilia del mio appuntamento con Jiselle. Questa non ci voleva"  mormora.
"Sei incredibile Ben. Hai avuto un incidente e l'unica cosa a cui riesci a pensare è il tuo appuntamento di domani con quella Jiselle? E poi scusa non sta mica scritto da qualche parte che deve vederti nudo" lo bacchetto.
"Suvvia Cake.. Sai come sono fatto. Amo le donne, amo la reazione che il mio corpo provoca su di loro. Ma sfortunatamente in questo momento temo che l'unica reazione che riuscirei a provocare sarebbe quella di farle scappare a gambe levate. Praticamente ho tutto il corpo pieno di brutti lividi, guarda" dice lui, alzandosi la t-shirt.
"Ok ok ho capito, tira giù quella t-shirt. Piuttosto vedi di riposare, io mi adagio su questo lettino accanto" lo ammonisco.
"D'accordo mammina"
"Scemo"
"Bigotta"
"IO. Sarei cosa?"
"Sei una piccola pudica e bigotta" ribatte lui, canzonatorio.
"Non direi proprio. Pomeriggio avrei volentieri sbottonato la camicia di Bexter. Contento?" confesso, quasi a volergli dimostrare che non sono pudica, ne tanto meno bigotta.
"Uh uh uh. Mi sono perso qualcosa?"
"Niente di niente. E' una persona complicata. Un attimo prima è freddo e autoritario, l'attimo dopo mi chiede se tu sei..ecco.." mi interrompo per l'imbarazzo.
"Il tuo ragazzo?" completa lui.
"Si" annuisco.
"Cake, è chiaro come il sole che gli piaci"
"No, per nulla. Oddio quest'uomo mi manda in tilt. E' sbagliato Ben, capisci? E' il mio professore santo cielo. E' un uomo più grande di me, di almeno dieci anni" mugugno isterica.
"E tu non saresti una piccola pudica e bigotta?" mi prende in giro.
Gli lancio un'occhiataccia e mi adagio sul lettino accanto a quello suo.
Durante tutta la notte, il via vai dei medici non mi permette di chiudere occhio, in compenso i risultati delle analisi e della tac non sono per nulla negativi e questo mi rincuora.
L'indomani accompagno Ben a casa mia, il dottore gli ha ordinato tanto riposo e "servizio in camera" come ha scherzosamente aggiunto poi, così ho preferito cedergli una delle mie stanze vuote e la mia cara Camille che dovrebbe arrivare a momenti.
"Ben io vado in facoltà, oggi fortunatamente ho solo due ore di lezione" dico al mio amico mentre afferro la mia tracolla.
"Ok, non dimenticare di incontrare Jiselle alle 11.30 al Princebar" mi urla lui non appena arrivo alla porta di casa. Oddio, Jiselle! Me ne sono dimenticata. Ho un aspetto terrificante. Il viso pallido come un cencio e delle brutte occhiaie nere a contornarmi gli occhi. Non ho avuto nemmeno il tempo di acconciare quella massa incolta che sono diventati i mie capelli per via dell'estenuante nottata in ospedale.
Entro in aula e mi siedo in ultima fila. Sono esausta e temo di potermi addormentare durante la lezione. Fortunatamente il professore di economia finanziaria ha un tono di voce alto e squillante, impossibile addormentarsi, anche volendo. Facendo un piccolo sforzo riesco anche a prendere appunti.
Quando la lezione termina, rimetto l'I-pad nella tracolla e mi avvio al Princebar.
Jiselle è comodamente seduta in uno dei divanetti in fondo alla sala. Impossibile non notarla. Viso di porcellana e capelli lunghissimi e biondissimi, morbidi sulle punte.
Comincio a rimpiangere di non aver speso tempo a dare un ordine ai miei capelli arruffati e raccolti in uno chignon improvvisato.
"Ciao, tu devi essere Jiselle" dico impacciata davanti a lei.
"Ciaaao Cloe, giusto?" mi accoglie lei, alzandosi.
"Già" farfuglio imbarazzata da tanta esultanza.
"Ben mi ha parlato molto di te, sono sicura che ti troverai bene con noi"
"Ehmm Jiselle, io ti ringrazio è un onore per me essere invitata a far parte delle Gazelles ma temo di non avere tempo a disposizione. Ben se ne sarà dimenticato, che sbadato" concludo.
"No, non puoi rifiutare. La tua tessera è pronta, le consorelle ti aspettano stasera al Pind" cinguetta lei.
"Temo di dovervi deludere, non cre.." non riesco a terminare la frase perché Jiselle mi fulmina con lo sguardo.
"Cloe, non farti pregare. Sarei felicissima venissi anche tu stasera. E' un'ottima occasione per rimorchiare ragazzi" dice strizzandomi l'occhio.
"Io.."
"Ti prometto che se stasera non ti divertirai, sarai libera di non frequentare più le Gazelles, parola di presidentessa" afferma, portandosi la mano destra sul cuore.
"D'accordo, vi raggiungo al Pind"
"Siii" saltella, poi aggiunge "Salutami Ben, poveretto stasera non potrà partecipare, mi ha raccontato dell'incidente. Spero si rimetta presto"
"Non preoccuparti, giusto un paio di giorni e tornerà come nuovo" le dico mentre faccio per andarmene.
Poco dopo sono a casa, avvolta dal tepore di una cioccolata calda che gusto insieme a Ben e a Camille.
"Allora, che impressione hai avuto di Jiselle?" mi chiede subito Ben.
"E' proprio una brava ragazza. E' stata veramente gentile nei miei confronti. Pensa, mi ha invitata alla loro riunione al Pind stasera, nonostante io abbia rifiutato più volte"
"Maledetto incidente, non ci voleva. Stasera ti divertirai stanne certa" sbuffa Ben.
"Cloe tesoro, come pensi di raggiungere il locale?" si intromette bonariamente Camille.
"Prenderò un taxy, dato che la macchina di Ben è inutilizzabile al momento" concludo lanciando un'occhiataccia al mio amico.
Scoppiamo tutti a ridere e so già che non sarà poi così male questo pomeriggio.

SPAZIO AUTRICE:
Buonasera miei cari lettori silenziosi e non!! Ho trovato un buco di tempo per pubblicare questo capitolo, prometto che non aspetterete tanto per il prossimo e sarà moooolto succulento! Nel frattempo godetevi questo!! Xo Xo Frà

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Changing -PART 1- ***


                                                           9
                                    Changing –PART 1-

Mi guardo allo specchio contrariata. Indosso un vestitino verde bottiglia con un'evidente scollatura dietro che mi lascia la schiena scoperta. E' stato Ben a consigliarmi di indossarlo, affermando che il verde mi dona molto. Il mio parere è totalmente discordante dal suo, più mi guardo e più vorrei indossare un semplice paio di jeans.
"Basta rimuginare Cake. Sei uno schianto" dice il mio amico.
"Non mi sento a mio agio nei panni della femme fatale" scherzo, ancheggiando davanti allo specchio.
"Muoviti o farai tardi, le Loubotin nere sono vicino l'armadio"
"Ma sono altissime" protesto.
"Cake un bel paio di scarpe alte rendono il tutto più appetitoso" dice ironico Ben, strizzandomi l'occhio.
Gli tiro un cuscino in piena faccia, a volte è proprio superficiale.
"Tesoro il taxy è arrivato" la voce di Camille interrompe sul nascere una guerra di cuscini tra me e Ben, so che se non fosse arrivata, lui non avrebbe esitato a ricambiare il mio gesto.
"E' arrivata l'ora di andare" dico ad alta voce quasi a voler convincere me stessa.
"Buona serata Cake. Salutami Jiselle, dille che ci vedremo presto" ammicca Ben.
"Ok, scappo" rispondo, schioccandogli un bacio in fronte come si fa con i bambini.
"Camille tienilo d'occhio" dico infine.
"Non preoccuparti ci penso io al signorino" risponde scherzosamente Camille.
"So badare a me stesso" ribatte Ben facendo roteare gli occhi e sbuffando sonoramente.
Mentre mi allontano da loro comincio ad essere assalita dal dubbio sulla buona riuscita di questa serata. Non conosco nessuno e di certo non sono molto simpatica a primo acchito. Sarà davvero un'impresa.
Il taxy mi lascia all'indirizzo che gli ho fornito. Mi guardo intorno e pochi metri avanti scorgo il famigerato Pind, il locale alla moda per eccellenza,come suggeriva la pubblicità sul sito internet da cui ho ricavato l'indirizzo.
Ci sono un centinaio di persone in fila che attendono pazientemente di entrare, rimango di sasso. Non avrei mai creduto di trovare così tanta gente.
Mi avvicino giusto un pò e noto che c'è un entrata alternativa a quella principale.
Sopra campeggia una piccola insegna a Led con su scritto:
 -ENTRATA CONFRATERNITE-.
Stretta nel mio cappottino di panno mi avvio circospetta verso quell'entrata dove ad attendermi c'è un uomo sulla quarantina, grande e grosso e vestito di nero. Suppongo sia il buttafuori. Ha un I-pad in mano che continua a guardare ogni qual volta entra qualcuno. Chiaro avrà una lista con i nomi degli invitati..
E' il mio turno e imbarazzata farfuglio il mio nome.
"Prego Miss Downey si accomodi" fa cenno il buttafuori dopo aver rigorosamente controllato che il mio nome fosse in quella lista..
"Grazie" dico mentre lo scanso per poter entrare.
Il locale è affollato e chiassoso pieno di ragazzi e ragazze che sembrano appena usciti da una copertina di Vogue. Mi sento leggermente fuori posto.
"Cloooe" sento una presa sul braccio e mi giro di scatto.
E' Jiselle in tutta la sua bellezza stile Barbie.
 -Ha perfino un vestitino rosa confetto- mi trovo a pensare, ridendo per l'ovvietà di quell'accostamento.
"Ciao Jiselle" grido per farmi ascoltare in tutto quel frastuono.
Di rimando lei sorride e mi prende la mano farfugliando qualcosa di incomprensibile al mio povero orecchio.
Ci facciamo strada in mezzo alla folla scalmenata e raggiugiamo un angolo dove vi sono due grandi tavolini rotondi e bassi.
La musica sembra più lontana e sento chiaramente Jiselle presentarmi ad una ventina di persone come l'ultimo loro acquisto. Faccio una risatina forzata e con un cenno della mano saluto tutti.
"Ciao bellezza" dicono in tanti. Oddio dove sono capitata?
"Questa è la tua tessera. Se accetterai di entrare a far parte delle Gazelles, ti servirà come pass per entrare dovunque tu voglia. Con questa, la città è ai tuoi piedi" dice allegra mentre sventola la card sotto il mio naso.
"Grazie, come ben sai io non ho ancora deciso quindi non mi sembra il caso me la consegni stasera" farfuglio imbarazzata.
"Tesoro, stasera ne farai uso e poi capirai di cosa parlo esattamente" risponde lei in tono trionfante mentre mi porge nuovamente la tessera.
Il mio sguardo smarrito attira un ragazzo dall'aria intelligente -strano- per il posto in cui mi trovo.
"Se vuoi mi offro io come cicerone, sono ancora sobrio e nelle mie piene facoltà mentali" dice il ragazzo avvicinadosi e mostrando i suoi denti perfetti in un sorriso di porcellana.
"Ti ringrazio ma non vorrei approfittare della tua gentilezza" mormoro intimidita dal Ken che ho di fronte.
"Nessun disturbo. Mi chiamo Gregg Collins" dice tendendomi la mano.
Gli rivolgo un sorriso, mi sta simpatico. Incredibile ma vero, qualcuno lì dentro mi sta simpatico.
"Piacere Gregg, io sono Cloe" rispondo stringendo la sua mano con vigore.
"Vieni ti mostro il locale e ti spiego come funzionano le cose nella confraternita" dice fa cendo cenno di seguirlo. Lo seguo curiosa.
Ci addentriamo sempre di più nel locale, è immenso. Lui mi indica con un dito un punto lontano e mi dice all'orecchio per farsi sentire "laggiù in fondo c'è la parete di vetro".
Lo guardo smarrita, lui sembra capire il mio disorientamento e continua entrando nel dettaglio. "La parete di vetro separa il locale in due zone, quella delle confraternite e quella degli studenti non iscritti alle confraternite, professori o semplicemente ragazzi di Princeton che vengono a ballare qui" conclude.
Annuisco semplicemente e lo seguo mentre ci avviamo al bancone.
"Fai vedere la tessera al barman, ti servirà ciò che vuoi e in modo totalmente gratuito" dice urlando per farsi sentire sopra quel chiasso.
All'improvviso il ricordo della sera in cui mi sono ubriacata offrendomi poi a Bexter, si fa vivo e arrossisco impercettibilmente. Sono tremendamente indecisa se bere o meno.
"Allora Principessa, ce l'hai o no la tessera?" mi urla contro il barman. Che cafone.
"Eccola". La mia voce risuona sprezzante e decisa. Spero di non cacciarmi nei guai.
"Cosa desidera?" fa eco lui.
"Vodka lemon senza ghiaccio, grazie" dico autoritaria.
Accidenti, Jiselle aveva ragione, quella tessera conferisce privilegi e rispetto. Il barman dopo averla vista ha improvvisamente cambiato tono ed ora mi serve il cocktail augurandomi perfino una buona serata. Wow, sono senza parole.
"Visto? Semplice no?" la voce di Gregg mi riporta sul pianeta terra.
"Già" rispondo semplicemente mentre inizio a sorseggiare il mio drink.
E' la fine.
Un'ora dopo ho già bevuto quattro cocktails con l'effetto di essere allegra e simpatica con quelli della confraternita. Mi è stato spiegato che in quella bolgia infernale non ci sono solo le confraternite di Princeton ma anche quelle delle università vicine.
Il mio cicerone, Gregg, infatti non frequenta Princeton ma un'università vicina di cui non ricordo più il nome.
"Sono curiosa di vedere l'altra sala" grido all'orecchio di Gregg.
"Certo, andiamo pure. Devi sapere che chi ha la tessera può visitare entrambe le sale, mentre quelli dell'altra sala non possono sostare nella nostra" dice sorridendo in modo esagerato, evidentemente su di giri anche lui.
Sono euforica anche se mi gira leggermente la testa. Ho come la sensazione di vederci doppio. Mi aggrappo al braccio di Gregg che si fa spazio tra la folla e mostrando le tessere entriamo nella sala "no confraternite".
Le luci stroboscopiche illuminano a tratti la folla, colorandola di verde, giallo e rosso.
Ci avviamo al centro della pista da ballo, facendoci largo a gomitate tra la folla impazzita. Non avevo mai visto tante persone accalcate in quella maniera in vita mia.
Tutti sembrano divertirsi o forse è quello che vedono i miei occhi da ubriaca.
Sento l’adrenalina salire e mi lancio in un ballo sensuale e lento, a tempo con il remix di Candy shop di 50Cent  che il dj ha messo su.
Gregg mi guarda lascivo, sembra mangiarmi con gli occhi e si morde il labbro carnoso.
Lo vedo avvicinarsi lentamente, sempre più vicino. Mi da uno strattone e sento il suo corpo contro il mio.
“Mi gira la testa” farfuglio con fare da civettuola. Odio me stessa in queste condizioni.
“Anche a me gira tutto, mi va di baciarti” dice improvvisamente lui.
Una strana sensazione di panico mi assale e un campanello di allarme risuona incessantemente nella mia testa. Starò facendo la cosa giusta?
“Non credo sia una buona idea, siamo entrambi ubriachi” riesco a dire.
“Hai ragione, ti bacerò da sobria e sarai tu a chiedermelo” si pavoneggia lui.
Scoppiamo a ridere entrambi, tanto che mi vengono i crampi allo stomaco.
“Sarà meglio che andiamo nell’altra sala, non mi piace questo dj” afferma lui non appena finiamo di ridere.
“No, dai. Restiamo un altro po’” mugolo.
“No. Andiamo” dice lui facendosi improvvisamente serio.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Changing -PART 2- ***


                                                                                                   10
                                                                                   Changing -PART 2-

Resto sbalordita da questo suo cambiamento repentino. Decido di non seguirlo e lascio cadere il mio braccio dalla sua presa.
“Non fare la testarda, vieni” continua con un filo di irritazione nella voce.
“Mi sembra che la signorina non voglia seguirlo. Non insista” la voce ovattata di Bexter mi giunge all’orecchio come una melodia storpiata.
“E tu chi sei?” chiede Gregg rivolgendosi a Bexter.
“Lascia perdere Gregg andiamo” dico interrompendo il loro scambio di battute.
Lui si gira verso di me chiedendo: “E’ per caso un tuo parente, tuo zio?”
Vedo Bexter accigliarsi e temo il peggio.
“Sono un suo vecchio amico, la lasci stare” ordina perentorio.
Non so come gestire la situazione e la presenza di Bexter complica alquanto le cose.
Ha una camicia bianca con il colletto sbottonato e un sotto un paio di pantaloni grigi. Oddio oggi è ancora più bello del solito.
“Non voglio grane. Ti aspetto nell’altra sala, quando vuoi” dice infine Gregg alzando le mani in segno di resa. Tiro un sospiro di sollievo anche se il peggio non è ancora passato. “Che ci fa lei qui?” grido all’orecchio di Bexter, sfiorandogli i capelli con il naso. Hanno decisamente un buon profumo, inebriante.
“Anche io ho una vita sociale, non crede?” risponde lui ironico. E per la prima volta vedo un sorriso sano e genuino increspargli le labbra. Sono in evidente stato confusionale e i miei occhi non riescono a fare a meno di indugiare sulla sua bocca, così carnosa.
Deglutisco e arrossisco al contempo, per i pensieri peccaminosi che sto facendo su di lui. Mi sembra di rivivere la scena dell’altra volta.
 “Perché si è intromesso?” chiedo curiosa, ormai a limite della sfacciataggine.
“Troppe domande, non crede sia meglio che torni a casa a riposare?” dice lui, sfuggente.
“Credo sia meglio ritornare di là, ecco cosa credo” dico seccata.
Ma come si permetteva? Non aveva il diritto di dire quelle cose. Gli do le spalle e mi incammino verso la porta dell’altra sala.
Dopo pochi secondi mi sento sfiorare una spalla. Quel contatto sulla pelle nuda mi provoca brividi di piacere. Mi giro di scatto, so già che è lui.
“Ancora lei professore?” pronuncio l’ultima parola con maggiore enfasi.
“Non puoi andare nell’altra sala in queste condizioni” mi intima lui.
“E chi me lo impedisce?” ribatto furente.
“Venga la riaccompagno a casa”
“Non ha risposto alla mia domanda” mi impunto.
“Se serve a farle evitare qualche brutto guaio, allora glielo impedisco io” afferma .
Quest’uomo non finisce mai di stupirmi, lo guardo spazientita.
Sembra sinceramente preoccupato, glielo leggo negli occhi, anche se devo fare uno sforzo enorme per concentrarmi e focalizzarlo.
“Perché ti intrometti nella mia vita?” gli urlo contro non rendendomi conto di essere passata dal “lei” informale al “tu”.
“Signorina Cloe, lei non sta bene” ribatte fermo sebbene nella sua voce colgo una vena di preoccupazione.
“Sei TU quello che non sta bene. Lei, lei..mi confonde” ecco, ho appena fatto una brutta figura. Non riesco nemmeno a mantenere un registro linguistico formale o informale per più di un morfema.
“Quanto hai bevuto?” chiede lui, passando al famigerato “tu”.
“Cosa le importa?” farfuglio frastornata.
“Mi importa” ammette lui vago e a testa bassa.
Quell’ammissione mi manda in solluchero. Gli sorrido compiaciuta.
“Andiamo a prendere le tue cose di là, ti riaccompagno” dice infine autoritario, con un timbro di voce basso, intenso. Mi sento vibrare.
Mi faccio spazio tra la folla mentre lui mi segue vigile.
Mostro la tessera al buttafuori che mi lascia passare, Bexter è piantonato accanto al buttafuori e mi guarda fino a quando non sparisco nuovamente in mezzo alla folla.
“Cloe, allora dove eri finita?” mi assale Jiselle allegramente.
“Ho incontrato un amico” mento spudoratamente. Se vedesse che sto andando via con Bexter lo riconoscerebbe per certo.
“Uh uh stai andando via con lui? dice, facendomi un cenno d’intesa.
“Ecco..io.. si sto andando via con lui. mi riaccompagna a casa” dico imbarazzata, raccogliendo le mie cose.
“Te l’ho detto che ti saresti divertita e avresti rimorchiato. Allora sei dei nostri?” chiede speranzosa.
Sarà l’alcol, sarà la felicità per quelle due paroline che Bexter mi ha detto ma sento che non può andare così male.
“Si” rispondo abbracciandola. Mi stupisco di me stessa. Sotto la mia corazza infondo c’è una persona sensibile e simpatica. Chi l’avrebbe mai detto?  Non finiamo mai di conoscerci, ogni giorno è una continua sperimentazione del nostro essere.
Esco dalla sala confraternite e ritrovo Bexter ad aspettarmi. Ha indossato un cappotto nero  e una sciarpa grigia con delle righine nere che gli dona un fascino particolare, tenebroso.
Usciamo dal locale e respiro a pieni polmoni l’aria fresca della sera. Che dico, della notte. Sono le tre di notte.
L’effetto dell’alcol sembra essersi affievolito e comincio a sentire nuovamente i miei freni inibitori impossessarsi di me. Provo imbarazzo e mi ammutolisco.
Lui sembra molto serio in viso, gli occhi azzurri sono concentrati sulla strada, stiamo andando verso il parcheggio.
Quando raggiungiamo la sua utilitaria ho un déjà-vu e il ricordo di quella sera in cui mi sono lasciata guidare dall’istinto e dall’alcol fa nuovamente capolino. Accidenti, sono ubriaca e lui mi sta salvando come la scorsa volta.
Percorriamo un paio di km rigorosamente in silenzio. Vorrei potergli parlare, vorrei mi dicesse che tiene a me come ha fatto prima al Pind. E vorrei che mi baciasse, perché la tensione che avverto è insopportabile.
“Non accompagnarmi a casa. Andiamo a mangiare qualcosa di calorico. Ti va un cheeseburger?” dico improvvisamente. Mi sto rendendo conto di non conoscermi affatto, non sapevo di essere così intraprendente.
Lui sgrana i grandi occhi azzurri e si porta i capelli all’indietro. Ho l’impressione di averlo messo in crisi.
“Si, Cloe” dice semplicemente ma basta per far fare al mio cuore due capriole e un doppio salto con avvitamento. Le mie orecchie stentano a crederci, mi ha chiamata con il mio nome, senza quel fastidiosissimo appellativo di signorina.
“Conosco un posto un po’ fuori città, dovrebbe essere aperto e fa degli ottimi cheeseburger” mormora lui.
“Perfetto” strillo entusiasta.
Dopo un bel po’ di km arriviamo in questo famigerato posto. Mi pare di scorgere l’insegna “Ed’s dinner”.
E’ un locale stile anni 50’ con poltroncine e divanetti in pelle rossa. C’e’ perfino un jukebox.
Bexter mi precede e fa cenno alla cameriera di preparare un tavolo per due.
Ci accomodiamo su un divanetto e guardiamo il menu.
“Due cheeseburger” ordina non appena la cameriera torna con il suo block-note.
“Lunedì ho lezione di pomeriggio, temo di ritardare” butto lì due parole per iniziare la conversazione.
“Non preoccuparti, mi raggiungi appena finisci” risponde lui serio.
“Ma è la tua lezione” ribatto divertita dalla sua mancanza di memoria.
Scoppiamo a ridere entrambi di gusto.
“Hai ragione, che sbadato”  dice lui ancora rosso in viso per il precedente momento di ilarità.
Nel frattempo arriva la nostra ordinazione e iniziamo a mangiare con calma i panini.
Parliamo così tanto e fitto fitto che non ci accorgiamo che sono già le quattro e mezza.
“Signori vogliate scusarmi ma stiamo per chiudere” ci dice la cameriera con evidente imbarazzo. Non so se è dovuto alla sua richiesta implicita di andarcene o al fascino di Bexter. Quest’ultimo lo subiscono in tante, compresa me.
Lui paga il conto e lascia una mancia generosa alla cameriera che gli sorride apertamente. Che sfacciata.
Giriamo l’angolo e stiamo per avviarci in macchina quando di colpo lui si ferma e mi guarda intensamente. L’atmosfera è decisamente cambiata. Il mio respiro accelera così come i mie passi verso di lui. In un attimo siamo avvinghiati l’uno all’altra. Sento la sua bocca carnosa che cerca costantemente la mia in un turbinio di emozioni. Non saprei descrivere cosa provo in questo momento. La voglia di lui, del proibito si mescolano lasciando poco spazio alle riflessioni.
Ci dividiamo dopo una manciata di minuti, riprendendo fiato.
Lui apre la portiera della macchina e mi fa accomodare.
Durante il tragitto vige un religioso silenzio, nessuno dei due accenna a quanto successo poco prima.
Quando arriviamo dinnanzi casa mia lui si gira impercettibilmente verso di me e mormora “Buona notte Cloe”
Non riesco a capire il suo comportamento ma decido di ignorarlo. Sono troppo stanca per discuterne.
“Buona notte Adam”.
Il suo nome riempie l’abitacolo della macchina e mi rimbomba nelle orecchie quando provo a chiudere occhio nel mio letto a baldacchino.
 
SPAZIO AUTRICE: Buona sera lettori, come promesso ecco questo immenso capitolo che per comodità ho diviso in due parti. Cambiamenti è il titolo che ho voluto dare perché la trama subisce un notevole cambiamento e d’ora in poi le cose prenderanno nuove e inaspettate pieghe. Non mi resta che augurarvi buona lettura.
A presto
 Xo Xo Fra.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Post ***


                                                                                                    11
                                                                                                  Post

E' una bella mattinata oggi. Un sole tiepido filtra i suoi raggi attraverso le fessure delle mie finestre. Sento quasi caldo sepolta come sono, sotto quell'immenso piumone.
Esco fuori un braccio per liberarmene e metto un piede dopo l'altro a terra.
Mi avvicino con fare da zombie nella zona cucina ma non trovo nessuno.
Bene, via libera.
Non avrei retto un terzo grado sulla serata senza aver messo prima qualcosa sotto i denti. Apro il frigo e mentre sto per prendere il latte mi accorgo che c'e' un bigliettino attaccato alla bottiglia. Lo stacco curiosa di leggerne il contenuto.
Riesco a stento a trattenere una sonora risata, non voglio svegliare nessuno. Il bigliettino è di Ben, chissà quanti altri avrà sparso per casa.
Scuoto la testa, immaginando quel gigante del mio amico che come un bambino si diverte a scrivere mille post-it con la stessa frase, scritta a caratteri cubitali: VOGLIO IL RESOCONTO.
E' proprio un impertinente e perlopiù curioso ma è sempre Ben e io lo adoro.
Apro lo sportello dove si trovano i cereali e trovo un altro post-it identico al precedente, come immaginavo. Lo strappo e ne faccio una pallina che puntualmente tiro -quasi imitando i giocatori di basket quando tirano al canestro- nella pattumiera. Poi verso alla svelta il latte freddo nella tazza e scaravento una manciata di cereali alle fibre di crusca.
Al primo boccone di quella poltiglia, sento una strana nausea salire. Da qualche parte avevo letto che il latte era consigliato dopo una sbornia, evidentemente si sbagliavano e di grosso.
Dopo pochi minuti infatti, sono in bagno a fare i conti con i primi conati di vomito. Accidenti questa non ci voleva. Avrei svegliato Ben.
Mi guardo allo specchio, il mio viso ha decisamente avuto giorni migliori.
Alzo le spalle, chi se ne frega. Ho passato una serata davvero strabiliante. E poi c'è stato  lui, Bexter..o Adam come l'avevo chiamato a fine serata.
Chiudo gli occhi e ripenso a tutti quei discorsi che poche ore prima avevamo affrontato in quel fast food fuori mano. Per poche ore eravamo stati solo Cloe e Adam senza etichette, senza doveri.
Mi aveva parlato dei suoi studi a Stanford e di come avesse rinunciato ad avere una vita sociale movimentata per conseguire in tempo la laurea e poter insegnare, da sempre il suo sogno.
Mi aveva narrato aneddoti riguardanti i suoi viaggi, le sue passioni. Ricordo di averlo ascoltato affascinata. Quell'uomo aveva un immenso bagaglio di esperienze alle spalle ed io non potevo che sentirmi tanto piccola. Poi però mi aveva baciata, ritornando freddo e distaccato qualche minuto dopo. Bexter, vallo a capire.
Sospiro sonoramente e faccio per uscire dal bagno. Quasi mi prende un colpo. Ben è lì fermo, appoggiato allo stipite e mi osserva divertito.
"Che ti ridi Ben? Mi hai fatta spaventare"
"Sono così orripilante?" risponde lui con quel suo sorrisetto odioso da 'con me non attacca, racconta'.
"Lasciami passare devo sistemare alcune cose nella mia stanza" mento spudoratamente, consapevole che non riuscirò mai ad ingannarlo. Mi conosce e sa che in questo momento cerco di sfuggire ad un terzo grado imbarazzante.
"Cake, smettila o mi toccherà rapirti. Sai bene cosa ti aspetta. Andiamo in cucina, Camile ha lasciato una deliziosa torta di mele per te" conclude.
Che astuzia, cerca di attirarmi con il cibo.
Gli do una pacca bonaria sulla spalla e lo spintono fino in cucina.
"Non ho fame" mormoro "ma non preoccuparti ti racconterò tutto nei dettagli" aggiungo, sprofondando nel divano.
Passo le due ore successive a spiegare a Ben quello che è successo per filo e per segno. Rimane tutto il tempo -o quasi- a bocca aperta per lo stupore, non si aspettava certi risvolti.
"Quindi stava facendo a pugni con Gregg per te?
"Non stava facendo a pugni, si è limitato a guardarlo in malo modo" lo correggo.
"Vai avanti, sono curioso" mi incita lui.
Concludo il mio racconto catalizzando l'attenzione di Ben. E' ufficialmente sorpreso per l'andazzo della mia serata.
"Wow. Allora ho azzeccato, il professorino ti sbava dietro" mi prende in giro.
"Non mi sbava dietro. E' stato solo un bacio, nel frangente stesso in cui ci siamo separati, è ritornato il Bexter di sempre. Freddo e distaccato"
"Non credo proprio, continuo a pensare che gli piaci da morire" ribatte.
"Non lo so, vorrei capirci qualcosa. Non so come comportarmi, a maggior ragione dopo quel bacio" mormoro pensierosa.
"Perché non lo inviti a cena, qui da te. Io levo le tende, così sarete da soli e potete arrivare al sodo" propone.
Guardo Ben con attenzione, indecisa se ridere di gusto o piangere amaramente per le sue pessime idee. Ok, sto esagerando, basta una calda e fragorosa risata.
"Tu non vai da nessuna parte, sei ancora convalescente" lo bacchetto.
"Cake non posso stare fermo a casa senza far niente. Capisci cosa intendo?" sorride malizioso.
"Sei sempre il solito ninfomane. Quando imparerai ad andare oltre?" ribatto con fare da saputella.
"Oltre c'è la selva oscura" mi prende chiaramente in giro, menzionando quelle parole appartenenti al primo canto della divina commedia, il che mi rimanda irrimediabilmente a Bexter. Bella mossa, amico. Ma ora tocca a me fare la mia.
"Allora mentre sei in viaggio nel girone dei lussuriosi, che ne dici di eleggermi come tuo Virgilio?"
Lui mi guarda perplesso, stavolta l'ho stracciato, non si aspetta minimamente cosa sto per chiedergli.
"Ben, vuoi diventare il mio coinquilino? così ti è più semplice capire?".
Vedo una serie di emozioni attraversargli il volto. Poi semplicemente un sorriso e capisco che ha accettato la mia proposta.
Ci abbracciamo complici e mi sussurra all'orecchio "ti voglio bene Cake".
Il pomeriggio trascorre lento, io mi porto avanti con lo studio e Ben chiacchera al telefono e chatta con una dozzina di ragazze. -Non cambierà mai- penso scuotendo la testa e ritornando sui libri, dopo un attimo di distrazione.
"Stasera ti va di uscire?" la voce di Ben mi distrae ancora una volta.
Corrugo la fronte, cercando di capire se stesse scherzando o meno.
"Dai Cake non vorrai mica passare il sabato sera a casa?" chiede lamentoso.
"Ben, sei grande e vaccinato da capire che devi rimetterti prima di uscire. Aspetta sino a lunedì, poi saremo tutti più tranquilli" rispondo esausta. E' come parlare ad un bambino. "Quanto la fai lunga, Cake. Non mi succederà nulla vedrai. Ho promesso a Jiselle che l’avrei portata a cena fuori"
"D'accordo, come preferisci. Solo non ti affaticare troppo, ok?"
"Parola di confratello" dice, sparendo in bagno.
Ora che convivremo dovrò abituarmi ai suoi ritmi, Ben è capace di impiegare ore per prepararsi ad una uscita. Fortunatamente la casa è abbastanza comoda per due persone, così ognuno avrà i suoi spazi.
Lo vedo arrivare in cucina in camicia blu e pantalone beige, un'ondata di profumo mi invade le narici. Esagerato, come sempre.
"Ottimo accostamento Ben" dico mentre mi guarda, cercando la mia approvazione.
"Grazie Cake, sarà meglio che vada. Jiselle mi aspetta sotto" afferma, schioccandomi un bacio veloce sulla guancia.
"Buona serata Ben" saluto il mio amico .
Sono stanca ed ho bisogno di una bella doccia.
L'acqua calda mi tonifica e mi sento gia' meglio, esco fuori e dopo essermi asciugata per bene indosso una tuta comoda.
Scelgo un dvd e mi fiondo sul divano, la mia serata si preannuncia solitaria.
Il suono del videocitofono attira la mia attenzione, sicuramente Ben avrà dimenticato qualcosa.
Mi avvicino al display e rimango allibita. Non credo ai miei occhi.
E' Bexter.
Panico, panico, panico.
"Si?" dico attraverso il citofono, fingendo indifferenza. In realtà stavo già sciogliendo i capelli che prima erano raccolti in una coda di cavallo.
"Signori.. Cloe sono Adam Bexter" farfuglia imbarazzato.
"Si" possibile che non riesca a dire altro che quello stupido monosillabo?
"Ti ho portato una collana. Ti deve essere caduta ieri sera in macchina"
"Che sbadata, grazie. Sali pure".
Ho esattamente quaranta secondi per indossare un paio di jeans e togliere questa tuta stile Bridjet Jones, prima che Bexter salga.
Driiin. Ops il campanello.

SPAZIO AUTRICE:
Ciao a tutti, miei carissiiimi lettori. Ogni giorno aumentate di più e questo non può che farmi piacere. Fare un buon lavoro che risulti piacevole ma appassionante è tra le mie priorità di scrittice mooolto in erba!!! Passando alla storia e ai nostri cari personaggi.. in questo capitolo abbiamo un'altra chicca:la richiesta di convivenza a Ben. Cosa ne pensate? Come la prenderà Bexter? E proprio quest'ultimo viene alla porta di Cloe a riportarle una collana..sarà l'unico motivo che l'ha spinto da lei? beh se vi fa piacere saperlo leggete il prossimo capitolo e continuate a seguirmi. Oggi mi sono dilungata troppo ma non posso terminare senza ringraziare chi legge e soprattutto chi recensisce con tanto tanto affetto--Grazie, grazie, grazie <3--

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Fighting ***


                                                                                             12
                                                                                      Fighting

“Ciao” la voce di Bexter è quasi un sussurro.
Ha i capelli spettinati e l’aria tormentata di chi è combattuto dentro.  Gli faccio cenno di entrare e accomodarsi, lui mi scansa ed entra velocemente. Il suo profumo invade di colpo la stanza e le mie narici.
Indossa un cappotto lungo al ginocchio che, se è possibile, lo rende ancora più affascinante, misterioso, oscuro. E io voglio perdermi in quell’oscurità.
“Ecco la collana”farfuglia imbarazzato.
“Grazie non dovevi disturbarti”rispondo mentre le mie gote si tingono di rosso.
“Era un piac.. voglio dire dovere, portartela”si corregge in fretta.
“Ti  va di restare a cena? Magari potremmo cucinare qualcosa o prendere delle pizze”.
Non ci posso credere, l’ho appena invitato a cena e senza esitare un attimo. Resto sempre piùsconvolta dal mio nuovo spirito intraprendente. Chissà magari tanto nuovo non è, magari era solo sepolto e aspettava quest’uomo più grande di me con evidenti conflitti interiori, per uscire fuori.
Lui sgrana gli occhi per la sorpresa, non si aspettava di certo una proposta del genere.  Si passa entrambe le mani sul volto esasperato da chissà quali pensieri.
“Non credo sia una buona idea Cloe”.
Sentire pronunciare il mio nome dalla sua voce così bassa e profonda mi provoca non pochi brividi lungo la schiena.
“Perché mai? Sono abbastanza grande e vaccinata da invitare chi voglio e tu, non hai impegni giusto?”chiedo ansiosa di conoscere la risposta.
“No, non ho impegni..ma non posso accettare lo stesso, non sarebbe etico”mormora.
Mi viene in mente il bacio della sera prima e involontariamente mi scappa un sorriso.
“Cosa trovi di divertente in quello che ti ho appena detto?”attacca lui, corrugando le sopracciglia.
“Sai pensavo al sapore delle tue labbra, era quello a non essere etico”flirto senza pudore.
Lui sembra spiazzato dalle mie parole e si passa una mano tra i capelli.
“Dimentica quel bacio, è stato un errore. Sei solo una ragazzina ed io potrei essere tranquillamente tuo zio, come ha detto quel deficiente che ti portavi dietro ieri sera”dice tutto d’un fiato.
“Forse sei geloso?”insinuo provocandolo.
“Non dire fesserie, non potrei mai essere geloso di te. Sei una mia alunna e mi rendo conto che anche la mia presenza qui è stato un altro errore”.
La sua espressione contrasta visibilmente con le sue parole. In realtà, mi sta mangiando con gli occhi. Sorrido e mi mordo il labbro, compiaciuta. Lui mi guarda con sospetto.
"Continuo a non capire cosa ci sia di tanto divertente in questa situazione" sbotta irritato.
Mi sento percorrere da una scossa di adrenalina, il mio giochino sta portando i suoi frutti. Voglio che la smetta con questa storia della ragazzina.
"Credo che tu debba fare pace con le tue idee, un giorno mi rifuti, l'altro mi baci, l'altro ancora rinneghi tutto. E sarei io la ragazzina?".
Noto il suo stupore e gli rivolgo un'occhiata interrogativa. Maledizione, si è appena levato il cappotto e la cosa mi distrae terribilmente. Il mio sguardo guizza veloce sul maglioncino viola che fascia le sue braccia forti e il suo torace piatto.
Lo vedo avvicinarsi e tutta la mia disinvoltura di poco prima svanisce magicamente.
In quel preciso momento i suo grandi occhi azzurri fiammeggiano ad un centimetro dai miei.
Sono confusa e fremente, non riesco a reggere il suo sguardo, la sua bocca carnosa mi distrae parecchio. Concentro in quel lembo morbido tutte le mie fantasie piùsegrete.
"Sei bella" mormora scostandomi una ciocca di capelli e accarezzandomi con le nocche una guancia. Al suo tocco il mio viso si infiamma, preda di mille emozioni.
"Tuttavia io non posso continuare con questa situazione. Non me lo posso permettere, capisci? Rovinerei la tua carriera e la mia. E tu sei cosìgiovane.." continua sfiorandomi il braccio. Ormai sono in balia dei continui fremiti provocati dal suo tocco.
"Nessuno lo verrebbe a scoprire, staremo attenti" . Mi rendo conto che la mia voce è ridotta ad un sussurro.
"E' meglio per entrambi se non andiamo oltre, anche se mi risulta alquanto difficile" sussurra a pochi millimetri dalla mia bocca.
Sto per baciarlo quando all'improvviso squilla il telefono di casa. Guardo spazientita nella direzione del mobiletto in cui è posto, indecisa se rispondere o meno.
"Non rispondi?" chiede lui.
"Non ne ho voglia" replico mentre aspetto che quell'aggeggio infernale smetta di squillare.
All'improvviso è calato il silenzio.
 "Allora?" chiedo, per riallacciarmi alla discussione precedente.
"Allora, la mia ragionevolezza sparisce quando stiamo insieme. Vada per la pizza" conclude.
Non nascondo un pizzico di delusione, speravo accennasse ad un probabile 'noi', invece ha accettato solo il mio invito a cena, non facendo alcun riferimento ad altre implicazioni.
Prendo il telefono e ordino due pizze alla pizzeria dietro l'angolo. Nel mio quartiere ho tutto a portata di mano, è abbastanza centrale e vi sono concentrate una miriade di attività.
Riaggancio il telefono, alzo lo sguardo verso di lui  e lo vedo curiosare tra i miei dvd. Poi prende la custodia di quello che stavo iniziando a vedere prima che arrivasse lui a sconvolgere i miei piani e gli scappa un risolino.
"Sixteen candles? Non sapevo ti piacessero le commedie romantiche degli anni 80" mi prende in giro. Sono rossa per l'imbarazzo e con uno slancio fulmineo gli sottraggo quella custodia.
"Oh sono desolata se non riscontra i tuoi gusti" ribatto ironica.
"Ti sbagli, adoro le commedie romantiche.  Alcuni libri sono antenati di quella tipologia di film" dice lui, assumendo per un attimo l'aria da professorino.
"Non potrei essere più d'accordo" concludo.
"Che altri generi ti piacciono?" chiede curioso.
"Beh vediamo, adoro i film polizieschi e i thriller. E a te?"
"Io vado matto per le commedie americane e italiane. Inoltre non disdegno i film drammatici che raccontano storie vere e quelli storici".
Continuiamo a parlare del più e del meno fino a quando arrivano le pizze.
Addento famelica la mia margherita piùpatatine fritte. E' una vera delizia, l'ho assaggiata per la prima volta durante un viaggio in Italia e me ne sono innamorata.
Arrossisco lievemente, rendendomi conto che mi sto ingozzando come una forsennata davanti a Bexter.
Diminuisco la voracità dei morsi e mi concentro a guardare l'uomo che ho di fronte. Sembra rilassato, il peggio è passato. E' molto fine nei modi, persino nel tagliare a spicchi la sua semplice margherita.
Poco dopo, sparecchiamo insieme e in men che non si dica la tavola è sgombra.
E' lui stesso a chiedermi di continuare a vedere insieme il film che stavo vedendo prima.
Rimango sbalordita di fronte alla sua richiesta e accetto entusiasta ma disorientata dall'inverosimilità della situazione in cui mi trovo. Sto guardando un film adolescenziale con il mio docente di letteratura strafigo, seduto accanto a me.
E' elettrizzante averlo a fianco, ogni tanto lo guardo di sottecchi. E' così concentrato..come in ogni cosa che fa. Quando spiega, quando parla, quando bacia. Un brivido mi percorre la pelle al pensiero delle sue labbra carnose sulle mie. Eppure poco prima era stato abbastanza chiaro, mi sarei dovuta accontentare di un'amiciza, qualche ora passata assieme per il lavoro su Dante, una pizza, un film e qualche chiacchera.
Quando la protagonista sul grande schermo della mia tv bacia il suo lui (rigorosamente più grande) mi giro verso Bexter. Evidentemente sente il mio sguardo posarsi su di lui e si gira a sua volta verso di me per qualche secondo. Poi si alza di scatto asserendo di dover andare.
"Perché non vediamo un altro film?" propongo prima che lui indossi il cappotto.
"Non credi che sia tardi?" mi bacchetta.
"Dai, non comportarti da vecchietto decrepito. Sono solo le 23.30" gli faccio notare.
"Ok, hai ragione. Ma il film lo scelgo io" mi punzecchia.
Non posso che accettare, felice di poter trascorrere altre due ore con lui.
***
"Cake, Cake svegliati!" la voce di Ben è un sussuro ma riesco a sentirla chiaramente perchéquel simpaticone del mio amico non ha trovato di meglio da fare che attaccarsi al mio orecchio.
"Che c'è?" rispondo spazientita e con la voce impastata dal sonno.
"Come diavolo ti è saltato in mente di non dirmi che il tuo professorino dormiva qua? Mi sono preso un colpo"
"Cooosa?" mi giro giusto in tempo per capire che ci siamo addormentati sul divano e per giunta lui ha la testa dolcemente appoggiata alla mia spalla.
"Scusami ci siamo addormentati, vai in camera tua. Il tempo di svegliarlo e sono da te, so che muori dalla voglia di sapere" mormoro a Ben.
"Ok Cake, a dopo" mi risponde lui.
Delicatamente alzo la testa a Bexter che si sveglia di soppiatto. E' scioccato quanto me di trovarsi ancora a casa mia.
"Sono mortificato" dice mentre indossa il lungo cappotto.
"Io no" ribatto.
"Devo andare, si è fatto tardi"
"Per cosa?" chiedo allusiva.
"Per la mia resistenza" risponde con voce roca e bassa prima di chiudere la porta alle sue spalle.
 
