T.M.R.

di Kysa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1° ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2° ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3° ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4° ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5° ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6° ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7° ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8° ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9° ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10° ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11° ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12° ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13° ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14° ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15° ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16° ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17° ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18° ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19° ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20° ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21° ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22° ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23° ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24° ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25° ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26° ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27° ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28° ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29° ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30° ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31° ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32° ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33° ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34° ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35° ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36° ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37° ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38° ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39° ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40° ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41° ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42° ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43° ***
Capitolo 44: *** Capitolo 44° ***
Capitolo 45: *** Capitolo 45° ***
Capitolo 46: *** Capitolo 46° ***
Capitolo 47: *** Capitolo 47° ***
Capitolo 48: *** Capitolo 48° ***
Capitolo 49: *** Capitolo 49° ***
Capitolo 50: *** Capitolo 50° ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1° ***


 

 

 

                                                     T. M. R.

                                Thomas Maximilian Riddle

 

 

 

 

 

"Se le emozioni avessero forma, questa sarebbe sicuramente quella delle nuvole."
David Kitching.

 

 

 

 

Il lato curioso di favole e leggende è che queste non abbandonano mai le menti di chi le ascolta.
Forse possono assopirsi in angoli dimenticati, forse possono essere storpiate, ma se c'è qualcosa a questo mondo che non cambia, bhè queste sono le favole.
Da bambini le favole sono i conduttori dei sogni.
Conducono nel mondo onirico per mano e vigilano al nostro passaggio.
Da adulti, le favole assumono una connotazione diversa. Se da fanciulli si era prestato attenzione solo all'eroe o all'eroina della fiaba, da adulti s'inizierà a studiare...chi la narra.
E nel mondo dei maghi c'era un grande narratore di favole.
Che tutti conoscevano, ma di cui si parlava poco.
Già. Il Menestrello conosceva tutti, era ovunque.
Eppure se qualcuno lo incontrava, non veniva mai salutato.
Per ovvie ragioni che anche ai cittadini di Londra saltavano agli occhi.
Per i babbani, infatti, il Menestrello era solo il barbone di Fleet Street. Ma si sa, i babbani non vedono al di là del loro naso, per questo quando lo incontravano in giro per le vie secondarie, seduto a canticchiare sotto la colonna del drago che era il segno di riconoscimento del Temple Bar, oppure negli angoli dei tanti pub di Fleet Street lo ignoravano sempre. Il Menestrello veniva ignorato e basta dagli adulti babbani.
Era troppo lacero, troppo sporco e troppo strano.
Aveva lunghi capelli grigio topo, ondulati, guanti senza dita in ogni stagione, retine per i capelli fatte di tessuti stopposi, barba e baffi scompigliati, occhi chiari e un sorriso ambiguo sempre sulle labbra.
I suoi vestiti e il suo andarsene in giro sempre a qualsiasi ora del giorno e della notte narrando favole inverosimili, avevano convinto i babbani a stargli alla larga. Al massimo a lanciargli qualche sterlina, di cui il Menestrello non sapeva che farsene, essendo un mago.
Eppure, se gli adulti ormai ignoravano le sue favole, molti bambini da tempo avevano preso l'abitudine di fermarsi con lui. Ad ascoltare le sue leggende.
La sua voce era burro, era zuccherina, era tonante come il tuono e avvolgente come una coperta calda nei giorni d'inverno. E a Londra, quel giorno d'inizio giugno, un gruppo di ragazzini stava proprio in Fleet Street, verso mezzogiorno e mezza. Spesso il Menestrello si aggirava da quelle parti, forse per la presenza della Baynard's, una scuola privata nata da circa una decina d'anni proprio in mezzo a un grazioso e ben curato viale alberato.
Nelle vie laterali però, Londra si dimostrava in tutto il suo spirito cosmopolita.
E in uno di questi viottoli, il Menestrello pizzicava le corde di una vecchia e scassata chitarra panciuta, seduto a gambe incrociate contro un muro, su un pagliericcio fatto di strati di cartone.
Attorno a lui, un nugolo di ragazzini dall'aria sbandata. Dai sette anni ai quindici.
Alcuni stavano appoggiati a una rete metallica, altri seduti di fronte a lui.
Tutti erano scarmigliati quasi quanto il Menestrello. Ma decisamente più puliti di lui.
Ragazzini dall'aria vissuta, di quei bimbi che non hanno avuto molto tempo per l'infanzia.
Vestiti larghi, pantaloni consunti dei fratelli maggiori forse.
Tutti tranne uno.
Uno di loro stava seduto su una cassa di birra girata al contrario.
Maglia a stampa da skater bianca, nera e blu. Jeans larghi, ma di ottima fattura babbana.
Scarpe da ginnastica linde, posizione d'attesa.
In testa una cuffia di cotone nera, sempre da skater, visto che a fianco portava un skate-board dall'aria insolitamente bistrattata. I capelli color dell'ebano, come l'inchiostro. Abbastanza in disordine anche da sotto la cuffia.
Occhi azzurri, quasi glaciali su un faccino da ragazzino di dieci anni che sembrava non temere nulla.
Lui, fra tutti, guardava il Menestrello, ma non lo ascoltava.
Lui quella storia l'aveva sentita mille volte.
E la conosceva a memoria.
Ne conosceva l'inizio, le battaglie, anche la fine.
Ma non
i perché.
Ed era solo per conoscere i perché che lui ogni giorno andava ad ascoltare il Menestrello.
Solo per quel motivo. Perché lui non era un babbano come i mocciosi lì attorno.
O un Magonò.
No, lui era figlio di maghi.
E nel mondo dei maghi, tutti conoscevano la storia di Harry Potter.
Ma il Menestrello continuava la sua favola preferita.
Si, il Menestrello adorava raccontare ai bambini la favola di Harry Potter.
Sembrava quasi che lo conoscesse.
Ridicolo, pensò il ragazzino, poggiandosi col gomito sulla gamba accavallata.
Uno come il Menestrello non poteva conoscerlo!
Ora erano arrivati alla parte che più il barbone adorava. E solitamente che anche i ragazzini apprezzavano, sbattendo le ciglia, quasi immaginandosi ogni attimo.
- ...lui continuò a dormire, senza sapere che era speciale, senza sapere che era famoso, senza sapere che da lì a poche ore sarebbe stato svegliato dall'urlo della signora Dursley, una babbana ovvio, ragazzi miei, che apriva la porta di casa per mettere fuori le bottiglie del latte, né che le settimane successive le avrebbe trascorse a farsi riempire di spintoni e pizzicotti dal cugino Dudley...- il Menestrello rise, scuotendo il capo e col faccione rosso teso di delizia - Lui non poteva sapere che, in quello stesso istante, da un capo all'altro del paese, c'era gente che si riuniva in segreto e levava i calici per brindare "a Harry Potter, il bambino che è sopravvissuto."-
Sempre la solita storia, pensò il ragazzino, sbuffando e dando un colpetto leggero con la punta della scarpa da ginnastica al suo skate-board.
Tutti i Potter erano morti ma non il bambino sopravvissuto.
Sempre le solite battaglie, sempre i soliti morti, il maledetto Lord Voldemort che cerca sempre di ucciderlo, Mangiamorte ovunque, Auror sempre alle costole...e poi? E poi cosa fa lo stramaledetto Harry Potter?
Butta via i suoi poteri!
Grande. Una logica impressionante!
-...e la guerra finì con l'ultima battaglia al Ponte di Londra. Voi-Sapete-Chi morì e anche Mezzafaccia, vi ricordate di Mezzafaccia vero?- chiese allegro il Menestrello.
- Certo!- rise un bimbetto di sette anni - Era il mago che voleva che tutti i Mangiamorte fossero uccisi!-
- Voleva anche che i mezzi demoni morissero.- scandì un altro ragazzino, però sui quindici anni, attaccato alla rete con le braccia conserte e l'aria dura e rigida - Vero vecchio? Mezzafaccia non voleva che anche i vampiri e i mezzi demoni morissero tutti? Per lui non avevano il sangue sporco?-
- Sono tutte sciocchezze Hadley.- il Menestrello agitò la mano, fissando attento il moccioso - Non vorrai dirmi che ci credi?-
- A quest'ora sarei a Hogwarts se non fosse vero, non credi, vecchio?- replicò quello acidamente, prima di dare le spalle e andarsene di corsa.
- E' tutta roba sepolta.- disse tranquillo il vecchio Menestrello, quando i ragazzini tornarono a prestargli attenzione - Anzi, sono un mucchio di fesserie. Fatela finita di occuparvi di politica, siete ancora in fasce a momenti.-
Scattò subito una violenta replica sdegnata da parte di tutti.
- Cosa? Come ti permetti di darmi del bambino in fasce?-
- Io ho otto anni!-
- Non so se mi spiego! Undici!-
- Già, sono grande ormai!-
Sedare quella baruffa fu quanto mai difficile, ma il mago barbone aveva imparato da tempo a trattare coi bambini.
E con gli uomini in generale. Adulò tutti uno per volta e alla fine li cacciò via, promettendo che avrebbe finito la storia quando sarebbe tornati dopo pranzo.
Spariti di volata, perché temevano non avrebbe mantenuto la promessa, i mocciosetti neanche si guardarono indietro per vedere che uno era rimasto seduto comodo sulla sua cassa di birra.
Il Menestrello, che in tanti anni di vita non aveva mai conosciuto un bambino simile, gli sorrise divertito.
- Sempre qui, pestifero bambino.-
- Tutti i giorni ti faccio la stessa domanda.- rispose il ragazzino con lo skate-board, frugando sotto la maglia - E tu non mi rispondi mai.-
- Te l'ho già detto.- sbuffò il Menestrello, allungando voluttuosamente le mani quasi nere verso il suo ospite - Questi sono affari privati della vita di Harry Potter. Non ho alcuna intenzione di andare in giro a spiattellare gli affari suoi, sul perché e sul percome ha deciso di abbandonare la magia.-
- Si, ma qualcosa sarà successo, no?- e sollevò in aria un sacchetto di carta - O me lo dici o oggi niente ciambelle.-
Il Menestrello assottigliò gli occhi chiari.
- Piccolo demonio. Tu non hai proprio paura di niente vero? Dovresti essere a scuola e invece ogni giorno scappi e corri qua a sentire cose che di sicuro ti avranno raccontato anche i tuoi. Sei un mago, mi hai detto.-
- Si. Anche i miei lo sono.- e sbuffando il ragazzino gli lanciò il sacchetto di dolci - Allora? Che hanno fatto a Harry Potter perché mollasse la magia?-
- Perché t'interessa tanto?- gli chiese il vecchio, addentando una ciambella ricoperta di crema alla ciliegia.
- Perché non sopporto di come ne parlate tutti.- sbottò, sospirando seccato.
- Come scusa?- masticò l'altro.
- Non sopporto che tutti ne parlino come se fosse leggenda. E che cavolo, è ancora vivo! Mica è morto!-
Il Menestrello ridacchiò di nuovo, raccogliendo tutte le briciole della ciambellina e mangiandole una a una - Io proprio non ti capisco ragazzo mio. Prima sembra che odi la leggenda di Harry Potter, poi non sopporti che se ne parli come se fosse ormai un ricordo. I tuoi che dicono di lui?-
- I miei su Harry Potter non parlano!- replicò il ragazzino, levandosi la cuffia e liberando una massa inconsulta di capelli neri che andavano ognuno per i fatti loro - Oh si, dei vecchi tempi si discute sempre, specialmente con gli amici del papà ma quando c'è da spiegarmi perché non fa magie come la mamma...- il ragazzino fece una smorfia - cioè...perché Harry Potter non fa più magie...apriti cielo. Nessuno apre più bocca! Che gli avranno mai fatto i maghi per farlo arrabbiare così?-
Il Menestrello addentò una seconda ciambella, stavolta al cioccolato.
E dalla sua espressione pacifica il ragazzino capì ancora una volta che anche quel giorno non se ne sarebbe fatto nulla.
- Che parlo a fare con te!- sbottò arrabbiato, accartocciando il sacchetto delle ciambelle.
Quando arrivò ai piedi del Menestrello, la carta aveva preso fuoco.
Quello saltò su imprecando e cominciò a calpestarlo.
- Piccolo Phyro della malora!- sbraitò, ma la sua tiritera andò a vuoto.
La sua abituale piccola peste era già sparita sullo skate-board magico, che invece di andare a rotelle avrebbe dovuto volare. Vedendolo girare oltre l'angolo veloce come il vento, il Menestrello addentò l'ultima ciambella, eppure le sue labbra non si erano piegate compiaciute per il dolce.
La peste ancora credeva che lui non avesse capito chi era in realtà.
Incredibile.
Da parte sua, il ragazzino guardò l'ora e se ne uscì con una parolaccia che in teoria non avrebbe mai dovuto sentire.
Un quarto all'una! Doveva tornare a scuola o stavolta un castigo di un pomeriggio non sarebbe bastato alla Baynard.
Eccola! Girato l'angolo della viuzza laterale, si ritrovò in mezzo al riverbero della luce giocato dalle fronde degli alberi del viale. Fleet Street sempre più chiassosa e colorata.
Ma da quella parte sembrava solo un angolo di paradiso.
In punta di piedi quasi, il ragazzino si mise lo skate sotto braccio e si diresse alla cinta muraria ricoperta d'edera dell'Istituto Baynard.
Una scuola elementare di appena un decennio a dire il vero...ma che si era fatta un certo nome.
A frequentarla erano solo e unicamente figli di maghi, benché in aula non si fosse mai parlato di magia.
Con sguardo vigile, guardò nel cortile. Si, dovevano appena aver finito il pranzo perché erano tutti liberi di giocare.
I bidelli però erano in giro.
Allora si mise due dita in bocca ed emise un fischio leggero, appena udibile. Ma chi aveva orecchie per intendere lo fece.
Così lui si diresse al fianco della scuola e nel muro ricoperto d'edera, trovò il suo bel passaggio, scoperto alcuni anni prima.
Prima di entrare spiò ancora verso i bidelli che però erano trattenuti da una sorta di caccia.
Stavano inseguendo due gemelli di otto anni coi capelli rosso fiamma che scorrazzavano per tutto il cortile in mezzo ad altri bambini con la pompa dell'acqua in mano, rubata al giardiniere.
Acchiappati, si presero una sonora sgridata che sentì anche lui dal muro ma sembrarono non farci caso.
Lasciati liberi, corsero ridacchiando verso di lui.
- E allora?- gli chiese Stephen Weasley, otto anni.
- Già, cosa ti ha detto il Menestrello?- seguì Steve Weasley, quasi indistinguibile dal fratello.
- Ti ha detto qualcosa sullo zio Harry?- continuò Stephen.
- E si è mangiato tutte le ciambelle? Me ne hai portata una?- concluse Steve.
Lui, di rimando, alzò lo sguardo sopra di loro.
- Mia sorella dov'è?-
- Non so.- Steve si girò verso Stephen - Hai visto Faith, Step?-
- No, non credo. Tu Steve?-
Era da manicomio starli a sentire, questo lui l'aveva imparato da anni.
Da quando Jeremy Weasley aveva preso il volo per Hogwarts tenere a freno i gemelli era diventato impossibile. Solo sua sorella Faith sembrava avere la capacità di distinguerli e metterli zitti per un minuto.
- Grazie del diversivo.- rispose comunque, infilandosi la cuffia nella tasca della maglia - Chris dov'è?-
- Oh, eccolo.- Steve e Stephen inclinarono praticamente in perfetta sincronia il capo verso destra, indicando poco gentilmente col dito un bambino quasi biondo, di sette anni, che li stava raggiungendo...tirandosi dietro un altro bambino con la testa infilata in un secchiello di plastica.
Christopher George Dalton li salutò, tenendo il secchiello e quindi anche la testa dell'altro bambino che sembrava piagnucolare con sostanziale delicatezza.
- Che è successo a Marc?- chiese Steve stranito.
- Non sarà stato di nuovo quell'idiota di Robbie Talbot!- aggiunse Stephen.
Chris Dalton li guardò come se non fosse chiaro.
- Robbie gli ha infilato il secchiello in testa mentre non guardavo.- spiegò - Mi spiace ragazzi. Mi sono girato un attimo. Non riesco a tirarlo fuori.-
- Marc.- rise allora Stephen - Ehi fratellino...tutto ok?-
- No! Tiratemi fuori!- fu l'ardita supplica dell'ultimogenito di Ron Weasley, di sette anni.
- Robbie è proprio un idiota.- scandì Steve - Uccidiamolo!- propose agli amichetti, illuminandosi.
Chris Dalton lo guardò storto, mentre il gemello sembrò pensarci su.
- L'ho già spedito dentro al laghetto, Steve, tranquillo.-
- E non ti hanno messo in punizione?- allibì il ragazzino con lo skate.
- No, ho fatto sembrare che fosse stata Linnie a farlo cadere. Le maestre non si sono arrabbiate.-
- L'ho detto io che le sorelle servono!- sindacò l'altro, mettendo giù lo skate e afferrando Marc Weasley per il secchiello - Chris, Steve, Step...tenetelo per le spalle. Ok. Marc noi ci siamo....al tre. Uno, due...tre!-
Dal secchiello di plastica verde pallido ne uscì la fiammante chioma rossa del piccolo Marc Weasley, insieme però a un paio di occhiali neri tutti rotti e al faccino triste del bistrattatissimo bimbetto.
La scala sociale dei fratelli era andata di male in peggio, purtroppo.
Jeremy era stato un vero leader.
Steve e Step due demoni ancora lo erano.
E Marc...un povero represso che Chris Dalton e i gemelli dovevano continuamente proteggere dalle prime angherie da scuola elementare.
Sistemato il povero Marc con gli occhiali tutti sbilenchi, i gemelli filarono via e così fece anche Chris, non prima di essersi informato su com'era andata col Menestrello.
- Non ti ha detto niente, vero Lucas?- sospirò, vedendo la faccia seccata dell'altro - Forse non lo sa neanche lui.-
- Non ci credo! Una volta s'è fatto scappare che a mio padre i maghi hanno portato via qualcosa e io voglio sapere cos'è!-
- Se la Baynard ti becca ti farà venire anche durante le vacanze!- replicò il piccolo Dalton, infilandosi una gomma da masticare rosa confetto in bocca - Dai, abbiamo ancora un paio di settimane e poi siamo in vacanza.-
- Jeremy finisce oggi invece.- sospirò Lucas Potter, sempre di cattivo umore - Come vorrei essere andato a Hogwarts!- poi cambiò discorso, quando lo sguardo gli cadde sul giardino, accanto alle altalene in cui si erano seduti.
- Chris...hai visto Faith o Glorya?-
- Faith no. Ma Glory è al solito posto.- rise il piccolo Dalton - Adesso vado a cercare mia sorella.-
- E io la mia. Ci vediamo all'uscita.-
Lucas James Potter si alzò dall'altalena, guardando nuovamente l'orologio.
L'una. Mezz'ora e il serpente sarebbe venuto a prenderlo...visto che suo padre come al solito aveva da fare coi mostri in miniatura.
Senza fiatare poi raggiunse il giardinetto che gli studenti non dovevano toccare neanche in sogno, ma lui se ne infischiò.
Rimase a guardare i fiori con aria attenta, quasi da esame. Poi prese il più semplice di tutti. Bianco, a gambo lungo.
Una come lei avrebbe saputo che farsene di certo, pensò andando via.
Infatti, in un'altra parte della Baynard's Primary School e più precisamente nella biblioteca interna al secondo piano, c'era qualcuno che della compagnia dei suoi coetanei non sapeva proprio cosa farsene.
Seduta accanto la vetrata della ultramoderna biblioteca dipinta di bianco e toni pastello, nella sezione avanzata, una ragazzina stava retta in poltrona, proprio come una regina. Nata per farsi adorare, come voleva il suo sangue.
Il capo era basso, chino su un libro molto più grande di lei.
I capelli biondi, quasi bianchi, raccolti parzialmente in cima alla testa e molte ciocche seriche come seta le scendevano ondulate lungo le spalle esili. Snella, gracile in apparenza, vestita in eleganti e costosi abiti da bambini.
Un'epidermide pallida e dita sottili erano altri connotati da aggiungere alla grazia di quella bimba di dieci anni che rivelavano subito chi lei fosse anche agli sconosciuti.
Quando Lucas Potter poi le posò il fiore sotto al naso, la piccola Glorya Artemisia Malfoy alzò il volto, rivelando l'occhio destro dorato, come quello della madre. E quello sinistro era rimasto argenteo, come quelli del padre.
Uno sguardo magnetico, appena racchiuso da lunghe e folte ciglia da bambola.
- Grazie.- sussurrò, mentre Lucas si sedeva sul tavolo.
Glory aveva sempre avuto la mania d'infilare fiori fra le pagine dei libri e questo Lucas non se lo sarebbe mai scordato.
Ma l'ultima erede della famiglia Malfoy non amava solo cogliere i fiori o spolpare ogni libro che le capitasse sotto mano, avida di conoscenza.
Indubbiamente l'immensa serra in cui passava sempre la maggior parte del suo tempo ne era una prova.
- Allora?- chiese a Lucas, senza mostrarsi interessata, ma neanche annoiata.
- Il vecchiaccio non parla.- si lagnò Potter, dondolando le gambe giù dal tavolo - Dici che Jeremy ha già imparato a fare una pozione che possa far si che il Menestrello mi dica la verità?-
- Ne dubito.- Glory chiuse il libro tranquillamente, senza modulare la voce. Scese dalla poltrona, avviluppata in un paio di stivaletti da bambina veramente adorabili, costosi come una Porche - E poi non vedo perché qualcuno non possa scegliere di non usare la magia.-
Lucas la guardò schifato.
- Che cosa barbara. Vivere tutta la vita come uno schifoso babbano!-
- Harry di magie non ne fa, mi pare. A parte quella strana cosa che fanno i bracciali ogni tanto. Sai...le pernacchie...-
- E questo dovrebbe farmi stare meglio?- sbottò, seguendola in mezzo agli scaffali, sovrastandola di qualche centimetro buono - Andiamo, è una palla! Tutti non fanno che dirmi che Harry Potter è un eroe, una leggenda, la speranza dei maghi...peccato che quando non c'è la mamma in casa e scoppia un problema ad usare la bacchetta è quel serpente di tuo padre!-
La ragazzina, tranquilla, non ascoltò quelle follie quotidiane.
- Secondo te cosa possono avergli preso?- la incalzò, mentre uscivano dalla biblioteca.
- Magari qualcosa a cui teneva tanto da rinunciare alla sua magia.- fu la lucida risposta.
- Si, ho capito, ma cosa?-
- A me lo chiedi?- replicò la biondina, fermandosi in mezzo a un corridoio e guardandosi attorno - Lucas hai visto Faith?-
- No, anche io la cercavo.- il piccolo Potter cambiò argomento - Non è che quella stupida di Tiffany e le sue amiche le stanno dando ancora fastidio?-
- Che vuoi fare, bruciarle i capelli di nuovo?- ironizzò Glory - Non sei furbo, fattelo dire. Quali altri Phyro sono nati negli ultimi decenni?-
- Non ho paura della Baynard.- replicò Lucas orgoglioso - Ma se prendo Tiffany Pickens a dar fastidio a Faith giuro che non le brucio solo i capelli stavolta.-
- Ottima soluzione.- disse la piccola Malfoy, incamminandosi.
- Dove vai?-
- Al bagno. Vuoi seguirmi anche lì?-
Lucas per tutta risposta arrossì vagamente, piazzandosi a braccia incrociate attaccato al bagno delle ragazze senza sentirsi minimamente un maniaco, grazie a Merlino, ma Glory ebbe una spiacevole sorpresa. Di nuovo.
Era appena entrata quando sentì dei gemiti e dei singhiozzi, oltre uno dei bagni. Abbassandosi non vide le scarpe della piagnona in questione, ma poteva ben immaginare chi fosse.
Ormai quei pianti li conosceva a memoria.
Glory Malfoy non sarebbe mai stata neanche in futuro donna da mostrare istinti o passioni violente.
Provava quelle passioni come tutti gli altri esseri umani ma forse aveva preso dalla sua nonna paterna più calcolo e scaltrezza che da chiunque altro parente.
Quando uscì non ne fece parola con Lucas e lo dirottò di nuovo in giardino fino ad aspettare l'una e mezza.
Eppure ora a Glory bruciare la gonna e i capelli a Tiffany Pickens e le sue amiche non sembrava più tanto sbagliato. Anzi. Era anche troppo poco.

All'una e mezza la scuola iniziò a svuotarsi ma ai cancelli come ogni giorno si iniziò con la sfilata e parata dei genitori.
Maghi, mezzosangue e babbani sposati con i primi due citati che andavano a prendere i loro rampolli, ben attenti a far vita di società anche a quell'ora della giornata, vista l'esclusività di una scuola come la Baynard.
Fra i tanti papà però, uno in particolare era forse il più spogliato con gli occhi dalle mamme streghe che si riunivano apposta in gruppetti per fantasticarci sopra.
Draco Lucius Malfoy stava appoggiato alla parete del cancello. Sempre ventotto anni d'aspetto, stessa pelle levigata e giovane, stesso portamento da principe che non avrebbe mai perso.
Jeans, giacca nera appoggiata sulla spalla, una maglia grigio piombo che esaltava il suo fisico asciutto. Occhiali per schermare gli occhi argentei dal sole. Una sigaretta fra le labbra.
E l'aura di regalità a superiorità che non avrebbe mai perso.
La mano sinistra ficcata in tasca lasciava intravedere lo spesso ed altero Bracciale del Destino di Vargras, che conferiva ancora più potere alla sua figura.
Piegò le labbra ed espirò fuori il fumo da un angolo della bocca, infastidito da un'occhiata troppo lunga scoccatagli da una tizia, una strega che non voleva proprio capire l'antifona, ma venne salvato da un altro appostamento della suddetta creatura arboricola dall'arrivo di un buon gruppetto di vecchie conoscenze, si fa per dire.
Draco aggrottò la fronte vedendo Ronald Weasley arrivare da lui con un colorito un po' pallido e un grosso cerotto sul collo.
- Sono stati i gemelli?- l’apostrofò Malfoy acidamente.
- Vampiri.- replicò Ron, schioccando la lingua - Un'ora fa in casa.-
- Di giorno? Ma sei sicuro?-
- Si, si sono chiusi in cantina e ora non vogliono più uscire.-
- Li hai fatti proprio incazzare Donnola.-
Ron lo ignorò, facendo un cenno oltre le spalle del biondo che non dovette neanche girarsi per capire che stava arrivando Edward Dalton, visto il sospiro che una strega poco lontano da loro si lasciò sfuggire.
Edward li salutò, sbadigliando.
- Eravate di ronda anche stanotte?- si stranì Draco - Ma che succede?-
- Ma che ne so.- si lagnò l'ex Corvonero, più bello che mai - Londra è diventata un porcile. Mi sono anche preso uno schizzo d'acido sulla schiena. Meno male che c'era Efren.-
- A proposito di Efren. Ci vuole a cena.- celiò Ron.
- Neanche se mi pagate vengo a cena da Coleman.- ghignò Malfoy gelido, con aria melensa però, pensando a quello squinternato di Medimago che militava nel loro gruppo da quando l'adorabile San Potter s'era levato dai piedi - E poi stasera non tornano a casa i marmocchi?-
- Già, Pansy è andata a prendere Jeremy a King's Cross.- annuì Ron - Credo che con lei siano andati anche Blaise, Paris e la bambina.-
- Anche Isabella andava a prendere Caleb, me l'ha detto Elettra per gufo ieri sera. Si ritroveranno lì con Jess e Sofia.- ponderò Draco, guardando l'ora – Oh, ma si muovono? Non abbiamo tutto il pomeriggio!-
- Herm è già tornata?- gli chiese Edward, ridacchiando.
- Se vedessi mia figlia me lo direbbe lei.- replicò Malfoy, irritandosi subito - Quella maledetta di una mezzosangue non avverte mai. A momenti neanche lo fa quando parte. Non ci fosse Glory a prevedere il ritorno, credo che vivremmo di speranze.-
- Almeno le ricerche per il libro vanno bene.- sorrise istericamente Ron, vedendo che i bambini cominciavano ad uscire - Merlino, speriamo che quei due psicotici dei gemelli non abbiano fatto nulla di male oggi!-
Speranza vana. Quando Steve e Step si catapultarono addosso al padre tutti affettuosi, arrivò anche il giardiniere a lamentarsi che le due pesti gli avevano fregato la pompa dell'acqua, ma fortunatamente il vecchio signore non andò troppo in là con gl'insulti perché Chris Dalton raggiunse suo padre e dietro di lui, attaccata alla sua cartella, c'era una bimbetta di sei anni che era la fine del mondo.
Bionda come Ophelia Dalton e occhi azzurri, Caroline May Dalton era una bambolina. Con un sorriso che faceva sciogliere anche Draco.
Saltò subito in braccio al padre e con un paio di moine al giardiniere, questo se ne andò subito.
E bisogna anche dirlo...Caroline Dalton avrebbe imparato in giovane età che le moine, le sue guance rosee, il suo sorriso falsamente angelico e la sua astuzia erano armi quanto mai più potenti a volte di una bacchetta.
Infatti, quando i gemelli facevano guai, la piccola Linnie era la prima a dare una mano.
- Allora, com'è andata oggi pulcino?- chiese Edward, baciando la sua piccola.
- Benissimo!- rispose con dolcezza - La maestra mi ha fatto fare il disegno di grande arcobaleno!-
- Wow, dev'essere bellissimo.-
- Si, ma i miei disegni non sono belli come quelli della mamma!- replicò sorridendo, guadagnandosi un altro bacio.
Poi arrivò Marc, gli occhiali sempre mezzi sbilenchi.
Quando Glory e Lucas furono sul portone però, videro da lontano che Faith Potter era già arrivata dai genitori.
La sua cartella azzurra era inconfondibile.
I capelli dritti e neri raccolti in una coda di cavallo, la pelle di burro, occhi grandi e celesti.
Ma segni arrossati sotto le palpebre.
Aveva pianto.
Draco la stava prendendo in braccio, chiamandola Principessa, come chiamava sempre anche sua figlia e Glory puntò subito gli occhioni addosso a Tiffany Pickens e le sue amichette vipere.
Sempre la solita storia.
L'avevano fatta piangere di nuovo. E Faith sempre a far finta di niente.
- A volte vorrei da matti avere il tuo potere.- disse a Lucas, mentre s'incamminavano.
Il piccolo Potter la guardò senza capire.
- Il fuoco.- chiarì Glory, tirando dritto senza ascoltare le risate di quelle streghette.
- Per fare che?-
- Bruciare.- rispose semplicemente, prima di sorridere all'unica persona a cui lo concedeva, ovvero suo padre.
Bruciare e basta.


Alle sette di sera, in una palazzina moderna accanto ad Hyde Park, un ragazzo ventiseienne rientrò nel suo appartamento all'ultimo piano.
Gettò le chiavi su una mensola di vetro nell'ingresso e buttò appena un occhio nell'ampio salone di marmo che dava tutta la sua magnifica vista mozzafiato sul parco.
Le luci di Londra erano strabilianti.
Ma Lord Damon Howthorne alcuni anni prima ne aveva viste di migliori.
Si levò la giacca e la buttò sul divano di pelle color panna, premendo il tasto lampeggiante della segreteria.
La specchiera di fronte al tavolinetto del telefono babbano rimandò l'immagine di un ragazzo alto, spalle ampie, ben piazzato, con capelli castani appena trattenuti dal gel.
E alla mano sinistra, all'anulare, un anello d'oro bianco squadrato, spesso. Forse un anello di fidanzamento.
Solo il suo volto dimostrava la crescita che in otto anno l'avevano reso un Lord.
La voce di Beatrix Mirabel Vaughn partita dal messaggio in segreteria lo fece immediatamente sorridere, mentre agitando la bacchetta si fece arrivare dalla cucina una bottiglia di birra.
- ...e torno stanotte sul tardi. Sei pregato di venire almeno a casa mia a farti vedere domani, maledetto Legimors. A forza di fare lo psicologo per i cadaveri stai diventando come loro.- stava dicendo la Diurna - Il viaggio è tremendo. Meno male che c'è Clay o avrei già salassato qualcuno di questi stupidi francesi. Salutami Aidan quando lo vedi. A domani, chiaro?-
Seguì un messaggio dell'amministratore della palazzina, ma tanto lui già non ascoltava più.
Una pentola bolliva sul fuoco della sua efficientissima cucina lustra e brillante quando un rumore lo fece voltare dalla finestra, a cui si era appoggiato.
Spiò nel corridoio.
Nessuno.
Allora sbuffò sonoramente.
- Chiunque tu sia.- sibilò - Questa sera non sono in vena. Torna domani.-
E si levò la maglia, afferrando una camicia bianca pulita che era appesa alla sedia.
Fece per infilarla quando il solito e ormai conosciuto sospiro gelido alle spalle lo fece voltare.
C'era una ragazzina, forse appena maggiorenne, in camicia da notte nella sua cucina.
Si guardava attorno e sembrava confusa.
- Chi ti ha detto di venire qui?- le chiese, poggiandosi coi fianchi al fornello che aveva spento.
Lei si raddrizzò, stropicciandosi la camicia da notte ospedaliera.
“Ecco...” sussurrò in maniera appena percettibile “Una donna all'ospedale...mi ha detto di venire in questo posto, prima che mi addormentassi. Poi...quando mi sono svegliata...piangevano tutti...mia madre e mio padre neanche mi vedevano...” e cominciò ad agitarsi  “Perché nessuno mi vede? E perché nessuno mi sente? Tu...chi sei?”
Damon rise appena, accendendosi una sigaretta.
La guardò da oltre il fumo che si levava al soffitto.
- Vuoi che te lo dica io?-
“Certo!”  sbottò preoccupata “Chi sei? Cosa mi è successo?”
Il mago si girò verso la finestra.
- La vedi quella luce?-
La ragazza seguì il suo sguardo “Quella luce bianca?”
- Ritieniti fortunata. Altri hanno solo un buco nero.-
“Che vuol dire?” alitò di nuovo.
- Sei morta.- le disse, fissandola.
La vide traballare sulle gambe.
Fissarlo con occhi bruni sgranati.
“Cosa?” replicò, credendo di non aver capito bene.
- Tu sei morta.- le disse di nuovo, con tono dolce - Sei morta in ospedale. Ti ho vista morire stanotte. Hai avuto un incidente d'auto. Camminavi sulle strisce e un ubriaco ti ha investita. Appena fuori Notting Hill.-
Come la maggior parte delle volte succedeva, la ragazza rise istericamente.
Gli diede del pazzo e poi scappò via, proprio com'era arrivata.
E tanto, come sempre accadeva da ormai otto anni, sarebbe tornata.
Damon rimise l'acqua sul fuoco, anche se erano solo le sette, ma l'ennesimo rumore molesto gli fece capire che in casa sua era entrato qualcun altro.
Imprecò, ma non fece in tempo a girarsi che qualcosa l'avvolse alla gamba destra.
Abbassò il viso e trovò la piaga sociale che aveva soppiantato la droga e l'alcool dalla scala di mortalità.
- Quella donna!- disse un bambino, tremante - Quella donna è un'arpia! Ti prego, ti prego, ti prego!!!-
Damon tornò a cucinare, fregandosene del piccolo mago che arrivava sempre a sproposito e che l'aveva afferrato per il ginocchio, senza scollarsi più come una sanguisuga.
- Devo chiudere quel camino.- sibilò Damon a mezze labbra.
- Tu non capisci! Miss Trumbull è una vipera!- scattò il piccolo, buttando il mantello, su cui spiccava uno stemma di una prestigiosa famiglia di maghi, su una sedia - Quella mi odia!-
- Odiava anche me e come vedi non sono morto.- replicò pacato.
Il piccolo lo strinse più forte - Andiamo, abbiamo lo stesso sangue che scorre nelle vene!- piagnucolò con fare teatrale, mentre Veleno, al polso di Damon, accendeva i suoi occhietti irritato da quell'intrusione - Non puoi abbandonarmi così al mio destino!-
- Aidan come te lo devo dire?- replicò il Legimors - E' solo un'istitutrice, fino a quando non sarai abbastanza grande per Hogwarts. Cerca di sopportarla.-
- Tu sei mio fratello, dovresti avere un po' di pietà per me!- sbraitò di nuovo il piccolo Aidan Howthorne, pestando il piede sul costoso marmo e fissandolo con occhi azzurri fiammeggianti - Spero che Veleno ti morda nel sonno!- e finita quella minaccia, Aidan si mise a chiacchierare in Serpentese col bracciale del fratello maggiore, del tutto incurante delle sicure istanze di morte che quella peste stava portando avanti.
Da lì in poi però cucinare fu impossibile.
Si prese un'altra birra e andò in salone con la piattola alle costole, senza guardare il casino che Aidan aveva fatto apparendo dal camino grazie alla Polvere Volante.
- Trix è tornata?- gli chiese il maghetto, saltando sul suo costoso divano.
- Stanotte.- rispose Damon - Mamma e papà lo sanno dove sei?-
- Mi prendi per deficiente?-
Il viziatissimo principino di casa Howthorne si allungò meglio sui cuscini, afferrando il telecomando e schiacciando a caso.
C'era da dire che suo fratello era molto viziato a livello affettivo.
Non c'era nessuno come Lord Michael che sapesse far rigare dritto con disciplina, ma...i suoi genitori in campo affettivo avevano dato tutto ad Aidan. Forse per redimersi.
Sorrise, vedendolo ridere di fronte ai cartoni animati serali.
- E la tua ragazza? Quando la vedo?- chiese nel frattempo.
- Ah.- Damon agitò la mano - Non lo so.-
- Non lo sai? A chi devo chiederlo?- replicò il piccolo con una bella lingua biforcuta - Al portiere babbano? O a Veleno?- poi cambiò argomento, come faceva sempre - Ci vieni al maneggio la prossima settimana?-
- Non ci viene papà?-
- Voglio te.- e mise il broncio, come per intenerirlo - Eh? Vieni? Con Cloe magari! Per Trix c'è troppo sole.-
- Hn, chiederò. Ma non penso che la duchessa verrà.-
- Ah già.- si limitò a masticare Aidan - Trust il Matto è sempre in circolazione.-
- Ma che matto, sciocco.- ghignò il Legimors, cercando di nascondere la propria espressione a quella spugna in miniatura - E piantarla di intontire Veleno di chiacchiere.-
- Guarda che è lui che vuole parlare!- sbottò il nanerottolo, riportando gli occhi sulla tv - A proposito. Si può sapere chi è sempre questo Tom?-
La bottiglia che Damon teneva fra le mani finì a terra, ma su un tappeto, così non si ruppe.
Il liquido color miele scivolò fuori e quando rialzò il viso, Aidan lo stava fissando.
- Tom, Tom, Tom.- continuò - Veleno non fa che dirlo. Chi è?-
- Un fantasma.- sussurrò Damon, tornando in cucina.
Solo un fantasma.
Un fantasma che aveva ancora un corpo...ma che risiedeva lontano, da qualche parte, nella sua memoria.
Che strano. Era da tempo che non pensava a lui.
Il primo anno dopo la fine di Hogwarts era stato...quasi inesistente.
Aveva ben pochi ricordi di quel periodo. Era stato quasi sempre in casa, usciva solo per vedere Beatrix.
Anche di Cloe aveva ben pochi ricordi.
Poi era nato Aidan, i gemelli, di seguito i figli di Edward e Ophelia e per ultima la bimba di Blaise.
Tutto era scivolato via veloce, frenetico.
Ma da qualche parte, nell'ombra, quel volto, quella voce, quelle memorie...erano rimaste.
Thomas Maximilian Riddle.
Sparito nelle intemperie del tempo, nei granelli di una clessidra.
Però era sempre lì. Al suo fianco, di notte, di giorno.
Specialmente di notte.
E proprio quella notte, mentre Damon girava il suo Sognid'Oro prima di andare a letto, guardò la foto che era stata scattata nel loro ultimo Capodanno a Hogwarts. Tutti eleganti, tutti sorridenti.
Eppure ora, a guardare meglio, colse in quegli occhi blu l'avvisaglia che avrebbe preceduto la sua fine.
Come poteva essere stato tanto cieco?, si chiese, spegnendo le luci.
Come?
Verso le tre di mattina però, la cecità finì.
Dopo otto anni di buio e silenzio, Damon lo sognò.
E quando si svegliò di scatto, madido di sudore e con un brivido a pelle, si ritrovò a sorridere.
Eccolo il sogno che aspettava. Dopo otto anni era arrivato finalmente.
Si alzò di volata e corse in cucina, scrutando freneticamente il calendario.
Il 27 giugno. Cerchiò la data, passandosi le mani sul viso, senza smettere di sorridere.
27 giugno. Era fatta.

In Charing Cross, la mattina dopo all'alba, Damon Howthorne si Smaterializzò nell'interno di un appartamento al settimo piano di un palazzo di vetro e metallo, appartenente a Milos Morrigan.
Un Incanto d'Allarme scattò immediatamente, ma lui agitò la bacchetta, pronunciando: - AB negativo.-
L'allarme la smise subito di trillare e lui si diresse spedito in mezzo al salotto dai colori scuri, dove un portatile stava scaricando canzoni da tutta la notte e senza tante storie si piazzò di fronte ai pannelli di vetro che lo separavano dalla stanza da letto.
Gli arrivò un gemito esasperato, prima ancora che aprisse bocca.
- Dannazione.. sono solo le sei!- sbottò una voce femminile.
Damon sogghignò, levandosi la giacca - Alzati bell'addormentata. Dobbiamo parlare.-
- Vattene Howthorne.- fu la risposta assonnata.
- Se non ti alzi all'istante rovescio la tua colazione fuori dalla finestra!-
- Dio, guarda che io lavoro sai? Mica faccio la mantenuta come te, Lord Howthorne.-
Il Legimors piegò le labbra in un'espressione perversa.
- Allora dovrai uscire a lavorare per trovarti altro da bere, perché ripeto...o ti alzi, o la colazione vola via.-
Al pensiero di quello spreco, una ragazza di ventisei anni spalancò gli occhi giallo ambra, serrando le fauci e imprecando poco finemente. Attorcigliata fra candide lenzuola di seta, Beatrix Mirabel Vaughn si mise a sedere nel letto vuoto al momento. La pelle di burro e i capelli neri e lucenti facevano contrasto col candore in cui si trovava, ma si alzò comunque, sbuffando. Entrò nuda in bagno e quando ne uscì aveva addosso una maglia da uomo, che le pendeva da una spalla e le scopriva appena la rotondità del seno.
Poco garbatamente aprì i pannelli divisori e grugnì addosso a Damon, che si era già comodamente stravaccato nella sua lustra e quanto mai inutilizzata cucina.
Era diventata ancora più bella Trix.
Anche ora con quel mollettone nei capelli che la rendeva decisamente più umana.
Infilò la testa nel frigo, tirò fuori un bicchiere di polistirolo bianco su cui c'era scritto COLAZIONE di MILO e si mise dall'altra parte del bancone.
- Sentiamo.- rognò - E prega che sia importante.-
- Prima di questo...com'è andata con Clay?-
- Meno male che c'era lui.- sentenziò con un sospiro stanco - I francesi ormai hanno promosso la legge. Chi passa il confine dei Pirenei e ha sangue misto, deve essere schedato e registrato. Fra un mese passeranno la proposta anche qua ma Clay non è sicuro che il Ministro l'accetti.-
- Bhè...Dibble è in carica da poco, ma non mi sembra un fesso.-
- Infatti. A differenza del suo predecessore mi sembra uno che ama la libertà di essere e di parola, se capisci che intendo. Per questo s'è guadagnato il mio disinteressato voto.- esclamò sarcastica, fissandolo da oltre il bicchiere - Allora, che volevi di così urgente?-
- Che hai da fare il 27?- le chiese, senza perdere un tiepido sorriso.
Trix sorseggiò lentamente, aguzzando la vista e cercando il suo palmare. Agitò la bacchetta e quello iniziò ad emettere rumori strani, fino a quando non le venne sotto mano il servizio.
Ebbene si. Trix era diventata Auror e lavorava nella squadra di Ron, con Edward, Draco ed Efren Coleman.
Aveva preso il posto di Hermione Hargrave quando la strega, cinque anni prima, aveva deciso di staccare la spina.
- Il ventisette è giorno libero.- rispose - Perché?-
- Mi serve che tu venga al Ministero. Di mattina.-
- Che palle. Per cosa?-
- Tu non stare a preoccuparti. Vieni e basta.-
Beatrix levò un sopracciglio, incrociando le gambe snelle sulla sedia - E' da un po' che non hai visioni a lunga scadenza. Che succede?-
- Niente, è una sorpresa.-
La Diurna sospirò, finendo la colazione con un sorso e levandosi il mollettone dai capelli.
- Come ti pare, tanto c'è tempo. Cloe l'hai sentita?-
- No, Trust l'ha requisita da una settimana.-
La smorfia della mezza vampira fu quanto mai eloquente.
- Oliver non mi piace.-
- Non piace neanche a Aidan.- rispose Damon, tranquillo.
- Bhè, tuo fratello ha ragione.- replicò acida - Non mi piace Trust, punto e basta. Sembra che voglia sempre allisciarsi tutte le persone che lei frequenta.-
- Forse vuole solo piacere agli amici della sua futura moglie?-
- Stronzate.-
- Ottimo.- Howthorne la finì subito, levando le mani - Se ti vesti andiamo a spianare soldi e poi a trovare i ragazzi. Alex, Herik, Caleb e Jeremy sono tornati ieri da Hogwarts.-
- Aidan lo passiamo a prendere?-
- E' impressionante come siete diventati culo e camicia.- frecciò sarcastico - Visti i precedenti.-
- Tuo fratello è solo geloso di te.- sorrise la Diurna, alzandosi e infilandosi di nuovo in camera - Faccio una doccia!- urlò - Mezz'ora e sono pronta!-
- Come ti pare.- rispose, attaccandosi al suo portatile non prima però di averle evidenziato la data del 27 sul palmare.
Affinché non avesse potuto scordarselo.


Harry Potter non era mai stato fortunato con le sue abitazioni.
Godric's Hollow era andata a fuoco due volte.
La palazzina in stile liberty di Lane Street n° 4 fatta a pezzi dagli Illuminati.
Ma da otto anni alla sua nuova casa non era ancora mai capitato nulla, perciò non a caso tutti i gli amici del bambino sopravvissuto chiamavano la sua villa accanto a Kensington Gardens "The Lucky House".
Era una villa di tre piani, bianca, coi tetti rossi, attorniata da un grande giardino sia sul retro che nell'ingresso, in cui un sentiero ciottolato arrivava di fronte all'ingresso della casa, creando una zona circolare dove troneggiava una fontana.
Il retro era occupato da una grande costruzione di vetro e plexiglas, la serra e da un gazebo color panna, sormontato da roselline e glicine.
Inoltre, per chi guardava dall'alto, si poteva notare che la Lucky House era formata da due bracci separati, uniti solo da lunghi corridoi interni.
Un braccio ciascuno, si sarebbe potuto dire.
Nell'ala est abitava la famiglia Potter.
Nell'ala ovest la famiglia Malfoy.
E per la semplice ragione che da anni costringeva Harry Potter e Draco Malfoy a vivere in perfetta simbiosi.
Draco Malfoy quel giorno a pranzo, per la prima volta dopo secoli, si era goduto la casa in santa pace, tutta sua.
Il silenzio regnava sovrano e mangiò tranquillo, senza sentire schiamazzi di bambini o strani versi animaleschi.
Senza contare che quando Hermione spariva di casa, lui poteva far entrare di straforo tutti gli elfi domestici che voleva, che rimettevano a posto tutto il casino che lui, sua figlia, Harry, Lucas e Faith facevano.
Perché anche Elettra non era in casa e da più di una settimana ormai.
C'erano i campionati di quidditch e la squadra delle Aquile Inglesi aveva vinto faticosamente l'ultima e più importante partita, prima della finale contro i russi. Era tornata una settimana prima solo per assicurarsi che lui e Potter non si fossero uccisi, ma anche Harry di recente stava poco in casa.
Usciva la mattina per andare a Cedar House, a prendere Degona.
Poi entrambi andavano alla Associazione Hayes.
Già.
E così Harry Potter il babbano aveva davvero smesso di vivere di rimpianti negli anni. Da quando Degona due anni prima era uscita da Hogwarts, la piccola Mckay ora diciannovenne era diventata la splendida persona che tutti avevano sempre immaginato sarebbe stata.
Terminato il M.A.G.O. Elisabeth Jenkins aveva preparato alla sua pupilla una lista di balli interminabili a cui partecipare, per trovare un buon marito, ma Degona si era salvata, devolvendo tutto il suo patrimonio materno, quello dei Lancaster, all'Associazione Hayes, un istituto privato creato da un vecchio compagno di scuola di Silente.
Si trattava infatti di un istituto creato dal grande magnate Desmond Hayes, tornato da poco a Londra dopo anni di vita all'estero, in cui giovani maghi mezzosangue, di stirpe demoniaca, venivano salvati da una vita di strada, oppure da abbandono e morte certa.
Quando Degona era venuta a sapere dell'istituto di Hayes non aveva perso tempo e aveva fatto anche il miracolo su Harry Potter, che da anni viveva della sua rendita datagli dal Ministero della Magia, senza più alzare un dito.
Degona l'aveva trascinato all'associazione e...lì ora vi passavano la maggior parte del loro tempo.
Insieme a marmocchi con corna e coda e Merlino solo sapeva cos'altro.
Se non altro Elettra ed Hermione avevano finalmente smesso di preoccuparsi per Harry, ma restava il fatto che ora usciva presto la mattina e tornava a casa anche troppo tardi la sera.
Col risultato che Faith agognava per stare un po' col padre e quella piccola larva di Potter infame che era Lucas borbottava da mane a sera.
Come stava facendo anche quando mise piede in casa, all'una e mezza.
Draco lo vide dalla sua cucina e ghignò come una iena quando l'incantevole Isabella Baley Maitland e suo marito Joe Maitland entrarono accompagnando lui, Glory, Faith e Caleb, il cugino dei Potter e figlio di Isabella.
Caleb aveva 12 anni e aveva appena terminato il secondo anno a Hogwarts, come Grifondoro, chiaro.
Ma la trafila non era finita.
Un secondo dopo riprese la sfilata.
Entrò Jess Mckay, bello come il sole, che tirava suo figlio Alex di dodici anni per il cappuccio della maglietta con la mano destra. Con la sinistra invece tirava suo nipote Herik, il figlio di Sofia che aveva già 14 anni, per il bordo della camicia. I due ragazzini salutarono Draco, poi schizzarono con Lucas su per lo scalone principale, che divideva la Lucky House.
Come minimo sarebbero andati a prendere gli skate volanti per giocare in casa.
Glory era già sparita in camera sua visto che odiava il chiasso, ovviamente a leggere dopo avergli dato un bacio che non gli negava mai e anche Faith non sembrava in giro.
- Odio i bambini.- gli disse Jess, andando a sedersi alla tavola della sua cucina.
- Era meglio lasciarli sul treno.- frecciò anche Joe Maitland.
- Padri degenere.- rise Isabella, almeno fino a quando la porta dell'ingresso non si spalancò di nuovo e Pansy Parkinson Weasley non entrò inferocita, con l'undicenne Jeremy Weasley a capo fila che corse subito da Lucas, suo migliore amico, i gemelli pestiferi per secondi e Marc per ultimo.
- Problemi?- ironizzò Draco, ben sapendo che era successo.
- Lascia perdere!- gracchiò la strega, coi capelli più corti che in passato, sfumati in un caschetto sulle spalle ma sempre con la stessa aria da ventottenne - Al binario c'era quella cretina della Bulstrode col marito! L'avrei strangolata!-
- Ma che ti ha detto? E dov'è Blaise?- le chiese Jess.
- Sono qua!-
- Ciao Blaise.- bofonchiò Draco, quando Zabini apparve sulla soglia con la sua bella moglie, Paris, una bruna procace, con la figlia di quattro anni in braccio, la piccola Madison.
Dietro di loro era arrivato anche Ron, reduce dall'incenerimento dei vampiri che gli avevano appestato casa.
- Salve gente.- salutò Zabini - Ci siamo tutti?-
- Manca il maledetto Potter, J.J, Damon, Trix e Dalton....anche se a quanto vedo Chris e Caroline sono arrivati adesso.- aggiunse Malfoy, notando di sfuggita lo sfrecciare della testina bionda della piccola Linnie del corridoio.
Madison volle raggiungere l'amichetta e si attaccò ai pantaloni di Chris fino a quando Edward, un pelino disastrato per il caldo, non mise la testa in cucina.
- Avete notato che il loro numero aumenta sempre di più? Siamo in minoranza ragazzi.- li apostrofò.
- Si, manca Potty e questa casa diventerà un asilo nido.- sibilò Draco, alzando una bottiglia di vino dalla credenza di legno pregiato e facendola volteggiare sopra le loro teste - Ophelia?-
- E' andata a controllare che non si uccidano.- sospirò Pansy, mettendo timorosamente il naso fuori dallo stipite - Stanno di nuovo giocando a hockey sul tuo pavimento di linoleum Draco.-
- Tranquilli. Ho detto agli elfi di metterci la cera stavolta.-
E non finì di dirlo, tantomeno finì di vedere le espressioni allibite dei genitori che un sonoro tonfo dal piano superiore gli fece capire che Lucas Potter si era appena fatto spuntare un corno-bernoccolo sulla fronte.
- Complimenti, ora chi lo sente!- soffiò Pansy, guardandolo storto.
- Porcaccia la miseria!- sbraitò Lucas, che cercava di tirarsi in piedi con l'aiuto di Alex e Caleb, finendo così a terra in tre, addosso a Marc che era sempre in mezzo quando non doveva.
I piccoli stavano ancora urlando imbestialiti, quando la porta si aprì di nuovo e dalla cucina Isabella Maitland vide entrare suo fratello. Anzi, il suo fratellastro mezzo francese.
J.J. Baley aveva vent'anni ormai ed era diventato uno zio coi fiocchi che Lucas, Faith e Caleb adoravano.
Biondo come tutti i Baley e occhi azzurri, salutò i presenti col suo lieve e appena percettibile accento francese preso da sua madre e si fermò a bere un bicchiere di vino.
Era entrato nelle grazie di Isabella da un pezzo, mentre con Elettra...i rapporti erano ancora un po' ristagnanti.
Finalmente da sopra i mocciosi smisero di urlare e tornò anche Ophelia.
Ora coi capelli lunghi, senza più ciocche colorate, la signora Dalton baciò il marito e si sedette.
- Bella l'idea della cera.- ironizzò - Ma Lucas mi ha detto di dirti che te la farà pagare.-
- Potter.- sentenziò Draco, col suo solito tono - Allora, questa cena da Coleman quando si fa?-
- Quando torna Hermione.- gli rispose Ron, che si massaggiava il morso sul collo ancora coperto dal cerotto - Efren vuole anche lei.-
- Aspetterà in eterno allora.- sibilò il biondo - Trix ancora non c'è?-
- E' andata a fare spese con Damon e Aidan. Ci vorrà una vita.- spiegò Edward.
Invece ci volle meno del previsto.
Damon e Beatrix entrarono a Lucky House mezz'ora più tardi carichi di borse, giusto in tempo per vedere Lucas, Alex e Jeremy fiondarsi giù dalla scala coi rollerblade, mazze da hockey in mano e palla di gomma stregata che rimbalzava ovunque. Aidan naturalmente non perse tempo e si unì al corposo gruppetto di mentecatti minorenni, mentre i due ex Serpeverde si separarono.
Trix andò in giardino, sul retro, dove trovò Edward, Ron e Blaise intenti a discutere delle ultime ronde del mese, Howthorne invece raggiunse la cucina.
Draco stava affettando del briè sul tagliere, ebbe si, da qualche anno si era abbassato anche a tagliarsi il formaggio, con un bicchiere di vino rosso accanto e Faith seduta davanti a lui.
La piccola s'illuminò, vedendolo arrivare.
- Ciao Damon.- lo salutò con gentilezza.
- Ciao principessa.- le disse, scompigliandole i bei capelli neri e sorridendo delle efelidi che le spruzzavano il naso - Come stai?-
Il viso della bimba di appena nove anni si adombrò un secondo, ma fu una cosa veloce.
- Benissimo!- enfatizzò, saltando giù dal grosso sgabello - Vado da Linnie adesso!-
- Attenta per le scale, piccola.- l'ammonì Draco - Se ti arrivano addosso potrebbero farti male.-
- Stai tranquillo zio!- rispose seria - Starò attenta.- e sparì di corsa, facendo ridere il biondo.
- E' sempre adorabile.- sindacò Howthorne.
- Si e devo dire che non ha preso dal fratello.-
Il Legimors rise, fino a quando non vide Malfoy afferrare un pezzo di carta, quasi senza accorgersene, e iniziare a costruire un uccellino.
Era bravo a farlo, lo era sempre stato.
E intanto parlava, parlava, ma Damon abbassò gli occhi fino al bordo della tavola.
Un bimbetto coi boccoli biondi e iridi argentee dei Black gli stava sorridendo.
Senza pensarci, Damon gli sorrise a sua volta.
“Mi piace quando il papà mi fa gli uccellini di carta.” gli disse il piccolo, con un dito paffuto in bocca.
Dava pochi anni, cinque al massimo.
“Me ne lascia uno tutte le sere.” continuò, senza smettere di sorridere “Ieri ne ha fatto anche uno con la carta rossa. E una coda lunga!” aggiunse, scandendo bene le parole.
Un uccello rosso. Con una coda lunga.
Una fenice...
- Damon?- Draco sbatté gli occhi - Ehi mi ascolti? Ma cosa guardi?-
Howthorne si destò all'istante, sollevando il viso.
- Cosa? No, niente. Dicevi?-
- Hai la testa altrove di recente.- replicò il biondo Auror e con un colpo fece volare l'uccellino di carta, soffiando sotto le ali per dargli un aiuto. L'uccellino terminò il suo volo sul tavolo, proprio dove il bimbo teneva le mani aperte.
Ridacchiò felice, prendendolo fra le dita ma Draco glielo tolse, facendogli mettere il broncio.
- Non riesco più neanche a far volare gli origami.- bofonchiò depresso, senza notare gli occhi tristi di Howthorne - Vado a vedere che fa la progenie di Satana. Vieni?- e senza una parola s'incamminò in corridoio.
“Papà!” lo chiamò il bambino.
Draco si girò verso la cucina, aggrottando le sopracciglia. Che strano.
Il bimbo era arrivato poco dietro di lui, ma Malfoy si rivolse verso le scale al suo fianco.
- Glory!- urlò forte - Mi hai chiamato?-
Dal piano superiore sua figlia negò, così lui levò le spalle e tornò ad urlare a tutta la casa.
- Ehi, qualcuno ha chiamato papà per caso?-
- Si, io.- frecciò Lucas, che pattinò verso di lui con aria serafica - Ormai siete così uguali, quasi mangiate e dormite insieme, andate a spasso per mano....che potrei chiamarti papà, se solo fossi del tutto fuori di testa.-
Draco fece una ghignatina sarcastica.
- La differenza fra tuo padre e me però è che lui non infilerebbe mai un serpente nel tuo letto la notte, cucciolo, per farti secco con una dose letale di veleno. Io si invece.-
Lucas non parve per nulla colpito dall'affermazione.
- Chissà com'è il serpente alla brace.- replicò soave - Magari un giorno provo a farne uno.-
- Vorrei tanto vederti provare.- sentenziò il Principe di Serpeverde, chinandosi appena sul nanerottolo di dieci anni che di nuovo ignorò il sarcasmo e salutando Damon tornò a farsi gli affari suoi, dopo essersi ripreso la palla stregata.
Rimasto solo in cucina, i lineamenti di Howthorne si sciolsero in tristezza rinnovata quando il piccolo si girò verso di lui, con gli occhi vitrei.
- Tu devi andare via da qui.- gli sussurrò il Legimors.
“No. Il papà mi vuole bene! Anche la mamma, lei mi chiama sempre!” e senza dire altro scoppiò in lacrime e scappò via, tanto che Damon non riuscì più a vederlo.
Era inutile, pensò alzandosi e uscendo in giardino, dove levò lo sguardo al cielo.
Era perfettamente inutile.
Draco non vedeva. Ma sapeva.
Mentre lui vedeva...ma non sapeva.
Eppure tentare di far parlare Draco sarebbe stato solo un dolore inutile.
Il cielo era terso, limpido e pulito.
C'erano poche nuvole...e di nuovo la gioia di quella notte tornò a riempirgli il cuore.
Doveva concentrarsi su quella gioia.
Tre settimane al ventisette giugno.
E poi la strada biforcata si sarebbe riunita in una sola.
Anche se non sapeva per quanto tempo.
Ma l'importante era concentrarsi su di essa. Su quella visione di gioia.
Di ritrovamento.
Anche Harry ne sarebbe stato felice, si ritrovò a pensare.
Sarebbe esploso di gioia. Come tutti quanti, anche Lucilla.
Si.
Come si era portato via la gioia andandosene, ora Thomas Maximilian Riddle l'avrebbe riportata.
Tornando.
In un modo o nell'altro.
Lo capì vedendo arrivare la leggenda dei maghi dal vialetto.
Pochi negli anni non cambiano. Eppure lui era rimasto sempre lo stesso. E non solo nell'aspetto.
Mani in tasca, capo chino per poi rialzarlo e mettere in mostra quegli occhi più brillanti degli smeraldi.
Harry James Potter lo salutò da lontano.
Già, pochi potevano permettersi di non cambiare mai.
Ma al bambino sopravvissuto era stato accordato quel permesso.
Poche settimane e forse, al fianco di Harry, avrebbe potuto tornare ad esserci anche Tom Riddle.
Doveva solo credere nella sua visione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Signori e signore, come potete vedere non sono una che ha tempo da perdere. Mamma mia, se voglio finire entro la metà di giugno è meglio che mi sbrighi, per questo non vi do fiato! Eeheh, come promesso sono tornata con TMR, la quarta parte di quella che considero una saga di famiglia. Vi ho dato un assaggio col primo capitolo, avete visto che sono passati ben otto anni dai Figli della Speranza...e ci sono una marea di bambini!

Si, questo è uno dei punti che vorrei trattare. Ma prima...sapete che questa è la mia ultima fic? L'ultima che sto ancora scrivendo? Praticamente state leggendo insieme alle mie veterane! ^^ Ah, che soddisfazione aggiornare finalmente una fiction non ancora finita, visto che posso aspettarmi un po' di suspence. In fondo nessuno ha ancora finito di leggere, non potete uccidermi come avete fatto coi Figli della Speranza...ma mi ucciderete ora con tutti questi bambini. Ok, sappiate che mesi fa già diedi alle altre veterane un blocco appunti con sopra genealogie e parentele dei piccoli, con mamma e papà, perciò se fate casino, specialmente coi Weasley, vi direi di contattarmi per mail e farmi sapere se anche a voi serve la lista dei pargoli. Perchè loro sono fondamentali in TMR, capire legami e parentele vi sarà utile in questo intreccio diabolico che ho creato.

Attualmente, sto scrivendo il 45° capitolo, perciò mettendo uno o più capitoli al giorno, dovrei farcela. Inoltre, vi avviso fin da ora che questa fic avrà toni molto ma molto più cupi delle precedenti, non tanto da mettere VM 17 perchè credo in questo raiting solo quando ce n'è motivo, ma io non scrivendo scene precise di sesso, ho voluto avvisarvi solo per un mio abuso (nelle trame finali) di violenza e sangue durante le battaglie. Già mi conoscete, amo il sangue a secchiellate! ;) Per finire, aggiungo anche che ci sarà un accenno yaoi e col personaggio più improbabile di tutti. Bene, che altro dire? Alla prossima. Saluto tanto Bluking, julietta, Astra, Yoana, Mary, ClausK, Iceygaze e la cara Artemisia89 che stasera metterà la sua raccolta di drabble ispirate alla mia saga anche qui su EFP, intitolata Lotus. Non perdetevela, perchè è assolutamente magnifica.

Vi lascio, signori e fanciulle. Fatemi sapere se siete sopravvissuti a capitoli più lunghi! Un bacione a tutti. Babi.

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2° ***


 

 

 

 

La storia insegna che la natura umana è fatta di guerra, passioni, tradimenti, collera.

Ma insegna anche che è fatta di solitudine.
Fin dall'alba dei tempi, i più grandi pensatori umani ritenevano che la solitudine fosse parte integrante della vita dell'uomo. L'essere soli era una condizione che andava accettata, che poteva portare a perdersi oppure ad elevare il proprio spirito. Secondo alcuni si cammina soli per tutta la vita, anche se in compagnia.
Per altri...si è soli e basta. In qualunque momento, come unica compagna la pia illusione dell'amore.
Per i demoni invece si trattava di una questione più complessa di quanto si potrebbe pensare.
Indifferenti per natura, gelidi nello spirito, per i demoni la solitudine era un dono.
Una situazione di fondamentale importanza.
E anche di sostanziale noncuranza.
Essere soli ...comparato alla gloria e alla conoscenza di una vita eterna.
Perciò, la bilancia aveva sempre avuto due misure per mortali e immortali.
Eppure da qualche anno, nel Golden Fields, alla residenza del primogenito della millenaria famiglia Cameron, un umano aveva cominciato a sperimentare sulla sua pelle che l'esistenza demoniaca non era né vuota né gelida.
Bensì forte e vorticosa come un turbine di vento.
Più densa del sangue.
Cameron Manor, ormai più abitato da quello che era stato nell'ultimo secolo, vibrò leggermente quel pomeriggio di giugno piovoso.
L'immensa costruzione di mattoni chiari e decine di torri dalle tegole nere sormontate da gargoyles guardiani avvertì una leggera scossa.
Ogni vetrata emise un acuto sibilo, cosa che fece anche il padrone di casa.
Chiuso nella sua stanza sulla torre del vespro, immerso nell'oscurità e grato ai vantaggi dell'alcool, Caesar Noah Cameron aprì appena un occhio. Anche al buio e assordato dall'incessante battito della pioggia, uno dei demoni puri destinati a comandare la nuova generazione si guardò attorno.
Le luci erano basse, colpa del suo mal di testa. La ricercatezza dall'arredamento impallidivano al confronto del demone che alla sua nascita era stato soprannominato dal nonno paterno Diamond, diamante.
I capelli bianchi appena più corti erano scarmigliati su numerosi cuscini, mentre lui sdraiato su una chaise-longue di damasco tanto blu d'apparire nero, risucchiò l'aria fra i denti come perle e si ripose il braccio sugli occhi.
Da otto anni aveva imparato che ignorare era molto meglio che fare domande.
Come sosteneva suo fratello Leiandros, spesso l'ignoranza era più saggia del sapere.
Il problema però si poneva quando i suoi obbligatori coinquilini minorenni dovevano far passare il tempo.
E cinque demoni puri insieme ad un umano...portavano solo guai.
Ringraziando il cielo a palazzo quel giorno ce n'erano solo due, momentaneamente, ma ci avrebbe scommesso che tempo due ore e il gruppo si sarebbe riunito per la serale caccia grossa.
Imprecando senza usare il fiato, alzò la mano e una bottiglia di Merlò si sollevò dalla tavola di mogano che sormontava quel bouduare appartato.
Si versò un bicchiere che poi lo Smaterializzò direttamente nella sua mano sinistra.
All'anulare aveva rimesso qualcosa che non aveva più portato da un pezzo. Per rabbia.
La sua fede nuziale.
Che strano rivedere quell'anello al dito.
Eppure erano passati solo ottant'anni. Incredibile come passava velocemente il tempo.
Brindò alla salute d'Imperia, sogghignando, quindi mandato giù il calice se ne versò immediatamente un altro.
E le finestre vibrarono ancora.
Si, c'era battaglia nell'aria, pensò prima di ricadere in trans.
Battaglia e divertimento.
Peccato che qualcuno ne sarebbe di nuovo uscito pieno di lividi. E non solo di quelli.
Al primo piano, infatti, nella Sala delle Furie data dalla rappresentazione allegorica di queste ultime sul pavimento di porfido, un'ampia stanza circolare quasi priva d'arredamento e dal soffitto basso ma dal diametro d'impressionante ampiezza, si stava consumando un allenamento che era più un massacro.
Brandon Feversham, trecentonove anni compiuti in gennaio, secondogenito della famiglia Feversham che era una delle più giovani nate nei sette secoli precedenti, stava seduto sulla mensola di granito dell'unica ampia portafinestra che illuminava la Sala col bagliore di lampi e fulmini che sovrastavano il Golden Fields.
Capelli castani cortissimi ma folti, lineamenti delicati e occhi bianchicci su cui spiccavano occhialetti leggeri dalle minuscole lenti rossastre, leggeva privo d'interesse un libricino logoro.
Un ginocchio contro il torace smilzo, guanti sempre alle mani.
Ogni tanto levava lo sguardo...per scuotere il capo.
- Vlad.- disse con la sua voce bassa e sottile - Vacci piano.-
Predica inutile.
Alla sua sinistra per un metro e quasi novanta di altezza, il giovane demone puro discendente da una famosa dinastia russa, da parte di madre. Vladimir Alexander Stokeford non lo degnò di uno sguardo.
D'indole crudele quanto mai diffidente e incurante, Vlad in poco più duecento anni era stato allevato come un guerriero, da una famiglia che aveva partorito per millenni condottieri e feroci assassini.
L'aspetto magnifico non riusciva a mitigare la sua crudezza.
Capelli biondo grano, lunghi a ciocche sulla fronte, occhi pallidissimi e quasi sempre socchiusi.
Un viso e un corpo mascolini che tradivano potenza, specialmente il volto. Guance poco incavate, ma che non mitigavano la spessa mascella ricoperta da un filo leggero di barba e spessi segni neri sotto gli occhi.
Come un rapace.
Muscoli tonici, guizzanti. Su una pelle diversa da tutti gli altri demoni.
Non pallida, bensì ambrata.
Una camicia nera aperta sul torace, mostrava di sfuggita un tatuaggio minuscolo sotto la clavicola sinistra.
Il segno del suo casato.
Una falce e un iris, incrociati.
Lo stesso simbolo di alcuni zar. Fra i suoi parenti, la stessa Alexandra Romanov, regina di tutte le Russie.
- Vlad.- lo richiamò Brand, vedendo che la magia che stava scatenando verso il suo avversario stava superando il limite - Devi solo rompere lo scudo. Non rompergli le ossa.-
- Fa silenzio.- sibilò, levandosi la sigaretta penzolante dalle labbra sottili.
Detto fatto, annoiato da quell'inutile allenamento, agitò un palmo e lo scudo che stava penosamente cercando di trattenere la sua magia finì in mille pezzi, con un rimbalzo tale d'aria da spedire con forza inaudita il suo, ovviamente, più debole avversario contro la parete.
Brand fece una smorfia, alzandosi.
Dal muro, come già si era ritrovato spesso in vita sua, Thomas Maximilian Riddle scivolò a terra, tenendosi il capo.
Batté una mano aperta a terra, per trattenere e al tempo stesso sfogare il dolore. Ma non ci riuscì.
- Porca puttana!- ringhiò, gemendo.
Vlad schioccò la lingua, soffiando fuori il fumo.
- Ne hai avuto abbastanza direi.- sibilò con voce roca, guardando il mago dall'alto in basso - Mi sono stufato, ho di meglio da fare che stare qua a giocare.-
- Ma porca.- Brand lo spostò, correndo da Riddle.
Da in piedi, chiunque avrebbe potuto scambiare il giovane mago ventiseienne per un demone.
Non contando i suoi occhi, chiaro.
Il ragazzino di un tempo aveva assunto un fisico statuario e un'altezza invidiabile, anche se non era possibile paragonarla a quella di Stokeford.
Pelle di alabastro, presa dalla madre e la bellezza di un viso che rappresentava il peccato per molti.
Al collo, l'argenteo bagliore del platino e di un rubino nero rilucevano come la più magnifica delle gemme.
T.M.R.
Questo il marchio a fuoco sul serpente che lo legava alla gola.
Per la vita.
I capelli d'inchiostro gli scivolavano scomposti sulla nuca e sul viso.
Sull'avambraccio destro invece, ora spiccava una lunga cicatrice di coltello, liscia al tatto. Vecchia di sette anni.
- Tom, tutto ok?- gli chiese Brand, tirandolo in piedi.
Riddle gemette di nuovo, toccandosi la nuca.
- Hai un taglio in testa.- gli disse Feversham, portandogli una mano sulla parte ferita - Sta buono.-
Tom non rispose, ma rialzò gli occhi blu come la notte su Vlad, che era rimasto a braccia incrociate.
E lo fissava.
La lunga occhiata fra i due avversari parve non avere fine.
E per poco, Tom vide un leggero bagliore aleggiare nello sguardo del demone che sapeva bene cosa significasse.
- Fa male la schiena?- continuò Brand, sbuffando.
- Secondo te?- e sorrise, alzando il viso sopra la spalla - Non ho niente di rotto.-
- Ma qualche vertebra incrinata forse si.- replicò Feversham - Vlad, che cazzo, ma non capisci proprio niente?-
- Me l'ha chiesto lui.- si limitò a rispondere Stokeford, menefreghista come suo solito.
- Non t'ha chiesto di spezzargli l'atlante!- sbottò Brand.
- Mica è colpa mia se è fatto di burro.-
- Ma vaffanculo Stokeford.-
Tom rise, vedendo il sopracciglio alzato di Vlad.
- Vuoi sfidarmi Feversham?- chiese, con una nota goduriosa nella voce.
- Ti piacerebbe.- ghignò Brand, levandosi gli occhiali e pulendoli con perizia - Ma adesso ho di meglio da fare.-
- Ecco, vai a sbatterti Winyfred.- gli consigliò acidamente il biondo, dando loro le spalle - Io me ne torno in camera.- e senza fare più un fiato agitò una mano con aria annoiata e si creò un portale, essendo lui un Portalista, che attraversò e sparì all'istante, senza stare a sentire le prediche di Feversham.
- Pezzo di cretino.- sentenziò Brand, accennando un ghigno.
- Lascialo stare Brand, dai.- sorrise Riddle, zoppicando fino a raggiungere la mensola, dove si sedette lentamente, sentendo tutte le ossa del suo corpo di burro urlare vendetta e pietà al tempo stesso.
- Sei troppo buono con lui.- replicò Feversham, facendosi apparire una poltrona su cui si sistemò comodo - Il polso fa male?-
- No, è guarito. Però, la pozione che mi hai fatto è miracolosa. Me l'ha sistemato in un'ora.-
- Se ti rompi un osso al giorno fratello non ci sarà incantesimo che ti riporterà dalla bara.- sogghignò l'altro, facendo ridere anche lui - Vlad non sa dosarsi con te, lo sai. Perché insisti?-
Thomas Maximilian Riddle tacque allora.
Abbassò il volto sulle sue mani, ora coperte dai calli dell'uso frequente della spada.
Le dita lunghe esibivano piccole ferite, ma nulla di serio.
Perché insiStevea?
In fondo...che altro avrebbe potuto fare?
Si appoggiò ai vetri, avvertendo un brivido.
La pioggia...sarebbe stato bello potersi sporgere dalla finestra e toccare la sua prima goccia di pioggia dopo otto anni.
Invece quella finestra poteva solo aprirla. Sentire l'aria, l'aria vera sulla pelle...ma niente di più.
Distolse lo sguardo, tornando a sorridere e a massaggiarsi il collo.
- Non preoccuparti per me, Brand.- disse pacato.
- No?- Feversham, che poteva dire di conoscerlo molto bene essendo stato il primo a cercare di conoscere otto anni prima quel ragazzino mortale che era stato Sigillato a Cameron Manor, nascose un sorriso amaro.
Begli anni erano stati.
Loro, in punizione per aver aiutato Caesar ad uscire dalla sua biblioteca otto anni prima, erano stati cacciati dai genitori ed obbligati a stare a Cameron Manor per un periodo di circa cinquant'anni.
Certo, potevano uscire come loro pareva, ma ad alcuni la pena era stata un po' ridotta.
Winyfred Harkansky per esempio, la più grande fra loro, lo era abbastanza da non dover rendere contro al padre, il potente Horus Harkansky, delle retate in casa sua. Tantomeno rendeva conto dei suoi viaggi nel tempo, cosa che aveva fatto imbestialire tutta la famiglia.
Vlad aveva accolto la punizione con una smorfia, ma come una tranquilla vacanza dalla vita sociale cui era costretto.
Val Hingstom invece aveva letteralmente ballato sulla sua cacciata, potendo così godersi la vita di vizi che aveva sempre sognato, lontano dal perbenismo della sua famiglia.
Ma Val era sempre stato così.
Duecentodiciassette anni, cinque meno di Vlad, era stato la pecora nera della famiglia Hingstom, quando si era fatto una scampagnata fra i babbani durante il D Day più di mezzo secolo prima.
Ancora peggio, si era infilato in mezzo a una manifestazione durante il 68' in Francia, a Parigi, dove aveva manifestato insieme a migliaia di studenti con una cresta verde in testa, macchiando così la reputazione del suo casato.
Per finire, la sua vita sregolata aveva fatto morire di crepacuore la sua zia paterna, o almeno così si diceva in giro, ma lungi dal piangerci sopra Val aveva accettato al volo la possibilità di poter vivere col grande Caesar Cameron.
Senza contare tutto l'interesse che il demone aveva sempre provato per Tom.
Come molti, provava interesse per tutto ciò che esiStevea oltre al ristretto mondo demoniaco...e Tom Riddle era stato, e tuttora restava, una grande fonte d'ispirazione per lui.
Restava solo Denise.
Che...scontava una pena forse assai peggiore di tutti loro.
Denise Axia Loderdail era nata solo centoventiquattro anni prima da una delle più illustri famiglie demoniache che mai avessero poggiato occhi o piede in Gran Bretagna dopo i Cameron.
Figlia unica, nata al posto del sospirato maschio, era venuta alla luce una notte di luna nuova.
La madre perì durante il parto e il padre, folle per aver perso la donna amata e non aver avuto l'erede che voleva, dette alla piccola quel secondo nome.

Axia.
Tesoro in greco. Cosa preziosa.

Come sfregio. Come ultimo dono forse, perché sputò ai piedi della culla e da allora non si era più fatto vedere.
Era stata la nonna paterna, Sapphire Loderdail ad allevare la bambina con rigidità e disciplina, tanto da ricordarle sempre che a Loderdail Mansion lei era solo un monile. Un prolungamento, tra l'altro non desiderato, della famiglia.
Non era passato molto però prima che i Loderdail si accorgessero del grande dono che si annidava in Denise.
Ladra spirituale.
La capacità di connettersi alla mente altrui, specialmente ai ricordi.
E di manipolarli a proprio piacimento.
Perché sta nei ricordi e nelle esperienze di vita ciò che siamo.
Cambiare i ricordi, cambia il passato, il presente. E quindi il futuro.
Con la punizione però, Denise si era presa l'impegno di tornare regolarmente a Loderdail Mansion.
Per essere controllata.
Presto, infatti, i parenti le avevano programmato possibili matrimoni per liberarsi di un'erede femmina che aveva messo fine al loro casato.
Da principio, otto anni prima, ognuno di loro si era aggirato per Cameron Manor per gli affari propri.
La presenza di Tom, un moccioso umano, non aveva toccato nessuno di loro più di tanto, almeno fino a quando non avevano capito con chiarezza cristallina quando Caesar fosse legato a quel mortale.
Era qualcosa che nessuno di loro era riuscito a capire, spesso ancora si stupivano di cosa poteva provare un demone che tutti consideravano il capo della generazione giovane.
Poco a poco, le visite di Lucilla Lancaster avevano fugato ogni dubbio.
Quell'umano era speciale.
Winyfred, Brand e Val erano stati i primi a muovere dei passi avanti, senza neanche capire perché volessero farlo.
Spesso Tom era rimasto giorni interi chiuso in camera.
In loro presenza non parlava mai.
Per quasi un anno aveva passato le giornate in biblioteca, accettando solamente la compagnia di Caesar e Dimitri.
Tutto era scoppiato nel momento in cui, un anno e pochi mesi dalla sua reclusione, Tom aveva pestato inavvertitamente i piedi a Vlad.
Una discussione iniziata con semplice e civile "Dov'è Caesar?" da parte di Riddle era finita con "Muori bastardo."  da parte di Stokeford.
Di quel giorno restava la lunga cicatrice sul braccio di Tom.
E qualcosa di dannatamente mutato nell'animo di un demone che era riuscito a vedere dove non credeva avesse mai potuto esserci un mondo di luce.
Nella Sala delle Furie all'improvviso si creò il caos.
Tom e Brand capirono subito chi era, ancora prima che spalancasse le porte con un botto.
- Ciaooo!-
Winyfred Zeta Harkansky irruppe agitando le braccia esili per salutarli.
- Tom, tesoro, prepara quei cosi che scoppiano che domani ti porto a vedere la presa della Bastiglia!- celiò, prima di abbassarsi e scoccare a Brandon, il suo fidanzato, un profondo bacio a fior di labbra.
Per cosi che scoppiano intendeva i pop corn.
E per Bastiglia...intendeva quella vera.
Da anni l'Harkansky faceva girare Riddle in mezzo alla distorsione temporale in sordina.
Tom era stato al Louvre, alla sua apertura. Aveva visto Ramses distruggere la Siria, Napoleone a Waterloo, Hiroshima e Nagasaki dal mare, aveva visto sorgere una nuova Babilonia con Alessandro Magno, la battaglia a Pearl Arbour per poi vedersela in dvd due ore più tardi.
Aveva anche visto l'assemblamento della Statua della Libertà, per non parlare del Sacco di Roma e niente meno che il primo concerto dei Beatles oltre mare.
Tutti questi viaggi due o tre volte al mese.
Ma la sera dopo proprio non poteva.
- Tesoro...- disse dispiaciuto - Domani vengono è controllori del Ministero. È il due. Lo sai.-
- Oh, che palle!- si lagnò lei, buttandosi seduta in braccio a Brand e scostandosi i ricci fitti color rame dalle gote tonde e color pesca - Quei noiosi mi hanno fregato la serata! Pensa che dopo volevo anche portarti a vedere i Ramones!-
- Adorabile.- sorrise, divertito - Ma non domani. Facciamo giovedì?-
- Mica posso fermarlo il tempo.- sospirò, mettendo il broncio - Pazienza...vorrà dire che ti faccio vedere Robespierre decapitato! Meglio? O preferisci Maria Antonietta?-
- Fai tu.- abbozzò, cercando di non ridere come faceva Brand, silenzioso.
- Comunque quei Controllori sono una rottura. Sempre a staccarti capelli e gocce di sangue.-
- Solo una volta al mese, per controllare sia io e non un doppio.- le disse, tranquillo - Non è niente.-
- Sono cafoni.- sbottò Winyfred - Non li batte neanche Stokeford...e parlando del diavolo, dov'è Vlad?-
- In camera.- spiegò Brand, passandole le braccia alla vita e baciandole una spalla nuda - Ha quasi spezzato la schiena a Tom e poi se n'è andato.-
- Adesso lo sventro.- minacciò la rossa - Ti ha fatto male amore?- chiese a Riddle, carezzandogli la testolina.
- Non troppo, tranquilla.- e si alzò, baciandole una guancia - Ora scusate signori, ma credo che andrò a trovare il padrone di casa. Poi mi faccio una doccia. Ci si vede a cena dove mangio solo io.-
- Si, contaci!- ironizzò Winyfred, prima di rovesciarsi addosso a Brand e finire entrambi direttamente giù dalla poltrona.
Tom se la filò prima di vedersi lo spettacolo in prima fila, ma non poté fare a meno di ridere.
- Divertitevi!- proclamò, chiudendosi i battenti alle spalle.
Nel corridoio si fermò di fronte al parapetto delle scale.
Cameron Manor era formato da un grande scalone a chiocciola, titanico, che raggiungeva il piano più alto del palazzo.
La ringhiera di marmo della scalinata poi, era larga e spessa, finemente elaborata.
Tom si Smaterializzò all'ultimo piano, proprio su di essa.
La ringhiera era solida...ma lui, inginocchiato sopra, si ritrovò a guardare in basso.
Metri e metri di caduta libera.
I suoi occhi persero il divertimento che aveva costellato quella giornata.
Si mise in piedi, mani nelle tasche dei pantaloni neri.
E continuò a guardare in basso.
Nessuna vertigine.
Nessuno sbandamento.
Un tuono in cielo si propagò nel castello.
- Ti piace così tanto il pavimento dell'ingresso?-
Tom piegò le labbra, senza voltarsi.
Piani più sotto il pavimento sembrava più lontano di quanto non fosse.
Un buco nero. Una voragine.
Denise Loderdail gli apparve a fianco.
Salì veloce e impalpabile sulla ringhiera, scalza, con addosso un abito di seta rosa antico e sandali a tacco alto di strass in mano. Le spalle scoperte, i lunghi capelli bianchi trattenuti in un'acconciatura costruita in una ragnatela di perle e cristalli la rendevano quasi una fata.
La più bella di tutte. E anche la più letale.
- Ciao.- le disse Tom.
Si chinò e la baciò, schiudendo le labbra quando la demone gli chiese un maggior contatto.
Quando si staccò da lei, senza accorgersene si ritrovò tranquillo a terra.
Denise lo guardava attenta.
E negli occhi bianchi sotto cui brillavano tanti scintillanti brillantini come cipria, spiccava qualcosa.
Un tormento.
- Sei stata da Caesar?- le chiese, stringendola per i fianchi.
Lei scosse il capo.
- No, sono di buon umore oggi.-
Riddle non si azzardò a replicare, ben conoscendo quel limite che non doveva mai essere valicato.
- Vado a trovarlo io.- sospirò, baciandola di nuovo - Ci sei a cena?-
Denise annuì - A dopo allora.- e svanì in una nuvola di vapore, proprio come fece anche Tom.
Ma la demone non era andata lontano.
Riapparve dietro l'angolo, le palpebre basse verso quella dannata ringhiera.
Sempre più spesso l'aveva trovato lì sopra, in quell'ultimo periodo.
Da principio si era trattato di avvenimenti sporadici.
Poi nell'ultimo anno la frequenza era aumentata fino a diventare una situazione quotidiana.
In piedi o in ginocchio, a metri e metri di altezza.
A guardare il basso, in una voragine, con un'avidità tale da far tremare le vene ai polsi.
Si rimise i saldali e lasciò cadere lo strascico dell'abito, corto sul davanti e in poche lunghe falcate raggiunse le stanze di Tom. Vi era un ingresso circolare, con tre porte.
La stanza da letto a sinistra, da cui proveniva il rumore di una doccia scrosciante.
Doveva essere Vlad.
La porta a destra dava su un salotto, pieno di diavolerie babbane.
La porta al centro...era la stanza dei giochi, come la chiamava Vlad.
Il luogo di quel castello che Denise detestava a morte.
Lo aprì e rimase sulla soglia.
Negli anni, il Ministero aveva accordato a Riddle numerose richieste e Tom ne aveva approfittato per chiedere la possibilità di leggere la Gazzetta del Profeta, ma non solo.
Sotto inchiesta, gli venivano recapitati numerosi oggetti mistici, dalle semplici sfere di Veggenza ai nuovi ritrovati di studiosi e alchimisti in campo di Difesa e Trasfigurazione. C'erano anche piante magiche, giunte da Everland, e alcune creature che i professionisti avevano considerato di scarto.
Fra queste, in una grandissima vasca di vetro, Melisande. Una sirena che aveva perso la voce e non cantava.
Incredibile a dirsi, con Tom l'aveva fatto.
Ed era l'unico con cui parlava.
La sirena stava sonnecchiando, avvolta nei suoi lunghi capelli scuri.
Aprì un occhio nero come la pece e le dette le spalle, facendo finta d'ignorarla.
Denise fece lo stesso.
Si lasciò scivolare seduta, posando lentamente lo sguardo su ogni oggetto presente in quella stanza piena di giocattoli.
La stanza di un bambino...resa simile al mondo esterno, perché non poteva uscire.

Entrato in camera di Caesar, Tom strabuzzò gli occhi infastidito.
- Va bene che qua sono l'unico che non vede al buio completo, ma farmi pesare così le mie mancanze è troppo.- estrasse la bacchetta e l'agitò lievemente.
Candelabri e tende riuscirono a riportare un po' di luce, tanto che Cameron irrigidì le mascelle, ancora sdraiato sulla chaise-longue.
- Brutta giornata.- sindacò Riddle, raggiungendolo, prendendo la bottiglia ormai vuota di Merlò e andando alla tavola ingombra di carte e missive - Come stai oggi?-
- Andrebbe meglio se fossimo in due in questa fottuta casa. Peccato che Demetrius abbia avuto la bella idea d'imbucarsi di nuovo a cena.- replicò Caesar, senza aprire gli occhi - Cos'era quel casino?-
- Vlad mi ha spedito contro la parete nella Stanza delle Furie.-
- Affascinante.- commentò il padrone di casa, decidendosi a mettersi un po' seduto. Si sistemò i cuscini dietro la schiena, scrutando Riddle da capo a piedi - Hai intenzione di farti paralizzare?-
- E tu?- Tom levò la bottiglia vuota - Il tuo fegato starà urlando.-
- Il mio fegato ha quasi mille anni.- replicò Caesar, accendendosi una sigaretta.
I suoi occhi bianchi rimasero immobili, quando la sua voce tradì la prima predica.
- Non dovresti preoccuparti della mia salute, ma della tua.-
- Oddio.- Tom mollò la bottiglia, poggiandosi si peso alla tavola con le mani - Ok, va bene. Hai ragione tu, lo so. Ma ho solo mandato giù qualche pasta quando facciamo festa. Erano solo allucinogeni.-
- Tom, Tom.- lo bloccò Caesar all'istante, levando la mano. La sua espressione tornò a essere segnata dall'abbandono, dalla noia quasi - Frena. Non sono tuo padre, sei maggiorenne e vaccinato e puoi fare quello che vuoi. La grazia dei narcotici è un dono di Dio, o del Diavolo, a seconda di come vuoi vederla e so bene cosa arriva a fare uno per passare il tempo ma se ti metti in testa di divertirti con loro, almeno vedi di ricordarti che il tuo metabolismo è almeno cento volte più debole di quello di un demone. Non puoi darti ai bagordi con Vlad e Val come niente fosse.-
- Lo so.- ammise docile - Hai ragione.-
- Non voglio aver ragione.- Caesar rise appena, soffiando fuori il fumo - Voglio solo non dover dire a Lucilla che durante i vostri baccanali hai mandato giù una caramella di troppo. Chiaro?-
- Chiaro.-
Tom fece una smorfia, sedendosi.
- Non fare quella faccia.- continuò Cameron, ghignando - Divertiti come vuoi, voglio solo che ti ricordi la differenza sostanziale fra te e quel manicomio che ti orbita attorno.-
- Ci pensa Denise a me.-
Riddle se l'era aspettato.
Al nome della demone, Caesar non aprì più bocca.
Restò a fumare, guardando chissà cosa.
Poi Tom lo capì. Guardava la sua fede, che aveva iniziato a portare di nuovo da poco tempo.
Per monito...a Denise. E a se stesso, probabilmente.
Stava per aprire bocca, per cercare di capire, quando un passo che azzarderei animalesco irruppe nel corridoio.
E la porta si spalancò tanto da far finire i battenti contro le pareti.
Poteva essere una sola persona.
- Dimmi che non è nudo.- sibilò Caesar, mettendosi una mano sugli occhi.
Tom si morse le labbra per non scoppiare a ridere.
Val Hingstom era in piedi dietro alla chaise-longue di Cameron, completamente nudo a parte la tovaglia rossa di flanella di un tavolo da gioco legata ai fianchi.
Capelli lunghi castano scuro, legati in un codino minuscolo e barba da pomeriggio, Val puzzava come se fosse uscito da una ciminiera. Quindi era stato all'Azmodeus Club di Londra, il luogo più malfamato d'Europa e il casinò sotterraneo più bazzicato da gentaglia di ogni livello mai vista.
- Io-odio-gli-Angeli-della-Morte!- tuonò furibondo, raggiungendoli e al contempo tenendosi il gonnellino improvvisato - Li odio! Mi fottono sempre al poker, mi spiegate come cazzo fanno? Eh? Loro e la loro stupida lucina che hanno in testa! Ci scommetto quello che volete che si portano le anime e si fanno dire le carte avversarie! Affanculo!-
- Ciao Val.- lo salutò Riddle, agitando la bacchetta e facendogli comparire addosso almeno un paio di pantaloni bianchi - Quanto hai perso a parte le mutande?-
- Oh, niente di che. Ma mi fa incazzare come mi fregano sempre!- sbottò, grattandosi la schiena, infastidito - Li detesto! Ciao Caesar, come va? E poi sai cosa odio?-
- La lucina che hanno in testa.- sospirò Riddle, ridendo - Quella volta che li hai portati qua, però, io non ho visto nessuna lucina.-
- La vedono solo i demoni e i mezzi demoni. Gli umani sono ciechi come talpe. Dovresti farti insegnare da Denise.- chiarì Hingstom - Per non parlare di quei Quattro deficienti dell'Apocalisse che facevano il tifo dal tavolo accanto! Per colpa loro ho dovuto pagare metà a soldi e metà con un tatuaggio.-
- Ti sei fatto fare un tatuaggio per scommessa?- Caesar lo guardò senza sapere più cosa dire, se non la formula di una specie di palla di fuoco gigantesca - Fa' vedere.-
E poi ci fu realmente da ridere.
Il tatuaggio diceva "I LOVE CROUPIER", spiccando allegramente sulla natica pallida di Val.
- Credo che andrò in cantina a prendere del vino per cena.- disse Cameron, alzandosi contro voglia - Se andaste tutti e due a sistemarvi prima che mi metta a tavola, senza mangiare come sempre, mi fareste un favore. Grazie.-
Sparito il maggiore, Val attese qualche secondo prima di posare lo sguardo sulla bottiglia di Merlò vuota.
E poi sulla chaise-longue.
- Ha rimesso la fede, hai notato?- chiese Hingstom.
- Si, ho visto.- annuì il mago, passandosi una mano fra i capelli neri.
- Se continuano così tutti e due finiranno per ammazzarsi.-
- Non credo che Denise sia propensa a discutere della cosa. E tantomeno lui.-
- Capito.- Val si alzò, dandogli una mano per fare lo stesso - Vado a immergermi nel sapone di Marsiglia, chissà che lo scadente lezzo dei sigari degli Angeli mi si scolli di dosso. A dopo fratello.-
- Ok...a dopo.-

Caesar Cameron aveva ragione. Aveva assolutamente ragione.
E' incredibile cosa uno può arrivare a fare quando l'unica sua preoccupazione è quella di far passare il tempo.
Senza sogni né progetti, si arriva a seguire le strategie più disparate.
Tom Riddle ci stava pensando, quella notte verso l'una passata.
Viaggi nel tempo, festini, fumo e droga...
- Questa è la cosa più cretina che abbia mai visto.-
Sorrise, ritornando alla realtà.
Era seduto nel salotto delle sue stanze, sdraiato su un divano e appoggiato con un cuscino dietro alla testa all'addome di Vlad che, seduto smodatamente ma con classe, guardava niente meno che Tremors alla televisione piatta di Riddle.
- Come fa a farti schifo?- ghignò il mago, assonnato ed esausto dopo i lunghi combattimenti della giornata - E' un classico. Un incrocio fa fantascienza e thriller ecologico. Ha sbancato ai botteghini e poi è diventato troppo commerciale piuttosto.-
Stokeford spense la sigaretta, disgustato - E' una puttanata.-
Tom rise ancora, cambiando canale. Lo mise su MTV, rete internazionale di musica e tendenza per sentire il demone lamentarsi che i babbani non sanno fare musica.
Non sopportava i Queen, diceva i Pistols erano solo degli psicotici troppo fatti, e lì Tom non se la sentì di negare con troppa veemenza, non reggeva neanche Jimi Hendrix. Per questo Winyfred, che lo considerava il suo idolo babbano, più volte l'aveva già minacciato di amputazione cruenta.
Passò qualche minuto e col buio e una musica lenta, Tom riuscì quasi ad appisolarsi.
Ma non funzionò a lungo.
- Vlad? Mi fai vedere le stelle?-
- Diluvia.- sibilò l'altro, senza staccare gli occhi dalla tv.
- Non questo cielo. Uno qualunque.-
Sbuffando, il demone spense la sigaretta e alzò un braccio in aria, passando la mano sul soffitto con un gesto sinuoso.
Si aprì un portale e Tom poté ammirare lo scorcio del firmamento più brillante che avesse mai visto.
- Caraibi?- chiese.
- Polinesia.-
- Però.-
Stokeford si accese un'altra sigaretta, da cui fuoriuscì un leggero profumo di menta.
- Denise mi ha detto tempo fa che nella tua famiglia portate nomi di stelle.-
Anche se era solo poggiato al suo torace con un cuscino, Vlad lo sentì tendersi all'istante.
- Si.- rispose Tom, richiudendo gli occhi - Nella famiglia di mia madre hanno sempre avuto questa tradizione.-
- Quella biologica.-
- Si. Lei era...una Black. E' una delle più antiche famiglie di maghi purosangue esistente. Tutti i Black avevano nomi di stelle, ma l'ultimo ad avere avuto l'onore credo sia Draco. Mio cugino.-
- Draco? È una costellazione ambigua, si diceva.- replicò il demone - A te non l'hanno dato un secondo nome?-
- Me lo diede Lucilla e poi non credo che Bellatrix Lestrange si fosse sprecata a pensare a un nome che seguisse la regola, quando sono nato io. Primo perché eravamo ad Azkaban e secondo perché non perdi tempo a pensare alle stelle, quando metti al mondo l'erede del Lord Oscuro.-
Vlad si poggiò sul bracciolo del divano.
- Ricominci.-
- Mi hai svegliato tu con le domande.- lo zittì - Evita di parlare della mia famiglia e andremo d'accordo.-
- E non mettere mai in luce la tua deficienza riguardo alla Sigillazione, terza regola.- concluse Stokeford, irritandolo ancora di più - Me n'ero scordato per qualche secondo, scusa.-
Fra il sarcastico e il condiscendente c'è una linea sottile...ma lì si esagerava.
- Dove cazzo eri stamattina?- continuò il demone, dopo un breve silenzio - Quando mi sono svegliato non c'eri.-
- Ti dà fastidio svegliarti a letto da solo?- ironizzò Riddle.
Vlad soffiò fuori una nube di fumo alla menta - Mi secca che le mie cose si spostino da dove le ho lasciate.-
- Porca puttana.- Tom inspirò, senza smettere di fissare il cielo - Imprigionato, drogato, depresso e pure schiavizzato.-
- E se non la smetti anche morto.- finì il demone con indifferenza - L'immortalità è già abbastanza pesante senza gli umani che hanno istinti suicidi.-
- Solo di mattina li ho.-
- Io uno adesso, perciò regolati.-
Andò a finire come sempre. S'ignorarono a vicenda fino a che Riddle non finì nel mondo dei sogni, così che Vlad potesse distogliere lo sguardo dalla tv, per posare gli occhi bianchi su di lui.
La mano alzata, stava per toccargli il viso, ma l’arrivo di Winyfred lo fermò. La ragazza apparve nella stanza, oltre il divano. Fece un risolino.
- Interrompo qualcosa?- chiese tutta allegra.
Stokeford roteò le pupille - No.-
- E Tom che fa là sotto?- tubò, alzandosi sulle punte degli stivali di lucidissima pelle.
- Dorme, spostata.-
- Però. Ormai gli fai solo questo effetto.- e prima che Vlad potesse mandarla al diavolo, la rossa si Smaterializzò sopra di lui, passandogli con una presa d'acciaio il braccio al collo.
Serrando lievemente la mascella, Vlad protese di nuovo la mano su Riddle, affinché non potesse svegliarsi.
- Cosa vuoi?- chiese allora, rovesciando il capo verso Winyfred.
- Due cose.- disse l'Harkansky, con voce a dir poco sepolcrale, cambiando come da giorno a notte - La prima è che cominci a tenere a freno la lingua e non parlo del privato. Ma di come gli fai sempre domande riguardo al passato.-
- Hn.- mugugnò, pacifico - E la seconda?-
- Vacci più piano in allenamento.- sibilò lei, assottigliando le palpebre - Sono stata chiara?-
- E' lui che vuole.-
- Per questo dovresti controllarti!- ringhiò Winyfred - E' prigioniero qui dentro, non è fatto di ghiaccio come noi! Perciò non dargli spago quando cerca l'oblio!-
- Mollami.- sibilò allora Stokeford, duro - Mollami subito.-
Lei lo fece, lentamente.
Vlad riabbassò il viso su Tom, masticando un'imprecazione fra i denti.
Gli umani cercavano spesso la morte, almeno questo aveva imparato negli anni da Tom. E sebbene detestasse la debolezza in ogni sua forma, aveva anche imparato che il suicidio non era un atto di mera codardia. Non per gli esseri umani, almeno.
- Domani vengono i Controllori.- disse Winyfred, prima di sparire verso la porta - Spero che non ti farai vedere come al solito.-
- Conosco la recita a memoria, non c'è bisogno che me la rispieghi.-
- Ottimo. Allora ci vediamo domani sera.-
Dannazione.
Maledetti i demoni e gli umani con la loro anima nera.
Vlad fece sparire il cielo stellato, richiudendo il portale, poi volse lo sguardo oltre la vetrata fradicia di pioggia.
Troppi temporali ultimamente.
Troppe avvisaglie nel firmamento.
Come se in cielo gli spiriti stessero colpendo con forza le nubi della volta, per avvisarli di qualcosa.
Era meglio dormirci sopra.

Il giorno dopo, Tom si svegliò verso le due del pomeriggio, dopo una lunga nottata insonne.
Aprì lentamente gli occhi e la prima cosa che percepì contro la pelle fu il freddo e liscio corpo di Denise, abbracciato al suo. Lei lo toccava con la schiena, i capelli sciolti di cui poteva percepirne la fragranza di gigli.
Si mosse appena, cercando di non svegliarla, ma lei fu più rapida e alzò il capo.
- Buongiorno.- la salutò, baciandole la fronte.
- Scusa se sono piombata qua.- mormorò, rimettendosi comoda sotto le lenzuola - Ma sono tornata a casa mia e ho avuto un'accoglienza fin troppo calorosa. Avevo bisogno di pace.-
Riddle tacque, poggiandosi su un gomito.
Le carezzò la spalla con due dita, corrucciando la fronte.
- Non vuoi parlarne vero?-
- Non per ora.- si girò ancora, posandogli un bacio al livello del cuore, poi altri piccoli e lievi sul collo - Vai pure. Non preoccuparti per me.-
La prese in parola, nonostante conoscesse molto bene l'incredibile capacità di Denise Loderdail nel mentire.
Era abile, molto abile. Solo un empatico potentissimo poteva carpire le sue menzogne.
Si girò nel letto, sentendosi dolorante ovunque e cercò i suoi vestiti.
Non trovò neanche i boxer e imprecando infilò il primo paio di jeans tutti pieni di strappi che gli arrivò a tiro.
Afferrò una camicia e raggiunse il bagno, dove trovò Vlad, intento a sciacquarsi la faccia, con un asciugamano attorno ai fianchi e una scia di gocce d'acqua sulla schiena.
- Ciao.- l'apostrofò Riddle, chiudendo la porta - C'è Denise di là.-
- Ma tu guarda.- disse il demone, senza fare una piega - E' diventato di nuovo un ménage a trois senza che me ne accorgessi. Potevate chiamarmi.-
Tom gli scoccò un'occhiata sarcastica.
- E' andata a casa sua, mi ha detto.-
- Al mausoleo, vorrai dire.- replicò Stokeford, tirandosi indietro i capelli con un gesto automatico.
- Ha problemi con l'eredità, vero?-
- Problema non è un vocabolo che definisce bene la sua situazione.-
Riddle allora perse la pazienza.
- Qua nessuno mi dice mai niente.- sbottò - Ora andiamo in camera tua e sputi il rospo.-
- Come ti pare.- poi Vlad alzò qualcosa fra le dita e gliela sventolò davanti - I tuoi boxer me li tengo per ricordo?-
- Da qua!- ringhiò Tom inferocito, facendo finalmente sogghignare il suo amante.
Riapparvero nella cupa e confusionaria camera di Stokeford, che in quanto a ordine lasciava molto a desiderare. Buttò giù una marea di vestiti e libri da una poltrona, dove fece sprofondare il mago.
- Mai imparati gl'incantesimi di più comune utilizzo domestico?- gli chiese Tom ironico.
- Spiacente. Appena ho superato il metro di altezza i miei mi hanno messo una spada in mano.- celiò gelidamente Vlad, facendosi comparire addosso indumenti comodi ma di ottima fattura. Mosse agilmente le dita e in mano gli apparve un portasigarette di legno intarsiato. Ne prese una, poi lanciò tutto a Tom che si accese la sigaretta alla menta dalla fiamma del demone.
- Cosa vuoi sapere?-
- So che...- Tom guardò il suo orologio da polso -...hai dieci minuti prima che arrivino i Controllori del Ministero per dirmi che grane ha in casa Denise. Perciò fai un riassunto.-
- E' femmina, ha fatto morire sua madre di parto e i Loderdail vogliono farla sposare con un parente stretto per mandare avanti la dinastia.-
- Cazzo.- Tom prese una boccata - Tu si che li sai fare i riassunti.-
Se Vlad colse del sarcasmo nella frase non se ne curò, afferrando un portacenere buttato a terra.
Tom usò la magia per ripulire le cicche e la cenere sparsa lì attorno, conscio che in quell'ambiente poteva anche prendersi qualche infezione, ma non aveva ancora rielaborato la faccenda del matrimonio di Denise.
- Vogliono farla sposare?- allibì, riprendendosi.
- Tu si che ascolti quando la gente parla.-
- Ma non possono obbligarla!-
- Ha centoventiquattro anni. E' minorenne secondo i nostri canoni. Si raggiunge la maggiore età solo ai due secoli pieni.-
- Ma che stronzate, perché nessuno dice niente? E chi dovrebbe sposare?-
- Val che conosce i suoi parenti dice che il prescelto sarebbe quel tipo che hai visto a Capodanno, di sfuggita. Quello che stava con le sorelle di Lord Demetrius.-
Tom allargò la bocca - Quello con quello sfregio sulla guancia?-
- Si, gliel'ha fatto mio cugino qualche secolo fa. Piccolezze.-
- Ma lei non lo ama!-
Vlad levò il sopracciglio.
A volte adorava terribilmente quel barlume d'ingenuità che era rimasto nell'umano che gli sedeva di fronte.
Tom comunque si riprese presto dall'uscita.
- Voglio dire, mica siamo nel Medioevo! Non possono costringerla! E Caesar non dice niente?-
- Caesar?- Stokeford si lasciò sfuggire una risata cattiva, levandosi la sigaretta di bocca - Cocco, ricordi di chi parli? Lo hai guardato bene di recente? Parli di uno che vive attaccato al suo passato, che venera un anello e preferirebbe farsi scuoiare vivo piuttosto che ammettere di provare attrazione per un'altra donna. Demone o umana che sia. Perché secondo te ha lasciato andare via quell'umana tempo fa?-
- Hermione?- mormorò Tom - Lei amava ancora mio cugino.-
- Stronzate, avesse voluto un modo l'avrebbe trovato per tenersela. Ma è talmente testardo e rigido sulle sue stronzissime posizioni che vivrà tutta la sua fottuta eternità da solo, rimpiangendo la maledetta Glassharm e il giorno in cui l'ha lasciata suicidarsi. Ecco la bella storiella.- e spense la sigaretta, infastidito - Adesso vai dai Controllori, ho sentito i cancelli aprirsi. Vai.-
Era un ordine e Tom sospirò, alzandosi.
Vlad teneva a quella situazione più di quanto avesse mostrato recentemente.
Quando raggiunse l'ingresso, dopo essersi vestito per le scale, trovò i soliti tre molesti esserini mandati dal Wizengamot.
Dopo otto anni, poteva dire di essersi abituato alla loro boria.
- Signor Riddle.- l'apostrofò il Primo Segretario Donovan, dell'ufficio del Ministro Edgar Dibble - Confidavo che in questo lasso di tempo avesse imparato la puntualità.-
Donovan era un uomo di mezza età, magro ma con la pancia prominente e flaccida. I capelli già bianchi e l'aria arcigna di chi ha vissuto tutta la sua vita in ufficio.
Accanto a lui, uno a destra e uno a sinistra, il Sovrintendente di Azkaban Paul Brockway che a forza di vivere al buio sembrava un vampiro tanto era pallido e smorto e per ultimo l'Auror David Quinn.
- Buongiorno a tutti.- salutò pacato, senza stare a sentire i borbottii del Segretario.
- Potrebbe essere un buongiorno.- sibilò quello. Rapido gli strappò un capello, mentre Tom levava la mano. Si fece pungere il dito, attese che i tre immergessero il suo sangue e il suo capello in una boccetta contenente una pozione verde mela e che la suddetta di mettesse a friggere.
Intanto l'Auror Quinn, con le sue manone, con la telecinesi gli consegnò alcune casse che lasciò nell'ingresso.
- Giocattoli nuovi.- spiegò Donovan, lisciandosi i baffetti - Il Ministro si è prodigato affinché lei avesse altro per...passare il tempo.- e schioccò la lingua, acido - Sfere con gargoyles in miniatura, che è pregato di non disperdere nella campagna, alcune fate dello Yorkshire che hanno sviluppato strane tendenze a far piangere i girasoli, Sbuffoli di granito e alcuni di pietra calcarea che sono stati piuttosto irrequieti durante il viaggio, anche se non ne capisco il motivo...-
- Forse perché gli Sbuffoli odiano i Thestral?- abbozzò Tom.
- Non faccia il saccente, si risparmi.- fece il Segretario, arricciando narici e labbra - Si ricorda perché è qui vero?-
- Perché sono un pericolo per la società dei maghi.- recitò con tono incredibilmente distaccato.
- Esatto.- annuì compiaciuto Donovan - E per finire una Dama dell'Acqua.-
- Una Dama dell'Acqua?- Riddle sbattè le ciglia - Ma si stanno estinguendo, non dovreste condurla magari a...-
- Ah, basta!- lo interruppe il Primo Segretario, richiudendo il suo libretto di appunti - Voglio ricordarle che le sono concessi privilegi che ad Azkaban non si sogna nessuno!-
- Se non altro ad Azkaban anche i miei fratellastri hanno diritto a una visita una volta l'anno.-
La voce di Tom si era incrinata, ma il suo alterco col Segretario volse di nuovo a favore di quest'ultimo che sembrava provare un piacere immenso nel ricordargli che razza di sangue gli scorresse nelle vene.
La pozione dell'Auror Quinn aveva finalmente iniziato a ribollire e con la prova in mano i tre se ne andarono, lasciando a terra numerose casse.
Nel silenzio più totale, Tom riuscì ad inginocchiarsi.
Col cuore che gli batteva forte nel petto aprì quella della Dama dell'Acqua.
Trovò un uovo di cristallo grande come la testa di un gigante.
E dentro, fra tante bollicine, vide muoversi una sinuosa presenza simile a una sirena.
Ma senza coda.
La Dama dell'Acqua.
Che Tom ancora non sapeva essere...trappola e via d'uscita al tempo stesso.
Solo per lui.
Era appena risalito nella stanza dei giochi e ricevette subito le visite dei compagni di cella.
- Oh, che carino questo Sbuffolo!- cinguettò Winyfred, vestita in un'indecente minigonna che fece smettere di pensare anche a uno controllato come Vlad. Prese dalla gabbietta lo Sbuffolo in questione, animaletti tondi con nasi schiacciati che come unico verso emettevano proprio sbuffi inconfondibili.
Solitamente gli Sbuffoli inglesi erano pelosi, ma alcuni esemplari del Suffolk spesso tendevano a Trasfigurarsi in rocce, per mimetizzarsi alla cattura.
Lo aiutarono a tirare fuori i gargoyles, che attaccarono con un cicaleccio senza fine, quindi le fate, che invece di spruzzare Polvere Rallegrante accecarono Brand e Val con della Polvere Piangente, forse arrabbiate con qualche umano che aveva disturbato la loro quiete ma quanto Tom mise l'uovo di cristallo accanto alla vasca di Melisande, che lo studiava curiosa, Denise irrigidì i lineamenti perfetti.
- Da dove arriva?- gli chiese.
- Non so. Non mi dicono mai dove prendono le cose che mi portano.- le spiegò Riddle.
- Ti fai portare roba che non sai dov'è stata?- replicò la demone.
- Ma che ti prende?- le chiese anche Val, che piangeva e al contempo imprecava dietro alle fate che sghignazzavano sadicamente - E' solo una Dama dell'Acqua.-
- Già e chissà com'è che sono in via d'estinzione.- disse Brand, che sembrava poco contento come la demone - Ho letto che fino a pochi secoli fa si usavano come passaggi. Ovunque ci fosse una pozza d'acqua, loro ci passavano in mezzo. I maghi avevano cominciato ad usarle per scopi personali...-
- Io a casa ne ho una.- disse Winyfred tranquilla - Papà una volta l'ha usata per andare nell'Eden. Mi ha portato una mela.-
- E l'hai mangiata?- chiese Tom, preoccupato.
- No, era candita. Mi fanno schifo i dolci.-
Logica impressionante. Lasciarono perdere Winyfred e le sue elucubrazioni sulle mele ricoperte di glassa dalla dubbia provenienza ma niente cambiava che Denise stesse fissando la Dama dalle movenze sinuose con espressione minacciosa.
- Non liberarla mai dall'uovo.- gli disse allora, mentre Tom aprire di più le tende e anche le finestre, senza potersi sporgere - Capito?-
- Si, si.- annuì, guardando la magnificenza del Golden Fields anche con un tempo infame come quello - Vedrai che non è un modo per il Ministero della Magia di farmi secco. E' solo un prestito, non può esserci niente di...terribile...in...un...prestito...-
La sua voce si spense, come portata via dal vento.
Tom iniziò a fissare un punto imprecisato.
Lo videro cominciare a tremare violentemente e spostarsi subito dalla finestra.
- Cosa c'è?- gli chiese Val.
- C'è...- Tom deglutì, attaccandosi alla parete - C'è qualcuno davanti ai cancelli, fra le margherite. Mi ha guardato.-
I demoni si avvicinarono subito alla finestra. Si sporsero, ma non videro nulla. Fra le margherite nere spazzate dal vento non c'era niente, neanche un passero.
- Lì fuori non c'è nessuno.- gli disse Brand - Tom sei sicuro di aver visto una persona?-
- Come sarebbe non c'è nessuno?- replicò, angosciato - C'era qualcuno coperto da un mantello chiaro!-
- Era un uomo o una donna?- gli chiese Vlad.
- Che ne so, non sono stato a guardare!- ringhiò allora, facendo ben capire che fosse vicino a una crisi - Ma non sono pazzo! Ho visto qualcuno là fuori e guardava me!-
- Se fosse apparso qualcuno davanti al cancello l'avrei sentito.- gli disse più gentilmente Winyfred, prendendogli la mano - Comunque adesso scendo a controllare. Va bene?-
- Controllare cosa?- berciò Stokeford.
- Sta zitto Vlad e vieni con me. Avanti.-
- Vengo anch'io, la cosa m'interessa.- celiò Val, Smaterializzandosi con loro.
Un sordo panico gli aveva attanagliato le viscere.
Tom Riddle aveva scordato quella sensazione da tanto tempo ormai...da quando aveva visto per l'ultima volta un essere umano, otto anni prima. Da quando Angelica Claire King gli aveva detto addio, da quelle stesse colline.
Il dolore tornò più forte di prima, a stento riuscì a sedersi.
Sentiva solo la tensione che gl'induriva i muscoli delle braccia, della schiena.
Le mani fredde di Denise non riuscivano a dargli sollievo, neanche quando gli carezzò i capelli, poggiando il capo contro il suo seno.
Fuori dai cancelli intanto, Winyfred, Val, Vlad e Brand giravano attorno alle mura con circospezione.
- Io non vedo niente.- disse Val - Non è che dorme troppo poco?-
- Sarebbe colpa mia?- frecciò Vlad truce.
- Siete tu e Denise a tenerlo sveglio.- replicò Hingstom ridendo.
- Finitela di fare i porci.- replicò l'Harkansky, col vento che le scompigliava i fini ricci color rame. Di colpo poi Winyfred tirò su col naso. Si guardò attorno, percependo qualcosa.
- Non sentite un insolito odore di...lavanda?-
Brand seguì la traccia della sua ragazza, annusando l'aria.
- E' vero. E' fumo alla lavanda.-
- Forse ho vinto io.- li richiamò Vlad, poco lontano - Gente, venite qua.-
La sua aria terribilmente seria divenne proprietà di tutti quando videro un avvallamento fra le margherite nere.
Alcune erano spezzate e calpestate.
Alzando gli occhi, colsero in linea d'aria la stanza di Tom al quarto piano di Cameron Manor. Denise si stava sporgendo, per capire cos'avessero trovato.
- Non è finita. Ecco da dove arrivava il fumo.- Stokeford si piegò e mostrò a tutti una cicca di sigaretta mezza spenta.
- Lavanda.- annuì Val, odorandola - C'è stato qualcuno davvero.-
- Si ma adesso è sparito.- replicò Brand, che coi suoi occhiali vedeva molto più di quanto si credesse - Torniamo dentro. I poteri di Caesar forse possono dirci qualcosa.-
Cameron, però, non parve lieto di sentire la notizia.
Colse l'invasione nella sua biblioteca col solito silenzio stizzito e con un silenzio ancora più gelido ascoltò i ragazzi dirgli della persona che aveva fissato Tom dai cancelli.
- C'era quella a terra.- gli disse Riddle, sgomento.
Cameron prese la sigaretta spenta dalle dita di Vlad, cupo. La fissò, poi rialzò il viso.
- Poteva essere chiunque.-
- Mi ha guardato dritto in faccia Caesar.- alitò il mago - Ne sono sicuro. Io ero troppo lontano, non ho capito se fosse un uomo o una donna ma chiunque fosse guardava me.-
- Puoi capire qualcosa?- gli chiese Winyfred, carezzandole le spalle rigide di Tom.
- Già, puoi percepire qualche sentimento?- lo incalzò Val.
- Da una cicca?- riecheggiò Caesar, quasi oltraggiato.
- Di più non abbiamo.- gli disse Brand mesto.
- Magari era uno del Ministero rimasto di guardia.-
- Mi ha messo i brividi Caesar.- sussurrò allora Tom in un soffio - Non era uno del Ministero. Inoltre...- si bloccò, mordendosi il labbro, per poi continuare a fatica -...Damon, Beatrix e Claire...si sono tenuti alla larga da qua, in questi anni. Anche Harry e Draco hanno fatto lo stesso...non era nessuno di loro...ne sono sicuro.-
Caesar capì che le brutte sensazioni provate negli ultimi giorni non erano dovute all'alcool. Scrutò la cicca, quindi la richiuse nel palmo e inspirò a fondo. Gli altri rimasero in attesa, tranquilli, e quando Caesar riaprì gli occhi, ciò che Tom vi vide non gli piacque per nulla.
- E' solo una sigaretta, non c'è molto.-
La voce del demone uscì sottile, quasi lugubre.
- Ma posso dirti l'ultima cosa che la persona che la fumava ha pensato.-
- Sarebbe?- chiesero i cinque demoni con stizza, mentre Tom, pallido, taceva.
- "Padre mio, ti vendicherò".- recitò Cameron, gelando in un istante il sangue nelle vene di Riddle.
Vendetta.
Una delle forze più potenti sulla terra.

La notte stessa verso le tre del mattino, ai cancelli di Cameron Manor si presentò qualcuno decisamente più gradito dell'ultima presenza appostatasi nei paraggi quel pomeriggio.
Caesar Cameron era nella sua sala da pranzo al primo piano, le gambe lunghe su una tavola che non aveva mai conosciuto tanta scortesia. Dall'altro capo, Lord Demetrius tamburellava le dita sul cedro lustro freneticamente.
Gala Leoninus invece sedeva di fronte al camino e stava sorseggiando la sua cena da una coppa dorata nel momento in cui Lucilla del casato dei Lancaster varcò la soglia.
- 'Sera.- mugugnò, levandosi il mantello e poggiandolo sulla sedia a fianco di quella di Caesar - Per qualunque cosa sia, mi avete salvato da una festa. Ne avessi voglia vi bacerei.- aggiunse sarcastica, sedendosi.
L'abito guepiére in raso, doppiato in pizzo nero, fece capire a tutti in che tono fosse stata la festa così tardiva.
Ovvero la classica riunione formale di sfoggio di classe.
Sempre giovane, sempre stupenda, Lucilla si scostò i lunghi capelli bruni dalle spalle per gettarli indietro.
- Allora?-
- Oggi c'è stato un problema.- iniziò Caesar, già alla seconda bottiglia di vino.
- Peggiore del tuo umore?- replicò sardonica.
Lui la ignorò, portandosi il flûte alle labbra, facendo risplendere la fede al dito - Oggi qualcuno s'è appostato qua fuori. Tom l'ha visto e ha giurato che stesse fissando proprio lui.-
- Auror?-
- No.- le disse Demetrius - I ragazzi hanno trovato una cicca. Caesar ha potuto leggere l'ultimo pensiero impresso da chi l'ha fumata.-
- E fatemi indovinare.- Lucilla si sporse sulla tavola, incrociando le dita sotto il mento - Mangiamorte?-
- Come fai a dirlo?- Cameron levò un sopracciglio - Che succede?-
- Niente.- rispose lei, tranquilla - Ho sentito di un assassino in libertà che vaneggia il ritorno alla gloria del passato. Niente di che, gli Auror sono a un passo dal catturarlo.-
- E questo tizio è un Mangiamorte marchiato?-
- Perché me lo chiedi?-
- Perché l'ultimo pensiero sulla sigaretta diceva "Padre mio, ti vendicherò."- delineò Caesar.
A quel punto, anche Lucilla come Tom avvertì qualcosa dentro di lei che si agitava. Qualcosa che, Caesar lo sentì bene, riportò a galla vecchi ricordi.
- Potrebbe essere chiunque.- s'intromise Gala, lucida come sempre - Può essere un figlio di Auror, un figlio di mezzosangue torturati. Lord Voldemort ha massacrato troppa gente.-
- Già, bisogna guardarsi le spalle su troppi fronti.- annuì Dimitri.
- Non mi avreste chiamato qui se pensaste che è una sciocchezza.- sentenziò la Lancaster - Ci sono stati altri problemi?-
- No, assolutamente.- la placò Caesar - Volevo solo informarti. Tom è rimasto abbastanza scosso e a me non piace ignorare le brutte sensazioni. Questo assassino in circolazione...ha seri legami con i Mangiamorte?-
- Chiunque pensi che i sanguesporco sono feccia da impiccare può essere considerato Mangiamorte.- sorrise Lucilla, senza alcun divertimento - Metà della popolazione magica lo pensa. Ma questo è diverso.-
- Infatti. Chiunque fosse s'è preso la briga di venire qua davanti.- Demetrius si fece pensoso - Nessun umano può entrare. A malapena ci riesce Jeager.-
- Bisognerebbe che fosse Tom ad uscire.- sussurrò Caesar, senza staccare gli occhi da quelli di Lucilla - Cosa che si ritiene impossibile. L'incantesimo di Sigillo è molto forte. Fatto dall'intero Wizengamot. Tom, per quanto sia diventato spaventosamente forte, in maniera che stupisce anche me, non è ancora in grado di romperlo.-
- Come si può farlo uscire? Quel collare non glielo permette.- considerò Gala.
- Quindi c'è davvero qualcuno che vuole vendetta.- disse la Lancaster in un soffio, dopo un lungo momento di silenzio - Chiunque...chiunque potrebbe volerla, però.-
- Qua è al sicuro.- la calmò Cameron - Fidati. Non c'è modo per entrare, né per uscire.-
L'espressione di Lucilla si tese - I Controllori del Ministero?-
- C'è sempre qualcuno dei ragazzi con Tom, quando vengono.- Demetrius scosse il capo - E poi finirebbero nelle grane, al Ministero sanno delle tue visite, anche se fanno finta di niente.-
- Ok e allora chi era la persona di oggi?- sbottò Lucilla, alzandosi stizzita - Dannazione, mi sembrava che quasi otto anni di pace fossero un po' troppi. Agli Uffici sugli Spostamenti Magici fanno un sacco di storie! Non mi diranno mai delle Smaterializzazioni avvenute qui, oggi, oltre a quelle dei Controllori.-
- Ammesso che questo qualcuno si sia Smaterializzato.- le ricordò Gala - Pensa a un Animagus.-
- Sono registrati.-
- Tom no.- abbozzò Demetrius - Abbiamo solo quella sigaretta alla lavanda. E un proposito di vendetta.-
- Non abbiamo niente.- ringhiò Lucilla fra i denti - Ok, d'accordo. Farò qualche indagine da sola, senza far sapere nulla agli altri. Non voglio che si mettano in agitazione.-
- Forse con Degona posso fare qualcosa.- le disse Caesar - Ma ogni volta che ci vediamo per le lezioni lei non viene mai neanche a trenta metri da qui.-
- Proverò a parlarle.- annuì distrutta - Per il momento però...tenute Tom all'oscuro. Va bene? Voglio che viva tranquillo, questa pagliacciata la chiuderò ancora prima che inizi.-
- Perfetto.- le concesse Cameron, alzandosi di malavoglia - Ti accompagno alla porta.-
Ecco cos'erano state le tempeste degli ultimi giorni su Golden Fields.
Avvisaglie. Presagi.
Avrebbe dovuto ascoltare i moniti, si dannò Cameron, fermo ai cancelli con Lucilla che si nascondeva sotto il mantello.
- Al primo problema ti chiamo.- le giurò, serio.
- Lo spero. Anche nel caso...- abbozzò lei, indecisa se continuare -...il problema non fosse di Tom.-
- Che significa?- sibilò.
- Lo sai.- Lucilla lo guardò ancora, poi sorrise mesta - Ora vado. Abbraccialo da parte mia.- e sparì, lasciando il demone a fissare il punto in cui se n'era andata.
Maledetta Lucilla. Maledetta Imperia.

Tutte le donne che se ne infischiavano della loro vita e ciò che lasciavano indietro.
E maledetta anche la donna che lo fissava ora, oltre le tende della finestra della sua stanza.
Maledetto chi non si guardava mai indietro.
E lasciava una scia di cenere, che una volta erano stati sogni.

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3° ***


TMR3

 

 

 

 

 

Alla Devils & Desmond Hayes Association quel sabato tre giugno era stata recapitata nelle mani della socia onoraria del Signor Hayes una bella grana, formato bimbo di otto anni con due occhi gialli da far paura e due canini degni di un piranha. Semplice caso di Diurno abbandonato.
- L'abbiamo trovato in periferia, mia cara.- disse la Judy Foster, una volontaria dell'Associazione che lavorava lì da oltre cinque anni. Sfogliava un blocco di pergamena con la bacchetta e con una penna PrendiAppunti ciondolante a pochi centimetri dal delicato naso di Degona Lumia Mckay.
Chi conosceva Lucilla dei Lancaster, da lontano avrebbe potuto scambiare sua figlia per lei, ma a ben guardare Degona non aveva nulla del demone.
La pelle colorita e abbronzata faceva risaltare gli splendidi occhi verdi dei Mckay e i capelli, leggermente meno bruni di quelli di Lucilla, le arrivano poco sotto le spalle a differenza di quelli della Lancaster che le arrivavano in vita.
Degona ascoltava le parole della Foster senza però mai staccare lo sguardo caloroso dal bambino che invece sembrava voler incenerire l'intero edificio.
Costruito grazie all'immenso patrimonio di Hayes e all'aiuto politico del preside Silente, la Devils & Desmond Hayes Association era una palazzina bianca piuttosto imponente, però più simile a una grossa casa coloniale che a un istituto.
Alle finestre di tutti e quattro i piani erano appesi disegni che ai babbani sembravano comuni, ma appena calava la notte i disegni si animavano, facendo schizzare farfalle e uccelli colorati ovunque.
Ma non erano i piani alti ad essere le vere radici dell'associazione.
Bensì i sotterranei. Ampie stanze e corridoi separati da vetrate infrangibili, dove ogni insegnante, Auror o Medimago poteva occuparsi dei suoi piccoli Protetti.
Degona era stata uno dei migliori investimenti negli ultimi anni, questo avrebbero potuto dirlo tutti.
Sia i bambini che i colleghi.
Essendo un'empatica era adorata da tutti i Protetti dell'associazione che avevano imparato a non temerla più e ad affidarsi a lei per ogni minima evenienza. E anche quel giorno l'aspettava la sua battaglia personale.
S'inginocchiò in un paio di jeans strappati, ormai conscia che la buona educazione era del tutto inutile in un luogo come quello, anche quando si trattava di abiti, e sorridendo al bimbo gli porse la mano.
- Ciao. Io mi chiamo Degona.-
Il piccolo la guardò truce, facendosi indietro.
- Tesoro non te lo consiglio. Non gli abbiamo ancora portato il pranzo.- le disse Judy - Ho qua alcuni suoi dati. Otto anni a luglio, ha vissuto in strada fino ad oggi, rifiutato da ben tre orfanotrofi. Genitori spariti.-
- E il tuo nome?- chiese la ragazza, senza smettere di sorridere.
Il bimbo continuò a guardarla male.
E il sorriso di quella bellissima strega diciannovenne si triplicò.
- Alex. È un nome magnifico. Anche mio cugino si chiama così, sai?-
Per tutta risposta il Diurno allargò la bocca.
- Ma...ehi!- sbottò - Come cavolo hai fatto?-
- Giovanotto.- lo redaguardì la Foster, sistemandosi gli occhialetti sul naso - Educazione, mi raccomando.-
Degona scoppiò a ridere, rimettendosi in piedi - Tutto a posto Judy. Potresti andare a prendergli il pranzo per favore? Ora io e Alex ci facciamo una chiacchierata.-
- Va bene, tesoro.- le disse riprendendosi la penna svolazzante - Ti mando il plasma in un lampo.-
- Oh, Judy...hai visto Harry?-
- Il signor Potter?- la volontaria s'illuminò come una lampadina e divenne più rossa di un pomodoro - Certo, era nella sala dei murales con i Protetti della settima classe. Stanno disegnando dei draghi sul muro e non credo tornerà a casa pulito.-
- Quando mai.- rise la strega, sedendosi allegramente su un puf mentre il Diurno si lasciò andare solo quando la porta fu chiusa. Lungi dall'essere tranquillo, guardò Degona con un'occhiata storta.
- Senti...- l'apostrofò, incrociando le braccia - Non so che razza di svitata tu sia e neanche cosa abbiate idea di farmi qua dentro...ma se mi date il pranzo me ne vado senza fare storie.-
- Hn, idea interessante.- annuì Degona - Certo, potresti berti il pranzo e andartene di nuovo in periferia. Oppure...puoi affidarti a me, che ti accompagnerei a fare un giro per la scuola...-
- Che razza di scuola è questa, scusa?- replicò saccente.
- Noi ci prendiamo cura di chi non ha una casa.- gli spiegò semplicemente - Ma non è un orfanotrofio. Ci prendiamo cura dei bambini senza genitori finché non sono maggiorenni.-
- Io non sono un bambino normale.-
- Lo so.- sorrise Degona, senza staccargli gli occhi di dosso - Neanche gli altri.-
- Certo, come no.-
- E neanche io.-
Il Diurno si fece automaticamente indietro.
Leggendogli dentro, la strega capì che era abituato ad incontrare pazzi che cercano di uccidere i vampiri per farsi un nome. Per fama. Dio. Ne aveva passate così tante.
- Non sono un'ammazza vampiri.- gli disse e prima che allargasse di nuovo la bocca a palla, lei continuò - Io insegno qui. In un posto per persone speciali.-
- Diverse.-
- No.- il sorriso di Degona divenne più profondo, quasi misterioso - Speciali. Ho due amici come te, sai?-
- Frequenti gente strana.-
- Sono strana anche io.-
- Non vedo la coda...o corna...- il bimbo la scrutò ai lati - Niente ali. Niente squame.-
Degona scoppiò a ridere, alzandosi a raggiungendo la sua borsa. Frugò un po' ed estrasse il portafoglio firmato, sempre compratole da Liz che da Cedar House proprio non si scollava e mostrò una foto al Diurno.
- Ecco, guarda Alex.-
Il piccolo prese la fotografia fra le dita, sempre diffidente.
Ritraeva Degona con Tristan e Lucilla, appena qualche mese prima.
- Sono i miei genitori.-
- Giovani i ragazzi.- sentenziò il Diurno, facendola ridere di nuovo -...ehi ma che...- poi strabuzzò le palpebre - Ma che colore strano gli occhi di tua madre.-
- Ci credo. E' un demone.-
Mancò poco che gli si slogasse la mascella, quando Degona gli arrivò di nuovo a un passo, inginocchiata di fronte al suo delicato nasino di Diurno.
- Senti. Facciamo così...tu oggi stai qui al centro. Ti faccio vedere cosa facciamo e se non ti piace, domani ti riportiamo dove vuoi. Ti ci porto io personalmente. Te lo giuro.-
- Davvero?- sibilò cupo - Non cerchi di fregarmi?-
- Perché dovrei? Comunque sappi che vorrai restare a tutti i costi.-
- Ah si? Il motivo?-
- Harry Potter insegna qui, sai?-
Ok, ora la mascella se l'era slogata davvero. Ma fare il nome del bambino sopravvissuto era una tecnica collaudata che Degona aveva imparato ad usare molto presto. Non c'era nanerottolo che non scalpitasse per conoscerlo e...quando portò Alex nei sotterranei, il Diurno rimase praticamente incantato di fronte alla vetrata della sala murales.
Era una stanza tutta Trasfigurata di mattoni, con una trentina di ragazzini dai sette ai dieci anni che scorrazzano con pennelli e barattoli di vernice, per non parlare delle bombolette spray.
Il fatto era che i piccoli avevano alcune doti particolari...alcuni avevano delle squame sul viso. Altri pennellavano i loro disegni con una telecinesi già molto avanzata. Altri invece aveva la pelle di colori molto intensi, dal verde petrolio fino al nero inchiostro. Bambini che non potevano permettersi di vivere fuori dall'associazione.
Ma fra di loro, un bambino più grande di tutti.
Harry Potter teneva una piccola di sette anni sulle spalle, che disegnava con le mani un grosso girasole, senza bisogno dei pennelli visto che le linee prendevano forma sotto i suoi polpastrelli, senza bisogno di niente altro.
- Cavolo...ha davvero la cicatrice!- disse il Diurno estasiato.
- Visto?- fece orgogliosamente Degona - Dicevo bugie?- e gli strizzò l'occhio - Se resti, potrai vederlo quasi sempre.-
- Ma...e tu? Stai qua perché non hai una casa?-
- No, io ce l'ho.-
- Tua madre è un demone cattivo?-
- No, ma...- la Mckay fece una buffa espressione - Diciamo che mia madre ama la tranquillità. Cosa che con me in giro per casa e la mia governante...lei non riesce ad ottenere. Roba da grandi, te lo spiegherò lunedì.-
Quando finì il loro turno di sabato, Degona poteva dire di aver convinto l'ennesimo Protetto ad unirsi a loro.
Sorrideva radiosa, contenta di aver tolto quel piccolo Diurno dalla strada e dalle mani di chissà che folli, quando Harry Potter la raggiunse all'uscita dell'associazione, con uno sbuffo di vernice rossa in faccia.
- Le pesti ti hanno fatto sudare eh?- gli chiese, pulendogli la guancia.
- Ah, lascia perdere.-
Harry James Potter si passò la manica della camicia per finire il lavoro della strega, carezzandole la testa riccia in ringraziamento. Sollevò il viso al cielo terso ed inspirò forte, sentendo un piacevole tepore.
Era una buona giornata.
Ringraziava per questo.
Il senso di colpa quel giorno non era ancora arrivato.
Neanche la rabbia si era fatta viva. Neanche l'abbandono.
- Abbiamo poco tempo per arrivare a Kensington Gardens.- mugugnò, guardando l'orologio e contemporaneamente infilandosi un capellino con la visiera sulla testa, per nascondere tutto ciò che poteva essere visto e riconosciuto - Se ci sbrighiamo non dovrò sentire Lucas lamentarsi per tutto il week end.-
- Io te l'ho detto qual è il problema.- ridacchiò Degona, tirandolo dietro un angolo dell'associazione - E' curioso.- e gli diede la mano, che lui strinse forte - Vuole sapere tutto del suo famosissimo e onoratissimo paparino.-
La famigliare sensazione di nausea e risucchio della Smaterializzazione furono veloce a venire e andarsene perché il profumo di Kensington Gardens era intenso e appena palpabile al tempo stesso.
Per Harry, quello era profumo di casa.
I giardini immensi di Kensington ogni giorno accoglievano centinaia e centinaia di persone, babbani e maghi.
Ma forse i maghi sapevano bene dove appostarsi perché quando Degona e Harry arrivarono verso il Serpentine Bridge, tutte le teste presenti automaticamente si voltarono verso di loro.
- Su la maschera.- sussurrò Potter paziente, vedendo Ron alzare il braccio da una panchina lontana. Bagnato fradicio.
Harry e Degona stavano già asciugandosi le lacrime agli occhi ancora prima di averlo raggiunto.
- Non fa ridere, bastardi!- abbaiò Weasley - Steve e Step mi hanno fatto finire in acqua!-
Peccato che i due non fossero gli unici a sbellicarsi dalle risate.
In piedi, accanto a Ron, c'era J.J. Baley che faceva di tutto pur di non farsi vedere.
E a metri di distanza, intento a controllare Lucas, Jeremy, i gemelli e Marcus giocare, Sirius Black non si sprecava neanche a far finta di essere dispiaciuto. Rideva sguaiatamente, come un perfetto sadico della serie di Stephen King.
- Oh, è arrivato, Jemy.- Lucas Potter si fermò sui rollerblade, la mazza in mano e la palla stregata nelle mani protette dai guanti di sicurezza di Jeremy - Nevicherà viola.-
Jeremy Weasley, undici anni e una saggezza presa forse da Charlie Weasley, sorrise vagamente, dondolandosi la palla di gomma stregata fra le dita. Più la stringeva più quella si dimenava, emettendo strani ed equivoci rumori.
A differenza dei fratelli minori però, Jemy aveva gli occhi scuri della madre che contrastavano con un bell'effetto sui capelli rossi della famiglia paterna.
- Sei fissato.- considerò, rimettendo la palla a terra e ponendovi accanto la mazza da gioco.
- Già che c'è può mettersi anche un passamontagna.- continuò Lucas, ignorando l'amico e schioccando la gomma da masticare che aveva in bocca.
- Sono lontano, ma ti leggo le labbra!- urlò Harry di colpo, guardandolo storto - Hai finito di tagliarmi il mantello?-
- E tu hai finito di fare il recluso...- iniziò suo figlio, per poi alzare ulteriormente la voce - HARRY POTTER???-
Tempo un nano secondo e si era di nuovo girato verso di loro tutto Kensington Gardens. E Sirius Black rideva ancora di più, letteralmente piegato in due a terra tanto da farsi cadere i molari.
- Si bruciasse quella lingua da serpente.- masticò Harry fra i denti, sedendosi sulla panchina - Ciao J.J.-
- Ciao Harry.- replicò Baley, abbracciando intanto Degona con affetto, visto che uscivano spesso in compagnia degli amici del ragazzo - Tutto bene a lavoro?-
- Si, benissimo. E qua come va?-
- Una favola.- disse, trattenendo a fatica l'ennesimo gemito piega stomaco, facendosi fulminare da Ron.
- Faith e Glory dove sono?-
- E' arrivata quella cretina di Gwen Pickens.- J.J. con la sua erre moscia appena accennata fece capire esattamente quanto fosse schifato - C'era anche sua figlia Tiffany e una decina di mocciosette. Sono andate a giocare insieme, la Pickens invece quando ha capito che Draco non c'era ancora se n'è andata.-
- Mi sa che non ha capito che è sposato.- sospirò Degona.
Prima che i tre uomini, quattro con Sirius che era tornato con Marcus in braccio perché era finito per terra spaccandosi il faccino, chiarissero cosa capiva quella donna a chiare lettere, arrivò Glory da dietro un cespuglio con la stessa espressione che aveva assunto Narcissa Black Malfoy quando le avevano detto che Bellatrix Lestrange era uscita di prigione - Ciao a tutti.- salutò funerea.
- Ciao principessa.- Harry la prese in braccio, baciandole la guancia - Noia?-
- Tiffany Pickens e le sue amiche sono solo delle...- il contegno della bimba le impose di alzare le spalle - Ho il mio libro, finisco di leggerlo. Faith arriva subito, è andata a vedere i cigni.-
- Ma si può sapere tuo padre dov'è?- replicò Potter - Dio, abitiamo dall'altra parte della strada.-
- Magari sa che la Pickens è in giro.- abbozzò Ron.
- E come fa, ha il radar?- brontolò il bambino sopravvissuto. Si chinò quando la palla stregata dei ragazzi gli arrivò ai piedi. Lucas pattinò veloce fin sotto il suo naso, per riprendersela.
- Ciao pa'.- sibilò sarcastico - I desperados come stanno?-
- Meglio di te se non chiudi quella bocca.- rispose Harry con vocetta stucchevole, alzando il braccio affinché il suo primogenito dovesse arrampicarsi su di lui per cercare di prendergliela - Dato fuoco a niente oggi?-
- Draco non era disponibile.- mugugnò Lucas, mancando la mano del padre per un soffio - E poi bruciare i capelli di quella stupida di Tiffany Pickens non è più divertente come una volta! ...Dai papà, dammi la palla!-
- Guarda che finisci al San Mungo per ustioni di terzo grado se continui, Harry.- ghignò Sirius, carezzando la testolina nera di Lucas - E' da un po' comunque che non arrivano lettere dall'Ufficio di Controllo Magie Accidentali, no?-
- Per quello che serve.- disse Degona spazientita - E' come mandare lettere a Glory ogni volta che ha visioni. Certo, il potere del fuoco può essere controllato ma se non gli lasciano fare pratica non imparerà mai.-
- In quella scuola di matti io non ci vengo.- mise subito in chiaro Lucas.
- Ma dai!- ghignò Harry, facendogli rimbalzare la pallina sul naso - Saresti il migliore di tutti.-
- Vanne fiero. Mi hai fatto tu così.-
Ridendo e scherzando, andarono avanti a prendersi in giro fino a tardi, tanto Malfoy aveva deciso di non farsi vedere, troppo impegnato nel suo studio degli orrori off limits per bambini, maghi, gagia, Phyro, Veggenti, babbani e pure draghi che altro non era che il suo laboratorio d'alchimista.
I bambini giocarono tutto il pomeriggio sui pattini e rischiando di gambizzare i passanti con le mazze, arrivò anche Edward con Chris e Linnie che si unì al festino dei minorenni aiutando Steve e Step ad accoppare un'anatra del laghetto con un sasso (volevano solo attirare l'attenzione del pennuto, ma Glory fu l'unica a starsene buona, come sempre del resto. Non si mosse dalla sua panchina, da cui godeva una visuale perfetta. Tiffany Pickens e le sue amiche avevano di nuovo ridacchiato tutto il giorno. Faith invece era stata sull'altalena, da sola, fino a quando Harry non era andato a prenderla.
Solo allora il sorriso più sincero mai visto aveva fatto capolino sul volto della piccola.
Ma per tutto il tempo Faith non aveva fatto che toccarsi la schiena. E Glory sapeva bene cos'aveva tatuato sulla pelle.
E quel qualcosa, oltre al sangue di Faith, era il vero e reale problema.
Il potere di Lucas, il potere di Lucas.
Cos'avrebbe dato per averne anche solo un pochino.
Cos'avrebbe dato per poter agire, senza essere costretta solo a vedere passivamente gli eventi.


Quello stesso sabato sera, in un locale di Notting Hill che di magico aveva solo l'atmosfera tranquilla e rilassante, Damon Howthorne si godeva la cena senza cadaveri o fratellini attorno ed era veramente consolante perché da una settimana si ritrovava sempre la stessa coppia di vecchietti cadaveri fermi oltre il bordo del letto, al suo risveglio, a fissarlo come se lui potesse fare miracoli e avvertire la loro figlia che l'uomo che stava per sposare gli aveva avvelenato i genitori.
Beatrix stava seduta di fronte a lui e naturalmente non aveva toccato cibo, ma la sua sola presenza rendeva tutti gli uomini più affamati.
- State per diventare un duo di sfascia famiglie.- sentenziò un giovane di ventun'anni, che sorseggiava del dolcetto a fine dessert seduto a fianco della Diurna - Trix, la moglie dell'uomo alla tua sinistra sta per strappargli i pochi capelli rimasti se non la pianta di guardarti le gambe.-
- Il vostro problema è che avete il sangue caldo.- replicò lei, girando la tazzina del caffè sul piatto di porcellana.
- Il tuo sono i canini.- sibilò la voce roca e quasi selvaggia dell'ultima parte del quartetto. Un giovane di ventotto anni, aspetto duro e mascolino, occhi di brace, tre cicatrici simili a graffi su uno zigomo.
- Vogliamo parlare della tua dentatura Greyback?-
- Vogliamo parlare di qualcosa che non centra con denti e sangue?- replicò Damon, che si fece portare il conto - Datemi tregua, non vedo morti da quando siamo arrivati qui. E' un record.-
Asher Greyback scosse il capo, guardandolo di traverso.
- Chi te l'ho fa fare?-
- L'emicrania che mi viene se non li ascolto.- spiegò il Legimors - Sanno essere dannatamente insistenti, te l'assicuro.-
- Come mio padre.- sospirò con fare melodrammatico il più giovane di loro, che posava gli occhi verdeacqua qua e là, con aria irrequieta di chi pensa ad altro - C'è poca gente in giro. È insolito con questo caldo.-
- Già, le ultime parole famoso. Scoppierà un casino quando meno te lo aspetti e dovremo fare l'ennesimo favore agli Auror, William.- sibilò Asher - Vero Beatrix, tesoro?-
- Che altro avevi da fare a casa?-
- Caccia grossa con Jeager.-
- E la volpe?- ironizzò lei perfida - Tu?-
- No, William.- ghignò il mannaro.
Il giovane William Crenshaw non lo stette neanche a sentire. Ormai erano anni che si trovava in minoranza a Crenshaw Hill e la cosa non gli dava più neanche così sui nervi come si poteva immaginare. Erano stati otto anni fantastici a dire il vero, anche se la consapevolezza era giunta da poco. Appena raggiunta la maggiore età la prima cosa che lui e suo padre avevano fatto era stata venire allo scoperto così in un colpo si erano sbarazzati di Henry Mitchell, dei suoi bavosi avvocati e non solo...aveva anche avuto l'eredità di Lara, sua madre, che Henry gli aveva negato fino a quel momento con cavilli legali riguardo alla sua minore età. Ora invece, a ventun'anni compiuti, si ritrovava con un M.A.G.O. più che eccellente, una specie di fratello maggiore principe e signore non ancora riconosciuto dei mannari del nord, una casa di famiglia piena di parenti morti e non, un bisnonno paterno che aveva conosciuto da poco che se ne andava in giro per casa con le sembianze vicine a quelle di un neonato, Jeager sempre più fuori di testa di recente visto che sembrava nascondergli qualcosa, un bel po' di amici di Serpeverde dei tempi di Hogwarts e...un sacco di grane di natura amorosa. La peggiore di tutte.
- Hai deciso cosa fare o no William?- lo incalzò Trix, riportandolo alla realtà.
- Eh? Con cosa? Chi?-
- Si, buona notte.- sbuffò la ragazza - Sei più riuscito a parlare con Ginger?-
- No, non ancora.-
- Fesso.- disse Asher a bassa voce, prima di attaccarsi al vino dolce e leggero.
- Ma tu che vuoi, te ne ripassi tre per volta!- lo rintuzzò William.
- Io ero fermo a due.- celiò Damon - Licantrope?-
Greyback si limitò ad emettere un grugnito, continuando a bere fino a finire il calice.
Rimesso sul tavolo, incrociò le dita con aria saccente.
- Resta il fatto, cocco, che la tua amica coi capelli rossi è buona per fare il ghiaccio.-
- Perché hai guardato me scusa?- sibilò Trix inferocita.
- Codina di paglia.- frecciò William.
- Zitto tu. Greyback vuoi finire salassato?- minacciò la Diurna - Ghiaccio un corno, dovresti saperlo.-
- Già, però me ne ricordo solo in presenza del Leoninus, sai com'è.- l'espressione diabolica di Asher dava bene a intendere che stuzzicare Milos Morrigan era quanto di più divertente mai provato.
- Dio.- soffiò il Legimors, guardando la gente alla sua tavola.
Un mannaro, una Diurna e un mezzo demone.
C'era da uscirci pazzi completamente.
- Così adesso esci con la figlia di Winsort.- continuò, osservando l'espressione eterea di William, che oltre alla regalità dei Crenshaw aveva ereditato da Lara Crowford il sorriso e lo sguardo buono, molto diverso da quello di Jeager.
- Non esco con Ginger. Siamo rimasti amici.-
- Amici.- frecciò Asher, guardando altrove - Così si dice adesso.-
- Si siamo amici, essere dalla coda pelosa.-
- E l'altra notte che facevate eh?- continuò il lupo visto il suo udito finissimo.
William quasi si strozzò col vino - Giocavamo a carte.- masticò fra i denti.
- Si e hai anche fatto poker.-
Damon e Trix scoppiarono a ridere in maniera abbastanza contenuta, ma ci mancava poco che Crenshaw mettesse le mani al collo del mannaro, pronto a lasciare la sua dinastia senza principe. Eppure si bloccò in tempo, sbuffando di nuovo. Ginger Winsort era solo un'amica, una delle tante della scuola.
Il problema non erano loro. Le amiche.
Ma...lei.
L'unica lei. La maledetta lei.
L'onnisciente lei.
- La duchessa dov'è?- chiese intanto Asher - Trust ha intenzione di tenerla in campagna ancora per molto?-
- Oddio.- Damon alzò le mani, già stanco - Non mi ci voglio neanche infilare in questo discorso.-
- Che palla il Suffolk d'estate.- disse anche William, stiracchiandosi - Ma che fanno tutto il tempo?-
- Mah, secondo te?- ironizzò Beatrix - Comunque siamo quattro, contando Aidan, contro uno Damon. Tu, tesoro. Visto? Oliver non piace neanche a loro. Anzi, non piace neanche a Cloe.-
- Allora perché si sono fidanzati?- chiese retoricamente il Legimors.
- Quello mi sa di spostato.- commentò il mannaro - A te no?-
- Non so. Ha sempre qualche parolina di troppo con duplice significato in mezzo alle frasi.- ammise la Diurna - Ma è pieno di soldi, case ovunque e conoscenze. Inoltre è purosangue.-
- Come se a Cloe fosse mai interessato.- s'intromise William pacato.
- Con gli anni si cambia.- disse Damon a bassa voce, con tono incolore.
- L'ho sempre detto che è meglio il sesso.- bofonchiò Trix, capendo che il discorso aveva preso la piega più terribile di tutte. Così se ne uscì con quella sparata, facendosi guardare in maniera strana da tutti e tre - Bhè? Che avete? Non è vero? Quando si passa la soglia diventa tutto complicato ed evapora anche la voglia di divertirsi. Anzi no, a me non passa. A voi Sanguecaldo invece si.- celiò sadica - Alla vostra salute perdenti.-
- Ah, all'inferno.- ringhiò Asher, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia - Ne riparliamo quando il Leoninus torna a casa eh? Chissà che combina in quel cesso di Corte.-
- Le corna non me le può mettere.- Trix non perse assolutamente il ghigno - O sa cosa lo aspetta.-
- Tu si che li sai proteggere bene gl'investimenti.- sentenziò William - A differenza di altri a cui piace sfasciarli, vero Damon?- e il Legimors si passò una mano sugli occhi, mentre gli altri ridacchiavano - A proposito, il poveretto a cui hai distrutto la vita e il matrimonio come sta? È vivo o viene a trovarti per passare all'inferno che gli hai aperto?-
- Oh, andate a quel paese, mi sembra di sentire Dorothy.- si lamentò Howthorne.
- Anche se quella è proprio strana, ha sempre ragione.- esclamò la Vaughn, che parlava di Dorothy Turlow. Era una donnina che Damon aveva conosciuto più di sette anni prima, durante il periodo nero dopo la Sigillazione di Tom. Era una babbana, solo una babbana, ma di Legimors e Veggenti di Non-Vivi sapeva ogni cosa.
Era stata come un mentore per Damon e spesso si vedevano, quando lei gli procurava dei mandati, lavorando in un ospedale. Infatti era infermiera.
- Hai fatto delle ricerche su quella babbana?- gli chiese William per l'ennesima volta.
- Ve l'ho detto. Non ha poteri.-
- E allora come fa a sapere tutto di Legimors e cadaveri svalvolati pieni di problemi e turbe psichiche?-
- I suoi nonni erano maghi. E un loro antenato era Legimors.-
- Altri morti.- si schifò Asher, disgustato - Meglio che fai lo sfasciamatrimoni a vita Howthorne.-
- Poche palle, la colpa non è mia.-
- No?- la Diurna fece mente locale, coi canini che brillavano alla luce delle candele - Quei due stavano per sposarsi e tu, a una settimana dalle nozze, ti presenti da lei e le fai mandare tutto all'aria. Dopo quanto tempo che non vi vedevate? Due anni?-
- Tre anni, un mese e diciotto giorni.- la corresse il Legimors piccato.
- Magari quel poveraccio s'impiccherà.- tubò Asher maligno.
- Già, gli hai rubato la moglie e la vita.- rincarò William.
- Sono meglio i cadaveri.- disse allora Damon, versandosi un altro bicchiere - Non seccatemi. Mi sono solo ripreso quello che avevo perso e lasciato andare. Punto e basta.-
- Così te la sposi.- sorrise William di punto in bianco, dopo un istante solo di silenzio.
- Davvero? Gliel'hai chiesto?- sogghignò Greyback, levando le sopracciglia, stupito - Però. Non hai le mezze misure, devo ammetterlo.-
Già, proprio non le aveva, ma era più felice che mai.
Trix da sotto il tavolo gli strinse la mano e sorrisero entrambi, almeno fino a quando Asher non scattò impercettibilmente sulla sedia. Sembrava avesse sentito qualcosa.
Fece segno di tacere e fare finta di nulla, indicando oltre il tavolo vuoto dietro di loro.
Erano appena entrati due tizi che William riconobbe all'istante.
- Funzionari della Gringott.- mormorò a bassa voce - Cosa fanno qua?-
- Zitti.- ordinò Asher - Basto io.-
E come avevano immaginato tutti e quattro, vista la situazione totalmente assurda, ciò che il principe dei Greyback sentì non era niente di buono.
Perché mai due azionisti e funzionari d'alto grado della Banca dei Maghi si sarebbero dovuti trovare in un ristorante babbano a Notting Hill? Bastò un nome e Asher lo ricollegò subito a quello che aveva letto di recente.
Craig Badomen. Un assassino che sembrava comparso dal nulla e che nell'ultimo mese aveva massacrato due famiglie di babbani con la sua magia. Continuava a sfuggire agli Auror senza motivo, Trix lo sapeva bene. Una notte l'aveva intravisto, durante la ronda. E poi, dopo averlo rincorso in lungo e in largo...di lui era svanito anche l'odore.
Una cosa però era certa. Come aveva detto Edward al Quartier Generale degli Auror con la solita schiettezza, l'amico Badomen, cattivo presagio, aveva dei buoni agganci per essere perso anche da Sensimaghi e Veggenti.
Asher sentì altro. Era stato visto nel Surrey la settimana prima, dov'era fuggito dagli Auror della capitale, e lì per poco non aveva ucciso tre maghi in una taverna.
E ora stava tornando di nuovo a Londra, nella tana del leone.
O questo assassino era uno stupido...o incredibilmente sicuro di sé e dei suoi mezzi.
Per non parlare delle sue propensioni all'uccisione di babbani e mezzosangue.
Cose che, nel mondo magico, aveva cominciato a scatenare non poche paure. C'erano i primi sussurri nell'aria.
Sussurri che chi sapeva fiutare sotto vento, sentì più densi che mai.
Harry Potter per primo.


La domenica mattina era un giorno sacro per i cattolici come lo era per i proprietari della Lucky House.
Infatti, fino a mezzogiorno nessuno si azzardava mai neanche ad aprire un occhio, in nessun'ala della casa.
Gli elfi domestici entrati di straforo sapevano di rischiare la fucilazione se solo facevano scricchiolare il linoleum eppure Glorya Artemisia Malfoy dovette aprire delicatamente le palpebre, come non avesse neanche dormito, quando un tonfo strano dai piani bassi la destò dai suoi sogni vorticosi.
Si rigirò nel letto a baldacchino, immersa in una nuvola bianca di lenzuola pregiate e lisce come seta quando si ricordò all'improvviso del pericolo.
Balzò in piedi e in una camicia da notte che le arrivava sopra le ginocchia, di un rosa acceso, si precipitò giù dalle scale dell'ala ovest senza fare il minimo rumore. Ma era tardi.
Sospirò depressa sull'ultimo gradino di marmo alla vista di una scia di grosse uova dorate sparse per tutto il salone che collegava casa Malfoy a casa Potter.
Le uova erano state disseminate come briciole. E tutto per quelle due stupide oche dalle uova d'oro.
Regalo di Jocelyn Black, la sua bisnonna.
Quando le aveva mandate una settimana prima, come regalo alla bambina, Draco aveva subito proposto di tirare il collo alle oche e poi a sua nonna, senza tante cerimonie, ma Glory era riuscita a tenerle in vita a forza di prediche animaliste...ma ora, di fronte a quell'ultimo disastro, non era sicura di poterne garantire la sopravvivenza.
Contò otto uova d'oro e...poi inclinò il capo, sgomenta, quando una delle sue oche, quella col fiocco blu al collo, fece capolino con la coda spiumata da dietro un divano.
Un suono metallico misto a quello della pietra che si spacca fece tremare la piccola strega e gli elfi, che si rompevano la schiena per sollevare quattro chili di uovo d'oro a testa.
Già. L'ultimo uovo, il nono, era tanto pesante da rompere il pavimento di cotto del piano terra, mentre le altre l'avevano solo graffiato.
Con le mani in faccia Glory si sporse dal divano, ma ciò che trovò non fu un uovo d'oro.
Bensì un uovo tutto grigio, come piombo sporco.
- E questa roba cos'è?- borbottò, cercando di prenderlo fra le braccia.
Ce la fece a fatica e rigirandolo, sentì che era molto caldo. Le altre invece erano tutte fredde. Stranita, fece per metterla sul divano di fronte al camino, però il verso di un gufo riuscì a spaventarla. L'uovo le cadde di mano e le finì sul dorso del piedino sinistro.
Cacciò un gridolino abbastanza alto da svegliare subito Draco e Lucas, che aveva il sonno leggero come un marine in trincea. E così la domenica mattina andò a farsi benedire. Più tardi, nella cucina dell'ala Malfoy, Glory stava seduta sul bancone col ghiaccio sul piede gonfio.
Gli occhi ancora vitrei per il dolore, bevve a fatica la pozione che il padre le propinò, peccato che Draco Lucius Malfoy stesse trafiggendo letteralmente con gli occhi argentei i colpevoli dell'azzoppamento della sua adorata erede.
Le uova messe in un cestino per muffin.
E le oche che, diciamocelo pure, avevano i minuti contati.
- Come si possono cucinare?- chiese Lucas, seduto accanto a Glory e poggiato sui gomiti.
- Arrosto.- sibilò Draco - Te lo lascio fare con piacere.-
- Riempiremo la casa di piume.- replicò il piccolo Potter - E' poco igienico.-
- Pennuti.- continuò a borbottare Malfoy come una teiera - Come va principessa?-
Glory finì coraggiosamente tutta la disgustosa pozione, per annuire testarda.
- Bene, va meglio. C'era un gufo prima, papà.-
- Si, pazienza.- suo padre agitò la mano, incurante - E' molto gonfio.- disse, tastandole il dorso del piedino di fata veramente minuscolo - La pozione ci metterà poco ma dovrai tenere il ghiaccio. E stare a riposo oggi.-
- Ma io ho del lavoro da finire nella serra.-
- Non puoi innaffiare quei cosi da seduta?-
- Cosi.- bofonchiò Lucas - Sono fiori, mica coccodrilli.-
- Coccodrilli? Che coccodrilli?-
Harry apparve tutto scarmigliato sulla soglia, coi pantaloni del pigiama e una maglietta. In braccio Faith, più assonnata e scarmigliata di lui, in una maglietta di sua madre che le fungeva da camicia da notte.
- I coccodrilli che vengono fuori dalla doccia.- canticchiò Lucas sarcastico - Lascia perdere. Glory s'è fatta male. Le è finito un uovo d'oro sul piede.-
- Sai, le oche della bisnonna Harry.- spiegò la piccola Malfoy.
- Certi Black si ostinano a vivere per dispetto, ha ragione Sirius.- sindacò il bambino sopravvissuto, guardando apprensivo il piede della bambina, mentre Draco e Lucas in sottofondo disquisivano di oca arrosto annaffiata o affogata, dipendeva dalle preferenze, nel cognac.
Comunque l'incidente delle oche passò in secondo piano dopo il brunch, visto che era presto per pranzo e tardi per colazione. Le uova vennero messe in un cestino, le oche spedite con gli elfi domestici chissà dove e poi si dispersero.
Draco mollò Glory nella serra con mille prediche, poi si chiuse nel suo studio quando arrivò Caleb più assonnato di tutti loro messi insieme. Isabella e Joe erano andati a trovare i signori Maitland e Caleb aveva previsto restare con i cugini e lo zio Harry. Nessuno a Hogwarts credeva mai che Harry Potter fosse suo zio, ma ormai la storia aveva fatto il giro anche se Caleb ci godeva sempre molto a raccontare di quella sua parentela emozionante.
A sentire quelle storie, Lucas quasi non ci credeva.
Erano fuori in giardino, davanti alla fontana, quando non resse più.
Si avvicinò a Caleb, mentre Harry e Faith si tiravano dietro dell'acqua, visto il caldo, e studiò il cugino con aria critica.
- Mi stai davvero dicendo che Hogwarts è piena zeppa di stemmi col suo nome?-
- Anche della zia Elettra, per il quidditch.- rispose suo cugino, infilandosi i guanti di protezione per lo skate-board volante - Tutti lì sanno tutto di lui. I miei amici ci andavano pazzi, specialmente i primini. Pensa che quando i compagni di Jeremy hanno saputo che è il tuo migliore amico hanno dato i numeri.-
Lucas assunse la tipica espressione alla Sirius...mezza basita e mezza disgustata.
- Hai sentito altre storie su di lui?-
Caleb sogghignò - Oh si. Ha ucciso un gigantesco serpente al secondo anno, lui e Draco sono caduti dalla Torre di Astronomia senza farsi niente e pensa che ha persino ucciso Tu-Sai-Chi nella Camera dei Segreti, quando aveva sedici anni! Grande lo zio Harry!-
Grande lo zio Harry un fantastico par di balle.
Il nervoso stava cominciando a trasudare da lui simile al vapore, tanto che si ghermì la sua adorata mazza da hockey su rotelle. Imprecando, attese che cinque minuti più tardi gli arrivasse il gufo dall'Ufficio di Controllo Magie Accidentali.
- Ma che hai fatto?- gli chiese Faith stranita.
- Niente. Che ha fatto papà piuttosto.- sibilò Lucas, imbronciato.
La bimba alzò il sopracciglio proprio come lui.
- Pensi ancora a cercare di fargli usare la magia? Lucas, non può fare magie, lo capisci o sei sordo? L'ultima volta quasi l'hai fatto ammazzare per le scale.-
- Ce l'hai messo tu il grasso.-
- Ma tu mi avevi detto che era cera!- replicò Faith con gli occhioni azzurri che cominciavano a fiammeggiare.
Eh si, c'erano diversi tipi di teste calde alla Lucky House. I piromani...e le piccole gagia.
- Che succede?- bofonchiò Harry stanco, sedendosi sul bordo della fontana.
- Niente, dicevo a Lucas della Camera dei Segreti, zio.- celiò Caleb ma come sempre, Harry Potter fece finta di nulla.
- Hn. Oggi non dovete andare da nessuna parte?-
- Ci stai buttando fuori di casa?- riecheggiò Lucas.
- Oh, no. Ti sto chiedendo di prendere il volo tesoro.- rispose il bambino sopravvissuto con vocetta stucchevole e melensa - Non ti butterei mai fuori di casa dopo tutta la fatica che ho fatto per farti nascere e tenerti vivo.-
- Questa mi mancava.-
- E ti mancherà anche la spiegazione.-
- Oh dai pa'...perché non...- Lucas e Harry tacquero di botto.
Una leggera vibrazione delle vetrate est della Lucky House fece muovere l'ex Auror velocemente. Afferrò suo figlio e se lo strinse addosso, per poi girarsi col busto di scatto per evitare l'esplosione che infranse l'angolo del primo piano nella parte ovest di Draco.
Ovvero la parete del suo studio.
Faith e Caleb di fronte a quelle fiamme non sembrarono molto stupiti.
- Sarà morto?- tubò Lucas rialzando il viso verso il padre, luminoso come il sole.
- Non credo.- sospirò Harry tetramente - Non posso essere così fortunato.-
- Ma cosa succede?- chiese intanto Glory, che zoppicando sul piede sano aveva fatto il giro dal retro della serra.
- Lo zio Draco ha fatto scoppiare di nuovo la casa.- le spiegò Faith pacatamente.
Anche Glory, senza fare una piega, scosse la testina bionda.
- Forse dovremmo andare a vedere se ha bisogno di qualcosa.- propose Caleb - Cosa dici zio Harry?-
- Si, una vanga per sotterrarlo.- ghignò diabolicamente Lucas.
E invece quando iniziarono a sentire le prime imprecazioni Harry dette subito ordine ai piccoli di mettersi le mani sulle orecchie. Caleb ne ascoltò un paio, poi arrossendo infilò il cappuccio sulla testa, mentre la voce di Draco Malfoy, un vero gentiluomo, si allargava per strada con un repertorio da far sembrare gli scaricatori di porto delle educande.
All'ultima, anche Harry avrebbe preferito chiudersi le orecchie.
- Sei vivo?- lo chiamò.
Draco, tutto sporco di nero sulle braccia e uno sbuffo di cenere sul naso, saltò fuori dal buco nella parete.
- Porca di quella gran miseria!- abbaiò, raggiungendoli - Tutta colpa di quella maledetta radice di Hoya Carnosa!-
- L'albero di cera?- allibì Potter - Ma non è...-
- Illegale?- sibilò una voce burbera dietro di loro.
Una voce assolutamente inconfondibile. Che procurò a Harry un brivido fastidioso.
Duncan Gillespie, il Capo degli Auror della Gran Bretagna in stanza a Londra era di fronte a loro.
- Salve signori.- disse Gillespie, osservando i resti della parete - Vedo che come sempre vi divertite insieme.-
- Non si bussa più Duncan?- replicò Draco serafico - Ragazzi, il Capo degli Auror. Il signor Duncan.-
- Piacere.- dissero i quattro piccoli in coro.
- Vi ho mandato un gufo.- disse subito Gillespie, sorridendo ai mocciosetti - Vedo che sono cresciuti.-
- Già.- sibilò Harry di punto in bianco - L'aria aperta fa crescere tutti, signor Gillespie.-
- Risparmiami quel signore, bambino sopravvissuto.- replicò Duncan, sorridendo infastidito - Non mi hai mai chiamato così quando eri Auror, non prendere buone abitudini per nulla.-
- Cosa fai qui?- s'informò Draco - Devo venire a lavorare domani. Non potevi aspettare?-
- Al Ministero anche i muri hanno le orecchie.-
Addio domenica tranquilla, sibilò la voce in Serpentese di Harry nella testa di Malfoy.
E dal tono, non doveva essere per nulla contento di quella visita.
Mezz'ora più tardi, dopo che Malfoy si fu rimesso in sesto, raggiunse il salone centrale della Lucky House per trovare il suo capo che chiacchierava amabilmente coi bambini. E di una cosa che faceva drizzare a Potter senior tutti i capelli.
- ...dopo si è rialzato come nulla fosse.- terminò Duncan, alla faccia strabiliata di Lucas - Non te l'ha mai detto?-
Il ragazzino si volse inferocito verso il padre.
- Che non può morire? No.-
- Non è vero che non posso morire.- replicò Harry con tono secco - Duncan limita le favole all'ora notturna.-
- Non sono favole, però.- continuò Lucas - Altrimenti perché sei famoso?-
- Già Harry.- incalzò Gillespie - Perché saresti famoso se non per essere a prova di Avada Kedavra?-
- E' stato tanto tempo fa.- lo zittì Potter, roteando gli occhi quando anche il suo Bracciale del Destino emise una sonora pernacchia, come per fargli capire che erano tutte stronzate - Perché sei venuto?-
- Per vedere come stavi.- Duncan sorseggiò il caffè che portò uno degli elfi domestici - So che lavori con Hayes adesso. Come ti trovi col vecchio Desmond?-
- Né io né Degona l'abbiamo mai visto.- spiegò il bambino sopravvissuto - Lui ha costruito l'associazione, poi l'ha data in mano ai legali. Ora che Degona è sua socia se ne occupa lei.-
- Ho visto Silente stamattina al Ministero. Ha detto di salutarvi tutti e due.-
- Come sta il preside?- chiese Draco, per calmare un po' le acque, anche se non gliene fregava particolarmente.
- Benissimo. Se ne va in vacanza proprio con Hayes.-
- E tu Duncan?- gli occhi smeraldini di Harry si accesero - Niente vacanza?-
- Diciamo che...ero in procinto di prenderle. Ma poi è successo qualcosa che mi ha fatto cambiare idea.-
Silenzio.
Bastò un secondo di pensiero e sia Harry che Draco si lasciarono sfuggire un ruggito a fondo gola.
- Ragazzi.- bofonchiò Malfoy con tono abbastanza duro da far capire l'antifona - Perché andate a giocare?-
- O perché non accompagnate il signor Gillespie alla porta?- sibilò invece Potter senior.
- Harry.- lo richiamò Draco - Duncan vieni, staremo comodi in cucina. Ragazzi, per favore. Abbiamo delle cose da discutere.-
Non c'è nessuno come i bambini in grado di percepire la tensione nell'aria.
E nessuno come Lucas Potter che avesse saputo guardare suo padre con tale disappunto da riuscire a farlo vergognare di se stesso. Ma questo non fermò il piccolo Potter. Quando i tre si furono rinchiusi in cucina, Lucas e Faith si guardarono di sfuggita. Ma bastò.
- No, dai.- si lagnò Glory non appena li vide - Se ci beccano chi li sente. Romperanno fino a domani!-
Non l'ascoltarono neanche. Salirono di volata nella camera di Lucas e dopo aver trafficato per qualche minuto tornarono dabbasso con le Orecchie Oblunghe alla Weasley. Ce n'erano un sacco di modelli nuovi ma Lucas e Jeremy erano due che amavano i classici.
- Dio salvi la regina.- ghignò Caleb.
- E la famiglia Weasley.- finì Lucas.
- Amen.- rise Faith - Ok, adesso silenzio.-
Senza fare un fiato si accucciarono tutti e quattro dietro la porta della cucina.
Dapprima avvertirono solo un mormorio, poi la risata di Harry colpì Lucas come una lama. Non l'aveva mai sentito ridere così.
Istintivamente strinse le mani a Glory e Faith, con Caleb che corrucciava la fronte, impensierito.
Dentro invece, Harry Potter il bambino sopravvissuto quasi non riusciva a credere alle sue orecchie. E rideva, rideva senza controllo.
- Sono felice di sapere che lo trovi divertente.- disse Duncan Gillespie, le palpebre solo leggermente abbassate.
- Oh si. E' dannatamente divertente.- replicò Harry fra i singhiozzi di riso.
Duncan scosse il capo, fissando quindi Malfoy.
- Tu che ne pensi?-
- Che questa storia sta rischiando di stomacarmi.- rispose acidamente Draco, con gli occhi d'argento ora duri come lo stesso metallo - Spero che tutto il Wizengamot finisca all'inferno.-
- Non ditemi che non avete sentito da che parte stava tirando il vento.- continuò Gillespie - Andiamo ragazzi. Non siete eremiti qui dentro. Anche se tu, Harry, e anche Hermione avete abbandonato il servizio, so che vivete comunque in simbiosi col resto della squadra.-
- Si ma non credevo che questo Craig Badomen fosse un problema mio.- rispose Potter, sarcastico.
- E' un assassino.-
- Che se ne occupino gli Auror.-
Gillespie serrò appena la mascella, senza lasciar trapelare il suo reale stato d'animo.
- Le notizie dell'ultimo minuto dicono che abbia il Marchio Nero.-
Oltre la porta, i piccoli serrarono le labbra per non lasciarsi sfuggire un fiato.
Ma Harry già stava piegando la bocca in una smorfia ironica.
- E il Ministro Dibble, il nostro nuovo incaricato, ti ha mandato da me. Ad allisciarmi. Giusto?-
- Dibble non sa che sono qui.- replicò il Capo degli Auror - E probabilmente sto solo perdendo il mio tempo.-
- Vedo che hai capito.- disse Harry lapidario.
- Già.- Duncan scosse il capo - Come ho potuto credere che te ne fregasse qualcosa, bambino sopravvissuto?-
- Una domanda sola Duncan.-
Potter lo bloccò sul nascere.
- Sai cosa voglio. Cosa vogliamo io e Draco.-
- Si, lo so.- annuì Gillespie.
- Tom è ancora Sigillato. Hanno intenzione di liberarlo?-
- Non credo.- disse l'Auror a fatica.
- Allora la discussione si chiude qui.-
Caleb ritirò indietro all'istante l'Orecchia Oblunga e tirò via sia i cugini che Glory e una volta chiusi in uno sgabuzzino ingombro di scope da cui avevano cacciato gli elfi domestici, Faith fu la prima a parlare.
- Chi è Tom?-
- E che ne so.- borbottò Lucas - Sigillato in che senso poi?-
- Come in prigione.- gli spiegò Glory preparata sull'argomento - Vuol dire che non si può uscire da un posto.-
- Quindi questo tizio è in prigione?-
- Non lo so Lucas. Non hanno nominato Azkaban.- poi la piccola Malfoy osservò Caleb stranita - Cosa c'è?-
- Io questo Tom l'ho già sentito nominare.- borbottò il ragazzino pensoso - Ma non ricordo bene quando. Credo che sia stata la zia Elettra a dire qualcosa a mia madre...eppure...credo anche Alex e Herik ne sappiamo di più di me. Non so perché ma forse loro lo conoscono.-
- E come fai a dirlo?- gli chiese Faith.
- Ve l'ho detto, non lo so.- Caleb uscì di volata dallo sgabuzzino - Prendo la Polvere Volante e vado a Cedar House. Stasera a cena cerco di sganciare i miei e ci vediamo di nuovo se posso.-
- Magari porta Alex ed Herik.- gli consigliò Lucas - Noi intanto chiediamo a Jemy.-
- Non sarebbe più facile chiederlo a papà?- propose Faith - Magari ce lo dice.-
- Si, come no.- replicò suo fratello maggiore - Come minimo svierebbe di nuovo. No, stavolta mi arrangio da solo. Glorya non farti scappare niente, ok?-
La biondina non si sprecò neanche a rispondergli.
- Torno alla serra.-
- Si, vengo anche io.- brontolò Faith, per nulla convinta.
Femmine, pensò Lucas, però era troppo eccitato per prendersela verso il loro scarso entusiasmo.
Ora aveva una carta in mano per cominciare a scoprire qualcosa.
Perciò doveva solo capire chi cavolo era quel Tom!


Caesar Noah Cameron si svegliò di soprassalto verso l'una di notte.
Una musica fortissima aveva sfondato la parete del suo incubo, liberandolo.
- Dannazione.- sibilò, mettendosi a sedere nel letto. La luce della luna filtrava dalle sue vetrate ma quando girò gli occhi bianchi verso di esse sembrava ancora più furibondo.
E non per essere stato svegliato.
- Cosa fai qui?- sibilò.
Denise Loderdail stava in piedi alla sua finestra. Gli dava le spalle.
- Esci da camera mia.- continuò con lo stesso tono minaccioso.
Lei non si voltò nemmeno.
- Stavo pensando all'Oblivion.- gli disse invece, a bassa voce.
Caesar allora gemette, scuotendo la testa. Si alzò dal letto, infilandosi una camicia damascata che lasciò aperta.
Fermo alla sua scrivania, afferrò la bottiglia mezza vuota rimasta dall'ora di cena e si versò un bicchiere.
- Dovresti smetterla di bere, Caesar.-
Rise amaramente, guardandola da oltre il calice.
- Non sai niente della vita Denise.-
- Già. Non ne so proprio niente io.- replicò, alzando finalmente il viso sopra la spalla esile, per guardarlo in faccia con espressione talmente dura e così umana da farlo ridere ancora.
- Mi dicevi dell'Oblivion.- continuò Cameron, per nulla impressionato.
- Si. Potrei modificare i ricordi di Tom, ma...non so fino a che punto servirebbe, visto che sarebbe comunque Sigillato qui lo stesso.-
- E pensi che usandogli l'Oblivion totale e facendo tabula rasa andrebbe meglio.-
Lei tacque, sospirando e abbassando gli occhi.
La cipria di diamante scintillava sulle sue gote lisce alla luce della luna.
- Meglio averle delle radici Denise.- Caesar si lasciò andare seduto in poltrona, restando a fissarla col bicchiere in mano - Meglio avere pochi ricordi tristi che non sapere neanche perché siamo su questa terra infame.-
- Dici?- la demone lo scrutò attentamente - Meglio morire di dolore che d'inerzia?-
- Ognuno ha la sua croce, dolcezza.- disse allora sarcastico.
- Si, hai ragione.- gli sibilò, chiedendosi come poteva essere ancora così stupida. Con passo fermo s'incamminò alla porta, con la schiena rigida di rabbia ma quando fu sulla soglia, si volse per togliersi quello sfizio.
Ne aveva abbastanza di subire.
- Sai una cosa? Hai ragione, della vita forse non so niente.-
- Sono contento che te ne sei accorta.- ghignò, attaccandosi al bicchiere.
- Una cosa, però, l'ho capita. Capisco quando un uomo è talmente a pezzi da bere per dimenticare. Capisco anche quando si rimette la fede perché è talmente vigliacco da aver paura di ciò che prova. Capisco quando ha pietà di se stesso, per quello che è diventato. E sai un'altra cosa? Commisero quell'uomo.-
Ebbene, ora Denise Loderdail conobbe il volto della rabbia.
Lui non la fissò direttamente in volto, ma i suoi occhi puntati sulla luna erano quanto di più spaventoso si potesse immaginare.
- Non posso ucciderti e tu lo sai.- le disse, posando il calice prima di farlo in mille pezzi. La sua voce sembrava giungere dall'inferno - Ma posso renderti l'eternità insopportabile, Tesoro dei Loderdail.- minacciò, usando apposta quel nome che la feriva più di mille colpi - Perciò adesso gira i tacchi e vattene, prima che perda la pazienza ragazzina. Non sai un bel niente di me, né della fede che porto.-
- Davvero?- sapeva di esagerare, ma non le importava - Credi che non sappia perché te la sei messa?-
- Sta attenta...- l'ammonì.
- L'hai messa per me.- proseguì ridendo piena di sprezzo - Per ricordarmi sempre quanto sono inferiore paragonata a lei. Imperia era perfetta, vero?-
Lui non rispose.
E Denise ebbe la sua risposta.
- Capisco più di quanto pensi, Caesar. Buona notte.-
Il tonfo che seguì precedette quello della bottiglia e del calice che finivano in frantumi dentro al camino spento.
E allora la rabbia divampò davvero.
Ma lei ora aveva il cuore di un umano di cui prendersi cura.
Se non altro il cuore di Thomas Maximilian Riddle batteva.
Quello di Caesar per lei non l'avrebbe mai fatto.
Si Smaterializzò al quarto piano, quello delle loro stanze e invece di esserci solo Brand, trovò seduti fuori dalla camera di Riddle anche Winyfred e Val.
Vlad se n'era andato mezz'ora prima, dopo una violenta discussione avuta con Riddle.
- Si sono messi le mani addosso?- chiese Denise con tono sottile.
- No.- rispose Winyfred.
- Stavolta s'è trattenuto.- sorrise Val - Incredibile.-
- Vuoi parlargli?- le chiese Brand preoccupato - Guarda che non è un momento buono.-
- Con lui le cattive non funzionano. Per questo Vlad perde sempre.- sorrise l'Harkansky, battendo una mano sulla spalla della Loderdail - Te lo lascio Denise. Se hai bisogno sono da Dimitri.-
- Andate anche voi.- consigliò la più giovane - Me la sbrigo io, state tranquilli.-
Val e Brand tentennarono un po', ma alla fine fecero come chiedeva lei.
Varcata la porta, capì gli avvertimenti di Brand. Nell'aria c'era tensione, rabbia, frustrazione.
Ma la cosa che la colpì maggiormente furono le miriadi d'immagini che si trovò di fronte agli occhi.
Foto. Erano tante foto.
Non sapeva nemmeno che Tom ne avesse portate con sé, dopo la Sigillazione.
S'inginocchiò sul pavimento, vedendo anche che sul piano rialzato su cui era poggiato il letto di Riddle erano stati rovesciati altri oggetti. Vide uno specchio rotto con un basamento formato da due serpenti annodati, un Mantello dell'Invisibilità e buttato a terra con noncuranza, accanto a una tenda del baldacchino, un anello spesso, d'oro, con uno stemma di famiglia. Una corona.
Lo prese e socchiuse gli occhi, traendone un ricordo.
- Chi è?- mormorò, rialzando gli occhi verso la finestra affiancata al letto.
Tom era seduto sulla mensola, con le gambe allungate.
Attorno al collo un serpente albino di piccole dimensioni, attorcigliato sulle sue spalle.
Aveva un labbro spaccato, uno zigomo viola.
Regali di Vlad.
- Chi è la ragazza che ti ha regalato questo?- gli chiese di nuovo, raggiungendolo con passo da fantasma.
Si sedette accanto a lui, che rannicchiò un ginocchio al torace, per farle spazio.
- Si chiama Claire.-
- Capisco.- Denise sorrise. E quando lo faceva, sembrava tutto brillasse.
Era come Lucilla. Sembrava che quando donne simili sorridevano, tutto fosse più bello. Che tutto avesse un senso.
Perché certe gioie sono più rare e preziose di quanto si pensi.
- Era lei che amavi, vero?-
Tom tacque, restando a fissare il cielo. Incrociò le dita con quelle della demone, facendole capire la verità.
Già, pensò Denise distrutta, ma senza perdere quel sorriso che le faceva male al cuore.
Certi uomini sono capaci di continuare ad amare senza accorgersi di nient'altro. Neanche di se stessi.
Il primo amore non si scorda per il semplice fatto che è stato il primo a farci battere il cuore. Può anche essere svilente, rispetto a quelli che capiteranno nella vita, magari più profondi, più veri.
Ma il primo resterà sempre il migliore.
E chiunque venga dopo, non sarà mai all'altezza di reggere il confronto.
- Pensavo che se non avessi mai guardato oltre i cancelli del palazzo, alla fine sarei riuscito a dimenticarmi quello che c'è dopo di loro. Pensavo che ce l'avrei fatta a dimenticarmi di loro prima o poi. Sono già passati otto anni...- mormorò Tom, chiudendo le palpebre con forza - Ma mi sbagliavo. Cristo, sono un perfetto masochista. Ho anche tirato fuori il Pensatoio...e mi ero giurato di non farlo mai.-
- Non sei di pietra.- gli disse dolcemente, carezzandogli la guancia e lasciandovi la mano, sentendo la pelle serica dell'umano sotto il pollice - Non puoi ordinarti di dimenticare a comando.-
- Volevo usare la magia.- replicò, riaprendo gli occhi. Poi alzò l'indice destro, ad indicarsi il labbro spaccato - Vlad non ha preso bene i miei propositi.-
Denise rise di più, chinandosi a baciargli quel labbro ferito.
Lo strinse, passandogli le braccia alla vita e lasciandosi andare contro di lui.
- Pensi che usare il Pensatoio sia stata una cosa sbagliata?- gli chiese, mentre lui le passava le mani sulla schiena.
- So solo che ho visto il passato. Ed è passato proprio perché non tornerà perciò è meglio che mi metta l'anima in pace come mi ero ripromesso di fare già otto anni fa. Ho solo perso tempo...eppure darei qualunque cosa pur di vederla solo per poco.-
Denise si staccò da lui, sapendo che aveva sentito quelle parole in testa già una volta.
Ma da un'altra voce.
- Denise.-
- Si?-
Tom si mosse in avanti, prendendole il volto fra le mani e baciandola teneramente.
Si scostò appena, senza distogliere lo sguardo.
- Non fosse stato per te a quest'ora sarei imbottito di pillole.- le disse, sorridendo amaro e desolato - I momenti di pace di tutti questi anni li ho avuti solo con te.-
- Ma non sono lei.-
- Piantala di cercare di sostituirti a un'altra.- le disse, baciandola ancora - Caesar si sta difendendo. E lo fa solo perché tu hai aperto una breccia nel suo muro.-
- Eppure, Imperia è sempre qui.- la demone si sollevò in piedi, stringendosi le braccia al petto e dandogli le spalle - E' un dannato fantasma, è sempre presente. Lei era migliore in tutto, non reggo il confronto e a lui neanche interessa.-
- Che sciocchezze.- rispose Tom, mettendo il serpente su una poltrona e andando al camino, dove accese un debolissimo fuoco - Anche volendo comunque non potresti essere Imperia Glassharm lo stesso. Lei si è uccisa. Tu, da come ti conosco, non lasceresti chi ami neanche se avessi di fronte Dio in persona.-
La sentì sospirare, anche imprecare a bassa voce e infine buttarsi seduta di fronte a lui, accanto alle fiamme.
Rimase a fissarlo, poggiata su un gomito.
Fino a quando non gli disse qualcosa che lo fece tremare.
- Io posso fartela vedere.-
Non pioveva più fuori, ma Tom credette di aver sentito il rombo di un tuono, di una folgore.
- Posso fartela vedere, ma solo in sogno.- continuò la Loderdail, sfidandolo a mostrare segni di cedimento - E' come un Legilimens, ma fatto durante il dominio onirico. Lei crederà che sei solo un sogno, non saprà mai la verità.-
Lo vide deglutire, tremare.
Era troppo forse.
- Potrò parlarle?- sussurrò invece Riddle, con i palmi serrati sui braccioli della poltrona.
Denise annuì - Ma se lo fai dovrai cercare di stare attento. Non deve capire che è tutto vero. In teoria non mi sarebbe permesso entrare nei sogni per controllare i ricordi, figurarsi far entrare un umano nei sogni altrui. Allora?- lo incalzò, seria - Ci stai?-
Vedere Claire.
Rivedere il suo viso. Vederla...cresciuta. Diventata una donna.
Rivedere i suoi occhi da regina. Risentire la sua voce...
Sarebbe diventato lo spettro di se stesso dopo quella notte, ma accettò la condanna. Pur di rivederla.
- Si.- mormorò in un soffio.
E fu fatta.

Era buio.
Buio ovunque. Una distesa d'oscurità senza luce e senza forma. Poteva essere ovunque...e in nessun luogo.
Poi si sentì afferrare e rotolò a terra. Ma il cuore prese a battergli così forte che per un tempo infinito trattenne il fiato, ricordando bene il suo tocco.
Sentì quel corpo che aveva così tanto amato stendersi su di lui.
Dita intrecciarsi alle sue.
- Sei venuto...-
- Claire.-
Lei gli posò le mani sulle spalle e si piegò su di lui cercando la sua bocca. E dannazione, fu vero. Fu reale.
Sentì le sue stesse mani affondarle nei capelli sulla nuca, mentre la spingeva verso di sé in un bacio bramoso e i suoi fianchi si alzavano premendo contro di lei.
Rise, abbracciandolo forte.
La rovesciò su un fianco, rialzandosi e cercando di guardarla in viso.
Dio. Ora vedeva qualche barlume di luce...forse di candele.
- Tom.-
Il suo nome riecheggiò in quel luogo senza tempo molte volte, quasi all'infinito.
Appena cercò di dirle qualcosa, Cloe spense le sue parole con un bacio che sentì trasformarsi in un gemito supplichevole contro le labbra insistenti che catturarono le sue con un trasporto che annullò tutte le sue proteste. Schiuse la bocca, con la lingua penetrò al suo interno muovendosi con una dolce insistenza che gli tolse ogni volontà di fare domande. Ma ora c'era ancora più luce.
Candele. Si, erano fiamme di candele.
E Tom sentì la voce di Denise nella testa.
"Fa presto. Vieni via!"
Ora quelle fiamme languivano...danzavano.
Qualcosa non andava.
Tom si sollevò appena da Claire, guardando il buio vibrare come la scena di un film scadente.
- Tom...- la voce allarmata della strega lo scosse. Lo afferrò per le spalle, come per non farlo sfuggire ma accadde qualcosa che le fece tremare le vene ai polsi. Il volto di Tom...stava cambiando.
Anche la sua voce, mentre la chiamava.
- Cloe...Cloe amore cos'hai?!-
Cloe. Tom non l'aveva mai chiamata Cloe.
Per un attimo il volto di Riddle tornò normale, ma i suoi occhi blu presto ridivennero castani.
- Claire...Claire no!- urlò disperato e fuori di sé, ma ormai era tardi.
Ora c'era luce.
Ora il sogno era finito.

Angelica Claire King si mise a sedere nel letto gridando, madida di sudore, il lenzuolo premuto contro il seno nudo.
E seduto accanto a lei, Oliver Trust la scrutava attento, con espressione stupita e diffidente al tempo stesso.
- Cloe.- la chiamò, prendendole la mano che lei sottrasse all'istante dalla sua stretta, senza neanche guardarlo in faccia - Cloe, amore. Era un incubo. Stai tranquilla...va tutto bene.-
La strega, però, non udì una sola parola.
Fissava la parete opposta, con nel cuore la più grande tempesta d'odio che le avesse mai avvelenato il sangue.
L'aveva sognato. E maledizione a lui, qualcosa le diceva che quello non era un sogno come un altro.
Maledetto...
Maledetto.

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4° ***


TMR4

 

 

 

 

 

King's Manor era dall'alba della nascita della sua dinastia un luogo di cura dell'etichetta e decenza di costumi.
Tutto questo era stato conservato negli ultimi trent'anni dalla duchessa Mary, la madre di Angelica Claire King che purtroppo però non era riuscita a tramandare un linguaggio decente alla sua secondogenita.
-...forse non ci siamo capiti bene Anthony.-
Anthony O'Connor, capo della conduzione agraria dei terreni del duca Daniel King, signore di Tenterdon, aveva la testa infilata nel camino dell'ufficio del duca e anche l'aria leggermente imbarazzata, visto come teneva il capo basso di fronte alla sua futura datrice di lavoro.
-...da quanti stramaledetti mesi state lavorando all'impianto d'irrigazione, eh?- sibilò la valchiria bionda in piedi dietro alla scrivania di pregiato mogano veneziano, importata nei primi del novecento dal padre di Daniel King - Non lo sai? Te lo dico io. Sette. Sette mesi.-
Angelica Claire King spense con rabbia la sigaretta in un portacenere di cristallo, piantando gli occhi nocciola in faccia ad O'Connor - E in questi sette mesi i contadini che lavorano sulle mie terre hanno fatto la fame perché tu e i tuoi stramaledetti collaboratori tirate sui tempi.-
- Milady...veramente...-
- Sei pagato a ore, vero Anthony?- continuò Cloe, rabbiosa.
- Si ma...-
- Sta zitto!- gridò furibonda, battendo i palmi sulla scrivania - Non voglio altre scuse! Hai due settimane per terminare, dopo di che ti liquido, sono stata chiara!? Ho della gente che lavora per me e deve mangiare ma non può farlo perché sei un avido bastardo, tu e i tuoi colleghi, quindi risparmiami la cazzate e vedi di finire il tuo lavoro entro quattordici giorni! È il mio ultimo avvertimento.-
L'uomo impallidì ancora di più.
- E adesso rimboccati le maniche o non vedrai neanche uno scellino.- aggiunse gelida - Avanti!- e senza attendere oltre agitò la bacchetta e lo fece sparire dal suo immacolato camino, bloccando una sua replica sul nascere.
Sparito il mago, Cloe si riaccese un'altra sigaretta scoccando un'occhiata dura alla sua sinistra.
- Una vera donna d'affari.- ghignò Beatrix Mirabel Vaughn, che stava seduta tranquilla su un divano di broccato, a limarsi le unghie - Quel poveretto probabilmente si spezzerà la schiena per finire quel lavoro.-
- Doveva pensarci prima di non fare niente per mesi mentre i contadini fanno la fame.- replicò acidamente Cloe, andando allo scaffale dei liquori del padre e levando il tappo satinato da una bottiglia di whisky incendiario - Dovrebbe esserci Brian qua a pensare agli affari e non io.-
- Tuo fratello non ha il pugno di ferro necessario.- rispose la Diurna, accavallando le lunghe gambe inguainate in un paio di stivali dal tacco altissimo - Questo lo sanno anche tuo padre e tua madre.-
- Al diavolo.-
La nuova duchessa di Tenterdon ingollò un bicchierino minuscolo di whisky, rimettendosi seduta.
Controllò alcune carte, sfogliandole con aria stizzita.
- Mi dicevi prima?- alzò gli occhi su Beatrix, mettendosi la sigaretta in bocca e tornando a sfogliare contratti e avvisi - Cosa vuole Damon?-
- Ah si.- Trix levò gli occhi dalla sua manicure, ammirando il lavoro fatto - Vuole che il 27 ti liberi da qualunque impegno. Dice che è importantissimo. Dobbiamo vederci al Ministero verso le otto di mattina credo.-
- Al Ministero, alle otto, il 27.- riecheggiò la bionda, guardandola diffidente - Perché?-
- Non lo so nemmeno io. Ma ha voluto assolutamente che ti convincessi.-
- Poteva venire lui per farsi mandare al diavolo.- sibilò la King.
- Non poteva. È andato all'ospedale da Dorothy.-
- Ancora quella babbana.- mugugnò l'altra - Quella sa troppe cose.-
- Gliel'ho fatto notare. Mi ha detto che altri guai non gli cambieranno la vita.-
- Hn.- Cloe allora ghignò gelidamente, come faceva da anni ormai - Povero allocco.-
- Piuttosto.- Trix tirò fuori la colazione dalla tracolla di pelle nera, infilandovi una cannuccia - Com'è andata nel Suffolk, vi siete divertiti tu e Oliver?-
Reazione da manuale.
Cloe emise un verso leggero e gutturale, tipo ruggito a fondo gola e alzò le spalle.
- Wow. Che emozione.- frecciò la mezza vampira, risucchiando rumorosamente il sangue tanto per farle capire quel che pensava.
- Non darmi il tormento.- sbuffò la bionda, liberando i lunghi capelli dal forcone di legno che glieli imprigionava sulla nuca, rovesciando sulla schiena una criniera lucente come grano maturo - Siamo stati bene, anche se il tempo era pessimo. La casa dei Trust è uno specchio, gli elfi riverenti e i suoi parenti molto cordiali.-
Casa, tempo, elfi, parenti.
E niente altro.
- Damon ha detto che il 27 è meglio che tu venga sola.- le disse Trix.
- Non pensavo certo di portarmelo dietro.- rispose allora Cloe senza alzare gli occhi dalle sue pergamene.
Tipico.
La Diurna sorrise con dolcezza, senza farsi vedere.
Oliver Trust in fin dei conti era una brava persona.
Trix lo sapeva. Solo che per lei nessun uomo sarebbe mai stato all'altezza di...Tom .
Oliver Trust era il primogenito di un'importante famiglia di maghi che aveva contatti in molti campi. Il padre di Oliver era un contribuente della Gringott, la madre proveniva invece da una famiglia di maghi mercanti e grandi estimatori d'arte. Quindi Oliver era vissuto nel lusso e nella classica concezione del sanguepuro.
Era attento, premuroso, affettuoso.
A volte fin troppo presente, forse geloso una punta in più del dovuto ma ormai la storia fra lui e Cloe andava avanti da un anno e mezzo. E già si parlava di nozze.
Anzi...lui ne aveva parlato, all'ultima cena che avevano fatto tutti insieme, a Pasqua.
Alla notizia, Degona aveva quasi sputato tutto il vino che stava bevendo col pesce addosso a William, che a sua volta non aveva preso bene la notizia, visto che era quasi riuscito a strozzarsi con un calamaro fritto.
Asher e Damon non avevano commentato, anzi, avevano anche avuto la faccia tosta di congratularsi coi fidanzati ufficiali quando Cloe non aveva prestato attenzione ad altro che non fosse stata la sua insalata di mare.
Strano rapporto, decisamente.
Ma a prenderla peggio era stato Aidan che aveva scandito a grandi lettere che "Trust il matto" poteva sposarsi solo l'aguzzino dell'ala malati di mente del San Mungo.
In sostanziale silenzio avevano accettato la notizia anche Harry e gli altri.
Tranne Edward che a quanto si vociferava tempo prima aveva fatto parole col padre di Oliver, durante una cena a casa di un Consigliere del Wizengamot in cui erano volate sparate sulla purezza del sangue. Ron diceva anche che Dalton gli aveva sputato nel bicchiere, ma queste erano solo chiacchiere...
- Milo quando torna dalla Corte?-
Trix cadde dalle nuvole, alzando le spalle.
- Non so, ma mi chiamato ieri sera. Sta bene. Suo padre deve proporgli di entrare in politica presumo.-
- Immagino la sua risposta.-
- Si, anche io.- soffiò la Diurna depressa - Conoscendolo sarebbe capace di entrare nelle loro camere di mattina e bruciarli tutti all'alba ma non voglio essere troppo ottimista. Ora scusami...- guardò l'orologio - Ma fra mezz'ora ho una riunione al Quartier Generale.-
Cloe alzò per la prima volta lo sguardo con interesse - Riguardo a quell'assassino? Craig Badomen?-
- Si, sembra sia tornato a Londra.- annuì la Vaughn - E voci di zingari della metro dicono che abbia il Marchio Nero.-
Come prevedeva, negli occhi della King passò un lampo veloce, che si disperse subito.
- Ma davvero.- sibilò, distogliendo il viso - A quanto pare è impossibile estirparle certe erbacce. E qualche povero stupido ancora ci crede.- spense la sigaretta, agitando la mano - Scusa se ho avuto poco tempo ma sono davvero piena di lavoro.-
- Tranquilla.- la rassicurò la Diurna - Quando hai tempo passa a casa mia, parleremo comode. Ciao megafessa.-
Solo allora la King si rilassò, concedendosi la pallida imitazione di un sorriso.
- Ciao superoca.-
E ridendo Trix si richiuse la porta alle spalle, lasciandosi dietro una strega ancora ribollente di rabbia.
Un solo sogno era bastato a rovinare la calma lattiginosa di cui si era avvolta nell'ultimo anno e mezzo.
Ma, per Dio, non avrebbe più permesso che nulla rompesse la sua corazza.
Ora che c'era Oliver meno che mai.
Neanche si accorse che sua madre la studiava dalla soglia, le braccia incrociate e l'aria saccente. Ma la duchessa Mary era così. Schietta, senza fronzoli quando si trattava di sentimenti.
- Hai proprio l'aria della colomba innamorata.- le disse, facendosi subito guardare male - Ne deduco che nel Suffolk tu abbia passato delle belle giornate.-
- Si, belle.- mugugnò Cloe, incurante.
- Oliver ci ha mandato un gufo. Siamo invitati a cena coi suoi, per sabato.-
- Spero che per quella sera non ti verrà un'altra e quanto mai provvidenzialmente falsa crisi epilettica, mamma.- sibilò la strega, tirandosi nuovamente su i capelli che la infastidivano.
- Non temere. Stavolta mi sorbirò volentieri altre discussioni sul lavaggio del sangue.- ironizzò la duchessa Mary, con tono duro, anche se ben mitigato.
Conosceva bene la testardaggine di sua figlia tanto da sapere che non era un bene prenderla di petto.
- Sono solo parole, mamma.- rispose Cloe, senza neanche ascoltarla.
- E tu certe parole hai imparato a mandarle giù bene.- le fece notare.
- Sai come si dice. Se non puoi sconfiggerli...-
- Unisci a loro. Tu però un tempo dicevi...se non puoi sconfiggerli, trova un modo comunque.-
- Quel tempo è passato mamma.- Cloe levò lentamente lo sguardo, quasi minaccioso e al contempo indifeso - Ho tanto da lavorare prima che torni papà con gli avvocati. Vorrei restare sola.-
- Va bene.- concesse Lady Mary - Ti aspetto a pranzo, allora. Ciao.- e senza aggiunse altro richiuse la porta. Ma facendolo sorrise.
Dal comportamento della sua bambina, qualcosa da pochi giorni sembrava avesse iniziato a sgretolarsi.
E ne era felicissima.

La sera stessa, a Cedar House, si festeggiava una grande persona, un burbero ex Auror e un grande uomo.
Tanatos Peter Mckay compiva settantasette anni e l'intera villa era invasa da più di duecento persone, tutti maghi dell'alta società ovviamente, sparse all'interno della tenuta e fuori nei giardini addobbati a regola d'arte con lanterne bianche, luci soffuse e un tenue profumo di fresie che aleggiava ovunque.
La festa, il solito gran successo, era stata organizzata da Elisabeth Jenkins.
La governante di casa Mckay veleggiava in un bell'abito da cocktail blu oltremare, i capelli castani raccolti e un sorriso luminoso per tutti gl'invitati, che si complimentavano con lei per l'ottimo champagne e per l'andamento del party.
Al centro del rinfresco, Tanatos Mckay era attorniato da amici e parenti.
Sua moglie Rose gli stava a fianco e discuteva con Charlene Rainolds, la pazza maniaca direttrice dell'Associazione Strega e Nobildonna di cui Liz faceva parte. Ma quella sera era lì per un unico motivo.
Arruolare Degona Lumia Mckay.
Cosa che non faceva molto contenta da strega diciannovenne, scappata miracolosamente dalle grinfie di quelle tossiche infilandosi sotto un tavolo grazie alla prontezza di riflessi di sua zia Sofia, ma si sa...
Sofia Mckay era nata in un ambiente ostile e negli anni aveva affinato tecniche di tutto rispetto.
A metà serata infatti aveva fatto finta di essere ubriaca e si era asserragliata in bagno con una bottiglia di Chianti insieme a suo figlio Herik, che rischiava una crisi depressiva a quattordici anni perché la figlia maggiorenne della Rainolds aveva cercato d'irretirlo, e Miss Theresa, la moglie del custode.
Insieme alla sua unica figlia ci si sarebbe chiuso volentieri anche Tanatos, che grazie a certi bagni in un'acqua rubata chiamata Lazzaro, non sembrava dimostrare proprio la sua età.
Obbligato a sentire gli sproloqui di uomini d'affari, ringraziò tutti i maghi santi quando ex Auror in pensione e non arrivarono finalmente a salutarlo.
Tutta la gente che contava era presente, ma chi veramente era importante si sarebbe fatto vedere solo a cose fatte.
Vedendo come Liz si affaccendava quando in giardino iniziarono le danze prima del taglio della torta, Jess Mckay appostato sotto il portico non poté impedirsi di sorridere.
Numerose streghe gli passarono a fianco, salutandolo calorosamente ma lui le lasciò perdere quando sua moglie Sarah gli si avvicinò con due bicchiere di champagne. Le baciò intenerito, stringendola per la vita.
- Procede benissimo direi.- disse la bionda strega, avvolta in un abito di seta rossa che le stava a pennello - Liz non sbaglia mai. Non so come faccia a stare in piedi, sono settimane che programma tutto.-
- Te lo dico io, cara.- sibilò una voce roca alle loro spalle - Quella si droga, ecco come sta in piedi.-
Nadine Mckay li raggiunse poggiata al suo bastone, facendo ridacchiare il nipote e sua moglie.
- Ciao nonna.- l'apostrofò Jess - Ma dov'eri?-
- In cucina a versarmi del whisky.- sentenziò ruvida - Il Chianti è acqua.-
- La trovo in forma signora.- sorrise Sarah.
- Anche tu, ragazza.- rispose la vecchia strega, mandando giù il suo bicchiere in un istante - E starebbe meglio anche Tristan se Liz due minuti fa non gli avesse mostrato la lista ufficiale di tutti i maghi gentiluomini veri e finti che hanno chiesto di uscire a sua figlia.-
Jess attaccò a ridere, strozzandosi con lo champagne. Automaticamente guardò indietro, verso il salone interno del piano terra di Cedar House e vide suo fratello seduto su un divano, pallido come un lenzuolo, con un foglio di pergamena lungo fino ai piedi.
- E' un po' fuori moda no?- disse Sarah, dosando le parole - Cioè...un carnet di appuntamenti...-
- Sai che c'è il ballo delle debuttanti fra un mese?- continuò Nadine - Quella drogata vuole farla partecipare.-
- Cosa?- sbottò allora Jess - Ma è matta? Con quegli ombrellini, i ventagli, quel vestito bianco orrendo...-
- Le sveltine negli armadi.- aggiunse sua nonna sottovoce.
- Nadine!- gracchiò Jess, attaccando di nuovo a ridere - Andiamo!-
- Che noia ragazzo.- sbuffò l'anziana strega - Vado a prendermi altro whisky e poi vado a chiudermi in bagno con tua sorella. Almeno con Sofia posso parlare come Merlino comanda.-
In effetti Sarah aveva ragione. Un carnet di appuntamenti era una cosa superata ma a Tristan Nathan Mckay non importava. La metà di quei giovani maghi li conosceva per reputazione e piuttosto chiudeva Degona in convento!
Seduto sul divano accanto al buffet dei liquori non riusciva neanche a mettersi in piedi, fino a quando non si sentì chiamare da una voce sotto al tavolo.
- Papà...papà via libera?-
- No.- alitò sgomento, senza staccare gli occhi da quella lista - Non uscire mai più da lì...-
Degona lo ignorò, arrancando fuori come una fatina dalla sua tana.
Era bellissima, inutile negarlo. Avvolta in un fasciante tubino nero senza spalline, svasato sotto le ginocchia e una spessa collana di giada a doppio giro attorno al collo da cigno, Degona sembrava uscita da un sogno.
Aveva attirato gli sguardi di tutti quella sera ma...sfortunatamente, non di chi aveva tanto desiderato.
Si sforzò di sorridere, mettendosi seduta accanto al padre e abbracciandolo.
- Andiamo...non penserai davvero che esca con uno di questi viziati figli di papà?- gli disse con tono ilare - E poi coi Julian, Nick, Isabella e Tilde mi diverto un sacco. E ti scordi J.J e la sua compagnia. Non ho bisogno di un fidanzato, papà!- e gli baciò la guancia, anche se l'idillio non durò a lungo.
La voce di sua nonna Rose irruppe su di loro.
- Io alla tua età era sposata da due anni, sai?- fece Rose Mckay, apparendo in una sobria ed elegante tunica color panna.
- Erano altri tempi mamma.- sentenziò Tristan, cinereo.
- Neanche tu comunque hai avuto Degona tanto vecchio.- gli ricordò saccente - Quando è nata avevi 24 anni. E...- aggiunse perfida, visto che adorava ricordarglielo - ...NON eravate neanche sposati tu e Lucilla.-
- Oddio, ho bisogno di un drink.- sibilò, alzandosi e prendendo la prima bottiglia che gli arrivò a tiro - Dena, amore, perché non scappi su qualche isoletta del Pacifico? Ti raggiungo appena il veleno avrà fatto effetto.-
- Non ci pensare neanche a scappare, signorina.- le disse invece sua nonna, con aria severa ma affettuosa al tempo stesso - Tua madre e tua zia Sofia hanno già preso il volo, non ci pensare nemmeno a seguire il loro esempio!-
- Vado...a controllare come stanno Alex ed Herik.- celiò allora Degona, sorridendo angelicamente - Ci metto un attimo e torno.-
- Perché devi ballare!- le ricordò sua nonna mentre filava via come il vento.
Ballare un corno!, pensò correndo in camera sua di volata su quei tacchi che rischiavano di farla uccidere.
Non era una festa a rimorchio e tutti quelli a cui aveva stretto la mano avevano pensato solo di portarsela a letto!
Fortunatamente i suoi ex compagni di Grifondoro si erano imbucati coi genitori, fra cui Julian Larabee, Isabella e i Prentice, Nick Brett con Tilde e le sue sei sorelle e infine i Baley.
Dalla scalinata vide Isabella e Joe parlare con Jess.
Caleb non era con loro, quindi pensò che fosse con Herik e Alex.
Quando li pescò erano al piano superiore, dietro alla statua del prozio John Mckay, un Auror squinternato che era entrato nella storia per aver eliminato un plotone di troll con un colpo solo di spada. Follie, ma a nessuno fregava.
- Ehilà ragazzi.- li salutò, vedendoli saltare a molla.
I tre la guardarono apprensivi, facendosi istintivamente indietro.
- Ehi.- borbottò sorridendo - Non vado mica in giro a leggere così la gente. Problemi?-
- Ehm...no, non credo.- borbottò Alexander, grattandosi la testolina bionda - Per ora no. Ma se non ci capiamo niente verremo a chiedere a te, che di sicuro ti ricordi.-
- Ricordare cosa?- chiese, stranita.
- Niente.- Herik agitò la mano, allarmandosi quando sentì la risata acida di un gruppetto di vecchie streghe tossiche, come le chiamava sua madre - Se ti chiedono dove siamo dì che non ci hai visti.-
- Non avrete in mente qualcosa, spero.-
- No, ce ne stiamo in camera mia.- la rassicurò Alex.
Però, pensò corrucciata mentre sgattaiolavano via, quei tre stavano macchinando qualcosa.
Ma cosa?
Rimase in cima alle scale per un pezzo, fino a quando non si sentì osservata.
E solo quando abbassò gli occhi perse il fiato e anche un briciolo di lucidità.
Davanti all'ultimo gradino William Crenshaw la guardava intensamente, senza staccarle lo sguardo di dosso.
La percorse tutta, senza imbarazzo e con incredibile faccia tosta, poi sollevò in alto il flûte che aveva fra le dita.
In un brindisi silenzioso.
Era vestito di nero, con la camicia bianca e una cravatta di un color fumo intenso.
I capelli castano chiaro appena mossi dal gel lo rendevano forse il mago più ammirato della festa.
Fece un passo per raggiungerlo quando l'arrivo di Ginger Winsort, ex Serpeverde di un anno meno di William lo raggiunse e lo avviluppò per il braccio.
Rabbiosa e frustrata, per l'ennesima volta si ritrovò a fare marcia indietro e salire in camera sua.
In fondo non ne valeva neanche la pena.
Scappando però si scontrò con la donna più bella e al contempo più disgustata da tutta quella festa.
Lucilla dei Lancaster imprecò fra i denti visto che la figlia le fece cadere la sigaretta che teneva fra le nocche sull'orlo dell'abito di seta color lavanda che indossava come un guanto.
Con gli anni infatti, i Mckay erano riusciti anche a spingerla al fumo.
- Oh mamma!- Degona si scusò - Mi dispiace. Adesso te lo sistemo io.-
- Si può sapere dove andavi così di corsa?- brontolò la demone, per poi guardarsi attorno allarmata - Oddio...c'è tua nonna nei paraggi? O Liz? Non ci sarà mica quella deficiente della Rainolds?-
- No, stai tranquilla.- la placò la strega, agitando la bacchetta e rimediando al danno fatto rapidamente - C'è solo l'uomo più stupido sulla faccia della terra abbracciato a un'ameba senza cervello.-
- Tuo padre con la Rainolds?- ironizzò la demone.
- Mamma.-
- Ho capito.- sbuffò Lucilla - Se cerchi asilo c'è Sofia con Nadine e Theresa nel bagno rosa di tua nonna.-
- Grazie. E tu dove vai?-
- Da tuo padre. A impedire che si suicidi.-
E, in effetti, di aiuto Tristan ne aveva bisogno. Oltre alla Rainolds incollata addosso, c'era una quantità spropositata di signorine e miss non ancora ammogliate che a quanto pareva se ne fregavano della fede al suo dito. Le suddette però dovettero mollare la presa, quando il confronto con Lucilla si fece impensabile.
La demone infatti marciò tranquilla fra di loro, senza salutare afferrò il marito possessivamente per il bavero della camicia e se lo trascinò sul portico, ignorando il coro di lamentele delle streghe e i versi bavosi dei maghi per lei.
- Grazie.- alitò Tristan, quasi in ginocchio e abbracciandola forte, disperato - Cominciavo a temere per la mia virtù.-
- Hn.- replicò lei sarcastica - Devo ricordarti che l'hai persa a quindici anni con Cyril Roche del Grifondoro?-
- Che memoria.- si stupì, allibito - Ma sei sicura? Io ne ho un ricordo un po' vago...-
- Porco.- fu la risposta apatica di Lucilla - Ho trovato tua figlia al primo piano. Dopo aver attentato al mio vestito s'è chiusa in bagno con tua sorella e Nadine. Motivo, un certo uomo senza cervello abbracciato a un'ameba.-
Tristan levò un sopracciglio.
Naturalmente non aveva capito nulla così la Lancaster lasciò perdere, cercando il poveretto nella folla.
Eccolo William. Sul bordo della pista, a parlare con J.J. e suo padre, Alan Baley.
Al suo fianco la rossa di cui le aveva parlato sua figlia.
Decisamente Degona aveva ancora molto da imparare, pensò la demone sorridendo di nascosto.
Forse sentiva ogni cosa. Ma non osservava abbastanza.
Infatti dal volto di William si capivano molte più cose di quanto lei avesse potuto immaginare.
Quando la vide gli fece un saluto e un largo sorriso, che lei ricambiò coi suoi modi tranquilli.
In fondo William le era sempre piaciuto. E per svariati motivi.
L'unico suo problema era l'accettazione.
Ancora non accettava se stesso, né la sua natura. Non del tutto almeno.
E questo era uno dei motivi per cui tante volte sua figlia aveva perso le staffe col giovane Crenshaw.
Ma in fondo non faceva parte dell'animo di Lucilla dei Lancaster occuparsi del affari altrui, a meno che non si trattasse di qualcosa dalla doppia faccia. Come pensava infatti, quella sera molti ex Auror e altri in servizio, fra cui Kingsley e la sua squadra discutevano di quell'assassino.
Badomen.
Ancora non era stato catturato. Sembrava che fosse in grado di sparire senza l'uso della Smaterializzazione e per questo all'Ufficio Spostamenti Magici non riuscivano mai a rintracciarlo.
La cosa iniziava a farsi interessante.
Ora a lei toccava solo scoprire se a quel tizio piacevano le sigarette al sapore di lavanda.
Cosa di cui dubitava, troppo signorile come gusto, ma in fondo era meglio esserne certi al cento per cento, per Tom.
Però...si, c'era un però.
Istintivamente si portò la mano al petto, sul tatuaggio e sulla sua cicatrice.
Dava fastidio da qualche tempo.
Avvisava forse. Troppi presagi, prima le sensazioni di Tom, poi Caesar che non sembrava tranquillo.
La cicatrice che bruciava...
E se Badomen fosse stato davvero un Mangiamorte?


La finale dei Campionati Mondiali di Quidditch era alle porte finalmente.
Mancava una settimana alla partita fatidica e oltre a tutti i maghi che erano ancora più fuori di testa del solito, perché dopo ben dodici anni l'Inghilterra era entrata in finale contro i russi, c'era anche molto fermento fra i giocatori delle Aquile Dorate.
La maggior parte di loro preferiva restare in ritiro, per scaramanzia, ma Elettra Baley Potter aveva smesso da tempo di credere nella fortuna sfacciata. Le cose accadevano per un motivo, per questo da anni lasciava che tutto andasse secondo il suo circolo. Ma non fu per incuranza degli scaramantici che quel lunedì sera tornò a casa.
Erano le sei e un bel sole arancione stava scaldando Kensington Gardens, prima di tramontare.
Fu la stessa bella strega bionda e venticinquenne a varcare la soglia della Lucky House. Lasciò il borsone e una valigia a terra, quando gli elfi trottarono fino a darle il benvenuto.
Sorrise a tutti, ben sapendo che se tornava Hermione e li avesse trovati lì a sfacchinare, Draco sarebbe morto fra atroci sofferenze, ma ciò che attirò Elettra fu il cartello di cartone piantato in mezzo al salone di collegamento fra ala Potter e ala Malfoy.
Ridacchiò, leggendo dalla spigolosa calligrafia di Lucas che "La mummia si è decisa a prendersi una vacanza dalla Famiglia Adams" che tradotto stava a significare che Harry era in giorno libero " quindi andiamo tutti a vedere Nessy."
Nessy.
Harry aveva sempre adorato Nessy.
E aveva trasmesso la sua passione anche ai ragazzi.
- Sarà stanca padrona.- celiò Frisky, il capo degli elfi per così dire - Le prepariamo un bagno?-
- Ecco...si, va bene.- accettò - Frisky, una cosa. Draco è a lavoro?-
- Si, padron Malfoy è andato a lavorare questa notte. Dovrebbe tornare per cena, padrona. E la padroncina Glorya ci ha avvisato che questa sera torna anche lady Hargrave.-
Così Hermione tornava a casa.
Elettra si sentì rincuorata. Il tour de force dei mondiali l'aveva tenuta così tanto lontana da casa che ora voleva solo abbracciare Lucas e Faith. E quel mentecatto di suo marito che a quanto pareva stava cercando d'ingraziarsi il loro primogenito con ogni mossa poco ortodossa gli venisse in mente.
Ringraziò ancora gli elfi, per dirigersi nella sua ala. Era bello il sapore di casa.
Dannatamente bello immergersi di nuovo nel famigliare profumo della loro cucina, invasa di disegni magici, del frigo incasinato, dei cereali dei ragazzi sparsi ovunque. Mesi di vita per tende e alberghi l'avevano resa talmente nostalgica da non vedere l'ora di abbracciare Faith e Lucas.
Agitò la bacchetta, mettendo a bollire del the, lasciò che alcune elfe le mettessero su un banchetto che le avrebbe rovinato la cena e si sedette, abbastanza stanca.
Colse al volo quella pace per mettersi a controllare la posta.
Lettere di ammiratori, una del Ministero per Lucas, come al solito dall'Ufficio Controlli Magia Accidentale e...serrò i lineamenti delicati quando trovò un pacchetto firmato da una calligrafia che conosceva bene ormai.
Era per Faith.
Faith Newsome , non Potter.
Lo aprì, già sapendo cosa poteva contenere.
Una copertina fatta a mano ed era mandata da una donna. Una certa Becky.
Che da circa un anno mandava oggetti a Faith, senza firmarsi col cognome.
Oggetti, che Elettra era sicura, appartenessero ai Newsome, la famiglia biologica di Faith.
Si passò una mano sul viso, leggendo il biglietto.
"Apparteneva a Francine, tua madre. Abbine cura, piccola mia."
Quella Becky si era sempre rivolta a Faith con affetto. Come una parente stretta.
Ma chi era davvero?
Ormai Elettra e Harry non sapevano più cosa fare. Non erano mai riusciti a rintracciare quella donna nemmeno coi suoi stessi gufi, ma ora la situazione stava cominciando a preoccuparli davvero.
Faith stava crescendo, in fretta anche. Purtroppo.
Dall'età dell'asilo, le avevano detto la verità. Ovvero che l'avevano adottata.
Non era stato facile per la piccola, ma averlo saputo prima l'aveva preparata all'impatto con la vita reale.
Tutti sapevano che non era una Potter. Tutti.
E spesso anche chi non ne avrebbe avuto il diritto si prendeva la libertà di ricordarlo a Faith.
Ad Elettra si era stretto il cuore la prima volta che la sua Faith era tornata a casa dall'asilo, in lacrime, perché gli altri bambini le avevano detto che era una trovatella, che non era davvero figlia di Harry Potter.
In un modo o nell'altro quegli anni duri sembravano essere passati, ma né Elettra e neanche Harry erano mai stati sicuri dei sorrisi di Faith, della sua aria serena.
Perché non si poteva essere sereni a quell'età, con un tale peso sulle spalle.
Se Faith però aveva reagito dimostrandosi tranquilla, Lucas molto presto aveva assunto un atteggiamento spietato verso chi osava tormentare la sorella.
I primi incidenti coi suoi poteri da Phyro erano iniziati proprio all'asilo.
Poi erano arrivati i gemelli. E insieme avevano trovati altri modi per mettere a tacere i bulli. Con le botte.
Il problema si ripresentava ogni qual volta quella Becky scriveva e mandava regali.
A Faith non avevano detto nulla ma una sera, alcuni mesi prima, Lucas aveva trovato un vecchio sonaglio dei Newsome e da allora si era fatto ancora più duro nei suoi commenti.
Per questo Elettra e Harry avevano preso una decisione, prima che lei partisse per i mondiali.
Rintracciare finalmente chiunque fosse sopravvissuto della famiglia Newsome.
E l'unico modo per farlo era parlare coi gagia della Dama Nera, a cui i Newsome erano sempre appartenuti.
Quella sera stessa ne avrebbe parlato con Hermione.
Dovevano contattare uno di quei maghi. E avere delle risposte finalmente.
Era appena uscita dal suo bagno ristoratore, quando sentì anche dal piano superiore la porta che si apriva. E l'inconfondibile voce di suo figlio stuzzicare Harry.
- ...Passaporte!- sbraitava - Ti Smaterializzassi decentemente ora non avrei la nausea da viaggio!-
- C'è gente che aspetta solo d'ingoiare pillole contro la nausea!- lo rimbeccò il bambino sopravvissuto sarcastico - E adesso sparisci dalla mia vista, rompiscatole!-
- Tu sei la vergogna dei tuoi simili!- sentenziò Lucas, per poi voltarsi verso lo scalone e allargare gli occhi azzurri, felicissimo - MAMMA!- urlò in contemporanea con Faith, precipitandosi su per i gradini con la sorella, fino a rovesciare la madre, ridendo tutti e tre come matti.
Harry e Glory scossero il capo sulla porta, richiudendosela alle spalle.
- Come sono contenta che sei tornata mamma!- tubò Faith - Quando sei arrivata?-
- Un'ora fa.- sorrise la strega, baciando entrambi - Così siete stati a Loch Ness.-
- Nessy è bellissima, Elettra.- le disse Glory, sorridendole appena.
- Già, è proprio uno zuccherino.- rimbeccò Lucas, con tono melenso - E dire che odia i BABBANI.-
- I vado a versarmi qualcosa di forte.- s'intromise Harry, sull'orlo di una crisi di nervi - Ciao amore.-
- Ciao tesoro.- Elettra scese, andando a baciarlo affettuosamente - Mi sei mancato. Ti vedo stanco.-
- Stacci tu con queste piattole tutto il pomeriggio.-
- Preferisci i tuoi mostri pieni di corna?- berciò Lucas.
- Oh, cucciolo. Tu non reggi il paragone, fidati.- ironizzò suo padre - Forza adesso. Filate a cambiarvi tutti e tre. Fra mezz'ora si cena. Ammesso che Malferret ritorni vivo...-
Tornò vivo in effetti. Ma di umore pessimo.
Aveva litigato con Duncan e dalla sua espressione, non sembrava aver voglia di parlarne.
Si fece una rapida doccia e un quarto alle otto era pronto a mandare via tutti gli elfi di casa e nasconderli in cantina, ordinando a tutti di star lontano dalle sue bottiglie di vino vecchio di secoli, e si piazzò in poltrona inferocito.
Lucas naturalmente, che se ne fregava del suo umore, si piazzò davanti a lui sul tavolino di vetro, e sorrise angelico.
- Ciao Draco.-
Malfoy ruggì.
- Cosa diavolo vuoi?-
- Il tipo dell'altro giorno...il Capo degli Auror giusto?-
- E allora?- ringhiò il biondo.
- Vuole che papà riprenda i suoi poteri, no?-
- Diciamo di si.-
- E non possiamo ridarglieli senza dirgli niente?-
Piccolo vermiciattolo infingardo che non era altro, pensò Draco.
- Non si può.-
- Perché no?- perseverò il piccolo Potter.
- Perché tuo padre se li è tolti da solo. Potrebbe riprenderli solo se lo volesse in prima persona.-
- Oh.- ora l'espressione del Phyro si fece seccata - Che fregatura.-
- Già. Non sperarci. Tuo padre non è idiota, anche se sembra. Non tornerà a fare da bandiera per il Ministero.-
- Come sarebbe scusa?-
- Sarebbe che al bambino sopravvissuto toccava il lavoro sporco, ecco come sarebbe.-
Lucas levò un sopracciglio - E con ciò?-
- Tu sei proprio un impiastro.- si lagnò Draco, aprendo la custodia delle sigarette - Non è semplice fare la vita che faceva lui una volta. Stava sempre in mezzo al pericolo.-
- E allora?- continuò il piccolo mago, alzando il dito da cui spuntava una fiammella da cui gli accese la sigaretta - Non dirmi che avete paura, voi Auror.-
- Certo che le persone normali hanno paura a volta.- replicò Malfoy, dando un tiro e scrutandolo attentamente - Sei tu che non hai paura di niente.-
Nell'attimo in cui gli disse quella frase, Draco osservò meglio quel bambino.
Era strano, ma ci aveva pensato spesso di recente.
Si, Lucas Potter fin da piccolissimo sembrava non aver provato il senso della paura.
Era molto spericolato. Camminava sulle ringhiere, non temeva di volare a velocità altissima sulle scope, come sua madre, non aveva temuto il buio e sembrava che anche in quel momento la prospettiva di altre guerre, come avevano annunciato i giornali, non lo toccassero.
Ricordava una volta, mesi prima, quando il piccoletto si era arrampicato sul tetto di casa per riprendersi la pallina stregata da hockey su rotelle. In seguito alle sgridate dei genitori, sul fatto che sarebbe potuto cadere, aveva risposto che gli sembrava sciocco temere qualcosa...prima che fosse accaduta.
Strano, strano davvero.
Lasciò perdere quei pensieri stupidi quando un gufo sfrecciò in casa loro. Naturalmente dal Ministero perché il mentecatto aveva di nuovo usato il fuoco senza permesso e senza avere l'età adatta.
- Allora, si mangia o no?- si lamentò, quando ebbero bruciato la lettera rigorosamente nel camino.
- Fra pochi minuti!- urlò Elettra dalla cucina.
- Oddio!- sbottò invece Lucas - Mamma non starai mica tu ai fornelli?-
Era risaputo infatti che la Baley non era proprio una maga a cucinare ma fortunatamente l'arrivo dell'ultimo componente di quella famiglia allargata bloccò la sommossa Anti-Elettra-Cuoca sul nascere.
Hermione Jane Hargrave Malfoy apparve sulla porta di casa, dopo essersi Smaterializzata.
In jeans, giacca leggera e una tracolla piena di scartoffie che spuntavano ovunque, sorrise allegra quando Lucas corse da lei, seguito da Faith e Harry.
Anche Draco si alzò dal divano, per andare da lei, quando un risolino felice alla sue spalle lo fece voltare di scatto.
Nessuno.
Serrò le palpebre, ignorando la sensazione che gli spaccava il cuore e raggiunse l'ingresso.
Si appostò in disparte, poggiato alla parete con una spalla, osservando sua moglie.
Non c'era donna che potesse ancora fargli battere il cuore in quel modo, se non sua figlia. Tantomeno c'era donna che dopo tanto tempo passato insieme riuscisse ancora ad arrossire, guardandolo.
Si, Hermione era ancora capace di arrossire. E questo era l'unico motivo per cui sopportava le sue partenze, il suo modo silenzioso di amarlo. Anche il suo orgoglio troppo forte.
Quando la vide chinarsi e abbracciare Glorya cercò di puntare l'attenzione sui capelli ricci di sua moglie confondersi in quelli biondi e setosi della bambina, per non impazzire di gioia.
Era tornata finalmente.
Hermione rispose a tutte le domande dei piccoli, consegnò loro i regali che portava sempre da ogni viaggio: un Lucino in una lanterna magica per Faith, Kit per Truccare gli skate-board Magici per Lucas, che le giurò venerazione eterna e anche se diversamente, un libro e un pacchetto di terra bruna con dentro un seme particolare di fiore che fece andare in visibilio più contenuto sua figlia.
Come da copione, spariti alla velocità della luce i piccoli, i Potter lasciarono Hermione a suo marito.
Lei lo guardò con un sorriso misterioso.
- Era ora tornassi.- si limitò a dirle Draco, sarcastico.
La strega rise, mollando la tracolla e gettandogli le braccia al collo. Lo rabbonì con un bacio, a cui lui per partito preso fece un po' di resistenza, ma non si trattenne a lungo.
Schiuse le labbra e si lasciò baciare, stringendola forte e sollevandola un po' dal pavimento.
- Ben tornata a casa.- le disse, prima di tornare a baciarla.
La sentì sorridere contro la sua bocca, intrecciare le dita con le sue.
E non c'era niente di meglio al mondo.

La serata trascorse tranquilla, dopo tante cene consumate con maggioranza maschile a tavola.
Per una volta si poté cenare senza sentire Harry e Draco mandarsi simpaticamente a quel paese, oppure senza sentire anche Lucas attaccarsi a discutere con loro.
Per la maggior parte si parlò del campionato di quidditch.
Per la finale, che si sarebbe tenuta nel Devon, naturalmente avevano i posto d'onore sugli spalti per le famiglie dei giocatori visto che Harry si era fermamente rifiutato di accettare la proposta del Ministro Dibble, che tra l'altro non conosceva neanche di viso visto che era salito in carica solo da pochi mesi, di unirsi a lui con gli altri Consiglieri e Segretari rompiballe.
I russi erano agguerriti, ma le Aquile sembravano ormai inarrestabili per questo tutti i maghi della Gran Bretagna sembravano far festa da mane a sera.
Anche Hermione avevano notato molta agitazione in giro, tornando a casa passando per il Belgio.
Per raccogliere informazioni sul suo libro, che trattava delle Cronache di quegli anni passati accanto al bambino sopravvissuto, era dovuta andare da Le Croix, il vampiro di Bruxelles che aveva l'enorme biblioteca in cui Lucilla aveva trovato le informazioni sugli Illuminati.
Si trattava di una ricostruzione storica molto fedele, dalla nascita di Harry, la prigionia di Sirius, i loro anni a Hogwarts...fino a raggiungere la battaglia del Tower Bridge.
La proporzione titanica dell'opera aveva richiesto alla strega una quantità di viaggi impressionanti da quando aveva lasciato il suo impiego di Auror tre anni prima, per non parlare dei malumori di Harry che comunque aveva preferito fosse la sua migliore amica a scrivere la storia, anziché gente che non ci era mai stata immersa personalmente.
Spediti i bimbi a letto, visto che il giorno dopo avevano ancora scuola, e assicuratisi che fossero davvero chiusi nelle loro camere, i quattro maghi si sistemarono comodi in salone per il bicchierino della staffa.
Draco stava facendo due martini, uno per Elettra e uno per lui, mentre Harry si staccò bellamente i tappi a due birre, quando Hermione a sentire le novità sull'assassino in circolazione non batté ciglio.
Questo bastò per far girare Malfoy con espressione assassina.
- Non dire niente.- lo bloccò la strega dagli occhi dorati, agitando la mano - Mi sono solo informata mentre tornavo a casa, ecco tutto.-
- E da chi ti saresti informata, di grazia?- replicò Harry usando quello stesso tono melenso e dolciastro che era proprio di Lucas quando voleva qualcosa.
- Viktor.-
Viktor? Draco ricollegò quel maledetto nome a un memorabile Ballo del Ceppo, quando l'aveva vista arrivare al braccio di quel troglodita di Krum con un abito azzurro da favola.
- Oh, come sta?- celiò invece Harry, a cui Malfoy avrebbe volentieri tirato dietro la bottiglia di vodka.
- Sta bene. Quando ho saputo che questo Badomen era a spasso ero ancora da Le Croix. Studiando il suo modus operandi ho pensato potesse essere un Mangiamorte, anche se non avevo ancora sentito le voci sul suo Marchio Nero, così ho fatto un salto al Durm Strang. Una semplice deviazione.-
- Una semplice deviazione.- riecheggiò Draco, contando mentalmente fino a mille per non saltarle alla gola - E il tuo amico Krum nato sugli alberi con le scimmie cos'ha detto?-
- Mi ha offerto il the e mi ha fatto entrare abusivamente dove tengono i registri, al consolato inglese in Germania. Non avendo trovato nulla al Durm Strang, potevano solo essere lì al consolato i dati che potevano interessarmi.-
- E cos'è venuto fuori?- chiese Elettra.
- Madre tedesca, padre inglese. Craig Badomen ha frequentato il Durm Strang e si è diplomato due anni prima di Rafeus Lestrange. Erano insieme nella squadra di quidditch.-
Harry non alzò neanche gli dalla birra, come se non avesse neanche sentito quel nome.
Draco invece fece una smorfia.
- Appena uscito dal Durm Strang ha ammazzato un ex compagno, un mezzosangue. È scappato in Portogallo, ha ammazzato la sua prima famiglia di babbani. E' fuggito ancora, ha attraversato la Spagna e al confine francese finalmente l'hanno preso. Ha scontato sei anni, poi chissà come mai è uscito di galera.-
- Dove cazzo era quando al Tower Bridge i Mangiamorte davano il meglio di loro?- sibilò Draco.
- In Germania.- spiegò la Grifoncina, sorseggiando la birra lentamente - Pare lavorasse per una qualche setta affiliata a Lord Voldemort. L'hanno ripreso quattro anni fa, sempre i francesi. E pochi mesi fa se lo sono lasciati scappare di nuovo.-
- I nostri amici d'oltremare hanno qualche problema a chiudere le gabbie a chiave, a quanto pare.- disse la Baley, giocando con l'oliva - Badomen sembra famoso per scappare sempre al momento opportuno. Ha amici da qui alla Spagna allora.-
- Te ne stupisci?- sibilò Potter a quel punto, sollevando lo sguardo - I Mangiamorte non sono solo qui.-
- No.- replicò Hermione - Ma sta facendo scompiglio da solo. Anche se devo ammettere che queste sue fughe mi hanno messa in allarme a Bruxelles. Dileguarsi sui Pirenei non è facile. Prima che gli Auror francesi lo trovassero sono passati mesi. E il maledetto ora è qui in giro a Londra.-
- Già, a ridere.- Draco finì il martini, alzandosi e andando al bancone per farsene un altro, vista l'aria che tirava - Edward in riunione ha fatto chiaramente capire a Duncan che bisogna cominciare a battere Londra terra terra, per beccarlo. Kingsley è convinto che abbia aiuti dai demoni impuri. E Milo è andato alla Corte in segreto, con una scusa, per assicurarsi che non siano i suoi parenti ad aiutarlo, per creare scompiglio.-
- Nessuno lo sa, immagino.- disse Hermione.
- No, infatti. Jess e Duncan preferiscono distogliere l'attenzione dai Leoninus.-
- E il Ministro Dibble?- Elettra alzò un sopracciglio - Come se la cava? Che tipo è?-
- L'ho visto un paio di volte.- rispose Malfoy, accendendosi una sigaretta e tornando a sedersi, sprofondando nei cuscini - E se devo stupirvi, sembra veramente uno con le palle.-
- Dio, vita intelligente al Ministero.- ironizzò Harry sarcastico, guardando con aria disinteressata fuori dalla finestra - Farà la fine di tutti gli altri. Orloff s'è suicidato infatti.-
- Cretino.- Elettra rise, dandogli un leggero pugno sul braccio - Un troll durante gli ultimi trattati l'ha schiacciato.-
- Damon l'aveva detto.- cinguettò Draco perfido - Pace all'anima sua.-
- Bruci all'inferno.- ringhiò invece il bambino sopravvissuto, cominciando a mostrarsi nervoso - Possiamo lasciar perdere queste stronzate? Tempo un mese e Badomen sarà dimenticato per la prossima moda su come portare il mantello o su come il Ministro proporrà d'incantare i Quadri di Famiglia.-
- Ok.- annuì subito Hermione, scoccando un'occhiataccia a Draco che stava per rifilargli una frecciata - Gente io sono a pezzi, me ne vado a dormire.-
- Ti seguo.- sbadigliò Elettra - Domani mattina se volete i bambini li porto io a scuola.-
- No, ce li porto io.- replicò Harry, ancora cupo - Ho la mattinata libera. Devo lavorare di pomeriggio.-
- Perfetto. Notte allora.-
Sparite loro due, Potter fece in tempo a cogliere il ghigno di Malfoy.
"Non seccarmi."
E Draco rispose a tono, nella sua testa.
"La tua coscienza è il tuo problema, San Potter."
"Il tuo è che non sai quando tacere."
E dettisi reciprocamente cosa pensavano l'uno dell'altro se ne andarono a letto, spegnendo tutte le luci della Lucky House.

La mattina dopo però, quando Harry portò i bambini alla Baynard's notò qualcosa di strano.
Salutando i ragazzi, vide che Glorya scrutava con espressione quando mai minacciosa, presa decisamente da suo padre, un gruppetto di pupattole della loro età. Tiffany Pickens e le sue amichette.
Lucas fece lo stesso con gli amici di Robbie Talbot, il bullo che non lasciava mai in pace Marcus e quando iniziarono a ridere, sia suo figlio che la piccola Malfoy sembrarono diventare due belve.
Non ci capì un accidenti, ma se non altro all'arrivo chiassoso dei gemelli Weasley le acque parvero calmarsi.
Ma questo non accadde con Faith.
Gli teneva ancora la mano, troppo forte per una bambina di nove anni.
Quando si accorse che la guardava preoccupato, si staccò subito e gli sorrise, filando poi dritta a capo chino dentro l'edificio. Qualcosa non andava.
Decisamente.
Si ripromise di discuterne una volta a casa, anche perché né Lucas né Glory sembravano intenzionati a deporre l'ascia immaginaria che entrambi avevano fra le grinfie, così pregò chiunque ci fosse là sopra che suo figlio non desse fuoco a nessuno. Detto fatto, si sganciò da mamme e streghe per mettersi a parlare con Pansy in santa pace, poi salutò sia lei che Edward, appena arrivato, per tornarsene alla Lucky House. In macchina, ovviamente.
Proprio mentre lui tornava, a casa Hermione e Draco stavano per fare conoscenza con un esemplare del quarto tipo.
La Grifoncina era seduta nel salone di collegamento in sottoveste lunga e vestaglia coordinata dall'intenso color porpora. Raggomitolata sul divano, aveva appena parlato con Elettra di una faccenda molto importante.
Trovare chi potesse dire loro qualcosa della famiglia di Faith.
Solo Hermione poteva farlo, visti i contatti che continuava a intrattenere con quelli della Dama Nera.
Elettra voleva parlare con qualcuno che li avesse conosciuti, avere altre informazioni sui Newsome, sapere chi era la donna che continuava a mandare loro quegli oggetti.
Insomma, voleva sapere la verità.
Ne aveva discusso con Harry e anche lui era d'accordo.
Quindi a Hermione non restava che portare a casa loro un gagia che li avesse conosciuti.
Erano passati otto anni dalla loro morte e la Grifoncina dubitava che qualcuno dei gagia fosse disposto ad aprire il vaso di Pandora, ma un tentativo doveva pur farlo.
Tenevano tutti moltissimo a Faith. Le volevano un bene dell'anima e non era mai passato per l'anticamera del cervello di Elettra o Harry di non considerarla a tutti gli effetti figlia loro.
Pensando ad qualche eventuale gagia a cui chiedere informazioni, sfogliava la Gazzetta del Profeta.
Ciò che lesse su Craig Badomen le fece scuotere il capo.
- Già si grida al massacro.- sibilò ad alta voce, così che Malfoy potesse sentirla anche dalla loro cucina.
- E tu sei appena tornata e già pensi a dar battaglia.- le rispose lui con lo stesso tono - Hai l'anima della guerrafondaia, mezzosangue.-
- Cosa?- sbottò, alzando la testa dalle pagine - Ma non è vero.-
- Si che è vero, amore.- le disse sarcastico, attaccandosi a quella strana macchinetta (quella del caffè) ed estraendo il liquido di vitale importanza che lo metteva in piedi tutti i giorni - E' nella tua perversa natura di Grifondoro.-
- E nella tua perversa natura da Serpeverde adesso dovresti strisciare a nasconderti, allora.- rispose soave, sentendolo imprecare - Ti sbrighi o no con quel caffè?-
- Perché non prendiamo degli elfi?- buttò lì, appoggiandosi all'angolo della porta, per farsi vedere.
- Mai.- scandì lei, lapidaria - Non farò mai la negriera. Forse sarò una guerrafondaia ma non una negriera.-
- Dov'è la differenza?-
- Sta zitto e portami il caffè.-
- Si e insieme a quello anche le carte del divorzio.-
Hermione ghignò per tutta risposta - Se vuoi vedermi felice, allora...-
Di seguito a un'altra imprecazione la strega si mise a ridere allegramente, lasciandosi andare sul divano felice di essere tornata a casa. Peccato che l'intimità fra moglie e marito non durò a lungo. Squillò il telefono e fu Draco a rispondere, visto che poteva essere solo Jane a usare quei mezzi di comunicazione con loro.
Hermione si era rimessa a leggere e lo sentì parlottare con sua madre con tono abbastanza stranito e a tratti a balbettii. Alzò le spalle, fregandosene delle turbe di suo marito quando un puf da Smaterializzazione e al contempo un urlo grottesco di Draco fece tremare la casa e l'Allarme di Protezione Magica.
Lei aveva già la bacchetta puntata addosso allo sconosciuto che era comparso di fronte a lei, ma quello non sembrava avere intenzioni malvagie. Anzi.
Estrasse una bacchetta e spense l'Allarme abilmente, per inchinarsi in una riverenza.
- Lady Hermione Hargrave, esatto?- le chiese in italiano.
Hermione, stranita dalla lingua che non sentiva da un pezzo, annuì e poi lo scrutò da capo a piedi.
Si, poteva essere solo mediterraneo quello.
Sui trentacinque anni, alto e prestante, capelli e occhi neri, pelle abbronzata.
E quell'aria da conquistatore non facile da scordare.
- Salve.- gli disse, sentendo Draco urlare di nuovo - Scusi, lei è?-
- Oh, certo, perdonami mia cara.- le disse allora il tizio, passando all'inglese. Fece un altro passo avanti, inchinandosi ancora in un abito firmato di alta sartoria italiana. Mosse velocemente le dita e le fece apparire fra le braccia un grosso mazzo di girasoli profumatissimi.
- Questi sono per te. Mia amata.-
Mia amata?
Hermione levò un sopracciglio, alzandosi dal divano.
Era così sconvolta che si lasciò baciare la mano e stette anche a sentirlo sproloquiare su quei girasoli fiorenti.
- Lascia che mi presenti, mia cara.- continuò il nuovo venuto - Io sono Aleandro di Iesi, il primogenito di Costanza e Giuliano di Iesi. E sono qui per chiedere la tua mano.-
Mancò poco che gli ridesse in faccia.
Stava ancora cercando di levarsi quel bellone di torno e mandarlo a un manicomio di Firenze, visto il suo accento, dove avrebbe dovuto stare fino al nuovo millennio quando entrò anche Draco, gli occhi sgranati e l'espressione di chi arriva da una dimensione infernale.
- Fuori!- urlò all'istante.
- Lei chi è, scusi?- l'apostrofò l'italiano, come se fosse stato una mosca fastidiosa.
- Insomma, qualcuno mi dice che succede?- borbottò Hermione - Aleandro...ecco, è un piacere ma...-
- Mia cara, io sono un discendente di Iesi.- le spiegò con tono soave, sorridendole a trentadue denti - E da ben tre secoli, noi Iesi ci sposiamo con un membro Veggente della dinastia Hargrave. Sono appena stato da tua madre e Lady Jane mi ha mandato qui da te. Presto io e te ci sposeremo .-
Ora stava davvero per tirargli dietro i suoi girasoli e anche tutta la casa.
Non sapeva neanche che gli Hargrave per secoli si fossero sposati con alcuni discendenti di una famiglia italiana, per quanto altolocata e importante! Ma roba da matti! Nessuno le aveva mai detto una parola!
E sua madre, quell'oca, lo mandava da lei! Era lei ad avere i poteri di una Veggente, perché invece di continuare a stare con quel ridicolo babbano di Scott Granger non si sposava davvero l'italiano? Sebbene più giovane di lei?
Ma tanto con gli effetti del Lazzaro chi avrebbe notato la differenza?
Bah!
Cercando di non sputargli in un occhio, tolse le mani da quelle forti di Iesi.
- Non credo sia possibile.- mugugnò, cercando di essere gentile - Intanto non sono una Veggente...-
- No?- Aleandro di Iesi, con il suo metro e ottanta, inclinò il capo ignorando totalmente Draco che cominciava ad assumere le sue sembianze di drago - Com'è possibile?-
- Vede, con mia madre è saltata una generazione. E' mia figlia ad essere una Veggente.-
- Cosa mia amata? Hai già una figlia?-
- E sarei anche sposata.- replicò Hermione, vedendolo traballare - Nessuno mi ha mai detto niente di questa tradizione...e mia figlia ha solo dieci anni, quindi direi che per questo secolo l'accoppiamento salta.-
Accoppiamento. Suonava come un incontro fra due cavalli da corsa.
Repellente.
- Divorzia.-
Il commento fatto con espressione angelica da Iesi fece letteralmente strabuzzare gli occhi a Draco.
- Cosa?- sbottò allora mettendosi in mezzo - Come sarebbe divorzia?-
- Lei chi è, scusi?- gli richiese per la seconda volta l'italiano.
- Suo marito.- sibilò allora Malfoy, gelido.
- Hn.- Iesi lo studiò da capo a piedi - Inglese impettito e molesto.- poi tornò a sorridere con aria da seduttore a Hermione - Mia cara, vuoi davvero dirmi che preferisci questo bifolco inglese a me? Le nostre famiglie sono unite da secoli e sono sicuro che mia madre già ti adora.-
- Si ma...- fece per dire la Grifoncina, peccato che Draco si fosse parato fra lei e Iesi.
- Fuori da casa mia.- rognò.
- Infatti. Sei un bifolco inglese.- sentenziò l'italiano, altezzoso quanto Malfoy - Io ho terre per tutta la Toscana, anche in Umbria e in Lazio, caro il mio inglese.-
- Io ne possiedo da qua alla Scozia, deficiente di un italiano.- replicò pronto e a tono Draco.
Ecco, pensò Hermione. Iesi aveva scelto il terreno più confortevole per Malfoy.
Ora se ne sarebbero sentite da far venire i capelli bianchi.
- Io discendo da una delle più stimate famiglie di maghi italiani!-
- Io ho sangue Black nelle vene! Sono uno degli ultimi quattro che hanno ancora fiato per camminare sulla Gran Bretagna!- sentenziò il biondo, incrociando le braccia al petto orgoglioso.
Iesi accolse la notizia diffidente, ma anche colpito.
- Posso darle titoli e ricchezze a volontà.-
- Io anche e con lei ho già una figlia!-
- Posso dargliene uno maschio anche io.-
- Oh oh, questo non lo saprai mai!- fu la minacciosa replica.
Oddio.
Hermione iniziò a sentirsi male. Ma il meglio venne con Harry.
Perché Draco Lucius Malfoy toccò l'apice della sua carriera da snob quando, dopo aver elencato possedimenti, amanti abbandonate per Hermione e incredibili performance sessuali che fecero mettere alla Grifoncina le mani nei capelli, bloccò il bambino sopravvissuto sulla porta, appena tornato dalla Baynard's.
-...e un'altra cosa, pezzente!- sbraitò esaltato al limite, alzando il braccio sinistro e agitandolo.
All'istante i Bracciali si attivarono e Harry finì incollato a Malfoy, senza capirci niente.
- Lo vedi lui?- celiò l'ex Principe di Serpeverde con espressione maniacale, sollevando la frangia nera a Potter - Ecco qua! Harry Potter in persona!- e alzò anche i loro polsi incatenati, di fronte al naso di Iesi - Lo vedi? Io e Harry Potter siamo attaccati! Per sempre! A vita! Creperemo insieme! Ahah! E adesso chi ha vinto?-
Adesso ha vinto la Neuro, ecco chi ha vinto.

Ormai avevano toccato il fondo, si convinse Harry.
Non sapeva né perché né percome, ma il fatto che Malfoy si fosse vantato di essere legato a lui per sempre stava solo ad indicare che aveva totalmente perso il cervello.
Non ne volle sapere nulla, così se ne andò da Elettra deciso a tralasciare la presenza di quel tizio abbronzato come un caraibico, lasciando a Hermione la patata bollente.
Alla fine sembrò che Iesi cedesse la prima mano.
- Va bene,- bofonchiò con classe - riconosco che avrò bisogno di tempo per convincerti, Hermione, tesoro.-
Tesoro?
Ora lo uccideva.
Stava per sputare fuoco quando il maledetto porco mediterraneo, come Iesi sarebbe poi passato alla storia in quella casa, fece una vera e propria dichiarazione d'amore a sua moglie in italiano, in ginocchio, con una poesia e Draco naturalmente non ci capì nulla.
Replicò il baciamano di rito e quindi sparì com'era arrivato, ma con una bella minaccia.
- Alla prossima volta, mia adorata, coroneremo il nostro amore.-
E se Draco stava per farsi venire un travaso di bile, a Hermione Hargrave restava qualche secondo per riprendersi prima di decidere di affogare l'accaduto nell'alcool.
Perché sentirsi il premio di due deficienti non era stata una gran bella esperienza.
Ringraziando anche il signor Malfoy per lo spaccato di se stesso ai bei tempi, quando pensava che sposarsi fosse cercare una purosangue e mettere al mondo un erede maschio.
Decisamente...non era proprio ciò che doveva aver pensato da ragazzo, considerò Hermione.
Una purosangue e un figlio maschio.
Invece aveva sposato lei, una mezzosangue con sangue Hargrave nelle vene, gli acerrimi nemici dei Black.
E avevano avuto una bambina. Glorya.
Draco intanto continuava a masticare bestemmie e imprecazioni di cui lei sentì solo cose del tipo "...entrare così nel pollaio altrui....io lo sventro....come osa darmi del pezzente...io sono un Malfoy...vaffanculo".
Ottimo.
- Credo che andrò a parcheggiare il mio prezioso fondoschiena da Hargrave mezzosangue in cucina.- sibilò allora lei, roteando gli occhi - Dimentichiamo l'accaduto.-
- Cosa?- le urlò, spettinandola tutta - Questo è un affronto bello e buono! Nessuno entra in casa mia e cerca di fregarmi la donna impunemente!-
A quanto pareva erano tornati all'età della pietra.
Le sembrava di vederlo diciassettenne.
- Come prego?- gli chiese allora, con tono sepolcrale - Rubarti la donna?-
- Secondo te cos'ha cercato di fare?-
- La donna in questione sa decidere con che deficiente stare.- chiarì acida.
- Quest'onta andrà lavata via col sangue.- vaneggiò il biondo, senza neanche starla a sentire - E' una questione d'orgoglio.-
- Orgoglio? Vanità vuoi dire, tesoro.-
- Dove sta la differenza?- frecciò allora - Eh mezzosangue? Tu sai dirmela? Non direi, visti i tuoi precedenti.-
- Io almeno non ti ho mai giocato a possedimenti e discendenza con tutte le tue tante ex amanti che hai abbandonato in lacrime per me.- gli rinfacciò con tono dolce come miele, con un retrogusto letale al veleno - Chi sarebbero queste ex amanti distrutte dalla perdita poi?-
- Secondo te ci casco?-
- Tu sei fuori di testa.-
- E voi Hargrave avete delle tradizioni alquanto discutibili.-
- Almeno, caro il mio mezzo Black, nessuno dei miei parenti ha mai cercato di far passare una proposta di legge per la caccia ai babbani.-
- E ti sembra una cattiva idea, amore?-
- L'idea buona è strangolare tutti i mezzi Black! Te per primo!-
- Qua però mica s'è presentata un'italiana per farsi mettere incinta dal sottoscritto!-
- Quello vuole la mia mano, mica un figlio!-
- Ha parlato di figli maschi! E se Glory fosse stata abbastanza grande avrebbe voluto sposarsi lei!-
- Ma sei ubriaco?! Ha dieci anni!-
- Che ne sai che non è anche un pedofilo!-
- Oh, per cortesia Malferret! Sono tutte sciocchezze! Vedrai che non verrà più!-
Come no. Peccato che la Lucky House si fosse riempita nel giro di pochi minuti di un sacco di vasi di girasoli.
E Malfoy stava per scoppiare.
- Se lo prendo...- ringhiò fra le fauci - Se lo prendo...-
- Sposatelo tu, magari!- gli consigliò allora Hermione inferocita - Insieme creereste una dinastia di purosangue da far spavento! Mettetevi d'accordo sulle regole dell'accoppiamento e vedrai che andrà liscia come l'olio!-
E al gemito disgustato di Draco la conversazione più indecorosa mai avvenuta in quella casa ebbe fine.
Fra le risate sguaiate di Harry ed Elettra che si erano goduti lo spettacolo in prima fila dalla tromba delle scale.
Una cosa era sicura.
Con Aleandro di Iesi la faccenda non era finita lì.
E da come si era presentata, la storia avrebbe preso una piega davvero interessante!

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5° ***


TMR5

 

 

 

 

Il bagno di marmo chiaro era immerso nell'unica luce profusa da una mezza dozzina di candele bianche e tozze, cilindriche, che emanavano un oleoso profumo denso e speziato.
La vasca, alta su una gradinata e incassata fra due pareti, dava il fianco su uno specchio e il riflesso rimandava l'immagine di due esseri estremamente diversi fra loro.
Denise Loderdail sorrideva, sprofondata nella schiuma dall'insolito profumo maschile vista che si era imbucata senza permesso. Il suo sorriso era per Tom Riddle che aveva gli avambracci poggiati sul bordo opposto della vasca, la testa rovesciata all'indietro contro alcuni asciugamani bianchi ripiegati a guanciale.
E un bicchiere mezzo vuoto che gli ciondolava fra le dita della mano sinistra.
- Voi uomini bevete sempre quando avete un problema.- sussurrò, tranquilla con le gambe umide buttate su una sponda.
- Non ho nessun problema.- rispose il mago, con voce impastata.
Era solo mezzo ubriaco, non del tutto sbronzo.
E questo lo rendeva molto facile al dialogo.
La demone continuò a sorridere, levandogli il bicchiere di mano con la telecinesi.
Accese qualche altra candela con un gesto del palmo, mentre lui rialzava il capo.
- Com'era?- gli chiese.
Tom serrò le palpebre, ricordando ogni cosa.
Oh, se ricordava tutto.
In maniera così perfetta poi...ricordava come aveva sussurrato il suo nome, il suo tocco. Che negli anni non era cambiato.
Rammentava i loro baci.
E poi come aveva dovuto staccarsi da lei, quando qualcuno l'aveva svegliata.
- Era Claire.- le disse allora, riaprendo gli occhi.
- Era sempre lei.- annuì la demone.
- Già.-
- Gli umani cambiano negli anni, Tom. Non può essere rimasta la stessa, dopo la tua partenza.-
- Eravamo piccoli, dei bambini.- Tom giocò con la schiuma, sentendola soffice sotto le dita e la pelle delicata del palmo e del polso - Ora è cresciuta. E' probabile che nei sogni io sia ancora quello di una volta per lei ma...non credo che nella vita reale ne conservi qualche ricordo.-
- I sogni sono l'espressione dei desideri.- replicò Denise, dall'altra parte della vasca.
- E' passato troppo tempo. E io le ho mentito, quando sono venuto via.-
- Perché non le hai detto la verità?-
- Perché nemmeno io volevo lasciare la mia vita, fuori di qui.-
- Allora perché l'hai fatto?-
- Te l'ho detto un milione di volte.-
La demone abbassò gli occhi, fino all'anello che portava al medio della mano sinistra.
Ovale, con una pietra nera lucidissima.
- Lo conoscevi bene?-
- Chi?-
- Lo sai chi.-
Seguendo il suo sguardo, Tom vide l'anello nero.
Suo padre.

Lo sai chi. Ah, nome impronunciabile il suo. Tuo-Sai-Chi. Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
Aveva conosciuto bene suo padre?
No, non molto. Ricordava poco di lui. Spesso aveva quasi l'impressione che il suo volto stesse svanendo nella nebbia dei suoi ricordi. A volte risentiva la sua voce, oppure il suo modo sarcastico di rivolgersi verso qualsiasi argomento, specialmente la morte.
Piccoli frammenti, piccole realtà. Come sfogliava le pagine dei libri, con rispetto che non aveva mai accordati agli esseri umani. I suoi discorsi dettati dalla disillusione, dall'indifferenza.
I suoi occhi crudeli, l'effetto sibilante di ogni sua parola.
Sempre duro, sempre freddo.
E poi...la sua morte.
- Perché cerchi di dimenticare se non vuoi?- gli chiese la demone con dolcezza che non usava con nessun altro - Ti fai del male e basta. Accetta quei ricordi. E convivici.-
- Oppure fare tabula rasa.- la bloccò, stupendola leggermente.
- Hai usato il Legilimens su di me?- Denise non seppe se sentirsi scandalizzata o lusingata.
- Ci ho provato. Con ben miseri risultati.- ammise Tom, ridendo con aria di scuse - Sei arrabbiata?-
- Dovrei?- lo provocò.
Ma lui le sorrise, staccandosi dal bordo e facendosi più vicino. Le prese una mano, baciandola leggermente.
- Grazie che ti preoccupi per me.-
Lei scosse il capo, alcune ciocche di capelli le scivolarono dal nodo sulla nuca per scivolare nell'acqua profumata - Quando otto anni fa Leiandros mi chiese di controllare un umano prigioniero non credevo che sarebbe finita così.-
- Che saresti finita a letto con un mortale?- rise in risposta.
- Ah Tom.- soffiò lei - Se solo fossi un comune mortale.-
Se lo chiedeva spesso. Anche Caesar aveva avuto un'amante mortale. E uno come lui che odiava la debolezza sotto ogni profilo, doveva pur aver trovato qualcosa di gradevole nella sua umana.
Finalmente era arrivata a capirlo.
Era arrivata a capire cos'aveva trovato Caesar in quella strega.
Una profondità di sentimenti, una passione...che niente poteva eguagliare.
Tutto ciò che gli esseri umani sentono è amplificato dalla morte. Per questo sono vivi.
Per questo la loro vita, sebbene più breve, era qualitativamente migliore di quella di un demone.
Gli umani non conoscono tedio. Nemmeno in vecchiaia.
- Vieni qui - gli sussurrò sulla bocca e lui dopo un secondo si fece largo fra la schiuma, fino a raggiungere la sponda opposta. Si mise al suo posto, lasciando che lei si appoggiasse col capo alla sua spalla. La punte delle sue dita lisce che non conoscevano ferita o sfregio del tempo si mossero leggere come piume sul suo torace umido, scostando la schiuma, blandendo i muscoli irrigiditi dalla tensione delle ultime ore. Da quel sogno non era più riuscito a dormire, a mangiare.
Sapeva che il pensiero di quella umana lo tormentava. E sapeva che in tutti quegli anni non aveva pensato altro che a lei. Sempre e solo a lei. Tom sospirò, mentre lo accarezzava e volse il capo poggiando le labbra sui capelli della demone in un bacio, quindi si adagiò all'indietro e rimase immobile, assorto dal suo tocco delicato come le ali di una farfalla.
La risata stranita di Denise lo risvegliò leggermente, quando gli sfiorò il ventre.
- E quest'affare da dove arriva?- rise la Loderdail, vedendo un anello al suo ombelico.
- Hn.- Riddle fece una smorfia - Winyfred ha messo le mani non so come su una di quelle pistole babbane per i buchi. Stanotte ha infilato un sedativo nei nostri bicchieri mentre eri via. Vlad s'è risvegliato con un piercing al sopracciglio.-
Sentendola ridere, rinfrancato, le disse anche del piercing che Val s'era beccato alla parte superiore del padiglione auricolare. Fra lui e Vlad probabilmente si stavano dando alla caccia grossa per trovare quella squinternata.
Era bello però sentirla ridere. Sembravano secoli che non sentiva ridere una donna...e lei lo faceva così di rado.
Intenerito afferrò delicatamente i capelli sulla nuca della demone e la baciò. Aveva ancora voglia di fare l'amore con lei. Per dimenticare, per sentirsi almeno un po' amato. Quando si staccò da lei sorrise e l'aria maliziosa della Loderdail lo fece sogghignare.
- Meglio uscire da qua.- propose Denise con voce arrochita - Troppo poco spazio per quello che voglio farti.-
Si. Lei faceva dimenticare. Gli dava calore, sebbene fosse un demone.
Non era amore...ma era pur sempre qualcosa di molto intenso.
Più tardi, quando uscirono dal letto verso le tre del pomeriggio, scesero in sala da pranzo per trovare Val e Vlad intenti a bestemmiare dietro a Brand. Il povero Feversham stava cercando di tamponare tutto il sangue che quei due deficienti si erano fatti uscire staccandosi i piercing come due veri uomini, ovvero senza usare un minimo di cervello.
Winyfred grazie a Merlino non c'era.
Ma c'era Caesar seduto a capotavola che quando li vide entrare puntò gli occhi sulla Loderdail.
Fu una cosa breve. Lei riuscì a sentire un brivido perfido sulla pelle, ma non se ne curò.
- Non potevate tenerveli?- stava dicendo intanto Riddle, visti i risultati di quello strappo di piercing.
- Col cazzo.- replicò Vlad fra i denti, tenendosi un fazzoletto sul sopracciglio - Siano dannati tutti gli Harkansky.-
- Si e ti sei scordato Tisyphone.- ironizzò Val acidamente.
- Chi?- fece Denise, sbattendo le ciglia - Che centra la tua fidanzata Vlad?-
Tom sputò il caffè che si era versato, attaccando a tossire.
- Sei fidanzato?- gracchiò, dandosi dei colpi sul torace - Non me l'hai mai detto!-
- Tranquillo.- replicò Stokeford velenoso - Non verrà a sfidarti a duello per me.-
- Si ma potrebbe venire a sfidare me.- soffiò Denise a bassa voce, rannicchiandosi sulla sedia.
- E poi non è più la mia fidanzata. Non doveva neanche esserlo, ma me l'hanno appioppata mentre ero troppo ubriaco per dire di no.-
- Io te l'avevo di non bere quella sera, ma tu non mi ascolti mai.- celiò Hingstom, che teneva l'orecchio arrossato e sanguinante sotto una borsa del ghiaccio, rimedio babbano che adorava - Mai bere alle cene che organizzano i tuoi, regola di sopravvivenza numero 6.-
- E non ti piace neanche un po' questa Tisyphone?- gli chiese Tom curioso.
- No, è una troia.- fu il laconico commento di Vlad, che si accese una sigaretta.
- Come sarebbe?- bofonchiò Brand stupito - L'ho vista un paio di volte e sembra a posto.-
- Ha cercato di farsi mio padre quando le ho detto che non ero interessato.- spiegò Stokeford, soffiando una nube di fumo in faccia a tutti, fregandosene del resto.
- Troia.- sibilò allora anche Caesar, nascosto dietro la Gazzetta del Profeta.
- Bhè, tuo padre è un bell'uomo.- considerò la Loderdail, ignorando il commento di Cameron.
- Si, specialmente coperto di sangue durante il Great Fire.- ironizzò Vlad perfido.
- Quello del 1619?- fece Tom confuso - Ma era un incendio...-
-...e credi che sia stato solo l'incendio ad ammazzare gl'inglesi quel giorno?-
- E' una persona molto a modo.- confermò Val, vista l'espressione di Riddle - Fidati. Da piccolo portava a me e a Vlad delle fantastiche teste mozzate di goblin, dopo le ribellioni. Se le bruciavi facevano i fuochi d'artificio.-
- Che meraviglia.- bofonchiò Riddle, con tono cauto.
- Comunque la famiglia non si tocca.- concluse Vlad, levandosi il fazzoletto macchiato di nero dal sopracciglio sinistro - Quindi può andare a sbattersi qualcun altro e poi non ci penso nemmeno a sposarmi a duecento anni appena.-
- La famiglia non si tocca.- riecheggiò Val - Parli da russo mafioso.-
- Mezzo russo.- lo corresse Brand - Occhio che s'incazza.-
- Fottetevi.- fu infatti la gelida risposta di Stokeford.
- Ah, dimenticavo.- borbottò Cameron, immerso nella lettura degli articoli che parlavano di Badomen - Ci sono un pacco di lettere nell'ingresso per voi.-
- Già.- disse Val, schioccando le dita e facendosele apparire davanti al naso - Per me ci sono solo i conti dell'Azmodeus Club. Brand due dei tuoi e una di tua sorella. Vlad, niente della troia.-
- La finite di chiamarla così?- rise Tom, agitando la bacchetta per pulire la sua tazza di caffè.
- E...Denise, una per te.- Val tacque, sollevando gli occhi dalla missiva - E' di tuo padre.-
La Loderdail non disse una parola. Nessuna emozione, nessuna espressione.
Prese quella lettera, ne vide per la prima volta la calligrafia.
E Caesar al contempo avvertì un urlo nella testa.
Era lei. Stava gridando.
Di rabbia. Di dolore.

 

La sera del quattro giugno Damon Howthorne uscì dal Royal Festival Hall verso l'una del mattino, dopo essersi goduto per forse la duecentesima volta l'opera che suo fratello considerava "un esempio di femminile deficienza".
Aidan aveva un linguaggio abbastanza forbito per un bambino di otto anni ma in fondo Madama Butterfly era un ottimo rimedio per trovare il coraggio di tagliarsi le vene.
Salutò i suoi genitori e suo fratello che aveva strisciato a terra ai suoi piedi per fermarsi a dormire a casa sua, peccato che quella sera proprio non fosse stato possibile.
Doveva occuparsi di un'anima quella notte.
Così dopo aver preso un taxi, troppo devastato anche per Smaterializzarsi, si fece scaricare in Downing Street.
Solitamente quella era una strada abbastanza bazzicata, specialmente di notte ed era situata all'incrocio fra Charing Cross, la via dell'appartamento di Milo e Trix, e le tante strade secondarie che portavano a Trafalgar Square.
Il fatto era che la sua visione, quella notte, era stata un po' sballata.
Forse perché dopo tanto tempo a dormire solo, ritrovarsi una donna nel letto non era stato normale per lui.
Negli anni, infatti, aveva preso l'abitudine di fermarsi dalle sue fiamme e non viceversa. Per questo ora, con una donna tornata a fargli compagnia nel letto, aveva avuto qualche problema.
Comunque il sogno era stato abbastanza vacuo.
Una sequenza di brevi flash che gli aveva mostrato dei lampioni spegnersi a intermittenza, un viottolo simile a un antro buio, parecchia umidità a terra che rendeva l'asfalto bagnato. Pozze d'acqua in cui si rifletteva la luce dei lampioni, qualcuno di corsa.
Inseguito.
Probabilmente sarebbe stato un omicidio.
Quello era uno dei casi che Dorothy chiamava Codice Rosso.
Da che conosceva Dorothy Turlow, Damon aveva cominciato a capire che ogni morte aveva un senso.
Anche i suicidi. Come la nascita, anche il trapasso per lui aveva finalmente assunto una forma.
Da ragazzo aveva preso il suo dono come una condanna. Poi come un aiuto possibile per gli Auror.
Ora grazie a Dorothy ogni anima era diventata degna anche solo di un piccolo aiuto.
Una parola gentile, prima di passare oltre.
Dorothy gli aveva aperto gli occhi, quando credeva che nessuno oltre Tom sarebbe più riuscito a capirlo.
Era stata lei a trovarlo.
Una giornata di fine luglio, a un anno dalla Sigillazione di Tom, Dorothy l'aveva trovato a Wizards' Graveyard.
Aveva subito capito che era una babbana ma una sua sola parola aveva spazzato via i primi dubbi.
Lei sapeva tutto dei Legimors.
E dei Non-Vivi, anche se non poteva vederli.
Lavorava al St. Clement Hospital, sulla strada della Tate Gallery e da allora non l'aveva più lasciato.
Essendo infermiera poteva avvisarlo quando i morti all'ospedale avevano bisogno di aiuto, per raggiungere la loro meta finale. Con lei aveva imparato a parlare veramente coi Non-Vivi. Ad ascoltarli, a capire le loro esigenze, anche a saperli lasciare andare quando non volevano aiuto.
Era una brava persona Dorothy Turlow. Una donna normale sulla quarantina, vedova e senza figli.
Piena d'interessi, una sempre allegra e positiva che forse riservava a lui un po' dell'affetto materno che non aveva potuto incanalare come madre su nessun altro.
E per lei c'erano poche regole che uno come lui doveva adottare.
Mai darsi la colpa di nulla. Perché la morte non si può cambiare. A meno che non si tratti di un Codice Rosso.
Infatti Damon aveva presto imparato che le visioni sfuocate, date da pochi dettagli, erano loro stesse incerte. E per questo mutabili. Solo nei Codici Rossi lui poteva intervenire e salvare una vita.
I Codici Bianchi erano i suicidi.
Codice Nero i dannati, quelli che non vedevano la luce.
Ma quella sera lo aspettava un Codice Rosso, quindi doveva muoversi se voleva salvare qualcuno dal farsi ammazzare.
Aveva presto anche imparato a non giudicare.
Due anni prima un Codice Rosso l'aveva portato a salvare un uomo che aveva investito, mezzo ubriaco, una donna col suo bambino al volante di un'altra macchina. Loro due erano morti...e lui, che avrebbe preferito lasciar crepare quel bastardo che se non avesse perso i sensi sarebbe anche fuggito, aveva dovuto salvarlo. E condurre quelle due vittime verso la luce.
Era dura a volte.
Dura da morire. Eppure c'erano delle notti che tornava a casa sua...e si sentiva bene.
Come se tutto il suo potere avesse finalmente assunto un senso.
Gl'incubi non facevano più paura. E le voci...erano diventate compagne.
Ora capiva Degona e la sua empatia. La capiva quando lei gli diceva che le voci dell'etere la facevano sentire molto più parte del mondo di quanto gli altri potessero immaginare.
Guardò l'orologio. L'una e mezza.
Cominciò a girovagare con le mani in tasca, la bacchetta ben salda fra le dita.
C'erano solo babbani in giro e nelle viuzze laterali gente dall'aria poco raccomandabile ma non se ne curò particolarmente.
Erano circa le due e cominciava a spazientirsi di girare senza meta, specialmente perché stava attirando troppi sguardi quando qualcosa lo bloccò in mezzo a un viottolo dai lampioni di una forma famigliare.
Quelli del suo sogno.
Lo imboccò senza pensarci due volte e tese i sensi, per sentire dei passi affrettati. Nulla.
Almeno fino a quando la luce dei lampioni non si spense. E si riaccese subito dopo.
Andarono ad intermittenza per qualche secondo e poi finalmente accadde qualcosa.
Un qualcosa che in una strada simile poteva richiedere l'intervento degli Obliviatori.
A pochi metri da lui, contro una parete di un caseggiato pieno di murales, scoppiò la luce di un Impedimenta.
Lo stucco franò a terra sollevando una nube di polvere e d'un lato della strada piombò a terra un tizio.
Urlò e si rimise in piedi, tenendosi lo stomaco da cui usciva parecchio sangue.
Damon estrasse la bacchetta in tempo per vedere sbucare dal nulla qualcun altro.
Un uomo alto sul metro e settantacinque, in un cappotto grigio antracite dai bordi logori. Dava trentacinque, quarant'anni. Teneva una bacchetta fra le grinfie, alta sulla sua vittima.
- Stupeficium!- gridò con tono isterico, ma Damon fu più veloce.
- Protego!- scandì, Smaterializzandosi di fronte al ferito.
La magia del suo nemico s'infranse contro lo scudo e dopo un attimo di sbigottimento, il suo protetto cadde a terra.
L'altro invece, coperto dall'ombra di una tettoia di un negozio, sembrò stringere i denti.
Howthorne non riuscì a metterlo a fuoco.
- Sei molto coraggioso o molto stupido, Auror...per metterti contro di me.-
Damon non si mosse.
Che voce. Macabra, viscida. Orrida a sentirsi. Come quella di un pazzo.
- O non sei un Auror?- continuò l'avventore, mettendosi rapidamente un cappuccio consunto sui capelli neri.
La frangia gli ricopriva gli occhi e il Legimors non vide altro che un volto la cui pelle era piena di solchi, butterata.
- Chi sei?- gli chiese.
- Strano che tu me lo chieda. Lo sanno tutti chi sono.-
Damon non capì, ma gettò un'occhiata alle sue spalle verso il ferito.
Non sembrava impressionato dall'uso della magia così che il lord capì all'istante.
Un Magonò.
- Non ho tempo da perdere, ragazzo.- gli sibilò il mago, facendo un passo avanti - Spostati. O ammazzo anche te.-
- Perché non ci provi?- lo sfidò Damon, che piegò sinistramente la bocca - Vediamo se ci riesci. Ma ti avverto...non è ancora arrivata la mia ora.-
Stavolta fu l'altro a rimanere sconcertato, ma presto si volse di scatto alle sue spalle.
E cacciò uno strillo rauco, pieno di disappunto.
E fece bene, visto che dall'alto della terrazza del caseggiato che li copriva piombò a terra un essere mostruoso.
Nell'oscurità, Damon sentì gli artigli dell'essere spezzare il cemento.
Ma poi ne riconobbe l'ululato.
A quanto pareva Beatrix e Asher erano andati a caccia insieme quella notte.
Perché la Diurna apparve poco dopo, unica e mitica in pantaloncini e stivali lucidi, alle spalle di Damon.
- Ma tu guarda.- disse la Vaughn - Chi si vede. Fai due passi tesoro?-
- Lavoro.- sentenziò il Legimors - E voi?-
- Stavamo giusto cercando di rintracciare il nostro amico.- replicò Trix, scoccando uno sguardo truce verso il loro nemico - Badomen, lasci cadaveri come molliche di pane. Devo credere che sei stupido o che lo fai apposta per farti inseguire?-
- Hn.- Craig Badomen scoprì i denti giallastri in una smorfia crudele - Stavo solo ripulendo Londra dalla sporcizia dei sanguesporco e Magonò.-
E così era lui. Damon cercò di inquadrarlo meglio, ma era quasi impossibile.
Probabilmente nemmeno gli Auror erano mai riusciti a vederlo bene in faccia.
Quando anche Asher si fu ritrasformato, lo accerchiarono.
- Stanno arrivando i rinforzi.- disse il principe dei Greyback - Che vogliamo fare Badomen?-
- E tu che vuoi fare, principe?- replicò l'assassino - Tuo padre ha giurato fedeltà a una causa più grande di te e di me. E tu infanghi il suo nome alleandoti con gli Auror che proteggono la feccia.-
- Sai chi sono.- sorrise Asher - Peccato che mio padre fosse un bastardo senza la fiducia della sua gente.-
- Che ne sai della tua gente, sono anni che non torni da loro.- soffiò l'altro in risposta, ridendo sguaiatamente - Mi fate pena, ragazzi. Perdete tanto tempo a salvare gente senza onore che alla fine creperete per loro e neanche vi ringrazieranno.-
- Devo dedurre che abbiamo un Mangiamorte sopravvissuto.- sogghignò Trix.
- Deduci bene bambola.- replicò Badomen - E sta sicura che non sono solo.-
- Siete senza capi. O forse vuoi candidarti tu al nuovo posto di comando?- lo incalzò divertita.
- Non mi risulta che la dinastia del mio vecchio signore sia estinta.-
Quella frase bastò.
Damon e Trix serrarono le mani sulle bacchette, rischiando di spezzarle.
Ammazzare un assassino sarebbe equivalso a una condanna ad Azkaban. Ma ne sarebbe valsa la pena forse.
Non poterono farlo perché le prime Smaterializzazioni degli Auror di turno riuscirono solo a distrarli.
E a dare così il tempo a Badomen per filarsela di nuovo, ma non poterono seguirlo.
Una decina di pozioni scoppiarono nell'aria lì attorno che quasi fecero sanguinare i loro occhi.
Imprecando, anche il caposquadra Kinneas, la vecchia spina nel fianco di Harry e Draco, capì una buona volta che quel maledetto era aiutato. Eppure arrivando non avevano trovato nessuno lì attorno.
Ma com'era possibile?
- Complimenti, ve lo siete fatto scappare.- sbraitò John Kinneas inferocito al diradarsi delle pozioni tossiche, fissando poi Damon - Vaughn ti sei portata dietro anche un civile?-
- Il civile ha salvato il culo al Magonò.- replicò la Diurna pacata.
- Sta zitto John.- disse allora Edward, che era tornato dalla perlustrazione con gli occhi arrossati - Aveste fatto meno casino ad arrivare forse il bastardo non se ne sarebbe andato senza neanche un graffio.-
- Porca miseria, è più di un mese che quello si fa i suoi comodi Dalton!- tuonò Kinneas.
- Bhè, stasera non ha ammazzato nessuno.- sentenziò Trix - Dov'è Ron?-
- Con Jess e Clay, a tenere d'occhio i babbani.- le disse l'ex Corvonero - Damon tu stai bene?-
- Tutto ok.- annuì il Legimors - Mi sono trovato in mezzo senza farlo apposta.-
- L'hai visto bene quello?-
- No, niente di che. Capelli neri, occhi scuri, nocciola credo. Pelle butterata, tipo vaiolo.-
- Non è poco.-
- Ma non è neanche abbastanza per una taglia!- sibilò Kinneas.
- John.- Edward si volse, con espressione melensa - Ho mal di testa.-
- Altra cosa importante.- li bloccò Trix, prima che si mettessero le mani al collo - Badomen ha praticamente ammesso di essere un Mangiamorte. Non ho visto il Marchio, ma l'ha menata ad Asher su suo padre.-
- Le solite porcate.- disse il mannaro - Il Magonò sta bene?-
- Si, bene.- annuì la Medimaga di Kinneas, dopo averlo addormentato - Gli Obliviatori arriveranno fra qualche minuto. Qualcun altro ha visto qualcosa prima che arrivassimo noi?-
- No, non direi.- rispose Damon, per poi volersi rimangiare tutto quando si sentì osservato.
Per l'appunto, qualcuno aveva davvero assistito alla scena.
Sentì un fastidioso brivido a pelle, come di avvertimento. Sollevò gli occhi celesti sopra le loro teste e appostato su una scaletta metallica esterna al caseggiato che portava alla terrazza vide qualcuno vestito completamente di nero.
Con un completo giacca e camicia nera, con una sciarpa dello stesso colore al collo.
Un bell'uomo distinto...biondo con qualche capello grigio, barba e baffi, sulla cinquantina.
E sopra la testa aveva una strana lucina bianca e fioca.
Quando capì che Damon guardava proprio lui, il tizio corrugò la fronte. Agitò la mano, per capire se Damon lo stesse fissando. Al segnale che il Legimors poteva davvero vederlo a differenza di tutti gli altri, il tizio e la sua lucina sparirono subito in una nube evanescente, senza lasciare traccia.
La sua espressione alla scoperta che era visibile per lui non era stata di granché stupore.
Un altro morto?, si chiese l'ex Serpeverde tornandosene a casa con la Diurna.
Strano. Mai visti Non-Vivi con certe lucine sulla testa!
La faccenda comunque passò in secondo piano. Non pensò neanche per un istante che potesse essere uno di quelli che aiutavano Badomen, visto che non aveva cercato di ucciderli.
E poi, visibile solo a lui, poteva davvero essere solo un Non-Vivo.
Che altro se no?

La mattina dopo verso le sette e mezza, Hermione ascoltò le notizie del nuovo avvistamento di Badomen dal suo camino, in camera da letto. A farle la cronaca fu proprio Edward, appena tornato dal turno di notte.
- Così abbiamo un Magonò salvo solo grazie a Damon.- disse la strega, seduta a gambe incrociate sul letto ancora sfatto, un vassoio con la colazione a fianco e i capelli sciolti sulle spalle - Il Ministero dovrebbe decidersi a riconoscergli i suoi meriti.-
- Se tutto va come credo, penso che Dibble lo farà.- rispose Dalton ridacchiando, forse perché Linnie, di cui la Grifoncina sentiva la voce, gli stava facendo il solletico come al solito - Duncan dice che è una persona a posto. Sai che non spreca complimenti neanche per Harry.-
- Si, lo so.- annuì Hermione divertita, salutando la bambina di Edward quando spuntò nel caminetto insieme al padre.
Dalton alla fine la salutò in fretta, visto che prima di andare a godersi il suo meritato riposo doveva portare i bambini a scuola per l'ultima settimana prima dell'inizio delle vacanze, così sparì ricordandole della cena di Efren Coleman, il loro Medimago, programmata per venerdì sera, due giorni prima della finale di quidditch.
I ragazzi erano già tutti eccitati di andare allo stadio mentre Elettra che doveva giocare quella maledetta partita sembrava l'unica tranquilla in quella casa.
- Hai finito di parlare con Dalton?- le chiese Draco dal bagno, la cui porta era solo accostata.
Lei contò fino a dieci prima di rispondere. Da quando Aleandro di Iesi era apparso nelle loro vite, mancava poco che non la lasciasse più neanche parlare con Harry o Ron.

Perfino Lucas era considerato come essere maschile ruba femmine.
- Si, ho finito.- mugugnò lasciandosi andare contro i cuscini - Quando la smetterai con questa storia ridicola?-
- Quando quel porco di un mediterraneo sarà morto, con tre metri di terra sulla testa e una lapide col suo nome.-
Era incredibile. Il fatto che fosse ancora geloso riusciva a riempirla di gioia, ma al ricordo di come lui e Aleandro l'avevano contrattata a terreni e discendenza, come se fosse stata una coniglia purosangue che non era, le faceva venire voglia di mettergli del cianuro nel caffè. A sentirlo borbottare insulti però non poteva impedirsi di amarlo.
Ma quella mattina qualcosa le fece morire il sorriso sulle labbra.
Qualcosa di duro sotto la schiena e i cuscini.
Infilò una mano fra di essi ed estrasse un oggetto che scrutò con odio puro.
- Draco.-
Malfoy sbuffò, mettendosi un asciugamano sui capelli bagnati e raggiungendola - Cosa, cosa mezzosangue? Cosa c'è?-
Tacque quando vide nella sua mano alzata un sonaglino per bambini.
Era appartenuto di Glory. E da tempo i giochi della bambina erano tutti chiusi in un baule.
- Cosa fa qua?- sibilò la strega, con gli occhi dorati che sembravano tremare, ma pronti a prendere fuoco al tempo stesso. Draco sospirò, appoggiandosi con la schiena alla parete - Non lo so.-
- Cosa vuol dire non lo sai?- gli chiese allora, con tono estremamente minaccioso - L'ha preso Glory?-
- Sai che non potrebbe. I giochi sono chiusi nel baule che hai Sigillato tu.- disse, a bassa voce.
- E allora com'è finito qui?-
Lui rimase in silenzio, lei anche.
Fino a quando non scagliò via il giocattolo, serrandosi la testa fra le mani.
- Vuole farmi impazzire.- alitò, esasperata.
- Quindi ammetti che c'è.-
- No!- urlò allora, alzandosi in piedi rabbiosa - Non c'è! E' morto dannazione! Sargas è morto!-
- Continui a chiamarlo per nome.- Draco abbassò le palpebre, fissando un punto imprecisato sul pavimento lucido che poteva quasi riflettere le loro immagini - Non ci fosse davvero, Damon non passerebbe minuti interi a guardare il vuoto, quando viene qui.-
- Ha intenzione di farmela pagare...-
Lui allora sorrise, scuotendo la testa desolato.
- Mezzosangue...è successo. Capita a molte donne, non solo a te.-
- Ma è capitato a me!- urlò allora, con gli occhi vitrei - Siano maledetti gli Zaratrox e il giorno in cui andai da loro!-
- Hermione, la maledizione non si spezzerà. Non sappiamo se quell'aborto fu naturale o causa degli Zaratrox. Ma ignorando la presenza del bambino in questo modo e al contempo chiamandolo per nome non fai che confonderlo.-
- Confonderlo?- riecheggiò sarcastica - Confonderlo? Devo stare a preoccuparmi di un maledetto spirito che non so neanche se esiste davvero?-
- Ti contraddici.- le fece notare allora.
E lei si sgretolò, andò come in pezzi.
Gli dette le spalle, stringendosi nelle braccia e iniziando a singhiozzare.
Sargas. Aveva pensato a quel nome, di una stella della costellazione dello Scorpione, non appena aveva scoperto di essere incinta di un maschio. Ma poi al terzo mese...in un giorno qualunque, in un momento qualunque...lui se n'era andato. Sargas Liam Malfoy non era mai nato.
Però lei lo sentiva. Era sempre lì. Sempre presente.
- Non l'hai perso solo tu.- sussurrò Draco, passandole a fianco e andando alla porta - L'ho perso anche io. Ma tu sei peggio di un animale selvatico. Devi soffrire da sola e non farti vedere da nessuno. Fa come vuoi...ma le cose non cambiano, chiederò l'aiuto di Damon. E poi dovremo cercare di risolvere la situazione fra noi. Così non si può più andare avanti.-
Fu solo quando la porta si fu chiusa che lei riuscì a dar sfogo liberamente al vortice che le scorreva dentro.
Collera.

Tante lacrime. Che dopo cinque anni di lutto ancora non riusciva a smettere di versare.
Passò la maggior parte della giornata attorniandosi di silenzio.
Harry era all'Associazione, Elettra era andata a un raduno della squadra che sarebbe durato il tempo di un pranzo, mentre Draco si chiuse nel suo studio.
Hermione era fuori nel giardino seduta su una panchina a pensare a tutto e a niente, quando i bambini tornarono da scuola. Era già l'una e mezza. Li vide varcare il cancello accompagnati da Ron ma ciò che la lasciò basita fu come Faith corse dritta in casa, a capo chino, senza dire una parola. Quando la strega provò ad aprire la bocca per chiedere spiegazioni rimase basita, di fronte all'espressione cupa di Lucas e Glory.
I due maghetti la salutarono come se fosse stata trasparente e una volta rimasta sola con Ron, Weasley scosse il capo.
- Avverti Harry ed Elettra che potrebbero venire chiamati dalla preside. Oggi Lucas, Chris e i gemelli hanno picchiato Robbie Talbot e tre dei suoi amici. E credo anche che tua figlia abbia fatto qualcosa di poco piacevole alla figlia di Gwen Pickens.-
- Ma...ma perché?- allibì - Cos'è successo?-
- Centra Faith.- rispose Ron, carezzandole una spalla - Ma parlane con tua figlia. Quando sono andato a prenderli c'era già Edward con loro. La preside li stava sgridando ma Glory e Lucas si sono fermamente rifiutati di chiedere scusa. Herm...- il tono del rosso si fece più vibrante - Dovevi vedere che facce. C'è mancato poco che Lucas diventasse una torcia e ti assicuro che se avesse avuto in mano una bacchetta probabilmente anche tua figlia avrebbe maledetto la Pickens e sua figlia. Edward ha solo capito che i ragazzini hanno dato dei fastidi a Faith. Altro non sappiamo. Sono stato chiamato anche io dalla preside. Ci vediamo lì domani mattina.-
Quasi non riusciva a crederci...ma poteva ben immaginare cosa poteva essere successo a Faith.
Strinse i denti e anche i pugni, furente. Si mise di nuovo a sedere, prima di prendere in considerazione di andare da Gwen Pickens e dirle cosa pensava di lei e dei suoi amici che si arrogavano il diritto di ponderare di sangue e osavano ferire i sentimenti di una bambina di nove anni.
Altro che parole...stava cominciando a pensare a una fattura bella corposa, in fondo era gagia e quindi tanto valeva usarli quei poteri, no?, quando la vocina sottile di sua figlia la colse alle spalle.
- E' vero che i gagia sono tutti cattivi?-
Hermione si volse, osservandola.
La sua bambina era stata fin da piccolissima silenziosa per natura. Riflessiva.
Ma ora si accorgeva che era dura, quasi spietata. I suoi occhi lanciavano fulmini.
- Non tutti.- le disse Hermione, mentre Glorya si rannicchiava accanto a lei - La maggior parte di quelli che conosco sono studiosi. Filosofi. Vivono per sperimentare le magie e tramandare le loro conoscenze. Altri però sono malvagi.-
Glorya non mutò espressione.
- Tanti maghi però sono cattivi senza essere gagia.- disse, lucidissima - Giusto?-
- Anche questo è vero.- annuì sua madre, mettendosi di tre quarti verso la bambina.
- E dove sono i gagia mamma?-
- In un castello, lontano da qui. Nel Dorset.-
- I genitori di Faith...- la piccola si corresse subito - I parenti di Faith che sono morti stavano lì?-
- Si.-
- E tu ci sei mai stata in quel castello?-
- Per un po'.- assentì Hermione, senza raccontarle bugie - Prima che tu nascessi.-
- Perché hai studiato quella magia?- sussurrò Glory, scrutandola.
- Perché...- la strega sorrise mesta, alzando le spalle - A quel tempo, i Mangiamorte che volevano fare del male a Harry usavano quel tipo d'incantesimi. E io pensai che conoscere i loro metodi mi avrebbe aiutata per combatterli.-
Da come sua figlia illuminò gli occhi, sembrò capirla perfettamente.
Infatti annuì dopo un attimo, continuando a riflettere.
- Mi dici cos'è successo oggi?- le chiese allora Hermione - Glory cos'hai fatto?-
La piccola serrò i lineamenti.
Era incredibile come diventasse impenetrabile.

Dura come un pezzo di diamante.
Poggiò le braccia sulla spalliera della panchina, affondandovi il mento fino a nascondere il nasino perfetto.
- Faith non è cattiva.- sussurrò, fissando il vuoto - Ed è davvero figlia di Harry ed Elettra.-
- Certo.- sua madre le carezzò i serici capelli, tanto simili a quelli di suo padre - Questo niente lo può cambiare.-
- Ma non la lasciano in pace. Nessuno la lascia mai stare.- continuò Glory, irrigidendosi di nuovo - Odio Tiffany.- sibilò poi, gelida - Odio sua madre e gli altri genitori. Quando passiamo non fanno altro che bisbigliare. Le amiche di Tiffany dicono che solo perché l'hanno messa davanti alla porta di Harry non è davvero una Potter. Dicono che non sarà mai come Lucas.-
- E tu cosa ne pensi?- le sussurrò la Grifoncina, alzando appena gli occhi dorati e vedendo Draco fermo a pochi metri da loro, che ascoltava - T'importa che l'abbiamo trovata davanti a casa nostra in un cestino?-
- No.- la streghetta sollevò appena il viso - Non me ne frega niente.-
- Ignorali.- le disse allora sua madre, continuando a carezzarle il capo con tenerezza - E ricordati che è stato un giorno bellissimo quando ci misero la sua cesta davanti alla porta di casa...anche se tuo padre e Harry quasi c'inciamparono.- aggiunse, vedendo Malfoy sogghignare al ricordo.
- Mamma...- Glory tacque un attimo, per poi continuare - ...ed è vero che con me finiscono gli Hargrave e i Malfoy?-
Stavolta sia Hermione che Draco alzarono le sopracciglia.
- Come?- chiese la strega, senza capire - Cosa significa?-
- Cioè...- la piccola cercò di trovare le parole adatte -...è vero che visto che sono una femmina non ci saranno altri Malfoy dopo di me?-
- Ma chi te l'ha detto?- sbuffò Hermione.
- Ho sentito la mamma di Robbie Talbot dirlo a una sua amica. E' vero?-
Entrambi i ragazzi stavolta sospirarono e Draco si fece avanti. Dimentico della discussione avuta precedentemente con sua moglie, si sedette dietro a Hermione e la strinse forte, senza staccare gli occhi da sua figlia.
- Ascolta principessa...sei una Malfoy. Fine della questione. Del resto non te ne deve fregare nulla.-
- Non sei la persona più adatta per farle questo discorso.- sorrise Hermione ironicamente, girandosi nel suo - Che dici se ci provo io, eh?-
- Fa' come ti pare mezzosangue.- rognò il biondo.
Ridendo, la strega tornò a osservare la loro bambina - Gli Hargrave sono finiti con me, non stare a preoccuparti. Come sai la nonna è purosangue. Sposando un babbano però ha messo fine alla nostra famiglia. Fossi nata maschio, anche se mezzosangue avrei potuto ereditare il diritto di mandare avanti la famiglia Hargrave.-
- Come me.- la seguì perfettamente Glory - Se fossi un maschio potrei...-
- Storie.- la interruppe Draco, serio - Sono solo storie principessa.- e poi disse una frase che segnò la storia delle cazzate - In fondo è solo un cognome. Non stare a preoccuparti.-
- Dio, perché non ho un registratore.- sibilò Hermione a bassa voce.
Infatti si era fatto violenza per farsi uscire quelle parole che andavano contro tutto quello in cui credeva, ma nel momento stesso in quella frase era uscita dalla bocca innocente di sua figlia...tutto aveva preso una piega dannatamente diversa. Tutto con Glorya cambiava. Tutto quanto.
Alla fine non chiesero altro alla piccola. La lasciarono tornare in camera sua e sia lei che Lucas rimasero chiusi nelle loro stanze per tutta la giornata. Faith uscì solo per entrare di soppiatto nella cucina dell'ala Potter ma quando Hermione la intravide la piccola si affrettò a risalire le scale, per sparire com'era arrivata.
Quando tornò Elettra, anche lei rimase fermamente sconvolta da ciò che era accaduto.
Entrambe le famiglie ricevettero i gufi dalla scuola: la preside richiedeva urgentemente un incontro.
Seduta a tavola con Hermione, la bionda strega scosse il capo desolata.
- A forza riesco accettare certe crudeltà dai bambini.- sussurrò la Grifoncina - Ma non dai loro genitori. Elettra mi ci va poco a rimettere a posto la Pickens.-
- Usare maledizioni non mi sembra il caso.- replicò Draco, appostato contro la schiena contro il frigo - Non metto in dubbio che sarebbe una bella soddisfazione ma poi passeresti tu per la cattiva.-
- Da una signora Malfoy ci si aspetta questo e altro.- sentenziò Hermione con un ghigno, riuscendo a far sorridere anche lui. Elettra invece sospirò, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia.
Sembrava in incubo.
E Faith sarebbe stata risucchiata in quel gorgo per tutta la vita.
Non era giusto.
Non era giusto.
Non per una bambina così piccola.
- L'ultima volta che ne abbiamo parlato ha fatto finta che andasse tutto bene.- mormorò a bassa voce, dandosi della sciocca - Come ho fatto a crederle?-
- Non vuole farti preoccupare.- le disse Hermione, carezzandole una mano - Lo sai com'è fatta.-
- Sono sua madre, dovevo accorgermene! Invece di andare in giro a giocare sulle scope sarei dovuta restare a casa e occuparmi di lei!-
- Non ci provare neanche.- l'ammonì Draco, con tono ruvido - Elettra, tu fai tutto quello che è umanamente possibile, fai anche l'impossibile. Non ci sono bambini più felici di Lucas e Faith. Il problema non sei tu, il problema sono gli altri...questa faccenda del sangue Potter sta diventando ridicola e...- Malfoy iniziò a fare un lento esame di coscienza mentre parlava. E, per Merlino, il risultato fu desolante.
- Sono passato dall'altra parte della barricata.- alitò sconvolto - Oh cazzo...-
Per tutta risposta Elettra piegò le labbra in un debole sorriso, sentendo invece Hermione sbuffare.
- E dopo decenni, il bell'addormentato si svegliò.- poetizzò la Grifoncina, agitando la bacchetta e rovesciando del the freddo in due bicchieri, mentre per Draco c'era qualcosa di più forte che veleggiava per aria verso di lui sotto forma di un corposo bicchiere di whisky incendiario raso l'orlo - Ha ragione sua maestà comunque. Elettra non puoi controllare le frottole, i pettegolezzi e la cattiveria dei maghi. Lo sai benissimo. Sei cresciuta con Harry, tu stessa sei famosa...ma la bambina ha tutto l'amore possibile.-
- Forse non l'ho rassicurata abbastanza.-
- Forse io e Potter potremmo sistemare chi dà troppa aria alla lingua.- sibilò Draco minaccioso - Tornasse a casa a un'ora decente sarebbe ancora meglio. Il problema è diventato anche Lucas. Non si controlla...i suoi normali impulsi si triplicano col suo potere.-
- Che possiamo fare? Hai trovato chi può aiutarci coi Newsome, Hermione?-
- Si, purtroppo si.- replicò la Grifoncina - Lo farò venire qui al più presto. Lui è uno dei più anziani della Dama, conosce tutti, anche i Fondatori. Se qualcuno può darci informazioni sui Newsome e su chi potrebbe essere sopravvissuto, può essere solo lui...-
- Lui chi? Perché lo dici con quella faccia?- sibilò Draco sospettoso, per poi sbiancare - Oh no...no, non ci pensare neanche! Non LUI!-
- Si, lui. Spiacente tesoro.-
- Quel maledetto mi ha incatenato a San Potter e tu continui a intrattenerci contatti?-
- Non mi sembrava che essere incatenato a Harry ti disse così fastidio ieri.-
- Vada in malora anche Iesi, non tirarlo in ballo adesso mezzosangue!-
Parlavano, parlavano, parlavano.
Ma Lucas, nascosto dietro alla porta, non sentì neanche una dannata soluzione.
Furente, risalì lo scalone senza curarsi d'ingentilire il passo.
Ormai era buio e quelli stavano ancora a parlare!
A metà scalinata trovò Glory seduta e raggomitolata contro la ringhiera.
Si fermò, fissandola con gli occhi azzurri contratti.
- Lei è mia sorella.- disse rabbioso.
La bambina non replicò, restando immobile, senza abbassare lo sguardo.
- E' mia sorella!- disse di nuovo lui, duro.
- Forse dovresti ricordarglielo.- mormorò la piccola Malfoy - Dare fuoco a meno cose e stare di più con lei.-
- Come se può servire a qualcosa!- sbottò agitato - Potter, Potter, Potter! Non sanno dire altro! "Ecco guarda, il figlio di Harry Potter! E quell'altra? Ma dai, non lo sai? È solo una trovatella, non è davvero una Potter!"- gracchiò, facendo il verso ai genitori che avevano spettegolato - Non so neanche cosa vuol dire essere il figlio di Harry Potter! Lui non mi parla mai, non mi spiega mai niente! E neanche a Faith! Almeno lo sapessi cosa vuol dire essere un Potter! Forse a quest'ora potrei arrabbiarmi davvero per qualcosa!-
E senza aggiungere altro la sorpassò di corsa e andò a chiudersi in camera sua, sbattendo la porta.
Era inutile, pensò Glory rialzandosi.
Come aveva detto sua madre, non era l'etichetta di gagia a rendere cattivo un mago.
Era questione di scelte.
Il pendolo battè le sette e mezzo in quel momento, ricordandole che era quasi ora di cena.
Si alzò dal gradino per dirigersi in bagno a lavarsi le mani, del tutto priva di appetito.
Ma quando toccò la porta si sentì male.
Una visione.
I suoi occhi persero di lucidità, diventando vacui. Almeno...solo un occhio a dire la verità.
Perché l'occhio d'oro di Glorya Artemisia Malfoy vedeva il presente.
Quello d'argento il futuro.
Fu quello d'oro a mostrarle un'orribile verità.
Quando si riebbe, sentendo una stretta micidiale dentro allo stomaco, picchiò forte contro lo stipite del bagno.
E si sentì così piccola, così piccola.
- Faith!- urlò - Faith aprimi!-
Nulla. Poi percepì un singhiozzo.
Forse fu la disperazione a farle usare la magia, perché da dentro il bagno la chiave che Faith aveva girato scattò nella serratura. La porta si aprì...e Glory tremò violentemente.
A terra c'era uno straccio macchiato di rosso. Una scia di piccole gocce di sangue intaccava il marmo bianco del pavimento. E poi un coltello da cucina, anche quello macchiato di sangue, per terra, ai piedi di Faith.
Che piangeva, piangeva senza frenarsi.
Senza riuscire ad urlare Glory corse giù, immediatamente.
Fu un susseguirsi di azioni sfuocate per entrambe le bambine.
Glory ricordò di aver gridato solo davanti ad Elettra e ai genitori.
Faith ricordò sua madre apparire sulla soglia e spalancare gli occhi, alla vista di tutto quel sangue.
Glory ricordò di essere scappata via, in camera sua, strappandosi dalla presa di suo padre.
Faith ricordò il dolore alla schiena, quando Elettra ed Hermione le tamponarono con un panno la ferita profonda che si era procurata sulla pelle. Su quel tatuaggio nero.
Su quella stella nera.
Perché era quella no?,
aveva pensato con le lacrime agli occhi, mentre col coltello aveva cercato di distruggerla.
Era quella che la rendeva diversa da una vera Potter, giusto?
Vero...mamma?


Nessuno cenò quella sera.
Nessuno aveva più fame.
Attirato dal baccano proveniente dal bagno, Lucas era uscito per vedere cos'era successo.
Ma sua madre in quel momento, in lacrime come sua figlia, non aveva avuto tempo per lui e sia Hermione che Draco avevano cercato di non fargli vedere niente.
Ci erano riusciti, ma l'espressione del piccolo mago si era trasformata in ghiaccio, sentendo piangere la sorella.
Se n'era andato senza dire una parola, livido, per salire nell'unico posto dove non sarebbero andati a cercarlo subito.
La terrazza della Lucky House.
Uscito alla brezza della sera, non avvertì freddo ma anche se ne avesse avuto non se ne sarebbe curato.
Iniziò a camminare avanti e indietro, per farmarsi e dare un calcio alla parete. E poi ricominciare.
Aveva visto Glory, seduta contro la balconata di pietra della terrazza, nascosta sotto una coperta di cotone leggera e quando sentì abbastanza dolore al piede da smetterla di prendersela col muro, la raggiunse zoppicando.
In un attimo s'infilò sotto la coperta insieme a lei, tirandosela fin sulla testa.
Poggiò il mento sulle ginocchia e chiuse gli occhi.
La piccola Malfoy non parlò. Tremava soltanto, le ginocchia rannicchiate contro il petto scosso da fremiti.
Si sentiva così piccola, così piccola.
Quando era entrata nel bagno, quella maledetta stanza era diventata enorme.
Troppo grande per lei e anche per Faith, che le era apparsa come un puntino bianco, in mezzo a un buco nero.
Ma com'era potuto succedere?

Mentre Glory chinava il capo, per nasconderselo fra le braccia incrociate posate sulle ginocchia, Faith rialzava gli occhi vitrei, densi dell'azzurro scuro di un cielo estivo, tersi di lacrime, lucenti come pietre preziose.
Ma ricominciò a piangere, raggomitolandosi nelle coperte del suo letto quando sentì singhiozzare sua madre, nel corridoio.
Elettra non riusciva più a entrare, non riusciva più a guardarla dopo aver tamponato il sangue di quella ferita che si era fatta sulla schiena. Quando era entrata in bagno e aveva visto tutto quel sangue per un attimo le gambe non l'aveva sorretta. Erano state le lacrime della piccola a tenerla in piedi, ma vedere quello che si era fatta le aveva spaccato il cuore in mille pezzi.
Il coltello preso in cucina era penetrato di poco, aveva sfregiato la stella nera del battesimo dei gagia e le aveva fatto perdere parecchio sangue, ma dopo averla bendata Draco era subito tornato con la pozione necessaria per tenerla in forze.
Faith l'aveva bevuta senza dire nulla, quasi non sentendone l'acre sapore.
Quella stella...quella stella...
Era per quella che era cattiva, no? Per quella che non era come Lucas? Giusto?
Con le lacrime rincantucciate nel più profondo del suo essere Faith aveva taciuto fino a quando non aveva smesso di bere la pozione, fino a quando Hermione e sua madre non avevano stretto le bende.
Se il dolore alla schiena sembrava scomparso, forse attutito da quella pozione, le sue lacrime erano ritornate prepotentemente a galla quando aveva visto sua madre nascondersi il viso fra le mani e uscire di forza da quella stanza.
Stava sola da qualche minuto, ancora la sentiva singhiozzare dal corridoio.
Non l'aveva mai vista piangere.
Faith si guardò le piccole mani. Erano pallidissime, tese, nervose.
Si sentiva il collo rigido, la schiena come impietrita da quelle bende né troppo soffici né troppo ruvide.
Non era la schiena a farle male.
Guardò fuori dalla finestra aperta, senza muoversi, seduta a letto.
Non fece nulla.
Sbatteva le palpebre, per cercare di scacciare la lacrime, ma erano sforzi vani i suoi.
Qualcosa aveva cominciato a divorarla da dentro già tanto tempo prima. Quando tutto era cominciato, lei non poteva ricordarselo. Ma quella sensazione la provava da molto, molto tempo.
Tutto ciò che aveva dentro si trasformò in dolore e nausea.
Era stata colpa di quelle parole...
Lei che non era una Potter. Che era solo un'intrusa.
Una...una strega cattiva.
Nella famiglia di un grande mago, di un eroe. Tutti si chiedevano perché i suoi genitori l'avessero presa con loro.
Le bambine le avevano detto che sottraeva solo dello spazio e dell'affetto a Lucas.
Che solo perché suo padre era molto buono l'avevano tenuta a casa loro. Altrimenti sarebbe finita in un orfanotrofio.
Tutto crollava. Tutti i bei ricordi, tutti i sorrisi.
Qualcosa la trascinava a fondo, in un posto dove non c'erano più sua madre, né suo padre, né Lucas.
Non c'era più Glory, né Draco ed Hermione.
Gliel'avevano detto che era stata messa davanti alla loro porta di casa, perché i suoi veri genitori erano morti ma...cos'altro poteva essere due persone come Harry ed Elettra che si occupavano così di lei?
Papà, mamma. Erano questo.
E Lucas era suo fratello.
Non conosceva altra realtà ma sembrava che tutti facessero a gara per distruggere quel mondo, facendo a pezzi anche lei. Si aggrappò istintivamente alle coperte, alle lenzuola, quando la porta si riaprì.
Non vide sua madre, ma Draco che si richiuse il battente alle spalle senza fare rumore.
- Ciao principessa.-
Faith tirò su col naso, vedendo di nuovo tutto sfocato.
- Ciao zio.- sussurrò con vocina sottile, impossibile da udire correttamente.
Malfoy si sedette sulla sponda, osservandola.
I lunghi capelli neri le ricadevano sulle piccole spalle fragili.
Dolcemente le carezzò la nuca, chinandosi a baciarle la fronte e la piccola serrò le mani sulle sue.
- Non farlo più.- le disse, passandole un braccio sulle spalle - Capito? Non farlo più.- e la lasciò singhiozzare, dire parole sconnesse, infine piangere a dirotto, senza impedirglielo.
- La...la mamma?- mormorò Faith, mentre Draco le asciugava le guance con un fazzoletto.
- La mamma è triste. Dalle un po' di tempo, eh piccola?-
- Non lo faccio più.- scandì allora la streghetta, annuendo violentemente - Giuro, non lo faccio più!-
- Tua madre è triste per il motivo per cui l'hai fatto, tesoro.- le spiegò, continuando a carezzarle la folta chioma corvina - Non è cancellando un segno che possiamo essere diversi.-
- Ma se va via...-
- Faith.- Draco le sorrise debolmente - Credi di essere cattiva per quel tatuaggio?-
- Io...non lo so.- sussurrò, abbassando lo sguardo - Ma Lucas non ce l'ha e...-
- Tesoro, quel tatuaggio non significa niente. Io ero con tuo padre quando siamo inciampati davanti a casa nel tuo cestino, ci credi che anche da piccola non avevi niente di lontanamente pericoloso?- e le pizzicottò il nasino, strappandole un debole sorriso - E poi di solito i figli uno se li tiene come vengono...Harry invece dopo aver avuto Lucas ha scelto te, questo vuol dire che era già abbastanza traumatizzato, non credi?-
Si, pensò Draco. Era proprio vero che i figli ti fanno cambiare.
Un tempo non avrebbe pensato di poter difendere i mezzosangue, d'ignorare il suo cognome, la sua famiglia purosangue. Ma Glorya e Faith in un solo giorno gli avevano sbattuto in faccia l'ultima vera realtà.
- Ti faccio vedere una cosa.- le sussurrò, quando si fu un po' calmata - Io ti sembro cattivo?- e rise, vedendola illuminarsi maliziosa - Con te sono mai cattivo?-
- No.- gli concesse allora la piccola, osservandolo mentre si slacciava la manica sinistra della camicia.
- Ho un tatuaggio anche io, più o meno come il tuo.-
- Il corvo?- chiese, toccandogli il dorso della mano, poco sotto il Bracciale del Destino.
- No.- Era tanto che non lo mostrava a qualcuno che non fosse Hermione. Così tanto...
Quando tirò su la manica, Faith corrucciò la fronte, osservando quello che lei non sapeva essere il Marchio Nero .
- Brutto, eh?- le disse.
- Non è una stella. Questo è un serpente...-
- Si chiama Marchio Nero. È il simbolo dei Mangiamorte principessa.-
Faith sgranò gli occhioni - Quelli volevano uccidere il papà?-
- Già. Me lo fecero quando avevo più o meno l'età di tuo zio J.J.-
- Ma tu non volevi, vero?-
- No. Però ce l'ho lo stesso.-
- Ma non sei cattivo.-
Draco sorrise, carezzandole un'ultima volta il musetto, sentendo dei passi conosciuti alle spalle.
- Che ne sai che non è cattivo, folletto?- disse la voce calda di Harry Potter - E' peggio del diavolo quello lì.-
- Papà!- Faith saltò su letto quando lui le fu vicino, sollevandola fra le braccia e cercando di stringerla forte ma senza farle male.
Chiuse gli occhi, distrutto, dopo aver sillabato un grazie silenzioso a Malfoy con le labbra.
Lui gli fece una smorfia, che stava a significare "prego" e dopo aver baciato Faith sui capelli se ne andò, girandosi prima di uscire.
Forse da grande Faith non sarebbe assomigliata a nessuno dei suoi genitori.
Però era figlia loro.
E sbuffando, iniziò a pensare di essere davvero impazzito.
Ma i bambini facevano quell'effetto in fondo.

Quando Faith finalmente si addormentò, Harry rimase a guardare il suo pulcino al buio.
Seduto in poltrona, osservò la massa dei suoi capelli sparsi sui cuscini e quelle bende maledette, che spuntavano dalla sua canottiera azzurra e blu.
Il solo pensiero di quello che si era fatta gli faceva congelare il sangue.
E non era stato l'unico a sentirsi male.
Da che la conosceva, aveva visto Elettra solo una volta piangere tanto disperatamente.
Quando suo padre le aveva detto che non era più gradita in casa loro, perché si risposava.
Quando era tornato dall'associazione e aveva sentito dai singhiozzi di Elettra cos'era successo, quasi si era sentito pronto a riprendere i suoi poteri e a seguire il consiglio di Hermione.
Fattura in blocco.
Era assurdo come risentirsi padrone della sua vita e quindi della sua magia per un attimo fosse riuscito a farlo sentire di nuovo sicuro di sé, capo di quella situazione.
Ma la sua piccola non dovevano neanche osare più guardarla.
Si alzò e si chinò sulla sponda, baciandole un guancia ma se ne andò via in fretta. Un altro secondo e i ricordi di quando l'aveva trovata davanti a casa, in quella fredda mattina quando Tom era stato rapito, l'avrebbero sopraffatto.
In corridoio però non poté proseguire.
Sentiva le voci degli altri al piano terra, ma lì a sbarrargli la strada c'era Lucas.
Suo figlio stava appoggiato a una parete e quando sollevò gli occhi così simili a quelli di sua madre, Harry sentì di nuovo forte, quasi impossibile da sostenere, il peso della vergogna.
Del cedimento.
- Le hanno detto che lei non è una vera Potter.- sibilò il maghetto, gelido.
- Hanno piantato davanti a una porta anche me.- replicò Harry, cercando di mantenersi calmo - E sono passato alla storia per questo.-
- Già ma lei non è Harry Potter, il bambino sopravvissuto.- continuò Lucas, alzando la voce - A dire il vero non lo so neanche io che vuol dire, anche se a quanto pare sono un Potter fatto e finito. Allora papà? Cosa vuol dire essere un Potter?-
- Essere circondato da imbecilli.-
- Questo l'avevo capito.- Lucas serrò i pugni - Papà perché hai rinunciato alla magia?-
Harry sospirò, passandosi una mano fra i capelli ribelli.
Scosse la testa.
- Lucas non è la serata buona.-
- E' la serata giusta invece. Non parli mai con me e Faith di quando eri un mago! Sanno più Jemy e Caleb che vanno a Hogwarts di quanto non sappia io! Perché non fai più magie? Dimmelo!-
- Perché mi ero stufato di prendere ordini.- bofonchiò l'ex Auror.
- Non mi basta.-
- Finita la guerra contro il Lord Oscuro i miei poteri non mi sarebbero più serviti.-
- Tutte storie, tu sei mago! Quale persona sana di mente sceglierebbe di essere uno stupido babbano quando può avere dei poteri?! Dimmi la verità almeno! Ti hanno fatto qualcosa? Ti hanno preso qualcosa?-
Il bambino sopravvissuto questa volta, colpito da come suo figlio aveva posto la frase e quali parole aveva usato, si sentì vacillare. E i suoi occhi verdi s'incupirono.
- Con chi hai parlato?- chiese in un soffio.
- Il Menestrello. Ma lui non mi dice mai niente.- Lucas continuò, anche se l'espressione del padre gli faceva presagire che non avrebbe preso bene ulteriori domande - Chi è Tom?-
E infatti.
Il bambino sopravvissuto cominciò ad emanare un'aura di collera ben più densa di qualunque nube di fuoco.
- Chi ti ha detto di Tom?-
- Chi è Tom?- continuò il piccolo Potter testardo - E' per lui che non vuoi più essere un mago?-
- Lucas questi non affari tuoi. Ormai non sono più affari di nessuno.- sibilò lugubre, sorpassando - Adesso vai in camera tua e fammi il favore di dormire!-
- Perché non vuoi parlarmi di lui?!-
- Lucas!-
Il maghetto sobbalzò leggermente, il viso contrito e deluso.
- Vai a dormire.- ridisse Harry, ombroso - Adesso.-
Suo figlio non gli rispose più.
Scosse la testa e se ne andò, senza girarsi più indietro.
Conscio che ancora una volta non avrebbe avuto le risposte che cercava.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6° ***


TMR6

 

 

 

 

Era mezzanotte passata a Crenshaw Hill.
William Crenshaw lasciò la sua camera da letto per andare a cercare Asher con netto anticipo, considerate le dimensioni del palazzo ricostruito in seguito all'incendio causato dagli Illuminati e considerata anche la capacità di Asher Greyback di sparire quando meno ce n'era bisogno.

Lui e il principe dei mannari avevano un appuntamento a Londra con gli altri per passare la serata in compagnia e così si mise a cercare quel signore dei lupi, impaziente e seccato dalla caccia casalinga.
Non trovandolo nella sua camera da letto e neanche nelle armerie, passione che accomunava Jeager e Asher, William scese al pian terreno ed ebbe la netta sensazione che la casa fosse sprofondata in una strana atmosfera.
I domestici non erano in giro, anche i fantasmi sembravano essersi rintanati fra i muri o negli armadi a sonnecchiare senza rompere con le loro filippiche sui bei tempi andati...
Harold doveva essere già andato a letto, Selma invece aveva raggiunto i suoi parenti in Worcestershire per una settimana. In casa restavano solo lui, Asher (ammesso che non fosse ancora nei boschi!) e suo padre.
Anzi...a dire il vero suo padre di recente si comportava stranamente, in maniera molto più assurda del solito e nell'ultimo mese aveva passato molte notti fuori, senza dire a nessuno dove andava.
Fermo nell'antisalone davanti a uno specchio a parete, William si passò distrattamente una mano fra i capelli per tirarli indietro e chiamò il principe di casa ad alta voce.
Sicuramente era stato a caccia ed era tornato indietro in uno stato pietoso.
Stava per risalire in bagno, l'unico posto dove poteva trovarsi, e rompergli la porta a suon di pugni, visto che li faceva sempre arrivare in ritardo. Inoltre lui era già abbastanza nervoso.
Quella sera avevano un appuntamento al The Rock Garden a Piccadilly Circus e Damon, bastardamente, l'aveva avvisato che ci sarebbe stato anche J.J. Baley insieme alla sua compagnia.

E questo stava a significare tutti i maledetti Grifondoro del suo anno, fra cui Julian Larabee, il re delle damigelle in pericolo e Nick Brett, il migliore amico sempre pronto a mettere il dito nelle piaghe.
A malapena lui e Baley riuscivano a discutere senza mettersi le dita negli occhi, come ogni buon rapporto fra un Serpeverde e un Grifondoro, ma Larabee e Brett non li aveva mai retti.

Colpa di Lei, ovvio. La principessa venerata da tutti.
Sbuffò inferocito, guardandosi di nuovo allo specchio.
Si, niente fuori posto. E doveva calmarsi, o quella avrebbe fiutato il suo nervoso lontano un miglio!
- Asher! Per Dio, ti muovi o no?- tuonò per tutta la casa, ma poi gli giunse un rumore dalle porte della cucina al pian terreno, sopra quella del sotterraneo più usata da Selma e dalla servitù. Quella al pian terreno, in cui si stava dirigendo, era in realtà più una gigantesca dispensa con un frigo a portata di stomaco di licantropo.
Messo in naso dentro, vide alcune ciotole di frutta e dolci sul bancone di pietra cerata in mezzo alla cucina, ma giratosi verso il frigo di lucido acciaio, insolitamente troppo babbano, la sua imprecazione gli morì sulle labbra.
Perché dallo sportello aperto spuntavano un paio di gambe abbronzate e affusolate che di certo non erano né di licantropo né di uomo.
Iniziò a balbettare, senza emettere alcun suono, quando Asher finalmente gli arrivò di spalle, scuotendolo.
- Allora? Te la dai una mossa? E' tardi.- gli ruggì gentilmente.
Ma William agitò la mano, sempre senza parole, e gl'indicò le gambe incriminate.
Anche il principe dei Greyback, con la cintura ancora slacciata e la giacca in spalla, parve strabiliato.
Le sue fauci scintillarono alla luce della cucina, almeno fino a quando forse attirata dal loro boccheggiare la sconosciuta non si sporse dallo sportello del frigo. E sbatté gli occhi.
Non due.
Ma tre!
Sembrava una venera nera, abbronzata e con lunghi e fluenti capelli corvini, due occhi di giada al solito posto...e un terzo occhio messo per verticale in mezzo alla fronte!
Era sicuramente un demone impuro.
- Salve.- sorrise la demone, chiudendo il frigo con un colpo di fianchi tondi e sodi, avvolta in una camicia maschile che le scivolava sulla schiena, scoprendone l'epidermide color moka - Voi due siete i figli di Jeager, vero? Oh, che carini. Siete uguali a lui!-
Se Asher si aggrappò allo stipite dell'ingresso, William si lasciò praticamente andare contro di lui e fu solo grazie al mannaro se non finì a terra come un sacco di patate.
Il bello poi erano un paio di boxer neri con un particolare simbolo rosso sul bordo sinistro che spuntavano da quella camicia maschile...che un attimo William riconobbe essere quelli del padre!
Ma chi diavolo era quella?
- Avete fame ragazzi?- chiese la demone, leccando lentamente un cucchiaio di yogurt.
- No.- riuscì a dire Asher, tenendo su William a stento - Comunque...noi dobbiamo andare adesso. Buon appetito.-
- Oh, grazie.- celiò, mentre il suo terzo occhio spariva, lasciando solo una fronte liscia e assolutamente normale - Davvero non volete qualcosa? Adoro gli uomini di casa col frigo pieno.-
Un risolino isterico uscì dalla bocca di Greyback, almeno finché la voce di Jeager non arrivò dall'altra entrata della cucina. E sembrava piuttosto incazzato.
- Hacate porca miseria! Ti avevo detto di non uscire!-
- Tesoro sono qua!- disse la demone ad alta voce, continuando a mangiare frutta e yogurt tranquillamente.
Tesoro? Tesoro??
Asher e William cominciarono a impallidire, ma mai come Jeager quando entrando li trovò in cucina.
Ci fu un attimo di silenzio abbastanza pesante, anche se quella Hacate in sottofondo continuava a trafficare col cibo, eppure quando Jeager Crenshaw, mai cambiato, riuscì ad aprire la bocca fu solo per imitare il suo vero figlio.
Ovvero boccheggiare.
Si riprese in un lampo comunque, con espressione seccata e forse imbarazzata, tanto che diventò di nuovo un despota.
- Cosa accidenti fate ancora qui voi due? Possibile che dovete sempre far aspettare la gente?!-
Per tutta risposta Asher serrò le palpebre, pronto a farlo a brandelli, mentre William non riusciva a staccare gli occhi da quella tizia. Coi boxer di suo padre! Ma dai!
- Avanti, fuori dai piedi.- ordinò Jeager, iniziando a spingerli fuori alla velocità della luce, come un'amante beccata dal marito - Tornate all'alba strafatti e ubriachi come fanno tutte le persone normali! Su, sparite!-
E riuscì a buttarli fuori davvero il maledetto. Li chiuse pure fuori dai cancelli! A chiave!

Quando al The Rock Cafè si raccontò la favoletta serale, l'unica a non battere ciglio fu naturalmente Degona, anche se gli altri erano spaccati in due a ridere sul bancone del pub.
- Oddio, questa è grande!- Trix quasi stava perdendo i canini a forza di ridere, urlando per farsi sentire sopra la musica altissima, sparata a palla per tutto il locale - Tu che assomigli a Jeager! Tu!- e rise ancora più forte al ringhio del mannaro - Grande, questa tizia già mi piace! Quand'è che me la presenta?-
- Per non parlare poi del fatto che neanche ve l'ha presentata ufficialmente.- considerò invece Damon, buttando giù un martini - Perciò avete visto solo un'amante occasionale.-
- Perché fate quelle facce?- chiese J.J. Baley invece - Non crederete mica che sia uno che va in bianco.-
William stava per rispondergli male, ma poi preferì tacere.
A dire il vero...bhò, suo padre non si era mai fatto vedere con nessuna donna da lui, anche se avrebbe potuto farlo benissimo. E quando li aveva visti in cucina, per poco non era svenuto.
Anche se ne dubitava, conoscendolo, William avrebbe potuto pensare che lo faceva per delicatezza.
Tenere fuori le sue donne da casa loro, ovvio.
- Lasciamo perdere.- fece Damon, masticando una ciliegia in ghiaccio - Se è più di un'amante magari la prossima volta la invita a cena.-
- Vestita.- aggiunse Trix ricominciando a ridere, piegata sulla spalla di J.J che non ne poteva più, visto che era più rosso della maglia scollatissima della Diurna.
- Andate a quel paese umani.- mugugnò Asher - Vado a farmi un giro.-
- Niente cadaveri in giro, capito?- minacciò Trix seccata - Non ho voglia di buttarli in un cassonetto per coprirti.-
Le facce degli altri erano tutto in programma. Spesso ancora non capivano quando i maggiori di loro scherzavano, comunque presero da bere e andarono a sedersi nel séparé.
Degona invece rimase seduta dov'era, abbarbicata al bancone, aspettando la sua ordinazione insieme a Julian.
Julian Larabee era cresciuto negli anni e ora quasi poteva vantare il fisico di Asher, che emanava protezione e calore.
Per questo la Mckay si sentiva sempre bene al suo fianco anche se quella sera però era parecchio irritabile.
Specialmente quando vide la chioma fulva di Ginger Winsort apparire nell'ingresso, fra i tanti babbani.
Dena naturalmente non poteva vederla, ma non per i motivi che si possono pensare.
Era spocchiosa, snob e supponente.
Viso carino ma irregolare, con scarpe a punta quasi acuminate che sembravano tenere alla larga il prossimo.
Ma ovviamente non William, a cui quella buttò subito le braccia attorno al collo, stringendosi forte a lui.
- Grazie.- bofonchiò, quando uno dei baristi le mise di fronte al naso un cocktail con frutta e vodka, consigliatole da Nick. Ne bevve un sorso, spiando sempre verso il séparé.
Eccola. Gli si era già seduta in braccio, spalmata addosso come marmellata.
E neanche capiva che lui non era in vena anche se non era difficile da capire, vista la sua espressione.
Comunque doveva ammettere che era brava a sedurre. Vestito nero, tacchi, profumo non troppo intenso ma sensuale.
Peccato fosse un vipera velenosa e basta.
- Cherié, si vede lontano un miglio che vorresti ucciderla.- le disse la voce roca di J.J. che era tornato a prenderla quando anche Julian non era riuscito a scollarla dal bancone - Controllati.-
- Al diavolo.- brontolò mesta, attaccandosi di nuovo al bicchiere - Quella la odio, non la reggo. Sa sempre tutto, i suoi sono straricchi e quindi ha un mucchio di vestiti che sono ASSOLUTAMENTE di alta sartoria.- aggiunse, facendole il verso - Mi spieghi perché non la faccio sparire all'istante, eh? Perché?-
Baley si sedette al suo fianco, levando un sopracciglio chiaro - Intendi con l'empatia?-
- Già.-
- Fossi tua madre la Winsort sarebbe già affogata in un canale. Ma tu sei troppo brava per farlo.-
- Si, brava.- sibilò, finendo il cocktail a goccia - Una brava ragazza. Una barbosa brava ragazza.-
- Se vai avanti così sento odore di sbronza.- rise l'altro - Dai, non hai niente da invidiare a quella.-
- A quanto pare si, visto che almeno da lei Crenshaw non scappa.-
- Cherié, ci sono due motivi per cui un uomo scappa da una donna. Può non sopportarla, oppure amarla ed esserne terrorizzato.-
- Forse non mi regge.-
- Ah, stronzate.- ghignò Baley, prendendola per mano - Fai la gattina con qualcun altro e vedrai come correrà.-
- Io non faccio la gattina proprio con nessuno.- replicò, sbuffando.
Una volta seduta sui divanetti però, iniziò a sentire un forte impeto di gelosia...arrivare proprio da William.
Lo fissò e vide che lui, invece di occuparsi di Ginger che ciarlava al vento infastidendo Nick e Julian, fissava la mano di J.J. ancora stretta nella sua.
Maschi, pensò schifata. Bastava davvero così poco?
Effettivamente si, visto che William fu di umore pessimo per tutta la serata a causa di J.J. che invece si divertì un mondo a fare il finto fidanzato premuroso.
All'alba, dopo aver fatto colazione al bar accanto al The Rock Garden che aveva appena aperto, i ragazzi cominciarono a separarsi e lì di nuovo William dovette subirsi la trafila dei leccapiedi che l'abbracciavano e se ne andavano ubriachi persi a casa loro. Fossero caduti tutti in un tombino, quei maledetti maghi della malora!
Larabee, Brett e anche quel maledetto di Baley...già, che fossero caduti tutti di testa!
Da parte sua. invece, dovette occuparsi della Winsort. Dovette mettere Ginger su un taxi e sperare che non rompesse troppo le balle al tassista babbano, perché primo non ne voleva sapere di farsela menare sul perché era stato tanto distaccato quella sera e poi il motivo di defilarsi era arrivato proprio alla fine della colazione.
Milos Morrigan si era fatto largo fra gli avventori mattiniere del bar ed era apparso alle spalle di Trix, quasi facendole prendere un colpo. La ragazza non lo maledì solo perché lui le chiuse subito le labbra con un bacio.
- Leoninus, la consumi.- soffiò Asher in sottofondo, stravaccato su una sedia.
Milo alzò un braccio da dov'era avvinghiato alla vita della Diurna solo per sollevargli in faccia un simpatico dito medio, ma alla fine riuscirono a staccarli e ad andare fuori dal bar, dove si sedettero su degli scomodi tavolinetti bianchi, almeno per quell'ora infame della giornata e dopo la nottata passata a bere e darsi alla pazza gioia in pista.
- Come va ragazzi?- chiese Milo, sedendosi accanto a Trix e accendendosi una sigaretta.
- Una figata. Adesso dovrei andare a casa a dormire e ti dico subito che attorno al mio letto ci saranno come minimo una ventina di cadaveri incazzati perché non mi occupo degli affari loro.- ghignò Damon, sorbendosi il caffè.
- Wow.- rise J.J. - E le parole "privacy" e "giornata libera" che fine hanno fatto?-
- Mai conosciute.-
- Sono passato da Jess, ha finito il turno poco fa.- disse Morrigan, fissando Beatrix attentamente - Ho sentito che l'altra sera avete beccato Badomen in Downing Street.-
- Già.- annuì la Vaughn, poggiandosi contro la sua spalla e sbadigliando - Ma l'abbiamo perso.-
- Diciamo che qualche bastardo lì attorno s'è messo a lanciare SciogliOcchi.- rettificò Asher seccato - C'è mancato poco che diventassi tutti ciechi. Chiunque l'abbia aiutato però era lì attorno.-
- Possibile che non vi siate accorti di niente?- allibì William.
- Gli Auror non hanno guardato in giro?- chiese anche Dena.
- Ci ha pensato Kinneas.- Trix alzò le mani, in segno di resa - Io e Edward non ce la siamo sentita d'intavolare una lunga discussione che sarebbe finita con la sua dipartita e noi due diretti ad Azkaban per assassinio di deficiente, per cui abbiamo dovuto lasciar perdere e limitarci a far rapporto. Comunque è appurato. Badomen è un Mangiamorte.-
- E sa parecchie cose.- continuò Greyback - Sapeva chi sono, gli è bastato scoccarmi un'occhiata. Chi lo manovra ha scelto il primo pollo che passava...oppure non riesce più a gestirlo.-
- Lo dico anche io.- annuì Damon - Lo usano come macchina assassina, mi è sembrato un duellante più che decente ma se si liberasse dai fili di chi lo manovra...non so cosa potrebbe fare.-
- Basta sapere chi lo manovra.- replicò J.J. - Chi è rimasto fuori?-
- Dopo il Tower Bridge?- fece Milo, che carezzava il collo a Trix - Nessuno.-
- Ne resta sempre fuori qualcuno.- disse William, guardando l'ora - Se avete altre novità gente sarò felice di ascoltarvi dopo aver capito che diavolo combina mio padre nella nostra cucina. A proposito, sapete il nome di un tipo di demone impuro con un terzo occhio in fronte?-
- Trilocus Trifronte. Demone impuro di prima classe. Hanno poteri di taumaturgia istantanea.- rispose Milo, levando un sopracciglio - Portano fortuna...se gli stacchi il terzo occhio almeno. Perché?-
- Non credo che volesse staccarle l'occhio...- attaccò a ridere sommessamente Asher, senza riuscire a frenarsi.
Da lì ripresero tutti a ridere come dei deficienti e quando lo venne a sapere anche Milo non ce ne fu più per nessuno.
Si salutarono tutti quando Crenshaw junior decise che per quella volta ne aveva davvero abbastanza e mentre i due Diurni filarono alla Banca del Plasma, un club sotterraneo di Londra dove si smerciava per i vampiri, per comprarsi viveri a sufficienza per qualche settimana, gli altri tornarono fiaccamente a casa loro.
Damon fu uno dei primi, ridendo quando J.J. fece l'ultima mossa dell'uscita.
Stampò un grosso bacio a Degona accanto alla bocca, facendo diventare William color verde mela all'istante.
- Giochi col fuoco.- ghignò il Legimors, sparendo insieme a Baley.
- Mi diverto.- rise il biondino - E poi non sopporto i testardi.-
- Come hai ragione...ne conoscevo un paio anni fa che hanno battuto tutti i record.-
Come volevasi dimostrare, quando un uomo con geni Crenshaw se la prende per qualcosa lo fa seriamente.
Così rimase piantato a fissare Degona con aria truce.
Lei, candida come la neve, sogghignò al solo pensiero di quello che stava percependo.
- Dovresti calmarti signor Autocontrollo.- lo sfidò, infilandosi il coprispalle sul top di raso senza spalline che indossava - Non sei tu che vuoi che stia fuori dalla tua testa?-
I lineamenti di William s'incupirono ancora di più.
- Facciamo due passi.- sibilò, con tono ben poco amichevole.
La strega accettò comunque, curiosa di sentire le forate che sicuramente sarebbero uscite a causa del suo orgoglio maschile ma quando, dopo essersi Smaterializzati, si accorse dove l'aveva portata fu costretta ad abbassare il viso.
L'aria del Tamigi era dolce a quell'alba. Così diversa...da quel giorno di tanti anni prima.
Degona si appoggiò alla balaustra del Tower Bridge, guardando appena il colore purpureo di quel bellissimo primo sole.
Quel ponte...quelle torri...quel metallo...le ricordavano sempre Tom.
Suo fratello.
Si girò appena, quando sentì lo schiocco dell'accendino.
- Non avevi smesso di fumare?- gli chiese a bassa voce.
William si appoggiò alla ringhiera di schiena.
- Ho ricominciato.- fu la semplice risposta.
Lei tornò a guardare l'acqua sotto di loro, ricordando. Ricordava con gli occhi di una bambina di undici anni, rivedeva una grande nave volante con le vele bianche. Ricordava mille fate che avevano avvolto Londra in una tenda di stelle.
- Chissà cosa sta facendo.- sussurrò, senza neanche accorgersene.
- Non fai esercizi con Caesar?- le chiese William, senza guardarla.
- Si. Ma non gli chiedo mai nulla. Non oso farlo neanche con la mamma.- e si appoggiò sui gomiti, cercando di nascondere la bocca che stava letteralmente tremando.
Dio, come le mancava.
Come aveva saputo farsi amare...e farsi odiare.
- A volte tu perdi di vista le cose che hanno più importanza.- le disse William improvvisamente, facendole alzare le sopracciglia con espressione interrogativa - Si,- continuò - lavori troppo in quel posto. Ci passi troppo del tuo tempo, come stasera che sei rimasta a boccheggiare quando Brett ha detto che la tua amica Tilde si è fidanzata.-
- Mi piace stare all'associazione.-
- Piace anche Harry. E ci state tanto tempo tutti e due per lo stesso motivo.-
Degona stavolta imprecò fra i denti, dandogli le spalle.
- Io almeno accetto le cose come sono.-
- Hn, come no.- ghignò Crenshaw acido, ciccando a terra - Questa era per me, vero?-
- Io non l'ho detto. Sei stato tu, tesoro.- replicò infastidita - Qualcuno che ti dica la verità ci va, no?-
- Sempre tu. Altro sottinteso. Chi mi racconta balle?-
- Tu stesso magari te ne racconti?-
- Vuoi parlare di balle?- William gettò la sigaretta dal ponte, mettendosi di tre quarti verso di lei - Ok. Parliamo di balle. Ti sei messa con Baley?-
- Oh, andiamo William queste sono tutte stronzate!- sbottò, tornando a fissarlo con gli occhi verdi fiammeggianti - E lo sai benissimo! Non sono io che ho paura e tantomeno sono io che mi nascondo dietro una Serpeverde con la sensibilità di un tortino di mirtilli e le scarpe fatte con la pelle di centinaia di poveri draghi scuoiati!-
Lui si fece appena indietro, man mano che gli andava troppo vicino e specialmente quando gli puntò il dito in faccia.
- Io di palle non ne racconto! Sei tu che racconti palle a te stesso sbattendoti la Winsort, perché io ho chiaro nella testa il ricordo di ferragosto dell'altro anno quindi fammi il favore di non farmi la paternale, perché è fiato sprecato!-
Rossa in faccia per lo sforzo, ansimò terribilmente quando lui le prese la mano che lo accusava col dito, stringendola forte.
- Però. Che linguaggio signorina Mckay.- ironizzò sarcastico.
- Ma va al diavolo!- urlò quasi. Fece per ritrarre la mano ma William non gliela lasciò.
I suoi occhi verdeacqua si erano fatti seri, di colpo. Chinò la testa, senza lasciarle il palmo.
Ormai pronta a liberarsi con la forza, visto che ancora una volta non sarebbero giunti a nessuna conclusione, lui fece una cosa che le bloccò la respirazione e le mandò il battito del cuore a mille.
Posò la bocca sulle sue nocche, sfregando le labbra su ognuna di esse, risalendo lungo le dita.
Lo faceva a occhi chiusi, senza muoversi.
Ma forse sapendo bene che lei attendeva solo una sua parola.
E questa non tardò ad arrivare.
Risalì lungo il pollice destro, fermandosi con la bocca sul suo polso.
Rialzò gli occhi, piantandoli in quelli verdi della ragazza.
- Io ti amo e tu lo sai.-
Degona trattenne il fiato, sentendo la carezza della sua bocca sulla pelle delicata.
Lo sentiva. Lo sentiva da un pezzo, da anni.
Quell'amore lo sentiva sempre.
Ma sentiva anche le catene che ancora lo imprigionavano.
Catene che lui ancora non voleva spezzare.
- Ma ci sono troppe cose che ancora non accetto.- continuò, senza inflessioni nella voce, portandosi la mano della strega al torace - Sai anche questo. Tu accetti ogni difetto di me, riesci a vedere la bellezza anche nell'essere più basso di questa terra. Ma io ancora non riesco a trovarla dentro me stesso...-
- William io...-
- No.- Lui scosse il capo, baciandole di nuovo la mano e poi lasciandola, facendola sentire abbandonata - Un tempo mi hai detto che quelli come noi non sono diversi. Che sono speciali. Quando lo sentirò anche io...veramente...allora verrò da te. Perché non so starti lontano. E anche se mi fai paura...- sorrise debolmente -...il pensiero di non vederti mi atterrisce. Sai come mi sento...-
- Si.- annuì lei, abbassando il viso.
- Dammi ancora un po' di tempo allora. Ne ho bisogno.-
- Lo so.-
William le si fece più vicino, posandole le mani attorno al collo, risalendo lungo le guance.
Le sfiorò la fronte con un bacio, dannandosi.
- Non sopporto che stai con lei.- mormorò Degona con forza, serrandogli le mani sulle braccia, piantando le unghie nella sua maglia - Non sopporto quando ti bacia, non sopporto di vederti andare via la notte con lei...-
Il suo silenzio amareggiato valse più di ogni parola.
Le stava sussurrando perdono.
Le stava sussurrando pentimento, delusione.
Si separarono quando il sole era ormai chiaro, non più rossastro e appannato.
La notte era finita davvero, così si lasciarono le mani e presero strade diverse.
Almeno per un altro giorno.


- Queste stupide uova non si schiudono. Facciamocele per colazione e basta, dai.-
Glorya Malfoy alzò appena gli occhi dal suo libro, vedendo Lucas Potter chino sul cestino delle uova d'oro.
Le mamme oche, pace all'anima loro, avevano fatto una brutta fine in silenzio. Draco le aveva regalate al loro custode e di sicuro sua moglie le aveva molto apprezzate, ma le nove uova erano sopravvissute, come tanti in quella casa.
Ogni tanto si muovevano, ma l'unico uovo caldo era quello simile al piombo...
Era venerdì pomeriggio. I piccoli avevano finalmente finito la scuola e tutti, all'uscita dalla Baynard, erano sembrati felicissimi, specialmente i gemelli che avevano messo la colla a presa rapida sulla poltrona della preside. Lucas invece non era tornato a casa con lo stesso sorriso da iena dei due piccoli Weasley.
Quel pomeriggio afoso era solo su di giri. E molto anche! Ma non per la fine della scuola.
Godeva perché erano le quattro e mezza e la Lucky House, miracolosamente, era abitata solo da quell'essere apatico di Draco, chiuso nel suo studio che anche volendo non avrebbe sentito la quattordicesima guerra mondiale neanche se gli fosse scoppiata in bagno.
Questo dava a Lucas il margine di vantaggio che voleva.
Sua madre ed Hermione erano fuori con Faith, avevano portato la piccola a fare spese per farla distrarre un po' ma il bello era che suo padre sarebbe rimasto all'Associazione fino a tardi!
E quindi scattava la riunione under fifteen.
Dall'incidente di Faith, due giorni prima, in casa regnava un clima abbastanza teso che gli adulti cercavano di alleggerire in ogni modo, peccato che Lucas da quella sera avesse evitato accuratamente Harry e viceversa.
Si parlavano solo se strettamente necessario, per cose inutili come cosa mangiare a cena o a tavola, di passarsi il sale.
Certo, suo padre non voleva dirgli nulla della sua vita da mago e degli anni trascorsi come Auror.
Lucas ne prendeva atto.
Ma non gli aveva mai proibito di chiedere informazioni agli altri su quel Tom, no?
Il pendolo nel salone scandì le quattro e mezza spaccate e così uno a uno cominciarono ad arrivare i partecipanti alla riunione. Il primo ad uscire dal camino buttando Polvere Volante dappertutto fu Jeremy Weasley senza i gemelli sfortunatamente, camminando sulle punte dei piedi e pregando che sua madre non si accorgesse subito che era sparito.
Per secondi arrivarono Alex Mckay ed Herik McCormac, quindi Caleb Maitland e infine Chris Dalton.
A chiudere, Aidan Howthorne che aveva colto al volo l'idea di scappare dalla sua istitutrice.
Bene, mancavano i gemelli che però si erano assunti il compito di tenere occupata Pansy così dopo che Herik, l'unico abbastanza grande ed esperto per farlo ebbe pulito il camino con la magia, filarono di corsa al primo piano e si barricarono nella camera di Faith, a parere di Glory la più sicura.
- Ok.- scandì Lucas quando tutti si furono appostati dove garbava - Domanda. Chi è Tom?-
Silenzio.
Subito i piccoli puntarono gli occhi sui più grandicelli del gruppo, ovvero Caleb, Alex ed Herik.
Che contemporaneamente si grattarono il capo.
- Io ne ho sentito parlare, ve l'avevo detto.- mugugnò Caleb, seduto sul tappeto - Ma non ricordo bene...-
- Io so solo che questo Tom è chiuso da qualche parte.- disse invece Alex, appostato sul letto di Faith - Lo so perché la zia Lucilla va a trovarlo ogni tanto. Ma non so bene chi è. So però che abitava a Cedar House con lo zio Tristan.-
Herik finì, levandosi il cappellino dai capelli castani con la tipica espressione battagliera di sua madre Sofia - Io vagamente me lo ricordo. Avevo sei anni quando l'ho visto l'ultima volta...abitava davvero a casa con lo zio Tristan. E chiamava la zia Lucilla "mamma". Degona invece lo chiamava "fratellino..."-
- Cosa?- Lucas fissò Glory allibito - Fratellino? Mamma?-
- Non sarà mica un demone!- sbottò Chris.
- Altro non ricordo.- si scusò Herik, roteando una Ricordella fra le mani.
- Un attimo...- s'intromise Aidan - Tom? Veleno chiede sempre di Tom.-
- Veleno?- riecheggiò Lucas.
- Il bracciale di mio fratello.- spiegò il piccolo Howthorne - E' strano però, mio fratello non ci può parlare. E credo sia un serpente vero...tutte le volte che ci parlo chiede sempre di questo Tom...-
- Il Tom che stava a casa con la zia Lucilla aveva un bracciale fatto così!- disse Alex illuminandosi - Me lo ricordo! E ci parlava!-
- Allora questo tipo è Rettilofono come papà e Harry.- disse Glory pacata.
- Retticosa?- chiese Lucas.
- Vuol dire che parla coi serpenti, come Aidan, papà e Harry.- sbuffò la biondina - Ma tu non leggi mai?-
- Chissene frega!- il piccolo Potter lasciò subito perdere - E non sapete dov'è questo Tom?-
- Te l'ho detto.- Alex spiò dalla finestra della stanza - La zia Lucilla va a trovarlo ogni tanto, in un posto da dove lui a quanto pare non può uscire. Non avete detto che è Sigillato?-
- Quindi sta ad Azkaban?- abbozzò Jeremy stranito.
- Non credo.- negò Glory - Azkaban non è sotto Sigillazione.-
- Magari la zia Lucilla ci entra di straforo.- ipotizzò Alex - Lei lo farebbe.-
- Si ma io devo sapere di più!- rognò Lucas, cominciando a spazientirsi - Perché a quanto pare è per questo Tom che papà non vuole riprendersi i suoi poteri!-
- Mica puoi costringerlo, scusa.- lo placò suo cugino Caleb - Sta bene così...-
- Certo come no. Come un palloso babbano! I babbani vanno bruciati, punto e basta. Ophelia a parte perché disegna bene e fa i biscotti alla cannella che mi piacciono, ma a parte lei non voglio che papà resti così!-
- Sei proprio andato in fissa per questa storia.- ridacchiò Herik, lanciandogli la pallina stregata dell'hockey a rotelle - Tranquillo, vedrò di scoprire altro. Possiamo chiedere a Dena, lei non ci tradirebbe!-
- E noi possiamo chiedere allo zio J.J.- lo seguì anche Caleb - Dai Lucas, che abbiamo da perdere?-
La testa se suo padre lo scopriva, pensò il Phyro maledicendo tutta la famiglia Potter.
La riunione si chiuse verso le cinque, prima che Draco uscisse dal suo studio per farsi un goccio visto che non riusciva a finire un pozione piuttosto complicata.
Fortunatamente i maghetti non si fecero beccare e sparirono nel camino giusto in tempo perché Lucas facesse uscire gli elfi dalla cantina, per fargli ripulire tutto il casino causato dall'uso della Polvere. Scappati via anche gli elfi alla voce di Hermione sulla porta, Lucas e Glory si comportarono come due infingardi angioletti quali erano.
Com'è andata la spesa? Avete comprato la torta al cioccolato? E ci avete preso dei giochi?
Il solito copione, che solo Faith ascoltò con una strana espressione. Infatti appena riuscì a prendere suo fratello e a spingerlo in un angolo, lo fissò bellicosa.
- Cos'hai fatto?-
- Forse siamo sulla strada buona per capire chi è Tom!- celiò Lucas raggiante - Ti racconto tutto stasera.-
Lei roteò gli occhioni, riuscendo a sorridergli dopo due giorni. Sembrava essere tornata la stessa.
Elettra invece stanò Draco dal suo studio giusto in orario per mettere su la merenda per i bambini, ovvero un carretto di scorte per i marine di una divisione in Cambogia, visto quanto mangiava l'ometto di casa.
Il baccano in cucina Potter era abbastanza alto da permettere a Lucas di ragguagliare la sorellina, seduta sul divano insieme a Glory, che però leggeva facendosi gli affari suoi. Secondo la piccola Malfoy era una perdita di tempo convincere uno come il bambino sopravvissuto a fare qualcosa contro la sua volontà, ma tacque per non urtare il precario equilibrio mentale di Lucas, già abbastanza esaltato di suo.
-...e Alex ha promesso che chiederà a Dena!- finì il Phyro, dopo dieci minuti buoni di anfetaminici discorsi sopra le righe - Caleb invece chiede allo zio J.J. e sta sicura che entro una settimana sapremo tutto! Allora?- gorgogliò, visto che Faith non emetteva un suono - Che ne dici?-
- Che sei pazzo.- rispose Glory per lei, senza levare gli occhi dal libro.
- Oh, tu non capisci.- si lagnò Lucas, stiracchiandosi in poltrona - Io voglio sapere perché papà non vuole più essere un vero eroe, perché non vuole più i suoi poteri e voglio anche scoprire chi è questo Tom! Punto e basta. Anzi, domani vado anche a trovare il Menestrello e stavolta col cavolo che gli porto le ciambelle!-
- Il Menestrello è sempre stato molto goloso in fondo.-
I piccoli saltarono a molla sui divani, volgendosi verso il caminetto.
Fra loro e il camino c'era un tavolinetto di vetro con le gambe di ottone contorte e...un omino basso, con un'eccentrica tunica blu e argentata, un cappello tozzo in testa da cui spiovevano due spesse sopracciglia bianche.
In mano aveva un bastone nodoso, con tante facce.
Il suo viso solcato da rughe antiche sorrideva, osservandoli.
Subito Lucas si mise davanti a Faith e Glory, guardando l'ospite con occhi curiosi invece che spaventati.
- Chi è lei?-
- Perché non scatta l'Allarme Magico?- sussurrò invece Faith.
- Perchè sono un ospite gradito, miei cari. Mi ha chiamato Lady Hargrave.- rispose il vecchio gagia con la stessa voce flautata di sempre - Salve bambini. Io sono il Giocattolaio.-
- Quindi vende giocattoli?- bofonchiò Lucas, cominciando a perdere interesse.
- In verità no.- rispose il vecchio ridendo, scrutandoli uno a uno - Che meraviglia. Anime giovani e fresche.-
- Cosa?- riecheggiò Glory, fissandolo trucemente.
- Vediamo un po'.- Il Giocattolaio estrasse una sfera di cristallo trasparente da una delle tasche nascoste della veste, grande come il suo palmo e la posò sul tavolino. Guardò Faith per un secondo e sorrise di nuovo.
- Tu devi essere il motivo per cui Lady Hargrave mi ha chiamato. Si...hai i capelli bellissimi di Francine. Adesso fammi vedere piccola...- e in un attimo la sfera, da cristallina, iniziò a tingersi di un leggero colore pallido, rosa antico. Un colore poco denso, tenue.
- Bene, bene. Un'anima Saggia.- le disse il Giocattolaio, carezzando la liscia superficie della sfera - Io leggo le anime, bambini. So riconoscerle a prima vista.-
- Come leggere la mano?- soffiò Glory - E' una disciplina basata su teorie infondate.-
Il Giocattolaio rise di gusto, sedendosi in poltrona - Forse, ma io ho sufficienti anni alle spalle, bambina mia, per non sbagliarmi mai. Tu sei un'anima saggia,- continuò verso Faith che lo ascoltava senza battere ciglio, senza parole - ti aspettano molte prove ma ad ogni colpo, ti rimetterai in piedi. Perché la tua forza d'animo ti farà sollevare sulle tue gambe, ogni volta, finché niente potrà più ferirti.-
- Altro che foglie di thè.- borbottò Lucas, beccandosi un'occhiataccia da Glory - Ehi signore, fallo a che a me!-
- Vieni avanti allora.-
Lucas Potter non aveva paura neanche del diavolo, infatti si piazzò davanti alla sfera senza fare una piega.
In un attimo, il timido colore pallido emanato dall'anima della sorellina divampò.
Si, nella sfera comparvero delle fiamme che fecero allargare gli occhi chiari del Giocattolaio.
Vi si dipinse fascino, assoluzione, brama.
- Altro fuoco.- sospirò Lucas depresso - Che noia.-
- Un Ardito.- sussurrò con voce trasognata il vecchio gagia, come di fronte a un sogno bellissimo.
- Un ardito? Che vuol dire?-
- Tu...- il Giocattolaio piantò lo sguardo in quello del bambino - Tu non proverai mai la paura. Non temerai nulla. Né morte, né inferno. Proverai forse la paura della perdita dei famigliari, di chi ami, ma questa non è vera paura. È attaccamento. E' da tempo che non trovo in un mortale un'anima simile.-
- Sarebbe?- lo incalzò Lucas eccitato.
- Hai l'anima dei grandi guerrieri del passato. Vivrai per la gloria e per la vittoria. Ma non temerai mai e poi mai nulla e nessuno. Non tremerai di fronte ai pericoli, non maledirai la morte. Perché non c'è niente su questa terra e negli altri mondi che possa distruggere il tuo coraggio.-
Dio, pensò il Giocattolaio. Da quanti secoli non trovava un'anima simile.
Era senza paura. Niente lo frenava. Era nato incendiario e sarebbe morto come tale.
E questo poteva essere un vantaggio quanto una pecca.
Non temendo nulla...avrebbe messo a repentaglio la sua vita milioni di volte.
Avventato, incosciente. Eccome come sarebbe stato.
Ma per Dio che grande coraggio animava il suo cuore.
Tanta forza in un bambino...
Il fuoco nella sfera però di colpo sembrò pietrificarsi.

Il Giocattolaio corrucciò la fronte, stupito, quando Glory si avvicinò guardinga e diffidente, osservando la sfera di cristallo...come pietrificarsi, congelarsi con un rumore secco, duro, raschiato. La sfera era diventata un grosso globo di alabastro bianco, segnato da venature argentee.
Indistruttibile.
- Un'Implacabile.- mormorò, sollevando lo sguardo sulla piccola Malfoy.
- Cosa significa?- chiese la piccola, sulle sue.
Il silenzio del gagia non le piacque, ma attese comunque fino a quando lui non si alzò, si avvicinò a lei e le s'inginocchiò davanti. Parlò a voce bassa, in modo che solo Lucas che le era rimasto vicino potesse sentire.
- Sarai forte, dura come l'alabastro in cui è avvolta la tua anima. Sarai crudele ma giusta, sarai dolce ma spietata. Niente potrà mai fermarti. Vivrai per pochi affetti...e un giorno, l'uomo che ti amerà cercherà di piegarti...anche a costo di spezzarti la schiena. Starà a te decidere se permetterglielo...o rinunciare a lui per sempre.-
Lucas la vide irrigidirsi, ma solo per un breve momento.
Piegarla.

Spezzarla.
- Giocattolaio.-
Hermione apparve sulla soglia del salone di collegamento, le braccia incrociate al petto.
- Mia cara.-
Il gagia perse all'istante la sua aria cupa, alzandosi in piedi e ritirando la sfera che all'arrivo della Grifoncina era diventata quasi priva di colore, con una minuscola lucina languente al suo interno - Grazie dell'invito.-
- Spero non avrai spaventato i bambini.- fece lei ironica - Niente previsioni catastrofiche voglio sperare.-
- Tutt'altro. I vostri bambini hanno anime molto interessanti.-
- Bhè si...ma vai a caccia altrove, eh?- gli propose, senza battere ciglio - Qua abbiamo già abbastanza guai senza che ti metti a fare il Ghostbusters.-
- Il cosa?- riecheggiarono sia il vecchio gagia che i bambini.
- Ah, lasciamo perdere. Ragazzi avanti, andate in cucina che c'è la merenda pronta. Io ed Elettra dobbiamo parlare col nostro ospite da sole per qualche minuto.-
Andandosene Lucas era l'unico a non sembrare turbato. Faith sapeva vagamente che quel signore era lì per la sua famiglia e prima di andare in cucina scoccò un'occhiata preoccupata a sua madre. Elettra la strinse forte, sperando di rincuorarla...perché ormai non sapeva davvero più cosa fare.
Chiuse le porte e Insonorizzata la stanza, per sicurezza, Hermione si sedette comoda sul divano agitando la bacchetta per far apparire sul tavolino il the alla menta e bergamotto che il Collezionista di Anime tanto amava.
- Ti ricordi ancora i miei gusti vedo.- disse, muovendo il cucchiaino nella tazza con la telecinesi.
- Le gentilezza è una dote che bisogna coltivare a un certo punto della vita.- rispose la Grifoncina - Giocattolaio, ti presento Elettra Baley Potter. Lei e Harry, il tuo esperimento fallito, hanno adottato Faith.-
In un attimo il Giocattolaio si rimise all'opera.
A un uomo come lui bastava davvero uno sguardo, per cogliere la bellezza di un'anima.
Osservò Elettra, senza mai lasciare i suoi occhi azzurri. Ne studiò il volto di porcellana, i capelli come grano maturo, la delicatezza della bocca...e quando parlò, lei avvertì le sue parole come miele colato.
- Non hai dimenticato la sensazione del vento sul viso, vero?- le chiese con voce flautata, quasi ipnotica.
Se la Baley per un istante sembrò non capire, qualcosa dentro di lei si aprì come un fiore in primavera.
- L'aria...- continuò il Giocattolaio - Non te la sei scordata vero? Per questo la cerchi...per questo vai veloce...per sentirla ancora sul volto. Fra i capelli...anche se non sarà mai come la vista di cui godevi prima.-
L'aria. Elettra deglutì, incantata.
- Anche se hai perso le ali continui a cercare il vento. Vero cara?-
- Si.- mormorò lei, senza riuscire a schiodare lo sguardo - Ma come...-
- Ehi.-
Hermione posò la tazza sul tavolino, facendola tintinnare abbastanza forte da rompere l'incanto - Non sei venuto qua per mettere le tue offerte sulle anime di tutta la casa, chiaro?-
Il gagia rise, annuendo.
- Devo darti ragione. Solo che fra arditi e disperati...- le scoccò un'occhiata insinuante - Non puoi pretendere che tutto questo non mi tenti. Ho spiato nelle anime dei vostri bambini. E sappi mia cara...- disse ad Elettra - Che tuo figlio non conoscerà mai la paura.-
- In che senso?- chiese la bionda.
- Non ti è mai sembrato piuttosto spericolato?-
- Bhè, si. Decisamente troppo.-
- Semplice. E' un ardito. Ha l'anima di un guerriero del passato. A differenza di suo padre che non troverà mai pace, lui la troverà nell'amore per una donna, ma non avrà mai paura di niente. Né della morte, né del sangue, delle battaglie...sarà una bella gatta da pelare durante l'adolescenza.-
- Neanche adesso scherza.- scappò detto alla Baley, sbuffando a bassa voce.
- Lasciamo perdere le anime per un attimo.- bofonchiò Hermione - Avanti, siamo tutt'orecchi. Che ci dici dei Newsome?-
- Cos'altro vuoi sapere?- replicò il Giocattolaio, girandole la domanda.
- Abbiamo dei problemi con una Becky che manda regali alla bambina.- spiegò Elettra pacatamente - Quando otto anni fa facemmo le ricerche su Faith, i Newsome erano morti da due giorni. Madre, padre, due bambini maschi di otto e quattro anni. E tutti i domestici. Anche dei parenti anziani.-
- Già, fu una brutta notte quella, me la ricordo.- annuì il vecchio mago, girandosi il suo bastone fra le dita grifagne - Arnold era un ottimo mago, ma era Francine ad essere il vero portento della famiglia. Purtroppo però a nulla valse la loro magia contro il Guanto di Minegon. Morirono tutti bruciati...a parte la piccola. Mi avete detto che vi è stata lasciata sulla porta di casa. E il biglietto la indirizzava proprio al signor Potter.-
- Esatto.- annuì la Grifoncina - E' stata questa Becky? E chi diavolo è poi?-
- Becky Kesby, senz'altro.- rispose immediatamente il Giocattolaio, versandosi una seconda tazza di thè - Era la dama di compagnia di Francine. Negli ultimi anni, specialmente dopo la nascita della bambina, Francine era entrata in una sorta di stato vegetativo permanente ed era la signorina Kesby ad occuparsi della crescita della neonata.-
- Perché non ho trovato l'atto di nascita di Faith nelle mie ricerche?- lo incalzò Hermione.
- Se non l'hai mai trovato in tutti questi anni è per un motivo semplice. Arnold Newsome era una brava persona ma anche estremamente innamorato di sua moglie. Quando scoprì che lei lo tradiva, dovette pensare che la nascitura non fosse sua figlia, per questo a quasi un anno dalla nascita non aveva ancora firmato il suo riconoscimento.-
- Ecco perché risultava che Faith non fosse mai nata.- sussurrò Elettra - E...aveva un altro nome?-
- Per quel che ne so Francine viveva in un mondo a parte. Dubito che abbia mai chiamato la bambina in un qualche modo e Arnold quasi rifiutava di averla in casa. Come vi ho detto, era Becky Kesby a prendersi cura della piccola. Alla morte dei Newsome, deve aver pensato che l'unico posto sicuro per una piccola gagia sia stato questo...- e mosse la mano in aria, indicando l'ambiente circostante - E aveva ragione. Una sopravvissuta in una casa basata su tali fondamenta. In fondo tutti voi siete dei sopravvissuti. Sbaglio Lady Hargrave?-
Hermione evitò di rispondergli, osservando Elettra.
Anche la bionda si volse a guardarla e le prese una mano, stringendo forte.
- Temevate che qualcuno venisse a reclamare la bambina?- chiese il Giocattolaio, cambiando tono.
- Diciamo di si...- annuì Elettra - Anche se essere felice che siano tutti morti mi rende una persona orribile.-
- Al diavolo.- sbottò Hermione seria - Non puoi pensare questo! Faith è figlia tua!-
- Ma questa Becky?- mormorò Elettra accorata - Cioè...dov'è? Perché non è mai venuta qui?-
- Forse perché ora è una delle concubine di Magnus.- borbottò il vecchio mago, cercando dei biscotti allo zenzero in mezzo ai piattini - E lui non le fa mai uscire dalla sede della Dama.-
- Magnus?- gracchiò Hermione, quasi mandando tutto il servizio da the all'aria - Quel porco...-
- Mia cara, ognuno ha i suoi vizi.- sentenziò il Giocattolaio alzando le spalle, addentando uno Zenzerotto - E poi le tratta bene. Certo, forse quelle poverette non vedono la luce del sole da qualche anno ma se non altro sopportano la presenza del tuo vecchio amico solo una volta ogni tanto. Io e Galio dobbiamo avere a che fare con la sua supponenza tutti i giorni.-
- Io non capisco ...chi è questo Magnus?- s'intromise Elettra.
- Un maledetto gagia.- sbuffò Hermione, accavallando le gambe - E' uno dei più bravi ma si tiene una specie di harem indiano nella sede della Dama Nera, cosa che scandalizza tutti...anche se non fanno nulla per impedirglielo. E scusami, come c'è finita una dama di compagnia a fare da sgualdrina a quello?-
- Prima di fare la dama di compagnia per Francine Newsome era quello il lavoro della signorina Kesby. E poi, mia cara ognuno si sceglie il lavoro che gli pare. Ho sentito che stai scrivendo un libro e hai lasciato il Ministero. Credevo ti piacesse fare l'Auror.-
- Senza Harry non era più la stessa cosa.- si limitò a rispondere, scuotendo il capo - Lascia perdere. Come m'infilo nell'harem di Magnus?-
- Con abiti succinti e la sicurezza che non ne uscirai più.-
- Come sarebbe? Questa è prostituzione legalizzata! Non può tenerle lì dentro e non farle uscire!-
Il Giocattolaio non parve impressionato.
- Guarda che non le ha costrette a entrare.-
- Ho capito ma non le lascia più uscire!-
- Era scritto sul contratto, mia cara.- celiò il Giocattolaio, finendo di sorseggiare il the.
- Oh, Dio!- esalò la Grifoncina, mettendosi le mani in faccia. Che situazione allucinante!
La discussione si prolungò per oltre mezz'ora, ma per quanti sforzi facesse Lucas da dietro la porta non riuscì a sentire un accidente. Neanche le Orecchie Oblunghe.
Tirò un'imprecazione poco fine, sbuffando.
Niente di niente.
Magari avrebbero parlato di quel Tom...
- Moccioso cosa fai?-
C'era Draco che lo fissava superiore, appostato sulla porta della cucina di casa Potter.
- Fattelo dire. Non hai lo stile di tuo padre.- ironizzò Malfoy acidamente.
- Perché, era bravo in queste cose?-
- Oh, era il migliore.- replicò il biondo - Inoltre aveva il buon gusto di non farsi mai beccare.-
- Certo, usava la magia!-
- Fissato.- mugugnò l'Auror, scuotendo la testa - E tanto perché tu lo sappia il tipo che c'è con tua madre in salone non è una brava persona.-
- Che t'ha fatto?- gli chiese il piccolo Potter, andando al sodo.
Bastò che Draco alzasse il Bracciale perché Lucas s'illuminasse tutto.
- Ma dai! E' stato lui!? Grande!-
- Un accidente maledetto di un Potter in miniatura! Non fosse per lui ora non mi vedresti in casa tua.-
- Ah.-
Bhè, si. In effetti era una bella grana.
Alla fine comunque la seduta col Giocattolaio giunse al termine. Draco sparì prima di mettergli le mani al collo e strozzarlo, mentre Elettra lo ringraziò per il disturbo, contenta almeno che Harry non si fosse fatto vivo...o in quella casa ci sarebbero stati due draghi alquanto nevrotici quel giorno.
Prima di lasciarlo andare via però, Hermione guardò il Giocattolaio con diffidenza.
- Credi ancora che voglia rubarti l'anima?- le sorrise misteriosamente il gagia.
- Per quello che potresti fartene.- replicò sarcastica - Ormai è da buttare via. Pensavo a mia figlia.-
- Ah. Si. Un'implacabile.-
- Cosa puoi dirmi?-
- Che sarà spietata, anche crudele a volte.- le disse semplicemente il vecchio, aggiustandosi il cappello sulla testa canuta con pochi capelli radi, bianchi come neve - Crescerà forte, piena di orgoglio. Un orgoglio molto simile al tuo, che spesso le impedirà di lasciarsi andare. E crescerà algida, come suo padre. Ma saprà amare. E lo farà intensamente.-
Già.
Crudele e spietata, pensò Hermione quando il Giocattolaio se ne fu andato, dopo averle fatto un cerimonioso inchino.
Implacabile. Caparbia. Orgogliosa.
Era incredibile quali danni potevano tramandare i geni di un essere umano.
Se non altro, sua figlia non avrebbe conosciuto la disperazione.
La rincuorava solo questo.


