Salve a tutti!
Una piccola introduzione prima di incominciare con la storia.
Questo racconto si divide in due parti. La prima può essere
considerata al pari di una one-shot, ha una conclusione fine a se stessa e è
collocata al termine della prima serie. La seconda, invece è nata come
spiegazione per alcuni punti della one-shot che potrebbero far sorgere domande.
Finita questa premessa vi lascio alla lettura. Spero che sia
di vostro gradimento.
May Des
The end
La fine dei giochi
Tiepida
è la notte, mentre una piccola imbarcazione fende la fitta nebbia.
Su
di essa un bambino circondato da bianche rose e un vogatore in nero.
Il
piccolo sedeva composto sulla punta della barca e guardava incuriosito le
pellicole che si snodavano sotto il pelo dell’acqua. Quelle racchiudevano tutta
la sua vita. Una vita che presto sarebbe giunta al termine.
Il
maggiordomo, quell’imponente figura scura, guardava il suo signorino ammirando
l’orgoglio e il coraggio con cui andava incontro alla propria morte. Lo vedeva
osservare il suo passato con indifferenza studiata, come se per lui quelle
immagini non fossero altro che il racconto di un estraneo. Sorrise notando
l’allungare di una mano fino a sfiorare le onde. Nonostante la sua
determinazione rimaneva sempre un bambino.
Lentamente
l’imbarcazione proseguì il suo viaggio e, dopo quelle potevano essere sia anni
che minuti, all’orizzonte comparve un’isola.
Il
maggiordomo prese a remare con più vigore e in poco tempo raggiunsero la costa.
Con
uno scossone la barca s’incagliò nel fondale. Il bambino, colto di sorpresa,
perse l’equilibrio ma, prontamente, il maggiordomo gli impedì di cadere. Tenendolo
stretto a sé, con un balzo raggiunse la riva depositando il suo signorino
all’asciutto.
Il
piccolo, una volta al sicuro, si rassettò i vestiti e scoccò un’occhiata di
fuoco al servitore. Questi s’inchinò al suo signore – Chiedo umilmente perdono
per questi modi bruschi. Purtroppo su quest’isola non esiste alcun attracco e
quella era l’unica maniera per farvi scendere senza bagnarvi my lord. –
Il
conte annuì – Presumo che giunti a questo punto simili sottigliezze non abbiano
rilevanza. –
–
Vi ringrazio per la vostra comprensione. –
–
Piantala Sebastian. È inutile continuare con questa farsa. – disse bruscamente
Ciel – So benissimo che non vedi l’ora che giungesse questo momento. Perché ti
ostini a recitare una parte che è ormai conclusa? –
Sebastian
sorrise – Se mi è concesso signorino, sembrate voi quello impaziente ti
terminare questa storia. –
–
Credi? – gli domandò Ciel socchiudendo appena gli occhi.
–
È questa la mia impressione. – gli rispose cordiale.
–
Ti sbagli. Sono solo stanco di questo gioco. Ora che tutto è finito sta
diventando noioso. –
Il
maggiordomo inclinò il capo perplesso. – Di che gioco state parlando? –
–
Che domande sciocche che fai. La mia vita è tutta un gioco. –
–
Capisco. Allora che ne dite di terminarlo nel modo adeguato? –
Ciel
lo fissò serio – Credo sia opportuno. –
Il
maggiordomo annuì e lo invitò a seguirlo su un sentiero.
Camminarono
in silenzio fino a giungere a delle rovine al centro delle quali era situata
una panchina. L’unica cosa intatta in quel luogo lugubre.
Sospingendolo
Sebastian lo fece accomodare e dopo essersi inginocchiato, guardandolo negli
occhi, con una mano gli sfilò la benda.
Il
marchio del contratto brillò in quell'oscurità crepuscolare e, come risposta,
gli occhi del demone si accesero di scarlatto.
Sebastian
sfiorò con la mano marchiata il volto di Ciel.
–
Allora, questa è la fine? –
–
Si, è la fine. –
Ferino
Sebastian si avvicinò al conte pronto ad assaggiare quell’anima perfetta che
per anni lo aveva tentato. Non badò a niente, immobilizzò la preda e ne gustò
l’aroma soddisfatto per quella scelta tanto azzeccata. Era pronto, niente e
nessuno lo separava da quell’ambita ricompensa ma, improvvisamente i ruoli si
capovolsero.