SPAZIO AUTRICE:Eccomi qua, scusate per il ritardo ma ho avuto tanti impegni e ho aggiornato una storia alla volta. Bene, veniamo a noi! Questo capitolo ci svela un po' di piùsul carattere e i gusti del caro professor Bexter. Lo vediamo in preda ad una guerra interiore tra ragione e passione.. Notiamo anche una Cloe piùsciolta e disinibita. Voi cosa ne pensate di questo capitolo? Beh vi mando un bacio, spero di sentirvi in tanti. Grazie di cuore a tutti e in particolar modo a chi recensisce con affetto.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Realese ***


                                                                                                        13
                                                                                                 Realese

Un insistente tremolio del letto mi fa sussultare. Temo si sia verificata una scossa di terremoto e sbarro gli occhi per la paura. Metto a fuoco la stanza in cui mi trovo e mi accorgo che è quella degli ospiti che tra l'altro ho ceduto a Ben. Oddio. Un secondo dopo realizzo che ho dormito con lui e che quel tremolio non è stata affatto una scossa di terremoto ma il mio amicone che è saltato giù dal letto in boxer e che ora sta aspettando che lo segua.
"Allora ti muovi da quel letto? Oggi dobbiamo fare il trasloco"
"Mmmm.." riesco solo a mugugnare.
"Cake vengo a prenderti e ti trascino fuori" dice mentre con fare minaccioso ma buffo allo stesso tempo si immette sotto le coperte.
Prova a trascinarmi ma io sono un osso duro, non mollo la presa! Dichiaro così aperta una guerra di spintoni, che si conclude con Ben sopra di me.
"Che fai?" dico imbarazzata. Strano, con lui non lo ero mai stata fino ad ora.
"M-mi dispiace Cake" mormora confuso, "ti attendo di là" e poi lascia la stanza silenzioso.
Resto un attimo perplessa dal suo comportamento, riuscirò ad ignorare questo piccolo avvenimento? Si, se voglio far funzionare la nostra convivenza ma soprattutto la nostra amicizia. Mi convinco che infondo lui non voleva fare nulla di male, è Ben, il mio caro amico sopra le righe.
Qualche attimo dopo lo raggiungo in cucina. E' intento a fissare un punto indefinito della stanza mentre continua a girare a vuoto il cucchiaio all'interno della tazza di latte.
"Ben, mi prepari del latte? Dobbiamo inaugurare il nostro primo giorno di convivenza" butto lì per sdrammatizzare la situazione.
Sul suo volto sembra apparire un lieve sorriso, sa che l'ho perdonato.
"Ai suoi ordini padrona" dice inchinandosi. Rido sonoramente dandogli un piccolo buffetto sulla spalla.
Un'ora dopo siamo per strada e attendiamo la ditta di traslochi che Ben ha ingaggiato. Sempre il solito esagerato, non avrà mica tanta roba.
Lo vedo avvicinarsi ad un uomo con un berretto che riconosco essere il titolare della ditta. I due confabulano animatamente ma non riesco a capire una parola. Pochi minuti dopo si salutano e Ben mi raggiunge nuovamente.
"Prendiamo un taxy e seguiamoli. Provvederanno a tutto loro. Non dobbiamo far altro che verificare se la mia roba non ha subito danni durante il trasloco".
In men che non si dica siamo davanti la vecchia casa di Ben. Vecchia si fa per dire.
E' uno stabile bellissimo e lussuosissimo.
"Wow" sono senza parole.
"E nel mio appartamento ci sono anche la piscina e la palestra. Per chi vuole rilassarsi c'è una SPA interna al condominio" mi spiega Ben compiaciuto.
"Non ti mancherà tutto questo?" gli chiedo perplessa.
"No perché ho guadagnato molto di più venendo a vivere da te. E poi questa rimane sempre la mia casa, mio padre l'ha comprata e quando vuoi possiamo venire a rilassarci qui" propone entusiasta.
"Certo" rispondo raggiante.
Mi trascina verso l'ascensore e dopo aver pigiato il tasto corrispondente al piano attendiamo che le porte si aprano. Dentro l'appartamento, troviamo già all'opera i traslocatori, intenti ad impacchettare con cura l'infinità di roba del mio amico. Non credevo che un ragazzo potesse avere tutte quelle cose, ma stiamo parlando di Ben Whiston, avrei dovuto immaginarlo.
Passiamo l'intera mattinata e buona parte del pomeriggio a sistemare le sue cose nella nuova stanza. Arrivati alla sera, siamo sfiniti ma il risultato è piu che soddisfacente.
"E infine questo va indiscutibilmente qui" dice Ben, appendendo all'angolo della stanza una sacca da box.
"E' proprio da macho, sai?" lo prendo in giro.
"Come il tuo professorino?" ribatte lui sarcastico.
"Ah-ah spiritoso. Lasciamo perdere, ieri se quel telefono non avesse preso a squillare.." non continuo la frase ma il mio silenzio è carico di mille significati.
"Cake, non puoi aspettare in eterno che lui si decida a darci dentro" dice goliardico.
"Ben, non si riduce tutto a quello"  lo ammonisco.
Possibile che per lui esista solo il sesso tra due persone? Scuoto la testa ormai rassegnata.
"Mia cara Cake, quello come ti ostini a chiamarlo tu, è un parte fondamentale del rapporto. Se non c'è passione oggi, non ci sarà amore domani. Semplice no?"
Mi viene da ridere per il suo discorso da manuale del seduttore, mi trattengo solo notando la sua espressione quasi seria.
"Perché non lo fai schiattare dalla gelosia? Più ti mostri indifferente e ti fai vedere in giro con quante più persone puoi, più ti verrà dietro come un cagnolino. Fidati" sentenzia lui.
In effetti, il detto dice: in amore vince chi fugge.Mi convinco che infondo non ha tutti i torti. Finora sono stata abbastanza esplicita nei confronti di Bexter, si, lui non ha mica disdegnato la mia compagnia, ma si è sempre trattenuto. Forse è arrivata l'ora di giocare tutte le carte a mia disposizione. Non voglio comportarmi da ragazzina escogitando piani e schemini vari ma una piccola 'spintarella'al destino si. Non può mica danneggiare qualcuno?
"Odio elaborare piani per ottenere qualcosa. Mi limiterò a fingere indifferenza e a simpatizzare di più con i miei coetanei" concludo soddisfatta.
Il rumore del videocitofono ci distrae entrambi e corro ad aprire. E adesso chi disturberà mai la quiete di casa Downey-Whiston?
Dal display del videocitofono il faccino di Joy mi sorride timidamente. Mi mancano le parole per esultare come dovrei. E' un'emozione troppo grande rivederla.
"Joy" riesco solamente a dire.
"Allora Cloe ti decidi ad aprirmi? Si gela, da queste parti". Adoro il suo sarcasmo, pungente al punto giusto.
Quando apro la porta la sua figura esile si sbilancia verso di me, inondandomi del suo affetto. Quasi mi stritola.
"Piccoletta, che ci fai qui?" Le chiedo mentre la faccio accomodare.
"Avevo una conferenza da seguire. Si terrà domani nell'auditorium della tua facoltà. Mi è bastato chiedere a mio padre l'indirizzo della tua abitazione da sogno ed eccomi al castello della principessa" dice dando un'occhiata in giro.
"Ei Cake, chi era al videocitofono?" dice Ben saltando fuori all'improvviso.
"E a quanto vedo, c'è anche il principe! Non ti sei fatta mancare niente amica mia" continua Joy, in tono sarcastico.
"Scusate ragazzi non sono brava ad improvvisare, quindi Joy ti presento Ben il mio nuovo coinquilino e B           en ti presento Joy la mia migliore amica!" mormoro.
"Non ricordo di averla vista mai in giro" dice Ben riprendendosi dalla visione di Joy.
"Cloe cosa sta blaterando questo scimmione?" chiede infastidita la mia amica.
Vedo Ben irrigidirsi all'improvviso, nessuno l'aveva mai punto nell'orgoglio come aveva appena fatto Joy mettendo in dubbio la sua bellezza. Di solito le ragazze cadono ai suoi piedi come le foglie cadono dagli alberi in autunno. Ok, paragone scadente ma credo il senso sia chiaro.
"Ok ragazzi. Time-out. Joy, lui è Bernard Whiston. Quel ragazzino che dieci anni fa se ne andò poco prima che venissi ad abitare da me con la tua famiglia. Il mio migliore amico, il ragazzino con cui giocavo e mi azzuffavo spesso"
"Il tuo ego al maschile" fa eco lei, cominciando a capire.
"Ego al maschile?" si intromette Ben, alquanto stupito.
"Si scimmione. La povera Cloe, ti definiva così tra le lacrime, disperata per la tua partenza e per i successivi mesi e anni di assoluto silenzio" lo attacca Joy.
Resto immobile, imprecando mentalmente contro Joy e la sua improvvisa loquacità.
"Ca-Cake è vero?" chiede Ben, guardandomi smarrito.
"Si" annuisco semplicemente, ormai non ha senso negare.
"Quindi io, ero più che un semplice compagno di giochi per te?" chiede, continuando a torturarmi con il suo sguardo interrogativo.
 "Si, nel modo in cui può esserlo un bambino di dieci anni" concludo rossa come un peperone.
"Non ci posso credere! Perché non me l'hai detto quando ci siamo incontrati? Perché non dirmelo quando ti ho confessato che sei stata la mia prima cotta? Quale occasione migliore? No, ma tu eri occupata a pensare ad altro, per essere completamente sincera con me" sbraita Ben.
"Ei amico calmati" si intromette Joy, cercando di tranquillizzare gli animi.
"No, Joy.. lui ha ragione, da quando ci siamo rincontrati, ci siamo detti sempre tutto, mostrandoci per come siamo realmente senza paura delle critiche. E' per questo che gli ho chiesto di diventare il mio coinquilino, perché lo considero il mio migliore amico"
Attimo di silenzio.
"Mi dispiace Ben, avrei dovuto dirti quella cosa. E magari riderci su. Non avrei dovuto fare la codarda e far esporre solo te" continuo rivolgendomi a Ben.
Vedo i tratti del suo viso rilassarsi e mi sento già meglio.
"Puoi perdonare la mia omissione?" chiedo con uno sguardo da cucciolo.
"Vieni qui, pasticciona" risponde trascinandomi in un abbraccio vorticoso.
Nel frattempo Joy si è seduta sul divano, lasciandoci chiarire da soli.
Noto la sua lunga chioma castana perfettamente liscia. Ricordo che da piccole ammiravano soddisfatte i nostri capelli lisci e setosi, lo consideravamo un dono che la natura aveva fatto ad entrambe, senza disparità sociale.
"Ei Miss simpatia che ne dici di una pizza?" propone infine Ben alla mia amica.
La vedo girarsi e folgorare il mio amico con i suoi magnetici occhi nocciola "e pizza sia" dice infine sciogliendosi in un sorriso da copertina.
"Sempre se la nostra Cloe non abbia indigestione alla pizza" dice Ben con lo sguardo divertito.
"D'accordo Ben, ho capito cosa intendi dire" e lo fulmino con lo sguardo.
"Joy, siediti. Abbiamo tante cose da dirci" dico infine alla mia migliore amica.
Posso essere libera finalmente, raccontare tutto senza paura di essere giudicata. Infondo ho la pizza con le patatine e i miei migliori amici accanto.
 
SPAZIO AUTRICE: Bene, bene, bene. Buondì a tutti i lettori di questa storia, spero abbiate apprezzato questo capitolo, mi sono divertita tanto a scriverlo. Finalmente conosciamo un nuovo personaggio: Joy. Non sottovalutatela, avrà un ruolo fondamentale nella storia. Abbiamo scoperto anche dei sentimenti (antichi come il mondo) di Cloe per Ben, tutto sepolto? Pare di si.. Vi aspetto presto presto per il prossimo capitolo. Baci baci.
PS: AVEVO CARICATO IL CAPITOLO POMERIGGIO MA POCO FA MI SONO ACCORTA CHE NON SI VEDEVA NIENTE, VOI SIETE RIUSCITE A LEGGERLO?
Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** I'm not jealous ***


                                                                             14
                                                             I'm not jealous

L’odore invitante del caffè italiano mi arriva fino alle narici, delizioso e pungente. Decido di alzarmi e andare a gustarne una tazza, non potrei farne a meno.
Joy è ai fornelli, sta preparando i pancakes, sa che ne vado ghiotta.
“Buongiorno amica”esordisco.
“Ciao Cloe, siediti. I pancakes saranno pronti fra due minuti”dice raggiante.
Chissà dove trova cosìtanta energia appena sveglia. Io mi sento uno zombie.
“Oggi vedrai Bexter, come ti comporterai?”chiede la mia amica, ormai al corrente della mia situazione sentimentale alquanto complicata.
“Indifferenza, ecco cosa serve”si intromette Ben, facendo capolino.
Sento Joy sbuffare.
“Possibile che ti debba intromettere sempre?”dice rivolgendosi a Ben.
“Un parere maschile è sempre comodo, scimmietta”sottolinea il mio amico che ne approfitta per vendicarsi dell’appellativo di scimmione affibbiatogli da Joy ieri sera.  Quei due sono come cane e gatto, vi lascio immaginare chi è l’uno e chi l’altro.
“Stai tranquillo Ben, non cadrò ai suoi piedi. Stanne certo!”  mormoro.
***
Poche ore dopo accompagno Joy nella sala conferenze e mi dirigo verso l’aula 102. Oggi ho ben quattro ore di lezione con Bexter, le prime due ore riguardano il corso principale di letteratura mentre le due ore successive riguardano la materia che ho scelto tra quelle opzionali, scrittura avanzata.
Fortunatamente non sono in ritardo e trovo il mio solito posto in prima fila.
 L’aula è ancora semi vuota e purtroppo non posso fare a meno di ascoltare la conversazione di due ragazze sedute vicino a me.
“Oddio kate, stanotte l’ho sognato di nuovo. Mi stava dando delle lezioni private di letteratura..”dice una.
“Da un tipo come Bexter mi farei dare tutt’altro che ripetizioni di letteratura”ammicca l’altra.
Sgrano gli occhi per l’audacia di queste ragazze o forse solo perchémi da tremendamente fastidio che parlino di Bexter in quei termini.
-Indifferenza Cloe, Indifferenza- penso tra me e me.
In pochi minuti l’aula comincia ad affollarsi e anche i più ritardatari prendono posto nelle ultime file.
La porta si apre un’ennesima volta e stavolta è lui ad entrare.
Sento chiaramente la ragazza di fianco a me proferire parole di apprezzamento. Che fastidio, stupida oca.
Bexter fa il suo consueto saluto, oggi è raggiante. Ha una camicia bianca e un gilet grigio abbinato a dei pantaloni dello stesso colore.
Prima di iniziare a spiegare si guarda intorno e in un attimo i suoi occhi trovano i miei. Abbozza un sorriso,  poi prende delle dispense e inizia a spiegare senza sosta, come è solito fare. Seguo attentamente ogni parola della sua spiegazione , è così attraente quando spiega.
Indifferenza Cloe, Indifferenza.
Durante la pausa di dieci minuti che Bexter è solito concederci tra un ora di lezione e l'altra, mi si avvicina un ragazzo dal passo spigliato.
"Tu devi essere Cloe Downey, il nuovo acquisto delle Gazelles, giusto?" mi chiede.
Mi ero quasi dimenticata che durante quel folle venerdìsera avevo dato la mia approvazione ad entrare a far parte delle Gazelles.
"Non ti sbagli, sono io. Posso esserti utile in qualcosa?" chiedo, sulle mie.
"Io sono Robert Portland, faccio parte dei Lions. Quella sera al Pind c'ero anche io".
Lo guardo smarrita, di quella sera ho solo un ricordo preciso e riguarda l'uomo dietro quella maledetta cattedra.
"Mi chiedevo se qualche volta ti andrebbe di studiare insieme. Sai, nelle confraternite non ci sono solo feste. Organizziamo spesso dei gruppi di studio per le materie più difficili"  continua affabile.
Non so cosa rispondere, faccio vagare lo sguardo per la stanza in cerca di una scusa plausibile per poter rifiutare. Sposto involontariamente gli occhi nella direzione di Bexter e noto che sta conversando con l’adorabile oca che era seduta poco prima al mio fianco. I suoi occhi sembrano altrove, non le presta attenzione. Alza continuamente lo sguardo in cerca di qualcuno. Sarò io?
Ne ho la conferma due secondi dopo quando mi vede parlare con il tipo che ho di fronte e resta immobile. Si acciglia visibilmente e si passa una mano tra i capelli, riprendendo a parlare distrattamente con l'oca giuliva.
In un attimo ho un lampo di genio. Nessuno mi vieta di socializzare con i miei coetanei, potrebbe essere utile a distrarmi da lui.
Naaa ma a chi voglio prendere in giro? Accetterei la proposta del tizio solo per provocare una reazione in Bexter. Sono combattuta ma alla fine la morale ha la peggio ed accetto inverosimilmente un invito da quel ragazzo a me sconosciuto.
"D'accordo, potremmo iniziare pomeriggio che ne dici?" chiede lui sorridente.
Ha proprio un viso grazioso e i capelli sono spettinati e buffi. Mi sta vagamente simpatico.
"La pausa è finita. E signorina Downey le ricordo della revisione di pomeriggio".
Io e Robert ci giriamo di scatto verso la voce alle nostre spalle.
Incredibile, Bexter si è appena intromesso. Che il mio piccolo slancio di simpatia nei confronti di Robert stia cominciando a portare i suoi frutti?
"Grazie professore. Che sbadata, Robert mi sa che dobbiamo rimandare a stasera. Che ne dici di take-away cinese ed una bella nottata di studio?" rincaro la dose senza pensarci due volte.
Un momento. Sono io quella che ha appena invitato a cenare insieme e studiare tutta la nottata, un ragazzo appena conosciuto? No, no, no.
In un attimo vedo una smorfia di disappunto sul volto di Bexter che senza dire niente si allontana a passo spedito. Bingo. La parte oscura di me gioisce per l'ottima riuscita del mio primo attacco sferratogli. Quella buona, stenta a crederci.
Robert sembra veramente entusiasta dell'idea e accetta di buon grado. Che pasticcio. E ora come ne esco fuori? Mi maledico per aver dato retto alle idee strampalate di Ben. Durante l'ora successiva Bexter sembra agitato, spiega con una foga mai vista prima, ha chiaramente fretta di terminare la lezione. Appena conclusa infatti sparisce senza nemmeno salutare. Chissà cosa avrà in mente. Devo assolutamente parlargli.
Solitamente dopo la lezione tiene un ricevimento. Mi dirigo verso l’aulanumero 27 e busso energicamente. La sua voce profonda e lineare mi invita ad entrare.
Spalanco la porta e mi trovo davanti una scena alla quale non avrei mai voluto assistere. La docente di matematica, Mrs Smith, è in piedi di fianco a lui. Gli tiene una mano sulla spalla, ad una rapida occhiata sembrano molto complici. Lei è palesemente infastidita per via della mia irruzione e continua a guardarmi di sottecchi.
"Prego si accomodi signorina Downey, Mrs Smith stava per andare via" dice lui, visibilmente in imbarazzo.
Mi sento completamente fuori luogo e ho la terribile sensazione di aver interrotto qualcosa. La bionda mi passa accanto, svelando un vestito molto più corto di quanto avessi immaginato.
"Ciao Adam, ti chiamo dopo"  mormora.
"D'accordo Lucille, a dopo" fa eco lui.
La bionda chiude la porta e tra noi cala il silenzio.
"Allora, come posso aiutarti? Non hai capito qualcosa della spiegazione odierna?" irrompe improvvisamente lui.
Stranamente mi mancano le parole, sono ancora scombussolata dalla scena precedente.
"Allora?" mi incita lui, in tono aggressivo.
"Beh ecco.. Non fa niente, lasciamo perdere" mi alzo di scatto e in un attimo sono quasi alla porta.
Sento lo stridere della sedia sul pavimento e dei passi frenetici mi raggiungono in un attimo. Poi le sue mani da dietro, mi impediscono di aprire la porta.
"Perché sei venuta?" dice, scandendo ogni sillaba al mio orecchio.
Il suo fiato sul mio collo, mi fa venire la pelle d'oca. Lui se ne accorge e indietreggia di un passo. Mi giro per poterlo vedere in viso, per decifrare la sua espressione in questo momento. Quello che vedo è un uomo bellissimo, con uno sguardo magnetico ed enigmatico ad un palmo da me. Un uomo che cerca risposte al di là di quel singolo episodio.
Deglutisco per la reazione che la sua vicinanza mi provoca.
“Io..Io.. volevo chiederti se pomeriggio dopo la lezione di scrittura avanzata, ci vediamo lo stesso continuare le ricerche del tuo libro”  sussurro.
“Si” risponde perentorio, allontanandosi di colpo.
“Ok, alle 18 in biblioteca?”chiedo esitante.
Ho quasi paura della sua risposta. Sembra così serio in questo momento, stento a riconoscere l’uomo dolce e spensierato che sabato ha guardato con me sixteen candles.
“Alle 18 in punto, finita la lezione, vai nel retro della mensa. A quell’ora non ci dovrebbe essere nessuno. Ti passo a prendere e andiamo in biblioteca”.
Sgrano gli occhi per la sorpresa, non mi aspettavo certo che mi desse un passaggio.
“Ok, ok. Ehmm posso avere un numero su cui rintracciarti? Qualora qualcosa andasse storto” mi affretto a dire.
“Ho già il tuo numero, finita la lezione ti chiamo” risponde serio.
Come diamine fa ad avere il mio numero? E no..questa è troppa, ho bisogno di chiarimenti.
“Chi ti ha dato il mio numero?”chiedo, ansiosa di conoscere la risposta.
“Mi piace tenermi informato sulle persone che contano, non riesco a farne a meno” risponde lui in tono allusivo.
Ok, sono ufficialmente confusa.

SPAZIO AUTRICE: Buondì miei cari lettori!!! Spero che questo capitolo vi piaccia, a me non convince tanto..mi rifarò con il prossimo!!  Un abbraccio a tutti, e un ringraziamento particolare a Ilaria e Soraya che commentano assiduamente, le avventure della nostra Cloe. 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Stolen kisses ***


                                                                                                            15
                                                                                                    Stolen kisses

Ho appena due ore di pausa da spendere come e dove voglio, prima di affrontare le altre ore di lezione di Bexter. Decido di andare a casa, non c'è luogo più adatto per riposare e mettere qualcosa sotto i denti, senza essere attorniata da persone sconosciute come accadrebbe all'interno di un qualsiasi anonimo bar di Princeton.
Giro con vigore la chiave nella serratura e non appena apro il portoncino, vengo investita dal profumo di lavanda del deodorante per ambienti.
Ottima scelta, direi.
Mi libero del cappotto nero che ho indosso e percorro lentamente e a passo strascicato il corridoio che porta alla cucina. Sono esausta e non ho alcuna intenzione di accelerare i miei movimenti. Stranamente trovo la porta chiusa e d'istinto, allungo un braccio per abbassare la maniglia e aprirla.
Subito dopo, mi pento amaramente di avere aperto quella porta, data la scena che mi si para davanti agli occhi. Ben e Jiselle, nudi sul divano si contorcono appassionatamente.
Nel medesimo istante in cui tento di indietreggiare e andarmene senza farmi notare, entrambi alzano lo sguardo su di me ed io mi sento sprofondare nell'imbarazzo più totale.
"Scu-scusatemi" mormoro ancora mortificata. Sono pietrificata e per un attimo temo che il silenzio ci inghiotta tutti quanti.
Dopo pochi secondi che mi sembrano un'eternità, Ben si alza coprendo le sue parti intime con le mani. Mi rendo conto di non averlo mai colto in flagrante con qualcuna, è palesemente in imbarazzo anche lui.
"Cake pensavo fossi in facoltà" mormora.
"Ehmm no, ho due ore di pausa. Volevo mangiare un boccone al volo a casa e poi ritornare in facoltà ma credo sia impossibile al momento, tolgo il disturbo" mi affretto a dire. Jiselle non proferisce parola ed io non oso guardarla.
"No. Resta. Ce ne andiamo in camera mia" ribatte Ben.
"Tranquillo Ben, conosco un posticino dove fanno certe delizie.. Andrò a pranzare lì" rispondo falsamente, in realtà credo prenderò un panino in qualche bottega e lo mangerò ai giardinetti di Princeton. Lui mi guarda smarrito ed io ne approfitto per svignarmela senza dargli il tempo di ribattere.
Nelle due ore successive cerco di distrarmi leggendo un libro e messaggiando con Joy. Le ho raccontato dell'increscioso accaduto e la sua risposta alquanto sarcastica non si è di certo fatta attendere.
Scuoto la testa, abbozzando un sorriso. Ben, solito combina guai.
***
"Benvenuti al corso di scrittura avanzata, miei cari e temerari studenti". La voce di Bexter è squillante e pungente allo stesso tempo. Riesce a catalizzare l'attenzione di tutti gli studenti presenti. Ho il sospetto che non sia solo la sua voce a catturare gli sguardi di tutti, il suo aspetto gioca un ruolo importante.
D'altronde chi non noterebbe un tipo del genere?
Durante la lezione, spesso mi rivolge degli sguardi che fatico ad ignorare e la mia mente è in fibrillazione. Non vedo l'ora di restare da sola con lui.
Quando penso che ormai le due ore stiano per scadere lui dice: "Provate a scrivere una canzone, una poesia, un racconto. O se ancora non siete pronti, scegliete qualcosa che è stato già scritto da qualcun'altro e che vi rappresenta. Sarò lieto di visionare i vostri compiti la prossima settimana, stessa ora stessa aula".
Dall'aula si solleva un leggero vocio che sancisce la fine della lezione.
Bexter sembra nascondere un sorriso ma non ne sono certa.
Esco di fretta e senza dare all'occhio mi dirigo dietro la mensa.
Mi guardo intorno ma non noto nessuno. Aveva ragione Bexter, una volta terminato l'orario del pranzo, questo posto diventa un deserto. La temperatura è alquanto bassa, sento il freddo pungente penetrarmi nelle ossa. Accidenti a me e a quando ho deciso di indossare questo maxy pull che mi lascia le gambe coperte solo da calze velate.
All'improvviso sento una mano appoggiarsi alla mia spalla. Mi giro di scatto e lo vedo. Il mio professore di letteratura.
Restiamo in silenzio a scrutarci poi mi prende per mano e iniziamo a camminare, imboccando un vialetto deserto.
"Dove andiamo?" mormoro.
"Ti devo portare in posto, non te ne pentirai, fidati" risponde lui, in tono rassicurante.
La sua mano è calda e il suo piglio fermo e deciso. Per un attimo ho l'impressione di appartenergli. Un secondo dopo rido della mia ingenuità, sta solamente accompagnandomi chissà dove e mi tiene per mano giusto per non farmi inciampare in qualche sasso qua e là.
"Perché ridi?" chiede fermandosi di colpo. Oddio e ora cosa dico? Sai per un attimo ho pensato che il tenermi la mano fosse un gesto romantico, l'attimo dopo mi sono ricreduta dandomi dell'ingenua?
"Ehmm sono felice"
"Sono felice che tu sia felice. E' dato sapere la motivazione?" domanda, posando le sue mani sui miei fianchi.
Ora si che sono in un bel guaio. La sua vicinanza mi provoca sempre scompensi e finisco sempre per combinare pasticci.
"Non penso vorresti saperlo" lo stuzzico.
Vedo il suo sguardo diventare torvo e le sue mani calde abbandonare i miei fianchi. Permaloso.
"Seguimi" ordina mentre prende a camminare da solo davanti a me
Non batto ciglio e lo seguo diligente. Dopo pochi metri arriviamo in un piccolo bosco.
Ci addentriamo ancora di più e ci ritroviamo di fronte ad un piccolo rifugio in legno.
"Wow" esclamo non appena metto piede all'interno. Sono senza parole, il posto è veramente delizioso.
C'è un'unica stanza al cui interno sono sistemati diversi tavolini e sedie rigorosamente in legno. Nella parete di fronte c'è un piccolo bar e dietro al bancone una signora paffutella ci sorride calorosamente.
"Ciao Adam caro, bentornato" saluta la signora.
"Salve signora Takery, solito posto grazie" risponde Bexter indicando un tavolino all'angolo. La signora si dirige verso il tavolo disponendo delle tovagliette sul tavolo. In un secondo momento adagia due menù e dei cucchiai.
"Questo posto è fantastico, grazie" dico non appena ci sediamo.
"Non ringraziarmi, sono solito frequentarlo e mi andava di venirci" risponde scorbutico. Possibile che abbia cambiato umore solo per una mia stupida battuta?
Afferro i menù e noto con piacere che in questo posto servono solo cioccolata calda, the e tisane varie.
Opto per una cioccolata bianca alla vaniglia mentre Bexter prende un the caldo alle erbe.
"Oggi se non ti dispiace preferirei lavorare qui" dice Bexter in tono serioso.
"E' perfetto qui" mormoro.
"Bene, penso che faremo tardi, oggi c'è parecchio lavoro da fare. Ti accompagno io a casa" sentenzia.
"Ehmm veramente io avrei da studiare, insieme a Robert Portland stasera" ribatto, decisa a portare avanti il mio piccolo piano per farlo ingelosire.
Lui si acciglia visibilmente, i suoi occhi fiammeggiano nella direzione dei miei. Cavolo devo tenere duro o scioglieranno ogni mio riserbo.
"Temo che dovrai rimandare la tua seduta di studio con il signor.Portland" dice in un finto tono di tranquillità.
"Non credo di poterlo fare, ho dato la mia parola" rispondo a tono.
"D'accordo, come vuoi tu. Adesso sarà meglio iniziare" taglia corto.
Dopo dieci minuti arrivano le nostre ordinazioni e facciamo una prima pausa, il silenzio regna sovrano.
"Hai un pò di cioccolata qui" dice lui all'improvviso indicando la parte destra del mio labbro.
"Dove qui?" dico, poggiando il tovagliolo sul punto che credevo avesse indicato.
"No, qui" mi si avvicina lui.
In modo del tutto lento e sensuale adagia il tovagliolo sul mio labbro e per un attimo siamo così vicini da sfiorarci le labbra.
"Sei-proprio-bella" sussurra lui scandendo ogni parola.
Ormai credo di essere completamente assopita da tutto quello che fa. Vorrei solo si decidesse a poggiare quelle labbra carnose e invitanti sulle mie.
Perché deve sempre esitare?
Restiamo a fissarci per qualche secondo, ancora una volta.
Poi, il suo telefono interrompe quella carica sensuale che si era creata riportandoci alla realtà.
“Pronto Lucille”  lo vedo allontanarsi con il telefono in mano.
Monto su tutte le furie, chissà cosa avrà da dirle in tutto segreto.
Raccolgo le mie cose e faccio per andarmene. Lui mi vede da lontano e affretto il passo nella mia direzione, chiudendo precipitosamente il telefono.
“Dove vai?” chiede, sbarrando gli occhi.
“Non sono affari tuoi” rispondo furente. Non può trattarmi così.
“Cosa è successo? Cosa ti ho fatto?” domanda ancora lui. I suoi occhi sono di un azzurro ancora più intenso, una voragine. Si passa continuamente una mano tra i capelli che ricadono morbidi sul suo splendido viso.
“Non puoi trattarmi come una bambolina preziosa da tenere al sicuro mentre ti diverti con le altre” rispondo in preda al nervoso, non mi rendo conto che sto gridando e che ho attirato l’attenzione della signora paffutella.
“Andiamo via da qui” mi esorta.
E’ incredibile l’ascendente che esercita su di me. Ancora una volta lo seguo taciturna.
“Ti riferivi a Luc..alla professoressa Smith prima?” chiede all’improvviso lui.
“Beh, non sono affari miei ma non dovresti intrecciare rapporti intimi con i tuoi colleghi” butto lì velenosa. Sono gelosa marcia.
Vedo un sorriso increspargli le labbra.
“Io e Lucille? Sei fuori strada.. siamo amici. E in quanto a relazioni inadatte allora non dovrei nemmeno essere qui, con te”
“E allora perché sei qui?” lo incalzo.
E’ in quel momento che sento le sue labbra sulle mie, le divorano, le assaporano millimetro dopo millimetro.
Improvvisamente scioglie il nostro bacio e mi trascina dietro un albero, dove con foga  mi appoggia alla corteccia e si avventa nuovamente sulle mie labbra che lo accolgono impazienti. Il sapore di ogni bacio è buono, dolce e clandestino. Quando giunge lascivo sul mio collo, un brivido percorre la mia schiena. Il mio autocontrollo vacilla e a quanto pare anche il suo.
Oddio, desidero questo momento da troppo tempo, finalmente un bacio vero, senza indugi.
Comincio a sbottonargli la camicia, ma lui ferma la mia mano con un movimento repentino.
“Non ora, non qui” dice con il fiato corto.
“D’accordo” sbuffo.
“Ti vengo a prendere stasera dopo le undici, prima ho un impegno e poi è meglio non farci vedere in giro in orari centrali”
“Ok” mormoro. Che impegno avrà mai?
 
SPAZIO AUTRICE: Buona sera e buon inizio dell’anno a tutti i lettori di questa storia!!! Chiedo nuovamente perdono per il ritardo ma come ho detto precedentemente, ho avuto problemi con il pc. Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento..le cose cominciano a farsi complicate..eh eh
Un ringraziamento a tutti voi che seguite ma soprattutto alle mie fedeli lettrici che recensiscono assiduamente (Ilapietro, Soraya —>spero che vada meglio e che l’influenza ti abbia dato una tregua XD) e a quelle che si sono aggiunte da poco. Xo Xo Fra. A presto!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Carlos ***


                                                                                                        16
                                                                                                     Carlos

Avete presente la sensazione di avere le farfalle nello stomaco? Beh, io le sento ai piedi. Ogni passo che mi conduce a casa, è leggiadro come il battito d'ali di una farfalla. Leggiadro è anche il mio umore, limpido il ricordo delle labbra di Bexter sulle mie. Se mi concentrassi per bene, riuscirei anche a sentirne ancora l'intensità ma ho la testa tra le nuvole dunque ogni benché minimo sforzo sarebbe vano.
Appena arrivo davanti l’uscio di casa mi viene in mente la scena di Ben nudo e arrossisco impercettibilmente sperando di non beccarlo nuovamente in atteggiamenti intimi con qualcuna. Nel frattempo mando un messaggio di scuse a Robert Portland in cui annullo la nostra serata studio. Sarà per la prossima volta.
“Sono a casa” urlo dal corridoio, meglio annunciarsi.
Nessuno risponde al mio saluto e mi convinco che non ci sia nessuno a casa. Pochi minuti dopo mi devo ricredere, perché entrando in cucina i miei due migliori amici stanno confabulando sul divano.
“Ei voi due, cosa avete da confabulare?” dico gettandomi di peso sul divano insieme a loro.  Solo io l’unica ad avere un sorriso sciocco in viso o mi sbaglio?
“Cake, c’è una persona di là che ti aspetta” dice serio Ben.
Corrugo le sopracciglia, sono abbastanza confusa. Chi potrebbe mai essere?
“Chi è?” chiedo ansiosa. “Non sarà mica mia mad..” mi si bloccano le parole non appena lo vedo entrare.
“Ca-carlos che ci fai qua?” mormoro. Sono bianca come un cencio. Improvvisamente il mio passato torna violentemente a bussare alla mia porta. Forse a quella più nascosta, quella che lui ha distrutto lentamente e che io con tanta fatica ho ricostruito: la porta del mio cuore.
“Piccola, avevo bisogno di vederti” fa eco lui guardandomi con i suoi smeraldi. Si, perché lui non ha dei semplici occhi, ha dei veri e propri smeraldi.
Resto un attimo a fissarlo, non pensavo che rivederlo avrebbe scatenato una tale reazione. A dire il vero, non pensavo affatto di rivederlo tanto presto.
“Non mi sembrava te la stessi passando tanto male l’ultima volta che ti ho visto” butto lì, sperando di farlo desistere da qualsiasi fosse il suo intento.
Brucia, brucia ancora tanto.
“Non c’è mai stata nessuna che potesse reggere il confronto con te, mai” dice, avvicinandosi.
“Ehmm noi andiamo” mormora Joy, trascinandosi Ben dietro di lei.
La guardo intensamente, sperando che capisca il mio segnale di SOS, non possono lasciarmi da sola con Carlos.
Nel frattempo, Ben lancia occhiatacce a Carlos, sembra volerlo mettere in guardia.
Quando sento la porta di casa sbattere capisco che è ora di affrontare i fantasmi del passato. Forza Cloe ce la puoi fare.
“Ho provato ad andare avanti, facendo finta di non averti mai conosciuta. Ho vissuto giorno dopo giorno, cercando di godermi ogni esperienza che mi si presentava davanti. Ma, senza di te, non mi sento completo”.
E’ la più bella dichiarazione d’amore che abbia mai sentito, peccato per il pessimo tempismo.
“Io, io non so che dire” mormoro allibita.
“Non dire niente, vieni qui da me”.
Ci risiamo, bastano due parole e il suo sguardo magnetico a farmi tentennare.
Devo resistere, merda.
“Non penso sia il caso” sussurro.
“Non pensare. La Cloe che conosco io segue l’istinto” mormora.
La sua voce..non l’ho di certo dimenticata.
Resistenza, Cloe resistenza.
Ormai sono a pochi centimetri da lui e sono parecchio emozionata.
Ho il cuore che va a mille ma al contempo sento che c’è qualcosa che mi trattiene.
Non sento la stessa magia, quella magia che provavo anche solo guardandolo arrivare da lontano.
Improvvisamente lui mi prende la mano e un brivido leggere mi percuote. C’è sempre stata una grande attrazione fisica tra di noi. Devo ammettere che è veramente un bel ragazzo.
“Sediamoci, abbiamo tanto da dirci” mormora.
E io lo seguo.
E parliamo, parliamo, parliamo.
Mi sembra di essere tornata quattro anni addietro. Quando io ero una ragazzina impaurita e lui mi ascoltava, offrendomi tutto il suo appoggio.
Ormai parliamo da ore, ho perso il senso del tempo e devo dire che è una sensazione piacevole essersi ritrovati. Guardo l’orologio, sono le dodici passate.
Cazzo, Bexter. Avevamo appuntamento alle undici e me ne sono completamente dimenticata.  Invento una scusa per correre in camera a prendere il cellulare.
Impallidisco. Ci sono dieci chiamate perse e un messaggio. Quasi non ho il coraggio di leggerlo ma la voce della mia coscienza mi suggerisce di farlo.
Dove sei? E’ dalle undici che provo a chiamarti. Se non volevi venire all’appuntamento bastava dirlo. Il tuo silenzio è abbastanza eloquente, il mio sarà categorico”.
Sento le forze venir meno, cosa ho fatto? 
Torno in salotto da Carlos, non devo avere un bell’aspetto e lui lo nota subito.
“Cos’è successo? Sei pallida” mi chiede in tono apprensivo.
Non posso parlargli di Bexter, non a lui.
“Niente, solo un po’ di mal di pancia” mento spudoratamente.
“Vieni qui piccola” fa cenno lui. So che ha capito, sa che gli ho mentito. Mi conosce troppo bene ma rispetta il mio volere.
***
Lentamente apro gli occhi, sento un rumore indistinto provenire dalla cucina. Metto a fuoco la camicia a quadri sulla quale sono poggiata e all’improvviso tutto si fa chiaro. Mi sono addormentata tra le braccia di Carlos.
“Ei piccola, buongiorno”dice lui con la voce ancora impastata dal sonno.
“Buongiorno..”mormoro imbarazzata prima di correre in cucina dove trovo Joy intenta a preparare la colazione.
“Allora?” bisbiglia, guardandomi con gli occhietti curiosi.
“Allora cosa?” le rispondo, forse sono stata un po’ scorbutica ma lei sembra non farci caso.
“Che è successo ieri quando vi abbiamo lasciati da soli?” risponde, come se fosse la domanda piùovvia del mondo.
“Niente, assolutamente niente”.
Quanta curiosità, non mi va tanto di parlarne.
“Ho capito, vuoi del tempo per metabolizzare il tutto. Ti lascio tutto il tempo che ti serve amica mia” dice Joy, abbracciandomi affettuosamente, come solo lei sa fare. Appoggio la testa nell’incavo della sua spalla e circondo il suo esile punto vita con le braccia.
“E Ben dov’è? Come si è comportato ieri sera?” domando per cambiare discorso.
“E’ nella sua stanza, sta dormendo come un ghiro. Ieri sera non la smetteva piùdi parlare. Oddio, come fai a sopportarlo?”
Rido sonoramente. Mi fa bene ridere. Credo che il sorriso aiuti ad affrontare anche la peggiore delle giornate e temo che oggi sia proprio una di quelle.
Faccio per dirigermi in bagno, passando prima per la stanza di Ben. E’ vero, sta dormendo come un angioletto.
Che tenero, non resisto e gli schiocco un bacio in guancia.
Lui alza giusto una palpebra e mormora con voce baritonale “Cake..come stai?”.
“Benone. Sono un osso duro io” rispondo flebilmente.
Il mio amico non dice nulla, mi trascina sul letto e mi abbraccia, mi stritola, gioca con i miei capelli. Mi sento incredibilmente al sicuro.
“Vado a sistemarmi, tra poco ho lezione” dico liberandomi della morsa di Ben.
“Oook Cake, se hai bisogno non esitare a chiamarmi” risponde lui, strizzandomi l’occhio in segno di intesa.
Vado in bagno e poi in camera mia dove trovo il borsone di Carlos adagiato sul pavimento. Bene, è tornato per restare? La cosa mi spaventa. Ero appena riuscita a trovare un equilibrio ed ora lui l’aveva inclinato nuovamente.
Penso a Bexter, chissà come si comporterànei miei confronti? Accidenti, come ho potuto dimenticare il nostro appuntamento? Che rabbia.
Indosso un paio di jeans skinny, una maglia grigia con un bel teschio gigante proprio al centro e le mie adorate converse borchiate. Oggi sono di malumore.
“Vai a lezione?”Carlos è appoggiato allo stipite della porta.
“Si”  mormoro atona.
“Posso venire con te? Ho voglia di passare dell’altro tempo insieme..”
Come posso dirgli di no? Quale scusa potrei addurre?
“Certo”.
****
L’aula è gremita di gente come ogni volta che lui tiene lezione. Il mio solito posto in prima fila è libero ma stavolta preferisco stare nelle file dietro.
Mentre avanziamo verso gli unici posti rimasti nelle file centrali, noto che molte ragazze lanciano occhiate di apprezzamento verso Carlos.
Scuoto la testa un po’ compiaciuta e mi siedo proprio al centro dell’aula.
Lui entra e tutto tace. Trattengo il respiro nell’attesa di un suo sguardo, di un qualcosa che mi faccia capire cosa mi aspetta, cosa pensare. Ma niente, Bexter sembra aver cancellato dalla sua memoria il mio ricordo.
I suoi occhi sono vuoti, vagano distrattamente da un parte all’altra dell’aula, senza mai soffermarsi su qualcuno, su di me. Li cerco, li voglio. Zero.
La lezione sembra volare e non appena finisce cerco disperatamente di scendere gli scalini in tempo prima che Bexter scompaia.
Fortunatamente lui non sembra avere fretta di andare, sta ancora sistemando le sue cose nella valigetta mentre qualche ragazza chiede delucidazioni sulla lezione. Ad un tratto, il colpo di genio.
Posso chiedergli delucidazioni anche io, in questo modo attirerei senz’altro la sua attenzione.
“Professore?”
E’ un attimo, un frangente. Lui alza lo sguardo e restiamo a guardarci per qualche secondo, poi Carlos mi raggiunge abbracciandomi. Che tempismo, ragazzi!
E’ proprio in quel momento che vedo i tratti del viso di Bexter indurirsi e la sua mascella contrarsi in una smorfia che non promette nulla di buono.
Infatti riprende a ignorarmi bellamente e attacca a  parlare con una ragazza tutta moine. Lei lo mangia con gli occhi e lui non sembra disprezzare o forse è solo quello strano senso di gelosia che me lo fa pensare. Per cosa poi? Lui non è mai stato mio, l’amore non si possiede, l’amore si vive.
“Ei, ti sei incantata?” Carlos mi strattona, riportandomi alla realtà.
“Si, scusami. Andiamo”.
Esco dalla tasca il cellulare e mando un messaggio al numero dalla quale Bexter ieri mi ha mandato l’sms, sarà sicuramente il suo numero personale.
Mi dispiace, vorrei poterti spiegare tutto. Dimmi dove e quando e stavolta ci sarò. 
Aspetto qualche minuto ma niente.