Beatrix Vaughn uscì dalla doccia per afferrare il cellulare al volo, prima che Milo, mezzo addormentato a letto, lo facesse volare fuori dalla finestra per il fracasso micidiale provocato dalla suoneria.
- Pronto?- fece, avvolgendosi in un asciugamano ed evitando di mordere il suo ragazzo, vista l'occhiata morbida che aveva lanciato alla sua schiena nuda - Ah, ciao Ron...si...certo che veniamo...anche se non so a che gli serva, visto che non mangiamo...oh, che carino che è stato! Si...mezz'ora e arriviamo. Ok, ciao...-
Morrigan si rigirò fra le lenzuola, mugugnando qualcosa d'incomprensibile.
- Hai mezz'ora per vestirti.- gli disse Trix, dandogli una pacca su una gamba.
- Ho sonno.- borbottò pigramente, la testa infilata sotto i cuscini.
- Te l'avevo detto di non ingozzarti a pranzo.- replicò lei, tornando in bagno.
- Si può sapere perché Coleman c'invita a cena se tanto non mangiamo?-
- Sua moglie s'è premunita. AB negativo.-
- Buono...l'adoro Shauna.- Milo quasi fece le fusa, iniziando a ridere e poggiandosi mollemente sulla sponda - Dopo devi uscire di nuovo con Damon?-
- Non sei ancora stanco?- lo sfidò ridendo, intenta ad asciugarsi i capelli.
- Figurati.- Milo sbadigliò, i canini presero aria e così si mise a sedere a letto, tutto scarmigliato. Per tutti i maghi, sentiva tutta la fiacca di quelle ultime settimane, chiuso alla Corte a sentire cretinate dei suoi famigliari e specialmente a sentire le rivendicazioni di Kronos che non perdeva occasione per menargliela su Trix.
Questo non gliel'aveva detto però, per evitare di turbarla.
Sapeva bene quanto, a differenza dei tanti anni passati, il ricordo di Kronos la facesse stare ancora male.
- Comunque no, stasera lui ha da fare. Donna in casa.-
- Però. Chi penso io?-
- Già. E' tornata all'ovile.-
- E la faccenda del matrimonio com'è finita?-
- Che Damon s'è preso un pugno dalla futura sposa, uno dal futuro sposo e che poi la ex sposa ha picchiato il suo fidanzato, per difendere Howthorne. E adesso si sono rimessi insieme. Si sposano l'anno prossimo.-
- Cazzo.- Milo quasi tossì il fumo della sigaretta, molto colpito - Accidenti. E' sempre stato cotto di lei fin dai tempi della scuola ma addirittura farsi picchiare da quello stupido umano...è proprio andato.-
- Si e adesso in società lo chiamano "Lo Sfascia Coppie".- ghignò la Diurna, infilandosi velocemente un paio di décolleteé nere di vernice, tacco alto con cinturino sotto una mini a balze. Con la bacchetta si asciugò i capelli in un attimo, che le ricaddero lisci e profumati sulle spalle dopo di che infilò la testa nell'armadio - Ma Damon è sempre stato un romantico,- continuò trafficando con le grucce - anche se fa finta di niente.-
- Ok ma sfasciare proprio la vita a quel poveretto...-
- Provvederò io a lenire le sue sofferenze appena lo trovo da solo in un angolo buio di una festa.- sentenziò lei, sbuffando - Te la dai una mossa?-
Milo borbottò ancora, ingrugnito.
- Non ci vediamo da un sacco di tempo...- brontolò capriccioso, afferrandola per i fianchi e riportandosela vicina.
- Si ma da quando sei tornato quasi non abbiamo messo piede fuori di casa.- gli ricordò soave, mentre lui affondava il viso nel suo seno, coperto dalla seta color porpora - Andiamo da Efren, beviamo, il tempo di due chiacchiere e saremo di nuovo qua.-
- Ok.- si lagnò, lasciandola di malavoglia.
- E poi ricordati l'AB negativo.-
La fece ridere con la sua aria famelica, ma tralasciando le sue lamentele Milo riuscì a prepararsi decentemente e in tempo per raggiungere la villetta a schiera di Efren Coleman, nel West End.
Era una casina minuscola, ma molto graziosa.

Il tocco femminile della moglie del loro Medimago era palese già dal giardino curato e dal portico dove si sarebbe svolta la cena.
Efren Coleman era entrato a far parte della loro squadra otto anni prima, quando Harry aveva lasciato tutta la sua vita.
Era un bravo ragazzo, alquanto svitato e avventato in campo, ma un ottimo guaritore.
Di corporatura media, capelli castani tagliati corti, pelle coperta di efelidi e occhi chiari, era il classico inglese trentacinquenne dall'apparenza anonima ma appena lo si conosceva meglio si dimostrava tutto forché anonimo e ordinario. Aveva una buona vena ironica, per questo andava d'accordo con Edward.
Aveva prontezza di riflessi e per questo piaceva a Trix e Ron.
Era molto preparato in erbe medicinali, per questo lui e Blaise avevano legato subito.
E sapeva stare zitto all'occorrenza. Unico motivo per cui Draco lo sopportava.
A Harry Potter invece piaceva perché era una persona semplice e schietta, anche se i primi tempi Efren l'aveva trattato come una specie di Dio in terra.
Sua moglie, Shauna, era una purosangue di nobili natali che aveva tagliato i ponti con la sua famiglia quando aveva deciso di sposare un mezzosangue.
Efren infatti era uno di quelli che avevano perso entrambi i genitori, la madre Auror e il padre babbano, a causa dei Mangiamorte.
Quando i due Diurni raggiunsero il gruppo, si stava già scalpitando per l'aperitivo.
- Era ora!- li apostrofò Ron, che ridacchiava con un bicchiere di BurroBirra in mano - Ragazzi vi davamo per dispersi.-
- Sua maestà Leoninus non si alzava dal letto.- frecciò Trix, baciando Shauna sulle guance e ringraziandola dell'invito - Salve gente. Ehi...i bambini dove li avete lasciati?-
- I miei sono con Ginny e Terry.- rise perfidamente Pansy - I gemelli hanno fatto i salti di gioia.-
- I nostri con J.J.- disse invece Elettra, sorridendole - Lui e Degona si sono offerti di fare i baby sitter.-
- Di Madison si occupa mia madre.- sembrò ringraziare con tono estasiato Paris, la moglie di Blaise.
- Oh... J.J. e Degona a fare i baby sitter...e chi lo sente adesso William.- frecciò Trix a bassa voce - Ciao Ed, come va?-
Dalton stava mandando giù una tartina al salmone e si limitò a farle un cenno.
- Una favola.- brontolò poco dopo, versandosi un bicchiere di Chianti - Oggi Kinneas ha sbraitato ai quattro venti con Duncan che la notte scorsa noi signori presenti non avremmo fatto il nostro lavoro.-
- Che schifoso. L'avevo detto di salassarlo quando era ora.- Harry scosse la testa - E Duncan che ha replicato?-
- Niente. Aveva gl'incensi accesi.- disse Efren Coleman, apparendo sul porticato seguito a pochi centimetri da dei vassoi galleggianti, ricolmi di cibi e freschi e leggeri, vista la temperatura - E poi ho infilato nel caffè di Kinneas del tranquillante.-
- Già, è rimasto steso in branda per tutto il giorno!- attaccò a ridere Weasley, dando il cinque al Medimago - Grande, veramente grande. La squadra di Austin Grey aveva proposto persino di levargli i vestiti e chiuderlo dentro una cabina telefonica babbana...ma poi una delle compagne di Gary Smith ha cambiato idea e l'ha solo fatto levitare, così quando s'è svegliato è precipitato dai due metri del soffitto.-
- S'è rotto qualcosa spero.- soffiò Draco malignamente.
- Il naso, tutto di guadagnato.- l'assicurò Efren, passando un braccio sulle spalle di sua moglie - Allora gente, ci siamo tutti? Si mangia o no? E' da pranzo che non tocco cibo.-
- Cosa che fanno tutte le persone normali.- celiò sua moglie - Dai ragazzi, è pronto in tavola.-
La leggera brezza e la conversazione sciolta riuscì a sollevare di un poco l'umore di Harry ed Elettra.
Stare tutti insieme dopo tanto tempo in cui Hermione era stata in viaggio e dopo gli ultimi incidenti faceva sentire il bambino sopravvissuto come ai vecchi tempi.
Rise ascoltando i disastri dei bambini, specialmente dei gemelli di Ron.
Quasi si strozzò dalle risate quando vennero a sapere da Ophelia che Linnie aveva convinto gli strozzini abituali di Edward, amici ormai, a non rompere le rotule al padre e a rinviare il pagamento per alcune settimane.
Solo sbattendo le ciglia e sorridendo.
Peccato che poi era stata Ophelia a strozzare il marito, quindi tanto onore alla piccola Dalton e basta, perché di suo padre c'era solo da vergognarsi.
Fu solo dopo cena che si misero a discutere di Badomen...e inavvertitamente si parlò anche dell'unica persona che, se le cose fossero peggiorate, avrebbe potuto ridare un po' di pace al mondo dei maghi.
- Secondo me esagerate.- disse Harry, sorseggiando il suo ammazzacaffè senza battere ciglio, ma evitando accuratamente di guardare qualcuno in faccia - Gli Auror in questi anni sono diventati più preparati. Anche nell'Ordine della Fenice ci sono molti più accoliti...tutti molto esperti.-
- E che vuol dire?- gli chiese Ron, sorridendogli con sguardo d'intesa - Non vorrai dirmi che la notte quando te ne stai a letto non ricordi le nostre ronde notturne? E tu Herm? Te le sei scordate?-
Sia la Grifoncina che il bambino sopravvissuto si osservarono con la coda dell'occhio.
Hermione rise, nonostante tutto - I tempi sono cambiati. Il Lord Oscuro è morto.-
- E quindi non serve più un Harry Potter?- le chiese Efren, portando lo sguardo su Harry - Andiamo amico. Sai bene che tu eri molto di più che il nemico giurato di Tu-Sai-Chi.-
- Oddio, mi sembra di sentire Lucas.- sospirò, facendo ridere Elettra.
- Magari tuo figlio ha ragione.- gli sorrise Ophelia dolcemente - O magari no. Ma la stai facendo diventare una crociata personale tesoro. E se le cose con Badomen andassero peggio?- gli chiese seria - Se capitasse qualche atrocità?-
- Morte ai babbani.- ironizzò Draco sarcastico, facendosi tirare dietro delle foglie d'insalata da Ophelia e sua moglie - Sai che perdita.-
- Sta zitto Malfoy.- mugugnò Hermione - Merlino, sembra che la tua lucidità vada a intermittenza! L'altro giorno ha detto a Glorya che Malfoy è solo un cognome, che non deve preoccuparsi.-
- Non ci credo...- ghignò Pansy, meravigliata - Dai, stai scherzando!-
- Cos'eri, ubriaco?- chiese invece Blaise, incredulo - Draco ma ti hanno fatto in quella casa?-
- Herm non avevi un registratore?- rise invece Trix, in un sottofondo di versi allucinati degli altri commensali.
- L'ho detto per tranquillizzare la bambina.- soffiò Draco, acidamente.
- Si e cosa ti eri calato prima di dare aria alla voce della verità?- lo incalzò Edward, beccandosi un'occhiataccia.
- Ehi ragazzi, ognuno ci mette il suo tempo per capire le cose.- cominciò Shauna Coleman, facendo piegare tutti i suoi ospiti - C'è chi capisce tutto in giovane età sotto i narcotici, chi davanti all'altare che ha fatto un errore irreparabile...-
- Non me lo dire.- s'intromise Hermione a bassa voce, con Malfoy che le passava le braccia attorno alle spalle come per strozzarla.
-...e c'è chi con la sua testa dura ci muore.- finì Milo, strizzando l'occhio a Shauna - Vero Harry?-
- Ahah. Lasciatemi fuori.- ordinò ironicamente Potter.
- Avanti.- tornò alla carica Ron - Vuoi dire davvero che le nostre ronde insieme non ti mancano? Neanche Duncan quando sclera? Non ci credo neanche se me lo giuri su Sirius!-
- Bhè, fidati. Sulla testa di Paddy, sto bene come sto.-
- Meno male che siamo all'aperto Sfregiato o tutte le tue cazzate ci avrebbero tolto l'ossigeno.-
Draco schioccò la lingua, guardandolo a metà fra l'esaltato e il velenoso, essendogli entrato in testa.
"Fuori!" gli sibilò Harry col pensiero.
"Giuda."
- Bhè, in fondo mica lo si può costringere, no?- disse Efren di punto in bianco, guardandolo attentamente - Ha già fatto troppo. E' ora che invecchi e si goda la sua vacanza.-
- Non ci provare neanche.- lo minacciò scherzosamente Potter - Io non invecchio alla Hayes Association. Mi diverto coi bambini e basta.-
- Si ma prima combattevi i cattivi.-
- Prima ho rischiato il collo per tutti e sette gli anni a Hogwarts, quando ci sono tornato sono morto per una notte e poi per poco Voldemort e Mezzafaccia per poco non uccidevano Lucas e Glory.- chiarì serafico, versandosi due dita di whisky incendiario invecchiato dodici anni che Efren beveva come acqua - Senza contare che quelli al Ministero passano sulla faccia delle persone fregandosene che siano innocenti o meno.-
Ecco. L'aveva detto.
Era una crociata? Una ripicca?
Si, lo era.
E non si vergognava ad ammetterlo.
Lo faceva per vendetta.
Il Ministero gli aveva preso Tom.
E lui non avrebbe mai più riconsegnato l'eroe dei maghi alla società, fino a quando non gli avessero restituito ciò che gli avevano preso. All'inferno Badomen e il ricordo dei Mangiamorte.
- Riprenderei i miei poteri solo per un motivo.- sussurrò, rialzando il volto sui presenti.
E le parole del bambino sopravvissuto di quella notte furono malaugurio e promessa.
Che tutti ascoltarono senza spiegarsi perché i loro cuori battessero tanto forte.
- Solo se Tom uscisse da Cameron Manor...e solo se rivedessi in cielo il Marchio Nero.- scandì Harry, sentendo sopra le loro teste le luminose stelle del cielo di Londra - Solo per questo riprenderei la mia magia. Per nessun altro motivo.-




 

 

Ah, il malaugurio.
Spesso viene su rapide ali nere, con frasi che sembrano non avere seguito.
Ma quando poi bussa alla porta, il malaugurio si è già trasformato in mostro.
E sembra non avere altro in mente che il ricordo di come ha saputo strangolare il mondo.

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7° ***


TMR7

 

 

 

 

 

Se c'era qualcosa che faceva dimenticare ai maghi anche il pericolo incombente...bhè, questa cosa era il quidditch.
Come il calcio per gli italiani e il football per gli americani, la Finale dei Mondiali di Quidditch era ciò che travalicava l'umano discernimento e anche il comune senso della decenza inglese, visto e considerato cosa erano in grado di fare i maghi durante il periodo delle finali.
Per non parlare poi del giubilo di tutta la Gran Bretagna, che quell'anno avrebbe giocato in casa.
Le Aquile Dorate di Londra contro le Volpi Ruspanti russe.
Un delirio.
Certe cose però non cambiano nella mente degli esseri umani.
Come quella finale, nella mente di Harry Potter, non era diversa da un'altra che era stata molto importante nella sua vita. Molti anni prima, quando era ancora un ragazzino...ricordava la finale in cui i Mangiamorte avevano fatto irruzione al campo. Ricordava bene la prima volta in cui, verde contro la cupa volta del cielo, aveva visto il Marchio Nero sbeffeggiarlo, sulla sua testa.
E ora, a distanza di tanto tempo, il bambino sopravvissuto era di nuovo sugli spalti.
Lo stesso brusio, le stesse grida, gli stessi cori. Colori diversi, forse.
Ma sempre lo stesso ricordo.
Era domenica, il sette giugno.
A differenza di com'era arrivato alla finale quando aveva quattordici anni, stavolta aveva avuto un trattamento d'onore.
Grazie a sua moglie, ovviamente, che purtroppo non aveva più avuto tempo di vedere, dopo la visita del Giocattolaio.
L'allenatore delle Aquile Dorate era il famoso Basil Howells, l'essere più sclerotico che Harry avesse mai avuto la fortuna di conoscere dopo Duncan Gillespie. Un tipetto di quarant'anni che beveva come un consumato viticoltore, che fumava come un turco e che sputava a destra e a manca ogni qual volta la squadra o prendeva dieci punti, o mancava i cerchi. Per il resto era una brava persona. Quando Elettra gliel'aveva presentato tre anni prima, ad inizio del suo contratto, Basil per poco non gli aveva giurato che avrebbe smesso di bere se solo gli avesse autografato una chiappa.
Probabilmente quella era stata la cosa più imbarazzante che gli fosse mai successa, dopo la nottata passata a letto con Malfoy, ovvio e dopo che al sesto anno a Hogwarts una ragazza di Corvonero aveva scritto nei bagni che "Harry Potter aveva il più bel pacco del mondo".
Si, quello era stato un momento veramente pesante.
Comunque Basil Howells oltre a far concorrenza all'intera famiglia Black e Malfoy in quanto a futura cirrosi epatica, era anche una sorta di padrino per tutti i suoi giocatori e si occupava personalmente degli alloggi delle loro famiglie.
Quell'anno Harry infatti non avrebbe alloggiato al campeggio, come tutti i comuni mortali, bensì in tende appostate tatticamente nella zona vip.
Il pensiero di esserci lo faceva svenare, ma anche l'idea di ritrovarsi fra migliaia di maghi ed essere fissato come un alieno sotto gli occhi di Lucas e Faith gli piaceva ancora meno, per questo aveva accettato l'alloggio privilegiato.
Quella mattina all'arrivo aveva pranzato coi membri della squadra, lasciando i bambini a Hermione e Draco, facendo così conoscenza di un altro interessante soggetto.
Se Ludo Bagman era sembrato un gigione a suo tempo, Holz Carty appariva come un soldato delle SS.
Alto e dinoccolato, con uno strano accento ungaro, era simpatico come una mummia. E rigoroso più della Mcgranitt.
I compagni di squadra di sua moglie invece erano sempre gli stessi, simpatici, volitivi e carichi.
Harry li conosceva tutti molto bene e col tempo avevano imparato a trattarlo umanamente, senza illuminarsi al suo passaggio e sbavando per vedere la sua cicatrice.
Nel pomeriggio aveva dovuto lasciare Elettra per farsi vedere al campeggio dove Ron e i suoi fratelli si erano accampati. Fred e George erano arrivati con le rispettive consorti e pargoli al seguito, creando un baccano della malora.
Anche Bill, Fleur e Charlie erano arrivati poco più tardi, già nel pieno spirito battagliero della finale.
Quando passava un russo, e ce n'erano davvero tanti, si sentivano minacce e fischi, ma i più bellicosi erano i piccoli gemelli di Ron. Step e Steve infatti avevano trovato il modo di rubare la bacchetta alla madre e tempo dieci secondi avevano, non si sa come, fatto apparire delle grandi buche nel terreno, facendoci precipitare un nutrito gruppo di russi.
Almeno lì si divertivano.
Edward invece non era mai stato tipo da campeggio.
Arrivò solo dopo cena con Ophelia e i bambini, raggiungendo subito il palco occupato dalle grandi famiglie di maghi dov'erano già appostati Lucius Malfoy e sua moglie Narcissa, qualche Black sopravvissuto, Sirius con Deirdre, Remus e Ninfadora, i King, i Mckay, gli Steeval dove c'era Ginny con suo marito Terry, i Prentice e gli Howthorne.
Anche Blaise e Paris arrivarono nel pomeriggio, ma senza Madison, troppo piccola per quel macello di gente.
E poi...finalmente verso le nove quando era già tutto buio la Finale era cominciata.
L'atmosfera era febbrile, carica di eccitazione. Le luci quasi accecanti di uno stadio di centomila posti che non aveva mai conosciuto sconfitta. E in quello stesso stadio, la task force più grande del Ministero.
Obliviatori, Auror ovunque, Duncan in persona, Direttori degli Uffici al Ministero (gente di tutti i piani, per intenderci!), Alti Segretari, Presidenti di Comitati per la Sperimentazione delle Magie...anche il Ministro Dibble.
Che Harry ancora non sapeva che faccia avesse, nonostante fosse sugli spalti riservati.
L'aveva sentito parlare e dare inizio ai giochi, ma incappucciato nel suo mantello nero non si era sprecato a guardare qualcuno o qualcosa che non fosse Elettra.
Impossibile però non lasciarsi trasportare. Più di centomila maghi e streghe di ogni razza e sangue che prendevano posto in uno degli Stadi Magici più grandi d'Europa.
Tutto era pervaso dalla stessa luce dorata di tanti anni prima, lo stesso immenso tabellone, il campo liscio come velluto.
La Tribuna D'Onore poi era stracolma.
Fra i membri degli Alti Ranghi del Ministero, fra cui anche qualche maledetto Consigliere del Wizengamot che se non stava attento sarebbe accidentalmente finito giù dalle balaustre, e le spocchiose famiglie aristocratiche di maghi, lui non sapeva più dove mettersi per non farsi notare.
Ma essendo a fianco di Draco però, la cosa non era semplice.
Tantomeno era semplice stare con Lucas, appostato sotto di lui, che urlò a squarciagola da quando iniziarono gli spettacoli delle mascotte delle squadre fino alla fine. Quel bambino andava soppresso...ne era sicuro. Come le oche!
Suo figlio però era eccitatissimo non solo per vedere giocare sua madre in finale, cosa che lo riempiva d'orgoglio, ma anche perché era forse il primo evento mondano a cui partecipavano come famiglia Potter.
E non vedeva l'ora di sentire qualche pettegolezzo, visto che tutti fissavano suo padre.
Per il momento erano solo sventolate bandiere, si erano strombazzati slogan ai quattro venti e qualche inglese piuttosto agguerrito aveva già scatenato rissa vicino al secondo ingresso nord con un manipolo di austriaci che, chissà per quale motivo, si erano messi in testa di tener la parte alle Volpi Ruspanti russe.
La partita era incominciata solo da qualche minuto quando Elettra e la sua compagna cacciatrice, unica altra femmina di squadra, Jacinta Besnick infilarono i primi dieci punti nell'anello centrale dei russi.
- VAI MAMMA!- urlarono Faith e Lucas, in piedi fra Harry e la balaustra, nello scoppio generale di urla inglesi, che quasi fecero tremare lo stadio.
Incredibile, pensò il bambino sopravvissuto dolcemente.
Elettra non avrebbe mai smesso di volare...di volare così veloce.
Più la guardava e più capiva che era quella una parte della sua natura.
Volare per lei...era come respirare.
Lui invece non poteva più farlo.
Una volta, qualche anno prima, si era messo di fronte una scopa. Ma al comando "su" non era accaduto nulla.
E in fondo cosa sarebbe dovuto accadere? Era un babbano ormai.
"Sfregiato mi rovini la serata."
Harry scoccò un'occhiata truce a Malfoy, da sotto il cappuccio.
"E allora sta fuori dalla mia testa."
"Sei tu che t'allarghi troppo."
"Si, come te quando fai sesso."
Draco tossì, visto che stava bevendo un goccio d'Acquaviola passatogli da Hermione.
- Al diavolo.- gli sibilò.
- E tu sei un porco.-
- Con quello che fai tu...-
- Questa cosa ha ormai travalicato i limiti della decenza.-
- Sono d'accordo. Oh no...- borbottò poi Malfoy - Arriva la cavalleria Black.-
Glory sorrise, quando vide arrivare Lucius e Narcissa.
- Ciao nonno.- disse, lasciandosi ancora prendere in braccio.
- Ciao tesoro.- Narcissa, sempre giovane e bella, carezzò la testa alla piccola - Salve ragazzi.-
- Come mai da queste parti?- bofonchiò Draco, mentre Lucas e Faith si attaccavano alle gambe di Sirius - Nel reparto mummie vi annoiate?-
- Oh, non si annoieranno più tanto!- celiò Edward, arrivando alle loro spalle con Damon e Cloe - Ho fatto passare del succo di bolle corretto con del brandy alle albicocche. Dagli mezz'ora e questa finale sarà seria.-
- Tu sei da mettere in galera.- gli disse Pansy, sporgendosi oltre le spalle del marito - Blaise era con te?-
- Si, è rimasto bloccato con suo suocero. Il padre di Paris è un amico intimo del Ministro.-
- Puah.- fece Harry, a voce sufficientemente alta che lo sentissero tutti.
- Forse un po' di brandy serve anche a lui.- rise Hermione - E non corretto.-
- E' tutta salute.- acconsentì Sirius, con Lucas in spalla - Dai Harry, un po' di vita...-
- Già papi.- fece anche Lucas, melenso - Siamo qua in compagnia...se ti va bene e Draco gira un attimo la testa forse riusciamo a buttarlo giù dagli spalti.-
Il Malfoy in questione fece una ghignatina sarcastica, accendendosi una sigaretta.
- Ricordati del serpente velenoso nel letto.- sibilò soave.
- E tu ricordati del mio serpente flambé.-
- Almeno loro hanno il morale alto.- disse Sirius, osservando Harry mentre lì attorno avevano già cominciato a dirsene di tutti i colori - Qualcosa non va? Qualcuno ti ha dato fastidio?-
- No, per ora no.- si sforzò di sorridere il bambino sopravvissuto, poi cambiò subito discorso - Nella Tribuna dei capi come va? Stronzate a palate?-
- Si, cazzate in libertà.- annuì Black, prendendosi una gomitata da Remus nel fianco, come ammonimento ad abbassare la voce - Ma il Ministro Dibble mi piace. Dovresti conoscerlo. Non sembra un fesso.-
- Già, non sembra. Qual è?-
- Come faccio a indicartelo, hanno tutti le bombette!-
Nel frattempo Holz Carty aveva dato una punizione ai russi, che attaccarono subito.
Altro che partita. Era diventato un campo di battaglia.
Ma i battitori inglesi erano veramente bravi. E sapevano difendere i loro cacciatori egregiamente.
Passarono altri minuti di gioco infuocato e quando arrivarono Jane e Scott Granger a salutarli, Hermione colse al volo la possibilità di andare a salutare un Pinco Pallo mai visto da nessuno.
Poi arrivarono alcuni Auror a salutare i suoi compagni e solo vedendoli da lontano Harry capì che non era proprio aria.
Sgattaiolò via velocemente, dicendo a Ron che andava a comprarsi qualcosa da mangiare ai carretti, così uscì dagli spalti e nel corridoio interno riuscì ad accendersi la sospirata sigaretta che aveva agognato tutto il giorno.
Beccò un paio di ragazzini a sbaciucchiarsi in un angolo e da lontano anche Cloe, che parlava con Damon e...Harry rise, vedendo Oliver Trust tenere la sua ragazza per la vita, ben stretta.
Non ci vedeva un altro ragazzo di sua conoscenza atteggiarsi in tale modo.
Ma un Trust era come un Malfoy, di natura sicura e dispotica. Era a metà sigaretta, poggiato sulla grata che dava all'esterno dello stadio, quando a rallegrargli la serata sentì una voce che non udiva da...otto anni.
- Salve, Harry Potter.-
Il bambino sopravvissuto si volse con un bel sorriso, di fronte al Preside di Hogwarts.
Albus Silente gli stava davanti e lo abbracciò con calore, ricambiato dall'ex Auror.
- Ah, che bello rivederti.- disse, dandogli delle pacche sulle braccia - Come stai?-
Harry annuì appena, alzando le spalle.
- Sto bene. E lei come sta?-
- Benone. Sono qua con Desmond.-
- Il signor Hayes è qui?- si stupì Potter - Wow. Lavoro per lui da tre anni e ancora non l'ho mai visto.-
- Si, anche lui si mangerebbe le mani se sapesse che sei qui. Teneva tanto a conoscerti ma temo si sia nascosto da una delle sue ex amanti di gioventù.- replicò il vecchio mago - Avanti, dimmi...sei venuto coi bambini?-
- Si e tutti gli altri.-
- Come stanno Lucas e Faith?-
Harry nicchiò un po' - Hanno fatto il loro ingresso in società.-
- Li hanno squadrati, eh?-
- Esatto. Ma se la sono cavata. Anche perché puntavano più me che loro.-
Silente scoppiò a ridere, ridandogli la mano quando un segretario lo chiamò dal corridoio.
- Ora devo andare.- gli disse, senza perdere il sorriso - A presto Harry.-
- Speriamo non passino altri otto anni.-
- Oh, io e il signor Howthorne siamo sicuri di no.-
- Damon?- Potter alzò le sopracciglia - Che succede?-
- Non preoccuparti.- il vecchio preside piegò la bocca misteriosamente - Segreti della mente, Harry.-
- Se lo dite voi.- sogghignò allora - A presto preside.-
- Arrivederci, Harry Potter.-
Già. Segreti della mente.
Harry guardò di nuovo il gruppetto dei ragazzi, poco lontano. Ora a Damon e Cloe si erano aggiunti anche Trix, Degona. J.J. e William. Asher non era tipo da quidditch, ma...mancava qualcuno, in quel gruppo.
Si, mancava proprio qualcuno.
Persa la patinata gioia di prima, si accese un'altra sigaretta, incupendosi.
Mancava Lui.
Serrò le mani sul parapetto, sentendo il gelido metallo sotto l'epidermide.
Chissà se quel maledetto collare al suo collo era freddo come quella balaustra.
Sbuffò una nuvola di fumo, ma sentì di nuovo una presenza accanto.
Si volse di poco alla sua sinistra, con l'espressione truce stampata sul grugno.
I suoi occhi verdi incontrarono un uomo sulla sessantina, con i capelli sale e pepe. Aspetto normale, ma ben piazzato, con due spalle larghe e un costoso abito di alta sartoria. Una bombetta e un bastone in mano.
Non ne riconobbe il volto, così Harry lo ignorò.
Cosa che non fece il nuovo venuto.
- Sembra quasi un Mangiamorte sa?-
La sparata lo fece girare per forza, tanto che lo sguardo fiammeggiante di Potter divenne di granito.
- Lo sa con chi sta parlando?- gli sibilò, usando per la prima volta un'arroganza consona al suo nome.
Quello rise, illuminandosi.
- Harry James Potter. Il bambino sopravvissuto.- esalò, con tono regale - Sa, è molto difficile avvicinarsi a una persona come lei. Specialmente contando il VAFFANCULO che ha scritto in fronte.-
E questo adesso chi era?
Sfortunatamente per lui non era dell'umore per parlare, così gli sorrise con espressione glaciale.
- Visto che sa leggere...- soffiò amabilmente -...perché non segue il consiglio della mia fronte?-
Ma l'altro non si smontò minimamente.
Il suo sorriso da caldo divenne solamente di circostanza.
- Mi avevano detto che l'avrei trovata piuttosto scontroso.-
- Bhè, chi gliel'ha detto mi conosce bene allora.-
- Non è dell'umore per chiacchierare con un mago, vero?-
- Esattamente.-
- Allora la lascio in pace.- acconsentì il tizio, infilandosi la bombetta sul cranio - In fondo ho visto quello che m'interessava.-
- Cosa? La vecchia bandiera del Ministero?- sibilò Harry acidamente.
- No.- replicò l'uomo, fermandosi ma senza girarsi - L'Auror che ci ha salvato tutti. Si goda la finale, signor Potter. E mi perdoni se l'ho importunata.-
Quando se ne andò, Harry ebbe come la sensazione di aver mandato a quel paese la persona sbagliata.
Ma era solo una sensazione in fondo.
Anche se era tagliato fuori al mondo dei maghi, lui era comunque troppo in alto anche solo per essere sfiorato.
Aveva un grande nome. E per creargli grane, dovevano prima smantellare quel nome.
Altre grane invece le stava avendo Draco.
Quel bastardo di Edward, un Dalton per eccellenza, stava parlando con lui un attimo prima e un attimo dopo era sbiancato, per sparire alla velocità della luce e lasciarlo solo con Gwen Pickens, anche conosciuta come la Mantide.
Ancora una volta Hermione non c'era a difenderlo, così aveva dovuto affidarsi solo a Glory.
Se l'era tenuta ben stretta in braccio, per evitare che quella come al solito allungasse i suoi miserevoli tentacoli, ma quando non ce l'aveva più fatta a sentire il suo starnazzare aveva seguito l'esempio di Potter.
Aveva mollato Glory in braccio a Jane e con una scusa si era diretto da Blaise, per fermarsi a metà del tragitto.
Zabini lo stava supplicando di aiutarlo...perché era stato accalappiato da uno del Wizengamot.
Mai e poi mai, Draco dirottò di nuovo il suo cammino verso una delle uscite di sicurezza.
Libero!
Quando la mezzosangue serviva non c'era mai!
All'ennesimo tremore degli spalti capì che c'era stato un altro centro degli anelli.
Vedendo poi i fuochi dorati in cielo capì che le Aquile si erano riportate in vantaggio.
Doveva rientrare, Elettra stava giocando la partita migliore della sua vita e inoltre doveva andare a riprendere sua moglie dalle grinfie di tutti i porci gentiluomini presenti ai loro miserabili posti da quattro soldi, ma qualcosa lo fermò dov'era.
Le sue gambe erano diventate di cemento. E abbassò lo sguardo sul suo braccio sinistro.
Bruciava. La pelle gli bruciava.
La conosceva quella sensazione velenosa e viscida.
Lentamente sollevò la manica della costosa camicia nera sopra la giacca e...inorridì.
All'istante chiuse il collegamento mentale con Harry e si nascose dietro un angolo, una mano sul braccio.
Quando ebbe il coraggio di riguardare, vide che il tatuaggio stava addensandosi.
Diventava più nero. E questo significava una cosa soltanto.
Senza fare più un fiato estrasse la bacchetta e imboccò le uscite secondarie.
Quando fu all'aperto, fuori dallo stadio, si ritrovò attorniato di boschi su tutti i fronti.
Ma sembrava quasi che il dolore al braccio lo richiamasse...verso un luogo preciso.
Si aggirò al buio, i nervi tesi, come i muscoli sotto la pelle.
La vegetazione era quasi spettrale, gufi e civette frullavano con le loro ali fra le fronde e una mezza luna quasi gialla spiccava sopra pini e abeti.
Poi, finalmente, qualcosa giunse al suo naso di drago.
Lavanda.
Possibile?
Uno scricchiolio poco lontano e scattò. Si mosse agilmente fra arbusti e cespugli, la bacchetta spianata ma quando giunse in una radura era tardi. La luna era più splendente lì...e la sua luce inondava tutto.
Anche un uomo dagli arruffati capelli neri e la pelle butterata.
Sopra un cadavere.
- Craig.- disse una voce che a Draco parve androgina, da qualche parte attorno a loro - Andiamocene.-
- Badomen!- gridò Malfoy, provando a schiantarlo ma l'assassino era già sparito.
Smaterializzato. E lì non ci si poteva Smaterializzare.
Non così vicino allo Stadio!
Draco non perse tempo e corse accanto al cadavere. Un giovane mago, sulla ventina.
Studiandone l'abbigliamento ipotizzò che fosse un mezzosangue.
Morto. Era pallido e gelido come un pezzo di ghiaccio.
Attorno a lui non trovò niente. Nessun documento nelle tasche, solo una bacchetta che non aveva fatto in tempo ad estrarre. Poi però vide qualcosa che attirò subito la sua attenzione. Poco lontano dal morto c'era una cicca ancora accesa. Emanava un leggero odore di lavanda. E notò un filo di lucidalabbra color perla su di essa.
Una donna.
Ecco con chi si accompagnava Craig Badomen. Una donna!


La mattina dopo Caesar Cameron si svegliò alla decentissima ora di mezzogiorno. Era di umore abbastanza tranquillo quel lunedì, non che fosse mai stato allegro in vita sua se non durante la Guerra Fredda, ma quando lesse il giornale che il Ministero mandava a Tom capì anche che quel "disperso" segnalato dal giornalista di turno era già sotto terra.
Altro che disperso. Ma chi ci credeva? Solo uno stupido mortale poteva farlo!
E così qualche poveraccio aveva cominciato a perdere le penne agli avvenimenti mondani dei maghi.
Ci scommise il castello che era stato quel Badomen di cui gli parlava Lucilla la sera, quando s'incontravano in collina.
Tom però era meglio che non sapesse nulla per il momento.
Meglio lasciar fuori i Mangiamorte dalla sua psiche già abbastanza atterrita.
Uno a uno intanto si svegliarono tutti gli altri coinquilini di Cameron Manor.
Brand entrò in sala da pranzo, salutò gentilmente considerati i suoi modi educati e sparì per andare da sua sorella, che era incinta. Winyfred ci si Smaterializzò dentro, apparendogli proprio coi tacchi sul tavolo.
Afferrò una ciambella dalla colazione di Riddle, gli bevve tutto il caffè, baciò Caesar e se ne andò a vedersi un altro concerto dei Beatles.
Poi arrivò chi invece entrava in casa per andare a dormire.
Val e Vlad si Smaterializzarono il primo quasi nudo, tanto per cambiare, e Stokeford con solo i pantaloni addosso.
Caesar non si azzardò a commentare, conscio della suscettibilità di Vlad di prima mattina, che per loro era mezzogiorno, e si limitò a bofonchiare un saluto, quando entrambi risalirono nelle loro camere per andarsene a dormire dopo una tirata al poker di più di ventiquattro ore.
Come minimo avevano sfidato i Quattro dell'Apocalisse e avevano perso.
Idioti.
A seguire entrò Tom, tutto arruffato per il sonno e poi poco dopo Denise, fresca come un fiore e vestita da cima a fondo con un miniabito di seta color rame.
Sedendosi si rannicchiò le gambe al petto. Lo faceva sempre.
- Chi ha vinto la Finale?- gli chiese Tom, ricordandosi della Gazzetta davanti alle ciambelle - Allora Caesar?-
- Le Aquile.- mugugnò Cameron, passandogli la Gazzetta ma non la pagina dove si parlava del disperso, o meglio, del sicuro cadavere - Elettra ha segnato settanta punti da sola.-
Come sorrideva.
Denise lo guardò comprensiva, sentendolo decantare le abilità di quella strega.
Parlò per poco comunque. Sembrò perdere di vivacità quando lesse che TUTTA la famiglia di Elettra Baley Potter era stata presente allo stadio. Harry.
Se ne andò quasi subito dicendo che doveva mettersi a studiare alcuni metodi curativi insegnatigli da Brand, ma la Loderdail seppe immediatamente che invece avrebbe passato la sua giornata nella stanza dei giocattoli.
A guardare il suo Pensatoio senza avere il coraggio di usarlo.
- Non guardarlo come se avessi pietà di lui.-
Denise si volse, fissando Caesar con espressione vuota.
- Sei un empatico, no?- lo sfidò - Sai bene che non provo compassione per lui. Neanche so cosa sia la pietà.-
- Me n'ero scordato.- disse ridendo freddamente, provando a ingollare un goccio di caffè.
Era una cosa disgustosa.
- E' da un po' che non ti sento suonare.- continuò, con la bocca amara.
Lei in risposta alzò un sopracciglio, mettendosi a sfogliare distrattamente la Gazzetta dei maghi.
- Credevo non ti piacesse come suono.-
- Chi te l'ha detto?-
- Era una mia impressione.-
- Bhè, molte tue impressioni non sono esatte dolcezza.-
Denise lo scrutò con aria quasi stanca. A volte Caesar sembrava in vena di parlarle, di punzecchiarla.
Altre la ignorava così dolorosamente da farle stringere lo stomaco.
Non faceva che confonderla purtroppo. E lei ne aveva abbastanza.
Da tempo aveva creduto che perfino il suono del suo violino lo infastidisse...ora invece scopriva il contrario.
Aprì la bocca per rispondere, ma una presenza esterna agli abitanti del palazzo si fece sentire allo sbattere delle porte d'ingresso. Nessuno dei due si scomodò ad andare a vedere chi fosse, poteva essere Demetrius come Lucilla, ma nella sala da pranzo si presentò forse l'essere più sanguinario dopo Attila, anche se era nato prima di lui.
Ma si sa, le apparenze ingannano, infatti Killearn Stokeford, il padre di Vlad, non aveva assolutamente l'aspetto del feroce guerriero. Capelli biondo grano, scalati ma dal taglio irregolare, viso spigoloso, stesso sguardo fra il malevolo e il superiore come suo figlio, Stokeford trasudava potere e una certa incuranza di ciò che lo circondava.
Sul collo aveva tatuato il simbolo di famiglia, l'iris e la falce. Vicino una piccola cicatrice di battaglia, chiara e antica.
- Milord.- Denise fece per alzarsi, ma il demone glielo impedì, chinandosi sulla sedia e abbracciandola delicatamente.
- Stokeford.- l'apostrofò Caesar - Problemi? Cerchi tuo figlio?-
- Si, ma non solo.- Killearn Stokeford lo guardò attentamente, come per lanciargli un messaggio - Sono venuto a parlare con Vladimir...e ad avvisarvi che Hestor e Anghelos Loderdail sono ai cancelli.-
All'istante, Caesar poté vedere Denise irrigidirsi. E sentì di nuovo il suo grido nella testa.
In effetti i due Loderdail erano davvero alla sua porta.
Entrarono poco dopo senza permesso, senza neanche dare tempo alla demone di prepararsi.
Hestor Loderdail era cugino di primo grado di Denise. Un demone sui cinquecento anni, con un profondo sfregio sul volto perfetto. Capelli castani e l'aria estremamente curata e aristocratica.
La sua stupidità era pari alla sua supponenza, ma non era il cugino a rendere Denise un pezzo di ghiaccio.
Era il padre.

Mai conosciuto.

Lo stesso che aveva sputato ai piedi della sua culla, alla nascita.
Anghelos J. Loderdail era scomparso da più di un secolo. E ora era riapparso...per un solo motivo.
Vestito interamente di nero, come se portasse ancora il lutto, con una sciarpa di seta al collo e i guanti, pareva un fantasma. Nessuna espressione, nessuna inflessione sul viso dai tratti delicati dei Loderdail quando si trovò di fronte alla figlia. I suoi capelli simili all'argento ricordavano i riflessi in quelli bianchi di Denise.
"Non lasciarmi da sola!"
Caesar si volse verso la demone, ma lei fissava unicamente il padre.
Spalle dritte, mento alto. Una regina. Ma aveva paura.
- Salve Cameron.- gli disse Hestor Loderdail con tono untuoso, come se non si fossero sempre cordialmente detestati - Perdona l'intrusione ma mio zio fremeva per rivedere sua figlia, come me del resto...- e scoccò uno sguardo a Denise che fece rivoltare le viscere di Caesar -...così ho pensato di portarlo qui. Sai, abbiamo un matrimonio da organizzare.-
Killearn Stokeford se ne stava in disparte, ma vedendo un leggero movimento della mano del padrone di casa verso la spada che portava alla cinta capì che doveva far calmare le acque. Senza una parola afferrò saldamente il braccio di Cameron e fece un cenno alla famiglia Loderdail - Signori, vi lasciamo tranquilli. Io vado a trovare mio figlio.-
"Non lasciarmi!"
Non poté fare nulla.
Se ne andò con Stokeford, colto dalla più assurda sensazione di gelo vedendola sparire oltre quelle porte.
A restare sola...con quei due animali.
Perché lo erano. Era un empatico, lo sentiva.
Fermi nell'antisalone, Killearn Stokeford lo studiò senza fiatare. Un pigro sorriso insolente si piegò sulle sue labbra levigate e pallide, vedendo qualcosa in Cameron che non accadeva spesso.
Rabbia. Collera. Frustrazione.
- La bambina non dovrebbe restare da sola con loro.- gli disse all'improvviso, cercando nella tasca della giubba finemente cucita con alamari dorati. Ne estrasse una custodia d'ebano leccato, forse del sedicesimo secolo, e si accese una sigaretta da cui si levò un denso fumo azzurrino.
Bambina. Caesar riuscì a sorridere. Killearn Stokeford considerava un bambino anche lui. La sua soglia per la maggiore età erano forse i mille anni. E non i duecento.
- Che ne sai di questo matrimonio?-
- Che è una porcata.- disse Cameron, senza tanti peli sulla lingua - Sono cugini di primo grado.-
- Che intendi fare?-
Bella domanda. Ma si prese la libertà di guardarlo stralunato, come per fargli intendere che non sapeva di cosa parlasse.
Il bello furono Vlad e Tom, che scesero le scale bestemmiandosi dietro per colpa di un paio di pantaloni spariti.
Quando Vlad vide il padre però, rimase stupito.
- Che succede? Retata dai goblin? Devo andare a prepararmi?-
- No, nulla di divertente.- si limitò a soffiare suo padre insieme a una nube di fumo, portando l'attenzione su Tom con aria a metà fra il curioso e il disgustato - Ma che cos'è?-
Riddle sbatté gli occhioni. Come cos'era?
- E' un mortale, a te cosa sembra?- celiò suo figlio.
- Ah...si. Un umano.- fece Killearn con aria assonnata - Hn...vivi o morti sono tutti uguali.-
- Un po' di tatto.- Vlad spalancò uno dei suoi rari sorrisi da iena - Mica è ancora morto.-
Rise anche Caesar, mentre Stokeford piccolo faceva le presentazioni a un padre che probabilmente vedeva uno dei suoi amanti come una formica...o qualcosa di vagamente simile a uno strano insetto. Quando gli dissero però che Tom era Sigillato lì dentro, parve animarsi.
Assassino? Stupratore? No? Allora aguzzino? Neanche. Evasore fiscale? Meno che mai. E allora?
- Insomma, perché sta qua dentro?-
- Deficienza cronica.- sentenziò Vlad - E' dura anche quella da combattere. Fidati.-
Tom stava per svenarsi lì sul posto, tanto neanche lo prendevano in considerazione. Il diavolo e suo figlio continuavano a pontificare di massacri di fronte al suo candido animo da misero mortale...e Caesar invece teneva lo sguardo puntato sulle porte della sala da pranzo.
E Riddle capì che qualcosa non andava non appena lo vide serrare il palmo sull'elsa della spada.
E non tutti lo sanno, ma nessuno era mai sopravvissuto dopo aver sfidato due volte la pazienza di Caesar Noah Cameron. Il padre di Vlad stavolta non colse neanche il rapido scatto di collera...pensava di averlo domato la prima volta, avvisandolo di non commettere sciocchezze, ma non era stato possibile perché nell'attimo in cui Caesar svanì dal loro fianco, all'interno della sala da pranzo arrivò il rumore di un tafferuglio.
Qualcosa era finito a terra...e un leggero gridolino femminile aveva liberato la belva.
Velocemente Killearn Stokeford corse a spalancare i battenti, per rendere tutti partecipi di una scena surreale.
Fu una frazione di secondo.
Hestor Loderdail era già a terra, un labbro spaccato ma il padre di Denise, che la stava serrando un braccio tanto da lasciarle i segni, dovette staccarsi a forza quando Caesar si frappose fra lui e la figlia.
Gli occhi sbarrati dalla collera, con una mano sotto il mento lo allontanò a forza, con la destra libera invece mosse un rapido fendente nell'aria...lasciandogli un soldo sul viso simile a una voragine da cui il sangue nero iniziò a scorrere a fiumi.
Sbigottimento, sconvolto...e la collera di Cameron che divampava.
- Bastardo!- gli gridò il cugino di Denise, rimettendosi in piedi - Cameron con che faccia osi...-
- Fa silenzio Hestor!-
Suo zio, Anghelos Loderdail, usò finalmente la voce per farlo tacere.
Si teneva il volto sfregiato, continuando a fissare il padrone di casa...e sua figlia, con un tale sguardo colmo di sprezzo da far rabbrividire anche Tom e Vlad.
Caesar rimase dov'era, la lama ancora ben salda fra le dita. L'altra mano stretta in quella di Denise, contro il suo fianco.
- Fuori da casa mia.- minacciò con tono basso.
- Cameron non osare!- ringhiò Hestor Loderdail - Io e mia cugina non abbiamo finito!-
- In casa mia avete finito quando lo dico io.- replicò Caesar senza alzare il tono di voce - Prova di nuovo a presentarti alla mia porta e non basterà tutta la fama di tuo padre e tuo zio...- aggiunse sarcastico, vedendo Anghelos Loderdail tremare -...a fermarmi dal reciderti la tua miserabile testa.-
- Lei è minorenne!- gracchiò l'altro - Appartiene a noi!-
- Hestor fossi in te modererei il tono.- s'intromise Killearn Stokeford, pacato.
- Non t'intromettere.- gli disse allora il padre di Denise, guarendosi la ferita anche se rimase un segno rossastro che macchiava il perfetto pallore dell'epidermide. Tornò a sfidare Cameron, senza cedere.
Ma più guardava sua figlia e più il suo odio veniva a galla.
- Lei mi appartiene.- sibilò.
- Non più da quando ve ne siete andato, Loderdail.- Caesar non batté ciglio - E cercate di nuovo di entrare in casa mia per metterle le mani addosso e mi vedrò costretto ad eliminare un altro membro della vostra non più tanto prolifera famiglia.-
- Mi stai sfidando Cameron?- Anghelos parve sogghignare - Per lei?-
- Qui nessuno ha detto la parola sfida, mi pare.- sentenziò Killearn Stokeford.
- E' la mia futura moglie!- gracchiò istericamente Hestor, dando una pessima dimostrazione della sua persona.
L'eleganza ormai era del tutto scomparsa.
- Non ho sentito di nessun fidanzamento ufficiale.- disse Caesar tranquillo, passando con aria deliziata il braccio attorno alla vita di Denise, che rimase di stucco ma senza osare proferir parola - Magari le cose andranno diversamente.-
- Che diavolo hai in mente maledetto?-
- Sta zitto Hestor. Non ti conviene incrociare i poteri con me.-
- Cameron.- lo bloccò allora Anghelos Loderdail, truce - Mia figlia deve mandare avanti il nome di famiglia come ha impunemente spezzato alla nascita.-
- Anghelos. Esageri.- gli disse il padre di Vlad, senza smettere di fumare.
- Tu almeno un erede ce l'hai Killearn.- gli sibilò arcigno - E non ha ammazzato tua moglie!-
- Che vagonata di puttanate.- ringhiò Vlad in sottofondo, facendosi sentire perfettamente bene.
- Frenate la lingua a vostro figlio, Stokeford.- sbottò Hestor Loderdail.
- Non avrai paura che mio figlio ti faccia lo scherzo che ti ha fatto mio nipote?- gongolò Killearn con sussiego, ricordandogli la ferita che si era procurato in duello con un altro Stokeford un secolo prima.
- Ne ho abbastanza delle vostre beghe!- ringhiò Anghelos, ricomponendosi. Sistemata la sciarpa di seta, sollevò il dito verso la figlia, usando le parole che se le avesse appena vomitate - Adesso ascoltami bene Axia...ti do fino al trenta giugno. Se non avrai accettato la proposta di tuo cugino, mi vedrò costretto a farlo io per te. Sono tornato solo per darti in moglie e non intendo tollerare i capricci di un'inutile bambina in questa trattazione.-
- Inutile.- replicò lei, in un soffio - Per mettere al mondo un erede però non sono così inutile, vero padre?-
- Pensala come vuoi. Fra due settimane rendiamo noto il fidanzamento. Hai altro da dire?-
Lei tacque. Oh, se aveva da dire...
Ma si limitò a sorridere. Un sorriso così gelido da rivaleggiare col diavolo in persona.
Si scostò da Caesar, facendogli un profondo inchino.
- Certo padre. Ben tornato a casa.-

Per la maggior parte dei casi...è vero. I figli non rispettano mai abbastanza i genitori.
Ma onore e rispetto vanno solo a chi se li merita.
I Loderdail se ne andarono immediatamente dopo la minaccia lanciata alla loro ultima discendente; anche Vlad e suo padre se ne andarono con un minimo di delicatezza che nella loro famiglia non era granché contemplato. Tom invece avrebbe voluto fermarsi, specialmente dopo aver visto le cinque dita già livide sull'epidermide del braccio di Denise, ma l'arrivo di Lucilla lo convinse a lasciare la Loderdail nelle mani, alquanto poco fide in quel caso, del padrone del palazzo. La Lancaster prima di seguire Tom nelle sue stanze però si ritrovò di fronte a uno spettacolo interessante.
Molto interessante. Caesar Noah Cameron...che nascondeva un segreto. Un grande segreto.
Salutò appena lui, tanto aveva la netta sensazione di non essere molto simpatica alla Loderdail per motivi del tutto femminili che un povero maschio non sarebbe mai arrivato a comprendere, quindi se ne andò con Riddle ben sapendo di aver lasciato innescate due bombe ad orologeria.
Infatti appena i loro passi furono lontani, Caesar dovette abbassarsi per non prendersi in faccia una coppa di pesante bronzo. Si rialzò imprecando, ma dovette spostarsi di nuovo a un seguente lancio di oggetti che durò parecchio tempo. E alla fine, quando la demone non ebbe più nulla sottomano, iniziò a far levitare le poltrone.
- Tu...tu...miserabile infame!- gli urlò inferocita - Come hai osato metterti in mezzo?!-
- Cosa ho osato io?- gridò lui di rimando, sdegnato - Eri tu che mi chiamavi!-
- Io?- Denise sbarrò gli occhi, ridendo piena di sarcasmo - Non ti chiamerei neanche se venisse l'Arcangelo Gabriele in persona a prendermi per beatificarmi! Vattene all'inferno Caesar Cameron! E restaci, facendo un favore a tutti!- e gli lanciò addosso davvero una poltrona, che finì contro una parete in mille pezzi - Borioso, arrogante, supponente e rognoso stronzo!-
Ora era troppo.
- Sarò anche supponente e arrogante ma tu non sei da meno!- le rinfacciò, levandosi dalla faccia un tavolino da the che finì in briciole sul pavimento - Te ne stavi lì a chiedermi di non lasciarti da sola e adesso fai anche l'offesa? Oh oh, non penso proprio tesoro!-
Lei allargò gli occhi fino al limite. Si, lo uccideva.
- Non entrare nella mia testa stramaledettissimo empatico!- gli sibilò gelida - Non sei il benvenuto Caesar. Ma se ci riprovi allora io entrerò nella tua e allora vedrai che mi ci andranno due minuti a sistemare il poco di cervello che t'è rimasto salvandosi dall'alcool! Sono stata abbastanza chiara??-
Era guerra.
Rimase a fronteggiarla facendo fuoco e fulmini. Ragazzina insopportabile! Dio, non si poteva essere supponenti come lei! Era da legare e mettere al muro...ma stava anche inspirando...si, stava inspirando velocemente. Il seno pieno e sodo si abbassava e si sollevava con troppa foga...ed era rossa in viso.
Pensò che era bellissima comunque...se un attimo dopo Denise non si fosse anche messa a tremare.
- Cos'hai?- borbottò, preoccupandosi un attimo.
Lei non rispose. Sembrava non stare in piedi...
- Ehi...- le richiese, avvicinandosi cautamente - Cos'hai?-
Una crisi isterica forse.
- Voglio...- alitò lei, tremando - Voglio...un cuscino morbido...e...quella cosa che beve Tom...-
- Cosa vuoi?- allibì, senza aver capito niente.
E di conseguenza la catastrofe, perché mai sfidare la pazienza di una donna in stato ansioso.
- VOGLIO UN CUSCINO E DEL THE'!- gli urlò, facendolo sobbalzate terrorizzato.
Poco più tardi Denise se ne stava davvero seduta, rannicchiata sul divanetto di pelle della sala pranzo, un cuscino sotto al collo ben stretto col braccio e con una mano si stava sorbendo del the al limone.
Caesar, a distanza di sicurezza, cominciò a chiedersi se per un demone fosse normale avere attacchi isterici. A quanto pareva si. - Come va?- borbottò, trincerato dietro al tavolo.
Lei neanche gli rispose, troppo intenta a tracannare il thè come se fosse stato un narcotico in endovena.
Caesar disperava di capirci qualcosa, quando lei finalmente parlò...con vocina sottile, da bimba.
- Vi odio.- mormorò, fissando il liquido ambrato nella tazza.
Lui inclinò appena la testa, studiandola.
- Mi fate sempre...sentire piccola. Minuscola.- continuò debolmente, senza osare sollevare lo sguardo - Non sono mai abbastanza. E lui è tornato e non mi ha neanche guardata in faccia.-
Cameron provò un istantaneo moto di fastidio.
- Cosa te ne importa di quel bastardo?- ringhiò fra i denti - Non è degno neanche di tenerti l'orlo del vestito.-
Denise sorrise, mesta, inconsolabile.
- Troppo gentile.- mormorò - Ora sto meglio.- e posò la tazza sulla grande tavola da pranzo, visto che il tavolino gliel'aveva lanciato addosso - Scusa del casino. Sistemo tutto io.-
Casino. Caesar si guardò attorno. A dire il vero non glien'era mai importato molto dell'arredamento.
Non dopo la morte di Imperia.
Ma lei non era...piccola. Minuscola. Non era niente di tutto ciò. E neanche se ne accorgeva.
Una cosa per lei poteva farla.
- Mai stata fra i mortali?- le chiese di punto in bianco.
Lei lo guardò serafica - Sono minorenne. Sai bene che non mi è permesso.-
- Allora ti ci porto io.- esclamò lapidario, afferrandola per mano e tirandola in piedi, lasciandola senza parole - Un pomeriggio fra le vere formiche ti farà bene. Forza, andiamo.-
- Ehi...aspetta un secondo, che ci andiamo a fare fra gli umani?-
- Lo capirai.-

Essere invisibili agli occhi degli uomini, che non notano mai nulla neanche se questa si trova proprio sotto il loro naso, non era poi così difficile.
Caesar amava la National Gallery di Londra. Opere a parte, l'aveva amata dalla sua fondazione, nel 1824 quando Imperia l'aveva convinto ad andarci, di notte, per godere di quelle opere in piena tranquillità.
Ora invece stava seduto sul bordo di una delle fontane davanti all'ingresso. Il pomeriggio soleggiato aveva attirato turisti e londinesi di ogni età e razza e lui stava lì, a godersi una giornata fuori dal suo castello dopo circa otto anni di reclusione.
Denise invece stava in piedi. In quello spazio aperto.
I suoi occhi bianchi si posavano ovunque...su ogni linea della strada, sul lato nord che dava su Trafalgar Square, sulla gente che le passava accanto e non la vedeva. E sulle voci. Tutte le voci che lei non aveva mai sentito.
Mortali. Così diversi. Così deboli e così...ciechi, a volte.
- Sono o non sono formiche?- le chiese, accendendosi una sigaretta con aria pigra.
Lei lo fissò con la coda dell'occhio, piegando la bocca in una smorfia.
- A volte penso che tu non sappia apprezzare la bellezza. Spesso li trovo inutili...i mortali intendo. Non fanno altro che costruire cose per rimpiazzarne altre. Oppure costruiscono per distruggere. Ma una cosa così non l'avevo mai vista...- sussurrò con tono incantato, guardandosi attorno - Sono così piccoli...e sanno costruire cose così grandi...-
Già. Gli esseri umani erano capaci di sogni bellissimi, pensò Cameron. Bastava vedere Tom.
- Le ascolti le voci dell'etere?- gli chiese, girandosi interamente verso di lui.
- Qui?- bofonchiò, dando un tiro e soffiando fuori il fumo - Vuoi che rimanga a letto per giorni col mal di testa?-
- Forse ti esercitassi di più...invece che metterti il lucchetto...-
- Non mi serve una lezione di etica, dolcezza.- replicò sarcastico - E poi c'è poco da sentire. Molti umani sono piatti come la linea del loro encefalogramma quando vanno al Creatore.-
- Ma altri no.- sentenziò, andando a sedersi accanto a lui e poggiandosi sui gomiti - Gli umani ricordano cose molto diverse da noi. I ricordi dei bambini sembrano solo flash, per esempio. Ma appaiono così solo perché i bambini ricordano unicamente le cose importanti.-
- I mortali ricordano ciò che li fa sentire felici o tristi. Loro ricollegano tutto alle emozioni.- borbottò in risposta, continuando a fumare pacatamente - Non puoi metterli sul nostro stesso piano. La nostra è una scansione temporale...loro vanno a cuore e sentimento.-
- Hn.-
Caesar colse il tono polemico, così la scrutò trucemente.
- Cos'era quel verso? T'è andato per traverso qualcosa?-
- Tu non ricordi col cuore? E' questo che hai detto?-
- Non voglio neppure parlarne.- e distolse il volto da lei, puntandolo su un gruppo di turisti di cui non gl'importava nulla - Senza contare che non vale neanche la pena di perderci del tempo.-
- Davvero?- sussurrò la Loderdail, ridendo gelidamente - Tu ricordi come loro.-
- La sfera onirica e memoriale sarà territorio tuo, va bene.- la zittì seccato - Ma la mia lasciala perdere.-
- Tu ti aggrappi ai ricordi come tutti.- continuò lei - Non fare finta che non sia così.-
- Non faccio finta. Cerco solo di non pensarci.-
- E ti fa stare meglio?-
- Che t'importa di cosa mi fa stare meglio?- sibilò, gettando il mozzicone e alzandosi, dandole le spalle - Non c'è niente che possa farmi stare meglio, se è questo che vuoi sentire. Me l'avevi detto no? Hai compassione di ciò che sono diventato. Sono un relitto, bevo troppo e dormo anche meno. Stimolo la pietà anche in un demone. Perfetto.-
Denise rimase seduta. A guardare le sue larghe spalle. Il profilo perfetto e regale, come scolpito su una moneta.
- Provo rabbia.- lo corresse.
- Rabbia?- si volse sopra la spalla, curioso - Per cosa?-
- Per chi, vorrai dire.- replicò, senza staccare lo sguardo - Odio chi ti ha ridotto così.-
E lui subito serrò le mascelle. Imperia.
- Non parlare mai più di lei.- ringhiò fra i denti.
- Stai tranquillo.- gli disse in un soffio, mentre ogni fibra di lei piangeva lacrime disperate - La lascerò sul piedistallo dove l'hai messa, senza mai più nominarla. Ma su una cosa ti sei sbagliato. Ciò che ti fa stare male mi sta a cuore più di quanto pensi.-
Si mise in piedi, un raggio di luce scivolò sui suoi capelli e sulla cipria di diamante che le copriva la gote.
Lei brillava sempre, si ritrovò a pensare. Sempre.
Una piccola stella. La sua piccola stella.
- Cosa pensi di fare per quel matrimonio?- le chiese, vedendo che voleva andarsene.
Lei rise, gettando la testa all'indietro - Dunque...- ghignò amara, come se tutto fosse uno scherzo - Vediamo. Da una parte posso farmi rinchiudere a vita in casa Loderdail, visto che mia nonna e i miei zii vivranno in eterno per rendermi la vita impossibile. Dall'altra parte c'è una schiavitù simile, perché dovrei sposare quel porco di Hestor e mettere al mondo sicuramente un figlio pazzo, visto che sarebbe un mezzo incesto. Quale delle due ti sembra meglio?-
Lentamente Cameron si mosse, andandole così vicino da sfiorarle il corpo.
Si chinò, vedendola fare di tutto per non spostarsi. Fiera e orgogliosa.
- Una soluzione ce l'avrei.- le sussurrò all'orecchio - Ma dubito che accetteresti anche solo di sentirla.-
Infatti lei divenne come una statua di ghiaccio.
- Sono stanca di essere presa in giro.- replicò, senza staccarsi di un centimetro dal suo corpo - Qualsiasi cosa tu abbia in mente non servirà ad evitarmi una prigionia. Novecento anni alla mia libertà sono troppi...e non puoi proteggermi per quasi un secolo.-
- Questo dipende.-
- Da cosa?-
- Da te.-
Sotto le lunghe ciglia della Loderdail si mosse qualcosa. Che si spense, morendo senza languire.
- Voglio tornare a casa.- sussurrò.
Casa. Cameron Manor.
Da quando aveva cominciato a considerare casa il luogo dove c'era lui? Dove lui dormiva, dove la sua voce si allargava in ogni stanza...dove lui esisteva senza rendere conto a nessuno?
Da quanto tempo aveva capito che non ci sarebbe mai più stata un'altra casa, per lei?


La sirena di Tom, Melisande, non aveva mai apprezzato avere gente attorno che non fosse Riddle.
Infatti scrutava dalla sua vasca Lucilla dei Lancaster con cipiglio alquanto irritato. Come se la demone avesse invaso il suo territorio. Lucilla però non sembrava far caso alle cattive maniere della pesciolina, come la chiamava Winyfred.
Con gli anni era diventata un'esperta nel non far caso a molte cose. Fin troppe forse.
Se ne stava seduta nella stanza dei giocattoli di Tom, in jeans e camicia scura, abbottonata su una parte del busto e non al centro. I capelli erano raccolti in cima al capo e sembrava in tutto e per tutto sempre più giovane.
Osservava suo figlio trafficare con la caraffa del caffè, naturalmente lo vide anche far cadere qualcosa perché negli anni la goffaggine di Riddle era stata solo mitigata. Ma era sempre lì, fedele, rassicurante.
Era cresciuto il suo bambino. Sempre più bello, sempre più uguale a suo padre.
Ma con un sorriso che avrebbe scaldato anche un iceberg.
Un sorriso appena più opaco, spento, senza speranza ma...sempre così pieno di calore.
- Tieni.-
La raggiunse alla sua scrivania ingombra di libri e pergamene, posandole di fronte una tazza fumante.
- Sei stata alla partita ieri?- le chiese, curioso.
- Si, sono dovuta andarci.- e gli sorrise maliziosa - Provvederò a fartene avere un video di straforo.-
- Chi l'ha filmato?-
- Dena e J.J.- sogghignò, portandosi la tazza alle labbra invitanti e umide - Se li beccavano quelli dell'Ufficio Preservazione si sarebbero fatti una notte in cella ad Azkaban.-
- Tutta salute.- rise Riddle, sedendosi a sua volta - Ho letto che Elettra è stata grande.-
- Si, bravissima. Tutti i Baley non hanno fatto altro che decantare la loro parentela per tutto il tempo. Il Ministro Dibble avrebbe voluto uccidersi, visto che stava sugli Spalti d'Onore con le famiglie più in vista..-
- L'hai conosciuto? Com'è?-
- Mi sembra una brava persona. Anche a Silente piace.-
Silente.
Tom abbassò il capo, conscio che non poteva chiacchierare con lei come nulla fosse.
Non l'aveva mai fatto in tutti quegli anni...perché cominciare ora?
- Ho letto anche il Cavillo.- disse, deglutendo a fatica - Un articolo diceva che la famiglia Potter è rientrata in società.-
- Se vuoi sapere se Harry era presente...si.- annuì, fissandolo teneramente - Anche se ha passato tutta la partita appiccicato a Draco e Ron, per tenere i bambini alla larga dai giornalisti.-
- Lucas e Faith...-
- Stanno benissimo.- finì per lui - Stanno tutti bene.-
- Bene.-
Perché doveva essere così?, si chiese la donna. Perché doveva stare lui in gabbia?
Avrebbe potuto distruggere la sua gabbia con un dito, liberarlo finalmente...ma poi? Tom aveva un cuore troppo nobile per vivere di fuga, nell'ombra. Inoltre ora che la minaccia si era profilata all'orizzonte, una nuova minaccia, era meglio per lui restare lì, protetto, al sicuro.
- Lucilla.-
Sentendosi chiamare, lasciò i suoi cupo pensieri e gli sorrise.
- Si?-
- Hai qualcosa di strano.- le disse, scrutandola attento - Sei sicura che vada tutto bene?-
- Certo.- mentì lei senza provare il minimo rimpianto - Va tutto benissimo. Ora scusami, ma devo tornare a Cedar House. C'è in vista un'altra festa di beneficenza per qualche setta di drogati o barboni...-
- Quelle non sono sette, mamma.- sospirò divertito.
- Se lo dici tu.- rispose, chinandosi a baciargli la fronte - Ci vediamo fra qualche giorno.-
- Certo.- e l'accompagnò alla porta, per poi ricordarsi della persona incappucciata davanti ai cancelli - Ah mamma. Hai trovato qualche informazione sul tizio della sigaretta?-
Lei si bloccò. Rimase ferma, ma non si girò a guardarlo.
- Per ora nulla. Ma vedrai che troverò qualcosa.-
- Certo.- non l'aveva guardato in faccia - Allora ci vediamo mercoledì.-
- A presto.- e gli fece appena un sorriso - Stammi bene...e sta lontano da quella Dama dell'Acqua.- aggiunse, prima di sparire nel corridoio - Non mi piace, non liberarla mai.-
Aveva fuggito i suoi occhi e sorvolato, cambiando discorso. Troppa noncuranza in quella risposta. E Lucilla aveva sempre tenuto conto delle sue sensazioni di pericolo. Si fidava di lui e del suo raziocinio. Ma stavolta prendeva le cose alla leggera. Perché?
Qualcosa non andava...ora la sensazione era più che reale.
Senza pensare ad altro raggiunse la vasca di Melisande e il pulpito su cui teneva l'uovo di cristallo contenente la forma evanescente della Dama.
Carezzò l'uovo, senza riuscire a pensare ad altro. Cosa stava succedendo?
Capì che doveva avere una risposta. Seppur vaga e semplice, ma doveva averla.
Si spostò alla sua sinistra, senza neanche fare un passo.
Accanto al pulpito c'era una libreria ingombra di ogni oggetto magico, ma lui estrasse un grosso piatto di rame largo un metro e mezzo. Lo riempì d'acqua con la bacchetta e poi si specchiò.
Non accadde nulla, ma quando cominciarono a salire bolle dal fondo e dal filo dell'acqua salì del vapore, seppe ciò che voleva. Guai. Era solo un semplice e rozzo surrogato dell'Acqua della Vita di Caesar. La sua mostrava immagini, suoni e colori. La sua acqua invece, messa sotto incanto, gli diceva unicamente in che "acque navigava".
Acque agitate. Si, sua madre gli aveva mentito.
Era accaduto qualcosa. Qualcosa che riguardava lui e il tizio della sigaretta che si era presentato ai cancelli di Cameron Manor.
- Che diavolo fai?-
Vlad rimase sulla porta della stanza, senza fare un passo oltre, spiando con astio i giocattoli che attorniano Riddle.
- Non stare troppo qui dentro. Ti va in palla il poco cervello che hai.- gli sibilò, gentile come sempre.
Tom si sforzò di ridere, rimettendo a posto il piatto e facendo Evanescere l'acqua al suo interno.
- Che facciamo stasera?- gli chiese.
Stokeford tacque, restando a fissarlo.

Mortali. Maledetti loro e i loro spirito di sacrificio.
- Porco.- rampognò il mago divertito, visto che il demone taceva.
- Lasciami perdere.- sentenziò Vlad, massaggiandosi il collo - Devo riprendermi da ieri sera. Il poker e Val mi hanno ammazzato. Tu però levati da lì... fossi furbo la bruceresti quella maledetta Dama.-
- Dio ma siete tutti fissati.- si lagnò, carezzando l'uovo con mano delicata - A me piace. E poi è innocua.-
- Certo, finché è dentro al cristallo. Muoviti.- aggiunse, dandogli le spalle - Magari cambio idea. Un po' di movimento prima di cena fa sempre bene.-
- Ahah.- ghignò Tom sarcastico, saltando giù dal gradino del pulpito - Quindi è un'opera che fai a fin di bene per me?-
- Esatto.-
- Che spirito caritatevole per un demone.-
Fu l'ultima frase che Vlad gli sentì dire.
Aveva già fatto qualche passo in corridoio, brontolando a mezza voce su sentimenti umanitari che di certo non possedeva, ma il suono del cristallo in frantumi riuscì a fargli perdere per un istante tutta la sua lucidità.
Tom.
Si girò e rientrò nella sala dei giocattoli.
L'uovo della Dama dell'Acqua era scivolato giù dal pulpito per il contraccolpo del peso del corpo del mago, sceso dal suo basamento. Era finito a terra in tanti piccoli pezzi, allargando sul pavimento di marmo una grossa chiazza d'acqua.
E poi ne era uscita lei, sinuosa come la Morte stessa. Sovrastando Tom come un gigante.
Una signora trasparente e spettrale, bellissima da lontano...ma orrida e scheletrica quando gli passò le braccia al collo, facendo tintinnare il suo collare d'argento, ridendo malignamente. E lo trascinò via, con lei...
In quella pozza d'acqua. Dove Thomas Maximilian Riddle sparì, fissando Vlad negli occhi.
E dopo otto anni di prigionia, il condannato uscì di prigione.

Harry e Draco quella notte non dormirono bene. Entrambi sentivano serpeggiare nell'aria una brutta sensazione.
Lo stesso Cloe, che non chiuse occhio nel letto accanto a Oliver Trust.
Il malaugurio iniziò così la sua deprecabile mossa contro il fato.


Non poteva essere vero.
No. Non poteva e basta. Non c'era altra spiegazione che al sogno per ciò che gli stava accadendo.
Perché sulla sua testa...c'era un cielo. Un cielo nero come il velluto, trapuntato di stelle.
Le stelle che lui ormai vedeva solo nei ricordi, in tempi passati diversi dal suo.
Quindi quello...non poteva essere il suo cielo.
Eppure Thomas Maximilian Riddle si alzò da terra, dalla pozzanghera in cui si era ritrovato sdraiato, senza riuscire ad avere la fede, la speranza necessaria...per crederci.
Ma era aria quella che sentiva sul viso.
Ed erano due muri scalcinati di alcuni palazzi in periferia quelli che lo affiancavano.
Era in viottolo. Si.
Si guardò attorno come se fosse stato un bambino piccolo, come uno straniero in un universo nuovo.
Libero, fu l'unica parola che gli si stampò in testa come marchiata a fuoco.
Libero.
Le stelle. Erano davvero le stelle quelle...non aveva più un tetto sulla testa.
Non era più chiuso in una gabbia dorata con le sbarre invisibili ma onnipresenti.
Era a Londra. E lo capì dall'unica costruzione che da ogni punto della città era visibile a occhio nudo.
La Post Office Tower brillava come una torcia in pieno buio, lucente del suo vetro e del suo metallo per quasi duecento metri di altezza.
Londra.
Istintivamente si portò una mano al collo. Lo faceva spesso, per ricordarsi ogni secondo la presenza del suo collare.
Era lì. Sempre freddo, sempre della stessa forma serpentina e il rubino nero riluceva anche alla mancanza di luce, nel vicolo. Bagnato e grondante cominciò a guardarsi attorno ma avvertì immediatamente uno scricchiolio alle spalle.
La Dama dell'Acqua non c'era più. Ma al suo posto Tom avvertì, gelando, un intenso odore di lavanda.
Fumo alla lavanda.
Un attimo più tardi, troppo tardi per intendere l'inizio di quella miserabile trappola che l'aveva condotto lì dov'era più debole, avvertì il sibilo di una freccia nell'aria, così veloce e flautato...e cinque centimetri di freccia tripunte gli penetrarono nella schiena, nel fianco destro, strappandogli un gemito di dolore.
Ricadde a terra, urlando per un dolore che non avrebbe mai potuto immaginare.
Veleno, pensò torcendosi su se stesso. Veleno. Era quello che gl'incendiava il sangue, portandolo a capire cos'era la vera sofferenza. Lì piegato nel cemento umido, vide una sigaretta finire a terra, a circa una dozzina di metri da lui.
Qualcuno vestito di bianco, panna forse, si stava avvicinando.
Trappola, continuava a pensare.
Era solo una trappola! E chiunque l'avesse colpito, era la stessa persona che si era fermata di fronte ai cancelli di Cameron Manor. Come aveva fatto a farsi obbedire da una Dama dell'Acqua, quando neanche i demoni erano in grado di possedere interamente le loro menti?
Nell'aria sibilò un'altra freccia. Si spostò più rapido che poté e la punta stavolta lo prese di striscio su una gamba, quasi ghermendogli la pelle.
Cominciava a sentire il sangue colargli sulla schiena, sui fianchi, sul ventre.
E la vista gli si appannava.
Doveva reagire, o sarebbe morto dissanguato in quel maledetto vicolo.
Il suo aggressore continuò ad avvicinarsi, a passo lento, aggraziato. Troppo aggraziato per un uomo.
E teneva la balestra fra pallide mani dalle lunghe dita sottili, quasi scheletriche, di chi patisce la fame.
Caricò un altro dardo, del tutto nascosto dal buio e dal cappuccio.
Ma Tom non rimase passivo, non questa volta.
Estrasse la bacchetta con una rapidità che il suo aggressore non si sarebbe mai aspettato da un mortale colpito da una di quelle frecce seghettate, con tre punte fatte per trinciare la carne, per questo finì contro la parete, subendo uno Schiantesimo che riuscì a intontirlo per qualche momento.
Riddle ne approfittò per cercare di rialzarsi, per Smaterializzarsi via...ma non accadde nulla.
Una barriera gli stava bloccando la fuga.
Ma fu l'ultima cosa che pensò, perché il veleno fece il suo effetto. Iniziò a sentire le dita intorpidirsi e la sua bacchetta gli scivolò dalle dita. Finì in ginocchio, una mano sul fianco...da cui urlando si strappò il dardo.
Vide che due pezzi di metallo erano stati staccati. Rimasti nella sua carne.
Rialzò il volto, ormai quasi accecato dalla perdita di sangue, sul suo nemico. Ora era lui ad avere la bacchetta spianata. Gli stava di fronte. Nel delirio della ferita, credette di sentire una voce di donna...
Quasi lontana. Eppure una voce...che gli parve riecheggiare nel passato.
- Addio, figlio del Signore Oscuro. Questo è per mio padre. Avada...-
E si bloccò.
L'incappucciato si volse, emettendo un gemito stizzito. Arrivava qualcuno. Furente, scagliò un forte manrovescio in faccia a Riddle, spedendolo col volto sull'asfalto e si nascose lì attorno, sparendo nell'ombra di un lampione.
Ma non fu una buona idea. Perché si vide portare via la sua preda, impotente.
Già. Tom Riddle non morì quella notte. Ma venne salvato, per così dire, da un gruppo di maghi criminali chiamato Lucky Smuggler. Meglio conosciuti come gli Spazzini di Azmodeus.
Contrabbandieri. Mercanti di vite.
L'incappucciato li vide ridacchiare, chini sul corpo quasi esanime di Riddle. Parlottarono un po' fra loro, forse ponderando sul da farsi. Ritenendo Tom un interessante investimento se lo portarono via, lasciando l'aggressore con un pugno di mosche in mano.
E la consapevolezza che per rovinare il giovane sopravvissuto all'ira del grande Augustus Grimaldentis doveva passare al piano B.

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8° ***


TMR8

 

 

Erano passati solo due giorni dalla Finale di Quidditch e l'essere diventati campioni aveva reso i maghi inglesi più tronfi di quanto lo fossero mai stati in vita loro. Almeno dopo la finale di cricket contro gli americani circa tre anni prima, quando la squadra di Liverpool aveva stracciato i californiani e ci aveva festeggiato sopra per mesi interi.
Damon Michael Howthorne, per carità, era sempre stato un appassionato di quidditch e la sera della vittoria come ogni buon hoolligans magico era girato in cielo su una scopa per far baccano tanto da spaventare anche i babbani fino all'alba, ma dopo la sbronza ed essere finito in una delle tante fontane di Richmond Park insieme al Ministro Dibble, a Basil Howells, il CT delle Aquile, e a tanti altri maghi fra cui anche mezza famiglia King, aveva chiuso coi festeggiamenti per tornare a lavoro.
Il suo fratellino invece per due giorni si era rifiutato di lavarsi la faccia dai colori della squadra inglese e per convincere Aidan quella mattina a rimettersi a posto aveva quasi dovuto pagarlo.
Era tornato a Howthorne Hall quel martedì mattina di buon'ora solo perché i suoi genitori partivano per una breve vacanza di una settimana. I parenti di sua madre, i signori di Broadcast, abitavano in Cornovaglia e li avevano invitati per una piccola pausa dalla vita di società.
Lord Michael e Lady Ethel avevano accettato volentieri, ma Aidan si era aggrappato alle gambe di Damon, tanto per cambiare, e scementarlo da lì era stato impossibile.
Lady Ethel si era dimostrata poco soddisfatta di lasciare a casa il suo bambino, specialmente perché il loro primogenito aveva già abbastanza da fare senza prendersi cura di un mentecatto di otto anni, ma Damon alla fine aveva accettato, se non altro sollevato di avere in casa sua un essere umano respirante. In salute, per dirla meglio.
Dopo aver spedito le valigie di Aidan nel suo appartamento, era riuscito a convincere il pupo a lavarsi la faccia che sembrava un grosso sole arancione ormai, visto che giallo e rosso si erano mescolati, e poi l'aveva portato a far colazione.
Fra i babbani. E Aidan Howthorne, come anche Lucas Potter, non sopportava i babbani.
Così, senza motivo. Forse Draco Malfoy aveva sparso i suoi malefici geni in virus per via aerea, ma restava il fatto che come il piccolo Phyro, anche Aidan non gradiva particolarmente la compagnia dei non maghi.
- ...e poi non sanno volare!-
Damon rise, poggiato su un gomito, seduto al tavolino all'aperto di un bar del West End.
Guardava il pupo, come lo chiamava Cloe, arrivare appena a dondolare le gambe dalla sedia e sorseggiare avidamente quasi come un drogato una tazza di latte caldo, con uno spruzzo di cioccolata.
A quell'ora, le otto di mattina, l'aria era ancora fresca ma dal sole sarebbe stata una giornata molto afosa.
Aidan addentò una brioche ripiena, continuando a blaterare insulti.
- ...come fanno a piacerti? Non sanno fare neanche il Chocofritz.-
- Il Chocofritz te lo so fare solo io.- ghignò il Legimors, infilandosi gli occhiali da sole sul naso - Ma tanto troveresti qualcosa che non va in loro anche se lo sapessero fare.-
- Sono degli imbranati.-
- Ma fanno buona musica.-
Aidan roteò gli occhioni azzurri - Tu pensi solo a quei cosi rotondi.-
- CD.-
- Quello che sono.- masticò il piccolo, leccandosi la marmellata rossa dalle labbra. Facendo la lista delle mancanze della razza babbana però, istintivamente Aidan portò gli occhi a Veleno.
Essendo poggiato al tavolino sul gomito destro, il polso di suo fratello maggiore era bene in vista.
Veleno di certo sapeva chi era Tom. E Lucas, a quanto gli aveva raccontato alla finale, ancora non aveva saputo nulla di nuovo. Forse avrebbe potuto parlare un po' con Veleno, pensò, vedendo il bracciale immobile e lucente, gli occhietti cristallini vispi che s'illuminavano casualmente, per ricordare a chi gli stava attorno che era vivo.
Ma doveva parlare col piccolo serpente mentre suo fratello non sentiva per il momento. Lucas e Jemy si erano raccomandati di non dire niente ai grandi. Magari se glielo chiedeva, suo fratello gliel'avrebbe prestato per un po'.
- Ehi...mi ascolti?-
- Cosa?- Aidan cadde dalle nuvole - Cos'hai detto?-
- Ma che guardavi?- Damon alzò un sopracciglio - Ti dicevo che prima di andare a casa devo passare da Dorothy in ospedale. Ho un lavoro da finire e devo prenderne in causa un altro.-
- Se intendi altri cadaveri sballati...-
- Sono spiriti.-
- Spiriti sballati comunque.- frecciò il piccolo mago - Va bene. Ma con la babbana io non ci parlo.-
- Merlino, sei peggio di una maledizione Cruciatus.- sbuffò il maggiore dei due fratelli, buttando un paio di banconote babbane sul tavolo e tirando il fratellino dietro un angolo appartato.
La via era libera, si Smaterializzarono via per riapparire al St. Clement Hospital, dove lavorava Dorothy Turlow.
Apparvero già all'interno dell'ospedale, all'accettazione e il via vai di infermieri e medici in pronto soccorso irritò non poco il piccolo Aidan. Chiusi in ascensore, Damon sbadigliò e si levò gli occhiali.
- Hai sonno?- gli chiese il fratellino.
- Non ho dormito molto.-
- Perché non li cacci tutti quei cadaveri dispettosi? Se non ti lasciano dormire come farai ad aiutarli?-
- Non erano i fantasmi.- fu la blanda risposta.
Aidan per tutta lo guardò con aria pietosa.
- E' tornata la tua ragazza.-
Non era una domanda, era una constatazione.
Damon schioccò la lingua, seccato - Ficcanaso.-
- Allora è tornata.-
- Si.-
- E viene a vivere con te?- si lagnò il pupetto, dimostrandosi geloso com'era realmente - Uffa, che palle! Con una donna in casa non potrò più venire!-
- Anche Trix è una donna, ma non mi sembra tu ti faccia problemi quando c'è lei.- gli ricordò il Legimors, fissando la luce dei piani fino a raggiungere il settimo, quello di oncologia.
- B. è una vampira e poi è simpatica.-
- B. come la chiami tu è una Diurna. E fino a qualche anno fa non ti stava simpatica. La odiavi.-
- Quanto sei puntiglioso.- borbottò Aidan - Magari la tua ragazza è un'arpia. Perché non ti sei fidanzato con Cloe, invece di lasciarla a Trust il matto?-
Quel bambino era paranoico, pensò Damon sentendo la sua vocetta vorticargli in testa insieme a mille richieste di aiuto.
Gli ci voleva qualcosa contro l'emicrania, o non sarebbe arrivato alla fine di quella settimana. Rivoleva i suoi a casa.
- Allora? Ha ragione Beatrix! A noi Oliver non piace!-
- Aidan, le persone si fidanzano con chi gli pare. Non puoi mettere bocca nei gusti della duchessa, chiaro? Nei miei meno che mai!- rognò l'altro, quando si aprirono le porte.
Il piano di oncologia era più calmo del pronto soccorso, ma chiunque vi s'incontrasse erano parenti di malati terminali, altri venuti per la chemio, altri anche in coma irreversibile, da anni in stato vegetativo.
Il piccolo Howthorne in vita sua non avrebbe mai apprezzato gli ospedali, di qualunque tipo, sia babbano che magico, specialmente a causa dell'atmosfera che vi aleggiava.
Silenzio. Una sorta di pace mista a tragedia. Una sensazione non ben definita, ecco.
- Tu resti qui?- gli chiese Damon, quando si fermarono in sala d'aspetto.
- Si.- borbottò Aidan, mettendosi su una poltroncina - Ah, senti...quanto ci metti?-
- Credo un po'.-
- Non è che mi lasci Veleno?- buttò lì con aria angelica - Così parliamo un po'.-
Il Legimors accolse quella richiesta con espressione stranita. E assai poco fidata.
Si guardò attorno. I babbani pensavano ai fatti loro ma un bambino così piccolo avrebbe comunque destato interesse, specialmente se l'avessero sentito emettere strani sibili e parlare con un serpente.
Poteva dire a un'infermiera che lo lasciava lì solo per parlare con Dorothy, visto che ormai chi lavorava in quel reparto lo conosceva di vista...ma Veleno...
Alzò il polso, carezzando le squame dure e argentee del bracciale. Non se l'era mai tolto. Mai.
- Ci tengo molto.- sussurrò al fratellino.
- Guarda che non lo perdo.- disse Aidan contrito - Per chi mi hai preso?-
Damon s'inginocchiò, senza smettere di sentire il caldo metallo Trasfigurato sotto le dita.
Carezzandolo ancora, Veleno riprese lentamente la sua vera forma animale. Le squame divennero nere e azzurrine, la piccola lingua biforcuta saettava in aria. I suoi occhi scuri stavano osservando il Legimors attentamente.
- Va bene.- concesse il maggiore - Ma Aidan...sul serio, attento.-
- Ok, ok.- disse il piccolo, prendendo delicatamente Veleno fra le dita - Chi te l'ha regalato?-
- Nessuno. L'ho trovato.- mugugnò, alzandosi.
- Non è vero!- sbottò Aidan all'improvviso - Veleno dice che te l'ha regalato Tom!-
Fossero maledetti tutti i Rettilofoni! Tutta la famiglia di Salazar da cui discendevano gli Howthorne e i Gaunt! E al diavolo anche i Riddle!
-...e chi è Tom?-
- Aidan se non taci e non abbassi la voce con Veleno giuro che ti faccio fare la fame per una settimana. E senza Chocofritz!- minacciò il Legimors, esasperato, vedendo il pupetto mettere il broncio - Ora vado da Dorothy. Non muoverti da lì, se passano i babbani occhio a cosa fai, ok? Bene. Torno subito.-
Come no. Poteva impiegarci quanto gli pareva stavolta.
Sparito il fratello maggiore dietro un angolo, in una stanza con su scritto "Personale", Aidan Howthorne scese dalla poltroncina e raggiunse i bagni maschili. Ci s'infilò dopo essersi guardato attorno. Come insegnava il buon vecchio Lucas Potter, spiò sotto ogni porta per controllare che non ci fosse davvero nessuno. Finita l'ispezione, si chiuse in un cubicolo, salì sul water chiuso a gambe incrociate e bello comodo iniziò a chiacchierare col serpentello.
Ma ciò che riuscì a sapere da Veleno fu ben poco. Come una cantilena, una tiritera.
"Il padroncino non c'è più. Mi ha lasciato per andare nel luogo delle margherite nere. Il padroncino non c'è più."


Dorothy Turlow si levò la matita dai capelli, per firmare il servizio dei turni alle colleghe, essendo la capo sala.
Sorrise prima ancora di vederlo sulla porta, a braccia incrociate, l'aria stanca.
- Lord Howthorne.- salutò sorridendo.
- Signora Turlow.- stette al gioco il Legimors, lasciandosi fare una carezza sulla guancia - Allora? Cos'hai per me?-
L'infermiera sospirò, rimettendosi il camice e annodando di nuovo i capelli color cioccolato in cima al capo.
Sulla quarantina, era una donna dal viso pieno, caloroso, come il suo sorriso. Alcuni braccialetti dalle forme tribali ai polsi, una maglietta sgargiante sotto la divisa bianca, unghie laccate di rosa pallido.
- Prima che te lo dica...- iniziò, sistemando alcuni schedari - Novità?-
- Nessuna per ora.-
- Ti hanno fatto parlare col morto delle Finali?- gli chiese seria.
- L'idea degli Auror è questa. Stanno convincendo il loro Capo a farmi entrare di straforo nel loro obitorio, ammesso che il suo spirito sia ancora nei paraggi e mi voglia parlare. Che allegria...- aggiunse sarcastico - Tanto lo sanno già com'è andata. C'è un Mangiamorte in giro che ha amici con gli attrezzi e i giocattoli giusti. Ecco tutto.-
- E tu ci credi?- La Turlow levò gli occhi nocciola su di lei, studiandolo - Ci credi che Badomen sia solo?-
- Non crederò che sono tornati fino a quando non vedrò il Marchio Nero in cielo.- rispose, quasi gelido, quasi indifferente - Ma per ora tutti mantengono il sangue freddo.-
- Certo, in superficie.- ironizzò la donna, con amarezza - I maghi sanno essere ipocriti come e più dei babbani.-
- Se vuoi sapere la mia opinione, la morte è morte per tutti.- replicò.
La fece ridere debolmente, poi lo prese sotto braccio e lo portò lungo il corridoio dei malati terminali.
Molti di loro erano in coma. In stato vegetativo. Neanche più visitati dai parenti.
Erano lì sospesi e nel tempi libero Damon andava spesso a trovarli, solo per farli parlare, per convincerli che non c'era modo perché il loro corpo tornasse a funzionare. Per convincerli che purtroppo non c'era più nessun motivo per restare aggrappati a quelle spoglie. A ogni porta che passava, Howthorne vedeva qualcuno.
Qualche lacrima, qualche viso spaventato, espressioni confuse. Ma era un ospedale e c'erano molti spiriti lì attorno.
Dorothy lo fece fermare di fronte alla porta della sala 4.
- E' stato preso in un vicolo.- gli spiegò la donna, mentre con gli occhi azzurri sgranati Damon vedeva un ragazzo, sulla ventina, coperto di tagli e lividi - Gli hanno sparato un colpo in testa. Sembra che non ci sia modo perché si salvi. Spesso quando entro in quella stanza ho la sensazione che qualcuno mi stia alle spalle...-
- Da quanto è lì?-
- Una settimana.- Dorothy lo fissò attentamente - Lo vedi?-
Se lo vedeva?
Damon distolse lo sguardo, quando lo stesso ragazzo alzò lo guardo sulla porta. Stava seduto in poltrona, accanto alla sponda, a guardare se stesso morire.
- E' bello essere visti. Ascoltati.- gli aveva detto la Turlow una delle prime volte.
Questo però era una grazia che ai morti non era sempre concessa.
Tornando agli ascensori, accompagnato da Dorothy, Damon ricollegò mentalmente i discorsi sulla finale a Badomen.
- Dorothy, senti...- mugugnò - Quella sera...quando io e miei amici abbiamo incontrato Badomen in quel vicolo...ecco, ho avuto l'impressione di vedere qualcun altro. Lì vicino. Stava su una scala. E solo io potevo vederlo.-
- Un altro Non-Vivo?- chiese la babbana.
- Forse ma...- Howthorne scosse il capo indeciso - Non ne sono sicuro ma era vestito bene, di nero...e aveva una strana lucina bianca. Qua.- e si mise una mano a mezza spanna dal capo - Sulla testa. Poteva essere il riflesso di qualcosa. Magari un vetro...o...- la guardò come per cercare aiuto - Poteva essere altro?-
- Un uomo vestito di nero con un bagliore sul capo.- replicò Dorothy, stringendosi la cartella medica al petto.
- Già. Ti viene in mente qualcosa? Non credo sia stato un demone. Al posto delle luci quelli hanno le corna.-
- Non fidarti delle convezioni.- gli ricordò con un mezzo sorriso - L'esperienza stessa insegna che gli esseri più belli sono i più pericolosi. Non credi ragazzo mio?-
Decisamente. Brutto non significava cattivo.
E magnifico...celestiale...non significava buono e puro.
Entrati nell'ascensore, con Aidan che scalpitava per andarsene, il Legimors poggiò la mano sulle ante che si stavano chiudendo, per bloccare la discesa.
- Se ti viene in mente qualcosa basta che mi chiami.- disse.
Dorothy annuì - Stai tranquillo. Vedrai che non è nulla.-
- Si, speriamo.- borbottò, pigiando per il piano terra - Ciao Dorothy. Alla prossima.-
- Ciao tesoro.- e gli strizzò l'occhio, agitando appena la mano. E se n'erano già andati. Una cosa però doveva ammetterla, pensò la donna andando nel cucinino degli infermieri, raggiungendo il balcone e accendendosi una sigaretta. I poteri di quel ragazzo andavano aumentando ancora.
Era perfino riuscito a vedere un Angelo della Morte. E la sue piccola luce.
Era riuscito a vedere uno di loro.
Questo stava solo a significare che i tempi erano maturi per lui.


Alla stessa ora circa, al Ministero della Magia, Edward Deverall Dalton stava ufficialmente per mettere da parte il suo autocontrollo da Corvonero per esplodere. Si era passato insieme ai colleghi una nottataccia di ronda infame, aveva sonno, voleva farsi un bagno, voleva anche un paio di carezze sulla testa ma quel giorno non c'era proprio verso.
- Ma allora non ci capiamo!- sbottò, seduto in poltrona nell'ufficio personale del Capo degli Auror, attorniato da incensini fumanti come canne all'oppio che avrebbero sballato anche un pachiderma - Duncan possibile che non mi ascolti? Non mi sembra di parlare in marinese, ti sto solo dicendo che se c'è anche la più remota possibilità che lo spirito di Oliver Twist sia ancora giù all'obitorio...-
- Si chiamava Albert, Edward.- lo corresse Efren Coleman sarcastico, in piedi appostato alla parete accanto alla porta dell'ingresso, per tenersi lontano dalle esalazioni dell'incenso - Albert Bodley, non Oliver Twist.-
- Adesso si chiama cadavere in decomposizione.- sentenziò Beatrix Vaughn, seduta sul divanetto vicino alla libreria sgangherata dove Duncan nascondeva incensi e la fiaschetta di whisky - Potrebbe averlo bene qualche diritto anche un cadavere...oh no!- celiò poi, con un ghigno perfido, smettendo di limarsi le unghie - Non ce li ha dei diritti quel poveraccio perché tutto il Wizengamot ritiene ancora, come nel Medioevo, che i Legimors siano portatori di sventura. E tu Duncan ti sei fatto mettere di nuovo i piedi in testa.-
- Già, avanti Duncan.- borbottò anche Ron, finendo di far su e giù davanti il caminetto spento, buttandogli il fascicolo del morto delle Finali di fronte al naso - Guardalo! Aveva solo ventun'anni! Stava lì coi suoi amici, era nella classe di William, hai capito?-
- Era mezzosangue.- continuò Edward, battendo il ferro caldo - E Badomen l'ha ammazzato per questo.-
- Lui e quell'altra tizia.- chiarì Efren.
- Già, Draco ha trovato una sigaretta alla lavanda con del lip gloss.- annuì la Diurna, tornando a lavorare sulle sue unghie - Lavanda. Proprio da donna.-
- Meglio di quelle alla menta che ti aprono i polmoni.- considerò Dalton.
- Ma lasciate perdere.- Ron puntò di nuovo il dito sulla foto del cadavere - Guarda qua! Albert Bodley, Duncan, ficcatelo in testa! Ho dovuto parlarci io coi genitori sai? Pensi che sia stato divertente? Ha ragione Edward, se c'è una remota possibilità che lo spirito del ragazzo sia ancora qua in giro...bhè, allora dobbiamo sbattercene dei Consiglieri, far entrare Damon e farlo parlare col nostro morto! Forse può dirci qualcosa su quella donna che noi non sappiamo! Magari può anche farci una descrizione migliore di Badomen.-
- Se lo prendiamo però le prove di Damon al processo non verranno contate valide.- ricordò a tutti Coleman, versandosi una tazza di caffè caldo dalla brocca che stava sulla scrivania ingombra - Dovremo inventarci qualcosa...e che cazzo, capo, ma non le spegni mai queste canne legalizzate? Basta cambiate il nome da spinello e incenso e si riesce a vendere di tutto.-
- Che cos'hai contro gli allucinogeni?- gli chiese Edward seccato.
Nel frattempo il caro Gillespie probabilmente non aveva sentito una parola. Stava semplicemente poggiato alla scrivania, svaccato su un fianco, una sigaretta che gli penzolava dalle labbra, fumo che usciva a scatti ritmici e sincronizzati da un angolo della bocca. Occhi fissi su un punto sulla parete. Sembrava invasato.
Ma non finì lì. Draco Malfoy fece irruzione in quel momento, quasi dando la porta in faccia a Efren, seguito a ruota da Tristan Mckay.
- E allora?- gracchiò Mckay - E' da un'ora che vi aspetto giù all'obitorio! Dove diavolo è Damon?-
- Che cazzo Duncan, credi che non abbiamo altro da fare? Quell'obitorio è uno schifo poi!- si lamentò invece Malfoy, buttandosi seduto accanto a Trix - Fallo risistemare coi soldi di Dibble, sembra un lazzaretto di proletari!-
- Ebbene?- berciò di nuovo Tristan, in mezzo alla stanza - Dov'è Damon? Cosa fate qua?-
- I Consiglieri del Wizengamot non ritengono eticamente corretto che un Legimors visioni le prove del reato.- soffiò Ron, per fargliela breve - Quindi qualunque prova possa darci quello spirito può anche andare a farsi benedire, perché i nostri signori Consiglieri vivono al tempo dell'Inquisizione.-
- Perciò niente chiacchierata col morto.- concluse Dalton soave - Anche se avrebbe potuto risolvere il caso. Ci basta solo aspettare che compaia di nuovo il Marchio Nero e che comincino a cadere teste di babbani, Mezzosangue, Sanguesporco e Magonò come grandine.-
- Che cosa indecorosa.- fece Draco con aria melensa.
Trix gli tirò un tacco nella caviglia, tornando a limare con accuratezza - Ciò che scazza è il fatto che Damon potrebbe risolvere la situazione in un battibaleno.-
- La cosa strana è un'altra.- sentenziò Tristan, con espressione cupa - Alla partita quando il Ministro è venuto a sapere da mio padre e da Lord Michael che Damon parla coi morti, è sembrato molto interessato. Ha perfino guardato il Segretario Donovan come un idiota, quando gli ha detto che i Legimors non sono impiegati nelle squadre Auror.-
- Sbaglio o questo Ministro non è un perfetto coglione come i suoi predecessori?- borbottò Efren, ingollando il caffè.
- Chissene frega, mica possiamo andare a battere all'Ufficio del Ministro.- ringhiò Ron, snervato - C'è sempre Donovan da superare! Quello non lo sopporto, è un deficiente! Ed è sempre lui che va a fare le visite di controllo a Tom! Perché Cameron non lo uccide, quando va a casa sua, vorrei davvero saperlo!-
- Alla fine della fiera mi avete fatto venire fin qui per niente.- fece Draco, quando cadde il silenzio.
I compagni di squadra si girarono a fissarlo, disgustati. Lui almeno non si era fatto il turno di notte!
- Duncan hai intenzione di fare qualcosa?- rampognò di nuovo Malfoy, autoritario come sempre - Guarda che ci abito io con Potter! Hai idea che fatica abbia fatto in questi due giorni a non fargli sapere niente del nostro Bodley mezzosangue, morto per la gloria e per l'onore di tutti i Mangiamorte o di tutti i maghi sani di mente, che appunto intelligentemente ritengono i mezzosangue il gradino più basso della catena alimentare? Ohoh, no che non sai cos'ho passato! Ho dovuto imboscare tutti i giornali, non far entrare nessuno in casa, ho dovuto chiedere aiuto anche a Degona! Gli ho perfino lanciato di nascosto un incantesimo di Regicambio, che se mi scopre rimarremo incollati a vita! Alle parole Bodley e morto, lui sente solo Bolla e orto. Sai che bello sentire da chiunque "Alla finale hanno trovato un orto che si chiama Bolla!"-
Finito lo sfogo, ancora non sentendo repliche, Draco guardò con attenzione il Capo degli Auror.
Anche gli altri si avvicinarono un pochino, allungando il collo.
Duncan non si era spostato dalla posizione di prima.
Gli occhi sempre sbarrati, il fumo che usciva a scatti dalle labbra, tipo locomotiva.
Un mucchietto di cenere su un fascicolo.
- E' sotto Imperius?- mormorò Trix stranita.
- Non è che negli incensi c'è oppio vero?- s'illuminò Edward.
- Oh...Duncan!- Ron gli passò la mano davanti, stupito - Duncan...capo stai bene?-
Quando Gillespie parlò, si limitò ad alzare gli occhi vacui su Weasley e la sigaretta gli cadde di bocca.
Per finire dritta sul fascicolo e quasi incendiarlo.
- Mia moglie mi pianta se tornano di nuovo i Mangiamorte. Ha detto che se manco a un'altra cena chiede il divorzio.-
- Ah.- esalarono tutti, in coro.
- Bhè...Lucilla me lo chiede sempre il divorzio.- borbottò Tristan, per tirarlo su.
- Perché si spreca a chiederti il divorzio se può ucciderti?- gli chiese Trix - Ci va molto meno.-
- Dai capo...Rosalinde non ti pianterebbe mai. Ti adora! Chi non ti adora? Io per esempio ti sposerei subito!- celiò Edward convinto, annuendo vigorosamente - Tornando al morto...-
- Se chiede il divorzio la casa finisce a lei.- continuò Gillespie, con voce spiritata, occhi spiritati, sguardo da malato di mente cronico - Anche la mia macchina volante a due posti, interni in pelle, appena cromata...-
- Forse è meglio che torniamo domani.- abbozzò Efren - Quando gli passa la botta.-
- E già, intanto io che ci faccio con lo Sfregiato?- berciò Draco, alzandosi in piedi inferocito - Se quello viene a sapere che c'è stato un morto, un mezzosangue e che è stato Badomen a farlo secco, come minimo andrà fuori di testa!-
- Per me va più fuori se non gli diciamo niente.- considerò Ron, una volta fuori dall'ufficio di Duncan, immersi nel casino provocato da tutti gli Auror del Quartier Generale - Comunque per il momento ci tocca continuare la ronda, da qua non si scappa.-
- Che stress, è una fottuta perdita di tempo Weasley!- disse John Kinneas dietro di loro.
- E allora che proponi, Kinneas?- gli chiese Gary Smith, appena tornato da un viaggetto nelle fognature, visto che era tutto sporco di fango - Aspettare che tornino ai bei vecchi metodi plateali dei Mangiamorte?-
- Ha ragione Smith.- annuì anche Kingsley - Non vi accorgete che quell'uomo lascia briciole?-
- Sta cercando di farci incazzare.- disse Ron - Per deviare l'attenzione da chi sta con lui.-
- Parli della donna di Malfoy?- ghignò Kinneas - Neanche lo sapere se c'era davvero una donna.-
- Eh, già. Magari era un travestito.- soffiò Edward, accendendosi una sigaretta - Sta zitto John. Chi manovra Badomen sta cercando di arrivare a qualcun altro. Svegliati.-
- Potter è rintanato a casa sua, mi sembra.- disse, suicidandosi - Lì, bello protetto.-
- Un'altra parola e finisce male.- l'avvisò Ron, incendiandosi all'istante - Harry otto anni fa ha salvato il culo anche a te, deficiente, quindi ti conviene tacere se non vuoi farti una scampagnata al San Mungo, chiaro?-
L'altro sollevò le mani con una smorfia sarcastica, andandosene ridacchiando, anche se Edward ed Efren per poco non gli Pietrificarono una gamba, facendolo cadere come un fesso affinché si rompesse di nuovo il naso ma alla fine lasciarono perdere. La giustizia divina avrebbe seguito il suo corso.
Il problema era che tanti altri Auror sembravano brancolare nel buio. Badomen non si trovava. La donna non si sapeva se esisteva davvero. Niente tracce, nessun indizio. Ed era già fioccato il primo morto. Presto ne sarebbe arrivato un secondo e un terzo...Poi, sarebbe toccato la Marchio Nero.
- Torno a casa.- borbottò Draco - Ho del lavoro da finire e un porco mediterraneo da fare ai ferri.-
- Io vado a salvare Pansy dai gemelli.- annuì Ron, sbadigliando.
- Io me ne vado a letto.- sentenziò Efren.
- Io ho fame. Vado a trovarmi qualcuno da bere.- frecciò Trix, sparendo.
- E io andrò a giocarmi qualcosa.- soffiò Edward, alzando gli occhi al soffitto. Chissà che prima o poi qualcuno di quegli stupidi Consiglieri avesse messo a posto il cervello. Cosa alquanto improbabile, ma la speranza era sempre l'ultima a morire. O almeno quello era il loro motto.

La Speranza in questione però in quei giorni credeva di cominciare ad avvertire i sintomi del primo stadio di una qualche malattia degenerativa al cervello. Sentiva cose strane...di strani orti con nomi altrettanto assurdi.
Ma se Harry Potter conosceva bene i suoi amici e i maghi in generale, sapeva bene che ad avvertire il condannato di solito si aspettava fino alla fine.
Dal giorno della Finale e della conseguente vittoria, aveva visto sua moglie si e no a singhiozzo per due secondi a volta. Per Elettra e la squadra c'era stata una serie interminabile di appuntamenti con fotografi, con i tifosi e presto sarebbe cominciata la trafila di feste mondane a cui lui avrebbe dovuto accompagnarla.
L'idea dei suicidio l'aveva già ponderata, se quell'apparente follia non avesse stimolato la sua attenzione.
Per questo quel martedì mattina, all'Associazione Hayes, quando Judith Foster, una delle segretarie, gli disse per l'ennesima volta che dell'orto chiamato Bolla alla Finale non si sapeva ancora niente dagli Auror, il bambino sopravvissuto cominciò a sentire veramente puzza d'incendio e non solo di bruciato.
E conosceva un unico incantesimo capace di cambiare registro a una discussione.
Qualche bastardo gliel'avrebbe pagata cara quel giorno, oh si. Specialmente quando la vecchia Miss Susie Sandler, l'amministratrice dell'associazione andata in pensione l'anno prima, venne a trovarli durante l'ora di pranzo. E che gli disse, dandogli anche delle pietose pacche sulla testa?
Che quando lui era Auror, certi orti non succedevano così di rado. Certi orti.
O si trattava di un universale problema ortofrutticolo ormai...o alla finale di quidditch un orto aveva subito qualche danno...letale. Per sapere la verità bastò mettere sotto torchio Degona nel suo ufficio. La ragazza non aveva mai amato particolarmente mentire e a differenza della madre non aveva consolidato la preziosa arte della menzogna come un secondo hobby, spiattellò tutto senza neanche tanti rimpianti. Ricordava il morto con affetto. Era stato un Tassorosso, di un anno avanti a lei. Anche William e J.J. lo conoscevano. Finita la discussione chiarificatoria con Dena, a Harry bastò leggere i giornali imboscati dalla strega in sala d'attesa e fare due più due per fare uscire cosa? Mangiamorte.
Erano tornati. E qualcuno, qualche bastardo che gli girava attorno, aveva osato usare la magia su di lui!
Ne aveva già un'idea, per questo tornò a casa a metà mattina.
Gli bastò sbattere la porta della Lucky House per far alzare a Glory la testa dal libro, a Faith il visino dalle uova ancora nel cestino e a Lucas la faccia dal kit per Truccare gli skate-board volanti.
Tutti e tre i piccoli erano seduti nel salone di collegamento, ma lui li notò a malapena.
- Ciao papà.- si azzardò Faith - Va tutto bene?-
- Si.- rispose, senza mostrarlo minimamente - Glory i tuoi dove sono?-
La bambina sbatté le ciglia. Una rapida occhiata a Lucas, che se avesse potuto si sarebbe sfregato le mani, poi gl'indicò la porta che stava nascosta a fianco del camino, nell'angolo chiuso del salone.
Lì c'era il retro della Lucky House.
La biblioteca e la sala di evocazione, grande abbastanza per mettere un palco duelli.
E fu lì che Harry irruppe, inferocito, con gli occhi verdi dardeggianti.
Hermione stava su una scala, contro la parete ovest della biblioteca nel reparto di Dragonologia.
Draco era appoggiato alla grande scrivania ingombra coi fianchi. Si girò appena, la sigaretta in bocca, l'aria seccata dall'intrusione. Ma dalla faccia di Potter, capì all'istante che li aveva beccati.
- Merda.- soffiò, buttando fuori il fumo.
- Miserabile, schifoso, bastardo!- gli urlò in un salendo di tono, afferrando una spada appesa alla parete e lanciandogliela contro. Draco la evitò per un pelo, abbassandosi.
I bambini, il capo oltre la porta, osservavano con le orecchie ritte ma vedere una rissa in piena regola era ancora meglio.
- Maledizione Sfregiato!- gridò Malfoy a sua volta - Che cazzo t'è preso?!-
- Non farmi ridere, lo sai benissimo! L'orto e la Bolla, Malfoy! Complimenti! Solo una manica d'idioti come voi poteva credere che ci sarei cascato per più di una settimana!-
- Ragazzi, per favore...- sospirò Hermione, provando a scendere dalla scala - Forse se vi calmate e ne parlate...- e si zittì nell'istante preciso in cui Harry prese la seconda spada appesa alla parete, dov'era stata posizionata in coppia con l'altra che aveva scagliato prima e senza una parola...si, senza un fiato i due incrociarono le armi.
- Bene, bene...- sogghignò Draco, guardandolo biecamente - E così lo spettro di Harry Potter è tornato...-
Il moro neanche gli rispose. Serrando la mascella partì il primo di una lunga serie di fendenti.
In tutta tranquillità la Grifoncina prese il suo libro, scese scuotendo il capo e fece levare i piccoli dalla porta, tanto perché non finissero nella scia di quei due imbecilli.
- Certo che papà è bravo con la spada.- disse Lucas dopo un po', poggiato alla scrivania tutto attento.
- E' vero.- annuì Faith - Zia Hermione...cos'è successo?-
- Papà è arrabbiato con lo zio, tesoro.- rispose semplicemente la strega - Tempo qualche minuto e la smetteranno.-
Ma neanche per idea. Passò il giardiniere, arrivarono i gufi con la posta, il custode a portare frutta e verdura per il pranzo e arrivò anche Elettra, che quasi venne investita da una pioggia di fiamme quando Draco sputò fuoco.
- Kentron e Vargras?- chiese la bionda, raggiungendoli.
- No, Draco Malfoy e Harry Potter.- rispose Hermione - Di nuovo loro stessi. E mi stanno bruciando i libri, quei pezzenti. Oddio...- si lagnò poi, quando le apparve di fronte al naso l'ennesimo vaso pieno di girasoli.
Ci volle più o meno mezz'ora e alla fine le acque si calmarono solo quando Potter stracciò di striscio la camicia di Malfoy. E allora si che scoppiò l'apocalisse.
Mancò poco che il biondo gli saltasse al collo, ma Harry buttò la spada e ansando, scrutò sua moglie e la sua migliore amica senza aver perso un briciolo di combattività.
- Chi è stato?- ringhiò fra i denti.
- A farti l'incantesimo?- Herm additò Draco - Lui. Ma prima che ricominci...l'abbiamo deciso tutti insieme. Anche Ron era d'accordo. Volevamo saperne di più.-
- Anche Ron.- riecheggiò il bambino sopravvissuto - Ma bene. Così tutti sapevano che i Mangiamorte sono tornati e nessuno mi ha detto niente. Cosa credete che sia, un neonato?-
- Per come ti comporti...si.- sibilò Malfoy, gelido.
- Vaffanculo.-
- Vaffanculo tu.-
- No, vaffanculo tu!- gli gridò Potter - Non avevi il diritto di farmi addosso magie!-
- Fossi ancora un fottuto mago non te l'avrei fatta!- replicò gelido - L'ho trovato il cadavere alla Finale. Era un mezzosangue! L'ha ucciso Badomen!-
- E quando pensavate di dirmelo?- chiese, sarcastico - Una volta in piena strage?-
- Avrebbe fatto differenza?- gli chiese Draco, rimettendosi in sesto i vestiti con aria sprezzante - Al diavolo, Sfregiato. Te ne sei sbattuto per tutto questo tempo. Non dirmi che ora te ne frega qualcosa.-
- Esatto, non me ne frega niente.-
Il volto di Potter si trasformò in una maschera di pietra.
- Ho già dato. E in cambio non ho avuto niente.-
- Non hai dato da solo.- gli ricordò Malfoy - E per la centesima volta...non l'hanno portato via solo a te. Forse te ne scordi un po' troppo spesso, Sfregiato. Ma nessuno qui a mollato la magia o la carriera, la mezzosangue a parte.-
- Tu vuoi venire a farmi la predica?- ghignò Harry divertito - Wow, da nazista a umanista nel giro di pochi anni!-
- Harry adesso piantala.- lo ammonì Elettra, prima che il biondo avesse potuto sputargli davvero addosso - Non hai il diritto di rinfacciargli niente. Ognuno di voi due ha la sua cicatrice, smettila.-
- Già, ma la mia...- ironizzò Draco, toccandosi il braccio e il Marchio -...a quanto pare non mi dà il diritto di fare il martire.- e scosse la testa - Dio Potter, se Tom fosse qui avrebbe pietà di tutti quanti.-
- Si ma non c'è.- sibilò Harry, dando le spalle e andando alla porta - Non c'è più, purtroppo.-
- Bene, allora seppellisciti qua dentro!- gli urlò dietro Malfoy, gettando la spada a terra con rabbia.
Il suo metallico riecheggiò nella biblioteca, acuto e assordante.
Peggio di una sirena, peggio del sibilo di un serpente.
Come il sentore della sconfitta.


A Cameron Manor, verso le sette del pomeriggio stesso, Winyfred Harkansky avvertì il pericolo alle porte.
Si sporse da una delle finestre del piano terra, imprecando.
- Ragazzi, i Controllori.- sibilò, volgendosi verso gli altri abitanti del palazzo.
Caesar smise di parlare con Lucilla, che faceva il solco di fianco a lui, e si volse verso le porte.
- Vogliono vedere Tom.- continuò Winyfred, mentre Val, Brand e Vlad si Smaterializzarono via - E' un Controllo a sorpresa. Doveva esserci il prossimo fra soli sette giorni.-
- Perché sono già qui?- sussurrò Lucilla, assottigliando pericolosamente le palpebre - Non sono mai venuti a controllarlo se non nei giorni prestabiliti. Mai, in otto anni.-
- Che sappiano qualcosa?- abbozzò Denise, spiando a sua volta dalla finestra - Non mi sono mai apparsi tipi da sprecare tempo e magia, prima. Se sono qui forse il collare del serpente di Tom deve aver mandato un segnale negativo al Ministero.-
- Sciocchezze.- sindacò Lord Demetrius - Abbiamo sistemato il campo di controllo sul collare io e Caesar anni fa, per permettergli di viaggiare nel tempo con Winyfred, anche restando chiuso qui. La Dama dell'Acqua l'ha fatto sparire sempre dall'interno del palazzo, quindi i maghi non possono aver captato un bel accidente.-
- Bhè, allora quella maledetta Dama dell'Acqua non è stata spedita qua casualmente.- sibilò Lucilla, quando Brand, Val e Vlad riapparvero - Ci siete?-
- Tutto fatto.- annuì Feversham, pulendosi gli occhiali con perizia - Non se ne accorgeranno mai. Milady ha usato le fialette di sangue di scorta di Tom, anche alcuni suoi capelli.-
- Speriamo che funzioni.- sibilò Vlad, gelido.
Pochi istanti più tardi, con Lucilla ben nascosta negli angoli bui dell'ingresso di Cameron Manor, il Primo Segretario Donovan parve sbattere appena gli occhi quando davanti a lui apparve Thomas Maximilian Riddle.
Aprì la bocca, poi la richiuse.
- Salve.- disse Tom, tranquillo - Sta bene signor Segretario?-
- Benissimo.- sibilò quello fra i denti, scostante e supponente come al solito - Abbiamo pensato a un Controllo a sorpresa, sa, tanto per essere sicuri che negli intermezzi fra una nostra visita e l'altra lei non si dia alla pazza gioia signor Riddle.-
Il giovane mago alzò le sopracciglia - Non vedo come, Segretario Donovan.-
- Questo è da vedere.- replicò quello, lasciando che Paul Brockway, il cadaverico Capo della Sicurezza di Azkaban, gli pungesse un dito. Il sangue venne immesso nella fialetta e attesero tutti che la pozione iniziasse a friggere.
Fu strano, ma a Caesar non sfuggì.
Poveri sciocchi. Come potevano pensare d'ingannare lui.
Cercavano di non pensare, usavano anche l'Occlumanzia. Perché...se non si ha nulla da nascondere?
I giovani demoni rimasero in attesa, anche il Segretario e quando la pozione dette un riscontro positivo, parve quasi che il caro Donovan ne fosse deluso.
- Problemi?- gli chiese Tom, con un leggero ghigno sulle labbra.
- Ci fossero, sarebbero unicamente suoi signor Riddle.- sentenziò altezzosamente il Segretario, rosso in faccia - Il Ministro le manda i suoi saluti. Pare che assurdamente abbia preso il suo caso a cuore. L'avviso che al prossimo controllo verrà da lei, per parlarle.-
- Non vedo l'ora.- fu l'ironica risposta di Tom - Arrivederci.-
- Hn.- ruggì l'altro, sparendo con Brockway e l'Auror di turno.
Un lampo. Erano entrati e quando non avevano ottenuti i risultati voluti, se n'erano andati.
Dei fulmini.
Chiuse le porte, Brand agitò la mano e Insonorizzò tutto.
- Occlumanzia.- frecciò Caesar, quando Lucilla uscì oltre l'ombra di una statua - I bastardi usavano l'Occlumanzia. Inutile, ovvio. E' chiaro che si aspettavano di non trovare Tom qui.-
- Ed è palese che sapevano di non trovarlo.- continuò Demetrius, pensoso - Il nostro incanto sul collare di Tom non può aver fatto cilecca, ne sono sicuro. Come facevano a saperlo?-
- Lo stanno incastrando.- mormorò la Lancaster, osservando Riddle e cercando di nascondere l'atroce preoccupazione che l'attanagliava dal giorno prima, quando Tom era sparito - Vogliono un pretesto per sbatterlo ad Azkaban e farlo morire. Quella Dama dell'Acqua...-
- Andava bruciata.- sibilò Vlad, che da quando Tom era scomparso non aveva più aperto bocca.
- Si. Ma è stato qualcuno al Ministero a mandarla qui.- commentò Winyfred - Volevano farlo uscire. E adesso chissà dov'è finito. Almeno è ancora vivo, questo lo sappiamo. Lucilla, dovresti informare gli Auror tuoi amici.-
- No.- rispose subito, ruvida - Non devono saperlo. O la talpa al Ministero li seguirà e arriverà a Tom prima di loro. E' già successo. Tom ora è una nostra preoccupazione.-
- Da dove vuoi cominciare?- le chiese Val - La Dama dell'Acqua può averlo fatto riapparire ovunque. Anche da una pozzanghera in mezzo a Londra.-
- Oppure in una trappola già organizzata.- Caesar e Lucilla si fissarono.
- La sigaretta alla lavanda.- sussurrò la Lancaster, sgranando leggermente gli occhi bianchi - Il morto della Finale di Quidditch. Draco ha trovato Badomen, un Mangiamorte, e insieme a lui una cicca di sigaretta alla lavanda.-
- I Mangiamorte non sono i servi del padre di Tom?- allibì Brand - Non vorranno fargli del male allora.-
- Ma se gli fanno il lavaggio del cervello ne faranno un nuovo capo.- sbottò Demetrius - Cazzo, la Gran Bretagna è piena di posti dove quei bastardi si possano essere infilati! Non lo troveremo mai!-
Cameron imprecò, maledicendo ogni umano sulla faccia della terra.
- D'accordo.- si portò le mani alle tempie, nervoso - Brandon...fammi un favore, chiama mio fratello. E' da una sua amante, a Budapest. Una della famiglia Preussler, o roba simile. Trovamelo e portalo qui. Lui conosce tutti i maledetti bassifondi di Londra...-
-...insieme a me.- mugugnò Val, visto come lo fissavano - Ok, ok...vado a caccia.-
- Da me vi serve altro?- chiese intanto il falso Tom, che si guardava in uno specchietto incuriosito - Accidenti. Questo umano è veramente bello, fratellino.- disse, rivolto a Demetrius - Se lo trovate vivo voglio conoscerlo.-
- Grazie Magdalena.- le disse Lucilla, facendole un cenno - Grazie dell'aiuto.-
- Figurati.- le rispose l'altra, ora con voce femminile mentre pian piano il suo corpo tornava al sua forma naturale - Non potevate certo prendere in giro quella pozione senza una Trasformista seria.- sentenziò Lady Magdalena, sorella minore di Demetrius e secondogenita della famiglia. Ottocento anni, occhi bianchi e un caschetto sfilato di capelli neri come avrebbe dovuto averli Dimitri se non se li fosse tinti per secoli e secoli, la demone riassunse un comportamento fiero e regale - Lucilla, spero starai attenta. Quegli uomini non mi sono piaciuti e come Caesar ho avuto la netta sensazione che fossero delusi di non scoprire il nostro imbroglio. Prima o poi comunque scopriranno che tuo figlio non è più qui.-
- Infatti dobbiamo muoverci.- considerò Cameron - E alla svelta, se non vogliamo ritrovarlo morto o peggio, pazzo.-
- Bella lista di priorità.- sentenziò Demetrius, baciando la sorella - Grazie Lena. Mi raccomando, non dire nulla a nostro padre, a Leda o allo zio Eldred. L'ultima volta mi ha chiuso qua dentro e non è stato piacevole.-
- Immagino.- disse l'altra, senza battere ciglio. Gli baciò garbatamente le guance, quindi se ne andò con l'augurio a tutti di ritrovare presto il giovane Riddle.
Impossibile, in tempi brevi.
E anche improbabile...senza che qualcuno prima o poi fosse venuto a saperlo.
Vlad lasciò sfluire un po' dei presenti, prima di versarsi un bicchiere di whisky incendiario stravecchio, raso l'orlo, e ingollarlo d'un fiato.
Sotto il naso, quella Dama dell'Acqua gliel'aveva fatta sotto al naso. A lui!
Caesar lo raggiunse a tavola, versandosi due dita di liquore a sua volta.
- Non potevi saperlo.- mugugnò il padrone di casa.
- No?- ringhiò Stokeford, ghignando e mandando giù velocemente un secondo bicchiere - Mi hanno addestrato per due secoli a cogliere ogni minimo cambiamento nell'aria. Mi hanno istruito in qualsiasi fottuta arte da combattimento, nello studio delle mosse dell'avversario, nel suo linguaggio, in ogni gesto. Mio padre ha sprecato il suo tempo, ecco cos'ha fatto. E' bastato abbassare la guardia un secondo ed è andato tutto a puttane.-
- Non prendertela con te stesso, Vlad.- gli disse Lucilla, che guardava vacuamente fuori da una delle finestre - La prima a dormire sugli allori sono stata io. Credevo che i Mangiamorte avrebbero dimenticato. Ma il sangue dei Riddle è come una calamita. Attira i serpenti.-
- Milady, non c'eravate.- le ringhiò Vlad, gelido, al terzo bicchierino - Ho girato le spalle un attimo e quel maledetto uovo è andato in pezzi. In un secondo ha preso e se l'è portato via.-
- Risparmia le forze e la collera.- Lucilla e gli altri si voltarono, sentendo le parole di Denise, tornata in salone con una copia di un'Edizione Speciale del Cavillo. La demone sventolò il settimanale, i lineamenti serrati.
- C'è un problema. Pare che Badomen un'ora fa abbia sterminato una famiglia composta da due mezzosangue e un figlio Magonò. Si trovavano nel Surrey. Si è spostato di nuovo da Londra.-
- Chi fornisce assistenza a quel maledetto?- bofonchiò Caesar, sporgendosi sulla spalla della Loderdail per scorrere velocemente l'articolo - Gli Auror l'hanno perso l'altro giorno e questo scompare come nulla fosse. Chi ha appresso, a parte la donna che fuma le sigarette alla lavanda? Può darsi un Portalista...o magari lo è lui stesso.-
- Non hanno fatto delle ricerche approfondite su quell'uomo?- s'informò Denise.
Lucilla socchiuse le palpebre, senza rispondere.
Hermione.
- Lucilla...devi dirlo agli Auror. E a Harry Potter.- sentenziò Cameron.
No.
Non Harry.

- Milady.- la richiamò anche Vlad - Se Tom ha ancora degli amici che possono battere Londra e le proprietà della famiglia Black e Riddle meglio di noi allora è il caso che avvisi questa gente.-
- No.-
- Perché no?- sbottò Caesar - Lucilla, per Dio, Harry non sarà meno al sicuro di ora quando scoprirà da un giornale il ritrovamento del cadavere di una persona che non avrebbe mai dovuto uscire da qui! Non puoi più proteggere il bambino sopravvissuto! Tantomeno gli amici di Tom! Degona per prima deve saperlo. Può darmi una mano!-
- Ho detto di no.-
La voce calma, pacata, quasi estranea.
Loro urlavano quasi. Lei fissava il vuoto.
Chiamare di nuovo tutti all'ordine. E poi? Per poi rinchiudere di nuovo Tom, una volta salvato?
Poteva infliggere quel dolore a Harry? No, non poteva farlo.
- Parlerò con Hermione.- fu l'unica cosa che concesse, scrutando Cameron - Parlerò con lei. Farò in modo di farla venire qui, all'esterno del palazzo, ovviamente. Lei avrà già fatto delle ricerche per conto suo, la conosci. Anche se non è più un'Auror, saprà molto più di noi. Senza contare che tutto è cominciato quando Badomen è apparso in circolazione. E' più che probabile che Tom sia stato catturato da alcuni Mangiamorte e se Badomen era nel Surrey, allora può aver lasciato indizi di tal genere.-
- Quindi vuoi mettere in pericolo Hermione ma non Harry Potter.-
- Voglio solo non dover coinvolgere mezzo Ordine della Fenice per trovare Tom e riportarlo in gabbia due secondi più tardi, ecco cosa non voglio!- sbottò allora, ferma sulla soglia, girandosi con violenza - Mio figlio ne ha passate abbastanza Caesar, non chiedermi di fargli vedere uno spiraglio di libertà e poi rigettarlo in questa gabbia! Non chiedermelo! Farò come ho detto, chiamerò Hermione. Ne discuterete tu e lei, te la mando appena possibile, sperando che Draco non fiuti nulla.-
- E se ne frattempo succede qualcosa a Tom?- sibilò allora Denise, senza capire da dove arrivava tutta la frustrazione che sentiva dentro - Milady state proteggendo degli umani o vostro figlio?-
La Lancaster si fermò, la mano serrata sulla maniglia.
Si volse appena sopra la spalla, trafiggendo la Loderdail con uno sguardo.
- E' tempo che la smetti di darmi del voi.- le consigliò, prima di andarsene - Età ed esperienza vera non sono sempre sullo stesso livello. Se avete novità sapete dove trovarmi.-


La notte stessa, nei sotterranei di Londra ed esattamente sotto il Covent Garden, ben lontano dallo squallido locale delle Dodici Porte, c'era uno dei club privati più famosi di tutta l'Europa, secondo solo al Sanctum Domini di Torino, in Italia.
Tutti a Londra, maghi e Magonò, conoscevano l'Azmodeus Club.
Non tutti sapevano come arrivarci, visto che era frequentato in prevalenza da anima nocturna, ovvero vampiri di stirpe e demoni di un livello sociale altrettanto alto, ma la clientela era composta anche da un cospicuo numero di maghi...di fama non propriamente pulita. Edward e Draco naturalmente ci erano stati spesso, in passato, e qualche volta ancora ci facevano un salto, ma quella notte nell'aria c'era fermento.
C'era una cortina tossica di attesa, di eccitazione.
Come aveva sentenziato Draco Malfoy, sono i guerrafondai le vere anime della battaglia.
E all'Azmodeus Club ce n'erano molti che seduti ai loro tavoli, nel privé, pontificavano di quella nuova guerra.
L'Azmodeus vantava un secolo di vita.
Nato poco dopo gl'inizi del Novecento, era stato costruito sulle solide basi di un giro di traffici magici ed espropriazione illegale, portato avanti dalla famiglia Dark. Una famiglia di vampiri antichi, destinata a soccombere quando nel 1934 uno degli ultimi due discendenti si era scontrato con Askart Leoninus e aveva perso la vita. E la testa.
Ora, a dirigere il club era l'ultimo dei Dark.
Alister Azmodeus Dark. Un vampiro giovane, di sangue puro come l'oro zecchino e un pallino per gli affari che avrebbe fatto difetto anche a uno dei cari Consiglieri del Wizengamot.
Un pescecane, a detta di tutti gli umani che facevano affari con lui.
Un suicida, a detta dei Leoninus che controllavano la Gran Bretagna.
Per Edward, che lo conosceva abbastanza bene, era uno che era riuscito a restare a galla anche da solo, senza una famiglia alle spalle. Questo fatto però non mitigava il suo carattere.
Uno sgarro nel suo altolocato club e c'era la morte ad aspettare chi aveva commesso il fatale errore.
Come tutti i club, anche l'Azmodeus aveva il suo buon numero di soci.
Fra questi, oltre a Edward e a un altro gruppetto di maghi purosangue che nascondevano ben bene le loro inclinazioni poco legali, c'erano anche vampiri degli stessi Leoninus, il padre vampiro di Beatrix e...demoni. Puri e non.
A cinque piani sotto il Covent Garden, era raggiungibile solo attraverso l'uso della magia.
Ci si Smaterializzava in un'anticamera circolare, fatta interamente di cemento.
Senza finestre, senza porte o uscite.
Ad aspettare gli avventori c'era il quadro di una bambina vestita di velluto rosso, seduta su una poltrona.
E lei, a occhio, decideva chi poteva entrare o chi doveva andarsene.
Nessuna parola d'ordine, nessun biglietto esoso.
Solo la bambina. Passata lei, era fatta.
Si varcava la soglia di padron Dark e si metteva piede nel locale sotterraneo più grande immaginabile.
Arredato in stile minimalista, l'ingresso era formato da una composizione eccezionale di specchi ingabbiati in una boiserie nera d'ebano, come motivi decorativi non solitari. Per i narcisi che amavano specchiarsi.
Tanti specchi per una dilatazione dello spazio, del tempo quasi, in un effetto caleidoscopico che toglieva il fiato.
Pavimenti lucidi, scuri o color antrace. Lampade bianche e nere a sospensione, che scendevano come in un fiume lungo tutta la navata centrale del club.
A terra sembrava quasi ci fosse una cortina di fumogeno lattiginoso, che nascondeva a seconda dell'aria che tirava le gambe dei presenti.
Tavoli e divani dalle forme fluide e non ben definite occupavano ogni parete.
Ben cinque banconi, sparsi lungo la navata centrale, sei per ogni crocevia che la incrociava.
Oltre alle lampade a sospensione spiccavano qua e là abat-jour di cristalli e basamenti di piombo decorato.
Oltre i paraventi si muovevano figure quasi prive di consistenza. Le animatrici, scelte appositamente da Dark.
Al secondo piano palchi rettangolari per spettacoli, che Dark aveva concesso ai clienti più bavosi, tanto per tenerseli buoni. Al terzo le sue stanze personali e lì a fianco...bhè, lì a fianco il quartier generale dei Lucky Smuggler.
Gli Spazzini di Azmodeus. I suoi lacchè, i suoi tuttofare.
Essendo quello che erano, ricettatori, il proprietario del Club aveva il suo bel daffare per coprire i suoi traffici.
Per questo teneva in grande considerazione i pochi Auror che battevano alla sua porta.
Non poteva dire di averne di corrotti, sul suo libro paga, ma con qualche lavoretto di pulizia era riuscito a tenerseli alla larga e a non beccarsi delle gran denunce dal Ministero.
Altro motivo per cui Alister Dark riusciva a stare a galla senza annaspare.
Non dava fastidio agli Auror.
E loro, chiedendo favori e informazioni, non gli facevano chiudere bottega.
Uno scambio equo e non eticamente corretto forse, ma gente come Edward non credeva molto nell'etica in certi casi. Specialmente coi tempi che correvano.
Fu verso le due di notte che Neil, uno dei baristi assunti da poco, entrò nel retro del suo bancone, in una grande cucina di metallo estremamente pulita, quasi asettica. Mentre cercava per trovare altro Brandy Assassino, che i demoni impuri mandavano giù come acqua, vide la solita tizia seduta su uno dei tavoli.
- Questo non è un buffet.- le disse, inginocchiandosi contro un mucchio di scatoloni di alcolici.
La demone, perché era chiaro che lo fosse, sogghignò leggermente.
In mano aveva un tovagliolo di carta, ricolmo di frutta a cubetti.
- Ma tu mangi sempre?- le chiese, seccato.
La Trilocus Trifronte strizzò la palpebra del suo terzo occhio, sorridendo con aria vaga.
Indossava un abito purista, di lamé argenteo, che contrastava con la sua pelle scura e abbronzata.
I capelli neri erano raccolti in cima al capo, le spalle lasciate appena scoperte...ed era una visione per chiunque.
- Neil.- disse Hacate, continuando a mangiare beatamente.
- Si?-
- Tu lo sai che c'è un umano nel frigo?-
Il barista si volse, sbattendo gli occhioni. Con lo sguardo corse a uno dei frigo indicatogli da quella bellezza e capì tutto. Quello non era un frigo vero e proprio. Era una porta di collegamento al quartier generale dei Lucky Smuggler.
- Un umano eh? Sarà quello che i Lucky hanno trovato lunedì sera mezzo morto in un vicolo. Forse al capo interessa. Penso voglia mettere su un giro di sesso a pagamento anche per voi femminucce.-
Hacate addentò una fragola, più interessata al cibo che ad altro.
- E' bello.- disse, pacata - Ma era dentro una bara d'acqua, con un Incantesimo Testa Bolla. È ferito gravemente?-
- Penso di si, o non l'avrebbero messo lì dentro. E' una vasca piena di pozione Rigenerante.-
- E così Alister adesso fa anche il magnaccia per gli uomini.- sentenziò, rovistando nel tovagliolo e trovando sorridendo un pezzo di anguria - Che buona questa frutta...dov'è che la prendete?-
- Ma tu da piccola vivevi nel Terzo Mondo?- le chiese sconvolto - Non puoi stare qui dietro.-
Lei agitò la mano, spiando di nuovo verso il frigo.
Ma si. Si stava servendo la terza razione della cena e si era trovata un umano fra cocktails di scampi e il formaggio con le pere. Da farsi passare il languorino in due secondi.
- Hai visto il mio tesoro?- cinguettò poi verso il barista, che aveva trovato ciò che cercava.
Neil alzò gli occhi scuri al soffitto.
- Il tuo uomo è con Alister. Non so di che parlano e non ne voglio sapere.-
- Non sei fatto per questo lavoro.- tubò.
- Non me lo dire.- sospirò, alla porta - Vedi di non mangiare tutto quanto, chiaro? O stavolta il conto al capo lo paghi tu, intesi?-
Il capo in effetti sapeva bene che gli appetiti di una donna come Hacate Sungharts erano implacabili sotto ogni punto di vista. Specialmente quando lei gli pagava i conti. Se non altro manteneva in vita la sua cucina.
Alister Azmodeus Dark a quell'ora stava seduto nel privé, un bicchiere da martini davanti al naso ricolmo di AB negativo, il suo preferito, su un tavolino di plexiglas luminoso e seduto su una comoda poltroncina, rivestita di velluto lampone. Discuteva di affari insieme a gente bavosa, umani che credevano di poter fare ogni cosa.
Come ogni buon vampiro era disgustato dagli umani all'ennesima potenza ma i maghi erano forse i suoi maggiori acquirenti. Nel caso un giorno si fosse, poco probabilmente, stancato di quella vita.
Al tavolo c'era il Giudice Rafferty dell'Alta Corte dei Maghi, un Segretario dell'Ufficio Misteri, una coppia di demoni impuri in vena di far follie nella sala degli scambisti e forse l'essere che ragionava più di tutti, in quella combriccola.
Jeager William Crenshaw taceva, a volte sbadigliava, rigirandosi del martini dry fra le dita affusolate.
Conosceva Crenshaw da molto tempo. Avevano più o meno la stessa età, ma il mezzo demone aveva smesso di frequentare assiduamente il suo club circa nove anni prima, quando a quanto pareva gli avevano mollato il suo figlio mezzosangue davanti alla porta di casa.
Da poco aveva ripreso a far vita sociale, ma sembrava annoiarsi terribilmente.
Almeno fino a quando...
- ...e sapete cos'altro hanno detto gli Auror di Duncan?- gracchiò il Giudice fra i commensali, al suo terzo bicchiere di Whisky Incendiario - Che Badomen può essere seguito da una donna! Merlino solo sa dove andremo a finire!-
- Già.- annuì vigorosamente il Segretario, con la palpebra già calata per l'alcool - Tempo fa non si ammazzava così impunemente! C'era Harry Potter!-
Alister Dark, poggiato su un gomito, osservò con sottile divertimento l'espressione disgustata di Crenshaw.
Continuò a scrutarlo anche quando una cameriera inguainata in una gonna di pelle e con una camicia su cui spiccava una cravatta col simbolo dei Dark gli posò di fronte un altro calice di sangue, carezzandogli delicatamente i capelli castano scuro, ingellati.
- Così voi signori dite che i Mangiamorte sono tornati?- incalzò allora Alister, interessato.
- Bhè, ancora non è comparso il Marchio Nero...- disse sagacemente il Giudice Rafferty - Ma sai, amico mio...quando arrivano, te ne accorgi solo dai cadaveri che lasciano al loro passaggio. Il morto della Finale di Quidditch, Merlino salvi le Aquile Dorate, è ancora all'Obitorio al Ministero. Un mezzosangue, pace all'anima sua.-
- E poi chi sarebbe questa donna?- continuò il Segretario, ciondolando la testa e alitando in faccia a tutti una vampata di alcool tanto da bruciare tutto l'ossigeno presente - Secondo me gli Auror esagerano. Anche se ho sentito che a trovare il morto è stato il figlio di Lucius Malfoy. Il ragazzo saprà riconoscerlo un Mangiamorte.- aggiunse, con tono acido - Bella fortuna crescere in una famiglia così!-
- Si ma ha tanti galeoni da comprarsi Londra.- considerò Dark, che conosceva Draco di vista e che aveva anche avuto la fortuna, o la sfortuna, di scambiarci due parole quando Edward gliel'aveva presentato - La famiglia Malfoy ha fatto un buon affare ad unirsi alla Black. O sbaglio?-
- In effetti no. Il ragazzo è straricco.- annuì il Giudice, sorridendo come un ebete - Inoltre ora ha riportato una certa rispettabilità al suo cognome. Abita con Harry Potter, ha sposato la nipote di Liam Hargrave...ah, povero Liam. Sapesse di queste morti si rivolterebbe nella tomba.-
- Un Malfoy e una Hargrave.- disse il Segretario, pensoso - Credevo che avrei visto una tale unione solo in sogno. Lei è famosa, mi pare. Era una del gruppo del bambino sopravvissuto, se non sbaglio. Non è mezzosangue?-
- Si, povera ragazza. Il padre è un babbano.-
Jeager ne ebbe abbastanza. Sbuffando disse che andava a prendersi qualcosa al bancone e Alister, dopo essersi congedato, lo raggiunse al bar, sedendosi su un alto sgabello al suo fianco.
- Sentiamo Crenshaw. Torni qua da me dopo...quanti anni? Dieci quasi?-
- Nove.- borbottò Jeager, attendando una sfoglia di granchio, visto che Hacate in sei mesi di frequentazione era riuscita a fargli quasi piacere il cibo da tavola - E allora?-
- Cosa cerchi precisamente? Informazioni?-
- Se ne hai, non ci sputo sopra Dark.-
Pochi sanno essere inquietanti come i vampiri quando sogghignano e mettono in mostra la loro mirabile dentatura. Jeager stava già per pentirsi, in fondo Lucilla gli aveva chiesto di raccogliere voci su Badomen ma senza dirgliene il motivo e dopo il Tower Bridge, si era ripromesso solennemente di stare lontano dai maghi e dalle loro beghe...peccato che quel maledetto di William e pure Asher si fossero messi in testa che c'era di nuovo una guerra alle porte.
- Su chi vuoi informazioni?- continuò il vampiro, con espressione libidinosa.
- Badomen.-
Lapidario, chiaro. Dark levò un sopracciglio perfettamente disegnato.
- Che te ne frega, se posso? Credevo ti fossi sganciato sia dai Mangiamorte che dagli Auror.-
- Non sono affari tuoi infatti.- replicò il mezzo demone - Sai qualcosa sul momento o devo tornare la prossima volta?-
- Se vuoi un lavoro ben fatto mi serve una settimana.-
- D'accordo.- Jeager si portò alle labbra del White Russian, assaporando il latte e la vodka mescolati - Una settimana, non di più. Mi servono con una certa urgenza quella informazioni.-
- Tu non sai stare lontano dai guai, è questo il tuo problema.-
- Detto da te fa proprio ridere.- sentenziò l'altro, finendo il bicchiere d'un sorso - E tu invece? Che combini di recente?-
- Mi allargo.-
- A cosa? Prostituzione legalizzata?- frecciò il mezzo demone, sarcastico - Non ti bastano tutte le puttane là di sotto?-
- Guardati attorno.- disse il vampiro, disgustato quanto lui - Credi che qui in giro ci sia qualcuno oltre a me e te che considera moralmente disgustoso pagare per scopare?-
- Voi vampiri e il vostro vincolo.- sbuffò Jeager, alzandosi - Vado a recuperare Hacate.-
- Già te ne vai?-
- Non è più roba per me. Al momento almeno.- gli disse, buttando una mangiata di galeoni e falci sul bancone - C'è anche la parte di Hacate, che presumo sia ancora nella tua cucina.-
- Quando lavorava qua non mangiava tanto. Credo sia colpa tua. Almeno prima di accontentava di due porzioni a pasto di ogni portata.- disse Alister, lanciandogli un accendino non appena si mise la sigaretta in bocca - E smettila di usare la magia per il fuoco. Il gas dei babbani è la cosa migliore.-
- L'ho già sentita questa.- sindacò Jeager, dando un tiro - Allora fra una settimana torno.-
- Da quando Hacate se n'è andata ho avuto delle perdite, sai?-
- Dark mi ascolti?- rognò Jeager verso il vampiro, che non mollava l'osso - E non rompere! Ha finito il contratto, punto e basta.-
- Poi sei arrivato tu e me l'hai portata via.-
Certo, pensò Jeager divertito, nascondendo un sogghigno. Se Alister avesse saputo com'era iniziata davvero.
Un tacco rotto, una fuga. Hacate che lo baciava in mezzo alla metropolitana, inseguita dagli Spazzini di Azmodeus.
Ed erano passati sei mesi.
Fece un cenno con la mano al barista, poi senza chiedere il permesso sorpassò il bancone.
- Ti ha incastrato, eh Crenshaw?- continuò Dark, poggiato su un gomito - Sei uno dei tanti uomini che si fa fregare da una donna. Bellissima, per carità. Una dea. Ma t'ha incastrato.-
- Almeno non mi faccio mordere sul collo a vita.- ironizzò Jeager, perverso - Sai come si dice. Ognuno per sé...-
-...e Merlino per tutti. Si.- il vampiro schioccò la lingua, con disappunto - Ma se cambi idea, sai che qua il suo posto è ancora libero. Salutami Dalton se lo vedi. E anche Hingstom e Leiandros Cameron.-
Jeager si fermò un attimo, pensoso - Val è più venuto?-
- L'altra notte. Con un suo amico agghiacciante. Stokeford, mi pare.-
- Ci credo.- ghignò il mezzo demone - Hanno vinto o perso?-
- Perso per due mani, poi hanno vinto. Se ne sono andati quando sono arrivati gli Angeli della Morte. Leiandros invece non lo vedo da un pezzo. Ma mi ha mandato una cartolina da Budapest.- Alister bevve un sorso di sangue - Idiota.-
Scuotendo la testa, Jeager finalmente infilò il naso in cucina.
E vide la solita scena che si ripeteva costantemente ogni giorno ormai.
Hacate era quasi tutta infilata in mezzo a un frigo gigantesco.
- Hacate!- la richiamò ruvido - Hai intenzione di svuotargli anche la dispensa?-
La demone uscì appena dallo sportello, sorridendo - Ciao amore. Andiamo?-
- Si, muoviti.-
- Arrivo!-
La demone s'infilò un gamberetto in bocca, scoccando un ultimo sguardo all'interno del frigo, a destra.
Non c'era solo una bara piena d'acqua. Ma almeno dieci. In quella più vicina a lei c'era l'umano, in posizione fetale.
Portava un collare a forma di serpente, un tatuaggio al livello del rene sinistro. Un grifone e un serpente attorcigliati.
Era bello. Molto bello. Ma non dormiva. Perché quando Thomas Maximilian Riddle aprì lentamente i suoi occhi blu, Hacate ebbe la netta sensazione che l'avesse guardata in faccia.
Eppure lui stava in un limbo.
Un limbo nero e denso, cullato dall'acqua in quel bozzolo protettivo.
A dargli l'illusione di essere al sicuro.

 

 

 

 

 

 

 

 

Dunque, innanzi tutto rigrazio Axia per l'arredamento e l'atmosfera creata nell'Azmodeus Club. E' tutto merito suo. Poi voglio salutare Daniela e Will80, che sono state così gentili da lasciarmi una recensione dopo tante letture. Spero che il capitolo vi sia piaciuto...e che raggiungiate la fine di TMR sane e salve! XD

Al prossimo! Babi

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9° ***


TMR9

 

 

 

 

 

Il tempo era passato in fretta, i giorni si susseguivano ad una velocità impressionante...per chi non poteva muoversi, agire, salvarsi. Per chi non poteva fare altro che annegare i suoi pensieri nel buio.
Il dieci giugno.
E Thomas Maximilian Riddle iniziò a sentire che il suo bozzolo d'acqua stava diventando stretto. Quasi asfissiante.
I Lucky Smuggler, gli Spazzini di Azmodeus e quindi del caro Alister Azmodeus Dark, quella mattina alle quattro tirarono la bara d'acqua in cui aveva immerso la loro preda nelle stanze private del loro datore di lavoro.
Erano passati due giorni dalla cattura di quello strano prigioniero.
Gli Spazzini mollarono la bara poco delicatamente su un tappeto vintage che era costato una fortuna, davanti alla scrivania di plexiglas di Dark, poi si scambiarono occhiate eloquenti.
In dodici, nessuno di loro avrebbe saputo che farsene di un umano inutile trovato in un vicolo, a parte Stavros, il capo banda dei Lucky.
Stavros Paxton, nome assolutamente falso, oltre a essere una sorta di capo branco del gruppetto di dodici elementi da sbarco che stavano alle dirette dipendenze di Dark, era anche un vampiro. L'unico del gruppo.
Stava seduto direttamente sulla lastra di vetro che chiudeva la bara. Naturalmente era un vampiro impuro tramutato da Alister, di appena trent'anni.
Biondo, il viso con zigomi spessi e il mento altrettanto grosso. Niente a che vedere con la tipica bellezza vampiresca.
Accanto a lui, i compagni osservavano la loro preda rannicchiata nella sua prigione di vetro e acqua.
- Dite che vivrà?- borbottò Jack Jennings, chiamato da tutti Globe, visto la sua enorme mole di quasi duecento chili.
- Lo spero, dopo tutta la fatica che c'è costato tenerlo vivo fino ad adesso.- sbuffò Hannibal lo Smilzo, un mago sulla ventina che da quando aveva sedici anni fumava solo sigari babbani - Comunque il Medimago ha detto che ha un bello squarcio. Non è riuscito a estrarre il piombo che ha ancora nel fianco, senza contare la dose letale di veleno che il moccioso s'è ritrovato nella circolazione.-
- Come cazzo fa ad essere ancora vivo?- borbottò Paxton, afferrando un bicchiere pieno di sangue sintetico, portatogli da una delle cameriere del Club e a cui per ringraziamento dette una sonora pacca sul sedere - Un umano sarebbe morto in due minuti fra atroci sofferenze.-
- Ti sembra un umano normale?- gli disse lo Smilzo - Guarda quel collare Stavros...e guarda quel tatuaggio...-
- Un grifone e un serpente.- esclamò con tono concentrato Relic Jones, l'unico Magonò presente del gruppo, che però era in grado di trovare uno spillo anche al buio in tutti i sotterranei di Londra dalla periferia al centro - Ehi, il bastardo è un mago. Dev'essere stato a Hogwarts. E quel collare è di platino...o argento, no è platino.-
- Con un cazzo di rubino grande come un uovo.- ghignò Globe, dandosi un pugno d'eccitazione sul petto enorme - Evvai Stavros, abbiamo fatto il colpo grosso. Inoltre in due giorni non c'è stata nessuna segnalazione, nessuno ha annunciato la scomparsa del ragazzo, né fra maghi né fra babbani.-
- Il ragazzo non ha nessuno, grande.- ghignò perfidamente il vampiro, mandando giù il sangue a brevi e goduriosi sorsi - Bene, apriamo il Vaso di Pandora e vediamo chi abbiamo qui. Corey, chiama il capo. Vorrà assistere presumo.-
Il giovane mago sui venticinque anni annuì, senza troppo entusiasmo.
Scampanellò su un bottone della scrivania di Alister, che emanò un sottile e acuto suono che sarebbe pervenuto solo alle orecchie di un vampiro. O di un mannaro, che però non si vedevano mai all'Azmodeus Club.
Proprio quando Globe e Relic Jones stavano scoperchiando il vetro, entrò Alister Dark, sigaretta in bocca ed espressione annoiata.
- Spero per te che viva Stavros.- sentenziò gelido, spegnendo con stizza il mozzicone sulla schiena corazza di una statuetta a forma di diavolo inginocchiato, proprio accanto all'ingresso - Non mi va di guadagnarci solo con quel rubino.-
- Io non so voi, gente...- commentò Hannibal lo Smilzo - Ma non vi sembra strano che questo tizio sia apparso dal nulla, che nessuno abbia reclamato la sua scomparsa...e che tra l'altro si porti al collo una pietra simile?-
- Sta forse insinuando che cerco rogne?- rispose amabilmente Dark, buttandosi seduto sul divano di pelle, a un metro dalla bara - Avanti, svegliate il mio futuro pranzo.-
- Non ti conviene.- sibilò Stavros, scrutando ora il volto umido di Riddle, immenso nell'acqua fino alla linea delle mascelle - Ha ancora veleno in circolo. Io continuo a chiedermi come possa essere vivo. Ma non sono affari nostri...che vuoi farne?-
- Ci sono una buona quantità di signore d'alto bordo che vogliono uno schiavo personale.- considerò Corey, uno dei più giovani del gruppo - Quelle vecchie arpie andranno in brodo di giuggiole con questo qua.-
- La mia stessa idea.- disse Dark melenso, disgustato al solo pensiero - Le umane vostre simili sono delle gran lascive, ma se non altro mi faranno guadagnare un bel po' di galeoni.-
- Lascive le umane?- rise Hannibal - Capo, tu e le tue idee romantiche da vampiro.-
- Non sa neanche dove stia di casa, il romanticismo.- commentò Stavros acido.
- Hai ragione.- lo minacciò blandamente Alister - Infatti potrei scordarmi di tutto l'amore e di tutta la dedizione che ho impiegato per tramutarti nel succhiasangue che sei ora e farti fare un bagno di luce all'alba, fra un'ora e mezza. Perciò, se non t'interessa la prospettiva, ti conviene cucirti la bocca, Paxton. E lavorare. Chiaro?-
- Chiaro.- sibilò Stavros al colmo della frustrazione.
- Lo sveglio.- Globe alzò una mano per schiaffeggiare Tom, ma Stavros glielo impedì in tempo, prima che staccasse la mascella alla loro futura fonte di guadagni.
Fu il vampiro impuro a scrollarlo e quando Riddle aprì le palpebre, a scatto, come una bambola...ci fu un secondo d'immobilità. Poi si girò su un fianco, affondando quasi la faccia in acqua e iniziò a tossire. Sputò altra pozione rigenerante, ma i Lucky Smuggler non persero tempo, tirandolo malamente fuori dalla bara.
Gocciolante e infreddolito, non riuscì neanche a mettere bene a fuoco chi lo circondava. Sentiva solo una generale sensazione d'intorpidimento...e di pericolo.
Lo buttarono seduto in poltrona, di un gelido tessuto che gli accapponò la pelle e quando i suoi occhi riuscirono a tornare al lavoro, sentì di avere la gola in fiamme.
- Vedo che hai sette vite, ragazzo.- sentenziò Globe, mettendosi alle sue spalle come un buttafuori o una guardia del corpo in borghese - Avanti, parla. Chi sei?-
Tom si portò le mani alla gola, tremando violentemente. Emise un gemito roco, schiarì la voce.
E gli uscì un sibilo debolissimo.
Per non parlare del dolore atroce che continuava a sentire nella schiena. Ricordava tutto, ora, con quel dolore.
Era uscito da Cameron Manor. E nel vicolo...qualcuno l'aveva colpito con una freccia avvelenata!
Dov'era? Si guardò attorno rapidamente.
Pareti scure, forse tinte di vinaccia o blu oltremare. Arredamento ultramoderno. E alcuni tizi che...
Dark gli stava davanti. Le braccia oltre la spalliera del divano. E sogghignava.
- Salve, umano. Sei a casa mia. Chiunque ti abbia fatto la festa sapeva quello che faceva. Ti ha avvelenato con una freccia tripunte. Chi ti ha visitato ha detto che sei vivo ma non fuori pericolo. Non sappiamo perché il veleno non stia facendo effetto come deve...sei senza bacchetta e nessuno ha denunciato la tua scomparsa. Presumo che tu sia un mago, visto che davanti a un vampiro come me non ti sei scomposto.-
Tom deglutì. La voce non tornava...doveva essere il veleno.
Quando di sentì toccare provò un brivido. Il tizio gigantescamente grosso e grasso dietro di lui gli aveva afferrato il collare.
- Capo!- celiò Globe - Questo è platino sul serio!-
- Dove l'hai rubato quest'affare, amico?- ridacchiò ferocemente Stavros, scoprendo i denti come per mettergli un'atroce paura addosso - E' questo che fai? Sei un ladro e qualcuno ha pensato bene di sistemarti?-
Troppe parole, troppe domande. Ma quando Globe cercò di strappargli il collare, non fece in tempo ad avvisarlo che una violenta onda d'urto sollevata dal serpente si levò addosso al Lucky Smuggler e riuscì a sollevarlo di peso, spedendolo contro la parte opposta della stanza.
Fu una cosa incredibile, considerata la mole di Globe.
In un attimo Stavros gli rifilò un potente manrovescio sulla faccia, facendogli sanguinare il labbro, gli altri andarono a controllare Globe. Svenuto.
Tom si teneva la mascella e la bocca, quando Stavros tornò ad afferrargli i capelli bagnati, alla nuca.
- Capiamoci, derelitto.- gli sibilò a un dito dalla faccia, coi canini spianati - Pensavamo di tenerti in vita ma ti ricordo che per me sei solo un pasto piuttosto scadente!-
- Paxton.- lo richiamò Dark, che era rimasto seduto sul divano senza muovere un dito - Lascialo.-
- Capo questo è un mago. E quel collare schifoso ha dei poteri! Tagliamogli la testa!-
- Si!- esultarono anche Relic Jones e Corey, ma Alister di nuovo alzò la mano, indolente, per farli tacere.
- Mi serve più da vivo. E adesso molla il mio investimento Paxton. O te la taglio io la testa.-
Stavros serrò i pugni, lasciando finalmente andare Tom e facendogli battere la testa sullo schienale della poltrona.
Riavendosi, Riddle si ritrovò Alister Dark seduto proprio di fronte, sul tavolino che li separava.
Con tocco leggero gli pulì il sangue dal labbro, assaggiandolo.
- Hn...0 negativo. Non male. Ma sei peggio di un'edera velenosa conciato così.- Dark sospirò, accendendo un'altra sigaretta e soffiandogli poi il fumo in faccia - Dunque, cocco...questa è casa mia. Capisci almeno la mia lingua?-
Tom, tremando ancora per il freddo, annuì.
- Bene. Questo è il Club Azmodeus. E tu sei un mago, esatto?-
Al nome del Club, Riddle sgranò gli occhi blu. Non fosse stato per quel maledetto veleno che gli gonfiava la gola e gli bloccava le corde vocali...sarebbe stato tutto più facile!
- T.M.R.- Dark lesse le lettere sul suo collare - E' della tua famiglia? R. è l'iniziale del cognome, presumo.-
- Rainolds?- sibilò Hannibal interessato - E' un futuro Consigliere del Wizengamot. E sua moglie gestisce quella cazzo di associazione idiota per streghe! Sei un Rainolds?-
- Magari Rafferty. Il figlio del Giudice.- ridacchiò Corey, sedendosi sulla spalliera del divano di Alister - Capo, potrebbe essere un pezzo grosso. Allora perché nessuno denuncia la sua scomparsa? Potremmo chiedere un riscatto.-
- Chissene frega.- Alister rise, levandosi la sigaretta di bocca - Non è ancora buono da vendere. Lo lascerei andare solo nel caso venisse un demone di stirpe a riprenderselo. Ridicolo. E adesso, fratello...- ghignò verso Tom, diabolico - Mi sa che ti tocca rimetterti in sesto. Stai per essere venduto, cocco. Per un sacco di soldi.-
Tom aprì la bocca ma ancora non ne uscì un suono. Anzi...la gola si stava gonfiando a dismisura.
Dio, quasi non passava più l'aria. Ma non era quella l'unica sensazione di soffocamento.
A farlo sentire di nuovo in trappola, ma ben lontano dalla sicurezza di Cameron Manor, erano gli occhi topazio di Alister Dark.

Venduto.
Voleva venderlo.
E il veleno gli faceva salire la febbre, lo debilitava.
Senza una bacchetta purtroppo, e delle cure adeguate, non sarebbe potuto andare da nessuna parte.
Era di nuovo in gabbia. E stavolta in una gabbia molto più pericolosa a quelle a cui era stato abituato.


La sera stessa alle ventidue, a Crenshaw Hill la crème de la crème degli scapestrati di Londra era riunita nel grande salotto al piano terra della tenuta di Jeager.
- Così hai lasciato tuo fratello di otto anni nelle mani di una baby sitter morta?- stava dicendo J.J. Baley, attaccato al bancone bar ricolmo di alcolici del padrone di casa - Merlino Damon, ma sei sicuro che sia una buona idea?-
- E' una brava baby sitter, molto preparata.- sospirò Lord Howthorne, sdraiato sul divano con la testa sulla gambe di Beatrix, appena tornata da una pomeriggio di lavoro sulle scartoffie veramente massacrante.
- Si, ma è morta.- sentenziò Asher, allungato sul secondo dei quattro divani messi a rombo - Non la vede.-
- Deve solo dormire a quest'ora!- replicò il Legimors - Aidan è esasperante, non so come facciano i miei. Va a dormire a mezzanotte quando può e si sveglia alle cinque di mattina. Ma che hanno questi bambini in corpo?-
- Non-Vivi no di certo.- ironizzò Degona, seduta a fianco di Asher rannicchiata su un fianco, con un bicchiere di vino bianco frizzante fra le dita - Si vede che non ti lascia dormire. Hai gli occhi conciati malissimo.-
In effetti Damon aveva delle occhiaie da paura.
Ma stavolta c'era anche qualcos'altro. All'esterno dell'iride celeste i capillari erano rossi, alcuni rotti.
Come se si fosse strofinato il viso più volte.
- Piano con l'erba.- sentenziò William, svaccatissimo, nel divano di pelle sul fianco di Trix - Con tuo fratello in casa dovresti contenerti.-
- Ma quale erba e quali canne.- disse, lamentandosi e passandosi una mano sul viso - Chiedete alla duchessa. Era a casa mia stamattina e m'è arrivato un pacco per posta. Quando l'ho aperto mi è esplosa in faccia una polverina iridescente.-
Beatrix assottigliò gli occhi all'istante, portando lo sguardo su Cloe.
La King sorseggiava un martini, godendosi la sua serata libera da Oliver.
- Cos'era la polvere?- chiese la Diurna.
- Non lo sappiamo.- rispose la bionda - Ma l'ho inalata anche io. Sono passate più di dodici ore e non è successo niente. Gli avevo almeno chiesto di andare al San Mungo a farsi vedere ma non ha voluto.-
- Tanto se non fa effetto in dodici ore non è nulla di deleterio. Lezione di Piton al secondo anno.- sbuffò Damon.
- Merlino salvi il buon vecchio Piton.- rise Degona, levando il bicchiere.
- Per me è una cazzata.- disse J.J. dando voce ai pensieri di Beatrix - Dovresti farti vedere.-
- Figurarsi se il piccolo lord si sbatte fino al San Mungo.- ridacchiò William perfido, scoccando un'occhiata truce a Baley quando invece di tornare a sedersi vicino a Cloe si mise a fianco di Degona.
- Già, avrà paura di farsi un lavoro doppio. Visti gli spiritelli sparsi lì in giro.- rise la giovane Mckay, salutando con la mano Selma che passava nel corridoio aperto sul salone trascinando un sacco di canapa sul granito del pavimento.
Sembrava qualcosa di pesante. Non volendo sapere cosa contenesse, Degona tornò a fissare Damon.
- Non c'era il mittente sul pacco?-
- No.- rispose Cloe per lui, visto che il Legimors sbadigliava e strizzava gli occhi - Ho controllato ma non c'era neanche il timbro. Il gufo non lo conoscevo, perciò dev'essere lo scherzo di qualcuno a cui non è andato giù uno dei suoi responsi.-
- Non è che era da parte dello sposo distrutto?- ironizzò velenosamente Greyback, sporgendosi sul tavolino in mezzo a loro e afferrando un'oliva, fra i vari stuzzichini.
- Ancora con questa storia...- piagnucolò Damon, distrutto - Lasciatemi stare.-
- Si, è vero.- continuò la King bastardamente - Può essere un suo messaggio. Visto che gli hai fregato la fidanzata a un tiro di sputo dalle nozze. Sfascia famiglie.-
- Vedrai che ti combina per il tuo di matrimonio!- rise J.J. prendendo una tartina al salmone, che Trix osservava disgustata - Fossi in te andrei a sposarmi su un'isoletta sperduta...tipo St. Elena.-
- Magari ad Alcatraz.- fece Asher, lugubre.
- Forse è meglio che neanche pensi di sposartela.- finì William, dandogli il colpo di grazia - L'ex sposo manderà un plotone di succubi a spaventarti a morte.-
- Bella battuta.- sibilò Damon, sarcastico.
- Tornando a cose serie...- li fermò Degona, finendo il vino e gustandosi una focaccina piccante - Trix come vanno le cose? Novità su Badomen?-
- Su Badomen no. Dopo l'avvistamento nel Surrey l'altra notte è sparito di nuovo, ma Ron ha dovuto parlare coi genitori del vostro amico Albert Bodley. Il morto.- spiegò, anche verso Cloe che ascoltava senza perdersi una sola parola - Non è stato piacevole. Hanno intenzione di fare causa.-
- Agli Auror?- la King rise gelida, scuotendo la testa - Ridicolo. Cosa devono fare? Sdoppiarsi? Seguire tutti gl'idioti che se ne vanno in giro di notte in mezzo al bosco?-
- Vuoi dire che non si può andare a farsi due passi nel bosco?- le chiese J.J. pacato, ma con tutta l'intenzione di approfondire l'argomento.
- La gente sa bene che Badomen è in circolazione. I giornali non fanno che dirlo.- replicò Cloe, senza abbassare gli occhi, unica abitudine che negli anni non aveva soppresso inumanamente - Non dico che i mezzosangue debbano chiudersi in casa, ma gli Auror non possono fare il doppio del lavoro per quattro ragazzini che s'imboscano di notte.-
- Secondo me ci andava più protezione.- disse invece Trix, sorseggiando la sua cena dal bicchiere di vetro, colmo di liquido rosso e denso - Ma il Ministero si è detto non d'accordo ad usare così tante forze dell'ordine per un avvenimento pacifico come la Finale di Quidditch.-
- Non volevano fottersi la reputazione con gli ambasciatori, immagino.- disse Asher, capendo tutto al volo.
- Esatto. Ragionano da politici, è questo il problema.-
- E...- William la guardò un po' diffidente - E a Harry l'avete poi detto...che Albert Bodley è morto?-
- L'ha saputo per vie traverse.- disse Beatrix con un sorriso angelico, mentre Degona guardava altrove, prendendosi una trafila di parolacce - Se l'è suonate con Draco e da due giorni ignora anche Ron ed Hermione.-
- Non credo sia facile per lui.- sussurrò Degona.
- Non lo è per nessuno.- disse Damon, rimettendosi seduto e massaggiandosi le tempie con un movimento circolare - Ci manca solo di vedere di nuovo quel fottuto Marchio Nero in giro e...-
Howthorne si bloccò, sentendo che qualcuno bussava alla porta d'ingresso.
Il gruppetto di sporse dai divani, per vedere chi poteva essere a rompere alle dieci e mezza di sera.
Quando Harold aprì la porta si spostò con un sorriso, e William e Asher non l'avevano MAI visto sorridere.
E chi entrò?

La mentecatta che si metteva i boxer di Jeager!
Hacate Sungharts entrò come una farfalla, con un mini tailleur giacca pantaloncini color panna, decolletèe a tacco alto ai piedi con dei disegni floreali color lampone e ...una crepe fra le grinfie, più una tracolla lucida, dello stesso tessuto delle scarpe. Passò con l'incedere di una pantera, magnifico l'insieme della sua pelle moka con gli abiti ma passando loro a fianco senza notarli, sembrò fiutare l'aria.
E il suo radar si puntò più sulle tartine che sui ragazzi. Fra Damon e J.J. che non l'avevano mai vista non si sapeva bene quale dei due stesse per avere un collasso.
Hacate s'illuminò, vedendoli.
- Buonasera!- salutò luminosa, girando la borsetta con fare allegro.
- Salve.- salutò Asher fintamente giulivo, levando la mano - Come sta?-
- Oh, io benissimo.- cinguettò, poggiandosi sul divano dove stava Damon e sporgendosi verso il tavolino coi viveri, facendo decisamente collassare il Legimors - Cosa mangiate ragazzi?-
- Vuole unirsi?- fece bastardamente il mannaro, con William che gli lanciava maledizioni dall'altra parte del salone.
- Oh, volentieri!- tubò Hacate, iniziando a stringere la mano a tutti e presentandosi a sua volta.
Cinque minuti più tardi sedeva con loro, fra Cloe e Asher, mandando giù focaccine alla velocità della luce, lasciando per un attimo da parte la sua crepe alla cioccolata e marmellata di more.
- Così...- mugugnò, masticando - Tu non sei davvero figlio di Jeager.- disse, dopo che Greyback le ebbe spiegato la situazione - Hn, mi sembrava infatti che non somigliassi proprio a un demone. Tu invece...- e guardò Degona con (stavolta il terzo occhio era nascosto) sguardo attento - Tu sembri umana ma hai qualcosa di diverso...-
- Mia madre è un demone puro.- sorrise Degona, a cui Hacate era subito piaciuta - Da quanto conosci Jeager?- e si prese un calcio da William, sotto il tavolo. La Mckay gli rese il servizio appena Hacate si girò per prendere un calice di corposo vino rosso italiano.
- Da sei mesi.- spiegò la Trilocus Trifronte, mandandolo giù tutto d'un fiato, allibendo anche la King e la Vaughn - Mi ha aiutato in una situazione un po' imbarazzante.-
- Mio padre ti ha aiutata?- William fu costretto per forza di cose ad apparire perplesso - Ha voluto qualcosa in cambio poi? Dei soldi?- stava per dire anche favori sessuali, ma si trattenne, visto l'ennesimo calcio a tradimento di Degona.
Dai boxer di qualche giorno prima era chiaro che razza di favori si facessero lei e suo padre.
- A dire il vero voleva solo che sparissi.- rise Hacate, intingendo una focaccina in una salsa piccante, che la mandò in brodo di giuggiole - Gli ho provocato un sacco di guai e...-
- HACATE! PER DIO!-
La demone sospirò, sentendo il padrone di casa tuonare in quel modo dall'ingresso.
- Ciao amore!- tubò, balzando in piedi - Arrivo! Scusa, mi sono fermata a parlare con gli amici di tuo figlio!-
Jeager sembrò voler dire qualcos'altro, qualcosa che di certo non includeva un ragionamento civile e di elevata etichetta, ma si limitò a pestare il piede a terra, a far tremare mezzo palazzo e poi a sparire in una nube di fumo.
- Adorabile.- Hacate rise, raccattando la sua crepe, afferrando altre due focaccine che s'infilò fra le gengive e anche un altro bicchiere di vino - Ragazzi è stato un piacere, ma è meglio che vada. Da quando Jeager sa che Alister tiene gli umani nel frigo è di pessimo umore! Ciao!- e sparì com'era arrivata. Lasciando basita ben più di una persona.
Appena chiuse la porta alle sue spalle, William si mise le mani in faccia mentre Beatrix e Cloe attaccarono a ridere.
- Buono mio cuore impazzito...- fischiò J.J. portandosi una mano al petto e facendo scoppiare a ridere Damon e Asher come dei matti - Per tutti i Maghi dell'Alta Corte, è semplicemente divina! Dove diavolo l'ha trovata davvero tuo padre? L'ha ordinata per catalogo!?-
- Si e mangia a quattro palmenti.- rise anche Degona - E' adorabile, davvero William.-
- E' una sventola vorrai dire.- rispose Howthorne - Ma non ho visto il terzo occhio.-
- Ogni tanto lo nasconde.- rise il mannaro.
- Gente, mi si spezza il cuore ma devo andare.- sospirò Baley, alzandosi e stiracchiandosi, guardando ogni tanto in giro nella speranza che ricomparisse Hacate - Domani voglio accompagnare Harry, mia sorella e i bambini a Diagon Alley.-
- Fanno già le spese per Hogwarts?- si stupì Beatrix.
- No, non credo ma mia sorella sente un po' di tensione in casa...- frecciò il biondo, ficcandosi in bocca un'ultima tartina al salmone - Così pensa che portando Harry a spasso in mezzo ai maghi si sentirà meglio.-
- Se non altro domani terrà le grinfie lontano da Draco. E' di ronda con me.- considerò la Vaughn.
- Tanto non si strozzeranno mai.- rise Degona, alzandosi a sua volta a afferrando la borsa - Vengo anche io J.J.-
- Lavori anche domani?- le chiese Cloe.
- Si, ma faccio solo il mattino.- sorrise la Mckay, facendosi tirare da Baley per una mano - Ci vediamo domani sera al The Rock Garden allora.-
Salutati tutti, i due si Smaterializzarono. E William evaporò in camera sua, ruggendo peggio di Asher.
- Ragazzini.- ghignò Damon, diabolico - Chissà che risate ti fai Greyback.-
- Da morire.- ironizzò quello - Il mentecatto non mi dà pace. Il suo unico problema è che il suo patrigno l'ha un pelo traumatizzato con tutta quella ridicola faccenda del sangue demoniaco.-
- Ah, i padri.- sibilò Trix, sprezzante - Andrebbero deportati tutti.-
- Con me sfondi una porta aperta.- ghignò Asher - Piuttosto Howthorne...cos'è questa faccenda del 27? E che dobbiamo essere tutti liberi il 28?-
- Ah, si.- il Legimors s'illuminò all'istante - Poche storie. Pagate chi vi pare, ma siate liberi per quei due maledetti giorni. Chiaro?-
- Al Ministero devo venirci anche io? Alle otto di mattina nei boschi qua attorno girano più cervi.- sibilò il mannaro.
- Tranquillo, tu mi servi il ventotto. La sera a cena.-
- Ah...- Asher guardò obliquamente le due streghe, che a loro volta del tutto ignoranti sulla questione alzarono le spalle. In fondo delle visioni di Damon c'era sempre stato da fidarsi ma...chissà perché questa volta il principe dei mannari notò una luce diversa negli occhi azzurri dell'ex Serpeverde.
Attesa. Gioia.
Si, qualcosa bolliva in pentola. Ne era sicuro.


Come aveva dato ad intendere J.J. Baley la sera prima, portare Harry Potter in giro per Diagon Alley in mezzo a migliaia di maghi non era proprio la soluzione più adatta a sedare i nervi del bambino sopravvissuto.
Specialmente dopo che da due giorni, da quando aveva scoperto l'inganno, parlava a segnali di fumo solo con sua moglie. Perfino Ron era stato bandito dalla Lucky House e anche Hermione e Draco sarebbero stati lanciati fuori dalle finestre tipo missili, peccato che non avesse potuto col malefico Malfoy o i Bracciali del Destino gli avrebbero reso la vita ancora più intollerante di quanto già non fosse.
Per questo, sfidando il suicidio, Elettra aveva proposto due passi a Diagon Alley.
I bambini ne erano stati felici da subito, così mentre Draco sarebbe stato a lavoro al Ministero o di ronda con la squadra, le due mamme e il riluttante paparino Potter avrebbero potuto portare per la prima volta i pargoli a Diagon Alley.
Ma...si, ci fu un ma.
Hermione Jane Hargrave quella mattina stava finendo di prepararsi. Il caldo su Londra in quei giorni si era stranamente ridotto. Da lunedì sera, un giorno dopo la Finale di Quidditch, la temperatura si era abbassata e un forte vento aveva iniziato a battere le strade.
E Hermione da tempo sapeva riconoscere gli sbalzi del tempo...o gli sbalzi dell'umore dei maghi.
C'era qualcosa nell'aria, lo sentiva. Ma non capiva cosa poteva essere.
Era in camera ad aiutare Glory a vestirsi. Fin da piccolissima, era stato uno dei pochi piaceri di madre per Hermione pettinare i capelli della sua bambina. Di una bambina particolare e autosufficiente come la sua, contando che Glory aveva imparato a legarsi le scarpe e a vestirsi da sola a cinque anni.
Ridevano fra loro, scartando fiocchi troppo frivoli, vestiti troppo rosa o troppo scomodi.
- Mamma.- mormorò la bimba, davanti alla specchiera - Mamma...tutto quello che vedo è sempre vero?-
- Le tue visioni intendi?- chiese la Grifoncina - Dipende. Quando si è piccoli le visioni sono reminiscenze dei sogni, di qualcosa che abbiamo visto. Ma altre volte sono veritiere.- la guardò nel riflesso dello specchio - Hai sognato qualcosa? O hai visto qualcosa da sveglia?-
- Ecco...- la piccola Malfoy corrucciò la fronte delicata, ricordando un flash che aveva avuto quella mattina, appena sveglia - ...magari è un sogno. Ho visto qualcuno dentro una grossa...lastra di vetro. Credo sia un uomo, o un ragazzo.-
- Hn...- Hermione le pettinò una ciocca dolcemente, per farle una coda - E questa persona ti sembrava vera? Viva?-
- Credo di si. Aveva una bolla sulla faccia...e un collare al collo...-
Glory s'interruppe al discreto bussare alla porta a due battenti.
- Avanti.- disse sua madre.
All'entrata di Lucilla dei Lancaster, Hermione sorrise, felice di rivederla in un'occasione che non fosse una fastidiosa festa mondana...per poi perdere quel sorriso. All'istante.
Perché Lucilla era sempre stata portatrice di gioia, fra loro. Di salvezza, spesso.
Ma anche di cattive notizie.
E dalla sua espressione, forse qualcosa per lei quel giorno sarebbe cambiato.
- Ciao Lucilla.- la salutò Glory, cortese.
- Ciao piccola.- replicò la demone, carezzandole la testa - Come stai?-
- Sto bene.- la bimba la guardò appena, poi si rivolse alla madre, dicendole che raggiungeva Faith e Lucas nel salone.
Rimasta sole, prima ancora che la Lancaster parlasse, Hermione quasi avvertì una fitta al petto.
Dura, acuta. Era successo qualcosa.
Mentre al piano superiore nell'ala ovest a Lady Hargrave veniva detta la verità, nella cucina dei Potter due occhi celesti privi di qualsiasi paura stavano leggendo la Gazzetta del Profeta.
Lucas inseguiva i grossi titoloni catastrofici che sfrecciavano per tutta la prima pagina, cogliendo più e più volte lo stesso nome. Badomen. E il morto della Finale di Quidditch.
Sospirò, poggiato sui gomiti, arrampicato sulla sedia.
E quando Harry lo raggiunse, funereo, infilando la testa nel frigo per estrarne il cartone del latte, suo figlio alzò il viso. E lo inchiodò con un'occhiata.
- Che c'è?- chiese Harry, sforzandosi di usare un tono sereno.
Lucas lo guardò ancora, dritto in faccia. Con quelle iridi celesti così simili a quelle di Elettra, che sembravano non credere a nessuna menzogna.
Senza un fiato sporse il giornale verso di lui.
Harry lo fissò un attimo, per poi piazzarsi alla finestra, guardando ostinatamente fuori.
- Se tu fossi ancora un mago dici che questo tizio ammazzerebbe la gente?- gli chiese Lucas, sedendosi composto.
- Stai dicendo che è colpa mia?- ghignò suo padre.
- Forse se torni a essere un mago e un Auror questo tipo verrà catturato.-
- Lucas tu ascolti troppe favole.- rispose Harry, rimettendo il latte in frigo.
- Si ma le favole sono vere. Tu sei vero.- si ostinò il maghetto - Perché non vuoi tornare a fare il tuo lavoro? Insomma...tu...tu...- e sbottò - Tu sei un eroe! Dicono tutti che tu sei la speranza dei maghi!-
- Tutti si sbagliano.-
- No, non è vero. Se tu tornassi questo Badomen non ucciderebbe più i mezzosangue e i cosi...i Magonò! Avrebbe troppa paura di te!-
- Lucas pensi che basti il mio nome per sistemare tutti i problemi del mondo?- gli chiese allora Harry, assottigliando pericolosamente la voce - Cosa credi che sia fare l'Auror? Cosa credi che comporti essere Harry Potter?-
- Non me l'hai mai spiegato.- gli ricordò allora il bimbo, ostile.
- Vuoi che te lo dica?- sibilò allora il bambino sopravvissuto, gelidamente - Eccoti accontentato! Essere Harry Potter implica essere stato reso orfano a neanche un anno! Implica aver vissuto con dei maledetti babbani per undici anni, implica sette anni di pericoli, dispute, recriminazioni, insulti e minacce a Hogwarts! Implicano anni di ronde la notte, contro i Mangiamorte! Io ho ucciso un uomo che avevo solo sedici anni, lo sai questo? Certo che lo sai, te l'hanno raccontato come una favola!-
- Era Lord Voldemort.- mormorò Lucas, contrito, usando quel nome così semplice da pronunciare e così terribile solo da pensare, senza un briciolo di paura - Dovevi farlo.-
- Perché?- lo sfidò Harry.
- Perché tu sei...-
- Si, io sono!- ringhiò a quel punto l'ex Auror, ferocemente - Ammazzando Voldemort ho fatto il mio dovere! Ammazzando i Mangiamorte e sbattendoli in cella ho fatto ciò che tutti si aspettavano da me! E metà di quella gente ad Azkaban ci sta morendo! E ho reso orfano un bambino, lo sai questo? Mi credi ancora un eroe Lucas? Eh? Ti sembra ancora eroica la mia vita? È questo che vuoi da me?-
Il ragazzino tremò sulla sedia. Ma non si mosse.
Gli scagliò addosso uno sguardo duro, pieno di compassione mista a giudizio e saltò giù dalla sedia.
Harry si maledì all'istante, vendendo andare via di corsa.
Morire. Era lui che doveva morire. Perché stava dimenticando il suo desiderio più grande, essere un buon padre.
Perché odiava la sua vita, da quando Tom se n'era andato per renderla come lui aveva tanto bramato.
Perché quella pace se l'era comprata sull'anima e sulla libertà di Tom.
Perché disprezzava...il modo in cui ora poteva andare a dormire la sera, sicuro, protetto.
E svegliarsi la mattina. Avvolto nella bambagia.
Morire.
Scomparire.
Seppellirsi.
Ecco cosa si meritava.
Lucas gliel'aveva fatto capire mille volte. Con quel suo cuore che non accettava menzogna, col suo sguardo severo.
Lucas avrebbe fatto la cosa giusta, al suo posto. Sarebbe tornato a lottare.
Era lui che non ne era in grado.

Mezz'ora più tardi, Harry ancora scosso e silenzioso, nascosto dal cappuccio del mantello vista l'aria che tirava, si ritrovò di fronte a quel famoso muretto che gli aveva cambiato la vita.
Al suo fianco J.J. ed Elettra sorridevano ai bambini, eccitatissimi. Hermione era uscita con Lucilla, per un impegno inderogabile. Naturalmente Harry aveva colto perfettamente l'espressione della Lancaster, quando erano uscite insieme, ma fra lui e Lucilla vigeva un patto. Un patto ferreo, come fra fratelli.
Per questo aveva evitato di far loro domande, lasciandosi trascinare fuori di casa da sua moglie e da suo cognato.
Lucas non gli aveva più rivolto né la parola né uno sguardo, tanto che Faith guardava il padre e il fratello con molta preoccupazione. Una volta al Paiolo Magico però erano stati accolti con tale scoppio di ovazioni per Elettra e la sua vittoria che Lucas era riuscito a concentrarsi solo sulla sua prima volta a Diagon Alley.
- Tre verticali, due orizzontali.- stava dicendo J.J. colpendo i mattoni con la bacchetta.
I tre piccoli ridacchiarono eccitati e...bhè, l'effetto era sempre magico.

Su ogni cuore di bambino.
Perché apriva un mondo...che gli adulti hanno dimenticato ormai da tempo.

Il muretto si aprì con un arco e da quest'arco Lucas, Glory e Faith videro una lunga strada selciata tutta curve, di cui non si vedeva la fine. E spalancarono le bocche più di una volta, continuando a guardarsi attorno, tutti e tre estasiati.
Richiamavano gli adulti indicando ogni cosa, giravano tanto su loro stessi per non perdersi nulla che più di una volta Lucas inciampò nelle gambe di suo zio o di sua madre.
Elettra poi era stata inquadrata subito. I maghi esalavano gridolino isterici oppure le sbavavano direttamente ai piedi, urlandole slogan o altro ancora. Per non parlare poi delle facce che facevano quando capivano che l'uomo alto e nascosto sotto un cappuccio nero era suo marito.
- Harry Potter...- sentì Lucas bisbigliare da un paio di venditori, che si erano sporti dai loro negozi per non perdersi neanche un secondo del loro passaggio. Tutti in estasi.
Per un attimo tornò a pensare alle parole di suo padre. Aveva ucciso. Era rimasto orfano.
Era davvero solo questo il bambino sopravvissuto?
In fondo nelle favole non gli venivano mai descritti realmente i fatti più spiacevoli. Si, gli venivano raccontate le morti di amici e conoscenti come...dettagli inutili. Perché lui era andato avanti, sempre.
Ma per suo padre...quelle morti erano davvero dettagli inutili?
Davanti all'Emporio del Gufo, Faith e Glory si attardarono ad accarezzare i gatti e le civette, rischiando di farsi staccare le dita da queste ultime, così gli adulti ebbero modo di guardarsi attorno.
- Tira un vento maledetto.- borbottò J.J. alzando il collo della giubba, chiudendola con la cinghia - Vorrei tanto sapere che sta succedendo al tempo. Fino alla Finale c'erano ventisette maledetti gradi. Neanche ai tropici, per la miseria.-
- Isabella mi ha detto che conoscevi Bodley.- gli disse Elettra, che a differenza di sua sorella stava ancora un po' sulle sue con J.J. - Era di Tassorosso?-
- Si, un bravo ragazzo. Era il vice presidente del Comitato Studentesco.- annuì Baley, desolato - Ha fatto vincere a Tassorosso la Coppa delle Case all'ultimo anno.-
- Eravate amici?-
- Si.- J.J. sorrise, mesto - Il funerale è stato ieri mattina. I suoi erano distrutti.-
- Immagino.- mormorò la sorella, scrutando poi Harry con la coda dell'occhio. Stava fumando. Guardava altrove.
Era come in un altro mondo.
Avanzarono ancora per la strada principale. Lucas rimase a fissare per circa dieci minuti buoni un negozio che vendeva scope da corsa. Il proprietario poi si esibì in una scena pietosa quando si catapultò fuori dalla vetrina e abbracciò Elettra per la vita. Si conoscevano. Era stato lui a venderle la sua prima scopa, a dieci anni.
Si susseguirono altri numeri del genere anche all'Oggettistica di Pluma Noir, un negozio decisamente meno inquietante di quello di Sinister, ricolmo di strani monili d'argento e piombo, dove vi erano accatastati bauli, mucchi pericolanti di libri e pergamene, mappamondi magici, modellini in scala del sistema solare, cannocchiali...
E poi il primo di una lunga serie di disastri.
- CIAO RAGAZZI! HARRY! ELETTRA!!!-
I due coniugi Potter gelarono, quando mezza Diagon Alley si voltò all'urlo isterico della cara buona vecchia Calì Patil, signora Smith per l'esattezza, visto che aveva sposato quell'idiota di Zacharias Smith sei anni prima.
La loro vecchia amica li stritolò felice, calorosa come lo era stata sempre e...anche sempre più pettegola.
Infatti attaccò ai due un mantello lungo due metri, raccontò vita morte e miracoli di tutti gli studenti del loro anno, con suo marito che da gran cafone sbuffava e Calì spaventò a morte Lucas e Faith prendendoli fra le grinfie e sbaciucchiandoli tutti. Glory, essendo figlia di Hermione, avrebbe dovuto subire lo stesso trattamento ma si era fatta prendere in braccio da J.J. e con lui l'aveva miracolosamente sfangata.
- Oh, che bellezza, non sapete quanto sono felice di vedervi!- tubò la signora Smith - Stavo giusto parlandone con Lavanda l'altro giorno! Dovremmo fare una cena del nostro anno! Stavolta senza Mangiamorte appresso! Cosa ne dite?-
- Pazza.- sussurrò Lucas, andando a nascondersi dietro a suo zio - E' una pazza.-
- Ma certo.- celiò Elettra, anche se avrebbe preferito sotterrarsi - Sai una cosa? Perché tu e Lavanda non organizzate tutto? Noi verremo volentieri. Avviso io Hermione e tutti gli altri!-
- Perfetto!- cinguettò Calì, con suo marito che già la trascinava via per l'orlo della veste - Fra una settimana allora vi mando gl'inviti!-
- Contaci.- sibilò Harry a bassa voce, prima di girarsi e uccidere lentamente la sua di moglie - Vuoi che ti strozzi Elettra? Sai che palle sarà questa maledetta cena?! Non ci sto a tavola con Smith!-
- Dai, ci saranno tutti. Anche Terry e Ginny.-
- Si e mezza Serpeverde. I pochi sopravvissuti almeno.- frecciò bastardamente.
La bionda sbuffò - Quante storie, almeno rivedrai Seamus, Neville e Dean. Dai, muoviti che dobbiamo passare alla Gringott. Il tuo stramaledetto conto col Ministero strabocca. Dovremo pur farcene qualcosa di tutti quei soldi!-
- Fondili e cola un bronzo a grandezza naturale del tuo mister. O sommergici Dibble, tanto fa lo stesso.-
- Compratemi una scopa!- propose invece Lucas, gongolando.
- Ad agosto.- gli promise Elettra, fregandosene altamente delle regole di Hogwarts - Avanti, dritti alla Gringott.-
- Io me ne sto fuori.- rognò il bambino sopravvissuto - Lì dentro non ci metto piede neanche morto.-
- Che stress. Come vuoi! Ma non ti azzardare a sparire, chiaro?-
- Chiaro, chiaro.-
La Gringott fa sempre il suo effetto, specialmente a chi la vede per la prima volta dal vivo.
Il bianco edificio della Banca dei Maghi svettava alto sopra le botteghe che l'attorniavano.
Al primo portale di bronzo brunito Elettra notò che mancava il solito folletto che dava il benvenuto ai maghi.
Lo notò anche Harry ma si limitò ad alzare le spalle e piazzarsi lì accanto, tirandosi ben bene mantello e cappuccio addosso, tanto da farlo sembrare davvero un malintenzionato o un Mangiamorte.
Salutò ancora una volta Faith con la mano, poi i bambini con sua moglie e suo cognato svanirono oltre la porta.
Sapete, spesso si sente in giro che quando le disgrazie accadono, di solito si prova un sesto senso.
La maggior parte delle persone in realtà va incontro al pericolo e al dolore senza saperlo, senza sentire assolutamente nulla. Infatti Elettra e J.J. attraversarono la grande porta d'argento della Gringott e notarono di nuovo la mancanza dei due folletti che davano il benvenuto nell'ampia sala marmorea della banca senza farci troppo caso.
Un tempo, anzi, fino a poche ore prima, centinaia di folletti seduti sui loro altri scranni aveva sempre fatto il suo lavoro scrupolosamente, in un via vai di persone da capogiro.
Ma quando J.J. posò lo sguardo sugli scranni, vide solo la Morte ovunque.
C'erano crateri fumanti a terra, cadaveri di folletti che scivolavano giù dai banconi, sangue, gemiti...
Elettra e suo fratello sgranarono lo sguardo, vedendo una ventina di maghi rannicchiati in un angolo, tremanti.
Uno di loro aveva un profondo taglio nell'addome, un anziano invece era stato ucciso accanto a uno scranno per la vendita delle pietre preziose.
Infine una donna, giovane, normale. Pallida come un cencio, stava distesa morta a una mezza dozzina di metri da loro.
- Cosa diavolo...- alitò J.J. tenendosi stretta Faith - Che diavolo sta succedendo qui?-
Elettra guardò i maghi. I presenti la puntarono come se fosse stata sull'orlo di un precipizio. Alcuni le fecero segno di andarsene, altri erano troppo stremati per farle anche un solo gesto.
- Ginny!- alitò la Baley, vedendo sconvolta la piccola della famiglia Weasley con Terry Steeval, suo marito.
- Elettra vai via!- la supplicò Ginny con voce strozzata, ma un solo istante più tardi un corposo Schiantesimo spedì al muro alle loro spalle un direttore della Gringott.
L'uomo aveva le pupille girate al contrario, l'osso del collo spezzato.
Tutti i presenti iniziarono a urlare istericamente e fu inutile guardarsi attorno.
- Accio bacchette!- scandì una voce roca.
Le bacchette di Elettra e J.J. sfrecciarono dritte nella mani dell'uomo colpevole di quel massacro.
Strinsero i bambini forte a loro, vedendo sopraggiungere un mago avvolto in un cappotto nero, sbiadito e logoro.
Pelle del viso butterata, capelli scuri lunghi, senza barba, occhi lustri e quasi umidi.
- Guarda chi abbiamo qui.-
Craig Badomen sogghignò, infilandosi le loro bacchette nella cintura, osservando il gruppetto.
- Marmocchi. Interessante...- continuò - E poi...dunque...fammi indovinare...la mia eroina.- aggiunse verso Elettra, puntandole la punta della bacchetta sotto la gola - Merlino mi è testimone ragazza. Forse non ti uccido solo perché adoro come giochi.-
- Tolga quella bacchetta dalla faccia di mia sorella.- sibilò J.J.
- Ti prego, sta zitto.- l'ammonì Elettra, stringendo Lucas e Glory dietro le sue gambe.
Badomen non fiatò, girando appena le pupille sul giovane Baley.
- Lo stavo giusto dicendo ai miei ospiti. Io dovevo solo fare un prelievo ma qualcuno ha cercato di rompermi le uova nel paniere, così ho dovuto organizzarmi da solo.- e guardò a terra, sprezzante e pigro - Folletti. Che razza inutile. Bhè, se non altro domani dovranno fare le pulizie per un buon motivo.-
- La prego... la prego..- piagnucolò una giovane strega, abbracciata a una sua amica, insieme a una vecchietta che tremava forse più di loro - La prego ci lasci uscire!-
- Per l'amor del cielo.- disse Badomen, alzando gli occhi al soffitto - Vuoi tacere si o no dolcezza?-
- Ha preso quello che voleva!- sbottò un tizio sulla cinquantina - Se ne vada!-
Badomen parve annuire. Con quella stessa espressione pigra, tranquilla. Come se fosse stato in mezzo a una pasticceria. Invece che immerso in quel massacro.
E poi, con la stessa flemma che aveva usato per parlare, puntò la bacchetta sul mago.
- Avada Kedavra!-
Il lampo di luce verdastra partì come un fulmine e l'uomo preso in pieno morì all'istante, fra le urla strazianti e disperate di tutta la Gringott. E poi cadde il silenzio.
Faith e altri due bambini presenti iniziarono a piangere. Elettra stringeva così forte Lucas e Glory da sentire i loro piccoli cuori battere all'unisono. Mentre il suo stava per scoppiarle in petto.
- E ora...- sibilò Badomen a bassa voce, puntando la bacchetta addosso a lei e J.J. - Voi due adesso ve ne andate a sedervi buoni con gli altri. Se fate un fiato comincio ad ammazzare i marmocchi. E state sicuri che nulla mi fermerà...sono stato chiaro?- ringhiò, verso la Baley - Mi hai capito tesoro?-
Lei tacque, levando il mento sotto la pressione dell'arma.
- Mi hai sentito?- la incalzò l'assassino - Se non vuoi ritrovarti sfigurata fa come ti dico!-
- Lascia stare mia madre!- urlò Lucas.
Accadde tutto in un secondo. Il piccolo Potter sgusciò dalle braccia di Elettra e velocissimo tirò un calcio alla tibia destra di Badomen. Urlando, quello cercò di colpirlo con la magia ma il Phyro, veloce come una lepre, corse a nascondersi dietro gli scranni.
- Dannazione!- tuonò Badomen per tutta la banca.
Spinse rudemente Elettra, J.J. e le bambine verso Ginny e gli altri ostaggi, girandosi attorno come un indemoniato.
- Lo lasci stare! È un bambino!- lo supplicò la Baley ma Badomen non la stava a sentire.
Spiò verso gli scranni a destra, poi verso la sua sinistra.
Dalla sua espressione, sembrava pronto anche ad azzannare.
- Mioddio...- Elettra si portò una mano alla bocca, inginocchiata accanto a Ginny.
La Weasley le strinse il palmo libero, singhiozzando.
- Quanti ne ha ammazzati?- sussurrò J.J. che vedeva cadaveri quasi ovunque.
- Dieci. Dieci persone.- lo informò Terry Steeval, che cingeva protettivo la moglie.
- Mia mamma...- disse Ginny angosciata - Mia mamma è fuori di qui con Sam...- mormorò, con le lacrime che le solcavano il viso - Se entra con qua con la bambina...-
- C'è anche Harry qui fuori.- replicò Elettra, a voce bassissima.
- Se entrano...-
- Harry capirà...- disse duramente la Baley, tornando a preoccuparsi di suo figlio.
Lo cercò ovunque, insieme a J.J. ma sembrava che Lucas sgattaiolasse via non appena Badomen si avvicinava.
E gli stava facendo perdere la pazienza.
I suoi occhi lucidi si contraevano.
Se l'avesse preso...
- Per favore.- Elettra si alzò, scostando suo fratello e Ginny che cercavano di trattenerla - E' un bambino... lo sta spaventando!-
- Sta zitta!- la minacciò il mago, sventolando la bacchetta senza volgerla su qualcuno di preciso - Fallo venire fuori o giuro che la prossima volta che ce l'avrai vicino sarà in pezzi!-
Un tiepido raggio di sole già scomparso passò oltre le tende alla Gringott, ferendo gli occhi della strega.
Il suo cuore continuava a galoppare fortissimo.
Lucas.
Vide un suo movimento furtivo oltre uno scranno alla sua sinistra e Badomen, cogliendo la linea del suo sguardo, ringhiò inferocito un altro Schiantesimo. Lo scranno saltò per aria e gli ostaggi ricominciarono ad urlare, quasi sull'orlo di una crisi isterica.
- E va bene, ora basta!- tuonò Badomen.
Corse di volata ad afferrare Elettra per la nuca e spingendola con violenza la portò in mezzo ai banconi.
- Ascoltami bene maledetto ragazzino!- la sua voce roca riecheggiò come un rombo di tuono fra quelle spesse pareti - Ti do dieci secondi. Poi avrai il piacere di vedere la tua adorata mamma morire. Esci subito! O la uccido!-
- Lucas non venire!- e alla supplica di Elettra, il mago le serrò duramente il collo.
- Uno!- iniziò a contare - Due...tre...- e come previsto da J.J. quell'ignobile essere non mantenne la parola - Mi sono stancato moccioso. Dì addio a tua madre! AVADA...-
- NO!-
Lucas spuntò fuori all'istante alle sue spalle, pallido e con l'espressione ricolma di collera.
- Lasciala stare!-
- Lucas scappa!- gli gridarono Ginny e J.J. ma Badomen aveva spinto a terra Elettra e afferrato lui per il cappuccio della felpa. Il volto era totalmente trasfigurato dalla rabbia, a causa di una ragazzino di dieci anni che aveva fatto perdere le staffe. Per non parlare poi del fatto che...quel maledetto bambino non provava neanche a sembrare terrorizzato.
Badomen lo tenne con forza, inginocchiandosi alla sua altezza.
La bacchetta al suo collo, fissò Lucas sprizzando scintille.
- Hai finito di giocare.-
Il ragazzino lo scrutò trucemente.
- Sei bravo ad attaccare qualcuno che non può difendersi!- gli sputò addosso, senza tremare minimamente.
Oh, se il Giocattolaio non aveva visto giusto anche quella volta, ricordò Elettra a occhi chiusi.
Lei, che se ne stava lì seduta a terra col cuore in mano. E suo figlio...che fra tanti adulti, a dieci anni non temeva neanche tutti quei morti che lo circondavano.
Lui che sembrava non aver paura neanche di quella bacchetta puntata alla gola.
Era coraggio quello? Si. Ma solo coraggio?
Non c'era anche dell'altro in suo figlio?

Fuori intanto, Harry iniziò a notare una cosa insolita per la Gringott.
Era lì da venti minuti...e fra le tante persone entrate, nessuna ne era ancora uscita.
Conosceva il flusso della banca e ora gli sembrava strano non vedere uscire i contribuenti.
Non c'erano neanche i soliti folletti alle porte, per dare il benvenuto ai nuovi arrivati.
Una folata di vento improvvisa lo sospinse indietro. Lontano dalle porte.
E allora qualcosa iniziò a scorrergli al contrario nelle vene.
Mosse un passo in trans, quando si sentì chiamare.
- Harry caro!- cinguettò Molly Weasley raggiungendolo di corsa. Lo stritolò in un abbraccio caloroso, mentre lui baciava le guance rosee della piccola Samantha Steeval, la figlia di tre anni di Terry e Ginny.
- Cosa fa qua signora?- le chiese Potter.
- Ero con Ginny e Terry, caro.- disse Mamma Weasley - Stavamo facendo compere, poi i ragazzi si sono trovato a corto di liquidi. Sai, Terry è un appassionato di globi lunari e ce n'era uno molto costoso, così lui e Ginny mi hanno lasciato Sam.-
- Sono nella Gringott?- il bambino sopravvissuto alzò lo sguardo oltre la spalla, per guardare indietro - Da quanto sono entrati?-
- Mezz'ora e passa direi. I folletti oggi ci mettono un sacco di tempo! Anche due vecchi amici, i coniugi Bath sono entrati da circa un'ora. Ma loro sono anziani, magari hanno bisogno di più tempo.- si lamentò la strega, infilando alla piccola Sam un berrettino di cotone giallo lime sui capelli rossicci.
- Io non ho visto uscire nessuno.- le disse, facendosi indietro - Mi fa un favore? Aspetti qui, va bene? Anzi...- rettificò, sui bianchi gradini di marmo della Gringott - Faccia un'altra cosa, ma non si allarmi. Chiami Ron e le squadre di ronda a quest'ora. Ma faccia presto.-
- Cosa sta succedendo?- alitò subito Mamma Weasley - Harry, caro dove vai? Potrebbe succederti qualcosa!-
- Stia tranquilla. Ma chiami Ron, capito? E non faccia entrare nessuno nella banca! Faccia presto!-
Salì velocemente i gradini, fino al portone di bronzo. Lo passò...e passò anche quell'argento.
Ciò che gli si parò di fronte fu quasi ciò che si aspettava.
Ma vedere Lucas con quello che era chiaramente Craig Badomen, almeno dai racconti che gli altri gli avevano fatto su di lui, gli ricordò tutto ciò che aveva voluto relegare a forza in un angolo della sua mente.
Ma il passato non si poteva cambiare. La paura, non cambiava.
La paura che potessero portargli via tutto e tutti era sempre lì. Viva, nella sua memoria e nel suo animo.
Craig Badomen da parte sua vide solo un uomo coperto da un mantello nero entrare dalle porte e fermarsi a una decina di metri da lui. E come molti fanno, credette solo alle apparenze.
Lucas smise di divincolarsi dalla sua stretta e come Elettra, Faith e tutti gli altri sbarrò gli occhi.
- Altre visite.- sibilò Badomen, privo d'interesse.
Harry non si mosse. Il cappuccio gli copriva la fronte e metteva in ombra metà del viso.
- Sei arrivato in un momento sbagliato amico.- gli disse l'assassino, gelido.
- Lascia il bambino.-
Badomen alzò le sopracciglia poco folte.
E la sua bacchetta dalla gola di Lucas, si alzò in linea d'aria direttamente su Harry.
Elettra a quel punto si coprì le labbra, affinché da loro non uscisse né un fiato. Né un nome.
Ma se un tempo suo marito avrebbe potuto salvarli...e salvarsi...ora poteva ancora accadere il miracolo che aveva reso immortale la sua leggenda?
- Lascia il bambino.- gli disse di nuovo Harry, con tono piatto.
- Chi diavolo sei?- Badomen piegò malignamente la bocca - Non fare l'eroe, idiota.-
- Lascia il bambino.- replicò Potter per la terza volta.
- Certo. Subito.- la risata del mago si levò simile a un latrato sarcastico, facendo scoppiare in gemiti una strega che aveva visto morire suo nonno - Spiacente. Ma questa non è la tua giornata buona. Raccontalo all'inferno, quando fra pochi secondi ti chiederanno come mai sei stato tanto stupido da cercare la morte. Arrivederci a non tanto presto.-
- No!- gridò Elettra, balzando in piedi vedendo la bacchetta illuminarsi - No, la prego!-
A nulla servirono le parole.
A nulla le grida, gli strilli.
- AVADA KEDAVRA!-
La Maledizione Senza Perdono, pensò Harry Potter quando la vide attaccarlo come una tigre affamata.
Era una predatrice, la Maledizione Senza Perdono. Un'assassina senza dal sangue freddo.
Che non lasciava tracce al suo passaggio.
Eppure, quella predatrice così spietata ogni tanto falliva il suo bersaglio.
E fallì miseramente anche quel giorno di giugno.
Perché quando la sua luce verde si dissolse...tutti videro che lui era rimasto in piedi...
Oh, tutti quanti ora sapevano.
Perché il cappuccio gli era scivolato indietro, mentre i suoi occhiali tondi erano schizzati via, rompendosi sul pavimento.
Tutti videro. Tutti seppero.
E Lucas riuscì a sentire nel cuore, per la prima volta in vita sua, qualcosa di così grande che non pensava di riuscire a contenerlo. Era quella la gloria?, si chiese già così piccolo.
Era quella? Quella che suo padre emanava come il sole la sua luce calda?
Gli ostaggi ora tacevano...ma solo perché le loro corde vocali avevano trattenuto quel nome.
QUEL nome.
- Harry Potter...- sussurrò Craig Badomen, i cui occhi ora sembravano lucidi di lacrime.
Ma non erano lacrime le sue. Era solo il velo del ricordo.
Il velo tirato da colui che aveva messo in ombra tutto quello in cui lui credeva.
E quella cicatrice...eccolo il fulmine.
- Il bambino sopravvissuto.- la voce dell'assassino si tinse di brama pura, mentre quasi non riusciva più a staccare lo sguardo da lui. Da quelle iridi di un verde intenso, smeraldino.
Quel volto. Il volto del nemico.
E quella cicatrice...l'emblema della loro sconfitta.
- Lucas.- Harry non perse tempo, sentendo una strana sorta di pace allargarsi a macchia d'olio dentro di lui - Ricordi quello che ti ho detto di non fare mai?-
Suo figlio si animò all'istante dopo ciò a cui aveva assistito.
- Comando rettificato.- andò avanti suo padre - Fammi vedere che sai fare.-
Non c'è magia più grande ed esaltante per i Phyro che prendere fuoco dall'interno.
Ma per Badomen non fu l'esperienza più piacevole della sua vita miserevole vita ritrovarsi abbracciato a una torcia.
Avvolto dalle fiamme, Lucas rotolò via con la stessa velocità con cui era sfuggito la prima volta alle grinfie del loro aguzzino e lontano qualche metro vide le mani di suo padre artigliare...grosse scariche di energia elettrica.
Così finì l'attacco alla Gringott, quella mattina.
Fra i fulmini dimenticati e la cattura di Craig Badomen, ustionato da fuoco e folgori.
Beffato da un bambino.

A Diagon Alley era scoppiato il caos.
Gli ostaggi della Gringott e la relativa uccisione di tanti maghi attirò subito in massa centinaia di maghi, di civili, di giornalisti. Ma gli Auror arrivarono per primi.
E quando trovarono Craig Badomen in quello stato subito sentirono nell'aria che qualcosa era cambiato. Esattamente come lo sentì anche Conrad Poole, l'Assessore Primario all'Ufficio di Controllo delle Magie Accidentali.
Arrivò a passo di carica, coi suoi novanta chili di borghese impettito e facendosi largo fra la folla radunata attorno alla banca insieme al Primo Segretario Donovan, il "molestatore" di Tom, si piazzò di fronte a Duncan Gillespie.
E guerra fu.
- Cosa diavolo è successo?!- urlò per tutta la strada, furibondo - Gillespie! Cosa diavolo ci faceva Badomen qui? I tuoi Auror sono diventati ciechi?! E adesso abbiamo sul collo undici cittadini morti! Cosa dirò ora al Ministro Dibble?-
Duncan alzò un sopracciglio.
- A dire il vero tu non ti occupi dell'uso accidentale della magia, Conrad?- soffiò soavemente il Capo degli Auror - Che ci fai qua?-
- Al diavolo!- tuonò di nuovo, puntando gli occhi fiammeggianti e acquosi sugli Auror presenti - Abbiamo undici maghi morti, fra cui un contribuente della Gringott! Come lo spiegate?-
- Perché Badomen era qui?- continuò Donovan per lui, acido come sempre - Dormite invece di controllare i criminali pluriomicida?-
- L'abbiamo catturato.- disse semplicemente Duncan - Gli Auror l'hanno messo ai ferri.-
- Si ma sono morte undici persone! Per non parlare dei folletti!- barrì ancora il Segretario Donovan.
- E qualcuno di voi furbastri ha usato la magia IMPROPRIAMENTE!- Conrad Poole inquadrò subito la sua vittima.
Harry infatti stava seduto su uno dei gradini.
Efren gli stava controllando i segni vitali con sommo fastidio di Potter che più gli diceva che stava bene, più sentiva tutti gli Auror delle squadre presenti farsi i fatti suoi.
Aveva altro da fare, fra cui calmare Faith. Lucas invece era seduto in braccio a lui, tranquillo.
E non smetteva un secondo di guardarlo...con gli occhioni celesti illuminati come stelle.
- POTTER!- urlò Donovan, scansando malamente Duncan con l'Assessore Primario all'Ufficio di Controllo delle Magie Accidentali - Cosa pensavi di fare, eh?! Tu non dovresti neanche essere in grado di sollevare un cucchiaino con la telecinesi! E ora scopro che hai fermato Badomen! Potremmo denunciarti, lo sai?!-
- Senta, abbassi la voce.- lo ammonì Ron, cupo - Se non era per il signor Potter voi avreste dovuto seppellire trenta persone e non undici. Inoltre mostri un po' di rispetto...Segretario.-
- Rispetto?!- sbottò Conrad Poole, ondeggiando la sua enorme pancia - Il signor Potter s'è fatto beffa del Ministero! Ci era stato confermato che era del tutto privo di poteri! E qui leggo sul suo rapporto, signor Weasley, che il signor Potter ha contrastato la Maledizione Senza Perdono! Com'è possibile?-
- Ci fosse una risposta il bambino sopravvissuto non sarebbe leggenda.- gli rispose Edward, appostato dietro a Harry.
- Mi faccia il piacere! Questo è uno scandalo!- sbraitò Poole, abbassando il faccione su Lucas - Inoltre questo bambino ha usato la magia impropriamente!-
- Dovevano per caso morire?-
Poole si girò, sentendo la voce strascicata di Draco.
- Hn, signor Malfoy...almeno sarebbero morti seguendo le regole! Il signor Potter ha firmato un contratto col Ministero! E ora usa la magia come nulla fosse!-
- Sa bene che non era magia.- lo placò Malfoy, facendolo arrossire - Se legge i verbali di otto anni fa saprà che io e il signor Potter siamo sotto maledizione. Lui ha semplicemente usato i poteri intrinsechi nel suo Bracciale. Perciò la smetta di tediarci. Ci sono dei cadaveri da portare via...e..- il biondo sollevò lo sguardo gelido, vedendo Clay Harcourt e la squadra di Austin Grey tirare Craig Badomen in manette giù dall'ingresso della banca.
- E un assassino da mettere in cella.- finì Malferret, quando il prigioniero li fissò stravolto di rabbia.
- Non finisce qui!- vaneggiò Badomen, strattonando le sue manette magiche, ora privo di bacchetta - Non finisce qui, bastardi! Anche tu Harry Potter! Morirai, giuro che morirai!-
- Fatelo tacere.- ordinò Duncan - Cos'ha prelevato poi?- chiese, ai suoi collaboratori - Gli ostaggi mi hanno detto che è entrato nelle camere blindate. Ma ha bruciato il registro, il porco...-
- Perquisitelo!- disse Austin Grey ai suoi - Trovate cos'ha preso.-
- Non toccatemi!- strillò, acuto come un bambino malato di mente - E tu Potter ascoltami bene! Morirai! Hai capito? Morirai! Tu e tutta la tua famiglia!-
Harry non lo guardò neanche in faccia, limitandosi a farsi abbracciare forte da Elettra e Faith.
-...e non manca molto! Presto avremo di nuovo un capo! Presto lui verrà da me! E allora i Mangiamorte rivivranno! Hai capito?! Trema, bambino sopravvissuto!-
Harry tremò davvero.
Ma non per le parole.
Una vecchia sensazione si fece strada in lui, quando sollevò distrattamente gli occhi al cielo nuvoloso, sopra la sua testa. Non era il cielo, però. Era il sentore.
Quella sensazione gli attanagliò ogni nervo del dolore che aveva in corpo. Annaspò, credendo ad un incubo.
Ma non lo era.
Si portò lentamente una mano alla fronte, sulla saetta e...il suo grido lacerante invase la via.
- La cicatrice!- gridò, piegato su se stesso, scatenando il panico fra gli Auror.
E continuò a gridare, a gridare.
Draco, indietro, non poteva neanche muovere un passo fra tutti coloro che si precipitarono dal bambino sopravvissuto. Perché sollevando la manica sinistra della camicia vide...che il Marchio Nero era tornato quello di una volta.
Malaugurio.
Si, malaugurio.
La cicatrice.
Il tatuaggio di Lord Voldemort.
Era il presagio.
A sua volta Draco Lucius Malfoy alzò gli occhi argentei sul cielo.
E lì lo vide.
Apparve quando le fiamme e il fragore di una grande esplosione invasero una via di Diagon Alley, poco lontana dalla Gringott. Vibrò la pavimentazione del suolo, i vetri delle botteghe.
E il cuore dei maghi.
Oltre quelle fiamme che divorarono i corpi degli innocenti in quella che venne chiamata la Strage di Diagon Alley, gli Auror videro qualcos'altro.
Lì, sopra di loro. A stagliarsi nella plumbea volta celeste, pronta alla pioggia.
Mors Mordre. Marchio Nero.
La firma all'esplosione. La firma alla strage.
I Mangiamorte.
Non fu pronunciato il loro nome. Ma ora chi lavorava nel buio e nel ghigno perverso che apparve sulla labbra di Badomen di fronte a quello spettacolo di morte aveva fatto sapere a tutti che era pronto alla guerra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E che Harry Potter tremasse davvero.
Ad aspettarlo c'era solo un'eterna valle di lacrime.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10° ***


TMR10

 

 

 

 

 

 

 

 

La verità siede sulle labbra degli uomini morenti.
Arnold Matthew.

 

 

 



C'era un uccello che si librava alto, in cielo.
Un cielo nero, striato di fumo, di fuoco e di fiamme.
Poteva essere un passero.
Era bianco.
Il suo verso era acuto, nascosto a brevi tratti dalle grida lontane. Dai pianti.
Harry James Potter camminava fra le rovine.
Come forse aveva fatto per tutta la sua vita.
Si era aggirato in un mondo che cadeva a pezzi.
Anche ora c'erano ovunque maghi urlanti e piangenti, col viso sporco di cenere.
C'era stata un'esplosione a Diagon Alley, un'ora prima, in quel dieci giugno.
E un'ora c'era voluta perché le fiamme e il fuoco si diradassero abbastanza da permettere agli Auror, fermi alla Gringott, di avvicinarsi.
Nel cielo invece, ormai nero e annerito come le botteghe e i negozi che erano stati colpiti, aveva visto sparire...il Marchio, si. Il Marchio di Lord Voldemort.
Ah, quel nome. Dimenticato per tanti anni finalmente. Ora invece era tornato. Più ridondante di un tuono.
Più splendente del suono delle campane di Londra.
Il denso fumo e le polveri arrossavano e ferivano gli occhi, impedivano di vedere.
Ma non di sentire.
Strilli, richieste di aiuto.
Tutto questo nella più grande strage che i maghi avessero ricordato da molto tempo.
Ora tutta Diagon Alley era in subbuglio.
E il Marchio Nero aveva portato il suo messaggio.
Ora tutti sapevano.
Harry continuò a guardare in alto.
Più sentiva gli Auror passargli a fianco, spintonarlo, più sentiva gli ordini isterici di Duncan, più lui cercava il Marchio Nero. Dove sei?, continuava a chiedersi.
Dove sei finito?
Quel dolore alla cicatrice non se ne andava. Era lì, bruciante come un ferro appena tolto dalle braci.
Un dolore così non si poteva scordare. Da sempre era forse stato una delle sue prime memorie.
Prima delle grida di sua madre, Lily, prima dei ricordi a casa dei Dursley.
La sua cicatrice. Compagna di una vita.
Un marchio.
Come la mano della Morte sempre affissa sulla sua spalla.
Per accompagnarlo.
- Chi può essere stato?- continuavano ad alitare tutti quanti.
Come se non fosse stato ovvio, si ritrovò a dire in trans.
Ed ecco gli occhi di Craig Badomen piantati nella sua schiena.
Occhi che sapevano.
Occhi che avevano solo distolto l'attenzione per un po'...affinché il suo burattinaio avesse potuto fare il vero lavoro.
Uccidere. Mandare un messaggio di terrore e paura.
Marchiare indelebilmente quel momento nella storia dei maghi. Per sempre.
- Chi può aver fatto una cosa simile? Chi? Chi può essere tanto crudele?-
Harry sentì quelle parole e provò l'irresistibile impulso di andarsene.
I maghi avevano davvero dimenticato tutto? Non sapevano più riconoscere il volto dei Mangiamorte?
Tutto quello per cui aveva lottato era davvero diventata solo una leggenda, una favola come Lucas gli aveva sempre dato a intendere? Lui era diventato solo questo? Una vacua reminiscenza, un ricordo vacuo e lontano, simile a un sussurro? Anche Tom Riddle era diventato questo?
Il suo grande nemico era stato scacciato dalle mente di tutti come se non fosse mai esistito?
Ma Tom era morto. Lord Voldemort era morto.
E se non era stato lui, anche se la sua cicatrice l'aveva riconosciuto...allora chi...
L'ennesima esplosione di breve portata, ormai solo uno strascico di quella più grande e devastante di un'ora prima, fece abbassare tutti gli Auror.
La nube di polvere e detriti li prese in pieno, ma Duncan già stava urlando a quelli del Ministero, fra cui il maledetto Segretario Donovan, e Conrad Poole, il caro Assessore all'Ufficio di Controllo delle Magie Accidentali, di avvisare immediatamente il Ministro.
Sarebbero state necessarie tutte le forze Auror di Londra in quel momento, ma ciò che era ormai palese era il fatto che, in quella piccola via secondaria travolta dal disastro, avevano già perso la vita in troppi.
In troppi e in così poco tempo...
- Voglio subito l'autore di questo delitto!- urlò Donovan verso Gillespie, come se Duncan ne fosse stato il diretto responsabile - Mi hai sentito?! Lo voglio in manette e ad Azkaban prima di sera!-
La risata rauca di Badomen interruppe l'accapigliarsi dei pezzi grossi, che non sapevano fare altro che strillarsi addosso a vicenda, quando gli Auror e i maghi civili si erano già mossi per aiutare chi poteva essere sopravvissuto sotto le macerie.
Harry, cadendo dal trans, riuscì a girarsi verso Badomen che era ancora sotto la custodia degli Auror di Austin Grey.
- E' inutile che cercate!- ridacchiò sadicamente, con gli occhi fuori dalle orbite, come indemoniato - E' tutto inutile!- e rise ancora, la bocca spalancata e il mento alto, come un grande eroe - Siete arrivati tardi, sciocchi! Io ti avevo avvisato, bambino sopravvissuto!- urlò verso Potter, brillando di collera e soddisfazione al tempo stesso - Te l'avevo detto che il mio grande Signore sarebbe arrivato! E' stato lui a ripulire la feccia! E' stato lui! E tu non puoi farci più niente ormai! Lui ti ucciderà finalmente! E vendicherà il grande Lord Voldemort!-
Il nome riecheggiò così forte in quella strada devastata che finalmente la verità per una volta arrivò alle orecchie di tutti. Anche degli increduli, degli scettici. Degli stolti.
Lord Voldemort.
Si
, pensò Harry fiero. State a sentire tutti questo nome. E ricordatevelo sempre.
Scordate il mio se volete. Ma mai il suo.
Perché è piantato nel mio cuore come una spina. A ricordare terrore. A ricordare morte.
- Presto!- ordinò Duncan, ignorando i visi pallidi che avevano inteso la situazione - Rimuovete la macerie! Potrebbero esserci dei feriti! Sbrigatevi! Qualcuno saprà chi è stato!-
- Inutile!- rise ancora Badomen, deliziato - I morti non parlano!-
- Ed è qua che ti sbagli, bastardo.- sibilò Beatrix a un certo punto, sgranando gli occhi.
In contemporanea anche Draco si volse verso di lui, con lo sguardo carico di qualcosa di simile alla speranza.
- Ci metto un attimo!- scandì la Diurna, balzando agilmente giù da un tetto di una bottega franato e sbilenco - Duncan, vado a prendere Damon! Torno subito!-
- Aspetti un secondo, cosa diavolo crede di fare?- sbottò il Segretario Donovan, afferrandola per un braccio - L'ho già sentita alla sede del Consiglio questa storia! Sta parlando di Lord Howthorne?-
- Mi lasci il braccio.- sibilò la Diurna.
- Lei non porterà qua un Legimors!- ringhiò inferocito.
- Le tolga le mani di dosso.- ruggì allora anche Ron, staccandogli Trix dalle grinfie che se la batté all'istante - Ora sono stufo di questa storia, chiaro?! Avevamo la possibilità di parlare con Albert Bodley e ce l'avete negata, perdendo una possibilità preziosa, ora non le lascerò complicare di nuovo le cose, sono stato chiaro? Non di fronte a questa strage!-
- Come osa, Weasley!- gracchiò anche Poole.
- Voi qua siete civili.- gli ricordò pacatamente Edward - La situazione spetta a noi Auror.-
- Voi Auror siete sotto la nostra giurisdizione!- tuonò Donovan.
- Sbagliato.- l'ammonì Duncan, scoccandogli finalmente uno sguardo assassino che ebbe il potere di far arrossire entrambi quei pomposi tacchini di vergogna - Solo io e il Ministro Dibble abbiamo autorità sugli Auror. E intendo seguire la linea ipotizzata dalla squadra del signor Weasley. Se a voi non sta bene fatemi causa. Ci vediamo in tribunale.-
Al colmo dell'esasperazione, Donovan divenne così rosso in volto da sembrare pronto a esplodere.
- Non finisce qua Duncan!- masticò fra i denti - Il Wizengamot saprà che vi siete avvalsi dei poteri illeciti di un Legimors!-
- E saprà anche dell'uso improprio della sua magia, signor Potter!- finì Poole, levandosi della cenere dal mantello - Saprà anche di quella perpetrata da suo figlio! Quindi stia pronto a essere richiamato al Ministero!- e se ne andò stizzoso dopo che in sottofondo sentì una pernacchia. E dal tono, poteva essere stato solo Lucas.
Da lì in poi fu un susseguirsi di andirivieni.
Vennero chiamati a raccolta la maggior parte dei Medimaghi in servizio, arrivarono aiuti dal San Mungo.
Gli Auror e i civili più solerti si spezzarono la schiena per sollevare quante più macerie possibile.
Più il coperchio del vaso si apriva però, più ne uscivano solo cadaveri carbonizzati, morti all'impatto, maghi con le ossa spezzate. Donne, uomini, anziani, anche bambini.
E lì attorno amici, parenti, che per caso erano scampati alla furia, dividendosi nel giro di spese.
Ma chi ne rimase in assoluto più gelato fu Damon.
Era rimasto a casa tutta la mattina, insieme a Aidan, del tutto incosciente di ciò che sarebbe successo.
Per questo quando Trix si precipitò da lui e la vide sporca di fumo, coi vestiti sporchi, capì che era accaduto qualcosa.
Qualcosa che lui...quella notte non aveva previsto.
Le parole della Diurna gli dilagarono nella mente come un veleno.
Strage. Morti. Esplosione. Badomen. Il Marchio Nero.
E più stava a sentire, più la sua testa negava.
No, non era possibile. Lui non aveva sognato nulla quella notte.
Nessun morto.
Nessuna esplosione.
Com'era possibile?
E per tutto il tragitto il suo cuore si ostinò a negare.
No, non poteva aver fallito di nuovo. Non poteva.
Ma la dura realtà gli ricadde addosso con un peso insostenibile, quando entrato in Diagon Alley tirandosi dietro suo fratello e stretto a Beatrix, vide quelle macerie.
Un'intera strada secondaria spazzata via da un torrente di fuoco.
Sentì che qualcuno, mentre era in mezzo alla folla spintonante, urlava che erano stati estratti già diciannove morti.
Diciannove.
E lui non ne aveva sognato neanche uno quella notte.
Quando giunse accanto agli Auror, a fianco di Draco e Harry, si sentì venire meno.
Il buio. Il buio per tutta la notte.
E ora invece stava di fronte a quella strage, a quella distruzione...e fra gli Auror e i Medimaghi, vide muoversi un sacco di persone. Che piangevano sconsolate.
"Per favore, aiutatemi! Aiutatemi, non trovo il mio bambino! Per favore!"
"Qualcuno mi sente?! Perché nessuno mi aiuta? Perché non mi ascoltate? Mia moglie è intrappolata!"
"Vi prego! I miei amici sono qui sotto!"
"Qualcuno mi sente?! Per favore!"
Troppe, troppe voci!
Damon si strinse le mani sul capo, a stento tenuto in piedi da Trix.
No, no, no. Non di nuovo!
Poi, di colpo, una giovane strega dai capelli color mogano che stava urlando dietro a Gary Smith perché l'aiutasse a trovare una sua amica, si volse...e fissò Damon in faccia.
"Tu mi vedi..."
E tutti i Non-Vivi all'istante si fermarono.
Niente più strilli, niente più pianti.
Poco dopo, il Legimors si ritrovò accerchiato.
E così, col cuore a pezzi e con un'unica domanda che gli martellava la tempie, iniziò a fare il suo triste lavoro.


A chilometri e chilometri di distanza, Hermione Jane Hargrave stava sotto il cielo ancora abbastanza terso del Golden Fields, del tutto incosciente di ciò che stava succedendo a Londra in quel preciso istante.
Le margherite nere erano ancora addormentate quando lei e Lucilla vi si erano Smaterializzate, ma la strega dovette comunque stringersi addosso la leggera giacca rosa antico che si era messa.
L'aria sembrava farsi più fredda ogni minuto che passava.
A poca distanza, Hermione alzò il volto e vide il castello che per tanto tempo era stata la sua casa.
Cameron Manor, come il suo padrone, sembrava immune al potere devastante del tempo.
- Sbrighiamoci.- le disse la Lancaster, sollevando i lembi dell'abito e incamminandosi in mezzo alle margherite dal lungo stelo - Caesar e gli altri ci aspettano.-
- Come farò a entrare?- le chiese Hermione, tenendo la voce più gelida possibile.
Lucilla non si scompose al suo tono. Poteva capirla. Molto più di quanto Hermione immaginava.
- Non entreremo.- disse pacata - Sei mai stata nel retro dell'ala ovest?-
La strega si bloccò un solo istante, gli occhi dorati quasi sgranati.
Il retro del palazzo di Caesar era sempre stato un posto dove lei per delicatezza non aveva mai messo piede.
Si trattava di una sorta d'immenso giardino cintato da alte e vecchie mura.
Un po' tetro a dire il vero, colmo di rampicanti che sembravano voler stritolare la costruzione.
Con statue guardiane, grottesche nella loro levigatezza.
E poi...le tombe.
Si, nascoste nella parte più buia di quel giardino c'erano alcune tombe.
Di persone che un tempo erano appartenute alla vita di Caesar. O della famiglia Cameron.
I genitori di Caesar infatti non erano amanti dei funerali, della morte in generale meno che mai.
Per questo i loro progenitori erano tutti seppelliti a Cameron Manor.
Ma non solo. C'era anche un nome diverso dagli altri, fra quelle lapidi.
Imperia Cassandra Glassharm Cameron, morta ottant'anni prima.
Su quella lapide fioriva un grande roseto dai delicati fiori candidi come neve.
Ora che ci pensava...Hermione ricordò che giorno era. Il dieci.
Presto sarebbe stato il dodici. L'anniversario della morte d'Imperia.
E dal volto di Lucilla, anche lei doveva saperlo.
I grandi cancelli di ferro battuto finemente elaborato dettero il bentornato alla Grifoncina, che provò una dolce malinconia, guardando quelle pareti, le vetrate, le finestre. Ogni superficie.
Anche se sapeva che la persona che più avrebbe voluto vedere, non era più lì.
Senza fiatare si fece condurre dalla Lancaster oltre l'ingresso, passando attorno alla fiancata e a una galleria un tempo attraversata da carrozze per balli e ricevimenti che portava sul retro del palazzo.
Quando finalmente sbucarono dall'altra parte, Hermione notò per prima cosa un grande gazebo di vetro e piombo, posto su un rialzamento di legno di acero.
Al centro, una tavola tonda e sottile, dalle gambe di leone e tutt'intorno un divano foderato di broccato color panna, su cui erano seduti alcuni demoni che lei non aveva mai visto.
Ma poco importava, perché fra i tanti vide una chioma di neve che le era mancata molto.
Non vedeva Caesar da Natale e quando lui levò gli occhi dal bicchiere già vuoto di Merlò, la vide e le sorrise all'istante, piegando lentamente le sue labbra perfette.
Si alzò bisbigliando qualcosa a Demetrius, che gli sedeva quasi di fronte, poi le raggiunse.
Lasciò passare Lucilla, a cui fece una rapida carezza sulla spalla nuda, poi si lasciò stringere dalla strega.
- Ciao.- gli sussurrò Hermione all'orecchio, cingendogli forte il collo.
- Ciao.- mormorò lui, baciandole i capelli.
Lei percepì il suo nervosismo velato, così si staccò e gli lo guardò dritto negli occhi.
- Com'è successo?- gli chiese, deglutendo.
Cameron abbassò lo sguardo, ghignando amareggiato.
- Suppongo di essere stato troppo assente.-
Non era da Caesar commiserarsi. Specialmente in presenza di altre persone e questo le diede abbastanza da pensare.
Ma forse era solo a causa dell'anniversario della morte di sua moglie.
Si sporse leggermente dalla sua spalla quando si sentì osservata.
Vide Dimitri sbracciarsi per salutarla e gli sorrise di cuore e accanto a lui vide una bella donna con i capelli neri a caschetto. Forse sua sorella Magdalena, la seconda per nascita nella sua famiglia. La più piccola, Lady Leda, non c'era.
Spostando oltre gli occhi vide Leiandros, fra Lucilla e Winyfred Harkansky, che Hermione aveva avuto il piacere di conoscere otto anni prima, quando la demone le aveva portato il Guanto di Minegon appartenente alla loro famiglia.
L'aveva riconosciuta per i suoi capelli rossi e crespi, che tendevano al biondo.
Al suo fianco un ragazzo coi corti capelli neri e con un paio di occhiali dalle lenti rosse e tonde sul naso.
Molto attraente, che emanava sicurezza.
Volgendo ancora il capo trovò un tizio che la fissava insistentemente. Anzi, ben tre.
Uno coi capelli castani, stravaccatissimo. E un altro veramente bello, biondo ma con due occhi bianchi segnati di nero che facevano paura, più una spada poggiata alla spalla, come se avesse dovuto usarla da un momento all'altro. L'ultima era una ragazza, che dimostrava una ventina d'anni. Magnifica. Una vera dea al pari di Lucilla.
E sembrava poco incline a essere amichevole.
Gala Leoninus non c'era, per ovvi motivi visto il sole che batteva anche oltre le nuvole.
- Vieni.- le disse Caesar, distogliendola dalla sua ricognizione - Non conosci gli amici di Tom.-
- Che facce allegre.- sibilò, lasciandosi prendere per mano dal suo mentore.
- Anche loro non hanno apprezzato lo scherzetto della Dama dell'Acqua. Ti sembrerà strano ma adorano Tom.-
Lei rise, senza farsi vedere. No che non le sembrava strano.
Perché sentiva sempre, ogni qual volta s'incontravano, quanto Cameron tenesse a lei.
La portò al gazebo dove venne stritolata in grandi abbracci da Demetrius e da quel porco di Leiandros, che come sempre allungò le mani e si prese indietro due ceffoni, più una coltellata in mezzo alle scapole dal fratello maggiore.
Le venne presentata Lady Magdalena, che con lei fu molto gentile e cortese, nonostante non avesse mai visto un essere mano così da vicino, anche dopo che si era trasformata in Tom qualche giorno prima.
Winyfred fu altrettanto espansiva, come la volta scorsa, e le presentò il suo ragazzo Brandon.
Le gentilezze si fermarono lì, perché dopo Val che le strinse la mano facendosi mille arrovellamenti di quando lei era stata l'amante di Caesar, Vlad e Denise non furono per nulla amichevoli.
La Loderdail almeno bofonchiò un "piacere" stentato, Stokeford invece neanche le strinse la mano.
Niente. Ma l'umana, come la chiamava da quando Caesar aveva avvertito della sua visita, non parve prendersela.
Anzi. Sogghignò brevemente in maniera che riuscì ad irritarlo.
Dopo le presentazioni comunque, il tempo di fare i sostenuti finì.
Si erano riuniti per un motivo e la strega non perse tempo.
- Forza.- disse, mostrando una decisione che era ben lungi dal provare - Ditemi cos'è successo.-
- Meglio cominciare dall'inizio.- consigliò Lucilla.
Caesar annuì, sospirando.
- E' iniziato tutto dieci giorni fa. Donovan e quei due galoppini erano venuti per il solito controllo.- iniziò, posando il bicchiere e versandosi automaticamente altro vino. Lei alzò il calice a sua volta per farselo riempire, vista la situazione - Avevano portato come al solito delle cose, sai libri, oggetti magici...fra questi c'era un uovo di cristallo contenente una Dama dell'Acqua.-
- I Portalista Naturali sono illegali da almeno un secolo e mezzo.- notò la strega, fissandolo attentamente.
Tacque un secondo, ben sapendo che la cosa era assurda.
- Perché gliel'hai fatta tenere?- gli chiese.
- Sul momento non c'ho pensato.- disse Caesar, fissando il vino nel suo bicchiere.
- Gli abbiamo detto tutti che era pericolosa.- s'intromise allora Winyfred - Ma era in quell'uovo di cristallo. Non pensavamo che potesse risultare una reale minaccia. A dire il vero...- rise, dandosi della sciocca -...l'abbiamo accantonata e basta. Ma il giorno stesso, poche ore dopo che quel Donovan se n'è andato, è successa un'altra cosa strana.-
- Si.- continuò Caesar - Tom era alla finestra della sua stanza e ha detto di aver visto qualcuno ai cancelli. Che lo guardava.-
- E noi siamo usciti per controllare, visto che sembrava molto agitato.- fece Brand, pulendosi gli occhialetti e rimettendoseli sul naso - Abbiamo guardato un po' ovunque, poi Vlad ha trovato una sigaretta consumata.-
- Una sigaretta?- all'istante gli occhi di Hermione saettarono su Lucilla - Alla lavanda? Come quella che ha trovato Draco alle finali, accanto al cadavere di Albert Bodley?-
- Esatto. Quando sono venuta a saperlo ho ricollegato le due cose. Qui fuori poteva esserci Badomen. O la persona che lo accompagna, quindi la sua donna. Ora che abbiamo stabilito che è una donna.-
- Quindi un Mangiamorte era qua fuori?- allibì Hermione sconvolta, fissando di nuovo Caesar - Ma sei impazzito?!-
- Herm, calmati.- la pregò Demetrius, alzando una mano delicatamente - Dopo aver preso quella sigaretta, Caesar ha letto l'ultimo ricordo che vi era impresso.-
- "Padre mio, io ti vendicherò".- decretò Cameron, finendo il calice d'un fiato - Ecco cosa diceva.-
- Un Mangiamorte era qui sotto...e tu non mi hai detto niente!- sibilò di nuovo Hermione - Dio ma cosa t'è preso!?-
- Pensavamo fosse al sicuro.- replicò lui, restando immobile sotto il suo sguardo infuocato.
- Fino a quando una Dama dell'Acqua che qui non avrebbe mai dovuto entrare se l'è portato via!- urlò, battendo le mani sul tavolo e balzando in piedi - Ti rendi conto che se ora è insieme a Badomen potrebbe già essere sotto Imperius?! Eh? Te ne rendi conto o no? Il solo nome di Tom potrebbe ridare un capo a tutti i Mangiamorte! Non aspettavano altro! A meno che questa maledetta donna di cui non sappiamo nulla a parte i gusti sul fumo non voglia davvero vendicarsi! Potrebbe già essere morto!-
- Fosse per voi umani a quest'ora già lo sarebbe.-
Hermione si voltò verso Vlad.
Stokeford aveva parlato con sufficiente acredine per farle montare una marea di collera che sarebbe stata difficile da domare. Non abbassò lo sguardo contro di lui, che avrebbe potuto schiacciarla con un dito.
- Non fosse per noi umani...- gli sibilò velenosa -...a quest'ora sarebbe morto nelle celle degli Zaratrox!-
- Perché, tu non lo sei?- continuò Vlad sarcastico.
- Ok, fatela finita.- ringhiò Dimitri, seccato - Vlad smettila. Non è colpa di nessuno.-
- Sono gli umani ad averlo confinato qui come un animale.- s'intromise Denise, fredda come il ghiaccio - E ora che l'hanno portato fuori vogliono solo usarlo o ucciderlo. Di chi vuoi che sia la colpa, Demetrius?-
- Mia che non ho controllato a sufficienza.- disse Caesar.
La Loderdail rise, scuotendo il capo.
- Non sei suo padre, né la sua balia! Non darti colpe che non sono tue per una volta.-
- E questo cosa diavolo centra?- sbuffò imbestialito.
- Lo sai benissimo.- tubò Denise, acida, incrociando le braccia al petto.
- Fatela finita voi due, sembrate marito e moglie cazzo.- berciò Leiandros, prendendosi subito un'occhiata inceneritrice dal fratello maggiore - Stare qua a lanciarci colpe non aiuterà Tom. Sappiamo certamente due cose, Herm.- e alzò due dita verso la Grifoncina - La prima è che la mattina dopo che Tom è sparito, Donovan è venuto qua per un controllo a sorpresa e quando Magdalena gli è arrivata davanti con le sue sembianze, il Segretario è sembrato parecchio deluso.-
- Donovan.- sibilò Hermione a bassa voce.
Donovan. Quel bastardo sapeva.
Sapeva qualcosa.
- Può essere che la vostra magia sul collare sia finita?- chiese.
- No, impossibile.- disse Dimitri - Controlliamo spesso il collare di Tom, per permettergli di viaggiare nel tempo con Winyfred, ma dentro al Cameron Manor. La Dama l'ha portato fuori ma era sempre dentro palazzo, quindi nessuno al Ministero della Magia può essersene accorto. Per questo quando Donovan è apparso deluso dal non beccarci in fallo abbiamo capito che il bastardo è implicato.-
- Ha portato lui quella Dama dell'Acqua.- Hermione corrucciò i lineamenti e strinse i pugni. Lui sapeva.
Lui centrava in quella faccenda. Non sapeva ancora come...ma era implicato.
E se era implicato, forse lo era insieme a Badomen e alla sua donna.
La sola idea la fece tremare.
C'era tanta di quella gente con le mani in pasta ovunque al Ministero che sarebbe stato impossibile capire chi era il vero responsabile.
- La seconda cosa certa è che è vivo.- Leiandros si accese una sigaretta di quelle di Lady Magdalena, strizzandole l'occhio in ringraziamento - Caesar lo sente. Ma Londra come ben sai è troppo grande. Serve qualcuno che ci sia piantato dentro. Io e Val abbiamo già battuto ogni fottuto bassofondo della capitale. Niente, nessuna voce.-
- Per questo pensavamo di dirlo a Degona.- sospirò Lucilla, massaggiandosi una tempia - Per lei non sarà facile, ma è anche vero che passa a Londra la maggior parte del suo tempo senza dare di matto.-
- Potrebbe captare qualcosa, dici.- annuì Hermione.
- Esatto. Ma dirlo a mia figlia significa che entro due giorni lo sapranno tutti. Sai che non riesce a dire una balla ben fatta neanche di fronte a uno specchio.- sbuffò la Lancaster - E' questo il punto. Lo diciamo a tutti? E poi? Harry e Draco sono già abbastanza occupati ora. Badomen è sempre in giro.-
- Ma sapendolo starebbero più attenti.- mormorò la Grifoncina, sentendosi la paura scorrerle nelle vene al solo pensiero di ciò che poteva essere successo a Tom - A questo punto mi chiedo se non debba riprendere il servizio anche io.-
- Facendolo daresti nell'occhio al Ministero.- le fece notare Demetrius.
- Cosa sai di Badomen?- fece Caesar, ridestandosi momentaneamente - Lucilla mi ha detto che sai parecchio sui suoi spostamenti.-
- Per il mio libro sono dovuta andare a Bruxelles, da Le Croix.- gli rispose, poggiandosi esausta contro lo schienale del divano - Da lì poi sono stata da Viktor e sono riuscita solo a sapere che quel bastardo è passato indenne attraverso i Pirenei, cosa che non è mai riuscita a nessuno. E che i francesi se lo sono fatto scappare dalle loro prigioni tre volte. Questo può solo significare che la donna che sta con lui adesso già lo proteggeva negli anni scorsi. E ovviamente, è un Mangiamorte. Damon, Beatrix e Asher l'hanno incontrato una settimana fa. sappiamo vagamente com'è il suo viso e...- s'interruppe, quando le squillò il cellulare.
Frugò nella borsa, imprecando e vide il numero di Degona. Stranita, lo disse a Lucilla poi si alzò e si spostò dal gazebo.
- Simpatica.- sibilò Vlad, infilandosi fra le labbra una delle sue tossicosissime sigarette alla mente.
- Molto più di te.- frecciò Caesar, almeno fino a quando una buona dose di paura non gli arrivò addosso tramite Hermione. La sentì tremare, lo sentì come se fosse stato lui a tremare così.
Morte, sentì.
Paura. Una paura antica.
- Che diavolo...- sibilò anche Lucilla, quando la strega si volse, spegnendo il cellulare.
- Credo che il problema di fermare Badomen non sussista più.- mormorò, con occhi vuoti - Lui e la sua donna hanno appena fatto saltare per aria mezza Diagon Alley. Stanno contando i morti. Per ora sono una trentina. Ed è apparso il Marchio Nero in cielo...-
La Lancaster si alzò. Ecco cos'era stato, pensò portandosi una mano sul suo tatuaggio.
Ecco cos'era stata quella fitta maledetta.
Il Marchio Nero.
Ora potevano davvero dire che la vita di Tom era appesa a un filo.
Un filo che si assottigliava di secondo in secondo.
Correvano contro il tempo ormai e a questo punto era fuori discussione parlarne con Harry.
Il bambino sopravvissuto era destinato a tornare in trincea.


Al Ministero della Magia, quando ormai si era fatta sera, i Medimaghi coprirono con un lenzuolo l'ultima delle quarantasette vittime della strage di Diagon Alley.
Si trattava di una strega ventenne, rimasta sepolta sotto le macerie. Un pilastro preso in pieno dall'esplosione era esploso in mille schegge. Una di queste l'aveva presa in pieno sulla nuca, spezzandole la spina dorsale.
Era morta sul colpo.
Quella stessa strega, stava guardando il Medimago coprire il suo corpo pallido e privo di vita.
Si girò, sentendo che anche gli altri come lei se ne stavano lì a guardare, ma alcuni erano già sulla porta.
Genitori, anziane coppie, amici in libera uscita. Maghi qualunque, purosangue compresi.
La strega guardò un'ultima volta il suo corpo, senza una lacrima a rigarle il viso esangue.
Un cartellino al polso portava il suo nome.
Nora Moore. Già, lei era stata Nora Moore. Una brillante ricercatrice ventiduenne pronta a fare il suo ingresso nel Ministero. Entro un mese avrebbe finito i suoi corsi. Quel giorno era uscita con la sua amica Meg. Avevano preso un tortino alle fragole, caldo appena uscito dal forno, per festeggiare il loro nuovo lavoro per cui avevano tanto sgobbato.
Si erano comprate delle tuniche nuove da Miss Emilie Cerise, sempre aggiornata sull'ultima moda delle giovani streghe e dopo aver speso un capitale erano uscite per la strada. Nora si era scontrata con un giovane abbigliato completamente di nero. Con un cappuccio sul capo che però non riuscì a nasconderle la sua bellezza. Ricordò che gli aveva sorriso come un ebete. Lui, bello come il peccato. Capelli nero inchiostro, pelle bianca levigata. E due occhi blu da fare invidia al cielo di notte. Il mago non aveva dato segno di notarla e l'aveva sorpassata. Lei e Meg si erano messe a ridere ma...subito dopo Nora si era sentita spingere fortissimo in avanti, di seguito a quella che per una frazione di secondo aveva riconosciuto essere una voce che pronunciava una formula.
Quando si era ripresa le era parso che fosse trascorso un secolo intero.
Si era inginocchiata, sentendo fiamme e fuoco ovunque...ma quelle fiamme per lei non scottavano.
Poi aveva sentito grida e visto un mucchio di gente piangere disperatamente.
Tutti urlavano come pazzi.
E poi aveva abbassato il viso...e aveva visto una cosa incredibile. Aveva visto se stessa, stesa a terra in una posa scomposta. Trafitta da un grosso pezzo di pietra, al collo.
Attorno a lei tanti altri cadaveri...e quelle stesse persone che si fissavano, senza capire.
Non si era mai sentita così smarrita. E quando aveva cominciato a chiedere aiuto agli Auror, nessuno l'aveva ascoltata. Nessuno l'aveva vista. Aveva iniziato a piangere, supplicando un Auror di aiutarla a cercare Meg ma nessuno sembrava averla sentita.
Poi, all'improvviso l'aveva visto. Lì, fra la folla. E guardava lei.
La vedeva. Con i suoi occhi celesti la vedeva!
Nora si riprese, quando tutti i Non-Vivi iniziarono a defluire. Doveva tornare da lui.
Lui che era l'unico a poterla aiutare. Lui che ascoltandola pazientemente ma con uno sguardo così triste che sarebbe corsa ad abbracciarlo se solo avesse potuto, l'aveva aiutata a trovare Meg. Ancora viva. Sotto le macerie.
Era grazie a lui se tanti altri come lei, quel giorno, avevano potuto salvare i loro cari.
Fra quarantasette morti, quel giorno però erano riusciti a salvare anche nove persone. La sua Meg era fra di loro.
Nove era un ben misero numero, pensò Nora. Però...però lui l'aveva sentita! Li aveva sentiti tutti! E aveva salvato i loro cari!
Si guardò indietro una volta soltanto. Poi uscì dall'obitorio in quell'esodo di massa di anime e raggiunse velocemente la stanza in cui l'avevano lasciato. Da fuori, lei e tanti altri sentirono un trio di voci urlare a spron battuto.
Passando attraverso il muro, Nora Moore rimase basita nel vedere tre pezzi grossi del Ministero urlare inferociti contro... lui, quello che la vedeva.
Damon infatti stava seduto in poltrona, di fronte al Segretario Donovan, a Conrad Poole che anche se non centrava nulla sembrava sempre pronto a sbraitare e invece Duncan, di parte.
Nella stanza c'erano anche Draco, Ron, Efren, Beatrix, Edward e persino Harry.
Aidan era stato lasciato con Lucas e gli altri bambini nelle fide mani di Mamma Weasley e di Ginny, ma i piccoli erano rimasti parecchio sconvolti. Prima dalla rapina alla Gringott, poi dalla strage in strada.
Tutti tranne Lucas, ovvio, che per una volta aveva accettato di starsene buono con la signora Weasley senza replicare.
Lì dentro però, nell'ufficio del Capo degli Auror, si stava scatenando un putiferio.
-...vi era stato negato di sfruttare i poteri di un Legimors!- strillò Donovan per l'ennesima volta, picchiando un pugno sulla scrivania di Duncan che, i ragazzi lo notarono, era pronto a ficcare una testata a quel Segretario deficiente e buona notte al calderone - Gillespie, il Ministro Dibble verrà a saperlo! Ritieniti fortunato se non ti sbatto fuori oggi stesso!-
- Tu non hai nessun potere, Wilson.- tubò sarcasticamente il Capo degli Auror, che però aveva una grossa vena pulsante in testa - Solo Dibble può sbattermi fuori, né tu né il Wizengamot che, lascia che te lo dica, ora come ora per me può anche impiccarsi al lampadario dell'ingresso. Te compreso.-
- Come ti permetti!- gridò sdegnato, senza accennare ad abbassare la voce - Gli ordini del Wizengamot sono ordini per tutti voi! Voi non siete al di sopra dell'Alta Corte dei Maghi! Né tu, né la combriccola del signor Potter! E non vi è stato dato il permesso da nessuno per chiedere aiuto a un Legimors dai dubbi poteri!-
- Il signor Howthorne è un Lord.- disse Gillespie con tono soave - Non sai più fare il leccapiedi Donovan?-
- Adesso basta!- gracchiò anche Poole, che dondolava le gambe istericamente, visto che quasi non arrivava a toccare con i piedi giù dalla poltrona - Basta signori! Ne ho abbastanza! Io sono l'Assessore all'Ufficio di Controllo della Magia Accidentale! Il signor Potter dovrà pagare una multa per sé e suo figlio e...-
- Bene.- borbottò Harry in sottofondo - Almeno saprò dove mettere i soldi delle vostre rendite.-
- Non faccia lo spiritoso!- sibilò Poole - Lei e suo figlio vi caccerete in un mare di guai!-
- E' un Phyro, cosa pretende da me? Se non lascia che faccia esercizio arriverà a Hogwarts e gli darà fuoco prima ancora di finire a Serpeverde!-
- Insomma!- sbraitò di nuovo Donovan, facendo sobbalzare anche Poole - Non divagare Conrad!- e stavano per scoppiargli le coronarie - Io sono qua per discutere dei cosiddetti poteri del signor Howthorne!-
- Cosiddetti?- s'intromise Trix con tono minaccioso - Cosa vuol dire?-
- Bhè...- il Segretario fissò Damon con un ghigno di scherno - Se è davvero un Legimors non mi sembra abbia avuto delle visioni importanti di recente, no? Contando i quasi cinquanta morti di oggi...-
Damon impallidì ancora di più, mentre gli altri aprivano la bocca sdegnati.
-...e non sappiamo neanche se parla davvero coi morti...-
- Senta lei!- sbottò Trix inferocita, puntandogli il dito addosso - Pomposo e borioso Sanguecaldo che non e altro, provi ancora ad aprire bocca contro Damon e scoprirà in prima persona di come parla bene coi morti!-
La Diurna aveva appena finito la frase che una pesante tabacchiera di porfido si alzò da uno degli scaffali di Duncan e viaggiò dritta verso il Segretario. Lo mancò per un pelo, ma lui strillò come una donnetta, nascondendosi sotto la scrivania.
- Chi è stato?!- belò con le mani in testa.
Howthorne si volse e vide uno squadrone di Non-Vivi alle sue spalle.
Tutti con occhi iniettati di sangue.
Trix gli prese la mano - Tesoro tutto bene?-
- Si.- annuì, anche se sentiva il cuore battergli così forte da saltargli in gola - Sto bene.-
- No, non è vero.- la Vaughn gli carezzò una guancia, desolata - Tesoro ma com'è successo?-
Lui scosse il capo, mordendosi un labbro.
- Non lo so. Non lo so...- disse, con voce rotta - Non so cos'è successo ma non ho sognato niente.-
- Com'è possibile?- gli chiese Ron, con voce altrettanto calorosa e comprensiva - Tu sogni sempre tutto.-
- Forse stavolta che serviva i suoi poteri fittizi non hanno funzionato.- celiò Poole.
- La faccia finita.- l'ammonì Edward, serio - I suoi poteri ci hanno salvato otto anni fa.-
- Certo, certo.- frecciò Donovan, rimettendosi in piedi guardingo - Mi permetta, signor Dalton, ma forse vi siete lasciati suggestionare da un ragazzo con troppa fantasia. Sa, a quell'età, e con la compagnia che frequentava...-
- E con questo cosa vorrebbe dire?- lo sfidò Trix, gelida.
- Andiamo, dolcezza.- il Segretario la guardò dall'alto in basso - Si sa...che fine ha fatto il vostro amico Riddle.-
- Un'altra parola e stasera potrei essere sbattuta io fuori dal Ministero!- minacciò Beatrix, sprizzando ira da tutti i pori, mentre i due bacchettoni tremavano come budini di fronte alla sua dentatura.
- Non ci provi, signorina.- replicò Poole.
- Già, siamo troppo in alto per lei e per il suo amico che come minimo avrà già fregato tanta povera gente!- finì Donovan con uno sguardo carico d'astio e compassione verso il Legimors.
Fu la goccia di troppo.
Un istante più tardi la porta si spalancò di scatto e una decina di Non-Vivi afferrarono sia Donovan che Poole per il mantello e li sbatterono fuori, sotto gli occhi strabiliati di tutti.
Dopo di che...eh si, fu un coro di fischi da stadio e grandi ovazioni.
La porta si richiuse, fu Nora a sbatterla inferocita.
"Manica di deficienti!" e si volse verso Damon "Ma perché ti fai trattare così, eh?"
Lui agitò la mano, passandosela di nuovo sugli occhi.
- Dio.- sussurrò, ora che era al sicuro e fra amici - Non so com'è potuta accadere una cosa simile.-
- Tu di solito sogni davvero ogni cosa.- mormorò Efren, carezzandogli la testa come un padre, mortificato per lui - Anche quelli che finiscono semplicemente in coma. Magari ti è successo qualcosa. Anche un semplice disturbo al metabolismo può far variare le visioni dei Veggenti, sai?-
- Si ma quasi cinquanta persone!- gridò allora Damon, per poi inspirare e abbassare il tono - Cristo, cinquanta! Come diavolo ho fatto a non vederle? Eppure non ho sognato niente di niente! Solo il vuoto!-
- Il vuoto?-
Draco si sporse un secondo dalla parate, dov'era stato a fianco di Harry e per un secondo lunghissimo lo guardò in faccia. Fu un'illuminazione. Dopo aver visto i suoi occhi arrossati, pieni di capillari rotti.
- Cos'hai fatto al viso?- gli chiese, con voce che lasciava presagire qualcosa.
- Gli occhi intendi?- Howthorne rispose con indifferenza - Ah...ieri mi hanno fatto uno scherzo. Mi è arrivato un pacco con dentro una polverina bianca che è esplosa in faccia a me e Cloe. Dopo dodici ore non è successo nulla, così ho lasciato perdere. Perché?-
Malfoy levò un sopracciglio.
Ce l'aveva lui la risposta sul perché non aveva sognato niente.
- Polvere bianca.- ripeté - Aspettatemi qui.- ordinò - Vado un secondo a casa, ma credo di sapere perché non ha sognato niente di questa strage. Centra la polvere di ieri.-
- Aspetta un secondo, cos'è successo?- lo bloccò Ron.
- Ve lo dico dopo!- e subito dopo Draco si era infilato nel camino, sparendo fra le fiamme.
- Bel casino.- sentenziò Harry, seduto in fondo alla stanza.
- Già, bel casino. Salvatore della Gringott.- rognò Duncan, accendendo un incenso all'istante - Finirò di nuovo in terapia, già lo sento! E dovrò pagare gli alimenti a Rosalinde perché vorrà il divorzio! Ed è colpa tua Potter!-
- Eh già, è sempre colpa mia.-
"Lui è Harry Potter?" urlò mezza truppa di cadaveri.
Damon emise un gemito, mettendosi le mani sulle orecchie.
- Per favore...- pregò - Fate piano.-
- Con chi ce l'hai?- mugugnò Duncan - Noi o gli zombie?-
Nora, a fianco di Damon, prese un libro e cercò di lanciarglielo contro ma il Legimors riuscì ad afferrarlo a mezz'aria.
- Non offendeteli.- disse, sotto gli sguardi curiosi dei ragazzi.
- Ehi, chissene frega di loro per un momento.- si lagnò Trix, seduta di fronte a lui e a Nora, che la scrutava tutta attenta - Hai visto? Anche Draco non sembrava contento di quella polvere!-
- Non sappiamo neanche se è quello.- le rispose, depresso - Magari è la mia maledizione. Quando serve davvero, io faccio cilecca. E non ridete bastardi!- sibilò alle sue spalle.
Edward e Harry incassarono le spalle, senza che neanche avessero fiatato. Per poi capire che erano stati i Non-Vivi a ridacchiare alla frase equivoca.
- Quanti sono?- chiese la Diurna - Così, per sapere.-
- Una trentina se ne sono andati subito dopo che abbiamo trovato i loro parenti e amici sotto le macerie. Alcuni invece trapassano subito e basta. Qua ne conto dieci...e con lei undici.- disse, additando alla sua destra.
La Vaughn guardò l'aria di fronte a lei.
- Lei? Lei chi? Ho uno zombie davanti a me?-
"Parli tu che sei mezza morta!" sentenziò Nora irritata. Poi la strega riuscì ad abbozzare un sorriso, sentendo Damon ridacchiare.
- Come ti chiami?- le chiese il Legimors.
- Parli coi cadaveri spero.- borbottò Duncan, agitando l'incenso sulla testa per mandare via le vibrazioni negative.
"Nora Moore." rispose la strega "Tu chi sei, si può sapere?"
- Nessuno, vedo i morti.- rispose Howthorne.
- Ehm...ecco, Damon gli chiedi se hanno visto qualcuno prima che...ecco...prima che morissero?- abbozzò timidamente Ron.
- Ti sentono.-
- Ah...- il rossino allora, impacciato e maledicendo Dalton e Harry che sghignazzavano, si volse verso il fondo della stanza, accanto alla porta, parlando praticamente con nessuno - Ecco...mi dispiace tanto per voi...-
- Si, anche a me.- ironizzò Trix accendendosi una sigaretta.
- Non fumare qua dentro.- rognò Duncan.
- Almeno io non mi faccio le canne da quando andavo a Hogwarts.- fu la risposta della Diurna.
- Io non fumo erba!- sbottò Gillespie.
- Volete stare zitti?- sbuffò Ron - Insomma...qualcuno di voi si ricorda qualcosa? Avete sentito nulla? O visto chi ha fatto saltare per aria tutta la strada?-
Si levò un forte brusio e l'emicrania del Legimors raggiunse livelli veramente preoccupanti, ma dopo aver ordinato con tono da generale di parlare fra loro senza urlare, sembrò che il branco di spiritati, come li chiamava Efren, si fosse un po' calmato.
- Cosa dicono?- s'interessò Harry stranamente, quando vide la fronte di Damon corrucciarsi.
- Aspetta...-
Gli spiriti stavano dicendo di aver sentito qualcosa sfrigolare nell'aria.
Energia elettrica forse. Una strega di mezz'età disse anche di aver sentito i capelli rizzarsi sulla nuca.
- Energia elettrica?- mugugnò Efren stranito - A Diagon Alley?-
- Ma sono sicuri?- fece Duncan scettico - Magari era qualcos'altro. Tipo un bel Bombarda di proporzioni cosmiche.-
- Non può un Bombarda far esplodere una via intera.- replicò Ron pensoso - Che altro? Avete visto nessuno di sospetto?-
"Sospetto come?" soffiò la strega di mezz'età, tutta ingioiellata, con aria saccente.
- Tipo Mangiamorte?- propose Damon con tono di sussiego.
"Hn. Mica c'era nessuno con la maschera e vestito di nero con la bacchetta spianata ragazzo!" cinguettò un vecchietto col bastone "Non siamo mica ad Halloween."
- Bel concetto che ha di Halloween lei. Andiamo, ci dev'essere stato qualcuno con aria strana.- continuò Damon - Su, fate uno sforzo. Non avete sentito formule magiche?-
"Ah, si!" sbottò un mago sulla trentina che teneva per mano la moglie, tutta annichilita "Io ho sentito qualcosa! Una formula in latino, appena passato il negozio di Miss Cerise. Ma era una formula strana...forse un'invocazione."
- Ok.- Howthorne si volse verso la frazione dei vivi, Trix a parte - Hanno sentito una formula d'invocazione. Forse è con quella che il Mangiamorte ha invocato l'elettricità. Vi ricordate qualcosa della formula?-
"Non tutto..." disse il mago "...ma mi ricordo che c'era un nome. Minegon! Ecco, Minegon. Evoco Minegon! Diceva così!"
Ok. Damon chiuse un secondo le palpebre, per desiderare di andare a nascondersi da qualche parte in mezzo all'oceano. Magari in una grotta sotterranea.
- Evoco Minegon.- sussurrò, facendo strozzare Duncan e Trix col fumo.
Harry, Edward e Ron invece sbarrarono gli occhi.
- Minegon?- sibilò Potter, con tono pericolosamente crescente - MINEGON? Come il Guanto di Minegon?-
- Credo di si, in questo modo il Mangiamorte che ha fatto la strage ha evocato un potere almeno cento volte inferiore a quello reale del Guanto...- mormorò Damon, sentendosi davvero svenire - Ma meglio essere sicuri...qualcuno di voi ha notato se nella via c'era un uomo o una donna con un braccio di metallo?-
I fantasmi lo guardarono come se gli fosse appena spuntato un secondo naso.
"A dire il vero io ho notato una sola persona strana, lì in mezzo." gli disse il vecchietto di prima, con voce tartagliata "Un ragazzo direi della tua età, figliolo. Ma pallido come il latte, come se fosse vissuto dentro una caverna!"
"Quello col mantello nero?" la strega sulla cinquantina si gasò tutta, gongolando "Si, quel dono di Merlino!"
- Fermi, fermi!- l'interruppe Howthorne - Di chi parlate?-
"L'ho visto anche io!" lo bloccò allora Nora, tirandolo per la manica "Bello, era davvero bellissimo!"
- Ok. Ragazzi, forse abbiamo qualcuno.-
- Aspetta, usiamo una penna Prendi Appunti, facciamo prima.- bofonchiò Duncan. Un blocco e la penna violetta che si rizzò sulla carta così Damon si limitò a ripetere passo passo ogni parola dei Non-Vivi.
"Capelli neri, erano folti almeno da quanto ho visto sotto il cappuccio..." elencò Nora, con la dovuta perizia "Ehm...si, il signore ha ragione. Pelle chiara, come se non fosse stato mai al sole. Labbra fini, ma perfette. Gli occhi...non sono sicura, erano scuri, ma direi blu. Un blu intenso."
- Capelli neri, pelle chiara, occhi blu.- rilesse Harry, sporgendosi sul blocco - Mezza popolazione maschile della Gran Bretagna. Che altro? Non so...al collo aveva qualcosa? Orecchini magari? Com'era vestito? Quanto era alto?-
"Dunque..." Nora studiò tutti, poi indicò Trix "Lei è uno e settanta mi sembra, come me. Il tizio che ho visto era sul metro e ottanta e poco più. Niente orecchini, non ho visto le sue mani...e al collo...no, assolutamente nulla. Me lo ricordo perché l'ho guardato bene..." e scosse il capo, facendosi venire gli occhi umidi "Volevo anche provarci e ora viene fuori che è stato lui a uccidermi!"
Oltre a lei si mise a piangere anche un bambino che stava per mano alla strega di mezza età, sua nonna forse.
Damon li guardò tutti desolato e fece per prendere la mano a Nora, ma dal camino riapparve Draco in una vampata di fiamme.
- Eccomi.- Malfoy si scosse della cenere dalla camicia e pose due fialette sulla scrivania di Duncan.
Stappò la prima e la passò sotto al naso del Legimors.
- No, non direi...- rispose Damon - Troppo dolciastra.-
- Dovevo capirlo.- sibilò Draco, furente, quando gli fece annusare la seconda.
- Eccola. Polvere bianca, ma iridescente. Con un leggero retrogusto salato, come...-
- Di salvia.- annuì il biondo Auror, finendo la frase di Howthorne - Adesso so perché non hai sognato tutti questi morti. E' colpa di questa...Salvia Splendens. La Divora Sogni.-
- La Divora Sogni?- allibì Efren - Che cazzo, è illegale da quasi cent'anni!-
- Hanno saputo a chi mandarlo quel pacco.- sentenziò Trix sarcastica - Qualcuno sapeva che sei un Veggente di Morte e ha pensato bene di mangiarti i sogni, così che tu non potessi fermare questo massacro. O la tua fama ti precede tesoro, o qualche irriverente nostra vecchia conoscenza che conosce il potere di Minegon e anche il tuo ha pensato bene di farci un salutino.-
Dopo aver spiegato tutto a Malfoy, visto il suo smarrimento, Draco si lasciò andare sul divanetto.
- Oh no.- sibilò, mettendosi un braccio sulla faccia.
- Oh si.- annuì Harry - Abbiamo Salvia Splendens illegale, Minegon, il Marchio Nero, Badomen, una donna misteriosa che fuma sigarette alla lavanda, il tizio di oggi che ha fatto questa strage e qualcuno che conosce bene il potere di Damon. Se mettiamo tutto insieme cosa viene fuori?-
- Un puttanaio Sfregiato.- gli ringhiò Draco.
- Centro.- Duncan, disgustato, si mise la fialetta di Salvia Splendends sotto al naso aquilino - Malfoy...domanda, come fai ad avercela?-
- Sono un alchimista.-
- E che cazzo vuol dire?-
- Vuol dire che la uso per gli esperimenti. Qua in Gran Bretagna solo sei privati hanno la licenza di poterla coltivare e...- si fermò, mettendosi seduto per poi ghignare -...e se noi scopriamo chi ha fatto il raccolto nell'ultima settimana, scopriamo anche a chi l'ha venduta.-
- Così avremo in mano un nome.- annuì Edward - Mi sembra fattibile. Hai la lista di quei sei?-
- Dunque...il primo è quel bastardo di Cameron che la tiene sotto chiave.- iniziò Malferret - Poi ne hanno una coltivazione minima a Everland, ma è davvero troppo esigua per far venire quell'irritazione agli occhi di Damon, senza contare che a Everland non farebbero entrare neanche Dibble in certi laboratori, ma controlleremo anche lì. Al terzo posto c'è la serra del vecchio Liam.-
- Hargrave?- allibì Duncan - Il vecchio Liam teneva quella roba?-
- Si, ma la serra è chiusa ora. E la Sigillazione l'ha fatta la mezzosangue...-
- Non si sa mai.- mugugnò Harry - Quarto posto?-
- La setta dei demoni Lasombra.- Draco ricordò per un attimo la notte che lui ed Hermione avevano passato dai demoni albini. Quando si erano riconciliati. Erano finiti nei guai proprio per la Salvia Splendens della mezzosangue!
- Quelli si che sono da controllare.- fece Ron.
- Già. Poi Lucilla. A Lancaster Manor. Nei giardini di sua madre Degona.-
- Non si può entrare a Lancaster Manor, dai.- Efren scosse il capo - Chi ci mette piede dentro perde quello e la testa!-
- Meglio controllare, da un punto dovremo pur partire no? E per ultimi restano i Leoninus.-
- Eh no!- sbottò la Diurna, spegnendo la sigaretta con forza - Ancora loro no! Mai che ci finiscano in mezzo i parenti di Asher, dannazione! Meglio fra i lupi che fra quelle sanguisughe!-
- Io intanto faccio avere i dati di questo tipo a un ritrattista.- borbottò Gillespie - Chissà che mister occhi blu non abbia presto una faccia.-
- Starò meglio quando avrà una bacchetta in mezzo agli occhi.- gli sibilò dietro Harry, rimettendosi in piedi - Bene signori, credo per oggi di aver fatto più che abbastanza. Vado a ritirare la mia multa.-
- E...la finisci qui?- lo richiamò Ron mezzo sconvolto - Te ne vai così?-
- No, prima passo a prendere Lucas, Faith ed Elettra.-
- La pianti Sfregiato?- gli urlò Draco - Ti stanno chiedendo sottilmente cos'hai intenzione di fare.-
- Andare a casa a mangiarmi la tua torta al cioccolato.-
- Fottiti!-
- Farò anche quello. Vi saluto!- e senza un "bah!" se ne andò davvero, sbattendo la porta in faccia a tutti.
Il bello però fu lo strano rimbombo che passò nel cervello di Malfoy.
Ah, l'aveva già sentita quell'onda dentro di sé. Otto anni prima.
Chissà che non fosse tornato il momento di riprendere in mano le redini di una vita vera e non a metà, per il bambino sopravvissuto.
- Ora vado a casa.- disse Damon, alzandosi esausto - Aiuto gli spiriti nel trapasso e ne riparliamo quando i cani con la rabbia non saranno in giro per alitarmi sul collo. Quando sognerò di nuovo?-
- Fra ventiquattro ore. La polvere ti è finita negli occhi purtroppo.-
- Bella roba. Trix vieni con me?-
La Diurna annuì, saltando giù dalla scrivania - Si, tanto Milo fa di nuovo la notte. Duncan, come farai con i giornalisti?-
- Ah, tanto Donovan ha indetto una conferenza stampa fra un'ora a mezza.- si schifò Gillespie, lasciando che i suoi uomini se ne andassero a riposare - Quel cretino avrà già spiattellato tutto a Dibble e ora starà cercando di salvarsi la faccia a scapito mio. Ma pazienza. Riunione domani mattina alle otto. E arrivate puntuali per una volta.-
- Tranquillo. Chi riesce a dormire.- sbuffò Ron.
- Ah, Howthorne.-
- Si?- si girò Damon.
- Voglio anche te, qua, domani.-
- Io?- riecheggiò il Legimors - Fa prima a mettermi alla gogna!-
- Ci finiremo tutti, almeno sarai in compagnia. A domani. E niente zombie!-
E per quel giorno pare che l'inferno riuscì a prendersi una pausa.
Il fatto era però che per lungo tempo nessuno si sarebbe più scordato di quelle fiamme, di quelle grida.
A Harry Potter restarono in testa a lungo, per tutto il giorno, anche durante la notte nei suoi incubi.
Tanto che appena uscito dal Ministero, invece di tornare alla Lucky House, decise di raggiungere Grimmauld Place n°12 con Elettra e i bambini.
- Io sono senza parole. Non so come possa essere accaduta una tragedia simile!- disse Molly Weasley, ciabattando nella cucina dell'Ordine e porgendo una tazza fumante di thè ad Elettra, carezzandole una spalla - E tu, povera cara! Chissà che paura avrai avuto!-
- Sto bene.- sorrise lei in risposta - Nella banca è stato un momento pesante, ma ora va tutto bene.-
- Santo cielo, meno male che c'era Harry!- sentenziò Mamma Weasley, porgendo il vassoio con altre tazze per Ginny e Terry - Anche se quando entrato avrei fatto di tutto perché ne restasse fuori! Ero così in pena per lui, povero caro!-
- Mamma non dargli il tormento.- Ginny soffiò sulla sua tazza bollente - L'importante è che stiamo tutti bene.-
- Mica tanto.- sentenziò il buon vecchio Mundungus, seduto accanto alla finestra della cucina con l'edizione Speciale della Gazzetta fra le grinfie - Quarantasette morti. Alla grande. E il Marchio Nero in cielo.-
- Mundungus ti sarei grata se non ne parlassi davanti ai bambini!- berciò Molly.
- Papà è stato grande! FANTASTICO!-
Harry, appostato alla finestra accanto a Dung, scosse la testa sentendo il risolino di Elettra e la voce eccitata di suo figlio dal salone, dove si era fermato a parlare con Sirius.
-...dovevi vederlo! Abbiamo affumicato quel portatore di vaiolo in due secondi!-
- Ma dove le sente queste parole?- chiese J.J. che mezzo distrutto aveva deciso che per un po' di gite in famiglia non ne avrebbe più fatte.
- Da Edward temo.- ghignò Terry, che era stato suo grande amico a Corvonero - Edward chiama Badomen "Faccia Butterata" o "Grugno di Vaiolo".-
- Che idiota.- sibilò Harry. E che fesso anche Sirius, che dava corda a suo figlio!
- Si può sapere cos'è successo davvero?- chiese Deirdre la Perfida, entrando in cucina con in mano un grosso vaso di fiori. Come se quello fosse stato un club per signorine e non l'Ordine della Fenice!
Potter naturalmente non si prese la briga di risponderle, ma si sarebbe mangiato Lucas quando planò in cucina con un sorrisone a trentadue denti.
- Sapessi!- celiò, attaccando con la sua menata - Grugno di Vaiolo era nella banca! Ha cercato di fare secchi me, la mamma e lo zio...e poi è arrivato papà e l'ha fritto come un pesce! Bhè, io l'ho affumicato un po' ma il resto l'ha fatto tutto papà! E' stato davvero grande!-
L'occhiata maliziosa di Elettra fece stare ancora peggio Harry, che ignorò il suo primogenito quando gli si attaccò ai pantaloni, senza smetterla un attimo di parlare a macchinetta.
- ...e Faccia Butterata ha anche cercato di ucciderlooo! Ucciderlo!- disse per la decima volta - Con quella magia super cattiva e dovevi vedere che faccia che ha fatto quando a papà non è successo niente!-
- Insomma!- sbottò Molly - Questo bambino non ha paura neanche del diavolo! Non avrebbe dovuto neanche vederle certe cose! E tu Sirius, potevi almeno farlo smettere no?-
Mamma Weasley puntò il suo cucchiaio di legno contro lo stipite, dove Sirius Black si stava limitando a ghignare come suo solito. Anche la sua Perfida Deirdre gli scoccò uno sguardo di ammonizione, ma lui se ne fregò.
- Viva il papà allora.- tubò Black.
- Si e viva il fatto che siano tutti interi.- disse Remus, comparendogli a fianco con Faith in braccio e Glory a terra, che si trascinava dietro un grosso libro preso chissà dove nella biblioteca degli Auror.
- Voi siete matti ragazzi miei.- sospirò Molly con aria depressa - Questi bambini verranno su male!-
- Ma che male e male.- fece Ginny, agitando la mano - Almeno adesso non dobbiamo sedare strilli e pianti, no?-
- Magari sarebbero più normali di questa eccitazione!- borbottò sua madre - C'è poco da stare allegri, ora che i Mangiamorte sono tornati.-
- Non lo sappiamo ancora Molly.- le disse Remus, per placarla - Solo perché ce ne sono tre, compreso Badomen che ora sarà al tribunale dell'Alta Corte dei Maghi, non significa che siano tornati.-
- Il Marchio Nero è sempre il Marchio Nero.- replicò lei saccente - E non parlatene davanti ai bambini!-
- Non possiamo farlo secco Faccia di Vaiolo e basta?- propose Lucas con aria candida.
- LUCAS!- gracchiò Mamma Weasley.
- Ok, qualcuno ha del tranquillante per bambini?- chiese Harry, sovrastando le grida isteriche della strega.
- Che ne dite di andare a dormire, eh ragazzi?- propose Elettra dolcemente.
- Cosa?- rognò Lucas a bocca aperta - Io voglio stare qua col papà, mamma!-
- Piccolo ruffiano!- si lagnò suo padre, preso da un istinto omicida - Mi dai il tormento da quando hai compiuto sei anni e adesso ti aggrappi alla mia cintura? Col cavolo!-
- Ecco, torni a essere palloso! Allora, quando ti riprendi i poteri?-
Harry sbattè gli occhioni verdi, nel silenzio generale.
- Come prego?- sibilò.
Lucas e Faith e, bisogna dirlo, anche Glory lo fissavano tutti attentamente.
La logica stringente e quasi sempre esatta dei bambini dava un'unica soluzione a quel punto.
Visto che erano tornati i Mangiamorte, doveva tornare anche il bambino sopravvissuto. E anche leggendo fra le righe della Gazzetta del Profeta forse era quello che si aspettavano un po' tutti i maghi.
Probabilmente il giorno dopo avrebbe ricevuto un invito a pranzo dal Ministro Dibble.
Orrore.
- Allora? Te li riprendi i poteri o no?- lo incalzò Lucas - Datti una mossa, così domani mattina ci possiamo fare un giro sulle scope.-
- Torni al lavoro papà?- gli chiese anche Faith deliziata.
- E adesso ce lo dici chi è Tom?- finì Glory.
No, ora l'unica cosa da fare era metterli tutti in un sacco e andare a sotterrarli.
E al diavolo Malfoy, che sarebbe rimasto senza erede.
Probabilmente se puntandogli la bacchetta alla schiena Molly Weasley non gli avesse usato un Silencio, con quella bocca spalancata da squalo Harry avrebbe sommerso i tre piccoli maghetti con una serie d'improperi che neanche Draco avrebbe avuto il coraggio di usare. Finito di boccheggiare come un pesce, riuscì almeno a grugnire e a filarsela in salone, davanti al caminetto acceso.
La temperatura durante la giornata si era abbassata ancora drasticamente tanto da convincere Kingsley ad accendere un bel fuoco. Lo guardò con aria buona e comprensiva ma anche Shacklebolt sembrava attendere una sua decisione.
Poco saggiamente ridiedero vita alle sue malefiche corde vocali, giusto in tempo per vedere Hermione e Draco entrare nella palazzina, infreddoliti e inferociti, tanto per cambiare.
Lui che sbraitava per sapere dov'era stata e con chi, lei che lo mandava a quel paese. Tanto per cambiare.
- Harry!- esclamò la Grifoncina vedendolo - Come stai?-
- Lo Sfregiato sta benissimo!- ringhiò suo marito - Come vuoi che stia?-
Ignorandolo, la strega raggiunse Potter al caminetto e poco più tardi arrivò il resto della squadra, più Jess e Clay.
Tristan era rimasto a fare la notte con Milo e Sphin, ma le preoccupazioni della famiglia Mckay si erano consolidate quando Degona aveva capito che qualcosa turbava sua madre.
E per turbare Lucilla, doveva trattarsi di qualcosa di molto grave.
Subito lo sguardo di Harry si posò su Hermione. Sapeva che era stata con la Lancaster per tutto il pomeriggio.
Su quell'argomento la Grifoncina non disse nulla, ma palesò esattamente le sue intenzioni un attimo più tardi.
- Domani andrò al Ministero.- sussurrò, con un bicchiere di brandy fra le dita.
- A fare cosa?- le chiese Ron, accendendosi subito.
Lei rise - Lo sai a fare cosa.- e finì il liquore d'un fiato - Credo che sia arrivato il momento di tornare al lavoro.-
- Era ora.- sorrise Edward, passando la bottiglia a Efren e Jess - Cosa ti ha spinto?-
- Il Marchio Nero.- rispose, senza la minima insicurezza nella voce - E mi sono presa la libertà di fare una cosa per te.- aggiunse, portando l'attenzione sul bambino sopravvissuto - L'ho fatto d'istinto. Sta a te scegliere cosa fare, sai che io non ti ho messo mai fretta.-
Senza aspettare oltre si levò la tracolla e ne estrasse qualcosa di lungo avvolto in un drappo di velluto sbiadito.
- Olivander ti manda i suoi saluti.- e posò il drappo sul tavolino, di fronte a Harry.
Facendolo, vi mise anche un pezzo di pergamena piegato in quattro.
Gli occhi verdi di Harry riconobbero subito il suo "regalo".
La sua bacchetta. Sparita dall'Ufficio Misteri otto anni prima, subito dopo il Tower Bridge.
E nella pergamena doveva esserci quella formula...che ora temeva di dover pronunciare.
La sua bacchetta e i suoi poteri, serviti su un piatto d'argento.
Il suo mondo. Il suo mondo vero di nuovo ad attenderlo.

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11° ***


TMR11


 

 

 

Nessuno è libero se non è padrone di se stesso.
Jean Paul Sartre.

 

 

 




A un giorno dalla Strage di Diagon Alley, il mondo dei maghi era caduto in una sorta di girone infernale in cui i demoni torturatori erano le notizie catastrofiche dei quotidiani che urlavano all'apocalisse e in cui il diavolo era...Harry Potter, il bambino sopravvissuto, che egoisticamente pensava a vivere la sua vita invece che sacrificarla come al solito per i maghi. Eh si, quel ragazzo era veramente un egoista vanesio troppo presto da se stesso...
Infatti quella sera dell'11 giugno, a distanza di ventiquattro ore dalla strage, se ne stava seduto nel grande salone della Lucky House e con una birra in mano stava a sentire, tra l'altro con un orecchio solo, i discorsi degli Auror.
Fra gl'imbucati, visto che né lui, sua moglie o Draco si erano sognati d'invitare qualcuno a casa loro, c'era l'intera squadra di Jess, quella di Kingsley, mezzo Ordine della Fenice, Duncan che era stato momentaneamente costretto a fuggire di casa perché sua moglie Rosalinde doveva decidere da sola se spaccare tutta la loro abitazione in Gosvenor Square o semplicemente uccidere il marito e infine William, Asher e Degona.
Mancavano all'appello Lucilla, che sarebbe arrivata solo più tardi, Damon che invece non sarebbe proprio venuto a causa dei suoi problemi di coscienza del tutto ingiustificati, Jeager che al richiamo di Hermione (la vera organizzatrice di quella raccolta da setta segreta) aveva risposto picche e Cloe, costretta a una cena coi futuri suoceri.
- Stento a credere che sta per ricominciare la solita giostra.- sbottò Malfoy, buttandosi all'improvviso seduto accanto a Harry, con un martini fra le grinfie - Che dici se espatriamo Sfregiato?-
- Dove possiamo andare?- lo seguì Potter, con tono pigro.
- Giamaica.-
- Te le fai già qua le canne insieme a Blaise. Andiamo in Nuova Zelanda.-
- Si gela.- il biondo addentò la ciliegia in ghiaccio - Il Kansas?-
- Ti piacciono le pannocchie Malferret?-
- A te piacciono i Mangiamorte? Là di certo non ce ne saranno.-
- Mica hai tutti i torti.- sospirò il moro, lasciandosi andare contro lo schienale del divano. Facendolo, intercettò rapidamente un'occhiata alla sua persona, dalla porta di comunicamento all'ala est, ovvero l'ala dei Potter.
Ed eccolo lì. Un metro e poco più di mago di dieci anni che da un giorno lo spiava costantemente.
Poco dietro pescò anche sua figlia, a fissarlo come un cane da caccia.
- Fossi in te mi riprenderei i poteri prima che i marmocchi ti facciano finire al manicomio Potty.- commentò Malfoy, finendo il martini in un soffio, posandolo sul tavolino davanti a loro, accanto al drappo di velluto che conteneva la sua bacchetta.
Harry abbassò il capo su di essa.
La sua bacchetta. E le parole per riavere la sua vecchia vita.
- Voglio essere libero di scegliere da solo, questa volta.- mormorò a bassa voce.
- Certa gente non sarà mai libera di fare nulla, Sfregiato. Gente come noi meno che mai.-
- Bhè, tu fra finire ad Azkaban e crepare hai scelto di fare l'Auror.- gli ricordò Harry, ironico.
- Si.- replicò Draco, con tono sarcastico - E avevo anche scelto di viverti lontano, possibilmente mettendo un oceano fra noi due, ma i miei piani sono andati letteralmente a puttane.-
- Alla nostra salute.- Potter alzò la birra, facendola tintinnare contro il bicchiere da cocktail vuoto di Malfoy - Che sia la volta buona che sterminiamo tutti i Mangiamorte dalla faccia della terra.-
- O che sia la volta buona che ci restiamo secchi entrambi. Così ce ne liberiamo ugualmente. Alla salute.- e dopo quel macabro cincin, i due tornarono a farsi i fatti loro.
Hermione Jane Hargrave infatti, che comunque negasse era a buon diritto una guerrafondaia, era entrata in servizio da esattamente dodici ore e già aveva pronto un piano.
Gloria alle mezzosangue al loro acume, aveva appena sconvolto tutti i presenti rivelando che la donna che Craig Badomen si portava appresso era stata anche davanti a Cameron Manor.
Raccontò della lettura della sigaretta da parte di Caesar, dalla cicca alla lavanda ma tralasciò allegramente il fatto che, ma tu guarda, Tom era sparito ormai da qualche giorno.
A sentire della faccenda della donna di Badomen di fronte ai cancelli di Cameron, Ron e gli altri ebbero per un attimo il pensiero che la tizia fosse una Mangiamorte.
Ma perché l'utilizzo di un'evocazione del Potere di Minegon, di cui si erano sempre avvalsi solo gli Illuminati?
- Prima di farci queste domande puntigliose dovremmo chiederci perché non abbiamo trovato ciò che Badomen ha fottuto alla Gringott.- li bloccò Edward, semisdraiato su un altro dei divani, reduce da un turno da incubo - Perché quando abbiamo controllato, appena l'abbiamo messo ai ferri, non aveva più niente addosso?-
- Oddio, non dirlo neanche.- si schifò subito Beatrix, seduta davanti al camino fra Milo e Jess, a tracannare sangue - So già a che pensi. Che Badomen ha imboscato quella cosa, qualsiasi cosa fosse, alla Gringott. O che, peggio ancora, ha una talpa fra gli Auror.-
- Conosci un altro modo per far sparire un oggetto?- replicò Dalton, scatenando un putiferio.
- Forse Edward ha ragione.- disse Remus, in piedi accanto al pianoforte - Non ci risulta che Badomen sia uno Smolecolarizzatore. O un Portalista. Non avrebbe potuto Smolecolarizzare l'oggetto altrove.-
- Non ci sono altri registri, alla Gringott?- chiese Elettra.
- Spariti.- soffiò Sirius a quel punto, attirando l'attenzione della truppa - E guarda che cosa strana, tesoro. I registri della Gringott sono sotto Sigillo in una camera blindata. E indovinate a che nome?-
- Dibble?- abbozzò Ron.
- No, Donovan.-
- Quello va abbattuto come un vecchio zoppo.-
Si volsero tutti, quando arrivò Lucilla e si tolse il mantello dalle spalle velocemente.
- Forse non avete sentito le ultime.- li apostrofò, abbracciando velocemente Sirius ed Elettra, i primi alla porta - Oltre alla conferenza stampa di stamattina, oggi pomeriggio alla sede sotterranea del Wizengamot c'è stata una riunione. Donovan ha convinto il consiglio, contro pochi voti contrari fra cui quello del Ministro Dibble, a riaprire la caccia alle streghe.-
- Cosa?- sbottò Duncan, levandosi il sigaro di bocca - Ma non può senza il mio voto! Non sono stato neanche avvisato di questa riunione!-
- Forse credeva fossi occupato.- ironizzò Tristan, sarcastico, prendendosi accanto sua moglie.
- Gente non so voi ma Donovan sta cominciando a rompermi.- disse Ron, versandosi altro scotch, il terzo da quando era arrivato - La conferenza stampa di stamattina è stata una sequela di forate sull'amor di patria e il fatto che noi stiamo facendo tutto il possibile per assicurare i delinquenti al boia. Forse reintegreranno la pena di morte.- aggiunse, facendo una smorfia di gelido divertimento - Ma stavolta dovranno passare su Dibble.-
- Donovan ci sta gettando fumo negli occhi.-
Nel silenzio che era calato all'improvviso, Harry alzò il viso dal caminetto acceso, con aria pensosa.
- Chi è andato vicino a Badomen alla cattura?- chiese - Quelli di Austin Grey, esatto? Ma Poole e Donovan non gli sono andati abbastanza vicini da sputargli in faccia?-
Efren fece mente locale. Anche lui era stato molto vicino, visto che insieme agli altri Medimaghi era andato a recuperare i cadaveri nella banca.
- Ora che mi ci fai pensare...Badomen si agitava come un pazzo quando quei due gli sono andati vicini. Dimenandosi gli è finito addosso un paio di volte...-
Subito Hermione, che era a conoscenza di tutto e di come Donovan era rimasto deluso nel trovare il falso Tom ancora a Cameron Manor giorni prima, scoccò uno sguardo t'intesa a Lucilla.
- State davvero dicendo che il Primo Segretario potrebbe essere implicato?- allibì Elettra.
- Non abbiamo ancora prove certe.- mentì Hermione, imprecando fra sé - Ma se scopriamo cos'ha preso Badomen dalla Gringott e troviamo quei registri, allora forse avremo anche un'idea di cosa combina Donovan.-
- Quindi si va a caccia dei registri.- ghignò Ron - Ho già capito che la rogna toccherà a me.-
- Come la mettiamo con l'assassino di Diagon Alley?- s'intromise Asher - Abbiamo un'idea?-
- A parte le parole dei morti...che il Wizengamot non accetta come prova...- disse Gillespie, avvolto in una nube di fumo - Non abbiamo altro che una descrizione sommaria. Un tizio giovane, sui venticinque o ventisei anni. Capelli neri, carnagione chiara e occhi blu.-
Lucilla ancora una volta serrò i lineamenti.
Strano. Molto strano. Anzi, addirittura da incubo. Quella era la descrizione di Tom.
Possibile che l'avessero davvero catturato Badomen e la sua donna? E che l'avessero messo sotto Imperius?
Quell'atroce domanda non ebbe risposta, visto che Harry avvertì una piccola fitta alla testa.
- Oh, cos'hai?- gli chiesero tutti.
- Niente.- bofonchiò Potter, massaggiandosi le tempie. Diavolo, da qualche giorno, anche prima della strage, aveva la sensazione fastidiosa che si prova quando si ha la febbre. Ma lui non stava male. La sua temperatura era normalissima.
E poi continuava a sentire uno strano richiamo. La notte sentiva qualcosa di freddo al collo...e un forte dolore alla schiena. Se Voldemort non fosse morto da tempo avrebbe pensato ai loro collegamenti ma...se non era Voldemort poteva essere solo...Tom?

Tre ore più, allo scoccare delle undici, Beatrix Vaughn lasciò gli Auror per andare a controllare la situazione a casa di Damon. Appena varcò l'appartamento l'accolse un innaturale silenzio frammentato solo dal rumore proveniente dalla tv accesa, in salone.
Mosse qualche passo ed entrata in cucina trovò Cloe ai fornelli, a scaldare del latte.
Il piccolo Aidan le stava incollato alle costole.
- Ehilà.- li apostrofò, facendoli sobbalzare.
- Diavolo.- sibilò la King, fissandola di traverso - Vuoi farmi venire un infarto?-
- Codina di paglia.- ironizzò la Diurna, levandosi la giacca.
- No, i morti che scorrazzano per l'appartamento, altro che coda di paglia!- sentenziò la bionda, agitando la mano così che il latte, dal pentolino si versasse in una tazza dalla forma affusolata di ceramica verde mela - Ecco, tieni Aidan.-
- Grazie Cloe.- disse il bimbo - Ciao B.-
- Ciao Aidan.- disse la mora, raggiungendoli e sedendosi a tavola - Dov'è Damon?-
- In salone. Guarda qualcosa di molto interessante sul soffitto.- sospirò la bionda, versandosi a sua volta del caffè bollente, dove non mise né zucchero né latte, a differenza di come l'aveva sempre preso negli anni passati - E' da ieri che non mangia e quasi non parla.-
- Come mai sei venuta?- le chiese la Diurna.
- Ho dato il cambio a Dena. E' stata con lui tutto il giorno, si capiscono meglio, sai...- poi si zittì quando il suo cellulare si mise a squillare per la ventesima volta nella serata. Spiò il numero, sbuffando.
- Nervosetto l'amico.- berciò Aidan fra i denti, saltando giù dalla sedia e sparendo dalla cucina.
Era Trust. E il bello era che, da bravo purosangue, aveva sempre odiato gli strumenti della moderna tecnologia babbana ma visto che Cloe aveva il cellulare, Oliver aveva pensato bene di imparare per poterla rintracciare ovunque e in qualunque momento. Col risultato ovvio. La chiamava sempre.
La King spense il cellulare senza farci neanche troppo caso, tornando a sorseggiare il suo caffè.
- Allora? Cosa dicono gli Auror?-
- Che Donovan è probabilmente implicato.-
- Parli del Primo Segretario? Però. Badomen è ad Azkaban da neanche dieci ore e già cadono accuse sui partecipanti.-
- E' morta tanta gente.- sospirò la Vaughn, portandosi un ginocchio al petto - Qua piuttosto...come la risolviamo la faccenda? E' inutile che si faccia venire una crisi per questo. Non è stata colpa sua, ma di quel pacco di Salvia Splendens.-
- Hanno indagato?-
- Hanno depennato la Salvia degli Hargrave, quella a casa dei Lancaster, da Caesar e quella di Everland. Blaise ha fatto delle rapide ricerche. Zero. Restano i Lasombra e i Leoninus. Hermione però non si fida. Sa che Badomen ha viaggiato dalla Spagna alla Francia e nei Pirenei, nei passaggi delle gallerie magiche, ci sono molti mercanti che vendono dalle aspirine al sangue del Redentore.-
- Quindi siamo da capo.-
- Per ora si. Ma Damon deve riprendersi...il suo aiuto è fondamentale per noi.-
- Finitela di spettegolare voi tre.-
Le ragazze si voltarono. Damon era appena apparso sulla soglia dell'immacolata cucina di marmo tutto scarmigliato, la camicia strazzonata e delle profonde occhiaie sotto gli occhi.
Per non parlare poi della compagnia. Tre bellezze in fila.
Una viva, una mezza morta e una morta del tutto.
- Ciao Nora.- bofonchiò il Legimors, sentendosi il fiele in bocca.
- Nora?- la Diurna allargò la bocca, mentre Cloe scuoteva i crini biondi - Quella è ancora qui?-
- Si, perché?- biascicò il padrone di casa, attaccandosi al caffè.
- Non dovrebbe trapassare?-
- Si, ma non vuole.-
Nora Moore gli sorrise riconoscente, anche se da quando era arrivata lì a casa sua non aveva fatto altro che disperarsi. La sua vita, la sua brillante futura vita era sfumata nel nulla. Presto Meg si sarebbe ripresa, al San Mungo.
Mentre i suoi genitori e i suoi parenti le avrebbero fatto il funerale...e lei avrebbe assistito.
Tirò su col naso, anche se non riusciva a piangere più. Forse un fantasma non poteva farlo...
Alzò lo sguardo su Damon, ancora una volta.
Lui non stava meglio, si ritrovò a pensare. Deriso per i suoi incredibili poteri, accecato per vendetta, non era riuscito a salvare nessuno...solo nove persone. Nove, su cinquantotto.
Più lo guardava e più stava in pena per lui.
"Dovresti mangiare..." abbozzò a bassa voce, come per non infastidirlo.
- Non ho fame.-
- Parli col cadavere presumo.- sbuffò Beatrix, poggiandosi sul gomito - La signorina starà qua a vita?-
- Vuole aiutare.- si limitò a dire Howthorne, sedendosi davanti a loro con la tazza in mano - Ha visto bene il suo assassino. Le è andata addosso...mentre voi dovreste tornarvene a casa vostra.-
- E lasciarti da solo con gente spiritata che rompe perché ha delle faccende in sospeso?- replicò la King - Scordatelo. E poi sono arrivate le mie cugine con gli zii, non ci penso neanche a farmi vedere a casa.-
- Com'è andata la cena coi Trust?-
- Come vuoi che sia andata. Al solito.- rispose, tranquilla.
Sembrava stesse parlando della lista della spesa. Altro che futura famiglia del futuro sposo.
- Oliver ha detto che se hai bisogno di parlare puoi chiamarlo quando vuoi. Ha già proposto di comprarti un altro cavallo o roba simile...- finì, fissando gli occhi nocciola in quelli del Legimors - Anche se dubito che chiunque in questo momento possa farti entrare in testa che non è stata colpa tua.-
Già. Damon rimase in silenzio sentendole parlare. E più Claire e Beatrix discutevano dei Mangiamorte, più lui si estraniava. Riuscì a guardarle con occhio distante. Con occhi di diciassettenne. Erano diventate due donne magnifiche.
Loro tre, insieme. Come sempre. Eppure... gli si spaccava il cuore ogni qual volta guardava una sedia vuota, un posto libero dove avrebbe potuto esserci lui...
Istintivamente alzò lo sguardo al calendario. Il 27 si avvicinava.
Cominciò a chiedersi come sarebbe successo. Cioè...quali eventi li avrebbero condotti quella mattina al Ministero, tutti e quattro. Al giorno in cui si sarebbero riuniti.
Al giorno in cui quel posto accanto a loro non sarebbe più stato vuoto.
A svegliarlo da quei pensieri stavolta fu il telefono di casa. Fece per alzarsi ma Nora lo fermò, dicendogli che doveva fare esercizio. A fatica infatti riusciva a controllare una certa telecinesi solo quando era arrabbiata, come aveva fatto da Duncan il giorno prima, buttando fuori dall'ufficio Donovan e Poole.
Stavolta c'impiegò parecchio ma alla fine il cordless viaggiò lento, in aria, fino al tavolo.
Posandolo delicatamente, la Moore sorrise sollevate ed esausta, scostandosi i capelli color mogano dal viso.
- Grazie.- le disse Damon, pigiando il pulsante - Pronto?-
Nora levò le sopracciglia, vedendo la sua espressione allentarsi e sciogliersi in un sorriso dolce.
Fece per chiedere a quelle due che aveva capito essere le migliori amiche del suo nuovo coinquilino, ma poi lasciò perdere. Così restò a sentire.
- Dev'essere lei...- disse Trix - Meno male. Da quando se n'è andata in viaggio Damon è diventato una mummia.-
- L'amore rende tutti idioti.- commentò Cloe, col tono appena smussato da una punta acida, attaccandosi di nuovo al caffè - Ma se le ha chiesto di sposarlo almeno metterà la testa a posto.-
- Trangugia meno veleno, fidati.- l'ammonì la Diurna, spiando Howthorne - Ma che dice? Che ritrovo?-
Le tre aguzzarono le orecchie, curiose.
Damon stava parlando con la sua ragazza proprio di una certa festa. Un ritrovo.
-...si, ahah...ecco, quello che intendevo.- stava dicendo, annuendo vigorosamente - Si, in campagna, il più lontano possibile dai centri abitati. Meglio che se ne occupi Corvonero per la discrezione, sapete fare meglio degli altri...ahah...ok, se ci parli tu va bene...non so. Te l'ho detto, fai come preferisci, Travers e Prentice andranno benissimo. Gli altri di Grifondoro e Tassorosso li avvisa Stanford, ci ho già parlato io la settimana scorsa. Perfetto, salutami le Grazie. Ok...ciao amore, ciao...-
- Wow amore...- attaccò subito la Vaughn - Di che riunione parli?-
- Del nostro anno.- si limitò a dire Howthorne, sbadigliando - Per il trenta giugno e tutto il week end.-
Cloe all'istante serrò le mani sulla tazza, rischiando di spezzarsi le unghie sulla ceramica.
Quella data. Trenta giugno e primo luglio.
Erano otto anni esatti ormai che se n'era andato.
- Non credo mi vada.- sibilò, alzandosi in piedi.
- Devi esserci.- replicò Damon senza starla a sentire - E' importante per me.-
- E' importante anche per me.- ringhiò la bionda fra i denti, afferrando la borsa e la giacca - Sai bene che non voglio! Lo sai così bene che ogni volta che vengo qui fai sparire ogni sua foto, quindi ora non osare cadere dalle nuvole se ti dico che non voglio esserci.-
- Forse è il caso che la pianti di chiuderti in casa ogni primo luglio.- le disse Beatrix a bassa voce.
- Tu l'hai fatto fino all'anno scorso.- le rinfacciò la King - Non ci provare neanche a farmi la predica.-
- Duchessa, aspetta un attimo...-
- No!- sbottò lei dalla porta - Davvero Damon, mi dispiace. Credevo di farcela ma non ci riesco! Non voglio pensare a lui, non voglio pensare a niente che anche solo lontanamente me lo ricordi, chiaro? Io sono stanca di pensarci sempre...- aggiunse, premendo il palmo sulla maniglia dell'ingresso - Per favore, lasciatemi in pace.-
- D'accordo.- annuì Howthorne, sospirando - Mi dispiace, non volevo esagerare.-
- No, tu non centri.- replicò con tono accorato - Sono io. Ed è lui. E' colpa sua.-
- Chiamarlo col suo nome non è un delitto.- le ricordò Beatrix, amareggiata.
- Si ma qui non c'è più. E non tornerà. Quindi tanto vale considerarlo un fantasma.- la King chinò il capo, infilandosi un cappello di lana cotta rosa antico sui capelli, calandoselo sugli occhi apposta - Mi spiace di non esserti di molto aiuto Damon. Torno domani...quando mi sarà passata.-
- Non ti preoccupare per me.-
- No.- disse ancora, carezzandogli la spalla - Ora hai bisogno di una mano. Torno presto.-
- Va bene, come vuoi.- e si chinò a baciarla sulla guancia.
- Ciao.- gli sussurrò desolata - Ciao superoca.-
E prima che la Diurna potesse aprire la bocca, la King era già sparita.
Anche oltre la porta chiusa sentirono i suoi tacchi per le scale, il suono della sua corsa.
- All'inferno.- sibilò Damon, tirando un pugno al muro.
All'inferno Tom e la sua Sigillazione.


Il giorno dopo, il 12, fu l'inizio di una sequela di eventi magici che già una volta, tanti anni prima, avevano dato il tormento al mondo magico e babbano.
Innanzi tutto, quella mattina di giugno, Londra venne sommersa da una pioggia battente quasi invernale.
La temperatura si abbassò tanto nelle zone più elevate dal livello del mare della Gran Bretagna si toccò i 3°.
La meteorologia babbana non sapeva spiegarselo, tantomeno seppe spiegare l'arrivo di una tromba d'aria nel Surrey e nel Suffolk che a mezzogiorno quasi spazzò via due intere cittadine.
E infine, nel Golden Fields accadde ciò che sarebbe dovuto accadere già da molto tempo.
L'ira di un demone contro il fato prese il sopravvento sui suoi poteri...
Caesar Noah Cameron poteva essere accusato di tanti difetti, lui stesso ne era consapevole senza però preoccuparsene, ma la sua sopportazione era ormai giunta al limite.
Ottant'anni. Si, erano ormai ottant'anni esatti che Imperia si era uccisa.
Stava seduto nell'ala ovest, in un ampio salone dalle portefinestre aperte che davano sul giardino e il cimitero.
Le tende bianche si sollevavano al soffio del vento impazzito, che da tutta la notte stava spazzando le terre del Gran Bretagna. Ma lì nel Golden Fields c'era un solo signore. E quello era lui.
Lui era padrone di tutto. Ma non lo era stato per la vita d'Imperia.
Là, su quella sedia e a quel tavolo.
Poggiato su un gomito, l'altra mano le cui dita tamburellavano istericamente sulla superficie del cedro veneziano.
Il vento si alzava, si alzava...
E gli occhi di Caesar erano letteralmente sbarrati, ma non di paura, non di rabbia, di dolore.
No, erano semplicemente sbarrati e guardavano un punto a caso nel piccolo ma sontuoso salone estivo.
Fissavano il pavimento. Senza interesse, senza vita...ma con quell'espressione al limite che non cambiò neanche quando il demone smise di tamburellare le dita.
Quando lo fece, la fede nuziale catturò un leggero bagliore, di un ultimo raggio di sole che stava venendo inghiottito da nere nubi di tempesta.
La sua fede.
Imperia che era morta, che si era suicidata.
Perché il suo cuore aveva palpitato solo per amore suo...
Era stato lui a ucciderla. Perché il suo cuore lo amava tanto da non smettere mai di battere.
Così Imperia aveva colto al volo l'occasione, troppo estranea a quel mondo.
E si era suicidata, senza farsi troppi scrupoli. Senza pensare a lui...che ora a distanza di quasi un secolo stava in quella stessa casa che li aveva visti felici, a fissare il vuoto, a pensare al reale motivo per cui ora a lui battesse continuamente il cuore. Come a un umano. Come un semplice umano.
Maledetta Imperia.
Maledetta che l'aveva lasciato, che gli aveva regalato la libertà e l'amore, facendogli conoscere il paradiso per poi ricacciarlo in un inferno di voci di un etere che a lui non poteva essere più estraneo.
E ora il suo cuore...che per Imperia non aveva battuto mai tanto forte e tanto spesso, ora quel suo cuore traditore batteva sempre.
E non per Imperia...
Non per Imperia.
Un istante più tardi, il Golden Fields e Cameron Manor conobbero il vero volto di un inferno di fuoco.
L'intera ala ovest del castello saltò miserabilmente in pezzi, prima colpiti da un fragore lontano, poi da una tempesta di fuoco e fiamme che rase al suolo l'intera ala, il giardino e come una scia di lava assassina percorse mezza collina, distrusse piante e alberi, lasciò terra bruciata...
Fuoco, fuoco ovunque, su metà del palazzo, accanto alla dimora di Demetrius, sulle foreste.
I petali neri delle margherite ancora schiuse erano sparsi ovunque insieme ai detriti, alla polvere, alle grandi vetrate colorate del terzo piano che si erano rotte in frantumi col rombo della furia di Caesar.
Ci volle quasi un'ora prima che la nube di collera e fuoco si diradasse.
Demetrius fu il primo ad apparire di fronte ai cancelli, sconvolto, senza capire.
Da lontano, Gala Leoninus stava nascosta dietro alle tende del loro castello. La vampira riconobbe l'ira di un uomo, non di un demone. E vide lo sguardo attanagliato di preoccupazione di Demetrius, che quando cercò di entrare non ci riuscì.
Imprecando, iniziò a far scemare le fiamme col suo potere, dopo aver deposto una cupola su tutta la valle, per tenere lontano umani, esseri magici e babbani.
- Che diavolo è successo?-
Poco più tardi, apparve Lucilla. Demetrius si volse di scatto, alzando poi le braccia come per scusarsi.
- Ti giuro che non lo so.-
- Ma è stato lui.- replicò la Lancaster, avvolta in un lungo abito di organza color magenta senza spalle nonostante la temperatura gelida. Sollevò gli occhi bianchi sulla dimora di Caesar, sentendola ancora tremare.
Si, grandi e spesse mura che avevano incassato ogni colpo del tempo ora vibravano e si sgretolavano a causa del loro stesso padrone. Vedendo da dove proveniva l'esplosione però, né Lucilla né Demetrius si stupirono.
Avevano spazzato via il cimitero.
Per sempre.
- In fondo erano solo ceneri ormai.- sussurrò il demone.
- Si.- ammise la Lancaster - Solo ceneri e polvere.-
Non restò nulla dell'ala ovest. Completamente distrutta, spazzata via come da un uragano.
Ma anche in altre parti del palazzo si erano registrati grossi danni.
Quando Vlad riprese i sensi dopo l'esplosione, si ritrovò schiacciato sotto una grossa libreria nelle stanze di Tom.
Con uno scatto dei muscoli delle braccia fece schizzare via il legno, spaccandolo e riempiendo la camera già abbastanza disastrata di detriti. Si mise a sedere, tenendosi la testa dove un profondo taglio gli stava macchiando il collo e la parte destra del volto di sangue nero. Ma il problema era la spalla destra. Era lussata.
Senza un lamento se la rimise a posto con uno schiocco secco dopo di che si alzò nell'attimo in cui apparve Winyfred, per cercarlo. L'Harkansky l'aiutò a curarsi, poi Brand li raggiunse nel salone dell'ingresso.
Il grande lampadario vittoriano erano franato sul marmo, spargendo i suoi cristalli ovunque.
Per ultimo arrivò Val, con una leggera ustione su entrambe mani ma nulla di più.
- Interi?- chiese Hingstom.
- Si.- annuì Brand, serio - Denise?-
- E' uscita.- mormorò Vlad, con un fischio ridondante nella testa. Ma tacquero quasi subito.
Ammutoliti tutti e quattro, rimasero ghiacciati quando sentirono i passi di Caesar riecheggiare verso di loro.
- Oggi è il dodici.- si limitò a sussurrare Winyfred.
Già, era il dodici perché Caesar apparve nero come la morte, avvolto in un lungo mantello e li sorpassò con un'espressione che sarebbe bastata per uccidere anche il più impavido di cuore.
Nessuna ferita, nessun danno. Eppure si era trovato nell'epicentro del disastro.
Sorpassati loro, senza degnarsi di guardare come stavano, sorpassata la porta dell'ingresso e il cancello, si ritrovò a fissare al colmo della rabbia e dell'esasperazione il volto privo d'espressione di Lucilla.
- Che sei venuta a fare?- le ringhiò a voce bassa, scrutando gelidamente anche Demetrius.
- A vedere che finalmente prendi posizione.-
Cameron serrò le mascelle. E più la guardava, più aveva l'impressione di avere Imperia di fronte.
- Dovresti calmarti.- l'ammonì Demetrius - Prima che il tuo umore possa causare seri danni all'ambiente.-
- Permettimi di dirti che non me ne frega un cazzo del pianeta!- urlò allora, fuori di sé - Che vada in malora, tanto lo stanno già distruggendo i mortali! Io al massimo lo priverò della sua agonia.-
- Però, che buon cuore.- lo sfidò Lucilla, restando sotto il suo sguardo omicida - Avresti dovuto mostrare altrettanta pietà con chi abita insieme a te. Potevi fare del male a qualcuno.-
- Torno a ripetere.- sibilò, tenendo il capo retto come un re - Chissene frega.-
- Caesar forse...- iniziò Demetrius ma la Lancaster alzò la mano, per fermarlo.
Si volse ancora a Cameron, seria.
- Dovrei piangere per te?- sussurrò atona - Per la tua triste sorte? Hn? Dovrei compatirti? È questo vuoi?-
- Io voglio solo che mi lasciaste tutti in pace!- le ringhiò - Non pretendo di fare il martire come te, tesoro, chi s'azzarderebbe mai. Ma io almeno so fin dove posso sopportare. E la misura è colma!-
- Io sarei una martire?- Lucilla rise acidamente - Che pensiero interessante. Sarebbe divertente se non fosse anche ridicolo.-
- Ridicolo?- Caesar le si avvicinò quel che bastava per far temere a Demetrius per un istante che avesse potuto alzarle le mani - Io sarei ridicolo? E tu che baratti la tua immortalità per la vita di un mortale!?-
- Il mio rapporto con Tristan non ti riguarda.-
- Come a te non riguarda la ristrutturazione di casa mia. E ora sparite!-
- Che cos'è che ti urta?- lo incalzò la demone, frapponendosi fra lui e il sentiero - Che tua moglie sia morta? Che si sia suicidata perché era disgustata dalla vita? O perché forse pensi inconsciamente che non ti amasse abbastanza per vivere solo per te?-
In un lampo Caesar levò la mano di scatto.
Lucilla invece non si mosse, esattamente come Demetrius accanto a loro due.
Altrettanto velocemente allora, con sguardo spiritato, Cameron le afferrò il palmo e se lo portò al petto.
Scostò la giubba nera e la mano di Lucilla arrivò a contatto con l'epidermide gelida e liscia del suo torace. Sul cuore.
Solo allora la Lancaster si permise di socchiudere leggermente le labbra lucide in preda allo stupore.
Allo sconvolto.
Batteva.
Il cuore di Caesar batteva.
Ritmico, senza insicurezza. Come se non avesse fatto altro per molto tempo. E continuava a farlo.
- Sai cosa mi urta davvero?- le mormorò in un orecchio, chinandosi su di lei - Mi urta che quando mia moglie era in vita, il mio cuore abbia battuto per lei una sola volta. Mi urta che lei sia riuscita a uccidersi perché mi amava troppo. E mi urta oltremodo il fatto...che il mio cuore batta così da oltre otto anni, senza mai smettere. E ti posso assicurare tesoro...che non è per Imperia che batte tanto.-
Finito di dirlo si scostò da lei, disgustato.
Da se stesso, dal suo cuore traditore, dall'anniversario di quella morte priva di significato.
Da quel giorno privo di significato perché lei...perché lei non era presente.
Lei.
La sua piccola stella. Brillante oltre ogni dire.
Se ne andò immediatamente, sparendo fra i turbini di vento che scompigliavano i campi di margherite.
E solo allora si mise a piovere finalmente. Come se il cielo ne avesse avuto il permesso.

Alcune ore più tardi, Cameron Manor era avvolto nel silenzio.
I fuochi erano stati spenti, le voragini nelle pareti risistemate, come le finestre e le vetrate dei piani superiori.
Ma quell'aria infausta non voleva lasciare le stanze e il castello...anzi, serpeggiava in ogni dove, come un fumo tossico che avrebbe presto sgretolato ogni misero mattone.
Lucilla, ancora in preda allo shock per ciò che aveva sentito e capito attraverso un solo sguardo, stava in piedi nella sala da pranzo al primo piano e spiava da una delle ampie finestre chiuse, nella speranza di vederlo.
Ma sapeva che non sarebbe tornato. Non subito almeno.
Lo conosceva da tempo ma ora che era fuggito, si scopriva a chiedersi dove sarebbe potuto andare a rifugiarsi.
Non era abituata a vederlo scappare, a lasciare la sua casa.
Forse un tempo aveva avuto...delle amanti. Qualcuna da cui sarebbe voluto tornare, qualcuno a cui chiedere asilo, un posto sicuro dove leccarsi le ferite.
Ma Demetrius, quando gli fece notare la sua ipotesi, scosse il capo.
Caesar si era sposato a duecento anni con Imperia e non aveva mai avuto nessuna. Quelle di prima, le sue donne prima del matrimonio, erano state solo fantasmi iridescenti, ricordi senza spessore.
Restava Hermione.
Forse sarebbe andato da lei.
Già esausta, Lucilla si ritrovò ad agognare la presenza di Tristan accanto.
Un solo abbraccio, un solo sguardo. Di recente le accadeva sempre più spesso di desiderare di averlo sempre accanto. Insolito per lei, ma così pressante da farle mancare il respiro. Le stava accadendo qualcosa, ma non sapeva dare un nome a quel bisogno di averlo sempre vicino.
- Sta smettendo di piovere.- disse Demetrius, arrivandole accanto - I genitori di Caesar vorranno sapere che diavolo è successo, anche se sapranno certamente il motivo per cui ha distrutto tutto in questo modo.-
- Vai da loro comunque.- annuì la demone, facendosi accarezzare una spalla - Qua ci penso io.-
- Ti vedo stanca di recente. Sei sicura di stare bene?-
- Si.- cercò di stirare un sorriso - E' solo che...Tom...-
- Si, lo so.- Demetrius si chinò a baciarle una tempia - Vedrai che starà bene, che lo ritroveremo. Ma così ti stai stremando. Non puoi controllare tutto Lucilla. E non tocca a te farlo. Non sentirti sempre in obbligo.-
- E' mio figlio.-
- Parlo anche di Harry Potter.- concluse Demetrius, senza aggiungere altro - Ora vado. Parlo coi Cameron e poi torno ma mi ci vorrà un po'. Sai la trafila che c'è da fare per entrare in casa loro...- aggiunse, sarcastico - Se non ti vedo più, ci vediamo non appena avremo altre informazioni.-
- Ma certo. Salutami Gala.-
- E tu Degona. Ciao.-
Caesar, maledetto...
Lucilla chinò il capo contro il vetro gelido, avvertendo una spiacevole fitta alla testa.
Forse Demetrius aveva ragione.
In quei giorni si era stancata troppo.
Ma non poteva mollare e non poteva appoggiarsi a Tristan.
Lui doveva occuparsi del suo lavoro, lei di Tom.
Indecisa se aspettare il ritorno di Cameron o tornare a casa, si sedette a tavola scrutando le ultime Gazzette senza interesse ma non passò molto tempo prima che ricevesse una visita che risultò diventare sgradevole per lei.
Horus Harkansky, padre di Winyfred e cugino di sua madre, apparve sulla soglia imponente nei suoi due metri di altezza. Quando lo vide gli fece un sorriso tiepido, che lui per una volta non ricambiò.
- Sei qui per Caesar?- gli chiese, facendo per alzarsi.
Lui la bloccò educatamente, raggiungendola e restando in piedi oltre la tavola.
- Volevo sapere se Winyfred e gli altri stanno bene.-
- Si, nessun ferito grave.- gli rispose.
- Lui dov'è?-
- E' andato via. Aveva bisogno di stare da solo.-
Horus Harkansky sogghignò brevemente, guardandosi attorno.
- Ha trasformato la sua casa in una tomba, mia cara. Io da qua fuggirei ogni giorno. Ma il dolore della perdita della propria moglie è qualcosa che io ho la fortuna di non dover provare.- e sollevò lo sguardo intenso, lasciandole a intendere una verità più che palese.
La Lancaster sospirò, lasciandosi andare all'indietro contro lo schienale imbottito della poltrona di damasco.
- Cosa che invece io proverò, vero?-
Il demone intrecciò le dita, serio e composto.
- Mia cara. Amavo tua madre come una sorella. Sono quasi uno zio per te. E il parente più prossimo che hai.-
- Si, lo so.-
- Mi ritieni arrogante ad accaparrarmi il diritto d'insegnarti come vivere, presumo. Ma la verità è che sei un demone puro. Sei immortale. E sacrificando tutto per un umano stai snaturizzando il tuo essere. Hai venduto la tua libertà per amore di un mortale che entro cinquant'anni sarà un cadavere in un fondo a una tomba.-
- Si.- sussurrò, fissando il vuoto oltre le sue spalle - Ma almeno ho avuto la libertà di scegliere.-
- No, tu hai seguito le costrizioni del tuo cuore.-
- Come hai detto tu, tua moglie Shalymar è viva Horus.- replicò lei - E così sarà per sempre. Gente come me e Caesar ha poca scelta.-
- Si ma tu puoi vivere. Innamorarti di nuovo!-
- La vita non avrebbe più senso senza di lui.-
- E Caesar? Di lui che mi dici? Dopo Imperia pensava che non avrebbe più amato e invece...-
Lucilla sollevò il viso - Tu come lo sai?-
Horus sorrise, stavolta con calore - Un uomo si accorge di certe cose. A volte molto più spesso di una donna, mia cara.- poi la sua espressione ridivenne dura e tesa - Credimi. Amerai ancora. Sarai ancora felice.-
- Non senza di lui.-
- E morirai? Vuoi morire così? Per un umano?-
- Tutta la mia vita gira intorno a loro.- gli ricordò, frenando la lingua per non usare un tono troppo crudo - Mia figlia, Tom, i miei amici. Sono mortali. Moriranno tutti e io resterò sola. No, grazie Horus. Ma non voglio sopravvivere a tutto questo. Non sono nata demone. Una parte di me resterà sempre umana. Per quanto sia piccola questa parte.-
- Lucilla, stai sbagliando.-
- Può anche darsi.- concluse con tono imperioso - Ma voglio decidere io della mia vita.-
Horus serrò i lineamenti e alla fine scosse il capo.
- Finirai male, cara.- le disse, dandole le spalle - Non posso permettertelo.-
- Non minacciarmi.- l'avvisò, tornando a guardare il vuoto con la testa china fra le mani - Non farlo mai. Anche Caesar l'ha fatto e sai bene com'è finita.-
- Io sono anziano di lui, però.- le spiò da oltre la spalla - Lucilla, fidati. Starai meglio un giorno.-
- No, non credo Horus.- sibilò, senza più degnarlo di uno sguardo - E ora lasciami sola.-
- Come vuoi. Perdonami se ti ho irritata. Avrai presto nostre notizie.-
Notizie.
Quella era una minaccia. Era un avviso.
Imprecando e scagliando un bicchiere di cristallo a terra, la demone si mise in piedi furente.
Ci mancavano anche i demoni ora! Come se non avesse avuto già altro a cui pensare!
Attese per oltre due ore coi nervi a fior di pelle, poi Val riuscì a convincerla ad andare a casa a riposarsi. Sarebbe stato inutile aspettare ancora, non avevano idea di quando sarebbe tornato...e se sarebbe tornato.
Si fece promettere di avvisarla non appena fosse tornato, dopo di che i quattro demoni rimasti finirono di sistemare l'ala ovest, ormai totalmente amputata. Si limitarono così a risistemare il giardino, la parte della collina distrutta e la foresta che aveva preso miserabilmente fuoco.
Il resto sarebbe toccato a Caesar, per questo lasciarono spoglie le stanze ricostruite.
Quando la Loderdail rientrò verso le dieci di sera non trovò nessuno, ma in un momento simile non si sarebbe accorta di avere di fronte Dio in persona probabilmente.
Incamminandosi verso la sua stanza, senza Smaterializzarsi, notò solo un estremo silenzio, insolito a quell'ora a Cameron Manor.
I suoi tacchi riecheggiavano sul marmo in continuazione, come una cantilena.
Ma anche le perle che sfuggivano alla sua acconciatura tintinnavano come gocce su uno specchio d'acqua.
La sfortuna del momento fu che il pavimento dell'ingresso era nero.
E che quando Caesar entrò, appena due minuti più tardi, prestò attenzione unicamente al vuoto che aveva davanti, che aveva dentro di sé...e ormai anche alle sue spalle.
Niente aveva più senso, ora che si era svuotato anche della rabbia. Che altro gli restava?
Ricordi che lo pugnavano a tradimento, ecco cosa.
Si levò di bocca la sigaretta che gli pendeva dalle labbra, massaggiandosi un leggero taglio sullo zigomo che si stava rimarginando da solo e poi anche la schiena, dove alcuni segni di unghie stavano bruciando terribilmente.
Le unghie delle donne facevano sempre quell'effetto, che sciocco a scordarselo.
Coi capelli sparsi sugli occhi a impedirgli di vedere, anche se tanto non avrebbe prestato comunque attenzione a nulla, gettò il mantello dove capitava, quindi a capo chino cominciò a salire lo scalone per chiudersi finalmente in camera ma la scia di perle attirò la sua attenzione, una volta salito al primo piano.
Stranito, notò la traccia di una lunga serie sul tappeto che conduceva alla Sala delle Furie.
Si chinò e raccolse una perla lucida tendente appena al rosa.
Denise portava cristalli, pietre preziose e perle fra i capelli...
Sul tappeto però trovò anche un altro indizio che questa volta gli fece tremare le vene ai polsi.
Una goccia di nera ancora fresca, poco lontana da dov'era inginocchiato.
Sangue.
Come accadeva spesso quando pensava a lei, il suo cuore iniziò a battere forte. Sollevò gli occhi lungo il corridoio. La scia di perle e sangue continuava. Si alzò rapidamente, estraendo un pugnale dalla cinta che tenne fra indice e medio della mano destra, sciolta nel movimento. Un pugnale che gli cadde immediatamente quando girato l'angolo la vide inginocchiata a terra, il peso del corpo spostato in avanti, con le mani artigliate a terra. I capelli le ricadevano in mille luccichii sulle spalle, ancora annodati fra loro in nastri, perle e cristalli...ma con orrore Cameron vide due profondi tagli da lama sulla sua schiena.
L'abito color acciaio era squarciato fino alla vita.
Ma capì cos'era l'angoscia vera quando avvicinandosi rapidamente la colse con le mani alla gola.
Grondante sangue e ferita a tradimento.

Una candelabro a sette bracci ramificati illuminava la stanza di Caesar quel tanto che bastava per non acuire il dolore già di per sé lancinante che il suo padrone provava in quel momento.
Stava a letto, seduto sulla sponda destra con le tende del baldacchino scuro tirate abbastanza da non permettere a nessun altro se non a lui la visione di Denise, nuda, avvolta fra le sue lenzuola, girata di schiena.
Le sue lunghe gambe snelle e sode spuntavano dal copriletto di seta, ma erano immobili.
I suoi capelli, ancora pieni di perle sparse fra le ciocche, giacevano rovesciati sui cuscini come un ventaglio, per lei, sdraiata in modo da non guardarlo in faccia, tossiva sangue in un fazzoletto.
- Fra poco passerà.- le disse Caesar, con le mani aperte posate sulla sua schiena.
Le guariva le ferite e per non lasciarle cicatrici ci stava impiegando più tempo del dovuto, forse nella speranza di riuscire a calmarsi. Ma come sapeva fin troppo bene, non ci sarebbe riuscito.
Non dopo ciò che aveva visto.
Non dopo ciò che aveva sentito.
Denise tossì ancora una volta, sentendo finalmente la piacevole sensazione delle palme del demone a contatto con la pelle. Stava riprendendo sensibilità.
- Perché ci sei andata?- le sussurrò, sfiorandole l'epidermide più dolcemente che poteva.
- Perché me l'hanno chiesto.- disse con voce ancora leggermente roca.
Cameron scosse il capo.
Orgogliosa. Troppo orgogliosa.
- Dimmi precisamente cos'è successo.-
- T'interessa?-
- Si, m'interessa.- sibilò - Non fare la bambina, voglio sapere che ti hanno fatto prima che li sfidi tutti a duello e decimi la tua miserabile famiglia. Almeno avranno un buon motivo per pregarmi prima che strappi il cuore a ognuno di loro.-
Denise chiuse gli occhi.
Rabbia. Così salutare a volte la rabbia.
Faceva sentire vivi. Potenti quasi.
- Mia nonna stamattina mi ha chiesto di raggiungerla. Voleva parlarmi riguardo al matrimonio.-
- Sapphire è implicata?- scattò Caesar, fermandosi con le mani a mezz'aria.
Denise lo ignorò - Quando sono arrivata c'erano tutti.-
Tutti? Caesar sgranò appena gli occhi. Tutti i Loderdail...almeno in venti allora.
- C'era anche il nonno, figurati.- rise acidamente la demone - Non è mai uscito dal suo studio da che mi ricordi. Almeno quando ci sono in giro io per Loderdail Mansion. E' stato a fianco della nonna e di...mio padre per tutto il tempo. C'era mio zio e sua moglie. Hestor e suo fratello minore, con la moglie e i due figli e altri parenti, che ora non saprei neanche dirti bene chi fossero...gente che vedo solo alle feste.- sospirò, serrando le unghie sulla superficie liscia dei guanciali - Hanno cominciato a parlare del fidanzamento. Mio padre e mio zio hanno discusso come se io non fossi presente...e hanno deciso che la data del matrimonio sarà per il mese prossimo.-
Cameron chiuse le palpebre come lei, ma non fu per molto.
Perché le riaprì di scatto non appena lei continuò.
- Quando hanno sentito la mia opinione in merito non si sono scomposti.- la ragazza ridacchiò, chiedendosi come aveva potuto essere così ingenua - Credevo di essere furba, sai? Credevo di essere abbastanza autosufficiente. E credevo di essere al di sopra dei loro trucchetti, pensando che ormai non avrebbero più potuto stupirmi. Invece...invece quando ho detto che non volevo sposarmi non si sono scomposti. Un istante dopo è entrato il Diacono nel salone.-
Il Diacono.
Caesar gelò. Il celebratore delle unioni dei demoni.
Un demone puro così antico che avrebbe potuto gareggiare coi draghi, con la creazione stessa.
Lo stesso che aveva unito lui e Imperia, i suoi genitori, tutti i demoni insomma.
- Mio padre e il nonno mi hanno bloccata e mi hanno portata di fronte a Hestor, tenendomi stretta. Quando il Diacono ha capito che non volevo sposarmi e che mi stavano costringendo è scoppiato un leggero tafferuglio. Hestor ha tentato di costringerlo a forza, allora mi sono ribellata...ho capito che dovevo farlo.-
- Cos'hai fatto?-
Col viso premuto nel cuscino, Denise sorrise.
E di un ghigno tanto malvagio che fece comprendere perfettamente a Cameron il vero gusto della vendetta.
- Ho usato i miei poteri.- sussurrò con delizia malcelata - Ho tramutato tutti i loro ricordi in incubi spaventosi. Di tutti quanti. Ma erano troppi. E troppo potenti per me. Ci sono riuscita per pochi secondi. Mentre impazzivano a terra mio padre dev'essere riuscito a scacciare la mia forza dalla sua mente perché a fatica si è rialzato e mi ha pugnalata alle spalle e alla gola. Ma non sono riusciti a riprendermi. Sono scappata e sono tornata a casa.-
A casa.
I Loderdail sarebbero bruciati all'inferno, questo era certo.
- Li sfiderò uno alla volta.- disse Caesar, cercando di controllare il tono.
- No.- Denise si alzò appena su un gomito, guardandolo da oltre la spalla nuda - Non voglio sangue sulle mani a meno che non sia io stessa a versarlo. E sta sicuro...che io mi vendicherò. Sarò io a ucciderli. Se devo ammazzerò Hestor nel sonno. Giuro che lo farò.-
- Non lo farai perché non dormirai con lui.- replicò brusco, afferrandola per il braccio e girandola supina. Si abbassò su di lei, fissandola attentamente - Mi hai capito?-
- Non vedo come aggirare l'ostacolo. Ma li ucciderò tutti, uno alla volta. Dovessi passare la vita rinchiusa da qualche parte in quella casa, arriverò fino a loro e li farò impazzire. Trasformerò la loro vita in incubo. Li aspettano mille inferni.-
Rimase immobile, sopra di lei, a chiedersi dove prendesse tanto coraggio quando lui la mattina non aveva neanche voglia di alzarsi dal letto. Ma Lucilla un tempo gli aveva fatto notare che c'era sempre qualcuno che stava peggio. Magra consolazione...ma Denise Loderdail poteva essere altrettanto certa di una cosa.
- Tu non lo sposi Hestor.- sibilò serio, tenendole la mano stretta sulla spalla ma senza farle male.
- Lo sai che sono minorenne. Mancano settantasei anni ai miei duecento. Come vuoi fare?-
Nell'unico modo.
Con l'unica costrizione che però ora l'avrebbe reso forse l'essere più felice su quel pianeta.
La sua felicità, la sua vita, in un'unica frase.
- Sposami.-
Fu una frazione di secondo.
Negli occhi bianchi della Loderdail sfrecciò stupore, incredulità.
Poi forse una gioia così immensa che allargò il cuore a Cameron, ma subito soppiantata da una collera sorda che mosse la sua mano a schiaffeggiarlo così velocemente che quasi non se ne accorse.
Bene. Prima ferita seria di battaglia dopo ottant'anni privi di vita sentimentale...mascella slogata.
- Tu...tu...- urlò Denise buttando le gambe giù dalla sponda, avvolta nel lenzuolo e perdendo perle e cristalli dai capelli in una pioggia luminosa - TU! Schifoso bastardo! Ma come osi?!-
Caesar si teneva la mascella e la guancia, cercando di non vedere troppi uccellini.
- Proprio oggi me lo chiedi!- gli gridò ancora, furente e afferrando un portacenere di marmo pronta a lanciarglielo addosso - Sai cosa puoi farci con le tue proposte?-
- Ok, ok...- si rimise in piedi a fatica, intontito, per poi riprendersi ed esplodere - Ma che t'è preso? Sei fuori di testa!-
- Io sarei fuori di testa?- sbraitò la Loderdail - Io sono qua che mi danno l'anima perché non posso decidere deliberatamente della mia vita e tu, maledetto egoista sadico e perverso che non sei altro vieni a chiedermi di sposarti? Proprio oggi! Credi che sia stupida? So che giorno è oggi! Bhè, se hai dei problemi di depressione vatteli a risolvere altrove chiedendo a un mutaforma di sposarti e scaldarti il letto!- e finalmente gli lanciò dietro il portacenere, che fece una parabola oltre la testa di Cameron per finire sul baldacchino - Con che coraggio mi hai fatto una proposta simile, maledetto! Sai benissimo cosa provo, ti diverte tanto torturarmi?-
Ok, fine della scenata. Rabbioso e frustrato, Caesar le afferrò un polso con forza mentre lei si divincolava.
- Primo.- ringhiò fra i denti, avvicinandosi - Non te l'ho chiesto per scherzo. Secondo, so anche io che giorno è oggi e ti posso assicurare che mi sono scaricato a sufficienza.-
- Lo immagino.- frecciò sarcastica.
- No, non lo immagini.- replicò duro e altrettanto ironico.
- E terzo cosa?- lo incalzò, tenendosi il lenzuolo sul seno - Sei uno psicopatico fissato con la tua stramaledetta ex moglie? E non osare dirmi di non nominare la Glassharm! Me ne frego dei tuoi sentimenti visto che tu non hai il minimo rispetto dei miei!-
- La finissi di fare l'isterica magari potresti pensarci.- sibilò incupito - Se sposi me avrai la libertà garantita.-
- Si, come no. Avrò il tormento eterno garantito! Non so come possa esserti passato per la testa visto il tuo perfetto matrimonio con Miss Perfezione!-
- Tanto per cominciare è stata Imperia a chiedermi di sposarla, secoli fa. E non fu per amore. Nessuno dei due era innamorato ma avevamo duecento anni e volevamo renderci indipendenti.-
Denise per tutta risposta tacque, poi scoppiò a ridere scuotendo la testa.
- Questa è veramente bella.- ridacchiò ma con le iridi fiammeggianti - Tu che non hai sposato la Glassharm per amore! Fantastica, davvero comica.-
- E' la verità. Quello è venuto dopo.-
- Non ci credo neanche se lo vedo.-
- Bhè, invece lo vedrai davvero.- le sibilò e senza indugi le serrò la mano così forte che i ricordi balzarono nella mente di Denise con estrema facilità. Vide tutto, ogni cosa. Ogni attimo, la notte in cui si erano baciati, Imperia che gli aveva chiesto di sposarlo...il matrimonio, i primi secoli di rispettiva indifferenza...
E l'amore.
A quel ricordo si staccò bruscamente, infastidita.
- Ho visto anche troppo.- disse, stringendosi nelle spalle.
- Allora?- Caesar cacciò le mani in tasca, fissandola e riuscendo al contempo a trattenere tutta la sua ansia.
- Allora cosa?-
- Mi sposi o no?-
Era serio. Glielo leggeva in volto.
All'improvviso Denise si sentì tremare dentro.
Sposarlo. Sposare...Caesar.
Sarebbe stato un suicidio.
Lei lo amava. Lui per lei provava solo fastidio, forse un sentimento paterno.
Ma la libertà...lì, a portata di mano.
Gliela stava servendo lui su un piatto d'argento.
E se per averla avrebbe dovuto vendersi l'anima e il cuore...allora tanto valeva gettarli ai suoi piedi.
Tanto ormai non aveva più molta scelta.
Meglio un inferno al fianco di un uomo che non l'amava che il paradiso dorato dei Loderdail.


All'Azmodeus Club anche Thomas Maximilian Riddle stava patendo la sua parte di pene infernali.
Piegato dalla febbre e dall'infezione della ferita alla schiena causata da un veleno che non riusciva a ucciderlo ma solo a stremarlo, era abbandonato in un mondo nero e ovattato, privo di sogni, alternato a pochi brevi attimi di lucidità.
La ferita alla schiena non guariva. Parti della freccia che l'avevano colpito erano ancora dentro di lui, nella sua carne.
E la febbre non gli dava fiato, la sua gola era tanto gonfia che quasi gl'impediva di respirare, mentre la sua voce era ormai ridotta a un sibilo lontano.
Quel veleno ormai l'aveva massacrato. Ma non riusciva a finirlo.
Dopo una lunga notte di tormenti, riuscì a svegliarsi verso l'alba.
Le palpebre pesanti non gl'impedirono di vedere il luogo in cui era stato confinato da quel vampiro.
Si trattava di una stanza da letto, probabilmente una di quelle che il club affittava a ore ma si trattava di un ambiente vuoto e rarefatto, quasi asettico in un arredamento essenziale ed elegante.
Un tavolino in ciliegio basso, triangolare ma dagli angoli smussati. Quattro poltrone quadrate, senza schienale, simili a puff, dai toni verde bottiglia. Un paravento rivestito in foglia d'oro, fra il letto e il camino acceso.
Nessuna finestra, nessuna libreria.
Al fianco sinistro del letto c'era una cassettiera rettangolare senza cassetti, ricoperta di vasi e ciotole di porcellana.
Forse le sue medicine.
Dolorante, quando cercò di mettersi seduto avvertì una fitta tale da farlo desistere.
Passandosi una mano sul viso e sulla bocca screpolata però impallidì.
Alzò il palmo sinistro, rabbrividendo.
I suoi anelli. Quello con la pietra nera, di suo padre. E quello d'oro, di Claire...non c'erano più!
Angosciato iniziò a cercarli in giro con lo sguardo per ricordarsi di quelle iene dei Lucky Smuggler.
Erano mercanti e contrabbandieri. Chissà dove avevano messo i suoi anelli.
Furente, serrò i denti ma non rimase solo a lungo, fortunatamente. Sentì dei rumori oltre il paravento, così vide una porta nascosta oltre una tenda che copriva una parete.
Risate e molte voci femminili riuscirono a raggiungerlo, prima che Stavros Paxton, il galoppino e vampiro impuro ai servizi di Alister Dark, entrasse col suo fare baldanzoso e anche ferino.
Vedendolo sveglio, sogghignò biecamente.
- Ehi, bell'addormentato. Come va oggi? Ancora vivo a quanto pare.-
Tom si morse il labbro, cercando di dominarsi.
- Acqua?- fece il vampiro, poi visto che non gli rispondeva alzò le spalle si lasciò andare seduto su una delle poltrone, accavallando le gambe - Se vuoi crepare, cazzi tuoi. Per me venderti è del tutto inutile. Neanche come pasto vai più bene, bell'addormentato. Sei uno scarto.-
Se solo avesse avuto la sua bacchetta.
Anzi...se solo fosse riuscito a tenersi in piedi.
Anni di allenamenti con Vlad con spade, magie e corpo a corpo avevano fatto di lui qualcosa di molto diverso dal timido ragazzino di un tempo.
- Il capo arriva fra un attimo.- continuò Stavros, aprendo un giornale con aria svogliata - Vedi di non farlo incazzare, ha avuto delle grane con quei deficienti degli Auror.-
Tom parve animarsi e questo al vampiro non sfuggì. Incuriosito, continuò su quel discorso - Sei lì steso da giorni...magari sei un appassionato di cronaca nera. Ti posso fare un rapido riassunto...dunque...ah si, una sessantina di ridicoli maghi mortali, come te, sono stati fatti saltare per aria a Diagon Alley, due giorni fa. E pare che gli Auror abbiano catturato Badomen...-
Diagon Alley? Morti? Badomen?
Tom scosse il capo, senza capire così gli fece segno di dargli il giornale, ma Stavros non ci pensò neanche.
- Per questo il capo è su di giri. Gli Auror sono venuti a setacciare qua nella ricerca di altri Mangiamorte...bah! Come se venissero qui...- e poi fischiò, vedendo lo sguardo sbarrato di Tom - Oh oh...vai che forse ho vinto una bambolina. La parola magica con te è Mangiamorte.-
- Non dire cazzate Paxton.-
Stavros si volse all'ingresso di Dark che pareva leggermente più rilassato dopo che neanche dieci minuti prima aveva salassato una sprovveduta in cerca di lavoro e soldi facili.
- Non ha il Marchio Nero.- continuò Dark, serio - Abbiamo controllato. Allora.- continuò verso Tom - Bell'addormentato, deciditi. O crepi o ti rimetti. Io non sono tuo padre, non posso stare qua ad occuparmi della tua fottuta salute in eterno. Ho già trovato un compratore poi.-
- Ma va?- sogghignò Stavros maligno, facendo tremare Riddle - Chi se lo prende questo relitto?-
Alister rise, sfregandosi le mani e lasciandosi andare comodamente seduto sulla poltrona più vicina al letto.
- Una vecchia amica. Viola Rosencratz Leoninus.-
Leoninus?
No. Oh no. Tom chiuse gli occhi. Una vampira.
- La moglie di Kronos?- allibì Stavros - Cazzo capo, che idee di merda che hai. Quella viene anche dalla Cornovaglia.-
- Non rompere Paxton.- sibilò, zittendolo - Viola è una che ha certi appetiti, è stata più che felice di accettare un invito a "tastare" la merce.- e ridacchiò di nuovo mettendo al mago la tachicardia - Se sopravvivi bell'addormentato, credo proprio che la tua nuova padrona saprà come trattarti.-
- Prima di questo però...- lo interruppe Stavros, frugandosi sotto la giacca - C'è una cosa che dovresti vedere.- e detto questo gli lanciò un sacchettino di velluto da cui Dark estrasse gli anelli di Tom.
Erano al sicuro per ora!, pensò sollevato. Meno male.
Ma Dark vedendo quello dei King ebbe di nuovo la spiacevole sensazione di aver catturato la persona sbagliata.
Così lo guardò in faccia con espressione pericolosa.
- Voglio il tuo nome.-
Col cazzo, pensò Riddle.
Si schiarì la voce, che però uscì di nuovo bassa e sibilante.
- Max.- mormorò, restando sul vago.
- E il tuo cognome?- chiese Stavros.
- Quegli anelli sono miei.- ringhiò Tom, perdendo la pazienza - Non hanno valore.-
- Uno è d'argento con uno zaffiro nero e l'altro è d'oro.- sentenziò Paxton - Hai uno strano concetto del valore, amico.-
Alister puntò Riddle con occhi minacciosi - Come hai avuto un anello dei King?-
- L'ho rubato.-
- Quindi sei un ladro.-
Il mago avvertì un capogiro. Oh no, di nuovo. Stava di nuovo per addormentarsi.
- I...i Mangiamorte...- sussurrò, cercando di tenere gli occhi aperti - C'erano dei Mangiamorte a Diagon Alley?-
- Si. Uno.- replicò Dark, incuriosito quanto Stavros - Perché t'importa?-
- E...chi ha ucciso quella gente?-
- Badomen e una donna che a quanto pare sta con lui. Cosa centri in tutto questo?-
- Capo non è che si tratta di un Auror in incognito?- sussurrò Stavros gelido - Forse dovremmo liberarcene.-
- Idiota. Fosse stato un Auror, Dalton sarebbe arrivato qua con mezzo squadrone di bastardi.- sibilò il padrone dell'Azmodeus Club iniziando a sentire la ghigliottina sul collo - Ma qua c'è qualcosa che non mi quadra.- così si alzò dalla poltrona, piazzandosi in piedi accanto alla sponda e fissando Tom dall'alto.
Si chinò come un predatore, fissandolo con bramosia con le sue iridi topazio.
- Va bene, Max...o chiunque tu sia. Hai un'ultima possibilità. Dimmi chi sei.-
Stava per perdere di nuovo conoscenza.
Doveva stare sveglio...ma non aveva più un briciolo di forza.
Così quando Dark si chinò di più, per farsi sussurrare qualcosa all'orecchio, percepì solo l'esatta sensazione della lama che ti taglia via la testa.
Restò immobile, piegato su di lui, quando ormai il mago era di nuovo incosciente.
- Allora?- gli chiese Stavros - Che ti ha detto?-
- Ha detto Caesar Noah Cameron.-
Paxton allargò gli occhi, fortunato ad essere seduto perché altrimenti non era sicuro che le gambe lo avrebbero retto.
- Cameron?- alitò - Come diavolo fa a sapere il nome di Cameron? Io neanche conoscevo il secondo nome! Cristo Santo...vuoi dire che...-
- Oblivion.- ordinò di punto in bianco Alister, conscio che aveva due scelte di fronte a sè. Insabbiare tutto, o morire ammettendo di aver pestato i piedi a un demone puro che a quanto si diceva non andava molto per il sottile.
- Fagli l'Oblivion, Stavros. Non deve ricordarsi di questa conversazione e levagli del tutto la voce. Quando Viola verrà a prenderselo finiremo di far tabula rasa. Se i Cameron non vengono a saperlo tramite Hingstom allora saremo a posto.-
- Cazzo ma vuoi davvero dirmi che un misero umano conosce certi demoni?-
- Lascia perdere e fa come ti dico!- gli urlò, raggiungendo velocemente la porta - Ora vado ad assicurarmi che Val Hingstom si tenga alla larga da qui! Anzi, non deve entrarci più nessuno se non i Guaritori, chiaro?-
- Chiaro. Lo considero in quarantena.-
- Consideralo in prigione.- sibilò Dark, chiudendosi la porta alle spalle - E che ci resti!-
Fino alla morte o fino a una riguadagnata libertà.
Che però sembrava ancora molto lontana.

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12° ***


TMR12

 

 

La famiglia Dalton era notoriamente una delle sei più antiche di tutta la Gran Bretagna.
Da secoli, quattro per la precisione, sfornava grandi leader, maghi eccellenti, uomini di potere e donne di classe ed eleganza mai contestata.
Ogni tanto però succedeva che qualcuno...come dire, deviasse un po' dalla strada principale.
Edward Deverall Dalton era uno di questi eredi.
Che quella notte, il 14 giugno, aveva in programma un bell'appostamento di fronte alla dimora del Primo Segretario Donovan, a cui poi sarebbe seguita una colossale e storica effrazione se solo avesse ottenuto tutte le informazioni che voleva spiando come un falco da chissà che posizione attorno alla villa pomposa dell'altrettanto pomposo Segretario.
Da quando si erano sposati, Edward e Ophelia abitavano a Myfair, in una villetta a due piani infinitamente piccola rispetto alle usuali abitazioni dei Dalton...eppure in quella casa circondata da un grande giardino che sua moglie aveva riempito di fiori, Edward aveva riacquistato la serenità andata perduta con la morte di sua madre.
Poi, prima con la nascita di Chris e infine con Caroline, la loro vita era diventata perfetta.
A differenza delle previsioni catastrofiche però, previsioni degli spocchiosi dell'alta società, l'unione fra un mago purosangue e un a babbana non era naufragata e ancora dopo otto anni non dava segni di cedimenti, anzi.
Edward frequentava l'alta società quando era proprio inevitabile, ma per il resto preferiva passare le serate come un babbano, insieme ai suoi figli.
A renderlo tanto refrattario agli snob che un tempo erano stati la sua cerchia era stata la progressiva mancanza d'interesse verso una vita patinata, messa a confronto con quella che sua moglie sapeva dargli.
Ophelia in quegli anni era anche diventata la nuora ideale per George Dalton che, incredibile, l'adorava letteralmente ma mai quanto Edward.
Sua moglie e la madre dei suoi figli si era dimostrata ben più potente di una strega in campo sentimentale, tanto da fargli palpitare ancora il cuore, dopo tanti anni di matrimonio.
Dai libri per bambini e alle favole, che ora riservava solo a Chris e Caroline, Ophelia era passata alle mostre nel mondo babbano di scenari da sogno che appartenevano al mondo della magia.
I dipinti più belli però erano gli affreschi sulle bianche pareti interne della loro villa.
Anche quella sera infatti, Edward fissava senza mai stancarsi il grande salice piangente dai colori lilla e violetti che insieme a un ambiente da fiaba, con toni di un quadro espressionista, incorniciava il suo salone al piano terra.
Avevano appena finito di cenare e con un sorriso si volse verso la sua bambina, che lo richiamava.
- Papà! Guarda cos'ha fatto la mamma!-
Ophelia era seduta a terra, inginocchiata davanti a un basso tavolino in mezzo al salotto.
China su un grosso album da disegno stava tracciando delle linee brillanti, quasi luminescenti, con una lunga piuma bianca, la cui punta arcuata si tingeva di rosso.
Quello era stato un regalo di George Dalton, anni prima.
Nonostante la nuora fosse del tutto incapace di fare magie, il signor Dalton aveva insistito affinché le si fosse semplificata la vita in un ambiente prettamente di soli maghi.
Per questo appena sposati le avevano fatto un incantesimo Disillusivo agli occhi, affinché potesse vedere i fantasmi e non spaventarsi ogni qual volta qualche rompiscatole parente deceduto si presentava in casa per rompere.
Ma la Viva Piuma era stata un'idea di George Dalton, appena nata Caroline.
Forse il primo fan di Ophelia, quasi più di Edward, aveva insistito con un vecchio amico artigiano perché fabbricasse alla nuora babbana una penna che rendeva viva qualsiasi cosa fosse tracciato con essa.
Edward l'adorava. E l'adorò anche quella volta quando dal foglio bianco di sua moglie uscirono una decina di farfalle enormi e dai colori sgargianti che si misero a svolazzare per tutta casa, allietata dalle risa di Linnie.
- Dai ragazzi.- rise Ophelia cercando di levarsi una farfalla dal naso - E' tardi. Dovete andare a letto!-
- Ma mamma!- protestò Chris - Sono solo le nove! Possiamo stare svegli ancora un po'?-
- No. Ma domani possiamo andare a Kensington Gardens già di mattina.- replicò, rimettendo a posto disegni e colori - Viene il nonno con noi, così potete fare un giro sui pony.-
Con grande ovazione dei piccoli, finalmente riuscirono a metterli a letto, stanchi entrambi per la dura giornata.
- Ti prego sistema tu la cucina!- pigolò Ophelia, buttandosi sul divano.
Dalton sghignazzò, limitandosi ad agitare la bacchetta e beccandosi la solita occhiata rancorosa dalla moglie.
- Ne voglio una anche io.- si lamentò la bella bionda, stringendosi un cuscino al petto.
- Servirebbe a poco temo.-
- Già, peccato.-
- E degli elfi?-
- Ha ragione Hermione.- sindacò la padrona di casa - Io non faccio la schiavista! E poi sono troppo strani...pensa se diventano dei maniaci come dice Sirius.-
- Bhè, quando davano i numeri la mia bisnonna li accoppava. La zia di Draco invece gli tagliava la testa.-
- Interessante.- replicò sarcastica - Dio, non ce n'è uno sano in certe famiglie.-
- Si, me compreso.- ghignò, strizzandole l'occhio da sopra la tazza del caffè.
Ridendo, Ophelia si mise seduta e sospirò.
- Allora? Quando arriva Ron?-
Edward guardò l'orologio da polso.
- Fra poco spero. A meno che i gemelli non gli abbiano fatto qualche scherzo. Sai che l'altra settimana Arthur li ha portati a pesca?-
- Pesca normale?-
- Non tanto...vabbè, il punto è che Steve e Stephen non volevano mangiarsi i pesci che hanno pescato, così li hanno messi nella vasca da bagno. E' finita che hanno allagato il secondo piano.-
- Vogliamo parlare di matti? Tua figlia oggi, quando le ho detto che avevo mal di testa, è tornata dalla cucina con un bicchiere doppio di whisky incendiario. E ha detto che quando tu hai l'emicrania con quello ti passa. Come la mettiamo?-
- Che cresce bene, no?-
- Psicotico.-
Suonò il campanello di casa prima che moglie e marito potessero approfondire l'argomento divorzio, visto come Edward stava tarando la loro bambina.
Alla porta apparve Ron, coi capelli tutti scomposti e l'aria di uno uscito dal manicomio.
- Brutta serata, eh?- gli chiese Ophelia, sogghignando.
- Lasciamo perdere.- sospirò, entrando.
Non era solo però. Dietro di lui c'era Asher, avvolto in un cappotto invernale grigio piombo.
- Ehilà.- l'apostrofò Dalton - Come mai anche tu?-
- Dovevo uscire di casa.- mugugnò il mannaro fra i denti, soffiandosi sulle mani intirizzite - C'è in corso una discussione fra padre e figlio riguardante la vita sentimentale e sessuale di Jeager che sinceramente non avevo voglia di sorbirmi, contando che stanno urlando come matti.-
- Ancora per quella demone?-
- Si, per Hacate.-
- Ah, si chiama così.-
- Si. E mi ha svuotato il frigo.- continuò il principe - Però non è svampita come credevo all'inizio. Cioè...non è la donna che immaginavo per lui. Pensavo gli andasse bene solo una valchiria armata di frusta, ma Hacate lo tiene alla laccio in un altro modo, credo. Anche se non oso immaginare come.-
- E William come l'ha presa?- s'informò anche Ron, curioso.
- Era abbastanza seccato. Non l'ha mai visto con nessuna donna...e penso l'abbia sbarellato anche il fatto che Jeager la frequenta da sei mesi e non gli abbia detto nulla. Ragazzini.- commentò Asher, incassando la testa nelle spalle e sfregandosi anche le braccia - Spero siate consci che sarà una nottata d'inferno, fuori siamo arrivati a 0°.-
- Ma che diavolo succede al tempo?- sbuffò Ophelia, attaccandosi al termostato - Voi maghi dovreste darvi una regolata. Siamo a metà giugno accidenti!-
- Raccolgo le mie cose e andiamo.- disse il padrone di casa, salendo al piano superiore.
- Raccontatemela un po'...dov'è che andate di preciso? A spiare chi?-
Ron rise divertito alla domanda alla bella moglie dell'ex Corvonero.
Si, in effetti poteva sembrare una ragazzata ma da quando Edward l'aveva proposto anche Hermione aveva dato il suo consenso: in poche parole, si erano messi d'accordo per andare a spiare la casa del Segretario Donovan quella notte.
Volevano farsi un'idea degli orari, della pianta della sua pacchianissima dimora, degli ingressi, così che poi uno Smolecolarizzatore esperto come Weasley avesse potuto infiltrarsi tranquillo fra le mura e scoprire se il caro Segretario bastardo era implicato come pensavano loro.
E come Hermione già sapeva, anche se non poteva ancora parlarne.
Alla faccenda dell'appostamento Harry non aveva aperto bocca, limitandosi a scuotere il capo, mentre Malfoy, che era fine e superiore a certe cose, aveva sentenziato che era una cazzata bella e buona prendersela tanto per un vecchio rintronato come Donovan, per dare completamente i numeri un attimo dopo quando alla Lucky House, dove ne stavano discutendo, era riapparso Aleandro di Iesi pieno di doni per sua moglie.
Come si poteva immaginare Edward che era un delinquente nato aveva subito appoggiato l'idea tutto gudurioso.
E con la stessa espressione di libidine scese tutto imbacuccato di scuro, col passamontagna e grasso nero da mettersi in faccia. E se Ophelia pensava che Ron e Asher gli avessero sputato in un occhio per il trucco si sbagliava di grosso.
Cinque minuti più tardi sembravano tre marine in azione.
Neri come corvi, tutti sporchi in faccia come africani e armati di torce e bacchette.
Così la retata ebbe inizio.

