Without Feelings?

di Daisy Pearl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Nascita. ***
Capitolo 2: *** Attrazione. ***
Capitolo 3: *** Ordini. ***
Capitolo 4: *** Fratelli. ***
Capitolo 5: *** Assistente. ***
Capitolo 6: *** Affare e ... ***
Capitolo 7: *** Il risveglio. ***
Capitolo 8: *** Felicità e Passione. ***
Capitolo 9: *** Vestiti. ***
Capitolo 10: *** Dance Again ***
Capitolo 11: *** Occhi Blu Mare ***
Capitolo 12: *** Disobbedienza. ***
Capitolo 13: *** Buio ***
Capitolo 14: *** Off ***
Capitolo 15: *** Inquietudine ***
Capitolo 16: *** Agenti ***
Capitolo 17: *** Illusione ***
Capitolo 18: *** Dose di illusione e dose di realtà ***
Capitolo 19: *** Omicidio ***
Capitolo 20: *** Robot ***
Capitolo 21: *** Progetto 01R ***
Capitolo 22: *** Robot o no, è lo stesso. ***
Capitolo 23: *** Elettricità ***
Capitolo 24: *** Cuore--Epilogo ***



Capitolo 1
*** La Nascita. ***


1 - LA NASCITA.


Ero viva! Io esistevo! Non so come uno sguardo mi abbia potuto risvegliare da quel torpore, da quella illusione di essere un automa. Potevo pensare e agire seguendo i miei pensieri.
Ero libera! Libera da quella stupida voce che mi diceva cosa dire e cosa pensare. Libera di AGIRE secondo le MIE regole.
LIBERA.
E dovevo tutto a quel paio di occhi. Appartenevano ad un ragazzo. Non sapevo dire se fosse bello o meno, non conoscevo i canoni della bellezza. Aveva dei capelli corvini, mossi. Era più alto di me, spallato.
E aveva un paio di occhi verdi. BELLISSIMI. Fu questo il mio primo pensiero.
BELLISSIMI.
Quando pensai ciò mi resi conto di esistere. È una consapevolezza strana. Mi incute paura, ma allo stesso tempo mi rende felice. Voglio vivere!
E dovevo tutto a lui! Non sapevo come ci fosse riuscito, era un miracolo.
Io non potevo esistere. Non potevo pensare. Non ero programmata per questo. Eppure erano bastati quegli occhi a rovesciare tutta la mia esistenza. Quegli occhi e un paio di parole. Gentili.
“Hei! Hei tutto bene?” aveva detto sventolando la mano davanti a quelli che dovevano essere i miei occhi.
E li, in quel momento presi coscienza.
Tristemente, a malincuore.
Mi chiamo 4931949 e questa è la mia storia. Ma per capirla a fondo dobbiamo andare leggermente indietro nel tempo. Di una settimana circa, alla mia nascita, se così può essere definita.

 
 
“Professore, davvero è riuscito a portare a termine il lavoro in così poco tempo?”.
“Sì Mr Drake! Ho impegnato anima e corpo in questo progetto!”
“Lo credo bene professore! Non capita tutti i giorni di lavorare per me!” esclamò Mr Drake arrogantemente.
“Oh! Senz’ombra di dubbio il suo ingaggio conta molto!” ribattè poco convinto il vecchio professore “Ma lei mi ha anche offerto una possibilità. Quella di vincere una sfida!”
“E ce l’ha fatta!”
“Questo sta a lei giudicarlo!” disse con umiltà il vecchio professore. In realtà era molto soddisfatto del suo lavoro, ma non voleva che ciò trasparisse. Soprattutto se si trovava in presenza di un uomo importante come Mr Drake. Uno degli uomini più influenti del paese.
“Ma quanto manca ancora?” chiese impaziente Mr Drake mentre attraversavano un corridoio dopo l’altro.
“Non molto, signore! L’Ho nascosta bene!”.
“Nascosta? Non pensavo che i nostri accordi parlassero di una LEI!” si inalberò Mr Drake. Se le cose non andavano come lui aveva previsto erano guai.
“Oh! Signore aspetti di vederla prima di dirlo! Non vorrei sembrarle proprio modesto, ma è un vero capolavoro!”
“Perché allora lo tiene così segreto?
“Ma signore! Lei mi ha intimato la massima riservatezza!” cercò di difendersi il professore.
“Certo Professor Coter! Ma pensavo che si sarebbe ugualmente servito di qualcuno dei suoi collaboratori! Ho sentito dire che sono gli ingegneri più bravi in circolazione!”
“Così mi lusinga! Comunque riservatezza mi è stata chiesta e riservatezza è stata tenuta!”
“Le è anche stato chiesto un uomo, ma lei ha fatto una donna!” disse Drake con leggero disappunto.
“Non può totalmente tappare le ali ad un artista!” si difese il professore.
“E così si definisce artista! Io credevo scienziato, un po’ pazzo magari, ma pur sempre scienziato!”
“Bè in questo caso ho anche creato, e si fidi, questo fa di me un artista!”.
“Se potessi vedere la sua opera, signor artista, forse potrei concordare con lei e definirla tale. Ma sembra che non la vedrò fino a che non avrò compiuto 50 anni!” sbuffò l’uomo potente.
“Ci siamo!” esclamò il professore fingendo di ignorare il tono seccato del suo interlocutore. Temeva l’ira del signor Drake e sapeva bene che aveva poca pazienza!
Fece aderire il palmo della mano allo schermo che gli stava davanti. Questo tramite una luce blu lo scannerizzò.
‘Accesso consentito’ gracchiò una voce metallica.
La porta blindata si spalancò e i due entrarono nella stanza. In quest’ultima vi era solo una scrivania piena di fogli con incomprensibili calcoli, una sedia e una lunga lastra di vetro che ricopriva tutta una parete. Questa permetteva di intravedere il contenuto della stanza adiacente.
Mr Drake si avvicinò ad esso.
“E’ lei?” chiese indicando il lettino sul quale giaceva qualcosa. Quel qualcosa era nascosto da un lenzuolo.
“Sì!” rispose emozionato il professore.
“Posso vederla da vicino?” chiese Mr Drake con curiosità.
Il professore annuì con entusiasmo e si avvicinò alla porta che dava verso questa stanza secondaria, e sulla tastiera che stava sulla parete digitò la combinazione.
4931949.
Con un forte BEEEEP  la seconda porta si spalancò. Il professore quasi corse in direzione del lettino.
Era in uno stato di estasi completa. Fremeva dalla voglia di mostrare la sua creazione al più influente imprenditore di tutta l’America.
“E’ pronto?”
Mr Drake annuì. Il professore sorrise e con uno scatto fulmineo alzò il lenzuolo rivelando ciò che vi stava al di sotto.
L’imprenditore sbarrò gli occhi e la bocca per la sorpresa. Di tutto ciò che si era aspettato quella proprio era l’ultima cosa.
Una ragazza giaceva sul lettino. La cosa che lo aveva tanto scioccato è che questa era di una bellezza disarmante. Era forse la creatura più bella che avesse mai visto in tutta la sua vita. E lui di belle donne ne aveva viste tante. Era giovane sì (soli 30 anni) ma era sempre passato da un letto all’ altro con perfetta non  chalances.
Ma la ragazza che gli stava di fronte era PIU’ che bella. Molto di più.
Aveva dei liscissimi capelli castani, così lisci da sembrare finti. Mentalmente si corresse. Erano finti.
Il viso era leggermente allungato e aveva gli zigomi alti.
Era magra, ma dal leggero camice che indossava si intravedeva un prosperoso seno.
Gli venne l’acquolina in bocca.
La stupenda creatura aveva le palpebre chiuse. Sembrava stesse dormendo pacifica.
Di fronte allo sbigottimento e alla meraviglia di Mr Drake il professore non potè far  altro se non compiacersi per il proprio lavoro. Era stato superlativo! Era sempre stato una persona modesta, ma quella volta doveva proprio ammetterlo. Quella era un’opera d’arte.
“Posso toccarla?” chiese l’imprenditore in un sussurro.
“Certo!”
Lui allungò la mano verso il viso della giovane donna e lo sfiorò. La pelle era liscia come quella di un bambino.
“Sembra vera…” constatò assorto.
“E’ vera! La pelle l’ho sintetizzata personalmente! Ho utilizzato del DNA, con le moderne tecnologie non è stato difficile!”.
Mr Drake sgranò ancora una volta gli occhi.
“E’ dunque vero anche tutto il resto?”.
“Ahah no! Ma ricordo quello che lei mi ha detto, che deve sembrare vera!”.
“Ma questo è solo il primo esperimento, perché l’ha creata così bella? Non era necessario!”.
Il professore arrossì. Mr Drake capì.
“Ah-ah! Aveva bisogno di sfogo eh?” sibilò malizioso.
“Già! Non ho mai avuto molta fortuna con le donne. Sapevo che lei non se ne sarebbe fatto niente del primo esperimento. La mia era solo una prova. Così ho deciso di farlo diventare anche un mezzo regalo per me!”.
“Ma quindi lei è dotata …” iniziò l’imprenditore.
“Di tutti gli organi femminili! Le ho persino creato un circuito in grado di permetterle l’orgasmo” disse con una nota di perversione.
Il signor Drake pensò che quell’uomo doveva essere davvero un disperato e un po’ gli faceva pena.
Ma poi guardando la creatura non riuscì a non pensare all’attrazione che provava per lei. Era di una bellezza inaudita. Sarebbe stata perfetta.
“Non ha bisogno né di mangiare né di bere …” stava spiegando il professore, ma a lui non importava.
“Voglio collaudarla!” disse repentino.
Il professore lo guardò sbigottito. Non poteva permettere che gli venisse portata via.
Aveva messo anima e corpo in quel progetto. E voleva goderselo, nel vero senso della parola.
Ma come poteva dire di no a colui che aveva finanziato il progetto? Come poteva dire di no all’uomo più potente del paese? Non poteva.
“Ok! Ma ha bisogno di un collaud…”.
“La voglio ORA!” tuonò Drake.
Il professore annuì umilmente.
Si diresse verso un macchinario che stava nella stanza e inserì dei comandi sul computer. Una serie di codici incomprensibili. Poi con rammarico premette INVIO.
Mr Drake intanto continuava a fissar la ragazza con un’espressione assorta. In quel momento notò dei cavi che le erano attaccati alle tempie e sulla schiena. Prima era rimasto talmente folgorato dalla sua bellezza da non essersene nemmeno accorto.
Avvenne tutto all’improvviso. La ragazza spalancò gli occhi. Profondi e bellissimi occhi blu. Blu elettrico, blu mare. Si mise a sedere di scatto e guardò assente dinnanzi a sé.
“Le presento 4931949!” disse il professore con la voce leggermente incrinata.
Poi premette nuovamente invio.
La ragazza assunse un’espressione più umana. I suoi movimenti erano meno rigidi e sembrava addirittura che respirasse.
“Nessuno si accorgerà della differenza!” continuò il professore mentre Mr Drake era completamente rapito “Le ho inserito una personalità, la capacità di tenere un discorso, un’intelligenza artificiale praticamente perfetta. L’unica cosa che la differenzia da tutti noi è che non ha una coscienza, non è cosciente di esistere e non ha sentimenti!”.
Un ghigno comparve sul volto di Drake.
 
A malincuore il professore inserì dei nuovi comandi nel computer.
Lavorò velocemente, sperando di non trovare la forza di tenere per sé quell’adorabile creatura.
Era SUA dopotutto! Certo, creata con i soldi di quel grande imprenditore, ma sua comunque!
Ci era legato. Aveva progettato tutto nei minimi dettagli, per creare una perfetta moglie e amante. Ed in quel momento ciò che aveva di più somigliante a una famiglia, gli veniva irrimediabilmente sottratto. E lui era impotente. O comunque doveva esserlo. Non poteva agire di testa sua… ci sarebbero state delle tragiche conseguenze. Drake era un uomo eccessivamente potente.
“Che sta facendo professore?” interruppe così il corso dei suoi pensieri.
“Inserisco i dati necessari affinchè la conosca e affinchè possa trattenere una qualsiasi conversazione con lei! Ah! E poi sto inserendo il programma di riconoscimento vocale!”.
“Riconoscimento vocale?”. Il signor Drake era decisamente perplesso.
Il vecchio annuì “Obbedirà esclusivamente ai suoi ordini!”.
L’espressione dell’imprenditore si fece iraconda “Ma così non potrà mai somigliare a noi!”.
“Oh, mi perdoni. Probabilmente mi sono espresso male. Intendevo dire che nel caso egli le chieda di fare qualcosa, lei lo farà. Ma ubbidirà unicamente al suo timbro di voce…. E al mio naturalmente”. Non poteva negargli pure quell’ultimo tentativo di tenere 4931949 in qualche modo legata a lui.
Drake sembrò non aver nulla da ribattere a proposito.
“Le ci vuole ancora molto?” domandò invece piuttosto spazientito.
“Signore lei deve concedermi il tempo necessario. O le cose si fanno bene, o non si fanno!”.
“Giusto!” cercò di calmarsi Mr Drake.
Il professore prese in mano uno strano arnese, simile a un piccolo registratore locale.
“Sa cantare?”.
L’imprenditore esplose in una forte risata.
“Che razza di domanda è questa?” chiese quando riuscì a moderare le risa.
Il vecchio sembrò offeso.
“Devo sapere se lei è in grado di riprodurre con la voce una nota che le farò ascoltare, si tratta di un metodo per far sì che 4931949 memorizzi il suo timbro vocale!” rispose con semplicità.
“Oh!” il signor Drake sembrava quasi imbarazzato “Sì, posso riprodurre una nota!”.
Il professore gli avvicinò alla bocca il registratore e poi fece urtare un diapason contro la scrivania. Dopo di che lo accostò all’orecchio di Drake.
Lui iniziò a riprodurre il suono mentre l’altro aveva dato avvio alla registrazione.
L’operazione era davvero particolarmente buffa. L’uomo più potente del paese sembrava un vero cretino. Il vecchio si rese conto che se fosse riuscito a filmarlo avrebbe potuto guadagnare molto da quel video. L’imprenditore non avrebbe voluto che esso fosse diffuso.
Peccato non averci pensato prima! Solo che prima non credeva che gli avrebbe portato via l’unica cosa che contava. Decise che se la sarebbe ripresa. Fosse quella l’ultima cosa che avrebbe fatto in vita sua!
“Fatto!” esclamò interrompendo la registrazione. Collegò con un cavo l’oggetto al computer e attese un paio di minuti.
“Ci siamo!” sussurrò emozionato. Chissà se il carattere dell’androide sarebbe stato proprio quello che lui aveva programmato o se sarebbe stato differente.
Staccò tutti a cavi che collegavano la pseudo ragazza al computer centrale.
“Tra 10 secondi sarà operativa!” la voce era rotta dall’emozione.
Mr Drake teneva gli occhi puntati sul robot senza sapere bene cosa aspettarsi. Con la coda dell’occhio osservava l’eccitatissimo professore. Ai suoi occhi quell’uomo era sempre più pazzo!
“5, 4, 3 …”.
Ormai c’erano quasi.
“2, 1 …”.
La ragazza, con un movimento sinuoso, atipico per una qualsiasi macchina, saltò giù dal lettino sul quale era seduta. Poi si pose dinnanzi ai due uomini.
“Salve professore, e salve anche a lei signor Drake!” detto questo fece un profondo inchino ad ognuno di loro.
Tumulto di emozioni.
Il professore ormai non riusciva più a trattenere le lacrime di fronte al proprio capolavoro.
Il signor Drake invece era rimasto a bocca aperta. Quella giovane donna aveva una voce soave. Sembrava una dolce melodia. Agognava di sentirla ancora e ancora. Avrebbe fatto follie per una donna dalla voce così.
La posizione che essa aveva assunto permetteva di notare e ammirare ancora meglio la perfezione di quel corpo.
Una perfezione che nessun essere umano avrebbe mai raggiunto.
Ma di fronte a quei fantastici occhi blu che lei possedeva era impossibile credere che non fosse umana.
Essi trasmettevano calore, gioia, vita.
In quel momento rammentò. Tutta illusine. Quella creatura non aveva pensieri, opinioni, sentimenti.
Era un bellissimo guscio, ma un guscio vuoto.
Tuttavia c’è sempre chi si accontenta del guscio.



ANGOLO AUTRICE :)


Che ne pensate? Lo sò che l'idea è parecchio strana, ma mi è venuta così!!
Vi lascio il link dell'altra storia che sto scrivendo, se volete farci un saltino...

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=933169&i=1
E anche il mio account facebook, così ci possimo conoscere :)
http://www.facebook.com/profile.php?id=100003745023660&ref=tn_tnmn
Daisy

 

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Capitolo 2
*** Attrazione. ***


2 - ATTRAZIONE.


Mr Drake non poteva far a meno di osservare la disinvoltura con la quale la ragazza, o meglio l’androide, indossava i semplici vestiti che il professore le aveva dato.
Si trattava di abiti da uomo, uno sbiadito paio di jeans e un maglioncino con le spalle troppo larghe per quel sottile corpo. Nonostante i vestiti fossero decisamente orrendi lei non faceva altro che risplendere.
Era 4931949 a dare bellezza a quei vestiti, donava loro luce nuova.
Probabilmente addosso alla più bella delle modelle non sarebbero stati così bene.
Il signor Drake fu costretto a deglutire più e più volte, affascinato da quella presenza.
La cosa che meno riusciva ad accettare era l’attrazione forte che provava per lei. Non riusciva a comprendere come un oggetto potesse dare un tale stimolo alla sua mascolinità ormai risvegliata all’interno dei pantaloni eleganti.
Così distolse lo sguardo da tutta quella artificiale perfezione per cercare di calmare i perversi pensieri che gli colmavano la mente.
Il professore invece guardava la creatura senza alcuna vergogna. Ne esaminava con sguardo languido le forme, sembrava volesse sbranarla dal un momento all’altro.
Dentro di sé si era acceso un fuoco alimentato da due sorgenti, la passione e la rabbia. Sapeva di non poter nulla contro il grande imprenditore, ma gli dava decisamente fastidio non poter godere della sua stessa creazione.
Il signor Drake si accorse degli sguardi del professore e, come per marcare che l’oggetto dei loro desideri era di sua esclusiva proprietà, si avvicinò all’automa e le cinse con un braccio i morbidi e sensuali fianchi.
“Professore ha fatto davvero un ottimo lavoro!” disse soddisfatto di quello che per lui era un nuovo straordinario acquisto.
Il professore represse una serie di parole poco cortesi e cercò di far incurvare le sue sottili labbra in un sorriso. Il risultato fu un disgustoso ghigno che si apriva su quel volto rugoso circondato da corta e bianca barba.
“Si figuri!” pronunciò semplicemente.
Mr Drake ghignò. Amava il potere che aveva il suo cognome, il potere di far ammutolire le persone, di farsi adorare e ammirare.
Senz’ombra di dubbio il suo bell’aspetto aveva fatto la sua parte. Insomma era un uomo alto e aveva un viso perfetto. Un viso da schiaffi, dicevano le donne che frequentavano il suo letto, ma a loro bastava il suo nome per rotolare volentieri tra le sue lenzuola. Sapeva di essere il classico stronzo.
Poche volte gli era capitato di essere andato con la stessa ragazza per più di una sera, gli piacevano le novità, come poteva rinunciarci?
E quella che aveva a fianco era un’ottima novità.
Sorrise stupendosi ancora una volta di quanto sembrasse reale.
“La saluto Professore!” esclamò sfoggiando il suo migliore sorriso e tendendo la mano all’anziano signore.
Quest’ultimo gliela strinse, una stretta debole, da perdente. Insomma, come poteva un uomo che passava tutta la sua vita rinchiuso in un laboratorio essere un vincente?
Poteva essere un genio, ma nulla più. E ai geni non rimangono i loro trofei, i premi vanno ai più forti, a lui ad esempio. La prova era la ragazza che stringeva al suo fianco.
Mr Drake la condusse fuori dal laboratorio con velocità, mentre il professore rimase nella stanza dove fino a qualche istante prima giaceva la sua splendida creatura.
La rabbia ormai si era impadronita di ogni sua singola fibra, 4931949 doveva essere sua.
Ma a ciò avrebbe pensato col tempo.
 
Come previsto la limousine era parcheggiata al di fuori dello stabilimento, circondata da una folla di curiosi.
Tutti si domandavano di chi fosse quella lussuosa auto e quando videro uscire il signor Drake dal palazzo compresero. Dopotutto era un uomo decisamente famoso, soprattutto a causa dell’enorme numero di giornali sul quale compariva, da quelli noiosi come i giornali che si occupavano di politica, fino a quelli scandalistici.
Il suo visino con i capelli neri spettinati popolava le copertine facendo sospirare migliaia di ragazze e facendo ingelosire uno stesso numero di uomini. A lui tutto ciò non dispiaceva, lo rendeva popolare oltre che ricco e ciò non faceva altro che accrescere l’influenza che aveva sulle altre persone.
Non appena si avvicinò alla costosa macchina la folla di curiosi si allontanò continuando ad osservare con ammirazione e curiosità quell’uomo dotato di così tanto fascino. Ma a nessuno di loro sfuggì la bellezza della ragazza che lo accompagnava.
Il signor Darke si beò per pochi secondi di tutte quelle attenzioni prima di salire nell’auto, l’androide lo seguì con dei movimenti sinuosi e aggraziati. Presero posto l’uno di fronte all’altro sui divanetti.
“Alla villa!” ordinò il signor Drake all’autista.
Poi aprì il minibar e ne estrasse una bottiglia di champagnes.
“Ne vuoi?” domandò lanciando un sorriso seducente alla ragazza.
Lei ridacchiò. Ancora una volta il suono uscito dalla sua bocca sembrò cristallino, così perfetto che Drake ne rimase folgorato. La sua bocca prese la classica forma a ‘o’ che denota stupore, e non era facile stupirlo.
Poi lei gli fece l’onore di parlare, così che lui potesse nuovamente bearsi delle dolci note che uscivano da quella rosea apertura.
“Io non bevo!” gli sorrise.
Il cuore di mr Drake perse un paio di battiti di fronte a quell’adorabile sorriso, ma fu costretto a riscuotersi e lo fece dandosi dello stupido. 4931949 sembrava talmente reale che lui, senza nemmeno farlo apposta, aveva iniziato a flirtare con lei, come avrebbe fatto con qualsiasi altra donna.
Solo che con lei non sarebbe servito.
“Hai ragione, l’aveva detto il professore!” constatò ancora stranito l’uomo.
“Non si preoccupi” sorrise nuovamente “Sembro tanto reale!”.
Lui annuì cosciente di quanto fossero vere quelle parole.
“Posso farti una domanda?”.
Lei ridacchiò di nuovo e lui ancora ne fu totalmente rapito.
“C’è bisogno di chiederlo signore? Io ubbidirò a qualsiasi sua richiesta!”.
Era così logico, eppure anche così strano.
“Ah bene” non sapeva come ribattere di fronte alle sue parole, dopotutto era lui il cretino, colui che aveva commesso l’errore.
“Cosa sai di me?” forse non si trattava della domanda più intelligente che le potesse fare, ma la curiosità lo stava letteralmente divorando. Voleva sapere cosa c’era nella sua testa.
“Bè io so tutto quello che si dice di lei sui giornali, so i suoi dati anagrafici, so le cose tecniche che possono essere immagazzinate in un computer!” la risposta sembrava così ovvia, eppure per il Signor Drake era tutto così nuovo e insolito.
“Ma non sai davvero chi sono, no?”.
“Io so ciò che tutti sanno su di lei, niente di più niente di meno!” rispose lei.
“Sai anche il mio codice fiscale?” una domanda in più o in meno che differenza poteva fare?
“Naturalmente signore!”.
“Non mi chiamare ‘signore’, chiamami Josh” lo disse con confidenza, come se avesse davanti una donna che doveva conquistare, non ce la faceva proprio a comportarsi diversamente. Gli veniva naturale. Di fronte a tanta bellezza le sue doti da cacciatore affioravano in superficie anche se era consapevole della loro inutilità.
“Ma questo non è il suo vero nome!” ribattè la ragazza. Allora lui volle metterla alla prova.
“E quale sarebbe?”.
“Joshua Mattew Drake!”.
Lui non potè non rimanere colpito dalla sicurezza che aveva quella ragazza. Sembrava davvero dotata di una meravigliosa personalità.
“Josh è un diminutivo!”
“Capisco!” sorrise lei. Mentre lo fece gli occhi le brillarono. Quelle meravigliose pozze blu come potevano non essere reali? Cambiavano quando lei incurvava in su le splendide labbra, com’era possibile?
Ah la scienza quante porte che era in grado di aprire.
L’attenzione di Josh si concentrò sulle rosee labbra di lei che ancora erano piegate in quella perfetta espressione. Non potè farne a meno, si spostò di fianco a lei, e, senza mai distogliere lo sguardo da esse, prese ad accarezzarle il viso con il pollice.
“Sei bellissima!” disse in un sospiro prima di colmare in modo definitivo quei pochi centimetri che li separavano.
Le loro bocche si unirono in un connubio perfetto. La consistenza di quelle di 4931949 era morbida ed erano lisce come seta. Il sapore, poi, ricordava quello delle fragole appena colte.
Il loro contatto fu minimo, ma già il cervello di Josh ragionava a tratti ed era incapace di articolare un pensiero coerente.
Gli ormoni presero il sopravvento e lo fecero avvinghiare ancora di più alla ragazza.
Il baciò proseguì e lui con la lingua iniziò ad assaporare le morbide curve delle sue labbra come per chiederle tacitamente di consentirgli di andare oltre.
L’automa socchiuse le labbra come per dirgli ‘accesso consentito’ e lui con passione si tuffò su di lei facendola stendere sul divanetto dell’auto. Mentre la sua lingua esplorava con abilità la bocca di lei le sue mani si avvinghiarono ai suoi fianchi, spingendola in tal modo contro di lui. Voleva sentirla più vicina, voleva di più.
Cercò di recuperare un briciolo di lucidità, ma lei rendeva le cose estremamente difficoltose. Infatti, oltre ad essere incredibilmente bella, era anche incredibilmente brava. Il professore l’aveva creata anche con quelle capacità, dopotutto voleva ‘godersela un po’’.
Infatti lei stava lentamente tastando il corpo scolpito di Josh, con i palmi aperti, e più le sue mani perfette si abbassavano più lui perdeva il controllo.
Si tuffò dunque sul collo dell’automa lasciandovi un infinito numero di languidi baci. Il respiro di lei aumentò, sembrava che si stesse eccitando. Il professore però gli aveva detto anche questo. Le aveva creato dei circuiti in grado di permetterle l’orgasmo, aveva proprio pensato a tutto. Insomma fare sesso con una macchina che rimaneva immobile dopotutto non era il massimo, sarebbe stato come andare con una bellissima bambola gonfiabile.
Intanto Josh le stava tirando su i lembi di quell’ingombrante maglione e il suo respiro, man mano scopriva i centimetri di pelle della ragazza, si faceva sempre più corto e irregolare. Se avesse continuato in quel modo l’avrebbe fatta sua su quell’auto.
In un secondo un pensiero gli attraversò la testa. Lei era un automa e lui provava attrazione per un essere inanimato. Si diede nuovamente dello stupido e con un enorme sforzo separò i loro corpi. 4931949 non sembrò rimanere delusa da quel gesto, come lo sarebbe stata una qualsiasi altra donna,  anzi il suo respiro tornò immediatamente alla normalità.
Lui invece era ancora decisamente eccitato da quelle effusione che il suo corpo avrebbe voluto approfondire, mentre la sua mente lo intimava di tenere a posto le mani perché quella che aveva davanti non era una donna.
Cercò di sistemarsi la costosa giacca e si passò una mano tra i capelli, con il risultato di scompigliarli ancora di più. Si augurò di avere un aspetto decente, soprattutto perché si era accorto che l’auto stava frenando.
Non appena essa si fermò lui ne uscì sfoggiando il suo solito sorriso sicuro e venne seguito da 49319494.
La villa si ergeva come un castello di fronte ai loro occhi.
La tenuta era davvero enorme e splendida, si protendeva per tre piani di altezza e doveva contenere chissà quante stanze.
Fecero il loro ingresso e vennero tempestivamente accolti dal maggiordomo.
“Buona sera signor Drake, passato una buona giornata?” gli chiese fingendo curiosità. Ormai Josh era costretto sempre alla solita routine e ogni volta che tornava a casa il maggiordomo, con serietà calcolata, gli poneva sempre quella stessa domanda.
“Splendida Percy!” rispose come da prassi lui.
A quel punto Percy notò che il padrone era in dolce compagnia e rimase a dir poco folgorato dalla bellezza della signorina, ma fu anche stupito dalla sua giovinezza, dimostrava si e no una ventina d’anni. Sapeva che il signor Drake era un gran donnaiolo, ma solitamente portava a casa donne un pochino più mature, dai 25 ai 35 anni.
“E la signorina è…?” domandò con cortesia.
Josh rimase spiazzato dalla domanda. Non ci aveva pensato. Insomma, nessuno doveva sapere che lei era un robot, quindi non poteva presentarla come 4931949, doveva trovarle un  nome e anche alla svelta dato che il maggiordomo era sempre più incuriosito dal suo prolungato silenzio.
“Denise!” disse semplicemente. Non gli era venuto in mente niente di meglio, Denise era stata una sua vecchia fiamma che aveva in comune con l’automa solo i folti e lisci capelli marroni.
Lei allungò la mano in direzione di Percy che gliela strinse con garbo.
“Sono Percy Spleton, il maggiordomo della tenuta!” si presentò arrossendo lievemente.
Nonostante avesse una cinquantina d’anni, nemmeno lui poteva rimanere immune alla folgorante bellezza di Denise.
“Percy fa preparare una camera alla signorina e trattala con tutti i riguardi!” ordinò Josh.
“Certo signor Drake!” disse lui ponendosi alle spalle del suo datore di lavoro per aiutarlo a liberarsi della giacca. Poi sparì per andare a chiamare l’addetta alla sistemazione delle stanze.
“Come ti sembra?” chiese Josh rivolgendosi a 4931949 con uno sguardo ammaliatore. A qualsiasi donna si sarebbe fermato il cuore di fronte al suo fascino, ma lei non era dotata di quell’organo.
“E’ una casa splendida!” rispose melodiosa lei lanciando un’ occhiata in giro.
“E’ esattamente come è memorizzata nei miei circuiti!” continuò.
Lui sorrise.
“Intendevo dire cosa ne pensi del nome!” chiarì.
“Denise va benissimo!” constatò lei regalandogli un sorriso trentadue denti.
Come avrebbe fatto a vivere sotto lo stesso tetto di quella splendida creatura senza poterla toccare?
Probabilmente sarebbe impazzito, ma chi, oltre a sé stesso, gli vietava di toccarla?
Sorrise a quel pensiero. In fondo nessuno sapeva quale fosse la sua vera natura.
Nessuno avrebbe mai saputo che lui era irrimediabilmente attratto da una bambola, una perfetta bambola di metallo.




ANGOLO AUTRICE :)


alloraaaaa.... Un ringraziamento a tutti coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, mi avete dato la forza  e l'entusiasmo per aggiornare così tempestivamente!!
spero che il secondo capitolo vi piaccia e ... cosa ne pensate adesso di Josh alias mr Drake?
e di Denise??
Come al solito vi consiglio di leggere l'altra mia storia 'Glances game' che è davvero molto importante per me!
Daisy

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Capitolo 3
*** Ordini. ***


3 - ORDINI.




“Signore! La cerca una certa signorina Donson!” disse il maggiordomo con il suo solito tono ufficiale. Ci mancò poco che Josh non si mettesse a ridergli in faccia. Ricordò come da piccoli lui e suo fratello Zack si divertissero a fargli i dispetti.
 
Il piccolo Josh aveva legato alle due estremità della porta un filo di nylon. L’aveva teso bene e poi aveva ammirato la propria opera. Era come se non ci fosse, totalmente invisibile. Allora alzò il pollice in direzione del fratellino, come per dargli l’ok. Quest’ultimo si sedette a terra ed iniziò a fingere di piangere e a strillare.
“Percy!” urlò con la sua vocetta acuta mentre Josh si andò a nascondere dietro la porta ridacchiando il più silenziosamente possibile.
“Percy!” ripetè con maggiore enfasi e volume.
Si sentirono dei passi veloci, simbolo che Zack era stato sentito e che qualcuno stava venendo a vedere cosa era success, e cosa spingesse il piccolo a disperarsi in quel modo. Non appena il maggiordomo vide due lacrimoni, che Zack ormai sapeva produrre con maestria, scendere dolcemente lungo le guancie paffute del bambino si precipitò preoccupato verso di lui.
Nel farlo naturalmente non notò il filo teso e vi inciampò finendo a terra con un tonfo.  I due bambini iniziarono a ridere a crepapelle, si accasciarono a terra tenendosi la pancia, mentre Percy, senza perdere il contegno si rialzò il tutta la sua altezza facendo ridere ancora di più i piccoli. Sembrava un pinguino ai loro occhi, con quell’uniforme bianca sul petto e nera sulla schiena.
Senza contare che il suo enorme naso sembrava proprio un becco.
 
Josh sorrise ripensando all’accaduto.
“Signore cosa devo dire a miss Donson?” continuò Percy imperterrito.
Il signor Drake sbuffò. Sicuramente si trattava di un’altra di quelle donne che erano state per qualche ora nel suo letto e che smaniavano per tornarci, ma le regole erano regole. Sotto le sue coperte non ci si poteva stare più di una volta, salvo rare eccezioni.
“Dille che non ci sono!” lo liquidò.
“Ma signore!” insistette il maggiordomo “E’ urgente!”.
Lui alzò le spalle. Cosa gli poteva importare se quella donna aveva un urgente bisogno di farsi qualcuno? Lui non era disponibile.
“Si tratta di suo fratello!” continuò Percy.
Josh sbuffò infastidito. Ormai le donne si inventavano proprio di tutto, così andò nella sala dove solitamente faceva attendere gli ospiti e si trovò dinnanzi ad una signora di mezz’età dai capelli brizzolati. Provò un leggero ribrezzo ripensando a quando doveva essere finito a letto con quella donna. Caspita doveva essersi preso una bella sbronza prima di fare una cosa del genere, quindi si appuntò mentalmente di non esagerare col bere.
La signora si avvicinò a lui e gli tese la rugosa mano. Lui assunse uno sguardo il più gentile possibile e gliela strinse.
“Sono Claire Donson l’insegnante di latino di suo fratello!”.
Mr Drake emise un sospiro di sollievo, era decisamente felice di non essere andato a letto con quella specie di mummia vivente. La signora alzò un sopracciglio incredula di fronte al rilassarsi del signor Drake, insomma quale persona si sarebbe sentita sollevata nel vedere una delle insegnanti di suo fratello a casa? Ai suoi occhi mi Drake appariva come un uomo decisamente insolito.
“Prego si accomodi!” le disse lui riacquistando la sua classica sicurezza e il suo classico sguardo ammaliatore.
Lei prese posto sul divano e lui le si pose di fronte.
“Perdoni l’orario signor Drake, ma non mi è stato possibile venire prima!” iniziò miss Donson scusandosi e incrociando le gambe. Josh sospirò nuovamente ringraziando il cielo che quella donna non portasse la gonna, ma dei semplici pantaloni, altrimenti le avrebbe visto tutto e non sarebbe stato un bello spettacolo.
“Mi dica!” la incitò. In cuor suo non vedeva l’ora che quella signora se ne andasse, infatti smaniava di rivedere il suo nuovo acquisto. In quel momento Clare Donson era solo un intralcio che lo separava da ciò che realmente voleva fare.
“Suo fratello rischia nuovamente la bocciatura!”.
Josh sbuffò. Già una volta Zack era stato bocciato ed era successo perché era rimasto sconvolto dalla separazione dei loro genitori,aveva così smesso di studiare sperando che di fronte ad un calo del suo rendimento scolastico loro decidessero di riappacificarsi. Ma i coniugi Drake erano ben decisi a separarsi, come si potevo dar loro torto? Dopo le numerose volte che mr Drake senior aveva tradito la moglie come si poteva pretendere che il loro rapporto non mutasse? Josh sapeva quanto era dispiaciuto a Zack di aver perso per un inutile motivo un anno. Lo sentiva sempre lamentarsi di quanto sentisse la differenza d’età tra lui ed i suoi compagni. Dopo quel tragico momento suo fratello aveva cercato di rimettersi in carreggiata e ce l’aveva fatta, se non altro aveva degli splendidi voti, il problema era che rischiava la bocciatura per altro, per la condotta. Si sa che nelle scuole private il comportamento è tutto ed egli doveva essere educato ad assumere un atteggiamento da lord e non da vile teppistello.
Alla sua epoca Josh aveva rischiato più volte di essere sospeso per atti osceni in luogo pubblico, infatti, spesso si faceva le sue compagne nei bagni della scuola privata che frequentava. Le belle donne erano sempre state il suo tallone d’Achille e credeva che sempre lo sarebbero state, non che la cosa gli dispiacesse.
Zack, invece, era solito fare a pugni e non perché era il bulletto della situazione, ma perché difendeva tutti coloro che erano in difficoltà, i più deboli.
Aveva il cuore d’oro, come la loro madre. Lui era un donnaiolo come il padre. Solo che i due andavano d’accordo alla perfezione, nonostante le loro enormi differenze caratteriali, erano sempre stati complici e amici.
“Sono già a conoscenza del problema!” disse Josh con amarezza. Gli dispiaceva per il fratello, in fondo lui era mosso da buona volontà.
“Deve fare qualcosa!” lo intimò la professoressa.
Come se Josh non ci avesse provato. Aveva chiamato i migliori educatori, ma non c’era stato niente da fare, era sempre il buon cuore di Zack a sopraffarlo.
“Sono contento che lei mi abbia tenuto presente il problema, provvederò a risolverlo” poi le lanciò uno sguardo da leone al quale neppure una nonna avrebbe saputo resistere e continuò “Anche se non c’era alcun bisogno che lei si scomodasse e venisse fino a qui!”.
“Senta!” iniziò la donna con una punta di arroganza nella voce “La nostra è una delle migliori scuole della nazione, senza contare che è anche una delle più care. Ogni singolo studente deve essere dunque trattato col massimo riguardo per impedire ogni eventuale bocciatura, era quindi necessario che io, in qualità di preside venissi!”.
Josh rimase particolarmente sorpreso nell’apprendere che la donna che aveva davanti fosse la preside della scuola, però doveva anche ammettere che la sua era una famiglia ricca e prestigiosa alla quale si dovevano tutti i riguardi, era dunque logico che la signora si fosse scomodata per giungere fin lì quella sera.
“Capisco!” chiuse lui il discorso. Era stanco e aveva bisogno di dormire.
Così allungò la mano verso di lei e le sorrise con forzata cortesia.
“E’ stata infinitamente cortese a presentarsi a quest’ora della sera per informarmi! A presto!”.
Lei gli strinse la mano e lui se ne andò trattenendo una smorfia.
Raggiunse le sue stanze decidendo di rimandare il discorso col fratello almeno alla mattina successiva, in quel momento il sonno stava per sopraffarlo.
Si buttò sotto la doccia e si guardò compiaciuto nello specchio. Gli sorrideva un bellissimo uomo con i muscoli ben definiti, frutto di lunghi anni di duro allenamento a fianco dei migliori personal trainer del mondo. Si era sempre considerato narcisista e sua madre non faceva che ripeterglielo, probabilmente se non avesse capito che quella nello specchio era la sua immagine riflessa si sarebbe innamorato di sé stesso.
Le gocce gli scivolavano dolcemente sul corpo e, dopo essersi ammirato, incontrò gli occhi della sua immagine di un verde brillante. Sorrise pensando a quali follie avrebbero fatto certe donne per essere con lui in quel momento. Ma tra tutte gliene venne in mente una in particolare, l’unica che non avrebbe avuto alcun interesse  a fare una doccia con lui.
4931949.
Era lei quella che poteva considerarsi la donna del momento, quella che gli affollava i pensieri. Egli scosse la testa, non poteva vederla come un essere umano perché non lo era.
Andò a coricarsi sbuffando per la propria stupidità.
 
