Echo;

di Pan
(/viewuser.php?uid=141315)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduction to destruction; ***
Capitolo 2: *** Finding beauty in negative spaces; ***
Capitolo 3: *** Casually dropped in a line designed to keep you next to me; ***
Capitolo 4: *** Keep your head up, even when you're falling down; ***
Capitolo 5: *** We just now got the feeling that we're meeting for the first time; ***
Capitolo 6: *** Waiting for someone or something to show you the way; ***



Capitolo 1
*** Introduction to destruction; ***


 

Introduction to destruction

Siamo come le calamite. Una calamita non è ansiosa di sapere come funziona. É quello che è e, per la sua stessa natura, attrae alcune cose e lascia stare le altre.’



Steve si lasciò cadere sulle gradinate del campo da football, un panino in una mano, lo zaino mollemente adagiato in spalla. Era stata una giornata sfiancante, l’ anno scolastico era appena iniziato, ma sembrava che ogni insegnante tenesse a ricordar loro che quell’ anno avrebbero avuto gli esami per il diploma, caricandoli di lavoro, come se non bastasse, la sua auto, una vecchia Ford Bronco del 1987, ereditata dai suoi genitori, aveva deciso di spirare nel posteggio della scuola, quindi era bloccato lì, in attesa che Peggy, la sua migliore amica, venisse a prenderlo.
Mentre divorava il suo panino, gli sembrava di non mangiare da secoli- ed era probabilmente dovuto al fatto che non aveva fatto pranzo per ripassare per il test di biologia- tirò fuori dal suo zaino rosso un album da disegno e una bic nera , in campo i ragazzi dell’ ultimo anno si stavano allenando, facendo passaggi e scatti  per il prato.
A Steve non interessava un granchè il football, nonostante con il fisico che possedeva  – frutto di lunghe sedute in palestra negli anni precedenti –  non avrebbe avuto nessun problema ad entrare in squadra, ma lui era poco interessato a questo genere di cose, preferiva usare il suo tempo libero per  disegnare o leggere, quindi lasciò vagare lo sguardo per il campo, più affascinato dalla meccanica del corpo umano, che dal gioco.
Aprì lentamente il blocco, in cerca di  qualcosa che valesse la pena disegnare, lasciando vagare lo sguardo sul campo: i giocatori si erano divisi in due gruppi, uno si allenava sui placcaggi, l’ altro sui lanci corti.
La sua attenzione fu catturata da un ragazzo nel gruppo dei lanci, che non riconobbe subito, atletico e smilzo, se messo a confronto con i giocatori, con i capelli castani spettinati dall’ attività fisica, di statura media, ma che evidentemente non faceva parte della squadra, dal momento che non indossava l’ uniforme, ma stava comunque facendo due tiri con i giocatori, che sembravano voler passare il pallone frequentemente a lui, quasi  a compiacerlo, il quale però non sembrava particolarmente interessato, vista la poca energia che metteva nei lanci.  
Per il tempo di una sinapsi, Steve non si rese conto di star fissando Anthony Edward Stark, il ragazzo in assoluto più popolare,più bello e ricco di tutta la scuola.
Nonostante Steve fosse in quella scuola solamente da una settimana, si era già fatto un’ idea piuttosto chiara su che tipo fosse Stark (Peggy aveva ritenuto fondamentale indicargli tutte le personalità ‘di rilievo’ della scuola) era il tipico ragazzo ricco e strafottente,  narcisista ed egocentrico. Stark oltre ad essere popolare per questo, lo era anche per l’ incredibile intelligenza di cui era dotato: i suoi voti erano i più alti del suo anno ed era risaputo che aveva collaborato ad alcuni progetti  con il padre Howard - praticamente una leggenda vivente nel campo della scienza-  che aveva anche finanziato la costruzione del planetarium della scuola.
Era sempre in gruppo con altri figli di papà come Jim Rhodes, Loki Laufeyson e Clint Barton o perennemente attorniato dalle Cheerleader, come quella tizia, Pepper, se non ricordava male. 
E sembrava che tutti fossero invitati alle feste migliori, che avessero i vestiti migliori, le vite migliori.
Anthony Stark era esattamente il tipo di ragazzo che Steven Rogers odiava.
Nonostantequesto, non poteva far a meno di pensare che fosse bello, maledettamente bello.
Staccò un foglio per poter lavorare più liberamente e cominciò ad abbozzarne distrattamente la figura – per scopi puramente artistici, continuava a ripetersi - approfittando del fatto che il gruppo si fosse avvicinato un po’ di più agli spalti e cercando di non passare per un maniaco mentre lo guardava, non fissandolo troppo a lungo e di non guardando mai quando guardava nella sua direzione. 
‘Che stai disegnando?’ Steve sobbalzò violentemente, chiudendo di scatto l album. ‘Gesù, Peg, vuoi farmi venire un infarto?’ bofonchiò mentre riponeva la penna dentro l’ astuccio. ‘L’ idea era quella’ gli rispose sorridendo ‘Sono felice di vedere quando sei entusiasta che io sia venuta a salvarti dopo l’ ammutinamento della Bronco… dai Cenerentola, muoviti, che sono già in ritardo e mi tocca pure scarrozzare te a casa’ continuò, fintamente offesa.  ‘Signorsì, signora!’ rispose Steve sorridendo, mentre scattava sull’ attenti e prendeva le sue cose ficcandole alla rinfusa nello zaino rosso, non accorgendosi di un foglio che era scivolato via dall’ album e ora giaceva per terra, poco più in là.
‘Dovresti prendere il considerazione l’ idea di prendere una macchina nuova,’ disse Peggy mentre salivano in macchina ‘che non risalga all’ anteguerra, ad esempio.’
‘La Bronco è stata una fedele compagna fino ad oggi, non puoi biasimarla, ha resistito benissimo fino ad ora,’ ribattè Steve, ‘spero solo che in officina riescano a rianimarla…’
‘Ho paura di sì, piuttosto, hai trovato qualche corso extra da seguire che ti dia crediti?’*
‘Stavo pensando a quello di arte, veramente.’ Bofonchiò il ragazzo guardando fuori dal finestrino.
‘Sono sicura che il professor Thompson ti accoglierà a braccia aperte. E’ cosa buona e giusta che tu possa sfruttare il talento che hai.’
Steve annuì poco convinto, continuando a fissare il panorama che gli sfrecciava di fianco.





Tony stava facendo due tiri con il pallone con fare annoiato, era venuto lì perché la sua maschera lo richiedeva: per mantere alta la sua popolarità doveva stare con i suoi ‘simili’, anche se non aveva davvero voglia di star lì.
Non era molto interessato agli sport, però in una scuola dove il football rappresenta uno dei fattori di maggior rilievo per esser popolare non poteva disinteressarsene in maniera totale, quindi quel pomeriggio era rimasto a scuola a vedere gli allenamenti degli altri e aspettare che il suo migliore amico, Rhodey, finisse gli allenamenti per andare a fare un giro insieme.
Mentre reprimeva uno sbadiglio notò sulle gradinate un ragazzo biondo, con quello che sembrava essere un quaderno o un album da disegno in mano. Non gli sembrava di averlo mai visto e per un ragazzo popolare come lui era davvero strano. Infatti per quanto gli risultasse impossibile ricordare i nomi di tutti quelli che gli venivano presentati, le facce le sapeva riconoscere, aveva sempre avuto un’ ottima memoria fotografica,e non ricordava di aver mai visto prima quel ragazzo, che in qualche maniera però gli appariva familiare.
Sembrava totalmente fuori posto, stava lì seduto, da solo, con l’ album appoggiato sulle ginocchia e una mano appoggiata sul mento, lo sguardo perso nel vuoto, pensando a chissà cosa, e gli parve  interessante.
Che lo avesse visto a qualche festa? Improbabile, non gli sembrava esattamente un festaiolo.
Mosso dalla curiosità e con la scusa di un lancio un po’ più lungo, si avvicinò alle gradinate per cercare di osservarlo meglio, da quella distanza non riusciva a distinguerne dettagliatamente i lineamenti del viso, però gli sembrò che si girasse velocemente nell’ istante in cui i loro sguardi si erano incrociati, e nel mentre aveva cominciato a scarabocchiare qualcosa su quello che era decisamente un album.
Poi arrivò una ragazza con i capelli rossicci, lei l’ aveva già vista, com’è che si chiamava? Pearlie? Penny? Peggy? --non riusciva a ricordarselo, poco importava- che cominciò a parlare con il biondo sorridendo, che dopo poco si alzò e se ne andò con la ragazza; Tony li guardò andar via con una punta di risentimento, alla quale non avrebbe saputo, nè gli interessava, dare un perché.
Poco dopo gli allenamenti, grazie a Dio, finirono, e mentre i ragazzi si andavano a fare una doccia, Tony, che praticamente non aveva una goccia di sudore addosso, si andò a sedere sugli spalti.
Era abbastanza seccato, sperava che Rhodey muovesse il culo, non era abituato ad aspettare gli altri, semmai erano gli altri ad aspettare lui, e l’ idea di stare lì a far la muffa non lo allettava nemmeno un po’. Decise di approfittare del tempo che aveva per godersi gli ultimi raggi estivi, inforcò i suoi immancabili occhiali da sole, si stese sulle gradinate e si stiracchiò come un gatto.
Era stata una giornata noiosa e stancante, detestava stare seduto ad ascoltare delle stupide lezioni, come quella di letteratura inglese di quel mattino. Che gli importava di Giulietta e Romeo? Quei due erano degli idioti, Romeo in primis. Cosa  gli costava piangere la morte della sua amata un po’ più a lungo da scoprire chessò, che era ancora viva? No, troppo difficile, molto meglio uccidersi. Bah, un’ esagerazione unica.
Mentre era ancora assorto a pensare sull’ inutilità di Shakespeare, sentì un vociare dagli spogliatoi femminili, forse se i ragazzi ci mettevano abbastanza, sarebbe riuscito ad assistere all allenamento delle cheerleader e quella prospettiva non era niente male, le gambe delle ragazze lasciate scoperte dalle divise indecentemente corte, che poi si sollevavano ulteriormente durante i salti, non erano decisamente niente male.
Mentre cambiava posizione e rifletteva su quante adulazioni avrebbe potuto prendere dalle ragazze, notò un foglio di carta per terra, era troppo liscio e pulito per essere una cartaccia buttata volontariamente da qualcuno, quindi allungò il braccio, nella speranza di trovare almeno un volantino di una festa da leggere.
Sgranò gli occhi sorpreso, quello che aveva tra le mani non era decisamente un volantino, ma qualcosa di centinaia di volte più interessante: una copia abbozzata di se’ lo fissava di rimando dal foglio.
Tony sogghignò e infilò il foglio con cura nella sua tracolla.
Il biondo sembrava decisamente interessante.