Alla stessa ora, alla Lucky House, Hermione Jane Hargrave stava rispolverando quella parte della sua coscienza che le permetteva di aggirare la legge anche se un piccolo angolo saputello e supponente della sua persona le diceva che non era una cosa giusta.
Peccato che il termine giusto, per Hermione, variava sempre quando si trattava di Harry Potter.
O in questo caso di Tom Riddle.
Seduta nella sua grande biblioteca, la parte che più amava di quella grande villa, sfogliava con circospezione alcuni registri. Ma non quelli della Gringott, che erano irraggiungibili quando il Graal.
Bensì i noti registri e schedari dov'erano notificati tutti, e dicesi tutti, i Mangiamorte dichiarati negli ultimi quarant'anni. E c'erano su quelle pergamene tanti di quei nominativi da decidere di espatriare davvero.
A farglieli avere era stato Jeager, in sordina, dopo averglieli mandati in un cesto di frutta poche ore prima con l'obbligo tassativo di leggerli velocemente e darsi una mossa perché doveva farli rientrare subito all'Ufficio Registri nella sottosezione Nominativi Pericolosi per il Ministero in breve tempo.
- Trovato niente?-
Alzò gli occhi dalle pergamene, giusto in tempo perché Elettra le mettesse una tazza fumante sotto il naso.
- Tesoro, dovresti andare a dormire.- le rispose invece la Grifoncina - Sei tornata a casa dopo cena e domani devi già partecipare all'ennesimo evento mondano. Di chi è la festa stavolta? E dire che dalla vittoria dei mondiali ne è passata di acqua sotto i ponti.-
- E credi sia poco?- ridacchiò la bionda, sistemandosi accanto a lei, alla scrivania, ben attenta a non far cadere una pila di libri in bilico per miracolo - La festa si tiene a casa del mister stavolta. Ha detto che sarà una cosa intima, quindi fai duecento invitati.-
- Chissà che goduria.- fischiò l'altra, senza mostrarsi particolarmente interessata.
- Già. Hanno invitato anche Draco, sai? I Malfoy sono sempre stati azionisti degli eventi sportivi.-
- Forse perché hanno tanti di quei soldi da permettersi di fare i nababbi.- frecciò Hermione, sorseggiando brevemente il caffè - Non so se venire. Sai che odio quel genere di gente.-
- Non ci fossi cresciuta in mezzo credo che avrei le tue stesse reticenze. Ma fai come Edward. Bevi qualcosa, sorridi, sputi nel bicchiere alla gente e poi te ne vai contenta.-
L'altra scoppiò a ridere, scuotendo il capo e i ricci le ricaddero dal mollettone sulle spalle.
Si, in effetti fra Edward e Draco c'era sempre stata una colossale differenza.
Draco Malfoy era eleganza e menefreghismo. Edward Dalton eleganza e un concentrato di molestie.
- So che andava a fare la spia con Ron.- continuò Elettra, poggiandosi su un gomito - Ma cosa sperano di ottenere andando a casa di Donovan? Se li beccano domani dovremo andare a recuperarli in cella!-
- Oh, fidati di loro. Il nostro Ron è uno che sa sparire in qualunque situazione. E Edward ha abbastanza soldi appresso per corrompere chiunque. E' il suo motto. Se non ti dà retta, corrompilo!-
- Già, peccato non funzioni su certe donne.- le apostrofò Draco, apparso sulla soglia della biblioteca usando il suo tono pigro e strascicato - Sono le dieci passate e tu ancora stai lì a leggere nome di tutti quei deficienti, anche se alcune delle loro idee non sono proprio discutibili mezzosangue.-
- Fra le quali anche quella di tua zia Bellatrix di farti la festa.- soffiò sua moglie, sarcastica.
- Touchè.- sibilò il biondo, avvicinandosi circospetto - Trovato niente d'interessante?-
- Credevo che spulciando nei registri avrei potuto trovare dei precedenti...- sospirò Hermione, lasciando le pergamene e sedendosi comoda, massaggiandosi il collo indolenzito - In fondo certe idee estreme non nascono dall'oggi al domani. Arrivano dall'ambiente frequentato, dalla famiglia, dal periodo...speravo che magari ci fossero dei precedenti nella famiglia di Donovan. Ma qua non c'è nulla.-
- E Badomen?-
- Zero assoluto.-
- Andiamo mezzosangue, guardiamo in faccia la realtà.- le disse Draco, iniziando a fare un po' d'ordine lì attorno usando la telecinesi e sollevando grandi masse di libri polverosi - Non ci va un genio per insabbiare qualcosa al Ministero. Fanno mille controlli prima di mettere qualcuno in carica e se Donovan è arrivato in alto, visto che è solo sotto Dibble, forse non c'è niente da scoprire su di lui.-
- Io so che c'è.- sbottò testarda, tornando a scartabellare, ricordandosi di Tom - So che c'è qualcosa. Devo solo capire dove cercare.-
- La stessa cosa che si staranno dicendo Weasley e quello psicotico di Dalton fuori dalla casa del Segretario a quest'ora.- le rispose acidamente, roteando le pupille - Voi siete tutti matti. Con questo freddo poi!-
- Io non ho freddo per niente.-
Saltarono a molla tutti e tre prima d'imprecare vedendo Lucas entrare in maniche corte e pantaloni di una tuta, mazza da hockey in spalla e un cioccolato caldo in mano.
Ma non era solo. C'erano pure Glory e Faith, già in pigiama pesante però, che stavano arrancando come matte verso una sezione della biblioteca, l'unica dove i piccoli potevano mettere mano.
- Quel maledetto va in giro in maniche corte e io mi sto gelando le dita.- sibilò Malfoy, scrutandolo inferocito - Quello lì ha dei problemi alla termoregolazione interna! E voi si può sapere cosa fate in piedi?-
- Guardavamo le finali di poker.- sorrise Faith con aria angelica, afferrando un libro che Glory le lanciò in piedi su una scaletta - Ce l'ha detto il papà che potevamo restare finché il fantasma non se ne va.-
- Fantasma?- allibì Elettra - Che fantasma?-
- Quello del nonno del custode dei vicini.- sbuffò Lucas, mollando la mazza e sedendosi su uno dei divani, sbadigliando annoiato - Quel rompiscatole oggi è venuto a dirmi che ho lasciato casino in giardino, neanche fosse casa sua!-
- E il genio ha capito ha capito che siamo maghi. Dieci e lode.- aggiunse la piccola Malfoy, arrampicandosi su uno sgabello con un libro logoro, lungo ma sottile, e la scritta in frontespizio dorata diceva "Animali Fatati e le Loro Leggende."
- Cosa stai cercando?- le chiese Draco, raggiungendo le bimbe ed evitando lo sgambetto di Lucas, prima di torcergli il collo - Quello non è un libro di fiabe?-
- Più o meno.- disse Glory compita, sfogliando velocemente le pagine - L'altro giorno J.J. mi ha detto che anche la sua nonna francese una volta gli ha regalato delle oche che fanno le uova d'oro, ma a lui non è mai venuto fuori un uovo di piombo.-
- Che tra l'altro non si schiudono.- aggiunse Lucas, ironico - Vanno fatte fondere! Ci penso io...-
- Tu stai buono lì.- gli disse sua madre, dandogli un paio di pacche in testa - Cosa credi che sia?-
- Un uovo venuto male.- borbottò Hermione, senza alzare gli occhi dalle sue liste.
- O magari un'altra cosa mamma.- fece sua figlia, scoccandole un'occhiata di sfida all'ultimo stadio della cultura - Ho letto sui libri di favole che le oche dalle uova d'oro in coppia fanno sempre otto uova. Le nostre invece ne hanno fatte nove, con quello di piombo.-
- Già.- annuì anche Faith, eccitata - Lo zio J.J. ci ha detto dove cercare, lui pensa che possa essere qualcosa che porti fortuna o sfortuna, dipende. In fondo le uova d'oro sono piene di magia.-
- Si ma mica sono Leprecauni.- borbottò Draco, sporgendosi sul libro oltre le due piccole - Ecco qua...- e puntò il dito su una pagina colorata dai toni pastello - "Dall'alba dei tempi le oche dalle uova d'oro sono considerati animali magici portatori di fortuna come unicorni, Leprecauni, Fumaioli e fate arboree. Le oche portano fortuna a chiunque le accolga in casa sua..."-
- Siamo a posto allora, visto che le hai fatte secche!- rincarò Lucas.
- Zitto tu.- Draco continuò già sentendosi fischiare le orecchie - "...per ogni oca, a meno che queste non siano in coppia, si contano quattro uova a covata. Quando esse sono in coppia, otto. Il numero perfetto. La parte di leggenda collegata a questi preziosi animali però entra in gioco spesso e volentieri durante possibili problemi causati al mondo dei maghi."-
Ora anche Hermione levò lo sguardo, sbattendo le ciglia.
- Come?-
Draco alzò la mano, continuando a leggere - "Durante periodi di pericolo o di un gran bisogno di fortuna, è possibile che le oche dalle uova d'oro possano covare letteralmente un preludio di fortuna o sfortuna, che potrà dare ai maghi un'idea di come potrebbe concludersi la fonte del loro problema. In questo caso la covata verrà composta da nove uova d'oro ma non è insolito che l'ultimo uovo possa avere un aspetto diverso da quello dei compagni..."
- Aspetto diverso?- Faith spiò il cestino di uova che si erano portati dietro, giù dal bancone accanto alla scrivania.
L'uovo di piombo non era proprio bellissimo. Anzi. Sembrava un sasso.
- Siamo a posto.- cantilenò quel diavoletto di Lucas, ridacchiando - Ehi, saremo invasi di Mangiamorte allora, secondo i pronostici delle oche!- poi cambiò tono - Ma per favore! Fondiamo quelle uova e basta!-
- Se tanto ci dà tanto quell'affare è davvero un attira guai!- mugugnò Draco fra i denti.
- Bhè, non basiamoci sulle apparenze.- disse Hermione, sollevando il pesante ovetto di piombo - E' caldo...l'unico fra tutti e nove. Magari vuol dire qualcosa.-
- Magari è una bomba.- sindacò il piccolo Potter.
- Fondiamolo.- acconsentì Malfoy.
- Magari possiamo aspettare che si schiudano.- propose Elettra, incuriosita - Non può venire fuori niente di brutto da un uovo, no?-
- Nessuno di voi ha mai visto Alien allora.- celiò Hermione.
- Cosa?- riecheggiò suo marito.
- Niente, lascia perdere.-
- Già, lascia perdere Herm.- l'apostrofò Harry entrando, ancora pieno di neve nei capelli - Ci manca anche che si mettano a guardare Alien. Allora, che succede con quelle uova?-
- Niente, il sasso della compagnia è un cattura guai.- gli riassunse Draco, lanciandoglielo.
Potter stranito guardò l'uovo. Bhè, in effetti fra l'oro luccicante degli altri e quella scorza di piombo c'era una bella differenza. Però era caldo e Glory, che le studiava da quando le oche le avevano sparse per casa, diceva anche che era l'unico a muoversi.
- Possiamo metterle sotto una cupola, per vedere che succede.- propose Hermione, passandogli la sua tazza di caffè, visto che per andare fuori a buttare la spazzatura come ogni babbano che si rispetti si era letteralmente congelato - Forse ne uscirà qualcosa di gradevole e che ci porterà fortuna.-
- Ma se porta sfortuna lo facciamo arrosto!- celiò Lucas.
- Tu sei da internare a vita.- gli disse Harry, pacato - Domani ti porto da qualcuno.-
- Si, ma già che ci sei fatti visitare anche tu, signor Ho la Bacchetta ma non Mi Riprendo i Poteri.-
Il bambino sopravvissuto non rispose. Un'occhiata pressoché incisiva spedì a letto tutti e tre i marmocchi che scapparono trascinandosi dietro il cestino che pesava almeno trenta chili con tutte quelle uova, compresa quella di piombo che poveretta, avrebbe invece portato ai piccoli e anche ai grandi un augurio e un buon auspicio, per una volta.
- Ci mancavano anche le oche adesso.- sbuffò Hermione, rimettendosi a lavoro - No, dico...ci si mettono pure le oche, come se io e Lucilla non avessimo già abbastanza problemi!-
Elettra, Harry e Draco subito la guardarono inclinando il capo in sincrono.
- Perché?- chiese la bionda - Che problemi avete tu e Lucilla?-
- Sta male?- fece Potter preoccupato.
- Non sarà mica incinta.- se ne uscì invece Malfoy.
Merda. La Grifoncina si morse il labbro, dandosi dell'idiota. Ma l'adolescenza passata insieme al bambino sopravvissuto non le aveva insegnato niente? A quanto pareva no, visto che si lasciava scappare le cose.
- No, non è incinta...abbiamo solo...qualche grana con Caesar.- belò con un sorriso smagliante - Prende qualche pastiglia di troppo la sera e comincia a cantare tutte le canzoni di Bob Marley e...- oddio, ma perché non taceva??
- Bob Marley?- Harry sollevò le sopracciglia - Wow...ha gusto allora! E io che pensavo fosse un punk.-
- Si, come no. Il maledetto Cameron un punk...cazzo Sfregiato, ripigliati quei poteri perché qua da otto anni a questa parte il tuo quoziente intellettivo già scarso ha avuto un'altra bella battuta d'arresto.-
- Se non altro io ce l'ho un cervello, Malferret, sotto i capelli. Non so se si può dire lo stesso di te.-
Alla fine della fiera rimasero svegli fino a mezzanotte, più o meno quando ricevettero al cellulare di Hermione una telefonata disperata di Asher, che non ne poteva più di stare acquattato su un albero di fronte alla villona di Donovan.
In sottofondo c'erano Edward e Ron che disquisivano di quidditch e se il principe non si era ancora tagliato le vene era già molto.
Dichiararono una seduta di lì a pochi minuti, per dare il tempo a Trix ed Efren che erano ancora in servizio con Jess e Clay di raggiungerli, mentre Milo e Tristan sarebbero rimasti al Ministero, per far vedere a Duncan che lavoravano visto che avevano marinato il servizio per i due giorni precedenti. Motivo: battuta di caccia grossa annuale al croen, in cui li aveva coinvolti il caro Tanatos Mckay.
Beatrix arrivò come al solito fresca come una rosa, Efren invece sembrava un cubetto di ghiaccio, più o meno come Jess e Clay che avevano dei Mantelli Autoriscaldati, la moda dell'ultimo momento, sui 15°.
Ma il bello fu l'ingresso di Edward, Ron e Asher dal camino.
- Eravate in trincea?- li apostrofò Trix, attaccata al bancone nell'intento di versarsi del sangue in un bicchiere.
In effetti così conciati sembravano davvero dei marini. Agli stivali dovevano sostituire degli anfibi ma per il resto...un mitra e il completo era perfetto.
- Che avete fatto alla faccia?- soffiò Clay Harcourt, ridacchiando - Grandi ragazzi, questa è fantastica!-
- Si, una meraviglia.- celiò Efren sarcastico - Peccato che il capo non lo sappia!-
- Non l'avete detto a Duncan?- Jess quasi sputò tutto il thè corretto - Ma siete deficienti? Quello ci scardina la testa a tutti quanti! E poi ci butta fuori!-
- Non verrà mai a saperlo, dai!- cinguettò Edward agitando la mano e liberando i capelli lucenti dal passamontagna - E' stato fantastico, freddo a parte. Lo sapevate voi che Donovan ha un'amante?-
- Porco. Sarà pure minorenne.- fece Trix, sedendosi accanto a Jess.
- Lo credo. E indovinate chi è.- concluse Ron, accettando del cognac.
- La futura erede al trono?- ironizzò Harry.
- Sbagliato.- gli disse Asher, assumendo un'espressione attenta - La figlia sedicenne di Paul Brockway.-
Hermione tutto a un tratto dovette fermarsi. Posò le pergamene, fissando Ron e poi Edward.
- Paul Brockway?- alitò Harry per lei - Ma è il...capo della sezione degli Auror di controllo ad Azkaban.-
- Centro.- annuì Weasley - Bella coincidenza.-
- Se li tiene stretti gli amici.- sibilò Draco fra i denti, portandosi alla bocca del whisky e mandandoli giù velocemente - La ragazzina farà il M.A.G.O. solo l'anno prossimo. Possiamo denunciarlo. Se ci ricamiamo un po' sopra possiamo ottenere un mandato e controllargli la casa. Oppure ribaltargliela da cima a fondo. Così verranno fuori i registri della Gringott e sapremo cos'ha rubato Badomen dalla banca.-
- Ci vorranno secoli, farà in tempo a far sparire tutto.- negò la Diurna - Ma il fatto che abbia contatti con Brockway così personali è davvero preoccupante. Come avete fatto a vederla poi? E' così scemo da farsi beccare?-
- E' arrivata appena siamo venuti via noi.- Ron scosse il capo - Era incappucciata, Asher l'ha vista bene e l'ha riconosciuta. Lei e sua sorella maggiore erano sulla cronaca scandalistica la settimana scorsa, per la festa delle debuttanti.-
- Ne leggi di porcate, ciccio.- ironizzò Trix.
- Sta zitta succhiasangue.- masticò il principe - Ero da Dena con Baley e quel mentecatto di William. Ho solo sentito la governante che si lamentava che Dena non ha partecipato.-
- A parte questo, il fatto che si ripassi la figlia di Brockway può far pensare che abbia accesso alle chiavi di Azkaban.- mormorò Harry, fissando le fiamme nel camino - Gente qua la cosa mi piace sempre meno.-
- Non dirlo a me.- sussurrò Hermione, con la testa fra le mani.
Oddio. Oddio. E ora come lo diceva a Lucilla?
- Ehi, un secondo...- li zittì tutti Draco - Se quello entra ad Azkaban accompagnato da qualcuno, mettiamo qualcuno sotto Imperius e anche sotto Polisucco...come nel caso Crouch...-
-...può far uscire qualcun altro. Dei Mangiamorte.- finì Edward, iniziando a sentire la gola secca e vedendo nello sguardo sbarrato di tutti la stessa idea - Quante volte va ad Azkaban a firmare le entrate al posto del Ministro Dibble? Quello può scaricare barboni e caricare Mangiamorte come nulla fosse!-
Quella faccenda in teoria sembrava così facile in pratica che tutti i presenti rimasero per un attimo annichiliti dall'ipotesi più che fondata che già metà reparto di Mangiamorte fosse fuori dalle celle.
- Merda!-
Harry balzò in piedi, coi nervi già a fior di pelle e pronto ad allungare finalmente le sue stramaledette grinfie su bacchetta e magico foglietto per riprendersi i suoi dannati poteri, quando avvertì un leggero calore nella tasca posteriore dei jeans.
Ne estrasse lo specchietto che divideva con Sirius ma non vide lui nel riflesso, bensì Remus.
- Ehilà.- disse, fermandosi in mezzo alla biblioteca - Rem che succede?-
Il lupo mannaro sembrava in agitazione e il viso pallido, per l'avvicinarsi della luna piena, non era cadaverico solo per la sua salute.
- Harry abbiamo un problema.- gli disse.
La voce riecheggiò fra le quattro mura, sembrava quasi di poter tagliare l'aria col coltello.
- Che è successo?- mormorò, col cuore che galoppava.
- Ecco...- oltre Remus vide un muro nero, di mattoni umidi e marci -...c'è stata una fuga da Azkaban, mezz'ora fa. Badomen è evaso.-
Il Fato doveva avere un gran senso dell'umorismo, pensò Harry Potter stringendo lo specchietto fra le dita.
E decisamente in quel momento si stava sbellicando alla sua faccia.
Per l'ennesima volta.


La mattina dopo, Lucilla con gli occhi truccati di nero alla perfezione per coprire agli sguardi di tutti la sua stanchezza arrivò in cucina a Cedar House, pronta a raggiungere Cameron Manor.
Alla tavola c'erano già Degona e la sua amica Isabella, la figlia dei Prentice, che si era fermata a dormire da loro dopo una nottata di bagordi per il compleanno di Julian Larabee.
- Buongiorno!- tubò Dena, sempre luminosa come il sole, che purtroppo quel giorno non c'era - Ehi, sei bellissima. Vai da qualche parte?-
Le sorrise ammirata anche Isabella, sempre lo stesso peperino biondo dai lunghi capelli color grano maturo, lisci, stessi occhiali dalle montature colorate e glam - Buongiorno Lucilla. Ha ragione Dena, sta benissimo. Va a una festa?-
- A quest'ora grazie al cielo no.-
La Lancaster afferrò il giornale che sua figlia teneva accanto, studiando i titoli.
Si. La fuga di Badomen aveva già fatto il giro di tutta la Gran Bretagna.
Dannazione. Ci mancava anche tornare ai tempi in cui i Dissennatori facevano uscire i Mangiamorte da Azkaban. Ora però non erano più i Dissennatori. Ma un Primo Segretario, niente meno.
- Ho letto.- le disse Degona, distogliendola da sui cupi pensieri - Oggi a lavoro ho del tempo libero, non è previsto l'arrivo di altri casi speciali, quindi mi metterò ad ascoltare l'etere. Stai andando da Caesar a chiedergli la stessa cosa, vero?-
- Non sta bene per delle signorine educate spiare i pensieri altrui.- le interruppe Elisabeth Jenkins, entrando in cucina tirata a lucido con un tailleur di cachemire dai toni pastello. Si chinò e baciò entrambe le streghe, che le sorrisero, poi la giovane governante si rivolse a Lucilla.
- Stai uscendo?- le chiese, levando graziosamente un sopracciglio - Cara ti ricordi che stasera c'è la festa dal signor Howells, vero? Il coach delle Aquile Dorate. Sarà presente tutta l'alta società dei maghi.-
- Certo che me lo ricordo.-
Lucilla sembrò quasi inspirare forte, per trattenere in lei un che di maligno.
- Torno per pranzo se riesco.-
- Cosa?- sbottò Liz - Ma cara, Rose ha fatto chiamare la sarta sia per me, che per te e Dena! Deve essere tutto assolutamente perfetto stasera.-
- Bhè la mia taglia la sa bene la sarta!- sibilò Lucilla a quel punto, perdendo inspiegabilmente la pazienza davanti a sua figlia che non l'aveva mai vista irritata, al massimo accondiscendente e indifferente con sua nonna e la sua governante - Andrà bene qualsiasi cosa e qualsiasi taglio, basta che la stoffa non sia troppo chiara o rosso sangue!-
- Va bene.- Elisabeth strinse le labbra e arricciò il naso - Allora passeremo prima io e Degona. Vero tesoro?-
- Si, certo. Appena torno da lavoro.- scandì l'empatica, scoccando un tiepido sorriso a sua madre - Allora ci vediamo più tardi. Io intanto faccio il mio dovere.- e le strizzò l'occhio - Salutami Caesar, Dimitri e Leiandros.-
Stavolta la demone si limitò ad annuire, veleggiando fuori da quella cucina alla velocità della luce.
Dannazione. Cosa le stava capitando?
Per quattordici anni era riuscita a vivere con Elisabeth in quella casa senza pestarle mai i piedi, limitandosi a farle fare tutto quello che voleva, sopportando snobismi, discorsi assurdi su sangue e razza e anche manie di grandezza di una tizia che venerava Charlene Rainolds come una dea, l'essere unicellulare con più capelli rosso battona mai esistito...ma ora...qualcosa in lei stava cominciando a non incastrarsi più come doveva.
Aveva come l'impressione di avere qualcosa sulle spalle e sullo sterno, che la schiacciava.
Sapeva che la scomparsa di suo figlio le stava lentamente togliendo le energie per sopportare gli altri abitanti di quella casa. Rose Mckay poi, che veniva dalla tenuta padronale dei Mckay solo perché a quanto pareva aveva il gusto perverso di rovinarle la giornata, stava rischiando grosso: un mese prima per esempio Lucilla si era stupita a pensare che le sarebbe bastato battere le mani per farla cadere stecchita con la faccia nel suo piatto ipocalorico.
Le stava accadendo qualcosa, ne era sicura. Ma essendo sempre stata una roccia, essendo sempre passata su tutto senza quasi riportare ferite, la giovane Lady Lancaster non aveva mai pensato di poter aver accumulato nella sua vita una tale quantità di stress da poterla davvero piegare.
Sbagliava infatti, perché stava per cedere.
Con sommo rimpianto non riuscì a salutare Tristan prima di andarsene, lui era ancora il Ministero e se ne andò terribilmente imbronciata, senza capirne il motivo.
Raggiunto il Golden Fields però dovette ammettere che il tempo stava degenerando ancora.
A Londra nevicava. Si. Durante la notte era sceso un metro e mezzo di neve.
Lì nel Golden Fields poco meno. Sembrava di stare a Natale, non a giugno inoltrato...e quell'ambiente di bianco spettrale la metteva in allarme. Tutto era incolore. Cielo, terra, aria.
Un'unica dimensione.
Varcati i cancelli e le porte a due battenti del palazzo si trovò di fronte al grande scalone a spirale di marmo e all'ingresso di Cameron Manor che...era insolitamente ingombro di oggetti e mobilio.
Incuriosita, si fece guidare dal rumore e dal cicaleccio fino alla sala da pranzo del piano terra, una delle quattro a dire il vero, ma quella più usata dal padrone di casa.
Entrando, notò Caesar seduto direttamente sulla tavola, una sigaretta che gli penzolava di bocca e...stranamente, nessun bicchiere di vino in mano ancora.
- Ehi.- Non appena la vide le sorrise e Lucilla quasi ne rimase stupita. Accidenti, che cambiamento in due giorni.
- Ciao.- disse, avvicinandosi - Come va?-
- Tutto bene.- rispose, tornando a volgere lo sguardo nella direzione del camino - No, no...quello è orribile. E' roba di mio fratello, ma non so perché l'abbia scaricata qua.-
Lucilla vide Denise Loderdail in un corto vestito di seta turchese, in piedi e scalza poco lontano da loro. Fra le mani teneva un quadro a olio che ritraeva un lago, delle colline. Molto bucolico insomma.
- E' bello.- disse Denise - Non ti piace?-
- E' pieno il mondo di quadri così.- replicò Cameron.
- Ci fosse stato dipinto sopra un tizio impiccato l'avresti tenuto?-
- Almeno non sarebbe stato un soggetto banale.- tubò Caesar melenso, per tornare impassibile con Lucilla - So perché sei qua, ho letto il giornale. Il dannato è fuggito.-
- Già. E dalle indagini di Hermione il Segretario Donovan, quello che viene qua a fare i Controlli su Tom, è quasi sicuramente implicato in prima persona. Con Donovan viene sempre anche l'Auror in capo ad Azkaban.-
- Si...com'è che si chiama?- borbottò Caesar.
- Brockway.- disse Winyfred, apparendo con la Gazzetta in mano, seguita da Brand - Paul Brockway mi pare. Un tipo amorfo, dal colorito peggio di un vampiro. Perché?-
- Pare che sua figlia minore sia l'amante del Segretario.-
- E immagino che il Segretario vada spesso ad Azkaban.- ironizzò Brand, pulendosi gli occhialini - Santo cielo, far beccare la sua amante ha decisamente rovinato il nostro caro Segretario Donovan. Avete delle prove?-
- Per ora no. E anche volendo il Wizengamot farebbe sufficiente resistenza affinché Donovan possa nascondere ogni prova, compresi i registri della Gringott e ciò che, siamo quasi sicuri, Badomen gli ha infilato in tasca quel giorno della Strage di Diagon Alley.-
- Ma che bel quadretto.- ironizzò Denise in sottofondo - Questo come lo trovi Caesar?-
- Allucinante.- masticò Cameron, carezzando una spalla alla Lancaster - Dena sta ascoltando l'etere?-
- Si, appena avrà tempo a lavoro.-
- Perfetto. In due faremo prima. Ieri notte sono quasi sicuro di aver sentito Tom e l'energia del suo collare.-
Lucilla si animò subito - Dove? A Londra?-
- Si, bassifondi.- annuì Cameron - Un altro paio di giorni e te lo trovo. Leiandros e Val sono già andati al Destiny, al Seine, al Kingdom of Damn...-
- Jeager è anche andato alle Dodici Porte.- sussurrò Winyfred - Niente. Non se ne sa nulla per ora.-
- Può essere davvero finito nelle mani della donna di Badomen allora.- sospirò Brand.
- In questo caso però lo tengono sempre sottoterra.- replicò Caesar, fiducioso - E la rete sotterranea di Londra non è tanto irraggiungibile come si pensa. Vedrai. O io o Leiandros lo troveremo.-
- Si ma...- Lucilla parve cambiare del tutto argomento - Qua che succede?-
- Niente, lavori di restauro.- cinguettò Winyfred giuliva, aggrappandosi al suo braccio - Adoro le feste di fidanzamento.-
- Le cosa?- fece la Lancaster senza capire.
- Ahah, non te l'ha ancora detto?- alle spalle le arrivò Demetrius, gli occhi libidinosi e l'aria divertita all'ennesima potenza - Caesar deve darti una notizia tesoro.-
- Smetti di bere?- ironizzò lei.
- No.- frecciò, guardandola storto - Niente di che. Ma domani sera si fa festa qui, quindi tieniti libera.-
- Altre feste. Viva i debosciati. Per cosa? Chi si fidanza?-
Denise si limitò ad alzare la mano, restando a trafficare accanto al camino con alcuni modellini di mappamondi.
- Oh no!- si schifò Lucilla - Con tuo cugino. E tu le fai fare qua la festa? Ma sei deficiente?-
- Non con Hestor.- belò Winyfred, saltellando appena al suo fianco.
- E allora chi è lo sposo?-
Panico. Soffiandole addosso una nube di fumo, Caesar levò le manina con la stessa indolenza della Loderdail.
- Auguri e figli maschi!- finì Vlad, entrando in sala da pranzo tenendo fra le braccia uno scrittoio del diciottesimo secolo - Questo dove lo metto?-
- Brucialo.- dissero in coro i fidanzati, sotto la bocca spalancata della Lancaster.
Ok, qua c'era da preoccuparsi sul serio. Due giorni prima la Star del Reparto Malati di Mente aveva fatto saltare per aria mezza casa e una trentina di ettari di terra per la vedovanza che mal sopportava. Ora, a distanza di quarantotto ore sembrava essere sotto sedativi. Oppure aveva passato la nottata più serena degli ultimi ottant'anni.
- Tu sei da ricoverare.- gli sibilò inferocita.
- Può darsi.- disse tranquillo, stappando finalmente la bottiglia e versandosi da bere - E' successo l'altro giorno che i Loderdail hanno quasi legato Denise all'altare, per farle sposare il cugino di fronte al Diacono. Quando è tornata abbastanza sana e quasi salva, ho pensato che fino alla sua maggiore età posso anche occuparmene io.-
- Da menefreghista a filantropo.- la Loderdail si volse a guardarlo da sotto le lunghe ciglia brillanti - Nessuno può comprarmi. O vendermi.- gli ricordò, a bassa voce - Ma grazie comunque.-
Caesar tacque, restando immobile sotto il suo sguardo.
Sentendo poi Demetrius sogghignare insieme a Winyfred, schioccò la lingua, rimettendosi a spiegare i loro piani - In questi due giorni Hestor e suo padre hanno provato a cercarla. Sono anche venuti qui, visto che non ho chiuso a chiave i cancelli ma Vlad li ha cortesemente informati che io e Denise eravamo fuori dal paese.-
- Volevo vedere Roma.- la informò la Loderdail.
- Ti è piaciuta?- sorrise Lucilla con indulgenza.
- Oh, è stupenda anche se non ho visto quanto avrei voluto.- disse l'altra quasi felice - Quando siamo tornati abbiamo pensato di affrettare le cose. Domani sera perciò diamo la festa di fidanzamento.-
- I tuoi lo sanno?- chiese la Lancaster a Cameron.
- Ancora no, neanche Leiandros.- rispose lui, portandosi il calice alle labbra - Ma andremo a trovarli fra poco. Mia madre ha una lunga esperienza su come aggirare le leggi dei trattati demoniaci, quindi potrà consigliarci meglio su come agire per il meglio.-
Indubbiamente dopo un periodo nero per tutti arriva un periodo decente.
Questa almeno è la speranza di ogni anima tormentata e a quanto pareva Caesar stava per imboccare la strada buona.
Era felice per lui, tanto che per la prima volta nella giornata riuscì a rilassarsi.
Si sedette anche con loro a discutere della faccia che avrebbero fatto quei bavosi dei Loderdail quando sarebbero rimasti senza erede femmina e pure senza una procreatrice.
Ma la parte migliore di tutto quel dramma era indubbiamente l'impagabile luce nello sguardo di Caesar.
Lucilla provò l'irresistibile impulso di abbracciarlo stretto, ma si trattenne. Tanto lui sapeva, sentiva.
Per questo non riusciva a smetterle di sorriderle di cuore, proprio come lei.
Verso mezzogiorno l'accompagnò fuori, passeggiando con lei nel giardino fino ai cancelli.
- Domani sera sarò sicuramente libera.- gli promise, mettendosi il cappuccio sui capelli già pieni di fiocchi di candida neve - Non me la perdo questa.-
Cameron rise con aria mite, limitandosi ad alzare le spalle.
- Secondo Demetrius mi sto ficcando in un sacco di guai. E non dovrei nelle mie condizioni.-
- Ah, tesoro.- gli disse, posandogli una mano sul torace in cui batteva quel segreto - Credo invece che questa sia l'unica via d'uscita dal tuo bel tunnel nero e arredato a cassette di vino.-
- Avvisi tu Hermione?- le chiese, glissando sulle sue allusioni.
- Certo. Sarà felicissima.-
- Troverò un modo per farla entrare, dovessi sfondare qualche altra parete.-
- Stai diventando troppo buono.- gli disse, piegando la bocca in un ghigno sardonico - Non farmici abituare.-
- E tu riposati.- l'ammonì invece - Tanto entro poco tempo Tom tornerà a casa.-
- Lo spero.-
- Non sperarci. È quasi reale.-
- Allora la smetterò di fare la matrigna isterica quando sarà di nuovo ben piantato a casa tua...e con un occhio nero, visto e considerato l'umore di Stokeford.-
- Vlad è molto suscettibile riguardo ai suoi poteri.-
- Ah, come lo capisco.- Lucilla rise ancora agitando la mano guantata in aria, prima di svanire - A domani sera!-

Arrivarci alla sera dopo!, stava pensando Denise qualche ora più tardi di fronte allo specchio della sua camera, dopo aver cambiato la bellezza di una cinquantina di abiti.
Troppo corti, poco scollati, troppo seri, troppo colorati...insomma, non riusciva a tranquillizzarsi.
E il fatto era che stava andando a conoscere la famiglia del suo futuro sposo.
No, dico. Andava a conoscere la famiglia di Caesar! Perché si sposava...con Caesar!
Esasperata si lasciò andare stesa lunga sul letto, avvinghiandosi a un cuscino.
Dannazione, stava diventando matta. E tutta colpa di quel deficiente che non si era sognato di dire nulla ai suoi. Neanche un accenno. Così appena arrivati a casa loro l'avrebbe mollata lì davanti ai suoi genitori, come un pacchetto.
Ecco fatto! Nuova nuora a sostituire quella vecchia che era perfetta sotto ogni punto di vista!
Grugnendo affondò meglio la faccia nel cuscino sull'orlo di una crisi cardiovascolare, se solo fosse stata umana.
Già stare appiccicata al braccio di un uomo come Caesar Noah Cameron le faceva credere all'esistenza di un Dio benevolo che amava tutte le sue creature indipendentemente che fossero demoni, alcolizzati, assassini o banchieri, ma starci attaccata per finta e prendere il posto della sua ex moglie...oh no, era troppo per una giornata sola!
E poi lei aveva già visto alcuni membri della famiglia Cameron ai ricevimenti per il Capodanno.
Gente altera, con sguardi quasi sempre volti a chissà cosa. Tizi che parlavano poco in pubblico e che notavano appena chi gli stava di fronte...a meno che non li calpestassero accidentalmente.
L'unico alla mano fra quegli alieni era Leiandros!
Accidenti. E poi mai scordarsi di Angel A. Cameron!
La madre di Caesar!
Probabilmente una dea in terra che concedeva sorrisi e strette di mano come la magnanima pioggia nel Sahara!
Basta!, si disse all'improvviso. Almeno doveva provarci. Ok, era piccola e spaventata da tutto quello che le stava capitando, ma l'idea di essere sposata con Caesar andava ben oltre il ripugnante sentimento di trovarsi a letto col cugino Hestor, quindi almeno poteva provare a godersi quelli che forse erano i giorni più belli della sua vita, anche se il suo futuro marito non l'avrebba mai amata e...quel matrimonio era finto con un quadro da rigattiere.
Pazienza se lui non l'amava. Pazienza se non era all'altezza di Imperia. Lei non era Imperia, doveva ricordarselo sempre. E di certo non era neanche il tipo da suicidarsi per la noia o per l'isolanto da un mondo estraneo.
Le dispiaceva solo la mancanza di Tom.
Lui sarebbe stato felice per lei, ne era sicura.
Quando sentì bussare alla porta inspirò forte, facendosi coraggio.
- Avanti.-
Caesar entrò ancora intento a stringersi le cinghie della giubba sugli avambracci - Sei pronta? Ha già chiamato mio fratello per...- e si zittì all'istante, richiudendo la bocca, aprendola e poi chiudendola ancora.
Decisamente a guadagnarci non sarebbe stata solo lei, pensò per un istante.
Che cosa strana.
Dopo quasi un secolo del tutto estraneo a una vita sessuale normale stava cominciando a provare sensazioni che credeva di aver scordato nell'istante in cui Hermione se n'era andata dalla sua casa e dalla sua vita, come amante.
Percorse Denise con uno sguardo, ammirando quella visione ultraterrena in tulle argenteo.
Era lei il vero diamante, si disse.
La Loderdail parve rinvigorirsi nell'averlo zittito. Almeno gli piaceva com'era vestita.
- Vado bene così?- gli chiese.
-...Perfetto.- riuscì a mugugnare, tornando a trafficare con le cinghie per non arrossire come un ragazzino alle prime armi - Se sei pronta possiamo andare.-
- Dov'è casa tua?- gli chiese curiosa, afferrando un mantello bordato di pelliccia.
- Nuova Zelanda.-
- Ci stanno anche gli Harkansky lì.-
- Si, mio padre e il fratello di Horus Harkansky sono amici fin da bambini...hanno sempre vissuto lì anche se abbiamo un'altra casa in Islanda e una in Cambogia, da parte della famiglia di mia madre.-
Seguendolo per il corridoio non poteva fare a meno di continuare a sentirsi tesa.
Il peggio era che lui sicuramente avvertiva tutta la sua mancanza di fiducia, perché prima di entrare nel camino si fermò, afferrandole la mano e le scoccò uno sguardo intenso.
- Devo prendere dietro del thè?-
Faceva riferimento a quella volta che aveva dato i numeri, tanto che arrossì imbronciata.
- No, cretino.- sbuffò, abbassando il viso - Solo che questa situazione è un po' complicata. Chissà che diranno i tuoi.-
- Probabilmente nulla.- le rispose, alzando le spalle - Non s'intromettono più nella mia vita privata da secoli ormai. Bhè...otto anni fa a parte perché io e Lucilla stavamo violando i contratti con gli umani.-
- Quando ti hanno chiuso in biblioteca dici?-
- Esatto.-
Bhè, se tanto le dava tanto quella riunione sarebbe stata un vero supplizio.
Invece, a differenza di ciò che pensava, una volta giunta in Nuova Zelanda il suo spirito si placò.
La bellezza del territorio mozzava il fiato. L'aria era fresca, pungente e limpida.
E l'Old Cameron Manor se possibile ancora più magnifico di quanto avesse potuto immaginare.
Poteva sembrare dall'esterno un enorme castello di ghiaccio, tanto il marmo di cui era composto sembrava puro e trasparente. Attorno era abbracciato da una vallata e da un corso d'acqua cristallino, sormontato da una nebbia leggera.
Una volta all'interno e dopo aver visto migliaia di servitori che scorrazzavano qua e là salutando il padroncino e la sua ospite come se fosse un evento raro, Denise guardò Caesar stranita.
- Non ti piaceva vivere qui?-
- Non particolarmente.- le rispose.
- Perché hai scelto la Gran Bretagna?-
Lui non fece una piega, sentendo una strana leggerezza - Imperia amava la sua patria e Londra e io non feci storie. Inoltre i suoi genitori come clausola al matrimonio vollero che rimanesse vicino a loro...e così facemmo. Ma tanto non misero più becco nella sua vita. Un po' come i miei.-
- I tuoi la presero male?-
- Diciamo che avrebbero preferito che sposassi una donna che amavo.-
- Quindi si sono ricreduti.-
- Solo alla fine. Ecco...- e le indicò una grande porta a due battenti, intarsiata in una parodia di cielo e terra, inferno e paradiso - ...quest'orrida cosa è ancora qui. Non l'ho mai sopportata.-
- Troppi angioletti?-
- Diciamo di si.- e le fece spazio - Prego.-
Appena aperto uno spiraglio la risata argentina di Leiandros arrivò alle orecchie dei due fidanzati.
Ma la prima persona che vide Denise fu la regina incontrastata di quella casa. Angel Cameron, seduta a capotavola di fronte a un libro spesso su cui stava scrivendo con la telecinesi. La piuma si fermò a mezz'aria, quando li vide sulla soglia.
- Salve.- disse, notando anche Denise. Suo figlio le aveva parlato di un ospite qualunque. E non di uno speciale.
Si alzò da tavola in un lungo abito da sera di satin color smeraldo, i capelli bianchissimi raccolti parzialmente sopra il capo e raggiunse il figlio maggiore, abbracciandolo delicatamente.
- Ciao Chichi!- tubò invece Leiandros, svaccato su una sedia - Ciao Denise!- fece poi, piacevolmente stupito - Lo zotico è stato così gentile da invitarsi per il bicchierino della staffa?-
- Sta zitto e non parlarmi.- gli sibilò Caesar, facendo sogghignare Angel Cameron.
- Andiamo tesoro.- disse blandamente - Non essere troppo duro con lui. E' reduce da una serataccia a Budapest.-
- Chiami così gl'incontri con le sue amanti?- sospirò, posando poi una mano sulla schiena di Denise, sospirandola in avanti - Madre lei già la conosci. Denise Axia dei Loderdail.-
- Si, ci conosciamo.- disse la demone, scrutando attentamente la sua ospite - L'ho incontrata dagli Stokeford alcuni anni fa. Siete cresciuta, Denise.-
- Piacere di rivedervi, milady.- disse la Loderdail con grazia, chinando appena il capo.
- Venite, sedetevi.- l'invitò - Tuo padre arriva subito Caesar. Ha avuto uno scambio di vedute con tuo nonno riguardo qualche cavillo nei loro contratti con i servitori.-
- Il nonno è un po' dispotico coi servitori.- le disse Leiandros, serissimo - In servizio non si beve, anche se per sopportarlo ci vorrebbe del narcotico in endovena.-
Chiacchierando del più e del meno la situazione riuscì ad allenarsi, specialmente quando entrò Ocean Cameron, il padre di Caesar e sembrava avere tutta l'intenzione di commettere un parricidio.
Vedendo Denise però rimase molto stupito. Caesar non aveva mai portato donne con sé, a parte Lucilla che era notoriamente solo un'amica per lui e nulla di più.
- Immagino tu voglia dirci qualcosa.- disse, vedendolo tenere la mano a Denise, a tavola.
- Si.- annuì Caesar compito - E' una questione delicata. Mi servirebbe un po' di appoggio.-
- Riguardo a cosa?- chiese sua madre, portandosi una tazza di thè alle labbra, l'unica bevanda oltre allo champagne che lei bevesse.
- Il mio matrimonio.-
Bene. Come previsto Leiandros cadde letteralmente dalla poltrona e sua madre quasi si strozzò, facendosi dare per precauzione qualche colpo leggero sulla schiena dal marito, forse più scioccato di lei.
Ora avevano tutti gli occhi sgranati e Denise, di riflesso, si fece minuscola sulla sedia.
Stringendole la mano, Caesar continuò beatamente - Ho già parlato col Diacono. Noi due ci sposeremo appena possibile.-
- O-MIO-DIO!- se ne uscì Leiandros, rialzandosi in piedi a fatica, coi capelli corvini tutti fuori posto - Sei strafatto vero?-
- No.- masticò il maggiore fra i denti, fissandolo cupamente - E non sono neanche ubriaco.-
- Allora è ubriaca Denise.- ridacchiò suo fratello, sbellicandosi - L'hai drogata, dì la verità!-
- Bhè...devo ammettere che sono abbastanza stupito.- disse invece Ocean Cameron, sedendosi lentamente a tavola e scrutando il suo erede con le sopracciglia alzate - Non è da te...cioè...colpi di testa simili...a meno che non ci fosse qualcosa già da tempo.-
- O a meno che, per come conosco i Loderdail...- Angel Cameron puntò Denise -...non vogliano un erede.-
- Esatto milady.- sussurrò Denise, senza abbassare il capo sotto i suoi occhi albini e densi - Mancano ancora settantasei anni alla mia maggiore età e i miei parenti l'altro giorno hanno cercato di costringermi a sposare mio cugino con la forza. Vostro figlio, mia signora, è stato così gentile da porgermi una mano per aiutarmi.-
- Ma tu guarda.- soffiò Leiandros - E' così che si spaccia adesso la libidine Chichi?-
- Un'altra parola e ti stacco la lingua di netto.- l'avvisò Caesar, seccato.
- Calma, calma.- Ocean Cameron si passò una mano sul viso, per racimolare le idee - Caesar voglio che tu sia ben conscio di ciò che hai in mente di fare.-
- Non lo sono sempre padre?-
- Si ma...mettersi contro tutta la famiglia Loderdail.- mugugnò irritato - Senza offesa Denise, ma i vostri parenti sono delle teste calde.-
- Per questo sono venuto qua a chiedervi aiuto.- fece Caesar con tono pacato - Non l'ho mai fatto in passato e spero che non vorrete negarmi una mano in questo momento.-
- Non si tratta di questo, caro.- intervenne sua madre, chiudendo il librone che aveva di fronte - Ma non credo che il matrimonio sia la soluzione adatta.-
- Io mi sposo madre.- replicò subito - Non cambio idea.-
- Ma lei resta minorenne. Anche se la sposi possono intercedere col Diacono e ottenere l'annullamento. A meno che il matrimonio non venga consumato in maniera inequivocabile.-
La demone avrebbe potuto sorridere, vedendo le facce di quei due. Il suo adorato primogenito si stava di nuovo cacciando nei guai.
- Sarebbe a dire?- balbettò Caesar.
- Un figlio.- sentenziò suo padre.
Stavolta a scivolare sulle poltrone erano i due piccioni.
- Non se ne parla neanche.- sibilò Caesar, piantando un pugnale nel petto di Denise - E' troppo giovane! Morirebbe!-
- Cosa?- allibì la Loderdail, senza capire, sentendosi all'improvviso sollevata - Cosa significa?-
Angel Cameron le porse una tazza con la telecinesi, mettendosi comoda.
- Immagino sappiate che i vostri parenti sono in grado di qualsiasi cosa per questo erede.-
- Si, lo so bene.-
- Ma non sapete che per un demone mettere al mondo un figlio prima della maggiore età è quasi mortale.-
- Se devo essere sincera non mi sono mai interessata a questo argomento.-
- Lo immagino. Vedete, io ero poco più grande di voi quando ho scoperto di essere incinta di Caesar.-
- Ahah. Sentito Chichi? Sei stato un incidente di percorso.- fece Leiandros.
- Vuoi che t'ammazzi idiota? Tu invece sei stato una deprecabile distrazione della natura!-
- Cafone.-
- Comunque...- continuò lady Cameron - Avevo mia madre e mia suocera, a quel tempo, ad aiutarmi. Per questo non morii durante il parto. E' solo verso i duecento anni che il nostro potere demoniaco è abbastanza forte da proteggere il corpo nostro e del feto durante la gravidanza.-
- Capisco.- annuì Denise.
- Certo, se voleste portare avanti questo piano ci sarei io con te.-
- Vi ringrazio milady.-
- Di nulla.- finalmente Angel le sorrise, anche se per poco - Avere un nipote e vedere la faccia serena di Caesar oggi direi che è più che sufficiente. Probabilmente mia cara a voi non serve magia per rendere felice mio figlio.-
- Madre.- mugugnò Caesar arcigno mentre Denise arrossiva - Arriva al sodo.-
- Bene. Se volete che i Loderdail non mettano in dubbio il vostro matrimonio e non si rechino dal Diacono per sciogliere la vostra promessa, è necessario, anzi vitale che sia presente una gravidanza. In questo modo non potranno più dividervi. Non con la prova evidente della vostra unione.-
- Si ma...- Caesar serrò le mascelle - Non mi va l'idea madre. Rischia comunque la vita.-
- Non con me.-
- Non voglio mancarti di rispetto ma la cosa non piace lo stesso. Non c'è un altro modo?-
- Si, il trapasso.- ironizzò Leiandros.
- Fossi in voi ci penserei ancora.- commentò Ocean.
- Non possiamo padre. Non abbiamo tempo.-
- Allora sono pronto a diventare zio!- celiò di nuovo il piccolo di casa Cameron - Voglio una femmina!-
- Vuoi stare zitto o no?- berciò Caesar già sufficientemente incazzato - Maledizione, io volevo qualcosa che non la incatenasse a vita!-
- Tu non lo vuoi un figlio?- gli chiese sua madre.
- Non lo so, non c'ho mai pensato prima.- ammise, rendendosi conto che era la pura verità.
- Tesoro ti conviene pensarci molto bene. E in fretta. O la signorina Loderdail finirà sposata col cugino.-
Denise allora gli afferrò la mano, facendosi guardare.
- Quando me l'hai proposto non avevi idea di tutto questo. Guarda che non sei obbligato.-
Oh, si che lo era. Dannazione, lo era eccome. Incupito, tornò a voltarsi verso la madre.
- Davvero te ne occuperesti tu?-
- Certo.-
- E lei non correrà alcun rischio?-
- Come vedi io sono ancora viva.- gli sorrise Angel - Tesoro, fidati di me.-
- Caesar...- Denise gli afferrò meglio entrambe le mani, seria e orgogliosa - Pensaci bene. E' una follia.-
- Preferisci sposare Hestor?-
- Ma certo che no! Però un figlio è una cosa importante...insomma...a questo punto se può garantirmi la libertà dai Loderdail io non mi tiro indietro ma per te è tutt'altra cosa.-
- No, non direi.- rispose altrettanto cocciuto - E poi ti ho promesso che ti avrei aiuto.-
- Si ma...-
- Ok, è fatta! Che figata i matrimoni! Forza, da bere per tutti!- saltò su Leiandros, a cui era bastata la leggera indecisione di Denise per scatenare un casino che fece sospire tutti i maschi di famiglia - Vado a dirlo al nonno e agli zii! E voi due cominciate ad impegnarvi che voglio una nipote, chiaro?-
Il maledetto Fato, pensò Denise, aveva un gran senso dell'umorismo.
Probabilmente si stava sganasciando dalle risate alla sua faccia.
- Cosa sapete di vostra madre, Denise?-
La Loderdail si risvegliò, sentendo la domanda di Angel.
- Come prego?-
- Cosa vi hanno detto di vostra madre?-
- Ecco...io so solo che l'ho uccisa io nascendo. A quanto mi raccontò mia nonna il mio potere l'ha debilitata e...- si zittì improvvisamente, sgranando lo sguardo.
- Si, conoscevo vostra madre.- sussurrò Angel - E forse non vi hanno detto che aveva solo cent'anni quando vi mise al mondo. Immagino che vostra nonna Sapphire si sia ben guardata dal rivelarvelo.-
- Ma perché..-
- Perché non ve l'hanno detto?- finì Ocean Cameron - Dovete sapere che vostro padre amava alla follia vostra madre. Ne era innamorato pazzo. Forse troppo...perché temeva che lei non l'avrebbe sposato, seguito ovunque, non gli sarebbe stata devota. Così la mise incinta a soli cent'anni, per sposarla e tenerla sempre con sé. Vostra madre comunque lo amava, credetemi. Non è stata costretta a sposarsi...-
- Ma se lui non l'avesse messa incinta avrebbe aspettato.- mormorò Denise - E non sarebbe morta.-
- Diciamo che è così.- annuì Angel - Perdonatemi cara. Ma forse ora che sapete la verità vivrete meglio. Perché voi non avete ucciso vostra madre. E' stata vostra nonna che avrebbe dovuto occuparsi di lei e che invece non l'ha fatto.-
Una spirale. Le sembrava di essere caduta in un'orrenda spirale nera.
Un incubo. Tutte le credenze in cui era cresciuta si stavano sgretolando.
- Stai bene?- le sussurrò Caesar premuroso, piegandosi su di lei.
- Ora si.- gli disse, alzando il viso - Ora va meglio.-
La baciò su una tempia, facendole toccare il cielo con un dito, poi sospirò.
- Bene.- disse ai genitori - Credo che possiate venire a cena da me, allora, domani sera.-
- Armati fino ai denti.- aggiunse suo padre, altero - Sarà meglio avvisare Stokeford. Killearn se la prende se non lo avviso di prepararsi per tempo.-
- Gradirei non sporcare la casa di sangue, padre.-
- Oh, quante storie.- urlò Leiandros da qualche parte, magari dalla stanza accanto - Andate a fare questo bambina, muoevetevi!-
Si, troppe storie. Troppe per un giorno solo.
Caesar si accorse che Denise era già abbastanza provata, così propose di lasciare stare la faccenda per il momento ma non era possibile come gli fece notare sua madre.
Se già si sapeva della festa di fidanzamento della sera dopo, molto probabilmente i Loderdail erano tutti sul piede di guerra, a partire dal padre di Denise.
E quando sarebbero arrivati, avrebbero smosso mari e monti per riavere la loro erede.
Così ormai restava solo una cosa da fare.
I due si capirono guardandosi solo in viso.
- Chiamo il Diacono.- sussurrò Ocean Cameron, alzandosi in piedi - Ci servono quattro testimoni.-
- Tre. Uno dei miei sarà Leiandros.- sibilò Caesar - Io chiamo Winyfred, Brand e Val. Vlad resterà a casa a controllare la situazione.-
- D'accordo.- acconsentì Denise docilmente lasciandogli la mano a malincuore - Fa presto.-
La baciò di nuovo sulla fronte e lei questa volta gli strinse il braccio, forte, con attaccamento.
Era la giornata buona per sposarsi, in fondo.

 

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13° ***


TMR13


 

 

 

"Forse potrò sembrarvi pazzo...specialmente dopo ciò che vi dirò di Viola Rosencratz Leoninus e di questo nostro prima incontro ma...devo ammettere in tutta sincerità che in un certo senso, fu un onore contrarre con una donna come lei un tale debito, come quello che avrei presto contratto io, quella notte del sedici giugno.
Già. Viola. La mia Viola, in un certo senso.
Ricordo che la vidi per la prima volta il quindici giugno di quell'anno, quando mi trovato prigioniero in un'altra prigione. E lei mi apparve a fianco...con quei suoi occhi da felino, quel corpo da peccato e quel cuore di bambina capricciosa e viziata.
Già, Viola. Per lei ero un giocattolo. Come in molti lo sarebbero stati, avanti nei secoli.
Infatti ebbi l'onore di conoscerla ancora in giovane età...perché col passare del tempo lei sarebbe diventata una piaga per tutta la Gran Bretagna. Sanguinaria, magnifica, una regina del male e del sangue.
Ma pur sempre una regina.
E lei, quella notte, mi apparve accanto, sovrastandomi di poco.
Viola Rosencratz Leoninus. Duecento anni in un corpo di fanciulla. Per un'anima nera che non avrebbe mai avuto fine."
T.M.R.



 

 


La notte del quindici giugno al Club Azmodeus, Thomas Maximilian Riddle aprì gli occhi dal suo limbo, ancora piegato dalla febbre altissima, e vide ciò che per un attimo gli apparve un angelo.
Bionda, sui diciotto anni, alta sul metro e sessanta.
Una bambolina di porcellana con grandi occhi di topazio, umidi come oro colato.
Che gli prese la mano, seduta al suo fianco accanto al letto.
Era dolce, Viola Rosencratz Leoninus. Dolce e angelica all'apparenza.
Tanto che si chinò su di lui, la bocca di more appena schiusa. Lo baciò con delicatezza, fino a piegarsi al suo orecchio.
- Hai paura?- gli sussurrò a bassa voce.
Poi la fitta, il dolore, il senso di svenimento.
Due affilati canini si erano piantati nel suo polso destro, affondando in profondità, succhiando, lambendo, leccando.
Tom ricordò più avanti di averla sentita fare le fusa. Una gatta bianca e candida, avvolta in un abito di lucida pelle nera.
Quando finì, Viola si sollevò leccandosi voluttuosamente le labbra.
E di nuovo china al suo orecchio soffiò mugolando di piacere.
Una condanna.
- Sei mio.-


La stessa notte, mentre Caesar Noah Cameron riapriva il cuore alla vita sposandosi con l'unica donna che in quasi un secolo gli avesse fatto battere il cuore all'impazzata, con una cerimonia intima e raccolta in Nuova Zelanda a casa dei suoi genitori e al cospetto del Diacono, Lucilla del casato dei Lancaster iniziò a comprendere il vero significato della parola "frustrazione".
La tenuta primaverile, come amavano definirla i maghi ricchi, del caro CT delle Aquile Dorate, Basil Howells, si trovava nel Devon e, maledizione, era stata invitata tutta la gente che in quel mondo patinato e gretto contava.
I giocatori della squadra ovviamente per primi, insieme alle loro famiglie di rappresentanza, gente del Ministero fra cui Consiglieri del Wizengamot, Obliviatori, Auror di provata capacità ed esperienza, famiglie di illustri fancazzisti, giornalisti a iosa e l'attrazione della serata: Harry James Potter, che da quando era entrato aveva desiderato essere il bambino Non sopravvissuto a Voldemort. Meglio morire per colpa di Riddle che per colpa dei giornalisti.
Perché a quanto pareva lì in mezzo il fatto che Badomen fosse fuggito fregava poco e niente a nessuno.
Almeno fino a quando non fossero state terminate le scorte di alcolici.
Era una cosa vergognosa.
Badomen era fuggito da un giorno ormai e tutti quelli del Wizengamot, Donovan per primo, guarda caso, se ne sbattevano altamente. Almeno, quando i giornalisti li avevano bloccati all'ingresso per fare delle domande sulla questione si erano limitati a dire tutti che "...gli Auror hanno fatto fino ad ora un lavoro egregio. Sappiamo che continueranno a farlo alla perfezione sotto la guida del nostro caro Capo Gillespie."
Naturalmente c'era anche Duncan. Da solo.
La moglie probabilmente l'aveva sbattuto fuori casa quando il giorno prima l'Ordine della Fenice aveva buttato giù dal letto suo marito a mezzanotte per dirgli della fuga. E se il divorzio non era in arrivo, probabilmente era perché la signora Gillespie aveva deciso di farsi l'amante e tenersi il marito assente e anche cornuto.
C'era pure il Ministro Dibble, tanto assediato che Harry nemmeno da lontano era riuscito a guardarlo in faccia, anche se doveva ammettere che non gliene importava poi molto.
La villa era talmente grande, illuminata da grossi lampadari di cristallo del diciassettesimo secolo, con valletti in frac e cameriere con cuffiette, che non sembrava neanche di stare in casa di uno come Basil, che bestemmiava, ruttava e sputava come un turco dalla panchina del mister a ogni partita.
Ma probabilmente anche lui aveva le sue governanti che facevano il loro dovere.
Da non crederci quasi.
La classica festa a cui lui ed Elettra avevano deciso di rinunciare appena nato Lucas, che quella sera era rimasto a casa con Faith, Glory e Aidan. Infatti come baby sitter si erano offerti Damon e Trix, desiderosi di starsene lontani dalla bolgia almeno per quell'occasione.
A differenza loro però, Cloe era presente. Con lei, l'unica dei King a parte suo padre, c'era tutta la famiglia Trust e ovviamente anche Oliver, il suo fidanzato che però sembrava essersi imbucato con qualche ben pensante a discorrere di borsa e calo delle vendite in campo immobiliare.
Fra gli altri visi noti Harry riuscì a vedere tutta la famiglia Mckay, i Black sopravvissuti alla macellazione di Azkaban, i Malfoy, Jane Hargrave e il padre di Hermione, la famiglia Dalton, gli Steeval, i Greengrass scampati alla follia, qualche attore di commedie famose fra cui Julianna Miller che agli ultimi botteghini aveva sbancato interpretando la Bisbetica Stregata, una mezza dozzina di cantanti strafatti che se la tiravano per le loro canzoni e niente meno che Paul Brockway, il caro Capo Controllo di Azkaban.
Insieme a lui, la figlia sedicenne con un lucidissimo vestito dorato di lamé riconoscibile in tutta la sala.
E come diceva Draco Lucius Malfoy, il mondo è veramente in mano alle donne e...a chi sa maneggiarle.
Donovan era veramente da mettere in galera, pensò inferocito. A guardare storto il Segretario però c'era anche qualcun altro. Hermione per dirne una, che stava su una delle balconate aperte sul salone dove si teneva la festa e oltre a fissare male il porco irretitore, pensava anche a come uccidere Gwendoline Pickens, la madre dell'amichetta perfida di Lucas, Glory e Faith, occultarne il cadavere e farla franca.
- Quella gli sta sempre attaccato.- tubò Pansy, in piedi accanto a lei.
- Grazie mille.- replicò Hermione, dando le spalle alla sala - Ah, chissene frega.-
- Si ma ballano e lei gli tocca le parti basse.- aggiunse la signora Parkinson Weasley.
- Davanti o dietro?-
- Fa differenza?- rise la mora - Comunque dietro.-
- Che crepi lei e anche lui.- sbuffò la Grifoncina visto che suo marito aveva ballato praticamente con ogni strega presente - Mi fa diventare matta con Iesi e adesso fa il cretino con la Pickens. Ah, s'arrangi! Ho altro a cui pensare!-
- Tipo scappare da qui?- Pansy si lisciò l'abito e lo scialle di pelliccia vista la neve che cadeva - Fossi in te aspetterei ancora. Magari quella va a prendersi da bere e potresti riuscire ad avvelenarla.-
- O magari facciamo saltare per aria tutta questa gente e basta!- sibilò Lucilla all'improvviso, piegata sulla ringhiera con la testa fra le mani. Era magnifica nell'abito color vinaccia che le aveva confezionato la sarta ed era anche l'unica che se ne andava in giro senza spalle e senza cappotto o pelliccia.
Ma da un demone non ci si poteva aspettare altro.
- Tesoro hai mal di testa?- le chiese Hermione.
Mal di testa? Mal di testa? Era esausta! Non ne poteva più! Venuta via da Cameron Manor dove aveva appreso del fidanzamento di Caesar era tornata a Cedar House per venire seviziata dalla sarta, da Liz che andava in giro dappertutto starnazzando sul fatto che doveva perdere un chilo prima della festa e pure sul fatto che Degona avrebbe dovuto partecipare al ballo delle debuttanti autunnale.
Poi come se non fosse stato sufficiente nel pomeriggio era arrivata Rose, spartendo ordini a destra e a manca su come acconciare i capelli di governante, nipote e nuora.
E poi, ora, lì...tutta quella gente.
Quel chiacchiericcio assurdo e inconsistente basato sui pettegolezzi la uccideva!
- Forse sei troppo stanca.- disse Pansy, scrutandola attenta - Vuoi che chiami Efren?-
- Dubito che un Medimago possa aiutarmi.- disse la Lancaster a bassa voce - No...non mi serve niente.-
Ma neanche a parlarne!
- Oh, eccovi qua!-
Rose Mckay apparve sul balcone con la sua bella pelliccia di visone, in mano due martini.
- Andiamo Lucilla!- sentenziò pragmatica - Non ti sei fatta fotografare neanche una volta stasera. Se non immortalano te per chi credi che vengano i giornalisti?-
- Devo prenderlo come un complimento?- le chiese cupa.
- Prendilo come ti pare dolcezza. Ecco.- Rose le mollò un martini - Questa è una maratona, non uno sprint. Idratati come si deve.-
- Ho già bevuto abbastanza.- l'avvisò. Ed era la verità. Con quel martini, contando i sei bicchieri di vino rosso a cena e qualche altro cocktails preso per aperitivo la sua quota si era alzata per bene. E la testa forse le girava per quel motivo.
Magari sbronzarsi era rimasta l'unica soluzione quella sera.
- Su, manda giù.- continuò Rose alzandole direttamente il calice sotto la bocca - Ecco, brava bambina.-
Ora si che girava tutto.
- Forse è meglio che ti siedi.- le consigliò Hermione, agitando la mano verso una poltrona della sala che si mosse rapida verso il balcone, dove poi sprofondò la Lancaster - Ora va un po' meglio?-
No, niente andava bene. Non andava bene quel vestito troppo stretto e troppo scollato, non andavano bene tutti gli spilloni che le avevano infilato in testa, non andavano bene quei tacchi con cui rischiava di rovinarsi le caviglie, non andava bene quella collana stramaledettamente pesante di diamanti e perle. Proprio lei che odiava le perle!
Non andava bene che Liz ordinasse a Degona ma soprattutto a lei di non ballare con Tristan perché una signora deve concedersi più agli altri che al marito, almeno durante le feste danzanti.
Non andava bene che si sentisse così piccola in confronto a quella maledetta stanza.
Non sopportava più la musica, le chiacchiere, le risate stridule.
Quando fuori...quando fuori suo figlio era in pericolo e Badomen era fuggito.
No, niente andava più bene da tempo.
- Tristan.- sussurrò, tenendosi una mano sugli occhi - Voglio Tristan...-
Rose tentennò un secondo, stranita ma alla fine bloccò una cameriera e le disse di cercarle il figlio.
- Cosa ti prende?- le chiese, inginocchiandosi di fronte alla poltrona.
- Voglio Tristan.- ripeté esausta, stremata, con gli occhi coperti dalla mano come per proteggersi dalla luce.
- Tesoro, ti porto dell'acqua?- le propose Pansy - Magari ti farà bene.-
- Non è che hai dei capogiri? La nausea?- sussurrò Rose, illuminandosi - Sarai incinta!-
Ora esplodeva.
Stava per aprire la bocca e mettersi seriamente a urlare, e chissene frega cos'avrebbero pensato quei relitti di una società tanto schifosa, quando Tristan Mckay apparve in abito scuro, seguito velocemente da Jess e Sarah.
Da lontano, dall'altra parte della pista da ballo in effetti dove si stava consumando un valzer, Harry vide Lucilla abbracciare forte il marito e lui che le sussurrava qualcosa.
- Non mi sembra in forma ultimamente.- gli disse Sirius, accanto a lui.
- E' vero.- annuì Ron, che stava con loro per autodifesa, visto che Ginny e Terry erano rimasti incastrati in una discussione assurda con la maledetta Charlene Rainolds e Liz.
- Meglio che vada a casa e si riposi.- commentò Black - La faccenda dei Mangiamorte le porta sempre a galla brutti ricordi. Ma del resto a chi no?-
Harry non rispose, vedendo la coppia allontanarsi dopo aver lasciato Dena insieme a J.J. e Nick Brett.
Strano comportamento quello di Lucilla. Non era da lei, ma in fondo come non essere disgustati di quel lusso e di quel pettegolezzo quando Badomen era fuggito sotto i loro nasi?
Pensandolo, tornò a puntare Donovan che in quel momento era insieme a due Consiglieri e al caro Brockway.
Da ucciderli seduta stante.
Fortunatamente per il Segretario però Duncan aveva ordinato controllo e calma, pena tortura a vita, così Harry lasciò perdere e tornò a discutere coi membri dell'Ordine di che fine avesse fatto Badomen, tanto dal giorno dopo tutti gli Auror del paese si sarebbero messi in caccia come avvoltoi.
Poi, finalmente libero dalla Pickens, tornò Malfoy. E dalla sua faccia doveva essere stato un ballo moltooo lungo.
- Divertito Don Giovanni?- gli chiese Potter.
Draco schioccò la lingua, come per avvisarlo. Gwen Pickens era una deficiente, una cretina e una futura cliente per Damon se non si fosse tappata quella disgustosa bocca da snob...ed eccolo che ricominciava!
Da qualche tempo Draco si era scoperto a dare sempre più spesso agli altri degli snob...solo perché quando qualche ben pensante e aspirante suicida si azzardava a ricordargli che il padre di Hermione era un babbano.
Dio, stava cominciando a diventare come Dalton!
Mandò giù un doppio whisky, sentendolo bruciare in gola e nel frattempo si volse, trovando accanto a Potter una figura abbastanza singolare.
- Salve, signor Malfoy.- salutò il mago accanto a Harry.
- Sir Tempest.- replicò Draco, facendogli un cenno.
Eccolo, il famoso artista del momento. Sir Balthasar Tempest, quarant'anni e figlio purosangue ma illegittimo di un gran signore dell'Alta Corte dei Maghi che dopo averlo ripudiato, alla fine se l'era ripreso in punto di morte conferendogli titoli e onori.
Balthasar Tempest era famoso per i suoi dipinti, nell'alta società specialmente perché era un ritrattista molto dotato ma non era insolito vederlo accompagnarsi ai Dalton. Infatti era stata Ophelia a presentarlo alla loro cerchia, dopo che Tempest era stato a una delle sue mostre e si era perdutamente innamorato delle sue opere.
- Allora, Sir Tempest...si diverte?- gli chiese Draco, strisciando come al solito la voce.
- Diciamo di si.- rispose quello, con un debole sorriso - Ma ero venuto qui a cercare lei, se devo essere sincero. E' stato suo padre a girarmi uno degli inviti.-
Oddio. Draco si volse e trovò Lucius Malfoy poco lontano, insieme a Narcissa, Jane e i Lord Howthorne.
Suo padre gli spalancò un sogghigno da iena che gli fece temere il peggio.
- Mi dica.-
Tempest parve cercare le parole adatte, non sapendo bene da dove cominciare - Spero non mi consideri sfacciato ma...l'altro giorno ero a Kensington Gardens con la mia bambina, Gilda.-
Harry se lo ricordava. E ricordava bene quale scandalo si fosse attirato addosso Tempest dieci anni prima quando aveva sposato una strega quindicenne, incinta. Ora, a distanza di dieci anni stavano ancora insieme più innamorati di prima, con una bimba della stessa età di Lucas e Glory e sua moglie che era diventata una famosa cantante d'opera.
- Ho visto il signor Potter da lontano coi bambini. Mi ha colpito moltissimo sua figlia, signor Malfoy. Glorya, giusto?-
- Si, esatto.-
Tempest posò il bicchiere sul vassoio di un cameriere in livrea, fissandolo attentamente - Mi chiedevo se lei fosse d'accordo, insieme con sua moglie, chiaro, a lasciarmi ritrarre sua figlia.-
Ritrarre Glory?
- L'ho vista seduta su una panchina, a leggere. Ha molto della famiglia Black in sé, questo penso che l'abbia notato anche lei. Ma...c'è dell'altro.-
- Già, probabilmente il resto arriva dagli Hargrave.- ghignò Harry, facendo ridere l'artista.
- Bhè, devo parlarne con mia moglie.- rispose Draco - Ma mia figlia non ama prestarsi a questo genere di cose.-
- Lo immagino. L'ho studiata per qualche minuto. Ma se lei volesse lasciarmene modo anche in futuro, perché la sua bellezza non credo tramonterà mai, penso anzi sono sicuro di poter forse aspirare al ritratto migliore della mia vita.-
Ecco che succedeva a partecipare a quelle feste. Gente strana, proposte strane, Glory che l'avrebbe guardato disgustata e altezzosamente sdegnata a quell'offerta...
Sparito Tempest, l'unico dai modi cortesi e raffinati, arrivò il resto della truppa. Prima sfilarono Lucius e Jane, poi arrivarono niente meno che i genitori di Narcissa a rompere a Draco per sapere come stava la loro preziosa nipotina, quindi planò di fronte a Harry una serie inconsulta di cantanti per farsi autografare il suo nome sulla fronte.
Quelli si che erano momenti da ricordare.
Ma c'era anche chi non era agli ordini di Duncan e che poteva permettersi di girare fra le persone e captare qualsiasi onda negativa, come le chiamava finemente Liz, per aiutare gli Auror.
Degona neanche avrebbe voluto parteciparci a quella festa. Secondo lei era vergognoso nei confronti delle vittime di Badomen e della sua donna e ora che sua madre se n'era andata perché si era sentita poco bene, tutto quello sfarzo non faceva che torcerle le viscere crudelmente.
Era attorniata di bagliori, di luci, di grandi maghi, di ricchi e belle donne ma...
- Non è abbastanza.-
J.J. si volse, guardandola stranito - Cos'hai detto?-
Dena scosse il capo, stringendosi nelle spalle - Niente. Senti, vado a fare un giro.-
- Perché invece non vai in pista e non strappi i capelli alla Winsort?-
Da manuale. William ballava con Ginger...e per tutta la sera non aveva ballato che con sue ex compagne o vecchie amiche. Mai che una volta si fosse avvicinato, il maledetto.
- Lascia perdere.- disse a Baley, prendendosi la stola di seta - Vado a sentire i pettegolezzi al bagno delle signore.-
- Ti aspetto qua.- ghignò lui di rimando, lasciandole la mano.
Degona però non prestò orecchio ai pettegolezzi. Nonostante odiasse quelle feste e quelle persone, doveva ammettere che non c'era posto migliore per ascoltare l'etere che nella fossa dei serpenti.
C'era rabbia, in quella sala. Rabbia e frustrazione per gli Auror.
Hermione soprattutto. Che però...usava l'Occlumanzia da qualche tempo.
Ogni volta che la trovava nei paraggi, la mente della Grifoncina si chiudeva. E Degona non riusciva a spiegarsene il motivo se non...avesse nascosto un segreto.
Esattamente come sua madre che da qualche tempo sembrava preoccupata, sempre stanca, nervosa, esausta.
Stava accadendo qualcosa. Lo sentiva.
"Morirà...lui morirà...lo ucciderò con le mie stesse mani..."
Degona provò un capogiro in seguito a un brivido freddo sulla pelle e a un leggero urto con una ragazza avvolta di un abito di lamé dorato, lucente come un sole, insieme a un'altra strega poco più grande, vestita di rosa come un confetto.
Dio, ma cos'era? Chi era stata a parlare?
La voce era di donna.
Si guardò attorno, sempre più pallida. Ma era pieno di persone, la voce risuonava ovunque come un'eco.
La voce era di una donna...adulta.
"E così ti vendicherò padre mio. Mio Maestro."
- Dena? Dena?-
Si riebbe quando si trovò William a fianco, che la teneva saldamente fra le braccia.
- Ehi, mi senti? Stai bene?-
- Si.- mormorò, stringendo le mani sulla sua giacca nera - Ho solo...solo sentito...qualcosa...-
William serrò la mascella, facendo un rapido giro di sguardi. Nessuno che conosceva.
Ma c'era Brockway poco lontano. E sua figlia accanto a lui, brillante nel suo abito dorato.
- Ti porto a casa.- le disse serio.
- Ok ma...chiama J.J. e Isabella.-
E accontentandola e maledicendola al tempo stesso lasciarono al festa.
Anche se ora forse avevano qualcosa su cui lavorare.

Il pomeriggio dopo, quando solo mezza Cedar House era in piedi, Tristan Mckay stava accanto al suo letto matrimoniale nella stanza poco illuminata per non disturbare il sonno di Lucilla.
La guardava senza emettere un suono, senza staccarle gli occhi di dosso, con braccio sul torace, l'altro appoggiato su di esso per tenersi la mano a coprire bocca.
Sembrava un angelo Lucilla...eppure qualcosa in lei era sempre stato tormentato.
E ora, grazie all'alcool, aveva anche scoperto cosa.
Aveva visto poche volte Lucilla ubriaca in vita sua, solo tre con la sera prima e ogni volta era equivalso a una catastrofe imminente. Si chinò e la baciò sulla bocca, poi scese in cucina per prepararsi qualcosa da mangiare nel silenzio più assoluto. Ora sapeva cosa doveva fare.
Il problema era far coincidere ogni sua mossa con gl'impegni che si erano presi a lavoro.
Duncan aveva organizzato una spedizione dai Lasombra, per controllare la Salvia Splendens mentre alla Corte Leonina avrebbe mandato Milo, Beatrix anche se molto riluttante, Hermione e la squadra di Kingsley.
Ma l'improvviso cedimento di Lucilla lo stava mettendo in guardia su molto più di quanto avesse immaginato.
La sua forte, coraggiosa, granitica Lucilla stava male.
Era stanca, era stremata.
E lui doveva fare qualcosa.
Stava affettando del pane sul tagliere quando irruppe in cucina sua madre.
- Cosa fai qua?- fece stranito.
Rose lo guardò storto - Buongiorno anche a te.-
- Ciao mamma.- sbuffò allora, tornando a lavorare di coltello - Cosa fai qui? Se cerchi Liz sta ancora dormendo.-
- No, volevo sapere di Lucilla.- fece eccitata, avvicinandosi al bancone - Allora? Che novità?-
Tristan levò le sopracciglia. Oh no. Lo sapeva cosa voleva sentire sua madre.
- Non è incinta.- masticò fra i denti, addentando un lampone.
- Come no?- berciò Rose Mckay - Andiamo tesoro! Aveva la nausea ieri sera!-
- Era nauseata dalla compagnia.-
- E poi sei un uomo, tu di queste cose non capisci nulla!-
- Mamma.- la bloccò, prima che partisse con la scelta dei nomi - Lucilla non è incinta. E' solo molto stanca...- fece un cenno a Liz, che era entrata in quel momento in una costosa vestaglia fattale dono a Natale da Rose -...e voglio che la lasciate in pace per qualche giorno. Niente feste, niente serate musicali, niente pomeriggi da thè e altre amenità varie. Anzi, mi sa che qui la sua patologia è la noia cronica.-
- Vuoi forse dire che questi impegni sono noiosi?- allibì Liz, svegliandosi di colpo.
Come no?! Eccitantissimi!
- Dico solo che Lucilla...è un tipo più...ehm...domestico.-
- Lucilla non è domestica, è selvatica.- frecciò Rose - Vabbè...allora cos'aveva?-
Tristan, seccato, fissò duramente la madre - Sta male anche lei ogni tanto, sai? Non è mica di granito!-
- Non è il caso di diventare sgradevoli, avanti.- tubò Liz, almeno fino a quando fra un battibecco e l'altro non vide dalla porta aperta sul salone William scendere le scale.
Aveva la giacca in spalla, i capelli leggermente arruffati. E sbadigliava.
- Oh mio Dio...- alitò - Tristan...Tristan...c'è William che è appena sceso dal piano superiore. E sta venendo qui.-
La faccia del padrone di casa in effetti quando Crenshaw mise piede in cucina non era amichevole.
E William, poveretto, arrossì vagamente.
- Ho dormito nella stanza degli ospiti.- balbettò subito.
- Si, anche io.- celiò J.J. facendo venire un colpo a tutti quando apparve alle spalle dell'ex Serpeverde.
Tristan, a differenza di sua madre ed Elisabeth roteò gli occhi, con il coltello da pane fra le grinfie come una vanga.
- Te lo giuro.- continuò William, facendosi un pelo indietro - L'abbiamo portata a casa perché alla festa ha sentito qualcuno fare minacce di morte al vento.-
- Morte? Chi ha minacciato chi?- fece Rose.
- Dena non lo sa.- rispose Baley, sedendosi al bancone e fregando uno dei biscotti caldi e fragranti nel cesto davanti a lui - Era un po' sconvolta, così l'abbiamo portata a casa. C'è Isabella con lei.-
- Ci mancava solo questa.- sibilò Tristan inferocito, afferrando la bacchetta e agitandola così che il coltello finisse di tagliare da solo, per poi imburrare le fette con miele e marmellata - Dannazione, come se non avessimo già abbastanza problemi.-
- E comunque è indecoroso!- saltò su Liz, che non aveva capito niente - E' scandaloso che due gentiluomini dormano in casa di una signorina per bene! Specialmente nella stanza accanto! Basta, bisogna subito porvi rimedio prima che il pettegolezzo faccia il giro di Londra.-
- Che proponi?- ridacchiò Rose che invece sembrava divertita - Un matrimonio riparatore?-
- Esatto!- annuì Liz, mentre J.J. e William sbiancarono di colpo - Dovete prendervi le vostre responsabilità e...- e un secondo più tardi quei due si erano già Smaterializzati via, senza lasciarla finire.
Se non altro si sarebbero ben guardati da dormire un'altra volta a Cedar House con la pazza in giro.
Degona si svegliò mezz'ora più tardi e raccontò tutto quanto al padre, pregandolo di controllare la lista degli invitati alla festa del CT delle Aquile Dorate anche se sapeva che non ne avrebbero ricavato poi molto.
Vennero informati tutti quanti delle voci udite dall'empatica ma era comunque come cercava un ago in un pagliaio.
Lucilla in compenso non si fece vedere per tutto il giorno e la sera dopo cena, quando Tristan salì in camera per vedere se era viva, morta o fosse intenta a parlare agli specchi, la trovò oltre un paravento di damasco a vestirsi. A terra delle scarpe da sera e una stola.
- Ma dove vai?- le chiese stralunato.
- Da Caesar.- rispose a bassa voce, mentre cercava di legarsi i lacci dell'abito di raso color lavanda al collo - Torno prima che posso, ma fa una festa coi suoi genitori e mi ha chiesto di raggiungerlo.-
- Lucilla tu non stai bene, dovresti stare a letto.-
- Sto benissimo. Ho solo bevuto troppo.- e uscì dal paravento in una nuvola leggera e impalpabile, senza curarsi del freddo e della neve che continuavano a cadere su tutta la Gran Bretagna - Stai tranquillo. Un paio d'ore e sono a casa.-
Un bacio veloce e senza guardarlo in faccia sparì.
Portandosi via quel segreto che tanto ormai lui aveva scoperto.
E questa volta non l'avrebbe tagliato fuori.

Alla stessa ora, nel Golden Fields, a Cameron Manor che mai da oltre due secoli aveva dato feste che come base non avessero o l'intento di un'orgia o di una sbronza, si stava celebrando quello che per tutti i demoni puri del pianeta era un fidanzamento ma...che per pochi altri che già sapevano era una vera e propria festa di nozze.
Decisamente i demoni di stirpe avevano la classe accumulata dall'alba del tempi, per questo a differenza degli umani non strafavano mai. Luci dosate, vino italiano portato dalla famiglia De Verolis, i toni smorzati anche se il sorriso sembrava stranamente sulle labbra di tutti.
E la novella sposa, come padrona di casa, non se la cavava davvero male. Anzi.
Era stata perfetta fino a quel momento. Ma in fondo Denise Axia Loderdail, ora Lady Cameron, essendo stata trattata per tutta la sua vita come una porcellana, sapeva molto bene come trattare con la gente.
Garbata, ma irraggiungibile. Cortese, ma indifferente.
E la sua indiscussa bellezza che quella notte splendeva più di una stella aveva messo a tacere lo stupore di tutti quando si era venuto a sapere del colpo di testa del primogenito di Ocean Cameron.
La sposa si aggirava nel salone in un abito bianco, apposta per l'occasione anche se Winyfred aveva dovuto lottare a lungo per riuscire a convincerla.
Perle e cristalli preziosi fra i capelli e all'anulare sinistro, oltre a una fede di platino e non d'oro, come aveva chiesto lei, portava l'anello di fidanzamento per coprire a tutti il reale fatto che lei e Caesar erano già sposati.
Sposati.
Denise alzò la mano sotto al viso ancora una volta, per ricordarsi che era tutto vero.
Non riusciva a credere di essere sposata all'unico uomo che amava.
Era felice.
Anche se non completamente. L'amarezza restava, specialmente quando ricordava che un tempo, al dito di Caesar, c'era stata un'altra fede nuziale. E più riceveva congratulazioni, più la sfilata di famiglie e amici continuava in un turbinio di colori, più lei cercava il suo volto in mezzo a quella folla.
E ogni volta che lo trovava fra quel mare di teste, lui aveva sempre occhi solo per lei.
Anche in quel momento le alzò il bicchiere come un omaggio, tanto che riuscì a farla sorridere debolmente.
Era l'uomo più bello della sala. Era magnifico, un dio.
- Guarda che stai sbavando.-
Denise si riprese, volgendo uno sguardo imbronciato a Vlad.
- Stai scappando da Tisyphone?-
- Può anche darsi.- le rispose, attaccandosi al bicchiere.
Vlad a dire il vero era di pessimo umore da una settimana. Da quando Tom era sparito.
Gli mancava e lo capiva. Anche lei avrebbe tanto voluto averlo con lei, al suo fianco.
Tom sapeva dare forza anche al peggiore dei codardi.
Lo guardò attentamente, tanto più alto di lei e così altero.
Tom era entrato nel sangue anche a un guerriero simile.
- La ex di Caesar è nella stanza dei giocattoli.- le disse di colpo.
- Parli dell'umana?-
- Si. Demetrius mi ha costretto a farle un portale e adesso è su, da sola, in quella stanza.-
Denise non sapeva molto di Hermione ma una cosa le era parsa ovvia, quando Caesar qualche anno prima le aveva raccontato la verità di Tom sugli Zaratrox e su Mezzafaccia.
Quell'umana andava ringraziata solo per aver perso un anno della sua vita in quell'inferno di prigioni. Ma era riuscita a salvare Tom, eppure attirandosi addosso una maledizione.
- Andrò a parlarci.- disse allora.
Stokeford alzò le spalle - Fa come vuoi.-
- Tu non vieni?-
- No, vado fuori a fumare.-
- Paura di Tisyphone?-
- Ho paura che dovrò ucciderla.- replicò gelido - Rifilala a Val se ci riesci. O a mio cugino, tanto è già ubriaco.-
Una volta fuori nel giardino dell'ingresso, Vlad levò gli occhi al cielo nero. Cadeva neve da giorni ormai.
E di Tom nessuna traccia.
Si accese una sigaretta, soffiando fuori una nube di menta. Incredibile come si possa stare insieme a una persona per tanto tempo e scoprire che non era così poco importante come pensavi.
Perché mettersi in gabbia da soli?, si chiedeva sempre. Un demone non l'avrebbe mai fatto.
Ma Tom invece si. Perché? O per chi?
In memoria di quale debito aveva potuto rinchiudere la sua vita e il suo futuro in un palazzo?
Lucilla non gli aveva mai detto nulla al riguardo. E forse era stato Tom a pregarla di non spiegare troppe cose del suo passato a loro, specialmente in presenza di Caesar che invece doveva essere perfettamente a conoscenza di tutto quanto.
Stava ancora fumando, senza sentire i freddi fiocchi di neve che si posavano sul suo viso quando un cigolio dei cancelli recuperò la sua attenzione. Ma strano, non erano i Loderdail.
Era...un umano?
Vlad guardò meglio. Occhi verdi, capelli biondi, barba appena accennata.
Dov'è che l'aveva già visto?
- Lucilla è dentro?- gli chiese Tristan atono, arrivandogli vicino.
- Si.- borbottò Stokeford, senza capire - Lei chi sarebbe?-
Senza una parola Mckay sollevò la mano con la fede, quella fattagli in dono da Lucilla tanti anni prima e posandola sulla maniglia della porta d'ebano a due battenti, scardinò abilmente la Sigillazione Anti-Umani.
Il fischio di Vlad fu tutto un programma, ma Tristan non perse tempo. Nel salone di guardò attorno. Ignorò i demoni impuri e i lacchè dei padroni di stirpe, così fermò la prima persona che passava lì in mezzo con una bottiglia in mano.
- Demetrius!-
Dimitri si bloccò, fissandolo allucinato.
- Mc! E tu che ci fai qui?-
- Dimitri lo conosci?- chiese Vlad, apparendo minaccioso dietro di loro.
- Ma si, è il marito di Lucilla. L'hai conosciuto otto anni fa! E' successo qualcosa Mc?-
- No, nulla. Ma devo parlare con lei...- poi si guardò attorno, confuso - Ma non era una cena di famiglia?-
- Cena di famiglia?- rise Demetrius - No, no! Caesar si è fidanzato!-
Mancò poco che Tristan gli ridesse in faccia. E chi era la squinternata che l'aveva sposato?
Quattro parole, un po' di casino e alla fine scese anche Hermione che rimase di sasso trovandolo con Demetrius.
- Oddio! E tu cosa fai qui?- sbottò, incespicando nell'orlo dell'abito da sera rosso ciliegia.
- Sono venuto a salutare.- le sibilò - E a dire a te e a mia moglie che siete due...- ma si morse la lingua, prima di finire. Ok, calma e sangue freddo. No, ma che calma? Le uccideva entrambe e poche storie!
Nel frattempo avevano spedito un lacchè a cercare Lucilla e quando riapparve era con Caesar, Gala e Winyfred.
- E tu cosa fai qui?- gracchiò la Lancaster verso il marito, per l'ennesima volta.
- Ero venuto a vedere Tom.- le disse allora, soave, guardando il quartetto con occhi fiammeggianti - Ebbene?-
Silenzio. Ora gli sguardi colpevoli si sprecavano.
- Chi te l'ha detto che Tom non è più qua?- gli chiese Caesar, tranquillo.
- Sta fuori dalla mia testa.- l'ammonì subito Mckay - E' stata Lucilla comunque.-
- Cosa?!- sbottò lei - Non è vero!-
- Ieri sera eri ubriaca.- le ricordò - Hai cantato come un uccellino.-
Mentre quella arrossiva per essere stata così facilmente imbrogliata, Cameron la guardò con pena.
- Novellina. E meno male che l'alcolizzato qua sono io.-
- Ah, sta zitto.- Lucilla tossicchiò per ridarsi un tono - D'accordo...andiamo in cucina. Ti spiego tutto.-
- Sarà meglio.- ringhiò fra i denti il mago, fissando storto anche Hermione - Anche se niente di quello che mi direte mi farà passare la voglia di farvi qualche fattura. E tu ti sei fidanzato poi?- aggiunse, cambiando del tutto discorso verso il padrone di casa - Ma chi ha avuto il coraggio di prenderti?-
- Ma tu guarda.- replicò Caesar - E' quello che ho sempre detto a Lucilla prima di sapere che era stata lei a sposarti.-
- Si può sapere che succede?- li apostrofò Denise, mettendo la testa nell'ingresso.
- Niente.- tubò Winyfred - E' tornato il marito di Lucilla e ora tutto il mondo sa che ci siamo persi Tom.-
- Non ci siamo persi Tom.- ringhiò Vlad, che aveva taciuto fino a quel momento - Sono stati quegli umani maledetti.-
- Quali umani?- chiese Tristan.
- In cucina, forza!- ordinò Lucilla.
Un quarto d'ora più tardi Tristan seppe tutto.
E il quadro generale era oltremodo traumatizzante.
Forse era proprio per il trauma che batté la testa sul tavolo a cui era seduto, restando in quella posizione.
- Non è il caso di essere tanto teatrali.- gli disse Lucilla, seccata.
- Non è il caso di essere tanto teatrali??- le urlò addosso spettinandola tutta, e lui le contava sulle dita di una mano monca le volte che aveva alzato i toni con lei - Tom è sparito, Badomen è fuggito da Azkaban, la sua donna maledetta stava qua davanti ai cancelli fumandosi fiorellini e strombazzando vendetta a gran voce! Inoltre il Primo Segretario molto probabilmente è invischiato con loro perché oltre a farsi la figlia di Brockway sapeva anche quando Tom è stato portato via dalla Dama dell'Acqua e tu mi dici di stare calmo? E' il momento buono per dare i numeri, Cristo Santo!-
- Vedi perché amo gli umani?- se ne uscì Winyfred in sottofondo - Sono così adorabili.-
- Puah,- fece Caesar beccandosi un'occhiataccia da Hermione - tu esclusa ovviamente, tesoro.-
- Non voglio neanche starvi a sentire.- sbottò Tristan furente - Già una volta voi due maledette vi siete messe a pasticciare con gl'incantesimi, tenendo segreti ovunque ed entrambe siete poi diventate demoni di stirpe! Che cazzo vi passa in quella testa a voi due, si può sapere? Per Dio Hermione, otto anni fa sei morta!-
- Anche Harry è morto, se è per questo.- gli ricordò altezzosa.
- Oh oh, non ci provate neanche.- le bloccò, arrivando subito a capire le loro mosse - Non pensateci neanche a darmi del maschilista. Qua si tratta solo di avere un minimo di buon senso! E comunque, visto che si parlava di Harry, continuiamo pure su questa linea.- e le fissò con altrettanta arroganza - Cosa direbbe se lo sapesse eh? Credete che sia divertente essere trattato come un bambino ritardato che non è capace di occuparsi dei suoi cari? O forse non merita neanche di sapere che Tom è stato catturato da un qualche pazzo mitomane alla stregua di Grimaldentis?-
- Harry ha già altro da fare.- sibilò Lucilla, tergiversando.
- Cosa di grazia?- ringhiò di nuovo lui, imbestialito - Controllare il tasso di neuroni che perdete voi due al giorno?-
- Ehi!- Hermione alzò le mani, lasciando perdere - Senti Tristan, la cosa alla fine della fiera ha sempre riguardato solo me e Lucilla!-
Stavolta Mckay sgranò gli occhi verdi. E un ghigno sarcastico, quasi incredulo, si dipinse sulle sue labbra.
- Ma certo.- soffiò con tono pericolosamente minaccioso - Tom è competenza vostra. Vogliamo metterci a disquisire di legami sanguigni? No vero? Ecco, perfetto. Perché se volete posso stare qua ad elencarvi tutte le volte che dai dodici anni in su ho passato le giornate a mettergli cerotti sulla testa ogni volta che cadeva dalle scale a casa nostra!-
- Perdonami, non volevo dire questo..- bofonchiò al Grifoncina.
- E allora che diavolo volevate fare non dicendo nulla?- sbottò, battendo un pugno sul tavolo - Harry non è un ragazzino e già una volta gli hanno tenute nascoste le cose e Sirius ci ha quasi rimesso la pelle! Come questa faccenda del cazzo d'infilarci in mezzo anche i demoni!-
- Che problema hai amico?- gli sibilò Vlad a quel punto.
Tristan, manco a dirlo, non batté ciglio.
- Che otto anni fa sono dovuto venire qui a salvare quattro rintronati chiusi in una biblioteca, ecco cosa! I demoni devono occuparsi delle loro grane!-
- Eh no, calma un momento.- s'intromise Caesar, pacato - Non sei stato tu l'unico a ficcargli cerotti in testa per la maggior parte delle tue giornate Mckay. Non ci provare neanche ad insinuarlo.-
- Se non foste di nuovo imbrigliati nelle vostre regole del cazzo a quest'ora già l'avresti trovato Cameron.-
- Lui ha altri problemi adesso.- sospirò Lucilla.
- Bhè, auguri e figli maschi allora!- berciò Tristan esasperato - Demoni!-
- Quella fede non ti salverà in eterno.- l'avvisò Vlad, con cupo cipiglio.
- E tu vattene al diavolo.-
Nella cucina immensa piena di vasellame lucido e superfici di legno pregiato ma mai utilizzato, cadde il silenzio. C'era chi rideva sconvolto, chi a bocca spalancata stentava a credere che un umano avesse potuto insultare niente meno che uno Stokeford, quindi un Terminator per natura, con tale facilità.
Vlad però, dopo aver serrato le mascelle, si rimise la cicca in bocca.
- Sarà meglio che vada a farmi un giro.-
- Oddio.- Hermione si massaggiò il collo, una volta uscito Stokeford - Tristan mi spiace.-
- Si, anche a me!- sibilò, senza perdere un briciolo di rabbia - Quando Harry verrà a saperlo, e state sicuro che verrà a saperlo o da me o da un bel necrologio, scatenerà l'apocalisse!-
- Senti cosa pretendi?-
Lucilla strabiliò tutti iniziando a singhiozzare, chiudendosi le mani a coppa sul viso e con le spalle che tremavano - Io non sapevo più cosa fare! ...E non volevo che Harry lo sapesse, perché se fosse stato lui a trovare Tom avrebbero dovuto dirsi addio di nuovo!- e singhiozzò più forte - Non ti arrabbiare così con me!-
- Tesoro! No, non piangere! - Winyfred ed Hermione le si avvicinavano con i fazzoletti, mentre Demetrius sbraitava dietro a Tristan che non era così che si trattavano le mogli ma Mc non fece una piega, anzi, incrociò le braccia con aria annoiata.
- Piantala di frignare. Sei sprecata, ma non potresti fare l'attrice.-
- Ok.-
Lucilla levò le mani e la sua espressione non era per nulla distrutta. Neanche una lacrima.
- Oh, ma che cretina!- sbuffò Hermione - Vabbè, sentite la storia è questa. Prima troviamo Tom e lo riportiamo qua e prima potrò incastrare Donovan.-
- Già, potrebbe scovare altri modi per mettere Tom nei guai.- annuì Denise, seria accanto al marito.
- Nei guai c'è già!- sibilò Tristan - Visto che le bocche della verità non parlano mai! Oddio, mi serve qualcosa di forte.-
- Va bene dello scotch?- abbozzò Denise.
Alla fine si misero a bere tutti quanti, insultandosi a vicenda e rinfacciandosi carenze in vari campi, ovvero chi aveva prestato poca attenzione a Riddle, chi troppa, chi pensava solo a bere e a far esplodere il palazzo ecc...
La nevrosi aveva raggiunto livelli critici quando per andare di male in peggio arrivò Horus Harkansky.
Gelando Lucilla, si piazzò di fronte alla porta con sguardo critico.
- Mi avevano detto che era arrivato tuo marito...e così sono venuto a conoscerlo.- disse.
- Non è il momento.- gli disse la Lancaster - Horus abbiamo altre questioni in sospeso ora.-
- Già, papà.- annuì Winyfred - Ma nulla di grave.-
- Bhè, non cascherà il mondo se me lo presenti.- soffiò il demone incurante delle loro suppliche. E così puntò gli occhi bianchi su Tristan, seduto ancora a tavola con aria irrimediabilmente repressa.
I due si squadrarono per un secondo e Harkansky non fece nulla per mitigare quello sguardo da leone contro una formica che fece irritare Lucilla a morte.
- Ora l'hai visto.- gli sibilò.
- Già.- replicò di rimando, glaciale - L'ho visto.-
- C'è qualche problema?- chiese Tristan pacato.
- Si, uno ci sarebbe. E si chiama mortalità precoce.- Horus levò il mento, superiore - Com'è nella vostra natura di umani.-
- Già, noi umani a un certo punto facciamo il favore ai nostri simili di crepare.- sibilò Mckay, sfidando di nuovo la potenza di cui era circondato - Voi demoni non siete altrettanto cortesi.-
Spettacolare. Caesar stava cominciando a sorridere ma il suo divertimento si spense all'istante.
Si volse con lo sguardo oltre una delle grandi finestre impero della cucina, avvertendo un pericolo.
- Arrivano.- sussurrò, afferrando forte la mano a Denise.
Lei la strinse subito, serrando i lineamenti.
Eccoli. I Loderdail.
Neanche il tempo di sospirare, neanche il tempo di mettere giù i bicchiere e un'armata di venti demoni si fece largo nell'ingresso di Cameron Manor, tutti capeggiati da Anghelos Loderdail e Seal Loderdail, il nonno di Denise e marito di Sapphire. Anche lei era presente. Altera e sprezzante nel suo profilo regale, come intagliato su una moneta, che non appena posò gli occhi sulla nipote strinse le labbra con disgusto.
- E' così allora.- sibilò Anghelos, fissando la figlia vestita di bianco accanto a Caesar.
Dietro di loro però, l'intera famiglia Cameron. E questo, certo, era quanto di più importante.
Nemmeno un esercito di demoni avrebbe potuto inquietare di più i Loderdail.
Anche il Diacono, nero come un corvo, accanto a Ocean Cameron, sembrava perfettamente a suo agio.
- Non ti credevo tanto calcolatrice.- sibilò Sapphire in direzione della nipote.
Denise non si mosse. La mano delicata stretta in quella di Caesar la faceva sentire stranamente superiore, per una volta, di fronte a tutti i suoi parenti. Compreso Hestor, che sembrava fremere di rabbia e vergogna per essere stato così brutalmente derubato della sua futura moglie.
- Avete sbagliato i conti.- si limitò a dire Denise, con tono di sussiego.
- Bhè, anche tu!- ringhiò suo padre, sempre più pallido di un fantasma - Perché tu ora torni a casa con noi!-
- No.-
Anghelos assottigliò le iridi e la pupilla nera divenne solo un puntino.
- Tu!- disse a bassa voce, vibrante, al colmo della collera - Tu sei la nostra rovina!-
- Lei era la mia promessa!- gridò Hestor - Se voi Cameron volete la guerra allora l'avrete!-
- Non sforzare quel cervello di gallina, Hestor.- disse Leiandros, in piedi piantato accanto al fratello maggiore, forse più risoluto di quanto lo era mai stato in vita sua - Non ti conviene minacciare nessuno qua dentro.-
- Questo matrimonio non avverrà mai!- scandì Anghelos - Io non lo permetto! Lei è minorenne! Appartiene a me!-
- E adesso è mia moglie.-
Le parole di Caesar riuscirono a zittire tutta quanta la tenuta, per poi sentire una marea di bisbigli provenire da ogni luogo. Moglie.
Bastò quello a gelare letteralmente anche Sapphire Loderdail.
- Vi siete sposati.- alitò la demone, a mezze labbra.
- Esatto.- Denise si lasciò passare un braccio attorno alla vita - E ora io non appartengo più a nessuno.-
- Non è possibile!- tuonò suo padre - Diacono!- urlò poi - Non ne avevate il diritto! Lei è minorenne! Vi serviva il mio consenso!-
- Non è questo che richiedono le nostre leggi.-
La voce del Diacono era un poco acuta, ma incisiva e roca al tempo stesso.
Con gli occhi bianchi incassati nelle orbite cerchiate di nero, alzò le spalle.
- I giovani volevano sposarsi e visto che la sposa non era recalcitrante come qualche giorno fa, Loderdail, ho ritenuto giusto sposarli. E non mi serve il vostro consenso. Ricordate che io conosco le leggi meglio di tutti quanti voi.-
- Io voglio che si separino! Lo esigo, è un mio diritto!- urlò di nuovo Anghelos, tremando violentemente.
- Si, è un vostro diritto.- annuì il Diacono, sentendosi addosso gli sguardi di Caesar e Denise - Ma non potete, perché il matrimonio è già stato consumato. Potrebbe già esserci un erede.-
- Ma non è detto!- scattò Sapphire, con un bagliore cattivo negli occhi - Vogliamo l'annullamento!-
- Mi dispiace.- il Diacono scosse il capo privo di capelli - Ma trattandosi della possibilità di una nascita, io non posso separare ciò che ho già unito. Se la notizia dell'esistenza di un erede non mi giungerà entro tre mesi, allora potrò prendere in considerazione la vostra richiesta, visto che la sposa è ancora minorenne.-
- Tre mesi!- riecheggiò Hestor istericamente - In tre mesi può accadere di tutto!-
- Già, di tutto.- Caesar gli lanciò un'occhiata minacciosa - E se voi schifosi vi avvicinate ancora a me o a mia moglie, della vostra miserabile famiglia non resterà nessuno.-
- Non osare minacciarci!-
Era fatta. Vennero sguainate spade e poteri, ma se i Loderdail erano in vento, dietro agli sposi non c'erano solo una trentina di Cameron, ma ancora altre famiglie, a partire dagli Stokeford a finire con gli Harkansky.
In tale disparità numerica, i Loderdail indietreggiarono.
Ma la rabbia in quegli occhi Denise non avrebbe mai saputo scordarla.
Ora era una vera nemica. Ora era un insetto da schiacciare.
Con o senza erede di Caesar in grembo.
Allora lo capì.
Si, lei ormai andava eliminata. Per sempre.
Tre mesi. Tre mesi e lei e un suo possibile figlio avrebbero potuto morire.
Se era quella la paura vera, attanagliava le viscere come una morsa. Un morsa che si sarebbe stretta in un limite di tempo prestabilito.
Erano nelle mani del fato, ormai.


Era tornata.
Thomas Maximilian Riddle aprì gli occhi, sentendo il profumo penetrante di quella vampira.
Era tornata ancora.
Non la vedeva dal giorno prima. La sentiva parlare nella stanza, insieme a Dark.
Mettendola a fuoco dal letto da cui proprio non riusciva ad alzarsi, vide quella vampira gesticolare in maniera concitata.
Una fitta al polso gli ricordò che l'aveva morso. Fissò la sua mano fasciata, poi richiuse gli occhi.
Doveva. Doveva farlo.
Quella notte o mai più.
-...quindi mi stai dicendo che potrebbe essere qualcuno d'importante?- rise Viola Rosencratz Leoninus, poggiandosi le mani sui fianchi spigolosi e snelli fino al limite - Andiamo Alister. Hai sempre avuto fiuto per gli affari e con tutto quello che ti pago per questo miserabile pezzo di carne, tu ora mi metti in guardia? Ma per cortesia.-
Alister Dark scosse il capo, snervato dalle pretese di quella mocciosa.
La osservò con la coda dell'occhio. Bella, una bambolina preziosa, ma letale e capricciosa.
Era troppo avventata quella donna. Ma forse per quel verme di Kronos andava più che bene.
Viola si scostò i capelli biondi e vaporosi da una spalla, guardandolo con compassione.
- Ebbene?- lo incalzò schiudendo la bocca di more - Lo voglio ora.-
- Viola, stammi a sentire.- sbottò per l'ennesima volta - Non ne sono sicuro! Quell'umano è strano! Guarda quel collare! Non riusciamo a toglierglielo!-
- E allora? E' solo un collare. Agli schiavi sta bene.- rispose lei con una risata sardonica, lisciandosi la giacca di pelle nera aderente sul seno semi scoperto - E poi lo voglio. Ovunque tu l'abbia trovato e chiunque lui sia, lo voglio.-
- Ha catturato il tuo interesse, vedo.-
- Si.- Viola si volse verso il letto, abbassando voluttuosamente le palpebre - Mentirei se ti dicessi che il suo aspetto non è un'attrattiva sufficiente. Inoltre un pasto caldo su due gambe è sempre apprezzato. Ma non è solo questo...-
- Allora cos'è?-
Viola sollevò la mano in aria. Facendo questo gli anelli di Tom fecero capolino e le ricaddero nel palmo levigato.
- Questi.- sussurrò, ghignando diabolicamente - E' innamorato.-
- Che ne sai?- sospirò Dark - Voi donne traete sempre troppe conclusioni.-
- E voi uomini siete degli imbecilli, degli animali.- replicò la Leoninus senza tanti giri di parole, con sprezzo - Questo Max può anche essere l'erede di Cameron in persona, ma io me ne frego. Lo voglio. E me lo porto via stanotte.-
Alister sobbalzò, allibito.
- Cosa? Ma è mezzo morto! Che vuoi fare, ripulirgli il sangue e salassarlo?-
- Hai in mente altre soluzioni per levargli il veleno dal corpo?-
- Solo il fatto che quel veleno non gli faccia nulla dovrebbe metterti in allarme Viola. Ma come al solito vuoi fare di testa tua! Dannazione!-
- Non sei mai stato così reticente su un buon affare. Cosa ti prende Dark?-
- Niente.- il padrone dell'Azmodeus Club mosse qualche passo indietro, alzando le mani per indicare la sua resa - Sai che ti dico Viola? Fai quello che vuoi. Ammazzalo, fattelo, fa quello che ti pare. Basta che te lo porti via, io di quello non ne voglio più sapere nulla. Mi ha già portato troppe grane!-
E sotto lo sguardo maliziosamente divertito della vampira, Alister lasciò finalmente la stanza, rendendola ancora più eccitata.
Tom la sentì quando si sedette sul letto, accanto a lui.
- So che sei sveglio.- gli disse all'orecchio - Apri quegli occhi...o te li strappo dalla testa senza tante storie.-
Riddle fece come voleva. Ma rimase in silenzio, vedendole i canini appena scoperti dalla bocca socchiusa.
- Bene...Max.- Viola poggiò il mento su un gomito - Da questa sera sei mio. Ti porto a casa.-
Tom si leccò le labbra ma Viola fu più rapida, si chinò e lo baciò avidamente.
La sentiva sorridere, la sentiva violenta, avida, esperta.
- Ecco fatto.- gli disse, scostandosi di pochi centimetri - Stavi dicendo?-
-...tu...tu devi lasciarmi.- le sibilò, cercando faticosamente si fare leva sui gomiti.
- Cosa?- Viola scoppiò a ridere - Tesoro, dovevi pensarci prima di farti quasi ammazzare il quel vicolo. I Lucky Smuggler ripuliscono ogni cosa, dovresti saperlo ormai. C'è una cosa che m'interessa sapere di te però...- e si chinò di nuovo su di lui, passandogli un braccio dietro al collo, serrandogli la nuca fra le dita.
Tom sentì le unghie della vampira piantarsi nella pelle.
- Perché questo veleno non ti uccide, eh?- sussurrò, fissandolo piena di bramosia - Perché sei ancora vivo?-
Lui tacque.
Il sangue, pensò. Il sangue di suo padre.
Era quello che lo teneva in vita.
- Quale potere si annida in te?- continuò Viola, passandogli un dito sulla guancia arrossata dalla febbre - Quale forza?-
Come prevedeva, il mago distolse lo sguardo.
- Ah, i segreti.- gli soffiò maliziosa e perfida - Ti distruggono la vita, mio mortale amico.-
- Lo so.- sibilò di rimando, indurendo il viso.
- Ma sono loro che reggono la vita di un essere.- Viola lasciò la presa, tornando seduta composta - Io sono sposata, sai? E il mio segreto è che presto ammazzerò il mio vile maritino.-
- Devo dispiacermi per lui?- Tom riuscì a ridere, forse gelido quanto lei - Kronos merita pietà?-
- Allora lo conosci.-
- Di fama.-
- E Alister mi ha detto che potresti essere qualcuno d'importante. Dimmi chi sei.-
- Il figlio di Lord Voldemort.-
Viola scoppiò a ridere di nuovo, deliziosa e velenosa al tempo stesso.
- Credo che spassarmela con te sarà anche più interessante del previsto.- gli disse, ovviamente senza credere a una parola, alzandosi in piedi e dandogli le spalle per un momento - Bene, faccio preparare la carrozza.-
Gli diede le spalle per il tempo necessario.
Ora o mai più. Quella gabbia ormai era troppo stretta. Dannatamente troppo stretta.
Non seppe dire dove trovò la forza di lottare contro il dolore, ma quando afferrò Viola per i capelli fu anche dannatamente così rapido da superare i riflessi di un vampiro. E fu straordinario.
Era incredibile cosa fosse riuscito a fare...per non essere portato in un'altra prigione.
Schiacciata Viola sotto di lui, la vampira sollevò le delicate sopracciglia chiare.
- Due cose.- gli disse con tono dannatamente troppo calmo - La prima è che odio stare sotto. E la seconda è che non sopporto che mi si tirino i capelli.- poi tacque di colpo. Sentendo qualcosa di appuntito contro l'addome, vide abbassando gli occhi di topazio un pezzo di legno nelle mani del suo schiavo.
La testata del letto! Aveva strappato a forza uno dei pioli! La mano gli sanguinava.
- Bastardo. Cosa speri di fare?- gli chiese.
- Io non posso stare qui. Tantomeno venire con te.- Tom deglutì, cominciando a sentire l'adrenalina scorrere velocemente per tutto il corpo - Ora tu mi farai uscire.-
- Hn. Perché dovrei?-
Viola serrò i canini di colpo, furente, sentendo il paletto di legno improvvisato sul suo cuore.
- Se mi uccidi non uscirai mai!- gli sibilò - E quando mi sarò liberata ti farò patire le pene dell'inferno!-
- Non c'è niente che tu possa farmi che possa superare il passato.- le rispose il mago - Ora stammi a sentire. Devo andarmene. Con o senza di te.-
- E allora perché non mi uccidi e te ne vai?-
La smorfia indecisa di Riddle spinse Viola a guardarlo meglio.
Era come aveva pensato...quegli occhi, quella strana sensazione di luce ogni volta che lo toccava.
- Oddio!- rise con sprezzo - Allora è vero! Tu non sai uccidere!-
- Mettimi alla prova. Per la libertà questo e altro.- replicò, anche se sapeva di bluffare grandemente - Hai due possibilità. O taci e ti fai ammazzare... o mi aiuti a uscire. E io sarò in debito con te.-
- Cosa me ne faccio di un debito, stolto umano.-
- Anche tu desidererai pur qualcosa. Io ti darò una mano ad averla.-
- E se volessi te?-
Tom corrucciò la fronte, rabbuiandosi.
- Se ne può parlare.-
Viola rise di nuovo.
- Adorabile candore.- gli sibilò, muovendo delicatamente il corpo sotto al suo - Quindi se ti faccio uscire e ti lascio andare senza dissanguarti come un animale da macello...tu un giorno esaudirai un mio desiderio? Esatto?-
- Esatto. Te l'ho detto. Ti sarei debitore.-
- E se questa cosa implicasse uccidere qualcuno? O venire a letto con me? O magari farti mordere?-
- Se ne può parlare.- le ripeté - E per l'uccidere...dipende dal soggetto.-
- Non lo pensi sul serio.- sogghignò la Leoninus - In che mondo sei cresciuto per avere tanta pietà in corpo?-
- Questo non è importante.- disse in fretta - Allora? Affare fatto?-
- Speri davvero che dica di si?-
- Si. Perché mi dispiacerebbe ammazzarti.-
Era la prima volta che Viola Rosencratz Leoninus sentiva una frase del genere...specialmente rivolta a lei.
Quell'umano...Dark aveva ragione. Quell'umano nascondeva qualcosa. Molto più di un segreto.
Abbassò gli occhi sul suo collare, fissandone le lettere. T.M.R.
Ma chi era?
- Allora?- la scosse, nervoso - Affare fatto?-
Era folle, ma Viola senza sapere perché si ritrovò ad annuire.
- Affare fatto.- sibilò con aria perversa - E adesso lasciamelo suggellare alla mia maniera.-
Sconvolto, Tom cacciò un grido roco quando la vampira gli affondò i denti nel collo. Subito dopo venne invaso da un profondo calore, quando la sentì succhiare avidamente.
Non immaginava che avrebbe mai potuto essere così il morso di un vampiro...
Mezz'ora più tardi, verso le due di notte del 17 giugno, Viola Rosencratz Leoninus lasciò l'ala privata dell'Azmodeus Club. Al suo seguito due dame di compagnia e due guardie del corpo anche se all'arrivo se n'era portato dietro uno soltanto.
Ora Tom camminava nascosto sotto un mantello nero. Nella manica della camicia la sua bacchetta.
E alle dita...i suoi anelli, finalmente.
Quando Viola, di fronte a lui, venne fermata da Dark e quell'idiota di Stavros si sentì vacillare, ma fece di tutto pur di non permettere alla febbre e al dolore lancinante che provava alla schiena di sopraffarlo.
Era così vicino all'uscita...così vicino.
Fermo nell'ala dei clienti vide gente di ogni tipo. Demoni, umani, maghi...
-...me lo prendo la prossima volta.- stava dicendo Viola con tono irritato - Non rompere Alister, qualche giorno e vengo a prendermelo sul serio. Non ho alcuna intenzione di portare a Corte un giocattolo mezzo rotto.-
- E io che ci faccio nel frattempo, eh?-
- E io che ne so. Intrattienilo. Cantagli una canzone magari.- rispose l'altra con sarcasmo - Forza,- disse poi rivolta al suo corteo - diamoci una mossa.-
Eccola la porta.
Le luci al neon gli ferivano la vista ma continuò a mettere un piede di fronte all'altro. Ostinato.
Doveva uscire.
Doveva andarsene.
Doveva tornare a casa sua.
Se ci fu un ostacolo a quella fuga che era sembrata fin troppo facile, avvenne proprio all'uscita, nella minuscola stanza circolare tappezzata dal quadro della bambina, la vigile sentinella di Alister.
La piccola, vestita di velluto rosso e seduta in poltrona, li scrutò tutti uno a uno ma su Tom serrò le palpebre, come se avesse avuto di fronte un nemico da uccidere.
Quando lui già tremava, la bambina riportò gli occhi castani su Viola.
- Quanto mi costa il silenzio?- le chiese la vampira con aria condiscendente.
- Non usare quel tono con me, sanguisuga che non sei altro.- rispose la bimba, sarcastica quanto lei - Perché ti conosco da quando avevi solo mezzo secolo! Se non altro hai già pagato il capo, quindi non si tratta di un furto.-
- Esatto.- annuì Viola - Allora perché quella faccia da santarellina?-
- Ti stai proprio rammollendo, Rosencratz.- poi la bimba scosse la mano, come per scacciare una mosca molesta - Avanti, portatelo via. E non fatevi vedere per un bel pezzo.-
- Hn. Che paura!- sibilò Viola, andandosene sdegnosamente.
Neve.
Quando Tom si ritrovò all'aria gelida della notte e vide la neve, rimase senza fiato.
- Ma cosa...-
- Lascia perdere.- Viola era già accanto a una carrozza nera, ferma nel vicolo buio in cui erano apparsi - Voi maghi siete degli idioti. Dei bambini che si fanno i dispetti gli uni con gli altri. Ecco. Ora sei libero.-
Riddle annuì, portandosi subito una mano sul fianco ferito.
Il dolore stava diventando insopportabile e quando guardò la sua salvatrice, per modo di dire, la sua faccia aveva un che di supplichevole.
- Non riesco a Smaterializzarmi.- mormorò.
- Ok, ok.- Viola, bisogna dirlo, non aveva mai brillato per la sua pazienza, così salita in carrozza di sporse dallo sportello e posando le grinfie sulla testa di Riddle, ordinò: - Quando vorrò che il tuo debito venga saldato verrò io a cercarti. Per ora vattene al diavolo. Che la casa di tuo padre ti accolga.-
E finalmente Thomas Maximilian Riddle sparì.
Quello che non aveva calcolato però era il classico proverbio che non a caso diceva "Dalla padella nella brace."
Perché quando Tom si riprese, si ritrovò steso su un divano, in una logora stanza dove scoppiettava il fuoco di un caminetto decadente.
E non sapeva dove si trovasse...
Eppure, al di fuori, i cittadini di Little Hangleton videro per la prima volta dopo anni una luce, in casa Riddle.
Forse era un fantasma, si dissero divertiti. Perché in fondo i padroni erano tutti morti.
Nessun Riddle restava di quella sinistra famiglia.
O almeno era questo che tutti pensavano...

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14° ***


TMR14

 

 

 

 

 

Il resto è silenzio.
(William Shakespeare)


 

 

 

 

 


Quella casa. Quelle mura, quelle finestre inchiodate e l'edera che cresceva selvaggia sulla facciata...
Ricordava quel luogo.
Il suo sogno lo portò sul retro di Riddle House, dove c'era la porticina coperta di rampicanti. La sorpassò, si ritrovò nella buia cucina. Sapeva dove andare...conosceva quel luogo.
L'aveva già visto in sogno, in passato.
Tutto era come prima.
Anche il sogno aveva l'odore di antico, di chiuso, di disabitato.
Era come...essere presente, come se fosse stato davvero a Little Hangleton, a Riddle House.
Come in passato, raggiunse il vasto ingresso stavolta un po' più illuminato grazie alle ampie vetrate che si trovavano ai due lati dell'entrata. Nevicava.
C'era polvere sulla scala. Spessa, opprimente.
Al piano superiore, voltò a destra, riconoscendo quella via fatta tanti anni prima.
La fine del corridoio. La porta socchiusa.
La luce di un caminetto che filtrava dalla fessura dello stipite, disegnando una lunga lama dorata sul pavimento nero.
Vide uno spicchio di ciò che vi era all'interno. Non c'era più la poltrona.
Ma c'era un grande divano...e poi udì una voce di uomo. Non una voce impaurita.
Ma estasiata. Quasi isterica.
- Il mio padrone...il mio Lord Oscuro...-
Di colpo la sua percezione della realtà muto. Non era più all'esterno del corridoio. Ma all'interno di quella stanza. Era sdraiato. Sentiva un dolore atroce alla schiena. Si sentiva male...e qualcuno era inginocchiato contro la sponda, al suo fianco. E gli teneva la mano.
Una mano...le cui dita portavano due anelli che non riuscì a mettere a fuoco.
- Il mio signore...il mio signore...siete tornato, padrone. Lui rivivere in voi. Siete il segno che aspettavo!-
Si sentì venire meno.
Riconobbe quel viso butterato, i capelli neri, la mascella spessa e gli occhi fiammeggianti di furore.
Craig Badomen.
Era lui.
Strinse di più quella mano, con riverenza, con onore, con ossequio e schiavitù.
- Io sarò sempre con voi, mio nuovo Lord Oscuro. Sempre, fino alla fine del mondo.-
Dolore.
Ritrasse la mano. Era bendata al polso.
Il collo, come la schiena, iniziò a bruciare.
- Craig, smettila.- sibilò una voce all'improvviso, dura, carica di astio - Non vedi che sta per morire?-
- Basta, non parlare così!- Badomen si alzò di scatto, enorme sopra il divano come un'ombra minacciosa - Ora lo curerò. Lui vivrà, vedrai! E' questo che dovresti volere anche tu!-
La voce, sicuramente di donna, parve assumere una leggera sfumatura. Era sarcasmo. Ma appena percettibile.
- Certo che voglio che viva.-
- E allora aiutami!- Badomen si volse, stizzito, permettendogli di vedere una sagoma accanto al caminetto accesso. Una sagoma sinuosa, ammantata di pelo d'angora. Un mantello chiaro.
- E riprendi le tue sembianze, dannazione.- disse alla donna, disgustato - L'aria delle sedicenni mi dà il volta stomaco.-
- Perché, a me no?- replicò la donna - Ma mi tengo l'aspetto di quella cretina per la causa. E anche volendo abbiamo perso il contenuto della camera blindata alla Gringott. Ci vorranno settimane prima che quell'idiota pomposo di un politico rifaccia la cernita per la Polisucco, o te lo sei forse scordato?-
- Chi se lo scorda.-
Craig Badomen si buttò a sedete a una basso tavolino coi piedi di drago, versandosi qualcosa che sembrava brandy - Non fosse stato per lui...per Harry Potter...ora avresti i capelli che ci servono...-
- Il bambino sopravvissuto ha messo i bastoni fra le ruote a molti. Dovresti essere felice piuttosto. Brockway poteva lasciarti a morire in cella, ad Azkaban. Se non altro i Lestrange sembrano ancora sani di cervello...se si può dire una cosa simile di tutti i mezzi Black viventi.-
- Non osare.- Badomen la scrutò truce - Non osare insultarlo.-
- Chi lo insulta. Parlavo dei Lestrange e del caro Draco Malfoy.- replicò quella, soave - Dico solo che devi muoverti a curarlo, a meno che il tuo nuovo Lord Oscuro non tiri le cuoia, visto che chi l'ha colpito ha pensato bene di usare del veleno che si diffonde alla velocità della ricezione dei neuroni.-
- E tu che ne sai?- le chiese Badomen, sorseggiando il liquore.
Se solo l'avesse guardata, nell'ombra di quel cappuccio color panna avrebbe visto brillare un ghigno.
Bianchi denti scoperti...in un ghigno.
- E' bastato vedergli la ferita. Comunque ora tu curalo, io vado ad occuparmi del nostro bavoso politico.-
- Contaci.- disse il Mangiamorte, posando lo sguardo su di lui, che non riusciva a chiudere le palpebre.
- Avrò molta cura di lui. E' la mia unica speranza.-
Speranza...
- E lui ucciderà finalmente il nostro nemico e tutti gli schifosi mezzosangue che oseranno intralciarci.-
Luce. La luce della rabbia e del fuoco invasero il suo sogno, tanto che non riuscì più a tenere gli occhi aperti.
E come accadde in passato, a quattrocento chilometri di distanza Harry Potter si svegliò di soprassalto, nel cuore della notte.
Ora sapeva.
Ora sapeva che era sopraggiunto infine un nuovo Lord Oscuro.


La mattina dopo, Londra era ormai sepolta dalla neve che da giorno batteva imperversando sia il mondo babbano che quello magico. Da Hyde Park, dall'attico di Damon Howthorne, la vista era assolutamente mozzafiato.
E lui, Damon, stava seduto sul divano, nel salone, a fissare fuori dalla vetrata, senza più voglia né di dormire, né di fare nulla. Le calde fiamme del camino, spento da mesi, dall'inverno passato, erano l'unica cosa che riscaldava l'ambiente.
"Tu dormi troppo poco."
Damon levò gli occhi azzurri per un istante, mentre Nora si sedeva accanto a lui.
- Tanto per quello che serve.- le rispose.
La ragazza lo guardò male ma gli posò comunque una tazza di caffè caldo sul tavolinetto, di fronte alle loro gambe.
"Non hai più fiducia nella premonizione...e posso capirti. Ma sai bene che non è stata colpa tua."
- Si, è stata la Salvia Splendens, lo so.- replicò, scuotendo il capo - Ma restava il fatto che potevo salvare delle persone.-
"L'hai fatto. La mia amica Meg è viva perché tu hai detto agli Auror dove cercarla."
- E tu?- Damon prese la tazza, portandosela alla bocca mentre seguiva un fiocco di neve cadere leggero - Tu sei morta. Che mi dici? Potevo salvarti. Ora saresti viva come la tua amica se io avessi visto della strage. Come la mettiamo? Non sei neanche un po' arrabbiata?-
Era passata una settimana ormai, dalla Strage di Diagon Alley.
E Nora non si era mai staccata un istante da lui.
C'era stato il suo funerale. Damon l'aveva accompagnata.
Ma si era rifiutata di parlare tramite lui ai genitori. Loro non credevano a quelle cose...esattamente come lei, fino a quando non aveva provato sulla sua pelle il calore di quegli occhi che tutto vedevano.
Lui la vedeva. L'ascoltava.
Le era rimasto lui...e l'ultima cosa che desiderava era ferirlo.
In troppi lo ferivano.
Aveva imparato a conoscerlo, poco a poco.
Sapeva che era allergico alla farina raffinata, sapeva in che posizione dormiva, della sua passione per la musica babbana che irradiava sempre quell'appartamento a qualsiasi ora, come un'amica fedele.
Sapeva che era stato un Serpeverde, conosceva il suo tatuaggio sulla schiena, il suo libro preferito, la sua famiglia.
Aveva imparato a capire il legame estremo che teneva insieme lui e Beatrix.
Lui e Cloe.
Le sue amiche, il suo mondo.
E poi quella fidanzata, che ogni volta che chiamava riusciva a farlo sorridere.
Quella ragazza, il suo amore, che presto sarebbe tornata a Londra.
Conosceva i suoi rimorsi, conosceva la sua rabbia, la sua frustrazione.
Conosceva il suo sarcasmo, l'affetto per il fratello, la leggera arroganza, l'indifferenza, i suoi occhi velati dalle visioni.
Ma c'era un qualcosa...che a Nora sfuggiva.
E quel qualcosa era segnato sul calendario. Il 27 giugno.
Gli aveva chiesto se fosse la data in cui sarebbe tornata la sua ragazza ma lui aveva scosso il capo.
Eppure non passava giorno che non guardasse almeno una volta quel cerchio rosso, attorno al 27.
Cosa sarebbe accaduto?
"Damon?"
- Si?-
"Tu sai...come morirai?"
Lui annuì. Senza un battito di ciglia, nessun nervosismo.
"E vivi bene? Non sei mai triste?"
Howthorne rimase a fissare la neve, poi però chiuse gli occhi.
- Non ho paura di morire. So come capita e...quasi uno non se ne accorge.-
"Hai ragione." Nora sorrise, piegando il capo sulla sua spalla "Forse uno con la tua esperienza vive meglio sapendolo, vero? Così non sprecherai mai il tempo che hai. Esatto?"
Tempus fugit.
Lui lo sapeva fin troppo bene. Per questo il fatto che sarebbe morto, presto o tardi, non lo toccava.
Perché sapeva di dover vivere anche giorno per giorno. Sapere la scadenza aveva solo reso più alta la qualità della sua vita e non il contrario.
- Quando sistemerai le cose, Nora?-
Lei sospirò, desolata.
"Non lo so. Ma voglio vedere in faccia quello che mi ha uccisa."
- E i tuoi? Non hai nulla da dire a loro?-
"Sai, mi sarebbe piaciuto vedere la faccia di mia madre, il mio primo giorno di lavoro al Ministero." gli confessò, sporgendosi in avanti e poggiando i gomiti sulle ginocchia "E mi sarebbe piaciuto andare a cena lei e papà, la sera stessa, per festeggiare. E avrei voluto...trovare un ragazzo, un giorno. Magari pattinare sul ghiaccio...non l'ho mai fatto. Avrei voluto mettermi un bel vestito per andare al matrimonio di Meg e ballare scalza in un giorno d'estate, sotto la pioggia. Avrei voluto...un figlio, magari. Avrei voluto stringerlo e...invecchiare." Nora si strinse nelle spalle, le mani a serrare forte la pelle che lei riusciva ancora a sentire, illudendosi "Invecchiare con mio marito, litigando ancora per il poco sale nella zuppa o per una torta bruciata nel forno..."
Avrei solo voluto vivere.
Tutto qua.
"Pensi di avere tutto il tempo dalla tua parte...ma in vero puoi perdere tutto da un momento all'altro. Io volevo solo vivere, solo questo. E' troppo secondo te?" disse con un filo di voce.
- No, non è troppo Nora.- rispose, passandosi una mano sugli occhi - Non è troppo.-
"Ora so che non potrò mai fare nulla di tutto questo ma...io ho visto chi ci ha uccisi tutti quanti." e si volse a fissarlo, le iridi ancora appannate di lacrime "Io l'ho visto. E ci sei tu...tu che mi senti. Se tu non ci fossi, sarei morta per niente. Ma tu ci sei...e possiamo trovare quel tizio."
Convinciti che non è stato tutti inutile.
Anche se è una bugia, convincitene.
Vennero interrotti da un crepitio del camino e fra le fiamme apparve la testa di Cloe.
- Prego, avanti.- soffiò Damon ironico - Potevo essere intento a fare altro, sai?-
- Si, con chi?- replicò la King - Spero non col fantasma perché ti manderei da un terapeuta del sesso.-
"Non capisco bene se insinuano sempre queste cose perché sei un porco o perché sono delle malpensanti loro." commentò Nora, pensosa.
- Allora duchessa.- Damon ignorò i commentini della sua compagna "fluttuante" - Che succede?-
- Lo sai che Badomen è fuggito, si?-
- Certo che lo so. Non vivo sulla luna.-
- Come ti pare.- la bionda non l'ascoltò neppure - Mi era venuta un'idea.-
- Oddio, cosa?-
- Ad Azkaban ci saranno un sacco di Non-Vivi crepati nelle celle, no?-
- Neanche morto.- scandì il Legimors all'istante - Non vado a ficcarmici là dentro per parlare con cadaveri ambulanti di assassini, Mangiamorte e maniaci dell'Imperius. Neanche se fosse Harry in persona a chiedermelo!-
- Che palle, dovrai pur far qualcosa! È una settimana che sei chiuso in casa!-
- Uscirò il 27.-
- Ancora non mi hai detto che succede quel giorno al Ministero.-
- E resterà una sorpresa.-
- Hn.- Cloe assunse un'aria diffidente - Come vuoi, ma spero per te che sia una cosa seria. Allora, la superoca l'hai sentita? Sai che andrà alla Corte con Milo, Herm e un'altra squadra per indagare sulla Salvia che Badomen ha usato per accecarti?-
- Ma va? Vogliono farsi succhiare come mentine da tutti i Leoninus della Corte? Quando partono?-
- Fra due giorni. Trix mi ha detto che Duncan sta discutendo della cosa col Wizengamot. Non capisco perché ma quelle vecchie mummie si oppongono. Secondo Trix ce ne sono altri corrotti, oltre Donovan ammesso che sia davvero possibile che Badomen gli abbia infilato ciò che ha rubato dalla Gringott in tasca.-
- Dio, che allegria.-
- Già.-
- Ma dove sei, scusa?-
- A casa, in ufficio. Oliver sta discutendo in salone con mio padre riguardo all'eredità.-
- La tua?- allibì Howthorne, accedendosi una sigaretta.
- Esatto.-
"Cafone." fu il sibilo di Nora.
- Nora dice che è poco delicato da parte sua.- tubò il Legimors, melenso.
- Chissene frega.- Cloe non sembrò neanche farci caso - Comunque stasera faccio un giro da te, tanto Oliver passerà tutta la serata coi miei, gli zii e le mie cugine a discutere del patrimonio King.-
"Approfittatore."
Damon rise, soffiando fuori il fumo - Nora teme che lui ti voglia per i soldi.-
- Ognuno vuole qualcosa. Soldi, sesso, una morte veloce, il silenzio.- rispose la bionda - Io voglio la pace. E con lui l'avrò di certo. Bene, ci vediamo più tardi. Se riesco mi porto qualcosa da mangiare. Cinese va bene?-
- Ottimo. A stasera allora.-
- A stasera.-


A Cedar House, dopo pranzo, si stava disputando un duello fra marito e moglie all'ultima frecciata.
Era stata una giornataccia per tutti, specialmente dopo essersi svegliati dalla festa di nozze di Caesar Cameron. Lucilla ancora si sentiva pesare in testa i bicchieri bevuti alla festa delle Aquile Dorate, figurarsi il Dom Pérignon che i Cameron avevano fatto scorrere come acqua da una cascata.
Il bello non era quella sbornia da due giorni, che avrebbe piegato le ginocchia a un essere umano normale di due metri e duecento chili. No. Il bello era la faccia sdegnata di Tristan Mckay, come se non dirgli nulla di Tom fosse stato come tradirlo col suo migliore amico o con suo fratello.
A pranzo ne erano volate di tutti i tipi, a cose vecchie del primo anno quando si erano rubati le penne a Hogwarts, al "ci hai impiegato anni a venire a letto con me!" quindi "adesso dovresti velocizzare il tuo bioritmo!"
Insomma, amenità simili.
Essendo di giorno libero Tristan ancora non aveva avuto il tempo di parlare con nessuno, né Harry né Ron o Draco, ma appena aveva cercato anche solo di allontanarsi da Lucilla di qualche passo lei gli si era letteralmente incollata addosso, stringendolo in una morsa al collo e alla vita che, a vederle quelle braccia, uno non avrebbe mai immaginato.
Il fatto poi che fossero incollati come due adesivi aveva fatto desistere Liz dal fare commenti, anche se non era per niente fine che una coppia si scambiasse effusioni fuori dalla camera da letto, mentre Rose, tempestivamente informata da quella deficiente di governante, aveva già cominciato a scegliere i nomi per un futuro nipote maschio.
Da anni aveva anche dei completini azzurri, nuovi di zecca, con corredo di scarpine e berrettini.
Da incubo.
Tanatos non aveva ancora deciso se mandarla al San Mungo o informare Lucilla che presto avrebbe dovuto sopprimere la suocera se Rose andava avanti su quella linea, ma fortunatamente la signora Mckay era troppo presa dalle sue fantasie su una nuova gravidanza per capire che la nuora stava soltanto impedendo a suo figlio di uscire di casa, ricorrendo a qualsiasi sporco mezzo.
Dalle minacce di castità forzata, a vere e proprie avance che, bisogna dirlo, sulla bocca di Lucilla dei Lancaster, essendo così rare, avevano un gusto tale da far perdere la testa a chiunque.
- Ho detto di no!- sbottò Tristan per la terza volta, quando lei gli si mosse addosso con aria felina - Insomma, non sono mica un ragazzino! Ho un minimo di autocontrollo sai?-
La faccia della demone era da presa in giro, così arrossì di rabbia.
- So dirti di no!- scandì serissimo.
- Si?- tubò lei, alzandosi sulle punte e baciandolo rapidamente - Provaci.-
Quella se voleva era capacissima di fargli l'Imperius, si ritrovò a pensare.
E chi sarebbe mai andato, degli Auror, a catturarla per aver violato la legge?
Ora che ci pensava Lucilla avrebbe anche potuto chiuderlo da qualche parte e...dimenticarsi di lui. Svampita com'era su certe cose...dimenticava anniversari, compleanni...una volta anche Degona, quand'era piccola, da Sofia per tre giorni.
- Dai, lascia perdere Harry.- continuò Lucilla dolcemente, strusciandosi ancora e solleticandogli la nuca con le dita.
Solo un perfetto idiota le avrebbe detto di no per la quarta volta. Ancora si chiedeva come aveva potuto farlo le tre volte precedenti. Il suo autocontrollo aveva già reso onore a se stesso...ma ora basta.
Ma si sa, o le occasioni si colgono al volo o...
Entrò Degona nel salone, spalancando le porte come un tornado e rimase poi sbigottita, sentendo l'aria che girava.
- Wow...- fece, alzando le mani - Questa proprio mi mancava...sarà meglio che vada in analisi...-
- No, no!- urlò Tristan, sottraendosi alle grinfie della moglie - Diavoletta, vieni qua!-
- Mi piacerebbe ma...- e additò sua madre - Lei non sembra d'accordo.-
- Si, si che è d'accordo.- e senza sentire ragioni buttò sua figlia seduta con poca delicatezza, piazzandosi di fronte a lei e a due metri dalla moglie - Dunque...-
- Si?- lo incalzò Degona sagace.
- Mi dicevi...di...di...-
- Di cosa?- riecheggiò Lucilla, perfida.
- Ah, si!- scattò Tristan, salvandosi all'ultimo secondo - Che alla festa delle Aquile hai sentito qualcuno, una donna giusto? Che chiedeva vendetta.-
- Esatto.- annuì l'empatica - Ma non ho potuto capire da dove arrivasse. C'era troppa gente.-
- Tanto hanno tutti il cervello pieno d'acqua.- commentò la Lancaster, serafica.
- Mi avete trovato la lista degli invitati?- chiese Dena cautamente.
- E come? Vado dal CT delle Aquile e gli chiedo informazioni sui suoi rispettabilissimi ospiti riguardo al fatto che mia figlia, un'empatica non schedata, avrebbe sentito propositi omicidi da qualcuno alla festa? Howells mi sputerebbe in un occhio... e visto come sputa alle partite, credo che declinerò la proposta.-
- Non possiamo rubarlo?- fece Lucilla.
- Ed ecco le proposte di tua madre.- celiò Tristan - Tutto sotto banco eh?-
Lei lo guardò truce - Siamo di fronte a un'empatica. Idiota.-
- Grazie.-
- Prego.-
- Di cosa parlate?-
Degona li guardò stranita. Che strano...ora che ci faceva caso anche suo padre stava usando l'Occlumanzia.
Proprio come Hermione.
Ma che diavolo stava succedendo?
- Oh...non sarai mica incinta davvero!- sbottò sgomenta.
Sua madre per tutta risposta fece una smorfia disgustata - Sto per dare fuoco alla casa con voi dentro, siete avvisati.-
- Si può sapere perché di tanti misteri?- continuò la giovane strega - E' da un pezzo che sia tu che Hermione sparite e tornate con dei musi atroci. È successo qualcosa?-
- Già tesoro...- cinguettò allora Tristan, melenso - E' successo qualcosa?-
- Si, un futuro divorzio.- minacciò la demone fra i denti - Specialmente se non la pianti di seccarmi. Ti ho già chiesto scusa se non sbaglio.-
- Io di scuse non ne ho sentite.-
- E mai ne sentirai da me.-
Dio, quanto cominciavano a discutere sembrava di sentire due bambini di cinque anni, così Degona agitò la bacchetta e si versò del thè, per calmare i nervi. Anche se ormai era appurato che nascondevano qualcosa.
Un figlio non era però. Almeno quello.
- Vogliamo fare le persone serie per cinque minuti?- propose ad entrambi i genitori - Ok, facciamoci due conti. Chi c'era alla festa di sospetto?-
- Donovan e Brockway per il momento.- disse Lucilla - E la figlia, che quel porco di Donovan si sbatte di notte.-
- Lucilla!-
- Dio, che stress. Ha ragione Nadine, in questa casa non si può parlare!-
- Non sappiamo neanche se è davvero la sua amante.- replicò Tristan - Solo perché i ragazzi l'hanno vista andare a mezzanotte a casa di Donovan non vuol dire che sia la sua amante.-
- E allora che c'è andata a fare? Giocavano a carte?-
- Magari Brockway usa la figlia per fare da corriere o intermediario.- propose Dena, centellinando il thè - Me la ricordo, c'era alla festa. Aveva quel vestito d'oro... e mi è passata vicino...-
- Cos'hai sentito chiaramente?-
- Qualcosa sul vendicare suo padre.-
Lucilla tacque.
Tristan anche.
Ora Degona sentiva la tensione serpeggiare ovunque in quel salone.
- Ok.- disse gelida - Cosa mi nascondete?-
- Niente.- Mc si alzò e raggiunse il tavolino davanti al caminetto. Sopra vi era posato un portasigari del prozio Bernard e se ne accese uno, piccolo e sottile, inspirando l'odore acre e sentendo il fumo bruciare in gola.
- Niente non mi sembra.- commentò sua figlia - Stai usando l'Occlumanzia.-
- E anche male, visti i risultati.- frecciò Lucilla.
- Sentite tutte e due...- sbottò, avvolto in una nube di fumo scuro - Non datemi il tormento e restiamo concentrati sulla figlia di Brockway. È la minore, giusto? Fa il M.A.G.O. l'anno prossimo?-
- Esatto. Si chiama Halley.-
- Ed è minorenne. Draco potrebbe aver ragione. Se ci procuriamo un mandato andiamo in casa di Donovan e vediamo di setacciare tutto. Magari viene fuori quello che Badomen potrebbe avergli infilato in tasca quel giorno a Diagon Alley dopo la cattura.-
- Non sappiamo neanche che camera blindata era, papà. E i registri sono spariti.-
- E poi Donovan potrebbe già essersene sbarazzato. Mica è così stupido.- commentò la demone, buttandosi a sedere accanto alla figlia, già provata da quella discussione e dalle avances a vuoto fatte al marito.
C'era il fatto però, che Degona non sapeva, che anche la donna di fronte ai cancelli di Cameron Manor voleva vendetta per il padre. Quindi ormai era assodato che la donna di Badomen era la figlia di Brockway.
Ma cosa centrava Tom con Brockway? E Harry poi?
Perché la figlia di Brockway avrebbe dovuto volersi vendicare di loro?
Al diavolo, l'aiuto di Degona sarebbe stato fondamentale in quel momento, visto che Caesar era irreperibile, causa procreazione forzata di un erede, ma se solo Degona fosse venuta a sapere che Tom era sparito dalla bellezza di otto giorni...oh, avrebbe dato i numeri.
La conosceva bene...e la Sigillazione di Tom era stata fino a quel momento una spina acuminata nel suo cuore.
Una spina che la faceva ancora sanguinare.
Lei non aveva mai accettato. Anche se aveva capito.
Dopo aver discusso ancora riguardo a Brockway e ai modi in cui aveva potuto liberare Badomen da Azkaban passando facilmente sotto al naso dei Dissennatori, Degona tornò all'Associazione Hayes.
Quando entrambi furono più che sicuri che se ne fosse davvero andata, si guardarono in faccia.
Ormai sapevano bene che era rimasta una sola cosa da fare.
- Draco viene di ronda, stanotte. Gli parlerò io.- disse Tristan, spegnendo il sigaro con stizza - Mi dispiace Lucilla, so che non vuoi. So anche che se lo troviamo dovremo assistere una seconda volta alla sua Sigillazione e che sarà uno strazio per tutti ma non posso permettere che né Harry né Draco vivano in questa sorta di bolla creata da te.-
- Lo so anche io.- mormorò la Lancaster, distogliendo gli occhi dai suoi - Ma speravo di poter evitare a Tom altro dolore. Anche se ora temo solo che sia finito in mani più pericolose di quelle di Badomen.-
- Che intendi?-
- Badomen è un Mangiamorte. Lo venera.- rispose lei, seria - Ma confesso di non riuscire a inquadrare questa donna...e il mago che ha fatto saltare per aria quella strada a Diagon Alley. Sono morti tanti purosangue quel giorno...un Mangiamorte non l'avrebbe mai fatto.-
- Temi anche ciò che hanno visto i Non-Vivi, vero?-
- Si. Quell'assassino assomiglia molto a Tom. La descrizione del fantasma che ora sta a casa di Damon è stata chiara. Capelli neri, occhi scuri ma di sicuro blu...e pelle chiara. Anche l'altezza c'era. Più di un metro e ottanta. Tom è cresciuto in questi anni. E temo che abbiano potuto usargli l'Imperius.-
- E Donovan sapeva che era sparito da Cameron Manor. Sapeva anche di quella Dama dell'Acqua. Avevi ragione.- sospirò, sedendosi con lei e prendendole la mano - Il Segretario è sicuramente implicato. E prima o poi l'aiuto della sorella di Demetrius non basterà più. Troverà un modo per incastrarlo...per diffondere la notizia che Tom è fuggito dalla sua Sigillazione. Quello che non capisco però è il comportamento di Donovan...è davvero implicato in prima persona, è assodato. Ma lui ha sempre odiato Tom, perché farlo uscire? E perché liberare Badomen da Azkaban con l'aiuto di Brockway?-
- Credo ci manchi un pezzo.- mormorò Lucilla fissando il fuoco nel camino, come ipnotizzata, anche se forse era il contrario - Credo che il pezzo che ci manca sia ciò che lega Badomen, Donovan e Brockway.-
- Intendi quella donna. La figlia di Brockway.-
- Esatto.-
- Credo che Dena debba fare una lettura per noi il prima possibile.-
- Lo credo anche io.- annuì Tristan, piegandole il capo contro la sua spalla - Noi che facciamo intanto?-
- Io sono stanca.- sussurrò lei, lasciandosi abbracciare - Ti prego, restiamo un po' così.-
- Per tutto il tempo che vuoi.-


Caesar Cameron stava con la schiena contro lo stipite della porta.
E fissava la stanza, ormai vuota da giorni.
- Mi sembra ieri che Lucilla l'ha portato qui.-
Hermione si volse appena, sorridendogli tiepidamente.
Era la stanza di Tom. I suoi vestiti, i suoi libri, le sue cose...c'era ancora il suo leggero sentore ovunque.
E c'era freddo. Freddezza, calore. Alterigia, tenerezza.
Esattamente quello che lui era.
- Perché hai accettato un bambino umano in casa tua?- gli chiese la strega, continuando a sfogliare con dita delicate e riverenti le pagine di un libro di magia, l'ultimo che Tom aveva toccato prima di sparire.
- Lucilla teneva molto a lui. Vent'anni fa l'avevo praticamente rinchiusa qui, così mi presi a cuore l'unica cosa a cui ancora tenesse. Sembra passato così poco tempo...-
- Hai dei sensi di colpa Caesar?- mormorò, scostandosi i ricci dorati dalle spalle.
- Avevi ragione tu. Troppa indifferenza.-
Chiudendo il libro si girò a fissarlo, ora piena di calore.
- Non direi. Ti sei fidanzato e sposato nel giro di tre giorni.-
Cameron piegò diabolicamente le labbra, grattandosi il collo - Ho dei cedimenti anche io.-
- Si, direi.- rispose, avvicinandosi e sistemandogli il collo della camicia bluastra, chiudendogli un alamaro d'argento sotto al collo - Ma tre mesi passano in fretta Caesar. Stai attento. Non fartela portare via.-
Denise.
Incredibile.
Per secoli e secoli una pietra nel petto e...poi in un lampo quella pietra diventa qualcosa di più.
Palpita, prova sentimenti, emozioni, prova amore.
Incredibile per lui, dannazione.
Si lasciò abbracciare, sentendola felice per lui.
Era bella l'empatia a volte.
La felicità di lei, aggiunta alla sua.
- Mi piace solo per quello che ti sta facendo.- gli disse, scostandosi - Sei diverso.-
- In che senso?-
- Non è la tua bieca libidine.- ironizzò maliziosa - E' qualcos'altro. Perché non me l'hai detto?-
- Cosa?-
- Che sei innamorato.-
Caesar si morse il labbro, scuotendo il capo e stringendosi nelle spalle.
Lo faceva ancora, forse per difendersi da quella parola, dal passato.
- Non lo so. E' uguale e...diverso da quello che provavo per Imperia.-
- E il senso di colpa?-
- Non credo che sparirà mai.-
- Non sei stato tu a ucciderla.- sussurrò Hermione, carezzandogli la guancia gelida - E' stata lei. Non stava bene in questo mondo e tu lo sai. Ti amava tanto Caesar...ma non ce l'ha fatta. Solo perché il tuo cuore per lei non ha mai battuto tanto non significa che tu non l'abbia amata con altrettanta intensità.-
- Suona bene a parole.-
- E' la verità. E non dovresti stare qui. Dovresti andare a occuparti di Denise.-
Stavolta lui sogghignò - E' un invito a levarmi dai piedi?-
- E' un invito a fare il tuo dovere. La prima notte di nozze come l'avete passata?-
Caesar, che non amava parlare di sesso ma solo farlo, si limitò a levare le sopracciglia.
- Non voglio neanche discuterne con te.-
- Perché? Prima di essere una ex amante sono un'amica.-
- No, sei una spina nel fianco come tutte le donne. Lucilla in capo a tutte.-
- Ok, quindi non avete ancora fatto sesso.-
- Io e Lucilla mai.-
- Imbecille. Parlo di tua moglie.-
- E con questa bella frase credo me ne andrò a scolarmi le bottiglie di Chardonnay rimaste.- le scoccò un bacio in fronte - A presto.- e sparì lasciandosi dietro la sua immagine residua, insieme alle risate della strega.
Finalmente, pensò Hermione chiudendosi la porta alle spalle.
Finalmente era felice.
La gioia per lui però sparì, quando tornò alla grande scrivania di ciliegio.
Tom.
Tutto lì parlava di lui.
Il Pensatoio, così pieno e vorticoso. I libri e il suo amore per la conoscenza, le pozioni, l'odore delle erbe magiche, i modellini in scala del sistema solare...piccole cose che raccontavano così tanto.
Spostando un grosso tomo di Storia della Magia però, qualcosa le scivolò ai piedi.
Foto.
Le raccolse e chiuse le palpebre, sentendo le lacrime pungerle gli occhi ma sbatté forte le ciglia più e più volte.
Le mancava così tanto.
Quando si sentì meglio però, trovò accanto a lei una presenza inquietante.
Sinistra.
Aveva capito di temerlo, senza saperne il motivo.
Ma Vlad non guardava lei.
Guardava le foto che teneva in mano.
- Le ha tirate fuori da poco.- sussurrò il demone con voce roca - Prima non le ho mai viste.-
Hermione lo fissò attentamente. Erano amici lui e Tom, si ritrovò a pensare.
Non seppe spiegarlo ma vedeva in quegli occhi bianchi da guerriero ciò che c'era anche nello sguardo di Caesar, quando si posava su di lei.
Era affezionato a Tom.
Nonostante quel demone avesse il sentore della morte.
- Chi sono?- le chiese. Si poggiò coi fianchi alla scrivania, accendendosi una delle sue sigarette alla menta.
Lei sorrise, passandogli la foto.
- I suoi amici e compagni di scuola. Credo sia stata scattata in un giorno di lezione normale.-
- Quei simboli sulla divisa sembrano quelli del suo tatuaggio.- commentò Stokeford.
- E' vero. Tom era un Grifondoro.-
- Fammi indovinare. Anche tu, vero?-
- Come lo sai?-
Vlad non staccò l'attenzione dalla foto - Sembri una che ama la guerra.-
Ma tu guarda. Prima le davano della guerrafondaia, poi della sanguinaria.
Maschi.
- Questa è una vampira.- disse Vlad di colpo, stranito - Che cazzo, ma che amici ha?-
- Te compreso?-
Fece una smorfia, rimettendosi la sigaretta in bocca - No, è una Diurna...però. Bella sfiga.-
- Perché?-
- Perché l'anima in un corpo di demone è come un cancro.- le spiegò a bassa voce, sfidandola a negare - Ti rovina, divora ogni cosa. E poi ti spacca in due parti. Meglio vampiri per sempre che un giorno solo da Diurno.-
Hermione pensò a Trix.
Un cancro.
L'anima era davvero come un cancro?
L'anima di un disperato come la sua...poteva esserlo?
- E questo?- Vlad soffiò altro fumo - Però, aveva amici facoltosi...- e le indicò Damon.
- E' un Lord e un Legimors. Come fai a saperlo?-
- Non sapevo che fosse un Lord. Ma non intendevo questo.- e la guardò eloquente - Parlo della sua testa...- e passò la mano in aria a qualche centimetro sopra i capelli biondi - Gliela vedi?-
- Che cosa?-
Damon era normalissimo. Guardava con la solita aria scazzata l'obiettivo. Ma in testa non aveva niente.
Vlad lasciò subito perdere - Già che voi umani non vedete queste cose.-
- Ma di cosa parli?-
- E' un Legimors hai detto?-
- Si.-
- Ecco spiegato tutto.-
- Non capisco cosa stai dicendo.-
- Non importa.- tornò a studiare la foto - Questo è un mannaro?-
- Si, è il principe dei Greyback. L'altro, quello piccolo, è il figlio di Jeager. Ora ha ventun'anni.-
- Il mondo è bello perché è vario.- sospirò Stokeford - Almeno adesso capisco molte delle sue idee.-
Già. Vivere in un mondo scaglionato da classe e gerarchie non era mai stato facile per Tom.
Per questo aveva vissuto il più possibile secondo le sue stesse regole.
Classe e sangue...non erano mai state niente per lui.
Era proprio vero che la discendenza non era poi così importante. Lui ne era la prova vivente.
Voldemort aveva avuto ragione.
Sangue, ossa e carne...non erano una garanzia.
Da lui era nato un essere così puro da sembrare una beffa del destino.
E per uno come Lord Voldemort, di sicuro lo era.
La beffa più grande di tutte.


Era sorto il sole. Ed era tramontato.
Thomas Maximilian Riddle però non aveva visto uno spiraglio di luce quel giorno.
Le finestre di quella casa erano inchiodate.
Si accorgeva dello scorrere del tempo solo quando, fra un dormiveglia e l'altro, i suoi occhi velati si posavano su un orologio appeso al caminetto di quella stanza logora.
Un orologio d'ebano, dalla cornice spezzata, ma con inserti di piombo e rame che un tempo dovevano essere stati molto costosi. Tutta quella tenuta in effetti sembrava essere stata molto rigogliosa.
Le undici.
Tom si svegliò di nuovo grazie a una fitta straziante.
La sua schiena.
Serrò le mascelle per il dolore, lasciandosi sfuggire un gemito soffocato.
E in un attimo, senza che lui neanche si fosse accorto della sua presenza, quell'uomo gli apparve accanto.
In ginocchio, l'espressione più esaltata ed affascinata che mai.
- Come state padrone?-
Perché?
Perché continuava a chiamarlo padrone?
Aveva vaghi ricordi di quando la sera prima era apparso in quel luogo.
Ricordava Viola, che l'aveva condotto fuori dall'Azmodeus Club.
Ricordava la neve per le strade di Londra...il vicolo buio. La mano piccola e quasi scheletrica di Viola sul capo.
Cos'aveva detto? Dove l'aveva mandato?
"Che la casa di tuo padre possa accoglierti..."
No.
No, non poteva essere.
- Dove...- deglutì, sentendosi la gola ancora in fiamme - Dove sono?-
- Al sicuro, mio signore.- rispose Badomen, gioendo nel sentire la sua voce e azzardandosi ad un tono più confidenziale - Come ti senti?-
Tom si agitò sui guanciali, a torso nudo e con una spessa benda di seta a serrargli il fianco ferito.
- Padrone, devi stare fermo.- disse Badomen, schiacciandolo sotto la coperta senza sentire storie - Sei stato ferito gravemente. Ma chiunque sia questo cane, sappi che non vivrà ancora a lungo. Gli farò patire le pene dell'inferno, vendicherò il tuo nome, non temere. Ti sarò devoto. Sempre, sempre.-
Sembrava un delirio.
Parole sconnesse.
Tom richiuse gli occhi un istante.
Lo chiamava padrone.
Non poteva essere vero.
Forse era un sogno. Un incubo.
Il veleno gli stava procurando le allucinazioni.
Eppure era sveglio... il dolore alla schiena e quello causato dai morsi di Viola non era un'allucinazione.
Ma allora...
- Dove sono? Chi sei tu?- alitò debolmente.
- Siete in salvo, a Little Hangleton. Nella vecchia casa dei Riddle. E io sono Craig Badomen, mio signore.- e fece un cenno profondo col capo - Forse non mi conoscete. Ma ho servito a lungo e bene Vostro Padre.-
Padre.
Lord Voldemort.
I flash di tanto tempo prima gli trapassarono la testa come una freccia infuocata.
L'Arca, la notte perpetua, le fate, Harry...Mezzafaccia.
Voldemort che...moriva fra le sue braccia.
Il Marchio Nero.
Badomen...
Ricordava quel nome.
Aveva come una sensazione di dejà vu.
Possibile che l'avesse già sentito?
Forse...ecco, ora ricordava! All'Azmodeus Club! Era stato Dark a dirgli del ritorno dei Mangiamorte! Del Marchio Nero, sopra Diagon Alley. E di...quella strage.
Ora ricordava.
Qualcuno doveva avergli scagliato un Oblivion.
- Oddio.- mormorò, alzando la mano ferita da Viola e chiudendosela sugli occhi - Oddio...-
- Padrone, non stancatevi.- ordinò Badomen, alzandosi in piedi rapidamente e riacquistando la sua sicurezza - La pozione che vi ho fatto bere mezz'ora fa deve ancora fare il suo effetto. Entro un mese starete bene. Ma prima devo abbassarvi la febbre. Chiunque sia stato a farvi questo ha usato ingenuamente del veleno...e voi ne siete immune. Non vi ucciderà, anzi.-
L'avrebbe reso più forte.
- Vi renderà più forte.- disse infatti, quasi con orgoglio malsano - Ma d'ora in poi il veleno scorrerà per sempre nelle vostre vene. Proprio come accadde al grande Lord Oscuro.-
Tanto c'era sempre stato veleno dentro di lui.
Non era sangue.
Era veleno. Veleno puro.
Sangue Black e sangue Riddle.
Peggio dell'acido, peggio della più grande delle maledizioni.
- Padrone. Sapete chi è stato a farvi questo?-
Tom non rispose.
Non lo sapeva.
Non gl'importava.
Voleva dormire.
Voleva morire.
Ma riaprì gli occhi, avvertendo un sibilo acuto nella testa.
Girando appena il capo dolente e pesante per la febbre alta, vide l'ombra di Badomen stagliarsi nella stanza.
Registrò tutto di lui. I suoi lineamenti, il suo viso, il taglio degli occhi. Il mento forte e sporgente.
Ma capì subito cos'era quella sensazione che non lo lasciava dormire.
Era...il Marchio Nero. Impresso sul braccio di quel Mangiamorte di cui lui otto anni prima non aveva mai sentito parlare. Dov'era stato per tutto quel tempo?
Non ricordava di averlo mai visto a Dark Hell Manor otto anni prima.
- Davvero non ricordate nulla? Chi è stato a ferirvi?-
Una donna.
Quella donna nel vicolo con la voce bassa e gutturale.
Quell'odore forte...di lavanda. La sigaretta a terra...
- Una donna.- mormorò - E' stata una donna.-
- Un Auror di ronda?-
Scosse la testa, ormai stremato.
E Badomen annuì.
- Molto bene, padrone. Per ora riposate. Dovete rimettervi in forze.-
Oblio.
Voleva solo quello.
Poi svegliarsi...e magari essere insieme a Viola.
Gli sembrava di essere una foglia in preda al vento.
Come se ormai, in qualunque posto fosse mai finito, niente avrebbe più potuto riportarlo a casa.
Da Caesar, Vlad, Denise, Val e gli altri.
- Morirà padrone. Lo uccideremo, fidatevi.-
Voleva tornare a casa...
- Uccideremo Harry Potter questa volta! E chiunque oserà intralciarci.-
Harry.
Tom aprì gli occhi istantaneamente.
Harry.
Non ne conosceva il motivo ma se lui non aveva mai visto quell'uomo, Badomen a sua volta non sapeva dei suoi rapporti con Harry e gli Auror.
Possibile che lo facesse apposta? Era invasato a tal punto?
No, gli sembrava una persona lucida.
Davvero non sapeva del suo passato...e questo, forse, poteva giocare a suo vantaggio.
- Dove...dove si trova il bambino sopravvissuto?- gli chiese, facendo leva su un gomito per sollevarsi dai guanciali.
Badomen fece una ghignata, restando di spalle contro il camino, a trafficare con una pozione dall'orrido odore che rovesciava in grossi calici di bronzo rifiniti accuratamente - A Londra, mio signore. Dicono che abiti di fronte a Kensington Gardens. Ma è presto per voi, per entrare in azione. Datemi retta, riposate, raccogliete le forze. Ci aspetta la quarta guerra fra Auror e Mangiamorte. E state sicuro mio signore, che questa volta cammineremo sui loro cadaveri.-
Oh, sarebbero caduti cadaveri, pensò Tom.
Ma non quello di Harry.
I suoi occhi blu si tinsero quasi di nero.
Vlad era stato un buon maestro dopo tutto. Non avrebbe dovuto farlo vergognare oltre, restando sdraiato come un moribondo un istante di più.
Stava per mettersi a sedere, fregandosene del dolore che lo squarciava in due, quando Badomen credendolo addormentato se ne andò dalla stanza.
Stava parlando con qualcuno nel corridoio.
Dalla voce flautata e sibilante al tempo stesso doveva trattarsi di un demone impuro.
I toni erano bassi ma...capì comunque qualcosa...stavano parlando di qualcosa riguardo la Gringott.
- D'accordo, d'accordo!- tuonò Badomen all'improvviso - Dannazione, se vuoi una cosa fatta bene devi sempre fartela da solo! Dì a quel bastardo di aspettarmi a casa sua e di non muoversi! Fra lui e Brockway mi sembra di avere a che fare con due larve!-
Ci fu un rumore di passi, qualche maledizione borbottata fra i denti poi Badomen parlò di nuovo.
Ma la voce gli rispose era femminile.
- Non è saggio uscire Craig.-
Un tono seccato, sarcastico e di accusa.
- Finirai per ammazzare qualcuno. Come se non avessi già abbastanza problemi a nasconderti sempre.-
- Non fare la lagna tesoro.- fu la replica annoiata - Non mi piace questa calma. Sono fuggito da tre giorni ormai e gli Auror sembrano solo oziare.-
- Solleverai un polverone inutile.-
- Devo forse ricordarti che vado fino a Londra per recuperare tutti i campioni di pelle e capelli che tanto ti servono?-
- No, infatti non c'è bisogno che me lo ricordi. Ma sono stufa di tutti i cadaveri che dissemini in giro Craig! Il Segretario è stato chiaro.-
- Me ne frego di lui. Centellina ogni campione che ci passa...non fosse per le pozioni Polisucco che abbiamo in così gran quantità grazie a lui, l'avrei già sistemato.-
- Certo e poi chi ce la garantisce più l'aiuto di Brockway?-
Badomen sbuffò - Senti, fa come ti pare. Io vado a prendere quello che ti serve, tu almeno vedi di occuparti del padrone. Fa in modo che dorma e che nessuno lo disturbi.-
Silenzio.
Tom aprì le palpebre di uno spiraglio.
Vide un mantello chiaro sulla porta.
E alle narici gli arrivò un odore...che non stentò a riconoscere.
Sentì lo sfrigolio leggero di una sigaretta schiacciata nel portacenere...e poi la lavanda impregnò ogni cosa.
Badomen era appena andato via e un istante più tardi Tom spalancò gli occhi, sentendo due mani grifagne schiacciargli la carotide.
- Mi sei tornato a tiro, maledetto!-
Lo stava strozzando!
La vide china su di lui, nascosta da un cappuccio...ma la voce, l'odore...era lo stesso!
Era la donna che l'aveva colpito con quella freccia una settimana prima! Quella che l'aspettava, dopo che la Dama dell'Acqua l'aveva portato via da Cameron Manor!
- Ti avevo avvisato quel giorno!- gridò quasi, con vocetta sinistra - Ma sei perseguitato dalla fortuna Thomas Maximilian Riddle! Quando Craig tornerà gli darò la tragica notizia...ne sarà oltremodo distrutto...- e serrò più forte, come se nelle mani avesse avuto una forza estranea a quella di una donna così gracile -...come tutti i ripugnanti Mangiamorte come te! MUORI!-
Il fiato.
L'ossigeno...quasi non gli arriva più ai polmoni.
Ma doveva tentare...
Con le sue ultime forze spinse le mani di quella pazza più in basso sul suo collo.
Sempre più in basso.
Era l'unico modo per allontanarla.
Quando lei, infatti, finì per toccare il suo collare di platino ci fu un lampo di luce bianca.
E fu così forte che Tom neanche sentì il grido di lei, che finiva contro la parete opposta alla stanza.
La vide schiantarsi di schiena e poi cadere bocconi, intontita.
E lui nel frattempo riuscì ad alzarsi. Vide la sua bacchetta sul tavolino accanto al caminetto. Alzò la mano e questa raggiunse subito il suo padrone. Ebbe anche qualche secondo per vestirsi, infilando una camicia grigio fumo trovata lì vicino e un mantello imbottito di pelliccia, completamente nero. Forse lasciati da Badomen.
Mentre la sua assalitrice giaceva ancora a terra si guardò attorno, magari alla ricerca di un arma, qualsiasi cosa, anche una piccola lama, ma rimase di sasso invece...quando mettendosi in ginocchio il cappuccio e il mantello della donna scivolarono di lato.
Non aveva mai visto nulla di simile...mai.
Era...un relitto.
Spalle ricurve, un'enorme gobba sulla schiena, mani come ustionate. Cicatrici su ogni parte visibile delle sue braccia.
La testa era quasi completamente priva di capelli, anche quella ricoperta di segni simili a ustioni.
I pochi capelli erano stopposi, color pelo di topo.
Ma ciò che lo sconvolse fu il viso...un ammasso di pelle cicatrizzata e deformazioni in cui spiccava solo un occhio castano. L'altro era coperto da un sopracciglio cadente.
Si fece indietro, tremando, mentre lei lo fissava ricolma di odio.
- Guarda come mi avete ridotta tu e tuo padre!- gli urlò rauca, rimettendosi in piedi - E' solo merito vostro! Te la farò pagare, figlio del Lord Oscuro! Te la farò pagare cento volte, tanto che l'inferno nelle prigioni degli Zaratrox ti sembrerà un paradiso in confronto a ciò che ti farò io!-
Non rimase un minuto di più.
Ogni luogo, anche l'Azmodeus Club o il letto di Viola Leoninus era meglio che laggiù.
Riuscì a Smaterializzarsi, dando fondo alle ultime energie di cui disponeva.
E finalmente rivide la neve.
Un cielo nero come l'oblio...e le belle chiome di Kensington Gardens.
Le aveva dimenticate.
Erano sempre state magnifiche...animate. Vive.
Mosse dei passi, andò dove lo conduceva qualcosa a cui non sapeva dare nome, dove lo conduceva un legame più forte del sangue.
E infine crollò. Faccia nelle neve, avvolto nel mantello.
Sognò di essere a casa.
Anche se questa casa non aveva contorni definiti. Sapeva solo chi c'era dentro.
Il sogno più bello che avesse fatto negli ultimi tempi...

Nello stesso momento, Glorya Artemisia Malfoy si svegliò di scatto, madida di sudore e col cuore che le batteva all'impazzata. Si sentì tremare tutta, come succedeva sempre quando sognava lui...
Prima chiuso in una bara d'acqua, poi attorniato di vampiri, morso da un demone biondo travestito da fata, poi strangolato da un mostro e ora...
Glory si volse lentamente verso una delle finestre delle sua stanza.
Le tende erano tirate. Lei dormiva solo se era buio pesto.
Ma quel sogno...l'occhio destro, quello dorato che vede il presente, le bruciava.
Possibile che...quel mago che sognava sempre fosse scampato a un altro guaio?
Troppo nervosa per rimettersi a dormire scese dal letto, stretta in un pigiama incantato che la teneva al caldo nonostante la temperatura gelida, e così s'immerse nelle ombre della Lucky House.
Pensò di raggiungere i suoi genitori ma poi ricordò che suo padre doveva fare il turno di notte.
Probabilmente era in bagno, si stava preparando ad andare al Ministero. E sua madre dormiva...preferì non svegliarla.
E doveva fare piano o avrebbe svegliato anche Lucas che, anche se dormiva dall'altra parte della casa, aveva il sonno così leggero da fare a gara con un marine in trincea.
Scese i gradini dello scalone uno a uno, con gli stivali di pelo e tela ai piedi che attutivano di molto il rumore e si diresse in cucina, accendendo le luci.
Si stropicciò gli occhi, guardandosi attorno.
Fra il legno lustro e il cotto del pavimento non c'era nulla fuori posto. E gli elfi erano andati a dormire.
Ma prima o poi sua madre se ne sarebbe accorta...e allora si che sarebbero stati cavoli amari per suo padre.
Tranquillamente sbadigliò e aprì il frigo.
Stava mettendo a scaldare una tazza di latte nel microonde quando l'occhio destro tornò a bruciare.
Di nuovo.
Vide di nuovo quel mago in mezzo alla neve.
Era caduto...e non si rialzava.
Un attimo...
Glory deglutì, restando con la tazza a mezz'aria. Riconobbe qualcosa...un'aiuola rotonda, coperta di neve.
Ma sormontata da una statuetta. Due piccoli draghi dalle ali incrociate.
Senza fiatare Glory mollò la tazza sul bancone, spostò poi una sedia sotto la finestra della cucina e ci salì sopra.
La luce bastava a darle la visuale dell'ingresso della Lucky House.
Un secondo più tardi risaliva velocemente lo scalone e si precipitò nel bagno dei suoi genitori.
Draco stava rimettendo a posto il rasoio e rimase perplesso, vedendo il faccino arrossato della figlia.
- Ehi, principessa. Brutto sogno?- le chiese.
- Papà...- ansimò la piccola strega per lo sforzo - Papà...c'è qualcuno di fronte alla porta. È svenuto...nella neve.-
Malfoy corrucciò la fronte, mettendo subito però mano alla bacchetta nella tasca posteriore dei pantaloni.
Si sporse dalla finestra del bagno, a sua volta, e vide una sagoma nera riversa nella neve, proprio accanto all'aiuola rotonda dell'ingresso.
Dalla sagoma sembrava un uomo.
Per sincerarsene Draco non perse tempo e scese al piano terra. Aveva la bacchetta bassa ma passando accanto al salone alzò il palmo e uno dei fioretti appesi sopra il camino planò direttamente fra le sue dita.
- Resta indietro Glory.- le disse, aprendo il battente.
Fuori c'era solo l'ululato del vento. Neve, neve, ancora neve.
Non si vedeva quasi nulla.
Ma quell'uomo era davvero lì...
Si mosse lento, bacchetta e spada puntate all'intruso che però non dava segni di vita. Chissà da quanto era steso lì.
Ormai a un passo, Draco lo colpì leggermente alla spalla con la punta dello stivale.
Nulla. Era interamente avvolto nel mantello. E sul candore della neve notò delle chiazze rosse.
Schioccando la lingua con disappunto, continuò a chiedersi chi era il disgraziato che era venuto a crepargli di fronte alla porta di casa fino a quando, sempre con lo stivale, non lo fece rotolare supino.
E se la spada e la bacchetta non gli caddero di mano fu tanto.
Tutto si sarebbe aspettato.
Anche il diavolo in persona...
Ma non lui...
Non lui.
Si chinò con una lentezza esasperante, il braccio che gli tremava perché quando gli abbassò il collo del mantello e vide il collare di platino con quella scritta, T.M.R. non ebbe più dubbi.
- GLORY!- urlò, facendo scattare la bambina - Svelta, butta giù dal letto Harry e la mamma! Ti prego, sbrigati! Dì alla mamma di chiamare Efren! Fai presto!-
La bimba non se lo fece ripetere più volte e in pochi secondi, attirati dalle urla, tutti gli abitanti della Lucky House si svegliarono. Tutte le luci si accesero ma Draco non badò al freddo mentre si prendeva in spalla il cugino.
Non badò alle domande che gli sorsero spontanee. Non badò alla sua atroce paura nel vederlo in quello stato.
Lo strinse forte e lo portò dentro, chiudendosi poi la porta di casa alle spalle.
Magicamente.
Poi fu solo un susseguirsi di espressioni sgomente di Elettra, degli occhi dorati di Hermione che parvero chiudersi, quasi con sollievo.
E Harry Potter, il bambino sopravvissuto.
Che in piedi sullo scalone vide ogni cosa.
Vide il sangue, lo vide ferito, lo vide quasi morire.
Ma rimase in silenzio.
Il sogno della notte prima e ora questo...gli dissero chiaramente ciò che doveva fare.
Magia, guerra, speranza e destino.
Era questo. Lui era solo questo.
E ora che il suo più grande desiderio si era realizzato, doveva fare una sola cosa.
La sua bacchetta.
Il suo potere.
La sua maledizione.
Che bruciasse quella cicatrice.
Che bruciasse pure.
Lo spettacolo doveva continuare.

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15° ***


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Certe giornate iniziano nel silenzio totale.
C'è qualcosa però che aleggia nell'aria. E' leggero, appena percettibile...e non se ne va.
E' l'odore del cambiamento.
Come quello della tempesta. Leggero da principio. Poi sempre più intenso.
E Lucas James Potter fin da piccolo imparò presto a riconoscere quella sensazione.
Era passata la notte...e sulla Lucky House regnava ancora un silenzio strano, quasi indotto.
C'era...pace finalmente, quel 19 giugno.
Uscito dalla sua stanza rimase a fissare il corridoio. Ma nulla di preciso.
Ascoltava.
Silenzio.
Solo la neve che cadeva e i fiocchi che si ammonticchiavano contro i vetri, sui davanzali.
Poi Faith gli apparve a fianco, sinuosa come un fantasma ma dolce come una fata.
- Sai chi è?-
Lucas scosse il capo. Se l'era aspettata quella domanda. La stessa che lui si era fatto per tutta il suo dormiveglia, attento al minimo rumore proveniente dalle camere degli ospiti.
- Ieri sera mi hanno spedito a dormire come te, cosa credi? E Glory?-
Faith negò col capo, guardando a sua volta il corridoio. C'erano delle stanze magiche in quel corridoio, quello che divideva la loro ala da quella dei Malfoy. E non sempre avevano il permesso di entrarci...e neanche sapevano dove fossero i grandi.
C'era silenzio. Anche accostandosi a ogni porta, non avrebbero saputo dire dove fossero.
Forse avevano Insonorizzato tutto.
- Andiamo da Glory.- disse seria, stringendosi un maglioncino blu addosso.
- Si ma...quello dove l'hanno messo?-
Già.

"Quello".
Chi era "quello"?
Lucas continuava a chiederselo a ogni passo sui gradini dello scalone, a ogni passo che lo allontanava da quel corridoio.
Chi era quel ragazzo che Draco aveva trovato quella notte mezzo morto di freddo di fronte alla loro porta?
Ma lo conoscevano. Ne era sicuro.
Conosceva abbastanza Draco da averlo visto preoccuparsi così, con quella faccia, solo con Hermione e Glory.
Quindi...doveva essere una persona importante.
Anche sua madre era sbiancata vedendolo. Anche Hermione.
E suo padre...che era rimasto immobile sullo scalone, nello stesso punto dove ora si trovava lui.
Si, quel tizio lo conoscevano bene.
Una fantasma, gli aveva sussurrato Glory la sera prima.
Era come se avessero visto tutti un fantasma.
Quando raggiunsero la cucina dei Malfoy però il silenzio scomparve.
C'era il profumo del bacon e dal caffè, c'erano delle frittelle ai lamponi sul bancone della cucina.
E il bollire dell'acqua del thè, sui fornelli, era frammentato da un pigolare continuo...
Le uova si erano schiuse.
Un nugolo di batuffoli gialli stava ai piedi di Glory, seduta a terra contro il mobile della cucina, intenta a leggere da un libricino di favole.
- Sono nati!- sorrise Faith correndo da lei - Guarda Lucas!-
- Già.- fu il laconico commento della piccola Malfoy - Le uova si sono schiuse questa notte.-
- Ehi ma...e queste cianfrusaglie?-
Lucas guardò più attentamente lo spazio della stanza, invaso da strani oggetti.
Libri, un mare di libri. Alcuni cd vecchi e logori, dei vestiti da donna, scarpe estive dal tacco alto, un pacchetto di sigarette vecchissimo, tutto rovinato. E poi...occhiali. Occhiali di suo padre forse.
Una scopa rotta in tre punti, una Nimbus2000. E altro ancora.
- Da dove arriva tutta questa roba?- fece allibito.
- Non lo so.- sospirò Glory, mentre i pulcini di oca dalle uova d'oro zampettavano lì attorno goffamente - Ma sono quasi sicura che si tratta di una magia! Guarda qua!- e sollevò il libricino sotto il suo naso - Parla delle oche. Dice che quando le uova si schiudono e quando c'è un uovo diverso dagli altri, se si tratta di un buon presagio allora questo presagio ci riporta delle cose che erano andate perdute.-
- Quindi questa è roba che hanno perso i nostri genitori?- allibì Faith, prendendo in mano la Nimbus2000 rotta.
- Credo di si.- annuì Glory - E' un buon presagio comunque.-
- Come fai a dirlo?- Lucas immaginò i pulcini già in formato adulto, ovvero oche arrosto - Dov'è quello dell'uovo di piombo? Sono tutti uguali...ehi ma sono otto! Dov'è il portaguai?-
- Qua.-
Glory gl'indicò il cappuccio della costosa felpa bianca.
Strabiliati, i piccoli Potter fissarono una strana palla di pelo grigiastra. Un cosetto spiumato e obbrobrioso, con due piume azzurrognole ai lati dalle testa.
- Perché te lo tieni lì?- chiese Faith, carezzando la testolina al cosetto - Che carino!-
- Carino cosa?- fece suo fratello, prosaico come sempre - E' la cosa più inguardabile che abbia mai visto!-
- Bhè, magari è come il brutto anatroccolo.- sorrise Faith, senza farsi smontare - Posso prenderlo?-
- Fai pure.- rispose Glory, rituffando il viso nel libro - L'ho messo lì perché gli altri lo maltrattano.-
- Come lo maltrattano?-
- Si.- la biondina guardò i pulcini gialli con sguardo pigro - Non lo lasciano mangiare con loro. L'hanno perfino spinto fuori dal cestino.-
- Piccoli bastardi.- commentò Lucas, addentando una frittella.
- Lucas!- lo rintuzzò la sorellina, carezzando ancora il batuffolo grigio - Magari diventa un cigno! Anche se non ho mai visto un cigno con queste piume azzurre in testa! Ma che cos'è?-
- Non saprei, magari un uccello del paradiso. Ho cercato ma non ho trovato nulla su animali magici come lui. So solo che, anche se brutto, è di buon presagio visto tutte le cose che sono apparse e che prima erano perse.-
- Quindi...- Lucas mollò la frittella, alzando lo sguardo al soffitto - Se le uova si sono schiuse stanotte dici che anche quel tipo era andato perso...e l'hanno ritrovato?-
I tre piccoli maghetti si zittirono nello stesso istante.
Chissà...chissà se era stato quel pulcino grigio a portare quel tizio a casa loro.
- Come lo chiamiamo?- Glory cambiò argomento - Il pulcino grigio dico.-
- Oca al cognac.- mugugnò Lucas sarcastico - E agli altri diamo dei numeri...tanto non vivranno a lungo.-
- Tu non sei normale.- replicò Faith, mentre il pulcino le pigolava fra le dita allegro - E' un maschio?-
- Ahah.- annuì la biondina.
- Allora lo chiamo Cosmo.-
- Fa lo stesso, tienilo pure.- sorrise allora Glory, appena per un attimo - Basta che te ne curi tu, perché questi qui non lo lasciano stare. Sembra ce l'abbiano con lui.-
- Sicura che non ce l'abbiano con lui perché è un orrido piccolo mostro?- sentenziò il Phyro di casa.
Le streghette ignorarono le sue battutacce e iniziarono a fare colazione per conto loro ma quando dei passi pesanti si fecero avvertire dal piano superiore, circa quindici minuti più tardi, mollarono subito tazze e posate per correre alla porta. Vi si appostarono come segugi o come spacciatori serali e videro Draco, che non era andato al lavoro inventando una scusa, scendere in rapida sequenza dopo Efren.
C'era anche Elettra.
-...tu non capisci!- Coleman aveva appena gettato una serie di bende insanguinate sul tavolino del salone comune. Pareva stanco il Medimago, stanco e provato. Ma la sua espressione convinse Lucas a rizzare le orecchie.
- Cosa non capisco?- chiese Elettra, affiancandosi a Malfoy.
Efren sospirò.
Sembrava quasi terrorizzato. E non era da lui.
- Ragazzi, siamo di fronte a una cosa seria.-
- Non t'ho chiamato per vederti dare i numeri.- sibilò Draco, serio - Parla chiaro.-
- Hai idea di cosa aveva nella schiena?- ringhiò Efren esasperato - Cristo! Due pezzi di ferraglia spessi due pollici e lunghi cinque centimetri! Qualunque cosa fosse avrebbe dovuto ucciderlo! E qualunque cosa fosse l'ha colpito più di una settimana fa.-
- Lascia perdere.- Draco agitò la mano - Avanti, come sta?-
Coleman si passò una mano fra i capelli, cercando di calmarsi.
- Ok...a parte la ferita alla schiena, ha del veleno letale nel circolo sanguigno. E se non l'ha ancora ammazzato significa solo che il veleno farà sempre parte di lui, d'ora in avanti. Non lo ucciderà. Diventerà più forte. La febbre, con la pozione che gli ho somministrato, si abbasserà nel giro di qualche giorno e se Lady Lancaster davvero ci porta...quella cosa per curarlo, ancora meglio del previsto... ma starà come in coma, almeno fino a quando non si sveglierà autonomamente.-
- Altro?- chiese Elettra.
- Non so dove sia stato ma ha un morso di vampiro sul polso. E un altro sul collo. Chiunque sia stato a morderlo ha cercato di estrargli il veleno dal corpo, senza riuscirci. Ma non si tramuterà, tranquilli.-
- Perciò le condizioni generali sono buone?-
- Non posso dirlo finché non si sveglia. Ma se non è morto fino ad ora è baciato dalla fortuna. Quindi sopravviverà.-
- E' tutto a posto allora.- finì Draco, socchiudendo le palpebre, sollevato. Efren però non parve dello stesso parere, visto come lo fissò a occhi sbarrati.
- A posto?- riecheggiò sgomento - A posto Draco? Non c'è un cazzo a posto! Me la ricordo la sua faccia, cosa credi? E ricordo bene quel collare che ha al collo. T.M.R.- li studiò attentamente - Mi ricordo di lui.-
- E allora?- lo sfidò Malfoy.
- Mi prendi in giro? Volete finire tutti ad Azkaban?- urlò a quel punto Efren - Draco, per Dio! Se scoprono che è qua finirete tutti davanti all'Alta Corte dei Maghi. Il Wizengamot aspetta solo di togliervi di mezzo! Dovete consegnarlo.-
- Non ci pensare nemmeno.-
Era Hermione.
Stava scendendo rapidamente dallo scalone.
Pantaloni di pelle aderenti, giacca nera, guanti e spada alla cinta.
- Dove vai?- le chiese Elettra.
- Devo andare alla Corte con Milo, Trix e la squadra di Grey.- rispose gelida, fermandosi accanto a loro - Ma finché non ne parleremo tutti quanti insieme, non farete nulla.-
- Hermione!- Efren scosse il capo - Finirete nei guai.-
- No.- sibilò lei, fissandolo attentamente - Ci finirai tu se solo apri bocca su di lui.-
Coleman e anche Draco la scrutarono stupiti.
- Mi dispiace minacciarti, lo sai.- la strega dagli occhi d'oro si legò una sciarpa di cachemire al collo - Ma non esiterò a rispolverare vecchi poteri che avevo promesso di non usare più se solo ti scapperà un fiato con qualcuno riguardo a Tom, Efren.-
I bambini strinsero le labbra, nascosti dietro alla porta, per non urlare eccitati.
- Ora vado.- Hermione si sporse e baciò Draco, lievemente - Ho avvisato Lucilla. I ragazzi verranno qua per mezzogiorno, appena finito il loro turno. A Trix non dirò nulla per il momento. Non avvisate neanche Damon, per favore. Lucilla verrà a spiegarvi la situazione e vi porterà del Lazzaro, altrimenti lo farò io stasera, rincasando. A più tardi.- e si Smaterializzò senza lasciare tempo al marito di capirci nulla.
Stanchi per la notte insonne, Elettra fece preparare del thè agli elfi domestici che erano spuntati fuori al momento opportuno. Anche Efren si fermò. E nonostante non fosse per nulla sicuro di ciò che stava accadendo preferì tacere e fare come dicevano loro.
Passò mezz'ora e poi sparirono tutti di nuovo, così che i piccoli potessero uscire dal loro nascondiglio.
Erano così eccitati che decisero di andare a chiudersi nella serra per confabulare fra loro, anche per preparare la prossima seduta di gruppo con Jeremy, Herik, Alex e tutti gli altri, ma mentre Glory e Faith andarono avanti tirandosi dietro un corteo di pulcini gialli, più Cosmo ora in tasca alla piccola Potter, Lucas fece ricognizione nella loro cucina.
Nessuno.
Ok, Hermione era andata dalle sanguisughe, sua madre e il perfido serpente erano tornati da, EVVAI, quel maledetto Tom che finalmente aveva una faccia e magari presto anche una tomba...e...suo padre dove accidenti stava?
In compenso c'era una finestra aperta sul lavandino. Con la neve che cadeva ci mancavano i pinguini e gli orsi polari in quella cucina, ma quando fece per chiudere i vetri, qualcosa lo bloccò.
In cielo. C'era...un uccello.
Sembrava un'aquila dorata. E stava scendendo in picchiata verso casa loro.
Subito nella mente di Lucas, che guarda caso aveva degli strani problemi coi volatili, iniziò a scorrere una serie di ricette su come cucinare i falconi. Forse sarebbero andati bene anche per un'aquila.
Afferrò così il forcone da pollo che era stato lasciato incautamente insieme al tagliere e gli altri coltelli e così, quando quell'aquila s'infilò in cucina, il piccolo Phyro era pronto a sistemarla ma...
Una luce verde l'avvolse, diventando brillantissima, quasi iridescente.
E quando Harry apparve in quella luce, a Lucas sfuggì il forcone dalla mano.
Potter senior si sgranchì le spalle, guardandolo di striscio.
- T'ho visto con quell'affare in mano. Che pensavi di fare?-
Oddio!
Lucas un istante più tardi cacciò un grido di gioia e gli saltò in braccio, con lo stesso sorriso che aleggiava sul volte del padre. Un mago! Era tornato ad essere un mago! Si era ripreso i poteri!
Continuò a urlare di gioia fino a che dallo scalone principale della Lucky House non arrivò una bestemmia di Draco, allora i due si misero a ridere con toni leggermente più bassi.
Ah, c'era calore quella mattina. Lo sentiva.
E c'era sollievo negli occhi verdi di suo padre.
C'era...tutto. Era tornato tutto quanto.
- Prima che vengano a sapere al Ministero che mi sono ripreso i poteri impunemente...- Harry gli strizzò l'occhio -...sarà il caso di farsi un volo decente, cosa dici?-
- Vado a prendere le scope!- celiò Lucas, saltando giù dalle sue spalle ma suo padre lo bloccò.
- Non servono le scope.-
- E cosa fai, ti trasformi di nuovo in aquila e ti salgo sulla schiena?- fu l'ironica risposta - Mica me l'avevi detto di essere un Animagus poi!-
- Lascia perdere le scope.-
Il ghigno antico del bambino sopravvissuto comparve sulle labbra pallide dal freddo di quel mago.
Di quella speranza che aveva ricominciato a vivere sotto le ceneri.
- Sarà il migliore volo della tua vita.- gli promise, massaggiandosi il Bracciale del Destino al polso - E speriamo che non ci sia troppa gente a Londra che guarderà in alto oggi..-


Più o meno alla stessa ora, mentre su Londra scoppiava il putiferio fra i Maghi Osservatori del Ministero perché "qualcosa di dorato e indefinito con grandi ali cuoiose volava fra le nuvole alle dieci del mattino", nel Golden Fields ora un po' meno sommerso di neve si odorava uno stato di tensione che andava scemando.
Lucilla dei Lancaster infatti si precipitò ad avvisare i demoni che Tom aveva raggiunto la Lucky House quella notte.
E che ora era al sicuro.
Caesar fu il primo a tirare un sospiro di sollievo, seguito da tutti gli altri.
- E come sta?- chiese Denise, seduta sulla mensola della finestra.
Erano tutti in riunione nella camera da letto di Caesar, caso strano, e la Lancaster girò loro il resoconto che le aveva fatto Hermione poco prima che andasse in missione nel Devon, verso la Corte dei Leoninus.
- E' stato colpito da una freccia tripunte.- spiegò pacata, seduta su una poltrona accanto al letto di Cameron, gli altri tutti lì attorno, ad ascoltarla attentissimi - Aveva ancora due punte nella schiena, ma il Medimago le ha estratte. Il fatto era che era una freccia avvelenata. E' stato colpito più di una settimana fa.-
- Ma sta bene?- fece Winyfred accorata - Ti prego Lucilla, non tenerci sulle spine! Starà bene o no?-
- Se era avvelenato quel dardo a quest'ora non sarebbe dovuto morire?- disse invece Val, sbigottito.
- Si ma...il sangue dei Riddle è particolare.- asserì la Lancaster, mentre Caesar e Demetrius annuivano - Il padre di Tom era immune a qualsiasi tipo di veleno perché nel suo sangue scorreva veleno di serpente. Per Tom è lo stesso. Il veleno farà sempre parte di lui, d'ora in avanti.-
- Che altro?- la incalzò Leiandros, direttamente seduto nel lettone del fratello, insieme a Winyfred e Dimitri - Cioè, avrà la febbre alta presumo. Non è che quella ferraglia che s'è tenuto nella schiena gli farà infezione?-
- Si può sapere, dannazione,- imprecò invece Vlad, l'unico in piedi come una statua - perché non l'avete portato qua? Che ne sanno i mortali dalla medicina? Crepano per la peste, cazzo!-
- Mi sa che sei rimasto un po' indietro.- gli disse Brand, serissimo - La peste non c'è più da due secoli.-
- Feversham vuoi un pugnale in gola?- minacciò Vlad gelido.
- Ok, ok.- Lucilla levò la mano, per calmare Stokeford - Tranquillo, calmati. A parte la febbre, è stato curato. Si sveglierà dal coma curativo fra un paio di giorni. Non sappiamo dov'è stato né da dove è arrivato ma aveva dei morsi di vampiro. Uno al collo e uno al polso.-
- Chissà dove l'ha mollato quella Dama dell'Acqua.- sospirò Demetrius - Luci, quando possiamo vederlo?-
- Ora è alla Lucky House. Se ne stanno occupando Draco e Harry...e se devo dirla tutta non credo che lo lasceranno tornare qui tanto facilmente.-
- Che cosa?!- sbottò allora Denise, alzandosi dall'enorme mensola delle vetrate di quella camera da letto - Che diavolo pensano di fare quei mortali? Donovan ogni volta che viene se ne inventa una per fare battutine sul fatto che in giro ci sono sempre più Mangiamorte e che pare che ora abbiano un nuovo capo! Sembra che sappia tutto! Anche Lady Magdalena ha l'impressione che stiano mutando quella pozione che reagisce al capello e al sangue di Tom! Non possiamo continuare questa farsa!-
- Bhè, rimetterlo in gabbia non è poi tanto sensato.- le disse Winyfred.
- Questo lo so anche io.- replicò la Loderdail - Ma quegli umani devono starci attenti! Non mi piace Donovan, finirà per metterlo alle strette in un modo o nell'altro.-
Caesar fece tacere tutti, restando a fissare il pavimento con aria imperscrutabile - E' anche vero però che se scoprono che è uscito da qui ci sarà un'inchiesta.-
- A cosa pensi?- gli chiese Lucilla.
- Se faranno quest'inchiesta...- continuò il padrone di casa - E' probabile che ci saranno un mare di grane e mi richiameranno a firmare l'Incanto Fidelio che facemmo quel giorno al Ministero, otto anni fa.-
- E tu non lo rinnoverai. Vero?-
Caesar annuì, fissandola attentamente.
- Se non firmassi più, il Wizengamot non lo farebbe restare. Lo manderebbero ad Azkaban?-
- Non con il ricorso che sta preparando Hermione.- disse Lucilla - Le ho parlato stamattina. Pare che voglia ricorrere a Dibble. E' un uomo saggio e giusto. Con le prove che Tom non è mai stato dalla parte dei Mangiamorte, Dibble potrebbe anche decidere di far cessare questa follia.-
- Certo, per poi farlo secco alla prima occasione.- fece Vlad acidamente.
- Oh, andiamo.- sbuffò Winyfred.
- No, secondo me ha ragione Vlad.- disse Val, spegnendo la sigaretta - Prima quella donna ai cancelli, poi la Dama dell'Acqua, poi Tom che riappare mezzo morto. Se quelli vogliono ucciderlo vedete che un modo lo trovano.-
- E allora che facciamo, ce lo teniamo qua asserragliato nella stanza dei giochi finché non crepa?- sibilò Denise furente, tremando in maniera appena percettibile - Piuttosto eliminiamo quegli scarti.-
- E Harry?- chiese Leiandros - Harry cos'ha intenzione di fare?-
- Io so solo che...- Lucilla fece una smorfia sorridente -... poco prima che uscissi di casa, ho visto un drago dorato svolazzare sul Big Ben. E non ho bevuto nulla, a colazione.-
- Un cosa?- sibilarono tutti quanti i giovani demoni, disgustati - Un drago?-
- Una di quelle maledette lucertole preistoriche è ancora a piede libero?- berciò perfino Brand, bellicoso - Ma i maghi non li tengono tutti in cattività quei dannati?-
- Buoni, buoni.- ghignò Caesar, divertito - Ce ne sono due che stanno ancora allo stato brado.-
E Lucilla annuì, sorridendo.
- E così si è ripreso i poteri.- disse Demetrius, contento - Era ora.-
- Già. Credo che vedersi piombare Tom mezzo morto di fronte sia stato sufficiente a risvegliare vecchi spiriti.-
- Ma non sappiamo dove sia stato per dieci giorni.- finì Val.
- Ce lo dirà quando si sveglierà e si sentirà meglio.- assicurò Lucilla - Voglio andare a fondo in questa storia.- e si alzò, per tornarsene a casa sua - Quando c'è il prossimo Controllo con Donovan?-
- Il 23. Verso sera.- la informò Brand - Cosa pensa di fare milady?-
- Forse è il caso di far capire a quel vecchio con chi sta giocando.- sibilò seria, infilandosi un lungo cappotto nero di lana cotta, liscia come velluto - Voi state tranquilli, continuate a chiedere aiuto a Lady Magdalena, ma ditele che mi sto adoperando per risolvere la situazione.-
- E noi nel frattempo che facciamo?- rognò Vlad.
- Rilassatevi. Tom guarirà perfettamente anche perché nei sotterranei di Cedar House c'è una piscina di Lazzaro rubato, quindi guarirà, che lo voglia o meno, a costo di fargli il bagno lì dentro. E sperando che nessuno al Ministero capisca che ho rubato io quella porcheria...- sentenziò soave Lucilla, per poi rivolgersi a Demetrius - Gala è a casa tua?-
- No, è tornata alla Corte stanotte. L'ha avvisata suo nipote ieri sera.-
- Fantastico. Si prospetta una bella riunione di famiglia. Ok, io vado gente.-
- Un attimo.- Brand si alzò e la raggiunse, levandosi gli occhiali dalle lenti rosse dal naso. Li chiuse in un sacchetto di velluto e glielo porse - Potrebbe darli a Tom, mentre noi le prepariamo un baule con le sue cose milady? Gli serviranno. Gli faranno vedere le cose con più chiarezza.-
Oh, Lucilla non ne dubitava.
Erano lenti dell'occhio rosso della dea Bast. Erano egizi. Antichi quanto il mondo.
Andata via Lucilla, sembrò che un nodo di tensione che aveva serrato la gola a tutti finalmente iniziasse a sciogliersi.
E lo faceva velocemente.
Tanto velocemente che risollevati, Brand e Val andarono nella camera di Riddle, per preparargli le sue cose da spedire poi alla Lucky House.
Gli unici non proprio entusiasti erano Denise e Vlad, ma era comprensibile.
Maniaci del controllo, avrebbe detto Caesar se non avesse conosciuto il loro legame con Tom.
- Me ne torno a casa mia.- disse Demetrius, fermandosi per ultimo nella camera dopo che Stokeford se n'era andato attorniato da un'aura tossica, quasi palpabile.
- Voi qua cercate di mantenere la calma.-
- Tranquillo.- l'assicurò Caesar, con Denise che era tornata a sedersi alla finestra - Andrà tutto ok.-
- Lo spero. Non mi va di ritrovarmi chiuso in biblioteca una seconda volta.- fece l'altro, andandosene alla porta insieme a Leiandros - Voi intanto dateci dentro. Il tempo scorre Chichi. Tic tac tic tac...-
E sghignazzando quei due pervertiti se ne andarono, lasciando Cameron a maledirli, attaccato al bicchiere già alle dieci di mattina. Si volse per cercare comprensione ma da sua moglie non arrivò alcun cenno di nervosismo.
Eppure avevano ragione.
Il tempo passava. Settembre sarebbe arrivata presto.
La guardò.
E la guardò ancora.
I capelli bianchi sciolti sulla schiena e le spalle nude.
Un vestito molle di lana nera, svasato sul fondo, chiuso con una spilla preziosa.
Sapeva che sotto non indossava nulla.
Le lunghe gambe lisce erano ripiegate mentre lei fissava fuori dalla finestra, concentrata su qualcosa d'indefinito.
- Starà bene.- le disse, lasciando il bicchiere vuoto sulla scrivania.
- Lo spero.- rispose Denise, cercando di non irritarsi perché per l'ennesima volta le era entrato in testa - Di quei mortali mi fido poco.-
- Ce lo siamo persi anche noi.- mormorò, mettendosi alle sue spalle.
La sua presenza era diventata incredibile, pensò restando immobile.
La presenza di Denise ora la percepiva ovunque. E quando non c'era, la cercava.
Vagava per il palazzo, cercandola ovunque. E solo quando la trovava si sentiva meglio.
Quattro giorni.
Il loro piano aveva poco più di quattro giorni e lui...già cedeva.
Era la prima volta che lei passava così tanto tempo nella sua camera. E sentiva le sue emozioni, seppur lei cercasse di contenerle.
Lei rovesciò la testa all'indietro a un certo punto, fissandolo attentamente.
L'impulso di baciarla, di averla, diventava sempre più forte.
- Dobbiamo parlare.- mormorò in un soffio.
- Di cosa?-
- Lo sai di cosa.- replicò la Loderdail, distogliendo gli occhi.
- Non avere fretta.-
- Leiandros ha ragione.-
- Mio fratello ha ragione solo sul fatto che i tuoi parenti andrebbero gambizzati.-
- Tre mesi passano in fretta Caesar. Se non...vogliamo ridurci a fare tutto all'ultimo momento...-
Lui levò un sopracciglio, quasi divertito.
- Intendi fare sesso dieci volte al giorno nell'ultimo mese?-
Denise ebbe la grazia di arrossire leggermente, fino a piegare la bocca in una smorfia.
- In termini diversi e più fini, si, intendo questo.-
Caesar si sforzò di non ridere, spostandosi dalle sue spalle e andando a sedersi sul letto, di fronte a lei.
- Sicura di volerlo fare?-
- Te l'ho detto. Per la libertà questo ed altro.-
- Un figlio è una cosa seria.-
- Se credi che farò gli stessi errori dei miei parenti ti sbagli di grosso.- rispose, secca - Ho vissuto come un soprammobile, come un oggetto che quando è diventato inutile è stato preparato alla disfatta. No, grazie. Mio figlio non passerà mai nulla di tutto ciò.-
L'ascoltava. Ma puntava anche gli occhi avidi sul suo collo.
Dannazione.
- Non intendevo questo. Solo che sei giovane...tanto giovane.-
- Non importa.- Denise riuscì a sorridere - In fondo sono stata sola per cent'anni. Va bene così.-
- D'accordo.- finalmente cedette, sciogliendosi contro i cuscini e il piumone di sera bluastra e argentea - Ma ci sono una paio di condizioni.-
Lei non se ne stupì.
- Dimmi.-
- Basta giochetti con Vlad e Tom.-
Denise arrossì davvero stavolta.
- Idiota.- sibilò irritata - Per chi mi hai preso?-
Cameron rise, agitando la mano frettoloso - E per seconda cosa voglio che tu sappia che puoi tirarti indietro quando vuoi. Non mi dispiacerebbe sfidare a duello tuo padre e tuo cugino e ammazzarli.-
- E io ti ho già detto che se sarà versato del sangue sarò io stessa a farlo.- gli disse, cupa e minacciosa - Ho qualcosa da chiedere anche io.-
- Sentiamo.-
- Non portare qua nessuna donna.- fu la strabiliante richiesta, che riuscì a zittirlo totalmente - Vai fuori, se devi.-
Andare fuori a fare cosa?, fu l'ingenua domanda che gli sfrecciò nella testa e quando capì che sua moglie intendeva un'amante, restò a bocca asciutta.
- No, fammi capire.- si riprese, mezzo sconvolto - Tu t'incazzi perché io ti dico di non andare più a letto con Tom e Vlad e tu invece che mi dici di andare a puttane fuori di casa...cioè, come dovrei sentirmi?-
- Contento di avere una moglie così comprensiva?- tubò acida.
- Ahah, molto divertente. Ma io sono un uomo da una donna sola.- malignò con tono melodrammatico - Cosa che non si può dire di te, cocca.-
Lei emise un risolino sarcastico, quindi si alzò in piedi per andare ad aiutare i ragazzi con il bagaglio di Riddle. Si fermò sulla porta però, girandosi e fissando il letto di Caesar.
- Forse...dovrei cominciare ad abituarmi.- borbottò impacciata.
- A fare sesso con una persona sola?- frecciò lui.
- A dormire con un cretino.- rispose lei, snervata.
- Io dormo a destra.-
- Quello che ti pare.- Denise, svagata, si strinse nelle spalle - Ci si vede più tardi.-
- Non irretire nessuno mentre non ci sono.-
- Si e tu non farti irretire dalla bottiglia. E' dura non essere gelose di quella.-
- C'era qualcosa di vagamente perverso in quella frase.- le urlò dietro.
- Oh, non ne hai la più pallida idea.- disse la sua voce sardonica, che riecheggiò dolcemente, facendolo sorridere.
Fino a che non sparì, scemando come un bell'incantesimo.


Si raccontavano tante leggende, in Gran Bretagna, sull'Antidiluviano dei Leoninus.
Ovvero il padre di Askart Leoninus, signore della Corte.
Voci di vampiri centenari narravano che fosse perito in incendio a Praga alcuni secoli prima, durante una visita alla tomba della moglie defunta. Altri invece, gli sprezzanti, dicevano che per il dolore della vedovanza l'Antidiluviano un giorno, all'alba, avesse deciso di conoscere la luce...e il calore del sole.
Suicidandosi.
Ma c'era anche chi sapeva la verità.
Argjan Leoninus, nato sul continente mille e settecento anni prima, era vivo e vegeto.
Sepolto nei sotterranei della Corte Leonina, nutrito a sangue artificiale e saliva di unicorno, rinchiuso nei recessi più profondi di quel palazzo, di quel regno eterno costruito sul sangue e sull'immortalità dei suoi discendenti.
Hermione Jane Hargrave l'aveva vista molto volte la Corte. Ma sempre dall'esterno.
In carrozza, il viaggio era stato accidentato e lento a causa della neve ma un timido sole era apparso più volte a fare capolino da un cielo che non conosceva più la distinzione di un orizzonte in un deserto bianco, limpido e intatto.
L'umore degli Auror che viaggiavano con lei sembrava altalenante.
Beatrix stava seduta alla sua destra ma non aveva detto una sola parola da quando erano partiti. Hermione sapeva bene che la Diurna aveva litigato con Duncan per quella missione e non solo con lui.
Tornare alla Corte significava vedere i suoi genitori.
Significava vedere Kronos.
Milo era partito la sera prima e già li aspettava mentre i sei uomini della squadra di Austin Grey, di cui tre sotto i venticinque anni, parevano nervosi. E in fondo come biasimarli.
Presto sarebbero entrati in un luogo in cui avrebbero potuto morire.
Li proteggeva solo l'immunità del Ministero e il fatto di essere solo una bevuta per vampiri come quelli, addestrati alla caccia da secoli di istinto e brama, non era sollevante.
Solo Grey, sulla quarantina, pareva a suo agio.
Aveva cercato di coinvolgere anche Beatrix nella conversazione con i suoi Auror più giovani ma la Diurna, per natura scostante, rimase impassibile, limitandosi a fare cenni cortesi al veterano, rispondendo a monosillabi.
Nel Devon, la vegetazione si era fatta molto più fitta e verde, quasi nera, tanto era rigogliosa.
- Quando smetterà di nevicare?- sussurrò il Medimago ventiduenne di Grey.
- Quando Badomen tornerà in cella.- rispose il suo caposquadra, fissando Hermione - O sotto terra.-
- Hermione, è vero che credete che sia opera di Badomen e di quella donna che avete visto alla Finale di Quidditch?- le chiese curiosa il secondo di Grey, Rowena Woolf, un'Auror di provata esperienza nella caccia ai vampiri, sulla trentina e dai luminosi capelli biondo castano dorato.
- Considerato che è apparso il Marchio Nero...- disse cautamente Hermione - ...e che anche anni fa, quando Lord Voldemort era ancora in vita...- dicendo quel nome tutti i presenti, tranne Trix, fremettero e la fissarono strabiliati per il suo coraggio - scusate, quando Voi-Sapete-Chi era in vita accadevano eventi climatici piuttosto bizzarri, si, direi che io per prima sono propensa a pensare che questa sia opera dei Mangiamorte.-
- Io ho sentito da Gary Smith che vi fate aiutare da Lord Howthorne.- disse invece Dustin Fisk, l'ultimo membro della squadra sopra i venticinque, anche se di pochi anni - E' vero che i morti gli hanno fatto la descrizione esatto di uomo uguale a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato?-
A quella domanda Hermione sentì nitidamente la spalla di Trix irrigidirsi.
Erano attaccate e la Vaughn si fece ancora più lontana col pensiero.
- Parliamo delle fattezze di Riddle prima della trasformazione?- celiò il giovane Medimago del gruppo - Perché ho letto un sacco di cose, negli Archivi.-
- Stronzate.- commentò Grey, serio - O si vivono certe cose, o non se ne saprà mai nulla.-
- Però i morti hanno fatto la descrizione di un uomo simile a Riddle!- continuò il Medimago - Dai capo, chi poteva essere? Un idiota in vena di scherzi?-
- Certo, un idiota che per scherzare ha fatto saltare per aria sessanta persone.- sibilò la Woolf, quasi disgustata - Dio Grey, non potevamo lasciarli a casa questi?-
Stavolta Hermione sorrise, ma non dimenticò l'espressione di Trix quando aveva sentito della somiglianza dell'assassino di Diagon Alley con Lord Voldemort.
E se quell'uomo assomigliava a Voldemort, allora assomigliava a Tom.
Tom.
Tom.
Tom.
Sempre Tom.
- E...Lady Hargrave, come sta il signor Potter?-
Quella fu l'ultima domanda che arrivò dalla squadra di Grey perché presto il veterano iniziò a strozzarli uno per uno, rimpiangendo amaramente di non aver chiesto un esercito da portare con sé, invece che un quartetto di ragazzi eccitati.
Giunsero a destinazione alle due del pomeriggio, immersi nel silenzio di una foresta di pini, castagni e sempreverdi.
Quando Hermione scese dalla carrozza, col cappuccio bordato di pelo a coprirle i capelli e la testa, rivide con piacere la verde scalinata, anche sotto quel manto bianco, che univa la tozza, massiccia e bassa torre dal tetto blu e grigio che fungeva da ingresso al giardino sottostante, dove si trovavano loro.
Di fronte al giardino s'innalzava l'enorme cancellata in ferro battuto e un primo sprazzo della cinta fortificata dove, nonostante il freddo, continuavano a germogliare boccoli di rosa rossa selvatica.
Le carrozze trainate dai Thestral se ne andarono quasi subito, ma lentamente, senza subire il fascino malvagio di quel luogo.
Alzando il capo verso la massiccia torre che si apriva poi sulla costruzione ampia e longilinea della Corte, la Grifoncina vide tutte le tende tirate.
Vampiri, pensò scuotendo il capo.
Perfino la pallida luce della neve feriva i loro miseri occhi.
I cancelli si aprirono da soli, lasciando passare il piccolo corteo di nove Auror attraverso il giardino, realizzato da abili giardinieri notturni a diversi piani e a base di siepi e rampicanti.
Sulla porta d'ebano della torre, che si raggiungeva attraversando un viottolo artisticamente perfetto, in marmo e sormontato da statue su alti basamenti di pietra calcarea, c'era Milo.
- Benvenuti al mortorio, signori.- li accolse sarcastico, con una sigaretta che gli pendeva dalle labbra.
- Cattivo umore?- gli chiese Grey.
- Sono stato qua dentro per tre ore e non vedo l'ora di bere qualcosa di forte vino a svenire.- commentò il Diurno - Ci siete tutti? Perfetto. Tre regole. La prima è non andate in giro da soli, altrimenti salutiamoci qua e diciamoci addio.-
- Ok.- annuirono tutti un pelino ansiosi.
- Secondo: occhio a valletti, dame di compagnia e cicisbei. Fanno i carini per arrivare alla vostra giugulare. E per terzo, mio zio ha accettato di vedere solo Hermione e Grey, quindi gli altri restano dalle stanze del Consiglio.-
- C'è pericolo reale che attacchino?- gli chiese Rowena, guardinga.
- I miei sono particolarmente apatici in questo secolo.- concluse Morrigan - Dubito che siano interessati a scatenare guerra contro il Ministro. Ma cercate anche voi di non infilare la pulce nell'orecchio di nessuno. Ok? Bene, seguitemi.-
Prendendo la mano a Beatrix, Milo la sentì quasi inerte fra la sua ma non ebbe il cuore di dirle assolutamente nulla.
Né incoraggiamenti, né consolazioni.
A differenza del clima da Romanticismo inglese fine '800, l'interno della Corte era un trionfo di arredamento minimalista da far spalancare gli occhi quanto gli spazi erano ampi e arredati essenzialmente.
Anche se, cominciò a notare Hermione seguendo Milo come un'ombra, all'arredamento variava da ala ad ala del palazzo. Forse per distinguere le proprietà private dei fratelli Leoninus.
L'ala dove li stavano portando era quella del Consiglio, spiegò Milo mentre attraversavano scalinate e bui corridoi. Hermione, come Beatrix e Grey non si stupì del silenzio che aleggiava su di loro. Tanto sapeva che c'erano.
Che erano nascosti nelle ombre, negli angoli scuri, fra quelle pareti. E li osservavano.
Leccandosi le labbra, potendo quasi sentire il sangue caldo in bocca.
I candelabri appesi alle pareti dipinti a tinte scure sembravano animarsi al loro passaggio e quando si fermarono, in una stanza circolare il cui pavimento era composto da una spirale bianca e nera, tutto sembrava diventato ancora più tetro.
Battendo le mani Milo accese altre luci estremamente moderne, dai toni sfumati e al neon, mescolate a uno strano stile barocco con pochi tocchi di colore molto intenso che riuscì quasi a mettere a proprio agio il gruppo.
C'erano dei divani viola ad aspettarli per l'attesa e Trix fu la prima a sedersi, tirando fuori le sigarette dalla microborsetta che aveva legata al polso con un bracciale di pelle e argento.
Da quel momento in poi, con un giornale scandalistico fra le grinfie di cui non le fregava nulla, ignorò tutto e tutti.
In silenzio.
- Va bene.- sospirò Grey - Rowena, Dustin...avete voi il comando finché non torno. E niente cazzate.-
- Tranquillo.- disse la Wolf sedendosi accanto alla Diurna - Andrà tutto benissimo. Vedete solo di non farvi raccontare palle su quella Salvia. In fondo è per questo che siamo qui, no?-
Quando furono pronti, Hermione Austin Grey si misero accanto a Milo, di fronte a una porta insolitamente ovale, bassa e d'acciaio.
- Torniamo presto.- disse il Diurno.
- Tranquillo, non scappiamo.- masticò Trix fra i canini, continuando a fumare senza alzare gli occhi dal giornale.
Ciò che Hermione vide in seguito fu uno di quei sogni che in passato l'avevano lasciata notti e notti a pensare.
Una spettacolare colonna di pietra ruvida, pallida, dominava la sala del Consiglio.
Era un'immersa scenografia di pareti curve, quadri dai colori sanguigni, dalle tinte violente.
E poi il soffitto. Una cupola di vetro di nero, a contrasto del grande tavolo di lucido vetro bianco e acciaio, come un collare attorno alla colonna.
Già seduti, Hermione riconobbe all'istante Askart Leoninus, il primo ad alzarsi per porgerle omaggio.
Milo gli assomigliava moltissimo.
A confronto di Lucian, il padre di Milo, Askart aveva un aspetto rude per un vampiro.
Barba leggera, mascella spessa, molto virile. Il suo stesso fisico era imponente.
Quello di Lucian, che raggiunse il fratello e le baciò la mano con charme da conquistatore, era esile e snello.
- Papà, zio...- disse Morrigan - Vi presento Lady Hermione Hargrave mentre lui è Austin Grey.-
- Signori, salve.- li apostrofò Askart - Siete i benvenuti in situazioni di pace.- sibilò insolente anche se riuscì a strappare un sogghigno alla Grifoncina - Lasciate che vi presenti i membri del Consiglio. Mia moglie Sadiè.- e indicò una bella vampira in abito pallido, bionda, con un pronunciato accento francese - La moglie di mio fratello Lucian, Alexandra.-
Eccola, la madre di Milo.
Hermione scrutò la bella donna dai capelli bruni, ma dallo sguardo totalmente gelido e assente.
- Poi gli amici e i nostri Monaci, il duca Starck e il duca di Normer, lord Chermer...- e continuò ad elencare i presenti, per lo più vampiri dall'aspetto anziano ma algido, quasi scolpito. Ma quando Askart presentò Andros Artemas, il padre di Beatrix, e disse invece che Kronos e la sua sposa erano in ritardo, Milo diede subito segni di fastidio.
- Ci metterà tanto ad arrivare?- chiese, sprofondando in una poltrona nera dalla forma fluida.
- Poteva entrare.- sussurrò Alexandra, sorseggiando lentamente da un calice e capendo subito che suo figlio si riferiva, invece che a quel verme di Kronos, alla sua fidanzata - Perché non l'hai portata Milos?-
- Dubito che abbia voglia di vedervi. E' qui fuori comunque.- fu la franca risposta.
Sua madre posò il calice, senza mostrarsi colpita - Tua zia Gala sostiene che sia adorabile.-
Ce la vedeva Gala a tessere le lodi di Trix, pensò Milo sgomento.
- E' qui?-
- Nelle sue stanze.- disse Lucian, rivolgendosi quindi agli umani che invece erano del tutto ignorati dal resto del Consiglio - Mi dicono che conoscete mia sorella minore, Lady Hargrave.-
- Si, abbastanza bene ormai.- annuì la strega.
- E come si trova, da monsieur Demetrius?- le chiese Sadiè, col suo delizioso accento - Non ha parlato molto fa quando è arrivata. Credo stia portando via le ultime cose che si è lasciata alle spalle anni fa, quando se n'è andata.-
- La zia sta benissimo.- rispose Milo, tagliando corto - Vi dispiace se ne parliamo dopo? Gli Auror sono venuti qua per una faccenda importante.-
- Ah si, me l'ha accennato il vostro Capo degli Auror per lettera.- annuì Askart, versando stavolta del vino per gli umani - So che siete alla ricerca dell'uomo che, in possesso della Salvia Splendens, ha accecato il vostro Legimors.-
- Esatto.- disse Grey - Abbiamo fatto una lista. Voi e i Lasombra siete gli ultimi in possesso di quella Salvia.-
- E quindi vorreste ficcare il naso nelle mie dispense?- chiese Askart quasi divertito.
- Diciamo di si. Se me lo permette.- lo seguì Hermione, sullo stesso tono - Conosco molto bene quella Salvia, so riconoscere i baccelli appena nati e quelli appena sottoposti a raccolta.-
- Però. Lady Hargrave lei è sorprendente.- s'intromise Alexandra, fissandola per la prima volta - Stando alla mia esperienza solo chi ne fa un buon e regolare uso riconosce certi segnali.-
Se l'era aspettato.
Così la strega si limitò a non abbassare lo sguardo, nonostante i ricordi bruciassero sempre.
- Diciamo che mi sono informata.-
- Diciamo che le credo.- rispose la vampira, assottigliando gli occhi di topazio.
Askart e Lucian si scambiarono un'occhiata ironica, quindi si alzarono e indicarono un grande specchio a parete, in fondo alla stanza.
- Tutto ciò che vedrete dovrà essere relegato al rapporto che farete al vostro Capo.- scandì Askart, serio - La nostra coltura di Salvia Splendens è nei sotterranei, nei meandri più bassi di questo castello.-
- Senta, potrebbe anche tenere i cadaveri degli ultimi Ministri della Magia.- borbottò Grey già nervoso da quel tirarla per le lunghe - Non ce ne frega niente. Siamo nel mezzo di una guerra fra maghi, non coi vampiri. Quindi se può velocizzare le operazioni le saremmo grati.-
Non c'era nessuno come quei vampiri in grado di captare il reale pericolo che i maghi stavano correndo.
Che stessero giocando al gatto col topo? Possibile.
Che gliene fregasse qualcosa di loro? Improbabile.
Fuori da quella stanza invece, si stava svolgendo uno spettacolo desolante.
Trix fumava una sigaretta dietro l'altra ma invece di leggere quegli articoli idioti sulle tresche del cantante del momento e del perché si era Trasfigurato il naso come quello di Barbara Streisand, osservava senza che se ne accorgessero gli uomini di Grey.
Gli unici a mantenere il controllo erano Fisk e la Wolf, forse per la sua larga esperienza coi vampiri.
Fisk sembrava sonnecchiare, anche lei avrebbe giurato stesse ascoltando le presenze lì attorno, mentre la Wolf fiutava l'aria. C'era il profumo dolciastro di tanti vasi di fiori, profumi femminili, l'odore denso del sangue.
Gli altri parevano pronti ad estrarre la bacchetta al primo rumore sinistro.
Le era perfino caduto il pacchetto di sigarette cinque minuti prima e il Medimago quasi l'aveva polverizzata con un fascio di Lumos.
- Scusa.- le aveva detto, balbettando - Sono un po' ansioso.-
- Prova a bere meno caffè.- gli consigliò acidamente, accendendo una sigaretta da quella quasi finita che aveva in bocca.
- Sei una bella ciminiera.- le disse timidamente un altro dei presenti, ammagliato da lei e dalle storie che si raccontavano sul suo conto, del Tower Bridge.
Ma a lavoro, al Ministero, Trix non era una che aveva mai dato confidenza.
- Ma tanto non morirai di cancro ai polmoni.- continuò, dicendo una cretinata dietro l'altra, guadagnandosi occhiatacce da tutti i compagni.
- Già.- soffiò la Vaughn, scostandosi una ciocca di capelli dalla spalla.
- Dio, qui si gela.- si lamentò Fisk.
- Io te l'avevo detto di coprirti.- celiò la Wolf, che masticava una gomma babbana.
- Dite che ci sono tutti lì dentro?- mormorò il più giovane del gruppo, un Sensimago di vent'anni appena che però era stato caldamente richiesto da Grey per la sua squadra - Io ne sento davvero pochi. Ma sono tutti potentissimi.-
- Sono purosangue Robby, che pretendi?- fece il Medimago, per poi arrossire di nuovo - Oh...ecco io...-
Trix levò la mano, continuando a far finta di leggere - Tranquillo.-
- Beatrix, è vero che qua abitano i tuoi?- le chiese Dustin Fisk, senza peli sulla lingua.
E lei per una volta apprezzò la domanda diretta.
- Si.- ammise, incurante.
- E tuo padre...cioè, quello vampiro, fa parte del Consiglio?-
- Si.-
Rowena Wolf sollevò le sopracciglia, stupita.
- Però. Il cognome?-
- Artemas.-
- Sei la figlia di Andros Artemas?- allibì quella - Noi della squadra notturna gli stiamo dietro da anni!-
- Devo preoccuparmi di essere indagata?- replicò allora, iniziando a perdere la pazienza.
- No, no...- la donna sorrise mesta, come per scusarsi - Solo che è un nome famoso fra noi cacciatori notturni, ecco tutto. Non sapevo fossi sua figlia.-
- Ragazzi.-
Robby, il giovane Sensimago, si agitò sulla poltrona.
- Cosa c'è?- gli chiese Fisk.
- Arriva qualcuno di potente.-
No, arrivava una carogna, pensò la Vaughn riconoscendo quell'odore di muschio e sangue.
Maledizione.
Eccolo.
Apparve dal buio trainandosi un seguito di puttane di corte, come le definiva Milo, una più bella dell'altra.
Ma non appena la vide, Kronos spalancò un sogghigno che mostrò canini degni di uno squalo.
- Bene, bene, bene.- disse soave, fermandosi in mezzo all'anticamera - Guarda chi si rivedere. Mirabel. Quanto tempo è passato?-
- Troppo poco.- replicò Trix, restando seduta senza muoversi.
- Sei cresciuta Mirabel.-
Ora Kronos si faceva avanti, camminando lento, lasciandosi alle spalle le sue cortigiane.
Quando si fermò davanti a lei, rimase in piedi, quasi godendo nel sovrastarla.
E lo sguardo lascivo che la percorse le ricordò immediatamente quel 1 novembre, di otto anni prima. Quando era stata venduta, quando i suoi l'avevano regalata come un giocattolo a un principe in cambio di onori e prestigio.
Maledetti.
Spense la sigaretta a metà, incalzandolo con lo sguardo a dire qualcosa o ad andarsene.
Lui però continuava a ghignare, a spogliarla con gli occhi e solo di striscio si accorse degli Auror.
Si piegò in avanti, poggiando le mani sui braccioli della poltrona di Trix, andandole sempre più vicino.
- Io e te abbiamo ancora un discorsetto in sospeso Mirabel.- sussurrò, fintamente amichevole.
- Non mi sembra proprio.-
- I cani del Ministero cosa ci fanno qua?-
La Wolf e Fisk serrarono istintivamente le mani sulle bacchette, ma sapevano che sarebbe stata una follia, così cercarono di restare calmi.
- Ricognizione.- si limitò a dire la Vaughn - I tuoi amici ti aspettano.-
- Ti piace accompagnarti a bevute su due gambe vedo.- Kronos si rialzò, leccandosi la bocca e percorrendo il collo della Wolf con gli occhi ribollenti di cupidigia - Devi stare attenta Mirabel. La sete prima o poi vince.-
- Vattene Kronos.- sibilò snervata.
- Perché? Il divertimento comincia adesso, mia piccola mezzosangue. I tuoi dovrebbero essere ancora d'accordo a venderti. In fondo sei tornata sotto la loro giurisdizione.-
- Ho ventisei anni.-
- E allora?- replicò melenso - Quelli come te dovrebbero solo starsene buoni.-
Trix sorrise.
Oh, finalmente. Le aveva dato l'appiglio che voleva.
E la sua rabbia vi si attaccò con una tale ferocia che per un secondo le risultò incredibile anche solo riuscire a contenerla tutta in corpo.
- Sai cosa dovrebbero fare quelli come te invece?- mormorò alzandosi in piedi e andandogli a un centimetro dalla bocca - I sanguepuro come te dovrebbero iniziare a tremare Kronos.-
Lui tacque, corrucciando la fronte.
- Le vedi quelle tende?- continuò la Diurna a bassa voce - Se solo le tirassi...e il sole invadesse questo posto...cosa succederebbe Kronos? Se solo ti schizzassi con dell'acqua santa o inalassi dell'argento in polvere...credi che lo shock anafilattico ti risparmierebbe? Credi che tu e quelli della tua razza sopravviverete ancora a lungo, Kronos?- e lo incalzò, facendo ancora un passo avanti. Lui, stupendo anche se stesso, ne fece uno indietro.
- Prima parlavi di alimentazione. Bevute su due gambe, vero?- sul volto di Trix apparve un sorriso isterico, quasi malato - Vogliamo parlare del gradino della catena alimentare in cui tu e tutti i purosangue come te siete caduti dopo la nascita di esseri come me? Il mio sangue sarà sporco come dici tu ma io posso schiacciarti come uno scarafaggio. Io resisto al sole, all'acqua santa, se mi trafiggi il cuore comparirò mille volte ancora. Mentre tu...sei un misero mucchietto di cenere! Tu e tutti quelli della tua razza...siete solo cenere. L'evoluzione vi ha lasciati indietro...siete scarto.- un altro passo avanti, tanto che lui rimase imprigionato contro il tavolino - Tu sei uno scarto. E verrà il giorno in cui il tuo sangue puro non potrà più salvarti.-
Agli occhi sbarrati dalla rabbia e dall'umiliazione di Kronos seguì un'improbabile battito di mani e una risata di donna.
Trix si volse, vedendo dietro a tutte le cortigiane di Kronos una ragazza.
Dimostrava diciotto anni ed era magra, magrissima.
Dall'abito di lunga pelle nera, fatto di bustino e gonna lunga con spacco, Trix vide spalle ossute e fianchi tirati su una pelle lattea.
I capelli erano biondi come miele, labbra di more, occhi spiritati, truccati di blu scuro e lilla.
- Accidenti.- rise la vampira, sbellicandosi - Una donna che riesce a metterti a tacere, marito. Incredibile.-
- Sta zitta Viola.- sibilò Kronos brusco.
- Fammi indovinare.- Viola Rosencratz Leoninus li raggiunse, spostando disgustata le amanti del marito con malagrazia - Lei deve essere Mirabel Artemas. Il vincolo del principe Milos.-
- Perché non ti sposi una bambina la prossima volta?- ironizzò Trix verso Kronos, ignorando la Rosencratz - Magari lei ti ubbidirà una volta ogni tanto se fai il bravo.-
- All'inferno.- ringhiò il Leoninus, inferocito - Ne riparleremo Mirabel. Muovetevi voi!- e senza più aggiungere una parola se ne andò con la coda fra le gambe, infilando la stanza del Consiglio.
Viola invece rimase fuori.
E il suo ghigno si triplicò posandosi sulla Diurna.
- Bel discorso.- le disse, sedendosi comodamente in poltrona e accavallando le gambe - Così tu sei quella che mi ha rovinato la vita.-
- Come prego?- riecheggiò Trix, guardinga.
- Si.- Viola sorrise gelidamente - Tu dovevi sposare quello scarto, come l'hai chiamato giustamente. Invece l'hai sfregiato, fatto infuriare, ti sei sbattuta suo nipote mezzosangue ferendolo ancora di più nell'orgoglio e così è toccato a me incatenarmi a lui.-
- Cosa vuoi, delle scuse?- soffiò l'altra, accendendosi subito l'ennesima sigaretta.
- Oh, non pretendo tanto.- Viola la scrutò da capo a piedi - Il principe Milos ha saputo scegliere bene. Ne hai di fegato per parlare a Kronos in quel modo.-
- Non mi sembra che tu abbia l'aria dell'agnellino.-
Viola rise sguaiatamente, dando alla Vaughn l'idea di parlare con un demonio. Anche gli Auror sembravano fremere in sua presenza. Si erano tutti scostati dalla sua poltrona. Come intossicati da una nube nera e cattiva.
Però Trix sentiva anche qualcos'altro.
Che strano...in quel momento Trix non sapeva che ai centri ricettivi del suo olfatto stavano arrivando, attraverso le particelle del profumo di Viola e della sua pelle, anche un odore che le era rimasto attaccato dalla sera prima.
Un profumo...maschile.
Era labile, appena percettibile.
Ma era umano.
- Cosa ti prende?- Viola, da brava provocatrice, la sfidò con un ghigno superiore - Ti sei zittita di colpo?-
- Nulla.- la Diurna lasciò perdere. Non era possibile.
Ora sentiva l'odore di Tom ovunque! Più se ne parlava e più lei credeva di vederlo da tutte le parti, anche in tv o dal suo rifornitore di sangue la mattina alle cinque!
- Sei stata abile a sfuggirgli, otto anni fa.- perseverò la purosangue - Eri solo una mocciosa...e per salvarti la pelle ti sei legata a Milos. Devo ammettere che apprezzo le donne con spirito d'iniziativa.-
- Io apprezzo quelle che non se le cercano.-
- Occhio piccolina.- la placò Viola, ora sporgendosi un po' verso di lei oltre il tavolino di vetro satinato - Io non sono quel verme di Kronos. Io non mi limiterei a scoparti ogni tanto e a farti passare le pene dell'inferno ostinandomi a vivere giorno dopo giorno. Io colpisco dove fa male.-
Beatrix capì all'istante.
Con la sigaretta a mezze labbra si avvicinò a Viola a sua volta, senza staccarle lo sguardo di dosso.
- Tu provaci...- sussurrò nel fumo espirato - Tu avvicinati a lui e vedrai che Kronos ti sembrerà l'arcangelo Gabriele.-
- Il problema Mirabel...è che io sono molto annoiata. Devo trovare qualcosa da fare per far passare questa pigra eternità.-
- Trovati un amante. E sta lontana da Milo.-
- Pensa cosa significa...lui che esce ogni volta e tu che gli chiedi dove va. Lui che forse inizia a mentire...e il mio profumo sulla sua camicia...-
Era troppo.
Nel momento in cui Trix si alzò di scatto lo fece anche Viola, ma fortunatamente le porte della sala Consiglio si spalancarono e uscì Hermione, seguita da Grey e Milo, con gran sollievo degli Auror che non sapevano più dove sbattere la testa.
Milo invece rimase stranito a quella scena.
- Che succede?-
- Niente.- sibilò Trix, ignorando bellamente suo padre - Avete finito?-
- Si.- annuì Hermione mentre Viola scrutava anche lei, specialmente il suo collo - Possiamo anche andare.- e dal suo tono si capiva che era stato un buco nell'acqua.
Un grande, enorme e spaventoso buco nell'acqua.
Andarono via, sciamarono. Ma prima che si dessero le spalle, Beatrix sentì Viola sogghignare e dirle che presto si sarebbero rincontrate.
Fuori dalla Corte però, Hermione volse gli occhi dorati al cielo bianco, sospirando.
I Leoninus non avevano raccolto Salvia negli ultimi tre mesi. E la Salvia aveva il tempo di reazione di tre giorni o diventava inutilizzabile. I Lasombra poi...erano sempre stati dalla parte di Harry, com'era possibile che fossero stati loro? Avrebbe atteso il resoconto di Jeager che era andato da loro quella mattina, ma ormai era quasi sicura che quella Salvia non fosse stata presa lì in Gran Bretagna. E se era come pensava lei, erano punto e a capo.
In un vicolo cieco.


Calò il buio di nuovo e sulla Lucky House aleggiava ancora un tiepido e avvolgente silenzio.
C'era pace, infinita tranquillità.
Dopo la cena e un mare di cartoni animati i bambini erano andati a dormire e Harry Potter, seduto nella sua cucina, aveva aperto con un borbottio la lettera che gli era arrivata dal Ministero. Puntuale come la morte.
Intanto agitò la mano verso la caraffa che si sollevò e rovesciò del caffè fumante nella sua tazza.
L'unica cosa che lo rincuorava in quel momento era la comodità della telecinesi, perché a leggere i richiami del Ministero e del Wizengamot c'era da svenarsi:

"Egregio Signor Potter, in seguito alla riappropriazione dei suoi poteri avvenuta nella data di oggi, 19 giugno alle ore 2.30 della mattina, il Concilio del Wizengamot richiede la sua presenza al Ministero il giorno 27 giugno, riguardo i motivi e i fatti che hanno portato la sua bacchetta fuori dalla sicurezza dell'Ufficio Misteri, reparto Accoglimento Poteri dei Maghi Perduti. E' pregato di presentarsi con un avvocato.
Distinti saluti..."

...e vaffanculo Egregio Signor Potter, ecco come finiva la lettera fra le righe.
Con un bel vaffanculo Harry.
Si prese la tazza e ficcò la cartaccia nella tasca posteriore dei jeans, accarezzando contemporaneamente la sua bacchetta.
Aveva fatto magie tutto il giorno e Lucas e Faith non avevano fatto altro che strillare eccitati ogni qual volta usava anche solo il Colloportus per chiudere la porta di casa.
Era incredibile come per i piccoli fosse stato importante riavere un papà per quello che era.
Un mago. Un Auror...anzi, la questione di tornare in servizio era ancora sospesa. Ci aveva pensato tutto il giorno ma era stato altro a prendere il sopravvento.
Il potere. Si, il suo potere. Che gli scaldava le mani, che gli riempiva la testa, il torace e il cuore.
Che gli faceva sentire le ali, che gli apriva gli occhi, che lo cullava nei momenti bui.
Era tornato. E stava lì, a proteggerlo, dopo aver dormito per tanto tempo.
Salito al piano superiore dimenticò tutto quanto perchè in mezzo al corridoio che collegava le ali della Lucky House vide Elettra uscire dall'ultima porta a destra, verso l'ala Malfoy.
Lei gli sorrise. Di cuore.
Gli mandò anche un bacio, lasciandolo solo a fare ciò che doveva fare.
Non l'aveva ancora mai visto...aveva fatto finta di nulla tutto il giorno ma ora spinse quella maniglia, senza paura, senza tentennamenti.
E aprì.
Lo avvolse il calore e la luce delle fiamme di un grosso camino.
Le finestre erano tirate, quasi come gran parte del baldacchino di velluto rosso che sovrastava il letto.
A fianco della sponda più vicina alla porta stava seduto Draco Lucius Malfoy, poggiato su un gomito, con gli occhi chiusi. Dormiva.
Ma in quel letto invece...un fantasma del passato, più amato della gloria, della vittoria e della speranza.
Harry raggiunse Draco, stando zitto.
Thomas Maximilian Riddle. Apparso ancora una volta all'improvviso, di fronte alla porta di casa.
Riportando gioia e vita ai cuori di tutti.
Stava sdraiato col torace in sotto, un braccio fasciato sul cuscino, l'altro giù dal letto.
A torso nudo, Harry vedeva solo il suo tatuaggio mai cambiato e una fasciatura spessa, leggermente sporca di sangue.
Sul comodino la lampada era spenta, ma i candelabri illuminavano insieme al fuoco del camino la sua sagoma leggermente smagrita. E così cambiata.
Era cresciuto in altezza. In forza e nel fisico. I capelli erano leggermente più corti di come ricordava.
Ma era lui. Anche se era diventato un uomo.
- Ha un piercing all'ombelico.-
Potter quasi imprecò alla voce di Draco, che era stato sempre sveglio e aveva pure seguito il filo logico dei suoi pensieri.
- Gli avete fatto la radiografia tu e Efren?- mugugnò Harry seccato.
Malfoy alzò le spalle e non parlò più. Restò in silenzio. A pensare, a dormire. Finalmente in pace.
Anche il bambino sopravvissuto non fiatò più quella notte.
Ma si sedette sul bordo del letto e carezzò la testa e i capelli al ragazzino di un tempo.
E' tornato, continuava a pensare.
E' tornato.
E nel sonno, come a Harry, anche a Draco comparve un sorriso sulle labbra.
Tom era tornato.
Era a casa.

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16° ***


tmr16

 

 

La neve aveva smesso finalmente di cadere quel 21 giugno.
Il manto bianco si stava compattando su tutta Londra, che poteva finalmente concedersi di tirare un sospiro di sollievo. Dopo essersi adattati a fare pupazzi di neve ad inizio estate ora gl'inglesi pregavano per il ritorno di un sole caldo e vivace, sperando che non si facesse attendere troppo.
Kensington Gardens era comunque come sempre molto frequentato.
Dalla postazione privilegiata della Lucky House si poteva vedere l'affluire di londinesi e turisti che non mancavano mai di omaggiare la bellezza di quei parchi, con sole o neve o intemperie.
Nulla li fermava.
Dalla sua stanza da letto, Harry James Potter guardò in giardino e sorrise vedendo Faith correre sulla montagnole che le aveva fatto quella mattina, tirandosi dietro un bob fatato.
La piccola si volse all'improvviso e guardò in alto.
Aveva una gonnellina di felpa blu, un montgomery col cappuccio, una cuffia blu con un pon-pon sui capelli nerissimi e con gli stivali in pelle e montone sembrava una signorina.
La sua bimba gli sorrise, luminosa come il sole che avrebbe dovuto apparire fra le nuvole da un momento all'altro e tornò quindi a giocare ma lui sogghignò di più, vedendo Cosmo ben riparato nel cappuccio di sua figlia.
Se lo portava dappertutto quel pulcino, anche a letto.
E ancora dovevano capire cos'era, se non altro per quelle due piumine azzurre che aveva ai lati della testa.
Intercettò anche Lucas, che come un pazzo se ne andava in giro con un semplice giubbotto in pelle e una sciarpa.
Da gelare solo a guardarlo.
E non che lanciasse palle di neve, lui.
No, lui il giorno prima aveva fatto il pelo alla preziosa chioma di Draco Lucius Malfoy con una palla di fuoco.
E vedere l'essere che fino a diciassette anni era stato il suo nemico giurato rincorrere suo figlio a bacchetta spianata era stato veramente un momento da ricordare, tanto che Elettra aveva ancora scattato una foto, per essere sicuri.
Vide Lucas fermarsi con la sorellina, poi dirottarsi sulla panchina di proprietà di Glory.
Come sua madre, la piccola non perdeva un solo secondo di preziosa lettura.
Indossava un cardigan grigio fumo sotto un gilet di pelle con collo di pelliccia e un kilt adorabile sui toni dell'azzurro e del nero. Le gambe dondolavano in calzettoni scuri e stivaletti neri stringati, con interno in montone.
Se non altro sembravano abbastanza coperti tutti e tre...bhè, Lucas a parte.
Ma un Phyro aveva una termoregolazione interna tutta sua, considerato il fatto che sia Faith che Glory andavano spesso a farsi scaldare le mani da lui.
- La temperatura è finalmente scesa.-
Harry si volse e sulla porta trovò Efren.
- Cosa?-
Coleman agitò le mani - La temperatura di Riddle è scesa. Potrebbe svegliarsi anche stasera.-
- Puoi anche evitare di chiamarlo così sai?- Potter sorrise, chiudendo le tende - Non morde Efren.-
- Questo lo so. Ma è stato argomento tabù per anni, quindi non pretendere da me che conosca tutti i vostri retroscena.-
- Nessun retroscena. Era solo una fetta importante della mia vita.-
- E di quella di Draco.-
- Esatto.-
- Ma dici che non morde...-
- Potrà sembrarti assurdo visto di chi è figlio, ma appena riprenderà conoscenza capirai che è buono come il pane.-
Il Medimago levò soavemente un sopracciglio.
Per la serie "Non credo neanche se lo vedo."
- E' la cortesia fatta a persona. E non scherzo. Pensa che non ha mai mandato affanculo suo cugino.-
- Fottiti Sfregiato.- fu il laconico commento di Malfoy, che passò in corridoio in quel momento alle spalle di Coleman - E muovi il culo che sta per arrivare la tua truppa di sfigati.-
- Oddio, ma sono già le due?- Harry guardò l'orologio - Che palle. Non mi va di vedere Duncan.-
- Ti tocca. Almeno così gli spiegherai perché un drago s'è appollaiato sul Big Ben due giorni fa.-
- Al diavolo Malferret, non mi sono appollaiato da nessuna parte!-
- Bhè, cazzi tuoi comunque.- sentenziò Draco, sparendo nella camera degli ospiti e chiudendosi la porta dietro con un tonfo. Quale modo migliore per avere l'ultima parola?
Era ora.
Malfoy aveva ragione sul serio.
Era ora di mettere le cose in chiaro.
Erano passati due giorni ormai da quando tutto era accaduto e non si poteva certo dire che erano state quarantotto ore scialbe e prive d'imprevisti.
Prima di tutto c'era stato da spiegare ad Elettra come mai si era preso la libertà di trasformarsi abusivamente in una lucertola e portare il loro primogenito a spasso per il cielo in piena bufera. C'era stato anche da mettere il suddetto primogenito sotto sedativi, perché dopo il volo in groppa a un drago era diventato quanto mai iper attivo.
Papà di qua, papà di là, sputa fuoco, fammelo rifare, ti prego mangiati Draco...
Insomma una follia.
Era stata la prima e l'ultima volta visto che Lucas ancora ne parlava.
E continuava anche a guardarlo con occhioni scintillanti, come se la guerra fredda fosse finita.
Ma Harry sapeva bene che non era così. Anzi.
La guerra era appena cominciata perché mettere sotto chiave la stanza dove riposava Tom non aveva fatto altro che far incaponire di più suo figlio e le piccole streghette di casa che, oltre ad origliare con Orecchie Oblunghe, cercavano anche di scardinare la porta col buon vecchio metodo babbano, imparato da Sirius.
Ovvero le tessere magnetiche.
Quando avevano capito che non ce n'era per nessuno, avevano iniziato tutti a tartassare a modo loro.
Lucas esasperando lui ed Elettra, Faith facendo appostamenti periodici in bagno, anche quando erano sotto la doccia aprendo i rubinetti e bruciandoli con un getto d'acqua bollente.
Glory invece facendo battute sagaci qua e là.
La domanda classica era "Chi è Tom?" ma si andava anche da quelle standard a quelle del tipo "Ma quello sarà mica morto!" o "E' un ricercato?" per finire con "Senti ma volete vendere i suoi organi al mercato nero?"
Dove le sentivano certe cose Harry proprio voleva saperlo. Forse era ora di mettere il lucchetto al dvd.
O alla bocca di Edward, perché quel gergo era sicuramente suo.
Il problema Tom però restava.
Nasconderlo sembrava diventato una specie di segreto di Pulcinella.
Ron, Edward, Blaise e i più fidati dell'Ordine della Fenice erano già venuti a saperlo seduta stante.
Sirius era stato il primo ad arrivare trascinandosi dietro Andromeda e Narcissa con discrezione.
Poi era stata la volta di Tristan e Jess che, grazie al Lazzaro che Lucilla aveva rubato otto anni prima, avevano aiutato moltissimo Tom nella stabilizzazione.
Secondo Efren la ferita ci avrebbe messo moltissimo a cicatrizzarsi. Circa un mese e avrebbe fatto un male del diavolo, a causa della mezza infezione che i resti di quella freccia tripunte avevano causato restando per tanto tempo nella parte sottocutanea.
Gli allarmismi, vista l'uscita di Tom dalla Sigillazione, si sprecavano.
Per giorni non si erano chiesti altro di chi diavolo l'avesse intrattenuto per più di una settimana, di chi l'avesse rapito anche se sapevano che era stato Donovan il mandante della Dama dell'Acqua.
Si chiedevano di come avrebbe reagito quel maledetto collare che portava per costrizione, si chiedevano di quei morsi di vampiro sul suo polso e quello al collo...insomma, non sapevano dove sbattere la testa e Tom non aveva mai aperto gli occhi in quei due giorni.
Ora però che la febbre si stava placando, speravano molto nelle sue spiegazioni...ma più che mai tutti non anelavano ad altro che vederlo aprire gli occhi.
A stento avevano trattenuto la gioia e la felicità.
A stento Draco riusciva a mantenersi impassibile. A stento Harry riusciva a non stare sempre in camera con lui.
Anche solo per guardarlo dormire.
Anche solo per tenergli la mano.
Per convincersi che era tornato.
La guarigione però si era dimostrata difficile.
Nonostante il Lazzaro, spesso Efren aveva dovuto somministrare a Tom sedativi e pozioni calmanti.
La febbre l'aveva fatto delirare più volte e dalla sua bocca erano usciti nomi a Harry del tutto sconosciuti.
La notte del venti poi era stata orribile. Non aveva smesso di urlare e agitarsi un solo secondo, tanto che per tenerlo fermo sia lui che Draco si erano sfiniti, ricavandone anche parecchi lividi.
Per questo, ora che stava meglio, potevano finalmente tirare tutti un sospiro di sollievo.
Presto si sarebbe svegliato.
Presto...avrebbero di nuovo sentito la sua voce.
Scendendo in salone vide alcuni elfi domestici sparire velocemente al suono dei passi di Hermione.
Era sul corridoio a balcone sopra il camino e camminava leggendo la Gazzetta del Profeta.
- Novità?- le chiese.
La Grifoncina schioccò la lingua, disgustata.
- Questi giornalisti secondo me sono tutti Animagus. C'è già qualcuno che insinua un tuo fantomatico ritorno al Ministero! Roba da non crederci! Sul Cavillo c'era anche quella cretina di Rita!-
- T'ha beccata fuori dal Ministero?-
- Si.-
- E' ancora viva spero.-
- Si, le ho solo detto che non so niente.-
- E c'è cascata?-
- Si, come no.- la strega scese rapidamente i gradini, gettando il giornale con poca grazia sul tavolino fra i divani, per non buttarlo direttamente nel camino acceso - Che gran rottura! Il fattore sorpresa sta andando a farsi benedire!-
Harry dubitava che uno come Badomen credesse a quello che scrivevano i giornali, ma se aveva davvero le spie al Ministero, tra cui Donovan che era in prenotazione per una bella cassa a Lost Graveyard, allora Hermione poteva aver anche ragione.
Se avesse sospettato un suo rientro nei giochi, si sarebbe premunito.
A meno che non fosse stato totalmente pazzo.
I guai però non finivano con Badomen. Il fatto era che ora tutti i giornali del mondo dei maghi parlavano di un suo possibile ritorno, visto che la notizia era uscita dall'Ufficio di Recupero della Magia Perduta.
Qualche deficiente di un impiegato aveva spifferato che si era ripreso i poteri impunemente e senza permesso. Peste alla sua famiglia, certo, ma gli era già capitato di non poter andare all'associazione Hayes anche solo per salutare i suoi piccoli amici perché c'erano una ventina di giornalisti appostati dietro ai cancelli come mafiosi.
E non erano lì solo per spiare Elettra.
Erano lì per lui.
Figurarsi che sua moglie aveva preso le ferie, il CT delle Aquile quasi l'aveva mangiata viva ma uscire di casa era davvero impensabile. Così tutti sapevano che si era ripreso i poteri ma brancolavano nel buio, chiedendosi se sarebbe tornato a fare l'Auror. Negli articoli non si auspicava altro, come se lui avesse potuto far secco Badomen e la sua donna con uno schiocco di dita.
A volte proprio non li capiva i maghi.
Ne aveva sentite di tutti i colori, da quando era comparso il Marchio Nero, sul fatto che stava rovinando la sua leggenda perché non tornava a fare da bandierina per il Ministero.
Ora invece lo maledicevano perché, essendosi ripreso i poteri, tardava a rientrare in servizio.
Era di pubblico dominio insomma.
Harry Potter, il bambino sopravvissuto, era tornato.
La speranza era tornata.
Ma Harry sapeva bene grazie a chi e a cosa aveva trovato la forza e il coraggio per riabbracciare la sua vecchia.
E quel chi stava sdraiato in un letto ferito, in una sorta di coma indotto.
Solo per lui, si ripeteva.
Solo per Tom.
Andò a sedersi dopo aver spiato di nuovo dalle vetrate in giardino per controllare che Lucas non si fosse messo a lanciare palle di fuoco sui giornalisti, sebbene sarebbe stato uno spettacolo interessante, ma vedendoli tranquilli, cosa ancora più sospetta, andò a sedersi con Hermione.
Si versò una tazza di caffè e si mise comodo.
- Pensieri?- gli chiese la strega, sorridendo brevemente.
- Qualcuno.- rispose, poi le sorrise a sua volta - Mi guardi come Lucas.-
- Può anche darsi.- gli concesse con dolcezza - In fondo tu sei sempre stato il mio eroe.-
- Sciocchezze.- si schermì.
- No e lo sai.- Seria, lo fissò attentamente - Lo sei da sempre. E il fatto che ora ho di nuovo di fronte a me il Grifondoro di un tempo mi scalda il cuore e mi rimette in pace col mondo.-
- Tu credi troppo.-
- Anche tu. Anche se non lo sai, tu hai più fede di tutti noi.-
- Non ho mai creduto molto.-
- Nei maghi, forse. Ma credi in ciò che facciamo. In fondo noi siamo questo. Noi viviamo in ciò che facciamo.-
- E' questo il punto.- sospirò, posando la tazza e poggiandosi sulle rotule con gli avambracci - Speravo che cambiando vita avrei potuto essere qualcosa di diverso da...il bambino sopravvissuto. Volevo essere un padre per Lucas e Faith a tempo pieno. Volevo essere l'unico per Elettra...qualcosa di diverso da capo, da un leader.-
- Tu sei ciò che sei.- gli occhi di Hermione divennero vitrei per un momento solo, ma sbatté le ciglia e distolse immediatamente lo sguardo, posandolo sulle fiamme del camino - Ognuno di noi non può cambiare davvero. Nel profondo restiamo ancorati alle nostre convinzioni. Dovremo solo essere fedeli a noi stessi, Harry.-
- Forse hai ragione.- Potter levò la mano, vedendo Ron Smaterializzarsi sulla porta dell'ingresso - Ehilà.-
Weasley si levò il giaccone, scrutandoli attentamente dopo aver visto le loro espressioni.
Era proprio un treppiedi il loro.
Un vecchio e malridotto treppiedi che però niente poteva spaccare.
- Che facce.- li apostrofò, raggiungendoli e mettendosi dietro alle spalle di Hermione, massaggiandogliele scherzosamente - Ragazzi li conosco da più di vent'anni quei musi. Discorsi seri?-
- Più o meno.- ridacchiò Potter - Pansy?-
- E' fuori che dice a Steve e Step di non sotterrare i giornalisti nella neve. Siete assediati, lo sapete?-
- Si, me ne sono accorto l'altra mattina quando Malfoy ha quasi strozzato un tizio che gli ha fotografato anche l'ugola mentre gli urlava un Cruciatus, presumo. Caffè Ron?-
- C'è qualcosa di più forte?- borbottò il rossino, andando al bancone bar del salone - Edward arriva subito. Era al Ministero. Ho mandato Trix a fare il turno con Gary. Penso che stia fiutando qualcosa. Quando avete intenzione di avvisarla?-
- Quando Tom starà meglio.- rispose Hermione, facendo divampare le fiamme del camino con un gesto della mano - Efren anche arriva subito. E' su che finisce le fasciature di Tom. Sta meglio, gli si è abbassata la febbre.-
- Bene.- disse Ron sollevato - E Blaise? Viene?-
- Si, deve portarci del Cumino Giallo ricostituente.- rispose la strega - Ci ha parlato Draco: lui e Efren hanno paura che Tom perda troppo peso e s'indebolisca ancora di più.-
- Parlando di Tom...- Ron tornò a sedersi con una bicchiere di Whisky Incendiario doppio fra le dita. Tacque un secondo, fissando il liquore nel bicchiere ma dagli occhi di Harry, capì che stavano pensando la stessa cosa.
- Come li sistemiamo?- chiese.
Potter inspirò un secondo e attese un istante, proprio per permettere a Malfoy di andare a sedersi accanto alla moglie.
La prima cosa che fece il biondo fu di accendersi una sigaretta e soffiando in aria il fumo rispose per il bambino sopravvissuto.
- Trappola.-
- E' azzardato.- disse Hermione, fissando ancora le fiamme.
- Si ma voglio vederli annientati, senza via d'uscita.- sibilò lui, passandole un braccio attorno alle spalle, contro lo schienale del divano di pelle - Voglio sentirli chiedere pietà.-
- Io ancora non capisco una cosa.- Ron finì il bicchiere, ingollando il liquore in due sorsi - Badomen è un Mangiamorte. Parlava del ritorno del suo signore...se fosse stato lui a far uscire Tom non l'avrebbe mai ferito a morte. Inoltre sappiamo che Badomen sta con Donovan, che Brockway l'ha fatto fuggire da Azkaban e che sua figlia minorenne si fa Donovan in gran segreto. Complicando ancora, il Segretario ha fatto uscire Tom da Cameron Manor con quella Dama...a quanto ci hai raccontato.-
- Esatto.- annuì Hermione.
- Ma se è stato Donovan a farlo uscire...cioè, come ha fatto Tom a ferirsi? Se fosse stato Donovan l'avrebbe fatto riapparire in un posto sicuro, pieno di Mangiamorte, dove nessuno avrebbe osato alzare un dito sul figlio di Voldemort. E invece Tom è stato colpito quasi mortalmente.-
- Ha ragione Lucilla.- sibilò Draco, ciccando nel portacenere - C'è qualcuno che manovra tutte queste pedine da dietro le file.-
- Ci sono due incognite che rimangono fuori dal calcolo. La donna che fuma le sigarette alla lavanda e il mago che ha fatto saltare per aria Diagon Alley.- aggiunse la Grifoncina - E stando alle parole di Damon tratte dai morti, quel mago era la copia di Tom. Se è stato sotto Imperius allora siamo nei guai.-
- Certo...visto che è stato tirato fuori da Cameron Manor dalla Finale di Quidditch.- frecciò Harry acidamente - E qua qualcuno s'è ben guardato dal dircelo.-
- Giusto mezzosangue.- si ricordò Draco - Io e te dobbiamo ancora parlare di questo.-
- Io ho mal di gola.- si limitò a rispondere, alzandosi in piedi e andando in cucina - Vado a fare del the.-
- Non sperare che la storia finisca qua!- la minacciò Malfoy.
- Sto già tremando.- fu il sibilo indifferente che gli arrivò da lontano - Invece di pensare a vendicarvi sul perché e il percome mi sono tenuta alcune cose per me, dovreste preoccuparvi di Duncan.-
- Oddio, già me lo vedo.- borbottò Ron, passandosi una mano fra i capelli di fuoco - Accenderà incensi per tutta casa, poi dovremo attaccarlo alla bombola dell'ossigeno. Ci pensate che un giorno potrebbe venirgli un infarto? E nelle grane ci finiremmo noi?-
- Per cosa, mica è colpa nostra se ha le coronarie ostruite di fumo scadente.- masticò Malfoy sprezzante - Ci pensi lo Sfregiato a spiegargli del perché ha svolazzato sotto al naso di tutta Londra.-
- Ancora con questa storia, io stavo sopra le nuvole.-
- Si ma ti hanno visto comunque.- gli ricordò Weasley - Cazzo Harry, ti avrà visto anche mia nonna e ha novant'anni! E che cazzo. Ora non la smetteranno più di ricamarci sopra!-
Stettero a discutere delle coronarie di Gillespie ancora per qualche minuto, poi iniziò a entrare gente.
Per primi Sirius e Remus, imbattibile coppia di mentecatti, Edward e Ophelia, poi Pansy riuscì a staccarsi Marc dalle gonne e s'infilò in casa completamente gelata seguita da Ginny e Terry, che erano venuti a sapere di Tom torchiando il povero Ron per tre ore filate.
Blaise li raggiunse poco dopo con Jess, Clay e Sphin. Per ultimi arrivarono Lucilla e Tristan, accompagnati da bottigliette di Lazzaro che emanava la sua evanescente lucetta azzurra.
In compenso fuori anche la prole si era triplicata e si era riunita per "guerreggiare".
Con Jess era venuto anche Herik, oltre che Alex. Jeremy, Marc e i gemelli stavano già scavando una trincea per la battaglia a palle di neve. Le bimbe, in tutto quattro con la piccola Sam, figlia di Ginny, e anche Madison, la figlia di Blaise, se ne stavano in disparte e fare pupazzi di neve.
Da ultimo restava solo Caleb, il cugino di Faith e Lucas, arrivato dopo essere scappato dalle grinfie di J.J. che probabilmente in quel momento era sull'orlo di una crisi di nervi per essersi perso il nipote.
Era stato Lucas a chiamare il cugino la sera prima, che l'aveva avvisato della battaglia a pallonate di neve e...dell'uomo nero, come i bimbi chiamavano Tom in codice.
Sarebbe mancato solo Aidan all'appello ma era uscito con Damon e per ora era meglio così.
Il fatto che ci fossero tutti era stata l'ennesima brillante trovata di Lucas.
Infatti sapeva che quando i suoi discutevano con la guardia in servizio non si accorgevano neanche della fine del mondo e in una quindicina sarebbe stato più facile entrare nella camera di Tom!
Ok...magari Herik, Caleb, Alex e Jemy non potevano fare magie fuori da Hogwarts ma magari a loro sarebbe venuto in mente qualche attrezzo magico per sfondare quella porta del cavolo senza usare un TIR, no?
Quindi, mentre fuori dei piccoli diavoletti stavano cercando un modo per non farsi beccare, fare il giro sul retro e infilarsi nella stanza degli ospiti, dentro gli adulti erano tutti abbarbicati in salone, nell'attesa che arrivasse Duncan.
In ritardo come sempre.
- E così...- attaccò Sirius senza riuscire a frenare la lingua - Tom era sparito da dieci giorni.-
Tutti gli occhi si puntarono su Hermione e Lucilla.
Se la prima sbuffò, dondolando irritata la gamba accavallata, la seconda fece elegantemente finta di nulla.
- Qualcuno lo sapeva?- continuò Black, melenso e stucchevole - Non ricordo che qualcuno me l'abbia accennato.-
- Neanche io mi ricordo, sai?- tubò Jess con tono altrettanto pigro - Ma magari mi dimentico...Lucilla, dolcezza, me l'hai accennato a colazione per caso? Sai, la mattina non carburo...-
- O magari Herm...- iniziò anche Ron - ...me l'hai detto e io non ho recepito.-
- O magari vi uccido e vi sotterro e la storia finisce così in allegria.- fu la proposta finale di Harry, sorridente e minaccioso - Che vi sembra ragazze? Vi piace l'idea?-
- Bhè, se ne può discutere.- abbozzò la Grifoncina, sarcastica.
- Oh, per Dio!- sbottò Edward - Che cazzo ragazze! Che diavolo aspettavate?-
- Speravo solo di non dovervelo strappare a forza.- ammise Lucilla, fissando Harry negli occhi - Non volevo doverlo Sigillare di nuovo con voi presenti. Ecco la verità.-
- Inutile perché ora lui non ci torna più la dentro.- sindacò Draco.
- E come speri di fare?- gli chiese Efren - Forse comincio ad annoiarti con questa storia ma se ti prendono...se ci pescano tutti, finiremo ad Azkaban ancora prima di dire "Beccati"!-
- Basta nasconderlo.- replicò Malfoy.
- Si e cosa fai? Lo nascondi in casa per sempre?- rincarò Coleman - Cristo, ragiona!-
- C'è anche da considerare quel collare.- s'intromise Blaise, pacato - Avete provato a toglierglielo?-
- Si, inutile.- sibilò Draco, accendendosi una sigaretta dietro l'altra, tale il suo nervoso - Quel fottuto pezzo di tolla non verrà mai via. A meno che non sequestriamo gli Artimagi che l'hanno prodotto e non mettiamo Dibble sotto Imperius. Solo loro sanno come aprirlo.-
- Volete dirmi che nemmeno Cameron in tutti questi anni è riuscito a toglierlo?- allibì Remus.
- Già.- annuì Lucilla.
- Allora non si tratta solo della magia del Ministero.- asserì il mannaro - Si tratta di qualcosa legato a Tom.-
- Come sarebbe?- gli chiese Sirius.
- In teoria la magia del Ministero e dell'Alta Corte dei Maghi è sovrana su tutta la comunità magica. Perciò è improbabile che uno come Cameron non sia riuscito a liberarlo. Vista la situazione, è probabile che gli Artimagi, sotto richiesta di Orloff, a quel tempo, abbiano collegato magicamente la Sigillazione a un qualcosa intrinseco al portatore del collare.-
- Stai dicendo che potrebbe aprirsi senza necessariamente la forza bruta?- buttò lì Ron pragmatico.
- Si, forse.- annuì Lupin - Ma se Tom non ci riesce da solo, dubito che possa aprirlo qualcun altro. E finché si tiene quel collare, è come una bomba a orologeria. Finora non ha funzionato grazie al campo di forza che, Lucilla ha detto, Cameron ha usato su Tom per permettergli di viaggiare nel tempo...dico bene?-
- Si,- spiegò la Lancaster - per farlo viaggiare nel tempo Caesar e Demetrius hanno messo una sorta di distorsione sul collare. Non si accorge dello scambio nella dimensione temporale...per questo poteva viaggiare nel tempo, però solo all'interno di Cameron Manor. La Dama dell'Acqua probabilmente ha sortito uno sballamento sull'incantesimo, per questo il collare ancora non reagisce.-
- Ma potrebbe farlo da un momento all'altro.- disse Clay - No?-
- Si, è possibile.-
- E quando al Ministero lo sapranno verranno qui.- sibilò Hermione - Donovan sa che Tom non è più a Cameron Manor. Lo sa e sta cercando di trovare un appiglio per incastrarlo.-
- Dove può andare a cercarlo?- mormorò Pansy.
- Bhè...a Lancaster Manor, a Grimmauld Place, dai miei nonni se è completamente idiota. Ma è più probabile che venga subito qua.- Draco levò lo sguardo su Harry - E ora che ti sei ripreso i poteri avrebbe il motivo buono per entrare in casa nostra.-
- Quand'è che devi presentarti al Ministero?- gli chiese Sirius.
- Il 27. Con un avvocato.-
- Facciamo una decina.- sibilò Black - Merlino, che due calderoni. Quelli dell'Ufficio Misteri saranno inferociti. E devi ancora spiegargli come mai hai di nuovo la tua bacchetta...che tra l'altro, scusate, ma non era sparita da lì già otto anni fa?-
Stavolta, a guardare altrove con Hermione, ci si mise pure Malfoy.
- Finiremo tutti in cella.- brontolò Edward, scolandosi il whisky tutto d'un fiato.
- Spero che almeno siano singole.- sospirò Elettra.
- Oh, dai gente!- Hermione batté le mani, per richiamarli all'ordine - Su, un po' di vita! Dobbiamo inventarci qualcosa accidenti!-
- Io te l'ho già detto.- ridisse Edward - Andiamo da Donovan di notte, lo rapiamo, lo seviziamo per qualche giorno e vedrai che la verità salta fuori. Su lui, Brockway e quella zoccola della figlia.-
- Edward!- rampognò Ophelia - Magari la costringono!-
- Si, come no.- soffiò anche Draco, sarcastico.
- Comunque, figlia o meno, Brockway è l'unico che può aver fatto fuggire Badomen da là dentro.- riassunse Jess - E c'è stato per due giorni. Merlino solo sa cos'ha può aver fatto in questo lasso di tempo.-
- Mica ti lasciano andare in giro.- rognò Sirius, incupendosi - Il massimo è urlare da una cella all'altra...se ti rimane il fiato.-
- Può aver parlato coi Lestrange?- ipotizzò Remus - E se stesse riunendo la vecchia compagnia?-
- Dobbiamo prepararci a una fuga in massa, dici?- Lucilla corrucciò la fronte - Ma non è stata aumentata la vigilanza dopo che Bellatrix e suo marito fuggirono con tutti gli altri tanti anni fa?-
- Si ma tanti anni fa non c'era Brockway.- ringhiò Harry - Che schifo, non ce n'è più uno pulito di cui fidarsi. E Duncan non può fare niente, non finché Donovan ha il posto accanto a Dibble.-
- Il Ministro?- propose Pansy - Rivolgiamoci a lui.-
- Si e poi chiederà un'ispezione!- le disse Ron.
- Ok ma da entrambe le parti. Potrebbe entrare in casa di Donovan...-
- Ma lui farebbe subito sparire ogni cosa.- sibilò Lucilla - E ancora non sappiamo cos'ha rubato Badomen dalla Gringott. Potrebbe essere di tutto...-
- Senza contare fumatrice incallita e il mago che assomiglia a Tom che ha ucciso tutta quella gente a Diagon Alley.- finì Tristan, già esausto - Ragazzi, credo che sia il caso di prendere in considerazione l'eventualità che Tom sia sotto Imperius. Avete fatto dei controlli?-
- E' in coma indotto da giorni.- gli disse Efren - E quando si sveglierà potrebbe far finta di nulla.-
- Se fosse sotto Imperius almeno si spiegherebbe la ferita.- commentò Hermione - E' finito dai Mangiamorte e s'è rifiutato di fare come volevano. Per questo l'hanno dovuto fermare, prima che fuggisse.-
- Si ma anche volendo...- la bloccò Lucilla - Non credo, obiettivamente, che Tom sia in grado di uccidere.-
- Come sarebbe?- le chiesero tutti.
- Ricordate i Poli Negativi? Quelli di Grimaldentis?-
- Quelli che su di lui non avevano effetto.- annuì Elettra - Cosa centrano?-
- Non ci sono studi precisi ma è confermato che gli umani definiti con l'appellativo di puri di cuore non siano in grado, praticamente, di uccidere. Di togliere la vita.-
- Ma non è confermato.- replicò Hermione - Mi spiace ma finché non vedo non credo. E non intendo lasciarlo sotto Imperius nel caso sia davvero così. Io mi fido delle parole dei morti.-
- Io anche, ma credimi...non è stato lui.-
- Allora c'è qualcuno in giro con la sua faccia o...- Sirius levò le sopracciglia - Polisucco?-
- Può essere. In fondo nei controlli col Ministero, Donovan gli toglieva una goccia di sangue e un capello.- Lucilla scosse il capo - Che cretina, come ho fatto a non pensarci prima, dannazione! Avrà tanti di quei capelli da farci una parrucca a questo punto!-
- Allora chiunque di quei Mangiamorte potrebbe andarsene in giro con il suo aspetto...- sibilò Harry - Cazzo, Donovan se l'è giocata bene. Non me l'aspettavo.-
- Bhè, non mi sembra il momento di fargli i complimenti.- sibilò Efren.
Intanto che fioccavano dannazioni e proposte omicide su Donovan, mezzo Ministero corrotto e pure Badomen, Jeager si Smaterializzò nel giardino della Lucky House, nascosto fra i pini.
La prima a vederlo fu Glory, che lo salutò levando la mano.
- Ciao.- Crenshaw si avvicinò guardando quella montagna di marmocchi - Sono tutti dentro?-
- Ahah.- annuì la streghetta, posando il libro - Sei venuto per parlare anche tu di Tom?-
Jeager sogghignò - Non ti hanno detto niente, vero? Che mamma cattiva che hai.-
Glory si lasciò sfuggire un sorrisino furbetto - E tu? Me lo dici chi è?-
- Un tipo troppo buono per essere parente tuo.-
- Parente?- la biondina s'interessò subito - Come?-
- E' cugino in primo grado di tuo padre. E' un mezzo Black.-
- Ah. Non lo sapevo...ma...- stava per chiedere precisamente chi fossero i suoi genitori quando arrivò addosso a Jeager una pallonata di neve e prima di uccidere Lucas, Jemy, Alex e pure Chris, il mezzo demone preferì infilarsi in casa, salutando Glory e lasciandola a bocca asciutta.
- Oh, era ora!- sbottò Hermione, vedendolo sulla soglia - Dove diavolo eri?-
Nel letto con Hacate.
- A cercare le informazioni sulla Salvia che volevi.- mentì con aria adorabile, anche se quelle informazioni le aveva da ormai due giorni - Dove sta Gillespie?-
- Si sarà buttato sotto un treno.- frecciò Dalton - Ehi cocco, ho sentito che hai la fidanzata! Perché non ce la presenti?-
- Ma come cazz...- si morse la lingua - Chi diavolo te l'ha detto?-
- Alister l'altra sera.- ridacchiò Edward - Allora? Chi è?-
- Non è la mia fidanzata.- sibilò, andando a sedersi e scrutando arcignamente Hermione, che lo salutò con la stessa smorfia - E la prossima volta che vedi Dark digli di farsi un cassettino di cazzi suoi. Allora...come sta?-
- Tom sta bene.- lo informò Harry - Dovrebbe svegliarsi a momenti.-
- La ferita?-
- Guarirà entro un mese.-
- Cos'hai scoperto sulla Salvia?- gli chiese Hermione, tagliando corto - Sono stati i Lasombra?-
- Giurano di no.- rispose Jeager, sorseggiando del brandy alle albicocche che sembrava lava liquida.
- E gli credi?-
- Si visto che ho minacciato di fargli saltare per aria la base.-
- Non c'era bisogno di usare la violenza.- borbottò la strega - Sono sempre stati gentili...-
- Si, tanto che hanno ancora il mio orologio da cinquecento galeoni.- rognò Draco, ricordando la notte passata da quei pacchiani esseri albini, spacciatori di Salvia e di camere a ore.
- Quindi la Salvia non arriva dalla Gran Bretagna.- Lucilla sospirò, alzando le mani - A questo punto può arriva da qualsiasi schifoso buco da qua al Portogallo.-
- Arriva dei Pirenei.- li bloccò Jeager.
- E tu come lo sai?- gli chiese Ron - Ci sei andato?-
- No ma mi avete detto che è scappato dalla Spagna e in Francia se lo sono perso due volte. Nessuno passa indenne per il confine sui Pirenei senza aver leccato il culo al capo degli Octaviani.-
- Octaviani?- Terry Steeval, seduto accanto a Edward e a Ginny, levò un sopracciglio - Ma non sono gagia?-
- Si, sono francesi.- soffiò Sirius, come se essere francesi fosse chissà che onta - Vivono nelle gallerie magiche nei Pirenei. Praticamente è proprietà loro, quella.-
Jeager annuì -Gestiscono loro il giro. Secondo me Badomen ha amici lì. E ci scommetto William che la Salvia l'ha presa lì...in fondo sa come entrare e andarsene ormai, dopo tutte le volte che se lo sono perso.-
- Posso puntare anche io Lucas?- mugugnò Harry in sottofondo.
- Ho capito, ho capito...ma non posso presentarmi dagli Octaviani e gambizzarli per quella Salvia!- disse Hermione cominciando a innervosirsi - Lì la Smaterializzazione è più controllata che altrove. Se ci vado quelli al Ministero se ne accorgono.-
- E tu non andarci.- le consigliò Crenshaw - Mettete sotto chiave Howthorne.-
- Ecco, chiudiamone un altro in casa.- ironizzò Efren acidamente.
Stavano già per scannarsi quando finalmente si aprì la porta dell'ingresso. Guarda caso, la Lucky House era sempre aperta. Un giorno o l'altro Harry, con la sua mania di non chiudere mai, non si sarebbe ritrovato solo Lord Voldemort in piedi sul pianerottolo.
E infatti c'era niente meno che Duncan Gillespie. E dalle neve che aveva in testa, i piccoli dovevano averlo usato come bersaglio. Sollevò la mano di scatto, impedendo ai suoi di dirgli anche solo "Ciao, che t'è successo?" e dopo aver buttato il mantello sull'attaccapanni, si ficcò subito un sigaro in bocca.
Si fece due tiri, era un rito, poi al terzo scrollò le spalle. Quindi iniziò a massaggiarsi le tempie.
- Ci va ancora tanto?- gli chiese Draco, tamburellando le dita sullo schienale del divano.
In effetti ce ne volle. E ce ne volle ancora di più quando Duncan saltò al collo di Harry e dovettero mettersi in dieci per levargli il bambino-quasi-sopravvissuto dalle grinfie.
A quanto pareva Duncan era già stato informato di un po' di cose...e forse gl'incensi quella volta non sarebbero bastati.
Quel casino almeno servì a Lucas per mettere il naso sul retro della casa e sfregarsi le mani.
Di quel passo, visto che suo padre stava per essere strozzato, nessuno si sarebbe accorto di più di una dozzina di bambini infilarsi su per lo scalone e chiudersi nel corridoio a balcone che collegava le due ale della casa.
Specialmente se, in quel corridoio, bastava chiudere entrambe le porte da una parte e dall'altra, per Insonorizzare completamente tutto quanto.
Uno per volta salirono tutti, testa bassa, spalle incassate e scarpe in mano per non fare rumore.
Lucas, Glory, Faith, Jemy, Steve e Step, Marc, Chris, Caroline, Madison, la piccola Sam, Alex, Herik e Caleb a chiudere la fila. Erano ormai alla porta del corridoio quando i gemiti di Harry stavano a indicare che presto avrebbe esalato l'ultimo respiro.
Lucas e Faith pregarono per il padre, pace all'anima sua, poi chiusero la porta e ci si misero contro, sospirando.
- Fatta!- ridacchiò il Phyro.
- Qual è la stanza?- chiese Herik.
- L'ultima a destra, verso casa nostra.- mormorò Glory, con Madison aggrappata alla sua gonna, dalla parte destra e Sam alla sinistra - Fate piano però. E non usate la magia, non potete, lo sapete!-
- Ok, possiamo non farlo noi!- rise Herik, tirando fuori la bacchetta - Ma voi ancora non andate a Hogwarts. Al massimo vi arriva un richiamo.-
- Cosa?- Glory allibì - Vuoi che uno di noi apra la porta con la tua bacchetta?-
- Bhè, noi non possiamo ricordi?- disse anche Jeremy.
- Si ma non funzionerà mai!- Faith scosse il capo - Figurati se riusciamo ad aprire quella serratura.-
- Dai, che male c'è a provare!- sbottò Lucas baldanzoso, afferrando la bacchetta del suo migliore amico - In fondo non sarà poi così difficile no? Cosa devo dire Jemy?-
- Alohomora.- scandì bene Alexander - Glory perché non ci provi anche tu?-
- Con questa storia finiremo tutti in punizione!- sbuffò la biondina, prendendo la bacchetta di Herik - E poi le bacchette rispondono ai loro padroni! Una volta ho preso quella della mamma, per poco non ho fatto esplodere il microonde!-
- E vabbè, al massimo scoppia la porta.- abbozzò Linnie, cercando di non ridere.
- Che idee del cavolo. Che idee cretine!-
La piccola Malfoy si piazzò accanto a Lucas, che invece sembrava gasatissimo.
- Magari è divertente!-
- Magari per i Phyro ci vanno bacchette speciali!- rincarò lei - Pensa se dai fuoco alla casa.-
- Merlino se sei pessimista.- brontolò, puntando la bacchetta contro il pomello esattamente come fece Glory - Ok, al tre...pronta? Ok. Uno...due...tre...-
- Alohomora!- dissero in coro.
Per qualche secondo non accadde assolutamente nulla, anche se Madison e Sam si erano nascoste alle spalle dei più grandi, poi ci fu un leggero scoppiettio e dalle punte delle bacchette uscì una piccola scintilla violetta.
Qualche altro rumorino, tipo cicciolo, poi il pomello d'ottone della porta s'illuminò tutto.
Sentirono anche un crac.
- S'è aperta?- sussurrò Chris, facendosi largo - Si!- mormorò - Ragazzi l'avete aperta!-
- Grande, hai visto?- cinguettò Lucas, alla faccia cupa di Glory - Ce l'abbiamo fatta!-
- Si e intanto potevi bruciare la bacchetta a Jeremy.-
- Sai che roba, è solo un po' annerita. Dovrò comprarne una di metallo, porcaccia...-
Finita quella discussione sul futuro attrezzo per il piccolo Potter, i bimbi misero il naso nella stanza semi buia.
Dalle tende tirate filtrava un accecante fiotto di luce bianca che tagliava le ombre di quella camera come una lama letale e sottile. Un po' di calore e luce giungevano anche dal camino, che però iniziava già a languire.
Caleb si fermò in mezzo allo stipite per far da palo, Lucas e i gemelli invece erano già di fronte al baldacchino tirato.
Quando mossero le tende, buttarono prima un occhio per sicurezza...e quando lo videro addormentato profondamente si rilassarono.
- E così è questo qua l'uomo nero...- Linnie stava appoggiata alla sponda, tutta interessata mentre Madison e la piccola Sam, con un adorabile cuffia con le orecchie da orsetto, si erano già issate sul materasso senza battere ciglio - Non sembra più grande della mamma e del papà.-
- Magari è finito anche lui in quella piscina che rende giovani.- commentò Marc timidamente.
- E' vero. E' lui, Tom.- sussurrò Alex all'improvviso, accanto a Herik - Ragazzi io me li ricordo.-
- Anche io.- annuì Herik, stirando le labbra in un tiepido sorriso - E' più grande...ma è lui, ne sono sicuro. E non è finito nel Lazzaro, andava a Hogwarts con Damon.-
- Ah.- Lucas continuava a scrutare Tom, però a debita distanza - Siete sicuri andasse a scuola con Damon?-
- Si, mi ricordo che studiavano insieme e che si vedevano a Cedar House durante le feste.- ripeté Alex - Ma come c'è finito qui? S'è fatto male?-
- Non lo sappiamo.- rispose Glory - Era davanti alla porta, due notti fa. Era mezzo congelato. Secondo me comunque ce l'ha riportato Cosmo insieme a tutta la roba persa dei nostri genitori.-
- Secondo te il pulcino ha portato qui questo signore?- Madison, la figlia di Blaise, la guardò stranita.
- Non sta bene però, guardate che faccia.- commentò Linnie, coi lunghi capelli biondo grano sparsi sulle spalle - Magari deve bere qualcosa.-
- Non è papà, questo qui è ferito.- le disse Chris scuotendo il capo - E poi gli avranno già dato delle pozioni, scusa.-
- Magari col mio orsetto si sente meglio.- disse la piccola Sam, sorridendo e mettendogli sotto la mano un piccolo panda con un fiocco verde al collo - A me passa sempre male alla pancia quando lo stringo.-
- Dubito che l'orsetto serva.- sospirò Herik - Ha una cera tremenda.-
- Lo dicevo che andava soppresso.- borbottò Lucas - Ora che l'avete visto vi ricordate qualcosa di più? Cioè, andava a scuola con Damon e poi?-
- Mi ricordo che aveva sempre dei cerotti azzurri in testa.- se ne uscì Alex all'improvviso, allibito dalla sua stessa frase - Mi sembra...che sopra ci fossero dei maialini con le ali.-
- Però.- Jeremy li guardò quasi disgustato - Bella notizia. E ha anche le mutande coi porcellini?-
- Esistono davvero delle mutande con sopra i porcellini?- gli chiese Steve, tutto attento - Ma dai!-
- Le fanno con gli orsetti lavatori?- tubò anche Step, verso il fratello maggiore - Dici che la mamma ce li compra?-
- Oh, oh...- si allarmò Lucas all'improvviso - Ragazzi...si sta svegliando...-
- Ma va, si sta solo muovendo nel sonno...-
- Infatti. La gente normale dorme con gli occhi mezzi aperti, vero?-

Quando Thomas Maximilian Riddle si destò, gli sembrò dentro di sé che fosse trascorsa un'eternità.
Come se una clessidra si fosse svuotata più volte e che qualcuno avesse continuato a girarla.
Sentiva ancora il sapore del sangue in bocca. Il freddo della neve sulla pelle...lo smarrimento.
La solitudine.
Ricordava le chiome scure di Kensington Gardens. E le sue gambe che si erano mosse da sole.
Poi basta, più nulla. Non sapeva nemmeno dove si trovava.
Era stata una fitta alla schiena a scrollarlo dal suo dormiveglia, poi nel suo mondo ovattato, quasi narcotizzato, aveva percepito qualcosa di morbido e peloso contro la pelle sensibile del polso.
E...voci, delle voci...
Finalmente venne strappato al buio e, sbattendo le ciglia, la prima persona che vide fu una bimbetta bionda sui sei anni, appoggiata tranquillamente alla sponda destra del suo letto.
Era Caroline, che inclinò il capo e illuminò i profondi occhi azzurri.
- Ragazzi, s'è svegliato.- disse allegra.
Poi il suo campo visivo venne invaso da un sacco di facce e Tom si sentì girare la testa.
Dio, ma dov'era finito di nuovo?
E quanti diavolo di bambini c'erano lì attorno?
Sbattè di nuovo gli occhi, inquadrando più di dodici facce e due bimbe, una coi capelli rossi e le lentiggini dei Weasley con una buffa cuffia con le orecchie da orso e una coi capelli bruni e gli occhi blu petrolio, sedute ognuna al suo fianco.
E solo due fra quei ragazzini erano vagamente famigliari.
Fu Alex il primo a porgersi da una colonnina del baldacchino.
- Tom?- lo chiamò attento - Tom? Mi senti? Come stai?-
Herik si sporse accanto al cugino, anche più accorato - Ti senti bene? Stavi per morire sai?-
La gola. La gola bruciava ancora. E la schiena faceva un male da morire, tanto che s'inarcò cercando di trattenere un gemito di dolore.
- Forse è meglio chiamare papà.- propose Faith, con Cosmo che invece cinguettava insolitamente allegro nel suo cappuccio - Saranno contenti di vedere che si è svegliato.-
Il pigolio attirò Tom, che fra i colpi lancinanti di dolore da parte della sua schiena traditrice, rimise a fuoco l'unica persona che riuscì finalmente a dargli un'idea di dove fosse.
Glory.
Bastò vedere i suoi occhi bicolore.
Eterocromia.
Ora sapeva dov'era.
L'aveva capito. Non avrebbe potuto confonderla. Né lei, né i suoi capelli biondissimi né...quel portamento.
E non avrebbe potuto confondere neanche lui, che le stava a fianco.
Ricordava molto bene quel viso. Anche se gli occhi erano azzurri e non verdi, ricordava quei tratti.
I tratti dei Potter.
Ora poteva dormire.
Ora poteva davvero chiudere gli occhi.
Tanto era al sicuro.
Non c'era luogo più sicuro al mondo...e anche il suo cuore lo sapeva.
Tanto che richiudendo le palpebre, una lacrima gli scivolò dallo zigomo.
Ora poteva vedere la porta della gabbia aprirsi leggermente...si, c'era luce finalmente.

Dei passi sullo scalone rimbombarono nelle orecchie del povero palo della situazione.
- Oh porca!- Caleb si volse, bianco come un lenzuolo - Gente... sta salendo qualcuno!-
- Cosa?!- gracchiò Lucas, sporgendosi accanto al cugino - Cavolo! Ragazzi nascondetevi!-
- E dove andiamo? Ci lanciamo giù dalla finestra?- Herik si sporse. Erano al primo piano e con la neve potevano anche provarci ma buttandosi uno per volta non ce l'avrebbero mai fatta.
I passi si avvicinavano e due voci arcigne come quelle di due megere, quando i due presi in considerazione erano di cattivo umore, stavano diventando sempre più alte.
- Sotto al letto!- ordinò Jeremy, alzando le coperte - Forza!-
- Ma non ci stiamo!- protestò Glory, quando Lucas già la stava facendo chinare a forza.
- Si, è un letto a due piazze, si che ci stiamo!- replicò Caleb velocissimo, cacciando sotto anche Sam e Madison.
Cinque secondi. Il tempo s'incastrarsi tutti lì sotto in quindici e la porta si spalancò con un cigolio.
Silenzio.
Poi Draco Malfoy emise un ruggito animalesco.
Accanto c'era Harry. Ma da là sotto, tutti pressati come sardine, i piccoli non potevano vederli strizzarsi l'occhio.
- Sai che stavo pensando prima Sfregiato?- attaccò l'ex Principe di Serpeverde - Pensavo che invece di mandare i mostriciattoli a Hogwarts potremmo arruolare l'insegnante di Aidan. La Trumbull.-
Da sotto il letto Alex dovette tappare la bocca a Lucas prima che se ne uscisse con una bestemmia.
- Si...non male...sai invece che pensavo io da un pezzo?- Harry piegò la bocca in un ghigno malefico - In fondo perché fargli studiare la magia? Mandiamoli in una scuola di babbani!-
Stavolta fu Glory a spalancare le fauci e Jeremy le ficcò direttamente in bocca la cuffia della piccola Sam, con tanto di orecchie da orsetto.
E mentre là fuori quei due continuavano a dirsene una peggiore dell'altra, Draco si sedette sul bordo del letto. E poi fece la cosa peggiore che avrebbe mai potuto fare.
Assunse la sua forma serpentina e strisciando sul piumone, senza far rumore, passò dall'altra parte intanto che Harry continuava a ciarlare a mitraglia di situazioni una più aberrante dell'altra.
Bastò un debole sibilo di Draco, infilatosi sotto al letto e Potter scoppiò a ridere come un matto quando una quindicina di voci diverse attaccarono a urlare come matte per paura e spavento.
Strisciando, scalciando, spaccandosi la testa contro le rete del materasso e le toghe di legno, quella piccola manica di criminali scappò fuori alla velocità della luce.
Si salvarono solo Lucas, che ovviamente non si era spaventato, e Cosmo che poveretto era rimasto incastrato nel risvolto dei jeans del Phyro.
Quando si rimise in piedi, Lucas fissò i due con sguardo pieno di pena.
- Divertente. Molto divertente.-
- Evapora.- gli disse Harry, senza perdere il suo sorriso malefico.
- Serpente flambé.- ricordò Lucas a Draco, prima di andarsene - Un giorno o l'altro ti farò arrosto!-
- Contaci!- fischiò Malfoy sarcastico.
Dio, ancora li sentivano urlare e lamentarsi dal salone.
Cavolo però, era stata impagabile. Vederli uscire tutti e urlare come matti da quel letto!
Come avessero fatto a starci in quindici era un mistero, ma in fondo entrambi apprezzarono lo spirito d'iniziativa dei marmocchi. Chiuso fuori anche Cosmo, che seguì Lucas zampettando per tornare da Faith, Draco si passò una mano fra i capelli e andò al camino, iniziando a buttarci dentro altri ciocchi per alzare le fiamme.
- Perché hanno queste fisse, io vorrei saperlo.- mugugnò, aggiungendo prima i pezzi di faggio e poi del noce, l'unica cosa che ricordava gli avesse insegnato suo nonno paterno.
- Ma lascia stare...sono solo curiosi.- Harry controllò che delle pozioni sullo spazioso comodino non ne mancasse neanche una, specialmente i calici del Lazzaro. Tutto a posto.
- Non è solo queste Sfregiato. Pensano che sia uno scheletro nell'armadio.-
- Perché?- lo incalzò Potter - Non credi che lo sia?-
- Da un certo punto di vista è così.- Draco mosse i ciocchi col tizzone, levando poi due dita in alto, alzando così istantaneamente anche le fiamme - E col fatto che Donovan sa che è uscito da Cameron Manor, con Badomen in giro e tutto il resto, ho davvero paura che verranno a cercarlo qui.-
- Hai paura di una perquisizione?- sogghignò Harry - Con tutte le porcate che hai nel tuo studio...-
- Ma vai al diavolo, non mi preoccupo solo per quello.-
- Stai quasi per convincermi, sai? Comunque dovremmo...iniziare...a pensarci...sul serio...- il ritmo della voce del bambino sopravvissuto rallentò rapidamente, fino a spegnersi in un bisbiglio.
Tom, che si era girato di fianco quando i piccoli avevano fatto retro marcia spaventati a morte da Draco, era sveglio.
Non muoveva gli occhi, anzi, le pupille erano immobili al livello della cintola di Harry.
Doveva avere la vista appannata.
Lo dimostravano i capillari rotti e il rossore sulle gote e attorno alle palpebre.
Ma quando lentamente riuscì a prendergli la mano, Harry avvertì il terreno franargli sotto i piedi e poi...la nuvola.
Ricordava "la nuvola".
Si era sentito così quando aveva preso in braccio Lucas per la prima volta, al San Mungo, tanti anni prima.
E ora che era Tom a farlo, quella sensazione si stava risvegliando.
Vedendo che non riusciva neanche a muoversi, Draco si alzò e raggiunse Potter.
Delicatamente mise una mano sulla fronte di Tom. La febbre stava ormai svanendo.
- Mi senti?-
Tom mosse il capo affermativamente.
- Ora è tutto a posto.- sussurrò Draco, inginocchiandosi - Il Medimago dice che avrai strascichi della febbre per un altro paio di giorni. Se non vedi bene non preoccuparti...-
Silenzio.
Tom richiuse le palpebre, così Malfoy gli carezzò ancora i capelli e tolse la mano.
- Dorme.- sussurrò, verso Harry - Io vado.-
Per un attimo il biondo ex Principe di Serpeverde credette di scorgere smarrimento in quegli occhi.
Ma si era sbagliato. Di sicuro.
Harry Potter, San Potter, lo Sfregiato e via dicendo...sentirsi smarrito?
Draco chiuse la porta nascondendo un sorriso perfido.
Si era ripreso i poteri, era tornato se stesso, si era sentito di nuovo forte, invincibile.
E aveva fatto finta d'ignorare la vera causa per cui aveva deciso di ributtarsi nel baratro.
Tanto valeva lasciarlo lì ad analizzare se stesso.
Mano per mano al mostriciattolo.
Su quella bella nuvoletta rosa.


Quando Jeager Crenshaw tornò a casa sua quella sera, verso l'ora di cena, trovò una marmaglia di gente che ormai bazzicava la sua cucina da parecchi anni.
Puntò Harold con occhi fiammeggianti, come se fosse stata colpa del maggiordomo se Trix e Degona erano asserragliate nella sua dispensa. E non erano le uniche.
A farsi fare le unghie dalla Diurna c'era Hacate.
Rimase sulla soglia, a scrutarle tutte e tre con sguardo a metà fra l'assassino e il curioso.
Facevano una bella figura.
Una demone, una Diurna e...Degona cos'era? Un angelo fra quelle due?
Sedute alla tavola quadrata e piatta di cedro lucido e chiaro, Beatrix sembrava una perla nera.
Indossava un abito di pizzo nero che arrivava poco sotto il ginocchio e maniche a sbuffo che gli davano un tocco gotico.
Le gambe accavallate terminavano con un paio di sandali da sera, chiusi con un fiocco alla caviglia.
Hacate le stava seduta di fronte. Con la mano libera mangiava un'omelette ai formaggi e non era proprio il massimo della sicurezza, visto l'elegante tailleur glicine e il reggiseno che spuntava dalla giacca aperta.
Degona invece leggeva l'oroscopo di Vanity Witch, facendo ridere le altre due, bardata in jeans attillati e un maxiponcho a coste e collo alto color lampone.
- Oh, amore!- Hacate lo vide per prima, illuminandolo con un sorriso - Finalmente sei a casa!-
Finalmente sei a casa.
Jeager non riuscì a non sorridere brevemente, levandosi la giacca e raggiungendole.
- Che succede fanciulle?- chiese, lasciandosi baciare da Hacate sulle labbra e da Degona sulla guancia.
- William ci ha invitato a cena.- gli spiegò Trix, soffiando sul mignolo della demone e osservando compiaciuta il suo lavoro - Tu invece? Dove sei stato?-
- A salutare un vecchio amico.- disse vago - E William dov'è?-
- Io vado a controllare il cellulare.- disse Degona, chiudendo all'istante il giornale - Torno subito.- e uscì dalla cucina velocemente, andando in salone.
Chiedendosi se avesse detto qualcosa di male, bastò che Trix indicasse a Jeager il piano superiore col mento.
E tutto fu chiaro: suo figlio era un idiota.
Ma questa per il padrone di casa non era una novità. Era con Ginger, l'idiota. Ovvio.
- Straccione.- commentò, facendo sganasciare le signorine presenti - Perché quella è qua?-
- Che ne so, era già qui quando siamo arrivate.- rispose la Diurna, chiudendo lo smalto dopo averlo agitato diligentemente - Stavano discutendo e sono andati di sopra per finire la conversazione. Se spero che tuo figlio cada dalle scale e si rompa il naso te la prendi?-
- Se ti dico che glielo rompo io il naso, se fa un altro numero del genere?- replicò Crenshaw.
- Andiamo tesoro, sono ragazzini.- tubò Hacate, addentando altra omelette - Lasciali divertire.-
- Ginger non è una ragazzina.- frecciò Trix, sentendo la porta di casa aprirsi e richiudersi - E' una vipera velenosa. Ed ecco a voi che è tornato l'uomo dei boschi!- scandì ad alta voce, apostrofando Asher che passava nel salone tutto sporco di terra e neve - Dove diavolo sei andato Greyback? Alla fiera del tartufo?-
- Cazzo Asher, stai decimando la popolazione dei cervi.- sbuffò Jeager - Muoviti che fra un quarto d'ora si cena.-
Dieci minuti più tardi, mentre Selma stava preparando la tavola in cucina perché così avrebbe fatto meno fatica a sfamare l'appetito di Hacate, che bisogna dirlo Selma adorava, anche la Winsort prese il volo.
Se ne andò fumando di rabbia, calpestando il pavimento di Crenshaw Hill come se avesse avuto William sotto i tacchi e senza salutare nessuno sbatté la porta e nessuno la vide più.
- La strega cattiva è morta.- tintinnò Trix sarcastica - Spero che lui scenda con la faccia tutta graffiata.-
- Povero William.- rise Hacate.
- Povero un corno.- rognò Asher fra i denti, coi capelli ancora bagnati di doccia - L'altra notte hanno urlato così tanto...- e vedendo la faccia pallida di Degona chiarì subito -...litigavano! Insomma, urlavano così forte che ho dovuto andare a dormire fuori.-
- Jeager gli hai fatto una cuccia.- ironizzò la Diurna acidamente - Quanto sei stato carino.-
- Perché la sanguisuga è venuta qua a cena?- sibilò Greyback, sbuffando - E Howthorne dove sta?-
- In casa sua a parlare coi morti, presumo.-
- Trix.- rise Dena, cercando di sembrare davvero allegra - Cerca solo di aiutare Nora.-
- Se va avanti così avrà bisogno lui della strizzacervelli.-
Quando furono pronti a cenare arrivò anche William. Disgraziatamente non aveva occhi neri o graffi in faccia, ma si beccò del gran occhiate di pietà dal padre, senza che lui ne capisse assolutamente il motivo.
Comunque la cena fu piacevole.
Discorsero del più e del meno: Asher e Trix attaccarono briga con battute piccanti sulla vita sessuale di entrambi, Hacate mangiò per quattro, Jeager (per farlo apposta) fece un sacco il galante con Degona facendosi subito odiare dal figlio che lo fissava come se stesse dando i numeri e al dolce, di cui Hacate prese due fette di torta al cioccolato, una alle noci e una di crostata ai lamponi, parlarono di Badomen.
Per ora nessuna novità se non le cretinate dei giornali.
Però anche a loro era giunta la voce che Harry si fosse ripreso i poteri e Jeager, senza dilungarsi, si limitò a informarli che l'aveva fatto per necessità momentanee ma non sapeva assolutamente se avrebbe ripreso il servizio.
E c'era da stare attenti con Degona, che, chissà come mai, lo scrutava con parecchia attenzione.
L'uso dell'Occlumanzia era diventato obbligo.
Preso il caffè e l'ammazza caffè che per Trix era un doppio A negativo e per gli altri un bicchierino di brandy, filarono tutti a farsi allegramente i fatti loro. Per primi Hacate e Jeager che andarono a tapparsi nel salotto adibito a giardino d'inverno, lasciando così gli altri quattro a sbadigliare per quanto avevano mangiato.
-...e guardate che è assurdo. Lo vedo tutti i giorni ma non mi ha mai parlato della possibilità di riprendersi i poteri.- stava dicendo Degona più tardi, seduta di fronte al caminetto in salone - E' strano, Harry di solito è più limpido.-
- Contento lui.- borbottò Asher - L'importante è che non gli diano il tormento con la caccia.-
- C'è poco da cacciare.- gli disse la Vaughn - Badomen è sparito di nuovo e Duncan prima che finissi il turno è tornato alla base con un diavolo per capello. Non so che gli è preso ma appena qualcuno s'è azzardato a salutarlo lui è saltato per aria dicendo che non è assolutamente colpa sua.-
- Colpa di cosa, scusa?- le chiese William.
- Ma che ne so, sarà in nevrosi acuta perché sua moglie vuole piantarlo.- Trix dirottò lo sguardo fuori dalle finestre, scoccando contemporaneamente strani sguardi a Greyback - E' una serata limpida...Asher mi fai vedere la cuccia?-
- Non ho capito se stasera te le cerchi o hai esagerato col sangue.- le ringhiò.
- Vieni fuori.- gli sibilò allora, chiara e minacciosa - Dobbiamo discutere della festa di compleanno di Stanford.-
E bisogna chiarire anche che Sedwigh Stanford, che tempo addietro si era attirato la malasorte tenendo in vita Asher in una vasca da bagno, compiva gli anni a ottobre.
Recependo finalmente, Asher si alzò di malavoglia e la seguì fuori dalla porta.
Da lì si misero a spiare ma persero gusto quando videro William gesticolare in direzione di Degona.
- Quello lì è il campione delle scuse pronte.- borbottò il principe dei mannari, chiudendosi nel cappotto - Che palle, io ho freddo qua fuori! Non potevamo andare in camera mia? O il Leoninus si arrabbia?-
Trix neanche gli rispose, accendendosi una sigaretta. Soffiando in aria il fumo, vide con piacere dopo tanti giorni un bel cielo trapuntato di stelle. Lì in campagna poi, lontano dalle luci della città, la vista era anche migliore.
- Cosa c'è che non va?-
Trix si volse, avvertendo una nota seria in quella domanda.
- Parli della Corte?-
- Non solo. Comunque che è successo?-
- Niente. Ho conosciuto la moglie di quel porco di Kronos.-
- Ha cercato di farti qualcosa?-
- Diciamo che rifarsi i denti sulla mia gola è una delle sue basilari priorità. E sua moglie, una che sembra una ragazzina, è anche più inquietante di lui. Credo mi abbia avvisato...-
Asher levò un sopracciglio - Avvisata nel senso...minacciata?-
- Si, direi di si.-
- Morrigan lo sa?-
- No.- la Vaughn ciccò a terra, scuotendo il capo - Ma non importa. E poi è la sua famiglia.-
- Visto che non t'interessano altri pareri...-
- Infatti.-
-...posso solo consigliarti di tenere chiusa a chiave la porta del tuo appartamento.-
- Gran consiglio. Tu piuttosto...-
- Cosa?-
- Jeager mi ha detto che giravano dei lupi qua, l'altra notte. Vecchi amici?-
- Testarde teste di cazzo.- rispose Asher, fissando il vuoto - Mia madre li ha mandati a riprendermi.-
- Tua madre?- Trix corrucciò la fronte - Credevo fosse morta.-
- Non è così.-
- E cosa farai?-
- Assolutamente nulla. Sto bene qui con quei due.-
Cadde il silenzio e all'improvviso incassarono la testa nelle spalle, senza voltarsi però, sentendo all'interno della casa il fracasso di un oggetto che andava in pezzi. E se non era la testa di William, doveva comunque essersi preso in faccia o una sedia o un pendolo, perché Degona aprì la porta e se ne andò inferocita.
La stessa scena che aveva fatto Ginger qualche ora prima.
- Ragazzini.- brontolò la Diurna, restando a scrutare le stelle.
C'era un sentore nell'aria. E quelle stelle erano così brillanti che sembravano quelle del passato...quando la vita per lei era ancora lucente e vivida.
Si, stava per succedere qualcosa.
Qualcosa di bello.
Era ciò che sperava almeno.
Forse il giorno dopo il sole sarebbe sorto e avrebbe accarezzato tutta la Gran Bretagna.
Forse avrebbe accarezzato anche il volto di Tom, chiuso nella sua gabbia.
Se non altro erano ancora sotto lo stesso cielo, pensò, prima di salutare Asher con un cenno e prendere la strada di casa.
Se non altro...guardavano ancora le stesse stelle.
Ed erano così brillanti che avevano il sapore dolce amaro dell'attesa.

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17° ***


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Harry James Potter si versò una doppia razione di caffè, sedendosi di fronte alla Gazzetta del Profeta.
Sapeva bene, da anni ormai, che leggere la Gazzetta di prima mattina era una delle cose da non fare tassativamente mai, a meno che non avesse desiderato rovinarsi la giornata da subito, e buona notte al calderone.
Eppur, quel sabato 23 giugno sentiva nelle sue giovani e vecchie ossa da rinnovato mago che la puzza di tempesta era più che vicina. La sentiva quasi sul pianerottolo di casa, pronta a battere alla loro porta.
Ingollò un primo sorso di caffè, posando gli occhi su un articolo di cronaca rosa: il fidanzamento dell'unico figlio di Karen Rainer Stanford, una dei Medimaghi più conosciuti della Gran Bretagna nonché benefattrice del San Mungo, ovvero la madre di Sedwigh.
Harry sorrise, senza neanche accorgersene.
Sedwigh si sposava.

Presto ci sarebbe stata la festa di fidanzamento e falco e colomba si sarebbero sposati in inverno.
Ricordava di aver sentito Beatrix e Damon parlarne qualche settimana prima. Forse erano già a caccia del regalo di nozze, visto come gli Stanford amavano affrettare i tempi.
Festa di fidanzamento nelle prime settimane di luglio e matrimonio a dicembre.
Non che a Harry fregasse, però la giornalista, una cretina, stava già facendo notare quell'affrettamento.
Come se una come Mary J. Lewis, compagna di Hogwarts e ora anche fidanzata di Sedwigh, fosse una che restava incinta per tenersi un uomo.
Fece una smorfia, ingollò altro caffè mentre in aria la padella e la paletta gli versavano bacon e uova strapazzate nel piatto. Mosse le dita e la padella finì del lavandino, dove spugna e lavapiatti iniziarono a sfregarla corposamente.
Il profumo del bacon invase presto la cucina e gran parte della Lucky House, tanto che i primi segugi iniziarono ad affluire. Il primo fu Malfoy, che aveva passato la notte in bianco su una pozione che gli stava facendo dare i numeri, perciò si era asserragliato nel suo studio come un drogato, per uscirne solo alle nove del mattino.
Gli prese un po' di bacon dal piatto, masticandolo intanto che metteva il naso ovunque per cercare altri generi commestibili, tipo biscotti o residui di dolci.
Si versò della spremuta, commentando con Potter due necrologi a fondo quotidiano che avevano abbastanza dell'assurdo, visto che per "morte accidentale" s'intendeva "grazie Badomen, ne riparliamo nell'aldilà".
Sparito Draco, che andò a farsi una sana doccia per rimettersi in sesto, passò Glory.
Harry sollevò appena gli occhioni verdi dal giornale per vederla tampinata dagli otto pulcini gialli delle oche dalle uova d'oro. La biondina lo salutò con un sorriso, avvolta in una felpa leggera visto che da due giorni era tornato il sole e gran parte della neve aveva perso di volume, poi uscì tirandosi dietro quell'assurdo corteo.
Sparita la piccola, passò la matta grande.
Hermione lo salutò velocemente, con una fetta biscottata ficcata in bocca, camicia fuori dai jeans, giacca su una spalla sola e una sciarpa di cachemire che rischiava di strozzarla. Probabilmente mugugnò dei saluti, dicendo che doveva andare con Edward e Ron a spiare Donovan in ufficio.
Sarebbe tornata per pranzo.
E ciao Herm, buona giornata.
Elettra, beata sua moglie, dormiva ancora sotto la grazie della stanchezza fisica, visto che la sera prima aveva avuto un colloquio ravvicinato con la sua matrigna, Isabella, J.J. e il caro paparino.
A quanto aveva detto J.J. che l'aveva riaccompagnata a casa, era stata una riunione interessante.
Sempre riguardo all'eredità, ovvio, tanto che Isabella aveva definitivamente mandato al diavolo il padre ed Elettra, solo per gentilezza verso il fratellastro, non aveva detto quello che pensava della matrigna.
Una simpatica parola che inizia per p e finisce per uttana.
Comunque Adam Baley, non contento, li aveva invitati per una cena informale sabato prossimo.
Voleva tanto rivedere i nipotini e il genero, con cui purtroppo condivideva solo sotto le feste perché Elettra non lo voleva fra i piedi. E forse non si sentiva neanche di negare quel diritto alla moglie, considerato come Adam Baley, in veste di padre, fosse stato assente anche con J.J. cresciuto fra una miriade di tate e una madre quanto mai sciocca e frivola.
Controllando altri fatti di cronaca pescò alcuni incidenti nei bassifondi, verso le Dodici Porte.
Ma nulla di sospetto.
Stava per prendere il Cavillo, per dare così la giusta mazzata alla giornata a suon di pettegolezzi, quando Lucas entrò in cucina e gli si piazzò di fronte. Harry se l'aspettava.
La sera prima Sirius era stato da loro con Andromeda e Narcissa, solo una delle tante visite che i tre facevano al nuovo coinquilino della Lucky House, e se i piccolini avevano capito che Tom Riddle era un mezzo Black perché sua madre era la tanto temuta e decantata Bellatrix Lestrange, Lucas aveva anche chiesto chi fosse suo padre e perché Tom fosse stato chiuso in una sorta di prigione.
Era stato Sirius a spiegargli ogni cosa. Tutto quanto.
Da Voldemort a Lucilla, da Caesar alla venuta a Londra, i suoi anni a Hogwarts, i rapporti col padre...
E poi aveva taciuto, rispettando gli occhi quasi lucidi di Lucas.
Ora non erano più lucidi gli occhi celesti di suo figlio ma...erano pronti a dar battaglia, come sempre.
- Così...- attaccò, fissandolo attentamente - Lui è il figlio di Lord Voldemort.-
Suo padre annuì, posando il giornale. Non tremava. No, neanche Lucas aveva paura di quel nome.
- Si, è esatto.-
- E' il figlio dell'uomo che ha ucciso i nonni. E quasi tutti i Potter.-
- Si.- Harry assentì ancora.
- E il Ministero l'ha fatto rinchiudere perché secondo loro era pericoloso.-
Il Phyro notò presto che suo padre continuava ad annuire a ogni sua domanda.
Era davvero tutto reale.
Ma perché a suo padre sembrava tutto...normale, quando lui invece sembrava tutto assurdo?
Perché...aveva ceduto i suoi poteri? Per lui? Per quel tizio che rappresentava la somma di tutti i guai della sua vita?
Poi ricordò le sue parole, le parole di suo padre, appena quasi dieci giorni prima.
"Io ho ucciso un uomo...e ho reso un bambino orfano. Io ti sembro ancora un eroe Lucas?"
Aveva ucciso Lord Voldemort. E aveva reso Tom orfano.
Deglutì e abbassò il capo, sedendosi timidamente sullo sgabello accanto a quello del padre.
- Io non capisco.- ammise, triste e computo - Ma se ti fidi...e se si fida Draco...allora va bene.-
- Non si tratta di fidarsi.- gli disse, addolcendo il tono - Ma di conoscerlo. Era il tuo padrino tuo e di Glory...non avrei mai fatto questa scelta se non avessi creduto in lui. So bene...lo sa da quando è venuto da me che è una situazione assurda che...neanche dovremmo stare insieme..- il suo sorriso divenne malinconico -...ma ha scelto la strada più accidentata. Avrebbe potuto essere come suo padre e sua madre, ma ha scelto diversamente. Mi è stato vicino quando non avrebbe dovuto, quando non me lo sarei meritato, quando avrebbe dovuto pensare di più a se stesso...e poi è andato via. Per darci la vita che avevamo sempre sognato.-
- Ora però...i Mangiamorte sono tornati.- disse Lucas, scrutandolo con occhi vividi - Cosa vuoi fare?-
- Quello che ho sempre fatto.-
I lineamenti del Phyro lentamente si distesero, fino a che il suo sorriso non si tramutò in un sogghigno.
- Guerra?- chiese a bassa voce, pieno di aspettativa.
- Guerra.- sussurrò Harry di rimando, dandogli un paio di pacche sulla testa - Ma tu ne starai fuori.-
Lucas mise il broncio - Hn...però alla Gringott ti ho aiutato.-
- Ne riparliamo quando sarai maggiorenne.-
- Uffa, papà...-
- Dov'è tua sorella?- glissò il bambino sopravvissuto - Non l'ho vista andare alla serra con Glory.-
- Oh, è di sopra.- borbottò il piccolo mago, saltando giù dallo sgabello e ficcandosi un biscotto alla cannella fra le gengive - Il moribondo s'è svegliato e visto che è andato in terrazza, c'è andata anche lei con Cosmo.-
Rapidamente Harry spiò fuori dalla cucina, mentre suo figlio se la filava brontolando.
Dalla finestra vedeva due sagome e due ombre oltre il balcone della terrazza aperta che faceva da angolo con una mansarda. Spesso Lucas andava lì e poi si arrampicava sul tetto, il piccolo mentecatto.
Sorrise e lasciò un piccolo spiraglio fra i vetri per far passare l'aria che era tornata tiepida, quasi buona d'assaporare.
Il cielo era di nuovo azzurro, limpido e sereno, con poche nubi color panna sparse qua e là.
E da quella posizione che Thomas Maximilian Riddle aveva quasi dimenticato, sentiva quasi di poterle toccare quelle nuvole. Non aveva più un tetto sulla testa, una barriera a impedirgli di uscire da una porta, un peso a schiacciarlo a terra.
E il sole.
Aveva dimenticato il calore di un raggio di sole sulla pelle.
Era riuscito a scordarsi della sensazione più basilare di tutte...
Il calore, il bagliore.
Come un bambino piccolo era rimasto a osservare quel cerchio di fuoco fino a quando non aveva dovuto chiudere le palpebre. Perché così fanno i bambini che non conoscono le cose...e così fanno i grandi che hanno scordato tutto.
Si strinse nella coperta che aveva sulle spalle, inspirando l'odore dell'aria pulita, della neve che si scioglieva, anche dell'asfalto di quella bella via, di fronte a Kensington Gardens.
Poi, quando riaprì gli occhi ancora formicolanti, li posò sulla piccola ospite che gli stava vicino, in piedi come lui, col nasino puntato per aria a chiedersi cosa ci fosse mai di così interessante nel cielo.
Faith però, quando si accorse che la osservava, strinse le manine dietro alla schiena e gli sorrise.
- Cos'hai visto?- gli chiese, curiosa.
- Niente.- rispose, sorridendo a sua volta - Ma non lo vedevo da tanto tempo.-
- Il sole?- si stupì Faith - Il papà dice che stavi in un palazzo. Non ce l'avevi una finestra?-
- Si...ma non era la stessa cosa.-
Faith inclinò il capo - Si, forse hai ragione tu. Se non potessi uscire...credo che mancherebbe anche a me andare in giardino. Mi capita quando ho la febbre.-
Bambini, pensò Tom. Puoi starci insieme una vita e non amarli mai abbastanza per la loro purezza.
Cosmo intanto si mise a pigolare, lì nella posizione privata nel cappuccio del maglioncino della piccola strega e Tom lo guardò interessato.
- Ma che cos'è?- carezzò la testa del pulcino grigio con due dita, delicatamente - Sembra un cigno ma...queste due piume azzurre sono proprio insolite.-
- E' nato insieme alle altre uova, sai, quelle delle uova d'oro.- gli rispose Faith, contenta - Secondo Glory potrebbe essere un uccello del paradiso ma Cosmo ha il collo troppo lungo...è buffo, vero? Secondo te resterà così brutto anche da grande?-
- Bhè, se diventa come un cigno direi di no.- Tom carezzò ancora il pulcino, poi tornò a stringersi nella coperta - Hai già fatto colazione Faith?-
Lei scosse il capo - No, stavo scendendo ma poi ti ho visto. Magari ti ho disturbato...-
- Figurati.- mormorò in un soffio.
Dio. Due giorni dal sue risveglio e con la testardaggine si era rimesso in piedi, anche serrando i denti per il dolore.
E poi quelle magnifiche sensazioni che da quando era stato catapultato fuori da Cameron Manor erano passate in secondo piano: il sonno che non fosse solo torpore, i sogni normali, non più incubi orribili. La fame anche.
E poi i desideri da vizioso a cui si era abbandonato in quegli anni di prigionia, alcool e fumo.
Facendo un piccolo sforzo, visto che camminare lo uccideva perché la ferita alla schiena aveva appena iniziato anche solo a pensare di cicatrizzarsi, raggiunsero il terzo piano adibito più che altro a uno sgabuzzino globale per qualsiasi cosa che gli abitanti della Lucky House non avessero saputo dove mettere.
Stanze intere coperte da lenzuola, anche la libreria oscura di Hermione, chiusa a chiave, che la strega aveva promesso a Draco di non usare più se non in caso di ventesima guerra mondiale.
Scese chiacchierando con Faith, anche se a fatica, visto che doveva fermarsi ogni due passi per il dolore che ora si estendeva a da un'anca all'altra. La piccola lo fissava preoccupata ma andò avanti caparbiamente.
Doveva guarire, ma prima ancora doveva scendere quei dannati gradini...per capire ancora una volta che non era solo un sogno.
Come non lo era stato riprendere conoscenza in quella casa sconosciuta, sentire la mano calda di suo cugino sulla fronte, quella forte del bambino sopravvissuto che stringeva la sua.
Finalmente raggiunsero il piano terra ma mentre Faith saltò in braccio al padre, mettendo Cosmo sul bancone dove il pulcino si mise subito a masticare i residui delle uova lasciati dal bambino sopravvissuto, Tom rimase sulla soglia.
A osservare. A vedere. A capire.
Non era invecchiato. Sarebbe rimasto sempre lo stesso, Harry Potter. Ma non era solo grazie al Lazzaro.
Era qualcos'altro. Era qualcosa in quegli occhi come pozzi di giada.
Quando due giorni prima aveva capito di trovarsi nella loro casa, era come se per lui lo spazio si fosse dilatato a tal punto da diventare troppo grande. La gabbia...se veniva aperta, faceva temere il mondo esterno.
Ora era tutto così vasto. A volte non sapeva dove andare, come muoversi in quella grande villa.
Aveva paura? Si, aveva scoperto di temere quello spazio che...avrebbe dovuto lasciare di nuovo.
Eppure, quando Harry sollevò il viso e gli sorrise, Tom non riuscì a impedire alla sua gioia di allargarsi in quello spazio così grande.
Andò a sedersi, con una mano sul fianco ferito e si sedette, salutando Faith che rificcandosi Cosmo nel cappuccio disse che andava fuori a giocare.
Rimasti soli, Potter e Riddle si scambiarono una debole occhiata, fino a quando il bambino sopravvissuto non gli fissò la fronte. C'era un taglio.
- Porta?- gli chiese.
- Il comodino.- borbottò, stringendosi nelle spalle - Grazie dei vestiti.-
- Tua madre s'è scordata di portare le cose che ti hanno preparato a Cameron Manor.- sogghignò Harry, agitando la bacchetta e iniziando a far muovere tazze, piatti e posate - Te li porterà prima di pranzo. Tu intanto devi fare colazione.-
Tom fece una smorfia - Ho un po' di nausea.-
- Bhè, non sei in dolce attesa e Efren ha detto che devi rimetterti in forze. Quindi poche storie.-
- Efren è quel Medimago?- chiese, portandosi la tazza di caffè alle labbra.
- Ahah.- annuì Potter - E' entrato in squadra quando sono andato via io. Forse l'hai visto tempo fa.-
- Probabile.- rispose, abbassando il viso. Cercò subito di riprendersi, buttando un occhio involontario alla Gazzetta.
Harry lo notò e lo guardò storto.
- Ti ho già detto che ti diremo tutto stasera.-
- Che differenza fa adesso?-
- Che sono solo e non ho voglia di farmi tampinare da te, mostriciattolo.-
Mostriciattolo.
Harry sapeva che avrebbe dovuto smetterla di chiamarlo così. Era un uomo ormai.
Era tanto uguale a suo padre che avrebbero potuto scambiarli perfettamente anche le persone che erano state più vicine a Voldemort. Spesso lo diceva anche Lucilla.
- Gli altri dove sono?- gli chiese Tom, che aveva appena iniziato a sbocconcellare delle frittelle ai mirtilli.
- Tuo cugino è sotto la doccia. Elettra dorme ed Herm è andata al Ministero. I bambini invece suono fuori...-
- Tu non devi andare da nessuna parte?- Riddle ebbe la bontà di arrossire - Cioè...la mamma mi ha detto che lavori con Dena in un'associazione.-
- Si, ma ho preso le ferie.-
- Harry, se è per me...-
- Anche.- replicò Potter senza battere ciglio, sentendo invece Draco imprecare dal salone che collegava le due ale della Lucky House - Che palle, cos'ha fatto stavolta?-
- Sta insultando gli elfi domestici o sbaglio?- allibì Tom - Ma Hermione gli ha permesso di tenere degli elfi?-
- Certo che no. Draco li imbosca tutti quando arriva lei. E a loro piace da matti, vivere nei buchi in cantina è uno spettacolo per loro.- mugugnò l'altra disgustato, mentre Malfoy entrava in cucina inferocito, i capelli biondi ancora bagnati - E allora? Che t'hanno fatto?-
- Stupide creature!- sibilò Draco col suo solito tono - Ha ragione la mia prozia, vanno decapitati tutti!-
- Certi nostri parenti non hanno proposto anche la caccia ai babbani?- l'apostrofò Tom, finendo il caffè.
- E ti sembra un'idea così assurda?- ringhiò il biondo, sedendosi a tavola con un diavolo per capello - Io non so come facciano a essere così impediti! Un giorno o l'altro si faranno beccare e allora la mezzosangue li caccerà tutti fuori, facendoli suicidare automaticamente per il disonore mentre a me toccherà firmare le carte del divorzio!-
- E sarebbe una situazione oltremodo indecorosa.- commentò Harry, sarcastico.
- Sta zitto Sfregiato.- sibilò Malfoy, di umore tetro - Il mostriciattolo ha mangiato?-
- Ci sto provando.- borbottò Tom - Neanche tu lavori?-
- No, siamo mantenuti noi.- ridacchiò Harry - Finisci le frittelle che devi prendere delle gocce di Lazzaro.-
- Ancora?- si lagnò il ferito - Quell'acqua apre il naso, la gola, le orecchie...-
- Si e un sacco di altri posti ancora.- finì Potter, molto poco finemente, andando a sporgersi dalla finestra - Non rompere, ti tocca seguire i consigli del Medimago. E stasera carne...- sogghignò perfidamente, lasciando i due cugini a guardarlo straniti - E se tanto mi dà tanto, per cena ci saranno delle belle fiorentine.-
- Fiorentine?- riecheggiò Tom.
- QUEL PORCO MEDITERRANEO!-
Riddle saltò su senza capire, vedendo Malfoy afferrare la bacchetta di Harry e uscire di volata fuori dalla cucina.
- Ma che succede?- chiese preoccupato.
- Niente.- Potter agitò la mano - Fuori c'è il futuro marito di Hermione. E' italiano.-
- Cosa?-
- Questo italiano vuole sposarsi una Hargrave e ha messo gli occhi su Hermione. Viene qua ogni volta che uno ha meno bisogno, ci sommerge la casa di girasoli, vasi italiani che costano un occhio di drago e se Draco lo prende è la volta buona che finisce ad Azkaban.-
Storia pittoresca, dovette ammettere Riddle, almeno fino a quando non vide entrare Lucilla che si dava ogni tanto delle strane occhiate alle spalle.
- Ciao.- le disse Harry.
- Ciao.- replicò lei, con le sopracciglia alzate - Fuori c'è Draco che litiga con un italiano.-
- Lo so.-
- E dicono parolacce di fronte ai bambini.-
- E mai una volta che si limiti a comprar loro le sigarette.- ironizzò il bambino sopravvissuto.
La Lancaster scosse il capo, ridendo, e lasciò perdere. Sollevò una borsa di pelle molto capiente sotto il naso del figlio, che la baciò su una guancia, felice di vederla.
- C'è un po' di tutto.- lo informò - Sono stati Winyfred e Val a fartela, perciò non chiedermi di nessuna stranezza ma Brand mi ha dato i suoi occhiali.- e gli posò di fronte - Dice che ti serviranno a vedere le cose con più chiarezza.-
- L'unica cosa che vedo ora sono le stelle per il male, mamma.- bofonchiò Tom, iniziando a rovistare nella borsa, per poi cacciare un urlo di giubilo. Ne estrasse un pacchetto di sigarette alla menta, quelle di Vlad.
- Ma non le odiavi?- gli chiese Lucilla.
- Si.- ammise - Ma è incredibile quanto ti manchi una cosa che odi quando non ce l'hai più.-
- Me ne ricorderò quando Malfoy tirerà le cuoia.- fu il laconico commento di Harry - Ma sono alla menta? Guarda che ti si aprirà un polmone.-
Grazie Vlad, ti amo, pensò mentalmente Tom dando il suo primo tiro dopo più di dieci giorni di astinenza.
Ah, se non era diventato un vizioso.
- Ora vado, mi spiace non poter restare di più.- disse Lucilla dopo pochi convenevoli, vedendo la delusione sul viso di Riddle - C'è il compleanno di Sofia fra una settimana e mia suocera ha invaso casa nostra, comunque sarò qui per cena.- e si chinò a baciargli la fronte - Tu vedi di riposarti.-
- Certo.- annuì, paziente - Ci vediamo presto.-
Sparita anche lei, che poveretta si beccò un insulto gratuito sulla porta perché a Draco girava male, Malfoy iniziò a urlare per tutta casa propositi di guerra.
Aleandro di Iesi doveva essersene andato, solo momentaneamente chiaro, maledicendo i bifolchi inglesi, così per calmarlo Potter dovette versargli qualcosa di forte all'alba delle dieci del mattino e andare a sentire i suoi ringhi, perché Draco tornò fuori in giardino per mettere chissà che barriera contro "i maiali italiani che entravano nel pollaio altrui."
E anche se non appena uscirono tutti cadde il silenzio, Tom sorrise sentendo ancora le loro voci in testa.
Tutta quella casa era impregnata della loro esistenza. E questo lo faceva sentire bene come da tempo non ricordava.
Tornò a posare gli occhi sulla borsa che gli aveva portato Lucilla e dentro trovò un biglietto, vergato dalla calligrafia svolazzante di Winyfred. Gli diceva di riprendersi, che aveva belle novità per lui e che mancava a tutti quanti.
Incuriosito estrasse poi gli occhiali dalle lenti rosse di Brand dall'astuccio di velluto.
Da che conosceva Feversham, l'aveva sempre visto portarli e Denise una volta gli aveva detto che erano lenti molto preziose. Sapeva solo che erano egizie, ma non le aveva mai messe.
Così se le posò sul naso, vedendo attraverso i minuscoli cerchi rossi la realtà di cui era circondato.
Non gli sembrava ci fosse nulla di diverso...c'era solo una luce più forte che attorniava le cose.
Vide perfino la sua mano che emana energia. Era un'energia molto brillante.
Infastidito distolse lo sguardo, abbassandolo repentinamente a terra, senza neanche rendersene conto e solo allora si spaventò. Saltò quasi giù dall'alto sgabello, senza fiato, perché vide un bambino che stava sotto di lui e lo fissava col capo inclinato.
Tolse gli occhiali e non vide più nulla.
Intimorito, afferrò la bacchetta dal retro dei jeans di Draco e si rimise le lenti.
Il bambino era ancora lì. Era piccolo...biondo, coi ricci. E aveva gli occhi chiari.
Aprì la bocca e disse qualcosa ma Tom non sentì nulla. Stavolta senza pensarci due volte uscì dalla cucina e andò a piazzarsi sulla porta di casa. Non mosse un passo per uscire, forse per abitudine, e richiamò Harry vicino all'ingresso, mentre discuteva con Lucas e Malfoy del fatto che dovevano smetterla di dirsi frasi alla Psyco di fronte alle piccole di casa. Tornato da lui, Harry lo scrutò stranito.
- Che succede? Sei pallido...cioè, più del solito.-
- Ecco...- Tom si guardò alle spalle, perplesso - Harry, con gli occhiali magici di un amico mi sono ritrovato un bambino piccolo in cucina. Magari è una magia particolare, un fantasma, un demone ma...- e tacque, vedendo gli occhi verdi di Potter sbarrarsi - Cosa c'è? Sapevi del bambino?-
Il bambino sopravvissuto si guardò alle spalle. Draco stava ancora parlando con Lucas.
Allora Potter chiamò il figlio, intimando a Tom di non dire una sola parola.
- Si?- chiese il Phyro, guardando storto Tom - Che c'è papà?-
- M'intrattieni Draco per un po'?- gli chiese, senza vergognarsi neanche da lontano - Fagli una di quelle domande che richiedono una conferenza.-
- Hn. E in cambio che mi dai?-
- Ti lascio vivere.- sibilò Harry - Ci stai?-
Lucas non si scompose, levando un sopracciglio con aria di chi la sa lunga - Volete fargli uno scherzo, vero?-
- Non proprio.-
- Allora state combinando qualcosa.-
- Lucas ti aumento la paghetta, basta che taci.- e lo spinse di nuovo fuori dalla porta - Su, chiedigli qualcosa e tienimelo fuori di casa.-
Ottenuto l'assenso del piccolo, Tom fissò Harry con espressione colpevole.
- Che succede, si può sapere? Conosci quel bambino?-
- Dammi quegli occhiali.- gli disse Potter, quasi ordinandolo.
Entrato in cucina, si tolse i suoi occhiali e si mise le lenti rosse. Non ci volle molto per vederlo.
Harry si mise una mano sulla bocca, inginocchiandosi.
E disse un nome.
- Sargas.- mormorò, socchiudendo le palpebre.
Solo più tardi Tom seppe la verità. Una morsa dolorosa gli serrò il cuore, disperato quando Harry.
Il figlio di Hermione e Draco. Era morto. E ora viveva lì.
- Te l'hanno detto loro?- sussurrò.
Harry si toccò una tempia - Nessuno dovrebbe saperlo, a parte loro due. Tuo cugino non me l'ha mai detto ma di notte le nostre barriere si abbassano. E' bastata una volta e...bhè, l'ho saputo.-
- Non è mai nato?-
- No.-
Tom abbassò il viso - Si tratta della maledizione degli Zaratrox?-
- Non lo sappiamo.- Harry lo puntò quasi con durezza - Non pensarci neanche.-
- Lei non ne parla mai, vero?-
- La conosci.-
- Si, conosco Hermione.- sussurrò Riddle.
Fuori intanto, Lucas James Potter stava dando il meglio di sé.
La domanda sottoposta all'attenzione del rampollo della famiglia Malfoy per tenerlo fuori dai piedi era "Draco, da dove arrivano i bambini?"
La prima risposta al limite dell'umana decenza del biondo era stata: -...si trovano sotto i cavoli.- ma quando Lucas gli aveva detto che non credeva né ai cavoli né alla cicogna, il massimo elaborato dal cervello bacato di quel mago fu: - Ok, non dirlo a nessuno ma i bambini sono robot e vengono dallo spazio.-
E chissà come mai, quella risposta era piaciuta un sacco al piccolo Phyro perché oltre a guardarlo pieno di ammirazione era tornato in casa e l'aveva detto al padre.
- Dallo spazio?- Harry schioccò la lingua e Draco sbuffò - Quanto sei imbecille.-
- Oh, suo padre sei tu.- sibilò il biondo, mentre Lucas si sedeva e afferrava il Cavillo, ogni tanto buttando strane occhiate a Riddle - Diglielo tu come si fanno i marmocchi.-
- Perché, si fabbricano?- se ne uscì il maghetto.
- Si, pezzo per pezzo. A te manca qualcosa infatti.- mugugnò l'ex Principe di Serpeverde.
- E nella pancia delle mamme come arrivano?-
Se Tom stava per scoppiare a ridere, nascosto dal giornale, Harry iniziava a irritarsi.
- Lasciamo perdere, te ne parlo quando sarai più grande.-
- Hn...- Lucas lasciò subito perdere, leggendo direttamente uno strano test sul Cavillo - E l'anoressia cos'è?-
- Una malattia che viene alle donne che guardano troppe riviste di moda.- stavolta fu Tom a rispondere, quasi sbadigliando e spegnendo la sigaretta che emanò un gradevole profumo alla menta.
- Ah.- il Phyro lo guardò con lo stesso interesse che aveva avuto alla risposta di Draco sui bambini robot e lo spazio, ma si rimise a leggere per i fatti suoi quando i grandi cominciarono a parlare di Iesi.
Fra una maledizione e l'altra venne fuori che sarebbero venuti a cena Sirius, Remus Ninfadora, Andromeda, Lucius e Narcissa. Una bella riunione di Black, indubbiamente. Più Lucilla e Tristan, che avrebbero dovuto fare i salti mortali per inventarsi qualcosa con Dena e non farsi scoprire.
- Che tormento Sfregiato, io devo lavorare.- sbuffò Draco - Chi è che prepara la cena, eh?-
- Non chiederlo a me.- ghignò Potter - Chiama gli elfi e dillo a loro. Prima che torni Hermione possibilmente.-
- Cos'è un vergine?- se ne uscì Lucas all'improvviso.
- Mia figlia a quarant'anni.- sibilò Draco, esasperato, mentre sia Tom che Harry erano rimasti a sbattere gli occhi - E adesso basta leggere porcate! Forza, fila fuori e vai a dare fuoco a qualcosa, avanti!-
- Un giorno o l'altro ti prenderò in parola.- frecciò Lucas, andandosene imbronciato.
- E tu vai a sbatterti sul divano.- berciò quindi verso Riddle - Via, poche storie.-
- Ma guarda che sto bene...-
- Chissene frega, metti che cadi e ti spacchi la testa poi è colpa nostra.- masticò il biondo - No, spiacente. Divano, coperta, bacchetta e telecomando. Tieni, anche le sigarette e adesso sparisci mostriciattolo!-
E andandosene in salone, straboccante di oggetti per passare il tempo, Tom finalmente sorrise.
Il tempo era tornato indietro.
Aveva ancora diciassette anni e stava a Lane Street. Forse presto avrebbe visto Damon e Trix entrare dalla porta.
Forse...già, forse presto sarebbe arrivata Claire, l'avrebbe abbracciato e poi baciato.
Come sogno non era male, pensò, prima di sdraiarsi e chiudere gli occhi per un attimo.
Solo per un attimo...


-...perché non dovrei venire? Damon ha detto che ci sarà tutto il vostro anno. Non vuoi rivedere i tuoi vecchi compagni di Hogwarts? E poi è ora che li conosca anche io, quindi io verrò con te e ci andremo.-
Da quando quel "noi" la irritava tanto?
- Non è cortese mancare, Cloe, amore, e lo sai.-
Amore. Perché gli permetteva di chiamarla così?
Il carillon continuava a suonare e cercò di concentrarsi sulla sua musica.
- Mi hanno raccontato cose interessanti sui tuoi anni a Hogwarts, sai?-
La risata argentina di Oliver la raggiunse alle spalle, mentre lei restava a guardare fuori dalla finestra.
- Tua madre mi ha detto che eravate un bel gruppo. E che sei stata sempre nella Milizia degli Auror!-
Milizia. Perché usava quel nome, quasi detto con scherno?
Perché rideva in quel modo?
Ma forse era sempre stato quello il suo modo di ridere. Leggero, frivolo, senza preoccupazioni.
Lui aveva sempre riso così.
-...e poi devo congratularmi con Sedwigh visto che si sposa e gli abbiamo già comprato il regalo, no? Parli poco dei tuoi compagni, eppure so che li vedi tutti abbastanza frequentemente. Perché non me li hai mai presentati?-
Perché tu non fai parte...di quella vita.
Tu sei un estraneo. Non riconosco il tuo viso nei miei ricordi.
Tu non c'eri.
- A proposito, fra un po' torna la fidanzata di Damon. Conosco la sua famiglia di vista. Devo ammettere che è un bel colpo, sia per lei che per gli Howthorne. In fondo ristabiliranno buona parte del loro nome, considerato ciò che si dice di Damon in alta società. Incredibile.- altra risata - Pare che siamo rimasti nel Medioevo.-
Allora perché parli di Damon con lo stesso tono della gente che sembri disprezzare?
- Amore? Mi ascolti?-
Cloe chiuse le palpebre.
La finestra.
Ci stava da ore, lì, chiusa nel suo studio. Aveva lasciato il lavoro a metà, anzi. Da giorni non lavorava.
Apatia, pensò fra sé. Si sentiva...stiracchiata, debole, quasi un fantasma.
La sua energia sembrava che fosse stata risucchiata già tanto tempo prima.
- Senti Cloe...quando decidiamo la data delle nozze?-
Gabbia.
Una morsa le serrò la gola e si appoggiò col capo ai vetri della finestra.
- Non possiamo rimandare ancora. Mia madre aspetta, lo sai.-
Si, tutti aspettano.
Lei per prima. Che dopo otto anni...aveva percepito qualcosa.
Aveva percepito un sussurro nella notte, un alito di vita...una forza, una presenza, che da otto anni non sentiva più.
Impazziva e lo sapeva.
Ma lei lo sentiva. Nella testa e nel corpo. Lo sentiva dentro di lei. Anche se sapeva che non era possibile.
Una farfalla entrò all'improvviso nel suo campo visivo, andando a depositarsi sul davanzale. Aprì le finestre e lasciò che la farfalla screziata andasse a posarsi sul suo dito.
All'improvviso il suono del carillon cessò. Oliver, alle sue spalle, doveva averlo chiuso seccamente.
- D'accordo, oggi hai mal di testa.- le disse, con tono accondiscendente.
- Si.- disse, lasciando libera la farfalla e seguendola con gli occhi, libera come lei non era più.
Lo sentì alle spalle.
La strinse forte per la vita e lei serrò i denti. La stringeva sempre troppo.
Un bacio sulla nuca che la lasciò indifferente, poi la presenza di Oliver sparì.
Sospirò e quando capì che era sollevata chiuse le finestre di botto.
Rabbia.
Lui stava di nuovo rovinando tutto.
Prima coi sogni, ora con la sua immaginaria presenza.
E Oliver l'aveva costretta ad andare all'Universale del loro anno a Hogwarts.
Era stato organizzato tutto dai Corvonero. Cloe non capiva il perché di tanta segretezza, ma sapeva che delle carrozze sarebbero andati a prenderli, la mattina del trenta e fino al primo luglio...sarebbero stati tutti insieme chissà dove.
Il primo luglio...
Quell'anniversario e il suo ricordo la fece piombare seduta in poltrona, la testa fra le mani, gli occhi che iniziavano a velarsi. Impietoso, arrivò il suono della sua voce.
Impietoso, la colpì il suo sguardo blu, gelido e altero.
Assassino arrivò il suo sorriso. A scaldarle il cuore.
Non doveva credere ai suoi sensi. Non doveva credere al suo potere.
Non più.
Un delicato bussare le fece sollevare il viso.
Beatrix era sulla porta.
Gli occhi topazio della Diurna la sondarono attentamente, fino a che Cloe non scosse il capo, stringendosi nelle spalle.
- Non è nulla.- disse, passandosi velocemente una mano sotto gli occhi.
- Sei sicura?-
- E tu?- la King la fissò - E tu ne sei sicura?-
- Io non lo sono mai stata.-
Cloe tirò su col naso - Cosa sei venuta a fare?-
- Milo è di turno e Damon non vuole uscire di casa.-
- Sei libera tutto il giorno?-
Trix annuì e la Sensistrega dopo un attimo inspirò forte, per darsi coraggio.
- Se riusciamo a passare sotto il naso delle mie cugine possiamo uscire da sole.- bofonchiò.
La risata di Beatrix si allargò propagando un po' di allegria - Isobel sta dando il tormento a tutti. Mi ha già chiesto se il 29 vengo con voi in campagna, insieme a Damon e Aidan.-
- Isobel è da sopprimere.- sibilò la King, alzandosi e infilandosi la giacca di velluto sul vestito di maglia che indossava - Mi ha fatto il terzo grado su Oliver e la nostra vita futura.-
- Che domanda incresciosa.- commentò la Diurna - Specialmente per una donna innamorata.-
- Vuoi andarci da sola a fare spese?-
- Certo che no, Miss Permalosa.- un ghigno e le aprì la porta - Muoviti, prima che arrivino tutte e sette. Come fa la gente a fare tanti figli, vorrei davvero saperlo...-
- Con due o tre uomini diversi oppure usando la preghiera come contraccettivo.-
- Saggia risposta.-
Fuori da King's Manor l'aria si era fatta frizzante.
Ma il sole era così caldo che faceva venire voglia di stendersi e assorbire i suoi raggi, fino ad assopirsi.
La Vaughn si mise gli occhiali scuri e poi notò lo sguardo assente della strega bionda.
- Cosa c'è?-
- Mi prendi per pazza se ti dico che lo sento vicino a noi?-
Silenzio.
Trix abbassò il viso, stirando un sorriso freddo.
- Alla Corte ho sentito il suo odore sulla moglie di Kronos. Renditi conto.-
- Stiamo impazzendo.- sussurrò Cloe, voltandosi verso di lei - Perché siamo arrivate a questo punto?-
- Perché abbiamo soppresso il suo ricordo per troppo tempo. Damon non l'ha mai fatto. Ha fatto pace con se stesso e con Tom tanti anni fa. Vive meglio di noi.-
Si, Damon l'aveva perdonato.
E aveva perdonato la sua incapacità di salvarlo.
Ma lei? Perdonava Tom?
No.
No, mai.
Perché l'abbandono era ancora più vile della vendetta.


La sera, quel giorno, arrivò più tardi del previsto facendo ben sperare che ormai quell'ondata di brutto tempo fosse ormai un brutto ricordo.
Erano le otto e il sole stava lentamente tramontando in un rossore mozzafiato.
Tom stava sulla porta di casa, la sigaretta alla menta che gli penzolava dalle labbra. Non osava fare un passo in più, restando ad ammirare quello spettacolo, segretamente innamorato di quel cerchio di fuoco.
- Non stare sulla porta.-
Lucas gli apparve alle spalle, piazzandogli le mani aperte sulla schiena, sopra i fianchi - Sembri un gufo. Esci, no?-
Tom assunse un'espressione contrita, allora il Phyro levò un sopracciglio, sospettoso.
- Hai paura che ti riconosca qualcuno?-
- Forse. Ci passa tanta gente da queste parti.-
- Si ma sono tutti babbani deficienti.-
- E non ti piacciono i babbani?-
- Neanche un po'. A te si invece?-
- Perché non dovrebbero piacermi?-
Il sopracciglio di Lucas si levò ancora di più. Ormai era letteralmente basito.
- Sicuro di non essere stato adottato?- gli chiese. Solo i bambini potevano essere così franchi, schietti, crudeli e puri.
Tanto che Riddle sorrise, grattandosi il collo.
- Lucilla dice di no.-
- Anche papà.- borbottò il Phyro - Quand'è che ti trovi una casa?-
La domanda stavolta lasciò il mago spiazzato.
- Una casa? In che senso?-
- Pensi di tornare dov'eri prima?-
Era implicito.
Fece per annuire e stavolta Tom vide gli occhi celesti del bambino infiammarsi.
- Non ci pensare neanche.- gli sibilò di punto in bianco, spiaccicandolo quasi alla porta - Se tu te ne vai quei due ricominceranno a dare i numeri, papà si toglierà di nuovo i poteri e io tornerò a vivere nell'ignoranza!-
- Ignoranza?- alitò Riddle.
- Tu non vai da nessuna parte!- continuò Lucas imperterrito - Solo un matto starebbe in un posto pieno di demoni! Trovati una casa e falla finita o quelli andranno di nuovo in depressione, sai che pizza viverci tutti i giorni?...Ciao Glory.- tubò poi, melenso, vendendo la biondina arrivare dalle serra coi pulcini a seguito - Come va?-
Lei, di rimando, lo guardò diffidente - Perché mi chiedi come va?-
- Perché non ti ho vista per un pezzo e...-
- Mi hai vista cinque secondi fa quando sei venuto a chiedermi se potevi cucinare uno dei pulcini per cena con il tacchino.- gli ricordò lei, piatta - Cosa stai facendo a Tom?-
- Niente, perché?-
- Le tue mani fumano.-
Il Phyro notò in effetti i rivoletti di fumo che gli salivano dai palmi, così si affrettò a soffiarci sopra.
Terminata la parentesi "minacciamo il figlio del Lord Oscuro" perché Elettra richiamò i bambini a lavarsi le mani, visto che era quasi pronto in tavola, arrivarono per primi Sirius, Remus e Tonks, con un rosa scintillante nei capelli.
Ovviamente Ninfadora se ne fregò degli avvisi di Sirius, che grazie al cielo si era lasciato Deirdre a casa per una volta, e strinse tanto forte il cugino alla vita da fargli vedere le stelline per il male per almeno mezz'ora. Neanche sua madre riuscì a staccarla, arrivando con Narcissa e Lucius.
Ci furono baci e abbracci, commozione ai massimi livelli anche se Narcissa e Andromeda avevano già visto il nipote mentre era ancora sotto i sedativi e quando si misero a tavola, arrivati anche Lucilla e Tristan, fu meno imbarazzante di quanto pensassero.
Specialmente di fronte alla fonduta di cioccolato alla Black.
Mancava solo Hermione, che aveva avvisato sarebbe arrivata con un po' di ritardo, così dopo che ebbero delucidato la famiglia Black e affini sulla salute del moribondo, come lo chiamavano alla Lucky House, Tom si fece informare su ciò che avevano fatto in quegli anni.
Dapprima il discorso era stentato, quasi intimidito, poi prevalse lo spirito Black quando iniziò a circolare il vino rosso.
-...e così è finita che mia madre ci ha proibito di avvicinarci a lei e alla tenuta.- concluse Andromeda con un sospiro - Insomma, dopo quello che è successo credevo che avrebbe diseredato solo Cissy...- e posò una mano sul braccio della sorella, ridacchiando - Invece ha diffidato anche me. Ma c'era d'aspettarselo da Jocelyn Black.-
- Siamo ancora in lutto, non so se si vede.- rise Tonks, divertita - Vero Sirius?-
- Eh, come no.- ghignò Sirius col suo solito viso fanciullesco - Pensa che ci ha denunciato per furto.-
- Furto di cosa?- allibì Tom.
- Crede le abbiamo rubato i quadri della Galleria Spiritata.- spiegò Narcissa, del tutto incurante di sua madre e del rancore che ancora le portava dopo la morte di Bellatrix - In realtà è stato il cugino Doyle a requisirli. Credo li abbia bruciati ormai. Un'altra eccitante notizia è che la prozia Lorenna sta col piede nella fossa.-
- Quella con l'oro in lingotti in cantina?- chiese Riddle, ridendo.
- Esatto.- soffiò Draco, facendo passare il vino - Se tutto va bene, l'oro finisce alla Lega Preservazione Antichità, mentre le cianfrusaglie, fra cui una fantastica vetrina di pietre elementali, finiscono nelle nostre copiose tasche.-
- Fermo lì.- sibilò Lucius, già sul piede di guerra - La collezione di vini è mia.-
- Dove sta scritto?- lo bloccò Sirius - Aspetta il testamento, magari neanche ci sei.-
- Ne dubito, visto le mie visite a casa sua erano il doppio delle tue Black.-
- Come vedi il sangue buono di famiglia è tutto nella generazione ancora sana.- commentò Harry, facendo ridacchiare il ferito che piluccava dal suo piatto - E vedi di mangiare o non vivrai per vedere la tua eredità.-
- Che a quanto ha ululato mia madre, è parecchio corposa, proprio come quella che vuole lasciare a Glorya.- celiò Andromeda - Tesoro ti conviene starle lontano. O potrebbe iniziare a chiamarti "Bambino mio!"-
- Merlino, nemmeno tu mi hai mai chiamato così.- si schifò, mentre Lucilla scuoteva il capo.
- Lascia perdere Jocelyn Black.- gli consigliò la Lancaster - E di certo non hai bisogno dei suoi galeoni.-
- Oh, questo è sicuro. Al massimo potrei usarli al poker del venerdì sera coi ragazzi.-
- Ragazzi?- Elettra parve ricordarsi di colpo - Oh, si. Lucilla ci ha detto che a Cameron Manor ci abitano altri demoni da qualche anno.-
- Si, diciamo che sono in punizione.- Tom sorrise, cercando di stare calmo. Era arrivato il momento di dire due parole su cos'aveva fatto durante la sua Sigillazione. Non sarebbe stato facile ma vedendola dal lato giusto, non sembrava neanche una cosa tanto aliena in fondo.
Iniziò a parlare di Winyfred, che Draco ricordava abbastanza bene. Poi parlò di Brand e Val.
- Quindi Cameron si tiene cinque mentecatti in casa?- fece Harry, dubbioso - E non dice niente?-
- Cosa vuoi che dica.- rise la Lancaster, perfidamente - Mica può lamentarsi. Ah, parlando di Caesar...Tom, nel biglietto Winyfred ti ha detto che si è sposato?-
All'istante, come spesso accadeva fra quella gente viste le notizie catastrofiche, Tom quasi si strozzò col vino.
Non servirono i colpi che ricevette sulla schiena e gli ci volle un bel po' per riprendere fiato, ma quando gli dissero chi era la sposa fu decisamente troppo.
Dire era diventato viola era poco.
- Denise? Si è sposato con Denise?- non ci credeva, era assurdo - Ma se li ho lasciati che si scannavano!-
- Dov'è il bello se due non si scannano?- li apostrofò Hermione, entrando in sala da pranzo - Buonasera, scusate il ritardo.-
- E parlando di scannarsi.- sibilò Draco, gettando il tovagliolo sul tavolo - Oh, mezzosangue! Dove diavolo eri?-
- A dire ad Aleandro di Iesi che non posso accettare il suo anello di fidanzamento.-
Risposta sbagliata. Fosse stato un Phyro, Draco Malfoy si sarebbe acceso come una torcia e avrebbe dato fuoco alla Lucky House ma fortunatamente il suo Bracciale del Destino si limitò a fargli una pernacchia, deridendolo.
Intanto che la Grifoncina e l'ex Principe di Serpeverde si dicevano carinerie in cucina, la discussione proseguì.
- Sono sconvolto.- Tom bevve dell'acqua per placare il suo stato catatonico - Cioè...sapevo che Caesar non è cieco ma non credevo che si sarebbero sposati nel giro di dieci giorni. E i Loderdail che hanno detto?-
- Non sono quelli che si sono presentati armati a Cameron Manor?- chiese Tristan.
- Ahah, loro.- Lucilla si strinse nelle spalle - Hanno protestato col Diacono, poi insieme ai Cameron ci si sono messi anche gli Stokeford e allora i parenti di Denise hanno preso il volo. Ma non hanno mollato la presa, fidati.-
- Ci credo. Ma è da idioti mettersi contro i Cameron. Figurarsi contro la famiglia di Vlad. A proposito...- la voce di Riddle si fece un po' ansiosa - Vlad come sta? Ti ha detto di dirmi qualcosa?-
- Negli ultimi giorni non ha parlato molto.- gli rispose lei - E non era dell'umore per parlare.-
- Ah.-
Tom parve deluso ma gli venne fatta una domanda dalle zie e allora il discorso si dirottò di nuovo, anche per non appesantire troppo la cena ai piccoli che, dal canto loro, ascoltavano tutto con una specie di radar piazzato in mezzo alla testa. Sembrava stessero assorbendo tutto come delle spugne.
- Quel coso è uscito da un uovo d'oro?- allibì Sirius quando Faith, seduta accanto a lui, gli fece vedere Cosmo eccitatissima - Ma dai, scherziamo? E cos'è? Un tacchino?-
- Se è un tacchino si mangia, no?- disse Lucas eccitato.
- Senti ma che problema hai con gli uccelli?- fece Harry, sbuffando - L'altra mattina ha cercato di accopparmi!-
- Quando eravate appollaiati sul Big Ben?- tubò Tonks.
- Eh no, eh?- ringhiò seccato - Malferret sei un deficiente! Sei andato a dirlo a tutti?-
- Io non ho detto niente, imbecille.- chiarì Draco, tornando dalla cucina seguito da una scia di piatti galleggianti su cui erano adagiati il contorno e delle composizioni di frutta coltivata in serra - Ma la gente li avrà notati quei trenta metri di squame dorate sulla cupola dell'orologio.-
- Dovreste smetterla d'insultarvi di fronte ai bambini.- commentò Tonks - Che fine ha fatto il vino?-
- Se l'è scolato quell'idiota di tuo cugino.- sibilò Lucius, mentre Sirius gli sogghignava in faccia acidamente.
- Ecco da dove arriva la mania d'insultarsi.- sentenziò Remus.
- Già, hai tarato tuo figlio quando era bambino, Lucius.- Andromeda sollevò un sopracciglio, ricordando il passato - E questa faccenda degli alcolici è finita per tarare sia Draco che Tom.-
- Io non ho mai bevuto davanti a Draco quando era bambino.- Lucius Malfoy non fece una piega, com'era nella sua natura - Mi chiudevo nel mio studio e bevevo lì da solo.-
- Oh, questo spiega tante cose.- sospirò Hermione sarcastica, facendosi fare una smorfia dal marito - Ragazzi Tom ha mangiato?-
- Ho mangiato.- annuì Riddle - Tutto bene al lavoro?-
- Già, Duncan è ancora vivo?- chiese Harry.
- Era chiuso nei suoi appartamenti.- rise la Grifoncina, servendosi insalata e alcune fette di arrosto - E da sotto la porta arrivavano i fumi più disparati.-
- Gli mandiamo per scherzo qualcuno dei Servizi Igienici?- ridacchiò Sirius.
- L'ha già fatto Edward ieri.- svelò Draco.
- Quel maledetto, mica mi ha avvisato. E com'è finita?-
- Schiantati e sotto Oblivion.-
- E le parole "Servirò il mio Ministero con onore e rettitudine..." che fine hanno fatto?- sibilò Lucius.
- Sono diventate "Aspetto che torni lo Sfregiato così morirà lui al posto mio."- tubò suo figlio con finta dolcezza - Io taglio il dolce, voi arrangiatevi.-
Discussero del più e del meno, fra pettegolezzi di società e frivolezze fino a quando non videro che i piccoli iniziavano a sbadigliare. Era studiata. Li avevano rimpinzati come oche all'ingrasso e con tre portate sullo stomaco, più la dannata fonduta, era normale che stessero crollando dal sonno.
Ed erano solo le dieci. Di solito erano allegri come fringuelli fino alle undici almeno.
Riuscirono a portarli a dormire serenamente, senza che facessero storie, ma per precauzione Harry recuperò tutte le Orecchie Oblunghe sparse per tutta la casa con un rapido Incantesimo di Appello.
Giusto per essere sicuri.
Dalla decina di prototipi che si ritrovò in mano, cominciò a chiedersi come quelle tre piccole larve di canaglia non avessero ancora scoperto dove si trovava la sua chiave della cella alla Gringott.
Da chiuderli al San Mungo, santo cielo.
- Io non ero così a dieci anni.- bofonchiò, rientrando in salone.
- Stavi coi babbani, che pretendi?- borbottò Tristan - Magari andavi in giro quelle cose...le pistole!-
- Me ne ricorderei se fossi andato a spasso con un colt nella tasca dei jeans.-
- Il tuo squilibrio è iniziato a Hogwarts.- sospirò Hermione - Come quello di tutti, più o meno.-
- Già, quelli di certa gente però aumentano con gli anni.- le rinfacciò Malfoy.
- E' impressionante come tu sia consapevole delle tue mancanze tesoro...- gli disse con vocetta stucchevole - Sei molto modesto a non farne mistero.-
- Molto divertente.- sibilò di rimando - Iesi che fine ha fatto?-
- E' tornato a casa sua, no?-
- Si ma tornerà di sicuro.-
- E allora per la centesima volta gli dirò che sono già sposata.-
- Ma parlate ancora dell'italiano?- allibì Tom, che si era seduto sul divano facendo smorfie di dolore in una carrellata straziante - Non può trovarsene un'altra?-
- Ma che ne so.- sibilò suo cugino, passandosi una mano fra i capelli biondi - Vuoi il caffè?-
- Si, prima che mi addormenti di nuovo.-
- Dormi tanto tesoro?- gli chiese Andromeda, premurosa.
- Si, anche diciassette ore.- sospirò - Ho dormito per tutto il pomeriggio oggi.-
- Vorrei ben vedere, dopo dieci giorni in quello stato.- asserì Narcissa, posandogli la tazza di fronte, sul tavolino.
- Ora che siamo soli possiamo anche dare inizio alla seduta.- borbottò Harry, passando la bottiglia di sherry per tutti quanti - Più che altro però m'interessa sapere chi diavolo ti ha ridotto così e dove sei stato.-
- E' stata colpa della Dama nell'Acqua, l'ho già detto a Hermione.- rispose paziente, sorseggiando il caffè nero, affinché la sonnolenza non iniziasse a fiaccarlo troppo - Era passato solo un giorno dalla Finale di Quidditch. Mi ricordo che ero in camera mia e che stavo parlando con Vlad ...e a un certo punto l'uovo di cristallo che la conteneva è scivolato giù dal piedistallo. Ero di spalle, io e Vlad stavamo ancora discutendo e poi all'improvviso mi sono sentito afferrare. Sono finito sott'acqua...e quando mi sono ripreso ero fuori da Cameron Manor.- tacque un secondo, assaporando di nuovo la prima sensazione di libertà - Poi...poi mi sono trovato in un vicolo. Ero in periferia, ma non saprei dirvi dove. E sono stato colpito.-
- Da chi?- gli chiese Draco.
- Dalla donna che sta con Badomen.- disse, dopo una leggera esitazione - Ne sono quasi sicuro, perché l'ho rivista dopo dieci giorni. Comunque...mi ha trafitto con quel dardo e...abbiamo combattuto per qualche minuto...l'ho spedita contro un muro e sono arrivati i Lucky Smuggler, prima che lei mi uccidesse.-
Hermione, seguita da Draco, Harry e Sirius allargò la bocca.
Tonks fu la prima a riprendersi - Gli Spazzini di Azmodeus?- gracchiò sconvolta - Sono gli uomini di Alister Dark.-
- Si.- annuì Tom - Infatti mi hanno portato all'Azmodeus Club. Ma stavo male e mi hanno infilato per un paio di giorni in una vasca di Pozione Rigenerante.-
Vasca. Hermione pensò immediatamente a Glory.
"Vedo un ragazzo...un mago...dentro una bara di vetro...e sta male..."
Sua figlia l'aveva visto!
Aveva dimenticato quella visione, anche perché la sua piccola non ne aveva più parlato ma...Dio, ora tutto sembrava così dannatamente semplice.
"La voce di un bambino, per quanto pura e onesta sia, è inudibile per chi ha dimenticato come ascoltare."
Silente non avrebbe mai fatto un errore simile, pensò sorridendo amaramente.
Lui avrebbe trovato il tempo di ascoltare.
E avrebbe dovuto imparare a farlo anche lei.
- Poi mi hanno svegliato...e Dark mi ha detto che mi avrebbe venduto.-
- Quel porco.- sibilò Draco - E meno male che ha assicurato Edward di non aver sentito voci su maghi scomparsi!-
- Bhè, mica potevate dirgli chi cercavate, scusa.- abbozzò Riddle - E anche volendo non gli ho detto il mio nome.-
- Si ma quella ferraglia che hai al collo non è roba comune.- sibilò l'altro secco - E perdona la franchezza, ma qualche domanda me la sarei fatta se fossi stato al suo posto.-
- Infatti credo avesse capito qualcosa, perché mi hanno messo sotto Oblivion non appena si sono accorti che ero invischiato nella faccenda dei Mangiamorte. Uno dei suoi sottoposti mi ha detto della strage di Diagon Alley...- fissò i presenti, addolorato - ...forse mi hanno preso per un Auror, non so...ma mi hanno cancellato la memoria, solo quelle poche ore, dopo di che Dark ha deciso di eliminare la radice al problema. Mi ha venduto a Viola e...-
- Viola?- lo interruppe Hermione.
- Ah, si...Viola Leoninus, la moglie di Kronos.-
- Eri alla Corte!?- sbraitò la strega.
- Certo che no. Viola mi ha...liberato.- mentì - E una volta fuori dall'Azmodeus Club mi ha spedito, sbagliandosi, alla casa di mio padre perché io ero troppo debole per Smaterializzarmi.-
Stavolta fu Harry a scrutarlo trasecolato.
- Mi stai dicendo che eri a Little Hangleton?-
- Si.- mugugnò - E in quella casa c'era Badomen...e la sua donna...-
- Quel bastardo è a Little Hangleton?- urlò Potter alzandosi.
- Si ma non credo ci sia più.- lo placò Riddle, sentendosi girare la testa - Mi ha curato per un giorno, delirando sulle solite follie da Mangiamorte...poi mi è sembrato che parlasse di un politico con alcuni demoni impuri...o folletti, avevano voci sibilanti...e che doveva andare da lui per recuperare dei campioni.-
- Donovan.- sibilò Lucilla a quel punto.
- Verme schifoso, dava a Badomen i capelli di Tom.- ringhiò anche Sirius - Per questo i morti hanno indicato un assassino con le sue fattezze.-
- Calma, calma...- Tom li scrutò stranito - Di cosa parlate?-
- I morti di Diagon Alley.- gli spiegò la Lancaster - Hanno descritto il loro assassino che li ha ucciso invocando Minegon.-
- I morti parlano? Minegon?- Riddle non ci capiva più niente - Che diavolo ci fanno i Mangiamorte coi poteri degli Illuminati?-
- E' quello che dobbiamo scoprire.- replicò Draco - E poi cos'è successo?-
- La donna che stava con Badomen ha cercato di uccidermi. Mi sono accorto che era la stessa che mi ha aspettato in quel vicolo, dopo che la Dama dell'Acqua mi ci ha portato.-
- La fumatrice alla lavanda.- borbottò Tristan.
- Si, lei.- Tom deglutì - E c'è un'altra cosa...quella tizia...è...sfigurata.-
Hermione si sporse verso di lui, dal divano - In che senso?-
- Nel senso che...sembra passata in un tritacarne.- abbozzò, veramente disgustato - Faccia, pelle, collo, braccia e mani...ti giuro, non ho mai visto nulla di simile. E non era un demone. Quella ce l'aveva con me personalmente. Anche se davanti a Badomen ha sempre fatto la Mangiamorte convinta.-
- E' lei.- ringhiò il bambino sopravvissuto di colpo - E' lei che fa da intermediario e si rigira Badomen e Donovan.-
- Si ma chi è?- replicò Tristan - Tom ha detto che è sfigurata, come facciamo a darle un volto e un nome?-
- Hai detto che la sua voce non ti era proprio sconosciuta.- s'intromise Remus - Non ti ricordi dove puoi averla sentita?-
Il giovane mago si strinse nelle spalle ma dalla sua memoria non arrivarono aiuti.
Sapeva solo che...era famigliare.
- Perciò, riassumendo, abbiamo Badomen e Donovan presi in mezzo a questa tizia.- Lucilla corrucciò la fronte - L'evocazione di Minegon, il Marchio Nero, Dena che sente minacce di morte alla festa del CT delle Aquile, Brockway che fa fuggire Badomen da Azkaban e la figlia che se la intende col Segretario.-
- Tutto mescolato cosa ci da?- Elettra sembrava confusa - Non so voi ma io non vedo linea di comunicazione.-
- Già, cos'hanno in comune?- annuì Tonks - Herm ha fatto ricerche. Nelle famiglia di Donovan non c'era Mangiamorte e perché poi incastrare Tom dimostrando che è fuggito da Cameron Manor se poi è in combutta con Badomen? Se davvero il Segretario è un Mangiamorte...perché cerca a tutti i costi di far scoppiare questo casino? Se la gente sapesse che Tom è uscito penserebbe subito che è lui l'autore del disastro e del Marchio Nero.-
- Magari vuole questo.- considerò Narcissa lucidamente - Vuole caos generale e plateale.-
- Si ma con me è sempre stato acido e sprezzante.- rispose Tom - Mi sembra assurdo che sia un Mangiamorte.-
- Sai, di facciata certa gente farebbe anche le cose più assurde.- gli disse Remus - Ma finché non sappiamo cosa diavolo hanno in mente è necessario tenerti al sicuro.-
- E il collare?- Lucius pareva diffidente - Quell'affare è pericoloso.-
- Bhè, non c'è modo di toglierlo per il momento.- replicò il mannaro.
- Per il momento?- lo incalzò Riddle, accendendosi come una lampadina - Cosa vuol dire?-
- Forse potresti levartelo.- sospirò Lucilla.
- Ma scherziamo? Demetrius e Caesar ci hanno provato per anni!-
- Non può essere tolto da qualcun altro. Lo puoi fare solo tu.-
- E come?- Tom rise quasi acidamente, senza riuscire a credere alle sue orecchie - C'è una parola d'ordine?-
- Tesoro, so che è difficile per te.-
- Mamma quest'affare non verrà mai via.- sibilò all'improvviso, duro come il platino del suo collare - E' magicamente impossibile. Lo specificò bene Orloff quando voi non eravate ancora entrati, quel giorno, otto anni fa. Una volta messo, non viene via.-
- Non c'è patto che non si possa spezzare.- Hermione riuscì a zittirlo, sicura come non mai - E so che c'è un modo. Qualunque sia, riusciremo a trovarlo.-
- E se anche venisse via?- Tom scosse il capo - Anche volendo indietro non si torna.-
- Infatti, tu a Cameron Manor non metti più piede.- sindacò Draco, finendo lo sherry d'un fiato.
- Certo, me lo impedirete voi immagino.-
- Oh, mostriciattolo...- il sogghigno del biondo si fece quasi diabolico - Non ne hai la più pallida idea.-
Oh no.
A quel punto avrebbe preferito essere fra le braccia di Viola. E anche sotto i suoi canini.
Meglio che nelle mani di un Malfoy e di un Potter, questo era certo.
Li lasciò parlare, sospirando, chiudendo gli occhi.
Accidenti. Tutto sembrava di nuovo così incasinato.
Era come se...quegli otto anni di pace non fossero serviti ad altro che a far strisciare nell'ombra quella paura che aveva un volto sfigurato, la voce di donna e la rabbia di un passato che lui non conosceva.
Era stato davvero tutto inutile? Possibile che tutto dovesse ricominciare?
Riaprì gli occhi e guardò il buio, oltre la vetrata del salone. Sapeva che Harry stava facendo lo stesso.
Forse era arrivato il momento che avevano sperato non arrivasse mai.
Quello in cui avrebbero capito tutti che non c'era altra strada oltre alla guerra.
Ancora e ancora.
Almeno per loro.
E seppe in quel momento che la gabbia si stava allontanando da lui. Forse non era ancora ora di tornare nel silenzio di Cameron Manor.

 

 




"Sopravvivere non è abbastanza: c'è bisogno anche del sole, della libertà e di un piccolo fiore."
Hans Christian Andersen, da Il Principe Senza Cuore.

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18° ***


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Chissà perché quando a un Potter a un Malfoy viene detto categoricamente "No! Neanche morto!" loro capiscono senza ombra di dubbio un fantastico "SI!"
Thomas Maximilian Riddle se lo chiese quella mattina del ventiquattro giugno, ignaro di cosa sarebbe successo, ignaro del fatto che presto il suo mondo semi tranquillo sarebbe stato sconvolto ancora una volta.
Si era svegliato da poco, erano appena le dieci, quando entrato in cucina aveva visto correre via di volata sia Hermione che Elettra senza stupirsene, visto che in quella casa erano le donne a uscire a comprare le sigarette e poi a non tornare più. Così si volse e trovò al bancone, di fronte ai resti della colazione, tre piccoli maghi arrabbiati e due padri molto fuori dal comune e non solo, alle prese con un problema.
- Senti, non me ne importa un tubo!- si stava lagnando Lucas, cupo come un corvo - Mi avevi promesso che mi ci avresti portato! Sono giorni che mi tieni chiuso in casa, sai? Io sto per mettere le radici! Qua noi abbiamo bisogno di prendere aria! Glory, diglielo!-
La piccola Malfoy alzò gli occhioni bicolore dalla Gazzetta, annuendo appena.
- In fase di crescita, è importante una vita sana e regolare. Specialmente all'aria aperta.-
- E poi non andiamo ai giardini da un sacco di tempo!- disse anche Faith, ammorbidendo i grandi con un broncio delizioso - Insomma, che vi costa? Solo fino a pranzo!-
- Qui si lavora, sapete?- sibilò Draco Malfoy, attaccato al caffè.
- Lavorare?- replicò Lucas sarcastico - Tu fai solo esplodere la casa!-
- E se non la molli ti scaverò anche una fossa!-
- Oh, quanto sei palloso! Papà!- il Phyro fissò Harry inferocito - Me l'avevi promesso!-
- Qual è il problema?- chiese Tom innocentemente.
- I pargoli vogliono andare a Kensington Gardens.- sospirò Harry Potter, che guardava continuamente fuori dalla finestra, come se da un momento all'altro avesse dovuto apparirci chissà demone o esattore delle tasse - Ma stamattina devo fare una scappata alla Hayes. Hanno trovato un mezzo demone nel West End e ce l'hanno portato stanotte. Il problema è che si tratta di un Mutaforma e sta creando scompiglio. Degona non ce la fa da sola.-
- Ecco, lui va dai mostri con corna e coda!- perseverò Lucas, seccatissimo - Cos'è più importante? Io e la mia crescita o un mezzo qualcosa che sta per distruggere una scuola e uccidere un sacco di gente?-
- Dipende se sono mezzosangue o purosangue.- tubò Draco, malefico.
- Sta zitto Malferret.- Harry scosse il capo - Ragazzi, mi ci andranno un paio d'ore.-
- Si e a alla serpe tutta la giornata.- Lucas gonfiò le guance - Insomma, con chi ci andiamo al parco?-
- E io che ne so, chiediamo ai vicini.-
- Un corno Sfregiato, sono babbani.- disse Malfoy, sbadigliando - Io ho fatto di nuovo le ore piccole poi. Quindi o aspettate che torni Potty dalla Hayes o...- l'occhio gli cadde inavvertitamente su Tom.
Riddle, che mangiava uova e bacon ignaro, si sentì fissato da tutti quando cadde un sinistro silenzio.
Un secondo e si sentì venire meno.
- No eh?- alitò - Non ci pensate neanche! Io non esco di casa!-
- Oh, ti prego Tom!- attaccarono Glory e Faith con vocetta melensa e stucchevole, aggrappandosi al suo braccio.
- Già, l'aria aperta favorisce anche la guarigione!- disse la biondina.
- E poi un po' di sole ti fa bene.- sbottò Lucas, altero - Sembri un cadavere!-
- Grazie.- Tom scosse il capo - No, veramente. Qualunque cosa ma non questo!-
- Tanto è domenica!- celiò Harry.
- Si, appunto. Kensington Gardens sarà pieno.- replicò Tom acidamente - Mi prendi per scemo? E poi perdo sangue continuamente, che figura ci fate scusa? Mandare i vostri bambini in giro con...-
- Si, si.- lo interruppe Lucas, senza ascoltare il resto - In giro col figlio di Lord Voldemort, sai che palle questa storia! Come siete noiosi tutti quanti! Uno non si riprende i poteri per chissà che fisse, l'altro litiga con gli italiani e tu non metti il naso fuori di casa da otto anni! Vado a buttarmi nel Lazzaro, chissà che non cresca e non diventi pazzo come voi!- e saltò giù dall'alto sgabello - Vado a prepararmi. Si esce fra dieci minuti.-
- Grazie mille!- cinguettarono Glory e Faith, sparendo in sincrono e così velocemente che né Riddle né gli altri due ebbero la forza di rispondere.
Quello si che si chiamava incastrare la gente.
Miseria.
- Stringi di più.-
Draco scosse il capo, dietro a Tom e intento a serrargli le bende intorno alla vita.
- Se stringo ancora ti rompo le costole.-
- E neanche respirerai più.- commentò Harry, paziente.
Riddle, a torso nudo, teneva le braccia in alto, neanche fosse stato dal sarto e a ogni giro di bende il dolore al fianco un po' diminuiva, forse perché stringendo e tamponando al tempo stesso, lo squarcio nella pelle veniva quasi attutito.
Indossava dei jeans e dopo la fasciatura infilò un maglione nero, di cotone, visto il caldo che fuori andava aumentando sempre di più.
- Perfetto.- disse Draco, facendosi indietro - Non si vede niente.-
- Si ma la mia faccia?- Tom s'infilò degli occhiali da sole con le lenti verde scuro sul naso - Voi siete matti, se qualcuno mi vede e riconosce questa cazzo di ferraglia?- e s'indicò il collare di platino - E' pieno di maghi per Kensington Gardens! Magari ci saranno dei vostri conoscenti! E io che dico, eh?-
- Che sei il nostro mantenuto.- sibilò Harry, sarcastico.
- Spiritoso.- sbuffò Riddle - E se...incontro qualche mia conoscenza?-
- Vuoi che ti dia il Mantello di mio padre?- gli chiese Potter, esasperato - Che tormento, ha ragione Lucas per una volta.-
- Io ho sempre ragione.- frecciò suo figlio dal salone ad alta voce.
- Sta zitto tu!- Harry tornò a fissare Tom attentamente - Il fatto che tu abbia paura di mettere il naso fuori casa mi preoccupata davvero. Molto più di quello di poter incontrare qualche tuo amico.-
- E' imbarazzante.- mugugnò Tom.
- No, è avvilente.- commentò Malfoy, accendendosi una sigaretta e soffiando fuori il fumo - Se la soglia della porta di casa ti dà tanti problemi allora sarebbe meglio ti facessi vedere da qualcuno. E non sto scherzando.-
- Il problema...- sibilò il ferito, schioccando la lingua iniziando a perdere la pazienza -...è che nessuno sa che io sono uscito da Cameron Manor. Ai giardini ci vanno tanti maghi...Ministri, Consiglieri, Capo Sezioni, Obliviatori...e poi, tu guarda...ex compagni di scuola...-
- Ed ex fidanzate.-
Harry scosse il capo, sospirando, quando Tom afferrò la bacchetta e la giacca, andandosene via dalla cucina con espressione alquanto minacciosa.
"E bravo Malfoy."
Draco, sentendoselo in testa, sogghignò biecamente.
"Ma ti diverti?" gli chiese Harry "Guarda che prima o poi saprà di Cloe."
"Meglio prima che poi. Sai, presto potrebbero decidere la data del matrimonio."
- Da quando covi certe speranze?- Potter usò finalmente la voce, sentendo i piccoli chiacchierare nell'ingresso, felici e contenti di poter uscire.
- Sinceramente, Sfregiato...- gli occhi argentei del biondo per un attimo brillarono di puro calcolo - C'è qualcosa al mondo più potente di un'infatuazione o di un amore che possa far cambiare idea anche ai martiri più convinti?-
- No, non direi.- ammise Potter.
- Quindi, capirai che io nutro molte speranze in Cloe.-
- Forse hai ragione tu.- Harry si girò. I bimbi erano già usciti in giardino e stavano chiamando Riddle.
Tom era sulla soglia di casa. Gli sarebbe bastato muovere un passo...e sarebbe stato libero da un tetto e da mura.
Ma esitava. Le mani premute sugli stipiti, lo sguardo basso, il respiro lento.
Coraggio, pensò Harry con tutto il cuore.
Coraggio.
Salvati.
Liberati.
Un passo, un solo passo...e Tom finalmente lo fece.
E quando fu sotto la luce del sole, in mezzo al giardino...la vita ebbe di nuovo un senso.
- Io vado.- mormorò Harry, afferrando la spada e la bacchetta - Tempo due ore e sono di ritorno.-
- Hn.-
- Non fare cazzate Malfoy.-
- Pensa per te, Potty.-
E, ridendo fra sé, Draco tornò nel suo studio dopo aver visto il suo stesso ghigno sulle labbra del bambino sopravvissuto.