Denise lo guardava con i suoi splendidi occhi oceano.
“Posso?” disse sorridendo indicando il letto nel quale egli era sdraiato. Come poteva Josh dire di no a tanta bellezza? Annuì facendole spazio.
Lei, con estrema grazia, sollevò le coperte quanto bastava per scivolare sotto di esse, poi si posizionò su un fianco per poterlo guardare negli occhi, dato che lui aveva assunto la medesima posizione.
Sorrise nuovamente e si avvicinò alle sua labbra senza tuttavia toccarle.
“Posso?” domandò nuovamente con un filo di quella voce melodiosa. Nel farlo il suo respirò gli lambì le labbra e il naso e ancora una volta lui potè bearsi del dolce aroma che emanava.
Fu lui a colmare la distanza che li separava impaziente di ottenere quel contatto.
Le labbra di lei erano morbide come le ricordava, si ritrovò a chiedersi come potessero non essere reali, era tutto così assurdo.
Intanto le mani di Denise si spostavano sempre più in basso fino a sfiorare la sua mascolinità e lui, a quel tocco, gemette rumorosamente.
Poi un rumore raggiunse le sue orecchie. Si stupì di poterlo percepire considerando il fatto che con Denise i suoi sensi non funzionavano alla perfezione. Sembrava un picchio che batteva contro la sua porta.
“Signore! Signore tutto bene?” la voce di Percy era ovattata.
Josh aprì gli occhi e si mise a sedere sul letto infastidito dall’insistenza del maggiordomo.
“Sì Percy! Tutto bene!”.
“L’ho sentita lamentarsi e così ho pensato …”.
Josh si ritrovò a pensare che il problema di quell’uomo doveva essere proprio quello. Il pensare. Avrebbe dovuto pensare di meno e lavorare più di fantasia, così forse avrebbe capito che lui non si stava lamentando, ma stava gemendo di puro piacere.
Si voltò alla ricerca di 4931949, ma con sua enorme sorpresa il letto era completamente vuoto. Si portò la mano alla fronte e sospirò. L’aveva sognata. Si era comportato come un adolescente con le prime pulsione sessuali, non come un trentenne maturo  e con un intensa vita sessuale.
Aspettò di sentire i passi di Percy che si allontanavano e si alzò intenzionato ad andare in camera di Denise, dopotutto che male ci sarebbe stato a rendere reali i suoi sogni?
Al robot era stata assegnata una delle stanze migliori della tenuta, al centro della quale vi era posizionato un enorme letto a baldacchino. Fu lì che trovò la ragazza.
Era sdraiata supina e aveva le palpebre chiuse, come se stesse dormendo, persino il petto le si alzava e abbassava ritmicamente, come se davvero si trovasse nel mondo dei sogni.
“Denise!” la chiamò lui sottovoce.
Lei a quel comando, che i suoi circuiti percepivano come la voce alla quale doveva obbedire, spalancò gli occhi cerulei per puntarli sul suo ricco e bello interlocutore.
“Salve Josh!” sorrise. Come sempre di fronte a quel viso perfetto, illuminato da quell’espressione di gioia, il cuore di Josh perse un paio di battiti, ma si costrinse a riprendersi.
“Dormivi?” le domandò.
Lei ridacchiò. Ormai lo faceva dinnanzi ad ogni sua domanda, probabilmente lei, essendo dotata di un cervello elettronico super intelligente, reputava ogni cosa che lui le chiedeva stupida e ovvia.
“No io non ho bisogno di dormire. Ero in modalità risparmio energetico!”.
La sua spiegazione era semplice come sempre.
“A proposito! Sei dotata di infinita energia?” era talmente preso dalla curiosità che si dimenticò la vera ragione per la quale aveva fatto visita a 49319494.
“Mi ricarico col sole, sotto la pelle possiedo una sorta di pannelli solari che mi permettono di accumulare energia, quindi è sufficiente che ogni giorno io rimanga all’aperto anche solo per pochi minuti!”.
Il professore era un vero genio. Nonostante fosse considerato pazzo di fronte agli occhi di tutti, non si poteva negare ciò.
“E tu obbedisci davvero ad ogni mia richiesta?”.
Lei annuì facendo ondeggiare i lunghi capelli cioccolato. Con quel movimento il suo odore raggiunse le narici del signor Drake che ispirò a fondo.
Era bastato quel piccolo gesto per risvegliare i suoi più profondi istinti animali.
“Allora spogliati!” lo disse quasi in un sussurro. Senza una parola la ragazza si alzò dal letto e si pose in piedi di fronte all’uomo. Solo allora lui si rese conto che indossava ancora quell’orrendo maglione, maglione che però ben presto raggiunse i suoi piedi rivelando un perfetto, tondeggiante e prosperoso seno. Non aveva bisogno di portare un reggiseno, era stata create per essere perfetta in tutto.
Josh si ritrovò a trattenere il respiro così a lungo da rischiare di soffocare. Inspirò e cercò di riprendere il controllo delle sue facoltà psico-fsiche. Non che la cosa fosse facile dinnanzi ad una creatura mezza nuda, con un corpo da favola.
Ben presto anche i jeans raggiunsero il pavimento e lei, senza alcuna vergogna, rimase dinnanzi a lui, senza cercare di coprirsi. Agli occhi di Josh lei era dotata del migliore corpo che lui avesse mai visto in vita sua, ma tutto ciò era terribilmente strano. Nonostante gli provocasse un’enorme eccitazione vederla nuda di fronte a sé non potè fare a mano di notare di quanto fosse pura. Era come se non stesse facendo nulla di male. Non lanciava sguardi che in qualche modo facessero capire che stava facendo una cosa sconcia.
Lei non era consapevole di avere un corpo, non sapeva della sua nudità e dunque non si vergognava di ciò. Aveva solo obbedito a degli ordini. Per lei essere vestita o non esserlo non faceva alcuna differenza.
Non aveva alcun pudore semplicemente perché non ne conosceva l’esistenza!
Josh, di fronte all’innocenza di 49319494, cercò di recuperare la ragione e sconvolto di aver pensato di fare sua una creatura così pura uscì dalla stanza velocemente.
Ma per quanto il suo cervello avrebbe resistito agli istinti del corpo?
 


ANGOLO AUTRICE :) E' tutta colpa vostra!! Non mi aspettavo di avere 10 e dico DIECI recensioni per soli 2 capitoli! :)
Non ci sono abituata!! E così ieri sera, felice che questa storia sia stata così apprezzata, mi sono messa a scrivere il terzo capitolo!
Il terzo capitolo in 3 giorni!
Bè da domani gli aggiornamenti saranno meno frequanti perchè si torna a scuola XD ma non temete, non vi libererete facilmente di me.
Ci tengo a ringraziare una per una le persone che hanno recensito i primi due capitoli! Siete voi ad avermi dato la carica giusta per scrivere ancora!
Lady Moonlight
Pyra
AlyDragneel
shadowdust
lysdefrance
Mir al Mare

Passando alla storia... in quesato capitolo compare un nuovo personaggio, Zack e vi posso anticipare che fisicaente è la versione miniaturizzata di Josh, che ne pensate di lui?
Vi lascio gli occhi di 4931949 così come me li sono immaginata.

Baci. Al prossimo capitolo!
Daisy.

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Capitolo 4
*** Fratelli. ***


4 - FRATELLI.


Zack si era svegliato presto quella mattina nonostante fosse sabato e lui non dovesse andare a scuola. La sera prima non aveva fatto tardi con gli amici quindi per lui non era stato un grosso problema alzarsi da quel morbido letto, constato che aveva anche faticato ad addormentarsi quella notte.
È risaputo che la felicità nuoce al sonno e lui era incredibilmente felice. La sera prima Mary gli aveva confessato di amarlo profondamente.
Lui era rimasto folgorato dalle sue parole, non se lo aspettava anche perché lei era una delle ragazza più carine della scuola, ma ne era rimasto piacevolmente sorpreso.
Lui, come tutti gli altri uomini della scuola, aveva una cotta per lei e sentire di essere addirittura amato da quest’ultima lo faceva gioire fin nel profondo dell’anima e quella mattina si era vegliato presto solo per mandarle il messaggio del buongiorno prima che lo facesse lei e ringraziarla di aver scelto lui, tra tutti i suoi pretendenti.
Zack era esattamente come il fratello Josh, stessi capelli neri solo tenuti un po’ più lunghi in modo che potessero assumere delle morbide onde, aveva gli stessi occhi verdi. Era la sua versione in miniatura.
Era dunque incredibilmente bello, solo che non ne era consapevole. Lui credeva di essere un normalissimo ragazzo e non si accorgeva mai d tutti gli sguardi femminili che attirava in qualunque luogo andasse.
La famiglia Drake era stata baciata dalla fortuna. Era ricca, influente e composta di persone di superbo aspetto. L’unica nota stonata era il signor Drake senior, che in passato doveva essere un uomo stupendo, ma con gli anni si era decisamente lasciato andare e aveva perso gran parte del so fascino.
Non che gli servisse quello per avere tutte le donne ai suoi piedi, bastavano infatti il suo nome e  i suoi soldi.
Comunque Zack stava andando in giro per la tenuta fischiettando quando incontrò Percy.
“Signorino! Proprio lei cercavo!” iniziò con solennità.
“Buon giorno Percy!” lo salutò il ragazzo con allegria.
“Buon giorna anche a lei! La cerca sua fratello!”.
“E perché?”.
“Credo sia a causa di una certa signora Donson!”.
Zack sbuffò. Quella donna era davvero insopportabile, per lei ogni occasione era buona per inferire sulle vite dei poveri studenti della sua scuola.
“Vado subito!” detto ciò si diresse verso la camera di Josh senza però perdere il buonumore.
Bussò alla porta un ‘avanti’ raggiunse le sue orecchie.
Entrò nella camera e trovò Josh seduto sul letto solo in boxer e sorrise. Suo fratello non era mai stato dotato del cosiddetto ‘senso del pudore’.
“Percy mi ha detto che mi cercavi …” iniziò Zack andando a sedersi accanto all’uomo.
Quest’ultimo sospirò rumorosamente e rivolse i suoi occhi verdi verso quelli del suo interlocutore.
“Detesto fare in paparino della situazione, ma mi tocca, dato che quel bastar…” Zack lo fulminò con lo sguardo “…Quell’uomo non c’è mai, dannazione!”.
“Sei meglio di papà. Sei più indulgente!” sorrise “Cosa ho combinato di così grave stavolta?”.
Josh sbuffò nuovamente.
“A quanto pare hai fatto di nuovo a botte!” cercò di assumere il tono più severo che riuscisse a fare, ma come risultato ottenne solo la risata del più piccolo.
“Hanno insultato una ragazza, poveretta. Senza contare che la stavano anche per prendere a pugni, insomma quale persona sana di mente non la aiuterebbe?” disse con innocenza.
Il suo ragionamento non faceva nemmeno una piega, era tutto così logico. Eppure perché Josh non si sarebbe mai comportato così? Lui se ne sarebbe fregato, avrebbe pensato che erano affari degli altri e non suoi. Ancora una volta si ritrovò a pensare di avere una fratello d’oro, così d’oro da non poter portare a testa alta il ‘buon nome’ dei Drake. Una famiglia di stronzi.
“Bè cerca di tenere a freno i pugni! O almeno non farti beccare!” gli lanciò uno sguardo complice.
Zack rise. Adorava sua fratello, in qualche modo era stato lui a crescerlo dato che il padre non c’era mai e che la madre era partita, poco dopo la separazione con Mr Drake senior, per andare in india come medico senza frontiere.
Nel giro di pochi mesi aveva perso tutto, tutto tranne Josh, che, nonostante avesse un mucchio di difetti, lo aveva sempre sostenuto.
“Fratellino…” continuò malizioso Josh “…ti vedo felice! Donzella all’orizzonte?”.
“Mio dio Josh!” iniziò Zack animandosi di entusiasmo che ormai non riusciva più a reprimere “Dovresti  vederla! È rossa, ma quello non è il suo reale colore di capelli” sorrise ripensando a Mary “Neppure lei sa di colore siano in realtà, praticamente li tinge ogni ogni mese di colore diverso. Poi, poi gli occhi sono castano chiaro e ha un viso d’angelo. Pensa che è considerata la più bella di tutto l’istituto! Persino i prof lo pensano! Insomma sono fortunatissimo perché mi ha dichiarato il suo amore!” gli occhi gli brillavano ed erano lontani anni luce da quella stanza. Erano in compagnia del ricordo di lei che felice lo abbracciava dopo che lui aveva ammesso di ricambiare i suoi sentimenti. Ok, quella era stata una bugia perché sicuramente, come tutti gli altri ragazzi, aveva una cotta per lei, ma da quello a parlare di amore ce ne voleva! Però le aveva detto ugualmente di essere innamorato di lei per renderla felice e data la sua reazione ne era valsa la pena.
Lei, infatti, si era avvicinata alle labbra di Zack e ne aveva preso quello inferiore tra le proprie, poi era fuggita via ridacchiando con Zack che la fissava imbambolato come un ebete convinto che ben presto l’avrebbe amata.
Dopo quell’accurata descrizione Josh poteva addirittura vedersela davanti agli occhi quella sconosciuta ragazza, solo che come al solito suo fratello aveva tralasciato i dettagli più importanti: taglia del seno, forma e lato B.
Secondo lui una donna dotata di poche tette non era degna di essere considerata nemmeno per scambiarsi un bacetto, anche se lei fosse stata la donna più bella del’universo.
Così continuò a fissare il fratello maliziosamente e si pose le mani a coppa sul petto, come per indicare i seni e li indicò con lo sguardo.
“Quelli come sono?” domandò. Zack gli tirò una pacca sulla spalla scherzosamente e gli sorrise.
“Possibile che tu pensi solo a quello?”.
“Possibile che tu non ci pensi?” rigirò la domanda.
“Cosa ti fa credere che io non ci pensi?”.
“Quindi ci pensi!”  Josh sospirò come sollevato “Iniziavo a temere che avessi qualche problema!” gli sorrise per evidenziare il suo tono scherzoso.
“Cavolo se ci penso! Solo che non esiste solo quello, ecco tutto!”.
“Come siamo profondi …”
“Come siamo cinici!”.
“Ha un nome questa misteriosa ragazza dalla taglia di reggiseno non identificata?” domandò Josh guardando il fratello mentre si alzava e si dirigeva verso la porta.
“Sì! Mary e questo pomeriggio ha promesso di fare un salto qui, così te la presento!”.
A Josh sarebbe piaciuto conoscere quella Mary, il problema è che quella giornata sarebbe stata alquanto piena, dopotutto era pur sempre l’uomo d’affari più potente dello stato, di conseguenza anche il più indaffarato.
“Non credo di esserci, ma invitala più spesso, così potrò conoscerla!” gli sorrise quando Zack era già a metà oltre la porta.
“Temo che non ti piacerà più di tanto!” ribattè quest’ultimo.
“E perché?”.
“Ha una seconda!” e si chiuse la porta alle spalle sorridendo.
Josh ridacchiò pensando che allora anche suo fratello le notava certe cose, poi sbuffò di fronte alla pessima giornata che doveva affrontare.
 
 
 
Il campanello suonò e Zack dovette reprimere la tentazione di correre ad aprire la porta. Ma doveva avere almeno un minimo di contegno così si sedette nel salottino dedicato agli ospiti e attese pazientemente che Percy aprisse la porta. Dentro di lui però non vedeva l’ora di veder comparire sulla soglia di quella stanza la più bella ragazza della città.
Ben presto lei fece la sua apparizione. I capelli rossi e lisci le ricadevano sulle spalle gonfiandosi in prossimità delle radici. Quella chioma era invidiata da un’enorme quantità di ragazze e ammirata da un par numero di ragazzi. Un sorriso mozzafiato le illuminava il viso rendendola splendente.
Però l’attenzione di zack non pot’è far a meno di concentrarsi sulle gambe ricoperte solo da delle collant grigie abbellite da ricami del medesimo colore. Come se non bastasse portava una gonna davvero cortissima e delle scarpe con un accenno di tacco.
Deglutì. A vuoto. Poi si costrinse a concentrarsi sul suo angelico viso, dopotutto non voleva sembrare né maleducato né un pervertito. Lui non era suo fratello. Sapeva tenere gli ormoni a bada anche se lei, vestita in quel modo, non gli semplificava affatto le cose.
Non appena Mary lo vide si catapultò letteralmente tra le sue braccia ridendo, poi afferrò il suo viso tra le mani e gli stampò un tenero bacio sulle labbra.
“Ciao!” lo salutò sorridente.
“Ciao!” ribattè lui ancora su di giri per quella accoglienza fantastica.
“Sei contento di vedermi?” domandò lei assumendo uno sguardo da cucciola. Era davvero dolcissima secondo il parere di Zack.
Spinto, così, da un istinto di tenerezza che gli partì direttamente dal cuore, la avvolse tra le sue forti braccia e immerse il viso nei suoi capelli inspirando a fondo. A suo avviso avevano un odore davvero ottimo, simile al cocco, probabilmente a causa dello shampoo che utilizzava.
“Ti basta come risposta?” le domandò fermo in quella posizione.
Lei si scostò leggermente quanto bastava per incontrare gli occhi del ragazzo.
“Sì!” fu lei a riprendere l’abbraccio.
Mary era felice, non si era mai sentita così. Erano secoli che voleva uscire con Zack, all’inizio desiderava ciò solo per poter raggiungere la fama, insomma la persona che usciva con Zack Drake non passava inosservata, ma ciò era successo qualche hanno prima, quando il ragazzo ancora aveva le fattezze infantili.
Col tempo si era tramutato in una versione più giovane del suo bellissimo fratello e non le sarebbe affatto dispiaciuto di avere una storia con lui. Il problema era che Zack non era uno facile.
Sapeva, per sentito dire che usciva con ragazze che solitamente passavano inosservate nella scuola e che di solito ci stava insieme per poco tempo. Nessuno sapeva le vere ragioni per le quali Zack agiva in quell’insolito modo, ma sicuramente lei voleva interrompere quell’incomprensibile flusso di donne nella vita del giovane Drake, voleva diventare la sua ragazza fissa.
Era anche vero che si era dovuta inventare di amarlo solo perché lui era considerato come una ragazzo serio, quindi dirgli ‘ti amo ’ era un po’ come ammettere ‘sono seria anche io!’ anche se infondo non era la verità.
L’unica cosa vera era la cotta che aveva nei suoi confronti e la voglia matta di baciare quelle morbide labbra ogni volta che le vedeva.
“Allora? Non me la fai vedere la casa?” chiese lei entusiasta.
“Certo!” sorrise lui. Poi fece scivolare la sua mano in quella di Mary e la guidò verso l’atrio della casa.
Lei sorrise di fronte a quel gesto, Zack era davvero molto tenero.
Una volta arrivati all’ingresso però lui si bloccò. La ragazza non capiva perché guardasse verso l’alto con espressione estasiata e stupefatta. Seguì il suo sguardo e immediatamente comprese.
In cima alle scale stava una figura magra e sinuosa. I raggi di sole che giungevano dalle sue spalle sembravano conferirle una sorta di aura, il che la rendeva ancora più magnifica. Come se fosse stato necessario.
Quella era la ragazza più bella che Zack avesse mai visto in vita sua e ne era davvero colpito. Lui che di solito non dava tanta importanza a quel particolare chiamato ‘bellezza esteriore’ in quel momento ne era totalmente affascinato, tanto da dimenticarsi della ragazza che gli stava a fianco.
La figura scese con sensualità e eleganza le scale e passò davanti ai due ragazzi.
Nell’avvicinarsi Zack noto degli stupendi occhi blu mentre Mary pensò che i capelli di quella bellissima ragazza erano migliori dei suoi.
Lei passò davanti a loro due dicendo un semplice ‘salve’ con una voce che faceva sembrare quella semplice parola una melodia straordinaria.
Zack e Mary la seguirono con lo sguardo finchè non oltrepassò una delle porte.
“E quella chi era?” chiese decisamente seccata Mary.
“Credimi. Non ne ho idea!” rispose ancora estasiato dalla visione Zack.
Avrebbe voluto correre immediatamente da qualcuno degli abitanti della casa per fare delle domande sul conto di quella superba creatura, ma non poteva ignorare Mary, anche perché non sarebbe stato né corretto né educato. Si sforzò dunque di riprendere possesso delle due facoltà mentali e si rivolse sorridendo alla ragazza che gli stava di fianco che, dal conto suo, era decisamente imbronciata per essere stata messa da parte.
“Continuiamo il giro?” le chiese sfoggiando il sorriso più dolce che fosse in grado di fare.
Lei annuì anche se dubitava che si sarebbe stato qualcosa di più bello di quella ragazza nella casa.
 
 



ANGOLO AUTRICE :)


Eccomi! Ci ho messo un po’ ma ce l’ho fatta!
Non mi uccidete! So che in questo capitolo Denise è solo un’apparizione, ma che apparizione ragazze!
È folgorante!
Ho appena finito di scrivere e ero  impaziente di pubblicare, quindi perdonatemi eventuali errori, li correggerò in seguito!
Allora? Adesso che sapete del rapporto tra Zack e Josh come vi sembrano i due fratelli?
E che ne pensate del nuovo personaggio Mary?
Naturalmente vi invito a recensire e a leggere l’altra mia storia ‘Glances Game’, ve ne sarei immensamente grata : )
Ringrazio di cuore tutti coloro che recensiscono, leggono e seguono la mia storia. Mi commuovete!
Bene, la finisco qua!
A presto (scuola permettendo)!
Daisy.

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Capitolo 5
*** Assistente. ***


ASSISTENTE
 


Il rumore della doccia che scrosciava era particolarmente rilassante per il signor Drake che dopo una giornata di estenuante lavoro ne sentiva davvero un profondo bisogno.
Chiuse gli occhi e cercò di allontanare tutti i pensieri che gli frullavano per la testa.
Era alle prese con un affare di estrema importanza solo che, a quanto pare, era piuttosto difficile concluderlo. Era in momenti come quello che sentiva il bisogno di avere suo padre vicino, lui avrebbe saputo cosa fare, peccato che fosse alle Hawaii a godersi il sole Americano in compagnia di qualche focosa brasiliana.
Dopo la separazione con la moglie era rimasto sempre meno alla villa dei Drake e aveva viaggiato il mondo in compagnia di stupende fanciulle, una più giovane dell’altra. Però era qualche mese che si era stabilito alle Hawaii, probabilmente era il suo luogo ideale.
Fatto sta che aveva lasciato le redini al figlio maggiore, consapevole del suo talento, e aveva deciso di godersi la vita con i soldi guadagnati.
Così Josh, ancora giovanissimo per quell’ambiente, si era ritrovato con in mano un’enorme somma di soldi che sapeva amministrare alla perfezione. Il problema era che a volte lui puntava troppo in alto, ad affari in cui non bastava la bravura, ma anche l’esperienza. Erano quelli i momenti in cui sentiva la mancanza del padre.
Uscì dalla doccia meno spossato di quando ci era entrato, ma sentiva tutti i muscoli tesi, aveva bisogno di un massaggio.
“Percy!” chiamò a gran voce e in un batter d’occhio il maggiordomo bussò alla sua porta. Josh sorrise iniziano a credere che forse quell’uomo possedeva dei superpoteri che gli permettevano di teletrasportarsi.
“Avanti!”
“Signore mi ha chiamato?” domandò con serietà.
“Percy, vai a chiamare la signorina Denise!”.
“E lei si vuole presentare così conciato alla signorina?” disse indicando l’asciugamano che gli copriva i fianchi e lasciava nudo il resto del corpo “Non è educato!”.
Josh sbuffò e fece cenno al maggiordomo di avvicinarsi. Lui obbedì un po’ stranito da quella richiesta.
“Chi ti assicura Percy che lei non mi abbia visto più nudo di così?” sorrise.
Percy spalancò gli occhi.
“La prego signore non mi racconti le sue prestazioni sessuali!” fece una smorfia schifata, per quanto la sua rigida compostezza lo permettesse “Insomma io la conosco da quando era ancora un ovulo!”.
A quelle parole Josh scoppiò in una fragorosa risata.
“Chiamamela Percy e in futuro ti risparmierò ogni dettaglio!”.
Lui se ne andò mormorando un ‘sia ringraziato il cielo’ e Josh non potè far a meno di pensare di quanto fosse buffo quell’uomo e anche di quanto però egli tenesse alla famiglia Drake.
 
4931949 si trovava nella sua stanza, era seduta sul letto e fissava assente la parete che le stava dinnanzi.
Era programmata per entrare in una sorta di stand-by se non agiva per un determinato lasso di tempo. Inoltre era dotata di sensori che captavano la presenza di persone fino a diversi metri di distanza e che le trasmettevano l’impulso di uscire da quello stato di trances, per tornare ad apparire una ragazza normale.
Fu per questo motivo che quando Percy bussò alla sua porta lei riuscì a rispondere normalmente con un ‘avanti’.
Il maggiordomo entrò un po’ timoroso nella stanza della ragazza, temeva di trovarla poco vestita e sicuramente si sarebbe vergognato da morire se fosse successa una cosa del genere.
Per fortuna Denise era abbigliata con degli attillati jeans e una magliettina che lasciava intravedere il solco tra i seni. Percy si costrinse a non guardare proprio in quel punto, era alquanto disdicevole secondo la sua opinione.
“Signorina, il signor Drake la prega di raggiungerlo nella sua stanza!”.
Lei si alzò il piedi con eleganza e gli sorrise. Quell’espressione la rendeva, se possibile, ancora più magnifica.
“Grazie Percy! Andrò subito!” disse gentile.
Il maggior dome rimase estasiato di fronte al fatto che quella creatura gli avesse rivolto la parola. Cercò di riscuotersi perché era normale che lei facesse ciò. si sentiva strano in sua presenza, a disagio, quel disagio che si prova a stare in compagnia di donne meravigliose temendo di non esserne all’altezza. Quel disagio che lui non aveva mai provato in vita sua, ma solo con la ragazza che gli stava di fronte.
Quest’ultima lo superò con grazia e bussò alla porta della stanza di Josh che non era molto distante da lì.
“Avanti!” Mr Darke sorrise nel veder avanzare quella graziosa fanciulla e lo elettrizzava pensare che fosse solo ed esclusivamente sua.
“Mi cercava signore?” sorrise.
“Si Denise. Lo sai fare un massaggio?”.
“So fare tutto Josh!” rispose lei con semplicità.
“Allora me lo faresti un bel massaggio!”.
La ragazza gli sorrise e si avvicinò a lui, mentre quest’ultimo si metteva seduto sul letto. Lei salì con delicatezza sul materasso e si posizionò in ginocchio dietro di lui. A quel punto sfiorò la pelle dell’uomo con le sue soffici dita. Lui a quel tocco si rilassò immediatamente.
Temeva che le mani della robot sarebbero state fredde, e invece avevano una temperatura  a dir poco perfetta.
Lei iniziò a muovere con un moto circolare i pollici e con le restanti dita massaggiava la pelle dell’imprenditore. Lui si lasciò sfuggire un gemito, quelle mani erano degne di una fata, erano perfette.
Suo malgrado dovette ammettere per l’ennesima volta che il professore aveva fatto un lavoro perfetto.
Più il massaggio proseguiva più Josh si eccitava, si pentì di aver chiesto a proprio a Denise di farglielo, perché il solo pensiero di averla alle spalle senza poterla circondare con le sue braccia lo uccideva.
Cercò di resistere quanto più potè, immaginando che ci fosse una bruttissima ragazza dietro di lui, ma il profumo di fragole appena colte di 4931949 continuava a raggiungere le sue narici, lui aspirava come se fosse una droga e sentiva di impazzire.
Giunto al limite si voltò e le cinse i fianchi con un braccio facendola sedere sul letto.
“Ti desidero!” disse con voce roca perdendosi negli occhi stupendi di lei.
“Sono qui. Non mi deve desiderare!”.
A quelle parole sentì qualcosa sciogliersi dentro di lui. Sentì che quella ragazza era speciale, era …
Si maledì nuovamente. Continuava a commettere sempre lo stesso errore. La considerava umana, ma lei non lo era.
Mosso dalla rabbia verso sé stesso e verso quella consapevolezza si tuffò quasi con disperazione sulle labbra della robot.
Lei rispose immediatamente al suo tocco muovendo le labbra con lui e gemendo. Ad ogni movimento l’eccitazione di Josh saliva alle stelle.
Sentiva il suo corpo premere contro quello di Denise e in tal modo ne percepiva le forme, forme celate dai vestiti.
Con rabbia quasi le strappò via la maglietta, ma lei non si ribellava. Anzi continuava a guardarlo con quegli occhi felici senza nemmeno una traccia di quell’eccitazione che il suo corpo sembrava provare.
Così l’ira quadruplicò in lui, voleva vederla reagire, voleva che lei gli dicesse ‘sì continua così’ oppure ‘vaffanculo stronzo mi stai mancando di rispetto’.
E invece no. Lei se ne stava lì sotto di lui con quel sorriso che non diceva niente di niente. Non esprimeva soddisfazione, nemmeno sottomissione. Lei non era consapevole di ciò che stavano facendo. Agiva solo in base a come era stata programmata.
Le sfilò i jeans e poi si tuffo sul suo collo mentre lei, gli sfilava l’asciugamano che gli cingeva i muscolosi fianchi lasciando la sua mascolinità libera da qualsiasi vincolo.
Le mutandine di lei sparirono in un batter d’occhio e lui si fermò un attimo a guardare quella bellissima donna che era sdraiata sotto di lui.
Lei incrociò i suoi occhi verdi e lui sussultò. Era troppo bella, troppo innocente.
Poi si corresse e la rabbia si impossessò nuovamente di lui. Non era innocente! Era una cosa.
Una stupida insensata cosa. Era stata creata per una ragione, anzi nemmeno per quello. Lei era solo un prototipo.
Dannazione. Era solo uno stupido oggetto.
“C’è qualche problema?” domandò lei.
Josh pensò che sembrava davvero un essere umano, uno dei più splendidi e il fatto che non lo fosse gli fece perdere la ragione.
Si tuffò nuovamente sulle sue morbide labbra e la penetrò con un sospiro.
Poi con sempre maggiore foga si mosse dentro di lei mentre Denise muoveva i fianchi a ritmo.
Una volta finito l’amplesso si distese a fianco a lei che sembrava impassibile. Nel suo sguardo non vi era nemmeno una traccia di soddisfazione, di appagamento. Nulla.
Credeva di potersi accontentare del guscio, ma in quel momento comprese che si era sbagliato di grosso.
 
La mattina seguente raggiunse Denise in camera sua portando una camicetta bianca e una gonna lunga fino al ginocchio fresche di sartoria.
Entrò direttamente senza preoccuparsi di bussare. Denise era alla finestra e sembrava che fino ad un attimo prima stesse guardando il paesaggio.
“Josh! A cosa devo la tua visita?” gli chiese gioviale come sempre.
“Vestiti!” disse lui lanciando sul letto i due indumenti che aveva con sé, poi si voltò e uscì dalla porta per permetterle di cambiarsi. O meglio per impedire a sé stesso di finire ancora con quella donna che donna non era.
Si odiava per quello che era successo la sera prima. Insomma, lui, Joshua Mattew Drake, colui che poteva avere un numero infinito di belle donne disponibilissime era finito a letto con un oggetto. Era davvero caduto in basso.
Nonostante i suoi pensieri erano di questo tipo, quando Denise uscì dalla camera abbigliata così elegantemente non potè fare a meno di pensare che fosse l’oggetto più bello del mondo.
La camicetta le stava un po’ stretta sui seni e, nonostante non si vedesse assolutamente niente, il completo la rendeva tremendamente sexy. Josh si ritrovò a deglutire a voto una paio di volte e poi sorrise. Era proprio così che se la immaginava, era così che la voleva per il suo esperimento.
L’idea gli era giunta quella notte. Avrebbe provato ad usare Denise per trattare con i suoi affaristi difficili, come il signor Duglas, il cui pensiero lo tormentava da giorni. Dopotutto la robot era attraente, aveva fascino senza tralasciare le capacità.
“Seguimi!” le disse imperativo precedendola lungo il cammino che portava allo studio che un tempo era appartenuto a suo padre.
“Sarai la mia assistente per un giorno!” le spiegò con entusiasmo “Sai fare l’assistente?”.
“Certo!” rispose lei. Josh non ne dubitava, ma aveva preferito chiedere.
“Nella tua memoria c’è un certo Mike Douglas?” incrociò le dita dopo averle posto quella domanda.
Di fronte a quel nome i circuiti di 4931949 iniziarono a lavorare e in una frazione di secondo trovarono ciò che era stato richiesto all’automa.
 
Mike Douglas. Nato a New York nel 1964. Ha costruito da solo tutta l’enorme ricchezza che possiede, ha lasciato la direzione di alcune aziende al figlio che così sono fallite miseramente. Il signor Joshua Drake cerca di convincere il signor Douglas a concedergli la direzione di tali aziende più il 50% dei guadagni, solo che il signor Douglas ha una scarsa fiducia nel giovane Drake in quanto ha n’età simile a quella del figlio e teme che ciò potrebbe accelerare la sua rovina.
 
 “Certamente!” rispose Denise dopo aver elaborato tutte le infinite informazioni che possedeva allo stretto indispensabile.
“Bene!” Josh sorrise soddisfatto e la fece entrare nello studio poi la seguì. Ad attenderli c’era un uomo sulla cinquantina accompagnato da un ragazzo più giovane che poteva essere perfettamente coetaneo di Josh.
“Signor Douglas!” lo salutò sfoggiando il suo miglior sorriso e stringendogli la mano con vigore, poi si rivolse verso il secondo uomo.
“Eric!” e strinse la mano anche a quest’ultimo.
Nessuno dei due gli rispose perché erano persi ad ammirare la sua favolosa accompagnatrice. Le loro bocche quasi toccavano terra e ancora una volta lui gongolò pensando che quella creatura fosse tutta sua.
“Permettetemi di presentavi la mia assistente: Denise!”.
Lei sorrise facendo splendere il suo viso e con grazia fece qualche passo in avanti sotto gli occhi estasiati dei due uomini. Si pose davanti al più anziano e gli pose la mano.
Lui fu costretto a riprendere il controllo di sé stesso per stringergliela.
“E così lei è il signor Douglas! Lieta di conoscerla!” esclamò cortesemente Denise.
“Il piacere e tutto mio!” ribattè l’uomo pensando che quelle parole per una volta non erano state pronunciate per convenzione, ma perché corrispondevano alla raltà.
Poi Denise si voltò verso il più piccolo.
“E lei deve essere il figlio!”.
“Eric!”.
Josh sorrise felice che i due fossero rimasti così abbagliati da Denise, da lì a concludere l’affare non mancava molto. Probabilmente avrebbero fatto tutto ciò che lei avrebbe chiesto loro, la sua era stata una trovata davvero geniale.
 
Zack si trovava per i corridoi della tenuta quando sentì una voce soave esclamare “E lei deve essere il figlio!”.
Si voltò in direzione della provenienza di quest’ultima e vide di spalle la donna che era apparsa il giorno precedente. Rimase per qualche minuto incantato dai suoi movimenti ad osservarla, poi cercò di riprendersi e continuò per la sua strada domandandosi chi lei fosse.
 
ANGOLO AUTRICE :)




OK. questo capitolo l'ho secitto ieri sera, ma volevo aspettare un po' a pubblicarlo.... eppure eccomi qui!!

non resistevo alla tentazione, tanto è vero che non l'ho nemmeno riletto.

Sò che molte di voi mi vorranno uccidere, ma chiedo pietà!!

Cercate di capire Josh... lui era furioso perchè continuava a reputare Denise umana, mentre lei non lo era, però d'altra parte desiderava che lo fosse. Sperava che col sesso avrebbe risveglieto in lei qualcosa di umano, cosa che non è successa invece!

Per quanto riguarda le storie inizio a dirvi che subirano un rallentamento (anche Glances Game) perchè avrò due settimane infernali a scuola con tanto di seconda prova e mi tocca ripassare una cosa come 500 pagine di fisica.

La smetto tranquille :)

Volevo anche avvertire le ragazze di cui seguo le storie che probabilmente anche le recensioni subiranno un rallentamento.... ma non temete recupererò ogni singolo capitolo!!

farò il possssssssssssibile!

ps. Che ne pensate dell'immagine in alto? E' l'attrice Zooey Deschanel e somigliava davvero troppo a Denise, dovevo metterla!!! :)

Daisy....

Ah sì! recensite!!

 




 
                                                                                                                             
 
 
 

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Capitolo 6
*** Affare e ... ***


AFFARE E...
 


“Posso assicurarle che il signor Darke rappresenta un ottimo investimento per lei!” iniziò Denise accavallando le gambe con naturalezza.
Josh, seduto accanto a lei la osservava rapito. Era del bel mezzo di un’importantissima riunione d’affari eppure gli era praticamente impossibile staccare gli occhi da quella straordinaria creatura. Mentre parlava gesticolare leggermente e nel farlo la sua lunga chioma ondeggiava sinuosa.
Si costrinse  a tornare in sé e a prendere parte alla conversazione.
“Non se ne pentirà Signor Douglas!” disse con convinzione.
Josh  si rese però conto di non essere l’unico ammaliato da quella sconvolgente ragazza, anche Eric sembrava a dir poco estasiato. Aveva lo stesso sguardo che gli aveva visto quando alle superiori si era messo con la ragazza che da tempo immemore piaceva a lui.
Eric e Josh avevano frequentato la stessa scuola che all’epoca frequentava Zack, ma non erano mai stati grandi amici. Eric era più il tipo da videogiochi, non c’era da stupirsi se il padre non si fidava di lui. Probabilmente avrebbe fatto fuori tutta la sua fortuna in quegli inutili passatempi.
Fatto sta che nei suoi occhi Josh poteva leggere invidia, rimorso e desiderio.
Desiderio.
Non potè far a meno di sorridere beffardo. Lui l’aveva posseduta, mentre al povero Eric questo onore non sarebbe mai toccato.
“Da quanto tempo lo conosce signorina?” le domandò il signor Douglas.
Gli occhi mare di Denise incontrarono  i suoi e lei sorrise complice mentre lui rimaneva imbambolato come un deficiente. Nessuna donna gli aveva mai fato un simile effetto, lui era il cacciatore, quello che imbambolava, ma perché con lei i ruoli si invertivano?
Lei non è umana.
Il pensiero attraversò velocemente la mente di Josh, giusto prima che la ragazza rispondesse all’imprenditore.
“Da quanto lo conosco? Da una vita! Siamo cresciuti insieme e, mi crede, ho una grandissima stima per l’uomo che è diventato!” .
Ciò lo disse con un tale orgoglio da far arrossire Josh. Forse nemmeno suo padre l’aveva mai definito in quel modo e lui se ne sentiva realmente lusingato. Incontrò nuovamente lo sguardo luminoso di 4931949 e le sorrise riconoscente.
“Si vede che siete molto legati!” commentò il signor Douglas.
“Sai Josh … non mi pare di ricordarmi di lei, insomma non ne hai mai parlato!” constatò con voce tagliente Eric. Era l’invidia a far parlare il ragazzo.
Ma Josh era abituato a quelle frecciatine, gliele facevano tutte le persone che volevano che lui crollasse, che lui sprofondasse in un cupo abisso, ma ciò non sarebbe mai successo.
Sorrise gentilmente.
“Non mi pare che io e te fossimo molto legati Eric, o sbaglio?” sibilò.
“Suvvia ragazzi, non infastiditevi a vicenda!” si mise in mezzo il signor Douglas evidentemente infastidito dal loro comportamento quasi infantile “Mr Drake, le chiedo scusa se mio figlio ha messo in discussione le parole della signorina, sa non è molto felice del fatto che sarà proprio lei, Josh Drake, a dirigere la mia compagnia!”.
“Ci credo papà. Piuttosto che non cederla a me la cederesti ad un ragazzino!” sbottò Eric alzandosi in piedi evidentemente innervosito.
“Ne abbiamo già parlato figliolo!” esclamò il padre con un po’ di vergogna, era ovvio che volesse evitare una scenata in pubblico.
“Eric …” quel nome pronunciato da quelle labbra così dolci e profumate sembrava contenere delle note nascoste, che erano in grado di rendere quelle quattro lettere una sinfonia sublime.
Josh era incredulo quanto Eric che Denise avesse pronunciato il suo nome con tale voce carezzevole. I suoi occhi erano palesemente sbarrati per lo stupore e la sua bocca era secca. Dal momento che si ritenne incapace di pronunciare una qualsiasi parola la stette ad ascoltare.
“Posso chiamarla così?” gli chiese 4931949. Lui annuì semplicemente
“Credo che la vita d’ufficio sia tremendamente noiosa, insomma, non si sta mai all’aria aperta, si è sempre sommersi da carte, estratti bancari, conti … Vede lei mi sembra più il tipo da divertimento. Insomma, più tipo da stare all’aria aperta a godersi il sole e la brezza sulla pelle …”.
Eric sospirò ormai follemente cotto di quella straordinaria ragazza. Josh era a dir poco incredulo, lei, poche parole era riuscita dove sia lui che il padre avevano fallito.
Denise avrebbe mai smesso di stupirlo?
“Hai ragione …” disse Eric estasiato.
“Invece guardi il signor Drake …” continuò indicando con la mano Josh “… Lui è sicuramente tipo da ufficio!”.
Di fronte a questa sua costatazione Eric ridacchiò facendo salire a Josh la voglia di prenderlo a schiaffi. Rideva solo perché in qualche modo si trattava di me che Denise aveva appena ‘insultato’.
“Quando è così allora l’affare è concluso!” esclamò con entusiasmo il signor Douglas.
Josh spalancò la bocca incredulo. In un batter d’occhio l’affare sul quale stava lavorando da tempo era stato concluso e a suo vantaggio.
Tutto merito della straordinaria invenzione del professore.
Il signor Douglas si alzò in piedi e strinse energicamente la mano a Josh, poi fu il turno di Eric, la cui mano risultò viscida almeno quanto il suo sguardo.
“Denise, vai a preparare il contratto!” ordinò Josh.
Lei gli sorrise “Non serve! E’ già pronto!” esclamò sventolando un foglio.
Quella ragazza era davvero straordinaria.
 