*Non ho idea se in America ci siano attività extra che diano crediti come qui in Italia, l’ ho inserito perché mi serve ai fini della storia.

Deliridifondopagina: Saaaalve a tutti, questa è la mia primissima fanfic in generale, quindi spero che il primo capitolo non sia venuto un obbrobrio ¡~¡
L’ idea di scrivere qualcosa riguardo Steve e Tony mi frullava nella testolina da qualche mese, ma non avevo mai un’ idea decente, spero che questa AU!HighSchool lo sia u.u
Il titolo di questo capitolo è un riferimento puramente casuale ai Sum 41 c:
Ringrazio tutti quelli che han letto fin qui, siete stati brrrravissimi (ci sarà qualcuno che legge, vero? ç_ç)
A breve dovrei cambiare nickname con qualcosa di più pratico di questo – che è kilometrico- quindi se trovate la storia con un nome diverso -col quale comincio già a firmarmi - sono sempre io (:
Se recensirete farete la mia felicità e vincerete un biscotto! :3  
Al prossimo capitolo, (spero di poter aggiornare una volta ogni una o due settimane) cià!
Pan;

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Finding beauty in negative spaces; ***


Finding beauty in negative spaces;
 

‘Ci eravamo incontrati perché doveva succedere, e anche se non fosse stato quel giorno, prima o poi ci saremmo sicuramente incontrati da qualche altra parte.’



Steve si diresse verso il fondo dell’ aula, puntando un banco in ultima fila, vicino alla finestra.
Lanciò uno sguardo pensoso ai banchi in prima fila: se poteva scegliere, solitamente si metteva lì per poter prendere appunti e seguire la lezione, ma non essendo molto entusiasta del  club di arte ed essendo di pessimo umore per il voto di biologia, tirò dritto.
Era arrivato per primo e l’ aula era deserta, decise quindi di guardarsi intorno: l’ aula era abbastanza spaziosa, c’ era un armadio di legno vicino alla porta, che sembrava contenere materiale artistico, mentre vicino al suo banco c’ era una mensola che reggeva su di sè il peso di parecchi libri di arte impolverati, dato che nessuno li consultava.
Fece scorrere il dito sul dorso di un libro su Picasso, mentre si chiedeva per l’ ennesima volta perché si trovasse lì.
Perché detesti il football, riconosci a stento i pezzi dello scacchi e se provassi a prendere uno strumento musicale e a suonare, probabilmente faresti piangere qualcuno. E soprattutto perchè hai un disperato bisogno di crediti, se vuoi finire l’ anno con dei risultati degni di tal nome, visto che di fisica e biologia fai schifo.
Nonostante disegnare per lui fosse una vera e propria passione, aveva riempito album su album di disegni, dalle persone sul pullman al gatto dei vicini, non faceva mai vedere i suoi schizzi a nessuno, lo trovava imbarazzante, un po’ perché dentro i suoi disegni finiva per metterci una parte di se’, un po’ perché un liceale che preferisce passare il suo tempo a leggere e a disegnare, nel  99% dei casi viene etichettato come uno sfigato.
Ed era per quello che quando si era accorto di aver perso il disegno che aveva fatto due settimane prima, si era leggermente innervosito.
Tra tutti i disegni poi, proprio quello.  
Sbuffò, scuotendo la testa come per farne uscire il pensiero di quello stupido disegno. Perlomeno nessuno lo aveva visto mentre lo faceva, quindi non si poteva risalire a lui. In ogni caso, pensò con una punta di speranza, aveva anche piovuto, quindi era possibilissimo che si fosse distrutto sotto la pioggia.
Sempre assorto, si mise al suo posto guardando fuori: le foglie già cambiavano di colore.
Le foglie in autunno gli erano sempre piaciute, da piccolo guardava con meraviglia il bosco dietro casa sua, che nella fredda luce autunnale sembrava dorato, si piazzava sotto gli alberi, tendeva le sue manine paffute verso il cielo e sorrideva incantato se una foglia si staccava e volteggiava verso di lui.
Ma  questo succedeva secoli prima, quando la sua famiglia era ancora tutta unita, quando erano tutti foglie attaccate allo stesso ramo e si illudevano di poter superare l’ inverno, beffandosi del destino.

Un sorridente Steven di sei anni che corre nel bosco, bardato da giubbotto, sciarpa e cappello, che si bea dello scricchiolio delle foglie saltandoci sopra. ‘Papà non possiamo riattaccare le foglie agli alberi?’ Suo padre lo guarda e ride ‘No Stevie, ci pensano gli alberi a metterne su di più belle in primavera!’ ‘Ma perché non le tengono tutto l anno? Non hanno freddo?’ chiede, sinceramente preoccupato. Come fanno gli alberi se non li coprono le foglie? Deve pensarci lui con una coperta? O magari con un abbraccio, mamma lo abbraccia sempre quando ha freddo, prima di mettergli addosso un’ altra maglia e portargli qualcosa di caldo. ‘Non ti preoccupare, che li copre la neve.’ ‘Anche se è fredda?’ ‘Anche se è fredda.’

Si ridestò di scatto, sentendo il professore entrare.
 Non si era minimamente accorto che la classe si fosse riempita, non si stupì più di tanto: infondo arte era un corso facile, per quanto fosse da sfigati, contava l’ averci provato, non tanto il risultato, quindi era abbastanza semplice accaparrarsi una sufficienza.
Vicino al professore c’ era una ragazza alta, con i capelli dello stesso colore delle foglie arancioni fuori dalla finestra, la cheerleader amica di Stark. Che ci faceva lì? Non aveva ponpon da agitare e balletti da fare?
 Di lì a poco le sue domande ebbero risposta: Pepper era la figlia del proprietario di una galleria d’ arte famosissima, quindi si era candidata come presidentessa del club di arte.
Perché non era sorpreso? Magari il presidente del club di musica era il nipote di una rockstar.



Tony stava fumando nel parco della scuola, aveva una decina di minuti prima di dover tornare dentro l’ edificio per scontare un’ ora di detenzione: si era addormentato di nuovo durante le lezioni, essere il figlio di Howard Stark aveva i suoi privelgi, ma fino a un certo punto, dopo la quarta volta che capitava in una settimana, i professori avevano dovuto far qualcosa.
Scenerò distrattamente, guardando l’ edificio. Non aveva alcuna voglia di rientrare lì dentro.
Sbuffò sonoramente, perlomeno avrebbe potuto fare un giro con Pepper, lo scarceravano proprio quando lei finiva con il club dei piccoli artisti.
Contrariamente alle voci che giravano, lui e Potts non erano una coppia, c’ era stato un tempo, all’ inizio del liceo in cui lei era stata una possibilità, ed erano anche usciti insieme qualche volta, ma quando si erano baciati per la prima volta, erano al cinema a vedere uno stupido film romantico di cui non ricordava nemmeno il nome, non aveva provato assolutamente nulla.
Tony però aveva avuto modo di affezionarsi a lei e non aveva voluto usarla, come faceva solitamente con le ragazze, quindi avevano continuato a frequentarsi, complice anche la stessa cerchia di conoscenti, però solo come amici.
Mentre osservava la triste facciata dell’ edificio, lanciò via il mozzicone di sigaretta, espirando l’ ultimo tiro.
Probabilmente era già in ritardo, guardò lo schermo del cellulare, che gliene diede conferma.
‘Che palle. Stupide ore di detenzione. Stupidissima scuola.’ Calciò via una lattina abbandonata  vicino alle scale ed entrò.

Quaranta minuti dopo rischiava di addormentarsi di nuovo.
Aveva finito i compiti di punizione dopo i primi dieci minuti, la matematica di quel livello, per uno che era stato cresciuto in casa Stark, era uno scherzo, e il restante del tempo aveva mandato messaggi di nascosto e cercato di rimanere sveglio il più possibile.
Magari poteva mettersi gli occhiali da sole. Forse non gli avrebbero detto nulla. O forse sì.
A volte gli veniva voglia di vedere qual’ era il limite tracciato dai professori.
 Sapeva perfettamente che con il cognome che si portava dietro le regole per lui erano molto più flessibili, ma non c’ era mai stato un confine, i professori si limitavano a chiudere un occhio sui suoi saltuari dieci minuti di ritardo, se lo vedevano in giro per i corridoi o se una volta o due si addormentava durante le lezioni.
A volte gli veniva voglia di saltare sui banchi, solo per vedere se qualcuno avrebbe avuto il coraggio di dirgli di smettere, di metterlo in punizione, di sospenderlo.
A volte gli veniva voglia di dare di matto in mezzo ad un corridoio, solo per vedere se qualcuno avrebbe smesso di parlargli, di frequentarlo, di leccargli il culo e regalargli sorrisi finti.
Ma era quasi sicuro di no.
Fece scivolare una cuffietta nella manica del maglione, tirando il cavetto, in modo da avere l’ auricolare appoggiato al palmo della mano, così da potercisi appoggiare e ascoltare la musica, e accese l’ iPod.
 Superò velocemente la playlist con tutte le canzoni del momento, canzoni che provvedeva a rimuovere ciclicamente da lì non appena passavano di moda, per andare sulla playlist rock.
Indeciso tra i vari titoli, mise in riproduzione casuale, il suo fido amico elettronico gli inondò le orecchie con le prime note di Highway To Hell, che era sicuro l’ avrebbe tenuto, se non sveglio, almeno con gli occhi aperti.
Sbadigliò, appoggiandosi al banco, ultimamente aveva sempre sonno, - colpa delle ore passate notturne impiegate a lavorare ad un progetto di suo padre – e più che schiacciare un pisolino, avvertiva il bruciante desiderio di caffeina, gli sembrava quasi di avvertirne l’ odore nell’ aria.
Decise che appena uscito da quel posto, la sua prima meta sarebbe stata sicuramente uno Starbucks.