Era passata solo mezz'ora e aveva già voglia di venire accarezzato sulla testa.
No, no. Lui coi bambini non ci sapeva fare, avanti.
Da quando erano arrivati, Tom non aveva fatto altro che farsi venire un torcicollo per seguire Lucas col suo dannato skate-board magico! Faith almeno si limitava a guardare i cigni e a dar da mangiare le briciole ad anatre e pesci in uno dei tanti laghetti dell'immenso parco. Anche Glory stava tranquilla e leggeva, ma Lucas!
Era passata una quantità tale di gente da fargli venire la pelle d'oca.
Cos'avrebbe dato per essere a casa con Denise, Vlad e gli altri!
Sospirando alzò il viso in aria. Il sole filtrava fra le fronde dei bellissimi alberi di tutte le gradazioni del verde.
Quella sorta di viale era già impresso nella sua memoria...
Ci era venuto spesso, da ragazzino.
E non sembrava cambiato, dopo otto anni di lontananza.
Le panchine, le statue, i bei giardini fioriti anche dopo tante tempeste di neve...
Le voci, le risate, gli amanti che camminavano mano per mano...
Tom vide un ragazzino far volare un aquilone.
Poi notò che Lucas aveva raggiunto un gruppo di bambini. Si volse verso Glory, in apprensione, specialmente contando il gruppo di mamme e genitori che indicavano lui e la piccola Malfoy.
- Glory... con chi è Lucas?-
La biondina levò appena gli occhi dal libro rilegato che si portava sempre appresso.
- Oh, è Robbie Talbot.- bofonchiò irritandosi - Uno stupido. Gli altri sono amici della Baynard's, la scuola dove andavamo prima delle vacanze. Quelli là invece sono i loro genitori...c'è anche la mamma di Tiffany Pickens. Ci prova sempre col papà.-
Interessante. Da uccidere Draco e Harry con un colpo solo!
- Vado a cercare Faith.- disse Glory di punto in bianco, chiudendo il libro e saltando giù dalla panchina - Se c'è Tiffany in giro con quelle stupide delle sue amiche le staranno sicuramente dando fastidio.-
Tom levò un sopracciglio.
- Perché?-
- Perché è stata adottata e non è una vera Potter.- le iridi di Glory s'incupirono, mentre si girava - Un giorno forse s'imparerà di nuovo a rispettare i maghi non per il loro sangue ma per la loro forza magica.-
- Si, forse un giorno sarà di nuovo così.- mormorò Riddle, distogliendo lo sguardo - Ma fino ad allora purtroppo dobbiamo fare del nostro meglio, un gradino per volta.-
- E tu?- Glory corrucciò la fronte, girandosi appena indietro - E tu lo fai ancora?-
- Si.-
- Come fai se sei prigioniero?-
Restando invisibile, nessuno crederà in me. Ecco cos'avrebbe dovuto risponderle.
Invece tacque, lasciandola andare via a cercare Faith.
Lui faceva ancora del suo meglio? Un tempo aveva creduto che sparire fosse la cosa giusta da fare.
Quegli otto anni gli avevano dato ragione ma...ora? Era davvero tempo di tornare in gabbia e lasciare che Harry, ancora una volta, combattesse da solo contro chi credeva nei valori che lui e il suo sangue velenoso incarnavano?
- Salve! Così tu sei un parente di Draco!-
Tom si destò dai suoi pensieri quando una donna sulla trentina, sicuramente "rifatta" ad arti magiche, gli strinse vigorosamente la mano con aria maliziosa. Mora, minuta e prosperosa.
- Sono Gwendolyne Pickens!- cinguettò - Draco di sicuro ti avrà parlato di me. Siamo molto amici.-
Donne.
Tom stirò un sorriso gelido, guardandosi freneticamente attorno.
Quel maledetto di Lucas, per levarsela di torno vista la faccia sollevata che stava facendo, gli aveva detto che era parente di Draco! Dannazione!
- Salve.- borbottò - Molto piacere.-
- Lucas è un angioletto.- continuò la strega, insistente - Tu e Draco però non vi assomigliate molto...anche se...- la Pickens lo studiò da capo a piedi - Forse l'atteggiamento.-
Eccone un'altra! Ritornava la storia del Principe dell'Alterigia!
- Così oggi hai tu i bambini in consegna! Scusami, parlo un sacco. Non ti ho permesso di presentarti.-
E ora?
Alla sua faccia da pettegola sparò il primo nome gli sfrecciò in testa.
- Max.- abbozzò, inventando allegramente come se fosse stato di nuovo di fronte a Dark - Max...Stokeford.-
- Hn...quindi sei imparentato coi Malfoy, non coi Black.-
- Si, esatto. Siamo cugini di...quarto grado, credo.-
- Sai che non ho mai sentito nulla di te? Sei stato fuori dal paese per caso?-
Fuori dal mondo, gallina pettegola.
Fortunatamente Lucas non era poi così malefico come sembrava, perché se si era premunito di ficcarlo nei casini, riuscì anche a levarcelo, correndo da lui e facendo brillantemente finta di zoppicare per una caduta dallo skate-board. Così come l'insopportabile Gwen Pickens, che in futuro avrebbe quasi scatenato un divorzio, era arrivata fu anche costretta a levare le tende.
Come il Phyro richiedeva attenzioni, proprio non ci riusciva nessun altro.
- Occhio a quella.- l'ammonì, rimettendosi la ginocchiera senza fare una piega - Papà dice che è una vampira, anche se non mi sembra visto che può stare al sole. Non sarà come Trix?-
Tom avvertì un brivido, sentendo quel nome ma riuscì a sorridere, e di cuore, scuotendo il capo.
- No, quella è una strega normale. Non è come Beatrix.-
- Mah, se lo dici tu...torno alla pista, vado a vedere i babbani che cadono.-
E c'era anche da dire che cadevano perché, il piccolo bastardo, disseminava rametti sulla pista da pattinaggio.
E quelle si che erano cadute magistrali.
Tornò a cercare di placare i nervi ma farlo sembrava impossibile. La gente passava e si sentiva fissato anche dai babbani, tanto che continuava a tormentarsi il collare, specialmente quando personaggi vestiti in maniera improponibile, quindi maghi, salutavano i Potter e la piccola Malfoy, continuando a chiedersi a chi i genitori avessero affidato i loro preziosi bambini.
E quella Pickens...Merlino, continuava a guardarlo da metri di distanza, come se insieme a lei non ci fosse stato il marito, la suocera e la cognata! Ma che avevano le donne nella testa?
- Posso sedermi?-
Oh no! NO!
Tom si trovò improvvisamente di fronte un distinto signore, sulla sessantina.
Capelli grigio, panciotto e bombetta.
Mago, decise subito, vista la margherita gialla un po' troppo grande del normale che si teneva all'occhiello della giacca.
Aveva un bastone d'ebano con un pomello formato da due cani, forse alani, intagliati finemente.
Comunque sorrideva, così dopo aver fatto aspettare la sua risposta un po' troppo, Tom annuì cortesemente.
- Si, certo.- abbozzò, facendogli spazio e automaticamente passandosi la mano sulla gola.
- Il tempo oggi è meraviglioso, non crede?- gli chiese il mago.
- Si, magnifico.- rispose Tom, stirando un sorriso nervoso.
- I bambini sono troppo grandi per essere i suoi.- continuò lo sconosciuto, osservando Faith e Glory.
- Sono figli di amici.-
- E l'hanno incastrata eh?-
- Si, esatto.- annuì Riddle, ridendo e passandosi ancora la mano sulla giugulare.
Se si schiariva anche la voce, poteva quasi sembrare un malato cronico.
- Però...quel visino è inconfondibile.- il mago indicò Glory col bastone - Esattamente come quegli occhi. È la figlia di Draco Malfoy e lady Hargrave, esatto?-
- Si, è vero.-
- Ah, che sciocco. Gli altri sono i Potter.- il mago sorrise con calore - Il primogenito assomiglia al padre in maniera impressionante.- e vedendo lo sguardo di Tom, spiegò - Sa, ho avuto l'onore di conoscere il signor Potter alla Finale di Quidditch anche se non era di umore idilliaco. Non è facile vederlo in giro, a meno che non si tratti di un'uscita che coinvolge la moglie.-
- Capisco. Le è piaciuta la finale?- borbottò Riddle, per sviare il discorso.
- Oh, moltissimo. La nostra cara signora Baley Potter è stata sempre la nostra punta di diamante. Certo, per me sarebbe stato meglio godermi la partita da spalti meno affollati.-
Che intendeva? Forse era stato nelle tribune di curva?
- Gl'impegni mondani.- sospirò il mago, quasi con stanchezza - A volte ti portano alla fossa, ragazzo. Quanti anni ha, se non sono indiscreto?-
- Io? Ventisei a dicembre.-
- Allora è troppo giovane per saperlo. A meno che la sua famiglia non sia...- si sporse verso di lui, con un sorriso sarcastico sulla bocca -...una di quelle dell'alta società, come ama definirle il mio pomposo segretario.-
Simpatico il tipo.
Tom senza accorgersene iniziò a sciogliersi.
- Parte dei miei parenti è così.- annuì, stringendosi nelle spalle - Ma ho fatto una scelta su chi frequentare.-
- Bravo figliolo. Moderazione e compromesso.-
- Lei non può farlo?-
- Col mio lavoro no.-
Il mago alzò un sopracciglio, chiedendosi se quel ragazzo stesse facendo lo gnorri o davvero non sapesse chi aveva davanti.
Ma, grato per una volta di poter conversare tranquillamente, il vecchio non se ne curò più del dovuto e si mise una pipa fra le labbra.
Rise divertito quando alcuni bambini scapparono dalle sponde del laghetto per aver irritato i cigni, anche se Lucas come al solito si sarebbe limitato a bollirli.
- Certi bambini non conoscono la paura, ha notato?-
- Lucas è...- Tom nascose un ghigno ironico -...portatore dei geni di famiglia, presumo.-
- Lo credo anche io. E la bambina è incantevole.- disse, guardando Faith e Glory, sedute su alcune altalene poco lontano - Sa, nel mio ambiente ne sento spesso parlare. Facendo vita ritirata, i Potter e i Malfoy si sono attirati addosso una nuvola tossica di pettegolezzi e voci smentite che farebbero impallidire chiunque. Lei li conosce da molto?-
- Più di quindici anni.- ammise l'ex Grifondoro, per poi mordersi la lingua.
Cretino!
- Davvero?- si stupì l'anziano mago - Dev'essere un'amicizia di lunga data la vostra.-
Oh, non ne ha idea, pensò Tom sospirando.
Cavolo, ora che lo quantificava...ne era passato di tempo.
Così tanto e passato così in fretta...
Lui sulle scale a Lane Street, la nascita dei bambini, Faith abbandonata, la Sigillazione.
E ora...si trovava lì, a Kensington Gardens, a fare da baby sitter.
La vita era davvero incredibile.
Le porte non si chiudono mai davvero, anche quando pensi di essertele ormai lasciate alle spalle.
Solo la morte poteva metterci un fermo.
Solo quella.
- E' in città per lavoro?-
Tom sorrise tristemente - No, per...svago, diciamo.-
- E' da molto che non tornava a Londra? Glielo chiedo perché lei non ha un accento straniero.-
- Si, da otto anni.-
- Non le è mai mancata casa?-
Casa.
Oh, si che gli era mancata.
Da morire.
- Mi scusi, parlo troppo.- sorrise l'anziano mago.
- No, no. Si figuri.- era così tanto tempo che non parlava con qualcuno che non fossero gli abitanti di Cameron Manor.
Sembrava quasi un sogno irreale.
Alzò la mano e salutò Faith, che si sbracciava per farsi notare e poi per impegnare le mani si accese una sigaretta.
Il profumo alla menta che tanto gli ricordava Vlad e la sua stanza, riuscì a dargli un attimo di tregua.
Ma fu solo un attimo.
- Interessante gioiello il suo.-
Tom gelò.
E il mago fissava il suo collare di platino.
I suoi occhi azzurri sembravano quasi piantati sul rubino e...sulla sigla.
- Non sembra una reliquia di famiglia.-
- Non lo è.- sussurrò Tom a bassa voce.
- La gemma è uno zaffiro?-
- Un rubino nero.-
Il mago rialzò lo sguardo. E lo guardò tanto da sentirlo entrare quasi in profondità.
Legilimens?, pensò Tom sentendosi tremare.
Un secondo dopo alzò la barriera con l'Occlumanzia, senza neanche accorgersene e quell'uomo si fece subito indietro. Ma non perse mai il sorriso.
Anzi, si alzò e si mise la bombetta sui folti capelli grigi.
- E' stato un piacere.- e gli strinse la mano con una bella stretta vigorosa - Spero di vederla ancora.-
- Grazie.- mormorò Tom in un soffio.
Un attimo più tardi era sparito.
Possibile? Possibile che avesse cercato di leggergli nel pensiero?
Dannazione, se n'era accorto all'ultimo momento. Doveva essere un mago eccezionale per usare il Legilimens con una tale maestria! Specialmente per non mettere in allarme la sua vittima, che se ne accorgeva solo quando era tardi.
Erano ormai passate due orette, a Tom era venuta una crisi isterica ed era passata, Lucas aveva già spedito all'ospedale tre babbani sui pattini, quando Faith e Glory decisero di avere fame.
Guardando l'orologio dovette dare loro ragione.
Era già l'una.
- Non possiamo stare ancora?- mugugnò Lucas, mettendosi lo skate-board sotto braccio - Tanto a casa ci aspetta solo il serpente. E senza offesa ma preferisco la cucina della mamma alla sua.-
- Ma gli elfi non vi cucinano mai nulla?- chiese Riddle, alzandosi a stento e tenendosi una mano sul fianco.
- No, di solito la mamma è in giro a quell'ora.- disse Glory, guardandolo attentamente - Ti fa male?-
- No.- mentì.
- Andiamo a casa.- ordinò Faith, senza perdere tempo - Lucas, andiamo dai.-
- Si, prima che si metta a lasciare scie di sangue.- borbottò anche il Phyro - Sei di nuovo pallido.-
- Quindi ti fa male.- riassunse Glory, saccente - Le hai prese le gocce di Lazzaro?-
Com'era che quelle pesti sapevano tutto sulle sue medicine eh?
- Andiamo.- masticò fra i denti, tirandoseli dietro.
Erano ai cancelli, dopo che aveva dovuto fare il giro più lungo perché i piccoli volevano andare alla statua di Peter Pan, sempre frequentata da fatine e spiritelli, quando una fitta atroce lo costrinse a fermarsi.
Stava malissimo.
Non avrebbe dovuto uscire di casa, pensò prima di aggrapparsi a un palo della luce.
I bimbi lo attorniarono subito, Lucas afferrandolo per una gamba, anche se non serviva a molto, e Glory e Faith a tartassarlo di domande.
Le bloccò prima che attraversassero la grande strada da sole, proprio di fronte alla Lucky House e chiese qualche secondo per riprendersi.
Ma il problema era che vedeva tutto girare.
E le bende si erano inzuppare rapidamente. La ferita doveva essersi riaperta per quel poco che aveva iniziato a cicatrizzarsi. Dannazione, altro che Lazzaro a gocce!
Pur di fermare quel dolore sarebbe andato a Cedar House per farcisi un bagno!
- Ma ti gira la testa?- gli chiese Lucas.
- Si...un po'...-
- Un po' tanto.- fece Glory - Stai aggrappato a quel palo. Cerchiamo di distrarlo!- propose ai Potter, e quelli, maghi del cazzeggio, attaccarono a parlare del problema del nome di Cosmo. A Faith piaceva solo Cosmo, Glory invece aveva proposto nomi di stella, come avveniva nella famiglia Black.
- Si ma l'ultimo con un nome di stella è tuo padre.- rognò Lucas a braccia incrociate - Sai che in latino Draco vuol dire anche serpente, oltre che drago? Grazie a Merlino il tuo nome l'ha scelto Herm o a quest'ora ti avrebbero chiamato...come voleva chiamarti quella befana della tua bisnonna? Spiga?-
- Spica.- lo corresse Tom a occhi chiusi e concentrato sulle loro parole per non vedere le stelle vere - Spica, è la stella più grande della Vergine.-
- Ah, bella roba.- mugugnò Glory acidamente - La mia bisnonna è anche tua nonna, no?-
- Si.-
- E a te niente nomi di stella?-
- No, grazie a Lucilla.-
- Che fortuna.- fece il Phyro - Magari a te ficcavano qualcosa tipo Castore o Polluce.-
- Mamma e papà tempo fa ne hanno nominato uno carino...Sargas mi sembra.- Glory vagamente serrò i lineamenti, ma fu un secondo perché Tom la vide tornare placida com'era nella sua natura - Anche Atlas avevano detto.-
- Era meglio Propus o Berenice, così chiamavano Cosmo Bernie e la finivamo subito.- sbuffò il piccolo Potter.
- Ragazzi, ci guardano.- mormorò Faith, quando vide una signora di mezz'età venire verso di loro con aria diffidente. La babbana chiese a Tom come stava e di chi fossero i bambini, come se fosse stato un pedofilo.
Alla grande, non bastava vedere tutto a stelle e strisce e avere anche un buco nella schiena, no!
Bisognava anche farsi dare del maniaco.
Comunque la signora lasciò perdere quando Lucas, il solito, le fece capire di levare le tende dicendole che era tutto sotto controllo e che suo fratello era appena uscito da un incidente stradale, tutto lì.
- Non ci ha creduto.- sospirò Faith, quando la donna, andandosene, continuava a guardarsi indietro.
- Bhè, in effetti non vi assomigliate.- celiò la piccola Malfoy.
- Se non se ne va le brucio la parrucca!- sbottò, fino a quando una risata allegra non fece saltare il Phyro a molla.
- Sempre violento, eh peste?-
- Menestrello!- l'apostrofò Lucas, sbattendo le ciglia - Cosa fai qua?-
Eccolo lì. Sempre il solito straccione, capelli lunghi grigi e sporchi, faccia piena di fuliggine, vestiti laceri.
E quegli occhi celesti che tutto sapevano e tutto vedevano.
- Salve bambini!- il Menestrello si avvicinò ciondolando.
Inclinò il capo, studiando attentamente Tom e...il suo ghigno si triplicò.
- Così alla fine...- disse a Lucas - L'hai saputa la verità, eh?-
- Conosci anche Tom?- gracchiò il piccolo inferocito.
Il Menestrello agitò la mano, sorridendo alle bambine.
- Salve signorine. Tutto a posto?-
- Certo, signore.- disse Faith, annuendo.
- Si, tutto a posto ma Tom...non sta bene.- disse Glory seria - E tu lo conosci?-
Riddle finalmente mise a fuoco il nuovo arrivato.
Se lo ricordava...ricordava quell'uomo.
Era parte dei suoi ricordi di ragazzino ma non aveva mai conosciuto il suo nome. Sapeva solo che era un barbone, ma non avrebbe mai immaginato che fosse anche un mago.
- Tutto a posto signor Riddle?-
Allargò gli occhi blu, mettendosi forzatamente dritto.
E il suo viso divenne una maschera.
Come faceva a conoscerlo?
- Forse devo abbassare la voce.- sorrise il Menestrello furbescamente - Andiamo ragazzo, non fare quella faccia. Io me li ricordo i tipi svegli, cosa credi? Nove anni fa ci siamo incontrati! Hai fatto a metà del tuo cappuccino con me!-
Era vero.
Tom se ne ricordò, era stato un episodio isolato, ma era inverno e quel barbone gli aveva fatto pena e tenerezza insieme, visto che decantava le leggendarie battaglie di Harry. Ora però il fatto che qualcuno sapesse che era libero...lo mise in una tremenda agitazione.
- Il cappuccino eh?- la voce di Lucas fece breccia nei suoi foschi pensieri - Così scrocchi a tutti, non solo a me.-
- Ha offerto lui.- borbottò il Menestrello, sarcastico - Mica sono tutti come te, che vogliono qualcosa in cambio. Dico bene Lucas James Potter?-
Il Phyro allargò la bocca.
- Sapevi chi ero?- berciò - E ti sei fatto portare ciambelle per tutto questo tempo??-
- Io devo pur mangiare, no?-
- Col cavolo! Una volta che avrò una bacchetta anche io ti farò una fattura!-
- Tanto ormai hai saputo quello che volevi. E a quanto ne so io, tuo padre si è ripreso i poteri. Che vuoi di più?-
- Anni di soldi spesi in ciambelle.-
- Ah, sciocchezze!-
Il vecchio cantastorie si levò la cuffia dalla fronte e fissò Tom, un po' preoccupato.
- Che t'è successo ragazzo? Stai ancora antipatico a qualcuno, vero?-
- Diciamo di si.- sussurrò Riddle a fatica - Lei...lei...non...-
- Non dirò a nessuno di te. Si.- sorrise il Menestrello - Non farei mai uno sgarbo a Harry Potter.-
- Allora conosci papà?- gli chiese Faith, stupita.
- Oh, signorina. Molto meglio di quanto crediate.- e le strizzò l'occhio - Se va tutto bene ragazzi, vi lascio tornare a casa. Ce la fai a camminare, ragazzo?-
Tom annuì, sentendo comunque un dolore fortissimo.
- Grazie...davvero, non dica nulla.-
- Ah, tanto nessuno ascolta le parole di un vecchio mago pazzo e straccione.- ridacchiò l'altro, come se fosse normale e al contempo con una lieve nota malinconica - E' questo il problema, ragazzi miei. Ascoltare. Ascoltate attentamente d'ora in avanti.-
Damon diceva sempre così, pensò Tom, piazzandosi coi piccoli sulle strisce pedonali.
Che avesse dimenticato di farlo?
- Ah...- il Menestrello, che aspettava di vederli varcare i cancelli della Lucky House, richiamò la sua attenzione - Stai attento, ragazzo mio. In questo momento i tuoi padrini stanno per ricevere visite...e se fossi in te, non entrerai in casa con il tuo solito aspetto...- altra strizzata d'occhio - Cerca di rasserenati.-
Ora il Menestrello urlava, per farsi sentire anche contro il fragore delle macchine.
- Rasserenati, ragazzo. Non siete più soli. Credimi!-
Non siete più soli.
Cosa diavolo voleva dire?
Ma meglio ancora...Tom si ritrovò attaccato ai cancelli, a vedere Donovan fermo sulla soglia, di spalle.
Insieme a lui una decina di Auror e altri due tizi in giacca e mantello.
E se non era un'imboscata quella, di certo non poteva nemmeno essere una visita di cortesia.

Quando Harry era tornato, un quarto all'una, dopo aver setacciato mezza Hayes alla ricerca del Mutaforma insieme a Degona e aver trovato solo un piccolo di cinque anni davvero molto spaventato, era tornato a casa sua in tempo per vedere un gufo sfrecciare oltre la finestra aperta del salone.
Il gufo si era posato su un piolo ed era stato Draco a leggere il messaggio.
E dal sigillo in cera, entrambi si erano scambiati un'occhiata nervosa.
Una sola parola.
Perquisizione.
- Saranno qua fra pochi secondi.- sibilò Malfoy, accartocciando il foglio - Hai qualcosa da far sparire?-
- A parte un metro e ottantacinque di Riddle ventiseienne direi di no.- Potter serrò le mascelle - Non li voglio qui dentro.-
- Allora chiama gli avvocati.- Draco sparì in un attimo e Harry anche da lontano lo sentì scandire un Colloportus contro la porta che dava le spalle al salone di collegamento delle due ale.
Lì c'era il suo studio, accanto alla biblioteca, ma molto più importante lì c'erano le sue pozioni. Una sorta di bunker sotterraneo dalla forma circolare, le cui pareti erano occupati di scaffali e vetrine ricolmi di ogni sorta di pozione esistente e non tutte approvate dal Ministero.
Diavolo, quella proprio non ci voleva.
Harry intanto, dopo aver parlato con Sirius in fretta e furia tramite il loro specchietto, chiedendogli di mandare al più presto gli avvocati, filò nella camera degli ospiti.
Fece sparire ogni traccia dell'esistenza di Tom, dai vestiti al Lazzaro, sotto il Mantello dell'Invisibilità di suo padre, cacciando tutto sotto una scrivania.
Fu quando stava buttando le lenzuola sui mobili che batterono alla porta della Lucky House.
Sessanta secondi contati.
- Bastardi.- sibilò Draco, andando alla porta mentre Harry scendeva i gradini - Vedi di stare calmo.- e spiò dalla finestra - C'è Donovan.-
- Ammazziamolo adesso.-
Malfoy lo guardò appena un istante.
- Hai mai pensato a tutte quelle volte che avevamo i Mangiamorte e gl'Illuminati sotto gli occhi? A tutte quelle volte che avremo potuto far cessare le cose da subito ma non l'abbiamo fatto perché non era giusto?-
Batterono di nuovo alla porta.
Draco strinse la mano sui pomelli, serio.
- Che ne sappiamo di cosa è giusto?-
- Sfregiato non risvegliare certi brutti istinti.- gli consigliò il biondo - Specialmente con me.-
- Vuoi dire che non ho ragione?-
- Voglio dire che hai ragione...e che la penso come te...- Draco sorrise biecamente - Ma come Hermione mi ha giurato di smetterla con la magia nera, io ho promesso a lei di controllarmi. Certi metodi li lascio al Serpeverde di un tempo.-
- Pensa che dovevo essere insieme a te.-
- Non me ne stupisco Potter, credimi.-
Aprendo i due battenti, Draco Lucius Malfoy si rimise la simpatica maschera di facciata.
E quella maschera era un sogghigno pigro misto ad alterigia e senza un minimo bagliore di confusione.
- Segretario Donovan.- fece soave, poggiandosi con la spalla lì nell'ingresso, neanche un po' impressionato da quello spiegamento standard.
Due gruppi di Auror, quelli di Gary Smith che sembrava fumare di collera per essere stato spedito lì dai suoi amici con una scusa così vergognosa e poi la squadra di Jacinta Anders, una ex Obliviatrice a seguito di un gruppetto di giovani Auror.
Donovan invece stava di fronte a Draco con un'espressione da squalo veramente encomiabile.
Con lui il maledetto Conrad Poole, l'idiota Responsabile dell'Ufficio Magie Improprie che alla strage di Diagon Alley aveva solo pensato ad arrestare Harry invece che ringraziarlo per aver salvato trenta persone.
Per ultimo niente meno che Percy Weasley che avrebbe dovuto tenere il resoconto dell'ispezione.
- Signor Malfoy.- l'apostrofò Donovan - Salve. Ce ne ha messo di tempo ad aprire.-
- Mi scusi, c'era la mia soap opera preferita in televisione.- fu il freddo commento di Malfoy, sparato con incredibile faccia tosta - Lei piuttosto. Puntuale come la morte. Avevo giusto ricevuto il vostro avviso. A cosa dobbiamo l'onore?-
- Non ha letto la lettera?- si stupì Poole.
- Scusatemi, ma ho la brutta abitudine di accartocciare la posta.- sibilò velenoso, facendo arrossire i giovani Auror che stavano entrando eccitatissimi in casa di una leggenda - Ripeto. A cosa dobbiamo l'onore?-
- Perquisizione.- Donovan rizzò il mento - Siccome in data 19 giugno, alle due di notte, il signor Potter si è ripreso i poteri senza aver informato il Ministero della Magia, il Responsabile Poole e il Ministro Dibble, siamo venuti ad assicurarci di come usa i suoi poteri ritrovati.-
Il sopracciglio biondo di Draco si levò.
Ma non ce la fece proprio a replicare a quella palese intrusione.
Bastardo.
Veniva a cercare Tom.
Aveva ragione Harry. Era lì, ce l'aveva di fronte.
Poteva catturarlo e fargli sputare il rospo su Donovan e la sua donna.
Bastardo.
Ma non poteva.
Aveva promesso.
- Se voleva entrare bastava chiedere, Segretario.- gli disse a bassa voce, facendosi di lato per farlo passare.
Donovan rimase immobile per un secondo. Lo fissò con la coda dell'occhio, poi si mosse e così fece tutto il gruppo.
Gary Smith invece si fermò.
- Scusa. Non sono riuscito a levarmi di torno.-
- Fa niente.- replicò Malfoy.
- La mia squadra non metterà le mani da nessuna parte.-
- E l'Anders?-
- Con Jacinta me la vedo io.- sussurrò a bassa voce - C'è qualcosa che devo sapere?-
- Non ancora Gary.-
E prima di chiudere la porta guardò furtivamente in giro.
Dannazione, doveva avvisare Tom e i bambini! Ma come?
Intanto, fermi nel salone, i funzionari si guardavano attorno come per notare chissà che particolari.
Forse cercavano serpenti. Forse cercavano una scritta con "Salve, sono Tom Riddle e abito qui, ora!" fatta di lucine al neon. Ridicolo.
Tornato da loro, Draco vide che Harry se ne stava in disparte.
Lo sentì borbottare qualcosa all'indirizzo di Donovan, qualcosa del tipo "Parlerò dei miei poteri e della bacchetta sparita dall'Ufficio Misteri solo alla Corte dei Maghi, col mio avvocato!" e poi andarsene dritto in cucina, senza degnare di un'occhiata gli Auror.
I giovani l'avevano guardato con gli occhi luccicanti.
Poole, seccatissimo, aveva chiesto del whisky.
Piuttosto gli dava del cianuro, ma Draco chiamò gli elfi e fece servire gli sgraditi ospiti.
Poi Donovan diede ordine di controllare in giro. Con che criterio gli Auror non lo capivano, visto che lì si trattava dei poteri del bambino sopravvissuto, ma girarono per l'ala dei Potter senza sapere dove sbattere la testa, specialmente quando il Segretario ordinò di guardare in tutte le stanze.
- In quanti abitate, qui?- chiese, rivolto a Draco.
- Lo sa bene.- Malfoy sogghignò debolmente - Io, mia moglie e mia figlia. Potter, sua moglie e i due bambini.-
- E basta?-
- Gli elfi.-
- E poi?-
- Mi scusi, scordavo i cadaveri in cantina.-
Per un attimo gli Auror si fermarono, poi all'occhiata imperiosa di Donovan si rimisero a circolare, senza sapere perché.
- Non faccia lo spiritoso signor Malfoy.-
- E lei non mi faccia perdere tempo, Segretario.- rispose con tono ossequioso che fece arrossire l'altro di sdegno - Cosa state cercando? Come vedete il signor Potter non usa impunemente la magia. La sua magia.-
- Si ma se l'è ripresa impunemente.-
- Non s'è ripreso nulla che non fosse suo.-
Poole schioccò la lingua - Però l'ha usata senza permesso.-
- Quando?-
- In questi giorni, per esempio.-
- Non credevo servisse il vostro permesso.-
- Bhè, invece dovrebbe, visto cos'è successo a sua suocera, per esempio.- berciò Poole - Non ricorda cos'è accaduto quando Lady Hargrave ha recuperato i suoi poteri? Il Ministero l'ha seguita attentamente.-
- Stiamo parlando di una civile. Non di un Auror.-
- Ex Auror.-
- Stiamo parlando di Harry Potter.- sbottò allora Draco, iniziando leggermente a perdere la sua patina d'indifferenza - Non so voi signori, ma io ho di meglio da fare che stare qui a discutere d'inezie.-
- Lo saranno per lei ma...-
- Siamo tornati!-
La voce di Lucas fece scattare sia il biondo che Harry ma quando, a differenza della catastrofe che si erano immaginati, videro entrare le bimbe seguite dal Phyro...bhè, onore ai bambini.
Lucas se ne andava in giro con una fenice sulla spalla, quasi più grossa di lui.
- Ciao Gary.- salutò il Phyro con incredibile faccia tosta, per poi guardare gli altri Auror e il Segretario.
- Che succede?- chiese Faith.
- Niente bambini.- disse Draco, serio - Vi spiace andare in camera vostra?-
- Bella fenice, signori.- sibilò Donovan di punto in bianco, scrutandola con attenzione - Ma sembra un po' abbacchiata.-
- Presto sarà il momento del falò.- scandì Harry, prendendo delicatamente la fenice su un braccio - Andate bambini.-
- Ce l'avete il permesso per tenerla?- chiese Poole, con una perseveranza su quell'argomento che stupì gli altri Auror.
- Ce l'abbiamo da poco.- borbottò Malfoy, lasciando che i piccoli corressero via per andare a prendere le Orecchie Oblunghe, tanto per spiare con decenza.
- Poco quanto?- incalzò Donovan.
- Era qua per i miei poteri o sbaglio?- sibilò il bambino sopravvissuto, gli occhi verdi incendiati - Faccia quello che vuole, ma le ho già detto che risponderò solo in presenza dell'Alta Corte dei Maghi e dei miei avvocati. Cerchi dove le pare...e cosa le pare. Ora scusate ma vado a farmi un caffè.-
- Come vuole, signor Potter.- e il Segretario decretò la sua condanna a morte. Che forse non sarebbe venuta subito. Ma sarebbe comunque venuta, in futuro, per mano loro.
- A proposito.- disse, prima che Harry uscisse - La prossima volta che andrò nel Golden Fields saluterò il vostro protetto, signori. Cosa ne dite? Ne sarà lieto, non credete?-
Oh si. Lo aspettavano una bara, la marcia d'onore, il funerale pubblico.
Ma per mano loro. A causa della sua irrecuperabile stupidità.
Rimasero per almeno mezz'ora.
Dalla sua cucina, Harry li sentiva camminare ai piani superiori.
Sentiva perfino Gary e Jacinta Anders discutere per quell'assurda perquisizione.
Carezzò Tom, poggiato sulla spalliera di una sedia e poi si portò alla bocca la tazza del caffè.
Gli era passato l'appetito. Ora non sarebbe più riuscito a pranzare.
Accidenti.
Guardò di nuovo Tom, dopo aver buttato la tazza nel lavello lustro.
Aveva ragione quello schifoso. Aveva una faccia molto poco sana.
E grazie tante.
Gli carezzò la testa e lui emise un pigolio sottile, quasi soffocato.
- Signor Potter?-
Harry levò gli occhi molto poco civilmente.
Un Auror poco più grande di Tom si fece avanti. Era intimidito. Ma ben piazzato e con un grosso sfregio sulla guancia. Un colpo di lama, un segno verticale che prendeva tutta la mascella.
Altro che intimidito.
Lo fissava un secondo e poi abbassava gli occhi.
- Si?- sibilò Harry - C'è poco da controllare qua in cucina.-
- Non sono venuto per questo.- mormorò - Vorrei che sapesse che questa cosa mi disgusta.-
- Di cosa parli?- sospirò Potter, tornando a guardare fuori dalla finestra.
- Questa storia. Venire qua a tampinarla...è vergognoso. Per uno come lei...- si fece ancora avanti, restando a un metro dal padrone di casa. Alzò la mano e la tese. Tremava.
Harry lo guardò diventare un po' più deciso.
- Io vorrei stringerle la mano.- disse con tono ancora lievemente tremulo - Lei di sicuro non si ricorda di me. Ma otto anni fa c'ero anche io...al Tower Bridge.-
Il bambino sopravvissuto chiuse gli occhi un istante.
- Mi chiamo Mason Ombrodoro.- continuò l'Auror - Avevo solo vent'anni, sa...ero giovane...ma non mi sono scordato di lei...di come ha combattuto.-
- Non ho combattuto solo io quel giorno.-
- Lo so.- Ombrodoro si toccò la guancia - Ne vado quasi fiero.-
Harry finalmente lo guardò in faccia.
Vide la sua cicatrice.
- Non tutti gli eroi...hanno la maschera, il mantello...una cicatrice.- mormorò in un soffio, lontano col cuore e con la mente - Ricordatelo.-
- Lo so. Ma vorrei stringerle la mano comunque.-
Lo fece. Più che altro per accontentarlo ma Ombrodoro gliela serrò forte, pieno di ardore.
- Sento le voci. So perché ha ceduto i poteri, otto anni fa.- continuò perdendo di nuovo di vigore - Spero troppo nel credere che un giorno potrò rivederla? E...combattere di nuovo con lei?-
Dannazione, ma perché?
Perché tutti gli ricordavano quel fuoco che aveva sentito a ogni battaglia?
Le luci su Londra, la ragnatela di fate.
Quel giorno senza sole.
E l'Arca in fiamme, contro un sole al tramonto.
Non c'era modo di scordarsi quei momenti.
Proprio non c'era.
Poteva dare quella speranza a quell'Auror?
- E' stato un onore per me.- Ombrodoro allungò le dita su Tom, carezzandolo delicatamente e sorridendo mesto - E mi scuso se le ho dato fastidio. Ma come per tutti i giovani Auror, lei è leggenda.-
Si voltò, andò alla porta della cucina ma si fermò di nuovo.
Rimase di spalle.
- Signor Potter...-
- Si?-
- Ricordo perché ha ceduto i poteri. E mi ricordo...di lui...-
Oh no.
Non Tom. Non i ricordi prima della Sigillazione.
- Mi ricordo di quel ragazzino. Che a diciotto anni ha rischiato la vita insieme a tutti gli altri.-
Mason Ombrodoro si volse appena sopra la spalla.
- Io avrei fatto la stessa cosa se fossi stato al suo posto.-
Ah, Dio doveva essere di buon umore quel giorno, pensò Harry James Potter quando un raggio di luce più forte degli altri gli carezzò la guancia dai vetri.
Di solito non gli aveva mai prestato troppa attenzione.
Però quel giorno gli aveva mandato una parola buona attraverso un Auror.
Decisamente doveva essersi sentito misericordioso, per ricordarsi della sua pecora nera.
Per un bel pezzo non avrebbe dovuto aspettarsi altro da Lui...ma almeno si era ricordato che esisteva.
Era già qualcosa.


- E così quell'idiota di Donovan comincia a scoprirsi.-
Tristan si sedette accanto a Lucilla, nel salone di Cedar House, con un bicchiere di Chardonnay in mano.
Lei rifiutò il suo calice, continuando a leggere la Gazzetta del Profeta.
Badomen aveva fallito nell'uccisione di un Magonò, la notte prima, in Downing Street. Bazzicava sempre gli stessi luoghi, si ritrovò a pensare la demone. Era il luogo dove l'avevano pescato Trix e Asher e dove Damon aveva salvato quel Magonò, alcune settimane prima.
Forse...poteva essere che avesse una sorta di base d'appoggio da quelle parti?
O magari conosceva solo meglio quelle strade e quelle parti di Londra.
Accartocciò la pagina, sbuffando - Cosa dicevi del Segretario?- chiese al marito.
Tristan rise - Oggi ha fatto una retata alla Lucky House.-
La Lancaster allibì, capita la frase per intero.
- Con che faccia s'è presentato da loro?-
- Controllo sull'utilizzo della magia del nostro neomago.- ghignò Mckay, sarcastico - Sta scherzando col fuoco, crede che i ragazzi siano stupidi?-
- No ma Draco mi ha detto che ha sparato delle battute su Tom.-
- Come se non lo avesse fatto apposta.- Lucilla si strinse nelle spalle - Assurdo. Se scopre il suo gioco è finito. E' il fatto di essere intoccabile che lo salva. Ma una parola di troppo potrebbe fregarlo.-
- Cercava Tom, alla Lucky House. Si vede che sperava di prenderli in castagna.-
- Occhio.-
Tristan tacque nell'istante stesso in cui Degona rientrò.
Si levò la giacca rosa e si stiracchiò nell'ingresso, salutandoli con un sorriso.
- Ciao!- tubò, raggiungendoli eccitata - Non saprete mai cos'è successo oggi alla Hayes!-
- Vi hanno portato un mezzo troll?- soffiò sua madre ironica.
- Quasi, un Mutaforma!- cinguettò Dena, piazzandosi in braccio al padre anche se non era più così leggera - E' stato divertente! Sentivo pensieri ovunque, era piccolo e spaventato. Pensate che Josh ha solo cinque anni e può Trasfigurarsi solo in oggetti inanimati!-
- Alla fine dov'era?-
- Accucciato sulle scale del secondo piano. Era un gradino.-
Tristan rise, passandosi una mano fra i capelli biondi.
- Accidenti diavoletta.- sospirò, mentre la sua adorata bambina ormai tanto cresciuta gli buttava le braccia al collo, ricoprendolo di baci - Lo sapesse Liz che passi le tue giornate con pargoli mezzosangue...-
- Invece di uscire con dei mezzodeficienti dell'alta società?- frecciò l'empatica - No, grazie. E poi sento cosa pensano. Non sono mica stupida. O vogliono i nostri soldi o...-
- O una cosa che tua padre non dovrebbe sentire.- la bloccò Lucilla, che non aveva alzato gli occhi dal giornale - Tuo padre sa ma non deve mai sentire, fidati tesoro.-
- Tanto saremo di nuovo inguaiati.- sospirò Dena, paziente - Quand'è che la nonna e Liz hanno preparato la festa di compleanno della zia Sofia?-
- Questo martedì sera.- mugugnò Tristan - Qua da noi, perché come dice tua nonna il nostro giardino è più spazioso.-
- Si e scavando un giorno o l'altro troverete dei cadaveri.- sibilò Lucilla.
- Si può sapere perché la fanno qua?- mugugnò Dena imbronciata - E poi la zia Sofia le odia queste feste! Non possiamo fare una cena fra noi come l'anno scorso?-
- Scherzi cara?-
Degona sobbalzò, quando entrò Liz tirata a lucido in tailleur, scarpine e tracolla di lucida pelle.
- Ciao Liz.- cinguettò Dena, sperando non avesse sentito il resto del loro discorso.
- Ciao tesoro.- disse melensa la Jenkins - Scendi dalle ginocchia di tuo padre tesoro, non è fine.-
- Oh...oh si, scusa...-
- Brava tesoro.- Liz le sorrise luminosa, piena di orgoglio - Sei perfetta anche con quegli orribili jeans, sai?-
- ...Grazie.-
- Ti ho proprio cresciuta bene.-
Ma certo. Lucilla represse un Avada Kedavra.
In fondo c'era stata Liz a crescere sua figlia, non lei!, come si compiaceva di ricordarle sempre. Ogni santo e schifosissimo giorno.
- Ti dicevo, tesoro.- continuò la governante - E' tradizione dei Mckay svolgere qui ogni festa. Dal pranzo di Natale alla ricorrenza più insignificante. E poi tua zia Sofia merita una festa coi fiocchi, non un'insulsa cena. E quest'anno festeggeremo anche tua madre.-
Si, consideralo già fatto, ponderò diabolicamente Lucilla.
Nata a settembre, del segno della vergine e con un diabolico ascendente scorpione (come le aveva rivelato Liz anni prima con un test da liceali trovato su settimanale per anoressiche convinte), le donne nate sotto il segno della vergine dovevano essere festeggiate in casa, nell'intimità a loro più ideale.
L'intimità ideale per Lucilla con la governante era quella delle mani sulla sua giugulare, ma forse Tristan non avrebbe apprezzato.
- Perciò martedì la festa avrà inizio alle nove e mezza. Tristan, caro, io e tua madre abbiamo già discusso per il menù. Tutto a base di pesce e insalate, per stare leggeri ma non peccare di buongusto. I vini gli sceglierà Sofia, ovviamente. Gl'inviti sono già stati spediti ma se volete invitare qualcuno all'ultimo momento siete pregati di avvisarmi. Non vorrei proprio restare a corto di pensieri di ringraziamento per le partecipazioni...-
E restare a corto di cervello?, pensò Lucilla mordendosi la lingua.
Quello non la preoccupava neanche un po'?
- Ora vado.-
La Jenkins era ormai sulla porta.
- Sarò all'Associazione Strega e Nobildonna fino alle dieci. Ah, Lucilla, cara! La sarta viene domani!-
Ma se il suo stramaledetto armadio stava per esplodere!
Dove lo metteva un altro vestito?!
E poi da quanto tempo la chiamava "cara"?
Cos'era quella, la punizione per una sua vita precedente?
Tirarono il fiato quando rimasero soli tutti e tre, vicini vicini quasi per proteggersi dai pazzi che entravano allegramente in casa loro e che poche volte avevano il permesso, ma non fu una tregua lunga.
Stavano per mettersi a cenare quando insieme a Rose Mckay, dal camino del salone uscì quella che sembrava una parrucchiera.
E Lucilla, al limite dello sconvolto, si trovò questa diciassettenne scema vestita come una punk che armeggiava coi suoi capelli.
- Pensa che così giovane ha già tre diplomi del Circolo Belle e Stregate!- cinguettò Rose, sfregandosi le mani - I tuoi capelli sono sempre perfetti, dolcezza, ma volevo vederteli acconciati in modo diverso.-
Ma cosa stava succedendo?, si chiese Lucilla quando si accorse di aver piantato le unghie sul tavolo e non solo.
Aveva spezzato il legno. Aveva le unghie piantate nella superficie di legno!
Cosa stava succedendo?
La sua mano era scattata...così, senza che lei se ne accorgesse.
Perché...perché non riusciva più a sopportare tutto come una volta?
Com'era possibile che essere trattata come una bambola, sentire follie snob e razziali e ridicole feste superficiali fossero riuscite, nel giro di qualche mese, a destabilizzare la corazza indistruttibile che si era costruita negli anni?
Rose fortunatamente non si accorse di quello scatto che aveva stupito lei per prima, ma Tristan si.
Per questo ordinò alla madre con parole gentile di tornare dopo cena.
Mangiarono tranquillamente per una volta, senza Liz che li tempestava d'informazioni, super esperta del pettegolezzo mondano, ma quando Degona dopo aver aiutato gli elfi a sparecchiare disse che andava da Isabella per aiutarla a scegliere il vestito per uscire col suo nuovo ragazzo, Tristan afferrò Lucilla per il gomito in assoluto silenzio.
La trascinò nel vecchio studio e si richiuse la porta alle spalle.
Giratosi, trovò la Lancaster a tenersi la testa fra le mani.
La sua espressione non era sofferente.
Forse solo...sconvolta, confusa.
- Lucilla.- iniziò cercando di trovare le parole adatte - Probabilmente non ti piacerà sentirtelo dire ma credo che tu non possa andare avanti così.-
- Non me ne sono accorta.- mormorò lei con lo sguardo fisso a terra, senza neanche averlo sentito.
- Io invece si.- Mckay si avvicinò e le pose le mani aperte sulle spalle - Tesoro.-
- Non me ne sono accorta.- ripeté lei, come un disco rotto.
- Lucilla.- la chiamò allora, scuotendola delicatamente - Lucilla...pensavo a una vacanza.-
Lei si girò, stranita.
- Prendo un po' di ferie, ce ne andiamo da qualche parte.-
- No, non ora con Tom libero e il Marchio Nero che si staglia in cielo.-
- Allora annullo feste e appuntamenti.- replicò l'Auror, posandole due dita sulle labbra per farla tacere - No, non ti ascolto più. Sei stremata, sei stanca, non sopporti più nessuno al di fuori di me e nostra figlia. Lo sapevo da tempo che vivere qui ti avrebbe messo a dura prova e credevo andasse tutto bene...-
- Lo credevo anche io...ma...-
- Già, ma qualcosa non va.- sussurrò, prima di abbracciarla e lasciare che lei posasse il capo contro il suo torace - E' da poco che succede ma me ne sono accorto in tempo, per fortuna.-
- Passerà.-
- Non lo sappiamo. E non voglio perdere tempo.-
- Non sono malata, Tristan.-
- Che ne sai?-
- Sono un demone, non posso ammalarmi.-
- Ma deprimerti si.- replicò, mentre lei sgranava gli occhi.
- Non sto cadendo in depressione.- scandì quasi indignata.
- Chi non si deprimerebbe conducendo la tua vita? In questa casa intendo.- le spiegò, carezzandole la nuca - Liz esagera, lo fa anche con Dena. Lo so da sempre ma ho preferito lasciar perdere. Come hai fatto tu. Dena non ne ha mai risentito, forse perché sente il bene che Liz le vuole ma...tu sei adulta. E siamo soggetti a troppe costrizioni.-
- Stai parlando di...- Lucilla allargò la bocca - Tua madre ti uccide se la mandi via!-
- Dena è grande. E tu stremata dalle sue cene, dalla sarta, dalla parrucchiera, dai suoi impegni frivoli. Perciò scegli. O vieni via con me per qualche settimana, o risolverò da solo questa storia. Posso permettermi una madre imbestialita. Ma non te in questo stato.-
Già.
Ma lei in che stato era?
Cos'aveva da qualche tempo?
Non faceva che chiederselo, ma non riusciva a trovare una risposta.
Una cosa sola la sapeva però.
Sarebbe rimasta lì abbracciata a lui per tutti i giorni avvenire.

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19° ***


tmr19

 

 

 

Fu strano svegliarsi quella mattina del 27 giugno.
Perché chi aveva occhi per vedere, si destò nel passato...quando ancora tutto era semplice e perfetto.
Perché Damon Michael Howthorne si destò col sorriso sulle labbra, quella mattina all'alba.
Conscio che finalmente, dopo otto anni, la vita avrebbe ricominciato ad avere un senso.
Era nell'aria.
Era nel cuore.
Era lì che l'aspettava.
Le sei di mattina. Poche ore...e le strade che si erano biforcate si sarebbero ricongiunte finalmente.





"Secondo Livello, Ufficio Applicazione della Magia, comprendente l'Ufficio Uso Improprio delle Arti Magiche, il Quartier Generale degli Auror e i Servizi Amministrativi del Wizengamot. Il Ministero della Magia vi augura una buona giornata!" belò una voce femminile.
Le porte della cabina si spalancarono fluidamente dopo un leggero plin che faceva tanto babbano di quei tempi.
Ben tornato al Ministero, si disse Thomas Maximilian Riddle quella mattina alle sei del ventisette giugno.
Otto anni che non metteva piede lì dentro...e l'ultima sua visita non era stata proprio da ricordare.
Anzi...i brutti ricordi lo compirono...ma li ricacciò forzatamente indietro.
- Si va.- sibilò Draco Lucius Malfoy, uscendo per primo con la sigaretta fra le labbra.
Erano alla solita estremità del lunghissimo e magnifico salone d'ingresso. Il pavimento di legno era sempre lucido e bruno a contrasto col bel soffitto blu scuro, cosparso di simboli dorati che cambiavano posizione in un caleidoscopio di luci. Alle pareti invece i camini si erano triplicati.
Più moderni, più alla moda, più attrezzati da cui ogni pochi secondi apparivano maghi e streghe con aria assonnata, vista l'ora impropria della mattina.
Al centro dell'ingresso Tom rivide la bella fontana che tanto spesso l'aveva incantato.
Il gruppo di statue all'interno della vasca circolare erano più levigate che mai. Lo zampillo dell'acqua che cadeva dalle bacchetta del nobile mago e della bella strega erano appena attutiti dal ticchettare dei passi di tutti coloro che si trovavano al Ministero.
Era stata aggiunta una cosa però.
VIETATO FUMARE
Era scritto a caratteri cubitali su un pannello lì accanto alla cabina d'ingresso.
E c'era anche un usciere in livrea dorata pacchianissima, o almeno così sembrava, che guardò Draco con occhi assottigliati dall'alto del suo metro e cinquanta a confronto del metro e ottanta e passa di Malfoy.
- Signor Malfoy! Devo dirglielo proprio ogni giorno? Ma sa leggere?-
- Vai al diavolo Boris.- sibilò Malfoy, soffiandogli in faccia una nube di fumo.
Harry James Potter apparve accanto al biondo e riuscì a trascinarlo da parte. Alle loro spalle Tom, coperto da un lungo mantello nero e dal cappuccio che si sentì puntato come una preda dall'usciere nano. Poi Hermione, Elettra e Ron.
Ecco, era fatta ormai.
Passò molto poco perché, oltre ai lavoratori abituali di quel livello, anche i maghi e le streghe ospiti si accorgessero di loro. E bastò così poco perché notassero Harry...così poco che in pochi secondi si udì solo lo zampillo della fontana. E non più passi.
Non più.
Tutti si fermarono al loro passaggio, dritti verso il Quartier Generale degli Auror dove Duncan Gillespie, i fratelli Mckay e Lucilla li aspettavano. Dovevano esserci dei giornalisti per alcune notizie sulle ultime Burle Anti-Babbani perché presto iniziò ad apparire la luce di qualche flash.
Il bambino sopravvissuto tirò dritto per la sua strada. Lui a destra, Draco a sinistra e Tom preso in mezzo, anche se in una posizione poco più arretrata.
Il suo cappuccio calato sul viso convinse i presenti che doveva essere stato fatto un importante arresto, perché Harry Potter, dopo tanti anni, fosse tornato al Ministero.
E fu la festa per i giornalisti presenti. Tempo qualche minuto e raccolsero il coraggio necessario per avvicinarsi.
Fra quel chiasso, i flash e le domande, Harry si estraniò.
E ricordò perché si era lasciato convincere da Tom, quella mattina appena suonata la sveglia, al primo raggio di luce.
- Vengo con te.- aveva detto, già vestito quando lui era sceso per ingurgitare il caffè di pessimo umore, vista l'udienza che gli toccava col Wizengamot per essersi ripreso i poteri.
Già. Lui sarebbe dovuto andare a spiegare come mai aveva la sua bacchetta, cosa che in effetti ancora non era chiara nemmeno a lui, visto che Hermione si era ben guardata dal dargli spiegazioni.
Ma Tom si era fatto trovare in piedi e vestito, già fasciato e sotto qualche goccia di Lazzaro perché gli lenisse il dolore alla schiena.
E aveva detto quella frase che aveva lasciato tutti a bocca aperta.
- Io vengo con te, ho deciso.- aveva sussurrato.
- Vuoi che ti rimandino a Cameron Manor?- aveva ringhiato Draco con gli occhi grigi diventati come metallo colato - Sei impazzito? No, tu non ti muoverai da qui.-
- Non voglio tornare da Caesar...per il momento.- Riddle aveva sospirato, passandosi una mano fra i capelli - Voglio solo smetterla di stare rintanato nel silenzio. Non ho niente da nascondere...inoltre non sono stato io ad uscire da Cameron Manor, ma sono stato preso in trappola. Ho visto Badomen e quella donna. E in tutto questo io non centro nulla. Voglio guardare in faccia Donovan.-
- Si, che troverà di certo un modo per incastrarti!-
- Draco...io devo venire. Lui si aspetta di tutto tranne che io mi faccia avanti. Ha ragione Hermione, se lo prendiamo di sorpresa sarà così spiazzato da non riuscire a fare una mossa decente per metterci in difficoltà. Inoltre lei ha pronto il ricorso per il Ministro Dibble. C'è la possibilità che il Ministro mi lasci stare qui con voi.-
- E c'è la possibilità che ti rinchiudano di nuovo oggi pomeriggio.-
- Donovan mi ha fatto uscire.- aveva ricordato Tom a tutti - Perché dovrebbe ricacciarmi a Cameron Manor? Lui vuole che io resti fuori, vuole uccidermi.-
- Motivo in più per startene a casa, cazzo.-
Tom lo aveva fissato, cercando aiuto...ma Harry non era riuscito a dire nulla.
Forse perché...qualcosa che era accaduto negli ultimi giorni all'uomo che ora camminava al suo fianco.
Aveva sperato anche pregato perché Tom Riddle avesse trovato la forza per combattere con lui, invece di rinchiudersi di nuovo. Era un segno? Un segno che avrebbe rinunciato alla Sigillazione per sempre?
Dio, quanto ci sperava.
Per questo alla fine, guardando in quegli occhi blu come la notte, aveva trovato sufficiente forza, sufficiente coraggio per tutti e tre.
Per mostrarsi nuovo al mondo, al Ministero, a testa alta.
E sputare in faccia a Donovan e a tutto il Wizengamot che otto anni prima avevano messo in gabbia un innocente.
Tornò alla realtà quando Draco, per entrare nell'ala d'ingresso al Quartier Generale dovette prima riprendersi sua moglie delle grinfie della Skeeter, che, diavolo, era stata avvisata a tempo record, poi spingere dentro Elettra ed infine Tom, bersagliato da una tale quantità di flash e spinte dei curiosi che sentiva già un forte dolore su entrambi i fianchi.
Come se avesse corso per un'ora filata senza mai sostare.
Tirò il fiato per poi accorgersi che tutti gli Auror stavano fissando Harry, sconvolti.
- Miseria ladra.- li apostrofò Gary Smith - Harry! Che è successo? Voldemort è risorto?-
- Pessima battuta.- gli disse Ron, dandogli una pacca per salutarlo - Gary, dov'è il capo?-
- A farsi le canne coi Mckay. Perché?- Smith scoccò un'occhiata a Tom, senza vedergli il viso - Il teppista chi è?-
Kingsley apparve in quel momento da uno dei cubicoli. Per un attimo un sorriso gli sfrecciò sul volto invecchiato.
- Salve ragazzi.- disse, tornando serio - Il capo mi ha detto del vostro arrivo. L'Ordine è già fuori dalla Sala del Giudizio. Volete raggiungerli subito o aspettate?-
- Aspettiamo.- disse Harry, mentre veniva abbracciato da tutti, sottostando a una marea di domande.
- Fuori c'è tutta la redazione della Gazzetta per caso?- sibilò John Kinneas, entrando e chiudendosi la porta alle spalle con modi sgarbati - Ah ecco...- mugugnò sarcastico, inquadrando Potter - Ti fai pubblicità?-
- Ma tu non eri morto?- fece Harry.
- No, te l'ho detto per farti sentire meglio l'altra sera.- ironizzò Draco, gelido.
- Sta zitto Malfoy.- Kinneas scoccò un'occhiata melensa ad Hermione, che roteò gli occhi, poi si levò il mantello e lo buttò dentro a uno dei cubicoli - Allora perdenti? Come mai qua?-
- Avete trovato Badomen?- chiese uno della squadra di Gary.
- Non sapevo neanche stessi dando una mano agli Auror.- allibì Dustin Grey - Vuol dire che torni in servizio?-
- Non siamo qui per questo.- sospirò Ron, facendosi largo e andando a battere alla porta nera e lucida dove stava il cartellino dorato di Duncan. Sotto lo stipite, la classica nube di fumo poco legale.
- Oh, Duncan!- urlò Weasley - Muoviti che siamo arrivati!-
Ad uscirne per prima fu Edward, con un sorriso da una guancia all'altra.
Poi Efren, tutto appestato d'incenso alla cannella.
Quando vide Tom però, il Medimago quasi si slogò una mascella.
- Ma siete deficienti?- esalò pallidissimo.
- L'hai scoperto adesso Coleman?- frecciò Kinneas.
- Voleva tanto salutarti.- Draco gli soffiò altro fumo addosso.
- Si ma non si deve alzare dal letto! Non deve affaticarsi! Ma ascoltate quando parlo?-
- La finiamo?- rimbrottò la Grifoncina, sporgendosi dalla porta di Gillespie - Dai Duncan, muoviti! Mancano cinque minuti all'udienza!-
- Arrivo, arrivo!-
Insieme al Capo degli Auror, che Tom trovò solo privo di qualche capello sulle tempie, uscirono Tristan, Clay e Jess.
Baci e abbracci con tutti loro, mentre Lucilla e Harry discutevano in un angolo.
Poi fu il turno di Duncan di osservare Tom.
Un sogghigno breve, poi Gillespie si mise uno dei suoi giganteschi sigari in bocca.
- Ci si rivede, ragazzo.- e studiò la sua altezza - Che ti danno da mangiare i demoni?-
Riuscì a strappare un sorriso a Riddle ma durò poco.
Tom si sentiva le viscere attorcigliate. Si sentiva da cani e non per la ferita alla schiena.
Ora gli sembrava davvero una pessima idea.
Perché aveva seguito quel dannato impulso, perché?
Per una serie di coincidenze, forse. Ecco la verità.
Aveva smesso di credere al destino durante quegli otto anni di Sigillazione, ma poi...già, poi aveva ricordato le parole di Glory, quelle del Menestrello. Aveva visto le immagini dei morti di Diagon Alley.
Aveva letto i giornali.
Era libero. E vivo.
Forse un motivo c'era se era riuscito a salvarsi da Dark, da Viola, da Badomen e da quella donna.
Glory gli aveva chiesto come si poteva fare qualcosa per cambiare il mondo, nascosti in un palazzo, dimenticato da tutti. Aveva creduto che proprio l'essere dimenticato avesse potuto salvare i maghi e i babbani dalla follia dei Mangiamorte. Ma ora Badomen sapeva di lui.
Donovan stesso lo sapeva.
E lui...sentiva di dover fare qualcosa.
O l'avrebbe rimpianto per tutta la vita.
Non aveva mai rimpianto di essersi fatto Sigillare, questo no. Perché aveva regalato pace a chi non l'aveva mai conosciuta. Un genitore per Lucas e Faith e la serenità a Draco.
Ma ora...poteva fare qualcosa. Poteva davvero.
E non farlo sarebbe equivalso a tradire tutto ciò in cui aveva sempre creduto.
- Bene, signori diamoci una mossa! Non c'è niente da vedere, avanti.- scandì Gillespie dopo aver spedito tutti a tornare alle loro occupazioni - Noi andiamo, la Stanza del Giudizio è già piena di fessi. Muoversi!-
Ripercorrere la stessa strada però, che otto anni prima gli aveva rovinato la vita, fu più duro del previsto.
Chiuso nell'ascensore che partiva direttamente dal Quartier Generale degli Auror, Duncan pigiò al pulsante "giù" appestando tutti col sigaro.
Quando Tristan si permise di tossire, Gillespie gl'impose di tacere visto la giornataccia in cui l'avevano invischiato.
- E dovrai anche rispondere del perché tu abbia la bacchetta Potter.- gracchiò nervoso - Spero che i vostri avvocati siano ben pagati. Altrimenti ti consiglierei di entrare lì dentro solo con le mutande di latta. Chiedo scusa alle signore.-
- Ma figurati.- borbottarono Elettra e Lucilla, mentre Hermione rileggeva i documenti del ricorso di Tom.
"Ufficio Misteri..." annunciò la voce femminile.
Ecco. Ci siamo, pensò Tom.
Respira, s'impose.
Stesso corridoio vasto e spoglio, senza porte e finestre a parte quella nera e lucida, in fondo.
Invece della porta, presero le scale affiancate da pareti quasi umide, con tante torce appese alle pareti.
Le porte che si oltrepassavano erano massicce, con chiavistelli di ferro.
Tutte chiuse a chiave.
Poi la Sala del Giudizio e la sua porta pesante, fatta per troll e giganti.
Lì fuori, ad attenderli, c'era presente tutto l'Ordine della Fenice. Da Sirius ai parenti di Tom.
Gli avvocati erano già dentro.
- Pronti?- chiese Edward, retoricamente.
- Pronti.- mugugnò Draco, spegnendo la sigaretta contro la prete di mattoni e al contempo fissando Riddle con sguardo malizioso.
- Quaranta galeoni se mi riporti a casa.- sussurrò Tom.
- Metà del mio patrimonio se ti calmi.- rilanciò suo cugino.
- Hn...ok.-
Niente cambiava davvero, pensò Tom quando le porte si spalancarono.
Stessa stanza di pietra, illuminata fiocamente dalle torce di metallo arrugginito appese alle travi del soffitto.
Panche che si ergevano contro le pareti, le più alte ricolme di sagome scure. Quella del Ministro di fronte all'ingresso.
- Sei in ritardo, Harry James Potter.- disse una voce famigliare.
Il bambino sopravvissuto non rispose.
- Siediti.-
- No.-
I membri del Wizengamot finalmente furono visibili e non più solo ombre nascoste.
Wilson Donovan stava seduto quasi al centro, al fianco sinistro del pulpito più alto. Fra gli altri visi noti c'erano sempre il Consigliere Burton ovvero il vecchietto che aveva la mania di andare in giro in vestaglia per il Ministero specialmente nell'ufficio del signor Weasley, la Umbridge che a quanto pareva non si lasciava scalfire neanche dalla vecchiaia, il Responsabile Poole, dell'Ufficio sull'Uso Accidentale della Magia e un'altra quarantina di Pezzi Grossi tutti in rigorosa veste color prugna e la loro maledetta W d'argento ricamata sul cuore.
Il Ministro Dibble ancora non si vedeva.
- Cos'è questa storia, signor Potter?- chiese Donovan arricciando il naso - Si sieda. E cos'è questo spiegamento?-
- Parleremo dopo dei miei poteri, Segretario.- rispose Harry, restando affiancato a Tom e Draco - C'è un'altra questione da discutere. E sono sicuro che sarà di suo gradimento.-
- Ma davvero? Allora m'illumini.- fece l'altro, acido.
Se si fosse potuto Smaterializzare lì sotto, Tom era sicuro che in un attimo di bassa vigliaccheria l'avrebbe fatto.
Ma fu col cuore al galoppo che si levò lentamente il cappuccio dal viso.
E ciò che accadde dopo fu ciò che si erano immaginati.
Tutti e cinquanta i Consiglieri balzarono in piedi, alcuni con occhi sgranati, altri con la bocca già spalancata. La Umbridge aveva battuto tutti: il cappuccio di Riddle non gli era ancora finito sulle spalle che lei si era messa a urlare.
Ma il meglio, e questo Harry lo ammise con vero godimento, fu la faccia di Donovan.
Gli cadde anche il calamaio, che schizzò di nero tutto il pavimento e il basamento delle panche.
La sua espressione fu quanto di meglio Tom avesse visto negli ultimi tempi.
Stupore, sgomento e...ora terrore.
- OLTRAGGIO!- urlò la Umbridge, visto che il Segretario era mortalmente pallido - Signor Potter, verrà processato immediatamente e sbattuto ad Azkaban stasera stessa! E il signor Riddle la seguirà!-
- Chi andrà ad Azkaban, se posso chiedertelo Dolores?-
La porta alle loro spalle si chiuse con un secco rumore metallico e cadde il silenzio quando il Ministro della Magia Edgar Dibble si fece avanti in abito grigio antracite, camicia bianca, guanti che si tolse a fatica visto il cumulo di pergamene che aveva sotto braccio.
In mano teneva il suo bastone che usò per farsi largo, menandolo qua e là contro le gambe dei Consiglieri che erano scesi poco prima a bacchetta spianata.
Mentre passava però, Harry e Tom allargarono gli occhi.
Se il primo sussurrò a bassa voce un "Siamo fottuti!" alquanto significativo, il povero Riddle riconobbe nel Ministro l'uomo con cui aveva conversato qualche giorno prima a Kensington Gardens! L'uomo con la margherita gialla!
- Buongiorno a tutti.- borbottò Dibble, andando a sedersi nella sua panca di fronte alla sedia piena di catene - E devo ringraziarti Wilson,- disse verso Donovan - per aver messo l'udienza a quest'ora barbara della mattina.-
- ...Ehm...ecco...perdonami Edgar.- rispose l'altro, l'infingardo.
Il Ministro agitò la mano, seccato, e si buttò a sedere.
Poi, quando alzò lo sguardo, un bieco sogghigno gli piegò le labbra e i baffi bianchi.
- Signor Potter, che delizia vederla. Noto con piacere che la scritta sulla sua fronte è cambiata.-
Harry, seduto nei banchi dei testimoni con l'avvocato e gli altri Auror, si fece minuscolo.
- Ma lo conosci?- gli chiese Sirius.
- Ho mandato affanculo il Ministro.- mormorò, col magone - E' il tipo della Finale di Quidditch.-
- Siamo fottuti.- sussurrò Lucilla, a buon diritto.
- Bella figura da fare tesoro.- borbottò invece Elettra.
Ci volle quasi un'eternità prima che il Wizengamot si decidesse a tacere e a permettere agli avvocati di Harry di presentare prima il caso di Tom. Riddle infatti fu costretto a sedersi per primo su quella maledetta sedia troppo rigida, che gli strappò una smorfia a causa del dolore alla schiena. La pelle tirava immensamente.
Quando vide per le catene agitarsi per ammanettarlo decise che era troppo.
- Sono venuto qui di mia spontanea volontà. Non c'è bisogno di ricorrere a questi mezzi.- disse serio.
- Quest'uomo è pericoloso Ministro!- sbraitò la Umbridge.
- A dire il vero io ne ho solo sentito parlare di questo caso.- sospirò Dibble, lisciandosi i baffetti - Se date cinque secondi ai miei inservienti, torneranno qui con le pratiche di otto anni fa.- poi il Ministro guardò Donovan. Assurdo ma, Harry giurò di aver visto uno scintillio nei suoi occhi.
- Ti senti bene Wilson?- chiese il Ministro - Mi sembri pallido.-
- No, io...sto bene.- replicò Donovan, cercando di riprendersi - Ma devi scusarmi. Io ho fatto tutti i Controlli sul signor Riddle. E a quanto pare è venuto meno al suo patto e alla sua prigionia. Questo, Edgar, significa che andrà ad Azkaban.-
- Prima delle accuse ognuno ha il diritto di difendersi.- commentò Dibble, quando entrarono alcuni segretari con un pacco enorme di scartoffie. Il Ministro sbuffò sonoramente, poi agitò la bacchetta e il plico si depositò sulla sua panca.
Al tempo stesso si accese una pipa, incurante dei richiami della Umbridge che erano sempre finti colpi di tosse e quando le disse, stufo, che se soffriva di raucedine doveva andare a farsi vedere da un esperto, Harry James Potter iniziò a intravedere la terra promessa.
Un Ministro...con del cervello? Possibile?
Non stava sognando?
Draco invece decise che se fumava Dibble poteva fumare anche lui e si accese una sigaretta, sorridendo angelico in direzione dei Consiglieri inferociti. O almeno la maggior parte.
- Bene.- Dibble attese che entrasse la Scrivana della Corte, una ragazza sulla ventina dall'aspetto di plastica, poi levandosi la pipa iniziò a dettare - Udienza disciplinare del 27 giugno. Per...- scoccò un'occhiata perplessa a Tom -...una presunta Violazione della Sigillazione da parte del signor Thomas Maximilian Riddle, residente a...- guardò di nuovo Tom, poi Harry -...a Cameron Manor, Golden Fields, sotto la tutela del demone di stirpe Caesar Noah Gabriel Cameron. Inquisitori: il sottoscritto Edgar John Dibble, Ministro della Magia. Wilson Gerald Donovan, primo Segretario della Difesa contro i Maghi Oscuri. Dolores Jane Umbridge, Sottosegretario Anziano del Ministero, Conrad Poole, Responsabile Ufficio dell'Utilizzo Improprio della Magia e Amelia Susan Bones, Direttore dell'Ufficio sull'Applicazione della Legge sulla Magia. I testimoni della difesa...- Dibble agitò la mano, indicando alla Scrivana Harry e gli altri -...la trentina di maghi laggiù, Lady Lancaster, il Capo degli Auror Duncan Gillespie e...oh, salve Albus.-
Quando la porta si aprì di scatto, Tom vide entrare col cuore in gola per la gioia il preside Silente.
Il vecchio mago scatenò come in passato un coro di proteste a bassa voce dei più conservatori, ma il Ministro sorrise e gli fece comparire una poltrona.
- Scusa il ritardo Edgar.- l'apostrofò il preside, ciarliero.
- Scusa tu, Albus.- disse Dibble - Ma Wilson ha un concetto tutto suo di "mattiniero". Il sole è già sorto a proposito?-
Donovan incassò la testa nelle spalle, inferocito. E quando puntò gli occhi su Tom, Riddle sentì di ricevere addosso una colata di odio non indifferente.
Solo quando Dibble parlò di nuovo parve che i Consiglieri la smettessero di agitarsi.
- Dunque...le accuse...-
Accadde qualcosa di strano. Perché Dibble rimase a fissare una pagina...e sbattè gli occhi chiari un paio di volte.
- E' uno scherzo?- chiese, sollevando il volto.
- Quale scherzo?- fece Donovan - Manca qualcosa Ministro?-
Dibble allora, con espressione assolutamente incredula, sollevò una pagina di pergamena totalmente bianca.
- Cos'è?- sussurrò Elettra.
- Le accuse.- disse Dibble ad alta voce, ma lentamente, come se fosse tanto sconvolto da non riuscire a credere di essere nella realtà - La pagina con le accuse al signor Riddle sono bianche. Quali sono i capi d'accusa oltre a quest'esemplare scritta scarlatta dove mi viene specificato chi erano i suoi genitori?-
Silenzio.
Tacquero tutti. E Silente, sorridendo appena, colse uno sguardo di Harry.
Erano a metà dell'opera.
Portandosi due dita a una tempia, il Ministro della Magia rimase a posto le pergamene vuote.
- Bene.- e attese una decina di secondi prima di dire altro - Devo ammettere che...ci sono tutti gli estremi per la denuncia più grande che sia stata mai fatta ai danni del Ministero della Magia, mie cari colleghi.-
- Denuncia?- sbottò la Umbridge - Ministro, lei scherzerà!-
- No, visto che non ci sono accuse a carico del signor Riddle, Dolores.- e le sventolò da una panca all'altra quelle pagine bianche, con espressione quasi allucinata - Cioè, o sono cieco io o otto anni fa dovevate essere tutti completamente ubriachi. Chi è l'idiota che ha permesso un processo simile?-
- Orloff.- borbottò l'avvocato di Harry e Tom.
- Ecco spiegato il mistero.- soffiò acidamente Dibble - Qualcuno vuole spiegarmi cosa diavolo è successo otto anni fa?- ringhiò, cominciando ad assumere un tono alquanto serio e irritato - E qualcuno vuole spiegarmi il motivo per cui il signor Riddle era già stato contattato per la Sigillazione prima che compisse il diciassettesimo anno d'età?-
Altro silenzio.
Edgar Dibble non riusciva a credere alle sue orecchie, tantomeno ai suoi occhi. E quasi si abbassò dal suo palco per guardare Tom in faccia, era ancora più sconcertato.
- Mi scusi, ma lei cosa diavolo aspettava a far ricorso?-
Riddle, un pelino imbarazzato da quella situazione, si strinse nelle spalle.
- Mi sarà passato di mente...- buttò lì, dandosi dell'idiota per quell'uscita pessima.
- Siete tutti fuori di testa?- berciò Dibble - Qualcuno inizi a spiegarmi questa storia e in fretta anche!-
- Glielo dico subito. Il Wizengamot pensava che il figlio del Lord Oscuro fosse un pericolo, così prima ancora che compisse diciassette anni l'ha contattato per la Sigillazione. Semplice.- intervenne Lucilla.
- Lady Lancaster lei non ha diritto d'intervenire.- sibilò la Umbridge.
- Perdonami Dolores, ma credo che sia un suo diritto invece.- la fermò il signor Burton, sempre più vecchio e rintronato - Visto che otto anni fa, quando avete buttato fuori me e Amelia Bones dall'aula per il voto alla Sigillazione non avete informato neanche milady.-
- Quando ha firmato per la Sigillazione il ragazzo era maggiorenne!- sindacò la strega - E venire ora qua a fare i capricci mi sembra del tutto ridicolo! Non siamo qua per parlare della sua Sigillazione ma del fatto che andrà ad Azkaban perché è fuggito da Cameron Manor!- strepitò, rivolgendosi a Dibble - Ministro, il Consiglio otto anni fa prese la decisione più giusta! Infatti per otto anni c'è stata una pace totale.-
- Forse perché Harry Potter fece il suo lavoro a Tower Bridge?- le disse Duncan, pacato - C'è stata pace perché il Lord Oscuro e Augustus Grimaldentis, che noi conoscevamo come Mezzafaccia, morirono sull'Arca dell'Alleanza. Ecco perché c'è stata pace. Non perché il figlio di Voi-Sapete-Chi è stato Sigillato coi demoni.-
- Sciocchezze signor Gillespie! È stato rinchiuso perché era un possibile capo per i Mangiamorte!- la Umbridge portò gli occhietti da rospo su Tom - Mi dica, signor Riddle...se non sono indiscreta, da quanto è libero?-
- Non vedo come sia rilevante.- la bloccò l'avvocato.
- Io invece lo vedo eccome.- s'intromise Donovan, gelido come un pezzo di marmo - Perché giusto da qualche tempo è ricomparso il Marchio Nero. Io non ho mai creduto alle coincidenze.-
- Ma guardi che cosa buffa. Io neanche.- sibilò di colpo Harry.
Il Segretario ebbe la forza di guardarlo in faccia, ma presto si rimise a scartare nelle sue cartellette, tirando in ballo tutto quello che era successo dalla Finale di Quidditch. Il morto, Albert Bodley, che aveva trovato Draco nelle foreste. La strage di Diagon Alley, Badomen alla Gringott e poi il Marchio Nero.
- Non ci sono le prove per accusare il signor Riddle, Segretario.- asserì l'avvocato di Tom, rivolgendosi poi a Dibble che, bisognava dirlo, sembrava essere sul punto di chiedere a Duncan qualcuno dei suoi anti psicotici - Il signor Riddle è stato Sigillato nel Golden Fields otto anni fa, Ministro, questo è agli atti. E per otto lunghi anni il Segretario Donovan si è premurato di eseguire continui Controlli. Senza contare il collare che il mio cliente porta al collo.-
- Avrà trovato il modo di eliminare anche la nostra magia.- sibilò la Umbridge - Buon sangue non mente.-
- Astenetevi da commenti idioti, grazie.- disse Dibble, facendo sollevare le sopracciglia a Tom e facendo arrossire la rospa come un pomodoro - Non sono tollerate sparate sul sangue nella mia aula. Spero sia chiaro anche a voi...- aggiunse, quando entrarono niente meno che gli adorati coniugi Black, ovvero i genitori di Narcissa e Andromeda e i nonni di Tom e Draco.
Ormai c'era da mettersi le mani nei capelli, pensò Tom. Che ci facevano loro lì dentro?
Bella figura che ci faceva! Quelli si che erano Mangiamorte dichiarati!
- Continui avvocato.-
- Come le dicevo Ministro, il collare che il Signor Riddle porta al collo è al cento per cento sotto il controllo totale dell'Amministrazione Magica del Wizengamot.-
- D'accordo ma come ha fatto ad uscire?- chiese Amelia Bones, scrutando Tom con interesse.
- Parli pure signor Riddle.- gli disse Dibble.
Tom sentiva di avere la gola secca come un deserto. Non sapeva se era la tensione o uno dei tanti effetti collaterali delle pozioni che stavano cercando di eliminare il veleno dal suo corpo.
Si agitò sulla poltrona, facendo un'altra smorfia e poi si schiarì la voce.
- Il giorno dopo la Finale di Quidditch...- mormorò, fissando il Ministro negli occhi - avvenne un Controllo del Segretario Donovan. Com'era stabilito d'altronde dal nostro calendario.-
- Signor Riddle, mi scusi...- lo fermò la Bones - Lei sapeva sempre quando sarebbe venuto il Segretario?-
- Si, certo.- annuì - Come saprete dai verbali, il Ministero mi concedeva l'arrivo dei quotidiani ogni giorno, ma nessun contatto esterno, posta compresa. Quel giorno come sempre il Segretario raggiunse Cameron Manor con il Responsabile degli Auror di stanza ad Azkaban, Paul Brockway e un Auror del Ministero...David Quinn mi pare.-
- Fateli chiamare.- ordinò Dibble.
- Ma Ministro...Brockway è ad Azkaban.- borbottò la Umbridge.
- Bhè, un po' d'aria sana gli farà bene.- la liquidò lui - Prego, continui signor Riddle.-
-...Dicevo...si, il giorno dopo le Finali il Segretario si presentò per il Controllo e portò come sempre alcune casse contenente materiale devoluto dal Ministero.-
- Vedo.- disse Dibble, quando Donovan gli passò il fascicolo - Libri e oggettistica.-
- Si, esatto.-
- Vedo che quel giorno le furono portati tre libri di Rune Celtiche Avanzate e Lingua Marinese.-
- Bhè, si...- Tom levò un sopracciglio - E una Dama dell'Acqua. Fu quella a portarmi fuori da Cameron Manor. Accidentalmente, ovvio.-
- Una Dama dell'Acqua?- se ne uscì il Ministro.
- Si, era dentro un uovo di cristallo.-
- Cosa sta dicendo, signor Riddle?- sentenziò la Umbridge altezzosa - Sui registri non è segnata nessuna Dama dell'Acqua! È completamente pazzo se crede che lasceremmo un Portalista Naturale in via di estinzione a un mago sotto Sigillo!-
La Dama non era registrata.
Avrebbe dovuto immaginarselo.
- Sapevo che avrebbe mentito.- sibilò Donovan, altero - Ministro, siamo punto e a capo. Sta mentendo per coprirsi.-
- Dove sono Brockway e Quinn?- chiese Dibble, serio quando la porta della Sala si aprì e ne apparve l'usciere in livrea dorata che avevano visto all'entrata del Ministero - Voglio parlare con loro.-
- Mi scuso, Ministro.- disse Boris, l'usciere - Ma il signor Brockway non è potuto assentarsi dalla prigione. Sembra che ci siano disturbi fra i prigionieri.-
- E David Quinn?-
L'usciere sembrò agitato, specialmente quando puntò gli occhi su Tom senza riuscire a staccarli più.
- Ecco...credo non sia la situazione adatta...-
- Boris che diavolo succede?- sibilò Duncan, con un brutto presentimento.
Lo si venne a sapere cinque minuti dopo. David Quinn era stato trovato morto nella sua casa insieme a sua moglie e a sua figlia, quando i messaggeri del Ministero erano andati a cercarlo per chiamarlo in appello.
A quanto sembrava, era morto da poco. Molto poco. Neanche mezz'ora.
Una morte quanto mai provvidenziale, sembrarono dire gli occhi di Silente quando incontrarono lo sguardo del Ministro Dibble.
Lo shock era tanto ma non riuscì a scalfire Hermione. Era stata orchestrata bene e in fretta quell'uccisione. Tanto bene che...qualcun altro lì al Ministero doveva aver capito chi era Tom, anche se era stato nascosto tutto il tempo sotto il cappuccio prima di entrare nella Sala del Giudizio.
Qualcuno lì fuori l'aveva riconosciuto e conscio di ciò che stava per accadere, aveva zittito Quinn per salvare Donovan e Brockway visto che la Dama dell'Acqua non era stata messa a verbale.
C'era una spia lì al Ministero. Forse più di una.
E ora Tom era nei guai.
- Ministro.- il Segretario si alzò in piedi - A questo punto ritengo che sia necessario scortare il signor Riddle ad Azkaban mentre il signor Potter verrà sottoposto a un regolare processo.-
- Come quello che ha subito questo ragazzo otto anni fa, Wilson?- gli chiese Dibble, sarcastico.
- Con tutto il rispetto...- Donovan serrò i denti - Ministro, queste coincidenze sono eclatanti. Riddle fugge da Cameron Manor e appare il Marchio Nero. Quinn, Dio l'abbia in gloria, viene ucciso! Per non parlare dell'identikit fatto dai morti di Diagon Alley!-
- Cosa?!- Ron a quel punto balzò in piedi con gli altri - Lei è stato il primo a sputare sulle parole dei morti di quel giorno! Ora non può usarle come vuole!-
- Forse non credevo alle parole di un Lettore di Morte ma signori miei, non trovate strano che i morti di Diagon Alley abbiamo descritto un mago identico al signor Riddle?-
- No, no...fermi un secondo!- Tom non ci capiva niente - Di cosa parlate?-
- Il suo amico.- soffiò melensa la Umbridge - Il suo amico ha parlato coi morti di Diagon Alley...bah! E a quanto pare i morti hanno descritto il loro assassino...capelli neri, bell'aspetto, occhi scuri e volto pallido. Crede di assomigliarci?-
I morti l'avevano visto andare a spasso per Diagon Alley mentre lui invece era da Dark a farsi infilzare come uno spiedino? Ma che diavolo di storia era?
- Io non so cosa dire.- sospirò a quel punto, esausto e a pezzi per il dolore - Non so nulla delle parole di questi morti e sono addolorato per il signor Quinn...ma quel giorno non potevo essere a Diagon Alley. Quando sono stato sputato fuori da Cameron Manor da quella Dama dell'Acqua sono stato ferito, poi in rapida sequenza catturato dai Lucky Smuggler di Alister Dark, portato all'Azmodeus Club e messo sotto vetro. Ho morsi di vampiro sparsi ovunque e se il Segretario s'è dimenticato di mettere a verbale la Dama dell'Acqua che ha scaricato a casa del signor Cameron io non so cosa farci anche se ci saranno le confessioni firmate di sei demoni per confermarlo. Anche se a questo punto c'è da chiedersi come mai il collare tanto prezioso dei vostri Artimagi non vi abbia avvisato.-
- Cosa intende?- gli chiese Amelia Bones.
- So che la distorsione temporale e spaziale è una delle forze più potenti nel mondo dei maghi.- le spiegò Tom, calmandosi un poco - Solo un potente Portalista potrebbe interferire con questo collare.-
- E con ciò?- sbottò Donovan.
- E con ciò ecco un buon motivo per cui il collare non vi ha avvisato!- sibilò Riddle stremato - Perché la Dama dell'Acqua l'ha sballato! Io non potrei aver sortito lo stesso effetto con un incantesimo!-
La spiegazione parve così chiara che Donovan, grazie a Merlino, per una volta ammutolì.
- Fregato.- sibilò Hermione, perfidamente.
- E un'altra cosa.- attaccò Tom, che quando partiva in quarta sclerava fino alla fine - Ho un buco nella schiena largo almeno dieci centimetri e non vedo come quel giorno a Diagon Alley sarei potuto tenermi in piedi! Ma forse qui qualcuno lo sa meglio di me visto per otto anni mi ha strappato tanti capelli da farci una parrucca!-
- Cosa?- tuonò Donovan - Non starà insinuando che io...-
- Che non so quanti capelli mi abbia effettivamente strappato.- disse Tom, serafico.
- Wilson calmati.- gli ordinò Dibble a quel punto, battendo le mani per zittire la cagnara.
Ormai era il disastro totale. metà del Wizengamot urlava vendetta, l'altra metà era seriamente perplessa.
Ma il Ministro era l'unico risoluto sulla sua posizione.
- Dopo quanto sentito, signori miei...sappiate che sono disgustato.- scandì, trapassando i Consiglieri con un'occhiata truce - Sono scandalizzato dalla vostra mancanza di serietà e scandalizzato ancora di più da quella pagina bianca. Ho anche in mano i ricorsi presentati negli scorsi anni dai congiunti del signor Riddle. Non sono stati timbrati. Devo dedurre che non li abbiate neanche presi in considerazione, vero?- Dibble si sporse dal bancone, l'espressione combattiva - E deduco anche che questa storia non si chiuderà qua. Assolutamente.-
Il verdetto.
Tom chiuse gli occhi, sentendo il cuore battere come un tamburo.
- Dispongo che Thomas Maximilian Riddle non faccia ritorno nel Golden Fields per il momento e che conservi i suoi poteri intatti, esattamente come la sua bacchetta. Dispongo inoltre che, alla virtù dei fatti di oggi, per i prossimi tempi venga affidato alla sua famiglia...e in questo caso intendo i parenti più prossimi di sangue, i Black.- levò la mano però, quando Jocelyn Black parve esultare - Un momento. Considerati i trascorsi, impongo che il signor Riddle venga affidato alle consanguinee della sua madre biologica, ovvero Lady Narcissa Malfoy e Miss Andromeda Tonks ma, se ci saranno da prendere delle decisioni legali, allora sarà Lady Lancaster a farlo.-
- Per quanto tempo Ministro?- gli chiese l'avvocato.
- Fino a metà luglio, quando indirò un'Inchiesta a suo carico...e a carico dei Rappresentanti del Ministero della Magia che sono coinvolti in questa incresciosa vicenda, ovvero il Segretario Wilson Gerald Donovan e Paul Brockway, Capo degli Auror di Azkaban.- picchiò un paio di volte la mano sulla panca, per far tacere i rivoltosi per poi aggiungere, quasi con una minaccia - E vi giuro, signori...che andrò a capo di questa storia anche a costo d'impiegarci altri otto anni. Bene.- fece sparire le pratiche di Tom con una manata, lasciando sconvolto Riddle che quasi non ci credeva, per piazzare lo sguardo già di per sé imbestialito sul bambino sopravvissuto.
- Signor Potter...- e si guardò l'orologio da polso - Facciamola breve, sono quasi le otto di mattina e vorrei tornare a letto per godermi la colazione delle dieci. Dunque, mi dicono che s'è ripreso i poteri.-
- Esatto.- annuì Harry.
- Ma che la sua bacchetta era sparita dall'Ufficio Misteri già otto anni fa.-
- Si.-
- E cos'ha da dire?-
Harry parve pensarci su.
- Veramente niente.- abbozzò poi, scatenando un altro putiferio - Mi sono solo ripreso ciò che era mio.-
- Ma davvero?- Dibble si poggiò su un gomito - C'è entrato lei nell'Ufficio Misteri?-
- L'ultima volta è stato vent'anni fa.- fu l'arguta risposta.
- E il Responsabile Poole dice che lei ha usato la magia anche a Diagon Alley, alla Gringott. E che per altro il suo primogenito continua a ricevere richiami. È un Phyro, esatto?-
- Si, esatto. Il Responsabile Poole forse preferiva un'altra decina di morti in banca però.- commentò Potter, sarcastico - E si scorda anche che non esistono studi fondati su come aiutare un Phyro nella scoperta dei suoi poteri.-
- Hn.- Dibble sfogliò altre carte, ma sembrava averne basta.
Infatti sventolò nuovamente la mano e si rimise la pipa in bocca.
- So abbastanza per decidere in merito alla questione.- e soffiò in aria un anello di fumo - So bene che nessuno dei suoi amici parlerà riguardo al furto della bacchetta e neanche posso sbatterli tutti in cella considerati i commenti positivi del Capo degli Auror su questa squadra. Quindi facciamo così, signor Potter. I suoi amici, di cui passo a dire i nomi...ecco, il signor Weasley, il signor Malfoy, sua moglie Lady Hermione Hargrave Malfoy, la signorina Vaughn, il signor Coleman e il signor Dalton dovranno pagare al Ministero della Magia una multa per il totale di cinquecento galeoni a testa per il loro ostruzionismo nella causa.- e al successivo schizzare di orbite dei suddetti, Dibble proseguì - Mentre per lei signor Potter, ho una multa diversa.-
- Almeno i soldi della vostra rendita serviranno a qualcosa.- sfuggì a Harry.
Eppure il ghigno del Ministro della Magia per un attimo lo fece deglutire.
- Io la obbligo, signor Potter, a riprendere servizio...e a seguire le reclute Auror per almeno dieci ore alla settimana. Le piacerà fare il maestro, vedrà. Così potrà insegnare alle giovani menti la preziosa arte dell'astuzia. L'udienza è finita, signori. Spero di non rivedervi troppo presto.-
E con quell'acido commento, il Ministro Edgar Dibble svanì in una nuvola di fumo.

Una volta fuori, mentre qualcuno si chiedeva se andare a battere per rimediare in fretta cinquecento galeoni e mentre altri del Wizengamot se ne andarono via sdegnati come comari cattoliche osservanti di fronte a uno spettacolo di spogliarello, il povero Tom non fece in tempo a salutare Silente che venne stritolato nell'abbraccio più falso ricevuto da sua nonna, l'adorabile Jocelyn Black, che oltre a dirgli a menadito tutti i tratti che lo accomunavano alla sua preziosa Bellatrix, senza accorgersi che lui aveva solo voglia di vomitare, urlò ai quattro venti che era ingiusto che fossero le sue figlie rinnegate a prendersi cura di lui.
Quando lui le fece notare che era abbastanza grande per stare da solo, la cara vecchietta gli promise solennemente che sarebbe stato l'unico compreso nell'eredità insieme alla sua "adoratissima Glorya" e a Draco.
Se ne andò solo quando, dopo che il marito era giù uscito per attaccarsi alla fiaschetta di brandy, Andromeda gli ricordò cortesemente che dovevano andare, prendendosi dietro una serie d'insulti irripetibili.
- Meno male che è solo mia zia.- sibilò Sirius, sarcastico - Se era mia suocera l'avrei sotterrata con gli ossi.-
- Ci penserò Black, grazie.- soffiò Lucius - Prima però devo trovare il modo per farle cambiare il testamento.-
- La cantina è mia.- lo fermò Draco - Glory è troppo piccola e Tom del vino non se ne fa niente.-
- Parla per te.- replicò Riddle, dolorante - Del sedativo ora mi andrebbe bene.-
- Altro che sedativo, qua serve un paracadute d'oro.- ringhiò Duncan, battendo le mani per recuperare l'attenzione di tutti - Va bene gente, poche ciance. So che è stata dura ma con la morte di Quinn ora dobbiamo darci una mossa. Jess, raccatta tutti i tuoi uomini e vai con Grey e Kinneas a casa sua. Cerca ogni indizio.-
- Come se ce ne saranno davvero.- ironizzò Tristan, infilandosi il mantello - Vado a cercare Clay e Milo. Sphin è nell'armeria, raccatto anche lui. Ci vediamo nell'atrio.- salutò il fratello e Tom, baciò Lucilla e se ne andò.
- Voi dell'Ordine scoprite se Quinn aveva dei nemici. La settimana scorsa ha avuto da ridire con i Lucky Smuggler.- continuò Duncan, mentre Remus e Sirius già pensavano a chi richiamare. Ma il bello venne quando Gillespie rimase solo con Harry e gli altri.
- Bella stronzata avete fatto.- sindacò - Non me ne frega un tubo della vostra multa ma ora voi portate le chiappe al Quartier Generale e non me ne frega niente, Malfoy, se oggi è il giorno libero tuo e della Vaughn. Chiamatela, le darò il giorno libero domani. Mentre tu...Potter...- aggiunse isterico, con gli occhi fiammeggianti -...porti la tua augusta persona nel mio ufficio, perché devo ridarti il distintivo e andare a segnarti ai colloqui informativi con le reclute. Sono stato abbastanza chiaro? Perfetto! E adesso evaporate!-
Come no. Altro che evaporare. Se ci fosse stata una voragine sotto terra ci si sarebbero buttati tutti.
Tornati al Quartier Generale, Efren e Ron andarono subito a chiamare Trix tramite i camini ma fu difficile. Si, perché ormai tutti sapevano di cos'avevano combinato nella Sala del Giudizio. E quando Harry, Draco ed Hermione uscirono nei corridoi con Tom fu come venire bersagliati da una serie di lampi. I giornalisti non se n'erano ancora andati.
Ma chissà perché, bastò che Duncan uscisse inferocito dalle sue stanze di relax minacciando multe, querele e denunce, come le chiamava Dalton, perché tutti prendessero il volo.
Erano a metà strada quando Tom dovette fermarsi in un'anti camera, lì al Secondo Livello.
Una mano premuta sulla schiena e il fiato corto testimoniavano che era già stanco. Era tanto se il Ministro non aveva richiesto una visita medica per accertarsi delle sue condizioni.
- Adesso tu te ne stai buono qua.- scandirono seri tutti e tre - Lucilla non è ancora andata via, andiamo a chiederle il Lazzaro. Forse s'è portata dietro un'ampolla di riserva.-
Prima ancora che riuscisse a scongiurarli di non lasciarlo lì da solo, quei tre dannati se n'erano andati.
Piantato lì. Come un fesso.
Un attimo e si guardò attorno...c'erano due gruppetti di maghi e streghe che lo fissavano.
Ma porca...
Si tirò il cappuccio sulla fronte, anche se faceva tanto Mangiamorte, ma se ne infischiò.
Vedeva le stelle, chissene fregava se pensavano che era il degno figlio di suo padre solo perché era vestito di nero.
Qualcosa però, oltre a quella gente che lo scrutava e spettegolava, riportò la sua mente al passato.
Quella parete...quel posto. I divanetti. Ora erano verde bottiglia, di velluto. E il tavolino era di ciliegio, piatto e irregolare. Ma...ricordava quel posto. Era il luogo dove lui e Damon si erano incontrati la prima volta.
Anzi, dove Damon era venuto a prenderlo.
Un pendolo poco lontano, in quel corridoio di uffici, battè le otto di mattina.
Ricordava anche quelle porte. Era da lì che erano uscite prima Trix e poi Claire...
Ma prima aveva conosciuto Damon...era stato lui a trovarlo. A parlargli...
- Ehi tu...hai ucciso qualcuno per caso?-
Tom sbarrò gli occhi da sotto le ombre del cappuccio.
Lo sentiva lì vicino come sentiva l'aria nei polmoni. Si girò lentamente e si sporse da sopra la spalla...e lo vide.
La stessa frase di quindici anni prima.
E come quindici anni prima un giovane Legimors era giunto al Ministero per incontrare una persona, quel ventisette giugno Damon Michael Howthorne era di nuovo lì.
Appoggiato a un muro, a braccia incrociate. E i suoi incredibili occhi celesti sorridevano finalmente.

Nello stesso momento più o meno, Angelica Claire King e Beatrix Mirabel Vaughn uscirono dall'ascensore, a quello stesso livello. Boris le fece passare, mentre discutevano dell'ora infame a cui Damon le aveva costrette a precipitarsi lì.
-...Guarda, io spero solo che sia importante.- sbraitò Trix, estraendo dalla pochette di pelle una cannuccia da infilare nella sua colazione, mentre l'usciere la squadrava ammirato, nel suo abitino nero senza spalle sopra i jeans e gli stivali al ginocchio - Non poteva aspettare Howthorne? Dico, sta asserragliato in casa per giorni e poi...-
Trix fissò Cloe, vedendo che aveva voltato la testa di scatto, alla loro destra. Verso il corridoio degli uffici.
Gli occhi nocciola sbarrati della Sensistrega la preoccuparono.
- Che succede?- le chiese.
Cloe tremò. Una mano le salì alla gola, mentre cercava di riprendere la padronanza di sé. Ma non ci riuscì.
Di nuovo. Lo sentiva di nuovo.
Era lì. Lui era lì.
- Che diavolo ti prende, si può sapere?-
Trix guardò di nuovo, poi a sua volta venne colpita da qualcosa. Un odore...un odore che non aveva dimenticato.
Non stette a sentire la King. L'affettò di volata, quasi spezzandole l'osso del polso e facendosi largo fra i camini da cui uscivano maghi e streghe affaccendate e le porte sempre aperte, percorse di volata tutto il corridoio.
E quando girò l'angolo...
Damon. A destra del salottino.
E...uno spettro sotto un mantello nero, che aveva il volto dell'amico che le aveva abbandonate.

Tom si girò appena quando sentì il ticchettio di doppio paio di tacchi alti.
Un flash di colori, due occhi gialli che si spalancavano.
E il volto di Claire, che sembrava essere diventato di pietra.
Poi qualcosa era caduto e a terra si era rovesciato un mare di sangue...ma lui non aveva avuto quasi il modo di accorgersene. Perché mentre il suo cuore per un secondo aveva smesso di battere, Beatrix aveva cacciato un grido sottile ma arrochito e lasciando cadere la pochette si era precipitata da lui.
Fu come venire stritolati dall'abbraccio del tempo. Fu duro e delicato.
Fu triste e bello.
E mentre Beatrix lo stringeva e gli teneva il viso fra le mani, sulle punte degli stivali, baciandogli ogni centimetro del viso, Damon rimase dov'era per subire un'occhiata che sapeva sarebbe venuta.
Fu un attimo.
Perché Cloe riuscì a staccare gli occhi da Tom, per posarli su di lui. Affilati come lame.
Un istante solo, il tempo di un battito di ciglia e lei se n'era andata.
Proprio quando tornarono Harry e Draco. Se si stupirono di trovare Damon, i due non lo dettero a vedere.
- Carogna.- sogghignò Malfoy - Lo sapevi, vero?-
Damon rise, levando le spalle e staccandosi dalla parete - Solo che sarebbe stato qui oggi. Tu piuttosto, bastardo...ce l'avevate voi in consegna, vero? Potrei anche incazzarmi per non essere stato informato.-
- Più che altro potrei incazzarmi io.- sospirò Harry, verso Tom e Trix - Gli saranno saltati i punti.-
- I punti?- riecheggiò Howthorne.
- Si...non sai perché è qui?- gli chiese Potter.
- No.- fu la calma risposta del Legimors - E se devo essere sincero neanche m'interessa.-
- Più che giusto.- rise il bambino sopravvissuto, dandogli una pacca sulla spalla - Senti Damon...qua noi siamo invischiati fino al collo. Gli altri se ne sono andati e coi bambini c'è J.J. Lo riporti tu a casa per favore?-
- Non c'era neanche bisogno di chiederlo. Ma non te lo riporto a casa...me lo tengo io.-
- Come vuoi.- disse Draco, mettendosi una sigaretta in bocca e sfidando Boris a dirgli qualcosa con occhi omicidi - Comunque...ehi, Trix!- disse ad alta voce, quando la Diurna si risvegliò dal suo incanto, ancora abbracciata a Tom - Tesoro, mi spiace interromperti ma ci vuole Duncan. Ci ha fottuto il giorno libero, ce lo dà domani ma oggi dobbiamo lavorare.-
Lei sbattè gli occhi vitrei, passandosi una mano sulle gote umide.
- Perché?- chiese con voce flebile - Cos'è successo?-
- Te lo spieghiamo dopo. C'è una riunione in sala.- le disse Harry.
- Ma...- lei fissò Tom quasi disperata, afferrandogli le mani - Ma io...-
- Perché non ti tranquillizzi? Tanto non scappa.- Draco riuscì a sorriderle - Il Ministro Dibble gli ha proibito di allontanarsi da Londra. Ti spieghiamo tutto a pranzo ma ora devi venire con noi.-
Avrebbe preferito la tortura, lo capirono dal suo sguardo perso.
Lei tornò a scrutare Tom, occhi negli occhi, per poi poggiare il capo contro la sua spalla.
Non riusciva a dire niente...e lui, stretto fra le sue braccia, fra dolore e gioia più sconfinata, non aveva più voglia di parlare.
Alla fine lei riuscì a staccarsi, passandogli ancora delicatamente le mani sul viso.
- Vengo per cena!- assicurò di botto, volgendosi verso Damon - Ce la faccio, sono sicura!-
- D'accordo.- annuì Howthorne, senza battere ciglio - Ti aspetto allora.-
- Allora lasciamo Tom nelle tue mani.- sorrise il bambino sopravvissuto, lanciando contemporaneamente a Riddle una piccola ampolla di vetro bluastro che gli aveva dato Lucilla - Veniamo a riprenderlo dopo cena.-
- Ok.-
- Ah, Damon...- Draco lo prese un secondo da parte, quando furono davanti all'ascensore e quando Trix e Tom ancora si guardavano disperati, come se avessero dovuto separarsi di nuovo per anni - Dagli un'occhiata oggi. Fallo mangiare e fallo bere molto. Ha una ferita sul fianco abbastanza seria, ma la fasciatura è a posto. Al massimo passerà Efren nel pomeriggio per controllarlo.-
- C'è altro?- chiese il Legimors.
- Si, dorme parecchio...non preoccuparti se ti casca stecchito sul divano.-
Damon rise - Bene. State tranquilli, non lo porterò in giro. Ma stasera mi spiegate cos'è successo.-
- E non solo.- sbuffò Malfoy, facendo un gesto a Riddle di saluto - A dopo allora.-
Le porte della cabina si aprirono, la voce della strega dette loro il benvenuto. E molti maghi li scrutarono fra il terrore e lo stupore.
Ma erano vicini ormai, pensavano.
In fondo non poteva più succedere niente di peggio.

Incredibile.
La vista di Hyde Park era incredibile dall'attico di Damon.
Tom entrò per secondo e la cosa che lo colpì fu quell'immensa vetrata a forma di mezzaluna che dava su tutto il parco.
Damon sorrise, accettando quel silenzio visto che non si erano scambiati una sola parola durante il tragitto. Buttò le chiavi nell'ingresso insieme agli occhiali da sole e alla loro custodia lasciando che Riddle ispezionasse il soggiorno su cui dava subito l'ingresso, solo a un piano leggermente infossato che però dava un'idea molto aerata dello spazio circostante. Sporgendosi dalla vetrata, Tom notò nel riflesso che il Legimors spariva in un corridoio alla loro sinistra.
Era cresciuto Damon, pensò. Proprio come lui in fondo.
Stava ancora guardando fuori, ringraziando del sole fioco di quell'ora proibitiva di mattina visto da anni lui stava sveglio di notte e dormiva di giorno quando qualcosa iniziò a svolazzargli accanto.
Si girò e si fece indietro, portando istintivamente la mano alla bacchetta sotto la giubba.
C'era una tazza da thè a mezz'aria, che svolazzava.
- Ehm...Damon...- chiamò, rendendosi conto che era una vita che non pronunciava quel nome. Era quasi triste.
Trovava strano pronunciare il nome del suo migliore amico.
Howthorne mise il naso in salotto e notando la tazza rise.
- La signora Wilma ha chiesto se vuoi del thè.-
La signora Wilma?
Oddio! Allora era vero! Otto anni prima quel discorso era caduto per evidenti motivi di tempo, ma allora era vero! Damon parlava davvero coi Non-Vivi!
- C'è qualcosa di più forte?- chiese all'aria, senza sapere se rivolgersi al cadavere o al padrone di casa.
- Caffè?- urlò Howthorne dalla cucina.
- Hai del brandy?- replicò, tastandosi la schiena.
Damon, da dove si trovava, levò gli occhi sull'orologio appeso alla parete. Un quarto alle nove.
Brandy alle nove di mattina era un po' esagerato anche per i canoni di Asher Greyback, ma in fondo aveva un buco nella schiena a quanto ne sapeva lui.
Lo raggiunse in cucina, trovandosi in un regno di superfici di metallo e legno e notò altri oggetti che galleggiavano in aria mentre il Legimors chiacchierava con qualcuno d'invisibile, chiedendo dov'era finita una certa Nora che lui non vedeva fra gli altri.
Una volta col bicchiere in mano, Tom mandò giù il liquore tutto d'un fiato, seduto al bancone della cucina.
Damon, dall'altra parte, studiò attentamente le sue mosse e capì che la ferita era sul fianco destro.
Portandosi la tazza alla bocca però attirò l'attenzione di Tom i cui occhioni blu si puntarono sul suo anulare sinistro.
Vide infatti la sua fedina d'oro bianco, piatta ma dalla fascia spessa.
Seguendo il suo sguardo fino alle sue dita, Damon rise versandosi altro caffè.
- Non sapevo fossi fidanzato.- disse Riddle, pacato.
- E' solo da qualche mese.- gli rispose, senza perdere il sorriso - Mentre io non sapevo che fossi fuori...almeno, già da qualche tempo.-
- Ma sapevi dove sarei stato oggi.- anche la bocca di Tom si piegò in un ghigno.
- Già.- Howthorne incrociò le braccia al torace.
Eccoli lì. A distanza di otto anni da quando si erano lasciati. E sembrava sempre la prima volta.
Proprio come quindici anni prima, Damon era vestito come un babbano: jeans, maglietta su una maglia dalle maniche lunghe e il dono di una vista onnipresente.
Dall'altra parte Tom, vestito di nero, giubba da mago e pantaloni in tinta.
Se c'era qualcosa di diverso non era superficialmente che questo poteva saltare all'occhio.
Era strano ed era normale come respirare, tornare a parlare come una volta.
Tornare a sentire la voce dell'altro.
Tornare a percepire la presenza dell'altro.
Più che altro il problema si pose quando, appena seduto su una superficie abbastanza comoda da poter rassomigliare quella di un letto, Tom si addormentò nel giro di pochi istanti.
Damon non se ne dette problema, in fondo Draco l'aveva avvisato che la ferita gli provocava soventi stati di sonno catatonico ma quando quel disgraziato dormì per tutto il pomeriggio e si risvegliò solo al calare del sole, alle sette di sera, Howthorne iniziò a chiedersi se non l'avessero colpito con qualche tossina.
Erano ormai apparse le prime stelle quando Tom balzò a sedere sul divano del salone come se avesse fatto un brutto sogno. Non riconobbe immediatamente il posto dove si trovava e questo, a causa dei suoi sfortunati trascorsi, lo mise in guardia tanto che quando entrò Damon gli puntò addosso la bacchetta, ansante.
- Hn, ben svegliato.- ironizzò Howthorne.
- Oddio.- Tom abbassò immediatamente la bacchetta, guardando l'ora. Le sette! Le sette!
- Ho dormito per tutto questo tempo?- fece sconvolto.
- Si e non ti sei mosso. Pensavo fossi morto...ma me ne sarei accorto se fosse stato così.- sibilò il Legimors, con pesante sarcasmo rivolto a se stesso - Non hai pranzato. Immagino avrai fame.-
In effetti si. Da morire.
E quando tornarono in cucina, tutto l'imbarazzo di quelle ore venne spazzato via.
Fra l'acqua nelle pentole che bolliva e la radio in sottofondo che mandava una vecchia canzone degli Stones, Tom ascoltava attento i racconti di Damon, che tagliava briè e altri formaggi a cubetti davanti a lui, su un tagliere.
-...dopo il M.A.G.O. i suoi e i miei pensavano che ci eravamo legati troppo e che era troppo presto, perché eravamo giovani. Così i Montgomery spedirono Neely in Scozia, dove hanno i terreni. E così non la rividi per circa sei anni. Da principio ci scrivevamo, poi è andato tutto storto e...- Howthorne levò le spalle -...e così è finita.-
- Mi dispiace.- mugugnò Tom, comprensivo - E da allora cos'è successo?-
- Niente. Una serie interminabile di feste notturne con cadaveri ambulanti.- borbottò, facendolo ridere - Ho un'amica al St. Clement Hospital che mi trova i Non-Vivi che hanno più bisogno di aiuto, quelli che perseguitano i vivi per intenderci. Altrimenti mi affido ai miei sogni e quando muoiono, li aiuto a trapassare. Ad andare oltre.-
- Dev'essere una bella grana.- commentò Riddle, guardandosi attorno e pescando alcune foto sulle mensole lì accanto. Sollevò una mano e con la telecinesi queste si spostarono, fino a raggiungerlo.
Vide Trix, vide Asher...e vide William e Degona, così tanto cresciuti.
- Se ti piacciono le telenovelas ne vedrai una fra un po'.- ghignò Damon.
- Oh no, ricominci.- sospirò, passando ad altre immagini - Sei perverso, lasciala in pace la gente...ehi, e questo bambino?- rise Tom, ravvisando la fisionomia - Ma dai! È uguale a te!-
- Col cavolo, Aidan ha il carattere di una bomba atomica. I miei in compenso lo venerano, gli lasciano fare quasi tutto quello che vuole...-
- Certo e scommetto che lui adora te.-
- Cambiamo discorso.- soffiò, lanciandogli un pezzo di formaggio - Mi spieghi che t'è successo? Perché eri al Ministero?-
- Sono stato sputato fuori da Cameron Manor, rapito e seviziato da Alister Dark, poi sono finito nelle grinfie di Craig Badomen e della sua orrida donna, per finire mezzo morto di fronte alla Lucky House. E stamattina siamo andati al Ministero per far capire a Badomen che deve smetterla di giocare.-
- Il Segretario della Difesa dici? Ti ha ficcato lui nei casini?-
- Direi di si al 90%.- Tom agitò la mano, incurante. Era troppo felice per preoccuparsi di Donovan - Lascia perdere quei microcefali. Dimmi della tua ragazza.-
- Ah, la mia ragazza.- Howthorne guardò l'ora per l'ennesima volta - A parte il fatto che è sempre in ritardo da qualche tempo, per averla ho dovuto sfasciare una coppia a due giorni dalla corsa all'altare.-
- Che cosa?-
- Mi sono fatto picchiare dal suo fidanzato. Poi lei ha picchiato lui, perché quello mi ha staccato una mascella. E così ha mollato lui sull'orlo di una crisi isterica e ha accettato di sposare me.-
- Cavolo.- fece Tom strabiliato, sorseggiando del vino rosso con gli stuzzichini al formaggio - Ma chi è?-
- Tu bevi troppo.- commentò l'altro, sentendo la porta di casa aprirsi - Eccola che arriva.-
Ci fu un leggero tafferuglio, poi un'imprecazione detta da una voce femminile bassa ma dolce.
- Al diavolo!- rumore di tacchi sul parquet - Accidenti, Damon non potevi togliere questi scatoloni dall'ingresso?-
- Ciao.- le disse ad alta voce dalla cucina, ridendo.
- Eh, ciao!- sbuffò la stessa voce che si avvicinava - Guarda, io spero che sia importante perché è stato un viaggio d'inferno! Non mi hai dato neanche il tempo di farmi una doccia! Ma si può sapere chi...-
Tom allargò gli occhi, scrutando sconvolto la bellezza bionda che stava sulla porta della cucina.
Capelli lisci e lunghi, proprio come un tempo. E il corpo sinuoso di una sirena.
Neely Montgomery, come aveva fatto ore prima Trix, cacciò un grido di pura gioia dopo un istante di sgomento. Lasciò andare chiavi, borsa e giacca e si precipitò da Tom.
A sentire ogni volta i suoi gemiti, a ogni abbraccio, Damon si sentì male per lui che sopportava sempre tutto molto stoicamente. Come sopportò la marea di domande della sua ragazza, i baci e altri abbracci ancora che nelle sue condizioni dovevano essere come morse.
- Tu sei completamente matto a non dirmi una cosa del genere!- sbottò poi Neely verso di lui, sconvolta e rossa per la felicità.
- Grazie amore, anche io sono felice di rivederti dopo un mese e mezzo.- replicò puntiglioso - Vuoi del vino?-
- Ah!- Neely sorrise felice, tornando a sedersi vicinissima a Tom - Mioddio, non posso crederci! Ti hanno fatto uscire!-
- Veramente l'hanno quasi fatto secco.-
- Cosa?- allibì la strega - Ma gli altri lo sanno?-
- Certo che lo sanno, stava a casa loro.- sibilò Damon - E s'è ben guardato dall'alzare la cornetta del telefono, vero?-
Riddle si strinse nelle spalle.
- Ecco...non sapevo ancora se tornare a casa o affrontare la situazione.-
- Parli del Marchio Nero su Diagon Alley?- sospirò la Montgomery - Ho letto i giornali. Mi dispiace. A proposito...Trix mi ha detto che hai le vittime di quel giorno in giro per casa.-
- Solo una, Nora.- spiegò Howthorne - Anche se oggi non s'è vista. Magari è andata a casa sua.-
- Trix e Cloe lo sanno che è qua?-
Neely era stata diretta come sempre e sia Tom che Damon lasciarono andare i bicchieri.
- Si, lo sanno.- rispose il Legimors - Le ho fatte venire stamattina al Ministero. Trix viene a cena.-
La bionda allora lo scrutò per un secondo. Ah, quegli occhi di cielo.
Sapevano sempre mettere una certa soggezione.
Sapeva a cosa pensava Neely.
Stava giocando sporco. Era vero. Ma come Draco, anche Damon aveva le sue speranze.
Tom da parte sua cercò di ricacciare indietro il vacuo ricordo di quella mattina...quando Claire l'aveva visto. E poi se n'era subito andata. Per ignorare la sua presenza.
Così con sforzo tornò a guardare Damon e Neely e...le loro fedi uguali, anche se quella di Neely era più femminile.
Era diventata bellissima e...non aveva mai visto nessun'altra guardare il suo migliore amico come ora lo guardava lei.
Ci sarebbe stato da brindare, almeno a quell'incontro che gli stava riportando un po' di pace, anche se erano ancora tante le cose che non conosceva, quando la porta dell'attico si aprì di nuovo.
Ed entrò Trix di volata, come preoccupata che lui non ci fosse più. Ma quando lo vide...
Gli sorrise. Raggiante.
E gli scaldò il cuore.
Finalmente.

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20° ***


TMR20

 

 

- ...e ti fanno andare in giro così? Un buco, una toppa, un bacio in fronte e via? Niente sedativi?-
Caesar Noah Cameron fece una smorfia, guardando con la coda dell'occhio Thomas Maximilian Riddle che gli camminava a fianco.
- I maghi sono gente barbara.-
- Si ma bevo molto vino rosso. Ho la pressione bassa.-
- Allora questo cambia tutto.-
Lucilla dei Lancaster, dietro di loro, sorrise e scosse il capo per poi sollevare il viso sui grandi cancelli di ferro battuto di Wizards' Graveyard. Il Cimitero dei Maghi.
A ventiquattro ore dall'udienza avuta col Wizengamot, Tom era uscito dalla Lucky House alla luce del sole finalmente. E con un unico desiderio.
Rivedere qualcuno.
C'era un pallido sole quella mattina e tutto sembrava placido, intatto e perfetto.
Tom amava quel posto. Nonostante il dolore di cui era impregnato.
Nonostante fosse un cimitero, implicando tutte le sue conseguenze.
Eppure...in quei luoghi, fra quelle lapidi, fra quei loculi, fra quelle fredde mura di pietra e giardini che sembravano non subire lo sfregio del tempo, lui aveva sempre avvertito più pace che malinconia.
Più serenità che rimorsi per una vita ormai spenta e finita.
Caesar era apparso da poco. Era venuto a trovarlo, visto che a Tom era stato proibito rimettere piede a Cameron Manor.
L'avevano informato sulle ultime novità, sull'intelligenza e il presunto spirito da sadico del nuovo Ministro della Magia, sulla salute di Tom e sui suoi nuovi impegni.
Già.
Perché ora che tutti sapevano, Tom non poteva più stare chiuso fra quattro mura.
- Stasera cos'hai in programma?- gli chiese Caesar.
- Non lo so ancora...- disse dubbioso, aggirandosi fra i tempietti delle famiglie di maghi più illustri, statue commemorative e vasi di profumati fiori rari e dai toni delicati - Ieri sera ho cenato da Damon...e oggi dovrei andare a trovare Trix. Nel suo appartamento.-
- E' felicissima.- sorrise Lucilla - Non si stacca da te per un secondo. E viceversa direi.-
- Non posso certo aggrapparmi alle gambe di Damon. Preferisco quelle di Trix.-
- Questo senz'altro.- Caesar stirò un sogghigno perfido - E...cos'altro? Hai visto altri tuoi amici?-
- Per il momento no.- Tom vagò con lo sguardo sulle lapidi, ben attento a non far trapelare sul volto alcuna espressione potenzialmente troppo decifrabile, come l'emozione violenta che lo coglieva ogni volta che ricordava il volto di Cloe, la mattina scorsa. Ma come ricordava i suoi occhi sgranati, ricordava anche come se n'era andata...
Un segno chiaro.
Se da un lato dimostrava una forte emozione, dall'atro gli aveva dimostrato...l'odio, il rancore, che lei ancora nutriva.
Come biasimarla?
- Ma stasera Trix porta Asher con sé. E William credo.-
- Hn.- Cameron spiò indietro, verso la Lancaster - E Degona?-
- Conosci mia figlia.- rispose la demone, mentre Riddle incassava lievemente la testa nelle spalle - E' emotiva e impulsiva. E poi Tom è già messo male di suo, non credo che un vaso in mezzo agli occhi sia d'aiuto alla sua salute in un momento come questo.-
- Lo credo anche io.- commentò Caesar - Comunque perché siamo qui?-
- Volevo vedere lei.-
Tom si fermò in quell'istante.
E sorrise.
Eccola lì.
Asteria McAdams sogghignava dalla sua foto, sulla sua tomba.
C'erano tante candele magiche. Che forse non si erano spente da ben otto anni.
Lei, sempre maligna. Lei, sempre coraggiosa.
Lei che si era alzata e se n'era andata, sputando su quello che la vita le aveva riservato.
I suicidi erano tanto da biasimare in vigliaccheria?
Tom non ne era più tanto sicuro.
Notò alcune cornici piene di bigliettini con tante scritte colorate, forse per proteggere quelle pergamene dalle intemperie. E tanti vasi di fiori. Non era stata dimenticata Asteria.
Non come lei aveva temuto da viva.
Lucilla e Caesar lo lasciarono un attimo da solo, mentre lui posava il suo fascio di gigli screziati sulla tomba.
Chissà cos'avrebbe detto lei, rivedendolo dopo tanti anni.
"Bravo idiota di un Riddle...sei uscito finalmente. Ma magari potevi fare il favore al mondo di restare dov'eri visto che a quanto pare non hai ancora capito cosa fare della tua miserabile esistenza."
Tom rise, sentendola quasi dire quelle parole.
- Riposa in pace, Asteria.- sussurrò, senza mai perdere il sorriso sulla bocca, negli occhi e nel cuore.
Poco più avanti, in mezzo a statue di angioletti accovacciati che a occhio di demone erano alquanto inquietanti, Caesar subì l'occhiata maliziosa di Lucilla.
- Che c'è?- chiese, guardandola storto.
- Nulla.- rispose lei, con fare candido - Ho parlato con tuo fratello qualche giorno fa, sai?-
- Perché, sa parlare e pensare?- fu la sarcastica replica di Cameron, mentre si accendeva una sigaretta visto che la fiaschetta gliel'aveva rubata quella despota di sua moglie, sua moglie!, prima di uscire.
- Si. E mi ha detto che il concepimento va a rilento.-
- Oh, per il diavolo, che cosa disgustosa.- sibilò con una smorfia - Sono giorni che lui e quell'idiota di Demetrius cercano di propinarmi qualsiasi cibo afrodisiaco su cui abbiano messo le mani. Gala ha minacciato di buttare fuori di casa Demetrius se non la smette...ma Leiandros è andato fuori di testa. Non fa che chiedere questa nipotina immaginaria, ci parla perfino! Ieri sera a cena l'ho pescato anche a parlare con la pancia di Denise...- bofonchiò, mentre la Lancaster cercava di trattenere una risata incontenibile - Dovevi vedere la faccia di lei...agghiacciata.-
- Affascinante. Ma comunque come va?-
- Perché pensate tutti agli affari miei?- rimbrottò snervato - Tanto abbiamo un sacco di tempo.-
- Caesar sono solo tre mesi. Credi di fare centro al primo colpo?- berciò Lucilla, sconvolta - Dio, voi maschi e il vostro ego! Poi come minimo avrai la fortuna del principiante e sarà davvero così.-
- Principiante in cosa, scusate?- chiese Tom, arrivando alle loro spalle.
- Niente. Figurati.- fece Cameron acidamente - Tua madre pensa di venirmi a insegnare come fare un figlio.-
- Con troppo vino e poca decenza.- fu il laconico commento di Riddle.
- Questo si che è romanticismo.- celiò Lucilla, afferrando Caesar per il gomito - Ora noi andiamo.-
- Ok.- annuì l'ex Grifondoro, spostando automaticamente lo sguardo a ovest del cimitero, sempre così cupo e tetro - Io torno a casa appena ho finito mamma. Avvisa tu Harry e Draco, per favore.-
- Certo.-
- E noi ci vediamo al più presto.- gli disse Caesar, dandogli una leggera pacca sulla spalla - Vedo di non mandarti i ragazzi tutti in gruppo, non vorrei traumatizzarti troppo.-
- Ok.- rise Tom, facendosi indietro - Salutameli comunque.-
Quando si Smaterializzarono via e rimase solo, Tom venne colpito di schiena da una leggera folata di vento.
Sembrava sospingerlo verso...Lost Graveyard.
Non era aveva bisogno di spinte, questo era certo anche se varcate i sinistri capitelli dell'arco color inchiostro che divideva quell'ala del cimitero da quello dei Maghi Perduti bhè...non era mai facile.
Eppure era sempre tutto uguale. Un grande labirinto di alabastro nero, formato da tante lapidi dalla forma cubica. Alte e basse, dalle forme differenti. Un labirinto per ricordare a tutti gli altri in quale spirale fossero caduti i maghi cattivi.
Lì c'erano pochi fiori, fra le quattro vie che s'incrociavano nel labirinto.
Ma Tom sapeva dove andare.
E quando raggiunse la tomba, non lesse il nome. Non lesse la condanna all'inferno che vi era impressa.
Ma solo quella scritta argentea, luccicante e splendente.
"He Saved His Son"
Lord Voldemort.
Papà.
Tom posò la mano guantata sulla fredda parete dell'alto cubo nero.
Notò i fiori freschi, quando invece le altre tombe erano ricoperte di bruciature, spunti anche...
Era stato Damon, capì. Era Damon che, attirando le malelingue, andava alla tomba di suo padre.
Era sempre più fredda quella tomba, pensò, poggiando la fronte contro la scritta argentea.
Ma suo padre era lì dentro. Cenere e polvere.
Non era giusto. Lo sapeva.
Ma sapeva anche che non poteva farne a meno.
Aveva rovinato la vita a troppa gente. Aveva massacrato centinaia di persone, maghi e babbani.
Eppure era voluto venire ugualmente.
Era irrispettoso verso Harry, verso Draco...verso i Potter.
Ma non poteva...non poteva rinnegare quelle radici che otto anni prima gli avevano salvato la vita.
Si staccò poi, chiudendo gli occhi. Ma quando sentì dei passi li riaprì. E vide uscire dall'angolo di una tomba lì accanto, un blocco ricoperto di bruciature di magia, un ragazzino sui sedici anni.
Magro, quasi malato dall'aspetto. E Tom capì perché quando vide i segni di aghi sul suo braccio.
Il ragazzo lo fissò con occhi spiritati.
- E' vero allora.- gli disse, a bassa voce.
Tom non rispose. Restando immobile.
- Qua ci sono i miei.- continuò il ragazzo, serio e umile innanzi a lui - Erano Mangiamorte.-
Dio. Tom richiuse gli occhi, serrando forte le palpebre.
- Non fare la loro fine.- gli disse, girandosi per andarsene.
Il ragazzo lo scrutò attentamente, mentre gli dava la schiena. Si levò le cuffie dalle orecchie, stranito.
- Tu non sei come lui?-
Camminò. Un passo davanti all'altro.
- Tu non sei come lui?-
Ora la domanda venne gridata.
No, avrebbe voluto dire.
No.
Non sono come lui.


Qualche ora più tardi, mentre Tom Riddle veniva trascinato nell'appartamento di una bella Diurna felicissima di potersi godere il pomeriggio da sola con lui, Damon Michael Howthorne cercava di godersi qualche ora in santa pace fra le lenzuola con la sua fidanzata...dopo aver attaccato al pomello della porta della camera da letto una bella scritta alquanto chiara, del tipo "Se non mi date qualche ora, consegnerò le mie dimissioni!" ma non sapeva che le grane stavolta non sarebbero venute dai morti. Bensì dai vivi. E non solo per lui, ma anche per Tom.
Eggià. Perché il Legimors e la sua adorata Neely (dopo un mese di astinenza!) erano quasi sulla rampa di lancio quando gli arrivò in casa una Strilettera, stavolta non dal colore rosso acceso. Ma viola. Viola violetta.
E aveva un bel sigillo in cera. Quello dei King.
Così, intanto che lui si prendeva una strigliata colossale dalla duchessa Mary, che era venuta a sapere di Tom e gli ordinava di condurlo a cena a casa loro quella sera stessa, pena l'evirazione, anche qualcun altro al Ministro della Magia, e più precisamente al Quartier Generale degli Auror, stava prendendo in seria considerazione l'idea di tagliarsi spontaneamente gli attributi.
Meglio l'auto macellazione che il trituramento a cui gli Auror andavano incontro ogni qual volta Duncan Gillespie si metteva a urlare, nel bel mezzo della sala riunioni, spaccando i timpani ai veterani e facendo piangere i più deboli psicologicamente.
Fra queste due categorie c'erano però anche gli esemplari alla Dalton.
Se Draco non sopportava di farsi sgridare come un ragazzino, Edward aveva risolto la questione mettendosi gli auricolari e ascoltando il canale delle corse dei cani.
- COSì NON ANDREMO DA NESSUNA PARTE!-
Ennesimo pugno sbattuto sull'enorme tavolo tondeggiante, nella stanza i cui muri erano ricoperti di taglie.
Duncan spense in sigaro con stizza sulla testa di una statuetta a forma di nano, lì accanto alla sua poltrona.
- Signori, io ne ho piene le tasche dei voi "Mah...non so!"- sbraitò inferocito - Ieri è morto un Auror, un nostro collega! E voi non siete riusciti a cavare un ragno dal buco!-
- Capo non è colpa nostra.- sospirò Austin Grey per coprire i singhiozzi quando una delle reclute anziane si mise a piangere senza ritegno, nascosto dietro le sue spalle - Abbiamo setacciato tutta la sua casa. Non c'è un indizio che sia uno. E quel bastardo di Donovan, fatemela passare, c'impedisce giuridicamente di chiedere di nuovo aiuto al signor Howthorne.-
- Andiamo, non crederete tutti a questa storia?- sbuffò Kinneas.
- John, guarda che hanno ragione.- gli disse Efren, serio - Il ragazzo vede e parla coi Non-Vivi.-
- E tu che cazzo ne sai, Coleman? Li vedi anche tu? No, nessuno può confermarlo.-
- Possiamo sempre farti lo scalpo.- propose Ron, che quando era stanco se ne usciva con proposte poco civili - Chi è d'accordo alzi la mano.-
Sarebbero scattati quasi tutti i palmi presenti se Gillespie non avesse emesso un verso, tipo barrito di elefante.
- Duncan, piano.- gli ricordò Kingsley, tranquillissimo - Guarda che hai la pressione alta.-
- Già, pensa se ti viene un infarto.- frecciò anche Jess, sarcastico.
- Voi siete la mia rovina.- ringhiò il Capo degli Auror, accendendosi di volata un altro sigaro - Avanti, cos'abbiamo in mano realmente?-
- La futura inchiesta che ci sarà fra venti giorni su Donovan.- gli disse Ron - Anche se così il caro Segretario farà in tempo a far sparire ogni prova da casa sua.-
- Si ma mica può tornare indietro nel tempo.- replicò Edward - Ha commesso qualche passo falso in passato.-
- Ah si?- sibilò Duncan, guardandolo snervato - E che gli diciamo a quelli del Wizengamot? Che tu, Weasley e il capo non ancora riconosciuto dei mannari Greyback siete stati a spiarlo una notte intera?-
- E anche che Donovan si fa la figlia di Brockway.- appuntò Draco, melenso.
- Questo non lo sappiamo.- sospirò Hermione, scuotendo il capo esasperata - Andiamo gente, cerchiamo di proporre idee verosimili.-
- Tipo che?- replicò Malfoy, sfidandola con aria perversa - Rapiamo il Segretario e gli facciamo sputare la verità a suon di barzellette idiote sugli impiegati del Ministero? Magari le apprezza tesoro.-
- Tanto per cominciare possiamo evitare tutti di dire quel nome a voce alta.- propose Duncan stizzito.
- Se quello viene a sapere qualcosa, o se solo ne fiuta la possibilità nell'aria ci ritroveremo tutti col culo per terra.- sibilò Austin Grey - La cosa non deve trapelare da qui.-
- Invece di andare a querelare un rispettabile membro del Wizengamot, perché non facciamo ricerche in casa vostra?- insinuò Kinneas - Andiamo, quello è il figlio del Lord Oscuro!-
- Si e tuo nonno era Mangiamorte, imbecille.- lo zittì Milo finalmente - Quindi evitiamo di fare collegamenti sanguinei che fanno ridere i sassi ormai, eh?- si voltò verso Gillespie - Come ha detto Tom siamo stati a Little Hangleton. La casa dei Riddle era aperta e a vista si capiva che ci ha abitato qualcuno di recente. Ma ora la casa è vuota.-
- Badomen sparito, bene.- Duncan gettò all'aria un paio di pergamene - Che altro?-
- Non sappiamo nulla della donna deforme.- continuò Hermione - Ma io penso di aver capito dove Badomen ha preso la Salvia per accecare Damon.- e fece apparire di fronte a Duncan un altro foglio spiegazzato - Octaviani. Grotte dei Pirenei. Badomen si è rifugiato lì ogni volta che è scappato ai francesi. Penso conosca il capo dell'Ordine.-
- Avete messo qualcuno a sorvegliare Howthorne?-
- Sarebbe inutile. Anche volendo la Salvia ci mette dodici ore per agire e ora Damon non si farà più prendere in contropiede.- replicò Draco - Resta comunque il problema di fermare Badomen.-
- Avete qualche idea?-
Ci fu un secondo di silenzio, mentre nella squadra di Jess i ragazzi si scambiavano varie occhiate.
- Noi una ce l'avremmo.- borbottò Clay, serio.
- E sarebbe?-
- Infiltriamo qualcuno.-
- Cosa!?- Duncan sputò quasi il sigaro - Dico ma siete matti?-
- Infiltrare qualcuno è rischioso. Potrebbe non tornare indietro.- fece Kingsley, serissimo - Prima della nascita di Harry, l'Ordine della Fenice ci aveva già provato. Mandammo un mago, uno bravo. Sparito nel nulla.-
- Se vi viene in mente un altro modo per scovarlo siamo tutt'orecchi.- replicò Tristan - Ma stiamo usando tutti i Sensimaghi del Ministero per cercarlo e non siamo arrivati a nulla. Che vogliamo fare? Aspettiamo che piovano altri cadaveri di babbani?-
Duncan si zittì di colpo, guardandosi in giro. Com'è che oltre a Malfoy non aveva subito un'altra presenza irritante che gli faceva sempre venire l'orticaria e la voglia di attaccarsi alla bombola dell'ossigeno?
Corrucciò la fronte - Ma dove diavolo è Potter?-
Il ghigno di Draco aveva un che di diabolico, quando gli rispose.
- Con le reclute. Ovvio.-
E già. Perché se la sfiga vedeva così bene, questa volta aveva fatto un canestro da metà campo.
Infatti il bambino sopravvissuto quel giorno, quel 28 giugno, riprendeva il servizio attivo.
E lo aspettava davvero un'interessante quanto catastrofica giornata.
La zona dell'istruzione alle nuove reclute, fatta due volte l'anno, una volta in inverno e una volta a fine giugno, era praticamente piena. In quella sala ingombra di piccoli banchi formati per due studenti c'erano almeno una cinquantina di ragazzini freschi di esami teorici e appena usciti dal corso primario d'addestramento, quindi tutti sulla ventina.
Quando poi, in bacheca, quei freschi figli di hippy avevano letto il nome di chi avrebbero fatto loro la prima lezione informativa, era scoppiato il caos e il giubilo.
Harry James Potter, da lontano, poteva vederli agitarsi oltre le vetrate della stanza.
E dire che ne aveva affrontati di nemici, lui.
Avrebbe preferito giocarsi l'osso del collo con Voldemort in persona, piuttosto che entrare là dentro.
Era disgustato, incazzato e depresso, specialmente contando come gli mancavano i suoi bambini dell'Associazione Hayes. Ma si fece coraggio e tenendo ben saldo il tubetto di analgesici nella mano sinistra, entrò in sala dando una spallata alla porta scorrevole, visto il plico di schede personali che teneva sotto il braccio destro.
Nel momento in cui varcò la soglia tutte quante le reclute balzarono in piedi, guardandolo con occhi scintillanti di bambini di fronte a un albero di Natale colmo di doni impacchettati.
Da parte sua, Harry buttò i fascicoli in cattedra e si volse a guardarli.
Merda.
- Bene.- bofonchiò, poggiandosi coi fianchi al bordo della scrivania - Benvenuti nella vita reale, signori. Per coloro che si fossero persi, questa è la lezione informativa per coloro che hanno superato in test d'ingresso ai corsi base dell'Addestramento Auror. Gli Uffici di Controllo della Magia accidentale sono in fondo a destra e i bagni a sinistra. Io sono Harry Potter...- sentì qualcuno trattenere il fiato, da manuale -...e ci vedremo per dieci pallose ore la settimana. Non sono la vostra balia, né vostro padre e se sarete particolarmente noiosi mi vedrete mandare giù analgesici e anti depressivi.- vide un tizio sulla ventina che scattava con la mano in alto, e chiarì subito - Mia moglie non rilascia autografi tramite il sottoscritto.- la mano tornò a nascondersi - E quando ne avrò basta di voi mi vedrete sparire oltre la porta e qua non rimetterò più piede. Allora, ci sono domande?-
A parte gl'intimiditi, c'era qualcuno che sembrava un po' più navigato degli altri.
Un tizio biondo in ultima fila rise, facendosi vedere.
- Io ho una domanda. Per che squadra tifa?-
Harry schioccò la lingua - Devo rispondere?-
- Non parlo di quidditch.-
- Oh...il Manchester.-
- Lei è un grande.- ridacchiò il ragazzo, ovviamente un figlio di babbani.
- Grazie dell'approvazione.- sibilò Harry - Altre domande?-
- Faremo esercitazioni con la sua squadra?- chiese una ragazza in prima fila, una sventolona che non aveva smesso di guardarlo un secondo.
- La mia squadra è al completo e non prendiamo reclute per il momento.-
- Ma possiamo fare domanda al signor Gillespie per venire con lei di ronda?- lo incalzò.
- Si.- sbuffò snervato.
- Davvero non prende reclute?- gli chiese un tizio corpulento tutto muscoli con un vistoso tatuaggio sul collo - Gli istruttori del primo anno ci hanno detto che variare è buono in una squadra notturna.-
- Le squadre si formano dopo questi esami pratici.- lo informò Potter - Ma presto farete ronde a qualsiasi ora del giorno e i veterani vi sceglieranno personalmente in base ai loro gusti e alle loro necessità.-
- Ma nella sua squadra non c'è posto...-
- No.-
Dio, voleva Draco.
Stava cominciando a rimpiangere la presenza di Malfoy.
Dopo aver subito domande di ogni tipo, che non centravano una mazza da golf con il corso informativo, che andavano da cosa preferiva mangiare, al suo segno zodiacale e se aveva mai ucciso accidentalmente un compagno durante una battaglia, Harry scappò di volata fuori da quella sala.
Due ore. Erano solo le prime due ore della settimana. Voleva morire.
Ma non sarebbe scivolato da solo in quel buco nero, oh no!
Questa il Ministro Dibble gliela pagava. Altro che uomo intelligente, altro che sagoma e mito.
Quello era morto! MORTO!
Solo che ancora non lo sapeva...


Calato il sole, toccava a Tom Riddle ritrovarsi di fronte a una brutta situazione.
I cancelli impervi e regali di King's Manor.
Ma perché? Perché si era fatto trascinare lì da Damon? Solo perché quella maledetta Strilettera gli aveva graffiato la faccia? Si, anche. E poi ci si era messo anche quella buon'anima sadica di Asher Greyback, diventato alto quasi due metri che, senza ascoltare storie, l'aveva trascinato lì per il collo con aria quanto mai minacciosa.
Era rimasta la stessa, la casa dei King. Imponente e raffinata, dai toni caldi ma chiari all'esterno, attorniata da giardini pieni di rigogliosi pioppi e sempreverdi, fontane e laghetti.
Ai cancelli gl'inservienti avevano salutato gli ospiti, informati dalla duchessa che ci sarebbe stato anche lui a cena e si fermarono a salutarlo cordiali e gentili, com'erano stati con lui anche in passato, nonostante tutte le malelingue.
Attraversando il grande spiazzale alberato che conduceva al portone dell'ingresso, Tom si guardava attorno.
Non c'erano carrozze. Quindi era davvero una cena informale grazie a Merlino.
-...io però non ho mai visto una Strilettera viola.- stava dicendo Trix, fasciata in un leggero abito di seta dal disegno optical, dalla gonna svasata sulle ginocchia e stivali a mezzo polpaccio di pelle chiara - Ma sei sicuro?-
- E questi secondo te chi me li ha fatti?- sibilò il Legimors, indicandosi la faccia dove spiccavano tre bei graffi rossastri - Adesso Mary mi sente! Oh, se mi sente! Poteva prendersela con Tom, accidenti. Anche quella maledetta di Neely per la paura di qualche ritorsione mi ha piantato ed è andata a cena dai suoi, sai che bello.-
- Io dovrei essere a letto però.- chiarì, imbarazzato più che mai, ora di fronte al portone. Se pensava che a pochi metri c'era Cloe e tutta la sua famiglia si sentì male.
Ma si sentiva male già dalla sera prima a dire il vero...
Quando Damon, senza tanti giri di parole di cui Tom gli era grato, gli aveva detto la verità.
Claire, la sua Claire, era fidanzata.
E se era fidanzata, questo significava che presto si sarebbe sposata.
Con un altro uomo che non era lui.
- Se avrai dormito tutto il giorno.- rimbrottò Howthorne.
- Spiacente, non l'ho fatto addormentare.- rise la Diurna, stringendolo forte per il braccio. Richiamata la sua attenzione, Tom si chinò e la vide sorridere. Automaticamente lo fece anche lui, di cuore, nonostante l'amarezza che lo dilaniava. Aveva passato un bellissimo pomeriggio con Trix, nel suo appartamento.
Avevano parlato, parlato, parlato...del suo lavoro come Auror, della sua vita con Milo, di come tutto ora andasse bene.
Aveva schiacciato un pisolino di un'ora al massimo, sul divano, ma lei si era sdraiata al suo fianco.
Ed era stato magnifico.
Si lasciò baciare su una guancia, mentre Damon continuava a maledire quella Strilettera assassina.
- Magari aveva anche la rabbia.- berciò sarcastico.
- Piantala di dire porcate, Howthorne.- si lamentò Asher, già di pessimo umore - Ne ho già sentite troppe oggi.-
- Ecco spiegato perché William e Dena non ci sono.- ghignò Trix eccitata - Li hai beccati a litigare?-
- Non esattamente.- mugugnò il mannaro, gettando via il mozzicone della cicca mentre Tom lo faceva sparire con la bacchetta con un colpo rapido e preciso - William, anche conosciuto come il puttaniere, s'è ripassato quella rossa oca e snob per tutta la notte. Ho dormito fuori coi croen, è stata un'esperienza migliore del concerto di voci bianche a cui sono stato costretto negli ultimi mesi. Comunque, stamattina, mentre facevo colazione con Hacate...-
- Chi è Hacate?- s'intromise Riddle.
- La donna di Jeager.-
- Jeager s'è fidanzato?-
- Diciamo di si.- sorrise Damon, mentre Trix cercava di sistemargli la faccia prima con del fard e poi, visto che si lamentava, con la magia - Dovresti conoscerla, ti piacerebbe. Una Trilocus Trifronte con un corpo da sirena e lo stomaco di un mannaro.-
- Si, comunque mentre noi facevamo colazione...- riattaccò Asher, con una smorfia acida -...è arrivata Dena. L'idiota l'aveva chiamata per parlarle...solo che la sera prima non aveva pensato che Ginger Winsort gli sarebbe piombata nel letto.-
- Oh.- fecero gli altri tre, orripilati.
- Oh, già.- sibilò il principe - Sono volati piatti e maledizioni e sono quasi sicuro che s'è beccato un Cruciatus, ma non so bene da chi, se da una di quelle due o da Jeager, che non sopporta il casino di prima mattina e ha sfollato la casa coi suo modi pragmatici.-
- Piccolo bastardo.- sentenziò la Vaughn - A William serve una bella ripassata.-
- O magari a Degona serve un pelo più di sangue freddo.- commentò Damon.
- Già. Le basta una spintarella per spedire la rivale in fondo al fiume.- ghignò Asher. Un secondo dopo però sembrò fiutare l'aria. Anche Trix si mise sull'attenti, come infastidita da qualcosa.
- Che succede?- chiese Damon.
- C'è qualcuno.- mormorò la Diurna, guardandosi attorno e specialmente fra le fronde degli alberi - C'è qualcuno che sa di fiori. È un demone...con un profumo da donna.-
- Un demone?-
Tom al pari degli amici iniziò a scrutare lì attorno quando improvvisamente provò uno strano fastidio allo stomaco. Non era la schiena...
Fece per prendere la bacchetta quando un suono bizzarro, simile allo scoppio di un pop corn, attirò la sua attenzione. E ora...tutto era diverso. Silenzioso. C'era un silenzio incredibile.
Non sentiva più il sibilo del vento, l'aria fresca sul viso.
Tutto era immobile.
- Che cavolo succede?- chiese, voltandosi verso i compagni ma, allibito, li vide con lo sguardo fisso, impalati.
Iniziò a capire quando, toccando la spalla di Damon, lo sentì rigido come una statua.
Ecco chi era la responsabile.
- Ciao tesoro!-
Represse un urlo quando Winyfred gli apparve di fronte, ma a testa in giù.
- Dio!- sbraitò, facendosi indietro mentre l'Harkansky, ridacchiando, scendeva a terra avvolta in un succinto abitino di pelle nera che forse non era il massimo in piena estate.
- Winyfred!- e la guardò paziente, sospirando - Ma sei matta a fermare il tempo? Se qualcuno ti scopre?-
- Oh, sciocchezze!- cinguettò la rossa, buttandogli la braccia al collo e stritolandolo, incurante dell'ululato che Riddle emise, per il dolore alla schiena - Amore quanto mi sei mancato! Sono stati dei giorni terribili senza di te, Vlad è stato di un antipatico da morire!- si staccò solo per stampagli un grosso bacione sulle labbra - Caesar mi ha detto che potevo venire a trovarti, così ho pensato di non dare fastidio bloccando l'orologio per qualche minuto.-
Il sorriso di Winyfred era sempre contagioso, così l'abbracciò di slancio, ma più gentilmente.
- Anche tu mi sei mancata.- le disse, felice.
- Stai un po' meglio, vedo.- constatò compiaciuta - E wow! Questi sono i tuoi amici!- si spostò accanto ad Asher, evidentemente ammirata - Mamma mia, questo si che è un principe licantropo! Ha già un'amante?-
- E Brand dove lo metti?-
L'Harkansky sogghignò, continuando la sua ispezione - E lei...carina, è una vampira?-
- Mezza vampira. Si chiama Beatrix.-
- Hn, prima o poi dovremo farci una chiacchierata tutti insieme...- rispose giuliva, spostando quindi lo sguardo perplesso su Howthorne -...anche se non credo che a Val piacerà Mister Aureola.-
- Cosa?- fece Tom, senza capire.
Winyfred alzò un sopracciglio, passando una mano a pochi centimetri dalla testa di Damon, in aria.
- Non noti niente?-
- Che cosa scusa?-
- Già che voi maghi non vedete queste cose.-
- Di cosa parli Winyfred?-
- Niente, niente.- tornò subito allegra, abbracciandolo di nuovo e rimettendosi poi a galleggiare in aria - Tesoro ora vado, sono a cena dai Feversham e Brand ci tiene che non mi comporti da pazza. Anzi, sono già in ritardo.- gli scoccò un altro bacio, lasciandolo sempre più spiazzato - Ora filo, torneremo a trovarti presto dolcezza, ci manchi troppo. Ciao!- e schioccò le dita, un secondo prima di sparire.
Ci fu un altro suono di pop corn scoppiato e il tempo riprese a scorrere.
A parte la confusione iniziale, ora che il profumo di donna era svanito e a tutti era venuto uno strano mal di stomaco, Tom dovette anche spiegare per quale motivo aveva del rossetto color prugna sulle labbra.
Gran bella figura da fare, specialmente prima di entrare in casa altrui...
Come gli era capitato al Ministero, aveva voglia di darsi alla fuga e tutto peggiorò quando vennero ad aprire alla porta.
Non voleva entrare, non voleva neanche posare gli occhi su qualsiasi abitante di quella casa...ma fu inutile, specialmente quando il povero maggiordomo di casa King venne letteralmente sparato via come un missile dalla duchessa Mary. La madre di Cloe, invecchiata poco a dire il vero, era sempre stata dolce e affettuosa con lui ma questa volta cacciò un grido, chissà perché lo facevano tutti quando lo vedevano, e lo strinse in una morsa che oltre a fargli vedere le stelle di quella galassia, riuscì a fargli vedere anche gli omini verdi.
- Tu, razza di disgraziato!- disse Mary King, baciandolo sulle guance con calore - Thomas Maximilian Riddle, miserabile codardo! Cosa diavolo aspettavi a venire a trovarci?-
- Duchessa...- la interruppe Trix, un po' preoccupata - E' un po' ferito...- abbozzò - Non lo strapazzi troppo.-
- Oh, sciocchezze cara.- baciò anche lei, guardandola da capo a piedi - Sei sempre magnifica dolcezza. E tu...- sibilò poi cambiando tono verso il Legimors - Ringrazia che mi sono trattenuta!-
- Trattenuta?- ringhiò Damon, mollando la giacca al maggiordomo - Tu sei tutta matta Mary!-
- Dov'è Neely?- replicò lei, sempre a braccetto di Tom - Ti ha piantato?-
- E' andata a cena dai suoi. Le hai fatto paura.-
- Quella non ha paura del diavolo, figurarsi.-
- Si vede che ti considera peggio di lui.- ironizzò Howthorne.
- Ah, sciocchezze.- sentenziò la strega bionda, rivolgendosi poi ad Greyback con aria da cospiratrice - Tesoro per me e per te filetto al sangue.-
Il principe sogghignò, baciandola.
- Qua si mangia decentemente solo quando ci sei tu, Asher.- sospirò la padrona di casa, riprendendo Riddle per il braccio, come se avesse dovuto trascinarlo - Allora, ragazzo mio...guarda che pezzo di uomo che sei diventato.-
- Anche lei sta benissimo duchessa.- le disse, galante come sempre.
- Faccio finta di crederti.- rispose soave, guardandolo di sottecchi - Damon ti ha detto tutto?-
Tom fece lo gnorri - Si, grazie dell'invito a cena.-
Mary King sorrise, carezzandogli la mano - E oltre al tuo bell'aspetto vedo che non sei cambiato per niente.-
Erano nell'anticamera quando, nel salone accanto alla sala da pranzo, Tom vide da lontano Daniel King, il mitico padre di Claire. C'era anche Brian, che sembrava molto dimagrito da quando l'aveva visto l'ultima volta e...in quell'istante un giovane della loro età si volse.
Alto, bruno, capelli lisci dal taglio irregolare ma semplicemente studiato ad arte.
Occhi scuri, viso squadrato e lineamenti marcati gli conferivano un aspetto affascinante. Il naso era pronunciato e le labbra erano carnose. I vestiti poi avevano un'aria alquanto costosa.
In quello sguardo, Tom capì subito molte cose.
Ricchezza, una famiglia agiata. Sicurezza, di chi sa cosa vuole.
E...forse insidia. Anche se Riddle non seppe spiegarsene il motivo.
Così era quello l'uomo che ora aveva la sua Claire. Il suo amore e il suo corpo.
Era così strano. Proprio lui, un puro di cuore, come diceva Lucilla, che stava subendo un violento attacco.
Se non era follia omicida quella, Tom non avrebbe saputo dargli un nome.
Ma tacque, restando a guardare il fantomatico Oliver Trust che, spalancato un sorriso, andava ad abbracciare Damon con calore, come se si fossero conosciuti da sempre.
Abbracciò anche Trix, mentre quella non faceva commenti ma una delle prime figuracce della serata avvenne quando Brian King mise a fuoco Tom e...
- Oddio!- urlò quasi, sorridendo felice e mettendo giù l'aperitivo - Il mio cognato preferito! Tom!-
In un nano secondo Riddle, che negli anni aveva imparato a non arrossire più, desiderò sprofondare. Cognato?
Brian King comunque, sebbene più magro, lo pressò in un abbraccio assassino finché arrivò anche Daniel King.
- Tom!- rise il padre di Cloe, abbracciandolo per l'ennesima volta ma con meno irruenza e poi stringendogli la mano mentre lo guardava da capo a piedi, ammirato - Ah, come siamo felici di rivederti tutti. Sono contento tu abbia accettato, Mary ha passato tutta la giornata a mettere su la cena e a spedire fuori di casa i suoi parenti.-
- Cosa?- Tom guardò la duchessa allarmato - Mary non doveva...-
- Ah, sciocchezze.- ridacchiò Brian, dandogli una manata sulla schiena che quasi gli fece sputare un polmone - Cavolo, devi raccontarmi un sacco di cose! E quell'antipatica di Cloe s'è ben guardata dal dirci che eri tornato a Londra.-
A quanto pare le figuracce erano appena iniziate.
- A proposito.- Brian scoccò uno sguardo a sua madre, poi a Oliver Trust - Tom, devo presentarti qualcuno. Lui è Oliver Trust, il fidanzato di mia sorella. Oliver, lui è Tom. Un nostro vecchio amico.-
- Si, veniva a Hogwarts con noi.- aggiunse Trix.
Oliver Trust sorrise ampiamente, stringendo la mano a Tom anche se Riddle dovette ammettere che non si era levato ancora i guanti, forse per quel motivo.
- E' un piacere. Gli amici dei ragazzi sono amici miei.- commentò Trust.
E cos'era?, pensò Tom. Un capo branco?
- E' strano però, non mi hanno mai parlato di te.- continuò Trust.
Tom capì subito come sarebbe girata la serata. Per una volta ringraziò quella parte malefica dei suoi geni che, ogni tanto, e solo poche volte, faceva di lui l'essere più simile in sarcasmo, arroganza e alterigia a Draco Lucius Malfoy.
- Non me ne stupisco.- rispose a sua volta, con un sorriso gelidamente finto ma da perfetto attore - Sono stato via tanti anni.-
- Otto anni, per la precisione, a luglio.- sentenziò una voce alle loro spalle.
Il cuore quasi perse un battito, come al Ministero, quando sentì la sua presenza.
Cloe King stava scendendo lo scalone dell'ingresso dove si trovavano. Abito color perla, molto fine, molto da signora e...pallido come il sentimento nei suoi occhi.
Ma non staccò mai lo sguardo da lui, mai. Ignorando Oliver, che scrutava la scena attentamente. Eppure, dopo quel silenzio, si fece avanti velocemente e le prese la mano, baciandogliela.
- Amore sei stupenda.- le disse, malizioso.
Tom non mosse un muscolo.
- Vi eravate già visti?- chiese Brian, stranito.
- Si, ieri al Ministero.- rispose sua sorella, passando "accidentalmente" accanto a Damon e passandogli "accidentalmente" su un piede con dei tacchi micidiali. Ma fu stoico il Legimors e riuscì a non spezzarsi i denti, trattenendo una maledizione.
- Perfetto.- Daniel King sorrise - Allora signori, vogliamo un aperitivo prima di cenare?-
L'aperitivo fu una tortura. Visto che prima del loro arrivo il duca e Trust stavano parlando transazioni commerciali e di borsa continuarono su quell'argomento, poi Oliver, bontà sua, disse che forse stavano annoiando chi di queste cose ci capiva poco e così Riddle venne a sapere che il caro fidanzato perfetto aveva studiato al Durmstrang, che i suoi genitori erano pezzi grossi, ma che strano!, e che il suo conto alla Gringott era pari quasi a quello della regina d'Inghilterra.
Scolandosi un martini bello secco, l'ex prigioniero di Cameron Manor ascoltò con un orecchio solo tutto quell'ostentare ma iniziò a farsi qualche domanda quando vide come l'ostentazione non arrivava solo dal conto in banca.
Ma anche dal feeling che Trust mostrava col suo migliore amico.
Damon di qua, Damon di là, quando andiamo a cavalcare insieme, hai visto il nuovo spettacolo della Pinca Palla...
- Cattivo, mi hai tradito.- sussurrò Tom al Legimors, quando Brian dirottò la conversazione sui pettegolezzi del giorno.
Howthorne rise appena, finendo il drink.
- Ah, tu sei sempre in cima alla lista.- gli sussurrò.
- Ma te la fai con gli altri quando non ci sono.- ironizzò Riddle, sagace.
- Sento troppo la tua mancanza, scusami...- fu il sarcastico commento del Legimors.
Ripensandoci però, poteva essere presa come una conversazione seria, si disse Tom.
In fondo otto anni erano pur sempre otto anni.
- E così ho concluso l'affare.- stava dicendo Trust, quando la smisero di fare i piccioni fra loro - La faccia dei folletti è stata impagabile. Insomma, io pago per il loro servizio e pretendo competenza.-
- Giusto, Oliver.- sospirò la duchessa Mary, mandando giù qualche nocciolina, giusto per dire qualcosa - Ma sai...lì alla Gringott c'è sempre molto lavoro da fare, dovresti saperlo.-
- Si. Papà è un azionista e poi lo saremo anche noi, vero tesoro?- fece, rivolto a Cloe.
La bionda mugugnò qualcosa, troppo interessata al suo alcolico doppio.
- Tu invece di cosa ti occupi Tom?- gli chiese Oliver, infilandolo nel discorso.
- Io?- Riddle sfoderò una faccia da schiaffi impressionante - Io faccio il mantenuto.-
Trust colse il tono ma non perse la sua aria pacifica. Finta come le unghie finte.
- Ma davvero...e dei tuoi o di una donna?-
- Diciamo di parecchia gente.- sorrise l'altro, finendo il martini a goccia - In fondo i soldi vanno e vengono.-
- Più che d'accordo amico.- rise Brian.
- Io invece non direi.- disse Oliver, pensoso - Bisogna essere in gamba per accumulare una fortuna. E anche per mantenerla.-
- Si ma i soldi bisogna anche goderseli.- ironizzò Damon.
- Infatti domani in campagna io e te ce ne andiamo alle corse.- rise Trust - Trix pensi di venire?-
- Stare sotto al sole a vedere procioni che corrono?- sibilò la Diurna - Spiacente, ho di meglio da fare.-
- Tesoro, sono cavalli.- celiò Trust.
- Bene ragazzi.- la duchessa Mary interruppe la conversazione prima che scivolasse in terreno minato - Credo che sia pronta la cena. Vogliamo spostarci in sala da pranzo?-
Altroché.
O sia Tom che Asher si sarebbero nascosti sotto il tavolo a fumare per placare il nervoso.
A tavola però Tom si ritrovò seduto di fronte a Cloe. Cazzo.
Era in mezzo a Trix e Damon, a capo tavola la duchessa Mary e il duca.
- Tesoro la poltrona è comoda?- gli chiese la duchessa - Vuoi altri cuscini?-
- No, va tutto bene.- l'assicurò.
- Qualche problema?- s'informò Daniel King.
- Si, caro.- sospirò sua moglie - A quanto pare il nostro Tom ha avuto qualche piccolo inconveniente.-
- Ho avuto un caloroso benvenuto, duca.- spiegò Riddle.
- Gente che conosciamo?- gli chiese Asher, facendo passare il vino fra i commensali.
- Non saprei.- rispose lui, vago.
- E' un problema grave?- s'intromise Oliver con espressione partecipe.
- Oh, niente che non passi per grazia dei narcotici.- celiò Tom, levando il tovagliolo da sotto le ventimila posate accostate al suo piatto - Grazie ancora dell'invito, duchessa. Mi scuso di non essermi fatto sentire prima ma il Medimago di Harry mi ha proibito di strapazzarmi.-
- Qualcuno apra le finestre.- ironizzò Damon, sogghignando.
- Ah, tesoro lascialo perdere.- Mary King dette le disposizioni alle cameriere per iniziare con la prima portata - Sono felice però che ieri siano venuti a prenderti. Immagino la sorpresa.- poi spostò lo sguardo sulla figlia - Cloe, tesoro ti senti bene? E' da ieri che mi sembra tu abbia la voce un po' bassa.-
Matricidio, pensò Claire inferocita. Matricidio.
- Sarà il mal tempo delle settimane scorse.- replicò soave, senza alzare gli occhi dal piatto.
- Ma siamo usciti poco di recente.- commentò Oliver, stringendola la mano con fare dolce, anche se in questo modo le impediva di gustare il primo - Comunque l'aria della compagna domani ti farà sentire meglio. La mia piccola è sempre cagionevole di salute, vero?-
Cloe, sebbene con lo sguardo basso, notò ugualmente il sopracciglio alzato di Riddle.
E la sua aria ironica la fece montare anche di più in bestia.
- Allora Tom.- Brian si rimise in mezzo, mentre le cameriere servivano un contorno leggero per Riddle e un bel calice di emoglobina per Trix - Racconta, com'è ritrovarsi da Harry?-
La semplicità di Brian gli era sempre piaciuta, tanto che gli sorrise abbastanza sereno.
- Traumatizzante direi.- sogghignò, mentre Damon scaricava come ai bei tempi il ghiaccio nel suo bicchiere prendendosi invece gli spicchi di limone che Tom odiava - Ma per ora va tutto bene.-
- Il Medimago è sicuro che ti riprenderai?-
- Fra un mese. O almeno così spera.-
- L'aria fresca fa bene alla guarigione.- se ne uscì Cloe all'improvviso, puntando gli occhi da regina su di lui - Anche se credo che si possa curare anche l'agorafobia, sai?-
- Se conosci qualche strizzacervelli in gamba, sono tutt'orecchi.-
La risposta di Tom non si fece aspettare, tanto che i loro ghigni gelidi sapevano tanto d'inizio battaglia.
- Ti farò avere qualche nome.-
- Grazie Claire.-
- Hn.- Oliver si staccò dal bicchiere, sorridendo con espressione curiosa - Eri un Grifondoro, presumo.-
- Si.- annuì Riddle - Ero della stessa casa di Claire.-
- Ma nessuno la chiama Claire.- replicò Oliver.
- Io si.- finì Tom, sbattendo angelicamente le ciglia.
- Qualcuno mi passa l'insalata di noci?- se ne uscì Damon.
Da lì in poi, visto che Trust si era accorto con quanta famigliarità i genitori della sua futura moglie trattavano quell'ospite e il modo in cui Howthorne e gli altri sembravano essergli intimi, capì che quel nuovo elemento era più interessante di quanto aveva pensato.
Così lasciò che il gruppo parlasse di Hogwarts, dei tempi andati.
Senza perdersi una sola parola.
- Sedwigh si sposa?- Tom attaccò a ridere, tenendosi una mano sul fianco - Oddio e con chi?-
- Mary J. Lewis.- tubò Trix melensa - E pensa che fa una festa privata fra qualche settimana. E tu non sperarci neanche di evitarla.-
- Se sarà ancora qui.-
Cloe si era di nuovo messa in mezzo, con tono apparentemente incurante.
E Tom, che non aveva alcuna intenzione di abboccare ad ami così semplici, strinse la mano alla Vaughn.
- Racconta. Com'è andata?-
- E' andata che ora il nostro caro signor Stanford è Capo nel Reparto Ferite Magiche, ma si occupa solo degli Auror e dei casi più urgenti. Ha scelto di seguire la carriera di sua madre per farle un favore, da principio.- gli disse Daniel King - Ma poi il ragazzo ci ha preso gusto. È diventato molto bravo. Sul serio. Proprio come sua madre.-
- E gli altri?- Tom era curioso come un bambino - Archie? Bruce, Martin e Ian?-
- Dunque...ehm, ah si, Archie lavora coi suoi. Sai, in pasticceria.- sorrise Trix - Ci sono passata una volta con i ragazzi mentre eravamo di ronda. E intanto che loro compravano roba da cariarsi i denti a vita, ci siamo persi dei folletti ladri.-
- Ah, le priorità delle persone.-
- Bruce ha scelto un lavoro babbano, fa il commercialista. E Martin invece...- la Diurna guardò Damon, pensosa - Non fa il gigolò?-
- Scema.- rise il Legimors - Ha aperto un pub a Covent Garden ma è un po' impedito nel campo degli affari e Cloe ogni tanto va a dargli una mano coi conti. E i suoi l'hanno diseredato. Ian Wallace invece è ricercatore per il Ministero.-
- Certo che siete parecchio informati.- commentò Riddle.
- Veramente lo sappiamo solo perché dopo domani partiamo tutti per la riunione del nostro anno.- belò Trix a quel punto, mettendogli addosso una strana agitazione - E tu verrai con noi, tesoro.- gli lanciò un bacetto volante - Tranquillo, se ti sentirai male ci sarò io a salassarti. Contento?-
Una goduria. Si vedeva che era felice come Lucilla a una cena di famiglia coi Mckay al completo.
- E dov'è che si tiene?- sibilò.
- Non si sa. Hanno organizzato i Corvonero.- spiegò Howthorne.
- E di chi sarebbe l'idea?-
Il sorriso candido del Legimors fu un chiaro invito a piantargli una forchetta in un occhio, ma Tom lasciò perdere. Venne a sapere anche di quello che avevano combinato le ragazze. Seppe che Madeline Nolan era diventata il braccio destro di un artigiano produttore di Pensatoi, mentre Maggie Clark era una di quelle matte finite nelle grinfie dell'Associazione Strega e Nobildonna.
Finito il secondo, mentre aspettavano il dolce, riprese banco Oliver.
Tom si accorse che era un gran parlatore. In effetti ci sapeva fare. Sapeva catalizzare l'attenzione.
Ma ciò che avrebbe dovuto fargli nascondere la testa in un secchio di alcool fu quando Brian gli spiegò che Oliver era un genealogista. Ovvero uno studioso degli alberi genealogici delle famiglie dei maghi.
E da lì non lo tenne più nessuno.
-...pensateci!- stava dicendo all'alba delle undici di sera, di fronte ai piatti vuoti e spazzolati, quando le cameriere stavano per portare il carrello dei dolci - Basta un solo errore e tutta una dinastia di sangue puro, perfetto e incontaminato viene spezzato via per sempre.-
Trix beveva, Asher forse giocava con un grissino pensando fosse una sigaretta, Cloe sembrava ascoltare come il resto dei King ma ciò che la stupì fu la totale attenzione che Tom stava dedicando a quella discussione di piego interesse sanguigno.
- Sono sei le famiglie in assoluto più antiche d'Inghilterra che hanno tutto l'interesse mio e del mio staff.- continuò Oliver, serissimo - Ma anche queste famiglie hanno commesso gravi errori. Ok, fra queste sei abbiamo i Dalton per primi. I Black, eccezionali, cioè...famiglia purissima, dal primo all'ultimo. Poi i Lancaster, altri grandi finiti nel fango, i Malfoy per quarti, che sono durati fino a oggi, i famosi Hargrave del tutto estinti e per concludere i Bones. Ecco, queste sei grandi famiglie erano le più famose un tempo. Ora, pensate ai Dalton...dinastia d'oro colato fino a oggi. Il vostro amico Edward ha il sangue più regale della Gran Bretagna nelle vene e cosa fa?- Oliver pareva sconvolto, anche se divertito - Va a sposarsi una babbana. Un'intera famiglia spazzata via con una generazione. Cioè...alla morte di suo padre George il vostro amico erediterà il titolo di baronetto, lo sapete o no? E lui si sposa una babbana! No dico! Che cavolo racconterà ai suoi figli da grandi?-
- Che è meglio restare single.- sibilò Asher acidamente.
- E i Lancaster? Cosa va a fare quell'uomo? Sposa una demone! Una demone! Ok, andiamo avanti...Liam Hargrave mette al mondo una figlia. Va bene. E provarci una seconda volta? Vi sembrerà un discorso vecchio stile, anche a me a volte pare inconcepibile ma col mio lavoro lo so bene. Un maschio deve sempre portare avanti il nome della famiglia! Sempre. Pensate se Jane Hargrave non avesse sposato un babbano! Ora Lady Hermione sarebbe purosangue e il suo matrimonio con un Malfoy avrebbe generato l'erede perfetto! Cioè, un matrimonio fra Hargrave e Malfoy...-
- Quindi Glorya sarebbe l'erede perfetto solo se sua madre fosse purosangue.- replicò Brian.
- Esatto. Gli eredi perfetti terminano con Edward Dalton e Draco Malfoy, mezzo Black e mezzo Malfoy. Oro zecchino gente, da qui non si scappa. I Bones, anche loro...tutte femmine! Se non è iella questa...basta perseverare a volte per avere un maschio.-
- Stai cominciando a farmi sentire in colpa.- mugugnò Trix, sarcastica.
Oliver rise - Lasciami perdere, quando vado in delirio con le mie teorie divento il peggior misogino al mondo. Ma le nostre sono teorie fondate sulla legge dell'ereditarietà.- e puntò Asher con un dito - Ecco, prendete lui! Asher quanti anni ha la tua dinastia?-
Il principe parve poco interessato alla cosa.
- Circa duecento.-
- Ecco. Due secoli fa i mannari non si univano di certo pensando al sangue, fra loro non c'era ancora questa credenza. Lui è il risultato di secoli di accoppiamenti fra i mannari più forti di tutti i clan! È il meglio che i secoli hanno partorito! È come se fosse un perfetto cavallo da riproduzione.-
Oddio.
Cloe fu la prima a mettersi una mano sulla bocca. Trix la seguì, mentre Asher, inspirando, avvisò tutti che andava in bagno. E al diavolo l'etichetta.
- Non è sempre facile il matrimonio fra purosangue però, Oliver.- commentò il duca.
- Infatti lo so. I genealogisti come me sono propensi a quelli fra parenti.-
- Wow.- Tom sorrise, sporgendosi leggermente in avanti sulla tavola - Ok, l'idea regge ma come la mettiamo con la follia?-
Trust, altrettanto spinto al dialogo, rise - Si, lo so. La follia dei geni. Purtroppo capita.-
- Già, prendi gli Avery.- replicò Damon - Quanti figli? Cinque? E ne sono sopravvissuti solo due. Pensa che scavando anche Edward e Draco hanno scoperto di avere degli zii di terzo grado sposati insieme...orribile.-
- Sposarsi fra cugini a volte è una necessità se si vuole preservare la purezza del sangue.- spiegò Oliver.
- Si ma uno dà completamente fuori di testa, poi.- Tom stava iniziando a sorridere in un modo che a Cloe e Trix piaceva poco - E' pieno di gente scoppiata nei tuoi alberi genealogici.-
- Problemi in famiglia?- gli chiese Oliver, mentre cercava di fregare alla fidanzata un pezzetto di torta al limone, prendendosi indietro solo una forchettata e uno sguardo truce.
- Si. Mia madre era proprio fuori come un'astronave.-
Oh no, pensò Damon.
- Mi dispiace.- fece Trust, per nulla impressionato - Ma sai, i nostri genitori vengono dagli anni in cui la discendenza era una cosa molto importante. I miei sono pazzamente fissati ed è per questo che adorano Cloe, vero tesoro?- e le baciò i capelli, melenso - Anche se non mi fa mai assaggiare la sua torta al limone. Quando ci sposeremo ci ripenserai?- e visto che lei taceva, tornò a parlare con Tom - Non è colpa loro...ma della corrente di pensiero dei loro anni. Tua madre era un po' eccentrica hai detto...non amava i mezzosangue?-
- Assolutamente.- il ghigno di Tom si triplicò.
- E tuo padre?-
Oddio. Damon si girò dall'altra parte.
- Oh, fosse stato per mio padre i babbani e mezzosangue sarebbero tutti morti.- il sorriso di Tom stava diventando quello di una iena.
- Hn, ti capisco.- fece Oliver comprensivo - Ma non mi hai detto come tuo cognome, magari posso dirti qualcosa sulla vostra famiglia.- e si riattaccò al bicchiere. Mossa sbagliata - Come si chiamava tuo padre?-
- Lord Voldemort.-
Nell'istante in cui gli uscì quel nome, con un ghigno libidinoso, Oliver sputò letteralmente fuori tutto il vino che stava bevendo e Tom finalmente si alzò dalla tavola, disgustato, dicendo che gli stava suonando il cellulare.
Sparì alla velocità della luce, ricordandosi bene dove si trovava il giardino d'inverno che dava sul retro della tenuta.
Una volta sotto la veranda di cristallo e ferro battuto, Tom sbuffò sonoramente.
Cercò in tasca le sigarette di Vlad, pregando perché venisse a trovarlo presto e se ne ficcò una in bocca.
- Al diavolo.-
Non aveva mai sentito tante porcate in vita sua neanche a Dark Hell Manor.
Quello lì parlava del matrimonio come un accoppiamento fra cani di razza.
E gli altri? I meticci? Da sopprimere.
Oliver Trust sarebbe stato il degno figlio del Lord Oscuro. Suo padre ne sarebbe stato fiero almeno.
Fumò la prima sigaretta a scatti nervosi, finendola subito.
La seconda fu decisamente meglio.
La menta riusciva a calmarlo.
E Veleno, tornato fedelmente al suo polso, gli chiese se stava bene.
"Come no, benissimo..." gli rispose in Serpentese.
Si chiese come potesse piacere un tipo simile a Claire.
Quasi non la riconosceva più.
- E' proprio una gran testa di cazzo.- mugugnò.
- Parli allo specchio?-
Tom si volse, trovando l'oggetto dei suoi pensieri e desideri dietro di lui.
Cloe era appoggiata alla porta, il piatto con la torta in mano.
Si avvicinò lentamente, continuando a masticare senza fretta.
Una volta vicino a lui però arricciò il naso.
- Cos'è questa puzza?- lo guardò storto - Da quando ti piace la menta?-
- Da quando ti piacciono le cazzate in libertà?- replicò lui di rimando, placidissimo.
Lei neanche gli rispose, scuotendo il capo.
Poi però, quando si accorse che la stava squadrando da capo a piedi, lo incalzò con aria seccata.
- Bhè?- fece sarcastica - Che guardi?-
- Niente.-
- Cos'ha il mio vestito?-
- Nulla.-
- Sei stato molto loquace prima. Hai perso la tua verve?-
- E' sbiadito.-
Cloe parve allibita - Cosa?-
- Il tuo vestito. È sbiadito.- sibilò Tom, guardando fisso davanti a sé.
- Sbiadito?- riecheggiò la King.
- Si.- Riddle la scrutò di nuovo con la coda dell'occhio - Come chi lo porta.-
Ora esagerava. Era troppo!
- Senti ma come...- Cloe si morse la lingua, furibonda - Vall'inferno.-
- Provvederò.-
Lo vide soffiare fuori il fumo, tranquillo.
Un estraneo. Aveva pensato questo per tutta la cena. Ma ora...era ancora un estraneo?
Lo era davvero?
Era il ragazzino conosciuto al Ministero, quindici anni prima. Era il ragazzo che per primo le aveva regalato un fiore. Era il ragazzo per cui aveva provato il primo vero batticuore. Era l'uomo...come cui fare l'amore aveva davvero avuto senso. Ed era tornato.
- Perché sei uscito?- gli chiese, con un filo di voce.
- Non l'ho voluto io.- Tom dette un altro tiro profondo che gli riempì la gola - Sono stato preso in trappola.-
- Perché eri al Ministero?-
- Per incastrare chi ha cercato di uccidermi. E adesso perché non mi chiedi se centro col Marchio Nero?-
Cloe rise, abbassando lo sguardo.
- Perché so già la risposta.-
- Almeno questo te lo ricordi.-
Era acredine quella. Era rabbia.
Ma lei se ne dimenticò, seguendo il profilo del suo viso. Ah, non l'aveva mai scordato.
Né quel volto né quella voce. Tantomeno quegli occhi.
Posò per un secondo il piatto su una colonnina bassa, lì accanto. Non se ne accorse neanche.
Ma quando allungò la mano verso di lui, ancora prima di capire che voleva sfiorarlo e forse abbracciarlo, Tom percepì la sua vicinanza e sgranando gli occhi si fece bruscamente indietro.
Quel movimento la gelò.
E la sua mano scattò, per ritrarsi.
- Non volevo...- mormorò lei, irritata con se stessa - Non volevo certo picchiarti.-
- Non toccarmi.-
Dio.
Aveva sperato, pregato, pianto anche...perché una frase del genere non fosse mai uscita dalla bocca di Tom Riddle rivolta a lei. Ma ora era accaduto.
E fece un male atroce, dilaniante. Come se lui l'avesse colpita alle spalle.
Ma sarebbe morta piuttosto che darglielo a vedere, così riprese il suo piatto e lui spense il mozzicone, nervoso, per poi farlo sparire rapidamente con un colpo di bacchetta.
- Non sei cambiato.- gli disse.
- Tu invece si.- sibilò, come se fosse furente con lei per un qualche torto grave. Resosi conto che le stava facendo la predica cercò di moderare il tiro e ci riuscì. Emise un sospiro, poi un altro.
Infine si volse, per guardarla finalmente in faccia.
- Non potevo rifiutare di venire stasera.-
- Lo so. E non te lo avrei chiesto.-
- Sei troppo comprensiva.-
Cloe sogghignò brevemente - E tu ti fai troppi problemi. Sono passati otto anni.-
- Si, è passato tanto tempo.-
Sentendo dei passi avvicinarsi, Tom rise amaramente.
Se l'era voluta lui. Quindi ora doveva solo tacere.
Una cosa però poteva ancora farla.
Le prese di mano la forchetta, facendo provare un fremito ad entrambi e addentò un pezzetto di torta.
Lei tacque. L'aveva sempre divisa solo con lui. E non le importava se ora Oliver li stava guardando.
- Non è più la stessa.- commentò Tom, dopo aver finito di masticare.
- E' colpa del limone.- replicò lei, sarcastica.
- Non credo.- ghignò, ficcando le mani in tasca e avviandosi - Credo sia colpa dei limoni come della crema. Non si amalgamano più bene come un tempo.-
- Questo è vero.-
Oliver non c'era più.
Per questo tornarono tranquilli in sala da pranzo, in perfetto silenzio.
Quando li vide, la duchessa Mary guardò la figlia e poi l'ospite, insospettita.
- Spero che Cloe si stata educata, tesoro.-
- Oh, non tema duchessa.- ironizzò Riddle, mentre il diavoletto sulla sua spalla sinistra riprendeva il sopravvento - Sua figlia ha le stesse mani di fata di tanti anni fa.-
Damon, Trix e Asher nascosero la testa sotto la tavola e attaccarono a ridere come forsennati.
Da quanto Thomas Maximilian Riddle, il re della cortesia, era diventato tanto molesto e dispettoso?
Cloe fece una smorfia e tornò al suo posto, ma si prese almeno la soddisfazione di tirargli un calcio su una tibia, una volta seduta.
Il bello però venne quando Oliver, che sembrava avere idee alquanto ospitali, non chiese a Tom di unirsi a loro, il giorno dopo, quando sarebbero andati tutti nella residenza di campagna dei King.
Era una sfida?, si chiese Riddle.
Nessuno poteva ancora saperlo. Ma in fondo Tom fino a quel momento era stato messo di fronte a un sacco di scelte e di possibilità. E se proprio doveva farsi del male, almeno poteva farlo rivedendo un po' il mondo. Quindi fu con somma ansia di Claire che accettò l'invito, facendo invece la felicità degli amici e dei coniugi King.
Non restava che aspettare ormai...e vedere cos'aveva in serbo il destino per lui.

 

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21° ***


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Secondo Oliver Trust, il genealogista supremo, ma anche conosciuto come Trust il Matto, o il Sospensorio troppo stretto, era necessario, anzi, fondamentale avere come base famigliare per tramandare il proprio sacro nome di maghi almeno un erede maschio.
Un unico erede maschio almeno. E su questo era categorico.
Quindi cosa potevano dire i Linton, famiglia di grandi maghi mercanti d’arte da sempre uniti alla famiglia reale d’Inghilterra, che come ultimi eredi a mandare avanti il loro nome avevano.ben 7 figlie?
Uno spreco, aveva detto Oliver quando aveva conosciuto le WITCHES, come Cloe King chiamava le sue cugine.
Eh si.
La madre di Cloe, Mary Linton King aveva un fratello maggiore, John Linton e una sorella minore, Ruth Linton che si era sposata e divorziata nel giro di quattro anni, dando così alle sue quattro figlie il suo stesso cognome.
John Linton invece di figlie ne aveva avute tre e un’altra cosa da dire su questa importante famiglia era che si trattava di maghi estremamente superstiziosi e fissati con i giochi di parole, cosa che però non si era trasmessa in via sanguigna a Mary Linton, fortunatamente.
Considerando la fortuna di avere ben sette figlie, mai interrotte dalla nascita di un maschio, John e Ruth Linton avevano fatto una scelta strategica per i loro nomi, usando le lettere della parola Witches. E così era iniziata la tradizione, prima con la nascita di Winona, 23 anni, la primogenita perfetta che era nata vecchia, quasi una mamma e che probabilmente non si sarebbe mai sposata. A un anno di distanza Isobel, la combattente e la maliziosa di famiglia che era diventata studiosa di Filtri d’Amore dopo la carriera di modella durata tre anni, quindi Tyra di 21 anni, programmatrice di mostre alla Tate Gallery per maghi e streghe dell’alta società. Due anni dopo anche Ruth Linton era rimasta incinta la prima volta, di Candace, l’animalista del parentado. Poi Hailey, di 18 anni, testa bionda rasata e vestiti di pelle appena uscita da Hogwarts. Infine Eleaonor, l’appassionata di giornalismo e per ultima la sedicenne Sibilla, la cocca di casa.
Che dire delle Witches?
Erano un branco di faine che Cloe, da che aveva memoria, non aveva mai tollerato se non alle feste comandate per poche ore a tavola o alle feste danzanti, quando poteva chiudersi in bagno e sparire.
Ma quel giorno, quel 29 giugno, in campagna nel Devon alla tenuta dei King immersa in vigneti e grandi campi magici di erba altissima e smeraldina, soffice come una nuvola e ricolma di papaveri e tulipani, ovviamente fatti crescere grazie agli esperti coltivatori alle spese della famiglia King.
Dalla tenuta, una casa in puro stile coloniale dall’immenso tetto rosso e da una grande balconata al secondo piano che dava una vista magnifica di tutta quella parte così suggestiva del Devon, si godeva anche un magnifico panorama di quei campi di tulipani.
A cingere quella nona meraviglia del mondo, si trovava un piccolo boschetto di caccia molto famoso per i suoi sentieri che ospitavano ogni sorta di essere magico e anche ogni sorta di preda di caccia.
Per non parlare dei percorsi da equitazione.
Sarebbe stato tutto magnifico per Thomas Maximilian Riddle, dopo secoli di reclusione scelta e forzata.
Il sole, il vento sulla faccia, il calore sulla pelle.
E Oliver Trust.
- Dio, uccidetelo.- sibilò, mettendosi le cuffie nelle orecchie non appena lui, Damon, Neely e Beatrix scesero dalla carrozza degli Howthorne, di fronte all’ingresso.
Trust se ne stava lì sullo spiazzare, seduto comodamente a un passo tavolino di marmo, sorretto da piedi in ferro battuto. In mano teneva un cocktail con uno spicchio d’arancia e stava parlando con Mary King, sua sorella Ruth e Winona Linton, la nipote di entrambe. Poco lontano, gli uomini di casa, il duca, suo cognato John Linton e Brian.
Non appena li vide, Brian li salutò con un sorriso.
- Brian è dimagrito parecchio.- commentò Neely, mentre Damon l’aiutava a scendere dalla carrozza.
- Già.- fu il laconico commento del Legimors.
Inutile.
La sua ragazza lo scrutò per un istante di troppo e lui abbassò lo sguardo.
- C’è un sole che spacca le pietre.- si lagnò Trix, con gli occhiali scuri ben saldi sul naso.
- Dici?- replicò Tom, quasi del suo stesso tetro umore - A me sembra normale.-
- A me invece sembra che potresti avere un’aria meno scazzata.- frecciò Howthorne.
- Si, potrei.- Riddle sorrise melenso - Andiamo? Ho una gran voglia di parlare di aumento delle nascite.-
- Possiamo evitare?- masticò Damon, salutando il cocchiere che se ne andò alle stalle.
- Perché? E’ così interessante.-
- Quand’è che sei diventato così dispettoso eh?- ironizzò la Vaughn, mentre s’incamminavano.
- Sai com’è.otto anni insieme a gente strana finiscono per tarare il cervello.-
- Allora mi stupisco di come tu sia rimasto sano di mente a Hogwarts.- sorrise Neely, prima che raggiungessero la duchessa. Altri saluti e altri abbracci, poi vennero condotti all’interno della villa e sistemati nelle loro camere.
Buttandosi sull’ampio lettone a baldacchino, Tom si lasciò andare con un gemito.
La camera era sfarzosa ma non troppo e si godeva un’ottima vista.
Decisamente quella visita al Ministero in cui aveva proclamato come un idiota di essere uscito da Cameron Manor in tempo per i fuochi d’artificio dei Mangiamorte non era stata poi la cazzata che lui, Harry e Draco avevano pensato.
Dal lato delle amenità poteva finalmente permettersi di mettere il naso fuori dalla Lucky House ma anche il fatto di essere reperibile sembrava aver convinto Damon e specialmente Trix che ora potevano portarselo ovunque.
Era cominciato tutto dalla cena a casa di Damon, il giorno dopo dai King, poi la gita odierna nel Devon e.nei giorni seguenti la Riunione del loro anno. Chissà dove.
E quel maledetto dolore alla schiena non spariva.
- Stanco?- gli chiese Howthorne, entrando tranquillamente dalla porta.
- Ho dormito male.- mugugnò Tom, restando sdraiato a fissare il soffitto.
- Hn.- il Legimors si accese una sigaretta - Perché?-
- Male alla schiena.-
- E basta?-
Tom rise, volgendo appena il capo verso di lui.
- Sono già sdraiato, ma non sono ancora morto. Non ci tengo a farti fare lo strizzacervelli anche in vacanza.-
- Bah, tanto ormai ci sono abituato.- Damon raggiunse la finestra e si mise a scrutare i campi attorno alla tenuta - Dopo pranzo Oliver mi porta alle corse.-
- Implicitamente non sono invitato presumo.- soffiò Riddle, cercando in tasca e infilandosi fra le labbra una sigaretta - Non gli sono simpatico.-
- Non è che tu abbia fatto molto per dimostrarti l’angioletto che eri.-
- Scusa, lui invece è così amichevole.-
Damon rise, appoggiandosi alla mensola coi fianchi, osservando divertito i rivoli del fumo della cicca alla mente del suo migliore amico che si sollevano in aria, volubili e sinuosi.
- Cosa ti fa credere che sia a causa sua che non ho dormito?- gli chiese Tom, sarcastico.
- Il fatto che sia ricco, che abbia la lingua velenosa quanto la tua e sia fidanzato con Cloe?-
- Oddio.- l’ex Grifondoro emise un gemito disgustato, mettendosi un cuscino sulla faccia - Dovevi proprio dirlo vero?-
- Ehi, mica sono io quello che da Re della Cortesia è diventata la brutta copia di una trash stella del punk.-
- Ma che gli ho detto? Mica sono stato maleducato.-
- No, hai solo fatto sbrodolare Trust col Pinot nero sulla sua costosissima camicia da duecento falci.-
- Duecento falci per una camicia?- fece Tom ironico - Però, neanche un gay.-
- Sei intrattabile.-
- A volte capita anche a me.-
- E anche con Cloe lo sei.-
- Non l’ho notato.-
- Piantala.- Damon rise appena - Vi ho visti ieri sera.-
- Credevo ascoltassi l’idea capitalistica di Trust.- sentenziò l’altro, alzandosi e iniziando a sfogliare con lo sguardo i titoli dei libri che erano contenuti nella libreria accanto al letto - Pensa se Neely fosse sterile.o se tu fossi sterile.niente maschi.-
Stavolta Howthorne sospirò seccato.
- Ho capito, lo detesti.-
- Si ma perché è un idiota.- Tom chiuse di botto un tomo, sempre più irritato - E detesto quella specie di essere che cammina e che ha la faccia di Claire.-
Dio, fa che sia vero.
E’ questo che continuò a pensare Damon per tutto il giorno.
Era questo che voleva
Rabbia e repulsione verso la nuova Cloe, un’estranea che
Come primo passo, in fondo, non poteva aspettarsi altro.
- Ehi, gente.- Trix arrivò a chiamarli - Andiamo, comincia la festa.-
Eh già.
Iniziava la festa, o meglio...lo show.
Su la maschera, Tom.
Scendendo al piano terra però, s’imbatterono in Cloe. Era in cucina e stava praticamente sbraitando.
Contro chi?
- Basta, ho detto che non ne voglio più parlare! Che diavolo avete al posto del cervello? Un buco nero?-
- Ehi duchessa.- ironizzò Damon, mentre lei usciva dalla cucina come una locomotiva - Le buone maniere non te le hanno insegnate?-
Cloe sembrava diversa quel giorno.
Se ne accorsero tutti tranne Tom, solo perché negli ultimi anni non l’aveva vista. Loro invece, che avevano visto la sua metamorfosi in signora aristocratica e pallida, sorrisero nel vederla in jeans col risvolto sotto al ginocchio, sandali a tacco alto e maglietta degli AC DC.
- Con quelle ci vanno solo le legnate!- sentenziò iraconda, abbracciando poi Neely con un sorriso.
- Ma che succede?- bofonchiò Trix.
E poi, fatto da un coro di sei voci cinguettanti, Riddle ricevette il suo vecchio saluto.
- Ciao Tom!-
Sei streghe, tranne la maggiore Winona, si fiondarono alle spalle di Cloe.
Da Isobel a Sibilla c’erano tutte.
A parte il saluto che superava di parecchi decibel la decenza consentita, Tom venne letteralmente subissato di abbracci calorosi dalle cugine della sua ex ragazza che lo fissò con occhi assassini, come se avesse fatto qualcosa di male.
Sibilla, Hailey e Tyra lo riempirono di baci e rossetto ma poi si levarono di torno, per lasciare spazio alla bellissima Isobel, biondissima, curatissima e col corpo di una pin up che s’incollò a Tom e non lo mollò più.
Otto anni prima era stata innamoratissima di lui. Tanto da invidiare la cugina ma ora.
Fuori, infatti, Cloe dovette assistere allo svenevole spiegamento dell’artiglieria della bella Isobel.
- E così adesso studi i problemi legati alle Pozioni d’Amore.- Riddle rideva, seduto a tavola con Isobel, Mary e i suoi amici. Più Trust, ovvio.
- Già.- rise lei, radiosa - E pensa che il Ministero mi paga. Ma per tutti io studio solo i comportamenti deviati di soggetto sotto influsso dell’Imperius. Sto nei sotterranei, figurati.-
- Se ben ricordo eri a favore dell’uso delle Pozioni d’Amore.- sogghignò Riddle, insinuante.
Cloe serrò le mani sul bicchiere, quasi senza accorgersene.
Thomas Maximilian Riddle stava flirtando?
Ma che diavolo succedeva? Il mondo girava al contrario?
- Si, infatti.- rise Isobel divertita - Sarò leggera, ma credo una spintarella a volte serva. In fondo la pozione più elementare dura al massimo una settimana. Quando l’effetto svanisce in fondo che può succedere?-
- Di sentirsi presi in giro e sfruttati a letto?- frecciò Neely.
- Bhè, ci si lamenta sempre che è difficile trovare qualcuno con cui andare a letto.-
- Parla per te.- ridacchiò Trix.
- Come mai hai scelto di andare a lavorare per il Ministero?- le chiese Tom curioso.
- Bhè, a Everland mi avevano fatto una proposta allettante, ma poi s’è messo in mezzo un qualche capo Reparto deficiente e alla fine hanno preferito avermi sott’occhio tutti i giorni, come se fossi una pazza mitomane che si mette agli angoli delle strade a vendere Filtri d’Amore.- Isobel si strinse nelle spalle - Ma mi pagano bene, quindi non mi lamento. Ma basta scherzi, quando mi hanno detto che eri uscito ho fatto i salti di gioia.- e gli si avvinghiò al braccio facendo definitivamente perdere la voglia di bere alla cugina - Allora, cos’hai fatto in questi anni?-
- Ah, ne ha parlato poco anche a noi cara.- disse Mary King.
- Hai sempre la brutta abitudine di sbottonarti poco.- sorrise anche Ruth Linton - Ancora mi ricordo quando venivi a King Manor per le vacanze.-
- Allora eravate amici intimi.- se ne uscì Oliver a quel punto.
E ma se le tirava dietro allora.
Non appena Damon vide Tom spalancare quel maledetto sorriso da iena e la bocca, lo scavalcò finemente.
- Si, lo vedrai domani. Coi loro compagni del Grifondoro erano sempre tutti insieme in qualunque momento della giornata.-
- Grifondoro.- sogghignò Trix.
- Serpeverde.- rise Isobel, che era stata una brillante Corvonero come Neely - Allora, qual è il programma?-
- Io e Damon andiamo alle corse.- disse subito Oliver - Sarà stancante.-
- Un buon motivo per stare qua a godermi il io amico Chardonnay.- ironizzò Tom con un sorrisone - Tu Isobel che cosa fai?-
- Ti faccio fare un giro nei campi se vuoi!- cinguettò lei - I vigneti ti piaceranno.-
- Oh, non ne dubita nessuno.- disse Cloe a quel punto, attaccandosi al bicchiere - Beatrix che fai?-
- Mi attaccherò a una flebo.-
- Fantastico.- Neely si alzò in piedi - Io allora vado a farmi un bagno prima di pranzo.-
- Perfetto cara.- disse la duchessa Mary, alzandosi in piedi - Ti mostro le terme.-
- Ci sono le terme?- fece la Diurna interessata - Credo che la flebo aspetterà. Tom?-
- Acqua calda su una ferita aperta, grazie tesoro. No.-
- In fondo ha ragione.- annuì Oliver - E’ stanco Trix, lascialo riposare.-
- Già, così poi sarò in forma per la battuta di caccia finale.- Tom dette una pacca a Damon, tutto zuccheroso - Mi raccomando, non esagerare alle corse.- e gli mollò un sacchetto di velluto - Li rivoglio indietro raddoppiati.-
- Secondo la Convenzione del Wizengamot non potrei usare i miei poteri per questo.- gli ricordò Howthorne.
- Fai uno strappo per me. Lo sai che ne vale la pena.-
- Eh, come no.- Damon si mise in piedi, insieme a Oliver - Signore ci rivediamo per pranzo.-
- Ottimo.- tubò Isobel - Intanto a Tom ci penso io Damon, fidati di me.-
- Non stancarlo troppo.- soffiò, prima di defilarsela.


Le terme erano una meraviglia. Tre diverse piscine dalla forma tonda incassate in un pavimento di marmo rosato, con statuette che versavano bolle e sapone al gelsomino dai diversi colori nella vasca che riproduceva l’effetto dell’idromassaggio, rischiando così di allagare tutto di schiuma.
Nella vasca di sola acqua calda invece, le streghe se ne stavano beatamente immerse fino alle spalle, avvolte in asciugamani morbidissimi con il classico drink analcolico in mano.
Prima di pranzo.
Viva la vita sana.
- Io lo trovo bene.- stava dicendo Ruth Linton, sorridente - Ha un ottimo aspetto.-
- A parte la ferita alla schiena.- la corresse sua sorella Mary - Com’è successo Beatrix?-
- Pare che abbia avuto problemi appena uscito da Cameron Manor.- spiegò la Diurna, poggiata languidamente contro il bordo, coi capelli raccolti da una pinza di legno - Si riprenderà, ma ci vorrà del tempo.-
- Comunque.- Ruth sorrise di più, scoccando un’occhiata di traverso a sua nipote - E’ diventato veramente un bel ragazzo.-
- Si, ma lo è sempre stato. Vero tesoro?- chiese la duchessa.
Cloe cadde dalle nuvole. Guardava fuori dalla vetrata che dava sui campi, vedendo da lontano la folta chioma bionda di Isobel e la schiena larga di Riddle.
- Cosa? Che hai detto mamma?-
- Che Tom è proprio un bel ragazzo. Non trovi?-
- Si.- bofonchiò, tornando a guardare fuori.
- C’è qualcosa d’interessante fra i campi dolcezza?- frecciò Mary.
- No, mamma.- sibilò allora la Sensistrega - Tutto bene.-
- Hn, come dici tu.allora Neely.- Mary si rivolse alla Montgomery - Hai finito il tuo lavoro fuori da Londra.-
- Si, ora posso restarmene a lavorare qui con più tranquillità. E dopo quello che è successo direi che è il caso di stare bene in guardia. Conosce i suoi gufi, duchessa. Sa come si comportano quando c’è puzza di guai.-
- Altroché. Partite domani però, per la vostra Universale di classe, giusto?-
- Meno male.- disse Ruth con un sospiro - Meglio sapervi al sicuro, fuori da Londra per qualche giorno. Specialmente per far tirare un po’ il fiato al povero Tom.-
- Viene anche Oliver con voi?- chiese la padrona di casa.
- Si.- fu la brusca risposta di Cloe.
- Ti secca?- la incalzò sua madre, sbattendo le ciglia.
- Certo che no, mamma.-
- Strano, credevo preferissi goderti il week end coi tuoi amici.-
- Lui vuole conoscerli.-
- Oh, piacerà a tutti.- Beatrix sorrise con aria assassina, in confronto all’occhiata atomica della Sensistrega - E poi Sedwigh e Martin Worton già lo conoscono.-
- Lo adorano, presumo.- commentò Mary.
- Mamma.- sibilò Cloe, avvisandola.
- Che ho detto?-
- Niente, lascia perdere.- infuriata, Cloe si alzò dall’acqua - Se resto qui diventerò una prugna secca. Vado a vedere cosa fanno papà, Brian e lo zio.-
- Si e controlla anche Isobel.- aggiunsero Neely e Trix praticamente in coro.
- Si, non vorrei che mia figlia stancasse troppo il povero Tom.- seguì Ruth Linton.
Stancarlo.
Povero Tom.
Che andasse al diavolo, pensò la King inferocita, mentre si asciugava i capelli nel suo bagno. Non aveva fatto un accidente in otto anni, Dio solo sapeva come aveva occupato il tempo a casa di Caesar e ora si preoccupavano che si stancasse conducendo la vita di ogni essere umano normale?
Bhè, lei non era la sua balia!
Bel ragazzo.
Cloe osservò la sua immagine allo specchio.
Bello. Si, era sempre stato bello.
Anche quando aveva diciassette anni. Ma ora.
Dio, ora era veramente il peccato originale.
Era un uomo ormai. E sembrava odiarla.
Passò la mano sullo specchio appannato, fissando la sua immagine riflessa.
E lei? Lei com’era diventata?
La sera prima le aveva detto che era sbiadita.come il suo vestito.
Con rabbia si accorse che non l’aveva mai pescato a guardarla in un certo modo. Come quando otto anni prima erano stati insieme. Ammirato, innamorato.
Bhè, non poteva pretendere chissà cosa ma.quella mancanza d’interesse la feriva.
La feriva e si odiava per sentirsi così scoperta.
Si vestì in fretta, mettendo ciò che di più colorato aveva nell’armadio, un top senza maniche di seta giallo acceso e una mini di jeans ma una volta che arrancò fuori dalla sua camera, decisa ad andare a vedere che stava combinando Isobel nei vigneti, la trovò nel salone.
Stava leggendo il giornale.
- Sei qui?- si stupì - E Tom dov’è?-
La bella Isobel sorrise maliziosa.
- T’interessa?-
Cloe serrò le mascelle - Non ho voglia di giocare.-
- Mamma mia, da qualche tempo, anzi, diciamo due anni sei sempre di umore terribile.- commentò sua cugina, tornando a leggere con fare incurante - Dovresti considerare i motivi del tuo cattivo umore, sai?-
Due anni. Il periodo in cui lei e Oliver erano stati insieme.
Isobel s’improvvisava spesso strizzacervelli, ma questa volta la Sensistrega si rifiutò di darle corda e la piantò in asso, uscendo in giardino.
Ormai il cattivo umore stava raggiungendo livelli astronomici, specialmente vedendo suo fratello Brian fare il grande amicone del disgraziato che le aveva rovinato la vita e spezzato il cuore.
Fissando Tom, rielaborò quello che aveva appena pensato.
Spezzato il cuore.
Rovinato la vita.
Dopo otto anni finalmente l’aveva ammesso.
Lasciandola e mentendole, Tom le aveva fatto il cuore a pezzettini.
E ancora ci soffriva.
- Stupida.- sussurrò a bassa voce, mentre lo vedeva avvicinarsi.
Riddle, camminando, sembrava zoppicare.
Le guance arrossate testimoniavano che si era affaticato.
- Problemi?- l’apostrofò, quando le fu vicino.
Lui fece una smorfia - Mal di schiena.- mugugnò, come se gli desse fastidio dirle qualche parola in più.
- Ti do una mano.-
E di nuovo di scostò, come se l’avesse morso.
- No.- disse, calmandosi non appena fu a distanza di sicurezza - Ce la faccio da solo.-
- Non essere sciocco, neanche stai in piedi!-
- Striscerò.-
- Già e lo sai fare bene, vero?- sbottò avvelenata.
- Hn.- lui sogghignò, sorpassandola - A quanto pare non sono l’unico.-
Ancora ce l’aveva con Oliver.
Maledetto.
Quando però già Tom pensava di essere al sicuro, ecco che provò un brivido traditore. Cloe gli era corsa dietro e senza una parola si piazzò al suo fianco, mettendogli un braccio attorno alla schiena e prendendosi il suo, il sinistro, sulle spalle.
Erano così vicini che poteva sentire il suo cuore, ora che lei gli arrivava appena alla gola.
- Dannazione.- sibilò Tom, con lo sguardo lampeggiante - Quando uno dice no, è no!-
- Questa è casa mia!- replicò lei acida - Faccio come mi pare!-
- Tanto l’hai sempre fatto!-
- Appunto, quindi non stupirti adesso. E cammina!-
Troppo vicina, pensava il mago sentendo il seno di Claire premere contro le sue costole.
Raggiunsero la cucina e lei lo mollò malamente su una sedia, strappandogli un’imprecazione.
- Mi dispiace.- ironizzò.
- No, non è vero.- la rimbeccò sarcastico, tastandosi la schiena dolente.
Senza una parola cercò le sigarette, mentre lei faceva del caffè.
- Com’è che non ti ha portata alle corse?- le chiese, per spezzare il silenzio che si era creato.
- Non facciamo tutto insieme.-
- A no?- Tom sollevò perfidamente le sopracciglia, accendendosi la sigaretta che levò subito un gradevole odore di menta - Strano, avrei detto il contrario.-
- Pensala come ti pare.- Cloe lo scrutò coi lineamenti contorti dall’irritazione - Otto anni a fare l’eremita ti hanno proprio inacidito, lo sai?-
- Ho imparato anche a fare battute sconce.- le disse, melenso - T’interessa?-
- Hn.- rise - No. Mi basta il veleno che spargi alle cene.-
- Oh, ho solo risposto a tono. E’ un provocatore.-
- Come te.-
- Si ma io non attacco mai per primo.-
- Forse sei cambiato anche in questo, visto che l’hai giudicato senza conoscerlo.-
- Almeno non l’ho giudicato dal cognome. A proposito, quanti pargoli hai intenzione di sfornargli?-
- Sei proprio un bastardo.- ringhiò la Sensistrega.
- Ehi, la mia era solo una domanda.- tubò, soffiando in aria il fumo - Te ne faccio un’altra. Com’è a letto il nostro signor genealogista? Metodico o scatenato?-
- Che ne sai tu di sesso?- Cloe si avvicinò pericolosamente, piantando le mani aperte sul tavolo e sporgendosi fino ad arrivargli a pochi centimetri dalla faccia - Da che ricordo io ci va una contrattazione solo per baciarti.-
Tom tacque. La fissò senza abbassare gli occhi, cosa che invece in passato aveva fatto molto spesso.
A sua volta si avvicinò di più, vedendo lei scostarsi impercettibilmente.
- Io te l’avevo detto di non toccarmi.- mormorò roco e duro - Non dare la colpa a me se ora siamo davanti a qualcosa che non volevamo più sentire.-
Bastardo, pensò di nuovo.
Con stizza gli prese la sigaretta e gliela spense nel portacenere del padre facendola quasi sfrigolare.
- Me ne vado.- sentenziò.
- Non disturbarti Claire.- Tom si alzò, ridendo gelidamente - Vado a prendere aria ora che posso.-
- Ecco bravo. Prima di richiuderti nella tua bella gabbia dorata.-
- Sai una cosa?- si girò alla porta, con un ghigno cattivo sulla bella bocca - Forse in gabbia non ci sono da solo.ci vediamo a pranzo.- e se ne andò, lasciandola lì a fremere di collera.
Era troppo difficile. Riddle lo capì solo più tardi, immerso fino alle ginocchia nell’erba verdissima dei campi di tulipani e papaveri. Con le dita sfiorava i petali dei fiori, gli steli, camminando lento, sentendo profumi, godendosi i caldi raggi di sole sulle gote.
Troppo difficile.
Lei lo tentava.
Sdraiato a terra, a scrutare quello sprazzo di cielo blu privo di nuvole.
Lei lo uccideva.
Sollevò la mano sinistra. L’anello di platino con la pietra nera appartenuto a Lord Voldemort, era al suo posto.
Lei gli toglieva le energie.
Ma l’anello d’oro di Claire lo portava in tasca. Sul cuore. Ben celato agli occhi altrui.
Lei lo feriva.
Chiuse gli occhi, cercò di dormire.
Lei non era più sua.
Passò qualche minuto d’oblio. Si destò sentendo qualcosa sfiorargli la testa.
Uno scalpiccio. Un nitrito.
Rovesciò il capo all’indietro, trovandosi niente meno che il muso di un cavallo a pochi centimetri da lui.
Ma non era un cavallo qualunque.
Bianco, fulgido come la neve.
Un unicorno.
- Oddio.- sospirò, mettendosi a sedere e girandosi verso l’unicorno
Si guardò attorno, capendo che era uscito da uno dei boschetti che cingevano i campi e la villa dei King.
Da non credersi.
Quell’unicorno doveva avere qualche serio problema se si avvicinava così a un mortale. Bhè, l’appellativo “puro di cuore” forse poteva spiegare il motivo di quello strano incontro.
- Tu sei tutto matto.- bofonchiò, alzandosi e mettendosi ad accarezzare la folta criniera di quell’animale magnifico.
Neanche a Harry si erano mai avvicinati quegli esseri eccezionali.
Che c’era di tanto buono in lui? Non faceva che chiederselo da quando Lucilla gli aveva spiegato la sua condizione.
Si era sempre reputato come tutti gli altri.
Né più né meno.
E adesso che voleva anche strozzare Trust e si era divertito tutta la notte ad inventargli soprannomi irripetibili insieme a Draco, non si sentiva così buono.
L’unicorno però non pareva disgustato da lui, dalla sua presenza.
Anzi, era stato lui a cercarlo. E a trovarlo. Era insolito che uscissero dai loro amati boschi.
Tom doveva averlo attirato come una calamita.
Mentre lo accarezzava, però, Tom ritrasse le mani, guardandosele stupito.
Polvere perlacea e luminescente. Come quella del suo corno.
Si fissò i palmi fino a quando la polvere non venne assorbita dalla sua epidermide.
Mah. In fondo nel corno degli unicorni si nascondeva della magia, più o meno come quella contenuta nelle uova d’oro.
Male non poteva fargli. Continuò così a borbottare con l’animale, come se quello potesse annuire ai suoi piani vaneggianti sull’evirazione di Trust, ma accadde qualcosa che lo lasciò perplesso.
L’unicorno s’imbizzarrì di colpo.
Mettendosi a nitrire come un invasato.
Forse ponderare sull’uccisione del fidanzato della sua ex non era stata una buona idea.
Comunque l’animale fuggì via come una saetta.
- Cavolo.- bofonchiò ad alta voce - L’ho davvero spaventato.-
Una voce alle spalle.
- Imbecille.-


Un quarto d’ora più tardi, Trix avvertì qualcosa di dannatamente interessante in casa King.
Un odore particolare. Quel buonissimo profumo di potere, d’immenso potere.
C’era un demone puro in casa.
Forse era Lucilla. Così quando entrò in cucina e ci trovò Tom seduto a tavola con una borsa del ghiaccio sull’occhio destro, con uno zigomo rosso come il fuoco, si stupì leggermente.
- Accidenti.- sorrise perfida - C’è il diavolo in persona in questa casa?-
- Peggio.- sibilò Tom inferocito, cupo come un corvo, mentre in sottofondo si sentiva un certo spadellare.
- Ma che è successo?- la Diurna inclinò il capo, continuando a fiutare l’aria - Chi ti ha dato un pugno?-
- Un idiota.- fu l’ennesimo recriminare di Riddle.
Un borbottio in una lingua a Trix incomprensibile si fece sentire da oltre il bancone di legno e mattoni di cotto della cucina. Si girò sconvolta.
- Finiscila di mugugnare, lo sai che non lo sopporto!- sbraitò Tom - E comunque guarda che ti capisco sai?-
- Ma è russo?- allibì la Vaughn.
- Mezzo russo.- Tom fece un sorriso mieloso - Comunque sul diavolo ci hai azzeccato. Vlad, idiota, vieni fuori di lì.-
- Per sentirti piagnucolare? No, grazie.-
- Cristo, mi hai fatto male! E ho anche sbattuto la schiena!-
- Sai che dispiacere. Se mi trovi un fazzoletto fosse riesco a mettermi a ridere fino alle lacrime.-
E poi, eccolo. Si rimise in piedi oltre il bancone, facendosi galleggiare alle spalle una mezza dozzina di fialette contenenti spezie e erbe curative.
- Wow.- Beatrix represse un fischio di ammirazione appena in tempo - Finirò all’inferno volentieri.-
E che cavolo, se quello era il diavolo davvero allora ne valeva la pena! Alto un metro e novanta, biondo, barba appena accennata e un fisico da urla da fare invidia al David di Michelangelo. Per di più con uno sguardo da dannato che Trix amava tanto in un uomo. Non per nulla si era scelto Milo.
Eccolo il demone puro allora. Era lui ad emanare tanta energia oscura e tanto potere.
- Via la camicia.- sentenziò Stokeford.
- Perché?- rognò Tom - Vuoi cicatrizzarmi la ferita con un tizzone rovente?-
- Può essere un’idea.- replicò il demone puro, senza battere ciglio e col solito tono vacuo - Muoviti.-
- Prima dimmi cosa vuoi fare.-
- Il vostro Lazzaro del cazzo non basta.- soffiò Vlad, iniziando a spazientirsi - Serve qualcosa per cicatrizzare decentemente. E quelle bende sono già insanguinate.-
- Chissà perché! Mi hai buttato per terra!-
Trix si fece vedere di nuovo.
- Ma che succede?-
- Niente, sua maestà saluta la gente con i pugni.-
- Saluto così i deficienti che non si fanno sentire.- replicò Vlad, senza girarci attorno - Ti si è atrofizzata la mano?-
- No ma.-
Stokeford perse la pazienza. Senza ma né bah, gli dette uno strattone e gli levò di dosso la camicia, che buttò sulla sedia lì accanto. Facendolo piegare leggermente, lo sentì anche lamentarsi.
- E basta, che stress.- ringhiò il demone - Non può fare così male questa robetta!-
- Robetta un cazzo!- si lamentò Riddle, mentre anche Trix faceva il giro per vedere, curiosa - Fa un male boia!-
- Caspita.- commentò la Diurna - Tom ha un aspetto orribile questa ferita.-
- Grazie. Ahi!- l’ex Grifondoro fece una smorfia, voltandosi appena sopra la spalla - Trix.che schifo, mi hai infilato un dito sotto pelle!- e l’altra sogghignò, leccandosi il sangue dal polpastrello.
- E’ la cosa più disgustosa che qualcuno mi abbia mai fatto dopo quella volta che Matt Rogers mi vomitò addosso al sesto anno, alla festa di Halloween!-
La Diurna per tutta risposta esibì una smorfia orribile, come se avesse mandato giù un limone.
- Ma...ma...Dio, ma hai del veleno in circolo!- sbraitò - Lo 0 negativo è uno dei miei preferiti! Che spreco!-
- Sentite, levatevi tutti e due dai piedi! Questa posizione è indecente e siete indecenti voi!-
- Hn, non è la prima volta che ti ritrovi piegato su un tavolo.- fu la spettacolare frecciata di Stokeford.
- Bravo, ottimo.- Riddle roteò le pupille - Ne hai altre?-
- Non capisco come questa roba ancora non ti abbia fatto infezione.- celiò la Diurna, mentre Vlad bruciava le bende sporche di sangue e ne faceva apparire altre pulite - E’ strano però, il Lazzaro guarisce ogni cosa.-
- Sarò per questo che sono ancora vivo.- sospirò il moribondo - In compenso perderò l’occhio.-
- Non fare la vittima.- mugugnò Stokeford, prendendo la sigaretta dal portacenere e dando un tiro.
Intanto però le loro voci avevano attirato mezza casa.
La prima a raggiungerli fu Neely che, abituata a certe cose da tanto tempo, si limitò a dare loro una mano seguendo le indicazioni di quel demone che ispirava la violenza sessuale per preparare un impasto benefico. Poi fu il turno di Isobel, che non aveva mai visto un demone puro e perse la testa per Stokeford all’istante.
- Merlino, ma sono fatti tutti con lo stampino?- celiò la Linton a bassa voce, rivolta a Trix - Ne voglio uno.-
- Tom, tesoro, come va?- chiese invece Neely, vedendolo friggere mentre il demone gli piazzava quell’impacco di erbe sulla ferita - Brucia?-
- Vuoi del vino?- ironizzò la Vaughn.
- Voglio della morfina.- masticò l’altro fra i denti - E potete chiudere quella cazzo di porta?-
Ecco, come non detto.
Cloe si materializzò sulla soglia con le mani sui fianchi, a bocca aperta.
- Ma che diavolo succede?-
- Guarda!- cinguettò Isobel - C’è un demone puro in casa!-
- Ma va?- sibilò la King serafica - E allora? Chi è?-
- Un idiota che mi ha preso a pugni.- ringhiò Tom.
- Allora tanto idiota non è.-
Vlad levò appena gli occhi dalla ferita, inquadrando la Sensistrega.
Emise un fischio leggero, piegandosi all’orecchio di Riddle, che in risposta gli sputò praticamente in faccia una minaccia di morte cruenta.
- Cos’è successo? E chi è l’ospite?- richiese Cloe, cominciando a battere a terra col piede.
- E’ successo che sono caduto, ho battuto l’occhio e la schiena.- sbuffò allora il ferito - Signore, lui è un mio amico che abita da Caesar. Vlad Stokeford, loro sono Beatrix Vaughn, Neely Montgomery, Isobel Linton e la padrona di casa, Claire King.-
- Salve.- borbottò Vlad senza guardare nessuna in faccia, stringendo forte le bende.
- Ahi!- tuonò Tom, scattando a molla - Per Dio, fai piano! Un giorno creperai anche tu e nella nostra prossima vita sarai la formica e io il ragazzino che ti brucia il formicaio, godendo nel vederti contorcere a zampe all’aria!-
- Però, ti senti un leone piegato sul tavolo.-
- Maiale.-
- Noia.- Stokeford dette l’ultimo strattone, stringendo un fiocco sul fianco - Fatto.-
- E questa cos’è?- sbottò Cloe, che guardava sconvolta la lunga cicatrice sull’avambraccio di Tom.
- Una ferita da lama.- borbottò quello, rimettendosi di volata la camicia dopo aver fatto scomparire la macchia di sangue - Allenamento.-
- Allenamento?- riecheggiò lei - E una lotta vera com’è?-
- Qualcuno ha visto la mia bottiglia di vino?-
- Tom non fare l’idiota!-
- Io me ne vado.- mugugnò Vlad, facendo sparire fialette e bende - Ci vediamo stasera.-
- Come sarebbe te ne vai?- Tom parve immusonito - Sei appena arrivato.-
- Vuoi un altro round?- Stokeford additò la finestra - E’ arrivato Mister Aureola, Val mi ha proibito di parlarci.-
- Cosa?- Dava i numeri? Tom si sporse dai vetri, vedendo arrivare a cavallo Damon e “In Lust We Trust!”.
- Sono tornati finalmente.- disse Isobel eccitata - Tom perché non fai fermare il tuo amico a pranzo?-
- Mangia bambini.-
- Crepa.-
Vlad si riprese la sigaretta, ora Cloe capiva da dove arrivava quella mania alla menta, ma vedendo che il demone si trascinava via Riddle afferrandolo per la cinta, avvertì una strana sensazione.
Non era di quelle grazie ai suoi poteri di strega, bensì.a qualcosa legato al suo intuito di donna.
Aveva come l’impressione che fosse stato quel demone a lasciare quella cicatrice a Tom.
E...non sapeva dire perché, ma non le piaceva.
- Bhè? E quello chi è?- chiese Damon, non appena entrò in sala e vide il suo migliore amico sparire di sfuggita con Vlad.
- Un demone di stirpe!- cinguettò Isobel tutta frizzante - E’ mezzo russo! E un fico da paura! Non ho visto bene, ma ha un sedere che parla!-
- Grazie Isobel, questa mi mancava.- frecciò il Legimors, guardando poi la sua ragazza, Cloe e Trix - Bhè? Chi è? Un amico di Caesar?-
- Si e a parte il suo culo da favola, è uno che parla poco.- spiegò la Diurna - Ma ha su Tom un’influenza interessa. Tu hai mai sentito Tom minacciare di morte qualcuno?-
- A parte ieri sera? No.-
- Se è simpatico almeno una briciola di quanto è schifosamente bello devo assolutamente metterci le mani sopra almeno per qualche ora.- fece Isobel, dando la spalla alla cugina che fumava come una ciminiera - E poi sembra molto legato a Tom! Fra voi maschi prendervi a pugni non è un segno di amicizia?-
- Ciao amore!- arrivò anche Oliver, che si strinse subito la King addosso, guardandola poi da capo a piedi facendo sparire il suo sorriso - Ma come sei vestita?-
- Perché?- replicò lei.
- Niente. Se ti piace lo stile da precaria.- Trust rise verso gli altri - Allora? Quando si pranza?-
Stavano per rispondergli, quando dalla stanza in cui erano spariti quei due arrivò il suono di qualcosa che veniva sbattuto al muro. E Cloe pregò vivamente che fosse il malefico cranio di Thomas Maximilian Riddle, infido serpente che questa volta se l’era proprio meritata.



A Londra quello stesso pomeriggio, a Cedar House, Tristan Mckay stava rileggendo per ultima volta il verbale della perquisizione a casa di David Quinn, l’Auror che era stato assassinato la mattina dell’udienza di Harry e Tom col Wizengamot.
Nulla. Aveva guardato e riguardato le foto scattate in casa, risentito insieme a Jess per più di ventiquattro ore le testimonianze dei vicini senza trovarci una discrepanza.
Tre persone morte, Quinn, sua moglie e il loro figlio già grande, e nessuno aveva sentito nulla.
Sul tavolo della cucina, accanto alla tazza del caffè, aveva la foto del cadavere dell’Auror.
Non una ferita, nemmeno un graffio.
Maledizione Senza Perdono, avevano detto tutti.
Eppure c’era qualcosa che non quadrava.
Lucilla gli arrivò a fianco, silenziosa come sempre.
- Guarda.- Tristan le passò la foto - Cosa vedi?-
A parte le ombre dei presenti che si muovevano, la Lancaster dopo qualche minuto riuscì a cogliere ciò che aveva colpito suo marito.
- Gli occhi.- sussurrò piano - L’Avada Kedavra fa rovesciare le pupille. Qui invece le pupille sono normali, dilatate.-
- Esatto.- annuì lui, passandosi una mano fra i capelli - Cosa devo cercare allora? Ti giuro che non so più dove sbattere la testa. Ti viene in mente qualcosa?-
- I guanti.- replicò lei, velocissima - Guarda. David Quinn non era di turno. Ma ha addosso i guanti.-
- Si. Magari stava uscendo. Ma no...ora fa troppo caldo.-
- Già.-
- A cosa pensi?-
- Punto d’entrata e punto d’uscita.- Lucilla lo fissò attentamente - Ricordi a Diagon Alley? L’evocazione di Minegon ha fulminato molti dei morti. Credo che Quinn sia stato trapassato da una scarica elettrica. Cerca il punto d’entrata nella mano e.- gl’indicò la cintura ai pantaloni, fatta di piccole borchie e tondini di piombo - La scarica dev’essere uscita da lì.non è stato usata la Maledizione Senza Perdono. E’ stato qualcuno, la stessa persona che ha ucciso quella gente a Diagon Alley. Qualcuno che conosce il Guanto di Minegon ed è in grado di evocarne il potere.-
- Un Illuminato.- sospirò Tristan.
- Esatto.-
Lui scosse la testa, già esausto ancora prima di andare a lavorare.
- E’ meglio che vada.- le disse, chinandosi a baciarla e afferrando tutti i suoi fascicoli - Vengo a casa a cena, poi devo uscire di nuovo. Ho il doppio turno. Mi porto Milo e Jess, ok?-
- Perfetto.- la demone sorrise - Io cerco qualcosa su eventuali Evocatori, anche se dubito che sia un esterno. Secondo me è solo un dannato Illuminato agli ordini della persona sbagliata. O forse il contrario.-
- Riposati, dammi retta.- replicò Tristan già alla porta, sporgendosi di nuovo a baciarla leggermente - Salutami Dena quando ritorna. A stasera.-
Per Lucilla non era più un problema restare sola in casa.
C’era stato un tempo in cui passare le giornate in totale dedizione di sua figlia le aveva ripagate entrambe del tempo perduto. Poi era sopraggiunto Hogwarts sia per sua figlia e per qualche anno anche per Tristan e a quel punto era stato difficile per tornare ad occuparsi solo di se stessa.
Ma quel giorno c’era qualcosa di diverso.
Quando Tristan se ne andò e lei mise piede nel salone, si guardò attorno.quasi sgomenta.
Era sola.
Non c’era nessuno in quella casa. Solo Elisabeth, che però era nella stanza di Degona per prepararle alcune scelte di vestiti per un prossimo party.
Sospirando, si lasciò andare seduta in poltrona, di fronte al camino spento.
Mosse gli occhi bianchi su ogni superficie di quella casa. Sulla libreria, il mappamondo veneziano che era appartenuto a Nadine e che poi aveva donato a lei, qualche anno prima.
Che diavolo le stava succedendo?, si chiese per l’ennesima volta, tenendosi la testa fra le mani.
Perché era diventata così?
Cos’aveva di sbagliato?
Da qualche giorno poi le parole di suo marito, che le aveva rivolto qualche giorno prima, continuavano a ronzarle nella mente come mosche moleste. Era orribile.
Al diavolo, lei non stava cadendo in depressione.
Aveva tutto quello che desiderava. Tristan e Degona.
Non le serviva altro.
Forse...era poco?
Forse.
Lucilla serrò i denti.
Horus. Maledetto.
Quel maledetto si era adoperato con tutte le sue forze per metterle quella pulce nell’orecchio.
Dannazione, possibile che fosse riuscito alla fine a renderle la vita impossibile?
Fortunatamente per lei, quel qualcosa che le sarebbe servito per distrarsi arrivò con incredibile puntualità.
Era ancora seduta a commiserarsi, incredula per quello che stava facendo e contemporaneamente sgomenta nell’accorgersi che aveva solo voglia di crogiolarsi in uno stato di vittimismo catatonico a lei sconosciuto, quando lo sbattere della porta di casa, il seguire riaprirsi e il poi un nuovo tonfo attirarono la sua attenzione.
Sua figlia stava urlando.
Lucilla levò teatralmente gli occhi in aria.
Vai che forse era la volta buona.
Dalla porta aperta del salone riuscì, anche grazie al finissimo udito dei demoni, a cogliere la conversazione.
O meglio, quel massacro.
- Io ne ho basta, mi hai sentito? Non voglio mai più vederti!-
Ecco, l’aveva detto.
Lucilla scorse nello spiraglio fra porta e stipite la chioma bionda di William svettare su sua figlia.
- Non è successo niente! Insomma, possibile che vuoi sempre vedere quello che ti pare?!-
- Io vedo quello che mi pare?- Degona si levò la tracolla e la gettò senza tanti complimenti a terra, furente. Aveva i capelli tutti scomposti, i suoi magnifici boccoli sciolti sulle spalle e i suoi occhi verdi, per una volta, sembravano essere arrivati al limite.
- Io vedo quello che mi pare?- urlò di nuovo, dandogli una spinta - Ti ho avrò chiesto cento volte di non uscire più con quella!- e lo spinse ancora, anche se decisamente i suoi appena cinquanta chili non potevano spostate i settanta e passa di Crenshaw - E l’altra mattina? Eh? Fammi indovinare, è venuta a trovarti per fare colazione insieme presumo! Le uova te le ha servite ben cotte?-
L’aria contrita di William fece quasi sorridere Lucilla.
Se solo la Lancaster, come sua figlia, non avesse voluto usare le tende per soffocarlo come un pesciolino.
- Ti odio.- Degona scosse il capo, gli occhi vitrei al contempo desolati e delusi, tanto da farlo sentire un verme - E neanche te ne accorgi. Ti diverti con Ginger quando quella è solo interessata al cognome di Mitchell.-
- Non mi va di parlare di Herny.-
- No eh?- la risata sarcastica della strega lo prese in pieno quasi come un calcio nello stomaco - Come non avevi voglia di parlare con lui quando al compleanno dei tuoi ventunenni è venuto a chiederti di cambiare cognome? No, tesoro? Non avevi così voglia di parlargli che ancora non hai preso il cognome di Jeager per tenerti quello di Mitchell?-
- Questi non sono affari tuoi Dena.-
- No, è vero. Come tu non sei più affar mio. Non voglio mai più vederti. E adesso vattene.-
- Di Ginger non me ne frega niente, te l’ho detto mille volte!-
- E io ti ho detto mille volte che era ora che ti decidessi!- urlò fuori di sé, mentre anche Liz, dal piano superiore, scendeva lentamente sullo scalone con passo felpato per origliare - Ora ne ho abbastanza! Non posso sopportare di amare una persona che si vergogna di se stesso e che esce con una come la Winsort per il semplice gusto di portarsi al braccio la prima purosangue che passa! Non credevo che te l’avrei mai detto, ma sei diventato peggio di quegli idioti che sono costretta a vedere in questa tutti i santi fine settimana!-
- Stavamo parlando del problema Ginger, se non sbaglio, non di come desidero chiamarmi di cognome.-
- Bravo, continua pure a girarci intanto.continua pure a uscire con quella.-
- L’ho mollata.-
Degona rise, anche se per un secondo era stata in silenzio.
- Adesso dovrei gettarci le braccia al collo? Eh? Avrai ancora il suo profumo addosso.-
- Dena, smettila.- William l’afferrò per i polsi, stringendo forte - Lo sai bene perché non posso stare con te!-
- Questo però non t’impedisce di andare a letto con le altre! E io ne ho avuto abbastanza, per un anno intero! E’ dall’anno scorso che sopporto senza dirti una sola parola, ma adesso basta, sono stanca! Tanto il problema non sei solo tu che non ti accetti, il problema sono io e i miei poteri!-
Lui chiuse gli occhi, inspirando.
- Dena.-
- Ti leggo come un libro aperto.- sussurrò lei, staccando le mani dalla sua presa - Forse mi ami.-
- Lo sai che ti amo!- le ringhiò allora, come se detestasse quel sentimento - Lo vedi come il sole tutti i giorni.-
- Però non mi vuoi.- una lacrima le rigò il viso, che lei si affrettò ad asciugare - Tu non mi vuoi.-
- Neanche tu, ora come ora, mi vorresti come sono.-
William riaprì le palpebre, sfidandola a negare.
- E’ vero o no?-
- Io vorrei solo.- gli prese il viso fra le mani, singhiozzando -.che ti vedessi coi miei occhi.-
- E io vorrei poterlo fare.- si scostò, volgendo il capo in basso e mettendosi le mani in tasca - Lo so che ti ho deluso, deludo me stesso tutti i giorni. Ma Ginger per me non ha mai significato niente. Era solo.- sollevò il viso, ridendo - Era solo..niente. Credo che fosse un mio modo inconscio per convincermi ancora una volta che il mio sangue può essere nascosto. Che posso vivere fra i maghi.-
- Ma così non va bene.-
- Tu non capisci, sei tutta umana!-
- No, non è vero!-
Lucilla, sgranando appena le iridi, sentì la voce di sua figlia tremare.
Si spostò un poco e la vide appoggiata al bordo del pregiato tavolino dell’ingresso, anche quello una delle scelte artistiche e costosissime di Elisabeth.
- Non è vero.- sussurrò Degona, con lo sguardo fisso alla parete.
- Di cosa parli?-
- Posso sembrarlo.ma non è così.- lo scrutò appena - Sai bene che l’apparenza inganna.-
- Dena.-
- William.vai via, per favore.-
E lo spinse indietro con la mano, ma stavolta delicatamente.
- Non voglio vederti per un po’.- gli dette le spalle, salendo in fretta sui primi gradini, per poi rigirarsi - Se mi ami fai come ti ho chiesto per favore.-
E sparì, passando accanto ad Elisabeth con gli occhi ormai totalmente inondati di lacrime.
La governante fece per seguirla, preoccupata per lei ma si premurò prima di dire, anche piuttosto rabbiosamente, che lui non era più il benvenuto in quella casa.
A dire il vero, William però doveva ancora parlare con una persona.
Se la ritrovò a fianco, poggiata contro lo stipite della porta del salone.
Lucilla l’osservava, braccia incrociate al petto.
Ora quegli occhi di neve mettevano davvero il ghiaccio nel sangue.
- So già cosa vuoi dirmi.- disse, mansueto.
- No, ne dubito.-
Lucilla lo guardò da capo a piedi.
Incredibile.
- Tranquilla, me ne vado. La lascio in pace.-
- E pensi di cavartela così a buon mercato?- gli rispose, gelida - Le hai spezzato il cuore.-
- E come credi che stia io, invece?- William si strinse nelle spalle, come per difendersi psicologicamente - Mi sento anche peggio di lei, puoi credermi.-
- Ne dubito.-
- Ah si? Ne dubiti? Mi sento uno schifo, l’ama e l’ho delusa e ora non vuole neanche più vedermi.-
- Si, forse stai peggio tu.- la demone gli volse le spalle - Ma solo per tua volontà.-
- Di cosa parli?- le chiese, seguendola.
- Lo sai bene.- Lucilla si rimise a sedere in poltrona, affondando il naso nel giornale - Così non ti sei fatto diseredare da Mitchell.- rialzò appena lo sguardo - Perché? E non dirmi perché sei affezionato alla memoria di tua madre tanto da tenere il nome di quell’uomo perché non ti crederebbe neanche un’ingenua come Elisabeth.-
Lui si morse le labbra, lasciandosi andare seduto davanti a lei.
Poggiando gli avambracci sulle rotule, si tenne la testa come se pesasse quintali e quintali.
- Io la amo.-
- Non abbastanza a quanto pare.- replicò fredda.
Le puntò addosso gli occhi verde acqua, dallo stesso taglio sottile di Jeager.
- Non sei un’empatica.-
- No, ma sono mille volte più forte di te e ho quasi voglia di schiacciarti sotto i tacchi, tesoro.-
- Hai tutta la mia comprensione. Faccio stare male tua figlia ma.-
- Ma cosa?- lo incalzò, brusca - Cosa William?-
- Tu non temi niente Lucilla. Ma io ho ancora paura di tante cose.-
- Ha ragione mia figlia.- sussurrò, posando il giornale e alzandosi, sovrastandolo - Se solo riuscissi a vederti come ti vede lei.-
- Vedrai comunque un mezzo demone.-
- Vedresti qualcuno.che può diventare qualsiasi cosa. Essere qualsiasi cosa. Io, prima della nascita di mia figlia, ero come te. Mi sentivo spezzata a metà.ma proprio quando stavo iniziando ad accettarmi, ad accettare che mio padre e mio padre erano stati meno vili di me le loro diversità, misi al mondo lei. Da quel momento di me stessa non me n’importato più nulla. Per Degona sta al primo posto.-
- Mi dispiace. Lo so che ti sembrano solo parole, ma ti giuro che è così.-
- William...hai così tanto potere.-
Lui si alzò a sua volta. La mortificazione gliela si leggeva negli occhi, nel viso. Nella voce anche.
- Tu vedi il potere.ma io darei qualsiasi cosa per essere normale anche solo per un giorno.-
- Se tu fossi normale.- gli rispose, ora placida -.non avresti conosciuto tuo padre. Jeager e Asher non sarebbero parte della tua vita. Forse Degona lo sarebbe lo stesso.ma non così.-
Non disse più nulla.
William riprese la sua giacca, alzando una mano in aria.
Resa.
- Perdonami.- disse un soffio.
- Io non posso fare altro per te.-
- Hai già fatto anche troppo, Lucilla, in questi anni. Credo sia venuto il momento di sistemare questa faccenda una volta per tutte.-
Sembrava quasi di rivivere il passato.
Mezzo demone. Quindi sbagliato.
Quindi un essere spaccato in due, senza radici vere, senza un’identità definita.
L’accettazione purtroppo era un atto di assoluta volontà, di libero arbitrio.
E niente avrebbe potuto comprarlo.
Né il bisogno né l’amore.
A William ora serviva solo se stesso.
L’aria di tempesta però doveva ancora arrivare.
E si materializzò in salone nelle spoglie di Elisabeth Jenkins.
La governante di Cedar House si chiuse la porta alle spalle, sbattendola tanto forte da far sollevare le sopracciglia alla demone, che capì immediatamente come girava quel pomeriggio.
Posò il giornale, aspettando.
- Si?- le chiese, paziente.
- Non voglio che quel ragazzo metta più piede in questa casa!- scandì furente, con gli occhi fiammeggianti di rabbia.
- Bhè, credo che abbia capito i desideri di Dena quando lei gliel’ha chiesto.-
- Non dipende solo da lei!-
- No?- Lucilla parve confusa, ma in maniera alquanto sarcastica - E da chi dipende, se mi permetti di cavillare?-
- Tesoro...- Liz si fece avanti, inspirando dignitosamente, per poi congiungere le mani in grembo - Non voglio certo scavalcarti. In fondo tu sei... sei...la moglie di Tristan.-
- Si, così ha detto il prete.-
- E la madre di Dena.-
- A meno che non abbiate scambiato un demone con lei, quando me ne sono andata.-
A Liz s’imporporarono le guance.
- Voglio solo dire. Che dovresti essere più attenta e presente, valutando i ragazzi che frequentano tua figlia.-
- Dena è molto matura per la sua età. Ed essendo un’empatica sa scegliere bene amicizie e amori.-
- Ma è sempre una donna giovane e senza esperienza. Insomma, dovresti giudicare tu per prima le sue amicizie! Santo cielo, non che non apprezzi William ma...cara, tu sei una Lancaster.-
Le sopracciglia non si scollavano dall’espressione sbigottita - E allora?-
- E tua figlia una Mckay!- continuò Liz imperterrita - Dico solo che in società ci si aspetta un certo comportamento e perdonami ma il figlio di un demone non mi sembra adatto a Dena. Pensa a J.J. Baley invece! Lei lo adora, lui l’adora...dovresti spingere in quel verso.-
Lì non era l’unica a spingere.
Anche la Jenkins, per essere venuta a farle un discorso simile, doveva aver spinto un bel po’ di roba.
- Ci penserò.- le promise.
- Lucilla, cara.-
Ancora con quel cara!
- Elisabeth.- la bloccò, esasperata - Ti giuro che farò due chiacchiere con Dena questa sera, dopo che avrà sbollito.-
- Forse dovresti parlare ora.-
- Mia figlia ha bisogno di tempo.-
- Ma io la conosco e.- Liz si bloccò, vedendo l’espressione della Lancaster.
Di nuovo rossa per la sua lingua troppo lunga, fece una smorfia stizzita.
- Fai come vuoi.- sbottò allora, indispettita - Io mi occupo del party di domenica. La sarta arriva domani.-
Era sola.
La voce di Horus sembrava rimbombarle in testa.
Sei sola. Loro moriranno.
Resterai sola.
Non ti capiscono.
Liz si sbattè la porta alle spalle.
Come se le avesse tolto un giocattolo che sembrava spettare solo a lei.
Doveva uscire, pensò all’improvviso. Doveva uscire da lì e fare qualcosa.
Ma guardando in aria, quando fu nell’ingresso, pensò a Degona.
Sapeva per esperienza che sua figlia aveva bisogno di carburare ogni cosa molto lentamente. Ma Elisabeth invece sembrava sicura del contrario.
Ma bene.
Ora si sentiva anche una madre indegna.
Forse William non aveva poi così tutti i torti a sentirsi uno schifo.
E Tom aveva ragione nel voler tornare a tapparsi a Cameron Manor per non mettere più il naso fuori.
Depressione.
Accidenti a Tristan e a Horus.
Accidenti a tutti.
Quella situazione doveva finire. O le sarebbe capitato qualcosa, ne era certa.

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22° ***


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- Ma perché? Perché?-
- Signori e signore, vi presento il Re della Tragedia.-
Harry James Potter si attaccò alla tazza del caffè, una tazza rossa con su scritto "Vado a fuoco!" che era certamente di suo figlio e guardò con pietà il nuovo inquilino della Lucky House.
Thomas Maximilian Riddle aveva davvero del talento per il melodramma.
- Perché mi lasci andare eh?- gracchiò, infilandosi una camicia nera sui jeans, emettendo gemiti ben poco indicati ad orecchie delicate visto che la sua ferita sulla schiena continuava a sembrare il Traforo del Monte Bianco - Io dovrei starmene chiuso qui dentro, sotto la supervisione dei miei parenti! Non dovresti lasciarmi andare in giro da solo! E se quelli del Ministero vengono a saperlo? E se mi succede qualcosa?-
- E se ti rovesciassi addosso questo caffè bollente?- ironizzò Potter - Tom stai dando i numeri.-
- E poi con quello.- ringhiò Riddle, levando gli occhi al soffitto mentre la sua borsa da viaggio si riempiva di cambi per tre giorni di ritiro chissà dove - Con quell'imbecille fra le palle. Dio, ma che cazzo di torto ti ho fatto in un'altra vita eh? Ero un ateo forse? Un blasfemo?-
- Ateo lo sei adesso.- replicò Harry, melenso - Lascia perdere Trust Tom, goditi l'uscita e basta.-
- E come faccio a godermela con quello lì eh?- sibilò con aria altezzosa, spiaccicato Draco Malfoy - Ogni volta che ride mi sembra di sentire un'orgia di gatti!-
- Che cosa disgustosa.-
- E' la verità.-
- Volgare.-
- Sta zitto Harry.- rimbrottò Tom, infilandosi la cintura nei passanti dei jeans - So già come andrà a finire. Quando torno il primo luglio dovrò richiedere una seduta analistica serale col primo psicotico che passa! Anzi, sai che faccio? Vado a farmela da Damon, tanto sono praticamente mezzo morto!-
- Certo che ne spari di cazzate.-
Harry gli lanciò la custodia con gli occhiali di Brand Feversham, pensando a buon diritto ma che magari avrebbero potuto servirgli, poi anche delle fiale colme di acqua di Lazzaro.
- Sono le otto, muoviti.- lo incalzò.
- Non voglio andarci.-
- Mostriciattolo, rivedrai tanta di quella gente che Trust passerà in secondo piano.-
- L'unico piano dove voglio vederlo è sotto terra. Come minimo a cinque metri, chiaro?-
- Quel veleno in corpo sta avendo degli strani effetti sul tuo carattere.-
Tom si sgonfiò un po', mettendo in muso.
- Me l'hanno detto. Sono insopportabile?-
- Più che altro divertente.- ridacchiò Harry, dandogli una pacca sulla spalla - Malefico, dove sei?-
Dal corridoio arrivarono risposte diverse.
Elettra disse che Draco era andato a farsi un bagno, Faith invece convinse il padre che il biondastro aveva rapito Lucas e stavano ingaggiando una lotta all'ultimo sangue da qualche parte.
Topparono tutte e due.
Lucas aveva rubato la scopa a sua madre e stava volando come un pazzo nel salone, con Cosmo infilato nel cappuccio della maglietta che pigolava come un disperato. Fu Glory a fermarlo, quando gli lanciò addosso un cuscino, infastidita dal baccano e lo fece rotolare quasi dentro il laboratorio di Draco.
Poco dopo Malfoy arrivò davvero, tenendosi in spalla un Phyro scalpitante.
- Papà dì a questo spacciatore di erbette di mettermi giù!- scandì Lucas perentorio.
- Hai quasi ammazzato Glory e quel pollo grigio, impedito.- replicò Malfoy, acido - Potter quando lo mettiamo al San Mungo, eh?-
- Vacci tu al San Mungo! E fatti dire perché sei così fuori di testa! Ehi, quella è la mia tazza!-
- Sarà meglio che vada.- mugugnò Tom, chiudendo la borsa seccamente.
- Dov'è l'appuntamento?-
- Abbazia di Westminster.-
- In una chiesa?- Lucas si sporse dalla spalla di Draco - Che palla di riunione.-
- Ma che ne so. Draco guarda che ti sta fumando la camicia.-
Malfoy attaccò a sbraitare per la sua camicia da cinquecento galeoni, neanche Trust aveva camicie così costose, e così Lucas riuscì a scendere dalle sue spalle, ridacchiando compiaciuto del suo operato.
- Sai che puoi fare da grande?- berciò Malfoy.
- Il piromane?- soffiò Lucas deliziato.
- Ma che piromane!- replicò Harry, seccato - Pompiere. Come la canzone.-
- Nasci incendiario, muori pompiere.- canticchiò Tom, facendo spalancare la bocca a Lucas per lo sdegno.
- Cosa?- il bambino aveva i capelli quasi dritti - No, non voglio fare il pompiere! E neanche l'Auror!-
- Grazie a Merlino.- sentenziarono tutti e tre i più grandi, trascinandolo fuori dalla stanza e iniziando a scendere al piano terra.
- Voi siete matti! Farò. Bhò, farò l'agente nelle missioni segrete. Darò fuoco ai covi di demoni! Eh?- Lucas spalancò un sorrisone angelico - Potrei essere utile!-
- Facendo arrosto la gente?- Harry sogghignò perfido - Non saprei. Herm!- la salutò, visto che rientrava dopo il turno di notte, distrutta - Secondo te cosa può fare un Phyro?-
Lei baciò Draco, reprimendo uno sbadiglio e carezzando la testa a Lucas.
- Un Phyro?- sbadigliò di nuovo - Puoi farti studiare dal Ministero, puoi essere impiegato dai bioterroristi per scongelare i ghiacci polari e farci morire tutti a causa delle inondazioni.-
- Ma certo. Potrebbe diventare il braccio destro di Blair.- frecciò Tom.
- Non ti piace Blair?-
- No, è un idiota.-
- Comunque.- Hermione sorrise, strizzando l'occhio al Phyro - Puoi essere tante cose, in fondo sei un mago che sa dominare il fuoco, ma prima di tutto sei un mago come tutti gli altri. Ma se proprio vuoi sfruttare di più i tuoi poteri di Phyro. Potresti fare luce.-
- Fare cosa?- Lucas levò le sopracciglia - Dovrei andare in giro ad accendere le lanterne nei parchi?-
- Non proprio.- la strega rise di più, dandogli un bacio in fronte - Ma farai luce. In un modo o nell'altro. O almeno così dice Glory, parlane con lei. A proposito, c'è la strega cattiva sulla porta.-
- Chi c'è alla porta?-
Non fecero in tempo nemmeno a Smaterializzarsi che la strega apparve davvero.
Jocelyn Black si presentò con la solita aria da nobildonna sdegnosa.
Si guardò attorno, poi puntò gli occhi sui presenti.
- Nonna.- fecero Draco e Tom.
- Bisnonna.- disse invece Glory, sorridendo appena arrivata - Buongiorno.-
- Salve tesoro.- rispose quella, altezzosa - Hn, vedo che nonostante i presenti sei dotata di una buona educazione. Salve nipoti. Signor Potter..- sibilò poi.
- Oddio.- Harry schioccò la lingua - Ho perso la mia pasticca di cianuro, vado a cercarmela.-
- Ecco, vada.- Jocelyn Black storse il naso alla presenza di Hermione - Lady Hargrave.-
- Nonna cosa fai qui?- le chiese Draco.
- Sono venuta a trovare i miei nipoti, mi sembra ovvio. In privato.-
Hermione sorrise, gelida.
- Vado a dormire.- si sporse e baciò di nuovo Draco - A stasera.-
- Orari strani ha tua...tua moglie.- Jocelyn Black mollò un cesto di arance in mano a Malfoy - Ecco, queste vengono dalle nostre serre. Sono deliziose.-
- Grazie nonna.- Draco lasciò il cesto in mano al primo elfo che passava - Ti direi di entrare, ma abbiamo tutti del lavoro da fare. E Tom sta andando via.-
- Davvero caro?- la Black fissò Tom, diffidente - E dove vai?-
- Riunione del mio anno, nonna.-
- Mi raccomando, tieni alto l'onore di famiglia.-
- Oh, terrò alto tutto quello che deve stare alto.- se ne uscì Riddle.
- Ricominci.- soffiò Draco a bassa voce.
- Stai scherzando?- chiese Jocelyn, arricciando il naso.
- Si, nonna.- Tom stirò un sorriso ironico.
- Non hai preso da tua madre in questo.- commentò lei.
- Avrò preso dal papi.-
Peggio ancora.
- Vai.- sibilò Draco, dandogli una spinta - Ci vediamo fra tre giorni.-
- Bene.- Riddle levò la mano e salutò Harry ad alta voce - A presto!-
Bene, sparito lui, Jocelyn praticamente costrinse Draco e Glory a farle da balia per almeno mezz'ora, poi finalmente prese il volo anche la befana che guarda caso, era sempre un angioletto con la sua pronipotina adorata.
- Bhè, è stata gentile a portarci le arance.- borbottò la piccolina.
- Bruciale. Anzi, chiedi a Lucas di farlo.- masticò Draco fra i denti - Torno a lavorare principessa.-
- Ok. Io dico agli elfi di farti la spremuta.-
Lui rise, andando via - Non preoccuparti troppo. Da che ne sappiamo, potrebbero essere avvelenate.-
E Draco non sapevo quanto aveva ragione.


Abbazia di Westminster.
Tom levò gli occhi al cielo, prima di entrarci.
Già se lo sentiva. Sarebbe stato un week end da panico e da antipsicotici.
Avrebbe dovuto farsene una scorta invece che stare a disquisire con sua nonna del carattere di Bellatrix non adatto a fare delle battute di spirito. All'inferno.
Varcò la soglia pagando l'entrata, per poi ammirare i famosi archi acuti sorgenti da pilastri a fascio, che ricorrevano per tutta la navata centrale, per poi interrompersi bruscamente nel coro trasversale.
Fu accanto alla tomba del Re Bambino, Riccardo II che Tom si scontrò con un vecchietto col bastone e coppola.
- Mi scusi.- gli disse.
- Di niente ragazzo.- il vecchio si sistemò i baffetti, guardandolo da capo a piedi - Immagino però che io debba darti questo.- e stringendogli la mano, gli fece scivolare fra le dita un foglietto di pergamena piegato a triangolo.
Riddle restò basito, notando il marchio dei Corvonero.
Oddio, ma che manie che avevano quei ragazzi! Sempre a tirarsela per la loro prontezza nel creare feste da urlo.
Scartò la pergamena e lesse un invito chiaro.
"Grifondoro. Tomba di Elisabetta I."
Capì subito. Passaporta.
Roba da non credersi. Qualcuno di quegli svitati aveva fatto un incantesimo su una tomba! Su quella della povera regina Elisabetta! Ma che vergogna!
Ed era anche strano il fatto che non ci fosse in giuro un cane.
Come venne a sapere quella sera, uno dei Corvonero aveva passato la notte a raccattare alcuni fantasmi a Wizards' Graveyard e poi li aveva liberato nell'Abbazia, spaventando a morte tutti i babbani.
Si guardò attorno un'ultima volta, vedendo solo strani individui, tutti anziani, che sembravano spuntare come funghi qua e là. Alla fine comunque toccò la bara di pietra e...quando il vortice della Passaporta si dissolse, Tom riaprì gli occhi e la bocca bestemmiando, visto che era caduto di schiena in mezzo alla sabbia, su un cielo azzurro coperto di nuvole a ovest.
Si mise seduto, affondando le mani nella sabbia e in pochi ciuffi d'erba che spuntavano qua e là.
Poi sentì un rumore...un suono...che conosceva e che la notte aveva sognato.
Risacca.
Il mare.
Lì, su una duna di sabbia chiara coperta da sparuti cespugli e ciuffi d'erba smeraldina, Tom dopo otto anni rivide il mare. Dio, se l'aveva sognato. Solo grazie a Vlad l'aveva potuto ricordare.
E ora invece ce l'aveva di nuovo davanti.
Un fischio lontano distolse la sua attenzione. Qualche beota l'aveva chiamato come un cane con l'osso.
- Muoviti, sciancato.-
Damon Howthorne lo aspettava qualche duna più in là.
- Oh, buongiorno.- gli disse, quando lo raggiunse - Dove diavolo eri?-
- A chiedermi come hanno fatto a Corvonero a truccare la tomba della Regina Elisabetta.- rispose Riddle.
- Noi di Serpeverde siamo passati da quella di Edoardo I. Gli ospiti, di nessuna casa, passano da quella di Eleonora di Castiglia. Sono avanti, non credi?-
Tom fece una smorfia.
- Senti cocco...- Damon gli passò un braccio sulle spalle, mentre si avviavano - Vediamo di mettere due cose in chiaro.-
- Ecco bravo, dove siamo?-
- Eh? Ah, in Camargue. A Le Grau du Roi.-
- Cosa?- Tom si piantò in mezzo alla sabbia - Siamo in Francia?! Io non posso espatriare!-
- Mica lo saprà mai nessuno, dai.-
- Finirò in cella coi miei fratelli, cazzo.-
- Che stress.- il Legimors gli fregò una sigaretta, mettendosela dietro l'orecchio - Allora, due cose. I Corvonero hanno prenotato un residence intero, quindi saremo dentro a dei bungalow e non ci saranno in giro babbani perché questo posto sta per essere demolito.-
- Si, come la mia reputazione.-
- Tu invece demolisci la mia pazienza.- lo rimbeccò Damon - E seconda cosa.-
- Farò il bravo.- sibilò Riddle senza lasciarlo finire - Fidati.-
- Faccio finta di crederci. Muoviti adesso, è già arrivato qualcuno.-
Man mano che si avvicinavano, Tom vide una bellissima baia sormontata da un residence coi tetti verdi.
Pareti bianche, ampie vetrate, ma nonostante l'apparenza fine aveva l'aria calda e intima di un bed&breakfast.
Tutt'attorno alla costruzione centrale c'era un grande porticato coperto da una balaustra di tenda colorata e dopo di che i bungalow, quattro in tutto, grandi e spaziosi, rannicchiati gli uni contro gli altri.
Per raggiungere la costruzione, costruita sulla spiaggia, c'era una piccola pista lastricata di legno, accanto a un percorso cementato per il pattinaggio o le biciclette.
- Lo sanno che vengo?- chiese a Damon.
- Se leggono il giornale avranno ipotizzato che ti avrei trascinato a forza.-
- Senti.- l'ex Grifondoro si fermò, dandogli la sua borsa - Ti spiace? Voglio stare un attimo da solo.-
Howthorne sospirò, ma prese la sacca senza fare storie.
- Il lupo perde il pelo.-
- Proprio così.- Tom rise, incamminandosi verso il bagnasciuga - Arrivo subito.-
Ah, l'aveva sognato. Camminare e lasciarsi delle orme alle spalle, sulla sabbia.
L'acqua fresca che gli sfiorava le caviglie e gli bagnava i jeans.
Tom continuò a camminare con le mani in tasca, la testa sospesa chissà dove.
Intanto la luce della mattina si affievoliva leggermente, a causa delle nuvole che stavano per coprire il sole.
Il tempo era quasi lattinagineo.
Poi, poco lontano, dal bungalow prenotato per il Grifondoro, uscì una ragazza con un bambino in un marsupio.
Stava carezzando la testa al piccolo, quando notò Tom in spiaggia.
Corrucciò la fronte e si avvicinò lentamente, con i pantaloni di lino color panna arrotolati sulle ginocchia.
E quando fu abbastanza vicina, sbattè le lunghe ciglia.
- Tom?-
Riddle si volse, mettendo a fuoco una ragazza dai capelli rossi e mossi, lunghi fin sulle spalle.
E sorrise felice, quando capì chi era.
- TOM!- urlò allora Madeline Nolan, saltandogli al collo e strappando un gorgoglio indistinto al suo bambino - Oddio Tom! Non ci posso credere!- e lo baciò sulle labbra velocemente, stringendolo poi di nuovo, ancora e ancora - Quando ho letto che eri tornato quasi non ci potevo credere! E sei qui! Oddio!- e lo baciò di nuovo, mentre lui rideva e si lasciava abbracciare contento.
- E questo giovanotto chi è?- le chiese, quando pochi minuti più tardi camminavano insieme sulla battigia.
- Lui?- Maddy sorrise timidamente - Mio figlio Charlie.-
- Wow, è bello grandicello.- sorrise Riddle, mentre il piccolo con incredibili occhioni azzurri gli stringeva un dito con la manina - Quanto ha?-
- 16 mesi.- rispose lei piena di orgoglio materno. Poi però s'incupì subito dopo, abbozzando un sorriso mesto – Bhè...meglio che te lo dica subito io, così evitiamo domande imbarazzanti.-
Venne fuori che il suo ragazzo l'aveva lasciata non appena l'aveva scoperta incinta.
Anche i suoi genitori l'avevano tranquillamente abbandonata per quella nascita non desiderata e così si manteneva lavorando in quel laboratorio artigianale di Pensatoi, lavorando come una pazza per pagare una tata e poi per stare col suo bambino. L'avevano abbandonata tutti, ma Tom la vide quasi felice, nonostante la solitudine dovesse pesarle parecchio, per poi scoprire anche che Damon, in memoria dei vecchi tempi, le prestava dei soldi regolarmente quando aveva bisogno e che l'aveva ospitata tre mesi prima, quando l'avevano sfrattata.
Certo che Damon pur di non stare solo coi cadaveri faceva davvero di tutto. 
- E tu? Che mi dici invece?- gli chiese, cambiando discorso - Come ti senti fuori di prigione?-
- A dire il vero ancora non so.- le disse, sincero, promettendole che avrebbe raccontato tutta la sua vita, piuttosto circoscritta, in quegli ultimi otto anni una volta a tavola, per non doversi ripetere mille volte.
Quando si decisero a rientrare, passando per il residence principale, vi trovarono Neely Montgomery che litigava animatamente con una bottiglia di Burrobirra francese che non voleva aprirsi, seduta sul bancone bar a qualche metro dalla reception vuota. Che strana posizione.
Ma cos'era, un residence per alcolisti?
- Odio i francesi!- scattò Neely - Oh, Tom, grazie a Merlino! Me la apri? Quando Damon mi serve a qualcosa non c'è mai. E tu, ciao!- la Corvonero carezzò la testolina bruna al figlio di Madeline.
- Ecco.- Tom le ripassò la bottiglietta - C'è qualcosa di più forte della Burrobirra?-
- Sono le otto del mattino!- sbraitò Damon, entrando da un corridoio lì accanto - Quando torniamo a Londra ti porto dagli Alcolisti Anonimi, mi sono rotto.-
- Si e già che ci sei in una comunità di recupero.- frecciò l'altro - Allora? Chi è il genio che ha prenotato questo posto? E dove li ha presi i fondi?-
- Ognuno ha messo la sua quota.- rispose Howthorne, sedendosi accanto a Neely dopo averle baciato i capelli.
- Ah si?- Tom lo guardò stranito - E la mia chi l'ha messa?-
- Non so, Harry e Draco mi hanno lasciato di volata una mazzetta qualche giorno fa, ma non saprei dirti che se l'hanno scippata a qualche recluta al Ministero o a qualcuno dei teppisti che torturano quando sono di ronda.-
- Io li odio.-
- Salve a tutti!-
Si girarono, vedendo Trix varcare la soglia con uno spesso paio di occhiali da sole e un broncio lunghissimo.
Dietro di lei Milo, che invece sorrideva per quel week end di svago.
- Qualcuno mi spiega chi ha organizzato l'Universale in Francia?- sibilò la Vaughn, mollando la borsa su una poltrona.
- Travers, Lunn, Williams, Rogers e Prentice.- le disse Neely - Toccava a loro quest'anno. Salve Milo.-
- Ciao gente.- Morrigan dette una pacca gentile in testa alla sua ragazza - Scusatela, non ha fatto colazione.-
- Salasserò Travers quando mi arriverà a tiro.- replicò la Diurna, baciando Tom sulla gota - Dove sono?-
- In paese a prendere del vino in qualche cantina di un qualche francese fuori di testa.- spiegò la Montgomery.
- Viva gli alcolici.- tubò Tom, alzandosi a fatica e massaggiandosi il fianco - Vado in camera a dormire.-
- Ma come, di già?- allibì Maddy - Mio figlio dorme meno di te, sai?-
- Tuo figlio non ha una galleria nella schiena. A dopo!-
Per una frazione di secondo Damon e Neely si scambiarono un'occhiata, poi Howthorne balzò in piedi a molla, con sguardo sbarrato.
- Tom!- urlò, correndogli dietro verso il bungalow dei Grifondoro - Tom, aspetta, devo dirti una cosa.- e girò l'angolo per capire che la frittata era fatta.
Riddle era in piedi davanti alla sua stanza. E a due metri di distanza ne stava uscendo Trust.
Stanze vicine. Pareti spiaccicate.
Cazzo.
Oliver sorrise, come un serpente sazio, Tom invece si girò verso di lui e .Howthorne si strinse nelle spalle.
- Trovami del vino.- sibilò Riddle, prima di chiudersi la porta alle spalle tanto da far traballare lo stipite sui cardini.
- Che cavolo è stato?- chiese Cloe, allibita, quando uscì dietro le spalle di Trust.
- Niente.- sbuffò Damon.
- Niente.- disse anche Oliver, dolciastro - Uno che ha avuto giornate migliori. Allora? Andiamo ragazzi?-
Quello che la King non sapeva ancora però, era che Tom dormiva proprio a due metri da lei.
Glielo disse Madeline più tardi e lei ghiacciò, restando con una tartina a mezz'aria.
Tom...a pochi metri da lei.
E Oliver.
- Oh no.- sbuffò, lasciandosi andare con la testa sul tavolo.
- Ehilà! Salve gente, è qua il party?!-
Eccoli che arrivavano. Uno squadrone intero di Tassorosso varcò la soglia invadendo la sala con un forte ed allegro chiacchiericcio, tutti capeggiati da Thaddeus Flanagan che al suo seguito aveva due straripanti pin up vestite in maniera succinta che presentò come "le animatrici per la controparte maschile dell'Universale".
Nel bel mezzo della mattinata arrivarono anche le Grazie, le magnifiche tre, ora tutte bionde quando un tempo erano state brune convinte e fra un abbraccio, una strusciata, pettegolezzi e presentazioni, finirono per arrivare tutti i Serpeverde. E da lì non li tenne più nessuno.
- Allora!- Adam Broody, Serpeverde che aveva diviso più che tempo e alcolici con i suoi compagni ai begli anni passati, andò a buttarsi a tavola accanto a Damon - Senti Howthorne, se mi dici cosa voglio sentire prometto che non ti straccio a poker per i prossimi tre giorni.-
- Ti facciamo andare a casa in mutande, fratello.- commentò anche Fabian Alderton che negli anni era diventato un colosso corpulento, stessa faccia da mastino in grugnito e sempre più imponente - Dai, avanti. Dov'è?-
- Non so di chi parlate.- ironizzò il Legimors, attaccandosi a una tazza di caffè.
- Come sarebbe?- sbuffò Broody - Se non c'è lui vai davvero a casa nudo stavolta.-
- E' di sopra.- l'informò Trix, andando a sedersi accanto a loro.
- Oh, guardala qua.- celiò Adam - Ciao succhiasangue, dove diavolo sei stata?-
- Ci siamo visti un mese fa, Broody. Dovresti ricordartelo, visto che stavo per arrestarti.- replicò lei, prendendo la sigaretta a Damon - Qualcuno mi spiega chi s'è portato dietro Flanagan?-
- A me sembrano due battone.- ironizzò l'adorabile Katleen Barnett. Veleggiò alla poltrona di fronte a quella di Broody, avvolta in un vestito a stampa a fiori che sembrava di seta - Salve signori, come state? Ciao Beatrix, sei stupenda come sempre.-
- Ciao Katy.- la Diurna sporse lo sguardo verso le ragazze di Thaddeus - Battone no ma...spogliarelliste? Potevate dirlo che volevate trasformarla in un bordello quest'Universale.-

- Perché? Ti saresti portata compagnia?- frecciò Broody - Sei venuta col principe?-
- Si, sta bevendo con Cloe e Oliver.-
La Barnett, figlia di Mangiamorte entrambi ad Azkaban, guardò la King dall'alto in basso, anche in lontananza.
- E quello chi sarebbe? Il sostituto di Riddle?-
Alderton seguì il suo sguardo - Ma dove vivi? E' Trust. Howthorne quello mi sta sulle balle.-
- Ho scritto in fronte "Risolutore di grane"?- replicò Damon, schifato - Che ci posso fare io? E tu sta zitta Trix, non una parola, chiaro?-
- Non ho fiatato.- celiò la Diurna - Allora, quando si pranza?-
- Quando torneranno i Corvonero dal paese.- disse Neely, raggiungendoli - Dobbiamo andare a svegliare Tom?-
- Perché si addormenti a tavola? Lascialo riposare.-
- Howthorne sai una bella cosa?- Fabian ridacchiò in faccia a Madeline, che stava lontano a parlare con le sue ex compagne - Il figlio mezzosangue della Nolan.-
- Lasciamo fuori i bambini, eh?-
- Sai che ha i tuoi stessi occhi? Sicuro che non sia tuo?-
Neely si sbrodolò col caffè, imprecando.
E i Serpeverde ridacchiarono.
- Idioti.- sibilò Damon, sbuffando.
- Al diavolo.- Neely scollò le mani bagnate - Vado a cambiarmi!-
- Oh, la tua ragazza se l'è presa?- frecciò la Barnett, acida.
- Katy.- la richiamò Adam - Lascialo in pace, dai. Dopo che s'è guadagnato il titolo di "Sfascia Coppie" puoi almeno dargli un po' di fiducia no? A hai fatto separare anche la Nolan dal suo ragazzo?-
- E con questa vado a chiudermi in camera.- Damon sorrise con fare angelico, riprendendo la sigaretta a Trix - Gente, a più tardi.-
E così, mentre nel salone principale i vecchi compagni si abbracciavano, facevano volare veleno e battutacce verso le ragazze appesantite o verso quelle che erano diventate delle vere tipe da rimorchio, come Olivia Andrews che negli anni pareva essersi trasformata in una top model, del tutto diversa da com'era stata a Hogwarts, si venne a sapere che Flanagan si era portato dietro quelle due pin up per Tom.
Già. Alcuni dei Corvonero che avevano organizzato tutto gli avevano detto che Riddle aveva mal di schiena, un blando eufemismo in confronto alla verità, e così si era portato dietro due massaggiatrici. Eh si. Massaggiatrici vere, non battone, non spogliarelliste. Massaggiatrici.
Chissà se Tom le avrebbe apprezzate.
- Simpatici i tuoi compagni.-
Cloe distolse per un attimo l'attenzione da Maggie Clark, la sua compagna di Grifondoro che decantava la sua relazione con un uomo più grande e si rivolse a Oliver.
Trust aveva già fatto amicizia con Bruce Joyce e Ian Wallace, venuto col suo compagno.
Sedwigh e Mary, i novelli fidanzati e futuri sposi, erano stati bloccati dai Tassorosso nell'ingresso, unico motivo per cui Oliver non era ancora andato alla carica anche con Stanford, uno dei ragazzi che era divenuto un pezzo grosso.
Ma lei cercava un'altra persona.
Che non c'era.
Con lo sguardo chiese a Trix dove fosse quella persona e la Diurna congiunse le mani sotto la guancia.
Dormiva.
L'idiota dormiva.
A dire il vero però, l'idiota non dormiva per nulla.
Entrando in quella che sarebbe stata la sua prigione per tre giorni filati, e tu guarda che meraviglia, pure con possibilità acustiche sulla stanza accanto che era, che figata, la camera da letto della sua stramaledetta ex ragazza, Tom aveva capito che aria tirava andando a sbattere la tibia destra contro un tavolino messo in posizione equivoca.
Lo stesso si era ripetuto col bordo del letto, uscendo dal bagno dove aveva buttato la sua borsa.
O c'erano dei Folletti in giro, che si divertivano, o lui e la sua maldestria erano peggiorati.
Ma la sfiga, o la fortuna, dipende come la vede un uomo, aveva appena iniziato a divertirsi.
Alle dieci, quando uscì dal bagno allegramente coperto solo dalla sigaretta che teneva fra le labbra, ricevette la fantastica visita delle Grazie.
Juliette Caldwell, Regina Farrell e Paige Brinkam neanche bussarono, ma scardinarono la porta e planarono nella stanza, ululando un "BENTORNATO A CASA TESORO!" che oltre a beccarlo nudo, per la foga, riuscì anche a farlo uccidere contro la cassettiera d'ebano accanto al letto. Si, perché non appena aveva sentito la porta aprirsi, Tom aveva afferrato di volata il copriletto, ma girandoselo attorno alla vita aveva sbattuto col fianco, quello doveva aveva la sua bella galleria da Traforo del Monte Bianco, contro lo spigolo.
E lì si che erano stati dolori.
E gli era anche caduta la sigaretta, per poi ritrovarsi mezzo nudo e pure circondato da quelle tre matte, ora tutte bionde e tutte coi boccoli, avvinghiate addosso.
- Ragazze...un secondo.- celiò, mentre Regina gli faceva il solletico fra le costole, tempestandolo di domande.
- Oh, amore, ci sei mancato tanto!- Juliette, come capa delle ex Grazie, gli gettò le braccia al collo per prima e gli stampò un bacione sulle labbra - E vedo che non sei cambiato.- e lo guardò maliziosa - Mai avuto tanto onore, scusa per come siamo piombate qui. Ti dispiace? Te lo chiedo perché una volta ci avresti uccise.-
- No, no.- bofonchiò, tenendosi ben stretto il copriletto in vita - Solo che dovrei mettermi qualcosa addosso.-
- Oh, stai da favola anche così.- Paige lo baciò ancora, scompigliandogli i capelli bagnati - Sul serio, non sei cambiato di una virgola. Sono così felice che Damon e Beatrix siano riusciti a trascinarti qui e.-
La Brinkam s'interruppe, quando bussarono.
La porta era già spalancata, così quando Cloe mise il naso dentro rimase, se non inferocita, per lo meno sconvolta.
Ok, era un alieno vero? Non poteva essere il SUO Tom, quello che lei conosceva.
Il Tom che conosceva lei avrebbe cacciato tutte fuori, il solo pensiero di farsi trovare nudo l'avrebbe atterrito.
Invece ora se ne stava in piedi, coperto come un marito in fuga dall'amante o dalla moglie che l'aveva beccato a letto con l'altra, coperto di rossetto sulle labbra e lo sguardo assolutamente placido.
- Cloe!- tubò Juliette, andando ad abbracciarla, anche se l'altra rimase impalata come una statuetta - Tesoro sei bellissima! Come stai? Io e le ragazze non abbiamo resistito e siamo venute a salutare Tom! Le altre lo sanno che è qua? Forse è meglio che vada a chiamarle!-
- Posso vestirmi almeno?- sibilò Tom, sarcastico.
- Meglio nudo.- rise Paige - Ma se proprio devi.-
- Come stai Cloe?- le chiese invece Regina Farrell - Ti vedo pallida, brutto viaggio?-
- Eh?-
La King distolse lo sguardo, accorgendosi solo in quel momento e con orrore che era rimasta a fissare il corpo di Tom.
L'alchimia. La ricordava bene. Quella scarica, quella tentazione, quella calamita.
Le gocce d'acqua che ancora gli scivolavano sul torace.
- No, va tutto bene.- replicò allora, indurendo il tono - Volevo solo vedere come stava lui.-
- Perché?- Paige sbatté le ciglia verso Riddle - Stai male?-
- Artrite.- spiegò lui, melenso - Ragazze, mi fareste tutte la cortesia di prendere il volo per qualche secondo? Così mi metto addosso qualcosa e potrete finirla di guardarmi come un pezzo di carne da caccia grossa, ok?-
- Cosa?!- la Sensistrega sbottò prima che le altre si mettessero a ridere - Fammi il piacere, sei mezzo morto!-
- E a te quel vestito sta male.- sindacò lui, chiudendosi la porta del bagno alle spalle con un botto.
Era troppo!
Cloe guardò il suo vestito per l'ennesima volta. Che aveva che non andava?
Era un abito di alta sartoria e...l'aveva scelto Oliver per lei.
Era vero, era orribile, pensò tornandosene in camera furente.
Trust, che stava versandosi del caffè dalle caraffe che si era fatto apparire sul tavolino, le sorrise.
- Piccola, tutto bene? Ti vedo nervosa.-
- Sto benissimo.- replicò lei, agitando la bacchetta e mettendo automaticamente a posto i suoi indumenti nell'armadio, tutta una seria di barbosi abiti costosi ma per nulla adatti a quella che lei era stata.
- Ho fatto due chiacchiere con Sedwigh.- replicò lui, passandole una tazza di caffè - Sai che Mary continuerà a lavorare dopo il matrimonio?-
- Perché?- la King levò un sopracciglio - Mi sembra normale. A Mary piace il suo lavoro al Ministero.-
- Si, come redattrice di schedari?- Oliver scosse il capo - Per quello che la pagano, potrebbe fare la signora tranquillamente.-
- Certo, e passare la vita fra il parentado femminile a parlare di cene e party? No, grazie.-
Trust sogghignò, mettendosi a sedere.
- Sei nervosa piccola. Posso sapere cosa ti urta?-
- Niente.-
- E questo niente è da ricollegare all'arrivo di Riddle per caso?-
Cloe levò gli occhi nocciola dalla tazza. E questi erano assolutamente gelidi.
- Non mi avete mai parlato di lui.- continuò Oliver, senza perdere un certo sorriso del tutto fuori luogo visto i toni che stava prendendo quella conversazione - Né tu né Damon. Da Beatrix me lo posso aspettare, è molto riservata ma.non è mai uscito, neanche in discorso casuale coi tuoi parenti. Perché?-
- Era un amico.- replicò lei, perdendo la voglia di consumare il suo caffè - Ed è stato Sigillato senza motivo. Non avevamo voglia di parlarne.-
- Solo questo?- Trust si alzò, piazzandosi di fronte a lei.
Le mise due dita sotto al mento, scrutandola.
- Non mi sembra si comporti da amico...e nemmeno tu ti comporti come tale con lui.-
- Non girarci attorno.- lei si scostò - Cosa vuoi sapere?-
- Per esempio il motivo per cui ieri sera non hai voluto che ti toccassi.-
- Ero stanca.-
- A quando la scusa del mal di testa?- sibilò Oliver, iniziando a spazientirsi.
La King rise, acidamente.
- Se hai tanta voglia di scopare c'è un'ampia scelta qui.- ma dovette zittirsi, quando Oliver le afferrò il polso, riportandosela davanti. Le serrava forte la mano, tanto per un attimo le sfrecciò implacabile nella testa l'idea che stesse per commettere qualcosa d'irreparabile. Eppure Trust la lasciò, per baciarle il palmo quando qualcosa di scuro e buio nel suo sguardo si placò.
- Non sopporto come ti guarda.- le disse, a bassa voce, con tono brusco.
- Non mi guarda in nessun modo.- replicò lei, desolata per quella sua stessa ammissione.
- E non sopporto come tu guardi lui.-
Cloe si sciolse dalla sua presa.
- Vedi cose che non esistono. Questa gelosia continua a stancarmi, te l'ho detto mesi fa.-
- Ti amo. E' normale.-
No, non era vero.
- Ti amo anche io.-
Bugiarda.
- Ma non ti controllo ogni secondo.-
Gli stai mentendo.
- E voglio che mi lasci respirare in questo week end, per favore.-
Tu non lo ami. Tu vuoi l'uomo che sta a pochi metri da te.
Oliver la raggiunse di nuovo, restandole di spalle. Le passò le braccia alla vita, serrando forte come al solito.
Le baciò la nuca.
- D'accordo. Resisterò. Ma ora.- con dita leggere le calò una spalla della veste, posando nuovamente le labbra sulla sua pelle - Ma ora sei tutta mia...lo so che lo vuoi.-
Traditrice.
Stai tradendo Tom.
Lo tradisci, quando è a pochi metri da te.
Lui lo capirà.
Lo ferirai.
Ma è questo che vuoi vero?
Ferirlo. Farlo stare male.
Se lo merita...se lo merita.


Più tardi, a pranzo, accadde quello che doveva accadere.
Non ci fu storia.
Tempo che tornarono i Corvonero dal paese, verso mezzogiorno, per spiegare a tutti che avevano cacciato il direttore del residence con una settimana di anticipo pagandogli il triplo della liquidazione, e una grandissima tavolata per quaranta persone venne imbandita fuori, sotto al porticato alla luce di quel sole caldo ma fioco.
La Camargue era uno scenario fantastico per quell'Universale: una distesa ininterrotta di stagni, laghi salati, acquitrini e dune di sabbia fra i magnifici fenicotteri, che si alzavano in volo in un ventaglio rosato a ogni corsa dei cavalli selvaggi presenti in quelle terre.
Tutti gli ex studenti di Hogwarts stavano raccolti in gruppi, coi loro nuovi compagni di vita, a parlare, a scherzare, a rivangare i vecchi tempi, a chiedere di quelli nuovi, di quelle nuove vite, aiutati dallo sfizioso aperitivo messo in piedi dai Corvonero.
- Quanto avranno speso in vino?- rise Madeline.
- Non so, basta che non ci buttino fuori domani.- replicò Sedwigh, che teneva il suo piccolo Charlie in braccio - Conoscendo Travers avrà speso tutto in alcolici.-
- Stanford non parlare male di me.- sindacò Stewart, poco lontano insieme alle Grazie - Vi piace il Pinot Nero?-
- Ottimo gusto.- commentò Oliver, insieme a Grifondoro - Complimenti. Dov'è che l'avete trovato?-
- In un paesino imboscato, a nord di qui.- gli spiegò Travers, raggiungendoli e passando un braccio attorno alle spalle di Cloe - Dovevi venire tesoro, ti saresti divertita. Io e Philip abbiamo scommesso che stendiamo Bart Owin prima che finisca il pranzo. Le tieni tu le quote?- e si rivolse a Trust - La tua fidanzata era la migliore, lo sai? In sette anni non s'è persa un evento sportivo. Se mai i King cadessero in rovina, avrete vita facile col suo fiuto.-
- Eri un'allibratrice?- fece Oliver, perplesso.
- Si.- sbuffò Cloe - Ma era Stewart a tenermi il gioco.-
- Si e Tom a coprirvi.- ridacchiò Mary J. Lewis, abbracciata a Sedwigh - Non ci fosse stato lui a Capo Scuola saresti finita espulsa da una vita tesoro!-
- Così Riddle vi copriva.- Oliver sogghignò brevemente - Che buon cuore.-
- Più che altro aveva paura di Cloe.- rise Travers - Dov'è quell'anima buona?-
- Sono qua.- Tom gli apparve alle spalle, facendosi abbracciare sorridente.
- Eccolo qua, il bastardo.- Sedwigh gli strinse forte la mano - Stavamo per progettarti una retata, sai? Ma poi Howthorne come sempre ha messo una buona parola per te. Dove stavi?-
- A farmi stritolare da Bruce, Archie, Martin e Ian. Credo di essermi fratturato una costola.-
- Io ti spacco la testa, cretino.- Stanford gli passò un bicchiere di analcolico che Tom guardò un po' storto - Allora? Avanti, dimmi qualcosa prima del pranzo, perché sai che ti staremo addosso tutto il giorno. Quando sei uscito?-
- Dopo la Finale di Quidditch.-
- Riassumendo che è successo in questa vacanza forzata?- gli chiese Mary, guardandolo fra il preoccupato e il felice.
- Che è successo?- Tom si cacciò le mani in tasca - Bhè, che dire...ho vissuto con una decina di demoni svitati che apparivano e sparivano nei momenti meno opportuni, ho studiato nei momenti liberi, ho imparato a Sdoppiarmi senza l'uso di pozioni o formule, sono diventato un alcolizzato e un mezzo drogato e ho scoperto di essere bisessuale.- il suo sorriso divenne veleno puro - E voi?-
- Siamo sopravvissuti senza sentire cazzate.- celiò la King.
- Ne dubito. Ma chi ti dice che le mie lo fossero?- replicò lui, adorabilmente.
- Hn.- la bionda lo guardò abbastanza ironicamente - Un maniaco sessuale tu?-
- Così.- Sedwigh, che si era preso un'occhiata d'avviso a Damon qualche minuto prima, si mise in mezzo - Così ora sei fuori. Di ciò che ho letto sulla Gazzetta quanto è vero?-
- L'1% direi.- replicò Riddle - Ma il fatto che abbiamo praticamente sputato in faccia al Primo Segretario è vero.-
- Non mi sembra una cattiva persona.- Trust si portò il calice alle labbra - L'ho conosciuto a un party. Persona umile, direi. E ammirevole. Ha combattuto molto contro i maghi oscuri.-
- Si ma...vedi, il problema è che quando si ha una fissa troppo ossessiva, si finisce per fare di tutta l'erba un fascio.- replicò Tom, del tutto placidamente - Come anni fa ci finì di mezzo anche Lady Hargrave.-
- Non è una gagia?- Oliver levò un sopracciglio - Poco si addice a un Auror.-
- Si, come sparate grosse prima di pranzo.- berciò Travers, buttando le braccia sulle spalle di Tom e Cloe - Andiamo ragazzi, niente politica il primo giorno. Solo vino, musica e sesso. Nolan t'incorono guru della festa ok?-
- Perché sono rimasta incinta?- frecciò Madeline.
- E perché sarai l'unica sobria!- cinguettò il Corvonero, soave - Capo Scuola Riddle, bianco o rosso?-
- Rosso.- Tom guardò ancora una volta Cloe, filandosela poi al buffet.
- Sta bene.- Mary sorrise, anche se malinconica - Non ci speravo più, devo ammetterlo.-
- Anche io.- sospirò Sedwigh, stringendola ai fianchi - Ma la speranza è l'ultima a morire. Cloe sai qualcosa di più?-
- Parlane con Damon e Beatrix.- replicò lei, posando il bicchiere mezzo pieno - Vado a salutare i ragazzi, c'è Bruce che si sta mangiando tutte le sfoglie al formaggio.- e spostandosi tenne fermo Oliver, impercettibilmente, con la mano.
Da sola, gli disse, quasi soltanto fissandolo.
Trust non replicò, ma da come indurì la mascella doveva aver fatto uno sforzo enorme per non sbottare.
Raggiunto Bruce però, la Sensistrega capì che era inevitabile uno scontro.
Bruce Joyce, ormai alto un metro e novantacinque, era impossibile da non notare. Bruno e volitivo, stava con la sua ragazza di sempre Patience Hogs di Tassorosso e insieme a Ian e il suo compagno stavano chiacchierando con Tom.
- Cloe!- Bruce la strizzò come uno straccio - Ciao bella portatrice di rogne! Come va?-
- Tutto bene.- e sorrise, facendosi presentare il bel ragazzo di Wallace, che chiacchierava con Riddle sulla bellezza di quell'angolo di paradiso.
- Oh, stavamo giusto dicendo che sei uno splendore.- rise Patience, più rotondetta di quando era stata studentessa - E sappiamo anche che voi ragazzacci vi siete già goduti qualche giorno libero con Tom!-
- E' stato molto divertente.- replicò la bionda, sarcastica.
- Una meraviglia.- tubò anche Riddle, svuotando il terzo bicchiere di vino.
- E quello è il tuo fidanzato?- Patience le indicò Oliver - Carino! Martin mi ha detto che è un genealogista e che è molto simpatico!-
Come no. A dire il vero le parole di Worton non erano state un vero e proprio elogio, ma nessuno azzardò a rettificare, così la King passò giusto due secondi a spiegare che razza di lavoro combinasse Trust al Ministero e nel suo studio privato, insieme ad altri cinque professori di chissà che palloso scibile, poi, come se l'avessero fatto apposta, si dileguarono tutti. E lei rimase sola con Tom.
Lui, che si stava versando il quarto bicchiere, la guardò di striscio.
- Bhè?- alzò un sopracciglio - Che guardi Claire?-
- Bevi parecchio.-
- Non avrai mai il piacere di vedermi ubriaco, però.- mandò giù un sorso, spiando rapidamente alle sue spalle. Eccolo lì. Il pezzente continuava a fissarlo come se avesse una mano infilata nella scollatura della King. Ma che cazzo voleva?
In Lust We Trust gli scatenava tutti i bassi istinti che lui cercava d'ignorare per amor di pace!
- Hai tutti gli occhi puntati su di te.- la bionda si posizionò al suo fianco, giocando con la borsetta - Ti dà ancora fastidio?-
- Non tutte le cose cambiano.- replicò lui - E' confortante, non credi?-
- Dipende quali di queste cose non vorremmo che cambiassero mai.-
- Già.- Tom mandò giù un altro sorso - Comunque, nonostante le mie reticenze, sono felice di essere venuto.-
- Davvero?-
- Si.- posò il bicchiere vuoto, cercando le sigarette in tasca - E tu?- se ne accese una, deliziato dal profumo della menta - Il tuo adorabile fidanzato ha avuto gli apprezzamenti di tutti.-
- Non dire sciocchezze. E piantala di gongolare, si vede lontano un miglio.-
Rise, soffiando fuori il fumo.
- Non sapeva che eri l'allibratrice della scuola, non conosceva il mio nome, non sa che sono il migliore amico di Damon, non gli dai la torta al limone...che gli dai Claire? Hn, aspetta, meglio che cambi domanda.- e sogghignò acido - Cosa sa di te? A parte il tuo cognome, il tuo conto in banca e ogni ramo schifosamente puro della tua famiglia?-
Lei tacque.
Se l'era aspettata quella dura constatazione.
Come si era aspettata che Tom avesse notato, dal primo momento in cui aveva messo piede lì al buffet, delle sue labbra ancora gonfie di baci. Lui sapeva...sapeva che aveva fatto sesso con Oliver.
Soffriva?
Stava male?
- Perché lui?- replicò allora, alzando gli occhi nocciola su Riddle - Vuoi davvero saperlo?-
- Diciamo di si.- la scrutò senza perdere il sorriso - Avresti potuto sceglierne altri...meno simili a tutto ciò che avevi odiato otto anni fa. Quindi mi è sorto spontaneo chiedermelo. Perché Trust?-
- Perché lui non mi abbandonerà mai.-
Ecco, l'aveva detto.
Gliel'aveva rinfacciato.
E ora Tom sapeva che stava ancora male.
Si era scoperta.
Tom però non disse una sola parola. Tornò a fissare vacuamente gli ex compagni, senza vederne nessuno.
La sua presenza accanto lo stava facendo stare davvero male.
Inutile che facesse il duro, l'arrogante, come si compiaceva di fare da qualche giorno.
Inutile fare finta che lei, fino a un'ora prima, non fosse stata nuda nel letto di Trust.
Non fosse stata sotto di lui.
Non avesse gemuto, per lui, per quello che le faceva.
Forse era un masochista, pensò socchiudendo le palpebre. Perché aveva la sicura impressione che si sarebbe evitato atroci torture tornandosene subito a Cameron Manor. Invece sarebbe rimasto, avrebbe dormito a pochi metri da lei, forse li avrebbe sentiti fare sesso.
E sentendoli, avrebbe ricordato le ultime volte che l'aveva avuta lui.
Una sola volta in realtà.
Perché il resto era stata la sua vendetta. E Cloe aveva saputo come vendicarsi.
Fin troppo bene.
- Stai meglio ora?- lo incalzò, brusca nel tono - Ti senti meglio adesso?-
- In otto anni niente mi ha fatto sentire meglio.- le rispose, zittendola e facendole sgranare gli occhi, senza che lei potesse impedirselo - E poi esco. Vengo catapultato in una vita che non rivolevo indietro, nonostante i vari rimpianti e...- la guardò da capo a piedi -...e al posto di quella strega che si sarebbe legata a un cancello, stesa a terra o avrebbe anche fatto lo sciopero della fame per ciò in cui credeva...ritrovo una specie di controfigura. No, fammi finire.- la bloccò, visto che lei, furente, aveva aperto la bocca per ribattere a tono.
- Fammi finire, per favore.- ciccò nel portacenere, rimettendosi la sigaretta fra le labbra - Il fatto che sei cambiata non dovrebbe urtarti i nervi.-
- Mi urta i nervi il modo in cui ti prendi la briga di farmi la predica.-
- Per i vestiti?- frecciò.
- Ah, non ricominciare.- gli sibilò - Mi vesto come mi pare.-
- O come fa piacere a lui?- Tom rise - A me piacevi anche in jeans.-
Aveva usato il passato. Non gli piaceva più? La trovava davvero insipida e sbiadita?
- Tu non sai più un bel niente di me.- scandì, dandosi della stupida e della sentimentale.
- A no?-
- No.-
- Invece so una cosa.- si chinò su di lei, al suo orecchio, per riprendersi il bicchiere. Facendolo le mise i brividi e quasi tremò - So che quel muso lungo non si addice a una donna innamorata che ha appena fatto sesso col suo futuro sposo.-
- Schifoso maledetto pezzo di.-
- Ragazzi, a tavola!- urlò Trix da lontano.
- A tavola.- disse Riddle, soave - Tranquilla, vado a sedermi lontano.-
E così fece.
Tanto che lei rimase chiusa fra Oliver, che parlò con Alderton e Clyde Hillis per tutto il tempo.
Vide la sua vita futura.
E, dannazione, in quel muro che tanto aveva faticato per costruire e per poi attorniarcisi e così proteggersi, cominciavano a formarsi troppe crepe.
Era Tom.
Tom stava scavando senza nemmeno accorgersene dei profondi solchi nel suo cuore.
Ancora una volta.
E non c'era solo il ricordo di ciò che erano stati ad attrarla.
C'era la tentazione, il desiderio.
Il desiderio di due persone che dopo otto anni si erano sognati quasi ogni notte.


Il pomeriggio stesso, alla Lucky House, Draco Malfoy iniziava a chiedersi se fosse stato saggio permettere a Tom di andarsene chissà dove, senza protezione se non il fiuto di una Diurna e gli occhi di un Veggente.

Per non parlare poi dello strano comportamento assunto al mostriciattolo negli ultimi giorni.
Draco però ci aveva sperato. E tanto.
Chissà se il fatto che Oliver Trust fosse il fidanzato di Cloe e quindi suo futuro marito centrasse col fatto che un maestro di buone maniere come Thomas Maximilian Riddle aveva passato una nottata intera, dando il tormento anche ai bambini, per trovare nomignoli deficienti a Trust.
E grazie a Lucas, di quei nomignoli ne erano usciti davvero di buoni!
Uscì dal suo laboratorio chiudendo la porta a chiave, onde evitare i soliti curiosi, poi si diresse in salotto.
La piccola Faith stava guardando un documentario in tv, una specie di vivisezione di un tumore insieme a otto pulcini gialli e Cosmo, che le stava quasi in testa.
- Ma che guardi?- si schifò - Principessa, non ci sono i cartoni animati?-
- E' sabato.- rispose lei, mentre i pulcini gialli attaccavano a pigolare facendo un concerto da paura - Zio, il papà quando torna?-
Draco guardò l'orologio da polso.
- Fra pochi minuti direi, a meno che le reclute non l'abbiamo bloccato di nuovo al Quartier Generale.- e fece una smorfia, quando il chirurgo asportò la massa del tumore - Tesoro, fa schifo! Stanotte avrai gl'incubi!-
- No, li avrò io!- sbottò Harry Potter, uscendo dal camino del salone alle loro spalle con occhi scintillanti di collera - Io ne ho basta! Ammazzo Dibble e chi s'è visto s'è visto!- poi fece una smorfia - Faith! Che orrore!-
La bimba non battè ciglio.
- Perché?- e tornò a fissare lo schermo - Prima ho visto un trapianto di fegato!-
- Hn, mica male.- frecciò il novello Auror-maestro-balia-per-reclute - Così poi lo spieghi a Draco, potrebbe servirgli un giorno.-
Un gestaccio dal biondo, poi filarono in casa Potter a parlare di Tom.
In cucina Malfoy invece, Glory aveva colto al volo l'occasione per spremere le arance portate dalla sua bisnonna.
Ringraziando che Hermione fosse andata a dormire, la piccola Veggente aveva chiamato qualche elfo per farsi aiutare nelle operazioni.
Così, salita a fatica sugli alti sgabelli della cucina immacolata, aveva iniziato a tagliare le arance per passarle agli elfi.
Per prima, a studiare la faccenda, era arrivata Faith.
- Ho sentito il papà dire che la tua bisnonna vuole avvelenarci.- borbottò la moretta.
- Si, l'ha detto anche il mio papà.- Glory continuò a tagliare le arance col coltello e con estrema attenzione e cura - Ma qua in casa c'è anche Tom. E ci sono io. Non può voler avvelenare anche noi.-
- Come sono rosse.- Faith guardò gli spicchi color sangue - Devono essere molto buone.-
- Si, lo credo anche io.-
- Glory. Tu lo sai perché la tua bisnonna ce l'ha con noi?-
- Credo ce l'abbia solo col papà e nonna Narcissa.- rispose l'altra, pensosa - La mia mamma non le piace forse perché è amica di Harry...ma odia nonna Narcissa perché.- guardò Faith contrita -....perché ha ucciso la mamma di Tom. Che era anche sua sorella. Bellatrix, mi pare.-
- Era cattiva?-
- Tom non ne parla mai.-
- Quindi si.- Faith si sedette con lei, lasciando che i pulcini mangiassero dalle loro ciotole - Però hai ragione. Non credo che proverebbe ad avvelenarci con te e Tom in casa.-
- Lo dico anche io, ma papà sembrava del parere opposto.- Glory assaggiò il succo dentro la brocca di vetro intingendo il dito. Il sapore non era male. Ma era...diverso. Che strano, sembrava dolce amaro.
E il colore era davvero rosso sangue.
- Che guardi di là?- chiese, cambiando argomento.
- Oh, niente. Stavano asportando un tumore, prima. Fra mezz'ora c'è il laser a una cornea.-
- Repellente.- le apostrofò Lucas, entrando con lo skate-board volante sotto il braccio - Oh, c'è della spremuta?-
- Ne vuoi?- gli chiese Glory.
- Si.- borbottò lui, buttando il cappellino su uno sgabello e poi arrampicandocisi sopra - Proprio te volevo comunque.-
- Se hai perso di nuovo le ginocchiere non so che farci.-
- Non parlavo di quello.- il Phyro attese la sua spremuta, poggiandosi sui gomiti - Stamattina, prima che il Re della Tragedia se ne andasse e arrivasse quella megera di sua nonna.-
- E’ anche la mia bisnonna.- rettificò la biondina.
- Si, quello che è. Resta antipatica.- Lucas la guardò attentamente - Stamattina parlavamo di cosa potrei fare da grande.-
- Non ti sembra presto?- Faith si riprese Ghismo, mettendoselo nel marsupio che metteva quando non aveva felpe o magliette col cappuccio.
- Non so, se ne parlava in generale.-
- Sai già cosa vuoi fare?- allibì Faith.
- Veramente no. Per questo quei pazzi hanno messo su una tragedia greca.- replicò il piccolo Potter - Quelli sono matti! Vogliono farmi fare il pompiere!-
Sia Glory che Faith fermarono le operazioni, restando a fissarlo come un alieno.
- Ehi, mica ho detto che erano ipotesi sensate!- replicò Lucas ironico.
- Stupidaggini.- sentenziò Faith.
- Follia.- disse invece Glory - Tu farai luce.-
- E qua ti volevo.- Lucas si sporse - Che vuol dire? Me l'ha detto anche Herm.- si bloccò, roteando gli occhi quando dalla cucina dell'ala Potter iniziarono a piovere bestemmie.
- Vado a vedere che succede.- sospirò Faith.
- Prima che si ammazzino.- masticò Glory fra i denti, versando altro succo nella brocca.
- Allora?- la incalzò Lucas - Hermione mi ha detto che tu hai visto qualcosa.-
- Non ho visto un tubo.-
- Come no? Qualcosa hai visto.-
- Non ti ho visto fare il fiammiferaio, tranquillo.-
- E allora cosa?-
- Che stress.- la biondina sorseggiò la spremuta da un bicchiere, continuando a sentire uno strano sapore dolce amaro - Credo solo che potresti fare luce.-
- Ti ho dato l'impressione di essere una persona paziente per caso?-
Glory lo fissò.
- No.-
- Allora parla chiaro! Non voglio fare né il pompiere né il fiaccolaio!-
- Non esiste un lavoro simile.- e iniziò a versare la spremuta in due bicchieri, scuotendo la testa - Ho solo fatto un sogno. Dove ti vedevo grande. E che accendevi un sacco di luci. Ecco tutto.-
- E di più preciso?-
- Di più preciso niente.-
- Mi verrebbe da dirti che non servi a un tubo, ma mi trattengo.-
- A me verrebbe da dirti di andare a farti un giro.- replicò lei, iniziando a seccarsi e passandogli il bicchiere.
Nel frattempo arrivò quella simpatica coppia di genitori che avevano contribuito a metterli al mondo.
E stavano ancora discutendo del fatto che avevano lasciato andare Tom, che probabilmente era dall'altra parte del mondo in quel momento.
- Finiremo tutti in galera!- sbraitò Harry, spaventando a morte gli elfi non appena mise piede nella cucina nemica - E anche ad Azkaban verranno a trovarmi quelle maledette reclute cretine! Oggi uno di loro mi ha chiesto se i vampiri, all'Azmodeus Club, fanno delle orge! Delle orge!-
- Cosa sono le orge?- chiese Lucas, ricettivo come un radar.
- Posti dove si mangia tutti insieme.- scattò subito Draco - Bevi la tua spremuta e sta zitto. E tu piantala Sfregiato, quelle reclute ti stanno mandando in paranoia! E io mi sono rotto le palle.-
- Sapessi io.- sibilò Potter Senior, buttandosi a sedere accanto al figlio - Herm dorme ancora?-
- Si.- borbottò Draco, infilando la testa nel frigo.
- Sicuro che sia sola?-
Malfoy quasi sbattè la testa contro il bordo della vaschetta del ghiaccio.
- Pezzente.- ringhiò - Si, è da sola.-
- E' da un po' che non viene più quel signore italiano.- cinguettò Faith.
- Ringraziamo Merlino.- sibilò Malferret, tirando fuori una vaschetta di tiramisù - Bambini, prendete i cucchiai.-
- Bah!- Harry sospirò, scompigliando i capelli già disastrati di Lucas - Queste sono le arance della megera?-
- Principessa, ti avevo detto di buttarle via.- disse Draco.

- Ma dai!- Glory alzò le sopracciglia - Non ci avvelenerebbe con me in casa.-
- Ci sono un sacco di modi per avvelenare qualcuno e lasciare indenne un'altra persona.- le spiegò.
- Ma davvero?- Lucas sorrise melenso - Come si fa?-
- Non darei in mano del veleno neanche se tu fossi l'ultimo Auror rimasto sulla faccia di questo schifoso pianeta.-
- Tanto prima o poi ci andrò anche io a Hogwarts.-
- Si e allora sarai nelle mani di Piton.- Harry cacciò la lingua - Dagli fuoco ai capelli.-
- Un altro Potter nelle sue grinfie.- sghignazzò Draco sadicamente - Ah, che goduria. Altri anni d'inferno e sette di risate gratis per me. Peste sei fregato.-
Lucas lo guardò storto, ma lasciò perdere perché ne aveva basta di minacciarlo di carbonizzazione cruenta e si prese il suo bicchiere.
Mandò giù un sorso e fece una smorfia.
- Che sapore strano! Passatemi lo zucchero.-
Draco dall'altro capo della tavola alzò lo sguardo. Ma Harry aveva già preso il bicchiere al figlio.
Bevve anche lui ed assunse un'espressione strana.
- Che c'è?- gli chiese Draco, alzandosi lentamente in piedi.
Cosa c'era?
Guai.
Harry iniziò ad avvertire le palpebre pesanti, quando Lucas, che già l'aveva afferrato forte per mano, crollò addosso a lui. Addormentato.
E poco dopo, anche sul bambino sopravvissuto calò il buio.
Stupido, fu l'ultima cosa che pensò coerentemente.
Sei stato stupido, Harry Potter.
Il bicchiere cadde.
Finì in mille pezzi.
E poi anche loro caddero addormentati.
Il problema era che nessuno dei due fece un bel sogno.
Ma caddero in un incubo.
Da cui sarebbe stato impossibile uscire da soli.

 

 

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23° ***




 



Dimmi, Harry Potter...bambino sopravvissuto...tu...hai mai paura?


Si.








Non era possibile.
Era inconcepibile.
Draco Lucius Malfoy non riusciva a crederci.
Si era fatto fregare. Si era fatto fregare dai Black come un novellino!
Come aveva potuto essere così stupido?
Non era vero. Non poteva essere successo davvero.
Eppure ora Harry James Potter stava semi sdraiato sul divano, Lucas accoccolato accanto a lui, stretto alla sua mano.
Dormivano entrambi. Ma se il sonno del piccolo Phyro pareva tranquillo, il bambino sopravvissuto aveva iniziato ad agitarsi quasi fin da subito.
Mugugnava a bassa voce, tremava, scuoteva la testa.
Com'era possibile che dopo tanti anni, finalmente quei maledetti fossero riusciti ad ottenere la loro vendetta?
Si era fatto fregare.
Avevano atteso, atteso, atteso per tanti anni.
Dalla morte di Bellatrix quei viscidi serpenti non avevano fatto altro che rintanarsi nell'ombra, sotterrando la loro vendetta nell'oscurità, aspettando il momento buono.
E poi finalmente quel momento l'avevano trovato.
Con la rapidità di una tempesta estiva, la prima a sopraggiungere fu Elettra, quindi alla prima telefonata Sirius Black era apparso alla porta.
E mentre lui, Elettra e la piccola Faith attaccarono a discutere con toni che sembravano alzarsi a ogni minima sillaba, Draco alzò la cornetta per comporre il numero dell'unica persona che avrebbe potuto impedirgli di esplodere.
- Blaise?-
Draco socchiuse gli occhi.
- Ho un problema. Mi servi a casa.si, ok.ti aspetto.-
Posata la cornetta, Sirius si era già levato la giacca e al contempo aveva scosso Harry.
Anche rifilargli due ceffoni era stato inutile.
- Questa non è una Pozione Soporifera.- sussurrò Elettra, vendendo il marito che si agitava.
- Cos'hanno bevuto?-
Draco si passò una mano sul viso.
- Succo d'arancia.-
- Le arance da dove arrivano?-
E la faccia di Black, quando Malfoy glielo rivelò, sembrò la perfetta maschera di un boia.
Deformata, strabiliata, sgomenta...per poi passare all'aspetto più vero della crudeltà.
- Mia zia vi ha portato delle arance...e voi ci avete fatto una spremuta?-
Sirius scandì bene sillaba dopo sillaba, forse per lasciare a Draco la possibilità di fermarlo e rettificare ma questo non avvenne mai.
- Avete bevuto qualcosa che viene dalla cucina di mia zia?- continuò Sirius, artigliando pericolosamente le dita - Avete bevuto davvero qualcosa che viene da quella casa?-
- Ho abbassato la guardia.- mormorò Draco.
- No, l'avete abbassata in due.- ringhiò Black fra i denti - Ma che diavolo v'è preso?!-
- Noi.-
Il puf da Smaterializzazione interruppe quella che sarebbe diventata una rissa vera e propria.
Blaise Zabini apparve di fronte a loro e ancora prima di notare che stava per brillare un'atomica, al suo naso molto allenato negli anni a Everland arrivò un odore particolarmente sottile e sgradevole.
Infine posò lo sguardo sul divano e allargò gli occhi blu petrolio.
- Ma che diavolo è successo?- allibì.
Fissò Draco, che alzò le mani in segno di resa. Già esausto.
Ma quella rabbia...quella rabbia era lì. E tornava a crescere...dopo anni e anni di assopimento.
- Mia nonna ha portato delle arance stamattina, prima che Tom partisse.- spiegò qualche secondo dopo, sentendosi la gola secca e arida - Sono stato avventato.io e Glory abbiamo passato una mezz'oretta con lei.-
- E vi siete bevuti della spremuta con delle arance che arrivano da quell'orribile casa.- sindacò Sirius di nuovo.
- Arance?- Blaise si avvicinò a Harry, passandogli una mano sulla fronte.
Scottava.
- Gli sta venendo la febbre.- disse, toccando poi anche Lucas.
Nulla.
Il bambino stava bene, sembrava solo dormire.
- Che effetti?- chiese rapidamente Elettra, torcendosi le mani e contemporaneamente quelle piccole di Faith.
- E' una pozione della branca Soporifera.- Blaise tastò il polso dell'Auror, sentendolo debole - Ma gli sta facendo qualcosa che non mi piace per niente. Lucas invece sta bene. E' solo Harry che mi preoccupa.-
- Chi altro ha bevuto l'aranciata?- sibilò Sirius.
Draco fece un cenno affermativo, poi si volse indietro.
Glory stava alle sue spalle, ferma sulla porta della cucina.
Sua figlia sembrava in trans, in un altro mondo.
- L'ha bevuta anche Glory?- Blaise sollevò le sopracciglia - Veleno.-
- Probabile.- masticò Sirius - Draco dove sono le arance? E voglio anche il succo già spremuto.-
- Si.- annuì Zabini - Fatemi vedere cos'avete usato.-
Fare strada verso la cucina fu come raggiungere il patibolo.
E poi la sorpresa, l'acida presa di coscienza, il divertimento macabro quando videro il cesto di arance completamente pieno di cenere.
- Prove sparite.- sibilò Sirius, prendendone una manciata e rigettandola nel cesto - Dannazione!-
Blaise, incurante della cenere, afferrò la brocca con ancora qualche dito di succo spremuto.
Quel colore non gli piaceva per nulla e senza una parola allungò la bacchetta verso uno degli scaffali della cucina.
L'anta si aprì e ne uscì una fialetta piccola, dal colore bluastro.
Malfoy lo guardò capendo subito dove voleva andare a parare.
- Sangue.- sibilò gelidamente.
- Poche gocce e qualcuno può essere avvelenato...o ...no.- sussurrò Blaise. La goccia cadde nella brocca di vetro e non appena i due liquidi vennero a contatto, si levò una piccola fumina priva d'odore.
- Si, qui c'è del sangue.- Zabini posò la brocca - Ecco perché a e a Glory non è successo nulla. Qui dentro ci sono poche gocce di sangue Black che vi hanno reso immuni dal veleno.-
- Ne sei certo?- sibilò Sirius, afferrando l'unico bicchiere rimasto mezzo pieno - Meglio esserne sicuri.- e senza dare il tempo a Zabini di fermarlo, mandò giù un sorso.
Silenzio.
Glory sentiva il suo piccolo cuore battere forte, troppo forte.
Ma Sirius non si addormentò e non iniziò a tremare.
- Bene. Sangue Black in una qualche pozione della branca Soporifera.- scandì, posando il bicchiere con un botto sulla tavola - Che pozione? E cosa sta facendo a Harry?-
- E perché a Lucas non succede niente?- lo seguì Elettra.
- Filtro Gridone.-
Tutti si voltarono, trovando Hermione in vestaglia sulla porta, alle spalle di sua figlia.
Si era appena alzata, dopo la notte passata di ronda, e non disse nulla di quello che era appena successo, ma le era bastato vedere gli effetti su Harry.
I presenti la fissarono, Draco quanto mai sgomento. Più degli altri.
Idiota, non faceva che dirsi.
Idiota.
Ti sei fatto fregare nella maniera più semplice.
Ci sei nato fra queste serpi....e non hai saputo cogliere i segni.
- Filtro Gridone?- Sirius la guardò in faccia, teso - Cos'è?-
- Magia Oscura.- Hermione puntò gli occhi dorati su Draco.
E attese.
Attese il permesso di rompere il patto su cui aveva fondato la sua vita con lui da ben otto anni.
Per lui, per suo marito aveva detto addio alla magia proibita.
Ma ora era l'unica cosa che avesse potuto salvare Harry.
Era necessaria.
Lo era sempre stata.
Conoscerla significava salvarsi, in battaglia.
Malfoy lo sapeva, ma aveva fatto di tutto per dimenticarsene.
- D'accordo.- lo sentì mormorare, distogliendo il viso dal suo - Fai quello che devi.-
Hermione scattò immediatamente.
- Elettra, chiama Cedar House e dì a Lucilla di mandarci qua Degona. Mi serve un'empatica per controllare lo stato emozionale di Harry. Io vado di sopra.- e dette loro le spalle - Blaise, per favore procuraci dei calmanti e dei ritardanti per il veleno. Dobbiamo impedire che agisca in fretta.-
- Perfetto.-
Le scale che portavano al primo piano sembravano infinite ora.
Ma Hermione le percorse velocemente.
Più in fretta di quanto avesse potuto pensare.
Si sentiva qualcosa dentro.
In passato era stato il desiderio di conoscenza ad animarla. La concretezza nel poter salvare i maghi a spingerla a imparare anche ciò che più la ripugnava. Ciò che stava accadendo ora era la prova che attendeva.
Era il test finale.
L'ultima porta in fondo all'ala Malfoy di quella villa l'aspettava.
Una porta chiusa a chiave, non appena la Lucky House era stata occupata.
Non ci era più entrata, chiudendo oltre quella soglia ogni ricordo del passato, come se mettendo sotto chiave le prove della sua conoscenza, tutto sarebbe stato seppellito. Ma sbagliava.
Posò le dita sulla maniglia, chiudendo le palpebre.
Il pomello era caldo. Lo era sempre stato e lei non ne sapeva i motivi.
Ma ora non era importante.
- Spes.- pronunciò a bassa voce e la serratura scattò automaticamente.
Aprendosi, la porta non produsse nessun cigolio, ma alla strega arrivò un suono simile a un sospiro antico.
Dalle finestre serrate arrivava comunque un debole fascio di luce. C'era luna piena.
Con la bacchetta aprì le tende e la stanza venne invasa dal debole pallore lunare.
Ogni cosa lì era coperta da pesanti lenzuola bianche. Ma non c'era polvere.
Avrebbe fatto ridere, se la situazione non fosse stata tanto grave.
Lì il tempo non era trascorso.
Lì lei era ancora una gagia.
Mosse dei passi calibrati e sicuri, raggiungendo la parete a destra.
E piccola sotto una grande libreria che raggiungeva l'alto soffitto, tirò giù il lenzuolo con un movimento secco della mano, facendo cadere a terra ai suoi piedi il tessuto scomposto.
Ora davanti a lei c'erano scaffali chiusi da una croce trasversale di catene.
I libri dormivano.
Taceva.
Ma lei sentì ancora quel sospiro, libero nella notte.
Ecco cosa le serviva.
Un grande libro, molto più grande delle misure canoniche.
In pelle chiara, dall'aria antica come il mondo, rilegato finemente e con delle rune brune che lo decoravano sulla copertina. Nessuna scritta a lato, nessun nome.
Prendendolo fra le mani, lo carezzò coi polpastrelli.
Riverente.
Che grande sapere era nascosto nel Grimario di Caesar.
Carezzò anche la cinghia col lucchetto che lei stessa aveva posto e Sigillato, tanto tempo prima.
Sentendosi improvvisamente fissata, girò gli occhi verso la porta dove si stagliava, alla luce artificiale del corridoio, la piccola e snella figura di sua figlia.
Glory non distolse lo sguardo.
Ma rimase immobile sulla soglia, rigida e composta.
Avrebbe dovuto chiudere la porta a chiave, dirle di andarsene.
Sua figlia non avrebbe dovuto vedere nulla di quello che lei era stata.ma la bambina mosse un passo e fissò la grande libreria piena di catene e lucchetti.
Alla sua presenza, i libri iniziarono a traballare.
Glory per un attimo pensò che fossero anche in grado di parlare.
- Sono stata io a fare quella spremuta.-
Hermione posò il libro su un tavolino rotondo accanto a lei.
- Papà mi aveva detto di non farlo.-
La piccola abbassò lo sguardo.
- Credevo scherzasse.-
- Probabilmente era così.-
- Pensavo.- Glory si strinse nelle spalle, facendosi ancora più minuscola - Pensavo che fosse sciocco. Non credevo che la bisnonna ci avrebbe fatto del male.con me e Tom in casa.-
- Infatti c'era del sangue Black nelle arance.- le spiegò sua madre, decisa a farle capire bene le dinamiche di quella situazione - Non avrebbero potuto fare del male né a te, a Tom o a tuo padre.-
- Ma non poteva sapere che Harry le avrebbe mangiate.- la piccola strega la fissò desolata - Mamma come faceva a saperlo? Non poteva! Di certo non poteva sapere che loro vengono a mangiare nella nostra cucina e che noi andiamo da loro...non poteva!-
- Lo so tesoro.-
Hermione, lentamente, la raggiunse e le s'inginocchiò davanti.
Prendendole le mani, cercò di essere il più delicata possibile.
- Nemmeno tuo padre ci ha pensato. E come avrebbe potuto?-
- Me l'aveva detto che potevano essere avvelenate.- gli occhi bicolore di Glory divennero vitrei e riprese a tremare.
- Tesoro...guardami.-
Le prese il perfetto visino fra le dita, costringendola a fissarla.
- Non erano per Harry quelle arance. Né per Lucas.-
- Ma io e papà.-
- Si, avete sangue Black nelle vene. E Jocelyn voleva salvarvi grazie al vostro sangue. E pensando che nella nostra cucina solo voi ne foste immuni, ha voluto colpire l'unica persona che pensava avesse potuto accedervi. E questa persona non era Harry.-
Il silenzio di sua figlia divenne realtà quando Glory spalancò gli occhi.
Jocelyn non aveva mai voluto colpire il bambino sopravvissuto con del semplice veleno.
No.
A lui spettava una punizione più plateale.
Jocelyn Black aveva voluto colpire la colpevole delle macchie nella discendenza di Draco.
Lei.
- Voleva...uccidete te.- Glory guardò la madre, ora terrorizzata - Erano per te.-
Hermione annuì.
- Si.-
- La bisnonna.-
- Lei non ha mai accettato che io e tuo padre ci fossimo sposati. Lei vuole ancora tuo padre in famiglia, nonostante odi tua nonna Narcissa e sua sorella Andromeda. Perché tuo padre ha il sangue puro dei Black e dei Malfoy. Ma io no. Io l'ho allontanato da loro già da Hogwarts. E questo non me l'hanno mai perdonato.-
Il pensiero che quelle arance fossero per sua madre schiacciò definitivamente la bambina.
Ma la paura di Hermione si avverò, facendole capire che Glory era davvero figlia sua, quando vide nei suoi occhi d'oro e d'argento formarsi qualcosa di più duro del diamante.
Era la rabbia.
Era l'odio.
Era la vendetta.
Ma come fece lei in passato, anche sua figlia riuscì a domarla.
A chiuderla sotto una montagna di filo spinato, imprigionando quel sentimento.
E ora Glory sembrava essere pronta.
La paura non c'era più.
- Cosa possiamo fare per salvare Harry?-
- Devo leggere dai miei vecchi libri.- le disse, sentendo dei passi in corridoio - Ora esci.-
- No, voglio stare qui.-
- Glory.-
Hermione si bloccò, vedendo Draco alle loro spalle.
Malfoy si appoggiò alla parete con una spalla. Il suo viso era segnato dalla stanchezza.
Dalla frustrazione.
- Come va di sotto?- gli chiese.
- Blaise è al lavoro e Sirius sta aspettando Degona e Lucilla.-
- Bene.-
Draco osservò la stanza.
- Qui come procede?-
- Un attimo e vi raggiungo.- rispose sua moglie.
- Fa lo stesso, portalo giù.-
Hermione allora levò la mano. Era inutile aspettare, sua figlia già sapeva che era una gagia, tanto valeva farle capire che non usava quella magia con gli stessi intenti che aveva la sua bisnonna.
Senza aspettare oltre si alzò da dov'era inginocchiata a e raggiunse il tavolino su cui aveva posato il Grimario. Intanto che Draco chiudeva la porta e prendeva Glory in braccio, la Grifoncina posò la punta della sua bacchetta sul pesante lucchetto di piombo che incatenava tutto il sapere di Cameron.
Pronunciò poche parole in latino che sua figlia non capì, anche se la piccola fu quasi sicura di sentirla pronunciare il suo nome e dalla punta della bacchetta di Hermione fuoriuscirono alcune scintille di un bianco quasi accecante.
Il lucchetto sfrigolò e poi si aprì con uno scatto, tanto che cinghia di cuoio e catena caddero pesantemente sul tavolino con un botto.
Gettatele a terra velocemente, ora non avevano il tempo di usare le maniere delicate, Hermione aprì il grande Grimario propagando per la stanza una sorta di sibilo.
Se la magia per Glory non fosse già avvenuta qualche anno prima quando aveva imparato a leggere, all'apertura di quel libro e di fronte all'arabesco nero in frontespizio dove una regolare ed elegante calligrafia donava il libro a sua madre la piccola strega rimase letteralmente incantata.
Ma lo fu meno quando, sfogliate le prime pagine, iniziò a vedere immagini tutt'altro che rassicuranti.
Demoni, mostri, spiriti infernali, folletti dagli occhi sbarrati.
Eppure in braccio a suo padre si sentiva al sicuro. Ignorò anche alcune pagine che sembravano prendere fuoco e spegnersi poi da sole, altre che sbiancavano, perdendo le parole scritte, quando sua madre le prendeva per sbaglio fra le dita. Comparve perfino una faccia mostruosa che si mise a urlare, ma dopo una breve ricerca Hermione finalmente trovò ciò che cercava.
La pagina ingiallita e dai bordi logori sembrava provenire da un altro libro, perché era piegata in tre parti.
La padrona del Grimario le aprì e una scritta violacea sfumata d'oro intestava il tutto.
- "Filtro Gridone.- Draco si sporse dalla spalla di Hermione, mentre lei gli stringeva forte il palmo e continuò a leggere - Pozione della Branca Soporifera, divenuto fuori legge e passate alle Arti Oscure nel 1823, per ordinanza anglosassone. Filtro Gridone consente a chi lo produce di far cadere la sua vittima in un sogno catatonico, o meglio, in un incubo."-
- "Il Filtro provoca un sonno istantaneo e letale e chi vi cade, cade nel suo peggiore incubo, scatenato dalla paura inconscia che si annida nel cuore di ogni essere vivente.- Hermione serrò le mascelle - Chi cade nel sonno di Filtro Gridone quindi, è destinato a morire di attacco cardiaco, prodotto dalla paura stessa. La vittima si ritrova nell'orrore del suo inconscio e questo orrore onirico è talmente reale che la vittima non riesce a districarsene. Tutto ciò che accade alla vittima in sogno, accadrà anche nella realtà."-
- Lo Sfregiato ha paura dei Dissennatori.- Draco fissò la moglie sgomento - Ma sa usare il Patronus.-
- Non può essere così semplice.- sussurrò lei, continuando a leggere - "Nel subconscio, però, il Filtro Gridone è più potente della logica, per questo il 99% delle vittime sottoposte a questa crudele tortura muore nel giro di una notte."-
- Harry e Lucas moriranno?- alitò Glory a quel punto.
- C'è sempre il trucco.- sibilò Hermione, cercando freneticamente fra le righe e i paragrafi - Ci deve essere un dannato Contro Filtro!-
Bussarono in quel momento. Elettra li avvisò che Degona era arrivata insieme a Lucilla.
Precipitandosi di sotto, Hermione tirò un sospiro di sollievo vedendo anche la Lancaster che però era più pallida del solito. Le sorrise comunque con fare incoraggiante e le passò il Grimario di Caesar, per discutere con lei degli effetti malefici di quel veleno.
Degona intanto, appena tornata da una cena a casa dei nonni, si levò la stola di raso dall'abito e posò una mano sulla fronte di Harry. Era ancora più caldo.
E.
- Come sta?- la incalzò Sirius, che fremeva per l'impotenza.
L'empatica chiuse gli occhi.
Smarrimento.
Solitudine.
Ma dov'era finito Harry?
Si sentiva inquieto.
Stava per farsi attanagliare dall'agitazione, da una paura mai provata prima.
- L'incubo lo sta avvolgendo.- disse, girandosi a guardare Hermione e Lucilla - Soluzioni?-
- Per svegliarlo?- la Grifoncina scosse il capo - Non si esce da un incubo. A meno che non lo si voglia e da quello che ho letto, Filtro Gridone rende tutto così reale che Harry neanche sa di essersi addormentato.-
- Mi state davvero dicendo che non c'è modo di tirarlo fuori?- Black le guardò allucinato - E che quella maledetta di mia zia ci ha davvero fregato tutti? State dicendo questo?-
- Calma.- Black tornò con una mezza dozzina di siringhe piene di liquido verde chiaro e trasparente adagiate su un vassoio. Le posò ed arrotolando la camicia sul braccio di Harry, facendo venire i brividi a Faith e Glory, gli cercò una vena - Questo è un rilassante muscolare. Non posso occuparmi della sua mente, ma il suo cuore deve pompare meno in fretta.-
- Infatti si muore d'infarto.- sibilò Draco, faticando a contenersi - Abbiamo solo una notte.-
- E Lucas?- Elettra guardò Degona cercando di controllarsi, per il bene di Faith - Lui sta meglio?-
Dena, per tutta risposta, levò le sopracciglia posando lo sguardo sul piccolo Phyro.
Se ne stava adagiato al torace del padre, sotto il suo braccio, con la mano serrata al suo polso e dormiva beatamente.
A dire il vero sentiva in lui un certo smarrimento ma.non era paura.
Era più il sentimento di qualcuno che ha perso la strada per sbaglio.
Posandogli la mano sulla fronte, chiuse gli occhi verdi e avvertì una reale tranquillità.
Lucas stava bene.
- Non avverto paura.- mormorò - Lui sta benissimo.-
Hermione guardò prima Elettra, poi la mano che Lucas teneva sul polso destro del padre, proprio sul Bracciale del Destino.
- Da quanto lo tiene così?-
- E' successo quando hanno bevuto l'aranciata.- le disse Faith con voce tremula.
- Ma perché il bambino non si agita come Harry?- chiese Sirius, sedendosi sul bracciolo del divano accanto al figliastro.
Un motivo c'era, pensarono contemporaneamente Hermione ed Elettra.
Il Giocattolaio.
Cos'aveva detto quel giorno?
- "Tuo figlio non conoscerà mai la paura."- ricordò Elettra ad alta voce.
- Cosa?- Draco levò un sopracciglio - Che vuol dire?-
La risposta a quella domanda sarebbe giunta presto, ma in un attimo Harry Potter subì una violenta raffica di convulsioni e per tenerlo fermo dovettero lottare, fino a che non passarono.
Sotto ordine di Hermione però, legarono la mano di Lucas al polso del padre con delle bende.
- Perché?- le chiese Blaise.
- Voglio essere sicura di una cosa, prima di riportare qui Lucas.-
- Ma hai detto che non si può svegliare qualcuno dai suoi incubi.-
- Non qualcuno che ha paura. Ma il bambino sta bene.-
Lucas Potter non aveva paura di nulla.









Dimmi Harry Potter, bambino sopravvissuto...di che cosa hai paura?




Che la realtà.sia solo una pia illusione.
E che lui...lui voglia vendetta.




Lui chi?







Qualcosa non andava.
Lucas si mise in piedi, cercando di tenere l'equilibrio e si guardò attorno.
Magia accidentale?, si chiese.
Possibile?
- Papà.io non ho fatto niente.- disse, abbassando lo sguardo su Harry, che fissava il vuoto.
Come lui, Lucas continuò a guardarsi attorno.
Un lago. Grande e grigio.
Anche l'acqua era così. Quasi lattiginosa.
Era sicuro che se c'immergeva la mano, non avrebbe visto le sue dita a pochi centimetri.
E poi c'era così tanta nebbia! Non vedeva a un palmo dal suo naso.
Vedeva solo una specie di zattera su cui lui e suo padre si erano ritrovati.
Un attimo prima era stato in cucina, a parlare con Glory e Faith.e poi.poi non ricordava più com'era finito lì.
- Ma dove siamo?- Lucas abbassò gli occhi celesti sul padre, che restava seduto e si agitava.
Corrucciando la fronte, il Phyro si chiese che avesse da essere tanto nervoso.
- Papà? Allora, secondo te dove siamo?-
Niente.
Harry si muoveva per tutta quella zattera scheggiata, tanto che si ferì un dito ed imprecò, ma mai una volta rispose alle domande del figlio, che lo seguiva come un cucciolo.
- Come ci siamo finiti qua? Ehi!- Lucas si stufò, piantandosi in mezzo alla zattera - Papà! Lo sapevo che eri stato tu, si può sapere dove cavolo mi hai portato?!- ma non fece in tempo a brontolare ancora, perché Harry viaggiò spedito dalla sua parta e.lo trapassò letteralmente, raggiungendo la sponda della zattera.
Lucas, bontà sua povero scricciolo, rimase immobile, ad occhi sbarrati.
Suo padre non l'aveva visto.
Gli era passato in mezzo! L'aveva quasi pestato!
Ma se non lo vedeva.nemmeno lo sentiva!
Oh no!
Lucas alzò le mani e solo allora si accorse che era diventato trasparente.
Era mica morto?
Quell'ipotesi lo sconvolse.
Ne sentiva di racconti da Damon e suo padre non lo vedeva e lui era invisibile allora.ERA MORTO!
- Oh, no, no, no!- gracchiò inferocito - Papà! Papà!- urlò così forte che riuscì a sentire l'eco di un sussurro lontano - Papà mi vedi?!-
Gli si piazzò davanti, agitando le mani e le braccia ma ogni volta che urtava il corpo del padre, lo trapassava come aria.
- Oh cavolo.-
Lucas si fece indietro, scrutando il volto vuoto dell'Auror.
Non lo vedeva davvero.
Non lo sentiva.
- Come cavolo ho fatto a morire?- il Phyro si guardò di nuovo attorno, in quel lago di latte grigio e ovattato - E dove siamo? Perché lui non mi cerca?-
Scrutò ancora Harry.
Sembrava..si, suo padre sembrava spaventato.
I suoi occhi verdi non erano quelli di sempre.
Sembrava che.lui sapesse dov'erano.
- Bhè, grazie tante.- Lucas si buttò a sedere - Io sono stecchito e lui neanche piange. Bel genitore.-
Hermione ed Elettra avevano tutte le ragioni del mondo.
E sebbene Lucas ancora non lo sapesse, non era ancora arrivata la sua ora.
Era solo caduto in un sogno.
In un incubo fitto come una ragnatela a cui lui non apparteneva.
Il fatto che non provasse paura, fu ciò che salvò lui e suo padre, quel giorno.
Anche se Harry Potter arrivò a tanto così, dal bordo del precipizio.
E tutto cominciò quando uno scossone bloccò la zattera.
Entrambi si voltarono e videro che avevano toccato terra.
Una sponda di sabbia grigia come il lago.
Mentre scendevano, Lucas provò per l'ultima volta a chiamare Harry. Gli fece perfino uno sgambetto che andò a vuoto, così si limitò a stargli alle spalle. Prima o poi suo padre sarebbe tornato a casa e allora ci sarebbe stato anche Damon...e...bella roba, era morto! Voleva tornarsene a casa!
Desolato, Lucas sollevò gli occhi.
Il cielo era nero. Strano. Era stato bianco fino a poco prima.
- Che razza di posto.-
Ma il posto era più inquietante di quanto avesse pensato perché davanti a loro, anzi, davanti a Harry, apparve un sentiero. E tutt'attorno un labirinto di rovine.
Lucas non aveva mai visto nulla di simile.
Un dedalo di rocce e alti passaggi di pietra con pareti spesse e colonne decapitate ovunque.
Un labirinto?, si chiese.
E suo padre come faceva a muoversi lì in mezzo? Conosceva quel posto?
Seguì Harry senza fiatare, tanto non lo avrebbe sentito lo stesso e colse al volo l'occasione, tanto non lo avrebbe mai saputo, per alzare la mano e cercare di stringerla a quella di suo padre.
Quando lo fece, Lucas notò qualcosa di brillante sul palmo di entrambi.
Una luce chiara...sembrava una catenella.
Harry invece tolse la mano, fissando quel bagliore con occhi sbarrati, quasi disgustati.
- Che diavolo è stato?- sussurrò a bassa voce.
- E secondo te io lo so?- brontolò Lucas, scuotendo il capo - Sono morto!-
Risposta inutile. Potter Senior tirò dritto a una velocità pazzesca, zigzagando fra rovine e montagne di detriti, fra cui resti di statue enormi, senza sapere che suo figlio gli scarpinava dietro con estrema fatica ma Lucas strinse i denti e almeno si prese la libertà di dirgli tutte le parolacce che voleva.
Erano fermi su una gigantesca testa di orco mozzata, tutta di pietra calcarea forse, una cosa orribile con mascelle spesse e fauci bavose quando, tirando il fiato, il Phyro vide che suo padre puntava qualcosa in lontananza.
Ora il cielo erano ancora più nero.
E delle torce erano accese qua e là, anche buttate a terra.
Harry ne afferrò una, alzandola in aria.
Un castello.
Un grande castello nero e tetro, a qualche centinaio di metri da loro.
Arroccato su dei faraglioni appuntiti, con dei cancelli impervi e sormontati da pinnacoli animati da piccoli demoni.
- Dark Hell Manor.- sussurrò Harry.
Dark che? Lucas scrutò il profilo del padre e di nuovo lo vide rigido, tremolante.
Perché aveva paura? Cosa c'era in quel castello?
Poi, di nuovo, qualcos'altro attirò l'attenzione del Phyro.
Un albero...o quello che ne restava.
Si ergeva con le radici in una spessa lastra rovesciata e quell'albero stava morendo.
O forse era già morto.
L'arbusto era spesso, nodoso, come i suoi rami simili ad artigli.
Alla base, Lucas vide un teschio in cui era piantata una spada e.a quei rami.delle teste, appese come frutti.
Un corvo, lì appoggiato, aprì e chiuse gli occhietti neri, poi gracchiando.
Harry emise un gemito, scendendo dalla testa dell'orco.
Si avvicinò a quell'albero, tenendo sempre la torcia ben alta.
Era uno spettacolo atroce.
Metà di quelle teste era già scheletro, altre erano in decomposizione, ma tutte esibivano la stessa smorfia di terrore.
Lì a terra, proprio alle radici di quell'orrendo scempio, il bambino sopravvissuto trovò una scritta, incisa nella lastra di un orrendo color sangue secco su cui l'albero malefico cresceva.
S'inginocchiò e così fece Lucas.
Scostando foglie secche e radici morte, l'Auror lesse ciò che stava su quella tomba.
- Per coloro il cui sangue è indegno. Attenti. Noi vi osserviamo.-
Mangiamorte.
Harry si alzò di scatto, tremando.
Portò la mano alla cinta, ma la sua spada non c'era.
E la sua bacchetta.si volse, sentendo una risata nell'ombra.
Come un latrato.
- Cerchi questa, mio Signore?-
Lucas non provò mai l'istinto di nascondersi.
Perché rimase a guardare i dieci maghi, giunti da altrettanti passaggi di quel labirinto, che entravano in quella sorta di piccolo spiazzale, dove l'albero risiedeva.
Mangiamorte.
Lucas non li aveva mai visti. Mai.
Alti, vestiti con lunghi mantelli neri e alti cappucci a punta.
Maschere scheletriche a mezzo viso.
Uno di loro, lo stesso che aveva parlato, si mosse in avanti, con la bacchetta di suo padre in mano.
Sembrava che ora tutto fosse più buio.
Sembrava che...avessero risucchiato la luce, i suoni, i rumori.
- Finalmente sei tornato.- gli disse il Mangiamorte - Dove sei stato?-
Harry si fece indietro, senza capire.
- Mio Signore, dobbiamo andare.-
Mio Signore?
Sia Harry che Lucas schiusero le labbra, in una parodia di stupore che era nulla in confronto a ciò che provavano davvero.
- Di cosa diavolo parli?- Harry mosse ancora un passo indietro, finendo per urtare una radice sollevate e una testa, caduta da tempo e ormai del tutto rovinata anche nell'osso.
- Padrone, devi tornare al castello.- ripeté stavolta una voce di donna, una fra i Mangiamorte.
Padrone?
Harry rise debolmente.
- Datemi la mia bacchetta e poi vedrete che vi faccio ritornare al vostro schifoso castello!-
La donna di prima scosse il capo.
- Lui l'aveva detto che era impazzito. Ci aveva avvisato.-
Di che diavolo parlavano?
Lucas vide suo padre nella confusione più totale.
Non capiva cosa stavano dicendo. E ad essere sincero era tutto assurdo.
- Perdonami Padrone.- disse la Mangiamorte, usando la sua stessa bacchetta e puntandogliela contro - Ma tu non mi lasci altra scelta. Devo riportarti a casa. Incarceramus!-
Con un verso cavernoso simile al ruggito di un orco, Harry si girò paralizzato e vide l'enorme albero morto scuotere i suoi rami e scrollarsi di dosso tutte quelle teste recise.
Fu questione di un attimo.
Funi e radici si sollevarono dal terreno e Potter venne scagliato a terra e poi imprigionato.
Polsi, tronco, gola e caviglie.
E una volta che smise di urlare e imprecare, i Mangiamorte gli si avvicinarono.
Lucas, ai limiti dell'umana concezione, quasi gridò, quando li vide inginocchiarsi tutti attorno al padre.
- Ben tornato a casa, Padrone.-
L'unica cosa che Lucas ricordò di quel lungo tragitto, furono le urla di suo padre.
Seguiva quella corte senza poter fare nulla, senza poter aiutare Harry, che veniva trascinato a forza, subendo discorsi megalomani da parte di quelli che dicevano essere "suoi servi".
Non ci capiva più nulla.
E lui neanche sapeva cosa fare per aiutarlo. O per chiamare sua madre.
Sapeva solo che suo padre chiamava quel posto Dark Hell Manor e niente di più.
Si sarebbe fatto facilmente prendere dallo sconforto se nel giro di poco non fossero arrivati ai cancelli e poi al portone nero del palazzo.
Mangiamorte, pensò ancora Lucas.
Se loro erano Mangiamorte, lì dentro doveva abitarci.
- Voldemort?- sussurrò ad alta voce, anche se nessuno lo sentì.
Ma era morto. Allora forse ci stavano solo i Mangiamorte rimasti.
Il portone a due battenti era immenso, sembrava quasi impossibile da aprire con semplice forza umana.
C'era un simbolo, marchiato a fuoco.
Non era il Marchio Nero.
Ma qualcosa di simile.
Un cerchio formato da due serpenti. Ai quattro punti cardinali delle punte, forse dei pugnali ma solo su tre di essere c'era una lettera.
T.M.R.
Al centro del cerchio, Lucas vide un teschio, avvolto da fiamme nere, quasi sfumate.
Stava ancora ad osservarlo, quando uno dei battenti si aprì ed apparve, fluido dall'oscurità, un enorme mostro con orecchie appuntite. Simile a un diavolo.
- Finalmente siete tornati.- disse il guardino con vocetta acuta e roca che faceva accapponare la pelle, spalancando loro le porte - Il Padrone attende.-
Il Padrone?
Allora c'era davvero un nuovo capo?
Lucas corse velocemente dietro ai Mangiamorte che trascinavano suo padre.
Ah no, non lo abbandonava di certo solo perché probabilmente era morto! E perché nessuno lo vedeva!
No, no!
Varcò ampi saloni e corridoi bui, ma molto eleganti.
Qualcuno viveva lì dentro da parecchio. Non era un castello disabitato.
Non c'erano ragnatele, non c'era polvere.
Lì qualcuno ci viveva davvero.
E mentre suo padre continuava ad agitarsi, cercando di fuggire senza usare la magia, Lucas prestava attenzione al suono lontano di...voci...canti forse...o forse...la danza di un rito.
Un coro di voci, si.
Un coro in latino.
E il crepitio di un fuoco.
Il cuore di Harry James Potter si fermò quando il calore delle fiamme fu così vicino da scaldargli il viso.
Un'alta colonna di fuoco si levava alta, in un salone circolare dal soffitto titanico, su cui si apriva un lucernario più simile a un occhio. Un grande occhio trasparente.
Ma lì a terra...Harry vide il più grande numero di Mangiamorte che avesse mai visto in vita sua.
Neanche al Tower Bridge era stato davanti a una simile dimostrazione di potenza.
Come burattini parlavano in sincrono, scandivano il loro canto in latino.e nelle prime file, alcuni di loro battevano a terra con lance di ferro, provocando scintille contro il pavimento di marmo il cui disegno sembrava rappresentare un teschio stilizzato.
Fortuna che era invisibile.
Lucas deglutì un paio di volte, prima di seguire il corteo dei rapitori di suo padre.
Questi si fecero largo fra i partecipanti al rito quasi a spallate e una volta in prima fila, Harry venne buttato in ginocchio di fronte alla colonna di fuoco, che si spense subito.
A differenza, si sollevarono i bisbigli di tutta la titanica sala.
Il bambino sopravvissuto, tenendo ancora lo sguardo basso, contò rapidamente il numero di bastardi che gli stava davanti.
Sei persone in piedi.
Una seduta su una sedia di legno intarsiato, poco lontano da chi invece gli stava davanti.
Ma rialzando il viso, il suo cuore si fermò per un attimo eterno.
Uno schizzo di sangue gli arrivò in faccia, sulle gambe.
E un corpo cadde a terra.
Contorcendosi.
Harry rialzò il viso per vedere un uomo, sgozzato.
Stava morendo.
Il lago di sangue si allargò fino ad arrivare a lui ma prima che morisse, l'uomo emise un altro gemito strozzato.
Da in piedi, un mago con un mantello nero più lungo di quello degli altri Mangiamorte e coi bordi d'oro, piantò una lunga lancia arcuata nel petto della sua vittima.
Harry rivide lo sguardo sbarrato di quell'uomo.
Ansando, sollevò il viso sull'assassino...e vide che portava una maschera di ferro, dai lineamenti aguzzi e macabri.
Se era Badomen, pensò Harry, aveva finito di vivere.
Non sapeva come avessero fatto a catturarlo, ma avevano tutti finito di vivere.
Il morto era sicuramente un mezzosangue.
Un innocente e indifeso mago disarmato.
Col viso sporco di sangue, Harry puntò gli occhi verdi sul mago con la maschera di ferro.
Gli altri ne portavano una da Mangiamorte, come teschi.
La persona seduta sulla sedia però. No. Oddio, no.
- Damon.-
Una risata ridondante e maligna quanto può esserlo l'inferno invase l'immensa sala.
L'uomo con la maschera passò la lancia a chi gli stava accanto, una donna dalle forme sotto il mantello e battè le mani ai Mangiamorte che gli avevano portato Harry.
- Era ora.-
La voce penetrò nel cuore di Harry come una lama.
- Siete stati bravi.- continuò il mago, portandosi una mano sulla maschera - Per oggi non vi uccido.-
- Grazie Padrone.- sussurrarono ossequiosamente i suoi lacchè.
- Ma io e te...Harry Potter...abbiamo qualcosa di cui discutere.-
E la maschera di ferro venne levata.
Per mostrare finalmente al bambino sopravvissuto il vero volto del terrore.







Di Lui?
Lui chi, Harry Potter?
Chi vuole vendicarsi di te?




Lui.




Intendi Voldemort?




No.




Allora chi?





Lui.
Il mio Tom.






Thomas Maximilian Riddle, in Francia, guardava alto in cielo.
Erano magnifiche le stelle, ora che non c'era più un tetto a separarlo da esse.
Ma la sua gioia si era spenta, quando il suo cuore aveva avvertito qualcosa. Anche da una nazione all'altra.
No, avrebbero potuto mettere anche un universo di distanza fra lui e Harry Potter ma lui, avrebbe comunque e sempre percepito le ansie del suo cuore.
A Harry stava succedendo qualcosa.
Le onde che arrivavano a sfiorargli le caviglie non riuscivano a nasconderglielo.
E nemmeno le stelle.
Dava succedendo qualcosa.
Spense la sigaretta nella sabbia, poi fece Evanescere la cicca con la bacchetta e rientrò di corse nel residence, dove i ragazzi stavano consumando la cena del primo giorno di ritrovo.
Erano ormai al dolce e chiacchieravano tutti amabilmente, anche se forse la buona dose di alcool comprata in paese dai Corvonero aveva favorito lo scioglimento degli animi.
Prima che arrivasse al gruppetto elitario di Serpeverde dovette passare sui cadaveri di Prentice e Travers, che lo invitarono a scolarsi una bottiglia di Dom Perignon con loro e le Grazie. Bevuta solo mezza, perché anche volendo ancora a scolarsene una tutta di fila ancora non riusciva, passò da Tassorosso e lì almeno Flanagan gli parlò solo delle massaggiatrici, che erano per lui.
Gli disse che ne avrebbero parlato dopo delle pin up, ma venne di nuovo bloccato al suo posto.
- Oh, ma dov'eri?- Archie l'afferrò per la cinta e lo ributtò seduto fra lui e Sedwigh.
- Ti mancava l'aria Tom?-
Riddle fissò Trust per un solo secondo, proprio seduto di fronte a lui.
Al diavolo.
- Si, un po'.- rispose calmo, dopo aver contato fino a dieci - Sono un po' allergico alle stronzate.-
- Già.- gli venne in aiuto Stanford - Forse dovremmo smetterla di parlare di Badomen, che dite ragazzi?-
- Che è un'ottima idea.- borbottò Mary, sorridendo a Riddle con fare incoraggiante - Allora tesoro, cosa dicevi prima di farti la pausa sigaretta? Ah, si.che con Caesar non ti sei annoiato.-
- No, per nulla.- Tom guardò verso Damon, cercando attirare la sua attenzione e al contempo, per la sua cortesia innata, continuò a parlare - Con lui sono venuti ad abitare dei demoni più giovani, per punizione diciamo.una è una parente di Lucilla. Sono tutti molto simpatici.-
- Compreso il tipo di ieri?-
Tom inquadrò Cloe, abbracciata a Trust.
- Parli di Vlad?- le chiese.
- Del biondo nella cucina.- replicò lei - Si chiama Vlad? Però.-
- E' mezzo russo.-
- E pure mezzo pazzo, visto il pugno che ti ha tirato.-
- Non avevi detto che ha fatto bene?- la sfidò.
Cloe sentì la mano di Oliver risalirle sulla gola e al contempo gli occhi di Tom congelarsi.
Allora si sporse sulla tavola, sciogliendosi dall'abbraccio del fidanzato.
- Sai com'è.visto come fate allenamento.-
- Ancora con quella cicatrice.- sbuffò Trix, apparendo lì alle loro spalle per rubare un portacenere - Dai, sarà stato un caso.-
- Lungo dodici centimetri?- sibilò la Sensistrega - Non direi proprio un caso!-
- Milo.- Trix si volse indietro - Lo conosci questo Vlad?-
- Cognome?- urlò il Diurno, svaccato accanto ad Howthorne e Adam Broody a pontificare di lavoro.
- Stokeford.- gli disse Tom.
- Ah, si.di fama conosco il padre.- Milo li raggiunse, attaccato al suo bel calice di emoglobina - E' la famiglia che ha lo stemma con la falce e l'iris, vero?-
- Si, esatto.-
- La moglie di Stokeford ha dei parenti nei Romanov se non sbaglio.-
- Infatti.-
- E questo lo autorizza a fare Attila?-
Milo sorrise all'irruenza di Cloe, così, piegandosi su di lei, le sussurrò a bassa voce: - Tesoro.quello è molto peggio di Attila. Fra le famiglie di demoni, è una delle più temute.-
- E ti sei fatto amico un vandalo?- Sedwigh ridacchiò - Certo che sei proprio cambiato.-
- Stronzate.- rise Archie - Guardalo, è identico.-
- Certo, sciatica a parte.- ironizzò Riddle.
- Se non altro Flanagan ti ha portato le massaggiatrici.- Trix gli dette il gomito, additandogli le biondine con tutta la carne fresca frollata in bella vista - Fa male la schiena?-
- Per ora no.- Tom agitò la mano, rialzandosi - Dovete scusarmi un secondo, ma mi serve un cellulare.-
- Vuoi il mio?- gli chiese Milo.
- Ce l'hai?-
- Ma che succede?- borbottò la King, vedendolo trafficare col cellulare di Morrigan e digitando il numero con la velocità di una ragazzina adolescente - Allora? Che cavolo hai?-
- Chiamo casa.- replicò, cercando un punto dove prendesse la linea.
- C'è qualcosa che non va?- s'informò Oliver.
- Non so.- Tom raggiunse il portico, attraverso le portefinestre aperte - Oh, ecco. Prende finalmente.-
Il telefono della Lucky House squillò a vuoto per cinque minuti.
E Riddle stava già iniziando a masticare imprecazioni, fumando una sigaretta dietro l'altra, quando finalmente qualcuno, all'alba delle undici, alzò quella dannata cornetta.
- Oh, grazie tante!- sbraitò inferocito - Sirius che diavolo ci fai lì!? E' da due ore che chiamo!-
Silenzio.
Tom allargò la bocca un paio di volte, poi la sigaretta gli scivolò dalle dita per finirgli sulla mano.
Cacciò una bestemmia, e si succhiò la pelle, sempre sentendo un resoconto da incubo.
- Io torno.- scandì - Cosa? No, non ci sto qua .ah, ce la mamma...si.. ma...magari potrei.- sbuffò di nuovo, roteando le pupille - Dio, che schifo di situazione! Ma come cazzo è successo?-
Dalla tavola di quaranta e passa, sia Damon che Trix fiutarono grane in arrivo.
Milo poi, quell'odore l'aveva sentito quando Tom gli aveva chiesto il cellulare.
Stava passando la grappa, dopo il caffè, quando lo raggiunsero fuori.
L'ultima cosa che sentirono della discussione con Black fu il laconico commento di Tom.
- Si, come no...Tanto io non centro mai niente. Si, ok, ok. Va bene. Tienimi informato o ti chiamo io ogni ora e vedrai che ti farò impazzire.- poi stirò un sogghigno - Ti adoro anche io, non lo sapevi? Ciao.-
E spense tutto quanto, rilanciando il cellulare al suo proprietario.
- Ma che succede?- sbuffò Damon, poggiandosi alla parete con un braccio.
- Tenetevi forte.- berciò inferocito - Nonna Black s'è rimessa a far danni.-
- Intendi la tua?- Trix levò un sopracciglio - E che ha fatto? Sarà mica morto qualcuno!-
- Lo saprei.- le ricordò Howthorne - Non è morto nessuno e non creperà nessuno...almeno stanotte.-
- Oh, che conforto.- frecciò Tom, dando un altro tiro nevrotico alla sigaretta - E' successo che mia nonna voleva avvelenare Hermione, ma non ha pensato che in cucina da Draco ci mangia chiunque, così ora Harry e Lucas sono sotto sedativi sul divano alla Lucky House.-
- Forse è la volta buona che riuscite a mandarla in galera.- commentò Neely, pensosa.
- No, le prove si sono incenerite.-
- Questo si chiama ingegno.- disse Cloe, con tono piatto - Ma attaccare così mi sembra azzardato anche per una come Jocelyn Black. Forse era sicura di colpire. O forse è un piano già ben studiato in ogni dettaglio.-
- Per me la vecchia è in combutta con Badomen.- sentenziò Milo.
- Oh, no...tesoro, no.- ordinò la Vaughn - Non voglio sentir parlare di lavoro in questo week end, ma solo delle condizioni di Harry. Quando richiama Sirius?-
- Fra un'ora.-
- Sul mio telefono?-
- Si.- Tom annuì, ringraziando Milo e volgendo lo sguardo in spiaggia - Speriamo solo non sia nulla di grave. Sirius me l'ha messa giù molto blanda. Non vuole che ritorni. E se fossero sotto attacco?-
- Ci sarebbe Lucilla.- lo placò subito Damon, dandogli una pacca sulla schiena - Non ti passa per la testa che magari Draco sia felice di non averti fra i piedi per non doversi occupare anche di te?-
- Oh, grazie fratello. Ora si che mi sento meglio.- disse Riddle, sarcastico - Credo che andrò a prendere aria.-
- Da solo?- la King lo bloccò - Andare in giro da soli non mi sembra furbo.-
- Non sarò solo.- le indicò l bagnasciuga, dove una sagoma nera indistinguibile di nascondeva anche alla luce lunare - Vedi? Ho compagnia.-
- Thò.- Damon, sbuffando per tanta testardaggine, gli lanciò il suo cellulare - Così se capita qualcosa Milo ti chiama.-
- E vedi di tornare a un'ora decente.- sibilò Cloe, sentendosi improvvisamente infastidita dal fatto che Tom se ne andasse insieme a quel maledetto demone - Uno come quello attira troppo l'attenzione.-
- Oh, neanche ne ha una più pallida idea.-
E ridacchiando, Tom Riddle uscì dal residence per raggiungere Vlad, che l'aspettava sotto quel tetto di stelle.
Per quella notte, era meglio non pensare a Harry.
Anche perché in fondo, ora come ora non poteva fare nulla per aiutarlo.

 

 

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24° ***


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- La schiena mi fa più male di prima.-
Vlad Stokeford soffiò fuori il fumo dai polmoni, richiudendosi la camicia con aria svagata.
- Mi hai sentito?-
- Si.-
- E non te ne frega niente.-
Il biondo sollevò il viso, mentre Riddle s'infilava la maglietta.
- Dovrebbe?-
Tom scosse il capo, passandosi una mano fra i capelli.
- Sei insopportabile.-
- Com'è che ogni volta me lo dici e ogni volta me ne frega sempre meno?-
- Ahah, molto divertente.-
Una smorfia e Riddle si rialzò, massaggiandosi il fianco dolente.
Dannazione, avrebbe dovuto prendere altro Lazzaro per dormire perché il dolore era diventato molto più acuto.
Forse avrebbe dovuto smetterla di fare il contorsionista per qualche mese.
Altrimenti quella voragine non sarebbe guarita mai più.
Prese la sigaretta che Stokeford gli passava e dandole un ultimo tiro la spense nel portacenere che stava sul comodino accanto a letto. Per fare qualcosa aspettando che il demone avesse finito di rivestirsi, andò alla terrazza della piccola pensione in cui si erano chiusi da qualche ora.
- Come sta Denise?- gli chiese, poggiato alla ringhiera.
Dalla stanza, sentì Vlad ridere.
- Non scopano, se è questo che t'interessa.-
- Non sono geloso.- sorrise, voltandosi a guardarlo - Volevo sapere se fra lei e Caesar funziona.-
- Se non fanno sesso, allora a parere mio ancora non funziona.-
- Ah, che cazzate.- rispose, guardandolo di striscio - Non ci crederai davvero.-
- Certo. La controparte sessuale è il 70% fratello. Non ci credi?-
- Oh, certo che ci credo, ma uno come Caesar è capace di andare avanti secoli senza farlo.-
- Ma che palle, è una fesseria. Magari andava a puttane con Leiandros.-
- Perdonami ma non ce lo vedo a fare il cretino con suo fratello.-
- A no?-
Vlad gli fece cenno di muoversi e afferrò la chiave della stanza.
Una volta fuori, all'alba delle due di notte, si ritrovarono un'affollata viuzza ricolma di giovani francesi che entravano e uscivano dall'unica zona ritrovo di quel villaggio, una sorta di disco-pub dal nome un po' bizzarro.
Baguette.
Quando Vlad l'aveva visto aveva sollevato gli occhi in aria, commentando un "francesi!" del tutto disgustato.
- Non ci stai con la testa.-
Tom rise - Te ne accorgi solo adesso.-
- Intendevo stasera.-
- Ah. Bhè, problemi a casa. Sembra che sia successo qualcosa a Harry e...non hanno voluto spiegarmi nulla. Forse la faccio più grande di quella che è, ma sono preoccupato comunque. Lui mi mette sempre in agitazione.-
Il biondo levò un sopracciglio.
Da quello che ne sapeva lui, Harry Potter aveva ucciso suo padre e contribuito alla morte della sua madre biologica.
Ma in fondo, gli esseri umani erano così strani.
Erano capaci di amare il loro peggior nemico, il loro carnefice. E odiare chi più li amava.
Esattamente quello che stava facendo Tom in quel momento.
Chiudendosi in un vicolo, Vlad gli aprì un portale e subito dopo si ritrovarono in spiaggia, davanti al residence dell'Universale. Molte luci erano ancora tutte accese e dalla musica sparata a palle, i suoi compagni non avevano alcuna intenzione di andarsene a letto.
- Maghi.- commentò Stokeford - Dimmi un po', perché ti hanno trascinato qui?-
- E' una riunione di classe del nostro anno.- gli spiegò cacciandosi le mani in tasca - Ci sono tutti i miei vecchi amici e.qualche testa di cazzo nuova.-
- Oddio, no.- sibilò il demone - Basta con questo "In Trust We Lust!"-
- Guarda che è un imbecille!-
- E tu un lombrico.- Vlad fece un sorriso melenso - Se sei geloso della bionda, spacca la faccia a quell'idiota e riprenditela. Così almeno la finirai di menarmelo con questa pallosissima storia adolescenziale.-
- Grazie, Mister Sensibilità. Molto gentile. Ne hai altri di consigli?-
- Oh, non sai quanti.-
- Bhè, tieniteli per te.- Tom l'afferrò per il gomito - Forza, entriamo. Ti presento il figlio di Lucian Leoninus.-
- Mi stanno sui maroni i vampiri.-
- E a me gli asociali.-
- Allora dev'essere difficile guardarsi allo specchio di prima mattina.-
Tom lo mandò al diavolo non appena misero piede nel salone dell'ingresso. Ma lo scenario era così allucinante e così simile al passato che la sua anima bellicosa si sgonfiò quando passò Travers e mollò in mano ad entrambi un boccale gigante pieno di Glen Grant.
- Oh, eccoti!-
Arrivò per prima Trix, dopo aver lasciato a morire di coma etilico quella vipera di Katleen Barnett che in testa teneva una giarrettiera come un cerchietto.
- Ma dove sei stato?-
- A fare un giro.- le baciò una guancia - Trix ti ricordi di Vlad?-
- Come no.- la Diurna sorrise - Non bere troppo da quel boccale. C'è anche del brandy dentro e ti assicuro che la combinazione è atroce. Benzina, hai presente? Volete qualcos'altro?-
- Un'accetta forse.- cinguettò Tom, quando apparve Cloe accanto alla Vaughn.
E la bionda lo guardò dalla testa ai piedi.
Dalla sua faccia, sembrava che fosse arrivato da marte.
- Bhè? Che c'è?-
La bionda posò lo sguardo anche su Vlad. E ora i suoi occhi erano come contratti.
- Hai la maglia al rovescio.-
Idiota.
Tom si guardò e vide in effetti che la maglietta aveva la stampa rivolta al contrario.
Si girò verso Stokeford, che sogghignava con la faccia infilata nel boccale.
- Grazie tante.-
- Devo anche occuparmi di come ti vesti ora? Bhè, scordatelo.-
- Ma dove siete stati?- chiese ancora la Diurna.
- In un locale giù in paese.- disse, alzando la voce per farsi sentire - Se abbiamo tempo ti ci porto.-
- E ci si toglie la maglietta in quel locale?- sibilò la King.
- Si chiamava Baguette.-
- Wow.- Trix ridacchiò - Damon l'apprezzerà di certo. Venite, vi porto ai tavoli.-
Dalla faccia di Vlad, il demone avrebbe preferito rintanarsi in un covo di gnomi, ma si lasciò trascinare su un divano e poi guardare con occhi sbarrati dai maschi presenti e allupati dalle femmine bavose del residence.
Le Grazie ci andarono subito pesante e Tom, anche non volendo, ci godette da morire nel vederlo assediato.
Uno spettacolo impagabile.
- Sapete quanto è bella la vita da uno a zero?-
Martin Worton si buttò sui cuscini fra Riddle e Stokeford, mezzo ubriaco con un bicchiere vuoto in mano.
- La vita fa schifo.- sibilò Tom con tono amichevole.
- L'hai detto fratello.- celiò Worton, poi indicò Vlad - E David Beckham dove l'hai preso?-
- Per catalogo.-
- Hn.- Martin cercò di bere dal bicchiere tutto vuoto - Piacere fratello. Sapete che ho fatto nell'ultimo mese? Ho quasi perso il pub, ho litigato con mio padre, mia cugina mi crede un pedofilo perché mi ha beccato con una che mi aveva detto di essere maggiorenne e.ah si, la chicca. Forse ho messo incinta una babbana.-
Lasciò la testa all'indietro e si gettò il bicchiere alle spalle.
- Dio, che schifo!-
- Hai messo incinta una ragazza?- gli chiese Cloe, sbattendo le ciglia - Ma chi?-
- Quella che hai visto quando sei venuta a controllarmi la contabilità.-
- Uccidila.- borbottò Vlad.
- Mica male come idea.- sospirò Martin - Basta infrattare il cadavere, no?-
- Basta cazzate.- la King li guardò disgustata - Pensaci la prossima volta prima di calarti i pantaloni, maniaco!-
- E tu perché ti sei portata Trust?- le chiese Worton, facendo una smorfia - E' buono per fare il ghiaccio.-
Tom sorrise, tutto angelico e la Sensistrega in risposta lo ignorò, mentre Broody arrivava a proporre la solita mano di poker.
- Allora Riddle? Giochi? Il tuo amico è bravo a poker?-
- Io non lo farei giocare, fidati Adam.- sogghignò l'ex Grifondoro - I demoni hanno un loro codice al poker.-
- Ah si?- Trix sollevò le sopracciglia - Come il mio? Chi perde me lo bevo?-
- Più o meno. Chi perde crepa.- sibilò Tom - I maghi giocano a soldi.-
- Hn, che noia.- Vlad finì il boccale d'un fiato - Io me la squaglio, Val e Brand hanno il poker con gli Angeli della Morte. Chiederei al tuo amico Legimors di unirsi alla compagnia, ma con quella lucina fioca i suoi amici non lo accoglierebbe ancora a braccia aperte.-
- Ancora con questa storia? Ma di che cavolo parli?-
- Voi umani non vedete una mazza.- gli rispose - Ci vediamo domani in albergo.-
- Cosa sei, il mio ruffiano?-
Chissà come accadono certe cose...quale sia la loro reale dinamica.
Un sera sei coi tuoi amici, ridi e scherzi, poi qualcosa...ti afferra di spalle e ti strozza il fiato.
Qualche che né tu né la tua mente, riuscite a comprendere.
Era paura.
Tom si zittì, portandosi istintivamente una mano alla tempia destra.
Harry.
Harry aveva paura.
Di qualcosa così devastante che Tom non riusciva neanche a immaginare di cose potesse trattarsi.
La folla dei compagni divenne presto un caleidoscopio di colori e voci ovattate e lontane, del tutto prive di senso.
Doveva andare.
Doveva andare da Harry.
Poi, fra quei tanti visi, apparve quello di Damon.
Poche parole di una visione, poi la preghiera di fare in fretta.
Era accaduto qualcosa che presto sarebbe sfuggito totalmente dal loro controllo.








Harry Potter...perché hai così paura di Lui?



Per lui è la fine e il principio.



Di che cosa?



...Della mia pace.




Lucas stava seduto in un angolino di quella buia prigione e guardava come in trans delle lunghe catene di ferro.
Suo padre era in ginocchio, imprigionato.
Polsi stretti in pesanti manette d'acciaio magico.
Un cerchio a terra, con un diametro di due metri, lo custodiva.
Era di rame, lucente e rossastro. Sembrava muoversi come le spire di un serpente.
- Papà.-
Lucas alzò gli occhi celesti sul padre.
- Papà.mi senti?-
Harry rimase a fissare il buio e la tenebra.
Dette uno strattone col braccio destro alla catena, ma non ottenne alcun risultato.
Da ore stavano lì dentro, gettati in quella disperata situazione di dover sentire urla e grida dal profondo della terra.
In una piccola cella, con una sola torca accesa languente e una porticina di legno marchio, senza finestre, senza sbarre.
Come per privare il prigioniero dell'ossigeno.
Buio, buio e ancora buio.
E grida, che sembravano non voler mai cessare.
Dai piani alti, sembrava che la danza infernale dei Mangiamorte non dovesse aver mai fine.
Lucas si rannicchiò le ginocchia al petto, sospirando.
Cosa poteva fare?
Cosa?
Non aveva alcun potere.
E suo padre...suo padre neanche lo vedeva.
Si volse quando lo sentì emettere un gemito.
Harry James Potter si mise una mano sul volto, serrando le dita sulla pelle che scottava.
Ciò che aveva visto...un incubo.
Un dannato, un malefico e perverso incubo.
Tom.
Aveva visto Tom.
Una maschera di ferro deformato, lui su un cadavere sgozzato.
Harry aveva il sangue di quella vittima sul viso e sui vestiti.
Si fissò le mani.
Mani sporche.
Era vero?, si chiese.
Era davvero lui. Tom, l'uomo che aveva visto massacrare un indifeso?
Di fronte ai Mangiamorte, che attorno a lui sembravano fedeli attorno al loro Dio?
Di colpo, Harry sentì il sangue quasi vibrargli nelle vene.
Un Dio.e i suoi fedeli.
Quei canti, quelle parole latine, le mani alzate dei Mangiamorte verso il loro capo.
Quei flash di ricordi mostruosi gli stavano spaccando la testa in mille pezzi.e poi, dai corridoi lì fuori, i due prigionieri sentirono dei passi e delle voci.
Harry e Lucas puntarono quella porta come cani affamati, fino a quando la serratura non scatto con un suono metallico e raschiato.
Quando questa si aprì, fra stipite e battente passò il grido lacerante di una donna che si spense lentamente, quindi la porta venne richiusa.
E Harry Potter allargò gli occhi fino al limite.
La sua gola si seccò.
E sul viso di uno dei due venuti si dipinse un ghigno malvagio, tanto da formare una maschera grottesca.
Rafeus Lestrange.
- Buona sera, Harry.-
Rafeus rimase contro la parete, incrociando le braccia con fare pigro.
- Ti vedo stanco, padrone. Mi dicono che hanno dovuto imprigionarti per farti tornare a casa.-
Non un fiato uscì dalle labbra serrate di Potter.
I Lestrange liberi...liberi da Azkaban!
Non fece in tempo a formulare un altro pensiero che Vanessa Lestrange, levatasi il cappuccio nero dalla testa bruna, s'inginocchiò di fronte al suo cerchio.
Sul suo viso tanto simile a quello di Bellatrix spiccava qualcosa che Harry non aveva mai visto.
Disperazione.
Cupa e profonda disperazione.
Ma lo sconvolse davvero quando gli gettò le braccia al collo.
- Guarda cosa ti hanno fatto.- gli sussurrò desolata, all'orecchio - Guarda come ti sei ridotto.tu, in catene.-
- Sorella, non andargli troppo vicino.- disse Rafeus - E' malato.-
- Non parlargli così!- sibilò lei - Non parlargli con quel tono!-
Prese il volto di Harry fra dita delicate, incurante del suo sgomento - Ti faremo tornare com'eri.te lo prometto, mio Signore. Tornerai quello di sempre.-
Potter si scostò bruscamente, col gelo nelle vene.
Ma cosa stavano dicendo tutti quanti?
COSA DIAVOLO STAVA SUCCEDENDO?
- Lo vedi?- Rafeus ridacchiò, scuotendo il capo - Neanche si ricorda, sorella mia.-
- Ricorderà! Ricorderà la sua grandezza.-
Harry tremò, serrando forte le catene fra i palmi.
Si erano messi d'accordo, pensò. Si rivolgevano a lui, come se...come se fosse.
- Andrà tutto bene, fidati di me.- sussurrò la Lestrange - Anche se soffrirai, quando ricorderai ciò che hai fatto.-
- Voi siete pazzi.- ringhiò il bambino sopravvissuto di getto - Vattene via. Andate via tutti e due!-
Nel mentre, dal corridoio arrivò altro baccano e Lucas ne approfittò per piazzarsi fra suo padre e quella donna.
La vide per la prima volta. Così quella era la cugina di Draco.
Si, aveva qualcosa che gli ricordava Tom. Ma Riddle era anche tutto diverso da lei. Anche se...da come l'aveva visto prima, Lucas maledisse quella mattina, quando suo padre gli aveva detto di fidarsi di lui.
Un bell'accidenti!
Erano tutti Mangiamorte!
Ma accadde qualcos'altro che stavolta lasciò senza fiato anche il piccolo Phyro.
- Avete finito?- sibilò una voce di donna.
Rafeus Lestrange si sporse appena, sogghignando.
- La leccapiedi. Che vuoi?-
Due occhi color topazio fissarono Lestrange completamente disgustati.
Il fruscio di un abito di pelle sfregò contro il pavimento grezzo e allora, sia Harry che Lucas si sentirono davvero male.
Traditi.
Tradimento.
Beatrix Mirabel Vaughn stava in piedi, magnifica, di fronte a loro.
- Il padrone deve riposare.- scandì gelida, senza inflessioni - Siete pregati di andarvene.-
- Mio fratello ci ha dato il permesso, Mirabel.- le rinfacciò Vanessa sarcastica - Non darmi ordini.-
- Fossi in te modererei i toni, visto che sta venendo qui.-
Lestrange scrutò la Diurna levando le sopracciglia.
- Mio fratello sta venendo qui?- Rafeus rise - Vuole ucciderlo?-
Lei neanche lo degnò di una seconda occhiata.
- Lui ha i suoi piani e vi sarei grata se non lo faceste agitare. E' già abbastanza sotto pressione per questa storia.-
- Cosa diavolo sta succedendo?-
Beatrix abbassò lo sguardo su Harry, pacata, tranquilla.
- Perdona le catene, mio signore.- gli disse - Ma potresti farti del male di nuovo.-
- Trix che diavolo stai facendo?- ringhiò fuori di sé - Cosa fai con loro?!-
La Vaughn non sembrò cogliere la vera realtà di quella domanda.
- Io sarò sempre fedele a te e al mio vero Padrone, lo sai.-
- E già.- ironizzò Vanessa, acidamente - Più che servitrice, a mio fratello fai da puttana!-
Di nuovo, Trix non colse la provocazione anzi.
Un debole ghigno mise in luce i canini affilatissimi.
- Può darsi.però non sono l'unica, non pensi?-
La Lestrange divenne paonazza e sembrava pronta ad estrarre la bacchetta, ma la Diurna non le dette il tempo.
Schioccò le dita e spalancò la porta, invitando quasi gentilmente i due fratelli ad andarsene.
Vanesse girò le spalle sdegnata e se ne andò, tenendo fra le dita l'orlo del costoso abito color vinaccia mentre Rafeus scoccò l'ultima frecciata al prigioniero.
- Spero tu ti riprenda, padrone.- e sorrise, perfido - Non vorrei mai che mio fratello dovesse patire l'atroce dolore di dover togliere la vita al suo amato mentore.-
Mentore?
Tremava.
Harry Potter ora tremava.
Rimasto solo con Trix, si lasciò andare seduto.
Tenendosi la testa fra le mani, cercò di capire cosa stava accadendo, ma tutto era senza senso! Tutto quanto!
- Trix.- mormorò.
- E' da tanto che non mi chiami così, padrone.-
Lui ringhiò, come una belva in gabbia.
- Non chiamarmi padrone!- urlò furibondo - Non chiamarmi così! Cosa diavolo è successo?-
- Non ricordi?-
- Cosa devo ricordare? Cosa diavolo ci fai qui? Cos'hanno fatto a Damon?!-
Damon.
Lucas serrò i denti e i piccoli pugni, guardando la Diurna con rabbia allo stato puro.
Ricordava Damon, in quella sala, seduto su quella sedia come un re su un trono ma.in quello stato.
- Bastardi.- sibilò Harry.
Beatrix schioccò di nuovo le dita e una poltroncina apparve dietro di lei.
Vi si sedette e rimase a fissarlo.
Sembrava sondare il suo animo.
Poi riconobbe quell'espressione. L'aveva conosciuta tempo addietro.
Ti specchi negli occhi di coloro che ti credono pazzo.
Lei lo credeva pazzo.
Beatrix si sporse in avanti, senza mai staccare gli occhi dai suoi.
- Gli hai fatto il cuore a pezzi.- mormorò - Dovrei ucciderti per il dolore che gli hai inflitto.-
E più gli parlava. E meno lui la capiva.
Sembrava un sogno.
Un incubo surreale.
- Trix cosa stai dicendo?-
- Smettila di chiamarmi così. Mi chiamo Mirabel.-
- Cosa diavolo sta succedendo?- urlò allora, fuori di sé - Che diavolo state facendo? Perché ci hai tradito?! Da quando sei una Mangiamorte? Da quando?-
- Di cosa parli?-
- Da quanto lo sei?- la incalzò gridando più forte, mentre la sua voce riecheggiava in quei sotterranei.
La Diurna tacque.
E tornò a rimettersi seduta composta.
- Sei davvero impazzito.- sussurrò, desolata come lo era stata Vanessa - Com'è potuta accaderti una cosa simile, come?