 SPAZIO AUTRICE: Buonasera miei carissimi lettori Jscusate per il piccolo ritardo spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo. Beh forse non tanto dato che èun po’irriverente ma come vi avevo anticipato non ètutto come sembra!! Eheh un bacio a tutti e un infinito grazie a voi che leggete e recensite con tanto affetto smack smack.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** The party ***


                                                                                                  17
                                                                                             The Party

In ogni famiglia che si rispetti, l'attesa del compleanno è qualcosa di eccitante, elettrizzante, stimolante. Per me, ogni anno è una vera tragedia. Odio le feste in pompa magna che organizza mio padre nella nostra casa sempre addobbata in modo troppo sfarzoso e riempita di persone di cui a stento conosco il cognome altisonante.
E poi, manca mamma. Lei preferisce non mettere piede nella tenuta Downey e incontrarmi il giorno dopo per farmi gli auguri e portarmi il suo regalo.
Ogni volta ne approfittiamo per passare del tempo insieme, per recuperare in parte il tempo che ci è mancato. Ecco perché a meno di una settimana dal mio compleanno sento già salire la malinconia. E quest'anno ho addirittura motivi in
più per esserlo.
"Ei piccola, è da dieci minuti che fissi il piatto. C'è qualcosa che non va?".
La voce di Carlos mi desta ancora una volta dal turbinio dei pensieri.
"No, è che pensavo al mio compleanno"
butto lì.
"Ah. Il famoso 15 ottobre"
"Già" ribatto atona.
"Tuo padre ha già ordinato il catering. E ha già fatto spedire gli inviti".
"Non avevo dubbi" mormoro.
"Tranquilla amore, ci sarò io con te. Non in veste ufficiale, si intende" aggiunge in tono scherzoso. Carlos sa perfettamente che mio padre non avrebbe mai approvato la nostra storia.
"Come tradizione vuole" sottolineo, con una punta di sarcasmo.
Durante gli ultimi quattro compleanni, nel bel mezzo della festa Carlos mi trascinava fuori, dietro la dependance, dove festeggiavamo in piccolo come piaceva a me. Due bicchieri di spumante e una fetta di torta rigorosamente rubata dalla festa. Poi qualcosa si è spezzato ma non sto a rivangare, conoscete in parte la storia.
"Vado a fare una doccia, a dopo" afferma Carlos, sfiorandomi le labbra con un lieve bacio.
Accidenti, mi ha colto alla sprovvista. La mente, mi riporta immediatamente al volto di Bexter, alle sue labbra sulle mie. Rigiro nervosamente il telefono tra le mani, ancora niente. Non ha risposto.
Istintivamente mi ritrovo a scrivergli un altro messaggio.
"Vorrei sapere se ti va ancora che ti aiuti con il libro. Non chiedo altro. Rispondi."
Sospiro impercettibilmente, risponderà?
Le mie speranze cominciano ad affievolirsi, quando due ore dopo non ho ricevuto alcuna risposta.
Mi trovo in macchina in macchina con Ben, Joy e Carlos. Siamo diretti alla fermata dell'autobus, Joy e Carlos devono tornare a casa.
"Allora siamo quasi arrivati,abbracciami forte, su" gli occhietti furbi della mia Joy mi reclamano ed io rispondo tuffandomi su di lei.
“Mi mancherai Joy” piagnucolo.
“Tranquilla Cloe, ci vediamo per il tuo compleanno. Il famoso 15 ottobre!! Torni a casa giorno 12, giusto? Trascorrere il week-end insieme prima della grande festa di lunedì”
“Naturalmente” ribatto abbracciandola nuovamente.
“Ei voi due, ci saremo anche noi baldi giovanotti non dimenticatelo” si intromette Ben riferendosi a lui e Carlos.
“Purtroppo” mi fingo dispiaciuta, in realtà sono felice di trascorrere dei giorni tutti insieme nella nostra città.
Nel frattempo siamo arrivati alla fermata, l’autobus è già pronto a partire così non mi resta che augurare buon viaggio a Joy e Carlos.
“Ciao piccola” mi saluta Carlos, baciandomi lievemente sulle bocca. Non rispondo al bacio, mi limito ad ospitare le sue labbra. Infondo non ho ancora preso nessuna decisione in merito alla sua richiesta.
“Ciao tesoro mio” mi stritola Joy.
“..e ciao scimmione” si rivolge poi a Ben che con non curanza l’abbraccia provocandole un lieve rossore per l’audacia del gesto.
Li vedo salire sul bus e una piccola lacrima solca il mio viso.
“Andiamo Cake, stasera ci aspetta il Pind. Riunione di confraternite”  afferma sorridendo.
“Cooosa?” lo guardo sbalordita, non mi va di andare a ballare.
“Non puoi sottrarti mia cara, il regolamento parla chiaro. E avendo accettato di fare parte delle Gazelles non puoi che attenerti ad esso. Regola numero uno: MAI RIFIUTARE UN INVITO DEI CONFRATELLI. SE NON PER CAUSE DI  FORZA MAGGIORE!” conclude autoritario.
“Ma io..” tento di ribellarmi.
“No, niente ma. Stasera avremo anche una rappresentanza del corpo docenti di Princeton, magari il tuo professorino si decide a venire” aggiunge Ben, sfoderando tutte le sue armi per convincermi.
“Non siamo in ottimi rapporti” puntualizzo.
“Mi devi raccontare cosa è successo. Approfittiamo del tragitto verso casa per parlarne”.
Ben è proprio un caro amico. Mi lascio circondare dalle sue braccia forti mentre ci
dirigiamo al parcheggio. Ahimè so che sarà una luuuunga serata.
***
“Ben ma quanto ci metti per sistemarti i capelli? E’ da mezz’ora che ti aspetto” sbuffo per l’ennesima volta. Quel vanitoso del mio amico è più lento di una lumaca e paradossalmente ho terminato di prepararmi per la serata molto prima di lui.
“Arrivo” grida dal corridoio.
“Finalmen..” mi blocco non appena lo vedo arrivare. Caspita è bellissimo.
Ha un pantalone blu scuro ed una camicia a righe con una cravatta blu notte che si adatta magnificamente. Tiene la giacca in mano.
Avanza lentamente camminando come in una sfilata ed io mi perdo ad osservare i suoi muscoli guizzare dalla camicia ad ogni passo.
“Hai visto un fantasma?” dice, raggiungendomi.
“Hai un buon profumo, che tipo di fragranza è?” chiedo ancora imbambolata sviando il discorso.
“THE ONE FOR MEN, Dolce&Gabbana” risponde lui divertito.
“Ah ok. Beh, andiamo si è fatto tardi” mi affretto a dire per mascherare l’imbarazzo.
“Ei Cake, fermati un attimo” dice Ben, facendomi roteare su me stessa.
“Sei uno schianto baby, hai fatto bene a seguire il mio consiglio” continua gradasso.
Non so se ho fatto effettivamente bene a seguire il consiglio di Ben. Indosso un vestito per la metà di sopra rosa antico con un fiocco sulla spalla sinistra e  per la metà di sotto di colore oro, tutto patinato. Mi sento molto elegante, forse troppo. Ho anche raccolto i capelli. Secondo Ben è molto più sexy lasciare le spalle nude. Beh vedremo se tutto questo avrà effetto sull’unica persona di cui mi importa in quel locale, Bexter naturalmente.
Arriviamo puntuali al locale, già pieno tra l’altro.
Ci accomodiamo nella fila secondaria, quella verso l’entrata delle confraternite. Tutti sono già su di giri, si prospetta una serata abbastanza movimentata.
Quando è il nostro turno, mostriamo la tessere ed entriamo nella bolgia infernale.
La musica assordante mi perfora l’orecchio, sento i bassi andare a ritmo con il mio cuore. Ben mi tiene per mano mentre ci addentriamo tra la folla, nella parte delle confraternite. Mi alzo sui tacchi per vedere oltre le persone, attraverso il vetro che separa questa sala dall’altra, quella comune. Ben se ne accorge e grida al mio orecchio: “le confraternite hanno allestito uno spazio docenti all’interno di questa sala. Ci stiamo dirigendo proprio lì” conclude, sorridendomi.
Annuisco e senza fiatare lo seguo.
“Piccolo cambio di programma, andiamo al bancone, prima prendiamo da bere” dice Ben. “D’accordo amico” rispondo battendo il cinque sulla sua mano. Ho bisogno di bere, ho bisogno che i miei freni inibitori si annullino per questa sera.
Mostriamo la tessera magica e prendiamo due Long Island in modo del tutto gratuito. Fico.
Comincio a sorseggiare e ad andare avanti tra la folla muovendomi a tempo di musica, il Dj sta passando un vecchio pezzo di David Guetta, uno dei miei preferiti, Memories.
All the crazy shit I did tonight, those will be the best memories. I just wanna let it go for the night, that would be the best therapy for me”
“Calza  a pennello” grida Ben euforico mentre muove a tempo una mano.
Tiro su un altro sorso di alcol e proseguo dietro Ben.
Improvvisamente vedo una bionda gettarsi tra le sue braccia e ridere sguaiatamente. Poco dopo intuisco la sua identità e un sorriso ilare mi incurva le labbra.
“Ciao Jiselle” saluto energica.
“Ciao Cloe, oddio mi dispiace ancora per quell’evento increscioso” si scusa subito lei.
Ma come parla? Sarà l’alcol.
“Tranquilla, ho già rimosso” la rassicuro, strizzandole l’occhio.
“Ben scopa divinamente” mi sussurra improvvisamente lei all’orecchio.
E’ proprio andata se mi parla delle prestazioni sessuali di Ben.
“Non posso darti un giudizio ma credo tu abbia ragione” controbatto scherzosamente.
“Venite, andiamo ai tavoli dei docenti, così li salutate!” dice lei trascinando me e Ben più in là nella sala.
Arriviamo di fronte a due enormi tavolinetti bassi, circondati da divanetti in stoffa color carta da zucchero.
Vedo molti ragazzi affollare quello spazio, mi chiedo se Bexter sarà dietro di loro, seduto nei divanetti.
La mia curiosità viene premiata pochi secondi dopo quando una ragazza viene verso di noi, lasciando libero uno spazio in cui mi intrufolo senza remore.
Lui è seduto accanto alla professoressa Smith e al professore di analisi dei dati.
Ha un vestito scuro, sotto una camicia bianca e la cravatta a righe colorate visibilmente allentata. Il ciuffo ribelle ricade sugli occhi e con la mano lo porta costantemente all’indietro. Ride e sembra divertirsi da morire. Sul tavolo campeggia una bottiglia di vodka liscia immersa in un contenitore di acciaio con del ghiaccio dentro.
“Buona sera, signorina Downey” dice improvvisamente la professoressa Smith.
Sono paralizzata per l’imbarazzo ora che ho tutti gli occhi puntati addosso . Maledetta rossa.
“Buona-sera” balbetto. I miei occhi sono indirizzati a Bexter, in quel momento esistiamo solo noi, io e lui.
“I-o vado, buona serata” dico come un ebete. Che figura.
Vado alla ricerca di Ben ma sembra essersi dileguato. Bene, bye bye compagnia.
Mi dirigo al centro pista e inizio a ballare da sola. Ballo, ballo, ballo senza sosta. E quel drink è l’unica risorsa che ho per continuare.
“Ciao Cloe”. Il sorriso di Robert Portland è appena accennato. Accanto a lui Jiselle balla energicamente. Con chi è allora Ben? sempre il solito marpione, ogni giorno una conquista.
“Ciao Robert, anche tu qui?” domanda idiota lo so, sono pessima a fare conversazione.
“Si, te l’ho detto. Faccio parte dei Lions” risponde lui come se fosse la cosa più ovvia al mondo.  
“Vi va di bere qualcosa insieme?” chiedo sfacciatamente coinvolgendo anche Jiselle.
“Ovvio” rispondono all’unisono e insieme ci dirigiamo al bancone per il mio secondo round.
“Tre Long Island” grido al barman per farmi sentire in mezzo a tutto quel fracasso.
“Guarda, Bexter e la Smith stanno prendendo un drink” la voce acuta di Jiselle mi fa girare nella direzione da lei indicata con lo sguardo.
Caspita è vero e sembrano molto in sintonia. Una fitta di gelosia mi assale.
Afferro il drink che nel frattempo il barman mi ha dato e comincio a bere grandi sorsate.
“Andiamo a ballare” dico seguendo con lo sguardo quei due che si allontanano e si posizionano in pista ballando uno di fronte all’altro.
Inizio a muovermi in un modo che non mi appartiene, lento, ancheggiante. Molti sguardi si posano su di me e Bexter non è da meno. Mi fissa dalla sua posizione, mi mangia con gli occhi ed io fremo. Robert si avvicina e balliamo molto vicini, per qualche secondo mi concentro su di lui. Non mi piace ma in questo momento mi sento libera, a mio agio con lui.
Torno a guardare verso la direzione di Bexter ma è scomparso dalla mia visuale. Accidenti a me, l’ho perso.
La vibrazione del cellulare mi fa sobbalzare, un messaggio.
Lo apro con trepidazione.
Retro, subito. B.”
Capisco perfettamente chi è il mittente e scappo fuori da lui, non curandomi degli sguardi interrogativi di Jiselle e Robert.
Raggiungo il retro del locale, sono ansimante per la corsa con i tacchi.
Lui mi aspetta lì, con l’aria seriosa e le mani in tasca.
“Che cazzo combini?” dice non appena arrivo di fronte a lui.
“Buonasera anche a te Adam” rispondo stizzita.
“Ti sembra il modo di ballare con qualcuno? Quanti ragazzi hai? Uno, due, tre? Dov’è finito quello dell’altra volta?” mi tempesta di domande.
“Non sono affari tuoi” ribatto cocciuta.
Mi afferra per un braccio e mi avvicina a se. Il suo alito è dolce e fruttato, un misto di alcol e frutta.
“Cloe io..” dice nervosamente mentre continua a stringere il braccio.
“Lasciamo stare” ribatto, cercando di divincolarmi. Ma non voglio, così annullo le distanze e lo bacio. Lui allenta la presa del braccio e pochi secondi dopo lo libera avvolgendolo nella mia vita, avvicinandomi di  più al suo corpo. Sciolgo la sua presa e stavolta sono io che lo spingo a muro e mi avvento su di lui famelica.
Tolgo la giacca, poi la cravatta e infine sbottono la camicia, beandomi della visione.
Assaporo con le dita ogni addominale e poi bacio delicatamente il suo viso dalle orecchie fino all’incavo del collo. Lo sento sospirare pesantemente.
Le sue mani viaggiano sul mio corpo vestito, con un movimento repentino alza la gonna e si insinua al centro del miei desideri.
Preme delicatamente sulla stoffa delle mutandine, poi le discosta facendosi strada in me.
Inarco involontariamente la testa, scossa da mille brividi di piacere.
“Andiamo via di qui..” gli sussurro all’orecchio.
“No, ho voglia di te, ora” risponde lui perentorio.
“Ehmm Cake, stiamo facendo il brindisi. Vi cercano, sarà meglio rientrare”.
La voce di Ben è come una doccia di acqua fredda. Cazzo, menomale che ci ha visti solo lui. Non ho il tempo di rispondergli, perché è già sparito dentro.
Bexter si ricompone ed entra per primo, io attendo qualche secondo poi mi intrufolo nuovamente in quella bolgia infernale.
 
SPAZIO AUTRICE: Capitolo un po’ lunghetto..spero non sia troppo da leggere in un’unica soluzione.. ma preferivo farvelo vivere per intero!! Un bacione a tutte e un infinito grazie a chi recensisce sempre, non faccio nomi ma capirete!! A presto <3

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Like a tatoo ***


                                                         18
                                                  Like a tatoo

E' proprio vero, le sbornie non si dimenticano facilmente. Soprattutto se a ricordartele costantemente ci pensa un odioso mal di testa.
Riesco a malapena ad identificare Ben che dorme beatamente vicino a me, poi di nuovo il vuoto.
"Cake, Cake sveglia" la voce del mio amico mi arriva ovattata. La sua immagine invece comincia a diventare più chiara.
"Che c'è?" mormoro con la voce ancora i
mpastata dal sonno.
"E' tardissimo, arriverai in ritardo alla lezione della Smith, devi alzarti!"
"Accidenti, mi gira ancora la testa" mi lamento mentre obbedisco e pazientemente mi alzo.
"Ti ho preparato la colazione, mangia un boccone e corri subito in facoltà" ordina con un tono che non ammette repliche.
"Si papino" lo prendo in giro.
L'amicizia è uno dei tesori più preziosi che l'essere umano possa avere. Ad un tratto quell'increscioso mondo in cui vivi ti sembra sano e lindo. All'improvviso non sei più sola con i tuoi problemi, le tue ansie. L’amicizia ti proteggerà con il suo scudo pur percorrendo strade differenti, a volte lontane km, a volte più vicine di quanto tu possa immaginare. Ben è un vero amico, una sorta di anima gemella dell'amicizia. Lui e Joy rappresentano tutto per me. Ed ora ho bisogno di lui.
"Per quanto riguarda ieri.." sto per chiedergli cosa è successo ma vengo incenerita dal suo sguardo. Non mi arrendo, voglio sapere.
"Si, sto andan
do. Vorrei solo sapere cosa è successo, ecco..dopo che.." sono un po’ in imbarazzo.
"Dopo che ti ho trovato ad amoreggiare con il tuo professorino?"
Faccio un cenno di assenso con la testa.
"Beh, per fortuna vi h
o trovato in tempo. Quella vipera rossa della Smith non faceva che chiedere dove fosse finito Bexter. Jiselle e quel Portland, mi hanno detto che eri improvvisamente sgattaiolata via dopo aver ricevuto un messaggio. Ho capito subito che eravate insieme. Dopo che vi ho trovati e in seguito siete rientrati, ricordi di esserti seduta sul divanetto? Bene, durante il brindisi ti sei addormentata sul quel divano. Ti ho portata in braccio fino alla macchina, Bexter mi stava alle calcagna chiedendomi come stavi, sembrava impazzito e così diciamo che..gli ho risposto come si deve.
"Co-cosa gli ha
i detto?" sussurro incredula.
"Gli ho detto che se ti fosse successo qualcosa sarebbe stata tutta colpa sua, che è un irresponsabile e che avrei retto il vostro segreto fin quando avresti voluto tu; per proteggere te, non lui".
Guardo i lineamenti del suo viso, sono parecchio tesi.
"Ben sei impazzito? Cosa ti è saltato in mente?" chiedo in preda al panico.
"Forse ho esagerato ma vederti così debole e indifesa mi ha dato
al cervello" si scusa lui.
"Io vado" dico improvvisamente gelida.

"Ok, stai attenta" risponde lui, in tono apprensivo.
***
Entro in aula trafelata e accaldata per la corsa. Purtroppo i miei sforzi non sono serviti a niente, la lezione è già iniziata da qualche minuto. Perfetto, ho tutti gli occhi puntati addosso, tra cui quelli gelidi della Smith.
"Signorina Downey, si accomodi. Ha avuto qualche contrattempo?"
Brutta strega rossa. Ok, non proprio brutta ma strega si, tanto.
"Mi scusi. La sveglia non è suonata" dico paonazza in viso, mentre cerco inutilmente di defilarmi. Che accidenti hanno tutti da guardare?
"Bel tentativo. E' mio dovere informarla della assoluta esigenza di puntualità alle l
ezioni. Eventuali altri comportamenti di uguale natura verranno segnalati a chi di dovere. E adesso riprendiamo da dove la signorina Downey ci ha interrotti" dice, guardandomi come se volesse trafiggermi.
Mi sento pervadere da un moto di rabbia incommensurabile. Chiaramente fa riferimento a qualcos’altro, è un avvertimento velato il suo. Che abbia scoperto qualcosa su me e Bexter?  Decido che è meglio seguire la lezione e non darle altre motivi per cui bacchettarmi così tiro fuori il mio I-pad e mi immergo nel mondo delle funzioni esponenziali e dei loro grafici.
Alla fine della lezione, prendo tutte le mie cose e cerco di andare via senza destare la sua attenzione. Mi confondo tra la folla dei ragazzi che come impazziti si dirigono verso l’uscita dell’ aula.

“Signorina Downey non vada via, devo parlarle” la voce di quella strega mi fa gelare il sangue. Cosa vorrà ancora da me? Faccio marcia indietro e mi posiziono davanti la cattedra aspettando che anche l’ultima ragazza esca fuori dall’aula.
“Bene, cosa posso fare per lei?” dico chiaramente stizzita.
“Ne ho conosciute tante come te. Pronte a qualsiasi cosa pur di andare avanti, fare carriera. Belle, giovani e intraprendenti” pronuncia l’ultima parola con una certa malizia , cadenzandola.
“Ma vede, circuire o sedurre un professore è un reato. Qualcosa che va contro ogni regolamento” continua.
“Non so di cosa stia parlando” controbatto fermamente.

“E invece lo sai bene, ho visto come lo guardi. Non mentire ragazzina. Stai lontana da Bexter o sarò costretta a prendere provvedimenti” conclude spietata.
Mi sento così indifesa, nuda e fragile sotto il suo sguardo accusatore. Un brivido gelido mi percorre la schiena mentre indietreggio e poi corro via. Via da quell’aula, da quelle accuse fondate e da quella realtà dorata in cui mi ero illusa di poter stare.
Ormai sono ore che vago senza meta per le vie di Princeton city. Sono ore che non faccio altro che piangere e disperarmi per la mia patetica situazione.
Nel frattempo le note di Won’t go home without you dei Maroon 5 invadono prepotentemente le mie orecchie. La voce di Adam Levine è come una dolce camomilla, mi infonde un’incredibile tranquillità. Decido di sedermi in un bar e ordinare una cioccolata calda. Tiro fuori un libro e dimentico il mondo intorno a me.
“Signorina, mi scusi. Non vorrei essere scortese ma stiamo per chiudere”  dice un ragazzo, lo stesso che mi ha servito la cioccolata, quante ore fa? Due, tre? Devo aver perso la cognizione del tempo.

“Scu-scusa, vado” mormoro, lasciandogli una mancia generosa sul tavolo.
Prendo al volo il primo taxy sotto tiro e rientro a casa giusto in orario di cena.
“Ben sono a casa” grido, liberandomi della borsa.
Sento dei passi provenire dalla cucina e raggiungermi in corridoio.

“Si lo so, è tardi ma..” mi blocco all’istante. Bexter mi guarda torvo dalla testa ai piedi.
“Che ci fai qui?” sussurro con l’ultimo filo di voce rimasto.
“Mi ha fatto entrare quel tale, Ben” risponde senza staccare gli occhi dai miei.
Mi avvicino lentamente a lui, forse troppo. Mi sembra di essere all’interno di un film, non saprei però definirne il genere.
Lo supero a malincuore e vado verso la mia stanza. Lui mi segue a passo frenetico e una volta entrato chiude la porta energicamente. Sento ancora nelle orecchie il rumore tonfo , cozza maledettamente con il silenzio che si è venuto a creare.
“Dobbiamo parlare” dice improvvisamente lui e nella sua voce percepisco una nota di nervosismo.
“Non vedo cosa potremmo dirci. Sei il mio professore ricordi? Cosa ci fai qui?”  lo provoco.
“Smettila di fare la bambina. So che Lucille ti ha parlato”

“Lucille chi? Quella vipera rossa che ti porti a letto? Sai mi ha fatto una bella scenata di gelosia, vuole che mi allontani da te. Accontentata, sei libero di scoparti chi vuoi” sbraito.
“Non voglio scoparmi nessuno dannazione,  non scherzare. Ti ho già detto che io e Lucille siamo solo amici e colleghi, anche se non devo giustificarmi con te di questo”  controbatte furente.
“Ah si? Allora cosa vuoi da me? Cosa sei venuto a fare?”  rincaro la dose.
Sembra smarrito, l’ho preso alla sprovvista.

“Lascia stare, sei solo una bambina” dice, scuotendo la testa.
Odio sentirmi dare della bambina. Non ci penso due volte e inizio a spogliarmi degli indumenti che ho addosso, restando infine in intimo.
“La bambina ha voglia di giocare” lo provoco, spintonandolo verso il letto.
Sembra vacillare, il suo autocontrollo fa acqua da tutte le parti.
“Non posso” mormora mentre lo faccio sedere e mi accomodo sopra allacciando le gambe alla sua schiena.
“Mi dia ancora della bambina professore” gli sussurro all’orecchio.
Lo sento deglutire,  poi in un attimo la situazione si capovolge. Mi sento afferrare i glutei e catapultare sul letto. Ora è lui che ha preso in mano le retini del gioco.

Lo guardo sovrastarmi, è terribilmente sexy con quella sua aria di sfida. I capelli, ribelli come al solito, ricadono continuamente sul suo viso.
Si sbottona lentamente la camicia, lasciandomi intravedere parte del suo torace perfetto.
Mi umetto le labbra, ho la gola secca e la sua visione non aiuta di certo.
Liberatosi dalla camicia, si slaccia la cintura e sfila i pantaloni. Ora è ufficialmente semi nudo davanti ai miei occhi, eccetto per  un paio di mutande nere che fasciano perfettamente il suo sedere sodo.
Deglutisco a fatica, è la prima volta che ci mostriamo interamente.
Si adagia sopra il mio corpo e sento chiaramente la sua voglia di me, fremo al pensiero di quello che sta per succedere. Chiudo gli occhi, fermo i pensieri e mi lascio andare ai sensi.
Le sue mani percorrono ogni centimetro del mio corpo soffermandosi sui punti nevralgici, provocandomi sensazioni oltre il limite del piacere.
Di rimando le mie dita, procedono a sfiorare ad un ritmo estenuante la sua schiena e il suo sedere sodo. Poi in un momento d’impeto lo privo dell’unico indumento rimastogli addosso. Non provo imbarazzo, solo vogli
a di averlo per me, tutto per me.
Dopo un tempo che mi pare infinito, fa scivolare via il mio intimo e senza preavviso si fa strada in me. I nostri corpi si muovono all’unisono per un tempo indefinito, il mio sospiro si fa sempre più pesante e le sue spinte più frequenti fino a quando una lenta e tortuosa sensazione di piacere mi pervade completamente. Bexter mi guarda intensamente ed io  mi perdo nei suoi occhi.
“Come stai?” dice con il fiato ancora corto.

“Bene, prosegui” gli ordino smaniosa di averlo ancora tutto per me.
 Insieme riprendiamo quella danza incessante, perdendoci l’uno tra le braccia dell’altra fino a quando tocchiamo l’apice di un piacere nuovo, consapevole e tormentato.
Si, tormentato. E’ quello che leggo nei suoi occhi non appena scivola via da me.
Il silenzio nel frattempo, ha preso il posto dei sospiri di poco fa. Tutto sembra essere tornato come prima, lui il professore ed io la sua alunna.

Si riveste in fretta, raccogliendo qua e là i suoi indumenti sparsi.
 “Ci vediamo” dice solamente ed io rimango pietrificata da tanta freddezza. Forse era quello che voleva. Portarmi a letto, per sfizio. Dovevo immaginare che le voci su di lui erano vere, che cambiasse donna come si cambia un indumento sporco.
Una piccola lacrima minaccia di uscire ma la ricaccio indietro. Devo essere forte, devo ignorarlo.
**
La valigia non si chiude ed io sono disperata. Come farò a farci entrare pure l’ultimo paio di scarpe che voglio portare a casa? Naa ma a chi la voglio dare a bere? Le converse sono l’ultimo dei miei pensieri in questo momento. In verità non faccio che pensare alla notte appena trascorsa. Minuto dopo minuto. Un continuo rewind.
“La distruggerai quella valigia se continui a saltarci sopra” irr
ompe Ben.
“Ma non entrano le mie converse preferite” piagnucolo.
“Calmati Cloe. Troveremo una soluzione, le metto nella mia valigia” mi rassicura. Sa perfettamente che il mio sconforto è dovuto a qualcosa di più importante di un semplice paio di converse borchiate. Annuisco e docilmente gliele passo.
**
“Che genere di musica preferisci?” mi domanda Ben premuroso mentre mette in moto il suo suv.
“Ben non sono mica in punto di morte. Non ho bisogno di tutta questa gentilezza. Dai metti pure i Blink 182” rispondo, pungolandolo.
“Ooook!!” .

Ha il sorriso compiaciuto di chi è riuscito ad ottenere ciò che voleva senza aver nemmeno faticato troppo.
“Solo per la prima mezzora” mi correggo, riuscendo a strappargli dalle mani la vittoria.
“Non è giusto, avevi detto che potevo mettere i Blink!” si lamenta Ben. Chiaramente sta scherzando, è sempre così quando dobbiamo scegliere che musica ascoltare insieme. Lui adora i Blink ed io i Maroon 5, ogni volta è una lotta continua. Ma stavolta abbiamo un’ora e trenta di viaggio da dividere, dovrà pazientare ed ascoltare la bellissima voce del mio (magari!!) Adam Levine.
 
SPAZIO AUTRICE:

SCUSATE x il mio mega ritardo..purtroppo ho av
uto gli esami scritti di lingua (non vi ho mai detto che studio lingue? Beh ora vi ho aggiornate hih) ed ho dovuto sgobbare sui libri. Anyway, passiamo alla nostra storia..bene bene, quei due hanno ceduto alla passione ma come avrete letto Bexter è scappato via subito dopo, comportamento non accettabile. Infatti, Cloe è determinata ad ignorarlo..lo farà? Beh lo scopriremo nei prossimi capitolo..prometto di non farvi aspettare tanto. L’altro è già in revisione e per farmi perdonare vi do qualche anticipazione, nel prossimo vedremo la vita di Cloe nella città dove è nata e cresciuta, il rapporto con suo padre, il suo compleanno e tante tante sorprese. Beh vi lascio anche un’immagine..(spero riusciate a vederla, ogni volta non so mai come fare XD) BACI BACI, yours Lady po.
 
Image and video hosting by TinyPic" style="width: 45px; height: 34px;" />
 
 
 

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** All around my birthday ***


                                                                              19
                                                           All around my birthday

Dicono che la casa è dove si trova il cuore. Beh allora diciamo che in questo periodo io  sono una specie di senzatetto. Sedotta e abbandonata aggiungerebbe qualcuno, io invece, mi limito a pensare che bisogna guardare avanti senza voltarsi mai indietro. E davanti a me c’è la maestosa tenuta Downey in tutta la sua magnificenza e tutto quello che ha rappresentato e continua a rappresentare. 
“Coraggio siamo arrivati” mormora Ben poggiando i bagagli a terra.
E’ il week-end che precede il mio diciannovesimo compleanno e una strana malinconia aleggia nell’aria. Rivedere mio padre è uno tra i principali motivi. Sono abituata a non vederlo spesso (per lavoro è sempre stato fuori) ma da quando abito da sola a Princeton la sua assenza è diventato un dato di fatto. Niente di più brutto per un padre e una figlia.
“Ciao piccola mia” riconosco in lontananza la figura bonaria di Camille.
“Camilleee” mi precipito tra le sue braccia.
“Signorino Whiston”  si rivolge poi cortese a Ben che ride sotto i baffi.
“Ben, sono Ben. Ciao Camille” l’abbraccia il mio amicone.
“D’accordo, ora entrate che fuori si gela” ci ordina con fare materno.
Io e Ben la seguiamo lungo il corridoio che da sul grande atrio, riconosco le due scalinate che si congiungono al piano di sopra, dove c’è la mia stanza.
Il rosso della moquette ricopre l’intero percorso dalle scalinate al pavimento del piano.
“Ricordo tutto alla perfezione, qui dovrebbe esserci la tua stanza” dice Ben afferrando la maniglia in ottone, saltellando come un bambino. E’ elettrizzato all’idea di rivedere dopo dieci lunghi anni i posti che era solito frequentare quando con la sua famiglia abitava ad Hamilton.
Nella mia stanza tutto è perfettamente in ordine, proprio come l’ho lasciato prima di trasferirmi a Princeton city. Le pareti color pesca si intonano perfettamente con i mobili in stile provenzale. Il letto a baldacchino è posto al centro della stanza. Guardandolo, mi vengono in mente tutte le volte che io e Ben vi saltavamo sopra gareggiando a chi si lanciava più in alto. Vecchi ricordi, indelebili. La libreria è ricca di tutte le prime edizioni dei libri piùantichi, è sempre stata una mia passione collezionarli. Le mensole invece, pullulano di cd di ogni genere. La musica, altra mia passione!
Ritorno con la mente al presente e vedo il mio amico catapultarsi sul divanetto stile impero  posto vicino alla parete destra,non lontano da un magnifico tappeto, regalo di mamma.
“Che comodità, potrei anche addormentarmi qui” sussurra Ben fingendo di chiudere gli occhi.
“Alzati fannullone, la stanza degli ospiti èproprio accanto alla mia” lo bacchetto.
“Pensavo volessi dormire con me” scherza, ammiccando spudoratamente.
“Bernard Whiston, corri subito in camera tua e non importunare la mia Cloe” si intromette Camille.
“Agli ordini madame” dice Ben, fingendosi un gentiluomo d’altri tempi.
Rido di gusto, c’è del comico in tutto questo. Scuoto la testa, Ben non cambier àmai ed io lo adoro così com’è.
Più tardi faccio una bel bagno rilassante agli oli di mandorla e dedico un bel po’ di tempo alla cura del corpo, spalmandomi ogni sorta di crema. Sfioro lentamente ogni singolo lembo di pelle, ritornando con la mente alla sera prima, alle sue mani. Dannazione mi ero ripromessa di ignorarlo ed ora eccomi qui a pensare Bexter. Riuscirò mai a cancellare quello che c’è stato tra di noi? Forse, più in là nel tempo.
“Cloeeee” la vocina di Joy mi desta dai pensieri, riportandomi in quella stanza.
“Joy, mon amour” le dico in preda all’euforia. Il quadretto della mia felicità è quasi al completo, perchéper quanto odi ammetterlo ho voglia di rivedere Carlos, manca solo lui.
“Bentornata amica mia” mi strizza l’occhio in segno di intesa Joy.
“Ho tanto da raccontarti”l’avverto subito.
“Ed io ho tanto tempo da dedicarti..” dice lei abbracciandomi.
Le ore sembrano volare, saltiamo perfino il pranzo e nel frattempo anche Ben ci ha raggiunte.
Inutile dirvi che quei due hanno cominciato a battibeccare come dal primo momento in cui si sono visti.
“Ma che razza di maglione hai addosso?” dice Ben rivolgendosiappuntoa Joy.
Volgo subito lo sguardo verso il maglioncino di Joy e aggrotto lo sguardo non capisco cosa intenda.
“Perché cosa non va nel mio maglione?” ribatte prontamente Joy.
“Tanto per cominciare è di un marrone orrido e diciamocela tutta, non ti dona. Poi ha l’immagine di Bambi, neanche fossi una bambina” sentenzia Ben.
“Senti, scimmione dei miei stivali, il mio vestiario non è affar tuo, intesi?”
"Sei sexy come un clown da circo" rincara la dose Ben. Oddio, no. Joy èviola di rabbia sento che sta per scoppiare
"E tu come un brutto scimmione in calore" risponde a tono Joy.
"Ei voi, smettetela, sbaglio o dovevamo parlare di me?" mi intrometto cercando di placare quei due.
"Dillo al tuo amico, è un barbaro" attacca Joy.
"Barbaro a chi? Ho solo espresso il mio parere" si difende Ben.
Finirà mai questa guerra di pareri?
"Ragazzi, time-out. Credo sia meglio scendere di sotto a fare merenda" butto lì, cercando di sviare la conversazione su argomenti piacevoli.
"Ok, ok. Andiamo" si arrende Ben, seguito da Joy che lo supera, mi prende per un braccio e mi trascina avanti.
"Lo odio" mi sussurra all'orecchio mentre scendiamo le scale.
"Dall'odio nasce l'amore" mi scappa, forse a voce troppo alta.
"MAI" sento ribattere da dietro, Ben.
***
Dopo avere trangugiato una quantità eccessiva della torta di mele che ha preparato Camille, gli animi sembrano placati.
"Allora che si fa stasera?" chiede Ben.
"Potremmo andare al Cedar, il venerdìsera organizzano la serata food/drink/dance. In pratica dalle nove alle undici servono solo cibo. Dalle undici a mezzanotte puoi prendere solo da bere e rigorosamente analcolici e da mezzanotte in poi iniziano i dj-set e puoi tranquillamente prendere da bere ciòche vuoi, anche alcolici" conclude  Joy soddisfatta per l'ottima spiegazione.
"Molto esaustiva. Mi piacerebbe ma stasera arriva mio padre e dovrò cenare con lui, sai che piacere" sbuffo.
"Dovresti dargli una seconda possibilità, infondo a modo suo ti vuole veramente un bene dell'anima" tenta di farmi ragionare Joy.
"Ci raggiungerai dopo cena" aggiunge Ben.
"CI?" io e Joy abbiamo posto la stessa domanda.
"Si mia cara Bambi, tu verrai con me. Non vorrai mica farmi fare da terzo incomodo alla cena di famiglia?" si giustifica Ben.
"Mai e poi mai" risponde Joy. Ecco,ci risiamo. Aperto il ring.
"E invece verrai con me, che ti piaccia o no. Che razza di amica saresti altrimenti?" Ben le sta tentando tutte. Vedo Joy tentennare.
"D'accordo mi sacrifico solo per Cloe. Non farti strane idee scimmione" conclude sprezzante.
"Perfetto. Carlos ti verrà a prendere dopo cena, gli ho giàinviato un sms" mi comunica Ben.
"Ok" mi limito a dire, non so perchéma sento che non saràuna serata facile.
***
"Cloe, Cloe presto è arrivato tuo padre" urla Camille dal piano di sotto. Mi guardo nervosamente allo specchio, ho i capelli che cadono morbidi, raccolti da un lato. Caspita, ogni giorno che passa assomiglio sempre di più a mia madre.
Indosso un vestitino color cipria a maniche corte che fa tanto "brava bimba" e delle decolleté sabbia abbinate. Vi chiederete "perché vestirsi in maniera elegante per una semplice cena con il proprio padre?" beh la risposta è piuttosto semplice, mio padre è abituato a frequentare un certo tipo di ambiente dove l'apparenza vige incontrastata, dove l'abito fa il monaco. Valori che naturalmente non condivido ma che devo rispettare in sua presenza.
Scendo lentamente scale attenta a non rompermi l'osso del collo e mi dirigo nella sala pranzo/cena.
Mio padre mi aspetta in piedi e non appena mi vede un sorriso si dipinge sul suo volto.
"Cloe, bambina mia. Come stai?" esordisce, dandomi un lieve bacio sulla guancia.
"Benone papà" mi limito a dire mentre lui con fare elegante sposta la sedia per farmi accomodare.
"La cena sarà servita tra pochi minuti. Ho chiesto a Camille di preparare uno dei tuoi piatti preferiti, vedrai" mormora.
Annuisco solamente e mi riempio un bicchiere d'acqua.
"Come ti trovi a Princeton? I professori sono validi?"
Quasi mi strozzo con l'acqua quando chiede dei professori. Si, sono proprio validi. Uno è venuto a letto con me e poi si è defilato, un'altra mi ha minacciata per via del primo e un altro ancora ci costringe a comprare solo i suoi e-book, il che denota un certo narcisismo (sto parlando del professore di finanza).
"Si, mi trovo benissimo. I corsi sono interessanti" rispondo quanto più sommariamente possibile.
"Mmm, sai l'altro giorno sono andato a trovare George Whiston per affari. Mi ha riferito che suo figlio si è trasferito nel tuo appartamento. Niente in contrario ma avrei preferito che mi avessi messo prima al corrente" sottolinea.
"Lo so, mi dispiace papà. Non accadrà più" mi scuso.
"Va bene tesoro, infondo il piccolo Bernard è un caro ragazzo. Mi fido di lui, è un Whiston".
Mi scappa quasi un sorriso per due motivi. Primo: Ben non è affatto piccolo. Secondo: non è il genere di ragazzo di cui ogni padre si fiderebbe, ma questo lui non lo sa ed io gli lascio credere ciò che vuole. Alla fine un fondo di verità c'è in quello che ha detto: Ben è un caro ragazzo.
Trascorriamo il resto della cena assaporando le delizie preparate da Camille, tra cui il piatto che adoro ovvero la parmigiana, piatto tipico italiano.
Ogni tanto mi pone qualche domanda del tipo: come passo il mio tempo libero, che amicizie frequento, in che posti vado. Ed io mi limito a rispondergli, concedendogli di sapere l'essenziale.
Continuo a guardare nervosamente l'orologio, sono già le dieci e trenta e Carlos mi verràa prendere alle undici.
"Aspetti qualcuno?" chiede mio padre.
"No, cioè si. Ehmm ho promesso a Joy e Ben che li avrei raggiunti dopo cena al Cedar" evito accuratamente di nominare Carlos, non capirebbe perché esco insieme al figlio del giardiniere.
"Il Cedar, piccolina? Non è un posto molto affidabile ma soprattutto è frequentato da persone poco raccomandabili" sentenzia lui con aria sprezzante.
Ecco, ci risiamo.
"Tranquillo eviterò i guai" ribatto, forse un po’acida.
Finisco anche l'ultima pralina al cioccolata che è rimasta del dessert e tento di chiudere la serata con mio padre.
"Papà, io dovrei andare" mormoro.
"Chiamo Jerry e ti faccio accompagnare, non voglio che tu esca da sola" afferma. Jerry è il marito di Camille, gli voglio un bene dell'anima ma non posso farmi accompagnare da lui. Carlos mi sta aspettando all'angolo. Devo inventare una scusa plausibile.
Uno, due e tre.
"Ehmm Ben mi ha appena mandato un messaggio. Lui e Joy si annoiavano al locale senza di me ed hanno deciso di passare a prendermi. Mi aspettano dietro l'angolo"  mento.
Noto l'espressione del suo viso incurvarsi, male. Sta sospetta qualcosa.
"Non ho sentito la suoneria del messaggio in entrata" puntualizza.
Diamine sono nei guai.
"Silenzioso! Ho impostato la modalitàsilenziosa. Non volevo qualcuno disturbasse la nostra cena!" affermo, con la speranza che creda alle mie parole.
Attimo di silenzio. Temo il peggio.
"D'accordo, vai. Ricorda di chiamare se ti dovesse succedere qualcosa"
Tiro un sospiro di sollievo. E' andata.
"Certo papà, non esiterò" concludo entusiasta.
Pochi minuti dopo sono già in macchina con Carlos in direzione del locale.
L'abitacolo èintriso del suo profumo. Una fragranza forte, decisamente maschile.
"Come stai tesoro?" inizia a chiedermi.
"Bene Carl, sono contenta di rivederti" ammetto. La sua guida ferma e sicura mi mette a mio agio.
"Lo stesso vale per me" ribatte lui, incastrandomi con lo sguardo. Mi soffermo un po’di più a guardarlo, stasera sono particolarmente triste per via di Bexter o è lui ad essere particolarmente bello?
Il locale è desisamente affollato, siamo arrivati giusto in tempo per la fase analcolica della serata. Meglio così, non voglio bere alcolici stasera.
"Eccoli lì" indica Carlos nella direzione del bar. Mi alzo sulle punte e in lontananza vedo Ben e Joy appollaiati al bancone del bar a sorseggiare qualcosa.
Non appena li raggiungiamo, Joy si precipita subito a salutarci.
"Finalmente siete arrivati, non lo reggo più" esordisce Joy, riferendosi chiaramente a Ben.
"Che ha combinato stavolta?" chiedo curiosa.
"A parte il fatto che si èingozzato talmente tanto da attirare gli sguardi di tutto il locale e che ci prova spudoratamente con la bar woman, niente" sbuffa
"Gelosa?" irrompe Ben.
"e di chi? Non di certo di te. Mi fa ridere il modo in cui disperatamente cerchi di attirare l'attenzione" ribatte Joy prontamente.
"Magari voglio attirare solo quella di qualcuna.." dice Ben avvicinandosi pericolosamente al viso di Joy. Sgrano gli occhi per la sorpresa, Ben flirta con Joy? Il mondo deve essersi capovolto.
"..non quella tua, naturalmente" conclude Ben allontanandosi da lei in una frazione di secondo.
Ecco, dovevo immaginarlo. Il mondo èsalvo.
"Sei solo uno stronzo, convinto. E pure brutto" dice Joy, riprendendosi.
La serata scorre tra risate, schermaglie alla Bejo (ho voluto fondere i loro nomi come si fa con quelli delle coppie nei telefilm XD)e qualche cocktail di troppo. Si, avevo detto che non avrei bevuto ma tra dire e il fare, c'èdi mezzo il mare. Recita cosìil detto, no?
"Che hai stasera?" chiedo sfrontatamente a Carlos. Stasera èstrano, sembra quasi assente e non ha provato a starmi accanto in tutti i modi come fa sempre.
"Niente" risponde, evitando il mio sguardo.
"Carlos, non mentire. Non a me, ti conosco" lo intimo a dire la verità.
"Devo confessarti una cosa" sbotta di colpo.
"Co-cosa?"
"Ieri sera ho fatto l'amore con un'altra. E stasera lei è qui" sgancia la bomba.
Chiamatelo destino, chiamatelo sorte o magari solo coincidenza, in questo momento l'unico pensiero ad attraversarmi la mente è che nella stessa sera, a centinaia di km di distanza sia io che Carlos siamo stati con altre persone. Magari la risposta ai miei dubbi sulla nostra presunta riconciliazione ce l'ho già e me l'ha fornita lui senza rendersene conto.
"Ah" mi limito a dire, cercando di ignorare quella piccola fitta di gelosia.
"E' stato un errore, uno stupido sbaglio che mi ha aperto gli occhi e il cuore. Io ti amo Cloe, io non ho mai smesso. Ho solo rinunciato a credere in noi quando mi veniva più comodo farlo, per non soffrire la tua mancanza in futuro" mormora al mio orecchio per farsi sentire sopra la musica.
"Io-Io non so che dire.."
"Non serve dire niente..godiamoci questi giorni insieme. Ho bisogno di ritrovare chi eravamo" afferma Carlos trascinandomi via dal locale. In lontananza Ben e Joy affrettano il passo per raggiungerci e tornare a casa.
***
E' sabato mattina e mi ritrovo a fare il bucato insieme a Camille.
"Hai avuto notizie di tua madre?" chiede premurosa come sempre.
"No, veramente non controllo il cellulare da ieri. Rimedio subito"  dico mentre afferro il cellulare dalle tasche. Un messaggio, sarà sicuramente mia madre.
Come stai? Dove sei? B.
Il cuore mi si ferma in gola. Quella B. finale rappresenta un mondo troppo grande per me. Un mondo in cui mi sono persa e da cui cerco disperatamente di fuggire con scarsi risultati.
Questa volta decido di tenere duro, non rispondo e rimetto il cellulare in tasca.
"Soliti messaggi promozionali" mento, riprendendo a fare il bucato.
***
Non ho incontrato mio padre per tutto il giorno, Ben ha dormito per tutto il tempo o quasi e Joy è stata impegnata a studiare, unica soluzione? Carlos.
In memoria dei vecchi tempi ci siamo incontrati di nascosto dietro la dependance e abbiamo passato tutto il giorno insieme parlando, scherzando. Mi chiedo perché le mie storie devono essere cosìcomplicate ma soprattutto cosìsegrete? Il pensiero vola inevitabilmente a Bexter, non si è fatto piùsentire dopo quel messaggio.
***
"Chi ti piace di più tra i due?" chiede improvvisamente Joy mentre ci trucchiamo davanti all'enorme toilette del mio bagno. E' sabato sera e abbiamo tutte le intenzioni di andare a ballare e divertirci.
"Domanda da un milione di dollari. Carlos èil mio primo amore, forse parte avvantaggiato. E Bexter è molto piùgrande di me, è un uomo..avrà esigenze diverse da quelle di una ragazzina di diciannove anni e inoltre èil mio professore. E' sbagliato, non pensi?" pongo a lei la questione.
"Cloe io credo che non ci sia nulla di sbagliato a desiderare un persona, a prescindere dall'etàe dal ruolo che ricopre nella tua vita" risponde seria e pacata. E' cosìmatura la mia Joy..
"E con Ben come va'?" azzardo a chiederle.
Vedo il suo viso contrarsi in una smorfia.
"E' un pallone gonfiato, se la tira da morire" risponde acida.
"Ti piace?" mimo con il labiale per non farmi sentire da lui che si trova qualche stanza piùavanti.
"SEI IMPAZZITA? Certo che no" conclude quasi offesa e paonazza in viso.
"Se lo dici tu! A giudicare dal colore che hanno assunto le tue guancie non si dirrebbe" la stuzzico.
"Ti assicuro che la sua figura non mi scalfisce minimamente, perlomeno non in senso positivo" cerca di convincermi.
Terminiamo la nostra opera d'arte e agghindate a festa andiamo verso la stanza di Ben.
"Sei pronto?" dico spalancando la porta.
"No, mi sto vestendo" risponde lui praticamente mezzo nudo. Ha indosso solo un paio di slip neri.
"Che c'è, mi state ammirando?" ci stuzzica passando lentamente una mano sull'addome scolpito.
"Muoviti" ribatto.
"Bambi verresti a darmi una mano?" continua a scherzare e Joy è praticamente viola in viso.
"Brutto depravato, muoviti o faremo tardi" lo bacchetta lei. Cane e gatto.
Prima di uscire ci fermiamo a parlare con mio padre che ne approfitta per salutare Ben.
"Bentornato giovane Whiston"
"Salve Mr.Downey, lieto di rivederla"
"Sono passati un bel po’di anni dall'ultima volta, ormai sei un uomo e in quanto tale ti affido il compito di vegliare su queste due splendide fanciulle" dice mio padre, facendo riferimento a me e Joy.
"Saràun onore per me". Adoro quando Ben recita la parte del bravo ragazzo. Ci congediamo da mio padre (per fortuna! non avrei retto un altro terzo grado) e andiamo nell'area della tenuta Downey dove alloggiano i dipendenti, Carlos ci aspetta lì.
Raggiungiamo il locale e in men che non si dica siamo già catapultati in pista a ballare un pezzo di Rihanna.
"Come va con tuo padre?" mi urla Carlos all'orecchio approfittando per creare un contatto fisico tra di noi, infatti la sua mano è salda sul mio fianco.
"Lo conosci, ha le sue convinzioni e a modo suo cerca di svolgere al meglio il suo ruolo di padre" rispondo.
"Non preoccuparti piccola, ci sono io" dice accarezzandomi la guancia. Sento il suo fiato sul collo sempre più vicino, il suo viso ormai è ad un palmo dal mio e il suo profumo mi inebria. Ad un tratto però, uno strattone mi fa sobbalzare. Mi giro di scatto trovandomi davanti una ragazza pallida, dai capelli biondi e molto magra. La guardo fisso negli occhi, a tratti scorgo rabbia.
"Cosa posso fare per te?" chiedo un po’in ansia.
"Eva, vai via" si intromette subito Carlos. Finalmente collego tutto, è la ragazza con cui Carlos è stato prima che arrivassi, quella di cui mi parlava ieri al Cedar.
"Carlos è mio. Tu hai già avuto l'occasione di stare con lui e non lo hai apprezzato, troppo presa dai tuoi sogni solo per ricchi eh? Le conosco le persone come te, giocate con noi comuni mortali e alla prima occasione ci mollate per quelli del vostro stesso rango" dice con freddezza.
Sono allibita..chi è veramente questa persona? E come sa di me e Carlos?
"Credo che tu abbia sbagliato persona" ribatto mentre gli altri guardano la scena allibiti.
"Adesso basta, Eva ti ho detto di andare via" le ordina Carlos.
"Ora che la principessa è tornata nel suo regno, vuoi forse scaricarmi?" chiede sgomenta a Carlos.
"Noi due non siamo mai stati niente" rincara la dose lui.
"Sei stato a letto con me, centinaia di volte. Gliel'hai detto alla principessa?" continua lei sempre piùpatetica. E' arrivato il momento di troncare questa scena pietosa.
"Smetti di umiliarti e vai via ti prego" le suggerisco.
"Puoi dare ordini ai tuoi servi, non a me. Carlos è mio, scordatelo sgualdrina" dice prima di tirarmi un pugno in pieno viso, rischiando di rompermi il setto nasale.
"Sei impazzita?" sento gridare alle mie spalle. Ben e Joy mi aiutano a rialzarmi e Carlos allontana quella svitata.
***
"Che male" mi lamento. Accidenti fa un male cane.
"Per fortuna niente di rotto" la diagnosi positiva del dottore mi tranquillizza non poco.
"Scusami, scusami amore mio" Carlos sembra recitare una litania.
Me la sono cavata con un cerotto e una pomata che promette di fare miracoli. Dovrebbe sparire tutto entro il mio compleanno (che per inciso ètra un giorno).
"Andiamo a casa?" mi rivolgo ai miei amici.
“Stasera dormo con te”si precipita a dire Carlos in preda ai sensi di colpa.
“No. Mio padre ci ucciderebbe”ribatto.
“Ei ei solo io posso dormire con la mia Cake”si intromette Ben.
“Perchévoi due dormite insieme?”dicono in coro Carlos e Joy sgranando gli occhi piùdel dovuto.
“Non arrivate a conclusioni affrettate, dormiamo spesso insieme quando rientriamo tardi”preciso. Scoppiamo tutti in una risata fragorosa che allevia un po’il clima.
Trascorriamo il mio pre-compleanno dirigendo i lavori degli allestitori e dei vari fornitori. Mio padre come al solito non si èrisparmiato. Ha fatto allestire la grande sala in pompa magna ed ha ordinato il catering piùcostoso che ci sia in circolazione. “Tutto per la mia piccina”continua a ripetere da un giorno. Ah, naturalmente mi ha fatto il terzo grado su come mi fossi procurata quel bel livido vicino al naso ed ho prontamente mentito.
Ci siamo, è tutto pronto. Solitamente odio queste feste pompose ma quest’anno mi sembra tutto diverso. Sta quasi per scoccare la mezzanotte ed io sono con Joy, Ben e Carlos dietro la dependance a festeggiare “in piccolo”: una torta preparata da Joy, uno spumante rubato da Carlos e delle candeline che ha portato Ben. Li adoro, mi sento proprio fortunata. Do un’occhiata all’orologio, è proprio mezzanotte  e stranamente mi suona il telefono. Un messaggio.
Comincio a sentire l’ansia salire, spero che sia Bexter. Devo ammetterlo, mi è mancato il nostro essere così diversi ma così attratti l’una dall’altro. O perlomeno prima di.. vabbè lasciamo perdere. Apro il messaggio “Auguri. Vorrei vederti. Dammi segni di vita. B.”.
“Chi è?” mi domandano i miei amici.
“Cloe, chi è?”insiste Carlos.
“Ehmm, una compagna di corso” mento ancora stralunata.
L’istinto prende il sopravvento sulla ragione e lascio che le mie dita digitino
Ho voglia di te, raggiungimi. Sarebbe un bel regalo di compleanno.. Tenuta Downey, 67  Weymouth road, Hamilton”.
 