Steve, due aule più in là, era impegnatissimo nella copiatura di una natura morta.
Sapeva perfettamente che sarebbe finita così, a disegnare uno stupido cestino di mele.
Sin da quando il professore aveva detto ‘La prima lezione partiremo con qualcosa di semplice, per vedere il vostro livello; ritirerò i vostri disegni la prossima volta.’ Steve sapeva che sarebbe finita col ricopiare qualcosa.
Quando poi il professore aveva cominciato a tirare fuori la frutta dalla borsa, gli era venuto sinceramente da piangere.
Fortunatamente era quasi finita per quel giorno, mancava una manciata di minuti e poi sarebbe stato libero di andare a casa.
Il professore decise che poteva andarsene, lasciando la classe a Pepper, contemporaneamente Steve decise che poteva smetterla di fingere interesse e di ritoccare le tre mele che spiccavano sul foglio bianco.
Per un attimo guardò speranzoso la ragazza, magari li avrebbe lasciati uscire, ora che il professore se n’ era andato, ma qualcosa nell’ occhiata che Pepper lanciò a tutta la classe, gli disse di no.



Tony decise di usufruire dei suoi privilegi e di sgattaiolare via dieci minuti prima, il professore che faceva sorveglianza non alzò nemmeno gli occhi dal giornale, e uscito dall’ aula tirò un sospiro di sollievo: mai i corridoi avevano avuto un aspetto così felice.
Si avviò deciso verso l’ aula di disegno, che fortunatamente era vicina.
 Sembrava che non ci fosse nemmeno il professore all’ interno, solo Pepper, che alla cattedra, si assicurava non scappasse nessuno.
Sorrise al pensiero di una Potts carceriera e carcerati che dipingevano e bussò energicamente alla porta, decidendo di farle compagnia.
Lei aprì la porta e lo accolse con un sorriso.



Mentre era mollemente abbandonato sulla sedia, immerso nei suoi piani di fuga, che andavano dal cloroformio all’ assassinio di Pepper con una matita, bussarono alla porta.
 Rogers subito si tirò su, da bravo studente modello il quale era, pensando che Thompson avesse deciso di tornare in aula, cercò di darsi un contegno e impugnò con scarsa convinzione la matita.
Pepper doveva essere dello stesso avviso, visto che era nuovamente in piedi.
Ma quello che entrò dalla porta, non era decisamente il vecchio professore d’ arte.





Deliridifondopagina:  Cccciao ragazzi, sono sempre io, Pan,  il vostro capo!
Finalmente mi han cambiato il nickname! *lancia coriandoli*
E ho anche cambiato titolo alla storia *tossisce con fare noncurante* dopo una lunghissima tribolazione, ho optato per questo, dal momento che la storia si stava formando nella mia testolina, stava allegramente prendendo il largo dall’ idea di base, che comprendeva ciottoli e ricordi, per l’ appunto.
 Questa volta il capitolo è venuto un po’ tanto più lungo, tanto che sono stata costretta a toglierne un pezzo e a farlo diventare parte del capitolo 3, perché stavano succedendo troppe cose in un solo capitolo.
Però dal momento che l’ ho dovuto dividere, è fattibile che aggiorni presto v.v
Questa storia sta prendendo possesso di me, fa quello che vuole lei. (?)
So che questi due primi capitoli possono esser sembrati un po’ ‘lenti’, ma voglio far le cose per bene, dal prossimo capitolo comunque, le cose cominceranno a smuoversi v.v
Ringrazio tutti quelli che leggono, ma soprattutto ringrazio tantissimo:

 Harabell e LoviLovi che han messo Echo; nei preferiti,

A n o n y m o u s Rei, Aubry, FelpataMalandrina94, GioTel, Haibara Stark, JustJeevas, LadyElric92, LightCross, LoviLovi, LunaLovegoods, MaRmOtTeLla e Sharel che l’ han messa nelle seguite,

 Ed infine, last but not least, un enorme grazie a LunaLovegoods e H o p e l e s s  che han recensito.

Grazie mille a tutti, mi rendete davvero felice!
Se qualcun altro vuol farmi sapere che ne pensa della storia, lasciandomi una recensione, sarò felicissima di leggere, qualsiasi cosa ne pensiate :3

Al prossimo capitolo, cià!
Pan.


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Casually dropped in a line designed to keep you next to me; ***


Casually dropped in a line designed to keep you next to me;

 

                                                                                                               ‘Chi è nel fango tende a guardare le stelle.’


Quasi tutti nella classe lo salutarono, Tony rispose con un cenno della mano ed un sorriso.
Pepper cominciò a parlargli di qualcosa riguardante un progetto di  arte, però il ragazzo era con la testa altrove, lo sguardo rivolto verso tutti gli altri.
A volte detestava davvero tanto quanto la gente si sforzasse di essergli amica, il che non sarebbe stata una cosa negativa, se non fosse stato che tutto quello che la gente voleva era avere un ‘pezzo’ della sua vita, poter dire di aver fatto pranzo allo stesso tavolo di Tony Stark, poter dire di essere amico di Tony Stark, poter dire di essere stato a casa di Tony Stark.
Quasi nessuno sembrava essere interessato davvero a lui, ma solamente a quello che poteva guadagnarci dal frequentarlo.
Se non altro si era abituato parecchi anni prima a riconoscere i suoi veri amici e a mascherare la repulsione che provava per gli altri.


Anthony, vestito di tutto punto, sta giocando con i lego in camera sua, rigorosamente sull’ enorme scrivania, perché, prima di uscire da camera sua, mamma gli ha proibito di giocare per terra, per evitare di sporcare il completo nero.
Una domestica l’ ha aiutato a vestirsi, si è guardato allo specchio, mettendosi a ridere per quant’ è buffo: un soldo di cacio in giacca e cravatta, sembra un pinguino, a lui non piace vestirsi così, ma quella sera a villa Stark c’è una cena importante e anche lui deve vestirsi elegantemente.
E’ per l’ appunto impegnato nella costruzione di un enorme grattacielo, quando sente dei passi per le scale che portano in camera sua: devono essere i figli degli ospiti, che avendo la sua stessa età, lui ha il compito di intrattenere.  
Il piccolo Stark si alza, preparandosi ad accoglierli e sorridendo, tenendo ancora un pezzetto di lego in mano, sta per aprire la porta, quando sente delle voci proprio dietro l’ uscio.
‘Bussa tu!’ dice una voce che dev’ essere di un bambino.
 ‘No, tu!’ gli sussurra l’ altro.
‘Non voglio!’ piagnucola il primo.
 ‘Lo sai che dobbiamo farlo.’ Nemmeno l’ altra voce sembra paritcolarmente convinta di quello che dice.
‘Lo so, papà mi ha detto che devo giocare con Anthony tutta la sera, ma io non voglio, mi sta antipatico!’ riprende l’ altro, sempre in tono lamentoso.
‘Non voglio entrare nemmeno io, ma me l’ ha detto il mio papà. Però,ha detto che ha un sacco di videogiochi, magari ci fa giocare.’
Dall’ altra parte della porta, Tony stringe il mattoncino giallo con così tanta forza da farsi male e lasciarsi il segno nel palmo della mano.
Una lacrima gli rotola giù dalla guancia, lancia un’ occhiata allo specchio: un piccolo pinguino infelice.
Si asciuga la faccia con il dorso della mano in un gesto quasi rabbioso: uno Stark non piange mai.


Tony  tornò padrone dei suoi pensieri giusto in tempo per afferrare a grandi somme il senso del discorso di Pepper: una partita a cui andare, anche presto, qualcosa relativo al club.
Sorrise affabile e rispose che ci sarebbe sicuramente stato, anche se non aveva decisamente afferrato luogo, data e ora, ma non aveva particolare importanza.
La sua attenzione fu calamitata da un ragazzo che non aveva notato prima, seduto in fondo all’ aula.
Bel fisico, biondo, con una mano che reggeva il mento, e l’ altra rilassata sul banco, l’ aria semplice, confermata dalla camicia a quadri turchese, sembrava quasi di un’ altra epoca: era senz’ altro il ragazzo del campo di football.
Per Tony fu impossibile definire il colore degli occhi: il ragazzo stava fissando qualcosa fuori dalla finestra, con una tale intensità che sembrava voler bucare il vetro.
Era davvero bello.
Ed era l’ unico che non lo stesse guardando.
Come era successo due settimane prima, provò un forte senso di curiosità per quel ragazzo, come se sentisse di doverlo conoscere, anche se non aveva assolutamente motivi per farlo, il fatto poi che non lo stesse fissando come tutti gli altri, lo incuriosiva ancora di più: non era abituato a non essere guardato.
Fu in quel momento che ebbe un’ idea.