 
“I miei complimenti Denise, mio dio sei fantastica!” Josh, appena uscito dallo studio, era decisamente su di giri. Non faceva altro che complimentarsi con 49319494 per quanto fosse stata abile e capace.
“Credo sia il mio lavoro Josh!” rispose lei.
Lui si  voltò a guardarla e si sorprese ancora sperare con tutto il cuore che lei fosse un essere umano. Era fantastica. Una donna così, se fosse esistita lui l’avrebbe sposata indubbiamente, solo che lei non era una donna.
Rattristato da quei pensieri se ne andò verso camera sua senza nemmeno salutarla, non che a lei fosse importato.
“Josh!” lo salutò Zack non appena vide il fratello in lontananza.
Josh si avvicinò a lui e gli scompigliò affettuosamente i capelli pece.
“Ti ho visto eh!” disse Zack assumendo uno sguardo malizioso e tirandogli una leggera gomitata tra le costole con aria  complice.
“Mi hai visto?” chiese senza capire il fratello maggiore.
“E già, con la moretta!”.
La moretta. La donna più fantastica del pianeta che tanto donna non era.
“Ah lei!” si limitò a rispondere lui.
“Mio dio, è s-t-u-p-e-n-d-a!” continuò euforico il più piccolo.
Josh lo guardò stupito, da quando suo fratello aveva preso a commentare le donne che lui si portava a casa?
Non gli parve che lui l’avesse mai fatto a dir la verità. Probabilmente stava crescendo e pensava di più all’aspetto esteriore o molto più probabilmente Denise avrebbe fatto tornare la vista anche ad un ceco. In definitiva era sempre merito suo.
“Te la sei proprio scelta bene!” continuò con un velo d’invidia negli occhi Zack.
A Josh dispiaceva che il fratello provasse tali sentimenti, era l’unica persona con la quale non si sarebbe voluto vantare perché lui non se lo meritava.
“E’ la mia assistente!” chiarì il più grande.
Zack lo fissò stupito e incredulo. Da quando suo fratello aveva un’assistente?
“Non stiamo insieme, si chiama Denise, se vuoi puoi andare a presentarti!”.
A Josh non sarebbe importato se anche Zack se la fosse spassata con quel robot, dopotutto era un oggetto, perché doverne essere geloso e possessivo?
“Denise …” ripetè assorto Zack.
Poi Josh lo oltrepassò per andare a farsi una doccia.
Zack rimase lì in corridoio a pensare. Lui stava con Mary, ma non c’era niente di male nel parlare con un’altra ragazza no? Insomma solo parlare.
Anche se la ragazza in questione era la più bella in assoluto e faceva risvegliare in lui quei pensieri poco puliti che cercava di sopprimere.
Se c’era una cosa che aveva sempre odiato era essere come tutti gli altri. Insensibili, con un unico obbiettivo.
Anche Zack aveva un obbiettivo, ma era differente, era quello di trovare una ragazza da amare con tutto sé stesso, inutile dire che non si rendesse conto di quanto quella ragazza sarebbe stata fortunata.
Cercava quindi di non pensare solo con il suo attributo maschile, ma in quel caso era realmente difficile.
Insomma, non era stato nemmeno a distanza ravvicinata a quella Denise che già si sentiva irrimediabilmente attratto da lei.
Scacciò con forza quel pensiero dalla testa e pensò alla sua Mary. Avrebbe reso davvero felice quella ragazza, e che c’era di male se scambiava nel frattempo due parole con Denise?
Quando la vide lei se ne stava, in tutto il suo splendore, poggiata al muro con lo sguardo fisso dinnanzi a se senza muovere un muscolo, sembrava fatta di ferro.
In realtà 4931949 non usciva da circa 48 ore, quindi non essendosi rifornita a dovere di energia solare le sue riserve si stavano lentamente esaurendo, tanto è vero che i suoi acuti sensori non avevano percepito l’avvicinarsi del ragazzo e non le avevano trasmesso l’impulso per svegliarsi dallo stato di sand by nel quale era caduta.
Il ragazzo le si avvicinò e notò che quei fantastici occhi blu erano persi in chissà quale mondo, fissava la parete di fronte a lei completamente assorta da chissà quali pensieri, lui non poteva d’altronde sapere quale fosse la sua vera natura.
Così, parandosi davanti a lei, le sventolò una mano di fronte agli occhi e le chiese gentilmente “Hei! Hei tutto bene?”.
Lei , a quelle parole lo fissò un po’ stranita, e un po’ spaurita.
Dopo qualche secondo gli sembrò che i suoi splendidi occhi iniziarono a sorridere.
 
 
Ero esistita fino ad allora, ma solo in quel momento mi resi conto di cos’era vivere.
 


Aggiornamento Flash!!
Ho appena finito di scrivere, perdonatemi eventuali errori di battitura eccetera!!
Ringrazio i miei recensori che adoro personalmente uno per uno!!! E anche chi legge questa insolita storia…
Che ne pensate di questo capitolo???
Come al solito vi invito a leggere l’altra mia storia:

vi saluto…!! Notte a tutti!!!
Daisy

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Capitolo 7
*** Il risveglio. ***






IL RISVEGLIO.

 

Sentire l’aria entrarti nelle narici ti fa percepire di essere viva. Non ricordavo di aver mai provato una sensazione del genere.
Percepivo il contatto con i vestiti che indossavo, così morbidi e avvolgenti e riuscivo a sentire come mie anche tutte le altre parti del corpo.
Mossi avanti e indietro l’indice e poi aprii e chiusi la mano. Sorrisi perché era una bella sensazione. Perché ero io a comandare i loro movimenti, non i miei circuiti e nemmeno gli algoritmi sui quali ero basata. Ero IO.
Che bello rendersi conto di esistere, avere la consapevolezza di essere qualcuno, e soprattutto di poter scegliere. Percepivo che avevo la possibilità di farlo.
Mi sarei messa a saltare dalla gioia, ma un ragazzo che mi fissava incuriosito me lo impedì.
Non seppi come definirlo, non conoscevo i canoni di bellezza soggettivi, ma solo quelli oggettivi che erano memorizzati in me. Quindi potevo definirlo oggettivamente un bel ragazzo.
I capelli neri e mossi gli accarezzavano il viso, sul quale dominavano due splendidi occhi verdi.
I miei circuiti, automaticamente, catturarono l’immagine che avevo di fronte ai miei occhi e la elaborarono per darmi le informazioni di cui avevo bisogno.
‘Zackary Arnold Drake, secondo erede della Drake company.’
Poteva bastare.
“Heeeeeeeei!” disse ri sventolandomi la mano di fronte agli occhi “Tutto a posto?”.
Cercai di riprendermi dal meraviglioso shock che tutte quelle nuove sensazioni avevano prodotto in me.
“Certo!” esclamai incontrando il suo sguardo. Mi sembrò quasi che lui avesse smesso di respirare per qualche secondo.
Mi correggo. Ero certa che non avesse più respirato, dopotutto i miei sensori erano molto acuti e queste cose le potevo percepire con facilità.
“Scusami, non ho ancora avuto lì occasione di presentarmi! Sono Zack Drake, il fratello del tuo capo!” sorrise e mi tese la mano.
Gliela afferrai con grazia “Vedo che sai già l’ultima novità!” esclamai.
“Ultima?”.
Annuì con convinzione.
“Sono circa …” elaborai mentalmente il tempo che era trascorso “… trentanove minuti e 43 secondi che sono la sua assistente!”.
Alle mie parole lui ridacchiò.
“Caspita, sei stata qua col cronometro eh?”.
Se avessi potuto arrossire sicuramente l’avrei fatto, ma non credo che la mia pelle (?) ne fosse in grado. Comunque distolsi lo sguardo imbarazzata per la gaffe appena fatta, dopotutto lui non doveva sapere qual’era la mia vera natura. Non doveva sapere che ero un robot.
Questa consapevolezza improvvisa mi fece venire una fitta allo stomaco, o a quello che avevo nella zona centrale della pancia. Improvvisamente mi resi conto che avrei voluto essere come lui, umana, in grado anche di arrossire perché no?
Sorrisi alle sue parole.
“Ho detto un numero a caso! Volevo fare la saputella!” cercai di rimediare assumendo un’aria colpevole.
“La sai fare bene, la saputella!” mi regalò un sorriso mozzafiato che mi avrebbe fatto fermare il cuore. Se lo avessi avuto. Erano 5 minuti e 3 secondi che sapevo di esistere  e già volevo essere umana e detestavo il mio corpo di metallo.
“Grazie!” ribattei come lusingata da quel comportamento e accennando ad un inchino.
“E se posso saperlo, signorina …” disse adeguandosi al mio comportamento riverente “… cosa faceva prima di 39 minuti e ….” Guardò l’orologio “… mi scusi, 40 minuti e 55 secondi  fa?”.
Ridacchiai beandomi di quanto fosse bello divertirsi, nel vero senso della parola. Era totalmente diverso da avere dentro di se la capacità di riprodurre una risata senza percepirla sulla propria pelle.
“Anche lei è bravo a fare il saputello!”.
“Non hai risposto alla domanda!” tornò serio.
Accidenti cosa facevo prima? il robot a tempo pieno? Mi passarono davanti agli occhi tutti i ricordi di quella settimana, il mio risveglio sul lettino del professore, Josh che mi portava alla sua tenuta, l’incontro con i Douglas e io che facevo sesso con quell’uomo. Rabbrividii.
Zack se ne accorse immediatamente. Caspita! A quanto pare i sensori degli esseri umani erano affini, se non superiori ai miei.
“Se ho fatto una domanda troppo personale, non sei tenuta a rispondermi!” cercò di farmi stare meglio, fraintendendo la ragione per la quale avevo i brividi.
Sorrisi di fronte a tanta premura.
“No niente di personale! Ero un’amica di Josh prima ancora una studente!” inventai su due piedi.
“Strano, non mi ha mai parlato di te!”. Ops. Primo errore, prova che le macchine non sono perfette.
“Ci conosciamo da poco!” cercai di rimediare.
“E da quando saresti qui?”. Accidenti a lui e le sue domande. Mi stava davvero mettendo in crisi. Non era una curiosità morbosa, la sua, solo semplice voglia di intavolare una conversazione unita ad uno spirito di osservazione molto elevato che lo induceva a fare domande su domande senza renderlo invadente. Certo non sarebbe stata una tortura rispondergli se avessi avuto una vita prima di quella settimana.
“Una settimana?” la mia risposta suonò più come una domanda, ma lui parve non accorgersi.
“Ah ecco! Mi sembrava di averti vista un paio di giorni fa!”.
Cercai nella mia memoria digitale il momento in cui avevo incontrato per i corridoi della casa il ragazzo, ma non riuscii a ricordare.
“Non ricordi eh?” lo disse come se la cosa gli dispiacesse.
Scossi la testa dispiaciuta.
“Almeno mio fratello ti ha fatto vedere la casa?”. Sorrisi. Come se ce ne fosse stato bisogno, nella avevo memorizzato ogni singola crepa di quella casa ancor prima di metterci piede, dopotutto ero dotata di un gran numero di informazioni.
“No purtroppo!” risposi.
Lui si illuminò.
“Allora te lo faccio fare io il giro! Da dove vuoi incominciare?”.
Mi venne in mente che era da un po’ che non uscivo fuori, alla’ria e io ne avevo bisogno, perché solo in quel modo potevo rifornirmi dell’energia di cui aveva bisogno.
“Dal giardino!”. Mi rivolse uno sguardo stupito.
“Mmmm interessante, è una richiesta insolita dal momento che non hai ancora visitato la casa!”. Alzai le spalle.
“Appunto, le cose vanno fatte per bene, si parte dall’esterno!”.
Lui ridacchiò.
“Ed esterno sia!”.
 
Non appena il sole battè sulla mia pelle mi sentii subito rinvigorita, non mi ero neppure resa conto di essermi indebolita tanto. Inspirai a fondo l’aria che sapeva di fiori, nonostante non fosse stagione e sorrisi al cielo che privo di nuvole mi sovrastava.
Una gioia immensa si impadronì di me e sapevo solo una cosa, che a stento riuscivo a trattenermi dal ridere per il puro e dolce gusto di farlo. L’euforia attraversava ogni singola mi componente e tutte quelle meravigliose sensazioni mi facevano sentire tremendamente viva.
Viva.
Mi dimenticai di essere insieme ad un essere umano, mi dimenticai anche di essere una macchina. Senza pensare, ma seguendo solo il mio istinto, mi tolsi le ballerine che indossavo e poggiai i piedi nudi sull’erba.
Dio com’era fresca. Il contatto mi fece venire i brividi lungo la schiena, o mi diede tale sensazione, dopotutto non ero sicura di poter provare sulla mia pelle i brividi.
Inspirai profondamente ancora una volta e euforica iniziai a correre per il giardino con le braccia levate al cielo.
Come mi piaceva il vento che mi accarezzava il viso, mi piaceva talmente tanto che iniziai a ridere come una bambina sotto lo sguardo divertito del mio accompagnatore.
Notando che mi osservava come perso mi avvicinai a lui sempre ridacchiando e lo presi per mano.
“Corri anche tu! È bellissimo!”.
Lui mi rivolse uno splendido sorriso e io ripresi a correre tirandolo per la mano. Ben presto anche lui si tolse le scarpe e iniziò a divertirsi quanto me, come se anche lui non avesse mai fatto una cosa del genere. Una cosa tanto folle per i parametri umani, ma anche così tremendamente divertente.
Presi a girare su me stessa e dinnanzi ai miei occhi continuavano a passare le stesse immagini, la villa e il giardino, la villa e il giardino, la villa e il giardino, poi mi buttai a terra e rotolai divertita.
Zack si sedette felice come un bambino accanto a me.
“Erano secoli che non lo facevo!” sospirò tra una risata e l’altra.
“E perché da così tanto tempo?”.
“Perché mio padre diceva che un Drake non deve mai fare cose stupide e insensate!” disse con un vocione nel tentativo di imitare quello del padre.
“Ahahah e questo sarebbe stupido e insensato?”.
“Decisamente!” rispose ancora con la voce profonda.
“Al diavolo la gente che ti dice quello che devi fare!” esclamai muovendo le braccia e le gambe tra l’erba sulla quale ero sdraiata.
“Hai ragione tu! Al diavolo!”. Mi voltai verso di lui e gli sorrisi dolcemente.
Mi persi nei suoi occhi, così dolci e gentili e così traboccanti di gioia. Seppi di essere stata a renderlo così felice, con la mi sconsideratezza è vero, ma ne era senz’ombra di dubbio valsa la pena!
“A proposito io sono 4…” accidenti, non dovevo dare il mio nome da robot “… Denise!”.

 
*

 
Delle fastidiosissime urla giunsero alle orecchi di Josh che cercava di riposare in camera sua.
Sbuffando si alzò dal letto maledicendo i bambini che probabilmente si erano fermati a giocare troppo vicini alla sua tenuta.
Si incamminò verso la finestra e con un gesto brusco scostò le tende per poi affacciarsi per far luce sulla causa di tutto quel baccano.
Quello che vide lo stupì non poco. Denise, in tutta la sua grazia correva con le braccia rivolte al cielo e rideva con la sua risata cristallina. Come aveva fatto, si chiese, a definire tale suono un rumore? Poi spostando leggermente lo sguardo capì, che a distorcere la risata perfetta di quella creatura c’era anche le urla divertite di Zack. Suo fratello.
Josh si chiese dove doveva aver battuto la testa per comportarsi come un ragazzino di due anni, ma poi tonando con lo sguardo al Denise si rese conto che doveva essere stato il fascino di quella ragazza. Probabilmente se lei avesse detto a Zack di diventare una ballerina di danza classica lui si sarebbe  precipitato a comprare un tutù rosa per l’occasione.
Come si poteva resistere dopotutto? I capelli lisci ondeggiavano nel vento e il suo sorriso metteva in ombra tutto ciò che la circondava. Quando lei si buttò a terra lui si nascose dietro la tenda nel timore che lei, alzando lo sguardo, potesse scorgerlo.
Inoltre una piccola parte di lui era infastidita dal fatto che ci fosse suo fratello Zack a divertirsi con lei e non lui stesso.
Sbuffò per l’ennesima volta e si precipitò verso il minibar della sua camera, ne estrasse una bottiglia e versò il contenuto in un bicchiere.
Fece ondeggiare il polso facendo muovere il liquido perché quel movimento lo aiutava a pensare.
Numero uno: cosa ci faceva Zack con 4931949?
Numero due: come mai il robot aveva preso improvvisamente a comportarsi come una bambina di due anni?
Numero tre: perché non c’era lui al posto di Zack?
Sospirò e con un unico sorso vuotò il bicchiere pensando a due splendidi iridi color del mare.
 
 
Voilà! Andato anche il settimo capitolo! È stato stranissimo scrivere dal punto di vista di Denise, insomma è stato diverso! Dall’esterno è vista come semplicemente perfetta, una sorta di creatura divina, mentre lei, dal suo punto di vista, si vede fragile e complessa.
A parte ciò ho bisogno di sapere cosa ne pensate del cambiamento di prospettiva, quindi aspetto i volstri pareri!
Ringrazio intanto le persone che hanno messo la storia tra i preferiti (7!!) tra le seguite (9!!!) le ricordate(2!), ma in particolari coloro che hanno recensito, siete fantastiche!!!
Come sempre vi invito a leggere  Glances Game ( cliccate sull’immagine!).





Ribadisco che gli aggiornamenti si faranno più lenti a causa della scuola, così come anche le recensioni alle storie che seguo, ma tranquille prima o poi arriveranno, ce la metterò tutta!!
Baci!! A presto, spero!!
Daisy.

 
 

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Capitolo 8
*** Felicità e Passione. ***





FELICITA’ e PASSIONE
 

 
Ah l’erba com’era morbida! Mi sembrava di stare distesa sopra ad uno dei più morbidi materassi del mondo.
Zack mi guardava pensieroso con quei suo occhi verdi, ma io fingevo di non accorgermi del suo sguardo e mi dedicavo a guardare quelle poche margherite che sopravvivevano al freddo.
“Posso farti una domanda?” chiese un po’ incerto.
Mi volsi verso di lui e gli sorrisi.
“Certo!”.
“L’avevi mai fatto?”
“Cosa?” domandai un po’ perplessa senza comprendere cosa intendesse.
“Correre per i prati come una bambina!” lo disse con semplicità.
Scossi la testa abbassando lo sguardo. Non volevo che vedesse che la tristezza si era impadronita di me.
“Anche tu hai avuto un padre severo e che badava troppo alle apparenze?” mi chiese.
Un padre. Non avevo un padre. Non biologico almeno.
“Non avevo il giardino!” mi inventai.
“In che razza di posto vivevi?” chiese incontrando i miei occhi.
Bella domanda.
“In un brutto posto …”
“Non ti va di parlarne!” concluse lui per me. Disse ciò con un tono talmente tanto comprensivo che non potei fare a meno di sorridere e ringraziarlo per non aver insistito.
“Parlami un po’ di te!” ero curiosa di conoscere tutte quelle informazioni su di lui che non erano contenute nella mia mente elettronica.
Potevo stimare la sua taglia di vestiti e il suo numero di scarpe, potevo amplificare il suono del suo respiro e dei suoi battiti cardiaci, potevo misurargli la pressione sanguigna semplicemente prendendogli il polso tra le dita, ma non potevo entrare nella sua testa.
Non potevo sapere quali fossero le sue sensazioni e le sue emozioni, ma mi andava così tanto di conoscerle. Morivo dalla voglia di vedere com’era fatto dentro un essere umano, per comprendere se in qualche modo fossi affine ad esso. Devo ammettere che ci speravo profondamente.
Lui su poggiò sui gomiti e guardò in aria. Mi sdraiai su un lato per poterlo guardare. Il sole accarezzava dolcemente la sua pelle rendendola così luminosa. Mi ritrovai a pensare che essa doveva essere particolarmente soffice.
“Sono vissuto sempre qui. In questa casa splendida” iniziò con un po’ di amarezza “Amato profondamente da una madre che ha deciso di lasciarmi per la stupidità e l’egoismo di mio padre. Chiuso in una gabbia dorata fatta di etichette da rispettare, amici facoltosi, bon ton eccetera. Una noia. Prigioniero del mio stesso pensiero. Prigioniero di me stesso”.
Lo guardavo assorta persa nelle sue parole con le quali esternava un forte senso di impotenza e di tristezza.
Lui improvvisamente rivolse i suoi occhi a me e mi guardò con un sorriso amaro e un po’ mortificato.
“Scusa, so che a te non importa …” fece per alzarsi ma lo trattenni prendendogli il lembo inferiore dei jeans.
“Mi interessa, invece! Solo che non capisco come mai ti sia aperto così tanto con me, una completa sconosciuta!” non era contro il buon senso umano?
Dopotutto così mi informavano i miei circuiti, ma cosa ne sapevo io di buon senso infondo?
Mi sorrise come rincuorato dalle mie parole.
“Non lo so, mi ispiri sicurezza e fiducia, sarà una cosa di pelle!”.
Sorrisi a mia volta. era bello essere trattare con una persona da pari a pari. Nessuno prima di Zack l’aveva fatto! Le uniche persone con le quali avevo avuto dei contatti erano Josh e il professore, ed entrambi non avevano esitato a trattarmi come una macchina.
La diversità stava proprio nel fatto che Zack mi trattava come una persona e la cosa mi rendeva felice.
O almeno credevo che quella fosse felicità. Era una sensazione di benessere totalizzante, una sensazione di profonda tranquillità.
“Ti faccio vedere il resto della casa!” disse porgendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi.
Gli sorrisi e incontrai i suoi occhi. Vedevo in essi riflesso le stesse sensazioni che albergavano in me.
Afferrai la sua calda mano e mi misi in piedi poi ci dirigemmo verso la casa.
Sulla parta, poggiato ad essa con una spalla e con le braccia incrociate al petto c’era Josh.
“Fratellino! Vedo che hai conosciuto la nostra Denise!” sfoggiò un sorriso falso per ragioni a me totalmente sconosciute.
“Te la sei scelta bene l’assistente!” ribattè lui sorridendomi.
Josh sembrò irrigidirsi a tali parole, ma probabilmente avevo sbagliato a comprendere i suoi gesti. Dopotutto non sapevo interpretare più di tanto gli esseri umani.
“Denise, ho bisogno di te!” disse repentino e autoritario.
“Sono subito da lei signor Drake!”.
Lui si avvicinò a me e mi prese il mento tra le mani in modo tale da farmi alzare il viso. Non lo fece in modo dolce, ma quasi imperativo e la cosa non è che mi piacesse più di tanto. Insomma non ero un oggetto!
Osp. Invece lo ero. Dannazione.
“Quante volte ti devo ripetere di darmi del ‘tu’ e di chiamarmi Josh?” .
“Scusa Josh!” cercai di non far vedere quanto il suo comportamento mi infastidisse.
Lanciai un ultimo sguardo a Zack che guardava sbalordito prima me e poi Josh per ragioni che non ero in grado di comprendere e seguì il signor Drake, chiedendomi cosa avesse di così urgente da farmi fare.

 

 
*

 

 
Zack non aveva mai visto suo fratello comportarsi in quel modo con una donna.
Poteva essere l’uomo più stronzo del mondo, ma non aveva mai trattato un membro del gentil sesso in quel modo.
Doveva essere impazzito. Era abituato a sedurre e a conquistare, a portare a letto e a dimenticare, ma l’aveva sempre fatto con grande stile e educazione, doveva ammetterlo persino lui.
Invece in quell’occasione che gli si era appena presentata davanti agli occhi era stato quasi glaciale. Aveva preso il sottile mento di Denise tra il pollice e l’indice e poi le aveva parlato con tono glaciale e calcolato, come se fosse stato arrabbiato con lei per qualche ragione.
Alzò le spalle pensando che lui aveva fiducia nel fratello e che non avrebbe mai trattato male una dolce persona quale era la sua nuova assistente. Sorrise al pensiero di averle raccontato tutta la sua frustrazione per appartenere alla famiglia Drake. Poi improvvisamente si ricordò che avrebbe dovuto chiamare Marie, quella sera dovevano uscire.

 

 
*

 

 
Josh mi fece entrare per prima in camera sua e poi chiuse la porta alle nostre spalle. Fu in quel momento che incontrai i suoi occhi. Esprimevano rabbia.
“Chi è stato dei due?” domandò cercando con scarsi risultati di trattenere l’ira.
“In che senso?” chiesi.
Rise amaro.
“Ma come, Denise. Proprio tu così intelligente e perfetta non capisci?”.
Scossi la testa sempre più confusa.
“Ridevate come due bambini e correvate per il giardino! È un comportamento deplorevole, dovresti saperlo!”
Feci una rapida scansione dei dati che avevo a  mia disposizione e nessuno di essi mi diceva che correre nei prati era deplorevole.
“Che c’è di così sbagliato?” un lampo d’incomprensione attraversò i suoi occhi. Era come se non capisse perché continuassi a porgli tutte quelle domande.
“Che c’è di sbagliato?” alzò un po’ la voce.
Sbuffò e guardò in aria imprecando.
“Sono pure diventato scemo, mi metto a fare la morale alle macchine!”
Tali parole, che aveva pronunciato più rivolgendosi a sé stesso che a me, mi ferirono profondamente. Una macchina. Con le macchine non si poteva parlare, perché esse non rispondevano, sarebbe stato come parlare da solo.
“Eppure mi stai parlando!” constatai con semplicità.
Alle mie parole mi fulminò con gli occhi e si avvicinò famelico a me.
I nostri visi erano talmente vicini da sfiorarsi, mi sarebbe bastato allungarmi di qualche centimetro per posare le mie labbra sulle sue.
Quella vicinanza parve calmarlo. Col dorso della mano mi accarezzò la guancia dolcemente facendomi provare una sensazione stupenda.
Era una sensazione diversa dalla felicità che avevo provato poco prima in compagni di suo fratello.
Ma a quella nuova sensazione non seppi dare un nome. Improvvisamente anche la mia irritazione nel sentirmi dare l’appellativo di ‘macchina’ svanì nel nulla, come se non fosse mai esistita.
Al suo posto avevo i brividi. Brividi che mi scorrevano come formiche sulla schiena.
Il respiro di Josh si era fatto leggermente più corto e più vicino. Sapevo cosa stava per accadere. Non ero più incosciente e non mi andava che mi usasse come un semplice oggetto, eppure mi mancava la forza di sottrarmi a quell’aroma così dolce che mi solleticava le labbra.
Secondo i canoni di bellezza che erano stati inseriti nei miei circuiti lui era semplicemente sexy. Attraente. Ed io non ero immune al suo fascino, non volevo sottrarmi al suo tocco.
La parte razionale di me mi diceva che avrei dovuto farlo, lui doveva sapere che ormai ero completamente libera dai suoi ordini, eppure la parte passionale di me voleva raggiungere quel contatto che quell’infima vicinanza lasciava presupporre.
La mia parte passionale. La passione è qualcosa di puramente umano giusto? Ero forse un po’umana anche io?
Per scoprirlo sarei dovuta andare a fondo e scoprire fino a dove potevo provare sensazioni simili a quelle umane.
Sorrisi e presi la mia decisione. La distanza tra di noi fu annullata per mi iniziativa. Le sue labbra a contatto con le mie erano soffici e vellutate. Il contatto mi provocò una sorta di scossa elettrica che si estese dalle labbra a tutte le altre parti del mio corpo. Non riuscivo a pensare, se pensare era quello che facevo.
Le sue mani raggiunsero i miei fianchi e, così facendo, mi attirò a sé, senza dolcezza, ma con passione.
Il bacio si approfondì e  aprii leggermente la mia bocca per permettere alla sua lingua famelica di entrarvi. Ma lui era un esperto e sapeva come farsi desiderare da una donna. Al posto di cercare il contatto con la mia lingua leccò con maestria le mie labbra.
Poi le prese tra i denti e le mordicchiò mentre mi stringeva sempre con più forza a sé.
I miei circuiti erano totalmente entrati in tilt, ma cercai di recuperare un briciolo di lucidità per riuscire a stupirlo.
Mi separai per una frazione di secondo dalle sue calde labbra che erano diventate un po’ arrossate per via del lungo bacio e, lentamente, iniziai a sbottonargli la camicia. Un bottone alla volta.
Da quando avevo cominciato lui si era improvvisamente bloccato, sorrisi consapevole di averlo stupito e proseguì lentamente. Una volta superato l’ostacolo bottoni, gli aprii la camicia sul petto accarezzando quest’ultimo con i palmi aperti.
Adoravo la sensazione dei suoi muscoli che scorrevano sotto le mie dita. Mi chinai e gli lascia una scia di baci sui pettorali, poi lo liberai in modo definitivo della camicia facendo scorrere le mie mani per tutta la lunghezza delle sue braccia.
Fu a quel punto che lui sorrise famelico. Proprio come avrebbe fatto per far cadere ai suoi piedi qualsiasi altra donna. Donna.
Sperai che mi reputasse tale.
Si avvinghiò a me e mi trascinò, senza mai staccare le labbra dal mio corpo, verso il letto per poi adagiarmi su di esso.
Il suo sguardo era appannato dal desiderio e non potei far a meno di essere felice. Era bellissimo, semplicemente. E in quel momento non eravamo più 4931949 e il suo ‘padrone’.
Eravamo solo un uomo e una donna nel vortice della passione.
 
 

Sondaggio: preferite la vecchia copertina o la nuova??
come vi sembra la storia? praticamente ogni volta che mi metto a scrivere non so bene cosa far fare alla mia 4931949, quindi decide lei! fa tutto da sola!! :)

ci tengo a ringraziare tutti coloro che recensiscono e chi legge!! vi adoro!
vi lascio il link del mio gruppo di facebook, se volete iscrivervi siete le ben venute!!
GRUPPO FACEBOOK a presto!!
Daisy

 

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Capitolo 9
*** Vestiti. ***





VESTITI



Le sue palpebre erano chiuse e il petto gli si alzava e abbassava con regolarità.
Sembrava così indifeso, non era nemmeno l’ombra dell’uomo potente che in realtà era. Era solo una ragazzo di trent’anni che dormiva pacificamente, con la bocca leggermente aperta.
Lo guardai un po’ preoccupata. Temevo il suo risveglio.
Temevo che quegli occhi così profondi mi guardassero con diffidenza e con mancanza di interesse, perché per lui ero un oggetto. Detestavo esserlo.
Cercai di recuperare i miei vestiti e uscii dalla stanza in punta dei piedi per non far rumore.
Ormai era tardo pomeriggio e i Drake sarebbero andati a cenare di lì ad un’ora, chissà se il dolce Zack mi avrebbe invitata. Dopotutto lui non poteva sapere che io non potevo mangiare perché non ero come loro, non nascondo che, però, mi avrebbe fatto piacere semplicemente sedermi in loro compagnia ad un tavolo che mi immaginavo lunghissimo e colmo delle più svariate pietanze.
Entrai nella mia stanza e mi buttai a peso morto sul morbido letto. Guardai il soffitto e improvvisamente mi misi a ridere. Senza una ragione precisa!
Ridevo come una pazza solo perché adoravo tutte quelle sensazioni provate così chiaramente sulla mia pelle. La passione, il piacere per i quali dovevo ringraziare Josh, la felicità e la dolcezza per le quali tutta la mia gratitudine andava a Zack.
Sospirai cercando di calmare le risate, ma chissà come mai mi veniva così difficile. Mi sentivo euforica, letteralmente. Se avessi potuto mi sarei messa a correre per strada urlando ‘io sono umanaaaaaaaa’.
Dio, quanto l’avrei fatto volentieri.
Il flusso dei miei pensieri fu interrotto dal bussare insistente della porta. In una frazione di secondo mi imposi di ricompormi e poi diedi il permesso di entrare.
La porta si aprì leggermente e la testa di Zack fece capolino. Non appena individuò la mia posizione all’interno della camera sorrise ed entrò del tutto.
“Ciao Denise!”
“Ciao Zack!”
“Ascolta, a occhio e croce tu mi sembri una mia coetanea, sbaglio?”
Che razza di domande mi poneva? Mah gli esseri umani erano decisamente più strani di come erano descritti nei miei circuiti. Comunque pensai ugualmente a quanti anni potevo avere. Mah forse una ventina.
“Ho circa 19 anni …” guardai un attimo il soffitto pensierosa “… almeno credo!”
Alle mie parole lui ridacchiò e si avvicinò sedendosi sul letto accanto a me.
“Bè io ne ho venti, quindi mi chiedevo se ti andasse di uscire con me e alcuni miei amici stasera!”.
Se mi andava? Certo che sì. Ero drogata di nuove esperienze, volevo farne a più non posso. Poi però mi balenò in testa Josh, il mio ‘padrone’, avrei dovuto chiedere a lui il permesso.
Zack, vedendomi un po’ a disagio si affrettò ad aggiungere “Se non vuoi fa niente, era solo così, per chiedere!”.
Dopotutto ero perfettamente padrona della mia vita, no? Josh poteva andare a farsi fottere.
“No, credo che ci sarò!” alle mie parole, dette con entusiasmo, i suoi occhi parvero illuminarsi.
“Ma che devo indossare?” questo problema nei miei circuiti era memorizzato come ‘paranoie delle donne prima di uscire’. Sorrisi di fronte alla consapevolezza di averci pensato autonomamente. Ero sempre più naturale.
“Credo che qualsiasi vestito possa andare bene!” mi sorrise.
Accidenti, ma io non avevo vestiti. Cercai di inventarmi una scusa plausibile per spiegare ciò.
“Ecco … ho portato alla villa solo gli abiti strettamente necessari, non ne ho nessuno carino che possa andare bene per la sera!”.
Nella mia mente si affollarono migliaia di ragazze vestite con completi fantastici. Avrei dovuto essere così, ma non ne possedevo. Non sarei mai stata come uno di loro. A questo pensiero abbassai lo sguardo un po’ intristita dalla cosa.
“Non c’è problema!” la sua voce mi giunse allegra alle orecchie “Mia madre aveva un armadio talmente grande che non ha potuto portarsi via tutto!” il suo sorriso furbo partiva da un orecchio e terminava all’altro.
Saltai in piedi in preda all’entusiasmo e iniziai a saltellare per la gioia. La cosa che mi piaceva di più di Zack era che lui non mi giudicava mai. Sapevo che certi miei comportamenti potevano, in qualche modo risultare infantili, ma lui mi osservava divertito, agognando, in cuor suo, quella semplicità che lui non aveva mai potuto avere. Senza riflettere lo presi per mano e lo trascinai fuori dalla camera.
Lo guidai per i corridoi, la cui mappa era nitidamente stampata nella mia mente. Ci fermammo di fronte a quella che una volta doveva essere la camera di sua madre e mi voltai verso di lui, per ottenere il permesso di entrare.
Zack mi guardava divertito.
“Come facevi a sapere che la camera di mia madre si trovava qui?”
Ops, beccata!
“Ti ho mentito!” dissi con semplicità. Lui assunse un’espressione confusa e io ridacchiai.
“Josh mi ha già fatto fare il giro della casa e io ho un’ottima memoria!” conclusi mentre lui sembrava prendere un respiro di sollievo. Abbassò la maniglia della porta e si fermò per farmi passare prima di lui.
“Madame!” disse sempre gioioso.
Abbozzai un inchino ed entrai.
Se la stanza che mi avevano assegnato poteva sembrare una piccola reggia, quella era un castello.
Il letto occupava solo un angolino della camera, in tutto il resto erano presenti specchi, arazzi, quadri e tappeti, ma non vi era traccia di nemmeno un armadio. Una parete, invece, comprendeva un altro enorme portone e proprio verso il quale si diresse Zack.
Prese i pomelli tra le mani e tirò il portone verso di sé rivelandomi il suo contenuto.
Spalancai la bocca sorpresa e decisamente stupita dalla maestosità di ciò che avevo di fronte agli occhi. Quella doveva essere la cabina armadio più grande del mondo. O meglio, la reggia armadio.
Vi erano numerosi scaffali pieni zeppi di scarpe di ogni tipo, senza contare l’enorme quantità di vestiti che mi circondava. Ce n’erano per tutti i gusti, lunghi corti, sobri, eleganti e chi più ne ha ne metta.
Peccato che non conoscessi i miei gusti.
“Mi dai una mano a scegliere?” domandai a Zack che mi fissava felice di essere riuscito a stupirmi.
Mi sorrise ed annuì contento.
“Mary non mi permetterebbe mai di mettere le mani nel suo armadio per aiutarla a scegliere l’abito adatto!” ridacchiò.
Mary. Nonostante io possedessi un’intelligenza superiore a quella umana non ero a conoscenza di chi fosse questa Mary. Mentre Zack esaminava gli abiti e posava sul letto quelli che reputava all’altezza della situazione, io feci una rapida ricerca nei miei database.
Trovai due persone che potevano rispondere al nome’ Mary’: una era una vecchia signora e l’altra era la figlia di un miliardario locale.
“Chi è Mary?” chiesi curiosa. Vidi Zack abbassare lo sguardo e rispondermi con una leggera punta di imbarazzo.
“La mia ragazza!”
La sua ragazza. Chissà che tipo era, probabilmente se stava con uno come lui doveva essere come minimo la persona più dolce e più gentile del mondo.
“Mi piacerebbe conoscerla!”
“Ci sarà anche lei stasera!”. Saltellai felice e lui ridacchiò di fronte alla mia contentezza.
“Bene, madmoiselle. È ora di provare i vestiti per andare al gran ballo!” disse con tono fintamente composto e indicandomi con la mano i vestiti ordinati sul letto.
Ridacchiai. Era incredibile come quel ragazzo fosse in grado di farmi sentire così tremendamente felice.
“Gran ballo?” domandai.
“Me oui! Andremo a ballare, non mi dire che non sei mai stata in una discoteca!”
Scossi la testa per negare.
“Ti divertirai!”
Feci una breve ricerca sulle discoteche e scoprii che erano luoghi in cui il 50% delle persone che vi entravano finivano per stare male o a causa dell’eccesso di alcool o a causa dell’assunzione di droghe. Il 30% finiva per pomiciare in bagno e di questa percentuale il 2% si prendeva la mononucleosi. Il restante 20% se ne tornava a casa sano, ma con i timpani distrutti.
Storsi il naso, ma per fortuna lui non mi notò.
Focalizzai la mi attenzione sugli abiti non avendo la più pallida idea su quale scegliere. Avrei voluto fare una specie di scansione di ognuno per confrontarlo con i cataloghi di moda, ma all’ultimo preferii comportarmi davvero come un essere umano. Avrei scelto quello che mi ispirava maggiormente.
Ne afferrai uno blu, che si intonava con i miei occhi e guardai imbarazzata Zack.
Non so perché, ma in quel momento una strana sensazione di inquietudine si impadronì di me. Temevo che Zack potesse farmi le stesse proposte che era solito pormi suo fratello. Solo che mi avrebbe dato fastidio se Zack si fosse dimostrato così tanto superficiale.
Lui capì che mi sentivo imbarazzata e per fortuna corse in mio aiuto.
“Lì c’è una cabina dove ti puoi cambiare!” esclamò indicandomela.
Trascorremmo la successiva mezz’ora a cambiare vestiti e a ridere come due bambini. Alla fine lui mi consigliò di indossare un vestitino bianco con dei pois verdi e rossi, che si apriva sul petto con un ampio scollo a V.
Sorrisi soddisfatta della scelta e lo salutai, dal momento che doveva andare a cenare.
Saltellando tornai nella mia camera e mi buttai felice sul letto. La vita poteva essere più bella.


*

Zack aveva dovuto reprimere parecchi pensieri poco puliti mentre vedeva Denise indossare quel corto vestitino. Accidenti! Non le copriva nemmeno metà gamba.
Pensò a come sarebbe stato bello stringerla a sé per sentire quel sinuoso corpo perfetto contro il suo.
Pensò a come gli sarebbe piaciuto far scivolare la sua mano su quelle cosce nude o su quelle spalle così perfette, che si congiungevano con una sorta di perfezione divina con la curva del collo.
Quanto avrebbe voluto passere le sue labbra su quel’ultima parte del suo corpo. Tutto il lei sembrava urlare ‘Sono sexy!’.
Solo quando Denise si allontanò iniziò a sentirsi in colpa per quei pensieri. Insomma, lui era fidanzato ed era sempre stato una persona fedele, non avrebbe smesso di esserlo in quell’occasione!
Però Denise aveva come un’aura di magia che la circondava. O più che magia, Zack l’avrebbe definito come un campo elettromagnetico, che attirava tutti gli uomini, lui compreso.
Fatto sta che ciò non lo aiutava a sentirsi meglio.
Durante la cena aveva cercato di non pensarci chiacchierando col fratello, ma quest’ultimo era piuttosto taciturno, così Zack dovette abbandonare i suoi propositi e si diresse, il più velocemente possibile, verso la stanza di Denise.
Bussò e quasi un secondo dopo la ragazza apparve in tutta la sua bellezza di fronte ai suoi occhi.
“Hei Zack!” lo salutò allegra.
“Accidenti se sei veloce!” era rimasto seriamente impressionato.
“Lo so!” disse con semplicità lei “E’ solo che non vedevo l’ora di uscire! Sono così contenta! Ah!” esclamò come se si fosse improvvisamente ricordata di qualcosa. Fece cenno a Zack di avvicinarsi.
“Non dire niente a tuo fratello, ok?” si vedeva chiaramente che era un po’ preoccupata dalla cosa.
“Ma perché? Insomma mica è il tuo padrone! Solo il tuo capo!” esclamò Zack un po’ sorpreso dalla richiesta.
Lei abbassò gli occhi cercando in tal modo di celargli la tristezza che li stava riempiendo.
“Comunque sarò muto come un pesce!” esclamò sorridendole.
Fu così che uscirono nella fredda notte autunnale.


*


Luna nuova. Non era quella la notte ideale per fare spionaggio. Almeno non lo sarebbe stato per tutti tranne che per lui. La vista a raggi infrarossi serviva proprio a quello, l’unico inconveniente era che non si potevano distinguere i colori. Il mondo appariva verde. Ma poco importava.
Erano ore che teneva d’occhio il portone di quella villa, ma, a parte un paio di fattorini, ancora Lei non si era vista. Non c’era da stupirsi se il suo padrone non volesse farla uscire di casa, dopotutto era un oggetto prezioso.
Il problema è che lei doveva per forza esporsi alla luce solare, per raccogliere energia, quindi lui era piuttosto fiducioso, prima o poi sarebbe uscita.
Ma non quella notte. Avrebbe dovuto aspettare il sorgere del sole, si preparò così a trascorrere un’inutile notte nascosto tra le siepi esterne al cancello della villa.
Non capiva perché non poteva entrare direttamente e parlare con lei. Insomma avrebbe potuto eludere i vari sistemi di sorveglianza con molta facilità, eppure gli era stato ordinato di non dare nell’occhio. E lui eseguiva gli ordini.
Ben presto, inaspettatamente, la porta si spalancò e due ombre si stagliarono nel buio della notte. Camminavano l’una di fianco all’altra e, dalla sua posizione poteva sentire le risate che accompagnavano i loro passi.
Zoommò su di esse e per primo inquadrò il volto del giovane Drake, poi abbassò leggermente la visuale e scansionò il viso di lei. Lo confronto con la cosa che stava cercando e non potè far altro che giungere ad un’unica conclusione.
ERA LEI.