SPAZIO AUTRICE: Buona sera donzelle!! Innanzitutto grazie per avermi orientata sulla lunghezza del capitolo. Spero sia stato di vostro gradimento. Ringrazio chi legge e ancor di piùchi recensisce con affetto ogni capitolo, siete uniche! Vi lascio, Smuaaaackk. A presto, forse piùdi quanto immaginiate. Eheh

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** My birthday ***


                                                          20
                                                 My birthday

"Tanti auguri Cloe". Tutte le persone che ho intorno continuano a ripetermi sempre la stessa solfa, non che per un compleanno si addica frase diversa, il fatto è che non mi piace essere al centro dell'attenzione. Almeno non di quelle persone. Avanzo lentamente fasciata dal mio vestito bianco, visi vagamente conosciuti e persone che non ho mai visto in vita mia affollano il salone della tenuta.
Come ho già detto, mio padre non ha badato a spese ed ora mi ritrovo a fissare incredula i tre maxi schermo che pendono dal soffitto, dove scorrono le mie immagini. In fondo alla sala è posto un palchetto, sicuramente mio padre avrà ingaggiato qualche band. Wow, ieri non avevo visto l'opera al completo.
Tutt'intorno al perimetro della sala, lunghi tavoli rivestiti di tovaglie in pura seta bianca con delle rose dal colore pallido come ornamento.
Sopra i tavoli, campeggia il sontuoso buffet. Pietanze di ogni genere e provenienza fanno bella mostra delle indubbie capacità dello chef.
Mi guardo intorno alla disperata ricerca di qualche viso familiare e trovo subito lo sguardo complice di Carlos che per la serata ha ottenuto un piccolo lavoretto come cameriere. Più in là, Ben chiacchiera con mio padre e Joy è alle prese con un gruppo di rampolli che sembrano aver trovato la loro preda.
Do un'ultima occhiata al cellulare prima di riporlo nella borsetta, nessuna chiamata o messaggio di Bexter, inizio a pentirmi di averlo invitato a raggiungermi.
A passo lieve ed esitante giungo al fianco di Joy. Sembra completamente immersa in una conversazione sui film datati che hanno fatto la storia del cinema. Non so se ve l’ho mai detto, Joy studia recitazione in un’accademia non lontano da Hamilton.
“Joy, ho bisogno di parlarti” la strattono leggermente.
“Ah, eccoti Cloe! Ragazzi vi presento la mia migliore amica nonché festeggiata, Cloe Downey” si rivolge lei ai ragazzi che ha intorno, indicandomi.
Un coro di “ciao Cloe” e “auguri” si alza dall’allegra combriccola.
Visibilmente imbarazzata, accenno ad un saluto alzando di poco una mano.
“Allora Cloe, cosa volevi dirmi?” mormora Joy.
“Bext” dico semplicemente.
“Non dirmi che non ti ha ancora risposto”  Joy è chiaramente sorpresa.
“No, ancora nulla” sussurro sconsolata. Improvvisamente vedo la sua espressione farsi tremendamente seria.
“Ora ascolterai attentamente ciò che ti dico. E’ la tua festa e nessuno te la rovinerà, intesi? Quindi balla, canta, mangia, conosci gente della tua età e lascia perdere Bexter. Lui ha il suo mondo e tu non puoi sottostare alle sue regole solo perché lui è abituato ad imporle” quasi mi scuote per assicurarsi che abbia capito e recepito il messaggio.
“D’accordo, ci provo” concludo, rassegnata all’idea cheforse Joy ha ragione.
“Perfetto, vieni ti presento Carl e i suoi amici” dice entusiasta.
Successivamente vengo chiamata da Ben che ha evidentemente terminato la sua lunga chiacchierata con mio padre.
“Ei Cake, prendiamo da bere?” chiede.
“Certo” rispondo atona.
Dopo pochi minuti, un barman in smoking nero, ci sta servendo un martini bianco con la classica ciliegina.
“Conosci i ragazzi che parlano con Joy?” domanda improvvisamente Ben fingendo scarso interesse.
“Li ha conosciuti stasera, sono figli di amici di mio padre. Sembrano abbastanza simpatici ed uno di loro quattro pare apprezzare molto le doti oratorie di Joy. Pende praticamente dalle sue labbra” butto lì.
Immediatamente noto il suo viso contrarsi in una smorfia di disappunto mentre continua a bere e a guardare insistentemente nella direzione di Joy. Ed io per la prima volta dall’inizio della serata mi lascio andare ad un vera risata.
All’improvviso dei faretti illuminano il palchetto e un dj fa la sua entrata accompagnato dal classico fumo da discoteca.
Una canzone a me nota parte incontrastata sopra il vocio di tutta la sala.
There was a time, I used to look into my father’s eyes. In a happy home, I was a king I had a gold throne those days are gone, now the memories are on the wall. I hear the sounds from the places where I was born…My father said don’t you worry, don’t you worry child”.
E’ in quel momento che guardo mio padre e incontro i suoi occhi. Sono lucidi e per la prima volta scorgo un segno di cedimento, un’emozione vera.
Gli sorrido impercettibilmente, un segno di intesa tra padre e figlia che nessuno al mondo potrà mai percepire. So che lui ha capito. Ha capito che gli sono grata per tutto quello che ha fatto e fa per me, nonostante abbiamo idee diverse sulla vita in generale.
Al termine della canzone il dj mi invita a salire sul palco ed io vi giungo un po’ impacciata a causa dei tacchi alti.
“Bene, Miss Cloe. Dopo la dedica di suo padre, è il suo turno. Dia il via a questa magnifica festa in suo onore” mi incita il dj.
Dall’alto del palchetto mi rendo conto che ci sono un centinaio di persone, questo mi intimorisce non poco ma poi vedo i mie amici, i loro sguardi mi infondono coraggio.
“Grazie a tutti, benvenuti alla mia festa. Che il divertimento abbia inizio” urlo a squarcia gola mentre la base di un'altra canzone fa capolino.
“Sei bellissima” mi dice Carlos non appena scendo dal palco. Regge un vassoio con dei bicchieri di champagne e me ne porge uno fingendo di non avermi appena fatto un complimento.
“Grazie Carl” sorrido complice.
Bevo un sorso e mi fiondo al centro della pista insieme a Joy e ai suoi nuovi amici, Ben ci raggiunge poco dopo.
Balliamo per un tempo che mi sembra infinito, rido, bevo e mi diverto. Proprio come aveva detto Joy. Quello che non mi aveva detto è che la vita è sorprendente e l’avrei scoperto a mie spese poco dopo.
“Allora quando vi vedrete con Carlos?” mi chiede Joy all’orecchio.
“Tra dieci minuti, al solito posto. Ha già portato tutto”  le strizzo l’occhio.
“Sono felice, buon compleanno tesoro mio. Non te l’ho ancora detto per bene. Beh è arrivato anche il momento di darti il mio regalo.”  Tira fuori dalla tasca un pacchetto rosso e me lo porge. Lo apro rapidamente e mi trovo tra le mani due braccialetti. In uno vi è un ciondolo con la lettera J e in un altro vi è la lettera C. L’abbraccio istintivamente .“Grazie Joy è il più bel regalo che mi potessi fare”.
“Te lo dovevo, quelli che avevamo ormai erano diventati troppo piccoli” dice lei ricambiando il mio abbraccio.
“Ora vai, Carlos ti aspetta” continua poi.
La dependance, il suo retro. Stesso luogo, stessa procedura. Forse sono io ad essere cambiata. Decido di non badare a quei sentimenti contrastanti che sento muovere dentro e mi dirigo da Carlos.
E’ seduto sulla solita tovaglia da picnic, c’è la solita bottiglia di champagne rigorosamente rubata dalla festa e una piccola torta con una candelina.
“Ciao piccola” mi sussurra lui.
“Ciao..”  rispondo sedendomi accanto.
“Non sai come ho desiderato baciarti davanti a tutti” mormora, avventandosi sulle mie labbra.
Ricambio il bacio anche se la mia mente è altrove. Chiudo gli occhi e cerco di concentrarmi su me e Carlos. Li riapro e quasi mi viene un infarto. Bexter è immobile qualche passo dietro Carlos e ci sta fissando. Gli occhi dapprima sgranati per la sorpresa, si chiudono in due fessure. E’ un attimo. Si avvicina e scaraventa Carlos lontano da me.
“Chi cazzo sei?” urla lui riprendendosi dalla brutta botta.
Lo ignoriamo entrambi. Per una frazione di secondo esistiamo solo io e Adam. Continua a fissarmi, lo sguardo carico di rabbia, forse gelosia chissà.
“A-Adam che ci fai qui, pensavo tu non..”
“Cosa pensavi? Pensavi non sarei venuto? Beh come vedo hai fatto presto a trovare consolazione” dice sprezzante.
Nel frattempo Carlos si alza dolorante e ci raggiunge, posizionandosi di fronte Bexter.
“Aspetta un attimo..io ti conosco! Ti ho già visto da qualche parte” afferma. Per un attimo mi si gela il sangue. Non deve ricordare, non può sapere.
“Levati di mezzo ragazzino” ribatte Bexter ignorandolo.
“Io non vado da nessuna parte, chi cazzo sei? Cosa vuoi da Cloe?” lo fronteggia Carlos.
“Levami le mani di dosso, sto per perdere la pazienza” sibila Bexter.
“Cloe, seguimi. Ora.” continua.
“Cloe, conosci questo tizio?” irrompe Carlos.
“Carlos, è complicato. Ti prego, non farmi domande” dico alzandomi e posizionandomi tra i due.
“Andiamo” ordina Bexter, trascinandomi per una mano.
“Lei non viene da nessuna parte. Hai capito tardone?”  ribatte Carlos attirandomi a lui.
“Carlos, ti prego” mi lamento.
Senza rendermene conto, Bexter lo spintona fino a farlo cadere nuovamente a terra.
“Non azzardarti a farle del male” continua a dire. E’ in preda all’ira, glielo leggo negli occhi.
“Adam sei impazzito? Cosi gli fai del male” piagnucolo.
“Io vado, sei libera” dice infine Carlos, alzandosi. Noto con dispiacere le mani graffiatesi durante la caduta ma non ho la forza (o forse la voglia) di fermarlo.
“Bene, sei contento? Cos’era, una scenata di gelosia?” mi rivolgo all’unico interlocutore rimasto.
“Beh, io-io non volevo fargli del male. Tu lo stavi baciando e non ci ho più visto. Cosa pretendi? Prima mi mandi quei messaggi e poi baci un altro?” si difende.
“Non parlare di pretese. Abbiamo fatto l’amore e sei scappato via come il peggiore degli amanti” gli riverso contro tutta la mia rabbia.
“Questo non ti autorizza a baciare un altro” afferma.
“Carlos non è un altro” lo correggo.
“Ah si? Beh allora non abbiamo più niente da dirci. Addio, sei solo una ragazzina viziata” conclude.
“Non permetterti di giudicarmi, non sai niente” urlo.
“So solo che rischio ogni giorno il lavoro, la reputazione, la carriera ed anche la libertà per il solo fatto che ti penso. Io non mi riconosco più. Ho appena litigato con un ragazzino” vaneggia portandosi le mani ai capelli come se si fosse reso conto solo ora dell’accaduto.
“Adam, cosa vuoi da me?” la domanda mi sorge spontanea.
Lui si avvicina pericolosamente al mio viso, puntandomi contro quei suoi magnifici occhi azzurri e mi bacia. Divora le mie labbra e io mi perdo in quella dolce e tormentata morsa. Poi ad un tratto si distacca. “Devo andare”.
Di nuovo.
 
SPAZIO AUTRICE: Hola girls, come va? Piaciuto il capitolo? Ringrazio chi legge e chi con le recensioni mi incoraggia a continuare a fare un buon lavoro. Un bacio a tutte. Ps: Chi vuole può aggiungermi al mio nuovo account fb, basta cercarmi sotto il nome di LADI PO.  Troverete foto, spoiler e notizie riguardanti gli aggiornamenti. Tengo a precisare che è ancora in fase “WORK IN PROGRESS”. Hihi alla prossima

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Inside ***


                                                                                                      21
                                                                                                  Inside

"Dove pensi di andare?" la mia voce non è mai stata così ferma, decisa e il mio piglio così saldo al suo braccio. Lui si gira e mi inonda con l'azzurro dei suoi occhi.
"Sono stanca dei tuoi continui cambiamenti, prima mi cerchi e poi mi ignori. Poi mi baci e sparisci. Infine fai l'amore con me e ti defili, tornando dal nulla con la pretesa che io abbandoni le persone che amo per seguirti qualche minuto" mi libero finalmente di tutte le cose che avrei voluto gridargli da un po’. Lui non si scompone, continua a fissarmi poi ad un tratto dice: "Lo ami?".
Resto immobile e silenziosa dinnanzi a quella domanda. Noto che la mia reazione lo turba, il suo sguardo si fa serio.
"Cloe chi è quel ragazzo che era con te? Ricordo che è anche venuto a lezione" insiste, sempre più irrequieto.
"Si chiama Carlos. E' il mio ex" dico rassegnata, lasciando la presa sul suo braccio.
L'atmosfera è gelida e non solo per via delle condizioni meteorologiche.
"Capisco" si limita a dire.
"Adam credo che non dovremmo vederci più" affermo, andando contro ogni mio desiderio. Lui sgrana gli occhi come se all'improvviso qualcosa l'avesse colpito violentemente.
"E' questo che vuoi?" sussurra. Dovrei dirgli che vorrei stare con lui, anche se questo dovesse significare nascondersi chissà per quanto tempo. Invece ripongo a lui la stessa domanda.
"E tu cosa vuoi? Perché sei venuto fin qui? Volevi forse scopare? perché vedi, si vocifera che tu abbia uno stuolo di donne pronte a venire a letto con te. Perché proprio io?" domando in preda alla brama di sapere.
Lui si irrigidisce, quasi infastidito dalle mie parole.
"Sono venuto fin qui per vederti, anche solo per poco. Cloe tu mi piaci, c'è qualcosa in te che mi attrae, mi fa perdere la ragione e mi fa comportare come un ragazzino. E invece io sono un adulto, ho delle responsabilità, sono il tuo professore lo capisci? Rischio di mettere in pericolo la carriera di entrambi" dice tutto d'un fiato. Poi, continua: "Inoltre ci sono cose che non sai, che non ti farebbe affatto piacere sapere.."
"Shhh non le voglio sapere, non nel giorno del mio compleanno" lo interrompo, poggiando l’indice sulla sua bocca, avvicinando poi il mio viso al suo. Sono a pochi centimetri dalle sue labbra morbide e invitanti e l'unico pensiero che riesco a formulare in questo momento è che ho una voglia matta di baciarlo, un'ultima volta.
Sfioro la sua guancia con la mia, lasciando piccoli baci sul suo collo che profuma dannatamente di buono. Mi piace giocare con lui, mi piace vederlo esitare, trattenersi per poi perdere il controllo.
Il suo respiro diventa sempre più irregolare ma io non accenno a smettere di torturalo, voglio che sia lui a baciarmi per primo. Le mie mani gli scombinano i capelli, sono così morbidi al tatto..
"Cloe.." la sua voce è flebile.
"Shhh, per stasera niente parole" gli impongo di tacere, non voglio scusanti, non stasera.
"Come vuoi" cambia improvvisamente atteggiamento ed ora la situazione è capovolta. E’ lui che tiene in mano le retini del gioco. Mi afferra la nuca e finalmente mi bacia intensamente. L’altra sua mano scivola impetuosamente lungo la mia schiena per far aderire ancora di più il mio corpo al suo.
“Girati” sussurra tra un bacio e l’altro. Obbedisco senza battere ciglio e in un attimo le sue dita abbassano la cerniera del vestito che cade ai miei piedi, lasciandomi praticamente  in intimo.
“Sei-Bellissima” mi sussurra, scandendo le parole per benino. Sento le sue labbra lasciare scie di baci a partire dalla nuca, lungo tutto la schiena nuda che si inarca per le sensazioni piacevolissime che mi sta provocando.
“Entriamo nella dependance?” propongo per niente intimidita. Sono preda dei miei sensi, incredibilmente svegli. Mi giro per poter vedere una sua reazione.
I suoi occhi pieni di sorpresa e desiderio, acconsentono solo con un battito di ciglia. Afferro con decisione la sua mano ed entriamo nella dependance.
Continuiamo a baciarci, fino a quando arriviamo nella camera da letto più vicina che confina con la piscina.
“Ti va di fare un tuffo?” propone malizioso.
“Mi bagnerò i capelli, se ne accorgeranno tutti” cerco di obiettare ma con lui è praticamente inutile.
“Staremo attenti a non bagnarli, te lo prometto” ribatte accarezzandomi il viso con le nocche di una mano. Quando vuole sa anche essere dolce.
Sento che l’adrenalina sta crescendo sempre di più. Non riesco a smettere di guardarlo mentre passo dopo passo si toglie tutti i vestiti, restando anche lui in intimo.
“Vieni..” mi invita a seguirlo. Ed io lo seguo, come un’ape attratta da un miele delizioso. In un attimo ci immergiamo in piscina. Facendo attenzione a non bagnare i miei capelli mi avvicino con cautela a lui. Il mio petto ora è contro il suo.
“Il tuo cuore sta scalpitando” mi sussurra lui. Oddio è vero, è tutta colpa sua! E’ veramente bello. I capelli bagnati tirati indietro, lasciano completamento scoperto il suo viso armonioso e sotto la luce lunare i suoi occhi cristallini acquisiscono nuove sfumature. Delle goccioline di acqua, scendono lentamente sulle sue gote, cullandosi poi sulle sue morbide labbra rosacee.
Le sue braccia mi avvolgono completamente e tirandomi per i fianchi annulla le distanze tra di noi permettendomi di allacciare le mie gambe alla sua vita.
“E’ un errore lo sai?” freme sulle mie labbra, cercando il mio consenso.
“Ho voglia di sbagliare, un’ultima volta” rispondo, attirandolo definitivamente a me.
**
"Ho un regalo per te" mi dice improvvisamente mentre sono intenta ad asciugarmi con un telo. Sussulto.
"Cosa?" chiedo incredula.
"Ti ho portato un regalo per il tuo compleanno" risponde ovvio.
Logico che sapesse del mio compleanno, lui sa sempre tutto di me. Mi ha anche mandato un messaggio di auguri ed io non ho pensato minimamente a come facesse a sapere del mio compleanno, ho dato per scontato lo sapesse.
Aggrotto la fronte, cercando di trovare le parole giuste per chiederglielo.
"Come facevi a sapere che compio gli anni oggi?" penso ad alta voce.
"Ti prego Cloe non pormi domande a cui non posso darti una risposta. Niente parole per stanotte, l'hai detto tu pocanzi, ricordi?" risponde vago, sembra nervoso.
Istintivamente mi irrigidisco ma ha ragione, non voglio saperlo. Non stasera.
"Grazie del regalo, comunque" dico, afferrando il pacchetto che tiene in mano. Stringo le labbra in una linea dura poi lo apro.
Alzo gli occhi al cielo e sorrido. "Questo è.." non riesco a trovare le parole giuste per ringraziarlo.
"Questo è il primo libro che ho scritto, non lo conosce ancora nessuno. Volevo che lo leggessi per prima. Sarà edito solo tra qualche settimana" dice.
Rigiro quel libro tra le mani come fosse il più prezioso dei diamanti. Non nascondo che il fatto che mi abbia dato la facoltà di leggerlo per prima, mi lusinga non poco.
"Cloe, non ho finito con i regali" mi richiama all'attenzione.
Per la miseria, due regali? Così, mi imbarazza.
Lo guardo in attesa, poi lui tira fuori un altro pacchetto.
"Buon compleanno Cloe" dice, porgendomelo.
Rimango a fissare in silenzio quel pacchetto.
"Non lo apri?" mi domanda serio, quasi dispiaciuto.
"Si certo" mormoro, spacchettando il secondo regalo.
Non riesco a credere ai miei occhi. Dal pacco tiro fuori una bellissima macchina fotografica istantanea, in stile vintage ma chiaramente con tecnologia moderna. E' un ultimissimo modello.
"Io-io non so che dire..è..è..troppo" balbetto emozionata.
"E' un regalo, Cloe" mi riprende, assumendo quella sua area da professorino saputello.
"Grazie, Adam" sussurro.
"Prego Miss Downey" mi strizza l'occhio lui in segno di intesa.
"Prima di andare, voglio chiederti un'ultima cosa" dico all'improvviso, catalizzando la sua attenzione.
"Cloe.." cerca di obiettare ma stavolta non lascio che termini la frase: "una foto" lo interrompo.
"Ok" sorride sollevato, rivelando denti perfetti.
Avvicino il mio viso al suo, poi con un clic scatto la foto che dopo qualche secondo fuoriesce. La tiro fuori e gliela porgo. "E' tua" sospiro.
"Grazie" risponde, sorridendo appena.
"Beh, è meglio che io me vada, di là si staranno chiedendo dove sei finita" aggiunge poi.
Mi osserva per soppesare la mia reazione.
"ehmm..si. Devo proprio andare o mi verranno a cercare" mi affretto a dire, distogliendo il mio sguardo dal suo.
"Ci vediamo domani a lezione" conclude, avviandosi verso l'uscita.
"Si.." mi limito a dire.
**
"Cloe, finalmente!! Eri conlui?” . Joy mi viene incontro con lo sguardo preoccupato.
Annuisco, placando la sua preoccupazione.
"Ho visto Carlos andare via furioso, suppongo vi abbia visti.." mi sprona a parlare e le racconto tutto, per filo e per segno.
"Quindi avete deciso di troncare la vostra relazione?" mi domanda curiosa.
"Joy, noi non abbiamo mai avuto una vera relazione" la correggo.
"Mi sono perso qualcosa?" si intromette improvvisamente Ben.
"Oddio, mi hai fatta spaventare" sussulta Joy.
"Bambi, stai tranquilla non sono venuto per te ma per la mia Cloe. Allora, cosa mi sono perso?" chiede nuovamente.
Mi scappa un leggero sorriso, per la prima volta mi ha chiamata per nome e non con quello stupido nomignolo, deve davvero importargli ciò che è successo per dimenticarsene.
"Devo andare da Carlos, è giusto che gli spieghi. Joy racconta tu a Ben cosa è successo, sono certa che saprai perfettamente fare le mie veci" corro via strizzando l'occhio a Joy che in cambio mi lancia un'occhiataccia.
"A dopo, amico" schiocco un bacio a Ben.
Pochi minuti dopo busso insistentemente alla porta di Carlos. Mi apre sua madre, una donna minuta e graziosa.
"Salve signora Suarez, Carlos è in casa?" chiedo in ansia.
"Miss Downey. Prego, accomodate. Mio figlio está in sua cameretta. Él está muy arrabbiato" mi dice in lingua mista. La madre di Carlos è spagnola, mentre suo padre è venezuelano. Entrambi emigrati qui ad Hamilton, dove Carlos è nato e cresciuto.
"Grazie mille" rispondo ed entro, dirigendomi a grandi passi verso la sua camera.
Il mio cuore accelera i battiti, come dovrò spiegarglielo? Esito ancora un secondo e poi busso, aspettando una sua risposta.
"Mamá quiere?" sento la sua voce dall'atra parte.
"Ehmm Carlos sono Cloe, posso entrare?". Silenzio. Temo che non voglia vedermi e invece dopo qualche secondo sento la serratura scattare e la porta aprirsi.
"Sono venuta per sapere come stai e per spiegarti.." provo a dire mentre entro nella sua stanza.
"Cloe, non ho bisogno della tua pietà" ribatte lui in tono glaciale.
Osservo i suoi lineamenti di sottecchi e mi accorgo che sono tirati all'inverosimile, non l'ho mai visto così arrabbiato.
"Carlos, mi dispiace. Ok? Lui non doveva farti male. Da quel punto di vista non ha scusanti" comincio.
"L'ho conosciuto a Princeton.." proseguo  il mio discorso raccontandogli per sommi capi quello che è successo con Bexter.
Mi guarda fisso con un'espressione attenta, forse contrita non saprei definirla.
"E poi ci ha visto e ha dato di matto..il resto lo conosci" termino il discorso, lanciandogli un'occhiata angosciata. Aspetto che lui dica qualcosa e quel momento non tarda ad arrivare.
"Mi volevi usare? Ti servivo come ruota di scorta?" chiede in tono fintamente pacato.
Esalo un sospiro di incoraggiamento prima di spiegargli che non è affatto come pensa.
"No. Volevo ricreare il nostro solito rituale, come ogni anno ma.."
"Ma..?" fa eco lui.
"Ma sono terribilmente confusa e ho combinato un casino.." mormoro sinceramente dispiaciuta.
"Beh, siamo pari. Eva ha colpito te, quel tizio il tuo professore, ha colpito me" sdrammatizza.
Non posso non sorridere della sua comicità improvvisata.
"Non ti dirò che mi ha fatto piacere vederti con lui, vedere come lo guardavi. Sono stato malissimo ma nonostante tutto non voglio colpevolizzarti. Ho ponderato bene quello che sto per dirti. Non voglio essere secondo a nessuno..ed è per questo che ti lascio libera di scegliere. Da oggi in poi non ti cercherò più, non verrò più da te se non sarai tu a chiedermelo esplicitamente. Buona fortuna Cloe Downey" termina il suo monologo, baciandomi in fronte.
Sono sbalordita, non mi sarei mai aspettata una reazione del genere da lui. E' molto più maturo di quanto ricordassi.
"In bocca al lupo, Carlos Suarez" dico, allontanandomi da lui.
**
Quando rientro in sala, tutte le persone continuano a ballare a tempo di musica, sorreggendo calici di champagne o qualche cocktail fruttato. Quasi subito mi imbatto in mio padre : "Eccoti tesoro, ti ho cercata dappertutto" afferma.
"Scusa papà ero andata alla toilette" mento. Odio doverlo fare.
"Vieni ti aspetta il servizio fotografico" dice, porgendomi il braccio per accompagnarmi a lui. Già me ne ero completamente dimenticata. Ogni anno, il fotografo di famiglia, Tommy Conard ha il compito di scattare le foto ufficiali per ogni occasione. Tra queste, non può mica mancare il mio compleanno?
"Dove devo mettermi?" chiedo a Tommy.
"Proprio là Miss Downey" dice indicandomi un punto della sala che hanno momentaneamente adibito a set fotografico.
Raggiungo il posto da lui indicato e il suo assistente accende dei faretti particolari che quasi mi abbagliano.
Mi fa accomodare in un divanetto rosso, dicendomi di sdraiarmi lateralmente come farebbe un'imperatrice. Un pò goffa eseguo gli ordini e mi metto in quella posizione.
Tommy mette l'apparecchio sul cavalletto ed esegue una serie di scatti che mi ritraggono da sola e in seguito con mio padre e quelle poche persone che conosco.
**
Un'ora dopo anche l'ultimo invitato è andato via ed io mi ritrovo a fare i conti con i miei pensieri frenetici. Il soggetto indiscusso è sempre lui, Bexter. Non riesco ancora a credere di avergli chiesto di non vederci più o perlomeno non in situazioni ambigue come quella di oggi in piscina. Arrossisco al pensiero dei nostri corpi avvinghiati.
"Cake, come stai?" chiede Ben, interrompendo i miei pensieri.
"Benino, Joy ti ha raccontato tutto?" indago.
"Si, brutto guaio eh?"
"Ho chiarito con Carlos e ho deciso di non rivedere più Bexter se non nelle vesti di professore" sussurro distratta dal suono del telefono.
"Un messaggio" penso ad alta voce, aprendolo di corsa. Il cuore galoppa velocemente ma rallenta la sua corsa quando leggo che il nome del mittente non inizia con la lettera B.
"E' lui?" domanda Ben.
Scuoto la testa e leggo ad alta voce: "Tesoro, adesso è il momento di festeggiare con la tua mamma. Solo una persona speciale come te, ha l'onore di festeggiare due volte il compleanno. Domani ti vengo a prendere alle dieci. Baci piccola mia, auguri.".
Saluto Ben e mi dirigo in camera, domani sarà una lunga giornata.
**
"Piccola, piccola svegliati. Tua madre ti aspetta di sotto" la voce di Camille, è un sussurro dolce e pacato.
"Diamine, che ore sono?" chiedo, sprofondando la testa nel cuscino.
"Sono le dieci del mattino, tesoro".
Mi bastano quelle poche parole per fiondarmi in bagno, fare una doccia veloce e indossare le prime cose che mi capitano a tiro: un paio di jeans, una canotta grigia con sopra un giacchino dello stesso colore e i miei inseparabili stivaletti in pelle.
“Ciao mamma” dico, non appena scorgo la figura molto elegante seduta su una poltrona. “Ciao dolcezza” mi viene incontro lei.
“Che ne dici di andare? Ti lascio per ora di pranzo così tu e Ben potete tornare a Princeton senza correre il rischio di perdere alcuna lezione” cinguetta poi.
E’ sempre stata una donna forte e solare ma da quando sta con Marco, il suo attuale compagno  (l’unico, dopo la rottura con mio padre) sembra rinvigorita.
“Let’s go darling” mormoro trascinandola in macchina.
Il viaggio in macchina è più breve del previsto, ci fermiamo in un café graziosissimo dal nome Tiffany’s , chiaro riferimento al famoso film in cui recitava Audrey Hepburn da cui prende anche le ambientazioni romantiche.
Ordiamo due belle fette di torta al cioccolato e del the.
“Allora come ti trovi a Princeton? E i corsi? Hai conosciuto qualche ragazzo?” quando mia madre comincia a fare domande a raffica, è peggio di una mitragliatrice.
“Benissimo, tutto molto interessante. Dimmi di te piuttosto, come vanno gli affari? ” il mio è un tentativo maldestro di liquidare il discorso.
“Signorina, non cercare di sviare il discorso. Hai conosciuto qualche ragazzo?” insiste, certe volte è davvero impertinente. Non si arrende.
Arrossisco al pensiero di Bexter, lui non può entrare nella categoria ‘ragazzi di cui discutere con tua madre’. Lui, è un uomo per inciso. Oltre ad essere il mio professore di letteratura, volendo entrare nel dettaglio.
“Ehmm si, ho conosciuto qualcuno, ma siamo solamente amici. Ben mi ha convinta ad iscrivermi a quell’assurda confraternita” butto lì senza pensarci due volte.
“Anche io e tuo padre ai tempi del college eravamo iscritti in delle confraternite. E’ un’esperienza da fare” dice, lo sguardo triste come ogni volta che nomina mio padre.
Certe volte penso che nominarlo le ricordi costantemente il fallimento del suo primo ed unico matrimonio e lo sgretolamento della nostra famiglia, questo la rattristisce molto.
Lasciamo che il tempo scorra, tra chiacchiere, risolini e vecchi ricordi.
“Ecco il tuo regalo tesoro” tira fuori all’improvviso una pacchetto rosso, con un fiocco dorato. Afferro l’ennesimo pacchetto della giornata e lo apro alla velocità della luce.
“Grazie mamma, è stupenda” la abbraccio istintivamente.
“E’ una borsa Chanel. Vintage, come piace a te! E’ una limited edition. L’ho comprata durante l’ultima viaggio che io e Marco abbiamo fatto a Parigi..” dice trasognante. Mia madre, adoro tre cose: la sua famiglia, Parigi e la moda.
“Raccontami di questo viaggio..” le chiedo curiosa e ci perdiamo in chiacchiere dolci e spensierate come non accadeva da un po’.
Quando mi riaccompagna a casa sento una morsa allo stomaco,sono stata bene con lei, il tempo purtroppo è sempre poco. La saluto calorosamente ed entro, il mio week-end/compleanno a casa è ufficialmente terminato. Princeton, arrivo.
 

SPAZIO AUTRICE: Hello girls. Il capitolo “casa” è ufficialmente terminato. Diciamo che durante questo week ne sono successe di cose, eh?  Ora è tempo per Cloe di tornare a Princeton e affrontare le sue paure o le sue voglie chissà..
Vi ringrazio ad una ad una per il supporto che mi date anche solo seguendo in tante la storia. Un bacio grande anche a chi recensisce sempre con affetto e a chi ha avuto il tempo di aggiungermi su LADI PO ( nuovo profilo Fb, creato per le mie storie). A proposito di Ladi po, lì troverete tutti i personaggi che conoscete e man mano anche quelli nuovi. In più inaugurerò una rubrica outfits con tutti i look di Cloe e qualcuno dei ragazzi! Non mi resta che salutarvi, alla prossima.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Back to normality ***


                                                                                               22
                                                                                 Back to normality

Tornare alla normalità.
Argomento pluri-decantato nei vari libri di saggistica, psicologia e teorie comportamentali. E' un concetto che presuppone uno sconvolgimento temporaneo della normale regolarità di un individuo che terminata la suddetta fase si appresta, appunto, a tornare alla normalità.
Ridimensionato al mio caso "tornare alla normalità", implica entrare in questa benedetta aula affollata e seguire come se niente fosse la lezione di un professore che fino a ieri sera è stato con me. Non in vesti lavorative, si intende.
Semplice no? Eppure mentre metto piede nell'aula 102 inizio ad avere seri dubbi sul concetto di "tornare alla normalità" tanto decantato da quei libri di saggistica.
Lui è già dentro l'aula, seduto dietro la cattedra. Le gambe leggermente divaricate e le braccia conserte, mentre ascolta paziente le domande di una ragazza.
Guardo l'orologio, sono in anticipo di dieci minuti, magari ho il tempo di prendere un caffè. -Magari vuoi solo ritardare il momento in cui incrocerai i suoi occhi-  mi corregge la voce della mia coscienza.
Non sono una codarda, se abbiamo deciso entrambi di non vederci più, non scapperò di certo ogni qualvolta mi toccherà vederlo in facoltà.
Raggiungo nel minor tempo possibile il solito posto in prima fila e tiro fuori il mio I-pad cercando di distrarmi da lui.
La lezione ha inizio qualche minuto dopo, quando Bexter si alza e prende la parola.
"Benvenuti a tutti, il corso di scrittura avanzata prosegue da dove ci erano interrotti la scorsa volta. Avevo chiesto di scrivere o semplicemente scegliere una poesia, una canzone o un monologo che vi rappresentasse. Lo scopo di questa richiesta è conoscervi meglio attraverso la scrittura, iniziare questo cammino insieme e raggiungere l'obbiettivo finale, come in un vero e proprio team. Premesso questo, vi do la parola. Iniziamo dalla prima fila" conclude pragmatico.
Improvvisamente comincio ad impallidire rendendomi conto di non aver minimamente pensato a quel compito che ci aveva assegnato la settimana scorsa ed ora come non mai rimpiango un posto in ultima fila.
Ci sono solamente due ragazze prima del mio turno, forse sono in tempo per uscire ed evitare un'umiliazione pubblica.
Faccio in modo che il mio cellulare inizi a squillare e con un movimento repentino esco fuori dall'aula mormorando parole di scuse.
Mi ritrovo così a camminare a passo svelto, cercando di allontanarmi quanto più possibile da quell'aula o forse solo da lui, chissà.
Poi, all'improvviso una mano trattiene il mio braccio. Mi giro alquanto trafelata e l'ultima persona che avrei mai immaginato di trovare di fronte, è al mio cospetto.
"Professor Bexter" dico, cercando di mantenere un tono formale; dopotutto siamo nei corridoi affollati della facoltà e qualcuno potrebbe insospettirsi se dessimo nell'occhio.
"Signorina Downey, perché è scappata così all'improvviso dalla lezione e perché stamattina non si è presentata alla lezione di letteratura?" chiede a raffica, tenendo ancora salda la sua mano sul mio braccio.
"Stamattina ero con mia madre, non potevo. Ed ora ho ricevuto una chiamata importante" dico, liberandomi dalla sua presa.
"Quanto importante? Cloe non mentirmi" sussurra quanto più a bassa voce possibile, guardandosi in giro sospetto.
"Non sono affari tuoi" ribatto a muso duro. Possibile che voglia sempre intromettersi nella mia vita?
"Hai ragione, ho sbagliato a rincorrerti" afferma facendo dietro-front, scuro in viso.
Tiro un sospiro di sollievo, ho retto al nostro primo confronto dopo la famosa decisione.
Mi guardo intorno cercando un posto dove poter studiare e prima che la mia pazienza esaurisca, trovo un angolino in un aula studio.
Passo le due ore successive a studiare parte del programma di finanza che il caro professore Bennet ci ha rifilato per la prossima lezione che per inciso è domani, dopo quella della vipera rossa, la Smith. Sbuffo spazientita al solo pensiero di rivedere quella strega.
Imbocco il corridoio che porta all’uscita principale. Indosso uno dopo l’altro gli auricolari e pigiando il tasto play, mi estranio completamente dal mondo.
Sono immersa nelle note di No air di Chris Brown  quando vado a sbattere violentemente contro qualcuno. Alzo lo sguardo per scusarmi della mia sbadataggine ma le parole si  bloccano in bocca e il respiro si mozza in gola,  non c’è aria. Proprio come recita la canzone che stavo ascoltando.
Restiamo svariati secondi in silenzio, semplicemente a scrutarci.
“Scusami per prima, non dovevo risponderti in quella maniera” dico, interrompendo quella guerra di sguardi. L’avrei persa sicuramente.
“Non devi evitarmi come la peste, né saltare le mie lezioni. Non voglio che qualsiasi cosa ci sia stato tra di noi, rovini la tua carriera universitaria. Non me lo perdonerei mai” ribatte, freddo e inflessibile come solo lui a volte sa essere.
“A volte non è solo questione di carriera” sputo velenosa. Come può essere così distante se solo ieri abbiamo fatto l’amore? Non voglio ritornare di certo sui miei passi ma non dimentico certo qualsiasi cosa ci sia stata tra noi  tanto per citare le sue parole. La cosa assurda è che siamo due mondi differenti ma continuiamo a gravitarci attorno.
“Cloe, magari ora ti sarà difficile capire perché mi comporto in modo così ostile nei tuoi confronti ma con il tempo capirai” conclude il sermone. Non sembra esserne convinto nemmeno lui ma è quello che si sforza di farmi capire.
“Invece ho capito perfettamente. Non si preoccupi professore” ribatto sarcastica, scansandolo per proseguire il mio percorso. Non mi giro, non serve. Riesco a sentire il suo sguardo ardere dietro di me.
“Cloe” sussurra flebile.
-Non girarti, non girarti, non girarti- stavolta è il mio orgoglio a parlare ed io decido di seguirlo, continuando risoluta nella mia direzione.
Più tardi arrivo a casa con l’umore sotto i piedi. Dovrò abituarmi a vederlo per strada, in facoltà, nei locali. Magari accompagnato da qualche ragazza, chissà. Il solo pensiero mi fa trasalire ma non devo permettere che questo influenzi in qualsiasi modo la mia giornata. Nella maniera più assoluta.
"Mannaggia" penso ad alta voce, battendo involontariamente un pugno sul tavolo.
"Nervosa, eh?". Ben è appena entrato in cucina, dirigendosi verso il frigo. Lo apre e ne estrae il suo adorato succo di pompelmo, trangugiandone mezza bottiglia.
"Che schifo" lo guardo esterrefatta, non ho mai capito come potesse piacergli una roba simile.
"E' acido, come te del resto" mi stuzzica.
"Ben, non è proprio un bel giorno" dico, fulminandolo con lo sguardo.
"Sai, gli amici servono a tirarti su il morale proprio in giornate come queste.." dice ammiccando. Sta nascondendo chiaramente qualcosa.
"Parla chiaro" lo intimo.
"Come vuoi Cake. Ho accettato l'invito a cena di Jiselle e le ho detto di invitare qualcuno perché io avrei portato te" dice tranquillamente. Come se rifilarmi un appuntamento combinato fosse la cosa più naturale del mondo.
Non riesco a credere alle mie orecchie. Sarà mica impazzito?
"Temo di non aver capito. Cosa hai fatto?" chiedo allibita.
"Cena. Io, te, Jiselle e qualcun'altro" mima, prendendomi chiaramente in giro.
"Ben spero tu stia scherzando. Non ho alcuna intenzione di uscire, devo studiare" ribatto a muso duro.
Lui fa un breve sorriso e scuote la testa.
"Niente obiezioni o sarò costretto a trascinarti. Sono forte, lo sai che posso" continua a sghignazzare.
Mi sento sopraffare da una rabbia irrefrenabile, non nei confronti di Ben. Infondo a modo suo cerca di aiutarmi. Chissà quanto devo essere patetica ai suoi occhi.
Provo rabbia per me stessa, perché mi sto piangendo addosso. Perché non riesco mai a prendere una decisione definitiva e dare un taglio al passato. Forse ha ragione Ben. Uscire, non è così pessima come idea. Al diavolo, le mie paure, al diavolo Bexter e i suoi sermoni da intellettuale..
"Allora?" mi incalza Ben, distogliendomi dalle mie riflessioni.
"I'm in" dico solamente.
"Hai fatto la scelta giusta Cake. Uscire ti farà bene. Ti prometto che ci divertiremo. E per quanto possa valere in questo momento, ti voglio un bene dell'anima" conclude, porgendomi le sue braccia forti dove trovo riparo e finalmente lacrime a lungo trattenute, scivolano via da me.
**
"Non pensi sia troppo provocante conciata in questo modo?" chiedo al mio amico. Un parere maschile, è sempre utile.
"Quei leggins in pelle ti stanno una favola e la maglia bianca è abbastanza sobria. Non sei affatto provocante, sei un bel bocconcino Cake" mi strizza l'occhio.
"Mi fido" mormoro, riguardandomi per l'ultima volta allo specchio. Il mio viso è pallido ma grazie al brush ha ripreso un po’ di colore, i capelli sono sciolti; liberi..come me.
"Fidati, sei bellissima" dice Ben, porgendomi la mano.
"Grazie, Ben. Dico davvero"
"Al suo servizio principessa" mi prende bonariamente in giro lui, inchinandosi.
"Ah, dimenticavo, stasera sei più figo del solito" aggiungo.
E' la verità, indossa semplicemente un paio di pantaloni grigio scuro e un maglione di una tonalità più chiara senza altri fronzoli eppure sta benissimo ugualmente.
E con questi pensieri mi avvio al mio appuntamento al buio combinato.
 