Steve non sapeva se sentirsi sollevato per non dover fingere attenzione verso il cesto delle mele, o imbarazzato per la presenza di Stark.
La sua circolazione sanguigna optò per la seconda, imporporandogli le guance.
Datti un contegno, dannazione. Non può sapere del tuo disegno.
La classe intorno a lui parve rianimarsi: tutti lo salutarono e nella fila davanti a lui due ragazze cominciarono a fare commenti su Tony, ridacchiando.
Fece un respiro profondo e si preparò psicologicamente al contatto visivo con Tony, che però non ci fu.
Il ragazzo sembrava profondamente assorto nel suo mondo, mentre Pepper continuava a blaterare sul progetto di arte –a fine anno due dei migliori lavori del club sarebbero stati esposti nella galleria del padre di Pepper- sia della partita che ci sarebbe stata due settimane dopo, a cui Tony avrebbe assolutamente  dovuto presenziare, dato che c’ era lei che si esibiva con le cheerleader.
Steve lo osservò a lungo, approfittando del fatto che il ragazzo sembrava imbambolato, ma non appena questo diede segno di essere tornato sulla terra, Steve, con un moto di codardia, cominciò a guardare fuori dalla finestra.
Tony prese a frugare nella cartella e iniziò a parlare, rivolgendosi a tutti: ‘Recentemente ho scoperto un astro nascente dell’ arte, sai Pep? Penso che tuo padre dovrebbe davvero esporre qualche sua opera.’
Steve ascoltava, non particolarmente interessato, trovò che Tony avesse una bella voce, calda, anche se probabilmente di arte non ci capiva nulla.
‘Però non ho idea di come si chiami,  ho  trovato un suo disegno per caso, due settimane fa’’.
Steve si sentì raggelare e si voltò piano verso Stark.
Oddio no, ti prego, fai che stia parlando di un qualche pittore semisconosciuto del quale ha trovato un’ opera su Google.
 Il moro proseguì, fissando Steve, che però era troppo intento a cercare di mantere la calma, ‘Nel campo da football, quindi pensavo che visto che siete il club di arte ed essendo l’ autore della scuola, questo’ disse tirando fuori il disegno, con fare trionfante ‘potesse appartenere a qualcuno di voi.’
Steve impallidì.
Poi arrossì violentemente.
Cercò di darsi un briciolo di contegno, aggrappandosi all’ inesistente possibilità che non sapesse che era suo, che non l’ avesse visto farlo e che, soprattutto, qualcuno si prendesse il merito.
In quel momento, suonò la campanella. Rogers stentava a credere all’ enorme colpo di fortuna che aveva avuto in quel momento, dato che di solito non era esattamente fortunato,  si alzò fulmineo dalla sedia, deciso ad uscire dall’ aula alla velocità massima consentita dal suo corpo.
Doveva aver fatto male i conti però, perché all’ improvviso l’ intera stanza cominciò a vorticare.
Poi fu buio.


Tony rimase di sasso vedendo il ragazzo andare giù, vivendo la scena quasi in slow motion.
Rimase a guardarlo per una frazione di secondo tra il divertito e  l’ incredulo.
Stava cercando di causare un qualche tipo di reazione sul viso del biondo, che era rimasto imperturbabile per tutto il tempo, ma non si aspettava decisamente di vederlo crollare a terra.
Represse un ghigno e si fece largo tra i ragazzi che si erano avvicinati al ragazzo.
 ‘Andate pure, è un mio amico di infanzia, me ne occupo io’ disse sfoderando il suo sorriso migliore.
Pepper gli scoccò un’ occhiata interrogativa e sarcastica allo stesso tempo, come ogni volta che lo beccava a dire una bugia e – Tony non aveva ancora capito come – lei lo capiva sempre.
Di rimando Tony le mimò un silenzioso ‘scusa’ con le labbra, indicando il corpo ancora a terra del biondo e facendole segno che dopo le avrebbe spiegato, lei sorrise e la classe si svuotò rapidamente, lasciandoli soli nel silenzio e nella polvere.
‘Bene. E ora?’ Si chiese appoggiandosi le mani sui fianchi e guardando il ragazzo.


Steve si sveglio vedendo letteralmente le stelle: la via Lattea, straripante di stelle e pianeti gli ammiccava dal soffitto.
 ‘Dove…?’ si massaggiò dolorante la testa, cercando di capire dove fosse finito.
‘Nel Planetarium. Sei svenuto durante arte e ti ho portato qui, mi sembrava scortese lasciarti sul pavimento, non t’ intonavi nemmeno bene col linoleum.’ Un sorrisetto arrogante e un paio di occhi color del cioccolato lo fissavano di rimando.
‘Ah, uhm grazie.’
‘Prego, io sono Anthony Stark, ma puoi chiamarmi Tony… E tu sei?’
Come se non sapesse chi fosse.
La situazione aveva un che di surreale: Tony lo fissava interessato, appoggiato ad un bracciolo delle poltroncine reclinabili, con un’ espressione sorniona che credeva fosse possibile solo allo Stregatto di Tim Burton.
Ora che erano vicini poteva distinguere le varie sfumature nelle iridi castane di Tony, che non erano di un uniforme marrone, ma bensì viravano dal marrone scuro, delle castagne, del legno al marrone più chiaro, divenendo quasi dorati vicini alla pupilla. Tutto in quegli occhi gli parlava di caldo, di cose belle.
‘Penso sia prevista una risposta a questo punto, le conversazioni solitamente funzionano così.’
La voce dell’ altro lo riportò alla realtà, facendogli distogliere lo sguardo e facendoglielo nuovamente piantare sul soffitto.
‘Steven Rogers’ mugolò appena il biondo, visibilmente imbarazzato.  
Riconobbe alcune costellazioni sul soffitto: gliele aveva insegnate suo padre da piccolo, erano andati in campeggio e lui non era riuscito a dormire per gli incubi, così suo padre era rimasto sveglio con lui a fissare il cielo stellato.
Si passò una mano sulla faccia, improvvisamente stremato dalla lunga giornata e dal peso delle cose.
‘Sei stato tu a fare il disegno, vero?’ gli chiese Stark.
Non era un bravo bugiardo, quindi non ci provò nemmeno.
‘Sì.’
Con  suo immenso sollievo, Tony non gli chiese il perché, ma quello che uscì dalla sua bocca lo prese totalmente alla sprovvista: ‘Ti andrebbe di farmi un ritratto?’







Deliridifondopagina: Buonsalve! Chiedo scusa per il ritardo, sembrava ci fosse una cospirazione intergalattica per non farmi postare il capitolo tra malanni, connessione scadente e crisi di creatività (?)
Ringrazio:
 Axel97, Harebell, LoviLovi, mrslee19 per aver messo la storia nei preferiti

A n o n y m o u s Rei , aubry , FelpataMalandrina94, GioTel, H o p e l e s s, Haibara Stark, JustJeevas
ladyElric92, LightCross, Lily Dub Black, LunaLovegoods, MaRmOtTeLlA, Melipedia, Sharel , sirith88  per averla messa nelle seguite

Bedhness per averla messa nelle ricordate.

Un grazie enormissimo ad A n o y m o u s Rei, LunaLovegoods, H o p e l e s s  e Axel97 per le recensioni, quando vi leggo mi stampate un enorme sorriso sulla faccia che non se ne va via per ore.

Grazie a tutti i nuovi lettori e a quelli che ci sono già da un po’, vedere che aumentate o che restate qui, mi riempie il mio dolce cuoricino di giuoia (?)

Al prossimo  capitolo, cià :3
Pan;

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Keep your head up, even when you're falling down; ***


Keep your head up, even when you’re falling down;


‘Nulla avviene per caso, ma tutto secondo ragione e necessità.’


Steven entrò in casa e, abbandonate le scarpe e lo zaino nell’ ingresso, si diresse in camera sua e si lasciò cadere a peso morto sul letto.
‘Che cosa ho fatto?’ mormorò, rivolto al nulla.
Diede uno sguardo distratto al cellulare, un nuovo messaggio non letto: Peggy.
‘Sei sopravvissuto al club di arte? Appena puoi, chiamami, devo parlarti.’
Sopravvissuto era un parolone.
Digitò brevemente la risposta, prese dal comodino il telecomando del suo stereo scassato e, in un paio di secondi, la musica inondò la camera.
Steve si rimise sul letto, mentre gli ultimi raggi della giornata lo accarezzavano: il tramonto non era molto lontano.
Alzò lo sguardo verso il soffitto, popolato da origami a forma di gru, sospesi a mezz’ aria con il filo da pesca.
Aveva cominciato a farli a undici anni, ricordava ancora quando suo padre gliene aveva parlato per la prima volta.

Erano seduti in cucina, al grande tavolo di mogano, Steve con le gambe a penzoloni.
Stava facendo i compiti e suo padre aveva la faccia tirata, era appena tornato dall’ ospedale e fissava una busta bianca, con il logo dell’ ospedale, aperta, che spiccava terribilmente sul tavolo scuro.
‘Che cos’è?’ chiese il bambino, alzando lo sguardo dal quaderno.
‘Una lettera.’
‘Che cosa dice?’
‘Sai cos’è un origami?’ Gli chiese suo padre, ignorando l’ ultima domanda.
‘E’ una cosa che si mangia?’
Suo padre sorrise, con un sorriso stanco.
‘Non penso ti piacerebbe mangiarne uno. Sono delle figure tradizionali giapponesi, fatte piegando la carta, la più semplice e comune è quella della gru, si regala alle persone per augurare felicità e buona salute. Sai Stevie, in Giappone esiste questa leggenda: se ne fai mille, puoi esprimere un desiderio, che si avvererà.’
Tutta l’ attenzione di Steve era per il padre, le moltiplicazioni e le divisioni abbandonate in un angolo della sua mente.
‘Mi insegni, papà?’
‘Certo, campione.’ E si mise a piegare la lettera, fino a formare una bellissima gru, che aveva le ali decorate con parole e numeri fitti, dei quali Steve non riuscì a cogliere il senso.
Provò anche Steve, con un foglio staccato dal suo quaderno, producendo una gru un po’ storpia, con un’ ala troppo piccola.
‘Non posso avere la tua? E’ più bella della mia.’ Chiese guardando le due gru, disposte una vicina all’ altra.
‘La tua è molto più bella della mia, perché l’ hai fatta tu. E poi questa gru non può portare felicità a nessuno.’ E,  dicendo ciò si alzò, prese la sua gru e la gettò nel caminetto acceso.