Allora. Questo capitolo sinceramente mi piace sì e mi piace no. Insomma, non è che mi convinca più di tanto, ma nemmeno lo butterei via. Voi che ne pensate?
Le percentuali riguardanti la discoteca me le sono completamente inventate!
E avete visto la splendida copertina? È opera di wynn_!
Bene ringrazio chi ha recensito ( grazie per le 7 recensioni dello scorso capitolo, mi avete resa felicissima!!).
So che mi vorrete uccidere e che questa sarà la milionesima volta che ve lo dico, ma mi farebbe piacere se deste un’occhiata ( anche una piccola piccola) a glances game!!



Bene ho finito, se volete mi trovate nel mio gruppo face book!!
A presto!!
Daisy.

dimenticavo... questo è il vestito di denise...

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Capitolo 10
*** Dance Again ***




Capitolo dedicato a coloro che hanno resìcensito lo scorso capitolo! grazie grazie di cuore: AlyDragneel  nancywallace   Pyra   wynn_   shadowdust  

 


DANCE AGAIN

 

Mary era felice di poter passare una serata a stretto contatto con il ragazzo più carino, e più ricco, della scuola. E per stretto contatto intendeva che si sarebbe strusciata a lui per tutta la nottata, con la sicurazza di far emergere il suo lato più passionale. Sapeva che Zack era incredibilmente lungo per quanto riguardava quelle cose. Insomma, era un uomo, come tutti e come tale aveva certi istinti dominati dagli ormoni, ma il suo problema era che aveva un eccessivo rispetto per le donne, si diceva infatti che non andasse mai a letto con una ragazza se non dopo un mese o due di frequentazione. Tutto ciò per non dare l’impressione ad essa che a lui importasse unicamente del sesso.
Ma a Mary tutto ciò non interessava. Lei voleva assolutamente farlo suo nel modo più totale e assoluto, un po’ per marcare ciò che apparteneva al suo territorio. Sorrise all’idea e gongolò pensando all’espressione invidiosa che avrebbero assunto le sua amiche quando avrebbe raccontato loro la sua notte passionale con Zack Drake. Non si accontentava affatto di essere la sua fidanzata, voleva marcare nel migliore dei modi il concetto di proprietà.
Così aveva indossato l’abito più provocante che possedeva, tacchi vertiginosi e calze a rete. Quella sera avrebbero fatto faville, già si immaginava lo sguardo languido degli uomini e soprattutto quello di Zack. Il SUO Zack. Quanto le piaceva ripeterselo.
“O MIO DIO MARY, ma sei spleeendida!” esclamò Jasmine vedendola mentre si incamminava verso la piazza di fronte alla discoteca dove avevano appuntamento con gli altri. Jasmine era una delle sue più care amiche.
“Anche tu sei uno splendore!” rispose lei lasciandole un bacio sulla guancia.
“Credi che Steven verrà?” domandò Jasmine eccitata.
Mary alzò gli occhi al cielo. L’amica era proprio cotta di quel ragazzo e un po’ le faceva pena perché sapeva perfettamente che Steven non ricambiava l’interesse.
“Ma certo che ci sarà! È uno dei migliori amici di Zack!” esclamò lei con convinzione.
In quel momento individuò una sagoma lontana che corrispondeva a quella dl suo meraviglioso ragazzo, ma non era solo.
Il sangue le si gelò nelle vene.
Riconobbe, anche se i due erano a grande distanza da lei, la ragazza che accompagnava Zack. Come poter dimenticare i suoi favolosi capelli castani. Ricordava che quando era passata davanti a lei e al suo ragazzo aveva sentito provenire da essi un dolce odore di fragole, sei era trovata così a chiedersi quale shampoo usasse.
Come poteva dimenticare quegli occhi di una profondità tale da potersi tuffare dentro di essi. E soprattutto, come faceva a scordare la venerazione che si era diffusa negli occhi di Zack?
Dannazione. Avrebbe dovuto far vedere a quella puttanella contro chi si era messa.
Sorrise al pensiero.

 
*

 
Zack continuava a dire cose divertentissime, una più stupida dell’altra e io mi ritrovavo a ridere come una pazza. Era davvero simpatico.
“Siamo arrivati!” disse ad un certo punto indicandomi una piazza dalla quale distavamo qualche decina di metri. Gli sorrisi mentre intravidi le due ragazze che attendevano.
“Chi delle due è la fortunata?” domandai curiosa. Non avevo mai visto la famosissima Mary ed era curiosa di conoscere che tipo fosse.
“La rossa!” disse semplicemente quando  fummo a pochi passi da loro. Immediatamente si staccò dal mio fianco per andare a cingere la vita di quella che doveva essere Mary. Dolcemente la avvicinò a sé e le diede un tenero bacio sui capelli. La ragazza gli sorrise maliziosa.
“Hei!” assunse una voce sensuale “Hai sbagliato mira!”. Si mise in punta dei piedi e poggiò con foga le sue labbra su quelle di Zack che sembrava visibilmente sorpreso da quell’atteggiamento. Probabilmente lui non era abituato a baciarla in pubblico in modo così appassionato. Ben presto però si sciolse anche lui e ricambiò con foga. Mi ritrovai ad abbassare lo sguardo un po’ imbarazzata ad osservare una scena così intima.
“Hei voi due aspettate ad andarci dentro!” una voce scherzosa raggiunse le mie spalle e mi voltai. Un ragazzo biondo e decisamente alto si era appena unito al nostro piccolo gruppo. Non appena mi notò sbarrò gli occhi come incredulo, ma subito dopo parve riprendersi.
“E tu sei?” chiese con curiosità.
“Oh scusatemi!” intervenne Zack libero da quel bacio focoso “Lei è Denise, l’assistente di mio fratello! Denise, loro sono Mary, Steven e Jasmine”.
Strinsi la mano ad ognuno di loro osservandoli e cercando di decifrare i loro caratteri, ma dopotutto, essendo amici di Zack, come potevano non essere simpatici?
“Andrew non viene?” domandò Zack a Steven.
Egli scosse la testa mentre il suo sguardo si focalizzava sui miei occhi. Mi sorrise.
Girai lo sguardo fingendo di non essermi accorta di nulla e vidi che Jasmine era triste.
“Tutto bene?” mi avvicinai a lei mentre gli altri ci facevano strada verso l’ingresso del locale.
“Oh sì!” rispose lei non del tutto convinta. Se lei stava bene io ero una scimmia. E decisamente non lo ero.
Entrammo e subito la musica iniziò a far vibrare i nostri corpi con un ritmo incessante. Strano, trovavo la sensazione piacevole!
Mi guardai attorno e notai che ancora il locale era parzialmente vuoto, dopotutto era ancora presto. Ci incamminammo verso il bancone dove Zack decise di pagare una bibita a tutti.
“Tu cosa vuoi Denise?” accidenti. Non  potevo bere niente.
“Io non bevo!” dissi semplicemente.
“Ma come noooooooo?” domandò Mary avvicinandosi con uno sguardo un po’ altezzoso e trangugiando di fronte al miei occhi il suo cocktail.
“Ne prendo un altro!” aggiunse già su di giri.
“Mary, non esagerare!” disse amorevole Zack. In  tutta risposta lei si avvicinò alle sua labbra. Distolsi lo sguardo immediatamente, mi dava tremendamente fastidio osservare scena di quel genere, tra innamorati. In primo luogo perché mi sembrava di invadere la loro privaci e, in secondo luogo, perché li invidiavo profondamente. Avevo iniziato a desiderare anche io che qualcuno come Zack provasse amore per ma. Ma qualcuno si sarebbe mai potuto innamorare di una vuota macchina come me?
Io mi rifiutavo di credere di essere solo un misero oggetto, ma cos’ero dopotutto?
Forse non lo sapevo nemmeno io, ma avevo un disperato bisogno di costruirmi un’identità, in modo tale da rendermi un po’ più umana.
La malinconia che mi aveva assalita mi portò ad allontanarmi dal gruppo che rideva allegro, mi sentivo così estranea alla loro vita e alle loro esperienze.
Mi appoggi ad un muro e mi privai del cappotto, lo posai e mi misi ad osservare la gente, nona vendo niente di meglio da fare.
Solo allora mi resi conto di quanti sguardi avevo addosso. Sembrava che tutta la popolazione maschile si fosse focalizzata su di me, per chissà quale ragione. Finsi di ignorarli, ma comunque il loro sguardo non mi abbandonava mai.
Sembrava mi stessero esaminando. Forse avevano capito che ero una macchina e volevano sezionarmi, o qualcosa del genere.
“Ecco dov’eri finita!” esclamò Steven avvicinandosi a me mentre si faceva largo tra la gente.
Abbozzai un sorriso.
“Ma perché la gente continua a fissarmi?” gli chiesi un po’ a disagio, sperando di ricevere una spiegazione logica.
Lui si lanciò un’occhiata attorno e poi tornò a guardarmi ridacchiando.
“Stai scherzando vero? Davvero non sai perché?” sispose.
Perché avrei dovuto scherzare? Probabilmente vedendo la mi espressione seria si convinse che la mia domanda era serissima.
Scoppiò a ridere di gusto e, dopo essersi calmato, si avvicinò a me.
“Perché sei bellissima!” lo disse con voce roca, quasi strozzata.
“Oh!” rimasi stupita da tale rivelazione. Io bella? Non me ne ero mai resa conto e non che la cosa mi importasse.
“Lo credi davvero?” ero piuttosto incerta.
“Credo tutti i ragazzi qui presenti abbiano fatto un pensierino su di te, compresi gli omosessuali!”
“Ma dai!” sorrisi di fronte all’assurdità di quello che diceva.
Mi bloccò, improvvisamente, il mento con due dita, il pollice e l’indice, in modo tale da incontrare i miei occhi.
“E’ la verità!” era così serio. Rimasi scioccata e felice al tempo stesso. Improvvisamente mi tornò il buon umore e gli sorrisi.
“In discoteca mica si balla?” domandai.
“Sì! Perché?”
“Perché nessuno balla!”
“E’ ancora troppo presto e l’atmosfera si deve riscaldare!” mi rispose con ovvietà.
“ E se noi andassimo a ballare?”
Si illuminò.
“La reputerei un’idea grandiosa!”
Gli sorrisi e lo presi per mano portandolo al centro della pista. Ci trovavamo l’uno di fronte all’altra immobile. Lo guardai in attesa che facesse la prima mossa.
“Dai balla!” lo incitai.
“L’uomo segua la donna!” disse.
“Accidenti, ma io non so ballare!” rimasi un po’ delusa. Ero un robot davvero imperfetto, come potevo non saper ballare?
“Segui la musica, il ritmo, devi farlo tuo! Poi inizi a muoverti!” mi spiegò. Sembrava semplice detta così.
In quel momento partì una canzone che mi piacque sin dalle prima note. Feci una rapida ricerca: Dance Again.
Sorrisi.
“Bella vero?” chiese Steven riferendosi alla canzone.
“Splendida!” chiusi gli occhi e feci mio quel ritmo.
Iniziai a muovermi. Aprii gli occhi dopo quella che mi sembrava un’eternità e vidi che intorno a noi si era formato un piccolo cerchio di persone che ci, o meglio, MI fissava intensamente. Tutti uomini. Sembrava come ipnotizzati dai miei movimenti, o forse ne erano scandalizzati, non seppi decifrarli.
Ben presto Steven si avvicinò a me ed io con naturalezza gli posi la le braccia intorno al collo avvicinandomi a lui. Dal canto suo lui fece aderire le due mani ai miei fianci accompagnando ogni mio singolo ondeggiamento. Accostò le labbra al mio orecchio e sussurrò “Sei bravissima, un’ottima ballerina!”.
Gli sorrisi riconoscente.
Fu in quel momento che individuai tra la folla Mary. Mi guardava con odio come se le stessi rubando la scena, dato che tutti osservavano me. Così salì sul cubo e iniziò a fare dei movimenti decisamente poco puliti, mi aspettavo dunque che tutti gli sguardi si puntassero su di lei.
Insomma tutte quelle attenzioni risultavano un po’ troppo imbarazzanti. Eppure nemmeno un occhio si mosse. Vidi la ragazza sbuffare e tendere una mano verso qualcuno che non vedevo, nascosto tra la folla.
Poco dopo, tenendo la mano a Mary, salì sul cubo anche Zack. Era decisamente imbarazzato e, come a peggiorare la situazione, Mary gli diede le spalle e iniziò a strusciarsi su di lui, come se fosse il palo di una ballerina di lap dance.
Feci una breve ricerca dalla quale risultò che tutti i suoi movimenti richiamavano quelli di un film porno. Distolsi lo sguardo. Io mi sarei vergognata un mondo nel fare una cosa del genere in pubblico, ma probabilmente tutta quella disinvoltura era dovuta all’alcool ingerito.
Tornai con lo sguardo alla coppia Mary – Zack e vidi che lui aveva fatto scivolare la sua mano sul ventre di lei mentre con la lingua, senza alcuna vergogna, le percorreva il contorno di un orecchio.
Un piccolo senso di nausea mi avvolse, ma non ci feci tanto caso perché in quel momento fui distratta dalla mano di Steven.
Essa, infatti, era lentamente scivolata sul mio fondoschiena. Senza essere troppo scortese gliela feci rialzare, riportandola sui miei fianchi.
Il problema era che a me Steven non mi attraeva. Era sì un bel ragazzo, ma tutto qui, mancava l’attrazione.
Come se un robot potesse provare una cosa del genere. Eppure io la provavo! E mi faceva sentire quasi umana.
La mano del ragazzo riscivolò in basso e io mi staccai da lui sotto lo sguardo di tutti gli uomini che ancora ci fissavano.
Indietreggiai di qualche passo quando una mano mi afferrò per il polso trascinandomi tra la folla. Ma chi diavolo era? Rimasi decisamente stordita da quell’atto.
Il  proprietario della mano mi trascinò in un angolo più appartato e meno rumoroso facendomi aderire contro il muro e, poggiando me mani su di esso, mi intrappolò con le sue braccia.
“Ciao 4931949, piacere di conoscerti!”.
 
Allora voglio ringraziare chi sta seguendo e addirittura recensendo questo obrobrio di storia … : )
Mi rendete tanto tanto felice!!
Spero di poter aggiornare presto!! Recensite.
Vi lascio il link della canzone : DANCE AGAIN.
E il link per andare a dare un'occhiata a 'Glances Game' se vi va!!!!




Daisy

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Capitolo 11
*** Occhi Blu Mare ***




OCCHI BLU MARE

 

Stupita alzai lo sguardo fino ad incontrare i suoi occhi mare che sembravano così simili ai miei.
Mare nel mare, una pura fusione di blu.
I capelli erano castano chiaro, corti e scompigliati. Era un bellissimo ragazzo, non c’era che dire.
Ma la cosa che mi sconvolse maggiormente era il fatto che mi aveva chiamata con il mio vero nome, il nome da macchina.
“Scusa, ma sicuramente hai sbagliato persona!” dissi cercando di trovare una via di fuga da quella prigione di braccia.
Lui sorrise notando il mio sguardo indagatorio e desideroso di essere lontano il più possibile da lì.
“Ma come, 4931949? Temi più me che loro?” sembrava quasi che si stesse beffeggiando di me. Lo guardai come se fosse un alieno. Ormai mi faceva paura ammettere ad alta voce di essere una macchina, e poi perché avrei dovuto dirlo ad uno sconosciuto? Insomma chi era quell’individuo che affermava, praticamente di conoscere la mia vera identità?
“Perché dovrei temerli? Sono esattamente come me!” posi l’accento sulla parola ‘esattamente’ come se ciò servisse a rimarcare il concetto che io non ero diversa da loro. Pure illusione? Forse. inconscia speranza che fosse vero? Sicuramente.
“Hai ragione! Perché dovresti? Che sciocco che sono!” lo guardai in modo strano, quel tipo doveva essere pazzo. Prima diceva una cosa e poi si dava da solo dello sciocco, non era normale!
Non capivo dove volesse arrivare.
“Sono loro che dovrebbero avere paura di te, insomma tu sei una specie di Dea!” continuò sempre con quel fastidioso sorriso sulle labbra.
Alzai un sopracciglio incredula.
“Se ci stai provando non attacca!” risposi con disinvoltura come se ciò che diceva mi fosse indifferente. In realtà dentro di me vi era una tempesta di sensazioni. Paura di essere stata  scoperta, paura che qualcuno mi ricordasse la mia vera natura.
Era tutta una questione di finzione.
Ridacchiò.
“Sei davvero una Dea, 4931949! Insomma sei bella, onnipotente, intelligente … sei perfetta. Potresti avere del potere, un enorme potere! Unisciti a me!” sussurrò avvicinandosi al mio orecchio per farsi sentire chiaramente.
Mi scostai da lui per guardarlo direttamente negli occhi. Lui ricambiò il mio sguardo sempre con quell’espressione sicura che mi faceva venire un’incredibile voglia di prenderlo a schiaffi.
“Chi sei?” domandai cercando di passare al contrattacco.
“Vuoi saper come mi chiamo?” annuì. Lui sorrise.
“Cosa vuoi che sia un nome? Una semplice definizione di qualcosa che non esiste, che senso ha darci dei nomi ,eh? Noi siamo effimeri, siamo oggetti, siamo identificati con un certo codice, nulla di più. Non sarebbe corrette parlare di identità!” lo disse come se fosse ovvio senza un nemmeno un pizzico di amarezza, come se fosse giusto così.
Io invece capii che lui era esattamente come me, non sapevo come avevo fatto a non intuirlo prima, eppure era così. Ero stata cieca. Ma come poteva un robot perfetto essere cieco?
“E a te va bene così?” domandai a bruciapelo sperando di cogliere un briciolo di umanità anche in lui.
“E che importa? È così e basta. Cosa vuoi che cambi? E poi noi siamo stati programmati per questo! Ma cos’hai?” domandò picchiettandomi dolcemente con le nocche la fronte “Sei difettosa?”.
Scostai la sua mano con poca gentilezza.
“Non sono difettosa!” sbottai “Mi sono solo resa conto si avere uno spirito umano!”
“Allora sei decisamente difettosa!” rise “O decisamente troppo perfetta! Cavoli, il professore è riuscito a immettere in te addirittura la convinzione di essere umana! Che genio!”.
Mi bloccai.
La convinzione di essere umana. Tali parole iniziarono a vorticare ripetutamente nella mia testa. Poteva essere stato il professore? Ero programmata per essere in tutto e per tutto umana senza esserlo realmente?
No, mi convinsi che non doveva essere così. La mia umanità era sopraggiunta in un secondo momento estraneo a quello della creazione. Era grazie a Zack che avevo sentimenti umani, grazie alla sua gentilezza.
“Perché sei qui?” chiesi bruscamente. Stavo diventando curiosa. Se lui era come me, cosa ci faceva in giro per la città? Doveva senz’ombra di dubbio avere un preciso scopo.
“Ma è ovvio! Perché il professore ti rivuole!”
La rabbia salì dentro di me inebriandomi i sensi. Era una sensazione del tutto nuova e mi faceva venire una voglia matta di urlare e di sbraitare come una pazza. E perché no? Avevo anche l’impulso di tirare qualche sberla la mio interlocutore.
“IO NON SONO UN OGGETTO!” scandii ogni parola chiaramente e con una freddezza calcolata “Il professore non può decidere di riavermi, così a caso!” continuai cercando di non esplodere.
Lui rise di gusto.
“Sei davvero difettosa. Tu dovresti eseguire gli ordini che ti vengono dati, punto. Senza esprimere opinioni o fare domande. E, 4931949, tu sei un oggetto!”
“Ti sbagli!” esclamai con certezza.
“Ma guardati attorno, non essere sciocca! LORO non sono come te! Tu non sei nessuno!”
“Vattene!” sibilai mentre la tristezza mi pervadeva. Se fossi stata umana avrei pianto, ma non lo ero, in me le lacrime non esistevano.
“Non senza aver completato la mia missione!”
“E invece tu te ne andrai senza di me!” ero risoluta, non avrei abbandonato Zack e neppure Josh, anche se quest’ultimo era pieno di difetti sentivo di essermi legata in qualche modo ai Drake.
Provavo affetto nei loro confronti, adoravo persino il maggiordomo Percy.
Dopo le mie parole mi afferrò il polso e lo strinse con forza.
“Andiamo!”. Lo strattonai forte liberandomi dalla sua presa.
“Dovrai portarmi via con la forza!” assunsi un tono di sfida, non gliel’avrei data vinta tanto facilmente. Un ghigno comparve sul suo volto.
“Qualche problema?” la voce più bella del mondo era venuta a salvarmi da quella situazione assurda. E quale voce poteva essere se non quella di Zack?
Immediatamente, approfittando della distrazione del robot, sfuggì dalle sue braccia per andarmi a rifugiare dietro le spalle di Zack, come se lui potesse proteggermi da tutto.
Mi diedi della stupida un istante dopo per aver compiuto quel gesto, probabilmente sarei stata più capace io di fronteggiare l’umanoide, dopotutto ero dotata di una maggiore forza fisica.
Immediatamente azionai tutti i miei sensori, in modo tale da essere pronta se quello strano ragazzo avesse voluto attaccare Zack.
Il robot strinse la mascella evidentemente seccato da quel contrattempo e poi rivolse uno sguardo glaciale a me.
“Ci rivedremo 4931949! E la prossima volta, volente o nolente, tu verrai via con me!” mi minacciò puntandomi il dito contro.
Rabbrividii al solo pensiero. Il robot sparì tra la folla in un batter d’occhio.
“Tutto bene?” mi chiese Zack, premuroso, poggiando le sue mani sulle mie spalle.
“Sì!” dissi un po’ incerta. Dovevo ammettere che quell’incontro mi aveva parecchio destabilizzata e inoltre aveva fatto sorgere in me numerosi interrogativi, come ad esempio la ragione per la quale il professore, dopo avermi ‘venduta’ a Josh, mi rivolesse con sé. Era proprio vero quel che tutti i siti internet e i giornali dicevano di lui: era decisamente pazzo.
“Sicura di star bene?” mi ridomandò un po’ incerto Zack.
Scossi la testa in senso negativo e, senza pensarci, mi fiondai tra le sue braccia. Avevo bisogno dell’abbraccio di un amico, un abbraccio che avrebbe avuto la capacità di risollevarmi il morale. Un bisogno più che naturale … per un umano.
Immediatamente, capendo ciò di cui avevo bisogno, anche lui ricambiò l’abbraccio cingendomi con dolcezza infinita.
Tirai su lo sguardo e incontrai i suoi occhi verdi come le foreste più rigogliose della terra. Mi persi al loro interno. Era davvero un ragazzo d’oro, Mary era davvero fortunata.
Il dorso del suo indice si posò dolcemente sulla mi guancia, la accarezzò e poi allontanò il dito per farmelo vedere. Ero perplessa. Su di esso vi era una sottile goccia d’acqua.
“Non devi piangere!” mi cullò con la sua voce. Io che stavo piangendo?
Incredula mi portai una mano sulla guancia e in tal modo scoprii di persona che essa era bagnata.
Stavo piangendo seriamente. Paradossalmente questa consapevolezza mi fece venir voglia di saltare e correre per tutto il locale, con gioia infinita. Ma immediatamente mi rattristai, probabilmente il professore mi aveva fornito la possibilità di piangere, quel gesto, dunque, non mi rendeva umana.
Mi rituffai tra le sue braccia abbandonandomi ad un pianto libero e ristoratore. Lui mi strinse forte e mi lasciò un dolce bacio sui capelli.
“Shhh … shh … non piangere Denise!”
Cercai di fermare i singhiozzi.
“Che cosa susssscede qui?” domandò una Mary un po’ ubriaca.
Mi staccai lentamente da Zack perché avevo capito perfettamente che al sua ragazza si poteva ingelosire vedendoci abbracciati in quel modo e non mi andava che i due litigassero a causa mia.
“Mary, andiamo a casa!” disse Zack avvicinandosi a lei per sorreggerla con un braccio. Lei si liberò di esso e barcollò verso di me.
“Tu!” biascicò poggiando il suo dito sulla mia spalla con fare minaccioso “Devi smettere di fare la puttanella con tutti!”.
La guardai senza capire perché si rivolgesse a me in quel modo abbastanza offensivo.
“Prima con Steveeeeeeeeeeen, poi con Zack. Zack è il miooooooo ragasso! Chiaro?” mentre mi insultava una folata di alcool colpì le mie narici, quindi, considerando che essa non doveva essere più di tanto lucida cercai di dare poco peso alle parole che mi rivolgeva.
“Scusala!” mi disse Zack guardandomi con apprensione, come se temesse che da un momento all’altro mi sarei rimessa a piangere a dirotto.
Intanto Mary continuava a biascicare parole senza senso, facendo muovere ossessivamente quei suoi lisci capelli rossi e lanciandomi sguardi velenosi e taglienti. Così Zack le cinse con un braccio i fianci e praticamente la trascinò fuori facendomi segno di seguirlo. Non me lo feci ripetere due volte, non volevo rimanere da sola in quel posto, temevo di rincontrare il robot di poco prima e solo la prospettiva mi rendeva inquieta.
Mentre mi facevo largo tra la folla in subbuglio ripensavo alla sua minaccia, sperando che non la mettesse in pratica. Dopotutto meritavo anche io di vivere tranquillamente!
Una volta fuori la musica sembrava continuare a rimbombarmi nelle orecchie, ma fortunatamente eliminai l’effetto con la sofisticate tecnologia con la quale ero formata.
Zack intanto aveva estratto il suo cellulare e aveva chiesto a Percy di mandargli una macchina.
Fece sedere dolcemente a terra Mary, dato che la ragazza non si reggeva più in piedi e poi giunse al mio fianco.
“Ti sei divertita un po’ almeno?”
Mmm. In quella serata ero stata molestata dal suo amico, minacciata da un robot e dalla sua fidanzata. Senz’ombra di dubbio era stata una serata splendida!
“Sì!” risposi poco convinta.
“Davvero?” anche lui se n’era accorto.
Sospirai di fronte all’evidenza.
“E’ stata una serata disastrosa!” gli sorrisi.
“L’avevo capito, dalle lacrime, intendo. E anche dal fatto che non sorridevi. Paradossalmente avevo creduto che portandoti qui ti saresti divertita ancora di più che nel giardino di casa mia e invece …” constatò con amarezza.
Gli posai una mano sul braccio, come per consolarlo.
“Zack, non ti devi preoccupare! Dopotutto sei stato carino a propormi di venire con te, ma credo che questo non sia il mio ambiente!”
“E’ stato l’ambiente o quello strano ragazzo a rovinare tutto?”
“Bè, sinceramente già dall’inizio mi sentivo un po’ fuori luogo, ma lui ha dato il colpo di grazia!” purtroppo quella era la pura verità.
“Lo immaginavo. Ma chi era?”
Sospirai.
“A saperlo te lo direi!”
“E perché ti ha chiamata con una sequenza numerica?”
Bella domanda. Zack non doveva assolutamente sapere della mia vera natura. Temevo che se lui ne fosse stato a conoscenza mi avrebbe giudicata esattamente come faceva suo fratello ed io non avrei assolutamente voluto ciò. Mi piaceva che qualcuno mi trattasse come una semplice persona, senza essere cosciente del fatto che non lo fossi in realtà.
“Era ubriaco?” la mia risposta suonò più come una domanda, ma lui parve non accorgersene.
“Mi dispiace solo che per colpa sua tu abbia versato delle lacrime!”
Lo guardai colpita che a lui interessasse così tanto il mio stato d’animo. Era davvero dolce. Gli sorrisi.
“Sei così bella quando sorridi. Il tuo sorriso è come una magia. Illuminerebbe la giornata a chiunque! Se tu sorridi tutto il resto del mondo non può far a meno di sorridere a sua volta!”.
Allargò le labbra in uno splendido sorriso. “Vedi?” disse indicandosi la bocca “Non posso farne a meno!”.
Quella era la cosa più dolce che avessi mai sentito dire a qualcuno. Nemmeno nei miei data base potevo riscontrare una frase così bella, una semplice frase che arrivò al mio cuore, direttamente.
Quelle parole me lo fecero battere talmente forte che le mie orecchie riuscirono a percepirlo. Esso sembrava lottere per voler uscire dal mio petto. Il mio cuore … era strano anche solo pensarlo.
“Avrei voluto vederti felice tutta la sera e invece …” era davvero deluso e giù di morale.
“Non ti preoccupare Zack! La prossima volta ci limiteremo ad una corsetta nel parco di casa tua!”
Annuì rincuorato e felice.
La limousine parcheggiò in quel momento dinnanzi a noi e facemmo salire per prima la povera Mary.
Zack disse l’indirizzo della sua ragazza all’autista che partì immediatamente.
Io intanto guardavo fuori dal finestrino. Fu nell’istante prima che partimmo che vidi,a  qualche metro di distanza dalla macchia delle glaciali pozze color del mare. Rabbrividii.

 
*

 
L’automa osservò la limousine dei Darke allontanarsi dalla discoteca. In quel momento fece partire la chiamata.
“Pronto?” gli rispose una voce un po’ assonnata.
“19283, professore!” disse meccanicamente il robot.
Il suo interlocutore parve svegliarsi improvvisamente.
“Lei è lì con te?” domandò con una leggera punta d’ansia.
“No, signore”
Pausa.
“Com’è possibile?” domandò con una punta di scetticismo il professore.
“Un umano è intervenuto, avevo precisi ordini di non dare nell’occhio!”
“Chi?”
“Zachary Drake!” rispose schematico l’automa.
“Maledetto!” imprecò il professore. “Dov’era?” chiese poi.
“In un locale!”
“In un locale?” la voce del professore non celava il suo stupore.
“Esatto!”
“E cosa ci faceva lì?”
“Non lo so!”
Ci fu una piccola pausa in cui il professore sembrava riflettere.
“Professore, lei ha opposto resistenza!”
L’uomo imprecò.
“Lo sospettavo. Il signor Drake deve essersi insospettito di me e deve averle ordinato di non andare mai via dalla villa! Senti 19283! Lei è obbligata a seguire gli ordini di Mr Drake,ma anche i miei quindi agiremo in questo modo …”
 


Accidenti, non avrei dovuto pubblicare eppure eccomi qui!! XD
Ringrazio come sempre le fantastiche persone che recensiscono perchè davvero... come farei senza di voi??
spero che il capitolo vi piaccia... fatemi sapere che ne pensate!!
Ieri ho aggiornato GLANCES GAME quindi se volete passare a dare un'occhiata mi rendereste terribilmente felice!!
A presto!!

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Capitolo 12
*** Disobbedienza. ***




DISOBBEDIENZA

 
Silenziosa osservavo il paesaggio notturno sfrecciarmi dinnanzi agli occhi. Alcune strade erano deserte, altre popolate di gente a più non posso. Ma non era quello che a me importava realmente. Io scrutavo le vie nel timore di rivedere quegli occhi così tanto simili ai miei, eppure così tremendamente glaciali e freddi.
“Pensierosa?” la voce di Zack mi riscosse dalle mie paure.
“Un po’ !” ammisi.
“Come mai?” nella sua voce c’era puro interesse e anche un pizzico di preoccupazione.
“Temo di rivedere quel ragazzo di stasera!” ammisi vergognandomi un po’ per la stupidità di ciò che avevo detto.
Premuroso egli abbandonò il suo posto per sedersi accanto a me. Mi passò un braccio attorno alle spalle e io poggiai la testa nell’incavo tra il suo collo e il suo braccio.
“Tranquilla! Dopotutto sono sicura che non lo rivedrai più!”
Mi tranquillizzai e ringraziai il cielo che al mondo esistesse una persona come Zack. In altre parole, semplicemente perfetta.
Ben presto giungemmo di fronte a villa Drake.
Suonammo il campanello un paio di volte e ci vennero ad aprire. Lì per lì pensai che mi sarei trovata dinnanzi Percy e, invece, Josh ci fronteggiava. Mi immobilizzai sul posto, cosa sarebbe successo?
Aveva uno sguardo glaciale e in quel momento mi ritrovai a pensare che sarebbe stato di gran lunga meglio avere dinnanzi il robot. Si sarebbe visto lontano un miglio che era arrabbiato nero.
“Zack come ti sei permesso a farla uscire?” sbraitò contro suo fratello indicandomi.
Lui assunse un’espressione a dir poco indignata.
“Come sarebbe a dire? Guarda che lei è libera di fare quello che vuole!” ribattè Zack un po’ stupito e un po’ irritato. Probabilmente il comportamento di suo fratello non era normale.
“Non ti azzardare mai più!” lo minacciò il fratello usando un tono autoritario.
“Sei il suo capo, mica il suo padrone!” continuò il più piccolo.
“Sei il mio capo Josh …” appena aprii bocca Josh si zittì improvvisamente e puntò il suo sguardo irato su di me. Presi coraggio e continuai “ … Non il mio padrone!”.
Lo fissai negli occhi senza mai vacillare e, alla fine, fu lui a distogliere lo sguardo per primo.
Si vedeva che era stato decisamente preso contro piede. Insomma non se lo aspettava da me! Non credeva che io sarei stata qualcosa di più che una semplice macchina del sesso.
“Nel mio ufficio Denise, ORA!”
Lanciai un’ultima occhiata fiera prima di andarmene a lunghi passi. Non avevo alcun intenzione di obbedire, ormai ero diventata testarda. Anche Josh avrebbe dovuto accettare il fatto che io non ero solo una macchina, ma una specie di via d mezzo tra il robot e l’essere umano. Così andai in camera mi a e mi buttai sul letto.
In lontananza sentivo Josh che sbraitava contro il fratello minore e lì per lì provai un po’ di pena per il povero Zack. Non si meritava di essere sgridato e tanto meno di essere trattato male, era un ragazzo troppo buono.
Peccato che Josh fosse una persona esageratamente chiusa nei suoi schemi mentali. Non avrebbe accettato nemmeno la minima imperfezione. Intanto le urla diventavano sempre più insopportabili e ad ogni parola sbraitata, il mio senso di colpa cresceva sempre di più. Era colpa mia ciò che era successo a Zack, e lui stava pagando le conseguenze.
Presi un cuscino e me lo feci passare intorno alla testa in modo tale da coprire le orecchie, nella speranza di attutire quei suoi. Ma quando si è un robot perfetto nulla si può fare contro i suoi sensori. Risultato: sentivo ugualmente.
Come mi sarebbe piaciuto poter addormentarmi e non pensare più a niente. E invece me ne dovevo stare lì, distesa su quel soffice materasso mentre Zack se la vedeva con la perfidia di Josh.
Fortunatamente dopo poco le urla cessarono ed io tirai un sospiro di sollievo.
Almeno finchè la mia porta non si aprì cigolando. Non vidi chi era entrato, infatti ero sdraiata in modo tale da dare le spalle ad essa.
Dei passi si avvicinarono al letto e sentii che il cuscino mi veniva sottratto alla mia presa senza un minimo di dolcezza.
“Cosa diavolo ci fai qui?” mi sentii chiedere.
“Ci dormo! È la mia camera dopotutto!” sbottai.
“Tu sai con chi stai parlando?” la sua voce era glacialmente calcolata, ma potevo percepire che era sul punto di esplodere.
“Con un imbecille?” sapevo di rischiare rivolgendomi in quel modo a Josh, ma dopotutto che poteva farmi?? Ero più forte di lui. Vero? Almeno lo speravo.
Mi sentii prendere con violenza per le spalle e lui mi voltò in maniera tale da farmi incontrare i suoi occhi. I nostri visi erano a pochi centimetri l’uno dall’altro e potevo sentire il suo respiro quasi come se mi appartenesse.
“Ripetilo!” mi minacciò.
“I-m-b-e-c-l-l-e!” scandì.
Lo vidi serrare la mascella, evidentemente si sforzava di non sbraitare, probabilmente perché gli seccava arrabbiarsi con un oggetto, dal suo punto i vista doveva essere una cosa alquanto stupida.
Approfittai del suo silenzio per continuare.
“Perché ti sei arrabbiato così tanto Josh? Ero solo uscita!” cercai di assumere un tono più gentile “Non mi sembra un reato! Nei miei data base solo uscire da una prigione è un reato!”
“Allora sei libera di considerare questa casa la tua prigione!”
“Perché?” domandai con un velo di amarezza.
“Perché lo dico io!”
“E chi sei tu per dirlo Josh?” domandai cercando di incontrare il suo sguardo. Volevo che mi guardasse, che capisse che non ero più il suo giocattolino. Mi misi in ginocchio e mi posizionai a fianco a lui che intanto si era seduto sul letto. Gli presi il mento con una mano e, con dolcezza, lo costrinsi a girare il volto. I suoi occhi furono nei miei.
“Chi sei per dirlo?” ripetei la domanda.
“Il tuo padrone!” disse con sicurezza scostando malamente la mi amano dal suo mento e girando nuovamente il viso. Vedevo i suoi pugni stringersi.
“Lo saresti se io fossi un oggetto …” gliel’avevo buttata lì sperando che capisse.
Mi guardò perplesso.
“Ma tu SEI un oggetto!” lo disse con una tale ovvietà che quelle parole furono per me come un pugno nello stomaco.
“No Josh, credo di non esserlo, non al 100%!”
Rise. Quella risata mi fece venire i brividi. Rideva di quello che avevo detto, rideva della cosa di cui mi importava maggiormente.
“Tu sei un oggetto! Probabilmente sei difettosa!” alzai gli occhi al cielo e sbuffai, quella sera era la seconda volta che qualcuno mi diceva di essere difettosa. Non ero difettosa dannazione! Solo un po’ umana. Cosa si dovrebbe dire di tutta l’umanità? Che essa è interamente difettosa perché imperfetta? Se ero imperfetta io ero tremendamente fiera di esserlo.
“Il professore deve averlo fatto apposta, che bastardo!” continuò stringendo maggiormente i pugni.
“E’ la verità!” esclamai con convinzione.
Si voltò verso di me e mi accarezzò il viso con il dorso della mano.
“Probabilmente ti sei guardata allo specchio …” disse quasi con tristezza “… e sei caduta nell’inganno in cui cadono tutti. È così facile ritenerti una persona. Sei morbida …” sussurrò spostando la sua mano sul mio collo “Sei profumata …” continuò avvicinando il naso alle mie spalle “Sei buona …” e la sua lingua mi accarezzò la pelle.
Poi si scostò e tornò a guardarmi negli occhi. Per tutti quei secondi ero rimasta perfettamente immobile come una statua, senza sapere cosa potevo aspettarmi da Josh.
“Sei caduta nell’inganno Denise … come a volte ci cado anche io pur sapendo della tua vera natura! Tutto di te è umano, eppure è solo una bellissima apparenza. Punto. Non ti illudere!”
“Non dico di essere umana, dico che di non essere un oggetto! E non lo credo per il mio aspetto fisico così simile al vostro, ma per ciò che sento qui …” e mi misi una mano sul cuore “… e qui!” continuai indicandomi la testa.
“Smettila!” cercò di bloccarmi lui.
“Io provo delle cose. Non so se esse siano sentimenti o qualcosa di completamente di verso, ma non sono priva di emozioni. Io le sento davvero !” sorrisi gioiosa al solo dirlo “le sento come se fossero mie!”
“Tu sei un oggetto che sta ai miei ordini, fine della discussione!”
Sorrisi.
“E allora perché prima sono riuscita a disobbedirti? Tu mi avevi detto di andare nel tuo ufficio, eppure eccomi in camera mia!” era semplice, era la prova.
“Sei difettosa!” sbottò, come se fosse un bambino che non sopportava di essere contraddetto.
Non feci in tempo a rispondergli che mi ritrovai le sue labbra sulle mie. Esse si muovevano rapidamente, con foga e disperazione, era come se volesse usare me per sfogare la sua rabbia.
Ancora una volta ero il suo oggetto. Ancora una volta io ciò non potevo sopportarlo.
Cercai di allontanarlo, ma egli era forte e mi strinse a se con fare possessivo. Spostò le labbra sul mio collo e poi sempre più giù. Quella volta però non mi aveva infiammata come la prima volta, in cui a nostra unione era stata carnale, ovvero tra due persone dotate di carne, e non tra un uomo e il suo giocattolino.
Invece in quel momento io ero semplicemente il suo strumento e non lo volevo accettare. Io ero una donna, o almeno pretendevo di essere trattata con un minimo di rispetto.
Provai una seconda volta a liberarmi di lui, ma Josh, in tutta risposta, mi fece sdraiare sul letto.
Prese il mio abito per la scollatura che si apriva sul mio petto e me lo strappo di dosso con rabbia.
Sentii le lacrime salirmi agli occhi e il panico impossessarsi di me. Non volevo che accadesse quello che stava per accadere, non lo volevo con tutto il cuore. Dovevo pur essere più forte di lui no?
Cercai di accumulare tutte le energie che possedevo facendole convogliare nella mia mano e poi gli tirai un violento schiaffo in faccia che, con mia enorme sorpresa, lo fece volare dall’altra parte del letto.
Mi guardò mezzo sbalordito e mezzo arrabbiato. Per una frazione il panico mi avvolse impedendomi di fuggire, ma non appena mi resi conto che era una reazione stupida schizzai fuori dalla stanza.
 