Tu sei pazzo, Harry Potter.
Non l'avevi mai capito?
Sei pazzo.
Sei tu il pazzo, in un mondo di sani di mente.
Tu hai vissuto in un sogno fino ad ora.
La vera realtà, Harry Potter...è questa.





- Perché mi chiamano tutti padrone?-
Trix sorrise con accondiscendenza.
- Perché tu lo sei.-
- Dei Mangiamorte?- strillò - Mai!-
- Sapevo che ti avrei trovato sconvolto e malato...ma non fino a questo punto. Ti sei scordato di tutto. Forse è la tua coscienza, non regge ciò che hai fatto, tutto il dolore che hai inflitto.-
- Io avrei inflitto del dolore a qualcuno?- Harry stavolta rise - E il poveraccio che è appena morto? Eh?-
Trix di nuovo lo scrutò piena di compassione.
- Come ti sei ridotto, mio signore.- sussurrò debolmente - Sei così pieno di potere...eppure ora provo solo pietà per te.-
Potter la fissò con sprezzo.
- Io provo pietà di te! Hai passato la vita a difendere gl'indifesi e adesso sei una Mangiamorte?!-
Lei piegò la bocca, piacevolmente stupita.
- Cos'avrei fatto io? Chi avrei difeso scusa?-
- Il tuo giuramento di Auror l'hai scordato?-
Ora fu lei a rovesciare il capo all'indietro e a ridere sguaiatamente.
Harry e Lucas non l'avevano mai vista sotto quella luce.
Malvagia, pensò il Phyro.
Trix era malvagia.
La Diurna non smise di ridere, anche se inspirò forte.
- Mio signore.- singhiozzò, scostando i lunghi capelli dal viso - Devo ammettere che hai ancora il tuo senso dell'umorismo.- e poi divenne seria tutta di colpo, fissandolo trucemente - Non dire sciocchezze! Posso accettare che tu abbia perso il senno, ma non posso giustificarti per aver fatto il cuore a pezzi a Tom! Solo il grande rispetto che nutrivo per te in passato m'impedisce di succhiarti via la vita, ricordatelo bene!-
- Io a Tom non ho fatto niente!- urlò Harry - Lui ha ammazzato quell'uomo!-
Lei chiuse gli occhi, passandosi le mani sul viso.
- Dio...che ti è successo? Come puoi aver dimenticato? Hai perso completamente la lucidità mentale.-
- Io l'ho persa? Tu l'hai persa! Tu e Tom! Vi hanno messo sotto Imperius, vero? Dimmelo!-
- Sragioni, padrone. Sei diventato pazzo.-
- Io non sono pazzo!-
E nello stesso istante in cui Harry gridò quella frase, la sentì stonata.
Tom non sarebbe mai stato capace di uccidere...non con quella libidine negli occhi.
Lui non era pazzo.
Non lo era.




Sicuro di non esserlo, Harry Potter?




Trix volse improvvisamente il capo alle sue spalle e dopo un attimo, tornò a fissare Harry.
- Chiedi pietà.- lo pregò, alzandosi in un delicato frusciare di vesti - E lascia che lui ti curi. Quando tornerai in te forse ti ucciderai per il rimorso ma...meglio che vivere per sempre in questo stato. Tornerò presto a trovarti.-
- Dove diavolo vai?- tuonò, tirando le catene - Voglio sapere dov'è la mia famiglia!-
- E' dietro questa porta.- disse lei in un soffio, prima di sparire.
Lucas cadde seduto fuori dal cerchio che conteneva suo padre.
Fra lui e Harry, non si potrebbe dire chi era il più annichilito.
Ma di certo il cuore del bambino sopravvissuto di fermò, quando la porta si aprì di nuovo.
Trix aveva detto ".la tua famiglia è dietro questa porta." ma Harry vide solo un mostro con l'aspetto di uno spirito di pace. Lo vide bloccare la porta con la magia, poi restare fermo sulla soglia a dargli le spalle.
C'era tensione nell'aria.
C'era veleno.
E c'era lui.
Tom.
Harry lo capì dall'anello di platino con la pietra nera, al dito medio della mano pallida posata sullo stipite.
- Come hai potuto farlo?-
La voce gli uscì in un sussurro.
- Come hai potuto uccidere quell'uomo?-
Harry lo vide muoversi come un'ombra, fluido in un mantello che sembrava fatto di oscurità.
Ma quegli occhi blu. Erano gli stessi.
Era Tom.
Lentamente, Riddle si fece avanti fino a raggiungere il bordo del cerchio di rame.
Facendolo, passò attraverso Lucas come aria.
S'inginocchiò, poggiando un braccio alla rotula.
- Così è vero.-
Harry sembrava di pietra.
Incredulità e sgomento ormai erano la sua fibra vitale.
- Come hai potuto?- gli chiese di nuovo.
- Era un mezzosangue.-




Non hai paura che Lui sia come suo padre, Harry Potter?




- L'hai ucciso perché era un mezzosangue?-
Harry colse la stessa stupidità della sua domanda.
Perché gli sembrava una frase tanto assurda? Perché?
- Tu non sai uccidere. Non puoi farlo. Tu sei un puro di cuore.-
Thomas Maximilian Riddle sorrise.
Gli sorrise in modo tale da rendersi irriconoscibile.
- Ma tu chi sei?- disse Potter in soffio - Cosa diavolo sei?-
Un'altra risata e Riddle si mise in piedi, iniziando a girargli attorno come un predatore.
- A quanto pare ha ragione Mirabel. Ma in fondo lei ha sempre avuto un certo intuito. Aveva capito mesi fa che ti stava succedendo qualcosa, ma io non le ho dato retta. Credevo fosse impossibile sai? Dopo tutto quello che è successo, credevo che tu fossi l'ultima persona in grado di fare una cosa simile...di farmi una cosa simile.- si corresse, sempre camminando in quella cella come una tigre in gabbia - Ma mi sbagliavo. Eppure ancora non ci credo, sai?-
- Qui tutti non fate che ripetermelo!- ringhiò fra i denti - Ma io non so di cosa diavolo state parlando! E non me ne frega niente! Voglio solo che mi spieghi come hai potuto fare una cosa simile!-
- Io? Io come ho potuto fare una cosa simile?- Tom entrò nel cerchio, chinandosi alle sue spalle e afferrandolo per la nuca. Sportosi al suo orecchio, emise un sibilo in Serpentese.
- Tu! Tu come hai potuto farmi una cosa simile!-
Serrò la presa, strappando un gemito a Harry.
- Come hai potuto uccidere mio padre? Come hai potuto farlo?!-
Voldemort?
Harry sgranò gli occhi.
- E' per tuo padre?- alitò, tremando di nuovo, tremando davvero.
- Per chi altri?-
Tom si scostò pieno di sprezzo, gettandolo a terra.
- Hai ucciso mio padre, bastardo! Hai perso il lume della ragione e l'hai ucciso!- urlò Riddle, sovrastandolo. Poi, stranamente, si placò. S'inginocchiò di nuovo, fissandolo.
E poi sorrise.
Il sorriso di un boia prima di far calare l'ascia.
- Che si è scatenato eh? Che ti si è scatenato dentro? Tu eri la mia famiglia.mio fratello.e hai ucciso il padre che ti ha allevato.-




Sicuro di non essere tu il pazzo, Harry Potter?




- Voldemort...cosa?- Harry si sollevò, agghiacciato.
Cosa stava succedendo?
Cosa stava accadendo?
Si fissò le mani, si toccò inspiegabilmente, cercando forse qualcosa...una ferita, il segno di un malocchio, qualsiasi cosa che gl'indicasse la sua follia. Ma non trovò nulla.
E la sua mente...sembrava vuota.
- Come hai potuto?- continuò Tom, a bassa voce e abbassandosi di nuovo su di lui, come la morte sul letto di un malato terminale - Tu eri tutto per me. Tu sei stato il mentore, mi hai insegnato la magia, la spada.- lo afferrò per la gola, quasi strozzandolo e rigettandolo steso a terra, supino - Tu mi hai iniziato al sangue!- strillò - E due mesi perdi la testa in preda a chissà che fottuto rimorso e ammazzi nostro padre! Cosa diavolo ti è successo?!-
Ammazzi nostro padre.
Nostro padre.
Un violento conato di vomito colpì Potter allo stomaco e dovette liberarsi in fretta e furia, mentre Riddle di scostava con disprezzo. Dio, ma com'era possibile? Quando Tom l'aveva afferrato, si era sentito toccato da un estraneo.
Quando l'aveva visto uccidere, aveva visto il risvolto di una medaglia.
Da puro di cuore. Era diventato puro nel male maggiore.
Pieno di disgusto Riddle si fece da parte, accostandosi a una parete.
- Mi fai pena...eri tanto potente, un capo per i miei Mangiamorte...e hai mandato tutto a puttane. Per cosa? Per la tua maledetta coscienza? Eh? Quando mai ne hai avuta una? Non l'hai avuta quando tu e mio padre avete massacrato mezzo Ministero! E io in un angolo che non facevo che desiderare di essere te! Non ce l'avevi quando hai avvelenato mia madre! E ora...tutto questo per cosa, eh? Hai ammazzo nostro padre in nome di cosa?-
Non gli uscì un fiato.
Con lo sguardo vuoto, continuò a fissare a terra.
Senza vedere suo figlio, l'unico che...avesse capito.
Quando Tom gli era passato attraverso, Lucas aveva visto la parete oltre il suo corpo.
Questo voleva dire che...non era lui a essere impalpabile! Ma gli altri!
Erano gli altri a essere fatti d'aria!
- Harry Potter, il nuovo Lord Oscuro piegato a terra.- riprese Tom, schioccando la lingua per dimostrare il suo disappunto - Ridicolo. Ma come mi hai sempre detto, la gloria viene e va. Anche il nostro amico Weasley l'ha capito presto. Giusto l'altra notte. Ecco.-
Fra le mani gli apparve un bauletto di legno, che aprì indifferente.
- Forse questa potrà farti felice. In fondo eri tu a premere per ucciderlo come monito.-
E quando la testa mozzata di Ron gli rotolò sotto al naso, Harry capì definitivamente di essere sul precipizio.
I capelli rossi. Le lentiggini. Gli occhi chiari sbarrati in una smorfia di terrore.
Ron.
- L'abbiamo ucciso l'altra notte.- gli disse Tom, senza notare il mortale pallore che aveva colpito il suo prigioniero - Edward è stato bravo. L'ha preso al primo colpo. Gli altri si sono spartiti le briciole.-
Il cuore.

Il cuore di Harry iniziò a battere all'impazzata.
Un incubo, un incubo, non faceva che ripetersi.
Era solo un incubo.
Eppure non valse a nulla urlare, cercare di ferirsi.
Non valse a niente.
Non si svegliava.




Sicuro che sia un incubo Harry?
E se fosse la realtà?
Hai paura di vederla per com'è davvero?
Apri gli occhi, bambino sopravvissuto.
Tu sei marcio dentro.
E la tua pace...non è altro che la vendetta di un bambino rimasto senza padre.
Il padre che tu hai ucciso senza pietà alcuna.




Tom Riddle guardò la scena con distacco.
Il suo grande mentore, il suo grande fratello, in ginocchio, a tenere fra le mani la testa di un Auror.
- Che fai, piangi?-
Harry serrò le dita fra i capelli rossi del suo migliore amico.
- Un tempo saresti stato felice. E un tempo...l'avrei ucciso tu. Sei diventato una larva, Harry.-
- Mostro.-
Potter sollevò il viso, gli occhi verdi velati della follia che iniziava a divorarlo.
- Mostro. Tu sei un mostro...sei tale e quale a tuo padre.-
- E tu? Cosa sei invece?- Riddle sogghignò - Mi hanno detto che ti hanno trovato accanto al tuo albero. E' nella tua natura, Harry. Per aver ucciso Voldemort, tu devi essere per forza come lui. Sei marcio fino al midollo, sei un assassino come tutti qui dentro. E ora piangi sulla testa di uno sporco filobabbano!-
- Non sei tu...non sei tu...non è vero.-
- Tu non se più tu.- lo corresse il Mangiamorte, quasi impietosito - Tutto per la morte del bambino...è per lui che sei andato fuori di testa, vero? Consolati, avrai altri figli.-
Harry e Lucas alzarono il viso di scatto.
- Cosa?- alitò Potter Senior - Cos'hai fatto a mio figlio?- urlò poi, balzando in piedi come una belva - Cos'hai fatto a Lucas? Che gli hai fatto bastardo??-
Riddle non si mosse di fronte a quella furia.
- Anche questo hai scordato? Lo fai apposta per difenderti, presumo. Il bambino è morto appena nato.-
No.
Harry abbassò le braccia.
No, non era possibile.
Lucas non poteva essere morto appena nato.
Ricordava i primi giorni in cui lui ed Elettra l'avevano portato a casa dal San Mungo. I bagni, i giochi, metterlo nella culla i primi mesi. Poi quando aveva iniziato a camminare. E Faith. Dov'era Faith? Dov'era Elettra?
Istintivamente, Harry si slacciò la manica della camicia.
Appena i poteri di Phyro di Lucas si erano mostrati, a due anni, avevano dovuto lottare per tenere sotto chiave quel fuoco i primi tempi. Una volta si era anche bruciato. Gli era rimasto un segno chiaro sulla pelle.
Con orrore però non trovò più la bruciatura che gli aveva lasciato quella cicatrice.
Non c'era. Non c'era nessun segno.
Lucas.

Non l'aveva mai bruciato.
- E' morto. Credimi.- Tom levò gli occhi blu con fare esasperato, alzando anche le palme in segno di resa - D'accordo. Speravo di farti ragionare in poche ore, ma è evidente che mi sono sbagliato. In fondo non voglio ucciderti. Tu per me sei ancora troppo importante.-
Non voglio ucciderti.
Tom non voleva ucciderlo.




Ma tu Harry Potter? Ce la farai ancora per molto a non uccidere questo parto immondo di male?





Alla Lucky House intanto, il pendolo batté le tre di notte.
- Oddio, che gli succede?-
Hermione, dalla cucina dove stava facendo un caffè per tutti, si precipitò in salone dove Elettra aveva urlato con tutto il fiato che aveva in gola. Altre convulsioni.
Harry si stava agitando, gemeva, gridava, poco prima aveva vomitato.
Ora dei segni violacei gli erano apparsi sulla gola.
- La febbre aumenta.- mormorò Efren, arrivato mezz'ora prima insieme a Edward e Ron - Ragazzi, tocca i 40° gradi. Le pulsazioni vanno peggiorando. Se continua rischia un attacco di cuore.-
- Gli verrà sicuramente.- disse Blaise - Filtro Gridone serve a questo.-
- Trovato qualcosa sui tuoi libri?- Elettra guardò Hermione piena di speranza - Puoi svegliarlo?-
No.
Purtroppo no.
Non c'è modo di svegliare qualcuno dai propri incubi.
Dalle proprie paure.
La Grifoncina sospirò, sedendosi su una sedia piena di stanchezza.
- Purtroppo il Grimario di Caesar parla chiaro.- spiegò - L'unica cosa che possiamo fare è pregare che superi la paura.-
- Cosa matematicamente impossibile.- sibilò Draco, appoggiato al camino spento - Mezzosangue, lo sai anche tu. E' inutile pregare e sperare in chissà che miracolo. Bisogna trovare un'altra soluzione, Efren e Blaise non possono passare tutta la giornata a riempirlo di sedativi o lo manderanno in coma prima che gli venga un infarto!-
- Io non so davvero cosa fare.- Hermione guardò Lucilla - Qualche idea?-
La Lancaster per una volta sembrava abbattuta e nervosa come loro.
Solo Degona, che teneva sotto controllo Harry, sembrava ancora abbastanza lucida ma ben presto, all'ennesimo attacco di convulsioni che spaventò a morte Faith e Glory, sedute sulle scale e ben lontane dai grandi, gli animi si surriscaldarono.
Draco per primo pareva pronto a fare tutto a pezzi.
Ancora gli era inconcepibile come avesse potuto farsi fregare così da sua nonna.
Se fosse toccato a Hermione bere quel Filtro, non sapeva come avrebbe potuto reagire.
L'idea che avrebbe potuto esserci lei a urlare dal terrore su quel divano.
Si sentì fremere le vene ai polsi, ma la collera di nuovo prese il sopravvento.
I Black gliel'avrebbero pagata cara.
Neanche sapevano che razza di uragano si erano tirati addosso.
- Della MangiaSogni?- Hermione lo risvegliò dai suoi pensieri - Può servire?-
- Potrebbe divorare l'incubo in cui è caduto, ma io non gli somministrerei altro.- consigliò Lucilla - Potrebbe andare in shock.-
- Forse una soluzione c'è.- mormorò Degona improvvisamente, posando la mano sulla fronte tiepida di Lucas - Ma è folle. E mezza assurda.-
- E sarebbe?- scattò Sirius.
La Mckay non riuscì a rispondere perché la porta di casa venne praticamente scardinata dal Colloportus.
Bacchette già alla mano, Ron e Draco stavano per Schiantare i nuovi venuti quando si accorsero che era Tom, seguito da un tizio biondo alto uno e novanta con aria apatica.
- E tu che cavolo ci fai qua?- sbottò Weasley.
Riddle neanche li ascoltò. Si fiondò nel salone e rimase pietrificato.
- Cristo.- sussurrò, alzando gli occhioni blu sul cugino - Che cazzo aspettavi a chiamarmi?-
Draco alzò le spalle.
- Dovresti starne fuori, non ci servono altre preoccupazioni.-
- Che cos'ha?-
Tom ignorò Draco e raggiunse il tavolino del divano. Prese la spremuta rimasta del Black e annusò il bicchiere.
- Sangue.-
- Filtro Gridone.- gli spiegò Lucilla - Harry è in un incubo.-
- Non lo si può svegliare?-
- No.-
Voltandosi, Riddle vide finalmente sua sorella.
La temporanea e forte emozione che provarono sia lui che Degona venne spazzata via dall'empatica, che continuò il suo resoconto - Non serve svegliarlo, non ci riusciremmo in nessun modo. La sua più grande paura si è materializzata in realtà e lui non riesce a capire che è tutto un sogno. Di Filtro Gridone si muore di attacco cardiaco.-
- E' stata la spremuta?-
Tutti evitarono il suo sguardo e la sua domanda, fino a quando fu Sirius ad annuire.
- Tua nonna le ha portate qui stamattina, ricordi?-
L'altro, allibito, guardò il cugino letteralmente sconvolto.
Dallo sbigottimento, serrò la mano alla bacchetta.
- E gliela facciamo passare così?-
- Non ci sono più le prove.- lo informò Hermione, pacata.
- E allora?- Tom non si mosse, continuando a puntare Malfoy - Non era per Harry, immagino.-
Draco serrò le mascelle.
- Ti ho chiesto se vuoi aspettare un altro buon motivo per farle capire come girano le cose.-
- Ragazzi, aspettate un attimo.- abbozzò Elettra, ma fu unitile.
Draco, da immobile per tutto il tempo, si era staccato dalla parete.
In un attimo gli apparve in mano giaccia e spada.
- Vi sembra il momento?- sibilò Blaise - Ragazzi, accidenti, ci serve tempo!-
- Tu trovalo allora.- ringhiò Malfoy, andando dritto all'ingresso, seguito dal cugino - Noi torniamo subito!- e senza stare a sentire Weasley che sbraitava incollerito, i due se ne andarono alla porta, sbattendosela duramente alle spalle.
I cardini traballarono tanto che Vlad rimase lì in mezzo, mani in tasca.
- Meglio che lo aspetti.- borbottò verso Hermione e Lucilla.
- Si, così te lo riporti via.- sibilò la Lancaster - La prossima volta non starlo a sentire Vlad.-
Intanto, tralasciando la presenza di quel demone puro mai visto prima, Degona portò l'attenzione sulla fascia che univa le mani di Lucas e suo padre.
Il bambino aveva bevuto il Filtro...ma si era aggrappato al padre, immediatamente dopo aver mandato giù un sorso. Eppure...non avendo paura di nulla, il veleno non aveva sortito effetti su di lui.
Il fatto che dormisse però, stava a indicare una cosa soltanto.
- Credo che Lucas sia nell'incubo di Harry.- disse la strega.
Elettra e Sirius la fissarono allibiti.
- Come sarebbe?- chiese anche Edward, rizzando le orecchie.
- Il bambino sta bene, ma ha bevuto il Filtro. In lui sento solo confusione, non paura. E' come se si fosse perso. Posso solo ipotizzare che non sappia dove si trovi...e che non avendo paura, possa svegliarsi tranquillamente.-
- Come?- le chiese Efren, accorato.
Sentendo quelle parole, sia Faith che Glory scesero le scale lentamente.
L'aspettativa era forte, come quella debole speranza. Senza una parola, Degona iniziò a sciogliere la benda che legava padre e figlio e dopo che le loro mani furono separate, Harry continuò ad agitarsi.
Lucas invece...dopo che fu scosso dalla madre, iniziò a stropicciarsi gli occhi.
- Si sta svegliando!- disse Elettra, felicissima.
Pochi secondi e il Phyro allargò gli occhioni azzurri, facendosi sommergere di abbracci dalla madre e dalla sorellina. Sembrava non capire nulla, ma quando toccò la sua mamma e non la trapassò, cacciò un grido eccitato.
- Sono sveglio vero?- urlò, balzando in piedi - E' la realtà, giusto?-
- Tutto vero, tesoro.- sorrise Hermione, abbracciandolo a sua volta - Come stai?-
- Oh, io bene.- rispose composto. Si volse e vide il padre addormentato e agitato - Ma lui no.-
- Tesoro dicci tutto. Sai che eravate in un incubo?- gli disse Elettra, apprensiva.
- Ah, in un incubo?- Lucas parve rimuginare - Ora si spiega tutto! E io che credevo di essere morto.-
Sgomento generale e preoccupazione dilagante, gli Auror finalmente spiegarono al bambino che era stato proiettato come un ricordo o un flash vago nella paura del padre e che lui assolutamente non era mai morto.
Anzi, forse era l'unico a poter svegliare il padre.
- Che succede nell'incubo di Harry?- lo incalzò Sirius.
Lucas stavolta si chiuse leggermente.
Non gli andava di parlarne.
Non sapeva spiegarlo ma. Sembrava qualcosa di troppo intimo, da condividere solo col padre.
Però dovette raccontare le cose per forza, così disse che Harry era prigioniero a Dark Hell Manor, che i suoi amici erano morti e...
-...e Harry sarebbe un cattivo?- riecheggiò Sirius, a bocca aperta.
- Già.- Lucas fece una smorfia - E non è il solo. Trix è cattiva...e...specialmente Tom.-
A quella frase, Hermione e Ron capirono all'istante.
Si scambiarono uno sguardo veloce, come per controllare l'altro, poi la Grifoncina carezzò le spalle ad Elettra, per aiutarla a calmarsi un po'.
- Ok, come lo liberiamo?- incalzò Efren.
- Lucas deve rientrare nel sonno di Harry.- scandì Degona, facendosi guardare da tutti, compresa sua madre e Vlad, come una matta - E' l'unico che può farlo. Non ha paura di niente.-
- Neanche Vlad, in teoria.- mugugnò la Lancaster.
- Milady.- berciò Stokeford a bassa voce - Lasci perdere le anime altrui, per cortesia.-
- Che ti costa andare a svegliare Harry Potter?-
- Mi costa che i miei verrebbero a saperlo che aiuto ancora gli umani.-
- Non sei più un cucciolo, ti prego.-
- Neanche morto, non lo conosce mio padre? Ecco. S'è risposta da sola.-
Lucilla sbuffò - Ma Lucas è troppo piccolo! Harry non lo vede, non ha potere nel suo sogno!-
- E anche volendo cosa potrebbe fare per far capire a Harry che è tutto falso?- la seguì Elettra - Non capisco davvero come volete fare. Lucas nel sogno è uno spettro. Passa attraverso le cose, è come se fosse aria!-
- Basterebbe una piccola magia ben azzeccata per far capire a Harry che è tutto un trucco.- sindacò Degona - Qualcosa che gli ricordi la vita reale.-
- Lui crede che il suo incubo sia la vita reale, ora.- le disse il Phyro - Crede di essere stato cattivo e di aver dato i numeri. Tom è stato convincente. Ci sono anche i due Lestrange.-
- Ma che meraviglia.- sibilò Sirius, buttandosi in poltrona - Elettra, appena si sveglia mandiamo tuo marito dallo strizzacervelli, che dici? Non potrà fargli che bene.-
- Non servirebbe fare magie, anche se ne fossi già capace.- perseverò Lucas - Nel suo sogno, io sono morto. Non c'è neanche Faith. Lui crede che sia stato tutta un'illusione. L'hanno convinto che è impazzito.-
- Bhè, non è pazzo però.- disse Ron, furente - In un modo o nell'altro dobbiamo svegliarlo e tu sei l'unico che può farlo. Devi ricordargli che esisti.-
- Ma non mi sente neanche se parlo!-
- E non sa fare magie.- sospirò Lucilla - Se non quelle accidentali ma Harry a quelle non crederebbe. Pensa di essere pazzo, non sarà facile per niente. E a occhio e croce gli restano poche ore prima che.-
Non finì, ma tanto tutti sapevano come sarebbe finita quella frase.
Una cosa però...forse Lucas poteva farla.
In fondo lui era unico, per Harry almeno.
Glory fissò il Phyro, pensosa.
Poi alzò gli occhi bicolore sulla madre.
- Mamma.-
- Si tesoro?- fece Hermione.
- Mamma. Lucas non può fare magie utili, ma lui è un Phyro, sa usare il fuoco comunque.-
In un istante, l'Hargrave si portò la mano alla bocca.
Il fuoco.
Lucas era fuoco, per Harry.
Il pensiero del fuoco automaticamente avrebbe aiutato Harry a ricordarsi di lui.
Un solo spiraglio di fiducia avrebbe aiutato a risalire quella china.
- Fai luce.- disse Glory a Lucas - Fagli tanta luce!-
- E' vero.- annuì Elettra, prendendogli le mani - Tesoro, devi riempirgli il sogno di fuoco. E quando vedrai che si ricorda di te, prova a chiamarlo. Riuscirà a sentirti.-
- E se...non mi ascolta?-
- Allora brucialo.- rise sua madre, stringendolo forte al petto - Riportalo a casa.-
- Ok.- Sirius batté le mani, richiamando tutti all'ordine - Ragazzi, serve altro Filtro Gridone, non ne è rimasto più. Lucas deve berne ancora. Hermione quanto ci va a prepararne ancora?-
- Un'ora.- sibilò la padrona di casa Malfoy - Meno se mi aiutate. Glorya, tesoro, porta Blaise nella serra e raccogliete quello che ci serve. Io preparo la cucina.-
- Edward e io andiamo a riprendere Tom e Draco.- scandì Ron, afferrando la giacca - Devono tornare qua prima di farsi buttare ad Azkaban con un'accusa di violenza fisica e distruzione di proprietà privata.-
- O omicidio.- abbozzò Degona.
- Pure quello.-
- Vlad vai con loro due.- disse Lucilla a Stokeford - Magari sarai l'unico a fermare Tom.-
- Come no.- masticò il demone fra i denti - Lo sapevo che dovevo starmene a casa.-
Ora che il piano era pronto, dovevano solo combattere contro il tempo.
Coi grandi che correvano per casa come matti, Lucas, Faith e Glory rimasero a fare la guardia a Harry Potter.
Più gli stringevano la mano e più lui diventata freddo come il marmo.
Stava cedendo.
Stava gettando la spugna.
- Dai papà.- mormorò Faith, appoggiata alla sua spalla.
- Dai, dai.- ringhiò invece Lucas.
Non poteva credere che suo padre pensasse davvero di essere un Mangiamorte.
Era assurdo.
Un'assurdità enorme!
Il problema però era che, oltre quelle palpebre chiuse, gli occhi verdi del bambino sopravvissuto stavano aperti su quella cella.
E la porta si aprì di nuovo, ma non entrò né Tom né i Lestrange.
Bensì un altro Black.
Che Harry fin dal principio aveva avuto paura di trovarsi di fronte.









Dimmi, Harry Potter...perché in questi anni hai cercato fuori la libertà quando la più grande gabbia che tu tema è dentro di te?

 

 

 

 

 

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Capitolo 25
*** Capitolo 25° ***


tmr25

 

 

 

 

Credevi davvero di essere un salvatore, un Messia?
Harry Potter, potrai aver salvato tutti...ma lui, chi ti sta davanti ora...di te e della tua salvezza non sa cosa farsene.





Un duro calcio nello stomaco piegò Harry James Potter in due.
Gli mancò talmente il fiato che per un secondo, il dolore alle costole fu tale che credette di essersele spezzate.
Gli venne afferrato duramente il collo e il suo assalitore emise un sibilo pieno di rauco divertimento.
Un manrovescio lo girò a sinistra e la bocca gli si riempì di sangue.
Le gocce caddero al suolo, una a una.
Harry gemette, portandosi la mano alla bocca mentre il Mangiamorte lo lasciava.
A capo chino, vide l'alta e regale figura di Draco Lucius Malfoy che si aggirava attorno a lui come un felino, esattamente come aveva fatto Tom.
Cugini.
Stesso ceppo di sangue.
Stesso veleno.
Stessa anima nera.
La manica sinistra della camicia di Malfoy lasciava scoperto fieramente il Marchio Nero.
Lo schiocco di una fiamma, un rivolo di fumo...e Draco, con occhi segnati di nero, sorrise.
Un bieco sogghigno da lupo, lo sfavillare dei denti bianchissimi.
E la stessa maschera di Tom.
Stesso spirito d'assassino.
- Ci rivediamo, bastardo...-
Harry cacciò un grido iracondo quando il biondo gli spense la sigaretta sul collo.
- Oh, quante storie...andiamo.- disse con un pigro sibilo, facendo apparire una poltrona e sprofondandovi. Accavallò le gambe e dall'alto in basso, puntò i gelidi occhi grigi pieni di alterigia su di lui - Ciao Potter. Devo ammettere che ti vedo in pessima forma...e che non mi sei mancato in questi mesi, sai?-
Mesi.
Anche Draco gli stava dicendo che erano passati mesi.
Ma che ora era?, si chiese Harry Potter.
Da quanti giorni era lì?
Quanto tempo era passato?
Non sapeva più dirlo.
Non sapeva se era notte o giorno.
Non sapeva più neanche se...la follia era davvero nelle sue vene.
- Sveglia bel bambino.-
Draco gli dette un calcio su una spalla, ributtandolo a sedere a terra.
- Non sono qua per cantarti la ninna nanna. Ma Tom è di pessimo umore e non ho voglia di sentirlo lamentarsi oltre a causa della tua deprecabile perdita di senno e memoria.-
Harry inspirò forte. Chiuse gli occhi e si rialzò, restando in ginocchio visto come le catene gli stavano lacerando la pelle ai polsi.
- Che cosa vuoi? Che cosa ci fai qui?-
- Oh, no.- sbuffò il biondo drammaticamente - Altre domande assurde.-
- Sei un Mangiamorte?-
Che domanda assurda.
Harry ebbe quasi la voglia di ridere, quando lo vide poggiarsi su un gomito e guardarlo pigramente.
- Certo che no. Faccio l'Auror, Potter. La tua perfida testolina ha preso proprio un brutto colpo a causa di quel miserevole cadavere.-
L'accenno a Lucas lo fece irrigidire.
Morte.
Lucas era nato morto.
Tornò a guardarsi il braccio.
Nessuna bruciatura.
No, no, no.
Non era possibile.
Gli stavano mentendo tutti...anche Draco!
Ma lui...no, lui non mentiva mai.
Non era nella natura di Draco Malfoy mentire, mostrarsi diverso da ciò che era realmente.
Ma tutti quei ricordi...Elettra, il suo matrimonio, la notte passata al San Mungo quando Lucas e Glory erano nati a distanza di tre ora l'uno dall'altra...
Erano stati solo un sogno...il sogno di un illuso?
Il sogno di un folle.
- L'hai fatto proprio incazzare il mio cuginetto.- continuò Draco, accendendosi un'altra sigaretta e soffiandogli in faccia il fumo - A cena ne ho sentite di tutti i colori. Così non ti ricordi di aver fatto fuori il caro vecchio zio Voldemort e hai anche l'assurda convinzione di...aspetta, come l'ha messa Mirabel? Ah si. Sei convinto di essere una specie di Messia dei maghi vero?-
Se l'era scordata quella risata.
Harry improvvisamente ricordò un ragazzino sedicenne che gli rideva in faccia, che rideva della sua guerra, della morte dei suoi genitori, della causa a cui, volente o nolente, aveva dovuto immolarsi.
Ma era un ricordo fasullo quello?
Era un'altra follia? Un altro parto deviato della sua mente?
Lui rideva ancora.
Draco rideva ancora di lui.
Possibile che...dopo Hogwarts, tutto fosse cambiato?
Ma cos'aveva fatto? Si sentiva come se avesse dormito per cent'anni e la sua vita fosse andata avanti senza di lui.
Osservò i rivoli di fumo che si levavano dalla sigaretta, cercando di rammentare.
Un flash, qualche immagine...
Ma lui ricordava solo Elettra, solo la sua vita a Lane Street, poi alla Lucky House.
Ricordava la battaglia a Hogwarts, Tom che usciva dal Velo, il Tower Bridge e l'Arca di Mezzafaccia.
Nulla.
Quei ricordi erano solo...fantasie?
- Povero Potter.-
I gelidi occhi grigi screziati d'argento e piombo di Malfoy lo scrutarono senza pietà.
- Non mi sei mai andato a genio, questo lo sai da quando stavamo insieme a Serpeverde ma un destino simile non l'avrei sperato neanche per te.-
Serpeverde?
Era stato a Serpeverde?
Poi di colpo, Harry notò la sua mano sinistra. E le sue dita.
Portava una fede. Una fede d'oro. E l'anello col serpente l'aveva al medio, non all'anulare.
- Sei sposato?- gli chiese in un sussurro - Con chi?-
Draco sogghignò - Che domande oziose. Neanche te lo ricordi? Hai cercato di ucciderla prima di andartene. E, a proposito...- si alzò e con una violenza inaudita gli schiacciò la mano destra sotto lo stivale.
Le ossa scricchiolarono e fino a quando non furono rotte, il biondo Mangiamorte non si ritenne soddisfatto.
Beandosi delle sue urla.
- Cristo...- gemette Harry ad alta voce, tremando come una foglia.
- Daphne ti manda i suoi saluti.- sibilò Draco in Serpentese. Fece per colpirlo al viso con una ginocchiata, ma la porta si aprì di scatto e qualcuno l'afferrò forte per il cappuccio, ributtandolo a sedere.
Draco non parve prendersela quando una donna avvolta in un lungo mantello color vinaccia di velluto entrò nel cerchio di rame in cui era imprigionato Potter e si chinò, per cingerlo fra le braccia.
- Ecco che arriva la salvatrice.- ironizzò Malfoy - State quasi bene, lì inginocchiati ai miei piedi.-
- Taci, verme.- ordinò una voce imperiosa di donna.
Harry, preso dal dolore, vedeva tutto ovattato.
Aveva perso gli occhiali, erano stati rotti da Malfoy, ma le braccia che lo stringevano protettive...per un attimo le riconobbe.
Alla luce dell'unica fiaccola che regnava in quel buio, mise a fuoco un volto dai tratti regolari e levigati nascosti da un cappuccio appuntito.
Una lunghissima ciocca di capelli ricci castani scivolò lungo la sua spalla, per sfiorargli il viso.
Oddio.
No.
Non anche lei.
- Hermione.- disse, chiudendo le palpebre per non sentire le lacrime pungergli le ciglia.
- Shhh.- sussurrò la strega estraendo la bacchetta - Ferula.-
Il polso rotto e già gonfio gli venne bendato velocemente, mentre lei gli carezzava il volto con dita delicate.
E ogni carezza, stimolavano in Draco Malfoy qualcosa che nei suoi occhi brillava famelico.
- Non darti tanta pena, mezzosangue.- le disse gelido - Fra poco Tom lo sistemerà una volta per tutte.-
- Ancora una volta la tua infondata arroganza potrebbe sbagliarsi, Malfoy.-
- Non sei neanche degna di stare lì in ginocchio.- le disse, sprezzante - Comunque presto tu e tutti gli altri sanguesporco, Magonò e babbani farete tutti la stessa fine. Cenere. Polvere. Spazzatura.-
Lei non parve sentirlo.
- Tu non sei degno di vivere, ma come tu non ascolti le mie parole, permettimi a mia volta di non stare a sentire i tuoi vaneggiamenti.-
- Sei una Mangiamorte.-
Hermione abbassò il volto.
La fronte corrucciata.
Anche quella domanda pareva assurda.
La vide scambiare uno sguardo sbigottito con Malfoy.
- Certo che lo è.- rispose Draco, crudelmente, godendo sempre di più nel vederlo traballare sul filo del rasoio fra pazzia e lucidità - Lo è da quando ha ammazzato il suo schifosissimo padre babbano e ha ereditato la fortuna del caro nonno Hargrave. Vero, mezzosangue?-
- Tu parli troppo Malfoy.- gli disse, senza lasciare Harry - Questa mancanza di lucidità e di memoria è più preoccupante di quanto mi abbia riferito Edward. Si potrebbe risolvere con un semplice Distillato di Perfidia. Gli farebbe bene.-
- No!- Potter iniziò ad agitarsi, liberandosi dalla presa - No, non toccarmi! Andate via!-
Arrancò fra le catene, fino a spingersi ben lontano da lei.
E ora, più la guardava, più il pesante trucco scuro e lo stemma della Dama Nera sul petto lo straziavano.
Una gagia. E una Mangiamorte.
- Uccidi babbani.- alitò.
Hermione non batté ciglio.
- Lo fai anche tu.-
- Correzione.- s'intromise Draco - Lo faceva. E faceva anche stragi intere.-
- Sei un bugiardo!- gli urlò fuori di sé.
- Non dire cazzate, Potter.- ringhiò il biondo, iniziando a perdere la pazienza - Sono stanco di questa storia. Mio cugino ha il talento per il melodramma, ma io ne ho piene le tasche delle tue scenate! O ti riprendi o muori! E se fosse dipeso da me...-
- Si, se fosse dipeso da te sarebbe già morto.- replicò Hermione, gelida.
Si mise in piedi e uscì dal cerchio di rame, facendo riecheggiare il suono dei tacchi sulla pietra grezza.
- Harry, devi riprenderti.- gli consigliò - Per il tuo bene o farai la fine di Howthorne.-
- Già...il ragazzo avrebbe dovuto collaborare invece che farsi cavare gli occhi dalle orbite.-
Harry trattenne un altro conato di vomito.
Ecco perché aveva visto Damon bendato.
Tom...Tom gli aveva strappato gli occhi...
- Tu ammazzi i mezzosangue...e i babbani...- mormorò, con voce vacua e lontana - Tu ammazzi la gente...ammazzi i babbani...-
- Maghi e babbani devono stare separati.- gli rispose la strega, strappandogli l'ultima scintilla di fede dal petto - Il tempo della speranza per me è finito da un pezzo, Harry. Me l'hai insegnato tu.-
- Se non altro è stato tempo ben speso.- sibilò Draco, fissandola da capo a piedi con un lungo e cattivo sguardo lascivo - Esseri come te non dovrebbero più nascere.-
- Il tuo sangue puro non ti salverà in eterno Malfoy.-
- E dovrei temere qualcosa da te?- replicò, mentre Hermione gli dava le spalle e tornava alla porta - E quando mi pianterai un coltello in mezzo alle scapole, eh? Mentre dormo?-
Lei si bloccò.
La mano sul battente.
Il ghigno di Draco assunse un che di perverso.
- Sai bene che per piegare la gente basta molto meno, mezzosangue.-
Hermione tacque.
Si girò ancora sopra la spalla, fissando Harry.
- Cerca di riposare, mio signore.-
- Io e te ci vediamo dopo cena.- fu l'ultima cosa che insinuò Draco, prima che lei sbattesse la porta alle sue spalle.
Fu un rimbombo duro, antico, da brivido.
No.
Non anche Hermione.
Non anche lei.
- Non fosse così divertente a letto sarebbe già sotto terra per conto mio.- commentò Malfoy, quando rimasero soli - E tu dovresti saperlo bene. Ce la litigavamo sempre.-
La speranza se n'è andata da qui, Harry.
Me l'hai insegnato tu.
- La bambina...-
Draco sollevò appena gli occhi, gettando a terra il mozzicone consumato.
- Cosa?-
- La bambina...-
- Che bambina?-
- Glorya.-
- Che cosa?- Draco arcuò un sopracciglio - Di che diavolo parli adesso?-
- Tua figlia.- Harry gli puntò gli occhi addosso - Dov'è tua figlia?-
- Mia...- un attimo, poi Malfoy s'interruppe e scoppiò sonoramente a ridere, rovesciando il capo all'indietro.
- Oh Merlino.- ridacchiò, incrociando le braccia dietro alla testa - Oh, questa è veramente il colmo. Ti scordi di aver strappato il cuore al Lord Oscuro ma non di quello scherzo di natura che avrebbe portato il mio sangue...accidenti, complimenti alla tua memoria.-
Aveva parlato al passato.
Ogni parola stava diventando peggio di una frustata.
- In fondo sei stato tu a consigliarmelo, Potter. Non potevo certo permettere che una mezzosangue schifosa avesse un figlio da me, un mezzo Malfoy e un mezzo Hargrave sanguesporco...un colpo ben assestato quando meno se l'aspettava e ha abortito.- lo scintillio malefico di quel ghigno riuscì a finirlo una volta per tutte - Grazie, Harry. Mi sei stato molto utile...-
Bastardo.
- Bastardo!- si ribellò il bambino sopravvissuto, avvertendo tutta la collera che minacciava di sopprimerlo in quella situazione - Sei uno schifoso bastardo!- e per farselo avvicinare, diede uno strattone al braccio destro.
Ma non accadde nulla.
Draco rise.
- Niente telecinesi. Ti abbiamo bloccato i poteri.-
- Non puoi aver bloccato i Bracciali!-
- Che Bracciali, idiota?-
Il polso.
Il polso sinistro di Draco.
Non c'era il tatuaggio col corvo.
Non c'era...il Bracciale del Destino.
E neanche al suo.
Kentron e Vargras non erano con loro.
Non erano legati.
Non lo erano più. O forse non lo erano mai stati.



Sul serio, Harry Potter.
Credevi davvero che lui avesse bisogno di uno come te?





Alle tre di notte, Black House era illuminata a festa e sembrava che tutta Myfair fosse pervenuta alla festa di una delle famiglie di maghi più illustri della Gran Bretagna.
Ma c'era anche chi non era venuto a portare i suoi omaggi.
Draco Lucius Malfoy spinse rudemente di lato i lacché all'ingresso che gli chiesero l'invito prima di capire chi fosse.
- Oh, signor Malfoy...signor Riddle...prego entrate. I padroni non ci avevano avvisato che sareste venuti.-
- Sparite.- sibilò Draco, mentre Tom apriva i cancelli.
Sembrava una vita dall'ultima volta che era stato dai suoi nonni.
Si. Più di vent'anni.
L'ultima volta era stato al Natale dei sui quindici anni.
Non ci aveva più messo piede ed entrarci ora sembrava ritornare al passato che per tutta la vita aveva cercato di seppellire. Tom invece, guardandolo con la coda dell'occhio, sembrava perfettamente a suo agio.
Forse neanche lui aveva più niente da perdere.
C'era una festa, da manuale.
Un tripudio di vini costosi, abiti di seta e il lezzo dei sigari d'importazione che tanto amavano quegli idioti dell'alta società. Alcuni elfi domestici aprirono la porta dell'ingresso prima ancora che si prendessero la gioia di farla a pezzi e vedendo Kreacher Draco ebbe un moto di disgusto.
- Padroncino.- fece quel verme ossequiosamente - In cosa posso aiutarla?-
Tom afferrò il cugino per il polso.
- Voglio una questione privata.- sussurrò - Non metterti nei guai prima del tempo. E dubito che in pubblico potremmo veramente fare le cose...come intendiamo farle noi.-
- D'accordo.-
Draco fissò Kreacher - Chiama i miei nonni. Ora.-
- Padroncino...Kreacher le fa notare...la festa...gli ospiti...-
- Ho detto...ORA.-
Non era cambiato quell'elfo. Se ne andò ciabattando e maledicendo quel "cafone del padroncino traditore che aveva insozzato il suo sangue sposando una sporca nemica mezzosangue."
- Lombrico.- disse Tom, guardandosi attorno circospetto.
Dalla sala da ballo, enorme e con un altissimo soffitto tappezzato d broccati, colse un turbinio di stoffe pregiate.
Sgomento, si spostò alle spalle del cugino quando vide il Segretario Donovan.
Al suo fianco c'era la figlia che rideva alle battute di un damerino in smoking coi baffi alla Stalin.
- Ci avrei giurato che era qui.- commentò.
- Fregatene.- il tono di Draco era il ringhio di un animale rabbioso - Eccoli che si degnano di scendere fra i comuni mortali.-
Jocelyn Black uscì dal salone con la sua falcata sprezzante e da regina oltraggiata per essere stata interrotta dall'intrattenere i suoi ospiti. Ancora non dimostrava i suoi ottant'anni pieni e il suo viso tirato, unito all'acconciatura che le tratteneva i capelli quasi del tutto bianchi, pareva scolpito nella pietra.
Al suo fianco, Perseus Black a Stalin ci assomigliava davvero e dondolava un bastone da passeggio come per far capire ai nipoti che arrivare tanto in ritardo a una festa per lui sarebbe dovuto essere passibile per legge.
Draco e Tom andarono incontro ai nonni senza dire una parola e il biondo tirò dritto, facendo strada a tutti, allo studio di suo nonno. Come sempre lo trovò impregnato di odore di pergamena antica, della pelle dei libri di magia e del fumo irrespirabile dei suoi sigari.
- Colloportus.- disse, dopo che furono entrati tutti.
- Che significa nipote?- chiese Jocelyn Black, alzando il mento - E' un'imperdonabile scortesia presentarsi a quest'ora e sottrarmi ai miei ospiti.-
- Vedo che hai fiato per parlare...nonna.-
Draco si girò lentamente, gli occhi grigi che lampeggiavano.
E non si era sognato di rinfoderare la bacchetta.
-... Ma non so se ne avrai ancora dopo stanotte.-
Jocelyn serrò le labbra e Tom, fermo alla scrivania, incrociò le braccia e riuscì a stamparsi in faccia un ghigno.
- Com'è che non mi sembri sorpresa di vederci nonna?-
- Devo versarmi qualcosa da bere.- disse Perseus Black, raggiungendo una vetrina - Immagino la tirerete per le lunghe.- e incurante della discussione in atto, spinse di lato dei libri e ne estrasse una fiaschetta tonda di metallo.
Mandò giù un sorso sotto lo sguardo acuto della moglie, fregandosene anche di lei.
- Allora?- Jocelyn si strinse altezzosamente nelle spalle - Avanti Draco, ti ascolto.-
- Non fare l'innocente con me.- sibilò lui, iniziando pericolosamente ad avvicinarsi - Sai bene perché sono qui.-
- Cos'hai fatto stavolta, Jocelyn?-
- Non ho insultato la tua preziosa figlia Narcissa, non temere marito mio.- sibilò l'anziana strega, gelidamente - Ho solo cercato di porre fine a un deprecabile errore di mio nipote.-
- Porre fine?-
La voce di Draco uscì in un soffio glaciale.
- Porre fine?- riecheggiò, ormai a un passo da sua nonna. La sovrastava di parecchi centimetri e i suoi occhi grigi, così simili a quelli di tutti i Black, ora lo stomacavano. Era troppo uguale a quella gente.
Dannatamente troppo uguale.
- Sfortunatamente per te...nonna...- sputò, quasi vomitando quella parola -...il tuo Filtro non ha colpito chi desideravi.-
La vide arricciare le labbra, piena di disappunto.
- Ah si? Questo mi duole enormemente.-
- E vedrai come starai male se solo riprovi ad avvicinarti a casa mia.- minacciò il biondo, serrando la bacchetta fra le dita - Sei stata scaltra come al solito e le tue arance sono sparite...sei stata brava, una volta ancora. Ma hai mancato il bersaglio...e sta sicura che non avrai una seconda possibilità.-
- Cos'è, una minaccia?- s'inalberò quella - Non osare!-
- Tu!- le urlò in faccia - Tu non osare mai più presentarti di fronte a me!-
- Hai perso il senno, nipote!- gracchiò lei - Tutto quella sporca mezzosangue mezza Hargrave!-
Draco le puntò la bacchetta in faccia.
Il braccio gli era diventato di pietra.
- Provaci...insultala di nuovo...dammi questa soddisfazione! E' da un pezzo che non uso un Cruciatus...-
- Nipote.- Perseus Black lo guardò vacuamente, come se Draco non stesse puntando in faccia la bacchetta a sua moglie con la faccia di uno pronto a ucciderla - Quale sarebbe il problema?-
- La nonna ha cercato di avvelenarci.- rispose Tom, senza stupirsi della sua indifferenza.
- Ho cercato di uccidere quella piccola puttana!- strillò allora Jocelyn, come sfidando Draco a mettere in atto la sua minaccia - Ti ha rovinato! E ha rovinato la mia bisnipote!-
L'insulto andò a segno.
La formula era già sulle labbra di Malfoy quando venne spalancata la porta.
Edward fu il primo ad entrare, seguito da Ron.
Lo afferrarono per le spalle prima ancora che avesse potuto godersi lo spettacolo di vedere quell'infame strega strillare per un motivo valido, ma da lì si scatenò il caos.
I due coniugi Black urlarono all'invasione, la stanza si riempì elfi, maggiordomi e altri tizi della servitù a bacchette spianate ma questo non servì a placare Malfoy.
Prima che Dalton e Weasley lo spingessero fuori, tuonò l'ultimo avvertimento.
- Prima o poi...prima o poi anche tu sbaglierai. E allora finirai ad Azkaban insieme a quei due bastardi! Ricordatelo bene! Prima o poi ti farò marcire là dentro!-
- Esattamente la fine che farà tua moglie!- strepitò sua nonna.
Una volta che se ne furono andati, l'ansante padrona di casa rimase sbigottita vedendo Vlad sulla porta.
Un demone puro in casa sua!
Tom la sorpassò di pochi passi, col sorriso sulle labbra.
- Sai nonna...- le disse, senza neanche voltarsi - Una cosa devo ammetterla. Buon sangue non mente. Hai appena dato battaglia a un uomo innamorato e se conoscessi bene il tuo stesso sangue, sapresti quanto può essere pericoloso un mezzo Black.- una risatina la fece gelare, irritata - Io starei attento a ciò che bevi, d'ora in avanti. Buona notte e buon proseguimento di serata. Ciao nonno.-
E anche Riddle sparì, lasciando nell'aria quella muta minaccia.
Ma più che una muta minaccia, suonava molto come una sicurezza.
Dieci minuti più tardi, Draco spalancò la porta di casa sua e quasi la richiuse sulla faccia di Ron.
- Vuoi calmarti?- sbraitò Weasley, richiudendo a sua volta il battente sul naso di Edward.
- Volete tacere tutti?- ordinò Blaise, apparendo nel salone - Quanto cazzo ci avete messo eh?-
- Troppo poco, quella maledetta...- Malfoy riuscì a frenare la lingua di fronte alle bambine -...di mia nonna è ancora viva. Ma per poco, lo giuro. Qua come andiamo?-
Elettra si teneva il volto fra le mani.
E scosse il capo, con una lacrima che le rigava il viso.
- Harry ha un polso rotto, altre ferite e una bruciatura sul collo. Il Bracciale non funziona.- l'informò Hermione - Ma il Filtro è pronto.-
- Non basta.-
Tom fissava Harry. E più lo guardava, più la sua sofferenza lo uccideva.
- Non basta più.-
Che poteva fare un bambino da solo?
Ma Harry era intrappolato in un sogno...e Lucas era l'unico a non temere nulla. Mentre lui era pieno di paure.
Come poteva penetrare nel suo incubo?
Vlad lo vide improvvisamente allargare gli occhi e come Lucilla capì che le sue rotelle avevano girato una volta di troppo. Infatti, un secondo dopo che il piccolo Phyro si fu riaddormentato, abbracciato al padre che diventava sempre più pallido ed esangue, Tom filò dritto al caminetto.
Basta. Era ora di smetterla di essere passivi.
- Cosa fai?- gli chiese Lucilla, quando lo vide afferrare un ciocco di carbone e fare un cerchio a terra - Tom? Chi diavolo...chi diavolo stai invocando? EHI!-
Ci fu un lampo di fumo e la voce di Riddle parve come un tuono in mezzo al cielo.
- Denise Axia Psiche Loderdail Evoco!-
Ecco, l'aveva fatto.
Ci fu un altro lampo, altro fumo e poi in mezzo a quel macello apparve un'esile figura abbigliata di lamé argenteo.
Denise spalancò la bocca, quando vide dove si trovava.
- No, dico...ma ti ha dato di volta il cervello?- scandì la Loderdail, levandosi la cenere dall'orlo dell'abito - Dove diavolo mi hai portato? Io me ne stavo a Parigi e...-
Lui la interruppe, mettendole una mano sulla bocca.
- Denise, mi serve un favore. Devi farmi entrare in un incubo.-
- Che cosa?- gracchiò lei, liberandosi - E' illegale! Neanche dovrei essere qui! A Caesar verrà un colpo!-
- Lo avviso io.- borbottò Vlad, facendosi vedere - Torno subito.- e sparì, lasciando la Loderdail a fissare Riddle come un malato di mente. Che succede lì non riuscì a capirlo neanche notando Hermione e Lucilla.
In quattro e quattr'otto Tom le riassunse la situazione a grandi linee in cui lei capì solo che era nervoso come mai prima. E tutto per quell'umano sdraiato e addormentato.
- Tu mi hai già fatto entrare in un sogno...fallo di nuovo!-
- Non posso, era illegale allora e lo è adesso! Ora sono sotto la custodia di Caesar, non voglio metterlo nei guai.-
- Denise ti prego, è importante! Lui è Harry Potter, rischia di morire!-
La demone puntò lo sguardo confuso su Lucilla.
La Lancaster sospirò - E' importante per davvero. So che finirai nei guai, ma è di vitale importanza. Anche Caesar in passato gli è venuto in aiuto.-
- Si ed è rimasto chiuso in biblioteca. Stavolta i suoi ci ammezzeranno, Lucilla.-
- Ehi...-
Degona bloccò tutti, serrando il polso ad Harry.
- Gente, qua il battito s'indebolisce. Datevi una mossa, trema per la paura!-
Tom afferrò la mano a Denise, fissandola davvero sull'orlo di una crisi di nervi. Ora anche lui aveva paura.
La stava supplicando. Si sarebbe messo in ginocchio, lo capiva.
Caesar avrebbe capito come lei, sperò, mentre allungava la mano sottile sul capo del bambino sopravvissuto.
E sperò anche che quell'incubo non fosse troppo radicato nel cuore di quell'umano.
O lottare quella notte sarebbe stato del tutto inutile.






Hai ucciso il tuo nemico, Harry Potter. E hai reso orfano un ragazzino.
Sei fiero di te, bambino sopravvissuto?



Lucas riaprì gli occhi nella stessa cella buia in cui aveva lasciato il padre, in un angolo.
Si guardò attorno e in quella tenebra così spessa alzò la mano e fece brillare la fiaccola che aveva sopra la testa per accorgersi, col sangue a cubetti, che suo padre stava steso a terra.
- Papà!-
Gli corse accanto e s'inginocchiò per vederlo coperto di lividi, col polso bendato e con le iridi verdi fisse al soffitto.
Sembrava in trans. Sembrava febbricitante.
Ma era ora di tirarlo fuori da lì, volente o nolente.
Fece per sollevare la mano verso la fiaccola quando una risata fredda lo bloccò.
Si volse e vide uscire dall'angolo opposto della cella qualcuno ammantato di nero.
- Vattene.- disse Harry all'improvviso.
Lucas non staccò lo sguardo dall'intruso. Alto, con le spalle appuntite...e il volto pallido e scavato, come il ritratto della morte. Occhi...rossi. E il naso schiacciato, come quello di un serpente.
- Vattene Tom.- disse ancora suo padre.
Tom? Lucas balzò in piedi. Quello non era Tom...il Tom che conosceva lui.
- Il fatto che parli con un morto non ti fa venire dei dubbi, Harry?-
Che voce.
Il Phyro fissò quell'uomo. Se poteva essere definito tale, quando capì di essere al cospetto di Lord Voldemort. E così...era Lui. Il mago che aveva messo suo padre nella storia.
Era Lui.
Stavolta Harry disse qualcosa in Serpentese che Lucas non capì. E Voldemort scoppiò a ridere.
Si accucciò nel buio, seduto in un'incavatura nella parete di grossi mattoni di pietra.
- Come stai Harry? Hn? Come sta la tua coscienza?-
- Vattene via.-
- Oh, perché tratti così il tuo vecchio padre eh?-
- Tu non sei mio padre.-
- Si e mi hai anche ucciso. Ma ora stiamo parlando.-
- Sono pazzo.-
Lucas serrò i denti, vedendo che suo padre continuava a fissare il soffitto.
No, no! Aveva già ceduto!
- Finalmente l'hai capito.- Voldemort emise quella sentenza in un sussurro - O non è che magari sono la tua coscienza?-
Harry girò il capo dall'altra parte.
La sua tortura sembrava non avere fine. Doveva anche starlo a sentire.
Chiuse le palpebre, inspirando forte.
- Hai spezzato il cuore a mio figlio. Come ti senti?- continuò Voldemort, mentre Lucas restava in piedi fra loro due come di fronte a due grandi dei - Ti ucciderà, lo sai? L'hai tradito. Non meriti il suo attaccamento a te.-
Lo so.
Non lo merito.
- Fa che ponga fine alle tue sofferenze. In fondo te lo meriti.- sogghignò Voldemort, sentendo la porta della cella cigolare - Ci rivedremo presto, figlio mio.-
Si, all'Inferno. Il posto adatto a un assassino.
Un secondo più tardi Voldemort era scomparso in una nuvola di vapore nero e Lucas rimase impietrito vedendo entrare Draco, seguito dai Lestrange e da Tom. Per ultime Beatrix ed Hermione.
Era così sconvolto nel vedere la Grifoncina fra quella gente che quando Draco ficcò un calcio nello stomaco a Harry non riuscì a fermarlo.
- Sveglia.- sibilò Malfoy, con gli occhi sempre più solcati da spessi segni neri - Svegliati bastardo. Hai ospiti.-
- Vacci piano, cugino.- gli disse Vanessa - La pozione sta per essere ultimata.-
- Non so se lo rivoglio.-
Tom lasciò che Draco sedesse in poltrona e si piazzò accanto a Potter, afferrandolo per la nuca per rimetterlo in ginocchio - Non so se riuscirò più a vederlo come un tempo.-
Il bambino sopravvissuto tenne lo sguardo basso.
Neanche più sentiva la presa di Riddle, il fumo della sigaretta di Draco, gli occhi d'oro d'Hermione che lo scrutavano.
La testa mozza di Ron era ancora lì, gettata come uno scarto, macchiata di sangue.
- Ah!- Tom mollò la sua nuca con stizza, facendolo traballare - Voglio vederlo a pezzi! E poi voglio che tutto torni come prima!-
- Fai i capricci adesso.- commentò Draco, poggiato pigramente sul gomito.
- Si, faccio i capricci!- sbottò Tom ad alta voce, rivoltandosi verso di lui al colmo della collera.
Malfoy sogghignò dopo un secondo, proprio come Riddle.
- Cosa posso fare per te cuginetto?-
- Ciò che voglio non farebbe felice te.- disse l'altro soave, fissando il biondo con altrettanta noncurante pigrizia - Lo rivoglio, capito? Lo rivoglio come prima...per poi ammazzarlo come merita! Ha tradito la mia fiducia.-
- Io ti consiglio di aspettare.- lo bloccò Trix, seduta sul bracciolo della poltrona di Draco - In questa situazione i colpi di testa non porteranno a nessun profitto per noi. Lui ci è prezioso.-
- E poi ne soffriresti troppo.- concluse Vanessa - Fratello, pensaci.-
- Che sentimentali.- commentò Draco, gettando via il mozzicone - Io propongo prima di cavargli gli occhi dalle orbite come hai fatto a Howthorne. In fondo Damon si è solo rifiutato di aderire alla causa...Potter invece ha ucciso tuo padre. Impicchiamolo al suo bell'albero nel labirinto.-
- Già e al diavolo la nostra fottuta famiglia felice.- ghignò Rafeus, dando una pacca sulla spalla di Draco.
Tom sorrise ancora, distogliendo l'attenzione dallo sguardo di piombo di Malfoy.
S'inginocchiò, levandosi i guanti lentamente e poi con due dita sollevò il mento a Harry, per farsi vedere in viso.
I loro occhi s'incontrarono e rimasero incatenati.
- Come hai potuto?- Tom si sporse, sussurrandogli all'orecchio - Come hai potuto tradirmi così? Tu mi hai rovinato la vita...non te lo perdonerò mai. Da qui a mille anni. Mai, hai capito? Mai!- e un secondo dopo Harry e Lucas cacciarono insieme un grido, perché una lama saettò nella mano di Riddle, piantandosi dritta nella schiena del bambino sopravvissuto.
In quel preciso istante le fiamme si levarono alte da quell'unica fiaccola e la cella ne fu completamente invasa.
Lucas ne era cinto totalmente e urlando sollevò un muro di fuoco fra lui e Riddle, che si fece indietro imprecando.
Il Phyro sentiva gli strilli dei Mangiamorte, ma non si curò più di loro, vedendo suo padre estrarre la lama col dolore dipinto in faccia. Lo chiamò, lo chiamò ancora e ancora.
Ma non lo sentiva. Non riusciva nemmeno a vederlo.
Allora fece l'unica cosa che poteva fare.
Con una piccola lingua di fuoco arrivò a bruciargli il braccio ed Harry imprecò, facendosi faticamene indietro.
Suo padre si era sempre lamentato che da piccolo gli aveva bruciato il braccio...e quando Potter Senior notò che la chiazza chiara riappariva sulla sua pelle, ebbe un sussulto.
Ma ne ebbe uno maggiore perché dal fuoco apparvero tre lettere. Le tre lettere più semplici del mondo che Lucas disegnò in aria col dito con tutto il cuore.

 

DAD

 

 

Harry Potter allargò gli occhi verdi. Si fecero vitrei, lucenti. Ma non più assenti. Non più colmi di abbandono.
Era follia anche quella, vero? Si.
Perché...se non lo era...chi poteva essere?
Fuoco. Fiamme...
Lucas.
- Lucas...- mormorò a bassa voce.
- Papà!-
L'urlo arrivò dovunque nella cella, da tutto il fuoco che lo abbracciava.
Ma lo sentì. Lo percepì distintamente.
Fu come se il velo che gli copriva la mente venisse squarciato con un coltello.
Era ancora la pazzia a guidarlo? Era la voce di un cadavere mai vissuto a tormentarlo?
Poteva davvero non abbandonarsi a quel filo tanto sottile di speranza?
- Lucas!- gridò col cuore in gola, pregando per la prima volta dopo tanti e tanti anni - Lucas! Dove sei?-
- Papà! Papà!!-
Harry, piegato dalla perdita di sangue, si rivoltò a terra e cercò di mettersi in piedi.
Le fiamme lo proteggevano dagli attacchi dei Mangiamorte ma Tom e Draco, unendo i loro poteri, stavano cercando di abbattere la barriera.
Li sentiva maledirlo, li sentiva sempre più vicini.
- Lucas! Lucas dove sei?!-
Era lì, lo percepiva. Ora tutto sembrava chiaro...nitido. Ma ancora non riusciva a vederlo anche a causa della perdita di sangue che lo fiaccava.
- Non mi sfuggirai, maledetto!-
Vide Tom aprire un varco fra le fiamme, con un semplice gesto della mano.
- Sei mio Harry!-
- Papà!-
Stavolta il palmo di Riddle si ritrasse, ustionato dalle fiamme impazzite. Cadde in ginocchio, tenendosi il braccio contro il torace e il viso contratto dal furore.
Si guardarono attraverso le fiamme.
Harry James Potter.
Thomas Maximilian Riddle.
Separati dal fuoco, uniti dal sangue.
Uniti nel sangue.
- Papà! Guardami, sono qui!-
Harry socchiuse le palpebre e alla fine riuscì a distogliere lo sguardo.
Troppo dolore. Troppi ricordi. Veri e falsi, nemmeno lui sapeva più dirlo...
E poi di nuovo la luce come un lampo a ciel sereno e da un varco luminoso, il bambino sopravvissuto vide sgomento apparire Lucas contro quel bagliore. La sagoma di suo figlio, i suoi contorni, i suoi occhi azzurri...quelli di Elettra.
Ma non era solo a porgergli la mano.
- Harry!-
Il vero Tom, ma in fondo chi può dire quale sia la realtà giusta agli occhi di tutti?, apparve a fianco del Phyro.
Ansava così tanto e i suoi occhi color della notte erano così colmi d'angoscia che mettere a confronto lui e quello dall'altra parte del fuoco sembrava del tutto surreale.
- Harry!- urlò di nuovo Riddle - Harry è solo un incubo! Andiamo via!-
- Ha ragione lui papà!- gridò anche Lucas, continuando a tenere altissime le fiamme - Torniamo a casa!-
- Dacci la mano!- lo supplicò Tom - Ti prego, vieni via!-
Ma il bambino sopravvissuto rimase immobile, nel cerchio di fuoco.
Arrossate le gote a causa del calore, il sangue che gli scorreva lungo la schiena, stava in piedi in mezzo a quell'inferno.
Da una parte la paura. Una paura reale, sensata.
Dall'altra parte...una realtà del tutto priva di logica.
Perché...come poteva amare ed essere amato dal figlio del suo peggior nemico?
Come poteva lui, che aveva ucciso un uomo a sedici anni, non essere un assassino?
Non era un Messia.
Era solo...solo un uomo.
Solo un mago.
- Papà!- Lucas gridò di nuovo, angosciato - Devi venire! Ti prego, torniamo a casa! La mamma ci aspetta!-
- Harry è stata una pozione a portarti in questo incubo!- Tom urlava tanto da sentirsi la gola bruciare, come tutto ormai in quella cella - E' solo una menzogna! E' solo...è solo la paura che hai nel cuore! Harry ascoltami! Vieni via!-
Ma lui ancora non si mosse.
Lo guardava.
Guardava entrambi.
Ma non riusciva a muovere un passo.




Sei tu il folle, Harry Potter.
E
la tua vita...è stata solo la visione di un cieco.




No.
No.
Tom non ci stava.
Non ci stava a farselo portare via così.
Ne avevano superate migliaia in quegli anni...e ora un dannatissimo incubo glielo stava strappando via.
No. Non l'aveva permesso a suo padre, alle malelingue, a tutti coloro che avevano puntato il dito, pronti a scagliare pietre, sentenze e giudizi.
Un incubo non gliel'avrebbe portato via.
Tom fece da parte Lucas, tenendogli una mano aperta davanti.
- Vado a prenderlo!- urlò, per farsi sentire - Tieni gli altri fuori dal cerchio finché puoi!-
- Cosa? No, aspetta! Ti brucerai!-
Il Phyro non riuscì a trattenerlo. Facendosi scudo con un braccio, Riddle si lanciò in mezzo al fuoco per poi cercare di spegnere il tessuto in fiamme della camicia. La sua pelle era ustionata, ma se ne curò al momento.
Aveva altro da fare.
Oltre quel muro incandescente creato da un bambino che nulla temeva, vide...il riflesso di uno specchio.
Il riflesso della mente.
Il riflesso di un cuore.
Era il riflesso del cuore di Harry.
Era così che lo vedeva?, si chiese, guardando se stesso e Draco.
Si volse. Il languire del fuoco illuminava di bagliori le iridi di Harry.
- Guardami.-
Potter non batté ciglio.
- Guardami!- urlò allora Tom, col torace che si alzava e si abbassava violentemente.
Finalmente notò un barlume di vita, di lucidità.
Puntò il dito alla loro sinistra, verso l'immagine surreale che Potter aveva di lui.
- Secondo te io sono così?-
- Tom...-
- Ti ho chiesto se credi davvero che sia così, per Dio!- gli strillò fuori di sé - E' così che pensi che sia? Un assassino?-
- No...non è questo...-
- E allora cosa?! Quanto ancora dovremo andare avanti Harry?- un'esplosione fragorosa fece schizzare mattoni, schegge e scintille di magia sopra le loro teste, in un boato simile al ruggito di un drago ma nessuno dei due se ne curò - Per quanto ancora intendiamo farci del male? Io non sono un Mangiamorte, non cercherò mai vendetta per mio padre! Non m'interessa, non la desidero! E non voglio vederti morto! Tu sei tutto quello a cui tengo di più! Mi siete rimasti solo tu e Draco, Harry! Solo tu e Draco!-
- Questo lo so.- la voce sembrò uscirgli in un soffio - Non è questo. Non è questo. Non capisci.-
- Io me le ricordo le parole di quel giorno! Me le ricordo! Io sono la tua pace...è vero? E' vero quello che hai detto? O mi hai mentito?-
- No!- si ribellò Harry - No, non sono balle! Ma era tuo padre! Ed era tua madre!-
- Mi hanno solo messo al mondo, Harry! Ma non hanno fatto nulla di più! E che dire di te, eh? Credi che io non abbia sempre e costantemente il terrore che tu un giorno possa vedermi per quello che sono? Sono uguale a lui! Sono identico a lui!-
- Non è vero e lo sai bene.- deglutì Potter.
- Si ma io sto alla tua parola! Ho fede in quello che dici, anche se la paura non mi passa mai e io non voglio continuare a vivere con questo peso sulla coscienza! Dobbiamo smetterla, Harry! Smetterla una volta per tutte! Finiremo per ucciderci! Tu stai per morire per questa paura! Ma non puoi pensare davvero che io sarei in grado di fare una cosa simile!-
- Perché, io si invece?- lo sfidò - Credi davvero che potrei farti del male?-
L'eterna, dannata, schifosa domanda.
- Basta.- disse solo, abbassando lo sguardo all'ennesima pioggia di scintille - Basta Harry.-
E allungò la mano verso di lui.
Prendila.
Anche Lucas varcò il fuoco, mettendosi accanto a Riddle.
Si, il sogno stava crollando. Diventava opaco, perdeva di suoni, di colore...di forza, di paura.
Era ora di svegliarsi e di tornare alla realtà.
In fondo poteva essere molto peggiore della fantasia.
Proprio perché era reale. E non una paura.
Non l'inconsistenza di un ricordo.
Ma reale come un tradimento e come una lama fredda sulla pelle.




Andiamo, bambino sopravvissuto...credi davvero sia finita così?




Alle quattro di mattina la Lucky House venne invasa di luce. Ci fu una grande orda d'urto che frantumò vetri e spazzò via mobili e la maggior parte dei presenti venne spedita contro le pareti, probabilmente per colpa di Harry che tornò in sé urlando. Ma finalmente si svegliò.
Ci vollero due ore per calmarlo, un'ora per fasciargli le ferite che sembravano non volerne sapere di guarirsi e il Bracciale di Kentron continuò a vibrare fino a tardi, fino a quando sorse il sole ed Efren riuscì a dargli un sedativo.
Cadde addormentato, anche se c'era voluta la forza per convincerlo e alla fine, esausto, crollò del tutto.
La casa era ridotta a un disastro, una vera demolizione.
Caesar Noah Cameron, che era rimasto per circa dieci minuti lì nell'ingresso a fissare quello scempio, passò direttamente in un buco in mezzo alla parete facendo crollare calcinacci e pezzi d'intonaco.
Hermione, dalla sua cucina, si sporse e lo vide levarsi della polvere di vernice dai capelli.
- Oh, guarda chi si vede in casa mia.- disse, ancora tutta spettinata.
Il demone si levò altra polvere dal mantello, schioccando la lingua.
- Che diavolo è successo qui dentro? Avete lanciato contro la casa una cazzo di folgore?-
- Più o meno.- gli disse, andando a prenderlo per trascinarlo a sedersi con tutti gli altri nella sua cucina - Sei venuto a riprendere Denise?-
- Si, non mi andava neanche di lasciarla qui per tre ore, i Loderdail sono sempre in giro. Salve a tutti.- bofonchiò, vedendo Tom seduto al bancone di marmo, con del ghiaccio sulla fronte e delle fasciature su braccia e mani. Per non parlare poi di Degona, con la testa bendata e Lucas con un semplice cerotto sul naso.
Vlad alzò appena la mano, per farsi vedere, mentre Denise si stava facendo fare le trecce da Faith, che si era innamorata dei suoi capelli a prima vista.
- Ciao Caesar.- mugugnò Dena, lanciandogli uno sguardo supplichevole - Dimmi che hai dell'aspirina.-
- L'unica cosa che ho è un collare e un catenaccio.- ringhiò, fissando sua moglie sprizzando irritazione - Che diavolo è successo? Me lo dite o no?-
- La famiglia è zavorra.- celiò Sirius, arrivando dal salone con Elettra - E tutti vanno soppressi.-
- La mia senz'altro.- disse Denise, placida - Non preoccuparti Chichi, non è accaduto nulla. Tom aveva un problema e l'ho risolto anche se...bhè, potrebbero arrivare i Carcerieri davanti a casa fra qualche ora, per mettersi ai ferri, ma tu non ascoltarli, ok?-
- Io ti chiudo in casa, altro che in cella!- berciò.
- Ti prego, non alzare la voce.- sospirò Vlad - Mi sembra di avere un reggimento di goblin in testa.-
- Ed Harry come sta?- chiese infine, dopo che Lucilla, tornata dal bagno per ricomporsi vestiti e capelli, gli ebbe delineato la storia coi Black.
- Dorme.- sussurrò Riddle, sospirando lungamente - E io devo andarmene via.-
- Ecco bravo, torna dagli altri.- gli consigliò Sirius - Non può farti che bene stare coi ragazzi e dimenticarti l'ostinazione di tua nonna nel voler continuare a sopravvivere giorno dopo giorno.-
- E io ripeto che non respirerà ancora per molto.-
Draco apparve da una delle porte a sinistra della cucina, ovvero dalla cantina della villa, con aria cupa e stanca, ma sempre combattiva.
- La sistemo io quella prima o poi. Se crede di essere l'unica brava coi veleni si sbaglia di grosso.-
- Però è stata furba a far sparire le prove.- considerò Tom.
- E vedrai cosa le infilerò io in casa.- replicò suo cugino, gelido - E tu cosa diavolo fai qua, Cameron?-
Caesar assottigliò gli occhi, sempre più seccato dalla situazione.
- E' venuto a riprendere Denise.- gli disse Tom, levandosi il ghiaccio dalla fronte.
- E chi è Denise?- sibilò Malfoy.
La demone alzò la mano, facendosi vedere.
- Cosa fa qua?-
- Si fa fare le trecce.- ironizzò Hermione - Draco, è la moglie di Caesar.-
Se fosse stato del suo solito umore Draco si sarebbe buttato per terra, ridendo e rotolandosi come un ragazzino.
Stavolta però non era proprio in vena e si limitò ad alzare un sopracciglio.
Quella era troppo bella e sembrava anche troppo per bene...ma si sa, l'apparenza inganna.
- Allora mostriciattolo?- cambiò discorso, accendendosi una sigaretta - Te ne vai o no?-
- Già, torna al ritiro...dov'è che siete a proposito?- gli chiese Phyro.
- In Francia, Camargue.-
- Che orrore, odio i francesi.- mugugnò Sirius - Parlando di mostriciattoli comunque, voi bambini dovreste andare a dormire.-
- Si, io sono proprio stanco.- sospirò Lucas, scendendo dall'alto sgabello del bancone - Faith, lascia stare i capelli della signora e andiamo, dai. Ciao ragazzi, ciao David Beckham.-
- Si può sapere chi cazzo è questo David Beckham?- mugugnò Vlad, irritato.
- Un tizio che gioca a calcio per hobby e promuove la sua persona come una marmellata.- spiegò Tom, rimettendosi il ghiaccio in fronte - Caesar tu e Denise non eravate in Francia?-
- Si, a Parigi.- sbadigliò la signora Cameron - Mi stavo facendo due risate al Planetario quando mi hai interrotto.-
- Vuoi uno strappo?- fece invece Caesar.
- Credevo mi riportasse Vlad.-
- Cosa sono, un carretto?- sibilò Stokeford, accendendosi una sigaretta alla mente - Bhè, io ne ho le palle piene di bambini sopravvissuti e aranciate avvelenate! Me ne torno a casa.-
- Dai Vlad.- tubò Denise, maliziosa, mettendosi in piedi - Vai in Camargue e divertiti. In fondo l'aria francese ispira molto.-
- Spero che valga lo stesso per te.- frecciò lui, facendole girare molto più che i cinque minuti. Si alzò e dette un colpo alla spalla di Riddle - Dai sciancato, alza la tua regale persona che ti riporto dalle formiche.-
- E prendi le tue gocce!- rincarò Elettra, prima che i quattro sparissero tutti insieme in un puf.
Bhè, se non altro era stata veloce.
Dolorosa come lo strappo di un cerotto. Ma veloce.
La durata di una notte.
La durata di un incubo.
E mentre Thomas Maximilian Riddle veniva portato via dalla Gran Bretagna e tornava sulla bianca spiaggia della Camargue dove lo aspettava Damon, seduto sul bagnasciuga, pensò un'ultima volta al sogno di Harry.
Rivide se stesso. Rivide Draco.
Mangiamorte.
Un Lord Oscuro e il braccio destro del Diavolo.
Era stato...strano, inquietante.
E rivelatore.
Vedere l'altra faccia di uno specchio...di se stessi, l'aveva convinto di una cosa.
Forse neanche un cuorepuro come lui era del tutto immune dalla tentazione. Dal richiamo del male.
Certo, non avrebbe mai sfiorato Harry. Nemmeno col pensiero.
Ma...c'è sempre ombra, in ogni cuore.
Anche in quello di uno come lui.
Anche in quello di Harry James Potter.
Però un piccolo conforto in quella valle buia l'aveva trovato.
Harry gli voleva bene.
Gli voleva bene davvero.
Perché aveva paura di perderlo.
Poteva sembrare stupido e infantile...ma non aveva mai osato pensarci, né sperare a tanto.
Harry teneva a lui.
Nonostante fosse stato un incubo...c'era luce alla fine del tunnel.
Più brillante che mai.

 

 

 

 

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26° ***


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Non riusciva a sentirsi stanco come avrebbe dovuto, era inutile.
Il sole sorgeva a picco sulle dune di sabbia bianca della Camargue, a Grau du Roi e Thomas Maximilian Riddle osservava con sguardo perso il mare che s'increspava di rosso e oro.
- Tu vai pure a dormire.- sussurrò, vedendo levarsi un ultimo rivolo di fumo verso il cielo, dalla sigaretta quasi finita di Stokeford - Io arrivo fra un po'.-
- Tanto non chiuderai occhio.- rispose Vlad, che teneva lo sguardo fisso all'orizzonte.
- Lo so. Ma ti ho già fatto sfacchinare troppo.-
- Tanto non avevo niente da fare.-
Tom stirò un sorriso, facendosi accendere una sigaretta.
- Penserai che sono un idiota.-
- Si, più o meno.-
Vlad si guardò alle spalle. C'era Damon che stava uscendo dal residence, armato di bicchieri.
- Una cosa.- gli disse, prima che Howthorne li raggiungesse.
- Perché sono così legato a Harry?-
Il demone tacque, scuotendo il capo.
- No, non questo. Ma...ho sentito qualcosa di strano questa notte.-
- E sarebbe?-
- Moriresti per quel mago, vero?-
Fu il turno di Tom a tacere. E lo fece in maniera così eloquente...che Stokeford sogghignò.
- Chi tace acconsente.- e sollevò le mani, come per arrendersi - Vado a letto.-
- Arrivo fra un po'.-
- Come ti pare.- e passò accanto a Damon, lanciandogli un'occhiata vacua che Howthorne seguì fin sopra la sua testa. Era proprio strano. Quel tizio, da quando l'aveva visto la prima volta, non faceva che guardargli il capo.
Aveva qualcosa che gli gironzolava attorno al cranio bacato come delle stelline e degli uccellini?
Mah.
- Ma che ha quello?- borbottò il Legimors, passandogli un bicchiere pieno di latte e menta.
- Niente.- sogghignò Tom - Parla di qualche lucina strana o qualche forata simile, non saprei. Cos'è questa roba?-
- Latte e menta.-
- E che me ne faccio?-
- Se vuoi fartici uno shampoo... ma io ti consiglio di berlo.-
Sigaretta alla menta e latte a pandan. Una meraviglia.
- Allora, com'è andata?- gli chiese Damon qualche minuto più tardi, mentre camminavano immersi nelle onde fin sopra le caviglie - Draco ha ucciso tua nonna o è ancora viva?-
- Proprio tu mi fai questa domanda?-
- Siamo in Francia, mica sogno fino in patria.-
- Buon per te. E male per noi. La nonna è viva...ma come ha detto Draco, lo sarà ancora per poco. Ha cercato di avvelenare Hermione per sbaglio ha preso Harry e Lucas con un Filtro Gridone. Magia oscura. Sono stati catapultati in un incubo e...- ma man mano che parlava e raccontava, il viso di Riddle sembrava distendersi tanto che quando Damon venne a sapere la reale paura di Potter, non riuscì a comprendere come mai quell'espressione serena.
Sembrava che...fosse felice.
- Non dirmi che...è grazie a questa schifosa nottata che hai capito davvero quanto Harry tenga a te.-
Tom ebbe la bontà di arrossire.
- Mi sento uno schifoso.- ammise, mesto - Ma è così.-
- Ti è andato in palla il cervello? Si è fatto quasi ammazzare per te, al Tower Bridge, nella stanza dello Specchio delle Brame...e tu ci arrivi solo adesso?-
- Vederlo è stata tutta un'altra cosa.- gli spiegò docilmente, cacciandosi le mani in tasca - Non so...vedere che ha davvero paura che io voglia vendicarmi, vedere che ha paura di perdermi...è stato chiarificante.-
- Tu sei fuori.- rise il Legimors - Anche se spero che questa storia finisca una volta per tutte dopo questa batosta. E Draco come sta?-
Tom si fermò, guardando improvvisamente in alto. In cielo.
Suo cugino si era comportato in maniera strana quando Harry era stato condotto a letto con la forza da Efren e Blaise.
Era stato in disparte, quasi in un angolo.
Lucas...Lucas aveva detto anche a lui che Harry nel suo incubo li aveva tramutati in Mangiamorte?
In assassini?
- Che nottata schifosa.- borbottò esausto, passando una mano fra i capelli d'inchiostro - Che si fa oggi?-
- Sbronziamoci.-
- Ottima idea.-
- Sapevo che non avresti detto di no.- ironizzò Howthorne, volgendo il capo verso le dune. Rimase a fissare un punto così a lungo che Tom seguì i suoi occhi celesti, stranito.
- Che c'è?-
- Niente.- rispose Damon, stringendosi nelle spalle - Lavoro direi.-
- E no eh?- sospirò Riddle - Non dirmi che ci sono dei cadaveri...- poi si colpo s'illuminò, ficcandosi la mano in tasca. Chissà, se funzionava alla Lucky House, forse allora...
Si mise sul naso le piccolissime lenti rosse di Brand e vide un uomo anziano sulla collinetta si sabbia, seduto a terra, con le braccia cadenti sulle ginocchia nodose. Sembrava...un pescatore. Ma un pescatore di un tempo passato.
- Sarà lì da secoli.- commentò Damon.
- Ne vedi tanti di spiriti tanto antichi?-
- Abbastanza.- rise l'altro - A Kensington Gardens ci sono bambini che giocano ancora con le ruote di legno e nobildonne dell'Ottocento....Ma che cavolo guardi anche tu?-
Damon rimase basito, vedendo lo sguardo confuso di Riddle che gli puntava la testa a qualche centimetro sopra i capelli. E alzò anche la mano, sfiorando l'aria sopra di lui.
- Ma siete tutti matti?- borbottò - Che diavolo fai?-
Che diavolo faceva? Tom non credeva alle sue fosche pupille.
Damon aveva uno strano bagliore sul capo. Come un'aureola...anzi, no. Una lucina.
Debole e fioca. Ma una lucina che senza lenti non si vedeva.
Dicendoglielo, Howthorne lo fissò come un marziano.
- Io non ho niente in testa!- sbottò seccato - A forza di stare coi demoni finisci per vedere cose che non ci sono.-
- Allora andiamo davanti a uno specchio e lo vedrai anche tu. Non sto sclerando, hai una luce in testa!-
- Si, come la Vergine. Ma vai va... Piuttosto, che razza di occhiali sono?-
- Roba di un amico...fanno vedere le cose che anche i maghi non vedono.- e dicendolo sospirò - Già che siamo in tema e siamo soli...devo parlarti di una cosa. Li ho usati alla Lucky House e...-
- Hai visto Sargas.- concluse Damon per lui, ricominciando a camminare.
Tom lo seguì docilmente.
- Si. Mi dici cos'è successo? Com'è possibile?-
- Questo non lo so neanche io. Ne hai parlato con Draco?-
- Sei matto? No, lo sai com'è, quando si tratta di Hermione.-
- Si, so com'è...-
La maledizione degli Zaratrox.
O forse solo il destino.
In fondo quale sarebbe potuta essere la differenza per una donna di fronte a una tale perdita.
Chissene fregava del destino, delle maledizioni...di fronte alla morte di un figlio?
Avere il cuore lacerato in mille brandelli...e soffrire ogni dannato singolo giorno, pensando a ciò che si è perduto.
Già.
Mentre Damon sussurrava quelle parole, Tom volò improvvisamente lontano con pensiero.
E col cuore.
Un figlio.
Una famiglia.
Cose a cui non aveva mai neanche osato pensare.
- Draco reagisce a modo suo alle perdite, lo sai. In maniera passiva o meno, in un certo modo lui le cose è sempre riuscito ad accettarle, a conviverci. Questa cosa però l'ha stroncato per un anno intero. Quasi lui ed Hermione non si sono parlati...poi tutto è cambiato, quando ho visto il bambino alla Lucky House, per la prima volta. Non so come, ma Draco l'ha capito e...ora viaggia in un'altalena di accettazione, rifiuto e speranza. Sa che suo figlio è lì con loro...e tanto gli basta. Credo che questo, in certe giornate, riesca a scaldargli il cuore a sufficienza.-
- Ed Hermione non riesce a sopportarlo, vero?-
- No, lei non accetta che Sargas sia morto, tantomeno che sia lì con loro. Odia se stessa e il bambino, rifiuta ogni suo segnale, ogni sua presenza. Mentre Draco le accetta, lei vorrebbe solo che sparisse. Al contempo sa che c'è...e ne soffre, lo chiama...non fa che confondere il piccolo.-
- Come fa ad essere così grande?- gli chiese Tom, addolorato.
- I morti spesso vivono in simbiosi coi loro cari. Man mano che il tempo passava, Hermione e Draco si devono essere fatti un'immagine nitida e precisa di Sargas nella loro mente...e a tale, il piccolo si attiene. Ma è un bambino, non capisce, non vuole sentire. Vuole la sua mamma e più si avvicina a lei, più Hermione sta male. Con Draco, Sargas è più sereno. Lo segue sempre, anche fuori...sta con lui la maggior parte del tempo.-
- Glorya lo sa?-
- La bambina in teoria non dovrebbe saperlo. Ma i Veggenti...vedono più di quanto ammettano.- sussurrò Howthorne, fermandosi per fissare il sole ormai limpido e splendente - Prima o poi questa storia dovranno affrontarla. Anche perché seppur morto, seppur spirito, Sargas è pur sempre un bambino. Negli ultimi tempi l'ho visto irritabile, cupo...è geloso di Glory e delle attenzioni che i genitori le riservano. Così piccolo, potrebbe fare qualsiasi cosa.-
- Potrebbe essere pericoloso?-
- Come può esserlo un bimbo abbandonato.-
Gli occhi blu di Riddle si fecero tersi, malinconici.
- Gli Zaratrox proprio non perdonano.-
- Considerata la fatica che ha fatto Hermione per tirarti fuori da quell'orrore e riportarti qui, avrebbe fatto prima a non prendersi tanto disturbo visto poi come ripaghi la gente.-
Coltellata.
Tom se l'aspettava finalmente.
Dopo ben otto anni finalmente Damon reagiva.
Anche se la sua espressione era comunque di pietra.
- Ho fatto quello che ritenevo giusto.-
- E per un po' devo ammettere che ha funzionato.- sentenziò il giovane lord - Ma hai reso infelice tanta altra gente.-
- Almeno siete tutti vivi.-
- Correzione. Almeno siamo tutti sopravvissuti.-
- Il motto del gruppo.- rise Tom, finendo la sigaretta e gettandola via - Sopravvivere e far sopravvivere le prossime generazioni fino a quando anche l'ultima goccia di sangue Riddle non sarà definitivamente distrutta.-
- Considerato che discendiamo entrambi dalla famiglia Gaunt, direi che c'è andata bene.-
- Si, io Rettilofono tu Legimors.-
- Qualcuno lassù deve amarci molto.- borbottò Damon, roteando le pupille - Andiamo, adesso basta con queste paranoie. Che si fa?-
- Non vai da nessuna parte col tuo amico Trust?-
- Quanto sei sentimentale.- ironizzò il Legimors, ridacchiando - No, penso che andrò a dormire ancora qualche ora. Pregando che la mia ragazza ritorni da qualsiasi posto sia andata a cacciarsi insieme ai Corvonero.-
- Si starà ancora sbronzando con Travers e Matt...o forse semplicemente gli sta tenendo la testa sopra il water.-
- Ma che prospettiva allettante.-
- Mi ci avete trascinato voi qui, ricordatelo.-
- E dovessi usare la forza, ti trascinerò fuori da qualsiasi altro posto.-
Più chiaro di così si muore, pensò Tom, quando una nuvola coprì il sole.


Delle risate s'infiltrarono nel suo dormiveglia come i raggi del sole attraverso le tende della stanza da letto.
Harry James Potter batté le ciglia una sola volta, mentre quelle risate dolci e gaie gli riempivano le orecchie.
Accanto a lui sentiva il profumo dei capelli di Faith...e il suo corpicino caldo contro il torace.
A sinistra, contro i cuscini, avvertiva la pelle sempre molto calda di Lucas.
La televisione al plasma era accesa.
Solo allora percepì il volume altissimo. Come aveva fatto a non sentirlo?
- Oh, papà!- Faith si volse e gli scoccò un sorriso più luminoso di un diamante, dandogli un bacino sulla guancia mentre quel poveraccio di Cosmo, sempre più goffo e spennacchiato, zampettava fra le lenzuola - Ti sei svegliato! Mamma!- urlò poi, mentre Lucas litigava con Glory per il telecomando - Mamma! Il papà è sveglio!-
Dalla porta aperta sul corridoio, Harry sentì la voce di sua moglie.
Elettra ribatté ad alta voce che andava a prendere la colazione.
- Oh, pà!- celiò Lucas, ricevendo una cuscinata dalla piccola Malfoy - Era ora! Sai che sono le quattro del pomeriggio?-
- Altro che fare colazione.- ridacchiò Faith - Come stai papà?-
- Tutto bene Harry?- gli chiese anche Glory, in pigiama come i suoi figli in mezzo al suo grande letto.
Stare bene?
Il bambino sopravvissuto richiuse le palpebre per un attimo, ricordando tutto quanto.
Un incubo.
Tom, Draco, Hermione, Trix...i Mangiamorte...
La sua follia.
La sua paura.
Poi, dopo tutto quel terrore...dopo la consapevolezza che la realtà era molto peggiore della fantasia a volte, la luce.
Lucas e la Luce.
E poi Tom, venuto a riprenderlo.
A porgergli la mano.
- Papà?-
Riaprì gli occhi e le sue iridi verdi s'illuminarono di riflesso, quando Faith lo abbracciò.
- Che guardate ragazze?- chiese, cercando di mettersi a sedere nonostante il forte dolore al polso, ancora in via di guarigione, e la coltellata sotto la scapola sinistra.
- Dumbo.- masticò Glory - Odio Dumbo.-
- Ma se piangi quando i bambini gli tirano le orecchie.- frecciò Lucas, ridacchiando.
La biondina gonfiò le guance, trucidandolo con un'occhiata - E' da barbari!-
- E' un cartone.-
- Bhè, fa schifo!-
- Glory ha un cuore, Glory ha un cuore...- cantilenò il Phyro.
- Se non taci ti cavo la lingua, se non taci ti cavo la lingua...- replicò lei, glaciale.
Ah, i bambini. Possono farti dimenticare qualsiasi cosa.
Senza una parola mise la mano sulla testa corvina di Lucas. Se lo portò vicino e i suoi occhi incontrarono le iridi celesti del figlio. Lucas non disse una parola, fronte contro fronte.
- Grazie.-
Forse Sirius aveva ragione.
Lucas sorrideva proprio come James.
- Sono bravo eh?-
- Molto bravo.- mormorò Harry.
- Basta fare luce.- ridacchiò, girandosi verso Glory - Ne hai azzeccata una.-
- Io ci azzecco sempre.- borbottò lei, senza distogliere lo sguardo dalla televisione.
- Si, come no.- e tornò a sorridere a suo padre - Comunque anche Tom è stato grande. Meno male che ci ha aiutato la sua amica, altrimenti non so come saremmo usciti da lì. Ha detto di tenerti d'occhio finché non torna domani notte.-
- Hn.-
Harry si prese Cosmo fra le dita, carezzandogli la testolina grigia e quelle due piume azzurre ai lati.
Tom. E Draco.
E adesso? E adesso che cazzo diceva a tutti quanti?
Che diceva a Draco?
A Hermione...
- Ecco qua.-
Elettra entrò in stanza con un sorriso dolce sulle labbra di fragola, con un vassoio in mano ricolmo di prelibatezze: caffè, latte, uova e bacon, fette di torte varie e...
- Io voglio la spremuta.- sogghignò Lucas.
E prendendosi un pugno scherzoso dal padre sulla testa, il Phyro dimostrò a sua madre ancora una volta che non c'erano parole più veritiere di quelle del Giocattolaio.
La paura...non era gradita ospite nel cuore di Lucas James Potter.
E mai lo sarebbe stata.
- Questo cartone è per maniaci.- sentenziò Glory all'improvviso - Vado a prendermi qualcosa da leggere.-
- Io vado al bagno.- berciò Lucas, molto prosaico.
- Ecco bravi, così sento qualcosa anche io.- disse Faith, mentre quei due sparivano in corridoio.
In effetti, il livello acustico alla Lucky House era arrivato a vette indecenti anche per un sordo, per questo la piccola Malfoy, passando per il corridoio sopra elevato sul salone centrale della villa, non udì ciò che avrebbe dovuto metterla in guardia. Nel corridoio, infatti, c'erano piccole colonne scure dai bassi e piatti capitelli sormontati da vasi.
I suoi passi felpati erano deboli, leggeri...e le arrivò appena un debole alito alle spalle che le sollevò i capelli sparsi a ventaglio sulla schiena.
Si girò, cercando di capire da dove arrivasse quello spiffero...ma tutte le finestre erano chiuse.
Ignorando la questione, riprese a camminare...e inciampò forse in un tappeto, perché cadde malamente e si sbucciò un ginocchio, proprio sotto un'altra colonnina.
- Ahi...- singhiozzò, restando seduta e guardando il sangue che le macchiava i pantaloni del pigiama bianco.
- Glory?-
La piccola si volse, con gli occhi lucidi.
Lucas era in mezzo al corridoio, al lato apposto, con uno spazzolino fra i denti.
- Ma che cavolo fai lì per terra?- le chiese. Poi sbarrò gli occhi, vedendo il vaso sopra la colonna, sulla testa della biondina, traballare pericolosamente.
- Stai attenta!- urlò.
Fu il suono dei cocci rotti e del vaso in frantumi e tirare fuori Draco Lucius Malfoy dal suo studio.
Vi si era chiuso dall'alba, Blaise era stato con lui per una mezz'ora, ma poi aveva deciso di lasciarlo nel suo brodo di...commiserazione? Si, forse.
Il suo umore era pessimo. Tetro e bellicoso.
Che si sciolse nella sua naturale apprensione paterna quando trovò il vaso in pezzi, sua figlia ferita al ginocchio e con un leggero bernoccolo in testa.
Bisogna dire che toccare sua figlia era come toccare la corona per la Regina Elisabetta, per questo si agitò più del previsto. La portò in braccio in cucina, tampinato da Lucas e si mise subito a curare il ginocchio di Glory.
- Che diavolo è successo?- chiese, allarmato.
- Sono...- la bimba tirò su col naso - Sono inciampata.-
- E il vaso com'è caduto?-
Draco la vide mordersi il labbro, nell'estremo sforzo di non piangere.
- Non lo so...devo aver urtato la colonna...mi dispiace...-
- Lascia perdere il vaso, fa lo stesso principessa.-
Strano.
Molto strano.
Lucas assottigliò le palpebre, levandosi lo spazzolino dalla bocca e risalendo le scale rapidamente.
Una volta nel corridoio sopra elevato, il Phyro si guardò attorno.
Una palla di fuoco si accese nella sua mano aperta, mentre girava su se stesso.
Spifferi. C'erano degli spifferi...e degli aliti come di vento.
- Hai scelto la casa sbagliata da infestare.- borbottò serio, osservando il vaso a terra - Riprovaci e andrai in giro a sbattere le tue lenzuola in formato flambé, stupido cadavere.-
Di sotto, in cucina, Draco fasciò il ginocchio di Glory e le mise una borsa del ghiaccio sulla testolina.
Ghignò, senza neanche accorgersene, continuando a vedere sua figlia che tratteneva le lacrime.
Una gli era sfuggita, rotolando sulla sua gota liscia e perfetta ma...evitava i suoi occhi.
Ah, era uguale a sua madre.
Uguale e...dannatamente orgogliosa.
- Scusa per il vaso, papà.- sussurrò di nuovo.
- Sai una cosa principessa?-
Glory alzò appena il visetto.
E suo padre le regalò uno dei suoi rari e veri sorrisi.
- Le donne con gli occhi lucidi sono sempre le più belle.-
Un tremulo divertimento balenò nello sguardo della streghetta.
- Dipende perché piangono.-
- Vero principessa.- le prese il mento fra le dita, delicato, per poi asciugarle lo zigomo umido - Ma in fondo tu sei sempre bellissima.-
Proprio come sua madre.
Grifondoro fin nell'anima...e Serpeverde nel riflesso del proprio essere.


Tom riaprì gli occhi alle due del pomeriggio.
Fissò il baldacchino di tessuto trasparente sopra il capo e l'aria estiva e dolce filtrava dalle portafinestre aperte, invadendo la camera di luce e salsedine.
Allungò la mano alla sua sinistra e trovò le lenzuola fredde.
Vlad era sparito.
Magnifico. E adesso chissà dove cazzo era andato...
Si mise a sedere, ma capì che era stata una pessima idea alla fitta lancinante che gli trapassò la schiena. Dannazione. Quella ferita non accennava a migliorare, sembrava solo divertirsi a torturarlo.
Qualcuno bussò alla porta e la testa fulva di Madeline fece capolino prima che potesse dire "avanti". Le buone vecchie maniere del Grifondoro non morivano proprio mai.
- Ciao tesoro.- sorrise la Nolan, cullando il suo bimbo in braccio - Stai bene? Ieri sera sei sparito.-
- Ahah...una favola. Maddy...hai per caso un antidolorifico?-
- Intendi roba babbana?-
- Si, a quanto pare le pozioni non mi fanno affetto.-
- E' per la testa o la schiena?-
- La schiena.-
- Aspetta, devo avere qualcosa in camera. Mi tieni Charlie?-
Eh, come no! Teniamoci il marmocchio! Una peste di mezzo metro con due denti in bocca e una mutanda piena di orsetti e un pannolino grande come una pala da neve. E lo guardava sbattendo gli occhioni celesti (possibile che fossero uguali a quelli di Damon come dicevano quei cretini di Serpeverde?) come per chiedergli perché all'alba delle due del pomeriggio lui se ne stava lì a letto come...un appestato? Un malato?
- Tom? Cosa fai?-
Ci mancava anche Neely. La Montgomery apparve sulla soglia con pantaloncini cachi e top bianco senza maniche, scollato all'americana. I capelli lisci erano raccolti in una treccia molle al lato sinistro del capo.
- Fai il papà?- sorrise, andando a sedersi sulla sponda.
- Si, in previsione di chissà che astrusa visione del tuo ragazzo. Maddy è andata a prendermi un antidolorifico per la schiena. Mi fa un male atroce, ma dovrei riuscire a mettermi in piedi.-
- Ma...- balbettò il piccolo Charlie, mettendosi in bocca un lembo del lenzuolo.
- Cucciolo.- Neely carezzò la testolina castana del piccolo mago - Sono adorabili da bambini. Poi mettono i primi peli e crescerli diventa uno spreco di tempo.-
Tom ridacchiò, lasciandosi andare sui cuscini.
- Damon dov'è?-
- Parla al telefono con Nora.-
- Nora?-
- Si...la sua amica.- Neely schioccò la lingua - Quella morta a Diagon Alley.-
- Sarai mica gelosa di un fantasma?-
- Oh, sono gelosa di lui in tanti modi, Tom.- gli sussurrò, guardando un punto imprecisato oltre la portafinestra.
Riddle levò un sopracciglio e stava per replicare quando dalla porta mezza spalancata non tornò solo Madeline con una dose di Demerol degna di stendere un cavallo da corsa, ma arrivarono anche quelle svitate delle Grazie già in bikini per il bagno del pomeriggio, Fern Gordon con un mojito per aperitivo, Olivia Andrews e tutta una squadra di Tassorosso capeggiate da Kara Kendall.
Motivo?
Bhè, a parte godersi per la prima volta la vista di un Tom Riddle a torso nudo e per nulla sbraitante, sembrava che la notizia che un certo biondo adone statuario con una gradinata da chiesa al posto degli addominali avesse fatto il giro del residence.
Quindi chi cercavano? Vlad.
Manica di allupate senza speranza.
Per non parlare dell'unica che entrò incazzata come una iena.
Cloe apparve sulla soglia con le braccia conserte sotto al seno, a squadrarlo dall'alto in basso tutto attorniato di fanciulle come un marito colto sul fatto.
Bella faccia tosta, pensò Tom seccato, filando in bagno per andare a farsi una doccia.
Comunque un vecchio detto diceva...tieniti stretto gli amici e ancora più vicini i nemici.
Detto fatto.
Quando entrò in una delle sale del residence dove i Corvonero avevano allestito un buffet dopo sbronza, trovò niente meno che il suo caro amico Stokeford intanto a divertirsi con le spade.
E chi era il suo avversario, che lo fronteggiava più che degnamente in mini di jeans e bikini nero?
Trix, tanto per cambiare.
- Ragazzi...- borbottò, attraversando la stanza, seguito da un codazzo di arrapate senza precedenti e andando al buffet dove evitò la spremuta con una smorfia - Vi sembra l'ora adatta per mettersi a giocare?-
- La tua amica è più divertente di te.- disse Vlad, parando un fendente sopra il capo.
- E il tuo amico è molto più divertente del previsto.- soffiò Trix con tono ammirato, levandosi la sigaretta dalle labbra morbide - Come stai Tom? Ti vedo fiacco.-
- Ho un taglio in testa, due ore di sonno al mio attivo, il Gran Canyon in mezzo alla schiena e del veleno al posto al sangue...cosa dici, sto benissimo. Alla tua sinistra.-
La Vaughn si abbassò di scatto, soffiando fra i canini, irritata per essersi fatta prendere di sorpresa da un colpo di quel demone che...Merlino, dire che era quasi imbattibile era dire poco. Era veloce quasi quanto la luce, potente negli affondi, imprendibile negli scatti, forte di muscoli e...scaltro come il diavolo in persona.
L'avversario migliore a cui si fosse mai trovata di fronte.
- Che cazzo succede?-
Milo entrò dal porticato con gli occhiali da sole sul naso e il canino avvelenato.
- Niente, faccio due tiri.- sorrise Trix - Cos'hai amore? Sei di pessimo umore.-
Morrigan le lanciò il cellulare che avevano in mano e lei lo prese al volo.
- Perché il lupastro ha il tuo numero di telefono?- sibilò.
- Deve bagnarci le piante nell'appartamento.- ironizzò la Vaughn - Ciao Asher...-
- Avete delle piante là dentro?- ghignò Tom, mandando giù del caffè corretto con Merlino solo sapeva cosa.
- Ma va.- Milo si mise al suo fianco, grugnendo - Pare che Greyback sia andato a caccia da solo nelle ultime notti. Insieme e Edward e Clay.-
- Trovato nulla.-
- Forse qualcosa di buono. Quelli della Disciplinare hanno passato a Jess una soffiata.-
- Si, una carogna.- Riddle fregò le sigarette a Vlad, accendendosela godurioso - Che hanno detto?-
- Una volta tornati dovremo andare in un locale dove pare che Donovan passi la maggior parte delle sue serate libere.-
- Non mi sembra uno da Azmodeus Club, infatti.-
- Già. Pare sia sola una casa da gioco. Per quelli del Ministero.- Milo scosse il capo - Un bordello presumo. Ma per arrivarci bisogna avere un pass che ha il loro agente.-
- E chi sarebbe?-
- Una babbana che bazzica a Myfair. Clay la conosce di vista, si chiama Nicole.-
- Una babbana?-
- Già. Pare sia la figlia di un Magonò che ripuliva le stronzate del vecchio Orloff. Ora è passata in consegna ai nuovi pescecani. Facendolo rischiamo di pestare i piedi a Dibble, anche se Jess è sicuro al 90% che il Ministro non sia implicato in questo porcile.-
- Le vostre facce questa tizie le conosce, presumo.-
- Si, infatti dovremo preparare un piano prima di andare e beccarla.- Morrigan sbuffò - Trix, hai finito di parlare con Greyback o no? E quand'è che cambi scheda eh?-
- Asher devo andare.- sospirò la Diurna, roteando le pupille - A sua maestà Leoninus stanno girando i cinque minuti. Si...si, ok, glielo dico. Ciao, a stasera.-
- Perché deve chiamarti anche stasera?- berciò Milo.
- Dicono che la gelosia sia un bel mostriciattolo verde.- rise Tom.
- Si e tu ne sai qualcosa.- soffiò Vlad, arrivandogli vicino e accendendosi a sua volta una sigaretta, ignorando cibo e bevande - Hai intenzione di muovere quella schiena o di restare paralizzato come una cazzo di mummia?-
- Ho dei punti sulla schiena che si sono già aperti trenta volte, trenta.-
- Non hai un amico Medimago?-
- Non so se si è capito...ma mi fa un male porco.-
Stokeford sbuffò, soffiandogli il fumo in faccia.
- Fa come vuoi. Il Lazzaro l'hai preso? Forse dovresti iniziare a considerare l'idea di tua madre.-
- Farci un bagno dentro?- chiese Milo.
- Per pochi minuti potrebbe anche funzionare.- sorrise Trix, attaccandosi al pranzo - Però ci sarebbero gli effetti collaterali. Non hai chiesto a Draco il rapporto in proporzione?-
- Non ho voglia di rischiare di restare così per sempre.-
- Bah.- Vlad lo guardò di striscio, veramente stranito - Vuoi invecchiare e raggrinzirti?-
- Sai, agli esseri umani succede così.-
- Ma fra crepare vecchio e sclerato e crepare con una dose letale di veleno in circolo...- sogghignò Trix - Sinceramente non so a chi dar ragione.-
- Tu non fai testo, sanguisuga.- disse Cloe, arrivando con un cumulo di posta dalla Gran Bretagna - Se volete la mia opinione, il fuoco è fuoco. Morire in un modo o nell'altro non fa differenza. Gente!- urlò poi, per farsi sentire - Lettere da casa!-
Oltre alla Gazzetta del Profeta, i ragazzi ricevettero notizie alquanto bizzarre leggendosi il Cavillo in spiaggia, una mezz'oretta dopo.
- "Il Primo Segretario della Difesa, Wilson Donovan, si difende strenuamente dalle accuse che sarebbero piovute addosso al Ministero della Magia Britannico in seguito alla Desigillazione del mago Thomas Maximilian Riddle, figlio di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Le nostre fonti, in questo caso gli avvocati della famiglia Black e Malfoy, hanno assicurato che si tratta di un caso di abuso di potere e il Primo Segretario, insieme con alcuni Consiglieri Anziani del Wizengamot, sarà messo sotto inchiesta fra una settimana. Stesso caso per l'Imputato, il signor Riddle, che dovrà rispondere al Ministero riguardo la sua fuga dal suo Segreto in cui era stato Sigillato."- lesse Neely, seduta sulla sdraia in costume fra le gambe di Damon - "Pare che l'Imputato Riddle sia ancora una volta sotto l'ala protettiva dell'eroe dei maghi Harry Potter, il bambino sopravvissuto. C'è da chiedersi cosa ancora dopo otto anni leghi Harry Potter al figlio del suo più grande nemico...."-
Trix fece una smorfia, abbarbicata sulla sdraia di Tom con Vlad - E' la Skeeter, vero?-
- Chi altri?- fece Cloe, a occhi chiusi dietro le lenti scure - Hermione avrebbe dovuto sistemarla quando poteva.-
- Questo Donovan è quello che veniva per i Controlli?- bofonchiò Vlad.
Tom annuì - E anche quello della Dama dell'Acqua.-
- Mi ci va poco a sistemartelo.-
Riddle rise in un modo strano, fissando il demone negli occhi in una maniera che alla King non sfuggì.
- Grazie dell'offerta. Ma preferisco risolverla in maniera giurisdizionalmente corretta.-
- Cosa che non faranno i Consiglieri.- sibilò Damon - Donovan non vede l'ora di masticarti e sputarti fuori per usare le tue falangi come stuzzicadenti.-
- State sciolti ragazzi.- li placò Milo, che stranamente non aveva prestato la minima attenzione alla lettura del Cavillo - Duncan ha i suoi piani per quei topi di fogna...-
- C'è qualcosa che non va?- gli chiese la King, alzandosi in piedi - Cosa guardi?-
Morrigan tacque, allungando il braccio alla loro sinistra e puntando il dito sulle dune - Mi prenderete per pazzo, ma sento nell'aria l'orrido lezzo di quell'incenso che c'è al Quartier Generale.-
- Parli degli incensi di Gillespie?- ghignò la Diurna - Tesoro, finirai per sentirti perseguitato dal capo. E poi sai bene che non è incenso.-
- Non è quello...va bè, anche.- Milo guardò Cloe, attentamente - Senti qualcosa oltre quelle dune?-
- Intendi una presenza?-
La domanda stavolta attirò la curiosità di tutti.
- Siamo spiati?- chiese Sedwigh, raggiungendoli.
- Siamo stati a cavallo neanche cinque minuti fa.- borbottò Oliver, attaccandosi subito a Cloe - Non abbiamo visto nessuno nei paraggi.-
- Ha ragione lui.- sentenziò Tobey, arrivando sulla sua sedia magica - Gente, io e Travers abbiamo scelto questo posto perché non c'è anima viva in giro.-
- Sarà...ma...- Cloe chiuse le palpebre - Prima c'era qualcuno. Ha ragione Milo.-
- C'era.- Morrigan annusò ancora l'aria - Sparito. L'incenso è sparito.-
- Per me te lo sei sognato.- sospirò Trix - Amore, sarà il profumo di qualcuna delle ragazze.-
- Si, Eau de Oppio Parfum.- fece la King, sarcastica - Era una presenza debole. Non so dirvi se mago o babbano, ma non era pericolosa.-
- Meglio per lui.- disse Milo fra i denti - Bene ragazzi, spettacolo finito.-
- Meglio andare a dare un'occhiata comunque.- disse Sedwigh - Così, per precauzione.-
- Ci fossero grane ve lo direi.- lo fermò Damon, afferrandolo per il braccio - Travers ha messo una barriera su tutto il residence. Nessun estraneo può entrare. Vedrai che non è niente.-
- Si ma...sai, con gente indagata insieme a noi forse dovremmo esserne certi.- attaccò subito Oliver.
Se l'era aspettato ovviamente.
Lui non se le cercava le occasioni, sarebbe stato troppo apertamente sfacciato e davanti a Cloe non l'avrebbe fatto, ma sapeva comunque quando gettare i suoi malefici ami a cui Tom, però, non abboccava mai.
E questo forse lo indispettiva.
E anche parecchio.
- Hai intenzione di ucciderlo prima o poi o...- abbozzò Vlad al suo orecchio, sagace.
- Non tentarmi.- masticò Tom, portando pazienza.
- Senti...vado a casa per qualche ora, torno stasera.-
Riddle annuì, mettendo il solito broncio - Porta Brand e Val se hanno voglia.-
- Sai che Val non verrebbe.-
- Perché?-
Stokeford gl'indicò Damon con un cenno del capo.
- Oh, a proposito dell'aureola! Ho visto la lucina con gli occhiali di Brand!-
- Allora hai capito...-
La faccia angelica di Riddle stava dicendo tutto il contrario.
Dio. Non era una cosa tanto difficile.
- Dirò a Caesar di mandarti una storiografia sui Pacificatori.-
- Sui che?-
- Mi spieghi che cazzo studiavi per otto ore al giorno in biblioteca?-
- Un modo per suicidarmi e farla franca.-
- Molto divertente.- Stokeford si abbassò al suo orecchio - Vedi di restare in forze. Cominci a venirmi a noia.- e mentre Cloe serrava i pugni, Vlad se ne andò col sogghignò bieco di Tom piantato in mezzo alle scapole.
Ma in fondo si sa...mai svegliare il cane che dorme.
- Propongo una cavalcata.- disse Neely, alzandosi dalla sdraia.
- Vengo anche io.- Cloe passò accanto a Tom rigida come una scopa - Damon vieni?-
- Tom?- fece Howthorne.
- Manderò giù un altro Demerol più tardi. D'accordo.-
- Tesoro noi andiamo in due?- soffiò Oliver accanto alla King.
- No, preferisco cavalcare da sola.-
- Ma dai, in due è meglio.- e le carezzò sensualmente il braccio, come per farsi vedere.
- Fa come vuoi.- cedette alla fine la bionda.
Merlino e Morgana, In Lust We Trust prendeva la gente proprio per sfinimento.
Ma come faceva a sopportarlo?
Tom raggiunse le scuderie del residence insieme agli altri e trovarono Stewart Travers insieme a quegli svitati di Corvonero. Stavano strigliando i cavalli usati quella mattina dai malati di iper attivismo e scambiarono quattro parole mentre Oliver e Damon prendevano le montature per tutti.
- Se vuoi gli manometto la sella.- sussurrò Matt Rogers, facendo finta di tossicchiare attaccato a Riddle - Così magari cade e si spacca l'osso del collo.-
- Ah, che cattiveria.- sogghignò Trix, facendolo ancora arrossire dopo otto anni - La tua ragazza lo sa che sei così perfido? A proposito, qual è?-
- La moretta coi capelli corti che ieri sera ti ha guardato male per tutto il tempo.- la informò Jeff Lunn.
- Cosa? Quella con quei magnifici sandali di Cavalli?- allibì la Vaughn - Ha un gusto fantastico!-
- Sarà felice di sentirlo.- frecciò Tom - Dì Matt...ma non te l'hanno insegnato che non si parla delle ex fiamme con aria allupata di fronte alla fidanzata di turno?-
- Mi sarà scappato qualche particolare di troppo. E poi è babbana, non posso mica dirle che Trix è mezza vampira...- si scusò lui - Comincerà a fare domande e non la finirà più.-
- Si, come no.- rise Oliver, passando loro accanto tirando le redini di un pezzato che cavalcava Cloe con la sua famosa destrezza - Ieri sera a cena le hai tessuto tutte le lodi di Trix dalla A alla Z. L'argomento ex, anche se non siete mai stati insieme, sarebbe da trattare con più delicatezza, sai Rogers?-
- Ognuno ha il suo passato, gente.- fece Damon, teatrale.
- Si e il tuo è vergognoso.- lo pungolò Neely - Prevedevi i risultati delle scommesse per Cloe. Lei e Stewart sono diventati ricchi solo grazie a te.-
- Col cavolo, andavo a naso. E poi chiedevo conferma a lui.- chiarì la Sensistrega - Forza, montate in sella.-
- Quanto starete via?- chiese Travers - Così so a che ora mettere su il cocktail delle quattro.-
- Ma manca un'ora alle quattro.-
- Fa fine chiamarlo così, anche se tornerete alle sette.-
Travers non cambiava proprio mai.
- Dacci due orette.- gli disse Neely, stretta alle spalle di Damon - Intanto vedete di decidere dove andare stasera.-
- Com'è che si chiamava il locale dove sei stato ieri sera Tom?-
La voce di Cloe gli scivolò addosso untuosa e sarcastica.
- Baguette?-
Lui abbassò lievemente il capo, grattandosi la testa.
- Ecco...forse non è il posto adatto...-
- Sei andato a rimorchiare con David Beckham e non me l'hai detto?- allibì Stewart - Bastardo...deciso, stasera si va in paese! Sto' posto ha delle camere a ora?-
- Porco.- scandì Neely - Ci vediamo fra due ore.-
- Ok, ma state attenti. Restate sulla spiaggia.- li avvisò Lunn - E se vedete babbani cercate di non dire dove siamo. Quelli non si fanno mai i cazzi loro.-
- Ci arrangeremo.- annuì Trix, dando un colpo leggero ai fianchi della sua puledra - Forza, leviamo le tende.-


Lucilla dei Lancaster fissò il calice d'acqua che si era frantumato a terra.
Dal bordo del tavolinetto del salone, di fronte al camino spento, cadevano ancora delle minuscole gocce d'acqua.
Il ghiaccio era sparso sul tappeto.
Un cubetto toccava la punta della sua decolletèe color pesca.
Odiava il pesca.
Odiava tutta la gamma del rosa a meno che non fosse stato un rosa lampone o un rosa delle nuvole dopo il temporale.
Ma lei odiava il pesca.
- Evanesco.-
Lucilla levò gli occhi di nebbia quando Sofia Ilyana Mckay si sedette sul divano, proprio di fronte alla sua poltrona.
La cognata le sorrise vacuamente, poggiandosi su un gomito.
- Ciao.- sussurrò la demone.
- Ciao.- Sofia posò la borsetta al suo fianco, accavallando le gambe inguaiate in una gonna di seta cotta dallo sfavillante color rosso, simile al fuoco - Ti ricordi? Dovevamo uscire.-
Lucilla sbattè le ciglia per un istante.
Uscire?
Si...ricordava vagamente qualcosa.
Due...o tre giorni prima aveva parlato con Rose.
Sua suocera le aveva chiesto di andare con lei a Diagon Alley quel week end per le ultime occasioni d'oro da Madame Cerise che vendeva a prezzi astronomici, si, Rose Mckay aveva strane idee sulle occasioni, alcuni pezzi delle sue collezioni d'alta moda solo a clienti molto affezionate.
Essendo disgustata alla sola idea di essere tratta ancora una volta come una bambola col corredo ed essendo anche sola in casa, la Lancaster aveva pensato che sua suocera avesse chiesto a lei di accompagnarla a fare spese perché Liz era andata all'Associazione Strega e Nobildonna, così aveva declinato l'invito con la solita cortesia, adducendo al fatto che Sofia l'aveva invitata a una mostra alla Tate Gallery nell'orario per la popolazione magica.
E ora Sofia era lì, che la guardava maliziosa.
- La prossima volta che ti devo coprire, avvisami...lo farò più che volentieri visto che anche io sono scampata al Massacro di Madame Cerise.-
Lucilla stirò un tremulo ghigno.
- Scusami. Mi è passato di mente.-
- Come ti è passata di mente la cena dalla Rainolds ieri sera. E, a quanto dice Elisabeth, anche la seduta dalla manicure la scorsa settimana.-
- Sono sicura che Liz avrà ampiamente ripagato la mia scortesia con le sue buone maniere.-
- Oh, questo senz'altro.- Sofia tirò fuori un portasigarette di legno intagliato dalla borsetta, estraendone una che si accese con aria pensosa - Ma sai...dubito che la sua preoccupazione per il tuo benessere sia reale, ma mia madre mi ha stupito molto quando stamattina mi ha buttato giù dal letto per dirmi che ti trova giù di corda.-
Non fosse stata così apatica quel giorno, Lucilla avrebbe trattenuto un risolino.
Rose Mckay che si preoccupava per lei?
Ridicolo.
- La mamma dice che è una cosa che si protrae da qualche mese.-
- Addirittura?- Lucilla si lasciò andare contro l'imbottitura della poltrona - Avrà sentito Tristan parlarne con Jess.-
- Quindi c'è davvero qualcosa che non va?- Sofia dette un tiro, fissandola attentamente - Se devo dirla tutta, ho dato della rompiscatole a mia madre facendole notare che il suo costante soffiarti sul collo, come quello di Elisabeth, avrà finito per stremare anche la tua storica pazienza ma...- la scrutò da capo a piedi, specialmente il viso leggermente tirato e le ombre scure sotto gli occhi -...ammetto anche se mia madre non ha tutti i torti.-
- Non mi sento in forma, se è questo che intendi.-
- Perché?-
Sofia rise, vedendola tanto ritrosa.
- Andiamo.- la incalzò - Non sono mia madre.-
- Oh, la differenza è plateale, te l'assicuro.-
Lieta di sentirlo, Sofia ciccò nel portacenere sul tavolino di cedro.
- Mi verso del whisky. Vuoi qualcosa?-
- L'alcool non mi aiuta.-
- E' un sollievo.- rispose la Mckay, andando al bancone dove suo fratello maggiore teneva di tutto, dall'acqua e al latte, alla benzina - Il fatto che dimentichi le cose centra col tuo malessere?-
- Può darsi.- ammise Lucilla, tenendosi il capo con una mano - Dormo più del solito...-
- Quindi sei ore al giorno.- rise l'altra.
-...e vorrei stare incollata a Tristan tutto il giorno.- e sogghignò finalmente - Ma non nella maniera che credi tu. Bhè...anche, ma non principalmente.-
- Il sesso va bene?-
Sofia sorrise deliziata vedendola quasi arrossire.
- Ti prego, questo week end Sarah è stata trascinata da sua madre nel Devon per una vendita di beneficenza di anticaglie inutili per gli elfi senza tetto. Dovrò pur farmi due sane chiacchiere fra donne con qualcuno.-
- Aspetta Elisabeth.-
- Ah, ringraziamo Morgana allora.- frecciò acidamente - Quella si veste come mia nonna da giovane. E guarda che Nadine era campionessa di austerità da ragazza. Fino a quando non ha capito che sposarsi sette volte e di conseguenza levarsi dai calderoni gli uomini è più divertente che tenerseli. Ma Liz lo considera immorale e poco per bene.- mandò giù due dita di whisky, osservandola da sopra il bicchiere - Ma tu forse questo non glielo diresti mai, vero?-
- No.-
Lapidaria e diretta.
Sofia se l'era aspettato.
- Tristan pensa che tu sia depressa.-
- Sono un demone. Non posso essere depressa.-
- Vivi fra gli umani però.- disse la strega, posando il bicchiere sul tavolino - Coi loro problemi e le loro beghe. Hai una suocera che ti sta attaccata come una zecca a un croen, con tutto il dovuto rispetto per mia madre; una governante che fa da padrona qui dentro e che pensa di crescere tua figlia come meglio le aggrada...e tu stai sfiorendo qui.-
- Non dovevamo andare a una mostra noi due?-
Sofia non cedette di un millimetro, neanche di fronte al suo fastidio.
- Ti sto dicendo che questo ambiente ti sta lentamente strangolando.-
- Non mi serve aria.-
- Ma hai mal di testa. Perennemente. Fai cadere le cose, ti ferisci anche con un tagliacarte, sei esageratamente preoccupata per i problemi sentimentali di Degona, quando sai bene che è più matura di me e te messe insieme... e hai un problema con Elisabeth.-
- Lo so.-
- Allora mandala via.-
- Non posso.-
- Perché no?-
- Prima di tutto tua madre...-
- All'inferno mia madre, questa è casa tua.-
- Ha cresciuto Degona.-
- Fino ai quattro anni. Il resto è opera tua, anche se lei tende a ricordarti ogni volta il contrario. E se posso permettermi, io le avrei ricordato qual è il suo posto già tanto tempo fa.-
- Non ho voglia di drammi, Sofia. Ecco tutto.-
- Ma hai voglia di appoggiarti a Tristan, mi hai detto.-
Lucilla deviò lo sguardo, posandolo sul caminetto spento.
Tristan.
Negli ultimi tempi, stare con lui, toccarlo, abbracciarlo, farsi coccolare, baciarlo...anche solo vederlo di sfuggita, o sentire la sua voce da un'altra stanza...era diventata la parte più bella della sua giornata.
Ma era anche...sempre più stanca.
Stremata.
Come se le forse le fossero venuto meno da quando Tom era stato rapito da Cameron Manor.
Qualcosa in lei non andava.
Si stava ammalando...
Ma era possibile?
I demoni potevano ammalarsi?
- Non può essere depressione.- ammise, con un mezzo sogghigno di sprezzo verso se stessa - Ma ammetto che arrivo a sera a volte scopro di avere dei vuoti. Dei buchi...non ricordo cos'ho fatto di particolare in giornata.-
- Non c'è nessuno da cui puoi farti vedere?-
- Non esistono demoni con poteri curativi.-
- Ma la maggior parte sono millenari. Forse sanno dirti cos'hai.-
- Sanno cosa succede ai demoni. Non a...una che lo è diventato dopo.-
- Lucilla, parliamoci chiaro...vuoi tenerti questa cosa? E fare la derelitta qui in casa?-
- Certo che no.- disse debolmente.
- Non sembri la stessa persona che conosco. Tristan è preoccupato.-
Stava per stupirsi, ma si fermò dandosi della sciocca.
Come aveva fatto a scordarselo?
Tristan le aveva proposto un viaggio...di prendere delle ferie dal Ministero, per portarla ovunque avesse voluto.
Si era scordata anche quello.
Urgeva una soluzione.
E in fretta anche. Ma non sapeva cosa fare.
- Una donna normale andrebbe prima in banca, poi dal parrucchiere, dalla sarta, quindi in tutte le boutique di Londra.- le sorrise la cognata - Tu che vuoi fare? O forse non è un bene chiederlo a un demone.-
Infatti.
La Lancaster capì che l'unica cosa che l'avrebbe fatta sentire un po' meno derelitta, ora come ora, era distruggere qualcosa. E non una macchina o dare fuoco a un cassonetto.
No, no.
Voleva spaccare qualcosa di grosso.
Ci stava ancora rimuginando sopra, quando un elfo domestico l'avvisò che era arrivata Sarah. E grazie a Merlino, senza sua madre. La moglie di Jess sembrava uscita da un incubo e con aria assassina mostrò quello che aveva dovuto comprare per gli elfi senza tetto.
- Un quadro...- Sofia emise un risolino - Quell'affare è un quadro?-
La classica tavola bianca con un puntino nero in mezzo.
- Io lo brucio.- sibilò Sarah, andando a sedersi con loro e al contempo agitando la bacchetta verso il ripiano del pianoforte a coda che era appartenuto a Jess, da ragazzo - Lucilla c'erano dei gigli stupendi, te ne ho portato un mazzo di quelli bianchi. So che li preferisci a quelli screziati.-
- Si, sono bellissimi.- ammise, annusandone il delicato profumo che le fece tornare alla memoria sua madre - Grazie Sarah.-
- Oh, figurati. Per così poco. Allora, salvatemi dalla noia. Di cosa parlavate?-
- Oh, per tutti i maghi!- tuonò improvvisamente una voce nell'ingresso di Cedar House.
Sofia e Sarah si sporsero dai braccioli del divano, sentendo la voce acuta di Elisabeth Jenkins che sbraitava per tutto l'immenso salone. A quanto pareva stava sgridando gli elfi.
- A quella poveretta serve un calmante.- borbottò Sarah.
- Puoi sempre regalarle il tuo quadro.- disse Lucilla, quando un povero elfo scappò via piagnucolando - Liz!- alzò la voce, per farsi sentire - Liz!-
La Jenkins apparve sulla soglia in un serioso ed elegante tailleur pantalone, anche quello color pesca.
Ora Lucilla ricordava.
Gliele aveva fatte fare Liz le scarpe che portava in quel momento.
- Io non so più cosa dire!- sentenziò la governante - Sono costernata! Aveva detto specificatamente alla servitù che per stasera dovevano far sparire la tappezzeria Recengy dall'ingresso! L'oro e il giallo non sono i colori di luglio!-
- Un bel problema.- buttò lì Sofia.
- Scandaloso, cara.- la corresse - Ma mi sentiranno! Con tutto il lavoro che ho da fare...- e tirò fuori un blocco dalla borsetta, con una penna Prendi Appunti dello stesso color pesca del suo tailleur - Oh, comunque meno male che siete ancora qui signore. Dunque, vi devo dare un paio di avvisi. Charlene Rainolds vi ha invitate al suo party, domani sera, dopo la serata al Royal Festival Hall. Danno l'Aida.-
Meglio un Cruciatus, sussurrò Sofia all'orecchio di Sarah che cercò di non ridere a crepapelle.
- Ovviamente vi ho già prenotato i posti e ho fatto in modo che i turni di Jess e Tristan s'incastrassero perfettamente. Ho già chiamato anche Andrew, Sofia, così nessuna sarà sola.-
Il sogghignò si spense subito dalle labbra della Mckay.
Dannazione.
Andrew McCormac, alias suo marito, poteva considerarsi finito.
- Oh, ci sarà tutta l'alta società.- ricordò loro, giuliva - Mi raccomando, vi ho anche prenotato sarta e parrucchiere.-
E una devitalizzazione no?
-...e da ultimo, la prossima settimana ho organizzato un piccolo rinfresco pomeridiano per Degona.-
- Dena?- Lucilla si risvegliò improvvisamente - Perché?-
- Oh ma tesoro.- Liz fece saettare un bianco sorriso di superiorità - Presto saranno due anni che Degona lavora presso la Hayes, come tu le hai gentilmente permesso. Credo che sia una data da festeggiare, non credi?-
Ucciderla.
Farla tacere.
Quello era l'istinto del demone che riprendeva il sopravvento.
Stava capitando troppo spesso di recente.
E ancora più spesso la vedeva come un insetto che poteva facilmente pestare sotto le sue maledette decolletèe color pesca.
Fortunatamente per Elisabeth rientrò Tristan, gettando spada e tracolla su una poltrona dell'ingresso senza stare a sentire i mugugni della loro governante.
Fu felice ricevendo il luminoso sorriso della moglie, al suo ingresso, e la ricompensò con un bacio dolce ed esigente.
- Molto bene.- squittì Liz - Vedo che per ora può bastare. Tristan, caro, poi dovresti concedermi la tua attenzione.-
- Si e anche le tue grazie.- gracchiò Sofia, quando la Jenkins se ne fu andata.
- Tu non hai altro da fare, sorellina?- borbottò l'Auror.
- Uccidere quell'oca spennacchiata ti andrebbe bene?-
- Per favore.- la tranquillizzò Sarah, versandole altro da bere - Allora Tristan? Com'è andata oggi?-
- Novità sulla copertura di Donovan e di Badomen?- lo incalzò anche Lucilla, mentre lui si sedeva sul bracciolo della sua poltrona, attaccandosi direttamente a una bottiglia di brandy alle albicocche.
- Hn.- annuì, mandando giù un sorso di fuoco puro - La soffiata della Disciplinare del Quinto Livello ha dato i suoi frutti. La ragazza si chiama Nicole, il cognome che ci hanno fornito è falso e non siamo ancora risaliti a quello vero, ma di per certo sappiamo che quando è libera dal guinzaglio di Donovan lavora a Myfair, al 43 South Molton Street.-
- E' un locale molto alla moda fra i babbani, mi pare.- disse Lucilla.
- Esatto.- annuì lui, carezzandole dolcemente la spalla, mentre continuava a parlare - Questa raccatta i clienti per la casa da gioco dove s'imboscano quelli del Ministero. Basta pizzicarla, farsi dare un invito per la prossima riunione e mandare uno dei ragazzi a fiutare l'aria. Duncan è inferocito, sarebbe capace di fare irruzione e sputtanare metà dei lavoratori del Ministero, ma ha le mani legate, come Dibble.-
- Quindi che farete?-
- Mandiamo qualcuno che questa Nicole non abbia mai visto. Quindi non un Auror.-
- Pensate a qualcuno in particolare?- gli chiese Sarah.
- Non Asher e neanche William.- chiarì subito - Al Ministero sono quasi tutti schedati. Vedremo se Damon avrà voglia di accettare un piccolo lavoretto extra. O dovremo rivolgerci a un Mutaforma.-
- Con quelli si rischia sempre.- l'avvisò Lucilla, stringendogli forte la mano.
- Lo so.- ammise Tristan, chinandosi a baciarle la fronte - Ma se vogliamo salvare Tom, è meglio che iniziamo a muovere le prime pedine.-
E poi, aspettare.
Per vedere la prossima mossa del nemico.

 

 

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 27° ***


tmr27

 

 

 

 

Ok.
La vita era già abbastanza dura di suo.
Si nasce.
Questo è già abbastanza duro di per sé.
Per fortuna poi si crepa.
C'è chi sopporta la peste, la fame. Le suocere. I banchieri.
C'è anche chi sopporta i Mangiamorte e gl'Illuminati.
Thomas Maximilian Riddle era uno di questi. Che sopportava Mangiamorte, Illuminati, fame no...peste neanche.
Ma cazzo...In Lust We Trust era molto peggio della peste.
Erano usciti in gruppo dal residence da neanche due ore e, all'inferno, il bastardo gli aveva fatto imbizzarrire il cavallo almeno tre volte, ad ogni trotto e quando si fermavano, sulle dune, per permettere a Neely, che guidava i ragazzi, di orientarsi secondo le indicazioni di Travers e Tobey Williams.
E guarda caso, ogni volta, a ogni momento di calma, Oliver Trust si piazzava accanto a lui.
Attaccava bottone con qualche cazzata e qualche frecciata non molto ortodossa, per poi colpire i fianchi della sua cavalcatura e far imbizzarrire il suo cavallo di riflesso.
Ah, prima o poi gli avrebbe stretto le mani a quel collo da tacchino.
E poi avrebbe voluto rivederlo quell'unicorno, ad avvicinarsi a lui senza battere ciglio!
- Siamo quasi arrivati?- chiese, fissando Neely oltre gli occhiali dalle lenti scure.
La Montgomery lo fissò un attimo, poi notò la mano posata sul fianco ferito.
- Forse non saresti dovuto venire.- gli disse, pacata - I sobbalzi ti aggraveranno.-
- Lo so. Ma fa lo stesso, stasera manderò giù dell'anestetico.-
- In poche parole dell'alcool.- rise Damon, che era sceso da cavallo solo per controllare il territorio circostante. Risalì dietro Neely, prendendo le redini e si volse leggermente indietro, dove Trix chiacchierava al cellulare e Cloe e Oliver, guarda che caso, discutevano per i fatti loro.
- Ragazzi.- richiamò Howthorne - Ho trovato un posto, possiamo fermarci a mangiare qualcosa.-
- Preferisco farmi succhiare vivo da Trix.- masticò Tom fra i denti.
- Ok, a chi arriva prima Damon?-
Riddle sentì solo Trust urlare quella sfida, perché tempo un secondo il bastardo gli sfrecciò accanto al galoppo. E di nuovo, spaventò il suo cavallo. S'imbizzarrì, ma la Vaughn fu abbastanza pronta di riflessi per Smaterializzarsi, afferrare le redini e carezzare il capo del sauro, tranquillizzandolo.
L'animale era già abbastanza provato, anche se mai come il suo fantino, che decise di scendere prima di farsi disarcionare con seguente rottura dell'atlante.
Scese dalla sella, carezzandolo dolcemente il fianco destro del sauro.
- Tutto bene?- gli chiese la Diurna.
Tom fece una smorfia, prendendole le redini.
- Adorabile, non è vero?- sogghignò la Vaughn, dandogli una pacca sulle spalle - Meglio andare a piedi.-
- Si, lo credo anche io.-
S'incamminarono vicini, lei che seguiva con gli occhi i compagni.
Lui che...con gli occhi, si guardava attorno. Studiava il cielo.
Un cielo quasi gonfio di nuvole.
Pronto alla pioggia.
Pioggia.
Un sorriso gli piegò le labbra, senza che nemmeno se ne accorgesse.
- Sembri il gatto che sta per mangiare il topo.-
- Dici?- rise, volgendosi verso di lei, mentre il vento le scompigliava i capelli neri - No, pensavo al tempo.-
- Davvero?-
- Ti piacerebbe una rissa?-
- Per una fanciulla non c'è niente di più di romantico che un duello fra due uomini solo per lei.-
Rovesciando il capo all'indietro per l'ilarità, Tom ricordò quella notte di otto anni prima.
La sfida.
Lui che sfidava Prentice per "l'onore" di Cloe.
E lei, che dopo la sua vittoria, gli cambiava i connotati con un ceffone.
- Non gli piaccio per niente, vero?-
- Ah, Tom. Mi rifiuto di cercare di capire voi maschi.-
- Almeno non ho cercato di spezzargli l'osso del collo.-
- Non ancora.- sussurrò la Diurna, quando raggiunsero l'insenatura di un laghetto, uno dei tanti della Camargue, attorniato da tanti altri acquitrini, con l'erba alta, verde e soffice.
Un branco di cavalli selvaggi, bianchi e grigi, passava lì correndo, al galoppo.
Gli altri si erano fermati alle sponde del laghetto.
Avevano steso una coperta, chissà che Trust non l'avesse trovata troppo grezza per il suo regale culo e fosse andato a mettersi ammollo in acqua, tanto per levarsi dai piedi.
Neely gli sorrise sotto i baffi, quando li raggiunsero e gli passò un bicchiere pieno di vino bianco.
- E' la merenda.- gli disse, scrutandolo ancora - Stai meglio?-
- Si, due passi sono meglio di un dondolio perpetuo.-
- Ragazzi, cibo solido.- li richiamò Damon, agitando la bacchetta e facendo apparire sulla coperta tre taglieri quadrati pieni di tartine squisite - A meno che tu non intenda l'alcool per cibo solido.-
- Posso anche fare uno strappo.- tubò Riddle, raggiungendolo e faticando a sedersi vicino al Legimors.
- Stai peggio?-
- Abbastanza.-
Tom si lasciò andare sdraiato, incrociando le braccia dietro alla testa.
- Forse dovresti aumentare la dose del Lazzaro.-
- Forse la prossima volta dovrei restarmene a casa mia.-
- Si, può darsi. La prossima volta dovresti proprio restartene a casa.- commentò Trix, andando a sedersi e poggiandosi alla gamba ripiegata di Riddle - Ma con noi.-
- Hn, divertente.-
Sostanzialmente fu una merenda tranquilla, anche se a Trust, per caso fosse andata di traverso una tartina, a Riddle non è che sarebbe dispiaciuto poi tanto. Chissà come sarebbe stato vederlo esalare a terra l'ultimo respiro.
A forza d'ingozzarsi prima o poi si sarebbe davvero strangolato.
Ah, viva la legge del tre.
- Buone. Sul serio.- commentò la King - Chi le ha fatte?-
- Amy Post.- sbadigliò Neely - Fa la cuoca.-
- Mestiere interessante.- Oliver passò un braccio sulle spalle della fidanzata - Per chi lavora?-
- Ehm...credo in quel ristorante di Myfair. All'angolo con Chesterton Road.-
- Lo conosco. È un locale fantastico. Anche se il prosciutto italiano è quello migliore.- continuò Trust, sorseggiando dal suo bicchiere - L'ultima volta che ci sono stato ho mangiato divinamente.-
- L'ultima volta che ho mangiato divinamente è stato stamattina. Il plasma francese è ottimo.- celiò Trix, facendo ridacchiare Damon e Tom.
- Sai com'è.- le disse Oliver - Ogni tanto espatriare fa scoprire nuovi orizzonti.- e portò la sua attenzione su Riddle, ancora sdraiato a terra - Spero di non essere inopportuno per te.-
C'avrebbe giurato.
Tom ghignò, aprendo appena un occhio.
- Oh, non preoccuparti. Io e l'Italia siamo rimasti in buoni rapporti.-
- Eccolo che inizia.- sibilò Damon a bassa voce, infilando il naso nel flute.
- Ma va?- Trust parve piacevolmente e sarcasticamente stupito - Sei stato in Italia? E cos'hai visto?-
Riddle si versò altro vino, con un sorriso smagliante - Oh, i bassifondi di Milano. Zona interessante.-
- Ma immagino non sarai mai stato da nessun'altra parte. Vista la tua condizione.- disse l'altro mago, con fare fintamente dispiaciuto - Io e Cloe pochi mesi fa siamo stati in Danimarca. Ti sarebbe piaciuta.-
- Al contrario. Detesto i Fiordi in generale.- Tom gli piantò lo sguardo addosso come un macete, per poi rimettersi a osservare pigramente il cielo - La famiglia degli Harkansky viaggia nel tempo, ne detengono la supremazia su tutti i demoni, impedendo loro di entrare grazie nella dimensione temporale. E Winyfred in tutti questi anni mi ha portato in giro con lei.-
- Non sapevo permettessero agli umani di viaggiare nel tempo.- allibì Trix.
- Infatti non lo sanno.- rise Riddle.
- E come impediscono agli altri demoni di entrare nella dimensione temporale?-
- Oh, gli Harkansky hanno ripartito il tempo in frammenti. Come quelli di uno specchio. Sono come dei raggruppamenti che vanno avanti per conto loro. Quando per esempio in un frammento c'è il Sacco di Roma, in un altro c'è già il D Day.-
Oliver stringeva le labbra, ma sempre sorridendo.
- Wow. Viaggio in prima classe allora.-
- Diciamo di si.-
- Si potrebbe quasi dire che sei un demonologo, no? In fondo ci vivi insieme da un pezzo.- Trust sembrava aver dato troppa aria alla lingua e neanche aveva intenzione di frenarla - E poi con una madre come Lady Lancaster. Sai, le ho parlato a un paio di feste. È dotata di un brillante intelletto.-
Certo. E anche di un dito facile.
Perché Lucilla non gli aveva tolto un lavoro e non l'aveva fatto secco?
Ma a quanto pareva non c'era limite al peggio, perché quella gran sagoma di Trix levò dalla sella del suo cavallo un bel cumulo di vecchi ricordi. Foto.
Oddio. No, perché tutte a lui?
Roba di scuola, loro in divisa, tanti vecchi ricordi che avrebbe fatto a meno di rimirare.
Eppure, quella pessima idea sembrò far star meglio Riddle quando Trust se la prese elegantemente in quel posto, beccandosi una foto di San Valentino.
Lui e Cloe.
Ah, avrebbe potuto sganasciarsi lì, come un sadico.
Ma era molto meglio fare finta di niente e chiedere a Trix come mai Milo non fosse andato con loro.
- Eh?- la Vaughn, forse in piena goduria come lui, gli rispose tutta giuliva - Ah, si. Sua maestà non si sentiva sicuro dopo quell'avvistamento. Crede ancora che ci sia qualcuno che ci spia. Così è andato a controllare nei dintorni del residence. Infatti.- tirò fuori dalla tasca della tracolla il cellulare che vibrava, impazzito.
Parlò velocemente con Morrigan, poi lanciò il telefono a Riddle.
- Tieni. Il tuo amico biondo è andato con lui.-
Strano. Vlad che andava a spasso con un vampiro?
Dubbioso, rispose al cellulare e per pricacy iniziò a parlare in russo insieme a Stokeford.
In realtà non si stavano dicendo nulla d'importante, ma almeno poté estendere anche a Vlad il fatto che presto avrebbe commesso il primo omicidio della sua vita.
- Non perdere il sangue freddo.- gli disse Stokeford, che parlava al cellulare per la prima volta in vita sua.
- No?- Tom si accese una sigaretta, alzandosi e andando lontano dal laghetto, per discutere con calma e tornando a parlare in inglese - Questo è completamente deficiente. Lo detesto. E fa di tutto per farmi incazzare.-
- Vedo che ci sta riuscendo.-
- Oh, tu non mi hai mai visto veramente incazzato. Fidati.-
- Come vuoi.-
- Lì con Milo come va?-
- Pensa di aver visto qualcuno che conosce, ma non chiedermi chi. Sta comprando altro plasma da un francese castrato.-
- Che?-
- Lascia perdere. Quando tornate?-
- Fra poco. Se l'idiota non mi butta giù da cavallo prima.-
- Senti, ma non ti ho insegnato niente?-
- Mica posso sgozzarlo, così, a freddo. Senza opera in sottofondo.-
- Tu stai avvicinando all'altra sponda, ti avviso.- Stokeford schioccò la lingua - Ci vediamo al residence. Passo un attimo a Cameron Manor a vedere che combina la coppia bianca.-
- Ok. E non strapazzarli.-
- Posso sempre insegnare qualcosa a Caesar.-
- Porco.- sussurrò Riddle, maligno - E dà un bacio a Denise.-
- Oh, contaci. A dopo.-
- Ciao.- e spegnendo il cellulare, Tom si accorse imprecando di avere qualcuno alle spalle. Voltandosi, vide Cloe col flute in mano, che lo studiava attentamente.
Gli altri stavano sbaraccando, ma lei gli si affiancò, in silenzio.
- Da quanto lo conosci?-
Tom alzò un sopracciglio.
- Di chi parli?-
- Il russo.-
- Vlad. Otto anni.- le disse, pacato - Perché?-
Perché? La King sentiva qualcosa torcerle velenosamente le viscere.
La domanda che stava per fargli la sconvolgeva a tal punto che quasi non aveva più il coraggio di fargliela.
Però...doveva sapere. Doveva sentire.
- Come mai t'interessa Vlad?-
- Mi sembrate legati.- iniziò, decisa per una volta a girarci attorno.
Fu lui a restarne deluso.
Ancora una volta.
Un tempo gli avrebbe chiesto quello che le interessava senza mai abbassare gli occhi.
Un tempo si sarebbe fidata di lui.
Un tempo non avrebbe avuto paura di una risposta.
Anche quando, quel Capodanno, gli aveva confessato di amarlo e lui se n'era andato, scioccato.
Gli faceva una rabbia che quasi credeva di non riuscire a contenerla.
Se era cambiata per colpa sua...o di Oliver, o di chiunque altro...non gl'interessava.
Claire avrebbe dovuto restare sempre come lui l'aveva ricordata in quegli anni.
Egoistico?
Si, forse. Ma non gliene fregava nulla.
- Vuoi sapere se ci vado a letto?-
La King credette quasi di ricevere un colpo nello stomaco.
Le si mozzò il fiato.
Aveva usato il Legilimens?
Perché farlo, se quella domanda era davvero così assurda?
Allora la risposta era semplice.
Non lo era.
E quei gelidi occhi blu ora le stavano dicendo che era così.
- Si. E mi diverto anche.- le sibilò, freddo come il ghiaccio - Ma non stare a farti le paranoie. Ci vado solo con lui. Non preoccuparti che abbia cambiato gusti. Magari fra un po' potrebbe servirti.-
E senza aggiungere più una parola le dette la schiena e tornò dal gruppo.
Era strano, pensò Tom mentre montava a cavallo.
Un tempo non avrebbe mai goduto nel fare del male a qualcuno a parole.
Ora invece...un sottile piacere si era insinuato nelle sue vene, vedendola traballare nelle sue convinzioni.
Stava diventando questo genere di uomo?, si chiese, mandando il cavallo al galoppo.
Stava imparando a sentirsi meglio, nel provocare dolore alle altre persone?
Dannazione.
Doveva tornare da Caesar. Il più presto possibile.
Aveva come la sensazione che le parole di monito che Mezzafaccia gli aveva gridato, prima di morire per mano di Harry otto anni prima, stessero per avverarsi.
"Perderai ogni cosa...tutto quanto! E sarà proprio chi ami che ti stroncherà, dandoti il colpo di grazia!"


In Gran Bretagna intanto, quella sera stessa, nello Yorkshire ad Hargrave Hall, si stava consumando una cena di famiglia. Non capitava spesso che Hargrave e Malfoy si riunissero, se non per feste comandate o occasioni speciali, quali compleanni e anniversari, visto gl'impegni di quasi tutti i membri di quelle famiglie unite per chissà che volontà divina, ma quel 30 giugno si era fatto uno strappo alla regola.
E ora Hermione se ne stava alla finestra dell'immenso salone rosso di suo nonno, a una finestra.
Che dava sulle serre di vetro e metallo in giardino.
La panchina sul belvedere era stata tolta.
La panchina dove suo nonno era stato ucciso.
Distolse lo sguardo, tornando ad ascoltare i discorsi dei maschi di casa.
Ovviamente suo marito e Lucius Malfoy stavano litigando fra loro per una questione in quei lei non si sarebbe mai sognata di mettere becco: eredità. Fra Black e Malfoy erano peggio degli sciacalli quando ci si mettevano.
Qualche Black stava per tirare le cuoia, Merlino grazie!, e padre e figlio si stavano litigando chissà che pezzi di argenteria, rinfacciandosi visite immaginarie al futuro cadavere e tutte le volte che uno dei due aveva fatto la cresta sull'eredità, pagando il notaio di tasca sua.
-...senza contare che quando mi ha chiesto di aiutarla a crepare tu sei stato il primo a dire di no!- sbraitò Draco in quel momento, inferocito, mandando giù di botto un bicchiere con due dita di whisky incendiario - Quella povera donna sta crepando! Il minimo che possiamo fare è alleviarle le sofferenze!-
- Bhè, posso benissimo farlo io no?- replicò Lucius, sdegnoso - Perché sempre a te la parte divertente?-
- Se capitasse a te, ricordati bene che da me non avrai un dito di cianuro!-
- E grazie tante.- sibilò Lucius, sarcastico - Avrai notizie dai miei avvocati.-
- E tu dai miei.-
- Io potrò morire tranquilla o dovrò anche soffrire?- ironizzò Lady Narcissa, seduta su uno dei divani color panna, a sfogliare la Gazzetta del Profeta con espressione palesemente annoiata.
- Io sto già soffrendo ora.- sibilò Hermione, posando il bicchiere su un tavolino e guardandosi alle spalle, per il grande corridoio di Hargrave Hall, dove due grossi titani inginocchiati sorreggevano le alte ringhiere di alabastro dello scalone - Draco, dov'è Glory?-
- Con tuo padre nella sua biblioteca.- le rispose il biondo, andando a sprofondare ingufito accanto a sua madre.
Suo padre.
Draco vide subito una smorfia seccata sul volto della strega, ma evitò di commentare.
Proprio non mollava l'osso.
Se una come Hermione Jane Hargrave ti giurava odio eterno, si poteva mettere la mano sul fuoco che così sarebbe stato.
Come un tempo gli aveva detto proprio lei, era più facile per i loro padri fare i nonni.
Ricominciare da capo.
Coccolare, viziare.
Lui stesso, certe notti dopo i loro incontri, scopriva una gelosia inimmaginabile verso quella loro tanto venerata bambina che godeva di affetto semplice e puro. Che a differenza di quello dato a loro, non aveva pudore di manifestarsi.
Lucius amava sua nipote.
E non ne faceva mistero.
A parole, a gesti, a fatti.
Era innegabile che Glory era e sarebbe stata sempre amata.
Così come anche Scott Granger, che ora viveva con Jane da qualche anno, aveva rimediato ai suoi errori.
Non temeva più quella magia che lo aveva separato irrimediabilmente da quella figlia così dura e orgogliosa, una volta ferita a morte.
- Signori, a tavola.- li richiamò improvvisamente Jane, mettendo la testa ricciuta nel salone.
- Mamma, dov'è Glory?- attaccò di nuovo Hermione, con tono leggermente accusatorio.
Jane, però, come sempre non fece nulla per sviare.
- Con tuo padre.- le rispose, tranquilla - Stanno scegliendo altri testi teatrali. Dio, ci ha messo pochissimo. Scott l'ha riempita solo per il suo compleanno di dieci opere e le ha finite subito. Quella bambina legge troppo e sta poco tempo fuori, lo sai?-
- Non è colpa mia se i geni velenosi di qualcuno le hanno dato la carnagione di un cadavere.- ironizzò Hermione, facendo ridacchiare sarcasticamente il suo adorato consorte - Prenditela con tuo genero.-
- Almeno non assomiglia a una caraibica.- replicò appunto Draco.
- Possibile che devi fare il razzista anche sul colore della pelle?-
- Hai cominciato tu mezzosangue.-
A tavola, dove Hermione pensava di poter mangiare e immergersi nei suoi pensieri per tranquillizzarsi, qualcosa minò di nuovo la sua pace. Quella sera gli elfi di sua madre, prima o poi li avrebbe liberati tutti oppure spediti fuori a calci senza sentire lamenti, avevano apparecchiato nella sala da pranzo al piano terra.
Prima avevano sempre cenato a quella del primo piano, più piccola ma più fastosa.
Ora invece stavano alla lunga tavola in ciliegio, di forma rettangolare, dove lei e suo nonno, tante sere, avevano dissertato dei più svariati argomenti.
Tutto lì le ricordava Liam.
E ora, se da un capo del tavolo si era seduta sua madre...all'altro capo, come un padrone, c'era suo padre.
Scott Granger colse uno sguardo più duro e spinoso del salito, ma capì tardi il suo errore, quando ormai erano tutti seduti. Draco, Glory in mezzo e Lady Narcissa alla sua sinistra.
Sua figlia e Lucius a destra.
- Cara...- azzardò - Vuoi sederti al mio posto?-
- Va benissimo qui.- sibilò Hermione, senza neanche guardarlo.
Jane pregò di avere la pazienza per sopportare tutto, così fece l'unica cosa da fare per sbloccare l'atmosfera già pesante di suo. Chiese a Glory dei libri che aveva scelto.
La piccola, seduta fra padre e nonna paterna, sorrise debolmente, anche se i suoi brillavano.
Come il nonno paterno, aveva conosciuto la bellezza dei classici teatrali molto piccola. E non c'erano regali migliori di quelli di Scott Granger per lei.
Aveva iniziato con la "scuola inglese" da Shakespeare a Kit Marlow, per passare poi ad autori babbani della lavatura di Milton, William Blake. Suo nonno la guidava fedelmente e ora, finalmente, la piccola con somma gioia si era orientata verso la scuola italiana.
- Puccini.- disse, scrutando anche sua madre - Il nonno mi ha detto che era uno dei tuoi preferiti.-
Hermione sorrise solo alla figlia, portandosi il tovagliolo in grembo - Si. Poi la cotta m'è passata. Ora prediligo i maghi.- e lo aggiunse quasi con sprezzo, portandosi il calice d'acqua alle labbra - Comunque tesoro, leggi tutto quello che puoi quest'estate. Fra qualche mese inizia Hogwarts.-
- Siete già stati a Diagon Alley?- chiese Narcissa.
- Non ancora. Aspettiamo dal Ministero le direttive per i Veggenti.- brontolò Draco, servendosi d'insalata di noci, formaggio e pere - Chi lo sapeva che c'era da fare una simile trafila burocratica.-
- La lettera è arrivata?- chiese Jane.
- Se non ricordo male arriva un mese prima.- commentò Lucius, pigramente - Tanto per tenerti sulle spine.-
- Stupidaggini.- sibilò Hermione.
- Concordo.- replicò Malfoy Senior - Inoltre qua c'è ancora la scommessa in ballo.-
- Oh, non cominciamo.- si schifò Draco.
- Su cosa?- fece Jane.
- Grifondoro o Serpeverde.- rise Hermione, piegando appena la bocca - Glory è diventata la futura pietra grazie a cui l'ago della bilancia penderà da una parte o dall'altra delle fazioni.-
- Dieci a uno su Corvonero.- ironizzò Narcissa.
- Mandiamola a una scuola di babbani, facciamo prima.- continuò Hermione, sempre più acida - Comunque non ha nessuna importanza.- e dicendolo scoccò un'occhiata omicida a Draco, che invece sapeva bene il contrario. Ah, la mezzosangue non voleva ammetterlo, ma sarebbero state stecche per tutti se la loro dolce bambina sarebbe finita a Serpeverde. Oppure grane per lui, se fosse stata una Grifondoro, visto che fra loro due si era scommesso un anno di schiavitù forzata per chi avesse perso quella gara.
Glory invece sembrava del tutto disinteressata all'argomento.
Forse perché già sapeva.
O forse perché Serpeverde, Grifondoro, Corvonero o Tassorosso non era di così grande rilevanza per lei.
- Figurarsi mandarla dai babbani.- disse Lucius all'improvviso - Anche se lì potrebbe leggere tutte le opere teatrali che le pare.- e strizzò l'occhio celeste alla nipote - I babbani sono dotati di una penna molto più prolifica della nostra, temo.-
- Sposiamoci uno scrittore allora.- rise Jane.
- Mago.-
Tutti si voltarono verso Hermione, che stava tagliando il filetto con aria lugubre.
- Cosa?- riecheggiò Draco, credendo di non aver capito bene.
- Mago. O un mago o resta single.-
- Devo per forza sposarmi adesso?- borbottò Glory, non tanto contenta.
Lucius invece stirò un sorriso da iena che la diceva tutta e dette un paio di pacche in testa alla Grifoncina, godurioso - Ah, lo sapevo che sotto questa massa di capelli c'era una testolina tutt'altro che bacata. Direi di brindare.-
- Non toccarmi i capelli o farò un brutto scherzo ai tuoi.- l'avvisò, melensa.
- A proposito.- Jane cambiò discorso prima che ne uscissero fuori altre perle di saggezza - Ho sentito che c'è una conferenza la prossima settimana nell'Hampshire sulla Simbologia Gaelica. La conduce quel professore che piace tanto a voi due.- e lo disse a Narcissa e sua figlia, due fissate con la Simbologia - Come si chiama? Leonard Trevelyan?-
- Si.- annuì Narcissa, interessata - Il giorno preciso quand'è?-
- Il 5 luglio. La conferenza era già quasi tutta piena, andavano prenotati i posti. Così all'ultimo minuto l'ho fatto per voi.- Hermione intanto sollevò gli occhi d'oro, sgranati, dal piatto - Vi ho prenotato anche l'albergo.-
Cosa?
- Ci hai prenotato l'albergo?- Narcissa sembrava aver inghiottito un limone - In che senso?-
- Nel senso che è tutto pronto.- tubò Jane, malefica - La prossima settimana potrete partire insieme.-
Matricidio.
Hermione per poco non svenne. Per poi riprendersi e ammazzare sua madre a Cruciatus.
Insieme a sua suocera...per due giorni interi?
Incontrò lo sguardo allarmato di Narcissa, capendo subito che anche sua suocera non ne era per nulla contenta.
In fondo non avevano mai avuto rapporti stretti ed idilliaci. Oh, certo. Lady Narcissa era sempre stata cortese con lei, ma nulla di più. Non erano le classiche nuora e suocera tutte amiche e regalini e confidenze.
E adesso?
- Grazie.- balbettò, afferrando il bicchiere - Sei stata...previdente, mamma.-
- Di nulla. Sai che farei di tutto per vederti felice, tesoro.- celiò la padrona di casa, con aria perversa.
Ora l'ammazzava davvero.
Ma che aveva fatto di male?
- Preferisci che ti accompagni io?- le sussurrò Lucius, diabolico, all'orecchio.
Decisamente si. E non solo perché ora, da anni, dava a Lucius del tu, mentre con Narcissa ancora c'era un lei tanto rispettoso che avrebbe usato solo con la Regina Elisabetta. No. Ma anche perché...insomma, quella donna era sempre così perfetta. Sempre bellissima e giovane grazie al Lazzaro, elegante, arguta, brillante, intelligente e a posto in ogni occasione.
Si sentiva sempre a disagio con lei.
Passare due giorni in sua compagnia sarebbe stato un incubo di silenzi e frasi stentate.
Diavolo!
Dopo cena, i maschi si ritirarono a fumare i loro costosi e nauseanti sigari nella piccola saletta da gioco, ora una sala da thè vicina all'ingresso dell'ala ovest e anche la camera più vicina alla biblioteca di Scott Granger, che sarebbe andato tardi in pensione, per continuare a produrre i suoi amati drammi. Ci si erano chiusi anche a pontificare su come uccidere Aleandro di Iesi alla prossima occasione in cui si sarebbe presentato alla porta della Lucky House, visto che l'italiano non mollava l'osso.
Voleva Hermione ma né le minacce di Draco che le maledizioni che si era già preso sembravano fargli capire l'antifona.
Glory era ovviamente in biblioteca, ancora indecisa sugli ultimi libri da portarsi via.
Suo nonno le aveva consigliato delle favole, tanto per leggere anche qualcosa di davvero leggero prima di andare a dormire. Scendendo la scaletta, vista l'immensa galleria di libri alle pareti, con altri tre piccoli tomi in mano, fece per poggiare a terra il piedino quando si sentì afferrata per le spalle.
Si sentì letteralmente scagliare a terra, finendo sul tappeto e anche i libri le caddero tutti, finendole sul capo.
Dolorante, si massaggiò la fronte e si guardò attorno.
Che strano...non c'era nessuno.
Eppure un sibilo gelido la colpì ancora, sul collo.
Si alzò in fretta, ma ancora non vide nessuno al suo fianco.
Un fantasma dispettoso?, si chiese.
Poi un'altra spinta alle spalle la fece traballare e cadere in ginocchio. Cacciò un gridolino e gattonando si nascose dietro una poltrona, ansimando.
- Papà!- urlò, spaventata davvero questa volta - Mamma!-
Un'altra spinta. Cadde sul fianco e si mise seduta, strisciando all'indietro.
I libri che le erano caduti si sollevarono e si scagliarono contro di lei. Li evitò tutti tranne l'ultimo, che le colpì la spalla sinistra, senza però farle eccessivamente male.
Si alzò allora e iniziò a correre, scappando fuori dalla biblioteca.
Richiuse la porta a due battenti dietro di lei, usando il chiavistello...e solo allora sentì il cuore che le martellava nel petto. Ma cos'era stato?
Quel sibilo freddo però le sembrava di averlo già sentito.
Quel pomeriggio...a casa. Quando era caduta nel corridoio.
- Amore.-
Si girò, sobbalzando. Draco era uscito dalla sala, guardandola stupito.
- Mi hai chiamato principessa?-
Assurdo, si disse. No, non era niente.
Perché spaventarsi? Era stato solo un fantasma dispettoso.
Non doveva fare la frignona.
- No, niente.- mentì, nascondendo le mani tremanti dietro alla piccola schiena - Mi sembrava che ci fosse qualcuno nel camino della biblioteca. Pensavo fosse qualcuno che ti cercava, ma mi sono sbagliata.-
Draco tacque.
La guardò meglio.
Quegli occhi.
Sembravano gli occhi che le aveva visto quel pomeriggio.
Di chi cerca di nascondere qualcosa. Di chi ha vergogna.
Non gli piaceva quell'espressione. L'aveva odiata, quando l'aveva vista in se stesso allo specchio.
E ora sul volto di sua figlia...lo faceva quasi star male.
- D'accordo.- disse, cercando di controllarsi - Ora però vieni. Quando la mamma ha finito con la nonna torniamo a casa.-
- Va bene.- e gli afferrò subito la mano che lui le tendeva. Con troppa velocità.
Troppa foga.
Sua figlia era spaventata.
Intanto, in cucina, dopo aver spaventato a morte tutti gli elfi domestici, Hermione stava dando il meglio di sé come attrice drammatica.
- Io mi chiedo cosa tu abbia in testa!- tuonò verso Jane, che si stava finendo una ciotola di macedonia tutta beata - Mandarmi due giorni nell'Hampshire con la madre di Draco! Solo tu potevi fare una cosa simile! A questo punto piuttosto ci vado davvero con Lucius!-
- Due appunti.- iniziò Jane - Primo. Conosci Narsy da quanti anni? Da quando ne avevi diciassette, giusto?-
- E allora?-
- Ancora le dai del lei.-
- E a te che importa?- sbuffò, inferocita - Vacci tu con lei, se tanto ci tieni!-
- Tesoro, avete una passione in comune.- le fece notare - Per non parlare di un mago alto e biondo che, guarda un po', è suo figlio. E tuo marito.-
- E allora?- le ridisse, devastata - Mamma io con quella donna non ci posso stare! Mi piace e la rispetto ma io non piaccio a lei. Non è un mistero!-
- Tesoro, ma che ne sai?- Jane sorrise, calorosa - Più volte mi ha detto che le sarebbe piaciuto conoscerti meglio, ma tu da qualche anno...- nicchiò, senza sapere bene come continuare, con aria assai eloquente -...tu da qualche anno sei diventata così scorbutica...spinosa...Insomma, non sei mai stata un campione di socialità con le tue manie puntigliose e il tuo delicato nasino sempre ficcato nei libri ma adesso comincio davvero a preoccuparmi per te.-
Hermione assottigliò le palpebre.
Ah, se gli occhi avessero lanciato laser, sua madre si sarebbe ritrovata stecchita al suolo.
Fu il verso di un grosso allocco nero a distoglierla dai suoi propositi. Si sporse e vide l'uccello, appena entrato dalla finestra aperta, appollaiarsi elegantemente su un piolo appostato sul bancone di legno che usavano gli elfi per cucinare.
- E' per te.- disse Jane, porgendole una lettera in carta di filigrana ingiallita ad arte.
Hermione non riconobbe la scrittura, tantomeno un semplice sigillo in cera rossa, quasi porpora.
Aprendo la missiva però, Jane riuscì a vedere uno sguardo che...aveva visto in sua figlia otto anni prima.
Alla morte di suo padre.
- Hermione.- sussurrò, avvicinandosi - Di chi è?-
La strega dagli occhi d'oro guardava la lettera.
Ma non la vedeva davvero.
Un'altra minaccia.
Dopo otto anni, un'altra minaccia.

"Hai ucciso mio padre. Ora io ucciderò il tuo, Hermione Hargrave. Prepara fiori e fossa...questa volta non è rimasto nessuno che può fermarmi."




Winyfred Harkansky avrebbe fatto la sua regale figura anche vestita con un saio da prete, però con un abitino di pelle nera e pizzo, seduta a gambe incrociate su un water dalla tavoletta abbassata, con una sigaretta con bocchino fra le labbra, i capelli ricci e rossi tenuti in cima al capo come un lottatore di sumo e occhiali alla mosca a tenerle indietro la frangia...bhè, poteva essere considerata in fascia di "ragazza discutibilmente vestita" della settimana.
- ...e poi è finita con John e Ringo che hanno litigato sul palco. Il solito. Adesso capisco perché non sopporti i Beatles.- e sorrise tutta contenta a un mago, in questo caso un Riddle, che stava a mollo in una vasca piena di schiuma.
E la guardava, come se fosse sottinteso che lui volesse farsi il bagno da solo, quando dalla bellezza di otto anni, lui non era mai riuscito ad avere un minimo di privacy in bagno.
Che quisquiglie quelle.
- Ti senti bene?- gli chiese, giuliva.
- No.- mugugnò fra i denti, con la sigaretta che gli penzolava dalla bocca e un bicchiere di vino, il trentesimo della giornata, in mano - Non c'è niente che vada bene.-
- Problemi con Claire?-
Tom levò un sopracciglio - Che ne sai tu di Claire?-
- Denise deve avermi accennato qualcosa. O forse stava facendo a questa tizia un vudù, non saprei.-
Ma che amore Denise. Dannati tutti i Loderdail e la loro progenie.
Qualcuno bussò alla porta e da fuori si sentiva la voce, tutta rispettosa, della Vaughn.
- Tom...sono io. Devo parlarti. Muoviti a uscire.-
- Perché sta fuori?- Winyfred sembrava allibita da quella richiesta e prima che Riddle potesse fermarla aveva già scardinato la porta, così che Trix si ritrovò, per la prima volta, ad ammirare Tom nella vasca.
Gli mancava la paperella di gomma e sarebbe stato a posto.
- Ciao!- tubò l'Harkansky, allungandole la mano - Tu sei Beatrix, vero?-
La Diurna entrò indecisa, chiudendosi la porta alle spalle - Si. E tu sei...-
- Winyfred.- sibilò Tom, già incazzoso - Qua si stava chiacchierando. Che succede?-
Sempre più confusa, Trix si sedette dentro al bidè, accavallando le gambe - Scusa...la situazione è un po' strana...- e attaccò a ridere istericamente - Di che parlavate?-
- Come mai è una situazione strana?- chiese la demone, perplessa.
- Non sono mai entrata nel suo bagno.- rise la Vaughn.
- Cosa? Davvero?- Winyfred fissò Tom - Come mai?-
- Lui è molto riservato. E...pudico.-
Ecco, ora era finita.
L'Harkansky gonfiò le guance, ora con le gote belle rosee - Lui? Tom...pudico?-
- Fred...- la chiamò, disperato.
Inutile. Si stava già sganasciando, picchiandosi sulla gamba per l'eccessiva ilarità della situazione.
- Oh...oh Merlino! Lui pudico! Questa è bella!-
- Ne ha fatti di cambiamenti.- tubò Trix, buttando un occhio alla vasca - Se fossi in te comunque coprirei certi punti con un po' di schiuma. Sto quasi vedendo la mela proibita.-
La decenza ormai se n'era andata da quella sede da secoli, si ritrovò a pensare Riddle.
Così, mentre lì lo si prendeva per i fondelli come sport nazionale, ricominciò la processione.
Per primo entrò Damon, inferocito, urlando che nella doccia della sua camera c'era Travers addormentato e ancora sbronzo, quindi si fiondò nella sua, gettando i vestiti al vento solo dopo aver stretto la mano a Winyfred.
Acceso il getto dell'acqua, che coprì gl'insulti a tutti i Corvonero ubriaconi di Hogwarts, entrò Vlad.
Si teneva il braccio e intanto imprecava in russo.
- Ma che è successo?- gli chiese Riddle, vedendolo mettere il braccio su cui spiccava un morso, tipo squalo, sotto l'acqua del rubinetto del lavandino.
- Guarda, vaffanculo.- sibilò Stokeford - Un dannato mastino infernale mi ha morso. Avrò preso la rabbia.-
- Un mastino?- fece Winyfred, curiosa - Che ci facevi vicino a uno di quei cosi?-
- Quel bastardo di mio cugino ne ha comprato uno a mia madre. Ero a casa e mi ha morso...ha morso anche la gamba a mio padre. A momenti gliela staccava. Ma quando ha morso i tappeti persiani per mia madre è stato troppo...-
- Immagino. Sasha non l'avrà presa bene.- commentò l'Harkansky - Ma non credo ti abbia attaccato la rabbia...-
- E che ne sai? Aveva anche tanta di quella bava alla bocca da glassarci una torta di tre piani.- poi Vlad si volse, vedendo quello spiegamento attorno alla vasca da bagno - Che c'è? Una seduta tattica?-
- Più o meno.- sibilò Tom - Manca qualcuno per caso? Stanno per arrivare anche Val e Brand?-
- No, sono andati all'Azmodeus Club.- l'informò il demone, accendendosi una sigaretta, mentre si guariva il braccio - Ho anche parlato con Denise. Lei e Caesar vengono a trovarti stasera.-
- Fantastico. Con la serata del Porno Show vengono a salutarmi... cazzo.- fece Riddle, acidamente.
- Ti si è annodata la bacchetta?- gli chiese Trix - Ma che cos'hai?-
- Ha litigato con la duchessa.- disse Damon, da sotto la doccia.
- Non ho litigato con Claire!-
- Com'è che allora è inferocita e manda affanculo chiunque le parli?- replicò il Legimors.
- Che ne so, starà assimilando il carattere di Trust.-
- Qualcuno qua è geloso marcio.- frecciò Winyfred.
- Aspetta...- Tom la guardò attentamente - Hai qualcosa sulla fronte...ah no, è solo il simbolo del diavolo.-
- Senti, fattela e basta questa duchessa.- gli consigliò Stokeford, sbuffando - Cominci a rompere con questa storia. Ma tanto sei un catorcio a letto, conciato come sei, quindi sparati e falla finita. Io me ne vado.- e si Smaterializzò via elegantemente, proprio com'era arrivato.
- Non dovresti fare sesso con quel buco nella schiena.- gli disse Winyfred, comprensiva.
- Parla anche di sesso ora.- Trix rise, tutta contenta - Ehi Damon, ma tu lo sapevi?-
- Che va a letto con gli uomini? Si.-
Inutile dire che Riddle diventò una statua di sale, lì ammollo nell'acqua, mentre Trix spalancava la bocca.
Le sarebbero caduti i canini, era sicuro, mentre Howthorne usciva dalla doccia legandosi un asciugamano sui fianchi.
- Cosa?- riecheggiò, fissando Tom - Cosa fai tu?-
- Non gliel'hai detto che sei diventato bisessuale?- continuò Howthorne.
- Ma...ma...- Trix si rialzò dal bidè, andando a sedersi sul bordo della vasca - Wow! Wow!- e baciò Tom in fronte, prima che si nascondesse sotto il pelo dell'acqua, forse per affogarsi - Oddio, questa si che è roba succulenta! Ma bisessuale in tutti i sensi?-
- Non credo.- attaccò Winyfred - Credo che lui ragioni un po' come le donne...va a pelle. Non credo che gli piacciano gli uomini in generale. Ma solo Stokeford. E questa la dice tutta sui suoi problemi mentali. Pure Denise aveva di questi problemi con Vlad. Solo uno scoppiato si farebbe piacere Vlad, anche fuori dalle lenzuola.-
- Possiamo parlare d'altro?- esalò Riddle, viola come un chicco d'uva.
- Ok.- Damon gli prese la sigaretta, dandogli un tiro - Dov'è che si va stasera?-
- In paese, in un pub.- disse Tom, cercando di sviare l'argomento principale che rischiava di rovinargli il fegato - E domani hanno organizzato per l'ultima gita prima di tornare a casa.-
- Dove?-
- Mi pare ad Aigues Mortes. C'è la festa locale dei gitani. Ma se continua così mi sa che pioverà tutto il giorno.-
- Meglio che restare a letto, no?- se ne uscì Winyfred - E non c'è ironia, fidati.-
- Qualcuno ha visto la mia pillola di cianuro? O dov'è andata a finire la mia dignità?-
- Forse è meglio lasciarlo solo.- celiò l'Harkansky, alzandosi in piedi - Bhè, ragazzi è stato un piacere. Bell'aureola comunque.- disse, a Damon, che alzò le sopracciglia - Diventerai un ottimo Pacificatore. Ci vediamo presto Tom.- e scoccandogli un bacio sulle labbra prese il volo anche lei.
Insieme ad orgoglio e decenza, che ormai in Riddle non ne erano rimasti che miserabili brandelli.

- Che cazzo è un Pacificatore?-
- Ma io che ne so...-
Discorsi di una certa levatura quelli. Specialmente da farsi in quel pub che si chiamava Baguette, dove l'Universale di Hogwarts si era riunita a far baldoria all'alba di mezzanotte, per mescolarsi con francesi strafatti di alcool e francesine che avevano solo voglia di svegliarsi la mattina dopo come un perfetto sconosciuto nel letto.
Damon però, a cui delle francesine non fregava una mazza, visto che aveva una fidanzata che paragonata a loro era una dea in terra.
Anche se quella faccenda del Pacificatore continuava a ronzargli in testa.
Che diavolo era un Pacificatore?
Mah.
- Tu sei completamente fuori.- gli disse Adam Broody, che insieme a lui, Beatrix e Milo stava seduto a uno dei tre banconi, sopraelevati sulla pista da ballo incasinata - Goditi la serata e lascia perdere queste cose.-
- Fosse una malattia?- propose la Vaughn.
- Grazie Trix.-
- Chiederò a mia zia.- gli disse Morrigan, mandando giù un goccio di Alexander - Ma vedrai che non è niente.-
- E se invece fosse qualcosa di serio?- replicò il Legimors, un po' ansioso - In questi anni i miei poteri non hanno fatto che modificarsi, fino a trasformare la mia vita in una specie di centro di recupero mentale per fantasmi svarionati.-
- Peggio di così in fondo non può andare, no?- lo consolò Broody.
- Non dirlo mai.- cinguettò Tom, arrivando da sinistra, con un sorriso luminoso come il sole.
- Ma che t'è successo?- gli chiese Milo.
- Ho avuto in incontro ravvicinato con le due amichette di Flanagan. Sono davvero massaggiatrici.-
- E' diventato un porco.- scandì Trix, sbigottita - Ma l'avete sentito?-
- Sciocca. Massaggiatrici terapeutiche.- replicò Riddle, ordinando un doppio Jack Daniels per lui e Howthorne - Mi hanno raddrizzato la schiena in mezz'oretta. Nel separé.-
- Ecco dov'eri finito.- rise il Legimors - E ti hanno raddrizzato solo la schiena?-
- Perfetto.- Trix si alzò dallo sgabello - Non ho sentito queste porcate a 17 anni e questo è il risultato.-
- Intendevo l'umore.- le chiarì Howthorne.
- Si, come no. Vado da Fern e le altre. Ci becchiamo dopo.-
- Non mordere nessuno.- le urlò dietro Milo, per farsi sentire sulla musica sparata a palla.
Ovviamente lei non prese neanche in considerazione l'idea di starlo a sentire, come anche un'altra strega quella sera non aveva neanche concepito l'idea di stare a sentire i lamenti del suo fidanzato che, avendo visto certe foto, le aveva fatto il terzo grado sul suo rapporto con Thomas Maximilian Riddle.
- E quanto siete stati insieme, si può sapere?- le aveva sibilato più volte Oliver.
Quattro mesi.
Forse...i più belli della sua vita.
- Immagino l'abbiate fatto.-
L'amore? Si una sola volta.
Poi era stato solo sesso. A causa sua, non di Tom.
- Avevi intenzione di dirmelo?-
La presa della mano di Oliver sul suo braccio le faceva male, ma Cloe ancora una volta ignorò il dolore.
Cos'era il dolore in fondo? Aveva imparato a conviverci con quella bestia piena di spine, spire e artigli che le graffiavano il cuore.
Ma Tom...Tom non era il tipo da legarsi a qualcuno, veramente, senza provare qualcosa.
L'aveva dimenticata.
Si, l'aveva dimenticata.
Lo seguì con gli occhi per tutta la serata. Prima lo vide sempre e solo con Damon, poi quando quel maledetto andò a baccagliare con Neely sui divani, vide Riddle venire letteralmente subissato di ragazze. Le loro compagne, fra cui Olivia Andrews che, essendo diventata carina con gli anni, pensava di potergli mettere le mani ovunque come se fosse stato suo da sempre, e poi tutte le francesi del pub.
Ma quando una tizia, forse una delle creature più belle mai viste in quel pub dopo Beatrix, una stanga di un metro e ottanta quasi dai capelli color prugna e un abitino di lamé lilla gli si avvinghiò al braccio e lo trascinò fuori dal locale, Cloe perse definitivamente il lume della ragione.
E per la prima volta...pensò, senza rimpianti, una cosa che aveva represso per quei giorni.
Se avesse mai amato un'altra...sarebbe stata capace...di ucciderlo.
Lui era suo.
- Dove vai?- le chiese Oliver, quando si alzò dal divano in penombra.
- A prendere aria.- gli disse, seccamente - E ci vado da sola.-
Trust serrò la mascella, ma con sommo disappunto la vide sparire fra la folla prima che potesse ordinarle di restare.
Fuori, l'aria era tersa.
Ma gonfia di pioggia.
Il giorno dopo avrebbe piovuto, Cloe ne era certa.
Ma non gliene importava nulla.
Scansò un imbecille che in francese le disse qualcosa di vagamente volgare e si guardò attorno. Tom era lì attorno.
E non era solo. C'erano due forze spropositatamente grandi con lui.
Quel demone, pensò col cuore in una morsa.
S'incamminò in un viottolo buio, presa dalla rabbia più cieca, ma ora, un'altra grande potenza era alle sue spalle.
Si girò spaventata, ma la sua bacchetta si fermò a mezz'aria, quando riconobbe una faccia amica.
- Caesar.- alitò, sorridendo finalmente.
- Ciao tesoro.- le disse il demone.
- Caesar!- la King lo abbracciò forte, sollevata - Che paura che mi è venuta.-
Cameron le carezzò la schiena e scambiarono quattro parole in tutta calma, mentre la portava sul retro di quella via. C'era una minuscola piazzetta, con una specie di statua in bronzo che raffigurava un porcellino con la coda a ricciolo.
Lì c'era Tom.
E Cloe lo vide abbracciato...alla mora di prima, col vestito di lamé.
E con una specie di angelo. Capelli bianchi, viso brillante come un diamante.
- Mi picchi se ti dico di controllarti?-
Solo allora la Sensistrega si ricordò dei poteri di Caesar e arrossì violentemente.
- Tranquilla.- Cameron la guardò intensamente - Non sai quanto mi rende felice saperlo.-
- Che cosa?-
- Che lo ami ancora.-
La vide irrigidirsi, tendersi come una corda di violino.
Lo ami ancora.
Ora che qualcuno gliel'aveva detto...era diventato reale.
Tom era reale.
Il suo amore era reale.- Se ti può consolare l'angelo è mia moglie.- continuò Caesar - E l'altra è una cugina di un nostro coinquilino.-
Infatti, la bella demone vestita di lamé lilla era Matilde Hingstom, detta Tilly.
La cugina più piccola di Val.
- Ehilà.- li apostrofò Tom, quando li vide - Hai trovato compagnia vedo, Chichi.-
- Non farti picchiare.- commentò Cameron, raggiungendoli seguito dalla King - Tutto a posto?-
- A meraviglia.- sibilò Denise improvvisamente.
Cloe avvertì il ghiaccio sulla pelle.
Quella demone...Dio, le stava dando i brividi.
Era la prima volta che provava un'istantanea paura a vedere qualcuno.
Le era successo solo con Voldemort, anni prima.
Ma quella...quella donna le faceva quasi tremare le ginocchia.
- Ehm...- Tom fece le presentazioni, stranito da quell'atmosfera - Claire King, loro sono Tilly Hingstom e Denise Loderdail Cameron, la moglie di Caesar.-
- Claire?- quella Tilly, ancora avvinghiata alla mano calda di Riddle, fissò la Sensistrega come se avesse avuto di fronte un'Arpia - Questa qui sarebbe la strega che ti ha fatto il cuore a pezzettini?-
La bocca della King si spalancò.
Fatto il cuore a pezzettini?
Lei a Tom?
- Si, è lei.- sibilò anche Denise, duramente - Caesar, andiamo a casa. Sono stanca.-
- Ragazze...- borbottò Cameron - Un po' di self control, eh?-
- Voglio andare a casa.- disse di nuovo sua moglie, lapidaria - Vengo a trovare Tom un'altra volta.-
- Anche io.- scandì Tilly, lasciando la mano a Riddle perché il mago potesse mettersele in faccia, per fare finta di essere in un'altra parte, magari in un posto dove demoni e maghi, amici suoi, non l'avessero continuamente messo in imbarazzo mortale.
- Ci vediamo presto.- soffiò Denise, dando un bacio sulla guancia a Riddle.
- Si, vado.- Tilly gli carezzò il collo, scoccando un'ultima occhiata al veleno alla strega - Vengo a trovarti domani mattina, prima che andiate in gita. Così parliamo in santa pace.-
Cloe era talmente sconvolta che per la prima volta in vita sua non riuscì a rispondere agli insulti.
E quando i demoni sparirono, con Caesar che gli borbottava a bassa voce tutte le scuse del mondo, rimasero in silenzio per almeno tre minuti buoni.
Tom non sapeva più dove guardare.
Cloe invece fissava il suo collare, senza riuscire a formulare un pensiero lucido.
Lei gli aveva spezzato il cuore...
Lei.
Lo sentì tossicchiare nervosamente, ma non sollevò lo sguardo quando parve farle le sue scuse.
Ma non per quello che intendeva lei.
- Ti...ti chiedo scusa per oggi pomeriggio.-
Quel pomeriggio...
- Quando mi hai chiesto di Vlad sono stato brusco...e abbastanza volgare.-
Sembrava tornato il ragazzino timido di una volta.
Ma ora lei lo sapeva.
Era solo apparenza.
Era sempre stata solo apparenza.
- Ma le domande su di lui...diciamo che non sono abituato a parlarne, ecco.-
Bastardo.
- Sei stato un bastardo.-
Cloe risollevò le iridi color cioccolato e se un barlume di quella che era stata era rimasto sepolto sotto le ceneri, bhè, sembrava che Tom fosse riuscito a risvegliarlo.
- Sei stato un bastardo.- gli sibilò, avvicinandosi pericolosamente, tanto che il mago fece automaticamente un passo indietro - Non avevi il diritto di rispondermi in quel modo.-
- Non che tu avessi ancora il diritto di farmi domande sulla mia vita privata.- rispose allora Tom, placidamente.
Avrebbe dovuto metterla a tacere, ma la King non si fece assolutamente smontare.
Anzi.
Giocò la semplice carta che fra ex era quella perfetta del rinfacciare.
- Tu non hai lesinato commenti su Oliver, mi pare.-
- E parlando di lui...- rigirò subito Riddle, facendo a sua volta un passo avanti, fino a sfiorarla con torace -...se prova ancora a farmi cadere da cavallo...un Cruciatus in mezzo alla schiena non glielo toglie nessuno.-
- Finalmente hai imparato a usare la lingua, vedo.- commentò lei, acida.
- Non è colpa mia se è un maniaco possessivo.-
- Chi ti dice che lo sia?-
- Il fatto che ti segue come un'ombra.-
- Magari è solo innamorato.- lo sfidò a negare - Ma tu forse non sai cosa vuol dire, vero? Perché quando si ama, non si mente.-
Ah no.
Non di nuovo.
Stavolta si rifiutava di farsi invischiare in un'altra discussione che gli avrebbe solo conficcato nuovamente un coltello nel cuore. Ne aveva basta di farsi rinfacciare le sue decisioni.
- Scusa.- le disse, fra i denti, ma appena la sorpassò di pochi metri, la voce della Sensistrega lo bloccò.
- Lo ami?-
- Non sono affari tuoi.-
- Facciamo così.- Cloe si girò sopra la spalla, sorridendo in modo strano - Tu mi dici se lo ami. E poi io ti dico se amo Oliver.-
Ma era diventata cieca?
Era sempre stata cieca, in fondo. Non si era mai accorta che l'amava, neanche otto anni prima.
Lui non era l'unico a non capire un accidenti.
- Lo so già.- sussurrò - E tu sai già la risposta.-
- No intendi?-
- Esatto.-
- Ma ci vai a letto.-
- L'hai detto tu, anni fa, Claire. Non sono come gli altri. Deve esserci qualcosa, fra me e un'altra persona. Altrimenti non mi avvicino neanche.- sorrise a sua volta, ma con amarezza, tutta l'amarezza che lo schiacciava come un macigno.
- Per questo mi hai dato pensiero. Tu non ti avvicini a qualcuno se non senza interesse.-
- Lo dici come se fosse un crimine.-
- Dai false speranze, a volte.-
Lui chiuse le palpebre, prendendosi l'ennesima stoccata.
Ma si. Continua Tom, continua a farti colpire, a farti lapidare dal senso di colpa in questa maniera.
Vedrai che forse un giorno...a forza di essere ferito, alla fine non sentirai più nulla.
Magari arriverà finalmente il sollievo.
Ma dubitava che quel sollievo sarebbe giunto, finché fosse stato insieme a lei.
- Hai deciso quando sposarti?-
- Ci hai mai pensato a me, quando decidevi di metterti in gabbia?-
- Lui ti fa felice?-
- Ci pensavi a me la notte, nel letto da solo?-
Un dialogo fra sordi.
Domande, domande.
Neanche una risposta.
- Lo sposerai davvero?-
Cloe finalmente tacque.
Le braccia incrociate al seno, forse...come per estrema difesa.
- Perché non dovrei?-
- Perché non sopporti che ti tocchi, per esempio.-
Dio.
Erano lontani ormai a sei metri e lui...era riuscito a farla traballare come se fosse stato chino sul suo orecchio.
- Oppure...- continuò Riddle, facendosi lentamente avanti, passando sotto le luci dei lampioni che facevano splendere il suo collare di platino - Oppure potresti non sposarlo perché sarebbe capace di ammazzare mezzosangue e babbani. Anche se questa è solo una mia percezione. Potresti non sposarlo per il modo ossessivo con cui ti controlla. Oh, si...- era a due metri - Tu sei brava a sfuggirgli. Ma come farai quando ti chiuderà in gabbia...lontana dagli occhi di tutti?-
- Tu per primo dovresti sapere che si mette in gabbia solo l'uccello più raro.- mormorò, sentendo un groppo in gola.
- Tu gli sei troppo preziosa.-
Claire lo fissò, sentendo le lacrime che stavano per pungerle le ciglia.
- Lui mi ama.-
- Ti basta?-
- Non dovrebbe?-
Era a un passo.
Forse le avrebbe preso la mano...se solo non le avesse visto l'anello di fidanzamento al dito.
Una fedina d'oro con un solitario grosso come una zolletta di zucchero.
Grande e appariscente.
Apparenze.
Sarebbe vissuta in gabbia...e di apparenze.- Ti stringerà così forte da toglierti l'aria.-
Già lo fa.
- Ma lui ci sarà sempre.- mormorò Cloe. E nello stesso istante in cui disse quelle parole, ricordò un pomeriggio di quasi otto anni esatti prima. Lei, davanti a Cameron Manor.
Lei, che vedeva rinchiudere per sempre il suo amore.
E lui...che non aveva fatto nulla. Né per liberarsi né per tornare da lei.
Era un caso se era lì, ora. Se erano lì insieme.
Solo un caso.
Presto lui sarebbe andato via di nuovo.
E non c'era ragione al mondo, per distruggere l'illusione che la cullava e le anestetizzava il dolore da tanto tempo.
In trans, lo sorpassò, senza sfiorarlo, senza guardarlo in faccia.
Facendo cessare il gioco degli sguardi.
- Torno da Oliver.-
E nell'ombra, fece ritorno in gabbia.

 

 

 

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Capitolo 28
*** Capitolo 28° ***


tmr28

 

 

Quello era Little Hangleton.
Era tornato lì di nuovo.
Anzi...erano tornati lì di nuovo. Tutti e due.
Due paia d'occhi, in sogno, assistettero a uno dei prodigi di quella che era sempre parsa una maledizione.
Craig Badomen aveva appena gettato un ciocco di legno nel caminetto, con forza tale da far capire esattamente quale fosse il suo stato d'animo.
Rabbia.
Rabbia pura.
- Tu...tu hai mandato a quella mezzosangue una lettera in cui la informavi dei tuoi futuri progetti?- urlò, dando le spalle a una figura ammantata di nero, nascosta nell'ombra delle tende pesantemente tirate - Ma cosa sei? Idiota? O solo una pazza?-
- Tranquillo, Craig.- disse una voce di donna che sembrava provenire dall'abisso - Hermione Hargrave è molto debole su questo punto. Com'è accaduto in passato, darà i numeri e perderà la sua lucidità.-
- Si e noi il nostro effetto sorpresa.-
Badomen imprecò fra i denti, alzando le fiamme con la mano fino a farle divampare.
- Che io sia dannato quando ho accettato la tua presenza in questa missione.-
- La mia presenza ti è stata comoda, mi pare.-
- All'inferno, non quando ti presenti a quella donna e le dici chiaro e tondo che vuoi sterminare la sua famiglia.-
- Lei non è un problema tuo.-
- Si che lo, dannazione!-
- Tu occupati di riprendere il tuo padrone.-
- Il mio?- Badomen puntò gli occhi verso la figura indistinta - Credevo fosse anche il tuo.-
Una risatina, poi una mano rugosa, orrendamente sfregiata uscì dal mantello e finì sotto al cappuccio.
La donna si era coperta la bocca.
- Ma ovviamente. Solo che sei così possessivo con quel ragazzo.-
- Sei disgustosa.- sibilò il Mangiamorte, gelido - Quel ragazzo sarà puro nel male, come lo era il padre.-
- Il Lord Oscuro era tutt'altra cosa, fidati.-
- Lo conoscevo bene, non è il caso di usare tanta arroganza.-
- Allora avrai notato la differenza del figlio.-
- E' stato stregato dagli Auror. Posso pensare solo questo.-
- Ma certo, certo.-
Accondiscendenza.
Lo stava manipolando.
E Badomen...se se n'era accorta, parve non farci caso.
- Quando agirai?- le chiese.
- Il più presto possibile, ma come mi hai fatto notare tu, il fattore sorpresa è fondamentale.-
- Dicendoglielo l'hai buttato nel fuoco, stupida.-
- Non tollero insulti da uno che s'è fatto scappare il suo tanto amato Lord Oscuro.-
- Ah, non farmi la predica. Pensa piuttosto a sistemare le cose con Donovan.-
- Mi preoccuperò di lui a tempo debito. Ma credo sia ora di agitare un po' di polvere.-
- Sentiamo.-
Badomen si sedette in poltrona, congiungendo le dita.
- Avanti, che intendi fare?-
- Come tu hai messo qualcuno alle costole del tuo giovane Signore, io ho intenzione di mettere la paura in corpo a quella schifosa mezzosangue.-
- Uccidendole il padre?-
- Perché no?-
- Come? Vive ad Hargrave Hall. Neanche il Ministero è protetto con tanta attenzione. E ricorda che la Hargrave ha amici potenti.-
- Si ma non è una che chiede aiuto. La conosco.-
- Davvero? E come mai, se posso chiedertelo? Pensavo non avessi mai avuto contatti con gli Auror, prima d'ora.-
Menzogna.
- E' così. Ma mi hanno sfigurata la notte in cui hanno ucciso mio padre.-
- Quindi vuoi vederli affogare nel sangue.-
- Com'è vero che sono una Mangiamorte, Craig.-
Ancora menzogne.
Ancora bugie.
Ancora misteri.
Chi era quella donna?
Chi era?



Harry James Potter e Thomas Maximilian Riddle quella mattina si svegliarono contemporaneamente.
Balzarono a sedere nel letto, ansanti. Le menti ancora collegate.
Ci erano stati insieme in quel sogno. Fianco a fianco.
Anche se non si erano visti. Anche se col corpo erano stati nei loro letti.
Ancora insieme, in un sogno.
Ma se il bambino sopravvissuto, tenendosi la fronte con la cicatrice che scottava si ributtò contro i cuscini, chiudendo gli occhi e sperando che fosse stato tutto un sogno, Tom si lanciò giù dalla sponda, imprecando per il dolore alla schiena, dovuto allo scatto, e si lanciò in corridoio.
In pantaloni bianchi girò per mezzo residence, incontrando pochi Tassorosso mattinieri e infilatosi nell'ala di Serpeverde si attaccò alla porta di Damon. Due colpi, tanto per annunciarsi e senza attendere il permesso planò in camera.
- Damon ti prendo il cellulare.- urlò e si buttò sul letto sfatto, iniziando a trafficare col telefono di Howthorne.
Il fatto era che il Legimors era in bagno, a farsi la barba. E a letto c'era solo Neely, nascosta sotto le lenzuola. Quando lo vide, ancora assonnata, rimase un attimo perplessa del sorriso smagliante e del tutto incurante di Riddle, visto che era nuda, anche se avvolta fra le coperte.
Ma si sentiva bene?
Una volta sarebbe scappato, inciampando, rosso come il fuoco!
Il telefono squillò un paio di volte alla Lucky House e quando si degnarono di rispondere, fu la voce scazzata di Lucas a dargli il buono giorno.
- Senti, ma tu non dormi mai?- gli chiese Tom.
- E tu una casa te la sei trovata?- gli rinfacciò il Phyro - Chi vuoi? L'idrofobo o il serpente?-
- Tuo padre.-
- Aspetta...PAPAAAAAAAAAAAAAA'!!!!!-
- Ah, Dio!- Riddle si scostò il cellulare dall'orecchio, tanto aveva assordato se stesso e anche Neely.
Comunque, a parte Lucas, in quella casa a toni non si scherzava mica. Prima che arrivasse Harry si sentirono le sue bestemmie riecheggiare per lo scalone, le suppliche minacciose di Hermione ed Elettra che invitavano i padri di casa a usare un linguaggio decente e consono alle giovani menti della casa...e poi, forse, la mandria degli anatroccoli gialli di Glory.
Quando Harry arrivò al telefono, sembrava passata una vita.
- Si?- bofonchiò.
Tom capì che era la prima volta che si parlavano dall'incubo in cui Potter era stato catapultato.
- Ehm...ciao, sono io.-
- Ciao.-
Tono vago. Apatico.
- Stai bene Harry?-
- Mai stato meglio.-
Sarcasmo.
Fantastico.
- Ecco, senti...ti ho chiamato perché neanche due secondi fa ho ricordato un sogno di stanotte.-
- Con Badomen che parlava con la mostra, si.-
- Quindi l'hai visto anche tu...-
- Esatto.-
E non diceva altro? Non era preoccupato?
- Harry, non so se hai sentito ma...pare che siano ancora a Little Hangleton...-
- E che vogliano uccidere il padre di Hermione, si.- tono sempre più distaccato - Ne stavamo parlando giusto adesso.-
- E che avete intenzione di fare?-
- Quando torni, domani, i ragazzi ti metteranno al corrente.-
- Ah...e ho capito anche che mi hanno messo qualcuno alle costole.-
- Abbiamo già avvisato Ron. Ora è al Ministero, sta controllando la lista dei Mangiamorte e dei loro galoppini non dichiarati ancora in libertà. Se è tutto, ci sentiamo domani.-
- Ho capito ma...-
Il rumore della linea interrotta fece in modo che Riddle restasse a bocca spalancata.
Gli aveva attaccato il telefono in faccia!
- Bastardo...- alitò sgomento.
- Chi? Oliver?- celiò Neely.
- Anche.- Riddle rifece il numero da capo. Ora Harry lo sentiva! Ma che cavolo stava succedendo, dannazione?
Così, oltre al danno anche la beffa perché gli rispose di nuovo Lucas che, oltre a fargli capire che stava diventando un vero rompipalle e anche un paranoico, gli passò la prima persona inconsapevole che passava dalle parti del corridoio.
In boxer.
- Cosa?- sibilò Draco Malfoy alla cornetta, soffiando fuori dai polmoni una nube di fumo.
- Mi ha attaccato il telefono in faccia!- sbraitò Riddle.
- Oh, sono costernato mostriciattolo. Fossi di fronte a me in questo momento, vedresti la partecipazione nelle mie pupille dilatate.-
- Senti, non farmi incazzare anche tu! Ma che gli prende?-
- E io che ne so?-
All'improvviso, l'ipotesi che quei due non si parlassero sembrò al giovane figlio di Lord Voldemort una possibilità molto seria. Non si parlavano!
Orrore!
- E hai intenzione di fare qualcosa in proposito?-
Suo cugino di mattina non carburava, e va bene, ma Tom attese la risposta per dieci secondi buoni.
- No.-
- Come no?-
- Mostriciattolo, non hai nessun altro a cui dare il tormento?-
- No, visto che Harry è traumatizzato dal fatto che io e te abbiamo cercato di ucciderlo!-
- Io ci provo da sempre.- replicò Malfoy, pigramente.
Potter passò di lì proprio in quel momento e alzò le sopracciglia.
- Mi stai tagliando il mantello?-
- Con Tom.-
- Lo sai che non dovrei essere presente, vero?-
- Allora perché non te ne vai, così possiamo continuare a sputtanarti Potty?-
- Con chi parli?- gli chiese Tom, allucinato.
- Con lo Sfregiato.-
- E gli stai riferendo quello che diciamo?-
- Perché no?-
- Ma allora sei completamente strafatto!- berciò Riddle.
- Fate come vi pare.- mugugnò Harry, alzando le spalle - E digli di stare tranquillo.-
- No che non sto tranquillo!- tuonò Tom, invadendo la cornetta e facendosi sentire anche dal bambino sopravvissuto - Dovresti farti vedere da qualcuno!-
- Si, il becchino.- ironizzò acidamente Malfoy.
- Vaffanculo.- sibilò Harry.
- Ha detto vaffanculo a me o a te?- chiese Tom, stralunato.
- A te.-
- Non è vero Malfoy, ho insultato te.-
- Ok, basta! Basta!- gracchiò Riddle, assordandoli di nuovo - Io ne ho basta! Fate quel cazzo che vi pare, ma trovate una soluzione prima che torni! Io intanto terrò gli occhi aperti nel caso che l'uomo di Badomen si faccia vivo. Milo ha giusto percepito una presenza estranea al nostro gruppo ieri.-
- Ok.-
- E non fare l'accondiscendente con me, Draco!-
- Ok Tom.-
- Ah, al diavolo!- e gli chiese la comunicazione in faccia, cosa che a Malfoy non toccava molto.
Se non altro, lì alla Lucky House l'atmosfera sembrava essersi alleggerita prima del grande e massacrante discorso della Grifoncina.
E il fatto che Malfoy fosse almeno andato a mettersi addosso un paio di pantaloni la diceva tutta sul suo interesse alla questione. Comunque, una volta spediti i bambini fuori dai piedi e averli attaccati alla play, con crèpes al cioccolato e marmellata, senza ovviamente succo d'arancia, i grandi si riunirono nella cucina dell'ala Potter e dopo aver Insonorizzato tutto, poterono finalmente osservare la lettera che Hermione aveva ricevuto a cena, la sera prima, ad Hargrave Hall.
- Una dichiarazione bella e buona.- commentò Elettra, seduta di fronte a una tazza fumante di caffè macchiato.
- E dal sapore conosciuto.- continuò Harry, che invece prediligeva quella nero e bollente.
- Che intendi?-
Potter fissò sua moglie, indicandole una parte della lettera - Vedi cosa dice qui?-
La bionda lesse attentamente -... questa volta non è rimasto nessuno che può fermarmi.- rialzò il viso, ora con una brutta sensazione a pelle - Questa volta? Vuol dire che conosciamo questa donna?-
- Probabilmente vuol dire che ha avuto a che fare con noi.- replicò Hermione, seduta sulla mensola di marmo del mobile cucina - Forse indirettamente, forse no. Ma nel sogno, Harry la sente dire che è una Mangiamorte e che quando i suoi sono stati uccisi, lei è rimasta sfigurata.-
- Puttanate.-
Come sempre Draco Lucius Malfoy era la finezza fatta a persona.
E sapeva essere incisivo come pochi.
- La tizia mentiva.-
- E tu che ne sai?- gli chiese Hermione.
Draco, usando la sigaretta, indicò Harry. Gli aveva letto nel pensiero.
- La tizia diceva balle grosse come draghi.- continuò il biondo Auror, ciccando nel portacenere che gli galleggiava a fianco - E anche Badomen non si fida di lei. Quando parlavano di Tom, lei ha detto che era solo Signore dei Mangiamorte. Dopo si è corretta, ma mi è bastato per capire com'è girata la nostra signora.-
- Quindi che intenzioni avrebbe?- allibì Elettra - Se non è una Mangiamorte...-
- Vorrà vendetta.- replicò Potter, incrociando le braccia al torace - Quanti anni può avere?-
- Che ne so. Dalla voce sembra giovane, ma è sfigurata...almeno secondo Tom.- Draco lo fissò, arrivandoci subito - Dici che la mezzosangue gli ha ucciso i genitori otto anni fa?-
- Alla chiesa di Nostra Signora di Ramsey?- Hermione ricordò quella notte, senza mostrare particolari rimorsi. La notte in cui aveva fatto sprofondare una chiesa d'Illuminati. La notte in cui...Lord Voldemort le aveva fatto i suoi complimenti.
- Magari era lì.- annuì, ignorando gli sguardi dei presenti - Ma Duncan ha controllato. Tutti morti.-
- Non firmavano all'entrata.- commentò Draco, sarcastico - Forse te n'è sfuggita una.-
- Un crollo non sfigura nessuno, amore.- gli fece notare, con tono altrettanto combattivo.
- E tu hai la bacchetta facile.-
- Se solo anche la tua bacchetta fosse veloce come la tua lingua.-
Un ghigno perverso piegò la bocca di Malfoy, ma se non altro si era arrivati a un punto.
La donna di Badomen non era una Mangiamorte.
O almeno...non mirava alla loro prosperità. E non mirava a Tom. Non come Badomen almeno.
- E stanno ancora a Little Hangleton? Com'è possibile? In fondo gli Auror l'hanno rigirato mille volte da cima a fondo.-
- Magari...che ne so, un Portale. Una Trasposizione...controlleremo di nuovo.-
- E come facciamo con tuo padre?- chiese Elettra.
- Lo proteggeremo.- rispose Harry, paziente.
Hermione però lo bloccò, guardando oltre la finestra aperta della cucina - Non è necessario. Io non posso stargli appresso tutto il giorno. E Jeager mi deve un favore.-
- Hai mandato Crenshaw a badare a tuo padre?- Draco allargò quasi la bocca - Ma sei fuori mezzosangue?-
- Non farmi la paternale.- gli disse, soave - Vorrei vedere fosse arrivato un messaggio minatorio per Lucius.-
- Quello è come Potter, non crepa neanche se lo ammazzi.- masticò il biondo fra i denti - Però neanche Crenshaw può stargli alle costole tutto il giorno.-
- Infatti. Si sono divisi il lavoro lui e Asher.-
- Vuoi lasciare in mano loro la difesa di tuo padre?- Elettra sbattè le ciglia - Tesoro, ma sei sicura? Oh, certo. Sono ottime mani, ma magari...forse preferiresti farlo tu.-
- Ho la faccia di una che preferisce farlo al posto altrui?- tubò, melensa.
- Hai la faccia di una psicotica in questo momento.- sindacò il bambino sopravvissuto, finendo il caffè in un soffio - Ora signori, scusate, ma devo volare alla Hayes.-
- E con il tizio che hanno messo alle costole di Tom?- Hermione sembrava più preoccupata per Riddle che per suo padre - Che facciamo?-
- Ha come migliori amici Legimors, Diurni e Sensimaghi. Se la caverà fino a domani, no?-
- Senz'altro.- Draco ritenne conclusa la riunione, stiracchiandosi - Perfetto. La seduta è tolta. E ora, se volete scusarmi, ho da finire della maledetta AntiLupo che ancora non vuole saperne di funzionare come antidoto.-
Ancora prima di mettere la mano alla porta però, i quattro sentirono un leggero tafferuglio nel salone.
Guardandosi in giro, videro Faith sulla soglia con Cosmo nel cappuccio...e Glory inginocchiata a terra.
- E' caduta.- disse semplicemente la piccola Potter - Glory, stai bene?-
La piccola strega bionda si alzò subito, tenendo la testa bassa.
- Si, non ho visto l'orlo del tappeto.-
- Tesoro, sono giorni che cadi.- Hermione andò a controllarla, specialmente le mani e le ginocchia - Che succede, eh?-
- Sono alcuni geni Black.- borbottò Harry, infilandosi la bacchetta nella manica della camicia bianca - La stanno traviando. Ancora un po' e diventerà come Tom.-
- Non è che magari sei stanca?- Hermione osservò ancora la sua bambina, attentamente, specialmente lo sguardo fuggevole - Amore, ci vedi bene? Magari un calo di vista...-
- Tutto a posto.- stavolta Glory fu quasi brusca, sottraendosi dalle braccia della madre - Vado a leggere nella serra.-
- Vengo anche io.-
Lucas sbucò fuori dal salone. E agli occhi dei grandi, qualcosa in quella casa iniziava a girare in maniera più assurda del solito. Il Phyro aveva in testa il casco dello skate-board volante, una racchetta da tennis e alla cinta anche una croce di legno.
- Andiamo.- scandì. Non attese la risposta di Glory, talmente era allibita, e se la trascinò dietro per mano.
Spariti loro, un brivido strano percorse Hermione. E Draco.
Si guardarono appena, ma qualcosa...si, c'era qualcosa nell'aria.
Forse addirittura una presenza fra loro due.
E la loro bambina, di recente era caduta sempre più spesso.
Disattenzione, stanchezza, maldestria...non lo sapevano.
Però stava accadendo qualcosa.
E Draco, dal volto tirato di sua moglie, capì che ancora una volta avrebbe dovuto scoprirlo da solo.
Almeno per il momento.


L'Universale di Hogwarts quel pomeriggio si ritrovò tutta ad Aigues Mortes.
Un villaggio sulla costa della Camargue, dove si agitava la più grande festa nazionale di gitani e fattucchieri mai visti in tutta la Francia.
I colori di quel posto erano incredibili. Come le vesti di streghe gitane che ballavano in piazza, su grandi tavole di legno o attorno a pali con nastri di seta, attorno a cui danzavano con la grazia di farfalle, mentre i loro uomini intonavano canzoni o suonavano flauti e liuti, al passo con ritmi cadenzati e allegri.
- Ragazzi, questa è la Sagra della Sbronza.- rise Sedwigh, appena arrivarono tutti quanti a cavallo.
Si, perché il villaggio dei gitani per miglia non faceva godere ad altri maghi, specialmente gli stranieri, del diritto di Smaterializzazione.
Era fantastico però.
Festa per una settimana intera e nulla, neanche uno tsunami avrebbe potuto fermare quella gente dal loro tradizionale tormentone estivo. C'erano anche parecchi babbani, ma sembrava che i gitani fossero bravi a tenere sotto controllo i loro poteri in loro presenza.
Qualcuno però non gradiva la presenza dei Non Maghi.
- Sono assolutamente d'accordo con lei.-
E ti pareva. Oliver Trust aveva beccato il pezzo grosso del posto, ovvero il capo dei gitani, un tizio sulla sessantina zoppo e con la barba più lunga di quella di Silente.
Vestito con sgargianti abiti dai toni caldi e con tanto oro addosso da farlo apparire un vero nababbo.
- Bravo, ragazzo.- disse quello, con un pesante accento gitano su quello già scandalosamente francese.
Stavano seduti al suo tavolo, perché Trust doveva sedersi solo al tavolo dei reali, figurarsi, e il vecchio sbatté in faccia a tutti un boccale di birra gigantesco.
Neanche Hagrid sarebbe riuscito a finire tutto il suo.
Ma non Tom. Oh. Se doveva farsi del male e vedere Trust con le mani costantemente affondate sulle spalle di Cloe, tanto valeva uccidersi con l'alcool no?
- Così siete inglesi...si, si...- continuò il capo dei gitani, dando un sonoro rutto da osteria - Sentiamo, cosa vi porta in Camargue?-
- Riunione.- gli disse Damon, accendendosi una sigaretta dopo aver rifiutato la pipa che il capo gli aveva passato, con aria di sfida paterna - Siamo stati a Hogwarts tutti insieme.-
- Hogwarts. Si. Mia nipote me ne parlò tempo fa. Lei è stata a Beaubaton. Eccola.- e indicò una bella mora, con un corpetto di raso giallo su una gonna azzurra e scalza che danzava su una tavola poco lontana, insieme a tante altre streghe - Spero sappiate ballare, giovani inglesi. Qui non c'è spazio per inglesi apatici e astemi.-
- Oh e non ce ne sono, si fidi.- gli disse Sedwigh, facendo cin-cin con gli altri al tavolo - Grazie dell'ospitalità!-
E che ospitalità.
Al suono dei tamburi e dei primi tuoni in un cielo dai colori simili al riverbero di una perla, la festa sembrava sfondare quasi le fondamenta del villaggio, oltre ai timpani, ma tutti quanti sembravano essersi adattati a meraviglia a quell'ambiente, specialmente le Grazie che avevano rimorchiato francesi per tutte le compagne.
Tom assistette a scene davvero esilaranti.
E dire che i francesi avevano la loro fama da amatori, come gli italiani...ma nessuno era in grado di spolparsi un uomo come Juliette Caldwell e le sue due amichette, almeno non quando viaggiavano in gruppo tutte quante affamate come lupi. E al loro tavolo ormai si erano riuniti tutti i single della festa, anche se alcune delle ragazze erano fidanzate, per esempio Mary J. Lewis e la ragazza di Matt Rogers, babbana, che si divertiva un mondo ora che aveva capito che Beatrix nel suo fidanzato vedeva solo una bevuta gratis.
E c'erano davvero tutte...tranne Cloe.
Seduta accanto a Oliver.
Presa in mezzo fra Trust e il capo degli zingari, col braccio di Oliver praticamente serrato attorno alla vita come una morsa di ferro.
Poi però...la mano di Oliver si spostò in quella della King, fino ad accarezzarle il braccio con lentezza studiata, quando Trust si accorse di uno sguardo troppo prolungato di Riddle.
Continuavano a parlare lì a tavola...ma Tom, senza accorgersene, seguì quella mano fino alla spalla della Sensistrega, impegnata a discutere con Trix e Milo di chissà cosa. E dolcemente, dalla spalla serica e scoperta, le dita scivolarono sul fianco. Alla cintura di pelle della gonna lunga e dotata di un ampio spazio della King.
Quando sparì sotto la tavola...
Un brivido.
Cloe allargò gli occhi, quasi sobbalzando. Fu la questione di un labile battito del cuore. Tanto veloce che nessuno, se non l'interessato avrebbe potuto capirlo. Nelle iridi della King passarono prima stupore, rabbioso piacere, vergogna, infine collera.
In un attimo Tom si alzò in piedi.
Ma se Trust pensava finalmente di averlo provocato a sufficienza da scatenare ciò che voleva, ovvero una pubblica vergogna per il bastardo che aveva osato invadere il suo dominio, restò a bocca asciutta.
Tom prese il suo bicchiere e dando un bacio sulla gota a Trix, disse che andava a farsi due passi in santa pace.
Il problema era che stuzzicare il drago che dorme è molto rischioso.
Questo lo sapeva bene anche Damon, che dopo un po' si stufò di sentire assurdità e andò a riprendersi la sua ragazza delle grinfie dei francesi.
- Se n'è andato?- chiese Neely - Perché?-
- Oliver ha infilato la mano fra le gambe a Cloe.- le rispose Howthorne, usando un tono crudo.
Neely rimase spiazzata solo per un breve istante. Ma era credibile. Molto credibile.
Quasi troppo scontato per uno come Trust.
- Schifoso.-
- Sono d'accordo.- Damon si accese una sigaretta da quella della Vaughn, quando Trix li raggiunse.
- Che si fa?- continuò, poggiandosi a un palo ricoperto di tessuti in seta e satin.
- In che senso?- la Montgomery lo guardò storto - Tesoro, no. Non devi mai metterci il dito fra quei due.-
- Tom non deve andare via.- replicò invece Trix, come se Neely non avesse neanche respirato ed emesso suoni - E resterebbe qui solo se Harry o Draco stessero male...o se Cloe glielo chiedesse.-
- La duchessa non glielo chiederà mai.-
- Avete pensato che magari non sono affari vostri?- sottolineò la ex Corvonero.
- Boicottiamole gli anti-concezionali.- se ne uscì Trix, di colpo.
Ecco. L'apoteosi.
- E che raccontiamo poi al bambino eh? "Oh, amore...sai come sei nato? Gli zii hanno pensato a metterti in cantiere, non la mamma, che sta dando i numeri perché odia il mondo intero. E non il papà, che quasi sicuramente ha una qualche tara mentale legata ai posti chiusi e circoscritti. Quindi non mamma e papà. Ma noi, gli zii. Sei contento?"- ironizzò il Legimors acidamente - No, meglio uccidere Trust.-
- Credevo ti piacesse.- gli fece notare la Diurna, altrettanto velenosa.
- Si, come a me Flanagan.- sospirò Neely - Accantonate la faccenda del boicottaggio. Chiaro?-
- E se azzoppiamo Tom?-
- Certo, sai che possiamo fare d'altro? Lo prendiamo e lo Sigilliamo a casa tua.- ridacchiò la Vaughn, tipo moglie di Stephen King - Meglio?-
- Mentre voi vi attirate una maledizione da un Riddle, il suddetto è appena sparito con una bruna.-
In effetti, poco prima, Tom se n'era proprio andato. Ma insieme a Tilly, riapparsa per agguantarlo e portarselo via, per poter parlare finalmente soli. Non erano andati lontano comunque.
Semplicemente erano in un tavolo più appartato, sotto una veranda di legno ricoperta di glicine, dove Cloe li trovò quasi subito.
La demone della sera prima, pensò, osservando la perfezione della sua pelle quando le gambe nude di Tilly si avvinghiarono alla schiena di Tom, visto che si era seduta comodamente su un tavolo tondo e tozzo.
Gli strinse anche le braccia al collo.
Quella posa trasudava sensualità ed erotismo.
Si sentiva soffocare.
Non riusciva neanche a guardarlo.
- Mi sembra nervoso, oggi.-
All'istante, sentì montare in lei una collera cieca.
- Non ti azzardare mai più a toccarmi in pubblico in quel modo.- sibilò, senza neanche degnare Trust di un'occhiata.
Forse non l'aveva sentita, perché, da dietro, le passò le braccia attorno alla vita.
- Andiamo...non arrabbiarti.- mormorò con tono soave, quasi melenso, baciandole il collo e facendole scivolare, con la bocca, una spallina del top sul braccio.
Nulla di scandaloso in pubblico. Sotto al top di raso rosa antico portava una camicia bianca, la gonna lunga, a vita bassa e con quello spacco che metteva in risalto le gambe scattanti e nervose, infilate negli stivali di camoscio.
Si scostò, rabbrividendo quasi cogliendo in sé, finalmente, un disgusto che aveva creduto non sarebbe mai riuscita a provare. Ma ora lo sentiva. Labile, lontano. Ma lo percepiva.
E non sapeva dire se fosse per Oliver...o per se stessa.
- Dove vai?- le chiese, inquisitorio, quando s'incamminò da sola.
- Non sono tenuta a rapportarti ogni mio spostamento.-
Una mano sfrecciò ad agguantarla per il polso. E stringeva tanto da spezzarle l'osso.
Gli occhi contratti della King non si levarono dalla gola di Trust.
Se solo avesse alzati il viso, avrebbe visto il volto di pietra del fidanzato.
- Invece sei tenuta a farlo.- le disse, tirandosela vicino - Non voglio più che gli parli.-
- Io sono di parere opposto.-
La morsa si serrò ancora di più.
- Cloe.-
- Claire.-
Accadde mentre Tom se ne andava, lasciando Tilly Hingstom con un bacio leggero.
La King sgusciò via, fissando il volto di Oliver ora quasi scosso dalla prima insicurezza della sua vita.
- Io mi chiamo Claire.- scandì di nuovo, come per imprimerselo nella mente.
Come per ricordarselo davvero.
Per ricordare...l'unico che l'aveva sempre chiamata così.
L'unico che usando il suo vero nome le aveva detto che l'amava.

Sarebbe stato bello fermarsi, fu il commento generale degli ex studenti di Hogwarts, quando ormai, a sole calato, dovettero rimettersi in viaggio per il residence, per l'ultima cena e l'ultima festa privata dell'Universale.
Damon Howthorne, in mezzo alla campagna francese, osservava il cielo sempre più scuro.
Alcuni punti a est erano quasi simili a petali di viole...densi e cupi nembi, frastagliati a volte da piccole scariche elettriche.
- Sicuro di non voler tornare con noi?- chiese al vento, che disperse la sua voce. Il Legimors riabbassò il volto, sorridendo debolmente - Non mi va di lasciarti qui. Magari c'è il tizio di Badomen qua attorno.-
- Non mi farà niente anche volendo.- rise la voce di Riddle.
Tom stava sdraiato proprio sotto di lui, le braccia incrociate dietro la testa.
- Io non ho avuto premonizioni, comunque.-
- Bhè, meno male. Voglio godermi il silenzio.-
- Come farai per tornare? Ricordati lo Spazio Anti Smaterializzante dei gitani.-
- Tornerò in volo.-
- Con la pioggia? Così oltre che con la schiena bucata ti riporto anche con la broncopolmonite.-
- Com'è che vi siete candidati tutti ad aguzzini?-
Damon s'inginocchiò, entrando nel suo spazio visivo.
- Mi dispiace, Tom.- mormorò, a bassa voce.
Come se fosse stata colpa sua...come se...fosse stata colpa sua, se ora fra lui e Claire le cose andavano così.
- Ma di cosa?- Riddle sorrise, intenerito - La colpa non è tua. Anche se ti sei fatto amico il nemico.-
- Sai come dice Draco...-
- Tieniti vicino gli amici e ancora di più i nemici. Si vede.- ridacchiò l'altro, accavallando le gambe sull'erba alta e soffice - Ti prego. Seguire l'etichetta Malfoy per me è un'impresa. Tu però ci sei riuscito bene.-
- Potevi spaccargli la faccia oggi.-
Già.
Avrebbe potuto ucciderlo.
Ucciderlo davvero.
Quando aveva toccato Cloe, davanti a lui...
In fondo, spesso e volentieri, la volontà di un uomo si dimostra anche nel difendere i propri affetti.
Più rudemente, il proprio territorio.
Ma Cloe non era mai stata solo una proprietà.
Purtroppo, e per essere melodrammatici, amarla non era mai stata un'opzione.
Era naturale.
Gli veniva spontaneo come respirare.
E se ora lei stava per sposare un altro...e se ora lei faceva l'amore con un altro...poteva incolpare solo se stesso.
- Non fare quella faccia.- disse, sollevando gli occhi su Howthorne - Purtroppo le cose non vanno sempre come noi vogliamo.-
- Lo so perfettamente bene.- rispose Damon, rialzandosi lentamente - Ma mi sento in credito con la vita.-
- Ah si?-
- Prima perdo te...e adesso anche lei. Non voglio.-
- Tu non la perderai.-
- Se lo sposa, potrei rivederla chiusa in cima a una torre con la porta sbarrata.-
- Pare che la Sigillazione sia un po' il destino di tutti noi.- commentò Riddle, socchiudendo le palpebre quando un tuono rimbombò sulle loro teste - Il fatto è che...non pensavo fosse così anche per Claire.-
- Probabilmente non vuoi parlarne.- iniziò il Legimors, guardandosi attorno come per prendere tempo e racimolare abbastanza coraggio per farlo - Ma io devo chiedertelo.-
- Ti ascolto.-
- La tua intenzione è quella di tornare da Caesar, vero?-
Ci fu un altro tuono e dal cielo cadde una goccia. Un'unica prima goccia di pioggia.
Scivolò sulla spalla di Damon, bagnandogli il collo e poi la stoffa della camicia.
Chi tace acconsente.
Tom stava il silenzio. Forse non voleva rispondere.
Forse...era chiaro ciò che pensava.
- Se io ti chiedo di restare...non basta, vero?-
Rivide il suo migliore amico, quel ragazzo diciassettenne, quando Tom sorrise.
Gli aveva sorriso come tanto tempo prima.
- Mi sei mancato.- fu l'unica cosa che gli uscì.
Fu un soffio, forse neanche un'ammissione.
Un debole soffio.
Ma Damon l'accettò, inspirando forte.
- D'accordo.-
- Potremo riparlarne a casa.- gli disse Riddle - Ma ora voglio solo starmene un po' qui.-
- Capisco.-
- Grazie per come racconti le balle, Damon.-
Una leggera ghignata, poi Howthorne gli dette la schiena. Per fermarsi ancora, qualche metro dopo.
- Tom.-
- Si?-
- Se fosse la duchessa a chiedertelo?-
- Non lo farà mai.- ora la voce di Tom era vacua, lontana.
- E se lo facesse? Resteresti?-
- Non toccherebbe a lei strisciare per riavermi, Damon.- fu l'ultima cosa che gli disse - Devo essere io a supplicare.-
Si, forse scongiurare perdono...forse supplicare pietà...
E' così che si rimettono in sesto i cocci di un cuore ferito?
Dilaniato a sangue?
- Damon...-
- Si?-
- Semper Fidelis.-
Si, per sempre.
Fedeli nel sangue, nell'amicizia.
E fedeli nella morte.
Il fato, o Damon in persona, vollero che una volta al punto di ritrovo dell'Universale, per tornare tutti a cavallo o in carrozza al residence, Cloe fu la prima ad accorgersi che Howthorne era tornato solo dal suo giro.
- Dov'è?- sussurrò a Trix, che stava montando a cavallo dietro a Milo.
La Vaughn fissò Howthorne per un attimo. Poi ricordò il loro precedente discorso e nonostante l'occhiataccia di Neely che trucidò lei e il fidanzato con occhi lampeggianti come il cielo nero sopra di loro, non poté esimersi da fare il sacro commento che dette il via a quel gran disastro che accadde quella notte.
Il primo di tanti.
- Tom? Oh, sarà rimasto con quella sua amica. Prima sembravano avessero intenzioni serie.-
Se fosse riuscita, Neely l'avrebbe strozzata dalla carrozza in cui era sprofondata con le Grazie. Ma se non altro, sporgendosi dal finestrino dallo sportello, fece il gesto chiaro e semplice di torcerle il collo.
E col labiale le disse qualcosa di altrettanto poco carino.
Ma Trix era felice. Oh, se era felice.
Cloe ribolliva. Cloe tremava. La gelosia era talmente salutare in certe situazioni.
La gelosia spesso le salvava certe situazioni.
E all'inferno Oliver.
- A chi arriva primo Oliver?- ghignò Damon, portando il cavallo accanto a quello di Trust.
- Mi sfidi?- ghignò il mago, divertito - Hn, non so...- e si girò indietro, verso la King che era ancora a terra - Dolcezza, ti spiace andare in carrozza con le tue compagne? Io e Damon ci facciamo una corsa.-
Ah, siano benedetti tutti i Serpeverde, pensò Neely quando, partiti quei due, vide un lampo correre all'ultimo cavallo rimasto. Cloe era salita in sella.
E i suoi sensi la stavano conducendo alla meta.
Ancora una volta.
- Sai una cosa?- le sussurrò Trix, quando lei e Milo passarono accanto alla carrozza - E' bello avere i suoi poteri. Così non lo perde mai, anche se le sembra il contrario.-
- Anche grazie a voi due, vero?- ghignò la Montgomery.
E più si guardavano indietro, più la Sensistrega diventava un puntino lontano.
Galoppava. Galoppava.
Sempre più veloce.
Col vento che le frustava i capelli, le gambe scoperte dalla gonna.
E le prime gocce di pioggia che ora cadevano ritmiche come una melodia vittoriana.
Lo sentiva vicino, sempre di più...tanto che ora assumeva i connotati della salvezza.
Il cuore quasi andava al ritmo del rumore degli zoccoli sul selciato verso il villaggio dei gitani, verso le loro praterie.
Attraversò un ponte di pietra e da lì lo vide...
Ora la pioggia cadeva incessante.
Il suo rumore ovattato e il suo odore contro il terreno impregnavano ogni cosa.
Era solo.
Cloe chiuse per un istante le palpebre, prima di raggiungerlo.
Stava gettando al vento anni e anni di difese.
Stava demolendo il suo scudo. Da sola.
O forse era stato Tom...ma stava andando incontro a un dolore sicuro, ne era certa.
Perché amava di lui tutto ciò che faceva più male.
I suoi occhi gelidi, la sua persona altera, il suo pensiero sconfinato.
Il modo in cui l'aveva tradita.
Lui un tempo aveva messo la sua firma sul contratto della Sigillazione.
Ora le sembrava di mettere la firma...per andare alla ghigliottina, perché mandò il cavallo al trotto fino a raggiungerlo.
Era ormai fradicia, con la gonna incollata alle gambe, come la camicia e il top di raso.
I capelli erano diventati serpenti attorcigliati, mossi a ogni passo.
E lui...cosa stava facendo?
La pioggia, pensò Claire, quando scese dalla sella e andò a mettersi di fronte a lui.
In piedi, uno davanti all'altra.
La pioggia...
Possibile che...stesse lì in piedi, sanguinante, sotto la pioggia...perchè da otto anni non aveva più avuto la possibilità di sentire una goccia d'acqua proveniente dal cielo sulla pelle?
Era quella...quella tenerezza che le faceva paura.
Quel suo stare lì sotto il cielo nero come la pece, frastagliato di fulmini e folgori, a capo chino.
Ma erano insieme.
- Lascia che lo faccia.- le disse Tom all'improvviso, senza neanche aprire gli occhi.
Come sapeva che era lei?
- Cosa?- sussurrò Cloe, con le ciglia imperlate di pioggia.
- Lascia che lavi via tutto.- continuò, alzando appena il viso su di lei - Fai finta che sia così.-
Fare finta.
Si.
Forse per quel giorno, lì sotto a quel temporale, da soli...avrebbe potuto accettare di fare finta.
E si convinse che anche il suo cuore faceva finta. Perché da quando era partita, non aveva mai smesso di battere tanto forte. Otto anni. Era tornata a otto anni prima.
Quando tutto era iniziato con lui, senza un perché, senza il bisogno di un perché.
Loro... non ne avevano bisogno.
Un bacio, pensò, prima di annullare la distanza che li separava e gettargli le braccia al collo.
Un bacio soltanto.
Le sarebbe bastato per sempre.
Si sarebbe aspettata resistenza...non due labbra pronte a duellare, ad accogliere e al contempo a violare.
Si sarebbe aspettata tutto...ma non la sensazione di essere tornata in una casa da cui era stata strappata a forza.
Indifesi.
Di nuovo insieme.
E ora di nuovo lui la stringeva forte.
L'amava.
L'amava ancora...lo sentiva.



Se da una parte non bisogna mai dubitare dei moniti che certi soggetti ci pongono, dall'altra non si può nemmeno basare la propria esistenza su propositi di vendetta.
Questo, Lucilla dei Lancaster l'aveva imparato fin da bambina ma la stanchezza degli ultimi tempi aveva appannato e la sua incredibile forza magica e incrinato la sua lucidità mentale.
Fu a causa di tutto questo, infatti, che Lucilla dimenticò un monito che suo cugino Horus le aveva lanciato qualche settimana prima. Un monito che le ricadde addosso al momento meno opportuno.
Quel pomeriggio stesso, verso le sei di sera.
Senza sapere come o perché, la demone aprì gli occhi trovandosi rannicchiata nel suo letto.
E il sole stava appena iniziando ad arrossire, per poi tramontare in un tripudio di fuoco oltre le chiome di Richmond Park. Quando guardò l'ora, stringendosi in una camicia nera di Tristan, e neanche ricordava com'era finita a indossarla, quasi cacciò un gridolino.
Oh no! Aveva perso l'appuntamento con Tristan! Alle quattro, quel pomeriggio!
Suo marito le aveva chiesto di andare a fare due passi a Loch Ness e lei aveva mancato l'appuntamento!
Imprecò, chiudendo gli occhi e dandosi della stupida. Ma come aveva potuto addormentarsi così? Come?
Quando scese in salone vide solo un biglietto, appoggiato sul pianoforte.
Era di Tristan. Era tornato quando lei era stata troppo in ritardo, e trovandola addormentata alla scrivania nello studio l'aveva condotta a letto. Le scriveva anche che, a cena, avrebbero avuto qualcosa di cui discutere.
- Oh, no.- sospirò mestamente, lasciandosi andare seduta in poltrona, tristissima.
Da quando Tom era partito non aveva fatto altro che aspettare quella mezza giornata libera di Tristan...e adesso se l'era persa. Chiuse la lettera, desolata, e si appoggiò su un gomito.
L'emicrania ora le stava rovinando l'esistenza.
Le tempie le martellavano così tanto che a malapena si accorse dell'ingresso di Rose.
Sua suocera stava discutendo con gli elfi, apprezzando moltissimo il fatto che uno di loro le avesse preso dalle mani i troppi pacchi con molta solerzia e quando entrò nel salone, la strega rimase basita per un secondo nel vedere la sua altera nuora solo con addosso una camicia nera.
- Lucilla?- l'apostrofò, avvicinandosi - Lucilla, cara, tutto bene?-
La Lancaster alzò appena il volto, agitando una mano.
- Liz non c'è.-
- Si, l'ho notato. Lei viene sempre ad accogliermi.- ironizzò Rose, continuando a scrutarla - Ah, dolcezza. Hai di nuovo quell'aria tirata. Non stai bene, ammettilo.-
Nessuna risposta.
Lucilla si stava massaggiando la testa, a palpebre chiuse, quasi serrate.
- Cosa potrebbe farti sentire meglio?- continuò Rose, controllandole le iridi quasi dilatate - Hn, niente alcool. Ok, so io cosa ci vuole. Forza, alzati, andiamo a fare shopping.-
- Liz non c'è.-
Stavolta la signora Mckay si bloccò.
Sempre fresca di parrucchiere, curata e sapientemente truccata, Rose Mckay in vita sua aveva imparato a gestire ogni genere di situazione. Ma ora qualcosa sembrava impensierirla davvero.
- Hai sentito cos'ho detto?-
Lucilla stavolta sollevò gli occhi - Si. E Liz non c'è.-
- Tesoro...- Rose schioccò la lingua, prendendole il faccino fra le mani -...l'ho chiesto a te, non a Liz.-
Si, come no.
La demone evitò di riderle in faccia ed evitò anche di risponderle di nuovo, visto che una fitta atroce quasi le spaccò il cranio. Dio, le sembrava di avere una banda di troll in testa, che le martellavano le pareti del cervello con sadica perfidia. E a quanto pareva non era mai abbastanza, perché la voce gracchiante di Elisabeth irruppe nell'ingresso di Cedar House, urlando contro gli elfi domestici.
- Ma cosa diavolo...- Rose alzò le sopracciglia e si diresse alla porta, accorgendosi finalmente che forse la follia era di casa in quella residenza. Si, perché Elisabeth Jenkins cosa stava facendo? Urlava come una pazza contro gli elfi domestici che avevano sbagliato a tingere l'ingresso. Invece che giallo panna avariata, ora l'ingresso era giallo limone.
Stava quasi minacciando di buttarli tutti fuori ed erano ormai in lacrime, che Lucilla si alzò e andò a vedere cosa stava succedendo.
Una cosa tira l'altra e si scatenò il pandemonio che lasciò Lucilla veramente a pezzi.
- Ehi, basta.- scandì, vedendo che Liz stava davvero esagerando - E' solo il colore il problema?-
- Solo il colore?- riecheggiò la governante, sconvolta - Solo il colore? Lucilla è tutto sbagliato! Da cima a fondo! La tonalità è troppo densa!-
- Ok, va bene...- la Lancaster agitò la mano e in uno schiocco di dita, tutto il colore cambiò.
Ora era perfetto.
- E a posto ora?-
- Lucilla...- Liz serrò le labbra - E' perfetto, ma non è questo il punto.-
- Fanciulle, non possiamo discutere di tappezzeria davanti a un bicchiere di thè freddo?- propose Rose, sospirando.
- No.- Lucilla levò i palmi, arrendendosi subito - Apprezzo l'invito, ma...-
La Jenkins la interruppe subito, allargando la bocca, quando notò com'era vestita - Oh no! Non sei andata da Tristan! Lucilla, Merlino, te l'avrò ripetuto mille volte stamattina! Quanto l'hai fatto aspettare?-
Ora fu il turno della demone di guardarla con aria allucinata.
No, era troppo.
- Io me ne vado.- sibilò - Andate pure a fare spese. E lascia in pace quegli elfi, per cortesia.- finì verso Liz, mentre tornava in salone. Peccato che la governante la seguì, agitando la borsetta e gettandole uno sguardo letteralmente sdegnato.
- Forse potrà non interessarti, anzi, è sicuro vista la tua espressione fin troppo palese, ma questa casa va avanti grazie a regole precise. E si sgarra, tutto andrà in malora!-
- Oh, chi se le scorda le tue regole.- rincarò la Lancaster, lasciandosi andare seduta in poltrona, quasi di botto.
- Non fosse per quelle, questa casa non godrebbe del suo lustro.- disse Liz, quasi con orgoglio - Fosse per te...- si bloccò, stringendo di più le labbra - Ah, ma cosa mi spreco...-
- Su, ragazze...- Rose stava in mezzo, abbastanza perplessa - E' solo la tinta di una parete...-
Primo, perché sua nuora non aveva mai aperto bocca contro la governante.
E secondo, perché la governante non aveva mai aperto bocca su sua nuora.
- No, Rose. Non è solo la tinta del salone.- replicò infatti la Jenkins, acidamente - Ma sono cose troppo al di là per la grande portata della padrona di casa. Vero Lucilla?- e la scrutò, alzando le sopracciglia con fare accondiscendente - Figurarsi. Tu non ti occupi di cose come la casa, vero?-
- Per quello ci sei tu. Te ne occupi egregiamente mi pare.- le disse la Lancaster - Stai cercando complimenti per caso?-
- A differenza tua? Già, tu non ne hai bisogno vero? E quando mai.- riecheggiò la governante, piena d'ironia - Tu sei perfetta, vero? La perfezione fatta a persona! Dio, che cosa assurda! Sai, aspettavo da tempo di dirtelo e dopo che hai piantato Tristan anche oggi, questa te la meriti! Sai, forse fesserie come la casa, le feste e il governare una famiglia non sono cose adatte a una lady, ma di certo anche un cane saprebbe prendersi miglior cura del marito!-
Rose si portò la mano alla bocca, mentre gli occhi di Lucilla si sgranavano.
- Ti è mai passato per la testa che magari lui avrebbe apprezzato un tuo maggior interesse per la casa? Eh?-
Lucilla parve irrigidirsi.
- O che magari, anche se non mangi, avrebbe gradito qualcosa cucinato da te? Oh, no vero? Perché tu sei al dì sopra di tutto, giusto? A te basta schioccare le dita per sistemare la tinta dell'ingresso, ma quante volte ti sei davvero interessata...che ne so, ai suoi vestiti. O quante volte l'hai accompagnato a fare spese? O gli hai fatto un pensiero davvero sentito?!- Liz sembrava irrefrenabile - Ti sembra il comportamento di una moglie per caso?-
- Elisabeth.- Rose fece qualche passo avanti - Credo che tu stia esagerando.-
- No, non è vero.- replicò la governante - Per non parlare di Degona!-
Oh no.
Rose tremò leggermente quando iniziò a sentire tutte le superfici di cristallo in quel salone, vibrare.
Vide sua nuora con le mani alla testa. Stava di nuovo male.
- Degona eh?- sussurrò Lucilla.
- Si, Degona.- scattò Liz - Sai, tua figlia. Che hai messo al mondo e poi hai abbandonato!-
Una serie di cristalli sul tavolino accanto al caminetto andò in pezzi.
Scoppiarono letteralmente.
- Ma bene!- Liz si portò le mani sui fianchi - Perfetto! Ora mi toccherà anche pulire! Dannazione, ti sembra buono l'esempio che dai a tua figlia? Sempre in giro, sempre insieme ai demoni! In questo modo tua figlia si rovinerà! Hai già rischiato di rovinarle la vita tornando indietro anni fa e ora quasi mandi all'aria il tuo matrimonio.-
Silenzio.
E quando Lucilla alzò gli occhi, sembravano diventati la neve più pura.
- Oh, dubito che ti addolorerebbe avere Tristan libero dai voti coniugali.-
Finalmente Liz si accorse di quello che stava succedendo.
Deglutì appena, ma quasi le tremarono le gambe quando Rose l'afferrò per il braccio.
La spinse sulla porta del salone, le sussurrò qualcosa all'orecchio, la governante sbiancò e poi uscì.
Tutto lì dentro ancora vibrava. Tutto sembrava pronto a saltare per aria.
Chiuse le porte quasi a chiave, Rose Mckay si girò verso la nuora.
Che strano...Rose provò un'insolita sensazione. Era la prima volta che vedeva sua nuora talmente...debole, indifesa.
Ma quegli occhi avrebbero raggelato l'inferno.
- Lucilla, io...- iniziò.
Una risata agghiacciante riuscì a fermarla, a seccarle la gola.
- Se la sarà goduta, immagino.-
Rose serrò i palmi.
- Tesoro, sei stanca...-
- E la smetta di chiamarmi così.- ringhiò a quel punto, alzandosi e andando dritta al pianoforte. Le dette la schiena, neanche riusciva più a reggere la sua vita.
- Vada via.-
- Quando la smetterai di darmi del lei, eh? Ti diverte sbattermi in faccia questa formalità che si usa solo con gli estranei?- le chiese Rose, perdendo la pazienza - Avanti, andiamo. Lucilla, non sono stupida. Stai male, è quasi più di un mese ormai. Elisabeth ha detto delle cose ingiuste, atroci, questo non la giustifica di certo. E tu non sei una pessima moglie...solo che...- l'ennesima risata fece alzare il tono a Rose Mckay - Insomma!- sbottò - Con te è davvero impossibile parlare! Che ti prende, dannazione?-
- Mi prende che non ne posso più.-
Lucilla alzò il viso oltre la spalla.
Una lacrima le rigava una guancia. Ma sembrava una bambola.
Non aveva espressione in viso.
- Non ne posso più. Non ne posso più di te, Rose...- esalò con tono sepolcrale - Di quella...di tutta questa casa dove mi sento rinfacciare ogni due secondi che razza di madre orrenda sono stata. Non reggo più questa vita, le vostre feste, le vostre stramaledette apparenze...e non sopporto più, oltre ogni cosa, di svegliarmi qui e sapere che tu sarai al varco ad aspettarmi per trascinarmi in chissà che schifoso buco pieno di idioti che pontificano di sangue. Non posso più neanche sopportare di non poter abbracciare mio marito qui in casa, perché secondo quella cretina... - e quasi lo urlò -...è poco fine!-
- Lucilla...- Rose tremava ancora - Sei sconvolta.-
- Io sono furibonda!- strillò la Lancaster. E in quell'esatto istante tutti i vetri della casa esplosero.
Rose urlò, ma subito la magia di Cedar House ricompose quel disastro.
Quando rialzò la testa, la signora Mckay vide Lucilla aggrappata al pianoforte.
Le sue spalle erano scosse da fremiti.
Le mani chiuse a coppa sul viso.
- Lucilla...-
- Piantala.- le disse, in un soffio - Mi hai vista come una nemica dalla prima volta che mi hai conosciuta.-
- No, questo non è vero! E' solo che...non riesco a parlare con te.-
- Sai una cosa? Sono io che non ho più voglia di parlare.-
- Tu non ne hai mai avuto voglia.- le rinfacciò.
- Hai ragione. Con te meno che mai. Il tuo disprezzo è palese.-
- Lucilla, io...- la supplicò di nuovo la signora Mckay ma stavolta, oltre ai vetri, anche le spade appese alle pareti traballarono dalle loro mensole.
- Vattene.-
E stavolta era una minaccia fondata.
Dannatamente fondata.
Voleva andarsene. Voleva Tristan e Dena...e poi voleva andarsene.
Ovunque, ma non voleva più stare in quella casa maledetta.
Quando Rose si chiuse i battenti alle spalle, alla Lancaster sembrò quasi di prendere un lungo respiro dopo una prolungata apnea. Mosse un passo, a piedi scalzi sul tappeto soffice, ma le ginocchia le cedettero.
Sarebbe caduta se qualcuno non l'avesse sorretta.
E nell'istante in cui sentì quelle mani sulle spalle, a stringerla forte, capì di essere caduta in trappola.
Sciocca, si disse, in quei pochi attimi.
Sciocca Lucilla.
Rapidamente, tanto che nemmeno lei riuscì a sottrarsi, un nugolo di catene dorate le bloccare i polsi oltre il corpo di chi l'aveva sorretta e le manette la costrinsero a stringere la vita del suo nemico.
Gemette, quando una mano le carezzò debolmente il collo e la gola.
- Dormirai...- sussurrò una voce di uomo al suo orecchio - Dormirai, piccola mia. E fra cent'anni, quando ti sveglierai, lui sarà morto. Tutto sarà finito. E tu non avrai più motivo di soffrire.-
Lucilla vide delle mani che le coprivano le palpebre.
- No...- la sua voce uscì, per la prima volta in vita sua, in una supplica - No, Horus...no, ti prego!-
- Ti voglio bene, Lucilla. Sarà solo un lungo sonno per te.-
- No!- urlò forte, quando i polpastrelli del cugino le scivolarono sulle palpebre - No...-



Più tardi, quella sera, quando Degona entrò nel salone, trovò solo sua madre riversa a terra.
E dormiva. Dormiva soltanto.
Un sonno lungo cent'anni.


 

 

 

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 29° ***


tmr29




Che l'amore è tutto, è tutto ciò che sappiamo dell'amore.
Emily Dickinson.

L'amore é una guida cieca, e chi lo segue assai spesso si smarrisce.
Colley Cibber.






- Allez, plus vite!- sbraitò la voce burbera del capo dei gitani, agitando il bastone per aria - Inglesi! Come avete fatto a perdervi in campagna piatta io proprio non lo capisco! Plus vite!-
- Eh, plus vite un cazzo.- sibilò Thomas Maximilian Riddle, cacciando il cappuccio del mantello sul capo.
Si prese una bastonata in testa, poi una pure nella schiena, ma per amor di pace non aprì bocca per bestemmiare ulteriormente, visto che quei gitani erano stati tanto gentili d'accoglierli gratuitamente per tutta la notte.
Infatti, il cielo era ormai diventato un manto di nero velluto.
Solo frammentato da lampi e folgori rosse e violette, uno spettacolo davvero impressionante.
Se non altro, il villaggio degli zingari sembrava protetto dal mal tempo anche se Tom, sollevando lo sguardo a ogni passo, si chiedeva se non avesse leggermente esagerato.
In fondo con tutta quell'acqua la Camargue rischiava di allagarsi.
Ma la sua attuale compagna di sventura, Claire King, sembrava solo occupata a parlare con i gitani, per ringraziarli dell'ospitalità. Il capo dei maghi francesi, sempre agitando il suo bastone, li aveva trovati in mezzo ai campi, a cavallo e tutti bagnati. Così li aveva letteralmente sequestrati e riportati al villaggio, ringhiando qualcosa contro gl'inglesi e le loro abitudini idiote.
Anche se, grazie a Merlino, almeno ora avevano un tetto sulla testa.
Senza la possibilità di Smaterializzarsi, sarebbe stato un vero suicidio tornare al residence con quel diluvio.
Un altro tuono rombò in cielo, proprio quando Cloe riuscì a ringraziare decentemente per la cortesia.
La figlia del capo, una bella gitana mora piena di orecchini e braccialetti d'oro, le sorrise maliziosa quando l'accompagnò attraverso il cottage in cui il padre aveva condotto i due ospiti.
- Oh, cheriè...- le disse, deliziata - Non devi ringrasiarsci. Anzi.- e buttò uno sguardo indietro - Mi ha permesso di guardare ancora il tuo bellissimo fidanzato.- e sbatté le ciglia, ridendo e al contempo prendendola a braccetto - Scusa, Cloè, ma ho ballato con lui con oggi. E mi ha tolto il fiato.-
Tolto il fiato.
Un sorriso, dopo tanto tempo, aleggiò sulla bocca della King.
- Si...Tom toglie il fiato.-
- Oh, e spero che questa notte ti tolga anche il sonno!- rise la francese, spingendola divertita verso la parte disabitata del cottage - Et voilà. Questa parte della casa è tutta vostra. Sarebbe mia, ma io vivo con un'amica da qualche mese. In due starete perfettamente comodi, fidati di me, cheriè.-
Una strizzata d'occhio, poi quando Riddle arrivò spinto dal capo dei gitani, la bella zingara passò a indicare ad entrambi le stanze e i servizi. Pregò loro di farsi un bagno per scaldarsi, quindi si mise a disposizione, nel caso avessero avuto bisogno di qualcosa, ma non si trattennero a lungo.
Due chiacchiere, altre due bestemmie in francese, uno spunto sulla porta contro il malocchio (tradizione gitana alquanto bislacca!) e i francesi sparirono.
Chiusa la porta, un tuono colossale fece tremare anche i muri.
Quello era un segno del karma.
- Francesi.- sibilò Riddle, levandosi il mantello.
- Bhè, sono stati gentili.- borbottò Cloe, levandosi di dosso la giacca zuppa di pioggia.
Tom non si sprecò a rispondere. Quando prendeva la pioggia poi il suo umore peggiorava a vista d'occhio e d'orecchi, ma erano anni che non gli accadeva, per ovvi motivi.
Sollevò la mano destra verso il caminetto spento, levando all'istante calde fiamme color rubino.
Il tepore invase la sala, mettendo a fuoco un gusto prettamente esotico nell'arredamento. Tende e tendaggi dallo stile vagamente orientale, vasi colorati dai toni caldi, candele tonde e cilindriche su mensole ricolme di libri.
Non c'erano oggetti babbani, questo sì.
- Carino.- disse Cloe, trovandosi stranamente a suo agio.
Tom di nuovo non spiccicò parola, forse perché toccandosi la schiena si era accorto di essere praticamente rigido come un pezzo di marmo. E, dannazione, aveva anche la camicia bagnata, oltre che di pioggia, anche di sangue.
- Cristo.- imprecò, levandosi l'indumento con un moto di stizza che gli fece saltare via i bottoni dalle asole.
- Che c'è?- la King si avvicinò, notando un gioco di ombre e luci sui suoi muscoli che per un secondo le fece perdere il contatto con la realtà. Idiota, si disse, andando a controllargli la schiena.
- Si sono aperti i punti.- commentò, tamponandogli la ferita con un fazzoletto pulito - Tom, questa galleria sembra non volerne sapere di tornare a posto. Forse dovresti raddoppiare le dosi di Lazzaro.-
Riddle stavolta stava per replicare, quando un guizzo riconoscibile nel camino lo fece imprecare di nuovo.
Sgusciò via dalle grinfie della King, sibilando qualcosa in Serpentese e si chiuse in bagno, sbattendo sonoramente la porta, proprio in tempo per scampare alla comparizione della testa di Trust nel camino.
- Oliver.- l'apostrofò Cloe, tranquilla.
- Ma che cosa cazzo è successo?- fu la prima cosa che le urlò inferocito - Cloe, ma dove sei?-
- Dai gitani.-
- Che diavolo ci fai ancora lì, eh?-
- Ero a cavallo sulla strada del ritorno. Il cavallo si è azzoppato, così sono tornata indietro.- disse pacatamente. E forse fu il tono, perché Trust ebbe la sensazione che gli stesse parlando come a un bambino dell'asilo. E serrò i denti ancora di più.
- Non amo essere preso in giro.-
La King sbattè le ciglia ancora umide.
- Di cosa parli?-
- Neanche lui è tornato. Che coincidenza, eh?-
- Sarà andato dai suoi amici demoni.-
Oliver assottigliò maggiormente le sopracciglia.
- Alla mia insinuazione, avresti dovuto dimostrarti stranita, non pensi?-
- No. Perché ormai stai diventando monotono.-
Trust emise un ringhio - E lì con te?-
- Anche se ci fosse, non vedo il problema.-
- Bhè, io lo vedo.-
- Non è un problema mio allora.- replicò la Sensistrega - Oliver, sono stanca.-
- Impressionante come sia facile perdersi, quando si vuole, vero amore?-
- Senti...- sibilò Cloe, esasperata - Non sono stata io a scatenare gli agenti atmosferici, qua c'è una maledetta tempesta, quindi vedi di piantarla con questa storia! Sono stufa delle tue scenate, chiaro? Se ho voglia di piantarti sono capace di trovare un motivo senza dover ricorrere a questi espedienti da maschio! Hai capito bene?-
Oh, aveva capito benissimo.
Tanto che per un secondo, Cloe capì dai suoi occhi come avrebbe potuto essere il loro futuro.
Gabbia. Le veniva in mente una grande gabbia...o una torre, come quella di Raperonzolo. Con la porta sbarrata.
- Questa faccenda non si conclude così, amore.- le disse, freddo come il marmo.
- E invece si.- sbottò la bionda - E adesso scusa ma vado a farmi un bagno.-
- Da sola?-
Quando si voltò per mandarlo al diavolo, Trust era già sparito. E fu decisamente un bene.
O gli avrebbe detto cose che avrebbero mandato tutto all'aria.
Cose che però...diventavano sempre più importanti. Cose che toglievano il fiato...cose che...ora quasi spaventavano.
La porta del bagno si aprì e si richiuse.
Così oltre a sentirsi sul collo il fiato del fidanzato lontano, Cloe dovette subire anche lo sguardo acido e ironico di Riddle.
- Meno male che il marito padrone se n'è andato.- le disse, filando nella piccola e graziosa cucina aperta sul salottino, e separata solo da un piccolo muretto di mattoni lastricati alla perfezione, coperti da una mensolina in cedro.
Ecco, Tom era a portata di mano. Perché non imprecare dietro a lui?
Però lo vide aprirsi una bottiglia di scotch invecchiato dodici anni, senza fare tanti complimenti, e poi mandare giù un corposo bicchiere quasi a goccia.
- Riesci a restare sobrio?- gli chiese, sarcastica.
Lui rise, con la bocca attaccata al secondo bicchiere.
Gli si avvicinò e si versò a sua volta appena due dita. Il liquore bruciava in gola e in un secondo si scaldò perfettamente, anche coi vestiti bagnati e incollati alla pelle.
- Vai a fare il bagno.- le disse lui all'improvviso, accendendosi una di quelle terribili sigarette alla menta.
La King però non si mosse dal tavolo.
- No, vai tu.-
- L'acqua mi brucia il taglio, mi asciugherò al caminetto.-
- Faresti meglio a farti un bagno comunque.- rincarò lei, sbuffando - Stringi i denti, no?-
- Mi convinceresti a immergermi in quella vasca solo se ci fossi già tu dentro, quindi no, grazie.-
Era vero, pensò Cloe, ghignando sottilmente.
Aveva imparato a flirtare e a fare battute sconce.
- Vai.- gli disse allora, cambiando tono e assumendone uno meno intransigente - Io faccio del thè.-
Ovvio che non le diede subito retta, anche perché in mezzo a quel temporale provvidenziale, un'aquila aveva sfidato fulmini e intemperie per arrivare a raggiungere Riddle.
Il magnifico uccello, fradicio, picchiò il becco contro una delle finestre così Tom andò a controllare.
Era Icaro, l'aquila di Denise.
E mentre lui carezzava le ali del messaggero, accadde finalmente qualcosa che girò leggermente la Ruota del Destino.
Accadde per sbaglio. Accadde per distrazione.
Accadde per amore.
Accadde...perchè doveva accadere.
Cloe, rimasta in salotto, si ricordò delle sue gocce ed estrasse la fialetta dalla borsa, lasciandola sul basso tavolino in mezzo ai divani e di fronte al camino, per andare a prendere un bicchiere pulito in cucina.
Una fialetta piccola, cilindrica, dal liquido incolore e dal tappo di sughero.
E Tom, mentre leggeva il messaggio di Denise, un messaggio accorato ma anche affettuoso e tenero, si ricordò del Lazzaro. Nelle tasche dei jeans non trovò nulla, così buttò un occhio alla sua camicia, buttata a terra su un tappeto.
Facendolo però, inquadrò la fialetta sul tavolino.
La prese e senza tante storie buttò giù praticamente tutto il contenuto, stupendosi del sapore quasi dolciastro di quell'acqua. Strano, il Lazzaro era del tutto insapore.
Fregandosene, si rimise la fialetta nella tasca dei jeans, mollò la lettera sulla mensola della finestra e andò in bagno.
Passò a fianco del tappeto. Urtò appena la camicia...e dal risvolto, ne uscì un'altra fialetta.
La sua. Quella vera.
Quando Cloe tornò col bicchiere, cercò stranita le sue gocce per ritrovare la fialetta a terra, accanto alla camicia di Tom.
Pensò che fosse scivolata, così contò dieci gocce esatte e le ingollò con dell'acqua, mentre rimetteva la fialetta nella borsa. Mandando giù però, trovò il sapore della sua "medicina" alquanto blando.
Inoltre, notò per la prima volta, la sua pozione prima era sempre stata trasparente.
Ora riluceva d'azzurro.
Doveva essere a causa del tempo, si disse, incurante.
Si buttò a sedere davanti al caminetto dopo aver afferrato una rivista femminile, tutta francese, più che altro per cercare d'ignorare il biglietto che Tom aveva ricevuto. Con un'occhiata, aveva notato la calligrafia prettamente femminile.
Bastava un bacio?, si chiese, sentendosi in trappola.
Bastava un bacio di Thomas Maximilian Riddle per soccombere di nuovo?
Tremò leggermente, così si avvicinò di più al fuoco e posò il mento sulle rotule.
Si, pensò. Quel bacio l'aveva messa in gabbia.
Perché ora...la gelosia era diventata possesso, ancora una volta.
Lui era suo.
E di nessun'altra.
- Cazzo.- sussurrò, socchiudendo le palpebre.
- Cosa?-
Riaprì gli occhi e lo vide uscire dal bagno: pantaloni neri con una spessa e doppia cintura di pelle, scalzo e a torso nudo.
- Niente.- borbottò Cloe in risposta, distogliendo lo sguardo - Hai fatto veloce.-
- Se vuoi vado fuori a dormire.- ironizzò Riddle, acido.
Lei, altrettanto seccata, gli scoccò uno sguardo duro - Per cortesia, basta cazzate, va bene?-
Lui mandò giù un terzo e un quarto bicchiere di scotch, prendendosi poi direttamente la bottiglia.
- Io ho fatto di tutto per starti lontano.- le disse, poggiando i fianchi contro il separé di mattoni.
- Quindi è colpa mia, adesso.- sibilò la strega - Mi sono ficcata la tua lingua in bocca da sola, vero?-
Tom fece una smorfia, come se non avesse apprezzato i termini con cui lei aveva semplificato quel bacio che aveva...praticamente distrutto i due mondi che si erano faticosamente costruiti, lontano l'uno dall'altra.
Mollò la bottiglia, pronto ad andarsene nella stanza degli ospiti, visto che lasciava volentieri il letto della gitana maniaca (considerato quello che bisbigliava a Cloe quando credeva che lui non sentisse!) ma con un gesto della mano, la King, praticamente fuori di sé, gli bloccò tutte le porte.
Quello sbattere di battenti e simbolicamente il gesto stesso, ebbero il potere di fargli tornare a galla una certa claustrofobia che non aveva mai superato.
Si sentì vibrare come una corda di violino.
- Guardami in faccia.- gli sibilò Cloe, andandogli alle spalle.
Altri ordini. Altre minacce.
Come otto anni prima.
- Non sono un giocattolo.- le disse, alzando il capo appena sopra la spalla - Puoi dare ordini a quello schifoso, ma non a me.-
- Tranquillo, la differenza è palpabile.-
- Se non altro io ho avuto la decenza di non infilarti mai la mano fra le gambe a tavola, a colazione.-
Cloe parve avvampare, serrando contemporaneamente le mascelle.
- Tu non ti puoi paragonare a Oliver.-
- No, infatti. Grazie del complimento.- ironizzò acidamente - E mai nella vita vorrei assomigliare a quel bastardo, vedi di ficcartelo bene in testa. Voglio, posso e comando. Si, certo. Ma non sulla tua vita.-
- Non hai diritto di farmi la predica, tu che vai a letto con quel demone e anche con la moglie dell'uomo che ti ha cresciuto!-
Trasecolando, Tom si girò a fissarla e spalancò la bocca.
- Come cazzo...-
- Ho visto come le hai stretto la mano ieri sera, quando sono arrivata.- gli rispose lei, semplice e diretta come una lama in pieno petto - Tu non lo faresti neanche con Beatrix. Vai a letto con lei.-
Era un'accusa. Lo credeva un tale verme?
- Punto primo.- scandì, iniziando ad alterarsi - Io andavo a letto con Denise. È diverso.-
- Ma dai?-
- Punto secondo.- continuò, avanzando letteralmente furente - Io non farei mai una cosa del genere a Caesar! Non vado a letto con chi capita sbattendomene dei sentimenti altrui.-
Altra accusa. Stavolta fu Cloe ad allargare la bocca.
- Non ci credo. Mi stai davvero accusando di averti tradito? Che dovevo fare? Aspettarti in eterno? Vivere di un sogno?-
Si, come ho fatto io.
La scostò, cercando di raggiungere la finestra con una mano alla gola.
- Fa caldo...e i soffitti di questa stanza sono troppo bassi.- esalò, mentre tentava di sorpassarla ma lei, quasi gelando a quello che aveva visto nei suoi occhi, lo fermò fra il tavolino e il caminetto.
- No, fermo.- e gli serrò forte il polso - Non è finita qua.-
- Oh, si invece.- le rispose - Lasciami la mano.-
- No.-
- Claire.- la fissò intensamente. Di colpo quel contatto, pelle contro pelle, fece la magia che aveva fatto in passato.
Lasciami, avrebbe dovuto dirle.
Ma non ce la fece.
Tutti frammenti spezzati, sparsi senza cura, turbinarono in un vortice lucente.
Lei non lo lasciò.
E anche se l'avesse fatto, ora era lui a dettare le regole.
Una mano scese rapida lungo il suo fianco, l'altra le avvinghiò la nuca. Rapido, impetuoso, Tom se la schiacciò contro il torace, quasi obbligandola a sollevarsi sulle punte, mentre con la bocca scese a ghermire quella di Cloe.
Non fu il bacio del ritrovo, ma fu quello della rabbia, della frustrazione, della vendetta...per averlo dimenticato.
Un pugno della strega lo colpì al torace. Non lo avvertì nemmeno, intrufolando la lingua in quella bocca che un tempo lei gli aveva giurato sarebbe sempre stata solo sua.
Ma non era stato così.
Dannazione, voleva riprendersela.
Cancellare in un attimo il tocco di un altro.
Per sempre.
La sentì lottare, ma per poco...perchè le unghie piantate sulle sue spalle, alla fine risalirono al suo collo, al suo viso.
Lo strinse così forte, costringendolo a incavare le guance, durante il bacio che quasi percepì l'esatto momento in cui fu Cloe a prendere il sopravvento. Per un istante, si, un istante solo.
Rifiutandosi di ricordare gli ultimi attimi che li avevano visti fare sesso, portò la mano alla sua gola.
Serrò, scese con la bocca, la morse...poi stringendole un seno, arrivò a strapparle la camicia.
Via l'ultimo baluardo, pensò, mentre scivolavano di fronte al fuoco.
Via l'ultima resistenza.
Via l'ultima estrema difesa.
Se bisognava farsi del male, tanto valeva farlo nel modo peggiore possibile.



Cedar House, la notte stessa.
La dea del suo cuore giaceva a letto, immobile come una statua.
La regina della sua anima non si muoveva. Le palpebre ferme, calate, a sfiorare quelle guance che non conoscevano imperfezione.
Tristan Nathan Mckay non avvertiva suoni, rumori, le persone attorno a lui.
Persone estranee, che avevano varcato la soglia della sua camera da letto per oltraggiare coi loro sguardi la sua dea.
Lucilla.
Stesa sdraiata nel loro letto, sopra il fine copriletto di shantung color oro e panna.
I capelli bruni sparsi sui cuscini come un ventaglio, alcuni boccoli che le carezzavano dolcemente le gote e il collo.
Voci.
Parenti.
Sentiva ansia attorno a lui.
Sentiva il terrore.
E poi la mano di sua figlia strinse la sua tanto forte da spezzargli le dita.
Anche stavolta non si curò del dolore, così insignificante rispetto a quello del cuore.
Fermate il tempo, avrebbe voluto urlare.
Bloccate l'orologio.
Perché se lei non vive il suo tempo insieme a me, le lancette non sono degne di proseguire la loro marcia.
-...io non lo so... lo giuro...-
Tristan volse gli occhi verso la sua sinistra.
Degona, la sua meravigliosa bambina.
Così uguale a Lucilla.
Se ne stava lì e non faceva che ripetere a tutti i loro dannati parenti che quando era entrata in casa, poche ore prima, aveva solo trovato sua madre stesa al suolo. Come addormentata.
- Ma com'è possibile? Insomma, non hai visto nessuno?-
Già, nessuno ha visto?
Tristan si portò la mano al volto, serrando le dita su una tempia.
No, nessuno aveva visto. Tranne lui. Tutti si erano rifiutati di vedere.
Questa era la sua punizione.
Da un mese Lucilla stava male. Tutti gliel'avevano detto.
Lui per primo se n'era accorto. Ma cos'aveva fatto? Niente.
Almeno fino a quella sera.
- E' impossibile che sia stato qualcuno a tramortirla! Insomma...è assurdo!-
Si, era tutto assurdo.
Ma non perché Lucilla fosse invincibile.
Era assurdo solo che un marito non si fosse accorto in tempo della gabbia dorata in cui aveva chiuso un uccello nato per volare libero, al dì sopra di tutto e tutti.
L'aveva fatta nascondere fra la massa...quando lei era nata per emergere.
- Siete sicuri che non è entrato nessuno?-
Sofia, apparsa insieme a Jess e i loro rispettivi consorti, stava in fondo alla stanza da letto. E fissava la cognata con occhi a dir poco foschi.
- No, non ci sono state presenze estranee.- le disse Elisabeth, quasi segregata in un angolo, a testa china.
- E' successo qualcos'altro per caso?- continuò Sofia, passando ora a fissare la governante.
- Ecco...- stavolta fu Rose a mettersi in mezzo, forse per risparmiare alla Jenkins una penosa confessione - Oggi è successo qualcosa. Si. Nulla di pericoloso, nessun demone o Mangiamorte è entrato in casa e ha attaccato Lucilla...-
- Dubito che per lei il pericolo venga da lì.- la bloccò a quel punto Tanatos Mckay, scrutando la moglie con sguardo serio - Che diavolo è successo? Eri qui?-
- Si, ero passata a vedere come stava.- ammise Rose, pacata - Era un pezzo che volevo chiederle se aveva qualche problema.-
- Il problema è come giri attorno alla questione, mamma.- disse a quel punto Jess - Che diavolo è capitato?-
- C'è stata una discussione.- sussurrò a quel punto Elisabeth, catalizzando l'attenzione di tutti e arrossendo sotto i vividi occhi di Tristan, che ora sembravano studiarla come un insetto - E' cominciata per la tinta dell'ingresso e...-
- La tinta dell'ingresso.-
Tanatos tornò a guardare la moglie.
Incredulo.
- Mi state dicendo che è svenuta dopo aver discusso con voi due?-
Rose si portò una mano alla bocca, per coprirsela.
Dio, non riusciva a crederci.
- L'avete fatta stare male a tal punto?- anche Sofia avanzò di un passo, allucinata - Mamma...ma stai scherzando, vero?-
- Rose non centra.- s'intromise Elisabeth - Siamo state io e Lucilla a discutere.-
- Dubito che Lucilla si sarebbe fatta invischiare in una discussione.- sibilò allora Tanatos - A meno che non l'abbiate esasperata a tal punto da farle perdere le staffe. E tutto per...- quasi sputò il resto della frase, con disprezzo -...per la tinta dell'ingresso? Dico bene? Tutto per la tinta dell'ingresso?-
Cadde un silenzio tombale.
Tristan non riusciva a crederci.
Neanche udì lo sbottare di Jess, quando attaccò duramente la madre ed Elisabeth.
Neanche si curò delle lacrime di sconforto di Rose.
No.
Stava solo a guardare la donna che aveva sconfitto Voldemort, salvato Harry Potter, combattuto infinite battaglie...stava a guardare quella donna, ora piegata da un nugolo di formiche umane.
Non era mai riuscito a renderla felice.
Serena. Mai.
Non in quella casa.
- Dena.-
Degona deglutì, mentre tutti urlavano, stringendosi al braccio di suo padre.
- Chiama Jeager e Caesar, per favore.-
Vedi? Non sono neanche in grado di capire come sta.
Degona chiuse le palpebre, avvertendo l'atroce tormento del padre.
Non so se è viva. Non so se starà bene.
Non so se...aprirà mai più gli occhi.
Non so niente.
Non posso fare niente.
Io per lei non sono mai riuscito a fare niente.
La verità è che ho venerato una dea, ma l'ho fatta precipitare in un mondo di mortali, dove non è stata compresa. Dove il mio solo amore non è riuscito a proteggerla.
Furono minuti strazianti quelli che seguirono. Tutti continuavano a urlare, a rinfacciarsi ignoranza e stupidità.
I ragazzi vennero mandati a letto, Herik e Alexander non erano neanche riusciti a capire cosa fosse accaduto alla loro zia, mentre Degona sparì per andare a cercare gli unici che avrebbero potuto dire loro qualcosa sulle condizioni di sua madre. Intanto nel corridoio la famiglia Mckay, spaccata da quella circostanza, si comportava come se il nemico fosse stato fra loro.
Era vero?
Si, forse.
- Io non posso credere che si sia sentita male per una discussione.- mormorò Sarah, seduta accanto a Jess - Cioè... sapevo che non si sentiva in forma, ma non credevo che stesse male a tal punto.-
- Qualcuno invece lo sapeva bene.- ringhiò Sofia, gelida.
- Ti giuro che non pensavo...- sua madre abbassò il capo - Non pensavo, lo giuro.-
- Già, tu non pensi mai quando parli con lei, vero mamma?-
- Sofia, per favore.- borbottò Tanatos.
- No, papà!- disse anche Jess - Non stiamo zitti, cazzo. Visto che qua parlate tutti a sproposito.-
- E' colpa mia.- singhiozzò Elisabeth, che aveva pianto per tutto il tempo.
- E' la prima cosa sensata che dici da anni.- replicò Sofia bellicosa.
- Per cortesia.- Tanatos batté il bastone a terra, brusco - Finitela, non è il momento.-
- E quando sarà il momento papà?- sua figlia lo scrutò altrettanto duramente - Lucilla ha sopportato fesserie per anni interi, da quando è tornata in questa casa. Anzi, ne ha sentite da molto più tempo!-
- Abbiamo solo discusso di...- Liz singhiozzò più forte -...Oddio, non pensavo di agitarla tanto! Mi dispiace!-
- Vall'inferno.- fu l'ultima cosa che le sibilò Sofia, alzandosi e andandosene a controllare Herik e Alex, senza più degnarla di uno sguardo.
Si, all'inferno.
Ci sarebbero finiti tutti prima o poi. Solo che per Tristan l'inferno era già lì in terra.
Perché lui...non sapeva neanche dire se sua moglie fosse viva oppure morta.
Non lo sapeva...Cristo ma come aveva potuto vivere fino a quel momento, sapendo che non avrebbe potuto muovere un dito per salvarla, proteggerla...anche solo per capire il suo stato di salute?
Ma che razza di uomo era per accettare un destino simile?
Caesar fu il primo ad arrivare. Non era mai entrato a Cedar House, ma appena varcò la soglia, tutta la bordata d'angoscia che aleggiava in quella casa lo prese in pieno, facendogli quasi dolore lo stomaco.
Cosa diavolo era successo lì dentro?
Sembrava aleggiare la morte, sembrava che quel silenzio fosse il preludio di fiumi di lacrime.
- Ciao.-
Si girò, trovando Degona seduta su una divanetto stile liberty nell'ingresso.
- Ciao.- mormorò lui. E come sempre era avvenuto, i due empatici si capirono in un secondo.
Un battito del cuore e al cervello di Cameron venne spiegato tutto.
- Lucilla.-
Degona si prese il capo fra le mani, singhiozzando forte - Non riesco neanche a capire se dorme o se è sotto incantesimo. Non riesco a leggere in lei, non ce l'ho mai fatta. Quell'Occlumanzia è sempre dannatamente presente!-
Già. L'Occlumanzia di Lucilla era molto nota a Caesar.
Essendosi addestrata fin da giovanissima, contro Voldemort, ora la barriera mentale era tanto radica in lei che nemmeno Cameron era mai riuscito a suscitare un Legilimens degno di questo nome.
- In due ce la faremo.- disse, andando a inginocchiarsi di fronte alla giovane strega.
Lei gli prese le mani.
- Ma cosa le è successo? Chi è stato?-
- Tesoro, tua madre...non era in forma ultimamente.-
Un gemito uscì dalle labbra rosse di Dena, mentre queste si piegavano in una smorfia piena di pena.
Compassione, per se stessa e gli altri.
- Papà me lo diceva da anni...e io stupida, pensavo che esagerasse.-
- Di cosa parli?-
- La mamma non stava bene qui. Lei odia questa casa. Odia questa gente, questo mondo.- si pulì la guancia, ringraziando Cameron per il fazzoletto che le diede - Si sentiva soffocare. Papà me lo ha ripetuto da quando sono stata abbastanza grande per capire...ma per me ha sempre rimandato la decisione di mandare via Elisabeth. O di discutere coi nonni...o magari di trasferirci.-
Sollevò gli occhi verdi, umidi e rossi per lo sforzo proprio quando la porta di Cedar House si aprì di nuovo.
Il primo a lanciarsi dentro fu William, che da quando aveva ricevuto quel messaggio di aiuto pochi minuti prima proprio da Dena aveva pensato a una miriade di possibilità mortali, ma quando vide che stava bene quasi saltò in testa a Cameron e l'abbracciò forte, tirando un sospiro di sollievo.
Lei stavolta non si lamentò, lasciandosi stringere e affondando il viso nella sua spalla.
- Che succede?- chiese Jeager, entrando e lavandosi il mantello.
- Salve.- borbottò Caesar, notando anche Hacate, che era entrata guardandosi attorno, un po' guardinga.
- Oh, ciao Hacate.- la salutò Dena, sciogliendosi dall'abbraccio di William, che quasi rischiava di romperle le costole.
- Buonasera.- rispose lei, sorridendole - Tutto bene tesoro?-
- No, qua non va bene per niente.-
Jess era appena sceso dallo scalone quasi di corsa, dando il benvenuto ai presenti in maniera tanto frettolosa che quando finì di parlare era già di nuovo in cima al pianerottolo del primo piano.
I demoni lo seguirono subito, ma William si fermò sul primo gradino perché Degona gli lasciò la mano, restando indietro. Rimase ferma, a fissare un punto imprecisato del suo torace.
- Starà bene.- le disse il giovane Crenshaw.
- Sono stata un'egoista.- rispose lei, sommessamente - Sono così attaccata a Liz, anche se conosco bene tutti i suoi difetti, che mi sono dimenticata di portare rispetto a mia madre.-
- Lucilla è fortunata ad avere una figlia come te.-
- No, non credo.-
William sospirò, avvicinandosi e passandole le mani sulle guance ancora umide.
Si fece guardare in faccia, poi le posò un bacio sulla fronte.
- Tu sei un dono, per chiunque abbia la fortuna di averti nella sua vita.-
Sapeva farsi odiare, quando sapeva farsi amare. Questo Dena lo sapeva fin troppo bene.
William aveva invece quel dono. Farsi odiare e amare...immensamente.
Intanto, al primo piano di Cedar House, Caesar entrò nella stanza da letto di Lucilla dove trovò lei sdraiata a letto e Tristan, seduto sulla sponda, con una mano a cingere quella fredda e inanimata di sua moglie.
Il tempo sembrava aver smesso di scorrere lì dentro.
La loro posizione poteva sembrare quella di un quadro. Un quadro di morte, l'immagine di una veglia.
- Ti prego, dimmi qualcosa.-
Cameron non l'aveva mai sentito pregare.
Ma in fondo, un uomo innamorato avrebbe fatto questo ed altro.
Lui, per Denise, si sarebbe anche messo in ginocchio.
Passò una mano sulla spalla di Mckay, per comprensione, prima di levarsi il guanto e sfiorare la fronte di Lucilla.
Nulla.
Comprendeva l'angoscia che avvertiva da Tristan.
Ora neanche lui, come demone avrebbe potuto dire con certezza se Lucilla fosse viva, morta o posta sotto un incantesimo proibitivo.
Però...Degona aveva ragione.
Sua madre era ancora sotto Occlumanzia.
Questo significava che c'era ancora un bagliore di vita in lei.
- Cos'ha?- sussurrò Jess, in fondo alla stanza.
- Non riesco a sentirlo.- Caesar allungò il palmo verso Dena - Mi serve aiuto.-
Lei accettò subito. Da quando era entrata un'espressione diversa si ergeva sulla sua faccia tirata.
Durezza, determinazione.
Ma anche quando unirono i loro enormi poteri, riuscirono a malapena ad avvertire in Lucilla...un qualcosa di oscuro.
Era la prima volta che riusciva a intravedere qualcosa in sua madre.
C'era...forza. C'era solitudine.
C'era...una belva incatenata in una prigione indistruttibile.
Degona mollò all'istante la mano di Caesar, facendosi indietro.
- Cosa c'è?- sussurrò Tristan, ansioso.
- Cos'hai visto?- le chiese anche Cameron.
Un demone.
Ho visto...il vero demone in lei.
- Se riuscite a vedere qualcosa, significa che è sotto incantesimo.- abbozzò Tristan, speranzoso - Vero?-
- Dovrebbe essere così.- scandì Jeager - Cameron, è autolesione o qualcuno l'ha attaccata?-
- Questo è quello che resta da scoprire.- replicò Caesar, serio - Se è autolesione, Lucilla è arrivata a sentirsi stanca a tal punto che il suo potere ha reagito per preservarsi. In poche parole potrebbe essere caduta in coma, per spiegarvela più semplicemente.-
- E se fosse sotto incantesimo?- replicò Jess.
- E' sotto incantesimo.-
Tutti si voltarono verso Hacate, che aveva zittito di colpo ogni domanda.
La demone aveva aperto il suo terzo occhio rosso, in mezzo alla fronte, e permettendosi d'intromettersi in quella situazione, aveva notato un particolare che era sfuggito a tutti gli altri presenti.
- Scusate.- abbozzò - Milady ha qualcosa sugli occhi.-
Tutti si sporsero. Lucilla non aveva altro trucco che la matita nera sulle palpebre inferiori. Eppure, quando Hacate le passò delicatamente le dita sulle palpebre superiori e le ritirò, portandole sotto lo sguardo di tutti, notarono qualcosa di leggero. Sembrava...trucco.
Jeager le toccò i polpastrelli, sentendo in effetti una consistenza pastosa.
- E' trucco. Trucco invisibile.- sussurrò Hacate - Io lo vedo opalescente. Sai cos'è?-
Si. Qualcuno di loro sapeva cosa fosse.
Jeager e Caesar si scambiarono appena uno sguardo.
- Cazzo.- alitò Crenshaw.
- Cosa cazzo è?- sibilò allora Tristan, esasperato - Ragazzi, parlate prima che mi metta a urlare.-
- Trucco di Morfeo.- disse Cameron in un soffio - E' una pozione demoniaca. L'unica pozione a disposizione dei demoni per addormentare i loro simili.-
- Sonnifero?- allibì Dena - Sulla mamma? Ma cos'è possibile?-
- E se l'è messo da sola?- chiese Jess, sgomento.
- Ne dubito.- Caesar sfiorò ancora la fronte alla Lancaster - Sento rabbia. E paura. Aveva paura prima di addormentarsi. È stata attaccata alle spalle.-
- Un demone ha voluto addormentarla.- continuò Jeager - E' volgarmente chiamato Ombretto di Persefone. Si usa per addormentare i nemici, per levarseli di mezzo per qualche secolo.-
- Secolo?-
La voce di Tristan riecheggiò quasi come un grido, anche se era stato appena un sussurro.
- Dormirà per un secolo?-
- Leviamoglielo, no?- sbottò William.
- Non si può.- lo fermò suo padre, afferrandolo per il braccio - Fra i demoni puri, non si può annullare un incantesimo fatto con le pozioni. E' la loro unica regola. Mai prevaricare un nostro simile.-
- Mi state dicendo...che la mamma dormirà per cent'anni?- Degona tremò - Che non si sveglierà...finché non saremo tutti morti?-
Tristan ringraziò di essere già seduto. Ringraziò di aver bevuto qualcosa di forte.
Tornò a guardare Lucilla. Senza fiato, quasi senza sentire il suo cuore battere.
Sembrava così tranquilla. Sembrava solo dormire.
E invece...non si sarebbe più svegliata.
- Chi è stato?- chiese, serrando la mano di sua moglie con tutte le sue forze.
- Un demone.-
- Questo l'ho capito.- ringhiò verso Caesar - E ho capito anche che tu sai chi è stato. Quindi dimmi quel nome.-
- Cosa diavolo vuoi fare?- Jeager rise acidamente - Farti schiacciare da un demone puro?-
- Chi è stato?- chiese per la seconda volta Mckay, quasi gridando.
Silenzio.
Ancora una volta Jeager e Caesar si guardarono.
Questa volta, la fede d'oro che Mckay portava al dito non l'avrebbe protetto contro la forza di un demone simile.
- E' stato Horus.- rispose Cameron, gelido - Il cugino della madre di Lucilla.-
- L'uomo che c'era al tuo matrimonio?-
- Lui.-
Un attimo e Tristan si alzò in piedi. Ripose la mano di Lucilla sul copriletto, carezzandola, quindi afferrò la spada e la bacchetta, sistemandosele lentamente alla cinta.
I gesti furono lenti. Ma così inequivocabili da far tremare le vene ai polsi di tutti i suoi parenti.
- Portatemi da questo Horus.-
- Cosa vuoi fare papà?- Degona lo afferrò per le braccia, scuotendolo - Quello ti ucciderà!-
- Tristan ragiona! E' un demone puro!- gli ricordò anche Jess - No, io non te lo lascio fare!-
- Voglio parlargli.-
- Col cazzo, tu non vai a parlare con quello. Ti farai spezzare il collo con uno sguardo!-
- Se non vado, quando Lucilla si sveglierà di noi non ci sarà che la cenere.- sibilò allora, zittendo figlia a fratello - E' questo che volete? Che la lasci in questo stato senza neanche provare a cambiare le cose?-
- Ma quello è un demone!- rincarò Jeager - E' più forte di Caesar, più forte di qualsiasi essere tu abbia mai pensato d'incontrare. Non sai a cosa vai incontro.-
Tristan non replicò. S'infilò il mantello, sfidando Cameron a negargli quel favore.
Sapeva che Caesar non avrebbe detto di no. Anche se lo stava forse conducendo verso la fine.
E più osservava Cameron, più si accorgeva che la rabbia stava travolgendo anche lui.
Lucilla era stata attaccata alle spalle.
Forse aveva supplicato pietà.
Aveva tremato.
Se non avesse tentato di fare qualcosa, entrambi ne avrebbero portato il peso fino alla fine dei loro miserabili giorni.
- Come desideri.- disse allora Caesar, passandosi una mano fra i capelli albini - Ma sappi che non ci sarà nulla da fare. Nemmeno io potrò fargli cambiare idea, nemmeno con la forza. Ha il triplo dei miei anni, dei miei poteri e della mia esperienza.-
- Non importa. Voglio parlare con lui.-
- Papà.-
Degona fu l'ultima, ancora una volta, a cercare di fermarlo.
Con gli occhi lucidi, lo seguì fino alle porte di Cedar House.
Lo abbracciò stretto, singhiozzando, sapendo che in una notte sola avrebbe potuto perdere entrambi i genitori.
- Ti prego, stai attento.- alitò, contro il suo torace.
Lui le baciò i capelli soffici più e più volte, andando col cuore al piano di sopra.
Per Lucilla.
Per sua figlia.
Era ora di tornare a combattere ancora una volta per difendere quel legame che da troppo poco tempo era stato liberato.
Ma stavolta c'era lui in prima linea. Era venuta l'ora.
L'ora ancora per lui di combattere fino allo stremo...



Il calore del caminetto scaldava la pelle, già rovente di per sè.
Le fiamme languivano. Si erano abbassate...e anche il respiro stava tornando regolare, seppur a volte bloccato dal ricordo di ciò che era appena accaduto.
Thomas Maximilian Riddle stava sdraiato a terra, col ventre rivolto verso il tappeto, un braccio a sorreggere il suo peso, una gamba ancora intrecciata con quelle di Cloe.
Claire King, sdraiata supina, fissava il soffitto.
Un seno scoperto dalla camicia strappata, alle ombre del fuoco.
La gonna alzata fin sopra le ginocchia, gettata di lato.
Il petto che si alzava e si abbassava, il respiro che forse presto si sarebbe tramutato in un grido.
Erano stati in un ricordo.
Come venire catapultati indietro da un Pensatoio.
Ma nulla di quello che avevano fatto somigliava anche vagamente al dolore che si erano procurati negli ultimi mesi a Hogwarts. Si, c'era stata rabbia.
Ma c'era stata violenza reciproca.
Il desiderio...tramutato in un mostro con spine e artigli.
In un mostro avido e torturatore, che aveva guidato le loro mani e i loro gesti con infida perfidia.
Fu il suono di un cellulare a interrompere quel silenzio cattivo che si erano usati da quando l'orgasmo egoistico che si erano procurati li aveva uniti ancora una volta.
Il trillare dell'oggetto fece scostare Riddle, gelido come una statua di marmo.
Lui si era già alzato, gemendo per il dolore alla schiena, mentre Cloe, coprendosi istintivamente, aveva afferrato il cellulare.
Di sfuggita aveva visto il nominativo.
Quando ignorò la chiamata, sollevò il viso per vedere Tom richiudersi la cintura e sistemarsi i pantaloni che non si era neanche tolto. Che lei neanche aveva pensato di levargli.
Pelle contro pelle...sarebbe stato troppo.
Ma averlo dentro...era stata l'ultima punizione per se stessa.
A monito.
A ricordo.
Si sedette, cercò di chiudersi la camicia, ma i bottoni erano tutti saltati via.
Il cellulare suonò di nuovo.
Tom rise acidamente, sparendo in cucina.
Lei allora scaraventò l'oggetto dall'altra parte del piccolo salotto, mettendosi in piedi con stizza.
- Ti conviene rispondergli.-
Avvertì sarcasmo in quel consiglio.
Quasi disprezzo.
Lo vide bere un altro bicchiere di scotch, buttarlo giù con consumata facilità.
- O verrà qui a controllare.- continuò Riddle, sempre più distaccato.
Come se fino a poco prima non fossero annegati l'uno nell'altra.
Non era stato niente.
Quasi si erano comportati come due animali.
Bastardo, pensò ancora Cloe.
Non c'era stato un solo momento, durante quel rapporto così squallido, in cui l'avesse guardata in faccia.
Non che lei...avesse desiderato incontrare i suoi occhi.
Perché avrebbe ceduto.
Subito e miseramente.
Senza un briciolo d'orgoglio.
- Grazie per avermi appena fatto sentire una puttana.- gli disse, chiudendosi la camicia al seno, incrociando le braccia.
- Hn.- altra risata amara e disincantata.
Lui buttò giù un altro bicchiere, poi tornò in salotto, pronto ad andarsene a dormire.
- Ti ho fatto da puttana per un mese e mezzo, otto anni fa. Resisterai per una notte.-
Un altro colpo inferto.
Un altro livido sulla pelle.
Ancora a rinfacciarsi gli sbagli, gli errori, le bugie.
- Perché per questo che ti preoccupi, no?-
Tom si fermò sulla soglia, guardandola come per colpirla ancora, accendendosi una sigaretta.
Con alterigia e superiorità.
- Non ti regge l'orgoglio, vero? O ti fa pena quel bastardo a cui hai appena messo le corna?- soffiò fuori una nube di fumo alla menta, sogghignando - Tranquilla, il sesso riparatore con gli ex è quello che si perdona maggiormente.-
- Raccontalo alla tua amichetta quando noterà i graffi che hai sulla schiena.-
- Mica le ho chiesto di sposarmi. Quand'è che ti sposi tu, a proposito?-
- Perché, vuoi venire a farmi da testimone?-
- Si, così magari durante il rinfresco battezzerai il tuo matrimonio dandomi un'altra bella ripassata.-
Ora basta.
Cloe si sentiva tremare così tanto, di fronte a quell'estraneo, che dovette trovare la forza nella collera che aveva sepolto per anni per continuare a stare dritta come une regale nemica, di fronte a lui.
- Come osi rinfacciarmelo?- gli chiese, disgustata - Come osi rifartela con me? Sei stato tu scegliere!-
- E sei stata tu a decidere il resto.- commentò Riddle, ciccando nel portacenere che gli apparve in mano - Sei stata tu a decidere come andare avanti, perciò non rifartela tu con me adesso. Non mi sembra di averti violentato.-
- Neanche io l'ho fatto otto anni fa.- gli ricordò allora, pronta a parare il colpo e a renderglielo.
Tom dette un altro tiro.
Non rispose.
Spense la sigaretta, come se il fumo l'avesse portato alla nausea.
- No, non hai scelto tu. Ma neanche ti sei mai sbattuta a pensare a me.-
- Perché, tu l'hai fatto mentre firmavi quel fottuto foglio al Ministero?-
Ecco.
C'erano arrivati.
Tom fissò le sue mani.
Le sue dita.
Il medio della mano sinistra, con l'anello di platino con la pietra nera di suo padre.
Che significava tutto...e niente.
E l'anulare. Con un segno bianco, dove fino a pochi giorni prima aveva portato l'anello d'oro con la Corona dei King.
Quello si...che significava tutto.
- Mi hai tradito...mi hai mentito...mi hai messa da parte...- sussurrò Cloe, iniziando a sentire le lacrime pungerle le lunghe ciglia.
- E tu mi hai spezzato il cuore! Vuoi continuare a farlo!?- le urlò, facendola quasi sobbalzare.
Tirò un pugno su un tavolino nel piccolo corridoio che collegava il salotto e le stanze da letto, spazzando via tutta quello che c'era sopra.
- Te ne sei fregata di me quando il Wizengamot ha emesso quell'ignobile sentenza! Te ne sei sbattuta di me dal momento in cui non sarei più potuto essere il tuo cavalier servente!-
- Come puoi rinfacciarmi una cosa del genere?- strillò sconvolta, indignata - Quando mai ti avevo chiesto di essere diverso da quello che eri? Hai preso quella schifosa decisione da solo, non te n'è fregato niente di lasciarmi da sola, di andartene e piantare tutti e me!-
- Non ricordo di averti vista in lacrime nei giorni seguenti.- le sibilò.
- Ma cosa cazzo ne sai di come sono stata?-
Una lacrima le rigò la guancia, a dispetto dell'espressione di puro odio che aleggiava sul suo viso stravolto.
- Sono stata a letto per mesi interi, dopo che te ne sei andato!-
- Ma va? Io per due anni.- fu la replica indifferente - Ma in un castello pieno di demoni che ti osservano, non riesci neanche a suicidarti come si deve. Un bel problema, vero?-
- E' così che vogliamo giudicare chi è stato peggio? Vince chi è quasi riuscito a morire?-
- Io non giudico niente.- Tom rise, piegando sinistramente la bocca - Ma non sono io quello che sta per sposarsi e ha appena tradito il suo compagno. Fatti una bell'analisi di coscienza Claire.-
- Bhè, tu invece hai avuto il tempo per fartela, no?-
Ora lui sollevò il volto.
I suoi occhi erano diventati neri come quella notte.
- Si. Per otto anni. Otto anni interi.- riecheggiò tetramente - Per otto anni interi non ho fatto che pensare a te ogni dannato secondo, come una maledizione! Ma dirai che me lo sono meritato, vero?-
- Ancora una volta...sei stato tu a decidere. Ne valeva la pena?-
Un altro livido.
Un altro dolore.
Rimorso.
Vergogna.
- Tu e tutti gli altri...potete pensare che non sia così. Che non sia giusto...che sia stato inutile.-
- Lo è stato.- ringhiò la King - Hai gettato tutto al vento! Per che cosa? Per tuo padre? Per una guerra che non è mai stata tua?-
- Ci sono state battaglie in questi otto anni?-
- Ti salva questo vero? Che la tua scomparsa abbia mitigato gli attacchi dei Mangiamorte.- lo denigrò con una sola occhiata - Patetico! Hai preferito nasconderti, hai preferito ancora una volta vivere nell'ombra invece che affrontare la realtà!-
- Patetico veramente è credere che tutto avrebbe potuto essere diverso.- la freddò, avvicinandosi di un passo, quasi minaccioso - Patetico è pensare che se fossi rimasto, avremmo potuto vivere felici e contenti. Patetico è il tuo modo di scordarti che sangue ho nelle vene. Pensaci...pensaci davvero. Credi che se fossi rimasto avremmo davvero potuto vivere senza problemi?-
- Tutti hanno i loro problemi.- fece, con aria di commiserazione - Ti fai spaventare da poco, Tom Riddle.-
- A differenza della duchessa Claire, che non ha paura di niente.- sogghignò - Ma che si prende le sue vendette e le perpetra senza rimorso, calpestando cuori e chiunque si metta sulla sua strada. Oh si, tu e Trust sarete una coppia fantastica.-
- Vai al diavolo, lui non è nessuno, lascialo fuori!- gli gridò - Smettila di nasconderti!-
- Quel signor nessuno stai per sposarlo. Ma come hai detto tu...lui non ti tradirà mai, vero?-
- Su questo sono sicura.-
- Io invece l'ho fatto. Ho mentito, mentito, mentito...sono il peggior verme sulla faccia della terra, vero? E se fossi rimasto, sarei stato io a chiederti di sposarmi.-
Ti amo...e lo sai.
Eccolo. Il riverbero del fuoco le mostrò il Tom che ricordava. Era lì, ancora da qualche parte.
Sposarlo.
Qualcosa si stava risvegliando. Lo sentiva dentro, che le annodava la gola.
Lo sentiva nel cuore. L'emozione rischiava di farlo scoppiare...
- Ma non ho potuto farlo. Neanche sarebbe immaginabile. Ma sai che ti dico? L'ho pagata abbastanza.-
Di nuovo si tirava indietro.
La rabbia riprese il sopravvento
- Sapere che hai dei rimpianti mi consola.- asserì, tentando di nascondere quando le sue parole l'avessero riportata alla vita che si era sforzata di dimenticare - E non m'importa se ti sembro piccola e meschina.-
- Ma lo rifarei.-
Cloe, che si era voltata per non fargli capire il colpo atroce che le aveva inferto, tornò a fissarlo.
Ora i suoi occhi erano sbarrati.
- Cosa?-
Tom ignorò il suo tono di voce che sembrava essere giunto da un sepolcro.
- Ancora e ancora. Lo rifarei.- ammise.
- Per Harry.- la strega capì, quasi sorrise. O forse fu solo un'impressione - Per Lucas. Per far vivere a loro quello che tu credi di dover loro.-
- Non credo. E' così e basta. Tutti potete pensare che non ci sia modo per risarcire la vita altrui. Ma io si. E non m'importa di essermi praticamente rovinato la vita. A Harry e a Draco, alle loro famiglie...ai ragazzi...qualcuno lo doveva. Non m'interessa fare il martire. Ma io pago i debiti.-
- Che non erano tuoi.-
- Non importa.-
- Importa a me!- urlò allora Cloe, perdendo definitivamente il controllo - Che tu sia maledetto! Hai rovinato la mia e la tua vita per pagare un debito che ha fatto soffrire anche Harry e Draco! Gli hai spezzato il cuore con la tua Sigillazione! Si sarebbero dannati l'anima per te e tu te ne sei andato! Senza dire nulla a nessuno! E mi hai lasciata da sola!- un'altra lacrima le scivolò sulla guancia - Ti amavo e non te n'è fregato niente! Ti amo ancora e stai a rinfacciarmi Oliver quando sai benissimo che nessuno potrebbe mai, neanche in mille anni, prendere il tuo posto! Hai una pietra nel petto, hai ingannato tutti e ora te ne andrai di nuovo, una volta che sarà finito tutto!-
Ti amo ancora.
Sei stato tu a scegliere...bugie per ingannarmi. E l'amore per farmi soffrire.
Finalmente accadde.
Mano a mano, il muro iniziò a sgretolarsi.
Lento, appena percettibile.
Ma Tom si chiuse le mani sugli occhi, lasciandosi andare coi fianchi contro il muro.
- Non c'è più niente da salvare.- sussurrò, senza scoprirsi gli occhi.
- Questo lo dici tu.- Claire rise, scrollò le spalle e i capelli le ricaddero sul volto. Si avviò lentamente accanto a lui, andando dritta alla camera da letto accanto a quella degli ospiti.
Una volta di fronte alla maniglia, però, si arrese.
Fare la dura le aveva solo rovinato gli ultimi mesi, in cui avrebbe potuto vivere insieme a lui.
Attimi strazianti, certo. Ma sarebbero stati momenti in cui, almeno, non avrebbe dovuto mendicare dal suo orgoglio per averlo vicino e fare finta che tutto fosse una meritata ricompensa. Che tutto fosse una vendetta a lei dovuta.
Eppure...lui aveva solo cercato di proteggerla.
Ora lo capiva.
- Sai, quella domanda...-
- Quale?- sussurrò Tom, esausto.
- Di matrimonio. Hai detto che mi avresti chiesto tu di sposarti.-
Tom rise appena, fissando il soffitto.
- Già.-
- Avrei detto si.-
Non si girò, così non poté vedere gli occhi bluastri di Tom quasi dilatarsi.
Non capì la portata di ciò che aveva scatenato. E si chiuse nella sua stanza, lasciandosi andare sul letto, dopo aver gettato gli stivali giù dalla sponda.
Guardò il vuoto per un'ora, forse due. Il silenzio della pioggia sul tetto solo intervallato dai tuoni e dai fulmini che animavano ombre e luci sulle pareti.
Si era sbagliata quel pomeriggio.
Non le sarebbe più bastato un bacio soltanto.
Si rannicchiò, si strinse nelle spalle, avvertendo ancora il tocco di Tom su di lei.
Sposarlo.
La porta si aprì. Cigolò e si richiuse.
Senza alzare il capo lo vide appoggiarsi al battente, le mani in tasca.
Mentre lui si lasciava scivolare seduto, la King si alzò e andò a raggiungerlo.
Gli si sedette in grembo, sentendolo sussurrarle di abbracciarlo fino a mozzargli il respiro.
Era più forte di loro.
Se avevano tanta paura...il loro amore di certo non ne aveva mai avuta.
Lo sentì sfiorarle il naso col suo e avvicinarsi.
Un bacio.
Come il loro primo bacio. Otto anni prima.
Lei con le ali nel cuore.
E lui con le ali libere dalle catene.


 

 

 

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Capitolo 30
*** Capitolo 30° ***


tmr30

 

 

Spesso non ci sono giorni migliori, nella vita di un prigioniero, di quelli in cui apri gli occhi su una mattina che sta per iniziare...e ti accorgi che in gabbia forse non ci sei più.
E ti accorgi...che lo sportello della gabbia è aperto.
Che a te resta solo spiccare il volo.
Ma trovarla quella forza...sbattere le ali per volare...quell'istinto che ti viene da dentro e ti consuma.
Ormai alla loro vita mancava solo quel coraggio, perché l'istinto stava già facendo il resto da solo.
Quella mattina del due luglio, prima dell'alba, ancora sotto un cielo color piombo che rovesciava pioggia in abbondanza come gli uomini disperdevano le loro lacrime, la casa dei gitani era immersa nel silenzio.
Ma la luce dei fulmini e quella del chiarore del primo sole oltre le coltri dei nembi vagava sulla Camargue, fino a raggiungere anche gli occhi più lontani.
Thomas Maximilian Riddle dormiva supino, le lenzuola bianche e delicate annodate sui fianchi, il capo leggermente rivolto verso il basso, a sinistra...dove Angelica Claire King, tornata a vivere, stava sdraiata sul ventre, poggiata sui gomiti, le lunghe gambe piegate che ciondolavano.
Ah, Tom Riddle.
Ah, Principe dei Black...
I lunghi ricci biondi le scivolavano sul viso, sulle spalle.
Gli occhi profondi come un cratere non perdevano un solo centimetro di quella pelle chiara e liscia, ora però affastellata da qualche offesa. Il braccio...la lunga cicatrice sul suo braccio.
La schiena. Qualche segno di lama.
E poi...
Cloe si adagiò sul petto di Tom, proprio sul suo cuore.
Batteva lento, regolare.
Quante pene aveva sopportato, quel cuore...e quando sapeva farla felice.
Sentì la mano calda di Riddle sulla schiena che la carezzava appena prima che lei depositasse un bacio sulla sua pelle, sotto la clavicola.
Lui aprì finalmente le palpebre. Un lampo dal cielo quasi brillò nelle sue iridi blu.
- Ma tu sei un sogno...o sei vera?- lo sentì sussurrare, intanto che la sua mano risaliva alla sua nuca.
Cloe riuscì a sorridere.
Aveva scordato di essere ancora in grado di farlo.
- E tu...- si avvicinò, poggiando il mento alla sua spalla - Tu sei vero...o sei un sogno?-
La domanda giusta era...se tutto quello che avevano vissuto quella notte era vero.
Come si descrive l'abisso in cui si cade, quando si sa di non avere speranza...e poi quella mano che ci viene tesa e ci salva, riportandoci in vetta?
Cos'era l'amore...se non quello? Se non ...alchimia dei corpi e dello spirito?
Se non quel sentimento che ti fa sentire un gigante, che ti porta in cima a montagne e ti fa guardare tutti gli altri in basso come formiche, elevandoti a un dio?
Cos'era il loro amore se una corona e un trono...e uno scettro?
E cos'era la gioia se non vedere Claire King, nuda, abbracciata a lui, a guardarlo con una tale passione nello sguardo da far tremare anche il più ardito degli spiriti?
Un bacio e poi un altro ancora.
Tutto come in passato.
Eppure tutto era diverso.
Quella notte, dopo che era tornato da lei e si erano trovati abbracciati per terra, erano state dette cose inutili e fondamentali. Cose già sapute...e altre che ancora avrebbero dovuto trovare la loro verità.
Ma poi non era più stato solo sesso.
Era stata la scoperta di quella notte di otto anni prima, a Hogwarts, quando due maghi avevano trovato la magia vera nella loro fusione.
Troppo doloroso per essere ricordato.
E troppo dannatamente bello per essere scordato.
Niente aveva più avuto un senso, se non svegliarsi ed avere lei a fianco.
Un bacio a fior di labbra, poi lei si staccò leggermente.
Tornò a poggiarsi sul gomito. Sembrava adorare fissarlo.
E forse l'aveva fatto anche in passato, solo che Tom non se n'era mai accorto.
Si passò quasi a difesa una mano sulla faccia.
Era a pezzi, viste le poche ore di sonno, la perdita di sangue e della pioggia presa.
- Sembro un vampiro immagino.-
Cloe piegò la bocca, piena di malizia.
- Sembri solo l'uomo dei miei sogni.-
Riddle rise, incurvandosi leggermente al contempo a causa di una fitta alla schiena.
- Quel Lazzaro dannato non fa un accidenti.- sibilò, masticando un'imprecazione.
- Io mi sento una favola. E dire che credevo di essermi presa la febbre dopo tutta quella pioggia.-
- Sai cosa dico io?- Tom si levò la mano dalla schiena, vendendola macchiata di sangue - Cazzo, ecco cosa dico.-
La King per tutta risposta passò il palmo là dove le lenzuola si erano chiazzate di rosso, facendo sparire gli aloni all'istante. Poi gli mise sotto il fianco un piccolo guanciale d'angolo, sottile da non infastidire Riddle, che sembrò rilassarsi.
- Meglio?- sussurrò la bionda, sempre sopra di lui.
- Molto meglio.- le garantì, ricevendo in premio un bacio che presto divenne una vera e propria premessa. Lasciò che gestisse il gioco per poco, sorridendo contro le sue labbra, ma ribaltò le posizioni e la schiacciò sul materasso, un braccio sopra la sua testa, l'altro sotto la sua nuca.
Fu lei a ridere, cingendogli il fianco indenne dalla furia del fato col ginocchio ripiegato, per intrappolarlo.
- Lo sapevo che sotto sotto eri un esserino libidinoso.-
Riddle ghignò, scostando la bocca quando la sua dea bionda cercò di mordergli scherzosamente il labbro inferiore, con un piacevole invito.
- E' tardi.- sussurrò.
- Non pensare neanche a squagliartela.- lo avvisò, facendosi semi seria.
- Sono quasi le sei. Dobbiamo andare.-
Già.
Dovevano andare.
Cloe socchiuse le palpebre. Rimase sotto di lui, ma rovesciò il capo all'indietro, sui cuscini.
La magia...stava finendo.
- Si. Dobbiamo andare.-
Si alzò, sgusciando da lui e dopo fu solo un susseguirsi di azioni meccaniche.
Rivestirsi, rifare il letto, sistemare le lenzuola.
L'acqua che bolliva, il tintinnare delle tazze. Il silenzio.
Le teste chine, gli occhi che sfuggivano gli uni dagli altri.
Nessuna promessa.
Nessuna parola.
Fino a quando un tuono sulle loro teste riuscì a destare i tetri pensieri di Riddle.
Presagio.
Era stato lui a creare quella tempesta, il giorno prima. E lui l'aveva fatta cessare, quella notte stessa.
Ma quel tuono...no, quel tuono non era opera sua.
E certi segnali vanno letti, capiti. Mai ignorati.
Cloe posò la tazza, quasi di botto, quando Vlad apparve in quella casa.
- C'è un problema.- disse solamente, fissando Tom negli occhi.
E questa volta la fonte di quel problema era insormontabile come la montagna più impervia.


Damon Michael Howthorne aprì gli occhi su una stanza vuota.
Nera.
Niente pareti, niente soffitto. Una sola sedia bianca, in mezzo a un cubo nero.
Un sogno. Una premonizione.
Si aggirò lì attorno, senza avvertire un suono o un sospiro.
E poi...si volse, nell'esatto momento in cui si girò anche qualcun altro.
Due occhi celesti. Capelli quasi biondi.
Un ragazzo. Poco più giovane di lui.
Aveva un sopracciglio, quello destro, spezzato. Una piccola cicatrice lo frammentava.
Aveva un'aria dannatamente famigliare.
Lo scrutò per un istante, ma quando aprì la bocca non ne uscì un suono.
E così le pareti nere si coprirono di scritte. Parole, tante parole. Bianche e rosse.
Nomi. Frasi intere. Tutte senza senso.
"Damon...Damon, svegliati."
Qualcosa infastidì la sua visione, tanto che le immagini cominciarono a impallidire. Le parole sulle pareti svanirono, il ragazzo però allungò la mano verso di lui. Voleva qualcosa. Sembrava...lo conoscesse.
Che diavolo di sogno era? Non era...una premonizione di morte.
Il Legimors si destò di colpo, balzando a sedere nel letto. Era a casa sua.
Era l'alba.
Angosciato, si passò una mano sul viso e poi la carezza delicata di Nora gli fece accapponare la pelle.
"Ciao." Nora, trasparente ed eterea si sedette accanto a lui, scrutandolo "Un incubo?"
- Dove sei stata?- le chiese, senza risponderle.
La Moore piegò la bocca in un tiepido e quanto mai amaro sorriso "A casa mia."
- Come stanno i tuoi?-
Lei abbassò la testa "Male."
- Cos'hai deciso?-
"Non me ne vado finché tutto questo non avrà fine."
- D'accordo.-
Damon non aveva la forza di parlare. A dire il vero non riusciva neanche a stare seduto. Posò solo il palmo alla sua sinistra. Neely si era alzata da poco. Le lenzuola erano tiepide.
"Lei è in cucina." gli sussurrò Nora, sporgendosi a baciargli la fronte "Ora torno a casa. Ci vediamo stanotte."
Sparì senza aggiungere una sola parola e così anche lui si mise in piedi. Indossò solo un paio di jeans sopra la maglietta che usava per dormire, aprendo le tende con un gesto della mano.
Il sole era fioco, pallido.
Sembrava languisse.
La trovò in cucina, seduta al bancone di marmo. Fissava una tazza vuota, che emanava ancora un intenso odore di timo.
La Montgomery lo salutò appena, perché il sorriso le gelò sulle labbra quando lui apparve di fronte a lei.
Si sedette, fece per accendersi una sigaretta, ma poi l'accantonò col pacchetto intero.
Occhi negli occhi, Damon scrutò la tazza, poi tornò a fissare la strega.
- Quando pensavi di dirmelo?- le chiese, con voce spezzata.
Neely deglutì. Si girò la tazza fra le dita, inspirando forte.
Era troppo difficile.
- Non volevo dirtelo prima del tempo.-
- Perché?-
- Mia madre...- la strega sembrò mancare di coraggio -...intendo, nella mia famiglia...bhè, mia madre è rimasta incinta due volte prima che nascessi io. Le sue prime gravidanze sono finite male. Per me, è restata a letto quasi tutti i nove mesi.-
- Di quanto sei?-
- Due mesi e tre settimane.-
- Non me ne sono accorto.-
- Prendo delle Pasticche Anti-Vomitose e al San Mungo mi hanno dato delle pozioni per controllare il peso e le energie.- Neely deglutì ancora, passandosi una mano fra i lunghi capelli, scostandosi la frangia dalla fronte - Ma il rischio permane. Se cominciassi a sentirmi male dovrei mettermi a letto...e non c'è garanzia che io porti a termine la gravidanza.-
Era incinta.
Damon serrò i pugni, infilati nelle tasche dei jeans. Dio.
- Hai visto qualcosa?- sussurrò la strega.
- Ho sognato.-
- Lui?...Lei?-
- Lui.-
- E...- la vide chiudersi le mani al petto, ansiosa - Era...Era vivo?-
- Si.-
Si, era vivo. Lo sarebbe stato.
Prolungò una mano sul bancone. Afferrò forte quella di Neely.
E la strinse tanto che gli parve di rivedere quel sogno.



Nuova Zelanda.
Residenza Harkansky.
Casa dei giganti, che stava per essere profanata da un insetto.
Casa degli dei. Macchiata da una formica.
Il suo nemico stava oltre quei portoni, oltre quelle mura scure e affilate, sormontate da statue che lo fissavano con aria riprovevole. Nell'immenso ingresso erboso erano presenti un po' ovunque tracce di vita, se solo si stava a guardare.
Serre, gazebi di vetro e cristallo che resistevano allo scorrere del tempo come chiunque in quel palazzo.
L'ingresso era composto da una scalinata sorretta da due leoni di marmo bianco.
Uno semi sdraiato, come dormiente.
L'altro a fauci spalancate.
Tristan Nathan Mckay percepì l'esatta sensazione della falce sul collo quando varcò quella soglia.
Per entrare in quella di...una sorta di ovattato mondo onirico.
Voci...voci ovunque. Provenivano da ogni angolo, oltre ogni tenda, oltre ogni parete, superficie.
Come se i muri fossero stati fatti di vetro.
Il pavimento era lucido. Si rispecchiava. Ma i suoi occhi...apparivano privi di vita.
Come quelli di Cameron, che gli camminava a fianco.
E come quelli della sua donna, che aveva insistito per accompagnarli.
Tristan, quando lei era apparsa, per un attimo aveva avuto l'impressione che Caesar avesse voluto saperla dovunque tranne che in quel luogo.
Le superfici, oltre a quella del pavimento sempre più nero come il petrolio, erano cubiche ma prive di spigoli.
Insieme alle voci che udiva il mago, vedeva muoversi nell'ombra sagome pallide e compatte.
Erano piccole statue, sparse qua e là, senza un apparente filo logico.
Su un cubo di metallo satinato, vide le Tre Grazie muovere le braccia verso di lui. Come per invitarlo.
- Non guardarle.-
La voce di Denise lo raggiunse prima che ne rimasse incantato.
Sbatté le palpebre, proprio ringraziando il pensiero di Lucilla. Gli era tornata alla mente e al cuore per salvarlo.
Ancora una volta.
Sollevò la mano sinistra, continuando a camminare.
La sua fede. La fede d'oro che gli aveva donato Lucilla.
Poteva sintetizzare tutto. Tutto il suo mondo e il loro rapporto.
Lei era bastata a se stessa e agli altri per troppo tempo. Aveva salvato tutti, più e più di una volta.
Ma non era mai riuscita a salvare se stessa.
Era questa la verità.
Incredibile come la sua voce, ora che dormiva, riuscisse a sembrargli così vicina.
Riusciva a sentirla cantare...riusciva a sentirla lì, alle sue spalle.
Che lo abbracciava.
E poi...la musica.
Tristan si scosse, sentendo l'avvicinarsi di una musica che scivolava nell'aria come un ventaglio di piume.
Era...gotica. Si, mescolata al suono antico di violini e liuti.
Non colse il cambiamento dello spazio, e come avrebbe potuto un misero umano?, quando varcarono l'ingresso di un salone immenso, sormontato d'arcate e da grandi soffitti affrescati.
Battaglie. E balli.
Guerra e delizie.
Strano accostamento.
Ma per un demone che differenza avrebbe potuto fare?
Era in atto un ballo.
Un ballo in maschera.
Abiti di seta e shantung, di raso e satin.
Maschere d'oro, perle e piume.
Demoni. Demoni ovunque.
E i loro occhi bianchi che dormivano, celati dalle maschere.
Più passavano fra loro però, più Tristan vedeva sbattere ciglia e finalmente qualcosa, la curiosità, animarsi in loro.
Un umano.
Un umano fra tutti loro.
I ventagli venivano agitati nervosamente a ogni loro passo.
Bisbigli.
Teste che si chinavano. E risate.
C'erano delle gabbie sopra di loro.
E demoni impuri smettevano di canticchiare e fischiare come rari uccelli. Anche loro per osservarlo.
Su mezze colonne cubiche, giullari in preziosi abiti argentati e dorati, s'inginocchiavano e puntavano le dita.
Muti come mimi.
Le loro maschere bianche, chiazzate di rosso e blu, gli ricordavano quella di Mezzafaccia.
L'antro del diavolo.
Si, non era finito in altro posto che all'inferno.
Eppure anche quegli dei, così grandi nella loro supponente arroganza, non osavano parlare apertamente.
Nessuno osava farlo.
Perché Caesar Cameron gli camminava a fianco.
Forse pensavano che non meritava un simile trattamento.
Oppure pensavano...a quel singolare accostamento.
Già. Ma anche quando Denise lo prese sotto braccio, con un gesto del tutto semplice e fluido, molte demoni si portarono i ventagli alle bocche pallide e tinte con pesanti e lucide tonalità. Per mascherare la morte.
Per mascherare la mancanza di sentimenti.
Giullari, valletti, danzatrici solo coperte di veli di seta...anche loro sembravano sconvolti.
Poi, oltre tutte quelle teste millenarie, Tristan vide qualcosa che...non aveva mai neanche sognato.
Una colonna. Di cristallo.
Ricolma di un vortice di luce e scintille.
Era lì attorno che tutto si svolgeva.
Neanche osava immaginare cosa fosse.
Ma quello...si, quello era il vero mondo di Lucilla.
Maschere, silenzi, bisbigli, potenza.
Il sussurro appena accennato del tempo, la forza più grande nel mondo umano.
E la più debole dell'esistenza demoniaca.
Solo in quel momento davvero capì.
Solo in quel momento...vide quanto tutto fosse...sbagliato, ingiusto. Duro, spinoso.
Per lui, per Lucilla.
Specialmente per Lucilla.
Fermò la sua avanza solo alla leggera pressione sul braccio, da parte di Denise.
La guardò con la coda dell'occhio, ma lei e il suo profilo restarono perfetti come quelli scolpiti in una moneta.
Voltandosi, trovò finalmente ciò che cercava.
E chi aveva tanto distrutto la sua vita con una semplice pozione soporifera.
Horus Harkansky.
Eccolo.
Uguale alla prima volta che l'aveva visto.
Un uomo imponente, che trasudava padronanza col suo sguardo.
I capelli cortissimi, le mani grandi che tenevano con noncuranza un calice d'oro dalla coppa bassa e larga.
La tunica nera lo rendeva quasi spettrale.
Quella che stava accanto a lui invece doveva essere sua moglie. Bionda, con lunghi capelli e fiori accanto all'orecchio destro, in boccio. Notò altri Harkansky, tutti portavano gioielli col loro blasone, un giglio trafitto da una spada nera.
Non c'era Winyfred ma Tristan si avvide di due demoni d'aspetto anziano che avevano discusso con Horus, almeno finché non erano apparsi loro.
Per un attimo il silenzio in quel salone titanico, dapprima ricolmo di musica e risate sottili, si fece tossico.
Pestilenziale.
Shalymar, la moglie di Horus, socchiuse la bocca, letteralmente sgomenta.
- E' successo qualcosa a Lucilla?- fu la prima cosa che chiese.
Un ghigno sarebbe salito alle labbra di Tristan se quella donna non gli fosse apparsa del tutto inconsapevole.
E se Horus non avesse abbassato appena le palpebre.
Ma non era il senso di colpa. No.
Era la stizza di averlo in casa.
- Che diavolo succede?- chiese uno dei due vecchi Harkansky, quello con una lunga barba incolta.
- Caesar.- parlò finalmente Horus, posando la coppa d'oro su un vassoio che fluttuava fra lui e i suoi parenti - E' un piacere averti qui. Credevo disertassi ogni festa, ma mi devo essere sbagliato. Il matrimonio ti ha reso di compagnia.-
Cameron stava per aprire bocca, quando una mano salda lo fermò, dandogli una pacca sulla spalla.
Era Demetrius.
Si era Smaterializzato lì accanto, giusto in tempo per i fuochi d'artificio.
- Abbiamo scordato l'invito, perdonaci Horus.- disse Demetrius, senza levare la mano dalla spalla di Caesar.
- Nessun problema.- abbozzò Shalymar Harkansky, sempre più confusa - Siete i benvenuti.-
- Peccato non siamo venuti qua per danzare.- continuò Demetrius, scoccando uno sguardo al padrone di casa - E non mi sembri neanche troppo stupito di vederci, Horus. Sbaglio forse?-
- Stupito non è la parola esatta.- replicò Horus, levando il mento e trapassando Tristan con un'occhiata astiosa - Sono solo perplesso nel vedervi in una compagnia...in una compagnia così insolita.- si corresse, piegando appena la bocca - Immagino che il signor Mckay non gradirà una coppa di Ambrosia.-
- Sai cosa gradirei io Horus?- sibilò Caesar a quel punto, senza che Demetrius riuscisse a fermarlo - La tua testa in quella coppa.-
Si scatenò un tale scalpore fra i demoni che Tristan ne rimase allibito quando li vide agitarsi. Incredibile. Erano anche in grado di eccitarsi o mostrarsi seriamente indignati.
Eppure alcuni maschi, evidentemente ancora giovani, parvero eccitarsi alla cosa, tanto che un distinto gruppo di loro batté le mani, per incoraggiarli.
- Cameron.- Horus assottigliò i lineamenti, come un felino pronto all'attacco - Non tollero questo tono in casa mia.-
- Me ne sbatto di te e della tua casa.- ringhiò Caesar per tutta risposta, mentre Tristan si copriva gli occhi con una mano.
- Si può sapere cos'è accaduto?- s'intromise uno dei due anziani, quello con la barba più corta e decisamente ben curata - Nipote, che succede?-
- Che succede?- disse allora Demetrius, allibendo Tristan - Suo nipote Horus ha addormentato Lucilla, Julian. Ha presente la figlia di sua figlia? Ecco. Lucilla.-
Mckay parve sconvolto. Quello...quello era il nonno di Lucilla?
Il demone era altrettanto basito, tanto che Horus si prese occhiate di stucco da tutti i parenti.
Sua moglie Shalymar poi si staccò da lui, a occhi sgranati.
- Cosa? Cos'hai fatto a Lucilla?-
- Se Degona fosse qui ti avrebbe già tagliato la testa di netto.- sibilò Caesar.
- Mia cugina non c'è, Cameron.- rispose Horus, senza mostrare segni di cedimento neanche di fronte ai suoi altolocati parenti - Non so se l'hai notato, ma è morta. Da tanto tempo ormai. E ti ricordi perché?-
- Non è successo perché ha sposato un umano.- disse Demetrius.
- No? Allora si è suicidata per quale motivo? Per amore di un mortale, si, e non fare finta di nulla, Caesar. E' morta per un uomo...per un...- fissò Tristan, spuntando quasi le seguenti parole -...per un misero insetto che non era degno neanche di tenerle l'orlo dell'abito.-
- Ciò che un uomo crede e ciò di cui ha bisogno una donna sono due cose molto differenti, Horus.- sussurrò allora Denise, senza staccarsi da Tristan - Ma tu questo non lo puoi sapere, visto che hai addormentato Lucilla e ora lei non può più dimostrarti quanto sei idiota.-
Bene, ora era incazzato.
La sala vibrò leggermente, quel tanto che bastava per far capire che stavano tirando la corda.
Ma a quanto pare non fregava proprio a nessuno, almeno non finché Tristan si staccò dolcemente dalla moglie di Caesar e fece un passo avanti. Non mostrò paura e non accennò al minimo segno di rispetto.
Ma fu comunque la cortesia a placare Horus, padrone della sua stessa casa.
- Vorrei parlarle in privato.-
- Perché?- sibilò Harkansky.
- Ma chi è questo umano?- chiese Julian Harkansky, il nonno di Lucilla e il padre di Degona.
- Il marito di sua nipote.- rispose Mckay, senza staccare lo sguardo da quello di Horus - Sono qua per parlare. Mi bastano pochi minuti.-
- Già, il tempo vola per gli umani.- commentò acidamente Horus.
- Spero avrai una buona spiegazione per quello che hai fatto a Lucilla.- disse improvvisamente Julian Harkansky, dando loro le spalle - Ne riparleremo nipote.-
- Come desideri, zio.- Horus si strinse nelle spalle, incurante - Prego, signor Mckay. Da questa parte.-
- E non verrà da solo.- lo bloccò Denise, sollevando i lembi dell'abito - Non per non darti fiducia Horus, ma vorrei evitare che si dimenticasse improvvisamente del perché è qui. O magari anche il suo stesso nome.-
- Caesar, frena la lingua di tua moglie.-
- La moglie di Caesar non prende ordini da suo marito.- gli chiarì Denise, gelida.
Al contempo sul volto di Cameron balenò un ghigno.
Ah, povero Horus.
Non aveva mai capito un cazzo di donne.
- Bene.- sbottò il padrone di casa, sprizzando fulmini e saette da tutti i pori - Staremo comodi lontano da occhi indiscreti. Demetrius vuoi venire anche tu? Nel caso faccia scordare ai tuoi amici il perché hanno dimenticato il loro orgoglio e l'hanno seppellito mescolandosi con gli umani.-
- Che scortesia.- commentò un giovane demone, ridacchiando, poco lontano.
- Pensa ai cazzi tuoi, Ivan.- borbottò Demetrius, facendo un gestaccio al tizio biondo con una spada enorme attaccata alla cinta che aveva appena ridacchiato. Aveva un'aria vagamente famigliare e un accento russo che ricordava dannatamente una certa persona.
Si, Vlad sarebbe stato comodo in un momento simile.
E suo cugino Ivan, un Agitatore di masse e caos, di certo non sarebbe stato d'aiuto.
Di nuovo lo spazio cambiò attorno a loro.
A Tristan sembrò di non aver mosso un passo, quando si ritrovò in una stanzetta dalla forma circolare.
Un lucernario illuminava tutto quanto, dal basso tavolino di ardesia nera, alla libreria che tappezzava l'intera parete tonda di quella assurda stanza piena di oggetti di cristallo.
Sopra di loro, attraverso il lucernario, un enorme telescopio di rame.
- Perfetto.- Horus si sedette in poltrona, con evidente sfregio, congiungendo le dita.
Pareva un esaminatore.
Ma quello non era un esame, pensò Tristan.
- Cosa pensava di ottenere, venendo qua signor Mckay?-
Bastardo.
Verme.
- Cosa pensavi di ottenere facendoci incazzare a morte, Horus?- lo rimbeccò Demetrius, pacato.
- Voi cosa centrate?- chiese Horus, quasi maligno - Pensate alle vostre grane, ne avete più che a sufficienza mi pare.-
- Tu ne hai guadagnata uno in più ora.- replicò Cameron, sedendosi davanti a lui - Perché Dio solo sa come mi trattiene dal tagliarti la testa e farla rotolare per terra come una mela matura.-
- Il fatto che sono tanto più forte di te, per esempio?-
Gli occhi bianchi di Caesar divennero più densi.
- Peccato che possa convincerti a fare quello che voglio.-
- Ma non lo farai, vero?- insinuò Horus, senza fare una piega - Il Diacono potrebbe ritenerti inadatto alla custodia della tua coraggiosa moglie minorenne.-
- Senti tu...- Caesar era già balzato in piedi, pronto a qualsiasi cosa, ma fortunatamente Tristan si frappose fra lui e Harkansky, mettendo un braccio per traverso a separarli.
- Con tutto il rispetto ai vostri problemi famigliari, non sono venuto qua per discutere di questo.-
Horus si fece apparire nel palmo la coppa di prima, dondolandosela fra le dita.
- Lo immagino bene.- commentò, sarcastico - Mi dica, cosa posso fare per lei?-
- Lo sa bene perché sono qui.- replicò Tristan, mantenendo una calma storica che faceva ora difetto a Caesar e Demetrius.
- Piantala di gingillarti.- sibilò infatti Cameron - Potrebbe non andarti sempre così bene.-
- Se non sbaglio io e te siamo sempre andati d'accordo.-
- Finché non hai toccato Lucilla.- Caesar si avvicinò ancora, andando a toccare col torace il braccio proteso di Mckay, ancora frapposto fra loro - Che cazzo t'è saltato in testa?-
- L'avevi già minacciata, presumo.- s'intromise Demetrius - Non mi sembri uno che attacca senza motivo. Cosa ti ha fatto di male?-
- Lucilla non mi ha fatto nulla.- rispose il padrona di casa, sollevando appena le iridi albine su Tristan, negando ciò che aveva appena detto - Ma...ho ritenuto necessario occuparmi della sua situazione. Lucilla si è rifiutata di ascoltare...dei buoni consigli.-
- Che immagino riguardassero me, esatto?- concluse Mckay.
- Esatto.- Horus annuì - Non ho niente contro di lei, chiariamoci.-
- Mi permetta di non crederle.-
Horus allora posò il calice fra le dita di una statua, animatasi apposta per servirlo.
- Immagino che lei sia venuto qui credendo nei benefici della sua fede, esatto?-
- Se intende il mio anello...-
Horus sorrise, pieno di compatimento - Si, intendo proprio quello. Quell'anello demoniaco che però non emana alcuna energia negativa. Gliel'ha regalato Lucilla presumo.-
- Si. E allora?-
- E' dotato di un enorme potere. La proteggerebbe anche da me, forse.-
- Ha intenzione di uccidermi?-
- Se l'avessi voluta morta, sarebbe già sotto terra da un pezzo.-
- Quindi quando Lucilla si è rifiutata di lasciarmi lei...- stavolta furono gli occhi di Tristan a lampeggiare, alterigia, sprezzo, compassione e rabbia allo stato puro -...ha aspettato come un vigliacco il momento opportuno. Ha atteso che avesse abbassato le difese e le è strisciato alle spalle come un serpente. Perché è così che l'ha sconfitta, giusto? Solo attaccandola alle spalle.-
Tristan aveva toccato il tasto giusto.
I lineamenti e il profilo di Harkansky si fecero rigidi, quasi pietrificati.
Si, aveva atteso che in lei tutto avesse ceduto.
Per un mese intero, dopo il loro ultimo colloquio, non aveva fatto che spiarla.
E aveva aspettato, aspettato. Restando acquattato nel buio come un felino, in attesa nel momento propizio che era arrivato. Dopo quella lite furibonda avuta con quelle insignificanti umane che lei avrebbe potuto schiacciare con uno sguardo, era apparso. E lei, la sua grande cugina, neanche se n'era accorta.
Ah, se solo Degona fosse stata ancora viva.
Mai e poi mai avrebbe permesso a sua figlia di ridursi in un tale stato.
Lucilla si era sentita talmente debole che neanche si era accorta di lui. Almeno fino a quando non era stato tardi.
- Sei bravo a strisciare alle spalle dei tuoi parenti.- sibilò Caesar.
- Non farmi la predica. Non tu.- ruggì quasi Horus, furente - Tu che l'hai tenuta prigioniera per quattro anni!-
- Avesse aspettato voi, durante la mutazione a demone puro sarebbe morta!-
- Ok, adesso ne ho abbastanza!- tuonò Tristan, spaventando la statua che lasciò cadere la coppa d'oro.
Ci fu un tintinnio sinistro e la fede del mago s'illuminò pericolosamente, lanciando scintille.
- Non osi.- minacciò Horus, alzandosi in tutta la sua imponenza - Non osi qui in casa mia! Il potere di Lucilla non la proteggerà ancora a lungo. Non fosse stato per lei...e quell'uomo...Lord Lancaster... a quest'ora mia cugina sarebbe ancora viva! Voi umani siete stati la rovina di questa famiglia!-
- Che cosa vuole?- gli chiese Tristan, senza farsi intimidire.
- Come sarebbe?- ringhiò Harkansky fra i denti.
- Hai capito.-
Mckay sollevò il mento, levando la mano dalla bacchetta.
- Ho capito che il problema è la mia mortalità. Me l'ha spiegato ora chiaramente. C'è una remota possibilità che lei spezzi il suo incantesimo su Lucilla se io...-
- Se lei diventasse immortale?- Horus fece una risata priva di divertimento - E come?-
- In casa mia è presente una fonte di Acqua di Lazzaro.- spiegò Tristan - Sono già sotto i suoi effetti e non invecchierò mai. Le sembra abbastanza?-
- Il Lazzaro le impedisce d'invecchiare e di ferirsi gravemente, ma questo non la rende immortale.- sogghignò Horus, tornando a sedersi - Sa, mi stupisce un simile atto di coraggio.-
- Ti prendessi la briga di verificare le cose, forse non ti stupiresti tanto.- lo rimbeccò Demetrius.
- Oh, per cortesia.- il padrone di casa agitò la mano, come per scacciare un fastidioso insetto ronzante - Ne ho basta di sentire il vostro sarcasmo di bassa lega, come ne avevo basta di lasciare le mie parenti alla mercé degli umani.- e fissò Denise, prima che lei pensasse anche solo di sputargli in faccia - So come la pensi e nel tuo caso, sono completamente dalla tua parte. Ma la situazione di Lucilla è molto diversa dalla tua.-
- Non vedo la differenza.- rispose la ladra spirituale, gelida - Entrambe abbiamo dovuto sottostare ai capricci di un uomo.-
- Se vogliamo stare a cavillare, Lucilla sarebbe minorenne.-
- Lucilla ha una figlia e più cervello di tutta la vostra infame famiglia messa insieme.- sbottò Tristan, sentendo l'energia scorrergli sotto la pelle, tesa come il cuoio - Se si fosse fatto gli stramaledetti affari suoi a quest'ora lei starebbe bene! Ora invece dormirà per cent'anni, tanto che quando si sveglierà anche nostra figlia sarà morta!-
- E vedrai se non sarà l'inferno in terra, se accadrà davvero.- concluse Caesar.
- Il fatto che Lucilla abbia avuto la meglio su di te, non significa che possa sconfiggere anche me.- replicò Horus, tornando a rivolgersi a Tristan - E così, mi permetta di tornare al discorso di prima, lei sarebbe disposto eventualmente a utilizzare il Lazzaro, giusto?-
- Se è questo che ci vuole...-
- Ma è allucinante, perché tu non hai il diritto di fare una cosa del genere!- urlò Caesar - Cristo Horus, dovessi andare a rivolgermi al Diacono in persona, ti farò spezzare questo fottuto incantesimo!-
- Non puoi. Lucilla è minorenne e i suoi tutori sono morti.-
- E a rigor di logica, sono i suoi parenti più prossimi ad avere la patria potestà su di lei.- sogghignò Demetrius, tetramente - Perciò Julian e sua moglie Arcadia, i nonni materni.-
- S'è visto quanto s'è interessato mio zio Julian.- scosse il capo Horus - No, Lucilla è affar mio, fino a quando i miei zii non ci metteranno becco. E visto che non intendo lasciare mia cugina a questo umano, la discussione si conclude qua.-
- Qua non si conclude un cazzo!-
Cameron aveva perso la pazienza.
Erano già state sguainate le spade e la fede d'oro che Tristan aveva al dito...sembrava bruciare.
Lucilla.
Non l'avrebbe rivista più sorridere...mai più avrebbe sentito la sua voce...
Così l'immortalità rispetto a un suo sorriso?
- C'è un altro modo per ottenere l'immortalità?-
I demoni, che si erano scatenati in un'accesa lite già pronti a usare spade e poteri, si fermarono.
Tutti e quattro si voltarono verso di lui.
E Caesar, che tutto sentiva e percepiva, quasi allargò gli occhi.
- Cosa?- alitò Horus, alzando le sopracciglia - Cos'ha detto?-
- C'è un altro modo per ottenere l'immortalità?- richiese Mckay, sentendo una voce diversa dalla sua che gli usciva dalle labbra insieme al fiato.
- Vuoi...- Horus passò al tu, troppo coinvolto - Vuoi diventare immortale?-
- Se lo divento, libererai Lucilla?- gli richiese il mago, usando lo stesso tono.
- Bhè...si, direi di si.- ribatté Harkansky, letteralmente sgomento di fronte a una tale proposta da parte di un mortale - Io voglio solo che non si uccida, dopo la tua morte. Ma se otterrai la vita eterna, allora la libererò dal mio incantesimo.-
Silenzio.
Caesar ebbe la netta sensazione che Lucilla, in una situazione simile, se avesse sentito e visto l'espressione di suo marito, avrebbe urlato.
- Perfetto.- gli occhi verdi di Mckay brillarono - Come divento immortale?-


Jess Mckay imprecò, rovesciando del whisky incendiario fuori dal bicchiere.
- Cazzo.-
- Ti vuoi calmare?- bofonchiò Tanatos, seduto in poltrona nel salone di Cedar House.
- E tu vuoi finirla di dirmelo?- ringhiò Jess, inferocito - Tuo figlio fa solo stronzate, solo stronzate!-
- Parli di Tristan?-
Il suo primogenito lo guardò ancora più nero, con una vera nube sul capo.
Aveva voglio di spaccare qualcosa dannazione.
Mandò giù il bicchiere di whisky, proprio quando alcuni passo veloci si fecero sentire sullo scalone.
Entrambi i Mckay si sporsero, vedendo William nell'ingresso.
- Oh, eccolo.- Tanatos fece un ghigno diabolico - Ehi, ragazzo. Dov'eri?-
William entrò, indicando col pollice le sue spalle - Da Dena, in camera sua...-
Gelo.
Jess e il signor Mckay, diabolici quando volevano, avevano due fanali al posto degli occhi.
- Ah si?- riecheggiò Tanatos - E che facevi con mia nipote?-
- Ah...ecco...- il giovane Crenshaw si umettò le labbra - Io...noi...cioè...-
- Voi cosa?- lo incalzò anche Jess.
- Sai ragazzo, ti ho mai raccontato di quel demone con sei braccia che girava attorno a mia nipote?- Tanatos si accese un sigaro, soffiando fuori una nuvola di fumo pestilenziale - Tu di braccia ne hai solo due, vero?-
- Si, due signore.- William fece un sorriso sghembo, tremulo, alzando le mani.
- Bravo. Tienile bene in vista.-
- Certo signore.-
Dopo di che Jess e suo padre si scambiarono uno sguardo e... a scoppiarono a ridere come dannati, piegandosi sul divano mentre il povero William li malediva fra i denti. Diavolo, ogni volta ci cascava sempre.
- Si, si...molto divertente.- mugugnò, acido.
- J.J. Baley non ci casca mai, figliolo.- rise Tanatos, tossendo fumo contemporaneamente.
- Ah si? Baley viene qua?- rognò il mezzo demone.
- Si, ogni tanto.- celiò Jess, facendogli posto sul divano - Dai, moccioso. Lì c'è del whisky. Dov'è tuo padre?-
- E' andato a parlare con suo nonno.- spiegò William, versandosi due dita d'alcool puro - E' un mezzo fuorilegge fra i demoni. Magari sa come fregare un incantesimo di un altro suo simile.-
- Se Cameron non c'è riuscito, dubito che ci possa riuscire qualcun altro.-
- Si, ma tanto vale provare.-
Tanatos sbuffò, sporgendosi dallo schienale del divano.
- Oh ma in questa casa sono spariti tutti? Jess dov'è tua madre?-
- A farsi urlare dietro da Sofia e Nadine.-
- Ci mancava solo tua nonna.- ringhiò il signor Mckay, brontolando come una teiera - Bah, che il diavolo si porti tutti i demoni impiccioni della Gran Bretagna.-
- I parenti di Lucilla abitano oltre oceano pa'.- disse Jess.
- Chissene importa, il diavolo se li porti comunque. Esclusi i presenti.- sorrise poi, angelico, verso William.
- Grazie.-
Era ormai giunta l'alba anche a Londra, dopo una terribile notte di dubbi e ansie.
Cedar House era stata attraversata per tutta quell'infausta serata da una serie di vibrazioni negative e plumbee.
Sembrava che fosse caduta la morte da quando Lucilla dei Lancaster era precipitata nel suo sonno secolare. E tutta la gioia sembrava se n'era andata, dopo la partenza di Tristan.
Jess e Sofia l'avevano supplicato di non andare solo.
Di non farlo.
Ma come si poteva fermare un uomo che aveva perso la moglie in maniera tanto ingiusta?
Erano state ore terribili.
Senza speranze, senza risposte.
Poi però, poco prima dell'alba, Harry Potter aveva varcato la soglia di quella casa.
Anche lui era venuto a sapere dell'incidente che aveva coinvolto Lucilla. Era stato Silente stesso a informarlo.
Ora, entrambi, mentre Jess e suo padre si erano dovuti ritirare al piano terra, i due grandi maghi uscivano dalla stanza da letto della Lancaster.
Il preside di Hogwarts si pettinava la barba, a capo chino.
I suoi grandi occhi celesti e pensosi fissavano il pavimento.
Harry invece richiuse la porta, accostandola piano, dolcemente. Per non far rumore.
Anche se Lucilla non avrebbe potuto sentirlo.
- Allora?-
Ron, Edward, Draco, la squadra di Jess ed Hermione erano tutti lì.
Seduti nel corridoio, quasi non erano riusciti a stare fermi durante la visita del preside.
- Allora...- Harry si passò una mano sul viso - Dorme. Dorme e basta.-
Gli Auror al completo sospirarono.
Quasi non riuscivano a crederci.
Lucilla...sconfitta così. Con una semplice pozione soporifera.
- Bastardi.- sibilò Draco, con gli occhi di ghiaccio puntati su un punto imprecisato della parete - Che si può fare?-
- Tristan è andato a parlare con Horus.- disse Clay, seduto su un basso divanetto in stile liberty - Lasciate che ci parli. Forse non raggiungeremo nulla, ma tanto vale provarci no?-
- Dubito che quel demone si lascerà convincere.- rispose Sphin Eastpur, col suo vocione roco - Se s'è preso la briga di fare una cosa del genere, allora vorrà qualcosa di molto prezioso, nel caso facciano uno scambio.-
- E lasciare solo Tristan con quelli, è una pessima idea.- commentò Harry, grattandosi il capo.
- Vedrai che Caesar si prenderà cura di Tristan.- lo consolò Hermione, sicura di quel che diceva - Ora possiamo solo aspettare.-
- Io non ce la faccio a stare qui con le mani in mano.- rispose il bambino sopravvissuto.
- Purtroppo, caro Harry...- sussurrò Silente, accendendosi la pipa lentamente -...c'è ben poco che possiamo fare per aiutare Tristan. La vita di Lucilla è completamente nelle sue mani, perciò possiamo solo sperare e avere fede nelle sue capacità.-
- Si ma...- Potter si morse il labbro, mentre dalle finestre di tutta Cedar House filtravano i raggi di sole delle sette del mattino -...io impazzisco così. Non posso vederla in questo stato.-
Erano scesi al piano terra ormai. Tutto ora era terso di luce.
Erano arrivati anche altri Auror dall'Ordine. Kingsley stava discutendo con Duncan e Tanatos.
Sembrava che nella notte ci fossero stati alcuni delitti a Myfair.
- Come sta Lady Lancaster?- chiese Duncan, quando Silente andò a sedersi fra i veterani.
- Se conosco bene Lucilla,- rispose il preside, ringraziando un elfo domestico che gli versò gentilmente del thè freddo - abbiamo già superato la parte critica della situazione.-
- Si ma mio fratello ancora non è tornato.- Jess mandò giù altro whisky - Dannazione, sono ore ormai che è fuori.-
- Non possiamo andare a riprenderlo?- sbottò Ron, facendo il solco di fronte al camino spento.
- E dove vuoi andare? Non so dove abitano gli Harkansky.- gli fece notare la Grifoncina, centellinando il thè che invece aveva chiesto caldo, per placarle i nervi - Ma Harry ha ragione. Non possiamo stare qui con le mani in mano. Nell'ultima lettera, Milo non ha detto che al ritiro i ragazzi erano spiati?-
- Esatto.- annuì Clay.
- Stanno spiando Riddle?- fece Duncan, intromettendosi.
- Pare di si, capo.- replicò Jess - Sembra che Milo e la figlia di Daniel King, che è una Sensistrega, abbiano sentito una presenza estranea attorno al luogo della riunione della loro Universale.-
- E dove sono?-
- Dovrebbero tornare più o meno ora.-
- Già, erano in Camargue.- annuì Ron.
- Cosa?- Duncan allargò la bocca, intanto che due corna diaboliche gli spuntavano sul capo quasi del tutto pelato - Riddle è stato in Francia? E' espatriato?!-
- Ops.- mugugnò Edward, sbuffando - Bravi ragazzi, complimenti.-
- Andiamo Duncan,- rise Silente con fare bonario - Il ragazzo si è solo divertito un po'. Starà benissimo, anzi. Sono sicuro che stanno già tornando. Appariranno da qui a poco. Ma Lucilla non apprezzerebbe che noi stessimo qui con le mani in mano, mentre lei dorme.-
- Cos'hai in mente Albus?- bofonchiò Gillespie, che fumava anche dalle orecchie.
- Bhè, ho sentito che ci sono stati problemi a Myfair, esatto?-
- Si, esatto professore.- annuì Kingsley - L'Ordine vorrebbe occuparsene.-
- Ne sono sicuro. Ma mi chiedevo...se non sbaglio è lì a Myfair che c'è quel locale dove lavora l'addetta alle pulizie di Donovan, esatto?-
- Intende quella Nicole?- Harry, Edward, Ron e Draco levarono le sopracciglia in contemporanea - Quella che copre gl'intrallazzi del Ministero? Si, si chiama Nicole.- annuì Weasley - Lavora al 43 South Molton Street. E' lì che i Consiglieri mandano i loro galoppini. Parlano con lei che poi si occupa dei loro affari sporchi.-
- Crede che sia coinvolto Dibble?- chiese Hermione.
Silente si fece improvvisamente serio.
- Sai mia cara...per il Ministro, questa volta, metterei la mano sul fuoco.-
- Quindi cosa propone in definitiva?- sorrise la Grifoncina - Andiamo a interrogarla?-
- Si ma...coi guanti.- sorrise il preside, dandole una pacca sulla mano - Non so se hai capito cosa intendo.-
- Oh, abbiamo capito benissimo.- ridacchiò Edward - Il fatto è che le nostre facce le conoscono tutti ormai.-
- Anche quella di Trix.- sbuffò Jess - E quella di Asher.-
- E anche la mia.- finì William.
- E...che ne dite di Tom?- disse Tanatos all'improvviso - Credo che lui e il signor Howthorne potrebbero aiutarvi.-
- Usare Tom?- allibì Hermione - Ma...e se lo scoprono? E se Donovan lo vede?-
- Allora avreste le vostre domande da fargli, no?- fece Duncan, dando un tiro al suo sigaro che odorava d'oppio - Perché farsi trovare in un pub babbano, dove lavora la tanto appena sussurrata pulitrice degli affari sporchi del Ministero?-
Già.
Perché farsi incastrare così facilmente?
Thomas Maximilian Riddle entrò a Cedar House appena qualche minuto più tardi.
Insieme a lui, Vlad, Damon, Cloe, Trix e Milo.
Tutti quanti sconvolti, tutti quanti angosciati.
Come lo erano tutti, in quella casa.
Tom quasi non riuscì a credere a ciò che i suoi padrini gli dissero.
Aveva sempre visto sua madre per l'essere onnipotente che era. Ed erano bastati dei semplici problemi umani a renderla debole, indifesa. Spaventata.
Fu nella stanza di Lucilla che si lasciò andare.
Le prese la mano, la strinse forte e gliela baciò.
Dietro di lui, Damon, Trix e Cloe.
Ancora una volta.
Ancora come una volta. Tutti insieme.
- E' stato un tizio di nome Horus.- gli disse Harry, entrato con loro.
- Si, lo conosco.- mormorò Riddle, senza lasciarle la mano - E' parente della mamma.-
- Perché l'ha fatto?- gli chiese Beatrix, senza capire.
- Non vuole...che la mamma muoia, dopo che sarà morto anche mio padre.- rispose Degona per lui, apparsa dalla porta comunicante del salottino dei genitori, dov'era stata tutta la notte insieme a William.
- Tiene a lei.- sussurrò ancora Tom - Ma non ha mai capito.-
- No, infatti.- Dena si fece avanti, pallida e stanca - Cosa volete fare?-
- Abbiamo un lavoro per Tom e Damon.- le disse Harry, carezzandole la spalla con affetto - Ma tu stai tranquilla. Vedrai che tuo padre avrà trovato una soluzione.-
- Cos'è che dobbiamo fare, esattamente?-
Tom alzò appena lo sguardo su Damon.
Che strano. Gli sembrava...un fantasma.
Quando si erano visti l'ultima volta, il giorno prima in quel campo, gli era sembrato stare bene.
Che fosse successo qualcosa quella notte?
- Già, cosa vi serve?- chiese anche Cloe, corrucciata.
- Un diversivo.- spiegò Potter - Ci serve interrogare una tizia di nome Nicole. Lavora al 43 South Molton Street, a Myfair. Ma le nostre facce sono troppo nome, non è stupida, anche se lavora in un locale babbano.-
- E volete usare dei civili?- Trix rise, credendolo pazzo - Harry...Duncan lo sa?-
- Si. Non ne è entusiasta, ma ci coprirà.-
- Se Donovan e gli altri Consiglieri vengono a saperlo, Tom finirà ad Azkaban con Damon in cella doppia in un batter di ciglia.- sbottò Degona, sconvolta - Ragazzi non si può fare! Rapitela e basta questa tizia!-
- Non si può. E' una Magonò, fuori dalla Legga Magica.-
- E chissene frega, prendetela in un vicolo!- rognò Cloe - E poi date la colpa ai vampiri, lo fanno tutti, dai.-
- Molto spiritosa, duchessa.- sibilò Trix - Harry sei sicura che nessuno in quel locale possa riconoscerli?-
- Manderemo qualcuno col mio mantello a fare un sopralluogo.-
- E poi toccherà a noi rimorchiarla.- riassunse il Legimors - Esatto?-
- Si, esatto.-
- E' da pazzi.- commentò Degona, incrociando le braccia al petto.
- Ma è l'unica cosa che si può fare.- le disse Tom, alzandosi in piedi lentamente - D'accordo. Ci sto.-
- Anche io.- mormorò Howthorne, stringendosi nelle spalle - Tanto, stare con le mani in mano non farà bene a nessuno di noi.-
- Perfetto.- Harry carezzò la spalla a Riddle, ricevendo un blando sorriso - Ora andate. Duncan e quelli dell'Ordine vi diranno tutte le indicazioni possibili. Vi farete una dormita e si andrà di pattuglia stanotte. Ok?-
- Ok.-
- Che mi dite del tipo che vi spiava?-
- Milo l'ha sentito di nuovo quando siamo ritornati a Westminster.- lo informò la Diurna - Lui crede di aver sentito l'odore degli incensi che c'è al livello degli Auror, al Ministero.-
- Quindi qualcuno che lavora con noi.- borbottò Potter, pensoso - Magari Duncan vi ha messo alle costole qualcuno.-
- Senza dirlo prima a te?- Tom parve perplesso - Non credo. Era qualcuno di Badomen.-
- E l'odore d'incenso?- Trix scosse il capo - Il fiuto di Milo non è infallibile.-
- E neanche il voto di fedeltà al Ministero è infrangibile.- rimbrottò la King, acida - Harry, controllate in casa vostra.-
- Lo faremo, stanne certa. E ora voi andate di sotto e riposatevi. Stasera ci sarà da ridere. Io intanto chiamo i rinforzi e mando Edward in avanscoperta con la squadra di Jess.-
- Bene.-
- Lasciamo Lucilla a riposare.- finì il bambino sopravvissuto, scoccando uno sguardo languido a quella che era sempre stata la sua salvatrice fin da che aveva memoria - Il resto tocca a Tristan.-




Fra i demoni fin dall'alba dei tempi, si narra di una Strada. La Strada della Gloria, anche chiamata la Strada delle Cinque Prove. Si trattava di sfide, una più dura dell'altra. Atroci e infide gare di forza e magia.
Niente di più traditore, per l'anima di un essere umano mortale.
E queste cinque prove, Tristan Nathan Mckay, contro il parere di amici e del suo stesso cuore, stava affrontando.
Al buio, in una cella umida nei sotterranei della residenza degli Harkansky.
Con nel cuore un nome soltanto.
Incatenato a una parete, in ginocchio.
A torso nudo, a capo chino.
Col sudore gelato che gli rigava la schiena e il collo.
Il sangue ai polsi, feriti dalle manette d'acciaio.
Il sangue sul volto, ferito dalle stesse Cinque Prove.




Prova di Coraggio. Eliminare la Paura più Grande.
Prova di Sopportazione. Il Dolore delle Unghie dell'Amore.
Prova di Perseveranza. La Follia del Disperato.
Prova di Fede. Il Salto nel Buio.
Prova d'Onore. Ciò che i Mortali non Conoscono.



E così, quando il sole ormai tramontava su quella lunga giornata che sembrava non avrebbe avuto mai fine, Tristan Mckay, pronto a morire tanto il suo fisico ne era rimasto devastato, sollevò gli occhi ormai vuoti su Horus Harkansky.
Il demone gli stava di fronte.
Un pugnale dalla lavorata impugnatura d'avorio fra le dita.
- Ce l'hai fatta. Nessuno mai c'è riuscito.-
Tristan riabbassò il volto.
Si può spiegare cosa prova un essere umano...quando raggiunge il fondo della sua anima e non ci trova nulla?
Perché era il nulla quello che gli restava dentro.
Ed era quello che l'avrebbe reso immortale.
Sentì la guaina scivolare sulla lama del pugnale.
- Rivoglio il mio anello.- fu l'unica cosa che riuscì a dire.
- Lo riavrai dopo.- Horus inspirò - Non credevo l'avrei mai detto...ma sei un grande uomo, Tristan Mckay. Ora sai cosa ti aspetta. Ciò che diventerai...è ciò che hai chiesto. Non sarai come lei, come noi...ma ci sarai vicino.-
- Sbrigati e che sia finita.- sibilò tetramente il prigioniero in fin di vita.
- Come desideri.-
Un desiderio.
La gloria.
L'immortalità.
Ma Tristan non l'aveva mai creduta così...l'immortalità.
Perché non sentiva niente. Se non il sangue sulle mani.
Il sangue di chi aveva ucciso. Il sangue...del suo stesso sangue.
Lucilla...
Horus aveva la lama alzata, quando Tristan gli disse un'ultima cosa.
- Pensa bene a ciò che fai.- mormorò in un soffio - Perché una volta libero, io passerò il resto dell'immortalità che tu stesso mi hai dato per vendicarmi di quello che mi hai fatto.-
- Quando ti sveglierai, parente mio...- sussurrò il demone -...non conoscerai più la vendetta. Né l'odio.-
- Affidati a questa preghiera fasulla allora.- Mckay lo guardò negli occhi, mentre lo colpiva - Perché non sarà così.-
Mai.
La lama affondò nella carne.
Gli trafisse il cuore.
E gli portò via la cosa più importante per un mortale.
Gli portò via quella cosa...che ora l'avrebbe reso ciò che aveva desiderato essere.
E solo morendo l'avrebbe ottenuta.
Con la morte.
Implacabile.
E mai generosa.






La vendetta è un piatto che va consumato freddo.