SPAZIO AUTRICE:
Buonasera donzelle!!! Questo capitolo lo definirei di passaggio, non accade granché ma era necessario per prepararvi al prossimo, che con molta probabilità pubblicherò domenica :-) e che lancerà due nuovi personaggi..eheh Ringrazio come al solito chi legge (siete in tanti e mi fa piacere!!), ringrazio chi recensisce costantemente, vi adoro!!
Vi lascio avvisandovi che posterò su fb gli outfits di questo capitolo e uno spoiler del prossimo, basta andare su fb: ladi po! Bacioni a tutte, alla prossima

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Crazy date, crazy deal ***


                                                                                              23
                                                                            Crazy date, crazy deal

Il locale è molto intimo e informale. Arredato con colori vivaci senza trascendere nel cattivo gusto. Alle pareti sono appese centinaia di foto, di tutte le persone passate in quel posto. Tra queste riconosco anche i volti di alcuni personaggi famosi.
"E' molto carino qui" confesso, guardandomi intorno.
"Già, non ci sono mai stato" osserva Ben.
Nel frattempo ci incamminiamo verso il tavolo, dove ci attendono Jiselle e il mio accompagnatore anonimo.
Quando siamo ormai vicino al tavolo, Jiselle si alza e ci viene incontro.
"Ciao ragazzi" cinguetta, saltando poi letteralmente addosso a Ben. Faccio del mio meglio per ignorare quei due e con fare disinvolto mi dirigo verso il ragazzo seduto di spalle. Faccio il giro del tavolo e me lo trovo di fronte.
"Cloe Downey, giusto?" chiede lui all'improvviso, porgendomi la mano. Mi sembra di averlo già visto eppure non saprei dire esattamente dove. Stringo la sua mano e mi siedo in un posto libero. La sua espressione è seria e imperscrutabile, quasi imbronciata.
"E' da tanto che aspettate tu e Jiselle?" chiedo per iniziare una qualsiasi conversazione e rompere il ghiaccio.
"No, affatto. Siamo appena arrivati anche noi" risponde, puntandomi contro i suoi occhi di un nocciola intenso.
Sembra un tipo di poche parole o semplicemente è stato incastrato a quest'appuntamento al buio e si sta annoiando.
"Ah" mi limito a dire.
"Vedo che hai fatto già la conoscenza del mio fratellino" irrompe Jiselle, seguita da Ben che prende posto vicino a me.
Ecco perché mi sembrava di averlo già visto in giro, praticamente è la fotocopia di Jiselle. Che stupida, come ho fatto a non capirlo subito?
Li guardo entrambi, abbozzando un sorriso. Sono palesemente imbarazzata per me è una situazione nuova.
"Allora, anche tu fai parte delle Gazelles?" mi chiede il tizio. Ripensandoci non mi ha neppure detto il suo nome.
"Si, da poco" preciso.
"E' stata un'impresa convincerla" aggiunge Jiselle.
"Tu invece, cosa fai?" azzardo a chiedergli.
"Il fotomodello" risponde secco. Beh, non nascondo che ha tutte le carte in regola per esserlo. E' alto, fisico asciutto e ha un viso angelico.
"Allora ordiniamo?" propone Ben rompendo il silenzio che si è venuto a creare.
"Si" rispondiamo all'unisono io e Jiselle.
"Fame?" si rivolge a me il moro.
Un lieve rossore si impadronisce delle mie gote, questo ragazzo mi intimidisce.
"Si" sussurro, cercando di reggere il suo sguardo.
Per tutta la cena non ci rivolgiamo parola, in compenso Ben si lancia nel racconto delle sue avventure in giro per il mondo quindi pian piano mi rilasso ed inizio a divertirmi.
"E allora lei mi dice: 'signor Whiston, questa è troppa. Si consideri libero da questo stage, informerò personalmente suo padre' e così il mio stage alla Financial solution terminò molto prima del previsto per una palpatina" conclude Ben, sghignazzando.
Scoppiamo tutti a ridere, perfino il taciturno.
Arriviamo al dolce, un delizioso crème caramel che assaporo lentamente, leccando il cucchiaio e infischiandomene di apparire un'ingorda pervertita.
All'improvviso il suono di un cellulare mi distrae dall'ultimo cucchiaio rimastomi.
Alziamo tutti gli occhi nella direzione di quel suono fastidioso e scopriamo il colpevole di tanto inquinamento acustico (ok forse è un pò esagerato come termine ma rende l'idea no?).
"Devo uscire un attimo" borbotta il moro, alzandosi di botto.
"Kevin dove vai?" chiede Jiselle in evidente apprensione; rivelandomi a sua insaputa il nome del fratello.
Il moro sembra non darle ascolto ed esce dal locale, sparendo così dalla nostra vista.
"Ma cosa gli succede?" domanda Ben.
"Non lo so" afferma Jiselle con aria sconsolata per poi continuare: "Da quando ha avuto il permesso dei miei genitori di lasciare casa e girare il mondo con l'agenzia di moda è totalmente cambiato. E' strafottente e ribelle, non ha il minimo rispetto per gli altri" conclude affranta.
"Sarà solamente una fase della sua vita" constato.
"Può darsi ma in quanto sorella maggiore ho il dovere di controllare che non si ficchi in qualche guaio" ribatte Jiselle.
"Quanti anni ha?" le chiede Ben.
"Venti" mormora lei confusa.
Nel frattempo 'Mr.faccioilfotomodello" rientra e si siede a tavola come se niente fosse.
"Dove sei stato?" domanda Jiselle, alquanto irritata dalla sfrontatezza del fratello.
"Non sono fatti tuoi, non starmi addosso" ribatte quest'ultimo.
La situazione comincia a degenerare, guardo Ben sperando che intervenga e plachi gli animi. Lui afferra al volo la mia richiesta implicita e dice:
"Ok ragazzi che ne dite se pago il conto e facciamo una passeggiata?" .
**
Mai camminare a fianco di qualcuno è stato così imbarazzante. Odio Ben e le sue idee strampalate e odio me stessa per la mia totale incapacità a rifiutarle.
Mi trovo a fianco di 'Mrfaccioilfotomodello', camminiamo silenziosi e di tanto in tanto guardiamo Ben e Jiselle che passeggiamo davanti a noi, ridendo come matti. Mi chiedo cosa avranno da ridere quei due.
Andiamo avanti qualche metro e raggiungiamo una piazza dove una band sta suonando così decidiamo di fermarci e ascoltare qualche pezzo. Ringrazio mentalmente la provvidenza per avermi risparmiato qualche altro metro di imbarazzante silenzio.
La band è fenomenale, tra un brano e l'altro alternano qualche cover famosa e mi ritrovo così a cantare a squarciagola brani dei Maroon 5, dei Coldplay e degli Infant sorrow. Che delizia per le mie orecchie.
"Ho conosciuto il cantante dei Maroon 5 ad una sfilata a New York" dice improvvisamente il mio accompagnatore silenzioso. Mi giro verso di lui. E' la prima volta che mi rivolge la parola senza quel tono burbero.
"Davvero? Oh adoro Adam Levine..è così sexy" ribatto trasognante. Arrossisco subito dopo per la mia affermazione. Sembro una ragazzina alla prima cotta per il suo idolo.
Lui alza un sopracciglio, evidentemente non abbiamo lo stesso parere.
"Non è il mio tipo" afferma trattenendo a stento una risata. E' molto più simpatico quando sorride e si sforza di fare conversazione.
Poco distante Ben e Jiselle, si baciano incuranti delle persone attorno. Ad un tratto però,vedo lei distaccarsi dal mio amico e indicargli qualcuno.
Seguo la traiettoria che Jiselle ha indicato e mi ritrovo i suoi occhi. Cazzo, Bexter.
Poi sposto lo sguardo e noto che non è solo. Una bellissima ragazza bionda, è aggrappata al suo braccio.
Chi diavolo è? Cosa ci fa con lui?
Molte domande mi frullano per la testa, sono arrabbiata, delusa e..gelosa.
"Mr.Bexter, che piacere incontrarla. Anche lei, adora questa band?".
A volte Jiselle sa essere molto espansiva ma non pensavo andasse a salutarlo.
Bexter scioglie il braccio da quello della ragazza e comincia a ravvivarsi i capelli. Conosco quel gesto, so che è dovuto allo stress nervoso a cui è sottoposto in questo momento.
"Signorina Polard, che sorpresa. Stavo giusto apprezzando i loro testi, mi piace questa band" risponde vago. E' in evidente imbarazzo e a Jiselle non sembra importare.
"Perché lei e la sua amica non vi unite a noi?" domanda, mandandomi in panico. Sono qualche passo lontano da loro ma riesco benissimo ad ascoltare l'intera conversazione.
"Non credo che al professore interessi passare del tempo con i suoi allievi fuori dalla facoltà" si intromette Ben, lanciandogli chiaramente una frecciatina.
"Sembri ipnotizzata, che ti succede?" quel taciturno del mio accompagnatore sembra aver ritrovato la lingua proprio ora.
"Nu-nulla" balbetto concentrandomi nuovamente su Bexter. Per un attimo vorrei poter riavvolgere il nastro della mia vita, non trovarmi lì, in quel preciso momento.
"Non credo sia una buona idea, vi annoiereste sicuramente e.."
"Suvvia professore, non ci annoieremmo" insiste Jiselle.
All'improvviso sento di dover fare qualcosa, non posso fuggire ancora da lui e affrontarlo mi aiuterebbe a esorcizzare le mie paure.
"Mr.Bexter, trovo sia scortese rifiutare un invito" mi intrometto, palesandomi ai suoi occhi. Il cuore rischia di scoppiarmi in petto ma mantengo un certo contegno.
"E inoltre non ci ha presentato la sua amica.." continuo.
La ragazza biondina accanto a lui sembra risvegliarsi dallo stato di torpore e pian piano riprende vita mormorando: "Scusatemi, sono Emma. La compagna del professor Bexter".
Può una sola frase distruggere tutto quello in cui hai creduto fino all'istante prima che essa venisse pronunciata?
"Il piacere è nostro" trilla Jiselle, entusiasta.
"Allora andiamo a bere qualcosa?" suggerisce Ben. L'aria che si respira è decisamente pesante.
"Andiamo con loro caro?" domanda la biondina a Bexter.
Lui annuisce semplicemente, continuando a fissarmi. Mi domando come faccia la sua compagna a non accorgersene.
Ci avviamo in un pub poco distante. E' un bel posto in stile country.
"Allora ci racconti della sua serata professore" inizia Jiselle, non appena ci sediamo.
"Niente di particolare, cena e concerto" si limita a dire lui.
"Molto da fidanzati" butta lì il mio amico Ben. So perfettamente cosa sta cercando di fare e sono molto preoccupata per il buon esito di questa folle serata.
"Voi invece? Cenetta a coppie?" chiede improvvisamente Bexter con sarcasmo.
"Si, diciamo che è un appuntamento al buio. Ho presentato il mio bel fratellino alla nostra Cloe" risponde Jiselle. Ecco, ora sono ufficialmente sepolta sotto un cumulo di vergogna.
"Scusate, devo andare alla toilette" mormoro prima di scappare letteralmente verso il bagno del locale.
Mi guardo allo specchio, non ho decisamente una bella cera. Decido di rinfrescarmi un po’ il viso, bagnandolo appena con dell'acqua. Calma Cloe, calma.
Quando apro la porta noto una sagoma di fronte ad aspettarmi. E’ appoggiato al muro ed ha le braccia conserte.
"Tu che ci fai qui?" domando a Kevin.
"Ho capito tutto, sai? Tu e il professore.." insinua con un sorrisetto odioso ad increspargli le labbra.
"shhh sei diventato scemo?" mi precipito a chiudergli la bocca tappandogliela con una mano.
"Non serve un indovino per capire che c'è qualcosa tra di voi. Sento elettricità nell'aria mia cara" afferma spavaldo.
"Non hai capito niente, ti stai sbagliando" ribatto in modo poco convincente.
"Non mi sbaglio mai, piccola. Se sono venuto fin qui è per aiutarti, devi farlo schiattare dalla gelosia"
"E tu cosa ci guadagni?" rispondo completamente spiazzata dalle sue affermazioni.
"La tua collaborazione. Tieni a bada mia sorella per un po’, levale dalla testa l'ossessione di controllarmi".
Ok, sono ufficialmente e irrimediabilmente confusa. Davanti a me, un bivio.
Devo scegliere la ragione o l’istinto? Perché in questo momento l’istinto mi dice di accettare la proposta di questo ragazzo e la ragione inevitabilmente si oppone.
 Fanculo, essere una brava ragazza non mi ha portato a niente finora. Scelgo l’istinto, si inizia a giocare.
"Se mai accetterò, voglio sapere in che razza di traffici loschi sei invischiato" dico improvvisamente.
"Nessun traffico. Semplicemente mi piace fumare cosette non proprio legali e se si venisse a sapere in giro sarebbe uno scandalo di dimensioni bibliche per la mia famiglia" confessa su due piedi.
"Quindi prima, nell'altro locale, quando ti sei alzato tu.."
"Io sono andata a comprare quelle cosette" completa la mia deduzione.
Sono allibita ma decido di sorvolare, questo è il mio gioco e la sua vita non è affar mio.
“Allora accetti o no?” incalza lui, puntandomi contro quelle iridi furbe e scaltre.
“Ci sto, cosa facciamo?” chiedo, curiosa di sapere i dettagli del suo piano.
Kevin inizia a ridere di gusto consapevole di aver vinto, è riuscito a convincermi.
“Che ti ridi?” chiedo abbastanza irritata.
“Sei cotta di quello” afferma.
Sgrano gli occhi, temo mi cadano tanto è lo stupore.
“Non è vero” ribatto prontamente.
“Si vede lontano un miglio che sei cotta del professore e lui di te”
“Cre-credi che lui possa provare qualcosa per me?” la mia voce è ridotta ad un sussurro.
“Non ti ha staccato gli occhi di dosso da quando l’abbiamo incontrato”.
“Bene, dimmi cosa fare” chiedo risoluta.
“Uno: davanti a lui non ci sono limiti, dovrò baciarti, stringerti, accarezzarti” inizia a elencare ed io inizio ad impallidire.
“Due: dovremo uscire spesso insieme e frequentare i posti che lui abitualmente frequenta, tutto chiaro?”
“Si” deglutisco. In che guaio mi sto cacciando?
Torniamo al tavolo dopo circa un quarto d’ora. Kevin dice che il nostro ritardo avrebbe fatto insospettire Bexter.
“Ragazzi, quanto tempo. Aspettavamo solo voi per ordinare” ci accoglie Ben.
“Abbiamo parlato un po’, sai, per conoscerci” ammicca Kevin, stringendomi alla vita.
Bexter continua a fissarmi, sembra nervoso. Per il resto della serata, quasi dimentico del patto con il diavolo e mi lascio trasportare dalla sua improvvisa simpatia.
Sto sorseggiando la mia seconda birra quando sento vibrare il cellulare. Lo afferro e leggo il messaggio senza leggerne il mittente.
Smettila immediatamente di provocarmi. Lui non è adatto a te.”
Che diav..rileggo il messaggio avendo cura stavolta di leggere anche il mittente.
Un sorriso, piega le mie labbra. Il piano inizia ad avere i suoi frutti.
Non mi chiedo come avrà fatto a mandare il messaggio con la sua compagna accanto, non mi importa. Gli lancio un occhiata furtiva e gli rispondo:
Non ti sto provocando. Non sei al centro dei miei pensieri, non più. Sarei però curiosa di sapere chi è adatto a me..”.
Riprendo a sorseggiare la mia birra, mi sento già su di giri e sapere che Bexter freme per me mi inorgoglisce.
“Kevin, andiamo a ballare? Questo pezzo è fantastico”  non riesco a riconoscermi, sembro una gatta che fa le fusa.
“Non si dice mai di no ad una bella ragazza” Kevin coglie al balzo l’occasione per afferrarmi un fianco e trascinarmi in pista.
Dopo un bel po’, ci raggiungono anche gli altri ed iniziamo a ballare. Bexter stringe la sua bionda ma non fa altro che guardare me e Kevin flirtare apertamente. Devo dire che il  moro ci sa fare ed ha un buon profumo. Inizia lentamente ad accarezzarmi i capelli, fino ad arrivare a stringermi il viso con entrambe le mani. Ora è pericolosamente vicino alle mie labbra, le sfiora appena con le sue poi si allontana nuovamente riprendendo a ballare a tempo di musica.
“Temo di dover andare” annuncia Bexter all’improvviso. Il suo splendido viso è contratto in una smorfia di disappunto, le sue iridi di un azzurro così intenso inghiottono le mie. Sento il cuore bruciarmi in petto ma allo stesso tempo non posso non essere contenta della sua reazione. Accidenti  va via proprio quando iniziavo a divertirmi a vederlo così furioso..
“Arrivederci Professor Bexter e arrivederci anche a te Emma” dice ognuno di noi, vedendoli allontanare.
Di nuovo la vibrazione al cellulare.
Torna a casa, non voglio preoccuparmi”.
Rido, rido e ancora rido. Senza pensarci due volte rispondo:
Buona serata professore, mi saluti la sua compagna”.
Sarà dura ma voglio portarlo all’esasperazione, voglio che torni da me per restare. Stavolta non voglio ripensamenti, niente regole.
Inizia una nuova avventura e devo dire che Kevin non mi dispiace affatto come compagno di questo folle viaggio.
 
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi qua come promesso Venerdì, con un nuovo capitolo!! Vi ringrazio tutte per il tempo che dedicate alla mia storia anche solo leggendola. Un grosso bacio a chi recensisce con affetto e chi ha avuto il tempo di dare una sbirciatina al mio contatto Ladi po (a proposito, a chi interessasse ho aggiunto le immagini di Jiselle e Kevin).
I nuovi personaggi di cui parlavo nell’altro capitolo sono appunto  kevin ed Emma. Saranno gli ultimi importanti ai fini della storia.
Mi vedrete presto con un nuovo capitolo ;) Baci!!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Limiteless ***


                                                              24
                                                    Limiteless

Sfidare il tempo. Correre fino a perdere il fiato, per battere la lancetta che inesorabile sta per segnare le nove del mattino. Quella lancetta oltre a segnare l'orario, sta per decretare la mia fine. Arrivare in ritardo alla lezione della Smith incrementerebbe il suo odio nei miei confronti ed io non posso permettermelo. Ecco perché mi ritrovo a sfrecciare lungo il corridoio che porta alla sua aula. Ormai sono ad un passo dall'aprire la porta quando il mio braccio viene afferrato bruscamente e in un attimo mi ritrovo chiusa in uno sgabuzzino con..
"Adam, sei impazzito? Mi hai fatto prendere un colpo" dico ansante.
"Scusami Cloe ma ho bisogno di parlarti" mormora lui.
Lo spazio dello sgabuzzino è abbastanza ristretto, Bexter è praticamente a pochissimi millimetri dal me che sono appoggiata con la schiena ad uno scaffale. Il suo profumo inizia ad inebriarmi, la sua bocca a confondermi e i suoi occhi a ipnotizzarmi. Oddio sono vittima del suo fascino.
"Ieri sera, Emma.."
"Non sono affari che mi riguardano" lo interrompo bruscamente.
Lui per tutta risposta si avvicina ancora di più, piantonando le sue braccia ai lati della mia testa.
"No, lasciami spiegare. Emma è una ragazza che ho conosciuto poco prima di trasferirmi a Princeton e ottenere la cattedra. Siamo usciti parecchie volte insieme, mi trovavo bene con lei. Poi però c'è stato il trasloco, il nuovo lavoro e.. te, così non l'ho più chiamata. Ieri si è presentata alla mia porta dicendomi che voleva rimanere un paio di giorni ed io non ce l'ho fatta a deluderla, sembrava così entusiasta" conclude, bramando una qualche mia reazione.
"Buon per te, continuo a ripeterti che non sono affari miei e se non c'è altro dovrei andare, sono in ritardo e la Smith non è molto accondiscendente nei miei confronti" ribatto con finta noncuranza.
"Parlerò io con Lucille. Devo prima avere la certezza che mi credi, non c'è stato nulla tra me e Emma. Siamo andati a cena fuori e poi l'ho portata a quel concerto perché volevo evitare di stare da solo con lei in casa per troppo tempo" continua imperterrito ed io quasi mi compiaccio di tanta tenacia. Purtroppo per lui sono determinata a proseguire il mio gioco anche se è alquanto complicato non lasciarsi trasportare dalla sua vicinanza.
"Temo di non essere stata chiara. Quello che fai, con chi vai a letto non è affar mio. Ti pregherei di tenerlo in mente" dico, mostrando più sicurezza di quanto in realtà ne abbia.
"Sei andata a letto con quel bambino? Il fratello di Jiselle Polard? Cloe, ti ho avvertito non mi sembra un tipo affidabile, non voglio che lo frequenti" sibila a denti stretti.
"Penso che solo io debba decidere chi frequentare e chi portarmi a letto. Non sono affari tuoi Adam" controbatto all'istante, fingendomi arrabbiata mentre in realtà sono felice che gli importi di me a tal punto. Perché mi fa quest'effetto? Perché mi rende irragionevole e lunatica? Nella mia mente riecheggiano lontane le parole di kevin: sei proprio cottadi lui.  Oddio sarà vero?
"Cloe, io tengo a te più di quanto tu possa immaginare ed è per questo che mi preoccupo di non rovinare la tua carriera, né il normale svolgimento della tua vita con la mia presenza. Ma non sopporto l'idea che qualcuno possa farti del male e quel tizio sembra averne tutte le intenzioni, capisci?" conclude il suo sermone, prendendo il mio viso tra le mani.
Il mio autocontrollo come sempre in sua presenza, inizia a vacillare. Il tocco delle sue mani, infiamma le mie gote di un rosso intenso. E i suoi occhi così espressivi, intensi e tormentati mi penetrano dentro, provocandomi brividi lungo tutto il corpo. Sono sicura potrei restarli ad ammirare per ore.
Una piccola ruga di espressione solca il suo bellissimo viso, segno che aspetta una mia rassicurazione. Tentenno un po’ prima di iniziare finalmente a parlare.
"Ti ringrazio per l'interessamento ma non serve, so badare a me stessa ed ora se vuoi scusarmi devo proprio scappare" così con tutta la forza mentale e fisica che mi rimane, scivolo via dalla sua presa e corro fuori.
Respiro a pieni polmoni l'aria ritrovata, normalmente quando Bexter è nelle vicinanze faccio una fatica immane a controllare il normale svolgimento del mio flusso respiratorio. Quando poi, siamo da soli chiusi in una stanza di pochi metri la sua immagine così vicina offusca ogni mia capacità cognitiva. Dovrò imparare a gestire le mie emozioni in sua presenza. Si, certo.. come se si potessero gestire le emozioni..
Mi dimeno più del dovuto per far sì che il mio ritardo appaia dovuto a qualcosa di veramente importante ed entro in aula trafelata e rossa in viso.
Naturalmente tutti gli studenti prima attenti alla spiegazione della professoressa Smith ora guardano me con il risultato di farle diventare il viso del colore dei capelli.
"Signorina Downey, il suo comportamento è inaccettabile. E' la seconda volta che arriva in ritardo distraendo i suoi compagni di corso. Sarò costretta a prendere provvedimenti" mi fulmina con lo sguardo. La guardo smarrita, che genere di provvedimenti? Mi si gela il sangue al pensiero.
"La signorina Downey non ha nessuna colpa in merito. Sono stato io ad intrattenerla per delle questioni legate alla sua assenza alla mia scorsa lezione. Lucille, accetta le mie scuse e riammettila a lezione". Quella voce mi è troppo familiare, quel timbro così caldo rimbomba nelle mie orecchie, provocandomi una piacevole sensazione di sicurezza.
Mi giro verso colui che mi ha salvata da una punizione esemplare e lo ringrazio in silenzio, abbozzando un sorriso tenue.
Bexter mi lancia uno sguardo rassicurante, so che se fossimo stati da soli mi avrebbe abbracciata e cullata nelle sue braccia.
Per un attimo temo il peggio, la tensione si taglia a fette nell'aria.
"D'accordo, per questa volta la signorina Downey può prendere posto ma una piccola correzione disciplinare non può che farle bene. Dopo la mia lezione e quella del professor Bennet se non ha altre lezioni da seguire si rechi in sala riunioni c'è un gruppo studio formato da persone che come lei hanno qualche problemino con la puntualità"conclude vittoriosa.
"Una sorta di punizione collettiva?" domando irritata.
"Io la vedrei come una riunione tra ritardatari, un richiamo disciplinare che vi farà ricordare che esiste un orario da rispettare" sentenzia, discostando una ciocca di capelli rosso fuoco che le è scivolata davanti agli occhi. Maledetta, me la vuole fare pagare a tutti i costi..
Mi siedo furiosa in un posto rimasto libero in terza fila e sbuffo sonoramente tirando fuori l'i-pad. Che razza di idiota organizza gruppi di punizioni all'università? Queste non sono cose strettamente legate all'ambito della scuola superiore?
Ricordo che una volta il professore di chimica mi sorprese a far copiare il compito alla mia vicina di banco e ci mise entrambe in punizione alla fine delle lezioni. Quella volta passai le tre ore più noiose della mia vita, guardata a vista dai professori che si davano il cambio. Non posso credere di dover ripetere l'esperienza all'università. Credevo che essere universitari rendesse in qualche modo liberi di gestire lo studio e le lezioni a proprio piacimento. Beh, evidentemente la Smith non condivide il mio parere.
Sento chiaramente la porta chiudersi e la figura di Bexter sparire dal mio campo visivo. Chiudo gli occhi, inspirando ed espirando lentamente e mi preparo a seguire la lezione.
Quando esco da quell'aula, la mia mente è invasa da formule e numeri vari. La Smith non si è fermata un attimo. In più ci ha gentilmente informati che la prossima settimana si svolgerà una prova in itinere di riepilogo del programma fatto finora. Come se la tortura o richiamo disciplinare (per dirla a parole sue), inflittami prima non fosse già abbastanza. Sbuffo nuovamente, spazientita al pensiero di dover studiare il triplo per dimostrare che valgo e levarle dalla testa o dal cuore, l'odio insano nei miei confronti.
Tiro fuori dalla tasca del mio giubbotto color renna il cellulare. Ultimamente non posso fare a meno di controllarlo ogni momento. Fremo, ritrovando un messaggio. La mia razionalità dice di non gioire troppo, non può essere Bexter. Non dopo la discussione che abbiamo avuto in quello sgabuzzino. E in effetti, non è un suo messaggio. Il mittente, con mia grande sorpresa è Kevin. Non pensavo di risentirlo così presto.
"Cloe, Cloe, Cloe.. Arrendersi non porterà di certo al risultato sperato. Tieni duro, terminata la prossima lezione sarò da te".
Non ricordo il momento in cui gli ho dato il mio calendario delle lezioni però conosco una persona che può averlo fatto. Faccio pressione sul numero due e la chiamata rapida non tarda a partire. Sento squillare. Uno, due, tre volte. Poi la voce di Ben chiaramente bassa e vibrante interrompe quel suono sempre uguale e monotono.
"Ca-Cake?" domanda, balbettando. Non si aspettava una mia chiamata di prima mattina.
"E' successo qualcosa?" si affretta a chiedere.
"No. Hai dato tu il calendario delle mie lezioni a Kevin? Perché si da il caso che io abbia una privacy ma ahimè a nessuno sembra importare" sbotto, forse un po’ troppo acida ma oggi quella vipera della Smith mi ha trasmesso il suo veleno.
"Si..per.. Ah" dice soffocando un gemito. Aggrotto la fronte e allontano per un attimo il cellulare dalle orecchie.
"Ben?" chiedo, alquanto confusa. Poi un improvviso imbarazzante presentimento si fa strada nella mia mente.
"C'è qualcuna con te? Stai forse.." chiedo imbarazzata all'inverosimile.
"Siiii" è la sua risposta tremolante. Accidenti, sono proprio una scema a non averlo capito prima.
"Mi dispiace, ci sentiamo dopo" mormoro, confusa.
Non voglio sentire la sua risposta, sarebbe troppo imbarazzante quindi allontano nuovamente il cellulare dall'orecchio ma non faccio in tempo e con mio grande disappunto odo chiaramente Ben ansimare, incitando Jiselle a continuare. Chiudo immediatamente la conversazione, non voglio sapere cosa debba continuare Jiselle. Prima di deporre il cellulare nuovamente in tasca mi limito a scrivere un messaggio a Kevin, il mio partner nel 'gioco'. Sono un po’ titubante rispetto a questo folle patto che ho stretto con lui ma voglio dire di averle provate tutte prima di arrendermi definitivamente.
"Dopo la lezione di finanza, ho solamente un buco di un'ora per pranzo. Poi sono in punizione per altre due ore. ".
La sua risposta è tempestiva e mi chiedo se non aspettasse con ansia il mio messaggio. Rido al pensiero assurdo che ho appena formulato. 'Mrfaccioilfotomodello' non aspetta con ansia i miei messaggi di nessuno.
"Sei proprio una cattiva ragazza Cloe Downey, verrò alla punizione con te. Dobbiamo dare nell'occhio" .
Non so perché ma questo messaggio mi manda in confusione. Non sapevo esistessero questo genere di punizione all'università quindi non so come ci si comporta. Non so se posso portare qualcuno, alle superiori non si poteva. In preda ai punti interrogativi che affollano la mia mente mi avvio verso l'aula dove mi aspettano due ore intense di finanza e di quel caro egocentrico del professor Bennet.
Mi massaggio le tempie,ho ancora la voce martellante di Bennet nelle orecchie. Secondo me dovrebbe prendere un periodo di riposo, è sempre così affannato e nervoso che spiega a raffica rischiando di far esplodere il mio cervello per la quantità eccessiva di informazioni introdotte.
Affretto il passo dirigendomi verso il chioschetto dei panini appena fuori la facoltà. Ordino un panino al formaggio e prendo una lattina di coca-cola per dissetarmi. Mi guardo intorno alla ricerca di una panchina libera dove consumare il mio pasto e ne scorgo una vicino ad un enorme albero. Mi siedo e addento famelica il mio panino.
"Fame?" la voce alle mie spalle mi fa sussultare. Non capisco perché Kevin debba sempre presentarsi all'improvviso e porre domande dal senso ambiguo e fastidiosamente ripetitive.
"Diamine Kevin, mi hai fatta spaventare" sbotto nervosa.
"Dolcezza se vuoi che il nostro piano funzioni, devi lasciarti andare e rilassarti. Sei così tesa.." ribatte lui, iniziando a massaggiarmi le spalle.
"Il patto comprendeva le effusioni solo davanti a Bexter, tieni giù le mani" dico, scostandomi bruscamente da lui. Eppure dentro di me, una piccola parte è dispiaciuta, quel massaggio non era poi così male..
Lui evidentemente colpito nell'orgoglio, si siede accanto a me e non dice una parola. Tira fuori il cellulare e inizia a messaggiare senza degnarmi di uno sguardo. Forse sono stata un po’ acida, accidenti alla Smith e al suo essere così contagiosa.
"Scusa" provo a rimediare, dopo aver terminato il mio panino al formaggio.
Lui non sembra scomporsi, alza un sopracciglio nella mia direzione e riprende l'estenuante conversazione via messaggi.
"E' una brutta giornata, stamane Bexter ha cercato di chiarire con me e.." mi interrompo notando i suoi occhi guizzare veloci dallo schermo a me.
"E..?" mi esorta a continuare.
“Ed io per poco non cedevo...” concludo affranta.
I suoi occhi ora mi squadrano curiosi.
“Chissà cosa avrà di interessante questo Bexter..? tutte lo vogliono..Jiselle dice che in facoltà tutte gli sbavano dietro. Hai uno stuolo di rivali mia cara, non devi cedere e permettergli di usarti a suo piacimento a fasi alterne. Devi portarlo a desiderarti fino ad impazzire, ad andare oltre il limite che si è imposto. Vieni con me” conclude, afferrando per un polso.
Sono impreparata a quel contatto così diretto ma lo segue cercando di capire cosa ha in mente.
“Mi sono documentato per bene e so esattamente dove mangia quando resta in facoltà, andiamo nella pizzeria qua vicino” dice mentre voltiamo l’angolo.
“Ma io ho già mangiato” protesto.
“Mangerò te e il cibo” ammicca senza pudore. Per un attimo mi concentro sul suo viso, caspita è proprio bello; se non avessi il cuore impegnato (l’ho veramente detto?) magari mi soffermerei di più su quelle belle labbra rosse che si ritrova.
Entriamo nella pizzeria ‘Bella Italia’ proprio dietro la facoltà e ci sediamo in un tavolo apparecchiato per due. L’ambiente è molto caloroso con tante bandiere dell’Italia appese qua e là e qualche foto della bella penisola. Il profumo è delizioso e dietro il bancone ogni genere di leccornia mi tenta a prima vista.
“Oddio, quanto cibo. Ho l’acquolina” esclamo famelica.
“No, sarai impegnata a giocare con la mia bocca per poterla usare in altre modalità” mi strattona lui, riportandomi all’obbiettivo che ci ha condotti sin là.
Deglutisco al pensiero di doverlo baciare. Non che io non sia attratta da lui, sarei pazza a non esserlo, è praticamente una statua di marmo vivente ma io ho già la mia statua e non vedo l’ora di rivederla.
Il mio desiderio si avvera qualche secondo dopo quando Bexter fa il suo ingresso in pizzeria, accompagnato da un altro professore di cui non conosco il nome.
“Eccolo” dico eccitata e spaventata allo stesso tempo.
“Tranquilla, vieni vicino a me. Guardami come se volessi spogliarmi con gli occhi, come se fossimo sul punto di avvinghiarci qui, su questo tavolo. Hai fame, hai fame di me Cloe.” Le parole di Kevin sono così sensuali che è impossibile non calarsi nella parte. Mi avvicino lentamente e lo guardo così intensamente da avere paura di aver esagerato.
“Baciami. Ora. Ci ha visti” sussurra lui ad un centimetro dalla mia bocca. Mi sento avvampare e appoggio delicatamente le mie labbra sulle sue. Lui non sembra essere d’accordo con la mia delicatezza e sfrega senza ritegno le sue morbidi labbra sulle mie, dischiudendole per lasciarmi attraversare il confine che ci separa.
Sono tesa come una corda di violino ma continuo a baciarlo senza pudore fin quando una giovane cameriera dai tratti mediterranei ci interrompe guardandomi in malo modo e ammiccando al mio accompagnatore porgendogli il suo piatto con un mezza luna in pasta di pizza che qua chiamano calzone.
Lui si passa un dito sulle labbra e mi sorride.
“Hai fatto colpo” affermo sarcastica.
“Non è una novità per me. Piuttosto concentriamoci sul piano. Il tuo professorino è nero, nero. Si è seduto proprio al tavolo di fronte al nostro. Non voltarti” impone autoritario.
Mi mordo un labbro imbarazzata, vorrei vedere il viso di Bexter in questo momento.
Kevin inizia a mangiare ed io mi ritrovo a guardarmi in giro, senza qualcosa di preciso da fare.
“Alzati e vieni a sederti sulle mie gambe” mi ordina poi, non appena ha terminato il suo pasto.
Seguo al dettaglio tutto ciò che mi dice e mi siedo sulle sue gambe. Alzo incautamente la testa e mi ritrovo di fronte a noi Bexter che mi fissa in modo inquietante, sembra furioso e fa finta di prestare attenzione al suo interlocutore seduto di spalle di cui riesco a vedere solo le spalle.
Prendo l’iniziativa e bacio nuovamente Kevin. Lui non sembra sorpreso e ricambia il mio bacio con notevole trasporto. Per essere uno che dovrebbe fingere di provare belle sensazioni non sembra così infastidito.
Nel frattempo la cameriera che ci aveva serviti mi fa cenno di seguirla. Aggrotto la fronte temendo che voglia coinvolgermi in qualche discussione sgradevole su Kevin invece mi porta in uno angolo del locale riservato e dice di attendere.
Mi sento sempre più inquieta, cosa devo attendere?
“Ho affittato questa parte del locale sono per parlarti senza occhi indiscreti attorno. Sei contenta? Mi aspettavo da te un comportamento diverso” fa il suo esordio Bexter, mandando in tilt il mio povero cuore. Ha addirittura affittato una parte del locale solo per potermi parlare pochi minuti? Questo mi lusinga. Lui mi lusinga e mi fa letteralmente impazzire, se non dovessi portare a termine il mio stupido piano sarei già avvinghiata a lui. Sento la tensione tra di noi diffondersi, siamo magnetici.
Mi guarda, lo guardo. Mi si avvicina ed io resto immobile, sfiora le mie dita ed io vado letteralmente a fuoco.
“Le tue guancie, vanno a fuoco Cloe” sussurra a pochi centimetri dal mio orecchio.
Deglutisco a fatica, mordendomi l’interno della guancia per stemperare la tensione.
“Adam, non dovevi. Non abbiamo niente da dirci. Ho da fare di là” affermo, fingendo indifferenza.  Ma non mi riesce bene, infatti lui non demorde.
“Non provocarmi, non lo sopporto. Avrei buttato il tavolo per aria e preso a schiaffi quell’impertinente se non fosse un moccioso. Cloe, non devi vederlo più” conclude.
“Professore credi che lei abbia bevuto un bicchiere di troppo. Vado” e faccio per andarmene ma lui mi ferma trattenendomi ancora una volta.
“Non ho bevuto niente e lo sai benissimo. Cloe promettimi che non lo vedrai più” chiede ancora.
“No. Perché?” chiedo con impertinenza e velata curiosità.
Lui si tira indietro i capelli che ricadono ribelli sul suo bellissimo volto. Dio quanto  vorrei anche solo sfiorarlo e placare la sua rabbia.
“Perché è pericoloso ed io mi preoccupo per te” mormora così piano che devo impegnarmi per capire cosa ha appena detto.
“Ti ho già detto che non devi preoccuparti e che so badare a me stessa quindi se non c’è altro..”
“No. Sono geloso contenta? Lo sarò sempre. Qualunque uomo o ragazzo ti sfiori” confessa
“Quindi non c’entra niente il fatto che Kevin sia un cattivo ragazzo?”
“Sono geloso di lui. E penso che non abbia una buona influenza su di te”  sussurra avvicinandosi e portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Temo di cedere, è troppo per me e per i miei battiti impegnati in una corsa senza tempo.
“E cosa dovrei fare? Stare sola ad aspettare che tu scopi con le varie Emma? Troppo indeciso se sfiorarmi o meno? Adam sono fatta di carne, ossa e sentimenti. Non sono un oggetto prezioso da guardare. Voglio divertirmi, essere spensierata e amare qualcuno. Al momento non credo sia possibile” concludo lasciandolo riflettere mentre mi allontano dirigendomi da Kevin.
“Allora?” chiede non appena lo raggiungo.
“Non so come ho fatto ma ho retto per l’ennesima volta. L’ho lasciato a riflettere, credo che sia rimasto molto colpito”
“Vuoi continuare ancora con il piano?”  chiede, in modo diretto.
“Si” rispondo prontamente.
Oggi più che mai ho capito che voglio stare con Bexter ma non come oggetto da guardare. E se servirà usare ancora il piano allora lo farò.
“Perfetto, stasera c’è una festa privata alla quale lui parteciperà. Lo so per certo”
“Come fai a saperlo?” chiedo incredula. Questo ragazzo mi sorprende.
“Non fare domande. Fidati di me”.

SPAZIO AUTRICE:
Buonasera ragazze!!!! Cosa ne pensate del capitolo? Io lo adoro (può sembrare
narcisistico ma ogni tanto apprezzo un capitolo un po’ più di un altro). Kevin sta muovendo le fila del gioco e Cloe sta riuscendo nel suo intento ma è difficile con Bexter che le ricorda sempre quanto tiene a lei. Poi che dire, adoro Ben *-*
Al solito, GRAZIE a chi con affetto recensisce e mi segue anche su LADI PO su fb. VI ADORO. Ma adoro anche chi legge e mantiene alta la mia voglia di scrivere. Bacioni a tutte e a prestissimo… con un capitolo decisamente interessante.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** I fall in love with you ***


                                                                                       25
                                                                           I fall in love with you

"Non credi sia pericoloso fumare quella roba?". La mia voce è quasi stridula per via della paura che mi attanaglia lo stomaco. Continuo a torturarmi le dita della mani, in preda all'ansia che cresce ogni minuto. Non è stata una buona idea sgattaiolare fuori dall'aula punizioni. E' vero, non c'è un docente a fare da balia ma ogni tanto qualcuno viene a controllare e se non mi trovasse? Infondo c'è una lista di quelli che dovrebbero essere presenti in aula proprio sulla grande cattedra in noce. "Dolcezza rilassati, nessuno ci scoprirà" risponde Kevin, riportandosi quella strana sigaretta sulle labbra. "No che non mi rilasso. Trovo che sia da irresponsabile fumare quelle schifezze e se ci scoprissero finiremmo nei guai" concludo paranoica. "Smettila di frignare. Un patto è un patto. Sapevi quello che facevo quando hai accettato, non fare la morale proprio adesso" ribatte, fulminandomi con lo sguardo. Non oso controbattere, ha pienamente ragione. Decido di non pensarci, confidando nella buona sorte. Pochi minuti dopo, Kevin si alza di scatto e gettando la cicca per terra pone fine alle mie preoccupazioni. Lo seguo passivamente e senza fiatare, sembra di malumore. Entriamo nell'aula cercando di non distrarre coloro che studiano e ci sediamo nei posti che avevamo occupato prima. "Mi parli della festa? Cosa sai?" chiedo quanto più a bassa voce possibile. Lui resta impassibile ma qualche secondo dopo decide di degnarmi di considerazione. "Non riesci a pensare ad altro eh?" ribatte scarabocchiando qualcosa di incomprensibile su un foglio, prima di riprendere. "E' organizzata dal rettore Miller e dalla sua amabile consorte. Parteciperà l'intero corpo docenti e una gran quantità di gente spocchiosa, tra cui i miei genitori. Vedrai che divertimento" conclude sarcastico. "I tuoi genitori conoscono il rettore Miller?" chiedo. "Certo, sono amici di vecchia data. Ogni anno prima di Halloween danno questa festa. Non ci sono mai andato, sarà una noia mortale. Quest'anno però Kevin il ribelle, presenterà loro la fidanzata e dimostrerà al mondo intero di essere cambiato" risponde, cogliendomi del tutto di sorpresa. Devo avere proprio un'espressione da ebete mentre a bocca aperta non riesco ad articolare un suono. "Mia cara se vuoi che il piano funzioni per entrambi dovremmo fingere di avere un rapporto che va oltre il sesso. Tu farai ingelosire quel tizio ed io placherò le loro ansie, mostrandomi al fianco di una brava ragazza" continua, strizzandomi un occhio. Caspita, non avevo messo in conto di fingere addirittura un fidanzamento. In ambienti come quello una notizia del genere rischierebbe di diventare di dominio pubblico nel giro di pochi minuti. Rabbrividisco al pensiero di essere sbattuta in prima pagina su qualche squallido giornale locale. "Devi proprio presentarmi come la tua fidanzata?" chiedo all'improvviso. "Si, il discorso è chiuso. Prova a studiare un po’, stasera non ne avrai il tempo" conclude glaciale. Odio quando usa quei toni nei miei confronti. Afferro al volo un evidenziatore e riprendo a studiare, ignorandolo fino alla fine delle due ore. *** "Questo piano comincia ad essere una follia allo stato puro" borbotto mentre scelgo l'abito da indossare al grande galà. Ben mi guarda come fossi un alieno con cinque braccia e tre teste. "Non puoi tirarti indietro proprio adesso Cake!!! Ammetto che quel tipo non mi ispira molta fiducia ma ti ha portata molto vicino all'uomo di cui sei innamorata" mormora, caricando di enfasi l'ultima parola. Quella parola mi arriva dritta al cuore e una fitta lo percuote. No, non posso essermi innamorata di Bexter. Allora perché accetto l'aiuto di un ragazzo problematico e con evidenti manie di complotto? Scuoto la testa, forse per convincere me stessa più che Ben. "Io non sono innamorata di Bexter" "Si che lo sei. Forse non vuoi ammetterlo ma è chiaro come il sole. E lui, non è da meno. Sei in un bel guaio Cake" conclude Ben ridendo sotto i baffi. Lo incenerisco con lo sguardo e prima che possa proferire parola lui mi anticipa, deviando il discorso di prima. "Come sta Joy? E' da tanto che non vi sento parlare" "E' molto impegnata con lo studio però mi ha promesso che verrà a trovarmi presto. Forse ti manca?" domando, servendogli materiale su cui discutere che non sia io e la mia disastrosa situazione sentimentale. "Una persona ti manca quando occupa un posto importante nella tua vita" "Mi ha chiesto di te" butto lì, cercando di carpire la sua reazione. "Davvero? Beh, hai il mio numero. Se volesse cercarmi potrebbe chiedertelo" "Magari aspetta che sia tu a farlo" "Io?". Ben sembra stupito, non è abituato ad andare dietro una donna, solitamente capita il contrario. "Si, proprio tu latin lover. Diciamo che per sbaglio il mio cellulare è caduto tra le tue mani..". Senza troppi indugi gli lancio il mio smart-phone e come mi aspettavo, non fa fatica a trovare il numero di Joy e a memorizzarlo. Ho capito sin da subito che gli piaceva, sono felice che per una volta scenda dal piedistallo e provi a corteggiare qualcuna. Abbozzo un sorriso e mi appresto nuovamente a scegliere quello che sarà l’abito definitivo che mi accompagnerà al galà. Alla fine opto per un abito di un azzurro tenue con degli inserti argentei. Lo trovo molto fine e adatto alla serata. Lascio i capelli sciolti, solamente due ciocche sono legate dietro da una spilla per capelli color argento. Infine indosso una paio di orecchini pendenti che danno un tocco in più di eleganza e sobrietà. Mi guardo allo specchio molto soddisfatta del risultato finale e a giudicare da come mi guarda Ben, deve esserlo anche lui. “Sei radiosa Cake, questo ti rende ancora più bella” mormora il mio amico. “E’ così che lambisci le donne? Le riempi di complimenti?” scherzo, piacevolmente colpita dai suoi apprezzamenti così sinceri. "Se non ti vedessi come la rompiballe della mia migliore amica, ti farei una corte spietata" mi punzecchia lui. Scoppiamo a ridere entrambi all'unisono. Per quanto Ben sia un bellissimo ragazzo neanche io riuscirei mai ad andare oltre la semplice e pura amicizia. Il cellulare prende a squillarmi convulsivamente, chiunque sia dovrà aspettare. Un ultimo tocco di lucido sulle labbra e sono definitivamente pronta. Afferro al volo la borsetta e tiro fuori quell'aggeggio infernale che non la smette di suonare. E' Kevin, come immaginavo. Riattaccò la chiamata, saluto Ben e mi dirigo verso il portoncino. La limousine nera tirata a lucido mi aspetta sotto casa. L'autista mi apre la portiera facendomi accomodare sul morbido sedile in pelle nera dove trovo Kevin ad attendermi. Indossa un tight nero, è elegantissimo. La pochette da uomo rossa che ha sul taschino infine, rende il tutto più formale e raffinato. Stento a riconoscerlo, conciato così. Devo dire che sta veramente bene. Lui non sembra essere particolarmente coinvolto dal mio aspetto, si limita a salutarmi e lanciarmi qualche occhiata furtiva durante il viaggio verso casa del rettore. Dopo quasi mezzora arriviamo finalmente davanti a quella che penso sia l'entrata di casa Miller. Attendiamo pochi secondi e l'immenso cancello in ferro battuto si apre, lasciando entrare la limousine. Come in precedenza, l'autista viene ad aprirmi la portiera e mi aiuta a scendere senza incespicare nei sassolini che compongono il vialetto. Mi trovo così davanti la maestosa residenza dei Miller. Una villa a più piani che supera in bellezza perfino la tenuta di mio padre. Tutt'intorno una fitta macchia di verde, tra lunghi alberi e piante rampicanti, sembra abbracciare la casa, quasi a rivendicarne il possesso. Nel parcheggio davanti casa, campeggiano diverse auto di lusso, tra cui quella del rettore Miller, una Jaguar nera ultimo modello. Non appena arriviamo dinanzi il maestoso portone, dei camerieri in frac ci accolgono, guidandoci verso l'interno della casa. Attraversiamo diverse stanze lungo un ampio corridoio dalla moquette rossa. Alle pareti sono appesi diversi quadri ed alcuni vecchi autoritratti che suppongo siano appartenuti agli antenati del rettore. Finalmente arriviamo in una grande sala con lampadari di cristallo e ampie finestre. In un angolo una piccola orchestra di archi suona una melodia gradevole, di accompagnamento. Un lungo e sontuoso tavolo campeggia al centro della sala mentre gli invitati conversano amabilmente qua e là, suddivisi in piccoli gruppi. Dei camerieri vi ronzano intorno, offrendo champagne e tartine. Kevin da il via al piano, allacciando le sue dita alle mie in una morsa quasi soffocante. Avanziamo lentamente verso quello che sembra essere il gruppo formato da più persone. Tra queste riconosco il rettore Miller e qualche docente. Cerco con lo sguardo Bexter ma di lui non v'è nessuna traccia. Un signore alto e distinto si gira nella nostra direzione arcuando un sopracciglio non appena intravede la mano di Kevin intrecciata alla mia. "Sorpresa, paparino" esordisce Kevin con tono arrogante, verso quello che ormai so per certo essere suo padre. L'uomo non sembra scomporsi mentre con fare gentile mi porge una mano che stringo debolmente. Un secondo dopo, il padre di Kevin si lancia in uno dei più classici quanto ormai dimenticati gesti raffinati e di classe: il baciamano. Sono stupita da tanto garbo e lo fisso senza sapere bene cosa fare. Alla fine opto per ringraziarlo di tanta cortesia, inchinando lievemente il capo nella sua direzione. Mi sembra di vivere in altri tempi quando ancora esistevano i gentiluomini. "Ho l'onore di fare la conoscenza di?" domanda placido. "Sono Cloe, Cloe Downey signore" rispondo. "Papà, Cloe è la mia ragazza. Voglio che tu lo dica a tutti" si intromette Kevin. "Sarà un piacere mio caro. Venite Miss Downey, vi presento la mia consorte e l'intero gruppo" dice, offrendomi un braccio su cui poggiarmi. "Oh la prego, mi chiami Cloe, per favore" rispondo gentilmente mentre afferro il suo braccio. Facciamo qualche passo avanti e il brusio delle voci si affievolisce, lasciando il posto a sguardi curiosi e occhiate indiscrete. "Gente, vorrei presentarvi la fidanzata del mio caro Kevin, la signorina Cloe Downey" esordisce teatrale. Sono palesemente imbarazzata, tutte le persone, compreso il rettore mi porgono la mano. All'improvviso sono diventata l'argomento principale delle loro discussioni. E mentre rispondo alle domande più ovvie su me e kevin, noto nel gruppo una capigliatura rossa a me familiare, purtroppo. La professoressa Smith fa sfoggio della sua bellezza, stretta in un abito lungo, nero e molto elegante. Sicuramente avrà assistito alla mia presentazione ma non mi meraviglia che non mi abbia nemmeno salutata. Dietro di lei, una figura familiare attira la mia attenzione. Un taglio corto sulle spalle, di un biondo sfavillante. Il cuore inizia a battermi forte quando la vedo girare e rivolgermi un sorriso amichevole e sincero. Emma. Come dimenticare il suo nome? E come dimenticare colui che in questo momento si è appena avvicinato a lei? Eccolo lì, nel suo completo nero il mio professore di letteratura. Istintivamente faccio un passo indietro e quasi inciampo sui miei stessi piedi. Prontamente Kevin mi sorregge evitandomi una brutta e imbarazzante caduta. "Cazzo, contieniti. Non avrai mica visto un Dio greco" impreca a bassa voce al mio orecchio. "Scusa, ero distratta" mi giustifico, cercando di ricompormi ed assumere un'aria tranquilla. Ma la mia tranquillità inizia a vacillare quando Emma trascina Bexter nella nostra direzione. "Tesoro, ci sono i tuoi alunni" cinguetta. Lui non le risponde, si limita a seguirla e quando siamo uno di fronte all'altro non può più evitare il contatto visivo. "Salve Miss Downey, anche lei qui?" chiede, ignorando del tutto Kevin. "Beh, Kevin è stato così gentile da invitarmi" mormoro, deviando il suo sguardo. "Suvvia Cloe, perché non dici al professor Bexter del nostro fidanzamento? E' proprio per questo che l'ho invitata. Volevo che tutti conoscessero la mia fidanzata" conclude Kevin, circondandomi la vita. Bexter, resta immobile. Il suo viso sembra scolpito nella pietra. Per un attimo temo il peggio poi Emma esulta: "Oddio ragazzi..siete così giovani e innamorati, è bello vedervi insieme. Complimenti, siete una bellissima coppia. Non trovi tesoro?" si rivolge infine a Bexter. "Trovo che siano giovani e frettolosi..ma come vedo Cupido ha scoccato la sua freccia, dico bene Miss Downey?" Cosa crede di fare, mettermi in imbarazzo? A volte non so chi tra i due è l'adulto. "Esattamente, professor Bexter. Ora, se lei e la sua compagna volete scusarci, io e Kevin andiamo a fare un giro" rispondo stizzita. Come si permette di giudicare me e Kevin se fino a stamattina dichiarava che tra lui ed Emma non c'era più niente? "Prego Miss Downey" ribatte, fissandomi con quei suoi dannati occhi azzurro mare.. Oh, temo di annegarci dentro, prima o poi. Ci allontaniamo da loro e raggiungiamo gli altri invitati presenti. Ad ognuno vengo presentata come la fidanzata di Kevin Polard. Riconosco molti docenti all'interno di quella sala, alcuni del mio corso, altri no. Tutti gli ospiti hanno la medesima reazione, ci guardano dalla testa ai piedi come se non credessero ai loro occhi. Kevin deve aver avuto proprio una brutta reputazione. Dopo poco il rettore invita tutti ad accomodarsi, presto la cena sarà servita. Anche gli ultimi ospiti hanno preso posto e i camerieri iniziano a portare pietanze raffinate dai nomi impronunciabili. La tavola è finemente apparecchiata, piatti della migliore porcellana, bicchieri di cristallo e posate rigorosamente d’argento. Il lusso è decisamente di casa. Bexter contro ogni aspettativa si siede proprio di fronte a me. E’ deciso a sfidarmi, devo averlo irritato. Ogni morso, ogni sorso, sento i suoi occhi puntati su di me. Come se non bastasse nel bel mezzo della cena, allunga un piede e sfiora delicatamente la mia gamba. Quel leggero tocco mi fa trasalire. Alzo lo sguardo e incrocio il suo. Sul viso un ghigno divertito forma ai lati della bocca delle fossette decisamente sexy. Oddio, perché non mi lascia in pace? Questa lotta mi sta sfiancando. Reggo il suo sguardo, contraccambiandolo con uno severo. Kevin si accorge di quello che sta avvenendo tra noi e senza curarsi degli altri mi bacia all’improvviso, un bacio a stampo che non lascia niente all’immaginazione. Le gote iniziano a imporporarsi e il cuore a tremare, quei due si lanciano occhiate tutt’altro che amichevoli. Quando la cena finisce tiro un sospiro di sollievo. In un baleno i camerieri sgombrano la sala e lasciano il posto all’orchestra che inizia a suonare un brano lento. Kevin non perde occasione di stringermi anche durante il ballo ma io non riesco a concentrarmi poiché Bexter ed Emma sono praticamente vicinissimi. Riesco persino ad ascoltare i loro discorsi. “Sei distratto, qualcosa non va?” “No, tutto bene” risponde lui, vago. Lo guardo di sottecchi, è impazzito? Armeggia con il cellulare mentre balla con la sua presunta fidanzata? La vibrazione del mio cellulare mi richiama all’attenzione. Mi allontano pochi secondi da Kevin e lo afferro dalla borsetta. Un messaggio. “Mi vuoi fare impazzire? Beh ci stai riuscendo ragazzina. Non ti spingere troppo più in là, non rispondo delle mie azioni quando vengo tentato. B.” Scuoto la testa, non gli rispondo nemmeno. Riprendo a ballare con Kevin, raccontandogli per filo e per segno quello che Bexter mi ha scritto nel messaggio e lui ride compiaciuto. “Il professorino, è geloso marcio. Gli daremo motivo di esserlo ancora di più” . Approfittando di un momento in cui le luci si fanno soffuse, mi bacia con una veemenza sorprendente. Per uno che deve fingere, devo dire che riesce benissimo. “Scusate, posso chiedere un ballo ad una mia alunna?” la voce di Bexter mi distrae e sgrano gli occhi per l’assurdità di quella richiesta apparentemente innocente. “Emma ti terrà compagnia, non preoccuparti” continua quello che agli occhi di tutti i presenti è il mio professore. Kevin mi lancia un’occhiata interrogativa ed io annuisco. Un attimo dopo una mano di Bexter mi avvolge dietro, in fondo alla schiena e l’altra è intrecciata alla mia. Iniziamo lentamente a muoverci in quello che dovrebbe essere un normale ballo. Ma per me naturalmente non lo è. Come sempre dinnanzi a lui, alla sua fisicità, al suo essere così prepotente le mie difese si abbassano. E’ come se ci fossimo solo noi in quella sala. “Allora, hai intenzione di farmi perdere il senno?” sussurra lui, indugiando sulle mie labbra. “Non vedo dove sia il problema. Sono libera di frequentare chi voglio” ribatto, cocciuta. “Uno a zero per te, Downey” “Perché questo ballo?” chiedo all’improvviso, maledicendo la mia curiosità. “Volevo un contatto. Mi piace il profumo che emani” dice a bassa voce, inspirando molto vicino al mio viso che va in fiamme troppo presto. “Ed Emma?” “Vuoi saperlo veramente? Stasera me la porterò a letto, se non lasci quel bamboccio all’istante”. Le sue parole mi trafiggono come arme taglienti. “Non ho nessuna intenzione di sottostare ai tuoi ricatti. Sei libero di andare a letto con chi vuoi” ribatto, incrinando leggermente la voce. “Non devi infatti, sei hai un po’ di senno”. Adesso sono veramente confusa e..gelosa..da morire. Il pensiero che sfiori un’altra donna, una donna che di certo ha più esperienza di una ragazzina come me, mi fa impazzire. “Hai intenzioni serie con lei?” chiedo. Ho paura della sua risposta. “Non sono un tipo da storie serie. Credo di non essermi mai innamorato o forse sì, una volta ma spesso la vita ti porta lontano dall’amore per un motivo o per un altro” risponde guardandomi così intensamente che le mie gambe iniziano a cedere. “Ballo terminato” Kevin mi riporta alla realtà, irrompendo con prepotenza. “Ci pensi su, Miss Downey” dice Bexter sciogliendo le nostre mani. In un attimo è fuori dalla mia visuale ed io vengo presa dall’angoscia. Ho bisogno di lui, del suo tocco, della sua voce. Si, sono decisamente innamorata.