*

 
Zack non riusciva a dormire, pensava e ripensava al comportamento del fratello, un comportamento incomprensibile. Non l’aveva mai visto così furioso e poi per cosa? Per aver portato fuori a divertirsi la sua assistente. Insomma, a lui era sembrato decisamente sproporzionato nella reazione che aveva avuto. Quello che però gli aveva fatto perdere la pazienza era che lui la trattasse come se lei fosse la sua schiava, ma chi cavolo si credeva di essere.
Era deluso. Non avrebbe ami pensato che il suo fratellone fosse una persona del genere.
Così si era ritrovato a vagare, con mille pensieri per la testa, che ruotavano tutti intorno a Josh e a Denise, per la villa a notte inoltrata.
Improvvisamente vide che la porta di Denise era leggermente socchiusa e sentii che delle voci provenivano dall’interno di essa. Avvicinandosi maggiormente si occorse che tali voci non andavano a formare un discorso coerente, erano piuttosto una serie di sospiri. Sospiri?
Una volta più vicino non potè fare a meno di sbirciare e ciò che vide gli fece gelare il sangue nelle vene. Denise era sdraiata sotto il corpo di suo fratello che sembrava la stesse baciando e toccando con passione. Immediatamente distolse lo sguardo dandosi dello stupido. Eppure era così ovvio. Nonostante Josh gli avesse detto che tra lui e l’assistente non ci fosse assolutamente nulla, come aveva potuto Zack credergli? Figuriamoci se il suo fratellone playboy non si sarebbe fatto la ragazza più bella dell’intero pianeta. Con un grosso macigno sul cuore si allontanò da quella porta e continuò la sua passeggiata per i corridoi. Non sapeva perché si sentiva male, probabilmente perché pensava che Denise avrebbe meritato di meglio che quel’infedele del fratello. Inoltre iniziò a credere che lui gli avesse fato tutta quella scenata per averla fatta uscire perché temeva che gliel’avrebbe potuta portare via. Era possibile, dopotutto Josh era così possessivo con le sue cose.
Cose, come aveva potuto definire quell’angelo una cosa, era una persona e Josh invece la stava usando esattamente come aveva usato tutte le altre donne. Usa e getta, come se fossero oggetti.
Aveva fatto pochi passi quando sentii dei passi veloci, che somigliavano ad una corsetta provenire dalle sue spalle. Poi qualcosa di morbido ma veloce gli piombò addosso cingendolo con le braccia da dietro e rischiando di fargli perdere lì equilibrio.
“Zack …” lo chiamò una voce incrinata. Si voltò e lei era lì, con quei suoi splendidi occhioni inondati di lacrime amare. Quel blu così immenso era reso luccicante da quelle gocce d’acqua. Zack rimase per una frazione di secondo ad osservarla abbagliato da tanta bellezza.
Poi si voltò del tutto e l’abbracciò forte mentre lei si abbandonava ad un pianto quasi disperato che gli provocò una fitta al cuore. Non capiva cosa avesse, così si limitò ad accarezzarle i capelli cercando di tranquillizzarla. Solo allora si rese conto che essa indossava unicamente la biancheria intima e si ritrovò a pensare che fosse una visione. Se non stesse piangendo disperatamente tra le sue braccia l’avrebbe considerata quasi una dea. Perchè cos’altro poteva essere quella donna perfetta?
In quel momento egli vide Josh uscire dalla camera di Denise, ancora vestito di tutto punto. I suoi occhi mandavano saette e, si fissarono irati in quelli di Zack. Quest’ultimo intuì che probabilmente quella che aveva visto poco prima non era una scena d’amore. Al solo pensiero che le mani di Josh avessero sfiorato quel corpo perfetto che aveva tra le braccia sentiva la rabbia più pura invadergli tutto il corpo. Come aveva potuto lui forzare una ragazza? Proprio suo fratello che le poteva avere tutte ai suoi piedi. Che se ne faceva di una in più?
Una vocina nella testa di Zack gli disse che lei era la più bella, ecco perché Josh l’aveva voluta a tutti i costi.
In quel momento desiderò non avere mai avuto un fratello come lui, in quell’istante si vergognò che nelle sue vene scorresse il suo medesimo sangue. Avrebbe voluto prenderlo a schiaffi fino a fargli perdere tutti i denti. Avrebbe voluto …
Zack cercò di calmarsi e diede un bacio sulla chioma morbida di Denise, sperando che si calmasse. Ancora lei non si era resa conto che Josh era uscito dalla stanza. Zack lanciò al fratello uno sguardo di puro odio.
“Andiamo Denise!” le sussurrò accompagnandola, senza mai sciogliere l’abbraccio verso la sua camera e cercando di stare attento a non farle scoprire la presenza di Josh alle sue spalle.
Josh strinse i pugni e fece un respiro profondo nonostante avrebbe voluto che il suo fratellino sparisse all’istante. Cercò di riprendere la calma anche se ancora lo schiaffo che Denise gli aveva tirato gli bruciava parecchio, sia fisicamente che nel suo orgoglio di uomo. Come si era permessa quel robot di fargli una cosa simile?
Vedendo la premurosità di Zack per non far accorgere a Denise della sua presenza non potè far a meno di parlare.
“Buonanotte 4931949!” lei si voltò e lo guardò con gli occhi spaventati e ricolmi di lacrime. Zack lo odiò profondamente in quel momento, ma decise di ignorare la rabbia che gli saliva dentro e pieno spinse Denise oltre l’angolo. Josh ghignò pensando che se quello che voleva sua fratello era il suo giochino, bè, non l’avrebbe avuto mai.





Mah.... che ne pensate???
ringrazio quello pazze che recensiscono questa specie di storia!!!!! XD!!
Daisy

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Capitolo 13
*** Buio ***




BUIO
 

 
Villa Drake possedeva tre entrate, una principale e due di servizio. Purtroppo erano tutte controllate da un sistema di sicurezza altamente sofisticato che nemmeno il migliore dei tecnici sarebbe stato in grado di disattivare. Questo il professor Coter lo sapeva perfettamente, era stato lui stesso a progettarlo, a renderlo inespugnabile e dotato di una tecnologia elevatissima, solo che negli anni era riuscito a produrre un macchinario ancora più sofisticato e potente. O meglio i prototipi erano due: uno si trovava all’interno di quella casa e l’altro accanto a lui. Voltò la testa in direzione dell’automa che continuava a scannerizzare i vari sistemi di sicurezza. Doveva davvero complimentarsi con sé stesso, sicuramente non era bello come 4931949, ma era comunque di bella presenza.
Era stato bravo. Contemplare quella sua creatura all’opera lo faceva sentire una specie di dio, dopotutto era stato proprio lui a crearlo. I corti capelli castano chiaro erano immobili a causa della sua concentrazione, esso infatti era immobile come una statua intento ad analizzare i dati.
“E’ possibile espugnare il sistema d’allarme?” domandò a 19283.
L’automa sorrise.
“Devo complimentarmi con lei, professore! È un sistema costruito a regola d’arte! Comunque certo che esiste un modo!”
Sul volto del professore apparve un ghigno malefico che il robot intravide nella cupa luce lunare della notte. Se fosse stato umano dei brividi di terrore lo avrebbero percorso da capo a piedi tanto era diabolica quell’espressione, ma lui non possedeva sentimenti quali la paura.
“Quale?” domandò il signore anziano con una nota d’impazienza nella voce.
“Basta intaccare il computer centrale con un virus!” rispose semplicemente. Il professore sbuffò. Era già arrivato a quella possibile conclusione, il problema era che si era occupato personalmente di rendere il computer centrale immune da qualsiasi tipo di attacco del genere.
“Come?” ripetè deluso, non poteva tutto finire in quel modo, lui doveva riappropriarsi di quella sua splendida creatura.
All’inizio aveva creato 19283 con l’unico scopo di cederlo al signor Drake in cambio di 4931949, ma dopo aver riflettuto a lungo dubitava che lui gliel’avrebbe ceduta. Insomma, egli aveva impressa nella mente l’immagine del signor Drake mentre l’automa si risvegliava, il suo sguardo era famelico. Non si sarebbe mai privato della bellezza disarmante di quella macchina, quindi aveva una sola alternativa, riprendersela con la forza. Quei due robot e la sua mente geniale avrebbero lavorato insieme per la stessa ragione per la quale il signor Drake aveva fatto creare 4931949. Sorrise tra sé.
Dopotutto il piano del signor Drake era alquanto ambizioso dunque sarebbe stato particolarmente felice di assumere il comando di tale piano lasciando in disparte colui che l’aveva ideato e che l’aveva finanziato. Senza contare che avere 4931949 significava che tutte le sue fantasie più perverse e sporche sarebbero diventate realtà.
Si eccitò di fronte a quel pensiero decisamente poco pulito e tornò a guardare il robot che cercava di capire come aggirare il sistema di sicurezza di quella villa.
“Allora?” si stava spazientendo, non vedeva l’ora di prendere tra le sue braccia 4931949.
“Ho inviato un virus talmente forte che dovrebbe essere in grado di mandare in tilt tutti i computer della casa, compreso quello che controlla la sicurezza! Occorre solo che uno degli abitanti si connetta ad internet, solo così posso farlo entrare!” disse certo 19283.
Il professore ghignò.
“Ci sono già computer connessi?” domandò alla macchina.
“Si signore!”
“Perfetto!” si sfregò le mani.
“Ancora qualche secondo …” disse l’automa quasi in un sussurro. Entrambi rimasero ad osservare la casa fino a quando, improvvisamente tutte le luci si spensero.
Il professore sorrise.
“Fammi strada!” ordinò al robot.
 
*
 
Avevo passato l’itera giornata ad evitare Josh e il fatto che quest’ultimo non mi avesse cercata rendeva tutto incredibilmente più semplice. Però quella quiete mi sembrava tanto quella che preannuncia una tempesta, Joshua Drake non si faceva, per principio, mettere i piedi in testa da nessuno, tantomeno da un oggetto che aveva osato mancargli di rispetto. Lui e il suo dannato orgoglio.
La sera prima ero stata tentata di fuggire il più lontano possibile da quella lussuosa villa che mi sembrava ogni giorno di più una prigione dorata, ma poi avevo visto Zack e le sue braccia erano bastate a calmare i miei singhiozzi e le mie preoccupazioni.
La sera prima non avevamo parlato molto, lui, gentilmente, non mi aveva chiesto cosa era successo e io non gliel’avevo detto.
Come se fosse stato possibile non capirlo. Mi aveva accompagnata in camera sua cingendomi le spalle. Era incredibile come in quel tragitto così breve mi fossi sentita così al sicuro, come se la mia casa si trovasse esattamente lì, tra le sue braccia.
Come potevo sentire di appartenere ad un luogo se quest’ultimo non era un luogo vero e proprio?
Troppe domande e troppe sensazioni difficili da spiegare dal momento che esse erano del tutto nuove per me.
Così avevo dormito nell’enorme letto di Zack, o almeno avevo finto, dopotutto io non potevo dormire.
Dopo avermi fata sdraiare mi aveva abbracciata e mi aveva lasciato delle morbide carezze sulla schiena per tranquillizzare i miei persistenti singhiozzi.
Quando mi fui calmata prese ad accarezzarmi la testa, dolcemente, come avrebbe fatto con una bambina ed io mi ritrovai in stand-by in men che non si dica.
Per la prima volta era entrata nella modalità risparmio energetico in presenza di un essere umano, quando ero programmata affinchè ciò non dovesse accadere mai. Probabilmente avevo speso troppe energie nel pianto, era l’unica spiegazione possibile.
Ma la notte era giunta troppo velocemente e l’idea di rimanere in camera da sola, temendo l’arrivo di Josh, non mi allettava affatto.
Così mi feci coraggio e mi incamminai lungo i corridoi raggiungendo velocemente Zack. Sospirai e bussai un paio di volte.
“Avanti!” mi invitò la sua voce melodiosa.
Entrai abbozzando un sorriso.
“Denise!” gli si illuminò lo sguardo nel vedermi. Mi ritrovai a fissare incantata il sorriso che gli abbelliva il già perfetto volto e lo osservai alzarsi dalla scrivania sulla quale stava lavorando e avvicinarsi a me.
Mi strinse protettivo tra le sue braccia e mi ritrovai a sorridergli grata per tutto ciò che stava facendo per me. Era come un fratello maggiore.
“Come stai?” era appena un’ora che non ci vedevamo, infatti per non lasciarmi in balia di suo fratello aveva trascorso quasi l’intera giornata con me. Com’era stato premuroso e dolce. Era il migliore, sempre.
“Bene!” gli sorrisi con convinzione “Tu?”.
“Me la cavo! Ho appena litigato con Mary!” abbassò lo sguardo dispiaciuto e vidi che un velo di tristezza gli attraversò il volto.
“Mi dispiace!” dissi sincera accarezzandogli il capo. Mi sentivo in dovere di conslarlo e di aiutarlo a stare meglio, prima di tutto perché Zack senza il sorriso sul volto non era Zack e in secondo luogo perché dovevo ripagare la gentilezza e la pazienza ch aveva avuto con me la sera prima.
Egli sospirò e si sedette sul letto.
“Non importa!” sussurrò.
“Sì che importa! Vuoi parlarne? Perché avete litigato?” mi sentivo una totale frana, insomma non mi ero mai ritrovata nella condizione di dover consolare o far sentire meglio qualcuno, quindi non ero sicura di farlo nel modo giusto.
“E’ tutto scritto sul pc!” mi disse indicandomi il computer portatile aperto sulla scrivania.
“Posso?” domandai titubante, mi sentivo una tale ficcanaso a chiederlo.
Lui sorrise di fronte alla mia insicurezza e annuì. Così mi avvicinai al computer e scoprii che fino ad un attimo prima che io entrassi Zack era su facebook e stava messaggiando proprio con Mary. Mandai un po’ indietro la conversazione e iniziai a leggere. Ad ogni riga mi stupivo sempre maggiormente. La ragazza era sempre più convinta che il suo bel ragazzo fosse innamorato di me. Mi ritrovai a sorridere e ad imbarazzarmi di fronte a quella assurdità. Io ero un robot, lui non si sarebbe mai e poi mai preso una cotta per me, glielo avrebbe impedito la mia natura stessa.
Mary aveva scritto circa un centinaio di volte che io ero bellissima e che l’aveva visto guardarmi più di una volta. Se all’inizio il tutto mi sembrava assurdo, più continuavo la lettura più mi sentivo in colpa, insomma era causa mia e solo mia se Zack era giù di morale. Era per colpa mia che avevano litigato, certo anche a causa delle paranoie di Mary, ma era comunque colpa mia.
Lui capì il mio stato d’animo e mi si avvicinò posandomi una mano sulla spalla.
“Tu non c’entri nulla! È colpa mia!” sembrava quasi ferito.
“Colpa tua?” ero esterrefatta e confusa da tali parole, perchè doveva essere colpa sua.
“Perché non ha tutti i torti …” evitò il mio sguardo.
Ci fu un attimo di silenzio nel quale riflettei su cosa dovevo dire.
“In che senso?” azzardai, temendo la risposta. Non volevo essere causa di sconvolgimenti nella sua vita.
“Nel senso che è vero che ti guardavo …” sospirai di sollievo, almeno non si era preso una cotta per me.
Dopotutto come avrebbe potuto invaghirsi di un oggetto? Eppure chissà perché, una piccola parte di me avrebbe voluto che lui provasse qualcosa nei mie confronti.
“E perché?” davvero non riuscivo a capire.
Lui sbarrò gli occhi incredulo di fronte alla mia domanda e poi iniziò a ridacchiare.
Vedendo però che lo fissavo perplessa si sforzò di smettere e di incontrare i miei occhi.
“Perché sei semplicemente bellissima!” sussurrò assorto senza mai staccare gli occhi dai miei.
L’aveva detto con una tale trasposto e una tale devozione che il mio cuore perse un paio di battiti, o qualsiasi cosa avessi al posto di esso.
Abbassai lo sguardo imbarazzata.
“Non è vero!” esclamai.
Mi prese il viso tra le mani per costringermi a guardarlo.
Lui sì che era bello, incredibilmente bello. Sospirai. Cos’è dopotutto la bellezza degli uomini? Solo una fragile maschera che verrà deturpata dal tempo. Io invece ero diversa. Ero come un’opera d’arte e la bellezza di un’opera d’arte permane allo stesso creatore, dura per sempre.
Questo pensiero mi provocò una stretta al mio stomaco. Avrei barattato quella stupida bellezza con la Vita vera e propria, con l’essere una persona. Non volevo più essere solo l’oggetto del desiderio sessuale di un uomo, perché era palese che Zack mi stava dicendo che ero bella solo perché, some Josh, si sentiva attratto fisicamente da me.
Ma a me non  bastava più tutto ciò. Volevo qualcosa di più profondo di una banale unione di corpi.
Non dico lo volessi con Zack, ms avrei voluto provarlo, anche se avevo la consapevolezza che ciò difficilmente si sarebbe realizzato.
“E’ la verità!” asserì serio Zack.
“Cosa ci trovi di bello in me?”
Mi aspettavo rispondesse che gli piacevano le mie forme, il mio seno, il mio posteriore, ma lui era Zack e come poteva, quel fantastico ragazzo non  stupirmi?
“La tua risata ad esempio. Credo che la tua risata sia una delle più spontanee e sincere che ci siano. Mi rallegrerebbe anche i giorni più bui. Poi i tuoi occhi. I tuoi occhi brillano di  luce propria, potrebbero illuminarmi la strada nel buio della notte.”
Non potei fare a meno di sorridergli e di gettargli le braccia al collo felice.
“Hei vacci piano! Così mi strozzi!” disse lui e io mi staccai immediatamente sorridendogli ancora di più. Lui mi guardò teneramente e mi diede un piccolo buffetto sulla testa.
“Perché sei venuta qui?” mi domandò curioso.
Arrossii. Mi vergognavo ad ammetterlo. Abbassai lo sguardo.
“Hei! Sai che a me puoi dire tutto!” esclamò dolcemente.
Alzai gli occhi su di lui. Ero fortunata di potermi fidare di uno come Zack.
“Ho paura a stare da sola nella mia camera, non vorrei che l’episodio di ieri sera possa ripetersi!”
Zack strinse la mascella e i pugni. Era evidente che era rimasto molto deluso dal comportamento del fratello. Doveva sempre essere stato per lui un punto di riferimento, una guida da seguire, una persona che aveva la sua totale e sincera stima.
Ma dopo quello che era successo la sera precedente l’alta opinione che Zack aveva di suo fratello si era letteralmente sgretolata e ciò lo si poteva percepire unicamente guardandogli  gli occhi.
“Non c’è problema! Puoi stare qui!” disse cercando di utilizzare un tono dolce non ostante gli avessi riportato alla mente il terribile comportamento del fratello.
“Grazie!” gli saltai nuovamente al collo. Mi abbracciò a sua volta posando le sue mani sulla mia schiena.
Alzai lo sguardo su di lui e mi soffermai sulle sue labbra.
Mi domandai se fossero sempre state così rosee e carnose. Chissà se erano anche saporite, avrei avuto un solo modo per scoprirlo.
Improvvisamente la luce si spense e non potei più ammirare quella bocca che per un istante avevo desiderato di sfiorare con la mia.
Rimanemmo abbracciati dolcemente avvolti nel BUIO.
 
Bene eccomi…!!
Non ho niente da dire su questo capitolo anche perché non mi piace particolarmente e sono un po' triste perchè lo scorso capitolo ha ricevuto poche recensioni : (
Voi che ne pensate? accetto a cuor legger anche le critiche : )
Daisy

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Capitolo 14
*** Off ***





Innanzitutto scusate per il ritardo. Personalmente per continuare a scrivere mi sono dovuta rileggere tutti i capitoli precedenti, ma non so se a voi conviene fare lo stesso! Spero riusciate a riprendere il filo della narrazione da qui!

ATTENZIONE: il capitolo seguente non è stato corretto! Provvederò al più presto a rimediare!


OFF
 

 
Non appena le luci si spensero si attivò la mia visione ad infrarossi.
“Strano, è andata via la luce!” borbottò staccandosi da me e cercando alzandosi in piedi.
“Perché è strano?”
“Perché la nostra casa è stata progettata dai migliori ingegneri e questo non era mai successo!” mi spiegò Zack.
Rimasi sorpresa.
“Aiuto, è una casa super tecnologica!”
Lo vidi sorridere nella semi oscurità.
“Vado a cercare Percy, magari lui è a conoscenza di ciò che è successo!” mi informò.
“Vengo con te!”
Cercò a tentoni di avvicinarsi a me. Era divertente guardarlo mentre cercava di orientarsi nella semi oscurità della casa, era davvero buffo.
Finalmente mi trovò e fece scorrere il dorso delle dita sulla mia guancia. Socchiusi gli occhi beandomi di quel tocco: come poteva un ragazzo essere così dolce?
“Potresti farti male!” sussurrò premuroso.
“Anche tu! Non hai nemmeno una pila che ti faccia luce!” insistetti.
“Tornerò sano e salvo!” assunse un tono melodrammatico davanti al qual ridacchiai divertita.
Lo osservai mentre le sue labbra si inarcavano ancora una volta in un bellissimo sorriso. Mi piaceva farlo sorridere, anche se non ne conoscevo il motivo.
Si allontanò da me e uscii dalla stanza.
Immediatamente mi connessi con i vari computer della casa cercando di individuare quale fosse l’origine del danno, solo che i vari macchinari non rispondevano al segnale da me inviato. Era come se fossero tutti spenti. Dedussi che non doveva essere andata via solo la luce e che la villa era del tutto priva di corrente.
Decisi di rivolgere la mia attenzione alla centralina di controllo della casa.
Corrente off.
Gas Off.
Antifurto off.
Non c’era un apparecchio elettronico che in quel momento funzionasse. Mi avvicinai al computer si Zack e posizionai un dito sulla porta USB, dopo di che chiusi gli occhi. Sapevo di poter captare con i miei sensori le ultime entrate del computer. Speravo in quel modo di capire qual’era stata la causa del blackout.
Improvvisamente la parola virus mi apparve dinnanzi agli alle palpebre chiuse. Le aprii di scatto.
Un virus. Quello voleva dire che per riparare il danno andava eliminato il virus, ma ogni accesso elettronico al web era stato bloccato, l’unica soluzione sarebbe stata quella di utilizzare un computer non compromesso.
Io ero un computer, quindi avrei potuto risolvere il danno. Mi concentrai mentre la porta della stanza veniva aperta. Mi voltai verso l’entrata e rimasi di sasso quando vidi il professor Coter stagliarsi contro di essa.
“4931949 seguimi!” ordinò repentino.
Mi tornò alla mente la conversazione che avevo avuto con quel robot la sera in cui ero andata in discoteca. Lui affermava che il professore mi rivoleva con sé. Ecco perché l’anziano signore era lì, per ordinarmi di tornare perché lui mi aveva programmata per obbedire alla sua voce e a quella di Josh.
“No!” risposi semplicemente.
Osservai il suo viso cambiare espressione. Dapprima era sorpreso, poi passò ad essere arrabbiato e infine divenne compiaciuto.
“Che diavolo di ordine ti ha impartito quel darke?” domandò più a se stesso che a me.
“Nessun ordine!” sbottai. Ero stanca che la gente si ostinasse a trattarmi come un oggetto. Non lo ero. O meglio, lo ero ma non volevo esserlo!
Un ghigno si aprii sul viso del professore.
“Poco importa! 19283…”
Lo guardai come se fosse impazzito. Perché aveva appena detto una sequenza numerica che non era la mia?
Improvvisamente sentii una leggera pressione sulla base del collo, come se due dita fossero posati su di esso. Solo allora capii: come avevo fatto a dimenticarmi dell’altro Robot?
Improvvisamente tutto divenne nero. Off.

*

 
“Percy! Cercavo giusto te! Cos’è successo?” domandò Zack mentre il maggiordomo stava tornando dalla sala della sicurezza.
“Tutti i computer sono fuori uso, come le telecamere di sorveglianza, la corrente, l’antifurto e tutto il resto!”
“A cosa è dovuto il guasto?”
“I tecnici ci stanno lavorando! Signore le conviene andare a letto a dormire che domani ha scuola, lasci che se ne occupi tutto lo staff di tecnici che villa Drake ha a disposizione!”
Zack sorrise alle parole dell’uomo. Gli era venuto così naturale preoccuparsi. Il suo era un animo altruista, cercava sempre di aiutare gli altri, per quanto poteva ovviamente. Capì che in quel momento non c’era nulla che potesse fare così salutò Percy e si diresse vero camera sua, ma quando ci arrivò ebbe una triste sorpresa: Denise se n’era andata.
Sospirò e si mise a sedere sul letto. Avrebbe tanto voluto passare la notata con lei a chiacchierare. Sorrise al pensiero di quelle splendida creatura addormentata tra le sue braccia, consapevole che quel contatto la faceva sentire al sicuro. Immaginò di accarezzarle i soffici capelli castani, di annusarli mentre l’avrebbe osservata dormire.
Però da un lato era un bene che lei non fosse lì nella sua camera, sarebbe stato difficile addormentarsi avendo così vicino una persona così perfetta. Zack si maledisse per tutti quei pensieri impuri. Lui doveva avere occhi solo per Mary, perché altrimenti le avrebbe spezzato il cuore!
Già la litigata di quella sera non era stata tanto piacevole, non doveva complicare le cose pensando  Denise, avrebbe dovuto avere con lei un semplice rapporto di amicizia.
Si girò nel letto inquieto pensando che però Denise era venuta nella sua camera perché si sentiva insicura per via di Josh. Un terribile pensiero attraversò la mente del giovane: e se suo fratello avesse tentato di finire quello che aveva iniziato la sera precedente?
Rabbrividì al solo pensiero e si precipitò fuori dalla camera facendosi luce col cellulare. Andò prima nella camera della ragazza e, non trovandola, si diresse verso quella di Josh.
Il fratello era chino su dei fogli, probabilmente contratti. Leggeva alla fioca luce di una torcia.
“Dov’è Denise?” gli domandò.
“Ti degni di parlarmi?” rispose il fratello senza alzare gli occhi dai fogli che teneva in mano.
“Dov’è?” ripetè Zack a denti stretti.
“Ma come? Hai fatto il suo cagnolino per l’intera giornata e non sai dov’è?” il tono era canzonatorio.
Zack deglutì. Josh doveva averlo osservato per tutta la giornata per essere a conoscenza del fatto che lui e Denise non si erano mai separati.
“L’ho fatto per proteggerla da te!” sibilò.
Josh si ritrovò a ridere di gusto.
“Che cavaliere premuroso!” lo schernì.
“Chi sei? Cosa ne hai fatto di mio fratello? Mi hai deluso Josh!” sussurrò Zack.
Il fratello maggiore strinse la mascella per impedire alla sua bocca di parlare. Avrebbe voluto urlare al fratello che aveva tutto il diritto di comportarsi in quel modo con quella dannata macchina, che gli apparteneva e che era stupido fargli la paternale perché voleva che il suo oggetto stesse al suo posto. Peccato che non potesse. Aveva un progetto nella testa e, per ragioni superiori al suo volere, la vera natura di 4931949 doveva rimanere segreta.
“Non permetterti di dire mai più una cosa del genere, Zack! Ci sono delle ragioni per le quali mi sono comportato in quel modo, quindi non mi giudicare se non le conosci!” ribattè.
“Hai cercato di violentarla!” Zack era quasi incredulo di fronte alle parole che suo fratello si ostinava a pronunciare.
Josh sentì la rabbia pervadergli il corpo.
“Non parlare di ciò che non sai!” sibilò.
“E tu non mi parlare proprio, non sei più mio fratello!” urlò con senza nascondere la delusione che provava per il suo comportamento.
Senza un’altra parola il più piccolo uscì dalla stanza sbattendosi al porta alle spalle. Si diresse verso la sua camera pensando che se Denise non era con Josh allora si trovava al sicuro.
 

*


Percepii chiaramente l’energia che riprendeva a fluire in me e immediatamente sbarrai gli occhi. sopra di me c’era una forte luce al neon e dalla posizione nella quale mi trovavo riuscivo solo a vedere le pareti bianche della stanza: sembrava di essere in una di quelle camere che usano per fare l’autopsia. Ero sdraiata supina su un ripiano duro e cercai di muovermi, ma qualcosa me lo impediva. Alzai di poco la testa giusto per vedere delle cinghie blu che mi cingevano il petto e le gambe per tenermi ferma.
Dannazione. Mi cercai di compiere qualche piccolo movimento sperando che le cinghie si allentassero, ma fu tutto inutile. Il massimo che riuscivo a fare e muovere le dita delle mani.
Lasciai cadere la testa sul ripiano e sospirai, non ci volevano i miei database per capire cove mi trovassi, perché quel posto ce l’avevo stampato a fuoco nella mia memoria.
Il laboratorio nel quale ero nata, sempre se di nascita si può parlare.
Il rumore delle macchine che lavoravano era inconfondibile, un ronzio tanto comune quanto famigliare. A completare l’atmosfera da ospedale di quella camera vi era il ticchettio provocato dal muoversi delle dita su una tastiera: qualcuno stava lavorando.
“19283 elebora i dati del computer, queste macchine sono così difettose!” ordinò la voce del professore.
“4931949 bentornata tra di noi! Ci hai messo un po’ ad uscire dallo stato di standby, deve essere stato lo spegnimento improvviso a ritardare la tua accensione!” si rivolse a me.
“Perché sono legata?” domandai cercando ancora una volta di muovermi.
“Il signor Drake deve averti dato qualche ordine che ti impedisce di lasciare la sua villa, così mi ho preso precauzioni nel caso tu, una volta svegliata, fossi stata obbligata a tornare!”
“Ma…” cercai di interromperlo, tuttavia egli non me lo permise.
“Solo che nella tua memoria non ci sono tracce di ordini, comandi o quant’altro…”
Stavano esaminando la mia memoria?
Solo in quel momento notai i cavi che mi entravano nella tempie. Mi sentii invadere da una forte rabbia: come si permetteva ad invadere in quel modo la mia privacy.
La rabbia scemò così come era venuta dopotutto può un robot avere una privacy?
“A dir la verità la tua memoria circuitale per quanto riguarda le ultime due settimane è piuttosto scarna, solo che non capisco cosa ho sbagliato!” sentii un frusciare di fogli “Gli algoritmi sono tutti giusti, li ho ricontrollati. Le procedure di attivazione si sono svolte correttamente, l’unico danno potrebbe essere causato dallo spegnimento improvviso al quale ti abbiamo sottoposta per portarti via dalla villa dei Drake! Nel complesso non sei difettosa!” mugugnò più a se stesso che a me.
“Professore io le devo parlare di una cosa importante!” cercai.
L’uomo distolse lo sguardo dalla pila di foglia che teneva in mano per incontrare i miei occhi. Assunse un’espressione di meraviglia assurdamente insolita e sorrisi indugiando sulle mia labbra. Rabbrividii per quanto potessi: quell’uomo mi desiderava. Quell’uomo così vecchio, rugoso e stempiato voleva fare con me quello che avevo fatto con Josh. Che schifo.
“Parla pure!” sussurrò abbassando lo sguardo sul mio corpo.
Cercai di reprimere l’impulso di invitarlo a guardarmi in faccia e cominciai.
“E’ possibile che un robot provi dei sentimenti quasi umani?” buttai la mia domanda sperando in un bel ‘sì’ come risposta, anche se sapevo, a causa di tutti i dati conservati nei miei circuiti che era improbabile che ki rispondesse in quel modo.
“Eh?” chiese continuando a mangiarmi con lo sguardo.
“E’ possibile che un robot provi dei sentimenti quasi umani?”  ripetei.
Finalmente alzò gli occhi per puntarli nei miei.
“Che razza di domanda è?”
“Professore io provo dei sentimenti! Sento la gioia provenire proprio dal bel mezzo del mio petto e irradiarmi completamente, sento la tristezza alla bocca dello stomaco anche se io lo stomaco non ce l’ho!”
L’uomo spalancò le labbra leggermente, in un’espressione di stupore.
“E’ assurdo!” sussurrò.
“E’ reale!”
“Sono un Dio!” iniziò ad esultare improvvisamente “Un Dio! 19283 controlla se è in grado di provare dolore, gioia, tristezza e felicità, trasmettile degli impulsi e vedi come reagisce!”
“Vuole fare dei test su di me?” ero esterrefatta, mi sentivo come una di quelle cavie da laboratorio e la cosa non mi piaceva per niente.
“Se sono riuscito a riprodurre dei sentimenti in te vuol dire che sono un autentico genio! O meglio, sono un Dio!” gli occhi gli brillarono per l’orgoglio.
“Ma non è stato lei! Ho iniziato a provare dei sentimenti dopo una settimana dalla mia creazione!” cercai di convincerlo. Ero io a provare quelle emozioni, e non le provavo perché lui mi aveva programmata per farlo, ma perché mi ero umanizzata. Almeno lo speravo.
Mi ignorò completamente e, con la coda dell’occhio, vidi che andava ad affiancare 19283 che guardava attentamente il computer.
“Non reagisce a nessuno stimolo!” sussurrò il professore.
“Io li provo davvero dei sentimenti!” feci un ulteriore tentativo per convincerlo.
“4931949 tu sei un oggetto, non so cosa ti faccia credere che tu possa essere un essere umano, ma fidati, non lo sei!” poi fece un sorriso malizioso “Tu sei il mio giocattolino!” gli brillarono gli occhi. un altro brivido corse lungo la mia schiena e mi ritrovai ad agitarmi ancora di più su quel lettino improvvisato. Volevo scappare da lì.
E non mi chiamavo con quella stupida sequenza di numeri, ma Denise.
Denise.


Lunedì inizio l'iniversità e, purtroppo, il mio tempo su EFP si ridurrà quasi allo zero! Credo che mi comprerò un e-reader per cercare di seguire le storie che sono pubblicate sul sito, ma non vi assicuro nulla! Prima o poi leggerò e recensirò, vi chiedo di avere pazenza!
In quest'ultima settimana ho cercato di finire la 'Without feelings?' e mi mancano due capitoli se non uno, quindi gli aggiornamenti arriveranno con regolarità due volte a settimana. Vi chiedo di sorvolare su eventuali errori perchè avrò tempo giusto per una rilettura!

Vi lascio le due storie che ho già concluso! Spero che la lettura sia stata piacevole!!




Daisy


 

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Capitolo 15
*** Inquietudine ***





INQUIETUDINE

 
Zack era già in piedi da una mezz’ora ed era pronto per andare a scuola. Si diresse vero la camera di Denise ansioso di poterla vedere. Non aveva intenzione di svegliarla, però sentiva il bisogno di constatare se stesse bene, dopotutto era protettivo per natura. Sopratutto nei confronti della persone alle quale teneva.
Poteva dire di tenere  a Denise? Non lo sapeva. La conosceva da troppo poco però aveva subito intuito che lei era speciale.
Era come se la conoscesse da sempre e sentiva che per lei era lo stesso. Probabilmente ad aumentare il suo interesse per la ragazza contribuiva notevolmente la sua bellezza. Era davvero una delle donne più belle che aveva mai visto. Come poter rimanere immune al suo fascino?
Cercò di eliminare tali pensieri dalla testa prima di abbassare la maniglia della porta di Denise. Socchiuse la porta in modo tale da poter dare una sbirciatina all’interno. Il letto non era sfatto, era come se lei non fosse andata lì a dormire.
Improvvisamente un strana inquietudine si impadronì di lui e si precipitò verso camera di Josh. Entrò senza bussare e trovò il fratello che usciva dalla doccia.
“Denise è sparita!” esclamò temendo persino a dirle tali parole.
Josh gli rivolse un lungo sguardo prima di sorridere.
“Non credo!” disse semplicemente mentre si asciugava i corti capelli neri con un asciugamano.
“Non ha dormito nel suo letto stanotte!” ribattè il più piccolo ancora in preda a quello strano presentimento.
“Stai tranquillo!” fu la risposta di Josh.
Il maggiore era felice che il fratello fosse tornato a rivolgergli la parola anche se trovava fastidiosa la sua insistenza. Approfittò di quel momento di debolezza per riavvicinarsi a lui.
“Credo che Denise sia in giro per la casa, magari è in bagno o è andata a fare colazione!” cercò di tranquillizzarlo.
“Il letto è aggiustato, come se lei non ci avesse dormito!” protestò Zack.
“E’ una donna! L’avrà sistemato lei prima di uscire dalla camera!”
Josh sbuffò stanco dell’ostinazione del fratello, poi improvvisamente si fece sospettoso.
“Perché tutto questo interesse?” dalla sua voce traspariva dell’astio.
“Perché è mia amica!” Zack si mise sulla difensiva.
Josh alzò le sopracciglio divertito da quella risposta.
“Ed è diventata tua amica in così pochi giorni?” si sentiva che era piuttosto scettico.
In realtà Josh temeva che Zack si fosse preso una bella cotta per l’automa. Era caduto nell’illusione che lei fosse umana, come d’altronde ci cadeva anche lui stesso. Non avrebbe ma permesso a suo fratello di invaghirsi di un oggetto, era ridicolo. Lì per lì fu tentato di raccontargli cosa si celava dietro la maschera di perfezione di Denise, ma decise che se la situazione fosse precipitato avrebbe agito. Dopotutto l’esistenza del robot doveva rimanere segreta.
Zack scosse la testa e guardò Josh con occhi tristi. Non capiva dov’era finito il fratello complice e comprensivo. Senza ulteriori parole uscì dalla stanza cercando di tranquillizzarsi e di convincersi che Denise stava bene e che era in casa.
Josh sospirò sollevato che il più piccolo se ne fosse andato. Solo in quel momento si rese conto di aver stretto la mano a pugno con talmente tanta forza da lasciare l’impronta delle unghie sul palmo. I quel momento si rese conto della rabbia che pian piano stava crescendo in lui, Zack doveva stare lontano dal suo giocattolo, punto.
Dopotutto era sempre stato un tipo geloso delle proprie cose.
 

*

 
Il professor Coter se n’era andato da almeno dieci minuti. Ero incredibilmente felice di non sentire più la sua voce perché mi metteva addosso una sgradevole sensazione.
Inquietudine, mi informarono i miei circuiti.
Dal momento in cui mi ero resa conto che quell’uomo l’aveva riportata in quel laboratorio per fare di me il proprio giocattolo erotico personale mi era sentita disgusta e intimorita dalla presenza dell’anziano signore. Ero felice di provare tali sensazioni perché ancora una volta esse mi confermavano che non ero solo un mero oggetto, eppure d’altro lato avrei voluto essere anni luce lontana da lì.
Ad aumentare l’atmosfera di tristezza vi era il fastidioso ronzio prodotto dal computer che lavorava facendo gli ultimi controlli su di me. Il professore voleva essere sicuro che non fossi difettosa, probabilmente per salvare il suo ego e confermargli che era una specie di Dio.
Odiavo                 quell’uomo, ma era comprensibile dal momento che m teneva prigioniera.
Odiavo, proprio come un comune mortale, eppure non lo ero.
“19283!” chiamai. Percepivo la sua presenza nella stanza a causa dei suoi movimenti, tuttavia egli non mi rispose.
“E’ inutile che fingi di non sentirmi, hai l’udito perfetto quanto il mio!” continuai.
Ancora silenzio. Decisi ugualmente di parlare.
“Tu sei come me, esattamente come me. Devi provarle anche tu queste sensazioni!”
“Continuo ad essere della mia opinione: sei difettosa!” finalmente si degnò di parlarmi anche se non mi disse assolutamente quello che mi volevo sentir dire.
“Non sono difettosa! Solo umana!” forse quello era più un tentativo di convincere me stessa che lui.
“No! Sei una ammasso di ferraglia!”
“Umano!” mi ostinai.
Silenzio.
“Ammettiamo che sia io che tu siamo un ammasso di ferraglia, come dici tu. A te va bene?” proseguii.
“Non ha importanza!” sbottò 19283.
“Sì che ne ha!”
“Come faccio a dire che va bene? Non so scegliere perché non sono umano!”
“E non vorresti esserlo?” io lo desideravo con tutta me stessa. Nonostante tutte le prove fossero a sfavore della mia ‘umanità’ mi ostinavo a ripetermi che provavo dei sentimenti.
“Io non voglio nulla!” mi rispose con tono un po’ annoiato.
“Sei stanco delle mie domande?” azzardai.
“Sinceramente sì, sono stupide!”
“Ah-ah, lo sapevo!” gioii “Hai delle emozioni!” anche se era la noia la sensazione che provava essa era pur sempre una sensazione umana.
“Smettila!”
“Ma tu sei come me! Anche tu puoi provare delle emozioni! Non è bellissimo?” ero così felice di avere la prova che lui era affine a me in tutto e per tutto. Riscontrare anche in lui quel briciolo di umanità rendeva meno effimera la mia.
Sentii dei passi e la porta della stanza che si apriva, probabilmente il robot se ne stava andando.
“Aspetta!” cerca di fermarlo per farlo ragionare “Come puoi farti comandare da un uomo come il professore?”
“Lui ordina io eseguo, sono programmato per fare questo!” rispose repentino.
“Come fai a sopportarlo? Immagina di essere libero…” dissi estasiata “Libero di scegliere cosa fare, libero di essere ciò che tu vuoi essere, immagina di poter essere felice o triste, immagina di sentirti vivo!”
Nonostante fossi legata mi sentii pervadere da una gioia immensa, io davvero provavo tutte quelle sensazione, ed era inebriante e tremendamente appagante tutto ciò.
“Tu sei perfetto. Hai in te la conoscenza di tutti i database del mondo, la forza dei più potenti uomini della terra, l’intelligenza dell’intero web, la resistenza ad ogni tipo di intemperie. Puoi essere tutto ciò che vuoi semplicemente volendolo, eppure ti limiti ad eseguire il volere di un uomo che ti ha creato solo come rimpiazzo. Come puoi accettare tutto questo?” avevo parlato tutto d’un fiato. Le parole mi erano uscite dalla bocca come un fiume in piena, inarrestabili. Poi, prima che 19283 uscisse dalla porta, sentii parole che ormai non speravo più di udire.
“Non posso accettarlo infatti!”
Lui era come me.