 

 

 

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Capitolo 31
*** Capitolo 31° ***


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2 luglio, 23 della notte.
Non vi era strada al mondo più romantica e al contempo più moderna della londinese Myfair.
E al 43 South Molton Street, uno dei locali babbani più famoso della capitale Britannica, brulicava la giovane e modaiola vita notturna che per una volta lasciava fuori la magia dal suo sacro cerchio.
Ebbene si, il locale notturno aperto sulla strada di lastricato e porfido illuminava buona parte della via.
Frotte di giovani londinesi, turisti e stranieri affrontavano quella calda notte d'estate in abiti leggeri e coi sorrisi stampati sui volti, pronti a divertirsi, pronti a vivere quella giro di boa della loro esistenza che non sarebbe più tornato indietro.
L'insegna, data dalla luce bassa e soffusa del neon, illuminava l'ingresso su cui era steso un tappeto rosso. La coda per accedervi era lunga, molto lunga, ma c'era chi non se ne lamentava. Nugoli di ragazze, agghindate in leggeri vestitini erano una gioia per gli occhi, specialmente in nottate gremite di stelle come quella.
Una bella rossa passò di fronte a una monovolume blu, parcheggiata quasi davanti all'ingresso, ma dai finestrini oscurati. Il suo ancheggiare e la sua minigonna bianca a balze, scatenarono tre fischi in sincrono.
E poi, dall'interno, una voce disgustata di strega.
- Porci tutti e tre. Non uno si e uno no.-
Angelica Claire King fece una smorfia, mentre gli altri tre a bordo se la ridevano sommessamente.
Al volante, Damon Howthorne sintonizzò la radio su una stazione di deficienti, mentre Tom Riddle e Vlad Stokeford, seduti dietro con la strega, tornarono a farsi i fatti loro. Non si sapeva bene perché il demone avesse deciso di aggregarsi alla spedizione notturna ordinata da Harry Potter, ma Tom non aveva fatto domande, così neanche il Legimors, anche se lì a bordo c'era una Sensistrega parecchio seccata dal fatto che Riddle fosse seduto fra lei e Vlad.
Erano arrivati da circa mezz'ora e aspettavano solo istruzioni.
Specialmente perché avevano passato il pomeriggio a discutere col Capo degli Auror e Duncan era stato chiaro.
Se fallivano e non riuscivano a portare via quella Nicole da quel locale, l'avrebbero pagata cara. E siccome la tizia, la galoppina del Ministero, era una Magonò, non potevano rapirla con la magia. Tantomeno sarebbero potuti entrare Harry, o Draco o anche Edward a prenderla, visto che quella conosceva le facce di tutte le persone importanti nel mondo dei maghi.
Così l'ingrato compito di rimorchiarsi la Magonò era toccato a loro.
Cloe si era aggregata solo per poter dare una mano col suo potere, nel caso fossero arrivati rinforzi magici per questa Nicole, anche se Duncan e tutti quelli dell'Ordine ne dubitavano molto.
Si diceva che questa Magonò si occupasse solo dei Consiglieri e dei politici potenti al Ministero, perciò sembrava impensabile che uno come Donovan o chi per esso sarebbe potuto apparire così in un locale dichiaratamente frequentato solo da babbani.
- Ma quando si comincia?- borbottò Tom, sbuffando.
Damon guardò l'orologio - Quando arriva Draco. Dev'essere qua in giro con quelli della squadra notturna.-
- Ma Trix viene?- chiese Cloe, iniziando ad innervosirsi per quella stupida attesa.
- Se si traveste potrebbe anche venire.- replicò Howthorne, mettendosi comodo per poi rizzarsi di nuovo a sedere rigidamente - Oh, oh...e questo che cazzo fa? EHI!-
Un secondo dopo la porta posteriore della monovolume si spalancò e lasciando a bocca aperta Cloe, un tizio si fiondò in macchina, spingendo lei in braccio a Tom, ansimando come se avesse avuto alle costole un circuito di tigri affamate.
- Val.- allibì Riddle, tenendosi la King in braccio - Che cazzo ci fai qui?-
- Lo conoscete questo tizio?- sbottò la Sensistrega, abbassandosi la gonna di un vestito in raso di seta dal disegno optical sulle gambe nude - Oh, un altro demone. Fantastico!-
- Hingstom, che cazzo hai combinato?- borbottò Vlad, rimettendosi il cappuccio della giubba in testa.
- Come facevi a sapere che eravamo qui?- richiese Tom, sbigottito - Non ti sarai fatto rincorrerei dai Lucky Smuggler spero. Hai perso altri soldi?-
Val Hingstom lasciò il capo all'indietro, gemendo.
- Merda...- e si portò una mano al petto, sentendo il cuore scoppiare - Ho fatto una cazzata.-
- Che diavolo è successo?- berciò allora Tom, inferocito.
- Senza saperlo mi sono fatto la futura donna di Dark.- sospirò, tastandosi una spalla. La sua camicia era leggermente macchiata di sangue nero - La dannata morde...cazzo se morde!-
- Ti sei fatto la donna di Dark?- Vlad non riusciva a crederci - Cristo, non ti farà più entrare!-
- E c'è mancato poco che mi mordesse sul collo anche.- replicò il deficiente, senza capire la gravità della situazione - Non so neanche se sono legati dal Vincolo...merda e ora quello chi lo sente! Ah, Vlad...all'Azmodeus c'era anche Tisifone.-
- La troia.- commentò Stokeford, sarcastico.
- Oh ma la finite?- borbottò Tom - Dio, vi scopate tutto quello che respira voi due!-
- Senti chi parla.- celiò Val, prima di girarsi e cacciare un urlo apocalittico vedendo Damon, davanti al suo sedile - Che cazzo ci fa qua Mister Aureola? Va de retro Satana!-
Ok. Erano tutti imbecilli.
Cloe si accomodò meglio sulle gambe di Riddle, giusto per sentire strane cose su una strana lucina in testa a Howthorne. E fra bestemmie del Legimors, che diceva di non avere aureole in testa, e il nuovo venuto che imprecava contro di lui perché lui e i "suoi amici" gli fregavano sempre i soldi al tavolo del poker, la faccenda andò avanti fino a quando Stokeford non zittì malamente l'amico demone, forse in russo.
- Eh, che volgarità.- se ne uscì Tom.
- Che mi ha detto?- si lagnò Val, additando Damon - Non vale, Vlad! Lui e i suoi amici sono ladri!-
- E tu ti sei fatto una vampira, la donna di un altro, quindi sta zitto.- rognò Vlad, cercando le sigarette in tasca - E vattene da questa macchina che si sta stretti, per Dio.-
- Le palle, non ci sono mai salito su una di queste. Mi fate guidare?-
- Non ti metterei neanche su un triciclo.- Tom si sporse fra i due sedili davanti, poggiandosi a quello di Howthorne - Si vede Draco?-
- No.- masticò il Legimors, facendo un pallone con della gomma - E spero che si muova, perché inizio a stancarmi.-
- Zitto, ladro!-
- Insomma Val!- sbottò Tom.
- Insomma tu!- si lagnò il demone, sempre additando il Legimors come un bambino - Ti fai degli amici fra il nemico!-
- Ma che nemico?-
- I Pacificatori.- sospirò Vlad, accendendosi una sigaretta - Te l'ho già detto.-
- Ancora con questi Pacificatori?- Damon guardò i babbuini alle sue spalle dallo specchietto retrovisore - Mi spiegate cos'è questa storia?-
- I Pacificatori hanno la luce che hai tu.-
- Io non ho nessuna luce.-
- Si che ce l'hai.- Vlad fece un ghigno sinistro - Fioca, per ora. Perché sei ancora vivo. Sei un mago dai poteri empatici o veggenti, giusto? Un Legimors, no?-
- E allora?-
- I maghi con questi poteri, quando muoiono diventano spiriti. I Legimors, poi, se nella loro vita si sono comportati non proprio come degli psicopatici con manie omicide compulsive, diventano Pacificatori.-
- Angeli della Morte.- chiarì Val, cacciandogli la lingua - Capito? Ladro della malora!-
Tom, Cloe e Damon si guardarono nelle palle degli occhi.
Angeli della Morte? Pacificatori?
Ma che roba era?
- Cos'è che diventerò da morto?- riecheggiò Howthorne, tenendo saldamente le mani sul volante.
Hingstom non fece in tempo a dargli di nuovo del ladro e del baro che la porta anteriore si aprì di nuovo.
Draco Lucius Malfoy entrò in macchina e si sedette senza neanche controllare chi ci fosse a bordo.
Con la sigaretta fra le labbra, soffiò fuori una nube di fumo e indicò a Damon il palazzo accanto al locale.
Dalla terrazza, lui e Riddle videro un movimento di ombre.
- Siete coperti.- fece Draco, ciccando fuori dal finestrino - E' la squadra di Gray.-
- Era ora.- sbottò Cloe, esasperata da tutto quel casino - Dove diavolo sei stato, si può sapere?-
- Si può sapere invece cos'è questo casino?- replicò Malfoy, girandosi e vedendo quell'agglomerato di teste folli - Che ci fa qua tutta questa gente?-
- Draco, i miei amici.- tubò Tom, angelico - Ti lo ricordi Vlad vero? Era con noi l'altra sera, quando è successo quel casino con Harry. Lui invece è Val Hingstom. Ragazzi, lui è mio cugino.-
- Si, tu sei quello maledetto dal Giocattolaio.- Val sembrò eccitarsi tutto - Ciao!-
- Portateli via, ti prego.- sibilò Cloe, trucidando Malfoy con lo sguardo.
- E che ci faccio, li vendo?- fu la sarcastica proposta del biondo Auror - Basta cazzate, si entra fra dieci minuti. Weasley sta facendo circondare le uscite. Se capita qualcosa, Coleman sarà insieme Gray con del Lazzaro.-
- Tanto non fa una mazza.-
Tom fece la cosa più furba che avesse potuto fare in un momento simile.
Tirò fuori la fialetta, quella che aveva dalla notte prima, passata in Camargue con Cloe, e la passò al cugino.
- Ecco. Stavolta sul serio non mi ha fatto nulla.- Riddle si strinse nelle spalle - Forse bisogna aumentare la dose.-
Draco però non era della stessa idea.
Guardò la fialetta alla luce di un lampione. C'erano rimaste poche gocce e le vide simili all'acqua. Trasparenti.
Il Lazzaro era azzurrognolo.
- Questo è tutto tranne che Lazzaro, mostriciattolo.- disse, stappando la fialetta e annusando - E' anche dolciastro, te ne sei accorto?-
- Si ma pensavo che fosse stato per il viaggio.-
- Certo, "Agita e Addolcisci!"- frecciò Malfoy, acido - Ma ti sei bevuto il cervello? Non so cosa sia ma hai scambiato la tua droga con quella di qualche tuo amico drogato. Che cazzo vi siete sparati in Francia?-
- Forse ci siamo.- sussurrò Damon di colpo, tenendo d'occhio gli Auror di Austin Gray, che dalla terrazza vicina fecero alcuni segni - Si va ragazzi.-
- Volete portarvi dietro questi due?- rognò la King - Ma siete matti?-
- Ha ragione lei.- Tom si passò una mano sul viso, come gesto per i demoni - Ragazzi, cambiatevi il colore degli occhi e stare con Claire al bancone fino a quando io e Damon non abbiamo finito il lavoro.-
- Tranquillo cocco.- Val, tutto gasato, era già sceso - Non la farò parlare con nessun pervertito si presenti per portartela via! Fidati di me.-
- Io torno subito.- fu l'ultima cosa che sibilò Draco, sprizzando irritazione dagli occhi grigi - Vedete di non mandare a puttane tutto quanto prima che io ritorni. Qualche ritocco e sono da voi.-
Una pacca sulla spalla a Howthorne, poi si dileguò, veloce come il vento.
- Entriamo separati.- scandì Tom - Vlad, fai un portale per voi tre. Io e Damon abbiamo gl'inviti, passiamo davanti alla fila. Ci vediamo dentro. Se qualcuno di voi la vede, fate un fischio.-
- Ok.- Stokeford, ora con penetranti occhi celesti che quasi lo rendevano meno inavvicinabile, gli strizzò la palpebra - Occhio a quelle che fai.-
- Tranquillo, se sgarriamo ci uccideranno gli Auror.-
- Non me lo ricordare.- borbottò Damon, alzando un'ultima volta gli occhi al cielo.
Cazzo, avrebbe dovuto starsene a casa. Con Neely.
Avrebbe voluto sognare ancora. Rivedere quel ragazzo.
Invece...invece niente. Doveva entrare e fare il suo lavoro.
Salvare la vita a qualcuno che stavolta gli camminava a fianco. Tom.
- Cosa c'è che non va?-
La domanda di Riddle lo raggiunse quando passarono, come due divi, davanti a una fila di venti metri. Sentirono fischi dalle ragazze e i "...e che cazzo..." dagli uomini che guadavano i loro pass come assatanati.
- Come cosa non va?-
Le porte di vetro si aprirono e il 43 South Molton Street si mostrò in tutto il suo splendore: pareti alla metropolitana, interamente di mattoni non stuccati, lampade che puntavano verso l'alta, di luce bianca e fioca, tavolini e poltrone dalle forme e dagli stili più disparati, da un assurdo kitch ai modelli più tecno, fino a quelli in stile prettamente indiano.
Il bancone, immenso e che si estendeva per due pareti, ospitava clienti abituali e altri già brilli.
Damon si levò la giacca, fermandosi di fronte a uno dei dieci tavoli da biliardo liberi del locale, lanciandola a una cameriera che gli sorrise e gli strizzò l'occhio.
- Ciao ragazzi.- si fermò al tavolo, mentre prendevano le stecche - Che vi porto? Per te il solito?-
Damon annuì, mentre Tom chiese del whisky liscio. Viva i geni alcolisti dei Black.
- Non hai risposto alla mia domanda.- disse Riddle, spaccando il triangolo.
- Si può sapere che razza di seghe ti fai?-
- Seghe eh?- Riddle si rimise ritto, trattenendo una smorfia a causa della ferita alla schiena e tirò fuori dalla tasca dei jeans un oggettino lucente, verde petrolio - Dunque...Enya.-
- Oh, no.- Howthorne ringraziò la cameriera, quando gli portò un White Russian - Chi ti ha dato il mio lettore?-
- Enya vicino ai Kool And The Gang.- continuò Riddle, ridacchiando.
- Sto bene. Enya mi serve quando ho mal di testa, dopo le visioni.-
- ...Tupac.-
- Una sera sono uscito con Asher, ci siamo fatti qualche birra di troppo e tornato a casa mi sono scaricato qualche canzone, non andare in paranoia.-
- E la canzone di Foot Lose.-
- D'accordo, d'accordo.- Damon levò le mani, mandando giù un goccio del suo drink - Ho qualcosa in ballo...diciamo così. Ma non è il momento buono per parlarne.-
L'altro mandò la 2 in buca d'angolo, mettendo un broncio adorabile, come se avesse detto tutto a Oliver Trust ma non avesse voluto confidarsi con lui. Intanto però, entrambi si guardavano in giro.
Quel pomeriggio, all'Ordine, Kingsley aveva fatto vedere a tutti gli Auror e i reclutati per una notte, una foto di quella Nicole. In bianco e nero però, molti contorni erano venuti sfumati, tanto che ora, attorniati da tante bellezze comuni o rare, i due non avrebbero saputo riconoscerla.
Al bancone invece, Cloe spiava Tom e non solo. Lì attorno c'erano già troppe cretine con l'occhio lungo.
Il nervoso era palpabile attorno a lei come il suo delicato profumo di fresie. Inoltre il suo umore peggiorò quando sentì una risatina sarcastica alla sua sinistra. Vlad era seduto proprio accanto a lei.
- Che hai da sogghignare?- gli sibilò, mentre lui trangugiava dell'abbondante Jack Daniels con ghiaccio.
- Tu, micina.- rispose, soave, senza neanche degnarla di uno sguardo - Ritira le unghie. Quello è monogamo come un lupo.-
- S'è visto infatti.- ringhiò la King, inferocita - E non fare tanto il superiore, potrai sapere qualcosa di lui, ma io lo conosco anche meglio.-
- Conosci il suo passato.- replicò puntiglioso - Magari è cambiato. L'hai fatto notare tu, no?-
Quello voleva la guerra. Cloe accavallò le gambe, si sporse dalla sedia e gli piazzò il naso quasi in faccia.
- Ok, stallone...- minacciò, mentre Vlad quasi rise, scuotendo il capo -...tu potrai anche essere il re della galassia ma non dimenticarti che lui con me ha perso la verginità.-
- Si, per metà magari.-
Un gemito oltraggiato arrivò dalla King, giusto in tempo per essere coperto dall'ennesimo sbavamento di Val. Per chi? Una ragazza dalla pelle chiarissima, che ancheggiando in un paio di pantaloni aderenti come una seconda pelle, lisci quasi come seta, e con un ondeggiante top di tulle rosa intenso, si piazzò accanto a loro.
I capelli, corti a caschetto, biondi e lisci, profumavano di fiori freddi.
- Oddio.- Cloe, stralunata, la guardò da capo a piedi - Trix...ma chi è stato?-
La Diurna si toccò i capelli con malizia - Tonks. Ma non ha usato le forbici, grazie a Merlino. Qua come va?-
- Una favola.- rognò la Sensistrega, con Val che non la smetteva di gongolare di fronte al fondoschiena della Vaughn - L'hai vista questa Nicole?-
- Non ancora. Ma fra un attimo dovrebbero arrivare Hermione e Draco.- Trix si volse - E quei due?-
- Per ora giocano.-
- Bhè, speriamo che questa Nicole sia una facile.- sospirò la Diurna, prendendo per rappresentanza una bottiglietta di birra babbana - Ora torno alla mia postazione. Sono sul retro col buttafuori.-
- Cerca di non bertelo.-
- Farò il possibile. E smettetela di litigare.- frecciò, prima di andarsene.
Un accidente. Cloe e Vlad si scoccarono un'ultima occhiataccia. Almeno, la bella strega bionda era inferocita.
Il demone...sembrava poco interessato alla questione territoriale. Come sempre, del resto. Ma in fondo, Vlad conosceva più cose di Riddle di quanto Cloe in effetti volesse ammettere anche con se stessa.
Era dura da accettare. Ma era così.
- Non fare quella faccia, micina.-
Risollevò gli occhi nocciola, sentendolo parlare. Aveva una voce dura, roca...ma sommessa.
In un certo senso, poteva apparire ipnotica.
- Te l'ho detto. E' monogamo come un lupo.-
- Allora perché è venuto a letto con te?-
Vlad si portò alle labbra il bicchiere mezzo vuoto, fissando oltre il bancone.
- Perché, otto anni fa, una ragazzina venne a salutarlo, prima che entrasse in prigione. Lei si portò la mano al cuore...facendogli sapere che sarebbe sempre stata innamorata di lui. Forse, per proteggerlo, quella ragazzina non avrebbe più dovuto farsi vedere.-
Cloe deglutì, sgomenta. Avvertì le lacrime pungerle le ciglia.
- Io ero alla finestra, quel giorno.- sussurrò, finendo il bicchiere - Vi ho visti.-
Si. L'aveva protetta.
In tanti anni, aveva pensato solo a difenderla.
E più stava lì seduta a quello stupido bancone a guardare quel giovane uomo così diverso dal ragazzo che era stato per lei, più le tornavano alla mente gli anni persi, andati, passati a odiarlo.
E lui invece sapeva ancora sorridere...o almeno così sembrava.
Un sorriso triste però. Amaro, lontano, distaccato.
Tom vinse facilmente la partita nel frattempo, Damon sembrava perso nel suo mondo onirico.
Da circa mezz'ora si guardavano in giro come due felini a caccia di compagnia ma di quella Nicole nessuna traccia.
- Un altro drink ragazzi?- chiese la cameriera, raccogliendo i bicchieri vuoti.
- Si.- annuì Riddle, rimettendo le sfere nel triangolo - Damon stai diventando un avversario palloso.-
- Eh?- Howthorne cadde dalle nuvole - Scusa, dicevi?-
- Ma io parlo al vento?-
- Scusa, ci sono due battone trapassate che a quel tavolo fanno commenti osceni.-
Tom levò un sopracciglio, schifato - Quand'è che mi presenti tuo fratello?-
- Perché?-
- Così saremo in due a dirti di chiudere fuori dalla porta i cadaveri.-
- Divertente. Quelli passano la giornata a spaccarti la testa se non te li fili, come credi che possa...- e la sua voce si smorzò, lentamente, quando un tizio dai capelli neri e gli occhi grigi si piazzò accanto a loro. Capelli più lunghi e barba non curata e sarebbe stato Sirius Black. Ma quello non era un Black completo.
- Draco?- alitò Tom, portandosi una mano alla bocca per non ridergli in faccia - Oh cazzo...ma chi...-
- Non una parola.- sibilò Malfoy in Serpentese, zittendo entrambi - Tutta colpa di Potter, è stato lui a spedirmi qui!-
- Perché? Lui non voleva farsi rosso?- ironizzò Howthorne, piegato sulla schiena di Riddle per il tanto ridere.
Rise anche Draco ma il suo ghigno sparì all'istante.
- Silenzio, coglioni.- e col mento indicò qualcuno alle loro spalle - Ore undici, tavolo in fondo alla sala.-
E tutti e tre, affiancati, fissarono il tavolo incriminato.
- Ma che cazzo...- borbottò il Legimors, mezzo sconvolto - Neanche la si vede lì in mezzo!-
- Come facciamo a trascinarla via da lì?-
C'era da dire che, in effetti, la madama, quella Nicole, era totalmente e interamente nascosta da almeno una ventina di maschi arrapati, tutti in piedi, attaccati a lei che stava seduta al piano rialzato in fondo alla sala. Una specie di mini banco di fronte alla parete.
Da lì si vedevano solo un paio di gambe abbronzate, sandali neri sadomaso e un tubino nero, con uno spacco mozzafiato.
Alzandosi sulle punte, finalmente i tre riuscirono a vedere il resto del corpo infilato nel tubino...che rivelò uno scollo da intervento a cuore aperto e un seno quarta misura, abbronzato come il resto del corpo. Seguivano spalle delicate, una tatuata con una minuscola rosellina blu, appena visibile.
Portava solo bracciali, d'argento, a catenella.
I capelli erano castani, dai riflessi ramati, con un taglio lungo e sfilato.
Il viso...truccato alla perfezione. Forse quella Nicole aveva parenti indiani, perché i suoi occhi erano leggermente allungati, di un intenso color bruno.
- Carina.- commentò Damon.
Draco invece non fece commenti - Come procediamo?-
Tom parve pensarci su un secondo. Bhè, un modo c'era.
- Draco. Dammi la tua giacca.-
Malfoy lo guardò storto - Cosa? Costa più del tuo mantenimento!-
- Non ci farò festa sopra.- l'assicurò il cugino, melenso - E mi servono delle sterline. Avanti.-
- Ma che te ne fai?- gli chiese Damon, quando Riddle fu pronto dopo che si fu anche sistemato il collare sotto la camicia, per nasconderlo perfettamente agli occhi altrui.
- Sta a vedere.- ghignò quella perfidia di ragazzo, avviandosi con passo calibrato.
Su la maschera. Si cominciava.
Lasciando indietro due scettici, che scommisero sul due di picche che si sarebbe preso, Tom si fece largo fra quel gruppo di ragazzi che ridevano come degli idioti alle battute di Nicole.
La sua voce era dolce, ben modulata.
Piazzandosi di fronte a lei, quasi con noncuranza, le mise una trentina di sterline in mano.
- Candy, mi porti un White Russian e due Jack Daniels a quel tavolo laggiù? Grazie mille.-
Silenzio. I maschioni tacquero, mentre Nicole allargò la bocca in una specie di sorriso.
- Ehi, scusa...-
Tom se l'era già filata.
Come prevedeva, lei lo seguì con aria sempre più irritata e quando l'afferrò per il braccio, gli ficcò i soldi in mano.
- Io non lavoro qui, capito?-
Riddle, stringendo i soldi però, trattenne anche la sua mano. Se la portò vicino con uno scatto e il suo sorriso, diavolo, era davvero come il peccato.
- Lo sapevo che non lavori qui.-
- Ah si?-
Quella Nicole perse il cipiglio seccato, perché trovandosi spalmata su un bel ragazzo come quello...si, decisamente la situazione stava migliorando.
- Si. Ma non sapevo come fare per staccarti da tutti quei signori. Spero tu non sia fidanzata a questo punto...perchè dovrei fare a botte col tuo ragazzo per offrirti da bere.-
Presa.
Damon, schioccando la lingua in segno di disappunto, buttò una manciata di galeoni nel palmo di Malfoy.
Quei due si avviarono a un tavolo, nel separé, e una volta seduti Tom ebbe la netta sensazione che quell'abbordaggio avrebbe dato i suoi frutti, anche se forse non gli sarebbe bastato sbattere gli occhioni blu per ottenere ciò che gli stava a cuore.


Stessa notte, ad Harkansky Palace.
Caesar Noah Cameron non riusciva a crederci. Non ce la faceva proprio...
Aveva appena gettato un innocente, un difensore di innocenti...in pasto alle fauci di un demone.
Poggiato alla finestra del palazzo degli Harkansky, si massaggiava una tempia.
Non ricordava nemmeno più quando aveva sentito la paura e la disperazione di Tristan Mckay lasciare quella casa.
Fra quelle mura, nella sua testa, non risuonavano più le sue grida di rabbia.
D'impotenza e dolore.
Come aveva potuto lasciarlo fare? Come? E adesso con che faccia si sarebbe presentato a Lucilla?
Era solo. In quella stanza.
Demetrius se n'era andato...dai nonni di Lucilla. Aveva cercato i coniugi Harkansky per coinvolgerli nella vita della loro nipote, ma sia lui che Denise dubitavano fortemente che Julian Harkansky si sarebbe occupato della nipote che aveva abbandonato. Della bambina che sua figlia, la sua unica e adorata figlia Degona aveva dato alla luce unendosi con un umano.
Caesar si volse appena, sentendo la porta aprirsi e richiudersi.
Sua moglie entrò con l'incedere di una fata, leggera e aggraziata, con l'abito di seta che le frusciava attorno alle gambe.
Denise aveva fatto da Madrina a Tristan.
Da Virgilio, se così si poteva definire colei che accompagna la vittima nelle sue Cinque Prove.
Lei si era offerta. Lei aveva assistito a quello scempio.
Allo scempio di un'anima pura...strappata via da un cuore pieno di bontà.
- E' morto.- sussurrò Denise, andando a sedersi.
Gelo. Caesar riportò lo sguardo oltre i vetri, sul cielo pronto a un nuovo sole.
Lucilla.
Cos'avrebbe detto Lucilla, sapendo che suo marito era morto in quel modo...senza gloria, senza infamia?
La presenza di Denise al suo fianco si fece intossicante, quando gli carezzò appena la spalla, senza sfiorarlo eccessivamente.
- Sarà qui fra poco.- mormorò, incrociando le braccia al seno - Credo che dovremmo accompagnarlo a casa. Non so che in che stato possa trovarsi, dopo quello che ha passato. A dire il vero non ho mai neanche sentito di mortali che avessero superato le Cinque Prove.- abbassò il capo, ridacchiando quasi istericamente - Dio...avrei voglia di accoltellare Horus alle spalle. Strisciare come codardi è così facile per voi uomini...-
- Immagino di essere compreso nel pacchetto.- Cameron non distolse gli occhi dal cielo - In fondo che io imprigionai Lucilla, anni fa, credendo di sapere cos'era meglio per lei. Forse hai ragione. Siete succubi dei capricci di bambini viziati.-
Non la sentì risponde, ma vide con la coda dell'occhio che le sue labbra meravigliose si piegavano.
Stava sorridendo. Ma fu solo un istante.
Gli prese la mano, lentamente, chiudendo le dita sul dorso della sua mano una a una.
Le loro fedi combaciarono con un tintinnio.
E poi Caesar vide tutto.

Prova di Coraggio. Eliminare la sua più Grande Paura.
Degona Harkansky. Tristan aveva combattuto contro quella donna.
Contro il demone che...da giovane, avrebbe potuto portargli via da un momento all'altro, la ragazzina di cui era innamorato. La donna che...era la parte oscura del volto di Lucilla.
La donna che l'aveva piegato a terra con sguardo vuoto, con occhi come ghiaccio eterno.
Il demonio che gli aveva sussurrato all'orecchio, mentre sanguinava, quanto lui fosse diverso da Lucilla.
Quanto l'avesse resa infelice.
Lo stesso demonio che Tristan aveva dovuto uccidere.

Prova di Sopportazione. Il Dolore delle Unghie dell'Amore.
Lucilla.
Stavolta era stata Lucilla. O uno spirito che le rassomigliava.
L'aveva torturato fino a fargli perdere la voce. Piantato lame acuminate nella sua pelle, col sorriso sulle labbra.
Oh si. Era stato l'amore a ucciderlo in quella Prova.
L'amore della sua vita.

Prova di Perseveranza. La Follia del Disperato.
Si. Un folle, un disperato...farebbe qualsiasi cosa per proteggere l'unica cosa a cui tenga.
Qualunque cosa. Anche la più empia. Anche la più bassa. La più immorale.
Tristan aveva le mani sporche. In quella prova si macchiò di sangue...del sangue del suo sangue.
Fu costretto a farlo. A uccidere...suo fratello. Per Lucilla.
Solo per lei.

Prova di Fede. Il Salto nel Buio.
Un abisso. Nero e buio.
E lui aveva dovuto buttarcisi. Avendo solo fede che Lucilla ci sarebbe stata, per salvarlo.

Prova d'Onore. Ciò che i Mortali non Conoscono.
La tentazione. Tutte quelle possibili dai peccati, tutte le più velenose che crescono nel cuore dei mortali e che li piegano, mostrando loro ogni nefandezza di cui sarebbero capaci.
Ma a nessuna aveva ceduto. Nemmeno a quelle che si erano mostrate nelle spoglie di sua moglie.
E così, con le mani sporche di sangue, tutto era finito.
Per lasciarlo vuoto.
Per lasciarlo...morto e senz'anima.

Caesar si staccò dalla moglie, portandosi le mani al volto.
Cristo. Ma come aveva fatto? Come aveva fatto a uccidere suo fratello, sebbene avesse saputo che era solo un'allucinazione? Come aveva fatto a farsi schiacciare da Degona Harkansky, come aveva fatto a farsi torturare da Lucilla, a buttarsi nel buio, a sostenere la tentazione? Come, come?
- E' molto forte.- gli disse Denise, con un soffio - Ma ora la sua forza se l'è presa quel pugnale.-
- Godrei come un dannato se si svegliasse e distruggesse questa fottuta baracca.-
- Non essere astioso. Ci sono modi e modi per vendicarsi.-
- Dici?- Caesar si accese una sigaretta, dando un tiro nervoso - Rendere una poltiglia quel verme darebbe più soddisfazione che vederlo agonizzare nel tempo.-
- Ah, tesoro.- Denise si volse verso di lui, carezzandogli ancora la spalla - Non ne hai una più pallida idea.- e si alzò per baciargli una guancia. Caesar chiuse le palpebre, godendo di quel misero istante. Sarebbe bastato ruotare il collo per avere le sue labbra, ma non improvviso tremore impedì di portare a termine quel desiderio.
Il pavimento del palazzo stava tremando.
Sembrava che le fondamenta intere fossero state scosse e prese a martellate.
Non passò neanche un secondo che Horus, con espressione cupa, varcò la soglia della stanza in cui i Cameron erano rimasti per tutta quell'orrenda giornata.
Il padrone di casa si fermò sulla soglia e prima che la porta toccasse lo stipite, dallo spiraglio fra i due passò una risata gelida. Divertita. Cruda. Perversa.
Come quella di un bambino cattivo.
Horus sbuffò, avvertendo un altro tremore.
- Dannazione.- borbottò, versandosi del vino - Ragazzino che non è altro.- e guardò poi storto Caesar - Non guardarmi così. Non darmi dell'assassino. Non provarci neanche a scagliare la prima pietra.-
- Perché non dovrei? Hai trasformato un Auror, qualcuno che ha dedicato la sua vita alla protezione degli altri, in un abominio che le vite le spezza.-
- Oh, andiamo. Almeno ora Lucilla non si ucciderà.-
- No, infatti.- Denise sorrise in maniera strana, assolutamente dolce, a differenza di ciò che disse - Ma ucciderà te, per quello che hai fatto dell'uomo che ama. Ammesso che quell'uomo si ancora da qualche parte in quell'essere dietro a quella porta.-
- Lucilla prima o poi me ne sarà grata.-
- Tu proprio non ci arrivi, vero?- sussurrò la demone - Non capisci quello che le hai fatto.-
- Le ho salvato la vita e...- un'altra esplosione e stavolta la porta si spalancò di scatto. Un'altra risata gelida.
- Scusa per i vasi Al.-
Quella voce.
Così diversa.
Quel mago.
Così diverso.
Un demone entrò nella stanza. I capelli più biondi, più lucenti.
Ridacchiando dietro al maggiordomo degli Harkansky, a cui aveva appena sfasciato metà dell'argenteria, Tristan Nathan Mckay si portò di fronte al tavolino in mezzo alla saletta. Si rimise la camicia nera, sul torace ora torreggiava una fiera ferita. Sul cuore.
Dove ora non risiedeva più nulla.
- Stai bene?- gli chiese Denise.
Due occhi verdi come un vero smeraldo si alzarono fino a lei.
Ma la pupilla...ferina, verticale, come quella di un gatto. Come un uncino.
- Benissimo cocca.- fu l'algida risposta, mentre si accendeva una sigaretta - Sapete ora qual è il bello del fumare? Che non morirò di cancro.- e ridacchiò, chiudendosi gli alamari dorati su una pelle pallida come l'alabastro.
Sentendo silenzio, Tristan sollevò le sopracciglia.
- Che c'è ragazzi?- e di nuovo sogghignò - E' morto qualcuno per caso?-
- Non fa ridere.- sibilò Caesar.
- Tu e il tuo senso dell'umorismo.- sospirò l'altro, teatralmente - Un consiglio amico. Va a casa, sparati qualcosa di forte e occupati di tua moglie. Tu che ci riesci.- quindi sollevò le mani, in cui riapparvero spada e bacchetta, anche se ora non gli serviva poi a molto.
Tutti gesti calibrati.
Gesti...normali. Se non fosse stato per quelle dita fredde, che ora non avrebbero più potuto sentire il calore di un abbraccio. La sensazione dell'alito caldo di un bacio.
Se non fosse stato per quel cuore...per quell'anima perduta.
Strappata via.
Senza pietà.
Morto.
Tristan Mckay ormai era morto.
E non ne restava neanche l'ombra.
- Bene, signori è stato un vero piacere passare la giornata con voi.- commentò, ciccando a terra senza curarsi dello sguardo irritato di Horus - Ho una moglie da andare a svegliare e qualche giochetto nuovo da imparare direi.-
- Ti portiamo noi a casa.- si offrì Denise - Lucilla si sveglierà solo al primo raggio di sole.-
- Oh, non disturbarti bellezza.- Tristan levò una mano, evidentemente divertito quando vide sotto la cute liscia come velluto, agitarsi qualcosa...una forza. Una presenza maligna.
Un demone che si agitava in lui.
Una potenza enorme.
- Si.- sussurrò, con gli occhi ferini che scintillavano - Credo proprio di dover fare pratica.-
- E' necessario che tu conosca la legge, allora.- s'intromise Horus - Non ci è permesso uccidere umani, maghi o qualsiasi altra creatura. A meno che non si subisca un attacco.-
- E' necessario allora che tu conosca anche la mia legge, Horus.- sorrise Tristan, riprendendosi il mantello - Ed è anche necessario che non ti passi mai di testa il discorsetto che ti ho fatto prima che m'infilzassi come un pesce.- gli andò vicino, abbracciandolo come un parente, come un fratello.
- Ricorda.- mormorò, tetramente - Ricordo la mia promessa.-
Poi, staccandosi, fece un'altra risata...e svanì.
In una nube di fumo scuro.
Dopo che, infilata una mano nella tunica di Horus, si era ripreso il suo anello.
La sua fede. Il simbolo di un uomo perduto.


- Troia.-
Vlad roteò le pupille, sentendo l'ennesimo insulto della King verso quella povera Nicole che, bisogna dirlo, in quella serata se n'era prese dietro così tante che ne avrebbe avute abbastanza per tutta la vita.
Il demone spiò alle proprie spalle e vide che la babbana stava giocando col colletto della camicia di Riddle, che si era sporto verso di lei, poggiandosi con un gomito al tavolino a cui si erano appartati.
E da come quella accavallava continuamente le lunghe gambe abbronzate, Tom doveva aver fatto colpo.
- Calma.- borbottò, ma lei risucchiò l'aria fra i denti, incollerita.
Ah, la gelosia.
È quel bel mostriciattolo verde che ci fa commettere le cose più stupide.
Passi falsi madornali.
Che ci fa scoprire in maniera quasi innocente.
E che ci fa, la maggior parte delle volte, sentire vivi in tutto l'amore che abbiamo nel petto.
- Qual è la colpa di questa tizia?- chiese Val, staccandosi per un attimo dal televisore ultra piatto su cui davano un vecchio video dei Rolling Stones.
- Di essere una troia.- sibilò Cloe, al suo quarto martini molto secco e molto freddo.
- Allora dovrebbero uccidere tutti gli uomini della terra.- insinuò Vlad, scoccandole uno sguardo serafico - E' quella che copre quel Segretario? Quello che ha quasi fatto ammazzare Tom con la Dama dell'Acqua?-
- Si.- annuì lei, frugando nella borsa quando le squillò il cellulare - Gente così va solo messa al muro.- pigiò il tasto per bloccare la chiamata, rigettandolo malamente nella pochette - Pare che Donovan e gli altri del Ministero si facciano i loro intrallazzi facendosi coprire da questa qui, che è una Magonò, e per questo non può essere giudicata da un tribunale magico. E' la copertura perfetta per loro. Diavolo!- il telefono squillò di nuovo.
Inferocita vide che era Oliver. Di nuovo. Per la sesta volta in mezzora.
Rispose sbottando, evidentemente stizzita da quell'interruzione, mentre i demoni tornavano a farsi i fatti loro.
In quel mentre, Draco e Damon, al biliardo, finivano di malavoglia una partita blanda e moscia...e Malfoy aveva ormai capito che il Legimors era ovunque, tranne che lì con lui.
Stavano discutendo di cronaca, quel pomeriggio nel centro babbano del Covent Garden una ragazzina era stata uccisa da un ladruncolo, che aveva usato male la pistola.
Ma Damon non sentiva.
E più Draco gli chiedeva come stava Dorothy, se all'ospedale tutto andava bene, se Aidan aveva ancora problemi con la sua insegnante, notizie dai suoi...più lui rispondeva a monosillabi. All'ennesimo si, mugugnato fra le gengive, Malfoy si appoggiò alla stecca, sogghignando.
- Ieri notte mi sono ripassato la squadra olimpionica maschile di atletica.-
- Ah si?-
- Si...e c'era anche Hermione. Poi siamo andati tutti insieme a prendere il gelato con quelli della corsa a ostacoli.-
Sentendo il nome della Grifoncina, finalmente quel disgraziato si risvegliò, sbattendo le ciglia, registrando tutto quello che aveva sentito.
- Oh...ho sentito che quelli di atletica fanno un po' pena fuori dagli spogliatoi.-
Draco ghignò di nuovo, passandosi indietro quei capelli neri che gli facevano venire l'ulcera.
- Qualche problema Damon?-
Howthorne si strinse nelle spalle, inspirando forte.
- Qualcuno.-
- Puoi parlarne? O sei vincolato al segreto professionale?-
- Non centrano i Non-Vivi, per una volta.- ammise, con un mezzo sorriso.
- E la tua amica Nora?-
- Va e viene. Vuole stare coi suoi genitori, i suoi parenti e i suoi amici, ma così non capisce che ormai indietro non si torna.-
- Se non sono i morti che rompono, qual è il problema?- lo incalzò Draco, attaccandosi all'ultimo dito di liquore nel bicchiere. E non fu saggio farlo, perché quasi si strozzò con quello che gli disse Damon.
- Neely è incinta di due mesi.-
Dirlo fu quasi come farlo diventare reale.
Neely aspettava un bambino.
Sarebbero diventati genitori.
Draco si pulì la bocca, alzando gli occhi grigi di metallo su di lui.
Lui sapeva...in fondo l'alta società si nutriva di tragedie e pettegolezzi. E gli aborti della famiglia Montgomery erano risaputi da tutti. Se Neely rischiava lo stesso...
- Sei preoccupato per la gravidanza?-
- Ho avuta una premonizione. L'ho visto. Starà bene.-
- Hai visto tuo figlio?-
- Si. Almeno, credo sia lui. Assomigliava molto a Neely.-
- Siete stati al San Mungo?-
- C'è andata lei.- mormorò il Legimors - Non voleva darmi la notizia prima dei tre mesi. Il rischio è più alto, ma è comunque una cosa che non si può nascondere a lungo.-
- Credi che del Lazzaro potrebbe risolvere la situazione?-
- Ma lei resterebbe giovane per sempre, con dei bagni periodi, vero?-
Draco tacque un secondo, per poi spegnere la sigaretta, a capo chino.
- Per avere tuo figlio, credo che l'eterna giovinezza sia un piccolo prezzo da pagare, non pensi?-
Sargas.
Stupido, si disse Damon.
Stupido, stupido.
- Mi dispiace.-
Draco sorrise per un breve istante, amaro e pentito.
- Ma di cosa? Sono felice per te.-
Un sorriso tirato apparve anche sul bel volto del Legimors.
- Grazie.-
- Maschio hai detto?-
- Si.-
- Aidan andrà fuori di testa.-
- Questo senz'altro.- Damon intuì che stava deviando il discorso, così iniziò ad avvicinarsi facendo il giro del tavolo - Ma mi andrebbe bene qualsiasi cosa, basta che stia bene.-
- Indubbiamente. Un piccolo mostriciattolo per casa...prega che non venga fuori come Lucas.-
- Che ti ha fatto stavolta?- rise Howthorne.
- Ah, lascia perdere. Sono giorni che va in giro bardato come per giocare una partita di hockey su ghiaccio. E segue mia figlia ovunque...- Draco fece una strana espressione, quasi interrogativa - Sai come sono i geni...magari è un maniaco e lo stimolo, con lo Sfregiato, ha saltato una generazione.-
- Perché va in giro con le protezioni?-
- Ma che ne so...- sospirò Malfoy, accendendosi un'altra sigaretta, quasi senza sentirne l'acre sapore in bocca - Starà diventando psicotico come suo padre.-
- O forse...- Damon si morse il labbro inferiore, pensoso - Draco...come sta Glory?-
- In che senso?-
- Non so...ti sembra diversa dal solito?-
Domanda ovvia. E lui se l'aspettava.
L'Auror guardò l'orologio due o tre volte, cincischiando, prima di rispondere.
Sua figlia aveva paura.
Glory non stava bene.
Cadeva, inciampava.
Era piena di lividi.
E la notte, passando di fronte alla sua porta, la sentiva rigirarsi fra le lenzuola.
La mattina scorsa lui ed Hermione l'avevano perfino trovata a dormire nel loro letto.
E Glory, neanche da piccolissima, aveva mai voluto dormire con loro.
- La bambina è spaventata.- ammise, dando un tiro leggero - Glielo leggo in faccia...e Lucas la segue sempre. Ci dev'essere un motivo. L'altro giorno... è inciampata sul corridoio rialzato del salone. Un vaso della colonnina l'ha quasi presa in testa. E non è stato un caso.-
Gli occhi di Damon si sgranarono leggermente. Ma in fondo l'aveva sempre pensato.
E aveva sperato tanto che quel giorno fosse arrivato più tardi possibile.
Eppure ora era arrivato.
- E' Sargas.- disse in un soffio - Lo sai.-
- L'ho pensato.-
- Vuoi che ci parli?-
- Se Hermione viene a saperlo, stavolta divorziamo.-
Non l'aveva mai visto così. Mai.
Ma se c'era qualcosa che Draco Lucius Malfoy venerava oltre ogni cosa, oltre a sua moglie, ebbe questa era sua figlia.
E se Glory era spaventata, e se sua figlia aveva gli occhi che lui aveva avuto per i primi suoi diciotto anni di vita, allora qualcosa doveva pur fare.
Hermione doveva permetterglielo.
Doveva capire.
Doveva credere in Sargas.
O l'avrebbero perso una seconda volta.
Tutti e due.
- Una volta liberi da questa storia, dovrai venire a casa nostra.-
Damon annuì appena - Va bene.-
- Voglio parlare con lui.-
- Come vuoi. Come farai con Glory nel frattempo?-
Draco rise, quasi senza crederci - Lucas fino ad ora non se la sta cavando male.-
- Bhè, se non altro è al sicuro, non credi?-
- Si, nelle mani di un Potter. Non c'è luogo più sicuro al mondo, no?-
Passarono altri due quarti d'ora. Al tavolo, Tom sembrava cavarsela bene.
I ragazzi avevano notato che Nicole l'aveva già toccato ovunque, sopra la cintura, e lui ancora non aveva cercato di strozzarla, urlando ai quattro venti per lo sdegno.
Decisamente il caro signor Riddle aveva finalmente imparato che i favori sessuali portano sempre a qualcosa. E si stava comportando molto bene, da perfetto gentleman, anche se i suoi occhi dicevano altro, cosa che mandava su di giri la sua compagna.
Sembrava padrona della situazione.
Era senz'altro una di quelle donne navigate, sempre capaci di gestire ogni situazione.
Inoltre parlava con convinzione, argomentando ogni sua opinione e sapeva di essere attraente.
Insomma, una ragazza sicura, che non si spaventava a fare patti col diavolo.
Dal retro però, tornò improvvisamente Beatrix. Cercò con lo sguardo, fino a trovare Malfoy e Howthorne che si erano ordinati direttamente una bottiglia di vodka.
- Ma bene.- sentenziò, avvicinandosi combattiva - Qua bevete, mentre fuori l'intera squadra notturna è nelle grane.-
- Oddio, che è successo?- sbuffò Draco, annoiato a morte.
- Ci sono dei problemi. Ma non qua attorno.- spiegò - Io vado via, vi lascio a quelli di Gray. Pare che a Richmond Park siano state ferite una trentina di persone. I babbani credono sia stata una bomba...gli Auror di turno invece hanno visto un demone. Un idiota ha giocato al tiro al bersaglio fino ad ora.-
- Chi è questo pazzo?- allibì Damon - L'hanno visto in faccia?-
- No, Asher dice di no.- rispose la Vaughn - Hanno solo scorto un tizio dai capelli biondi, ma dalla potenza che emanava, i Sensimaghi sono rimasti spiazzati. Non era un demone impuro. Era qualcosa di più.-
- Chiama Jeager, non fatevi massacrare.- le consigliò Draco - Chiama Weasley quando avrete raccolto i pezzi umani.-
- Sempre divertente.- Trix scoprì i denti - Un'ora e farò rapporto a Duncan, prima che vada fuori di testa. Ah, un'altra cosa...- sussurrò, abbassandosi all'orecchio di Draco - Harry dice di smetterla di bere, non vuole portarti a casa in spalla.-
- Arcaico.- brontolò Malfoy.
- Bei capelli. Ci vediamo ragazzi. Damon ti chiamo domani.-
- Ok.-
- Ah...Tom li ha i preservativi?-
- Meglio che non ti senta la duchessa.-
- Lo so. Notte.-
Draco e Damon si riavvicinarono, spiando Riddle.
- Dici che riuscirà a rimorchiarsela davvero?- Howthorne era perplesso - Insomma, mi torna dopo otto anni e da puritano mi diventa un porcone...queste cose mi sballano. Poi Cloe da là mi guarda come se fosse colpa mia...-
- Se la rimorchia dov'è che deve portarla?-
- A casa mia, ha le chiavi. Neely è andata a casa sua per stanotte.- Damon roteò gli occhi - E continua a guardarmi storto.- mimò qualcosa con la bocca, in direzione della King, che replicò con un gestaccio isterico.
Era proprio arrabbiata.
Adesso chi la sentiva...
Tom però doveva ammettere che si stava divertendo.
Anche se la famosa Nicole per un soffio, a forza di toccargli la camicia, non aveva scoperto il suo collare facendogli sudare freddo, fino a quel momento se l'era cavata egregiamente.
Carina, molto carina.
E andava al sodo.
Nicole finì il suo martini alla mela, sorridendogli da oltre il calice da cocktail.
- Cosa c'è?- sorrise maliziosa - Perché mi guardi così?-
- Niente. Stavo solo pensando che nessuno è ancora venuto a reclamarti.-
La babbana rise, poggiandosi su un gomito e facendo tintinnare i suoi braccialetti.
- Non permetto a nessuno di caricarmi o scaricarmi.-
- Ho recepito il messaggio.- ghignò Riddle - Hai ancora sete? Ordino altro?-
- Perché?- gli chiese, avvicinandosi - Vuoi farmi ubriacare?-
- Immagino sia difficile.-
Nicole rise ancora, mettendo in mostra una serie di denti bianchi come perle - Noto che anche tu sei un gran bevitore Tom. Dimmi un po'...non ti ho mai visto qui prima. Dove sei stato fino ad ora?-
- Fuori Londra.- le spiegò - E tu? Che cosa fai Nicole?-
- Io? Oh, ricerche di mercato.- tubò, senza dare per nulla l'impressione che scherzasse.
- Devono renderti bene.-
- Abbastanza.- si poggiò sulle ginocchia, sporgendosi ancora verso di lui - Ma vogliamo davvero parlare di lavoro?-
- Di cosa vuoi parlare allora?-
Gli occhi scuri della ragazza scintillarono.
Quasi densi come un lago di lava.
- Vieni più vicino che te lo spiego.-
Ora urlava.
Cloe, da lontano, sentì un urlo artigliarle la gola.
Vide la babbana afferrare delicatamente i lembi della giacca di Riddle.
E poi baciarlo.
Lui che non opponeva resistenza, che quasi restava impassibile.
Eppure, quando si staccarono, lui sorrideva.
Con una serie di flash vaghi, lo vide pagare ciò che avevano bevuto.
Buttare delle sterline sul banco.
Nicole che si alzava, afferrando la borsetta e lo scaldacuore.
Loro che affiancavano.
Che attraversavano insieme il locale.
E il cenno di Tom, quando passò a fianco di Draco.
La rete era stata gettata.


Cedar House era illuminata.
Erano le cinque e mezza del mattino e un timido rossore si stava levando all'orizzonte.
Tanatos Mckay si stava versando del caffè, osservando ostinatamente qualcosa fuori dalla finestra.
Sorseggiò la bevanda calda, ignorando i gemiti che continuavano ad arrivare dalle persone sedute in cucina, alle sue spalle. Elisabeth, dall'inizio del sonno di Lucilla, non aveva quasi mai smesso di piangere.
Si stava consumando gli occhi.
Ma ormai quasi tutti avevano smesso di consolarla.
Rose compresa, che rigirava la bustina del thè nella sua tazza da quasi venti minuti ormai.
E la bevanda era diventata troppo fredda.
Alla fine smise, portandosi le mani alla bocca, gli occhi socchiusi.
- Vuoi altro thè?- le chiese suo marito, voltandosi appena sopra la spalla.
- No.- mormorò Rose, senza sollevare il viso segnato dalla stanchezza.
- Vai a dormire.-
- Non riuscirei a chiudere occhio finché Tristan non torna.-
- Tuo figlio sa quello che fa.-
- Jess non ne è così sicuro.-
- Jess è solo preoccupato.- Tanatos andò a sedersi con lei, sentendo provenire dall'anticucina un gemito soffocato di Liz. Fece una smorfia, sentendo poi un'imprecazione poco fine di Sofia.
- Tua figlia sta perdendo la pazienza.-
Rose riuscì a sorridere, con gli occhi vitrei - Ah, Sofia ha sempre avuto ragione. Sono oppressiva.-
- Io te lo dico da anni, non mi hai mai ascoltato.-
La strega sospirò ancora, carezzandogli la mano - Sono stata dura con Lucilla in tutti questi anni, sai? Non l'ho mai capita. Ma per me è sempre stato difficile parlare con lei. Sofia come bambina...bhè, l'adoro, lo sai...ma quando Jess ha sposato Sarah sono stata felice. E' con Lucilla non sono mai riuscita a combinare nulla di buono.-
- Semplicemente non è come tu la vorresti, cara.-
- A dire il vero non l'ho mai voluta in un modo particolare...certo, mi sarebbe piaciuto fosse un po' più simile a Elisabeth. Mi sarebbe piaciuto fare spese con lei, pettegolezzi, il thè, cose da donne...-
- Bhè, c'è Elisabeth per questo.-
- Si ma non è la stessa cosa.- ammise Rose, sentendo ancora i piagnistei della Jenkins - Merlino, quella ragazza finirà per esaurire le lacrime e cavarsi gli occhi. Privando Lucilla del piacere di farlo di persona.-
Tanatos ridacchiò, finendo il caffè.
- Una battuta sulla tua combattiva nuora, complimenti cara. Stai migliorando.-
- Grazie.-
L'ennesima imprecazione di Sofia convinse Jess, dal salone, ad alzarsi e andare a togliere la governante di Cedar House dalle grinfie della sorella. O quella sarebbe stata capace di strozzarla, ne era sicuro.
Nadine poi se n'era già andata, perché non appena Elisabeth le aveva dato le spalle, aveva cercato di accopparla col bastone.
- Zia, ti prego.- sospirò Degona, rannicchiata sul divano, quando Jess tornò con Sofia - Cerca di capirla.-
- Tesoro...io la capisco. E la comprendo. E comprendo anche che i matti vanno portati al San Mungo.- sentenziò lapidaria la bionda strega, buttandosi accanto al fratello maggiore con un doppio whisky in mano - Guarda qua! Neanche sono le sei del mattino e già stiamo bevendo come spugne. Siamo Mckay, non Black, santo cielo.-
- Vuoi abbassare la voce?- la pregò Jess - Stanotte hai svegliato Alex e Herik coi tuoi starnazzi.-
- Peccato non abbia svegliato Lucilla.-
Degona si accoccolò contro il bracciolo del divano, la sua postazione preferita.
Però se ci fosse stato suo padre...sarebbe stato ancora meglio.
Era grande ormai per quelle cose, ma adorava quando si addormentava esausta sulle ginocchia di Tristan e lui le accarezzava i capelli.
L'immagine di suo padre era così nitida che per un attimo, la figura che le apparve in mente quasi le sembrò normale.
Eppure...con la sua empatia non aveva mai percepito un tale concentrato tossico di rabbia e disperazione.
Mai.
La porta si aprì e si richiuse.
Apparve nel salone, con una sigaretta fra le labbra, l'espressione vagamente concentrata.
Tutti scattarono in piedi, ma Dena no...lei rimase seduta.
- Tristan!- Sofia e Jess si precipitarono da lui e lo abbracciarono forte, mentre l'Auror rimase immobile, a farsi stringere con espressione quasi divertita. La sorella lo baciò, toccandogli il viso, preoccupata.
- Meno male che sei tornato, eravamo in pensiero. Sei freddo come il ghiaccio, vieni, ti diamo qualcosa.-
- Tristan!- urlò anche Elisabeth, correndo in salone - Oh, grazie al cielo! Stai bene vero?-
In un istante, lui si liberò dal suo abbraccio.
Si fece proprio indietro, quasi infastidito.
- Si, si...tutto a posto.- borbottò, gettando malamente spada e bacchetta sul pianoforte - Cosa fate qua?-
- Ti aspettavamo!- alitò Liz, prendendogli di nuovo le mani - Hai un aspetto tremendo, devi riposarti.-
- Forse si.- annuì, mansueto - Anche tu ti devi riposare, sai? Da adesso.- e sorrise - Fuori da casa mia.-
Cadde un muto silenzio.
Il libro che Degona aveva in grembo cadde sul tappeto, con un sordo botto.
Tristan si girò...e lei vide. Lei capì.
Da quel sorriso, da quel ghigno, sul volto di un padre che non riconosceva, Degona sentì praticamente andare tutto a pezzi. E i suoi occhi...i magnifici occhi di suo padre...che non erano più umani.
Non resse. Non ce la fece.
Gemette e si Smaterializzò via, come un coniglio, come una ladra.
Ma non ce la fece.
Così come Jess capì all'istante che in quell'essere non c'era più alcuna traccia di suo fratello.
Non c'era più nemmeno una briciola.
Poi il gelido commiato. Tristan che saliva le scale.
Passo dopo passo, la porta della loro camera sempre più vicina.
E la sua dea, che al primo raggio di luce, lottava per tornare a vivere.
Lui seduto sulla sponda, piegato su di lei.
E piano piano, le sue palpebre che si riaprivano.
Via una maledizione, ne era sorta un'altra a rimpiazzarla.
E Lucilla finalmente si destò.


 

 

 

 

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Capitolo 32
*** Capitolo 32° ***


tmr32







In realtà, quei momenti che si attribuiscono al più oscuro inferno, sono tutti qui nella vita.
Lucrezio.


Solo chi ama senza speranza conosce il vero amore.
Pablo Neruda.





 




Sapete quando a occhi aperti, appena svegli, si crede di stare ancora dormendo?
Quando si ricorda ancora che ciò che si stava sognando?
Lucilla dei Lancaster non aveva mai goduto di un sonno sereno. Almeno non per lunghi periodi consecutivi.
Era uno dei suoi tanti dispiaceri, ma aveva sempre saputo come non permettere ai rimpianti di dominarle la vita, nonostante i diversi motivi che avrebbero potuto spingerla al disgusto verso quel mondo...e anche l'altro, quello onirico, più rarefatto e forse più inconsistente.
Nemmeno lì, in quel luogo fra sonno e veglia aveva mai trovato pace.
E quella mattina, all'alba, aveva avuto la conferma certa che non c'era pace per i dannati.
Un altro incubo.
Un'altra verità.
Sapeva solo che al primo battito di ciglia da sveglia, aveva ricordato le mani di Horus sui suoi occhi.
Aveva ricordato la sua maledizione.
Cent'anni di sonno.
Cent'anni priva di vita.
Al secondo battito del cuore invece, aveva sentito la sua realtà andare in pezzi.
Qualcuno, piegato su di lei.
Occhi verdi.
Un sorriso.
Pelle di alabastro.
Tristan.
No.
Un estraneo.
Un demone venuto dall'inferno.
Si era riaddormentata. Ne era sicura.
Quando riaprì gli occhi, bianchi come neve nel buio di una stanza in cui tutte le tende erano state tirate e dove tutte le finestre erano state sprangate per non lasciar passare neanche un filo di luce, la demone si mise lentamente a sedere.
Una spallina di raso le scivolò sulla pelle, più liscia della stoffa stessa.
Horus.
Cent'anni.
Non faceva che pensarlo.
Unicamente quelle due parole per lei avevano senso in quel momento.
Possibile che...fossero davvero passati cent'anni?
Se davvero era così...
Il cuore iniziò a batterle furiosamente. Come se, scoppiando, avesse voluto punirla per essere stata tanto sciocca.
Gradini.
Gradino dopo gradino.
Un passo dopo l'altro.
Porta dopo porta.
Quella casa sembrava troppo grande ora.
Non più una gabbia priva d'aria.
Nessun suono.
Nessuna voce.
Non avvertiva nulla.
Ma il sangue, nelle sue vene, sembrava aver smesso di scorrere.
La lunga sottoveste di seta le si annidava fra le gambe. Lei aveva l'impressione che quelle fossero braccia, braccia di seta, che le impedivano il cammino.
Tutto sprangato.
Porte, finestre, lo stesso camino era chiuso dalle sue porte di metallo antico.
Nel salone però, vide una tazza sotto il divano di pelle bianca, quello preferito di Degona.
Dena...
Se erano passati cent'anni...
...allora la sua bambina...
Un rumore la raggiunse alla sua sinistra. Quasi sobbalzò, avvertendo uno spostamento d'aria.
E poi...
Un braccio, con una forza tale che lei da anni e anni non provava sulla pelle e sulla carne, la serrò alla vita strappandole un gemito di dolore. Un altro l'avvinghiò per il collo e una mano l'afferrò per una ciocca di capelli, quasi con riverenza.
Non se n'era nemmeno accorta...o forse non avrebbe mai potuto aspettarsi...ciò che ora la stava abbracciando.
- Ben svegliata amore.-
Un bacio.
Invasore.
Violento.
Possessivo.
Denso di...tenebra.
Lucilla non riuscì a tenere serrate le labbra quando lo spettro dell'unica cosa che nella sua vita mai era cambiato...ora si presentava sotto le false spoglie di suo marito.
Del suo migliore amico.
Del suo amante.
Della sua guida.
Nessun fiato.
La repulsione l'avvolse tutta con le sue velenose spire. Piantò un pugno sul suo petto e allargando la mano, non sentì nulla. Ma attraverso la stoffa della sua camicia nera, avvertì scottante e malefica una ferita.
Una ferita da lama.
Lì, sul cuore.
Penetrante e indegna.
Quella lama le aveva appena distrutto la vita.
Cacciò un grido, da così tanti anni non urlava. Uscì dagli argini, travolse tutto ciò che incontrò sulla sua strada. Con un gesto pieno di disperazione, per allontanarlo, gli graffiò il viso.
Lo spinse indietro.
E si aggrappò al pianoforte, più lontana che poteva.
A sua volta Tristan Nathan Mckay, o almeno ciò che restava di lui, si portò la mano al viso.
Infastidito dallo sfregio, agitò le dita e i tre profondi graffi che gli segnavano la pelle delicata sparirono. In un soffio.
- Nervosetta come sempre al risveglio, eh?-
Quella voce.
Uguale.
Come quel viso.
Quel corpo...
Quelle mani.
Lucilla ansimava. Il seno stretto nella seta si alzava e si abbassava freneticamente, attirando lo sguardo famelico di Tristan. La scrutò appena, cacciandosi le mani in tasca.
- Buongiorno amore.- le ripeté, quasi con tono arrogante - Come mai quella faccia da funerale?-
Un incubo.
Era solo un incubo. Non faceva che dirselo.
Sciocca Lucilla, disse una voce nella sua testa.
Credi ancora alla speranza? Capricciosa e mutevole, che si è sempre scordata di te?
Non vedi? Ti ha abbandonata di nuovo.
- Cos'hai fatto?-
Tristan sorrise, piegando la bocca malignamente. Se l'aspettava quella domanda, ma non pronunciata con una tale mancanza d'entusiasmo. Non fatta a occhi sbarrati. Non rantolata, come da un condannato a morte.
- Ho ottenuto che Horus spezzasse il suo incantesimo. Non sono passati cent'anni. A dire il vero, solo un giorno e mezzo.-
Lei però non parve sollevata. E non si levò quella mano dalla gola, cosa che gli procurava una certa irritazione.
Il comportamento da vergine oltraggiata non era il massimo per il suo nuovo spirito.
- Non sei contenta?-
Glielo stava chiedendo davvero.
Quel mostro...stava lì, davanti a lei, con quell'aria indegna, a chiederle del perché non era felice del fatto che lui, da mostro, avesse preso il posto di Tristan?
Horus.
Il fuoco della collera divampò distruttivo in lei, come già a suo tempo era stata consumata della vendetta.
Horus. Era stato lui. Lui a...uccidere Tristan.
Il suo Tristan...era morto.
Non c'era più.
Senza neanche vederlo, perché in quel corpo c'era un vortice del nulla più completo, Lucilla lo sorpassò. Testa alta, spalle dritte. Fra le dita della mano destra le apparve una lunga lama trasparente, forse di ghiaccio, forse cristallo.
- Dove pensi di andare?- le chiese lui, senza spostarsi e senza muoversi, mentre gli passava accanto.
Ovviamente, lei non gli rispose.
Era già fuori, nel giardino di Cedar House illuminato da un tiepido sole, quando Mckay le riapparve di fronte.
La sua posizione non era cambiata. Aria canzonatoria e mani in tasca.
- Spostati.-
Era un ordine. Lucilla glielo stava ordinando, continuando a camminare senza fare rumore, verso di lui.
- Non andrai da Horus.-
- Non lo dirò una terza volta.-
Le pupille ferine di Tristan si assottigliarono - Lucilla, non costringermi a usare la forza.-
Il ghigno stavolta apparve sulle labbra rese viola dall'ira della Lancaster. Le bastò alzare un sopracciglio e una bordata telecinetica d'immani proporzioni scaraventò Tristan oltre una siepe, facendole sparire nella vegetazione.
Un passo davanti all'altro, pensò lei, procedendo a testa china, con gli occhi bianchi che sembravano trafiggere ogni cosa. Era facile. Un piede davanti all'altro. E poi finalmente si sarebbe sporcata le mani del sangue di Horus.
Lo urlava il suo cuore.
Glielo urlava qualcosa da dentro, che sembrava quasi ruggirle quel desiderio.
Uccidere chi...aveva ucciso la sua unica gioia.
Un movimento alla sua destra, veloce come una scheggia di luce e la demone sollevò la spada sulla testa, scagliandola verso il basso. La sua corsa si fermò sul braccio proteso di Tristan, sopra il suo volto.
La sua pelle non subì alcuna ferita.
Anzi, lui sembrava perfino divertito.
Un fischio e poi, con forza avversa, iniziò a spingere la lama contro la moglie.
- Andiamo tesoro...ora è anche probabile che possa farti male. E la cosa non mi piace per niente.-
- Farmi male?-
Lucilla parve non muovere neanche le labbra.
Farle male.
- Levati di mezzo.-
- Non andrai da Horus.- replicò lui, senza cedere di un millimetro.
- Non potrai proteggerlo per sempre.-
- Il "per sempre" ora ha una sua attrattiva.- commentò Mckay, sogghignando pigramente - Ma non è mia intenzione proteggerlo, credimi.-
- Allora levati di mezzo, se non vuoi che ti recida la testa.-
Ora era il nemico.
Per una vita intera era stato l'unico porto sicuro.
L'unica pace.
L'unica salvezza.
Ora era...dannazione eterna.
Suo marito sorrise ancora - Non lo faresti mai. Perché mi ami.-
- Non amo te.- lo corresse, senza battere ciglio.
- Sono sempre io, amore.- le fece notare, spingendo ancora la lama verso di lei - Più forte...immortale...-
Finalmente sentì la pressione fatta dalla mano di Lucilla cedere lentamente.
Si. Lei gli stava cedendo...si piegò anche, leggermente, verso di lui.
La sua bocca invitante gli andò a pochi centimetri dalle labbra.
- Immortale.- sussurrò, debolmente, quasi con rispetto - Si...sei immortale...- lentamente un che di diabolico, quasi spettrale, s'impadronì della sua voce -...e provvederò a renderti l'immortalità un tormento senza fine, se ora non sparisci dalla mia vita.-
Un colpo secco e tutta la rabbia della Lancaster si concentrò nel fendente che vibrò sulla spalla di Mckay.
Il rumore orrido della stoffa e della pelle squarciata, uno schizzo di sangue che macchiò la mano di lei...lui in ginocchio.
- Vall'inferno e restaci.- gli sibilò, gelida, sorpassandolo.
Una regina di fronte a un insetto.
Peccato che...i demoni sappiano mentire e incantare in maniera divina. Proprio come aveva appena fatto lei.
In mezzo a tutto quel sangue, gli occhi scintillanti e feroci di Tristan non avevano mai smesso di gioire. Per quella prova di forza. Le aveva tenuto testa. Era forte...era forte quasi come lei.
E ora finalmente era alla sua altezza.
- Ho detto di no, Lucilla.-
La Lancaster si bloccò, quando la sua lama andò in mille pezzi. Tristan l'aveva serrata nel palmo, mandandola in frantumi. Le era riapparso accanto.
Con uno scatto che lei non riuscì a prevedere se la caricò in spalla.
E sentirla gridare, scalciare, fu...liberatorio.
L'aveva placata.
L'aveva domata.
- Mettimi giù ti ho detto!- gridò Lucilla, fuori di sé.
- Più tardi magari.- ridacchiò, tornando verso la porta di Cedar House - Magari quando avrai capito che sto molto meglio da morto!-
- E lo sarai davvero entro stasera, te lo giuro!- fu l'ultima cosa che gli promise, prima che il battente si richiudesse in quella casa ora priva di sole e luce.
Degona.
L'ultimo pensiero coerente di Lucilla andò a sua figlia.
Ovunque fosse, ringraziò il cielo che non fosse lì per sentire che razza di concentrato di male fosse diventato suo padre.
E tutto ora, sembrava essersi trasformata nella stessa materia di Tristan.
Dura, nera, tossica, velenosa.
Ombra e polvere.
E niente di più.


Nello stesso momento, mentre Degona Lumia Mckay appariva di fronte a Crenshaw Hill, precipitandosi disperata fra le braccia di William e con la consapevolezza che suo padre l'aveva abbandonata per sempre, a Londra alle sei del mattino, Thomas Maximilian Riddle tornava all'appartamento di Damon dopo tre ore di sfrenato tour per la capitale con la bella e interessante compagnia di Nicole.
Incredibile.
Sembrava una babbana qualunque.
Una ragazza normale.
Eppure dietro quell'aspetto scanzonato c'era così tanto.
Tom non riusciva a credere, stranamente, dopo sole tre ore passate insieme, ma in cui aveva conosciuto tanto di quella donna, che potesse avere contatti col mondo dei maghi.
Era pragmatica oltre ogni dire.
Come tante ragazze, con le idee ben chiare in testa.
Desiderava una vita agiata e lavorava sodo per mantenere il suo stile eccentrico e sopra le righe.
Ma si...in fondo niente è quello che sembrava.
Tantomeno lei.
- Hyde Park, wow...- rise Nicole, quando raggiunsero l'attico di Damon - Deve costarti un bel po'.-
- Meno di quello che pensi.- rispose, trafficando con le chiavi.
- Te lo devo proprio dire...- commentò maliziosa, quando la fece passare per prima ed entrarono nel grande salotto con vista sul parco -...quando sono uscita con te non pensavo di trovare un uomo con della materia grigia.-
- Ma davvero?-
- Si, davvero.- rispose, gironzolando fra le poltrone di pelle e spiando le fotografie, curiosa, con le mani chiuse dietro la schiena - Pensavo al massimo che avrei passato una bella...prima mattina con un affascinante sconosciuto.-
- Affascinante, ma che si sarebbe fermato a quello, vero?-
Nicole ridacchiò, poggiandosi coi fianchi a una poltrona.
Gettò la borsetta dove capitava, guardandolo intensamente.
- Chissà poi cosa pensi tu di me.-
Tom rise, restando a distanza.
Abbassò il capo, gettando un'occhiata alla cucina.
Non ne proveniva un suono.
Era tutto pronto.
- T'interessa cosa penso?-
- Può sembrarti strano, ma è così.-
- Non mi sembri una interessata al credo altrui.-
- Si, di solito non mi faccio di questi problemi.-
Le si avvicinò, levandosi lentamente la giacca - Cosa vuoi sapere?-
- Come ti ho detto qualche ora fa...non so se ho voglia di parlare.- Nicole l'afferrò per il colletto della camicia, prendendogli le mani fra le sue - Ho giusto qualche idea su come passare la giornata però...-
Ormai il sole invadeva le vetrate.
Ormai lei si fidava.
Brutta cosa tradire la fiducia altrui...Tom non faceva che ripeterselo.
Sapeva anche fin troppo bene, sulla sua pelle, che spesso tutto nella vita torna indietro triplicato.
Lei lo baciò di nuovo, sfiorandolo appena.
Il suo lucidalabbra profumava di frutta, qualcosa di appena accennato.
Ecco di cosa gli aveva parlato Vlad, tanti anni prima.
Indifferenza.
Quella che ti fa calpestare ogni vita, per arrivare al tuo scopo.
Quella che rende diversi.
Non più teneri ed innocenti, senza macchia, senza peccato.
I paraocchi.
Per arrivare a un solo risultato finale.
"Tom...sai perché devi farlo?"
La voce di Stokeford continuava a risuonargli in testa.
"Sai perché non è più tempo per le parole?"
Il tempo della spada.
Il tempo della guerra.
Del sangue.
"A volte, per ottenere ciò che vuoi, devi anche sporcarti le mani. E se sei troppo vigliacco per farlo, se sei troppo buono per combattere, allora apparterrai sempre a quella schiera che vive di rimpianti."
Già, il rimpianto.
Quello che ogni notte gli faceva sognare Claire, fra le braccia di un altro uomo.
Nicole si staccò.
Da esperta, sentiva che stava pensando a qualcos'altro.
Ma non se ne curò. Anzi, gli sorrise. Con le labbra gonfie e umide.
Giocando con le sue mani però, si accorse...si, iniziò a percepire.
A percepire quella sensazione che poi sarebbe diventata la sua ultima realtà.
Scrutò gli anelli di Riddle.
Quello di platino, con la pietra nera.
Che aveva il potere d'inibire e intorpidire chiunque, tranne che il suo portatore.
Provò istintivamente un brivido a pelle.
Ma mai come quello che avvertì, vedendo quello d'oro al suo anulare.
- Questo...-
Un fiato.
Un gemito spezzato.
Una corona. Una corona d'oro.
Quello era...l'anello di un casato di maghi.
Quando risollevò il viso, con i magnetici occhi neri sgranati, vide il volto dell'inganno.
Un istante per tremare.
Un istante per capire che era sul ciglio del burrone.
Perché ora il viso di Tom non le sembrava più limpido come l'acqua.
Perché ora, in quei lineamenti scolpiti, vedeva...l'ombra.
Vedeva tenebra.
Uno scatto fulmineo e cercò di spingerlo via, poggiandogli le mani sulle spalle, ma fu come cercare di spostare una roccia. Non riuscendoci, scalciò, colpendo di striscio a una gamba.
Sgusciò via, iniziando ad ansimare, ma non valse a nulla.
Pochi passi che mancavano alla porta per fuggire e si ritrovò al punto di partenza.
Vlad era davanti a lei.
Alto e imponente, in tutta la sua pericolosa e minacciosa magnificenza.
Ah si, ora la ragazza tutta d'un pezzo non c'era più.
Angosciata, iniziò a respirare male.
Si voltò verso Tom, scrutandolo rabbiosa.
- Cosa volete?- sibilò.
- Cosa ti fa presupporre che vogliamo qualcosa?- le chiese Riddle, tranquillamente.
- Non trattarmi come un'idiota.- gli ringhiò, spaventata - Cosa volete? Siete maghi no? Se si tratta di affari vi siete appena giocati il mio aiuto.-
- Sopravvivrò alla perdita.- commentò il moro, infilandosi una mano in tasca e trovando il pacchetto di sigarette. Se ne mise una in bocca, quasi divertito da quella situazione - Comunque si, si tratta di affari.-
- Chi ti ha detto di me?-
- Non t'interessa.-
Lei allora digrignò i denti.
Sapeva di non poter fare nulla.
Era in svantaggio come una formica contro un bambino armato del suo solo divertimento.
- Chi sei? Cosa vuoi davvero?-
- Arriveremo anche a quello.- le promise, quasi con pigrizia - Ma adesso dobbiamo andare.-
- Andare dove?- gli rise in faccia - Sono una babbana, se usi la magia su di me finirai nei guai, bello mio.-
- A questo punto ci sono già fino al collo. Quindi, tanto vale fare anche l'ultimo passo. E poi non sarò io come mago a rapirti.- e ghignò, oltre la testa di Nicole - Vlad, per favore...-
La ragazza si voltò di nuovo e sgranando occhi e bocca vide aprirsi alla sua sinistra un portale.
Grande come una porta che mostrava...un salotto arredato in foggia magica nobiliare.
- Entra.- le disse Vlad, secco - Io non sono gentile come lui.-
- Me ne sono accorta.- replicò Nicole, sprezzante - Cosa fate? Il poliziotto buono e quello cattivo?-
Vlad, che aveva ancora gli occhi verdi per la Trasfigurazione al locale, sogghignò pericolosamente.
E come lo fa un demone, c'è solo da pregare che non stia ridendo così per la tua sorte.
- Entra Nicole.- le disse anche Riddle, affiancandola - Se fai quello che diciamo, potremo proteggerti.-
- Chi diavolo siete? Mangiamorte?- sbottò, iraconda - Bhè, andate all'inferno! Meglio morire che un solo istante ancora in vostra presenza.-
- Ti assicuro dolcezza.- Tom la spinse davanti al portale, usando delicatamente la mano sul suo gomito - Non potresti esserti sbagliata di più. E adesso, se vuoi concedermi l'onore...-
Stokeford ammise che con le donne recalcitranti c'erano due metodi da usare.
O la droga, o la cavalleria.
E siccome Thomas Maximilian Riddle non era uno da maniere forti, l'uso della cortesia più subdola fu più utile di altre minacce, perché lei, rabbiosa, scansò la sua vicinanza, ma entrò comunque nel portale, ansiosa e preoccupata.
Però che grinta.
Doveva essere abituata davvero ai soprusi dei maghi, perché non mostrò troppo apertamente la sua paura.
E lui apprezzava quelle patetiche dimostrazioni di orgoglio.
Una volta passato il portale, questo si richiuse alle loro spalle e ad accoglierli, c'era Sirius, comodamente seduto alla lunga tavola da pranzo di Grimmauld Place n° 12.
Erano arrivati all'Ordine della Fenice.
- Era ora.- borbottò Sirius, tornando a tuffare il naso nella tazza del caffè.
Che cavolo, lui era un Black. Le sei del mattino non era un orario concepibile per lui.
Bah.
- Scusa il ritardo.- sorrise Tom, afferrando Nicole per il braccio visto come si guardava attorno - Mi c'è voluto un po'. Gli altri?-
- Di sopra a sedare i nervi di Duncan.-
- Duncan?- Tom sbiancò - E' qua?-
- Si. E sebbene ieri l'idea che fossi tu a prelevare la...- Sirius guardò Nicole, quasi sprezzante -...la babbana...-
- Signorina.- sibilò Nicole, acidamente.
- Oh, chiedo scusa.- frecciò Black - Bhè, prima l'idea gli piaceva. Ora, quando questa qui verrà interrogata e farà il tuo nome avrà un sacco di grane. Ma ci ha pensato solo stanotte a quanto pare.-
- Insomma, si può sapere che diavolo volete da me?- Nicole perse la pazienza, dando uno strattone, ma senza riuscire a liberarsi di Riddle - Volete parlare di affari no? Cosa volete dalla sottoscritta?-
- Che usi la tua voce da cornacchia.- ironizzò Sirius, facendo quasi ridere Vlad, che era andato a sedersi e se n'era definitivamente lavato le mani - Devi cantare come un uccellino adesso.-
- Ma certo. Cominciando dal fatto che non so chi voi siate, cosa diavolo vi fa pensare che io parlerò? Non potete farmi niente senza magia.- e li guardò trionfante - Voi maghi non sapete fare nulla senza la vostra bacchetta. Quindi voi Mangiamorte andate pure al diavolo.-
- Mangiamorte?-
Mundungus entrò nel salone, sbalestrato come al solito.
- Dove sono i Mangiamorte?-
- Abbiamo dei Mangiamorte in casa?- gli fece eco Dedalus Lux, seguito poi da Kingsley - E dove sono?-
- Nella sua testa.- rise Tom, buttandola a sedere a tavola, fra Vlad e Sirius, che stava a capotavola - Per l'ultima volta Nicole, questa non è una base di Mangiamorte.-
- E allora chi accidenti siete?- sbottò inferocita.
- Auror.-
La ragazza tacque, sentendo la risposta di Shacklebolt.
Poi le sue guance si gonfiarono. E quasi rise loro in faccia, ma rise più di se stessa quando capì di essersi fatta incastrare. E facilmente anche. Troppo facilmente. Si era fatta rimorchiare da un ragazzo con due occhioni a calamita.
Dannazione.
Si appoggiò al tavolo, tenendosi la testa fra le mani.
E rideva sottilmente, per se stessa.
Stupida, cretina...
- Ci serve una tua confessione.- continuò Sirius, implacabile.
- Siete Auror...- alzò appena il mento, angosciata - Dove sono?-
- Alla sede dell'Ordine della Fenice.- le sussurrò Tom - Vogliamo sapere tutto di Donovan.-
Nicole tornò ad abbassare il capo, stretto fra le dita quasi artigliate nei capelli.
- Donovan. Intendete il Segretario della Difesa.-
- Se non altro la ragazza ha buona memoria.- commentò Mundungus - Black della malora, dov'è il whisky di Arthur?-
- Che ne so, prova in cucina. Chiedi a Remus.- rispose Sirius, agitando la mano incurante. Tornò a rivolgersi alla babbana, serissimo - Avanti, parla. Non abbiamo tutta la giornata.-
Per tutta risposta lei ricominciò a ridere.
Ma stavolta quasi in maniera isterica.
Sembrava un'invasata.
- Mi sa che l'alcool serve di più a lei.- borbottò Mundungus, sparendo nel corridoio.
- Tenetevelo il vostro Veritaserum.- sibilò improvvisamente Nicole, levando occhi quasi spiritati - Siete pazzi. Siete impazziti se credete che dirò mai qualcosa.-
- Ti proteggeremo ovviamente.- le disse Tom.
Lei rise più forte.
- Si, certo. Da Donovan? Da tutti i Consiglieri?- sputò, sprezzante - Scordatevelo. Non parlerò mai.-
- Chissà coma mai, ma non ci aspettavamo una risposta diversa.- bofonchiò Kingsley, dando una pacca alla spalla di Sirius - Vado a chiamare i ragazzi.-
- Chiama Draco.- gli consigliò Riddle - Magari ha qualcosa che non salterà fuori di fronte agli esami del Wizengamot.-
- Sempre pozioni sono.- gli ricordò Vlad, con naso affondato nella Gazzetta del Profeta - Le rimarrà nel sangue anche della semplice polvere. Se volete farvi sgamare, a questo punto ditelo subito.-
- E farla sgranocchiare da Moony?- propose Black, melenso e perfido.
- Non mangio schifezze.- chiarì Remus, dalla cucina, a voce alta - Ma magari Asher si.-
- Già, chiamiamo lui e Trix.- ridacchiò Riddle - Dove sono?-
- Probabilmente da qualche parte a placare i bollori della tua ragazza.- ironizzò Stokeford, malefico - Thò guarda...di nuovo il demone di ieri sera.-
- Il tizio che ha fatto strage a Richmond Park?- Kingsley si piegò sulla spalla del demone - Io vorrei tanto sapere chi è questo bastardo. Spero che quelli della guardia notturna l'abbiano identificato. A proposito, ma dov'è finito Jess?-
- Non risolverete niente comunque.- sibilò improvvisamente Nicole - Non parlerò mai.-
- E' sotto Incanto Fidelio per caso?- abbozzò allora Remus, entrando nella stanza con altre tazze di caffè - Perché se è già sotto incantesimo allora siamo autorizzati ad agire.-
- Appena arriva Draco faremo un controllo.- sospirò Tom, alzandosi da tavola e battendo subito il fianco contro il bordo, imprecando - Vado a darmi una sciacquata, sono a pezzi.-
- Si e non ti uccidere durante il tragitto.- gli consigliò Sirius, sarcastico - E non andare da Duncan. Sta già rompendo le scatole a Damon, quindi se vuoi uscire vivo da qui, girargli alla larga.-
- Grazie del consiglio.-
Spiando un'ultima volta in direzione di Nicole, restando impassibile di fronte al suo sguardo di puro disprezzo, iniziò a salire le scale. In cima, c'era Claire.
Lo aspettava.


Erano passate circa tre ore.
E su Londra iniziò a riversarsi un vento pungente, troppo fresco per essere estivo.
Alcune nubi iniziarono a coprire il cielo a ovest.
Lucilla dei Lancaster ignorò quell'avvisaglia di malaugurio.
Ormai non gliele fregava più nulla.
Varcò i cancella di Cedar House. Ma non per uscire.
Solo per rientrare in casa...in casa sua.
Era riuscita ad andarsene. Ma non perché Tristan l'avesse lasciata andare.
Semplicemente perché, a un certo punto, era stato lui stesso a liberarla.
Sapeva dove sarebbe andata.
Non aveva capito il perché, dopo aver cercato di fermarla, di dissuaderla dall'andare da Horus per avere la sua vendetta, l'avesse poi lasciata libera, senza più impedirle l'accesso al suo desiderio.
L'aveva capito solo una volta varcata la soglia di Harkansky Palace.
Horus si era Sigillato all'interno.
Vigliacco.
Lucilla era così tornata indietro.
Il tempo avrebbe solo acuito la sua rabbia.
Il suo dolore.
E avrebbe dato tempo a Horus di tremare.
Di crogiolarsi in quello che l'aspettava.
In fondo aveva tutto il tempo che desiderava ormai.
E anche...Tristan.
Anzi, Tristan non c'era più. C'era solo un mostro.
Un mostro bellissimo. Certo.
Che aveva il suo stesso viso.
Il suo corpo.
Le sue mani.
Anche i suoi occhi.
Ma che era privo di ciò che il suo Tristan invece aveva sempre avuto.
Si aggirò fra il giardino perfetto di Cedar House.
Quasi non sentiva più il profumo dei fiori che tanto amava.
Era stata sua madre a insegnare a lei e a Lumia la bellezza di quei fragili spiriti.
Si fermò, carezzò la corolla di una rosa tardiva.
Era pallida. Di un delicato porpora, quasi spento.
Era così che sarebbe stata la sua vita d'ora in avanti.
Ora che Tristan era morto.
Era strano come riuscisse a considerarlo davvero morto, nonostante camminasse e si muovesse.
Nonostante i suoi occhi, ora malefici, saettassero ovunque, come quando era stato in vita, solo per cercare lei.
Si volse.
Guardò oltre gl'impervi cancelli della villa.
Eccolo.
Era in mezzo al viale alberato popolato di maghi e babbani.
Lui stava immobile. Non lo vedevano.
Nessuno lo vedeva, neanche i maghi.
Solo lei.
Lentamente, ora anche lui viveva come lei.
Si, perché ora anche Tristan vedeva la realtà. E la vedeva per la prima volta.
In mezzo a quei mortali, stava immobile a fissare la veloce scia che lasciavano al loro passaggio.
Perché andavano in fretta i mortali.
Tutto il loro mondo scorreva rapido, come in un film.
Ma lui e Lucilla invece stavano fermi. E li osservavano invecchiare, raggrinzirsi, morire.
Vedevano lo scorrere del tempo e delle stagioni, l'imbrunirsi del cielo di notte e lo schiarirsi delle stelle al mattino come il lento e sublime colare del miele da un cucchiaio.
Ora Tristan vedeva anche dove non aveva mai osato guardare.
Quando si fu stancato di osservare quelle caduche vite, si girò verso di lei.
Lucilla distolse lo sguardo.
Tornando dentro, una lacrima le rigò il viso.
Non era giusto.
Tutti avevano una lapide su cui piangere.
A lei non era stato concesso neanche questo.
- Farò tutto il possibile per aiutarti.- le aveva detto Caesar, neanche un quarto d'ora prima, di fronte alle porte Sigillate di Harkansky Palace - Qualunque cosa, lo giuro.-
Ma non poteva riportare in vita un morto.
Non senza che il Diacono decidesse di portargli via Denise.
E questo non poteva permetterglielo.
Caesar aveva già fatto anche troppo.
Entrò in casa, richiuse il battente alle sue spalle. Alzò il viso e sulle scale vide un'ombra.
Era Tristan, che sorridendo corse a darle un bacio.
Ma quell'immagine svanì.
Solo una reminiscenza.
Solo una fantasia.
Si pulì gli occhi, deglutendo.
Non era giusto.
Le avevano portato via anche lui...lui che era la cosa più importante.
Schioccò le dita e tutte le tende di Cedar House si aprirono in sincrono, provocando un cigolio sinistro per tutta la villa.
Quel cigolio le rimbombò nella testa, duro, violento, aspro...
- Interessante.-
Lucilla non ne percepì nemmeno la voce, mentre Tristan appariva sulla porta.
- Davvero curioso.- commentò, restando appoggiato allo stipite con la spalla sinistra - Allora è così che hai sempre vissuto con me. Tu lì a guardare la scia che passava...a guardarmi sfiorire. A guardarmi morire.-
Chiuse gli occhi.
Un boccolo le sfiorò la gota pallida.
Atrocemente pallida.
Perché non stava zitto? Perché non la lasciava in pace?
- Non sei poi la dea buona che pensavo, amore mio.-
- E tu non sei poi intelligente come ti ho sempre ritenuto.-
Tristan ridacchiò, passandosi una mano fra i capelli ora biondissimi e lucenti, filando dritto al suo fianco.
- Oh...è stata la cosa più giusta che io abbia mai fatto in vita mia.- la sfidò, con sguardo quasi cattivo. Ora quegli occhi guardavano davvero in lei...e anche oltre. Ora lui aveva visto. Ora lui sapeva.
E quasi la magia che li aveva uniti, iniziava a svanire.
Come neve al sole.
- Dov'è andata la bambina?-
La bambina.
Non si era mai rivolto a Degona in quel modo.
- Lontano da te.- sibilò Lucilla, scostandosi da lui.
- Allora siamo soli, molto bene. Che facciamo?- si mise a sedere prosaicamente sul tavolino veneziano che gli aveva donato Nadine (perché non lo sopportava!) e gettò via un piccolo mappamondo antico, eccitato come un bambino - Decidi tu. Portami dove vuoi. O facciamo quello che vuoi...-
- Mi sembra che tu ti sia divertito abbastanza.-
- Non come avrei voluto.- replicò, del tutto indifferente - Avrei preferito la tua compagnia.-
- Schiacciare formiche non m'interessa.-
La sua risata la colpì alle spalle, arrogante.
- Eccola. Lo sapevo...ecco di nuovo la mia dea di marmo. Gli esseri umani sono troppo piccoli per te, vero?-
- Perché tormentare chi non può difendersi?-
Lucilla spiò verso le finestre aperte.
Il cielo più denso di prima, turbinante e ventoso.
- Perché sprecare la lama contro chi non si accorgerebbe neanche di morire?- sussurrò, abbassando le palpebre fino a sentire di nuovo le forze abbandonarla - E perché invece infierire su chi un tempo ha conosciuto l'onore?- ruotò il capo come un automa, lo fissò in viso - Perché hai rovinato tutto?-
- Ho rovinato una semplice vita mortale.-
- Hai rovinato una vita con un senso.-
- Quindi questa nuova non ne avrebbe?- saltò giù dal tavolino, andando a gironzolarle attorno come un predatore - Pensa a cosa posso fare. Pensaci, Luci. Tu hai sempre amato il potere...l'hai sempre avuto fra le mani, l'hai stretto in pugno per tutta la tua vita. E ora...ora sono come te.-
Lei innamorata del potere?
Dea...
Potere...
Invincibile e inarrestabile.
Era così che in fondo in fondo l'aveva sempre vista?
- Non paragonarmi a te.-
- In effetti, sono ancora piuttosto arrugginito.- ammise con falsa modestia, piazzandole alle sue spalle e soffiandole quasi sulla spalla nuda, forse per provocarla - Ma con un po' di pratica...-
- Rinfodera i tuoi miserevoli artigli.- Lucilla lo guardò da oltre la spalla, quasi ferocemente - Se sei annoiato trovati qualcos'altro da fare.-
- Mentre tu vendichi qualcosa di ormai andato perso? No, non ci pensare nemmeno. Te l'ho detto. Non andrai da Horus.-
- E io ti richiedo...perchè lo difendi?-
- Perché gli ho fatto una promessa.-
Tristan guardò improvvisamente oltre lei.
Vacui ricordi di una sua vita passata, quando era incatenato in un luogo buio, tornarono a mordergli sadicamente ferite ancora aperte. Rivide Lucilla che lo torturava. Rivide illusioni che gli dilaniavano...un cuore che ora non aveva più.
Zavorra.
Era solo zavorra.
Il suo passato era un peso.
E come tale, se n'era liberato.
Tornò a sorridere, passandole le braccia attorno alla vita, spingendola intanto delicatamente al muro.
Lì, c'era un altro tavolino da lampada liberty e dopo aver fatto sparire anche quella, vi sedette sopra la Lancaster, senza mai lasciarla andare. S'intrufolò fra le sue gambe, che si chiusero come una morsa contro i suoi fianchi, probabilmente con l'intento di fargli passare la voglia, ma lui non parve nemmeno accorgersene.
- Cambiamo discorso. Allora, cosa vuoi fare?-
Si avvicinò, le sfiorò il naso col suo.
Lucilla tacque. Un lieve accenno di ghigno però, stava per nascere sulla sua bocca.
- Possiamo giocare al tiro segno, andare da Cameron è inventarci qualcosa per la caccia alla volpe...- si piegò di più, le sfiorò la bocca coi denti -...facciamo un bambino...-
Lucilla stavolta fece quasi le fusa.
Un sospiro morbido, vibrante, carezzevole.
- Ti viene in mente altro?- lo incalzò.
A questo punto, solitamente qualsiasi razza di maschi, demoniaca, nanesca o vermosa attaccherebbe con delle volgarità belle e buone. E Mckay lo era.
- Oh, si. Siccome ti ho salvata da quello psicopatico di tuo cugino, che ne dici di ricompensarmi andando di sopra e facendoci una sveltina? Soddisfatta?-
E qui lo voleva.
Il ghigno di Lucilla si triplicò, spalancandosi come quello di una iena.
Si avvicinò, si aggrappò alle sue spalle e...
- Quasi.-
E scendendo dal tavolino, gli menò una ginocchiata nelle sacre sfere, piegandolo letteralmente in due.
- Eccoti servito.- sibilò velenosa, scansandosi - Porco.-
- Ah...- Tristan era tutto un gemito, il re del contorsionismo - Ah...Dio...se fosse un danno permanente, mi sarei già molto arrabbiato!-
Naturalmente non rimase lì con lui un secondo di più. Girando per il corridoio, infilò distrattamente la cucina. Forse un coltello a serramanico lungo come una tavola da wind surf l'avrebbe fatta sentire meglio. Ma poi, entrando nel regno di Elisabeth, strano, ora non sentiva assolutamente nulla per quella donna, neanche rabbia, si trovò di fronte a uno spettacolo allucinante, sconvolgente.
- Io non so come sia potuto succedere!- sbraitò Tanatos Mckay, quando Lucilla tirò giù dal soffitto a cui erano stati incatenati a testa in giù lui, Rose, Jess e Sofia - Com'è potuto accadere dannazione?!-
- Vostro figlio è un idiota, semplice.- gracchiò Sofia, guardandosi orripilata la gonna tutta sdrucita - Io lo uccido!-
- Ah, te ne comprerò un'altra.-
La pigra voce del neo demone arrivò immediatamente come una pugnalata. Rose si portò la mano alla bocca, sgomenta, con gli occhi umidi. Tanatos la strinse forte e Jess...Jess non ci credeva.
Neanche a vederlo.
Neanche ad averlo lì in piedi.
Suo fratello...un Auror, un innocente, un guerriero, un giusto.
Ora un demone.
Un assassino.
- Cos'hai fatto?- disse Sofia, l'unica ad avere ancora la forza per parlargli.
- Non mi andava di crepare.- rispose solamente, a braccia incrociate - Né di lasciar dormire mia moglie in eterno.-
- E per questo ti sei fato trasformare in...- Jess lo scrutò da capo a piedi, puntandosi poi nelle sue pupille ferine -...ma come hai potuto farlo?-
- Mi spieghi perché devo sempre stare a giustificarmi con te?- gli rinfacciò il fratello - Non devo renderti conto di quello che dedico della mia vita. E adesso fuori tutti da casa mia...- si rivolse anche alla sorella - Pure tu, anche se mi stai simpatica.-
Sofia assottigliò i lineamenti.
- Fatelo tornare normale e in fretta anche.- ringhiò, sempre più imbestialita - Lucilla, quando sarà di nuovo in sé fammelo sapere, gli porto il conto della sartoria.-
- No, fermi.- Rose afferrò istintivamente la mano gelata della nuora - Lucilla, tesoro...non puoi restare qui con lui, da sola. Non con mio figlio in questo stato.-
La demone rimase basita l'istante necessario perché Tristan ridacchiasse, malignamente.
- Certo mamma, può venire via con te. Chissà che magari riesci a farmela stare male di nuovo.-
- Ehi, tappati quella bocca adesso!- sbottò Tanatos, puntandogli il dito addosso - Non usare quel tono!-
- Sto tremando di paura.-
- Va bene, ora basta.- Lucilla levò le mani da quelle di Rose, risoluta - Andate, mi occuperò di questa faccenda da sola. Jess, tu avvisa Harry che sto bene. Digli da parte mia che lo aiuterò al più presto.-
- Vedrò di tenere anche gli altri lontano da qui.- annuì l'Auror, fra i denti - Ma tu...sei sicura di essere in grado di occuparti di lui?-
- E tu sei sicuro che non ti taglierei di nuovo la gola?- bofonchiò Tristan, andandosene.
- Cos'ha detto?- allibì Jess.
La Lancaster rimase immobile. Ferma di fronte a Jess, riusciva solo a vedere lo stemma del Ministero, sulla giacca del cognato. Ucciderlo di nuovo...
Le Cinque Prove.
Horus, maledetto bastardo...
- Andate.- mormorò in un soffio, spostandosi per lasciarli passare - Farò tutto quello che posso, ma nel frattempo vi consiglio di stargli lontano. Ora è un demone, fatica a controllarsi. Anche i suoi poteri sono instabili in questo momento. Non appena avrò capito come risolvere questo problema, sarete i primi a saperlo.-
- Tesoro...- Rose di nuovo la guardò supplichevole - Sicura di non volere una mano? Potrebbe essere pericoloso e...-
- La porta è aperta!- urlò il padrone di casa dal salone, invitando i parenti a levare elegantemente le tende.
Qualche sospiro, uno più rammaricato dell'altro e la demone li accompagnò tutti alla soglia.
Vederli andarsene, per la prima volta, la fece sentire male.
Jess si fermò ancora, mentre Tanatos tirava via sua moglie quasi a forza.
L'abbracciò stretta, desolato.
- Ma perché?- le chiese.
- Perché è un imbecille avventato.- sibilò, serrandogli le mani sulle spalle - Lo ucciderò per questo.-
- Ti ama, Lucilla.- le ricordò - Ti prego, non scordarlo mai.-
Poi le loro schiene che si allontanavano. Ancora una volta.
Sempre schiene.
Sempre gente che se ne andava.
Come suo padre...come sua madre...anche Lumia.
Ora Tristan.
- Mio fratello ce l'ha una moglie sai?-
Irritante come una mosca, Mckay le era apparso di nuovo vicino.
- Perché non va a palpare lei?-
- Basta stronzate.- richiuse le porta, iraconda, aggirandosi per l'antisalone con stizza - Ho capito cos'hai fatto.-
- Ah si?- Tristan si accese una sigaretta, godendosela con espressione d'adolescente - Non dovrei stupirmi, in fondo sei sempre stata la più intelligente.-
- Le lusinghe non funzionano.-
- Non sono lusinghe.- l'assicurò, divertito - E' la verità. Hai capito tutto solo da una mia frase, vero? Sapevo che lanciandoti un amo avresti subito abboccato.-
- Quanta supponenza...- il volto di Lucilla divenne una maschera, consolidata da quell'assurda situazione -...sei demone da neanche dodici ore e già ti senti in cima al mondo. Ammirevole, davvero.-
- Sai cos'è davvero ammirevole?- rispose lui, puntandole addosso la sigaretta con noncuranza - La tua faccia tosta, amore mio.-
- La mia faccia tosta?-
- Si, tesoro.-
- La mia faccia tosta?- riecheggiò allora la Lancaster. Un attimo e scoppiò a ridere, amara e sarcastica - Oh, questa è veramente bella. E' buona detta da uno che per non perdere sua moglie, s'è fatto tagliuzzare per una notte intera, ha ammazzato suo fratello in sogno e Merlino sa cos'altro, soltanto per farsi trasformare nella pallida imitazione di un mostro disumano. Hai fatto il gioco di Horus, idiota.-
- Lui voleva solo non perdere un'altra parente.- Tristan gettò il mozzicone acceso nel caminetto, andando dritto a una finestra. Lì si fermò, guardando in giardino.
I fiori magnifici, che lei curava con dedizione.
Il sole, che ora non sentiva più caldo sulla pelle.
L'aria, filtrata dalle finestre aperte...non la percepiva sul viso.
Era dannazione.
Era follia.
Era l'immortalità.
- Mi deludi, lo sai?-
Lucilla alzò le sopracciglia.
- Io deludo te?-
- Si amore.- si girò, la guardò in faccia, pieno di alterigia - Sto quasi iniziando a pensare che non ne sia valsa la pena.-
- Ma dai. Te l'ho ripetuto da quando mi sono svegliata.-
- Non intendevo questo.-
- Allora di cosa parli?-
- Parlo di te e me. Parlo di noi.-
Era serio finalmente.
Finalmente lo vide lucido, non più preso dalla smania di mettere alla prova il suo potere.
Ma ora, in lei, s'insinuò un'orrenda sensazione.
E mentre lui si avvicinava, qualcosa nel suo cuore le diceva di andarsene.
Non sapeva cosa fossa, ma sentiva di doversene andare...prima di venire a sapere qualcosa che avrebbe potuto distruggerla.
Eppure non fece un passo.
Almeno lì in terra.
Perché invece ne aveva appena fatto uno verso l'Inferno.
- Io ti ho amata fin da bambino.- sussurrò Tristan, avvicinandosi sinuosamente, come un rettile pronto a colpire - Mi sono innamorato di te dal primo momento in cui ti vidi, alla cerimonia dello smistamento. Ho passato anni a sognarti, come un'ossessione...come un incubo...- sollevò la mano, la posò sul viso di Lucilla, carezzandola - Non sognavo che te...tu in testa, tu nel cuore, tu nei volti di quelle che ho avuto...e poi gettato via, perché alla luce del sole non erano te. Ho amato un mezzo demone...anche se ero solo un mortale. Ti ho amato, anche se eri diversa, anche se forse non mi hai mai amato come ti ho amato io. Sapevo cosa mi aspettava, quando sei tornata da me. So anche che c'è sempre qualcuno che ama più dell'altro. L'ho capito, mi è andato bene. Non ho rinunciato ad amarti nemmeno quando è nata la bambina, quando sei diventata un demone completo...- le sfiorò le gote, soffermandosi sui suoi occhi -...nemmeno quando sei diventata una dea ai miei occhi e io ero troppo piccolo per alzare anche solo il capo verso di te. Sei stata irraggiungibile per tanto e tanto tempo...ma non hai mai spesso di essere un'ossessione per me. L'unica che volevo, l'unica che voglio...l'unica che non posso sopportare di perdere. Ti ho accettata sempre, in ogni modo, in ogni forma...-
Eccolo.
Il suo cuore ricominciava a battere.
Anche se lui era un mostro, anche se lui era cambiato.
Lucilla lo sentì battere all'impazzata. Rimase così ferma, immobile, a pochi centimetri dal suo viso.
- Ma ora sei tu...che non accetti come sono...non accetti che ora sia cambiato...- più vicino, accostò quasi il mento alla fronte di Lucilla - Devo pensare davvero che non ami abbastanza? Non puoi proprio accettarmi? Sei innamorata unicamente di un mortale che con le sue sole forze non è mai riuscito a difenderti da quello che la vita ti ha messo sulla strada?-
Lucilla, non riesci ad amarlo anche così?
Lui ti ha accettata sempre.
Perché tu non riesci a farlo.
Improvvisamente la Lancaster sentì una fitta al petto.
Era quello che stava facendo? Stava superficialmente allontanando Tristan perché non era più quello che aveva incontrato? Quando lui, migliaia di volte, l'aveva accettata e giustificata in ogni maniera?
Lo amava in maniera così infantile?
Sgomenta, riuscì a trovare il senso di quelle parole.
E il rimorso le scivolò nelle vene come acido corrosivo.
- Non mi ami, Lucilla?-
Le prese il viso fra le mani.
Gli occhi, come quelli di un cobra incantatore.
Oh, come aveva imparato in fretta a stringere le sue spire...
Si chinò e la baciò, ricevendo questo volta una risposta immediata.
La sentì schiudere le labbra, quasi accettare che la cingesse con le braccia.
E, sebbene Lucilla avesse tentato di tacitare quell'atroce sensazione che le urlava di scappare a gambe levate, quando quell'abbraccio bruciante la spinse contro il suo torace immobile, capì il vero dolore.
Colonia.
Di Tristan.
E...profumo di donna.
Elisabeth.
Sulla camicia di Tristan.
Addosso a lui.
Elisabeth...su di lui...sulla sua pelle...
Un grido lacerante ruppe il bacio.
Quel dolore le lacerò i sensi e il cuore, come neanche Voldemort da bambina era mai stato in grado di farle provare.
L'aveva tradita.
Era andato a letto con Elisabeth...
Improvvisamente vide tutto sfuocato.
Non riusciva più a stargli vicino.
Sentiva solo il rumore di qualcosa che andava in frantumi.
Di qualcosa che andava in mille pezzi.
- Cristo...-
Tristan si passò una mano sul viso, socchiudendo gli occhi.
- Lucilla...io...-
- Vai via.-
Fece per avvicinarsi, ma qualcosa di gelido e pungente nell'aria lo bloccò. Come un muro.
Ebbe la netta idea che se avesse fatto un altro passo...lei l'avrebbe ucciso.
Anche se stava piangendo.
- Vai via...via, via!-
Anche se le aveva appena fatto il cuore a pezzi.
Si.
Lucilla l'avrebbe ucciso.
Sarebbe stata capace di farlo.
Il dolore era così forte che superava anche la vendetta.
Vendetta...già.
Niente aveva più senso.
Ma lo amava così tanto che uccidendolo sarebbe stata di nuovo felice.

 

 

 

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Capitolo 33
*** Capitolo 33° ***


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Il cielo stava diventando nero.
Altra pioggia.
L'ennesima tempesta estiva.
E il vecchio Spioscopio giocattolo di James Potter aveva iniziato a ruotare.
Sirius Black, seduto su una delle mensole della gigantesca cucina quasi del tutto inusata di Grimmauld Place n°12, si volse verso il caminetto, ignorando il tuono che fece vibrare ogni superficie debole della palazzina.
Pioveva.
Un altro bagliore illuminò gli occhi di piombo di Black, ma lui puntò solo l'unico ricordo che gli fosse rimasto di James. Il suo migliore amico.
Un fratello.
Uniti da un patto di sangue.
E ora...di James gli restava solo quella vecchia spia impazzita, che spesso credeva fosse proprio il suo amico a far girare dal cielo, e Harry. Così uguale a James...e così in pericolo, ancora una volta.
La piccola trottola aveva iniziato a ruotare senza perché, anche quel giorno.
Ma in fondo erano anni che lo faceva. Scattava senza motivo e si fermava all'improvviso.
Solitamente si metteva a girare ogni qual volta qualche vecchio fantasma molesto della sua famiglia si avvicinava col chiaro intento di rompere l'anima ai superstiti che, con le unghie e coi denti, la loro sopravvivenza se l'erano guadagnata.
Sirius rimase immobile di fronte al camino, fissando lo Spioscopio scintillare.
Ah, una volta quel piccolo oggetto aveva unito i Malandrini. Guardarlo, ricordava a Sirius tutte le volte che James era scattato a molla, brontolando perché doveva interrompere una sua ragazzata.
Il suo sorriso...i suoi occhi sempre vivi.
Dannazione, i giorni di pioggia lo facevano diventare un sentimentale senza speranza.
- Problemi nipote?-
- No, zio Alphard.- rispose Black, restando allungato sulla mensola come quando era ragazzo e aveva schifo del mondo e della sua famiglia - Per ora nessuna grana.-
- A no?-
Il caro vecchio Alphard Black, forse la creatura più degna di tutta la loro inutile e perversa famiglia. Il nipote, che un tempo aveva dovuto molto a quel mago, sorrise al ritratto del vecchio zio che fumava la pipa con la stessa aria da dandy che aveva avuto in vita.
Si cantava, anzi, Jocelyn Black malignava che, nei suoi viaggi attorno al mondo, Alphard avesse collezionato ben dieci mogli. Per poi piantarle tutte per un numero triplo di amanti.
Ma sia Sirius che Andromeda lo adoravano quell'uomo, lo veneravano anche ora che era morto, così giovane, a sessant'anni, per qualche trama domestica, Andromeda ne era sempre stata sicura.
- Ho visto che avete ospiti.-
Sirius rise appena - Si, una ragazzetta che gioca coi potenti...o gl'idioti del Wizengamot, vedila come preferisci.-
- Ho sentito che è babbana.-
- Si, infatti. Com'è che la vecchia ancora non urla?-
- Credo stia dormendo.-
- A quest'ora?- si stupì Sirius, levando un sopracciglio perfetto - Strani orari ha. Specialmente quando entrano gli Auror.-
- Ah, nipote. Tua madre aveva i suoi difetti, ma ha sempre apprezzato i benefici del sonno.-
- Apprezzasse quello eterno, sarebbe ancora meglio.- malignò il padrone di casa, andando al caminetto e afferrando lo Spioscopio, per farlo smettere di agitarsi inutilmente.
- Ti vedo pensoso. Qualcosa non va? Hai litigato con Remus?-
- Ma figurati.- rise Felpato, facendo un cenno a Harry, che varcò la soglia in quel momento - Va tutto bene, è solo qualcosa nell'aria.-
- Si, la puzza di bruciato.- commentò il bambino sopravvissuto, gelidamente - Salve Alphard.-
- Ciao, portatore di rogne.- rise il mago dal suo dipinto. Sembrò quasi che si sporgesse, tanto si fece avanti sulla tela - Ah, quanto mi sei mancato per farmi due chiacchiere serie. Qua mio nipote è del suo umore più tetro. Purtroppo ha preso da sua madre in questo.-
Harry fece un discreto sorriso al padrino, mentre i suoi occhi verdi sfavillavano.
In effetti, Black non doveva essere felice di avere quella Nicole in casa, che lui tra l'altro non aveva ancora visto. A quanto ne sapeva, però, la loro futura talpa era in buona compagnia.
- Tutto bene Harry?- chiese Alphard.
- Per ora posso ancora rispondere affermativamente.- Potter guardò il padrino di sbieco - Ma qualcuno deve essere arrabbiato oggi. Sta venendo giù il cielo.-
- Qualche demone avrà il pelo dritto.- bofonchiò Sirius, del tutto disinteressato al mal tempo - L'hai già vista la ragazza?-
- No, vado ora. I ragazzi l'hanno fatta parlare?-
- Non ancora. Non ha paura di Beatrix perché ha capito che è una Diurna, Asher s'è rifiutato di morderle un polpaccio e Remus fa lo schizzinoso!- aggiunse, alzando la voce per farsi sentire. Tanto che la risposta di Lupin, detta ridacchiando, non si fece attendere: - Fallo tu se ci tieni Paddy!-
- Col cavolo, ho il colesterolo alto.- replicò Sirius, con una smorfia - Vacci tu Harry. Fammi il favore, non ho voglia di tenermi quella legata all'Ordine ancora per molto. Duncan torna fra pochi minuti con due squadre e sarà meglio avere in mano qualcosa.-
- Dirò a Malfoy di morderle un polpaccio.- frecciò Potter, ghignando - Faremo il possibile. Arrivederci Alphard.-
- Ciao ragazzo.- salutò il vecchio Black. Una volta soli, dal dipinto il mago fissò il nipote con affetto.
- Ti manca James, vero?-
Sirius distolse lo sguardo.
Ogni dannato giorno.
Ma almeno aveva ancora Harry...
Intanto, nel salone al piano terra, sul retro della palazzina, si stava consumando una giornata di tedio.
Tom Riddle stava con la testa poggiata sulla tavola, anche se la sua fronte era separata dalla superficie di legno da una borsa del ghiaccio visto che aveva sbattuto chissà dove e chissà perché. Pareva sonnecchiare, ma Nicole, seduta su una poltrona in mezzo ai presenti come una specie di adultera sotto accusa, sapeva bene che non era così.
Trix si stava facendo un solitario, immersa nella nebbia del fumo della sua sigaretta...di quella di Damon, svaccato davanti a lei a fare tarocchi, o forse a sonnecchiare come non faceva Tom, e quella di Vladimir Stokeford, che guardava per aria, sicuramente addormentato anche se con gli occhi aperti.
Tutti, compreso Asher stravaccato sul divano a leggere la Gazzetta, sembravano perfettamente sereni.
Ma non Cloe King, che pareva ribollire dalla sera prima.
O se ribolliva.
E non concepiva, dopo essersi macerata il fegato per la rabbia, che nessuno lì provasse a far parlare quella maledetta che oltre ad aver messo le mani addosso a Tom, e Merlino solo sapeva cos'altro, la guardava anche come se fosse stata un insetto.
La nevrosi raggiunse i picchi quando per la quarantesima volta in quella giornata, le squillò il cellulare.
Spegnerlo non era servito a nulla. Oliver doveva aver incantato segretamente l'aggeggio, per fare in modo che si riaccendesse ogni cinque minuti.
Esasperata, la King si piegò sotto al tavolo e facendo imprecare la Diurna, le sfilò uno stivale dal tacco a spillo.
Trix stava per sbottare, ma si fermò, come tutti gli altri, quanto quel tacco a spillo, affilato come una lama, spaccò il povero cellulare in mille pezzi.
C'erano componenti sparsi da tutte le parti...e l'aria omicida della Sensistrega non si era ancora placata.
- Ma ti senti bene?- borbottò la Vaughn, ciccando nel portacenere - Dio, megafessa...controllati.-
- Un accidente, qui sono l'unica a ricordarsi che dobbiamo far parlare questa maledetta babbana?- esplose, ributtando lo stivale di tacco sul tavolo, provocandosi un avvallamento - Muovetevi accidenti! Fate qualcosa!-
Intanto, Vlad fece un sogghigno leggero, che svegliò Tom dal suo torpore.
Se non era gelosia quella.
E che gelosia.
- Che hai da ridere?- gli rinfacciò la bionda strega.
- Oh, niente micina.- soffiò il demone, passandosi una mano sugli occhi, che tornarono del loro colore naturale, pallido come neve - Ha ragione lei comunque, muovetevi o me ne vado a cercare Hingstom.-
- Chi t'ha chiesto di rimanere.- sibilò Cloe, velenosa, ma Stokeford rise di nuovo, mettendole la morte addosso.
- Ok.- Asher si mise in piedi, sospirando - Avanti signori. Che c'inventiamo?-
- Sirius aveva proposto di masticarla.- celiò Trix, rimettendo a posto le carte - Ma questa ha la faccia da diabetica.-
- Io non sono diabetica.- berciò Nicole, quasi punta sul vivo - Se mi toccate finirete in un mucchio di guai!-
- Io invece vedo...-
La voce di Damon zittì tutti, che si volsero a fissarlo, mentre i suoi occhi celesti si piantavano sulla carta che aveva di fronte. La Torre. Guai in vista. Alcune cose sarebbero andate perse...e altre, sarebbero state trattenute.
-...vedo guai.- mormorò, con lo sguardo perso nella sua visione - Vedo lampi...-
- Basta sporgersi dalla finestra per quello.- gli fece notare Greyback, appostato alla finestra.
- Qualcuno questa mattina ha fatto un grave errore.- sussurrò il Legimors, vedendo due iridi verdi piene d'angoscia - Ha tradito...e ora ne subirà le conseguenze.-
- Peccato che non sarò io.- sibilò Nicole, agitandosi sulla poltrona - Andate all'inferno.-
- Adesso le taglio la gola e poi voglio vedere come riuscirà a parlare.-
Draco Malfoy varcò la soglia in tutto il suo splendore e la sua regalità, buttando il mantello umido di pioggia su una sedia, poggiandosi le mani sui fianchi asciutti. Puntò Tom, che levò le sopracciglia, stranito.
- Si?-
- Punto primo, sei un porco.- l'apostrofò Malfoy, con aria maliziosa. E gli lanciò la fialetta che il cugino gli aveva dato la sera prima - Punto secondo, questo non è Lazzaro.-
- A no?- Riddle sbatté le ciglia, prendendo la fialetta al volo - E cos'è?-
- Non l'ho capito fino a quando la mezzosangue non l'ha annusato.- rise perfidamente Draco - E' anticoncezionale femminile.-
Silenzio per dieci interi secondi, poi la risata trattenuta di Howthorne fece spalancare la bocca a Tom.
- Cosa?!- gracchiò sgomento - Mi sono preso...- balbettò, scombussolato - Mi sono preso una specie di pillola?-
- Si. Ed era anche piena d'estrogeni.- Draco si mise a sedere, ignorando Nicole che invece era pallida, dopo tutto che aveva sentito sul suo conto - Occhio a chi attiri, cuginetto.-
- Porco.- ghignò Asher, attaccandosi a un bicchiere di whisky incendiario.
- Ma di chi cazzo...- Trix rise insieme a Damon - Tom, ma dove l'ha rubata quella roba?-
- Ma che ne so, in camera mia siete entrate tutte quante.- bofonchiò, per poi rettificare subito - Cioè... potrebbe essere di Madeline. Anche se ora come ora mi sembra tardi per prendere anticoncezionali.-
- Direi anche io.- mugugnò Cloe, tetra e cupa - Di chi sono?-
- Ma che ne so!- si difese lui, angosciato - Sono entrate le Grazie, una volta Amy Post...anche Neely...-
- Tardi anche per lei.- commentò Draco, così Damon smise subito di ridere, strozzandocisi con la sua ilarità.
- Stronzo.- gli sibilò fra i denti.
- Perché?- Cloe aguzzò le orecchie, sentendoli in piedi - Perché per Neely è tardi?-
- E' tardi cosa per Neely?- fece anche Trix, sbattendo le palpebre.
- Già, tardi cosa?- soffiò Asher, poggiandosi di peso sul tavolo, sopra la Diurna, e verso il Legimors.
Che cazzo, ma lì dentro ascoltavano tutti quello che proprio non dovevano?
Un povero demente avrebbe potuto spifferare il numero della sua camera alla Gringott con la relativa ubicazione della chiave e nessuno se lo sarebbe filato di striscio, eppure sentivano cose di quel genere.
Quattro occhiate incuriosite, Tom che non concepiva (in tutti i sensi!) di poter aver preso, chissà dove poi, dell'anticoncezionale femminile, Cloe che non faceva due più due neanche a prendersi a schiaffi, ed ecco che Riddle ricollegando la stranezza del lord in quelle ultime giornate, s'impietrì.
Si fissarono, occhi negli occhi...e il mago dai capelli neri rimase letteralmente sconvolto.
- Oh mio Dio...- alitò, mentre Damon si stringeva nelle spalle - Hai messo incinta Neely...-
- Per colpa tua?- scattò Trix - Le hai rubato tu la fiala e adesso è incinta grazie a te?-
- E' incinta di due mesi e mezzo, idioti.- berciò Howthorne fra i denti.
- Stai per diventare padre?- tuonò anche la King, quasi balzando sulla sedia - Oh Merlino! Ma com'è successo?-
- Se vuoi ti faccio un disegnino.- ironizzò Draco, prendendosi quasi una sberla dalla Sensistrega.
Di nuovo silenzio.
Tutti guardavano Damon, tutti sdegnati che non ne avesse parlato prima, a parte Vlad che si faceva ancora i fatti suoi.
E poi Tom, che stirò un sorriso veramente felice.
- Wow.- sussurrò.
- Wow.- ribatté Damon, sorridendo a sua volta.
- Sto per diventare zia.- rise Trix, andando ad abbracciare il futuro papà, felicissima - Oh, che bello. Come sono contenta per te. Perché tu sei contento vero?-
- Una Pasqua.- Draco si accese una sigaretta, fregandone una da quelle alla menta di Tom - Ti faremo la festa più tardi però. Ora, non vorrei fare il guastafeste, ma abbiamo bisogno di risposte. Immediate, aggiungerei.-
- Non parla.- disse Cloe, senza mai lasciare la mano a Damon.
- Non sapete far parlare una donna adesso?- replicò Malfoy, alzandosi in piedi per andare a piazzarsi di fronte a Nicole. Si scrutarono, lui dall'alto in basso, come avrebbe sempre fatto.
Lei deglutì, quasi rimpicciolendosi sulla poltrona.
- Lo sai chi copri babbana?- disse, con tono incolore, quasi ghiacciato.
- Io faccio affari.- sussurrò, cercando di tenersi eretta di fronte a lui - Niente di più.-
- I tuoi affari potrebbero mandare in galera un innocente.- fece Beatrix, sedendosi direttamente sul tavolo - Ma questo immagino non t'importi.-
- Esatto.- rispose Nicole, scrollando il capo - Non m'impiccio degli affari di voi maghi.- poi si zittì di colpo, quasi mordendosi la lingua per lo spavento, quando Draco, con uno scatto fulmineo, si appoggiò ai braccioli della poltrona, intrappolandola.
I suoi occhi argentei scintillavano.
Il suo viso, bello come marmo ma gelido come neve, e la sua espressione di velata ma sicura minaccia la fece tremare.
- Stai bene attenta.- disse in un soffio, quasi godendo nel vederla fremere a ogni sua parola appena mormorata - Perché la mia vera forma non ti piacerebbe. Se, come penso io, mi conosci e conosci la mia fama, sai che quelli come te non mi piacciono per niente. E tu sei uno degli ostacoli che m'impediscono di mettere le mani al collo di Donovan.-
Nicole cercò di farsi indietro, istintivamente, la era già schiacciata all'imbottitura dello schienale.
Aveva caldo.
Un rivolo di sudore le scivolò lungo il collo.
La pelle abbronzata resa brillante da un'umidità immaginaria, creata dal suo terrore.
- Guardami bene.- continuò Draco, serrando le dita sui braccioli di legno finemente intagliato - Perché sei mio cugino viene di nuovo Sigillato, tu farai una fine ancora peggiore.-
- Non puoi farmi niente...- balbettò lei, umettandosi la bocca.
- Oh, si che posso...- un improvviso sprazzo di collera lampeggiò nelle iridi del suo aguzzino -...un morso di serpente non è catalogato come attacco magico. Lo sai questo? Una goccia del mio veleno e pregherai di morire tanto in fretta non avere altro pensiero che il dolore che ti dilania le viscere.-
Stava funzionando.
Onore ai Malfoy, Tom la vide quasi sciogliersi.
Tutta la tensione accumulata la stava facendo diventare piccola e minuscola, come una bambina che gioca col fuoco e si scotta.
- Se parli, ti proteggeremo noi.- s'intromise, forse rivedendo la sua paura in quella di Nicole, la paura di morire per qualcosa di cui era del tutto all'oscuro - Questo è l'Ordine della Fenice. Harry Potter è qui. Lui ti proteggerà.-
- Non potete proteggermi da loro.-
Draco si staccò da lei, quando a parole smozzicate riuscì ad esalare quella frase dettata dall'angoscia.
La ragazza chinò il capo, se lo prese fra le mani.
Iniziò a singhiozzare silenziosamente.
- Gente peggiore di te s'è salvata.- la informò Beatrix, incrociando le braccia al petto.
- No...non da loro...non da Donovan...nessuno riuscirà a fermarli.-
- Abbiamo fermato il Lord Oscuro.- Cloe la fissò intensamente - Perché non un piccolo mago come lui?-
- Non sapete cosa c'è dietro...-
- Dillo a me allora.-
Nicole levò la testa di scatto, gli occhi vitrei, per puntarli su un giovane mago che era apparso sulla soglia.
No, si disse, non poteva essere lui. O era quella la magia della leggenda che avrebbero cantato i maghi e i demoni, i vampiri e i mannari per altri secoli avvenire?
La sua cicatrice.
Quella saetta.
- Tu sai qualcosa che potrebbe evitare a Tom di venire di nuovo Sigillato senza motivo.- Harry si fece avanti, calmo e impassibile - Dimmi quello che voglio sapere, giuro sulle pene dell'inferno che poi gli Auror di proteggeranno. Ti ricompenseremo.-
- Non è il caso di mettersi a distribuire mazzette, Sfregiato.- disse Malfoy, senza provare alcun interesse nel proteggere quella babbana ignobile - Tantomeno di essere tanto solerti. Chi fa patti col diavolo, sai bene dove si sveglia...-
Nicole però non aveva sentito. Al nome di Tom, si era voltata verso Riddle.
Lui allora, per mettere finalmente le cose in chiaro, iniziò a slacciarsi i primi tre bottoni della camicia.
Il platino del suo collare brillò come un diamante alla luce dorata di una folgore assordante che vibrò in cielo come un fendente di spada. E lei, perché sapeva, sbarrò gli occhi.
Thomas Maximilian Riddle.
Il figlio del Lord Oscuro.
Gli Auror volevano che lei aiutasse il figlio di un assassino.
Donovan diceva sul serio...ma...
- Ti avevano descritto come il diavolo in persona.- mormorò, verso Tom.
- Le apparenze ingannano.- sibilò Draco, con espressione dura - Parla. O ti avviso che non uscirai viva da qui.-
Il figlio del Lord Oscuro, continuava a pensare la babbana.
Ne aveva sentito parlare così tanto. E con che sdegno da parte dei membri del Wizengamot.
Lo avevano descritto come un turpe assassino. Come un bugiardo, un tentatore.
Un vile.
E ora...aveva di fronte qualcuno che non sapeva nemmeno far del male a una ragazza.
L'aveva capito, si. O non si sarebbe mai addentrata nell'appartamento di uno sconosciuto, mai.
Era brava nel suo lavoro perché sapeva leggere la gente.
Non era una strega. Ma il suo istinto non aveva mai fallito. No.
Quando Harry poi le s'inginocchiò di fronte, non riuscì a staccare lo sguardo.
Era magia...era ipnosi. Era leggenda.
- Aiutaci.- le disse di nuovo, usando un tono più blando - E gli Auror ti proteggeranno.-
Finalmente, mandando un segnale di vita, Nicole riuscì a scuotersi.
Non riusciva a dire di no.
Non riusciva...a smettere di credere...
Non se ne spiegava il motivo, ma il bambino sopravvissuto l'aveva come incantata.
Annuì. Debolmente, ma lo fece.
- Ok.- Harry si rialzò, lentamente, come timoroso che un gesto brusco potesse farle cambiare idea - Qualcuno vada a chiamare Kingsley e Remus. Servono due Auror come testimoni.-
Trix annuì, saltando giù dal tavolo - Cerco anche Edward, Efren e Ron.-
- C'è anche la mezzosangue.- bofonchiò Draco, riprendendosi la sua pigra aria da consumato nobiluomo - Chiamala, nel caso serva la sua presenza.-
Pochi minuti più tardi, la stanza del salone venne chiusa a chiave. Insonorizzata e Sigillata da eventuali attacchi empatici. La conoscenza di Katrina aveva almeno fatto capire ai ragazzi che i muri hanno davvero le orecchie.
Sirius stava in fondo, attaccato alla parete, con Malocchio, Ron, Efren e Tonks. Kingsley e due della sua squadra attaccati alla parete, Hermione seduta fra Tom e Vlad. Ora c'erano tutti.
- Parti dal principio.- le disse Harry, pacato.
Nicole si morse le labbra, stringendosi forte le mani.
Tremavano così tanto che Tonks ebbe quasi la tentazione di andare a consolarla, ma si guardò bene dal farlo.
- Lavoro...lavoro per loro da quando mio padre è morto.- iniziò Nicole, con voce arrochita e greve - Sono...circa dieci anni.-
- Hai cominciato che ne avevi sedici?- allibì Tom, beccandosi occhiatacce da tutti.
- Si.- annuì lei, tormentandosi un lembo dell'abito nero - Mio padre era un Magonò, era uno degli inservienti dell'ex Ministro Orloff.-
- E chi se lo scorda.- sibilò Damon che, mentre ascoltava, continuava a fissare i suoi tarocchi.
- Si riuniscono una volta a settimana.- interloquì Edward, sfidandola a negare - Ma non sappiamo dove. Solo che si rivolgono a te per eventuali sotterfugi con grane fra babbani e Obliviatori.-
- Ma anche per insabbiare pratiche.- sussurrò Nicole - I babbani non vengono segnalati ai Controllori del vostro Ministero. È come se passassero dei fantasmi.-
- Perciò tu entri al Ministero come se nulla fosse?- Ron era sconvolto - E come diavolo fai?-
- Il Segretario mi fa passare attraverso una porta...- gesticolò, cercando di ricordare - Non so bene neanche io dove si trovi. Dalla sua casa, questa porta conduce direttamente al Ministero. Ai sotterranei, dove ci sono delle celle di sicurezza temporanee, credo.-
- Sicura che questa porta non sia un armadio?- le chiese Draco.
Lei si abbracciò le spalle, come per proteggersi da quello che stava facendo.
- Non lo so...non saprei dirlo. Ma è a casa sua.-
- L'avevo detto io che dovevamo fargli una retata.- rognò Asher in sottofondo, prendendosi tutta la stima di Dalton e Malocchio Moody - Che altro?-
- Dove si riuniscono?- la incalzò Remus, quasi gentilmente.
- In Eaton Square.- fece, coprendosi il viso, disperata - E' una vecchia casa di babbani.-
- Babbani?- riecheggiò Sirius, sconcertato - Babbani?-
- Nascondersi nell'ultimo posto che ti verrebbe in mente.- rise Harry, quasi dandosi dell'idiota - Ma certo.-
- La casa è di una mia parente deceduta. La tengo aperta per loro. Lì insabbiano ciò che al Wizengamot non deve arrivare. Richieste, leggi che non approvano, ordinamenti...ma quando non riescono a nascondere le prove di qualcosa, si rivolgono a me. Io entro al Ministero e faccio sparire tutto.-
- E così i folletti Vigilanti non la sentono.- Cloe serrò i denti - E' babbana, non ha poteri.-
- Furbi.- frecciò Trix, scuotendo il capo - Ma ancora per poco.-
- Cos'altro fai per Donovan?- le chiese Harry.
Nicole arrossì appena, volgendo il capo altrove - Nulla, poche volte resto ad ascoltare i loro discorsi. Ma sapevo di voi...e di lui.- indicò Tom col dito - Donovan andava a trovarlo...e gli strappava dei capelli...so che gli servivano. Una notte l'ho sentito discutere con un altro tizio...uno che si occupa delle magie fatte accidentalmente...-
- Quel bastardo di Poole!- sbottò Ron - Ecco perché voleva buttarti in galera quando ti sei ripreso i poteri, Harry!-
-...pare che fossero d'accordo per incastrarlo.- continuò Nicole, ora parlando senza riuscire a fermarsi, troppo angosciata e felice di liberarsi di un peso - Non so dove siano finiti quei capelli, ma Donovan teneva molto che arrivassero ad Halley e...-
Edward alzò le sopracciglia, fermandola.
- Halley?- serrò il pugno, cantando vittoria - Halley Brockway?-
- Credo di si.- sussurrò Nicole - E' una strega...una ragazzina, ha quindici, sedici anni.-
Dalton esultò, dando il cinque a Ron.
- Ci siamo.- Harry rise - Ecco il collegamento. Donovan e la figlia di Brockway. E' stato Donovan a far uscire Badomen di prigione, attraverso Brockway.-
- Si ma c'è un problema.- Hermione attirò tutti gli sguardi a sé - Badomen vuole Tom vivo e vegeto. Donovan lo vuole morto. Perché?- tutti tacquero e lei proseguì - I casi sono due. O Donovan fa finta di nulla e vuole mostrarsi Mangiamorte solo alla fine, perché non mi risulta che da Azkaban abbia fatto uscire anche i Lestrange oltre che Badomen, o vuole usare Tom per arrivare a Badomen. E uccidere tutti i Mangiamorte insieme.-
- Perché metterci i bastoni fra le ruote allora?- le chiese Tonks, stranita - E' il nostro stesso obiettivo.-
- Il Segretario è un estremista.- la corresse la Grifoncina - Lui vuole la seria sicurezza che mai più nessun Mangiamorte posi piedi sul suolo inglese. Se è così, allora non finge. Vuole Tom morto. Ancora prima di Badomen. E lo sta manovrando. Sta manovrando Badomen per arrivare alla fonte, Tom...e ucciderlo. Per questo ci sta intralciando. Per questo vuole Harry senza poteri e fuori dai piedi. Vuole la strada libera e spianata.-
- Ora non ci resta che capire come fermarlo.- sindacò Remus, pensoso - Ma resta il problema che hanno ancora i capelli di Tom e una quantità di Polisucco a noi ignota. Pensate che a Diagon Alley sia stata la figlia di Brockway a prendere le sembianze di Tom e uccidere tutta quella gente?-
Damon e Tom tremarono, disgustati, ognuno per i suoi motivi.
Howthorne poi, sollevando la carta dell'Impiccato, rimase a vedere il futuro.
Si, era una donna a interporsi fra loro e la salvezza.
La vedeva.
A viso coperto.
La sua visione non la mostrava ancora.
Era troppo presto...
- Che ne dite di fare due chiacchiere con la figlia di Brockway?- propose Efren - Anche se è minorenne, possiamo farlo presente al capo. Non abbiamo ancora prove, Duncan darà i numeri ma...- Coleman rise, più leggero - Qualcuno vada a rimorchiarla.-
- Si, ha sedici anni!- gli fece notare Asher - Ci becchiamo pure una denuncia. No, grazie.-
- Questa Halley viene alle vostre riunioni?- la inquisì Edward, curioso.
Nicole deglutì ancora - Si...e non...non mi piace...cioè...ride in modo strano. Parla come un'adulta. E si comporta come tale. Sa di cose avvenute prima della sua nascita nei minimi particolari...come se ci fosse stata...è ambigua...e mette i brividi. Non fa altro che parlare di uccidere un babbano e tormenta suo padre con quel maledetto Lazzaro che...-
Di nuovo, la ragazza si zittì quando Hermione fece andare a terra la sua tazza di thè.
Andò in mille pezzi e la strega dagli occhi dorati la scrutava come una nemica.
Non sapendo cos'avesse detto di tanto atroce, Nicole cercò aiuto nei presenti, ma Hermione non le dette tempo di fiatare. Come Draco aveva fatto prima, piantò i palmi sui braccioli della poltrona e la schiacciò contro lo schienale.
- Lazzaro?- sussurrò pericolosamente a un dito dal suo naso - Hai detto Lazzaro?-
- Si...- mormorò Nicole, terrorizzata - Non so cosa sia...lei dice che lo vuole...-
- Herm...- la placò Harry, afferrandola per il gomito - Calma, che succede?-
La Grifoncina non si staccò nemmeno all'arrivò di Draco che l'affiancò, rigido come una statua.
- Succede che Halley Brockway parlava di uccidere un babbano...e la lettera che mi è arrivata, dove mi avvisavano che avrebbero ucciso mio padre, era scritta di pugno femminile.-
- Che ne sai che...- abbozzò Remus, ma lei continuò implacabile - Inoltre, i Mangiamorte non si sono mai interessati al Lazzaro. Sapevano di quella pozza immonda solo Voldemort e i Lestrange. Nessun altro lo sapeva, ho letto i verbali prima che venissero spediti tutti ad Azkaban.-
- Quindi...- Tom finalmente arrivò alla conclusione, che però lo lasciò senza forze.
Oh, Dio.
Non ancora...non di nuovo.
- Illuminati.- sussurrò, come il fiato di un condannato a morte.
Hermione si voltò appena sopra la spalla.
Inchiodandolo con un'occhiata.
- Si. Illuminati.-


Crenshaw Hill.
Hacate mise uno spicchio di limone nella tazza, posandola poi di fronte a William.
Lui alzò il volto e le sorrise, accettando una carezza sul capo senza più avere quella sensazione che per i primi tempi lo aveva bloccato, con lei.
La demone si sedette di fronte a lui, allungando poi il braccio sulla tavola.
Facendolo, afferrò il palmo inerte di Degona, seduta accanto a William.
Gli occhi verdi vuoti e fissi. I ricci sparsi sul viso, poggiato alla spalla del giovane mezzo demone.
Ma le sorrise.
Forse perché toccandola, Dena percepì tutto il suo affetto.
Era lì da tutto il giorno ormai.
Era arrivata lì bagnata di pioggia, fradicia fino al midollo. William le aveva aperto e non si era più staccata da lui, nemmeno quando aveva dovuto cambiarla per non farla ammalare.
Stretta nei suoi vestiti si sentiva al caldo. E...quasi al sicuro.
Quasi.
Ma era davvero al sicuro?
No e lo sapeva.
Un posto sicuro erano sempre state le braccia di suo padre.
E ora quelle braccia...non l'avrebbero mai più accolta.
- Grazie del thè.- mormorò Dena, immergendo il volto nella spalla di William, che la strinse forte per la vita.
- Non dirlo neanche.- Hacate si alzò, chiudendosi la giacca sul petto - Vado a cercare Jeager.-
Già, Jeager. Andato via, a controllare Tristan, ovvero la causa di quel temporale infernale.
Andato a controllare il cadavere che ora camminava.
E se fosse stato in pericolo?
Dena non poteva evitare di pensare che ora suo padre...avrebbe potuto far del male a chiunque.
Anche a sua madre. Anche ai suoi zii e ai suoi nonni.
Un potere incontrollabile, ecco cos'aveva percepito, quando lui le era apparso davanti.
E non un briciolo d'umanità era rimasta in quel dannato involucro.
Si poggiò su un gomito, sospirando pesantemente.
Papà...
Il suo adorato papà...
Perso così...
I tacchi di Hacate risuonavano lontani quando William, di scatto, posò la tazza e con entrambe le braccia la strinse di slancio, quasi mozzandole il fiato. Forte, stretta forte a lui.
Sentiva il suo profumo, la sua pelle liscia e tiepida, così diversa da quella di un comune mortale.
Si nascose nel suo collo, ricominciando a singhiozzare.
Aveva già pianto per ore, fino a consumarsi gli occhi e lui l'aveva consolata come non avrebbe mai immaginato.
L'aveva ascoltata, senza una parola.
E quel silenzio l'aveva fatta sentire di nuovo al sicuro, per poco tempo.
Per poco però...anche se per qualche breve istante, era stato di nuovo tutto normale.
Era stata in un luogo dove il tempo si era fermato...dove suo padre non era morto. Dove sua madre...sarebbe stata salva.
Ma era tempo di tornare alla realtà e si sciolse dal suo abbraccio, pulendosi il viso umido quasi con vergogna.
- Ora basta.- sussurrò, tirando su col naso.
- Dena, senti...- iniziò William, ma lei lo fermò, posandogli due dita sulle labbra - Mi dispiace. Ti sono piombata in casa senza avvisarti.-
- Non farti insultare.- le disse, a voce bassa, carezzandole le gote soffici - Sarei venuto a prenderti io comunque, non appena fossi venuto a saperlo.-
Lei si lasciò accarezzare, chiudendo le palpebre, sentendo le ciglia bagnate sfiorarle gli zigomi.
Il suo tocco sapeva di affetto, protezione, passione...amore...
William.
Non c'era rischio di confonderlo con nessun altro.
Da lui però percepì anche uno strano senso di disagio. Riaprì gli occhi e scoprì il giovane Crenshaw a guardare, con aria sgomenta, Hacate che se ne andava, dalle finestre della cucina.
La demone sparì sotto la pioggia, senza neanche bagnarsi.
Era preoccupato per lei...
Dena sorrise, stringendogli il palmo e riattirando la sua attenzione.
- E così...adesso vuoi saperla al sicuro e all'asciutto.- lo stuzzicò, cercando inconsciamente di sfuggire dal suo problema e dal suo dolore - Ti piace, vero? Ora ti piace...-
William, con una smorfia leggera, tornò a guardare altrove.
Ma sogghignò brevemente, portandosi la tazza alla bocca.
Inclinando il capo, gli sfiorò la spalla - William...guarda che potrebbe farle piacere saperlo.-
Lui annuì, poggiandosi su un gomito e passandosi indietro la frangia.
- Si, l'ho supposto.-
- L'hai supposto.- Dena si sforzò di sorridere con più calore - Cos'ha fatto per ingraziarsi un uomo difficile come te?-
Fissò ancora oltre le finestre. Le iridi verdeacqua che diventavano quasi più chiare.
Cristalline.
- Fa felice mio padre.-
Troppo facile da adorare, pensò, prima di baciarlo languidamente su una guancia.
William chiuse le palpebre, passandole un braccio alla vita. Restò così, col mento poggiato alla sua spalla.
- Qualche giorno fa...ha accennato al fatto che gli farebbe "comodo" averla sempre qui.-
- Come?-
Lo sentì ridacchiare - Lui...mi ha fatto sottintendere che Hacate ha problemi, dopo aver lasciato il lavoro all'Azmodeus Club. Così vorrebbe farla venire a vivere con noi. Me l'ha venduta che lo fa per proteggerla, perché Hacate è tonta...-
- Me lo vedo Jeager, a menarsela su questa storia.-
Staccandosi, Crenshaw si attaccò di nuovo alla tazza. Era divertito.
- Non capisco che problemi si faccia a dirmi che vuole vivere con lei.-
- Forse perché ti sei comportato come se lei fosse un'intrusa?-
- Questo non è vero.- borbottò, col muso - Solo che...-
- Sei geloso di lui.- lo anticipò.
William alzò gli occhi al soffitto, contando fino a dieci. Poi a venti e infine a cento.
- Grazie.- sibilò fra i denti.
- Prego.- replicò la Mckay con sussiego - Che gli hai risposto?-
- Di fare come meglio crede.-
- Con quel tono entusiasta?-
Stavolta le sorrise, passandosi di nuovo una mano fra i capelli.
Un sospiro, poi un altro sorriso.
Tiepido, forse quasi sereno.
- Selma l'adora, Harold anche. E lui...bhè, sai com'è fatto. Non è mai particolarmente entusiasta di qualcosa, a meno che non si tratti d'irritare Hermione con qualche grana. Ma lei...l'ha cambiato. Non so...-
- E' cambiato da quando sei arrivato tu.-
- Certo, mi ricordo la sua faccia quando Mitchell mi ha scaricato qui. Era al settimo cielo.-
- Tu in compenso lo sei adesso.-
Degona si lasciò andare contro lo schienale dell'alto sgabello del bancone della cucina linda di Crenshaw Hill, seria e coi sensi attenti - Lo sento che ti piace Hacate...e che vorresti averla qui. Cosa c'è che non va?-
- Non lo so.- ammise, scrutandola - Magari puoi aiutarmi tu.-
- E usare l'empatia quando fa comodo a te?- lo sfidò - Scordatelo.-
- Verrà a vivere qui con noi.-
- E allora?-
- Siamo tre uomini. Anzi...due demoni e un mannaro.-
- Hai paura che non vi faccia più girare nudi per casa?-
- Io non giro nudo per casa.-
- Asher è uno spettacolo migliore di te.- e per non ridere di fronte alla sua aria sdegnata, sorseggiò il suo thè, senza sentirne il sapore.
- Molto divertente.- William cercò le sigarette, accendendosene una - D'accordo. Tanto non posso farci nulla. Lui ha scelto...e devo dire che ha scelto bene.-
- Lei non te lo porterà via.- gli sussurrò.
Arrossendo, il giovane mezzo demone si strinse nelle spalle.
- Lascia stare. Sono cresciuto ormai.-
- E lei non prenderà il posto di tua madre.-
Guardandola storto, quasi la supplicò di smetterla - Sei fastidiosa.-
- E tu un vigliacco.- lo punzecchiò ancora, col naso nascosto nella tazza.
Poi però tacque.
Dena non parlò più.
William si era preso scherzosamente del vigliacco solo perché era riuscito ad affezionarsi alla nuova donna di suo padre, anche se aveva paura che Hacate spazzasse via gli ultimi ricordi di Lara dal cuore di Jeager...ma lei invece?
Di colpo le venne in mente suo padre.
E sua madre.
A Londra, a Cedar House.
Suo padre era diventato un demone.
E lei era fuggita via...lasciando sua madre sola con...col mostro che aveva preso il posto del suo amato papà.
Sua madre da sola...sua madre stava male da tempo...
E lei l'aveva lasciata sola ad affrontare tutto...ancora una volta...
Il sangue le defluiva dal viso, lento e inesorabile.
Cos'era lei?
Era ignobile.
Imperdonabile.
Aveva lasciato sua madre in balia dell'ennesima prova.
Era troppo bambina per sopportare la vista di suo padre cambiato.
Ma era sempre suo padre.
E invece di restare, era scappata all'istante rifugiandosi da William.
Dio ma che razza di persona era?
Le si offuscò di nuovo la vista, una lacrima le scivolò sulla guancia.
William si fermò, posò la sigaretta.
Col pollice la raccolse, piegandosi a sfiorarle la fronte con un bacio.
- Ma cos'ho fatto?- alitò la strega, iniziando a tremare.
Si volse, lo guardò in faccia.
- William...Dio ma cos'ho fatto?- si strinse le mani sulla bocca - Come ho potuto scappare così?-
Aveva abbandonato sua madre come una vigliacca.
E ora chissà dov'era...
Chissà come stava...
E se suo padre le avesse fatto del male?
Singhiozzò forte e un gemito disperato le uscì di gola, conscia di quella gravissima mancanza.
Non aveva mai creduto di poter cadere tanto in basso...
Di poter essere così debole.
Così meschina...
Aveva tradito sua madre e suo padre...
Le braccia di William la strinsero tanto da mozzarle il fiato.
Rimase in silenzio, lasciandola piangere fino all'infinito se avesse voluto.
Lasciandola disperarsi, lasciandola dire tutte le sciocchezze che voleva sull'essere stata piccola e vigliacca.
Lei non lo sarebbe mai stata.
Neanche da lì a cent'anni.
- Will...William...- scosse il capo, sconsolata, contro il suo collo - Voglio andare da mia madre.-
- Ti ci porto io da lei.-
Si.
Era ora di andare da Lucilla, pensò Crenshaw non appena una serie di tuoni sconquassò il cielo di piombo.
Perché se tutta quella rabbia non era di Lucilla, allora doveva essere di un demone che non aveva ancora imparato a dosarsi. Augurò buona fortuna ad Hacate e suo padre.
Ma ora doveva aiutare Degona a trovare Lucilla.
La conosceva abbastanza bene da sapere che non fosse riuscita a fare qualcosa per sua madre, Dena non se lo sarebbe mai perdonato.

Anche se il cielo fosse stato azzurro, lei dubitava che ne avrebbe notato il colore.
I suoi occhi dovevano averle fatto uno strano scherzo.
Perché ora, per Lucilla dei Lancaster, era pressoché impossibile vedere alcun tipo di colore...se non una vasta gamma di sfumature fra bianco, nero e grigio.
Grigie le foglie degli alberi.
Nero il cielo.
Bianche le sfaccettature delle nuvole più basse.
Grigia la pioggia.
Che cadendole sulla pelle insensibile sembrava tracciare le linee di una prigione.
La sua nuova prigione.
Un velo di nebbia velava lo Yorkshire e Lancaster Manor, la sua casa paterna.
L'antico palazzo mai andato in rovina era preannunciato dai suoi alti picchi e dalle sue torri affusolate.
Il lago e la foresta da cui era abbracciato il castello era scandito da ponti e isolette, che trasformavano il paesaggio in fiaba. Ma tutto era grigio...tutto perdeva i colori dei suoi ricordi di bambina.
Soffusa di nebbie e silenzi, Lucilla varcò i grandi cancelli dall'aspetto impervio, senza il minimo sforzo.
L'acqua del lago, attorno a lei, sembrava esalare gli spiriti che le davano il ben tornata a casa.
Anche loro erano grigi.
Anche loro erano inconsistenti.
Tutto Lancaster Manor pareva essere un'immagine nostalgica, di un tempo ormai svanito.
Un sussurro. Un fremito.
Niente più viveva in quelle camere.
Più nessuno correva su quei pavimenti lucidi.
Passo dopo passo, Lucilla continuava a camminare senza neanche guardare la strada.
La conosceva a memoria.
Ed era il ricordo a guidarla.
Il profumo del parco silente ad attirarla.
Il parco...e le sue tombe.
Al suo passaggio, i suoi parenti nei quadri appesi alle pareti si svegliavano e la salutavano con calore, sorpresi di vederla. Ma poi taceva, fissandosi preoccupati, al suo incedere lento e mortale.
Lucilla non accese luci.
Non ne aveva bisogno.
Tanto valeva abitarsi alla tenebra il più in fretta possibile.
Perché lui...lui l'aveva tradita.
Perché lui aveva preferito un'altra a lei.
Perché Tristan era morto.
Perché tutto quello che avevano costruito insieme...aveva fondamenta di cera.
Non aveva retto.
Le lacrime che le scivolavano inconsapevoli sulle guance lisce come marmo, finirono per toccare terra.
Chiazzarono il marmo nero, come semplici goccioline di pioggia.
Eppure erano tanto di più...
Di nuovo, un ricordo, com'era avvenuto a Cedar House, riuscì a frenare la sua corsa.
Si girò, sentendo delle risate allegre.
Due bambine trasparenti stavano in braccio al padre, sedute sulla scalinata che portava alla Sala dell'Eden.
Due bambine felici.
Belle, ridenti.
Gemelle.
Poca lontana, Lucilla vide una donna.
Stava in piedi, a braccia incrociate.
Non c'era limite alla magnificenza di Degona Harkansky.
Sua madre era stata una dea.
Lucilla si girò, facendo sparire quell'illusione.
Quel tempo era morto.
Sua madre era morta.
Suo padre era morto.
Lumia era morta.
E ora...anche Tristan.
Ricominciò a piangere, senza sentire il viso bagnarsi. E quando arrivò nel giardino, il giardino protetto nell'ala ovest di Lancaster Manor, il suo cuore ricominciò a battere.
Si era fermato, qualche ora prima.
Era bastato un profumo di donna.
Era bastato il marchio di un'altra.
Era bastato saperlo baciare e stringere un'altra donna che non fosse lei.
E il suo cuore si era fermato.
Continuò a camminare, fra alte statue angeliche e mezzi busti di grandi maghi del passato.
Tutti Lancaster, tutti nobile nel sangue e nell'animo.
E il più nobile di tutti, risiedeva in mezzo ad essi. Su un altare di marmo bianco, mai toccato dal tempo.


"Lord Maximilian Evian Lancaster
Beloved Father and Husband
Lost but Never Forgotten."


 


- Papà.-
Lucilla carezzò l'angelo inginocchiato, a protezione della tomba di Lord Lancaster.
Il suo adorato padre.
Che l'aveva venerata appena nata, come aveva amato sua moglie.
Proprio come Tristan aveva amato lei.
Già...l'aveva amata...
Ma ormai...
Ormai...
Non c'era limite, no, non c'era limite al dolore che le aveva inflitto.
Non aveva mai pianto così...ricordava un dolore tanto forte solo dopo la morte dei suoi genitori.
Come se Tristan le avesse strappato il cuore.
Come se l'avesse fatta tornare ad avere sedici anni, a sentirsi minuscola, indifesa e incapace.
Le gambe non la reggevano più, la sua gola si serrava.
Non c'era parte di lei che non stesse annaspando.
Che non stesse chiedendo...pietà.
Stava cadendo, cadendo in ginocchio, quando due mani esili ma forti, da dietro, la strinsero forte per le braccia.
Mani antiche, mani segnate dall'età.
In un abito verde e dorato, come le ali di un uccello tropicale, un demone femminile dai capelli bruni lunghi e fluenti, la sostenne. La sua espressione era tesa. Le labbra, sottili, serrate e segnate da alcune piccole ferite.
Morsi.
Una ciocca grigia, quasi bianca, scivolò sulla tempia destra del demone.
Magnifica, certo. Magnifica come tutti gli Harkansky, Arcadia Igraine Harkansky, madre di Degona Harkansky.
- Cosa sei venuta a fare?- singhiozzò Lucilla, chiudendo i palmi sul viso, ormai incurante di essere piegata in due dal dolore, ormai incurante di essere diventata una larva, una sciocca e debole donna...distrutta atrocemente dall'amore.
Arcadia Harkansky le passò un braccio alla vita, sentendola scossa da fremiti feroci e passandole accanto, le rimase vicino. La pioggia non la bagnava, mentre sua nipote era zuppa.
E continuava a piangere, a piangere.
- Cosa vuoi nonna?- chiese anche Lucilla, con la voce spezzata - Cosa diavolo sei venuta a fare?-
- A portarti a casa.-
La demone aveva una voce roca, ma calda.
Avvolgente.
Le ricordava tanto quella di sua madre ma Lucilla non si mosse.
Scappare. No, non poteva.
Perché voleva solo morire.
Sparire.
Non sentire più quel dolore.
Non sentire più...che Tristan era morto.
Che era stato di un'altra.
Più giusta di lei.
- So cosa ti ha fatto Horus.- continuò sua nonna, carezzando con gli occhi la lapide di Lord Lancaster - Potrai non credermi, ma tuo padre mi piaceva.-
Come una furia, Lucilla si staccò dal suo braccio, rivoltandosi come un animale in gabbia.
- E allora dov'eri?!- strillò fuori di sé, col viso arrossato - Dove diavolo eri quando la mamma è morta? Dov'eri quando sono rimasta sola, sui loro corpi senza vita?! Dov'eri quando Voldemort mi ha portata via? Tu non ci sei mai stata! Non te n'è mai importato niente! E mi avete lasciata da sola per tutto questo tempo!-
Arcadia Harkansky non replicò.
Non aveva espressione in viso.
Un essere perfetto. Avvolta nelle pieghe di un abito che ricadeva come una cascata di smeraldo.
Una dea greca.
Un'apparizione.
- Voglio aiutarti, Lucilla.-
La Lancaster deglutì, chiudendosi di nuovo le mani a coppa sul volto.
No.
Basta dare fiducia...
Basta venire traditi.
Aveva perso Tristan, era stata colpa sua.
Non l'aveva difeso da Horus, non si era accorta del suo piano maledetto...non era stata neanche in grado di tenersi il cuore di suo marito. Elisabeth gliel'aveva preso.
Tanto più perfetta di lei.
Più umana, materna, più consapevole.
- Tu non stai bene, cara.- continuò sua nonna, facendosi avanti di un passo e scostandosi l'elegante cappuccio di seta dai capelli, liberi come serpenti neri - Non stavi bene prima, ora rischi di commettere qualcosa d'irreparabile.-
- Se ti riferisci al fatto che ho voglia di sentire il sapore del sangue in gola, allora ci hai visto bene.-
- Cara.- Arcadia le posò una mano gelida, sulla spalla fradicia - Horus ha commesso un grave errore. Ma tu devi ammettere con te stessa che qualcosa non va, nella vita che conduci. Tu stai male.-
- Io sto bene.- replicò ostinatamente Lucilla.
- Stavi male ma non hai voluto ascoltare neanche tuo marito.-
La Lancaster allora, sollevò il mento.
Con occhi gelidi, scrutò sua nonna al colmo della collera.
- Ti sei messa a spiarmi?-
- Winyfred era preoccupata per te.- le spiegò sua nonna, levandosi il mantello di seta bastita e mettendoglielo sulle spalle, stringendoglielo sotto il collo con mosse assolutamente normali, quasi come se appartenessero al quotidiano - Le era parso che suo padre si fosse fissato con te e con tuo marito...così mi ha chiesto aiuto. Non abbiamo giocato d'anticipo, questo lo ammetto.-
- Tu sapevi...- mormorò Lucilla, sgomenta.
- Anche tu sapevi.- la rimbeccò sua nonna, pacata - E ti sei ostinata a ignorare il tuo malessere.-
- Ma tu sapevi che Horus voleva incantarmi e gliel'hai lasciato fare!- tuonò l'altra, strattonando per liberarsi - All'inferno nonna, non ho bisogno della tua pietà!-
- Non è pietà questa.-
- Hai ragione.- la voce di Lucilla uscì in un sibilo cattivo, vendicativo - E' rimorso. Hai lasciato morire tua figlia! Non hai fatto nulla per aiutarla e ora il rimorso ti tormenterà per il resto della vita!-
Troppo facile ferire così, vero Lucilla?
Troppo facile, ora, che sono passati tanti anni...
Scaricare il proprio odio su qualcuno...
Ferirlo, colpirlo, godere del dolore altrui...
Troppo facile, piccola mia.
Ritirandosi, pioggia e lacrime si confusero.
A che pro urlare ora?
Ora che aveva perso tutto quanto?
- Tu hai bisogno di riposo.-
Arcadia Harkansky rimase a distanza, lasciando alla nipote lo spazio che voleva.
Rimase anche a scrutare la sua piccola schiena, scossa dai brividi.
Dall'atroce tradimento.
- A casa nostra, starai bene.-
- Hai intenzione di mettermi in gabbia poi?-
Sua nonna, finalmente, piegò le labbra spaccate dai morsi. Da quei piccoli morsi, da quelle piccole ferite che si era procurata da sola. Se Lucilla fosse stata più attenta ai particolari, quel giorno, se ne sarebbe accorta.
- No, cara. Voglio solo tenerti al sicuro, fino a quando non avrai recuperato le forze.-
- Che ne so che tu e il nonno non mi Sigillerete da qualche parte?-
- Ho già chiamato il signor Cameron.- disse allora l'anziana demone, nonostante le pochissime righe che le segnavano gli occhi e la bocca - Verrà non appena gli sarà possibile.-
Lucilla stavolta tacque.
Se veniva Caesar...allora anche Denise...
Denise...
Raddrizzò il capo.
Si strinse nel mantello e la vendetta, finalmente, tornò a prendere forma.
Si, la vendetta.
Ciò che lei conosceva meglio.
Sperimentata con Voldemort e ora rivoltata come arma a doppio taglio.
- Vieni a casa con me.- continuò sua nonna, allungandole la mano - Anche tuo nonno desidera vederti e ha già interdetto a Horus l'ingresso. Anche se sappiamo che sei andato a cercarlo e lui non c'era.-
- Il codardo si era chiuso in casa.-
- Non essere dura con lui, cara.-
Ma allora sguardo tetro della nipote, la demone sospirò.
Sapeva cos'era successo a Lucilla, alla sua unica nipote.
Alla figlia della sua adorata Degona.
Sapeva cosa Horus avesse fatto passare a lei...e a quell'umano.
Quando aveva sentito la verità da suo marito Julian, Arcadia quasi non ci aveva creduto.
Un umano...che supera le Cinque Prove.
Vendersi anima e cuore, per amore.
Incredibile.
- Lucilla.-
La Lancaster si pulì il viso, chiudendosi le mani e unghie sulle braccia.
- Si, nonna.-
- Lo ami?-
Lucilla si girò di scatto. Gli occhi sbarrati, più bianchi di qualsiasi cosa mai apparso in quel mondo.
- Come?- mormorò in un sussurro.
- Lo ami?- le richiese sua nonna.
Ami Tristan?
Mi ami così poco?, le aveva chiesto lui neanche poche ore prima che il suo mondo venisse distrutto.
- Se lo ami...- le disse Arcadia, impetuosa - Se lo ami davvero...se lo ami ancora, se lo rivuoi...allora io ti aiuterò.-
Avevo perso il contatto col mondo.
Aveva perso la sensibilità nei suoi arti.
Lucilla non sentiva più neanche il suono della pioggia.
Ma poco a poco, con lentezza esasperante, ricominciò a vedere...sfumature di colore.
Lo rivuoi?
Lo rivuoi indietro?
Sei disposta a lottare ancora per amore?
Per il suo amore?


Tristan.

Si.




 

"I can't take my eyes of you.
No love,
No glory,
I can't take my eyes of you."

 

 

 

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Capitolo 34
*** Capitolo 34° ***


tmr34

 

 

Niente.
Tom Riddle cominciava a perdere la pazienza.
Col camino, aveva cercato per due ore buone di raggiungere Cedar House e un dannato elfo domestico che ficcasse la testa nelle fiamme per rispondergli, ma non c'era stato verso.
Sembrava che non fosse rimasto nessuno alla residenza londinese dei Mckay.
E questo gli faceva capire che la situazione non era migliorata.
Né per sua madre né per sua sorella o per Tristan.
Ma che nessuno si degnasse di dirgli qualcosa, di mandargli delle novità, lo faceva imbestialire.
Ok che non viveva più da loro, ma Lucilla era sempre sua madre e almeno Degona avrebbe potuto tenere il suo dannato cellulare accesso. E invece no.
Tutti dispersi.
- Stronzissimi elfi domestici.- masticò fra i denti, senza frenare la lingua in tempo.
- Amen.- tubò Sirius, seduto a tavola a farsi una mano a carte con Beatrix, Asher e Kingsley.
- Dio, perché nessuno mi dice nulla?- ringhiò, rimettendosi ad armeggiare col telefono della Vaughn, visto come Cloe aveva fatto a pezzi il suo - Che cazzo sta succedendo in quella casa, si può sapere? E dove diavolo è Jess?-
Milo, seduto in poltrona a bersi la merenda, alzò appena il viso dalla Gazzetta.
E dal reportage che i suicidi avevano fatto andando a pochi metri dal demone che aveva fatto un massacro di prima mattina. E che, a quanto pareva, era anche il responsabile di quel maledetto mal tempo.
Ancora un tuono e la casa sarebbe finita sbriciolata.
Sembrava che tempesta e vento e bufera stessero scuotendo le fondamenta di tutta la Gran Bretagna.
C'era rabbia nell'aria.
Ira nella pioggia.
Veleno in terra.
Che scorrevano in un miscuglio mortale.
- Qualcuno è incazzato.- commentò Asher, pigramente.
- Si, io.- sibilò Tom, imprecando di nuovo - Se prendo Tristan e Jess, giuro che gli tiro il collo! E mi fa male la schiena!- urlò ad alta voce - Draco! Voglio del Lazzaro!-
Una risata maligna giunse da una delle stanze accanto al salone.
A seguito di quella diabolica di Draco Lucius Malfoy, lo raggiunse anche quella bieca di Harry Potter.
Merda.
Draco aveva detto al bambino sopravvissuto dell'anticoncezionale.
E quando rideva uno, lì dentro ridevano tutti, perciò tempo mezz'ora e si stavano tutti sbellicando come dei bastardi.
Sirius poi si stava ancora tenendo la pancia, quando Harry entrò letteralmente piegato a novanta, con le lacrime agli occhi, e riuscì a lanciargli un'ampolla azzurrina, piena di acqua di Lazzaro.
- Sicuro che sia Lazzaro?- frecciò Black, battendo un palmo sul tavolo e continuando a sganasciarsi.
- Se non altro non finirai incinto.- celiò anche Beatrix, sbellicandosi pure lei - Ma per le malattie come la mettiamo?-
- Per non parlare della tua reputazione rovinata.- concluse Harry, mordendosi le labbra per trattenere l'ilarità - Chi è devo convincere a sposarti, nel caso venga fuori un erede?-
Parole profetiche, quelle del bambino sopravvissuto.
Solo che il divertimento, in una situazione simile, era veramente troppo.
Specialmente a causa del rossore profuso sulle guance pallide del povero Tom Riddle, che anche con gli anni era rimasto devoto al suo essere schivo e restio a una promiscuità...non legata ai sentimenti, questo era certo.
- Che palle.- brontolò, sedendosi accanto a Morrigan - Mi avete rotto.- e si attaccò alla boccetta, mandando giù un lungo sorso di Lazzaro - Quella fiala poteva essere di chiunque!-
- Si e intanto qualche poveraccia è rimasta senza i suoi anticoncezionali.- gli ricordò Trix, sarcastica - E magari è pure rimasta incinta se ha fatto sesso. Avrai sul collo un bel marmocchio. O adesso pensi che si facciano così per distrazione?-
- I figli si fanno per tanti motivi.- cinguettò Edward, entrando in salone con del whisky incendiario.
- Ah si?- ironizzò Tom - Se lo dici tu.-
- Certo. Caroline è nata così.-
- Come sarebbe scusa?- allibì Harry.
- Mi ero scordato del compleanno di Ophelia.- celiò Dalton, stringendosi nelle spalle con aria da cucciolo, mentre gli altri lo fissavano cercando di capire se dovevano credergli o lanciargli un Cruciatus seduta stante - Così...-
- Bhè, non dimenticarti mai del mio.- sibilò Draco, entrando con cipiglio bellicoso - Allora, fra trenta minuti arrivano due squadre dal Quartier Generale. Si prendono questa dannata babbana e se la portano al Ministero. Duncan ha già firmato le carte, tutto a posto.-
- E dove la metteranno?- gli chiese Tom, in piedi accanto a Nicole, ancora seduta nella stessa posizione, con occhi rossi e gonfi - Non è che la butteranno in gabbia?-
- Ma certo che no, se vuoi ce la portiamo a casa e l'adottiamo.- ringhiò suo cugino, seccato - Tom non farmele girare, per cortesia! E' una babbana e quindi che s'impicchi.-
- Che scortesia.- fece Nicole, fra i denti - E dire che con sangue come il suo, dovrebbe essere educato lei...-
- Così tanto che mi metterò i guanti per strozzarti.- sibilò Draco, diabolico - Damon dov'è?-
- A farsi urlare dietro da Neely.- Beatrix imprecò al full di Sirius - State in fase calante, ometti miei. Com'è che tutte le donne in questa casa non hanno mai voluto avere figli da voi?-
- Perché guardi me?- fece Malfoy, cupo come un corvo.
- Chi altro dovrei guardare?-
- Riddle, per esempio.- rise Asher, che in coppia con Black si prese una buona parte di galeoni buttati sul tavolo.
- Va al diavolo, Greyback.- brontolò Tom, buttando le gambe sul tavolo e rovistando nelle tasche per cercare le sigarette - Vedrete che nessuna è rimasta incinta, tantomeno per colpa mia.-
- Sai a cosa servono gli anticoncezionali, vero?- lo sfidò la Vaughn.
- Certo che lo so. Ma non vuol dire che io abbia rovinato accidentalmente la vita a qualcuna solo perché...-
- Ha fatto sesso non protetto grazie a te?- concluse Draco, dando una pacca a Damon quando tornò, tutto mogio e pallido - Che succede? Tutto a posto?-
- Si.- bofonchiò il Legimors, buttandosi malamente sul divano e passandosi una mano sugli occhi - Sono solo a pezzi.-
- Ma i tuoi futuri suoceri lo sanno cos'hai fatto?- gli chiese ancora Beatrix, che sembrava voler battere su quel chiodo.
- Senti ma che cos'hai oggi? Mica l'ho messa incinta da solo.-
- No, infatti...magari Tom le ha rubato gli anticoncezionali mesi fa.-
- Ahah, molto divertente Trix.-
- La finiamo o no di parlare di bambini?- sbuffò Howthorne, veramente stremato - Scusate, ma non è la giornata buona. Ho un mal di testa che mi stronca.-
- Voi Veggenti e le vostre visioni.- ridacchiò Sirius, facendo imprecare Kingsley quando vinse l'ennesima mano e scippò sia Shacklebolt che la Vaughn di metà stipendio - Non dovresti strapazzarti tanto, ora come ora. Senza contare che Dibble sembrava propenso ad usare i tuoi begli occhietti per darci una mano contro Badomen.-
- L'unica cosa che dovrebbe fare è velocizzare le nozze.- fece Trix, bastardamente - E prendersi qualcosa per l'emicrania. Damon, idiota, sai che leggere le carte poi ti fa questo effetto.-
- Ma hai visto qualcosa di utile almeno?- lo inquisì Draco.
Howthorne non si sprecò a rispondere.
Aveva un diavolo per capello, un sacco di pensieri per la testa, ma uno solo sembrava essersi conficcato nel suo cervello come un chiodo. Un chiodo che sapeva non sarebbe riuscito a togliersi facilmente.
La sua visione.
Suo figlio.
Neely che poteva rischiare molto...troppo...
E se la sua visione non fosse stata esatta?
Se fosse stata...una reminiscenza, un parto dei suoi sogni più bizzarri?
Dannazione, ne valeva la pena?
Valeva rischiare la serenità del suo rapporto con la donna che amava per avere un figlio?
Guardò Draco, senza neanche accorgersene.
No, Draco avrebbe risposto di no.
Sapeva che un figlio non valeva la donna amata.
Lui l'aveva scoperto sulla sua pelle, nonostante l'ambiente in cui lui e Malfoy erano cresciuti ed erano stati educati aveva impresso nella loro mente tutt'altro messaggio.
Un erede.
Sangue del proprio sangue.
Niente era più importante di un erede...almeno per il mondo dorato e ipocrita dei maghi di alta generazione.
Si, un figlio...sarebbe stato bello, ammise con se stesso, cercando di essere sincero.
Sarebbe stato fantastico.
Un figlio suo e di Neely...ma prima avrebbe tanto desiderato sposarla.
E poi...il fatto che le donne dell'intera famiglia Montgomery avessero avuto problemi col parto, che alcune di loro poi avessero rischiato la salute fisica e mentale, perfino la vita...lo infastidiva ogni secondo che passava.
Neely rischiava troppo.
Non erano pronti...
- Quando prendo mia sorella la strangolo!-
Riuscì a sorridere, staccandosi da quei cupi pensieri, vedendo Tom prendersela col cellulare di Beatrix.
C'erano troppi guai da cui guardarsi.
- Gente, ci siamo.-
Si volsero tutti, quando Hermione apparve sulla soglia. La sua voce però era stata coperta da mille strilli che avevano improvvisamente invaso Grimmauld Place n°12. C'era da uscirci pazzi, soprattutto perché i ritratti dei Black attaccarono con un concerto d'indecenze, veramente d'alto livello bisogna specificare, all'ingresso di due gruppi di Auror nella palazzina.
Una era la squadra di Gary Smith, che si fermò a parlare col bambino sopravvissuto e Ron, fermi nell'ingresso.
L'altra squadra era composta da quelli che Edward e Draco avevano sempre definito come "mocciosi".
Che poi mocciosi non lo erano poi tanto, perché la squadra di sei Auror a cui capo faceva Mason Ombrodoro, erano tutti fra i ventisei e trent'anni.
Quando varcò l'Ordine della Fenice, Mason Ombrodoro, che era stato l'Auror venuto a perquisire la Lucky House e che poi aveva voluto stringere la mano a Harry, si guardò attorno con occhi languidamente emozionati.
Si dichiarò orgoglioso di poterli aiutare, fece nuovi salamelecchi a Potter e alla sua squadra, chiedendo gentilmente come stavano Elettra e i bambini, poi Ron accompagnò Gary e Ombrodoro nel salone.
Di fronte a loro, Nicole iniziò a tremare.
Si poggiò su un gomito, desolata.
Era una suicida.
Non faceva che dirselo.
Si sarebbe fatta ammazzare.
Poteva quasi sentire il freddo respiro della morte sul collo.
Aveva la pelle d'oca...
- Tranquilla, andrà tutto bene.- le disse Tom, staccandosi per un minuto dal cellulare.
Ora gli sembrava così indifesa.
E lei per tutta risposta rise istericamente.
Scosse il capo, neanche gli rispose.
- Non perderci tempo.- gli consigliò Sirius, agitando la mano ed rimettendo le carte a posto tramite la telecinesi - Qualche notte al fresco le farà solo bene.-
- E lei sa bene.- stoccò Nicole, alzando il capo piena di stizza.
- Visto?- celiò il padrone di casa, ridacchiando - La fanciulla che è una meraviglia.-
- Come dobbiamo procede?- chiese Gary, serio e professionale.
- Duncan non vi ha detto niente?- allibì Kingsley.
- Duncan è chiuso nel suo studio a fumare.-
- Ah.-
Ron agitò la mano - Dai ragazzi, lasciate perdere. Prendetela in custodia e portatela nei sotterranei del Ministero. Lì nessuno andrà a cercarla. Tra un'oretta andrò dal Ministro. Il professor Silente si è offerto di farci da portavoce.-
- Come se ce ne fosse bisogno.- insinuò Sirius, seccato.
- Essendo una babbana potreste incappare in grossi problemi.- commentò Mason Ombrodoro.
- Abbiamo già avvisato gli avvocati.- s'intromise Draco, che spiava continuamente fuori dalle finestre - Voi occupatevi solo di proteggerla per qualche giorno. Una volta che avrà cantato di fronte al Ministro mi occuperò io stesso di lei.-
Nicole fece una smorfia, incrociando le braccia al petto.
Erano le undici ormai.
Tempo qualche istante e avrebbero potuto mettersi in marcia, ma di nuovo qualcuno la soglia di Grimmauld Place.
Scattò l'allarme, però stavolta i ritratti non si misero a strillare all'oltraggio. Perché?
Semplice.
- Cloe!-
La King quasi si sbrodolò con la tazza di thè, sconvolta, vedendo Oliver Trust nel corridoio.
Avanzava rapidamente, i suoi occhi scuri lanciavano fiamme di collera e frustrazione.
- Ehi, ehi.- fece Tonks, cercando di bloccare Trust - Cosa ci fa lei qui?-
- Si sposti.- berciò Oliver, scansandola rudemente e raggiungendo il salone - Cloe!- tuonò - Io e te dobbiamo parlare.-
- Ti sembra il momento questo?- s'intromise Trix - Oliver, non è il caso.-
- Mi dispiace Beatrix.- disse lui, cupamente - Porto via Cloe, voi fate quello che dovete.-
- Io non vado da nessuna parte.- sibilò la duchessa, alzandosi e raggiungendolo per spingerlo in un angolo del corridoio - Oliver, che diavolo ci fai qui? Questa è la sede dell'Ordine della Fenice!-
- E tu non sei un Auror!- replicò lui, afferrandola saldamente per il polso destro - Ti porto via adesso, andiamo!-
- No!-
Lei si liberò dalla stretta, rigida come una morsa, e il suo viso di era trasformato in una maschera di pietra.
Dio, non riusciva a crederci.
- Io non vengo da nessuna parte.- disse, gelida come il ghiaccio - Non con te e non stasera.-
- Tu sei la mia fidanzata!- replicò lui, quasi schiacciandola contro la parete e sovrastandola con la sua altezza - Questo non è il tuo posto! Non voglio che tutti vengano a sapere che bazzichi Auror e gente del genere... un conto è Damon, un altro paio di maniche è...- fissò Tom, che da parte sua se avesse potuto l'avrebbe ucciso con uno sguardo -...con lui...-
- Ancora con questa storia!- sbuffò la bionda - Oliver, adesso non voglio parlarne.-
- Infatti, vieni via.-
- No.-
Trust, all'ennesimo rifiuto, serrò le mascelle.
Da lontano, Damon, Trix e Tom avrebbero giurato che avrebbe potuto spezzarsi i denti.
Ma Riddle avrebbe dato dieci anni della sua vita...anche solo per spaccargli la faccia con un pugno.
Se si azzardava a parlarle di nuovo in quel modo...
- Calma.- l'ammonì Harry, mettendogli una mano sulla spalla - Stai calmo.-
Tom tacque, ma sentiva i muscoli tendersi sotto la pelle.
Doveva solo dargli un'altra occasione...fare un'altra cazzata e...
- Perché vuoi a tutti i costi vivere fra questa gente?-
Si girò, vedendo Nicole che lo fissava.
- Perché perdi tempo?- gli chiese ancora, poggiata su un gomito, protesa verso di lui.
- Per chi lo fai?-
- Non lo so.-
Tom fu stupito della sua risposta.
Quasi sgomento.
Lei gli aveva chiesto perché combatteva per restare libero...e non tornare in gabbia.
Ne valeva la pena?
Anche da libero...sarebbe stato marchiato per sempre.
Un Riddle.
Un sangue dannato.
- Mi hanno detto che hai poche speranze.- continuò la babbana, accavallando le lunghe gambe.
Sembrava lo stesse inquisendo.
Sembrava un esame.
- Donovan è molto intelligente. Sappilo. Lo conosco. Non mollerà fino a quando non sarai prigioniero ad Azkaban, all'inferno...o morto. Non puoi farcela.-
E se invece...una speranza l'avesse ancora avuta?
Volse lo sguardo al corridoio.
Claire.
Non si erano fatti promesse.
Lei non gli aveva giurato che avrebbe lasciato il suo futuro marito.
Ma dannazione...voleva tanto, tanto, tanto...tornare a vedere il sole senza nascondersi dietro a una finestra e a una parete.
Un vuoto d'aria.
I tarocchi che Damon teneva in mano scivolarono via, sbalzati da quel vuoto che esplose in una visione.
Fiamme.
Fuoco.
E fulmini...
Si, fulmini...
Un crollo.
Un turbine di polvere.
L'Ordine della Fenice che...crollava...
Sepolto dalle macerie.
E Nicole...
Qualcuno strillò.
Ci fu un altro vuoto d'aria, poi una sorta di energia pungente passò oltre la fessura della porta dell'ingresso.
- A TERRA!-
Tutti i quadri ora urlavano.
Sembrava quasi i muri e le intere fondamenta di Grimmauld Place traballassero.
E poi...iniziarono ad emanare vapore, fumo.
Come se fossero andati in fiamme.
Fu il panico, il caos.
Scattò inutilmente l'allarme e contemporaneamente saltò per aria la porta dell'ingresso, i muri, le finestre dell'ala nord.
Un'onda d'urto scagliò tutti a terra, ricoprendoli di macerie.
Tutto questo durò dieci interminabili minuti ricolmi di esplosioni e fiammate roventi.
Chi riuscì a proteggersi dai detriti e a non venire sepolto da essi, rimase in piedi il tempo necessario per vedere una figura nera e sinuosa muoversi nella nube di polvere che aveva preso il dominio di Grimmauld Place n°12.
Fra i gemiti, le richieste di aiuto e i deboli richiami di dolore, Tom riuscì a mettersi in piedi...
Cercava Claire, cercava Harry e Draco.
Con la schiena che grondava sangue e gli occhi pieni di polvere, riuscì a trascinarsi fino a Damon, che trovò inginocchiato poco dopo di lui, accanto ai resti del pianoforte a coda della madre di Sirius.
L'aiutò, per come poteva, a rialzarsi.
Si appoggiarono l'un l'altro.
Con sgomento, videro che l'intera palazzina era stata scoperchiata del tetto...
Una mano pallida e insanguinata era seminascosta da un divano rovesciato.
Poi di nuovo quello sfrigolio.
Era elettricità.
Damon la ricordava, dai suoi incubi più terribili.
Wizloon.
La scuola di magia di Scozia, fatta a pezzi dall'alto...da una folgore gigantesca.
- Cristo.-
Non riuscì a parlare, perché Tom era corso, ignorando il dolore alle gambe ferite, verso le finestre sradicate.
I vetri ridotti in pezzi si erano conficcati come lame nella tappezzeria. E non solo.
Ribaltando pezzi di muro e cemento, Riddle trovò Asher sotto l'enorme pendolo del salone.
Il principe dei Greyback sembrava essere ancora vivo. Una grossa scheggia di vetro gli si era piantata nella spalla.
Un'altra nel braccio.
- Aiuto!- urlò Damon ad alta voce - Aiuto! Ci serve aiuto!-
Una risata di donna colpì il Legimors alle spalle.
Era ancora lì...
Era stata una donna...
Un'Illuminata.
- Evocazione di Minegon.- alitò allora in un soffio, girandosi di nuovo verso Riddle - Tom, sbrigati! Vieni via!-
- Cristo qui è pieno di sangue Damon!- urlò l'altro, tossendo raucamente e sentendo il metallico sapore che gl'invadeva la gola. Si passò le mani al collo, accorgendosi che il suo collare...si era stretto.
Come per...strangolarlo.
Risollevò il volto.
I suoi occhi sbarrati incontrarono quelli di Howthorne. Fu un solo istante.
Perché la risata di donna riapparve sulle loro teste, sotto il cielo che piangeva pioggia e tempesta.
Minegon.
- E' qui.- sussurrò Riddle.
- Vieni via.- ringhiò allora il Legimors, tremando - Vieni via!-
Non fece in tempo a finire che una saetta rossastra di piccola portata sfrecciò sulla sua testa, costringendolo a gettarsi a terra. Un'altra piccola esplosione e i due, fra fumo denso come nebbia, sentirono il tintinnio dei tacchi della colpevole di quella strage.
Si muoveva come un'ombra.
Ma si erano sbagliati.
Non era abbigliata di nero.
Indossava un mantello color panna.
E la sua voce...la sua risata...Tom la riconobbe subito.
- Salve, giovane Lord Oscuro.-
Quella voce...
La donna che l'aveva ferito a morte, appena uscito da Cameron Manor.
La donna che aveva organizzato la trappola della Dama dell'Acqua.
Un'altra risata, poi lo sfrigolare di quella magia distruttiva.
Una mano nodosa, per nulla giovane ma ricolma di cicatrici e brandelli di pelle cadente si allungò verso Tom.
Lì l'evocazione artigliò elettricità.
Lì artigliò fulmini e tempesta.
- Addio, feccia.-
Un colpo del genere avrebbe ucciso una persona. Ma scaricandosi sul corpo di due maghi adulti in buona salute, visto che Damon si era Smaterializzato al suo fianco per proteggerlo, finì solo per farli strillare.
Levare loro le forze, quasi incendiare il sangue nelle loro vene...e farli cadere.
Esanimi.
Privi di conoscenza.
Quando l'assalitrice raggiunse i loro corpi riversi a terra, scostò Howthorne di lato.
Provò per un secondo un moto di confusione, quando notò che gli occhi di quello sporco Legimors erano aperti.
Fissi, come quelli di una bambola di porcellana.
Quelli del suo principale bersaglio invece, erano chiusi.
Da sotto le ciglia nere, sgorgava sangue.
Nella mano aperta ora comparve un pugnale, lungo e affilato, rilucente come argento.
Sollevata la lama, fece per calarla sulle sue vittime ma qualcosa, o meglio, qualcuno, le parve una vittima ancora più gustosa. Un sorriso perfido e maligno si piegò sinistramente sotto quel cappuccio.
I passi scricchiolarono sulle macerie.
Ancora una volta, quella donna si era fatta facilmente sviare.
Ma per Tom e per Damon fu un vero colpo di fortuna...che Nicole spuntasse fuori dallo stucco caduto di una parete, pallida e con gli abiti stracciati, ricolma di graffi sul viso segnato dalla tensione.
Da lontano, dagli occhi di quell'assassina, una babbana era una preda così facile...
- Salve, mia cara.-
Nicole spalancò palpebre e bocca, ricordando quel tono soffuso.
Quel tono...cattivo e viscido.
Cercò di alzarsi, ma urlò quando una scheggia di legno pianta nel polpaccio la fece ricadere malamente.
Schiacciata a terra da quel peso, rimase immobile...fino a che la donna ammantata di bianco non fu di fronte a lei.
La sovrastava.
Armata di lama, bacchetta e magia.
Un bambino di fronte a un insetto.
- Buona sera, Nicole.-
La ragazza deglutì. Avrebbe riso, se un graffio sul viso non le avesse tirato troppo la pelle ferita.
Sapeva che sarebbe accaduto.
Lo aveva sempre saputo.
Neanche il bambino sopravvissuto e gli Auror potevano proteggerla.
Neanche loro.
- Come sei arrivata qui?- mormorò Nicole, chiudendo gli occhi.
E attendendo.
Un altro passo.
Un'altra risata.
- Lo sai. Donovan è il Segretario. Lui sa bene dove si trova l'Ordine della Fenice.-
- Mi hai fatta seguire per tutti questi mesi.-
- Esatto. Ti ho creduta pulita fino a quando l'altra notte non ti sei fatta volgarmente rimorchiare dal figlio del Lord Oscuro.-
Uno sputo a terra, segno di disprezzo.
Nicole si morse le labbra, restando al buio.
- Tu non sei Halley Brockway, vero?-
- Finalmente l'hai capito.-
- Allora perché vivi sotto le sue sembianze?-
- Perché quel bastardo a cui tu hai spifferato tutto e Harry Potter mi hanno trasformata in questo.-
Uno scatto e il volto di quella donna divenne limpido agli occhi di Nicole.
La ragazza non riuscì a trattenere un gemito terrorizzato, chiudendosi il palmo sulle labbra.
Era ripugnante.
Non aveva mai osato immaginare una cosa del genere neanche nei suoi incubi più terribili.
- Già...- rise la donna, ricoprendosi subito - E' stata tutta colpa dei Riddle.-
Nicole tacque.
Ormai non poteva più dire nulla.
Tantomeno avrebbe dato la soddisfazione a quella strega di supplicare e pregarla.
No, mai.
Non aveva scampo.
Ma le restava la dignità che i maghi le avevano portato via.
- Non possiamo permettere che tu parli di fronte al Wizengamot.-
La lama si alzò sopra la testa della babbana, brillante ed evanescente.
- Non avrai pensato davvero che ti avrebbero protetta. Tu non sei più di nessuna utilità. Né per noi, né per i Mangiamorte...né per gli Auror, a quanto pare.-
Un tuono rombò in cielo, squassandolo.
Lo scroscio della pioggia sembrava solo un lamento lontano.
E la ragazza, sentendo la lama fendere l'aria e farla vibrare, fissò l'ultima cosa il cui bagliore avrebbe attirato i suoi occhi, prima di morire.
Quella luce, quel leggero bagliore...proveniva da un rubino nero.
Al collo di Thomas Maximilian Riddle.
Erano strano che brillasse così tanto...come per farle vedere la strada.
- Addio Nicole.-


Islanda.
Red Rose, Residenza Padronale degli Harkansky e Casa delle Mille Rose.
Luogo di nascita di Julian Ades Harkansky, demone che era nato ai tempi dei Fenici.
Che quella notte era di particolare cattivo umore.
Ma cattivo umore serio, roba così non gli capitava da secoli ormai, da quando la cicisbea di Napoleone Bonaparte gli aveva fatto girare i cinque minuti dicendogli che, anche se Napoleone era piccolo, molesto e maleodorante a volte, lo preferiva a lui. Proprio perché era piccolo, molesto e maleodorante.
Ma Julian Harkansky non aveva mai capito molto di donne.
Sebbene avesse avuto una quantità innumerevole di amanti. E una sola moglie.
Che gli aveva giurato indifferenza e freddezza eterne il giorno stesso in cui era stata costretta a sposarlo. Un matrimonio combinato, ovviamente.
Comunque, sebbene non avesse mai capito nulla dell'universo femminile, anche con quasi tremila anni sul collo, Julian Harkansky era sopravvissuto a centinaia di amanti che l'avevano piantato in lacrime, a quella sua moglie tanto bella quanto consacrata a rendergli l'eternità un inferno e...a sua figlia.
Forse l'unica donna che avesse amato davvero.
E incondizionatamente.
Senza pretendere indietro altrettanto affetto. Altrettanta stima.
Altrettanto amore.
Ma con sua figlia...si, come Degona aveva fallito.
Perché sua figlia si era dimostrata come sua madre.
Aveva saputo votarsi all'amore, come Arcadia con lui si era votata alla vendetta.
Degona. La sua bambina.
La sua piccola e perfetta bambina...sposata con un mortale.
Non gliel'aveva mai perdonato.
Sua figlia non gliel'aveva mai chiesto quel perdono. E quella sua gelida noncuranza l'aveva trasformato nel vecchio acido che da un'ora esatta scrutava ostinatamente fuori dalle porte finestre del suo immenso studio.
E ciò che lo faceva ribollire veramente non era il fatto che sua moglie si fosse arrogata il diritto di portargli in casa due perfetti sconosciuti...no. Non gli seccava neanche che Lucilla, sua nipote, avesse finalmente deciso di smetterla di comportarsi da ostinata orgogliosa e fosse finalmente andata a trovarli.
Niente di tutto ciò che gli seccava.
Quello che davvero lo faceva andare in bestia era il fatto che nessuno, tantomeno sua moglie, si fosse preso la briga di andare a chiedergli se gli giravano i cinque minuti per non essere stato informato che la sua unica nipote fosse stata male negli ultimi tempi.
E quell'altro dannato di Horus, dannato doppiogiochista, aveva quasi rovinato la vita a Lucilla.
E il sonnellino pomeridiano a lui.
Il problema ora erano gl'intrusi.
Julian Harkansky aveva tanti difetti. Tutti lo sapevano e a parte gli amici di vecchia data, nessuno osava andare a pestargli l'orlo del mantello. Eppure sua moglie era dannatamente brava a farlo.
Intrusi, intrusi.
Risucchiando l'aria fra i denti, cosa in cui lui eccelleva, il demone posò lo sguardo regale oltre i vetri della sua residenza. Eccone altri.
Non sapeva di aver invitato uno spocchiosissimo Cameron nella sua dimora.
Sua moglie però...
Julian Harkansky era un demone stupendo, questo era da precisare. Come tutti gli Harkansky maschi della sua dinastia, possedeva un viso dai lineamenti spigolosi ma fini, con una mascella marcata. La barba e le basette, curate alla perfezione, anche se ormai bianche, gli conferivano una certa aria piena di contegno che tutti prendevano in gran rispetto. Specialmente le donne.
E la moglie di Cameron...c'era da credere ai pettegolezzi allora.
Aveva sempre pensato che il riservatissimo e misantropo figlio di Ocean Cameron fosse appunto un essere piagnucolante che viveva nel ricordo di una femmina morta, e questo indicava molto bene che razza di considerazione Julian avesse per il genere femminile, ma se aveva fatto il diavolo a quattro e insultato tutti i Loderdail rimasti per sposarsi quella demone...bhè, aveva buon gusto.
O ragionava con un organo ben lontano dal cervello.
Comunque a lui non interessava del perché Caesar Cameron fosse lì, alle soglie della sua porta.
Lui aveva altro da fare ora.
Raccolse il suo bastone, prese il bocchino con stizza e si Smaterializzò al primo piano, nella sala da thè dove sua moglie, secoli prima, aveva dato numerosi balli, serate musicali e cerimonie.
Trovò Arcadia seduta a una piccola tavola d'ebano accanto a una portafinestra socchiusa.
La brezza serale dell'Islanda le carezzava i capelli, sollevandoli come un ventaglio.
La moglie però, intenta a leggere chissà che ozioso manoscritto che dal titolo doveva essere scritto in lingua vichinga, non sollevò nemmeno lo sguardo.
- Ebbene?- sibilò Julian Harkansky.
Lei sbatté le ciglia. Poi riabbassò gli occhi sul tomo.
- Sto parlando con te.-
- Credevo alla mia gemella.-
- Molto spiritosa, moglie. È impressionante come tu sia in grado di fare del sarcasmo solo quando ne sei in vena.-
- Prenditi un drink Julian.- gli suggerì la donna, girando pagina - E poi dileguati.-
- Dov'è mia nipote?- sibilò lui, sedendosi con aria scorbutica di fronte a lei - Voglio vederla.-
- Oh. La ramanzina di Lord Demetrius ti ha irritato per caso?-
- Hn. Non mi faccio di certo intimorire da un moccioso.-
- Caro, sto leggendo.-
- E io ti sto parlando.-
- E' il secondo sabato del mese. Non dovrebbe essere la serata di...una qualche Lulù, Babet o Laila?-
- Vedo che hai buona memoria per i nomi.-
Arcadia sogghignò appena, versandosi altro thè, che però sembrava corretto con dell'alcool, in una tazza alta di preziosa ceramica veneziana - Stai cercando d'ingelosirmi caro?-
- Servirebbe a qualcosa a questo punto?-
Lei rise di più, quasi senza pietà - Certo che no.-
- E allora che t'importa con chi passo le serate.- sbottò a quel punto, serrando i lineamenti, al colmo della frustrazione - Avanti, Arcadia. Dov'è Lucilla?-
Senza sprecare altro fiato, la padrona di Red Rose alzò la mano e con un gesto aggraziato indicò una piccola saletta aperta alle loro spalle. Facendolo, Julian si alzò di scatto, quasi rovesciando la sedia.
Poteva vederla anche da lì...come aveva fatto prima a non notarla?
Lentamente, cercando di non fare rumore, entrò nella piccola stanza, piccola risposto alle proporzioni del palazzo costruito in cima a una scogliera e perennemente allietato dal canto ristoratore di serene, per fare il giro di un lungo divano damascato, dalla forma fluida e sinuosa.
Rimase in piedi.
E fissò la nipote.
Dimostrava poco più di vent'anni.
Aveva sentito grazie ai pettegolezzi dei soliti ben informati che sua nipote in tenera età aveva passato alcuni anni nella Dimensione Senza Tempo, a causa di un mago mortale.
I capelli lunghi e bruni, lucidi e soffici. Come quelli di sua figlia.
Anche il viso...nessuna imperfezione, la pelle liscia e fresca, gli zigomi come pesche.
Le labbra del colore dei lamponi.
Stava sdraiata quasi senza difese, un braccio adagiato sul petto, una mano sul cuore.
Il vestito che aveva indosso però...
Deglutì e fissò sua moglie con espressione di rimprovero.
Quell'abito di seta blu con un doppio strato di tulle trasparenti era appartenuto a Degona.
L'aveva indossato per la sua maggiore età.
- Che cos'ha?- chiese, tornando nella sala.
- Non sta bene.- rispose semplicemente Arcadia, sorseggiando la sua bevanda con apparente tranquillità - C'eri da Horus, mi hanno detto. Quindi saprai che porcheria abbia fatto nostro nipote per togliere Lucilla dalle braccia di suo marito.-
- Hn. E' solo un mortale. Mi stupisce che tu ancora non abbia provveduto a sistemarlo, moglie.-
- Ora è un demone.-
Julian lasciò andare momentaneamente la sua sigaretta, lo sguardo allibito.
- Come prego?-
- L'umano ha superato le Cinque Prove.-
- Ha superato...-
- E Horus l'ha pugnalato, trasformandolo in un demone. Ma Lucilla non ha gradito la trasformazione e non credo che suo marito si adatterà bene a questo nuovo potere. Umano è nato e umano deve restare.- Arcadia posò il libro, guardando finalmente in faccia il consorte - Inoltre Winyfred mi ha informata che era un Auror, prima che Horus lo trasformasse in un demone. Ha ucciso della gente, in questi giorni. E il sangue di quella gente finisce, come ben sai, per legge, sulle nostre mani e sui nostri nomi perché è stato un Harkansky a combinare questo pasticcio.-
- E' stato un Lancaster, vorrai dire.- sibilò il demone, infilandosi la sigaretta fra le labbra - Non farmi perdere tempo Arcadia. Uccidiamo quel mortale o qualsiasi cosa sia diventato e riportiamo nostra nipote nel suo mondo.-
La donna tacque per un istante.
Sembrava lo stesse studiando.
Quando parlò, il suo tono era calmo a differenza della strana espressione che le aleggiava in viso.
- So che, a causa della trasformazione, suo marito l'ha tradita.-
Di nuovo, Julian Harkansky non parve stranito.
- E allora?-
Come si aspettava Arcadia, non capiva.
Sorrise, facendolo irritare di nuovo.
- Che c'è di buffo?-
- Nulla, nulla.- replicò lei - Non mi aspettavo altro da te. E non prenderlo come un insulto. Sei solo ligio al tuo credo.-
- E sarebbe?-
- Che il matrimonio è solo la più bassa forma di schiavitù.-
- Sei tu che la pensi così, cara.-
- Forse hai ragione.- ammise Arcadia Harkansky, abbassando lo sguardo sulle mani curate del marito - Ma Lucilla ama suo marito. E lui s'è fatto portare via l'anima per lei. E' meglio che tu sappia fin da ora che farò quanto in mio potere perché nostra nipote riabbia suo marito e la sua vita com'erano prima.-
Il padrone di Red Rose si alzò di nuovo, imprecando fra i denti e senza curarsi di abbassare la voce.
- Il diavolo se lo porti, quell'umano.- tuonò furente - Avessimo avuto maggior fortuna con Degona, ora nostra nipote non sarebbe in queste condizioni! Stremata nel corpo e nella mente per un ridicolo mortale!-
- Il mortale ha le palle che tu e Horus non avete mai avuto.- fu il commento finale di Arcadia, che per un secondo lasciò a bocca aperta il marito. Si mise in piedi a sua volta, agitando la mano e facendo sparire tazza vuota e libro - Ora scusami. Ma vado a cercare Degona.-
Stravolto, suo marito la fissò come se le fossero spuntate due teste ma non fece in tempo a chiederle cosa stesse farneticando che un discreto bussare interruppe quel colloquio.
Si volsero e un valletto disse loro che la signorina col suo ospite erano tornati dal giro in giardino.
Degona entrò tutta intirizzita, avvolta in un lungo cappotto di pelliccia.
William le stava a fianco, perfettamente a suo agio in una giacca leggera.
- Nipote.- sorrise Arcadia, chiedendo del thè al valletto - Ti è piaciuto il parco?-
- Stupendo bisnonna.- rispose la strega, che perse il sorriso quando l'aria velenosa di quella stanza le si catapultò addosso. Arrossendo lievemente, notò Julian.
- Cara, ti presento quell'alcolizzato di mio marito.- fece la padrona di Red Rose con aria amabile.
Julian emise un grugnito, cercando di mascherare...l'emozione.
Già, aveva sentito che sua nipote aveva avuto una figlia mezzosangue.
E per il diavolo, quella ragazzina era una goccia d'acqua con sua figlia.
Non a caso portavano lo stesso nome.
Quando aveva sollevato gli occhi verdi su di lui, gli era parso di rivedere Degona il giorno in cui gli aveva detto che si era innamorata di un misero mortale.
- Buonasera.- si sforzò di dire Julian, borbottando.
- Buonasera.- replicò Dena con un piccolo sforzo, facendo un leggero cenno col capo.
- Tua madre sta ancora riposando cara. Gradite qualcosa di caldo spero. Vedo che tremi.-
- C'è molto vento.- balbettò la strega, stringendosi istintivamente a William.
- E lei sarebbe?- berciò subito Julian, quasi seccato.
William non fece una piega, mentre Arcadia lo presentava.
- Caro, ti presento William Crenshaw. Il ragazzo è stato tanto cortese da riaccompagnarci a casa.-
- Crenshaw?- Julian Harkansky emise un gemito sarcastico - Ma tu guarda...il pronipote di Ebenezer Crenshaw in casa mia. Suo nonno è una carogna e un ladro, lo sa ragazzo?-
- E tu un ubriacone fedifrago.- replicò Arcadia, prima che William potesse rispondere per le rime - Forza, ragazzi. Sedetevi.- poi afferrò il marito per un braccio. Accostandosi di poco a lui, gli rivelò con estrema soddisfazione il potere empatico di Degona. E vedendolo sempre più infastidito, godette nel vederlo brancolare con quella ragazzina.
Fu servito il thè, Dena lo bevve avidamente ma a piccoli sorsi.
Cercava di scaldarsi, perché a parte la mano tiepida di William che non abbandonava mai la sua e l'ospitalità gentile della sua bisnonna che aveva conosciuto solo poche ore prima e che, tra l'altro, era stata davvero molto dolce e disponibile con lei, il suo bisnonno invece era...come dire...lo sentiva nervoso.
Infastidito.
Non capiva se dalla loro presenza o da altro, ma la metteva estremamente a disagio.
Era un bell'uomo. Un algido demone dal portamento decisamente fiero.
E sembrava anche saggio...anzi, uno che conosceva parecchio il mondo e i suoi meccanismi.
-...e li ho portati qui.- stava dicendo Arcadia, spiegando la situazione al marito - Mi è sembrata la soluzione più logica.-
- A voi donne la logica.- brontolò Julian, soave, giocando col bocchino della sigaretta - Si vede dove ha portato Lucilla.-
Sia Dena che Arcadia s'irrigidirono, ma nessuna delle due parve aver voglia di replicare.
- E così...- continuò Julian, imperturbabile - Tu sei il fidanzato della mia pronipote.-
William, fortunatamente, non stava bevendo nulla perché altrimenti si sarebbe di sicuro strozzato.
- Come prego?- replicò con vocetta angosciata.
- Caro, non dare il tormento alle persone.- lo pregò stancamente Arcadia.
- E' una semplice domanda, mia cara.- ironizzò il padrone di casa - Allora?-
- Come se qualcuno venisse a chiederti se sei sposato con me, tesoro.- replicò sua moglie, con tono lezioso.
- Basta guardare la fede nuziale.-
- Allora tutte le donne che incontri sono cieche...o forse sei cieco tu...-
- Non ci avevo mai pensato. Forse dovresti farti controllare gli occhi anche tu, moglie mia.-
- Per favore, smettetela.-
Degona si alzò in piedi quasi di scatto, con un sorriso luminoso in faccia e gli occhi lucidi.
- Mamma!- urlò, precipitandosi fra le braccia di Lucilla e stringendola forte - Mamma, come stai?-
L'abbraccio caldo di sua figlia riuscì a lenire momentaneamente il dolore che fustigava il petto della Lancaster. Un petto in cui un cuore continuava ostinatamente a battere.
- Mi dispiace tanto, mamma.- sussurrò Dena, mortificata - Non dovevo andare via...-
Lucilla le carezzò la guancia, asciugandole una lacrima furtiva.
- Stai tranquilla.- le sussurrò, baciandole la fronte - Va tutto bene.-
- Se a te sembra che vada tutto bene, nipote.- fece Julian in sottofondo.
- Lucilla, tesoro, lascia perdere tuo nonno.- Arcadia le scostò la sedia accanto a lei - Oggi non ha ancora bevuto abbastanza. Come ti senti?-
- Un po' meglio.- Lucilla sorrise a William, in maniera blanda e vuota - Grazie di esserti preso cura di Dena.-
- Nessun problema.- replicò Crenshaw - Lo sai.-
Poco dopo, Lucilla fu grata dell'arrivo di Caesar e Denise, accompagnati da Demetrius.
Da quel momento in poi non la Lancaster non sentì più nulla.
Gli altri discutevano. Suo nonno sbraitò, sua nonna gli sibilava cortesi cattiverie, Caesar e Demetrius non facevano che maledire Horus e le sue follie...ma Lucilla aveva in testa ben altro.
E agli occhi di una donna innamorata e ferita doveva essere ben chiaro quel sentimento.
Perché Denise non smise mai un secondo di fissarla.
I loro occhi rimasero incatenati fino a quando anche alla Loderdail non fu chiaro cosa Lucilla desiderava.
E tacitamente, senza parlare, Denise acconsentì.
Era d'accordo.
E nessun altro doveva saperlo.


Era ormai l'alba.
E al San Mungo letteralmente braccato da giornalisti che spuntavano da ogni dove, girava un'aria tetra.
Silenziosa.
Malinconica.
E rabbiosa.
Nel Reparto Segreto riservato agli Auror, all'ultimo piano dell'ospedale, Karen Stanford, la madre di Sedwigh, girava come una trottola da un collega all'altro, per gestire le emergenze dell'incidente accaduto alla sede dell'Ordine della Fenice, e anche dal Capo degli Auror ai segretari del Ministro Dibble, accorsi non appena avevano saputo.
C'era caos nei corridoi.
Silenzio pesante nelle stanze.
Duncan urlava a sprazzi. Insultava i suoi collaboratori più stretti, la sua segretaria che tanto non lo ascoltava.
Fumava come un turco anche quando Karen Stanford gli aveva sbraitato di smetterla.
Inaudito.
L'Ordine della Fenice. La più grande forza mistica della branca degli Auror del Ministero era stata distrutta.
Rasa al suolo.
Duncan non riusciva a crederci.
Non c'erano state vittime. Per il momento almeno...
Tutti feriti, più o meno gravi.
Un nome potente e legato a cattivi ricordi come quello di Tom Riddle era finito in quel disastro, affossando ancora di più la reputazione che Harry Potter tanto cercava di onorare di nuovo.
E un civile era in coma.
Quando vide i parenti dei feriti in fondo al corridoio, ancora buio e non toccato dal sole appena sorto, imprecò e gettò il sigaro dentro una pianta di ficus. Che, non gradendo, glielo risputò addosso.
- Signore.-
La sua segretaria, la signorina Molly, lo raggiunse sistemandosi gli occhialetti rossi sul naso aquilino.
- Aggiornami.- sibilò Duncan.
La strega guardò la sua cartelletta con espressione professionale.
- Bene. La squadra del signor Shacklebolt è fuori pericolo, ma tutti dovranno passarsi qui almeno due giorni. I feriti più gravi sono nella squadra del signor Smith e del signor Ombrodoro, ma quest'ultimo è il meno grave, infatti è stato subito rilasciato dai Medimaghi.-
- Continua. Che mi dici della squadra di Potter?-
Quella, al nome di Harry, parve gongolare.
- Il signor Potter sta bene, in perfetta forma, ma ha delle leggere contusioni. Idem il signor Malfoy idem. Il signor Weasley dovrà passare qui la giornata, mentre il signor Dalton e il signor Coleman stanno piantando una grana per farsi medicare e hanno una galleria che gli trapana il cranio, se me lo consente.-
- Che prendano un po' d'aria al cervello.- masticò Gillespie, infilandosi in bocca una stessa di liquirizia - Che mi dici dei veterani dell'Ordine?-
- Al massimo un giorno d'osservazione, ma i Medimaghi sono preoccupati per il signor Black.-
- Cos'ha quel piantagrane?-
- Vuole andarsene contro il parere dei Medimaghi.-
- Per Merlino, come se non avessi già abbastanza problemi.-
- I civili sono il guaio.- concluse la signorina Molly, stringendosi la cartelletta al petto prosperoso - La duchessa King dovrà passarsi qui una settimana. Contusioni su tutto il corpo. Il signor Trust minaccia di farci causa...- e lo disse con una smorfia annoiata.
Duncan però se ne fregava di Trust, che urlava contro i suoi avvocati, i genitori di Cloe e mezzo personale del San Mungo. E in un certo senso, non gl'importava neanche che la loro unica testimone, quella che sarebbe valsa la pena per quell'immane disastro in termine di sangue, fosse stata uccisa.
Un unico colpo di lama al collo.
E Nicole era morta.
Era stata trovata in posa, seduta contro un divano. Presa di fronte, non si erano neanche accorti del coltello che le era stata piantato un coltello nella nuca.
Era stato tutto inutile, a quel punto, Duncan l'aveva capito quando il cadavere era stato portato via.
Ma non gl'importava più ora.
No, il Capo degli Auror temeva per un altro motivo. E per due persone.
Si sporse verso la camera 764, quella che gli stava a fianco.
Era semi vuota.
Con un solo letto, occupato dal civile che era caduto in coma.
E nessuno, neanche Karen Stanford, sembrava riuscire a spiegarselo.
Lord Damon Howthorne stava sdraiato a letto.
E a parte i suoi occhi completamente aperti, sbarrati verso il soffitto, tutto in lui indicava il coma.
Dormiva.
O forse sognava.
Nessuno lo sapeva.
Tom Riddle era seduto sulla sponda di quel letto.
Piegato e ferito, pallido come un cadavere, non faceva che guardare il suo migliore amico.
La mano stretta nella sua. Ma quella di Damon era totalmente inerte.
Perché?
Tom non faceva che chiederselo.
Perché se lui si era ripreso, dopo una dose massiccia di Lazzaro, Damon si svegliava?
Perché non sbatteva le palpebre, non si girava, lo guardava e gli sorrideva? Dicendogli che ora andava tutto bene?
- Se non avesse cercato di proteggermi ora starebbe bene.-
Un braccio gelido al collo e un bacio sulla tempia non lo calmarono.
- Dovrei esserci io in questo letto.-
- Tu non centri niente.-
- No, Trix?- alitò, girando appena il capo - Invece si.-
La Diurna rimase abbracciata a lui, chiudendo gli occhi. Lo sentiva inspirare forte, quasi con dolore.
Anche lei. Anche lei non si capacitava di come li avesse lasciati soli.
Di come, sovrastata dalle macerie, non fosse arrivata in tempo per proteggerli.
Lei che ora non aveva più nemmeno un graffio.
- Cloe starà bene.- mormorò al suo orecchio - Ha solo un polso slogato e ferite che guariranno con del Lazzaro. Milo è già andato a Cedar House per prenderne altro.-
Tom non rispose.
Si chiuse i palmi sul viso, desiderando sparire.
Era tutta colpa sua.
Stavano facendo tutto per lui e Claire quasi aveva rischiato l'osso del collo.
- E adesso cosa dico a Neely?- mormorò angosciato.
Già, Neely.
Come poteva stare lì a guardare l'uomo che amava...piegato in quel letto?
Dei passi concitati in corridoio li fecero voltare. Sconvolti, videro Lady Ethel e Lord Michael Howthorne farsi avanti.
- Damon!- mormorò la strega, sgomenta - Mioddio!-
Si gettò sul letto, carezzò il figlio. Gemette non ricevendo alcuna risposta ai suoi stimoli.
- Ma cos'è successo?- chiese Lord Howthorne, serrando le mascelle - Beatrix cosa...- e vide Tom. Sgranò lo sguardo solo per un istante. Ma ora tutto gli era chiaro.
- Tom.- fece, mantenendo il controllo - Avrei dovuto immaginarlo.-
- Occhio a come parli, Michael.-
Si girarono di nuovo, trovando Draco appoggiato alla porta della stanza.
Aveva la testa fasciata e alcuni tagli che gli segnavano lo zigomo destro.
Eppure i suoi occhi grigi lanciavano fiamme d'argento.
- Sai che ti sono affezionato.- continuò Malfoy - Ma stai attento a come parli.-
Lord Howthorne inspirò a fondo, abbassando il capo.
- Cos'è successo?- richiese, esasperato.
- Hanno distrutto la sede dell'Ordine della Fenice.- spiegò Trix a bassa voce - Sono stati feriti altri Auror.-
- Damon non è un Auror.- scattò Lady Ethel - Cos'ha?-
- E' in coma.-
Sgomenti, i due genitori spalancarono la bocca verso Draco.
Pallidi come statue, non riuscivano ad elaborare quella semplice parola.
Pesante come un macigno.
Coma.
Eppure Tom, sentendola sulle labbra del cugino, qualcosa iniziò a sentire.
Sentiva di nuovo le sue parti del corpo.
I crampi alle mani, che riprendevano sensibilità.
Avvertiva anche il sangue, che ricominciava a scorrere.
Coma.
Quella donna...
Quella donna aveva praticamente quasi ucciso Damon.
E più guardava i suoi occhi fissi nel vuoto, più stava lì seduto, più si chiedeva cosa diavolo stava lì a fare.
Perché stava lì seduto?
Quando Damon gli si era parato davanti, impedendo a quella donna di ucciderlo...
Quando Damon non aveva esitato un istante.
Ricordava la voce di quella donna.
La sua risata.
Il dolore alla schiena che continuava a tormentarlo come il veleno che gli bruciava il corpo.
Coma.
Anche Claire era lì, sdraiata in un letto.
Piegata e ferita.
Quella donna aveva calpestato le persone sbagliate.
Si alzò di colpo, rifiutandosi di dare ascolto alle fitte alla schiena e alle spalle contuse, ma per un attimo la mano di Damon si serrò nella sua.
Quel movimento lo lasciò senza fiato.
Gli aveva stretto la mano...appena percettibilmente, perché dopo un istante ricadde mollemente sulle lenzuola.
I segni esistono, pensò, marciando dritto verso la porta.
E lui li avrebbe ascoltati.
Se non altro, aveva un punto di partenza.
Il luogo dove aveva visto quella donna la prima volta.
Little Hangleton.
Casa Riddle.
- Dove vai?- gli chiese Draco, quando Tom gli passò a fianco.
- A caccia.- fu il sibilo in Serpentese di Riddle.
Si, la caccia cominciava da quel momento.
E quella donna avrebbe fatto bene a trovarsi un buon nascondiglio, anche se nemmeno l'inferno, a quel punto, sarebbe stato un luogo sicuro per lei.

 

 

 

 

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Capitolo 35
*** Capitolo 35° ***


tmr35

 

 

 

 

Harry James Potter guardava il sole calare, arrossarsi e poi iniziare a svanire oltre le cupole vittoriane del San Mungo.
C'era ancora silenzio.
Tanto, tanto silenzio.
Il baluardo della rivolta contro i Mangiamorte, l'emblema della guerra e della vittoria contro essa, rimasta in piedi tutti quegli anni, aveva gettato la spugna.
E l'Ordine della Fenice era stato raso al suolo.
Al ricordo delle macerie che l'avevano attorniato ore prima, si sentiva ancora colto dalla nausea.
Preda a profondi e laceranti conati di vomito.
L'Ordine per molto tempo era stato un nido, per lui.
Un porto sicuro.
La casa di Sirius.
Non era solo stato uno stendardo.
Non solo un simbolo.
Era sempre stato molto di più. Suo padre e sua madre ne avevano fatto parte.
Per lui, che non li aveva mai conosciuti, era stato come essere insieme a loro, fra quelle mura alte e severe.
E ora invece...era stato distrutto tutto quanto.
Non ne restavano che le ceneri.
- Harry.-
Potter si girò appena, restando appoggiato alla finestra col fianco bendato, anche se in effetti non aveva più bisogno di fasciature. Stava benissimo. Le ferite si erano rimarginate tutte in poche ore.
- Duncan.- disse, pacato - Novità?-
Il Capo degli Auror era segnato da quelle ore insonni. Né riposo, tantomeno alcuna pietà da parte della stampa. I Medimaghi, a distanza di dodici ore dal fatto, ancora lottavano per tenere i giornalisti lontano dai ricoverati.
Ma Gillespie aveva avuto a che fare con pescecani peggiori dei giornalisti. Al confronto del messaggio pervenutogli dal Wizengamot, Rita Skeeter era solo un angioletto grazioso.
E il messaggio del Wizengamot, era stato uno solo.
- Dibble è stato costretto ad accettare le pressioni dei Consiglieri.- mormorò, rigirandosi il sigaro spento e ancora intatto fra le dita - Pare che molti abbiano spinto per avvicinare la data dell'Inquisizione a Tom.-
- Quando sarà?-
- Fra dieci giorni. Il tredici.-
- E quella a Donovan?-
- Il giorno dopo.-
- Quanto tempo ho per raccogliere e depositare le prove?-
Gillespie abbassò il capo - Poco meno di una settimana.-
Harry emise un gemito disgustato, ridendo senza alcun divertimento.
- Tanto vale condannarlo a morte a questo punto.-
- E' quello che ho detto a Dibble. Era furibondo. Si adopererà per semplificarti il lavoro.-
- In che modo?-
Harry Potter, infatti, non sapeva che mentre lui era a quella finestra a parlare col Capo degli Auror, tre grandi maghi ancestrali camminavano sulle rovine dell'Ordine della Fenice.
I Fondatori. Si, coloro che avevano iniziato l'Ordine, si erano riuniti.
E stavano decidendo di far risorgere la fenice. Letteralmente.
- Dibble è con Silente.- continuò Duncan, sorvolando su quell'argomento - Stanno decidendo una linea d'attacco fino a che Lucilla non sarà di nuovo disponibile ad aiutarci. Nel frattempo, voglio che vi riprendiate tutti.-
- Non abbiamo neanche una settimana.- sibilò il bambino sopravvissuto - Non dirmi di prendermela comoda.-
- Prima non avevi mai avuto appoggio dai piani altri.-
- Per favore.- replicò l'Auror, ridendo di nuovo con arroganza - Non venirmi a dire che il Ministro è dalla nostra parte. Avesse avuto davvero un minimo di polso, alla pagina bianca che conteneva i crimini di Tom, avrebbe affossato il Wizengamot per ricostruirlo da capo. Invece Donovan è ancora a piede libero, Nicole è stata uccisa, Hermione è ferita, Damon è in coma e Tom se n'è andato.-
- Riddle era in buona compagnia.-
- Si ma non ha detto a nessuno dove andava. Come posso proteggerlo se sparisce?-
- Harry...- Duncan si mise il sigaro in bocca, dopo aver tagliato lo stoppino, dopo di che se l'accese svogliatamente - Il ragazzo non ha più dieci anni, se non te ne fossi accorto.-
- Me lo ricordo bene, non temere, considerato che per otto anni non ho potuto né vederlo né sentire la sua voce. Anche ad Azkaban una volta l'anno, i Lestrange ricevono visite.-
- Questi rancori ti rovineranno il fegato.-
- Basta stronzate Duncan.- sibilò Potter, girandosi a fissarlo dritto in faccia - Sono stufo di queste pagliacciate. Qui stiamo girando tutti a vuoto da quando Tom è tornato. E non centra che Lucilla non mi stia alle spalle, a proteggermi come al solito. Sono quei bastardi del Wizengamot. A parte Burton e la Bones non abbiamo nessun altro...e tu vieni a dirmi che Dibble mi aiuterà? Per favore.-
- Silente si fida di lui.-
- Il professor Silente non è infallibile. L'ho imparato a mie spese.-
- Capisco che ti giri storta...- iniziò Duncan, ma Harry lo interruppe ancora, furibondo - Duncan, sul serio...se stavolta finisce male di nuovo...se Tom se ne va di nuovo...-
- Potter, non fasciamoci la testa prima di essercela rotta.- lo bloccò a sua volta Gillespie - Non intendo stare qua a sentire le tue premonizioni disfattiste, mi rifiuto di farlo. Abbiamo una settimana. Anche se la babbana è morta, ci ha comunque detto quello che volevamo sapere. Brockway e sua figlia sono la prossima tappa.-
- In sette giorni non riusciremo a fare nulla!- sbraitò l'Auror, dando un pugno al muro e facendo franare gran parte dello stucco - Cristo Duncan! Hanno ucciso Nicole, era la nostra unica possibilità! Chi testimonierà ora? Chi?-
- Ti ho già detto di non preoccuparti.- sbuffò Gillespie, irritandolo ancora di più - Appena Dalton si riprende e Morrigan torna da Cedar House con altro Lazzaro, sarete di nuovo tutti in piedi e potrete andare a pizzicare la ragazza...ma se è anche per ciò che è accaduto all'Ordine che sei così...-
- Per cos'altro?!-
- Allora non temere.-
Una pacca, un'altra occhiata sbigottita del bambino sopravvissuto, e il Capo degli Auror finalmente stirò un sogghigno. Era come se fosse stato al corrente di qualcosa che a Harry era precluso.
- Cos'è successo?- brontolò Potter, acidamente - E' morto Donovan? E' per questo che sei tutto felice?-
- No. Riguarda l'Ordine.-
- E' raso al suolo, sei diventato cieco?-
- Per ora.- commentò Duncan, dandogli le spalle - Stammi bene Potter, ci rivediamo fra qualche ora. E dì a Black di andare a dormire da qualche altra parte stanotte. Ok che quei tre sono veloci, ma non sono di certo dei santi.-
Ma che cazzo stava succedendo?
Imprecando e stufo di quella situazione, Harry se ne tornò alle camere. Ma c'erano troppi parenti, troppo chiasso e un via vai di fiori e insulti gratuiti e meritati che gli facevano montare i nervi. Dalla stanza di Cloe, proveniva un'accesa lite fra i due fidanzati e come se non fosse bastata la rauca voce di Trust che urlava ai quattro venti che la sua futura moglie non poteva comportarsi a quel modo, ci si mettevano anche i suoi legali.
Era davvero convinto di poter far causa al Quartier Generale degli Auror...
Idiota. Da quando lui e Draco erano entrati in servizio a vent'anni, Duncan metteva da parte fondi annui in caso di tragedie simili. Perciò se pensava di far scattare una denuncia e di farsi risarcire, Trust cascava male.
Se continuava a usare quel tono poi, Cloe avrebbe finito per staccargli la testa, ne era più che sicuro.
Ma ora non c'era solo la grana della King. Bisognava occuparsi anche di Sirius, che tra l'altro, non sarebbe andato a dormire in albergo neanche a pagarlo. E nemmeno in una qualunque altra casa della sua strapomposa eredità. No. E neanche sa Remus sarebbe andato visto che, fra loro due, c'era la stramba convinzione che solo a Hogwarts si dormiva insieme. E basta. Il suo padrino sarebbe stato capace di andare a dormire sotto i ponti.
Andando a pescarlo però, visto che per curarlo i Medimaghi avevano dovuto metterlo sotto sedativi, dovette fermarsi.
Era arrivata Deirdre.
Accidenti. Adesso se lo sarebbe portato lei a casa...
Harry Potter, si sa, è geloso e possessivo con le sue cose. Per questo si nascose dietro a un ficus come un fesso, ascoltando Deirdre la Perfida tirare acqua al suo mulino. L'oca si stava lamentando che Sirius non aveva ancora preso una decisione definitiva. Puah.
Ci mancava solo avesse deciso di sposarsela.
Non era un mistero che a Harry non fosse mai piaciuta quella strega.
Ma sembrava che Deirdre tenesse Sirius sufficientemente allegro e questo, a Black, sembrava bastare.
Secondo Remus, quei due erano pure una bella coppia.
Come un cobra e una mangusta.
- Hai intenzione di stare lì a fare il sabotatore ancora per tanto?-
Harry fece una smorfia, spiando Draco con la coda dell'occhio. Anche Malfoy era guarito.
Aveva solo più tre graffietti sulla faccia, neanche tanto arrossati, come un gattino si fosse fatto le unghie su di lui.
Da non credersi, i Bracciali li avevano salvati di nuovo.
- Gli altri dove sono?- gli chiese Harry, glissando.
- Edward ha già preso il volo, odia questo posto. Trix è andata con Tom, Weasley e Coleman invece non so proprio.-
- Sono andati a casa? O sono tornati al Quartier Generale?-
- Ti sembro una segretaria, Sfregiato?-
- E io ti sembro anche lontanamente una persona paziente Malferret?-
- Ho altro a cui pensare.-
Buttando un occhio oltre le spalle del biondo, Harry notò un altro andirivieni di maghi.
Jane e Scott, Lucius e Narcissa.
E come se Draco non fosse già abbastanza sconvolto, coi nonni c'era anche Glorya.
Si precipitò da lei e la piccola subito gli saltò in braccio, stringendo forte i pugnetti alle sue spalle, contemporaneamente affondando il visino nel suo collo.
Era normale preoccuparsi tanto, per un bambino. Con la propria mamma in ospedale.
E dire che Edward, per stare con Hermione, era riuscito a sopportare le mura antisettiche del San Mungo per tutto il pomeriggio. I Weasley le avevano anche fatto compagnia quando Hermione era riuscita a cacciare Dalton, vedendolo nevrotico come sotto overdose di caffeina.
Ma con suo marito, era tutta un'altra cosa.
Draco sapeva essere terribilmente paranoico riguardo alla salute di sua moglie, per non parlare di quella della loro bambina. Quando Hermione aveva scoperto di essere incinta (e nei seguenti cinque minuti aveva ponderato prima il suicidio, poi l'omicidio di Draco) Malfoy aveva iniziato a trattarla come cristallo.
Niente sesso per nove mesi e follie al limite dell'immaginabile, terminate solo momentaneamente con la nascita della piccola, seguite poi da tutta un'altra serie di seghe mentali che Hermione giudicava scioviniste.
Il lavoro di Auror della Grifoncina era ancora uno dei tanti motivi che facevano perdere l'appetito a Draco.
E non solo quello.
Comunque Hermione nel complesso non stava male.
Era solo molto più abbacchiata degli altri, essendo stata molto vicina al punto dell'esplosione.
Le sue lacerazioni erano molto più profonde di quelle di qualsiasi altro ferito e anche se era cosciente, era comunque molto provata. Pallida ed esangue, Draco aveva fatto il diavolo a quattro per farle mandare giù del Lazzaro, anche contro il parere dei Medimaghi che, per avergli dato contro, si erano passati la più brutta giornata della loro vita.
Ora la strega dormiva.
Quando i parenti entrarono in camera, Harry rimase fuori con Draco e Glory.
La piccola si era rifiutata di entrare.
Ma Draco sapeva bene che sarebbe entrata solo quando i nonni se ne fossero andati. Sua figlia amava l'intimità e l'orgoglio più di quanto gli altri avessero compreso.
- Tu stai bene Harry?- chiese con vocina sottile.
- Tutto benissimo, principessa.- le sorrise Potter, carezzandole la guancia - Come mai non sei rimasta a casa?-
Già, come mai non era rimasta a casa?, si chiese Draco.
Perché sua figlia continuava a comportarsi in modo tanto strano?
Era diventata più coccolona di recente. Gli saltava in braccio ogni volta che tornava dal lavoro, passava ore intere con lui, nel suo studio, seppur non aprendo bocca, ma limitandosi a leggere tranquilla, lontana da lui.
E la notte, sebbene lui ed Hermione non l'avessero più ritrovata nel loro letto, pareva che andasse a zonzo per la casa. La scorsa mattina l'avevano perfino trovata a dormire con Faith.
E se sua figlia si comportava come una spiritata, anche Lucas sembrava di pessimo umore.
Continuava a seguirla ovunque, scatenando le ire della piccola, ma ignorandole sistematicamente.
A distogliere Malfoy dalle sue elucubrazioni, giunse un gufo. Sfrecciò da una finestra aperta, per appollaiarsi sul braccio proteso del bambino sopravvissuto. Era di J.J.
- Elettra e Lucas stanno venendo qui.- lesse ad alta voce.
- E Faith?-
- Lei e J.J. sono andati al parco. Lui, venendo a casa nostra, dice di aver visto gente sospetta attorno alla casa. Vuole essere pronto a rientrare, nel caso Donovan abbia colto al volo il fatto che la casa sia vuota.-
- Ha messo gli allarmi?-
- Si, tutti quanti. Tenere Faith è stata una buona idea. I Folletti Controllori detestano i bambini.- ridacchiò Potter.
- Principessa, che ne dici di bere qualcosa?- propose Draco, intanto, visto che Glory spiava sovente verso la camera della madre. Pareva fosse addormentata. Ma non le piaceva.
No, a Glory non piaceva per niente vedere sua madre in quel letto.
Distolse gli occhi bui dalla porta a vetri e annuì, scendendo dalle braccia del padre per raggiungere, una decina di metri più avanti, l'area ristoro del piano Segreto per la Protezione Auror. Lì, una gentile strega, si occupava di rifocillare Medimaghi e parenti e parve parecchio stupita quando Glory, raggiungendola col suo abituale passo aggraziato, parve inciampare e crollare in ginocchio.
L'anziana strega l'aiutò con un sorriso, dicendole qualche parola gentile ma Draco, da lontano, aveva sbarrato le iridi.
Di nuovo.
Sembrava quasi che...qualcosa avesse spinto sua figlia.
Qualcosa...d'invisibile.
- Sta assimilando i geni di Tom.- commentò Harry, in modo pacifico - Bisogna fare qualcosa.-
- Si.- la voce del biondo uscì in un sibilo - Hai proprio ragione.-
Nel frattempo, Elettra e Lucas si Smaterializzarono nell'ingresso del piano, ringraziando di essere arrivati finalmente a quello giusto. Avevano girato come matti per tutto il San Mungo, una ventina di giornalisti li avevano anche inseguiti, e solo cacciandosi su un ascensore, la povera Baley era riuscita a scampare a un'intervista simile a un terzo grado.
- Potevo bruciacchiarli tutti, mamma.- commentò Lucas, sarcastico come sempre.
- Certo tesoro e poi ad Azkaban ci sarei finita io, come madre degenere.-
- Quante storie, sono asfissianti!-
- Non per questo devono morire abbrustoliti, amore.- replicò Elettra, carezzandogli il capo.
Lucas, sempre col broncio, levò le sopracciglia.
- Ma non ti stanno antipatici?-
- Fanno il loro lavoro.-
- Bhè, fa schifo.-
- Questione di punti di vista.-
Lui cambiò tono - Ti sarebbe piaciuto vedermi che li abbrustolivo, vero?-
Sfortunatamente, per Elettra era impossibile non ridere a una tale immagine mentale.
Oh, si che sarebbe stato divertente!
Finalmente entrarono nell'Ala Segreta e se Lucas raggiunse subito Glory, guardandosi attorno con aria circospetta. Sua madre lo spiò di sottecchi, veramente preoccupata di certi atteggiamenti del suo primogenito, ma raggiunse il marito con la sua aria più fiduciosa. Edward le aveva mandato un messaggio un'ora prima, assicurandola che stavano tutti bene, anche se Hermione ne era uscita decisamente abbacchiata.
- Oh, che disastro.- commentò la Baley, contrita, prendendo il volto di Harry fra dita delicate - Ma com'è successo ragazzi? Non riuscivo a crederci, davvero.-
- E' stata la donna di Badomen.- ringhiò Draco fra i denti, buttando continuamente occhiate ai marmocchi - Ha sfasciato completamente la palazzina, il tetto è volato in mezzo alla strada e ora tutta la zona è sotto Protezione degli Obliviatori. Dibble è andato a controllare di persona, pensa...- poi si sporse, sbuffando - Ragazzi...tornate si o no? Quanto ci va a prendere da bere?-
- Uno della tua risma risponderebbe che per un buon drink ci va il tempo che ci va.- ironizzò Potter.
- Zitto Sfregiato. Principessa, Lucas...muovetevi! Che fate, si può sapere?-
Un secondo più tardi e Draco dovette chiudersi la bocca, soffocando un'imprecazione.
Con un grido in coro, i bambini rovesciarono i calici che tenevano in mano e una strega anziana che stava dietro di loro s'inalberò con stizza, per le macchiarono il lembo dell'abito, sbraitando che i mocciosi dei suoi secoli addietro non erano tanto cafoni e irrispettosi.
Lucas ovviamente non l'ascoltò di striscio. Primo perché Glory, cadendo all'indietro, gli era finita sulla pancia, facendogli un male cane. Secondo perché, troppo preso a guardarsi attorno con gli occhioni celesti letteralmente infuocati, sembrava aver solo la seria idea di rosolare qualcosa...al sangue.
Ma lì attorno non c'era nessuno, così si rialzò e aiutò la piccola Malfoy a fare lo stesso. Eppure, anche allungandole una mano Glory cacciò uno strillo, piagnucolando e subito la vecchia strega, accanto a loro, si rimise a strillare, strombazzando ai quattro venti che il ragazzino stava tirando i capelli alla piccola.
Neanche a dirlo, il Phyro allargò la bocca, sconvolto e si girò verso i genitori con le mani alzate.
- Io non ho fatto niente!- scandì in sua difesa.
Elettra, che aveva visto tutto con la coda dell'occhio, parve aprire la bocca, ma sentendo la presa di Draco sul suo gomito richiuse le labbra. Sbuffò, quindi raggiunse i bambini. Da lontano li placò a buone parole, tanto per far vedere alla befana che non li crescevano come selvaggi, e rialzò la piccola, sistemandole i vestiti e i capelli, carezzandole la testolina proprio come avrebbe fatto sua madre.
E visto che Elettra era una madre, sapeva anche bene che Glory non stava avendo un calo di vista.
Era la stessa espressione mortificata e intimorita della bambina a raccontaglielo.
La paura comunque aleggiava sul San Mungo non solo nei cuori dei parenti, per i loro cari infortunati.
Anche i feriti...avevano il cuore in gola per il terrore.
Damon Michael Howthorne stava in piedi, a guardare fuori dalla finestra della sua stanza singola.
Anche lui guardava il sole morire.
Anche lui si sentiva col morale a terra.
Perciò sarebbe bastato girarsi e vedersi steso in un letto, con le iridi sbarrate.
Come un cadavere.
Un corpo vuoto.
Già. Almeno lui ne era consapevole.
Era in coma.
Un vegetale.
E...Cristo, era esattamente ciò che gli accadeva da anni, solo che stavolta era tutto al contrario.
Perché era lui a girovagare in quella camera, urlando come un dannato senza una sola anima che riuscisse ad ascoltarlo.
Era lui a trovarsi a guardare la gente dal basso all'alto, ora.
E lui, sempre lui, dannazione, a non poter dare neanche una parola di conforto a Neely, seduta accanto alla sponda, con le mani chiuse sul viso, le spalle scosse.
Ma non aveva versato neanche una lacrima.
Neanche una.
Perché lei era forte. Era sempre stata forte.
Unica.
E aveva sopportato l'esasperanti tirate dei suoi genitori, venuti a cercare di trascinarla via dal San Mungo, perché metteva a rischio la sua salute. Come se non bastasse poi ci si erano messi anche gli Howthorne a fare il diavolo a quattro...era stato allucinante vedere Howthorne e Montgomery linciarsi da una parte all'altra del letto, col suo corpo in mezzo e Neely che non riusciva neanche a sentirli.
Uno stillicidio. Una follia.
C'era voluto Aidan che, sbottando con una parolaccia che un bambino di otto anni non avrebbe mai dovuto aver sentito, era riuscito a bloccare la cagnara.
Era perfino riuscito a far sorridere Neely.
Si ma...e adesso?
E adesso che cosa poteva fare?
Nessuno poteva sentirlo, nessuno poteva vederlo...non aveva neanche la forza per sollevare qualche oggetto.
Si rendeva conto di non essere morto. Di non essere un Non-Vivo, di essere diventato una sorta di trasposizione della sua anima. Però...nessuno poteva aiutarlo.
Proprio nessuno.
Però...però qualcosa doveva fare, per tornare in sé.
Non era la sua ora.
Non era ancora il momento di morire, per lui.
"Ciao."
Si girò appena, esattamente nel momento in cui Neely si alzò per andare fuori a prendere aria.
Ma non fu la sua ragazza e le sue spalle ricurve per il dolore a trafiggergli il torace, come una freccia.
Furono gli occhioni argentei di un angioletto biondo molto pestifero e molto triste.
"Ciao," mormorò il Legimors "ciao Sargas."
"Cosa ti è successo?" gli chiese il bimbo, inclinando il capo ricciuto "Ti sei fatto male come la mia mamma?"
"Si...più o meno."
"Anche il papà si è fatto male." Sargas fece un sorriso luminoso e le sue guance rotonde vennero piegate da due deliziose fossette, estranee alla famiglia Malfoy "Ma adesso sta bene, sai?"
Si, stavano tutti bene. Anche Cloe, anche Sirius e anche Hermione si sarebbe rimessa.
Ma lui? Era condannato a stare lì ad aspettare di tornare in sé?
E se...ci fossero voluti dei mesi? Degli anni?
Poi, l'illuminazione.
Nora...
Nora! Come aveva fatto a non pensarci?
Ma prima...insomma, bisognava cogliere le occasioni al volo. Dorothy glielo diceva sempre. Tutto accadeva per un motivo. Così, prima di pensare intensamente a casa sua per tornare dalla Moore e dai suoi coinquilini abituali, si abbassò e poggiò le mani pallide sulle spalle di Sargas.
Era strano, ma ora che era un fantasma anche lui, riusciva a toccare il piccolino.
"Ti va di venire come me?" gli chiese "Io e te dobbiamo proprio parlare di una cosetta."
Sargas, mettendo il broncio, lo guardò come se sapesse tutto "Io voglio stare con la mamma e il papà."
"E anche con tua sorella?"
Sargas gonfiò di più le guance "No, lei non mi piace."
"Per questo la spaventi sempre e fai cadere? Guarda che si fa male, poverina."
"No, non si fa tanto male. E poi anche Lucas non fa che coccolarla! Tutti vogliono sempre stare con lei!"
"Si, ma lei non ti vede." Damon si rialzò, incrociando le braccia con aria da professore "Ti sembra simpatico farle tutti quegli scherzi?"
Il bambino fece un'altra smorfia, sbuffando come un bufalo.
In quello era uguale in tutto e per tutto a suo padre.
"Dov'è che vuoi andare?" gli chiese, glissando.
"A casa mia. Ci sono altri...amici, si, amici. Loro possono vederti. Ma io e te non abbiamo finito il discorso, capito?"
Però, più che preoccuparsi del bambino, in un momento del genere avrebbe dovuto preoccuparsi per se stesso.
E al diavolo, anche Tom se n'era andato. L'unico con quegli occhiali che avrebbero potuto vederlo.
Si girò un'ultima volta, sorridendo mestamente a Aidan, seduto sul suo letto, rannicchiato al suo fianco.
Peccato, pensò per la prima volta.
Peccato non ci fossero state più persone come lui.
In grado di dare un po' di conforto alle anime perdute.

Kent, Little Hangleton.
Casa Riddle.
Cloe King guardò l'antico maniero, avvertendo subito un vago senso di disagio.
Coi suoi occhi magici, riusciva a percepire la magia nera che trasudava dalle mura.
Sembrava che tutto quel luogo, anche il terreno su cui lei posava i piedi, emanasse esalazioni velenose.
Sulla porta socchiusa, c'era ancora una manopola formata da un serpente attorcigliato.
Varcare quella soglia però, le dava la nausea.
Incredibile come tutto quel posto fosse appestato di...dannazione.
Il sole era calato da qualche minuto e lo sfondo rosso sangue del cielo contro Casa Riddle, le rendeva perfettamente giustizia. Certo, un'immagine macabra. Ma decisamente la più azzeccata.
- Non dovremmo essere qui.- disse una voce alle sue spalle.
La King, sbuffando per la trecentesima volta, buttò un'occhiataccia al suo compagno di viaggio.
Uomini, pensava inferocita. Non sono capaci di fare niente da soli, se non casini, ma devono per forza accompagnare una donna che credono sia in pericolo.
Cazzate in libertà.
Lei ormai non era più in pericolo. Una Ossofast ben preparata e il suo braccio era guarito alla perfezione nel giro della giornata. E anche il colpo che s'era presa in testa non aveva lasciato strascichi, sbalordendo tutti i Medimaghi del reparto.
- E allora perché non se ne va?- bofonchiò, avvisandosi da sola.
- Lei è una civile, duchessa.- le ricordò Mason Ombrodoro, seguendola con espressione contrita - Rischio il posto, lo sa? Dovrebbe starsene a letto insieme a tutti gli altri.-
- Sto benissimo.- sentenziò la strega, poggiando una mano contro la parete di legno nero della porta d'ingresso.
Ebano. Che puzzava di...una qualunque sostanza dall'intenso e pungente odore di salvia. O elleboro.
- Per l'ultima volta, duchessa King.- sibilò l'Auror, arrancando per starle dietro - Questa casa è sotto sequestro da parte del Ministero. Se i Controllori, che Merlino non voglia, ci beccano...ci spediranno tutti ad Azkaban entro stasera!...E cosa diavolo è stato?- sbottò, sconvolto, sentendo dei tonfi assurdi.
In un attimo estrasse la bacchetta, con la Sensistrega che alzava il volto al cielo.
Che Morgana le avesse dato la pazienza di sopportare quel tizio.
- Rinfoderi le armi.- soffiò, sarcastica - Chi crede che ci sia dentro?-
Ombrodoro la fissò sbalordito - Intende...-
- Già.- annuì sagace - Il legittimo proprietario.-
L'espressione del giovane Auror ventottenne era impagabile.
Nei suoi occhi nocciola sfrecciarono sgomento, terrore folle per la sua carriera, collera ed esasperazione.
Ma ormai c'era, aveva seguito la duchessa, sperando che l'avrebbe condotto a qualcosa di buono visto che nella cerchia di Potter non si entrava facilmente. Da anni desiderava dare una mano nelle vere azioni, però non ne aveva mai avuto l'occasione, essendo i membri dell'Ordine della Fenice molto conservatori.
Così si era messo a tampinare la King, che si era subito accorta di lui e chissà perché le aveva permesso di seguirla.
Entrando nell'anticamera buia e coperta da uno strato di polvere, aguzzando la vista, entrambi colsero una scalinata che portava al piano superiore dall'aspetto insolitamente sbilenco. Ma era solo a forma di chiocciola...o forse, era per ipnotizzare chi la guardava.
Ombrodoro, la squadra di Gray e quella di Gary Smith avevano setacciata quella casa settimane prima, quando Potter aveva detto loro che Tom aveva visto lì Badomen e la sua donna misteriosa. Ma non avevano trovato più neanche una traccia del loro passaggio, così ora si chiedeva per quale motivo il figlio di Lord Voldemort fosse tornato in quell'abitazione così sinistra.
E a che scopo poi, quando era chiaro che i Mangiamorte se n'era andati da un pezzo.
Però non c'era limite alla follia, perché anche se Gray aveva bloccato tutte le maledizioni di controllo messe da Badomen, ancora una volta una sorta di fiammata magica schizzò verso di loro, pronta a lasciare solo le loro ceneri.
Cloe se l'era aspettato e con la bacchetta deviò la bordata, spedendola contro una finestra che andò in frantumi.
- Ehi, ehi...- urlò una voce femminile, da una stanza alla loro sinistra - Megafessa, poco casino. O il padrone di questo posto ci citerà per danni.-
- Il diavolo se lo porti!- sbraitò invece l'inconfondibile voce sinuosa di Thomas Maximilian Riddle.
Un secondo più tardi, la King si abbassò per evitare una sedia che volava. Finì contro il muro, andando in pezzi pure quella.
- Siamo nervosi, eh?- li apostrofò, entrando in un salone dove tutti i mobili erano ricoperti da un lenzuolo - Allora ragazzi? Mi spiegate per qualche cazzo di motivo mi avete lasciata al San Mungo attorniata dai ritardati?-
- E chi riesce ad avvicinarsi col tuo signore e padrone?- frecciò Riddle, acidamente.
La bionda stava per urlargli dietro, ovviamente, perché certe battute era meglio che se le cacciasse in un posto preciso, specialmente se la comicità riguardava In Lust We Trust, ma l'attenzione stavolta passò da Oliver a Mason Ombrodoro, che si guardava attorno un po' spaesato.
- E questo che ci fa qua?- sibilò Asher, che stava poggiato a una finestra, spiando fuori dalle persiane mezze chiuse con sguardo vigile e minaccioso.
- Mason.- fece anche Trix, stranita, seduta sull'unica poltroncina senza lenzuolo - Che sei venuto a fare?-
- Chi diavolo è?- ringhiò Tom, di pessimo umore.
- Un Auror.- sospirò la Vaughn, paziente - Non lo vedi lo stemma, amore? Bhè, era anche all'Ordine stamattina.-
- E anche al Tower Bridge.- finì Ombrodoro, zittendo Riddle - Si, c'ero anche io.-
- Bella fortuna.- masticò Tom, riprendendosi rapidamente - Che vuole?-
- Ha due anni più di noi, cerchiamo di stare calmi eh?- propose la Diurna, accendendosi una sigaretta - Allora Mason? Novità dal San Mungo?-
- Staranno tutti bene entro pochi giorni.- scandì serio l'interrogato - Ma voi siete nei guai ragazzi. Non potete stare qui, lo capite o no? Vi serve l'autorizzazione dal Ministero, dal Ministro...-
- Questa topaia è mia, me ne sbatto le palle del Ministero!- disse Tom stizzito, dando un calcio al colmo dell'impazienza a uno dei due divani messi in maniera complementare di fronte a un caminetto arrugginito - Cristo, non c'è verso di cavare un ragno dal buco! Neanche venti giorni fa ero steso su quel cazzo di chaise longue che c'è al piano di sopra, attorniato da demoni impuri e vampiri e ora...per Dio, non c'è più neanche un dannato mozzicone di sigaretta qui! Merda, merda!-
- Avete guardato ovunque?- chiese Cloe, cercando d'ignorare l'isterismo del "padrone di casa".
- Anche in soffitta e in cantina.- sbuffò Trix, poggiandosi su un gomito - Questa casa è più pulita della residenza estiva del pontefice. Non c'è più neanche del vino.-
- E' stato Draco, anni fa...-
- Ah...- la Diurna alzò le spalle, fregandosene - Comunque siamo sempre al punto di partenza. Qua non c'è più una mina. I casi sono due. O i Mangiamorte hanno fatto un buon lavoro, un lavoro che neanche i Leoninus si sognano, o qualche simpaticone di Donovan ha fatto piazza pulita dopo che Tom è fuggito.-
- Il Segretario non ha una squadra di difesa personale.- disse Ombrodoro, pacato - Forse una squadra intera di Sensimaghi potranno fare di meglio, se davvero c'è qualcosa.-
- Non ne basterebbero cento.- sentenziò Cloe, all'improvviso, con le palpebre chiuse - Questo posto è impregnato di magia oscura. Deve venire Hermione. Con l'aiuto combinato mio e di Clay, forse riuscirà a scovare qualcosa.-
- Certo.- ringhiò Tom, poggiato al caminetto di peso con entrambe le mani - E intanto Damon è in coma.-
- Senta...signor Riddle...- abbozzò Ombrodoro.
- Tom, dannazione.- imprecò l'altro, gelidamente.
- Senta, Tom...- continuò l'Auror, evidentemente innervosito da quella situazione in cui si trovava solo contro quattro squilibrati -...capisco come possa sentirsi ma...-
- Ne dubito.-
- Ma dare adito a pettegolezzi e macchiare ancora di più la sua reputazione, non farà altro che aiutare Donovan a metterla prima del tempo sulla soglia di Azkaban.-
- Hai qualche brillante idea allora?- soffiò Cloe, guardandolo con espressione curiosa e oziosa insieme, passando a dargli meno formalmente del tu.
- Magari potremmo cominciare col non farci beccare qui dentro, signori.-
- E magari potresti anche sederti, King.- rognò Asher, spostandosi da una finestra all'altra senza però degnare nessuno di un'occhiata - Cos'hanno detto i Medimaghi?-
- Oh, grazie!-
La Sensistrega si buttò a sedere su un divano, levando una nube di polvere e fregandosene altamente.
- Meno male che qualcuno si ricorda che sono stata a letto per tutto il giorno!- insinuò.
- Già che c'eri potevi restarci.- frecciò Tom - Non è che adesso ci ritroviamo qua Trust, vero?-
- E' dagli avvocati.-
- Cosa che dovrebbe fare anche lei...cioè, anche tu Tom.- si corresse Ombrodoro.
- Per me ci pensa mio cugino.- Riddle tirò un altro calcio all'ennesimo e sfortunato pezzo del mobilio - Lascia perdere. Claire gli esami sono a posto?-
- Si.- bofonchiò la biondina, alzando le mani in segno di resa - Sto bene. Quegli idioti dei Medimaghi mi hanno preso un litro di sangue perché non riuscivano a capire come mai le mie ferite sono sparite quasi subito. All'inferno, Draco mi avrà rifilato del Lazzaro quando loro non vedevano! Che stress...ma almeno ascoltatemi quando parlo, no? Ehi!- si girò, ruotando appena il collo oltre il bordo del divano polveroso in cui era sprofondata.
Sentiva qualcosa.
O meglio...qualcuno...
Si, c'era qualcuno.
E Asher fu oltremodo veloce e tramutarsi in un licantropo, a sprangare le persiane, facendole quasi a pezzo e a lanciarsi fuori, atterrando con le forti zampe muscolose su un letto di erba coperta di rugiada notturna.
Il suo ululato coprì il tonfo di una caduta, per dei passi affrettati, anzi, terrorizzati.
E infine un puf da Smaterializzazione, convinse Trix, atterrata dolcemente alle spalle del principe, che chiunque si fosse trovato lì sotto a spiare, ormai se n'era andato.
Con vent'anni in meno per la paura che s'ero preso.
- Ottimo lavoro.- commentò Cloe, apparendo insieme a Mason e Tom - E' scappato.-
Asher neanche li stette a sentire, troppo intento a fiutare l'aria.
Beatrix invece, con naso puntato a terra, si chinò e raccolse qualcosa.
Una cicca.
- Sigaretta alla lavanda.- urlò, alzandola sopra la testa - Ragazzi, la donna di Badomen era qui.-
- E non era sola.- disse Asher, riprendendo lentamente il suo aspetto umano, rimettendosi in sesto i vestiti - Era buio, ma l'ho visto. Basso, qualcosa di dorato addosso. Forse una giubba, o anche solo una cravatta.-
- Fantastico. Cerchiamo al circo.- sibilò Tom, gelido.
- E puzzava.- continuò il mannaro.
- Puzzava?- Ombrodoro lo fissò sbigottito - Di che? Alcool?-
- No. Incenso.-
Trix, Cloe e il povero Riddle si fermarono. Sbarrando gli occhi.
- Come in Francia.- sussurrò la Vaughn, cercando sostegno negli altri - E' lo stesso tizio che ha fiutato Milo!-
- Quello che lavorerebbe al Ministero.- finì la King, incrociando le braccia al seno - Ma bene. E adesso a chi andiamo a dirlo? Al Ministro Dibble?-
Già, pensò Tom, alzando lo sguardo al cielo ormai puntinato di stelle.
E ora?


Quello che la maggior parte delle persone della cerchia di Harry Potter non sapevano, esclusa Lucilla ovviamente, era che in quel preciso istante, come aveva detto Duncan Gillespie al tramonto, sui resti della compianta sede dell'Ordine della Fenice, i suoi Tre Fondatori si guardavano, sospirando e benedicendo le teste calde dei giovani d'oggi.
Dovevano proprio rimettersi al lavoro.
In fondo ogni fenice prima o poi doveva fare il suo falò no?
Meglio prima che poi, commentò il professor Silente, rimboccandosi le maniche insieme a due suoi amici di vecchia data.
E non sarebbe stato l'unico a doversi sporcare le mani, quella notte.
- Io spero per te che le tue strambe visioni abbiano un seguito su Lucilla.- disse il Preside di Hogwarts, sfoderando la bacchetta - Lo spero davvero per te, amico mio.-
Il Menestrello, fumando la sua lunga e sottile pipetta a forma di drago, stirò un sorriso felice.
- Andiamo Albus. Gioia e fortuna ho visto, come pioggia a calderoni dal cielo, te l'ho detto.-
- Già. E speriamo sia solo fortuna a piovere.- commentò laconicamente l'Ultimo Fondatore, levandosi la bombetta dal capo per ispezionare ogni angolo e valutare i danni - Amici miei, questo posto non potrebbe essere raddrizzato neanche da Merlino in persona. Andiamo, è uno spreco di tempo.-
- Non scherzare Edgar.- fece il Menestrello, dando un lungo tiro alla sua pipa - Qui è nato tutto...anzi, qui abbiamo fatto nascere tutto e qui deve andare avanti.-
- Esatto.- annuì Silente - Anche Nicolas sarebbe d'accordo.-
- D'accordo, d'accordo.- il Ministro Dibble si arrese, facendo un gesto annoiato con la mano guantata - Comunque questo buco non è la nostra prima priorità.-
- Lucilla sa cavarsela da sola.- sorrise il vecchio preside, pacato - Anche se devo ammettere che nelle ultime settimane sono stato molto in pensiero per lei. Ma se Desmond vede prosperità e gioia...-
- Andiamo Albus, questo vecchio ubriacone vedo solo quello! Per lui è tutto rosa e fiorellini.- ringhiò il Ministro, buttandosi a sedere sul residuo bellico di un appoggia piedi, che cigolò sotto il suo peso - Magari questa felicità sarà da qui a cent'anni.-
- Io non bevo tanto...- mugugnò il Menestrello, con gli altri due che borbottavano ad alta voce.
Roba da matti, lui ci vedeva sempre bene.
Alla perfezione.
Aveva centoduenni, il caro signor Menestrello, anche conosciuto come Desmond Hayes, grande magnate dell'Industria della Magia e a suo tempo Fondatore dell'Ordine della Fenice.
E aveva anche uno strano dono di Veggente.
Se il povero Damon Howthorne era costretto a vedere unicamente cadaveri...il Fato aveva voluto che il signor Hayes, straricco e straccione scacciato per le strade di Londra, vedesse unicamente fatti gioiosi, fortunati, pieni di letizia.
Come nascite, matrimonio, oppure...ritorni.
Come quello di Thomas Maximilian Riddle.
Perfino la notte in cui Harry Potter era stato concepito, il signor Hayes era stato svegliato da un lampo verde che aveva attraversato il suo mondo onirico.
Un bel presagio.
Un presagio di speranza, di fede.
Ma ora per Lucilla...vedeva ancora tanta nebbia.
Tanta nebbia e poca luce.
Ma almeno di luce ancora ce n'era, aveva detto Silente, sentendo della sua premonizione.
Anche per Tristan.
Sebbene quel cattivo tempo e ultimi sanguinosi incidenti per la capitale, non avevano fatto altro che peggiorare la situazione di Mckay.
Si doveva trovare una soluzione. E alla svelta anche.
Per questo motivo Lucilla avrebbe dovuto sporcarsi le mani.
E giocarsi il tutto per tutto, proprio come aveva dovuto fare sua madre, più di quarant'anni addietro.


Horus Harkansky, seduto nel giardino d'inverno fra tende trasparenti e superfici lucide, si versò un bicchiere di vino rosso. Appena due dita, conscio che sarebbero state due dita di troppo.
Tutto il suo grande palazzo in Nuova Zelanda, per una volta era silenzioso.
Non c'erano più stati festeggiamenti negli ultimi giorni.
E sua moglie gli aveva tolto la tenerezza, il calore, la passione.
Anche Winyfred si era schierata con spietatezza.
Sparendo dalla sua vita, con parole dure e crudeli.
Una mezza luna pallida e spenta attraversò il cielo bluastro, pronta a tramontare, per accogliere un nuovo giorno.
Ma Horus non ci badò, girandosi il flute fra le dita, senza vedere nulla in realtà.
Né la sua bella casa, di cui si era sempre vantato.
Né la magnificenza del paesaggio.
C'era il gelo, ora.
Niente più balli, o feste, o circhi magici fra quelle pareti.
Un tenue chiarore si alzò a est.
Era quasi l'alba.
Come sarebbe stato bello sgretolarsi.
Esalare l'ultimo respiro.
Per una volta almeno.
Si, per una volta soltanto, provare il brivido...dell'ultimo istante.
Il più bello di tutti.
Ma un brivido...che strano, lo provò in quel momento lungo il collo.
Avesse provato qualcosa, fosse stato saggio come si vantava tanto di essere...sarebbe scappato all'istante.
Nel luogo più sicuro al mondo.
Ma Lucilla, neanche poco tempo prima, gliel'aveva detto.
Non ci sarebbe stato posto sicuro al mondo, per lui, neanche all'inferno, se avesse fatto del male alla sua famiglia.
E la cosa buffa, era che anche Tristan gli aveva sibilato la stessa cosa.
Quando Horus levò gli occhi, vide qualcosa nel giardino ancora immerso nel buio.
Le tende di seta impalpabile si abbassavano e si sollevavano, gonfiati dalla brezza.
Fra quella danza di veli di neve, scorse una sagoma d'oscurità.
Nera e densa come il peccato.
- Ciao cugino.-
Il padrone di Harkansky Palace si alzò in piedi di scatto.
Quasi rovesciò il calice a terra, ma la telecinesi salvò il delicato flute di cristallo.
Lentamente, senza staccare lo sguardo dal suo, Lucilla mosse il calice fino a che tornasse sul tavolino in vimini.
Pigra, quasi assonnata, ogni sua mossa era come il sinuoso movimento di un serpente.
Che poi colpisce, più veloce di una cometa.
- Lucilla.-
- Come stai Horus?-
Una domanda oziosa.
Una presa in giro, quasi.
Stava appoggiata a una colonnina di marmo bianco con la spalla.
E indossava un abito che Horus aveva già visto.
Era appartenuto a Degona.
Azzurro, trattenuto al collo da alcune catenelle d'argento.
Spalle, braccia e schiena nuda.
E un cuore...ferito a morte.
- Ho trovato una bella accoglienza al mio risveglio, sai cugino?-
Un passo avanti.
L'abito che le frusciava attorno alle caviglie sottili.
Era scalza.
Non faceva neanche rumore muovendosi.
Proprio come un predatore.
- Ti ricordi cosa mi hai detto, prima di addormentarmi? Eh?- continuò, a bassa voce - Che sarebbe stato come dormire...-
- Lucilla...devi ascoltarmi.- ringhiò il demone, con tono insolitamente duro.
Uomini.
Alzando la voce, innalzandosi con la loro persona pensano di poter zittire chiunque.
- Si, è stato un bel sonnellino, devo ammetterlo.- continuò lei, ciondolando in maniera quasi fanciullesca - Avrei dovuto aspettarmi che mi saresti strisciato alle spalle, sai? In fondo lo fate tutti. Solo così siete in grado di combinare qualcosa.-
Gli stava dando del codardo.
Horus serrò la mascella.
- Sai bene che ho più potere di te.- le rinfacciò.
- E nonostante questo non hai avuto il fegato di attaccarmi faccia a faccia. Ah, ah, Horus...non ti hanno detto che le donne non si toccano neanche con un fiore?-
- Lucilla, sei minorenne. Mio zio si è rifiutato di fare qualcosa, così l'ho fatto io.-
- Ma certo. Sai, però, il nonno avrà tanti difetti, compreso il menefreghismo...ma una lezione a suo tempo l'ha imparata.-
- Porta rispetto, quell'uomo ha perso sua figlia per colpa di un infame mortale.-
- E tu porta rispetto a me.- Lucilla si fermò, piantandogli gli occhi addosso come lame roventi - Quell'infame mortale era mio padre.-
- Che non era degno di baciare dove camminava Degona.-
- Lei la pensava diversamente.-
- Tu non sai molto di tua madre, Lucilla.-
- A differenza di te.- lo schernì, gelida - Lei era uno libro aperto, per te, vero cugino?-
- La conoscevo bene.- sibilò, sempre più rigido - Avevi sedici anni quando è morta, non eri ancora una donna Lucilla. Come puoi sapere se era davvero felice? Sarebbe stata condannata a veder sfiorire e morire suo marito. Dimmi allora, come si può amare qualcuno destinato a morire?-
Le afferrò il mento, delicatamente, fra due dita.
Costringendola a tenere il volto alzato.
Tanto comunque, lei non avrebbe chinato il capo ugualmente.
Mai.
Non di fronte a lui.
- Tua madre aveva esattamente l'età di Caesar.- continuò Horus, lasciandola e carezzandole teneramente la gola - Era una persona assurda, per certi versi. Non è mai uscita volentieri da Red Rose. Poche feste, tante letture, tanta magia, ancor meno amicizie. Poi, circa sessant'anni fa, non so bene cosa accadde. Ma iniziò a cambiare. Prese a girare per il mondo, colpita da una smania tossica di vedere ogni cosa. Anni dopo l'inizio di questo girovagare senza senso, l'ignobile sfortuna volle che un giorno si fermasse su un lago, nello Yorkshire. Non sapeva di essere nella residenza dei Lancaster.-
- Mia madre non era una bambina.- replicò la demone, con tono soffocato - Era più che maggiorenne. E lei ha scelto.-
- Lei ha sbagliato!-
- Con che diritto ti arroghi il poter mettere mano alla vita degli altri? L'ha sposato, era felice, ha avuto me e mia sorella! Aveva tanto potere da schiacciarti, miserabile vigliacco...- sibilò, senza mai perdere la calma -...e siccome non sei riuscito a manovrarla come una marionetta, hai pensato bene di rifartela con me.-
Horus emise un gemito esasperato, dandole le spalle e passandosi le mani fra i capelli cortissimi.
Non riusciva a discutere.
Lei non voleva capire.
- Sei accecata dall'amore e dal desiderio, Lucilla.-
- Sono accecata da ben altro, in questo momento, te l'assicuro.-
- Lucilla, ragione, per il Diavolo!- urlò allora Horus, girandosi furente - Lui prima o poi sarebbe morto, lasciandoti da sola! E allora cos'avresti fatto eh? Ti saresti uccisa! Ottimo, grandioso! Cristo, ma che avete voi donne nella testa eh? Tuo marito ha trovato una soluzione migliore, tutto qui...-
- Oh e una soluzione migliore sarebbe stata quella di farsi torturare e poi pugnalare al cuore?-
- Me l'ha chiesta lui l'immortalità!-
- Perché tu mi avevi colpita alle spalle.- gli ricordò, godendo nel vederlo sgretolarsi in tutte quelle sensazioni che di certo uno come lui non aveva mai provato - Sei stato bravo a dare una parvenza di scelta a chi invece non ce l'aveva.-
- Quindi ammetti che ho ragione.-
- Ammetto solo...- Lucilla si fece ancora avanti, ma virando verso una delle portefinestre del giardino.
Poggiò la mano su un vetro, fissando il chiarore dell'alba.
- Ammetto solo che questa volta, te la sei proprio cercato.-
Horus stirò le labbra - Mi stai minacciando Lucilla?-
- Voglio quel pugnale.-
Le pupille del demone quasi si dilatarono - Chi diavolo te l'ha detto?-
- La nonna.-
- Arcadia avrebbe...- Horus zittì, scoppiando poi a ridere senza alcun divertimento - Oh, questa è veramente bella. La zia avrebbe dovuto tenersene fuori questa volta. Che ti ha detto di preciso?-
- Tutto quanto.-
- Perché?-
- Perché sa quando non ricommettere gli errori del passato.-
- Stronzate, cugina.- sibilò Horus, pieno di disprezzo - Ti hanno appena permesso di suicidarti un'altra volta. Bhè, sai una cosa?- e le puntò il dito addosso, anche se lei gli dava le spalle - Non avrai mai l'anima di tuo marito. Non te la darò mai. Da qui a mille anni non vedrai mai quel pugnale.-
- Non bisogna mai essere troppo sicuri di se stessi.-
Horus sobbalzò, girandosi di colpo.
Sulla porta dell'ingresso, fra le tende che la coprivano, scorse...un'intrusa.
Lucilla sogghignò finalmente. Un sogghigno bieco, vendicativo. Maligno e soddisfatto, sentendo il fremito del cugino.
- Denise.- alitò Horus, incredulo - Cosa diavolo ci fai qui?-
La Loderdail rimase nascosta, anche se un raggio di sole venne catturato dalla ragnatela di cristalli e perle che le intrappolavano i lunghi crini bianchi.
- Lucilla, che significa?- ringhiò Horus.
La Lancaster carezzò il vetro, sentendolo liscio sotto le dita.
Incredibile come una cosa così bella fosse stata al contempo...così pericolosa.
- Lucilla. Ti ho fatto una domanda.-
- Lo so, Horus.- la Lancaster si girò col capo appena sopra la spalla, per guardarlo con la coda dell'occhio - Lo so che non mi darai mai quel pugnale. Ma io rivoglio l'anima di Tristan, Horus. Adesso.-
- Non è con la forza che otterrai qualcosa.-
- Chi dice che voglio usare la forza?-
Horus fissò Denise, tornando poi a puntare la cugina.
- Allora come mai la moglie di Caesar è qui? Non mentire Lucilla, non ne sei capace. Ma è meglio che vi avvisi, mie signore. Siete minorenni entrambe. Se vi mettete contro di me...non ci sarà scappatoia che vi salverà dalle leggi del Diacono.-
- E' paura quella che sento, Horus?- ironizzò Lucilla.
- Puoi non accettare quello che ti ho fatto, mia cara. Ora non mi capisci, lo so, ma un giorno lo farai. Credimi.-
- Dammi quel pugnale Horus. Te lo dico per l'ultima volta.-
- E io ti dico per l'ultima volta, Lucilla...che non farò mai nulla che faccia morire entro breve tempo tuo marito.-
Sembrava un padre che sedava i capricci della propria bambina.
Assurdo.
Solo che era stato lui a rompere il suo "giocattolo".
Era stato lui a rovinarle la vita.
Lui, solo lui.
Aveva quel pugnale, nascosto in un qualche buco in quell'orrendo palazzo.
La preziosa anima di Tristan, gettata via...come uno straccio.
- Ora puoi anche andartene, Lucilla.- mormorò Horus - La discussione è finita.-
Un suono di vetri infranti bloccò distintamente quella sua affermazione.
Basito, vide che sua cugina aveva mandato la portafinestra in frantumi.
Le schegge scintillavano a terra, cadendo in una cantilena acuta.
- Arrabbiarti non ti servirà a nulla.- le disse.
Oh, lei non era più arrabbiata.
Era solo...votata, di nuovo, a un obiettivo preciso.
Era cresciuta in questo modo, purtroppo.
Lucilla ne era consapevole, quando afferrò una scheggia di vetro piuttosto lunga e spessa fra le dita.
Fin da bambina aveva capito che il fine...spesso giustifica i mezzi.
E anche in quel caso, avrebbe fatto la differenza.
- Avresti fatto di tutto per non dover vedere mia madre morire, vero?-
Horus levò appena le sopracciglia.
- Certo, lo sai bene...ma cosa... LUCILLA!-
L'urlo e quel nome risuonarono come una folgore nella notte.
Denise, a pochi metri, vide il raso azzurro dell'abito di Degona Arcadia Harkansky macchiarsi nero.
La lama, piantata nel petto della Lancaster, sembrava solo pronta ad affondare di più.
E Lucilla, ansimando, col cuore che batteva all'impazzava, premette di più le mani contro il suo stesso corpo.
- Allora Horus?- sibilò con violenza - Ridammi l'anima di mio marito...o giuro che mi uccido...-

 

 

 

 

 

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Capitolo 36
*** Capitolo 36° ***


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Si guarisce da una sofferenza solo a condizione di sperimentarla pienamente.
(M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto)

Tutti gli uomini per necessità nascono e vivono infelici.
(G. Leopardi, Operette morali)

Non devi avere rimorsi. Certo, hai causato dolore. Ma chi può dire di avere attraversato la vita senza avere inflitto sofferenza? E tu hai dato anche gioia.
(H. Walston in una lettera allo scrittore G. Greene)








C'erano stati due grandi dolori nella lunga vita di Caesar Noah Cameron. Ma chiunque avrebbe potuto assicurare che gli erano bastati per tutta la sua interminabile l'eternità.
Il primo grande e profondo sconforto, avvenuto nel suo primo secolo d'esistenza, era stato la violenta morte della sua nonna materna, Mnemosyne, il demone più dolce e buono che lui avesse mai conosciuto.
Sua madre, appena venuto alla luce, si era ritrovata ad essere ancora troppo debole per badare a lui, un neonato dagli straordinari poteri e così era stata sua nonna ad accudirlo. I suoi primi ricordi erano legati all'abbraccio materno e a quello ancor più caldo e protettivo di Mnemosyne.
Ricordava i suoi occhi languidi e gentili, le dita insolitamente tiepide.
La ninnananna che gli cantava ogni notte, prima di metterlo a letto.
Sua madre Angel gli era stata molto devota, senza sapere come ringraziarla per tutto quello che aveva fatto.
E aveva pianto lacrime amare, piene di rabbia e rancore, quando la loro stessa famiglia si era rivoltata contro un loro membro consanguineo, uccidendo Mnemosyne. Era stato il padre stesso di Angel, il marito di Mnemosyne, a toglierle la vita.
Una famiglia di guerrieri e alchimisti ancestrali, gli Hellord Vin Fershall.
Caesar ricordava bene, la notte in cui svegliato da grida laceranti si era alzato dal letto, aveva oltrepassato stanze e corridoi e alla fine, in piedi sullo scalone di Old Cameron Manor, aveva visto lo spettacolo che nei suoi incubi, ogni tanto, ancora lo tormentava.
In piedi, un bambino minuscolo, che fissava il fondo della tromba delle scale.
Lì aveva visto il corpo di sua nonna.
Un colpo al petto, grondante una fontana di sangue nero.
Il collo letteralmente girato al contrario.
Sua madre che urlava vendetta, suo padre che cacciava dalla loro casa...suo nonno.
Non aveva più cercato di saperne il motivo. Perché aveva imparato a leggere le anime e i cuori molto presto.
C'erano state lotte sotterranee fra le due famiglie, lui stesso era stato ritenuto troppo forte, troppo potere per un bambino tanto piccolo. E gli Hellord Vin Fershall, non accettando che lui diventasse solo erede dei Cameron, avevano cercato di rapirlo. Sua nonna e sua madre avevano cercato di fermarli e alla fine, in una lotta senza quartiere per un erede, avevano "vinto" i Cameron.
Si era salvato. Sua nonna Mnemosyne no.
Ora c'era un'altra lotta per un erede, Caesar ne era conscio.
Ma quel vago sentore pestilenziale che gli si annidava in testa come un nodo di serpenti, non era legato alla nascita di quel figlio che il Diacono e i Loderdail pretendevano e che lui e Denise ancora non aveva provato a cercare.
No. Non era quello.
Era qualcos'altro.
Aveva quella stessa sensazione...la stessa che aveva provato quella notte, piccolissimo, alla morte di sua nonna.
E quella che...Imperia gli aveva impresso indelebilmente nelle vene, marchiandolo a fuoco, il giorno in cui si era uccisa.
Era un brutto presentimento.
Era...malaugurio.
Era un sentore di morte.
O forse...un proposito di vendetta.
E sapeva anche, per esperienza, che non c'è furia peggiore all'inferno di una donna tradita.
E non c'era furia peggiore all'inferno di Lucilla dei Lancaster, che cova vendetta.
Per questo senza stare a sentire i richiami di Arcadia Harkansky, era corso per Red Rose, cercando Lucilla e sua moglie senza trovarle. Per questo, sempre ignorando le sibilline frasi della padrona del castello, si era precipitati ad Harkansky Palace.
E lì, fra quelle mura, quel sentore si era tramutato nella più cruda realtà.
Era nell'aria, nelle fondamenta, fra le mura che sembravano stringersi attorno a lui come una morsa, mentre camminava rapidamente verso il punto da cui quel veleno stillava.
Ferire donne come Lucilla era come una gettare sale su una ferita già aperta da secoli e secoli. E mai rimarginata.
Lo sentiva anche da metri di distanza.
Era come se il corpo della Lancaster vomitasse ira, l'odio più nero e profondo che si fosse mai potuto immaginare, covato negli abissi del tempo.
La collera di una donna innamorata.
Ma la sentiva anche...sfiorire.
Sgretolarsi.
Le stava succedendo qualcosa. Stava male...
I suoi passi in corsa ridondarono per tutto il corridoio.
Erano nel giardino d'inverno.

Una cascata nera.
Una goccia dopo l'altra, in un tripudio al coraggio.
In un tripudio all'incoscienza.
Alla disperazione.
Il nero che impregnava e inumidiva il raso azzurro.
Fa male mamma...
Fa male...
Lucilla dei Lancaster deglutì, ignorando il dolore lancinante così vicino al suo cuore.
Ma in fondo...con una lama piantata nella carne, che lei stessa non faceva che premere e premere, spingendola a trapassare ogni ostacolo...e le gambe, che quasi minacciavano di cederle...poteva ritenersi ancora fortunata.
Proprio perché stava ancora in piedi.
E perché non era lei a strisciare per il terrore, nonostante fosse a un passo dall'abisso.
No, non era lei che guardava la lama di semplice vetro piantata nel suo seno con l'espressione sbarrata di un bambino piagnucolone.
Non era lei che rischiava di svenire alla vista di tutto quel sangue.
Ce l'aveva in pugno.
Completamente soggiogato.
Ai suoi piedi.
Vedere Horus piegato a lei e senza l'utilizzo della forza fece salire a galla un'emozione dimenticata.
Il piacere...nella sottomissione.
Perché lei era più forte.
Perché Horus aveva quel maledetto punto debole che lei aveva saputo sfruttare.
Perché sarebbe passata su qualunque cosa e su chiunque per ottenere ciò che desiderava.
"Tu sei innamorata del potere, Fiamma dei Lancaster. Come me."
Gliel'aveva detto Voldemort, tanti e tanti anni prima.
Tom aveva sempre avuto il dono di leggere le anime nere come lui, in fondo.
E non si era sbagliato.
Lo capiva solo in quel momento, con una lama vicina al cuore e la più pura e malsana soddisfazione a scorrerle nelle vene insieme al sangue.
Esaltazione, follia.
Lucilla se ne rese conto proprio allora, coperta di sangue, a godere delle suppliche dell'uomo che le aveva portato via l'amore. Di nuovo.
Era stato così anche con Voldemort.
Era inutile negare a oltranza.
In Horus rivedeva Voldemort.
Voldemort aveva le aveva strappato l'amore di suo padre e di sua madre.
Horus, che le aveva strappato l'amore di Tristan.
Ma ora quell'amore si confondeva.
Anche i volti di suo cugino e del suo ex marito, si mischiavano, perdevano di consistenza.
Era lei il problema.
"Sei innamorata della gloria, Lucilla, amore mio."
Anche Tristan gliel'aveva sussurrato, come la più gelida e la più cruda verità.
"Non schiacci gli umani solo perché sono insetti...mentre tu, ti credi una dea..."
Vanità.
Per perpetrare il suo piano aveva ancora coinvolto Denise.
Spingendola all'Incanto Fidelio, facendosi promettere che se non fosse riuscita ad arrivare abbastanza in profondità con la lama, sarebbe stata Denise a farlo per lei. A minacciare Horus, per ottenere ciò che a Lucilla stava più a cuore.
L'anima di suo marito.
L'anima di Tristan.
Così tanto più sacra e pura della sua...nera come l'inferno. Dannata dalle fiamme.
Le gambe le tremarono di nuovo, ma cercò di restare salda.
In bocca, sentì il sapore metallico del sangue.
Le sue labbra si erano sporcate di nero.
Horus non resse, distogliendo lo sguardo per un istante.
Tremava.
Oh, se tremava.
Il grande demone.
- Il grande burattinaio.- lo prese in giro Lucilla, ferocemente, ma con voce flebile e sottile - Ti sei creduto tanto bravo a incastrarmi così, vero? Io te l'avevo detto di non minacciarmi Horus...te l'avevo detto...ma non mi hai dato retta...e adesso tremi un coniglio...-
Il demone serrò la mascella, cercando di resistere a quella vista.
- Lucilla, smettila.- ansimò.
Lei rise. Un ghigno pietrificato, amaro.
- Tu pensi davvero di potermi dare ordini?-
Non aveva capito.
Ancora si ostinava a non farlo.
- Ora qui, gli ordini li do io.- mormorò la Lancaster in un soffio - Perché mi restano pochi istanti e poi giuro che getterò la mia vita al vento, perché senza Tristan non vale neanche un giorno in più. Perciò dammi quel pugnale...o avrai sulla coscienza anche me.-
- Io non posso farlo...-
- Oh, si che puoi...- una riga di sangue le scese lungo il mento - Dammi quel pugnale Horus.-
- Muoviti.- s'intromise Denise a bassa voce, senza staccarsi dalla parete contro cui si era appoggiata con la schiena nuda - Non hai molto tempo Horus.-
- Ma tu con che coraggio hai accettato?- le urlò Horus furente, a occhi sbarrati.
- E' sorprendente il coraggio che uno scopre di avere...- rispose la Loderdail con sussiego -...quando decide di liberarsi del veleno che chi ci ama...- e rise, con scherno -...pensa di offrirci come miele. Non pensi?-
Harkansky ormai boccheggiava.
Se avesse respirato, probabilmente avrebbe capito cos'era quella sensazione di strozzamento, al livello della gola.
Era la paura.
Era l'angoscia.
Era il sangue del suo sangue, che ora macchiava il pavimento di marmo.
Un gemito e la lama che Lucilla teneva fra le mani andò più a fondo.
S'inarcò leggermente, languendo.
- Muoviti.- ringhiò allora, sprizzando collera dalle iridi ghiacciate - Muoviti Horus...non farmelo ripetere...-
- Non lo faresti...- sussurrò lui, cercando vigliaccamente di aggrapparsi all'ultima sua possibilità - Non ti uccideresti. Hai una figlia... non la lasceresti da sola.-
- Non dire sciocchezze.- ridacchiò Lucilla, come un'invasata, stravolta dalla sua stessa carne dilaniata - Mia madre si è lasciata uccidere e mi ha lasciata da sola. I nonni mi hanno lasciata sola. Io ho il vostro stesso sangue. Cosa ti fa credere che m'importi davvero qualcosa di mia figlia?-
Horus serrò le palpebre.
Non riuscì quasi a sentirla continuare.
- Io rivoglio mio marito.-
Lui scosse il capo.
- Ora.-
- No, no, Lucilla...-
- Dammi quel pugnale Horus!-
Dopo quel grido della Lancaster, Denise ebbe la frazione di secondo necessaria per rendersi invisibile.
Poi le porte del giardino d'inverno di spalancarono.
E un turbine di vento gelato invase la grande stanza, mandando in frantumi tutte le superfici delicate, crepando muri e colonne, strappando le tende, spegnendo le candele.
Da quel bagliore, apparve Caesar che rimase impalato fra i due parenti.
La bocca arida, le pupille quasi dilatate...e il ricordo, nella sua follia.
Sangue.
Pugnale.
La perdita di ogni speranza.
Ma quello non era il suo passato.
E non era Imperia quella che si stava suicidando per amore.
Di colpo, come quel giorno in cui era caduto l'anniversario della morte di sua moglie, la collera lo travolse.
Così forte e profonda che quando rialzò lo sguardo, Lucilla avvertì la voce di un padrone assoluto in testa.
- Metti giù quella scheggia.-
Era un ordine.
E lentamente, digrignando i denti, Lucilla iniziò a muovere indietro la lama di vetro.
- Ti ho detto...- tuonò Caesar, usando ogni briciola del suo potere - Di metterla giù...-
Si, era la voce di un padrone.
Più profonda dell'abisso, più irresistibile di un canto ammaliatore.
- Lucilla...ubbidiscimi!- scandì Cameron, con violenza.
- Falla smettere, ti prego!- lo supplicò Horus, aggrappato a una colonna - Sbrigati!-
La lama continuava a retrocedere.
Lucilla avvertì il punto di rottura...ci era vicina.
- D...Denise!- ansimò ad alta voce, facendosi sentire oltre il fischio del vento provocato da Caesar, nella sua furia cieca.
Il nome riecheggiò a lungo, rimbalzando su ogni vetro infranto.
Il vento lo risucchiò e se lo portò via.
E Caesar lo risentì quando si ritrovò la moglie di fronte, avvolta in quel turbine d'aria.
Bellissima, con gli abiti che le svolazzavano attorno alle forme snelle e sinuose, i capelli sollevati in un ventaglio, che arrivò ad accarezzargli il viso, mentre lei glielo prendeva fra le mani tiepide e lisce.
Seppe come fermare la sua ira.
Usò ogni mezzo.
Anche quello più freddo e letale.
- Perdonami, amore mio.- gli sussurrò, a un dito dalle labbra socchiuse - Ma farà più male a me che a te.-
Intravide i suoi occhi.
Vide il suo rammarico.
Il pentimento, ancora prima di compiere il suo dovere verso Lucilla.
Perché sua moglie gli si strinse contro, gettandogli le braccia al collo. Aderire completamente al suo corpo, mozzandogli il fiato, facendogli salire il cuore in gola.
E poi baciarlo, premendo la bocca umida contro la sua, senza cercare di forzarlo a schiudere le labbra.
Perché non voleva.
Non voleva baciarlo in realtà.
Caesar lo capì quando sulle sue palpebre sgranate cadde un pesante velo nero.
Era una ladra, sua moglie.
Avrebbe dovuto ricordarselo.
Perché come gli aveva rubato il cuore e l'amore, gli ridiede qualcosa che gli aveva rubato con un bacio e manipolato crudelmente.
Un ricordo.
Uno straziante spaccato della sua eternità.
Con le mani alla gola, Denise si fece indietro, singhiozzando. Perché Caesar iniziò a urlare, piegandosi improvvisamente in due, cadendo a terra in ginocchio, con la testa artigliata fra le dita.
E più urlava, più la Loderdail vedeva sfuocato.
- Ti prego Lucilla...sbrigati...-
- Caesar!- gridò Horus, cercando di soccorrerlo, ma Cameron rimase a terra...e Lucilla, che era rimasta immobile attendendo che la magia imperatrice di Caesar cessasse, riprese implacabile la sua opera.
Affondò la scheggia nel suo petto con un unico colpo, arrivando tanto in profondità e vicino al cuore da credere davvero di aver esagerato.
Un fiotto di sangue schizzò di nuovo il pavimento, già inondato di liquido nero e denso.
Fra le grida disperate di Caesar, intrappolato nella distorsione del ricordo creato da Denise, l'ululato del vento riprese più forte di prima. Tutte le porte sbattevano, si udivano delle voci allarmate per tutto il palazzo, il soffitto scricchiolava...
Il caos, il pavimento che vibrava.
Tutto stava cedendo.
- Non farlo...- ansimò Horus, guardandola supplichevole attraverso le tende che erano state risucchiate nel vortice e che coprivano la visuale di sua cugina - Ti prego, non farlo...-
- Dammi quel pugnale...- sussurrò la voce di Lucilla, in mezzo al latrato della magia.
Il soffitto si spaccò davvero.
Fra Horus e Lucilla precipitò il grande lampadario di cristalli, che però non superò in rumore le urla degli abitanti del castello che stavano cercando di entrare.
Ma senza riuscirci.
Inginocchiato a terra invece, Caesar si fece forza sui palmi.
Vedeva sua moglie, vigile, in piedi sopra di lui, che si stava asciugando il volto.
E attraverso la distorsione del suo stesso ricordo...non Lucilla, che si uccideva con un pugnale.
Imperia.
Tutto era tornato indietro.
A ottant'anni prima.
I capelli quasi biondi della sua prima moglie, lunghi a coprirle le spalle nude.
Il suo sorriso.
La lama, stretta fra le sue dita.
Ma poi...poi tutto cambiò di nuovo.
Perché si accorse che quella che stava lì di fronte a lui, col petto squarciato e febbricitante d'amore, non era Imperia.
Non era Imperia.
Era...era Denise.
- Lucilla...- Horus urlò di nuovo, attaccato saldamente alla stessa colonna dietro a cui si era riparato dalla caduta del lampadario - Ti prego! Devi ascoltarmi! Non voglio che tu muoia!-
- Il pugnale!- ripeté lei, in una cantilena stonata.
- Horus, per l'amor di Dio, fa quello che ti chiede!- strillò Denise, accucciata su Caesar con tutto il corpo per proteggerlo - Ridalle quel pugnale! Ridalle l'anima!-
Su Harkansky Palace si era addensata una tempesta nera, affusolata come un imbuto, larga, a spirale.
I demoni che la videro da lontano, ognuno dalle loro sponde, ognuno dagli angoli più riparati della terra, pensarono all'imbuto che si apriva sull'inferno.
E questo, si era rovesciato proprio dov'era nata una furia diabolica.


"E' carina casa tua..."
Damon Howthorne ridacchiò, spostando per un attimo l'attenzione dalla marmaglia di cadaveri inferociti che lo attorniavano.
In fondo avrebbe dovuto aspettarselo, no?
Ogni buon psicotico, venendo a sapere della morte del proprio terapista, avrebbe reagito come la ventina di Non-Vivi che erano scoppiati in un urlo apocalittico, quando l'avevano visto rientrare in casa formato trasparente, con una lucina sulla testa.
Se non altro, se Damon aveva dovuto tapparsi le orecchie per non subire quelle lamentale del tipo "Ma come hai potuto farti ammazzare quando noi abbiamo così tanto bisogno di te?!" oppure "La vita è un bene prezioso, tu per primo dovresti saperlo! E ora io come l'avviso mio nipote che non deve sposare quel travestito?", Sargas invece si era trovato subito a suo agio. Perché finalmente qualcuno lo vedeva, perché una gentile vecchietta gli carezzò la testa dicendogli che era un giovanotto bellissimo che avrebbe fatto girare la testa a un sacco di ragazze. Ma sopra ogni cosa, al piccolo spuntò un sorriso che rivolgeva sempre e unicamente a suo padre, seguendolo giornalmente come un pulcino.
Comunque la novità degli altri fantasmi l'aveva disinteressato presto, così, mentre Damon subiva lamentele e recriminazioni dai suoi coinquilini che non ebbero nemmeno la decenza di fargli le condoglianze, anche se tecnicamente non era morto, il piccolo Malfoy iniziò a girellare per l'appartamento.
Lo trovava piccolo, in confronto alla Lucky House.
Non c'erano neanche degli elfi.
Però era pieno di gente e la cosa gli piaceva abbastanza.
Le persone in quell'appartamento almeno non lo ignoravano come quell'antipatica di Glory, pensò, salendo sulla mensola di una finestra e spiando fuori, verso Hyde Park.
Già. Loro erano gentili.
Anche Faith e Cosmo erano simpatici.
Anche Lucas...quando giocava col fuoco.
Ma lui stava sempre insieme a Glory, la seguiva, le parlava nell'orecchio, non faceva che difenderla e urlargli dietro ogni qual volta le spaventava un po'...che rabbia.
Era proprio odiosa sua sorella.
Lo ignorava, non gli parlava mai!
"Ciao piccolo."
Sargas si girò appena, posando il musetto palesemente annoiato da quella baraonda su Nora.
La strega dai capelli rossi lo studiava, sorridendogli.
"Parli con me?"
La ragazza rise, sedendosi accanto a lui "Ma certo. Sei nuovo?"
Sargas alzò le sopracciglia bionde "Eh?" borbottò, senza capire.
"E' con me, Nora."
La strega annuì all'informazione urlatale da Damon, sommerso dai moribondi, letteralmente parlando, e tornò a studiare il piccolo. Sembrava essere abituato a starsene da solo.
"Quanti anni hai?"
Sargas alzò la manina con le cinque dita ben aperte "E tu?"
"Ventidue...almeno, li avevo. Mi chiamo Nora."
"Sargas Malfoy." fece il piccolo mago, computo e orgoglioso "Sei amica di Damon?"
"Si, mi aiuta..." spiegò la strega, sorridendo con triste dolcezza "E io aiuto lui."
"Anche i tuoi genitori tu ignorano?"
"Come?"
"La tua mamma e il tuo papà fanno finta che non ci sei?"
Ancora non lo sapeva.
Era solo un bambino.
Era così piccolo...
"Eccovi qui." Damon apparve improvvisamente accanto a loro, con le mani pallide posate sui fianchi "Grazie tante per avermi mollato nelle mani degli psicotici. Allora, che diavolo state facendo?"
"Cosa stiamo facendo noi?" sibilò Nora "Merlino Damon, sei quasi morto, sei in coma e ti presenti qui con quella faccia tosta? Si può sapere che diavolo è accaduto?"
"Niente, quella che molto probabilmente ha preso le sembianze di Tom quel giorno a Diagon Alley e ti ha uccisa, ha centrato anche me e Tom l'altra notte."
"Chi è Tom?" allibì Nora.
"Il cugino del papà?" riecheggiò Sargas, per poi fissare la strega, stranito "Tu sei morta?"
"Ecco io..." la Moore e Damon si scambiarono uno sguardo triste, sospirando.
"Sentite ragazzi, ho un'idea. Io vado da Dorothy, al St. Clemente Hospital. Volete venire con me o preferite restare qui a darvi a questo scorcio di follia di massa?"
"Io voglio andare dalla mamma." Sargas gonfiò le guance, seccatissimo "E voglio che mi fai parlare con lei!"
"Mi piacerebbe, ma non vedono neanche me adesso."
"E andando da Dorothy pensi che cambierà qualcosa?" lo incalzò Nora "Tu dovresti stare con Neely adesso, invece che perdere tempo in giro per quel maledetto ospedale. Stai per diventare padre, lascia perdere questa gente...ne riparleremo quando starai di nuovo bene e quando Neely sarà in uno stato di minor prostrazione....grazie a te..." si alzò, dandogli soddisfatta una pacca sulla spalla, ora che a livello corporeo erano uguali "Io spedisco gli sbandati a fare un giro. Vi aspetto di sotto."
Il silenzio finalmente tornò a regnare qualche minuto più tardi.
Cacciare via gli spiritati era stato peggio del previsto per Nora, ma la parte più difficile non era rappresentata da chi sapeva di essere ormai solo un ricordo. Il problema era chi...viveva nell'incoscienza.
E purtroppo quel qualcuno era un bambino, che non voleva staccarsi dai suoi genitori e che faceva scherzi alla sorellina perché pensava che lei volesse ignorarlo.
Chissà perché, ma ora che sapeva come ci si sentiva a essere ignorati, invisibili, senza alcuna voce in campo...aveva sempre meno voglia di aiutare gli altri a trapassare. Ne aveva basta, era così stanco, ed era solo un giorno e mezzo che si trovava in quelle condizioni.
"Senti piccolo..."
Si lasciò andare seduto sul divano, passandosi le mani sul viso "Devo dirti una cosa."
"Cosa?" fece Sargas, per nulla interessato.
"...Tutte le persone che erano qui prima...quelle che ti hanno visto...e che ti hanno parlato..."
"Si, loro non m'ignorano."
"Sargas, quelle persone sono tutte morte."
Il bambino si girò subito verso le finestre, fissando ostinatamente fuori.
Puntava gli occhi grigio argento, tempestosi come un tornado, sulle cime di Hyde Park.
"Io papà mi fa gli uccellini di carta."
Damon deglutì, desolato "Sargas..."
"E la mamma la notte mi chiama, quando dorme."
"...Loro ti pensano. Ma non ti vedono, piccolo. Anche Glorya non ti vede."
"No, lei m'ignora, non mi vuole. Vuole il papà, la mamma e Lucas tutti per lei."
"Sargas, i tuoi genitori ti vorrebbero con loro con tutto il cuore. Ma purtroppo indietro non si può tornare."
"No." Sargas sbarrò le iridi ora divenute piombo colato, iniziando a far traballare tutti gli oggetti del salotto "No, sei un bugiardo! Io non sono morto! Perché la mamma e il papà mi vogliono bene!"
"Anche loro vorrebbero che fosse diverso...ma non ti vedono, non possono sentirti..."
"Sono tutte bugie!"
Il bambino strillò forte.
E tutte le foto sulle mensole caddero a terra, dopo aver traballato.
Cadde anche un quadro e le lampade si accesero e si spensero, a intermittenza.
Del piccolo Malfoy rimase solo l'eco.
E quelle luci.
Accese e poi spente. Accese ancora. E di nuovo spente, fino a che non si bruciarono le lampadine.
Per lasciare Damon con peso del suo ennesimo fallimento.


Calò di nuovo il sole, passo un'altra giornata e al San Mungo, battuto da un vento acuminato come una lama, gli alberi erano scossi come foglie autunnali. I rami sbattevano contro le vetrate, le ombre contro le mura avevano assunto sembianze quasi spettrali.
Ogni passo, ogni mago e ogni strega, contro quelle pareti, sembravano un esodo di ombre.
Nella camera di Damon, il cui corpo era ancora piegato a occhi sbarrati in un letto di dolore, Thomas Maximilian Riddle stava seduto accanto alle sue sponde, avambracci lasciati andare sulle ginocchia, la testa fra le mani, il respiro pesante.
E poche idee, rimaste a consolarlo coi suoi propositi di vendetta.
Più vivi che mai.
- Perché lasci che questa cosa ti pieghi così?-
Tom socchiuse le palpebre, tenendo il volto nascosto.
- Tu non capisci.-
- No, infatti.-
Inspirò forte, allungando una mano verso il letto. Per poi stringere forte quella di Howthorne.
Inerte.
- T'interessa davvero?-
Le bianche iridi di Vlad saettarono da un angolo buio della camera.
- No, in effetti, no. Ma se si gioca in squadra, tanto vale che ti stia a sentire.-
- Mi aiuterai?-
Tom finalmente sollevò appena il mento, girandosi alla sua sinistra.
Pochi attimi, lo sconforto, il gelo, la rabbia.
Tutti mescolati insieme.
In un grumo letale.
E intossicante.
- Perché lasci che il suo stato ti distolga dal tuo obiettivo?- gli richiese Vlad, a bassa voce, senza alcuna inflessione.
- Perfino tu dovresti sapere la risposta.-
- Probabilmente ti faresti piegare dalla morte di chiunque.-
- Probabilmente.- annuì Tom, lasciandosi andare contro la sedia - Ma non si tratta della mia dubbia sensibilità.-
- Allora è per lui.-
- Ovviamente.-
- Che ha di speciale?-
Semper Fidelis.
- Lui mi ha scelto.- mormorò Riddle in un soffio, posando lo sguardo oltre le finestre da cui filtrava una luce debolissima.
- A tutti i Veggenti è dato questo grande dono.-
- No, non a lui.-
- Perché sarà un Pacificatore?-
- Perché sapeva chi ero, il mio nome, quello di mio padre...e in me ha visto comunque qualcosa di buono.-
Un sorriso debole, quasi incerto, piegò le labbra del demone.
- Che sentimentale.-
- C'è stato anche quando non avevo bisogno di lui. Mi ha rimesso in piedi mille volte. E non mi ha spaccato la faccia quando gli ho mentito, otto anni fa. E' un fratello per me.- passò un dito sullo spesso anello di fidanzamento di Damon, sentendolo liscio al tatto - Sta per diventare padre...-
Vlad tacque.
Lo lasciava parlare.
Era sempre stato così.
In fondo un fiume di parole, erano irritante di quanto si pensi.
Perché fra tante frasi inutili, c'è sempre quella che dà a tutto un senso.
- Lo rivoglio indietro, Vlad.-
- Se rivolessi indietro la tua libertà con lo stesso ardore, a quest'ora quella donna sarebbe già sotto terra.-
Tom richiuse gli occhi.
Conscio che era vero.
Vlad aveva ragione.
- Tu non desideri vivere libero abbastanza da sporcarti le mani.-
- Il problema è che non so se ne vale davvero la pena.-
- Credevo che lei ti avesse fatto cambiare idea.-
- Intendi Claire?-
- Il fatto che potresti riaverla non ti basta per desiderare di nuovo la libertà?-
- Il problema è che la mia libertà sarà sempre legata al mio nome. Non farei il bene di Claire, chiedendole di sposarmi.-
Stavolta una risata acida del demone ebbe il potere di farlo tremare.
- Guardati allo specchio, quando ti dici queste cazzate Tom. E vedrai un codardo.-
- Lei ha il diritto di vivere tranquilla.-
- La bionda ha il diritto di scegliere che idiota sposare. E tu hai il diritto di respirare aria pulita. Ma il diritto di vivere...quello spetta a uno che non si lascia scorrere addosso la sua infame vita mortale. Tu non vuoi vivere libero...perchè prima di tutto tu non hai più neanche voglia di vivere e basta. Ecco il tuo fottuto problema.-
Un leggero bussare alla porta, bloccò sul nascere la rancorosa riposta di Riddle.
Girandosi entrambi, i ragazzi videro Draco sulla soglia.
Non dormiva da un pezzo, ma a parte i segni violacei che gli regalavano un aspetto veramente inquietante, sembrava lo stesso di sempre.
- Novità?- chiese Malfoy, con tono roco.
- A Riddle House abbiamo fatto un buco nell'acqua.- sussurrò Tom, tornando a fissare Damon a letto - Ma un tizio ci ha seguito. Lo stesso che Milo ha fiutato mentre eravamo in Camargue. Secondo Asher puzzava d'incenso.-
- Tutto il Quartier Generale è appestato della fumina di Duncan.- sibilò Draco, quasi con noncuranza.
- Già.-
- Quindi pensate sia un Auror?-
- O un impiegato del vostro livello.-
Trovando inutile stare a discutere con suo cugino, che Malfoy vedeva prostrato nel fisico e nello spirito, se ne andò senza aggiungere altro, chiudendo la porta alle spalle.
- Come sta?- chiese Harry, appostato lì accanto.
- Potrebbe stare meglio.- rispose il biondo, tirandosi indietro i capelli dalla fronte, stanco, stremato - Il capo che ha detto dal Ministero?-
- Ha mandato un messaggio a Ron ed Efren mezz'ora fa.- gli spiegò Potter, quando si fermarono nel corridoio dove si trovava la stanza singola di Hermione - Sono andati a parlargli in ufficio. Pare che Dibble abbia confermato cinque squadre che controllino Riddle House. Giorno e notte.-
- Non serve a un cazzo senza la mezzosangue e una ventina di Sensimaghi.-
- Vaglielo a dire.- Potter fece un cenno a Kingsley, che se ne stava andando con Austin Gray - Ci andrà Ron a parlare non appena tutti i giornalisti la smetteranno di bloccare l'ingresso al Ministero. Sono arrivati anche dei messaggi dall'Ordine...- e lo disse a fatica, visto che ancora non credeva possibile che ne fossero rimaste solo delle macerie - C'è andata Tonks, per cercare delle tracce. E sai una cosa davvero divertente?-
- Devo ridere?- sibilò Draco, acidamente.
- Tonks non si spiega come mai...la palazzina intera sia scomparsa.-
Silenzio.
Malfoy, che stava per accendersi abusivamente una sigaretta in mezzo alla corsia, rimase con la cicca a penzoloni dal labbro inferiore. Se la tolse, facendo la faccia di chi crede di aver capito racchetta per bacchetta.
- Prego?- riecheggiò, tetro.
- C'è un buco. Si.- fece Harry, soave - Fra il 10 e il 14. Un buco di venti metri e mezzo di palazzina sparita. E non è un incantesimo. C'è proprio il vuoto.-
- Sfregiato...mi stai dicendo che un drago s'è mangiato Casa Black?-
- Io ti sto solo dicendo che ora lì ci passa l'intero uragano Mary.- sorrise Potter, melenso, visto che ormai non poteva stupirsi più di niente, neanche se fossero caduto dal cielo dei water insieme alla neve e alla grandine - E adesso scusa Malferret ma credo che andrò a casa a controllare che J.J. non abbia messo su una bisca, per tenere lontano i Folletti Controllori. Torno appena posso. Ah...un'altra cosa.- si dette una pacca sulla testa, maledicendosi perché stava proprio per dimenticarselo - Silente e Sirius si sono accordati perché tutti gli oggetti mistici che c'erano all'Ordine e che sono sopravvissuti all'esplosione, venissero spostati a casa nostra.-
- Che cosa?- berciò il biondo, sempre più sbigottito - Ci riempiranno i sotterranei!-
- Dirò ai facchini di stare lontano dalle tue stanze di tortura.- ironizzò il moro, pronto a dileguarsi - Ci andrà qualche ora perché facciano il trasloco, io vado a vedere come procede. Bacia Herm da parte mia.-
- Contaci.- fu il grugnito sarcastico del biondo, quando si dettero le spalle.
A dire il vero, c'era ben poco da ridere.
La giornata era stata un delirio di visite e non tutte piacevoli. A cominciare dagli avvocati di Trust, che avevano fatto il diavolo a quattro con Duncan, che era venuto unicamente per recuperare le cartelle mediche di tutti i suoi Auror. Fra le loro urla, quelle di Oliver e poi quelle della duchessa Mary King, che aveva pregato Oliver di non esagerare con le sue premure con Cloe, era finita che gli unici a rimetterci erano stati i malati.
E poi l'umore di sua moglie era peggiorato con l'arrivo di suo padre.
Aveva accolto tutti, nonostante non apprezzasse farsi vedere tutta bendata, con cortesia e savoir faire.
Ma se aveva quasi dato un bacio in fronte a Lucius, a momenti aveva a malapena salutato suo padre.
Scott Granger aveva fatto finta di non prendersela, ma era chiaro che i loro rapporti si stavano ormai deteriorando.
Lui trovava sciocco...rifiutare quell'uomo fino a certi livelli.
Provare tanto astio...tanto rancore.
Se non altro, si era limitato ad abbandonarla.
E non a ucciderla.
- Grazie tante.- ringhiò sua moglie fra i denti, quando glielo disse con aria quanto mai candida - Ma vall'inferno Draco! E doveva solo provarci a uccidermi perché sono nata strega! La sua pelle di babbano l'avrei usata per farci un tappeto!-
- Non c'è bisogno di decadere nel cattivo gusto.- commentò lui, serafico, seduto dall'altra parte del letto, mentre sua moglie carezzava la testolina di Glory, addormentata profondamente e abbracciata a lei, desiderosa della mamma, per una volta.
- Senti da che pulpito.- sibilò, sempre più nervosa - E poi chi ti ha detto che volevo vedere gente?-
- Purtroppo la seccatura dei parenti è che, quando finisci mezza morta sotto le macerie di una palazzina, vengono a vedere come stai. Non tutti almeno...Black e Malfoy mandano un cesto di frutta. E gli italiani mandano ancora fiori...- ruggì poi, fregandosene di abbassare la voce, vedendo un enorme mazzo di girasoli su un mobile lì accanto - Dov'è il biglietto mezzosangue?-
- L'ho fatto sparire.- sospirò lei, roteando gli occhi.
- Che c'era scritto?-
- Affari miei, no?-
- Come affari tuoi?- sbottò, lasciando che ridesse a crepapelle - Mezzosangue, cominciano a girarmi sul serio adesso. Quello non può entrare in casa altrui e farsi i suoi porci comodi, va bene?-
- Glielo farò presente tesoro.-
- Al diavolo.-
Ci fu una folata di vento, simile a un ululato. I rami di un grosso sempreverde sbatterono violentemente contro la finestra della stanza, quasi scheggiando i vetri e Glory, per un secondo, sobbalzò nel sonno. A seguire, si strinse forte alla vita della madre, affondando il visino contro il suo seno.
Mugugnò qualcosa, poi il suo sonno tornò tranquillo.
Ma ora, notò Hermione sollevando appena le iridi dorate da sotto le lunghe ciglia, a essere nervoso era suo marito.
Sembrava letteralmente sfrigolare, da qualche giorno.
Anzi. A dire il vero, sia Draco che Glory da qualche giorno sembravano diversi dal solito.
E purtroppo, ne aveva intuito il perché.
Ma se lui si chiudeva...allora sarebbe stato anche peggio, perché lei non era sicuro di essere in grado di avere la forza per difendere Glorya...da Sargas.
- Quando ne vogliamo parlare?- mormorò a bassa voce, perdendo tutta la sua aggressività.
Draco, per tutta risposta, ebbe un bagliore freddo nello sguardo.
- Perché, ne vuoi parlare?-
- Questa non credo di meritarmela proprio.- sussurrò la strega, continuando a carezzare i capelli a Glory - Non sono proprio un disastro come madre.-
Lui, sentendosi in verme, ebbe almeno la decenza di arrossire vagamente, spostando la sua attenzione alla furia di un vento che sembrava voler sfondare anche le finestre e le mura del San Mungo.
- Mi dispiace.- fece, con tono rauco e con evidente fatica.
- No, non è vero che ti dispiace.-
- Sono mesi che ti prego di farmi parlare con Damon. Ma tu rifiuti sempre.-
- E quindi se ora il bambino se l'è presa con Glory è colpa mia, vero?-
Lui la fissò.
Finalmente l'ammetteva.
Il bambino c'era.
Sargas era lì con loro.
- Mi farai parlare con Damon?- le chiese, senza tanti preamboli.
Sarebbe stato meglio morire, pensò Hermione, serrando senza accorgersene un braccio attorno alla vita della figlia, schiacciandola protettivamente contro il suo corpo. Si, sarebbe stato meglio morire cento volte, che fare i conti col bambino che aveva perso.
A causa sua.
A causa della sua maledizione.
- Voglio una risposta Hermione.- perseverò Draco, alzandosi in piedi - Perché non posso andare avanti così. Ma sopra ogni altra cosa, non tollererò che succeda qualcosa a Glory. Te l'ho giurato quando è nata. Lei è sopra ogni cosa, insieme a te. Ma ho bisogno del tuo aiuto in questa storia...o andrà tutto in rovina.-
Stava già andando tutto in rovina.
Perché lei non riusciva a fare nulla per recuperare il tempo perduto.
Perché soffriva notte e giorno.
Perché non riusciva a confortare lui.
Né a proteggere sua figlia.
Era indegna anche di stare seduta lì, abbracciata a loro due.
- E non voglio perdere più nessuno.- fu l'ultima parola di Malfoy, in piedi, al suo fianco, a scrutare con amore entrambe. Si chinò, sfiorò la fronte della bimba con un bacio, mentre le labbra della moglie con tutto il trasporto di cui era capace.
Eppure si staccò, seppur facendosi violenza da solo.
- Pensaci.- le disse, chiudendosi di nuovo a riccio - Perché così non si può più andare avanti, mezzosangue.-



Red Rose, Islanda.
Lucilla dei Lancaster emise un pesante lamento, quando sua nonna Arcadia le premette con forza un panno di seta bianca sul seno, che subito s'impregnò di denso sangue nero.
Il suo lamento fu straziante, ma sua nonna non smise di fare pressione, lasciando che la nipote si divincolasse trattenuta saldamente da un'ancella, un giovane demone dalla pelle alabastrina e con le iridi completamente rosse, quasi rosa.
- Ho quasi finito.- sussurrò Arcadia, imprecando quando sua nipote per poco non riuscì a spingerla via - Andiamo, ancora qualche istante, cerca di resistere maledizione!-
Ombre.
Ombre contro le pareti, che si muovevano.
Quasi in una danza.
Lucilla languiva, come le candele che erano state accese in quella vecchia stanza.
Le tende non erano più tirate.
Non c'erano più pesanti lenzuola bianche, simili a fantasmi, sui mobili.
C'era ancora quel profumo...
Tenue e appena percettibile.
Ma impossibile da scordare.
Il profumo di sua madre.
Una lacrima le rigò la guancia, mentre serrava forte i pugni sui guanciali, mordendosi il labbro.
Ma la magia di sua nonna era rapida.
Agiva in fretta. Poi, finalmente, il suo cuore parve placarsi. Continuò a battere. Ma ora non voleva più sopraffarla. Non voleva più ucciderla. E la sua ferita si rimarginò. Il sollievo la invase, simile al piacere. Lasciandola ricadere, come sotto la grazia di un pesante narcotico, in un mondo di annebbiamento, di silenzio, di morbidezza.
La fiamma di una candela sfrigolò, risvegliandola.
Sua nonna e alcune ancelle stavano di fronte alla porta dell'immensa stanza che Lucilla sondò con occhi pesanti.
Librerie titaniche, che arrivavano fino all'altissimo soffitto. E tanti...tanti mappamondi. In legno, intarsiati di rame, con basamenti di piombo e filigrana. E mensole...piene di oggetti d'uso comune, fra cui perfino una statuetta di fattura babbana. Forse erano solo ricordi, pensò Lucilla, prima di richiudere le palpebre.
- Come stai?- le chiese una voce, alla sua sinistra.
La Lancaster deglutì, cercando di ritrovare la voce - E tu?-
Denise, rannicchiata su una poltrona, più pallida del solito, sorrise. Ma non c'era gioia, né soddisfazione in lei.
- Forse mi chiederà il divorzio.-
- Sciocchezze.- e si volse, muovendo il capo a fatica - Come stai?-
- Controllare i suoi ricordi è stato devastante. Non credevo avesse tanto potere. E' tanto se non sono morta.-
- Perdonami.-
Denise scosse il capo, stavolta con convinzione - No. L'ho fatto perché volevo farlo.-
- Dov'è il pugnale?-
- Lo conservo io.- la rassicurò la demone - Ti accompagnerò a casa e lo terrò al sicuro.-
- I miei poteri?-
- Torneranno entro una settimana.-
Arcadia era tornata alle sponde del letto di sua figlia Degona, dove Lucilla cercò di mettersi a sedere, gemendo come un animale ferito a morte. L'aiutò, sistemandole i guanciali dietro alla schiena, dopo di che si sedette.
- Ora ascoltami. Hai perso molto sangue. E molta energia. Ci vorrà una settimana perché tu sia in grado di fare di nuovo magie. Ma non sei indifesa. Il tuo corpo reggerà perfettamente, hai ancora la forza fisica. Devi solo riposare molto.-
Un sospiro e il sollievo invase una seconda volta la Lancaster.
Quasi non riusciva a crederci.
Ma finalmente...era finita.
Aveva voglia di piangere.
Di consumarsi gli occhi fino a diventare cieca.
Perché ora veniva la parte difficile.
Ora doveva tornare a casa da Tristan...e affrontarlo.
Ora doveva fare i conti col tradimento di suo marito.
E con le sue debolezze, i suoi errori. Perché lei ne aveva commessi così tanti...
E il profumo di sua madre in quelle stanze, che comprendevano uno spogliatoio e un soggiorno privato che occupavano metà del castello, non facevano che farla soffrire per la mancanza di quella parte così importante della sua vita.
Della sua famiglia.
Sua nonna le carezzò la spalla, vedendola a un tal punto di prostrazione.
- Devi resistere ancora, nipote.- le disse, mentre le ancelle uscivano con discrezione - Hai lottato fin qui. Non buttare tutto all'aria. Ne vale la pena. Quel ragazzo s'è fatto ammazzare per te.-
- Il problema è questo.- s'intromise Denise, distogliendo lo sguardo.
Lucilla la fissò, debole ma...ormai conscia di ciò che si provava. Amando un uomo...che spaccava il cuore con la sua leggerezza e per il suo stesso immenso coraggio.
- Non si dovrebbe mai morire per la persona amata.- continuò la Loderdail, con tono spezzato - Non è una dimostrazione d'amore quella. E' solo sacrificio. Anche un cane è capace di sacrificarsi per il padrone. Si dovrebbe lottare per vivere insieme, per vivere fino alla fine dei propri maledetti giorni.- ora, furente, serrò i palmi sui braccioli della poltrona di damasco - Morendo, si lascia all'altro un ricordo fasullo. Si diventa fantasmi.-
Dopo un istante d'imbarazzo, Lucilla fu vicina a carezzare la guancia di quella forza della natura, ma Arcadia schioccò la lingua. In maniera molto poco sensibile.
- Sapete qual è la maggiore causa del divorzio?- bofonchiò Lady Harkansky.
Denise e Lucilla sbatterono le ciglia.
- La ex mogli perfette?- abbozzò la Loderdail.
- Le governanti?- frecciò invece la Lancaster, acida.
- No, tesori miei.- Arcadia sogghignò, quasi con perfidia - Il matrimonio.-
E infatti.
Da fuori, oltre i battenti piuttosto pesanti della stanza da letto di Degona, iniziò a sentirsi un casino apocalittico.
Voci maschili inferocite si mescolarono le suppliche delle ancelle e tempo un istante, planarono sulla soglia sia Caesar che Julian. Tampinati dalle ancelle, da Dena e da William.
Il tutto in un continuo starnazzare, minacce e licenziamenti.
Quando Degona, esasperata, corse dietro alle ancelle in lacrime e William capì che era meglio levare le tende...bhè, rimasero in cinque lì dentro. E la parte maschile sembrava pronta a prendere fuoco.
- Arcadia!- tuonò Julian Harkansky, che era stato all'oscuro del viaggio di sua nipote da Horus e di ciò che aveva rischiato per avere quel pugnale, custodito gelosamente in un luogo sicuro. Il demone puntò il dito verso la porta aperta, ordinando praticamente alla moglie di uscire - Ti devo parlare! Fuori!-
Incredibilmente, Arcadia sorrise debolmente.
- Ma certo, mio signore.- disse con tono soave, assolutamente di sussiego, facendo diventare il marito rosso di rabbia.
Il fatto però che restarono in tre, rese quella stanza enorme...piuttosto claustrofobica.
Perché l'espressione di Caesar non era paragonabile a quella di Julian.
Denise, ben sapendo ciò che aveva scatenato, si fece più piccola sulla poltrona.
Chiudendosi in un serrato e ostinato mutismo.
Perché quando iniziò a urlare, lo fece solo contro Lucilla, anche se con gli occhi non l'aveva lasciata neanche per un minuto.
- Adesso mi spieghi che cosa cazzo avevi in testa?- le strillò, sovrastandola con l'altezza.
Lucilla, com'era nella sua natura, non prese quella dimostrazione di forza per andare a nascondersi in un angolo come una donnicciola piangente.
Si limitò a stare seduta a letto, con espressione pietrificata.
Caesar invece non si conteneva.
Tremava.
Era scosso, visibilmente anche.
Le sue gote erano lievemente arrossate.
I pugni stretti in una morsa.
- Complimenti!- continuò, quasi senza prendere fiato. Le battè le mani, pieno di astio - Complimenti Lucilla, ancora una volta hai schiacciato il prossimo con tutti i mezzi che avevi! Questa volta però hai passato il limite!-
- Ti si alzerà la pressione Caesar, controllati.- replicò lei, flemmatica.
- Questo non è un gioco!- urlò, mandando all'aria il vassoio d'argento che le ancelle avevano posato su una cassettiera accanto al letto. Il rumore metallico fece sobbalzare la Lancaster, che stavolta non apprezzò quelle maniere.
I suoi occhi lampeggiarono, quando facendo leva sui palmi e gettando le gambe nude giù dalla sponda, riuscì a mettersi in piedi. Aggrappandosi però, a una colonna del baldacchino.
- Non alzare la voce con me.- sibilò, con tono velenoso - Non ti azzardare a parlarmi così anche perché sei l'ultimo a poterlo fare...-
- Io parlo come cazzo mi pare!- ringhiò ancora, a un passo da lei - Cristo Lucilla! Non è così che puoi andare avanti! Ma porca puttana, a Degona non ci hai pensato? Eh?- alzò ancora di più il tono, perdendo completamente le staffe - Tu sei fuori di testa, ecco cosa sei! Hai una figlia, se fossi morta che cazzo sarebbe stato di lei?-
In un istante, Cameron rimase completamente spiazzato quando Lucilla gli piantò le mani aperti sul torace, spingendolo indietro. Sembrava un atto di difesa. O l'esempio di più totale repulsione.
- Non sei mio padre Caesar, né mio fratello!-
Lucilla gli puntò un dito addosso, con espressione spiritata - Con che coraggio mi stai facendo la predica eh? E con che faccia tosta nomini Degona?- lo spinse ancora, piena di rabbia - Tu che mi hai portato via da lei quando era appena nata?!- gli rise in faccia, stavolta con cattiveria, piegata ai troppi avvenimenti di quegli ultimi giorni.
E infine, chiunque sarebbe scoppiato.
E anche lei lo fece.
Al limite.
- Mi hai portato via da mia figlia ancora prima l'abbracciassi, mi hai tolto tu per primo a Tristan per quattro anni interi e ora vieni a farmi la predica per come ho rimesso Horus al suo posto? Scordatelo Caesar, non hai voce in capitolo e ringrazia il cielo che non ti abbia ucciso quando potevo farlo! Ma non osare più tirare in mezzo mia figlia, perché l'ultima cosa che avrei fatto, miserabile codardo, sarebbe stato lasciarla sola! Ma tanto uno come Horus questo non avrebbe mai potuto capirlo...e c'è cascato in pieno, vedendo un po' di sangue! Proprio come te!-
- Tutto quel sangue ti stava uccidendo, Cristo! Possibile che non ci arrivi?!-
- Sono affari miei Caesar, la vita è la mia e ci faccio quello che voglio, chiaro? Tu e Horus avete mandato la mia vita a pezzi e ora pretendi che ti dica grazie per avere cercato di fermarmi mentre recuperavo l'anima di Tristan! Bhè, scordatelo! Meglio morire che vivere un altro solo giorno nello stesso mondo in cui respirate voi due!-
Purtroppo, far del male a un amico, spesso implica una rottura difficile da sanare.
E se le parole di Lucilla avevano centrato il bersaglio, anche se in seguito l'avrebbero fatta vergognare come una ladra, Cameron ricordò quella nottata come una delle tante in cui toccò il fondo.
Almeno con lei.
Le tirò uno schiaffo, ancora memore di quella lama.
Piantata a fondo nel suo petto.
Fu un rumore secco, come se invece di colpire Lucilla, avesse colpito se stesso.
E quando realizzò quello che aveva fatto, a occhi sbarrati, rimase a fissare senza neanche vederlo il giglio bianco tatuato sul seno della Lancaster.
Sollevò anche le mani, che fremevano, senza però alzare più un solo sguardo su di lei.
Ancora una volta, aveva fatto un passo falso.
- Tu scateni il peggio di me, Lucilla.- disse, con voce mozzata.
Lei, rimasta col volto girato a sinistra, non gli dette la soddisfazione di rispondergli usando altra forza.
- Vall'inferno.- gli ringhiò.
- A questo punto, credo che sia l'unica cosa da fare.-
Caesar afferrò il mantello, andando dritto alla porta.
- Addio Lucilla.-
E la porta si chiuse, senza fare alcun rumore.

 

 

 

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Capitolo 37
*** Capitolo 37° ***


 

 

Gli stava accarezzando la mano.
Risaliva lentamente lungo il dorso, seguendo le ossa, passando le dita sulle dune delle sue nocche, fino alle dita, polpastrello per polpastrello.
La vide ridiscendere sul dorso, quindi al suo polso.
Era strano osservare quella scena da fuori.
Damon Michael Howthorne ancora una volta stava solo...a guardare.
Guardare se stesso, sdraiato in un letto, a fissare il vuoto con occhi sbarrati come una bambola.
Era strano e buffo...e malinconico, guardare se stessi.
Un film splatter di terza categoria, una scena patetica, surreale.
Ma lei continuava.
Continuava ad accarezzargli il polso, massaggiandogli la pelle.
E parlava.
Neely gli stava parlando senza sosta da più di due ore ormai.
Un po' aveva letto per lui.
Pagine di giornale, cronaca, passi di Thomas More, le poesie oniriche di William Blake.
Persino la Woolf.
In fondo, gente che non era mai stata felice.
"Ma che fai?" sussurrò, appostato sulla mensola della finestra da cui non arrivava neanche un po' di luce, per illuminare quella stanza di dolore "Tu la odi."
Era vero. Neely odiava quelle frasi, tanto intrise di solitudine.
Perché lo portavano via dalla realtà.
Perché rispecchiavano troppo buona parte della sua infanzia e della sua adolescenza.
Ma lei continuava a leggere.
Non lo sentiva...purtroppo.
Damon tornò a volgere la sua attenzione fuori dai vetri, anche se con l'orecchio e col cuore, non si staccava mai da lei.
Anche se non le puntava gli occhi addosso, sapeva che il libro lei lo teneva poggiato sulle ginocchia. E con la mano destra, gli carezzava il palmo.
Con la sinistra invece...si teneva il ventre.
Sembrava quasi che avesse voluto tenerli legati.
Lui e...il loro bambino.
Poi, di colpo lei smise di leggere.
Restò a fissare vacuamente le pagine.
Da lontano, lui vide un piccolo bagliore caderle dal viso.
Un gemito.
Un altro.
E poi un singhiozzo spezzato.
No, no.
Damon saltò giù dalla mensola, raggiungendola.
Se le cedeva, lui che avrebbe potuto fare?
Andare a cercare Dorothy era stato inutile. Non l'aveva trovata né al St. Clement Hospital né a casa sua. Neanche Nora aveva saputo come consolarlo.
Perché ora era proprio solo. Non sapeva davvero più cosa fare...e se ora Neely si lasciava distruggere.
S'inginocchiò accanto a lei. Ma se anche solo provava a stringerle una mano, si ritrovava a toccare l'aria.
"Dannazione!" ringhiò, con gli occhi vitrei, alzandosi di scatto.
Dio, no, non poteva essere!
Era una maledizione, una maledizione...intrappolato nella stessa situazione da cui lui aveva salvato tanti altri! Ma per lui non c'era nessuno...nessuno poteva aiutarlo!
E doveva stare lì...a vedere Neely cadere a pezzi, senza poter fare nulla.
Non c'era pace, pensò, quando il suo spirito venne attraversato da un corpo solido.
Non per lui.
Si nascose il volto fra i palmi, per non vedere la sua ragazza gettarsi fra le braccia di Tom e stringersi convulsamente a lui, affondando il viso bagnato di lacrime nella sua spalla.
Non riusciva a stare lì, a sentirla piangere disperatamente.
Non riusciva neanche a guardarli.
- Non ce la faccio.- un sospiro, le unghie affondate nella schiena di Riddle - Tom, non ce la faccio!-
Damon si lasciò andare seduto sul letto.
Se avesse avuto la forza che gli altri suoi fantasmi, almeno, si sarebbe preso a pugni.
- Mi dispiace, Neely.- mormorò Tom, carezzandole i capelli - E' colpa mia.-
"Ma cosa è colpa tua?" Howthorne scosse il capo "Hai l'acqua nel cervello, Tom."
Sarebbe stato bello se almeno Tom avesse potuto vederlo.
Chissà come, ma l'aveva sempre creduto in grado di fare tutto.
Con passo felpato, in quel momento apparve anche Aidan sulla porta.
Vedere il fratellino con le occhiaie non gli piacque, ma se non altro Neely smise di piangere.
- Oh, ciao.- mormorò, asciugandosi le gote - Ciao Aidan.-
Il maghetto scrutò Tom con espressione insolente.
- Lui chi sarebbe?-
Riddle stava per presentarsi, era emozionato ed era anche la prima volta che vedeva il fratellino di Damon, ma le presentazioni vennero fatte da tutt'altra fonte.
Veleno, che Tom aveva lasciato al polso del corpo di Damon, per protezione, si mise a sibilare.
"Padroncino." riecheggiò il serpentello "Lui è il Padroncino."
Aidan levò le sopracciglia, con espressione finemente diffidente.
Così quello era il migliore amico di suo fratello.
- Ciao.- borbottò allora, sempre burbero.
Le labbra di Tom si stirarono nella parodia di un sorriso.
- Ciao.- disse a sua volta. Aveva ragione Trix, pensò. Il fratellino di Damon era terribilmente geloso di chiunque gli girasse attorno. Si cominciava bene.
Ma era Rettilofono. Lui aveva ereditato, Damon no.
Chissà com'erano felici gli Howthorne.
Ora però c'era un altro problema. Era Neely, che si teneva il ventre e si aggrappava a lui, angosciata.
- Dovresti sederti.- le consigliò, premuroso - Fallo per Damon.-
- Non è questo.- la bionda strega tremò, fissando un punto imprecisato - Tom. Veleno prima ha sibilato, giusto?-
- Bhè, si.- lui e Aidan si scambiarono un'occhiata obliqua senza volerlo - Perché? Ti fa senso, vuoi che me lo riprenda?-
- No.- Neely deglutì, sedendosi di botto - Oddio.- e rialzò il viso su di loro, quando anche Damon stava ad ascoltare, paralizzato dal terrore che le fosse successo qualcosa d'irreparabile - Credo di aver capito cos'ha sibilato.-
Sbigottiti, i tre, due vivi e uno mezzo e mezzo, allargarono la bocca.
- Sei diventata Rettilofona?- si scandalizzò Aidan - Ma non si può! E' di famiglia!-
- Non è lei.- lentamente, Tom sorrise davvero, carezzandole le spalle - Neely, è il bambino!-
- Cosa?- gracchiò, sconvolta.
- E' il bambino! E' Rettilofono! Per questo hai capito Veleno! Cos'ha detto?-
-.Ehm...credo...che tu sei il Padroncino.-
Fu quasi un lieto evento.
E Damon, in disparte, riuscì a emettere un gemito divertito, mentre finalmente la paura sembrava quasi abbandonarlo.
Accidenti. Un figlio Rettilofono.
Se non altro il piccolo stava bene.
Suo fratello ne sembrava un po' perplesso, ma dopo l'iniziale indifferenza, si era unito ai festeggiamenti. Erano arrivati anche Beatrix e Asher e tutti la presero nel miglior modo possibile, specialmente per risollevare il morale a Neely.
Spingere la sua attenzione sul bambino e distoglierla da lui, per qualche minuto l'avrebbe fatta sentire felice.come ogni mamma doveva, in fondo.
Uscendo dalla stanza con discrezione, Tom tirò una lunga boccata d'aria in corridoio.
Incredibile. Il San Mungo aveva soffitti alti e corsie spaziose, ma lui soffriva sempre e comunque di claustrofobia in certe situazioni.
Inspirò ed espirò un paio di volte, sentendo il cuore quasi squassargli il petto.
Doveva proprio darsi una bella calmata.
- Ah, Damon.- disse, con un filo di voce - Ma quando torni?-
Un colpetto leggero alla spalla lo fece girare a sinistra.
Cloe lo guardava, stranita, con una busta grande e gialla fra le grinfie.
- Ma che fai? Parli da solo?-
E se invece avesse avuto voglia di baciarla?
Pessimo affare, si convinse. Così abbassò le iridi blu sulla busta della King.
Lei colse lo sguardo e si strinse nelle spalle.
- Fesserie dei Medimaghi.- spiegò, con espressione assai eloquente - I risultati dei miei esami. La mamma di Sedwigh non si capacita di come sia guarita in fretta. Secondo lei ho del Lazzaro in circolo da almeno tre giorni. Sarà stata semplicemente Draco a darmelo prima che mi curassero qui, all'Ordine. E' impossibile che l'abbia preso prima...però mi guardava in modo strano.- aggiunse, pensosa - Non faceva che strizzarmi l'occhio e dirmi che sono stata proprio birichina. Dici che Karen è diventata matta?-
- Per colpa di Sed senz'altro.- ironizzò Riddle, voltandosi distrattamente e vedendo raggiungere gli ascensori del livello un nutrito gruppo delle segretarie. Erano le povere schiave di Duncan...e c'era anche quel tizio in livrea dorata, Boris, quello del Ministero che stava al Quartier Generale, una specie di chaperon. Passando, il gruppo appestò tutti dell'incenso di Gillespie.
- Non li leggi?- chiese, tornando a incalzare la bionda.
- Diranno solo che ho la pressione bassa.- fece lei, con noncuranza.
- Magari c'è scritto altro.- perseverò lui - Leggili, di che hai paura?-
Cloe lo fulminò - Di niente, per chi mi hai presa?!- e glieli buttò addosso - Vado a farmi un goccio. Sirius ha ancora la fiaschetta o i Medimaghi gliel'hanno portata via?-
- Perché lo chiedi a me?-
- Hai ragione, dovrei chiederti direttamente se hai tu la fiaschetta infilata da qualche parte.-
Ok, si stava scadendo nell'indecenza.
E Trust? Non c'era?
Lei l'aveva strozzato in un angolo?
Togliendogli il divertimento?
- Oddio!-
Uno strillo dalla stanza di Howthorne fece sobbalzare i due ragazzi.
Era Neely, stava urlando come una pazza...perché il corpo di Damon era scosso.
- Cos'è?- urlò Trix, mentre Asher cercava di tenerlo fermo - Ragazzi, ha un attacco epilettico!-
In realtà, non lo era.
Damon, che osservava tutto da fuori, sapeva che era solo una visione.
Stava succedendo qualcosa.
Si concentrò...e i suoi occhi si velarono.
Qualche istante invece e nella camera di Hermione, la piccola Glory spalancò le palpebre.
Il suo occhio d'oro, vide nitidamente...qualcosa.
- Papà!-
Anche Jane Hargrave, seduta accanto al letto della figlia dove lei e la nipote dormivano, da qualche minuto stava fissando ostinatamente il vuoto. Ma a dire il vero, stava solo accadendo quello che nessun Veggente si sarebbe mai aspettato.
Un attacco al San Mungo.
Ci fu un fremito, Harry Potter riuscì persino a sollevare in tempo gli occhi smeraldini dalla Gazzetta del Profeta e...le porte a due battenti della cabina dell'ascensore di quel piano esplosero letteralmente. Saltarono per aria insieme a una nuvola di fuoco. Le porte, sospinte da una forza inaudita, finirono contro le pareti accanto, sbriciolandole.
Ci furono altre due esplosioni ravvicinate e la corsia intera venne invasa da fumo e fuoco.
Si sentì perfino e ancora, il leggero plin dell'ascensore.
Un secondo più tardi, lo scricchiolio dei detriti sotto le suole di numerosi uomini, invase la corsia devastata.
Non ci fu il tempo di fare nulla e chi mise il naso fuori, venne colpito a morte.
Un gruppo di venti Mangiamorte, un numero esiguo se si pensa, fece irruzione.
In ogni stanza, specialmente le prime all'ingresso, ci fu un'invasione di grida angosciate e poi di magie scagliate.
Tante furono le Maledizioni Senza Perdono, così tante...che Craig Badomen, in mezzo al corridoio, rise sguaiatamente, restando impalato, con le mani in mano, solo a gustarsi quel mirabile concerto che lui stesso aveva imbastito.
- Tu ti diverti, vero?-
Badomen si girò alla sua sinistra, da sotto il cappuccio e da sotto la maschera scheletrica, continuava a sogghignare.
- Andiamo mia cara. Questa è poesia.-
La donna, ben trincerata dietro un logoro mantello che un tempo era stato chiaro, color panna, parve sbuffare.
Il suo alito, dolcissimo, sapeva di lavanda.
- Ognuno ha i suoi gusti, Craig.-
- Anche tu hai i tuoi.- le disse, con insolita cavalleria, dandole il braccio per aiutarla a scavalcare una parete andata distrutta - E sebbene il tuo intelletto sia apprezzabile, io amo i miei metodi...-
- Oh, questo è indubbio.- sussurrò quella, restando a braccetto con lui - Ma troviamo il nostro Signore e andiamo via.-
Un improvviso grido lacerante, da due stanze dietro di loro, li fece voltare di scatto.
Sgomenti, videro un loro servitore tramutato in una torcia umana, rotolare a terra, strepitando.
In un susseguirsi di colpi, Badomen vide altri due Mangiamorte Schiantarsi contro una parete.
Un terzo, infranse una vetrata e finì giù dal terzo piano.
- Maledetto Phyro.- si limitò a commentare la sua accompagnatrice, scostandosi da lui - Muoviti Craig. Prendi il Lord Oscuro. Io penso agli Auror.-
Un fischio improvviso, alquanto irriverente, bloccò la coppia prima che potessero dividersi.
Fra strilla e fiamme, fra i Medimaghi agonizzanti a terra e i civili nascosti negli sgabuzzini della corsia, finalmente gli occhi folli di Badomen scintillarono.
A pochi metri da lui, Tom Riddle stava in piedi fra Beatrix e Asher.
- Cercavate qualcuno?- chiese Tom, con tono soave.
Badomen rise, facendogli un inchino.
- Mio Signore. Sono venuto a prenderti.-
Non c'era sarcasmo. O rabbia nella sua voce.
Ma anche se ci fosse stato, probabilmente alla Vaughn non sarebbe importato molto.
Perché estrasse un pugnale dalla cinta, facendolo cozzare con la preziosa guaina filigranata.
- Hai deciso di suicidarti Craig?- gli chiese, dondolando la lama fra le dita.
- No, di venire a riprendere quello che appartiene alla nostra causa.- e dicendolo, scoccò uno sguardo leggermente più sprezzante a Greyback - Principe, siete sempre il benvenuto, dovreste saperlo.-
- Tu stai pure qui a chiacchierare.- s'intromise docilmente la donna, accostandosi al suo orecchio - Io vado a sistemare un conto in sospeso.-
- Come vuoi.- rispose Badomen, senza degnarla di un'occhiata - Ma sbrigati. Tempus fugit.-
Fin troppo vero, il tempo vola.
La donna fece uno sprezzante inchino a Tom, ridendo in maniera sottile, fastidiosa. Andandosene, il mantello le frusciò attorno al corpo e allora, anche Trix poté notare che Riddle aveva detto la verità. Nonostante celasse ogni sua forma, quel poco visibile era dannatamente...irregolare.
Il suo passo era ciondolante, come se da bambina, fosse stata colta la poliomielite.
La schiena, ricurva e con una gobba leggera col mantello, doveva essere sgraziatamente inguardabile senza.
E poi portava guanti alle mani.
Il mantello era chiuso ben sotto al collo.
E il cappuccio, largo e cadente.
Solo lei non portava una maschera scheletrica.
Ma una cosa che attirò sia l'attenzione della Vaughn, che quella di Asher, fu l'intenso odore d'incenso che tutti emanavano. Come se...fino a un attimo prima, si fossero trovati al Quartier Generale degli Auror, al Ministero.
Era mai possibile?
Era mai possibile che...ora la loro base fosse...
Intanto, l'incappucciata camminava a fatica fra le macerie.
Eppure riusciva quasi a fiutare la paura.
Nonostante i Mangiamorte stessero ora subendo un contrattacco da tutti gli Auror presenti e feriti, che proprio non volevano saperne di crepare, lei continuava ad avanzare.
All'inferno Riddle, in fondo.
Per lei, c'era qualcuno di molto più importante da uccidere.
Per vendicarsi.
Per sanare il suo orgoglio.
Il suo onore.
In memoria del suo Maestro.
Di suo Padre.
Si fermò di fronte a una stanza singola.
Il letto era stato rovesciato. Il materasso, girato su un fianco, le impediva di vedere.
Ma già li sentiva tremare, quei piccoli cuccioli di mago.
Sogghignando, fece un passo verso la soglia.
- Piccoli...- canticchiò, con voce estremamente melodiosa - Piccoli...venite fuori...voglio solo giocare...-
- Stupeficium!-
Colta di sorpresa, la donna venne spedita contro un muro e ricadde a terra, a faccia in sotto.
La bacchetta le rotolò davanti al naso, una ciocca di capelli stopposi e secchi le scivolò dal cappuccio.
Furente e spuntando sangue, rialzò il capo.
Jane Hargrave le stava di fronte, puntandole addosso la bacchetta.
- Accio bacchetta.- scandì, facendosi arrivare in mano l'arma della nemica - E adesso in piedi.-
- State bene lì dentro?- chiese anche la voce di Lucius Malfoy, apparso alle spalle di Jane.
Dalla stanza, Lucas, Glory ed Hermione annuirono.
Ma l'incappucciata non riuscì a capire da dove provenissero.
Con un colpo avrebbe potuto far esplodere il materasso e ferirli, finalmente...o addirittura ucciderli. Ma aveva a disposizione una sola opportunità.
- In piedi, signora.- ridisse Lucius, facendole un cenno pigro col palmo.
Lei rise, riuscendo a inginocchiarsi, facendo leva sulle mani aperte sul pavimento.
Il caldo era diventato soffocante.
Il fumo e il fuoco stavano invadendo tutto, nonostante la sicurezza del San Mungo avesse iniziato a forzare le uscite di sicurezza, ovvero i camini, che Badomen aveva bloccato non appena fatta irruzione.
Ma doveva provare.
L'Hargrave, quella maledetta mezzosangue era lì con sua figlia e il Phyro.
La sua spia li aveva visti insieme, non poteva sbagliarsi.
Erano solo a pochi metri da lei.
Non poteva lasciarseli scappare.
Così, serrando la mano sinistra a terra, questa iniziò a essere percorsa da una strana magia lucente.
Sfrigolante.
Era...
- Evoco Minegon!- tuonò la donna, artigliando le dita a coppa.
Riconobbero quella magia.
Tutti quanti.
Sia Tom, Trix e Asher, che si voltarono di scatto...sia Hermione, che comparve dal nulla ancora con la camicia da notte dell'ospedale, da un angolo della stanza in cui aveva Trasfigurato Lucas e Glory in due quadri, e si gettò addosso alla nemica.
Deviando il suo braccio per un soffio, una scarica elettrica di grossa portata sfrecciò dritta dritta sulle teste di Lucius e Jane. Questi si abbassarono repentinamente, Malfoy a proteggere la strega col suo mantello, e la folgore finì spedita contro il soffitto.
Fu un'altra esplosione gigantesca, preceduta dal ruggito della pietra che finiva in pezzi.
Vibrazioni e fremiti percorsero di nuovo tutto il San Mungo.
Detriti e quella parte del soffitto franarono come una cascata addosso a Mangiamorte e Auror.
Sgomento, da lontano, Tom vide Hermione e quella donna venire seppellite da una nube di polvere.
- Hermione!- gridò, distogliendo l'attenzione dalla sua battaglia.
Fu un grave errore, infatti, perché erano circondati.
Lui, Trix e Asher erano subissati su tutti i fronti.
E Badomen colse al volo la sua occasione. La sua grande occasione di riprendere il suo signore.
- Adesso!- ordinò, con le iridi arrossate dal fumo e dalle fiamme.
La Diurna neanche ebbe il tempo di fare qualcosa. Vide Asher cadere a terra, con la coda dell'occhio.
Con una lama d'argento piantata in una spalla.
E poi lei non avvertì più nulla, perché un paletto la prese in pieno cuore e si disintegrò all'istante.
Fu tutto troppo rapido, troppo repentino.
Riddle non riuscì neanche a capire cosa fosse accaduto. Prima Hermione, poi Asher ferito alle spalle di nuovo, come viene riservato ai traditori e piegato in ginocchio da quella lama d'argento che stava già facendo il suo effetto.
E Trix sparita, ridotta a un cumulo di cenere.
Vedendolo disorientato, Badomen per la prima volta fu davvero felice.
Era un grande combattente, il suo Signore Oscuro, pensò compiaciuto.
Un grande mago...e un molto abile con le armi, cosa che invece suo padre aveva sempre evitato come la peste.
Si era battuto come un vero leader...ma ora era tempo di finirla e riportarlo a casa.
- Lesistra.- disse, alzando lo sguardo al soffitto crepato - Prendi il Padrone e andiamo via.-
E una voce d'oltretomba, colpì Tom dall'alto.
Sollevò il viso.
"Certo, signor Badomen. Vieni mio Signore. E' ora di andare a casa."
E allo stesso tempo, Harry, Draco e Ron si Smaterializzarono in quello che un tempo era stato l'ascensore.
Il loro sangue ghiacciò vedendo una sorta di essere pallido e marmoreo, camminare al contrario sopra a Riddle.
Aveva sembianze efebiche, ma la sua voce femminile quasi incantava.
Fu un lampo.
Il demone Lesistra, un ibrido, si staccò dal soffitto e cadde addosso a Tom, fluidamente, come se fosse stato fatto d'aria. E sempre dolcemente, scivolarono a terra...fondendosi nel pavimento come una goccia d'acqua nel mare.
Un istante più tardi, Tom non c'era più...
- Ritirata!- gridò Badomen, in una sequela di urla e grida - Ritirata!-
- Fermateli! Fermate i Mangiamorte!-
A scappare però, quelli erano sempre stati dei maestri.
Uno a uno, facendosi nubi nere, s'infilarono come vortici nell'ascensore e sparirono tutti.
Da ultima, la donna incappucciata che da sotto i detriti, spinse via Hermione, coi denti serrati tanti da spezzarseli.
- Ci rivedremo.- le strillò, quasi incapace di rimettersi in piedi - Ci rivedremo maledetta gagia! E ammezzerò tuo padre, come tu hai ucciso il mio!-
Hermione, a sua volta, in ginocchio fra le macerie con la camicia da notte che le scivolava da una spalla ferita a sangue, la scrutò con occhi lampeggianti.
- Provaci.- fu l'ultima cosa che le sibilò - Provaci!-
- Con immenso piacere.- scandì quella, prima di tramutarsi in fumo.
E svanire.
Lasciando di quella corsia al San Mungo, solo cenere e fiamme.



Era così insolito vedergli le mani macchiate di sangue...
Milos Morrigan si rialzò dal prezioso persiano dai colori pastello. Lo fece a fatica, trattenendo a stento un gemito per il suo fianco ferito. Ne estrasse il coltello da cucina, secco, senza esitare.
E poi lasciò andare la posata, rimettendosi in piedi.
Il suo sangue schizzò sul persiano e sul pavimento d'alabastro candido.
Il riverbero azzurrognolo di quel luogo, dei sotterranei di quella casa dov'era nascosto un segreto, rese la sua preghiera quasi evanescente.
- Non farlo...- sussurrò, piegato dal dolore.
Non aveva fatto altro che pronunciare quella frase, da quando era giunto a Cedar House per prendere altro Lazzaro per i feriti dell'Ordine della Fenice.
Che strano, fu la prima cosa che pensò Milo, mettendo piede in quella grande casa.
È strano come la sera lasci un amico, salutandolo, sorridendogli.
Non vai mai a pensare che quella potrebbe essere l'ultima volta che lo vedi.
Invece è così.
Perché il giorno dopo lo ritrovi...con le mani sporche di sangue, gli occhi spiritati a muro di rimpianto contro il mondo, in un turbine di veleno che distrugge lui e te.
Lo ritrovi trasformato in uno zappo, che non sa stare in piedi sulle proprie gambe.
Come un malato, un vecchio, un reietto.
- Tristan, per l'amor di Dio...-
Strano come s'invochi Lui, nonostante si sia sempre sbandierata la sua inesistenza, Milo.
- Tristan, non farlo...lasciala andare...-
Non aveva fatto che supplicarlo.
Fino a togliersi il fiato.
A perderne la voce e il senso.
Le voci, le suppliche, i gemiti...tutto riecheggiava nella grande stanza del Lazzaro, sotto Cedar House.
Il monumentale ingresso, sorretto da sobrie colonne del tutto prive di decorazioni nei capitelli.
La scalinata d'alabastro, pareti lisce, senza età e senza drappeggi o frivolezze.
Al centro, abbracciata da piccole fontane, la risorsa di lunga vita, il Lazzaro, nitido come una pozza di lapislazzuli.
Qua e là, tavolini in ferro battuto con basi di marmo, un'unica libreria a effetto decapato, chiusa da ante di vetro.
Il più totale silenzio.
Pace.
Nessuna finestra.
Nessun fondo, a quella grande piscina.
I bordi, dalle forme morbide e voluttuose, macchiati di sangue.
Nero e intenso.
- Tristan...Tristan, te lo chiedo per favore...lasciala.-
Lasciarla.
Perché lasciarla?
Gli occhi felini di Mckay vedevano un'unica cosa.
L'unico motivo per cui, per un giorno intero, aveva desiderato suicidarsi, dimenticando anche la vendetta contro chi gli aveva strappato la vita dal petto.
Schiacciata sotto di lui, su un tavolino, Elisabeth, con le gonne ben sopra le ginocchia, annaspava.
La mano del demone, stretta alla sua gola, non doveva fare altro che stringere di più.
Era colpa sua, solo colpa sua...
Ingannati, rideva la sua coscienza.
- Tri...Tristan...- balbettò Elisabeth, con le unghie affondate nei suoi polsi - Lasciami...ti supplico...-
Sentirla supplicare, vederla piangere lacrime amare...no, non gli davano alcuna soddisfazione.
Si chiese se spezzandole il collo...avrebbe ottenuto ciò che tanto desiderava.
L'assoluzione.
- Ma che cazzo vuoi fare?!- gli urlò di nuovo Milo.
- Sta zitto.- sibilò lui, aprendo finalmente bocca da quando aveva atterrato il Diurno con una tale facilità da rasentare il gioco di un bambino.
Una lotta impari, su tutti i fronti.
Milo non aveva voluto crederci.
Era lui...era lui il demone che si era aggirato per Londra in quei tre giorni...
Ammazzando chiunque gli arrivasse a tiro...demoni impuri, vampiri, Mangiamorte...esseri umani indifesi...
Esseri umani indifesi.
Lui, che aveva consacrato la sua vita a difendere chi non era in grado di farlo.
Che aveva giurato di comportarsi rettamente, di innalzare il suo cuore all'onore.
Di dire la verità, anche quando questa l'avrebbe portato alla morte.
Il suo giuramento...infranto...per amore...
- Tristan!- gemette di nuovo Elisabeth, divincolandosi - Lasciami...lasciami!-
- E dire che prima pregavi per ben altro...- le sibilò, abbassandosi su di lei con occhi di rapace - E' da quando sei entrata qui la prima volta...serpe infida...-
- Adesso basta!-
Milo si Smaterializzò in fretta e gli riapparve a fianco. Cercò di colpirlo con un pugno, ma il demone si era aspettato il manrovescio, tanto che si abbassò rapidamente, lasciando andare Liz che ricadde dal tavolino, finendo a terra.
Lì si mise ad ansimare, rannicchiata e tremolante come un coniglio.
Milo invece si ritrovò schiacciato a una parete, la mano di Tristan al collo. Ora sotto la ghigliottina al posto della strega.
- Ecco il problema di voi con l'anima.- ringhiò Mckay, con voce assolutamente sibilante - Adesso morirai per lei...soddisfatto?-
- Io morirò...e tu mi ucciderai, forse...- Morrigan piegò con difficoltà la bocca, nella parodia di un sogghigno pieno di compassione - Ma non sono l'unico che è morto per una donna. O forse mi sbaglio?-
La rabbia divampò nello sguardo verde di Tristan.
La sua mano era già alta, appiattita come una lama.
Pronta ad affondare nella carne e nel cuore dell'amico...
- Amore, hai finito di giocare?-
Pochi centimetri, un soffio...
Tristan si fermò, a occhi sbarrati.
Lentamente, si volse e attraverso i sensi e la mente, avvertì Lei...scendere scalza sui gradini.
Un vestito bianco, virginale.
Uno spettro con un cappuccio di garza trasparente.
Sua moglie.
Lucilla stava a pochi metri.
Le labbra umide e dolci socchiuse.
- Su. Lascialo andare.-
Sussurrava, camminando...o forse danzando.
Era tornata.
Immediatamente, Tristan lasciò Milo che ricadde a fatica e sempre col fiato mozzo, si rimise in piedi accostandosi alla parete. Con uno sguardo veloce, vide il volto di Lucilla.
I suoi occhi bianchi, come pozzi di neve su un volto disteso.
Una statua.
La perfezione del tempo.
Lei gli fece un cenno col mento. Invitandolo ad andarsene.
Specialmente ora che Tristan, con le mani sporche di sangue lasciate lungo i fianchi, non si sarebbe accorto della caduta del mondo. Perché vedeva solo lei, che gli stava davanti.
Velocemente, il Diurno ad afferrare il gomito di Liz. La tirò in piedi senza alcuna delicatezza, conscio che Mckay avrebbe potuto perpetrare i suoi propositi in qualsiasi momento.
La strega singhiozzò, aggrappandosi a lui...ma passando a fianco della Lancaster, non riuscì a frenare un gemito alto.
Un atroce lamento.
- Lucilla...- non osava guardarla, a capo chino, le spalle tremanti - Lucilla...io...-
- Dovrei strapparti gli occhi.-
Elisabeth ricominciò a piangere. Più forte, sempre più forte, piegata sulla spalla di Milo.
E Lucilla fissava un punto di fronte a sé.
Implacabile.
- Ma come faresti a guardarti allo specchio la mattina...per il resto della vita?-
Che piangesse pure.
Che si lacerasse il viso con le unghie.
Che si consumasse gli occhi, fino a farli diventare ciechi.
- Pensi di farcela?- le chiese Milo, prima di andarsene.
Si, oh si.
Ce l'avrebbe fatta da sola. Ancora una volta.
Le porte si richiusero.
Sembrò quasi a Tristan, che Milo li avesse chiusi dentro.
Avrebbe pagato, avrebbe dato qualunque cosa per non dover più uscire da lì dentro...se quella prigione avesse potuto dividerla con lei.
Vide, senza comprenderne i motivi, un sorriso genuino nascosto sotto quel cappuccio di garza trasparente.
Gli stava sorridendo...
Perché?
- Dove sei stata?- le chiese.
Si era sforzato di usare un tono duro, inquisitorio. Invece sortì l'effetto di un adolescente innamorato.
Il che era vero.
Perché negli ultimi due giorni...aveva pregato che Dio lo fulminasse in ogni istante.
Senza di lei...niente aveva senso.
Senza Lucilla, la sua vita non avrebbe avuto il minino perché.
E ora che gli sorrideva, ora che era tornata...
Ma perché gli sorrideva?
Quando se n'era andata...aveva pianto, urlato, l'aveva anche picchiato e graffiato...
Una donna innamorata, col cuore a pezzi ricolmo d'odio.
Ora invece gli sorrideva con benevolenza.
Un sottile senso di vuoto attanagliò le viscere di Tristan.
- Dove sei stata?- le richiese, deglutendo impercettibilmente.
- Ho fatto due passi.-
Come se l'ultima volta che si erano visti avessero discusso per la tinta dell'ingresso, il disordine che lui lasciava in giro o lei che rifiutava di curarsi.
Incantato, ipnotizzato, la seguì con lo sguardo senza mai perderla, mentre raggiungeva un tavolino.
Era così vicina a lui...neanche due metri.
Ogni sua mossa, ogni suo movimento denotavano tranquillità.
Con dita leggere si sciolse il mantello di garza trasparente come una ragnatela. I capelli erano raccolti in uno chignon in cima al capo e numerose ciocche le scivolavano sulle spalle.
L'incarnato sembrava compatto come la faccia di una perla.
L'abito, evanescente, lucente, era colpito dal riverbero del Lazzaro.
Lo stava ipnotizzando sul serio, comprese, scuotendo leggermente il capo.
Che strano, si sentiva intontito.
Si tolse la frangia dal viso, macchiandosi una gota di sangue.
Era nausea?
O sonnolenza?
- Vedo che ti sei divertito in mia assenza.-
La sua voce risuonava come un'eco lontano.
O erano le mura di quella stanza?
No, Tristan lo capì quando gli arrivò a pochi passi.
Era lei che incantava.
Lei che lo stordiva.
Col suo profumo, con la sua pelle, coi suoi capelli.
Quella bocca lucida come di smalto, piena di fragole e more, col sapore...del sangue.
- Non avresti dovuto lasciare in giro tante tracce.- continuò Lucilla, che parlava con l'impressione di non sapere nulla di quello che stava scatenando in lui - Ma in fondo non potevo certo aspettarmi che avresti imparato tutto in pochi giorni. E da solo.-
- Im...imparato?- ribatté Tristan, sbattendo le ciglia.
- A comportarti e a usare i tuoi poteri.-
Usare i propri poteri...
La testa gli girava.
Mckay si fece indietro, corrucciando la fronte.
Stava impazzendo?
- Lucilla, non so di cosa parli, ma...- cercò di afferrarla, eppure non appena la sfiorò, sentendo che lei non si scostava, qualcosa fece ritrarre lui. Come acido.
Rimorso.
La Lancaster sorrise impercettibilmente.
- Stavi dicendo, amore?- lo incalzò, avvicinandosi di un altro passo.
Perché sentiva le pareti richiudersi attorno a lui?
Dannazione, la gola gli si serrava.
Tutto diventava buio.
- Non so di cosa tu stia parlando...- ricominciò, tossicchiando per ritrovare la voce -...ma dei poteri al momento non m'interessano. Voglio sapere dove sei stata...- abbassò lo sguardo, all'alzata di sopracciglia della moglie.
- Te l'ho detto. Ho fatto due passi.-
- Per due giorni?-
- Per due giorni.-
Tristan serrò la mascella - Con chi?-
Il sorriso di lei si allargò.
- Vuoi davvero parlare di questo?-
Deglutendo ancora, la gola gli si chiuse del tutto alle labbra socchiuse di Lucilla.
Fosse stato più lucido e meno abbagliato da lei, avrebbe capito cosa stava succedendo.
- Visto che sei così silenzioso, colgo l'occasione per dirti un paio di cose, Tristan.-
Un braccio di Lucilla gli scivolò sulle spalle, serico come seta.
Un serpente bianco...che arrotola, arrotola le sue spire...
Lento come miele che cola da un cucchiaio.
Letale come veleno che agisce sordido nelle vene.
Lei era...veleno...
- No, prima io.- sussurrò Tristan, trattenendo un sospiro quando Lucilla si premette contro di lui, schiacciandogli il seno contro il torace. Come una lingua di fuoco e panna, un ciglio appena sbocciato, nutrito di rugiada tossica.
- Volevo...volevo parlarti di quello che è successo l'ultima volta...-
Ancora un po' e l'avrebbe trapassato, tanto era schiacciata su di lui.
- Ah, amore mio...- la bocca quasi vicina, le labbra umide a sfiorargli il mento liscio, sbarbato, così dannatamente perfetto ora -...è l'inizio di scuse più pietose che abbia mai sentito.-
- Lucilla io...-
Affondò la faccia nella sua camicia. Poco importava al momento che il colletto fosse chiazzato di rosso.
Assurdamente, anche il profumo di Elisabeth, ancora impregnato a fuoco nella sua mente, si era fatto un particolare fuggevole.
Si era avvolta in un caldo guscio di silenzio, d'indifferenza, prima di tornare a casa.
Non aveva i suoi poteri. Non poteva fare magie.
Si, era alla stregua di una comune mortale ormai.
Ma anche le comuni mortali erano in grado di fare, ciò che stava facendo lei.
Sedurre.
Colpire.
Tradire.
- Ora ascoltami bene.- mormorò al suo orecchio, alzandosi sulle punte. Lo cinse più forte, le spire che si stringevano con dolcezza - Io ti ho sposato...e quel giorno ho accettato di viverti accanto finché la morte non ci avesse separato. Tu hai infranto quella promessa...ma sei ancora qui. Sei qui...fra le mie braccia...solo per me...- gli morse il lobo dell'orecchio, strappandogli un gemito leggero, appannato -...è per me che l'hai fatto...e questo lo accetto. Accetto te e questi poteri...accetto il tuo sangue...accetto tutto...-
- Lucilla...-
- Ma...- continuò la demone, in un soffio -...ma presta bene attenzione.-
Rapidissima, le sue unghie si piantarono nella nuca di Tristan, afferrandolo saldamente.
Certo, al momento non avrebbe potuto spezzare neanche un fuscello...figurarsi fargli del male.
Però ottenne la sua più totale attenzione, seppur velata dall'eccitazione che provava.
Gli occhi verdi offuscati dal desiderio, la bocca che continuamente cercava di catturare la sua.
- Un piccolo monito, amore mio.-
Lui aveva già abbassato il viso, per farsi baciare, senza più cercare di rincorrerla.
Stava solo aspettando impaziente che terminasse.
- Tu sei mio.-
Sei mio. Mio e di nessun'altra. O neanche il Diavolo in persona ti proteggerà più da me.
Sciocchi.
Sciocchi tutti gli uomini, che credono solo alla passione.
Che credono che mente e cuore e corpo siano un tutt'uno.
Per lui fu fuoco.
Per lei...puro calcolo. Una fiamma fredda, appena tiepida.
Stringendole le braccia alla vita, la sollevò da terra, incurante di un suo mormorio di dolore, calando la bocca sulla sua, divorandola, depredandola. Affondò la lingua in quell'antro caldo, con frenesia, con impeto.
Gli era stata troppo lontana.
L'aveva tradita, come un infame codardo.
Come un umano qualunque, debole di fronte alle sue miserevoli ossessioni.
L'aveva tradita...aveva tradito l'unica donna che fosse mai riuscita a farlo sentire vivo. Amato.
Lo accettava, gli aveva detto.
Lo voleva ancora.
Non lo aveva perdonato. Non era neanche stata a sentire le sue scuse.
Ma...l'aveva accettato. Lui e i suoi errori.
L'amore e il desiderio lo colsero con le difese abbassate. Si lasciò andare a terra, con lei fra le braccia, sopra di lui.
La sua dea.
Lei gli faceva perdere il controllo.
Gli faceva dimenticare chiunque e ogni cosa.
Gioia, dolore. Rabbia, felicità.
- Ti voglio...-
Affondò la bocca nella spalla nuda della moglie, sentendola pronunciare quelle parole. Era stato un sibilo, denotato da uno strano tono. Urgenza. Lo voleva anche lei.
Le strappò l'abito sulla spalla, scoprendole la schiena che percorse rapidamente con una mano. L'altro palmo, chiuso a coppa sul seno sinistro...così bello e così segnato. Un fiore e una cicatrice.
Seduta sopra di lui, le gambe strette attorno ai suoi fianchi, le afferrò i lembi della veste e senza alcuna cura gliela sfilò del tutto dal capo. Lo chignon si sciolse appena, sfiorandogli il viso.
I capelli di Lucilla...sempre lo stesso profumo. Sempre soffici. Sempre...gli stessi.
Amava i suoi capelli.
Li strinse fra le dita, carezzandole la nuca, seguendo la spina dorsale. Stava a occhi chiusi, ma li riaprì di scatto, sentendo la mano di sua moglie seguire la linea del suo ventre, insinuarsi nei suoi pantaloni.
Nudi, pelle contro pelle, il respiro affannoso. Lei, calda per la prima volta.
E lui, gelido come marmo.
Era lei a tremare. Lei ad avere freddo.
Ma aveva in corpo l'ostinazione dei folli. Dei vendicativi. Dei disperati.
Lì, sul bordo della fonte del Lazzaro, sdraiati sul suo abito bianco, Tristan col capo riverso quasi nell'acqua...
Ricominciò a baciarla, non appena si staccò per posizionarsi meglio.
Era il bacio del perdono, capì Lucilla. La stava supplicando. Col sesso. Col piacere.
Che continuasse pure. Perché gli puntò le palme aperte sul torace, la destra sul cuore...dove l'infame ferita rimarginata mostrava ciò che da quel cuore era stato strappato.
Le prese lui stesso quella mano. Stringendola forte, ma senza spostarla.
L'altra, che l'artigliava il fianco, senza lasciarla sfuggire.
Era stata dura. Era stata spietata.
Quella dolcezza però...quel languore che Tristan non sapeva scordare. Che solo Lucilla sapeva dargli.
Più lei si muoveva, sopra di lui, col viso irresistibile, stravolta dal piacere.
I suoi sospiri, i mormorii indistinti...e mai che smettesse di guardarlo.
Infine il bacio, per zittire quell'urlo che le era salito alla gola.
Un bacio senza fiato, un bacio affannoso...
Piegata su di lui, le carezzò la schiena, senza smettere di ansimare.
Era tornata...
- Sei tornata da me...-
Lucilla sorrise, col viso nascosto fino alla linea degli occhi contro la sua spalla.
- Si...- mormorò - Solo per questo...-
Poveri sciocchi gli uomini.
Il sesso...non è nulla.
La lama affondò dritta nella carne. Il sangue zampillò come una fontana nera, inondando la mano di Lucilla.
Se ci fu uomo più sorpreso in un tradimento nella storia, sicuramente Tristan Mckay gareggiò con lui alla pari.
Gridò, si agitò e a fatica si mise in ginocchio, sputando sangue nero dalla bocca.
Il braccio di sua moglie, ancora proteso verso di lui.
Alzò il viso, barcollando.
Ora la vedeva appannata...le lacrime o la morte, stavano di nuovo offuscandogli la vista.
- Lucilla...- alitò, nauseato dal metallico sapore in bocca - Lucilla...per...perchè?-
Lei non ritrasse la lama. Il pugnale, usato da Horus, fece tremare ancora più violentemente Tristan. Lo riconosceva.
Sapeva cos'aveva fatto.
- Perché?- le richiese, col sangue che gli scivolava lungo la gola - Mi avevi detto che...-
Lei lo interruppe, gelida, colma d'odio.
Estrasse la lama di colpo, che perse di colore, di lucentezza. Tanto che si polverizzò, lasciando nel palmo della Lancaster solo l'elsa arrugginita.
- Ho mentito.- gli sibilò.
Saltò indietro di poco, rannicchiata su se stessa, una ninfa nuda delle acque, coi boccoli sciolti sul viso e le spalle.
E lui, Tristan, scivolò all'indietro. Nel Lazzaro.
Cadde in acqua di schiena, sprofondando come un sacco. Una salma.
Il sangue che vi ribollì, da nero, iniziò a farsi rosso.
Uno spettacolo nauseante.
Ma Lucilla non staccò mai l'attenzione da esso. Fra quei turbinii rossi e rosa, non vide niente...neanche bolle d'ossigeno. Passò un minuto. Poi due. Al terzo...
Un essere umano riapparve a galla, tossendo, arrancando come un micino che non sa nuotare.
Continuò ad agitarsi. Ad annaspare.
Ma lei non si mosse. Restò inginocchiata sul bordo, a guardare...fino a che, solo col desiderio di vivere, Tristan nuotò fino al bordo e vi si avvinghiò. I capelli biondi gli ricoprivano gli occhi e le sue braccia, come atrofizzate, dovettero fare più tentativi prima di aggrapparsi saldamente alla riva.
Tremava tanto che sembrò colto da una crisi. Uno shock.
Ora era lui a essere tornato.
Lucilla così, poté finalmente mettersi in piedi, afferrando l'abito e chiudendoselo sul seno come una vestaglia.
Non una parola. Una mano protesa, per aiutarlo.
Ora riaveva la sua anima. Se ne aveva il coraggio e la forza, che si fosse rimesso in piedi da solo.


- Senti Duncan, non ne voglio sapere!-
Lo strillo isterico di Hermione fece nascondere tutte le segretarie di Gillespie dietro le spalle del grande Capo degli Auror. Anche se al momento, il grande Capo, come lo prendevano in giro Edward e Harry, era seriamente sull'orlo dell'ennesima crisi di nervi. Era diventata una moda, per i Mangiamorte, fare irruzione in casa altrui e far saltare tutto per aria. Perché, altrimenti, entrare al San Mungo all'alba delle sette di sera e ammazzare sette civili, ferire di nuovo gravemente otto Auror già convalescenti, fra cui Hermione Hargrave, rapire Thomas Maximilian Riddle se non per fargli venire un tracollo emotivo?
Hermione lo fissò trucemente. Vederlo così apatico le faceva montare ancora di più i nervi, considerato che era seduta, mezza nuda, su una barella di fortuna in mezzo alla corsia mezza distrutta - Ti ho detto quello che ho visto! Quella donna voleva ammazzare mio padre! Perché io ho ammazzato il suo, secondo lei! Ahi!- gracchiò poi, verso la povera Medistrega che le stava curando la profonda ferita alla spalla, fortunatamente presa di striscio dall'esplosione - Qua c'erano anche i bambini e come se non bastasse, c'era pure Badomen con lei! Mi spieghi come diavolo hanno fatto a entrare quei maledetti bastardi?-
- A me lo chiedi, tesoro?- frecciò Gillespie, ficcandosi in bocca un sigaro - Qua ci vuole il pass, per entrare.-
- Torniamo alle solite.- sibilò Asher, seduto in poltrona sotto la Grifoncina, intendo a tamponarsi lo squarcio sulla schiena che stava per infettarsi - Voi Auror dovreste pulire per bene casa vostra. Cosa diavolo vuole fare con quella pinza?- ruggì poi verso un'altra povera Medistrega, tutta tremolante - Se si avvicina a me con quella cosa, giuro che la mordo. E' avvisata!-
- Chissene frega come diavolo hanno fatto a entrare.- si lagnò Trix, già in piedi e fresca come una rosellina - Duncan, Badomen crede di aver preso Tom con quel maledetto demone Lesistra. Quando si accorgerà che era solo un Doppio non la prenderà bene di certo.-
- Già.- sbuffò Hermione, guardando però Riddle, seduto di fronte a loro con una borsa del ghiaccio sulla fronte, con aria ammirata - Accidenti, hai imparato davvero a Sdoppiarti. Ma come hai fatto?-
- Pratica.- sospirò lui, con la testa a pezzi - Se la porta dell'ascensore non avesse preso in pieno me e Claire, nascondendoci, a quest'ora mi avrebbero rapito davvero.-
- E tu mi spieghi come mai sei senza un graffio?- ringhiò la Vaughn alla King. Cloe, infatti, stava una favola. Senza un graffio, solo con la veste un po' bruciacchiata. Al momento dell'esplosione, lei e Tom erano stati proprio di fronte alla "bomba" e quando erano state fatte saltare le porte della cabina dell'ascensore, loro se le erano prese quasi in faccia. Fortuna o sfortuna, la coppia era rimasta seppellita dalle macerie ma...che strano, Cloe avrebbe detto che una strana luce dorata si fosse propagata da lei. Come uno scudo.
- Sto bene, fregatene dei motivi.- disse la bionda, agitando la mano - Asher ha ragione, secondo me. Quei maledetti degli Mangiamorte come hanno fatto a entrare? Chi ha i pass?-
- Per entrare qui?- rise acidamente Duncan - Medimaghi, Karen Stanford, metà dei parenti dei feriti, gl'inservienti, il Ministro Dibble...io...-
- Punto e a capo.- mugugnò Tom, guardando con pena il sangue sulla borsa del ghiaccio che si teneva in fronte per non farsi spuntare un corno da rinoceronte - Sarò ripetitivo, ma c'è una talpa.-
- Lo stesso bastardo che avete visto a Riddle House, esatto?- l'inquisì Edward, raggiungendoli - Salve gente, tutti interi?-
- Per ora si.- rispose Hermione, piena di collera - Ma appena becco quella stronza io...-
- Ti lasceremo l'onore di sgozzarla, si.- rise Dalton - Capo, qua noi ci siamo mossi. Quando sono usciti, Harry e Jess hanno seguito i Mangiamorte. Con un po' di fortuna non si accorgeranno dei volatili che stanno loro alle costole.-
- Fantastico.- Gillespie soffiò una nevrotica nube di fumo sulle teste dei presenti - E io adesso me ne torno al Ministero, ancora una volta signori miei...a spiegare perché dove ci siete voi, qualcosa salta per aria. Dalton, mandami Coleman a fare rapporto non appena Potter e Mckay tornano. Se tornano...- aggiunse, alzando gli occhi al soffitto che, seriamente, rischiava di franare del tutto - Voi levate le tende, intesi? E tu, Hermione...fatti curare come si deve quella spalla.-
- Certo papà, consideralo fatto.- ironizzò lei, soave.
- Perché spreco il fiato? Perché?-
- Risparmialo.- gli consigliò Hermione con dolcezza - Se continui a fumare così...-
- Non una parola in più.- l'avvisò Gillespie, sbottando quando una delle sue segreterie, correndo, andò a sfracellarsi addosso a lui - Accidenti Alanna. Che diavolo hai da correre così?-
- Capo, mi spiace!- si sbrodolò la stagista - Mi perdoni, ma ho i dati che voleva dal signor Kingsley!-
- Dimmi.-
- Stanno tutti bene. Gli Auror feriti sono stati portati in un altro reparto e sono stati subito curati. Solo un uomo del signor Ombrodoro rischia la vita. I civili invece, sono stati portati al Ministero.-
- Ora che ci serviva Howthorne...- mugugnò Duncan - Non è che con quel baccano s'è svegliato?-
- No.- ringhiò Tom, cambiando completamente espressione - No, lui non s'è ripreso.-
- E Neely?- chiese Hermione, intromettendosi.
- Oh, lei sta una favola.- rise Trix - Pensava di doversi mettere a letto, sai, a causa del pericolo che le hanno detto i Medimaghi di perdere il bambino...invece il pargolo s'è fatto valere. Tutta la stanza è stata avvolta da uno scudo dorato che ha protetto Neely, Damon, Aidan e il piccolo.-
- Uno scudo d'oro?- Tom levò il sopracciglio spaccato, gemendo per il dolore - Come quello che ha coperto me e Claire.-
- Sciocchezze, il bambino ha protetto solo Neely, Damon e Aidan.- rispose la Vaughn.
- Si vede che pensava anche agli zii.- ironizzò la King, agitando incurante la busta gialla dei suoi esami quasi tutti bruciacchiati - Forse è grazie a lui che non ho un graffio. Devo comprargli un regalino.-
- Si, suo padre di nuovo fra i vivi.- sentenziò Asher, ruggendo quando la Medistrega gli strappò dalla ferita un pezzo d'argento spesso due pollici - Io l'avevo avvisata...-
- Mi perdoni.- tremolò quella, piccola piccola - Ma non volevo le facesse infezione.-
- Ah, stronzate!- Hermione si tolse di torno i seccatori, saltando giù dalla barella - Avanti, andiamo tutti a casa! Appena Harry e Jess tornano, raccoglieremo le forze e faremo irruzione nel covo di Badomen, dopo di che...-
-...fra una settimana inizierà l'Inquisizione.- finì il Capo degli Auror, gettando tutti nel panico - Perciò, Hermione, ti conviene risparmiare le energie e il fiato, tesoro, per salvare il signor Riddle.-
- Oh, Duncan, miscredente.- ridacchiò Edward - Non sai che mastini sono gli avvocati di Draco?-
- Certo che lo so. Se non è ancora finito ad Azkaban, un motivo c'è. Avanti, Vaughn portati a casa questi derelitti. Io fra un'ora ho una riunione col Wizengamot e il Ministro Dibble. Speriamo sia di buon umore...-
- Più che altro voglio vedere con che faccia racconterai tutto alla compagnia di assicurazioni del San Mungo.- attaccò a ridere Tom a bassa voce, per poi coinvolgere in quella ghignata di malsano divertimento tutto il gruppetto.
Si, perché quel livello era da sotterrare a quel punto.
Non buttare.
Sotterrare proprio. C'erano fili scoperti, scintilli ovunque, dal soffitto quelli del piano di sopra potevano pure salutarli.
Ovviamente poi, erano già finiti sul giornale.
Con titolino catastrofici e scritte che sfrecciavano da tutte le parti, dalla Gazzetta all'edizione speciale del Cavillo.
Erano perfino finiti su Vanity Witch, perché una giornalista della rivista per ragazze era riuscita a fare una foto a Narcissa. Lady Malfoy, ancora non ci credeva, era stata fotografata appena dopo la fuga di Badomen. E la redattrice di Vanity Witch si era complimentata con lei perché anche in una situazione di tale pericolo, era riuscita a non farsi colare il maquillage con tutto quel caldo...
Lucius aveva dovuto portare via sua moglie, o avrebbero rimediato un altro cadavere.
Draco poi, onde evitare di strangolare la sua stessa consorte, aveva iniziato ad accompagnare a casa Elettra e i bambini. Sarebbe tornato a riprendere Hermione e Tom, anche se Riddle avrebbe preferito andare a casa di Damon.
Sapeva perfettamente che i genitori del Legimors non sarebbero stati particolarmente felici di averlo attorno, ma lui non voleva lasciare Neely con tutti i loro parenti, gente troppo preoccupata a soffiarle sul collo per darle un po' di conforto.
Proprio in quel momento, dalla stanza salva di Howthorne, portarono via il suo corpo in barella.
Aveva ancora gli occhi aperti.
Limpidi e azzurri come un cielo estivo.
Doveva riportarlo in sé.
Era magia, lo sapeva ora, era la magia quello che l'aveva fatto cadere in coma.
E in un modo o nell'altro, l'avrebbe riportato a casa.
Solo che Riddle, troppo impegnato nei suoi cupi pensieri, non sapeva che...un fantasma può andare ovunque.
Essere ovunque.
Invisibile.
Una spia.
E Damon Howthorne, per una volta, aveva colto al volo il bello di essere uno spirito.
Spia.
Aveva seguito Badomen nel momento in cui si erano dati alla fuga, lui e la sua donna.
Insieme a Nora, stava seguendo i Mangiamorte.
Erano tornati dove tutto era iniziato.
Kent, Little Hangleton.
A Riddle House.
Chissà che lì finalmente uno spirito non avesse trovato le sue risposte.

 

 

 

 

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Capitolo 38
*** Capitolo 38° ***


tmr38


 

 


Re Salomone diceva che chi chiude un occhio causa dolore, chi riprende a viso aperto procura pace.
Già. La negazione uccide.
La battaglia...forse fa sopravvivere.