SPAZIO AUTRICE: Buona sera a tutte mie carissime lettrici…Per prima cosa voglio scusarmi con voi per il ritardo, sono stata abbastanza incasinata..sorry sorry sorry. Poi, vi è piaciuto il capitolo? Spero proprio di si…con questo capitolo si chiude uno spazio temporale. Mi spiego meglio..il prossimo capitolo, comincerà mesi dopo questa festa, sarà collocato pochi giorni prima delle vacanze di natale (mentre in questo siamo a circa metà ottobre). Detto questo, ringrazio di cuore chi legge e chi recensisce con affetto. Mi rendete felice. Vi lascio alle vostre supposizioni, datemi la vostra opinione, se vi va! Ricordo il contatto Fb LADI PO, dove aggiungerò qualche foto degli outfits di questo capitolo. Baciii a tutte

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Ice and warm ***


                                                                   26
                                                           Ice and warm

SPAZIO AUTRICE: Hola girlssssss..eccoci qui con un nuovo capitolo. Vi scrivo prima e non alla fine per chiarirvi alcune cose. Come detto nel capitolo precedente, questo nuovo capitolo inizia con un salto temporale di due mesi. La seconda novità introdotta nel capitolo è *squillo di trombe* un POV di BEXTER. Eh si..leggendo capirete perché. Ultima nota prima di lasciarvi al capitolo, è la presenza di una scena un po’ “hot” . Non credo di aver superato il limite imposto dal bollino arancio quindi enjoy it!

DUE MESI DOPO...
Rosso, rosso e ancora rosso.
Comincio ad odiare tutto quello che è di quel colore. Ovunque mi giri ogni cosa, dalla vetrina di un negozio di animali al cappello di un'anziana signora che passeggia amabilmente hanno quella nota rossa che rimanda al periodo forse più mieloso di tutto l'anno:il natale.
C'è da dire che in questo periodo il cinismo è una sorta di ombra cucita alla mia immagine. Sono irritante, intrattabile, isterica e nervosa fino all'inverosimile; senza contare che odio ogni forma di romanticismo e dolcezza. Insomma, una palla al piede.
Ho innalzato un muro grande e spesso per proteggermi dagli altri -da lui- mi corregge la voce della coscienza. Si, da lui.
Dal giorno dopo la festa a casa del rettore, Bexter non mi hai più rivolto nemmeno uno sguardo, nulla. E' come se fossi sparita dalla faccia della terra e lui non se ne fosse accorto. O peggio ancora come se non fossi mai esistita.
"Cloe, dannazione mi stai ascoltando, perché non parli?". La voce di Kevin quasi mi perfora un timpano.
A volte non tollero la sua insolenza e la sua mania di protagonismo così sfacciata. E' da più di due mesi che ormai portiamo avanti quest'assurdo piano che mi ha portato solo una popolarità che non voglio e non ho mai voluto. Il giorno dopo la festa infatti, un giornale locale titolava in prima pagina che la figlia di uno dei più potenti banchieri del New Jersey e il figlio di uno dei più stimati chirurghi avevano annunciato il loro amore in occasione della festa dei Miller.
Risultato? Fotografi ad ogni angolo della strada e della facoltà, ragazze svenevoli che si complimentavano per "l'ottimo acquisto" -neanche Kevin fosse un indumento- e il totale disinteressamento dell'unico uomo a cui tenevo, per cui ho attuato questo assurdo piano da cui ahimè non è affatto facile uscire.
E pensare che fino a qualche mese fa non mi sarei mai sognata di giocare e di pianificare qualcosa come l'amore. Sono sempre stata contraria a qualsiasi forma di complotto o di intrigo eppure eccomi qua, seduta in una panchina di Princeton con il mio finto fidanzato che proprio oggi ha deciso di lamentarsi della mia scarsa loquacità.
"Si Kevin, ti sto ascoltando e come vedi so parlare ancora" sbotto, acida come un limone appena spremuto.
"Vieni da me a pranzo? Mia madre dice che Esmeralda ha preparato il tuo piatto preferito" ripete pazientemente, un barlume di speranza negli occhi.
Tonto. Crede di rendermi felice facendo preparare alla sua cameriera uno dei miei piatti preferiti? A volte penso che lui si senta in colpa per essersi fatto prendere un pò troppo la mano con questa storia del piano e tenti in ogni modo di rimediare, fallendo miseramente ogni volta.
"Ho da studiare, domani ho un esame. L'ultimo prima delle vacanze. O almeno spero dato che non ci lasciano tregua" borbotto.
Ormai ho imparato a conoscere Kevin e quasi prevedo le sue mosse. Di certo, non si arrenderà ad un primo rifiuto.
"Puoi portare Ben se vuoi, è simpatico" butta lì, cercando di compiacermi. Ma ha fatto male i suoi conti se pensa di abbindolarmi con la storia della spalla da portare.
"Ben è con Joy ad una mostra cinematografica" ribatto scocciata dalla sua insistenza.
Ah, giusto, non lo sapete. In questi due mesi, oltre al totale disinteresse di Bexter nei miei confronti è successo qualcos'altro. Qualcosa di veramente inaspettato.
Ricordate quando avevo "accidentalmente" passato il numero di Joy a Ben? Beh, il mio caro amico non ha resistito alla tentazione di chiamarla. E la mia migliore amica a quella di rispondergli. Da quel pomeriggio si sentono tutti i giorni e Joy con mio enorme piacere si è praticamente trasferita a casa nostra, almeno nei giorni senza lezioni da seguire e nei week-end. Fingono ancora di non sopportarsi e non accennano mai anche solo ad una carezza in mia presenza. Delicatezza verso il mio periodo anti-amore, suppongo. Purtroppo per loro però, sono diventata un'ottima osservatrice dotata di uno spiccato acume. Spesso di notte, sento Joy sgusciare fuori dal letto che divide con me per dirigersi qualche stanza più avanti, da Ben. I loro risolini e lo schiocco dei loro baci riuscirebbe a sentirli perfino un sordo. E allora mi scappa un sorriso -forse l'unico della giornata- e mi addormento serena certa che prima o poi mi comunicheranno la loro "simpatia" reciproca.
"Dai Cloe, non farmi insistere. Accetta il mio invito e non fare sempre tante e inutili storie" sbuffa Kevin, riportandomi al nostro discorso.
"Nessuna storia, se non quella che ho da ripassare per l'esame di domani. Ti prego non insistere, non serve a niente. Ho lezione tra meno di un'ora" dico, sperando con il mio tono fermo e deciso di porre finalmente fine alla discussione.
Non deve essere affatto facile starmi accanto e Kevin sembra avere i primi segni di cedimento. Si alza di scatto e va via senza salutarmi nemmeno.
Beh, sono una stronza, me lo merito.
Non tento nemmeno di rincorrerlo e scusarmi, semplicemente non mi va. In questo momento la mia priorità è di trovare un posto abbastanza isolato dove potermene stare per conto mio e magari mettere qualcosa sotto i denti. Il mio stomaco non vede cibo da qualche giorno. Sono stata troppo impegnata nell'attività che mi riesce meglio in questo periodo: compiagermi. Ho dovuto trovare il tempo anche per studiare data l'imminenza dell'appello. Storia americana. Come se si potesse veramente ricordare tutto ciò che è successo anni addietro.
Sospirando per l'inadeguatezza che riscontro nel mio approccio alla materia, mi avvio in un bar qualche metro più avanti.
Lo osservo un attimo, dovrebbe essere abbastanza fuori mano. Nessun paparazzo in vista e nessuna svampita pronta a succhiarmi il sangue pur di avere informazioni.
Appena entro, un profumino di brioche appena sfornate mi invade le radici. Non esito ad ordinarne una e mi siedo su uno dei tanti tavoli liberi. Con una mano sorreggo il mio pranzo e con l'altra il libro di storia. Ogni momento è buono per ripassare. Ho ancora parecchie lagune da colmare. Peccato che gli altri non la pensino come me e dopo dieci minuti il mio telefono inizia a vibrare. Chi sarà adesso?
Poggio il libro sul tavolo e abbastanza scocciata lo tiro fuori. Il nome di Ben, mi fa tirare un sospiro di sollievo. Lui e Joy sono gli unici di cui non ho mai abbastanza.
"Cake, dove sei?"
"In un bar, perché?"
"Io e Joy abbiamo appena finito di visitare quella mostra di cui ti abbiamo parlato stamattina. Ci chiedevamo se potevamo pranzare assieme. Che ne dici?" chiede con il tono più dolce che gli riesce.
"Oh, mi dispiace. Ho già pranzato e tra poco torno in facoltà. Ho lezione" mormoro.
Un silenzio improvviso mi mette a disagio.
"Ben? Ci sei?" domando.
"Si, Cake. Devi seguire la sua lezione?" chiede a bruciapelo.
Ahi se fa male. Ogni volta, quando si fa riferimento a Bexter, ho sempre la stessa reazione. Brucio dentro per poi rimanere di ghiaccio fuori.
"Si" sussurro.
"Vuoi che veniamo a tenerti compagnia?" domanda premuroso.
"Naa, figurati. Non ho bisogno delle guardie, Ben. Me la caverò, come ho sempre fatto" concludo chiudendo la chiamata e dirigendomi in facoltà.
Bugia. Non me la cavo affatto, non da due mesi a questa parte. Ogni volta andare ad una sua lezione è una tortura. Averlo a pochi centimetri da me e non poterci parlare è destabilizzante. Grande! Sono pure diventata una frigniona..
 POV BEXTER:
Anche oggi ho lezione nel suo corso e anche oggi sarò costretto a vederla e fare finta di niente. Eppure quella sera alla festa, ho sperato fino all'ultimo che non seguisse il buon senso e che avrebbe lasciato quel tipo, tornando per l'ennesima volta da me.
Ma cosa dico, è stato meglio così. E' quello che mi ripeto da due mesi e a volte ne sono veramente convinto. Ma poi, quando la vedo, così fragile, così piccola, non vorrei far altro che correre da lei e abbracciarla forte, avvolgerla,  forse rende meglio l'idea.
Subito dopo mi maledico per aver permesso che quelle sensazioni nei suoi confronti si ingigantissero fino a rendermi quasi schiavo di esse.
E' per questo che combatto ogni giorno contro la voglia di chiamarla e chiederle di poterla raggiungere ovunque lei si trovi. Non sono mai stato schiavo in vita mia dei sentimenti. E non posso permettere che prevalgano, per tanti motivi. Sono il suo professore, sono molto più grande di lei e..
Entro in aula, oggi sono decisamente in anticipo, di solito non lo sono mai. Non ci sono ancora molte persone, forse quattro o cinque. Tiro un sospiro di sollievo nel non vederla ma allo stesso tempo una piccola sensazione di fastidio si manifesta dentro me.
Controllati cazzo.
Saluto i pochi studenti presenti e non riesco a schivare le occhiate palesemente provocanti delle due ragazze in prima fila. Ho sempre saputo di avere un bell'aspetto e ne vado fiero. Negli anni mi ha aiutato molto a non avere praticamente nessun problema a trovare una ragazza, ogni qual volta ne volessi una nonostante non praticassi molta vita sociale a causa degli studi intensi.
Ma qui è tutto diverso, qui ho un ruolo preciso.  Eppure questo non mi ha trattenuto dal commettere qualcosa contro la legge, qualcosa contro..
"Professore, cosa ha intenzione di spiegare oggi? Continuiamo con Shakespeare?” mi chiede una delle due ragazze in prima fila, interrompendo i miei pensieri.
“Si, oggi iniziamo qualche passo di Romeo&Juliet” rispondo. Entrambe sembrano felici della mia comunicazione ed emettono sospiri compiacenti.
Scuoto la testa abbozzando un tiepido sorriso che si pietrifica non appena la vedo arrivare. Caspita, sembra proprio dimessa. Chissà come vanno le cose con quel tizio.. Se le dovesse fare del male o torcere un capello, non risponderei più di me stesso. E sarebbe un bel problema dato che devo mantenere una certa distanza.
Distolgo lo sguardo da lei, so che mi ha visto ma chiaramente mi ignora. Brava piccola.
Decido di impiegare i dieci minuti restanti prima dell’inizio della lezione a leggere un libro, unica fonte di distrazione.
Non appena anche l’ultimo posto è occupato,  chiedo ai ragazzi di prendere l’opera per eccellenza di Shakespeare e iniziamo la lezione.
Perdonami, perdonami di amarti e di avertelo lasciato capire..” mi desto dopo non so quanto tempo quando uno studente legge con troppa enfasi questa frase.
La cerco con gli occhi, ho sempre evitato di farlo. E li trovo, sono spenti e mi fissano.
Per un attimo perdo la cognizione del tempo. Merda, devo darmi una regolata.
“D’accordo, d’accordo ragazzi. Per oggi chiudiamo qua” mormoro, ricevendo l’assenso di tutti.
Afferro le mie cose e corro fuori con tutta l’energia che ho in corpo.
 
POV CLOE:
E’ scappato via, eppure ho visto che mi ha guardata. Sarò una patetica illusa ma in quella frazione di secondo ho percepito qualcosa.
Mi affretto a scendere gli scalini e in un attimo sono fuori.
Da lontano noto la sua figura snella che avanza a passo spedito e decido di seguirlo.
Corro a più non posso rischiando diverse volte di inciampare ma alla fine sono ad un passo da lui e lo strattono afferrando un lembo della sua giacca.
Lui si gira di scatto e i nostri sguardi si incatenano. In quel momento il bruciore che mi invade dentro scioglie il ghiaccio che ho fuori. Ed è magia.
Nascosti dietro una colonna, lontano da sguardi indiscreti finalmente mi bacia.
E’ un bacio lento, sentito, travagliato.
E’ gentile ma esigente.
Le sue mani mi afferrano la vita, quasi mi avvolgono come farebbe una calda coperta.
“Mia” sussurra in un momento in cui prendiamo fiato.
Piccole lacrime minacciano di rovinare quel bel momento. Non fraintendetemi sono lacrime di gioia, di sollievo e soddisfazione. Ora so per certo che anche lui mi vuole.
“E’ meglio se ci allontaniamo da qua, qualcuno potrebbe vederci” mormora all’improvviso.
“Si, vai avanti io ti seguo a debita distanza” ribatto, schioccando l’ennesimo bacio su quelle labbra soffici, complicate ma dannatamente buone.
Senza staccare gli occhi da lui lo seguo impaziente di ricongiungermi a lui.
“Andiamo a casa mia” dice lui non appena arriviamo alla sua macchina. Mi guardo intorno per evitare sguardi indiscreti e in soffio sono dentro la sua auto.
Quel profumo così familiare invade l’abitacolo, riportandomi alla mente la prima volta che mi accompagnò a casa. Che figura quella volta..non brillavo certo per lucidità.
Seguo distrattamente il percorso verso casa sua e mi rendo conto di non esserci mai stata. E poi che fine ha fatto Emma?
La mia espressione corrucciata deve averlo fatto insospettire perché non appena accostiamo di fronte un palazzo in mattoni rossi mi chiede: “Cosa ti turba Cloe? Ti prego rendimi partecipe”.
“Emma, che fine ha fatto?” chiedo a bruciapelo. Ho deciso che non dobbiamo avere più segreti, nessuna paura di affrontare le questioni più scottanti.
La sua reazione è pacata, non sembra infastidito dalla mia domanda.
“Emma non è mai stata niente per me. La sera della festa le ho detto che non poteva più stare a casa mia. All’inizio non l’ha presa bene ma ha deciso di restarmi amica. Lei non è una minaccia” conclude imperturbabile.
“Dunque vi sentite ancora? Dov’è ora?” Oddio, devo sembrare proprio una ragazzina gelosa.
“Si, ci sentiamo. Te l’ho detto vuole restarmi amica. Ed ha preso un appartamento tutto suo qui a Princeton” dice tranquillamente, come se fosse la cosa più normale del mondo.Prendo un grosso respiro e gli chiedo come mai ha deciso di restare proprio qui a Princeton. Si, sono paranoica, gelosa e forse insicura ma dopo averlo ritrovato non voglio più perderlo.
Chiaramente lui si aspettava una domanda del genere da parte mia e mi risponde in tutta sincerità che Emma fa la biologa e ha dei colloqui da fare a Princeton per alcune aziende.
“Ora vogliamo andare? Ho voglia di fare l’amore con te Cloe, non immagini quanto” dice con la voce bassa, a due millimetri dalle mie labbra.
Deglutisco a fatica, merda la saliva ha deciso di lasciarmi proprio adesso. Quasi mi strozzo quando accenno un debole “si”.
Entriamo nel palazzo dai mattoni rossi, l’ingresso è molto rustico ma non spartano.
Un addetto alla portineria lo saluta calorosamente prima di vederci sparire dietro le porte dell’ascensore che ci guida al 3° piano.
La tensione emotiva tra noi è insostenibile, vibro al pensiero di stare con lui.
Non appena le porte si aprono lui si fionda sulle mie labbra divorandole letteralmente, percorriamo il corridoio che porta alla sua porta senza staccarci e ansanti.
Lui fa perfino fatica a ritrovare le chiave e centrarle nella serratura. Poi la porta si spalanca e ho giusto il tempo di dare un’occhiata veloce in giro prima di essere catapultata sul divano del salotto, la prima stanza che ci viene a tiro.
Ho il respiro mozzato mentre le sue mani frenetiche alzano il mio maglioncino e tracciano un percorso che le porta dritto al mio seno. Scosta leggermente una coppa e si intrufola, accarezzandomi con ardore. Ogni suo tocco è un tuffo al cuore e un fremito lungo tutto il mio corpo. Quando mi lascia per liberarsi della giacca e della camicia sento quasi freddo. In preda all’eccitazione gli slaccio la cintura e bottone dopo bottone abbasso i suoi Jeans. Al contrario lui con un gesto repentino abbassa i miei pantaloni e libera le sue abili dita  su di me. Mi contorco per il piacere che provo in questo momento, vorrei gridarlo al mondo che lo amo. In tutte le forme possibili.
Dopo un tempo che mi sembra infinito la sua mano scosta la mia dal gioco poco casto in cui era impegnata nei “suoi” confronti e i nostri corpi si fondono. Più e più volte. Ogni spinta fa scivolare via la tristezza e l’angoscia di questi mesi, spazzando ogni paura, spessezza ogni indugio. Mi sta chiaramente dicendo che sono sua, lo sento da come stringe il mio corpo, da come bacia la mia pelle. Raggiungiamo insieme l’apice tanto agognato e stanchi e accaldati ci lasciamo cullare da un dolce sonno ristoratore.
Quando apro gli occhi non ho idea di che ore sono. Mi guardo intorno ma non riconosco il salotto in cui eravamo prima. Questa deve essere la camera da letto di Adam. E’ una stanza molto sobria, dalle pareti scure. Un grande letto al centro e l’arredamento essenziale intorno.
“Dormigliona, ti sei svegliata eh? Sono uscito a prendere la cena” dice Bexter sventolandomi sotto il naso un sacchetto di Mc Donalds.
“Grandioso ho proprio fame” ribatto.
“Dopo cena dobbiamo parlare..” fa eco lui.
“Certo”.
**
“E’ stato bello fare l’amore con te, ho voglia di farlo sempre. Mi sei mancata” sussurra Adam abbracciandomi calorosamente dopo il secondo focoso round.
“Mi hai fatta stare male” lo bacchetto fingendomi offesa
“Credevo fosse colpa di quel bamboccio che ti portavi dietro, mi sembravi sicura di volere lui”
“Mai stata. Non abbiamo mai neanche condiviso il letto. Volevo solo riportarti a me e lui era d’accordo ad aiutarmi”
“Che stronzetta, mi hai ingannato eh?” sbuffa lui, facendomi il solletico.
“No, Adam ti prego noo” sbotto in preda al panico da solletico acuto.
“E’ bello vederti ridere..ma dobbiamo affrontare alcuni punti. Dobbiamo vederci per un bel po’ di tempo di nascosto lo sai vero? Cerchiamo di controllare i nostri istinti in facoltà e in pubblico. Per il resto non ho più voglia di perdere tempo, voglio viverti fino in fondo..Cloe io..”
“Io ti amo” lo interrompo. Vedo i suoi occhi sgranarsi per la sorpresa e subito dopo un sorriso increspargli le labbra.
“Baciami amore” dice attirandomi a sé.
 
 
 
    
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** You&Me ***


                                                                                             27
                                                                                       You&Me

Avete presente la sensazione di guardare i libri e non sapere dove sia finita la voglia di studiare? Ecco la mia è dispersa ed ha lasciato posto ad un'altra voglia, quella di stare accanto all'uomo che in questo momento è intento a correggere alcuni compiti, tra cui anche il mio.
"Non ti stanchi mai, eh?" lo stuzzico avvicinandomi. Bexter alza lo sguardo verso di me e scuote la testa spazientito dai miei continui "assalti". E' da circa due ore che siamo nel suo salotto, io con i libri di letteratura poggiati sul grande tavolo in vetro e lui con i compiti di scrittura avanzata da correggere. E' da due ore che non riesco a concentrarmi, la sua presenza mi distrae parecchio portandomi a fantasticare sulle diverse "situazioni" (a mio avviso  molto più piacevoli dello studio) che potremmo creare sul divano giallo, già protagonista, tra l'altro, della nostra "iniziativa" di qualche giorno fa quando ho messo piede per la prima volta in questa casa.
Mi desto dai pensieri poco casti in cui mi ero intortata per qualche secondo e prendo a fargli un massaggio sulle spalle sperando di distrarlo a dovere. Tocco i suoi muscoli da sopra la camicia, sotto le mie dita morbide li sento distendersi lentamente. Dopo qualche minuto tira il capo indietro appoggiandolo allo schienale della sedia.
"Mmm che meraviglia, Cloe hai delle mani da fata" si complimenta, quasi estasiato da quel contatto inaspettato.
"Che ne dici di prenderci una pausa?" sussurro al suo orecchio.
"Non ci provare Cloe Downey, non mi tenti! Anche se hai brillantemente superato l'esame di storia, hai ancora molto da studiare per il mio. E di certo non ti farò sconti perché sei.." una pausa di qualche secondo mi fa balzare il cuore in gola.
"..la mia ragazza" conclude un po’ impacciato.
All'improvviso la voglia di abbracciarlo è così forte che me ne infischio delle sue stupide prediche da uomo maturo/docente universitario tutto d'un pezzo.
Da dietro, mi abbasso in direzione della sua testa e avvolgo le mie braccia al suo collo, rischiando di strozzarlo per l'intensità della mia presa. I suoi capelli solleticano le mie guancie ma non m'importa, in quel momento sono al settimo cielo come una ragazzina alla sua prima cotta.
"Hey così mi strozzi" dice lui, trattenendo una risata. Poi con un movimento repentino mi trascina sulle sue gambe. Ora ho davanti il suo bellissimo viso da uomo maturo e all'improvviso tutta la sicurezza di prima sparisce, lasciando spazio all'insicurezza di una diciannovenne inesperta. Lui sembra capire al volo il mio stato d'animo e lentamente avvicina le sue morbide labbra alle mie, preoccupandosi così di mettere a tacere le voci insulse nella mia testa.
"Cloe, ho una voglia matta di te, sempre. Ma dobbiamo controllare le nostre emozioni, non lasciare che prevalgano sul regolare svolgimento della nostra vita. Studia qualche altro capitolo, nel frattempo io avrò terminato con la correzione dei compiti e poi sarò ben lieto di comunicarti in anteprima il tuo voto in un modo tutto speciale.." conclude, roco. Le sue ultime parole mi provocano brividi lungo tutta la schiena. All'improvviso vengo investita da una potente carica di adrenalina che mi da la spinta giusta per riprendere a studiare nell'attesa di avere Adam Bexter tutto per me.
Qualche ora dopo, Adam poggia gli occhiali che usa per correggere i compiti sul tavolo, massaggiandosi poi le tempie.
"Tutto ok?" gli chiedo prontamente.
"Sono solo un po’ stanco, vado a fare un bagno. Ah mi piacerebbe che tu lo facessi con me.." ribatte puntandomi contro quegli occhi mare, lucidi ma intensi. Io conosco il perché..
"D'accordo. Ehmm per caso avresti un accappatoio in più da prestami?" mormoro imbarazzata.
"Si, piccola" risponde, afferrandomi la mano e trascinandomi in bagno.
La stanza che mi accoglie ha le pareti giallo ocra, tinteggiate con una tecnica che le fa sembrare di marmo. Una grande vasca da bagno ultra accessoriata è posta all'angolo, vicino al lavabo di forma concava che sembra essere appoggiato al mobiletto.
Due enormi tende color crema, filtrano gli ultimi raggi di sole della giornata.
Senza dire alcuna parola inizia a spogliarmi dei vestiti che ho addosso, procedendo in un secondo momento a liberarsi dei suoi. Per tutto il tempo non abbiamo mai perso il contatto visivo. E ci perdiamo ad osservare smaniosi l'uno il corpo dell'altro. Una strana tensione aleggia nell'aria.
Prepara la vasca, facendola riempire di acqua calda e essenza di rose. Il profumo che emana è delizioso. All'improvviso mi prende in braccio come un cavaliere farebbe con la sua dama e mi  adagia lentamente dentro la vasca fumante. Poi anche lui immerge il suo corpo e mi attira verso di sé. La vasca è abbastanza grande e può ospitare comodamente due persone, così non faccio fatica ad accoccolarmi tra le sue braccia.
Premendo un pulsante attiva l'idromassaggio e mi lascio cullare da quelle dolci onde che rigenerano le mie mebra.
Adam chiude gli occhi qualche secondo e quando li riapre, me li trovo addosso. Di nuovo quella strana tensione ci avvolge, sembra che stia per scoppiare un qualche marchingegno da un momento all'altro e noi siamo lì, in attesa. Quando lui si avventa sulle mie labbra, qualcosa effettivamente scoppia: il mio cuore. E a quanto pare anche il suo. Lo sento galoppare furioso, dato che il mio orecchio è appoggiato sulla sua cassa toracica. Mi allontano un attimo da lui, portandomi con le ginocchia poggiate sul fondo della vasca e lo invito a fare la medesima cosa. Quando siamo uno di fronte all'altro, non resisto ancora un altro secondo senza il sapore dei suoi baci e accorcio definitivamente la distanza tra le nostre bocche. E' un bacio dolce ma intenso, di quelli che ti fanno dimenticare il mondo circostante. Le sensazioni diventano sempre più forti e le sue mani calde e profumate mi avvolgono, permettendomi di godere del contatto con la sua pelle tesa, soda.
"Mi farai morire prima o poi.." sussurra lui, mentre cerchiamo di prendere fiato.
"Non riesci a tenermi testa?" lo stuzzico.
"Mi farai morire dalla voglia di te, sei una droga. Sono assuefatto" conclude lui, rispondendo alla mia provocazione. Sa benissimo che le sue parole mi incedieranno ancora di più, ha voluto dimostrare che nessuno dei due riesce a tenere testa all'altro. E ci è riuscito benissimo dato che riprendo da dove avevamo interrotto.
Mi sento in un'altra dimensione dove non conta il tempo ma solo noi due. Sentirlo così vicino a me, mi fa impazzire. E' questo l'uomo che voglio al mio fianco, non m'importa della differenza di età e del ruolo che ricopre. Mi fa sentire come nessuno, nemmeno Carlos, è riuscito a farmi sentire.
E mentre il suo corpo brama il mio, gli sussurro all'orecchio "Ti amo". Lui aumenta ancora di più la presa, sovrastandomi e facendosi definitivamente strada in me. Un'ondata di piacere mi assale e mi lascio cullare dal quel ritmo incalzante che segna definitivamente la mia appartenenza a lui.
Dopo aver fatto l'amore, decidiamo di rilassarci ancora un altro po’ in quella grande vasca.
"Devi dire a quel Kevin che il vostro stupido accordo è finito. Non voglio dividerti con nessuno, nemmeno per finta" afferma Adam.
"Ma non posso mollarlo solo perché ho raggiunto il mio obbiettivo. Non sarebbe etico" ribatto, pensierosa. In effetti non ha tutti i torti e da quando ho accettato quel patto, non ho fatto nulla che possa essere condotto sotto la voce ‘etico’.  Per quanto piacevole e utile sia stato stare con Kevin, temo che non riuscirei più ad essere come prima, a baciarlo, anche solo per dimostrare agli altri che stiamo insieme -egoista- sussurra la mia coscienza. Si, forse lo sono. 
"Piccola, non tollero che tu lo veda più. Quello si è innamorato di te, altro che finta" ribatte Adam irrigidendosi.
"Suvvia Adam, non essere infantile. Era solo un accordo. Eri tu quello che volevo" dico, iniziando a baciarlo nuovamente. Dio, quanto adoro farlo. Le sue labbra sono così calde e accoglienti.
"Cerchi ancora di distrarmi, Miss Downey. Sei proprio una ragazzina cattiva.." mormora lui, lasciandosi coinvolgere nella mia morsa.
**
Sto asciugando i capelli quando sento il cellulare che ho in tasca vibrare.
Lo tiro fuori e trovo un messaggio di Kevin. Apro velocemente la schermata leggendo il contenuto: "Sai, mi farebbe piacere sapere dove tu sia finita. Ho cercato di lasciarti i tuoi spazi ma non tollero più il tuo comportamento. Un patto è un patto. E' un atto siglato da due persone e tu stai venendo meno alla tua parte".
Rimango sbalordita dalla durezza delle sue parole ma ha ragione, non dovevo sparire. Devo assolutamente chiarire con lui.
Do un'occhiata in giro per vedere se Adam è nei paraggi e una volta constatato che non lo è, digito velocemente: "Scusami, sono mortificata. Vediamoci tra un'ora ai giardinetti di Princeton".
Chiudo immediatamente la schermata e ripongo il cellulare in tasca.
**
"Non te ne andare, resta con me anche stanotte. Domani ti accompagno io in facoltà"  chiede Adam, parandomi davanti quegli occhi coloro mare che tanto amo.
"Non posso Adam, i miei amici si chiederanno che fine ho fatto" ribatto, combattendo contro la voglia di sprofondare tra le sue braccia.
"Andiamo insieme a casa tua, Ben è a conoscenza di noi e la tua migliore amica beh, inutile dirlo no?"
"Adam, prendo un taxi e torno a casa. Non c'è nulla di cui preoccuparsi. Ci vediamo domani a lezione" concludo, facendogli l'occhiolino.
"Cloe, stai attenta. Promettimelo" dice lui in tono perentorio.
"Promesso paparino" scherzo io di rimando.
E mi allontano dall'uomo dagli occhi mare e i capelli in disordine dannatamente sexy che è il mio fidanzato. Oh, è così strano pensarlo in quel ruolo. Fino a qualche giorno fa, ero semplicemente una sua alunna, certo non proprio un'alunna qualsiasi.
Arrivo ai giardinetti di Princeton giusto in tempo per l'appuntamento con Kevin. Come immaginavo, il moro mi aspetta seduto sulla panchina su cui eravamo soliti sederci prima.
"Bentornata" esordisce lui, in tono molto ironico. Indossa una camicia di jeans con sotto una maglietta bianca  e un paio di jeans logori, sembra essere uscito da una qualche copertina di un giornale di moda. Beh, in effetti lui è un fotomodello.
Devo dire che mi fa piacere rivederlo, in questi mesi mi sono affezionata a lui.
"Buona sera a te Kevin, giornata storta?" lo punzecchio.
"Dove diamine sei stata? I miei genitori chiedevano di te, continuano a farmi domande.."
"Frena un attimo Kevin. Ero con Bexter” trillo entusiasta. Quello che credevo di vedere affiorare sul suo viso in realtà non affiora. Nessun sorriso, nemmeno l’ombra.
“Ho-ho detto qualcosa di sbagliato?” chiedo titubante.
“Nulla di sbagliato Downey. Mi hai usato e ora vuoi liberarti di me, giusto? Beh risparmiati le cazzate che hai intenzioni di rifilarmi” sbotta infine, alzandosi per andarsene.
“No, fermo. Non andare..” grido, afferrandogli un braccio.
“Perché?” chiede, puntandomi contro il suo sguardo severo.
“Perché non voglio perdere la tua amicizia..voglio aiutarti a smettere con quella roba. Ti prego, permettimelo” dico, tremante.
“Lascia perdere, non ho bisogno della tua amicizia. Patto chiuso Downey. E per tua informazione, stai sbagliando a stare con quel vecchio. Non è del tutto sincero con te” dice, allontanandosi con passo felino, prima che possa chiedergli a cosa facesse riferimento.
Cosa avrà voluto dire con quelle insinuazioni? Perché Adam non dovrebbe essere del tutto sincero con me? Nella mia testa frullano le ipotesi più impensabili ma poi decido di accantonarle, mi fido di lui. Lo amo.
**
“Ragazzi sono a casa” urlo, non appena apro la porta della mia abitazione.
“Cloe, eccoti finalmente. Dove eri finita?” Joy mi accoglie, saltandomi praticamente addosso.
“Bexter” dico solamente e vedo i suoi occhi illuminarsi, prima di trascinarmi in camera dove le racconto tutto fino all’incontro con Kevin.
“Ha ragione il prof. Kevin c’è rimasto male perché si è innamorato di te, Cloe. Non ci vuole tanto a capirlo” afferma la mia migliore amica.
“Dici? Oddio mi sono cacciata in un bel pasticcio..”
“Al diavolo non pensarci. Il prof. si è finalmente deciso.. Che ne dici se stasera usciamo tutti insieme?” propone Joy, salterellando qua e là per tutta la cucina.
“Joy non possiamo farci vedere in giro insieme, ti ricordo che è il mio professore” sbuffo.
“Già, è vero. Hmm deve essere molto eccitante avere una relazione clandestina” mormora.
“Non proprio, vorrei gridare al mondo che lo amo e che stiamo insieme ma non posso perché degli stupidi schemi sociali me lo impediscono” rispondo sconsolata.
Vado in direzione del frigo e mi avvento sul budino al cioccolato.
“Io e Ben..”
“Tu e Ben state insieme, lo so” la interrompo, per evitare di imbarazzarla.
“Come fai a saperlo?” chiede incredula Joy.
“Joy siete i miei migliori amici, mi accorgo dei vostri cambiamenti” rispondo ovvia.
“Oddio, finalmente posso confidartelo, credo di volergli bene..”
“E’ la cosa più bella che potevi dirmi..sono felicissima” ribatto con il sorriso in bocca.
“E poi a letto, è una bomba. E’ insaziabile..” continua lei.
“Ok, ok. Non voglio i particolari piccanti” alzo le mani in segno di resa.
“Secondo te ho qualche speranza con lui? ci sono tante ragazze che gli muoiono dietro. Ieri addirittura una certa Jiselle, gli ha chiesto un appuntamento..”
“Jiselle è la sorella di Kevin. Lei e Ben hanno avuto una storia diciamo..di sesso” le confido.
“Ben mi ha accennato qualcosa. Sono gelosa Cloe. Stasera è uscito a fare delle commissioni magari sarà con lei” conclude affranta. Non ho mai visto Joy così presa da qualcuno da essere vulnerabile e debole. L’amore ci cambia, ci fa evolvere, ci rende migliori ma neutralizza le nostre difese,  che come muri in battaglia crollano sotto i suoi colpi.
Sto per rispondere ma la porta di casa si apre e il mio migliore amico si palesa di fronte a noi con dei cartoni di pizza e un mazzo di rose. Non credeva certo di trovarmi a casa, la sorpresa è ben visibile sul suo viso.
“Cloe, finalmente” mi abbraccia.
“Abbiamo tante cose da dirci” mormoro al suo orecchio.
“Non perdiamo tempo allora” ribatte lui strizzandomi l’occhio in segno di intesa.
**
Cammino lungo i corridoi affollati di Princeton, sono serena. Canticchio un motivetto che ho ascoltato alla radio, deve essere una nuova hit, è praticamente su tutte le stazioni.
Quando sto per arrivare in aula per la lezioni di letteratura vengo afferrata da un braccio e quasi inciampo in una stanza totalmente al buio.
“Non potevo iniziare la lezione senza prima averti baciato, sarei stato distratto tutto il tempo a guardare le tue labbra” mormora Bexter avventandosi su di me. Ha un sapore divino e profuma di fresco, di dopobarba, di uomo.
“E’ tardi professore” sussurro mentre gli sbottono la camicia.
“Hai ragione amore, meglio andare” ribatte lui, cercando di ricomporsi.
Mi avvio prima di lui in classe e prendo posto al mio solito banco in prima fila. Accanto a me due ragazze che non fanno altro che commentare Adam. Che fastidio, stupide oche.
“Che gnocco che è, guardandolo sta entrando”dice una di loro.
“Oddio, passerei volentieri la mano su quei capelli, oggi sembrano più spettinati del solito” risponde l’altra. Quasi mi scappa da ridere al pensiero che a spettinargli i capelli sono stata proprio io, nello stanzino delle fotocopie.
Abbozzo un sorriso d’intesa nella direzione del mio professore e lui ricambia. Attimi nostri, privati. Attimi indelebili che nemmeno i commenti delle altre riescono a sbiadire.
Oh si, lo amo.
SPAZIO AUTRICE:
Buona sera ragazze, come va? Scusate il ritardo ma ho dovuto partecipare ad una laurea molto importante che mi ha portato via parecchio tempo. Ritornando alla storia, questo capitolo è un po’ di passaggio ma lancia le basi per il prossimo che sarà MOLTO importante perché finalmente tutte le carte saranno scoperte…beh stiamo per arrivare alla fine di questa avventura..dopo questo capitolo penso ce ne saranno altri due prima dell’ultimissimo…sight :’( vi ringrazio tutte per il supporto tramite le letture, le recensioni e le adesioni alle seguite/preferite/ricordate. Un bacio a tutte.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** The TNT secret ***