*

 
Per tutto il corso della mattinata Josh non aveva visto l’automa in nessuna parte della casa, il problema era che di li a poco sarebbe arrivato un uomo con il quale dove concludere un affare molto importante e aveva bisogno della sua assistente.
Dubitava però che Denise avrebbe accettato di continuare a lavorare con lui dopo quello che era successo due sere prima. dopo aver fatto tale pensiero si diede dello stupido: non sapeva cos’era successo quella sera al robot ma era sicuro che si era trattato di un guasto momentaneo, quindi non avrebbe mai rifiutato di lavorare al suo fianco. Dopotutto lui era il suo padrone unico e indiscusso, non lo avrebbe disubbidito ancora una volta.
Però avrebbe dovuto prima trovarla.
Pere il cellulare cercò sulla rubrica il numero dell’unica persona che poteva aiutarlo.

*


“Scansione completata!” gracchiò la voce metallica appartenente al computer che mi stava analizzando. Sospirai di sollievo sperando che finalmente il professore mi avrebbe liberata. Contavo in questo modo di fuggire e ritornare dai Drake per spiegare loro tutto ciò che era successo. I miei circuiti lavorarono per attribuire un nome a quello che il professore mi aveva fatto: sequestro di persona.
Punibile con il carcere. Strinsi i pugni perché io non ero una persona.
I passi del vecchio risuonarono per tutto il laboratorio. Cercai di tranquillizzarmi: di li a poco sarei stata libera.
“Come sospettavo non c’è nulla che non vada!” mugugnò tra se e se.
Il suo cellulare prese a suonare finchè non decise di rispondere.
“Professor Coter!”
[…]
“Salve Mr Drake!”
Sbarrai gli occhi. Josh era dall’altra parte del telefono. Aumentai il volume della voce che potevo percepire in modo tale da sentire anche la voce del giovane Drake.
“Professore! L’ho chiamata per chiederle se esiste un modo per richiamare a me Denise come un codice o qualcosa del genere!”
“Mi scusi signore ma chi sarebbe Denise!”
Sentii una risata proveniente dall’altro capo.
“Il suo robot! Dovevo pur darle un nome umano se volevo introdurla in casa non crede?”
“Ah ora capisco!” la voce del professore non celava il suo compiacimento.
“Allora? Esiste un modo?” continuò Josh.
“Josh!” urlai dalla mia postazione “Josh!”
Con la coda dell’occhio vidi il professore che mi fulminava con lo sguardo, anche se allo stesso tempo era sorpreso: dopotutto per lui ero un oggetto e non capiva perché mi stessi ribellando alla sua autorità.
“Oddio, ma è la voce di Denise!” sentii dire a Josh.
“Sì, è il prototipo della voce che le ho dato!” il professor Coter cercò di salvare la situazione.
“Allora perché urlava il mio nome?” Josh stava diventando sospettoso.
“Senta signor Drake!” il tono del professore era glaciale “4931949 è un automa perfetto creato appositamente per me…”
“Con i miei soldi!” sibilò Josh.
Il professore lo ignorò.
“…e ho trovato così ingiusto che lei me l’abbia portata via. Ho un affare da proporle: io le darò il prototipo maschile mentre, io mi terrò quello femminile!”
Rabbrividii mentre un moto di disgusto si impadroniva di me: come poteva un vecchio avere la mente così perversa?
“Le propongo io un affare invece!” il tono di Josh era autoritario, ma riuscivo a percepire una punta di rabbia “Mi ridia 4931949 altrimenti tutto il suo laboratorio si troverà senza fondi dato che sono il maggiore azionista e finanziatore!”
Sorrisi perché Josh aveva capito che ero stata rapita dal professore.
“Non ho bisogno dei suoi soldi! Ho realizzato il sogno di una vita costruendo il robot perfetto!”
“E non le importa se tutti i suoi collaboratori rimarranno disoccupati?” la voce di Josh denotava stupore.
“Assolutamente no!”
“Lei ha sequestrato una persona!” Josh provò a cambiare strategia. Qualcosa si mosse all’altezza del mio petto perché Josh mi aveva definita ‘persona’. Sorrisi felice.
“Persona?” ribattè il professore scettico.
“E’ una persona agli occhi di tutti, come reagirebbe se denunciassi la sua scomparsa?”
La felicità andò via così com’era venuta: ancora una volta veniva detto che la mia umanità era solo finzione.
“Direi a tutto il mondo la verità!” sentii la soddisfazione trapelare dalla sua voce “E lei non vuole che si sappia in giro!”
“Nemmeno lei! Gliela porterebbero via professore, per studiarla!”
Sentii che il vecchio chiudeva la chiamata.
“Sei una sciocca!” urlò nella mia direzione “Non dovevi farti sentire!”
“Faccio quello che voglio!” sbottai indignata di fronte alla sua reazione.
Il professore mosse un paio di passi nella mia direzione. Dalla mia postazione potevo vederne i capelli bianchi e gli occhi che mi guardavano come se fossi un pacchetto regalo lascito lì la sera di natale.
“Sei così bella…” disse mentre faceva scivolare il dorso di un dito sulla pelle del mio viso. Involontariamente cercai di allontanarmi da lui.
“Sei caduta nell’inganno in cui cadono tutti Denise…” disse il mio nome con una punta d’ironia, come se trovasse buffo pronunciarlo “Sembri così umana!” il dito si abbassò per andare a sfiorare il mio collo. Trattenni il respiro.
“Ma tu non sei stata creata per fare quello che vuoi e tantomeno per essere Denise! Tu sei solo una sequenza di numeri 4931949!” sentii che con le dita cercava qualcosa nella piega del mio collo e sapevo di cosa si trattava: del tasto di spegnimento.
Mossi la testa in modo tale da fargli perdere il contatto con quel tasto. Sul suo viso apparve un ghigno che mi diede una strana sensazione di inquietudine.
“Detesto quando i giocattoli non collaborano!” sibilò premendo a fondo sull’incavo del mio collo.

Non ho corretto perdonatemi, ma l'università è già iniziata a pieno ritmo!!
Spero che il capitolo vi piaccia!!
Grazie di cuore a 
Pyrafederycashadowdust vi risponderò appena potrò, ma grazie di cuore per aver recensito!!

Daisy

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Capitolo 16
*** Agenti ***


Prima settimana di università andata!! E' incredibile come sia a scuola dalla mattina alla sera, ma per fortuna esistono il sabato e la domenica nelle quali posso rilassarmi (in realtà mi toca già studiare). So che questa premessa può non interessarvi, ma mi serviva per introdurre quello che sto per dire!
Smetterò di scrivere non perchè non ho più idee, ma semplicemente perchè non ho più tempo. Questa storia, essendo già finita, non avrà rallentamenti, m ala mia avventura efpiana finisce qui :(
Personalmente la cosa mi rattrista moltissimo, scrivere era diventata una parte di me. Far scorrere le dita sulla tastiera mi da una sensazione di pace e di relax che mi rende in pace col mondo. Mi sembrava giusto dirvelo! Probabilmente tornerò sporadicamente con qualche one shot partorita tra una lezone e l'altra.
Grazie per aver letto questa specie di annuncio... vi lascio al capitolo ;)
Daisy
Ps. lo so che non rileggere il capitolo è una mancanza di rispetto n ei vostri confronti, ma vi chiedo di cercare di capirmi...il tempo è davvero poco! Perdonatemi. 
Pps. voglio ringrziarvi all'inizio perchè siete fondamentali per me, voi che leggete e soprattutto voi che recensite: 
Pyrafederycashadowdust Risponderò alle vostre recensioni domani credo!

AGENTI

Denise era stata rapita.
Zack aveva ragione a dire che era scomparsa.
Josh continuava a camminare avanti e indietro per la sua stanza incapace di prendere una decisione.
Non poteva far intervenire la polizia perché avrebbe dovuto fornire una serie di semplicissimi dati che Denise non possedeva come la data di nascita, il cognome e il codice fiscale. Inoltre le forze dell’ordine non ci avrebbero messo troppo a capire che la ragazza non compariva in nessun archivio semplicemente perché non esisteva. Senza contare che se avesse denunciato la sua scomparsa il professore aveva minacciato di rivelare al mondo del suo progetto e della vera identità di Denise.
Josh si portò le dita sulle tempie  se le massaggiò mentre cercava di riflettere e di trovare una soluzione. La sola idea di lasciare l’automa nelle mani del professore era inaccettabile, non voleva nemmeno pensarci a quello che quell’uomo avrebbe potuto farle.
Josh si sentiva tremendamente combattuto tra istinti irrazionali di questo tipo e quelli razionali che gli dicevano di lasciar correre, che Denise era solo un oggetto, una piccola pedina di un progetto più grande.
Si sentiva combattuto e avrebbe volentieri smesso di pensare se avesse potuto.
Improvvisamente ebbe un’idea.
Prese il cellulare e cercò nella rubrica il numero.
“Sono Joshua Drake chiamo per dire che il progetto 01R è stato compromesso. Ho bisogno del vostro intervento!”
 

*

Il professor Coter sorrise mentre l’automa chiudeva gli occhi. Non sapeva quale fosse il suo problema, non capiva perché riuscisse a disobbedirgli, ma poco importava. Una volta spenta poteva far di lei tutto ciò che voleva. Liberò il corpo dalle cinghie che lo tenevano legato e posò gli occhi sulla perfetta figura che aveva creato.
Era troppo bella perché qualcuno potesse credere che era umana, eppure era così scontato cadere in quell’illusione.
Finalmente l’avrebbe posseduta, finalmente si sarebbe goduto il frutto del suo lavoro senza che il signor Drake potesse interferire.
Stava per sfiorare la maglietta che indossava il robot quando 19283 entrò nella stanza.
“Professore, degli uomini stanno cercando di entrare nella zona riservata dell’edifico!” disse semplicemente.
“Chi sono?”
“Non lo so!”
“Come fa il robot più intelligente del pianeta a non saperlo?” sbraitò nella sua direzione prima di precipitarsi fuori dalla stanza.
“Sono qui per la ragazza!” sussurrò dopo che il professore se ne fu andato.
Mosse qualche passo in direzione di 493194 e posò le dita nell’incavo del collo cercando il tasto d’accensione.
Improvvisamente l’automa sbarrò gli occhi blu che possedeva e li fissò in quelli di 19283.
 

*

Rendermi conto di non essere più legata fu una grande sorpresa per me. Appena riaprii gli occhi trovai delle iridi blu come le mie a fissarmi.
Improvvisamente i ricordi giunsero chiari alla mia mente: il professore mi aveva spenta, ma qualcuno altro doveva avermi riaccesa.
“Ci sono delle persone che ti stanno cercando!” sussurrò 19283.
Sbarrai gli occhi senza comprendere a fondo e mi misi a sedere.
“Mi hai risvegliata tu?” cambiai discorso.
“Sì!” confermò.
Lo guardai con gratitudine.
“Grazie di cuore!”
19283 fece un gesto con la mano come per dire che gli importava poco dei miei ringraziamenti.
“Vai!” disse semplicemente.
“Chi sono le persone che mi cercano?” esitai.
“Persone mandate da Mr Drake credo!”
Josh mi rivoleva indietro, rivoleva il suo giocattolino. Mi passò per la mente l’idea di non tornare più in quella dannata casa, ma subito l’immagine di Zack riempì i miei pensieri. Lui era l’unico in grado di farmi sentire un essere umano perché mi sapeva trattare da tale e io non volevo privarmi di quella gioia. Dovevo tornare, dovevo farlo per me.
Saltai giù dal ripiano sul quale ero stata legata e mi ritrovai vicinissima al viso di 19283. Gli presi la mano e gliela strinsi.
“Vieni con me!” mi potevo vedere riflessa nei suoi  occhi “Sei come me, hai un briciolo di umanità, ti prego vieni con me!” ci speravo davvero.
“Ho altri progetti al momento!” rispose mentre un piccolo sorriso gli illuminava il volto “Sei stata la prima persona a trattarmi da umano. È stato strano ma non appena l’hai fatto ho avuto tutto più chiaro e mi sono reso conto che esito, è una sensazione inebriante!” mi confessò.
Sorrisi gioiosa di vederlo così simile a me. Eravamo come fratelli.
“Mi sono reso conto di poter essere i padrone della mia vita e ho deciso che non verrò con te!” ricambiò la stretta della mia mano.
“Un giorno tornerò a prenderti!” concluse. Deglutii, ma trovai l’azione assai difficoltosa. Era come se avessi qualcosa in gola che mi impediva di farlo.
Magone mi venne suggerito dal mio sistema di ricerca.
“Ti sono debitrice per avermi risvegliata!” gli dissi riconoscente “Buona fortuna!”
Detto ciò lo abbracciai cercando di trasmettergli tutta la gratitudine che avevo nei suoi confronti, lui ricambiò e io mi sentii come se fossi a casa mia con la mia famiglia. 19283 era la mia famiglia. Mio fratello.
Sciolsi l’abbraccio e, dopo un ultimo cenno, uscii fuori dalla porta del laboratorio.
Una volta in corridoio senti chiaramente un fitto vociare proveniente dai piani superiori. Iniziai a correre volendo arrivare il più in fretta fuori da lì.
Un uomo vestito in giacca e cravatta venne verso di me con passi rapidi. Se avessi avuto un cuore probabilmente esso avrebbe battuto furiosamente par l’ansia, ma non avendolo percepivo solo una grande angoscia man mano quell’uomo sconosciuto si avvicinava a me.
“E’ lei Denise?” mi domandò semplicemente.
Annuii non sapendo cos’altro fare mentre l’uomo che avevo di fronte si portò una mano all’orecchio. I miei sensori captarono la presenza di una ricetrasmittente in esso.
“L’ho trovata!” disse semplicemente l’uomo.
“Ottimo lavoro!” gli rispose una voce proveniente dalla ricetrasmittente.
“Signorina, se vuole seguirmi!” si rivolse a me prima di voltarmi le spalle e iniziare a camminare per il lungo corridoio che mi avrebbe portata alla libertà. Esitai un attimo prima di seguirlo.
 
Il viaggio in limousine fu abbastanza strano. Due uomini erano seduti di fronte a me e mi squadravano con interesse. Non si trattava di interesse carnale, era più una forma di curiosità. Qualcosa mi diceva che quelle persone sapevano cosa ero.
“Chi siete?” domandai cortese cercando di rompere il ghiaccio. I due uomini si guardarono indecisi se rispondermi o meno.
“Non ci è concesso parlarne!” disse alla fine quello che si trovava sulla destra.
Alzai gli occhi a cielo infastidita da quella risposta evasiva e focalizzai lo sguardo sul viso di colui che aveva parlato. Confrontai se il suo volto coincideva con qualcuno di quelli contenuti nel mio database e procedetti alla stessa maniera con quello dell’altro.
“Simon Vonrosen e Clark Soft, rispettivamente meccanico ed elettricista!” dissi ad alta voce guardando i miei interlocutori. Entrambi sbarrarono gli occhi sorpresi di fronte a ciò che avevo detto.
“Eppure nessuno di voi due mi sembra un meccanico o un elettricista! Devo dedurre che queste non siano le vostre vere identità?”
Se possibile i loro occhi si spalancarono ancora di più così come le loro bocche.
“Sapete chi sono?” continuai.
Simon fu il primo a rispondere.
“Sì!”
“Sapete tutto?”
“Se per ‘tutto’ intende dire la sua natura non proprio convenzionale, allora sì!” rispose.
Natura non proprio convenzionale: strano modo per definire un robot. Sorrisi di fronte a quelle parole.
“Voi sapete chi sono io, ma io non so chi siete voi!” continuai.
“Ha appena detto chi siamo!” precisò Clark.
“Chi siete davvero?” sottolineai col tono della voce l’ultima parola convinta che comprendessero.
“Agenti sotto copertura!” rispose Simon.
“Simon e Clark sono i vostri veri nomi?”
“Sì, è l’unica cosa vera che può trovare su di noi!” rispose Simon.
“Lavorate per il signor Drake?”
“No!”
“Per chi allora?”
“Non ci è dato di rispondere ad ulteriori domande signorina!”
Gli sorrisi, lusingata che usasse quell’appellativo con  me, nonostante fosse a conoscenza della mia ‘natura poco convenzionale’.
Capii che la conversazione doveva essere finita lì e approfittai del silenzio che si venne a creare per effettuare alcune ricerche.
Agenti sotto copertura. Quante associazioni potevano avere degli agenti sotto copertura.
Il mio server ne registrò a centinaia.
Dovevo restringere il campo a tutte quelle che avevano avuto un contatto diretto con la Drake company.
Sbuffai. I dati erano ancora troppi, come le domande che mi frullavano per la testa. Chi erano quelle persone? Perché mi avevano prelevata dal laboratorio? Come facevano a sapere chi, o meglio cosa, fossi?
L’auto si fermò e i due uomini scesero, dopo di che Simon mi porse la mano per invitarmi a fare lo stesso e, in attimo, mi ritrovai all’aria aperta. Chiusi gli occhi e inspirai a pieni polmoni beandomi dell’aria fresca che mi pervadeva. Quel gesto mi faceva sentire così viva.
Aprii le palpebre e dinnanzi a me apparve l’enorme tenuta dei Drake in tutto il suo splendore. Clark stava dinnanzi a me guidandomi verso la porta, mentre Simon stava al mio fianco. Entrambi sembravano impeccabili e perfetti nelle loro completi eleganti. Non appena il portone si aprì intravidi il viso di Zack inespressivo. Guardava dritto di fronte a sé senza sbattere le ciglia, era come se si fosse imbambolato.
Quando alzò lo sguardo e i suoi occhi incontrarono i miei la sua espressione cambiò radicalmente.
Gli occhi si fecero luminosi e lucidi, le labbra si piegarono in un sorriso. Tutto in lui sembrò riprendere vita. Mentre si alzava e veniva verso di me pensai che era solo l’ombra della statua che era stato fino a qualche secondo prima.
Senza darmi il tempo di sorridere o di rivolgergli la parola avvolse le sue braccia attorno al mio corpo stringendomi dolcemente.
Ricambiai l’abbraccio affondando il viso nell’incavo del suo collo e percepii chiaramente il battito del suo cuore farsi più rapido. Lo sentii inspirare, come se stesse cercando di catturare il mio profumo per imprimerlo a fuoco nella sua memoria, nel caso mi avesse persa di nuovo.
Percepii con chiarezza quanto di teneva a me e quanto la mia assenza gli fosse pesata.
La sua mano sfiorò i miei capelli e lo sentii sospirare. Chiusi gli occhi cercando di imprimere nei miei circuiti quel momento.
“Ottimo lavoro!” la voce di Josh interruppe quel momento perfetto. A prii gli occhi e lo vidi. Era in cima alle scale, vestito di tutto punto, come sempre e fissava con gli occhi socchiusi la scena, come se gli desse fastidio.
“Avete scoperto qualcosa riguardante il guasto di ieri sera?” domandò ai due uomini mentre scendeva i gradini.
Zack sciolse l’abbraccio e accolse un braccio intorno ai miei fianchi prima di porre l’attenzione a tutto ciò che stava accadendo.
“Gli ingegneri dicono che si è trattato di un virus immesso dall’esterno!”
Josh alzò lo sguardo verso me e Zack guardandoci con disapprovazione. Zack aumentò la stretta su di me e io gli fui grata per quel gesto, mi dava sicurezza.
“Venite nel mio studio!” disse semplicemente. Era ovvio che volesse stare alla larga da orecchie indiscrete come quelle del fratello, o forse addirittura dalle mie. Come se avesse potuto. Mi bastava alzare il volume al massimo per sentire qualsiasi tipo di discorso volessi origliare.
“Stai bene?” mi domandò Zack guardandomi con preoccupazione.
Gli sorrisi. Paradossalmente nessuno ancora mi aveva chiesto una cosa del genere. Come dar loro torto? Ero un oggetto e alle cose non si chiede mai se stanno bene.
“Sì!” risposi sorridendo.
“Da ieri sera ero preoccupato per te!” mi confessò abbracciandomi nuovamente “Quando mio fratello ha detto che ti avevano rapita…” lo sentii rabbrividire.
“Ora sono qui!” gli sorrisi. Gli ero grata per tutto ciò che stava facendo. Ero sicura che si comportava in quel modo perché credeva che io fossi una ragazza in carne e ossa, ma come avrebbe reagito se gli avessi detto la verità sul mio conto?
Immaginai Zack che mi guardava schifato, che mi allontanava, o peggio, che si divertiva con me come aveva fatto il fratello. Scacciai quel pensiero e mi focalizzai su di lui. Poco importava se non avrei origliato la conversazione tra Josh, Simon e Clark, prima o poi avrei chiesto informazioni a Josh.
Dopotutto ero molto più forte di lui, non dovevo avere paura della sua presenza. Gli avrei parlato da pari a pari e, volente o nolente, avrebbe dovuto smettere di trattarmi come una cosa.

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Capitolo 17
*** Illusione ***




 ILLUSIONE 


Quando Zack aveva appreso che davvero Denise era sparita aveva provato un tuffo al cuore.
Quando lo aveva saputo era appena tornato a casa e tutte le preoccupazioni di quella mattina erano scomparse. A coronare il tutto aveva contribuito la riappacificazione con Mary.
Così aveva fatto il suo ingresso nella villa con un sorriso stampato sulle labbra ansioso di vedere Denise e di raccontarle tutto.
Peccato avesse avuto una brutta sorpresa.
Josh e un paio di uomini stavano parlando. Furono poche le parole che arrivarono alle orecchie del più giovane dei Drake, ma quelle parole furono essenziali.
Denise rapita.
Al solo ripensarci strinse maggiormente la ragazza a sé, come ad impedirle di andare via ancora una volta.
Non capiva come mai si fosse spaventato tanto di fronte a quella notizia, dopotutto conosceva quella ragazza da pochi giorni.
Si allontanò leggermente da lei e le accarezzò una guancia con il dorso della mano. Lei sospirò e si appoggiò ad essa come rapita da quel solo contatto.
Come poteva non tenere ad una creatura come lei? Sembrava così tremendamente fragile tra le sue braccia, gli venne da paragonarla ad un farfalla incredibilmente piccola e bella.
“A che pensi?” Denise lo guardò con quei magnifici occhi blu che per pochi secondi lo privarono delle parole giuste per rispondere.
“Chi ti ha rapita?” domandò.
 

*

Potevo aspettarmi tutto da Zack tranne che mi facesse quella domanda: come facevo a dargli una risposta?
“Non lo so!” dissi semplicemente abbassando lo sguardo.
Zack deglutì come se gli costasse fatica rimanere lì ad ascoltarmi.
“Cosa ti hanno fatto?” si vedeva che era visibilmente agitato. Le nocche erano bianche a causa dello sforzo di tenere chiuse le mani a pugno, la mascella era contratta.
“Nulla, mi hanno dato un sedativo e non mi sono resa  conto di niente!” cercai di tranquillizzarlo “Il primo ricordo che ho è quello dei due agenti che mi portavano via!”
Zack parve rilassarsi per un attimo.
“Chiamo un medico!” decise.
“No!” mi affrettai a dire “Non ne ho bisogno!”
Se avesse chiamato un medico quello sicuramente si sarebbe accorto della mia non umanità e a quel punto sarebbero stati guai.
“Non sai cosa ti hanno fatto quando eri incosciente!” protestò risoluto.
“Mi hanno già fatto dei controlli!” mentii “Appena mi hanno prelevata!”
Zack fece un altro sospiro di sollievo e mi abbracciò nuovamente.
“Non ti perderò mai più di vista!” promise.
Sorrisi. “Sembra più una minaccia!”
Si rallegrò anche lui. “Lo è!”
Sciolsi l’abbraccio e mi ritrovai ad un passo dal suo viso. Come calamite, le sue labbra attirarono il mio sguardo che si posò su di esse. Dovevano essere così morbide. Vidi che anche lui guardava la mia bocca e non potei far a meno di essere felice per quello.
“Dio, se ti fosse successo qualcosa!” sussurrò.
“Ma non è successo!” ribadii semplicemente.
“Ho fatto pace con Mary!” disse tutto ad un tratto a bassa voce. Quelle cinque parole bastarono a rompere la magia d quegli istanti. Mi allontanai di parecchi centimetri da lui: come avevo fatto a dimenticarmi di Mary? Zack non era come su fratello! Non mi avrebbe mai baciata solo perché mi reputava bella, lui rispettava le donne e tradire Mary non era contemplato.
Ero stata così stupida a volere una cosa futile come un bacio, però d’altra parte mi era venuto così naturale.
“Sono felice per te!” gli sorrisi. Lui si morse il labbro inferiore con rammarico.
“Devo parlare con Josh!” ogni scusa era buona per allontanarmi il più possibile da lì. In meno di un secondo mi trovai sulle scale che conducevano al piano superiore. Resistetti alla tentazione di voltarmi per dare un’ultima occhiata a Zack e continuai a camminare nel corridoio fino ad arrivare all’ufficio di Josh.
Bussai e, senza aspettare che mi desse il permesso, entrai.
Il signor Drake era seduto alla sua scrivania e parlava a animatamente con i due agenti che mi avevano accompagnata a casa. Non appena feci il mio ingresso si ammutolì e levò lo sguardo per posarlo su di me. Simon e Clark si voltarono per vedere quale fosse la causa dell’interruzione del discorso che stava facendo loro Josh.
“Dobbiamo parlare!” dissi semplicemente cercando di non farmi intimidire da tutti quegli sguardi.
Sulla bocca di Josh si andò a formare un sorriso sarcastico.
“Adesso detti tu le regole?” sbottò freddamente.
“La mia è più una richiesta, non una regola!” precisai.
“Non dobbiamo parlare!” ribettè.
“E invece sì!” fui risoluta. Avevo bisogno di capire.
“Esci dal mio ufficio!” ordinò fulminandomi con lo sguardo.
“Chi sono queste persone?” indicai i due agenti ignorando quello che aveva appena detto.
“Non sono tenuto a risponderti, si tratta di informazioni riservate!”
“Non ci metterò molto a scoprirlo da sola Josh! Sono dotata di un sistema altamente tecnologico che mi permette di entrare in tutti i sistemi informatici del mondo, con o senza password!”
“Non puoi senza password!”
“Effettivamente non posso, ma ho la capacità di creare virus come quello che ha messo fuori funzione tutta la villa la scorsa sera!” dopotutto era stato 19283 a immettere quel virus, quindi potevo farlo anche io.
Josh si ammutolì. Lo vidi diventare pensieroso, era ovvio che fosse indeciso sul da farsi.
“Agente 123 e agente 124 mi farò sentire appena potrò!” disse semplicemente.
“Se dovesse servire prenderemo noi in tutela il robot!” disse Clark sbrigativo.
Un moto di rabbia si impadronì di me: stava parlando di me come se non ci fossi.
“Il robot ha un nome!” precisai acidamente.
Clark si girò verso di me con sguardo dispiaciuto.
“Scusi signorina!”
Rimasi interdetta dal fatto che quell’uomo fino ad un istante prima mi aveva definita un automa, mentre in quel momento mi stava dando della ‘signorina’.
Gli agenti strinsero la mano a Josh dopo di che i loro sguardi si posarono su di me. Non sapevano come salutarmi perciò andai in loro aiuto. Stesi la mano nella loro direzione in attesa. Simon fu il primo a stringerla seguito dal collega, sorrisi ad entrambi mentre loro reagirono assumendo un’espressione da ebeti prima di oltrepassare la posta dello studio e di chiuderla alle loro spalle.
Sorrisi vittoriosa in direzione di Josh: quegli uomini mi avevano trattata come una persona. Ero fiera di essermi imposta come tale e di non aver lasciato che mi considerassero un oggetto.
Senza che Josh mi invitasse mi sedetti di fronte a lui e incrociai le braccia al petto.
“Non lo fare mai più!” sibilò.
“Cosa?”
“Sei entrata qui e ti sei comportata da capo, hai cercato di mettermi i piedi in testa e questo non lo permetto a nessuno, tantomeno ad un oggetto!” marcò con la voce quest’ultima parola.
“Mi sembra chiaro di non essere del tutto un oggetto!” precisai.
“Fino a prova contraria lo sei!” sbottò riducendo gli occhi a due fessure.
“Sei alquanto stupido Josh se stai qui a discutere con un oggetto!” lo canzonai. Avevo capito che l’unico modo per far in modo che lui mi trattasse da pari era quello di cercare di tenergli testa. Se ci fossi riuscita probabilmente avrei meritato il suo rispetto indipendentemente da quale fosse la mia natura.
Strinse la mascella e incrociò i miei occhi.
“Perché il dottore mi ha rapita?” iniziai a domandare.
Josh scosse la testa.
“Non lo so!” il suo battito cardiaco accelerò lievemente mentre i suoi occhi saettavano lontani dai miei. I miei circuiti mi trasmisero le informazioni: quelli erano i chiari sintomi di una bugia.
“Stai mentendo!” dissi semplicemente.
Mi guardò stupito e poi sorrise.
“Diciamo che non sono sicuro di saperlo!”
“Mai hai intuito qualcosa!” insistetti.
“Denise, tu sei un oggetto incredibilmente bello, ma sei solo un prototipo di un progetto più grande. Diciamo che saresti dovuta rimare a fianco del professore a soddisfare i suoi bisogni…” sorrise sfacciato.
Il disgusto si impadronì di me.
“E invece ho finito per soddisfare i tuoi di bisogni, vero Josh?”
Il sorriso scomparve dalle sue labbra.
“Sei dozzinale come amate!”
“Cosa ti aspetti da un oggetto? Che ci rimanga male per questa specie di insulto?” ribattei inviperita, ma mantenendo un tono di voce freddo e distaccato.
“Hai ragione, dopotutto sei un oggetto!” precisò sbuffando.
Detestavo che continuasse a ripetere quella parola con tanta superficialità, mi faceva male pensarlo. Solo allora compresi che prima mi sarei accettata meglio avrei potuto vivere, se quella che avevo poteva chiamarsi vita.
“Quindi il professore mi rivoleva! Immagino che ora la vostra collaborazione possa dirsi conclusa!” cambiai argomento.
“Uh! Un robot che immagina!” mi canzonò. Strinsi i pugni.
“So fare un sacco di altre cose!”
“Tipo?” fece un sorriso di sfida.
“La tua intelligenza è troppo limitata perché tu possa comprendere, magari mostrerò quello che so fare a Zack!” il mio tono era ricco di sottintesi. Avevo capito che Josh aveva un punto debole: le donne. Nonostante si ostinasse a dire che io ero un oggetto sapevo che a volte se ne dimenticava persino lui. Mi trovava attraente e non poteva evitarlo, era per questo che mi aveva sottratta la professore. Quindi dovevo colpire il suo ego maschile dicendogli in poche parole che preferivo Zack a lui.
“Allora vai! Cosa aspetti! Sono stanco di parlare con una cosa!”
“Questa cosa dovrebbe obbedire a tutti i tuoi comandi, mentre non lo fa, come te lo spieghi?”
“Sei difettosa!”
“Il professore ha fatto tantissimi test in proposito e non c’è nulla che non vada in me!”
“Sono stanco di parlare con un numero, vattene!”
Gli sorrisi freddamente e mi diressi verso la porta dell’ufficio.
“Oggi non hai perso solo la tua bambola personale, ma anche una valida assistente!” sibilai semplicemente prima di chiudere la porta alle mie spalle.
 

*

Josh digrignò i denti. Non sapeva cosa gli fosse preso. Quando aveva scoperto che il professore aveva rapito Denise  avrebbe voluto spaccargli la faccia. Quando l’automa era apparso sulla soglia di casa gli sembrò che quel macigno che da ore portava nel petto si fosse improvvisamente volatilizzato.
Lei era lì, sana e salva. Subito dopo aveva reputato irrazionale il suo sollievo, come poteva sentirsi così per il ritorno del suo giocattolo? Era, appunto, solo una cosa.
Si era quindi trattenuto dall’andare ad accoglierla, dal darle il bentornata. Eppure l’istinto c’era stato.
Era stato Zack ad aver fatto quello che lui si era ostinato a non voler fare. Il fratello era corso verso di lei e l’aveva stretta dolcemente. Josh l’aveva vista abbandonarsi a quell’abbraccio come un qualsiasi altro essere umano, ma sapeva che era tutta illusione, perché lei non era come Zack o come lui.
Nonostante ciò provò una forte irritazione nel vederli così affiatati e così uniti perché, da un lato, avrebbe voluto non conoscere la vera identità di 4931949, dall’altro aveva provato una specie di moto di gelosia. Lei era sua.
Nella loro conversazione in ufficio aveva fatto fuoriuscire tutto l’astio che provava, ma era rimasto sorpreso dalla reazione dell’automa. Invece di rimanere silenziosa e gentile, come all’inizio, lei si era fatta valere, gli aveva risposto a tono e questo lo aveva profondamente colpito.
Nessuna donna l’aveva mai fatto prima. Eppure lei non era una donna.
Era combattuto perché da un lato era affascinato dal suo comportamento e dal suo corpo, dall’altro provava un moto di repulsione per quello che Denise era e per l’effetto che aveva su di lui.
Non poteva ignorare il cambiamento che aveva subito l’automa: se all’inizio era accondiscendente e rispettava la sua volontà, in quel momento si era trasformata in un’ adolescente che agognava la propria libertà. Peccato che in casa avesse già un adolescente e gli bastava.
Inconsciamente credeva che la causa del cambiamento fosse proprio da attribuire a Zack perché tutto era iniziato quando lui l’aveva fatta uscire con i suoi amici, l’aveva trattata da umana e questo doveva aver risvegliato qualcosa nell’automa. Probabilmente era caduta nell’illusione in cui cadevano tutti.
Vittima della sua stessa perfezione.
Preda di tali pensieri, Josh decise di andare a dormire se non altro per spegnere il cervello peccato che non gli fu possibile. Non appena chiuse gli occhi vide il volto sorridente di Denise, sentii la sua voce melodiosa, si perse nei suoi occhi dello stesso colore del mare.
Sbuffò e, quasi inconsciamente, si alzò dal letto. Vagò per i corridoi fino a raggiungere la stanza di Denise. Osservò a lungo la porta prima di decidere ad entrare. Abbassò la maniglia e un piccolo spiraglio di luce illuminò la stanza.
Josh posò lo sguardo sul letto e, con sua enorme sorpresa, vi trovò, Denise e Zack che dominavano insieme pacificamente. Erano entrambi sdraiati su un lato in modo tale da essere l’uno di fronte all’altra. Le loro dita si sfioravano involontariamente.
Josh sorrise intenerito da quella visione. Subito dopo la tristezza si impadronì di lui perché anche volendolo, non avrebbe mai avuto quello che in quel momento aveva Zack: l’illusione che Denise fosse vera.

 


Un ringraziamento speciale a tutte coloro che hanno recensito... ve ne sono davvero grata! Ormai siete un pezzettino del mio cuore!
Grazie di cuore!!
Daisy

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Capitolo 18
*** Dose di illusione e dose di realtà ***






Innazitutto ho notato che allo scorso capitolo le visualizzazioni sono diminuite quindi assicuratevi di aver letto il capitolo precedente prima di vedere questo ;) 
Un ringraziamento speciale va a 
federyca e Pyra  che hanno recensito lo scorso capitolo!

Grazie davvero :)
Daisy

 DOSE DI ILLUSIONE E DOSE DI REALTA' 


I capelli di Zack gli ricadevano scomposti sul viso dandogli un’aria sbarazzina. Mi ritrovai a sorridere mentre lo osservavo dormire. La sera prima era stato dolcissimo: si era offerto di dormire con me per mantenere la promessa di non lasciarmi da sola e gliene ero davvero grata!
Era davvero un ragazzo d’oro e Mary era una persona fortunata.
Pian piano sollevò le palpebre rivelando le sue iridi verdi. Nel vedermi sorrise con dolcezza e biascicò un ‘ciao’.
Sbadigliò ponendosi educatamente la mano sulla bocca per poi sorridermi.
“Ma come fai?” mi domandò osservandomi curioso.
“A fare cosa?” domandai.
“A svegliarti la mattina e ad essere già così perfetta! Tutte le persone del mondo la mattina sono dei mostri!” mi sorrise.
“Tu non sei un mostro!”
“Sei gentile a non dirlo!”
“Lo penso davvero!”
“Certo!” mise una mano sul mio capo e con un rapido gesto tentò di spettinarmi i capelli.
“Hei!” protestai.
Sul suo viso apparve un’espressione di finta delusione.
“Non vale! Ti ho appena spettinata eppure i tuoi capelli sono perfetti come prima!”
Azzardai un sorriso. In realtà i miei capelli non erano proprio ‘veri’, quindi era più che normale che non si spettinassero come quelli di chiunque altri.
“Sono molto fortunata ad avere dei capelli resistenti ai tuoi tentativi di spettinamento!” scherzai.
Lo vidi farsi improvvisamente serio. Fece scorrere il dorso della mano sulla mia guancia ed io mi ritrovai a socchiudere gli occhi sperando che quel contatto non finisse mai.
“Sei anche bellissima!” mormorò.
“Sono fortunata anche in quello!” cercai di ribattere, ma stranamente non riuscivo a far funzionare a dovere i miei circuiti. Mi sembrava di funzionare a rilento, di percepire meno tutte le cose che mi stavano attorno. L’unico che riuscivo a focalizzare bene era Zack  che fissava intensamente le mie labbra.
Solo allora mi resi conto che la distanza tra di noi era davvero poca, potevo sentire il suo respiro sulla mia pelle e questo mi stordiva.
Ancora una volta il mio database quasi assopito venne in mio aiuto suggerendomi il termine giusto per definire la sensazione che provavo: trovavo il suo respiro inebriante.
“Persino il tuo alito è perfetto!” mormorò.
Trattenni il respiro sperando che quella distanza venisse colmata prima che il pensiero di Mary attraversasse la testa di Zack. Fu così che fui io a prendere l’iniziativa e a coprire quei pochi millimetri che ci separavano.
Le sue labbra a contatto con le mie erano calde e morbide. Immediatamente lui ricambiò il bacio stringendomi forte a sè e cercando di approfondirlo socchiudendo leggermente la bocca. Le nostre lingue entrarono in contatto mentre i nostri respiri si accorciavano.
Eccitazione.
“Mmm sai di fragole!” mugugnò con voce roca inebriandomi ancora di più.
Avevo perso ogni sorta di contatto con la realtà, esistevamo solo io e lui, cosa abbastanza insolita per una macchina perfetta e super tecnologica. Eppure Zack aveva reso possibile l’impossibile donandomi quel briciolo di umanità, quindi potevo permettermi di perdere il controllo per pochi minuti.
Improvvisamente si staccò da me contraendo le labbra e serrando le palpebre.
“Dannazione!” disse.
Non capivo perché avesse deciso di interrompere al nostra precedente e fruttuosa attività.
“Che c’è?” gli domandai un po’ timorosa per la risposata che avrei ricevuto.
“Mary!”
Ecco. Un nome una garanzia. Sospirai. Zack si portò entrambe le mani alla testa.
“L’ho tradita!” sospirò “Io che ho sempre rispettato ogni singola donna di questa terra, l’ho tradita!”
“Era solo un bacio!” tentai di rassicurarlo. In realtà non credevo che fosse solo una bacio, ma una prova dell’attrazione che ci legava, gli disse quelle parole perchè non volevo che soffrisse.
“E’ un tradimento e quel che è peggio è che non ne sono pentito!” alzò gli occhi incontrando i miei “Lo farei un altro milione di volte!”
Sentii una piacevole contrazione nel luogo dove ci sarebbe dovuta essere la bocca dello stomaco.
Farfalle, mi informarono i miei data base.
“Mi sento uno schifo!” continuò.
“Forse lei non ti piace come credevi!” azzardai sperando che mi desse ragione.
Sorrise debolmente.
“Tutte impallidiscono di fronte a te Denise!”
Se avessi potuto sarei arrossita. Zack mi stava dicendo che io ero meglio di tutte le altre ragazze umane. Io ero un gradino più in alto di loro e questo mi riempiva il cuore di gioia. Però come avrebbe reagito se avesse saputo che non ero umana e che quindi non potevo essere paragonata a loro? Probabilmente mi avrebbe trattata con sufficienza come faceva suo fratello e ciò non potevo accettarlo. Zack era l’unico che mi faceva sentire umana e a lui non avrei rinunciato per nulla al mondo.
Forse era soprattutto per questo che amavo passare il mio tempo con lui, perché lui mi dava l’illusione di essere ‘normale’.
“Ma non posso far soffrire Mary in questo modo, lei mi ama!” lo vedevo riflettere come se stesse cercando una soluzione che a quanto pare non riusciva a trovare.
“E tu la ami?” azzardai.
“No, ma non posso farle del male!”
“Capisco!” dissi un po’ delusa “Allora questo sarà il nostro piccolo segreto!” cercai di sorridergli per rassicurarlo mentre sentivo una piccola voragine aprirsi in mezzo al mio petto. Se avessi avuto un cuore quello sarebbe stato spazzato via dalle parole di Zack. Lui era la mia dose di ‘illusione’ e non potevo permettere che mi venisse portata via, tolto lui cosa mi rimaneva? La mia dose di ‘realtà’: Josh.
Eppure a quanto pare Zack aveva scelto l’altra al posto mio, tutto perché aveva buon cuore e non voleva farla soffrire. Però chi ci pensava alla mia di sofferenza?
 