E ora, quasi sei anni dopo, il soffitto di camera sua accoglieva uno stormo di gru.
Ad ognuna di essa era legato, oltre che un filo, un ricordo: la gru fatta di cartoncino, ricoperta di scritte, la più vicina alla finestra, era del  viaggio a Disneyland in Orlando; la gru gialla e blu era il menù della sua prima volta al ristorante cinese, quando aveva  aperto il biscotto della fortuna e vi aveva trovato scritto ‘Domani succederà qualcosa di bello’ e il giorno seguente aveva ricevuto una bici nuova;  quella bianca, con le ali che recavano parole inscritte in rettangoli, era la sua pagella di seconda media, quando aveva avuto addirittura otto di matematica; quella verde era fatta con la banconota da un dollaro della sua prima paghetta.  
Poi c’ era una delle ultime gru aggiunte: bianca, sottile, bordata di nero: un biglietto di condoglianze.
Steve sospirò pesantemente e prese il telefono, componendo velocemente il numero di Peggy.




Tony era appollaiato su uno sgabello di Starbucks e, mentre masticava distrattamente un pezzo di ciambella al cioccolato, inaffiandolo con dell’ immancabile caffè, stava controllando con fare annoiato le informazioni che suo padre gli aveva mandato via mail sul telefono.
Ormai sembrava comunicassero solamente per questioni di lavoro.
Nonostante la sua aria perfettamente distaccata e annoiata, dentro era parecchio infastidito da come erano andate le cose nel Planetarium.
Dopo aver trascinato quella tonnellata di muscoli per il corridoio – e ora non rimpiangeva nemmeno un po’ il fatto di averlo usato praticamente per pulire il pavimento  -  e assicurarsi che fosse ancora vivo, appoggiandogli con fare pratico due dita su collo – che aveva scoperto esser piacevolmente morbido – si era sentito dire di no. Ed era una cosa che succedeva raramente. 
‘Neanche gli avessi chiesto chissà cosa. E poi poteva mostrare almeno un po’ di gratitudine, infondo se non fosse per me, si sarebbe decomposto sul pavimento.’ Bofonchiò.
Quando Tony gli aveva chiesto del ritratto, il biondo aveva sgranato gli occhi, aveva farfugliato uno ‘Scusa, non posso’  e se n’ era andato, lasciandolo lì come un idiota.  
E il ragazzo era rimasto seduto sulla poltroncina reclinabile: uno Stark non corre dietro a nessuno.
‘Cosa diavolo mi è preso?’ aggiunse sotto voce, mentre finiva la sua tazza di caffè con panna.
‘Sì, è esattamente quello che mi stavo chiedendo io.’
La voce sorridente di Pepper lo fece quasi sobbalzare, era così assorto che non l’ aveva nemmeno sentita avvicinarsi, nonostante fosse stato lui stesso a chiederle di raggiungerlo.
 ‘E dai, Potts, è risaputo che sono un essere umano buono e magnanimo.’
‘Con un perfetto sconosciuto, del quale si sarebbe potuto occupare chiunque?’
‘Touchè.’
‘Quindi perché l’ hai fatto?’
‘Mmmh. A dire il vero non saprei. Quel ragazzo mi incuriosisce.’ ammise Tony, distogliendo lo sguardo da Pepper.
‘In che senso?’
‘E’ diverso. Non ho mai visto nessuno come lui. E mi guarda come se fossi una persona normale.’ Stava cercando di chiarirsi lui stesso le idee, buttando a caso le parole che gli venivano in mente pensando al biondo.
‘E per il tuo ego è un colpo così basso?’ ribattè lei.
‘No, non è quello’ sorrise lui ‘Anzi, credo quasi che mi piaccia aver trovato qualcun altro che mi guarda, senza aspettarsi qualcosa da me.’
Potts gli sorrise di rimando ‘E qual’ è il problema? Tu sei Tony Stark, non c’è nessuno che non ti voglia conoscere.’
‘A quanto pare’ disse, estraendo un biglietto da cinque dal portafoglio e avviandosi verso la cassa, ‘ho appena trovato l’ unica eccezione.’





Stark  era in segreteria, di nuovo: due volte nel giro di sei giorni, era un nuovo record.
Tony però era moderatamente sicuro di non aver fatto nulla di male, era mercoledì, e nei due giorni precedenti era arrivato quasi in orario- o per meglio dire, meno in ritardo del solito - e non si era ancora addormentato a lezione, il che era dovuto principalmente al fatto che tutto il caffè ingerito in quei giorni avesse pressochè sostituito il sangue nel suo sistema circolatorio.
Per quanto riguardava il fatto di aver usufruito del Planetarium il venerdì prima, era certo del fatto che nessuno, amesso che qualcuno si fosse accorto del suo utilizzo, gli avrebbe detto qualcosa, infondo l’ aveva costruito suo padre e non aveva fatto nessuna effrazione: aveva una copia delle chiavi.
Stava strofinando i piedi sulla moquette beige, quando entrò il preside Fury.
‘Anthony, ti ho chiamato perché ti devo chiedere una cosa.’
‘Mi spiace, direttore, ma credo di non poter accettare la sua richiesta di matrimonio.’ Disse con la sua migliore faccia da schiaffi, sperando che lo mandasse via presto.
Fury, un metro e ottanta di disciplina, lo guardò  tra l’ esasperato e il divertito, con l’ aria di uno che sopporta da troppo tempo elementi del genere per esser divertito dalla battuta, ma al contempo per potersi arrabbiare.
‘Magari la prossima volta, Stark. Mi servi per il progetto che la scuola sta organizzando.’
‘Che progetto?’ Se si trattava di far saltare in aria qualcosa, lui era più che disponibile.
‘Ma li ascolti mai gli avvisi?’ si interruppe un attimo, ricordandosi con chi stava parlando. ‘Ah, giusto, domanda inutile. In ogni caso sto, anzi stiamo, organizzando un progetto per  aiutare gli studenti che hanno difficoltà con alcune materie, tutto all’ interno della scuola: studenti con medie alte che aiutano altri studenti.’
A Tony non ci volle molto per fare due più due.
‘E se mi rifiutassi?’
‘E’ un’ attività extrascolastica, ti da crediti.’
‘Non credo di averne bisogno.’
Fury si lanciò in un ultimo, disperato, tentativo di risolvere la cosa pacificamente: ‘Pensavamo di introdurre una paga per gli studenti che insegnano.’
Tony scoppiò a ridere. ‘Non credo di aver bisogno nemmeno di questo.’
Ci fu un momento di stallo tra i due, Fury guardava in cagnesco Tony, che invece stava già adocchiando l’ uscita, certo della vittoria.
Un ghigno lievemente sadico si formò sulle labbra del preside ‘Oh, nessun problema allora.’
‘Visto vecchietto? Non c’ era bisogno nemmeno di discutere. Adesso con permesso, devo proprio and-’ ma Tony non riuscì a finire la frase, perché l’ abnorme mano di Fury gli tappò la bocca.
‘Sono il preside. Ti obbligo. Se no, posso sempre espellerti.’ Disse, praticamente fulminandolo con lo sguardo.
‘Fanculo.’ bofonchiò in risposta Tony da sotto il palmo della mano.
‘Sono così contento che tu abbia accettato di tua spontanea volontà!’ disse, Fury acquistando un’ aria tutta d’ un tratto mansueta e levandogli la mano dalla faccia. ‘Ti farò sapere chi è lo studente che ti viene affidato, si comincia dalla prossima settimana!’
‘Yuhuu. Potrei vomitare dalla gioia.’ Disse Tony, allontanandosi finalmente dalla segreteria, per dirigersi verso i bagni, dove poter fumare in santa pace.





Steve guardò il foglio affisso alla bacheca, inorridito.
‘Non è possibile.’ Mugolò Rogers.
Peggy sbirciò da oltre la sua spalla, alzandosi sulle punte.
Disse semplicemente: ‘Oh’ prima di scoppiare in una fragorosa risata.
‘Sinceramente, Steve, quante possibilità c’ erano?’ trattenendosi a stento dallo scoppiargli a ridere nuovamente in faccia.
‘Non ci voglio credere. Dev’ esserci qualcuno con cui fare cambio. Qualsiasi altro compagno va bene. Peggy, tu sei una degli studenti insegnanti, ti prego, fa’ qualcosa. Piuttosto mi tengo i miei voti pessimi in biologia e fisica.’
‘Sai che non puoi. E poi… assolutamente no, mi hanno messo in coppia con James, qualcuno deve pur mettere del sale in zucca a quel ragazzo.’
‘Si, certo, come se non lo facessi solo perché sei innamorata di lui da… uhm, sempre?’
‘Può darsi, in tal caso mi ricorderò di pensarti quando sarò sul divano con Bucky e gli starò spiegando letteratura inglese…’
Steve sbuffò, guardando ancora una volta la tabella con le coppie del progetto di studio, nessun errore, il suo nome e cognome, nero su bianco, campeggiavano di fianco a quelli di Athony E. Stark.





Saaaalve a tutti!
*Schiva pietre e oggetti contundenti*
Chiedo perdono per il capitolo che a me sembra esser cortissimissimo e per il ritardo, il punto è che essendo nel periodo subito prima di Natale (e subito prima della fine del trimestre) sono stata sommersa di cose da fare, quindi o postavo qualcosa di un po’ più corto del solito ora, o postavo tra una settimana o due qualcosa di più lungo, ho deciso di fare così perché personalmente odio aspettare tanto per le storie, poi magari a voi non cambia una mazza xD

E ora i ringraziamenti (?) (Non so, mi sento molto presentatrice di show.. mmmh. Il freddo mi da alla testa.)

Grazie a A n o n y m o u s Rei,  alicetta96, aubry, Bloody Wolf, Deansorri_1995,  FelpataMalandrina94, giaggia,  ginnyx, GioTel , H o p e l e s s, Haibara Stark, JustJeevas,  ladyElric92, LightCross, Lily Dub Black,   
LunaLovegoods, MaRmOtTeLlA, Selvy, Sharel, sirith88,_monique_
per aver messo nelle seguite;

A 8hotaruchan8, Axel97, Fyre97, Harebell , iceathena , Lady_Loki , LoviLovi, Melipedia ,mrslee19
 per aver messo nelle preferite;

Un abnorme grazie a Axel97, Fyre97, H o p e l e s s e LunaLovegoods per le recensioni, mi rende felice sapere i vostri pareri, e mi rende ancor più felice vedere che a qualcuno questa storia piace così tanto.