Un
attimo prima era li, pronto a saziarsi, ora invece si ritrovava accasciato,
privo di forze. Il signorino lo sorreggeva con le sue esili braccia
osservandolo con uno sguardo che non gli aveva mai visto. Pareva oscillare tra
l’adorante e l’affamato.
Racimolando
le poche forze che gli rimanevano chiese – Cosa sta succedendo? –
Ciel
sorrise compiaciuto – Non ti preoccupare Sebastian. Presto sarà tutto finito. –
Il
maggiordomo spalancò gli occhi incredulo, domandandosi cosa volesse dire con
quelle parole. Cercò di divincolarsi riprendendo il controllo della situazione,
inutilmente.
–
Non tentare di sfuggirmi. Sarebbe soltanto fatica sprecata. –
Il
conte gli accarezzò la guancia mentre piccole scintille nere abbandonavano il
corpo del servitore venendo assorbite dal bambino. L’esistenza del demone era
ormai agli sgoccioli.
–
Perché? – chiese flebile.
Ciel
rispose condiscendente – Non sono stato io a evocare te quel giorno. Bensì il
contrario. Il tuo bisogno di un’anima pura e al contempo oscura mi ha attirato
e affascinato. Solo per te ho creato l’illusione del conte e del suo mondo. Un
gioco che alla fine si è rivelato la trappola perfetta. –
Sebastian
spalancò gli occhi sorpreso. Era stato ingannato sin dall’origine, circuito dal
nemico più temuto dai demoni, per poi essere distrutto.
Il
cacciatore era diventato la preda.
–
Buona notte Sebastian. Quasi mi dispiace farti questo ma… è la mia natura.
Sappi
però, che tra tutti tu sei stato il migliore e anche se non lo dimostravo, mi
sono divertito a giocare con te. –
Sorridendo
dolcemente gli posò un bacio sulla fronte.
–
Addio Sebastian. Riposa in pace. –
Quelle
furono le ultime cose che sentì. Il buio lo avvolse e per la prima volta dopo
millenni seppe che non avrebbe più rivisto la luce.
§§§
Ciel
si alzò in piedi e osservò quell’involucro vuoto che fino a poco prima
rispondeva al nome di Sebastian. Su quell’isola non c’era altro da fare.
Doveva
solo attendere che lo venissero a prendere. Non doveva aspettare molto.
Una
figura incominciava già a tracciarsi tra le ombre della nebbia.
Era
alta e portava un vestito nero come il cappello, lunghi capelli argentati che
coprivano gli occhi e una cicatrice che, orizzontale, gli solcava il volto.
Ciel
sorrise quando lo vide, si alzò e gli corse incontro abbracciandogli le gambe.
La
mano di Undertaker si posò sul capo del piccolo scompigliandogli i capelli.
–
Allora, anche per questa volta hai finito d giocare con la tua preda. Ti sei
divertito? –
Ciel
alzò lo sguardo contento delle attenzioni.
–
Si padre, mi sono divertito. – rispose.
–
Bene. Ora dimmi, cosa ne vuoi fare di questo corpo? Sarebbe uno spreco
lasciarlo qui a far polvere. –
–
Ne convengo. Infatti, volevo portarlo con me per aggiungerlo alla mia
collezione di bambole. –
–
Mi sembra proprio una bella idea. Che ne dici se gli costruissimo anche una
bella cassa dove riposare. Con tutto il lavoro che ha fatto in questi anni sarà
stanco. –
Annuendo
Ciel approvò la proposta.
–
Ora però andiamo. – disse Undertaker caricandosi sulle spalle il corpo di
Sebastian – Non vorrei fare tardi per il thè delle cinque. Sai quanto possa
essere petulante la zia Grell con i ritardatari.–
Così,
seguito da Ciel, s’incamminò verso la spiaggia dove attendeva l’imbarcazione
pronta a ricondurli a casa.
Mentre
questa s’allontanava dall’isola, sospinta dalle onde, un corvo si levò in cielo
e cavalcando le correnti s’apprestò a portare a tutti un messaggio.
I cacciatori sono tornati.
***
N.d.A.
In questo piccolo spazio volevo ringraziare tutti quelli che
sono arrivati alla fine di questo capitolo. Parte dei grazie vanno anche alla
mia amica Zim che, in anteprima, ha letto questa storia e mi ha dato il suo
prezioso parere.
Grazie ancora e alla prossima.
May Des