Era stata la sua madrina.
La sua guida, attraverso le Cinque Prove. E ora l'acqua le rimandava l'immagine del suo protetto.
Denise Axia Loderdail Cameron socchiuse le palpebre, le ciglia lunghe e arcuate le carezzarono dolcemente le gote imperlate di brillante e luce. Se avesse avuto ancora delle lacrime, avrebbe pianto per Tristan Mckay.
Avrebbe dovuto aiutarlo.
Tendergli una mano.
L'aveva condotto nel buio, era stata guardare, mentre un demone del passato lo torturava.
Mentre Lucilla stessa lo torturava.
L'aveva visto gettarsi in un baratro per lei.
Per sua moglie.
Per il suo amore.
Denise si staccò impercettibilmente dal bordo del grande vassoio d'argento.
Non riusciva più a guardare.
L'Acqua della Vita le aveva rimandato ogni suo timore.
Tristan Mckay era perduto.
Tornò a sedersi nel grande salone del terzo piano di Cameron Manor. Tutte le tende erano tirare, le fiamme dei candelabri abbassate. Non c'era luce per lei quella sera.
Non c'era gioia. Non c'era allegria.
Anche se Tristan Mckay era tornato in vita, come essere umano.
A cosa serviva lottare tanto...se poi tutto scivola via fra le dita?
Si rannicchiò su uno dei divani dai colori pastello, vicino al caminetto acceso.
Adorava sentire il fuoco scoppiettare. Il crepitare del legno.
Tanto non sentiva né il caldo né il freddo.
Niente le sfiorava la pelle.
Scosse leggermente il capo, rifiutando il calice di vino che le porgeva Winyfred.
Fra tutte e due, non si sarebbe saputo dire chi fosse la più malinconica.
L'Harkansky si lasciò andare seduta in poltrona, di fronte a lei. Allungò le gambe nude sul tavolino di ciliegio, chiudendosi una vestaglia di seta color sangue sul seno florido.
Denise la guardò sorseggiare il terzo bicchiere di vino.
- Dovresti parlarci, sai?-
- Certo, perché tu allora non parli col tuo?-
- Fred, non ti allargare. Mio padre ha messo incinta mia madre per imprigionarla, l'ha lasciata morire di parto e mi ha quasi venduto ai miei parenti. Il tuo ti ha amata, cresciuta con dedizione e non ti ha mai dato motivo prima di dubitare di lui.-
- No, ma ha ammazzato un mago indifeso. Con l'inganno.- Winyfred si lasciò andare col capo all'indietro, liberandosi i ricci color rame da un prezioso fermarlo di madreperla, che gettò malamente sui cuscini - Non so con che coraggio ora potrò andare a trovare Lucilla.-
- Lucilla non prova risentimento contro chi non se lo merita.- le ricordò la padrona del castello, sorridendo piena di amarezza, chinando il volto - Si è affezionata a te. In fondo, dopo i suoi nonni, credo che tu sia la sua parente più affidabile.-
- A differenza di mio padre, che vive nel ricordo della morte di Degona e fa di tutto per rovinare la vita agli altri.-
Chi troppo ama, troppi danni fa col suo amore.
- In fondo un figlio non sceglie il genitore.- sussurrò, finendo d'ingollare il vino d'un fiato - Ma sai cosa ti dico? Non avrà più la fortuna di vedermi. Mai più. Non dopo quello che ha fatto a Lucilla e Tristan. E' stato bravo a schiacciare chi è debole...proprio come...-
Denise alzò le sopracciglia, divertita - I miei parenti?-
- Si.- sibilò Winyfred - Deve starmi lontano, l'ho avvisato.-
- Fortuna che sei maggiorenne da secoli.- sospirò la moglie di Caesar, appoggiandosi con la guancia a un guanciale di seta azzurra - Avessi avuto io certi privilegi. A quest'ora non sarei qui a imporre la mia presenza a chi non la gradisce.-
- Stai dicendo un mare di sciocchezze, tesoro.-
- Che ne sai?-
Gli occhi bianchi della Loderdail lampeggiarono, colpiti dal riverbero delle fiamme.
Rannicchiò le ginocchia al petto, stringendosi quasi su se stessa - Invidio Lucilla.- mormorò in un soffio, senza distogliere mai il viso da quel calore profondo - La invidio così tanto che a volte mi sento sovrastata da cumuli di pietra che so di non poter spostare, mentre lei invece...potrebbe spazzarli via con un dito.-
Winyfred aguzzò l'espressione, le sue pupille si serrarono - Ti riferisci a Tristan?-
- Lui la ama.- continuò Denise, come se fosse stata pronta a recitare una poesia con tutta l'anima - La ama così tanto che è morto per lei, per salvarla. Si è fatto uccidere e tramutare in un demone, per vivere con lei per sempre. Dimmi Fred...ti sei mai sentita amata così tanto? Darei mille anni della mia vita...perchè Caesar mi guardasse una sola volta come Tristan ha sempre guardato Lucilla. Una carezza, un sorriso...-
- Sei cieca, Denise.-
Winyfred sorrise blandamente, gettando le gambe a terra e sollevandosi con grazia e leggerezza.
- Non so, devo ammetterlo.- le confidò con dolcezza - L'amore cambia, non mutabile. L'intensità è data dai momenti. È insondabile, impalpabile, labile come fumo. Si, è fumo negli occhi. Ora sei tu che ce l'hai...quel fumo t'impedisce di vedere una cosa importante.-
La Loderdail parve non aver sentito.
Perché fissava le fiamme languire, sentendosi lei stessa pronta a spegnersi.
Cos'avrebbe dato per essere amata da Caesar almeno un po'...una briciola, si sarebbe accontentata per sempre anche della sua sola dolcezza. Anche se l'avesse considerata solo una buona amica.
A questo era arrivata.
Le briciole.
Da Caesar avrebbe accettato anche solo quelle.
Che pena. Che donna patetica era diventata.


L'amore è un fuoco nascosto, una piaga gradevole,
un veleno saporito, una amarezza dolce, un dolore dilettevole,
un tormento allegro, una ferita dolce e fiera, una morte blanda
Fernando de Rojaz


Winyfred se n'era andata.
Lei era rimasta sola. Di fronte all'Acqua della Vita, a guardare una vita spezzata, senza più sogni.
Tristan era spezzato per sempre. Per sempre.
E lei...era riuscita a farsi odiare da Caesar, manipolando il suo ricordo più doloroso.
La odiava, come avrebbe potuto essere altrimenti? Non le aveva più parlato, non l'aveva mai neanche più guardata in faccia da quando erano tornati a casa.
Aveva il cuore a pezzi.
Non sapeva neanche come farsi perdonare di lui...era tutto così atroce...
E ciò che la feriva di più, era che forse a lui neanche sarebbero importate le sue scuse.
Ma a quanto pareva, il peggio doveva ancora venire. Un lieve bussare la distolse per un istante da quella condanna eppure, anche attraverso il velo delle lacrime e le tende leggermente socchiuse, vide nel riflesso della finestra...qualcuno che non capiva come avesse potuto profanare quei cancelli.
Sua nonna, Sapphire Loderdail, stava sulla soglia avvolta in un abito di seta lavanda, molto cangiante. I capelli color argento raccolti in un'elaborata acconciatura e al collo, un collier di perle e ametiste.
Agitava un ventaglio di piume con indolenza, aspettando che la nipote le desse il benvenuto.
Ridicolo.
Denise rimase di spalle, di fronte alla portafinestra socchiusa.
- A cosa devo l'onore?- chiese, con tono impersonale.
Sapphire piegò la bocca facendo una mezza smorfia. Non aveva mai apprezzato la scortesia, ma in più di un secolo, sua nipote si era dimostrata propensa a usare la cortesia solo quando era necessaria ai suoi scopi.
- Buona sera, nipote.- disse l'anziana demone, sedendosi con tracotanza - Sapevo che non avrei dovuto aspettarmi i modi di una signora, ma in fondo la speranza è sempre l'ultima a morire.-
- Come hai fatto a entrare?- le chiese Denise, senza degnarsi di distogliere lo sguardo dal cielo buio.
- Mi ha aperto Brandon Feversham.- le rispose, con una nota divertita - Ha capito tardi chi ero, ma ha avuto la decenza di non buttarmi fuori, sebbene mi abbia minacciato di non farti agitare.-
Sapphire squadrò la nipote da capo a piedi.
- Hm...veste da camera.- commentò, seguendo il profilo della vestaglia color avorio di Denise - Ho interrotto qualcosa?-
Quanto avrebbe voluto avere abbastanza potere per ucciderla.
Per spedire lei e tutta la sua ignobile famiglia all'inferno una volta per sempre.
- Ripeto, nonna. A cosa devo la visita?-
- Non mi è permesso fare una visita di cortesia a mia nipote?-
- Potevi andare da Hestor, è tuo nipote anche lui. E vorrei farti notare l'ora tarda.-
- Perdonami, ero a una festa.-
- Immagino.- Denise finalmente alzò il viso appena sopra la spalla, per puntarle addosso uno sguardo indifferente - Non sono in vena di chiacchiere questa notte.-
- Quando mai lo sei stata, signora d'alterigia.- Sapphire stirò un ghigno amaro, pieno di disappunto - Una bambina capricciosa e viziata che regnava sovrana nel suo bel palazzo, andando e venendo come le pareva...non ti ho mai fatto mancare nulla, tesoro mio. Ma quando si è trattato di chiedere qualcosa in cambio, hai pensato bene di fare i bagagli e andartene, macchiando la reputazione di tuo padre che hai fatto passare per un bruto e un arrivista.-
- Come lo chiami uno che non si fa vedere per cent'anni e ricompare per darmi in moglie?-
- Tuo padre ha solo pensato al bene tuo e del nostro casato! Tu eri una Loderdail!-
- E adesso sono la moglie di un Cameron.- finì la più giovane, rigirandosi sentendosi vuota come una statuetta di porcellana - Così è andata nonna, fattene una ragione. Così com'è ora che se la facciano Hestor e tuo figlio...-
- Tuo padre!-
- Non lo è mai stata, nonna. E adesso scusa, ma voglio andare da mio marito.-
Un gemito divertito, pieno di compassione, riuscì a gelare l'espressione di Denise.
Sua nonna si era portata una mano alla bocca.
Stava ridendo di lei!
- Cosa c'è di buffo?- sibilò, sentendosi tremare le gambe.
- Oh, nulla nipote.- il timbro di Sapphire si fece mellifluo, pieno di piacere - Solo che non hai l'aria della moglie amata e devota.-
- Cosa?- riecheggiò Denise, con le guance velate di rabbia.
- Oh, andiamo!- Sapphire si mise in piedi di scatto, serrando forte il suo ventaglio - Non prendermi in giro, nipote. Sappiamo bene tutte e due perché Caesar Cameron ti ha sposata!-
- Non so di cosa tu stia parlando...-
- Oh, si che lo sai. O a quest'ora di notte, come ogni buona moglie fresca di matrimonio, saresti a letto con tuo marito!- e sorrise di più, capendo di aver colpito il punto giusto - Andiamo bambina, non mentire. Sappiamo bene che lui ama e amerà sempre l'ultima dei Glassharm. La sua ex moglie non è rimpiazzabile. Tu non ne sei all'altezza, sei solo una ragazzina viziata che crede di poter essere pari alla compagna di una vita, per un uomo che...diciamocelo, non ti ama. Forse neanche ti percepisce come una presenza reale nella sua esistenza, preso com'è dal ricordo del passato. Se ha accettato di sposarti...dev'essere unicamente per appagare i suoi appetiti, tesoro dei Loderdail.-
Denise si sentì invadere dalla nausea.
Dal disgusto.
- Sarai solo la sua puttana, Denise. Dopo di che, ti getterà via come uno straccio vecchio...perchè lui non ti ama. Non ti vorrà mai. Tu non ne sei all'altezza...se non ha avuto un figlio da Imperia Glassharm, cosa ti fa credere che s'impegnerà ad averlo con un demone tanto giovane come te?-
Le unghie piantate nel palmo della mano non facevano più così male.
Doveva trovare un altro modo per ferirsi, per rimanere in contatto con la realtà.
Non poteva dare a quell'essere ignobile la soddisfazione di svenire.
Perché stava già piangendo, anche se di spalle...era sicura che sua nonna avesse visto il tremolio che avvolgeva il suo corpo. Perché, perché non la lasciava in pace?
- Lo so che non mi ama.-
Sapphire levò improvvisamente un sopracciglio.
- Lo so che non mi ama.- ridisse sua nipote, a bassa voce - Ma mi ha sposata. E io avrò un figlio da Caesar. E non c'è niente che tu, mio padre o Hestor possiate fare per fermarmi. Anche se non mi ama e non mi desidera, io avrò comunque la mia libertà.-
- Una puttana libera.- ringhiò aspramente l'anziano demone - Avrei dovuto strozzarti il giorno che sei nata.-
Un altro fremito, poi Denise sentì qualcosa che le si allargava nel petto - Come hai lasciato morire mia madre?-
Axia.
Suo padre come gesto di pieno disprezzo le aveva dato quel nome, in memoria di una morte di cui lei non era stata la responsabile. Invece chi avrebbe dovuto aiutare sua madre a sopravvivere, le stava di fronte e la puniva per colpe che non erano sue.
La mano le sanguinava. Aveva le unghie conficcate in tale profondità che presto sarebbero arrivate ai tendini.
Avrebbe rischiato la paralisi per poter eliminare quell'essere immondo.
Una voce però, impigrita e seccata, le impedì di macchiarsi di un omicidio anzitempo.
- Denise, amore...non potevi invitare i tuoi graditi parenti al sorgere del sole?-
Sapphire, spazientita, si girò di scatto verso l'ingresso.
Caesar Cameron, bello come una statua greca, stava con la spalla nuda appoggiata allo stipite della porta.
A torso nudo, solo con dei pantaloni neri addosso, la sua epidermide, i suoi capelli e le sue iridi contrastavano come un nugolo di corvi in un campo di neve.
- Bene.- brontolò Sapphire, considerato che anche Caesar si stava dimostrando piuttosto freddo e scortese - Vedo che qui avete altro a cui pensare. Signor Cameron, è stato un piacere rivederla.-
- Vorrei poter contraccambiare.- fu la franca risposta del padrone del palazzo.
Imbarazzata, l'anziano demone prese finalmente il volo, insieme alla soddisfazione di sbattersi la porta alle spalle, facendo anche traballare i cardini.
Decisamente un esempio eccezionale di buone maniere.
Sbuffando, Cameron si passò una mano fra i capelli, tirandosi indietro alcune ciocche dagli occhi.
Aprì la bocca, ma la richiuse immediatamente, alzando lo sguardo sulla figura snella di sua moglie.
Tremava ancora.
Lo sentiva nell'aria.
L'impulso di urlare che lo raggiungeva, era così forte che poteva quasi sentirla gridare realmente.
- Non volevo disturbarti.-
Piangeva.
Caesar le puntò gli occhi in mezzo alla schiena.
Stava piangendo.
Ma la sua voce appena spezzata, sembrava più quella di una persona insonnolita.
- Scusaci, torna pure a dormire.- continuò sua moglie - Vedrai che non tornerà più.-
E' questo che credi?
Pensi davvero tutto quello che hai detto?
Pensi di essere solo la compagna di un letto, sebbene non ti abbia mai sfiorata?
Una puttana libera da catene?
Sei tanto di più...più di un ricordo e di un fantasma.
- Vieni a letto.-
Denise, ancora di schiena, si portò la mano alla bocca. Le lacrime le inumidivano le labbra.
- Non ho sonno, Caesar.-
Lo sentiva muoversi. Qualche passo e lo percepì dietro di lei.
Vibrò come una corda di violino, quando le strinse forte i palmi sugli avambracci.
La bocca accostata all'orecchio, un alito tiepido contro il collo.
- Devi riposarti.-
La sentì inarcarsi, chinare il volto, nasconderlo fra le mani chiuse a coppa.
Gemette come una bambina, il tempo di un solo istante però. Un solo piccolo attimo di sbandamento, qualcosa che lui riuscì a malapena a sentire. Anche se il piccolo di dolore che aveva toccato, attraverso lei, era stato tanto basso da sembrare un abisso. Un baratro.
Subito Denise si pulì il viso, cercando di tenerlo nascosto.
- Sto bene, davvero. Sto benissimo, Caesar. Vai pure a letto.-
Imprecando mentalmente contro tanta testardaggine, decise di ammorbidire il tocco. Le stava trasmettendo nervosismo, intese, così iniziò a massaggiarle delicatamente gli avambracci e le spalle, coperte dal raso. Doveva tranquillizzarla, anche se prima ancora doveva sedare i suoi stessi istinti.
Uccidere i Loderdail, tutti quanti, dal primo al penultimo, sarebbe stato l'imperativo che doveva guidare i suoi giorni futuri, ne era consapevole.
Ah, ammazzare quei bastardi sarebbe stato un piacevole diversivo se...la fretta di portarsi a letto la sua amata moglie, così ingenua quando si trattava dei suoi sentimenti, non lo stesse divorando.
L'importante, in quel momento, era che Denise non si stesse sottraendo al suo tocco.
- Mi dispiace tanto.-
Cameron arcuò un sopracciglio, posando il mento sul capo chino di lei.
- Per cosa?-
- Lo sai.- gemette Denise, deglutendo piano, continuando ad asciugarsi il volto - Per ieri...mi dispiace, Caesar. Mi dispiace tanto.-
Si sarebbe aspettata di essere lasciata andare bruscamente, di sentirlo irrigidirsi, poi insultarla. Invece lui fermò le sue carezze solo per un istante. Poi riprese, scivolandole sulla pelle serica e setosa con polpastrelli gentili.
- Spero che per te ne sia valsa la pena.-
- Le avevo dato la mia parola.-
- Non voglio più parlare di Lucilla.-
Si era chiuso di nuovo. Come uno scrigno fatato.
Denise si morse il labbro, osservando la loro sagoma riflessa nei vetri. Sembrava un sogno. Un suo vecchio sogno.
Ma lui non voleva parlare di Lucilla...e l'amava così tanto, le era così affezionato...
- Perdonami.- sussurrò - Ti chiedo scusa per quello che ti ho fatto passare.-
- Si.-
Caesar le tolse le mani di dosso, puntando le iridi contro un punto imprecisato.
- Si, decisamente farmi vedere la tua morte non è stato uno spettacolo che vorrei rivedere.-
Il silenzio di sua moglie poi la lentezza con cui la vide girarsi. Immemore di tanta incredulità.
- Cosa stai dicendo?- mormorò sgomenta - Io ho manipolato il ricordo di Imperia...-
- Prima lei, ma poi ho visto morire solo te.- replicò bruscamente - E' stata una carognata, Denise.-
No.
Lei non aveva fatto niente di ciò che stava dicendo.
Lei aveva manipolato solo l'amore e il ricordo, legato al suicidio di Imperia.
Aveva usato quell'amore per...tramortirlo. Eppure perché aveva visto lei? Perché lei?
Caesar, colpito dalla sua espressione basita, corrucciò la fronte.
- Vuoi dire che non sei stata tu?-
- Te l'ho detto. Io...ho cercato il ricordo di Imperia.-
- Come funziona? Come funziona il tuo potere?-
- Parto dal sentimento. E arrivo al ricordo.- semplificò lei, a bassa voce - Ho cercato l'amore che nutrivi per tua moglie...-
- Ex moglie.- la corresse subito, stupendo perfino se stesso - Quindi sei partita da lì. Dalla mia paura di perderla.-
- Esatto. Per questo non capisco cosa diavolo centrassi io in quella visione.-
Davvero non lo capiva?
Provò l'impulso di sorridere, ma si guardò bene dal farlo. Denise era ancora troppo sensibile nei confronti di Imperia.
Sarebbe stato meglio lasciar cadere quel discorso, se lei proprio non lo capiva.
Distolse l'attenzione da lei. Si stava asciugando le gote. Sembrava non riuscisse a smettere di piangere.
Avrebbe dovuto ucciderla, Sapphire, quando l'aveva sentita insultare sua nipote.
Era stato nascosto dietro alla porta dal momento in cui Brand era venuto ad avvisarlo dell'arrivo di quell'arpia.
Era quello il problema dei Loderdail.
Non capivano.
Non avevano mai capito.
Sapphire credeva davvero che le avesse chiesto di sposarlo solo per portarsela a letto e divertirsi con lei fino alla maggiore età. Povera sciocca stolta.
Istintivamente le prese una mano, carezzandole il dorso e le nocche.
- Andiamo a letto.- le sussurrò, baciandogliela e tenendola stretta contro il viso - Sei stanca. Devi riposarti. Controllare la mia psiche non dev'essere stato facile.-
Riuscì a farla sorridere. Un sorriso breve, appena accennato.
- Oh, puoi giurarci. Credo che non sarò in grado di usare i miei poteri per almeno un mese. Anche la mia telecinesi fa i capricci. Sono stremata. Colpa tua. Sei troppo caotico.-
- E tu troppo buona.- replicò, lasciandola perplessa - Anche se forse è a causa della tua stanchezza che non hai cacciato fuori Sapphire a calci. Dico bene, Denise?-
- Ha detto quello che doveva.-
- Parla per invidia, sai?-
Di nuovo, la sua giovane meglio arcuò le sopracciglia delicate.
- Sarebbe scusa? Invidia di cosa?-
- Ci ha provato con me fino all'anno scorso...- sospirò teatralmente Cameron e finito di dirlo, con espressione serissima, Denise era già piegata contro il suo torace da un acceso scoppiò d'ilarità - Quando ha capito che avrei sposato la sua bellissima e giovanissima nipote, non c'ha visto più. Cerca di capirla. E' gelosa marcia. Non vuole proprio capirlo che deve togliermi gli occhi di dosso...-
Continuava a ridere.
Gli piaceva sentirla ridere. Farla ridere.
- Vieni.- sussurrò, arrochendo la voce e prendendola in braccio, come se avesse avuto fra le dita una semplice piuma - Continua pure a sbellicarti, ma fra poco cadrai per terra.-
- Sei uno stupido, Caesar.- sogghignò sua moglie fra i singulti del riso.
E tu sei bellissima.
Il mio amore.
Prima o poi l'avrebbe capito. In un modo o nell'altro.


Kent, Little Hangleton.
Riddle House.
"Schifosi bastardi."
Nora Moore non poteva credere ai suoi occhi di fantasma.
Così come non ci riusciva a crederci Damon Michael Howthorne, che si dannava l'anima che era tutto quello che gli era rimasto visto che non si poteva essere tanto cretini.
E meno male che gli Auror, compresi quegli squinternati dei suoi amici, avevano setacciato quella casa orribile da cima a fondo. Come no!
Asher, Merlino abbia in gloria quel naso peloso da lupo, avrebbe dovuto farsi un giretto nel retro. In quella specie di giungla incolta e maledetta, nel vero senso del termine, che era diventato il giardino di Mary Riddle.
Qualcuno ci aveva scagliato il malocchio in quel posto, perché era divenuto un gomitolo di rovi e sterpi velenose, che si muovevano con vita propria.
Era raccapricciante il solo vederle.
C'erano anche delle rose. Pallide e vecchie, di un tenue rosa confetto, che emanavano uno sgradevole olezzo di cadavere. Di qualcosa che stava marcendo.
Quelle stesse rose avevano aculei così acuminati da sembrare pugnali.
Così fra rose e rovi, che crescevano come rampicanti sulle mura di mattoni che circondavano quel giardino, fra statue di putti ricoperte di muschio e pinnacoli più simili a lance che rendevano quel luogo la brutta copia di un vespaio invece che a un giardino di una nobile famiglia babbana, Damon era giunto ad essere molto vicino alla verità.
C'era un pozzo.
Si, un piccolo, infame, minuscolo, buio e oscuro pozzo.
Nero come l'inchiostro, rivestito di mattoni umidi e lisci, troppo antichi.
Costruito prima della venuta dei Riddle.
Costruito da chissà chi.
E lì...quei rettili avevano strisciato.
Come bisce nella loro tana sottoterra.
Lì i Mangiamorte erano scomparsi.
Dopo il San Mungo, erano scappati come ladri, un nero sciame di gatti, una nuvola tossica.
E poi, raggiunta Riddle House, non vi erano entrati.
Ma avevano fatto il giro della palazzina. Avevano corsi, ferendosi, fra rovi e spire.
Fino a rintanarsi in quell'abisso.
In quell'antro umido, dopo il soffio del vento prendeva le sembianze dell'ululato del lupo.
Così quella era la tana.
"Quando li avvisiamo gli Auror?" sbottò Nora di colpo, tutta sovreccitata.
Damon le scoccò uno sguardo scettico. Pieno di compatimento.
"Facciamo dell'ironia? O trovi qualcuno che ci vede e ci sente...o possiamo anche scordarcelo."
"Tornerai nel tuo corpo. E' solo questione di tempo!"
"Si, come no."
Lui non era poi così esaltato da tutta quella situazione.
Maledetti.
Maledetto Badomen e la sua schifosissima donna.
Se ne stavano ancora lì fuori a parlare. Aveva voglio di mettergli le mani al collo...e stringere, stringere!
Bastardo!
Era tutta colpa sua se ora si ritrovava in quella situazione!
"Che stanno dicendo?" sussurrò Nora "Damon, vieni, avviciniamoci."
I rovi si scostavano al loro passaggio.
Sembravano avere il terrore dei Non-Vivi.
Interessante.
- Bel buco nell'acqua!- stava ringhiando Badomen - Dannazione, ma sei andata fuori di testa?-
- Non farti saltare le credenziali, Craig, per cortesia.- rispose la sua donna, tirandosi impercettibilmente il cappuccio sul viso - E andiamocene, comincio a sentire freddo.-
- Non insultare la mia intelligenza!-
- E tu non insultare la mia!- sbottò lei - Per chi credi che lo stia facendo eh? Credi che mi piaccia passare le mie giornate nel corpo di un'adolescente in piena pubertà? E sentire le chiacchiere confuse di Brockway?-
- Non parlo di quello, so bene che il tuo contributo alla causa è più che meritevole. Parlo della tua ossessione per Hermione Granger! Ti sei fatta disarmare, per poco Lucius Malfoy non ti ha catturata! E se ti avesse riconosciuta?-
- Sciocchezze, non mi ha mai vista in faccia.-
- Ma Hermione Granger conosce il tuo volto!-
- Lo conosceva, Craig!- scattò quella, inferocita - Non farmi ridere! Credi che ora come ora anche mio padre sarebbe in grado di riconoscermi? Sono sfigurata! E tutto per colpa del bambino sopravvissuto!-
- Bhè, visto che sei così conscia di questo, dovevi aiutarmi a rapire il padrone! E invece abbiamo fallito!-
- Non è colpa mia se il ragazzo ha imparato a Sdoppiarsi! Come potevo saperlo? E' il degno figlio di suo padre, l'hai detto tu no?-
Nora e Damon si scambiarono uno sguardo stranito.
"Parecchio acidina la signora, non trovi?" fece la Moore "Non è una Mangiamorte? Perché ce l'ha col tuo amico?"
"Non lo so..." Howthorne girò attorno ai due, con aria di palese diffidenza "Hai sentito che ha detto? Che deve stare nei panni di un'adolescente. E ha nominato Brockway. Sta a vedere che la Halley Brockway che i ragazzi hanno pensato fosse l'amante di Donovan, è proprio lei."
"Vuoi dire che questa donna prende i panni di una ragazza e fa da intermediario fra il Segretario del Ministero e i Mangiamorte? Ma perché?"
"Donovan è un Mangiamorte. Semplice."
"Però mi hai detto che Donovan voleva che il tuo amico Tom restasse Sigillato. O peggio, ad Azkaban. Come fa ad essere un Mangiamorte?"
"Forse fa il doppio gioco."
Nora sbarrò gli occhi nocciola, quando il Legimors l'afferrò e la trascinò via. Tanto Badomen e la sua donna erano spariti nel pozzo. Ora sapevano dove andare a cercarli. Non sapevano dove avrebbe portato quel pozzo, tantomeno avevano capito chi aveva tradito al San Mungo, chi li avesse fatti entrare...ma a Damon, ora qualcosa era chiaro.
"Che intendi per fare il doppio gioco?" sussurrò Nora, sgomenta.
"Quella donna." Howthorne si guardò attorno, temendo ancora che qualcuno avesse potuto vederli e sentirli, poco avvezzo a essere invisibile "Tutto parte da quella donna. Lei è il centro di tutto. Lei è Halley Brockway, lei è quella che contatta Donovan da parte di Brockway. Quando c'è stata la Strage a Diagon Alley, i ragazzi mi hanno raccontato che Badomen ha preso qualcosa da una cassetta di sicurezza a nome del Ministero, nella Gringott. E poi è stato molto vicino a Donovan, mentre gli Auror lo portavano via. Credo che abbia preso qualcosa che Donovan stesso gli aveva lasciato...capelli o pezzetti di alcuni membri del Wizengamot."
"Stai dicendo che quella donna prende continuamente le sembianze di quelli del Ministero?"
"E non solo. Donovan potrebbe far finta di essere dalla parte dei Mangiamorte. Pensaci. Vuole Tom in prigione, ma nel frattempo è stato Donovan stesso a portare la Dama dell'Acqua a Cameron Manor. Sta usando i Mangiamorte per screditare la figura di Tom, come figlio di Voldemort che vuole perpetrare la sua opera...e al momento opportuno, lui e quella donna lo uccideranno, col consenso della gente e di tutti gli Auror."
"Dio..." Nora era sgomenta, incredula "Ma chi diavolo è quella strega?"
"Qualcuno che conosce il potere di Minegon. E che è disposta a tutto pur di vedere l'ultimo discendente dei Riddle morto." Damon prese un sospiro, serrando le mascelle. Finalmente l'idea stava prendendo forma. Ora quella situazione cominciava ad avere un senso.
Inoltre quella donna detestava Hermione.
Diceva che le aveva ucciso il padre.
Ma chi era? Chi era?
"Cristo, devo tornare nel mio corpo!" sbottò furente, agitandosi "Devo dire tutto agli altri!"
"E trovare la talpa che continua a tenervi sotto controllo." continuò la sua amica "Vieni, torniamo dal tuo corpo. In un modo o nell'altro troverò un modo per farti tornare in vita. Lo giuro! A costo di parlare con tutti i fantasmi di Londra! Qualcuno di loro dovrà parlare! Qualcuno saprà cosa fare!"
- Tempo sprecato, signori.-
Quella voce lui la conosceva.
Damon si girò di botto. Quella voce...
Dorothy.
La cercò con lo sguardo, quasi impazzendo. Era strano, sapeva di non avere un cuore al momento, però avrebbe giurato di sentirlo battere forte. Di averlo quasi in gola.
- Ciao Damon.-
E dire che il compito di spaventare la gente sarebbe toccato a loro. Invece sia lui che Nora cacciarono uno strillo e un'imprecazione in coro, ritrovandosi alle spalle Dorothy Turlow.
Indossava un sobrio completo nero, giacca e pantaloni. Con una semplice camicia bianca.
Sorrideva, fissandoli divertita.
- Salve ragazzi.-
"Dorothy...cazzo." Howthorne si morse la lingua "Vuoi farmi venire un infarto? Che diavolo ci fai qui? Se i Mangiamorte ti vedono ti uccideranno..." ma subito quella frase gli parve assurda, priva di fondamento.
E poi...perchè lo vedeva? Perché riusciva a sentire la sua voce?
E...Dio...un bagliore lucente le adornava il capo. Come...un'aureola.
"Dorothy." mormorò in un soffio "Che significa?"
- Ti avevo detto che prima o poi ti avrei raccontato tutto di me.- gli rispose, conservandosi il suo caldo sorriso materno - Mi hai fatto sudare sette camicie per trovarti, caro. Quando mi hanno detto che eri diventato uno spirito, non volevo crederci. Sono così desolata.-
"Ti ho cercato all'ospedale...ma non ti ho trovato. E adesso...Dorothy perché quella luce?"
La donna gli fece un cenno col capo - Vieni, andiamo via. Ci aspettano.-
Prima di battere ciglio, Dorothy era già sparita. La ritrovarono poco dopo, all'ingresso dei cancelli arrugginiti di Riddle House. E non era sola. Accanto a lei c'erano due tizi in giacca e cravatta. Uno biondo, sulla cinquantina. L'altro giovane, che non dimostrava neanche vent'anni. Moro, con profonde occhiaie.
- Così sarebbe lui.- considerò il giovane, non appena li videro.
- Si, è lui.- Dorothy sorrise con orgoglio - Damon, ti presento alcuni miei amici. Signori, lui è Lord Howthorne.-
"Cosa diavolo sta succedendo?" ringhiò il Legimors, vedendo la luce che irradiavano anche i due sconosciuti "Dorothy vuoi spiegarmi si o no?"
- Semplice amico. Sei morto.- gli disse il giovane, con espressione impercettibile.
"No, non è vero." replicò Damon "Io non morirò così."
- Cosa ne sai? Siamo noi che decidiamo quando voi mortali tirate le cuoia.-
- Non è esatto, Ryan.- disse il signore biondo, pieno di dignità - Noi non decidiamo. Noi accompagniamo e basta.-
"Un attimo, io lei l'ho già vista!" sbottò l'ex Serpeverde "E' il tizio che vidi quella notte che incontrammo Badomen e che salvai quel tizio da lui!"
- Esatto ragazzo. Il mio nome è Richard. Siamo venuti a prenderti.-
"Per andare dove?"
Ryan, il moro, lo guardò con un ghigno altezzoso - Ehi Dorothy, meno male che era promettente.-
- Non tormentarlo Ryan.- rispose quella, senza battere ciglio - Damon, tesoro, sei uno spirito. Non credevo che la tua ora sarebbe arrivata così presto. Ma è ora di andare.-
- La sua luce è molto debole però.- ponderò Richard - Dorothy, è troppo presto perché assuma il suo compito.-
- E' vero. Ma non si può fare altro.-
"Anche voi con questa luce?" sbraitò "Senti Dorothy, non so di cosa stiate parlando...anche se vagamente questa faccenda dell'aureola non mi è nuova ma io non posso stare qui a chiacchierare. Tom è in pericolo. Devo andare da lui."
- E come vorresti aiutare questo Tom, se sei morto?- rincarò Ryan.
"Io non sono morto!" esplose il Legimors, alzando gli occhi cielo "Ficcatevelo in testa. Non è la mia ora. Io non morirò così. Lo so, l'ho visto!"
- Tu devi diventare un Pacificatore, Damon.- gli disse Dorothy, placidamente - Sai cosa vuol dire?-
"Ho letto qualcosa in proposito."
- Cosa sai di noi?-
"Sei un Pacificatore?" allibì, fissandola a occhi sbarrati "Ma come...perchè? Perché non me l'hai mai detto?"
- Il mio compito era quello di aiutarti a sviluppare il tuo nuovo potere. Parlare con i Non-Vivi. Per questo non ho potuto dirti chi ero...o cosa saresti diventato una volta morto."
"Quindi...voi andate a prendere coloro che muoiono? E li accompagnate nell'aldilà?" chiese timidamente Nora "Quindi la luce che ho visto quando sono morta...era uno di voi?"
- Esatto.- scandì Ryan - Ad essere precisi, ero io. Solo che tu hai visto lui e mi hai snobbato.-
Damon era sconvolto. Dei Pacificatori non gliene fregava nulla. Ma che Dorothy...fosse un Angelo della Morte...Dio, ma in che razza di situazione si era cacciato?
"Cosa volete da me?"
- Che vieni con noi.- rispose Richard.
"Vi ho detto che non è la mia ora, per Dio!" sbottò, iniziando a perdere la pazienza "Voi neanche lo sapete quando la gente muore, vi limitate a raccattarli dall'asfalto e fargli vedere la luce ma io invece lo so! E so che non è la mia ora! Dorothy, lo sai anche tu! Io non posso ancora morire! Non è il mio momento, non posso venire con voi! Devo stare con Tom! E Neely."
- Dicono tutti la stessa cosa.- si lagnò Ryan - Oggi no, oggi no...dammi un altro giorno...-
- Ryan, aspetta...- Dorothy fissava Damon con attenzione - Ne sei sicuro? Della tua morte intendo. Sicuro che non abbiate fatto qualcosa che abbia modificato gli eventi?-
"La morte non si cambia. Alcuni fatti possono portare a strade diverse nella vita...ma la morte non cambia. Non si frega mai. Devi credermi. Io non posso venire. Ho da fare adesso. Ti ricordi cosa ti avevo detto sui Mangiamorte? Bhè, ho capito come girano le cose! Devi farmi tornare nel mio corpo! Devo parlare coi miei amici!"
- Il modo per tornare nel tuo corpo devi trovarlo da solo, ragazzo.- sospirò Richard, pettinandosi la barbetta bionda - Però stai attento. Ho già visto un caso simile al tuo. Non hai il tempo dalla tua parte. Devi tornare in te prima che il tuo corpo inizi a marcire. Per farlo hai solo una settimana di tempo. Poi, senza la tua anima, anche le tue spoglie mortali inizieranno a deperire. E allora sarà troppo tardi.-
Una settimana?
Così poco?
"Nessuno mi sente, come posso fare?" fece allarmato "Come faccio a tornare nel mio corpo?"
- Devi desiderarlo.- gli disse semplicemente Dorothy - A volte basta un trauma.-
"Ti sembro una persona serena?" sbraitò allora "Sono traumatizzato dal giorno in cui il mio corpo mi ha sputato fuori! La mia ragazza è incinta, la sua salute è appesa a un filo e il mio migliore amico rischia di morire!"
"Davvero non potete fare niente per lui?" chiese anche Nora "Non c'è un incantesimo? Una formula?"
- No, spetta solo a lui.- rispose Dorothy, carezzandogli la guancia. Damon rimase stupito che la sua mano non l'avesse attraversato come aria - Mi fido di te, tesoro. E sono fiera di come ti sei comportato fino ad ora. Io e gli altri resteremo nelle vicinanze. Ma fino a quel momento, l'unico consiglio che ti posso dare, è di stare vicino al tuo corpo e alla tua famiglia. E vedrai che troverai un modo.-
C'è sempre il trucco.
C'è sempre un modo.
- Ora noi andiamo.- Dorothy si sporse e gli baciò la guancia - Tornerò presto. Abbiamo ancora così tante cose di cui parlare.-
"Non puoi parlare tu per me agli altri?" la implorò "E' davvero importante."
- Non mi è permesso, lo sai. Già lasciarti andare è un problema. Cercheremo di risolvere tutto, però questo spetta a te. Fidati delle mie parole. Stai vicino a Neely e al tuo corpo. E vedrai che ce la farai.-
Sperava che fosse davvero così.
La vide sparire insieme agli altri due.
Lasciandogli sconforto e confusione. Perché l'ultima cosa che gli aveva detto, in un sussurro, era stata a proposito della sua "prova delle ali" e quella prova era reale. Aveva anche un nome.
Sargas.
Sargas sarebbe stata la sua prova delle ali.
Una prova che avrebbe potuto salvare entrambi.
O farli restare inchiodati all'inferno per sempre.


E dire che a una certa età, i bambini dovrebbero essere a letto.
Sfortunatamente per gli amanti del sonno, la Lucky House quella notte all'alba delle dieci di sera era ancora invasa di facchini svitati, Auror sotto endovena di nicotina e pescivendoli che urlavano quando cadeva qualcosa di quello era stato trasportato con tanta cura e dedizione fino alle soglie di quella famosa villa.
Lucas Potter, che amava dormire senza sentir volare una mosca, stava seduto sui primi gradini dello scalone che spaccava l'ala ovest da quella est. Coi gomiti poggiati sulle ginocchia, fissava trucemente chi passava ogni cinque secondi, camminando con la grazia di un panzer. Alla sua destra, la piccola Faith che sbadigliava, con Cosmo infilato nella tasca del suo pigiama. A sinistra, Glory, seccata come quanto Lucas.
Fra i due maghetti, non si sapeva chi fosse il più irritato da quell'intrusione.
Erano stanchi e spossati, specialmente dopo neanche quattro ore dall'attacco al San Mungo.
Il giardino era pieno di fotografi, i vicini erano già venuti a reclamare per il chiasso, Harry urlava come il padre di Vlad in mezzo alla battaglia e dulcis in fundo...
- Piano! Piano con quelle maschere!- urlò Nettunia Sparks, Sovrintendente all'Ordine della Fenice, nonché avvocato di Sirius da oltre cinque anni - Insomma signori, sono del quattordicesimo secolo! Le indossò perfino il famoso Boia dei Borgia, sono italiane! Un po' di creanza!-
I facchini brontolarono, qualcuno fece perfino qualche battuta sul fatto che se erano maledette c'era un motivo e che stava venendo a tutti la tentazione di metterle, per massacrare la "portaborse" dell'Ordine.
La Sparks gonfiò le guance, ma l'ignorò. Era stata incaricata da Albus Silente in persona di occuparsi del trasporto alla Lucky House di tutta l'oggettistica magica e dannata che l'Ordine aveva raccolto negli anni. Quel trasloco era andato avanti per tutto il pomeriggio. Praticamente avevano stipato i sotterranei della casa, ma c'era ancora molta roba e il signor Potter non era d'aiuto, sbuffando continuamente.
- Ci va ancora molto?- le chiese per la centesima volta.
- Harry, me la fa una cortesia?- ribatté la donna, con finta dolcezza.
- No, neanche per idea.- rispose a tono, usando lo stesso tono stucchevole - Si dia una mossa, qua sta per arrivare gente e se osa mettere quei manuali di Raptologia nella biblioteca del salone, le tolgo lo stipendio e vado a dire a Deirdre Warfield che in più di un'occasione ho pescato lei e Sirius a intendersela!-
Quella allargò la bocca, oltraggiata.
- Che...che ...con che coraggio! Harry mi stupisco di lei!-
- Senta, è tardi! I bambini hanno sonno, io ho la pressione alle stelle...scarichi questa roba dove le pare e poi prendete tutti il volo! O mi arriverà una denuncia dai vicini!-
- Sirius mi aveva promesso che non l'avrebbe detto a nessuno!-
Harry tacque di botto.
- Come prego?-
La Sparks però si era già scordata di lui. Infatti, aveva dirottato il suo sdegno verso Lucius Malfoy, entrato in casa scavalcando praticamente il cadavere di un facchino, rimasto schiacciato da un baule che aveva la mania di fagocitare il prossimo.
- Ah, per la miseria.- si schifò Malfoy - Potter, non si poteva fare questo disastro a orari più decenti?-
- Non lo dica a me.- replicò Harry, ancora basito da ciò che aveva appreso - Dove sono gli altri?-
- Sono passati tutti dal retro.- spiegò Lucius, carezzando la testolina alla nipote - Ora presumo che siano nella tua cucina.-
- E il corpo di Damon?-
- Lo portiamo di sopra.- urlò la voce di Tom, da un corridoio attiguo - Io e Trix lo mettiamo in camera mia!-
- E tu dove vai a dormire?- chiese Harry alzando la voce.
- Va bene il divano!-
- Col cavolo, ha già un buco enorme nella schiena.- sbraitò Cloe, entrando a forza fra i galoppini dell'impresa di traslochi e andando a buttarsi sul divano, dove presto la raggiunsero i piccoli mezzi addormentati - Harry, questa situazione non può andare avanti. Dovete dargli qualcosa per quella ferita!-
- E tu invece non dovresti essere a casa tua?- le rinfacciò ironicamente.
Lei, per tutta risposta, si fece aria con la busta gialla dei suoi esami.
- Neanche per idea. E perdermi un altro sicuro attacco dei Mangiamorte? Scordatelo.-
- Non attaccheranno mai qui.- sospirò Ron, raggiungendoli con un quadro addormentato sotto braccio - Notizie dal preside Silente. Hanno mandato praticamente tutto. Ci sono ancora alcuni scatoloni di libri fuori in giardino, un armadio di collegamento, la madre di Sirius sotto sedativi...-
-...a cui l'idiota sta cercando di dare fuori nella vostra fontana, Potter.- commentò Lucius, guardando fuori dalla finestra.
-...e due bauli di pozioni messe sotto sequestro settant'anni fa. Le cose pericolose invece tutte nei sotterranei. Efren le sta sigillando ora nelle stanze. Le pozioni le faccio mettere nello studio di Malferret invece.-
- Perfetto.- sospirò la Sparks, tornando in gran carriera - Harry, ci siamo quasi. Una mezz'ora e sarete liberi.-
- Come no. Chiedo a Sirius se devo liberargli una camera.-
- Cos'ha detto?- strillò la strega a livelli acustici altissimi.
- Niente, niente.- agitò la mano, pentendosi delle sue scoperte - Il resto Ron? Il preside ha detto che è successo alla sede dell'Ordine?-
- Sul perché di quel buco di niente?- Weasley alzò le spalle - Mi ha detto che è una sorpresa.-
- Ah. Odio le sorprese. Lucas, metti giù le mani da quelle spade...puoi farti male...-
- Tanto sono tutte arrugginite.- si lagnò il Phyro.
- Appunto, non ho voglia di portarti a fare il richiamo dell'antitetanica.-
Ron si guardò attorno - Tom, Trix e Asher?-
- Asher è tornato a Crenshaw Hill. Il pugnale d'argento gli stava facendo venire uno shock anafilattico. Trix è su con Tom, stanno sistemando Damon. C'è anche Neely.- spiegò Cloe, sbadigliando annoiata - Elettra invece?-
- Sta sistemando le camere per Jane e Scott.- ridacchiò Harry - Si fermano da noi per un po'.-
- Immagino la gioia di mia nuora.- fece pigramente Lucius, sporgendosi dalla finestra - Black, devo andare a prenderti una tanica di benzina? Non ce la fai da solo?-
- Datti fuoco.- fu il consiglio che venne dal giardino.
Sirius comunque non era l'unico di pessimo umore. A parte i piccoli, tornarono finalmente a casa anche Hermione e Draco. La ferita, in vestaglia, stava fra le braccia del marito che non aveva voluto saperne di farla camminare. Così avevano discusso per tutto il tragitto, come una simpatica coppia di vecchi sposi.
- Tu non mi ascolti mai!- stava ringhiando Hermione, seccatissima - Draco insomma, sono ferita alla spalla e alla testa! Non alle gambe!-
- Se cadi per un capogiro però, non ti spaccherai solo le gambe ma anche questo cranio vuoto da mezzosangue che ti ritrovi! I Medimaghi hanno detto che devi stare ferma per ventiquattro ore!-
- Si e a me hanno detto che avevo del Lazzaro in circolo da almeno cinque giorni.- frecciò la King, quando Draco lasciò Hermione semi sdraiata sul divano accanto a loro.
- Invece di rompere, dovreste davvero riposarvi.- sentenziò Ron - Herm, Cloe...avete preso una bella botta all'Ordine. Invece di fare le oche, pensate a rimettervi che ne abbiamo bisogno.-
- Cosa vuoi da me, io sto benissimo.- sentenziò la biondina.
- E io ho solo un taglio a una spalla.- brontolò la Grifoncina - Draco ridammi la mia bacchetta! La voglio all'istante, chiaro? O prepara pure i documenti del divorzio!-
- Questa costante minaccia comincia a stancarmi mezzosangue.- le rispose acidamente. Alzò poi gli occhi, vendendo Tom e Trix scendere dal primo piano - Allora? Avete sistemato Damon e Neely?-
- Si, stanno bene.- sospirò Riddle, andando a sedersi accanto alla King - Sono esausto.-
- E ti serve un cerotto.- constatò Harry - Ne abbiamo ancora coi panda, Malferret?-
- Ma che ne so. Coi maiali ci sono di sicuro.-
- Basta cretinate.- sbuffò Hermione - Mia madre dov'è?-
- Nella stanza degli ospiti con tuo padre.- le disse Potter.
- Hn.- fu l'unico gemito sarcastico che si ottenne dalla Grifoncina. Si vedeva che scoppiava proprio di gioia a vivere sotto lo stesso tetto coi suoi. Draco invece sembrava sereno. Non che avesse mai avuto un rapporto con Scott Granger, ma amava Jane e le era molto devoto.
Jane scese poco più tardi e subito volle aiutare Elettra a preparare del thè per tutti.
Le era sempre piaciuta molto la casa di sua figlia e ritrovarsi un po' con la nipotina le piacque molto. Peccato che Scott fosse invece trattato da sua figlia come una presenza scomoda, anche in una situazione simile.
- Allora, abbiamo una settimana prima dell'inizio dell'Inquisizione.- disse Harry, una volta tutti seduti - E Donovan starà già preparando la sua difesa. Cosa facciamo?-
- Lo ammazziamo.- sibilò Hermione, con naso affondato nella tazza di thè.
- Sono d'accordo.- disse anche Beatrix, che succhiava lo spuntino notturno dalla cannuccia - Il preside Silente come ha proposto di muoverci?-
- Con eleganza.- ironizzò Ron - Quindi senza lasciare cadaveri in giro.-
- A differenza di quello che hanno fatto i Mangiamorte, vorrai dire.- lo rintuzzò Hermione - Pensatela come volete, ma una settimana è troppo e insieme poco tempo per muoversi. Serve un piano d'attacco, subito. O Tom farà una brutta fine. Per non parlare di Damon. Qua urge usare il Lazzaro. E in gran quantità.-
- Rischiando giovinezza a vita?- le chiese Cloe.
- E' un piccolo prezzo da pagare per avere Tom fuori di galera.-
- Questo senz'altro.- annuì la Vaughn - Io raggiungo Edward da Duncan. Cercherò di capire se Silente ha trovato un modo per sistemare in fretta la questione. Voi cercate di riposarvi. Ci vediamo domani al Quartier Generale.-
- E qua chi resta a proteggere la casa?- allibì la King.
- I miei sistemi di allarme andranno benissimo.- sbuffò Hermione, massaggiandosi la testa dolente all'ennesimo tonfo provocato da un facchino distratto - Datemi un'aspirina o qualcuno di loro farà una brutta fine.-
E si parlava di suicidi.
- HERMIONE! AMORE!-
I muri traballarono quando un metro e ottanta di italiano fiorentino molto abbronzato apparve sulla porta di casa.
Aleandro di Iesi, abbigliato in un costoso completo estivo, planò direttamente in testa a un poveretto, facendogli cadere a terra una ciotola di bronzo piena di occhi di vetro, che schizzarono ovunque.
- Tesoro!- ululò al vento, con la Grifoncina che impallidiva sempre di più - Tesoro, amore della mia vita, ho appena saputo! Che cosa scandalosa!-
Aleandro, nel tentativo di raggiungere il salone in mezzo ai cumuli di oggettistica magica, fece cadere una pila di tomi oscuri e un altro facchino, spedendolo dentro il baule carnivoro aperto, che lo fagocitò e poi ruttò anche.
Arrivato, ficcò una spallata a Draco, così sconvolto da una tale faccia tosta da non avere neanche la forza di fiatare, spostò quasi Cloe dal divano buttandola addosso a Tom e prese le mani di Hermione, baciandole per dritto e traverso.
Fra schiocchi di labbra e smancerie, le uniche tranquille erano Elettra e Narcissa Malfoy, ancora sotto sedativi per quella faccenda di Vanity Witch.
- Amore, amore mio! Ignobile, ignobile! Il mio prezioso fiore attaccato così sotto gli occhi di tutti!- un'altra serie di baci da palmo a palmo - Se ci fossi stato io...ah, non ti sarebbe mai successo nulla con ME...-
Ok.
Draco contò mentalmente fino a dieci.
Poteva forse uccidere qualcuno sotto gli occhi di sua figlia? No, non sarebbe stato moralmente corretto.
Ma se quel porco fiorentino osava ancora dire che lui non era in grado di proteggere sua moglie...la SUA, poi! Era sua moglie!
- Ecco qua!- Aleandro agitò la mano, facendole comparire un mazzo di tulipani e garofani arancioni e rossi in grembo - Mia amata, un piccolo regalo per farti dimenticare quest'avventura! Fiori dei tuoi colori preferiti!-
Ora lo strozzava.
E chissene fregava dei danni alla psiche di sua figlia!
- E questa è la tua adorabile bambina!- Aleandro fece un baciamano anche a Glory, che automaticamente si rannicchiò con espressione spiritata verso la madre - Ha il tuo portamento cara, nonostante una carnagione tanto...delicata...-
- Ma cos'è, un pedofilo?-
Quella sparata folle che ebbe il potere di sedare momentaneamente gli istinti assassini di Draco venne fatta da Lucas, in sottofondo, seguito da una ghignata stratosferica di Lucius, Tom e Sirius.
Il Phyro infatti credeva ancora nelle smancerie solo fra genitori.
Ma dove le sentiva quelle parole?
- Oh, Lady Hargrave, felice di vedere anche lei. Si sente bene?-
- Oh, benissimo.- disse Jane a fatica, strozzandosi quasi per impedirsi di ridere della faccia stralunata di sua figlia e quella assatanata di suo genero - Da chi ha saputo la notizia, Aleandro?-
- Cara milady, sono sempre informato sul mio amato bene.-
- Qualcuno lo uccide o devo bermelo io?- sussurrò Trix, un po' dietro al gruppetto di pazzi.
- Qualche secondo ancora e Draco scoppia.- ridacchiò Harry - Ah, come vorrei che ci fosse Edward.-
- Papà, quello è un maniaco. Posso dargli fuoco?-
- Tesoro, per l'amor del cielo.- lo rintuzzò Elettra - Lascia questi piaceri ai grandi, andiamo.-
-...e così mi sono subito precipitato qui. Sapeste come sono stato in pensiero!- stava ancora vaneggiando Iesi, senza sapere che un drago era sul punto esatto della sua nuca, facendo un segnino rosso dove sarebbe avvenuta l'esatta decapitazione - A questo punto, Hermione cara, non posso più nascondertelo. I miei sentimenti per te in queste settimane si sono rafforzati!-
- Ah si?-
Bene. Stava per morire di vergogna. Perché se lei era sull'orlo di una crisi isterica e suo marito stava per chiedere il divorzio davvero, quei bastardi di Harry e Ron erano letteralmente piegati sul divano. Inoltre aveva visto pure il bambino sopravvissuto usare il cellulare per fare una videochiamata a qualcuno. E ci scommetteva che quel qualcuno era Edward.
E nessuno le dava una mano.
Grazie tante.
- Si, ormai ne sono sicuro. Se vorrai concedermi la tua mano, ti renderò felice. Sposami, cara!-
- Sono già sposata.- gli ricordò, iniziando a spazientirsi.
- Divorzia.-
Ecco. Hermione adesso lo vedeva bene.
Draco aveva le fauci spalancate. Se non voleva veder rotolare qualche testa, era il caso di fare qualcosa.
O il sangue dal divano non sarebbe più venuto via.
- Aleandro...- iniziò, imprecando all'ennesimo scoppio di risa di quel cretino di suo suocero -...è un'offerta molto...ehm...insomma, ne sono onorata.- si corresse, cercando di prenderla alla larga - Ma ho una figlia e un marito. So che ti chiedo molto, ma per questa generazione, credo che a Iesi dovrete cercarvi qualcun altro.-
- Ma cara...tu sei l'ultima Hargrave!-
- Sposati mia madre.- sbottò allora, perdendo le staffe.
- Ehi.- brontolò Jane - Cara, non dire sciocchezze. E' troppo giovane per me.-
- Grazie tesoro.- sibilò Scott Granger, dietro di lei.
- Ma io ti amo, Hermione.- continuò l'italiano, con tono drammatico.
- L'ho capito. Però questa volta non se ne fa nulla...-
- Ti prego, divorzia. Questo bifolco inglese non potrà mai darti quello che posso darti io!-
- Si, si!- li frenò subito la Grifoncina, prima che si rimettessero a parlare di beni e immobili - Non è questo Aleandro, davvero. Ormai sono sposata. Una volta sola all'altare mi è bastata...e poi voglio solo lui.-
Per la frazione di un secondo, Hermione non se ne accorse ma l'espressione di Draco si era rabbonita.
Si era addolcita tanto che il biondo quasi non ascoltò più le suppliche dell'italiano.
Quando però chiese di poter avere la mano di Glory da lì a dieci anni, Iesi finì per essere lanciato fuori dalle porte della Lucky House come un missile Cruz. E con i capelli in formato flambé, perché Lucas aveva avuto ragione.
Quello, oltre che maniaco sessuale, era pure pedofilo.
- Avanti, spettacolo finito.- tuonò Draco, richiudendo i battenti come un indemoniato - Levatevi tutti dai piedi. Mostriciattolo, a letto. King hai intenzione di andartene a casa tua o devo dire io a Trust di che misura comprare la bara?-
- Per se stesso, presumo.- soffiò Tom, alzandosi in piedi a fatica - Io vado a letto. Notte gente, notte zia.- sussurrò, baciando Narcissa sulla guancia - Domani mattina chiamatemi, vi darò una mano a sistemare tutto.-
- Occhio al baule.- gli disse Cloe.
- Occhio al babau.- ribattè lui, sparendo.
Dato il via, ben presto si dileguarono tutti. La King andò a salutare Neely, gli ospiti si ritirarono nelle loro stanze e gli Auror presero il volo per casa loro. I bambini accolsero la pace con somma gioia.
Metterli a letto fu meno difficile delle altre notti, Lucas si addormentò persino in braccio a suo padre.
Proprio come un vero angioletto.
- Bene, ora me ne vado anche io.- cinguettò Nettunia Sparks, chiudendo la sua cartelletta.
- Era ora.- commentò Draco, affiancato a Harry.
- Non faccia lo spiritoso. Fosse stato per lei avrebbe accatastato tutto senza un minimo d'ordine.- replicò la strega, scostandosi i folti capelli dorati dalle spalle - Ora vado. Tornerò domani alle otto per rifare l'inventario.-
- Facciamo dopo pranzo.- sibilò Potter - E mi saluti tanto Sirius.-
- Harry, lei è tremendo.-
- Oh, cara. Non ne ha una vaga idea.- rispose, scoccando uno sguardo obliquo a tre facchini che entrarono in quel momento. I soliti ritardatari.
Portavano qualcosa di molto pesante. E lungo. Coperto da un drappo di velluto.
- Attenzione a quello!- li pregò la Sparks - Signori, è molto fragile e antico! Attenzione ho detto!- sentenziò istericamente.
Forse per l'ora tarda, forse per il nervoso, i facchini inclinarono l'oggetto.
E il drappo scivolò a terra.
Uno specchio. Alto, altissimo. Con una cornice d'oro elaborata, sorretto da zampe di leone.
E una scritta. Conosciuta da entrambi.
Harry e Draco rimasero immobili, a specchiarsi.
Riconoscevano quel riflesso.



Erouc li amotlov li ottelfirnon


Lo Specchio delle Brame e il suo monito, scritto nell'oro.
Ma se Harry Potter riuscì a sorridere del suo più grande desiderio, quasi con indulgenza verso se stesso... Draco Malfoy si ritrovò a sentire il cuore spaccarsi in due.
Perché nel suo riflesso...
Nel suo riflesso...vide un grande errore.
Un grande peccato.
Non era possibile...
Non era proprio possibile...

 

 

 

 

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Capitolo 39
*** Capitolo 39° ***


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Tanto per intendersi, il sacro rito della colazione dopo una battaglia era qualcosa che, alla Lucky House, travalicava anche il concetto della quotidiana litigata fra Potter e Malfoy.
E tanto per capirsi ancora meglio, dopo essersi salvati in extremis, era uso e costume presentarsi al cospetto di Harry Potter per farsi un'overdose di caffè tutti insieme, ridendo in faccia alla morte che ancora una volta era rimasta a mani vuote.
Peccato però, per Harry James Potter, che avesse dormito veramente da cani per tutta la notte.
Un sonno leggero e fastidioso, tipo quelli estivi che sfinivano a causa dell'afa e dell'umidità.
Uno strano sonno affastellato di...visioni e flash di una vita.
Una vita non sua.
Per questo, quando all'alba di mezzogiorno scese in cucina, con Lucas in spalla che parlava a manetta di come fare a bruciare tutti i capelli a Badomen e pure la coda (si, il Phyro era convinto che chi lavorava in livrea e portava cappotti lunghi, lo facesse per nascondere la coda!) non si stupì di trovare una ressa incredibile di persone che chiacchieravano allegre...e una sola, seduta a tavola con lo sguardo fisso nella sua tazza di porcellana, costata quanto un televisore al plasma.
Draco Lucius Malfoy non era in vena di festeggiare.
Perché non aveva neanche toccato il suo caffè nero e già stava fumando, gli occhi di un grigio sporcato dall'ansia e dall'insonnia puntati sulle finestre spalancate, da cui giungeva un delizioso profumo di fiori estivi.
- Era ora, signori!- li apostrofò Ron, distogliendo l'attenzione di Harry da Malfoy - Ragazzi che preferite? Frittelle ai lamponi o dei muffin?-
- Chi ha fatto le frittelle?- sindacò Potter, non tanto sicuro.
- Già, col cavolo.- lo seguì Lucas, saltando giù dalle spalle del padre e piazzandosi su uno sgabello accanto a Faith e sua madre - Se hai cucinato tu, piuttosto mi butto nella fontana.-
- Ah, che spiritoso tuo figlio.- ironizzò Weasley, puntando addosso a Harry una paletta antiaderente - Che faccia orribile.-
- Grazie.-
- Che hai fatto? Non hai dormito?-
- No, ieri sera qualcuno ha esagerato con gli alcolici.- insinuò Potter, velenoso.
- Fottiti Sfregiato.- fu l'immediata risposta, detta senza inflessione.
Bene. Se non altro era ancora ricettivo.
- Gente, ho portato artiglio del diavolo per tutti.- sorrise Blaise, entrando con un sacchetto di carta sotto braccio, per poi fermarsi a guardarli tutto impietosito - Gente, prendetevi una vacanza. Fate schifo a un goblin.- e buttò il sacchetto sul bancone di pietra, tornando a sorridere - Allora? Edward, Trix ed Efren?-
- Coleman arriva fra mezz'ora. Gray l'ha bloccato al Ministero stanotte col turno del pipistrello.- ridacchiò Ron, lanciando a Lucas un biscotto, che prese al volo coi denti come un piccolo segugio - Edward è passato a riprendere i bambini da suo padre, arriva subito. Ophelia invece è già qui.-
- Tom come sta?-
- Una favola.- rispose l'interessato, apparendo sulla soglia come uno spiritato, con grandi cerchi violacei intorno agli occhi. Si lasciò andare seduto malamente e buttò giù la tazza di caffè che suo cugino, messo peggio di lui, stava lasciando raffreddare.
- Senza zucchero.- si lagnò, con una smorfia - Dove avete detto che è Trix?-
- Arriva con Efren.- sbadigliò Elettra - Notizie di Damon?-
- Neely è rimasta su in camera, era esausta.- spiegò Riddle, buttando svogliatamente un occhio alla Gazzetta del Profeta, dove, tanto per cambiare, appariva il solito titolone catastrofico dove il fesso di turno, giornalista patentato, esaltava l'attacco al San Mungo come un attacco all'autorità del Ministro Dibble.
Poco sotto, in grassetto, la risposta al Ministro.
"Non seccate me. Ma gli Auror. E' il loro lavoro rispondere ai vostri quesiti, altrimenti a quest'ora sarebbero politici."
- Mi piace questo Ministro.- fece, con tono quasi allegro.
- Che cazzo ridi, siamo nella merda fino al collo.- si lagnò Harry, tirandogli quasi in testa una ciambella - Fra una settimana, neanche, dovremo riportarti dal Wizengamot e faranno iniziare la loro dannata Inquisizione.-
- Perché non abbassi la voce?- sibilò Draco all'improvviso, gelido come il ghiaccio - Anzi, perché non te ne vai proprio Potter?-
Harry non si scompose - Sei nella mia cucina.-
- Questione di punti di vista.-
- Siamo di cattivo umore eh?- fece Blaise, sedendosi davanti a lui.
Di nuovo da Malfoy non ottenne alcuna risposta. Era tornato a fissare la sua tazza ormai vuota e fredda.
Però la linea serrata della mascella, per un occhio esperto come quello di Zabini, che per sette anni si era sorbiti i malumori mattutini di Draco, era un chiaro segno che. Qualcosa lo impensieriva.
Certo, Draco Malfoy era sempre di umore tetro.
Ma iridi tanto schiarite e dal colore sciupato, erano indice di un sentore interno.
Un malessere.
- Qualcosa non va?- gli chiese, con la sua espressione più calma.
Sempre per esperienza, sapeva che urtare nervi così sensibili era l'impresa più facile del mondo. E farsi vedere preoccupati o seccati, avrebbe solo peggiorato le cose.
Come previsto, gli arrivò un grugnito in risposta, ottenendo anche di vedergli serrare la mano sulla ceramica, tanto da farsi diventare bianche le nocche.
Tirava cattiva aria.
Blaise ne era sicuro. Perché i giorni neri per Draco, son giorni bui per tutti.
- Io vado.- sibilò Malfoy, alzandosi di colpo, senza alcun preavviso.
- Vai?- Potter non ne fu minimamente sorpreso - Vai dove?-
- Ovunque.- ringhiò Draco, girandosi a lanciargli un'occhiata gelida - Qui non si respira.-
Si, gli mancava l'ossigeno in quella casa.
Non ce n'era abbastanza per lui, quella mattina. Forse non ce ne sarebbe stato più.
Codardo.
Si, era un codardo.
Un vigliacco.
Era l'essere più indegno sulla faccia di quella terra desolata e infame.
Attraversò l'atrio, ma sotto lo scalone andò a sbattere contro il corpo profumato di sua moglie.
Era morbida e setosa, avvolta in una nuvola di organza color fragola.
L'afferrò prima di farla cadere e a sua volta, Hermione si strinse forte alla sua vita.
- Ehi.- borbottò, reprimendo uno sbadiglio con la mano - Che fretta. Ma dove vai?-
All'inferno.
Dove potrò soffrire in pace senza soccombere ai tuoi occhi.
Si staccò da lei bruscamente, facendosi indietro.
Lei, sbattendo le ciglia, lo fissò confusa. Fu rapida a cogliere ogni sfumatura nei suoi occhi e nel suo sguardo.
Poteva essere una brutta giornata semplicemente, poteva solo essersi alzato male. Sapeva che suo marito era avvezzo a cambiare umore come le donne. Ma non quel giorno.
Cercò di aprire la bocca, ma ancora prima di schiudere le labbra, un guizzo delle iridi di Draco la bloccò.
Era arrabbiato.
Sconvolto.
- E' successo qualcosa?- mormorò, iniziando ad agitarsi.
Di nuovo, lui non fece un fiato.
Ma la fissò come se fosse colpa sua. Hermione in rapida sequenza pensò a una varietà d'ipotesi allucinanti. La gelosia per Aleandro, i fatti al San Mungo, il suo rifiuto per le cure. Sargas.
Le pensò tutte, agitandosi sempre di più.
Perché continuava a fissarla come si fosse alzato quella mattina e vedendola a letto accanto a sé avesse capito di odiarla. Di aver commesso il più grande errore della sua vita.
Purtroppo per lei non riuscì più neanche a guardarlo in faccia.
Draco si Smaterializzò via senza neanche salutarla. Andato via lui, Hermione ebbe l'impressione di tornare a respirare dopo un periodo prolungato in apnea.
Si portò le mani al cuore, col serpente del sospetto che si annidava in lei, torcendole le viscere.
L'aveva fatto arrabbiare così tanto?
Eppure quella notte per loro era stata speciale. Lui era stato appassionato come non mai. E di una dolcezza insolita, quasi disperata.
Possibile che gli avesse fatto uno sgarbo senza saperlo?
- Ma che gli è preso a sua maestà?- borbottò Ron, quando la ragazza entrò in cucina.
- Non lo so.- ammise, con vocina sottile che fece sorridere Harry ed Elettra con tenerezza - Eppure sembrava stare bene ieri sera.-
- Certo, dipende come ha ricevuto la "buona notte".- fu il laconico commento di Blaise - Non è che è geloso di Iesi?-
- Ma va, non avrebbe motivo di essere geloso.- fece Hermione, agitando la mano con assoluta sicurezza - E poi...no, neanche per idea!-
Ma dai, l'autostima di Draco Malfoy toccava picchi allucinanti. Era biondo, bello, sexy e ricco. Se una donna gli tappava la bocca con una sigaretta o una mela, sarebbe riuscita a farselo andare bene e in allegria anche per tutta la vita!
E poi non era mai stato seriamente geloso in vita sua. Lei era più che convinta che per lui, possessivo fino allo spasimo con le sue cose, mettere paletti e recinzioni intorno alle sue "cose" era solo un modo per sentirsi sereno.
A posto. Purtroppo, coi suoi precedenti e la sua infanzia, aveva imparato presto a difendere il suo territorio e la sua piccola sfera di affetti. Possesso.
Ma non gelosia. Perché la gelosia era data dall'insicurezza.
- Perché non dovrebbe essere geloso?- se ne uscì invece Tom, guardandola da capo a piedi - Credi di essere invisibile?-
- Hai presente tuo cugino, vero?- replicò a tono la bella strega - Alto, biondo e dispotico?-
- Quello che ieri sera stava per uccidere l'uomo che ha osato sfiorarti la mano? Si.-
- Su, Tom, ti prego. Non ti ci mettere pure tu.-
- Bah, voi donne non capite niente.- bofonchiò Riddle, addentando una ciambella.
- Già, non riconoscete i pedofili.- se ne uscì Lucas all'improvviso, facendosi accarezzare dolcemente la testa da sua madre - Il maniaco non torna più spero. O è la volta buona che lo faccio alla griglia!-
- Qui non ce n'è uno normale.- sbuffò Hermione, afferrando la Gazzetta - Qualcuno vada ad aprire, hanno suonato.-
- Lascia, vado io.- Harry fermò Ron, lasciandolo in balia dei muffin e del forno, pronto a esplodere. Se tanto gli dava tanto, quel giorno tutti i mezzi Black rimasti sul suolo londinese erano tutti dello stesso umore. Draco sparito, Tom gioioso come un cadavere e...
- Tu!- sbraitò Sirius, varcando la soglia dopo Cloe, puntandogli praticamente il dito in faccia - Harry James Potter, come diavolo hai fatto a farti dire da Nettunia certe cose che appartengono solo alla mia vita privata?!-
- Vita privata?- fece la King, salutando appena Potter e avviandosi - Tutta Londra sa che sei un Casanova, Sirius.-
- Si, ma nessuno sapeva che si facesse l'avvocato.- attaccò a ridere Weasley, piegato pericolosamente sui fornelli accesi - Cazzo Paddy, sei il mio mito, davvero.-
- Pure il mio.- rise Blaise a crepapelle.
- Non fa ridere, se Deirdre viene a saperlo saranno cazzi amari per tutti, lo sapete?- sbottò Black.
- Non ti credevo uno da tenere le mani in due guanti.- fece Harry, dall'alto della sua posizione di uomo fedele e devoto - Non che la Perfida mi sia mai piaciuta...ma addirittura la Sparks. E Remus ti copre? Ce l'avessi io un amico così.- e sorrise poi ad Elettra, tutto angelico - Ovviamente non per questioni simili, amore.-
- Ovviamente.- sorrise la bionda con espressione stucchevole - Già che ci sono penso che andrò a cercare Iesi. Magari, anche se non sono Veggente, il mio conto in banca e il mio buon nome gl'interessano lo stesso.-
- Col cavolo mamma, quello è un porco!-
- Lucas, ti prego! Parla bene!-
- Alla fine della fiera...- riassunse Herm, senza neanche alzare il viso dalla Gazzetta - ...qua non gliene frega niente a nessuno, Sirius, che tu sia il più immorale e chiacchierato fedifrago di Londra. A questo punto però devo dare una bella somma a Edward, accidenti.-
- Quanto gli devi?- allibì Blaise.
- 150 galeoni.-
- Solo? Io ne ho puntati 300!- sbottò Zabini - Dalton è un bastardo, gioca a rialzo!-
Sirius era inferocito. Li fissava come prede di caccia e sicuramente li avrebbe fatti secchi uno per uno, tanto ormai, visto che era stato considerato innocente e si era preso milioni di scuse per anni, più nessuno al Ministero avrebbe potuto accusarlo davvero di omicidio. Neanche se l'avessero trovato con le mani al collo del defunto bambino sopravvissuto.
Era il caso di mandare via i bambini, se voleva mettersi a urlare tutto il suo repertorio di parolacce. Pensò anche di mandare fuori Ophelia ed Elettra. Ma la prima era la moglie di Edward e la seconda di Harry. Quindi dovevano essere abituate a peggio. Hermione poi ci era cresciuta con loro...
- Neely ha dormito abbastanza?- chiese intanto Cloe, mentre in sottofondo gli Auror scatenavano la quindicesima guerra mondiale - Ha già mangiato?-
- Dorme ancora. Credo sia esausta.- le disse Tom, cercando, tra l'altro senza successo, di non fare il moccioso emozionato alla prima cotta, perché lei gli stava troppo vicino - Più tardi vado a portarle la colazione.-
- Che si fa con Damon?-
- Non lo so.- ammise Riddle, sospirando. Non lo sapeva proprio. Non sapeva più che fare col suo migliore amico.
Gli mancava già, anche se erano passati solo due giorni.
- Mi metterò sui libri, oggi.- continuò, passandosi una mano fra i capelli color inchiostro - Troverò un modo, devo trovarlo. Non capisco cosa l'abbia portato al coma. Se il colpo di Minegon di quella donna o un fattore interno...ma che sia dannato se lo lascerò in quelle condizioni un altro giorno.- e sbuffò, afferrando la prima cosa che gli capitava a tiro per farsi aria. Quel giorno c'era un'afa terribile.
Solo dopo si accorse che era la Busta. Si la mitica, unica e sola.
- Claire.- ruggì fra i denti - Che diavolo ci fa qui?-
- Eh?- fece lei, cadendo dalle nuvole - Di cosa parli?-
- I tuoi esami, impedita!- sbottò, buttandogliela sotto il naso - Perché non li apri, accidenti? E se proprio te ne freghi, almeno bruciala. Non lasciarla in giro per casa, che poi qui sono qui fuori di mina. Il tuo nome neanche si legge più e va a finire che l'aprirà Harry, pensando che sia la risposta dello psichiatra e legge, magari, che ha grane alle ovaie!-
- Merlino, che cosa disgustosa.-
Ora la strozzava. Aveva semplicemente cacciato la lingua, con un brivido, per poi prendergli la busta per farsi aria a sua volta. Che cervello di gallina quando voleva!
- Senti...-
- Hn?-
- Claire...stanotte dove sei stata?-
Cloe, di colpo, smise di farsi aria. E si volse, lentamente, a fissarlo.
- Cioè...dove hai dormito?-
Lei arcuò le sopracciglia, atteggiando un debole ghigno d'interesse - Perché me lo chiedi?-
- Bhè...magari sei ancora sotto i postumi del trauma all'Ordine.- abbozzò Tom, prontissimo - Magari dovresti tornare al San Mungo. Per un controllo.-
La King ovviamente roteò le pupille, tornando a farsi i fatti suoi, esasperata da quell'uomo imbecille.
- Certo. Già che ci sei vieni con me. Ma io in Traumatologia Magica. Tu alla Neuro Babbana.-
- Ma che ho detto adesso?-
- Niente!- brontolò irritata - Ho dormito da Trix, comunque.-
- Perché da Trix?-
- Perché mi piace farmi fare un succhiotto di prima mattina.- esplose, terrorizzandolo - Cos'è questo interrogatorio?!-
- Niente. Scusa.-
Piccolino e indifeso, si rannicchiò sulla sua sedia e stette zitto. Meglio non farla alterare con domande a trabocchetto su Trust, che Tom ovviamente faceva con espressione chiara come il sole.
Tempo dieci minuti e la Lucky House tornò al suo silenzio abituale. Chi era stanco per essersi fatto la notte, andò a letto. Elettra e Ophelia uscirono a fare spese, dopo essere andate a prendere Pansy; Hermione si vestì per andare a fare una cosa che faceva raramente...ovvero una visita ai suoi suoceri.
Harry prese la mattinata per andare alla Hayes a trovare i suoi piccoli e Tom si chiuse in camera da Damon, con Cloe e Neely. Ma al piano di sotto...gli scavezzacollo della futura generazione rimasero soli. Allo stato brado. A dire la verità qualcuno avrebbe dovuto controllarli. Di solito spettava agli elfi domestici, ma dopo che la settimana prima Hermione aveva quasi pescato Buzzy, l'elfo preferito di Draco, a lavare un water, ora tutta la comunità di lavoro sottobanco se ne stava ben nascosta, per uscire fuori solo di notte, quando la padrona veniva segregata nella stanza da letto dal marito.
E così Faith era attaccata alla tv nella sua stanza, con Cosmo in testa, i pulcini in braccio e il canale di Discovery Channel a farle vedere come gli americani avevano costruito le atomiche; Lucas stava nella cucina dei Potter a giocare con la x-box e Glory a casa sua, con la testa nel frigo a cercarsi uno yogurt bianco perché la mattina non riusciva a mandare giù altro.
Però non era sola, anche se non lo sapeva.
Aveva preso lo yogurt, usando lo sgabello perché il frigo hi-tech di casa Malfoy era alto e sottile, in nichel laccato, e non aveva neanche fatto in tempo a chiudere lo sportello che la paura dei giorni scorsi tornò a colpirla, impietosa e crudele.
Gli occhioni bicolore divennero vitrei come specchi di un lago, quando con lentezza esasperante e minacciosa, ogni oggetto in quella cucina iniziò a galleggiare.
Sgomenta, una decina di padelle iniziarono a roteare come impazzite attorno al delicato lampadario Hook, una sospensione di dodici luci con finissime lampadine appiattite.
Lucas, da parte sua, qualche minuto più tardi sentì un grido, poi il fracasso più infernale che si fosse mai udito in quella casa. Cacciando un'imprecazione che un bambino di quasi undici anni non avrebbe mai dovuto sentire, fece cadere il joystick e corse nell'ala Malfoy.
Quando si fermò sulla soglia della cucina, a bocca spalancata, non riusciva a credere ai suoi occhi.
Un pandemonio. Un nugolo di pentole di metallo, rame e alluminio si agitavano come impazzite. Andavano a sbattere ovunque, bollandosi e provocando tonfi agghiaccianti. Le ante degli sportelli sbattevano, calici di cristallo cadevano fuori dalle mensole e dalle vetrinette, finendo a terra in frantumi.
In mezzo alla cucina, nell'isola di preparazione, vide perfino il forno e la lavastoviglie sputare tutto ciò che contenevano.
Allibito si, da matti, ma quando una pentola cercò di prenderlo in faccia, si scostò senza fare un verso, anche se la sua espressione non faceva presagire nulla di buono. Perché sentì qualcosa che non si udiva tutti i giorni.
Come se non fosse stato abbastanza sentirsi bruciare come una torcia di notte, Lucas dovette assistere a una pioggia di pentole che cadevano contro Glory, accucciata e rannicchiata in un angolo della cucina, sotto il piano dei tre lavandini.
Ma le stoviglie non le cadevano addosso, stavolta.
Solo vicino, per spaventarla. E col viso nascosto sotto le braccia, tremava così tanto che era sicuro stesse piangendo.
Tirando un'altra parolaccia, Lucas artigliò la mano e, concentrandosi tutto, creò una simpatica sfera infuocata.
Con quella, spedita a tutta velocità verso le pentole, riuscì a fermare quel disastro.
Certo, di fu altro fracasso infernale, ma quando finalmente tornò il silenzio, il piccolo Phyro sembrava soddisfatto di aver sfondato tre pentole e aver annerito metà soffitto della cucina di Draco.
Il suo divertimento si spense, quando corse a inginocchiarsi da Glory.
Piangeva proprio. Singhiozzava come una matta.
- Bravo!- sbottò allora, letteralmente imbestialito - L'hai fatta piangere, complimenti! Tu si che sei bravo! Ma che ti ha fatto, si può sapere? Perché non te la prendi con me invece che con lei?! Vediamo se sarai ancora capace di fare lo spiritoso quando ti avrò bruciato tutte le lenzuola!-
Avrebbe sbraitato di più se la piccola Malfoy non avesse iniziato a piagnucolare più forte.
Uno strazio.
- Glory, ti prego...- Lucas si fece indietro, cercando disperatamente qualcosa per tapparsi le orecchie - Smettila, dai! E' solo uno stupido fantasma con qualche squilibrio! Andiamo...ti prego, basta!- ma non c'era verso, neanche a pagarla, così si giocò l'ultima carta - Se la smetti di piangere vado a rubare alla vicina quei fiori che ti piacciono, tanto è vecchia e rimbambita, non se ne accorge! Eh? Ti va bene?-
Niente.
Stava quasi per mettersi le mani nei capelli. In fondo, accidenti, era stata tormentata per giorni da quello stupido cadavere, ma forse lo stupido cadavere avere anche dei sensi di colpa perché, sbalordendo il piccolo Potter, qualcosa d'invisibile afferrò un lembo del rotolo di carta da cucina e tirandolo fino a rovesciarlo tutto, in mezzo ai cocci sul prezioso cotto di Draco, lo portò accanto a Glory.
Le aveva portato un fazzoletto...bhè, lungo, ma sempre un fazzoletto.
- Roba da matti.- sibilò Lucas, girandosi e inginocchiandosi di spalle davanti a Glory - Dai, andiamo.-
Uno strappo alla carta, una soffiata al naso e la bimba buttò le braccine al collo del Phyro. E Sargas, con le guance tutte gonfie, iniziò a seguirli come i pulcini seguivano Faith, passo dopo passo.


Edward Deverall Dalton si sparò la quinta tazza di caffè della mattinata. Ancora un po' e avrebbe fatto ricchi i produttori del macinato del Ministero, dei cani, se quel bastardo di Ron continuava a mettergli le notti tutte di fila.
- A che punto siamo?-
Edward ingollò una sorsata, facendo una smorfia. Ok, lo beveva, ma faceva comunque schifo. Forse doveva fare come Efren, che in quel momento stava buttando nella tazza del caffè anche del latte e un goccio, l'essenziale, di sciroppo per la tosse. Non capiva l'accostamento, però forse così riusciva a far passare quel retrogusto di limone tossico.
- Ho fatto rapporto a Duncan.- rispose il Medimago, sbadigliando - E ora, con permesso, me ne vado a dormire.-
- Vado a controllare ancora una volta l'Ordine della Fenice, dopo di che filo anche io.- rispose Dalton, lasciandosi baciare la guancia da Trix, quando la Diurna li raggiunse con un plico di fogli certificati sotto il braccio.
- Aprite le orecchie.- scandì seria - Sono stata nel Reparto Personale e ho i nominativi di tutti coloro che entrano al nostro livello e finiscono vicini al Quartier Generale, tanto da essersi appestati con l'incenso del capo.-
- Per me è uno che lavoro qua.- fece Efren.
- Anche per me, ma non voglio lasciare fuori nulla.- Trix continuò, tutta seria come una maestrina - Mentre voi dormite, io lascio questi alla Lucky House. Tom inizierà a controllare, mentre io vado a vedere come sta Asher.-
- Non gli hanno mandato qualcuno a casa?- ribattè Coleman, alzando un sopracciglio - Di solito lo fanno al San Mungo.-
- Mandarti una badante a casa intendi?- la cosa sembrava divertire la Vaughn - Vuoi dire che in questo momento, a Crenshaw Hill, c'è una povera strega da sola con Asher, William, Hacate e Jeager? Dovevo giusto fare colazione...-
- Ahah, spiritosa. Edward, hai intenzione di andare con lei?-
- Spiacente.- rispose Dalton, l'espressione talmente vacua e assonnata che sarebbe potuto crollare da un momento all'altro - Ma ho promesso a mia figlia il bacio della buona notte.-
- Sono le nove del mattino.- gli ricordò Efren.
- Quando faccio la notte, Caroline non dorme per partito preso.-
- E riesce a stare sveglia tutta la notte?-
- Guardando le registrazioni di Pollon.-
- Tua figlia diventerà una gran donna.- scandì Trix, rimettendosi la tracolla - Allora siamo d'accordo.-
- Si, io controllo in che stato è l'Ordine...- finì l'ex Corvonero -...e poi vado a casa.-
- Io mi faccio otto ore poi vado ai Guardiani di Giorno.- si accodò Efren, mentre uscivano dal Quartier Generale - Vedo se loro sanno dirmi qualcosa sugli spostamenti di Halley Brockway.-
- Basterebbe rapirla.- sentenziò la Diurna.
- L'ho detto a Duncan, ma non vuole starmi a sentire.- si lagnò Dalton - Malfoy in casa ha abbastanza Essenza di Oblivion da farle dimenticare anche il suo nome, ma il capo è sordo da quest'orecchio! Ciao Gary.-
- Salve ragazzi.-
Gary Smith si fermò insieme alla sua compagna June, per informarsi delle novità.
Dissero quattro parole, le necessarie per mettere qualche buontempone a conoscenza del fatto che la cara Halley Brockway aveva le ore contate. Trix poi, fece anche un rapido "sondaggio olfattivo" della situazione.
Colpa degli incensi di Duncan, accidenti!
Anche chi entrava un attimo al Secondo Livello restava appestato come un lebbroso!
- Salve, signor Ombrodoro!-
Sentendo il nome, la Diurna si girò verso l'ascensore. Mason era tornato dalla notte, distrutto pure lui, ma parve illuminarsi al solo vederla. Trix sapeva che persona coscienziosa fosse, una vera anima buona, che non aveva preso bene il ferimento di tanti suoi compagni di squadra. E ora, che tutti gli altri erano ancora al San Mungo, sembrava interessatissimo alla situazione di Tom.
- Salve, Beatrix.- la salutò, quando andarono verso l'ascensore.
- Salve Mason.- replicò lei, scrutandolo attentamente - Nottataccia?-
- Orrida.- rispose, salutando poi cordialmente Efren e Dalton invece, con maggiore referenza - Voi? Novità?-
- A parte il buco della Sede dell'Ordine, l'emicrania e la frustrazione, direi nessuna novità.- sibilò Edward, accendendosi una sigaretta.
- Signor Dalton!- sbottò subito Boris, sempre appostato lì all'ascensore - L'avrò detto un milione di volte a lei al signor Malfoy! Ci sono delle multe salate, lo sa?-
- Fammene avere una quando puoi.- bofonchiò Edward - E già che ci sei, fai sapere delle sanzioni al capo.-
- Lei è impossibile!- sbottò l'usciere mingherlino, tutto rosso per lo sdegno.
- Tu invece sei una favola.- commentò il mago, scrutandolo da capo a piedi - Ma piano con l'oro...- e indicò la sua livrea dorata - Quel colore ti dà un po' l'aria da epatite C.-
E facendo venire il nervoso a mezzo livello, Dalton prese allegramente il volo. Qualcuno però se la ghignava tanto che Boris decise di andarsene con aria oltraggiata, come un Malfoy con una macchia sulla camicia.
Al momento di separarsi, fuori al Ministero, alla luce di un pallido sole estivo, Trix capì le reali intenzioni di Ombrodoro quando le rivelò che una sua giovane recluta, un ragazzo di appena vent'anni, al San Mungo era stato ferito in maniera irreparabile.
- Resterà paralizzato.- concluse, fissandola attentamente.
- Vuoi vendetta?- gli chiese, restando immobile di fronte a lui.
Mason parve pensarci. Ma solo un istante. Rise, conscio che sarebbe stato da ipocriti mentire, e si cacciò le mani in tasca.
- Credo che il mio esatto volere sia vedere Badomen e la sua donna ad Azkaban, a strillare dietro le sbarre.-
- E io cosa posso farci?-
- Tu sei parte di tutto. Voglio dare una mano, ma non come esterno. Voglio entrare nei giochi.-
- Se entri...non ne esci più.-
- E' quello che voglio.- si toccò la guancia sfregiata, piegando la bocca in un ghigno - Da quel giorno al Tower Bridge.-
Era serio. Dannatamente serio.
In fondo, perché restare in panchina se non si è pronti a entrare in campo?, si chiese Trix.
- D'accordo. Vieni, seguimi. Ti porto a conoscere una parte fondamentale del gruppo.-
- Perdonami, Beatrix, ma le presentazioni m'interessano poco.-
- Qua si gioca in squadra, Mason.- gli disse, prima di dargli le spalle e infilarsi in un vicolo anonimo - Se non t'interessa, allora ci vediamo stasera a lavoro.-

- Ahi! Cristo Santo!-
- Senti, Asher...mi hai quasi rotto il cazzo, sei avvisato.-
- Al diavolo, questa ragazzina mica sta facendo a brandelli la tua di spalla!-
Jeager Crenshaw, seduto alla tavola di marmo della sua cucina ora più che mai utilizzata e vissuta, nascose un sadico ghigno di compiacimento a quello scambio di battute. Suo figlio e il suo...figliastro peloso?, avevano appena dato sfogo a una sequela di finezze che avevano fatto sbraitare Selma per tale mancanza di decoro.
Il fatto era che suo figlio non sopportava i piagnistei.
Il suo figliastro non sopportava l'argento, ovviamente, che quella notte quasi gli aveva procurato uno shock anafilattico e, per finire in bellezza, aveva reso l'epidermide della sua spalla sinistra gonfia come un melone.
Lo sfregio di per sé non sarebbe stato nulla, ma era profondo...e pareva che dentro, per causare tanta reazione allergica, ci fosse rimasto dell'argento inpolverito. I Mangiamorte erano ben arrabbiati con Greyback, per fargli uno scherzo simile. Ma il vero divertimento era quella mocciosetta...che si e no dimostrava diciotto anni, anche se ne aveva venti.
Una Medimaga tutta carina, le sarebbero mancati i fiocchetti in testa e sarebbe sembrata una bambolina di porcellana.
Ma, essendo una povera fanciulla, non era abituata a trattare con pazienti recalcitranti.
Era la stessa che, la sera prima, aveva curato Asher dopo l'attacco. La stessa che si era beccata un sacco di minacce di morsi cruenti da parte del principe e ancora adesso, di mattina, non faceva che scusarsi ogni qual volta il lupo sbraitava.
A buon diritto. La strega, giovane come la prima neve, sembrava un pochetto alle prime armi...
Giusto un pochetto...
- E che sarà mai?- bofonchiò di nuovo William, rischiando la giugulare, visto come il mannaro stava per esplodere - Ti sta solo mettendo dei punti!-
- Le vedi ago e filo in mano?- tuonò Asher, piegato coi gomiti sulla tavola - Non le darei in mano una cerbottana scarica, figurarsi ago e filo!-
La Medimaga, fattasi minuscola, cercò di disinfettare la ferita con manina più delicata.
- Mi dispiace tanto!- pigolò - Davvero, sto facendo del mio meglio...solo che...-
-...solo che sto perdendo la pazienza...- ruggì il mannaro - E anche la sensibilità, quindi muoviti!!-
- Si, certo! Scusi, scusi tanto!-
- Si può sapere cosa diavolo succede?-
Trix entrò in cucina con espressione seccata, dopo aver lasciato la giacca a Selma, con un bel sorriso e averlo perso, un istante più tardi, vedendo Asher a torso nudo, tampinato da una ragazzetta tutta tremolante.
- Greyback frigni come un bambino!- l'apostrofò, ricominciando a ridere.
- Sta zitta tu!- brontolò il principe - Questa maledetta è una macellaia! Mia madre ha più delicatezza!-
- Perché, hai una madre?- fece William, sarcastico.
- Se non stai zitto, fra poco tu non avrai più neanche un padre!-
- Si può sapere io cosa cazzo centro?- chiese elegantemente Jeager - E tu Hacate, per Dio, hai finito di mangiare?-
La demone gli sorrise, tutta luminosa quanto quella povera Medimaga era intimidita.
Hacate era sempre zuccherosa e benevola con Crenshaw, nonostante a volte le parlasse come uno scaricatore di porto. Senza contare che vederla avvolta, abbronzantissima, in quella vestaglia a stampa di farfalle colorate, faceva venire il buon umore a tutti. Anche Asher si rabbonì, quando la Trilocus gli cedette il suo yogurt.
- Ti piacciono scheletriche, papà?- attaccò William, acidamente.
- No, mi piacciono in silenzio tutti quanti. Sia donne che uomini.-
- A me piacerebbe masticare questa mocciosa.- sibilò Asher, di nuovo, quando la Medimaga ebbe la brillante idea di finirli addosso perché aveva pestato l'orlo del suo stesso vestito. E di fare cos'altro? Dargli, ovviamente, una bella manata sulla spalla, per tenersi dritta.
La calma e l'espressione stoica di Greyback erano un monumento a quei sacri momenti in cui, il protagonista, esplode e fa una strage. Anche se in questo caso il protagonista si sarebbe mangiato la crocerossina.
- Ti sei portata un amico Beatrix?- le chiese Hacate, distogliendo l'attenzione dal piagnucolare della Medimaga.
- Oh, si. Dena lo conosce. Gente, Mason Ombrodoro, Auror del Ministero. Era con noi al Tower Bridge.- e si scostò, lasciando che Mason facesse conoscenza con quella massa di psicopatici.
Gentilissimo con Hacate e Degona, che arrivò in quel momento attaccata al cellulare, e un po' meno fiducioso nei confronti di Jeager e Asher, che ormai aveva i denti di uno squalo e non di un lupo, parve mettersi a suo agio quando la giovane Mckay chiuse la comunicazione e gli strinse calorosamente le mani.
Jeager parve sollevato.
Se passava l'esame di Dena, allora andava tutto bene.
- Che ha detto?- sbottò subito William, fregandosene di Ombrodoro - Che ha detto tua madre?-
Trix fissò Dena senza capire.
- S'è svegliata?- e spalancò occhioni e bocca - Tua madre s'è svegliata? Oddio, ma Tom non lo sa!-
- Si.- borbottò la Mckay, sedendosi mollemente - Il problema ora è mio padre. E' lui che ha qualche problema adesso.-
- Tristan? Si può sapere cosa succede?-
- AHI! OK, ADESSO BASTA! VIENI QUI!-
Tutta la casa traballò in quell'esatto istante. Tanto che, per fermare Greyback, letteralmente salito sulla sedia per sbranare la sua "assassina" dovettero mettersi in tre, Jeager, William e pure Mason.
La Vaughn, che se ne fregava altamente, si fece dire da Degona l'essenziale.
Ovvero che Lucilla si era destata dal sonno (grazie per aver avvisato tutti!) e che, il rovescio della medaglia, era stata una sorta di vendetta patriarcale degli Harkansky su Tristan.
Al telefono, Degona era solo riuscita a carpire alla madre che suo padre era finalmente tornato umano, ma dal suo tono aveva inteso che i guai a Cedar House erano appena iniziati. Non era riuscita a farsi dire di più. Lucilla poi, prima di chiudere, le aveva strappato la promessa che sarebbe rimasta a vivere a Crenshaw Hill per un po' di tempo.
Il quanto tempo, non era stato specificato.
- Mi dispiace.- sospirò Trix, mentre a tavola Hacate versava del thè per Dena e la Medimaga, traumatizzatissima.
- Quando avremo notizie?- le chiese invece la Trilocus.
- La mamma ha detto che mi ritelefona stasera.- sospirò la Mckay. Sbattendo le ciglia, si accorse solo in seguito della presenza estranea a quella tavola. Fissò la bella biondina seduta con Hacate e le sorrise.
- Salve.-
- Buongiorno.- abbozzò la Medimaga - Mi dispiace tanto per questo chiasso.-
- Oh, figurati.- cinguettò Hacate, dandole un colpetto sulla spalla - Gli uomini non sanno sopportare il dolore.-
- Ah, io non saprei sopportare il dolore?- strombazzò il principe dei Greyback, infilandosi la camicia di volata - Quella lì è la figlia di Jack The Ripper! Meglio morire di shock anafilattico a questo punto!-
- Quella lì magari ha un nome.- gli fece presente Dena.
- Certo, Wolf Slayer!-
- Che palle, Asher.- sbuffò Trix - La manda il San Mungo, vero?-
La Medimaga annuì, rossa come un pomodoro - Si, sono stata assegnata al signor Greyback.-
Dena la studiò da capo a piedi - Quanti anni hai, scusa?-
- Io? Venti.-
- Quanti?!- urlò di nuovo Asher - Hai appena imparato a camminare e ti mettono in mano ago e filo? Ma siamo matti?-
- Mi dispiace, non volevo farle male...mi scusi...-
- Greyback, per Merlino.- lo rintuzzò di nuovo Trix - Non vedi che la spaventi? Come ti chiami?-
Alla domanda, la Medimaga arrossì di più.
- Dorotea...-
William, quell'idiota, gonfiò le guance. Jeager, molto meno pronto, spalancò un ghigno da iena.
- Mia madre adora il Mago di Oz...- si difese la ragazza, mordendosi un labbro.
- Che diavolo avete da ridere?- brontolò Asher.
- Mai sentito parlare del Mago di Oz?- rise William - Tua madre non te le raccontava le favole?-
- Vogliamo lasciare fuori mia madre da ogni discorso in questa casa? Comunque...- e puntò gli occhi arancioni sulla sua crocerossina come due fanali - Dorotea o come accidenti ti chiami, grazie, ma adesso sto bene! Mi faccio ricucire la spalla da un vampiro piuttosto!-
- Greyback non essere scortese.- celiò Trix.
- Già, poverina. Si è impegnata tanto a rimetterti in sesto.- tubò anche Hacate, senza dare assolutamente l'impressione che lo stesse prendendo in giro o meno - Quella spalla ha un brutto aspetto. Inoltre hai la febbre.-
- Si e anche un principio d'esaurimento!-
- Ti preparo una bistecca?- celiò la Trilocus.
- Possibile che pensate solo a mangiare?- si lagnò Jeager - Allora Trix, che si fa oggi?-
- Mentre i cuccioli riposano...noi andiamo a guardare in faccia Halley Brockway.- rise la Diurna, dando il gomito a Mason - Jeager, sei invitato ufficialmente.-
- Vedete di non farvi beccare.- li ammonì Dena.
- Tranquilla.- ghignò Crenshaw, carezzandole il capo di volata - Voi state pure qua a banchettare. Noi andiamo a tastare il terreno. Dorotea, mi raccomando, occupati del ferito.-
- Vaffanculo Jeager, non ho bisogno della macellaia!-
- Ma deve rimettersi in forze...- fu l'ultima cosa che sentirono gli avventurieri, uscendo dalla cucina - Adesso le preparo del brodo, starà benissimo!-
- Io non lo voglio il brodo! Vaughn, cazzo, torna subito qui!-



Lucilla del casato dei Lancaster rimase a fissare il telefono.
Il segnale della linea caduta le rimbombava in testa come un'eco.
Quel breve sprazzo di contatto con sua figlia era finito.
Tagliato.
Ed era tornata alla dura realtà.

Ora Tristan Nathan Mckay sapeva che faccia il baratro.
L'abisso.
Si, ora conosceva il volto della sconfitta.
Somigliava vagamente al suo viso riflesso nello specchio.
Era quello l'emblema del baratro.
Un vessillo nero, piantato duramente sul suo cranio.

Era il karma.
Tu fai di tutto per dargli contro. Ma poi ti accorgi che l'unico modo per ottenere quello che vuoi, è dare modo al karma di schiacciarti. Non è mai giusto, il karma.
Perché colpisce con la forza di cento uomini, per schiacciarti la faccia per terra.
Con soddisfatto sadismo.
Non si sconfigge.
Non si frega il karma.
Se l'era meritato...

Oltre la porta chiusa, sbarrata, addirittura non solo con la magia, ma perfino una sedia girata al contrario, appostata contro la maniglia, del bagno di Cedar House, quello al piano terra, si sentivano gemito e lamenti.
Lucilla, dopo un giorno in cui aveva vagato, umana, come una tigre in gabbia per Londra, era tornata a casa.
Aveva camminato per tutta la capitale.
Da sola.
Per non stare nella stessa casa, insieme a suo marito.
Poi, all'alba del secondo giorno era tornata.
Le scie d'acqua dalla stanza del Lazzaro le avevano fatto capire che suo marito aveva strisciato fino al bagno. Per non uscirne più. Come lei si era "chiusa" all'esterno di Cedar House, Tristan si era asserragliato in quella stanza di porcellane e pavimenti di marmo, luminosa e fresca...nonostante da sotto lo stipite, non arrivasse neanche uno spiraglio di un qualunque debole bagliore.
Per chiudere fuori chiunque, che assurdo comportamento, aveva usato una poltrona.
E lei stava lì seduta.
Seduta contro lo stipite, costretta a sentirlo vomitare, contorcersi e gemere a ogni rintocco del pendolo del salone.
Era passato un altro giorno.
L'aveva riportato alla vita come se avesse costretto una farfalla a tornare bruco.
Rivoleva le sue ali...
Dei colpi di tosse, qualcosa che finiva in frantumi sul pavimento.
Da quante ore temeva che usasse qualsiasi oggetto in quel bagno, per farsi del male?
E prima ancora...gliene importava davvero che si uccidesse?
L'aveva pugnalato.
Dopo aver fatto sesso, semplice sesso, per lei.
Aveva provato un moto di gioia, trafiggendolo.
E quando era riapparso dalle acque del Lazzaro...annaspando come un pulcino...non aveva provato la minima pietà.
Lui di pietà non ne aveva avuta, quando le aveva strappato il cuore e gliel'aveva fatto a pezzettini per godersi Elisabeth.
Ma allora perché...perchè stava lì seduta?
Una bambina spaventata, rannicchiata contro una porta, con le orecchie tese e il cuore spinto allo spasimo.
Perché quel bastardo le faceva battere il cuore, anche nascosto come un codardo, dietro a quella dannata porta?
Bastardo.
Sollevò appena il viso. Da lì seduta, vedeva la lucentezza dei pavimenti del salone.
C'era uno specchio a muro. Riusciva a vedere il suo stesso riflesso.
Che cosa insolita.
Lucilla non si era mai vista così.
Era debole. Ancora molto debole. La perdita di sangue le aveva impedito di Smaterializzarsi. Di usare la telecinesi per i gesti più quotidiani: raccogliersi i capelli, muovere oggetti, cambiarsi d'abito...
La sua immagine rimandava una giovane donna dai capelli scomposti ma lucenti come smaltati.
Le gote appena leggermente colorite, forse a causa della lunga camminata.
Del suo esodo per la Londra addormentata.
Una ragazza magra, in jeans e una canottiera bianca.
Scalza, con le unghie laccate di un lucido nero inchiostro.
Aveva profonde occhiaie.
Chissà se suo marito era messo male come lei...
E poi, quella voce dentro di lei, che urlava...
...che possa patire tutte le pene dell'inferno...
Passarono minuti, un'ora e poi un'altra.
Sentiva l'acqua scorrere...
Poi altri colpi di tosse, conati di vomito...qualcosa di metallico che finiva a terra.
Da suono prolungato, qualcosa di rotondo...qualcosa che poteva rotolare...
Chissà perché, ma aveva la vaga idea di cosa potesse essere quell'oggetto...
Si fissò la mano sinistra.
Liscia.
Fredda.
Metallo lucente.
L'oro della fede.
Perché umani, demoni e vampiri si fanno simili promesse?
Neanche il migliore degli uomini la può mantenere.
Pochi istanti più tardi si alzò. Lo fece a fatica, usando le mani come leva.
Era strano provare tanta spossatezza.
Strano essere...così deboli.
In cucina, aprì il frigo e afferrò una busta del latte.
Poi, rimase immobile. A fissare tutti gli sportelli.
Non sapeva dove fossero i bicchieri...
Era casa sua e...non ricordava dove fossero...
Lasciò la busta del latte, mettendosi penosamente a sedere a tavola.
Vi poggiò i gomiti, sforzandosi di controllarsi.
Ma cos'aveva? Cos'aveva che non andava?
Aveva ragione Elisabeth. Dannazione, non sapeva neanche dove fossero i bicchieri in casa sua!
Lei non beveva, d'accordo ma...Tristan e sua figlia si...
Ma perché le interessava?
Avrebbe dovuto aspettare il ritorno dei suoi poteri e poi votare il resto della sua eternità a rendere la vita un inferno a suo marito. Avrebbe potuto fare come ogni donna tradita.
Lasciarlo.
Chiedere il divorzio.
O inventare con ogni mezzo, modi sempre nuovi per ucciderlo lentamente.
Tradirlo. Farlo proprio di fronte a lui.
Magari nel loro letto.
Impedirgli di vedere Degona.
Già.
Una donna innamorata e infuriata l'avrebbe fatto.
Ma lei non era solo innamorata e infuriata.
Lei non...
Una lacrima le scivolò dalla guancia.
Finì contro la superficie del tavolo.
Lei non sapeva dove fossero i bicchieri...
Il forte rumore proveniente dal salone le fece alzare il viso di scatto.
Rumore di legno spaccato.
Provò ad alzarsi, ma poi capì che sarebbe stato inutile.
Veniva avanti, accostandosi alla parete. Come un vecchio senza bastone.
Rantolava.
Ansimava.
Aveva occhiaie che Lucilla non avrebbe pensato di poter vedere neanche a un moribondo.
I capelli biondi erano scomposti, bagnati.
Un leggero taglio sulla fronte, le diede l'idea che fosse caduto da poco.
Indossava morbidi pantaloni neri di una vecchia tuta. A vederlo, sembravano pronti a cadere, per questo li aveva girati più volte sui fianchi. Sopra, una vecchia maglietta stinta, dalle maniche lunghe.
Era scalzo.
Ma più camminava, più sembrava pronto a cadere.
Le sue ginocchia si piegavano a ogni passo.
E puntava fisso il frigorifero, ignorando completamente lei.
Non doveva guardarla.
Tristan lo sapeva.
Non doveva neanche provarci.
Lei era follia.
E non gl'importava niente se a ogni passo, gli sembrava di camminare sulle lame.
Non gliene fregava nulla se le sue ossa si sarebbero spezzate entro quella sera.
Sentiva solo...il veleno, scorrergli sotto pelle come un fiume in piena.
Giunto al lavandino, accanto al frigo, vi si appoggiò di peso.
Ansimò a lungo.
Tristan ricordava di aver fatto la pertosse da bambino.
Neanche allora aveva mai sentito un tale bisogno di ossigeno.
Ma...aveva sete...tanta sete...
Alzò la mano, verso lo sportello del frigo.
Facendolo, vide la sua epidermide.
Era come se mille serpenti neri gli stessero ancora correndo nelle vene.
Di nuovo lo colpì un conato di vomito, ma in bocca non gli restava che amara saliva.
Non mangiava da...già, da quanto?
Ritirò il palmo, tornando ad appoggiarsi al bordo di granito del mobile della cucina.
Fissò oltre l'immensa finestra a forma di mezzaluna che irradiava la luce del primo mattino.
Non vedeva solo la magia nera, ancora presente in lui, sulla sua mano.
C'era...sangue.
C'era sangue. Tanto sangue.
Sangue rosso.
E benché non avesse fatto altro in due giorni che lavarsi le mani, non faceva che vedere quel sangue dappertutto.
Voleva davvero sapere?
E lei?
Gli avrebbe risposto?
Era anche di spalle.
Cos'aspettava sua moglie a prendere un coltello e a piantarglielo in mezzo alle scapole?
Traditore.
Un traditore con le mani sporche di sangue.
Aveva troppa sete.
Aveva sete...e necessitava di aria...
Non ce la faceva a respirare.
- Dovresti andare a letto.-
Gli occhi già sbarrati e le pupille dilatate di Tristan ebbero un guizzo.
Andare a dormire. Riposarsi.
Certo.
Un sonnellino e avrebbe dimenticato tutto.
All'inferno.
Sentiva la magia nera residua in lui, montargli dentro come un rogo.
- Voglio che te ne vai da questa casa.-
Lucilla non staccò lo sguardo dal cartone del latte.
- Voglio che te ne vai.- ribadì nuovamente la voce arrochita e bassa di suo marito - Vattene Lucilla. Cedar House è intestata a me. Vattene e non tornare mai più.-
Tutta la cucina iniziò a traballare. Lucilla vide il fremito nella vetrinetta di tazze da collezione che Elisabeth teneva a fianco della dispensa. Quando finirono in pezzi, non ne rimase stupita.
Suo marito si accasciò contro il lavello, le dita piantate nel marmo, la schiena tesa come le sue braccia.
Forse era il momento buono per iniziare a pregare...
- Vai via, prima che dica qualcosa d'irreparabile.-
Stavolta la voce del marito le giunse come una supplica.
- Non mi controllo...voglio che vai via!-
- E' la magia nera rimasta. Passerà.-
- Vattene!-
L'urlo invase la cucina insieme a una bordata di vento che spalancò le finestre, mandando in pezzi vetri e sospensioni di legno. Lucilla ne venne investita. Una piccola scheggia le ferì lievemente il collo.
Ora lui era davvero più forte di lei. E sarebbe stato così per più di una settimana.
Se avesse voluto...sarebbe anche riuscito a strangolarla. O...di peggio...
Lo scricchiolio del vetro infranto sotto alcune suole fece girare verso l'ingresso entrambi i coniugi.
Jess e Sofia erano sulla soglia.
I tre fratelli si fissarono per un breve istante.
- Fuori.- ordinò Tristan, tornando a girarsi verso la finestra a pezzi.
- Ti cedo il piacere.- fu il soave commento di Sofia Mckay, verso il fratello maggiore - Lucilla vieni, noi andiamo a farci un bagno.-
- Fuori da questa casa.- tornò a ribadire Tristan.
- Voi andate.- disse Jess, levandosi la giacca e arrotolandosi le maniche della camicia, mentre la sorella e Lucilla uscivano silenziosamente - Qua me ne occupo io.-
Lucilla non era più nella stanza.
Inconsciamente, avvertiva qualcosa di gelido nel cuore.
Lei che non c'era più.
Allo stesso tempo, le avrebbe fatto le valigie e l'avrebbe personalmente buttata fuori di casa.
Arma a doppio taglio.
Lucilla lo era sempre stata.
- Vedo che stai meglio.-
Tristan rise, così debole che non colse neanche quel ghigno in una scheggia di vetro, sotto al suo naso.
- Se lo dici tu, fratellino.-
- Devi darti una ripulita.-
- Vall'inferno.-
- Certo, ci vedremo lì.- Jess non si scompose - Ma adesso vieni con me.-
- Torno a ripetere...nel caso tu sia diventato sordo...fuori da casa mia...-
Il tempo d'indicargli la porta e di sentirlo avvicinarsi rapidamente.
Fu il pugno a mandarlo completamente contro il frigorifero. Bastò.
Né magia né altra violenza.
Solo un manrovescio ben piazzato sulla mascella e Tristan scivolò dal frigo verso il basso.
Finendo seduto a terra.
Jess, in piedi, lo scrutava dall'alto in basso. Il pugno ancora chiuso e appena arrossato.
- D'ora in avanti, qua gli ordini li do io.- sussurrò, con tono aspro - E farai tutto quello che ti dico...-
- Tu non sai cosa ti ho fatto...-
Tristan fissava la fibbia della sua cintura.
Neanche lo vedeva.
- Non sai cosa ti ho fatto...lasciami qui...-
- Per sbronzarti e mandare tutto a puttane?- il fratello s'inginocchiò, gli prese un braccio e se lo passò sulle spalle, riuscendo a tirarlo in piedi - Non ci pensare neanche. Adesso mettiti pure a frignare, tanto ho preso due settimane di ferie rosse, perciò sarò il tuo stramaledetto incubo Tristan.-


Avrebbe dovuto lasciarlo morire.
Si.
Le mani...erano sporche di sangue.
Del suo sangue.
Aveva ammazzato suo fratello...
Si era fatto schiacciare da un demone...torturare da sua moglie...
L'aveva tradita...
Qualcun altro era morto...
Che senso aveva ancora vivere?

 

 

 

 

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Capitolo 40
*** Capitolo 40° ***


tmr40

 

 

 

 

La tana del lupo.
Non c'era definizione più adatta per Malfoy House.
Hermione Jane Hargrave stava in piedi, minuscola, di fronte all'immenso porticato dell'ingresso.
Si era sempre sentita piccola di fronte a quel maniero dall'aria fredda, altera e tetra.
Proprio come chi ci abitava.
Le era sempre parso che quella dimora avesse...occhi.
Che dentro, vi albergasse anche un cuore.
Alla luce del sole, non era così spaventosa, ma...per tanto tempo, da ragazzina, aveva creduto che quella casa rappresentasse tutte le sue debolezze.
Eleganza, controllo, ponderazione, arguzia e crudeltà.
Alcune di quelle...virtù, anche se qualcuno avrebbe potuto obiettare il contrario, le facevano difetto.
E adesso doveva entrarci.
Si era vestita apposta, mentendo ai ragazzi dicendo che andava al San Mungo a recuperare inutili esami clinici.
Col cavolo che sarebbe andata a farsi fare un controllo da quei Medimaghi nazisti. No, lei andava da altri nazisti.
Dai Malfoy.
A cercare suo marito.
Erano solo le nove e mezza di mattina.
Chissà se i suoi suoceri erano già svegli.
Deglutendo, si ricontrollò per l'ennesima volta, aprendo uno specchietto davanti al viso.
Lady Narcissa Malfoy aveva sempre avuto la spiccata capacità di farla sentire fuori posto. Anche per le cene informali fra Hargrave e Malfoy, la presenza della suocera la metteva sempre in agitazione. Per apparire di fronte a lei, a volte anche solo pochi minuti, passava ore a scegliere cosa indossare e come truccarsi.
Guardandosi in quel momento, desiderò tornare a casa.
Indossava un paio di jeans striminziti a vita bassa (dannazione, avrebbe almeno dovuto coprirsi la pancia!), un top di raso e inserti di pizzo, di un delicato color avorio, uno scaldacuore dello stesso tessuto e sandali a tacco alto.
Era carina, ma...avrebbe dovuto almeno truccarsi! Invece era uscita di casa come se avesse dovuto andare a fare compere con le amiche! E Narcissa Malfoy non era sua amica!
Era...era perfetta. Sempre, accidenti a lei!
Sempre bellissima, sempre truccata alla perfezione, sempre vestita in maniera più che adeguata. Con idee brillanti e intelligenti. Hermione apprezzava molto ascoltarla disquisire di qualsiasi argomento.
Aveva una bella voce, modulata e bassa.
Sentirla cantare doveva essere stato un piacere per Draco, da bambino.
Ammesso che avesse mai cantato per suo figlio.
Inspirando forte, non si avventurava mai da sola nella tana del lupo!, raggiunse la grande porta a due battenti e picchiò con moderazione su di essi.
Che ridere, pensò inconsciamente.
Un tempo, a diciassette anni, avrebbe dato fuoco a quella casa e a chi ci abitava dentro.
E ora...erano i suoi suoceri.
Roteando gli occhi quando un elfo domestico le andò ad aprire, seguì l'ossequioso esserino mezzo nudo per l'ampio salone dell'ingresso, notando le ultime modifiche. Appuntò mentalmente l'ottimo gusto di sua suocera. Bianchi e neri, toni sfumati, poche decorazioni che un tempo avevano reso quella casa troppo opulenta.
Più superfici in marmo e cristallo, meno tappeti.
Si, ora regnava più armonia.
Si fermò sulla soglia del salotto aperto sul giardino. Le ampie portefinestre aperte, le tende sollevate e un tavolinetto di ferro battuto attiravano lo sguardo, più che il resto del mobilio.
I coniugi Malfoy facevano colazione. Anche appena sveglia, notò Hermione, Lady Narcissa era già un fiore.
Indossava un copri spalle di organza su un abito estivo di un tenue azzurro, che le faceva risaltare il grigio argento degli occhi. Stava bevendo del thè, ma si accorse subito di lei. Lucius Malfoy invece, già attaccato al bocchino, fumava nascosto dietro alla Gazzetta del Profeta.
La suocera la fissò stranita. Poi, facendo arcuare le sopracciglia a Hermione per lo sbigottimento, si posò due dita sulle labbra, facendole segno di tacere e le scoccò uno sguardo amichevole.
- Lucius.- disse la strega, poggiandosi languidamente sui gomiti - Tesoro...abbiamo visite.-
- Hn.-
Null'altro.
Il ghigno di Narcissa si triplicò.
- Ho un amante, lo sai?-
- Che cosa affascinante, mia cara.-
Eccolo. Il futuro. Draco faceva così con lei da quando frequentavano Hogwarts. Staccare un uomo dal giornale mattutino e morire era la stessa cosa.
Narcissa non cedette minimamente - Si. Ha vent'anni meno di te. Ed è babbano. Credi che abbia scelto bene?-
- La trovo un'ottima idea cara.- risposta meccanica, dettata con voce oziosa, girando una pagina - Sai che mi fido di te.-
- E c'è nostra nuora sulla porta.- soffiò la bionda, senza perdere di smalto - E' venuta a ricordarti che ignorare una donna quando ti parla, è molto pericoloso.-
- Hn, si, cara. Certo.-
Detto fatto, Narcissa afferrò il coltello con cui aveva affettato la frutta compresa nella colazione e facendo quasi ridere la Grifoncina, calò la lama in mezzo alla Gazzetta del Profeta, piantandola nel tavolino.
Lucius, per nulla sbigottito, alzò gli occhi con espressione seccata.
- Narcissa, cara...- sbuffò - Hai appena decapitato il nostro Primo Cittadino...- e rise, maligno, inclinando il capo nel vedere lo squarcio nella pagina - E neanche sta male...-
- Presto saprai chi altro non sta male, decapitato.- sussurrò sua moglie con tono mieloso - Abbiamo visite.-
Lucius finalmente si volse, piegando la bocca nello stesso ghigno di sua moglie.
- Oh, guarda. C'è qualcuno che assomiglia a mia nuora sulla porta.-
- Salve Hermione.- la salutò finalmente la padrona di Malfoy House - Fai colazione con noi?-
- L'ho già fatta a casa.- replicò la Grifoncina, notando poi una terza tazza di caffè al tavolo - A dire il vero io...-
- Hai intenzione di stare in piedi ancora per tanto?- l'apostrofò Lucius, sarcastico.
Reprimendo una rispostaccia, Hermione preferiva sputare veleno contro il suocero quando erano soli, raggiunse la tavola e si sedette compostamente fra loro due. Alcuni elfi portarono altro caffè, thè e macedonia di frutta, ma lei non riusciva a staccare gli occhi dalla tazza vuota, dall'altra parte del tavolino.
- Sembra che oggi sia giorno di visite.- le disse infatti Lucius, cogliendo il suo sguardo pensoso - Draco è stato qui mezz'ora fa.-
- Quindi l'avete visto.- sospirò, tranquillizzandosi - Ha detto dove andava?-
Malfoy si strinse nelle spalle - Non l'ha mai fatto.-
- Ma almeno vi ha detto perché è venuto qui?-
Narcissa e il marito si fissarono un istante.
- A dire il vero si è comportato in modo strano.- ponderò la bionda.
- Sarebbe?- inquisì Hermione, cercando di trattenere l'impazienza.
- Sarebbe che farebbe colazione in questa casa solo se servissero il sottoscritto.- ironizzò macabramente Lucius, ignorando l'occhiataccia di sua moglie. Ripiegò con cura il giornale, studiando la nuora - Vedo che sei nervosa...-
- Non lo sono.- gli sibilò, seccandosi subito.
- Si che lo sei.-
- D'accordo, hai ragione tu, ma vai avanti.-
Visto? Le donne bastava prenderle per esasperazione. Lucius e Draco non erano poi tanto diversi.
- E' venuto qui senza dire nulla.- continuò Narcissa - Si è seduto, mi ha chiesto cos'avrei fatto oggi, ha bevuto il caffè, guardato in modo strano Lucius per più di dieci secondi senza battere ciglio e poi se n'è andato.-
- Ha anche ringraziato del caffè.- sentenziò Malfoy Senior - Con gli anni, tuo figlio ha imparato la cortesia cara.-
- Come sarebbe ti ha fissato in modo strano?- incalzò Hermione, fissando il suocero con intensità.
- Te l'ho detto. Era strano. Mi ha fissato per tutta la colazione.-
- Gli hai chiesto perché ti guardava così?-
- Certo.- sbuffò Lucius, scrutandola poi con espressione pietosa - Ma secondo te ha risposto?-
Ovviamente no.
C'era da mettersi le mani nei capelli, accidenti!
- E' successo qualcosa di grave?- chiese allora Narcissa, usando un tono volutamente imperioso.
Hermione, a sua volta, già abbastanza provata nei nervi, si lasciò andare all'indietro, con lo schienale della sedia.
- Era di umore nero, quando è uscito stamattina.- spiegò - E aveva lo stesso strano comportamento che ha tenuto qui.-
- Nero come?- chiese Lucius, dando un ultimo tiro paziente al suo bocchino - Da sbronza serale o tempi bui per tutti?-
- Facciamo tutti e due.-
- Fantastico.- si lagnò il padrone di Malfoy House, spegnendo la sigaretta con stizza e alzandosi di colpo - Torno subito.-
- Ma dove vai?- allibì Narcissa.
Lo seppero due secondi più tardi, quando Lucius tornò con una pila di libri. Vedendoli, la moglie serrò i denti per la stizza. La nuora, spalancò gli occhioni dorati piena di libidine.
- Visto che mio figlio era di cattivo umore, non vorrei mi mandasse qua una retata dal Ministero.- cinguettò Lucius, melenso e zuccheroso - Se li trovano a me, potrebbero farmi storie. Ma a te no, vero?-
- Stai cercando di comprarmi.- sindacò la nuora, passando le dita delicate sulle copertine di pelle nera.
- E funziona?-
- Contaci.-
Rimpiccioliti e messi in borsa, un quarto d'ora più tardi il prezioso malloppo di tomi Oscuri se ne stava comodo al fianco della Hargrave, che passeggiava nel giardino di Malfoy House accanto al signore della palazzina.
La vegetazione lussureggiante del parco, sebbene colma di fiori dai toni abbastanza freddi, dava un senso di pace e tranquillità. Si sarebbe stati anche più tranquilli se suo suocero non avesse sbraitato contro tutti gli elfi domestici che incontravano, ma dopo avergli sequestrato il bastone d'argento e averlo rintuzzato a suon di bastonate nei fianchi, alla fine Lucius tornò a disquisire di quello che interessava a lei.
- Sono già stata ovunque. In tutti i nostri posti. E non l'ho trovato, per questo sono venuta da voi.-
- Come credi che possa saperlo io?- rise Lucius, non senza amarezza.
- Dovrai pur ricordarti qualcosa.- sospirò Hermione.
- Non lo so.- ammise, guardando dritto davanti a sé - Come ben sai, non eravamo né siamo tuttora legati da una folle condivisione della nostra quotidianità.-
- E la colpa di chi è?-
- Ottimo, mi mancava giusto una strapazzata da te.- bofonchiò pigramente - Non mi servono altre paternali.-
- Perché? Chi te le ha fatte?-
- Senza contare mia moglie e mia cognata, accidenti ad Andromeda, puoi contare quell'imbecille di Black, Potter in persona, Jane...e...ah, si. Mia nipote.-
- Glory?- allibì Hermione - Che ti ha detto?-
Lucius rise, scuotendo il capo - Mio figlio ha una gran fortuna.-
- Che Glory lo veda come un Dio?-
- Diciamo di si. Ma è meritato.-
- Si, Draco è un ottimo padre.-
- Si impara dagli errori degli altri, Hermione.- Lucius le scoccò un breve sguardo - Quindi stai all'erta.-
- Ti sembra che io potrei mai ripetere gli errori di mia madre?-
- Mi sembra solo che la permanenza in Germania ti abbia resa di granito.-
- Ognuno ha avuto i suoi periodi neri e tu lo sai bene.- puntualizzò.
- Si ma prima o poi i nostri sono finiti.-
- E i miei lasciano ancora strascichi, si.- borbottò cupamente - Il problema non è questo, ora, Lucius.-
- No, infatti. Ti sei persa il marito.-
- Invece di fare dell'inutile ironia, perché non ti spremi il cervello per aiutarmi?-
- Mi piacerebbe.- le rispose, volgendosi e vedendo Narcissa apparire in giardino, intenta a cercarli - Ma ti ho già detto che non ho la più pallida idea del perché fosse di cattivo umore o di dove sia andato a cacciarsi.-
- Grazie, bell'aiuto.-
- Oh, andiamo.- le rinfacciò, quasi con divertita superiorità - Non è che tu ti sia dannata l'anima per cercarlo.-
- L'anima me la sono dannata per lui, quindi moderiamo i termini.-
- Centro.- gli occhi celesti del signor Malfoy lampeggiarono per un istante. Hermione, colpita da quello sguardo, sentì le gambe irrigidirsi.
- Sei finita all'inferno, per salvargli la vita.- le disse intensamente - E ora...vuoi dirmi che non riesci a trovarlo? Il globo terrestre è molto piccolo rispetto agli inferi, mia cara. O forse, come le grandi donne col cuore congelato nell'orgoglio, preferisci i grandi gesti plateali...-
Lei si, aveva il cuore congelato ora. Ma per quelle parole...
Perché...avevano colto nel segno. Aveva preso il bersaglio al primo colpo.
La terra le franava sotto i piedi.
Ad accompagnarla ai cancelli, non fu Lucius, fortunatamente, ma in maniera altrettanto insolita, fu Narcissa.
E per una volta, Hermione era troppo presa dalla sua angoscia per il marito, per occuparsi dalla presenza della suocera, invece così attenta ai suoi cambiamenti d'umore.
- Hermione...-
La Grifoncina sbatté le ciglia, sollevando gli occhi dorati su Lady Malfoy.
- Si?- ecco, adesso le faceva una ramanzina per aver fatto scappare di casa Draco! Se lo sentiva!
- Ecco...- Narcissa pareva a corto di parole, per una volta -...volevo dirti che mi dispiace. Ci siamo perse quella conferenza di Simbologia.-
- Oh.-
Niente paranoie su Draco. Sua suocera si dimostrava dispiaciuta di non essere potuta andare con lei a quel convegno, con cui Jane Hargrave le aveva incastrate. L'esplosione dell'Ordine se non altro aveva portato i suoi frutti, ma Narcissa Malfoy era troppo beneducata ed elegante per saltare di gioia.
Così Hermione, dandosi un contegno, stirò un sorriso tiepido, quanto distante - Si, anche a me. Sarà per un'altra volta.- si, come no! Un accidente! - Ora però devo andare a cercare Draco. Non mi sentirò tranquilla fino a quando non avrò chiarito questa storia.-
- Mio figlio è fortunato.-
Quella donna le stava facendo un complimento. Avrebbe grandinato capretti e pecore!
- G...grazie...- allibì, trasecolando - Bhè...ora vado. La ringrazio della colazione.-
Le dava ancora del lei, pensò Narcissa contrita.
Doveva provarci di nuovo. Ma avrebbe dovuto prenderla alla larga.
- Pensavo di organizzare qualcosa qua, alla tenuta.- abbozzò, per poi vedere l'espressione poco felice della nuora - Ovviamente un pomeriggio per noi.-
Ora era diventata diffidente.
- In che senso?- le chiese la Grifoncina.
- Non so, un thè, un picnic.- spiegò la bionda - Inviterei Jane e naturalmente dovresti portare Glorya.-
- In effetti avete visto la bambina poco di recente. Se vuole gliela porto più spesso.-
No, non si capivano, pensò di nuovo Narcissa, faticando a trattenere un'imprecazione poco femminile.
- Grazie.- si sforzò di dire - Ma vorrei venissi anche tu. Non appena potrai tirare un po' il fiato.-
- Ok.- le concesse finalmente, con espressione sempre più basita - Come vuole. Allora...io vado. Arrivederci.-
- Arrivederci.-
Sparita la sua recalcitrante nuora, la padrona di Malfoy House si girò e puntò il marito con sguardo serio.
- Che ho fatto?- tubò Lucius, già sapendo quel era la sua colpa.
- Accidenti a te.- si lamentò Narcissa, afferrando i lembi dell'abito per andarsene - Per te è facile!-
- Hai mai pensato che la metti in agitazione?-
- Io? Io metto in agitazione lei?-
- Tesoro, tu fai girare tutti gli uomini che passano e rendi minuscole le altre donne.- ghignò, seguendola - Probabilmente Hermione pensa a qualche tuo subdolo giochetto.-
- Tu sei subdolo. Non io.-
- Certo, insieme siamo come il diavolo e l'acqua santa.-
- Ah...- sbuffò, dandogli una gomitata - Lasciami in pace.-
- Un consiglio, cara.- ridacchiò, prima di lasciarla ai suoi affari quotidiani - Prova a essere più diretta.-
- Diretta come?-
- Come tuo figlio o a quest'ora, Hermione Hargrave non l'avrebbe sposato.-
E rientrarono così nella tana del lupo.


L'Associazione Hayes non conosceva silenzio. Specialmente nel bel periodo estivo.
Nell'immenso giardino dell'Associazione, Harry James Potter si godeva le sue ore in santa pace. Non vi metteva piede da parecchio tempo, da quando era rientrato forzatamente in servizio, e per lui quel posto era sempre stato un ritrovo di pace e tranquillità, nonostante quell'accozzaglia di bambini nati in luoghi diversi, provenienti da mondi diversi.
Era bello poter finalmente giocare di nuovo coi suoi piccoli Protetti della Settima Classe.
Mentre alcuni scorrazzavano attorno alle piscine, dove irreprensibili volontari tenevano d'occhio i loro piccoli, affinché non ghiacciassero l'acqua o la tramutassero in un pantano, considerati i mezzi demoni che già usavano i loro poteri come maghi consumati, lui stava nello spiazzale poco lontano.
Uno spiazzale di mattonelle chiare, dove i bimbi coloravano a terra con vernici e pastelli.
Divertito, buttò ancora uno sguardo all'attrezzatura.
Era interessante notare come i piccoli avessero preso i barattoli dai colori brillanti, lasciando però dov'erano i pennelli. Già. In fondo i bambini usavano quello che era loro a disposizione per natura, per giocare.
Come la piccola Jenna, una telecinetica dalle doti straordinarie che in quel momento aveva immerso la sua palla nella vernice gialla, da una parte. Dall'altra, nella vernice blu. Poi aveva fatto scorrere la palla sulla pavimentazione, usando la telecinesi, per ricreare una scia di gialli e blu, come un lungo serpentone variopinto.
I maschietti, i soliti, invece usavano direttamente le mani.
E poi c'era Septimus, un maghetto di appena dodici anni, un orfano di Magonò, che sapeva trasportare immagini nella dimensione reale, proprio come faceva la VivaPiuma di Ophelia.
Gioiva sempre quando i compagni gli chiedevano di rendere reali i loro disegni.
Come due mesi prima. Una mattina, infatti, aveva trasportato un drago disegnato nella realtà che poi aveva scatenato un caos terribile nell'associazione, visto che l'animale si era infilato nella mensa e nessuno aveva avuto il coraggio di andare a fermarlo dallo svuotare ogni provvista presente nella sala.
Fortunatamente le magie dei suoi Protetti avevano breve durata, erano troppo piccoli per creare reali danni, anche se già due volte, quel pomeriggio, Harry aveva dovuto fermare Septimus prima che tramutasse in realtà le grandi api gialle e nere disegnate a terra da un gruppetto di dotate compagne.
Ah, lì si che riusciva a pensare con un minimo di lucidità. Dopo gli avvenimenti delle ultime settimane, si sentiva stanco e depresso. Inoltre gli restava una settimana, prima che per Tom partisse l'Inquisizione del Wizengamot.
Per quanto Duncan avesse cercato di rincuorarlo, in maniera piuttosto sibillina anche, sul fatto che Dibble sarebbe sicuramente stato dalla loro parte, lui non si sentiva per niente tranquillo.
Forse la sua agitazione era proporzionale alla confusione che Draco gli aveva cacciato in testa la sera prima.
Per un bel pezzo della mattinata, si era chiesto cosa diavolo fosse successo a Malfoy. Tutto era successo dopo che si erano specchiati per sbaglio nello Specchio delle Brame.
Forse Draco aveva visto qualcosa che l'aveva fatto stare male. Ma cosa?
Cercare di contattarlo mentalmente era stato inutile. Il bastardo stava usando l'Occlumanzia da ore.
Aveva qualcosa da nascondere, il maledetto.
Un uomo, anche il più amico, avrebbe subito pensato a una faccenda...di tradimenti.
Però Malfoy baciava letteralmente, anche se non lo si sarebbe mai visto farlo davvero, la terra dove camminava Hermione. E poi abitavano insieme, Harry vedeva bene quanto soffrisse durante i lunghi viaggi di sua moglie.
- Signor Potter?-
Cadendo dalle nuvole, si ritrovò accanto Judy Foster, l'assistente di Dena.
La donna lo guardava tutta ammirata.
- Si Judy?- le chiese.
- C'è una visita per lei.- lo informò la strega, sorridendo con gli occhi brillanti - L'aspetta nello studio del signor Hayes.-
Potter, stranito, alzò lo sguardo verso la struttura dell'Associazione. Roba da matti. Lo studio del Signor Hayes era sempre vuoto, nessuno poi aveva il permesso di entrarci. Chi diavolo poteva averlo cercato lì?
Già sentiva puzza di guai, se lo sentiva.
Rientrò lasciando i suoi Protetti nelle mani dell'assistente, sperando di non ritrovarla coperta di vernice, e mano a mano che saliva le scale e si avvicinava all'ufficio dell'uomo che aveva creato quella fondazione che Harry tanto ammirava, dopo un po' di tempo tornò a pensare a che razza di persona fosse Desmond Hayes.
Insomma, creava un luogo così dal nulla e non ci metteva mai piede...
Prendeva Dena come socia, le lasciava dirigere tutto...con grande profitto, fra l'altro...
Chissà.
Di fronte alla porta però, dove una scolorita targhetta portava il nome e il titolo di Hayes, gli successe una cosa che lo riportò con la mente a Hogwarts.
- Avanti, Harry.- gli disse una voce conosciuta.
Gli era già successo. A Hogwarts, si. Silente e il suo occhio sempre onniveggente.
Aprì basito, conscio che avrebbe trovato proprio l'anziano Preside. Infatti, gli stava di fronte, tutto sorridente, con gli occhiali a mezzaluna calati sul naso, i limpidi occhi chiari che lo aspettavano impaziente.
- Professore...- allibì l'Auror.
- Ci andava tanto?- grugnì Duncan Gillespie, attirando la sua attenzione.
Harry non ci capiva più ormai. Notò con indifferenza lo strato di polvere che copriva il mobilio presente nello studio. Un gran bello studio, per dirla tutta. Pareti e soffitto alti, ma non troppo, tinti di un delicato bianco, quasi accecante.
Tanti quadri ai muri, ma ancora più foto di bambini...ed eventi dove tutti sorridevano.
Non erano foto della Hayes però. Sembravano feste, matrimoni, nascite...
Sorrisi ovunque.
Scaffali alle pareti dei fianchi, un lampadario reso opaco dalla poca pulizia, un tappeto logoro di fronte a una scrivania ingombra di cartacce piene di orecchie. Due poltrone e un divano grinzoso, tutto bitorzoluto.
Strani accostamenti. Mancanza d'uso e cura, ma un ambiente allegro.
E poi...da quella marea di carte sulla scrivania, spuntò la retina sudicia del Menestrello!
Eccolo lì! Seduto dietro alla scrivania, con le gambe cicciotte posate mollemente sopra, incurante dell'ingombro delle scartoffie, una pipa in bocca e sempre, nonostante il caldo, con i guanti a mezze dita.
- Ehi, tu!- sbottò Harry - Che diavolo ci fai lì dietro? Anzi, che diavolo succede qui!- e si guardò attorno, fissando quei tre con espressione palesemente scazzata - Che è successo stavolta? C'è l'Apocalisse?-
- Ciao ragazzo!- cinguettò il Menestrello, fregandosene del predicozzo - Come stai?-
- Io bene.- borbottò Potter - E tu, vecchio?-
- Una favola ora che ti vedo in salute!- e gli sorrise, gioioso - Vedo che ti dai un gran d'affare.-
- Faccio quello che posso...- brontolò, per poi alzare eloquentemente gli occhioni verdi sul preside e Duncan - Ebbene?-
- Siamo venuti a trovarti Harry.- gli disse Silente in tono bonario, facendogli spazio su una poltrona - Prego, siedi, abbiamo qualcosa da dirti.-
- Rivelarti.- corresse il Menestrello, stappandosi la sua fiaschetta di metallo - Un sorso ragazzo?-
- Sono le due del pomeriggio.- gli fece notare Potter.
- E' succo di zucca, ragazzo mio!-
- Appunto.- e si poggiò su un gomito, passandosi una mano sul viso - Ah, lo sapevo che dovevo starmene a casa. Allora, non tiriamola per le lunghe. So già che finirà male sta' storia. Ditemi che succede?-
- Sempre dritto al sodo eh?- ironizzò il Capo degli Auror - Mi piace, vederti per una volta al mio posto.-
- Andiamo Duncan, sii buono col ragazzo.- celiò il Menestrello, staccandosi dalla fiaschetta - Ne ha passate tante, poverino...- e gli puntò addosso uno sguardo ceruleo, limpido come l'acqua - Hn...interessante...-
- Interessante cosa?- chiese Harry, stranito. Che strano...sembrava che...ricordava quell'espressione. Damon e Glory l'avevano spesso. Era come se...stesse avendo una visione!
- Ma dai!- sbottò, sporgendosi verso il noto barbone dei maghi - Sei Veggente? Non me l'avevi mai detto.-
- E neanche tuo figlio ti ha mai detto che mi cercava sempre, immagino.-
- Zecca di un bambino.- sibilò Potter - Lucas è una piaga.-
- E' una gioia quel piccolo Phyro.- rise il Menestrello - Come la tua nascita. Io l'avevo vista, sai? Dormivo, quando un immenso fulmine verde ha sbaragliato il buio del mio sonno. E poi ti ho sentito...ho visto stelle cadenti e fate. Gioivano tutti per te. Lo faranno ancora.-
- Lei mi ha visto nascere?- trasecolò il bambino sopravvissuto - Sta scherzando?-
- No, Harry.- rise Silente, sedendosi con apparente comodità sul divano cencioso alla loro sinistra - Desmond è proprio un Veggente. Ma a differenza di Damon o dei loro colleghi, vede unicamente fatti lieti. Sapeva che tuo figlio sarebbe andato a cercarlo. Sapeva che Tom sarebbe uscito da Cameron Manor...e prima di tutto questo, sapeva che tu saresti nato e ci avresti portato la salvezza.-
- Bhè...- Potter era strabiliato. Batteva le ciglia, sgomento, e non sapeva più se ridere o imprecare - Wow...così vedi solo cose belle...-
- Già.- celiò il Menestrello.
- Come avere degli occhiali dalle lenti rosa, eh?-
- Esatto.- ridacchiò il barbone.
- Però...- poi, qualcosa, tornò alla mente di Potter, che balzò in piedi allibito - CHE COSA?!- urlò, sgranando bocca e occhi - Ti chiami Desmond?! Tu sei...-
- Desmond Hayes. In persona.- sentenziò una voce seccata alle loro spalle - Eh già Potter. Ha tanti soldi da costruirsi venti castelli e lui fa il barbone. La vita è proprio ingiusta, non credi?-
- Ministro.- Harry stava per avere un collasso nervoso. Pure il Ministro Dibble sulla porta!
- Ma che diavolo succede?- esalò per la terza volta, iniziando a sentirsi un pelo accerchiato.
- Niente Potter.- attaccò Duncan, accendendosi beatamente il sigaro - Pensavo solo che non ti ho mai presentato i Fondatori dell'Ordine della Fenice al completo.-
I Fondatori...Oddio! I Tre Fondatori! Harry tornò alla mente alla targa dorata appesa sul caminetto della defunta Casa Black. I nomi degli Auror appartenenti all'Ordine...e i tre più in alto.
Albus Silente. Preside di Hogwarts.
Desmond Hayes...come aveva fatto a non pensarci?! Era stato compagno di Silente a Hogwarts! Avevano la stessa età!
Ma fermandosi a fissare Dibble, rimase perplesso.
- Un attimo...- e lo scrutò con diffidenza - A Black House non c'era il suo nome. C'era...-
-...c'era Arkell Edgar D. Maguire. Già.- sospirò il Ministro, sedendosi con uno sbuffo disgustato sulla poltrona accanto a quella dell'Auror - Dibble è il cognome di mia madre. E che tu ci creda o meno, ero compagno di Albus e Desmond, a scuola.-
Quello dimostrava sessant'anni! Mica una novantina! A dire il vero, grazie al Lazzaro e alla Pietra Filosofale, neanche Hayes e Silente dimostravano la loro vetusta età!
- Tutti amici di Flamel, eh?- borbottò allora Harry - Quanto Elisir vi siete succhiati in questi anni?-
- Ma tu la decenza non sai cosa sia, vero?- lo rintuzzò Duncan - Parla bene, idiota!-
- Nessuno sa che sono un Fondatore, Potter.- rise Dibble, godendo degli uccellini che gli volano sulla testa in circolo - E noi vogliamo che la mia identità resti nascosta.-
- Lei ha fregato il Wizengamot.- continuò il bambino sopravvissuto, con tono angosciato - Cos'avete fatto? Avete sabotato le elezioni? Oh Merlino! No, non anche questa...-
- Sabotato no...- ridacchiò il Menestrello, alias il famoso quanto misterioso signor Hayes - Dai ragazzo, serviva un po' di materia grigia su quella poltrona. Dopo Orloff e quello che era successo al tuo amico Riddle, io e Albus abbiamo pensato che farla pagare un po' al Wizengamot non avrebbe reso un danno pubblico. Così abbiamo truccato l'identità di Edgar. Sai, è stato fuori da Londra per vent'anni e tutti i nostri vecchi conoscenti sono morti. Non trovi che sia stata un'ottima idea?-
Quei tre matti avevano messo un finto Ministro in capo! E avevano truccato le elezioni!
- Oh no!- sospirò, passandosi le mani nei capelli - Oh no, no...-
- Non dirlo a me.- sbuffò Dibble - Io devo sorbirmi quegli idioti del Consiglio da mane a sera! Sai che voglia sentire le loro fesserie per altri sei anni!-
- Su Edgar.- rise Silente, dandogli una pacca sulla spalla - Hai già fatto molto per noi. Confido che sarai un ottimo Inquisitore fra una settimana, quando Harry e i suoi compagni ti porteranno le prove dell'innocenza di Tom.-
- Se non finiamo tutti in galera prima.- sibilò Potter, fissandoli imbestialito - Voi siete matti! Se ci scoprono finiremo i nostri giorni ad Azkaban a sentire Vanessa Lestrange che urla per avere un pettine per districarsi i nodi! Si può sapere perché siete venuti a dirmelo proprio adesso?- e si girò verso il Menestrello - E per tu...lei...va in giro a fare il barbone?! Ma è fuori di testa?-
- Te l'abbiamo detto ora per un semplice motivo.- frecciò Gillespie, soffiandogli in faccia una nube di fumo - Primo, per vederti crogiolare nell'angoscia. Secondo, perché il Preside, il signor Dibble e il signor Hayes hanno quasi rimesso in piedi l'Ordine...-
- Cosa?- sbottò, alzandosi di colpo - Avete risistemato l'Ordine? Ma se non c'è più niente...-
- Sciocchezze.- sentenziò il Ministro, facendosi aria con la bombetta - La casa è ancora lì. Sarà visibile quando noi lo vorremo. Ovvero mai. Così tutti quei fessi amici di Badomen penseranno che gli Auror sono a spasso e non verranno più a far saltare la cuccia a Black.-
- E io faccio il barbone perché i soldi non comprano la felicità.- finì il Menestrello, facendo cascare le braccia al povero Potter, tanto era sconfortato - Bene, Harry, credo che qui abbiamo finito. Io devo tornare a Kensington Gardens, a quest'ora devo dar da mangiare ai miei piccioni. Ah, ultima cosa...- e si girò, sulla porta, insieme a Dibble e Silente - Ragazzo, credo che dovresti tornare a casa tua.-
Harry aveva quasi paura di chiederne il motivo.
- Perché?-
Hayes rise, dopo una magnifica visione - Credo che Tom Riddle stia per ricevere una bella notizia. Ah, sarà un fiocco azzurro!-
- Cosa? Che cosa?!-
Niente. Già Smaterializzati via tutti e tre.
E girandosi con occhi lampeggianti verso il suo capo, Harry ebbe solo voglia di saltare al collo di Duncan e stringere fino a sentirlo smettere di respirare. Visto come rideva sadicamente del suo stato d'animo così sensibile.
Bene, fantastico! Un altro bel pomeriggio all'insegna delle sorprese!
E adesso che diavolo sarebbe capitato a Tom? Che centravano i fiocchi?!


Verso le tre del pomeriggio, su Londra arrivò una leggera tempesta.
Il cielo si era coperto in pochi minuti. Il classico temporale estivo che si sarebbe esaurito in un'oretta.
Pioveva in modo leggero, tanto che si vedeva l'arcobaleno all'orizzonte. Una bella giornata in fondo, nonostante quella sorpresina di mal tempo mai annunciato dai meteorologi.
Lucas Potter, appoggiato a una mensola del salone della Lucky House ancora ingombro di tutte le cianfrusaglie magiche provenienti dall'Ordine della Fenice, fissava imbronciato il giardino umido e la pioggia che rigava i vetri della finestra.
Sbuffando per la centesima volta, si girò alla sua sinistra, dove, assurdamente, in aria galleggiava un post-it giallo con su scritto "Fantasma".
- Tu non puoi fare smettere di piovere?-
Il post-it si mosse in senso negativo.
- Non servi a un tubo.- brontolò il Phyro.
Sargas, seduto vicino a lui con quel cartellino in fronte, mise il broncio e con uno spintone lo buttò a gambe all'aria giù dalla mensola, andandosene col muso. Tom, che invece entrava in salone, guardò allibito quel post-it appeso, o almeno così sembrava, in mezzo al vuoto. E poi il giovane Potter a terra.
- Che cosa stai facendo?- gli chiese, alzando le sopracciglia.
- Maledetti fantasmi!- si lagnò Lucas, rimettendosi in piedi - Accidenti, com'è permaloso quello lì!-
- Quello lì chi?-
- Il fantasma di Glory.-
- Glory ha un fantasma?-
Lucas lo guardò con pena - Ma dove vivete voi?- e roteò le pupille - Te la sei trovata una casa?-
- No.-
- Ti do la mia paghetta di cinque galeoni se te la trovi.-
- Cinquanta se mi lasci in pace.- rilanciò Tom, soave.
- Andata.- celiò il Phyro, improvvisamente docile - Vado a cercare il fantasma.-
- Ecco bravo.- sbuffò Riddle, riavviandosi in quel macello di roba accatastata ovunque. Stranito poi, si fermò di fronte a un grosso pezzo di roccia. Dentro c'era piantata una spada. Ma che cosa insolita. Senza fare una piega afferrò l'elsa ed estrasse la lama dalla roccia. Stupito, notò una scritta sulla lama. Era un po' arrugginita ma lesse...Excalibur.
Ops. La rimise a posto con ditina delicate e tornò a sedersi sui divani del salone che collegava l'ala ovest a quella est.
- Questi bambini.- rise Neely, non appena li raggiunse - Certo che ci sai fare con loro.-
- Come no.- ironizzò, posandole un bicchiere di thè freddo sul tavolino - Meglio la peste.-
- Sempre il solito.- commentò Trix, che li aveva raggiunti da poco meno di mezz'ora, insieme a Mason - Non vorresti un figlio? Mi stai dicendo questo?-
- Lo sottoscrivo anche.- sentenziò il mago, lasciandosi andare contro lo schienale del divano, con un lamento per la sua ferita al fianco - Non ne voglio e mai ne vorrò.-
- Cazzate in libertà.-
Quello fu il laconico commento di Cloe, seduta di fronte a lui con la Vaughn, intenta a sorseggiare della limonata.
- Come sarebbe?- le chiese, sapendo che si sarebbero subito accapigliati.
- Voi uomini dite tutti così. Non voglio un figlio, non voglio un figlio...e poi a cinquant'anni andate fuori di testa perché siete invecchiati. Così vi fate l'amante e la mettete incinta.-
"Come si fa ad essere così acidi, vorrei saperlo..." fu il commento del povero Damon, in piedi a gironzolare accanto a loro, anche se tanto nessuno poteva anche lontanamente sentirlo.
- Sono mezzo Black.- sospirò Tom, senza stare a sentire il suo sarcasmo - A cinquant'anni supererò la crisi di mezza età attaccandomi alla bottiglia.-
- Questo già lo fai adesso.-
- Sapete che mi avete rotto le palle?- cinguettò Trix, con aria omicida - Fatela finita voi due. E tu, cazzo...- sbottò verso la King - A forza di stare con In Lust We Trust stai diventando come lui!-
Cloe, stranamente, rise - Come l'hai chiamato?-
- Non guardare me, l'ha inventato Tom.-
- E così che passi il tempo?- frecciò la bionda, girandosi verso Riddle - Inventando nomignoli porno e fregando gli anticoncezionali altrui, porco che non sei altro?-
- Ah, non credevo che qualcuna ti avrebbe mai dato del porco.- commentò Neely, afferrando, per il caldo, una busta gialla dal tavolino per farsi aria - E' davvero divertente Tom.-
- Si, una goduria.- ironizzò lui, pungente, puntando letteralmente inferocito la King, per aver di nuovo lasciato in giro i suoi esami, tra l'altro senza aprirli - Non ridevo così da quando mi sono beccato quella freccia nella schiena.-
- Gente, novità.-
Mason Ombrodoro, che aveva seguito Trix alla Lucky House dopo la loro ricognizione all'ora di pranzo, tornò in sala con un messaggio di Austin Gray.
- Da Lucilla?- bofonchiò Tom, assottigliando gli occhi - Dio, io non posso credere che né lei né mia sorella mi abbiano avvisato che si era svegliata. Ma che hanno tutti in testa?-
- No, mi spiace.- rispose Ombrodoro - Niente da milady. Ma Austin ha delle novità da Brockway.-
- Era ora.- Trix si mise seduta composta - Spara.-
- Bhè, lui e la Wolf hanno tampinato la casa di Brockway.- spiegò l'Auror, rileggendo velocemente la lettera di Gray - Hanno tenuto sotto controllo la tenuta dal momento in cui ce ne siamo andati noi...e non hanno notato movimenti sospetti. Dalle finestre s'è vista solo la moglie con la suocera.-
- Un altro buco nell'acqua?- fece Neely, sconfortata.
"Dai, dai..." sospirò Damon, pregando che avessero finalmente raggiunto qualcosa.
- Così credeva Gray.- sorrise Ombrodoro, con espressione indecifrabile - Ma poi hanno visto la figlia di Brockway uscire dal resto della villa.-
"Si!" scattò Howthorne, stringendo i pugni "Muoviti, dai!"
- E dov'è andata?- incalzò Tom, facendosi serio.
L'Auror rise, accartocciando la lettera - Indovinate.-
- Ah.- ghignò Cloe, di punto in bianco, tornando ad affondare lo sguardo nella Gazzetta del Profeta - L'avevo detto io. E pure Edward.-
- Non è solo l'amante di Donovan.- sentenziò Mason, sedendosi esausto - Donovan sarebbe da mettere in galera. Quel bastardo ha il triplo degli anni di quella ragazzina.-
- La ragazzina è una troia.- fu il laconico commento della Sensistrega - Doveva scegliersi meglio l'amante e non fare il doppio gioco per gli sporchi intrallazzi del padre.-
- Hn.-
A quel verso pieno di sarcasmo, la King sollevò gli occhi color cioccolato su Riddle.
- Si?- soffiò, pronta a cavargli gli occhi.
- Io? Io non ho detto niente.-
- Tom, amore...hai problemi a parlare per caso?-
- Assolutamente no.-
- E allora, se hai problemi di digestione, fatti vedere da qualcuno.-
- Ok, ok...- la blandì, alzando ironicamente le mani in segno di resa - Solo che...sai...scegliersi l'uomo non è facile. A volte si rischia di prendere grossi abbagli.-
- Parli per la tua vasta esperienza sul campo, presumo.- sibilò la bionda, per poi arrossire di rabbia quando Trix attaccò a ridere. Ecco, si era scordata di quel russo maledetto!
- Andate al diavolo.- ruggì fra i denti - Mason, continua pure. E piantala di ridere, superoca!-
- Scusami, ma te le tiri dietro davvero!-
Damon, intanto, stava seriamente per decidere di strozzarle una a una. E pazienza se Trix non respirava. Avrebbe trovato un modo per farla secca, se non la piantavano di fare le cretine! Lui se ne stava lì, sapeva tutto, e quelle disquisivano della promiscua vita sessuale di Tom!
- Comunque la ragazza ha raggiunto Donovan.- fece Mason, tossicchiando per ridare un minimo di decenza alla conversazione - Nel suo ufficio al Ministero.-
- Wow...sesso sulla scrivania...- riattaccò la Diurna, facendo sbrodolare la Montgomery col thè, a causa delle risate.
- Ma è legale con una di sedici anni?- fece Tom, tutto attento.
- Se quella è consenziente si.- rispose Ombrodoro, soprappensiero, per poi sentirsi fissato come un alieno.
- Lo so...perchè un amico ha una figlia in una situazione simile...-
- Si, certo.- commentò Cloe - Dicono tutti così...anche Damon quattro anni fa, con quell'oca al The Rock Garden.-
- S'è fatto una minorenne?- allibì Neely, lasciando andare la busta degli esami di Cloe con sbigottimento.
"Sembrava avere quarant'anni, cazzo!" tuonò Howthorne, mentre in sala i commenti si sprecavano.
- Avete finito?- sbuffò Ombrodoro - Gente, su...è una cosa seria...-
- Oh, sei ti fai una sedicenne lo è di certo.- lo punzecchiò Tom, scatenando il delirio delle ragazze.
Bene, non c'era verso.
Lì si rideva e basta. Tanto valeva andarsene a cercare Nora, visto che quegli idioti dei suoi amici preferivano parlare di prostituzione minorile, invece che discutere un moto per evitare a quella mosca bianca di Riddle la Sigillazione!
- Comunque...- riprese il nuovo arrivato nel gruppo, quando sembrarono rimettersi a respirare dopo le loro velenose ghignate -...sono stati nell'ufficio del Segretario per una mezz'oretta...e prima che facciate commenti, ci sono uomini che riescono a farlo in due minuti...-
- Però. Esperienza personale anche questa?- riattaccò Neely.
- Basta cazzate!- sbraitò Ombrodoro, rosso come il fuoco, fra i cori d'ilarità della compagnia - Il vostro amico Weasley ha usato i giocattoli dei suoi fratelli per ascoltare la loro conversazione. Il Segretario è un idiota, non aveva neanche Insonorizzato la stanza, sicuro com'era che i Folletti non avrebbe fatto passare nessuno!-
- E Ron come ha fatto?- gli chiese Cloe.
- Li ha pagati.-
Semplice ed efficace. Il motto di Edward Dalton. Paga e scappa.
- Cos'è venuto fuori?-
- Weasley ha sentito che Donovan era furioso per il fallimento di un'operazione. Pensiamo all'attacco al San Mungo. Ti voleva morto, Tom.-
- Sai che novità.- bofonchiò Riddle, sorseggiando, schifato, un gocciò di limonata dal bicchiere della Montgomery - Che altro?-
- Pare che le abbia consegnato qualcosa. Lei ha ringraziato e ha detto che non avrebbe più fallito.-
- Quindi questa deficiente di una sedicenne potrebbe essere stata fra i Mangiamorte che ci hanno attaccato ieri al San Mungo?- riecheggiò Beatrix, spalancando le fauci - Stiamo scherzando vero? Ci siamo fatti fregare da una sedicenne?-
"No!" urlò Damon, cosa completamente inutile "Halley Brockway non è la vera Halley Brockway! Quella che va da Donovan è la donna di Badomen! Prende della pozione Polisucco!"
Inutile.
Non sentivano.
Avrebbe quasi voluto prendere il portacenere di Draco e tirarlo in testa a Tom, dannazione!
Ma non ne aveva ancora la forza!
- Ok, che si fa?- chiese allora Neely - Avete intenzione di fermare quella ragazzina, vero?-
- Certo, così ci sbattono in galera per abuso di potere su minore.- sindacò Ombrodoro - Non scherziamo ragazzi.-
- Poi le rifilavamo un'Oblivion.- rise Trix - Non dirmi che non l'hai mai fatto.-
- Spiacente, non viaggio coi vostri metodi io.-
- Dovresti farlo. E' terapeutico.-
Prima che Mason dicesse chiaramente che diavolo pensava sulle loro manie poco ortodosse, Lucas Potter si era già attivato per giocare agli indiani nell'ingresso. Sembrava che stesse cercando di centrare il post-it volante con delle freccette con la punta di gomma a risucchio.
Purtroppo lo fece davanti alla porta di casa e pochi istanti più tardi, prese in pieno suo padre sulla fronte.
- Scusa pa'...- cinguettò Lucas, mentre Harry si staccava inferocito la ventosa dalla testa.
- Ti sembra il modo di giocare?- sbottò Potter Senior - Cosa diavolo è quella roba che galleggia?-
- Il fantasma di Glory. Così lo vedo.-
Potter strinse le labbra, contò fino a cento e riuscì a non finire sui giornali come infanticida.
- Fila in camera col post-it!- sibilò, poi entrò nel salone - Ragazzi, voglio un ragguaglio veloce.-
Tom e gli altri lo raggiunsero al bancone dei liquori di Draco, appositamente imboscato dietro a una libreria semovibile.
Gli ripeterono tutto quanto, sconcerie sugli uomini che si godono un orgasmo in due minuti comprese e il commento finale del bambino sopravvissuto fu una smorfia disgustata.
- Brutta giornata?- gli chiese Cloe, buttando la sua busta gialla sul bancone, cercando di versarsi un goccio di whisky.
- Pessima.- rispose Harry - Damon?-
- Stabile.- disse Tom.
- Efren l'ha controllato a pranzo.- continuò la King, portandosi il bicchiere a pochi centimetri dalla bocca - Dice che è impossibile prevedere quando...ehi!- esplose di botto. Allibita, si era vista sgusciare via il bicchiere dalla mano. Come se una forza invisibile le avesse gettato via il liquore!
- Sarà stato il fantasma di Glory.- borbottò Neely, ridendo - Sono dei salutisti questi spiriti.-
- Che modi.- la Sensistrega si strinse nelle spalle - Vabbè, dicevo...si, Efren dice che non si conosce il momento in cui un paziente in coma si riprende. A volte è del tutto casuale. Potrebbe essere stasera, come...-
- Come fra un anno.- sussurrò Riddle, abbassando la voce - Cosa che non lascerò che accada. Sia chiaro. E porca miseria! Adesso ne ho basta Claire, li leggo io!-
Si, Thomas Maximilian Riddle avrebbe dovuto farsi gli affari suoi.
Eppure compì il gesto che avrebbe potuto cambiargli maggiormente la vita, solo mettendo mano a quegli esami. Un gesto d'istinto, il massimo cambiamento, neanche paragonabile al giorno in cui, otto anni prima, aveva firmato la sua condanna alla solitudine.
Infuriato dall'incuranza di Cloe per i suoi esami, afferrò bruscamente la busta e strappò la parte superiore.
Ne estrasse due fogli dal San Mungo.
- Signorina King, la informiamo che i suoi esami hanno dato esito negativo per ogni test clinico effettuato.- lesse.
- Ma va?- gli rinfacciò la bionda - Che ti avevo detto io?-
- Hai il potassio basso.- sibilò Riddle, accartocciando il primo foglio.
- E tu la pressione alta.- s'intromise Harry, dietro di lui, con tono annoiato.
- Qua c'è dell'altro.- gli rinfacciò Tom, guardando Cloe con espressione altezzosa - E' un messaggio di Karen.-
- La madre di Sedwigh?- allibì Trix, sporgendosi dal divano - Che dice?-
E leggere anche in quel modo, come se tutto fosse semplice, fu l'altro errore di Tom.
"Cloe, birbantella..." lesse velocemente e soprappensiero "Voglio essere io a darti direttamente la bella notizia! Sono felice di annunciarti che sei incinta..."
La lettera quasi cadde di mano a Tom, che in rapida sequenza finì completamente all'indietro, addosso a Harry.
E la King, con sguardo spiritato, lasciò andare il bicchiere vuoto ma colmo di ghiaccio che aveva in mano.
Non era uno scherzo, capirono tutti, in quel silenzio totale pesante come il marmo.
Perché il cadaverico pallore di Thomas Riddle era il chiaro segno, che quella parola...incinta...gli era caduta addosso come la legge del karma. Dura e impietosa.
Nel gelo, nello sconvolto, nell'assurdo, la duchessa King riuscì a muoversi dopo qualche secondo, a differenza di Tom che Harry aveva dovuto mettere seduto lì vicino, quasi trascinandolo di forza.
Afferrata la lettera, Cloe la lesse rapidamente almeno una decina di volte.
Poi, girandosi con gli occhi sbarrati verso il camino, lo accese agitando la bacchetta, lo incantò e pochi istanti più tardi apparve uno studio del San Mungo. Karen Stanford sorrise, quando si accorse di lei.
- Cloe!- urlò di gioia, avvicinandosi - Sono felice che tu alla fine mi abbia contattata! Non ci speravo più! Congratulazioni!-
Era vero! Non era uno scherzo!
Neely, prima ancora di raggiungere la King al caminetto, si girò verso la Vaughn, a bocca spalancata.
- Tu e Damon le avete sabotato gli anticoncezionali sul serio! Ma siete imbecilli davvero allora!-
Se Trix aveva la mascella a terra, Howthorne, che si era preso quell'accusa dalla fidanzata, si mise una mano sulla bocca. Oh no...oh no, no, no! Era di Trust! Cloe era incinta di Trust!
- Karen, Karen!- la King bloccò la Medimaga agitando le mani con movimenti a scatti, quasi con violenza - Karen, ascoltami! Non è possibile. Non posso essere incinta!- e rise, come un'isterica - No, non esiste al mondo! Lo saprei, sono una Sensistrega!-
- Tesoro...lo so che lo sei...e io sono una Medimaga, è il mio lavoro sapere queste cose e ti dico che sei incinta.-
- Non è possibile, ti ripeto.-
No, non fuori dall'umano concepimento, non faceva che dirsi Claire. Non esisteva. Neanche lontanamente.
Si stava sbagliando la madre di Sedwigh...doveva essere così per forza...o...
- Tesoro, ok.- sentenziò la strega, scrutandola stranita dal camino - Capisco che sei giovane e può sembrarti un problema, ma abbiamo effettuato esami accurati suoi tuoi prelievi. Il concepimento è avvenuto. Hai una gemma di magia in te, che non è formata unicamente dal tuo potere. Non te ne sei ancora accorta perché è molto piccola, ma noi al San Mungo siamo eccellenti in questo campo.-
- Ma io prendo degli anticoncezionali!- sbottò fuori di sé, ora non si curava più di trattenersi - Karen, per Dio, sono anticoncezionali del giorno dopo, funzionano da quando avevo quindici anni!-
- Ce li hai dietro? Gettali nel fuoco.-
Glieli tirò in testa, dopo aver frugato nella borsa, ma Karen Stanford, una volta annusata la fialetta, sollevò gli occhi con un sorriso divertito.
- Dolcezza, non so cosa sia questa roba insapore ma non è anticoncezionale. O hai scambiato la tua solita pozione con un analgesico, o qualcuno ti ha rubato gli anticoncezionali.-
Alt, stop.
Fu un secondo.
Trix, Neely e Cloe, con lentezza esasperante, girarono le teste di novanta gradi fino a raggiungere Tom.
Ancora seduto a fissar e il vuoto. Però i fanali di quelle tre puntate addosso li sentì eccome.
Per non parlare dell'aria della futura mamma.
- Karen...- la King, senza staccare gli occhi dal viso cinereo di Riddle, alzò la voce - Karen, sai dirmi quando è avvenuto il concepimento?-
- Oh, è facile.- celiò la Stanford - L'ultima volta esatta che hai avuto un rapporto. Dagli esami, direi al massimo sei giorni fa. Esatto?-
La notte al cottage in Camargue.
Thomas Maximilian Riddle chiuse gli occhi.
Cloe invece, senza stare a sentire altro, spense il camino.
C'era tanto silenzio da assordare più di un concerto.
- E adesso dimmi...- la voce della King uscì in un pericoloso sussurro - Che dovrei fare? Ucciderti per caso?-
Harry, lentamente, abbassò il viso su Tom.
Forse stava per sentirsi male di nuovo.
- E' di Tom?- sbottò invece Trix, alzandosi di colpo dal divano.
Cloe la ignorò - Eh? Che dovrei farti adesso?-
- Non è di Oliver?- mormorò anche Neely, con Damon che dietro alla sua ragazza e alla Vaughn aspettava impaziente una risposta.
Peccato che nessuno dei due si sognò di darla.
Ma era chiaro.
Era di Tom.
- Cazzo.- Harry posò una mano sulla spalla del figlioccio - Tom...ehi, mi senti?-
Si alzò in piedi, scostandosi dal padrino e allontanandosi dalla Sensistrega. Parve voler afferrare una bottiglia di brandy, poi ci ripensò. Facendo altri passi indietro.
Scosse il capo un paio di volte, chi era vicino a lui parve sentirlo dire qualcosa a bassa voce.
Poi un leggero scatto. Un rumore metallico. Tutti pensarono fosse stata la serratura dell'ingresso, invece col cuore in gola, Thomas Maximilian Riddle avvertì un senso di vertigine. Una sensazione di calore al collo...vi portò la mano e...il rubino nero incastonato nel suo collare maledetto cadde...si, cadde semplicemente.
Risuonò sul marmo, finendo sotto un fascio di luce irradiato dalla finestra.
E poi anche il suo collare di platino...si sciolse. E finì a terra, rimbombando fra quelle mura.
Libero.
Fissò il suo collare, entrambi le mani sulla gola...
Tutti emisero praticamente un gemito strozzato, quando lui non era riuscito a fare un fiato da almeno dieci minuti.
Libero.
- Sbarazzatene.-
Cloe avvertì quasi una ventata di gelo, dopo una sconfinata ondata di gioia, nell'aver visto catene pesanti quanto otto anni di tempo perduto andare in pezzi.
- Che cosa?- mormorò, credendo di aver capito male.
Come tutti del resto.
Harry si era appena ripreso, quasi ipnotizzato da quel rubino nero libero da costrizioni, che nel sentire quella frase detta dalla voce tanto amata di Tom, che quasi pensò allo scherzo di un fantasma.
- Sbarazzatene.- ribattè nuovamente Riddle, restando indietro - Sbarazzati di quel...- deglutì, distogliendo lo sguardo quasi terrorizzato dal ventre della King - Fallo sparire prima che sia tardi.-
Con la stessa velocità con cui aveva appreso la notizia, Claire afferrò un bicchiere vuoto dal bancone e glielo scagliò addosso. Lo colpì alla spalla, ma Tom non se ne curò. Neanche aveva cercato di deviarlo.
- Ripetilo e guardami in faccia se ne hai il coraggio.- gli sibilò con tono sepolcrale, con gli occhi dardeggianti di rabbia - Però ti avviso...ti uccido se solo ci riprovi.-
- Io dovevo essere l'ultimo.- replicò freddamente, senza abbassare il volto segnato da qualcosa che lui non riusciva più a capire - Devono finire con me.-
- Tom devi calmarti.- gli ingiunse Harry severamente - Calmati, straparli...sei libero adesso...ti sei appena liberato...sei sotto shock e...-
- Sono lucido come non lo sono da anni.- lo zittì, serrando le mascelle - Cloe, liberati di quel mostro.-
- Tu sei andato fuori di testa!- gli gridò, senza retrocedere minimamente su quella convinzione che l'aveva già abbracciata con calore e amore - Sei impazzito del tutto! E' nostro! Mio e tuo!-
- Una cosa del genere è una bestemmia anche solo a pensarla.- ringhiò fra i denti, piantandole una lama acuminata nel cuore - Io dovevo essere l'ultimo. Dovevano finire con me...è stato uno sbaglio. Fin dall'inizio...-
- Che cosa? Venire a letto con me?- urlò di nuovo - Fare un bambino? Questo ti sembra una bestemmia?! Razza di bastardo, la bestemmia è stata seppellirti otto anni e dirci addio per il tuo stupido senso di colpa!- si chinò e raccolse con rabbia il rubino nero, alzandolo in pugno come se avesse brandito uno stendardo - Questo!- tuonò - Questo! Eccola la vera eresia! E non il mio bambino, miserabile codardo! Lo stesso bambino che ti ha liberato dal collare!- e gli scagliò addosso anche la pietra, che lo ferì di striscio a una guancia.
Ma fu come parlare a un muro.
Non la sentì.
Non la vedeva più.
Fissava solo il suo grembo...con un tale gelo che per tenersi in piedi, dovette aggrapparsi a Harry.
Tom non ascoltò altro.
Un ultimo sguardo di puro disprezzo a ciò che aveva generato e girò sui tacchi e se ne andò.
Di lui, non restò che l'eco dei suoi passi.


Pioveva ancora.
Il sole calava e l'arcobaleno della pioggia faceva un arco luminoso in cielo, quasi iridescente.
Harry Potter da ore era uscito a cercare Tom, ma senza risultato.
A lui si erano uniti Ron, Efren e Blaise.
Draco ed Hermione non si erano visti, mentre Elettra aveva portato i bambini da sua sorella.
Asher li aveva raggiunti da poco, immischiatosi nella caccia con William e Dena ma anche le loro ricerche non avevano portato a nessun risultato.
Stavano tutti nel salone. Nessuno si era mosso.
Claire King, da ore, stava seduta nella stessa poltrona. A fissare il vuoto.
Degona e Neely avevano già provato in tutti i modi a parlarle, senza ottenere alcuna risposta.
Sembrava ripiombata nello stato catatonico di otto anni prima.
Trix, alla finestra, la studiava con la coda dell'occhio.
Ricordava il primo anno dopo la Sigillazione di Tom.
Cloe era stata a letto per mesi interi. Aveva rischiato l'anoressia, rifiutando cibo e acqua.
La follia quasi.
E adesso...aspettava un bambino.
Ed era stata lasciata sola nel modo più ignobile.
- Mi stai davvero dicendo che le ha detto di abortire?- sussurrò Asher, in piedi, accanto a lei a guardare vacuamente le cime di Kensington Gardens.
- Si.- la Vaughn non ci credeva - Non avrei mai pensato che uno come lui sarebbe stato in grado anche solo di pensarla una cosa simile.-
Greyback tacque. E quel silenzio attirò l'attenzione della Diurna.
- Tu lo capisci.- sussurrò, puntandogli addosso le iridi di topazio - Perché?-
- Perché è come me.- disse il mannaro, col profilo scolpito per la durezza degli anni passati - E' l'ultimo.-
- Che significa?-
- Che il bambino di Cloe è un Riddle nel sangue e nella dannazione.-
Sentì un brivido a pelle, ma lo ignorò volutamente - Non basta a chiederle di sbarazzarsene! E' loro figlio.-
- Lui non la vede così. Se quel bambino nasce, tutto quello per cui si è sacrificato, sarà inutile. E i Mangiamorte torneranno. Preferirebbe morire che vedere una cosa simile.-
- No, a quanto pare preferisce uccidere suo figlio.-
- Per l'amor di Dio Vaughn, ha sei giorni quell'affare.- disse bruscamente il principe - Voi donne pensate sempre di sapere tutto. Non mettiamoci qua a disquisire di etica o da cattolici praticanti, fammi la cortesia!-
- Ma cos'avete nelle vene, il ghiaccio?- sbraitò scandalizzata.
- No, avrà il fuoco.- le rispose, zittendola con uno sguardo - Il fuoco e la morte. Perché sa che si condanna al rimorso per il resto dell'eternità. Ma per impedire una guerra, per impedire che altri muoiano...che voi moriate...- aggiunse, lapidario -...è disposto anche a questo.-
- Nessuno gliel'ha chiesto!-
- Ma tutti l'hanno additato dalla nascita.- finì Asher, staccandosi dalla finestra con stizza - Quindi non puoi sapere come si sente, né credo che tu possa esecrarlo ancora se vuole un destino diverso per la donna che ama!-
No.
Non bastava.
Forse perché era una donna anche lei.
Perché sapeva quanto avesse sofferto Cloe in quegli anni.
E perché...in segreto, sapeva che quel bambino sarebbe stato l'unico serio motivo che avrebbe impedito a Tom di andarsene di nuovo. Ecco perché.
Non voleva che se ne andasse.
- Rivoglio Damon.- sibilò, annaspando, sentendo Neely alle spalle.
- A chi lo dici.- sussurrò la Montgomery - Trix, prova a parlarle tu per favore.-
Sarebbe stato inutile.
Lei voleva Tom. Solo lui.
Poi, al piano superiore anche se nessuno poteva saperlo, il corpo di Howthorne ebbe altre convulsioni.
E lo spirito di Damon, lì con loro, vide qualcosa. C'era qualcuno alla porta.
Alla Lucky House fece il suo ingresso qualcuno incappucciato di nero.
Andando ad aprire, William vide un uomo alto, dal volto coperto.
Ma fu un istante. Perché si levò il cappuccio e il volto di Tom apparve da sotto di esso.
Come un teschio bianco dal fondo di una fossa.
- Tom!- scattarono Neely, Dena e Trix.
- Dove diavolo sei stato?- urlò il giovane Crenshaw - Cristo Santo, ti cercano tutti!-
E poi...una voce sibilante.
Si, un serpente.
Un traditore.
- Ma davvero?-
Cloe alzò il capo dal suo limbo. Era la voce di Tom ma...
Riddle, stirando un ghigno assolutamente maligno, si piazzò sulla soglia...e da sotto il mantello sollevò la mano sinistra. In essa, dell'elettricità concentrata. Nella destra, una lunga spada macchiata di sangue fresco. Ma quell'energia...
Minegon.
Sguardi sgomenti, espressioni al limite dell'incredulità...e poi l'assoluta sicurezza di aver fatto entrare alla Lucky House il diavolo in persona.
- Salve signori. Io sono Mefistofele...e sono venuto a proporvi un patto.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Certi giorni sono buoni per morire.
Dipende solo da cosa ci si lascia alle spalle...se vale lottare per vivere.
O se, guardandosi indietro, non si vede più neanche da dove si è partiti.

 

 

 

 

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Capitolo 41
*** Capitolo 41° ***


tmr41

 

 

 

 

"It's easier to run
Replacing this pain with something numb
It's so much easier to go
Than face all this pain here all alone."

Easier to Run, Meteora
Linkin Park


Non era Tom...
Quello...non era Tom Riddle.
Non era neanche il suo spettro.
La sua ombra.
Quello era...
- Dov'è il corpo del Legimors?-
I presenti nel salone della Lucky House lo percepirono nell'aria.
Profumo d'incenso.
E...lavanda.
Era...il diavolo in persona.
Che aveva gli occhi blu di Thomas Maximilian Riddle.
Si, il diavolo aveva i suoi occhi, il suo viso.
Avrebbe anche potuto imitarne voce e tocco...ma non sarebbe stato abbastanza.
Perché Tom non sorrideva in quel modo.
Non aveva veleno sulle labbra, nonostante il suo cuore fosse stato pieno di dolore ristagnante.
Le sue iridi non sembravano pozze di ghiaccio. Nonostante l'avesse avuto nelle vene, fino a poco prima.
- Vedo che avete perso la lingua...-
Maneggiava una lama arrugginita...forse incrostata di sangue...perchè aveva un orrendo colore simile al rame, incrostata in più punti. Emanava un'aura quasi nefasta.
Nella mano sinistra, dondolava quella sfera d'energia.
Minegon.
Un'invocazione.
-...e dire che siete sempre stati un gruppetto con la battuta pronta.- continuò il mago, scrutandoli uno a uno. Richiuse la mano, artigliando le dita guantate. Subito vi apparve la bacchetta, ma si mise a scrutarli uno a uno.
Quasi divertito.
- Già. Mi avete fatto fare gran risate in passato...anche quando non volevo.- puntò i gelidi occhi su Degona, scrutandola dall'alto in basso - Specialmente tu, signorina Mckay. Te lo ricordi, vero? Io non riesco a dimenticare...te, che invadi la mia mente. E mi distogli dal mio obiettivo.-
Non era Tom.
Avrebbero tirato un sospiro di sollievo, perché si...per un attimo, un istante solo, chiunque avrebbe potuto pensare che...fosse tornato per...
Cloe chiuse le palpebre. Un attimo solo, per sentire tutta quella sensazione di leggerezza.
Perché lui non era tornato per darle il colpo di grazia.
Per dirle di nuovo che non voleva...loro figlio.
Il loro bambino.
Non era tornato...e basta.
Avrebbe preferito...che non fosse stato suo.
Che fosse stato di Oliver.
Ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
Avrebbe preferito...lasciarsi morire a Cameron Manor.
Si, morire solo come un cane.
Avrebbe preferito morire piuttosto che avere un figlio da lei.
- Sveglia, signori.- sibilò di nuovo quella voce sepolcrale - Non sono venuto qua per il piacere di vedere la vostra orrenda faccia.-
- Chiunque tu sia...- Asher piegò sinistramente la bocca - Credo davvero di uscire viva da qui?-
- Viva?- Tom levò un sopracciglio, trovando la situazione sempre più divertente - Parli con me?-
- Con chi altro puttana?- ringhiò allora Trix, scoprendo i canini - Lo riconosco quel lezzo di lavanda. Tu sei la donna che sta sempre appresso a Badomen, dico bene?-
- Ah, il vostro fiuto da miserabili animali. Siete carne da macello.-
- No, tu lo sei, bella.- l'avvisò la Vaughn - Chi diavolo sei?-
- Davvero non sai chi sono?- soffiò il falso Riddle, alzando altezzosamente il mento - Chiedilo alla tua amichetta empatica. Lei sa bene chi sono.-
Non era Tom.
Era l'unica cosa di cui il cuore di Degona fosse sicura.
Ma quella sensazione in testa l'aveva già avuta, tanti anni prima.
- Halley Brockway?- le chiese William, scrutandola interrogativo.
La Mckay scosse appena il capo.
Non era nemmeno Halley Brockway.
Quella donna non era una ragazzina.
Non era giovane.
Era...antica.
Aveva molti più anni di un comune essere umano.
- Non ti ricordi.- le disse, guardandola soavemente - Che cosa insolita...bhè, morirete nell'ignoranza. Affari vostri, tanto di voi se ne salvano giusto in paio...-
- Senti, tu la devi piantare d'insultarmi.- ringhiò Asher, assottigliando i lineamenti con aria minacciosa - Per il solo fatto che tu abbia la faccia di Tom, non pensare che non ti faccia a pezzettini.-
- Accomodati...principino dei mannari.- la lama sporca di sangue dondolò di fronte al volto di Riddle - Chissà cosa sa fare il traditore dei Greyback...magari in questi otto anni da cucciolo sei diventato davvero un lupo...-
- Ora ne ho abbastanza.- sibilò William, scoccando un'occhiata agli amici - Leviamocela di torno.-
- Ma certo. Un ultimo monito, signori.-
Il falso Tom sorrise, spostando l'attenzione da una parte all'altra del salone.
Da Cloe ad Asher, sogghignando in direzione di Degona.
- Probabilmente questa è l'ultima volta che vi trovare sotto un cielo. Perché fra poco, sopra le vostre ignobili teste non avrete altro che metri e metri e metri di terra.- dopo di che, alzò la bacchetta in aria, agitandola appena - Accio bacchette!-
In un attimo, facendosi fregare come dei pivellini, tutte e sei le bacchette dei presenti schizzarono nelle mani del nemico, pronte ad accoglierle, ma si sa. Chi ha grande potere, non ha paura di farsi rubare un'arma...quando la vera furia arriva da denti e artigli.
Però avevano sopravvalutato la follia di quella donna.
Non era stata accecata dalla sua rabbia. Dalla sua ossessione.
Perché quando cercarono di attaccarla, non ottennero altro che duri e impietosi colpi.
Uno schiocco di dita e due enormi fasci di energia partirono alle spalle del falso Riddle. Quello a sinistra prese in pieno Asher, mandandolo contro il tavolino che si ruppe in mille pezzi. Quello a destra centrò William al petto sotto forma di una lama acuminata. Allo stesso tempo, Trix li vide cadere con la coda dell'occhio e rigirandosi come una furia, puntò dritta la sua nemica.
Ma non la vide a lungo.
Tom aveva aperto la mano di fronte alla bocca, soffiandoci sopra con delicatezza. Una nuvola di polvere giallognola le invase le orbite e le narici. Fu come se le avessero rovesciato addosso dell'acido...fu come se i suoi polmoni si fossero riempiti d'acqua.
Fu un cozzare di magie, fuoco ed esplosioni minori ovunque. Vetri infranti, fumo.
La voce di Tom, di quel doppione ignobile, che levava loro i poteri.
E infine la lama alla gola.
Degona, afferrata per la vita dallo spettro del fratello. Il gelido ghigno a un dito dalla sua tempia.
E la sensazione che...la persona che si era impossessata dal volto di Tom, non avesse dovuto essere...fra i vivi.
Morta, non faceva che dirsi.
Si, quella donna avrebbe dovuto essere morta.
Vendetta.
Voleva vendetta per il padre.
Per il...suo Maestro.
- Ricordi il mio nome ora?- le sussurrò all'orecchio, mentre due Mangiamorte abbigliati di nero imprigionavano William, Asher e Trix, ammanettandoli in catene prodotte dai trolls - Ricorda bene il nome di chi porrà fine alle vostre esistenze. Ricordalo.-
Non ci fu più bisogno che lei glielo dicesse.
Dena si volse, lentamente. Risalì gli occhi bluastri del fratello...e vide la verità.
- Miranda.-
E il ghigno.
Quello del trionfo.


"Door is closed behind me now
The Window is sealed to shut out the light
Green as the leaves
And the cure of the meadow stain
Do your work, it'll work out right

Deep in the heart
Deep in the heart of this place
Deep in the heart
Deep in the heart of this place..."

Deep in the Heart, U2


"Perché non ti butti giù?"
Perché non l'aveva fatto? Perché, in piedi sul ponte del Tower Bridge, dov'erano stati decisi tanti destini, lui era rimasto in piedi a fissare l'acqua? La pioggia cadere?
"Perché non dovrei?" aveva chiesto.
Vlad aveva sorriso, poggiato di schiena contro il parapetto.
"Sei inutile. Come chi viene al mondo senza scopo. Non sei né leone né agnello."
"Quindi dovrei buttarmi, secondo te."
"Il problema è che non vale neanche la pena buttarsi."
"Tu che ne sai?"
"La noia la conosci bene anche tu. Uno non sa mai cosa fare per ammazzarla."
"Vlad..."
Erano neve quegli occhi.
Neve e ghiaccio.
"Claire aspetta mio figlio."
Lo sguardo vuoto, l'espressione persa. Indifferente.
Poi un'occhiata alla sua posizione.
Un pazzo, avrebbe detto, vedendo quella situazione con occhi esterni.
Eppure adesso c'era lui su quel parapetto.
"Perché sei venuto qui? Non per buttarti, presumo."
"E tu che ne sai?"
"Dovresti essere stanco di tutte le cazzate che spari, Tom. Se vuoi farlo, ucciditi. Se non vuoi...non farlo. Ma ammazzarsi per qualcun altro che avrebbe dato un braccio o la testa per saperti vivo, è l'azione più bassa che anche verme potrebbe compire."
"Io non lo voglio questo figlio."
"Lei ti ha sputato in faccia, presumo."
"Lei vive di sogni."
"E tu non ne hai più."
Aveva fissato il suo collo. Il sopracciglio che si arcuava, la risata appena accennata...
"Il marmocchio ti ha liberato, Tom. Rendigli onore."
"Non voglio averlo. Non voglio che viva."
"Ora puoi dirmelo..."
"Che cosa?"
Il sorriso di Vlad, diventare una smorfia di compatimento.
"T'incatenava il sangue vero? La convinzione di essere l'ultimo. Ma ora non lo sei più..."
"Non verrà alla luce."
"Lei ti ucciderà prima che tu possa avvicinarti a vostro figlio. Quello che ti ha liberato dal collare...ma allora perché lo porti ancora?"
Otto anni insieme.
Come faceva a sentirsi sicuro senza quel serpente stretto al collo?
Come?
"Non sei più l'ultimo. E avrai un figlio."
"Questo è ancora da vedere."
"Mi ero sbagliato. Non sei un agnello. Sei un verme...niente ti è più congeniale dello strisciare nel fango."
"Non accetto la predica da uno come te..."
"E allora perché mi guardi come se stessi per piangere?"
Già.
Vuoi piangere, vero Tom?
Vuoi sparire.
Vuoi morire.
E rinascere...senza mai più conoscere nulla e nessuno di quel mondo.
Un desiderio di pochi istanti soltanto.
Che fa stare bene e male al tempo stesso, vero Tom?
Vero?
Era difficile tornare a casa, ora.
Ora che calava il sole oltre le basse nuvole grigiastre, un giorno ferito. Un altro giorno morente.
Era di nuovo in bilico ma questa volta in mezzo alla strada.
Fra Kensington Gardens, sul cemento odoroso di pioggia, e la Lucky House.
Voleva scappare.
Rivoleva persino la Stanza dei Giocattoli.
Le pareti amate di Cameron Manor. Senza specchi, dove poter vedere la sua viltà.
Cuore puro...
Vlad aveva ragione.
Solo un verme avrebbe desiderato la morte...di suo figlio.
Claire era incinta.
Del loro bambino...
Suo e di Claire.
Quel concetto gli era entrato in testa solo a causa della maledizione dei Riddle.
Ma mai come ciò era.
Un segno del destino.
Alzò lo sguardo al cielo...sempre più cupo e scuro.
Il vento simile a un latrato sollevò un mantello di foglie verdi, turbinanti e danzanti.
La pioggia non riusciva a trattenerle a terra, col suo peso.
La notte in Camargue.
Era così che era nato...concepito nel perdono, nell'abbandono.
La domanda era unica e sola ormai.
Vlad ancora una volta gliel'aveva sbattuta davanti, andandosene.
"Hai la forza per fare quello che si deve fare?"
No, avrebbe voluto urlare.
Aveva senso solo...la fuga.
Sparire nel buio. Rintanarsi nell'ombra e nei vaghi ricordi.
Ma non...un figlio.
Non c'era senso in lui.
E poi...alzò il viso.
E vide i cancelli della Lucky House leggermente socchiusi.
Così a seguire la porta dell'ingresso, oltre la fontana dei due draghi.
Il vento si alzò di nuovo. Lo prese in pieno alle spalle, come se due mani invisibili cercassero di spingerlo verso la casa.
Aveva ancora la voce di Vlad in testa.
Ma non i suoi insulti. Solo i suoi insegnamenti.
"Se qualcosa è diverso da come lo ricordi, allora qualcuno ha interferito con gli eventi. E tu sai bene che chi interferisce, lo fa sempre per un motivo preciso..."
Rimase immobile l'istante necessario e estrarre una custodia di pelle dalla tasca dei jeans chiari. L'aprì e con lentezza si mise gli occhiali di Brand sul naso. Strizzò le palpebre più volte, prima di accorgersi che non era colpa del suo cristallino se ora l'intera Lucky House emanava un alone nero e maligno, come il fumo di un incendio.
Sullo spiazzale dell'ingresso poi, mille orme lasciate dagli abitanti...e da sconosciuti.
Orme nere.
Di tre persone. O almeno così sembrava.
Non c'era tempo di avvisare nessuno. Inoltre il vento non attendeva, continuava a spingerlo.
Oltrepassò i cancelli, deglutendo disgustato alla vista dei custodi sgozzati. Attaccati alle spalle, giacenti in una pozza di sangue rappreso.
Come avevano fatto a entrare in casa? La Lucky House era protetta da magie potenti.
Da un segreto nascosto nelle fondamenta. Come avevano fatto a ingannare la protezione della villa?
Il battente dell'ingresso non fece alcun rumore quando lui lo mosse, poggiando il palmo sulla maniglia imbrattata di sangue. Sul tappetto vide ancora, attraverso quelle lenti rossastre, altre impronte annerite.
Si, come dopo un incendio.
Ma prima ancora di raggiungere il salone, si bloccò. Restò di sasso.
Il bambino...Sargas! Era in piedi, si agitava, saltellava e tirava qualcuno per mano.
Tom non sentiva nulla ovviamente, però il gelo s'impadronì della sua gola nel momento in cui il fantasma si girò.
Era Damon.
I celesti occhi del Veggente si sgranarono tanto che Tom ignorò le sue grida silenziose, i suoi gesti, le braccia agitate in movimenti accorati che gl'indicavano di andarsene.
Era vivo...cioè...era sempre stato insieme a loro! Riddle non riusciva a credere che stava vedendo la sua anima, il suo spirito, proprio com'era in grado di fare il Legimors.
Presto però, alcune voci intruse rimisero l'ex Grifondoro in allerta.
La bacchetta gli scese dalla manica destra della camicia, con la sinistra invece si levò gli occhiali.
Vlad aveva avuto ragione di nuovo.
"Senti sempre cos'ha da dire chi ha il coltello dalla parte del manico. Fagli credere di essere una preda facile. Vai anche nella tana del lupo se serve...e poi colpisci quando meno se lo aspetta."
Posò gli occhiali sul tavolinetto dell'ingresso, vedendo così sparire Damon e Sargas che gli urlavano di andarsene, molto probabilmente, e l'infilò in un cofanetto pieno di cioccolatini ripieni al whisky incendiario.
Con la punta della bacchetta, toccò due volte il coperchio, quindi inspirò a fondo.
Su il sipario.
- Fermo lì.-
L'ordine gli arrivò subito, come se l'avessero sentito entrare.
Si ritrovò davanti a un suo doppio.
Con le mani sporche di sangue e un sogghigno rivoltante in faccia.
- Buona sera, Lord Oscuro.- ridacchiò sottilmente l'avversario, mentre si accendeva con aria pigra una sigaretta dall'odore di lavanda - Sei arrivato giuro in tempo.- dette un tiro e soffiò fuori una boccata di fumo profumato - Mi hai risparmiato la fatica di venire a cercarti.-
Tom si guardò attorno rapidamente.
Divani rovesciati, vetri rotti, mura e pareti annerite.
C'era stata una battaglia.
Claire...
Il bambino...
- Li ho portati via.- lo prevenne il suo doppione, godendo della sua espressione allarmata - Mi sono presa la Diurna, il figlio di Crenshaw, il principino dei mannari...anche il corpo del tuo amico Legimors. E...-
Un urlo femminile fece tremare Tom da capo a piedi.
La paura gli era scivolata lungo la spina dorsale come un acido.
Degona...
Dov'era? Si rigirò come impazzito, cercandola in ogni angolo, ma non avvertì neanche un movimento sospetto.
- E tua sorella.- finì l'altro, ridacchiando con evidente soddisfazione - Oh, non badare ai suoi strilli. Gli ominidi Craig useranno il guanto di velluto, fidati di me.-
- Tu sei la donna di Badomen, vero?-
- Complimenti per l'arguzia.- lo prese in giro - Ti facevo più stupido.-
Tom levò la bacchetta, rigido come il marmo - Loro non centrano, tu vuoi me. Lo so.-
- Certo che voglio te. Voglio rovinarti.-
- Appunto, lasciali...-
- No, no, Lord Oscuro...- rise il doppio, spargendo la cenere per terra senza alcuna grazia - Non ci siamo capiti. Io voglio rovinare la tua vita...voglio rivoltarti l'anima. Spirito puro, dicono tutti. Dopo quello che ti farò io, anche tuo padre impallidirebbe di fronte a ciò in cui ti trasformerò.-
- Perché?- ringhiò Tom fra i denti - Perché? Cosa ti ho fatto?-
- Sei nato.-
- Non ha senso.- sibilò, con gli occhi lampeggianti - Volevi uccidere anche il padre di Hermione, perché? Cosa vuoi davvero da noi?-
- Che impudenza pensare che uno sporco mezzo Black e mezzo Riddle come te possa capire i miei voleri.- sussurrò il falso, cincischiando con la sigaretta - Come spiegartelo...si...va bene.- e rialzò il viso, due gocce d'acqua, fissandolo tanto da trapassarlo - Quando i gagia...ogni gagia della terra sarà morto...quando verranno estirpati mezzi demoni, Diurni, vampiri e Legimors...quando il tuo corpo senza vita sarà esposto di fronte al Ministero della Magia...e quando il grande nome di mio padre verrà riconosciuto da tutti...allora si...allora saprai che cosa voglio...Thomas Maximilian Riddle...ma fino ad allora... tu vivrai di nuovo al buio. Nelle fondamenta della terra. Dove per la prima volta io e te ci siamo conosciuti! Captor!-
Via ora.
In fondo al pozzo.
Per ricordarti le prigioni, Tom Riddle.
Le prigioni che ti hanno visto bambino...e che ora ti vedranno morire, come minaccia ormai maturata.
Alla Lucky House, quella sera, rimase solo il piccolo Sargas.
Che aveva fatto una promessa vera, per una volta.
Aveva promesso a Damon che avrebbe portato, in un modo o nell'altro, qualcuno a salvarli.
A Riddle House.
Era solo ora, il piccolo Malfoy.
Ad aspettare che qualcuno tornasse.
Per dire la verità.
Quello che però neanche Damon Howthorne aveva previsto, era che gli occhiali di Tom sarebbero finiti in mano al Potter meno affidabile di tutti.


Qualcosa riecheggiò fra le mura di Cedar House, al calare del sole.
Lucilla dei Lancaster, lo avvertì come un breve sussurro all'orecchio.
Forse degli spiriti, venuti a schernire un demone puro rimasto senza poteri.
Cercò per l'ennesima volta sua figlia al cellulare. Hacate, un'ora prima, le aveva detto che Dena e William erano usciti con Asher per raggiungere la Lucky House, ma a casa di Harry non rispondeva nessuno. E il cellulare di sua figlia era completamente muto.
Che situazione ridicola.
Lei che se ne stava in casa come un'isterica, a cercare sua figlia con uno stupido mezzo babbano.
Tutta la casta oscura come minimo era già venuta a saperlo. I Mangiamorte in quel momento di sicuro si stavano sbellicando alle sue spalle...la regina rimasta senza scettro e corona.
Perfino Voldemort l'avrebbe compatita.
Posò il cordless e si fissò le mani.
Senza poteri.
Era la prima volta in vita sua che provava quella sensazione di vuoto.
Il potere era sempre stato suo compagno. L'aveva abbracciata di notte, facendola sentire protetta e al sicuro, anche dopo la morte dei suoi genitori.
E ora...chi poteva proteggerla?
Sobbalzò di colpo, portandosi la mano al cuore, quando dal salone arrivò un tonfo sordo. Quasi metallico.
- Cos'è stato?- chiese, con voce che tradiva tutta la sua attuale apprensività.
- Niente.- replicò Jess, mettendo la testa nella porta - Sua maestà rifiuta il cibo.-
Come faceva a stare così calmo suo cognato? Come?
Lei che se ne stava lì impotente, senza un briciolo di forza...e suo marito che si lasciava morire.
Beveva solamente.
Sola acqua. Jess e Sofia avevano portato via tutti gli alcolici, per prevenire qualsiasi deviazione.
Ora era lei ad avere la gola secca. Avrebbe dato un braccio per un goccio di whisky incendiario.
Almeno adesso sapeva dov'erano i bicchieri. Sullo scaffale più alto.
Motivo per cui sua figlia, senza usare la magia, da piccola si era arrampicata sulle sedie, per arrivarci senza l'aiuto del padre. Motivo per cui Elisabeth l'aveva sgridata milioni di volte.
Il problema era che...adesso non ci arrivava lei. Neanche stando sulle punte.
E le lacrime continuavano, incessantemente, a pungerle le ciglia.
Era diventata un'isterica.
Una dannata umana isterica, piena di complessi e paure.
Sofia aveva cercato inutilmente di raddrizzarla in quelle quarantotto ore. Proprio come Jess stava facendo con Tristan.
Con scarsi risultati per entrambi, questo era da dire.
Che pena, che pena Lucilla.
Aveva la voce di Caesar in testa, ogni volta che si specchiava.
Ogni volta che vedeva al posto del demone...una donna.
Debole, indifesa. Ma ancora di più...stremata. E privata dell'amore esclusivo dell'unico uomo che avesse mai amato.
Un discreto bussare la fece trasalire di nuovo. Né Jess né Sofia bussavano mai.
Abbassò il viso, trovando Rose Mckay sulla porta.
Ripensava all'ultima discussione avuta con lei. Erano volate parole troppo grosse.
Le aveva urlato in faccia odio e disprezzo...
Non sapeva nemmeno se c'era qualcosa da recuperare.
Rose, da parte sua, si chiuse il battente alle spalle. Fece qualche passo avanti, le mani chiuse in grembo.
Sembrava invecchiata in quei giorni di dolore. Come tutti, del resto.
Colpire un membro della famiglia, era come colpire una parte del corpo di tutti gli altri parenti.
Lucilla aveva sempre apprezzato quella doto, sebbene all'inizio l'avesse trovata fastidiosamente opprimente.
- Ho bisogno di parlarti.- sussurrò la strega, con tono caldo e limpido - So che non vuoi parlare con me...ma vorrei solo che stessi a sentire. Siediti, per favore. Ti prego Lucilla... - aggiunse Rose, scostandole una sedia dalla tavola, chiedendole silenziosamente di accontentarla. La nuora acconsentì senza fiatare, lasciandosi andare sull'alto sgabello di legno con stanchezza.
Attese. E non lo fece a lungo.
Rose Mckay si strinse le mani in grembo, fissandola attentamente.
Sorrise perfino, con tristezza, malinconia.
- Io non sono mai piaciuta a Nadine.- iniziò, senza smettere di sorriderle - Tu lo sai da sempre. Mia suocera avrebbe preferito...una donna diversa, per suo figlio. Io e Tanathos ci siamo sposati appena usciti da Hogwarts. Hn...- ridacchiò, portando lo sguardo oltre la finestra aperta, su un tramonto bagnato di pioggia - Due bambini, a vederla adesso, vero? Eravamo proprio giovani...io ero fresca dell'educazione migliore. Tanathos un Auror di discendenza, nel cuore. Appartenente a una famiglia rigorosa. Anche se ero una purosangue, all'inizio non fu facile per me. Cercavo in tutti i modi di compiacere Nadine...e mia cognata. La sorella di Tanathos è come sua madre. Granitica. Così cercai di diventare come loro. Ma...non è servito. Io sono come sono. Eppure, anche adesso, darei qualsiasi cosa perché Nadine fosse un po' meno dura con me. Oh, so che può sembrare che della comprensione e dell'affetto di mia suocera non m'importi ma...- si strinse nelle spalle, come una ragazzina -...avrei davvero dato tutto perché almeno una volta mi dicesse che era fiera di avermi nella sua famiglia.-
Perché glielo stava dicendo?
Lucilla poggiò i gomiti sulla tavola, tenendosi il capo.
I capelli, scomposti in una treccia molle, le scivolarono lungo il volto pallido.
- Così, quando i ragazzi sono stati abbastanza grandi per sposarsi, ho giurato a me stessa che sarei stata una suocera molto diversa per le mie nuore. Sarei stata presente, volendo e sperando...quasi una seconda madre...-
Rose allungò la mano.
Le prese la sua, carezzandola debolmente.
Era così tanto che qualcuno non le dava calore con un semplice tocco.
- Sofia è come Nadine. Ma l'amo lo stesso, davvero. Con tutto il cuore. Poi siete arrivate tu e Sarah. Ho voluto bene a Sarah, non appena ha posato gli occhi su Jess...e poi tu...-
- Io.- ribatté la Lancaster, sollevando gli occhi gelidi.
- Si, tu.- Rose continuò a carezzarle la mano, senza lasciarla andare - Nadine non era mai stata affettuosa con me. Andava ai ricevimenti con sua figlia e le sue amiche, senza mai coinvolgermi. Forse è per questo che non faccio altro che darti il tormento con feste e party, tesoro. Perché speravo di riuscire a dimostrarti il mio affetto coprendoti di attenzioni. Ma non ho mai capito come farmi accettare da te...a te delle feste non importa nulla. Hai amato Tristan e tua figlia. E questo ti bastava, mentre io continuavo ostinatamente a cercare di trascinarti ovunque, per comprarmi la tua benevolenza. Hai perso tua madre...e sebbene sapessi fin troppo bene che non avrei mai potuto prendere il suo posto, anche come un pallido palliativo di Degona, speravo...e spero ancora di potermi almeno redimere ai tuoi occhi. La verità è che non ho mai voluto cambiarti. Ma solo conoscerti. Però, più cercavo di avvicinarmi a te, più sbagliavo, più ti opprimevo.-
Il dolore serve?
Serve a consolare il pianto, alla fine delle lacrime?
- Ho trasformato la tua vita in una gabbia dorata. Mi dispiace.-
Una madre...
- Hai trasformato mio figlio da un adolescente viziato, in un uomo che ha saputo dare l'anima per il suo amore. Ti sono grata di questo, Lucilla. E non ti vorrei diversa neanche...se avessi corna e coda...-
Una risata leggera, non trattenuta.
Rose che sorrideva...
E lei che ritrasse la mano da quella della suocera, per asciugarsi una lacrima furtiva.
- Volevo solo dirti questo.- mormorò la strega, commossa - L'ultima volta non ci sono riuscita e poi... ti do il permesso di mandarmi al diavolo ogni qual volta vorrai, quando ti assillerò troppo con tutte le mie richieste balzane. E non mi arrabbierò se trasformerai la sarta in un rospo...o gli invitati di un thè in maialini. D'accordo?-
Possibile che fosse così facile?
Una risata, altre lacrime come una donnetta piagnucolosa?
- Però...ho una richiesta da farti, Lucilla.-
La demone annuì, tirando su col naso.
- Mi dica.-
- Smettila di darmi del lei.-
Rose Mckay aveva gli occhi verdi come quelli di Tristan, pensò, fissandola infinitamente a lungo.
- Va bene.-
Un sussurro. Breve e languido.
- Ma non ti chiamerò mamma.-
Un sorriso. Le rughe dell'ansia e della stanchezza che si distendevano sul volto segnato della strega.
- E non ne voglio sapere di feste per due mesi almeno.-
- Accetto.- annuì Rose, docilmente - Però voglio festeggiare il tuo compleanno a settembre.-
- Non se ne parla.-
L'abbraccio di chi veglia...ha il sapore del perdono.
Anche quello di sua suocera profumava di affetto, perdono...calore.
Non era più neanche soffocato dalla sua intensa essenza alla rosa.
Ma non importava. Per un istante, era riuscita perfino ad apprezzare quel profumo...di madre.
Se ne andò poco più tardi. La borsetta troppo costosa sotto il braccio. Le gote arrossate per l'emozione, non per il trucco e gli occhi così lucidi e tersi da fare invidia a un neonato in fasce.
Vera.
Pulita.
Libera.
La guardò andarsene, restò sulla porta fino a vederla Smaterializzarsi.
La salutò, per la prima volta con animo sereno.
Le catene si alleggerivano...
Qualcosa si stava sollevando, da tutto quel peso che da sola non poteva più reggere.
La casa era nuovamente immersa nel silenzio ora. Il pendolo battè le sette e mezza di sera.
Jess aveva lasciato un biglietto nel salone. Era uscito per pochi minuti.
Era rimasta sola con Tristan.
Si accorse della sua presenza sinuosa solo quando le passò a fianco, raggelandola.
Troppa magia oscura.
Ancora troppo demone.
- Dove vai?- gli chiese, vedendolo raggiungere lo scalone.
- A letto.-
Risposta secca, brusca, quasi infastidita...di un uomo ridotto all'ombra di se stesso.
Ma che almeno ora riusciva a reggersi sulle sue gambe.
- O vuoi seguirmi anche lì?-
Un'altra spina nel cuore.
Il sangue che zampillava.
- Tristan, noi dobbiamo parlare.-
- Tipica frase da moglie.- ironizzò, salendo i primi gradini, dandole le spalle ostinatamente - Risparmiatela per il prossimo marito.-
E poi, la rabbia cieca.
- Non ce ne sarà un altro!- urlò, facendo esplodere la rabbia che covava da giorni - All'inferno Tristan, guardami in faccia quando ti parlo! Questo me lo devi, maledizione! Voglio che...- e si fermò. Lui era rimasto immobile sulle scale.
Una mano salda sulla ringhiera di elaborati disegni in un miscuglio perfetto di naturale e geometria.
Scendeva al contrario.
Una mano, ora, lungo il fianco.
Aveva afferrato la bacchetta.
Fu tardi, perché nel momento in cui la Lancaster si accorse che non erano più soli in casa, Horus Harkansky stava già scendendo lungo lo scalone di Cedar House. Fra le dita, una lama affilata simile a uno spillone.
Per trafiggere le bambole.
Da quella posizione di privilegiata altezza, Horus scrutava la cugina, in fondo ai gradini.
E quell'umano...che si frapponeva fra loro due.
Gli occhi smeraldini dell'Auror lampeggiarono per un lungo istante.
- Cosa ci fai a casa mia?- sibilò fra i denti - Non sei gradito qui.-
- Horus...- deglutì anche Lucilla, avvicinandosi istintivamente al marito - Cosa vuoi?-
Quella spada però era una ragione più che sufficiente per presentarsi in casa loro, ponderò lei.
C'era una sola ragione per quella visita. Una sola.
- Ho sentito che sei senza poteri, cugina.- un passo verso il basso, sempre più vicino. Lento, un felino che si prepara alla corsa, alla caccia...e poi all'agguato - Questo mi rende il compito più facile.-
Tristan non smetteva di fissare la lama che si avvicinava, baluginando gli ultimi raggi di sole.
Rifletteva ogni superficie. Anche il suo viso.
- Quando in una famiglia c'è un traditore...Lucilla...l'unica soluzione è la morte.- continuò Horus, ad appena due metri da dove si trovava Mckay - Sei indifesa...e tuo marito non è abbastanza forte per salvarti da me. Mi dispiace, cara...ma è l'unica soluzione ormai.-
Ah, quella frase Tristan...che ti è stata ripetuta all'infinito.
Non sei abbastanza forte per proteggerla. Non puoi salvarla. Non le servi.
Non è servito neanche vendersi l'anima. Perché lei...e solo lei, te l'ha ridata.
Non le servi...sei debole. Non puoi proteggerla.
La lama che si leva alta, cala impietosa.
E si conficca nella parete, alta, sopra le vostre teste...
Lucilla riaprì gli occhi solo quando sentì di essere avvolta nelle braccia del marito. Tristan la stringeva al petto così forte da farle dolore le costole. Però non la guardava. O se l'aveva fatto, lei era rimasta accoccolata contro di lui...perchè al momento scrutava solo quella lama piantata nella parete.
Horus non li aveva colpito. Neanche per sbaglio.
Si limitava a starsene poco distante da loro. E li scrutava. Sul volto, un'espressione pentita.
- Era tutto ciò che volevo.- disse, chinando il volto - Perdonami. Ma dovevo essere sicuro che l'avresti difesa anche senza uno straccio di potere...anche senza mani e gambe. Anche senza magia. Ora so che lei sarà felice. A differenza di sua madre.-
Il silenzio in seguito avrebbe dovuto suggerirle che suo marito era arrivato a toccare il fondo. Ma della rabbia, non era della disperazione. Perché la lasciò andare, con delicatezza, a differenza del sentimento vorticoso che poi gli animò il braccio.
Fu qualcosa di rapido come una stella cadente. Ma impavido, forte, invasato.
Un manrovescio colpì in pieno il volto di Harkansky, che a malapena riuscì a trattenersi alla ringhiera. Ma non cercò di evitarlo. Un secondo pugno lo prese alla mascella.
Tristan che urlava...e Lucilla, ripresasi per miracolo da quella serie di azioni rapidissime, che l'afferrava forte per la vita. Inutile cercare di fermarlo, questa volta. Vedeva rosso. Vedeva solo il nemico.
-...e mi hai rovinato la vita per questo, bastardo?!- un altro pugno, altra ira, altra collera.
Collera liberatoria.
- Me l'hai portata via e avevi bisogno di questo per sapere che la difenderei anche da morto!?-
Urlava, urlava sempre più forte.
Abbracciarlo, cercare di trattenerlo...no, non ci riusciva.
Ma almeno...gli stava vicino. Lo sentiva caldo, incandescente.
Poteva di nuovo accarezzarlo.
- Pensa a me, dannazione!- Horus si rialzò, sputando del sangue nero dal labbro spaccato - Pensa se fossi al mio posto! Lei è sola! E' stata sola all'infinito! Come potevo sapere che ci saresti stato, nel momento del bisogno?-
- Ti sarebbe bastato guardarmi in faccia.- ringhiò Tristan, con sguardo sbarrato, come quello di un folle...di un disperato - Ti sarebbe bastato chiedermelo! Ma le parole per te non sono abbastanza vero...hai dovuto portarmela via mille volte e ancora! E adesso, maledizione, vattene da casa mia e non ti azzardare mai più a farti rivedere Horus, non sto scherzando! Se ti avvicini a Lucilla ti farò passare le pene dell'inferno! Non sarò più un demone, ma un modo per massacrarti giuro che lo troverò, dovessi farlo anche in punto di morte! E adesso fuori...FUORI!-
L'urlo riecheggiava ancora per le pareti di Cedar House, quando il demone sparì.
Soddisfatto finalmente. Ma con un tale vuoto, da non poter essere riempito in tutta l'eternità.
Le teneva ancora un braccio alla vita...probabilmente neanche se n'era accorto.
Ansimava, respirava ancora a fatica.
Così, quando scivolò seduto su un gradino, lo seguì. Rimase nascosta nel suo braccio, poggiando quasi timidamente la testa contro la sua spalla. Avrebbe urlato di gioia. Ma era troppo presto.
Ancora troppo presto.
La porta di Cedar House si riaprì prima che Tristan riaprisse gli occhi.
Jess era tornato. Ma stava sulla soglia. Bagnato di pioggia.
In viso, un'espressione che lasciava presagire ben più di quella tempesta estiva.
- Abbiamo un problema.- mormorò in un soffio - Dobbiamo andare al Ministero.
E' successo un guaio.-


"Who can say when the roads meet,
That love might be,
In your heart.

And who can say when the day sleeps,
The moon still keeps on moving
If the night keeps all your heart?
Night keeps all your heart..."

Only Time, Enya


Wizard's Graveyard, Cimitero dei Maghi.
Draco Lucius Malfoy le dava le spalle.
Alto e imponente, longilineo, vestito di nero da capo a piedi. In lutto.
I serici capelli biondi scossi dal vento, odoroso della pioggia appena cessata.
Stava di fronte alla cappella di famiglia. La famiglia Malfoy.
Austera e gelida. Forse non avrebbe neanche dovuto trovarsi lì...ma a Lost Graveyard.
E lui lo sapeva.
Hermione Hargrave Malfoy fissava la sua schiena da almeno una mezzora piena.
A metri e metri di distanza da lui. Non si avvicinava. Non fiatava.
Come lui, immobile, era rimasto per un giorno intero a prendere la pioggia, le lacrime del cielo.
Cos'era successo...al suo Principe di Serpeverde?
Era colpa sua?, si chiese la strega, avvicinandosi timidamente.
-...Voglio una tomba per Sargas.-
Hermione si bloccò. Gelando.
Quel nome...
- Voglio una tomba per il bambino.- ridisse la voce rauca di Draco, bassa e quasi brusca - Voglio che abbia il suo nome. La voglio Hermione. Voglio che abbia una tomba, voglio un posto dove poter portare dei fiori...dannazione, voglio che smetta di essere un fantasma senza un nome.-
Parlava con ira.
Ce l'aveva con lei.
Era furente con lei.
Le si strinse il cuore. Sapeva che quello era l'unico argomento per cui suo marito avrebbe davvero potuto...spezzarla.
Chiederle la separazione. Il divorzio anche.
L'aveva lasciato a soffrire da solo. Come poteva perdonarla?
Come aveva potuto continuare a vivere con una donna talmente arida che non aveva voluto neanche dare una tomba al loro bambino mai nato?
Il loro bambino...
- Va bene.- un sussurro. Labile, flebile. Sottomesso.
- D'accordo. Come vuoi.-
Ma Draco rimase di spalle. Non riusciva neanche a guardarla.
Aveva sperato a lungo che la pioggia fosse riuscita a lavare la sua anima da quel peso...ma alla fine aveva capito che era tutto inutile. Sporco. Era sporco.
Girandosi di tre quarti, spiò la moglie con la coda dell'occhio.
Strano vederla così piccola, stretta nelle spalle esili, avvolta nella giacca, a testa bassa...
La sua mezzosangue...
- Ieri notte...io e lo Sfregiato ci siamo riflessi nello Specchio delle Brame.-
La strega sollevò le iridi dorate. Lo Specchio...i desideri più profondi del cuore...oh no...
- Non l'abbiamo fatto apposta. I facchini hanno fatto scivolare il velo...- Draco tornò a girarsi verso la cappella di famiglia. Non che ci fosse mai andato per trovare quelle serpi infide dei suoi parenti. Era andato solo per capire...che non voleva finire lì dentro, una volta morto. Ma nemmeno per Sargas...nemmeno per Glory...
- Cos'hai visto?- mormorò sua moglie.
Sentendone il tono, rimase piuttosto perplesso vedendola tremare.
Sembrava spaventata.
Già, c'era proprio da spaventarsi...dopo quello che aveva scoperto.
- Draco...- lo richiamò, quasi strozzandosi - Draco...cos'hai visto? Cosa desideri?-
Lo schiocco di un accendino, poi il fumo che si levava, spazzato dal venticello serale.
Nervoso, mosse la cicca fra le dita agili e sottili. Fissò la sua fede. Splendeva.
- Sono stato da mio padre, stamattina.-
- Lo so.-
- E' invecchiato. Non nell'aspetto...ma è invecchiato. Ero andato per controllare se...era vero. Quello che lo Specchio mi ha rimandato.- la sigaretta finì a terra. Insieme a un cumulo di altre precedenti, fumate solo a metà.
- Draco...che cosa volevi controllare?-
Un altro languore nella voce. Nel cuore.
Erano a un passo dell'inconcepibile.
- Non avresti mai dovuto sposarmi.-
Ecco che di nuovo le dava le spalle. Ecco che ricominciava a piovere.
La rovina.
"Tu sei la mia rovina, mezzosangue..." le aveva sempre detto, nei momenti più dolci.
Ma era vero? Era vero che scherzava?
- Rovino tutto quello che tocco.- continuò Draco, ignorando che lei, alle sue spalle, faticava a tenersi in piedi.
Ignorando che...temeva le parole che sarebbero venute, come e più della morte.
- E neanche me ne accorgo. E il peggio è che a quanto pare non me ne importa niente...no, non dovevi sposarmi mezzosangue. Hai commesso il più grande errore della tua vita. Avresti dovuto uccidermi la prima notte che abbiamo passato insieme. Il resto non vale neanche la pena di riviverlo...-
Adesso sveniva, continuava a pensare Hermione. Ora sveniva.
-...Devi cercare...devi cercare di spiegarti meglio.- faticò a dire, avvicinandosi ancora un po', quasi con timore - Draco...parla chiaro. Cos'hai visto nello Specchio delle Brame?-
La verità? Vuoi davvero saperla mezzosangue?
Eccola...
- Niente.-
Niente?
Si. Non ho visto nulla.
Solo...me stesso.
Erano risuonate nell'aria quelle frasi. Neanche fossero state strillate, fino a rovinarsi la gola.
Erano sui loro visi.
Erano...reali.
- Ho visto...solo me stesso. Solo il mio riflesso.-
Lo sai cosa vuol dire questo, vero mezzosangue?
- Tu sei felice?-
Io...ti rendo davvero felice?
Scambiando lo sgomento, lo sbigottimento sul volto di sua moglie, per orrore, Malfoy rise sguaiatamente.
Una risata...che aveva radici antiche. La stessa risata di un diciassettenne. Di un tempo ormai passato.
- Si. Sono felice mezzosangue. Talmente felice che nello Specchio delle Brame io non vedo niente. Solo la mia stramaledetta immagine. Divertente, non trovi? Avrei dovuto piazzarmi di fronte a quell'arnese vent'anni fa e poi avrei voluto vedere se sarei bastato a me stesso...- un'altra risata, l'ennesimo schiocco dell'accendino - Cazzo, questa è veramente da raccontare, non trovi?-
Si girò, senza smettere di ridere, passandosi continuamente le dita nei crini umidi.
- Stamattina guardavo mio padre, sai? Quando l'altra notte mi sono specchiato, pensavo a uno scherzo...e stamattina per controllare sono andato dai miei. Non riuscivo a credere di non desiderare più l'approvazione, l'affetto e la stima di mio padre...e poi di fronte a lui...puf...- soffiò fuori dalle labbra cineree una nuvola di fumo pallido -...desiderio sparito. Non me ne fregava più niente di lui. Se mi ama o meno. Mi sono accontentato. Ho accettato che...lui è così com'è. Me lo sono fatto andare bene. Ma sai un'altra cosa?- poggiò la mano sinistra sulla cappella dei Malfoy, sollevando il viso verso l'alto, sul nome di famiglia, stampato a chiare lettere a fuoco, dentro al metallo - Avrei giurato che almeno...Sargas...si, avrei giurato che almeno Sargas sarebbe apparso nello Specchio. Insomma...è nostro figlio...ed è morto. Non l'abbiamo mai conosciuto...e mi manca...avrei giurato che sarebbe apparso, insieme a me. E invece...invece mezzosangue, hai sposato...un serpente.-
La voce s'incrinò, tornò rauca, gelida, pungente, amara, cattiva.
- Un serpente che se ne frega se suo padre non lo ama. Che non desidera nemmeno riavere suo figlio, perché tanto ha accettato passivamente che ora sia morto...mentre tu piangi giorno e notte, io vivo tranquillo e beato la mia vita, godendo di tutto quello che mi dai. Ho te, Glory...che cazzo d'altro mi serve? A rigor di logica...dovrei essere incazzato col mondo intero per aver perso Sargas...e invece...un bel niente!-
La vetrata della cappella finì in mille pezzi, frantumata da un pugno.
- Cristo!-
Un urlo. Un altro pugno contro una colonnina. Il marmo che si crepava...
- Sono un'edera...- sibilò a bassa voce, piegato di peso contro la cappella dei Malfoy - Sono un'edera velenosa che succhia vita da chiunque gli stia attorno. Mi metto l'anima in pace con mio padre, eccetto di essere come sono...ma come si fa ad accettare che un figlio sia morto, eh?!-
Io ti faccio felice?
Stava male per lei...perchè credeva di averla delusa...
- Io ti rendo felice.-
Hermione lo vedeva sfuocato. Oltre il velo delle lacrime.
- Io ti faccio felice.- sussurrò di nuovo. La bocca rossa e umida si piegò in un debole sogghignò. Sorrise di più, pulendosi gli occhi fradici sotto lo sguardo allibito di Draco. Ora era il suo torno.
- Si, fa ridere.- acconsentì, guardando oltre per non doverlo fissare in viso - Fa davvero ridere, Draco...ma non per quello che credi tu.-
- Che ti prende mezzosangue? Hai sentito quello che ho detto?-
- Certo. Che ti bastiamo io e Glorya.-
- E ti sembra normale?-
Quanto ti amo, maledetto serpente. Non ne hai neanche una vaga idea.
C'erano ancora dei sogni, in fondo a quello Specchio. Tanti, tanti sogni.
- Credevo volessi andartene...- abbozzò, masticando le parole - A colazione mi hai dato l'idea che fossi arrabbiato con me. Pensavo di aver toccato il fondo col fatto del bambino...avevi ragione tu.- si passò di nuovo le dita sotto gli occhi, cercando di controllarsi, del tutto invano - Hai ragione tu, Draco. E' morto. Sargas è morto.-
- Non è un buon motivo per dimenticarlo.- ringhiò fra i denti - Sono imperdonabile.-
- Tu non l'hai dimenticato.- replicò, inchiodandolo finalmente con un'occhiata simile a miele colato, dolce, avvolgente, inebriante - Non lo dimentichi mai, neanche un secondo. Non c'è giorno che non pensi al piccolo. Dalla mattina quando ti svegli e vai a vedere la porta della camera che sarebbe stata sua...alla sera...quando gli fai quegli uccellini di carta.-
Pochi passi ancora e gli volò fra le braccia, affondando il viso nella sua giacca bagnata.
- Ti ho lasciato da solo...te e il bambino...ma non l'hai dimenticato. Hai solo accettato la sua morte. Sono io che non so farlo. Perché continuo a pensare che sia in parte colpa mia, anche se so che non è vero. Però non riesco a farne a meno!-
Le unghie di Hermione, piantate nella giacca, affondavano tanto da fare male.
Ma era un dolore sopportabile. Un dolore...che faceva stare bene.
- Davvero pensavi che volessi il divorzio mezzosangue?-
- Che dovevo pensare dopo i nostri ultimi discorsi?- singhiozzò, contro la sua spalla.
- Io non ho mai parlato di divorzio.- mormorò, nascondendo il volto nei suoi capelli - Non ci ho mai neanche pensato.-
- Hai sempre saputo mentire molto bene.-
- Questo è vero...ma anche lo Specchio delle Brame non mente.-
C'era stato un tempo in cui quegli occhi color argento avevano conosciuto solo una via predestinata.
Poi era arrivata lei, su quella via.
Lei era tutto quello che gli serviva.
Lei gli aveva dato Glorya, sua figlia, il desiderio più grande in cui il suo cuore avesse mai sperato.
Lei gli aveva ispirato per una volta la scelta giusta.
Non la più facile. Ma la scelta giusta.
Lei gli aveva dato una casa.
Non quella di mattoni e tegole. Ma quella del cuore.
Lei gli aveva dato Sargas, seppur per breve tempo.
Lei lo faceva soffrire. Lo faceva infuriare. Lei lo aveva reso uomo.
Lei...era la sua vita intera.
E quando questa vita ti rende libero in uno Specchio senza alcun altro desiderio...allora questa vita...ha un senso.
- Tu sei felice...- ridisse, singhiozzando.
- Cos'è mezzosangue? Non ci credi?-
Si, Draco Lucius Malfoy aveva imparato a sorridere.
Già tanto tempo prima.
- Come posso farti felice io, adesso?-
La mano a coppa posata sulla guancia, occhi negli occhi, un bacio a fior di labbra.
- Dimmi cosa desideri...anche il mondo.-
Sargas...
- Voglio dirgli addio...-
Era ora di farlo. Per il bene di tutti.
- Allora torniamo a casa, amore.- le sussurrò, chinandosi a baciarla di nuovo. Con forza, con dolcezza.
A chi importava se continuava a piovere?
A chi importava, se tanto quell'arcobaleno, al calare del sole, restava a picco su Wizard's Graveyard?
- Ah, sei la mia rovina...- ironizzò Hermione, staccandosi brevemente.
- Voglio ben sperare, mezzosangue.- un altro bacio, rubato, da adolescenti al primo incontro. Iridi di argento fuso, al culmine del loro incanto - O non avrebbe senso stare insieme...-




 

 






"Chi vuol esser lieto sia,
perché del doman non v'è certezza..."


 

 

 

 

 

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Capitolo 42
*** Capitolo 42° ***


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Il Quartier Generale degli Auror, quella notte brulicava di vita.
Voci concitate, passi pesanti, segretarie che entravano e uscivano portando con loro pacchi di pergamene stropicciate, macchiate di caffè o bruciacchiate dalle cenere delle troppe sigarette che a impregnavano l'aria col loro pesante olezzo.
Candele e candelabri scandenti illuminavano la sala riunioni del Consiglio dei Capi Squadra a giorno.
Eppure, nonostante tante fiamme accese, a Edward Deverall Dalton sembrava di vedere tutto offuscato.
Comprensibile, visto il taglio profondo che gli frammentava il sopracciglio sinistro.
Comprensibile, vista l'esplosione che neanche un'ora prima aveva coinvolto casa sua.
Comprensibile anche la sua collera dunque.
Comprensibile quel sentimento che si serpeggiava dentro, squassandogli torace, stomaco e viscere.
La sua casa a Mayfair, che appunto pochi conoscevamo come sua residenza, era stata attaccata.
Da una trentina di Bombarda almeno.
E non incantesimi lanciati da principianti, visto che l'intero quartiere era poi stato battuto a ferro e fuoco.
Dalla finestra, prima dell'attacco, Edward aveva riconosciuto i colpevoli.
Badomen.
E un mezzo centinaio di Mangiamorte, che avevano invaso Mayfair come un gas velenoso.
Era successo tutto rapidamente, quella sera.
Si era svegliato da poco, giusto perché suo padre arrivasse a prendere Chris e Caroline.
A pensarci ora, era stato un vero miracolo che George Dalton fosse venuto per stare coi nipoti. Così li aveva salvati.
Ma salvati sul serio.
Perché ora di casa loro non restava che un cumulo di macerie annerite.
Lo sfregio che aveva al sopracciglio ricominciò a sanguinare.
Ignorando il dolore ed Efren che dall'altra parte della sala riunioni continuava a brontolare perché andasse al San Mungo a farsi controllare, Edward non riusciva neanche a pensare all'eventualità di tornare in ospedale.
Perché si era già stato.
Solo per vedere sua moglie...stesa in un letto, pallida come le lenzuola che la copriva.
Ophelia...
La rabbia tornava a galoppare.
Intensa, vorticosa, dannatamente appagante.
Sua madre ci era morta al San Mungo.
Erano anni che non tornava in quel luogo.
Caroline Alexia Kessel, poi signora Dalton, era morta...annegata.
Neanche la magia l'aveva salvata.
Assurdo. Sua madre, una provetta nuotatrice, innamorata dell'acqua...anche nei suoi lati più pericolosi. Alla fine si era spinta troppo oltre. In un giorno di brutto tempo, si era spinta con la barca a Lockness.
Il corpo era stato ritrovato dopo la tempesta.
La barca, completamente distrutta.
Come la vita di un marito e di un figlio.
E ora...sua moglie, al San Mungo, rischiava la vita perché al momento dell'esplosione si era trovata vicina alla porta.
Avrebbe dovuto aspettarselo, pensò di nuovo Edward, dando un tiro alla sigaretta lasciata a fumarsi da sola, nel portacenere stracolmo che aveva di fronte.
Doveva saperlo che sarebbe successo.
Era babbana.
Avrebbe dovuto proteggerla nel momento in cui...quel fantasma era apparso alla sua porta.
Sir Robert Grinwald, il Guardiano dei Morti di quel secolo, e quindi Guardiano delle anime di Wizard's Graveyard, fluttuava sulla sedia accanto alla sua.
Si erano conosciuti in passato. Anni prima, quando erano andati a cercarlo per chiedergli dove diavolo fossero finite le ossa del padre di Voldemort, che Minus aveva trafugato.
Per quel motivo, quando Edward se l'era ritrovato sulla soglia di casa quella sera, aveva subito fiutato guai, ancora prima che Sir Robert gli dicesse, con tono biascicato da fantasma ubriaco, che: - ...abbiamo un problema, ragazzo. E bello grosso.-
Ma idiota, idiota, idiota...invece di chiamare i rinforzi, invece di avvisare Harry e Ron, lui aveva fatto entrare il Guardiano. Senza pensare che poteva essere stato seguito.
Perché i Mangiamorte e Badomen già sapevano.
E così, Mayfair era stata completamente circondata, poi attaccata.
E a farne le spese della sua avventatezza, era stata Ophelia.
Ophelia...
Se non ce l'avesse fatta...
La sigaretta si spezzò, finendo per sporcargli le dita di tabacco.
- Fa' vedere.-
Dalton continuò a tacere, quando Efren Coleman gettò del ghiaccio sul tavolo, dentro a un secchiello da champagne, pescato chissà in che sgabuzzino lì al Ministero.
Mettendo numerose schegge nel panno, tamponò il sopracciglio dell'ex Corvonero con delicatezza.
Ma quel taglio non era in buone condizioni.
- Ti rimarrà la cicatrice.- lo informò, levandosi gli occhiali da vista - Ci vorranno dei punti.-
- Dov'è?-
Coleman fece finta di non sentire la domanda - E' lungo...direi almeno una decina.-
- Efren.- un sibilo uscì dalla bocca di Dalton - Dove l'avete messo?-
Il Medimago, schioccando la lingua, tolse il panno e puntò gli occhi scuri nelle iridi celesti del compagno.
Parlava del prigioniero.
Parlava del Mangiamorte che Edward aveva catturato...o meglio, massacrato.
- Ci sarà un'indagine.- gli disse, serrando le mascelle - Ed...l'hai pestato a sangue. L'hai quasi ucciso.-
- Allora fammi finire il lavoro.-
Era una minaccia quella. Una minaccia a non intralciarlo.
- Edward, vuoi finire ad Azkaban?! Per Dio, pensa prima di agire!-
- Non venirmi a dire di pensare, quando Ophelia è in un fottuto letto e rischia di morire!- urlò, balzando in piedi e fermando così tutti gli Auror che si agitavano nella sala.
Un silenzio letale, come un grumo di lacrime di rancore, si raccolse nella gola di Edward, impedendogli quasi di respirare. Se fosse morta...se fosse morta...
Una delle quattro porte a due battenti si spalancò di colpo qualche istante più tardi.
Entrarono Austin Gray, Gary Smith, la Wolf coi Cacciatori Notturni, i Guardiani del Giorno, Kingsley e mezzo Ordine della Fenice. C'era perfino Kinneas, che si lamentava di non aver trovato Mason Ombrodoro da nessuna parte, senza sapere che...purtroppo, anche lui era caduto in trappola insieme a Trix e gli altri.
A mano a mano, arrivarono Harry e Ron. Quindi Jess, Milo e Clay.
Tristan entrò per ultimo con Lucilla e Duncan, ma subito tutti quanti si riunirono attorno a Dalton.
Non riuscirono a strappargli molto di bocca, anche se per fortuna c'era gli Auror che avevano estratto lui e Ophelia dalle macerie a fare un resoconto dell'accaduto.
Harry ascoltava sconvolto. Più guardava Edward, più stava male.
Sarebbe potuto accadere a chiunque di loro.
E al posto di Ophelia...avrebbe potuto esserci Elettra.
- Come facevano a sapere dov'era casa tua?- gli chiese Tristan, che per una settimana non si era fatto vedere, anche se nessuno osò anche solo provare a chiedergliene il motivo, visto il suo sguardo cupo, quasi innaturale per un essere umano.
"Temo che sia colpa mia."
Duncan, allibito, si accorse solo in quel momento di Sir Robert.
Come Harry e Ron del resto.
I due, con Edward, non avevano bei ricordi di quello scansafatiche.
- Che ossa hai perso stavolta?- gli sibilò Weasley, guardandolo in cagnesco.
"Ahah, molto divertente." Sir Robert ruttò, dandosi un colpo sul petto trasparente, sempre più tracagnotto, basso e puzzolente di birra stantia "Stavolta non è colpa mia. Ma dei vostri Medimaghi che non sanno riconoscere un corpo di un grassone da quello di una donna!"
Arcuarono tutti le sopracciglia, tranne Edward, che già sapeva tutto.
- Come prego?- si azzardò infine Lucilla, in tenuta babbana con jeans e camicia bianca - Che intende?-
"Molto semplice milady." soffiò il fantasma, ruttando di nuovo come se fosse all'osteria "Me ne stavo tranquillo e beato, l'altra sera, gustandomi la festa per l'anniversario della morte di mio cugino Rupert, sapete...allevava mannari. Li coccolava tanto, ma alla fine l'hanno sbranato..."
- Cazzi suoi.- masticò il bambino sopravvissuto, molto elegantemente - Gliel'ho già detto anni fa, se non sbaglio. Arrivi al sodo per una volta!-
Sir Robert grugnì "D'accordo, d'accordo! Stavamo a festeggiare quando mi piomba nella cripta quell'idiota pomposo di Orloff!"
- Orloff?- allibì Jess - Intende l'ex Ministro?-
"No, mio padre!" ironizzò il Guardiano del Cimitero "Certo che intendo l'ex Ministro! Oh, santo cielo, che rottura voi giovani! Comunque era venuta a menarmela per l'ennesima volta che la sua tomba non gli andava bene. Che lui è un uomo per bene...e solo adesso, se n'è uscito a dirmi che era stato seppellito a Lost Graveyard!"
Di nuovo, anche chi stava al cellulare, come Milo che cercava disperatamente Beatrix, si girò a fissarla.
Le loro bocche allargate fecero quasi sogghignare Edward.
Una trappola studiata a tavolino.
Una trappola che sonnecchiava da otto anni.
- Orloff a Lost Graveyard?- ribatté Ron con aria persa - Ma non è possibile! Lui è nella cripta di famiglia.-
"Quello che dicevo anche io. Glielo dico da otto anni, poi ieri è riuscito a trascinarmi a forza alla tua tomba...e in effetti, voi idioti l'avete fatta grossa questa volta. Sapete poi che non è morto da soli dieci mesi? No. Non l'ha schiacciato un troll." E li fissò dall'alto in basso, continuando a fluttuare con aria critica "Ma da otto anni. E' morto al Tower Bridge. Imbecilli! Non so che razza di mocciosi abbiate all'obitorio, ma avete messo Orloff nella tomba di Miranda Grimaldentis. Otto anni fa!"
Cadde il gelo. Stavolta tutti, anche le segretarie di Duncan, anche Boris, l'usciere del Secondo Livello, sbiancò.
Iniziò a tremare.
- Ferma, ferma...- lo bloccò Harry, sentendosi stranamente addosso una sensazione di panico profondo - Come poteva essere morto al Tower Bridge? L'hanno tirato fuori dalle macerie! Mi ha dato una medaglia...ha anche portato Tom a Cameron Manor...e...- allargò gli occhi verdi, che ora puntavano qualcosa d'imprecisato sul muro -...e dov'è adesso Miranda Grimaldentis?-
Dov'era finita la figlia di Mezzafaccia?
Nessuno in quel momento osava fiatare.
Pareva di sentire le menti degli Auror lavorare velocemente.
Dov'era il corpo di Miranda Grimaldentis?
- Ditemi che non è viva.- sussurrò di colpo Duncan, levandosi il sigaro di bocca - Ditemi che non abbiamo seppellito Orloff e l'uomo che avevamo al suo posto e beveva come una spugna, non si sparava Polisucco ogni ora...ditemi che quell'uomo non era Miranda Grimaldentis.-
Eppure...
Eppure si, Orloff era stato rapito. Gli Illuminati avevano avuto tempo sufficiente per strappargli capelli...e per fargli ingurgitare una Polisucco, per trasformarlo, da morto, in Miranda Grimaldentis.
Nella tomba di quella donna...avevano seppellito il Ministro della Magia.
- Porca puttana.- alitò Austin Gray a bassa voce.
"Sono venuto ad avvisarvi quando ho ricollegato tutto." finì Sir Robert "Non sono riuscito a trovare il signor Potter, non c'era Hargrave a cui chiedere della nipote. I Malfoy erano di umore nero e tutti i Weasley erano a spasso..." indicò Edward col mento "Così ho raggiunto il signor Dalton. Ma alcuni Illuminati, ovviamente, tenevano d'occhio la tomba della signorina Grimaldentis. E mi hanno seguito."
- Così hanno quasi distrutto Mayfair.- commentò Lucilla, carezzando la spalla al povero Edward.
- C'è di buono che almeno adesso so a chi andare a rompere le ossa.- sibilò Dalton pericolosamente.
- E abbiamo un Mangiamorte superstite.- confermò Efren - Si, c'erano anche gli uomini di Badomen con gl'Illuminati. Edward...ne ha catturato uno.-
- Vorrai dire che l'ha quasi ammazzato.- bofonchiò Kingsley - Edward, ho dovuto pararti le spalle poco fa.-
- Chi te l'ha chiesto.-
- Non fare l'idiota, quelli della Commissione Interna vi stanno col fiato sul collo.-
- Me ne frego altamente.- rispose allora Harry, prima che Dalton rispondesse pieno di collera - Bene, dove sta?-
- Giù nei sotterranei.- sospirò Coleman - Vediamo di stare calmi. I morti non parlano. E gli è già stata rotta la mascella.-
- Gli spezzo l'osso del collo appena mi avrà detto dove sono ora quei due infami!- ringhiò Edward - E' ora di finirla.-
- Confermo.- sentenziò Duncan, sbigottendo tutti. Si riprese il sigaro, dette un tiro e poi lo spense nel portacenere - Signori!- chiamò - Attenzione. Voglio qui entro cinque minuti tutti gli Auror di ronda stanotte. E buttate giù dal letto quelli del turno di giorno. Muoversi.-
- Io cerco Ombrodoro.- disse Gray - Potter, raduna la tua squadra.-
- Io sto cercando Trix, ma non la trovo!- s'intromise Milo - Ho chiamato anche da Jeager, prima, ma sia Dena che William sono usciti ore fa. Dove cazzo sono andati?-
- Devono essere da me.- rispose Harry, facendosi dare il cellulare da Ron - Cercavano Tom. Chiamo Elettra, le dico di riportare i bambini a casa. E qualcuno mi trovi Hermione e Malfoy. Ci servono!-
In quel trambusto, quasi più nessuno badò che Edward fosse rimasto seduto al suo posto.
Quando si accorsero che era sparito, Dalton era già sceso lungo la scura e infinita gradinata dei sotterranei del Ministero. C'erano le celle laggiù. E pochi metri più avanti, il corridoio che portava alla Sala del Giudizio.
Il regno del Wizengamot.
Bhè, che avessero provato a fermarlo.
C'era puzza di muffa. Di antico. Di umidità.
Qualche prigioniero, ladruncoli magici, un paio di stupratori, uno che aveva usato la Maledizione Cruciatus sulla moglie una volta di troppo...e poi lui.
Il Mangiamorte. Greer Ballanger.
Lo conosceva. Gli Auror gli stavano appresso da un pezzo.
Uno come moglie e figli. Uno dell'alta società.
Che ora, con la faccia ridotta a un ammasso gonfio e viola, era pronto a farsi pestare di nuovo.
Stava sdraiato a terra, non sul logoro lettino di legno, coperto da un telo sudicio.
Edward si fermò di fronte alle sbarre. Vi passò in mezzo le braccia, appoggiandovisi.
Ballanger aprì le palpebre peste. Lo fissò. Rise.
Tornò a fissare il soffitto.
- Come sta la tua bella moglie babbana?-
Edward rimase impassibile. Ma, lentamente, provocando un cigolio sinistro, una serratura iniziò a muoversi.
Quando scattò, Ballanger si era faticosamente messo in ginocchio.
- Non puoi!- sputò rabbiosa, con sangue e bava alla bocca - Ti cacceranno Dalton!-
- Ma io non ti farò niente...- un sogghigno diabolico, letteralmente terrificante, piegò la bocca dell'Auror. E fece tremare Ballanger - Non sono stato io a pestarti...-
- Lo dirò a tutti!-
- Non ti crederanno. E sai perché?-
Edward schioccò le dita. E ci furono altri cigolii. Le celle, unite tra loro dalle grate, si aprirono. Dai fianchi di quella di Ballanger, gli altri prigionieri rimasero a fissare le sbarre che si aprivano su quella del Mangiamorte.
- Signori, buonasera.- salutò Edward - Vi presento un nuovo amico. Entrate pure...-
- Che cazzo vuoi, Dalton?- urlò un mago, alto e scheletrico, col volto incavato.
- Qualcuno di voi signori vuole guadagnarsi una parola buona al processo?- sussurrò l'ex Corvonero, attirando immediatamente l'attenzione dei detenuti - Perché...il mio amico qui...Greer...non vuole dirmi una cosa che mi interessa molto. E sapete...neanche io vorrei dirvi che è un pedofilo...-
Appena lo disse, il Mangiamorte sbiancò.
- Si...se li fa tutti...dai tre anni in su...- continuò Edward, restando mollemente appoggiato alle sbarre - Voi avete figli ragazzi? Perché se restate dentro, quando io posso farvi uscire...e questo esce...ahi, ahi...sarebbe un bel problema...-
Era fatta.
In silenzio, fra gli strilli di Ballanger, un nugolo di maghi si rovesciò addosso al Mangiamorte.
Ora non c'era più modo di scoprire chi l'avesse pestato prima.
E non c'era cosa più stimolante, per un detenuto, se non pestare pedofili e pervertiti.
In piedi, rimase a fissare senza scomporsi quel massacro.
Solo alla fine, schioccando di nuovo le dita, spedì sei detenuti dentro le loro celle, con la telecinesi.
Richiuse le sbarre. Poi, sorridendo gelidamente, fissò il corpo agonizzante del Mangiamorte.
- Sai Ballanger...questo è solo un assaggio. Azkaban è piena. Se ti condannano...resterai qui dentro.-
Un gemito. Un altro ancora.
Non ce la faceva più ad alzarsi.
- E allora?- lo incalzò, con un sussurro stucchevole - Greer...mi aiuti o no?-
Rovesciato a pancia in sotto, col setto nasale spaccato come la mascella destra, Ballanger sputò sangue e schiuma. Forse gli si era collassato un polmone.
Con un rantolo, riuscì ad alzare almeno il viso.
- Riddle...Riddle House...-
- Basta puttanate. Ci siamo già stati.-
- Fuori...- biascicò il Mangiamorte - E dentro...ma mai...sotto...-
Edward arcuò le sopracciglia, soffrendo per lo sfregio a quello ferito - Che intendi?-
- Il pozzo...- tossì sangue, sputò altra saliva mescolata a schiuma - Il pozzo nel giardino. Porta...alle fondamenta.-
Il pozzo.
Edward gli regalò un sorriso. Le palpebre, soavemente abbassate, intrappolavano la luce della soddisfazione.
Poi, lentamente, estrasse dalla manica della camicia una bacchetta. Non era la sua.
Era quella di Ballanger.
- No...- alitò quello, fissando l'oggetto con occhi sbarrati - No! Ti ho detto quello che volevi!-
- E' vero. Ma io non ti ho mai promesso niente.-
Una luce verde...malvagia e assassina invase le celle. Pochi istanti più tardi, anche un'Oblivion baluginò alla luce delle fiaccole.
Tornato al Quartier Generale, precedendo la sala riunioni di qualche stanza, entrò in uno dei bagni.
Non attese molto perché un suo doppione, lo raggiungesse.
- Grazie Ron.-
Weasley non replicò.
- Spero che ne sia valsa la pena.- sussurrò il rossino, ancora sotto la pozione Polisucco - Per te, almeno.-
A sua volta, Dalton non rispose a quella domanda velata.
- Ora so dove dobbiamo andare.-
Ripreso il suo aspetto, Ron si era attaccato nuovamente al cellulare.
Anche lui, come Milo, cercava di rintracciare Trix e Asher da almeno un'ora, ma senza alcun successo. E così tornò deluso e preoccupato, in sala riunioni insieme a Dalton, dove ora l'intera task force Auror del Ministero della Magia Britannica, si stava dando da fare.
C'era quella sensazione nell'aria...
Chi era stato al Tower Bridge, lo sapeva.
Era quella sensazione...
C'era la guerra, nell'aria.
Duncan, insieme ai veterani, stava parlando al camino di collegamento con quelli del Wizengamot. Il fatto che urlasse, non era un buon segno. Harry e Lucilla invece, dopo che Potter aveva fatto apparire una pianta di Riddle House, studiavano a tavolino la planimetria della villa. Attorno a loro, un nugolo cospicuo di Auror giovani e famosi.
- Il pozzo è qui.- scandì la Lancaster, piantando il dito indice sulla cartina. Tutti, compresi gli anziani, pendevano dalle sue labbra - Nel giardino di Mary Riddle. Ma vi avviso che non sarà facile entrare. Ogni pianta in quella giungla è altamente velenosa. E quel pozzo...- Lucilla fece una smorfia - Non so spiegarvelo. Infastidiva anche me. C'è qualcosa di strano lì dentro...ce l'ha messa Tom, dopo che ci siamo sposati.-
- Qualcosa che infastidisce un demone?- le chiese Austin Gray, lisciandosi la barbetta - Mia signora, spiegatevi meglio. Ci siete mai entrata?-
- Un paio di volte.- rispose, seria - Ci sono le intere fondamenta di Riddle House. C'è una falda sotterranea...era vecchie miniere.-
- Rischiano di caderci in testa?- la interrogò Jacinta Anders, una Caposquadra.
- Se esagerate, si.-
- Ottimo.- sibilò Edward, spostando lo sguardo sulla dislocazione di Little Hangleton - Non vorrei sembrare allarmista, ma questa casa...è in una posizione che non mi piace.-
- Se intendi che è affossata in una valle a forma di cono e che c'è seduta proprio in mezzo...- sogghignò la demone, nascondendo bene la sua apprensione - Allora hai capito tutto.-
- Che intendete?- chiese un giovane Auror, sporgendosi timidamente verso di loro.
- Che Riddle House è come un grumo di energia.- fece Harry, pensoso, con le mascelle serrate - Mi piace poco, non conosciamo il terreno di gioco. E questa faccenda di Miranda Grimaldentis cominci a darmi seriamente sui nervi...-
- Il mal di testa ti scoppierà adesso, allora, Sfregiato.-
Draco Malfoy apparve sulla soglia della sala riunioni, interrompendo anche Duncan e i suoi strilli contro i Consiglieri, che rifiutavano di approvare la loro retata a Little Hangleton.
- Che è successo?- sillabò piano, il bambino sopravvissuto.
Il volto di Malfoy era una maschera di pietra.
- Sono stato a casa nostra.- disse il biondo, con pacatezza che era ben lungi dal provare - Qualcuno con le sembianze di Tom ha passato i cancelli, ucciso i custodi...-
- E si entra così facilmente a casa vostra?- ruggì Gillespie, perdendo la pazienza.
- No, non direi.- negò Draco, restando impassibile - Per questo ho detto che qualcuno con le sembianze di Tom era entrato. Polisucco. Pelle e sangue di Tom. La protezione non si è attivata.-
- Ci sono dei feriti?- sussurrò Ron.
- Il corpo di Damon è sparito. Ci sono segni di lotta.-
Dena era andata alla Lucky House, a cercare suo fratello...
Lucilla iniziò a sentirsi male - Draco...mia figlia?-
- Sparita. Tutti quanti. Anche Asher, William, Beatrix, Cloe e Neely. E a questo punto, credo che anche Tom sia con loro.-
Di nuovo, fra tanti Auror, nessuno osò fiatare.
Ma la mente di Harry Potter, già correva veloce al colpevole. Polisucco. Qualcuno con le sembianze di Tom!
La stessa persona che aveva fatto strage a Diagon Alley!
- Hermione sta finendo il sopralluogo.- concluse Sirius, arrivato con Malfoy - Il resto dell'Ordine è già alla Lucky House, insieme al Preside Silente. Duncan...preparate le squadre. Perché fra due ore esatte, l'Ordine della Fenice va in missione.-
Fissò Harry.
E occhi negli occhi, padrino e figlioccio, decisero.
- Con o senza il Ministero.- disse il bambino sopravvissuto, afferrando il mantello. Da quel momento, scattò la rapidità degli Auror. Duncan annuì, i veterani corsero agli armamenti, i capisquadra iniziarono a istruire i loro uomini, Ron e Jess si buttarono sulla planimetria.
- Io vado a casa.- scandì Harry, pochi minuti più tardi, uscendo dal Ministero con Lucilla, Draco e Tristan - Ma voglio, questa volta, che resti al sicuro.-
La Lancaster, fuori all'aria aperta della sera, lo fissò sgomenta.
- Che cosa? No, non ci pensare nemmeno Harry! Hanno preso Degona e Tom!-
- Tesoro, sei senza poteri!- le ricordò, accorato - Non posso combattere preoccupandomi per te! Non voglio...che ti succeda qualcosa. Non adesso!-
- Harry io non posso starmene con le mani in mano!-
- Ma non ci saresti d'aiuto questa volta.- disse Draco, facendo tremare la Lancaster. A differenza delle dure parole e del loro tono, Malfoy le prese i palmi e li strinse forte. Avvicinandosi, le parlò con tono dolce, gentile.
- Lo capisci che non vogliamo che ti accada nulla...quando tu invece, ci hai sempre protetti in passato?-
Tristan Mckay, se solo ne avesse avuto la forza, avrebbe sorriso sotto quel cielo notturno e nuvoloso di Londra.
Sua moglie aveva annuito. Docile. Una bambolina indifesa.
Smaterializzati via, moglie e marito rimasero uno davanti all'altra. Lei a occhi bassi, pieni di mortificazione.
- Non è una tragedia.- le disse, incamminandosi a un distributore di sigarette poco lontano - Per una volta, puoi anche startene buona a casa, ad aspettare.-
- Non amo aspettare che gli eventi mi crollino addosso.- sentenziò, camminandogli dietro con passo mite, senza mai alzare il capo. Ah, Tom e Degona...cos'era accaduto? Avesse avuto i suoi poteri avrebbe potuto salvarli subito.
- E' pesante non essere in grado di proteggere chi si ama, non credi?-
A quella domanda, si fermò. Tristan stava trafficando col distributore.
Più lo fissava, più...qualcosa si faceva chiaro nella sua mente.
Ma non fu abbastanza veloce, questa volta, da percepire il pericolo. I suoi sensi, annebbiati dalla perdita di sangue, avevano reso Lucilla una preda facile.
Non sentì il ringhio nel buio del vicolo accanto a lei, fino a quando un'ombra nera non le saltò addosso, nel bel mezzo del West End. C'era pochissima gente in giro, ma sentendo le grida di una donna, si scatenò subito il panico.
Tristan perfino, che non era abituato a doversi guardare attorno per proteggere sua moglie, lasciò cadere il pacchetto di sigarette, scorgendo qualcosa che gli gelò il cuore.
A dieci metri da lui, un vampiro...con un leone rosso alato, tatuato su tutto l'avambraccio destro, aveva appena attaccato Lucilla. L'aveva gettata a terra. In una frazione di secondo in cui non era riuscito a muoversi, tanta la surrealità di quella situazione, vide il vampiro, un seguace di Kronos Leoninus, visto il tatuaggio, spalancare le fauci.
Denti...come pugnali. Qualcosa d'indescrivibile.
E l'urlo di dolore, di Lucilla, quando il vampiro le strappò la camicia dalla spalla, affondando i denti in lei.
Ora fare magie...uccidere qualcuno in mezzo alla strada e farsi riconoscere non gl'importava più.
Strappò l'assalitore dalla Lancaster, usando la telecinesi e sollevandolo in aria, per non colpire lei.
Bruciò, il vampiro. Che aveva attaccato un demone, così, senza riflettere.
Assurdo. Probabilmente, visti gli occhi dalle pupille dilatate, doveva essere drogato.
Ma non importò più, una volta che ne rimase solo cenere.
Una corsa, quasi nervosa, ipnotica, poi Mckay si piegò sul corpo fragile di Lucilla. Il sangue, nero e denso, le macchiava la spalla e la camicia, strappata ai primi bottoni.
Artigliava le mani e le dita, che affondò tenacemente nelle sue braccia, quando la strinse contro di lui.
- Quello voleva proprio suicidarsi.- mormorò, strappandole un sorriso vago e dolente - Li attiri come mosche al miele.-
Lucilla smise di ridere però, conscia che...il suo scudo, che teneva automaticamente lontano qualsiasi pericolo, si era abbassato. Quel vampiro se n'era accorto. Possibile? Quindi ora...tutti sapevano...
- Dobbiamo andare via da qui.- rantolò, trattenendosi la ferita che bruciava come toccata dal fuoco.
- Tranquilla, ora ti porto a casa.-
Ma in verità, a casa quella notte non tornarono più.
Perché altri vampiri, seguaci di Kronos, vennero fuori dalla notte. Come ragni da un buco nero della parete.
E non si sa bene come, ma forse, Miranda Grimaldentis aveva cercato più alleati di quanti gli Auror avevano pensato.
Kronos Leoninus, era fra questi.


Denise Loderdail Cameron si destò nel cuore della notte, balzando a sedere nel letto.
Al buio, i suoi occhi demoniaci misero a fuoco le ampie finestre della sua nuova stanza da letto.
Oltre di esse...un vento che scuoteva i campi del Golden Fields.
I petali delle margherite nere, stavano invadendo i davanzali.
Turbinavano i cupi mulinelli di polvere e profumo selvatico.
Era strano...le era parso...di sentire chiedere aiuto...
Tom?
O forse...Tristan?
Essere stata la sua madrina durante le Cinque Prove, aveva lasciato strascichi.
Si era quasi affezionata a lui.
Era molto simile a Tom. Amava e viveva con la stessa intensità.
Cosa che non si poteva dire di lei, che da giorni stava rannicchiata a letto, rifiutando di vedere qualunque persona che non abitasse a Cameron Manor. Parlava poco con Vlad e ancora meno con suo marito.
Già, suo marito.
Caesar Noah Cameron aveva le fattezze degli angeli.
Specialmente nel sonno.
Dormiva col ventre verso il materasso, un braccio oltre la sponda. L'altro steso, gentilmente, sopra di lei.
Dormivano insieme da poco. Una settimana al massimo. Ed era strano notare come un uomo così freddo e poco incline al contatto durante la veglia, di notte amasse dormire a contatto con qualcuno.
Anche in quel momento, fra quelle decadenti lenzuola di satin bluastre, Caesar si mosse, cercandola con la mano.
Chissà, pensò Denise, se credeva ancora che Imperia Glassharm fosse lì, al suo posto, nel letto.
Chissà se cercava Imperia.
Uno sguardo ancora alle vetrate, dove turbini di petali neri s'infrangevano contro le pareti di Cameron Manor, poi decise di tornare a dormire. In fondo...cosa poteva mai fare lei per risanare una ferita?
Caesar non voleva parlare di Lucilla.
E Lucilla, si sarebbe tagliata le mani ai polsi piuttosto che ammettere che la reazione di Cameron era giustificata.
Ma lei era molto importante per Caesar. Molto importante.
Chissà...se erano stati amanti. Non gliel'aveva mai chiesto.
Volse lo sguardo al viso terso di Caesar, poi, senza riuscire a reggerlo, si girò su un fianco.
Chissà se Caesar aveva mai amato davvero Lucilla. Come una donna, non come una prigioniera del suo potere.
Un braccio forte e robusto l'avvinghiò per la vita.
Denise sorrise, sentendo la sua schiena, sfiorare il torace nudo di Cameron.
Eccolo di nuovo che cercava il tepore di un altro corpo. Sembrava quasi un bambino.
Non capì di essersi appisolata fino a che un tremore, quasi una vibrazione seccante, non infastidì il suo dormiveglia.
Sapeva cos'era, così non aprì le palpebre neanche per scherzo.
Il tremore continuò, irritante e fastidioso.
Allora Denise sentì il materasso ondeggiare sotto di lei e con sorpresa, quasi trattenendo il fiato, il corpo di Caesar che si allungava, appena percettibilmente, sopra la sua schiena. Pelle contro pelle, una gamba che toccava l'altra.
Un brontolio, o meglio, una bestemmia sibilata fra i denti, e Caesar si sporse verso il comodino Regency, accanto alla sponda dove riposava sua moglie. Restando appoggiato, e molto assonnata, sopra Denise facendo leva sui gomiti, sbattè le ciglia per mettere a fuoco una sfera di cristallo di quarzo rosa, che vibrava sopra il suo appoggio, composto da un'elaborata costruzione in rame, rappresentante tre titani che sorreggevano la terra, in questo caso la sfera di quarzo.
Toccandola appena, la sfera brillò e vi apparve il volto di Leiandros Cameron.
- Hmmmm...- grugnì Caesar, ributtandosi sui cuscini.
"Ohoh...ti ho interrotto vero? La mia nipotina c'è? C'è?"
Un'altra bestemmia del padrone di casa. Un sospiro di Denise.
E Leiandros rimase amaramente deluso.
"Ma che palle. Dì Chichi, devo venire a fartelo io questo erede? Non ti credevo uno spompato, sai?"
Ora lo uccideva. Soffocò una maledizione pesante nel cuscino, quindi rialzò il capo con sguardo eloquente.
- Che vuoi a quest'ora?-
"Messaggio di Winyfred." disse Leiandros, diventando improvvisamente serio "Pare che Lucilla e Tristan abbiano dei problemi. E, sempre secondo le voci dal Ministero, Tom è stato catturato."
- Tom è grande abbastanza per difendersi da solo. E di sua madre, non so proprio cosa dirti.-
A quella risposta, dopo un breve attimo, Denise si alzò dai cuscini.
Fissò il marito, che ora le dava le spalle per essersi ostinatamente girato su un fianco.
Leiandros, dalla sfera, roteava le pupille con poca pazienza.
"Sicché...devo dedurre che vuoi continuare a fare i capricci, Chichi."
- Pensa ai cazzi tuoi, Leiandros.-
"Perciò, visto che ce l'hai a morte con Lucilla perché non bada ai tuoi ordini come una schiava devota, hai intenzione di lasciare Tom nelle grane?"
- Dovresti sapere bene che Tom viene prima di tutto.- un sibilo, Caesar che sollevava appena la testa sopra la spalla, per scrutarlo trucemente - Vlad, Brand e Val sono già usciti a cercarlo.-
"E tu cos'hai intenzione di fare?"
- Quello che facevo prima che arrivasse a rompere. Dormire.-
"Ma Chichi..."
- Notte Leiandros!-
Un colpo, come per spegnere una sveglia, e Cameron chiuse la comunicazione tramite la sfera di quarzo. Per ributtarsi poi sotto le lenzuola, ignorando lo sguardo di sua moglie. Seduta a gambe incrociate a letto, a fissarlo con espressione velenosa.
Meglio non guardarla. Stava facendo concorrenza a un frate cappuccino per tanto si era dato alla castità mentale, da quando aveva avuto la malaugurata idea di invitarla nel suo letto...per dormire!
Aveva ragione suo fratello a dargli dello spompato.
- Caesar, questa storia deve finire.- scandì sua moglie.
- Veramente, non è neanche iniziata.- bofonchiò, cercando di non ridere.
La Loderdail, non avendo sentito quel borbottio, si avvicinò e facendo leva sui palmi, rimase sopra di lui, ancora messo di fianco. Dalla sua aria, doveva essere proprio stufa delle sue beghe con Lucilla.
E da quella posizione privilegiata, Caesar poteva anche godersi un panorama niente male.
- La pianti di fare l'idiota? Tom e Lucilla hanno bisogno di una mano.- gli ricordò, acidamente.
- Ha ragione Vlad.- rispose pigramente - Teniamo Tom nella bambagia. Che si arrangi, una buona volta...-
- E Lucilla? Vorrei rammentarti che è senza poteri!-
- Bhè, di certo non per causa mia.-
- Insomma, te ne starai qui a poltrire!- Denise assunse un'espressione scandalizzata - Caesar, non posso crederci!-
- Se hai altro da propormi per ingannare il tempo...-
- Aiutare Lucilla!-
- Dove sono finiti i bei tempi, quando te ne fregavi di tutto e tutti?- soffiò soavemente, aprendo un occhio e guardandola con malizia - Se aiuto Lucilla che mi dai?-
- Cosa sei, sbronzo?- sua moglie proprio non credeva che fosse capace di pensare al sesso, quando c'era di mezzo lei - Ma che t'è preso stasera? Dai Chichi, hanno bisogno di una mano! Sento che Tristan è in pericolo!- e iniziò a tirargli il lenzuolo, incurante della vena pulsante sulla fronte del padrone del palazzo.
- Detto fra noi, di Mckay io me ne sbatto altamente!-
- Allora fallo per me.- buttò lì Denise - Fammi un favore e io ne faccio uno a te.-
- Ok, taci e dormi.-
- Dormirò quando mi aiuterai con Tristan.-
Tristan, Tristan, Tristan!
Maledizione, sembrava di avere Lucilla nel letto! Non si parlava che di Mckay! Che allegria!
Ora ne aveva abbastanza. Con una calibrata torsione del busto, afferrò Denise per le spalle e senza darle il tempo di capire niente, la tirò giù al suo fianco.
E le fu sopra.
Le gambe nude, lunghe e bellissime, del colore dell'alabastro, della Loderdail erano ancora buttate sopra la sua gamba piegata.
Ripresasi da quello scatto, sbattè le ciglia per fissarlo a metà fra l'incuriosito e lo sconvolto.
Era bella...era sempre stata bellissima.
Una piccola stella lucente. Contro un cielo fatto di lenzuola bluastre.
E sulle gote...aveva qualcosa di simile alla polvere del diamante. Era liscia...e insolitamente tiepida, quando le sfiorò l'epidermide con le dita. Il suo seno, sotto di lui, si alzava e si abbassava.
Così...il cuore di Denise batteva davvero. Batteva sul serio.
E dire che a vederla...perfetta. Stentava a credere che qualcosa di così perfetto fosse anche stato capace di provare un sentimento imperfetto come l'amore.
Ma non era angelica, non era l'angelo che uno immaginava, solo beandosi della sua immagine.
Perché conosceva l'arte preziosa dell'inganno. E della passione.
Sapeva usare le dita con le movenze di una farfalla.
O quelle di un serpente.
Sapeva usare gli occhi per accarezzare. Sapeva fargli colmare di lacrime a comando.
Sapeva usarli come pugnali.
Anche se stranamente, ora ingannarlo non era nei desideri di Denise.
Ah, l'empatia. Caesar pregò in quel momento che Degona la tenesse lontano dal proprio letto il maggior tempo possibile.
Perché incupiva i sensi. Appannava i desideri. Toglieva...di smalto.
Regina di tentazione.
Che l'aveva baciato, solo per ingannarlo.
Chissà come sarebbe stato baciarla...perchè davvero lo voleva.
Perché lo voleva...dalla prima volta che l'aveva vista, dodici anni prima.
E perché non era un dovere, avere quel figlio.
Certo, avrebbe aspettato a darle un figlio, giovane com'era, se non ci fossero stati di mezzo il Diacono e i Loderdail.
Ma, all'inferno, non avrebbe aspettato un istante di più per un solo bacio...che anelava come la luce del giorno.
Il cuore comanda. Il cuore ordina.
E il cuore, alla fine dei giochi, esige.






"Draco dormiens nunquam titillandus."


Era ormai mezzanotte. Su Little Hangleton, sorgeva una luna piena.
Pallida e lattiginosa. Come la nebbia che su tutto era calata, impregnando aria e la terra di umida rugiada.
Inerpicandosi per il sentiero scosceso che portava a Riddle House, la luna carezzava col suo bianco fulgore le colline e l'impervia strada verso l'antica tenuta.
Su di essa, su tetti e pareti spoglie e coperte di rampicanti, la luce...non si fermava.
Giù per il sentiero, oltre i cancelli.
Statuette appostate sui picchi e ancora rampicanti.
Che...sembravano avere occhi.
E bocche.
E artigli.
Oltre le stanze.
Oltre la fredda pietra.
Oltre le siepi.
Oltre le mura che cingevano ogni lato dalla villa.
Il giardino.
Di Mary Riddle.
Nata babbana...morta per mano di un mago.
Sgozzata fra alberi, fiori e spine. Che si erano nutriti di lei.
Del suo cadavere.
E lì, il pozzo.
Piccolo. Grigio. Di pietra.
Umido e ristagnante.
La bocca del vento soffiava attraverso il suo abisso.
Dentro a quell'abisso...un altro mondo.
Sotterranei.
Un'antica miniera in rovina.
Poi, lo spazio immenso di chi aveva saputo creare di nuovo la magia dal nulla.
* Era...una costruzione ottagonale. Che a distanza, appariva come un tetragono, i cui lati meridionali sembravano toccare la parte estrema di Little Hangleton. Una tana di serpente.
Sotto le fondamenta della cittadina.
I lati settentrionali invece, si perdevano in un alveare di gallerie.
Piccole, strette.
Gallerie di rettili.
Gallerie dove perdersi...sarebbe equivalso a morire.
Ciò che stupiva, erano le arcate, i timpani, gli architravi. Le colonne...che regnavano a sorreggere quel luogo.
Una costruzione romana.
Una costruzione...cristiana.
Un ammirevole numero di santi, otto, si ergeva per indicare il cammino a chi accedeva al pozzo.
Santi con espressione compassionevoli. In preghiera.
Ma per chi pregare?
Gli Zaratrox avevano sempre avuto il senso dell'umorismo, pensò Miranda Grimaldentis, camminando lentamente, zoppicando e trascinandosi dietro una gamba malridotta, sotto la strada a cui lei aveva riportato splendore.
Già.
Parte delle Segrete degli Zaratrox.
Si.
Il suo amato Maestro aveva dato la vita per purificare il mondo.
E le era parso appropriato, ridare lustro alle Prigioni, che tanto a lungo i Bilancieri, i Detentori della Verità, hn, ridicolo, avevano dimenticato. Otto santi...otto, per pregare per i suoi prigionieri.
Ah, dolce vendetta.
Dolce soddisfazione.
Si fermò, sollevò il capo sfigurato...deforme, mostruoso, per inspirare la lugubre umidità del suo regno.
E le grida...che riecheggiavano, folli e disperate, canti infernali...musica per le sue orecchie.
I dannati sarebbero stati bruciati.
I giusti...sarebbero stati premiati.
Lei giudice, giuria e carnefice.
E suo padre...il Dio a cui avrebbe innalzato quella vittoria.
Perché lei ora aveva catturato l'unico che fosse mai sfuggito, alle nobili mani di suo padre.
Lei aveva completato la sua missione.
E ora non le restava che bruciare quell'ultimo parto immondo di male.
Così da glorificare la grande opera di suo padre.
Augustus Grimaldentis.
Oh si. Il Lord Oscuro, i suoi amici e tutti i Mangiamorte sarebbe stati schiacciati molto presto.
Tramite il dolore avrebbe purificato tutti loro.
E poi li avrebbe uccisi. Avrebbe schiacciato la testa di Riddle...l'avrebbe fatto pentire di aver osato sfidare suo padre e la sua causa. Una volta per tutta, avrebbe messo fine all'onta subita.
Sorrise, nascosta sotto il mantello, sentendosi osservata.
- Si, Segretario Donovan?- sussurrò con tono lezioso.
Wilson Donovan, a braccia incrociate contro una colonna, le scoccò uno sguardo intenso. Quasi furente.
- Non voglio impedirti di gustare la vendetta fino in fondo...-
- Ma?- lo precedette, senza perdere il sogghigno.
- Ma non vorrei che perdessi di vista il nostro obiettivo principale.-
- Tranquillo, Segretario.- ridacchiò la donna, calandosi il cappuccio fino a metà del volto - So bene che vorrai la testa di Craig finita questa storia. Non che me ne importi. Mi serviva solo per arrivare al suo Lord Oscuro.-
- Badomen è folle. Non vorrei si rivoltasse contro di noi prima del necessario.-
- Ti ho detto di tranquillizzarti.- lo placò ancora, con tono stucchevole, quasi dolciastro - So quello che faccio. Craig e gli altri idioti non pensano minimamente che sei un Illuminato. Tantomeno sanno il mio vero nome.-
- Ma i prigionieri si.-
- Oh, andiamo. Craig è ancora fuori in missione. Prima che torni avrò staccato la lingua alla maggior parte di loro.-
- Bhè, allora ti consiglio di farlo alla svelta.- Donovan si staccò dalla colonna, raggiungendola, appoggiandosi al bastone da passeggio - Sai Miranda...non vorrei che il tuo piano per screditare Riddle inciampasse in vista del traguardo.-
- Te lo ripeto ancora. Sarà anche un puro di cuore...cosa che io ritengo assurda, ridicola...- occhi bui scintillarono sotto l'ombra del suo cappuccio color panna -...ma anche fosse l'Arcangelo Gabriele...è sempre un essere umano. Gli farò provare tutti i peccati possibili. E allora, sporcando il bene assoluto, questo diventerà male estremo. Vedrai. Tom Riddle ucciderà amici e parenti con le sue stesse mani. Fidati di me.-
- E con l'empatica come la mettiamo?-
- Degona Mckay è un agnellino. È bastato sistemare i suoi amici.-
- Ma le donne? La moglie di Ballanger mi ha detto che due di loro sono incinta.-
- Vero.- Miranda fece un risolino ozioso - Vedrai, troverò un modo per sistemare anche i marmocchi.-
- Sei molto fiduciosa, cara.-
- Sono otto anni che preparo tutto questo.- gli rispose, sollevando finalmente il volto. Vedendolo inorridire, per un secondo sentì una risata amara pungerle la gola. Si ritrasse, dandogli le spalle e camminando per qualche metro, in circolo - Tu non ci crederai...ma ho sempre saputo che alla fine avrei messo le mani al collo a quel bastardo di Riddle.-
- Vorrei solo che la vendetta non offuscasse il tuo lucido giudizio.-
- Perché la tua vita dipende dalla sua morte.- ridacchiò, facendo tremare il Segretario - Rilassati, Wilson. Ho tempo a sufficienza per divertirmi a tormentare Riddle e tutti i suoi amichetti. Senza contare che quello sporco bastardo di Kronos Leoninus ci ha offerto gratuitamente il suo aiuto.-
- Sciocchezze.- sibilò Donovan, scattando irritato - Quello non fa niente per niente. Vorrà il trono di suo fratello Askart. Ancora non capisco poi perché ti abbia venduto sua moglie.-
- Non sarà capace di ucciderla da solo.- fu la blanda replica.
- Non dire sciocchezze. Quello trama qualcosa!-
- Gli darò la testa di Asher Greyback. Ci giocherà un po', mentre io sistemo i nostri affari.-
- Per l'amor del cielo, Miranda. Pensa bene a quello che fai.-
Donovan tornò ad avvolgersi nel mantello, coi guanti ben stretti alle mani - Adesso torno al Ministero. Voglio levarmi di torno la Bones e Burton una volta per tutte. Quei due si fanno ogni giorno più sospettosi.-
- E Dibble?-
- Sta appresso a Silente. Dannazione, devo trovare un modo per togliermi dai calderoni anche lui!-
- Come desideri.- Miranda Grimaldentis gli fece un inchino sgraziato, pieno di boria - Ci rivediamo fra cinque ore esatte, mio caro Segretario.-
Mentre se ne andava, i suoi passi risuonavano come quelli di un condannato.
Povero stolto.
Miranda non smise di sorridere, riprendendo la sua strada.
Stolto lui, Kronos Leoninus. Anche Craig.
Poveri idioti. Poveri maschi senza cervello. Che non vedevano al di là del loro miserabile naso.
Forza bruta, la loro. Non possedevano altro che le loro infami braccia e le loro vili mani.
Sempre tese come rapaci. Saccheggiatrici. Predatrici.
Non erano in grado di concepire altro.
Ma non lei.
No, lei vedeva perfino oltre le mani del Fato.
Ma non c'era musica migliore per lei, neanche i canti degli Illuminati, di ciò che udì quando raggiunse una porta a muro. Invisibile. Per chiunque non sapeva della sua esistenza.
Bastò che Miranda Grimaldentis vi poggiasse sopra la mano, ustionata e deforme, perché i mattoni si aprissero al suo passaggio. Un lezzo terribile di cadavere e di sangue, misto a grida di terrore, investì la strega.
Che...sospirò, deliziata.
Camminava fra celle aperte. Gabbie di legno. Gabbie di metallo.
Alcune appese al soffitto.
Altre fatte di pietra che spuntavano dalla terra del pavimento.
Altre, come botole, incassate dove alcune piastrelle di calcare incassavano le mura.
Si fermò alla sua sinistra, dopo aver percorso altri venti metri di un corridoio che pareva senza fine.
Appoggiandosi a una porta di legno marcio, spiò oltre la grata del battente.
Un altro ghigno.
Un'altra risata.
- Buonasera.-
All'ingresso nella cella della Grimaldentis, una donna e un uomo ammantati di nero, chiaramente due Mangiamorte, le fecero largo.
- Salve, Miss Brockway.- le disse la Mangiamorte, con una maschera scheletrica sul volto.
- Signori.- salutò Miranda, con un sogghigno bieco - Come procede?-
- Molto bene, direi.- scandì il Mangiamorte al suo fianco, ripiegando accuratamente la frusta che aveva fra le mani guantate, sporche di schizzi di sangue - Sarebbe più facile con la magia, però, Miss Brockway.-
- Ve l'ho detto. Qui funziona solo quella degli Zaratrox. E' una precauzione per impedire che fuggano o ci giochino degli scherzi. Non parlano i nostri graditi ospiti, Cletus?-
- No, purtroppo.- ringhiò il Mangiamorte, irritato da un sommesso singhiozzare che proveniva da un angolo buio della cella - Vorrei ricordarti che uno è un mannaro. L'altro un mezzo demone.-
Miranda non perse il suo tedioso sorriso.
Fece qualche passo avanti. Fino a raggiungere...qualcuno appeso al soffitto, al contrario.
Era di schiena, il prigioniero. Una schiena lacerata da ogni tipo di ferita.
Afferrando la testa bionda, Miranda la torse fino a guardare occhi negli occhi...William Crenshaw.
- Allora feccia...ti decidi a sputare il rospo?-
Tutto ciò che ottenne fu il ghigno del giovane mezzo demone. Un rivolo di sangue gli annebbiava entrambi gli occhi verdeacqua. Gonfi e pesti.
- Greyback.- chiamò allora Miranda, serrando la mano alla gola di William - Devo rompergli l'osso del collo?-
Attaccato a una parete, incatenato per i polsi e il collo, Asher Greyback rise nella stessa maniera di Crenshaw.
Una spalla lussata e una ferita riaperta, quella alla spalla, spiegavano il perché dei suoi occhi pieni di capillari rotti.
E del suo respiro affannato.
Argento. Era stato di nuovo colpito con dell'argento. Poco più a destra, Mason Ombrodoro stava a terra, completamente privo di sensi. Una profonda ferita nello stomaco, tamponata alla meglio con degli stracci logori.
- Vuoi finire in shock anafilattico prima di vederli morire tutti, infame traditore?- la Mangiamorte, agitando delle catene, puntò una lama nella direzione del mannaro - Vuoi che li ammazziamo tutti? Devi solo chiedere!-
- Vaffanculo.- rispose allora William, ignorando ostinatamente, con la morte nel cuore, le urla femminili a lui conosciute che giungevano dalla cella accanto.
Miranda Grimaldentis se ne andò, qualche minuto più tardi.
Era rimasta a fissare Degona Mckay, rannicchiata in un angolo, mentre i Mangiamorte continuavano le loro torture.
Quella maledetta ragazzina non parlava. Non parlava.
Continuava a piangere disperatamente, ogni tanto supplicava di smetterla. Ma non aveva più cercato di scagliarsi, anche senza poteri, contro i loro aguzzini.
Eppure doveva piegarla. Doveva, in un modo o nell'altro.
Lei doveva dirle come muovere le corde più intime del fratello.
Lei doveva dirle...come rovinare definitivamente quello spirito immondo. Nel corpo di Thomas Maximilian Riddle.
Fuori nel buio corridoio, con la coda dell'occhio, vide tornare altri vampiri. Altri accoliti di Kronos Leoninus.
Dovevano aver catturato qualcuno d'importante.
Incurante di quei bastardi che avrebbe bruciato molto presto, si fermò di fronte alla una parete murata.
Sorrise, sentendo un grido di Degona Mckay. Poi passò attraverso il muro, che si era aperto per lei.
Ah, che soave spettacolo.
Due volgari donne...due volgari puttane.
Una seduta, su una sedia traballante.
Ciò che restava di una gonna di seta nera copriva le gambe pallide, coperte di lividi della vampira.
Il capo, rovesciato in avanti, penzolava senza vita.
I lunghi crini biondi...sfioravano i mattoni sottostanti. Inzuppati di sangue.
E il perché Viola Leoninus fosse ridotta in quello stato, col torace ricolmo di ecchimosi e tre vertebre incrinate, era semplice. Le mani legate dietro lo schienale della sedia e un secchio, sotto i suoi polsi.
In esso, aritmicamente, cadeva una goccia di sangue al secondo.
Nel polso di Viola Leoninus, piantato nella sua carne, in una vena...un ago. Un lungo spillone.
Che goccia dopo goccia, le portava via la vita.
Che le portava via ciò che le botte del marito non erano riuscite a prendere.
Miserabile femmina.
Miranda gioì, spostando lo sguardo su chi aveva ancora fiato per urlare.
Un tizzone bollente ghermì la pelle di Beatrix Vaughn, piegata a terra, con la maglia squarciata sulla schiena.
Dove un marchio a fuoco le impresse, insieme alle sue strilla, l'odio di colui che lei aveva rifiutato.
I canini di Kronos, al buio, scintillarono come diamanti.
- E' solo l'inizio, Mirabel...-
Guai, guai a voi...
Camminava, camminava. Fra celle, catene, sbarre e ruote.
E ogni urlo, ogni rantolo, ogni pianto...era poesia.
Fino a che, passato un architrave dov'era marchiato il grande e infame simbolo degli Zaratrox, che Miranda usava solo per ingannare i Mangiamorte e a cui avrebbe dato fuoco alla prima occasione, la strega giunse alla sua preda più ambita.
Al gioiello più bello della sua collezione.
Al suo diamante ancora grezzo.
- Mie signore e gradite ospiti...- salutò ironicamente, facendo un sarcastico inchino a Cloe King e Neely Montgomery - Spero che il bagno sia di vostro gradimento.-
Col Lazzaro fino al collo, Neely e Cloe cercavano di respirare, immerse in una pozza bluastra dell'acqua miracolosa.
E così era, da circa un'ora e mezza. Il corpo di Damon, fortunatamente, galleggiava a pelo dell'acqua, senza le costrizioni delle catene, che invece impedivano alle due streghe di uscire dal pelo dell'acqua con più di un centimetro sotto al livello della bocca.
Mirando sperava ardentemente che il Lazzaro, il poco che le era rimasto, avesse riportato in vita quel maledetto Legimors. Per questo li aveva gettati lì dentro. Howthorne, per riportarlo fra i vivi. Almeno momentaneamente.
E quelle due...per tenerle buone fino al momento opportuno.
Incurante di come tossivano e ingoiavano, a fiotti, l'acqua preziosa, la Grimaldentis continuò il suo storpio cammino per altri pochi passi ancora. Ed ecco...il suo bel diamante grezzo.
S'inginocchiò, scostando delle ragnatele da una botola infossata nel pavimento.
- Buona sera...Lord Oscuro...-
Gli occhi di sonnambulo.
Gli occhi...di chi vive, da sveglio, nel proprio incubo peggiore.
Thomas Maximilian Riddle dentro una gabbia.
Ed era come se fosse tornato bambino.


Alla Lucky House, Lucas James Potter finalmente tornò a casa, seguito dalla sorellina.
- Che casino!- sbottò, sbuffando di fronte al massacro che era stato fatto in mezzo al salone di collegamento.
- Nipote, sono d'accordo con te.- disse J.J. Baley, chiudendosi la porta alle spalle - Per tutti i maghi, ma chi diavolo ci è passato qui dentro, eh?-
- Lascia perdere.- gli consigliò Elettra, salutando anche i coniugi Malfoy che portarono con loro Glory, imbacuccata in una felpa di un intenso color fragola - L'importa è che almeno i piccoli l'abbiano scampata.-
- Novità?- le chiese subito Lady Narcissa - Notizie di Tom?-
- No. Ma gli Auror si stanno muovendo.- Elettra cercò di sorridere - Vedrete, Harry e i ragazzi sanno il fatto loro.-
- Eh, come no, mamma.- brontolò Lucas, gettando il cappellino sul tavolinetto nell'ingresso - Il Magonò del taxi ha detto che è guerra aperta.-
- I Magonò dovrebbero proprio sbatterli tutti ad Azkaban.- sibilò Lucius Malfoy, mentre gli adulti seguivano la padrona di casa in cucina. Prima di offrire caffè a tutti, per quella lunghissima nottata, Elettra si voltò ancora una volta verso i piccoli - Ragazzi, avete dieci minuti e poi vi voglio a letto. Glory, tesoro, tua madre verrà a trovarti appena finisce di dare le regole d'ingaggio agli Auror.-
- Va bene.- annuì la piccola Veggente.
Il fatto era che, i bambini, anzi...certi bambini, andrebbe controllati costantemente.
E questo, nessun genitore può essere in grado di farlo. Neanche Elettra Baley Potter.
Così, mentre Lucas rovistava nel bauletto di ciliegio con alamari dorati sul tavolino per cercare i suoi cioccolatini preferiti, quelli ripieni al lampone, Faith cercava di capire come mai il suo Cosmo, sempre più cicciotto, goffo e grigio, continuava a pigolare. Come se fosse stato nervoso.
- Ma che cos'ha quel pollo?- borbottò Lucas, infilandosi tre dolcetti fra le gengive, uno in fila all'altro.
- Sembra nervoso.- replicò la bambina, per poi arcuare le delicate sopracciglia corvine - Lucas...-
- Si?-
- Il fantasma di Glory ti sta davanti. Gli si muove il post-it.-
In effetti, o a Casper, come lo chiamano i fratelli Potter, era venuto un attacco epilettico, o il fantasma stava...saltellando. Fu questione di un attimo. Perché al quarto cioccolatino, Lucas non prese un dolcetto. Ma qualcosa di metallico. E stranito, proprio mentre apriva gli occhiali, Sargas glieli cacciò in faccia, quasi ficcandogli le dita negli occhi. Tempo aver detto due imprecazioni, che un bambino non avrebbe dovuto sapere fino alla maggiore età almeno, il Phyro sbattè le ciglia. E finalmente...vide.
- Oh! Allora non sei un nano!- ridacchiò, col povero Sargas che voleva svenarsi, se solo avesse potuto - Scusami, ma eri proprio basso...così sei un bambino...Glory, Faith! Casper è un bambino!-
- Ti avevo detto di non prendere i cioccolati al whisky.- borbottò la piccola Malfoy, distaccata.
Prendere in mano le situazioni, è una dote molto preziosa. E Sargas Malfoy, anche se era piccolo, un fantasma ed era anche invisibile agli occhi di tutti tranne che a quelli di Lucas Potter, il che non era una garanzia, poteva dire di avere quella dote. Si, ma quello che gli mancava...era la pazienza.
Ecco perché iniziò a tirare Lucas per mano e sua sorella per il cappuccio della felpa, quasi strozzandola.
Ecco perché tirò, insieme a Cosmo che pigolava per attirare Faith, i bambini verso un armadio a muro.
Ed ecco perché, quando il pulcino di Faith intonò una strana melodia ritmata, l'armadio a muro, che prima era sempre stato immobile, si aprì. Come una porta nascosta.
Da essa, un forte risucchio afferrò i piccoli come un'enorme mano.
E di loro, non rimase nulla. Sargas, Lucas, Faith e Glory erano spariti.
Cosmo con loro.
E se davvero c'era un Dio, che potesse salvare i Mangiamorte da Lucas Potter.
Perché non sapevano chi si erano attirati in casa.

 

 

 

 

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Capitolo 43
*** Capitolo 43° ***


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Dall'Ordinamento di Sopravvivenza dell'illustre famiglia Potter.

Prima Regola di Sopravvivenza, di James Jason Potter: "Mai portare un Black a una cena ufficiale se il suddetto Black e la di lui sarcastica lingua sono stati precedentemente affogati nella BurroBirra."
Prima Regola di Sopravvivenza, di James Potter, postilla: "Se la situazione lo richiede, usare tutta l'influenza possibile per ottenere l'oggetto dei nostri desideri. Compreso il patrimonio del Black precedentemente citato."

Seconda Regola di Sopravvivenza, di Harry James Potter: "Evitare i Malfoy come la peste, specialmente nelle sartorie.."
Seconda Regola di Sopravvivenza, di Harry James Potter, postilla: "Se la situazione lo richiede, ingraziarsi il Malfoy di turno, usando tutta l'influenza possibile per ottenere l'oggetto dei nostri desideri. Se l'influenza richiesta è una buona dose di violenza, meglio ancora."

Terza Regola di Sopravvivenza, di Lucas James Potter: "Non accendersi in nessun caso vicino a bombole del gas."
Terza Regola di Sopravvivenza, di Lucas James Potter, postilla: "Tenere d'occhio l'ultima discendente dei Malfoy, perché non sai mai quando crollerà addormentata, vedendo un futuro che lei stessa avrà contribuito a complicare."


 



Entrare in certe porte, anche se attaccato alla maniglia non c'è alcun cartello con su scritto "Quiet, Please!" è assai sconsigliabile. Com'è sconsigliabile entrare in una qualsiasi porta che prima, incastrata nel muro, non s'era mai vista.
Ma questo agli occhi di un marmocchio di dieci anni non è altro che un passaggio verso un'avventura meravigliosa.
Che termina con tre bambini a faccia in giù contro un pavimento sporco e umido, un pulcino di volatile indefinito che pigola come un ossesso e il fantasma di un Malfoy, non arrivante al metro pieno, che inizia a irritarsi.
Si. Spiaccicati come mosche a terra, Lucas James Potter e Faith Merediana Potter si lamentarono per il delicato nasino che si erano quasi rotti nella caduta.
Sargas Liam Malfoy poi, che sbuffava col post-it ciondolante sulla fronte, li incitava ad alzarsi.
Peccato che l'unico a vederlo fosse il Phyro, nonostante il buio di quel luogo. E forse anche Cosmo.
Perché cinguettava, stranamente attivo, accanto ai piedi del piccolo Malfoy.
- Che male.- si lagnò Faith, mettendosi a sedere e pulendosi il faccino dalla terra - Ma dove siamo finiti? E da dove siamo passati, si può sapere?-
- E io che ne so...stupide porte!- sbottò Lucas, massaggiandosi un ginocchio - Stai bene sorellina?-
- Si, abbastanza. Glory stai...?- Faith allargò gli occhi, girandosi - Glory? Glory dove sei?-
La piccola Malfoy era qualche metro dietro di loro. Sdraiata a terra. Sargas stava sopra di lei e non sembrava contento. Almeno da ciò che notò Lucas, visto che aveva ancora i preziosi occhiali di Tom sul naso.
Preoccupatissimi, più per Glory che per l'insolito e lugubre posto in cui erano stati catapultati, corsero dall'amica.
Faith la scosse, ma non ottenne alcun movimento.
La bambina sembrava svenuta. Girata supina, le palpebre quasi socchiuse.
- Fantastico.- commentò il Phyro - Ha battuto la testa?-
La sorella, scoccandogli uno sguardo minaccioso, gl'intimò praticamente di tacere. Studiò meglio la piccola Veggente, fino a capire che...stava avendo una visione.
- E adesso chi riesce a svegliarla!- perseverò Lucas, incrociando le braccia al petto al che Faith gli rivelò la verità - L'altra volta quasi ci ha fatti ammazzare dalle scale, quando ha avuto una premonizione! E tu che vuoi?- aggiunse, sentendosi tirare per la manica della maglietta da Sargas.
Il fantasma, urlando, cercò di dirgli qualcosa. Ovviamente, Lucas non capì un tubo.
- Senti sorellina...- disse, levandosi gli occhiali - Mettiti questi cosi, magari tu capisci cosa dice questo qui.-
- Ok, ma tu prendi Glory. Spostiamoci da questo posto, non mi piace.-
- Perché? Cos'hai?-
Stringendosi nelle spalle, Faith si guardò attorno.
C'era qualcosa lì dentro...nell'aria, nella terra, anche nelle pareti. C'era qualcosa...di strano.
Qualcosa di cattivo. Che però...le faceva sentire...la testa leggera. Come se fosse immersa in un grande potere.
E poi...la sua stella nera...era calda.
Quella cosa era cattiva, decise Faith. Se la sua stella bruciava, voleva dire che c'era qualcosa di cattivo come lei lì attorno. Non dovevano stare lì.
- Ok.- acconsentì il Phyro, dopo molte insistenze - Ma spero che tu abbia una torcia infilata sotto alla gonna...- ironizzò, prendendo delicatamente Glory in spalla, incrociandosi le braccia della biondina al suo collo -...o qua andremo alla cieca.-
- Fai luce no?- gli chiese la sorella, alzando il capo al soffitto invisibile, con tanta penombra, quando sentirono delle violente vibrazioni sopra di loro. Come...un terremoto! Si, sembrava che il terremoto avesse invaso quei corridoi.
Si fermarono, poi Lucas riprese a camminare, fregandosene altamente. Se doveva venire giù tutto, prima o poi sarebbe successo, quindi era inutile stare fermi!
- Io non accendo niente! Non voglio che arrivino altre rogne da quegli svitati del Ministero. Scordatelo. Allora? Lo vedi Casper?-
Strizzando le palpebre, Faith mise finalmente a fuoco Sargas.
Il piccolo Malfoy sembrò essere contento quando la streghetta gli sorrise timidamente.
- E' proprio un bambino come noi, hai visto?- belò Lucas - E dire che credevo fosse un nano o un folletto.-
- Scusami, ma questi occhiali dove li hai presi?-
- Oh, erano nei cioccolatini all'ingresso. Non sono di Tom?-
- Si, mi pare siano suoi. E come mai ci fanno vedere il fantasma di Glory?-
- Io come faccio a saperlo? Tom li avrà presi da quei suoi amici demoni, magari da David Beckham. Adesso però voglio capire dove siamo...e perché il tuo pollo ci ha spediti qui dentro!-
- Oh, non è stato Cosmo!- si difese Faith, prendendo il pulcino e mettendoselo in tasca, anche se ormai era troppo cresciuto per starci comodamente - Lui...ci ha solo...-
- ...aperto il passaggio?- l'aiutò Lucas, studiando un nero e lungo corridoio che puzzava di muffa e acqua stagnante - Siamo finiti in una fogna, credimi. Qua è pieno di fango...accidenti! Chi la sente Glory quando si sveglia tutta sporca!-
- Aspetta, Casper sta dicendo qualcosa...-
Si, Sargas stava dicendo qualcosa. Il poveretto si sgolava da circa mezz'ora. Ma i bambini non capivano.
Non ce la facevano proprio a leggergli le labbra.
Non sapevano com'erano finiti lì dentro, né il perché Cosmo e Sargas li avessero trascinati laggiù.
Una cosa era sicura, però, pensò Lucas.
Erano sotto terra.
Senza mamma e papà.
E quando il suo adorato papà si sarebbe accorto che erano spariti...e che si erano cacciati nei guai, non l'avrebbe presa bene per niente. Miseriaccia.
Avrebbe rotto per mesi con quella storia!
Senza contare che lì sotto, sembrava che stesse per scatenarsi il finimondo. Dei crolli...e altri terremoti.
Come se grandi giganti avessero camminato lungo le strade. Squassando le fondamenta della terra...tanto da farla traballare.

A dire il vero, ciò che i piccoli sentivano non erano passi di giganti.
Ma...i passi di un immenso esercito.
O almeno, il più numeroso che si fosse riunito da tanto tempo, sulle terre della Gran Bretagna.
Fortuna che Little Hangleton dormiva. Non tutta, ovviamente. E certo qualche curioso, anche in piena notte, avrebbe notato le centinaia di persone avvolte in mantelli ne buffi abiti, armate di spade e strambe bacchette.
Si, avrebbe notato che queste persone si erano riunite tutte attorno alla ripida scoscesa che conduceva a Riddle House.
Ma forse, dato il vasto numero di apparizioni, l'osservatore casuale avrebbe pensato a un'allucinazione.
A un eccesso di alcool. O semplicemente avrebbe tirato dritto.
Peccato che Duncan Gillespie non credesse nella fortuna, specialmente in due casi.
Mai fidarsi della buona sorte se c'è di mezzo la curiosità babbana. E mai fidarsi della buona sorte...se all'una di notte, Harry James Potter guida un esercito sotto la luna piena, dritto alla casa natale del suo peggior nemico.
E se questo suo peggior nemico gli aveva portato via Thomas Riddle...bhè, che chiunque fosse in ascolto, abbia pietà delle anime che presto sarebbero salite...e ridiscese, a seconda dei casi.
Ma in fondo il confine fra bene e male è molto sottile. Poco si sgarra...e già si è dall'altra parte.
E tutti, ancora una volta, si erano riuniti per il bambino sopravvissuto...che a sua volta, portava il peso e lo stendardo di una grande guerra. Salvare...anche colui che non aveva voluto salvarsi al principio.
Così, ancora una volta, Duncan Gillespie, il grande Capo degli Auror di tutto il Regno Unito, si ritrovava a marciare pregando per la sua buon'anima, per impedire a sua moglie di lasciarlo in mutande col divorzio, per la buona riuscita della missione...e per il suo posto.
Si, perché stavolta neanche Dibble gli avrebbe salvato le chiappe.
Il Wizengamot gli avrebbe fatto saltare la sedia da sotto il culo schioccando le dita. Forse sarebbe finito in cella con Potter. O con Riddle. Uno valeva l'altro a questo punto.
Girandosi indietro, sbirciò ancora una volta verso Little Hangleton, a un miglio da loro, nella depressione della vallata.
Pochi passanti, poche luci e ancor meno vita. Tutto in quel nefasto luogo trasudava un catatonico stato di morte apparente. Ma probabilmente di giorno faceva tutto un altro effetto. Arrivati a un centinaio di metri, una squadra dietro l'altra, iniziarono a fermarsi. Notando che si formavano ovunque piccoli gruppetti, da cui però si staccavano solo i Sensimaghi per passare in avanti, Duncan capì che avevano deciso di sondare il terreno per una volta.
Prima di irrompere e massacrare chiunque fosse arrivato loro a tiro, in quella retata da mafiosi anni '80.
E dai brontolii dei veterani, capì anche che c'era un problema.
Sbuffando fumo come una locomotiva e scostando pivellini che sarebbero dovuti restare a casa loro fino ai quarant'anni d'età, Duncan si fece largo insieme a Kingsley e Austin Gray.
In cima colle, da dove si vedeva perfettamente il cimitero di Little Hangleton, versione quanto mai profetica del futuro che aspettava tutti loro se fossero rimasti lì ancora per molto per farsi beccare anche dai Mangiamorte che abitavano su Marte, un nugolo di Auror Sensimaghi stava bestemmiando in sincrono.
Clayton Harcourt, primo fra tutti, masticava una gomma nervosamente.
- Merda.- disse, per la terza volta da quando erano partiti.
Un giovane mago, sulla ventina, che stava in piedi accanto a lui, piegò la bocca in una smorfia.
Fissava Riddle House attraverso un grande binocolo di legno e rame, con strane lenti abnormi.
- C'è tanta magia oscura su quella casa da farci venire i capelli bianchi.-
- Ho letto da qualche parte che fa diventare impotenti gli uomini.- bofonchiò Romena Wolf, alle loro spalle.
- Oh, grazie tante Rona.- sibilò il mago col binocolo - Potter...-
- Si, lo so.-
Il bambino sopravvissuto restava nascosto sotto il cappuccio, a braccia incrociate.
- Qualcuno ha qualche idea?- chiese Harry - Voi Sensimaghi che mi dite?-
- Che se ci avviciniamo oltre, perderemo i nostri poteri.- lo informò Clay, tornando indietro dalla piccola passeggiata che si era fatto lungo il sentiero, verso la villa - Signori, v'informo che c'è un incantesimo sulla casa che nei giorni precedenti non c'era.-
- E' magia oscura?- lo interrogò Duncan, arrivando con Kingsley e Gray.
- No, capo.- Harcourt si strinse nelle spalle - E' qualcosa di diverso. Completamente. Magia antica.-
- Potete essere più chiari?-
Il mago col binocolo, arcuò le sopracciglia. Poi, facendo un rapido giro fra i presenti, rimase a fissare Hermione. A sua volta, la Grifoncina lo studiò interrogativa.
- Si Perlham? Che c'è?- l'apostrofò.
Il Sensimago Zack Perlham le sorrise, affascinato e malizioso.
- Credo che ci sia un potere che tu conosci bene, su quella casa. E che c'impedirà di avvicinarci. Vero Harcourt?-
Clay tornò a scrutare Riddle House.
Si, non c'era solo magia oscura, laggiù. Ma qualcosa...di ancora più potente e antico.
- Merda.-
- Clay, ma la pianti?- ringhiò Milos Morrigan, perdendo le staffe - Allora? Che cazzo c'è che non va?-
- Bilancieri.- espletò tranquillamente Perlham, rimettendosi un cappellino babbano con visiera sulla fronte - C'è magia Zaratrox laggiù. Se noi ci andiamo, perderemo i poteri. E se come penso io è un trucco per impedire ai prigionieri di uscire, allora anche i Mangiamorte lì dentro non possono usare la magia.-
Ron, che studiava la planimetria della zona insieme ai Cacciatori Notturni, fra cui Romena Wolf che Harry aveva chiamato perché erano dei pazzi, testa calde da far paura, si girò e spalancò la bocca.
Idem Hermione.
- Che cosa?!- sbottò Weasley - Neanche io ci posso entrare?-
- Ti spaccheresti la faccia contro un muro, temo.- sospirò Clay - Quindi nessuno può entrare. A parte Hermione...- dicendolo, si girò a guardarla speranzoso - Hai ancora quei poteri, vero?-
- No, ferma un secondo.- sbottò la strega - Qualcuno di quegli psicotici ha usato la magia dei Bilancieri per non farci entrare? E per farci perdere i poteri? E adesso come diavolo facciamo a entrare in quel giardino? Lucilla ha detto che l'unico modo per entrare è fare piazza pulita delle piante di Mary Riddle!-
- Mi sa di si, mezzosangue.- sibilò Draco Malfoy, arrivando fra loro con due ragazzine di diciotto anni appena compiuti - Non ci va un genio per capire che vogliono farsi i loro comodi là dentro, anche a costo di Sigillarsi nei sotterranei della casa. Donnola, hai trovato gli ingressi della miniera?-
- Tre sono sepolti dalla terra.- indicò Ron, indicando i punti sulla cartina a tutti gli altri - Uno è blindato, giù in paese. E ce n'è un altro oltre quelle colline.- col mento, indicò a chilometri e chilometri da loro - Merlino, chiunque abbia ideato questa rete sotterranea aveva parecchio da nascondere.-
- Lucilla l'aveva detto che qui sotto c'è qualcosa di pericoloso.- sussurrò Harry - Ma non possiamo avanzare verso la casa. Ron non può Smolecolarizzarsi e in volo sarebbe un suicidio.-
- Perfetto. Chi ha portato le carte?- ironizzò lugubremente Duncan.
- Magia oscura e magia Zaratrox.- ruggì Kingsley - E adesso che si fa?-
- Un demone non ci può entrare?- ipotizzò Draco ad alta voce - Basta che scardini la porta e lasci il via libera a Joan e Virginia.- disse, additando le due Auror venute insieme a lui - Me le ha mandate Blaise. Dice che sono le migliori in casi di Flora Stregata.-
- Non lo dice il signor Zabini.- puntualizzò la brunetta Virginia - Noi siamo le migliori.-
- Perché non è venuto Blaise?- replicò Draco, ignorando le facce combattive delle due.
- Il signor Zabini sta preparando in blocco le sue pozioni, insieme a tutta Everland.- rispose Joan ossequiosamente, con corti capelli corvini piene di mechès color caramello - Io e Virginia siamo qui apposta, signor Malfoy, ma doveva farci entrare in quella casa. O non potremo liberarvi la strada per il pozzo.-
- Quindi siamo da capo.- sbuffò la Wolf - Ci serve un demone. Morrigan?-
- Ti sembra che abbia corna e coda?- sbraitò Milo, sempre più nervoso - Dannazione, muovetevi!-
- Trix sa badare a se stessa.- gli ricordò Efren, cercando di placarlo - I ragazzi sono in gamba, vedrai.-
- Si, ma mio fratello è sparito di nuovo.- s'intromise Jess, tornando col cellulare in mano - Lui e Lucilla non sono tornati a casa. E la seconda di Ombrodoro, mi ha detto che era andato con Beatrix alla Lucky House per parlare con Tom riguardo agli appostamenti per scovare Halley Brockway.-
- Perciò ci siamo giocati anche Mason.- arguì Ron, tornando a fissare la mappa - Bella stronzata.-
- Fate marciare i cervelli, avanti.- li spronò Edward, che fumava dall'esplosione che aveva coinvolto la sua casa e stravolta la sua vita - Ci deve essere un modo per entrare. Adesso vado a chiamare Jeager...Herm, vedi se riesci a fare passare. Almeno tu. Torno subito.-
- Ci mancava anche Crenshaw.- borbottò qualcuno di biondo, a caso, in sottofondo.
E, in effetti, avvisare Jeager fu al contempo una mossa furba quanto azzardata.
Perché quando arrivò, cupo come un corvo bagnato dalla pioggia, era tampinato da Hacate...e da un altro personaggio. Inquietante e ...pericoloso. Molto pericoloso.
-...guarda Gillespie, non farmi perdere la pazienza!- lo sentiva urlare Hermione, da lontano, visto che lei si era avvicinata lentamente ai cancelli, senza sentirsi debole o mancare le forze come invece era successo ai Sensimaghi - Complimenti a voi coglioni, ancora una volta! Quella psicopatica s'è presa mio figlio e voi imbecilli ve ne state qua in bella vista! Anche un neonato vi centrerebbe con un'Avada Kedavra! E ringrazia i tuoi fottuti antenati che non sia dell'umore per spedirti a trovarli!-
- Jeager, ti vuoi calmare anche tu?- sbuffò Jess - William starà bene, come mia nipote! Sono forti, lo sai...-
- Si ma non sono invulnerabili, Cristo!- ringhiò il mezzo demone, inferocito - E come se non bastasse anche Asher non c'è più! Bell'incidente diplomatico, congratulazioni!-
Hacate, accanto a Crenshaw, più che ascoltare le paturnie del fidanzato, spiava la casa.
Il suo terzo occhio, aperto verticalmente in mezzo alla fronte, studiava ogni centimetro di quel luogo.
Ma la donna che era venuto con loro...no, non le piaceva per nulla.
Come non piacque a Harry, quando si accorse di chi in realtà fosse. I suoi occhi simili alle braci ardenti, erano identici a quelli di Asher.
- Dovevi proprio portarla qui?- sibilò Potter, in un momento di calma apparente per Crenshaw.
Jeager, irritandosi maggiormente, trucidò tutti con un'occhiata.
No. Quando William finiva nei casini, Jeager proprio non ragionava con civiltà.
- Era venuta per parlare con suo figlio. E voi ve lo siete perso...-
- Era affidato a te.- sentenziò improvvisamente la roca voce della nuova venuta.
- Ah, lasciami in pace Lalya!- ringhiò il mezzo demone - Se fossi una madre come si deve, te ne saresti occupata otto anni fa! Ma chiederti di staccarti da quelle orride montagne è come chiederti il trono, vero?-
- Lalya?- Duncan, che si era fumato il sigaro fino a quel momento, sbarrò lo sguardo...vedendo finalmente chi c'era sotto quel mantello. Una donna. Sul metro e settanta centimetri. Con folti capelli scuri, mossi quasi in maniera selvaggia. I lineamenti, spigolosi e duri, erano troppo marcati perché potesse essere definita bella ma...emanava se sensualità e potere, il potere della regalità, in maniera tossica.
Ilalya Greyback. La regina dei Mannari.
- E' sola, spero.- masticò Edward, senza staccare lo sguardo dalla cartina.
- Si, umano. Sono sola.- replicò quella con voce cavernosa - Che ne avete fatto di mio figlio?-
- Di quello che hai lasciato quasi crepare otto anni fa?- le rinfacciò Jeager.
- Attenzione a come parli, Crenshaw. Non sono dell'umore stasera.-
- Vall'inferno.- ruggì improvvisamente Jeager, perdendo le staffe - Dannazione Hargrave, che vogliamo fare!?- sbottò poi, colto dalla frenesia - Ce la diamo una mossa o no? Devo farvi entrare voi incapaci, così poi ce ne andiamo tutti a casa?-
- E ci teniamo qua la Regina dei Greyback?- esalò la Wolf, sgomenta - Ma siamo matti? E se s'è portata dietro qualcuno? Potter, non vorrai lasciarla stare qui con noi!-
- Tanto siamo circondati da animali.- mugugnò il bambino sopravvissuto, sospirando - Allora? Herm, che dici?-
- Dico che siamo nei guai.- rispose, come se non fosse già palese - Io mi sento bene anche avvicinandomi, ma non potrei entrare comunque. E neanche Jeager.-
- E per quale motivo, di grazia?- tuonò mezza squadra, esasperata.
- Un Nodo di Babele.-
Hacate, aprendo la bocca, attirò gli sguardi allucinati di tutti. Ovviamente, due in croce sapevano cose fosse un Nodo.
- Esatto.- sorrise Hermione, compiaciuta - C'è un Nodo su tutta Riddle House e...e nessuno, ovviamente, sa cosa sia.-
- Mezzosangue, non te la tirare.- fece Malfoy, sarcastico - Non siamo a scuola. Illuminaci. E non è un doppio senso.-
- Un Nodo di Babele.- s'intromise Hacate, con pacatezza - Magia Oscura. È l'unione di un cerchio magico o una forma geometrica a un pensiero reale. Un campo, se vogliamo essere precisi. Un campo di forza che viene attivato grazie a un numero di punti precisi, ovviamente conosciuti solo da chi scaglia l'incantesimo. Questi punti tengono fuori gli avversari dal campo di forza. All'interno di esso, c'è un altro punto, quello focale, dove c'è la concentrazione di energia.-
- Si può rompere?- chiese frettolosamente Jess.
Herm e Hacate si guardarono di sbieco.
- Ebbene?- rognò Harry, fumando come una teiera.
- Quanto tempo abbiamo?- fu l'unica domanda di Hacate.
Un'ora più tardi, erano ancora da capo.
Fermi nello stesso punto di prima. Ma se non altro, si erano accampati.
I Cacciatori Notturni, che Harry apprezzava dalla prima volta che da recluta era stato spedito con loro in missione, avevano fortificato la zona: Incanti Anti-Homina Nocturna, Spioscopi a ogni angolo, Nanomine sul sentiero e qualche Animagus che gironzolava nei paraggi, per tenere d'occhio la situazione da tutte le angolazioni.
Attorno a una tavola invece, in cime al colle, i capi squadra stavano ancora cercando di capire la difficile lezione di quella notte. Non potevano entrare a Riddle House, perché una magia Zaratrox attivata grazie a un Nodo di Babele, toglieva loro i poteri e rendeva invincibile il campo di forza sul giardino di Mary Riddle.
Dalle foto scattate precedentemente, quando la squadra di Gray aveva controllato la villa intera, Hermione e Hacate stavano cercando di studiare quali fossero i punti tramite cui era stato attivato il Nodo.
- Che cosa si usa di solito?- chiese Romena Wolf, che studiava attentamente le foto insieme a loro.
- Solitamente oggetti potenti. Dal grande valore magico.- sospirò Hacate - Ma dubito che in una casa babbana inutilizzata da anni, ci sia qualcosa che abbia un tale valore.-
- Voldemort ci ha vissuto per qualche tempo, però.- saltò su Ron - Ragazze, è possibile che i Mangiamorte abbiano portato qualcosa da Dark Hell Manor.-
- No.- Hermione scosse il capo, scostandosi i ricci dal viso - Vedete, il Nodo di Babele è una delle magie di difesa più potenti dei gagia. Ed è estremamente difficile da attivare, perché richiede un forte carico emotivo. Qualsiasi cosa abbiano usato come tramite, per creare lo schema del Nodo, non può essere una semplice statua o un pendente di famiglia. Neanche il blasone dei Malfoy servirebbe a creare una barriera simile.-
- Com'è che io ci finisco sempre in mezzo?- sibilò Draco, levandosi la sigaretta di bocca - Andiamo mezzosangue, sei l'unica qui che può aprirci un varco. Hai detto che oltre a dei punti caldi, questo Nodo irradia energia da un punto centrale. Non basta far fuori quello?-
- In teoria si.- rispose Jeager per lei, corrucciando la fronte - Il problema è sempre trovarlo. Sarebbe semplice per un Sensimago, ma sverrebbe prima di raggiungere i cancelli. Hargrave, ci devi entrare tu là dentro...-
- E come fa con quelle piante dannate?- Malfoy scrutò gelidamente la moglie e il mezzo demone - Scordatevelo.-
- Non per mettervi il fuoco alla coda ma qua il tempo stringe.- borbottò Zack Perlham, che camminava lì attorno continuando a fare palloni con la gomma - E la magia oscura su quella casa continua a condensarsi!-
- Ok, va bene.- Jess fischiò, bloccando un'esplosione di nervosismo sul nascere - Andiamo gente, ragioniamo su quello che ha detto Hermione. Si parlava di qualcosa dal valore emotivo, giusto? Il Lord Oscuro non avrà lasciato nulla in quella casa...perchè tutto è stato lasciato a Tom...-
- Esatto, Lucilla ha scaricato tutto in un deposito anni fa.- annuì Harry.
- Perciò dobbiamo risalire ai Riddle. Il padre di Voldemort.- seguì Hacate sorridendo - Chi c'è stato, ha notato ritratti, oggetti d'uso comune?-
- C'erano lenzuola ovunque.- Austin Gray si morse il labbro - Non siamo stati a guardare queste cose. Cercavamo passaggi e nascondigli dove Badomen poteva essersi nascosto. A parte il mobilio, direi che non sono rimasti neanche libri o piatti. C'era solo un pendolo nel salone...sopra il camino chiuso. Murato.-
- E di Mary Riddle che si sa?- fece Edward all'improvviso, levando lo sguardo sulla villa infestata che minuto dopo minuto, assumeva connotati sempre più grotteschi - In fondo è il suo giardino che è sotto maledizione. E lei era solo una babbana...perchè le sue piante si comportano in quel modo?-
Gli Auror si guardarono in faccia per qualche secondo, ma nessuno pareva saperne nulla.
La madre Asher, l'unica, tirò un sarcastico sospiro di sollievo.
- Un umano con dell'acume. Incredibile.- disse, con suo basso e roco tono da regina.
Jeager, ignorandola, arcuò le sopracciglia.
Era vero. Perché mai gettare una maledizione sul giardino di una babbana?
- Chi l'ha ammazzata?- chiese.
- Voldemort.- rispose Harry - Insieme al marito e al figlio, che poi era suo padre.-
- Ma io non ho visto il suo nome, al cimitero.- continuò Dalton - C'erano Thomas Riddle, il nonno di Voldemort e Tom Riddle, suo padre. Altre due donne, credo delle cugine. Ma non Mary Riddle. Dove cazzo è stata sepolta?-
- Hanno fatto un funerale?- incalzò Draco.
- E io che ne so, mica mi occupo dei necrologi babbani.- sbraitò Duncan, sentendosi fissato - Adesso mando un gufo a Wendy e mi faccio fare una ricerca. Ci vorrà qualche minuto, state calmi. Anche se ancora non ho capito che diavolo cercate!-
- Lo so io.- rise improvvisamente Malfoy, notando lo scintillio negli occhi della moglie - Calidus Cadaver.-
- Cosa?- riecheggiò Efren, allargando la bocca - Che schifo, dimmi che scherzi!-
- Che schifo cosa?- Ron sbattè le ciglia, senza capirci nulla - Di che parlate, ragazzi?-
- Letteralmente "Cadavere Caldo".- ridacchiò Hermione, divertita - Dio, come ho potuto non arrivarci prima?-
- Già!- Hacate ormai la seguiva come un'ombra - La babbana è stata uccisa con la magia e il corpo lasciato in giardino! Nessuno se n'è accorto in tempo e i residui magici della maledizione hanno dannato le piante!-
- Che se...la sono mangiata?- provò a seguirle Weasley - Merlino, ma che schifo...-
- Si tengono un morto in giardino?- si lagnò anche Perlham - Ma dai, che sbocco!-
- Parla bene, Zack, imbecille.- gli ordinò Gray - Continuate gente. State dicendo che quel maledetto Nodo di Babele trae forza dal cadavere di una babbana uccisa a tradimento? E come diavolo facevano a saperlo i Mangiamorte?-
- Il pettegolezzo fra quei maiali è d'obbligo come la respirazione.- sentenziò Milo - E adesso che si fa? Ammesso e non concesso che il Nodo parta dal cadavere di quella tizia, dobbiamo comunque entrare in quei cancelli. E solo Hermione ci riesce, ma ha bisogno di Virginia e Joan per sistemare la flora...- rise, senza divertimento - Signori, questa volta non ne usciamo.-
- Ci siamo anche persi quello stronzo di Tristan.- borbottò Clay - Qualcuno l'ha più sentito?-
- Perché, se ti serve un demone per entrare, basto io.- frecciò Jeager di umore pessimo.
- Ahah, molto divertente.-
Jess alzò lo sguardo al cielo. Si, il fatto che Tristan e Lucilla non fossero tornati a Cedar House, era un segno preoccupante. Non gli erano parsi dell'umore di sedare i loro diverbi a letto con una maratona di sesso, quindi era impossibile che si fossero nascosti chissà dove per disquisire dei loro problemi.
Inoltre sua cognata era senza poteri. Non sarebbe stata in grado di far levitare un cucchiaino in quel momento.
Figurarsi se era stato in grado di Smaterializzarsi lontana dal marito. Questo per forza li collocava insieme da qualche parte. Ma dove?
- Lucilla ha detto che sono piante estremamente pericolose.- stava dicendo Hermione in sottofondo - Crenshaw, non so se è una buona idea farti entrare lì dentro. Tu mi servi per parare le spalle a Harry, non avvelenato o paralizzato di nuovo dalla cintola in giù.-
- Posso andarci io se volete.- si propose Hacate.
- No, non esiste.- sbottò Jeager.
- Tesoro, ti ricordo che il mio terzo occhio ha poteri curativi. Io ho molte più possibilità di te. Trovo il Nodo, che penso sia proprio dove si trova il cadavere di Mary Riddle, apro i cancelli ad Hermione che cercherà di far passare Joan e Virginia e loro sistemeranno le piante.-
- Ma anche così lì dentro saremo comunque senza poteri.- ringhiò Duncan - Non mi piace signori, per niente. Ho mandato metà Ordine della Fenice a casa tua Potter, stanno recuperando alcuni attrezzi utili che prima stavano a Grimmauld Place. Nessuno si muove da qua prima che tornino!-
- Non ce ne facciamo niente di bauli carnivori.- gli fece notare Edward - E neanche la spada nella roccia sarebbe utile, al momento.-
E, detto fra noi, non fu neanche utile veder arrivare Elettra Baley insieme a Sirius e Remus, mezz'ora più tardi.
Perché, Harry lo sapeva bene, se sua moglie si prendeva la briga di stamparsi in faccia quell'espressione leggermente preoccupata, allora c'era da svenarsi. L'ottimismo di Elettra era leggenda, ma come reagire con un sorriso e con pensieri positivi quando tua moglie ti diceva che i tuoi figli sono spariti?
Come reagire sapendo che Lucas Potter, che tu sai essere il braccio destro del diavolo, è a piede libero?
E come reagire quando tutti gli Auror della congrega fischiano dietro a tua moglie, urlandole complimenti, indecenze e chiedendole autografi in posti improponibili?
- E Glory?-
Ecco. E Glorya Artemisia Malfoy dove stava?
- Non è con Lucas, vero?-
Anche Draco Malfoy era un ottimista. Perché aveva ancora la bella illusione che sua figlia non era il genere di persona che si cacciava nei casini. Per seguire due Potter in miniatura poi.
- Non ci sono più.- cinguettò Elettra, torturandosi le mani con un sorrisetto di scuse - Scusate ragazzi. Ho fatto entrare J.J. e i signori Malfoy, ho girato la testa e...-
- E?- fece Harry, con voce sepolcrale.
- E non c'erano più.- concluse la sua bella moglie, stringendosi nelle spalle - Sono spariti oltre una libreria a parete. Che prima, guarda caso, era murata. Remus ha controllato. E' il passaggio che hanno usato i Mangiamorte per portare via Tom e gli altri, dopo che li hanno catturati. Non so come, ma i bambini sono riusciti ad aprirlo. Anche Cosmo non c'è più. Quindi...-
Gli occhi celestini di Elettra passarono oltre le loro teste.
Verso l'orizzonte. Verso la casa.
Riddle House.
Bene.
Due Potter e una Malfoy dispersi.
I punti di Miranda Grimaldentis su di loro si stavano triplicando a velocità della luce.


Un'altra violenta scossa fece vibrare il sotterraneo.
Alcuni ciottoli si staccarono dall'intonaco dei soffitti e dagli archi, sbriciolandosi a terra in piccole nubi di polvere.
Gli anelli delle catene si mossero tanto, fino quasi a tintinnare come campanellini.
Stava accadendo qualcosa in superficie.
Asher Greyback ascoltava anche i più piccoli movimenti rimbombare fra le pareti di quel corridoio di celle e urla infinite. Quando era stato catturato, non aveva odorato né un inizio d'aria...né una fine di tomba.
Dove finivano le parsone che morivano fra quelle sbarre?
E chi erano?
Qual era la loro colpa?
Erano maghi? Babbani?
Assassini?
O gagia?
Chi erano per meritare di finire laggiù?
- Nessuno merita di morire qui dentro.-
Gli aveva letto nel pensiero.
Lentamente, con uno sforzo sovrumano date le sue condizioni, Asher girò il collo verso la sua sinistra.
Mason si era appena destato. La sua ferita non smetteva di sanguinare.
Ma nonostante tutto, fissandolo, Asher avrebbe preferito essere al suo posto. Si, avere uno squarcio di dieci centimetri nello stomaco. Tutto, piuttosto che sfinirsi...come stava accadendo a lui.
Non respirava bene.
Gli occhi si erano fatti incandescenti. Presto le lacrime dettate dall'irritazione gli avrebbero appannato la vista.
Anche seduto a terra, sentiva un peso allucinante sulle spalle.
Quella ferita sembrava pulsare. Ogni suo muscolo si era avviato verso entropia.
Presto si sarebbe ridotto come Damon.
Sarebbe caduto in coma, a causa dell'argento che quei bastardi gli avevano iniettato sotto pelle.
Era spacciato.
Tutto per...dell'argento. Tutto...per una pecca nel suo codice genetico da purosangue.
Avrebbe sorriso, se ne avesse avuto la forza.
Ogni pensiero si spense qualche istante più tardi...Asher serrò le palpebre, sentendo un urlo atroce rimbombare fra le arcate del corridoio. In ogni sparuto angolo di quelle segrete.
Conosceva quella voce.
Come si poteva sopportare di sentire una donna urlare a quel modo?
- Figli di puttana.-
Rimase ad occhi chiusi. A sentire il peso delle catene e dell'astio in quella voce.
Dell'astio di William, ancora appeso al contrario, ancora a torso nudo...la schiena lacerata dai colpi inferti.
Ma se mai li aveva sentiti, non aveva fiatato.
Se mai...l'unico sintomo di un eventuale dolore, era stata la sua smorfia nel sentire lacrime e gemiti.
Sangue rosso, goccia a goccia, scivolava dalla sua schiena, al suo collo, fino a seguire la linea del mento.
Sotto di lui, chiazze che testimoniavano quello scempio.
I loro aguzzini se n'erano andati da soli pochi minuti.
Ma Merlino solo sapeva quando sarebbero ritornati.
Inoltre, c'era qualcosa di ben più pericoloso da cui difendersi. Non erano i Mangiamorte.
Era non le frustate.
Le catene.
Le botte.
Gli insulti.
Erano quelle urla...
Non si possono sentire simili grida...e resistere.
William per primo aveva già rotto il collo a un Mangiamorte, mezz'ora prima. Si erano azzardati a usare un coltello e Crenshaw, con la rapidità di una parte del suo sangue, anche ferendosi il polso gravemente era riuscito a liberarsi le mani. E quelle mani avevano agito senza indugio.
Uno schiocco secco e il Mangiamorte aveva detto addio alla vita.
Così come poi le frustate erano state raddoppiate.
Degona non aveva più smesso di piangere.
Miranda non aveva fatto altro che tormentarla, durante quello scempio fatto a Crenshaw.
Era abile quella donna.
Abile con le parole.
Abile con le insinuazioni. Un serpente che insinua bugie e verità con lo stesso miele sulle labbra.
A farla tacere era stato solo lo sguardo di William.
Se l'erano giurato, prima che tutto ciò avesse inizio.
Nel momento in cui erano stati catturati.
Si erano giurati silenzio. Si, per Tom.
Anche a costo di morire.
Ma ora Beatrix continuava a urlare.
Senza mai smettere.
- Se prendo Kronos fra le mani...- ringhiò William, girando su se stesso facendo cigolare le catene.
- Pensa a recuperare le forze.- l'ammonì Ombrodoro, deglutendo a fatica - Greyback?-
Silenzio.
Asher inspirò rumorosamente.
- Ehi...- William dondolò nuovamente - Asher...rispondimi per Dio!-
- Sono ancora vivo.- rispose il mannaro, con un gemito gutturale - Smettila di starnazzare.-
- Al diavolo, mi hai fatto venire un colpo!- sbottò il giovane Crenshaw. Ignorando allora la controparte maschile della famiglia, riprese a dondolare fino a girarsi verso il fondo della cella.
Ormai non la vedeva neanche più.
Era diventata tenebra. Era diventata parte di essa.
Solo il suo respiro indicava la sua presenza.
Degona Lumia Mckay stava rannicchiata fra le catene, le braccia appese sopra la testa.
In posizione fetale.
Lei non era stata toccata.
William ringrazia tutta la magia del mondo che i Mangiamorte fossero stati così stupidi da cadere nella solita vecchia trappola: era bastato insultarli costantemente, perché Cletus Hurt e la sua fottuta moglie si dedicassero solo a lui.
E tanto bastava. Ma lui poteva proteggere solo Degona.
Non Trix.
- Ehi...Dena...-
Chiamarla per nome funzionò. Sembrò smettere di respirare. Poi sollevò gli occhi arrossati.
Le ciglia, lunghe e ricurve, ancora zuppe di lacrime.
- Sto bene, sai?-
L'empatica tacque. Non fiatò.
Si limitò a guardarlo.
Lì, appeso al soffitto. Col volto sporco di sangue secco.
Il collo pieno di lividi.
Ah William.
Ringrazia il tuo sangue demoniaco.
Sappi che io questo tuo sangue lo amo.
Perché ti sta tenendo in vita.
- Basta piangere, ok?- le sussurrò, addolcendosi - Altrimenti quelli ci prendo gusto.-
Come posso non amarti?
...Quando mi proteggi in questo modo?
Questa volta il fracasso gelò sul nascere ogni altra parola.
Dalla loro cella, oltre quelle sbarre, i prigionieri sentirono qualcosa andare in pezzi.
Ma non vetri. O oggetti fragili.
Bensì...mobili, forse. Qualcosa di legno.
Poi un altro urlo. Debole stavolta.
Che si spense...con una serie di rantoli che fece nascondere a Degona il viso fra le mani.
Ricominciò a piangere.
Più forte di prima.
Le catene di Asher e William, invece, scricchiolarono.
- Kronos Leoninus è mio.- sibilò il mannaro, aprendo le palpebre di scatto - Capito William?-
- A chi arriva prima.- replicò il giovane mezzo demone, serrando le mascelle - E ti avviso che se provi a fermarmi ti appiccico al muro.-
- Mettersi a litigare su chi di voi lo ammazzerà per primo non risolve la situazione.- li rampognò Ombrodoro.
- Sta zitto, non è una tua amica!- sbottò William.
- E invece la conosco bene!- replicò l'Auror - Un po' di onore è rimasto anche a me, Cristo Santo!-
Che stessero pure a litigare, loro.
Erano uomini.
Ma Degona, con le iridi verdi ridotte a specchi, che riflettevano tutto tranne che ciò che la circondava, non pensava alla vendetta. Gli uomini la fanno facile. Pensano a vendicare una vittima.
E prima o poi, si mettono l'anima in pace.
Riuscivano a sopportare quelle grida solo al pensiero di poter poi uccidere Kronos.
Ma lei ancora sentiva.
Perché l'empatia...non si uccide, portando via i poteri a una strega.
L'empatia resta nel sangue. Nel cuore. In ogni singola cellula.
La stava ammazzando...
Si, Kronos l'avrebbe uccisa...
Da un'altra parte del corridoio, una decina di metri più indietro, anche Tristan Nathan Mckay riconobbe quella voce.
Stava seduto a terra, incatenato al collo per un logoro e arrugginito collare, come quello di uno schiavo.
Una gamba lunga di fronte a sé, l'altra piegata a formare un triangolo.
Con una mano, carezzava la testa bruna di sua moglie, che sembrava dormire, col capo sulla sua coscia.
A differenza degli altri, loro potevano dire di stare bene.
Da quando i Leoninus li avevano gettati lì, non si era avvicinato nessuno.
Forse, nonostante avessero capito che Lucilla dei Lancaster fosse senza poteri, temevano una trappola.
O forse...la temevano e basta. La sentì gemere, artigliare le unghie sulla stoffa nera dei suoi pantaloni.
Doveva essere doloroso un morso simile sul collo. Dopo averle bendato la parte ferita con una parte strappata alla sua camicia, si era ritrovato a pensare che se fosse stata umana, suo moglie ora si sarebbe tramutata in una vampira.
- Beatrix...- mormorò Lucilla, a bassa voce.
- Si.- non smise di carezzarle i capelli, restando calmo - Lo so.-
- Chi è? Kronos?-
- Suppongo di si.-
- Tom e Degona? Li hai visti?-
- Sei mai stata a letto con Cameron?-
Lucilla, anche se fosse stata in punto di morte senza più energia in corpo, avrebbe comunque strabuzzato gli occhi.
Ok, a domanda non si rispondeva con un'altra domanda. Specialmente a quella in cui lei chiedeva dove fossero i loro figli...e suo marito la interrogava a sua volta su un eventuale suo adulterio con Caesar.
Con espressione sbigottita, si girò fino a sollevare il viso per incontrare i suoi occhi di giada.
- Come prego?- balbettò.
Tristan non batté ciglio - Hai mai fatto sesso con lui?-
L'aria di sua moglie si fede del tutto sdegnata - Ovviamente no! Ma per chi mi hai preso?-
- Non l'hai mai neanche baciato?-
- No.- sibilò gelida - No, Tristan, non l'ho mai neanche baciato. Tu invece hai baciato altre donne?-
La stoccata andò a segno.
Mckay si chiuse in una sorta di ostinato mutismo e Lucilla tornò a girarsi su un fianco.
Dio, se bruciava.
Avrebbe mai smesso di fare male?
No. Ne era sicura.
Dopo qualche istante però, riaprì gli occhi...e tornò a voltarsi verso l'Auror.
Non sapeva esattamente cosa gli avrebbe chiesto, fino a che non le uscì dalle labbra quella domanda.
- Ti è piaciuto?-
Tristan girò il capo altrove. Se non fosse sicura del contrario, avrebbe giurato di averlo visto arrossire.
- Rispondimi. Io ho risposto alle tue domande.-
Lui piegò la bocca in una smorfia.
- Neanche me lo ricordo.-
- Non essere ridicolo.-
- E' la verità. Non ricordo di averlo fatto. So che l'ho fatto...ma non lo ricordo.-
- Dovrebbe farmi sentire meglio?-
- Non fa sentire meglio me, quindi non vedo come potrebbe far stare meglio te.-
- Non mi basta.-
- Cosa vuoi sapere?- ringhiò allora, come un animale ferito - Non riesco a guardarmi allo specchio e sarà così per tutta la vita. A malapena riesco a guardarti in faccia. Una tortura eterna non sarebbe altrettanto giusta, credimi.-
- Perché lei?-
- Vogliamo smetterla di parlare di Elisabeth?-
- No!- Lucilla riuscì perfino ad urlare - No, dannazione non la smetto! Perché lei, accidenti?! Cos'ha lei che io non ho?-
Fu il turno di Tristan di fissarla allibito. Senza capire il senso di quella domanda.
- Sei impazzita? Tu sei mille volte lei!-
- Certo, lo dicono tutti!-
- Sei andata fuori di testa?- le chiese, sinceramente sconvolto - Non c'è nessuna che reggerebbe il confronto con te.-
- E allora perché te la sei portata a letto?- urlò di nuovo, perdendo la calma.
- Non lo so.- disse, tornando a girare il capo altrove.
- Non è vero, lo sai eccome.-
- Tu credi di sapere la verità?- ridacchiò amaramente - Ah, Lucilla, non vedi a un palmo dal tuo naso.-
- Questo è indubbio, visto che non mi sono accorta che volevi ripassarti la tata di tua figlia.- insinuò pungente.
- Ripeto. Sei completamente fuori strada. Elisabeth non mi ha mai attratto. Nessun'altra, a dire il vero. Tutte impallidiscono al tuo confronto. Ma tu non capisci niente!-
- Cosa dovrei capire?- lo incalzò - Mi stai raccontando solo balle Tristan.-
- Ma da dove diavolo arriva questa fissa per Elisabeth?- le chiese improvvisamente, placando il tono - Lucilla, ma che ti prende?-
- Mi prende che lei almeno sapeva dove sono i bicchieri!- e si girò dall'altra parte.
Era pazza. Si, sua moglie era completamente pazza.
- I bicchieri?- ribatté lui, cercando di non sembrare un genitore che parla col figlio testardo.
- Si. E lei sapeva anche che colore ti piace per le camicie...magari ti comprava anche i vestiti...-
- Dì un po', ma sei ubriaca?-
- Vall'inferno.-
Non capiva. Proprio non riusciva a capirla. I bicchieri...i vestiti...ma che le prendeva?
Mordendosi il labbro inferiore, Tristan cercò di trovare il fegato per farle un'altra domanda.
- Ti è mai piaciuto però?-
- Chi?- ruggì lei, ignorandolo.
- Cameron.-
Era pazzo? Lucilla, corrugando la fronte, si girò per l'ennesima volta.
- Perché dovrebbe piacermi?-
- Non parlo caratterialmente. L'hai mai desiderato? Lui o...che ne so, Demetrius, il tizio biondo che stava insieme a Tom... chiunque dei tuoi amici...-
- E adesso perché me lo chiedi?-
- Io ho risposto alle tue domande!- le rinfacciò, arrossendo di nuovo.
Si, era matto. Matto col botto.
Stava per mandarlo al diavolo, cercava solo di rigirare la frittata per lei, quando colse un movimento veloce di fronte a loro. Avevano le sbarre, a dividerli dal corridoio. Non un muro di pietra. Nella cella angusta, minuscola davvero, di fronte alla loro, le era parso di vedere un movimento. Che strano, prima aveva pensato che fosse solo un ripostiglio pieno di stracci. Ma poi...guardando meglio, come Tristan che allungò il collo e aguzzò la vista, entrambi i coniugi videro...una persona. Dalle forme esili, molto magra.
Era una ragazzina. Denutrita e pallida.
Li ascoltava.
- Chi sei?- le chiese Tristan.
La ragazza si fece indietro, spaventata. Scomparve nel buio...ma venne fuori una vocina flebile.
- Lei è il signor Mckay...vero?-
- Si.- rispose l'Auror - Piccola...chi sei? Che ci fai qui?-
- Mi chiamo Halley.-
- Halley?- Lucilla cercò di poggiarsi su un gomito, sentendo un forte dolore al collo - Sei Halley Brockway?-
- Cazzo.- sussurrò Tristan. La figlia del Sovrintendente di Azkaban in cella con loro.
L'aveva venduta. Quel bastardo di suo padre l'aveva venduta, così che Miranda Grimaldentis avesse potuto tranquillamente prendere il suo aspetto quando e come voleva.
- Voglio la mia mamma...-
E iniziò a piangere. Piccola e fragile. Una sedicenne chiusa in gabbia da ben tre mesi.
Quei bastardi l'avrebbero pagata cara.
Ma ora, chi la stava pagando cara, non era un Mangiamorte.
In un'altra gabbia di quel lungo corridoio, le grida di donna erano cessate da qualche minuto.
I prigionieri più vecchi di quelle segrete, sapevano che c'era da preoccuparsi proprio in quei casi.
Strillare, significava essere vivi. Smettere di gridare...significava il peggio.
E il peggio era accaduto.
Beatrix Vaughn si rovesciò sulle ginocchia, vomitando tutto ciò che la stomacava.
Acida saliva le copriva le labbra spaccate, insieme al sangue e...
Kronos Leoninus rise di lei, richiudendosi la cintura e gettandola sdraiata a terra, con un forte calcio al ventre.
- Grazie del servizio, Mirabel.-
Si morse le labbra da sola. Gli occhi offuscati da lacrime di bruciante umiliazione.
- Te l'avevo detto che sarebbe finita così.- e rise di più, allontanandosi da lei di qualche passo, raggiungendo sua moglie, che stava ancora seduta a capo riverso, su quella sedia a cui era stata legata.
Il livello del suo sangue era salito ancora, dentro al secchio.
- Hai dato una buona lezione alla mia consorte.- soffiò con tono untuoso, afferrando le bionde ciocche di Viola Leoninus, tirandole indietro il capo con violenza malcelata - Sai, si rifiuta di fare il suo dovere...è talmente buona a nulla che non riesce a darmi neanche un figlio...e fa finta di essere svenuta...-
Gli occhi color tramonto della Rosencratz si spalancarono di colpo. L'aveva scoperta.
Con la rapidità di un felino, lasciò andare la testa verso la spalla, dove Kronos ancora la teneva. Con rabbia affondò i denti nella sua mano, strappandogli un grido di collera.
Incassò il pugno in pieno viso, limitandosi a sputare un molare con stoico orgoglio.
- Puttana.- sibilò Kronos, scostandosi da lei - Sei solo una puttana Viola.-
- E tu per ottenere certe cose...- sussurrò la bionda vampira con tono di sussiego, come se non fosse in fin di vita -...devi legarle le donne. E costringerle con la forza. Perché non ci riusciresti in un altro modo.-
Non finì di dirlo che ricevette un altro duro colpo al viso, poi alla nuca.
La sedia si rovesciò, finendo in pezzi sul pavimento. Con le mani dietro alla schiena, la Rosencratz si ritrovò con la faccia in giù, sul freddo pavimento di roccia. Come Beatrix, poco più in là. Le due donne si guardarono. Un breve istante.
E poi tutto ricominciò da capo.


Certi bambini hanno paura del buio.
Altri hanno paura di restare soli, al buio.
Altri ancora...non temono il buio. Ma ciò che si annida in esso.
Ciò che si annida...in loro stessi.
Solo i prigionieri lo sanno. E' qualcosa che si impara stando in prigione.
A volte, oltre le sbarre, le fissi abbastanza a lungo, riesci a vedere il mondo.
Vedi campi. Prati innevati. Papaveri rossi, mossi dal vento.
Vedi la pioggia che cade su grandi città grigie, di vetro e metallo.
Vada cavalli che corrono in cielo. Fulmini che li inseguono...e non li raggiungono.
Perché la gabbia ti porta via ogni cosa. Ma se rimani prigioniero abbastanza a lungo da far morire la parte più lucida della tua mente, riesci a drogarti dei tuoi stessi pensieri. Diventi un drogato di follia.
Impazzisci, ne sei felice.
Perché quella droga non finisce mai.
La pazzia stessa, non finisce. Perché non fa che abbracciarti stretto la notte, cullandoti.
Ti chiuse gli occhi sbarrati che non riesci a spegnere, se non cavandoteli.
"Sono qui..."
Damon Michael Howthorne era passato per tante gabbie. Però non ne aveva mai provata una simile.
Stava seduto accanto a Thomas Maximilian Riddle. Gli parlava. Sapeva che non poteva sentirlo.
Ma sperava con tutto il cuore che percepisse la sua presenza.
Non c'era un adulto di ventisei anni in quella bara di terra. Ma un bambino di otto anni, terrorizzato a morte.
Rannicchiato su se stesso, la testa nascosta fra le ginocchia e sotto le braccia, messe a protezione.
Quando aveva smesso di tremare, era iniziato il respiro affaticato.
La crisi di panico era stata violenta.
Seguita da strepiti, angoscia allo stato puro.
E quella poi...che non la smetteva di tormentarlo.
Si, quello era l'inferno...
- Nessuno verrà a salvarti...-
Cos'avrebbe dato per riavere il suo corpo. La sua forza.
Si alzò e si attaccò alle sbarre, sopra la loro testa da cui non filtrava che un debole raggio di luce.
- Nessuno verrà...piccolino...rimarrai lì per sempre...-
Ora conosceva la collera. Quella vera.
Miranda Grimaldentis stava facendo il perverso gioco che l'avrebbe portata alla tomba stavolta.
Non ci sarebbe stato il fato, neanche il diavolo in persona a salvarla da lui.
"Sono qui, Tom..."
- Ti dimenticheranno...Harry Potter non verrà da te...ti odia...tu sei il male incarnato...-
Non è vero.
- Non sei degno di vivere...-
Non è vero.
- Saresti dovuto morire tempo fa.-
Non è vero.
Lasciami in pace. Liberami da questa tortura...
Lasciami...morire in pace.
- Tu non dovresti vivere...e tutti ti dimenticheranno...nessuno ti può salvare...nessuno lo vuole...-
- Tom!-
Quell'urlo parve squarciare il buio. Per un istante solo.
E Riddle smise di tremare.
Ah, se solo Miranda Grimaldentis avesse sentito la risata di Damon.
A urlare era stata Claire.
- Tom dannazione! Mi senti?! Sono ancora qui!-
"La pagherai, maledetta..." sibilò il Legimors, rivoltato dal viso della figlia di Mezzafaccia "Prima o poi troverai qualcuno che ti farà bruciare all'inferno da cui provieni!"
Seguì un silenzio gelido. La stizza dell'Illuminata invadeva tutta la stanza.
Miranda si girò, avvolta nel suo logoro mantello dopo aver dato un colpo secco alle sbarre. Tanto da farle vibrare.
- Presto non avrai più fiato per urlare.- sindacò, rivolta verso la vasca del Lazzaro che le stava alle spalle, incassata in un pavimento di mattonelle chiare, quasi opache - Risparmia il fiato. Riddle sta per finire il suo.-
- Sei tu che dovresti risparmiarlo.- le disse Cloe, ancora con l'acqua alla gola. Deglutì, si rizzò sulle punte con fatica per non ingoiare altro Lazzaro - Verranno a cercarci.-
- Hn, non avete più speranze.- replicò l'altra, andando a sedersi su un trono di basso materiale calcareo - Come credi potranno entrare, anche volendo, qui dentro? Qui non funziona nessuna magia, se non la mia. Ovvero quella degli Zaratrox.-
- Hermione.- le ricordò allora Claire, trionfante.
- Lei troverà un modo!- sbottò anche Neely, che sembrava diventata un leone, dopo aver abbandonato il suo sguardo terreo - Non sei l'unica ad avere il cervello per fregare le persone!-
- Continuare pure a prendere tempo.- sbuffò Miranda, tirando una corda di velluto appesa accanto al suo trono - Ma vi avviso signorine. Ho i miei piani e se una di voi due prova a dire Craig chi sono...ohoh, neanche i vostri viscidi pargoli riusciranno a salvarvi stavolta. O forse preferite che sistemi prima il Legimors?-
Mentre le due streghe ghiacciavano, per l'eventualità che al colpo di Damon potesse venire torto un capello in quelle condizioni, la porta si spalancò. Entrarono una serie di Mangiamorte, tutti coperti da maschere.
Cletus Hurt invece non la portava. Al suo fianco poi...qualcuno che fece spalancare la bocca anche a Damon.
In livrea dorata, portandosi dietro un pesante lezzo degli incensi usati da Duncan al Ministero, Boris seguiva Hurt con testa bassa, come uno scarafaggio dietro a un branco di faine.
- Tu sei...- allibì Cloe - Tu lavori al Ministero!-
- Posate il corpo del Lettore di Morte qui.- ordinò Miranda, indicando un altare di pietra lungo due metri e largo uno e mezzo - E tirate fuori il Lord Oscuro dalla sua gabbia, poi sistematelo nel Lazzaro.- e fissò Hurt, ignorando lo sbigottimento delle ragazze - Cletus, deve essere sano perché io inizi il rito. La ferita che gli è stata causata, potrebbe tenerlo in contatto con la realtà.-
- Certo, Miss Brockway.- eseguì quello, sistemando il corpo di Howthorne sull'altare con poca delicatezza.
- Mi avete portati i Poli Negativi?-
- Ecco.- Cletus Hurt le mise fra le mani un cofanetto d'ebano, su cui erano incise a fuoco delle scritte latine - Ma non vedo a cosa possano servirvi. A quanto ho letto, il nostro Signore ne è immune.-
- Vedrai, amico mio.- rispose quella mentitrice, sorridendo per tanta ingenuità - Stavolta funzionerà. Farò leva sui suoi ricordi. E annullerò la magia che gli è stata fatta in fasce. Lui è il nuovo Lord Oscuro. Non permetterò che resti com'è ora. Sarebbe un sacrilegio.- e intanto, tre Mangiamorte tiravano fuori Tom dalla sua gabbia, senza neanche sforzi eccessivi. Lo trattavano con delicatezza assurda, date le circostanze e il luogo.
Lui non muoveva un muscolo per ribellarsi.
I capillari rotti nei suoi splendidi occhi, tradivano un principio d'isteria.
Si lasciò andare nel Lazzaro, chiudendo le palpebre. Non si avvicinò a Cloe o Neely.
Rimase fermo. Lasciò che l'acqua lenisse le sue ferite.
- Basterà un'ora.- disse Miranda agli altri - Quella fonte è la più pura che abbia mai trovato. Così il vostro Lord Oscuro sarà giovane per sempre.-
- Il nostro?- una voce rauca la colse alle spalle - Vorrai dire anche il tuo, spero, Halley.-
- Certo Craig.- rispose la Grimaldentis, parlando con tono lezioso - Era ora che tornassi. Com'è andata la caccia?-
Badomen neanche le rispose. Passò sdegnosamente di fronte alla Montgomery e alla King, per piegarsi sul bordo della vasca. Chino, carezzò con riverenza il capo a Riddle.
Poi si ritrasse, pensoso.
- Non so se mi va quello che gli stai facendo, Halley.-
- Vuoi che torni a essere quello che è nato per diventare, vero Craig?-
Quello serrò i denti giallastri - Ovviamente.-
- E allora lasciami fare. Comincerò il rito fra un'ora. Preparo i poli. Intanto, se ti vuoi divertire, vai a prendere Degona Mckay. Mi serve la sorella del nostro amato Signore se voglio toccare le corde più profonde del suo cuore e farlo tornare alla sua antica potenza.-
Badomen non parve convinto, ma non fece commenti.
Si rialzò, sbirciò il cofanetto di Miranda e sollevò gli occhi bui su di lei.
- Come farai?-
- Riaccenderò la sua anima nera.-
- Attraverso i ricordi?-
- E i peccati. Anche lui ne avrà.-
- Toccalo e ti uccido!- urlò Claire, dimenandosi nell'acqua - Maledizione, non la passerai liscia questa volta!-
- Sta zitta.- rispose pigramente l'Illuminata - Forza Craig, vammi a prendere quella mocciosa. Abbiamo un'ora per farla parlare.- e gli indicò una strana meridiana, stampata proprio sul soffitto. Non c'era abbastanza luce per creare l'ombra della bacchetta, eppure c'era...più densa delle loro.
- Dopo di che...- sorrise, il suo orrido volto divenne una vera maschera grottesca -...il Lord Oscuro tornerà a essere tale.-
Il fatto era che i Mangiamorte non sapevano la verità.
Con Damon in ostaggio, Cloe non poteva parlare.
Non poteva rivelare che Tom sarebbe morto, dopo quel rito.
Lei l'avrebbe rovinato. L'avrebbe ucciso.
E avevano solo un'ora di tempo...solo un'ora...

 

 

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Capitolo 44
*** Capitolo 44° ***


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Il Lazzaro leniva.
Carezzava la pelle. Risanava le ferite.
Cullava in un bozzolo di acqua tiepida, quasi ipnotica.
Gli sembrava di esservi ancora immerso...continuava a sentire la pelle bagnata, i vestiti zuppi.
Le gocce, simili a lapislazzuli, che gli scivolavano lungo il collo.
Ora non c'era più dolore.
La schiena aveva smesso di trapassarlo crudelmente, istante dopo istante.
Se da una parte quel Lazzaro l'aveva fatto godere di quelle liete sensazioni...dall'altra, gli stava intorpidendo il cuore e la mente. Specialmente l'animo.
Oltre le palpebre chiuse, Thomas Maximilian Riddle vedeva un milione di luci.
Uno scoppio di fuochi d'artificio senza fine, sullo sfondo delle notti più nere.
Ma oltre le sue palpebre...quasi non riusciva più a sentire le voci.
Il tatto svaniva.
Anche l'olfatto.
Aveva solo sentito, poco prima, l'abbandono del corpo al Lazzaro...e poi la fredda roccia, contro la schiena.
Era stato adagiato su un altare.
E poi...sentiva qualcosa di soffice e bagnato sfiorargli la pelle del ventre, a causa della camicia aperta sopra l'ombelico.
Erano...i capelli di Damon.
Aveva la testa del suo migliore amico, contro l'addome.
Lo vide attraverso un debole spiraglio, da sotto le ciglia bagnate.
Anche il Legimors era stato immerso nell'acqua.
Ma lui dormiva per altri motivi...perchè? Perché non si svegliava?
Avrebbero finito per dormire entrambi forse...per sempre.
Ma poi, Tom ricordò perché a lui il sonno sereno, quello del perdono, era precluso.
A causa sua.
A causa del sangue.
Quello dei Riddle.
Lei poi, era ancora lì.
Miranda Grimaldentis.
Non l'aveva mai scordata. Come non aveva mai scordato suo padre, le prigioni...
Uno passa una vita a scappare...e tutto, lentamente, ti riporta al punto di partenza.
Non sai perché, non ne capisci il motivo...ma sei di nuovo da capo.
Con le tue paure, le tue insicurezze...e quella voglia di gridare, di piangere e andare a nasconderti, che non ti abbandona.
La gabbia.
Si, per Tom era quella la più grande paura.
Le sbarre, che tolgono il respiro, nonostante facciano passare l'aria che alla fine strozza ogni emozione.
Gli occhi ingialliscono. Diventano ciechi.
Perché oltre non riescono più a vedere.
E una cosa sola, rimane.
La follia. Tua bieca compagna.
Che ti sorride all'orecchio. E ti sussurra che non sarà mai finita.
Che sarà per sempre la tua compagna.

Qualcuno lo accarezzò improvvisamente.
Una mano piccola...dalla sagoma ruvida. Quasi nodosa.
- Lo so che sei ancora sveglio, Lord Oscuro...-
Anche quella donna era in gabbia, pensò fugacemente, aprendo gli occhi per fissare quel volto deturpato.
Si. Miranda Grimaldentis era imprigionata nel suo stesso corpo.
Insieme al diavolo che le torturava la mente.
Poverina...
- Riposati, ora che puoi.- gli sussurrò, piegandosi a un dito dalla sua bocca, alitandogli addosso un fiato caldo, profumato alla lavanda - Perché fra poco sarà tutto finito. Per te, per i tuoi amici. Tu stesso porrai fine alla tua...e alle loro vite, Thomas Riddle. Finalmente potrò finire ciò che mio padre ha iniziato!-
Il passato torna sempre.
Era inutile. Del tutto inutile.
Rovesciò la testa all'indietro, già adagiata sul bordo dell'altare. Prima di tornare ad assopirsi, vide il soffitto scrostato, che un tempo era stato coperto di importanti affreschi.
Ricordava.
Ricordava gli affreschi dei Sotterranei degli Zaratrox.
Bene e Male. L'Equilibrio.
Che equivaleva la vita di tanta gente innocente.
Improvvisamente gli tornò alla mente ciò che suo padre gli aveva detto una volta.
"Non esisterà mai l'equilibrio, Thomas. Solo gl'ingenui ci credono. La via più facile...è quella più frequentata."
E tutti loro sapevano bene che la via più facile...era lastricata di cadaveri.
Lui e suo padre ci avevano camminato, su quei morti.
Riusciva a vedersi accanto a lui. Accanto a Voldemort, che continuava il suo cammino solitario, senza guardare in faccia a nessuno. Ma, piano piano, suo padre lo lasciava indietro.
Non riusciva a seguirlo...non stava al suo passo.
Veniva abbandonato.
Su quella strada coperta di facce...
Si girò. Vide Lucilla. Era lontana.
Anche lei si allontanava, prendendo una via diversa.
Inutile chiamarla. Inutile supplicarla o correrle dietro.
Era scomparsa. Insieme a suo padre.
Non c'era più nessuno...ma tutte le facce dei defunti sotto di lui, annegati ne loro sangue, continuavano a fissarlo.
Avessero avuto braccia e mani...l'avrebbero additato, ne era sicuro.
"Piccolo mio...il mio bambino..."
Due braccia alla fine l'avevano stretto. Di spalle, per la vita.
Ma quella...non era la voce di sua madre.
Non era Lucilla...era...
Sgomento, sentì l'acqua mancargli. Dita grifagne e scheletriche che lo serravano alla giugulare.
Bellatrix Lestrange era apparsa a portargli via la vita.
"Ora verrai con me...piccolo mio...e staremo insieme per sempre..."
Riaprì gli occhi di scatto, colpito da una violenta scossa. La schiena e i muscoli di gambe e braccia sembravano pronti a tendersi fino a spaccarsi miseramente.
Col cuore in gola, si ritrovò di nuovo sull'altare.
Non sapeva per quanto tempo, ma doveva essersi sopito.
Girò appena il capo, le palpebre che lottavano per chiudersi di nuovo.
Miranda doveva avergli dato un pesante sedativo, per questo si aggirava tranquilla per la sala di pietra, dandogli le spalle, continuando a parlare coi Mangiamorte.
Badomen era andato via...Cloe e Neely, notò, ancora nella gabbia a terra, saldamente cementata al pavimento.
Si chiese labilmente come avrebbero potuto uscirne.
- Bene, siamo quasi pronti.-
La voce della Grimaldentis lo scosse di nuovo. Si era avvicinata all'altare.
Ma prima di fissare lui con astio, stava fissando il corpo esamine di Damon.
Non fosse stato legato per i polsi sopra la testa, l'avrebbe strangolata. Se solo osava fargli qualcosa in quello stato...
- Miss Brockway, che ne faremo del Legimors?- chiese Cletus Hurt, quasi leggendogli nel pensiero.
Miranda si strinse nelle spalle - Abbiamo molte celle. Gli piacerà l'eternità qui dentro.-
- Ma forse il Padrone lo vorrà accanto a lui.- obiettò il Mangiamorte, contrito - Il Lord Oscuro gli è affezionato.-
- Perché è ancora sotto l'Incanto che gli ha scagliato Lady Lancaster.- mentì di nuovo abilmente l'Illuminata, con tono basso e falsamente rammaricato - Quella donna ha rovinato il nostro Lord...suo padre si starà rivoltando nella tomba.-
- A noi qua si rivolta lo stomaco.- s'intromise Cloe, in sottofondo - ...Dovresti fare teatro, sai?-
Prima che Miranda potesse uscirsene con qualche minaccia, rientrò Badomen con un diavolo per capello.
Sembrava molto seccato, decisamente di umore molto peggiore di quanto era rientrato a Riddle House mezz'ora prima. Con lui, trascinava rudemente per un braccio Degona. Pallida, smunta, con occhi spiritati.
Ora più che mai, assomigliava a sua madre.
Insieme a Badomen, tre vampiri di Kronos e la moglie di Hurt.
- Signorina Mckay, benvenuta.- l'accolse Miranda, scoccandole uno sguardo di pura avvisaglia da sotto il cappuccio - Ho pensato che ti saresti sentita più a tuo agio insieme a tuo fratello...che nelle celle con sporchi mezzi demoni e traditori.- poi la donna guardò Badomen - Che t'è successo Craig?-
- Crenshaw dà problemi.- rispose la moglie di Hurt per lui - E' mezzo demone, Miss Brockway. Non riusciamo a piegarlo. Sono più di cinque ore che è qui, ma sta bene come quando è arrivato. Le ferite da lama non servono. Guarisce troppo in fretta.-
Miranda sorrise. E Degona gelò, sentendosi tremare.
- Interessante.- sussurrò l'Illuminata, afferrando una ciocca dei boccoli di Degona - Interessante dono, il vostro sangue misto vero?- e si avvicinò al suo orecchio - Il vostro essere aborti di male, non v'impedisce di rigenerarvi nel male stesso. Per quelli come voi, è gioia perpetua. Non sapete e non vi accorgete di essere le iene di questo mondo neanche alla fine dei vostri miserevoli giorni. E tu...- abbassò la voce, disgustandola -...e tu sei come lui. Come il tuo amico. Tu sei feccia...sei nata nel male...e brucerai. Oh, se brucerai. Non c'è spazio per quelli come te. Se non nel fango.-
Anche il Diavolo in persona è oltraggiato dalla vostra esistenza.
Non siete degni di vivere...
- ...E lo troverò un modo per sistemarvi.- finì, scostandosi - Siete così resistenti, che invogliate anche l'animo più umile a torturarvi per anni interi. E vedrai...riuscirò a inventarmi qualcosa per farti cavare gli occhi per tale la forza del tuo pianto, bambina. Ho sistemato tutti i vostri poteri attivi. Qui, di magia, funziona solo la mia. Forse puoi ancora sentire, con la tua ridicola empatia. Ma non puoi più ordinarmi nulla. Forse il Legimors potrà ancora avere visioni, qui sotto. Ma non gli serviranno. Perché senza poteri attivi, voi non siete nulla. Quindi, se ora vuoi risparmiarti la visione di tuo fratello e del tuo amico piegati al mio cospetto...dimmi cosa voglio sapere. O ciò che hai subito finora, non sarà niente in confronto a ciò che ho in mente per voi tutti.-
- Dena devi stare zitta!- urlò Neely, attaccandosi alle sbarre - Se apri bocca ucciderà Tom!-
- E se non parli...ammazzerò il Legimors!- gridò a sua volta Miranda - Chi vale di più? Tuo fratello? E se è così...vuoi vivere con questo sulla coscienza!?-
Degona socchiuse gli occhi, il suo corpo che non smetteva di vibrare.
Squassato dai sentimenti. Dal terrore...e dalla repressione.
Quella donna...quella donna stava liberando ciò che lei per anni aveva disperatamente tentato di tenere in gabbia.
Nascosto sotto cumuli di catene.
- Dicci cosa bisogna fare per far tornare il Lord Oscuro.- le ingiunse anche Badomen, serrando la presa al suo braccio tanto da farle male - Diccelo. E sarà tutto finito.-
- Dena no!- strillò Cloe - Per favore, sta zitta! Non dirgli niente!-
Cosa piega un uomo?
La paura? La disperazione?
O la verità?
Dura e implacabile, che non può cambiare. Che non mente, che ti ride in faccia...più leale e crudele di tutte...
La paura non uccide.
La verità si.
E fra i due mali...meglio scegliere quello minore.
- La gabbia.-
Perdonami fratellino...ma se ti voglio salvare...posso fare solo questo...
- La gabbia.- ribatté, fissando Miranda in volto - Lo sai cosa teme. Io non ti servo.-
- E basta questo?- ringhiò Badomen - Che sciocchezze!-
- No.- lo bloccò l'Illuminata - No, Craig. La paura è un incentivo per liberare i sentimenti più nascosti anche nel più forte degli uomini. Forse così funzionerà.- e dicendo questo, schioccò le dita della mano nodosa e ustionata.
Il cofanetto d'ebano si alzò dal trono, con la telecinesi, e si depositò fra le sue mani.
Quando lo aprì di fronte a Degona, l'empatica sbattè le ciglia più volte.
- Poli Negativi.- mormorò, sgranando le iridi di giada - Perché?-
- Non sono semplici Poli.- ridacchiò la Grimaldentis, dandole le spalle e raggiungendo l'altare, dove Tom, con la fronte imperlata di sudore, lottava per stare sveglio - Questi Poli succhiano ogni ricordo e lo mutano, lo plagiano, la trasformano. Cercano i ricordi più profondi nell'animo di un uomo...e ne fanno un falò. Mostrano peccati, li amplificano. Sono un concentrato di malvagità. Quella che tua madre tolse a tuo fratello quando era in fasce.-
Degona si guardò bene dal replicare.
Perché ora avrebbe voluto strillare fino a perdere la voce.
Quei Poli...piccole mezze sfere di rame, dentro cui erano incastonati globi di alabastro bianco.
Li aveva già visti sui libri di sua madre. Sapeva che portavano alla pazzia.
Che tramutavano chiunque in un assassino.
Cos'avrebbero fatto a un puro di cuore?
Due mezze sfere di rame vennero poggiate sulle tempie di Tom.
La terza, sul cuore.
Vi s'incollarono come insetti. Come parassiti. E subito, facendo arcuare la schiena a Riddle, a occhi spalancati, iniziarono il loro sporco lavoro.
Sporcare il bene assoluto.


- Di qua ci siamo già passati.-
Faith Potter iniziò a spazientirsi, girandosi inferocita verso il fratello maggiore.
- Come fai a dirlo?-
Lucas Potter, maestro di pazienza e supponenza, le indicò la carta appallottolata di gomma da masticare che stava a un metro e mezzo da loro, in un angioletto buio e puzzolente. Il Phyro non aveva trovato niente di meglio che disseminare carte di gomme alla fragola, tanto per non perdersi, e così ora in bocca aveva una palla di gomma di proporzioni cosmiche, più una Veggente sulle spalle...e il dichiarato scopo di urlare.
Perché si stava annoiando e si erano persi.
Sargas, pure lui poveretto, iniziava a stancarsi. Non sapeva più dove andare e voleva il suo papà.
In poche parole si erano persi.
- E adesso che si fa?- sospirò Faith, carezzando distrattamente la testolina di Cosmo - Io ho anche fame. E sonno. Ma che ore sono?-
- Le due.- brontolò suo fratello, spiando l'orologio fosforescente al polso - Se torniamo a casa in tempo, riusciamo a vederci l'Ape Maia alle sei.-
- A quest'ora dovremmo essere a letto da un pezzo, sai?-
- Se ne trovi uno qui in giro...-
- Ahhh...- piagnucolò Faith, buttandosi a sedere contro una parete - Uffa! Voglio la mamma!-
- E io una pizza.- rispose Lucas, molto prosaicamente - Ehi Casper, sei capace a farci apparire da mangiare?-
- E' un bambino!- sbottò la sorella.
- E allora? E' un fantasma! E' morto, sai che roba!-
Sargas, attraverso le lenti che il Phyro si era rimesso, inclinò il capo. Morto? Fantasma?
Stava per negare con la solita fissazione, ma Lucas si era buttato a sedere insieme a Faith, poggiandosi Glory sulle ginocchia. Guardando la sorellina, Sargas storse il naso, poco convinto che dormisse per davvero.
In fondo aveva gli occhi mezzi aperti...
Allungò la mano e le diede uno scossone, attirandosi così le prediche di Lucas.
- Ma insomma, la lasci in pace? Ma che ti ha fatto?-
Mettendo il broncio, Sargas gli disse qualcosa, ma ovviamente il maghetto non sentì nulla.
Si stancò presto di quel tira e molla fra lui e Glory, anche perché la Malfoy stava sognando da più di due ore.
Erano esausti, avevano sonno e fame, inoltre accucciarsi in quel posto era molto poco igienico.
Avevano già visto passare una ventina di topi lunghi almeno mezzo metro e oltre agli strilli di Faith, che temeva ci fossero anche i coccodrilli a spasso per quelle fogne, Lucas iniziava anche a pensare che quei continui terremoti avrebbero finito per seppellirli lì sotto.
Fantastico.
Stecchiti i figli di Harry Potter in una fogna.
Bella roba da leggere sui giornali.
Facendo un pallone gigante con la gomma, mise in moto il cervellino bacato che possedeva. Allora, che poteva fare per tirarli tutti fuori? Incendiare tutto? Magari le fiamme sarebbero state viste da qualcuno che sarebbe venuto a prenderli.
Mettersi a urlare? E se in quelle fogne avessero abitato dei demoni?
Peggio che andar di notte! No, no! Urgeva trovare una via d'uscita.
Uno spiraglio di luce, anche un buco nel muro! Tutto, ma non restare lì dentro!
Il pallone gli esplose, quando vide Sargas balzare in piedi con un sorriso. Si girò, seguendo il piccolo Malfoy, e scattando a molla, il Phyro vide un altro fantasma. A cui Sargas faceva le feste.
Una donna. Una ragazza, diciamo. Grande come Degona.
- Abbiamo compagnia.- disse a Faith - C'è un altro fantasma.-
- E chi è?- s'interessò la sorellina, stupendosi del fatto che Cosmo si fosse rimesso a cantare allegramente.
- Una ragazza.-
Si, era Nora. Che dopo non aver più trovato Damon, aveva pensato bene che l'unico posto dove andarlo a cercare fosse Riddle House. Anche lei da ore girava come una matta e aver trovato Sargas in compagnia dei bambini, l'aveva rasserenata solo per poco. Che diavolo ci facevano lì?
Almeno il maschietto la vedeva, pensò, con quegli strani occhiali.
Gli sorrise, incoraggiante, cosa che lasciò Lucas comunque sulle sue, e si fece spiegare da Sargas cosa stesse succedendo.
"Hanno catturato tutti." Malfoy Junior parlò concitatamente "E Damon mi ha fatto promettere di portare qualcuno a salvarli!"
"E ti sei portato dietro dei bambini?" allibì Nora.
"Guarda che Lucas è forte, sai?"
I pargoli avevano uno strano concetto di promessa e forza. E aiuto, specialmente.
Mamma mia.
Lucas notò la ragazza mentre si metteva disperatamente le mani nei capelli.
Erano a cavallo. Era pazza anche lei, come Casper.
Se non altro Glory, grazie a Merlino, iniziava a dare segni di vita. Chi glielo diceva poi a Draco che l'avevano fatta secca Casper e Cosmo?
Aprì lentamente gli occhi, come se avesse dormito realmente, e si guardò attorno per qualche secondo.
La smorfia che seguì, visto la puzza di muffa e chiuso, e il fatto che fossero seduti a terra, testimoniava che la spocchiosetta stava benissimo.
- Dove siamo?- mugugnò, scostandosi i capelli biondissimi dal viso.
- Lo sapessimo...- bofonchiò Lucas - Come va? Visto qualcosa di allegro almeno?-
- Visto cosa?- riecheggiò la biondina, guardandolo come un alieno.
- No, aspetta...non dirmi che dormivi, accidenti a te!-
- Certo che si.- Glory fissò, incurante della sua aria oltraggiata, gli occhiali dalle lenti rosse - Ho solo visto Tom, dobbiamo levargli di dosso dei cosi che non lo fanno stare bene e... quelli di chi sono, scusa?-
- Di Tom. Tieni, così puoi vedere Casper e la sua amica.-
Senza sentire storie, il Phyro le cacciò gli occhiali sul naso, anche perché ne aveva basta di farsi guardare dalla Malfoy come un povero cerebroleso.
La bambina, dopo aver prestato sufficiente attenzione ai dintorni che attraverso le lenti erano ancora più tetri e orripilanti, si girò finalmente. Nora le sorrise, paziente, alzando la mano e posandogliela sul capo.
Sentendone la pressione, Glory si sentì meglio, anche perché pensava che quegli occhiali fossero dei gran bugiardi.
E poi...vide Sargas.
Un secondo. Una sola frazione di secondo.
E si voltò di nuovo. Rigida come una scopa.
- Ce ne andiamo o no?- sbottò all'improvviso, con espressione troppo seria.
- Hai visto i fantasmi?- celiò invece Lucas - Il tuo amico è un bambino! Ci ha portato lui qui!-
- Chissene frega.- gli ringhiò, diventando quasi isterica - Lucas, voglio andare via! Trovami un'uscita!-
- Ok, ok...mamma mia, che roba!-
- La finite o no?- s'intromise Faith, mentre Sargas metteva un altro broncio lunghissimo per come sua sorella non gli avesse neanche sorriso - Lucas, chiedi alla signora se sa dove c'è un'uscita.-
- Credo che senta...e sta facendo segno di no. Vai, che allegria...-
- E adesso che succede?- urlò Glory, aggrappandosi a una colonna all'ennesimo terremoto.
Nel corridoio si riversò una dose incredibile di polvere e stucco, crollò metà del soffitto e una frana riversò addosso al gruppetto rocce e sedimenti. Fra strilla e il rombo del crollo, Lucas perse nella nebbia la mano della sorella e di Glory.
Prese anche un colpo in testa...e quando si riebbe, qualche minuto più tardi, sentiva il collo bagnato.
Si sedette, toccandosi la nuca. Aveva le dita sporche di sangue.
- Perfetto.- sibilò, con gli occhiali sbilenchi - Ragazze, come...-
Silenzio.
Era da solo. Con Casper.
Ecco, appunto. Sargas lo puntava con le braccia incrociate, tipo generale nazista.
Erano rimasti separati da Nora, Faith e Glory.
Adesso si che erano grane vere...
Un Potter e Malfoy, insieme. Da soli.
Minorenni...e col cervello raso infanzia.
Cosa poteva chiedere di più un Mangiamorte?