Siete sempre di più, grazie, grazie, grazie.

Al prossimo capito, (prestissimo spero!) e buon Natale a tutti :3
Pan;

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** We just now got the feeling that we're meeting for the first time; ***


We just now got the feeling that we're meeting for the first time;


‘Esiste un certo tipo di silenzio in cui le parole non sono necessarie, e che segnala non la fine, bensì l’inizio della comprensione.’
 
Lo schermo del telefono gli si illuminò nella tasca dei jeans chiari, facendo filtrare la luce attraverso la stoffa, e  sebbene non avesse intenzione di rispondere – la professoressa era nel bel mezzo del ripasso sulla divisione cellulare e lui si era perso già alla meiosi -  decise per lo meno di dare un’ occhiata veloce al messaggio, giusto per assicurarsi che non fosse qualcosa di importante.
Numero sconosciuto? Chi cavolo è?
Aprì il messaggio, curioso.
‘Oggi non ho tempo per fermarmi a scuola ma, se ti abbandonassi a te stesso,  il vecchio pirata mi ucciderebbe con l’ uncino che nasconde sotto la scrivania, vieni da me, alle 16. Sotto c’è l’ indirizzo. A.S.’
Perché  ha il mio numero?
Steve aveva passato tutta la settimana a sperare che Tony si tirasse indietro, vista la sua reazione davanti alla bacheca con i nomi: si era avvicinato, circondato da almeno una decina di ragazze che, quando avevano scoperto di non essere in coppia con lui, avevano cominciato a lamentarsi, esprimendo il loro dolore cercando di strusciarsi addosso a Tony, il quale, appoggiato con posa superiore al muro, aveva detto che dispiaceva soprattutto a lui, soprattutto perché avrebbe fatto coppia con un –testuali parole- ‘Capitan Apatia.’ provocando così uno scoppio di risolini tra il suo pubblico di fan.
Steven in quel momento aveva provato il fortissimo istinto di prenderlo a testate, istinto che si era ancora più accentuato quando Stark si era girato verso di lui e gli aveva rivolto un sorrisetto di sfida, il quale, Steve ne era abbastanza sicuro, significava qualcosa come ‘Sapevo perfettamente che eri lì, nulla da dirmi?’
Quindi per evitare di fare cose di cui avrebbe potuto pentirsi, se n’ era andato, con i pugni serrati.
Di conseguenza, per tutta la settimana, aveva sperato che Stark non si presentasse o che parlasse con Fury per cambiare compagno.
Speranza vana.



Circa cinque ore dopo, Steve stava fissando il proprio indice, che era a qualche millimetro dal pulsante del campanello con la scritta ‘Stark’.
 Stava seriamente cominciando a valutare l’ opzione della fuga, quando dal citofono gracchiò la voce di quello che sembrava esser Tony:
’Hai intenzione di stare lì fuori ancora a lungo?’
Le orecchie di Steve avvamparono, detestava come riusciva a metterlo in imbarazzo.
‘Dai, entra.’
Se mi dice qualcosa, gli tiro un pugno e me ne vado. Magari senza il pugno.
Con uno scatto, l’ enorme cancello, che fino a quel momento copriva interamente la visuale della casa, si aprì, rivelando al suo interno una villa con un giardino enorme: un vialetto in salita, circondato da alberi dalle foglie rossastre portava in diverse direzioni, dal garage, al piccolo laghetto che c’ era sulla sinistra, alla casa, dritta di fronte a lui.
 Avanzò lentamente, ammaliato dalla bellezza di quel posto, annusando il profumo dell’ autunno, totalmente dimentico dei propositi di vendetta che gli si agitavano in testa fino a un secondo prima.
Salì lento le scale del portico e sulla porta trovò Tony, che lo stava guardando, sorridendo.
Tutto d’ un tratto si rese conto di avere probabilmente un’ espressione tutto, fuorchè intelligente.
‘E’ bellissimo qui.’
‘Grazie.’
‘Uhm.. Allora, oggi parli o scappi?’ gli chiese, sempre sorridendo.
Steve non potè far a meno di sorridere a sua volta, conquistato dalla bellezza che lo circondava e dal sorriso dell’ altro. ‘Parlo, credo.’
‘E’ un inizio.’
Sembrava un Tony quasi diverso, con una vecchia felpa larga e un paio di jeans logori, diverso da quello che vedeva per i corridoi vestito impeccabilmente, diverso da quello che l’ aveva preso in giro… il viso di Steve si contrasse in una smorfia pensando alla scena vicino alla bacheca.
‘Comunque non sono apatico. E sono perfettamente in grado di parlare.’ Aggiunse piccato.
‘Pensavo che il tuo forte fosse quello di svenire, a dire il vero.’ Ribattè Tony, sogghignando.
Steve aveva l’ impressione che sarebbe stato il primo di una serie di lunghi, lunghissimi pomeriggi.




Tony  condusse il biondo lungo una scalinata, che portava al laboratorio di casa Stark, situato in quella che in una casa comune sarebbe stato probabilmente lo scantinato.
Con una punta di compiacimento, Tony vide Steve guardarsi intorno affascinato e incuriosito, come un bambino, il che era stato principalmente il motivo per cui aveva desistito dall’ accogliere il biondo con una frecciatina delle sue, quando lo aveva visto avanzare nel parco, rovinare quell’ espressione di pura meraviglia, sarebbe stato un peccato.
Entrò nello stanza e si diresse verso il bancone, pieno di attrezzi e con un macchinario con i fili elettrici scoperti, come un paziente sul tavolo operatorio, illuminato da una lampada da tavolo grigia.
‘E’ quello il motivo per cui non potevamo studiare a scuola?’ gli chiese il biondo.
‘Esattamente, sto lavorando ad un nuovo progetto di mio padre, un reattore.’
‘Uhm.. wow?’ commentò, decisamente non comprendendo cosa fosse e come funzionasse.
‘Si, wow’ ridacchiò Tony ‘Serve per produrre energia, ma totalmente rinnovabile. Sai energia pulita, quel genere di cose. Scusa per il poco preavviso, comunque.’
‘Non fa nulla, sono riuscito a farmi dare uno strappo da Peggy. Non sapevo che la segreteria fosse autorizzata a dare i dati personali degli studenti, come il numero di telefono…’
‘Diciamo che me l’ ha gentilmente concesso, con un piccolo aiuto di…questo.’  Disse, estraendo un telefono di ultimissima generazione, come un coniglio dal cilindro.
‘Tu hai forzato il sistema di sicurezza?!?’ esclamò Steve, indignato.
‘Forzato, che parola brutta. ..diciamo che ho trovato una piccola breccia dove entrare.’ Disse ridacchiando e sedendosi  su una sedia girevole.
Steve lo guardò rassegnato.
Tony ricambiò lo sguardo, beffardo come al solito.
Il silenzio li avvolse per un attimo, mentre si fissavano.
Aveva l’ impressione che, quando l’ aveva visto per la prima volta, non si fosse affatto sbagliato: Steve era interessante:  guardava il mondo avendo una netta distinzione tra ciò che era giusto ed era sbagliato, un confine che per lui, col passare del tempo, era diventato labile e confuso.
Per non parlare di come era entrato dal cancello, ignorando totalmente l’ Audi R8 posteggiata lì di fianco, ma rimanendo incantato dalle foglie, Tony non riusciva a ricordarsi l’ ultima volta era che fosse successa una cosa del genere, Pepper e Rhodey a parte, che non avevano mai dato importanza a quanti soldi avesse.
Tutto d’ un tratto, il silenzio gli sembrò troppo denso, e decise di romperlo :  ‘Allora, Steven Rogers, siediti dove vuoi, tranne che sul bancone. Potrebbe non essere una buona idea per te, soprattutto quando verrà il momento  di usare il saldatore.  E dimmi… che  cosa ti dovrei insegnare?’
Steve lasciò la tracolla per terra, estrasse un libro, un quaderno e una penna dicendogli: ‘Penso potremmo cominciare da fisica… è la materia in cui sono messo peggio.’
‘Come diavolo fai ad andare male di fisica? E’ tutta logica, ad ogni azione corrisponde una reazione! Non c’è niente di difficile.’
‘Sarà facile per te, che probabilmente giocavi con i cacciaviti già nella culla, ma per me non lo è! E mi perdo sempre il passaggio tra la reazione e l’ azione che ne consegue a quanto pare… ’
Tony si portò una mano alla fronte con fare teatrale, come se si accingesse ad affrontare un’ enorme fatica. ‘Veramente preferivo la giostrina con il modello dell’ atomo sopra la mia culla… Ma ora a cuccia e fai gli esercizi, devo lavorare. ’
Steve alzò un sopracciglio, probabilmente perplesso sia dall’ essere stato appena paragonato con un cane, sia perché non aveva idea di che esercizi fare,e  quando glielo fece notare, Tony spinse la sedia indietro, lo raggiunse, sbattendo lo schienale  contro il suo tavolo, prese il libro e gli indicò una manciata di esercizi a caso e tornò al lavoro.
Mentre armeggiava con la chiave inglese, sentì lo sguardo del ragazzo sulla schiena, ma si impose di non girarsi e di continuare a lavorare.