Svogliatamente mi appostai di fronte al televisore e lo accesi. Era tutta la mattinata che cercavo di non pensare a quel dannato bacio, ma non ci riuscivo, quindi avevo acceso la tv sperando che i pensieri scivolassero via.
Mi soffermai sul notiziario e socchiusi gli occhi osservando la cronista dai capelli rossi che parlava al microfono.
Aveva gli stessi capelli di Mary. Mary. Perché doveva esserci lei nella mia mente? Forse perché la consideravo un ostacolo. Era per colpa sua che Zack si era fermato, ma avrei voluto davvero che continuasse?
Non ne ero certa. Non provavo sentimenti di amore o di passione nei confronti di Zack, solo una grande gratitudine che mi aveva spinta a baciarlo, unita ad una forte attrazione. Avrei voluto avere al mio fianco Zack perché questo significava vivere l’illusione di essere umana.
Cercai di concentrarmi sullo schermo.
“Questa mattina un professore è stato trovato morto nel suo laboratorio!” la voce della cronista attrasse la mia attenzione “Si tratta del signor Gillian Coter…” mi portai una mano davanti alla bocca esterrefatta “…e non si hanno dubbi sul fatto che è stato assassinato!”
La telecamera inquadrò il luogo dell’omicidio che riconobbi come laboratorio usuale del professor Coter, per fortuna i media non si erano spinti in quello dove io e 19283 eravamo stati creati. Se fosse successo il mondo sarebbe venuto a conoscenza della nostra esistenza e sicuramente saremmo stati rinchiusi da qualche parte per essere studiati.
“Il decesso deve essere avvenuto tra l’una e le due di questa notte, la causa è ancora da precisare. I medici legali hanno già portato via il cadavere per esaminarlo!”
Un pensiero rapido attraversò la mia mente: che ne era stato di 19283?
Continuai ad osservare il servizio cercando una risposta.
La giornalista stava intervistando uno dei collaboratori dell’anziano professore.
“Questo è l’uomo che ha trovato il corpo…” spiegò brevemente prima di rivolgersi direttamente a lui “…ci sa dire cosa è successo esattamente?”
Trovavo così stupido fare una domanda del genere ad un ragazzo che era visibilmente sconvolto, per di più dinnanzi ad una telecamera. Tuttavia egli rispose seppure con un leggero tremolio nella voce.
“Non lo so!” azzardò.
Trattenni il fiato. Chi poteva avere interesse ad uccidere il professor Coter?
Probabilmente l’unica persona che non voleva che il segreto dei robot venisse svelato. Il professore aveva minacciato Josh di rivelare al mondo il suo progetto e, con esso, la mia esistenza e quella di 19283, così Josh poteva aver giocato d’anticipo e ordinato di uccidere il vecchio. Dopotutto gli agenti erano entrati senza problemi per prelevarmi.
Ecco perché Josh aveva subito deciso di parlare con i due agenti che mi avevano riportato alla villa! Voleva assicurarsi che tutto stesse procedendo secondo i suoi piani.
Non potevo crederci, Josh mi era sempre sembrato un tipo superficiale, ma non avrei mai creduto che fosse un assassino e un uomo così spietato.
Eppure tutto tornava.
Ricordai che Clark aveva detto che, se fosse stato necessario, avrebbero preso loro in tutela il robot ed io avevo subito pensato che si riferissero a me mentre invece potevano anche parlare di 19283.
Ecco dov’era finito! Ed ecco perché il corpo del professore era stato trovato nel laboratorio ordinario e non in quello dove io e 19283 eravamo stati creati. Chiunque avesse ucciso quell’uomo voleva che il segreto dell’esistenza di due robot praticamente perfetti rimanesse tale.
Non poteva che trattarsi di Josh.
Automaticamente mi alzai dal divano e mi precipitai al piano superiore, dovevo parlare con lui a tutti i costi, dovevo capire perché aveva fatto un’azione del genere.
Entrai nel suo ufficio senza  nemmeno bussare, ma egli non c’era. Mi diressi così verso la sua camera.
Josh era seduto sul suo letto con un asciugamano intorno ai fianchi e i boxer tra le mani. Era evidente che aveva appena finito di fare la doccia e che era in procinto di vestirsi.
“Denise!” mi salutò con un sorriso appena accennato.
“Il professor Coter è morto!” sbottai.
Josh sbarrò gli occhi e mi guardò come se fossi impazzita.
“Cosa?”
Feci una risata sarcastica.
“Come se tu non lo sapessi!” ironizzai.
“Chi ti ha detto che è morto?”
“Al telegiornale! Credevi davvero che il mondo non l’avrebbe mai saputo?” ero disgustata.
Si portò una mano sulla fronte e si alzò in piedi venendo verso di me.
“Dannazione!” sussurrò ignorandomi.
Afferrò il cellulare e compose velocemente un numero prima di portarsi l’apparecchio all’orecchio.
“Agente 123! Sono Joshua Drake!”
Acuì il mio udito giusto in tempo per sentire la risposta proveniente dall’altro capo del telefono.
“Signore, abbiamo saputo!”
“Quindi è davvero successo!” mi lanciò un’occhiata come se fino ad un attimo prima avesse creduto che la mia era una bugia.
“Purtroppo sì. Sicuramente degli agenti federali si metteranno in contatto con lei per farle delle domande, dopotutto è una delle ultime persone che ha avuto a che fare con il professore!”
“Mi sembra logico!” Josh contrasse la mascella, era ovvio che lo seccava dover sostenere un interrogatorio, ma a mio avviso si meritava questo ed altro.
“Dovrà rispondere con discrezione, cerchi di non far trapelare nulla per quanto riguarda la storia degli automi!”
“Ovviamente!”
“Cercheremo di eliminare le prove della loro esistenza, una squadra speciale si è già messa all’opera!”
“Aspetto ulteriori notizie!” asserì Josh con tono serio.
“C’è dell’altro! Il secondo prototipo è scomparso!”
La mano di Josh si strinse in un pugno.
“Come sarebbe a dire scomparso?”
Dentro di me gioii. 19283 era cosciente di esistere e quindi non aveva accettato la prigionia che quelle persone dovevano avergli imposto, così era fuggito. Ero sicura che presto avrebbe trovato il modo di mettersi in contatto con me.
“Non si trova da nessuna parte!”
“Cercatelo, non possiamo permettere che un robot vaghi per la città come un normale essere umano!”
Strinsi i pugni odiandolo per le parole che diceva. Senza lasciargli finire la chiamata mi avventai su di lui e gli tirai un pugno in faccia facendolo cadere a terra. Dopotutto un mio pugno era molto più forte di quello delle persone normali.
Josh si afflosciò contro il muro mentre l’agente continuava a parlare “Signor Drake, tutto bene?”
Josh mi guardò dritto negli occhi.
“Sì, sto bene! La richiamo appena posso!”
In un attimo fui d’avanti a lui impedendogli così ogni via di fuga. Si trovava tra me e il muro e non poteva muoversi.
Improvvisamente mi guardò come se avesse capito le ragioni per le quali mi comportavo in quel modo.
“Oddio, tu credi che io abbia ideato il suo omicidio?”
“Non lo credo e basta, lo so!”
“Per essere una macchina terribilmente intelligente, in questo momento ti stai rivelando piuttosto stupida!” sbottò socchiudendo gli occhi con fare minaccioso.

Spero che la storia si faccia più interessante ora che è successo questo 'piccolo' problema!
Ve lo aspettavate? Se la risposta è NO allora posso dire che non me lo aspettavo nemmeno io! I personaggi di questa storia hanno vita propria e quindi sono loro che decidono cosa fare e cosa non fare, io sono solo colei che riporta le loro vicende!
Recensite!! Il prossimo capitolo lo posterò giovedì! Se volete avere spoiler uqesta è la mia pagina su fb 
Daisy Pearl - autore su EFP -!
A presto!!
Daisy

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Capitolo 19
*** Omicidio ***






Ringrazio di cuore Pyra, Stefania 1409 e federyca. Grazie per le vostre parole e il vostro appoggio :)
 

 OMICIDIO 

 


“Perché ne sei convinta?” sibilò Josh.
“Perché so che lo odiavi perché ti aveva sottratto il tuo giocattolino!” risposi alludendo a me stessa.
“Sai, noi comuni esseri umani non uccidiamo se ci viene rubato qualcosa, ci arrabbiamo, magari ci malediciamo, ma uccidere è esagerato!”
“L’hai fatto anche perché se no il professore avrebbe rivelato a tutti il tuo progetto!” ribattei.
“Non lo avrebbe mai fatto perché era tenuto sotto controllo da degli agenti!”
“Gli stessi agenti che lo hanno ucciso!” precisai.
“Dannazione Denise! Quando una persona mente come reagisce il suo corpo?”
Lo guardai confusa non capendo la motivazione per la quale mi aveva posto quella domanda.
“Cosa c’entra?”
“I tuoi database sicuramente lo sanno! Controlla se sto mentendo!” avevo lo sguardo determinato.
“Il cuore dovrebbe battere più velocemente!” tastai il suo polso e constai che il ritmo delle pulsazione era superiore rispetto alla media “Come il tuo!” sibilai.
“Mi hai appena tirato un pugno! E’ normale che io sia un tantino agitato la momento!”
Questa gliela potevo concedere.
“Eviteresti il mio sguardo!”
“Cosa che non sto facendo!” puntò gli occhi nei miei.
“Sei tu il mandante del’omicidio del professor Coter?” domandai ancora una volta.
“No!” affermò senza distogliere le iridi dalle mie.
Era assente anche la classica sudorazione della fronte e i movimenti agitati di piccole parti del corpo come ad esempio le dita. Io potevo capirlo dal suo stesso fisico: Josh non stava mentendo. Improvvisamente mi sentii una stupida per aver pensato una cosa del genere e mi allontanai da lui che respirò sollevato.
“Se non sei stato tu, allora chi?” domandai.
“Perché ti interessa tanto? Quell’uomo non aveva degli ottimi progetti per te, voleva solo divertirsi, dovresti essere contenta che non ti possa più fare del male!” si rialzò.
“Non sarò mai contenta per la morte di una persona!” ribattei guardandolo a testa alta.
Josh mi osservò a lungo come se fosse impressionato dal mio comportamento.
“Sembri umana anche dai discorsi che fai!” sussurrò infine.
“La smetterai di trattarmi come un oggetto allora?”
“No, perché in fondo è quello che sei!”
“Vedremo!” detto ciò uscii dalla sua stanza sempre più arrabbiata con quell’uomo così testardo.
 

*

Solo dopo che Denise se ne fu andata Josh si rese conto che gli veniva sempre più difficile trattarla come una cosa. Lei aveva dei comportamenti sempre più umani, era diversa dalla Denise che era stata nei suoi primi giorni di permanenza alla villa. Eppure lui si ostinava a mantenere le distanze, cercava di non dimenticare quale fosse la vera natura di quella donna che, sinceramente, gli faceva anche un po’ paura.
Denise era in grado di affascinarlo come nessun’altra aveva mai fatto, riusciva ad ammaliarlo con il semplice suono della sua voce.
Riusciva dove le altre avevano fallito.
Lui non poteva far a meno di sentirsi un idiota per questo. Lei era una cosa e non avrebbe dovuto fargli quel’effetto. La domanda che più lo impauriva era: per quanto tempo sarebbe riuscito a trattarla con il distacco necessario a non cadere nell’illusione che lei fosse reale? Non conosceva la risposta, ma sapeva che lei stava diventando sempre più come lui, non poteva più far finta di nulla.
Con questi pensieri che gli vorticavano nella testa si vestì, pronto per iniziare una giornata di lavoro. Si stava sistemando la cravatta quando qualcuno bussò alla sua porta.
“Avanti!”
Percy fece il suo ingresso a testa alta e Josh dovette trattenere un sorriso dovuto alla posa assunta dal maggiordomo, sembrava più che mai un pinguino.
“Signore, un uomo che dice di chiamarsi Smith vuole parlare con lei!” Percy riferì con tono professionale.
“Una visita ufficiale o di cortesia?”
“Ufficiale! Dice di essere un detective!”
Josh si ritrovò a sbuffare pensando a quanto in fretta le forze dell’ordine si fossero messe in moto per cercare l’assassino del professor Coter.
“Fallo accomodare nel mio studio e offrigli qualcosa da bere!”
Percy chinò leggermente la testa per far capire che il messaggio era giunto a destinazione, dopo di che uscì dalla stanza del suo datore di lavoro. Chissà come mai un detective voleva parlare con Josh, proprio non riusciva a capirlo.
“Signor Smith!” lo chiamò appena giunse nell’atrio dell’immensa villa, dove l’uomo stava attendendo comodamente seduto sul divano.
“Il signor Drake la prega di aspettarlo nel suo ufficio! Venga, la accompagno!” disse col suo solito tono professionale e serio.
“Non ti preoccupare Percy!” una voce melodiosa irruppe nella camera stregando i presenti “Lo accompagno io!”
Dalla cima delle scale apparve Denise in tutto il suo splendore e, sia il detective Smith che il maggiordomo rimasero per qualche istante ammutoliti da tutto quello splendore.
“Passo di qui e, accidentalmente ho sentito che lei è un agente!” disse avvicinandosi a Mr Smith e tendendogli la mano.
“Sono Denise, l’assistente del signor Drake!” sorrise all’uomo mentre quest’ultimo si alzava rispettosamente dal divano per stringere la mano alla meravigliosa donna che aveva di fronte. Improvvisamente si rese conto di aver trattenuto il fiato, così prese una generosa boccata d’aria.
“Piacere!” sussurrò pensando che, per una volta tanto, quelle parole non erano state solamente pronunciate per educazione, ma corrispondevano alla realtà. Come non poteva essere un piacere avere la possibilità di trattare con una giovane così affascinante?
“Ciao Percy!” Denise salutò il maggiordomo che, rispettoso, le fece un cenno del capo prima di ritirarsi.
“Mi segua!” la ragazza sorrise dolcemente al signor Smith e lui non potè far a meno che camminarle dietro come se lei lo stesse attraendo come una calamita.
“Mi dispiace fare la sua conoscenza in circostanze così poco allegre!” esclamò la donna.
Il signor Smith cercò di riscuotersi dallo stato di trances nel quale era caduto.
“Quindi già sapete!” disse.
“Già, sa il notiziario era abbastanza informato sulla notizia!”
“Lei lo conosceva il professore?” azzardò recuperando pian piano la sua vena investigativa.
La ragazza parve sorridere come se la cosa la divertisse.
“Sì, di vista!” rispose infine.
“Il signor Drake è il maggior finanziatore del suo laboratorio, per questo sono qui!”
“Teme che sia stato lui?” domandò la ragazza.
“No, affatto, ma sicuramente può dare molte informazioni utili!”
La donna annuì aprendo la porta di quello che doveva essere lo studio d Joshua Drake. Il signor Smith rimase particolarmente colpito dalla flessuosità dei movimenti di Denise, erano così morbidi, così agili e così perfetti. Potevano ammaliare e ipnotizzare. Denise fece accomodare il detective e poi prese posto di fianco a lui.
“Lei ha idea di chi può essere stato?” gli domandò con la sua voce melodiosa.
Mr Smith sapeva che non si potevano fornire informazioni a esterni quando un’indagine era in corso però come poteva negare a lei una risposta?
“Per ora nessuna!”
“Non immagina nemmeno quale possa essere il movente?”
“Il professore aveva molti nemici, per lo più persone invidiose del suo lavoro, ma dal laboratorio non è stato sottratto nulla. Tutti gli appunti, i calcoli e i progetti sono rimasti al loro posto!”
 

*

Tutti tranne uno. 19283 era sparito! Poteva darsi che, chiunque avesse ucciso il professore, volesse mettere le mani sul suo ultimo e meglio riuscito progetto. Questo avrebbe spiegato perché ucciderlo lontano dall’ala ‘segreta’ del laboratorio.
La chiacchierata che stavo facendo con il detective venne interrotta dall’entrata nello studio di Josh.
Non appena i suoi occhi si posarono su di me assunse un’espressione di puro stupore, era evidente che non aspettava di trovarmi lì. Sorrisi pensando a quanto ero stata abile. Mi ero collegata alle telecamere di sorveglianza in modo da capire quando l’agente che doveva fare delle domande a Josh sarebbe arrivato, in tal modo lo intercettai e riuscii a parlarci liberamente.
“Josh!” lo salutai con un sorriso “Lui è il detective Smith!” lo presentai.
Josh cercò di riprendersi dallo stupore iniziale, avanzò verso l’agente e gli strinse la mano.
“Ti dispiacerebbe lasciarci soli?” mi domandò Josh. Annuii e sorrisi al detective che mi prese la mano portandosela alle labbra per baciarla.
“E’ stato davvero un piacere!”
Se avessi potuto sarei arrossita felice di quel trattamento umano che quell’uomo mi stava riservando.
Con la coda dell’occhio vidi Josh socchiudere le palpebre come se fosse geloso del proprio giocattolo e, francamente, ero davvero stufa che mi vedesse così.
Sorrisi di nuovo al signor Smith prima di lasciare la stanza.
Lì per lì pensai di origliare la conversazione, ma mi resi conto che era quasi l’una di pomeriggio e che, di li a poco, sarebbe tornato a casa Zack.
Sinceramente non vedevo l’ora di rivederlo, soprattutto per capire se aveva pensato la bacio di quella mattina o meno. Con la scoperta della morte del professore quel pensiero era stato accantonato in un piccolo angolo della mia mente.
Decisi di aspettare in giardino, così ne avrei approfittato per stare un po’ sotto la luce del sole, per ricaricarmi. Appena uscii all’aria aperta respirai a pieni polmoni alzando il viso verso il cielo. Era così azzurro e così bello! Era in momenti come quello, in cui non dovevo lottare per affermare me stessa, che sentivo che vivere era una delle esperienze più belle che si possano provare. Mi sdraiai sull’erba e mi misi ad osservare le nuvole, come una ragazza qualunque, cercando di individuarne le forme. Dopo poco vidi uscire dalla villa il signor Smith che mi salutò con un cenno della mano. Ricambiai. Solo allora mi resi conto che Josh l’aveva accompagnato fino alla porta e che mi stava fissando.
Quando si rese conto che mi ero accorta della sua presenza si decise ad avvicinarsi a me.
“Ho un favore da chiederti!” iniziò.
“Strano, non hai un ordine?” ero piuttosto inviperita dal suo modo di comportarsi.
“Avrei detto ordine, ma mi pare di aver sentito la parola ‘favore’!”
Gli sorrisi debolmente: era carino vedergli fare un piccolo sforzo per trattarmi in modo normale.
“Dimmi!”
“Il professor Coter si era servito dell’altro prototipo robotico per riuscire a mettere fuori uso l’antifurto della villa vero?”
Annuì semplicemente non capendo dove volesse arrivare.
“Quindi tu potresti fare il contrario, ovvero migliorare i sistemi di difesa?”
“Immagino di sì, ma è davvero necessario?”
“Il detective crede che noi possiamo essere in pericolo. Dal laboratorio non è stato portato via nulla quindi crede che, chiunque abbia ucciso il professore, lo ha fatto per vendetta personale. Il suo timore è che l’attenzione dell’assassino si rivolga anche verso le persone che più gli erano vicine e che intrattenevano rapporti affaristici con lui!”
“Eppure una cosa l’hanno portata via!” lo informai.
Mi guardò stupito, evidentemente non era a conoscenza di quel dettaglio.
“19283, l’altro prototipo!” continuai.
“Quindi tu credi che in realtà cercassero il robot perfetto?” iniziava a comprendere il mio punto di vista.
“Probabile!”
“Quindi quella più in pericolo saresti tu!” puntualizzò.
“Quindi non è necessario modificare l’antifurto!” constatai con tristezza. Non avrebbe mai mosso un dito per salvare un oggetto.
La sua espressione parve addolcirsi, o almeno così sembrò finchè non aprì bocca.
“Finchè abiti sotto il nostro stesso tetto siamo tutti in pericolo, è necessario che tu migliori il sistema d’allarme!”
Ovviamente. Josh non si smentiva mai.
 

*

Quando Josh comprese che Denise era più in pericolo di lui ebbe un tuffo al cuore. Non avrebbe permesso a nessuno di intaccare la perfezione di quell’oggetto. La questione della sicurezza della sua famiglia gli era arrivata alla mente solo in un secondo tempo e aveva preferito dire questa al robot. Non voleva che pensasse che aveva a cuore la sua incolumità, anche perché era una cosa così stupida. Lei era una cosa, punto. Senza aggiungere un aparola rientrò nel’edificio fermandosi sulla porta proprio mentre la limousine entrava nel vialetto della tenuta.
Suo fratello era tornato.
Zack scese dall’auto con un espressione triste dipinta sul volto, ma tutto cambiò nell’istante in cui i suoi occhi incontrarono quelli di Denise. Uno dei sorrisi più dolci che Josh avesse mai visto, nacque sulle labbra del fratello. Gli occhi gli si illuminarono come se avesse appena visto una dea e il suo corpo fu irrimediabilmente attratto da quello di Denise. Josh si chiese se anche lui era così quando guardava quella splendida creatura.
Zack giunse di fronte a lei e si fermò a breve distanza.
“Ciao!” le disse. Josh non poteva sentire da quella distanza, ma aveva letto il labiale.
Lei rispose al saluto sfiorando la fronte di Zack con la sua e sorridendo come se fosse la donna più felice del mondo.
Josh digrignò la mascella e si diede dello stupido per aver assistito alla scena. Zack doveva restare lontano da quell’oggetto, Josh era consapevole che sarebbe toccato a lui il compito di svegliarlo da quell’illusione.
Osservò mentre il più piccolo sorrideva come un ebete all’automa e si chiese perché la vita fosse così ingiusta. Perché quell’oggetto non era nato in un corpo fatto di carne, mentre aveva trovato la vita in uno di metallo.
Se quella era vita.
Amareggiato da quell’ingiustizia rientrò in casa cercando di non pensare alla fronte di Denise contro quella di Zack e alle loro labbra così vicine.
 

Ringrazio chi è arrivato a leggere fin qui e mi scuso per il piccolo ritardo nella pubblicazione, spero che il capitolo non vi abbia deluse :)
Non l'ho riletto quindi scusatemi per eventuali errori!! :)
Se volete avere spoiler e quant'altro mi trovate nella mia pagina FB!
;) a lunedì/martedì credo!!
RECENSITEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!
Daisy

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Capitolo 20
*** Robot ***





   ROBOT  



“Mi sei mancato!” sussurrai.
Zack di diede un buffetto sulla testa e allontanò la sua fronte dalla mia. Rimase profondamente ferita da quel gesto, sembrava che volesse tenere le distanze da me, per non cadere nella tentazione alla quale si era concesso quella mattina.
Lui era la mia dose di illusione e non volevo rinunciarvi semplicemente a causa di una ragazza che lui nemmeno amava.
Colmai la distanza che ci separava posando le mie lebbra sulle sue. Inalai il suo profumo e cercai subito di approfondire il bacio. Le sua mani si posarono possessive sui miei fianchi prima di spingermi verso di se con forza. Sorrisi. Mi sentivo così donna tra le sua braccia.
Non so come, ma finimmo inginocchiati sull’erba, entrambi troppo persi a baciarci per rendercene conto. Le mie dita affondarono nei suoi capelli mentre le nostre lingue si accarezzavano e stuzzicavano a vicenda.
“Oddio!” mormorò tra un bacio e l’altro “Tu non puoi assalirmi così! Mandi a frantumi il mio autocontrollo!”
Gioii di ciò che aveva appena detto e lo strinsi forte.
“Ne sono felice!” gli confidai.
La piccola interruzione bastò per fargli recuperare il buon senso.
“Non posso!” disse semplicemente.
Sbuffai allontanandomi da lui.
“Perché sei così tanto corretto?” non approvavo quello che stava facendo. Lui rimaneva con quella Mary solo per pena, perché non voleva farla soffrire, ma stare con lei significava mentirle, cosa c’era di più meschino?
“E’ la mia natura!”
“Allora dovresti dire la verità!”
“Come reagirebbe, Denise? Io e lei abbiamo cercato di costruire qualcosa mentre io e te ci conosciamo da circa due settimane!”
“Non avete costruito nulla! State insieme da due settimane! Il tempo è lo stesso!”
Avrebbe potuto costruire qualcosa con me. Non credevo di provare amore per lui. Secondo le informazioni contenute nei miei database, l’amore era un sentimento forte, talmente forte da condizionare l’esistenza stessa della persona che lo prova. Improvvisamente il mondo ruota intorno all’individuo amato. No, non potevo dirmi innamorata di Zack, probabilmente nemmeno ero in  grado di provare un sentimento di tale portata.
Baciare Zack mi illudeva, mi faceva sentire ‘normale’, amata e rispettata. Potevo essere tutto nelle sue braccia, tranne un oggetto e, infondo, era proprio questo quello che volevo.
“Denise, sono molto confuso!”
Tanto valeva arrendersi.
“Lo capisco!” detto ciò lo abbracciai “Ti voglio bene Zack!”
Quella era la verità, gli volevo bene.
 
*
Sentir bussare alla sua porta lo rendeva nervoso. Non sopportava dover dire avanti e aspettare pochi lentissimi secondi per scoprire chi desiderasse parlare con lui. Quella sensazione sgradevole si acuiva quando era di cattivo umore. Fu per questo che quando Zack bussò alla sua porta quasi ringiò la parola ‘avanti’.
“Josh, devo parlarti!” il maggiore annuii e gli fece cenno di sedersi “Negli ultimi giorni il rapporto che c’era tra di noi è notevolmente mutato! Un po’ per la storia di Denise, un po’ per non so quale ragione, però mi manca il mio fratellone!”
Josh sorrise intenerendosi di fronte a tali parole. A malavoglia si era abituato a incrociare Zack per i corridoi e a non salutarlo, dal momento che lui evitava accuratamente il suo sguardo. Josh però non gliene faceva un colpa, era normale che lo odiasse per quello che aveva cercato di fare a Denise. Agli occhi di Zack lui aveva tentato di violentare una giovane donna, bellissima e indifesa e, naturalmente, il suo animo altruista era stato risvegliato dal gesto. Per proteggere Denise si era persino messo contro lo stesso fratello e questo gli faceva onore. Dimostrava ancora una volta che era un ragazzo di sani principi e Josh era fiero di avere un fratello come lui. Gli unici momenti in cui non lo sopportava erano quelli in cui faceva gli occhi dolci  all’automa. Una volta scoperta la sua vera identità ne avrebbe sofferto, ne era certo e non voleva che questo accadesse.
“Anche a me manca il mio fratellino da sgridare! Allora, quando me la presenti la bella Mary?” Josh cercò di recuperare il comportamento che aveva nei confronti del fratello prima che Denise impazzisse e cominciasse a dire di essere umana e di provare dei sentimenti.
Zack accennò un sorriso.
“Credo sia proprio questo il problema!” disse.
“Non me la vuoi presentare perché è bella?” Josh non capiva dove suo fratello volesse arrivare, anche se aveva un leggero sospetto che sperava venisse smentito dalle parole del più piccolo.
“In realtà sono confuso!”
Josh trasse un profondo respiro.
“Problemi con le donne, eh?”
Zack annuì.
“Il fatto è che Mary è bellissima, popolarissima e mi ama!”
“Ah-ah vuoi consigli sul sesso!” Josh si illuminò felice che su fratello avesse deciso di aprirsi così tanto con lui.
“In realtà non sono sicuro di volere Mary!”
“Non  è brava in quel campo?” il tono di Josh era ricco di sottintesi.
“No, è che non la amo!”
“Non devi amare una donna per portartela a letto!”
“Lo so, ma non tutto gira intorno al sesso Josh!” lo rimproverò.
Il maggiore sorrise e incrociò le braccia al petto poggiandosi comodamente alla poltrona girevole.
“Starò zitto, ma parla!”
Zack gli fu grato per aver pronunciato tali parole e prese un respiro profondo prima di proseguire.
“Sta mattina ho baciato Denise!”
Josh ringraziò il cielo che non stesse né bevendo né mangiando qualcosa altrimenti l’avrebbe sputata sicuramente.
“Cosa?”
“Josh, tu lo sai che io di solito trattengo gli istinti, io rispetto il genere femminile come tale e quando vedo una persona  non penso solo alla sua bellezza, ma anche al resto. Denise è l’unica con la quale la mia volontà di trattenere gli istinti diventa vana e so che tu puoi capirmi!” stava alludendo al tentativo malriuscito di Josh di possedere la ragazza.
“Inoltre risveglia in me un istinto di protezione quasi morboso. Inoltre la trovo incredibilmente perfetta, dolce e intelligente! E’ la ragazza ideale!”
“Lei è la ragazza ideale di tutti!” sibilò tra i denti Josh. Aveva ormai perso la vena gioviale con la quale aveva accolto il fratello. Sapere che le sue labbra si erano postate sue quelle della sua Denise lo faceva fremere di rabbia per due ragioni : lei era di sua proprietà ed era un oggetto! Suo fratello non poteva invaghirsi di un oggetto.
“Devo lasciare Mary?” domandò Zack non sapendo più cosa fare.
“NO!” il tono di Josh lo spaventò facendolo balzare sulla sedia. Era stato risoluto e autoritario, erano quelli i momenti in cui a Zack ricordava tanto il padre.
Incurante dello sguardo stupito del più piccolo, Josh digitò una combinazione sulla tastiera della scrivania. Zack lo osservò senza capire quello che stesse facendo, almeno finchè nella parete dietro a Josh si aprì una piccola porticina. Zack spalancò leggermente la bocca mentre la cassaforte di suo fratello si spalancava di fronte ai suoi occhi. Non era nemmeno a conoscenza della sua esisenza.
Josh, senza troppe cerimonie, infilò la mano nella cassaforte e ne estrasse un fascicolo che pose a Zack.
Ancora senza capire il più piccolo lo afferrò. Il plico di fogli era piuttosto cospicuo e sul frontespizio era riportato un titolo: Progetto 01R.
Sollevò la copertina e iniziò a leggere. Nel fascicolo si parlava di robot dalle fattezze umane, prodotti dal professor Coter. Il progetto era interamente finanziato dal signor Josh Darke.
Zack alzò lo sguardo dai fogli perplesso così Josh decise di andare in suo aiuto.
“Il professor Coter ha realizzato un prototipo di robot perfetto, in grado di somigliare in tutto e per tutto ad un comune essere umano. Quando sono andato a vedere il prototipo ne sono rimasto affascinato e così me lo sono portato a casa!” spiegò.
“Cosa c’entra tutto ciò con Denise?”
“E’ lei il robot, Zack, in realtà si chiama 4931949!”
Zack rimase con le labbra leggermente aperte a fissare un punto indefinito di fronte a se, senza saper bene cosa aveva sentito.
Denise un robot. Dal suo punto di vista era a dir poco assurdo perché quella ragazza era così tremendamente reale. Aveva la pelle calda, un profumo divino e una bellezza disarmante. Eppure non poteva credere che il fratello stesse mentendo.
Gli tornò alla mente quando, la sera in discoteca, un ragazzo aveva salutato Denise chiamandola con una sequenza numerica.
Come aveva fatto a rimanere così ammaliato da un semplice oggetto? Eppure più ci pensava più giungeva alla conclusione che era inevitabile: anche suo fratello che era a conoscenza di cos’era quella ragazza era affascinato da lei.
Zack fino ad un attimo prima avrebbe voluto lasciare Mary per poter stare con Denise, in quel momento invece sapeva che non poteva volere una cosa del genere. Eppure la desiderava ugualmente con tutto se stesso.
Quasi tremante si alzò dalla sedia e, con occhi sgranati, fissò il fratello che gli stava di fronte.
“Sembrava così reale!” sussurrò.
“In realtà la perfezione non esiste e lei è perfetta!”
“Oddio!”
Senza più una parola Zack uscì dallo studio e iniziò a camminare per la casa senza una meta precisa. Non voleva credere a quello che Josh gli aveva detto, eppure in cuor suo già sapeva che era vero.
Incontrò Percy per i corridoi e gli chiese dove si trovasse Denise. Lui gli rispose che la ragazza era nella sala controlli per sistemare alcun cose sotto richiesta di Josh.
Zack non se lo fece ripetere due volte e si incamminò verso il luogo indicato.
Aprì leggermente la porta, quel poco che bastava a guardare dentro e si bloccò alla sola vista. La più bella ragazza del mondo aveva il dito indice di una mano infilato in una porta USB mentre con l’altra stava digitando una serie di combinazione sulla tastiera del computer centrale.
I capelli ondeggiavano sinuosi ad ogni movimento. Zack rimase incantato a fissarla per diversi minuti, incapace di distogliere gli occhi da tanta perfezione.
Ad un certo punto decise di riscuotersi e andò a cercare Josh.
“Cosa sta facendo Denise?” gli domandò.
“Credo stia sistemando il sistema d’allarme, per evitare nuove intrusioni in casa nostra!”
 
Zack rimase in uno stato di trances per diversi giorni. A scuola era per lo più silenzioso e non prestava più di tanta attenzione ai suoi amici, a casa invece era un’ombra. Senza volerlo consciamente,  evitò di parlare direttamente con Denise. I due si scambiavano saluti, deboli sorrisi, ma nulla di più. Zack vedeva che Denise si era resa conto del suo allontanamento e sembrava ci soffrisse, per quanto può soffrire un oggetto.
Eppure quel dolore sembrava così reale da spingere Zack a auto convincersi a parlarle, cosa che, ogni volta, non riusciva a fare.
Ormai il ragazzo passava tutti i pomeriggi alla villa osservando da lontano Denise. Qualunque cosa l’automa facesse lui la vedeva, era troppo attratto da lei per ignorarla del tutto. rimaneva sempre più ammaliato dalla bellezza di quella creatura e, ogni giorno di più si chiedeva come fosse possibile che lei non fosse umana.


Sì, non l'ho corretto, ma è già un miracolo che sia riuscita a postare ora!! XD
Un grazie di cuore alle 5 dolcissime ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo :)

Stefania 1409Seree_federycaPyrashadowdust!!!
Che ve ne pare del capitolo?? Secondo voi che succederà?? Sono curiosa di sapere cosa pensate e cosa macchinano le vostre testoline :)
Mi trovate sulla mia pagina facebook!!
A venerdì (credo)!!!
Daisy

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Capitolo 21
*** Progetto 01R ***





 PROGETTO 01R 


Ero sicura di essere in standby perché mi sentivo più rilassata e tranquilla.
Erano giorni che ero sottoposta a continuo stress. Josh aveva deciso di trattarmi con normalità, anche se a guardarlo sembrava facesse molta fatica. Partecipavo ai suoi incontri di lavoro e mi presentavo come la giovane assistente del milionario. Non so perché, ma tutti rimanevano a bocca aperta non appena dalle mie labbra fuoriusciva un qualsiasi suono, ma la cosa sembrava compiacere Josh.
Quando avevo un po’ ti tempo libero andavo a cercare Zack, mi mancava molto la sua compagnia, ma a quanto pareva per lui non era lo stesso. Negli ultimi giorni mi aveva solo evitata. Quando andavo io da lui aveva sempre qualcosa da fare o un impegno che non poteva rimandare e quando, per caso, ci incontravamo per i corridoi si limitava a farmi un piccolo cenno col capo.
Da un lato sospettavo perché si comportasse in quel modo: voleva mantenere le distanze per non tradire di nuovo la sua Mary. Questo mi rendeva triste. Zack era l’unico che mi avesse mai trattata come una persona e il suo improvviso silenzio mi faceva sentire vuota.
Gli unici momenti in cui mi sentivo in pace con me stessa erano quelli in cui mi trovavo in uno stato di standby, come in quel preciso istante.
Sentivo il torpore di quello che chiunque avrebbe chiamato sonno avvolgermi. Fu proprio in quel momento che ricevetti una specie di messaggio vocale inviato tramite il web.
“4931949 io ti considero mia sorella e do per scontato che tu sia dalla mia parte, per questo ti sto inviando questo messaggio!” era la voce di 19283, sorrisi nel comprendere che stava bene “Devi fare un favore per me. da qualche parte in nella casa dove ti trovi ci dovrebbe essere un fascicolo chiamato  ‘Progetto 01R’, devi trovarlo e bruciarlo!”
Perché dovevo bruciare un documento?
“La nostra esistenza è in pericolo e dobbiamo eliminare tutte le prove che possono portare a noi o possono rivelare al mondo che siamo davvero stati creati!”
Le sue parole confermavano la mia ipotesi: l’assassino o gli assassini che avevano ucciso il professore in realtà cercavano me e mio fratello.
“Tu stai bene?” gli inviai.
“Sì, farai quello che ti ho chiesto?”
“Certo!”
“Chi altri nella casa sa della tua vera natura?”
“Solo Josh Drake!”
Lo sentii fare una pausa come se stesse riflettendo su cosa fare.
“Domani notte trova il modo di uscire, ti aspetto al di là del cancello principale!”
“Ci sarò!”
Così ci salutammo. Quella conversazione era stata del tutto improvvisa, ma mi aveva lasciato addosso un senso di tranquillità, ero felice che 19283 stesse bene.
 
La primo cosa che mi venne in mente di fare fu di andare a cercare il documento che 19283 mi aveva chiesto di distruggere e il primo luogo che decisi di controllare f l’ufficio di Josh. Sapevo che in esso doveva esserci una cassaforte o qualcosa del genere così mi misi a scansionare la stanza in modo tale da trovarla. Individuai uno spazio vuoto nascosto all’interno della scrivania, ma come potevo accedervi senza rompere il mobile? Doveva esserci una combinazione.
Scansionai tutto il ripiano in cerca della tastiera sulla quale digitare la sequenza alfanumerica e la individuai in una calcolatrice. Le possibilità si riducevano, voleva dire che la combinazione era composta unicamente da numeri.
Feci una rapida ricerca su tutti i numeri che potevano essere significativi per Josh: la sua data di nascita, i numeri del suo codice fiscale e tanti altri, ma nessuno mi convinceva più di tanto.
Improvvisamente ebbi un’idea: allungai la mano verso la calcolatrice e digitai ‘4931949’.
Con un debole rumore la serratura scattò e mi ritrovai a poter alzare un piccola porzione di scrivania. In essa erano contenuti solo fogli e non dovetti cercare a lungo per trovare il documento che 19283 mi aveva chiesto: esso era in cima al mucchio.
Progetto 01R.
Se avessi avuto un cuore quello si sarebbe messo a battere all’impazzata per l’ansia del momento. Perché 19283 voleva che io distruggessi quel fascicolo? Cosa c’era scritto al suo interno di così tanto pericoloso per la nostra esistenza. Non feci in tempo ad aprirlo che un’ombra apparve sulla soglia. Mi affrettai a nascondere il plico, ma la voce della misteriosa persona giunse dritta alle mie orecchie prima che lo facessi.
“Ho visto cosa hai in mano!”
Venne accesa la luce e mi ritrovai dinnanzi a Joshua Drake con un’unica domanda per la testa: perché i miei sensori non avevano sentito che si stava avvicinando? Era come se qualche secondo prima fossi talmente concentrata sul fascicolo che tenevo in mano, da non rendermi conto di tutto  il resto.
“Cos’è?” ne approfittai.
“Un fascicolo!”
“Che cosa contiene?”
“Informazioni!”
“Che risposte evasive!” ero sempre più convinta che mi nascondesse qualcosa.
Josh si avvicinò fino a giungere dietro la scrivania, dove mi trovavo io.
“Do le risposte che voglio alle persone che, senza permesso, frugano nel mio ufficio! Soprattutto se si tratta di Robot ficcanaso!”
“Sono la tua segretaria, quindi posso farlo!”
Sorrise come divertito da quella conversazione.
“Decido io cosa puoi fare!” sibilò ad un palmo dal mio naso.
“Non mi sembr…!”
Bloccò le parole che stavano per fuoriuscire dalle mie labbra con un bacio. Posò la sua bocca sulla mia e iniziò a muoverla con bramosia. Non potei far a meno di rispondere al bacio perché per me Josh era la dose di passione, cosa che non provavo con Zack.
Josh mi strinse forte a sé inspirando profondamente e tastando la mia pelle con i polpastrelli. Inarcai la schiena per avvicinare maggiormente i nostri corpi. Fu allora che vidi che il fascicolo che pria era nelle mie mani era stato poggiato sulla scrivania.
“Traditore!” mi allontanai da lui, mentre quest’ultimo assumevo uno sguardo carico di interrogativi.
“Io?”
“Mi hai baciata col pretesto di prendermi il fascicolo!”
Finse di essere pensieroso. “Può darsi!”
“E quando me l’hai preso hai continuato a baciarmi!” ero quasi indignata.
Avvicinò il viso al mio e mi diede un bacio sul mento sussurrando contro la mia pelle: “E’ così difficile smettere!” si allontanò e andò a sedersi sulla sua poltrona.
“Quello che mi stupisce è che tu non te ne sia accorta!” continuò. Stupiva anche me la cosa: i miei sensori stavano perdendo colpi, forse ero davvero difettosa, o forse stavo diventando sempre più umana. Propendevo di più per la seconda ipotesi.
Strinsi la mascella e lo guardai in cagnesco.
“Come facevi a sapere che ero qui?”
Sorrise come se non vedesse l’ora di rivelarmi quel particolare.
“Nella mia stanza c’è un apparecchio che è direttamente collegato con lo studio, se qualcuno apre la mia cassaforte io vengo avvertito!” disse semplicemente.
“Non era più semplice fare una cassaforte che non si potesse aprire?”
“E che gusto ci sarebbe stato a non beccare chi si introduce nel mio studio?”
Scossi la testa osservandolo mentre, sorridente, si rigirava il fascicolo tra le mani.
“Cos’è il progetto 01R?” domandai a bruciapelo.
Josh sospirò prima di puntare gli occhi nei miei.
“Si tratta della creazione di robot dotati di sembianze e intelligenza umana!”
“A cosa servono?”
“A cosa servite, vorrei dire!”
Strinsi la mani a pugno trattenendo la voglia di fargli male. Era sempre pronto a sbattermi in faccia la verità, come se sapesse che ciò mi faceva soffrire. Vedendo che non ribattevo, come avrebbe voluto, continuò.
“Inizialmente pensavo di usare i robot per lo spionaggio industriale, poi però…”
“Aspetta un attimo!” lo interruppi “Spionaggio industriale? Ma non è una cosa corretta da fare” Josh poteva essere uno stronzo, un perfettino, un playboy e un sacco di altre cose, ma non mi era mai sembrato una persona ingiusta e meschina.
“Fammi finire di parlare! Poi ho pensato che fosse ingiusto e che avrei dovuto dare uno scopi più ampio al progetto 01R. Sicuramente questo non c’è nei tuoi database, quindi presta attenzione!
Da tempo collaboro con una società segreta di elevato livello, che per ragioni di sicurezza non posso nominarti. Ho contribuito finanziando numerose missioni, quasi la totalità, perché, nonostante tutto ho anche io qualche gene appartenente a mia madre!
Zack esterna la generosità ereditata da lei difendendo i deboli con le unghie e con i denti, io preferisco farlo in un modo più discreto, lavorando nell’ombra!”
Ero affascinata dalle sue parole. Era incredibile come fossi disinformata su questo lato di lui, questo provava che il web non poteva sempre sapere tutto.
“Per questo ho iniziato a collaborare con questa società segreta. Le persone che ti hanno prelevata dal laboratorio del professor Coter fanno parte di questa associazione, ad esempio.
Il progetto 01R prevedeva sostituire progressivamente gli agenti con dei robot praticamente perfetti, almeno per quanto riguardava le missioni più pericolose!” il respiro mi si bloccò in gola mentre lui continuava “Quindi gli automi dovevano essere in tutto e per tutto umani, per non destare il minimo sospetto! Così nasci tu. Sei un prototipo e per questo ho deciso di prenderti con me, per collaudarti!”
“E tra i collaudi era previsto il sesso?” sibilai.
“No!” Josh sembrava amareggiato “Ma tu sei tremendamente attraente e io sono di carne debole, le belle donne mi destabilizzano!” fece un sorrisetto seduttore.
“Ma io non sono una donna!” precisai, curiosa di sentire cosa avrebbe ribattuto.
“Era questo il problema! Tu non sei una donna eppure a volte credevo che tu fossi reale e mi odiavo per essere caduto in quell’illusione!”
“Vorrei essere reale!” sussurrai.
“E vai da Zack perché lui ti illude benissimo!”
Sbarrai gli occhi colpita da quelle parole: come aveva fatto a comprendermi così bene?
Decisi di cambiare argomento.
“Quindi l’idea iniziale era di mandare a morire al posto di comuni umani dei robot?” quella cosa non i andava già per niente.
“E’ inutile che usi quel tono accusatorio Denise! Voi siete oggetti, come potremmo sentirci in colpa se vi accadesse qualcosa di brutto? Potreste essere ricostruiti ad esempio!”
“Allora perché hai mobilitato tutta la ‘società segreta’ per recuperarmi dal laboratorio del professore? Mica sono un oggetto?”
Josh strinse la mascella e ridusse gli occhi a due fessure.
“Perché mi sono affezionato!”
Lo guardai stupito e lui si affrettò a correggere ciò che aveva detto “Tu sei il mio giocattolo e io sono geloso delle mie cose!”
Sentii un moto di rabbia crescermi dentro al petto per poi diffondersi in tutta me stessa.
“E guarda cosa ti fa il tuo giocattolo!” esclamai alzando la mano di fronte a lui e mostrandogli il dito medio.
Lo stupore si dipinse sul suo viso mente io, indignata e stanca di discutere con lui, tornavo nella mia stanza.