                                                   28
                                      The TNT secret

Il profumo di lavanda mi invade le narici, profondendomi un forte senso di pace e tranquillità. Respiro a pieni polmoni quella dolce fragranza e inevitabilmente mi ritrovo a bramare il suo ritorno. Adam è uscito da pochi minuti per partecipare ad una riunione con il comitato dei docenti di Princeton; quei poveretti dovranno stare diverse ore a decidere il nuovo calendario lezioni, quello che entrerà in vigore con l’anno nuovo.
Casa sua è così accogliente che mi dispiacerà da morire lasciarla per far rientro ad Hamilton, alla tenuta Downey. D’altronde, Natale è alle porte e i miei genitori mi reclamano. Passerò la vigilia con mio padre e il giorno di Natale vero e proprio con mia madre. E’ sempre stato così, da che ne ho memoria. Feste divise, compleanni da concordare e tanta nostalgia di una famiglia unita.
Lascio galoppare i pensieri nella mia testa e ne esce fuori un vero pasticcio, caspita devo proprio fare ordine nella mia vita. Irrimediabilmente la mia mente vola a Bexter, lui è l’unico punto fermo che ho in questo momento. Devo partire proprio da lui.
E’ da giorni che condividiamo tutto, dal letto ai sogni ad occhi aperti. E’ bello fare progetti insieme come se avessimo davvero una chance di farcela. Allo stesso tempo e’ frustrante pensare che per realizzare ogni singolo progetto potremmo dovere aspettare parecchio tempo. Devo prima laurearmi per non avere nessun problema con la legge che ci impedisce di stare assieme.
Istintivamente un brivido percorre la mia pelle, ripensando alle parole di Kevin..“non è del tutto sincero con te”. Cosa avrà voluto dirmi con quelle parole? Perché improvvisamente anche lui non trova adatta la mia relazione con Adam? Troppi punti interrogativi e poche risposte. Dovrei mandargli un messaggio, dovrei chiedergli di vederci e farmi capire. Ma poi ci rinuncio, magari ha ragione Adam, si sarà preso una piccola cotta per la sottoscritta.
Scuoto leggermente la testa, quasi a volermi scrollare tutti quei pensieri che l'affollano e riprendo a studiare. Il tempo sembra essere volato e quasi non mi accorgo che Adam è rientrato e sta appoggiando il cappotto sulla sedia vicino alla mia.
"hey.." esordisce, posando un lieve bacio sulla mia testa.
"hey, bentornato" ribatto, abbozzando un sorriso.
"Hai studiato?". Ecco che ricomincia con la paternale, che strazio.
"Si, Adam. Vuoi che te ne dia prova?" dico, alquanto stizzita. In questo periodo lo studio mi rende isterica.
"Signorina, veda di calmarsi o sarò costretta a punirla. Ho già in mente qualcosa.." sussurra lui al mio orecchio. Oh, è difficile resistere quando mi provoca sfoderando la sua voce calda e vibrante.
Mi alzo come un automa dalla sedia e intreccio la mia mano alla sua. Devo distrarlo o finiremo di nuovo a letto insieme. Siamo come due calamite, ci attraiamo in modo magnetico. E' difficile stargli lontana, non desiderare ogni secondo la sua pelle profumata ma dobbiamo cercare di avere un equilibrio, lo dice sempre lui. Silenziosamente ci avviamo in cucina. In questi giorni ho familiarizzato molto con questo ambiente moderno ma accogliente.
"Stasera ho voglia di mangiare schifezze. Che ne dici se prepariamo dei cheeseburger? Ti va?" chiedo, titubante. Dall'espressione del viso non mi sembra molto presente, sembra stia pensando a qualcos'altro. Ma cosa? Lo so, comincio ad essere paranoica ma quelle fottute parole di Kevin non fanno che assillarmi.
"Adam, tutto ok?" domando, scuotendo leggermente la sua mano.
"Si, piccola. Sono solo un po’ stanco. Oggi non è stato facile far conciliare tutti gli orari delle lezioni.
Alcune delle mie per esempio, combaceranno con quelle di Lucille, ma non abbiamo potuto fare altrimenti" sospira.
"Eri seduto accanto a quella rossa malefica?" indago. Lo ammetto, provo dell'astio nei confronti della professoressa Smith. La cosa è sempre stata reciproca. Continuo a pensare che abbia una cotta per Adam e che voglia farmela pagare perché lui non ricambia i suoi sentimenti. Naturalmente non sospetta minimamente che io e Adam stiamo insieme, altrimenti farebbe carte false per dividerci. Ha solo carpito un certo interesse da entrambe le parti.
"Si, ero seduto accanto a Lucille. Perché?" chiede ingenuamente.
"Andiamo Adam, quella che è cotta di te e tu la illudi. Sei troppo gentile e accondiscendente nei suoi confronti" sputo, un pò velenosa.
"Piccola gelosona, io e Lucille siamo solo amici e colleghi. Te l'ho sempre detto. E poi, io sono impegnato" conclude, sornione. Eccolo là, quel sorrisetto che manda ko ogni mia velleità bellica.
"Sai" riprende "quando hai detto che volevi preparare dei cheeseburger, mi è venuto in mente la prima volta che ci siamo baciati. Quella volta eravamo fuori da quel locale, non ricordo il nome.."
"Ed's dinner" lo interrompo, non lasciandogli il tempo di continuare, perché le mie labbra sono già poggiate sulle sue.
**
Mi alzo di scatto, sono tutta sudata e il mio respiro è irregolare. Accidenti, ho avuto un terribile incubo. Da quel poco che riesco a ricordare, il protagonista era Bexter. Continuava a scappare da me, nascondendosi tramite un cappuccio. Oddio, credo di non avere mai provato tanto ansia in vita mia.
Mi giro verso la sua metà del letto e mi do della stupida anche solo per averlo fatto, aver cercato la conferma che lui fosse qui, accanto a me. L'osservo sonnecchiare tranquillo, sembra un bambino imbronciato talmente sono pronunciate le sue labbra color ciliegia. Gli accarezzo lievemente la guancia e traccio il profilo del suo naso. Oh, è proprio bello il mio professore. In facoltà continuano tutte a sbavargli dietro. Molte continuano ad inventarsi fantomatiche domande per attirare la sua attenzione, altre si prodigano in svenevoli complimenti sul suo modo di spiegare per cercare di conquistare la sua stima. Ma quelle che non proprio non digerisco sono coloro che si presentano ai suoi ricevimenti con abiti degni di una serata in discoteca e a mio avviso molto volgari. Adam dice che va oltre il loro modo di presentarsi. E' abituato al fatto che le donne caschino ai suoi piedi come pere cotte.
Meglio dormire, domani sarà l'ultimo giorno che potrò trascorrere insieme ad Adam. L'indomani partirò con Ben e Joy, alla volta della tenuta Downey per i grandi festeggiamenti di Natale.
Un timido sole solletica l'aria con le sua polvere magica, mi incanto sempre a guardare quelle striscioline di luce. Immagino perfino che compongano delle immagini astratte. Ne seguo il percorso e cerco di acciuffarne un po’. Lo so, non sono più una bambina. Arrivati ad una certa età la vita ci da il passe-partout per il mondo dei grandi, un viaggio nuovo, carico di responsabilità. Ma non è detto che in valigia, non puoi portare un po’ di sana spensieratezza.
Adam deve essersi già alzato, non dorme mai fino a tardi. Lo ammiro, è sempre così determinato nel suo lavoro mentre io adduco sempre improbabili scuse per rimandare i miei doveri. Dovrei studiare ma non ne ho alcuna voglia, tutto mi sembra così noioso e ripetitivo. A volte credo di avere solo assecondato le aspettative di mio padre, scegliendo di frequentare Princeton. Io avrei voluto frequentare l'accademia delle belle arti o una scuola di moda. Una volta da piccolina, gli chiesi di poter frequentare il conservatorio. La musica? un'altra delle mie passioni. Ricordo ancora il suo sguardo allibito e severo che mi diceva di trovare sciocco perdere tempo dietro a quelle fandonie. Secondo la sua visione, mi avrebbe sottratto parecchio tempo allo studio 'vero'. Incassai l'ennesimo rifiuto con tutto il rispetto e la subordinazione che mi erano stati insegnati, o inculcati se preferite. A distanza di tempo, mi ritrovo a rimpiangere di non aver avuto la forza di ribellarmi ma ormai è tardi. Infondo in quel piano organizzato che è la mia vita, è saltato fuori un dolce imprevisto..Adam. Sorrido impercettibilmente quando entrando in cucina lo trovo intento a correggere alcune prove in itinere di un altro corso. E' cosi concentrato da non accorgersi della mia presenza. Accanto a lui, una tazza fumante che dall'odore riconosco essere caffè.
Mi ritrovo a pochi passi e lo chiamo flebilmente per non spaventarlo.
"Adam.."
"Dormigliona, finalmente ti sei svegliata!" esordisce lui invitandomi a sedere sulle sue gambe.
"Professore non siamo tutti irreprensibili come lei" scherzo.
"Sempre indisciplinata lei, signorina Downey.." ribatte, sorridendo.
"Ti serve tutta la mattinata per correggere quei compiti?" chiedo, cercando di non fargli carpire la mia delusione in caso di risposta affermativa.
"Temo di si. Avevi in mente di fare qualcosa?" risponde, sinceramente dispiaciuto.
"No, figurati. E' molto più importante il tuo lavoro" mormoro.
"Cloe, niente è più importante di noi. I compiti posso aspettare, proposte?" sussurra ad un palmo dal mio viso.
"Che ne dici se andiamo al lago? Oggi c'è una bella giornata ma non penso ci sarà molta confusione. Potremmo stare tranquilli" propongo su due piedi.
"Mi sembra un'ottima idea, piccola" risponde lui entusiasta.
All'improvviso la suoneria del mio cellulare ci fa sobbalzare. Dovrò abbassarne il volume prima o poi, è un vero e proprio frastuono.  Sul display scorgo il nome di Ben, meglio non avrei sopportato che qualcun altro avesse interrotto la mia conversazione con Adam.
“Ciao amico”
“Buongiorno docile fanciulla innamorata, hai due minuti di tempo per il tuo vecchio amico?” risponde lui al mio saluto, palesemente divertito.
“Che scemo. Certo, dimmi pure”
“Che programmi avete oggi tu e il professore?” chiede.
Oddio , cosa avrà in mente? Le sue idee strampalate mi mettono un’ansia incredibile.
“Beh, pensavamo di andare al lago e fare un piccolo picnic. Perché?”
“Bene, vi dispiace se io e Joy ci uniamo?” chiede a bruciapelo.
Panico. Tra Ben e Adam non c’è quello che si può definire un rapporto idilliaco. L’ultima volta in cui si sono visti, Ben ha minacciato il mio professore accusandolo di essere la causa delle mie sbornie. Quella volta eravamo al Pind e c’era la festa di inizio semestre.
Adam deve avere ascoltato la conversazione perché in un batter d’occhio si appropria del mio telefono e risponde al mio posto.
“Signor Whiston, ci vediamo tra un’ora davanti al parco comunale. Ci occupiamo noi di portare il pranzo. Voi occupatevi delle bibite. A dopo” e riattacca, porgendomi il telefono.
“Adam, non devi sentirti in dovere di farlo..” mormoro, alquanto confusa dal suo comportamento.
“Piccola, mi fa piacere, tranquilla. Ora mettiamoci al lavoro, ci aspettano diversi sandwich da preparare” termina, strizzandomi l’occhio.
Un’ora dopo siamo davanti al parco comunale, anche se ci teniamo a debita distanza. Siamo pur sempre in un luogo pubblico e qualcuno potrebbe vederci. Dopo dieci minuti arrivano Ben e Joy sulla jeep nera del mio amico.
“Saltate su” grida Ben con tutto il fiato che ha nei polmoni. Raggiungiamo la macchina di Ben e salutati i miei due migliori amici, partiamo alla volta del lago.
L’abitacolo è invaso dalle note di what’s my age again dei Blink 182. Tipico comportamento da Ben, non approva altro genere di musica se non quello strettamente legato al suo gusto personale.
Sorrido impercettibilmente, forse anche a causa della strana situazione in cui ci troviamo.
Quando arriviamo, nascosto tra alberi spogli e rinsecchiti si scopre un lago dalle incredibili acque di un verde cangiante, sembra uno di quei paradisi di quiete e pace che trovi raffigurato nelle cartoline.
Continuiamo la nostra passeggiata silenziosa lungo le sponde del lago dove il sentiero va restringendosi sempre più, così siamo costretti ad attraversarlo uno alla volta. Non posso non bearmi del paesaggio mozzafiato che questo posto continua ad offrirmi. Di tanto in tanto mi volgo indietro quasi a voler confermare che Adam mi stia seguendo e stia bene. Trovo sempre il suo sorriso affascinante capace di distrarmi perfino dal bellissimo lago.
Dopo diversi minuti giungiamo ad un’area picnic, con panchine e tavoli in legno. Sembra il posto perfetto per poter consumare il nostro pranzo, così decidiamo di fermarci.
“Oggi il tempo è stato decisamente clemente nei nostri confronti” esordisce Ben, guardandosi in giro.
Un tiepido sole infatti rende piacevole stare all’aperto. Per fortuna non c’è molta confusione, solo qualche turista sparso qua e là tra i tavoli.
Adam sembra rilassato anche se distante. Immagino non deve essere facile per lui trovarsi in questa situazione. Lui è un adulto e noi tre ragazzi. Lui è un professore ed io una sua alunna. Oh, al diavolo le etichette, io amo quest’uomo e non lascerò che si senta fuori luogo.
Mi avvicino lentamente a lui e intreccio le mie dita alle sue. Lui si gira e mi sorride con trasporto prima di sfiorarmi la testa con un lieve bacio.
“Sei in imbarazzo?” mormoro al suo orecchio.
“No, amore” risponde telegraficamente.
Ci pensa Ben a rompere il ghiaccio tirando fuori una bottiglia di vodka e della limonata.
“Professor Bexter, spero si unisca a noi” dice indicando la vodka.
“Sono un professore mica un  astemio moralista” ribatte Adam, afferrando il bicchiere con l’intruglio alcolico che Ben ha preparato. Lo vedo tracannare il bicchiere in pochi secondi e quasi mi preoccupo per l’esito di questa piccola gita fuori porta improvvisata.
“Bene, tirate fuori la roba. Ho una fame tremenda” interviene Joy.
Passiamo l’ora successiva a trangugiare cibo e ad alternare l’intruglio alcolico a della semplice acqua naturale.
“Mi piacerebbe giocare ad obbligo o verità. Che ne dice professore?” inizia a dire Ben, decisamente su di giri. Per un attimo sembra regnare il silenzio assoluto, poi una risata fragorosa di Adam mi tranquillizza.
“D’accordo, Ben. Posso chiamarti così no?” ribatte Bexter.
“Ovvio. Prof!” .
“Inizio io, Ben obbligo o verità?” interviene Joy, allegramente.
“Verità” risponde il mio amicone.
“ Hai avuto altre storie da quando, beh ecco..da quando ci vediamo?” chiede Joy, visibilmente in imbarazzo.
Sgrano gli occhi per la sorprendente audacia della domanda appena posta. Conosco Ben, spero però che la sua risposta sia negativa.
“No” afferma, quasi scocciato dal dover rispondere a quel quesito. Tiro un sospiro di sollievo e allo stesso tempo sono stupita. Deve tenere tanto a Joy. Ben non è proprio il prototipo di fedeltà ecco.
“Ora tocca a me” esulta il mio amico, felice come un bambino a cui hanno portato le caramelle.
“Professor Bexter, obbligo o verità?” chiede.
“Verità” mormora Bexter.
“Ha mai fatto sesso con Cloe in facoltà?”  domanda senza alcun pudore.
La situazione sta diventando incandescente e le mie guancie non sono da meno. Penso di aver acceso tutte le gradazioni di rosso possibili.
“Si” sussurra infine Adam. Ora si che sprofondo e non riemergo più.
“WOW” esclamano all’unisono i miei due migliori amici.
“Cloe, obbligo o verità?” interviene Adam prontamente, salvandomi da  morte certa per imbarazzo.
“Obbligo” affermo sicura. Non ho alcuna intenzione di rispondere a domande imbarazzanti.
“Baciami” ordina lui, guardandomi con quegli occhi di un azzurro profondo e prepotente.
Non esito minimamente ad avvicinare le mie labbra alle sue. Sa di vodka e limone, sa di uomo, sa di buono. Quasi perdo la cognizione del tempo e non mi accorgo che Joy e Ben si sono allontanati, lasciandoci soli.
“Hey, ma dove sono finiti?” chiedo perplessa.
“Ci hanno lasciato da soli e si sono cercati un angolino appartato” afferma Bexter rituffandosi sulle mie labbra.
**
“Allora ti sei divertita?” mi chiede Adam quando arriviamo a casa sua.
“Imbarazzante ma bello” rispondo, fiondandomi dritta in bagno. Ho bisogno di un bagno caldo.
Lui mi raggiunge e si spoglia immergendosi con me nella vasca. –Oh no, non farlo- grida la mia coscienza buona prima di essere messa a tacere definitivamente quando lui, inizia a sfiorarmi.
Un’ora dopo siamo già a letto. L’ultima notte che passeremo insieme, penso tristemente. O almeno prima dell’anno nuovo. Domani come risaputo torno a casa.
**
La tenuta Downey è sempre perfetta e ben curata.
Al nostro arrivo Camille ci corre incontro, abbracciandoci e saltellando per la gioia di vederci. Quanto mi è mancata, la mia dolce tata.
“Ragazzi, vi ho preparato un pranzetto con i fiocchi” cinguetta allegra. “ Cloe tuo padre mi ha detto di non aspettarlo, ha un appuntamento importante e non ce la fa a raggiungervi per pranzo” conclude.
“Immaginavo” ribatto. Mio padre è il re degli impegni all’ultimo minuto, c’era da aspettarselo.
Io e Joy poggiamo le valigie nella mia stanza (in questi giorni la ospito io) mentre Ben si accomoda nella stanza degli ospiti.
“Allora quando rivedrai il tuo bel professore?” sussurra Joy, sprofondando nel mio lettone.
“Mi ha detto che mi raggiunge per capodanno, naturalmente ci vedremo fuori. Non posso mica correre di nuovo il rischio che qualcuno ci veda come è successo per il mio compleanno..ricordo ancora lo sguardo sbalordito di Carlos e il destro che gli ha tirato Adam” ribatto, rabbrividendo al pensiero di quella sera.
“Sai se ci saranno Carlos o Kevin?”  continua Joy.
“Carlos è partito per le vacanze e Kevin non l’ho più sentito, né visto da quando ci siamo incontrati a Princeton”
“Pensi ancora a quello che ti ha detto a proposito di Bexter?"
"Si, quella frase era un chiaro avvertimento ma ti prego, cambiamo argomento. Hai sentito Ben? Non è stato con nessuna da quando vi vedete" trillo entusiasta,
"Già, a quanto pare. Cloe io temo di provare qualcosa per lui.." confessa la mia amica.
"Diglielo no? Anche lui mi sembra parecchio coinvolto.."
"Ho paura che possa ridere di me"
"Conosco bene quel ragazzone. Fidati, ci tiene a te. Vai da lui, io vado a prepararmi un the prima di pranzare" concludo, abbracciandola. In realtà non ho alcuna voglia di the, voglio solamente lasciare i due piccioncini da soli.
A grandi falcate mi dirigo verso la sala dove mio padre intrattiene gli ospiti. All'interno vi è posto un maxi schermo che non ha nulla da invidiare allo schermo gigante di un qualsiasi cinema. Adoro guardare film e cartoni animati di ogni genere lì dentro, sembra di vivere all'interno della pellicola stessa.
Sto per aprire la grande porta bianca, quando delle voci provenienti dal suo studio attirano la mia attenzione. A primo acchito riconosco subito quella di mio padre. Strano, Camille mi aveva detto che era impegnato fino a tardi per un appuntamento. Non pensavo che il suddetto appuntamento si svolgesse proprio a casa nostra. Mi avvicino lentamente, la porta è socchiusa ma riesco a intravedere la figura di mio padre che gesticola e un'altra figura di spalle. Mi sembra di riconoscere quest'ultima. Spalle larghe, capelli dal taglio medio-lungo biondo cenere. Un momento, quello è..
Oddio credo di avere le allucinazioni. Non può essere lui. Cosa ci fa a casa mia? E soprattutto come fa a conoscere mio padre?
Mi avvicino di più allo stipite della porta e cerco di origliare mentre brividi di freddo percorrono il mio corpo.
"Dunque lei mi assicura che mia figlia non si è cacciata in nessun guaio e frequenta persone degne del suo rango?" chiede mio padre.
"Sissignore, posso assicurarglielo. Sua figlia è un'ottima alunna e segue i corsi attentamente. Frequenta persone rispettabili e non si è mai cacciata nei guai"
"Professor Bexter, devo riconoscere che ha fatto un ottimo lavoro. Per parlare dei dettagli dell'anno nuovo mi permetta di invitarla a pranzo in un ristorante poco distante da qui"
"Sarà un piacere deliziarmi della sua compagnia per pranzo,Mr.Downey".
Non riesco a credere alle mie orecchie. E' come se il mio incoscio si rifiutasse di accettare quello che ho appena visto. Adam e mio padre hanno un accordo. Che genere di accordo? Mi tremano le gambe e comincia a mancarmi il respiro. Chi è in realtà Adam Bexter? Di chi mi sono innamorata? Mi ritrovo a pensare con orrore che Kevin aveva ragione, non dovevo fidarmi di lui.
Prima che scoprano la mia presenza corro a perdi fiato lungo il corridoio e mi chiudo nella mia stanza. Per fortuna Joy è ancora con Ben. Non ho voglia di vedere nessuno. Sprofondo nel letto e lascio che lacrime amare e pungenti righino il mio viso.
Dopo interminabili minuti di un pianto straziante decido di chiamare Kevin, ho bisogno di sapere tutto di questa storia.
Afferro il cellulare e compongo alla svelta il suo numero. Nessuna risposta, ma non mi arrendo. Continuo a riprovare fin quando la sua voce scocciata mi arriva dritto all'orecchio.
"Che vuoi?"
"Kevin, ti prego ho bisogno del tuo aiuto. Ho scoperto una cosa scandalosa e..
"So di cosa parli..l'ho scoperto una settimana fa"
"Ti prego dimmi tutto quello che sai"
"Cloe ti avevo avvertita di stare alla larga da quello. Ho saputo che ha un accordo con tuo padre da prima che tu partissi per Princeton. Lui avrebbe dovuto vegliare su di te, conoscere le persone che frequentavi, verificare che stessi bene e che non ti cacciassi nei guai. Tuo padre l'ha assoldato per questo"
"Quindi non è un vero insegnante?come puo' essere?
"
"No, è veramente un professore di letteratura. Solo che percepiva una parcella in più per l'accordo stipulato con tuo padre. Sai come sono i tuoi, a volte sanno essere troppo protettivi"
Sono talmente allibita che quasi mi viene da vomitare. Finalmente collego tutto, dal primo incontro sotto quell'albero, al fatto che mi avesse scelta per il libro su Dante, che ovunque ci fossi io c'era lui pronto a salvarmi dalle sbornie. In realtà non gliene fregava niente di me, svolgeva solo il lavoro per cui era stato assoldato. Solo ora mi spiego come mai sapesse tutte quelle cose di me. Logico, mio padre gli forniva tutte le spiegazioni del caso. Che squallore. Odio me stessa per essermi fidata di lui ed essere caduta nella sua trappola subdola e meschina.
"Kevin devo riattaccare, grazie mille"dico sinceramente dispiaciuta di non avergli creduto sin dal primo momento.
"Prego Cloe. Un giorno di questi ti va di uscire? Senza finzioni, patti e giochetti vari"
"Si, da morire"  e riattacco.
Sono emotivamente a pezzi ma non posso arrendermi proprio adesso. Decido di mandare un messaggio a Bexter.
"Ho troppa voglia di vederti. Mi manchi già..mi manca il sapore delle tue labbra sulla mia pelle..perché non vieni pomeriggio'? Potremmo usufruire della dépendance, al momento è vuota".
Gioco la carta dell'attrazione perché è quella che ci ha spinto sempre l'uno tra le braccia dell'altro. O almeno credevo fosse quello. Ormai non lo so più. Dopo pochi minuti, arriva la sua risposta:
"Sapessi quanto mi manchi tu. Dopo pranzo sarò lì, attendimi alla dépendance".
Perfetto. Non mi resta che aspettarlo..
**
La dépendance è vuota ma carica di ricordi. Che scema, ricordo ancora quando per il mio compleanno abbiamo fatto l'amore in piscina e poi mi ha dato i regali e ci siamo fatti quella foto insieme. La stessa che tiene conservata dentro il cassetto del comodino.
Il rumore della porta e in seguito dei passi leggeri mi distolgono dai miei pensieri angoscianti. Lentamente mi giro e me lo trovo davanti in tutta la sua folgorante bellezza. Oh, come fa ad attrarmi nonostante abbia scoperto il suo segreto? Lui non sospetta nulla di ciò che sto per dire e si avventa sulle mie labbra, rivendicandone il possesso, divorandole. Io a malincuore mi distacco e gli tiro un sonoro ceffone. Sembra allibito e sgrana gli occhi mentre massaggia con una mano la parte lesa.
"Mi fai schifo. Sei solo un bugiardo.." sputo li' velenosa.
Un guizzo di consapevolezza sembra attraversare i suoi occhi che si fanno tristi e spenti.
"Mi diapiace. Ho provato tante volte a dirtelo ma spesso mi è mancato il coraggio. Avevo paura di perderti"
"Mi hai perso Adam. Mi hai preso in giro tutto questo tempo e sei stato con me solo per soldi. Che schifo"
"Cloe, lascia che ti spieghi. Tuo padre conosce il mio e saputo che avrei insegnato a Princeton non ha esitato a chiamarmi e a offrirmi questo accordo. Diceva di essere preoccupato per te, di non averti vista entusiasta di Princeton. Temeva potessi commettere qualche sciocchezza. Sapeva che in passato spesso gli hai mentito ma non se ne preoccupava perché eri solo un'adolescente che stava crescendo. Ma Princeton è grande ed avresti vissuto da sola e le sue paure si sono moltiplicate. Dopo che ho accettato, mi ha fornito la tua foto e tutte le informazioni necessarie affinché conoscessi i tuoi gusti. Poi quando ti ho vista avvicinare per prenderti il foglio sotto il mio albero qualcosa è cambiato. Ho sentito qualcosa di forte e da lì ho capito che non sarebbe stato facile starti dietro ma soprattutto esserti indifferente. Non ho preso neache un soldo da tuo padre. Lui ha insistito più volte ma io gli ho suggerito di dare la mia ricompensa in beneficienza. E così che fa ogni mese"
Comincio a sentire le prime lacrime scendere lentamente. Oh, Adam perché deve essere tutto così complicato?
"Non piangere amore mio" continua lui, cercando di asciugare le mie lacrime con le nocche delle sue dita.
"Non mi toccare" sbraito, allontanando bruscamente la sua mano.
"Tutte le volte che ci siamo baciati, che abbiamo fatto l'amore, tutti quei progetti che sognavamo di fare assieme, era tutta una farsa?" continuo, la voce rotta dalle lacrime.
"No. E' stato tutto vero. Cloe ti ho desiderata sin dal primo momento e sono andato contro la legge e contro tuo padre pur di averti accanto. Non te l'ho detto prima e non so quanto possa valere ora ma ti amo, Cloe Downey io sono fottutamente perso di te" confessa lui con voce incrinata.
Non credevo che le sue parole potessero farmi effetto dopo tutto quello che ho scoperto ma al cuor non si comanda giusto? Ecco il mio è in corsa, battito dopo battito mi rendo conto che amare è dolce e amaro.
"Non poteva assoldare qualcuno del mestiere, un detective per esempio?" riesco solamente a dire, vinta dalla stanchezza fisica ed emotiva. In realtà voglio evitare di rispondere alla sua dichiarazione, finirei per cedere, perché nonostante tutto lo amo anch'io.
"No, voleva qualcuno che non desse nell'occhio. Qualcuno dall'interno, insomma" spiega febbrilmente come se gli importasse solo di questo, come se dirmi tutto, fosse ora il suo unico scopo.
Mugugno un suono indistinto per fargli capire che ho compreso. Sono stanca e delusa, sia da lui che da mio padre. Faccio per andarmene ma la sua mano corre ad afferrare il mio braccio. Mi giro, lo guardo. Quegli occhi, sui miei. Attimi che vivo a rallentatore, centinaia di immagini che si ripetono a rotazione come flashback di un dannato film d'amore.
Le sue labbra, due ciliegie fresche e profumate  sulle mie, ancora bagnate dalle lacrime.
Lo respingo, lui fa forza. Pochi secondi. Non resisto, afferro famelica la sua nuca e ricambio con una veemenza inaudita il bacio. Lo sto letteralmente divorando. Tutta la rabbia, la frustrazione sono riversate in quel bacio. Le sue mani scottano, mentre percorrono avide la mia schiena da sopra i vestiti. Un continuo sali e scendi che immagino come un preludio di quello che sta per accadere. Avvinghiata del tutto a lui, sono dolorosamente consapevole di non fare la cosa giusta ma tutto di Adam grida il mio nome. La pelle è imperlata da goccioline di sudore che scendono come fossero lacrime di addio. Tutto il caos di emozioni vissute fino ad ora, all'improvviso diventa troppo forte da contenere. Afferro i lembi del suo maglione e li tiro verso l'alto, sfilandoglielo. In tutta risposta lui mi solleva ed io di rimando allaccio le gambe alla sua vita. Riprende a baciarmi appassionatamente e senza accorgermene mi ritrovo sdraiata sul letto della prima stanza. Lui si stende sopra di me, iniziando a liberarmi dei vestiti che ho addosso. Sono completamente alla sua merce e dopo essersi sfilato i Jeans, si fa strada in me senza mai distogliere gli occhi dai miei. Affogo più e più volte in quegli occhi liquidi, vogliosi ma tristi. Sono esattamente il riflesso dei miei. Un'alternanza ritmica e incessante che mi porta alle porte del paradiso, lasciandomi subito dopo nel mio inferno personale.
"Ti amo" sussurra al mio orecchio mentre ritorniamo lentamente alla normalità, riprendendo fiato. Proprio come avevo fatto una volta io.
"Vattene" dico, risvegliandomi dal torpore che il suo corpo mi ha donato.
"No, non posso" afferma lui.
"Non mi fido più di te" mormoro, flebile. Il suo sguardo ora è una maschera di paura, la stessa che io di perderlo. Allo stesso tempo però sono consapevole che un rapporto senza fiducia è come una casa senza fondamenta.
"Parlerò con tuo padre, gli dirò di noi" inizia a farneticare, in evidente stato confusionale.
"Sei impazzito? ti farà licenziare e avresti seri rischi di incorrere in qualche processo" cerco di riportarlo alla cruda realtà, qui non siamo nel mondo delle favole.
"Dammi un'altra chance allora. Ti chiedo solo un'ultima chance" sbotta palesemente nervoso.
"Non lo so Adam, sono così confusa. Dammi un po' di tempo per riflettere. Ci vediamo quando le acqua si saranno calmate" termino, consapevole che forse non si calmeranno mai più.
 
SPAZIO AUTRICE: Buongiorno e Buona Pasqua a tutte (anche se in anticipo, ma non prevedo di
collegarmi  domani J  ). Eccoci arrivati al capitolo bomba..tutte le carte sono scoperte. Cosa ne pensate di Bexter? Lo perdonate o lo condannate? Eheh
Gli ultimi due capitoli saranno dedicati a chiarire un po’ tutte le situazioni in sospeso nella storia..beh non mi resta che salutarvi..un bacio grande a chi recensisce e a chi silenziosamente segue questa folle storia d’amore e segreti..
 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Closer to the solution ***


                    29
           Closer to the solution

Affondare i dispiaceri nel cibo è un rituale antico come il mondo, credo non passerà mai di moda. Ed eccomi qua, il cliché fatto persona mentre affondo con decisione il cucchiaio nell'enorme boccia di nutella. Sono passati dieci giorni da quando la realtà nuda e cruda ha deciso di bussare alla mia porta.
Dieci giorni che mi crogiolo nei più disparati pensieri alla ricerca di una possibile scusante per il comportamento di Adam.
Dieci giorni che vivo nel riflesso di quello che ero prima di incontrarlo.
Ho pianto così tanto da prosciugare l'intero condotto lacrimale. Mi sono barricata dietro il muro dell'insofferenza dandomi continuamente della stupida credulona e ho riposto le mie sofferenze sul cibo. Ho praticamente divorato ogni tipo di schifezza esistente sul mercato alimentare. 
Ben e Joy hanno cercato in tutti i modi di starmi vicino nonostante fossi più acida di uno jogurt andato a male. Hanno cercato di convincermi che quello che ha fatto mio padre è sbagliato ma che lo ha fatto solo per proteggermi a modo suo. Ma io non ho voluto sentire ragioni, mi ha deluso nel profondo. Ho preferito non  riferirgli niente di quello che ho scoperto, semplicemente l'ho ignorato. L'ho ignorato persino durante la notte della vigilia di Natale quando mi ha regalato il collier di diamanti appartenuto alla nonna. In altre circostanze l'avrei visto come un gesto bellissimo, un ricordo che viene tramandato per rimembrare chi non c'è più. Quella sera mi sono limitata a prendere quel gioiello e riporlo dentro la custodia nella frazione di un secondo. Come una stupida credevo di avere appianato le divergenze con lui, invece ero solo spettatrice inconsapevole di una recita in cui svolgeva un ruolo importante anche l'altro uomo della mia vita: Adam Bexter. Integerrimo docente, uomo passionale e a quanto pare, la mia guardia.
Quell'uomo è instancabile, non mi ha lasciato tregua nemmeno un giorno.  Mi ha chiamato, lasciato messaggi in segreteria, inviato e-mail e lettere rigorosamente anonime che ho puntualmente buttato.
Mi è costata parecchia fatica ignorarlo, il sentimento che provo per lui è forte, intenso e disarmante. Allo stesso tempo provo una rabbia inaudita per quello che ha avuto l'ardire di nascondere. La stessa rabbia che mi ha portato ad accettare l'invito di Kevin a trascorrere la festa di capodanno con lui, ad un party esclusivo organizzato dalla sua agenzia di moda. Non che l'idea di ballare -circondata da adoni fasciati da abiti firmati e donzelle dall'indubbia prestanza fisica- mi entusiasmi, anzi, lo trovo aberrante. Ho deciso però di concedermi una serata diversa, senza regole o freni. Una serata dove potere smettere di essere me stessa e indossare i panni di una ragazza sfrontata e senza limiti. Kevin è la persona adatta per tutto questo. Lui che ha fatto del suo vizio una virtù, è il cavaliere perfetto in questa nottata che si preannuncia scoppiettante.
Ripongo il barattolo della nutella ormai semi vuoto nella dispensa e mi dirigo goffamente in bagno. Ho ancora addosso da stamattina l'imbarazzante pigiamone giallo con delle pecorelle buffe disegnate sopra. Non ho nessuna intenzione di perdere troppo tempo nei preparativi, mi basterà poco tempo per rendermi perlomeno presentabile.
Sto per entrare in bagno quando mi imbatto nel mio amico Ben. Oh, no- ramanzina assicurata.
"Dovresti smettere di girare per casa come un'anima in pena avvolta in quell’orribile pigiama. Sei patetica" esordisce con il tono di voce più duro che gli ho mai sentito. Se non fosse il mio migliore amico, gli urlerei contro di pensare ai fatti suoi. Ma porto pazienza, so che lo fa per destarmi dallo stato di catalessi in cui sono caduta.
"Oh che gentile che sei Ben" ribatto con acuto sarcasmo.
"Stasera io e Joy andiamo al Rho, perché non vieni con noi?” chiede, addolcendosi.
“Mi dispiace Ben, ho già preso un impegno” rispondo alquanto vaga.
“Non mi dire che ti vedi con quello stronzo perché potrei..”
“Fermati, non vedrò Bexter. Esco con Kevin” concludo.
Lo vedo rilassarsi di colpo, come se il peggio fosse appena passato.
E’ piuttosto protettivo in questo periodo. Si è messo in testa di non lasciare che mi avvicini più ad Adam. E’ molto duro nei suoi confronti, non sopporta l’idea che mi abbia fatta soffrire un’altra volta. Evito persino di pronunciare il suo nome, Ben va in escandescenza non appena lo sente pronunciare.
“Dove andate tu e Kevin?” chiede curioso, ridendo sotto i baffi.
“Ad una festa in una villa privata,organizzata dalla sua agenzia di moda”rispondo atona.
“Ottimo, ti divertirai e ti farà bene stare in compagnia dei tuoi coetanei” conclude strizzandomi l’occhio.
Non rispondo nemmeno alla sua provocazione, non voglio deluderlo o peggio ancora farlo preoccupare. Non vado di certo alla festa per avere compagnia. Ho tutte le intenzioni di oltrepassare i limiti, di dimenticare tutto per una sola sera.
Sotto il getto caldo della doccia ritrovo un po’ di pace e tranquillità. Sciacquo via tutta la spossatezza dell’intera giornata e mi preparo alla serata movimentata che mi aspetta.
Indosso un abito corto blu con un inserto in pizzo poco sopra il seno e un paio di tronchetti di colore nero spuntati. Mi metto un filo di trucco e lascio i capelli sciolti. Poi afferro la borsetta vintage che mi ha regalato la mamma per il compleanno e sgattaiolo fuori casa senza che nessuno se ne accorga. Anche se non deve rendere conto a nessuno, papà è fuori a festeggiare il nuovo anno con i colleghi, mamma è in Italia con Marco e Camille festeggia con la sua famiglia.
Kevin mi aspetta sotto casa con una nuova Porsche fiammante, dall'aspetto sportivo  e dal rumore minaccioso.
Rivederlo mi provoca sensazioni contrastanti. Da un lato mi fa piacere ritrovare i suoi occhi nocciola così intensi dall'altro la sua presenza mi ricorda il motivo per cui abbiamo iniziato ad uscire insieme. Ed ecco che l'immagine di Adam sovrasta tutto, eclissando le mie buone intenzioni di non pensarlo.
"Prego principessa" mormora Kevin, aprendo cordialmente lo sportello.
Indugio un secondo di troppo su di lui, oggi è più bello del solito. Ha un'aria matura, decisamente sexy avvolto nel suo abito di alta sartoria.
L'abitacolo della macchina è invaso dalle note di doin' dirt dei Maroon 5. Che carino, ha pensato bene di fami sentire a mio agio accogliendomi con il cd di uno dei miei gruppi preferiti.
"Come stai?" chiede all'improvviso, mentre percorriamo a velocità sostenuta Hamilton Boulevard. I suoi occhi si posano comprensivi su di me.
"Ho avuto giorni migliori" sussurro. Non mi va di parlare di quanto disastrosa o penosa sia diventata la mia vita sentimentale. Lui sembra cogliere la mia richiesta implicita e cambia argomento, assicurandomi che la festa sarebbe stata un successo.
"Eccoci arrivati" esclama, davanti ad una villa in stile Hollywoodiano.
Oltrepassiamo una piscina interamente illuminata antistante la casa e ci avviamo al portone d'ingresso.
Un ragazzo dall'aria vissuta viene ad aprirci la porta introducendoci nel vivo della festa.
Musica assordante e fiumi di alcolici sono le prime cose che riesco a notare. Lo stesso ragazzo che prima ci ha aperto trascina Kevin verso un gruppetto di ragazze che suppongo siano modelle ed io nel frattempo approfitto per sorseggiare il primo cocktail. Mi guardo intorno alla ricerca di un posto dove sedermi e l'unico posto non occupato da persone sconosciute intente a toccarsi libidinosamente sembra essere un puffo da arredamento posto vicino ad una finestra. Mi siedo sprofondando nella morbida stoffa con cui è rivestito e tiro fuori cellulare per controllare l'orario.
Mi accorgo solo adesso della presenza di un messaggio di Adam in cui annuncia che sta venendo a casa mia per portarmi a festeggiare con se il nascere del nuovo anno. Guardo smarrita il mio smartphone senza sapere bene cosa fare. Fortunatamente a casa mia non troverà nessuno e questo implica che non può arrivare ne a me, ne ai miei amici tanto facilmente. Decido di non preoccuparmi, infondo questa è la mia serata e nessuno me la rovinerà. Mi alzo di scatto alla ricerca del primo bar disponibile ma data la scarsa illuminazione e il mio equilibrio precario rischio di inciampare e per poco non finisco sopra un ragazzo dai lineamenti squadrati che ha tutta l'aria di essere un modello.
"Scu-scusa" balbetto al culmine dell'imbarazzo.
"Non preoccuparti, sarebbe stato un piacere salvarti" mi stuzzica lo sconosciuto.
"Ti va di bere?" continua poi, sfoderando un sorriso degno delle migliori pubblicità di dentifricio.
"Naturalmente" rispondo, lasciando che mi trascini al primo bar.
In pochi minuti tracanno interamente il secondo cocktail e la festa sembra essere diventata davvero molto divertente.
Lo sconosciuto mi invita a ballare e non ci penso due volte prima di accettare. Provvediamo a prendere l'ennesimo cocktail e ci fiondiamo in pista. L'ambiente è molto allegro e parecchio spinto. Le persone non hanno alcun problema a sfogare i loro bollori in bella vista. Comincia a girarmi un po' la testa ma provo ugualmente a ballare. E' divino non avere altri pensieri se non quello di muoverti a tempo con la traccia musicale che il dj sta passando.
"Sei la ragazza di Portland?" grida al mio orecchio lo sconosciuto.
"NO" mi affretto a dire, niente etichette. Non stasera.
"Allora non gli dispiacerà se ti bacio.." dice avvicinandosi pericolosamente al mio viso. Non riesco a focalizzare bene quello che succede ma evidentemente qualcuno ha fermato lo sconosciuto perché si allontana di scatto sbuffando parole incomprensibili. Cerco di mettere a fuoco colui che ci ha interrotti e mi ritrovo il viso di Kevin a pochi centimetri dal mio.
"Non dovresti cedere al primo che capita. Quello è un imbecille" soffia al mio orecchio. Deglutisco a fatica e all'improvviso ho la gola secca, ho bisogno di bere.
"Andiamo a bere?" propongo, fingendo di non avere sentito ciò che mi ha appena detto.
"Vuoi davvero ridurti male, eh?" ribatte lui, canzonatorio.
Annuisco lievemente e mando giù i primi sorsi del cocktail che Kevin mi ha offerto.
Sento un' improvvisa sensazione di leggerezza impadronirsi del mio corpo. Come  
 se fluttuassi nell'aria.
Senza accorgermene arriviamo all'ora del brindisi, è quasi mezzanotte ed io ho già mandato giù ben cinque differenti drink.
"5, 4, 3, 2, 1.." gridiamo all'unisono prima di esplodere in un tripudio di auguri e abbracci che non fatico a dare e a ricevere.
E' l'inizio del nuovo anno ed io sono palesemente ubriaca in un festa di sconosciuti tra le braccia di un fotomodello con problemi di droga. Wow, sembrerebbe la trama di un film ed invece è la mia vita.
"Fai uso ancora di quella roba?" grido all'orecchio di Kevin.
"Non ho mai smesso" risponde lui, guardandomi torvo.
"No, niente ramanzine. Non stasera. Fai provare anche a me" propongo. I suoi occhi si sgranano per la mia sorprendente richiesta.
A volte è necessario superare un limite, prima di giudicarlo.
"No, tu sei pulita. Resta così come sei" ribatte, serio in viso.
"Non so più come sono Kevin. Ho bisogno di evadere per scoprirlo, lasciami provare ti prego" lo supplico, puntandogli contro i miei occhi languidi.
"D'accordo, vieni con me" dice in tono imperativo.
Saliamo velocemente le scale che portano al piano superiore della villa ed entriamo in quella che a primo acchito sembra essere una stanza da letto.
Lo guardo smarrita, perché mi ha portata proprio qui?
Lui deve avere capito i dubbi che mi assillano e mi chiede di avere pazienza.
Sembra a proprio agio mentre preparava una di quelle sigarette "truccate". Io invece,  sono in trepidazione. Voglio infrangere le regole, voglio bearmi della spensieratezza dei miei anni, voglio dimenticare l'uomo che amo..
Quando la sigaretta è pronta, con scatto felino Kevin raggiunge la porta-finestra e la apre invitandomi a seguirlo. Ci ritroviamo così in un balconcino che da sul giardino immenso della villa, dove stranamente sembrano regnare silenzio e pace.
"Tieni" dice Kevin, appoggiando tra le mie dita quella strana sigaretta. L'afferro titubante e faccio un tiro veloce. Una strano senso di distensione invade il mio corpo. All'improvviso sono molto più rilassata di prima. E così che ci si sente in questi paradisi artificiali? Appoggio nuovamente le labbra ed inspiro un altro tiro.
Piano piano mi trovo tra le braccia di Kevin che mi stringe come fossi un bene prezioso.
"Hai freddo?" sussurra.
"No" rispondo con sincerità. Tra quelle braccia non ho freddo, solo tanta voglia di restarci a lungo.
Quando la sigaretta è arrivata al termine, Kevin getta la cicca di sotto e mi accompagna dolcemente verso l'interno della camera.
"Vuoi tornare di sotto?" domanda, avviandosi verso la porta. All'improvviso sento che l'atmosfera tra di noi  è cambiata.
"No" affermo, flebilmente.
Lo vedo avvicinarsi verso di me, sebbene la stanza sia in penombra. Mi aiuta a sdraiarmi sul grande letto e poi si stende al mio fianco.
Percepisco tensione nell'aria. Sappiamo entrambi a cosa stiamo andando in contro. 
Lentamente giunge a pochi centimetri da me. Se non fossi totalmente ubriaca e assuefatta  da quella sostanza che ho fumato giurerei di sentire il battito del suo cuore.
Ha un ritmo irregolare, inquietante.
"Non sai quanto ho desiderato questo momento" sussurra sulle mie labbra.
"Allora fallo, per davvero questa volta" lo incito. Non capisco cosa mi prende, ma il dolore accumulato in questi dieci giorni sembra voler traboccare da un momento all'altro ed io ho bisogno di arginarlo. Kevin è la mia unica salvezza in questo momento.
Le sue labbra carnose e calde si appropriano in via definitiva delle mie. Non è la prima volta che ci baciamo ma stavolta è differente. Non c'è finzione, c'è trasporto.
Le sue mani afferrano il mio viso alla disperata ricerca di qualcosa in più. Ci distacchiamo, lo guardo. In pochi secondi sfila via la maglia che aveva sotto la giacca ed io mi perdo a cercare nel buio le linee del suo corpo perfetto. Si avventa nuovamente su di me ed è proprio mentre inizia ad alzare la gonna del mio vestito che lo vedo. O per meglio dire lo immagino. Nelle mie fantasie più recondite c'è sempre stato lui e continua ad esserci nonostante io tenti di cacciarlo via dai miei pensieri. Adam Bexter in tutto il suo splendore ha preso il posto di Kevin, le loro immagini si sovrappongono.
Una lacrima silenziosa scende a rigarmi il viso ed un conato di vomito prende il sopravvento.
Diversi minuti dopo, rigetto interamente tutte le schifezze che ho mangiato durante la giornata. Mi sento completamente stordita e fiacca. Ho un tremendo mal di testa e la strabordante sensazione di dover rimettere in continuazione.
"Ti accompagno a casa" sono le ultime parole che sento pronunciare da Kevin prima di perdere i sensi.
 