Steve, col quaderno immacolato davanti, si ritrovò a fissare la schiena di Stark, chino sul macchinario, osservando i movimenti che compiva, ignaro di essere osservato.
Ancora una volta si ritrovò a pensare che sarebbe stato interessante da disegnare, ma ripensando al disastro che era successo con la bozza, scosse visibilmente la testa, come a far uscire il pensiero dalla scatola cranica e decise di concentrarsi sugli esercizi, per difendere l’ opinione piuttosto bassa che l’ altro doveva essersi fatto sulle sue facoltà mentali.
‘Tony…’ neanche venti minuti dopo, Steve si era reso conto che era un’ impresa disperata.
‘Si?’ rispose l’ altro, senza neanche girarsi.
‘Non mi viene un esercizio…’
‘Fanne un altro.’
‘No, nel senso che non me ne viene neanche uno..’
Tony scoppiò a ridere.
‘Cosa non hai capito?’
 ‘La legge di Coulomb.’
‘Devo venire lì?’
‘Così sembra.’
Tony fece roteare la sedia e lo guardò in faccia ‘Ti preferivo quand’ eri svenuto, Rogers. Eri più silenzioso.’
Steve abbassò lo sguardo arrossendo, mentre Tony guardava i suoi miseri tentativi di risoluzione dei problemi e segnava con una penna rossa gli errori.
 ‘Non ti ho ancora ringraziato decentemente per l’ altra volta, oltretutto non dev’ essere stato uno scherzo portarmi lì, non sono leggero.’
‘Oh nessun problema’ disse Stark, mentre un nuovo sorrisetto dei suoi faceva capolino sul suo volto. ‘Ti ho trascinato per terra.’
‘Tu cosa?!?’ disse indignato il biondo, qualsiasi traccia di gratitudine cancellata dalla sua faccia.
‘Che pretendevi? Che ti portassi in braccio come una principessa?’
 ‘No, ma…’
Tony lo interruppe, non lasciandogli completare la frase, cosa di cui Steve fu grato, dato che non sapeva esattamente come finirla.
‘Dio, Steve, sei un caso disperato.’ Disse, mostrandogli il cimitero di croci rosse sui suoi esercizi ‘Come diavolo hai fatto ad arrivare fino all’ ultimo anno?’
Steve fece spallucce, sorridendo. ‘Un insegnante particolarmente indulgente, immagino.’
‘E come mai hai rinunciato a un così bravo insegnante per venire a farti castigare qui?’
Ci fu un momento di silenzio.
‘Motivi familiari’ rispose il biondo, che improvvisamente aveva assunto un’ aria triste, sorrideva ancora, ma era un sorriso spento, che non arrivava nemmeno ad illuminargli gli occhi.
‘Ti hanno cacciato di casa?’ tirò ad indovinare Tony.
‘No.’
‘Che cosa, allora?’
‘Non ho molta voglia di parlarne.’
‘Capisco.’ ma continuò a fissarlo, forse aspettando che dicesse qualcosa comunque.
‘Non cambierò idea, lo sai, vero?’
‘Mmh. Hai fatto lincenziare il tuo insegnante, quando si sono accorti che truccava pesantemente i tuoi risultati, e per sfuggire ai sensi di colpa e alle autorità ti sei rifugiato qui?’
Steve apprezzò il tentativo di tirarlo su di morale, quindi accennò una risata.
‘Non sei male come credevo, sai?’
‘Stai parlando con Anthony Stark, sono anche meglio della miglior opinione che si possa aver di me!’ disse sorridendo e Steve si ritrovò a ridere con lui.
Decisamente aggiunse Steve nella sua testa, per non aumentare ancora lo smisurato ego dell’ altro.
 




Deliridifondopagina: Cccciao a tutti!
Come promesso, avendo avuto un po’ di tempo, sono riuscita a scrivere e a postare relativamente rapidamente e soprattutto a non darvi due paragrafi cortissimi.


Grazie mille a chi segue:
A n o n y m o u s Rei, alicetta96, aubry, Bloody Wolf, Deansorri_1995, FelpataMalandrina94, giaggia, ginnyx, GioTel, H o p e l e s s, Haibara Stark, JustJeevas, Kyra Blackdemon, ladyElric92, LightCross, Lily Dub Black, LoviLovi, LunaLovegoods, Madame Plague, MaRmOtTeLlA , Melipedia , mya95, Selvy, Sharel,  sirith88, _monique_

a chi preferisce:  
8hotaruchan8, Axel97, Fyre97, Harebell, iceathena, Lady_Loki , LoviLovi , Melipedia , mrslee19

a chi  ricorda:  Bedhness,  LoviLovi

Un abnorme grazie a chi recensisce:  Fire97, Axel 97, LunaLovegoods e H o p e l e s s (che è una settimana che sclera con me mentre entrambe scriviamo), so che può sembrare una cosa stupidissima, ma leggere quello che pensate mi da una carica grandissima c:


Al prossimo capitolo e buona epifania :3

Pan;

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Waiting for someone or something to show you the way; ***


Waiting for someone or something to show you the way;



“C’è al mondo una così gran solitudine
che la puoi vedere negli scatti lenti delle lancette
di una sveglia. ”

Steve era seduto su un asciugamano, in mezzo ad una spiaggia deserta, c’ era bel tempo, il sole gli riscaldava piacevolmente la pelle, filtrando dalla camicia leggera che portava, si stese, lasciando che il sole gli disegnasse sotto le palpebre linee colorate.
Tutto d’ un tratto si sentì chiamare da qualcuno, che a giudicare dalla direzione della voce, doveva essere in acqua, inizialmente non la riconobbe, ma poi capì che era la voce di suo padre, aprì gli occhi di scatto e in un secondo era in piedi, cercando di indovinare la figura dell’ uomo tra le onde.
Lo vide ed immediatamente corse verso l’ acqua e si tuffò, cominciando a nuotare freneticamente per raggiungerlo, ma più si avvicinava, più l’ uomo sembrava allontanarsi.
Improvvisamente il tempo cambiò: le nuvole si addensarono attorno al sole, oscurandolo del tutto, si alzò il vento e le onde cominciarono ad alzarsi pericolosamente.
Steve voleva urlare ma non riusciva, gli sembrava di essere bloccato, in balia delle onde. Vide suo padre che cominciava a smettere di lottare contro la forza del mare, lo vide scomparire tra i flutti per poi emergerne, sempre con minor forza, quindi ci mise più energia possibile nel raggiungerlo.
Dopo un lasso di tempo che pareva interminabile, riuscì a raggiungerlo e a prendergli la mano: questa volta l’ avrebbe salvato, questa volta non lo avrebbe lasciato. Ebbe appena il tempo di riabbracciare suo padre, che le onde glielo strapparono via dalle braccia e la sua mano scivolò via dalla stretta del ragazzo, che lo vide scomparire e non emergere più.
Mentre urlava il suo dolore, che si mischiava al mugghito del vento, Steve si rese conto che non voleva più lottare, che non ne aveva più la forza e smise di muoversi, chiudendo gli occhi e accogliendo quasi come una liberazione l’ acqua che gli entrava nelle narici. Poi però fu strappato via dal ventre del mare e si sentì trascinare via. Poi più nulla.
La prima sensazione fu quella di un paio di labbra salate e calde sopra le sue, che tentavano di soffiargli dentro un po’ d’ aria e un po’ di vita, che si staccavano dalle sue solo per lasciar spazio ad una pressione sul suo petto. Finalmente, tossendo acqua, riaprì gli occhi e mise a fuoco il volto di un ragazzo che aveva un’ espressione visibilmente sollevata e che aveva gli occhi del color del cioccolato.
Tony crollò sul suo petto con fare distrutto mormorando un “Grazie a dio. Non so come avrei fatto senza di te.”


Steve aprì gli occhi di scatto, trovandosi in una posizione assurda, matido di sudore e attorcigliato nelle lenzuola. Si passò una mano sugli occhi, sospirando profondamente.
Ma che razza di sogni faccio?
Si passò la lingua sulle labbra quasi cercandone la nota salata delle labbra dell’ altro e per un’ attimo gli sembrò addirittura di trovarla, chiedendosi che sapore potesse avere.
Poi rendendosi conto del pensiero formulato arrossì e scosse la testa, cercando di eliminare anche solo l’ idea di aver fatto un pensiero del genere.
Cercò di districarsi dalla trappola delle coperte e di mettersi a sedere, lanciò un’ occhiata alla finestra, fuori era così buio che sembrava ancora notte e il terriccio e gli aberi erano bagnati: doveva aver piovuto quella notte, probabilmente il rumore del vento aveva influito sui suoi sogni.
Guardò quindi la sveglia per cercare di capire che ora fosse, ma con sua grande sorpresa, non la trovò al solito posto sul comodino, guardò immediatamente a terra, dove nella penombra la vide, o per meglio dire, dove ne vide solo un pezzo, dato che cadendo era letteralmente esplosa, lanciando pezzi di se’ un po’ ovunque sul pavimento. Imprecando guardò il telefono, ferendosi gli occhi con la luce dello schermo: tre nuovi messaggi e due chiamate perse. Tutti e cinque di Peggy. “Steve sto partendo di casa ora, oggi non posso arrivare in ritardo, ho un compito alla prima ora, fatti trovare già pronto.” e poi “Steve, sono qui. Se non arrivi entro due minuti vado.” ed infine “Steve tutto bene? Ho provato anche a suonare ma non rispondevi, appena torno ti chiamo.”
Allarmato, tornò alla schermata principale del telefono, cercando di capire che ora fosse: 8.15. Steve spalancò gli occhi: era in ritardissimo. Si lavò e si vestì di corsa, pestando pezzi di sveglia con i piedi scalzi e rischiando di cadere dalle scale mentre si infilava un paio di jeans, prese al volo lo zaino e giacca, si mise le scarpe da ginnastica e uscì: fuori faceva freddo e piovviginava ancora, per cui fu ancora più grato del fatto di possedere un auto, che in quel momento prometteva calore e protezione dalla pioggia.
Si girò verso il solito angolo dove posteggiava, per poi ricordarsi che la macchina era ancora esanime dal meccanico e realizzando  che quindi avrebbe dovuto farsi tutto il tragitto a piedi, sotto la pioggia. Steven considerò l’ idea di rimanere a poltrire nel letto tutto il giorno, ma poi il suo senso del dovere ebbe la meglio, con l’ aggiunta che non voleva rimanere da solo nella grande casa dopo il sogno di quella notte, quindi si avviò, sotto la pioggiarellina, verso la scuola.