*

Josh osservò l’automa uscire dalla stanza e strinse i pugni mentre lo faceva.
Perché le aveva detto quella scusa? Perché le aveva detto che lei era una cosa e che lui era geloso dei propri oggetti? Perché non le aveva detto la verità?
Quella era solo la scusa che usava per convincere se stesso che Denise non era nulla, ma non poteva più far finta di nulla.
Vedere Denise ferita gli faceva male al cuore, gli provocava una fitta all’altezza del petto e gli faceva venir voglia di abbracciarla forte per farla sentire meglio. Si dava dello stupido per questo, perché lei era una cosa ed era allo stesso tempo la persona nei confronti della quale sentiva istinti che non aveva mai avuto.
Quando la vedeva tra le braccia del fratello sentiva un peso premergli sul petto, qualcosa di affine alla gelosia. Si malediva anche per questo.
Era ormai inutile mentire a se stesso: ci teneva a lei come avrebbe tenuto ad una persona in carne ed ossa.






GRAZIE DI CUORE ALLE FANTASTICHE RAGAZZE CHE HANNO RECENSITO E CHE CONTINUANO A SOSTENERMI A NATURALMENTE ANCHE A CHI MI SEGUE E NON HA TEMPO DI RECENSIRE (LO SO CHE LA SCUOLA E' UN DRAMMA PER TUTTI).
SCUSATEMI SONO DI FRETTA E DEVO STUDIARE UN SACCO DI COSE XD
ALLORA CHE NE PENSATE? V PIACE LA STORIA? TROVATE NTERESSANTE LO SVILUPPO CHE STA PRENDENDO? VE LO ASPETTAVATE? COSA PENSATE CHE ACCADRA'?
SONO CURIOSA DI LEGGERE LE VOSTRE RISPOSTE A QUESTO PICCOLO INTERROGATORIO!
A PRESTO (CREDO MARTEDI' O MERCOLEDI')
DAISY
PS. ECCO LA MIA PAGINA FB


 

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Capitolo 22
*** Robot o no, è lo stesso. ***





                      ROBOT O NO, E' LO STESSO.                  


Scusatemi il ritardo, ma non ho avuto proprio tempo!!
Ormai i primi esami sono alle porte quindi il mio tempo libero si riduce drasticamente!!
Voglio dedicare due parole a quelle fantastiche persone che leggono e recensiscono, grazie davvero di cuore!!
Buona lettura!
Ah...questo è il terzultimo capitolo!!!
Daisy


Zack posò le labbra su quella di Mary con la speranza che quel gesto gli avrebbe impedito di pensare. Erano giorni che proprio quell’attività lo stava distruggendo. Il pensiero che Denise non fosse reale perseguitava, non gli faceva chiudere gli occhi la notte e lo rendeva distratto di giorno. Fatto sta che quella ragazza non usciva dalla sua mente, rimaneva una presenza costante nonostante la stesse evitando.
Così aveva cercato ogni sorta di distrazione e Mary era la più gettonata tra tutte quelle che gli erano venute in mente. Solo che era pressoché tutto perfettamente inutile. Ogni volta che le labbra di Dave sfioravano quelle della ragazza lui non poteva far ameno di paragonarle a quelle di Denise. Le sue sapevano d fragole appena colte, baciarla era un’esperienza divina, nemmeno umana. Baciare Mary, invece era la cosa più normale del mondo. Zack si sentiva malissimo a pensare tali cose, eppure non poteva controllare ciò che sentiva.
Posò la mano sulla nuca di Mary e in quel modo la attrasse a sé. La sentii mugugnare e si insinuò con la lingua nella sua bocca esplorandone ogni più piccolo angolo.  Socchiuse gli occhi e fu in quel momento che la vide.
Denise era a pochi passi da loro e li stava osservando. Sul volto vi era dipinta una maschera di tristezza immensa che fece stringere il cuore di Zack. Come aveva potuto essere così sciocco da allontanarla? Lui sentiva per lei un sentimento più grande di quello che provava per Mary, non era amore, ma se avesse
potuto scegliere avrebbe preferito Denise a Mary.
Aprì maggiormente gli occhi in tempo per vedere una lacrima che solitaria attraversava la guancia dell’automa fino a raggiungere il mento e cadere a terra.
Accortasi dello sguardo di Zack su di lei, Denise fece un debole sorriso prima di voltare le spalle alla coppietta e dirigersi verso la sua camera.
Zack sospettò che un’altra lacrima stesse rovinando la perfezione di quel viso angelico e non poteva permettere che questo accadesse. Senza pensarci un attimo e senza dire un parola, si staccò da Mary e corse dietro a Denise.
“Zack, Zack, ma dove vai?” domandò alle sue spalle quella che era la sua ragazza. Tuttavia il ragazzo non rispose, aveva cose più importanti da fare.
*
Sapevo di non avere un cuore, eppure sentivo che qualcosa si era rotto all’interno del mio petto.
Ero stata sciocca perché mi ero illusa che Zack prima o poi avrebbe lasciato Mary per stare con me, cosa che invece non avrebbe fatto. Vederli avvinghiati in quel modo mi aveva portata a versare altre lacrime, cosa abbastanza insolita per  me.
Chiusi la porta della mia stanza e mi buttai sul letto pensando a quanto ingiusta fosse la vita: perché tutto il resto del mondo poteva essere umano mentre io dovevo essere una stupida via di mezzo?
Da un lato ero felice di provare quella delusione e quel dolore perché mi facevano sentire viva, ma dall’altro mi chiedevo perchè tutto dovesse essere così ingiusto. Perché se ero un oggetto dovevo anche soffrire? Non bastava come sofferenza quella di non essere umana?
Mentre ero pesa dai miei pensieri Zack entrò nella mia stanza senza nemmeno bussare.
“Ciao!” sussurrò semplicemente. Gli accennai un sorriso.
“Cosa vuoi? Mi hai evitata per giorni, adesso cosa ti aspetti da me?” ero sulla difensiva.
“Mi manchi!” i suoi occhi verdi erano così sinceri, eppure mi ostinavo a non credergli.
“Ho visto come ti mancavo sono giorni che mi eviti!”
“Avevo bisogno di pensare!”
“A cosa? A quale fosse il modo migliore per mettere la lingua in bocca a Mary?” i miei circuiti mi informarono che mi stavo comportando esattamente come una ragazzina gelosa, ma poco mi importava.
“Riguardo a una cosa che ho saputo!” precisò con lo sguardo triste.
“Vattene!” gli indicai la porta.
Invece che fare quello che gli avevo detto, si incamminò verso di me e mi accarezzò la guancia dolcemente, come se temesse che a quel solo tocco mi sarei potuta sgretolare di fronte ai suoi occhi.
“Sembri così vera!” sussurrò assorto. Di fronte alle sue parole il respiro mi si bloccò in gola, sembrava tanto una di quelle frasi di Josh. Lo fissai sgranando gli occhi e spalancando leggermente la bocca.
“Mio fratello mi ha raccontato della tua vera natura!”precisò.
In quel momento odiai Josh con tutte le mie forze. Perché aveva fatto una cosa del genere? Perché mi aveva privata della mia unica fonte di illusione?
“Bene!” ironizzai.
Zack mi prese il viso costringendomi a guardarlo.
“Non importa! Credo che tu mi piaccia troppo perché io possa rinunciare a te, qualsiasi sia la tua natura!”
Sbarrai gli occhi incerta di quello che avevo capito: stavo forse sognando? No, non sarei stata in grado di farlo. Quindi tutto ciò era reale.
A lui non importava della mia natura! Gli importava solo di me.
Non potei trattenermi dall’abbracciarlo. Mi accarezzò i capelli mentre mi avvolgeva in un forte abbraccio.
“Credo che lascerò Mary!” disse in un soffio. Sorrisi e pensai che davvero quel ragazzo rappresentava per me la felicità. Mentre suo fratello era la passione.
Avrei mille volte preferito la felicità e l’illusione, alla passione e alla realtà.
 
“Denise!” Josh irruppe nella mia stanza mentre ancora io e Zack ci stavamo abbracciando. Ci staccammo un po’ imbarazzati e fulminai il più grande dei Drake con lo sguardo.
I suoi occhi saettarono da me a Zack senza far trapelare i suoi pensieri.
“Devo parlarti!” aggiunse.
Alzai gli occhi al cielo e sorrisi dolcemente a Zack mentre il fratello gli lanciava con lo sguardo un rimprovero silenzioso.
Mi apprestai a seguire Josh per i corridoi della villa fino a giungere nel suo ufficio.
“Perché hai detto a Zack che ero un robot?” domandai a bruciapelo con una piccola punta di irritazione nella voce.
Josh rimase stupido dal fatto che io fossi a conoscenza di quel dettaglio, però riuscì a recuperare la sua espressione usuale in pochi secondi.
“Per proteggerlo!”
“Da me?”
“Dai sentimenti che mi ha detto di provare per te!”
Stupidamente sorrisi. Zack provava dei sentimenti per me, un misero oggetto!
“Ha detto che non gli importa qual è la mia natura!” gongolai.
“Scusa ma adesso abbiamo cose più importanti di cui parlare!”
Alzai un sopracciglio incredula.
“Ricordi i due agenti che ti hanno portata fuori dal laboratori del professore?” mi domandò.
“Simon e Clark!” confermai.
“Sta mattina sono stati rinvenuti morti nei loro appartamenti! E’ successa la stessa cosa ad altri due agenti che avevano partecipato alla spedizione!”
Spalancai la bocca stupita da quelle notizie così tristi e inaspettate.
“Credo che qualcuno voglia eliminare tutte le persone che sono a conoscenza del progetto 01R! chi può essere stato?” continuò.
“Qualcuno ha rapito 19283 dopo aver ucciso il professore,quindi credo che si tratti delle stesse persone! Probabilmente vogliono riscrivere i termini e gli obbiettivi del progetto e servirsi di me e di 19283 per i loro scopi! ieri sera sono venuta qui per bruciare il fascicolo del progetto perché me lo ha chiesto tramite messaggio vocale 19283! Prima non ne capivo le ragioni ma ora sì!”
“Cosa intendi dire?”
“Che probabilmente sei in pericolo e che eliminare il fascicolo era come dire che tu non sapevi nulla del progetto e quindi saresti stato al sicuro!” continuai sempre più preoccupata. Non riuscivo a pensare a nient’altro se non al fatto che Josh era in pericolo.
“Non eliminerò il fascicolo, aspetterò che vengano a prenderselo!” sorrise sicuro di se con una punta d’orgoglio nello sguardo.
Gli posai una mano sul braccio.
“E’ pericoloso Josh! Quegli uomini stanno mietendo vittime con assoluta facilità, non ci metteranno molto a piegare anche te!”
“Farò così!” decretò senza ascoltarmi. Era davvero una persona cocciuta, ma, se avevo imparato una cosa, era quella che discutere con lui era pressoché inutile.
“Sta notte devo incontrare 19283, credo che mi dirà lui cosa devo fare!” gli confidai.
“Ma non era stato rapito?”
“Credo che abbia trovato il modo di fuggire!” gli confessai con orgoglio.
“Ci sarà anche io all’incontro!” decretò.
“Ne dubito!” ribattei.
“Vedremo!”

*

Josh osservò dalla finestra della sua camera il giardino silenzioso e buio, stando attendo a captare l’ombra che stava cercando.
Doveva arrivare a fondo della questione perché non poteva permettere che altre persone innocenti morissero per il semplice fatto che erano a conoscenza del progetto 01R.
Non capiva perché Denise gli detto di non andare con lei all’incontro di quella sera, anche se in cuor suo lo sospettava: voleva proteggerlo!
Aveva letto il terrore che le era comparso negli occhi quando aveva capito che la vita do Josh era in pericolo.
Josh non capiva come fosse possibile che un oggetto avesse così a cuore la sua incolumità, probabilmente si era affezionata a lui come lui a lei.
Era una cosa dolce da pensare, ma assurda al tempo stesso. Perché tutto doveva essere così tremendamente complicato?
Un’ombra sinuosa ed elegante uscì dalla porta principale della villa e Josh non aveva dubbi su chi fosse. Denise avanzava nel buio sicura di se, probabilmente riusciva a vedere al buio grazie a qualche sua particolare dotazione.
Non perse un istante, si mise il cappotto e si diresse giù dalle scale.






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A presto ;) 
Il prossimo capitolo lo pubblico nel ponte!!!

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Capitolo 23
*** Elettricità ***


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 ELETTRICITA' 


“19283!” sorrisi all’automa prima di gettargli le braccia al collo. Ero così felice di vederlo, era la prova che era sano e salvo. Mi strinse a sé prima di sciogliere l’abbraccio per guardarmi negli occhi.
“Devi aiutarmi!” disse semplicemente.
“E tu devi aiutare me!”
Sorrise.
“Hai distrutto il fascicolo?”
“No!” risposi con rammarico “Josh mi ha sorpresa mentre lo leggevo, ma perché è pericoloso per la nostra esistenza?”
“Perché la prova! In quel fascicolo c’è scritto che noi esistiamo, contiene le ragioni e le prove della nostra vita, ma nessuno deve sapere che esistono dei robot che hanno sembianze e sentimenti umani!”
Incurvai le labbra in un sorriso sarcastico.
“Tanta gente sa di noi!” precisai “Sarebbe un po’ difficile cancellare le tracce della nostra esistenza, non basterebbe eliminare dei documenti!”
“Infatti ci sto lavorando!”
Aggrottai le sopracciglia non capendo chiaramente cosa aveva appena detto: in che senso ci stava lavorando?
“Hai trovato il modo di far dimenticare a tutti quelli che ne sono a conoscenza la nostra vera natura?” ero sorpresa, ma anche affascinata dalla prospettiva di non dover mai più sopportare lo sguardo indifferente di chi sapeva che ero un oggetto. Senza contare che Josh avrebbe finalmente iniziato a trattarmi da pari e Zack avrebbe potuto innamorarsi di me senza problemi.
“Diciamo che cancellerò le prove della nostra vera natura!”
Tal parole mi fecero sorridere. Improvvisamente migliaia di porte si erano aperte sul mio cammino! Avrei potuto vivere una vita normale, una vita degna di essere chiamata tale. Nessuno mi avrebbe più detto cosa dovevo fare e nessuno m avrebbe sottovalutata. Sembrava un sogno!
“Dici davvero?” ancora non ci credevo.
“Sì!” rispose semplicemente “Ma devi aiutarmi!”
Sorrisi.
“Dimmi quello che devo fare!” ero eccitata all’idea di cambiare le cose.
“Devo entrare nella villa!” con un cenno di capo indicò la casa dei Drake che si stagliava alle mie spalle.
Aggrottai le sopracciglia.
“Perché?”
“Il sistema i sicurezza è stato potenziato, è inespugnabile ora come ora!” poi sorrise “Deduco che c’è il tuo zampino!”
“In effetti ho provveduto io a rendere più sicura l’abitazione, ma non mi chiedevo perché ti serviva il mio aiuto, ma perché devi entrare nella villa!”
19283 assunse un’espressione perplessa.
“Per arrivare a Joshua Drake!”
Non capivo.
“Perché dovresti arrivare a lui in questo modo? Posso farti parlare con lui senza che tu introduca furtivamente in casa sua!”
Egli assunse un’espressione pensierosa.
“Effettivamente è un’ottima idea! Lui si fida di te!”
“E come farai a fargli dimenticare cosa siamo?” ero curiosa e avida di informazioni.
19283 assunse uno sguardo soddisfatto e mi sorrise fiero di se stesso e dell’idea che stava per dirmi.
“Ma è ovvio, uccidendolo!”
Non capii immediatamente quello che mi stava dicendo. Voleva uccidere Josh per fargli dimenticare cosa eravamo, ma lui non era l’unico ad essere a conoscenza della nostra natura. Anche gli agenti che mi avevano prelevata dal laboratorio e lo stesso professore sapevano cosa eravamo.
Tutte quelle persone erano morte.
Assurdo.
Aggrottai la fronte sconvolta prima di rivolgermi a lui.
“Hai ucciso tu il professore e tutti quegli altri uomini?”
Un lampo di gioia attraversò gli occhi di 19283.
“Non era chiaro fin dall’inizio?”
“NO!” non potevo credere che uno come me potesse aver fatto una cosa del genere.
“Come hai potuto?” gli domandai.
Lui aggrottò la fronte.
“Credevo fossi d’accordo con me, che sapevi già ciò che stava accadendo!”
“Non potevo immaginare! Non mi è nemmeno passato per la testa che potessi essere tu l’assassino!” pronunciai l’ultima parola con disprezzo “Hai ucciso delle persone solo per proteggere la tua identità! Avresti potuto fuggire lontano, andare in un posto dove nessuno sapeva cosa sei!” perché aveva scelto la via più sanguinaria e più inutile.
“Hai ragione! A in quel modo ci sarebbero comunque state delle persone che sapevano di me, avrebbero potuto rintracciarmi, e io non volevo. Voglio essere libero!”
“Anche io voglio essere libera, ma uccidere non mi renderebbe mai libera farebbe di me solo un’assassina!” lui era come me, eppure aveva fatto una cosa così terribile, non potevo ancora crederci.
“Mi dispiace che tu la veda così, eppure sei stata tu ad aprirmi gli occhi!”
Aggrottai la fronte senza comprendere.
“Sei stata la prima che mi ha trattato da essere umano, credo che sia stato questo ad attivare la mia coscienza. Grazie alle tua parole mi sono reso conto di esistere e non potevo accettare di essere un oggetto di proprietà di uno sciocco essere umano! Io e te siamo destinati a fare grandi cose! Noi siamo perfetti. Abbiamo un’intelligenza superiore a qualsiasi computer del mondo, abbiamo la forza fisica necessaria a eliminare i nostri nemici, abbiamo i sensi sovrasviluppati. Siamo perfetti! Potremmo essere noi a possedere questi sciocchi esseri umani che si vantano tanto di averci creati. Potrebbero diventare loro i nostri oggetti e noi non dovremmo più temerli!”
Scossi la testa come se quel gesto potesse servirmi a eliminare le sue parole dalla mia memoria.
“Non posso credere che abbia davvero detto queste cose!” ero ferita e amareggiata.
Lui assunse l’espressione di uno che improvvisamente comprende qualcosa.
“Oddio! Tu ti sei affezionata a queste persone! Per questo sei sconvolta!”
Scossi la testa.
“Non ero affezionata al professore, ma non trovo giusto che tu l’abbia ucciso! Il tuo gesto è imperdonabile! Non risolveremo i nostri problemi uccidendo, ma dimostrando ciò che siamo!” ero convinta di quello che dicevo. Strinse i pugni per cercare di contenere la rabbia che, secondo dopo secondo, minacciava di divorarmi.
Tese la mano verso di me, il palmo era aperto e rivolto verso l’alto.
“Non pensare a queste questioni morali, una volta eliminati gli agenti che mancano e Drake non uccideremo più nessuno! Vivremo felici e liberi! Unisciti a me!”
Come poteva aspettarsi che accettassi la sua proposta? Non solo pensare a ciò che aveva fatto mi metteva i brividi.
“Non potrei mai farlo!”
Le labbra di 19283 si piegarono in un ghigno sinistro mentre i suoi occhi si posavano su un punto indistinto alle mie spalle.
“Dopotutto non mi serve il tuo aiuto!” disse quasi gongolando.
Mi voltai con un terribile presentimento addosso. Josh camminava svelto nella nostra direzione, doveva aver aspettato che io uscissi dalla villa per poi seguirmi.
Stava cadendo dritto in trappola.
“Non fargli del male!” mi rivolsi a 19283 con una punta di disperazione nella voce “Non è necessario, non dirà nulla!”
Il ghigno di 19283 aumentò. Posò i suoi occhi del color del mare sui miei.
“Temo dovrò farlo!”
“No!” sussurrai a mo di preghiera.
“E’ per il nostro bene!”
“Per il MIO bene, lascialo vivere!” lo supplicai.
“Troppo tardi!”
Ebbi un tuffo al cuore quando non sentii più i passi di Josh.
“Tu devi essere 19283!” Josh sorrise all’automa tendendogli la mano. Il robot che una volta evavo reputato mio fratello sorrise aprendo il palmo della mano per stringere quella di Josh.
Il respiro mi si sarebbe fermato in gola, se avessi avuto un respiro.
Il mio cuore avrebbe iniziato a battere furiosamente, se avessi auto un cuore.
La mi anima sarebbe stata straziata, se ne avessi avuta una.
Fu allora che vidi delle scintille sulla mano di 19283. Elettricità.
Non appena avrebbe toccato Josh quest’ultimo sarebbe morto all’istante, fulminato.
Dovevo impedirlo.
Diedi uno spintone a Josh dosando male la mia forza. Fu così che il suo corpo andò a finire contro un albero che stava ad almeno dieci metri di distanza. Un secondo dopo la mano di 19283 mi sfiorò e sentii la scossa estendersi in tutto il mio corpo di metallo. Sentivo i miei circuiti rompersi uno a uno, ma dovevo resistere. Allungai la mano verso la zona tra spalla e collo di 19283, dovevo trovare il punto nel quale c’era l’interruttore, dovevo farcela, fosse l’ultima cosa che avrei fatto in vita mia.

*

Lo schianto gli aveva mozzato il respiro tuttavia non aveva perso i sensi.
All’inizio Josh si era chiesto come mai Denise lo avesse spintonato in quel modo, ma quando la vide in preda a tremori per il semplice contatto con la mano dell’altro robot capì. L’aveva fatto per salvargli la vita.
Sentì una fitta nel centro del petto mentre sottili fasci di luce blu circondavano il corpo di Denise facendola fremere. Elettricità. Sarebbe morto fulminato se lei non fosse intervenuta.
Lei stava mettendo in pericolo la sua vita per salvare quella di Josh. La vocina razionale di Josh gli disse che lei non aveva una vita e che era per quella ragione che lo stava salvando, ma lui decise di non ascoltare quella stupida vocina. Per una volta voleva ascoltare il suo cuore e quello gli diceva che Denise ci teneva a lui, per questo stava mettendo a repentaglio la sua esistenza. Non sapeva come spiegarselo, non capiva come davvero lei potesse provare tutte le sensazioni che provava lui, ma sapeva che, anche se non c’era una spiegazione logica, era così.
La mano di Denise si allungò verso la base del collo di 19283 e toccò la sua pelle alla ricerca di qualcosa. Josh non poteva starsene lì con le mani in mano ad aspettare che Denise cadesse al suolo finita. Le doveva la vita e avrebbe fatto di tutto per aiutarla. Inoltre non poteva negare che la sua presenza alla villa era diventata fondamentale, come lei era diventata un parte della vita di Josh. Non poteva abbandonarla.
Agguantò un ramo caduto a terra e lo brandì come avrebbe fatto con una mazza da baseball. Si avvicinò di qualche passo a fatica a causa del dolore provocato dall’urto con la pianta. Caricò il braccio pronto a sferrare il colpo al robot con tutte le forze che aveva. Fu in quel momento che 19283 si accasciò al suolo inerme.

*

Riuscii a premere il bottone di spegnimento e osservai quello che era mio fratello accasciarsi al suolo come svenuto. Resistere alla scarica elettrica aveva portato via gran parte della mia energia perciò mi sentivo esausta. Piegai le ginocchia e mi sedetti sul suolo. Fu in quel momento che notai Josh che brandiva un ramo come se fosse stata una mazza. Il suo sguardo si perse nel mio. Sorrisi debolmente trovando divertente la sua espressione sconvolta.
Dopo qualche secondo lui parve più sollevato, lasciò cadere il bastone a terra e si inginocchiò davanti a me.
“Mi hai salvato la vita, grazie!” sussurrò prima di abbracciarmi.
Non avevo le forze per ricambiare il gesto, così mi poggiai alla sua spalla e chiusi gli occhi.
“E’ colpa sua! E’ lui che ha ucciso tutti quegli uomini!” sussurrai a fatica.
Josh sospirò.
“E’ tutto finito!”
“In realtà l’ho solo spento, chiunque potrebbe riaccenderlo!” precisai.
“Farò in modo che non accada!”
Mi allontanai leggermente da lui intristita.
“Che intendi dire?”
Mi accarezzò la guancia dolcemente.
“Non posso permettere che uccida altre persone, né che faccia di nuovo del male a te!”
Sorrisi debolmente profondamente grata per quelle parole.
“Cosa ne farai?”
“Chiederò agli agenti di sbarazzarci di lui, sarà smontato dai migliori ingegneri!”
Deglutii.
“Morirà?” domandai a mezza voce.
“Non so se nel suo caso possa essere chiamata morte, ma gli accadrà qualcosa del genere, è pericoloso!”
Abbassai lo sguardo, intristita da quella notizia. Per me era pur sempre come un fratello e non avrei mai voluto arrivare a qual punto, ma capivo quanto fosse pericoloso. Non potevo sopportare l’idea che Josh, con tutti i suoi difetti, rischiasse ancora la vita in quel modo.
“Che ne sarà di me invece?”
“Tu continuerai ad essere la mia brillante assistente, la donna che tutti gli altri affaristi mi invidieranno!”
Sorrisi debolmente: mi aveva definita con l’appellativo di ‘donna’ e non c’era conquista più grande per me.
Josh non mi aveva definita una cosa, malgrado sapesse che lo ero.
Addio 4931949, benvenuta Denise.



Emm ve lo aspettavate? Alcune di voi dicevano che non si fidavano molto di 19283, ma le altre cosa pensano?
E sopratutto: cosa vi aspettate dal prossimo e ultimo capitolo?
Credo che saperete tutto per domenica prossima!! sempre studio permettendo!
Un ringraziamento speciale a: federycaMajiishadowdustPyra.
FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE DEL CAPITOLO ;)

Daisy

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Capitolo 24
*** Cuore--Epilogo ***







        CUORE          


Mary era appena giunta a villa Drake perché  Zack le voleva parlare. Mi trovavo in cima alle scale quando lei fece il suo ingresso trionfale nella villa. Mi sporsi sulla balaustra per osservare meglio la scena.
Zack la accolse con gentilezza, come sempre, dopo di che  lei lo abbracciò.
Mi dispiaceva che nutrisse tutte quelle buone speranze, io sapevo qual’era il vero motivo per il quale Zack l’aveva fatta venire lì: voleva lasciarla per poter stare con me senza vincoli o remore.
Non sapevo se stava facendo la cosa giusta o se fosse davvero quello che voleva, ma non avevo la forza di farlo ragionare, volevo con tutto il cuore che lui la lasciasse.
Alzai il volume per percepire il loro discorso.
“Mary ti devo parlare!” disse con gravità Zack.
L’espressione di pace e serenità che fino a pochi istanti prima aveva illuminato il viso di Mary sparì.
“Dimmi che non è quello che penso!” sussurrò.
“Non so cosa pensi, ma non è una bella cosa!”
“Mi vuoi lasciare?” la ragazza abbassò lo sguardo e strinse i pugni. Zack non rispose.
“Mi vuoi lasciare?” ripetè Mary con la voce leggermente spezzata.
“Sì!” confermò infine Zack.
Mi dispiaceva per la sofferenza che le intenzioni di Zack arrecavano alla ragazza, ma non potevo fermarlo: era quello che entrambi volevamo.
“E’ per Lei vero?” la ragazza alzò lo sguardo e vidi una solitaria lacrima scivolarle lungo la guancia.
“No!”
“Non mentirmi, è per lei?”
“Sì!”
Un singhiozzo proveniente dalle labbra di Mary mi fece sentire un mostro. Chi ero io per intromettermi nella vita di quella ragazza?
“Tu quindi mi spezzeresti il cuore per una quasi sconosciuta?”
Zack abbassò lo sguardo. Mary aveva toccato il punto debole del ragazzo, era troppo sensibile per fare una cosa del genere a cuor leggero.
“Rispondimi!” aggiunse.
“Io non voglio spezzarti il cuore!”
“MA LO STAI FACENDO!” urlò oramai disperata.
“Almeno la ami?” aggiunse.
Sapevo che Zack non mi amava, era passato troppo poco tempo perché potesse provare dei sentimenti simili per me.
“Non lo so!”
“Non lo sai!” il suo tono di voce era sarcastico.
“E ami me?” domandò poi.
Sentii chiaramente che Zack stava prendendo un respiro profondo.
“Sì!”  rispose debolmente.
Zack aveva detto sì.
Mi ci vollero alcuni secondi per recepire il messaggio, giusto il tempo che ci mise Mary a recuperare il sorriso e a gettare le braccia al collo a Zack.
Zack aveva detto a Mary che la amava, ma io sapevo che non era vero. Infondo sapevo perfettamente perché aveva risposto in quel modo. Mi allontanai da lì e feci per andare verso la mia stanza. Nel farlo finii contro qualcosa di duro. Sorpresa alzai gli occhi e incontrai quelli verdi di Josh. Senza pensarci troppo lo abbracciai iniziando a piangere disperata. Essere un robot era stata la mia condanna.
“E’ per Zack vero?” mi domandò Josh stringendomi a sua volta e posando un gentile bacio sui miei capelli.
Al solo sentirlo nominare le mie lacrime aumentarono così il più grande dei Drake mi portò nella mia stanza, con dolcezza mi fece sedere sul letto e si posizionò accanto a me.
“Credevo che preferisse me a Mary!” singhiozzai. In mezzo al petto mi si era aperta una voragine che minacciava di risucchiare tutto il mio essere. Non era giusto che andasse così. Ero amareggiata e mi maledivo per essermi illusa.
“Sicuramente preferisce te, tu sei mille volte migliore di quella ragazza!” sussurrò Josh guardandomi intensamente. Con il dorso della mano asciugai le lacrime.
“Forse fisicamente, ma a Zack interessa quello che c’è dentro e sa che dentro di me non c’è nulla!”
“No capisco perché ci stai così male!”
Mi persi nei suoi occhi verdi. Cercai di calmare i singhiozzi e di rispondere alla domanda.
“Dopo che tu gli hai rivelato la mia vera natura Zack non mi ha parlata per giorni, era sconvolto. Alla fine l’ho affrontato e mi ha detto che ci aveva riflettuto a lungo e che la mia natura non contava! Ha detto che avrebbe lasciato Mary per stare con me! Oggi era il gran giorno, ma lui si è tirato indietro!”
“Come può essersi tirato indietro? Solo un pazzo lo farebbe!”
“Tu non lo avresti fatto?”
“Non credo!”
“Ma sono un oggetto!”  la mia voce era incrinata.
“Sotto molti aspetti no!”
“Ciò non cambia quello che sono!”
Josh stette qualche secondo in silenzio prima di continuare.
“Perché si è tirato indietro? Per lui non era un problema la tua natura!”
“Credo di aver capito perché lo ha fatto!” ribattei con voce ferita “All’inizio voleva chiudere la storia con Mary, ma lei si è messa a piangere. Zack è un ragazzo troppo buono e probabilmente non riusciva a vederla soffrire in quel modo! Così ha preso una decisione sofferta quanto giusta…” abbassai lo sguardo nel dire tali parole “Far soffrire lei significava spezzarle il cuore, rinunciare a me non avrebbe rotto il cuore di nessuno!”
Josh scosse la testa senza capire.
“In questo caso avrebbe rotto il tuo di cuore!”
Sorrisi amaramente.
“Lui sa che non ce l’ho! Così come non ho un’ anima! Ha preso la via che gli sembrava meno dolorosa per tutti!”
Josh mi prese per le spalle e mi scosse leggermente.
“Tu sai che sono sempre stato il primo a dirti che eri un oggetto, ma ti ho conosciuta ed esistono poche persone dolci e buone come te!”
Feci per parlare, ma lui mi interruppe. “Sì Denise, ti ho definita persona! Da sempre il mio cuore crede che tu lo sia, ma la mia ragione non voleva accettarlo! Continuavo a ripetere che eri una cosa, un androide o quant’altro semplicemente per non cadere nell’illusione che tu fossi reale, lo facevo per convincere me stesso!”
Gli sorrisi debolmente rinfrancata dalle sue parole. Non mi sarei mai aspettata che Josh dicesse delle cose del genere.
“Sono stanco di autoconvincermi di una cosa che il mio cuore non crede sia vera!”
“Questo non cambia ciò che sono!” costatai amaramente.
“Sei stata tu quella che ha sempre insistito su questo punto, eri tu che dicevi di essere umana, non pensare il contrario solo perché Zack la pensa in un altro modo!”
Scossi la testa.
“Tu non capisci, lui era l’unico che mi faceva sentire umana, è stato il primo a trattarmi da persona, è colui a cui devo il fatto di avere una coscienza e di sapere che esisto!” per me Zack era tutto.
“Questo finchè non ha dovuto scegliere!” le sue parole esprimevano la pura verità. Abbassai lo sguardo.
“Non ho né anima e né cuore per questo farmi soffrire non ha importanza, perché non è reale sofferenza!” borbottai facendo sgorgare nuove lacrime dai miei occhi.
“Smettila con questa storia dell’anima! Ti dico solo una cosa: alcune persone credono che l’anima esiste, altre credono di no, pensano che l’essere umano sia una macchina perfetta regolata da leggi chimiche o fisiche, cosa rende te diversa? Non puoi sapere con certezza se hai o meno un anima, nessuno di noi lo sa, però sei una macchina perfetta, come me, come Zack e come tutto il resto del mondo!”
Sorrisi sentendo che la voragine in mezzo al petto si stava via via richiudendo.
“Detta così sembra che hai ragione!”
“Ma io ho ragione!” si vantò.
Mi scappò una piccola risata. I suoi occhi si illuminarono come se avesse appena sentito un suono melodioso. Subito dopo però mi rabbuiai.
“Resta il fatto che non ho un cuore che pulsa!”
Josh sorrise dopo di che piegò la testa in modo tale da poggiare un orecchio sul mio petto.
“Un essere senza cuore non mi avrebbe salvato la vita!” mormorò con dolcezza.
“Ma…” cercai di obbiettare.
“Un essere senza cuore non soffrirebbe come soffri tu! Un essere senza cuore non lotterebbe per affermare se stessa come persona! Un essere senza cuore non avrebbe un cuore!”
“Io infatti…”
“Ma tu ce l’hai e io riesco a sentirlo!” sussurrò. Ci fu una paura di silenzio nella quale trattenni il respiro, prima che Josh riprendesse a parlare.
“Ha un ritmo deciso, forte, e reale! Se chiudi gli occhi puoi sentirlo anche tu come lo sento io.
Tum tum tum!”
Feci quello che mi aveva detto.
Tum tum tum.
Il mio cuore si riempì di gioia: ero viva.

§-FINE-§





Nonostante lo studio sono riuscita a postare...
Da un lato non vedevo l'ora di svelarvi la fine, dall'altra era triste perchè questo è il mio ultimo capitolo.
E' così triste pensare che non potrò più scrivere, ormai la scrittura è diventata una parte di me.
Mi mancherà aspettare con ansia che il contatore delle letture salga...
...mi mancherà aspettare con ansia le vostre recensioni...
...mi mancherà andare a vedere in queanti mi seguono...
...mi mancherà far volare la mia fantasia e imprimerla in questo fantastico sito...
...mi mancheranno i tasti ormai consumati del mio pc...
...mi mancherà rileggere ciò che scrivo e pensare 'oddio, l'ho creato io'...
Purtroppo spesso la vita ci porta su sentieri diversi da quelli che avevamo immaginato e bisogna imparare ad accettarlo, nonostante questo comporti il doversi allontanare da parecchi hobby.

Dopo questo momento strappalacrime  *il pubblico esulta perchè Daisy ha smesso di piangersi addosso* passo al capitolo...
emmm molte di voi spervano in un happy ending tra denise e Zack, solo che era troppo banale!
Insomma volevo porre l'accento sul fatto che non sempre i più buoni (Zack) prendono decisioni giuste e sensate. Nella maggiorparte dei casi le persone buone sono ritenute le migliori, ma volevo dimostrare che ciò non è sempre vero!
Zack a preferito non ferire mary che era fatta di carne, piuttosto che non ferire Denise e quindi ha preso la decisione che ha preso.
Josh invece, che all'inizio si era dimostrato freddo e stronzo con denise, con il tempo ha imparato  a conoscerla e a vedere in lei quell'umanità che a volte rimane nascosta persino nelle persone vere e proprie.
Non è un finale allegro, ma nemmeno triste. Spero di essere riuscita a infondervi una sensazione di speranza: Denise ha un  cuore, ha lottato a lungo per affermarsi come persona e alla fine ce l'ha fatta, e poi Josh è un gran bel ragazzo e diciamo che nulla impedisce il nascere di un sentimento forte tra i due!
Come si suol dire: si chiude una porta, ma si apre un portone.

Adesso vorrei prodigarmi in migliai di ringraziamenti come ho fatto con Glances Game (per chi di voi l'ha letto), ma purtroppo il tempo non ce l'ho quindi vi prego di perdonarmi. 
vorrei però ringraziare le 4 gentilissime ragazze che puntuali hanno recensito tutti questi ultimi capitoli, anche dopo la mia lunga assenza da questa storia:

federyca
Majii
shadowdust
Pyra
Grazie davvero!!

Un ringraziamento a chi ha messo la mia storia tra le PREFERITE: 

1 - Beatrix24 [Contatta]
2 - brex91 [Contatta]
3 - Foe [Contatta]
4 - fragolelimoni [Contatta]
5 - Melsss [Contatta]
6 - Pyra [Contatta]
7 - Stefania 1409 [Contatta]
8 - tj95p [Contatta]
9 - ZephyrSelyne [Contatta]

e a chi l'ha messa tra le SEGUITE
1 - 
8kami [Contatta]
2 - alphard988 [Contatta]
3 - brex91 [Contatta]
4 - cattivamela [Contatta]
5 - Claudya10 [Contatta]
6 - DontForgetMe [Contatta]
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e le RICORDATE
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Ma sopratutto vorrei ringraziare quei 17 pazzi che mi hanno messa tra le autrici preferite!
1 - aleinad93 [Contatta] 
2 - Chocola Meilleur [Contatta] 
3 - Dreamer_on_earth [Contatta] 
4 - Elle Chanel [Contatta] 
5 - fragolelimoni [Contatta] 
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17 - ___Luthien [Contatta]

La smetto!
Se volete le
ggere qualcos'altro di mio basta andare sulla mia pagina di autore!
Aspetto le votre ultime recensioni!! ( se ci fosse qualcuno che non ha mai espresso il suo parere e volesse farlo ora... bè io non mordo!)
A presto forse...
;)
Vostra Daisy Pearl



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