POV BEXTER:
Non so come mi sono cacciato in tutto questo. O forse si. Il mio irrefrenabile desiderio di avere sempre di più mi ha portato ad accettare quell'accordo assurdo. Strapagato, tra le altre cose. Allora non sapevo che mi sarei innamorato perdutamente di lei. Che avrei quasi mandato all'aria la mia e la sua carriera per vivere la nostra stramba storia. Lei è poco più che una ragazzina ed io dovrei starle alla larga in quanto suo professore e guardia. Si, con il tempo mi sono sentito la sua guardia. Mi limitavo ad osservarla vivere ai margini della sua vita protetto da quel ruolo che cominciava a starmi troppo stretto. Sin dal primo momento in cui l'ho vista avvicinarsi all'albero sotto al quale ero seduto ho capito che non avrei retto molto. Ho immediatamente fatto cambiare i termini dell'accordo,  disponendo che tutto il denaro che avrei dovuto percepire mensilmente fosse devoluto in beneficienza. Io mi sarei preso cura di lei senza alcun compenso.
Forse sono solamente un uomo debole e non il grande uomo che credevo di essere ma ho lasciato che, prima la passione e poi i sentimenti prevalessero sul buon senso.
Ed ora mi ritrovo a guidare come un pazzo per raggiungere l'ospedale di Trenton, in cui Cloe è ricoverata per avere assunto alcol e aver fumato erba. Mi ha chiamato quel ragazzino, Kevin. Stavo aspettando davanti alla tenuta Downey che lei rientrasse, quando ho ricevuto la chiamata. Il ragazzino diceva che nei pochi secondi in cui aveva preso nuovamente conoscenza, Cloe aveva chiesto ripetutamente di me.
Parcheggio l'auto in fretta e furia e mi precipito per le scale alla ricerca del reparto dove l'hanno portata. Un infermiera grassottella mi informa che Cloe è nella stanza 102 del reparto di rianimazione. Prendo un ascensore e raggiungo a passo frenetico la sua stanza.  Quando apro la porta la ritrovo sul letto, sta dormendo ed ha una flebo appesa. Provo angoscia e rabbia verso me stesso per aver lasciato che si riducesse così. Mi avvicino lentamente e mi lascio sprofondare sulla sedia accanto al letto. Sfioro la sua mano ed un leggero sorriso increspa le sue labbra, come se avesse carpito la mia presenza nonostante il sonno.
Non so dire quanto tempo sia passato esattamente ma le sue palpebre iniziano a muoversi sino ad aprirsi definitivamente.
"Ciao" sussurro.
Lei continua a guardarmi attonita, sembra sorpresa di trovarsi in ospedale, insieme a me per giunta.
"Adam" mormora flebilmente. Vorrei poterla stringere forte ma temo di staccarle la flebo così mi limito ad accarezzarle la guancia.
"Bentornata piccola" le dico amorevole.
"Che ci faccio qui? Che ci fai TU qui con me?" chiede, allarmata.
"Shhh stai tranquilla. Non sei stata bene e Kevin ha chiamato me" rispondo.
"KEVIN?" dal suo viso è evidente la sorpresa per la mia affermazione.
"Si" confermo.
"Io e lui eravamo insieme ad una festa, ci stavamo divertendo e poi..poi non ricordo nulla" tenta di spiegarmi.
"Va tutto bene" la rassicuro, tenendole la mano.
Il rumore improvviso della porta cigolante ci fa girare entrambi. Un dottore in camice bianco entra a passo spedito.
"Signorina Downey come si sente?" chiede, rivolgendosi chiaramente a Cloe. Mi sento ignorato, eppure sono presente anch'io in quella stanza.
"Sto bene dottore" risponde lei, atona.
"Bene, lei è un parente?" dice, degnandomi della sua attenzione per qualche secondo.
"E' mio zio" si intromette Cloe, salvandomi dall'imbarazzo di rivelare la mia vera identità. Quelle tre parole però, al contempo hanno l'effetto di tramortirmi. Non poter dire chiaramente al mondo che sono (o ero, dipende dai punti di vista) il suo fidanzato è uno strazio. Non voglio più mentire. Cosa c'è di male se un uomo della mia età si innamora di una ragazzina? Undici anni, troppi per la società perbenista e conservatrice. Senza contare che agli occhi di tutti sono uno dei suoi professori. Dovrei essere solo di passaggio nella sua vita. Insegnarle un po’ del mio sapere e sparire per sempre. Invece mi sono innamorato, desidero la mia alunna più di qualsiasi altra donna al mondo. Non è deontologicamente corretto ma al cuore non si comanda, no?  Perfetto, mi sono anche trasformato in uno di quei tipi smielati e con scarsa considerazione di sé.
"D'accordo. Appena finita la flebo, puoi tornare a casa. Ti abbiamo praticato la lavanda gastrica, dovresti stare meglio nel giro di poche ore" conclude il medico con tono annoiato, avviandosi alla porta.
"Non voglio tornare a casa. Mi faranno mille domande ed io.." inizia a lagnarsi Cloe.
"Shh Cloe. Non preoccuparti, non andrai a casa tua. Ti porterò con me, a casa mia" la interrompo, sperando di averla fatta calmare.
"Non posso, Adam. Cavolo, ce l'ho ancora a morte con te per quello che hai fatto. Come credi che potrei stare insieme a te, in quella casa piena di ricordi?" chiede, esasperata. Una lacrima minaccia di bagnarle il viso. Mi sento un verme per non averle detto subito la verità.
"Allora vorrà dire che andremo in un hotel nelle vicinanze e domani ti riaccompagno a casa" propongo, incerto sull'esito che darà.
La vedo riflettere, è combattuta. Normale, lo sarei anch'io al suo posto.
"Ok" si arrende infine.
POV CLOE:
Alla fine ho accettato di andare con lui. Debolezza? Forse. Ma nella vita è meglio rischiare che avere rimpianti tutto il tempo.
Percorriamo in un silenzio religioso la stradale che da Trenton ci riporta ad Hamilton. Per tutta la durata del viaggio mi sono trincerata dietro l'ombra della paura. La paura di guardarlo negli occhi e scoprire di avere ancora un bisogno disperato di lui. La paura di ricadere negli stessi errori. Noi, calamite che si attraggono fino all'inverosimile.
"C'è un hotel a quattro stelle qua vicino" la voce di Adam mi arriva ovattata. Mi sono talmente persa nei miei pensieri da non accorgermi subito che mi sta parlando.
"Andrà benissimo" mormoro.
Accostiamo vicino all'entrata dell'hotel e un consierge viene ad accoglierci.
"Buona sera signori. I vostri bagagli?" chiede con il tono più gentile che io abbia mai udito da un dipendente alle tre del mattino del nuovo anno.
"Non abbiamo bagagli. Ci servirebbero due stanze"  specifica Bexter. L'aver scelto di passare la notte in due stanze separate mi da tremendamente fastidio ma non voglio essere sempre io a dimostrare.
"Perfetto, seguitemi. Il mio collega alla reception si prederà cura delle vostre richieste" conclude il consierge.
Alla fine optiamo per delle camere comunicanti, al terzo piano con vista sulla piscina interna dell'hotel.
Quando chiudo la porta alle mie spalle mi lascio cadere lentamente a terra. Sono esausta,  sporca e trasandata. Non devo essere stata una bella visione, eppure Adam non mi ha staccato un secondo gli occhi di dosso.
Decido di fare una doccia per rigenerarmi, dopo andrò a letto.
**
Mi giro e mi rigiro in quel letto e mi rendo conto di non riuscire a chiudere occhio. Sono le cinque del mattino ed io sono ancora sveglia con una certa ansia addosso. Mi alzo di scatto, quasi il mio corpo fosse dotato di volontà propria e mi avvicino alla porta che separa la mia camera da quella di Adam. La sfioro con le dita e chiudendo gli occhi immagino che lui sia dall'altra parte nella stessa posizione, con la stessa ansia.
Quasi sussulto, quando la maniglia si abbassa leggermente. Possibile che lui sia dall'altra parte?
"Sei sveglia?" dice la voce dall'altra parte della porta.
"Si. Non riesco a prendere sonno" rispondo.
"Vuoi venire da me? Magari in due è più facile trovare la forza di dormire dopo una nottata come questa" propone, dolcissimo.
"Vieni tu da me. Sono stata sempre io ad aver mosso i miei passi nella tua direzione" ribatto, forse un po’ distaccata.
"Lo credi davvero? Credi che non mi sia costato nulla ammettere a me stesso di aver fallito? Ti ho cercato come un disperato in questi dieci giorni e non mi sono mai arreso nonostante i tuoi continui rifiuti. So di aver sbagliato ma non sono un santo, Cloe. Sono un essere umano come tanti  con pregi e difetti. Eppure essermi innamorato di te, l'ho annoverato sempre tra i pregi" conclude affranto.
"Non ti ho ancora perdonato ma ho bisogno di te in questo momento" rispondo laconica.
"Apri la porta, amore mio" chiede lui.
Io mi limito a girare la chiave nella serratura e lasciare che entri, prima di sprofondare in un pianto liberatorio accovacciata al suo forte petto. Ci addormentiamo così, senza parlare, senza sfiorarci. Finalmente riesco a sognare e credetemi è una sensazione bellissima.
POV BEXTER:
E' già mattina e lei è ancora su di me. La sua testolina si muove a tempo con il respiro calmo e pacato. Le bacio lievemente il capo e la stringo ancora più forte. Non l'avevo mai vista così fragile e bisognosa d'affetto. Di solito dopo una discussione siamo sempre riusciti a risolvere i problemi rifugiandoci l'uno nel corpo dell'altro. Ma stavolta è diverso, qualcosa si è incrinato e per quanto sia insopportabile l'idea che lei non abbia nemmeno voluto sfiorarmi devo farmene una ragione.
"Buongiorno" sussurra lei, liberandosi dal mio abbraccio.
"Cloe, come ti senti?" chiedo ansioso di conoscere la risposta.
"Bene, molto bene. Mi riaccompagni a casa? voglio togliermi di dosso questi vestiti maleodoranti" dice, alquanto infastidita.
"Certo" mi limito a dire. E' come se fossimo tornati a prima di questa notte. Lei mi ignora ed io non capisco cosa le succede.
Arriviamo alla tenuta alle undici in punto, mi costa parecchio vederla scendere dalla macchina e concedermi solo un lieve saluto con la mano ma non faccio una piega e recito il copione dell'adulto responsabile. Ingrano la marcia e do gas alla macchina che sfreccia lungo le strade di Hamilton come impazzita.
 
POV CLOE:
Finalmente sono a casa. Un altro minuto in più in compagnia di Bexter e avrei ceduto alla tentazione di baciarlo e fare l'amore con lui, in macchina stessa. E' difficile trattenere la passione quando ti travolge. Ed ancora più difficile quando la passione è accompagnata da un sentimento forte e tumultuoso. Nonostante ciò, sono riuscita a far prevalere l'orgoglio.
Mi dirigo verso la mia camera ma gli schiamazzi provenienti dalla camera degli ospiti attirano la mia attenzione. Maledetta curiosità.
Apro lentamente la porta per permettermi di vedere cosa succede lì dentro. Ed è con grande sorpresa che trovo Ben, Joy e Carlos ridere a crepapelle per qualcosa a me ignoto. Quando percepiscono la mia presenza, le risate vengono ammutolite da un silenzio spettrale.
"Cloe" esulta Carlos, rompendo quell'odioso silenzio. Non lo vedevo dal mio compleanno e devo dire che non è cambiato molto in questi mesi; solita bellezza sfrontata.
"Carlos" grido di rimando, abbracciandolo. Quasi lo stritolo.
Passiamo il resto della giornata a raccontarci cosa è successo nelle nostre vite in questo periodo in cui siamo stati separati. Carlos si è iscritto in biologia, in un'università pubblica non lontano da Hamilton. Essendosi iscritto in ritardo, ha dovuto studiare parecchio per recuperare e raggiungere il livello dei suoi compagni di corso. Ma ora è felice ed ha conosciuto una ragazza italiana, Maria, con cui ha una relazione da due mesi.
"Sai che non ti dimenticherò mai vero, Cloe Downey? Sei e rimarrai la donna della mia vita ma non posso competere con lui. Il professore ti ha stregato eh?" conclude, sarcastico. Seppur in forma lieve, credo di amarlo. Un amore diverso, pulito. Un amore quasi fraterno. Perché dopo essere cresciuti insieme, scoprendo le gioie dell'amicizia e sperimentato quelle dell'amore non puoi eliminare del tutto il sentimento che ti lega a quella persona. Semplicemente, si evolve.
"Non so come comportarmi con lui. Mi ha delusa profondamente ma allo stesso tempo non riesco a fare a meno di lui" gli confido.
"Prenditi tutto il tempo che ti serve e poi decidi cosa fare. Non ti ho mai visto guardare qualcuno come guardi lui. Nemmeno quando stavamo insieme mi riservavi quegli sguardi" risponde Carlos, in tono serio.
"Sei speciale anche tu, Carlos Suarez" dico improvvisamente, schioccandogli un sonoro bacio sulla guancia. E per un attimo dimentico tutto quello che è successo stanotte. Per un attimo quel semplice gesto mi fa capire quanto bella, limpida e spontanea può essere la vita, senza bisogno di complicanze. Ed è in quel frangente che capisco quanto è importante mantenere il timone della tua retta. Non lascerò più che qualcuno decida per me, sarò io la protagonista.
"Che ne dite di un film  horror e schifezze varie annesse?" propongo ai miei amici.
"E film horror sia" decreta Joy, tirando un cuscino nella direzione di Ben.
"Non dovevi farlo streghetta. Te ne pentirai" ribatte Ben, travolgendola con le sue braccia. Scuoto la testa, sorridendo. Quei due sono come dei bambini, adorabili bambini innamorati. Si, ne sono sicura. Lo capisco da come si guardano, da come si cercano. E per un solo secondo sento una fitta allo stomaco al pensiero di Adam. No, non ricomincerò a sprofondare nell'abisso della sua assenza, sono forte abbastanza ora.
"Vado a fare una chiamata, scegliete il film" dico, dirigendomi nella mia stanza.
**
"Io l'ho già visto non aprite quella porta" protesta Ben, comodamente seduto sulla sua poltroncina in pelle nera.
"E' in 3D ed è un'altra rivisitazione, zuccone" lo bacchetta Joy.
Mi giro alla mia destra e abbozzo un sorriso. Kevin è proprio buffo con gli occhiali 3D.
Si, avete capito bene. Kevin.
Stranamente dopo la festa, dopo l'ospedale, sentivo il bisogno di sapere come stava. E così l'ho chiamato ed invitato a raggiungermi. Naturalmente gli ho fatto promettere di non proferire parola su quanto accaduto alla festa. Non sono ancora pronta a parlarne.
Poco più in là, Carlos sgranocchia divertito i pop corn al cioccolato che ho preso dalla dispensa. Strano, sono circondata da tutte le persone che sono stati presenti per un motivo o per un'altro nella mia vita eppure sento ancora che manchi qualcosa, qualcuno.
Decido di scacciare quel pensiero e godermi per una sera la mia vita da diciannovenne spensierata.
**
Tornare a Princeton non è stato affatto facile come pensavo. Le due settimane che ho trascorso a casa mi hanno fatto decisamente un buon effetto e mi mancano già i miei amici, compreso Carlos.
Oggi Kevin ha deciso di accompagnarmi in facoltà. Ho cercato di dissuaderlo ma non ha voluto sentire ragioni. Non abbiamo più parlato di quella sera di capodanno, in compenso siamo usciti spesso insieme. E' come se stessimo ricominciando da capo. E per un po’ credo di esserci riuscita ma ora di fronte all'aula di Adam tutte le certezze vacillano. Non l'ho più sentito, ne visto da quella sera. Ed oggi dovrò sostenere con lui l'esame di letteratura.
Saluto Kevin con un abbraccio e facendomi coraggio apro la porta dell'aula. Molte persone circondano la cattedra in preda ad una crisi convulsiva pre-esame. Fogli di appunti, libri di ogni genere e scartoffie popolano i banchetti.
Mi faccio spazio tra la folla e riesco ad occupare un piccolo posticino in terza fila. In base alla prenotazione che ho effettuato sul sito, dovrei essere la penultima della giornata. Bene, mi toccherà assistere a tutti gli esami. Come se il solo fatto di rivederlo non fosse già abbastanza.
"Bene ragazzi, iniziamo. L'ordine di chiamata è stabilito in base alle prenotazioni ricevute sul sito" inizia a dire una voce a me tanto familiare.
Nel frattempo tutti hanno preso posto e finalmente dalla cattedra emerge la figura di Adam Bexter. Divino nel suo vestito grigio. Non riesco a togliergli gli occhi di dosso ma non posso dire la stessa cosa di lui. E' serio e professionale, non mi ha rivolto il minimo sguardo e sembra avere tutta l'intenzione di continuare così. Cosa mi aspettavo? Che saltasse di gioia e dichiarasse a tutti il suo amore? Naa, devo solo stare calma ed attendere il mio turno.
Dopo svariate ore di quella tortura -è dura attendere il proprio turno al patibolo, guardando con un pizzico di invidia chi si è liberato di quel fardello e trotterella felice verso l'uscita- sembra che l'aula si sia letteralmente svuotata. Ci saranno dieci persone al massimo. Nonostante l'estenuante maratona Adam non sembra affatto provato, anzi, ha sempre l'aspetto fresco e riposato di stamane.
Impreco mentalmente contro la mia totale incapacità a concentrarmi e ripassare. Inoltre, continuo a torturare il mio labbro in preda al nervosismo, il mio turno sta per arrivare.
"Downey".
Quasi sobbalzo quando Bexter chiama il mio nome. Ero talmente concentrata a rimurginare sopra l'intera situazione da non accorgermi che in aula siamo rimasti solo in tre persone: io, Adam e la ragazza che deve sostenere l'esame dopo di me.
Mi avvio a passo strascicato e a testa bassa alla cattedra. Tutto sembra così surreale.
"Mi parli del romanzo di Nathaniel Hawthorne, the scarlet letter. Quali sono i temi che tratta l'autore?" chiede il mio professore, puntandomi contro i suoi occhi color del mare.
Irrimediabilmente mi ritrovo a boccheggiare, mi manca l'aria. Tutta la tensione che ho accumulato durante il giorno comincia a dare i primi segni.
"Vuole che le porga un'altra domanda?" continua lui imperterrito, con la sua crociata.
Emetto un lungo sospiro e inizio a parlare dell'opera. E' difficile guardare i suoi occhi e non immaginare quello che c'è dietro.
"Infine tra i temi prevalenti, Hawthorne pone l'accento sul tema della colpa. La protagonista infatti porta una lettera scarlatta al petto proprio per marchiare la colpa di cui si è macchiata, ovvero l'adulterio" concludo, soddisfatta della mia spiegazione.
"Lei su che livello si pone con il pensiero di Hawthorne? Trova che le colpe vadano espiate o semplicemente dimenticate?" chiede Bexter. Percepisco immediatamente cosa vuole dirmi tra le righe e all'improvviso tutto mi è chiaro.
"Trovo che le colpe vadano metabolizzate e poi espiate. Il peccato, anche se commesso in buona fede è sempre peccato. E' altresì vero che l'unico giudice a cui è permesso dare un giudizio  definitivo non si trova su questa terra quindi chi siamo noi comuni mortali per condannare una persona?" concludo.
Lui mi guarda scettico, riducendo i suoi bellissimi occhi a due fessure. E' evidente che l'ho spiazzato.
"Accompagni alla tenuta Downey, devo fare una cosa molto importante" bisbiglio.
La ragazza dopo di me è talmente concentrata su un ultimo ripasso da non aver capito il sottile gioco tra me e il professore.
"Sei impazzita? Devo interrogare un'altra ragazza dopo di te, nel caso non te ne fossi accorta" sussurra lui, ai limiti dell'udibile.
"Aspetterò che tu finisca di interrogarla. Per quanto riguarda me, l'esame finisce qui. Non ho intenzione di portarlo a termine" dico, più risoluta che mai.
Lui sgrana gli occhi per l'evidente sorpresa che le mie parole gli hanno procurato.
"Perché?" mormora.
"Lo capirai presto".
 
ANGOLO AUTRICE (Attenzione: il commento è moooolto più lungo del solito per apposite ragioni, chi ha il coraggio di andare avanti capirà XD).
Anyway, girls!! Come state?
Ecco sfornato il penultimo capitolo. Cosa ne pensate? Ero titubante se pubblicarlo per intero o meno dato che è un capitolo un po’ complesso e lunghetto.
Ricapitolando prima del gran finale:Cloe ha scoperto il segreto che celava Adam Bexter. Naturalmente non la prende bene ma nonostante tutto la passione tra i due è irrefrenabile e dopo che Adam confessa i suoi sentimenti finiscono a letto insieme per l'ennesima volta.
In questo capitolo assistiamo al comportamento di Cloe postumo alla scoperta. I famosi "10 giorni" sono l'anticamera di quello che succederà in seguito. Cloe infatti perderà la sua lucidità in favore di Kevin e della roba che continua a fumare quest'ultimo. Il tutto termina in ospedale, con Bexter al fianco di Cloe. La sua figura è molto cambiata rispetto ai primi capitoli. L'ho reso volutamente più dolce e comprensivo, quasi paterno. Infondo Cloe sento molto la mancanza di una figura portante nella sua famiglia. Quella stessa figura che ha osato stipulare un accordo assurdo alle sue spalle.
La scena di Cloe e Adam dietro quell'unica porta che divide le loro stanze comunicanti è una metafora che rappresenta il loro rapporto. Forte e tremendamente vicino ma ostacolato da una sottile barriera rappresentata  dalla società, dai pregiudizi e dalle bugie. Solo nel buio della notte Cloe apre quella porta. Al mattino però, tutto torna come prima.
Il suo ritorno a casa è allietato dalla presenza dei suoi più cari amici e del suo ex storico che fatica a considerarla "una come le altre" ma che sa mettersi da parte.
Kevin viene chiamato a sorpresa  dopo quella fatidica notte di capodanno, non ve lo aspettavate, vero? Neanche io a dire il vero. Mettendomi nei panni di Cloe ho pensato che avrei voluto vederlo, forse per attutire il vuoto lasciato da Bexter. Il professore infatti, non si fa più ne sentire, ne vedere. Sarà il giorno dell'esame a dare a Cloe e Adam la possibilità di rincontrarsi. Proprio durante l'esame, Cloe capisce (spinta dalle provocazioni sotto forma di domande d'esame di Bexter) cosa vuole fare veramente e chiede al suo professore di accompagnarla alla tenuta Downey..e qui lascio a voi l'immaginazione. Se siete arrivati fin qui significa che avete abbastanza pazienza dunque non vi sarà difficile usarne un pò per farmi conoscere i vostri pensieri, le vostre supposizioni, la vostra opinione..insomma ciò che volete. Io vi aspetto. Concludo ricordando di aggiungere su facebook il mio profilo autrice: LADI PO..dove troverete le foto degli outfits, spoilers sull'ultimo capitolo e...la trama che ho in mente per una nuova storia (naturalmente spalmati in diversi giorni XD ).
Credo di aver approfittato abbastanza della vostra pazienza, mi congedo. Un abbraccio a tutte e un bacio a chi recensisce sempre con affetto, siete il mio sostegno, thanks :D

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Freedom ***


                                                                                          30

                                                                                Nessuno è più schiavo di colui che si  ritiene libero senza esserlo.
                                                                                            Johann Wolfgang von Goethe

                                                                                    Freedom

Ho sempre sognato la libertà.
La libertà di scegliere, amare o persino di sbagliare.
Mandare all’aria i piani, i programmi, fa di noi persone libere. E’ nelle cose che non ci aspettiamo, nella sorpresa di trovarcele di fronte, che risiede la vera gioia. Ed io, chiusa nella mia gabbia dorata con un destino già scritto da terzi non ho mai provato nulla di tutto questo.
In compenso oggi voglio riappropriarmi della mia vita, provare l'ebbrezza della libertà e bearmi dell'imprevedibilità dei giorni a venire.
Mi giro lentamente verso il posto del guidatore e ritrovo il viso –seppur stanco- di Adam, concentrato sulla guida. Non ha più posto domande da quando l’ho trascinato fuori dall’università. Viaggiamo da più di un’ora e non mi ha rivolto neppure uno sguardo. “La prossima devi girare, siamo quasi arrivati” azzardo.
“Lo so. Conosco perfettamente la strada” risponde telegrafico. La sua mano con un gesto meccanico riporta indietro il ciuffo che ribelle sosta davanti ai suoi magnifici occhi. Sembra nervoso, quasi turbato da qualcosa di cui evidentemente ignoro l’esistenza. Quando ci ritroviamo di fronte alla tenuta Downey, affianca l’auto a quella di mio padre e scende alla velocità della luce.
“Aspetta, dove credi di andare?”  strillo dietro di lui di qualche passo. Adam non si scompone e va avanti come una furia verso il grande portone della tenuta. Affretto il passo e finalmente lo raggiungo, strattonandolo per una manica.
“Si può sapere cosa ti prende?” dico, alquanto stizzita.
“Ho capito cosa vuoi fare, sai? Non te lo permetterò. Non lascerò che rovini la tua carriera per me, andrò via da Princeton. Vado a comunicarlo a tuo padre. Quello stupido accordo non doveva nemmeno vedere la luce, è durato abbastanza” farfuglia in modo confusionario.
 E’ più forte di me, non riesco a non amare quell’espressione corrucciata. Le prime giovani rughe che si affacciano ai lati degli occhi quando il suo sguardo si intensifica e quelle labbra serrate.
“E’ gentile da parte tua Adam ma adesso tocca a me risolvere le cose. E’ giusto che io affronti mio padre, solo così potrò esorcizzare le mie paure ed essere finalmente libera” mormoro. Un tenue sorriso gli increspa improvvisamente le labbra. Sento i suoi occhi scrutatori leggermi dentro, scovando in un angolo nascosto la paura che mi affligge. Paura di sbagliare, di non essere forte abbastanza.
“Verrò con te” sentenzia con un tono che non ammette repliche.
Per un attimo sono tentata di lasciare ancora una volta  il mio destino nelle mani di qualcun altro. Infondo non è tutto più semplice quando sono gli altri a rischiare al tuo posto? No, la libertà ha un prezzo ed è arrivato il momento che io paghi il mio.
“Adam, ho bisogno di affrontarlo da sola. Lo capisci vero?”
Lui china il capo, affranto. Poi annuisce, lasciandomi libero il passaggio. Raggiungo il portone a passo esitante ma poi mi blocco. La sua voce mi arriva dritta al cuore.
“Se hai bisogno, io sono qui amore mio” urla Adam.
Allora mi giro e incontro il suo sguardo rassicurante, caldo e accogliente. E non ho più paura. 
Quando finalmente apro il portone, l’odore della cucina di Camille mi invade le narici. Mio padre sicuramente starà cenando.
Non faccio fatica infatti a trovarlo comodamente seduto nella sala pranzo mentre beve un bicchiere di vino. Quasi si strozza quando mi vede arrivare.
“Cloe che ci fai qui? Ti hanno forse espulso?” chiede in evidente stato di affanno.
“No, papà. Mi sono espulsa”ribatto, usando le sue stesse parole.
“Cosa intendi con mi sono espulsa?”  dice facendomi  il verso.
“Allora? che succede Cloe?” mi esorta a continuare, subito dopo.
“Ho chiuso papà. Ho chiuso con le tue assurde manie di controllo sulla mia vita. Ho deciso di lasciare Princeton” sputo lì, minacciosa.
Le mie parole devono averlo destabilizzato poiché  il suo viso si fa improvvisamente più pallido.
“Stai scherzando vero?” dice qualche secondo dopo.
“No papà, è tutto vero. Non voglio più assecondare i tuo progetti su di me. D’ora in poi sarò io a decidere della mia vita” rispondo, più risoluta che mai.
“Non sai quel che dici, ragazzina”
“Invece si. Ho scoperto dell’accordo papà. Cosa credevi di controllarmi anche da lontano? Beh, spiacente..il teatrino è finito! Sei solo un’ipocrita, uno che la sincerità proprio non sa dove sta di casa” sbraito. Al contempo sento le prime lacrime scendere. Razza di traditrici.
Non ha senso consumarsi per una persona del genere ma non riesco a non sentirmi ferita. Ho di fronte l’uomo che mi ha donato la vita e allo stesso tempo colui che l’ha gestita –neanche fossi un’azienda- fino a qualche secondo fa.
“Come l’hai scoperto?” domanda, ormai pallido come un cencio.
“Non importa come papà
“L’ho fatto per te piccola. Non volevo ti accadesse qualcosa di brutto lontana da casa” tenta di giustificarsi.
“Hai cercato di comprare una persona per seguirmi, te ne rendi conto?”
“Il denaro non è mai stato un problema, lo sai. E il tuo bene è sempre stato al primo posto” si difende.
“Già, il tuo amato denaro. Hai sempre cercato di compensare le tue negligenze dispensando soldi. Non ti sei mai interessato veramente a quello che desideravo. Il nostro rapporto è sempre stato basato su questa sorta di sottomissione implicita che non ha fatto altro che spalancare l’abisso di rabbia e delusione che provo adesso nei tuoi confronti” concludo ormai allo stremo delle forze.
Mi rendo conto di essere stata molto dura nei suoi confronti ma non trovo altro modo per sfogare tutta la rabbia repressa che ho in corpo.
“Cosa hai intenzione di fare?” chiede, desolato.
“Mi iscriverò all’accademia delle belle arti. La stessa che frequenta Joy. Seguirò l’indirizzo di fotografia e moda come ho sempre desiderato”
“Un’università pubblica?” domanda, non celando un velo di irritazione.
“Si, voglio guadagnarmi quello che avrò grazie alle mie forze. Non per il cognome che porto o la prestigiosità della scuola che ho frequentato” concludo soddisfatta.
“Cloe, se tutto questo è una conseguenza dell’accordo che ho stipulato con il professore, ti prometto che lo revocherò immediatamente” esordisce. Un velo di speranza si è impossessato dei suoi occhi. Crede veramente che basti annullare uno stupido accordo per ripristinare le cose tra di noi? Non capisce che delle semplici scuse andrebbero già meglio?
“Non hai capito niente papà. Voglio poter decidere, voglio essere libera di sbagliare e rialzarmi; perché è solo dai propri errori che si impara”. In questo momento non riesco a riconoscere chi tra noi due è il genitore.
Non so perché ma quando lo vedo sospirare con rassegnazione finalmente capisco di avere vinto.
“Mi abbracci?”.
Quelle due parole suonano come una supplica, volta a lenire l’angoscia e lo smarrimento. Mio padre è parecchio scosso.
Decido di mettere da parte l’astio e l’orgoglio per dare a questo rapporto un briciolo di normalità e lentamente lo avvolgo tra le mie braccia.
“Perdonami Cloe” sussurra, mentre una lacrima rotola giù sul suo volto, ancora stretto al mio ventre.
Tutti gli anni di incomprensioni, bugie e sotterfugi spariscono di fronte alla bellezza di un abbraccio sincero tra padre e figlia.
Io, suo testamento genetico, non posso che perdonarlo e ridare all’uomo che ho di fronte la dignità di padre che ho tanto sbeffeggiato.
Dopo un tempo che mi sembra infinito, esco fuori da quella casa. L’aria gelida di gennaio mi investe in pieno, facendomi tremare. Non ho pensato nemmeno a portare una cappotto, era l’ultimo dei miei pensieri.
Adam è dentro la sua macchina ma non appena esco mi corre incontro e senza dire una sola parola mi stringe a sé, traslandomi il suo calore.
“Hai voglia di raccontarmi cosa è successo?” soffia lui al mio orecchio.
“Si. Prima torniamo a Princeton?”.
**
"Dove stiamo andando?" domando, visibilmente perplessa. Non riconosco in quella che stiamo percorrendo la strada di casa mia.
"E' una sorpresa. Vedrai" risponde Adam. La sua aria solenne, è terribilmente buffa.
"Non dovevamo tornare a Princeton?" chiedo, fingendo di essere offesa.
Ah, di nuovo l'aria corrucciata, stavolta velata dal sospetto di avere sbagliato qualcosa.
Non ce la faccio a trattenermi.
"Scherzavo. Sono curiosa di vedere questo posto" mormoro entusiasta.
Alza lo sguardo e mi fa un breve sorriso di sollievo, ridonando al suo bellissimo volto un'aria rilassata. Un secondo dopo prendo la sua mano e la stringo. E' il mio modo per dirgli che andrà tutto bene.
Percorriamo diversi km e ci addentriamo in una radura apparentemente abbandonata. Adam posteggia la macchina e mi aiuta a scendere, cercando di non farmi inciampare per via delle erbacce alte.
E' un posto isolato e nel buio della notte assume un'aria tetra, quasi spettrale.
"Non avere paura" sussurra, raggiungendomi.
Istintivamente afferro la sua mano e insieme ci addentriamo in quel piccolo boschetto dimenticato dal mondo.
Per quanto mi sforzi, non capisco dove abbia intenzione di portarmi. Non riesco a ricollegarlo a qualcosa di familiare.
Attraversiamo gran parte della boscaglia e ci ritroviamo dinnanzi a quello che una volta doveva essere un parco giochi.
Mi giro verso di lui ma prima che possa parlare mi anticipa.
"Questo parco giochi un tempo mi ha visto bambino, ci venivo a giocare di nascosto. Adam Bexter era un bimbo vispo sai?" ride. Una risata malinconica piena di significati celati dal suo fanciullesco entusiasmo.
"Quando sono diventato più grande non ho provato vergogna nel ritornarci. Ho preso tante decisioni importanti in questo posto. Mi trasmetteva pace, purezza. Con il passare degli anni l'ho visto deteriorare fino a diventare un tripudio di erbacce e ferro arrugginito. Allora non ho potuto fare niente, se non contemplare passivo la sua disfatta" dice, mentre giocherella con un sassolino raccolto da terra.
"Continua.." lo incito.
"L'ultima volta che ci sono venuto è stato quando dovevo decidere se accettare o meno l'accordo con tuo padre" mormora, rattristendosi. Ripensando a quell'accordo sento una fitta al cuore. E' stato parecchio duro averlo scoperto da sola. E il fatto che lui me l'abbia tenuto nascosto mi brucia ancora come una ferita aperta.
"Vieni" dice lui, interrompendo il silenzio che si è creato.
"Ti va di sederti qui, vicino a me?" continua, indicando due altalene vicine.
Lo guardo intensamente, in questo momento si sta mostrando in tutta la sua fragilità, è sincero. Lo gridano i suoi occhi.
Mi siedo sull'altalena accanto alla sua e insieme prendiamo a dondolarci.
E' buffo vedere due persone adulte, iniziare a ridere come bambini quando l'altalena raggiunge una velocità tale da avere l'illusione di toccare il cielo.
"Non voglio perderti Cloe" sussurra, non appena riprendiamo fiato.
Oh, non mi perderai amore.
"Ho detto a mio padre che lascerò Princeton" dico tutto ad un fiato.
"Cosa?" domanda lui, sgranando gli occhi.
"Princeton non è la facoltà adatta a me. Ho sempre sognato di studiare altro"
"Dove andrai?" chiede, mentre la sua voce diventa più fievole.
"Mi iscriverò all'accademia delle belle arti, la stessa che frequenta Joy. Ma al contrario suo io seguirò l'indirizzo di fotografia e moda"
"L'accademia di Trenton?"
"Si" rispondo, consapevole dei suoi pensieri in questo momento.
"E così, andrai via piccola Cloe eh?" fa eco lui, quasi stesse parlando a se stesso.
Ora la sua andatura è più lenta e il ferro arrugginito dell’altalena scricchiola di rimando. Un moto di tristezza mi pervade, notando i suoi occhi privi di quella vivacità che ho imparato a conoscere bene. Ma se è vero che il destino lo costruiamo piano piano, facendoci guidare dalle emozioni, allora voglio iniziare a scrivere il mio da oggi.
Salto giù dalla mia altalena e in una falcata lo raggiungo, ponendomi di fronte. Afferro le sue mani e le tengo salde alle mie in una morsa che spero possa trasmettergli tutto l’amore che provo nei suoi confronti.
“Si, è vero, andrò via da Princeton. Hai dimenticato, però, un piccolo elemento..
Se andrò via da Princeton non sarò più una tua alunna. Saremo semplicemente Cloe eAdam, due persone che si amano. Liberi da costrizioni sociali, anche una coppia strampalata come la nostra può farcela. Non mi fa paura la differenza d’età, la  distanza e se per te..” non riesco a continuare la frase, poiché le sue labbra repentinamente si appropriano delle mie.
Oh, come è dolce il sapore della libertà.
Le nostre labbra si attorcigliano fameliche l’una alla ricerca dell’altra. I nostri sapori si mischiano, addolcendo i sospiri divenuti più accelerati. Scioglie le sue mani dalle mie e ne porta una a tenermi la nuca, quasi volesse imprimermi quel bacio. L’altra vaga sul mio corpo fremente.
Può un bacio essere più eloquente di mille parole?
In quel bacio riscontro il suo totale abbandono, la sua dedizione e il suo amore. Protagonista incontrastata è la passione che ci divora; non possiamo fare a meno di sfiorarci e gustare il sapore dell’altro come fosse il cibo più prelibato al mondo.
“Dovremmo andare o rischiamo di prenderci un brutto raffreddore” suggerisce Adam mentre è intento a spogliarmi. Le sue guance rosse sono come fanali nel buio della notte e le sue mani disegnano sul mio corpo autostrade di piacere.
“Hai ragione ma non importa. Penseremo dopo al raffreddore” ribatto, attirandolo definitivamente a me.
La sua scia di baci si fa sempre più intensa ed evitando di cadere ci sistemiamo sopra i nostri vestiti che fungono da materasso sopra l’erba gelida.
Ora il suo corpo possente e delineato è scagliato sul mio, avido del suo tocco.
Seppur è tutto buio giurerei di vedere affiorare un sorriso, un largo sorriso, sulle sue labbra mentre eliminiamo ogni distanza sia fisica che mentale.
Chiudo gli occhi e respiro appieno il suo profumo; forte e deciso si sincronizza perfettamente con i suoi movimenti.
E’ dolce ma esperto, depositario di incandescenti sensazioni che crescono, crescono così tanto da farmi raggiungere la parte più alta e auspicabile di un piacere nuovo, consapevole e libero di manifestarsi in tutta la sua bellezza.
**
La parte più difficile delle partenze è dare l’addio a quelle persone che sono passate attraverso la tua strada e ne hanno rivoluzionato il corso.
Sono un po’ nervosa e continuo a torturarmi le dita mentre aspetto Kevin. Ci siamo dati appuntamento ai giardinetti di Princeton come facevamo abitualmente. Adam non è stato per niente contento della mia decisione ma una parte di me sa che è giusto salutarlo. E’ pur sempre un mio amico, anche se il mio fidanzato sostiene che Kevin possa non considerarsi solo un semplice amico.
“Cloe” mi sento chiamare da una voce familiare ma evidentemente sotto tono.
“Kevin” esulto, abbracciandolo.
“Perché hai voluto salutarmi?” chiede lui, liberatosi delle mie braccia.
“Che domande sono? Non potevo andarmene senza prima averti salutato” affermo, spazientita dalla sua vena critica.
“E’ un addio, giusto? Ti ha costretto lui a liberarti di me, patetico” sentenzia.
“Non mi sto liberando di te, per diamine Kevin ma che ti prende?” chiedo, fissandolo a lungo per capire.
Improvvisamente il suo viso si fa troppo vicino e le sue labbra si poggiano sulle mie. Un bacio duro, risentito. Quando mi desto dal torpore che quel bacio mi ha provocato, la mia mano -quasi avesse propria autonomia- si scaglia sul viso di Kevin con una veemenza inaudita. Un secondo dopo, mi rendo conto del gesto e alquanto frastornata cerco di scusarmi.
“Scu-scusa non era mia intenzione” dico, prontamente.
Il gelido dei suoi occhi mi trafigge, scuotendomi fino in fondo. Che succede? A volte le sensazioni prendono una via del tutto inaspettata.
“Cloe, non tornare da lui. Resta con me” inizia a dire lui.
“Perché?” domando, interrompendolo.
“Perché è con me che dovresti stare, io e te siamo più simili di quanto pensi. E se quello che c’è stato tra di noi è valso qualcosa, allora resta”
“Quello che c’è stato tra di noi, è solo finzione. L’amore è altro Kevin” sputo lì, inacidita.
“L’amore è agire alle spalle?” mi sfida lui. Il suo è un riferimento poco velato all’accordo tra Bexter e mio padre. Se mi avesse sferrato un pugno in piena faccia, avrebbe fatto di certo meno male di quell’affermazione. A volte le parole sono più taglienti di lame affilate.
“Tu non sai cosa significa amare. Non avere la presunzione di giudicare quello che provo per Adam” ribatto, inalberata.
“E così io sarei insensibile, giusto? Cloe, apri gli occhi. Credo proprio di avere scoperto cosa significa amare..” sussurra, avvicinandosi ancora una volta.
Se c’è una caratteristica che descriva a pieno Kevin è senza dubbio la tenacia. Non si arrende facilmente.
“Allora dovresti lasciarmi andare. Volere il mio bene e la mia felicità. Ed io sono felice accanto a lui, mettitelo in testa” dico, indietreggiando di qualche passo.
In questo momento mi sento la preda di un abile predatore.
“E’ un arrivederci, non un addio. Mettitelo in testa” afferma scimmiottandomi, prima di girare le spalle e lasciarmi immobile e senza parole.
Più tardi racconto ad Adam l’accaduto privandolo dei particolari più fastidiosi e la sua reazione non è delle migliori, come immaginavo.
“Stupido ragazzino. Chi si crede di essere? Giuro che..” inizia a dire minaccioso.
“Shhh, io voglio te. Questo gli è chiaro..”
“Pretendo che tu non gli rivolga più la parola. Non scherzo Cloe, non sopporto che possa girarti intorno” afferma con tono burbero.
La sua bellezza non è minimamente scalfita dall’espressione accigliata e dai capelli scarmigliati.
“Si calmi professor Bexter. Io la amo” dico, spiazzandolo.
“Signorina Downey, devo forse ricordarle che non sono più il suo professore?” ammicca lui, rilassandosi.
“Oh, che peccato. Avevo in mente una punizione esemplare..” lo stuzzico.
“Possiamo fingere che lo sia ancora..” ribatte lui roco, prendendomi in braccio, dirigendosi verso la sua camera da letto.
UN MESE DOPO: Trenton.
Saltello nel letto della mia nuova stanza come una forsennata al ritmo di Live my life dei Far east movement e quasi non mi rendo conto che Ben mi guarda trattenendo a stento una risata fragorosa. Allora mi fermo di colpo, rischiando di perdere l’equilibrio e cadere rovinosamente a terra. Oh, in quel caso il mio amico non si tratterrebbe di certo.
“Ben, che ci fai qui?” chiedo allegramente, mentre metto un piede a terra.
“Sono venuto a trovare Joy e la mia ex migliore amica depressa . A proposito l’hai vista in giro?” dice scherzando.
“Scemo, sono felice e allora? Mi vuoi vedere triste come prima?” lo bacchetto.
“Scherzi? Eri una palla al piede. Senza contare che stavi mettendo diversi kg a furia di mangiare schifezze” continua a prendermi in giro.
Mi avvicino a lui, facendo finta di essere furiosa e pronta all’attacco ma poi gli salto al collo, stritolandoglielo quasi.
“Ei voi due, rendetemi partecipe della riunione” esordisce Joy, abbracciandoci entrambi.
Avete mai avuto la sensazione di assoluta felicità? In questo periodo è una costante nella mia vita. Finalmente studio quello che mi appassiona di più, circondata da professori validi e compagni di corso gentilissimi e disponibili a rendermi il materiale delle lezioni che ho perso nei mesi precedenti. Vivo con la mia migliore amica in un appartamento modesto ma carino. Non ho mai voluto fare sfoggio delle mie ricchezze e continuo a non volerlo, tranne quando devo farle dei regali. Joy va pazza per i peluche e i cioccolatini raffinati italiani.
Mio padre non è mai venuto a trovarmi ma chiama ogni settimana per avere mie notizie. Sospetto che non lo vedrò per un bel po’, si sente ancora in colpa per l’accordo con Adam.
Il mio ex professore nonché attuale fidanzato continua a svolgere la sua professione a Princeton e appena ha un giorno libero o nei week end, mi raggiunge inondandomi di progetti e amore, tanto tanto amore. Non avrei mai creduto di poter amare qualcuno totalmente.
“Oggi è San Valentino. Il professore non viene?” mi chiede Ben con un pizzico di sarcasmo. Non ha ancora digerito del tutto la vicenda dell’accordo.
“Non può, domani deve tenere una lezione” rispondo, incupendomi.
“Togli via quel musetto triste, preferisco vederti scatenare come una pazza al ritmo di quella stupida canzone che ascoltavi prima” dice, pizzicando la mia guancia con le dita.
“Hai ragione, amico. Vado a fare qualche foto, la prossima settimana ho un compito importantissimo” dico, dileguandomi.
Trenton mi accoglie con le sue mille luci, il rumore del traffico e la moltitudine di persone che passeggiano. Ognuno con la propria storia, le sue origini, i suoi perché.
Eppure tutte legate a questa magnifica cittadina.
I negozi, le vie, gli edifici sono tutti impreziositi da mille decorazioni a tema con la festa degli innamorati. Non credo in queste feste del consumismo, eppure vorrei poter avere anch’io la persona che amo al mio fianco.
Cammino pensierosa attraverso il lungo ponte illuminato, scattando qualche foto qua e là. Ci sono paesaggi stupendi che lascerebbero senza fiato chiunque. Mi desto dall’incantevole visione del fiume che scorre placido sotto i miei piedi. Oh, quanto vorrei aver preso un autobus e aver raggiunto Adam. Ma quando non puoi tornare indietro l’unica cosa da fare è guardare avanti. E come fosse magia, come se qualcuno avesse ascoltato il mio desiderio, dalla direzione opposta la figura di Bexter fa capolino.
Ha l’aria di un guerriero fiero e solenne mentre avanza a passo deciso verso di me.
Sono talmente felice di vederlo che non presto attenzione all’enorme mazzo di rose blu che ha in mano.
“Per te, amore mio. Per noi” dice non appena mi raggiunge, baciandomi teneramente. Tutto intorno, la vita scorre ai suoi soliti ritmi frenetici.
“Che ci fai qui?” chiedo, appena riesco a prendere fiato.
“Ho rimandato la lezione. Ci meritiamo una serata tutta per noi..”
“Joy e Ben sapevano..” improvvisamente tutto mi è chiaro.
“Si,li ho avvisati del mio arrivo. Ci lasciano casa libera”
**
“E’ tutto squisito Adam” dico, poggiando la forchetta.
E’ stato veramente carino e mi ha preparato una cena con i fiocchi. Era tutto delizioso e semplice come piace a me.
“Abitare da solo, ha i suoi vantaggi. Ho imparato a cucinare da Dio” ribatto strizzandomi l’occhio.
“Modesto eh?”
Ridiamo insieme a crepapelle poi improvvisamente lui si fa serio.
“Voglio che parli a tuo padre di noi. Ho intenzioni serie con te Cloe”
Mormora fissandomi negli occhi. Distolgo lo sguardo per qualche secondo smarrita dalle sue parole e emozionata a tal punto da non sapere cosa dire.
“Questo è per te” continua, donandomi un pacchetto piccolo con un enorme fiocco rosso.
“Cos’è?” chiedo titubante.
“Aprilo” ordina.
Spoglio delicatamente il pacchetto dalla carta regalo che lo fascia e lo apro timidamente.
Due piccolini anellini color argento, brillano alla luce fioca del lampadaio.
Ne estraggo uno e noto all’istante una piccola incisione all’interno.
“Lux et amor” sussurro, leggendola ad alta voce.
“E’ quello che hai portato tu nella mia vita” aggiunge lui.
“E’ bellissima” dico, baciandolo.
Quel bacio troppo casto si trasforma ben presto in qualcosa di più profondo, sentito e tremendamente voluto.
Qualche minuto dopo ci stacchiamo per riprendere fiato e lui ne approfitta per mettere quel piccolo ma grande simbolo al mio dito.
Senza esitazioni faccio la medesima cosa, sono al settimo cielo.
“La prossima settimana ci sarà la presentazione del mio libro su Dante. Vorrei che ci fossi tu al mio fianco, in parte hai contribuito alla sua realizzazione” dice.
“Ma ci vedranno tutti..”
“E’ quello che voglio” conclude, baciandomi ancora.
 
SPAZIO AUTRICE:
Buona sera a tutte!!! Eccoci qui, al tanto atteso epilogo. Spero di non aver deluso le aspettative di nessuno.. Spero anche che questa storia vi abbia fatto sorridere, emozionare, appassionare.. spero che i miei personaggi vi abbiano tenuto una piacevole compagnia.. le mie speranze sono riposte nei commenti di chi vorrà dirmi la propria opinione. Approfitto per ringraziare chi ha letto la storia e chi l’ha recensita, siete state un grande supporto. Concludo con un dubbio che mi è rimasto..fare o meno un sequel. Beh nell’attesa vi mando un bacio e ribadisco il mio account fb:LADI PO. Presto inizierò anche una nuova storia..seguitemi lì per maggiori info. :)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1355508