Tony era seduto nella sua Audi, avvolto dal calore proveniente dalle ventole di riscaldamento e dalla musica che gli accarezzava le orecchie – merito di un sistema audio di ultima generazione - e comodamente inglobato dal sedile in pelle, che sembrava abbracciare quasi la sua figura, modellandosi intorno a lui, per quanto era comodo.
Si accese un’ altra sigaretta e guardò l’ ora sul cruscotto: erano quasi le nove e dieci, era arrivato in orario, ma si era ricordato di avere un test di letteratura per il quale non aveva aperto libro, nelle prime due ore, quindi aveva spento il motore e si era rannicchiato lì, in attesa della campanella che avrebbe decretato la fine della seconda ora e l’ inizio della sua giornata scolastica. Sbadigliò stiracchiandosi, si annoiava, una mente come la sua aveva un costante bisogno di lavoro, detestava stare fermo a far nulla, oltretutto la pioggia che picchiettava delicatamente sul vetro, lo induceva a dormire.
Mentre scuoteva delicatamente la sigaretta per far cadere la cenere nell’ apposito contenitore, notò la sagoma di qualcuno che si stava avvicinando alla macchina. Immediatamente pensò a un professore o a Fury in persona, che avendo notato la sua macchina dall’ edificio – la sua piccolina tra tutti quei catorci non passava di certo inosservata – e che stava venendo a verificare se lui fosse dentro, quindi spense di botto riscaldamento, musica e sigaretta, estrasse le chiavi dal quadro e stava già per abbassarsi sotto il volante, quando si rese conto che non era affatto Fury, ma uno studente e, appena si avvicinò ancora un po’ di più, notò che quello studente era Steven.
Velocemente riaccese la macchina e ne illuminò la figura con i fari proprio mentre gli passava davanti, facendolo sussultare, a causa del rumore e della luce improvvisa.
Tony sogghignò e si allungò dal lato del passeggero per aprirgli la portiera.
Sul volto del biondo sembrò passare un attimo di esitazione, come a valutare se ci fosse del pericolo a salire in macchina, ma dopo aver deciso che Tony non sembrava avere cattive intenzioni, salì in macchina.
“Buongiorno… non sapevo che qui vicino dessero una festa in piscina, mi sarei senz’ altro unito se no.”
Il biondo contrasse il viso in una smorfia e mentre si stringeva le spalle, rabbrividendo, aggiunse: “Oggi non è giornata, l’ unico vantaggio è che se non altro posso rovinarti il sedile della macchina con l’ acqua.”
 Tony ridacchiò e alzò il riscaldamento, notando che l’ altro aveva freddo.
“Ehi artista da strapazzo, se  ti togli la giacca hai la duplice possibilità di non prenderti una broncopolmonite e addirittura di bagnarmi ancora di più la macchina.”
Steve gli sorrise riconoscente e si tolse la giacca blu scura, adagiandola di fianco a lui, tra la portiera e il sedile, allungando le mani verso le ventole di riscaldamento. In quel momento sia lui che Tony, realizzarono che effettivamente aveva solo una maglietta a maniche corte, che oltretutto era al contrario.
Tony scoppiò a ridere e disse: “Ti sei vestito al buio stamattina?” indicando l’ etichetta della maglia che faceva capolino tra le clavicole di Steve.
Steve imbarazzato, si portò una mano al petto, coprendo con il palmo l’ etichetta, cercando di nascondere l’ evidenza. “Mmmh, effettivamente si, più o meno mi sono vestito in un minuto e mezzo, mi sono svegliato tardi.”
Sempre sorridendo gli chiese quindi “E quando sei entrato in macchina ti sei reso conto che effettivamente eri sprovvisto sia di parabrezza, che di finestrini e hai fatto la doccia che non eri riuscito a farti prima, ai 70 all’ ora?”
Steve cercò di reprimere un sorriso “Al momento sono sprovvisto di macchina, è spirata nel parcheggio e da allora giace dal meccanico, quindi mi faccio portare da Peggy, però questa mattina essendomi svegliato tardi lei era già passata e quindi me la sono dovuta fare a piedi.”
“Capisco. Se vuoi, puoi cambiarti, a meno che tu non abbia intenzione di andare in giro per i corridoi con la maglietta al contrario, in quel caso, non mi opporrò. Tanto non c’è nessuno qui.” disse Tony facendo cenno verso il parcheggio con il mento.



Certo, nessuno, tranne te. Aggiunse Steve nella sua testa, cercando di non arrossire.
Non che gli creasse dei problemi spogliarsi davanti a degli altri ragazzi, quando si era allenato a Brooklyn, in palestra, gli era capitato spesso di farsi la doccia lì, davanti anche a perfetti sconosciuti, però l’ idea di rimanere seminudo davanti a  Stark, lo imbarazzava.
Però sapeva che lo stava mettendo alla prova e non aveva intenzione di dargliela vinta. E oltretutto non poteva andare in giro per i corridoi in quel modo, già la sua reputazione non era ai massimi storici, era meglio evitare di scavarsi ancora di più la buca.
Così prese un respiro profondo, afferrò i lembi della maglietta e se la tolse.


Stark, dal sedile di fianco, non pensava che l’ altro l’ avrebbe davvero fatto, più che un pensiero di fondo di generosità per la salute psichica del biondo, a spingere Stark a fare quella proposta era stata la voglia di stuzzicarlo, esattamente come aveva fatto il giorno precedente a casa sua, adorava metterlo in imbarazzo, aveva notato che Steve era estremamante riservato e pudico, da quello che aveva capito, non aveva neanche una ragazza.
Steve lo guardava con aria supplichevole, quindi Stark gli fece il favore di distogliere lo sguardo e di girarsi verso la parte del finestrino, dal quale però, Steve non lo aveva notato, si vedeva perfettamente in riflesso.
Tony osservò la stoffa sollevarsi dai fianchi e scoprire un pezzo di pancia e gli addominali, per poi scorgere i pettorali e le spalle ampie di Rogers, mentre quest’ ultimo aveva la testa infilata nella maglia. Stark improvvisamente sentì la gola secca, e il bisogno di bere, oltre ad avere caldo. Maledisse il riscaldamento troppo alto – era senz’ altro colpa di quello – e deglutì, osservando il biondo che con movimenti veloci, cercava di rimettersi la maglietta nel verso giusto.
Quando finalmente il biondo fu nuovamente rivestito, lo guardò e notando il silenzio denso che si era venuto a creare, avvertì per l’ ennesima volta la necessità di romperlo, alleggerendo la tensione.
Schiarendosi la voce disse quindi “Tua madre non ti ha insegnato neanche come ci si veste?” sorridendo appena, un sorriso imbarazzato, che però Steve non notò, perché abbassò lo sguardo  improvvisamente triste e disse “Mia madre è andata via di casa quand’ ero piccolo.” L’ espressione di Tony mutò radicalmente, farfugliò un mi dispiace, mentre si dava mentalmente dell'idiota.
“Figurati, non potevi saperlo.” Rispose semplicemente il biondo.
Steve non sapeva bene perché gliel’ avesse detto. Non aveva mai avuto il coraggio di ammetterlo davanti a nessuno, se non davanti a Peggy, a tutti aveva sempre raccontato che era andata lontana per questioni di viaggio, che lavorava all’ estero perché aveva trovato un lavoro più profiquo, ma la verità era che li aveva abbandonati.
Ed ora, dopo anni che le parole gli erano rimaste bloccate in gola, premevano per uscire, per raccontare a qualcuno di come si sentisse, dato che non poteva mai parlarne con nessuno, nemmeno più con Peggy, per non darle più preoccupazioni. 
Tony lo capì probabilmente, perché gli disse “Puoi fidarti di me.”
E Steve cominciò a parlare.




Deliridifondopagina: *Guarda le palle di fieno rotolare* Ehiiiii, c’è nessuno?
Sono da fucilare, lo so, sono in ritardissimissimissimo, a mia discolpa devo dire che la scuola mi sta tenendo impegnatissima e che il mio pc mi sta insesorabilmente salutando per andare verso il paradiso dei computer (?)
Chiedo umilmente perdono, davvero.
Il prossimo capitolo è già scritto, quindi dovrei essere rapida (si so che l’ ho scritto anche nell’ altro e poi ci ho messo il doppio del tempo… ma abbiate pietà di me) e se riesco a scriverlo come ce l’ ho in mente, verrà lunghissimo (per la vostra giuoia (?))

Ringrazio tutte le persone (che nel frattempo sono aumentate! Non riesco ad esprimere quanto ciò sia agkjdfhgkjdhj *-* e quanto io vi sia grata di leggermi) che seguono la storia:  A n o n y m o u s Rei, ailuig, alicetta96, aubry, Bloody Wolf, crazysissi91, Dido_ , dogliva,  FelpataMalandrina94, giaggia, ginnyx, GioTel, H o p e l e s s, Haibara Stark, Hurtlovers, JustJeevas, Kyra Blackdemon, ladyElric92, Lady_Erato, LightCross, Lily Dub Black, LoviLovi, LunaLovegoods, Madame Plague, MaRmOtTeLlA ,Melipedia, mya95, Naima Dahmer, pepichan84,Perry_ ,
Scarlet 17,Selvy, Sharel, sirith88, supermimi213, vampirella, Wadding_ ,_monique_

Quelli che preferiscono (anche voi siete diventati di più, grazie grazie grazie!): 
8hotaruchan8 ,anonimoooo, Axel97, dogliva,  Draco Malfoy, Fyre97, Glitter Princess, H o p e l e s s, Harebell, iceathena ,Lady_Loki ,LoviLovi, Melipedia, mrslee19, Perry_, Scarlet 17, VexDominil  

Quelli che ricordano (se ne sono aggiunti anche, grazie millissime): - Bedhness, Lady_Loki,
LoviLovi , Perry_

E ultimi, ma non meno importanti quelli che recensiscono! (grazie mille davvero, perdonate il ritardo della risposta, vi darei un biscotto a testa):  _Arcy (a te andrebbe anche un pacchetto intero, mio caro beta!),  LunaLovegoods, anonimoooo, H o p e l e s s e Fyre97, davvero grazie, leggere quello che ne pensate della storia rende i miei giorni gioigloriosi c:

Se qualcuno vuole lasciare una recensione sono ben accette, giuro che non mordo (?)
Al prossimo capitolo, cià! :3
Pan;

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1355577