E cosa poteva chiedere di più un padre apprensivo, sull'orlo di una crisi isterica per la sua adorata, stravenerata bambina se non che anche sua moglie se ne andasse tranquillamente incontro al pericolo?
Si, Draco Lucius Malfoy, alla trentesima sigaretta della nottata, iniziava seriamente a sentire di nuovo i classici e antipatici crampi allo stomaco che l'avevano tormentato da adolescente.
Il terrore. L'ansia.
Era una condanna, pensò. Era il suo fottuto destino, quello di morire di crepacuore per una donna.
Anzi, due donne.
Sua moglie, legata da indissolubile amicizia con un Potter...
E sua figlia, legata da indissolubile sfiga a un altro Potter.
Chi dei due però, fosse il più pericoloso, Draco questo non lo sapeva.
Scrutava il cielo, fiutava l'aria...aveva come la sensazione che sotto di lui, sotto la terra che calpestava, scorresse un fiume nero come la pece.
Un qualcosa di maligno. Come se Voldemort, anni addietro, vi avesse incatenato un demone.
Un mostro orribile. Come la bestia della Stanza dei Segreti.
- Come siamo messi?- chiese, volgendosi alla sua sinistra.
Edward Dalton era appena uscito dalla tenda di Duncan, fra le labbra anche lui teneva una sigaretta non ancora accesa.
In fondo era solo un gesto riflesso.
Qualcosa per tenere le mani impegnate...fino a che le avrebbe avuto sul collo di Badomen e dei Mangiamorte.
- Stanno finendo di prepararsi.- rispose l'ex Corvonero, affiancandolo - Joan e Virginia seguiranno Hermione e Hacate a poca distanza.-
- Hanno preso le mie pozioni?-
- Hermione si, non ha fatto storie.- Dalton sogghignò brevemente - Pare che si fidi delle tue doti di alchimista.-
- Ci mancherebbe altro.- fu la rigida risposta.
Già, ci mancava solo che sua moglie cavillasse anche su eventuali contro-veleni che lui le aveva propinato a forza.
Si fidava poco di quelle piante assassine.
Blaise, che presto sarebbe giunto da Everland con altri Auror del turno di giorno, aveva mandato un resoconto dettagliato delle piante presenti nel giardino di Mary Riddle, dopo le foto inviategli dalle sue collaboratrici.
Piante innocue. Piante babbane.
Ma che sottoposte ad anatema, si erano trasformate in perfette killer a sangue freddo.
Il cadavere di Mary Riddle aveva creato un Nodo di Babele eccezionale.
Ora dovevano solo trovarlo. Anzi, sua moglie e Hacate dovevano trovarlo.
Ma se un demone come un Trilocus era dotato di velocità, poteri taumaturgici e un terzo occhio che poteva vedere anche il non visibile, Hermione Hargrave dalla sua aveva solo i poteri di Zaratrox.
Che non usava da quasi dieci anni.
Gettando, con stizza, il mozzicone a terra, Draco cercò di pensare ad altro.
- Come sta Ophelia?-
Ecco, domanda azzeccatissima.
Vide Edward serrare le mascelle e spezzare la sigaretta fra le dita.
Forse neanche se n'era accorto.
- Hai chiamato il San Mungo?- lo incalzò, infastidito dal vederlo così inerme.
- Per farmi dire cosa?- sibilò Dalton, nascondendo le iridi azzurre sotto le ciglia, come per difendersi da quella che sarebbe potuto diventare un'eventualità più che fondata - Al San Mungo sono solo dei macellai.-
- Non dire cazzate. Sono i migliori che abbiamo.-
- Bah, non sanno guarire una ferita da taglio su un mignolo.-
- Quindi non hai chiesto notizie di tua moglie da quattro ore, ormai.-
- Da quando ti preoccupi così per Ophelia?-
- Meno male che siamo all'aperto Dalton.- sibilò Draco gelidamente - Così posso spaccarti la faccia senza sporcare la tappezzeria.-
Edward rise.
Un risolino basso, roco, amaro.
Forse era il suo destino restare senza le donne più importanti della sua vita.
Ma lui non era come suo padre.
Non avrebbe retto alla morte di Ophelia.
No, non ce l'avrebbe fatta...
Neanche per i suoi figli.
E questo lo rendeva l'essere spregevole che già sentiva di essere.
Si sarebbe tramutato nel padre di Elettra, che un tempo aveva difeso.
Ecco perché l'aveva fatto.
Perché conosceva se stesso.
Con Elettra, non aveva voluto difendere Adam Baley e la sua deprecabile condotta.
Ma se stesso.
Debole, ignobile, miserabile.
Senza il suo amore, senza sua moglie.
Senza Ophelia.
Quando aveva tirato fuori sua moglie dalle macerie, aveva capito come sarebbe stato senza di lei.
Un limbo eterno.
Un oblio.
E i volti dei suoi figli...di Chris e Caroline...non c'erano più.
Pallidi, in confronto al volto amato di sua moglie.
Draco l'aveva detto, tanti anni prima.
Certe persone non meritano di poter allevare dei figli.
- Tu ci credi in Dio?-
Malfoy corrucciò la fronte, levandosi il cappuccio dalla testa.
Strana domanda...da uno come Dalton.
- Perché?-
- Ci credi?-
- Al momento no. Ma tempo fa si.-
- Quando?-
- La notte in cui è nata Glorya.-
Prima ancora che avesse finito di dirglielo, Edward stava già sorridendo.
Non si sarebbe aspettato una risposta diversa.
- Lo sapevo.-
- E tu ci credi?-
- Ci crederò se mi ascolterà.-
- Quelli come te si chiamano credenti della domenica.-
- Pazienza. Se esiste davvero, saprà perdonarmi. Se no...non è Dio. Ma il Diavolo e allora apprezzerà il mio essere un ateo convinto.-
Ridendo senza convinzione, Malfoy gli prese la sigaretta e diede un tiro.
- Chiama il San Mungo. Fatti dire qualcosa. Oppure vai da lei.-
- No.-
- Che Merlino non voglia...- un fulmine passeggero attraversò le iridi di Malfoy, rapido, veloce, quasi ferito -...ma se le capitasse davvero qualcosa...vorresti essere accanto a lei. E non qui.-
- Hermione mi andrebbe bene.-
La sigaretta cadde dalle dita di Draco, per finire a terra.
Ora, a occhi sbarrati, il biondo lo scrutava senza capire. Seguendo lo sguardo di Dalton, intercettò la tenda di Duncan.
- Di cosa diavolo parli?-
- Dovevo sposare Herm...- la voce di Edward uscì asettica, senza inflessioni - O una come lei.-
- Ti sei fottuto il cervello?- ringhiò allora il Principe di Serpeverde.
- No. Hermione si rimette sempre in piedi. Non dovrei preoccuparmi per lei.-
- Ti senti quando parli? Non ti dovresti preoccupare della Mezzosangue? Bastardo, mi è morta fra le braccia otto anni fa! Tu c'eri, Cristo!-
- Ma è tornata.-
Più lo fissava, più iniziava a vedere...il passato.
Draco ricordava quell'espressione incostante. Indifferente.
Non stava più neanche lottano per sopportare il dolore. Aveva detto addio ad Ophelia...e neanche era morta.
- Le persone non si posso proteggere in eterno. Non puoi metterle sotto una campana di vetro.-
Edward rise, riprendendosi la sua sigaretta.
Rise acidamente, con sprezzo.
- Perché no?-
- Efren ha esagerato coi sedativi.-
- Può darsi. Ma ora ho le cose ben chiare in mente.-
- Mandare tutto a puttane? E' questo che hai chiaro?-
- Tu sei un esperto del mandare tutto a puttane.- lo gelò Dalton, finendo la sigaretta con un tiro, gettandola via e poi facendola Evanescere - In fondo, me l'hai detto tu tempo fa. Che se ne fa un figlio di un padre che neanche lo vede?-
La follia arriva nei momenti peggiori. Passa...e porta via tutto quanto.
Ma è la disperazione a spingerla.
E' la disperazione che, infida, sussurra all'orecchio della follia.
La discussione sarebbe proseguita se un leggero tafferuglio nell'accampamento non avesse creato il panico.
Alcuni giovani Auror avevano tirato fuori le bacchette, urlando e intimando a qualcuno di presentarsi.
Certe gentilezze Draco non le capiva, anche se...bhè, alzare le armi su una bella donna è un imperdonabile atto di scortesia. Perché Denise Loderdail Cameron era ciò che più si avvicinava a una divinità, quella notte.
Scintillante, in un abito di lamé argenteo, si fece largo fra gli Auror senza guardare in faccia a nessuno.
Attirati dal trambusto, Harry e gli altri uscirono dalla tenda, fino a tirare un sospiro, vedendola.
- Meno male.- l'apostrofò Potter - Iniziavo a temere che non sareste più venuti.-
- Sono sola.-
Denise si piazzò di fronte a lui, luminescente come cristalli di luna - Tom?-
- Catturato.-
- Tristan?-
Alla domanda, il bambino sopravvissuto la guardò perplesso.
- Sparito anche lui.-
Denise, lentamente, girò il capo verso Riddle House.
- Sono lì.-
Non era un quesito. Ma un'affermazione.
- Cosa aspettate a entrare?-
- C'è un Nodo di Babele.- la informò Jeager, facendole un cenno col capo - Non si può passare.-
- Lo rompo io.- si propose la Loderdail.
- Il fulcro è sul cadavere di una babbana.- s'intromise Hermione, uscendo dalla tenda solo in quell'istante. Draco vide che si era cambiata con l'equipaggiamento datole dai Guardiani Notturni, indossando l'indumento essenziale per una scampagnata come quella: un corpetto di pelle, che nascondeva una cotta in maglia di metallo nanesco.
Denise, come prevedeva la strega dagli occhi d'oro, si fece improvvisamente rigida.
- Mi dispiace.- disse la demone.
- Come ti spiace?- riecheggiò Potter, senza capirci nulla.
- Io non disturbo i morti.- scandì categoricamente la Loderdail - Rompetelo, poi vi aiuterò. Ma...- e fissò Riddle House, con sguardo languido e limpido - No...non voglio infastidire il sonno di quella donna.-
- Tanto è già abbastanza infastidito.- commentò Hacate, apparendo dal buio - Hermione, io sono pronta.-
- Certo, mi mancano pochi attrezzi e arrivo!- fece energicamente la Grifoncina.
- C'è qualcun altro con Tom?- s'informò Denise.
- Tutti i suoi amici.- le disse Ron, che stava ripiegando accuratamente le cartine con la planimetria della valle - Sua sorella e a questo punto anche Tristan e Lucilla.-
- Cosa? Ma Lucilla è senza poteri!- sbottò la Loderdail.
- Ma che meraviglia, una buona notizia dietro l'altra.- sibilò Draco, mentre tutti gli Auror, sapendo che era cattivo auspicio, sputavano a terra in sincrono, provocando un baccano della malora - Qualcuno si muova, voglio mia figlia a casa per vedere alle sei l'Ape Maia, chiaro?-
- Malfoy, non darmi il tormento, ci sono anche i miei di figli, là dentro.-
- Zitto Sfregiato, quel mentecatto di Lucas si starà divertendo come un matto!-
- Tuo cugino no, però, Malferret. Quindi chiudi la bocca.-
- E parlando di figli...- brontolò Jeager abbastanza forte da farsi sentire solo da chi gli stava attorno - Ricordatevi che dobbiamo rispondere ai Greyback di Asher. Lalya non è una donna paziente.-
- Io me ne sbatto le palle, chiaro?- saltò su Draco - In quel covo di bastardi c'è mia figlia!-
Harry non fece in tempo a rispondergli male, con una vagonata d'imprecazioni visto come si stava alzando il livello di nervosismo lì attorno, che l'accampamento Auror fu attraversato da una serie inconsulta di esplosioni.
Caesar Noah Cameron era sempre stato una persona elegante.
Ma quella notte, dopo essersi preso buca, apparve fra le tende facendo scattare tutte le Nanomine piazzate dai Guardiani Notturni. Per un quarto d'ora regnò il panico e quasi spezzò il collo a una ventina di reclute deficienti, che non sapevano cosa fosse un demone impuro, figurarsi uno di stirpe, ma Potter andò a sottrarglieli dalle grinfie, giusto per permettere a Cameron di marciare come un nazista verso sua moglie. E piantarsi di fronte a lei.
Come una statua.
- Non eravamo neanche a metà del discorso!- tuonò inferocito.
Denise, anche se avrebbe voluto esultare, si limitò a studiare con pacatezza.
- Te l'avevo detto che volevo Tom e Tristan al sicuro.-
- E io ti avevo detto che di Mckay me ne sbatto i coglioni!- urlò di nuovo, facendo agitare un vento allucinante su tutta la vallata - Denise, maledizione! Torniamo subito a casa!- poi si distrasse praticamente subito, vedendo Hermione bardata in quel modo - Dove diavolo pensi di andare?-
La strega, ignorando la risposta che le premeva sulla lingua, stirò un sogghigno.
- A profanare una morta.- tubò - Ciao Chichi. Cos'è che avete lasciato a metà?-
- Vai in malora Hermione!- le ruggì, senza farle fare una piega - Allora, che succede?-
- Leiandros te l'aveva detto che Tom era in pericolo.- gli ricordò Denise con voce melensa.
- E parla anche da solo, ma non per questo tutto quello che dice ha un fondo di sanità mentale.- Cameron inspirò forte, fumando come una teiera sul fuoco - Allora Hermione...qual è il problema?-
- Un Nodo di Babele sul cadavere di una morta.- gli spiegò rapidamente Jeager - Inoltre Miranda Grimaldentis ha fatto in modo che sotto e sopra Riddle House funzionasse solo il potere dei Bilancieri.-
- E voi Auror volete infilarvi là sotto solo con le vostre spedine?-
- E con una fiaschetta.- celiò Edward, sarcasticamente.
- Ok, noi andiamo.- Hermione, già stufa, baciò il marito sulla guancia, lasciando lui e tutti gli altri di stucco, dopo di che s'incamminò con Hacate - Ci metteremo poco. Joan, Virginia...quando vedrete il mio segnale potrete entrare.-
- Aspetta un attimo...- la fermò Cameron, per poi rivolgersi alla moglie - Il Nodo è campo tuo! E' basato sui ricordi. Rompilo e falla finita!-
- Spiacente. Io non disturbo i defunti.-
- Sono babbani, chissene frega!-
- Lo sai, tesoro...- belò dolcemente Denise -...che più ti agiti e più energie consumi?-
- Abbiamo interrotto qualcosa?- abbozzò allora Harry, capendo finalmente perché Caesar era imbestialito.
- No.- disse la Loderdail.
- Si.- ringhiò invece il demone, praticamente in sincrono - Quanto cazzo ci vorrà?-
- Tutta la notte.- sospirò Potter, dandogli una pacca - Lascia stare, domani è un altro giorno.-
- Si, che serà, serà.- finì Draco, con tono cavernoso - Ma vaffanculo Sfregiato!-
Appurato che un uomo non sa cosa sia la finezza nei momenti di panico, Hermione e Hacate si erano tranquillamente avvicinate ai cancelli di Casa Riddle. La strega si sentiva benissimo, la Trilocus avvertiva una leggera nausea alla bocca del suo sacrosanto stomaco, ma essendo un demone, l'incantesimo di Miranda non le creava eccessiva debolezza.
Dalla collina, i Sensimaghi non le perdevano mai di vista.
Inoltre sopportavano i commentacci di Jeager e Draco, che sparlavano del fatto che avrebbero dovuto andare a riprenderle in barella.
Le solite sparate prive di fondamento, visto che cinque minuti dopo Hacate era saltata agilmente sul muretto di cinta del giardino di Mary Riddle, proprio su un pinnacolo appuntito.
La sua grazia sicura e leggiadra era un faro di luce anche con quel buio.
- Avrà un occhio in più, ma è grande quella lì.- sorrise Milo, spiando dal cannocchiale.
- Già.- cinguettò Zack Perlham - Io me la farei...-
Si zittì, mordendosi le labbra, sentendo il verso gutturale di Jeager che lo fucilava con un'occhiata.
Toccò a Malfoy qualche istante seguente, vedendo sua moglie levitare sul muretto e atterrare dolcemente.
Era protetta, pensò continuando a cercare un motivo per farla tornare indietro.
Aveva le protezioni dei Guardiani Notturni, i guanti, la cotta...i sieri contro una trentina di veleni.
- Diamo fuoco a quel fottuto giardino.- sibilò.
- Con sommo piacere.- gli rispose Duncan - Ma solo quando potremo avvicinarci.-
- Ti hanno detto qualcosa dal Ministero?- gli chiese Ron, distaccando lo sguardo dalle mura della villa.
- Mi ha risposto Wendy. Poco fa la squadra di Kinneas è andata a Wizard's Graveyard, a controllare la tomba di Orloff e quella di Miranda Grimaldentis. In effetti, in quella della figlia di Mezzafaccia c'è il corpo di un grasso bastardo.-
- Pozione Polisucco.- sbuffò Weasley - Dannazione, mi sembrava che fosse sempre attaccato alla bottiglia...ma pensavo fosse per la prigionia con gli Illuminati. Mai fidarsi di chi beve.-
- Capito Black?- frecciò Duncan.
Sirius, infatti, si stava scolando qualcosa, ma nessuno gli avrebbe creduto se avesse detto che era acqua, così si limitò a roteare in aria il dito medio, chiedendo implicitamente a tutti di farsi gli affari loro.
Lontano dall'accampamento intanto, Hermione imprecò a bassa voce e si ritirò di nuovo sul muretto.
Accidenti. La sua mente viaggiava velocissima, ma non era un demone e se Hacate poteva permettersi di sfuggire da una parte all'altra del giardino per non farsi stritolare da quei rampicanti ricolmi di spine appuntite, lei era troppo lenta. Aveva già rischiato accanto a un cespuglio di rose e anche cercando di bruciare alcuni rami, il fuoco si era spento.
Pareva che niente funzionasse su quella flora maledetta.
Né spada né magie.
Dovevano proprio trovare quel Nodo.
- Niente!- Hacate saltò accanto a lei, col fiato corto e il bel viso leggermente arrossato - Queste piante sono così intricate che neanche col mio occhio riesco a trapassare i loro strati. Hai qualche idea?-
- Si, devo trovare un modo per levarcele di torno il tempo sufficiente per farti dare un'occhiata...- le rispose, eliminando mentalmente anche la fontana coperta di rovi e roselline color bianco sporco che la Trilocus aveva controllato, rischiando veramente tanto, qualche istante prima - Ma il fuoco con queste non funziona. Sarebbe più facile Schiantarle, dannazione! Ti sei ferita?- la incalzò poi, vedendola succhiarsi il dorso della mano.
- Nulla.- Hacate aprì il terzo occhio, che illuminandosi rimarginò il graffio velocemente - Il mio potere, però, si sta indebolendo, lo sento. Non sono abbastanza forte per resistere ancora a lungo. Jeager ti sarebbe più utile.-
- E dargli questa soddisfazione?- rise la strega - Scordatelo.-
Rise anche la demone, che tornò alla sua ispezione restando appostata sul muretto diroccato.
Avevano controllato a est e a ovest del giardino, sotto antiche panchine di pietra, su un sentiero di ciottolato e marmo, ormai rovinato dalla pioggia, ai piedi di un gazebo macilento e buio...non restava il luogo che Hermione aveva sperato di non dover mai raggiungere.
Il luogo più velenoso del giardino.
Un roseto. Ispido, coperto di mille spine...
Una grande pianta, molto più alta del normale...le cui piccole rose rosse come sangue, parevano irradiare malignità.
- E' là.- sospirò.
- Si, lo temo anche io.- ammise Hacate, sedendosi comodamente accanto a lei - E adesso che si fa?-
- Mandiamoci Jeager.- propose allora Hermione.
Ridacchiando di nuovo alla faccia della controparte "virile" che stava a girarsi i pollici alle tende, le due personificazioni di Satana stavano unendo i cervelli per decurtare la flora di casa Riddle e poi profanare il povero corpo della nonna babbana di Voldemort. L'idea finale, dopo quella di radere al suolo la casa con un missile anticarro, fu quella mille volte più astuta di usare Hacate come esca, farla saltellare come un coniglietto per tutto il prato arboricolo, mentre Hermione, candida come la neve, andava a controllare il roseto e lo poteva alla radice.
Si. Questa era l'idea massima raggiunta dai cervelli migliori in circolazione.
Il coniglietto.
Roba da alzare le mani e dire "Io voglio farla finita!"
E roba che, se l'avessero saputo Draco e Jeager, sarebbe bastato a far venire a quei due i capelli bianchi.
Ma si sa, gli uomini non sanno cosa sia il dolore...hanno una bassa soglia di sopportazione e quando c'è da andare allo sbaraglio, lo fanno solo se sanno in anticipo che non si faranno male a un dito.
Hermione invece, negli anni dell'adolescenza e poi in Germania, aveva messo da parte il suo raziocinio, conscia che in certi casi...era inutile quanto la moralità fra le lenzuola.
Così, mentre Hacate attirava a sé la flora sotto maledizione, rischiando molto più dell'osso del collo, la strega scese in giardino e camminando fra l'erba alta che le si annodava attorno alle gambe, affaticandola notevolmente. Saltando sul sentiero composto da lastre di marmo, riuscì a levarsi di torno i cespugli più bassi, ma anche lì...non si sentiva per niente al sicuro. Avevano acceso delle fiaccole, pensando che in questo modo si sarebbero sentite più tranquille...illuse. Ora il fuoco produceva inquietanti zone di ombra.
Per un attimo la strega credette di sentire un verso animalesco fuoriuscire dal pozzo.
Le stava a fianco, ma lei doveva andare dritta al roseto...
Emanava quasi il fetore della morte. Come se un'ombra vaga fosse sospesa su quei fiori...
Era inquietante...e in effetti, disturbare il sonno dei morti non era saggio.
Era la prima cosa che gli Zaratrox le avevano insegnato. Mai disturbare il sonno dei defunti.
Però questa volta doveva farlo...le spiaceva, certo, quella babbana aveva già patito una morte orrenda e quasi mezzo secolo di sepoltura sconsacrata. Ma doveva. Doveva se voleva andare a riprendersi la sua bambina.
Fissò ancora il pozzo.
L'idea che Glorya fosse lì dentro, alla mercé di quei pazzi le faceva rivoltare lo stomaco.
Come si cambiava. Non era passato molto tempo dai giorni in combatteva i Mangiamorte a fianco di Harry...ma solo per se stessa. Per onore, orgoglio...giustizia. Pateticamente, per costruire un mondo migliore.
Ora rivoleva solo la sua bambina.
Con questo pensiero in testa, marciò dritta al roseto. Lo studiò velocemente, vedendo i suoi rami arcuati, vecchi e neri percepire la sua presenza. E iniziare subito ad agitarsi. Quelle spine parevano artigli antichi di lupo.
Povera donna...

- Hermione sta attenta!-
Alla voce di Hacate che l'avvisava del pericolo, la strega si girò di scatto. Con la coda dell'occhio vide solo un movimento rapidissimo, come una stella cadente. E poi venne scaraventata a terra, strillando.
Un lungo rampicante ricolmo di rose l'aveva afferrata per la gamba sinistra.
Gliela stritolava, pungendole la pelle con le punte acuminate di quel bellissimo fiore...ma così facendo, la pianta aveva scoperto il fusto. Cosa che lei non aveva fatto che aspettare.
- Secum Ipsa Discors!-
Un ordine, un colpo duro. Dalla punta della sua bacchetta partì una magia riecheggiante, un fascio di luce che produsse uno schiocco secco. Sembrò quasi che la pianta si lamentasse.
Sembrava...viva, non solo posseduta.
Da lontano, dal colle, gli Auror videro la nube nera che aleggiava su Riddle House, addensarsi sui tetti e sul giardino, con grandi cavalloni verdi e bluastri che brontolavano, annunciando tuoni.
Non era una comune tempesta. Era la fine di un Nodo potente.
Di una maledizione che aveva imprigionato l'anima di una donna per più di cinquant'anni.
Joan e Virginia entrarono in azione non appena i cancelli vennero spalancati da Hacate. Gli Auror attendevano, chi fumando, chi imprecando. I più fedeli, anche pregando.
Più i minuti passavano, più Draco faceva il solco in mezzo all'erba alta, alzando ripetitivamente lo sguardo al cielo.
Come se le stelle avessero potuto dargli qualche segnale.
Glorya...
Si fermò improvvisamente, passandosi una mano sulla pelle del braccio.
Aveva la pelle d'oca. Se le fosse successo qualcosa...
Di colpo, si chiese se...
Ah, che sciocchezze. Sua madre era una donna forte, se si era preoccupata per lui durante l'adolescenza, non dovevano essere stati che labili pensieri prima di addormentarsi. E Lucius...bhè, aveva sempre tenuto di più al nome che al sangue.
In fin dei conti, non gli era andata male. Perché era riuscito a sopravvivere fino ad arrivare a stringere fra le braccia sua figlia, quella notte al San Mungo. E a giurarle sulla sua testa, che non avrebbe mai commesso gli errori che erano stati fatti con lui.
Le aveva giurato il mondo.
L'amore assoluto.
Protezione.
Una famiglia.
Sopra ogni cosa.
- Ci siamo.-
Si girò e vide Harry rinfoderare la spada. Seguendo i suoi occhi, dai fuochi che Hermione aveva acceso in cielo, capì che ormai era via libera.
- Signori...- il bambino sopravvissuto, attorniato dagli Auror, sembrava di nuovo il mago che aveva camminato sul Tower Bridge otto anni prima -...in quella casa c'è mio figlio. E Thomas Riddle. Ora, so che più della metà di voi non capisce. Che non approva. Che ad alcuni sembro pazzo e che vi si rivolta lo stomaco al pensiero che un altro Riddle possa respirare la nostra aria. Ma otto anni fa ho combattuto solo per lui, non per uccidere suo padre. E adesso Tom è stato di nuovo catturato, per essere usato...per essere sottomesso. E vi giuro...che incrocerò la spada e la mia magia con chiunque mi si parerà davanti...chiunque!- tuonò più forte, girando su se stesso per fissare ogni mago presente in faccia, fino a far abbassare lo sguardo anche ai veterani - Non intralciatemi. Per me è come un fratello...è una parte della mia famiglia...per difenderlo andrei all'inferno...perciò sappiatevi regolare.-
- E non dovrete rendere conto solo a lui.- s'intromise Ron.
- Esatto.- si accodò Efren, sorridendo alle pacche di Weasley sulla sua spalla.
- Tu si che li sai incoraggiare gli uomini, Potter.- rise Zack Perlham - Spero che il tuo amico Riddle sia simpatico, sai? Allora, si entra o no?-
- Voi che fate?- chiese Harry a Caesar e Denise - Entrate?-
E farsi ficcare ancora in punizione dai suoi? Cameron rabbrividì. Stavolta in casa gli avrebbero messo dei Mastini Infernali. O dei marmocchi di troll. No, meglio morire vergine!
- Io passo.- sibilò, buttandosi a sedere su un masso - Se tu vuoi andare, vai...- aggiunse, con indulgenza, verso la moglie - Tom potrebbe aver bisogno di aiuto. Inoltre Brand, Val e Vlad sono già entrati.-
- Come fai a saperlo?- allibì Denise.
- Mi hanno lasciato un biglietto.-
- Fantastico.- sibilò Draco, qualche istante dopo, mentre accanto a Harry, s'incamminava verso i cancelli - Abbiamo mezzi demoni, demoni di stirpe, i vampiri di Kronos e la regina dei Greyback sul gozzo. E adesso Sfregiato?-
- Prega, Malferret.-
- Tanto nessuno è in ascolto.- bofonchiò Edward, accendendosi una sigaretta prima di entrare.
Su questo però, Harry Potter si sentì in dovere di cavillare. Perché quando fu di fronte al pozzo e ne sentì il respiro flautato e denso...ebbe come l'impressione di essere...spiato. Da qualcosa...con tanti, tanti occhi...
Da qualcosa...che sospirava al buio. E non li perdeva di vista...


Wilson Donovan, Primo Segretario della Difesa del Ministero della Magia Britannico, avvertì esattamente il momento esatto in cui i cunicoli delle vecchie gallerie e miniere vennero invasi.
Col volto levato verso il soffitto, al sicuro e ben protetto nella pancia della terra, imprecò fra i denti.
Non era saggio per lui restare in quel luogo.
Non ora che gli Auror avevano capito dove quell'idiota di Badomen e i suoi si rintanavano.
Farsi trovare sarebbe stato un errore difficilmente riparabile.
- Ti vedo ansioso, Wilson.-
Donovan agitò il bastone in aria, frustando l'umidità presente.
- Bhè, non ci vedi bene, Miranda. Sono più che ansioso, a questo punto. Quell'imbecille di Badomen s'è fatto seguire!-
- Craig è troppo sveglio.- rispose la donna, fluttuando nel mantello color panna e passando un paio di arcate buie, fino a raggiungerlo di spalle - Non temere. Ho tutto sotto controllo.-
- Non so se posso fidarmi della tua parola. Riddle ti sta accecando.-
- Ma avere lui significa avere in pugno anche gli altri prigionieri.- gli passò una mano guantata sulla spalla. E anche se era coperta, Donovan rabbrividì sentendone le deformazioni a contatto col tessuto della sua giacca costosissima.
- Sono troppi, Miranda.-
- Sciocchezze. Non sanno in quanti si annidano qui sotto. E tantomeno...che cosa si annida...-
- Non essere sciocca!- sbottò Donovan, girandosi come una belva, ma con gli occhi sbarrati di una preda terrorizzata - Non scherzare Miranda! Non sai di cosa è capace...non puoi liberare quella cosa...se neanche Lui...il Lord Oscuro l'ha usata...allora significa che non sapeva controllarla...-
- Io ci riuscirò.-
- Tu sei pazza.- le disse, stringendo le labbra - Sei impazzita.-
- Io tengo solo all'obiettivo finale, Wilson.-
- Anche io voglio vedere Riddle affogare nel sangue, ma se tu liberi quella cosa...moriremo tutti! Ci farai uccidere tutti!-
- No, così ucciderò il bambino sopravvissuto.- la donna rise da sotto il mantello. Inclinò il capo, girando attorno al Segretario come una mosca molesta e oziosa - O lo temi? Temi il bambino sopravvissuto, per caso?-
- Ha del male in lui.- tremò il mago, serrando la mano pallida sul bastone da passeggio - Tu-Sai-Chi l'ha riversato in lui quando era solo un neonato. E poi l'ha ucciso...Lord Voldemort era grande e potente. E un mago ventottenne l'ha ammazzato otto anni fa, tu c'eri! L'ha ucciso tre volte...in fasce, a sedici anni...e a ventotto. Non credi che io tema Potter per un motivo? Anche Voldemort lo temeva.-
- Voldemort temeva una cosa sola.- ironizzò Miranda Grimaldentis, rubandogli il bastone con un gesto fluido e iniziando a giocarci - La morte. Era un codardo e un vigliacco. Ha fatto in tempo a mettere al mondo quel parto di male che è suo figlio, ma sto per liberarmi anche di lui.-
- Hai iniziato il rito?-
- Si, poco fa.-
- I Poli funzionano?-
La donna si fermò. Smise di roteare il bastone fra le dita scheletriche. E fissò la parete, un punto imprecisato.
- E' insolito.- mormorò, arrochendo la voce.
- Che cosa?-
- Che il figlio del Lord Oscuro...sia un puro di cuore.-
- Sono fesserie, lo dicevi anche tu. La Lestrange poi, non era certo una santa.- replicò il Segretario con sprezzo - Io non ti capisco Miranda. Avresti potuto strappargli il suo miserabile cuore già una trentina di volte da quando siamo qui, ma tu...per tutti i maghi, tu preferisci stare a gingillarti ancora una volta. Uccidilo, Miranda! Uccidilo!- scandì, afferrandole forte un gomito - Ammazzalo, prima che sia tardi!-
- Ma così tu non avrai la tua pubblica soddisfazione.-
- Ora non la voglio più! Sono entrati gli Auror!-
- Si perderanno.- rise la donna - Fidati. Si perderanno. Non possono usare la magia...e anche se c'è Crenshaw con loro, il male qui sotto impiantato da Voldemort, li condurrà tutti all'agonia perpetua. Neanche un demone come Crenshaw più reggere.-
- Sarai riuscita a togliere i poteri a suo figlio, ma non so se sarà così anche per il padre.-
- Vedremo. Intanto, io trasformerò Thomas Maximilian Riddle nell'ombra vera e viva di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato...e poi Hermione Hargrave sarà mia. Così tu avrai le prove giuridiche che Riddle è destinato ad Azkaban, così da levarci la stirpe dei Mangiamorte di torno una volta per tutte. E io avrò la mia vendetta.-
Donovan serrò i denti. Poi si girò, sentendo degli scalpiccii.
Credendo di esserselo immaginato, visto che gli Auror erano praticamente dall'altra parte del colle, il vecchio mago tornò a riprendersi il bastone.
- E sia, Miranda. Ma non usare quella cosa se non come ultima risorsa. Sono stato chiaro?-
- Come no. Chiarissimo, Wilson.-
Lo stava prendendo in giro. Lo capì. Ma folle come lei, decise che era inutile starsi a preoccupare della conta dei morti. Ora come ora, a Donovan interessava una sola testa. Quella dell'ultimo Riddle.
Strozzata dal serpente di platino che gli era stato messo al collo!
Ognuno dei due prese strade diverse, ma su una cosa Donovan non si era sbagliato.
C'era stato uno scalpiccio. Oh, se c'era stato.
Lucas Potter, nascosto dietro una colonna, mise la testa fuori e spiò nel corridoio.
Nessuno.
- Che stronzi.- sbottò, fregandosene che, se ci fosse stata sua madre, gli avrebbe tirato le orecchie fino a fargliele diventare rosso fuoco - Casper, hai sentito?-
Sargas, accanto a lui, annuì computo attraverso le lenti degli occhiali magici che il piccolo Potter portava ancora sul naso. Aprì la bocca e disse qualcosa. Dopo tre volte, Lucas capì che gli aveva chiesto cosa dovevano fare.
Bella domanda.
Lui aveva capito che quella strega zoppa e gobba, che tra l'altro non faceva vedere la faccia, voleva uccidere Tom. E lì c'erano tutti e due. Poi aveva capito che gli Auror erano entrati in quella fogna, unica nota positiva. Ma come lo diceva a Draco che aveva perso Glory?
Meglio trovarla prima di sentirlo sbraitare al vento.
Ma cosa potevano fare?
- Ehi...che ne dici se proviamo a fermare quella befana?- propose a Sargas con aria diabolica.
Il biondino, arcuando le delicate sopracciglia quasi bianche, lo scrutò interrogativo.
- Intanto la troviamo.- continuò il Phyro - E poi le posso bruciare il mantello e i capelli.-
Sargas Malfoy assottigliò le palpebre. Lo guardava come Draco guardava Harry da anni.
Ovvero come un imbecille. Un insetto.
-...e magari possiamo liberare anche Tom, poi. Che dici?-
Stavolta il bimbetto annuì, ma gli chiese come.
- Hn...tu sai fare qualcosa? Puoi spaventare quella strega come facevi con Glory?-
Stavolta fu come se avesse acceso le luci di un lunapark.
Un baluginio brillante trapassò gli occhioni di argento fuso di Sargas, che dopo un istante dette il cinque a Lucas.
Fuoco e morte, cara Miranda.
Una combinazione letale.
In fondo chi semina vento...raccoglie tempesta.
























A nonno Domenico.
La sua Princi l'avrà sempre nel cuore.
Con te, in Paradiso finalmente conosceranno le risate.
17.05.2007

 

 

 

 

 

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Capitolo 45
*** Capitolo 45° ***


tmr45

 

 

Si dice che i gagia vivano di vendetta.
Non si danno pace quando odiano qualcuno. E quando amano, è la stessa cosa.
Questo Miranda Grimaldentis lo sapeva bene. Aveva passato più di cent'anni della sua lunga esistenza a combatterli.
Conosceva i loro dubbi, la loro maniacalità per gli studi, per le loro sperimentazioni.
Conosceva le loro incertezze.
Il loro orgoglio per la loro cultura.
Conosceva ogni antro, della loro magia.
Ebbene si.
Aveva potuto guardare in faccia tanti maghi oscuri, morendo, perché conosceva ogni loro debolezza.
I loro punti di forza, ma specialmente...le debolezze.
Quelle che li rendevano...mortali.
Ne aveva uccisi a migliaia con suo padre.
Qualcuno, sano di mente, avrebbe potuto dire che i Grimaldentis avevano reso un servizio all'umanità.
Forse.
Ma allora perché...perchè se lei conosceva tanto bene i maghi oscuri, ora non riusciva a spezzare...proprio il figlio del più grande Mago Oscuro nato negli ultimi secoli?
Cos'aveva quel giovane umano in corpo?
Quale potere si annidava in lui?
Perché...perchè non riusciva a spezzarlo?
Era il figlio di Lord Voldemort. Un uomo che si era macchiato le mani di sangue di centinaia di vittime.
Figlio di una folle Mangiamorte.
Di un'assassina. Di un'anima empia.
Anche lui avrebbe dovuto avere la stessa anima nera di suo padre e sua madre.
Eppure...eppure perché...perchè...
Perché Thomas Maximilian Riddle non era così?
Dannato mistero.
Dannato enigma.
Era un enigma. Si, fin da bambino lo era stato.
Un enigma vivente.
L'aspetto del peccato, ali nere di demone...e occhi bluastri come il velluto della notte, così limpidi che anche il cieco Demonio in persona avrebbe potuto vederci attraverso.
Era stato un bambino in gabbia.
Un adolescente martire, che si era rinchiuso in un palazzo come un codardo per salvarsi alla sua vendetta.
E ora...ventiseienne...stava lì, sdraiato sul quell'altare di pietra, incatenato, con l'anima e il cuore pronti per essere risucchiati dai Poli Negativi.
Ma non cedeva.
Non cedeva.
Bastardo.
Non avrebbe resistito ancora a lungo, quel maledetto.
Nessuno sarebbe stato in grado di sopportare una tortura simile.
Neanche il Pontefice in persona.
- Halley...sta soffrendo.-
Miranda sorrise, nascondendo il volto a Badomen.
- Mi si stringe il cuore Craig...- risatine in sottofondo delle prigioniere, che l'Illuminata ignorò con difficoltà -...ma deve tornare a essere se stesso. E l'unico modo per farlo è utilizzare i Poli Negativi.-
- So che li usavano quei vermi degli Illuminati, otto anni fa.- ringhiò Badomen, con la faccia butterata che alla luce delle fiaccole pareva solcata da mille crateri - Non posso certo dire che questi metodi sono consoni al Nostro Signore.-
- Vedrai che ci ringrazierà.-
Altre risatine e Miranda iniziò a serrare le mani guantate.
- Quelle due invece cominciano a seccarmi.- disse, rivolgendosi alla prigione immobile di Cloe e Neely.
- Il Padrone ci penserà una volta sveglio.- bofonchiò il Mangiamorte, alzando le spalle - Non farti irritare da loro.-
- Non sono loro che mi irritano. Ma quei luridi mocciosi e...- Miranda fece un mezzo giro, ammirando deliziata Degona Lumia Mckay in catene contro la parete -...e gli sporchi mezzo demoni ai ceppi. Come si sente, sua maestà? Tutto bene?-
Degona distolse lo sguardo.
Il viso arrossato e sporco, era segnato dalla scia pulita delle lacrime lungo le gote di pesca.
- Conobbi sua zia. Da giovane.- sorrise Badomen, attirando di colpo l'attenzione della giovane strega.
- Davvero?- rise Miranda - Conoscevi Lumia Lancaster? Interessante.-
- Le somiglia molto.- continuò l'uomo - Anche se dubito che sua zia si sarebbe lasciata mettere in catene in questo modo. Venerava il Lord Oscuro. Però è stata Lady Lucilla a sposarlo.-
- Anche Lord Voldemort ha commesso i suoi errori.- sospirò teatralmente la Grimaldentis, cincischiando con un lembo del pesante mantello color panna - Lady Lucilla ha sempre e solo pensato a se stessa. Ha rovinato il suo figliastro in maniera quasi irreparabile.-
- Hn.-
Un impeto di ribellione, forse l'angolo nascosto di lei dove risiedeva lo spirito di sua madre, si accese in Degona.
Un gemito divertito, poi un sorriso gelido come i ghiacci del nord.
- Il tuo rammarico per questa situazione è palpabile...Miss Brockway.-
- Oh, allora ce l'hai la lingua, signorina Mckay.- si compiacque la loro avversaria, camminando lentamente verso di lei e poi inginocchiandosi, per raggiungere il suo livello visivo - Confesso che mi sarei aspettata di più dalla figlia di Lady Lucilla. Invece sai solo usare i tuoi scintillanti occhioni da mezzosangue per versare lacrime...credi che avrò pietà di te una volta finito tutto questo?-
- E tu credi che sarai viva quando sarà finito tutto?- s'intromise Cloe, che camminava su e giù per la sua cella.
- Zitta King.- la minacciò Badomen.
- Sta zitto tu, idiota!- sbottò Neely, già snervata per i fatti suoi - Ti stai facendo usare come il più stupido degli omuncoli ottenebrati sulla faccia della terra!-
- Che ne dici di ammazzare questo sporco Legimors, Craig?- abbozzò allora Miranda, arcuando le sopracciglia con malizia. Tempo un istante e si era avvicinata a Damon, ma questa volta non le andò bene come invece aveva previsto con così tanta leggerezza.
Certi bambini non apprezzano che si parli male dei genitori in loro presenza.
Un'onda magica di un tenue chiarore si propagò a macchia d'olio dal ventre della Montgomery.
Né Badomen né la Grimaldentis fecero in tempo a prevederla e vennero sospinti contro il muro, schiantandosi contro la parete per ricadere a terra, ancora urlanti.
Neely, persa del tutto la debolezza che aveva segnato i primi mesi della sua gravidanza, a causa degli effetti benefici del Lazzaro, stirò un sogghigno da iena.
- Non avrete vita facile, signori.-
Risero a sua volta Dena e Cloe, tirando il fiato per quanto possibile.
Essere prive di poteri era molto svilente, considerata la situazione precaria di Tom, ma i bambini si stavano dimostrando assai protettivi. Specialmente verso...i futuri papà.
Uno scalpiccio improvviso fece rimettere in piedi Badomen più in fretta di quanto fossero state d'accordo le sue ossa.
Ascoltò i vaneggiamenti della moglie di Cletus Hurt massaggiandosi la schiena e imprecando. Per poi fissare la strega con sguardo...leggermente basito.
- Cos'hai detto?-
- Credo che ci siano dei fantasmi liberi per i corridoi.- disse la Hurt - Credimi, Craig. Devono essere spiriti intrappolati fra queste pareti...forse i prigionieri stessi. Cioè...le loro anime. Non si sentono che lamenti...e Cletus dieci minuti fa è stato investito da una pioggia di fuoco! Non s'è fatto niente ma Emeric, Zeus Levy e suo fratello Eos sono rimasta feriti. Sta succedendo qualcosa di grave...fossi in voi, non farei del male a quel Legimors...-
- All'inferno, il Padrone gli è affezionato, non l'avrei ucciso comunque.- sentenziò Badomen - Dannazione...Halley, hai sentito? Abbiamo degli spiriti che giocano col fuoco a spasso per le gallerie.-
- E gli Auror sono entrati dalla porta ovest tre quarti d'ora fa.- sbottò Cletus Hurt, entrando in quel momento con entrambe le mani fasciate - Craig, Miss Brockway...non so come ma quei bastardi sono entrati. Sono stati i vampiri ad avvisarmi. Che facciamo?-
- Prima che arrivino qua...- rise Miranda - State calmi, non fatevi prendere dal panico. La porta ovest è lontana quasi due chilometri da dove siamo noi ora. Ed è disseminata di gallerie cieche. Si perderanno. E moriranno urlando di stenti. E se qualcuno anche prendesse la via giusta...bhè...ci sono gli uomini di Kronos per eliminare questo problema.-
- Credi che Harry Potter sia uno stupido?- ruggì Badomen, afferrando mantello e spada - Al diavolo Halley, io prendo gli uomini e vado a controllare. Tu occupati del Padrone.-
- Vedrai come se ne occuperà...- sibilò Cloe, stizzita.
Miranda, stizzita, iniziò seriamente a sentirsi sfrigolare le mani.
Non solo Riddle si era dimostrato refrattario alla prima ondata dei Poli. Ma ora, non bastando quegli idioti degli Auror che pensano, incoscientemente, di poter sopravvivere nel regno creato da quel bastardo di Voldemort.
Pazzi.
- Chi è causa del proprio male pianga se stesso.- recitò la donna, tornando vicino all'altare di pietra.
Si appoggiò coi fianchi al bordo, dove la testa di Tom ciondolava quasi interamente all'indietro.
Le sue braccia, incatenate, ogni tanto subivano un guizzo dei muscoli frementi.
Facendo leva sulle braccia, Miranda si lasciò andare su di lui, facendogli ombra alla luce delle torce.
Vederlo agonizzante le piaceva.
Le dava finalmente quella sensazione di onnipotenza che aveva sempre desiderato su di lui.
Con un dito guantato, percorse la pelle liscia del suo volto.
Seguendo il mento, scese lungo il collo...premette sulla giugulare, strappandogli un gemito sommesso.
Rise e arrivò a sfiorargli il collare, che lei ancora non sapeva essere...aperto.
- Fa male, Lord Oscuro?- gli chiese con tono sommesso.
- Lascialo stare!- Cloe si aggrappò come una belva alle sbarre, serrando i denti tanto da spezzarseli - Tu e tuo padre gli avete rovinato la vita! Non ne hai abbastanza?!-
- Non ne avrò abbastanza fino a quando non sarà sotto terra, a marcire con i vermi.- sibilò l'altra, continuando a seguire i lineamenti del volto di Riddle col dito - E' feccia. E' male supremo.-
- E' un puro di cuore!- sbottò Degona.
- Questo è quello che tua madre ha voluto che tutti noi vedessimo.-
- Neanche un demone ha un simile potere!- sentenziò la giovane empatica - Dovresti sapere qual è il prezzo per chi corrompe i puri di cuore!-
- Quelli veri.- Miranda si girò appena alla sua sinistra, per fissarla piena di compatimento - Andiamo, Degona Lumia Mckay. Non dirmi che credi davvero che questo immondo parto di male...possa avere uno spirito pulito e lindo. Suo padre era un assassino. Un vigliacco. Viveva per un'ideale e grazie a quello camminava sui cadaveri. Sua madre era folle. Una folle esaltata che torturava la gente...si beavano entrambi di urla e sangue. E tu vuoi venirmi a dire...- puntò il dito in mezzo alla fronte di Tom, sogghignando -...e tu vuoi venirmi a dire che il frutto di una tale unione sia esattamente l'opposto? No.- la sua voce divenne un roco sussurro sepolcrale - Questo è solo un mostro. Un mostro travestito da angelo. Giragli le spalle e prima o poi ti ucciderà, sciocca ragazzina. Ha ingannato anche te.-
- Nessuno può ingannarmi.- sussurrò Degona, distogliendo lo sguardo - Nessuno.-
- Come no. Chiediti piuttosto perché se n'è andato.-
- Questi non sono affari tuoi.- ringhiò la King.
- Oh, si che lo sono. Ci ho impiegato otto anni a farlo uscire da quel dannato castello...-
- Quindi sei stata tu a colpirlo con quella freccia!-
- Esatto, mia duchessa.- rise Miranda, facendole un sarcastico inchino - Avevo calcolato tutto alla perfezione. Donovan avrebbe fatto entrare la Dama dell'Acqua di nascosto a Cameron Manor. Lei avrebbe catturato Riddle e l'avrebbe condotto dove io avrei potuto ucciderlo! E Boris, al Ministero, ha fatto sparire tutte le prove dell'esistenza della Dama.-
- Sapete sempre chi arruolare, voi Mangiamorte.- disse Neely, con sguardo spietato.
- E voi mocciosi eravate vicini a scoprirci.- continuò la Grimaldentis, tornando all'altare dove si mise a sfiorare i neri capelli del suo prigioniero - Per questo ho usato i tanti capelli che il Segretario ha strappato al vostro amico in questi anni...e sono entrata all'inviolabile Lucky House.-
- Ma perché la Strage a Diagon Alley?- urlò allora Cloe.
- Perché? Non avete ancora capito?- l'Illuminata sospirò, scuotendo il capo - Povere le mie fanciulle...l'unico obiettivo mio è quello di terminare l'opera di mio padre, il mio amato Maestro. Rovinando la reputazione di Thomas Riddle, rovinerò lui. Ha un grande nome, come Harry Potter.-
- E prima di uccidere lui...devi uccidere quel nome.- mormorò Dena in un soffio.
- Esatto.-
Compiaciuta, e messe a tacere le streghe, Miranda tornò a fissare Tom.
Vide delle piccole ecchimosi attorno alle mezze sfere di rame che contenevano i Poli sulle sue tempie.
Gli stavano succhiando via i ricordi. Per manipolarli e ridarglieli...cambiati.
Lo stesso sul Polo del cuore.
Ancora poco...ancora poco e sarebbe finalmente stato in suo potere.
All'ennesimo gemito di dolore, Tom irrigidì schiena e muscoli delle braccia, sentendosi venire meno.
- Fa male vero?- sorrise dolcemente Miranda - Goditela, Lord Oscuro.-
- Vai al diavolo...- le rispose, stringendo le labbra prima di mordersele.
- Attento a come parli, signore dei Mangiamorte. Potrei decidere di prolungare la tua agonia dietro a quattro sbarre. E so bene come reagisci quando ti trovi chiuso in meno di due metri quadrati di spazio.-
- Provaci di nuovo.- l'avvisò Cloe minacciosa.
- Perché, cosa speri di farmi duchessa King? Ora non c'è più nessuno che vi possa salvare. E i vostri marmocchi non staranno dentro le vostre rivoltanti viscere per più di nove mesi. Dopo di che...- e agitò la mano con scioltezza - Sarete di nuovo separati. E allora vedremo se saranno ancora in grado di proteggervi e soprattutto...proteggersi...-
Bisogna dire una cosa, riguardo a ciò che accadde in seguito.
Damon Michael Howthorne, come Veggente e Legimors, aveva visto molte luci in vita sua.
Quelle di Londra.
Il bagliore di tante albe.
Il chiarore di tante lune.
Lo scintillio di fate e lucciole.
Le luci che accompagnavano le anime nell'aldilà
.
Ma mai...ma più, rivide un simile accecante splendore come quello che avvolse tutta quella sala.
Tutta quell'immensa rete di galleria.
Tutto quell'alveare di buio.
Quella luce...pura, bianca, candita...pulita...si allargò nel cuore di Tom e da lui avvolse tutto.
Ogni cosa.
Colpì ogni angolo.
Sembrava...avesse avuto voce.
E un canto.
Si, Damon sentì distintamente un canto...e quella luce lo avvolse, lo abbracciò stretto.
Non abbagliava. Non accecava.
Ma era calda. E non c'era un solo spiraglio di buio.
Ovunque toccasse...l'ombra spariva.
Di seguito a quel bagliore luminescente, la luce andò a toccare anche l'angolo più remoto di quelle fondamenta.
Toccò la tenebra. E ferì occhi rossi come il sangue, che da millenni e millenni stavano incatenati lì sotto.
Il ruggito.
La folgore.
Sembrò tuono.
Sembrò tempesta.
Ma fu il lamento di quella cosa che squassò le fondamenta di Riddle House.
Giunse a Harry Potter.
Giunse a Thomas Maximilian Riddle.
Giunse infine a Lucilla.
E lei capì. Ora ricordava tutto quanto.
Ricordava quel lamento. Ricordava tutto quanto.
E quella luce...si, ricordava anche quella.
Tom...
La paura...la paura aveva liberato quella magia...
Quando tutto cessò...quando cessò la magia...Claire King era l'unica, rimasta a guardare...l'unica rimasta attaccata alle sbarre, nella stessa posizione in cui la luce l'aveva colta.
E aveva visto.
Si, ora sapeva.
Aveva visto...la sua luce...
- Claire...-
Sobbalzò, pulendosi una lacrima furtiva e si sporse con la testa fra le sbarre.
- Tom...Tom, sono qui...-
- Lo so che...non è il momento adatto per dirtelo...- mormorò, muovendo leggermente il capo, cercando disperatamente di guardarla ma senza riuscirci, data la sua posizione costretta -...mi dispiace...mi dispiace per quello che ho detto...-
Lei deglutì.
Ancora abbagliata.
Ancora...con quella voce e quella luce nel cuore.
E nella testa.
- Mi dispiace tanto...- continuò Riddle, con voce strozzata e stanca -...non so come...ma sei riuscita a darmi il colpo di grazia...e probabilmente adesso mi manderai all'inferno...ma...ecco se sopravvivo...cosa improbabile...ma se sopravvivo...-
- Tu vivrai, idiota.- lo zittì, singhiozzando.
- ...se sopravvivo...voglio che mandi Trust al diavolo...e sposi me...-
Sposami.
- Che maledetto...-
Sorrise. Il sorriso che da otto anni aveva perso.
Era tornata.
Diciassette anni, la forza di un esercito e l'oratoria di un antico cavaliere.
Claire King stava sorridendo. Piangeva e sorrideva.
-...me l'hai chiesto perché sei sicuro di crepare?- gli chiese con tono volutamente sarcastico.
- No...- negò, a bassa voce.
- Ma sai che non mi prendi da sola, vero?-
Silenzio.
Lo vide muovere il capo. Agitarsi leggermente.
- Voglio anche lui...o lei...-
- Lo dici per rabbonirmi?-
- Lo dico perché lo voglio...- mormorò.
Ora so cosa voglio.
Ora lo so davvero.
- Tutto ciò è molto romantico...- sibilò Degona, agitandosi - Ma vi scambierete i voti lontano dalla Grimaldentis! Si sta riprendendo... ehi, oddio ragazze, guardate!-
A quanto pareva, quella luce aveva fatto ben più di una magia.
Tom sentì la testa di Damon muoversi leggermente contro il suo fianco.
Abbassando gli occhi, vide perfino le dita del Legimors subire uno scatto.
La sua anima era tornata!
- Si sta svegliando!- sorrise Neely estasiata, aggrappandosi alle sbarre - Si sta svegliando!-
- Si, come quella stronza!- ringhiò Cloe, abbassando la voce nel vedere Miranda rigirarsi a terra, rantolando di rabbia - Tom, cerca di tenerlo fermo!-
- Dev'essere colpa dell'entropia.- sussurrò la Montgomery, aggrappandosi al braccio della King - E' stato molto nel Lazzaro, quindi si riprenderà, ma ci vorrà parecchio...deve solo stare fermo, se quella se ne accorge...- si bloccò e lei e Cloe si fecero indietro di colpo dalle sbarre, a causa della sfera magica che Miranda aveva lanciato loro, al colmo della stizza. I bambini naturalmente innalzarono una barriera, irritando quella pazza ancora di più.
- Maledizione!- sbraitò inferocita, strazzonandosi il mantello - Maledizione, cosa diavolo è successo?? Cos'era quella luce? Cos'è stato!?-
Si, la follia fa i suoi danni.
Chi troppo ci crede...troppo in là si spinge.
E non si sa come, ma Miranda ebbe addirittura la sensazione di sentire una risata diabolica nell'aria.
E si convinse che fosse Tom, a ridere.
Con grandi e intensi occhi di notte puntati su di lei.
A disprezzarla.
A ridere della sua debolezza.
- Molto bene.- sibilò, afferrando Riddle per la gola - Non so cosa sia stato...ma è chiaro che era paura quella che ti ha colpito e ha liberato quella luce! E se non sei più in gabbia...vuol dire...- lentamente si volse verso Degona, serrando i denti tanto da romperseli -...che la tua paura è un'altra e qualcuno qui mi ha mentito!-
Si, la rabbia spinse a fare cose inimmaginabili.
- Cletus!- gridò Miranda, facendo riecheggiare l'eco in ogni arcata di quei corridoi - Cletus!-
Hurt apparve dieci secondi dopo.
- Si Miss Brockway?-
- Porta la signorina Mckay nelle mie stanze private.- ordinò, mentre gli altri in sottofondo attaccavano a urlare e minacciarla - La nostra giovane empatica pensa di potermi fregare. Ho intenzione di farle vedere i miei giocattoli...chissà che finalmente non riesca a farle dire la verità.-
Hurt ridacchiò, mentre staccava Degona dalle catene e la strattonava via.
- E vedrai...- le disse Miranda, afferrandole il viso fra due dita con violenza -...vedrai, cara la mia piccola bugiarda. Ti insegnerò la preziosa dote della sincerità a forza di farti strillare. Neanche tua madre riuscirà a proteggerti questa volta.-
Degona tacque.
Uno sguardo limpido e verde si fece duro come la roccia, senza che lei abbassasse gli occhi di fronte alla sua avversaria.
Sua madre e suo padre sarebbero stati fieri di lei, finalmente.
Basta lacrime.
Basta piagnistei. Era ora di...liberare il demone.
- Portala via. Arrivo subito.- scandì l'Illuminata - E manda qua Zeus e Eos Levy. Voglio che questi maledetti vengano controllati ogni istante. Merlino non voglia che il nostro Lord Oscuro soffra troppo...-
Tom vide sua sorella venire portata via...
Sentì un'ultima volta la voce di Cloe...il tepore della pelle che tornava calda, di Damon...e poi richiuse gli occhi.
Le sue palpebre si chiusero a forza.
Erano i Poli. Era il rito.
Ci era caduto dentro ormai.


Lontani più di quanto avessero immaginato, Harry Potter e il suo esercito di Auror si erano appena ripresi dalla...visione. C'era chi l'aveva creduta una visione.
E meno male che molti degli Auror che stavano appresso al bambino sopravvissuto erano atei.
Ecco perché quando qualcuno si azzardò a dire solo "Dio..." venne preso a male parole dai compagni.
Dio.
Per molti era un buon nemico.
Per altri, qualcuno con cui bofonchiare le notti di ronda.
In un simpatico monologo del tutto inutile.
- Bhè, allora che cos'è stata per voi quella luce?- fece Efren, alzando le spalle.
- Tutto tranne che la benevolenza del Signore al Piano di Sopra.- biascicò Edward, infastidito dal suo accendino che si rifiutava di funzionare - Fossi in te non sprecherei ossigeno.-
- Bella stronzata infilarsi in più di cinquanta qui sotto.- sibilò Draco al suo seguito, massaggiandosi la gola - C'è una fottuta umidità che mi sta già grattando le corde vocali.-
- Sei proprio di vetro tu.-
- Sta zitto Dalton e passami d'accendere.-
Bene, pensò Harry Potter estraniandosi dai discorsi deliranti dei suoi compagni, dalle grida di Duncan e dallo strazio provocato dalle altre squadre che avevano voluto seguirlo.
Erano dentro.
Si guardò attorno, un pugnale infilato nella manica sinistra nella giacca, la spada nella mano destra.
Era un ambiente umido, ristagnante.
L'aria puzzava di chiuso e muffa. Sapeva di...secoli al buio.
Sapeva di antico.
Erano vere e proprie vie di una galleria. Ron aveva ragione.
C'era stata una miniera lì sotto, almeno due secoli prima.
Cosa vi avessero estratto...neanche riusciva a immaginarselo, ma restava il fatto che gli sembrava di essere dentro un formicaio. Orridi buchi rotondi nelle pareti di pietra poco lavorata, cunicoli nascosti.
E poi...corridoi infiniti.
Solo corridoi. Non se ne intravedevano le uscite.
Solo pietra e buio.
Se non altro, al loro passaggio si erano accese automaticamente, grazie a un incantesimo, migliaia e migliaia di fiaccole.
Rivelando...costruzioni apocalittiche mozzafiato. Soffitti altissimi, colonne titaniche...e poi di nuovo spazi chiusi, minuscoli.
Un dedalo.
Un labirinto.
- Dove cazzo siamo finiti?- sussurrò Ron sgomento, in piedi accanto a lui come sempre.
- Ti giuro che vorrei saperlo.- gli rispose Potter, con gli occhi verdi puntati ovunque, frenetici.
- Come diavolo li troviamo adesso?- borbottò Zack Perlham, armato di balestra - Ok che i capi siete voi...ma io qui sotto continuo a non percepire nulla. Lo sapete, vero?-
- Ovvio che si.- rispose Clay per loro - Signori, a voi la parola. Dove si va?-
- Ora un po' di magia servirebbe.- disse Hermione, afferrando a fatica una fiaccola, dato che era molto in alto, e tornando accanto ai suoi due mitici amici - Forse posso fare qualcosa io.-
- Puoi mostrarci la via?- le chiese Ron.
- Si, per il momento. Ma Miranda Grimaldentis l'avrà previsto.- la strega sollevò la bacchetta di fronte al viso, poi chiuse gli occhi. Mormorò a bassa voce poco parole in italiano, quindi dalla sua bacchetta sprizzarono alcune scintille di un tenue rosso scuro. Furono però solo scena.
Perché non accadde altro.
- Che cos'era quella schifezza?- la rampognò Draco - Non hai mai fatto così pena neanche a undici anni, mezzosangue.-
- Prova tu a ricordarti una lingua che non parli da più di dieci anni.- gli ringhiò dietro la moglie, già abbastanza umiliata da quell'incanto andato a vuoto - Adesso ci riprovo, ma voi dite agli altri sopra il pozzo di restare dove sono. Siamo solo in cinquanta e già so che qualcuno si perderà.-
- Questo posto ha occhi.- scandì infatti Milo di colpo, annusando l'aria - Non mi piace per niente. E quella luce di prima non mi ha incenerito. Qua c'è qualcosa che non va. Poteva essere la cosa di cui parlava Lucilla?-
- Mi sarei aspettato qualcosa di un pelo più orripilante che una lucetta innocua.- abbozzò Clay - Jess, che dici?-
- Me ne sbatto le palle delle luci e delle cose, voglio solo trovare mio fratello.-
- Si e io Trix.- scandì Morrigan, guardando nelle retrovie - Duncan, vuoi dire a quei bastardi di non andare in giro? Se qualcuno si perde giuro che lo lascio indietro!-
- Intanto che aspettiamo però...- fece malignamente Draco, beccandosi un'occhiataccia dalla Grifoncina -...potremmo anche discutere del fatto che dopo quel bagliore io ho sentito qualcos'altro...-
- Che cosa?- rognò Duncan - La mia pazienza volare via?-
- Si, insieme alla mia.- sibilò Malferret, sbuffando una nube di fumo - Parlavo di quel verso...-
- Quale verso? Io non ho sentito niente.-
- Si, certo.- ironizzò Perlham - Dai Capo, l'hanno sentito anche i sassi. Ho ancora la pelle d'oca.-
- Non è che si tengono qualche mostro qua sotto?- abbozzò Weasley con una morsa leggermente ansiosa - Che so...un altro Basilisco...o un drago...-
- Nessun problema per entrambi i casi.- lo placò Harry.
- Come nessun problema Sfregiato?- lo bloccò Draco con aria saccente - Credi che tutti i Basilischi della terra accettino ordini da me o da te come niente? E se fosse davvero un drago poi? Come credi di fermarlo? Gli lanciamo un asso e giochiamo a rimpiattino?-
- Ok, calma.- subito Efren si mise in mezzo, schioccando le dita per attirare l'attenzione degli Auror più lontani - Avanti ragazzi, facciamo la conta di tutte le pozioni che abbiamo. Che vi siete fatti dare dai Guardiani Notturni?-
- Dell'erba.- ghignò Edward, sempre più acido.
- Basta stronzate, dai. Che abbiamo? Su, fuori la lingua.-
- Polisucco, Corrente della Tranquillità...- iniziò ad elencare Tonks -...Distillato di Morte Vivente...eh, oddio, ma chi mi ha passato dell'OblioBomba?-
- Io.- soffiò Draco, facendosi scrutare male da tutti - Che cazzo volete, mi annoiavo durante l'attesa.-
- Io ho della Felix.- mugugnò Hermione, lanciandola fra le mani di Ninphadora.
- E dove l'hai presa?-
- L'hai rubata dal mio studio!- esalò Malfoy scandalizzato - Basta, adesso metto il lucchetto alla porta.-
- Hn, come se potesse servire.- ridacchiò Harry a bassa voce - Perfetto, non c'è altro? Niente per difenderci?-
- Polvere Transitus.- lo informò Efren - Una sola fiala. Dovremmo usarla solo se veramente necessario. Tipo se si ripresentasse quella luce...o si ritrovassimo di fronte la cosa che Lucilla dice che ci sia qua sotto...ma poi siamo sicuri che ci sia davvero qualcosa?-
- Hai mai visto mia cognata spaventarsi per qualcosa?- gli chiese Jess.
- Ehm...no.-
- Ecco appunto.-
- Ma Lucilla è un demone, magari le dava fastidio proprio quella luce.- abbozzò Hermione, che stava cercando disperatamente di ricordarsi quella stupida formula italiana.
- Si, può essere...ma perché Voldemort avrebbe dovuto nascondere qui sotto dell'energia positiva?- abbozzò Harry.
- La pianti di dire quel nome, cazzo?- rognò Zack Perlham - E basta, mi rivolta l'umore!-
- Ok, ok...allora Herm, ce l'hai fatta?-
- Un attimo e ho finito Harry.-
- Tesoro, ma si può sapere cosa stai facendo?- le chiese Edward all'improvviso, quando si accorse che si era accucciata a terra. Stava rovistando con la terra sotto i suoi piedi, cosa molto poco igienica visto che erano finiti dentro a un pozzo, ma anche Dalton era uno dotato di una certa inventiva.
Lo era sempre stato.
E solo perché un'Illuminata li aveva cacciati nei casini, fatti perdere in un dedalo di corridoi e privati della magia, non significava di certo che non sarebbero stati in grado di trovarla e trovare anche Tom e gli altri.
- Passateci dell'aspidistra in polvere.- ordinò Dalton, mettendosi a trafficare con lei, in ginocchio.
- Si può sapere cosa diavolo fate lì per terra?- si schifò Coleman - Ragazzi, dovrò farvi l'antitetanica dopo!-
- Serve anche qualche grammo di centinodia e Sali di Scozia.-
- Rosa o bianchi?- le chiese Romena Wolf, frugando nella sua tracolla.
- Rosa. Draco, ho bisogno anche di te.-
- Te lo scordi che mi sporco i pantaloni per te, mezzosangue!-
- Sta zitto e cerca di produrmi della soluzione carbonica salina.-
Il biondo, sbattendo le ciglia, si levò la sigaretta di bocca e la scrutò come un'aliena.
- Come prego? Credi di essere a casa? Come pensi che possa fartela?-
- Le pareti. Grattale e muoviti!-
Lo sapeva che sarebbe finita coi vestiti sporchi, pensò Malfoy mettendosi a lavoro con espressione lugubre.
Oh, stavolta sua figlia e Lucas Potter gliel'avrebbero pagata cara!
Mezz'ora dopo, con una bottiglietta di plastica piena di pozione artigianale procurata sul momento e uno schemino fatto a terra, tipo castello di sabbia, Hermione Jane Hargrave era pronta per un rudimentale quanto provvidenziale incanto di Controllo.
Se Miranda Grimaldentis pensava di rallentare la loro corsa si sbagliava di grosso!
Sua figlia era lì sotto in balia di chissà che maniaco, non avevano tempo da perdere.
- Ok.- disse, scambiando uno sguardo con Edward - Non appena pronunciata la formula, soffia la polvere sul modellino in scala. Dovrebbero formarsi grumi di colore e magia e dovremmo vedere dove sono Tom e i bambini.-
- Si vedrà anche dove siamo noi, spero.- brontolò Duncan.
- Darmi il tormento non ti farà uscire prima da qua.- gli sibilò lei.
- Pardon.- fece galantemente Gillespie - Chi è che ha l'erba? Qua andrà per le lunghe...-
- Pronta?- fece Edward.
Hermione annuì. Puntò la bacchetta a terra, sussurrò alcune frasi sempre in italiano e questa volta insieme alla nuvola iridescente che l'ex Corvonero soffiò sul pavimento, scoppiarono dall'arma della Grifoncina una cascata di scintille rosso sangue. Subito dopo una grossa nube dall'intenso odore intossicante avvolse il gruppo e lo fece tossire, facendo scoppiare il caos.
Per circa un minuto, Hermione non riuscì a vedere a un passo dal naso.
Con le lacrime agli occhi, riuscì però a mettere a fuoco, finalmente, tante lucine dai colori diversi sotto di lei.
Gioendo, attirò Harry e gli altri accanto a lei.
- Guardate!- Ron, inginocchiatosi, indicò un gruppetto di luci chiare a nord del modello in scala - Herm, avevi ragione! Guarda, qua ci sono poche luci pallide...e stanno ferme. Credo siano i ragazzi! E queste blu?-
- Mangiamorte presumo.- rispose la strega - Questa grande e nera deve essere Lucilla...-
- Non è l'unica...- allibì Harry - C'è una luce nera vicino a un Mangiamorte...e altre quattro qui...gli amici di Tom?-
- Mi sa di si.- sentenziò Draco, piegato sulle spalle della moglie - Quella manica di impiastri...dite che loro possa usare i loro poteri?-
- Credo che provino parecchio fastidio.- disse Hermione - Sono molto giovani. Winyfred a parte, lei ha cinquecento anni, credo abbia una migliore capacità di controllo. Potrebbero esserci davvero molto utile.-
- Questa luce chiarissima?- fece Duncan, indicandola con la punta di un sigaro puzzolente.
- Tom.- rispose Harry sicurissimo. E dalla posizione di Riddle, fissò il loro agglomerato di luci dorate. Cazzo, quanto erano lontani. Non sarebbero mai arrivati prima di un'ora buona! Due o anche tre se si fossero persi.
Cosa assai sicura!
- Non ce la faremo mai.-
- Non rompere Sfregiato, un modo lo troveremo. Qualcuno vede i bambini?-
- Com'è la luce di un Phyro?- chiese Harry preoccupato.
- Potrei azzardare questa.- Hermione indicò una fiammella più...diciamo più irrequieta dalle altre, che si muoveva quasi allegramente - E non è solo. Voi Sensimaghi come vedete i Veggenti?-
Clay alzò le sopracciglia - Sono attorniati da una luce azzurrognola in questi casi. Quella luce non può essere tua figlia. E nemmeno Faith.-
- Allora con chi diavolo va a spasso tuo figlio?- blaterò Sirius, incrociando le braccia al petto.
Bella domanda.
- Qualsiasi cosa sia, è qualcosa priva di vita.- continuò Clay, puntando altri fasci di lucine - Le vedete queste? Ecco, sono le presenze di alcuni vampiri. Sono fioche, vuol dire che non hanno anima. E questa deve essere Trix, invece. È insieme a due vampiri.-
- E se non sbaglio alcuni vampiri stanno venendo da questa parte.- finì Zack Perlham - Signori, non vorrei sembrarvi disfattista, ma siamo diventati ufficialmente un buffet ambulante. Come ci difendiamo da un branco di vampiri?-
- Io ho i paletti.- disse subito la Wolf.
- E i Guardiani Notturni ci hanno dato le NanoMine al Lumos.- lo tranquillizzò Austin Gray, meno convinto di lui - Dovremmo cavarcela.-
- Si, dovremmo.- ironizzò Draco, con voce sepolcrale - Occhio a chi sta in coda però...-
- Merlino, Malfoy, adesso mi hai messo paura!- si lamentò una delle compagne di Gary Smith.
- Le donne dovevano starsene a casa.- considerò facilmente, prima di farsi sentire dalla più pericolosa di tutte. Infatti, Hermione gli rise praticamente in faccia. E colpì sotto la cintura.
- Già, infatti, erano le signore che si sono fatte venire una crisi isterica per la figlia, vero amore mio?-
- Scusa tanto se sono preoccupato per Glory, mezzosangue.-
- Allora chiuditi quella bocca. Cerca di restare vivo tu, Malferret.-
Spiritato ed esausto, sollevò le mani - D'accordo, mi dispiace.-
- Non me ne faccio niente di un gelatino. Non ho bisogno di rassicurazioni da te.-
Harry s'intromise prima che la sua migliore amica chiedesse il divorzio - Tesoro, davvero, scusaci tutti. Siamo nervosi, ecco tutto. Abbiamo bevuto troppo caffè.-
- Non mi serve neanche un contentino da te, Harry.-
- Beccatela Sfregiato.-
- Cercavo di aiutarti, bastardo di un furetto.-
- Chi te l'ha mai chiesto, fesso.-
Fra gli amici di Harry, c'era ancora chi pensava che i Bracciali del Destino fossero i maggiori fautori di qualunque disastro capitasse continuamente a quella insolita coppia. Ma quando si scatenò un terremoto, non fu colpa né di Kentron né di Vargras, visto che i draghi sul platino stavano pacificamente dormendo.
No. Il suolo tremò tanto che molti caddero a terra, alcune colonne si rovesciarono, nuvole di stucco si abbatterono sulle teste degli Auror...e poi...lo scattare della trappola.
Draco, spinta Hermione contro una parete e schiacciatala col suo corpo per proteggerla, avvertì una serie di clac meccanici che gli fecero tremare le vene ai polsi.
- Attenzione!-
Seguì l'urlo di qualcuno nelle retrovie e poi...dal soffitto iniziarono a cadere una serie di pannelli divisori spesso più di un metro. Vere e proprie lastre di pietra che, piovendo dall'altro, li divisero tutti.
Nessuno si salvò. Per evitargli la decapitazione, Hermione spinse via il marito e si ritrovò separata da lui.
Picchiando coi pugni contro quella parete che ora li divideva, non riusciva neanche a sentire il riecheggiare dei suoi richiami. Neanche sapeva se qualcuno era rimasto ferito e schiacciato dal terremoto.
Si girò, angosciata, solo quando sentì la voce di Edward.
Una sua imprecazione e corse a soccorrerlo. Correndo, si accorse di essersi ferita al ginocchio solo avvertendone il forte dolore. Dalton, seppellito sotto i resti di una parete, strisciò fuori con la giacca e la camicia lacerate sulla schiena.
- Merda.- sibilò, tastandosi - Al diavolo...-
- Stai bene?- gli chiese la strega, aiutandolo a rimettersi in piedi.
- Io si...- Edward fissò la sua gamba - Ma quella ferita non piace per niente. Siediti.-
- Niente che un laccio emostatico non possa fermare, tranquillo.-
- Fallo decidere a me questo, tesoro.-
- Abbiamo perso gli altri Ed...che facciamo?- sospirò desolata, ritrovandosi poco dopo a farsi curare docilmente dall'ex Corvonero - Draco sarà furibondo.-
- Ah, gli passerà.- sindacò il mago, tastandole la parte bassa della coscia e il ginocchio, denudati dalla stoffa degli aderenti pantaloni - Devo disinfettartela. O farà infezione.-
- Con che cosa, scusa? Oh no...possibile che hai rubato la fiaschetta a Sirius?-
Una serie inconsulta di minacce, bestemmie e maledizioni gagia, ed Hermione sopportò stoicamente la medicazione, sotto lo sguardo divertito del Corvonero. Ora, forse, più sereno.
Chissà perché, ma a volte quelle iridi azzurre sapevano diventare così fredde.
Da ragazzo, a volte le era parso terribilmente superficiale. Conoscendolo meglio, aveva capito quanto in realtà fosse ferito nell'animo. Ma...si, c'erano sere in cui, a Hogwarts, lo sorprendeva con certi sguardi...pieni di uno strano sentimento. Indifferenza, forse. Assurda e incomprensibile indifferenza al mondo intero.
- Edward...-
Lui neanche sollevò il viso dal suo lavoro - Si?-
Si sentì morire le parole in gola. Cosa voleva chiedergli? Di Ophelia?
No. Non poteva.
- Grazie della medicazione.- gli disse invece, sorridendogli. E lui ricambiò subito. Però, che strano. Ora il suo sorriso, che le era sempre parso così luminoso e vero...pareva così falso. Così...costretto.
- Ok.- la incalzò, tirandola in piedi per una mano - A questo punto tanto vale avviarsi, non credi? Gli altri se la caveranno. E noi non possiamo restare qua fermi, dobbiamo cercare i bambini. Sei pronta? Ce la fai a camminare?-
- Assolutamente.- lo convinse, rimettendosi la spada alla cinta - Andiamo pure!-
E s'incamminarono nel buio.
Esattamente come Harry Potter fece, dall'altra parte della parete che li aveva appena divisi.
Ciò che gli Auror non vedevano, però, era lo scintillare delle zanne dei Leoninus nell'ombra.
Pasti ambulanti. Sangue a portata di mano.
Erano prede, ormai. E Merlino solo sapeva quanti di loro sarebbero usciti vivi da quei cunicoli.


Tutti, nel corridoio delle celle della morte, avevano visto la luce.
E sentito quel ruggito nelle tenebre.
William e Asher, l'avevano udito. Freddo e serpeggiante, attraverso il sangue nelle vene, che si era fermato per pochi istanti. La vera Halley Brockway, l'aveva sentito. Ancora e ancora.
Aggrappata alle sue sbarre e al suo muto terrore.
Tristan Mckay, con gli occhi rivolti al soffitto, l'aveva udito.
E la magia nera che ancora scorreva in lui aveva come subito un'impennata.
Si era messa...a danzare.
A gioire.
C'era qualcosa lì sotto.
Una belva. Un qualcosa di vivo...che nel buio incatenata non faceva che fissarli tutti quanti.
Senza mai perderli di vista.
E poi Lucilla...che incantata, non anelava ad altro che risentire quel verso.
Oh si. La infastidiva, certo. Le rivoltava lo stomaco. Sembrava veleno, sotto la pelle.
Ma Dio...la incantava. Quel ruggito le era parso una ninna nanna.
Come quella della vecchia Doll.
Ma c'era anche chi, la sua bestia nel cuore la stava combattendo davvero.
Con unghie e coi denti.
A una ventina di metri dalla cella di Lucilla e Tristan, Beatrix Mirabel Vaughn venne sbattuta al muro col viso.
Picchiò violentemente la tempia destra e si afflosciò a terra.
Le gambe ormai non la reggevano più. E non l'avrebbero fatto comunque, perché le erano state spezzate le caviglie.
Sputò sangue, ricevendo un altro calcio nel ventre e si piegò su un fianco, attutendo gli altri.
E lui...lui non la smetteva di ridere.
Bastardo.
Bastardo.
Poi la tortura cessò di nuovo. Esausta, si lasciò andare sulla schiena coperta di ferite da frusta. Non le sentiva più.
Neanche gliene importava più, dopo ore e ore di supplizio, se ora Kronos stava pestando a sangue sua moglie.
Era il turno di Viola ora.
Insolito, pensò, mentre la sentiva urla.
Insolito. Fino a due ore prima non aveva tollerato di vederla soccombere alle frustate, ai pugni, ai calci.
Ai morsi.
Specialmente ai morsi.
Usata come pasto dal suo uomo.
Ma ora...ora non gliene fregava più niente.
Sembrava che la sua anima se ne fosse volata via...come quella notte in cui aveva attaccato Milo, otto anni prima.
Gli uomini uccidono.
A volte coi colpi. A volte...con le parole.
Ma uccidono sempre.
Tanto valeva aspettare che Kronos si stancasse.
Troppo volubile la sua cupidigia, aveva anche smesso di violentare sua moglie.
Girando lentamente le pupille dilatate, anche al buio Trix la vide ricadere a terra.
A faccia in giù. Come lei.
Quei biondi capelli simili al grano, ricaddero a cascata sulle esili spalle. Anche alla Corte Leonina aveva visto Viola Rosencratz Leoninus magra, scarna. Ma non aveva mai notato prima...le ferite rimarginate. Le cicatrici.
Ecco il risultato del suo matrimonio.
Del suo vincolo...
Vincolo...
Se ci fu telepatia, Kronos ne rimase fuori. Rideva troppo, ebbro della sua sadica vendetta per cogliere gli sguardi di topazio che sua moglie e la sua prigioniera si scambiarono.
Era tosta, Viola.
Com'era una dura Mirabel.
- Confesso che mi state deludendo, mie signore...- gongolò, in piedi sopra di loro.
- Tu guarda, sembra la prima notte di nozze...- ridacchiò perfidamente Viola, arrancando a terra. Fece leva coi colmi, ma ricadde dopo un calcio sulla schiena, serrando i denti in un misto di collera e dolore feroce.
Trix, rimase immobile.
A guardare. Ancora e ancora.
Una bella bambolina bionda, macchiata di sangue, col corpetto di sera slacciato e la gonna di tulle e pizzo nero pieni di strappi. Troppo magra. Troppo a lungo...sotto tortura.
Chissà cos'aveva patito in quegli otto anni.
Chissà com'era riuscita...a sopravvivere.
Un pasto. Un'incubatrice.
Ecco cos'era per suo marito.
Niente di più.
Se non uno straccio da usare, calpestare e poi gettare via.
Ma lei non mollava.
Più lui la colpiva, più lei infieriva a parole, ferendo il suo orgoglio.
Non rinunciava a tormentarlo.
Non rinunciava alla sua vita.
- Perché non taci?- le sibilò Kronos, levandosi i guanti ormai troppo zuppi di sangue per essere usati - Perché taci Viola? Eh? Cosa ci guadagni ad ostentare l'ultimo baluardo della tua ormai inesistente dignità?-
- Qualcuno di noi due deve pur farlo no?- rantolò la vampira, mettendosi in ginocchio a fatica, con le mani legate dietro alla schiena. Con la frangia e molte ciocche sul viso, gli zigomi tumefatti, sollevò le iridi infuocate sul compagno.
Non si piegava, pensò Trix fugacemente.
Niente riusciva a farlo.
- Hn.- Kronos rise di lei, di entrambe.
- Andiamo.- continuò maligno - Siete penose, mie care. Penose. Una mezzosangue e purosangue puttana.-
- Meglio puttana che tua moglie.-
Un altro manrovescio le piegò il viso di lato. Sputò un rivolo di sangue e si rimise a fissarlo.
- E' questo il tuo problema...- gli disse, senza abbassare mai quello sguardo giudice, giuria e carnefice - Se non urlo...non ti ecciti neanche.-
Beatrix girò il capo.
Forse la sua anima era tornata.
Perché adesso le si erano riempiti gli occhi di lacrime. Dannazione.
Non poteva più sopportare tutte quelle grida.
Viola aveva ragione. Più loro strillavano, più lui...continuava.
Le ferite nell'orgoglio avevano scatenato quella follia.
Con un ringhio animalesco, Kronos si era avventato su Viola. Gettandola a terra, aveva calato le fauci sulla sua spalla, affondando i denti nella pelle tanto in profondità da arrivare all'osso.
Era...insopportabile.
Quel suono...il risucchio.
I gemiti.
Il sangue che scorreva via...da qualcuno che non poteva difendersi.
Ma perché preoccuparsi per lei?
Era un'assassina.
Era crudele, conosceva le storie su di lei.
Viola Rosencratz non aveva mai risparmiato nessuno.
Innocenti meno che mai.
Perché allora...non sopportava di sentirla urlare?
Dio, avrebbe dato qualunque cosa per poter essere un vampiro come lei, in quel momento.
Lei l'avrebbe lasciata morire. Ne era sicura.
Viola non avrebbe battuto ciglio.
Era un cancro.
Si, la sua anima era un cancro.
Che divorava da dentro, che distruggeva ogni suo istinto alla caccia, che masticava la sua indifferenza, sputandone le ceneri.
Quel cancro la rendeva debole.
Quel cancro le faceva provare pietà.
Sobbalzò lievemente, avvertendo il contatto col corpo di Viola.
Kronos si era staccato da lei e gliel'aveva scagliata addosso.
Con la bocca e le fauci lucide si sangue, rimase a studiarle.
Capelli d'ebano. Capelli di miele.
Una quasi adulta. L'altra con l'aspetto di un'adolescente.
Una mezzosangue. E una purosangue.
Tutto quello che simboleggiavano era...la disfatta.
Erano ridotte a spettri.
La bellezza era scomparsa.
Il loro potere era svanito.
Uccidere Viola sarebbe stato semplice, ormai.
Sarebbe bastato un paletto nel cuore.
Uccidere Mirabel invece...sarebbe stato un piacere.
Marchiarla.
Morderla.
E poi vederla dannarsi e bruciare...
Colpendo così anche quell'infame di suo nipote.
Si girò e raggiunse la parete, dov'erano affisse armi e catene.
Trix fu la prima ad accorgersene.
Aveva preso un paletto.
- Dannazione...- mise le mani sulle spalle di Viola, voltandola verso il loro aggressore. Anche la Rosencratz, che tremava sui gomiti che non riuscivano più a reggerla, capì che erano arrivati alla fine.
A questo punto, o lui...o loro.
- Addio, moglie mia.-
La voce di Kronos Leoninus scivolò nell'aria come un rivoletto untuoso. Come un veleno viscido.
Afferrò Viola per la gamba, godendo del suo sguardo sbarrato, e tirandola per la pelle lucida dello stivale verso di lui, puntò per un solo istante il viso di Beatrix.
- Dopo è il tuo turno...-
Oh no. Non questa volta.
Quando Viola iniziò a scalciare, nel disperato tentativo di prendere tempo, Kronos attaccò a ridere.
Un ghigno da iena, un ghigno d'avvoltoio.
E più sua moglie scalciava, più si divincolava, più lui afferrandola per le gambe riusciva a tenerla ferma.
Sempre più vicino, lo era tanto che le afferrò la nuca e una ciocca di capelli fra le dita.
Violento, la strattonò e le inclinò il capo, mettendone a nudo la gola.
Poteva vedere il sangue fluire nelle vene sotto l'epidermide candida della vampira.
Il profumo di sua moglie era sempre stato intossicante...sexy e velenoso. Ma intossicante.
- E' stato bello finchè è durato, amore mio.- sussurrò al suo orecchio.
- Non ne hai una vaga idea, Kronos.- replicò la Rosencratz - Non ne hai una vaga idea...-
- Salutami l'inferno.-
Di nuovo, le sue fauci calarono sulla sua gola. Affondarono sempre più in profondità.
Viola sentì il sangue nella gola...le strozzò il grido che salì alle sue labbra.
Le sembrò di affogare nella sua stessa linfa vitale...
Moriva.
Era quella la sensazione che tutti provano, prima di passare oltre?
Era quella la sensazione di venire risucchiati nel vuoto...che lei aveva fatto provare a tutte le sue vittime?
Tutto spariva...le energie, la voce...
Le palpebre si abbassavano.
Il buio...Kronos aveva vinto...
Incredibile.
Non aveva mai pensato che sarebbe morta fra le braccia di un uomo...
Non così...non in quel modo...
Fu il dolore a risvegliarla. Kronos si era staccato a forza dalla sua gola, lacerandole la pelle.
Ma lui...stava urlando.
Sconvolta, fra il velo appannato delle lacrime, Viola vide...suo marito, artigliato dalle grinfie di qualcuno.
Un braccio saldamente attorno al collo, le unghie piantate nella sua pelle.
Il capo rivolto all'indietro...e al suo orecchio, le labbra violacee di Beatrix.
- E' stato bello finché è durato.-
Voce dolce, sorriso nelle iridi e soddisfazione nel cuore.
- Addio Kronos. Goditi l'inferno.-
Si, il Vincolo è un grande dono.
E una grande condanna.
Proprio come il matrimonio.
Rompere un Vincolo...fu...esaltante.
Troppo preso ad uccidere sua moglie, quell'idiota si era scordato che quello che voleva fare a lei...lei avrebbe potuto farlo a lui. Il Vincolo rendeva deboli e onnipotenti al tempo stesso.
Bevve il sangue.
Dilaniò la sua carne.
Fu un tripudio di urla. E poi, invece di perdere per sempre la sazietà della sete, Kronos...prese fuoco.
Arse.
Come una torcia.
Furono le sue strilla, stavolta, a sostituire quelle dei prigionieri.
Tutti lo udirono.
Vampiri, Mangiamorte...e anche William e Asher.
Era finita.
Di quel bastardo non ne rimase che cenere. Ma prima, urlò tanto che anche i morti riuscirono a sentirlo.
Le ceneri si spensero solo dopo. Molto più tardi.
Trix e Viola, sedute vicine con la schiena contro la stessa parete, osservarono quello spettacolo.
In assoluto silenzio.
Fu Viola a spezzarlo, passandosi una mano sulla gola insanguinata.
- Potevamo bercelo. Accidenti a te.-
La Diurna socchiuse le palpebre. Era troppo esausta per mettersi a discutere.
- Ho sonno.-
La bionda la ignorò.
- Morire insieme a un'accidenti di mezzosangue...bella vergogna...-
- Sta zitta.- la supplicò l'Auror - O giuro che...- si zittì. All'improvviso.
Viola era scivolata con la testa nel suo grembo.
- Se ti azzardi a mordermi non rispondo di me...- l'avvisò Trix, ma del tutto invano.
Si era addormentata. Viola stava davvero dormendo...
Allora sospirò, scuotendo il capo.
Roba da matti...adesso doveva anche fare da balia a quella ragazzina.
Per una volta pregò. Kronos aveva gettato via il crocifisso che Milo le aveva regalato anni addietro. Per difendersi.
Ma chissà se non glielo aveva regalato per darle fede.
Se ce n'era ancora. Una cosa era certa per Trix.
Quella luce...non se l'era scordata. E sapeva bene a chi apparteneva.
Tom...
Tom stava bene...stava resistendo.
Doveva fare altrettanto, se voleva correre da lui, Damon e Cloe.
Doveva resistere...

 

 

 

 

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Capitolo 46
*** Capitolo 46° ***


tmr46






L'insegna cadente.
Il ricciolo delle lanterne appese nell'ingresso dell'orfanotrofio.
I tanti letti, tutti in fila...tutti uguali.
Le vetrate...ampie e sporche. I vetri, tanto opachi che non mostravano l'azzurro del cielo.
Lucilla era venuta davvero a prenderlo?
Era vero quel ricordo?
Aveva avuto una madre?
O...era vissuto sempre fra quelle pareti?
L'immagine di Lucilla spariva...non era vera...
Lei non era mai venuta a prenderlo, all'orfanotrofio.
Non l'aveva mai portato nel luogo delle margherite nere...
Non aveva mai conosciuto Caesar...

Quegli occhi verdi.
Lo odiava.
Fin dalla prima volta che si erano visti.
Aveva urlato. Lui aveva urlato, fermando il sangue che scorreva dalla sua cicatrice.
L'aveva chiamato per nome...anche se non si erano mai visti.
Perché solo guardandolo, Harry aveva capito tutto.
Era stato automatico, l'odio.
Perché lui non poteva amare il figlio dell'uomo che gli aveva distrutto l'esistenza.
Harry Potter, il bambino sopravvissuto, non poteva amarlo.

Occhi d'argento fuso, i suoi.
Non erano cugini.
Draco...non l'aveva mai abbracciato.
Perché Draco Lucius Malfoy non abbracciava nessuno.
Draco aveva perso l'infanzia a causa di suo padre.
Perché avrebbe dovuto abbracciarlo?

Perché qualcuno avrebbe dovuto amarlo?

Damon non gli aveva mai regalato la sua palla da basket.
Non aveva mai scelto di stare insieme a lui, fino alla morte.
Non gli aveva mai detto...Semper Fidelis...mai...
Era un sogno...
Trix non aveva provato nulla quando se n'era andato. A lei non importava.
Perché avrebbe dovuto importarle qualcosa?
E Claire l'aveva dimenticato.
Aveva sposato Oliver...vedeva una fede alla mano della Claire che ora lo stava salutando, dandogli le spalle.
Non lo amava.
Non lo aveva mai amato.
Come avrebbe mai potuto amare uno come lui?


Sei male.
Lo sei dentro.
Sei nato così...
E non puoi farci niente...accettalo...e non soffrirai mai più.
Mai più in gabbia...mai più dolore.
Sei male.
È la tua natura.

Claire King, aggrappata alle sbarre di quella cella che non la lasciava nemmeno sperare di poter uscire, guardava immobile e impotente...il suo uomo morire. Sfiorire lentamente.
Perché Thomas Maximilian Riddle stava morendo.
Impallidiva a vista d'occhio. Le sue labbra si tingevano del colore del glicine.
Ansimava. Non respirava più neanche. Lottava per farlo.
Perché non era più naturale per colui che viene costretto dalla gabbia della paura.
Perché in gabbia, si lotta solo per morire in fretta.
Stava cedendo?
Stava rinunciando a vivere?
Ogni tanto si lamentava. Ogni tanto si svegliava, ma non sentiva i richiami di nessuno.
Non sentiva le sue suppliche, non sentiva che lei lo cercava.
I suoi begli occhi di notte...erano diventati lontani.
Malati.
Spesse occhiaie nere segnavano la sua pelle, rendendo le sue ciglia spesse e profonde.
Come remi che affondavano in un lago notturno.
Fino a scomparire.
Miranda Grimaldentis glielo stava portando via.
A lei e al loro bambino.
Se ne stava andando di nuovo...
Ma non era come quel pomeriggio di otto anni prima.
Lui non stava sparendo oltre alti cancelli, sponde dorate cosparse di margherite color dell'ebano.
Lui non si girava a guardarla, a cercarla.
Lui non le giurava amore eterno, posandosi la mano sul cuore.
Senza una parola.
Lui questa volta stava morendo sotto i suoi occhi.
Quella donna glielo stava portando via...in nome di qualcosa che aveva rovinato la vita a Tom troppe volte.
Non ora.
Non ora che aspettavano un figlio.
Non ora...che c'era la speranza, dalla loro parte.
Non ora...che lui desiderava...vivere...
Lui voleva vivere...insieme a lei...
Si tappò le orecchie, quando Tom si mise a urlare.
Basta.
- Basta!- gridò, stringendo le sbarre come un'indemoniata - Dannazione, non lo vedi che quei Poli lo stanno ammazzando?!-
Zeus Levy, famoso in alta società per gli ambienti poco morali che frequentava, stava in piedi con riverenza accanto all'altare. Alto e corpulento, sulla quarantina, il Mangiamorte scrutava il suo signore attraverso un paio di occhiali dall'insolita forma ovale. Del tutto inutili, perché non aveva problemi di vista.
Non aveva fiatato da quando mezz'ora prima gli Hurt l'avevano messo lì a far da balia ai prigionieri, non aveva sentito suppliche, né maledizioni. Non aveva risposto a domande.
Ma neanche si era mai mossa dalla sua rigida posizione.
Come una guardia, come un sigillo, era rimasto in piedi accanto al suo Signore.
E la sua espressione, come Neely sperava, stava rivelando qualcosa che andava oltre la perseverazione per quel piano diabolico. Forse, qualcuno stava iniziando a comprendere.
Con forza, Neely strinse il braccio a Cloe e iniziò a carezzarle la schiena.
- Calmati.- le sussurrò - Mandami al diavolo, ok...ma calmati.-
- Ma come faccio?- esalò la duchessa, stringendo così forte le dita alle sbarre da farsi diventare le nocche bianche - Mioddio, guardalo...sentilo...- scoppiò in singhiozzi, sentendolo urlare di nuovo per il dolore.
Lo vide inarcarsi con la schiena. Tanto che temette se la spezzasse.
E si era agitato tanto, che le manette ai polsi avevano finito per farlo sanguinare.
Non riusciva a guardarlo.
Non resisteva...e il loro bambino era ancora troppo piccolo per difenderlo.
- Cosa gli accadrà se i Poli risucchieranno ogni suo ricordo?- chiese, angosciata - E perché quella luce non lo protegge più?-
- Non lo so.- rispose la Montgomery, continuando a sussurrarle all'orecchio - Ma devi continuare a parlargli. Devi fargli capire che ci sei. Non lasciare che il limbo lo prenda. Abbiamo perso Degona, lei avrebbe potuto farlo più facilmente...quindi ora spetta a te. Tienilo sveglio.- poi si sporse oltre la King e si fermò a puntare Levy. Prima di aprire bocca, scrutò Damon.
Howthorne era ancora immobile. Ogni tanto le sue ciglia si muovevano...il fatto che si fosse ripreso, poteva indicare che fosse stata la luce di Tom a farlo tornare in sé. Poteva essere stato solo quello...quella luce benefica. Pregando che resistessero fino a una svolta, visto che gli Auror erano entrati in quelle gallerie, cercò di attirare l'attenzione del Mangiamorte.
- Ehi tu...-
Zeus Levy, stranamente, mosse un sopracciglio. Poi appena la pupilla, quindi tornò a scrutare Tom.
- Levy, parlo con te.- ringhiò Neely - Idiota, te ne stai fermo mentre quell'Illuminata ammazza il tuo Signore e Padrone!-
- Zitta, donna.-
- Hn, non credevo che poteste essere tanto stupidi. In confronto a voi i Lestrange sono degni del Nobel, davvero. Se non altro loro non se ne sono mai stati fermi a guardare, mentre Lord Voldemort veniva massacrato da Mezzafaccia.-
- Ma di che diavolo parli?-
Zeus Levy ora la scrutava. Senza interesse, quasi per farle credere che non gliene importasse nulla.
- Levagli quei Poli.- Cloe si sporse insieme alla Montgomery. Deglutì. E neanche gliene importava se nella sua voce era uscita quella supplica così poco dignitosa - Levaglieli...o morirà! Quella donna vuole ucciderlo!-
- Non dire sciocchezze. Halley Brockway rivuole il Nostro Signore Oscuro.-
- A me sembra che il tuo Lord stia soffrendo.- replicò la bionda, stringendo le labbra tanto da mordersele - Guardalo...gli stai facendo patire le pene dell'inferno.-
- Quando sarà sveglio mi ringrazierà.- replicò il Mangiamorte - E adesso tappatevi la bocca, o provvederò a farlo io.-
Ma la minaccia andò a vuoto. Si affievolì nell'aria. Levy era schizzato in avanti, afferrando con forza le spalle di Riddle. Lo schiacciò contro l'altare, urlando sopra le strilla del prigioniero per chiamare a raccolta tutti i Mangiamorte nel corridoio. Era accaduto qualcosa.
Perché ora...il loro giovane Lord Oscuro non smetteva di urlare.
Lo capitano anche i loro carnefici.
Il loro Signore stava male. Il loro Signore...aveva qualcosa che non andava.
- Chiamatemi Badomen!- tuonò Levy, mentre cercava di fermare Riddle - Muovetevi!-
- Cerco anche la Brockway!- scandì la moglie di Cletus Hurt - Torno appena posso!-
- E portatemi del sedativo!- riecheggiò l'ultimo ordino.
Fino a spegnersi fra quelle pareti...più silenziose di una distesa di tombe.


Harry James Potter si abbassò improvvisamente, sollevando in aria un pugnale giusto in tempo per prendere in pieno petto il vampiro che l'aveva attaccato. Trapassandogli il cuore, l'essere si polverizzò all'istante, investendolo di cenere.
- Ma quanti cazzo sono?- urlò Efren Coleman, dietro di lui, intento a duellare con un altro vampiro di Kronos.
- Che ne so!- gli rispose Potter, spedendone un altro contro una parete.
Lui, Coleman, Ron e Draco erano sotto attacco da circa quindici minuti.
Erano stati presi alla sprovvista, in un corridoio largo appena due metri che impediva grossi movimenti.
Un luogo eccezionale per un'orda di vampiri composta da venti elementi.
Fortunatamente, i Bracciali del Destino non erano soggetti ad alcun incantesimo, neanche il più potente. Grazie a loro e alle barriere che innalzavano a sorpresa si erano già salvati da contropiedi pazzeschi.
Ma quei maledetti succhiasangue erano troppi.
Uomini di Kronos, a giudicare dai loro tatuaggi rossi.
E dalla bava che avevano alla bocca, sembravano a digiuno da mesi.
Certo che il fu principe Kronos sapeva come motivarli i suoi seguaci...
- Dannazione!-
Draco Lucius Malfoy trafisse una vampira contro una parete, conficcando la lama della sua spada dentro alla roccia.
Estraendola, iniziò a chiedersi per quanto ancora avrebbero potuto resistere.
Loro avevano i Bracciali, Austin Gray aveva una squadra di Cacciatori Notturni con sé, addestrati al peggio coi vampiri...ma Duncan e gli altri? E sua moglie?
Il pensiero che Hermione fosse finita fra le grinfie di Kronos Leoninus lo faceva combattere come una furia.
- Sfregiato inventati qualcosa!- gridò, infilzando l'ennesimo vampiro.
- Dove diavolo sono Hermione ed Edward quando servono!- si lagnò Ron, scuotendo dalla cenere. Vide Harry sistemare gli ultimi due, decapitandoli, così corse a una biforcazione del corridoio. Tendendo i sensi, alle sue orecchie arrivò lo scalpiccio di un altro squadrone di Leoninus.
- Ragazzi, ne stanno arrivando altri!- esalò, col fiatone.
- Qua siamo nella merda!- ringhiò Efren - Che facciamo? Avete delle NanoMine al Lumos?-
- Se l'è tenute tutte Tonks!- esclamò Harry, rigirandosi il pugnale fra le dita.
Merda, merda! E adesso che diavolo facevano?
Ne stavano arrivando troppi...
- Cos'abbiamo dietro?- chiese, voltandosi speranzoso verso Draco.
- Io ho solo del veleno.- masticò Malfoy, lanciando la tracolla a Efren per grattarsi ferocemente il braccio sinistro - Non credo che servirà a molto. Prova con l'acqua santa...e poi fatti bere per far salvare noi...-
- Che diavolo fai?- allibì Ron, vedendolo sfregarsi la pelle.
- Mi prude.- ruggì il biondo - Problemi Donnola?-
- E' il Marchio Nero?- Efren gli afferrò il polso - E' al culmine.-
- Grazie tante.- s'irritò Draco, ritirando immediatamente il braccio - Pensa ai cazzi tuoi, Coleman!-
Ed Harry sclerò.
Perché in battaglia o faceva tutto lui, o dava i numeri.
E sentire che il Marchio Nero e i Mangiamorte erano al culmine della magia oscura lì sotto, gli fece dare in testa.
- State zitti Cristo!- tuonò, raddrizzando i capelli a Coleman e Malfoy e sventolando la spada al vento, mentre Ron, lentamente, pallido come la morte, si faceva indietro. Passo dopo passo. Conscio che...erano fritti.
- Ragazzi...- mormorò, sollevando il viso in aria, cianotico.
- Tacete, tu per primo Draco, o giuro che...-
- Ragazzi...-
-...dovete farmi pensare o da qui non usciremo vivi!-
- Fosse per me saresti già stecchito, Sfregiato!-
- RAGAZZI!-
- Che cazzo vuoi?!- urlarono in coro Harry, Efren e Malferret.
Weasley, senza più fiatare, mosse il dito in aria.
Sollevando tutti il mento, videro qualcosa che non si vedeva tutti i giorni. Pipistrelli.
Pochi secondi più tardi, gli Auror erano attorniati da una trentina di vampiri. Tutti di giovane aspetto.
Tutti che ridacchiavano. Coi canini scintillanti alla luce di una debole fiaccola appesa in fondo al tunnel.
- Abbiamo preso Harry Potter, abbiamo preso Harry Potter...- cantilenò uno sbarbatello quasi rasato a zero.
- Grande fratelli!- celiò uno che sembrava il capo gruppo, dando il cinque a un vampiro immenso al suo fianco - Il capo ci darà la promozione, vai!-
- Già, magari questa sera ci lascia qualcuno per cena!- blaterò una vampira che sembrava uscita da un tritacarne, visto che era tutta sporca di sangue.
Gli Auror, poveri loro, li guardavano come alieni.
Ma era sani di mente quelli?
Harry ancora aveva la spada a mezz'aria contro Draco, che a sua volta era rimasto a grattarsi il braccio.
Questo, combinato col l'arguzia di uno dei vampiri che ovviamente non sapevano nulla di Harry Potter, salvò la situazione.
- Guardate!- fece il capo branco - Ehi, amico stai bene?-
Draco, arcuando un sopracciglio, si fece indietro. La sua espressione era impagabile.
- Che cazzo vuoi?-
- Stai bene?- s'interessò anche la vampira tutta lacera - Ti hanno preso gli Auror, vero?-
- Tranquillo!- il rasato giovanissimo dette una pacca a Malfoy, a cui stava cadendo a terra tutto quello che poteva cadere - Non lo diciamo a Badomen! E non ringraziarci se ti abbiamo salvato da questi!-
Ok. Erano tutti deficienti.
"Ti hanno preso per un Mangiamorte."
Malfoy sbatté le ciglia, sentendo la voce di Potter nella testa.
"Stai al gioco."
Scuotendosi, il biondo capì una cosa.
Una cosa che ebbe il potere di stampargli in faccia un ghigno da iena.
- Si...- abbozzò, prendendo poi fiducia - Li ho pescati da soli e pensavo di farcela. Meno male che c'eravate voi, gente.-
I vampiri esultarono, così iniziarono a portare via le armi a tutti.
Ma il meglio fu quando Harry si ritrovò la spada puntata alla gola.
Una bella lama sotto al mento. Con Draco Lucius Malfoy di fronte e l'aria del gatto pronto a divorare la panna.
- Cammina, Potty.- tubò, melenso come una ragazzina alla prima cotta - Su, non fare arrabbiare i miei capi, eh?-
"Non aspettavi altro, vero?" gli ringhiò Harry mentalmente.
- Oh...- gli sussurrò Malfoy, mentre s'incamminavano - Non ne hai una vaga idea...-
Bene. Un Mangiamorte infiltrato e tre dozzine di vampiri squilibrati.
Cosa poteva chiedere di più un Auror, per arrivare a meta senza spargimenti di sangue?

Fortunatamente c'era anche chi aveva cervello, lì sotto a tutti quei metri di terra.
La pressione, infatti, non aveva ancora fuso completamente Edward ed Hermione. Alle prese con una discussione di fondamentale importanza.
-...per me è una specie di Minotauro.-
- Dieci a uno che è un Basilisco. Quanto ci fai andare?-
- Edward, non scommetto soldi con te.-
- Mi va bene anche un pagamento in natura.-
La Grifoncina evitò di mandarlo a quel paese solo perché la gamba le faceva un male cane. E faceva di tutto per non zoppicare, così affaticava il ginocchio ferito come un'ostinata testarda.
- Se fosse un Basilisco saremmo nei casini, lo sai?-
- Io dico solo che se fosse in giro lo sentiremmo arrivare.- replicò Dalton, che le camminava davanti come per proteggerla da eventuali attacchi frontali - Quella "cosa" di cui parlava Lucilla deve essere chiusa da qualche parte. Perciò vediamo di non aprire nessuna porta o gabbia...o voliera, ok?-
- Dubito che Voldemort abbia chiuso qui sotto uno stormo di uccellini.-
- Magari era un regalo per sua moglie...- abbozzò l'ex Corvonero - Solo che non ha fatto in tempo a darglielo.-
- Le ha fatto regali a sufficienza direi.- masticò Hermione fra i denti - Cerchiamo di trovare gli altri.-
- Ma certo...dolcezza...- e si girò col viso appena sopra la spalla, scrutandola con espressione divertita - Io ti sembro deficiente per caso?-
- Dipende dalla situazione.- replicò lei, senza badare alla domanda. Un attimo più tardi però, cacciò un gridolino quando Edward la prese in braccio, senza stare a sentire proteste.
- Sono capace di camminare, accidenti!- sbraitò inferocita.
- Secondo me si tratta di un demone.- continuò Dalton, ignorandola - Lucilla apprezza queste cose.-
- Edward parlo con te!-
-...non mi sembra una che trova interessanti i diamanti, no?-
- Vall'inferno.-
Di nuovo l'Auror non stette a sentirla. Fermandosi a un bivio, guardò a destra e a sinistra.
L'aria lì sotto era fetida sotto ogni prospettiva. Quindi andare a naso era praticamente impossibile.
- Destra o sinistra?-
La strega imprecò, agitando la bacchetta che aveva in mano. La punta s'illuminò mentre la muoveva verso sinistra.
- E sinistra sia.- acconsentì il maschio della situazione - Herm, ma quanto pesi?-
- Chiacchieri troppo.- l'avvisò minacciosa - Se peso puoi mettermi giù, sai? Così magari la smetti di parlare a vanvera perché sei nervoso...-
Stavolta Edward non rispose. Colpito il bersaglio, la strega vide la sua mascella contrarsi.
La sua stessa presa alla sua vita si fece quasi dura. Rigida e inflessibile.
- Vedrai che sta bene.- gli sussurrò, poggiando il capo alla sua spalla.
Ancora rimase zitto. Ostinato.
Lo era sempre stato. Sotto quell'aria scanzonata, c'era un muro. Alto e impervio.
Quasi invalicabile.
Andò avanti a camminare. Sembrò passata una vita quando parlò di nuovo, dando voce a un suo pensiero.
- Quella luce...-
- Si?-
- E' stata la luce a risvegliare quel ruggito, no?-
- Esatto.-
- Perciò...- si fermò, attese un attimo, poi volse il capo a guardarla - Perciò se quella luce non ci ha fatto nulla, si può supporre che fosse pura energia benigna.-
- E se ha scatenato quella cosa...allora quella cosa appartiene a pura magia oscura.- finì la strega, senza distogliere lo sguardo dorato.
Si erano capiti.
Semplice logica.
Lì sotto c'era qualcosa che annegava nel suo stesso male.


Occhi. Tanti occhi...
Erano tutti rossi.
Qualcosa con ali, artigli e zanne...
Ora ricordava.
Lucilla dei Lancaster, col capo rovesciato sulla gamba sinistra del marito, fissava il buio.
I suoi ricordi di ragazzina stavano tornando.
"E' per te...quando l'avrò domato te lo regalerò..."
Tom non aveva fatto in tempo a regalarglielo.
Non ci sarebbe mai riuscito. Un umano non poteva spingersi tanto in là.
- Lo senti?-
Tristan le stava accarezzando i capelli da ore. Forse non se ne accorgeva. Perché lei era sicura che altrimenti avrebbe smesso. Doveva essere un gesto riflesso il suo. Una reminiscenza di ciò che erano stati insieme.
Ma anche lui lo sentiva. La magia nera scorreva ancora sotto la sua pelle.
Nelle sue vene. Più densa del sangue.
- Si, lo sento.- replicò lui, con lo sguardo verde perso nel buio - Spero vivamente che sia chiuso da qualche parte.-
- Si, non è libero.-
- Di cosa parliamo, esattamente?-
- Non lo so bene neanche io. Non l'ho mai visto...-
- Il tuo ex marito amava le sorprese, eh?-
Di nuovo quel sarcasmo. Affondò, per zittirlo, le unghie nel tessuto dei suoi pantaloni, strappandogli un'imprecazione.
- Ahi.- fece, con tono saccente - Cos'è, hai la cosa di paglia?-
- Detto da un fedifrago fa veramente ridere.-
- Bla, bla, bla...la rigiri sempre. Tu e i tuoi stupidi bicchieri!-
- Tu e la nostra tata...mah...- si girò e gli piantò in faccia un sorriso di compatimento - Potevi essere un po' più originale, sai amore mio?-
Amore mio.
Tristan deglutì e distolse lo sguardo. Senza smettere mai di carezzarle i setosi capelli.
Vuotare il sacco...chiederle...aiuto...gliel'avrebbe dato? Lucilla l'avrebbe perdonato?
- Credo di aver un grosso complesso d'inferiorità nei confronti di qualsiasi umana a cui tu sorrida.-
Pensava di essere stato lui a parlare...a dar voce a un sentimento. Invece, a sorpresa, a dire quell'eresia era stata...quella dea di sua moglie.
- Tu cosa?- alitò, senza riuscire a credere a una sola parola.
Lucilla, forse per non scoprirsi dopo quell'imbarazzante rivelazione, forse perché ormai non sentiva nulla se non le parole del suo cuore, proseguì senza muovere un muscolo.
- Ho sempre saputo che non sarei stata in grado di essere una donna normale...come i mortali la intendono, almeno. Sposandoti, sapevo anche che non sarei stata sempre in grado di farti felice come meritavi. Ma speravo che col tempo sarei riuscita a imparare. La cosa ridicola è che più provavo, più sbattevo contro la perfezione di Elisabeth. Alla fine ho lasciato perdere...anche se la paura che un giorno mi vedessi con occhi diversi non mi è mai passata.-
Era tanta l'incredulità che rimase con la bocca socchiuse.
Senza riuscire ad emettere un suono.
Era sempre stata gelosa di Elisabeth? Da sempre?
Com'era possibile che non se ne fosse mai accorto?
Dio...ma che razza di persona era?
- Se vogliamo essere sinceri...- sussurrò a bassa voce lui, interrompendola prima che potesse continuare - Io ho un enorme complesso d'inferiorità verso la tua natura in generale.-
- Sciocchezze.- mormorò Lucilla, serrando le palpebre.
- No.- replicò lui, lasciandosi andare con la schiena contro la gelida parete - E' vero. Quando te ne sei andata, temevo che ti saresti messa con Caesar. E anche quando sei tornata...mi sono sempre sentito piccolo...in confronto a quello che gravitava nella tua vita...-
- Tu sei la mia vita.-
Era raro che gli dicesse cose del genere.
Così raro, che ogni volta riusciva a fermargli il cuore.
-...ma non sono in grado di capire quando stai male. Se sei viva o morta...e non potevo difenderti da Horus...perchè sono solo un mortale. Mentre tu...-
- Io non ho fatto abbastanza. Se l'avessi fatto, non saresti andato a letto con Elisabeth.-
Le dita di Tristan si fermarono. Imprigionate nei suoi capelli, simili a serpenti neri.
- Non mi ricordo...te lo giuro su nostra figlia...ma...-
- Ma?-
- Una sensazione. Si, mi è restata in mente solo una sensazione.-
- Sarebbe?- lo incalzò con voce roca, dopo aver atteso per trovare il coraggio.
- Che non volevo essere più forte di lei...perchè non era lei che volevo proteggere...lei è sparita...mentre lo facevamo. Sognavo te. Ho avuto paura Lucilla...paura per tanto tempo...-
- Non dovevi arrivare a tanto.-
- Tu nemmeno.-
La demone tacque. Chiuse le palpebre.
Strinse entrambe le mani sulla gamba del marito. Ora bruciava di meno.
Faceva lo stesso un male atroce. Ma bruciava meno.
Qualcosa stava lenendo quella ferita.
- Mi ami anche se sono tornato così?-
- Ti amo per quello. Non perché sei stato un demone.-
- Allora non girarmi la domanda. Ti sei risposta da sola.-
Guardami...
Abbracciami...
Stringimi forte...
I capelli biondi di Tristan le sfiorarono la fronte. Ruvida, la sua mascella sfregò contro la sua fronte. Poi calò sulla sua bocca, ghermendola all'istante.
Possesso. Amore. Fusione.
Non era il bacio di Giuda.
Non era nemmeno un bacio.
Era...l'addio alla vecchia vita.
- Pss...ehi...pss! Zia Lucilla!-
Un'allucinazione?
No. La situazione più imbarazzante della sua vita.
Lucilla levò le mani dai capelli di Tristan, che a sua volta quasi la lasciò andare per terra a gambe all'aria.
Incredibile!
Faith!
Faith Potter in persona stava di fronte alle sbarre della loro cella!
Anche Halley Brockway, dall'altra parte del corridoio, si mosse impercettibilmente.
- Faith!- si sconvolse la demone, gattonando fino a lei - Tesoro cosa ci fai qui?!-
La piccolina batté le mani, soddisfatta, carezzando contemporaneamente la testolina di Cosmo, infilato nella tasca della sua felpa rosa e sorridendo verso l'alto, dove presumibilmente c'era Nora.
- Siamo venute a prenderti zia! Ci ha portato qua la signora...e Cosmo...state bene?-
- Tesoro devi andare a nasconderti!- le ingiunse Tristan - Se ti vedono è finita!-
- Infatti, sta arrivando qualcuno!- sussurrò Glory, apparendo di colpo e terrorizzando a morte Mckay - Facciamoli uscire!-
- Non potete, non si usa la magia qui dentro! Serve la chiave!- Lucilla, sgomenta, avvertì a sua volta passi pesanti in avvicinamento - Dannazione! Piccole dovete nascondervi!-
- E dove, ce le infiliamo in cella?- ringhiò l'Auror di botto. Per poi zittirsi. Un istante, un'occhiata e lui e Lucilla si erano già accordati. Quei poveri idioti dei Mangiamorte, non potendo usare la magia come tutti gli altri, avevano pensato bene di mettere lucchetti alle sbarre. E serrature.
Anche un babbano molto abile avrebbe potuto forzarle.
E loro avevano a disposizione, Merlino solo sapeva come, due bambine che passavano facilmente in mezzo alle sbarre. E un fantasma. Ora stava prendendo forma l'idea...e solo dopo si sarebbero fatti dire per quale diavolo di motivo erano finite lì sotto! Ci sarebbe voluta una bella sculacciata per quelle due!
Mezzo minuto più tardi, Donald Carter, noto collezionista d'arte e Mangiamorte trent'enne, con un'onorata carriera di soprusi e omicidi alle spalle, si ritrovò di fronte alla cella.
I suoi occhi sprizzavano collera.
- Hai finito di far casino Mckay?- ringhiò, mettendo mano all'elsa della spada - Ti avviso, questa non è la serata buona per rompermi e...- tacque di colpo, abbassando gli occhi neri su...qualcuno che prima non c'era stato, in quella cella. Una bambina. Capelli corvini e occhioni azzurri.
- Cosa diavolo...-
- Ciao!- celiò Faith, agitando la manina. Al contempo, anche qualcun altro lo aveva salutato.
Un'altra voce infantile.
Si girò di colpo, scoppiando quasi a molla, e si ritrovò di fronte a un'altra bambina.
Piccola e bionda.
Con uno sguardo deliziosamente gelido.
Glory non perse tempo. In fondo il suo compito era solo quello di deviare l'attenzione da qualcosa d'invisibile. Così, mentre Tristan si attaccò alle sbarre, Nora colse al volo l'occasione per spingere all'indietro il Mangiamorte.
Un forte spintone contro il ventre e Donald Carter venne sbattuto contro la cella.
Il braccio dell'Auror l'avvinghiò al collo...e facendogli colpire la testa ripetutamente contro le grate, riuscì a stordirlo praticamente subito. Caduto a terra il nemico, a Glory non restò che cercare le chiavi nelle sue tasche, mentre Faith riusciva facilmente dalla cella passando fra le sbarre.
- Ok, trovate le chiavi bambine!- disse Lucilla - Ma se sentite qualcosa scappate subito, capito?-
- Non mi sembra di sentire nessuno.- mormorò Faith, tirando Carter per il mantello visto che non riuscivano a spostarlo di fianco per frugargli nella tasca sinistra - Quanto pesa...-
- Le ho trovate!- scandì la piccola Malfoy, illuminandosi - Però ci vorrà un po'...-
Tristan, che prestava attenzione ad eventuali altri noiosi Mangiamorte, si girò appena. Poi, sgranando gli occhi, inchiodò lo sguardo sul mazzo di chiavi che Carter si era tenuto appresso.
A tenere più di cento minuscole chiavi lunghe e spesse appena due centimetri, un doppio anello di rame.
- Ma quante sono?- alitò Lucilla desolata, mentre le cascavano le braccia.
Pure Faith sembrava delusa - Quanto tempo abbiamo?- chiese.
Meglio tacere. O dalla bocca di Tristan sarebbe uscito qualcosa che orecchie di fanciulle così piccole non avrebbero scordato facilmente.

Una ventina di metri più avanti, nel silenzio più totale per non attirare le mosche moleste, Jess Mckay, Clayton Harcourt, Sphin Eastpur, Milos Morrigan e Zack Perlham giravano come perfetti idioti.
Senza neanche avere una vaga idea di dove stessero andando.
L'unica cosa che sapevano era che sembravano essere precipitati nell'inferno.
Erano finiti, dopo un'ora di marcia e una fuga allucinante da un branco di vampiri, in un eterno e infinito corridoio cosparso di fiaccole dalle luci pallide e fioche.
- Queste persone...- Perlham si guardava attorno con sguardo sbarrato, fissando ogni vittima, ogni prigioniero, ogni volto nascosto nel buio, scarno come uno scheletro...con espressioni di animali in gabbia.
Con iridi cieche.
Con respiri quasi spenti.
-...perchè sono qui?- mormorò a bassa voce.
- Te lo chiedi anche?- Jess, con la spada sguainata, camminava senza vedere niente e nessuno.
- Non hanno colpe.- rispose Sphin per lui - Ecco perché sono qui.-
- Gl'Illuminati hanno credenze diverse dai Mangiamorte, però.- sussurrò il giovane Sensimago - Sono demoni?-
- Mezzi demoni.- replicò Clay, afferrandolo per un gomito e intimandolo a continuare a camminare - Non cercarci un senso, lezione n° 1. Perché non c'è.-
- Quindi sarebbero morti tutti per niente se non fossimo arrivati noi?-
- Perché credi che tanta gente sia morta, da quando è cominciato tutto?- ringhiò Jess cupamente - Te l'ho detto Zack. Non c'è onore fra questa gente. E non c'è dignità nel morire. Che sia in un letto fra le braccia della famiglia o fra le sbarre di una prigione. Si muore e basta.-
- Fatemi capire...volete lasciate qua tutta questa gente?-
Il giovane si bloccò. E strattonò il braccio dalla morsa di Clay, fissandoli sconvolto.
Incredulo.
Poi Jess vide...la mortificazione.
La delusione.
- Non possiamo lasciarli qui.- ribatté lentamente - Io non li lascio qui.-
- Non siamo venuti qua per questa gente.- replicò Sphin - Ragazzo, se sono qui...vuol dire che sono mezzi demoni o gagia. Gente che comunque usa la magia oscura. Miranda Grimaldentis, per quanto folle, è come suo padre. Mezzafaccia aborriva quell'arte.-
- Anche io...- ruggì Zack - Ma non per questo mi ergo a giudice anche in una situazione del genere!-
- Impara a ragionare con la tua testa.- gli suggerì pacatamente Clay, quasi sembrando indifferente - Se ti ordinano di liberare un Illuminato perché ha ammazzato un Mangiamorte, tu che fai? Lo liberi?-
- No, ma non lascio neanche un gagia in cella perché a un'Illuminata con seri problemi mentali ha deciso che deve ricostruire il mondo a sua immagine e somiglianza. Saranno tutti dei pazzi...ma nessun uomo merita di morire qui dentro!- li studiò, quasi ferito - Dio, ma cosa vi è successo?-
- Al momento ho qualche problema a puntare la mia attenzione su qualcuno che non sia mio fratello.- gli spiegò allora Jess, quasi sputandogli addosso il suo sarcasmo - Purtroppo funziona così, Zack. Lo capirai se ci saranno altre guerre. Quando succede...è meglio che tu metta al sicuro tutto ciò a cui tieni, prima di pensare ad altro. Perché un momento i tuoi cari ci sono...e un momento dopo...Mangiamorte e Illuminati te li hanno portati via.-
Perlham serrò i pugni.
Rimase rigido.
Ventun'anni appena, di fronte alla grande esperienza di coloro a cui stava alle costole.
Però...però...
Anche se fossero stati assassini...anche se...quelle persone dietro a quelle sbarre avessero commesso gravi errori...
Erano Auror!
Loro erano Auror!
Con che faccia avrebbe dato le spalle a quei prigionieri?
- Allora voi andate avanti...-
Jess, credendo di aver sentito male, arcuò le sopracciglia.
No. No, per favore.
- Prego?-
- Mc, non posso. Neanche tu potresti. So che hai paura per tuo fratello, ma non possiamo lasciare qua questa gente!-
- Anche volendo...- Clay, facendosi guardare male da Jess, mosse il pollice destro verso una cella.
Le serrature erano normali ma inattaccabili serrature babbane.
O si aprivano con la chiave, o ci si poteva anche mettere comodi per aspettare la pioggia.
O la morte, meglio ancora.
- Allora cerchiamo le chiavi!- si esaltò Zack.
- Credi che abbia tempo da perdere?- sbraitò Jess - Perlham, per Merlino, fra mezz'ora o poco più ci ritroveremo sommersi fino al collo di nemici e tu vuoi metterti a dare la caccia al custode delle chiavi di questa fottuta fogna? Noi siamo in cinque, cosa pretendi di poter fare?!-
- Liberare questa gente! Siamo Auror, te lo sei scordato? Sarai anche disgustato da tutto questo, dopo anni e anni di guerra, ma ritieniti fortunato!- gli sbraitò addosso - Hai me, bello fresco di accademia! Fa conto che sia la tua coscienza sopita!-
Era troppo!
- Senti tu!- tuonò Jess, fumando dalla testa bionda, pronto a cavare gli occhi al Sensimago. Fortuna per Zack, Clay e Sphin si misero in mezzo per dividerli, ma Milo...oh, Milo aveva in mente tutt'altro.
L'odore.
Si.
Del sangue.
Della morte.
Odore...della vita che scorre via.
C'era sangue.
E...il fumo.
La cenere.
Vampiri in decomposizione.
Trix...dov'era la sua Trix?
Poi, qualcos'altro gli invase le narici.
Sentore...di lupo. Sentore di...mannaro.
E non un mannaro qualunque.
Una femmina.
Intrisa di una strana essenza.
- Fresie.- mormorò a mezza voce.
Jess e Zack, sbattendo le ciglia, la smisero di azzuffarsi per girarsi a guardarlo come se gli fossero spuntate due orecchie da coniglietto.
- Fresie?- riecheggiò Clay, che si stava accendendo una sigaretta - Dai i numeri?-
- C'è una mannara.- scandì Morrigan - Una di sangue reale, perché odora di fresie. E' come un marchio, per loro. Ma Ilalya Greyback non era rimasta in superficie con Jeager?-
- Credevi davvero che se ne sarebbe rimasta buona e zitta?- ridacchiò amaramente Sphin - Forza, usa il naso. Dove c'è lei, ci devono essere anche Asher e William.-
- D'accordo.- Milo fiutò l'aria satura di sangue e umidità - Alla nostra sinistra.-
- E questa gente?- riattaccò Zack.
- Ti faccio smembrare dalla Greyback, cazzo Perlham!-
Jess ormai era arrivato al punto dov'era arrivato Harry. Il limite umano della pazienza.
La sopportazione ridotta al minimo storico, pur di farlo tacere, si fece strappare una promessa.
- Troviamo i ragazzi e poi libero che vuoi, basta che stai zitto!-
- Grazie capo!-
- E non chiamarmi capo!- strombazzò, incamminandosi dietro a Milo come una locomotiva a vapore.
In fondo, la coscienza prima o poi torna sempre a galla.
Sempre.
Che sia un evento o un pivellino a farla lucidare di nuovo nel nostro cuore...bhè, non importa molto.
L'importante era trovare i loro cari.
E poi compiere il loro dovere.
Difendere.
Preservare.
E fare in modo che neanche sbarre e gabbie avrebbero più potuto offuscare quell'ideale.



Sembrava che qualcuno stesse cercando di scorticarlo vivo.
Quelle urla rimbombavano su ogni superficie.
Sembravano propagarsi come una goccia nel mare.
Era lui.
Suo fratello stava urlando.
Stava lottando.
Ma al contempo...stava cedendo.


Guai eterni, a chi contamina un puro di cuore.
Perché dalle macerie della sua esistenza, sorgerà il fiore nero dell'oblio.


- Lo senti?-
Degona Lumia Mckay tornò a fissare il vuoto.
L'assenza di esso.
Il nulla.
Le catene si stavano spezzando.
La belva...che sua madre teneva al buio, che sua madre riusciva a tenere prigioniera...in lei invece stava prendendo il sopravvento.
La bambina di un tempo tornava a galla.
Il dolore.
Le urla.
Le sbarre.
Tutto in quel luogo invocava quel demone nascosto in lei.
Tutto in lei...lo invocava.
Tutto svaniva.
Il nulla prendeva il sopravvento.
Il nulla spezzava le catene.
Lei non riusciva più a trattenerle.
- Sentilo urlare. Beati di quelle grida, mia cara. Perché non lo sentirai più smettere.-
Miranda Grimaldentis afferrò una poltrona di velluto, sofficemente imbottita.
Ma logora, quasi cadente.
L'afferrò, la portò di fronte alla sua prigioniera, incatenata alla gelida parete.
Si sedette, accavallò le gambe sgraziate.
Ancora una volta, Degona ignorò il suo sguardo.
- Ti faccio ribrezzo, vero?-
Oh, non era il suo aspetto a congelarle lo spirito.
- Un'empatica come te...come può non capire attraverso il mio cuore?-
- Una cosa nera e avvizzita. Senza conforto alcuno.- finalmente, posò gli occhi di giada su di lei - Quale cuore?-
- Tu mi credi senza pietà, vero?-
- Io credo che tu non veda la luce del sole da molto tempo.-
- Ed è vero. Per colpa di tuo fratello.-
- Tu gli hai portato via la vita.-
- No, lui l'ha portata via a me.- le mani guantate dell'Illuminata si mossero dal suo grembo, si sollevarono. Le dita afferrarono i lembi del cappuccio che teneva calato sul volto - Lui, suo padre...la maledizione che pende sulle loro teste. Tu...tu dovresti capire. Ma l'affetto ti acceca. L'affetto ti ha resa sorda e stupida. Non vedi...possibile che non vedi? Nelle sue vene scorre veleno...il veleno dei Riddle. Pensi davvero che non sia la maledizione di suo padre ad averlo portato a questo punto? Nel male è nato...e non c'è via diversa. Non può sottrarsi al suo destino.-
- L'ha già fatto.- replicò Degona, serrando i denti - L'ha fatto nel momento in cui è nato.-
- Perché? Perché tua madre l'ha truccato? Ha truccato il suo volto e il suo aspetto? Ha ali di demone...-
- E' un puro di cuore.-
- E' una menzogna.-
La voce di Miranda si abbassò impercettibilmente.
- Lui è una menzogna. E te lo dimostrerò questa notte.-
- Se lo rovini...se gli fai conoscere il male...scatenerai una forza più grande di quanto tu abbia mai potuto osare immaginare.- l'avvisò la strega, i ricci castani sparsi sul viso, le iridi liquide, lucide come specchi - Sei tu a non capire.-
- Io so quello che ho visto...-
- Hai visto quella luce! L'hai vista!-
- Era la magia di tua madre.-
- Mia madre è un demone. Non ha questo potere. Non può trasformare ciò che è nato puro. Nessuno può.-
- Io riporterò a galla ciò che lei a nascosto.-
Un dialogo fra sordi.
Un muro.
Troppo alto per essere scalato.
Troppo spesso per essere abbattuto.
Le dita di Miranda si mosse ancora.
Lentamente, tirò indietro il cappuccio.
La maschera era stata calata.
Un volto orrendamente sfigurato.
Un tempo affascinante, gradevole...ora ridotto a un ammasso informe.
Cicatrici, ustioni.
Pochi e radi capelli, ormai.
Un delitto che nemmeno il Lazzaro poteva più far tornare come prima.
- Le pozioni Polisucco mi hanno trasformato in ciò che vedi ora.- le disse, sfidandola con uno sguardo - Troppo a lungo ne ho usufruito per portare a termine il mio piano. Ed ecco cosa ho ottenuto. L'aspetto di uno storpio...e l'anima di tuo fratello su un piatto d'argento.-
- Il tuo piatto è troppo fragile per contenerla.-
Degona la studiò ancora.
Poi girò il capo.
- Ti disgusto, vero?-
- Non è il tuo aspetto a farmi paura.-
Miranda ridacchiò - Temi per tuo fratello, lo so. Anche se poi...fratello...in fondo non avete lo stesso sangue nelle vene. Non siete legati da una parentela. Neanche alla lontana. E allora dimmi...perchè rischi di morire per qualcuno che non fa realmente parte della tua vita?-
Lui è mio fratello.
Era sorda.
Cieca.
Ormai non vedeva nulla che non fosse il suo scopo.
- Che cos'ha scatenato quella luce, dimmi, Degona.-
La guardò divertita, forse divertita dalla sua ingenuità.
Forse perché pronta a ucciderla...se le avesse raccontato altre menzogne.
- Mi hai mentito, prima, piccola strega...- sussurrò, alzandosi e andando a pochi passi da lei. A un metro, il suo odore di lavanda invase le narici della Mckay - ...mi hai mentito sulla sua paura più grande. Mi hai detto essere...la gabbia. Ciò che mio padre gli aveva inculcato nel cuore da bambino. Eppure, nonostante il suo terrore...quella luce l'ha protetto nel momento in cui la sua paura ha toccato il vero culmine. Perché? Dimmelo. Dimmi cosa teme davvero...e ti risparmierò la vita.-
Ah. Quel demone in lei stava ridendo.
Quel demone...rideva di lei, che non riusciva più a contenerlo.
Stava per prendere il sopravvento.
L'aria veniva a mancare.
E al contempo...aria non gliene serviva più.
Fortunatamente per lei, Miranda Grimaldentis sogghignò un'ultima volta.
Si rimise il cappuccio e le dette le spalle, raggiungendo la porta di fronte a cui si fermò.
- Verrò ancora a chiedertelo.-
La serratura cigolò sinistramente e fra lo spiraglio intercorso in mezzo a battente e parete, risuonò forte il lamento di Tom. Ancora più forte di prima.
Per un attimo, Degona risentì le lacrime di un bambino.
Lacrime e singhiozzi.
La paura di quel bambino di essere rimasto solo...
Era solo.
...e lo sarebbe stato...se lei avesse continuato a lottare per trattenere quel demone.
Quando la porta si richiuse e le urla si attutirono, gli occhi della Mckay, come tanti anni prima, cambiarono colore.
Era libera.


Guai eterni, a chi contamina un puro di cuore.
Perché dalle macerie della sua esistenza, sorgerà il fiore nero dell'oblio.


Cloe e Neely si abbassarono di colpo.
Un'onda magica di immani proporzioni investì i Mangiamorte, fece tremare il pavimento, stritolò le fondamenta.
Il fuoco delle fiaccole si spense e poi si riaccese.
Più forte di prima.
E Thomas Maximilian Riddle si dimenò più violentemente.
Le catene cigolavano, quasi come i gemiti dei feriti.
La superficie del Lazzaro era increspata. Dal vento, dalla magia.
Miranda Grimaldentis sorrideva da dietro la porta.
Beato nel sangue, quel nuovo Lord Oscuro.
Maledetto per sempre, d'ora in poi.
Perché quello era il suo destino.
Qualcosa però, lì nel corridoio, la colpì alle spalle.
Un sibilo.
Un brivido di freddo.
Un sussurro.
Chi era?
Si girò di scatto, guardandosi attorno.
Nessuno.
Cosa diavolo era stato?
Ignorò quella sensazione ma posate le dita sulla maniglia le scappò un gridolino.
La maniglia scottava. Come se il fuoco stesso l'avesse arroventata.
Fissò il suo guanto ghermito e di nuovo le fiamme delle fiaccole arsero, quasi ballando.
C'era qualcuno lì con lei.
C'era.
Lo sentiva.
Qualcuno d'invisibile.
Poi la porta si spalancò e sconvolgendola, la Grimaldentis si ritrovò di fronte a uno spettacolo diabolico.
Luce e tenebra si stavano fondendo sull'altare a cui lei aveva incatenato Riddle.
Non aveva mai visto nulla di simile.
Luce e tenebra.
Due nubi dense e tossiche...che si attorcigliavano sul corpo fremente del mago.
La sua schiena inarcata.
I muscoli tesi.
I Poli che su cuore e tempie gli avevano rotto i capillari.
Dapprima rosee e rossastre, ora quelle minuscole venuzze si erano tinte di blu.
Posseduto.
Era come se fosse posseduto.
Di nuovo, quella forza invisibile la spinse nella stanza, afferrandola di schiena.
Fu una spinta feroce...così dura che traballò in avanti e ricadde in ginocchio di fronte all'altare.
I Mangiamorte urlavano mentre un vento freddo e implacabile invadeva tutto.
Insieme al fuoco delle fiaccole che si alzò fino al soffitto, soffocando l'ossigeno. Bruciando le pareti.
Badomen e Zeus Levy le strillarono qualcuno.
Lei non sentì.
Troppo il frastuono.
Troppa la magia.
Si rialzò tremante.
E vide... il dubbio.
Thomas Maximilian Riddle...non era più lui.
Segni bluastri e neri gli segnavano gli occhi, partendo dalle tempie.
Sul suo cuore, una macchia nerastra si allargava per tutto il suo torace.
Il dubbio.
Si, il dubbio la ghermì come la porta le aveva ghermito la mano.
Perché vide gli occhi di velluto notturno del mago...diventare rossi.
In un lampo.
Un lampo breve.
Ma furono rossi.
Furono sangue.
Sguardo diabolico.
Vide il male.
La luce su Thomas Riddle lampeggiò leggermente.
Si stava spegnendo.
E la nube nera divenne così densa da sembrare l'ombra del Demonio.
Cosa stava svegliando?, si chiese mentre piano piano il rito si compiva.
Cosa svegliava davvero?
Cos'aveva contaminato?
Un finto puro di cuore?
E cos'aveva svegliato, adesso?
Due occhi rossi.
La parte nascosta di un uomo...che lei non sapeva comandare.
Cos'aveva fatto?

La luce si affievolì.
Poi si spense.
E il blu della notte sparì, da quelle iridi.
Rimase il colore del tramonto.
Del sole ferito, che moriva.
Ora era libero.




 

 






Un giorno, una rana vide uno scorpione sulle sponde del suo stagno.
Lo scorpione si avvicinò e le chiese se potesse portarlo sull'altra sponda.
La rana, tentata, cercò di fuggire, ma il pericoloso animale l'assicurò che non avrebbe cercato di ucciderla.
Perché poi? Lui non sapeva nuotare...
Così la rana, colpita da quel ragionamento, accettò e lasciò che salisse sul suo dorso.
A metà della traversata però, la rana sentì un forte dolore...e capì che la morte sarebbe presto sopraggiunta.
- Perché l'hai fatto?- chiese, prima di morire.
E lo scorpione, affogando, le rispose...
- Non potevo non farlo...è la mia natura...-

 

 

 

 

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Capitolo 47
*** Capitolo 47° ***


tmr47





“C'è una cosa più forte di tutti gli eserciti del mondo, e questa è un'idea il cui momento è ormai giunto.”
V. Hugo.





C’è chi sostiene che siano l’intuito e l’istinto a salvare il cappello di un mago in punto di morte.
C’è però anche quella scuola di pensiero, a cui io mi sento di affidarmi in questo caso, che vede l’esperienza come punto di forza di un valido esercito.
Se questo esercito poi, è piuttosto denutrito in fatto di teste e bacchette, allora questa esperienza è l’unica arma a cui il mago può aggrapparsi.
Ed Harry James Potter quella notte avrebbe potuto far conto sulla grande esperienza e sull’arguzia di tre grandi uomini.
- Per la barba di Merlino, Desmond! Spegni quell’accidenti di pipa! In questa lurida fogna già non si respira!-
Una voce segnata d’irritazione riecheggiò nelle grandi gallerie della miniera sotto Riddle House. E a seguire, un’altra voce rispose...ma con assai meno acredine.
- L’elleboro mi concilia le visioni, Edgar, lo sai...-
- Cosa diavolo speri di vedere qua sotto? Siamo nel letame fino al collo, se non te ne fossi accorto. E mi sono anche sporcato i miei stivali da duecento galeoni, accidenti a voi due.-
Albus Silente, sollevando appena gli occhi verso l’alto, continuò a camminare nella galleria umida e buia dritto per la sua strada. L’aria non era così fetida, a differenza di tutti i buchi in cui lui e i Fondatori si erano cacciati da due ore a quella parte, quindi era probabile che o stessero finendo all’inferno, dove presto si sarebbe sentito odore di zolfo e non di chiuso, o stessero camminando verso zone ricolme di fessure e prese d’aria.
- Albus, ma lo sai dove andiamo?- brontolò Edgar Dibble, Ministro della Magia nonché sicuro Manifestante per l’abbattimento di Casa Riddle.
- Mi vedi una mappa in mano, Edgar?- celiò bonariamente il Preside di Hogwarts – Sto semplicemente andando a naso.-
- Fortuna che in gioventù non facevi uso di strane sostanze allora...- rampognò Dibble, scoccando un’occhiata bieca alla sua sinistra dove il Menestrello, tale Desmond Hayes, si fumava beatamente la sua pipa ciondolando in abiti da straccione – Seguirvi è stata la peggiore idea della lunga triste storia delle cattive idee, signori miei.-
- Ah, andiamo Edgar, smettila di lamentarti.- cinguettò il Menestrello, soffiando fuori dai polmoni una nube di fumo chiaro come neve – E’ una bella nottata, c’è la luna piena dietro le nubi, tutti gli Auror hanno finalmente mandato a quel paese il Wizengamot, noi tre siamo insieme come una volta a divertirci e Harry Potter è ancora vivo! Cosa si può volere di più?-
- Non affondare nella melma fino alle caviglie, per esempio...-
- Tu non cogli il lato gioioso della vita, amico mio.- sospirò teatralmente Hayes.
- Tu invece ci vivi sopra.- replicò il Ministro della Magia – Bel disastro, signori. Bel disastro. Abbiamo perso Potter, perso Riddle e qui sotto ci saranno la bellezza di trecento nemici fra vampiri, demoni impuri e Mangiamorte. E ho arrotondato per difetto! Siamo senza poteri, idem Potter che a quest’ora potrebbe essere già stecchito a terra e...- Dibble perse il filo del discorso, vedendo Hayes fare un cerchio col fumo della pipa.
Poi un altro più piccolo. E un altro ancora.
Fino a che...
Hayes non sogghignò divertito – Ah, quella piccola peste di Phyro...-
- Lucas Potter?- Silente s’interessò subito, avvicinandosi all’amico – Dimmi tutto Desmond.-
- Il piccoletto si divertirà molto oggi, Albus.- rise il Menestrello, dando una pacca sulla spalla curva del grande mago – E impererà che per lui non c’è niente di più importante della gloria. Ma temo anche che...- Hayes serrò le palpebre, come per vedere meglio -...temo anche che il bambino correrà un grosso rischio.-
- Allora muoviamoci a questo punto.- ringhiò Dibble, rimettendosi in testa la bombetta tutto serio – Non mi va di perdere un altro Potter.-
- Non ho finito.-
Il Menestrello levò la mano coperta da un logoro guanto nero senza dita.
Fissava il vuoto. E vedeva...vedeva ogni cosa.
- Lucas Potter non è solo.- mormorò, coi scintillanti occhi cerulei che tornavano a sperare – Oggi imparerà molto. Verrà segnato da questa nottata per sempre. E vedo...stelle cadenti. Un fuoco che brucia...e acqua che scorre.-
- Molto chiaro.- disse Silente compito – Grazie Desmond.-
- Grazie cosa Albus?- sbuffò il Ministro seccato – Non cominciare anche tu, eh? Io non ho capito niente!-
- E’ perché non allarghi la mente.- gli chiarì il Preside, attaccando a ridere sotto i baffi – Adesso muoviamoci, amici miei. Credo che dovremmo raggiungere Harry prima che il dono di Tom a Lucilla riesca a liberarsi. E Merlino non voglia, ma ho il terrore che questo avverrà molto presto.-
- Sai di cosa si tratta?- gli chiese Hayes, guardandosi alle spalle per un istante, dove il buio diventava ombra.
- Anni fa Lucilla mi concesse di spiare in alcuni suoi ricordi che lei voleva tenere nascosti a se stessa, per non soffrire più.- spiegò lentamente il vecchio mago, lisciandosi la lunga barba bianca con dita agili e nervose – Temo di aver visto molto bene cosa Voldemort nascose qui sotto, aspettando di essere abbastanza potente per domare...quella cosa...e poi donarla a Lucilla.-
- Parla.- lo incalzò Dibble – Parla Albus. Cos’è? Cosa c’è qui sotto?-
Come si poteva spiegare?
Come si poteva spiegare a un essere umanala lunghezza dell’eternità?
Come spiegare l’infinito, scaraventato negli abissi del tempo, moltiplicato in secoli di ombre...
No, non c’era modo.
Se non quello di vedere le tenebre coi propri occhi.



“Per chi ha paura, tutto scricchiola.”
(Sofocle)



Le urla erano cessate ormai.
Non c’era più motivo di urlare.
La ragione per cui respirare...per cui trattenere il fiato...
Ora non serviva più.
Miranda Grimaldentis sapeva che doveva respirare, per sopravvivere.
Era l’ossigeno che le gonfiava i polmoni. L’ossigeno che le impediva di cadere morta a terra.
Però...però ora qualcosa, qualcosa che nemmeno il suo ferreo autocontrollo riusciva a contenere, ebbene questo qualcosa riuscì, per una frazione di secondo, a farle credere che sarebbe stato meglio morire.
In quell’esatto istante.
La luce, che fino a pochi secondi prima aveva brillato su quel corpo dilaniato dalla paura e dalla tortura, ora era scomparsa. Come una lucciola morente, quel bagliore aveva pulsato, pulsato e pulsato...fino a svanire.
Soppiantato da una massa cupa e nera, fosca come un giorno di tempesta.
Una nube che aveva piantato il suo tetro vessillo...in un cuore che non avrebbe mai dovuto conoscere offesa.
Guai eterni, a chi contamina un puro di cuore. Perché dalle macerie della sua esistenza, sorgerà il fiore nero dell’oblio...ecco cosa si diceva, di un puro di cuore portato al male.
Ma lo era davvero?
Quella voce dentro di lei che l’avvertiva che sarebbe stato meglio esalare l’ultimo respiro entro breve, venne soppiantata dalla rauca litania rappresentata dai discorsi di suo padre.
No. Lord Voldemort non avrebbe mai creato nulla di simile.
Suo figlio...non poteva essere diverso da lui.
Un miracolo non viene partorito dal diavolo stesso.
Non era possibile.
Eppure perché...perchè non riusciva a mettere a tacere quella cantilena nella sua testa?
Oziosa vocetta isterica, che danzando le portava a monito la sua dipartita.
La sua sconfitta.
Aveva sporcato un puro di cuore.
No, lui non lo è.
Si, invece. Lui lo era...e tu l’hai rovinato.
Non può esserlo. Lui è male. L’ho solo riportato alla sua vera natura!
Come si può conoscere la natura di uomo?
Miranda Grimaldentis chiuse le palpebre.
Riprese a respirare rumorosamente, solo perché fu costretta da uno spasmo.
Perché cedeva?, si chiese. Come poteva essere così stupida? Anche lei si era fatta incantare da quelle due iridi?
Occhi di bambino. Velluto, come la volta notturna trapuntata di stelle.
Tutto falso, anche il suo viso.
Tutto falso, anche la sua luce.
Perché Thomas Maximilian Riddle avrebbe guidato di nuovo i Mangiamorte.
Non poteva essersi sbagliata.
Lei stava solo ripulendo la stirpe dei maghi per il futuro.
Era quello il suo compito, compito che suo padre non aveva fatto in tempo a portare a termine! E ora toccava a lei!
Basta indugi, si disse, mentre i Mangiamorte quasi crollavano in ginocchio.
In estati.
Basta dubbi.
Lui...è come tutti gli altri.
Lui è il buco nero che precede l’oblio.

Restò immobile anche quando Badomen, ora ridotto a un ragazzino in adorazione, le andò a fianco.
Deglutì un paio di volte prima di parlarle.
- Per un momento ho dubitato.-
Provò a ridere. Ma Miranda si accorse di non averne alcuna voglia.
- Ora hai il tuo Signore Oscuro.- gli rispose, cercando di non trasmettere la sua angoscia che volente e nolente, le stava attanagliando le viscere – Dì ai tuoi di ritirarsi...che lo lascino respirare.-
La storia mostra grandi scene di massa, in cui un unico uomo, donna o...essere riesce a incantare migliaia e migliaia di suoi pari. Ebbene, anche quella notte, anche quel 10 luglio, demoni impuri, vampiri e soprattutto Mangiamorte...restarono a vedere risorgere il sangue del loro grande Padrone.
Il nuovo Lord Oscuro.
Sparì anche il buio.
Su quell’altare arrampicato su pochi gradini di pietra scarna e liscia, corrotta dal tempo di grandi maghi italiani ora decaduti, un puro di cuore corrotto da mano esterna venne risvegliato in una culla di nero mare di pece.
Tutti in ginocchio, tutti col fiato sospeso...
La stessa aria che respiravano era rimasta immobile.
Il tempo, al loro pari, pareva essersi arrestato per restare a guardare quell’evento...che una volta soltanto, in futuro, si sarebbe ripetuto. E poi...mai più.
Un tempo Lord Voldemort prese vita.
In un futuro ancora lontano, una Lady del suo stesso sangue avrebbe camminato per il mondo su una strada di cadaveri.
Ma ora...ora Thomas Maximilian Riddle riaprì gli occhi. Lente, le palpebre dischiusero il mondo vivente al suo cospetto.
Un affresco, sul soffitto, giaceva immobile e immutato.
Nel silenzio, le iridi rosse come bagnate nel morire del sole al tramonto, rimasero ferme.
Un secondo. Un altro ancora.
Poi le catene che imprigionano i polsi del nuovo Signore schioccarono, spaccandosi.
Gli anelli finirono a terra, rimbombando.
E con esasperante lentezza, il Lord Oscuro iniziò ad alzare.
Incurante del peso del Legimors che ancora riposava contro il suo ventre, Riddle si poggiò su un gomito.
Arcuò la schiena, lasciando all’indietro il capo che poi ricadde in avanti mollemente.
La sua camicia lacera gli scivolò da una spalla.
Non se ne curò.
Senza una parola e senza mostrare di sentire la presenza dei suoi Mangiamorte, afferrò con forza il Polo Negativo che ancora gli succhiava energia e ricordi dal cuore. Lo strappò, senza emettere un lamento.
Dov’era stato il Polo, rimase un livido segno violaceo. Ricolmo di venuzze e capillari bluastri.
Lo stesso, attorno alle sue tempie.
Gettò via i poli con mano pigra ma chiara e visibile era la sua spossatezza.
Però...si, c’era dell’altro.
Noia.
Incuranza.
E...sicurezza.
Subito dopo asportati i poli, Tom si lasciò andare su un palmo aperto contro l’altare di pietra.
L’altra mano, ancora ammanettata in un sottile bracciale che gli aveva segnato i polsi, se la passò sul volto.
Ora lustro e lucido. Candido come neve.
Le dita risalirono, fino a scostarsi alcune ciocche corvine dalla fronte.
In quelle operazioni, i Mangiamorte si scrutavano timorosi.
Nessuno osare parlare, fiatare...o addirittura muoversi.
Il Lazzaro e il suo scrosciare spezzava il silenzio.
Insieme al languire del fuoco.
Insieme ai singhiozzi di una strega, che col volto nascosto fra le mani, piangeva ogni sua lacrima residua.
- La mia bacchetta.-
La voce del Lord Oscuro risuonò nell’aria esattamente come se suo padre non fosse mai morto.
Il sibilo...il sibilo di un serpente.
Che sa come usare le sue spire.
Che incanta con le sue movenze.
Che stringe e soffoca.
Che tenta.
Badomen e Zeus Levy furono i primi a scattare.
Senza attendere un cenno da Miranda, Craig raggiunse il trono dell’Illuminata e frugò negli effetti del suo Padrone.
Prese la bacchetta fra le due mani, adagiandola sui palmi come un trofeo.
Raggiunto l’altare dove Tom stava ancora seduto con le gambe lunghe, s’inginocchiò e sollevò la bacchetta verso di lui.
- Padrone...Padrone, siamo così onorati.-
Non ci fu segnale che Riddle l’avesse sentito.
Vacuamente, i suoi occhi sanguigni vagarono per la grande stanza.
Studiò le pareti, il pavimento, un numero indicativo dei presenti.
Poi, per una frazione di istante, il suo sguardo si puntò sul bianco cappuccio della Grimaldentis.
Muori, ridisse quella voce interna che tormentava Miranda.
Sarebbe meglio morire, a questo punto.
Guardalo...guarda che gli hai fatto...è opera tua...solo tua...
- Bentornato Signore Oscuro.- sussurrò anche Levy, inginocchiato accanto a Badomen – Questo giorno non verrà mai scordato. I tuoi Mangiamorte sono al tuo servizio perpetuo.-
Di nuovo non fece nulla.
Levy e Badomen osarono solo alzare leggermente il viso.
Riddle fissava un punto imprecisato di fronte a sé. Forse la punta del suo stivale.
Sospirarono di sollievo, quando con dita marmoree afferrò la sua bacchetta.
Se la portò in grembo. Ma non la degnò di uno sguardo.
Restò immobile.
Gli occhi ancora puntati sull’indefinibile.
- Mio Signore...- Badomen azzardò a rimettersi in piedi, anche se rimase a capo chino e spalle curve – Mio Signore, ti senti bene?-
Stavolta parve riprendersi. La smise di fissare il vuoto e rizzò regalmente la schiena.
Stremato.
Si, sembrava stremato.
Badomen serrò i denti. Ammise con sé stesso che per un attimo aveva temuto per la sua vita.
Halley si era dimostrata troppo decisa su quel rito che aveva portato via tante energie al loro Signore.
E confessò anche...che per un lungo esecrabile momento, aveva avvertito una sensazione di avversione per lei.
L’aveva sentita...nemica.
Ma ora era tutto a posto.
- Sto bene.-
Dura, fredda, glaciale.
La voce di Riddle sembrò riprendersi molto prima del suo fisico.
- Ne siamo lieti, Padrone.- disse Cletus Hurt, ancora inginocchiato insieme a tutti gli altri.
- Padrone, dovresti riposarti.- intervenne Badomen, zittendo Hurt e gli altri alzando solamente il palmo aperto – Del Lazzaro potrebbe farti sentire meglio.-
Il secco rumore del ghiaccio che si spacca.
O del vetro che va in frantumi.
L’ululato del lupo alla luna.
Ecco, la sua risata fu tutto ciò.
Tom rise, spalancando la bocca e mettendo in mostra la bianca dentatura, ora paragonabile alle fauci di un predatore.
- Sai cosa potrebbe farmi stare bene Craig?-
Il fatto di essere chiamato per nome e direttamente in causa, fece gonfiare il cuore di Badomen di orgoglio.
- Ordina e farò di tutto per te, Padrone.-
Il volto affascinante del Lord Oscuro, così uguale al peccato originale, si abbassò sul servo.
Malizia e minaccia luccicavano nei suoi occhi.
- Ecco cosa voglio, amici miei. La testa di Harry Potter...qui, ora e subito.-
Fu giubilo.
Furono urla diaboliche.
Fu un ballo e un rito propiziatorio.
La danza della vittoria.
Tutti i Mangiamorte avevano alte spade e bacchette.
I neri cappucci che si stavano contro il soffitto, come montagne acuminate.
Miranda Grimaldentis restava indietro.
E lei sapeva bene che anche se nascondeva il viso sotto il cappuccio, lui la vedeva.
Lui sapeva.
E di nuovo il dubbio bussò alla porta del suo cuore.
Cos’aveva svegliato?
Cosa si annidava davvero in lui?
- TOM! TOM TI PREGO, NO!-
Quel grido fece letteralmente sobbalzare Miranda. Non se l’aspettava.
A dire il vero, era concentrata a percepire i brividi che le percorrevano la schiena.
Per questo si girò verso le gabbie delle due prigioniere con un gemito soffocato in fondo alla gola.
Lei quasi non riusciva a guardarlo in faccia.
Come poteva quella strega...supplicarlo?
Cloe King aveva il coraggio dei pazzi, si disse.
- Trovate il modo di imbavagliare quelle due.- bofonchiò il Lord Oscuro, continuando a massaggiarsi le tempie con dita gentili – Non m’interessa se quei due disgustosi marmocchi le proteggono. Trovate un modo per farle tacere...o la lingua che taglierò al posto della loro, sarà la vostra.-
Badomen annuì, fece un cenno a Cletus Hurt e sua moglie che sparirono oltre l’ingresso, poi si mise finalmente ritto.
- Padrone, vorrei ragguagliarti sulla situazione.-
- Stai aumentando la mia emicrania, Craig.- l’avvisò Riddle con tono falsamente ossequioso, tanto da far deglutire di nuovo lo sventurato servitore, che si ritrovò con la bocca più arida di un deserto – Spero che almeno saranno buone notizie. E trovatemi dei vestiti asciutti...- aggiunse, come se l’abbigliamento fosse più importante di ciò che gli accadevi attorno.
- Certo Padrone.- Badomen schioccò di nuovo le dita e stavolta fu Melissa Masterson a correre per eseguire l’ordine – Bene. Gli Auror sono entrati nel pozzo un’ora e mezza fa. Si sono persi nelle gallerie e ho fatto modo che gli uomini di Kronos andassero loro incontro. I meccanismi protettivi della galleria li ha divisi in piccoli gruppi.-
- Li state seguendo presumo.-
- Lo fanno i vampiri.-
- I vampiri non troverebbero un Auror neanche al Ministero della Magia.- fu il laconico commento di Riddle – Quanti siamo qui sotto?-
- Trecento, mio Signore.- disse Eos Levy, tutto riverente.
- E gli Auror una cinquantina.- Tom schioccò la lingua, gettando le gambe penzoloni giù dall’altare. Si stirò il braccio destro dietro al capo, scroccando poi il collo con un suono da brivido – Giochiamo sul numero. Fateli affogare in un bagno di sangue, ma voglio che mi portiate mio cugino.-
Badomen corrugò la fronte.
- Intendi Draco Malfoy?-
Tom ridacchiò, facendolo sentire un idiota – Si, lui. Alto, biondo...un traditore con Marchio Nero.-
- Sarà fatto.-
- Voglio un resoconto ogni quindici minuti.- continuò, sputando ordini a raffica – Voglio sapere costantemente dove si trova Harry Potter, come si muovono a gruppi e chi sono i presenti. Se qualcuno manca all’appello, ditemelo. E uccidete immediatamente Hermione Hargrave, se la trovate. Anzi...- il Lord Oscuro sorrise, vedendo Miranda irrigidire la postura – Scusami...Halley...- calò bene su quel nome, usando un tono soffice e vellutato, prendendola in giro -...scordavo che vuoi tu l’onore di trapassarle il petto. Accordato.-
La Grimaldentis rimase scioccata.
Non...non diceva a nessuno chi era veramente?
E le lasciava l’occasione di uccidere quella gagia?
Perché?
Cos’aveva in mente?
Perché non diceva a tutti chi era davvero?
E perché...era così tranquillo?
Solo lei aveva i poteri.
Lui era praticamente indifeso.
Come poteva sogghignare in quel modo?
Cosa gli dava tanta sicurezza?
E prima ancora...Dio Onnipotente, ma chi aveva risvegliato?
Con un balzo, lo vide scendere dall’altare e percorrere i gradini che lo separavano dal pavimento con agilità.
Fu una cosa incredibile.
Passò fra i suoi Mangiamorte come un Dio fra tutti gli insetti.
Svettava per...potere, per carisma.
Per essenza.
E giunto a un passo da lei...le sorrise di nuovo.
Si chinò, fino a raggiungere con la bocca il suo orecchio, nascosto dal cappuccio.
Un braccio l’avvinghiò per la vita.
I Mangiamorte, tutti, tranne Badomen, credettero di assistere a un abbraccio.
Qualcosa di così sconvolgente che mozzò il fiato a tutti.
Ma Badomen vide quella presa assassina alla schiena di Miranda...e serrò le palpebre.
La Grimaldentis, da parte sua, serrò i denti tanto da sentirli scricchiolare.
- Tu mi hai liberato...- sussurrò quella voce glaciale sulla sua pelle – Io ti ringrazio.-
La morsa si strinse di più.
Tanto che la strega si arcuò contro il torace del Lord Oscuro.
- Ma non esiste graziato che non si rivolti contro il suo boia, amica mia. Non dirò a nessuno chi sei. Perché non ci sarebbe gusto a ucciderti ora, nessuno gioirebbe per la tua morte. Avrai la mia magia...e mi hai confinato a essere un comune mortale, qui, sotto il tuo dominio. Va bene. Io ucciderò l’uomo che ha ammazzato mio padre...ucciderò gli Auror...spezzerò questo regno d’ipocrisie che hanno creato. Ma poi toccherà a te. Non mi sono scordato la ferita che mi hai lasciato... né posso scordare...- si avvicinò ancora, tanto che con le labbra le sfiorò il lobo dell’orecchio -...che devo darti merito di avermi destato dal mio sonno. Te ne darò prova...quando tutto sarà finito.-
Quando temette di sentire le ossa rompersi, il braccio che la cingeva al livello delle costole finalmente si sciolse.
Miranda tornò a respirare. Gemendo.
E quel bastardo, scostandosi, le fece una mezza riverenza.
- Mia Halley...io ti ringrazio...- le disse, stavolta a voce alta, affinché sentissero tutti – Ti ricompenserò molto presto.-
Di nuovo i Mangiamorte esplosero in grida di giubilo assoluto.
In una danza mortale, che fece tremare il suolo.
Non c’era fine, pensò Cloe, attaccata alle sbarre.
Lei non vedeva la fine di quel tunnel.
Non lo vedeva più.
- Padrone.- Zeus Levy s’intromise, prima che sparissero tutti per dare la caccia agli Auror – Perdonami, ma cosa intendi fare con le donne?-
Tom tornò a sedersi svogliatamente sull’altare, lasciando il trono a Miranda, per schernirla ulteriormente.
Non degnò i prigionieri di un’occhiata, limitandosi ad accendere una sigaretta.
- Purtroppo per loro, saranno salve solo per altri sette mesi al massimo.- rispose, dando un tiro leggero e soffiando in aria una nube di fumo che si sollevò in rivoletti fin sopra le loro teste – E poi una di loro ha qualcosa che mi appartiene.-
Gelo.
Morte.
Cloe si portò le mani al ventre.
Un gesto istintivo.
Lo sguardo di assolutamente brama che lui le aveva rivolto, era riuscita a distruggerla.
In un istante.
Fu come morire.
Perché lui di certo l’avrebbe uccisa, capì.
Lui voleva solo...il loro bambino.


Di fronte alla cella di Lucilla Lancaster, stava avvenendo una riunione alquanto insolita.
E dire che Mangiamorte e vampiri di Kronos erano in esubero, in confronto ai “buoni”, eppure, chiunque osava avvicinarsi a quell’ala dei corridoi, correva il serio e dichiarato pericolo di andarsene all’altro mondo senza testa.
I più fortunati, erano incappati negli Auror che li avevano imbavagliati e storditi.
Gli sfigati, perché di iella si trattava, si erano imbattuti in Ilalya Greyback.
O in Milos Morrigan. O in Jess Mckay, che quella notte non brillava per il suo famoso buon umore.
Però, c’era anche da dire che uscire da quelle celle era un po’ un problema.
Infatti, l’inghippo serio era quello di forzare la serratura.
Cosa impossibile.
E le chiavi...bhè, erano piccole e pidocchiose. Tanto che nelle mani di un adulto, rasentavano la forma degli stuzzicadenti. Così, quando Tristan Mckay, ancora saturo di magia nera, perse il lume della ragione per la stizza, iniziò a prendere a calci la serratura.
Tutto questo sotto lo sguardo annoiato di: Glory Malfoy, Faith Potter (entrambe sedute sul corpo svenuto del Mangiamorte Carter) Nora, che svolazzava lì attorno, niente meno che il gruppo di Jess, l’inavvicinabile Ilalya Greyback, che si ripuliva la bocca dall’ultimo pasto...e udite udite...un nutrito gruppetto di scansafatiche.
Vladimir Alexander Stokeford, primo fra tutti, si era unito a Tristan nel prendere a calci la porta.
Ma siccome lui, Val Hingstom e Brandon Feversham erano tanto giovani, pure loro si ritrovavano sotto l’incredibile potere di Miranda. E questo fatto la diceva tutta su quanto quell’Illuminata si fosse preparata a interferenze di tutti i tipi. Demoni compresi, non aveva voluto permettere a niente e nessuno di intralciarla.
L’unica che conservava i suoi poteri, ma sapeva che non poteva usarli per aiutare gli umani (se non in caso di vita o di morte!) era Winyfred Harkansky, che, seduta sul sedere di Carter, stava facendo le trecce a Faith.
- Questa porta schifosa non si apre!- tuonò Vlad perdendo la pazienza.
- Ragazzi non perdiamo la calma.- brontolò Jess, camminando avanti e indietro, di fronte alla cella super affollata.
- Non perdiamo la calma?- gli fece il verso Tristan, dando un altro calcio violentissimo alla serratura – E’ il momento buono per dare i numeri! Ma porca putt...-
Lucilla, al volo, gli mise una mano sulla bocca, zittendola.
A sua volta, Winyfred tappò le orecchie alla piccola Potter.
Glory, abituata, si chiuse i timpani da sola.
Urgeva una soluzione. O sarebbero rimasti lì a vita.
- A che punto sei con le chiavi?- sospirò la Lancaster, rivolta a Zack Perlham che si divertiva a cambiarne una ogni dieci secondi.
- Devo provarne ancora una sessantina.-
- Non usciranno più da lì.- sibilò Val, sbuffando.
- Prendiamo Lucilla e lasciamo dentro quel perdente.- ridacchiò Clay, beccandosi un gesto osceno da Tristan.
- Non potete smontare i cardini della porta?- propose Brand, che studiava attentamente la situazione.
- Con che cosa?- si rabbuiò Tristan – Sono grossi come la testa di uomo. Dio, avessi i miei poteri...-
- Bhè, invece siamo tutti a mani nude.- gli rinfacciò suo fratello – Perciò piantala di dare calci a quella porta e vedi di mettere in moto il cervello.-
- Un’altra parola e ti arriverà il pugno che non ti sei preso tre giorni fa!-
- Mi fai una paura tremenda da lì dentro...-
- Fottiti!-
- Tristan, che cazzo!- urlò allora Jess – Ci sono le bambine!-
- E’ quella a forma di fiore.-
In un silenzio assoluto, tutti quanti gli adulti si girarono verso Glory. La bambina, sotto le visioni del suo occhio dorato che seguiva le linee del presente, si destò e indicò a Zack una chiavettina di stagno incrostato e verdognolo con la testa a forma di trifoglio.
Il tempo di capire che lì sotto funzionavo ancora tutti i poteri passivi come la Veggenza e la chiave venne prese all’istante. Fuori da quell’orrenda cella, Lucilla insistette perché anche la povera Halley Brockway fosse liberata.
La ragazzina uscì solo dopo molte insistenze. La stessa Lancaster dovette blandirla e parlarle con tutta la dolcezza di cui era capace. Si gettò letteralmente fra le sue braccia, dopo essere scoppiata a piangere.
- Da quanto è qui?- mormorò Clay.
Tristan serrò la mascella, osservando il relitto di quella strega fra le braccia di sua moglie – Quasi un anno.-
La Brockway continuava a invocare sua madre. Ma si lasciò andare dolcemente nella stretta di Lucilla.
- Se hai finito, Lady Lancaster...-
Lucilla puntò gli occhi bianchi sulla figura severa di Ilalya Greyback.
- Sai che c’è ancora molto da fare.- continuò la regina dei mannari – Più il tempo passa, più le vostre possibilità si assottigliano.-
- E tu cosa sei venuta a fare allora?- s’intromise la voce sarcastica e flautata di Jeager, che apparve dall’ombra facendo venire un colpo a tutti. Il mezzo demone ghignò, vedendo la stizza nello sguardo della mannara – Pensavi di avermi seminato per caso, Lalya? Non scherziamo.- poi distolse subito l’attenzione dalla donna, puntandola sugli Auror e quindi, esasperato, sui demoni puri – Che diavolo siete venuti a fare? Cercate guai ragazzi?-
- Cerchiamo Tom.- rise Val – Tu, tuo figlio vero?-
- Si.- Jeager fece un cenno col mento verso sinistra a tutti i presenti – Sbrigatevi. Sono venuto a cercarvi apposta. Ho trovato William e gli altri. Stanno abbastanza bene. Ho aperto la loro gabbia. Venite, vi porto da loro.-
- Trix?- scattò Milo, afferrandolo quasi per il bavero – L’hai trovata? E’ con loro? Sta bene?-
Crenshaw non batté ciglio. Ma per come prese tempo, il Diurno riuscì a sentirsi morire.
- Sopravvivranno tutti.- commentò Jeager, facendosi mollare la giacca da Morrigan – Adesso muovetevi.-
Passare in quei corridoi...richiedeva parecchio pelo sullo stomaco.
Vedere quegli occhi addolorati oltre le sbarre...quasi tutti occhi innocenti, non fu facile.
Qualcuno provava a supplicare.
Altri non avevano più la lingua.
Alcuni, nemmeno più gli occhi.
Ma, anche se raramente, qualcuno riusciva a strisciare.
E arrancando, metteva le mani fuori dalla sua cella...come per sfiorare la libertà con le dita.
William Crenshaw ormai riusciva a ignorarli. Non sapeva come, perché la sua stramaledetta anima, quella che aveva ereditato da sua madre, intralciava la sua noncuranza. Forse quella parte di lui che voleva liberare tutti...era quella parte che solo sua madre e Degona riuscivano a risvegliare.
Sbuffò, sentendo i passi di suo padre avvicinarsi.
Non era solo.
- Abbiamo di nuovo compagnia.- esclamò, con Asher e Mason Ombrodoro appoggiati rispettivamente sulla sua spalla sinistra e su quella destra – Finalmente starete meglio. Contenti?-
- Crepa.- fu la gentile risposta di Asher Greyback, detta a occhi chiusi e con bocca impastata.
- Voglio morire.- fu invece la replica biascicata dell’Auror, vista la ferita che aveva allo stomaco.
Beatrix Vaughn, seduta dall’altra parte del corridoio, a terra, contro un lembo di parete libera fra due gabbie, rovesciò il capo all’indietro. E assaporò l’aria.
Il profumo di Milo. Così buono...così...suo.
Era venuto a prenderla...
Più tardi, fu un susseguirsi di cure, domande, esclamazioni soffocate, angoscia per le loro condizioni...e collera. Tanta da rendere l’aria impregnata di veleno.
- Craig Badomen ha finito di vivere.-
Asher non aprì neanche le palpebre, sentendo la voce di sua madre. E tantomeno lo fece, quando da una fiaschetta metallica gli versò sulla ferita alla spalla la pozione più usata dai mannari di stirpe, quella che estraeva l’argento da una piega aperta, facendolo fuoriuscire sotto forma di micro agglomerati solidi.
- Dov’è Kronos?- continuò a ruggire sua madre, strappandosi il mantello e legandogli stretta la banda.
Visto che non rispondeva, Ilalya scosse il figlio – Asher...dimmi dov’è!-
- E’ un ordine?-
La donna la scrutò piena di stizza.
- Non fare il bambino.-
- E tu allora fai la madre.- le sibilò Jeager, scostandola e posando una mano sulla fronte del principe – Asher...oh, sveglia!- quasi gli menò un ceffone, che fortunatamente il ragazzo evitò scostandogli il palmo – Svegliati, cazzo! Forza, devi metterti in piedi, dobbiamo andare via da qui.-
- Dov’è Kronos?- richiese Ilalya Greyback, stordendoli con un rauco ruggito.
- Dentro un portacenere.- fu la risposta soffocata di Trix.
Se ci fu mai morte più gioita, dopo quella di Lord Voldemort, s’intende, bhè fu quella.
Jess e Tristan, Val compreso, non si misero a fare la danza della pioggia solo per rispetto ai torturati.
Fra le braccia del fidanzato, la Diurna riuscì a riprendere a respirare.
Quando Milo l’aveva trovata, le era corso incontro.
L’aveva sognato per tutta quella lunga prigionia...aveva sognato di vederlo arrivare, di sentire il suo profumo.
Di farsi stringere. Di tornare a casa.
E ora che c’era, non riusciva a smetterla di abbracciarlo.
Voleva restare lì contro il suo petto per sempre.
Se capì cos’avesse passato, Milo ebbe la delicatezza di non farle domande.
Morì, capendo quanto male quel bastardo di suo zio le avesse inflitto...ma riaprendo la ferita, non avrebbe ottenuto nulla. La baciò fino a stordirla. Annegò il viso nei suoi capelli neri.
Desiderò riportare in vita quel verme per ucciderlo mille volte ancora.
Poi...tutto svanì sentendola trattenere i singhiozzi.
La baciò. Ancora e ancora.
- Sono qui...- mormorò sulle sue labbra – Sono qui...-
Lei però non pianse. Fissava la sua spalla. Gli occhi di topazio quasi vitrei. Ma niente di più.
- E questa?- fece Winyfred additando il corpo rimasto a terra, mentre Sphin curava come poteva la ferita di Mason – E’ una vostra amica?-
Jeager, Milo e Ilalya Greyback restano praticamente a bocca aperta.
Avvolta in una nuvola di pizzo e satin insanguinati, Viola Leoninus sonnecchiava.
Dormiva. Segnata dalla tortura, la vampira...dormiva.
- Viola?!- sbottò Milo – Che diavolo ci fa qua?-
- Mi ha aiutato a uccidere Kronos.- sospirò Trix.
- E adesso vi aiuto io a spedirla all’inferno una volta per tutte.- concluse la Greyback, gelidamente.
- Lalya, per cortesia.- l’interruppe Crenshaw – Che diavolo ci fa qua la moglie di Kronos?-
- Diciamo che quel porco non apprezzava una moglie più in alto di lui.- disse la Diurna in due parole.
- La differenza è poca fra quei due.- ringhiò Ilalya nella sua direzione – Quella è una delle Furie, ragazza, credi a me. E’ il diavolo in persona. Ammazza anche lei e falla finita. Farai un favore all’umanità.-
Trix avvertì una repulsione totale per quella donna. Asher aveva preso molto da lei, specialmente gli occhi.
Ma quella donna emanava un sentore selvaggio di lupo che le rivoltava le viscere.
- Un attimo...-
Vlad, che si era fatto i fatti suoi da quando avevano liberato Lucilla, si fece largo fra gli Auror e si accucciò di fronte alla vampira. Fu un attimo lungo.
Lento. Ipnotico.
Stokeford scrutò a lungo la Leoninus. I capelli biondi, lisci, lunghi...il suo profumo intenso, intossicante.
Il corpo scarno, più che snello. Che indicava una tortura continua.
Non solo degli ultimi giorni.
Il corpo di una donna maltrattata sovente.
Eppure sembrava dormire in maniera così pacifica...
- Si chiama Viola Rosencratz?- chiese Vlad, alzando le iridi di neve su Milo.
- Si, sarebbe mia zia.- abbozzò Morrigan – Perché?-
- Allora non potete ucciderla.- spiegò il demone, iniziando a levarsi il guanto dalla mano destra – Tom non vorrebbe. Ha un debito vitale con lei.-
- Cosa?- sbottò Trix – Che diavolo vuol dire?-
- Viola lo salvò da Dark, un mese fa.- continuò a spiegare Lucilla, mentre il biondo si faceva passare un pugnale da Brandon – Tom ha contratto con lei un debito. Se fosse qui, lei gli chiederebbe di ripagarla.-
- E conoscendola non sarebbe qualcosa consono a Tom.- annuì Winyfred – Che vuoi fare Vlad?-
- Passo il favore.-
La lama lucida e smagliante ferì l’epidermide olivastra della mano di Stokeford, che non parve nemmeno sentirla.
Macchiata di sangue nero, Vlad spostò la mano verso la bocca di Viola, dopo essersela appoggiata contro la spalla.
Alcune gocce iniziarono a scivolare lungo la bocca della vampira.
Dapprima non si mosse. Pareva essere troppo debole per sentire sapore...odori...
Poi le labbra si socchiusero...e la lingua, repentina, si mosse per saggiare il prezioso nettare.
Tempo qualche istante vitale e Viola Leoninus, come un’invasata, spalancò lo sguardo.
Fortuna che Vlad non temeva niente e nessuno, perché un altro al suo posto avrebbe urlato di terrore visto che la Rosencratz non si accontentò di poche gocce. Da immobile contro la sua spalla, Viola artigliò il polso di Vlad e vi affondò le fauci. Lui per la prima volta indurì l’espressione.
Faceva un male atroce. E lei sembrava voler succhiare la vita stessa.
Era come...rinascere. Già, per un vampiro era quasi possibile.
Rinascere grazie al sangue.
- Sta bene?- chiese Trix, sporgendosi dalla schiena di Stokeford insieme a Lucilla e Winyfred.
- Direi di si.- Vlad imprecò leggermente – Merda...-
- Fa male?- celiò Val.
- No, un salassino me lo farei fare volentieri tutte le sere, coglione...-
- Gente, non per rompere ma non starò qui ad aspettare che la signora finisca il pasto.- ringhiò improvvisamente William – Dena, Cloe e Neely sono con Damon e Tom nelle mani di quegli squilibrati! E dove diavolo sono Harry e gli altri?-
- Persi.- bofonchiò Jess, facendosi accendere una sigaretta da Jeager con tanto di Faith che gli stava in braccio, tutta preoccupata per il suo papà, esattamente come Glory per sua madre e suo padre – Ebbene, che si fa?-
- Dobbiamo andare da Tom.- disse Lucilla con tono accorato – Prendiamo un Mangiamorte e facciamoci condurre al covo.-
- Abbiamo le bambine, Lucilla. E’ rischioso. E poi dubito che parleranno.- le ricordò Sphin.
- Oh, con me lo faranno.- sibilò la Lancaster fra i denti – Giuro che lo faranno. Milo, intanto cerca di capire dov’è Harry per favore. E trova mia figlia, se riesci.-
- L’ha presa Badomen.- le disse William, tremante di collera e impotenza.
- Tranquilli, vi ci porto io.- riuscì a balbettare Asher, tirandosi in piedi a fatica sotto lo sguardo infuocato di sua madre.
- Non ti reggi in piedi, ragazzino.- lo zittì subito – Tu adesso vieni via con me.-
- Neanche morto.- le rispose, senza degnarla di una seconda occhiata – Io sento meglio gli odori, farò prima.-
- Asher, ha ragione...lei...- bofonchiò William con tono astioso verso la Greyback – Dovresti startene buono.-
- Pensa agli affari tuoi.- fu la cordiale risposta – Inoltre Harry è qua vicino. Ci sono degli schifosi succhiasangue con lui. Perciò preparatevi a una sicura battaglia.-
Viola intanto, dopo aver bevuto a sazietà, si era staccata dal polso di Vlad.
Per un secondo era sembrata prigioniera della magia della sete saziata.
Come dopo l’orgasmo. Languida e morbida. Con le labbra ancora sporche.
Quell’incanto, che affascinò Vlad senza che neanche lui se ne accorgesse, durò pochissimo.
La vampira spalancò le ciglia, guardandolo...con un sentimento che lui non seppe definire.
Odio.
Indifferenza.
E un inspiegabile disgusto.
- Grazie.- gli disse lei, con tono pigro che non era assolutamente adatto ad un ringraziamento. La bionda si alzò, non traballò minimamente sui tacchi e si pulì la bocca carnosa con un fazzoletto di seta.
Solo dopo, con aria annoiata, scrutò lui e i presenti.
Il disprezzo le segnò il bel viso di porcellana non appena i suoi occhi incontrarono quelli di Ilalya Greyback.
- Sono proprio finita nei bassifondi.- commentò, facendo un cenno a Lucilla e Milo – Però, quale onore. E’ una riunione di famiglia?-
- Ritieniti fortunata a essere viva.- la regina dei mannari rise omicida, pronta ad azzannare – Non fosse stato per quel demone, ti avrei già uccisa nel sonno, lurida sanguisuga.-
- Se continui così ti verranno le rughe, Lalya.- ironizzò Viola con tono da bambina. Poi, sentendo che un demone l’aveva salvata, scrutò Vlad da capo a piedi. Del tutto indifferente in apparenza.
- A chi devo un altro giorno di tediosa esistenza?- chiese, senza alcun reale interesse.
Vlad ignorò la domanda – Passaggio di debito. Ora dovrai dimenticare quello contratto con Tom.-
- Non conosco nessun Tom.- commentò Viola, sistemandosi gli abiti sotto quel metro e novanta di demone biondo e statuario.
- Davvero?- Trix alzò un sopracciglio – Alto, moro, molto bello, occhi blu...un tatuaggio sulla schiena...-
- Che parla con l’irritante pretesa di essere la tua coscienza.- finì Vlad – Lo conosci?-
- Mai sentito.-
- Allora forse conosci uno che si chiama Max...- Lucilla sorrise, vedendola che la vampira smetteva di ripulirsi il corpetto slacciato -...con un collare di platino al collo, simile a un serpente.-
Tacque. Per la prima volta, la Rosencratz rimase in silenzio.
Rialzando lo sguardo, lo puntò dritto in quello della Lancaster.
- Dove lo trovo?- mormorò.
- Seguici.- Vlad, per ultimo, rimase ad aspettare mentre il gruppo s’incamminava alla ricerca di Harry Potter – Ti porto da lui.-
Non una parola. Uno sguardo solo, carico di qualcosa di sottile e affilato come una lama.
Poi Viola mosse un passo. E un altro ancora.
Ora la barricata innalzatasi contro i Mangiamorte sembrava essere diventata ancora più indistruttibile.



“Il male nasce sempre dove l'amore non basta.”
H. Hesse



Quelle maledette fiaccole.
Si, doveva esserci uno spirito...o più di uno fra quelle mura. Altrimenti Miranda Grimaldentis non poteva spiegarsi quei soffi che la colpivano di spalle. O quei sussurri, brevi ma intensi, che le solleticavano l’udito.
Risatine...passetti...
Uno spirito errante...
Un’altra spinta e Miranda si girò, trattenendo il fiato.
Uno spirito...che era rimasto sulla terra...
Per una faccenda in sospeso.
La voce dentro di lei le disse...vendetta...
Qualcuno era tornato per vendicarsi di lei...
Ignorò la leggera risatina di Tom che, seduto sull’altare, sembrava intento a gingillarsi con uno stramaledetto rettile.
- Ti senti bene, Halley?-
Era lui il serpente, si ricordò la donna, distogliendo gli occhi ipnotizzati dal muovere sinuoso di quell’animale dalle squame scure attorno alle spalle di Riddle.
- Benissimo.-
- Ti vedo nervosa.- continuò Tom con tono di sussiego, carezzando quella vipera sotto il mento.
La lingua biforcuta e rossastra dell’animale che saettava contro il dito del mago, strizzò le viscere all’Illuminata.
- Te l’ho detto...mio Signore...- aggiunse, ricordandosi che Badomen piantonava quella stanza come una guardia svizzera – Sto benissimo. Ma ti ringrazio della preoccupazione. Il tuo sincero interesse per il mio benessere...mi conforta.-
La risatina maniacale del Lord Oscuro fu l’unica cosa che le giunse come risposta a quella svenevole stoccata.
La ignorava.
Quel bastardo senza poteri...la ignorava!
E non capiva che aveva lei il coltello dalla parte del manico!
Infame verme!
- Come siamo messi con le truppe, Craig?- scattò, rivolta a Badomen, decisa a fregarsene della boria di quel cadavere ambulante – Hanno trovato Potter o no? E dove diavolo è finito Kronos?-
- Con sua moglie e la Vaughn.- spiegò il Mangiamorte, sbirciando un’eventuale reazione del suo Lord. Questa non venne. Anzi. Tom continuò a giocare con la sua vipera.
Sembrava un ragazzino con un nuovo giocattolo.
I suoi occhi brillavano...pieni di...maliziosa curiosità. Che sfociava nella cattiveria.
- Se non altro non avremo altri fantasmi qui in giro...che ne dici Halley?- insinuò divertito.
La Grimaldentis tremò – Di che fantasmi parli, Padrone?-
- Di tutti i morti che hai, giustamente, sacrificato in mio nome, Halley. Sei la più devota dei miei servitori, non trovi?- dita agili e veloce si mossero sulle squame, come se avessero avuto sotto i polpastrelli la pelle setosa di una donna – Qualche miserabile non avrà accettato di morire in nome della causa di mio padre.-
- Tuo padre si starà rivoltando nella tomba.-
- L’unica cosa che si sta rivoltando è la mia pazienza...amore mio...- Thomas Maximilian Riddle girò appena la testa sopra la spalla, scoccando un breve sguardo alla King. Le rise in faccia, poi tornò a coccolare la sua vipera – La tua vita vale fino a quando io deciso che ha valore, Claire. Perché non ti metti comoda? Starai qui per un bel po’ di tempo...-
- Harry verrà a prenderci.- sbottò anche Neely.
- Oh, è quello spero signore.- replicò lui, sagace – Non potrei sopportare che un comune servo lo uccida. Privandomi della gioia di sgozzare quel vigliacco con le mie stesse mani.-
- Tu sragioni!- gli urlò Cloe – Ti hanno fatto il lavaggio del cervello!-
- Questo ronzio comincia a stancarmi...- bofonchiò, scoccando un breve sguardo alla sua sinistra, dove Damon Howthorne, steso sull’altare, iniziava a muoversi nel dormiveglia – Ed ecco che il bell’addormentato si desta...-
Ghiacciando il sangue nelle vene a Neely e la King, Riddle infilò una mano nello stivale sinistro. Ne estrasse un pugnale sottilissimo, simile a un tagliacarte. Badomen fece per avvicinarsi, ma la mano tesa del Padrone lo fermò.
Le ciglia si erano già dischiuse, riportando un uomo alla sua vita normale...quando la lama calò dall’alto e si piantò nella pietra.
Damon, ancora intorpidito, inconscio e confuso da quanto era accaduto, ma specialmente incredulo di essere finalmente tornato in sé, cercò di muoversi...ma un braccio piegato a novanta gradi sotto la gola riuscì a mozzargli il respiro.
La lama, accanto al viso, gli graffiò la guancia al livello dello zigomo. Eppure il Legimors non percepiva dolore al volto...bensì lo avvertiva al livello del cuore. Chi stava cercando di ucciderlo era...
- Ciao...fratello mio.-
Occhi blu come la notte, erano stati.
Ora...parevano usciti da un inferno di fuoco e lava.
Non era lui...non poteva essere...colui da cui era scaturita quella luce incredibile.
Colui il cui potere l’aveva riportato nel proprio corpo.
Quello non era...Tom...non il Tom che conosceva.
Ora capiva i pianti. Ora capiva perché Neely e Cloe piangevano.
Ora capiva il perché delle grida e della gioia che aveva udito in sogno.
Erano i Mangiamorte.
Avevano di nuovo un capo.
La guerra...era vinta.
- Ben svegliato.- proseguì Tom, sorridendogli a pochi centimetri dal viso – Avevo giusto bisogno dei tuoi occhi.- facendola scivolare fra le dita, estrasse la lama dall’altare e la piazzò fra loro due. Come unica barriera.
- Non dirmi di no, Damon...e credo che il nostro sodalizio durerà in eterno. Ma intralciami...e io sarò davvero colui che ti tiene la mano, mentre passi all’altro mondo. Per il semplice motivo che sarò io stesso a farti incontrare la signora con la falce.-
Non lo stette a sentire un secondo di più. Con un’insospettabile forza e uno scatto di reni, il Legimors si contorse nella mossa e riuscì a sgusciare dalla sua presa. Saltò giù dall’altare, ma non aveva previsto che otto anni in un covo di demoni, avevano reso il suo migliore amico...ora un perfetto assassino.
Si ritrovò a terra, grazie a una spazzata, ancora prima di essersi accorto di avere Riddle alle spalle.
A faccia in giù, Damon cercò di ragionare.
Doveva resistere.
Era tutta colpa dei Poli! Colpa di Miranda Grimaldentis!
Afferrato duramente da Badomen, ebbe un faccia a faccia con Tom.
Assurdo. Sembrava così a suo agio.
Il tagliacarte d’argento sfrecciò nuovamente vicino al suo viso. Questa volta sotto al mento.
La punta acuminata gli ferì la pelle. Un rivolo rossastro si mosse lungo il collo, fino a macchiargli la camicia ancora zuppa di Lazzaro.
Ma niente era peggio dello sguardo...dello sguardo del nuovo Lord Oscuro.
Non c’era più traccia del vecchio Tom.
Non c’era più speranza. Né fede. Onore, compassione...pietà.
Tutto era stato spazzato via.
- In fondo non mi servi tu.- mormorò Riddle in un soffio – Solo i tuoi occhi.-
Damon sollevò il volto. Con durezza, sembrò quasi sfidarlo a provarci.
- Non hai paura?- sorrise Riddle – Tuo figlio non ti difenderà a oltranza.-
- Ringrazia tu di averne uno.- Howthorne, avvicinandosi ancora, bisbigliò quel velato monito – Forse riuscirà a proteggerti perfino da te stesso.-
Seguì un silenzio assoluto.
Ma Tom non batté ciglio. Anzi. Parve perdere del tutto il suo interesse.
Agitò la mano verso Badomen, come per dirgli di andarsene. Si girò...poi rapidamente, con sguardo diabolico, torse il busto e piazzò un violento pugno nel ventre di Damon, prendendolo di sorpresa e piegandolo in due.
Neely, dalla cella, si nascose il volto fra le mani.
Claire...rimase a guardare le spalle di quello sconosciuto.
Lo vedeva attraverso il velo delle lacrime. Del ricordo.
Stava svanendo.
Il suo Tom svaniva.
Era diventato un uomo che...stava in piedi, a guardare soffrire il suo migliore amico in ginocchio.
Un uomo con occhi che non vedevano niente e nessuno.
Un uomo...che rimase immobile, scoccando uno sguardo appena presente alla porta che si spalancò di colpo.
A differenza di Badomen e Miranda Grimaldentis, il padre di suo figlio non parve impaurirsi nel momento in cui da quella porta sbattuta da un vento allucinante, innaturale e magico, sopraggiunse l’ululato di un animale selvaggio.
Non era il ruggito di prima.
Era l’ululato del vento.
O forse mille voci insieme...ma qualcuno gridava.
E sopra le loro teste, le fiaccole si accesero in una nuvola d’incendio che bruciò l’intonato e gli affreschi già consumati dal tempo.
Ovunque, si sentirono Mangiamorte allarmarsi. Strilli, richiami, richieste d’aiuto.
L’unico a non muoversi era proprio Tom.
In tutto quel caos, Riddle spiava gli avvenimenti dalle ciglia abbassate.
Languido, il suo sguardo si accese quasi dolcemente...perchè Miranda venne sospinta contro la parete.
Venne letteralmente scagliata in avanti. Badomen la seguì.
Ora l’Illuminata urlava così tanto per il terrore degli spiriti che quando dal fuoco sopra di loro comparvero mille facce scheletriche, si nascose direttamente il viso sfigurato sotto il mantello e le braccia.
Accidenti, l’avevano proprio terrorizzata.
Thomas Maximilian Riddle sogghignò. Ancora e ancora.
Per un bambino doveva essere molto divertente, si disse, cogliendo un movimento dietro di lui.
Quell’attacco psichico finì subito.
Rimase il caos.
Rimasero urla e pianti isterici.
Ma Tom, arcuando appena un sopracciglio, studiò Cloe e Neely.
Erano così vicine da poter stare a braccietto.
E la lunga gonna bianca della King...era piuttosto rigonfia.
Ridendo ancora, spiazzandole completamente, ritornò ad aspettare che Miranda la smettesse di agitarsi.
- Credo proprio che tu abbia fatto arrabbiare qualcuno, Halley.- commentò con finta comprensione, incrociando le braccia al torace, così come Damon si rialzava, tenendosi l’addome, rosso per lo sforzo.
- Si, deve esserci qualche cadavere furente.- continuò Riddle, sfidando Howthorne a negare, visto come il Legimors, con occhi lampeggianti, aveva inquadrato Sargas Malfoy divertirsi a spese della Grimaldentis – Di un po’...Halley, hai pestato i piedi a qualcuno particolarmente vendicativo?-
- Gli spiriti non domani il fuoco.- alitò Badomen, rimettendosi in piedi e pulendosi il giaccone nero e logoro – Maledizione! Mio Signore, stai bene?-
- Una meraviglia, adesso.- bofonchiò il Lord Oscuro, afferrando Damon per la nuca e spingendolo rudemente verso il suo servitore – Metti in ceppi il nostro illustre ospite, Craig. Diamo anche ad Halley il tempo di riprendersi...non vorrei mai le accadesse qualcosa...per colpa di qualche spiritello pestifero.-
Dannazione.
Dannazione, continuava a imprecare Claire King a mezze labbra.
Dannazione!
Erano nei guai fino al collo!
La Montgomery le dette una gomitata, giusto per ricordarle di stare ferma.
Ci mancava anche che tutti si accorgessero che avevano un passeggero imbucato in gabbia.
- Ho vergogna, Cloe!-
Arrossendo, la King si lisciò la gonna lungo i fianchi.
- Allora non guardare in alto, Lucas.- sibilò da un angolo della bocca.
Eh si. Non era una situazione particolarmente rosea avere un Phyro di dieci anni imboscato sotto la gonna, che, per quanto lunga fosse, probabilmente non aveva ingannato un occhio attento come quello di Riddle.
- Se n’è accorto.- mormorò angosciata.
Neely scosse la testa – No, tranquilla.-
- Come posso stare tranquilla? Ho il figlio di Harry Potter sotto la gonna!-
- Ahah, c’è anche Casper con me!- cinguettò il piccolo Phyro, ben nascosto sotto tutte quelle balze – Adesso ci divertiamo davvero! Ma che è successo a Tom?-
Già.
Cos’era successo a Tom?
Dio.
Era inutile.
Inutile avere un fantasma accanto.
Inutile anche l’aiuto del bambino sopravvissuto.
Era tutto inutile.
Se n’era andato...l’aveva perso di nuovo.
L’aveva perso, trasformato dal giorno alla notte.
Un tempo aveva avuto speranza per lui.
Da un castello, avrebbe potuto farlo uscire.
Da una gabbia anche.
Da Oliver, anche lei avrebbe potuto fuggire.
Ma questa volta come avrebbe potuto salvarlo addirittura da se stesso?

 

 

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Capitolo 48
*** Capitolo 48° ***


tmr48

 





Ebbene, si può dire che ce l'abbiamo quasi fatta.
Prego tutti di leggere con attenzione queste poche righe (so che è fastidioso inserire incipit prima dei capitoli, ma si tratta di qualcosa di molto importante) perchè come 48° capitolo, siamo ormai vicini alla fine.
Troppo vicini. Il prossimo, il 49° sarà il Penultimo.
Eh, si. Siamo arrivati a un altro triste e fantastico, al tempo stesso, Penultimo capitolo.
Queste cose le dirò di nuovo sia su EFP che nel cinquantesimo, perchè l'esperienza insegna che c'è sempre qualcuno che viene a battere alla mia mail perchè s'è perso qualcosa. Ora, non che mi dispiaccia ma questa volta è un po' diverso...per me...perchè dopo aver inserito l'ultimo capitolo e la shot finale, chiamata First Day, io mi dileguerò.
Il 24 giugno, finirò entro quella data, fidatevi di me, mi hanno programmato il cesareo.
Perciò, abbiate pazienza, ma da quel momento in poi...la cara Kysa sarà in fase Game Over.
Per questo, vi saluterò direttamente col 50°. Non voglio fare scene da isterica con la shot, perchè quello sarà un addio silenzioso. Vorrei scrivere e sentire uno a uno tutti quelli che mi hanno letto, tutti quelli che hanno recensito, le ragazze che poi sono diventate mie care amiche...è chiedere troppo, lo so, ma ci terrei tanto a salutarvi tutti insieme!
Per questo, vi dico che mi sono fatta una scaletta di aggiornamento da cui non posso e non voglio sgarrare. Secondo questo schema domani inserirò il 49, il 16 il capitolo finale di TMR e il 20, piangiamo tutti insieme, avrò terminato con l’aggiornamento di First Day.
Dopo di che, due giorni per contattarmi...e poi...mah, settimane di buio.
Come avrete capito dai miei lamenti, questa nascita non era certo programmata...e non sono una di quelle con l'istinto materno che strabocca da tutte le parti...ma ce la metterò tutta...e solo dopo qualche settimana mi rimetterò al pc. Magari dopo un mese o due. Ho bisogno di una pausa. Una pausa vera. Perchè ora la bambina, lo dico col cuore in mano...sta letteralmente monopolizzando i miei pensieri.
Perciò, con queste poche righe, v'informo che siamo veramente alla fine. Mancano due capitoli, dopo questo, e First Day...ma ci siamo. 
Cos'altro dirvi?
Ci risentiamo alla fine. Col 50°, vi darò le ultime indicazioni sull'utilizzo di Axia, che scriverà al quinta e ultima parte della saga della mia fiction, intitolata l'Alchiamia del Sangue , perchè con le ci vanno le istruzioni ma...si, è ora. Vi lascio al capitolo, buona lettura, fanciulle ed egregi signori.
Sarà un onore terminare questa fiction per voi.
Barbara.











Chi di voi conosce l’arte della guerra...sa che i pedoni vanno avanti per primi.
Chi non ha mai sentito le grida degli uomini diventare tempesta e rombo di tuono sotto un cielo di fuoco però, non la conosce.
Chi non ha mai sentito la terra tremare sotto lo scalpiccio di migliaia di uomini...non la conosce.
Chi non s è mai macchiato le mani e il viso, dopo il fragore lucente di due spade che danzano...non la conosce.
Non c’è storia nella lunga epica biografia dell’uomo e del mago che non abbia lei come protagonista.
La guerra.
Fluisce nelle vene insieme al sangue.
Ribelle. Non lascia scampo, quando artiglia un cuore.
E’ con te quando di fronte al nemico, urli il canto di battaglia.
E’ con te quando di fronte al nemico vincitore, tu, in ginocchio, attendi il colpo finale senza abbassare lo sguardo
Che venga, la morte.
Mi guarderà in faccia nel momento in cui mi prenderà con lei.
La guerra è con te quando, vincitore, alzi il vessillo.
E’ lei che pianta la bandiera.
Lei che si assopisce, quando il fuoco viene appena domato...
E lei che si risveglia...quando il cuore lo richiede.

Harry James Potter scagliò la spada di famiglia in alto. Proprio di fronte alle sue iridi di giada.
Il cozzare con la lama avversaria produsse una cascata di scintille...e fu quasi come se il tempo si fosse fermato.
E dire che conosceva a memoria quei momenti.
Quella sensazione.
Eppure...quella specie di gioia nel cuore...quella specie di denso tormento, caldo come il fuoco e dolce come il miele...riusciva sempre a sorprenderlo.
Incredibile.
Che fosse innamorato delle battaglie?, si chiese, piantando la lama nel petto di un vampiro.
Che fosse innamorato...del caos?
Estrasse la lama e venne investito da una pioggia di cenere.
Il caos. La guerra.
Cos’altro?
Si girò, incurante del duello che da lunghi minuti ormai si protraeva.
Erano le tre e mezza del mattino. E sebbene l’alba fosse ancora lontana...lui poteva sentire i raggi del sole sfiorargli la pelle. Ricordava l’alba al Tower Bridge, otto anni prima. Non c’era mai stata giornata più silenziosa di quella, al mondo, per lui. Le fate gli avevano donato il silenzio di una terra prima di notte e giorno.
Priva di luna e sole.
Per un giorno solo, era stato lui a fare da padrone a Londra.
Sulla terra dei maghi.
Ma quella notte...quella notte lui aveva un altro compito. Non desiderava uccidere più nessuno.
Non più vendette. Non più veglie, con l’anima e la mente trafitte dal desiderio della rivalsa.
Dall’odio.
Voldemort, morendo, si era lasciato alle spalle una scia di cadaveri e sogni infranti.
Mangiamorte sperduti, senza un capo, senza meta. Mangiamorte che non si rendevano conto...che non era più il loro momento.
Lo stesso aveva fatto Augustus Grimaldentis. Vissuto in un modo dove il losco e il tetro erano stati tacciati come male.
Anche lui si era lasciato indietro una figlia cresciuta con questi ideali.
Ma se sua figlia aveva seguito le sue orme...che dire allora, del figlio di Lord Voldemort?
Incredibile su cosa un uomo possa ragionare...in momenti in cui la Morte sembra camminare fianco a fianco con lui.
Vicini alla fine...si desidera dare un senso alla propria vita. Oppure...redimersi.
Un altro vampiro scivolò a terra, ai suoi piedi, disintegrandosi all’istante.
Si girò di scatto, rendendosi contro di essersi imbambolato e vide il compagno, l’ombra, il fratello di sempre, Ron Weasley, strizzargli la palpebra.
Piccoli gesti. Gesti passati, presenti...e forse futuri.
Sempre guerre, sempre battaglie...si chiese che persona sarebbe stata, senza di esse.
Erano arrivati, finalmente. Erano arrivati alla fine dell’eterno corridoio dei prigionieri.
Poco più di cinquanta Auror...contro un numero due volte superiore di vampiri e Mangiamorte.
Tutti ammassati contro...una porta. Una grande porta di legno di quercia e piombo, alta tre metri, a due battenti.
Chiusa dall’interno.
Oltre lei...tutto quello a cui Harry teneva.
Tutto l’Ordine della Fenice, arrivato lì per primo con la squadra di Gary Smith e Austin Grey stava cercando di abbatterla con una trave ormai da mezz’ora. Tutti gli altri, in prima fila, pronti a difenderli.
Mangiamorte incappucciati, neri come demoni, che attaccavano con armi da lancia e altre di piccolo taglio, erano comparsi da ogni dove. I vampiri attaccavano dall’alto.
Usando le fiaccole, molti Auror erano riusciti a sopravvivere...ma per quanto ancora?
- Tutti a terra!-
L’avvertimento di Duncan, improvviso come un fulmine a ciel sereno, salvò una ventina di Auror dalla decapitazione. Cletus Hurt aveva appena scagliato contro loro tutti delle lame a mezzaluna. Questa forma le aveva rese dei boomerang formidabili oltre che magici, così, oltre a piantarsi nella porta, si staccarono con uno sfrigolio e tornarono indietro verso Hurt come attirate da una calamita.
Fu una cosa impressionante. L’attacco venne fermato la prima volta, la seconda una lama recise la testa a una trentina di vampiri e mozzò un braccio a un Sensimago. Questa rapida sequenza portò l’Ordine a smettere l’opera di sfondamento.
Era troppo pochi...non ce la facevano. Nonostante Crenshaw e gli altri demoni arrivati, Morrigan e Trix compresi facessero per dieci, la disparità numerica pesava talmente tanto che ben presto si ritrovarono schiacciati alla parete.
Il tutto, portò a una vera e propria lotta senza quartiere.
Si mescolarono le squadre, nemici e compagni si disperso.
Al che, per la legge della sopravvivenza, si passò automaticamente a una vera e propria strage.
La mancanza della magia rendeva tutto uno spargimento di sangue alla babbana senza precedenti.
I morti cadevano ovunque, la terra sotto di loro iniziò a macchiarsi.
Ruggiti di vampiri, di demoni e mannari coprirono le strilla degli umani...
Da padroni la fecero il fuoco e la spada.
- Dobbiamo fare qualcosa, di questo passo perderemo Tom e gli altri!- urlò Sirius, ancora attaccato alla porta e nascosto dietro alla trave, succube di un vampiro armato di balestra – Che facciamo adesso?!-
Harry e Ron, accucciati dietro di lui, si abbassarono a una sventagliata di frecce.
- Le pozioni!- Weasley, fermando l’emorragia al braccio destro stringendosi un lembo di stoffa, si girò a spiò verso il nemico – Le NanoMine al Lumos, dove diavolo sono? Ne basterebbero tre per eliminare tutti questi vampiri!-
- Le ha Tonks!- esalò Mason Ombrodoro, obbligato a restare nelle retrovie a causa della sua ferita – E’ sparita un attimo fa! Merda!- si abbassò di nuovo, evitando per un soffio una freccia in mezzo agli occhi – Merlino, ci faranno a pezzi!-
- Dove diavolo è Hermione, l’avete vista?- sbraitò Duncan, saltando la trave con insospettata agilità, per uno che fumava tanto – Lei è l’unica che può usare la magia! Dov’è?-
- Con Edward da qualche parte.- sussurrò Ron, stringendo i denti – Se non arriva siamo fritti...-
Le grida si zittirono di colpo.
O almeno quelle degli Auror, in quello sventurato momento.
Stava accadendo qualcosa. I Mangiamorte e i loro demoni impuri avevano formato di nuovo una massa compatta.
Pestavano a terra i piedi, provocando un rumore pazzesco.
La classica tattica intimidatoria che...di fronte a così pochi Auror, stava funzionando alla perfezione.
Il baccano era tanto che gli unici rimasti in prima fila erano Jeager, Hacate, William, Ilalya Greyback, Asher, Viola Rosencratz, Vlad, Val e Brandon.
Winyfred e Lucilla si erano imboscate con le bambine.
Quella cerchia di demoni potentissimi non mosse un passo.
Erano tutti senza poteri. Ma dotati di un’agilità e di una ferocia che era il risultato di secoli di evoluzione.
- Ricominciate a sfondare la porta!- ordinò Duncan, rimettendosi in piedi facendo leva sulla spada – Fanculo, non ho voglia di crepare qua sotto e che mi prenda un colpo...usciremo tutti da qua, maledizione. Dovessi anche finire per ringraziare e leccare il fondo a Ilalya Greyback e alla moglie di Kronos!-
- Cosa non devi sopportare, eh Capo?- ghignò Harry, seguendolo – Dai gente, sfondatemi quella porta infame. Rivoglio Tom seduta stante!-
- E tu dove accidenti vai?- gli chiese Sirius.
- Che domande...- la spada dei Potter rapì un bagliore dalle fiamme, illuminandosi – A fare il mio lavoro, no?-
La carica e lo scontro fra le due parti, fra quelle pareti chiuse risuonò come lo scoppio di mille cannoni.
E tremò tutto. Le fondamenta di Riddle House, tutta Little Hangleton...e quanti cuori.
Molti vennero trafitti, altri continuarono a battere così forte...da sapere finalmente di essere vivi.
- Non finiscono mai questi...bastardi!- Draco Lucius Malfoy estrasse la spada dalla gamba di uno dei nipoti illegittimi di Avery, vista la faccia orripilante di quel ragazzo e subito Malfoy si ritrovò schiena a schiena contro Harry – Sfregiato, siamo nella merda fino al collo! E mi si stanno sporcando i vestiti...-
- Lasciali perdere, te lo ricompro nuovi!- ruggì il bambino sopravvissuto, levandosi di torno il cognato di Dolores Umbridge, niente meno che l’illustre Manfred Vance, Direttore dell’Ufficio Contatti Magici Non Ufficiali coi Goblin – Malferret, fatti venire un’idea! Finché tua cugina non torna con le NanoMine al Lumos siamo fregati!-
- Siamo fottuti Sfregiato, ecco la parola giusta!- gli sibilò, parando un fendente alla sua sinistra – E grazie a te, come al solito!-
- E’ tuo cugino che s’è fatto rapire!-
- Ed è tuo figlio che ha ficcato nelle grane mia figlia!-
- Questa scusa è ridicola e se capitasse in futuro...non la prenderò per buona comunque!-
- Giù!-
Si abbassarono si nuovo, evitando di farsi recidere la testa all’ennesimo dei viaggi dei boomerang di Cletus Hurt.
Pronti a fermarlo, quei due stavano per aizzarsi contro il Mangiamorte come due cani rognosi, ma fortunatamente per loro ci si mise di mezzo Tristan Mckay. Comportatosi come una macchina assassina per tutto il tempo, Mckay sprizzava magia oscura da tutti i pori. E grazie a questo, i demoni impuri nelle file nemiche non l’avevano mai attaccato.
Videro Tristan e Hurt ribaltarsi a terra nella furia della lotta, al che uno scoppio colossale costrinse praticamente tutti i deboli di spirito a pararsi la testa con le mani.
Era stata una magia.
Girandosi con sguardo sbarrato, Harry Potter vide la salvezza, comparire come una visione alla sua sinistra.
Hermione Jane Hargrave, con fattezze che un uomo disperato non avrebbe osato definire in un altro modo se non divine, apparve attraverso un fascio di telecinesi che sollevò i Mangiamorte con un’ondata verso l’alto.
Caddero tutti e quando si ripresero gli Auror erano di nuovo in piedi pronti ad attaccare con rinnovato coraggio.
- Ne arrivano altri.- Edward Dalton, accanto alla strega, la lasciò appoggiata a una parete – Ce la fai?- al suo sguardo assassino, si affrettò a rettificare – Ovvio che ce la fai. Corro ad aiuta gli altri.-
- Attento.- mormorò, per poi rialzare la bacchetta con mano più ferma e scagliare un’altra bordata telecinetica contro uno sciame di pipistrelli, vampiri, che cercava di planare contro la porta e l’Ordine della Fenice.
Riuscì a spedirli quasi tutti all’inferno in cenere, ma restava il fatto che i Mangiamorte erano sempre troppi.
E lì sotto...c’erano troppe celle da aprire. Tutta quella gente non poteva restare lì sotto...
Reprimendo quei pensieri, tornò a coprire le spalle a Harry e gli altri.
Non fosse stato per gli amici di Tom e Jeager, sarebbero stati davvero nei guai seri quella volta.
L’idea di dover sentire Crenshaw menargliela per i prossimi anni avvenire le fece quasi venire voglia di colpirlo, per sbaglio ovviamente, ma si sentiva troppo buona quel giorno. Senza contare che, dalla faccia un po’ più distesa di suo marito, Glorya e Faith dovevano essere al sicuro. Era già qualcosa.
Da parte sua, Edward si ritrovò spalle al muro.
E fu da quella situazione che tutto cominciò. Perché così sarebbe stato per lui, in futuro.
- Adesso non sei più tanto spavaldo, vero?- gli rise in faccia Zeus Levy, puntandogli la spada alla gola – Come la mettiamo?-
Ridendo, Dalton non perse il suo smalto. Anche in un vicolo cieco, c’è sempre il trucco.
Per questo evitò facilmente di farsi trafiggere, mettendosi rapidamente di fianco e sollevando di scatto il gomito chiuso a novanta gradi sotto la gola di Levy. Una mossa veloce, quasi indolore. E Levy, in tutta la sua altezza, cadde svenuto, tramortito. Un colpo tale alla gola che non l’avrebbe fatto riprendere per un bel pezzo.
Ma, fermo in piedi e incurante in quel momento della sua preda, Edward non avrebbe mai potuto immaginare che nei prossimi anni della sua vita...Levy sarebbe stato la sua ombra. Quasi il suo scudo, in una missione...che sarebbe arrivata al punto da rovinargli l’esistenza.
Al contempo, Tristan Mckay riuscì a cogliere un brandello di verità da Cletus Hurt, prima di sistemarlo una volta per tutte. Ridacchiando, il Mangiamorte aveva appena spiattellato in faccia all’Auror che sarebbero morti tutti prima dell’alba. Per un unico e semplice motivo.
Ora avevano di nuovo un Signore Oscuro.
Col braccio bloccato a mezz’aria, lo sguardo di Mckay doveva essere...esemplare. Perché Hurt rise con più foga, affondando un altro colpo, parato per forza d’inerzia.
- E’ così!- gli disse, avvicinandosi come un suicida col volto a quello dell’Auror – Ora lui è tornato! E’ sangue del sangue di Lord Voldemort! E con lui alla nostra testa...finalmente tu e il bambino sopravvissuto farete la fine di tutti i traditori! Il girone peggiore dell’inferno è tutto per voi!-
Ora l’orrenda faccia da perverso maniaco di Hurt non era più in cima alla piramide degli orrori, per Tristan.
C’era di peggio. C’era l’incubo più grande di Harry...
Un fendente, un affondo e un altro ancora. Mckay ormai si muoveva per pura difesa. Per liberarsi e poi raggiungere Harry, prima che varcasse la soglia della porta della stanza del Trono di Miranda.
Una serie di frecce iniziarono a piovere dall’alto. Erano i Mangiamorte che come da codardi quali erano, facevano fuoco sulle loro stesse file. Fu l’occasione giusta per Tristan per disarmare Hurt, colpendolo forte al viso e rompendogli il naso. Il sangue riuscì ad appannargli la vista e subito dopo venne afferrato forte per il bavero.
Come uno scudo.
Cletus Hurt morì trapassato da sette frecce della sua stessa parte alleata.
Ricadde, con un rivolo di sangue alla bocca, ai piedi di Mckay.
- Lui vi ucciderà...- sussultò, prima di lasciarsi andare di fianco, esanime.
Rimasto immobile in mezzo a quella baraonda, Tristan riuscì a sentire...il silenzio.
Riusciva di nuovo a vedere con gli occhi di un demone...gli umani che si muovevano velocemente...troppo velocemente. Pronti a sfiorire, a morire. Lui e gli altri demoni invece camminavano lenti, tartarughe in un mondo di lepri. Lepri destinate alla triste via della caducità.
Il tempo per lui tornò a scorrere quando venne afferrato da suo fratello. Si era concentrato tanto sulla pace di quelle frazioni di secondo, lunghe molti minuti per lui, da non accorgersi del pericolo.
Fu Jess a salvarlo.
Con la lentezza dei suoi occhi ancora abbracciati dalla tenebra, Tristan vide il fuoco...il fuoco sbuffare da sotto la porta che gli Auror stavano cercando sfondare. Ma lui vide solo brevi rivoli, brevi fiammate...lui, nel silenzio immemore del suo potere, non colse il boato, il fragore di un vento potente che spalancò i due battenti con la forza di una carica di cavalleria. E da lì in poi, fiamme e turbini si mescolarono.
Qualcuno, da dentro, aveva appena aperto le porte agli Auror.
Feriti e piegati, i maghi delle due fazioni si riebbero solo quando una nube di polvere e terra si abbassò su di loro, ricoprendoli con tiepido manto.
Col mantello del fratello calato sul volto, Tristan riuscì a sentire un sibilo...
E urla, tante urla...
Rizzandosi su un gomito, Jess riuscì a scorgere le lingue di fuoco che invadevano la stanza del Trono, ghermendone pareti, colonnati e l’architrave. Come una chiesa...pronta a essere ridotta in cenere.
Per il resto, la vista era impedita da continue esplosioni.
Pareva esserci la guerra anche lì dentro.
Ma chi combattesse all’interno, loro non lo sapevano.
Né chi...tantomeno il perché.
Molti membri dell’Ordine, che erano stati i primi a essere colpiti dall’esplosione, non riuscirono a riprendersi con prontezza. Lo scoppio era stato tale che il fragore rimbombava ancora nelle orecchie di tutti.
Le squadre di Gray e Smith erano a terra. Molti erano svenuti.
Insieme a Remus, l’unico che stava cercando di rimettersi almeno in ginocchio, Duncan sembrava cercare di capire cosa fosse successo. Ma non trovava una risposta.
L’unica spiegazione plausibile era che, in quella stanza, dove pareva che la Grimaldentis si fosse nascosta, si fosse scatenato un altro duello. Ma quella era magia...fuoco e vento...e urla, urla abominevoli, neanche umane ma nemmeno demoniache! Chi poteva aver scatenato tanto potere?
Di nuovo, una folata di vento si allargò su di loro a ventaglio. Portò via mantelli, guanti, anche spade, che viaggiarono per il lungo corridoio, andando a piantarsi nelle pareti o peggio ancora, nelle carni dei duellanti.
Ma il peggio venne quando in quegli abissi d’aria, si formò un volto grottesco e trasparente.
Un verso cavernoso si propagò, forte come un barrito, lugubre come la morte stessa.
E seguì, come ben immaginabile, lo strillo acuto di una donna.
Miranda Grimaldentis.
Qualunque cosa l’avesse spaventata in quel modo, andava a vantaggio loro, decise Harry, rialzandosi in piedi facendo leva sulla spada, piantata nel terreno. Purtroppo per loro però, aveva anche la sicura certezza che tutto quel fuoco...arrivasse da un luogo preciso. Le infide mani di suo figlio.
- Dobbiamo entrare!- urlò ad alta voce, facendo i segni a Duncan e a Ron – Dobbiamo andare a prendere Tom e gli altri!-
- Andate!- annuì Duncan, aggrappato alla parete per non farsi portare via da quella tromba d’aria – Muovetevi però! Ho la brutta sensazione che qui stia per crollare tutto!- e si girò verso gli altri Capi Squadra – Sbrigatevi voi, dobbiamo fermare questi maledetti Mangiamorte! Tonks!- la voce di Gillespie si perse, mentre urlava contro la strega, tornata da un’incursione con capelli blu elettrico tutti dritti per lo spavento - Dove diavolo eri, ci servono le NanoMine!-
Fu questione di pochi secondi.
Quando i Mangiamorte capirono che volevano attaccare la stanza del Trono, tornarono alla carica con più violenza di prima. Harry e gli altri ne rimasero scioccati. Non avevano mai affrontato...dei dannati così agguerriti. Cosa diavolo li spingeva a gettarsi nella battaglia con tale foga?
C’era qualcosa di diverso in loro, pensò Potter fugacemente, mentre duellava fino allo stremo, per raggiungere le porte sventrate della stanza dove tenevano i prigionieri. Ma cosa?
Cosa spinge un uomo a combattere in quella maniera?
O meglio...cosa spinge un Mangiamorte?
L’ennesima esplosione fece crollare una parete. A poca distanza, una seconda mandò per aria una cella intera e le colonne si riversarono nel corridoio, investendo Auror e Mangiamorte. Il crollo fu tale che non si vide nulla per minuti interi...fino a che altro fuoco non squarciò la nebbia, invadendo tutto...di luce...
Era Lucas. Harry ne era sicuro ormai.
C’era troppa...troppa luce...
Fu in quel disastro che il bambino sopravvissuto vide una sagoma tutta bruciacchiata uscire dalla stanza.
Ma non era Miranda Grimaldentis. Era qualcun altro...un altro infame dello stesso livello.
La cui bassezza si misurava solo con la codardia che dimostrava in quel momento. Era il Segretario della Difesa, Wilson Donovan. Gridando istericamente perché la sua giacca aveva preso fuoco e con la barbetta bruciacchiata, iniziò a muoversi come un esagitato, quasi danzando. Anche i suoi pantaloni avevano preso fuoco...
Ma urlò più forte nel momento in cui Ron, il più vicino a lui, gli si avvicinò rapidamente con la spada sguainata.
Minacciò di farlo radiare, di rovinarlo...poi cercò di corromperlo.
Ci sarebbe stato da ridere se la situazione non fosse stata tanto drammatica.
Un altro crollo distrusse completamente la parete a nord, a sinistra della porta. Fu una fortuna se Ron non ne fu sommerso e quel coniglio di Donovan se la diede immediatamente a gambe. Ringhiando, il rossino cercò d’inseguirlo, ma Edward fu veloce ad afferrarlo per le spalle. Praticamente gli salvò la vita, perché il tunnel crollò pochi passi dietro alla fuga del Segretario. Lo sentirono urlare oltre le macerie...e poi più nulla.
- Ci siamo appena persi un testimone chiave!- ringhiò Ron.
Dalton scosse il capo, lasciandolo per tornare a combattere – Meglio lui che te...-
Le loro voci vennero coperte dal frastuono.
Tutto ricominciò a traballare. La terra a fremere, il fuoco a ghermire anche le pareti di pietra più spessa.
E quel vento...quel vento che ululava come un mannaro, sembrava voler spazzare via tutti i Mangiamorte.
Ma chi era?
Non facevano che chiederselo, Harry Potter e Draco Malfoy, quando coperti dalla magia di Hermione riuscirono finalmente ad avvicinarsi alla porta e a varcarla.
Chi era che scatenava tanto potere?


Lucas James Potter richiuse i palmi spegnendo il fuoco che ardeva in essi.
Sul suo visetto sempre sereno e malizioso, stavolta spiccava un chiaro segno di disappunto.
La stanza del Trono di Miranda era immersa nel caos.
Nel fumo, nella nebbia...tutto era immobile. E tutto era in movimento.
Gli occhi celesti del bambino scrutavano con la consumata abilità di un cacciatore ogni angolo.
Quella nebbia rendeva l’operazione difficoltosa, ma il Phyro aveva già imparato molto bene a distinguere i rumori.
E i suoi occhiali dalle lenti rosse facevano il resto.
La sua mano armata, però, non erano quelle lenti.
Ma Sargas Liam Malfoy, che stava accanto a lui. E si sbellicava dalle risate.
Avevano spaventato per bene quella strega di Miranda, ne erano consci.
Da quando si erano svelati e da quando Lucas era uscito dalla gonna di Cloe, si era scatenato il pandemonio.
Fra fuoco ricolmo di facce mostruose e i turbini del fantasma che si erano abbattuti violentissimi sull’Illuminata e i Mangiamorte, praticamente nessuno si era salvato da loro.
Già. Quasi nessuno...
Stizziti, i piccolini videro che qualcuno era rimasto in piedi.
E non piagnucolava, non strillava istericamente, non malediva le avversità, non se la prendeva con presunti spiriti furenti.
Quel qualcuno teneva la spada abbassata, come se neanche li considerasse degni di una difesa.
Quel qualcuno aveva la bocca piegata in un ghigno sottile, quasi perverso.
Quel qualcuno, i cui occhi erano densi e profondi dello scorrere del sangue, li fissava...e non faceva altro.
Thomas Maximilian Riddle stava a tre metri da loro.
E sorrideva.
Il maledetto sorrideva.
Un istante più tardi, incurante delle grida di battaglia che si stagliavano dietro di lui, incurante degli Auror che presto sarebbero sopraggiunti...rinfoderò la sua arma. Lentamente, la richiuse nella fodera alla cinta.
Poi, con mosse calibrate quanto mai indifferenti, iniziò a battere le mani.
Dapprima piano, poi sempre più forte.
Damon Howthorne, assisteva a quello spettacolo ammanettato con una catena di media lunghezza alle sbarre della cella di Cloe e Neely.
E non riusciva a crederci.
Com’era possibile che Tom fosse scampato a vento e fuoco?
- Devo farvi i miei complimenti, piccoli.- riecheggiò la voce sibilante del Lord Oscuro, che si allargava a macchia d’olio nella stanza del Trono – Avete fatto un bel disastro...-
Lucas indurì i lineamenti – Sono da solo, imbecille.-
Tom rise di più, scoprendo denti bianchi perfetti – No, non è vero...sei bravo a mentire, però.-
- Sono bambini...- si mise allora in mezzo Damon – Lasciali stare, sono solo spaventati...-
- Spaventati?- Riddle abbassò lo sguardo rossastro sul volto combattivo del Phyro – Lucas non teme niente. Dovresti saperlo bene. E riguardo all’altro...- spostò l’attenzione su un punto imprecisato nella stanza -...Sargas è già morto. Cos’altro dovrebbe impaurirlo?-
- Ora ragioni come tuo padre.- gli sibilò il Legimors.
- Tu non sei degno neanche di nominarlo, mio padre.- fu la blanda replica, detta a bassa voce, come un monito, un avvertimento – E tu potrai non temerla, la morte...ma ti giuro che riuscirò a trovare qualcosa di ancora peggiore, per te, se non ti chiudi immediatamente quella bocca.-
- Ma che cosa ti è successo?- chiese Lucas, spiando nella direzione dei prigionieri.
- Gli hanno fatto un incantesimo.- ringhiò Damon, cercando di mettersi in piedi, ancora tramortito dalle tante esplosioni – E fa finta di non accorgersi che gli Auror fermeranno i Mangiamorte ancora una volta!-
- Questo è ancora da vedere!- sbottò Badomen, appostato contro il trono, intento ad aiutare Miranda, la più colpita dagli scherzi dei bambini – Ora col Lord Oscuro nessuno può fermarci!-
- Harry ti ucciderà!- lo zittì Cloe.
- Harry non ucciderà nessuno questa volta, amore mio.-
La King si girò a fissarlo, ancora tremante.
Lui le sorrise con bieco rispetto. Il fatto che portasse il grembo suo figlio, l’aveva solo trasformata, ai suoi occhi, in un prezioso contenitore che doveva essere trattato con ogni riguardo.
- Anzi, sarà il bambino sopravvissuto a finire sotto terra.-
Lucas lo guardò stralunato. Poi piegò le labbra.
Sempre più incredulo.
- Tu non puoi uccidere mio padre. Nessuno ci riesce.-
- Sta a vedere invece...- mormorò Tom, inginocchiandosi per arrivare all’altezza del suo sguardo – Sta a vedere, piccolo...che sarò proprio io a ucciderlo. Perché aspettarsi un tradimento...da un puro di cuore?-
- Tu devi stargli lontano!- urlò Damon, tirando le catene fino al limite – Hai perso il cervello e quando tornerai in te sarà troppo tardi!-
- Io non credo, amico mio.- disse il Lord Oscuro, rialzandosi – Craig, trova Brockway e andate a fermare gli Auror. Sono stanco di questo continuo chiasso.-
- Certo Padrone.- annuì subito Badomen – Ma...- e scrutò seriamente la Grimaldentis – Ecco, non sarebbe meglio per te che Halley ti ridesse i tuoi poteri? Devi restare incolume, mio Signore. Il Lazzaro ti ha ridato forza, ma non sei ancora al meglio della forma.-
- Già, Halley...- sibilò allora Neely, attaccata alle sbarre della cella – Perché non ridai i poteri a Tom, eh?-
- O hai paura che dopo ti uccida?- continuò Cloe – Forza, Miranda, sbrigati!-
- Miranda?- Badomen arcuò le sopracciglia – Perché la chiamate in questo modo?-
Tom, sollevando lo sguardo il alto, emise un sospiro impigrito.
- Ci siamo.- brontolò, sguainando la spada dalla cinta e afferrandone un’altra caduta a terra dalla donna del fu Cletus Hurt – Avanti, Halley...anzi, scusa, Miranda...perchè non spieghi a tutti qual era il tuo geniale piano? Tuo e del Segretario Donovan, sventato niente meno che da due bambini?-
- Padrone che diavolo succede?- s’infervorò Badomen, scostandosi dalla Grimaldentis.
Miranda, infatti, serrando i denti sulle labbra disfatte, strinse più forte la bacchetta nella mano guantata.
Gemette per il dolore, Lucas le aveva ghermito la stoffa poco prima, e con stizza si tolse entrambi i guanti di colpo, come per gettare una sfida, come si faceva un tempo fra antichi cavalieri.
- Puoi anche smetterla di fare il pagliaccio Riddle!- tuonò – Non ci andava un genio per capire che non sono un Mangiamorte! Ma a quanto pare i tuoi sudditi sono talmente idioti e invasati che per resuscitare te, sarebbero capaci anche di farsi piantare un coltello in mezzo alle scapole dalla prima venuta!-
Badomen allargò le pupille. Ma fu un attimo. Tom notò con piacere che non sembrava troppo stupito.
- E non guardarmi in quel modo, Craig.- sentenziò l’Illuminata – Hai ottenuto da me quello che volevi, hai di nuovo quel bastardo del tuo Lord Oscuro. Vanne fiero!-
- Ma chi sei?- le chiese, guardingo.
- Miranda Grimaldentis.- sorrise Riddle, muovendo fra le dita le spade con destrezza, come se da un momento all’altro potesse scoppiare l’ennesima battaglia corpo a corpo – La figlia di Mezzafaccia.-
- Mezzafaccia...il Capo degli Illuminati?- si sconvolse Badomen – Per tutti i maghi, ma come...-
- Come fa ad essere viva?- ridacchiò Tom – Oh, i pregi delle serpi...valli a capire...-
- E sta zitto, risparmiami il tuo sarcasmo di bassa lega!- ruggì Miranda, piantandogli la bacchetta in faccia – Sei solo il figlio bastardo del vero Lord Oscuro...di Lord Voldemort! E tua madre era solo un’assassina, era folle...tuo padre ti ha salvato per un unico motivo, ricordatelo bene.-
- Esatto.- la fermò Riddle, sogghignando – Questo. Farmi riportare “in vita” da un’altra folle come te.- e rise di più, facendola arrossire di rabbia - Hai fatto il suo gioco, complimenti Miranda. Dovrei quasi ringraziarvi, sia te che il Segretario. Praticamente è grazie a voi se ora posso prendere in mano l’eredità lasciatami da mio padre.-
- No.- sussurrò lei, placandosi improvvisamente.
- Sbagliato.- disse a bassa voce, senza staccare lo sguardo dal suo – E’ grazie a me che morirai. Addio, Thomas Riddle. Avada...-
- Ferma!-
L’urlo proruppe dalla bocca di Lucas ancora prima che la strega finisse la sua maledizione.
Fuoco e turbine d’aria si sollevarono di nuovo contro di lei, ma stavolta a difesa del Lord Oscuro.
L’Anatema non venne terminato e Miranda fu scagliata contro la parete, col mantello color panna ora ghermito da lingue di fuoco inestinguibili. Badomen non fece in tempo a trafiggerla, per vendicarsi, che un altro crollo invase l’ingresso. Si sentì il pesante tonfo di grandi massi, dallo stesso soffitto.
Fu allora che Tom comprese che la miniera stava cedendo.
Il loro tempo stava scivolando via...
Poi, con il volto insanguinato dalla battaglia, quell’infame di Paul Brockway, il Carceriere di Azkaban, si lanciò nell’ingresso e si mise a strillare che l’Ordine della Fenice aveva appena sfondato le linee di Kronos.
Alcuni Auror avevano superato anche la loro ultima trincea.
Nello stesso istante, una freccia si piantò nella porta, a due centimetri dalla gola di Brockway.
- Lucas!- la voce di Harry Potter giunse dal corridoio – Lucas!-
- Papà! Papà siamo qui!- replicò il Phyro, urlando più che poteva – Papà corri!-
- Tu non andrai da nessuna parte, maledetto...-
Miranda Grimaldentis si era rialzata.
Lacera, annerita, con occhi iniettati di follia omicida, sollevò su di loro i suoi propositi di morte.
- Finirete tutti i vostri giorni in questa bara di terra...-
Un’altra sventagliata di frecce infilzò la porta, alcune deviarono la loro corsa lungo la parete di pietra, per rimbalzare all’interno della sala. Brockway ne ricevette una in una gamba, la moglie di Hurt venne colpita alla schiena e cadde esanime, con un dardo nel collo.
Erano arrivati.
Thomas Maximilian Riddle sorrise, quando il cielo volle che le sue prede arrivarono per prime.
Dagli incubi si può uscire.
Questo era quello che Harry Potter sapeva.
Ma la realtà...no, a quella non si può porre fine.
Se non con la morte...
Il bambino sopravvissuto e Draco Lucius Malfoy rimasero immobili, in mezzo ai battenti distrutti...fuori la battaglia infuriava più sanguinosa che mai...ma loro, impalati, restarono fermi come statue.
Le spade, prima ben alte e scattanti, ora si stavano abbassando.
- E’ proprio vero che il potere dei bambini è grande.- osservò il Lord Oscuro.
No.
Harry non faceva che ripetere quella semplice sillaba.
No.
Non di nuovo.
Quello...quello non era il suo Tom...
Quello era Voldemort.

Stesse iridi rosse. Stesso sguardo...stesso velenoso spirito...
Era attorniato dalla tenebra.
E di quella luce non era rimasto che un vago ricordo.
- Cugino.- salutò Tom, assottigliando soavemente le palpebre – Harry. Benvenuti ragazzi. Aveste aspettato ancora, sarei venuto io stesso a cercarvi.-
- Non osare andartene!- gli urlò Miranda – Riddle, io a te abbiamo una faccenda in sospeso!-
- E sta zitta.- bofonchiò, incurante di lei – Ho di meglio da fare che pensare a te, adesso...-
- Tom ma cosa...-
Girandosi, il Lord Oscuro vide due uomini annientati.
Rise di loro. Di tanta incredulità...
Di tanta ingenuità.
Piano, lentamente, con le spade ben salde nei palmi, si mosse verso di loro, col sinuoso torpore di una vipera.
- Non credevate davvero che sarei stato il vostro pulcino per sempre, vero?- sussurrò in un soffio – Perché è venuto il giorno del giudizio, signori.- una spada alla sinistra, sotto la gola di Draco, l’altra scattò a destra. A ferire il collo di Potter, tanto paralizzato da non riuscire a muoversi – Eccoci qui, allora. Prima o poi sarebbe successo...entrambi lo sapevate...fin dalla notte in cui mi avete accolto.-
- Non sai quello che fai...- Malfoy, riacquistando il sangue freddo, lo scrutò attentamente. Che strano. Anche se i suoi occhi erano cambiati...era come se...come se ci fosse qualcosa di forzato in lui – E’ stata la Grimaldentis.-
- Ma certo che è stata lei.- rise suo cugino – Nessun altro poteva dimostrare altrettanta ostinazione. Infondo ognuno di noi ce l’ha nel sangue il suo destino...-
- Stronzate.- ringhiò Draco, le iridi argentee ridotte a laghi di metallo fuso – Ti hanno manipolato.-
- E tu ti sei fatto manipolare da una donna.- lo freddò, ridacchiando – Da una mezzosangue, per di più. Perciò non farmi la paternale. In quanto a te...- sollevò il braccio destro, tendendolo fino allo spasimo, per tenere la lama immobile a pochi millimetri dalla giugulare di Potter – In quanto a te, faremo i conti presto. Adesso. Stanotte stessa. E vendicherò mio padre, una volta per tutte.-
Harry chiuse gli occhi.
- Tu mi hai rovinato la vita.-
Eccolo il colpo mortale.
Era arrivato.
Non fuggire, bambino sopravvissuto.
Tanto t’inseguirà fino in campo al mondo per fartela pagare.
- E adesso dimmi, Harry...- le pagliuzze ramate negli occhi di Tom si accesero – Quanto vale la tua vita, eh? Ogni cosa ha un suo prezzo.-
Si, è vero.
Tutto ha un prezzo.
- Nessuno saprà mai quant’è costata la mia libertà, però.-
Bastò quella risposta ad accecarlo.
Thomas Maximilian Riddle non era più un puro di cuore. Non era più neanche un essere umano.
Si mosse con l’agilità di un demone. Tanto rapido da cogliere alla sprovvista anche due come Potter e Malfoy.
Scattarono le lame, saettarono nell’aria, fluttuando come piume...ma calarono a sorpresa con la velocità di un fulmine.
E la battaglia in quel triangolo che sembrava essere dettato da regole ancestrali costruite nel sangue, ebbe inizio.
Fu come lottare con una furia.
Era agile, rapido, rapidissimo. E scaltro.
Dannazione, se era furbo.
Non riuscivano a tenerlo a bada in due.
Stokeford aveva creato una macchina da guerra.
Badomen e Brockway, intanto, si ritrovarono Schiantati al muro da Miranda. La donna ormai sembrava aver perso il lume della ragione. Incantesimi e fiamme iniziarono a cozzare per tutta la grande sala, riducendo in briciole le arcate e ferendo chiunque si trovassero sul loro cammino.
E stavolta il fuoco non valse a nulla.
Lucas si nascose, imprecando, dietro all’altare a cui Tom e Damon erano stati legati. Sargas, al suo fianco come sempre, aveva la testa incassata nelle spalle a causa delle grida isterica dell’Illuminata.
Se non avessero fatto qualcosa, avrebbe cercato di uccidere Damon, Cloe e Neely.
- Venite fuori!- urlò di nuovo, colpendo con la magia il soffitto della sala – Venite fuori subito!-
Era proprio andata.
Lucas allora si girò verso Sargas e aprì la mano, su cui si formò una sfera infuocata.
Il piccolo Malfoy, a sua volta, agitò le ditina artigliate sulla fiamma...fino a ingigantirla a livelli spropositati tanto che il Phyro dovette allargare le braccia al massimo. Era faticoso, ma mentre loro si preparavano a distrarla, Badomen e Brockway iniziarono il contrattacco. Usarono gli scudi per difendersi dalla magia dell’Illuminata e ogni tregua, corrispondeva al tiro al bersaglio con tutti i pugnali di cui disponevano.
Ovviamente nessuno andò a segno.
Miranda rise, dando le spalle ai bambini – Siete solo formiche, Craig! Non ce la farete mai!-
- Traditrice!- urlò Brockway.
Lei si sbellicò più forte, ancora e ancora. Il corpo orrendamente sfigurato, ora non importava più a nessuno.
Ora sembrava solo di essere di fronte allo spirito stesso della vendetta.
- Andate all’inferno!- gridò, scatenando nuovamente la sua magia.
Investì Harry, Draco e Tom, buttandoli a terra, in mezzo alle porte. Investì il soffitto, che tornò a traballare, rovesciando nella stanza polveri e detriti. Il suo potere stesso si allargò fino a sbattere contro la cella delle due prigioniere.
Il metallo si spezzò miseramente, tanto che le sbarre si piegarono...Damon invece, rimase incatenato e schiacciato a terra. Fortuna che era l’unico a poter sentire i richiami di coloro che non avevano più voce.
Per questo riuscì a sentire Sargas.
Stava urlando.
“Damon aiutami! Lucas è caduto!”
Stordito e confuso, il Legimors si guardò attorno mentre tutti continuavano a combattere.
Cloe e Neely faticavano ad uscire dalle sbarre, ma non lui poteva aiutarle.
Anche volendo, le sue forze erano sparite. Prosciugate.
Quell’onda magica aveva fatto sparire Lucas...non c’era più...
“Damon!” urlò ancora Sargas, disperato, indicandogli il Lazzaro “Aiutalo! Non torna più su!”
L’acqua.
Era un Phyro...
Non sapeva nuotare! Non aveva mai voluto imparare!
Fissò con occhi sbarrati la superficie increspata della vasca di marmo...sotto la cristallina massa, una sagoma scura ancora in movimento. Che poi, a poco a poco, smise di agitarsi.
- LUCAS!-
Harry si girò sentendo il sangue congelarsi. Gli tremarono le vene ai polsi.
Suo figlio era sparito...
- Sfregiato sta attento!-
Potter evitò per un pelo di venire trucidato. Tom l’aveva appena mancato di pochi millimetri, squarciandogli la camicia al petto. Un errore grossolano, per uno che stava duellando contro due fra i migliori Auror del Ministero.
Riddle parò un colpo al fianco dal cugino e si scansò di lato. Volgendo il mento appena sopra la spalla, vide l’accaduto.
Claire e Neely lottavano per uscire dalle sbarre piegate, non riuscendoci col busto, mentre Howthorne si era gettato a terra, arrivando ad allungare le mani verso il bordo della vasca del Lazzaro, ma impedito a muoversi oltre per le catene che ancora lo tenevano legato alla parete.
Dannazione...vide delle bolle sul pelo dell’acqua...
Lucas era caduto in acqua...e non sapeva nuotare!
E poi, Tom fece una cosa stranissima. Almeno agli occhi del cugino.
Con un movimento quasi meccanico, ricominciò a combattere con Harry. Finirono letteralmente per rotolarsi a terra. E Draco rimase in piedi, sconvolto, per essere stato ignorato completamente.
Troppo strano, pensò prima di correre verso vasca.
Troppo strano, pensò scavalcando Damon e gettandosi in acqua di testa, col cuore che gli batteva nel petto all’impazzata. Si tuffò in acqua, con Sargas e il Legimors che non la smettevano di ansimare dal bordo.
“Non muore vero?” sussurrò Sargas, sgomento “Damon!” e lo scosse, angosciato, con gli occhioni argentei sbarrati fino al limite “Lucas non morirà vero?”
Ma il Legimors non fiatò. I suoi occhi si erano puntati a fianco della vasca.
C’era qualcuno in piedi. Che guardava la scena.
Dorothy.
Oh no!
Aveva in mano un orologio a cipolla.
Scosse il capo, quando Howthorne le urlò che non era il momento.
Draco ricomparve sul pelo dell’acqua, scuotendo i capelli e agitandosi, fino a risalire a riva.
Damon l’aiutò a tirare su Lucas...ma ogni gesto divenne più lento della morte stessa.
Si sentiva male. Si sentiva male, troppo male, perché quel bambino era pallido come un cadavere.
E Draco stava perdendo la sua calma.
- Cristo!- ringhiò, dopo che ebbe appoggiato l’orecchio al petto del Phyro, per non sentire nulla – Cristo, Cristo!-
Iniziò a comprimere sullo sterno di Lucas, facendogli il massaggio cardiaco. Cloe li raggiunse, singhiozzando, e seguendo gli ordini di Malfoy iniziò con la respirazione artificiale.
- Quanto è stato sotto?- chiese la King, frenetica.
- Un minuto...forse due...- balbettò Damon, tirando la catena – Non lo so, non lo so!-
- Non ci pensare neanche...- sibilò Draco, come se fossero stati solo lui e Lucas, da soli, in una stanza vuota e silenziosa – Non ci pensare neanche a morire, capito?- premette più forte, posando due dita sulla gola al piccolo. Non sentendo ancora nulla, ricominciò come se ne fosse dipesa la sua stessa esistenza – Forza, forza maledizione!-
Se fosse morto...
No, non anche lui...
Con gli occhi velati, continuò il messaggio fino a non sentire più le urla della battaglia che infuriava.
Non sentiva più neanche la voce di Harry...né le magie della Grimaldentis...ma quando sentì Damon trattenere il fiato e sollevare il viso oltre le loro spalle...allora Draco tornò a quella notte al San Mungo. Quella notte in cui una Medimaga gli aveva detto che Hermione aveva perso il bambino. Che Sargas era morto.
E ora...anche Lucas non c’era più.
Perché Damon vide il bambino in piedi, vicino a Sargas...che osservava la scena, con sguardo triste.
- Torna dentro!- urlò il Legimors – Hai capito Lucas?! Torna indietro!-
“Ha ragione lui...” sussurrò anche Sargas, dandogli una spinta “Dai...ce la puoi fare...”
“Non so come.” Lucas fissò Draco, che continuava a stimolare il suo cuore immobile “Come faccio?”
Era smarrito. Era stremato.
- Vedi di farlo tornare subito in sé!- sibilò Draco fra i denti, trapassando Howthorne con lo sguardo – Mi hai capito? Fallo Damon, o passerò la mia vita a darti il tormento!-
- Impedimenta!-
Un’enorme onda telecinetica sollevò Miranda Grimaldentis da terra e la scaraventò insieme a Badomen e Brockway contro il trono. Lì la strega si accasciò come una bambola, restando seduta scompostamente sulla poltrona di pietra...i Mangiamorte invece rimasero storditi sui gradini, ancora con espressione sconvolta per quell’attacco a sorpresa.
Hermione Hargrave apparve nell’ingresso, la bacchetta sguainata e saltò facilmente Tom e Harry, che si prendevano a pugni a terra, lottando per riappropriarsi delle spade.
Fu Draco a richiamare la moglie, il suo tono aveva un che d’atroce...anticamera di tragedia.
- Oddio Lucas!- mormorò la strega, inginocchiandosi – Che è successo?!-
- E’ stato sott’acqua per due minuti...- esalò Malfoy – Ti prego fa qualcosa...qualsiasi cosa...sbrigati ti prego, non lasciarlo morire!-
- Ok...- pensando rapidamente, alla Grifoncina venne in mente una cosa soltanto. Era diventata una gagia per fermare i Mangiamorte. Ora avrebbe usato i poteri degli Illuminati per riportare in vita Lucas. In un modo o nell’altro.
Dannazione, se c’era un buon motivo per usare quell’orrore, bhè, era quello.
Sollevando le mani parallelamente di fronte al viso, Hermione serrò le mascelle.
- Evoco Minegon!- esclamò.
Non accadde nulla. Ma solo per pochi istanti, perché le cariche elettriche iniziarono a percorrerle le dita, semplici e al contempo complesse, sfrigolando come il metallo fuso che si scioglie nell’acqua.
Le scariche percorsero il corpo di Lucas una, due, tre volte...
Vederlo sussultare fece chiudere gli occhi a Draco.
Avanti, avanti...
Era figlio di suo padre...non erano due che mollavano...
Non poteva morire così...
Poi, mentre Damon vedeva sparire Dorothy, sorridente, e vedeva sfumare le sagome di entrambi i fantasmi, Lucas Potter spalancò la bocca, tirando il fiato dopo tre minuti interi di apnea.
- Lucas!- urlarono tutti, facendo a turno per abbracciarlo. Lo strinsero così forte che il bambino non riuscì neanche a guardarsi attorno. Sbatteva le ciglia imperlate d’acqua, tossiva convulsamente e le labbra ripresero colore...
- Dio!- Draco si rifiutò praticamente di lasciarlo andare. Gli passò più volte i capelli all’indietro, carezzandogli il faccino pallido, come per controllare che stesse davvero bene – Accidenti a te, meno male che stai bene...dovessi portartici a forza, appena tornati a casa t’insegnerò a nuotare, costi quel che costi!-
Sentendo la sua voce, il Phyro alzò finalmente il viso verso Malfoy.
Era come se non capisse cosa fosse successo...fino a sorridere in un modo che Lucas non aveva mai fatto.
- PAPA’!- gli gettò le braccia al collo, stringendolo forte – Papà mi vedi! Mi vedi!-
Sentire chiamare così il biondo allibì un po’ tutti.
Draco si scostò, fissandolo in volto.
- Lucas ma cosa...-
Il bambino lo strinse di nuovo, senza stare a sentirlo – Papà sono contento che mi vedi! Ce ne andiamo a casa?- poi, oltre la spalla di Draco, vide anche Hermione e senza pensarci ancora si buttò anche fra le sue braccia, stringendola fortissimo per la vita – Mamma! Mamma adesso mi vedi vero?!-
Fu come stringere un cadavere.
Hermione non riusciva neanche a muoversi. Qualcosa le aveva appena tolto il fiato.
La sua gola era tanto secca che temette di aver perso anche la voce, oltre che la lucidità.
Mamma. Lucas l’aveva appena chiamata mamma...
Tremando, tremando davvero, con Lucas che non voleva lasciarla andare, interrogò Damon con lo sguardo.
Sargas non c’era più. Più si guardava attorno, più il Legimors non riusciva a trovarlo da nessuna parte.
Non sentiva neanche la sua voce.
Lucas era tornato ma...anche Sargas!
Due anime in un corpo!
- Oddio no.- sussurrò a bassa voce – Sargas!- afferrò il Phyro, facendosi guardare in faccia – Sargas, sei tu?-
Il bambino sorrise – Si!-
Aveva sorriso.
Draco perse la sensibilità nelle dita. Perché sua moglie si aggrappò alla sua mano...e lui nemmeno la sentì.
Sargas era nel corpo di Lucas...era...
- Sargas...- continuò Damon, accorato come mai – Sargas, ascoltami! Devi lasciare Lucas, capito? Lasciagli la mano...-
Il Phyro lo fissò senza capire – Che cosa?-
- Sei nel corpo di Lucas.- continuò il Legimors.
- Si può sapere cosa succede?- chiese Neely.
- Chi c’è nel corpo di Lucas?- l’incalzò anche la King.
- Sargas, esci! Devi lasciare la mano a Lucas, mi hai capito?- Damon prese il volto del bambino fra le mani – Se non lo lasci, Lucas morirà! Sei nel suo corpo!-
Stralunato, il bambino li guardò uno a uno. Non capiva.
Sapeva solo che aveva abbracciato la sua mamma e il suo papà...che lo avevano visto!
Desolato e deluso, cercò suo padre con gli occhi. Così azzurri...e Draco deglutì, prendendolo in braccio e alzandosi in piedi. Lo strinse forte, col viso affondato nei suoi capelli bagnati, neri come l’inchiostro.
Quello era Lucas.
Non era Sargas...
Anche se era in quel corpo...non era vivo...aveva preso il posto di Lucas...
Gliel’avevano restituito solo per pochi istanti.
Solo per pochi istanti.
Ma doveva andarsene...o Lucas sarebbe morto davvero.
In quel vortice di esplosioni e caos, un paio di esili braccia strinsero padre e figlio.
Forte, per far sentire loro che anche nella tempesta non avrebbero potuto smarrirsi.
- Ti voglio bene, Sargas.- mormorò Draco all’orecchio del Phyro.
Hermione, appoggiata alla spalla del marito, si alzò sulle punte e baciò, con gli occhi fradici, la guancia al piccolo.
Le sue ciglia si chiuse. Il ceruleo delle iridi venne nascosto. Un leggero bagliore sotto di esse, che custodivano il più prezioso dei segreti e il Sargas sparì, col sorriso sulle labbra.
La luce riapparve. Più brillante che mai...e svanì di nuovo, offuscando anche il riverbero glorioso di quella battaglia.
Ciò che Damon vide, perché la fortuna gli aveva concesso quel grande dono, fu una famiglia.
Un Potter in braccio a un Malfoy. E un bambino di cinque anni, che abbracciava sua madre per le gambe.
Ora felice.
Ora sereno.

Lucas ricominciò a tossire, appoggiato alla spalla di Draco e guardarsi attorno. Fece una smorfia con la bocca, sentendosi zuppo dalla testa ai piedi.
- Come sta?- si azzardò a chiedere Cloe, avvicinandosi.
- Bene.- annuì Draco, carezzando la testa corvina del Phyro – Ci siamo solo spaventati...-
- Tu sarai spaventato.- si aizzò debolmente Lucas, ancora stordito – Io sono solo...bagnato...- aggiunse, pieno di schifo.
Risero tutti.
C’era sollievo, ora.
Così denso da poter sollevare anche il mondo.
Era stato un dono, capì Malfoy sentendo che lo Specchio delle Brame aveva avuto ragione ancora una volta.
Qualcuno molto in alto gli aveva concesso di abbracciare suo figlio. Una prima e un’ultima volta.
Chi poteva dire di aver avuto altrettanta fortuna?
- Ma che scena commovente...-
Sobbalzando, tutti i presenti si ricordarono che la maledetta era ancora viva.
Miranda Grimaldentis, ora ridotta al residuo decadente dell’ombra del mostro che era stata, stava gobba e riversa contro di loro. Badomen, poco indietro, si teneva un fianco insanguinato.
La sua gamba pareva restare attaccata al corpo per miracolo.
Harry e Tom invece, duellavano ancora fra i due immensi battenti dalla porta.
- Dite addio alla vita signori. E non avere paura Malfoy, non sarai solo a lungo. Presto ti manderò sia Potter che quell’infame di tuo cugino!-
- Bel casino che hai fatto.- le sibilò, stringendosi Lucas al torace – Hai scatenato la maledizione dei Riddle.-
- Idiota.- aggiunse Hermione, piena di disprezzo.
- L’idiota qua sei tu, sporca gagia.- replicò l’Illuminata – Avresti dovuto uccidermi quando ne hai avuto l’occasione.-
- Tranquilla, non commetto mai due volte gli stessi errori.-
- E tu ne sai qualcosa di errori, vero?-
- Ah, sta zitta.- Hermione sollevò la bacchetta – Io non sono indifesa come gli altri.-
- E noi neanche.- le ricordò Cloe, affiancata da Neely.
- Come vedi sei rimasta sola.- ridacchiò Badomen dietro le file – Che intendi fare, maledetta? Pensa davvero di poterci battere tutti? Eh? Era questo il tuo piano? Farci ammazzare a vicenda?-
- Però, che acume.- ironizzò Miranda – Pensavo giusto di farmi ammazzare dal Lord Oscuro. Poi mi prenderò anche la sua vita. Non vale niente. Anzi, è meno di niente!-
- Questo è ancora da vedere.-
Fu questione di un lampo.
Un attimo, un battito del cuore.
Volgendosi col fiato mozzato al livello delle corde vocali, troppo intorpidite per permetterle di strillare, Miranda Grimaldentis si ritrovò di fronte a un’altra spietata conseguenza dei suoi spregevoli atti.
Prima ancora di carpire con l’udito l’enorme fragore che invase i corridoi, data da uno scoppio di detriti e pareti, ridotti in briciole, l’Illuminata vide la sagoma della prigioniera che aveva cercato di piegare.
Occhi come la neve, ora, i suoi.
Degona Mckay si stagliava contro fiamme e macerie.
Su cadaveri e duellanti.
Come l’Angelo della Morte, venuto a reclamare i suoi discepoli.
Non era più per metà umana. Il demone era stato liberato completamente.
- Accio.- scandì la demone.
La bacchetta sfuggì di mano a Miranda, che sgomenta si ritrovò completamente disarmata.
Ora era la Mckay a guardarla dall’alto in basso.
- Abominio.- sussurrò la Grimaldentis, sputando a terra.
- Vero.- replicò Degona, usando l’empatia – E adesso non ho più paura di ordinarti qualsiasi cosa...-
Fremendo tutta, Miranda traballò sulle gambe deformi.
-...anche di ucciderti. O magari...di ridurti a un ammasso informe di carne.-
Toccò il tasto giusto, evidentemente, perché quella cacciò un grido e iniziò a correre. La scostò, spingendola, ma Dena non si scompose. La lasciò passare, ridendo sottilmente.
La lasciò persino scappare, precipitarsi fuori e passare addosso a Tom.
Riddle, lasciando perdere per un istante la sua rissa con Harry, rimase paralizzato.
Allargò la bocca e si girò verso Badomen.
- Perdonami!- urlò il Mangiamorte per farsi sentire – Mi è sfuggita!-
Imprecando, Riddle spinse via Potter e afferrò la spada piantata a terra.
- Dov’è andata?- tuonò.
Craig, digrignando i denti per il dolore, parve ricordarsi solo in quel momento di un’eventualità spaventosa.
- Padrone...Padrone!- sussultò – Devi ucciderla! Inseguila, devi ucciderla subito! E’ corsa verso lo sbocco del pozzo! Lì c’è un congegno che potrebbe affondare l’intera miniera! Devi correre! Ci ucciderà tutti!-
E tutti i presenti lo sentirono.
Un congegno per affossare quel luogo...per spedirlo nelle profondità della terra.
Ecco come pensava di ucciderli!
Non con la magia!
Seppellendoli vivi!
Thomas Maximilian Riddle non attese oltre.
Scansando Potter con una spallata, si diresse alla porta in due balzi. Lì, si girò appena in tempo per urlare a sua sorella di portare via tutti quanti il più presto possibile.
Al che, nessuno lo vide più.
Sparì avvolto nel suo mantello fra quella fiumana di maghi.
E i suoi occhi rossi non vedevano che quella sagoma deforme scomparire, ma avvicinarsi sempre di più alle loro tombe.
Se voleva sistemare i danni fatti, avrebbe dovuto sporcarsi le mani.
Il momento della fine era vicino...









“Meglio morire una volta sola, che temere la morte tutta la vita.”
Giulio Cesare.


 

 

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Capitolo 49
*** Capitolo 49° ***


tmr49





"...Era il mostro di origine divina,
lïon la testa, il petto capra, e drago
la coda; e dalla bocca orrende vampe
vomitava di foco: e nondimeno,
col favor degli Dei, l'eroe la spense..."


Omero.
Iliade, VI, 222-226, (trad. V. Monti)






Un tempo, la grande casa in stile vittoriano era stata il simbolo di tutta una cittadina. Simbolo dell’agiatezza di una famiglia babbana, esempio di classe e sogno irrealizzabile di una strega di sanguepuro...che aveva visto in quella villa tanto irraggiungibile un’isola d’amore felice, raggiunto però coi mezzi sbagliati.
A caro prezzo, in seguito, quel suo errore sarebbe stato pagato. E da ben più di un suo discendente.
Erano passati anni dalla morte di Merope Gaunt, eppure, su quella casa, ancora gravava un sogno incatenato a tutto ciò che Riddle House rappresentava.
Il potere.
Ma, a un’ora dall’alba di un nuovo giorno, il fulgore della maledizione dei Riddle stava venendo meno.
Le fondamenta della casa traballavano.
Tutta la valle, tutta Little Hangleton era scossa da violenti fremiti.
I babbani se n’erano accorti. L’emergenza terremoti era già stata allertata.
Ma se avessero avuto il dono di vedere, si sarebbero accorti dell’immensa nube nera che gravava sui tetti d’ardesia verde della vecchia villa disabitata.
Una nube nera, vorticosa, macabra e tempestosa.
Che si muoveva come una spirale...e pareva pronta a divorare la tenuta stessa.
Denise Loderdail Cameron osservava la scena dall’accampamento degli Auror, sulla collina.
Le palpebre velate di cipria diamantina erano chiusi, a celare i segreti della mente.
Quanti ricordi, troppi per una casa con fondamenta così fragili.
Quanto odio, troppo, per una famiglia che si era macchiata di un solo peccato.
Ma c’era ancora qualcuno...anzi, qualcosa di molto potente sotto quei metri di terra.
Qualcosa di antico. Qualcosa...che non era mai stato domato e forse, mai a nessuno lo avrebbe permesso.
C’erano ancora mille ricordi del padre di Tom, in quel luogo.
Erano tangibili come il vento che le sollevava i capelli in un ventaglio di neve e perle.
La vendetta.
Il rancore.
La frustrazione.
E l’amore...
C’era un amore cieco, ovunque lei posasse lo sguardo.
L’amore per Lucilla...il desiderio di non lasciarla mai andare...
Il desiderio di incatenarla per sempre, nasconderla al buio...affinché nessun altro avesse mai potuto portargliela via.
L’ennesimo scossone indurì i lineamenti della demone, che riaprì gli occhi giusto in tempo per vedere una folgore smeraldina balenare nel cielo.
- Si sta scatenando...-
Una mano gentile le percorse la schiena, carezzandogliela con reverenza – E’ compito degli umani rimettere a posto i loro disastri.-
Denise spiò in direzione del marito. Alto e imponente accanto a lei.
Era l’emblema della potenza, Caesar. E lui sapeva bene che per non avere neanche mille anni, la sua straordinaria forza era qualcosa di spropositato agli occhi di tutti i loro simili.
Probabilmente non riusciva a capire come poteva sentirsi una formica. Non avrebbe mai potuto farlo.
- Ti sbagli, invece.-
Sbuffando, tornò a fissare Riddle House. Ancora una volta...se le avesse spiato i pensieri ancora una volta, gli avrebbe cavato gli occhi!
- So bene cosa si prova ad essere indifesi. A non essere in grado di reagire.- continuò, senza smettere di accarezzarla.
- Certo.- replicò lei, tenendo lo sguardo ostinatamente fisso sulla villa risucchiata da quel vortice di tetre e vaporose nuvole color dell’ebano – Imperia. E’ lei che ti fa sentire così.-
- Sbagliato.-
Si volse e lo fissò.
Lui, da parte sua, fermò la mano e la strinse contro il suo fianco.
- Ero furente con lei. Lo sono ancora. Sei tu a farmi sentire incapace di qualsiasi cosa.-


Ormai le scosse non si concedevano più un momento di pausa. Anche un perfetto idiota, privo di alcun istinto di sopravvivenza, avrebbe capito che presto quei cunicoli, quelle gallerie e quei corridoi, si sarebbero presto ridotti miseramente in briciole.
E salvarsi la pelle, per una volta, prevalse addirittura sul desiderio omicida.
Duncan Gillespie fumava convulsamente, il fumo si levava più denso nelle nuvole di stucco e detriti che colpivano entrambe le fazioni. Il suo immancabile sigaro, stretto fra i denti, stava rischiando la decapitazione.
- Siamo fottuti.- sussurrò Jess Mckay, al suo fianco.
Paul Brockway, rimasto a fianco di Badomen e attorniato dal gran numero di Mangiamorte superstiti, fissava trucemente la fazione degli Auror. Più i demoni, ovviamente, che da parte loro sembravano gli unici a non temere di venire sepolti vivi.
- Siamo fottuti.- disse Badomen a sua volta, girandosi indietro con sguardo ansioso – E non vedo più il Padrone.-
- Non possiamo lasciare vivi questi bastardi!- ringhiò il Carceriere di Azkaban – Craig, meglio la morte che questo disonore! Ammazziamoli tutti! In nome del nostro Signore!-
- Al diavolo, la Grimaldentis potrebbe ucciderlo con la sua maledetta leva!- tuonò l’altro, il cui tono salì pericolosamente a livelli di isterica mal repressa – Dobbiamo raggiungerlo e subito! E’ senza poteri!-
- Voi non andrete da nessuna parte.- ringhiò Tristan, fermo dall’altra parte del corridoio.
- Ma davvero?- ridacchiò Brockway, spettrale, tanto era macchiato di sangue il suo viso – E come pensi di fermarci?-
Non ci sarebbe stato neanche da chiedere in quell’occasione.
Quasi tutta la fazione degli Auror era completamente senza poteri.
Avevano a disposizione delle pozioni, si, ma in numero esiguo ormai.
E da sola, Hermione sarebbe stata uccisa.
Fortuna che, come diceva Silente, nei momenti di buio, bastava ricordarsi di accendere una piccola luce...nell’oscurità.
Fu qualcosa d’impressionante.
Di folle.
Si, di folle...perchè aveva il sapore dell’incredibile.
Come se tutti, tutti i loro nemici nello stesso istante, avessero ricevuto un ordine impartito da Dio in persona.
Neanche di fronte a Harry Potter avevano tremato, fiduciosi nel loro nuovo Lord Oscuro.
Ma ora...ora era tutto diverso.
Lei si fece largo fra la folla.
Mentre tutti i suoi nemici iniziavano a tremare.
A non sentirsi più nemmeno padroni di loro stessi.
Questo il dono dell’empatia.
Questa...la condanna.
Un tempo i Mangiamorte si erano inginocchiati di fronte a Lucilla dei Lancaster.
E ora, in quel preciso momento, Degona Mckay scrutò i nemici coi suoi occhi di neve. In piedi, come un’imperatrice di fronte ai suoi sudditi, posò lo sguardo pallido e vitreo su ognuno di loro.
Per un mortale minuto, nessuno fiatò.
Regnò un silenzio di tomba.
Poi, il fragore di una prima spada caduta a terra, fu l’anticamera del rombo di mille altre che la seguirono.
Perché tutti i Mangiamorte furono domati.
Da un comando che veniva dal loro stesso cuore.
Da un comando, impartito da colei che aveva imparato che...la sudditanza, era qualcosa che le era dovuto.
Spade, coltelli, lame, archi e frecce.
Uno a uno caddero a terra.
Gemiti e lamenti di coloro venivano impunemente schiacciati.
Degona, con la mano stretta in quella di sua madre, nascondeva il suo segreto sotto le lunghe ciglia bagnate.
Se di lacrime o umidità, nemmeno lei lo sapeva.
- Ora tutti voi seguirete il Capo degli Auror.- disse con tono basso, ma perfettamente udibile, pari a quelle orecchie nemiche come il suono del corno della battaglia – Uscirete da questo luogo...e nessuno di voi vi farà più ritorno.-
Altri lamenti, altre scene d’isterismo.
Ma nessuno osò rifiutarsi.
Si allinearono tutti, incuranti del suolo che tremava violentemente sotto di loro.
Ci furono altri crollo...eppure, Dio e il Diavolo solo sapevano come, quei maghi incappucciati di nero, gettarono le loro maschere e attesero che lei, la loro nuova padrona, desse loro il permesso di muoversi.
Degli schiavi.
Non dei servitori.
Ora lei aveva ai suoi piedi uno stuolo di schiavi.
Devoti.
E assolutamente incapaci di ribellarsi.
Perché la ribellione non albergava più nelle loro menti.
Mentre i Mangiamorte spostavano la loro vacua attenzione su Duncan, gli Auror si accorsero che qualcuno era sfuggito.
Si girarono e sentirono delle urla di rabbia nel buio.
- Merda!- ringhiò Ron – Ci siamo persi di nuovo Badomen e Brockway.-
- Tranquilli.- Degona li fermò tutti – L’ho fatto apposta. Mi porteranno da Miranda e da Tom.-
- Già, come lo risolviamo il problema Tom?- replicò Jeager, rimettendosi in spalla da lancia imbrattata di sangue – Quei fottuti Poli gli hanno fatto perdere il lume della ragione.-
- Ci sarà un modo per farlo tornare in sé.- sussurrò Harry, che fino a quel momento aveva tenuto in braccio Lucas, volente o nolente, dopo che l’aveva quasi perso.
- Non voglio deludervi...- Hermione catalizzò completamente le occhiate angosciate dei presenti – Ma se si rovina un puro di cuore, allora c’è molto poco che noi possiamo fare per lui.-
- Non scherziamo!- sbottò Draco, che come Potter stava completamente perso nell’abbraccio di sua figlia – Tom è nato puro di cuore e così lo faremo tornare, mezzosangue. In un modo o nell’altro.-
- Allora non mi hai sentito! E’ impossibile ti dico!-
- Non c’è una pozione? Qualsiasi cosa!- esalò Tonks.
- Ne dubito.- ribatté la Grifoncina – L’avete visto ragazzi, è completamente cambiato!-
- Mi stai davvero dicendo che...- Trix l’afferrò forte per il braccio, facendole quasi male -...che dobbiamo...che dobbiamo prendere in considerazione l’eventualità...-
-...che sia sorto un nuovo Lord Oscuro.- terminò Lucilla, senza la minima inflessione nella voce.
Beatrix, Cloe e Damon la fissarono a occhi sgranati.
La demone, seppur con la morte nel cuore, annuì.
- Mi dispiace.- mormorò.
- Non m’interessano le scuse!- tuonò Harry all’improvviso, mescolando la sua rabbia al vacillare della miniera, che sembrava accartocciarsi su se stessa – All’inferno, non permetterò agli Illuminati di vincere! Il rito dei Poli deve essere invertito!-
- Non si può!- urlò allora la Lancaster, zittendo tutti e mettendo loro il ghiaccio nelle vene. Era agitata, a malapena stava in piedi dopo il sangue che aveva perso. E ora, doveva dire addio a suo figlio.
- Non si può.- disse in un soffio, distogliendo lo sguardo dal bambino sopravvissuto.
Sapeva che guardandolo, avrebbe visto la loro sconfitta.
E non poteva sopportarlo.
Lo aveva perso.
Avevano perso Tom...
Una volta per tutte.
- No.-
Harry digrignò i denti.
- No, fanculo non ci sto!-
- Non c’è modo, Harry...-
- Lucilla, io me ne frego...- sentenziò lapidario, fremendo tutto – Me l’hanno portato via già una volta. Neanche suo padre è riuscito a strapparmelo e adesso dovrei permettere a Miranda Grimaldentis di mandare a puttane tutto quello che abbiamo passato? Che LUI ha passato?!- scosse il capo, riprendendosi la spada – No, mai.-
Passò Lucas in braccio a Jess e mise la piccola Faith fra le mani sicure di Clay.
- Io vado da lui.-
- Potter, per Merlino, questo posto sta venendo giù!- ruggì Duncan, già coperto di detriti – Finirete per farvi seppellire qui sotto!-
- Allora preparami la lapide.- sibilò il bambino sopravvissuto, inchiodando lui e tutti gli altri coi suoi lucenti occhi verdi – Perché non me ne vado da qui senza Tom.-
Ah, i ribelli.
Morirebbero per onore.

Una risata sarcastica impedì a Potter di fare un passo. E Harry già sapeva da chi era venuta.
- Non penserai mica che ti lasci tutto il divertimento, Sfregiato.- sibilò Draco Malfoy, sistemando i guanti con fare pigro che aveva un che di lascivo.
- Già, dopo più di vent’anni mica posso lasciare che ti pigli la gloria tutto da solo.- fece anche Ronald Weasley, con fare paziente – Tu che dici Herm? Fai ancora parte del trio?-
- Si, Herm.- soffiò Edward Dalton amabilmente, insieme a una nube di fumo che avvolse la strega – Non vorrai mica lasciarci vero? Sai che siamo troppo innocenti per girare da soli.-
Si. Hermione Jane Hargrave sapeva che se li avesse lasciati soli, si sarebbero di certo fatti ammazzare.
Tom compreso.
E poi aveva ragione Edward.
Il Trio non poteva certo sciogliersi dopo quasi trent’anni di vita e di onorata carriera alle spalle.
- Tutti insieme.- scandì Harry, incurante del buio che iniziava a calare sulle loro teste.
- Tutti insieme.- si unì Damon, seguito da Tristan e l’intera squadra di Jess – Non lasceremo morire Tom qui sotto.-
- Nessuno morirà qui sotto.- sbuffò Draco, sistemandosi il mantello sulla giacca – Duncan, porta l’Ordine e questi bastardi fuori da qui...subito.- aggiunse, sentendo un lontano ma quanto mai pericoloso scricchiolio nelle strutture di pietra – Noi prendiamo Tom e usciamo subito dopo.-
Gillespie, ovviamente, evitò di dar voce al suo più veritiero pensiero.
Probabilmente sarebbe stata l’ultima volta che li vedeva, pensò.
In silenzio, dette una pacca sulla spalla a Harry, stringendolo forte.
- Cerca di tornare vivo.- bofonchiò al suo orecchio, per poi sorpassarlo e mettersi a urlare – Forza, forza lavativi! Voglio che portiate fuori me e questa feccia da questo buco schifoso! Me ne frego se siete stanchi, me ne frego anche se siete feriti! Io ho un buco in una chiappa, ma non per questo mi permetto di piagnucolare come un bamboccio! E adesso seguite le indicazioni di Miss Mckay e parcheggiate le vostre persone fuori da qui! All’istante!-
- E voi due state insieme a Tonks!- impartì Harry ai due figlioletti, vista la faccia seccatissima del suo primogenito che proprio non amava fare bagni fuori programma – Capito Lucas? Non staccarti mai da lei!-
Gli Auror si spostavano.
Facevano baccano. Dietro di loro, i Mangiamorte li seguivano come zombie.
Degona Mckay però non sembrava volersi muovere da quel corridoio.
Scrutava qualcosa.
E William, in piedi accanto a lei, sapeva anche cosa.
- Non resisterò a lungo.- gli disse la strega, guardandolo – Questo potere va tenuto in gabbia.-
- Quindi tornerai come prima.- sospirò il giovane Crenshaw.
Sorridendo, la ragazza socchiuse le palpebre.
- Si. Non voglio restare così. Mia madre mi ha lasciato questo potere per difendermi.-
- E adesso vuoi difendere questa gente.- William spiò verso le celle – Vuoi farli uscire tutti?-
- Come tutti?- saltò su Jess, in coro con Jeager, Hacate e anche Asher – Come cavolo facciamo a trascinarceli dietro tutti?- continuò l’Auror, indicando un tizio in una gabbia alla sua sinistra – Tesoro, lo sai chi è quello?-
Degona sogghignò tanto da far sentire male suo zio.
- Certo che lo so. E’ un gagia che faceva esperimenti sulla mente dei bambini.- e distolse lo sguardo dal prigioniero – Infatti lui non uscirà. Ho ancora poco potere, ma usandolo posso fare in modo di far uscire tutti gli innocenti. Dovrete portarli in salvo voi, mentre io cerco mio fratello.-
- Cosa?- William allargò la bocca, sdegnato – Non ci pensare nemmeno, io vengo insieme a te!-
- Non fossi venuto, te l’avrei chiesto io.- gli sussurrò, senza che gli altri potessero sentire – E adesso spostatevi. Non ho molto tempo.-
Avvenne di nuovo.
Leggendo in ogni cuore, in ogni mente, in ogni spirito...venne dato l’ordine.
L’ordine di un giudice, di una giuria e di un boia.
Perché alcune porte si spalancarono all’istante.
Altre invece, rimasero chiuse...
- Lo sopporterai?- le chiese una voce alle spalle, quando gli Auror si precipitarono ad aiutare tutti quegli innocenti.
Lei abbassò il viso. I riccioli le ricaddero sulla fronte, coprendole lo sguardo.
- Sopporterai di aver lasciato qua della gente?-
- Sopporto a malapena quello ho visto in loro.- replicò, sentendo una mano calda stringere la sua – Se mi dai una mano però, dimenticherò prima.-
- Certo diavoletta.-
Un abbraccio. Forte, sincero e profondo come quello del mare.
- Mi sei mancato papà.-
Tristan inspirò a fondo. A lui era mancato...quello e altro.
La vita.
La sua famiglia.
Sua figlia.
Anche la sua anima.
- Mi raccomando Glory.- Draco ed Hermione, a loro volta, strinsero con forza la loro bambina, mentre Harry faceva lo stesso cercando di non litigare con Lucas, che voleva restare con lui che abbrustolire quella strega che l’aveva affogato, e Faith, che brontolando e implorandolo alla fine era riuscita a ficcargli nel cappuccio del mantello Cosmo, dicendogli che l’avrebbe protetto.
Glory, da parte sua, fece molte meno storie.
Strinse la madre e il padre, non pianse una lacrima, ma staccandosi da loro, il suo sguardo mite riuscì a uccidere Draco.
Il pensiero che sarebbero potuti non tornare era palpabile come l’aria tetra di quella miniera.
- Prendete la lancia di Jeager.- disse la Veggente, all’improvviso.
Crenshaw, alzando un sopracciglio, fissò Hermione. Quindi Draco e dopo, senza fiatare, si tolse la lunga asta di noce dalla schiena, per porgerla a Malfoy.
- Occhio che costa come un anno delle tue rendite in Scozia.-
- Mai come i pantaloni che mi sono strappato, pezzente.- fu l’acida replica.
- Siete pronti?-
Degona fermò quell’arguta disquisizione ad alto tasso morale, richiamandoli all’ordine.
- Forza, sto perdendo la scia di Tom.-
- Mi raccomando.- le disse Vlad all’improvviso, quando gli altri demoni, Ilalya Greyback e Viola si erano già incamminati – Occupati di tuo fratello.-
Lei lo studiò per un secondo.
Bastò per sorridergli, piena di gratitudine.
- Vedrai, te lo riporto sano e salvo.-
- Sta attenta anche tu, micina.- ironizzò Stokeford, mentre Cloe gli passava sotto il naso.
- Ahah, crepa!-
L’ultima cosa che Dena vide, immergendosi nel tunnel nero che sembrava portare all’abisso, fu Vlad che sollevava la mano. In saluto. In buon augurio.
Poi, anche la luce delle fiaccole si spense definitivamente.
E fu la tenebra sotto tutta Riddle House.


Una leva, scarna e legnosa, coperta di muschi, all’ombra di una lanterna, venne tirata.
Verso il basso ridiscese.
E con essa, anche la casa iniziò a collassare.
Miranda Grimaldentis osservò il suo lavoro. E alla sete di vendetta si abbandonò, inspirandola e godendone.
Sicura che presto, Lui sarebbe arrivato.
E sarebbe morto.
Ma non per mano sua.
Ma per mano...della cosa...che grazie a quella stessa leva, lei aveva liberato.
E che Lucilla dei Lancaster, dall’altro capo della miniera, lo capisse pure.
Ormai non aveva più importanza.
Perché il dono che suo marito le aveva fatto, ora non era più suo.

Si, Lucilla lo capì.
Perché a pochi metri dall’uscita del pozzo, ora raggiunta con facilità nonostante il codazzo di Mangiamorte e innocenti che gli Auror avevano liberato, la demone avvertì la bestia nel cuore.
Fulgida e brillante.
Vorticosa e scintillare.
Tanto potente da farle fremere i sensi.
Per lei.
Era un suo regalo.
Doveva andare da lei...
E muovendo un passo dietro l’altro, si avvicinò al fatale ruggito.
Che stava nascosto al buio...e non sapeva aspettare che lei.
Ma non si accorse di essere seguita. Da una luce nel buio. Ancora più accecante di quella bestia.




“E’ nel momento in cui dubiti di volare che perdi per sempre la facoltà di farlo.”
Jim Morrison.



Thomas Maximilian Riddle scostò una ragnatela umida utilizzando la spada, per poi levarla dalla lama con pesante sdegno. Finalmente vedeva delle luci, in quel lungo corridoio inanimato.
L’aveva raggiunta.
Le sue iridi rosse sfavillarono, a quei timidi bagliori lontani.
Ma l’aveva trovata, finalmente.
Con passo felpato, quasi spettrale e sprezzante, si mosse sulla terra bagnata bruna e scura.
Un piccolo portale di pietra grezza l’aspettava al varco. Da lì, vide una stanza circolare. Dal soffitto basso, in confronto a quella che era stata la stanza del Trono. Alto appena due metri, dava una chiara sensazione di claustrofobia.
Questa, cercò di azzannarlo alla gola, ma i suoi occhi assettati agognavano ad altro.
La vide, alla parete opposta.
Una mano priva di guanto, come l’altra, che ora mostrava ogni lesione e cicatrice, ancora calata sulla maledetta leva.
Era arrivato tardi.
- Troppo tardi.- l’apostrofò infatti Miranda, con voce flautata, come una ninna nanna – Ormai sei finito.-
Si girò. Era senza cappuccio. Un teschio scarno, ricoperto di un sottile quanto ustionato strato di pelle rosea.
Lucida, troppo lucida. Un’unica cicatrice.
Pochi e radi capelli.
L’unica cosa che testimoniava la sua natura umana, erano i suoi occhi.
Neri e profondi. Colmi d’odio e ora di soddisfazione.
- Morirai qui, Lord Oscuro. Insieme a me. A noi.-
Riddle non aprì bocca.
Si limitò a guardarla. E lei, stringendo le labbra, iniziò a vibrare come una corda di violino.
- La bestia di tuo padre ti ucciderà!-
- Pare che tu abbia qualche problema di autocontrollo, amica mia.-
- Vall’inferno Riddle.-
- Oh, ci andrò sicuramente.- annuì, ossequioso – Ma prima ti spianerò la strada.- e sollevò la lama della spada di fronte al volto, che raccolse il bagliore di una fiaccola – Non pensare neanche di riuscire a cavartela.-
- Dovresti ringraziarmi, infame bastardo. E’ grazie a me ciò che sei!-
Di fronte all’ennesima risata del suo avversario, la Grimaldentis artigliò le dita, tanto da piantarsi le unghie nel palmo.
Il dolore, in confronto al rancore, era niente.
Pari a zero.
- Cosa speri di ottenere?- gli chiese, inclinando il capo appena percettibilmente – Cosa speri di avere, dalla vita? Vuoi quello che ha avuto tuo padre? Vuoi il suo potere? La sua fama? Il suo nome? O...vuoi di più?-
- Si.- Tom ciondolò la spada fra le dita – Ma quanto di più?-
- Riuscire dove lui ha fallito, per esempio. Uccidere Harry Potter.-
- Oh, la piccola Miranda per vendicare la morte del padre otto anni dopo, cerca di manipolare il figlio del suo nemico per risentirsi in pace col mondo e avere finalmente in attivo qualche vittoria alla causa Illuminata.- la schernì.
- Perché, tu non vuoi forse vendicarti?-
- Si, ma la vendetta non mi ha divorato la faccia.-
Stava per esplodere.
Lo stava facendo apposta. E più lei se ne convinceva, più quel verme riusciva a farla andare fuori di sé.
- Vedrai. La belva di tuo padre ti divorerà le viscere invece. E il bello è che sarai ancora vivo quando lei inizierà a mangiarti!-
Ancora una volta, la minaccia non andò a segno.
Sconvolta, la donna lo vide gingillarsi con la spada. Più attento alla levigatezza del metallo lucente, che alla bestia.
Cosa gli dava tanta sicurezza?
- Ho una domanda per te.-
Riddle, all’improvviso, ritrovò interesse per la loro discussione e le sorrise, sollevando la lama in linea d’aria contro l’Illuminata.
- Sentiamo.- ringhiò lei, ferocemente.
- Io...- iniziò, con tono ilare e sarcastico – Io ti sembro uno sprovveduto?-
Non colse il senso di quella frase e lo scrutò, aguzzando i lineamenti deformi.
- Hai perso il senno.- commentò, stringendosi nelle spalle – I Poli hanno sortito l’effetto contrario, temo.-
- Io temo invece che tu sia molto ingenua, mia cara Halley.- la prese in giro.
- A differenza della mia ingenuità però, ammesso che esista davvero, io sono ancora armata di magia. La tua spregevole sorella s’è presa la mia bacchetta, ma i miei poteri sono ancora tutti qui. E adesso...- sollevando le mani ustionate di scatto, la Grimaldentis artigliò le dita come uncini, piena di sé – E adesso vediamo cosa riesci a fare contro la mia telecinesi!-
La spada sgusciò dal palmo di Riddle, che si ritrovò del tutto disarmato.
Eppure, sebbene il piccolo gemito di stizza che emise, rimase immobile di fronte a lei. Con la sua stessa spada che mirava dritta al suo petto, immobile a mezz’aria. E a lei sarebbe bastato un solo cenno per sgozzarlo definitivamente.
Ma ancora una volta, quel maledetto sembrava padrone di sé.
Nessun cedimento.
Nessuna emozione.
Perché?
Miranda non faceva che chiederselo.
Perché non tremava? Perché non si diceva finalmente sconfitto?
Era troppo. Urlando, strillando come tutti gli innocenti che aveva torturato, sollevò il braccio e si mosse per ucciderlo. All’ultimo però, si dovette fermare. Avevano compagnia.
Alle sue spalle, proprio dietro di lei, la parete saltò per aria sbriciolandosi.
Conoscendola, poteva essere stata quella sporca mezzosangue. Solo lei.
Solo lei ancora armata di magia.
Li vide uscire tutti da quello squarcio nel muro, uno a uno. Tanti. Troppi contro una.
Però quella gagia non avrebbe messo in pericolo nessuno dei suoi amati amici traditori.
La conosceva bene. Avrebbe combattuto, ma avrebbe anche saputo che un colpo storto e lei avrebbe ferito i suoi compagni. Sapeva che non avrebbe rischiato.
Quindi Miranda doveva solo occuparsi di sistemare la Hargrave.
Il resto, sarebbe stato semplice.
Il primo ad uscire fu Draco Malfoy, a ruota seguito dal bambino sopravvissuto.
- Maghi del cielo...- li apostrofò acidamente l’Illuminata – Che facce signori. E’ morto qualcuno per caso?-
- Tieni a freno quella lingua.- Harry Potter si piazzò a cinque metri da lei, scrutandola senza più la protezione del cappuccio, vedendo bene cosa le Polisucco e la sua ostinazione le avevano fatto – Complimenti. Bel risultato.-
Miranda, incurante dei suoi insulti, si spostò leggermente e indicò Tom, con un elegante gesto del braccio.
- Vero? Lui è il mio capolavoro.-
Riddle scosse appena il capo, distogliendo lo sguardo sanguigno da Potter e anche dal cugino.
Come se tutto ciò nemmeno lo riguardasse.
- Come ci si sente Harry Potter?- ridacchiò la Grimaldentis – Come ci si sente a sapere dopo otto anni in cui hai vissuto libero e sereno, che i figli dei tuoi due più grandi nemici si sono ridestati eh? Credevi davvero che avrei usato quell’idiota pomposo di Orloff solo per le informazioni sulle famiglie di quegli animali di gagia? Andiamo!- e batté le mani insieme come una bambina eccitata, persa nel suo delirio di onnipotenza – Tu più di tutti dovresti sapere bene che per ottenere ciò che si desidera, bisogna essere disposti a tutto!-
- E così otto anni fa hai preso le sembianze di Orloff.- sussurrò Jess.
- Esatto, signori!- continuò, deliziata nel poter dimostrare il suo piano e la sua bravura, ora che tutta la miniera e i sotterranei di Riddle House erano pronti a inghiottirli – Durante il sequestro, avevo accumulato abbastanza campioni per permettermi di vivere al posto di quell’imbecille di un politico...per un anno intero! Certo, è stata dura. Troppi impegni, per lui. E le mie scorte, sette anni fa si sono assottigliate miseramente. E poi...- esplose in una risata fragorosa, quando badamene e Brockway apparvero nella stanza, dietro alle spalle di Tom, ansanti e visibilmente angosciati – Poi tornati sui Pirenei, dove sono nata. E lì, al confine, ho trovato Craig. E da sette lunghi anni, io attendo. Attendo questo momento! Ho usato Donovan, anche se fu lui a venire a cercarmi, dopo l’arrivo di Craig in Gran Bretagna e i primi incidenti. E lui a sua volta ha ingannato i Mangiamorte, facendo finta di essere uno di loro. Donovan li convinse tutti che l’unico modo per riavere il Lord Oscuro sarebbe stato liberare il figlio di Voldemort. Ma si guardò bene dal dire che all’arrivo, fuori da Cameron Manor, l’avrei aspettato io. Pronta a ucciderlo!-
Girandosi, inchiodò Tom con uno sguardo di puro odio.
- Ma lui non ha fatto che sfuggirmi...e Craig mi ha reso il compito molto difficile...-
- Traditrice!- urlò Badomen.
- Vero.- annuì, orgogliosa – E oggi, miei cari amici, io vi ho tutti in pugno.-
Sollevò un dito verso il soffitto, continuando a ghignare.
- Lo sentite questo rumore?- sussurrò, abbassando la voce cavernosa – Lo sentite?-
Era...qualcosa di liquido.
Flautato, lontano.
Eppure vicino.
Era...
- Acqua.- mormorò Degona, le iridi bianche nascoste dalle lunghe ciglia – La diga della miniera è stata sbloccata.-
- Esatto!-
Miranda puntò il dito alla leva.
E ora, il suo ghigno, divenne un grottesco simbolo di vittoria.
- Morirete tutti!- arrivò a gridare, inspirando forte, sempre più veloce, sempre più velenosa – Morirete qui, signori. Auror e Mangiamorte, eroi e assassini. Tutti, tutti! Nessuno si salverà! Che sia il fuoco a bruciarvi, la terra di questa casa a seppellirvi...o l’acqua a farsi annegare non importa! Ma tutti morirete! Per mano mia!-
Le sue urla riecheggiarono come l’acqua che filtrata nelle gallerie, tutto iniziava a travolgere.
Celle, prigioni.
E gole...

Damon Howthorne, insieme agli Auror, iniziò a sentire voci e lamenti.
Era un esodo. Un esodo di anime chiare, che si avviavano verso la luce...o il buio.
Dal soffitto, dalle pietre che lo componevano, iniziarono a filtrare deboli gocce d’acqua scura.
- Siamo stati ingannati tutti quanti.- ringhiò Badomen, serrando le mascelle – Padrone, mi dispiace.-
Tom restò zitto. Non fiatò.
Però aveva ascoltato tutto con molto interesse.
- Non fare quella faccia Craig.- gli sorrise la figlia di Mezzafaccia – Almeno avrai l’onore di morire col tuo lurido Signore Oscuro. Un tale evento non capita tutti i giorni. E anche volendo, non avresti potuto farci nulla. Tu nemmeno, Potter.- soffiò, melensa e stucchevole, nella direzione del bambino sopravvissuto – Chi mai avrebbe potuto pensare che l’ingenua e dolce Halley Brockway fosse la figlia di Augustus Grimaldentis, il grande capo degli Illuminati? ...Sono la migliore attrice del mondo.-
- Su questo mi permetto di contraddirti.-
Un piccolo crollo sembrò spezzare la linea visiva fra Miranda e Thomas Maximilian Riddle.
Ma non era vero.
Quelle parole erano rimaste sulla testa di tutti.
A pendere come macigni.
Come ghigliottine.
I miracoli avvengono, pensò Harry Potter in quel momento.
E non per mano di qualcuno ai Piani Alti.
Il sorriso di Miranda si era gelato sulle sue labbra.
La donna fu vista portarsi la mano al cuore.
Fu vista deglutire.
Tom Riddle ora sorrideva. Non ghignava più, sorrideva.
- Credo che a te vada la medaglia d’argento, Miranda.-
Il sangue ridivenne cielo notturno.
Il tramonto si fece velluto.
E gli occhi di un puro di cuore, tornarono a essere tali.
Accadde ancora.
Quella luce riapparve, più fulgida che mai.
Insieme a lei, che mai accecava e che sapeva distruggere lo spirito più impuro, tornò quel canto.
Lontano, appena accennato.
Ma c’era.
Un coro di voci...limpide come diamanti alla luce del sole.
Era stato un pezzo di carbone per tutta la vita, pensò, lasciandosi avvolgere dalla sua luce.
Forse era riuscito a diventare un diamante.
Forse si stava svegliando davvero dal suo sonno.
Non più bambino.
Non più prigioniero.
Non più Lord Oscuro.
Solo...un diamante puro.


E’ impagabile l’espressione del nemico beffato.
Impagabile il suo sconcerto.
Impagabile...la sua coscienza di essere battuto.

- Mentire è un’arte, Miranda.-
Thomas Maximilian Riddle si beò di quel silenzio.
Dell’aria che aleggiava.
- E qualcuno è più bravo di te.-

Tutto ricominciò a crollare.
E questa volta non smise più.
Acqua e terra iniziarono a riversarsi oltre la diga sotterranea.
In ogni galleria, in ogni corridoio, in ogni anfratto.
Tutta la valle di Little Hangleton si preparò, tacendo, alla fine dell’attesa.
Ma in un luogo, da qualche parte, sotto il ventre delle colline, si, da qualche parte un nemico era stato beffato.
Ed era stato battuto.
- Tu mi hai preso in giro...- alitò Miranda Grimaldentis.
- Credevi di essere l’unica a poterlo fare?-
Dietro di loro, sospiri di sollievo.
Cuori che ricominciavano a battere.
Harry James Potter, che chiudeva gli occhi.
Quella luce gli aveva riportato alla memoria un giorno...un giorno imprecisato, di tanti anni prima.
Un bambino coi capelli neri e gli occhi come la volta notturna che stava seduto alla sua tavola.
Un bambino che leggeva.
Che alzava il viso e gli sorrideva.
Un cerotto sulla fronte.
Uno spirito incorruttibile.
Tanto forte, che neanche il male l’aveva sporcato.
- Come hai fatto?-
Miranda Grimaldentis si muoveva verso di lui.
Camminava, senza neanche tentare di fermarsi. E più si avvicinava a Tom, più abbassava le difese.
Non era più lei. Ma una donna sconfitta.
Un simbolo, un vessillo.
Una bandiera bruciata. Su un campo di battaglia perduto.
A un passo da Tom, puntò il nero sguardo su di lui.
- Come? Come hai ingannato i Poli?-
Il rombo di un altro crollo impedì a tutti di sentirne la risposta.
Ma l’Illuminata la percepì come uno schiaffo.
- Mio figlio mi ha protetto da te.-
Non era la gabbia la sua più grande paura.
Non era la guerra.
Il nome dei Riddle.
Niente di tutto questo.
Entrambe le mani della strega salirono al collo di Tom. Lo serrarono forte.
Non capiva più quelle che faceva. Era la voce di suo padre a farla agire.
Anni orsono, un uomo e un parassita provarono a uccidere un bambino protetto dal sacrificio di una madre.
E anche questa volta, il sacrificio di un padre protesse Tom Riddle dalla morte.
Le mani già ustionate di Miranda, che fino a quel momento erano state protette dai guanti, ora divennero incandescenti.
Si sbriciolarono, al collo candido di quel mago.
L’intero corpo corrotto dell’Illuminata finì in cenere.
Briciole di una credenza ormai sepolta.
Tutto finì in breve tempo.
Auror e Mangiamorte, ancora sgomenti, videro il corpo accartocciarsi. Piegarsi su se stesso.
Al che, quando il fuoco del sacrificio ebbe compiuto la sua magia, non rimase che un mantello color panna.
Lindo, chiaro, immacolato.
A coprire un cumulo di cenere che subito di spense.

Se c’era stato un motivo per cui Lord Voldemort aveva dato la vita per suo figlio...questo motivo era stato un fine lontano. Nessuno però seppe dire se in previsione di quanto accaduto.
Forse per proteggere il suo sangue. La sua credenza.
Ma una cosa, d’altronde, era certa.
Silente era stato chiaro.
L’amore aveva bruciato un tempo il corpo dello sventurato professor Raptor.
E l’amore, quel giorno, aveva salvato un figlio con un sacrificio
.

Una frana si portò via l’entrata costruita da Hermione, spazzando completamente via il corridoio che gli Auror avevano percorso. In più, iniziarono a sentire l’acqua premere per sfondare le pareti.
Sembrava che filtrasse da ogni dove.
Sembrava scavare come un roditore, per crearsi un varco.
- Dobbiamo uscire immediatamente da qui!- urlò Hermione, pensando rapidamente a che incantesimo usare per aprire un portale che li conducesse il più lontano possibile dalla pressante forza delle acque della diga – State tutti uniti!-
Non si accorsero subito che il fragore dell’acqua non era l’unico soggetto esterno a minacciarli.
Troppo presi dal cercare un moto per fuggire alla svelta, gli Auror non sentirono il pericolo più imminente.
E dannoso.
Perché lì sotto, in quei cunicoli, c’era qualcosa di più grande dell’acqua.
Di più crudele di quel nuovo Lord Oscuro, che non era mai esistito.
Ma grazie ai crolli, ai tremori e al frastuono, non lo sentirono avvicinarsi.
Non sentirono i ringhi nell’oscurità. I passi cadenzati ma pesanti, che affondavano nella terra, artigliandola con unghie affilate, fatte per squarciare.
Si avvicinava.
Sempre di più.
- Non ce la faremo mai a uscire da qua!- sbottò Ron, imprecando contro la mancanza dei poteri – Se penso che potrei Smolecolarizzarmi come niente...dannazione!- e tirò un calcio a quella maledetta leva, che tanti guai aveva portato a tutti loro – Molto bene. Mettiamoci pure seduti e aspettiamo!-
- Per il momento voglio solo sapere come cazzo ti sei permesso di prenderci tutti per il culo!- tuonò Damon verso Tom, fuori di sé dalla collera – Questa me la paghi cara, ho ancora il mal di stomaco per quel pugno!-
- Bella stronzata, complimenti!- sbottò anche Trix – Mi hai fatto morire di paura!-
- Vi giuro che vi ascolterò più che volentieri, mi farò anche pestare...- acconsentì Riddle, passando di anfratto in anfratto, per cercare una via d’uscita che non fosse invasa d’acqua -...ma non potrò farlo se creperemo qui sotto.-
- Voi bastardi non sapete come uscire da qua?- fece Edward, rivolgendosi a Badomen e Brockway, come due vecchi amici, mentre Cloe, la Diurna e il Legimors si precipitavano fra le braccia dell’amico, furenti si, ma comunque sollevati.
- Col cazzo. E speri che te lo dica?- replicò il Carceriere di Azkaban – Fottiti Dalton.-
- Che scortesia.- commentò l’ex Corvonero – C’è tempo per del Veritaserum?-
- Mi sa che non abbiamo tempo neanche per fuggire da questa stanza...- li zittì tutti Degona, che scrutava qualcosa a terra, tenendo fisso lo sguardo come se fosse rimasta incantata da qualcosa.
O qualcuno.
Una magia in movimento. Forte. Fortissima.
Sgranando le iridi, capì che era tardi non appena un soffio gelido colpì tutti alle spalle.
Da un antro buio incassato nella parete, che a prima vista sembrava essere stato un vicolo cieco, un loculo o una semplice arcata morta, giunse un respiro tossico. Un lezzo di zolfo, intenso e infuocato.
Un rollio basso e vibrante, dette alla Mckay l’impressione di fusa feline.
Ma quello era un ruggito.
Ora capiva perché Glory aveva detto loro di tenersi stretta la lancia di Jeager.
Tutti gli Auror videro spalancarsi nell’ombra grandi e lucenti occhi color topazio.
La Chimera.
Ricordava le storie... Bellerofonte per ucciderla le aveva infilato tra i denti una lancia che con il calore del fiato del mostro si era sciolto, finendo nello stomaco della Chimera che causò così la sua morte.
Aveva visto tante immagini mitologiche e tratti sugli stessi libri di magia.
Ma non aveva mai pensato che esseri simili fossero ancora vivi.
Dove diavolo l’aveva trovata Voldemort? E com’era riuscito a incatenarla lì sotto?
Come si era riuscito, dannazione?
Lentamente, come un leone pronto ad attaccare, il mostro si palesò alla debole luce di un’ultima fiaccola rimasta accesa. Era alta quasi due metri, schiena e zampe possenti, ricoperte di grosse squame verde petrolio, che da lontano però potevano essere confuse con semplice pelle glabra. Testa di felino, priva di criniera ma grande, enorme. Come quella di due tori messi insieme. La coda, come quella di un croen, terminava con le fauci di un serpente di estese proporzioni.
E ai fianchi, ripiegate su loro stesse, pareva possedere esili ali cuoiose, ma dall’estesa apertura.
Non era un mostro normale.
Lo capirono quando dischiuse le fauci.
Una nube velenosa e pesante stillò calore, zolfo e...lava.
Sputava fuoco come i draghi!
- Draco...- Degona mosse il braccio dietro la sua schiena – La lancia.-
Malfoy serrò le labbra – Sei uscita di testa.-
- Dammela. Voi vi fareste ammazzare.-
- Quell’affare ti farà a pezzetti, Dena.- l’avvisò Milo – Non è una semplice bestia magica.-
- Lo so.- annuì la Diurna, stringendo la lunga asta di Crenshaw nel pugno – Ma mi è venuta un’idea. Serve un diversivo.-
- Ok.- Draco sogghignò istericamente – Sfregiato, mettiti a correre!-
In seguito, chi sopravvisse ricordò di quel momento il terrore più totale.
Mai nessuno si era trovato di fronte a un simile nemico. Dotato di raziocinio umano ma...di spirito selvaggio, donato dalla natura a livello animale.
Era qualcosa che la Chimera provocava a livello emotivo.
Le sue fauci. Il suo odore di zolfo.
D’inferno, forse.
E quei suoi occhi che vedevano solo al buio. Perché solo al buio totale, erano abituati.
Ed ecco cosa salvò gli Auror del bambino sopravvissuto.
La cecità forzata, di un animale che per tanto tempo era stato segregato nelle tenebre.
Se la Chimera intuì mai qualcosa, nessuno lo seppe. Perché il suo interesse, prima dell’istinto di uccidere, era concentrato verso la sudditanza. Verso la sua Padrona.
La bestia ringhiò così forte che gli Auror temettero un crollo spontaneo a causa delle onde sonore, nel momento in cui Lucilla dei Lancaster apparve da uno squarcio nel muro. Piccolo e angusto, che loro avevano giudicato impraticabile.
Bagnata fradicia, pareva aver visto un fantasma.
Il fantasma del suo primo marito, dei giorni passati insieme.
Dietro di lei, Lucas le teneva saldamente una mano. E non la lasciava andare.
Col fiato mozzo in gola, Harry mosse un passo. Bastò per arrivare all’udito finissimo dell’animale che scattò nuovamente con la testa, fiutando l’aria e spalancando le fauci in un ruggito mortale.
Una nuvola del suo letale fiato si propagò nella stanza, già contaminato dall’acqua torbida della diga.
Solo allora, quando ormai l’ossigeno stava per essere scambiato col miasma, Degona e Tom capirono che dovevano giocarsi il tutto per tutto.
Il fuoco di un Phyro, la luce di un puro di cuore e la potenza di un mito, andarono a colpire là dove Voldemort aveva fallito.
La luce invase tutto. Tutto quanto.
La Chimera accecata soccombette una seconda volta. Spalancò di nuovo le grosse mascelle per emettere l’ultimo suo lamento in quella vita...che venne spezzato, completamente messo a tacere dalla lancia che Degona Mckay le piantò fra le fauci, dritta nella gola.
Ma uccidere quella bestia...non fu una vittoria.
Nessuno seppe spiegarlo, neanche in seguito...ma uccidere quella Chimera fu diverso da qualsiasi scontro avessero mai avuto. Non era umana. Non era creatura terrestre.
Però non era neanche un animale...era qualcosa di più...
La cosa più vicina al sacro e all’immortale che anche Lucilla dei Lancaster avesse mai visto.
E da quando la Chimera cadde a terra, in un lago di sangue, veleno e lava...Riddle House gettò definitivamente la spugna.
Morta la creatura, stavano sbriciolando le barriere magiche che avevano sorretto quella miniera per tanto tempo.
E tutto venne giù.
La terra iniziò a cadere dall’alto.
E sebbene fosse riuscita a gettare nel caos interi corridoi, a corrodere la roccia, a frammentare vie e cunicoli, neanche la terra riuscì a fermare l’incessante avanzare delle acque della diga sotterranea.
Tutto affossava.
Tutto sprofondava.
Un gruppo di eroi correva senza sapere dove sarebbero arrivati.
Se mai avrebbero rivisto un’uscita.
L’unica luce presente era quella portata da un piccolo Phyro, che in braccio al padre vedeva grandi cavalloni d’acqua scura inseguirli con ostinata follia omicida.
Un passo davanti all’altro.
Di corsa, sempre più in fretta.
A ogni metro conquistato, le pareti dietro di loro cedevano a pochi centimetri le une dalle altre.
Grossi blocchi di marmo vennero spezzati e seppelliti nel pantano.
Il fragore era talmente forte che era tornato a regnare il silenzio nelle loro menti...
Il rimbombare del cuore era ciò che li comandava.
Era lui a guidarli.
Ogni passaggio era uguale all’altro.
Altri erano impraticabili.
Tornare indietro impossibile.
Tutto cadeva.
Tutto spariva.
- Di qua!- Hermione, la cui bacchetta indicava la via con spruzzi di scintille rossastre, mostrò loro la via d’uscita.
Un lago nero. Piccolo e stretto.
- Dall’altra parte è asciutto! Dovremo fuggire da lì!-
- Jeager ci aspetta dall’altra parte.- sussurrò Degona, chiudendo le palpebre, poggiata a William e a suo padre, tanta la sua spossatezza – Dobbiamo fare presto. I miei poteri stanno svanendo.-
- Cosa?- urlò Cloe – Dovremo infilarci lì dentro?-
- Che schifo, l’acqua è bagnata!- sbottò Lucas.
Uno a uno si tuffarono. Prima le donne, poi Harry tentò di afferrare Lucas.
Un altro crollo fece tremare la superficie di quel lago naturale, coperto di stalattiti.
Stavolta però, non andò loro così bene.
Una grossa stalagmite si staccò dal soffitto della grotta. Prese di striscio Draco, al fianco. Una serie di altri pugnali di pietra calcarea iniziarono a piovere a cascata sul gruppo. Dovettero gettarsi di volata nell’acqua, rischiando di venire presi in pieno e quindi uccisi.
Malfoy se la cavò. Svenuto a causa del trauma abbastanza serio alle costole e all’intera parte destra del corpo, venne soccorso da sua moglie e da Harry Potter...che all’ultimo momento, girandosi per afferrare suo figlio e Tom, ghiacciò completamente.
Un’altra scia mortale di stalagmiti li separò.
E spezzarono il pavimento della sponda del lago.
Così, con la morte negli occhi, Harry Potter cadde in acqua...la terra sommerse tutto quanto.
E la sua mano non riuscì più ad afferrare quella di suo figlio.
La perse nel buio.
Un vortice d’acqua lo portò via...
Nel momento in cui arrivò di nuovo ossigeno ai suoi polmoni, era irrimediabilmente tardi.
Perché ora aveva un cielo sopra la testa...non più pareti, terra, colonne e celle.
Era fuori da Riddle House...
La diga li aveva rigettati fuori dal suo dominio.


Un minuto più tardi, dalle colline di Little Hangleton, Auror, demoni e vampiri furono i testimoni della morte della tenuta dei Riddle. Un’immensa, colossale esplosione coinvolse tutta la valle.
Il fuoco si levò alto.
Un’immensa colonna di fiamme che languì il cielo, sfiorandolo coi i suoi alti picchi roventi.
Fuoco e acqua.
Divorarono tutto.
E della valle che un tempo aveva abbracciato quella casa, non rimase che quello spettacolo.
Un titanico vortice di fuoco, così simile in forza e grandezza alla Torre di Babele.
Un inno alla gloria.
E sorse l’alba, quando il fuoco si spense.
Un cerchio rosso come sangue.
Ma brillante come mille soli.
Così dannatamente bello che la terra poteva dire che così, non ne aveva visti mai.


Sdraiati a terra, nell’erba alta, Harry Potter e Draco Malfoy guardavano il cielo diventare rosa pallido.
Un tenue rosa perla, dall’arancio del carro del Dio Diurno dei pagani.
E si fece azzurro.
Piano piano.
Lento.
Coi suoi tempi.
Tempi che regalavano giorni fantastici.
E albe di vittorie che mai si scordano.
Draco, piegato sul fianco illeso, richiuse gli occhi.
Da parte sua, il bambino sopravvissuto gettò via gli occhiali, coprendosi i suoi con una mano.
La magia nera che imperversava su Little Hangleton non c’era più.
Morta la Chimera, tutto ciò che Voldemort aveva costruito su di lei, aveva cessato di esistere.
E Tom e Lucas...
- La senti, Sfregiato?-
Un mormorio.
Un sorriso.
Harry riuscì a ricambiare, sentendosi le lacrime agli occhi.
C’era una fenice che cantava, lì nell’aria.
E sapeva anche dov’era.
Si erano salvati...
Qualche ora più tardi, i soccorsi del Ministero della Magia Inglese trovarono un enorme cratere, dove un tempo si era eretta Riddle House. In quel cratere dal diametro di parecchi metri, arso dal fuoco e cosparso di terra bruciata, era contenuto un guscio d’acqua pura. Limpida e cristallina.
In mezzo ad essa, un piccolo atollo largo appena due metri.
Su cui Thomas Maximilian Riddle, con una gamba rotta, stava mollemente disteso.
Aveva già cantato anche troppo, per farsi trovare.
Lucas Potter, invece, seduto sulla sua pancia, urlò agli Auror di farsi venire a prendere.
Gli occhi azzurri del Phyro dicevano che non vedeva l’ora di festeggiare.
L’alba di quell’intenso colore gli diceva che sarebbe stata una giornata fantastica.
E in fondo lui aveva vissuto e vinto, anche se non da solo, la sua prima guerra...
Certo non poteva vedere i sorrisi di molti altri Auror.
Di Lucilla dei Lancaster. Di Tristan e Degona Mckay.
Del Preside Silente, del Menestrello e del Ministro Dibble.
Di Viola Rosencratz, che se ne andò insieme ai demoni e ai mannari, lavandosene le mani.
Certo Lucas non poteva vedere con gli occhi di Glory.
E non aveva visto come il piccolo Cosmo avesse salvato tutti gli amici di suo padre, Smaterializzandoli fuori dai sotterranei.
Ma si sa.
Certi segreti sono cari. E non devono essere subito svelati.
Tre cose però, agli occhi del Phyro erano certe.





Suo padre gli aveva aperto un mondo nuovo, davanti. Il più bello che avesse mai osato sognare...

Che Thomas Maximilian Riddle era un grande attore. Il migliore.

E che le albe erano momenti fantastici per vincere una guerra.














- Fine Penultimo Capitolo –


 

 

 

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Capitolo 50
*** Capitolo 50° ***







Si dice che il fiore più bello dello Yorkshire sia il girasole.
Campi interi, disseminati su alte colline verdi...ricoperte di un manto color dell’oro.
Fiori che seguono il sole. Eretti, anche nel richiedere la loro propria linfa vitale.
La luce.
E in fondo cos’erano gli esseri umani, se non bambini che richiedono ad alta voce ciò di cui più hanno bisogno?
Era giunto il 20 luglio.
Pochi giorni, dopo una notte che era parsa lunga una vita intera.
Hermione Jane Hargrave si trovava nella casa materna. Ad Hargrave Hall. La Magnifica.
I girasoli di suo nonno avevano continuato a crescere...ed erano cresciuti alti, belli, pieni, rigogliosi.
Tutto aveva continuato a crescere, sotto la cenere.
La nuova generazione stava mettendo su ottime radici. Forti e robuste.
Quel giorno c’era un sole splendido.
Un cielo come la liscia superficie di un lapislazzulo.
Appena chiazzato da soffici nuvole color panna. Grossi nembi che mettevano allegria, invece che preannunciare pioggia.
Il vento le carezzò i capelli, sollevandosi a ventaglio...lei si girò in quel momento verso il maniero, il bel maniero dai tetti rossi e le pareti di intensi colori, vivi e brillanti. L’oro degli Hargrave.
Superò con lo sguardo la galleria di giardini botanici, fontane e statue che abbracciavano la tenuta a sinistra.
La serra in vetro e ferro battuto. La mezzaluna, a pinnacolo, che sormontava la struttura, catturando i raggi di sole di quel mattino iridescente.
Poi il parco, la fedele ricostruzione edoardiana, che ne coglieva lo spirito, trasmettendone la fedele espressione dello stile tramite il fiorire dei bucaneve, intrecciati fra di loro.
E lì, in quell’isola solitaria e verdeggiante, le tombe degli Hargrave.
Lì, vide Damon Michael Howthorne...in piedi. Accanto a due tombe.
Una vecchia di otto anni. Quella di suo nonno.
E una appena eretta. Alla memoria di qualcuno che non era mai nato.
Ma sarebbe rimasto nel suo cuore per molto, molto tempo.
Sorrise, senza accorgersene, vedendo la regale figura di suo marito, discordarsi dalla vegetazione come la statua di un dio del nord. Alto, di nero vestito, i capelli incredibilmente biondi...e occhiali dalle lenti rosse, che permettevano a Draco Lucius Malfoy di dare l’estremo saluto a l’unico suo rimpianto.
Draco stava appoggiato a una stampella. Ovviamente un bastone costoso e antico, a cui subito si era aggrappato con le unghie e coi denti, non appena era riuscito a fuggire dal San Mungo, la notte prima.
Un Malfoy non usava stampelle di plastica.
E un Malfoy, Draco Malfoy, non stava a letto, quando avrebbe potuto dire addio a suo figlio ancora una volta.
E questa volta per sempre.
Dei passi alle spalle della strega, la convinsero che era arrivato qualcuno a porgerle una spalla.
Una carezza sulla schiena ed Hermione poggiò la testa contro Ron Weasley, che le cinse il capo col braccio bendato.
- Che fai qua?- le chiese, frizionandole gentilmente i ricci soffici.
- Due passi.- mormorò, prendendogli la mano – Ti unici a me?-
Il rossino annuì, sorridendole.
S’incamminarono per i viali alberati di Hargrave Hall, godendo del tempo tiepido e mite.
Dapprima in silenzio, Hermione non riusciva a staccare lo sguardo da nessuno di quei luoghi.
La fontana circolare, situata nel punto d’incrocio degli assi principali dei quattro giardini della villa. Il giardino a est, quello su cui camminavano loro, studiato all’italiana, voluto dalla moglie di suo nonno, coperto di rampicanti, lasciato come lei loro aveva abbandonato, morendo. Ma coperto di glicine.
Ed Hermione amava il glicine. Tutto in quel fiore profumato le ricordava profondi ricordi.
Torbidi sentimenti. Primi baci d’amore.
La terra nera delle aiuole, in cui crescevano camelie bianche e rosa, magnolie stellate, digitali purpuree, ogni razza di tulipano. Gigli, regali gigli. Rose. Che non mancavano mai. Lillà. A ogni momento dell’anno.
Sua figlia amava quel luogo.
Hermione aveva sempre ringraziato per questo.
Glory amava i fiori. Questo la avvicinava a Liam Hargrave.
Aveva bisogno di unire i tasselli della sua vita. Seppur con pretenziosa insistenza.
Tutto nella sua esistenza era cambiato in fretta, con strappi violenti, a volte.
Battaglie, vittorie, sconfitte miserabili, dolori, amori, gioie...perdite, lutti.
Tutto era in mutamento.
Ma quel giardino non sarebbe mai cambiato.
- Il processo è alle undici.- le disse Ron, all’improvviso.
Hermione annuì.
- Ci vieni?-
- Certo. Harry?-
Weasley scosse il capo – Ha detto che stavolta resta a casa. Crede di portare male. O così gli ha fatto credere tuo marito.- sollevò lo sguardo chiaro al cielo, pieno di pazienza – Mi stupisco sempre dei ragionamenti che riescono a mettersi su quei due. E il bello è che si convincono anche a vicenda.-
- Privilegi degli invasati.- commentò la bella strega – Efren?-
- Già al Ministero. E’ andato a litigare col Capo per un aumento di paga.-
Sogghignarono insieme, poi stupendo la Grifoncina, Ron smise di colpo di ridere.
Dalla sua espressione, sembrava non trovarci più nulla di buffo.
Arcuando un sopracciglio, fece per chiedergli cos’avesse, ma lui la precedette, levandosi una lettera dalla tasca interna della giacca che teneva appoggiata alla spalla sana.
Lei gli prese la busta fra le mani.
Il sigillo rosso portava il marchio ufficiale del Ministero, quello affidato a Duncan Gillespie.
Scrutò Ron, preoccupata. Lui, a buon ragione, tacque.
Lo strappo della carta, poi Hermione ne accolse un altro nella sua vita.
Le iridi dorate di sgranarono.
Il cuore iniziò a batterle forte.
- Edward ha dato le dimissioni ieri notte.- sussurrò Ron – Non sono più riuscito a parlarci. So solo che quella è da parte sua, per te. E Duncan ha proibito a me e a Harry di saperne di più. Quelle sono le loro spiegazioni per te.-
Leggeva rapida, veloce.
Afferrò il braccio a Weasley, per sostenersi a lui.
- Ora dov’è?- chiese, con voce strozzata.
- A Glasgow.- rispose il rossino, senza la minima inflessione nella voce – Suo padre l’ha buttato fuori da Dalton Hardfort Manor. Deve aver fatto qualcosa di tremendo perché George Dalton reagisse in questo modo.-
La stava supplicando di dargli un motivo.
Una ragione valida.
- Sono tenuta al silenzio.- Hermione accartocciò la lettera. Poi se la strinse al petto.
La calligrafia regolare di Edward le stava dicendo qualcosa.
Qualcosa che non poteva essere ignorato.
- Herm,- la voce di Ron diventò quasi supplichevole – ieri notte ha chiesto il divorzio ad Ophelia.-
No.
Lui non l’avrebbe mai fatto.
Sarebbe morto, piuttosto che lasciare andare l’unica donna che avesse mai amato.
Questo le stava urlando Ron. Eppure non capiva.
Il perché di quelle dimissioni.
Il perché del divorzio.
Il perché...Edward Deverall Dalton avesse deciso di punto in bianco di sfasciare la sua famiglia.
- Al San Mungo si sono sentite le urla di Ophelia per tutta la notte.-
Troppo stremati per riprendere a camminare, rimasero fermi. Immobili.
Le statue angeliche, che avevano sempre vegliato con volto sereno sulla casa, ora a Hermione sembravano tristi.
O forse era solo la sua immaginazione.
Serrò le palpebre, bruciò la lettera che aveva in mano, per non lasciarne più traccia.
Nessuno deve sapere.
Avrebbe accettato la volontà di Edward.
Si, l’avrebbe fatto. Perché lo capiva.
Fin troppo bene.
Ma quel nuovo dolore le spezzò il fiato in gola.
La schiena.
Il cuore.
Draco e Harry sarebbero stati furibondi.
Mai l’avrebbero perdonato, una volta che lui...si fosse mostrato di nuovo.
Nella sua nuova missione.
Col pensiero, volò ai fatti accaduti negli ultimi giorni.
Una serie infinita di processi, mandati d’arresto. Accuse, false testimonianze.
Il Wizengamot aveva lavorato giorno e notte. Non erano mai stati spiccati tanti mandati d’arresto da più di sedici anni.
Metà dell’alta società dei maghi era finita ad Azkaban.
Paul Brockway aveva terminato il suo mandato, per finire dall’altra parte delle gabbie nel nero castello sull’acqua dove tutti i Mangiamorte catturati sulla defunta Riddle House erano stati rinchiusi.
Badomen era stato sottoposto al Bacio. Due giorni prima.
Una sentenza sola. Unanime.
Stessa sorte, goduta anche da chi aveva pensato di essere riuscito a sfuggire ai vigili occhi dei tre Fondatori dell’Ordine della Fenice, che l’avevano catturato nei cunicoli di Casa Riddle, era stato in compianto Segretario Donovan.
Catturato da Silente, nei tunnel, era stato portato fuori dal trio come il peggiore dei reietti.
Come il primo fra i traditori.
Peggior sorte, in termini di fama, non era toccata neanche a Craig Badomen.
Il Ministro Dibble aveva presenziato a tutte le udienze.
E sorpresa fra le sorprese, una decina di Consiglieri dell’Alta Corte dei Maghi erano stati destituiti.
Con onori alla carriera...però con l’infamia di essere stati messi a riposo.
Fra questi, Dolores Umbridge purtroppo l’aveva scampata.
Restando ancorata a quella sedia, che forse non avrebbe mai ceduto...se non morendo.
Altri, con gran sorpresa e con gran rabbia di Harry Potter, erano riusciti a sfuggire alla prigione.
Fra questi pochi graziati, con un che di incredibile, Zeus Levy.
E la moglie del defunto Cletus Hurt.
Secondo i Legimaghi del Ministero, Zeus Levy erano stato messo sotto Imperius da suo fratello minore, Eos Levy.
E quindi costretto a diventare Mangiamorte.
Sorte identica alla moglie di Hurt. Entrambi i redenti, avrebbero trascorso un periodo relativamente breve sotto il controllo del San Mungo e dei Legimaghi. Ma entro un anno, sarebbero tornati in libertà.
La reazione di tutti gli Auror che erano stati presenti alla battaglia era stata di rabbia, sconcerto.
Frustrazione.
Altre energie perse per niente.
Perché ancora una volta qualcuno l’aveva fatta franca.
Lucilla, venuta a saperlo, non aveva accolto la notizia con lo sdegno degli altri compagni.
Per esperienza, sapeva che tutti i nodi venivano al pettino. E, col suo raro ma gelido ghigno sulle labbra, aveva commentato che nessuno smette di essere Mangiamorte.
E prima o poi, ognuno di quelli che si erano salvati avrebbe commesso un passo falso.
Magra consolazione, forse. Ma la saggezza accumulata negli anni le aveva fatto vedere tutto in una diversa prospettiva.
La felicità della Lancaster non era stata offuscata da nessuno dei recenti accadimenti.
Per un semplice motivo.
Cedar House era diventata la casa di Jess.
Lei e Tristan si erano trasferiti al centro di Mayfair. In una villetta minuscola, in confronto alla loro vecchia casa. Però, quando suo marito le aveva proposto di andare a “vivere insieme”, lei non ci aveva pensato su due volte.
Mai avrebbe rifiutato.
E così, vivendo ora insieme come due ragazzini, la povera Degona era rimasta senza alloggio.
A Mayfair, le era stato gentilmente detto, per lei ci sarebbe stato poco posto.
Basita, ma talmente grata al cielo che i suoi avessero almeno tentato di appianare le loro divergenze, aveva fatto fagotto ed era diventata la felice proprietaria di un appartamentino di fronte all’Associazione Hayes.
E non era l’unica parte in causa a pagare l’affitto.
Aveva un coinquilino.
L’unico cruccio di Degona, che in quei giorni toccava alti picchi di gioia da cui niente e nessuno sarebbe riuscito a smuoverla, era il totale distacco creatasi fra sua madre...e Caesar.
Zero assoluto. Contatti interrotti. Pacifico e noncurante disinteresse.
E tanti saluti.
Se non altro Cameron in quel periodo aveva un chiodo fisso e una missione da portare a termine per preoccuparsi del dispiacere di aver perso la sua migliore amica. La missione di far innamorare di sé sua moglie oltre ogni limite concepibile, come se Denise Loderdail avesse bisogno d’incoraggiamenti in quel senso.
E poi, d’altra parte, Caesar aveva anche un altro compito da portare a termine.
Presenziare al processo che si sarebbe tenuto da lì a poche ore, al Ministero della Magia.
L’imputato?
Thomas Maximilian Riddle.
- Chi li paga i venti avvocati che ci sono entrati in casa ieri?- bofonchiò Ron, inspirando forte per dimenticare ciò di cui avevano parlato.
- Chi vuoi che li paghi.- Hermione fece una smorfia di disgusto, ma cercò di trattenere la repulsione verso i coniugi Black. Erano pur sempre i nonni di Draco. E i bisnonni di Glorya.
Ok, Jocelyn Black aveva cercato di farla secca ma...ma c’era di peggio nella vita.
Perdere una guerra.
Perdere un amico.
Perdere un figlio
.
- Non credevo che l’avreste mai detto a Malfoy Senior.- commentò il rossino, quando si voltarono di nuovo per tornare indietro. Trovandosi così di fronte a uno spettacolo insolito. Per non dire...inimmaginabile.
Jane Hargrave, Scott Granger, Lucius e Narcissa Malfoy.
Tutti insieme, davanti alla tomba.
Sargas Liam Malfoy.
Tutti a salutarlo.
E cosa ancora più toccante, una mano di Lucius Malfoy stava poggiata sulla spalla del figlio.
Appena percettibilmente. Forse Draco neanche sentiva il contatto del palmo contro di sé...però...
Era un inizio.
Un bacio sulla tempia e Ron lasciò l’amica.
- Ci vediamo in tribunale fra due ore.-
- Si, Ron.- gli sorrise, passandosi velocemente le dita sotto gli occhi – A dopo.-
Si soffermò un secondo a scrutarla, poi oltre le sue spalle – Muoviti, prima che a tuo marito venga una crisi isterica quando suo padre proverà la nuova esaltante esperienza di abbracciare il suo primogenito per la prima volta dopo quasi trent’anni.-
Che acidità, pensò Hermione fra sé, riprendendo la sua via.
Però aveva ragione Ron per una volta. A Draco sarebbe venuto un enfisema senza neanche fumare quaranta sigarette al giorno, se Lucius avesse anche solo alzato un dito in quella direzione.
Fortunatamente, arrivata a una decina di metri, se ne andarono tutti.
Narcissa Malfoy le sorrise perfino.
Wow, il mondo stava davvero per crollare come un castello di carte.
Restarono solo Damon e Draco. Ma il biondo aveva i suoi occhiali rossi sul naso...e sebbene facesse fatica, una fatica micidiale a tenersi in piedi senza tenere il palmo della mano destra sul bastone, stava fabbricando l’ennesimo di una lunga serie di uccellini di carta.
Origami.
Una marea di origami. Tanti uccellini bianchi...che qualcuno faceva svolazzare sopra la tomba.
Una bella tomba di marmo bianco, piatta, più piccola di quella di Liam Hargrave...su cui troneggiava un angioletto sorridente, con espressione dolce, paffuta, tenera.
Forse troppo, per uno come Sargas.
Il bimbo cacciò un gridolino di gioia, quando sua madre li raggiunse.
Damon restava un po’ indietro, mani nelle tasche dei jeans, il viso piacevolmente colorito.
- Come andiamo?- chiese Hermione, dandosi poi della sciocca per aver posto una domanda tanto idiota.
Ma cosa poteva dire?
Lei non ci aveva mai saputo fare...in quelle situazioni...
- Abbiamo qualche minuto, ancora.- le disse Damon, trattandola con dolcezza.
Il suo tono amichevole, comprensivo, riuscì a metterla a suo agio. Capì finalmente che avrebbe dovuto rivolgersi a lui già da molto tempo. E guardando Draco, che rideva per come Sargas faceva volare in una spirale tutti gli origami, si chiese come avrebbe fatto a staccarli.
Come si sarebbero separati?
- Deve...- si morse il labbro, fissando Howthorne piena di apprensione -...cioè...il bambino...andrà da solo?-
Era così piccolo! Come avrebbe affrontato un viaggio simile senza spaventarsi?
Per cinque anni era sempre stato insieme a loro, senza mai staccarsi da lei e Draco...e ora...
- Stai tranquilla.- Damon posò gli occhi da lei a Sargas, a qualcun altro, dietro a Malfoy – Ho chiesto a qualcuno di accompagnarlo. Ci penserà Nora.-
Nora Moore era pronta. Il giorno prima Damon l’aveva accompagnata dalla sua famiglia.
Dalla sua amica Maggie.
Oh, era stato più difficile di quanto avesse pensato.
Perché erano i morti che non sapevano dire addio.
I vivi...soffrivano, pativano come cani.
Ma poi il dolore scemava, svaniva. Veniva accantonato, per sopravvivere.
Nora annuì verso il suo amato protettore, scompigliando i riccioli biondi a Sargas.
- E’ ora di salutare.- sussurrò allora Damon – Dorothy verrà a prendervi fra poco.-
Lentamente, Draco si rizzò in piedi. A fatica, ma riuscì a rimettersi eretto.
Hermione gli fu subito accanto. Gli strinse la mano.
Gli fece male, eppure suo marito non si lamentò.
Doveva essere lì.
Ecco cosa significava amarsi.
Essere presenti.
Era già stato detto tutto...ancora e ancora.
Restava il silenzio. Più assordante di mille parole.
- Sargas...- Damon piegò la bocca in un sogghigno – Non devi dire qualcosa?-
Draco, attraverso le lenti, vide il piccolo sbuffare. Abbassò la testina ricciuta, picchiò il piede a terra un paio di volte.
Mosse le labbra.
E Howthorne ridacchiò – Che scuse penose.-
- Cos’ha detto?- sussurrò la strega.
- Ha detto che non aveva intenzione di fare paura a Glory e...- Damon si zittì, inferocito.
“Non volevo spingerla giù dalle scale...” concluse, sfidando il Legimors “Va bene così?”
- Eh, una meraviglia. Ha detto anche che gli dispiace di averla spaventata.-
“Dici alla mamma e al papà di salutarmi Lucas?” cinguettò.
- ...Vuole che salutiate Lucas...si è divertito molto...-
Se perfino Draco riuscì a trovare demenziale quella situazione, tanto da ridacchiare brevemente, allora ce l’avrebbero fatta, pensò Hermione. Lo adorava.
Lo rendeva felice.
E non avrebbe permesso che il riflesso dello Specchio delle Brame, per lui, si fosse modificato.
Lucente, brillante, un fuoco fatuo si sovrappose al sole, oltre la croce di marmo che sovrastava la tomba.
E venne Dorothy. Il suo orologio a cipolla, smise di ticchettare.
Era ora.
Ora di andare.

Sparirono per mano, Sargas, Nora e Dorothy.
La luce venne sopraffatta dai loro sorrisi.
La gioiosa risata di un bambino fu l’ultima cosa che si udì...poi i passi di Damon, che li lasciava soli.
Silenzio. Gli uccellini e gli origami, che volavano alti.
Il frullio delle loro ali...bianche e pulite.
- Perché qui la tomba?-
Hermione si nascose fra le braccia di Draco. Il viso, affondato nel suo torace.
- Credevo lo volessi nella cappella dei Malfoy.-
- No.-
Lui, con gli occhi di argento colato posato su quel marmo immemore.
- Con tuo nonno starà meglio. Quella non è brava gente...io sopporterò...ma non Sargas...e nemmeno Glory.-
Nessuno di loro.
La sua famiglia avrebbe riposato lontano, d’ora in avanti.
In fondo la casa è dove riposa il cuore.
E il loro cuore, sarebbe stato lì.
Fra quei salici, quei fiori...in quell’erba smeralda, che odorava di gelsomino.
Il cuore, lì per sempre.
Sempre...


Ministero della Magia Britannica.
Un martelletto di ciliegio picchiò una decina di volte sul suo poggio.
Colpi duri, secchi. Ma non servirono per placare il brusio della Sala del Giudizio.
Tanti presenti, tanti volti amici...
Una schiera di Consiglieri abbigliati in rosso velluto...
Dita puntate, urla, recriminazioni.
Un unico Imputato, seduto sulla poltrona dell’accusa, in mezzo all’aula maestosa che nel tempo non sarebbe mai cambiata. Lo stesso odore di legno, lo stesso profumo di cera per il lucido pavimento di porfido color bronzo.
Candelabri, candelieri.
Un’ora intera di discussioni.
Auror e Mangiamorte chiamati a testimoniare.
Il Ministro Dibble che aveva sopportato pazientemente il tonante cicaleccio dell’ala, purtroppo sopravvissuta per metà, dei conservatori più estremi.
Azkaban, avevano ordinato.
Di un Riddle...non ci si può fidare.
Neanche alla parola di Harry James Potter si può credere.
Fra gli spalti di parenti, amici, avvocati, il Capo degli Auror, il Preside Silente...Lucilla dei Lancaster e addirittura Caesar Cameron, in disparte.
Damon, quel giorno, arrivò in ritardo di qualche minuto, a seguito di Draco ed Hermione.
Mentre la coppia andò subito avanti, per non perdersi Susan Bones che tirava la cuffietta della Umbridge per staccarle più capelli possibili, il Legimors rimase impalato in fondo, nonostante Cloe e Trix lo richiamassero in prima fila.
Era stata una buffa presenza ad attirare il Lord verso l’ultima panca.
Isolato da tutti, per i suoi abiti logori e il suo aspetto macilento, il Menestrello fece un largo sogghigno al più giovane.
Gli fece posto, continuando a sfumacchiare la sua pipa puzzolente di elleboro.
- Salve ragazzo.-
- Salve, signor Hayes.-
- Desmond.- lo corresse bonariamente il Menestrello – Come mai quella faccia afflitta?-
Damon notò che la canaglia era al settimo cielo. Sapeva dei suoi poteri, gliel’aveva raccontato Harry.
- Se è qui vuol dire che...-
- Esatto.- sogghignò Hayes – Dibble mi ha sbattuto qui in fondo perché lo faccio sfigurare. Edgar è un po’ maniacale su queste cose...- senza fare una piega, si aprì anche il Cavillo di fronte al naso – Ma tu piuttosto, ragazzo mio...sei pronto a diventare papà?-
- Vede proprio tutto in rosa, eh?-
- Sempre.- Hayes spostò gli occhi celesti in quelli mistici del Legimors – Però, sai...a volte bisogna dare voce anche a chi non può più parlare. E per questo, ringraziamo Merlino, ci sono anche Veggenti come te. Che danno aiuto anche a chi non può chiedere. Ti meriti la grande famiglia allargata che avrai.-
- Cosa?- Damon emise un gemito divertito – Non scherzi, la prego. Mi fermerò al primo. Per Neely non è...- si bloccò, stranito – Mi sta dicendo che...-
- Che è meglio che fra qualche anno ci riprovi. Non so se mi spiego.- concluse il Menestrello, strizzandogli la palpebra – Non essere mai troppo sicuro, ragazzo. Le visioni non sono tutto, ma le mie sono collaudate da anni e anni. Perciò...- gli batté il pugno chiuso sul ginocchio – Provaci ancora. Potresti avere un’altra sorpresa. Come del resto l’avrà anche il tuo amico Riddle...-
Spiarono in avanti. E se tanto dava tanto, a momenti Dibble sarebbe saltato giù dal suo pulpito che azzannare la Umbridge e l’avvocato dell’accusa alle orecchie.
Stava letteralmente scoppiando. Assomigliava molto a Duncan quando perdeva le staffe.
Solo che accendersi una canna nel bel mezzo del dibattimento sarebbe parso poco deontologico.
Un ordine impartito col Sonorus fu l’unico mezzo per zittire il brusio rimbombante in quell’aula.
Consiglieri e civili si misero le mani a coppa sulle orecchie, incassando la testa fra le spalle per impedire a Dibble di renderli sordi. Il risultato fu un grato silenzio sepolcrale.
Tornato a sedersi, il Ministro arricciò le labbra disgustato, levandosi la bacchetta dal collo.
- Bene.- sentenziò, intrecciando le dita con aria pacifica – Visto che finalmente siamo TUTTI d’accordo sul fatto che qui permetto io a voi altri di parlare, torno a dare la parola all’avvocato del signor Riddle. Stava dicendo, Miss Sparks, che vuole la cancellazione di ogni nota sulla fedina penale del suo cliente.-
Nettunia Sparks, oltre a farsi notoriamente Sirius alla faccia di Deirdre Warfield, era amata da mezzo Ordine della Fenice per altri motivi. Primo fra tutti, perché a parte l’aspetto da confettino da cresima, in aula era una specie di pesce cane. Sistemandosi i finti occhiali da vista sul nasino alla francese, fece un cenno affermativo.
- Esatto.- rispose, con aria battagliera – O faremo causa al Ministero della Magia...- proseguì, ignorando i gemiti di sdegno del Wizengamot – Visto che se non ricordo male, Ministro Dibble, lei stesso alla scorsa udienza era rimasto allibito di fronte alla mancanza di professionalità dei Consiglieri.-
- Adesso basta! Ma come osa?!- Dolores Umbridge non sapeva mai tacere, questo era un suo difetto – Stia attenta al tono, avvocato Sparks! L’unico interesse di questo Consiglio è sempre stato e sempre sarà il benessere della comunità magica!-
- S’è visto da quella pagina bianca, Consigliere.- commentò l’altra, caustica.
- Non possiamo certo ignorare che il signor Riddle ha sempre avuto a che fare con gli scontri degli ultimi tempi!- sindacò la vecchia rospa, strizzando gli occhietti tondi e lucidi – Ministro, io continuo a insistere perché vengano fatte ulteriori indagini! Abbiamo sentito tutti quanti le parole di Paul Brockway...il signor Riddle, nelle fondamenta di casa SUA si è comportato in maniera molto equivoca, per uno che richiede l’amnistia!-
- Neanche dovrebbe chiederla.- bofonchiò la Sparks con tono sufficientemente alto per farsi sentire – Aveste fatto meglio il vostro lavoro otto anni fa, il mio cliente non avrebbe scontato un solo giorno di Sigillazione...-
- Che cos’ha insinuato?!- gracchiò la Umbridge – Questo è troppo!-
- Calma, calma!- impose Dibble – Non voglio stare a sentire una parola di più. Ho le testimonianze di una ventina di Auror e di Duncan Gillespie riguardo agli accaduti del 15 luglio, perciò...-
- Con tutto il rispetto, l’Auror Malfoy è cugino di primo grado del signor Riddle!- berciò la vecchia – E il signor Potter è sempre stato di parte in questa causa! Consiglierei a entrambi una bella seduta di psicoterapia. La sindrome di Stoccolma non è impossibile da curare, sa Edgar?-
Era troppo.
Dibble le lanciò un’occhiata al vetriolo che la rimise al suo posto in un istante.
Inferocito, si fece passare altre pratiche, poi sollevò lo sguardo su Silente.
- Grazie per la disposizione, Albus. Mi dica...- che attore pure lui!, -...lei che era presente...ha notato un reale interesse del signor Riddle alla causa Mangiamorte?-
- Come un diabetico per una caramella.- fu l’arguta replica del vecchio Preside.
- Molto bene. Dolores, immagino che la parola di un’autorità come il professor Silente ti sia di prova.-
- Io dico solo che ci sono troppi punti oscuri su questa faccenda!- sbottò la Umbridge, pronta a fare i capricci come l’ultima delle marmocchie viziate. Col dito, e poco elegantemente, indicò Tom che si girava i pollici sulla sua scomodissima poltrona di legno – Quando ci sono dei guai, il signore c’è sempre di mezzo!-
- A dire il vero siete stati voi a cacciarvelo, otto anni fa!- sentenziò Susan Bones – Io ero contraria a farlo Sigillare, Lady Lancaster non era stata neanche avvisata! Se verrà sporta denuncia, non saremo certo noi del Reparto Amministrativo delle Leggi a farne le spese, Dolores, spero tu te ne renda conto!-
- Io poi non vedo il problema.- il vecchio consigliere Burton, ancora una volta si era presentato in aula in vestaglia. Forse non se ne rendeva conto, ma pareva del tutto a suo agio.
- Miei signori, abbiamo fatto un errore.- si sistemò i baffetti, sorridendo vacuamente a Tom e a Dibble – Quindi propongo di annullare l’intera sentenza a sfavore del signor Potter...-
- Del signor Riddle.- lo corresse la Bones all’orecchio.
- Certo, certo...il signor Riddle...annullare la Sigillazione e ripulirgli la fedina che impunemente qualcuno ha provveduto a macchiare anni fa. Che accuse poi, vorrei saperlo...-
- E’ il figlio di Lord Voldemort!- gracchiò la Umbridge.
- E tua madre faceva un lavoro alquanto discutibile, ma mica nessuno qua ti ha mai dato della cioccolataia, Dolores.- replicò Burton. Quella frase detta con tanta innocenza fece arrossire mezzo Consiglio, per non parlare del Ministro che per un istante sparì sotto il pulpito.
Ricomparve perfettamente controllato un minuto più tardi, tossicchiando.
- Bene, ho abbastanza elementi per chiudere questa ridicola diatriba una volta per sempre.- e sottolineò l’ultima parola con espressione omicida – Dopo aver ascoltato le testimonianze del Capo degli Auror e di Harry Potter, per non parlare di quella di molti Mangiamorte attaccati alle sbarre delle loro celle perché il loro presunto nuovo padrone li aveva presi in giro...- e vide la bocca di Tom piegarsi in un ghigno di scuse -...credo che ci sia solo da annullare il contratto di Sigillazione che fu firmato otto anni fa.-
In quell’esatto momento nella Sala del Giudizio esplose un urlo collettivo di gioia.
Vennero lanciati cappelli, grida, vere e proprie ovazioni. C’era chi pianse.
Chi non perse più il sorriso.
In prima fila, Claire King strinse un pugno, sul banco. Vittoriosa.
E il cuore di Thomas Maximilian Riddle...si permise di nuovo di prendere un respiro.
Dopo otto lunghi anni.
Otto anni e venti giorni di Sigillazione.
Finiti per sempre.
Vide il contratto finire in pezzi...semplici pezzi di pergamena, che si sollevavano in aria...ricadendo in fiocchi.
Tutto finito così...
La sua firma cancellata. Anche quella di Caesar...
I sorrisi di gioia, chi era corso ad abbracciarlo, fregandosene del processo ancora in atto.
Dibble gettò in aria le ultime parte del Contratto Vincolante, evidentemente soddisfatto.
- E...se mi permette, un’altra cosa signor Riddle...- gli disse fra quelle ovazioni pubbliche, in modo che fosse solo Tom a sentirlo -...la prossima volta che le verrà voglia di divertirsi a spese del nemico...faccia sì che ai suoi amici non prenda un attacco epilettico. Ne risparmierà in credibilità in futuro.-
- Ne stia certo, Ministro.- gli concesse, alzandosi in piedi come un graziato quale era.
E adesso? Adesso cos’avrebbe fatto?
Dopo tanti anni in gabbia...il mondo era così vasto ai suoi occhi.
Cosa poteva fare?
- Venga, i nostri Artimagi le toglieranno il Collare di Sigillo.- lo bloccò la Bones ma Tom, stupendo lei, tutti i Consiglieri e anche i civili presenti, si portò una mano alla gola, sul nero rubino incastonato nel platino.
- No, grazie.- sussurrò, in quel vortice di colori e voci, pensando a Harry, a Draco...e a Claire.
- Questo vorrei tenerlo.-
Per ricordare.
E mai dimenticare.


Una casa tutta bianca sarebbe stata l’ideale.
Bianca e vuota.
In campagna. Dove il cielo aperto non si vedeva mai sparire dietro a palazzi o a strade di cemento.
Il Devon sarebbe stato perfetto.
Forse era troppo grande per loro due...bhè, tre, contando il loro piccolino, ma per i prossimi sette mesi e poco più sarebbero stati comunque solo lei e Tom.
Per lui però il meglio erano gli spazi ampi. Sarebbe stato bene sicuramente.
Girandosi verso l’ingresso della villa coloniale attorniata da alti abeti e sempreverdi, la King schioccò la lingua.
Certi facchini non erano proprio in grado di essere delicati.
- Quella cassettiera è veneziana, lo sai?- sibilò seccata – Ha quasi cent’anni!-
- Io ne ho più di duecento, vinco io.- le soffiò dietro Vladimir Alexander Stokeford, sballottando una marea di mobili senza alcuna grazia – E tanto per la cronaca, lo faccio solamente per togliere da Cameron Manor tutto questo dannato casino di mobili che nessuno usa.-
- Potresti anche farlo per dei lecca-lecca, non me ne frega niente!-
- Di un po’, ma si ricorda di averti chiesto di sposarlo o era troppo drogato per ragionare?-
La bocca allargata per lo sdegno della King venne bloccata prima del lancio di un Incanto Orcovolante. Fortuna che Trix era rapida a e chiudere le fauci altrui. Ma non la sua, visto come si succhiava il pranzo dal solito bicchiere di polistirolo.
- Dai, megafessa, lascialo stare. Ti sta solo prendendo in giro.-
- Sta riuscendo a farmi perdere le staffe. Alla prossima gli lancio dietro un vaso!-
- Dubito che servirebbe a qualcosa.- cinguettò Winyfred, apparendo dal nulla con, fra le braccia, una grossa pianta dalle grosse foglie verde brillante e alcune color lampone – Ecco qua, vi ho portato la mia Fifì! Porta fortuna, sapete?-
- Ah si?- Cloe studiò i boccioli di quella strana cosa – E cosa mangia? Carne di bue?-
- Oh, non preoccuparti! Lanciale qualche biscotto ogni tanto...da lontano!- tubò la rossa, scappando in casa e urlando a Brandon si correre ad aiutarla, visto che la cara Fifì le stava masticando il corpetto di pelle sintetica.
Sospirando, Cloe dimenticò tutto per un istante.
Si staccò dalla Diurna, facendo qualche passo indietro.
Ad ammirare...la sua nuova casa.
Sua e di Tom.
Comprandola, con un colpo di testa micidiale due giorni prima, aveva pensato a lui.
Dopo l’acquisto si era preoccupata di aver fatto il passo più lungo della gamba, ma quando gli aveva riferito di avergli comprato “una cuccia” lontano da Londra, a Riddle erano brillati gli occhi.
Ancora prima di vederla l’aveva sollevata fra le braccia, facendola roteare in aria.
Era stato allora che aveva capito di avergli fatto il regalo migliore di tutti.
Ancora più della libertà.
Una casa. Una casa vera.
Percorse con sguardo tenero le vigne che abbracciavano il retro della villa. Il ristoro dell’ombra che gli abeti e i sempreverdi avrebbero donato loro, sotto il patio bianco e lungo il viale dell’ingresso, oltre i leggeri cancelli che davano sul lago Ducasse.
Inoltrando l’attenzione nella casa, vide il leone in terracotta che imperava sullo scalone dell’ingresso.
Il resto era ancora spoglio.
Aveva deciso di portarsi un numero esiguo cose da King’s Manor. Solo foto e soprammobili.
E Tom, altrettanto, aveva chiesto ai suoi amici solo pochi mobili, pochi ricordi...
Mentre aveva voluto con sé un numero spropositato di libri.
Claire ci aveva pensato subito, dopo aver visto una grande ala biblioteca adibita a lettura in fondo alla villa.
A qualsiasi ora del giorno e della notte, filtrando attraverso i pini, la luce non cadeva mai dall’alto, creando un effetto tenda quasi da sogno.
Il loro sogno.
Alzò il viso. Vide Tom appostato alla finestra della loro futura camera, se mai avessero deciso come arredarla.
L’unica cosa su cui si erano trovati subito d’accordo era il letto. Grande e immenso, soffice ma non troppo opulento.
La sola frivolezza era stata la testata adorna di volute in stile toscano.
Anche così vuota, quella casa privilegiava l’armonia e l’equilibrio di tanti spazi generosi.
- Di questo passo non finiremo mai.- brontolò Trix, sistemandosi gli occhiali da sole – Ma se non altro qua non fa terribilmente caldo come a Londra. Mi serve della protezione solare, accidenti.-
- Sai cosa servirebbero?- replicò la King – Delle tende di taffetà.-
- Non stai arredando la casa delle bambole, sai?- urlò una voce dall’alto.
- Sta zitto, Stokeford.- Cloe agitò la mano, scacciando una mosca noiosa – Ma si può sapere dove sono gli altri?-
- Asher sta uccidendo Dorotea nei boschi, presumo.- elencò la Vaughn – Damon è andato a rubare una televisione da Martin, Stanford invece arriva più tardi. Ha ancora i postumi dell’addio al celibato.-
- E’ stato furbo a farlo a tre giorni dalle nozze.-
- Già, altri maschi non ci arrivano.- Trix mandò giù l’ultimo sorso, rifocillata – William e Dena invece devono essere andati a sviluppare le foto della festa di martedì. Traducendo, arriveranno fra qualche ora.-
- Il nanetto s’è svegliato, eh?-
- Quello si sveglia solo con due sberle.- ruggì Asher Greyback, tirandosi dietro la Medimaga del San Mungo, tutta piena di foglie nei capelli, contando tutte le volte che era inciampata – Come procede il trasloco?-
- Hanno quasi finito.- Trix studiò quella poveretta – Ma è caduta o sei stato tu?-
Viola di vergogna Dorotea e occhi da Psyco per Asher, il principe dei mannari pensò bene di spalancare le fauci.
- Il Leoninus dov’è? A salutare i suoi parenti?- fece acido.
- E io che ne so. Avrà trovato una casa alla sua zietta.- frecciò l’altra, piena di sarcasmo – Come se quella avesse bisogno di protezione.-
- Quella chi?- bofonchiò Vlad, scendendo con una sigaretta fra le labbra.
- Viola.- gli spiegò Trix, mentre lui non riusciva ad accendersela, imprecando – La bionda che ti ha morso.-
- E’ la zia del tuo ragazzo? Ma quanti anni ha?-
- Per i miei gusti anche troppi. Ti serve un accendino?-
Vlad non rispose. Si era messo a guardare insistentemente qualcosa oltre la testa di Cloe...e poi spalancò un ghigno diabolico che presagiva guai e tanto divertimento.
- Mi sa che hai compagnia, micina.-
Senza capire, la King lo vide Smaterializzarsi via.
Voltandosi col capo sopra la spalla poi, capì a che cosa si era riferito quell’essere perverso di un demone.
Accidenti.
Oliver Trust, in Lust We Trust o anche...il Sospensorio Troppo Stretto.
Stava arrivando.
A passo di carica.
- Qualcuno ha una telecamera?- ridacchiò Trix sotto i baffi – Questa non posso farla perdere a Damon...-
- Ci lasciate da soli un attimo?- si rabbui la King, combattiva come un panzer in missione.
- Oh, tranquilla.- Asher afferrò sia Dorotea che la Vaughn per i lembi delle loro gonne, visto che sembravano non volersi scollare dalle loro postazioni – Muoversi, tanto di sopra si vede meglio!-
- Dacci dentro!- fu l’ultimo augurio della Diurna, prima che il mannaro le trascinasse via di peso.
Dal secondo piano, intanto, Tom Riddle stava in mezzo alla sua stanza da letto.
Ok, era praticamente spoglia, come il resto della villa, ma...era sua.
Gliel’aveva comprata Claire, quella casa.
Aveva una casa, adesso!
Sua e di Claire!
Quando qualche giorno prima gliel’aveva detto, tutta titubante, non ci aveva voluto credere.
E adesso se ne stava lì...libero. Il venti luglio.
Una data da non scordare. L’anniversario della sua libertà.
Si buttò a sedere sul parquet lucidissimo, inspirando forte il profumo di vernice appena stesa. Della cera, delle mensole in mogano. E di tutti i libri che Val e Vlad avevano appena scaraventato poco gentilmente al primo piano.
Era troppo felice che per sgridarli.
- Allora...- si girò e vide Brand sulla soglia, poggiato con la spalla allo stipite – Come ti senti?-
Sorrise.
E trovò solo una risposta.
- A casa.-
Feversham, felice per lui, gli strizzò l’occhio.
- Qualche richiesta per un regalo di apertura?-
- Dici che riesci a impedire a Vlad e Val di rovinarmi tutti i libri?-
- Adesso mi sa che chiedi troppo.-
Un fischio improvviso, proveniente dal corridoio coperto di moquette vecchia di cui Cloe si sarebbe presto disfatta, attirò l’attenzione dei due. In una frazione di secondo, Hingstom, Stokeford, Greyback, Trix e Dorotea, più Winyfred che rideva come una matta, si chiusero dentro alla stanza, spingendo il povero Brand in avanti come un sacco di patate.
- Ma che succede?- si lamentò il demone – Date i numeri?-
- Guarda un po’ fuori...- rise Val, battendo le mani – Tom, complimenti. La tua consorte è la mia eroina! E lo dico in senso figurato...non intendo la droga eh?-
- Grazie, Val.- Riddle, sbuffando, si alzò in piedi e andò alla finestra – Si può sapere che...- e si fermò.
Gli morirono le parole in gola.
- Ma tu guarda chi viene a cena, eh?- ironizzò Asher, facendo sfavillare i canini.
Poggiato alla mensola, stranamente, Tom non era parso per nulla sorpreso.
A dire il vero, sarà brutto da dire, ma nessuno di loro dopo la battaglia aveva più pensato al Sospensorio Troppo Stretto.
Cloe di certo no. Vista la faccia allibita con cui aveva accolto l’arrivo dello sgradito ospite.
- Come si fa a scordarsi di un fidanzato?- bofonchiò Brand.
- Trovandotene un altro?- rispose Winyfred, innocentemente – Tom è molto più bello di quello lì! Cioè, anche quell’umano è carino, ma Tom ha un sedere molto più...-
- Grazie Fred!- la interruppe Riddle, prima che ne uscissero le solite porcate – Grazie a tutti dell’appoggio!-
- Ah, devo fare un video per Damon!- Trix intanto trafficava col cellulare – Arrivasse in orario una volta!-
- Magari è con Neely a parlare delle peonie del loro soggiorno.- le disse Asher – Piantala con quel cellulare, tanto si vedrà da schifo, siamo troppo in alto.-
- Non per giocare al tiro al bersaglio.-
La proposta di Tom zittì tutti.
Vlad si staccò dalla cicca, Winyfred dalla sua pianta e la Diurna dal cellulare.
- Cento falci a chi becca il bersaglio grosso.- propose Riddle, con le iridi bluastre sfavillanti di divertimento – Il premio è una cena gratis.-
- Io non mangio.- fece Vlad, tornando a sfumacchiare.
- Ti comprerò un golf.- ironizzò Tom, sollevando un vaso di porcellano utilizzando la telecinesi – Chi lo prende in pieno più di una volta, avrà il diritto al colpo finale.-
- Se la metti così allora...- sibilò Asher con aria melensa.
Demoni e mannari erano stati convinti.
Ora non restava che prendere bene la mira...


Lucky House.
Il sole stava per tramontare.
E nel giardino di casa Potter e casa Malfoy, un nugolo di ragazzini in costume giocava nella fontana, usando impunemente la magia per schizzarsi a vicenda o per infradiciare i genitori che assistevano alla loro lotta di bombe d’acqua.
- Se non la pianti con quest’acqua ti brucio i capelli, Caleb!-
Lucas Potter, non c’era nulla da fare, detestava fare il bagno.
Certo, lo faceva. Ma odiava lavarsi. Odiava anche fare la doccia, specialmente l’acqua negli occhi, tanto che si infilava nella cabina, sotto il getto, con una maschera da sub.
E i giochi in piscina, o in quel caso nella fontana, gli facevano solo rischiare un tracollo di nervi.
O a suo cugino Caleb di finire al Reparto Ustionati del San Mungo.
A parte i maschietti che si tiravano dietro bolle magiche d’acqua e gavettoni colorati della premiata ditta Fratelli Weasley, che non esplodevano una sola volta, ma ben tre!, le bambine sguazzavano con più grazia dei compagni.
E poi aveva un guardiano d’onore quel giorno.
Sulla coppa più alta della fontana di pietra, sotto uno zampillo fresco e allegro, il piccolo Cosmo osservava la sua padroncina e i bambini con occhio vigile.
Ma...si, ma era diverso.
Era cresciuto. Poco, certo, ma ora era diventato un grasso e grosso pulcino tutto bianco.
Non aveva più il suo andamento goffo, poche piume spiumate e l’aria intontita.
Bianco, tondo e col profilo regale, le due piume azzurre ai lati del capo divenute lunghe e lisce.
Più simile a un rapace che a un’oca, al momento era diventato la mascotte dei bambini.
Ma non di Lucas, che continuava a pensare al giorno in cui gli avrebbe finalmente fatto la festa.
Il Phyro uscì dalla fontana prima di trasformarla in una pentola in ebollizione.
Secondo Draco, solo un perfetto idiota avrebbe messo quel ragazzino in una piscina con altri mocciosi. Avrebbe rischiato di lessarli tutti!
- Non dire niente!- sbottò Lucas, scuotendo il capo di fronte a Malfoy, godendo nello schizzargli tutti i pantaloni – E con te non vengo da nessuna parte, sia chiaro! Conciato così saresti capace di lasciarmi affogare!-
Il biondo sogghignò.
Oh, non ne aveva una pallida idea.
- Forse ti lascerei andare a fondo anche senza bastone!-
Lucas lo fissò trucemente – Quante costole ti sei rotto?-
- Due. Come qualcos’altro che mi stai rompendo tu.-
- Ah, per cortesia.- Pansy passò alle loro spalle, andando a recuperare Steve e Step prima che con la loro irruenza ne combinassero qualcuna delle loro – Non potreste cercare di parlare con più decenza? Draco, anche tu. E’ un bambino!-
- E’ il Demonio.- replicò l’Auror – La notte in cui è stato concepito, Satana ha preso le sembianze di Elettra.-
- Ehi, io sono qui.- gli rinfacciò il Phyro – E non voglio imparare a nuotare!-
- Spiacente, tuo padre mi ha firmato un foglio in cui mi lascia la tua custodia almeno sei ore a settimana.-
- Prima devi riuscire a prendermi!-
- Perché non la piantate?-
Glory, asciugandosi sdegnosamente i capelli biondi, saltò sulla sdraia accanto al padre. Era la seconda che sospirava sentendo certi discorsi.
- Tutti prima o poi devono imparare a nuotare.- continuò la bambina.
- A me fa schifo l’acqua! È bagnata.-
Lo sguardo schifato della Veggente fece sentire entrambi due sfigati.
- Se non impari dovranno sempre venire gli altri a salvarti.- continuò, chiudendosi il piccolo accappatoio bianco alla vita – La prossima volta potrebbe non arrivare nessuno però, sai?-
A sorpresa il Phyro alzò le spalle.
Per lui era stata un’esperienza...strana, ma una come un’altra in fin dei conti.
Non se n’era neanche accorto.
Si, quando l’acqua aveva sommerso i suoi polmoni era stato brutto. Eppure ne aveva un ricordo sfuocato.
Per nulla traumatico.
Glory colse al volo il momento in cui suo padre si alzò per raccattare Blaise dal fondo della fontana, visto che sua figlia Madison ce l’aveva spinto dentro. Si avvicinò di più a Lucas, scrutandolo attentamente.
Lui, che si stava preparando ad azzannare un ghiacciolo, arcuò le sopracciglia.
- Lo vuoi tu?-
Lei lo ignorò.
- Lucas...- cercò le parole adatte, forse per cercare una qualche traccia di sensibilità. Gli occhi celesti del piccolo Potter però non erano il genere di fari teneri e spauriti da sortire in una donna, anche quella in fasce, sentimenti di protezione.
Così buttò fuori tutto il fiato.
- Com’è morire?-
Sapeva che prima o poi gliel’avrebbe chiesto. Lui addentò il ghiacciolo, staccandone un pezzetto che masticò lentamente. Sul visetto, apparve un’espressione stranamente intensa.
- Non lo so. C’era una luce.-
- Fa paura?-
Lo studiava con intensità. Come per carpirne l’anima.
- Perché t’interessa?-
- Fa paura o no?-
- No, a me no.-
- Cos’hai visto?-
- Una signora con un orologio. E tante mani. Se mi avvicinavo a lei, vedevo una luce. Verso le mani, c’era del buio. Fortuna che Casper...no, si chiama Sargas...fortuna che mi ha tirato via.- il suo sorriso s’intristì un po’ – Peccato che se ne sia andato. Mi sono divertito con lui.-
Si era girata. Ora puntava lo sguardo a terra, sulle mattonelle della piazzola.
- Potevi anche andare a salutarlo.-
- Perché?- sibilò lei, stringendo i pugni – Mi odiava.-
Masticò un altro pezzetto di ghiacciolo.
Poi, con gentilezza, glielo porse.
- Credo che in paradiso non ci sia tanto fuoco sai?- borbottò – Secondo te fa freddo là sopra?-
Per quella domanda così assurda, Glory riuscì perfino a ridacchiare.
- Mah, non so. Se vuoi ti porterò una coperta.-
Quel serio discorso teologico, fatto a livello elementare ma, cavolo, con che perspicacia, venne interrotto dal cinguettante saluto che Madison, la piccola Sam e Faith riservarono all’arrivo di Tom, Cloe, Trix, Damon e Neely.
Ah, i giorni di pace.
Arrivano senza preavviso.
E se ne vanno allo stesso modo.
Ma quando arrivano...è pace. E’ vita.
Ed è il sole, per tutti i giorni avvenire.
- Bella congrega di mentecatti.- commentò Neely, vedendo i bambini lanciare gavettoni a destra e a manca – Ragazzi non avete paura che si cavino un occhio?-
- L’unica cosa di cui ho paura è che il mentecatto Potter Junior metta a bollire l’acqua.- fu l’acido soffiare di Draco – Sfregiato, quand’è che me lo lasci per qualche ora, eh? Vedi come lo raddrizzo...-
- Non ti darei neanche un criceto da mettere a far girare sulla rotellina.- sentenziò Harry, lasciando che le ragazze raggiungessero Hermione, Elettra, Pansy e Paris – Se vuoi, però, ti lascio raddrizzare le ossa a tuo cugino. Così impara a fare il coglione.-
- Io non so che gusto ci provate a insultarvi così giorno dopo giorno.- sbuffò Howthorne – Vado a farmi un drink.-
- C’è della vodka ghiacciata in frigo. Versamene in un bicchiere da birra!- lo avvisò Malfoy, passando rigidamente il braccio al collo di Riddle, pronto a strozzarlo – E tu, mostriciattolo...hai sete?-
- Mi stai facendo male.- si lagnò quel poveretto di Tom, sorridendo istericamente – Harry, fa qualcosa.-
- Vado a prendere il cappio.-
- Dai ragazzi...- alitò, cercando di placare quei due sguardi da belve assatanate – Vi ho già chiesto scusa mille volte! Sirius e Claire mi hanno picchiato col giornale l’altra mattina. Non è stato divertente, specialmente quando m’è arrivato il Cavillo sul naso!-
- Delicato per uno che s’è dato alla pazza gioia per tre ore filate.- frecciò Harry Potter, con le braccia incrociate al petto, tipo soldato delle SS – Saresti la gioia della compagnia teatrale dell’East Side.-
- Com’è che riesci sempre a salvarti in estremis, eh?- continuò Draco, massaggiandosi le costole dolenti.
- Ho avuto buoni insegnanti.-
- In compenso Malferret, sa fare il ruffiano bene come te.-
- Sta zitto Sfregiato.-
Un trio.
Una specie di carretto a tre ruote, si sarebbe detto in futuro ridacchiando.
E poi arrivò la quarta ruota.
Lucas si sporse dalle gambe del padre, luminoso come quel sole che stava calando dolcemente.
- Ciao! Allora, hai fatto i compiti?-
Tom ghignò, inginocchiandosi per arrivare alla sua altezza.
- Che compiti?- fece Draco, diffidente.
- Hai trovato una casa?- incalzò il Phyro, ignorando i due Auror.
E con sommo piacere, Riddle esibì un sorriso meraviglioso.
- Si, l’ho trovata.-
- Grande!-
Lucas sembrava quasi più felice di lui. Esultò e gli strizzò una palpebra, aggrappandosi alla cinta del padre.
- Perfetto, così non rientreremo in un manicomio dopo che te ne andrai.-
- Deve sposarsi.- sbuffò Malfoy – Chiunque lo faccia ha qualche deviazione.-
- E questa la dice lunga su di te, che hai quasi minacciato Hermione perché ti accontentasse.-
Si sarebbe uccisi, Tom ne era sicuro. E prima che, per fermare la cagnara, Lucas rubasse il bastone a suo cugino, Tom decise che era ora per lui e Claire di andarsene a casa.
Ora ne aveva una. Ora poteva andare.
- Ci vediamo a cena, domenica.- sussurrò, con la pace nell’anima – E’ meglio che vada adesso.-
Giunsero indietro Cloe, Damon, Neely e Beatrix.
Alle loro spalle, i bambini continuarono a ridere, sguazzando nell’acqua.
Nell’aria il riecheggiare lento ma mai indistinto scivolare via del giorno.
Tramontava.
Il vento si levò profumato d’estate. Di sale e gerbere.
Un’ultima volta, Harry James Potter fermò Cloe, prima che se ne andassero.
La strinse forte e lei lo scrutò attentamente.
- Prenditi cura di lui.-
Lucidi smeraldi.
Portatori di speranza.
Fu la futura King ad abbracciarlo forte questa volta.
L’avrebbe giurato col sangue. Per proteggere ciò che aveva finalmente conquistato, avrebbe dato qualsiasi cosa.
La lasciò andare, la mano con più difficoltà...e rialzò il viso verso i cancelli della Lucky House.
Thomas Maximilian Riddle era attorniato da amici.
Un cielo striato di mille colori sopra il capo...
E un collare che non si sarebbe mai tolto.
TMR.
Era come aver lasciato andare un figlio, dopo averlo cresciuto. Eppure lui e Draco erano stati più dei fratelli per Tom.
E adesso...finalmente s’incamminava da solo. Era sciocco pensarlo, visto che Tom non era mai stato un bambino immaturo neanche a dieci anni.
- Sono preoccupato, sai?- sospirò, volgendo lo sguardo a Malfoy.
Il biondo emise un gemito perfido, accendendosi una sigaretta con pigrizia – Chi no? Ma sta per diventare padre. Forse così la smetterà di comportarsi da martire, anche se ha messo per iscritto che suo figlio prenderanno il cognome King e non il suo. Questo sta a indicare che non guarirà mai.-
- A differenza vostra, vero?-
Lucas mica se n’era andato. Stava al livello della loro cinta, a giudicarli con espressione eloquente.
- Tu non hai nient’altro da fare, vero?- ringhiò Draco – Basta, mi avete rotto. Vado a farmi un altro bicchiere.-
Quello non sarebbe cambiato neanche in punto di morte.
E questo era confortante da un certo punto di vista.
Le prime stelle iniziarono a trapuntare il cielo a nord, piccole e appena palpabili.
I due Potter restarono a guardare Tom che camminava lungo il viale...
- Papà...-
- Si?-
- Quand’è che facciamo un’altra guerra?-
Il bambino sopravvissuto inspirò, abbassando il viso sul suo primogenito.
- Tu ti sei divertito, vero?-
- Allora, quando ne facciamo un’altra?-
- Lucas, le guerre sono terribili faccende.-
Il Phyro piegò la bocca, molto poco convinto – Tanto ci sei tu, no?-
- Io non ho fatto granché questa volta.-
- Si, ma quando ci sei tu...va bene comunque. Perché tutti sanno che ci sei. E se ci sei tu...va bene. Hai capito cosa voglio dire?-
Strana frase, bizzarro ragionamento...ma stringente logica fanciullesca, che non ammetteva preconcetti.
- Gli abbiamo presi a calci, pa’, dai.- rise Lucas – Ammettilo.-
- Lucas, della gente è morta...-
- Ma abbiamo preso i cattivi a calci nel sedere. Dai pa’...ho ragione io.-
Un braccio attorno al collo e Harry iniziò a frizionare la testa a suo figlio.
- Tu sei pericoloso, capito? Sei pericoloso!-
Il Phyro si sbellicò dalle risate, mentre suo padre se lo tirava in braccio – E quando sarò grande combatterò insieme a te!-
- Ne riparleremo non appena sarai maggiorenne.- sindacò il padrone di casa – E adesso andiamo da tua madre, bisogna mettere su la cena, prima che Draco riesca a mettere le grinfie sul nostro frigo.-
- Posso rubargli il bastone se vuoi.-
- Hn...ok. Così non può camminare e magari ce lo leviamo dai calderoni per tutta la cena!-






Fu il sibilo del vento a chiudere i cancelli della Lucky House, qualche istante più tardi.
Thomas Maximilian Riddle, dalla strada dei Kensington Gardens, vide Harry James Potter rientrare in casa sua.
Portandosi la mano alla gola, sentì che il suo collare non pesava più così tanto.
La lucente scritta marchiata a fuoco ebbe un sussulto, per poi sparire, lasciando solo il liscio platino di cui era formato il serpente.
Albe e tramonti.
Lucas aveva ragione.
Non c’era momento più bello per festeggiare.
E lui aveva tanto da festeggiare.
L’amore.
Un figlio.
I suoi amici.
E prima fra tutti, la sua libertà.
Claire, poggiando la testa alla sua spalla, gli circondò il torace con le braccia.
Non si sarebbe mai più staccata da lui.
- Che ne dici di andare a casa?- gli sussurrò, sollevandosi sulle punte per baciargli dolcemente il collo.
E lui si girò, abbassando il volto. Sfavillanti occhi blu di seta, come zaffiri incastonati nella neve.
Gli avevano aperto la gabbia.
Gli avevano guarito le ali.
- Direi che è un’ottima idea.-
Guardò verso la Lucky House ancora una volta. Una volta sola.
E poi abbracciando forte la sua futura moglie per la vita, girò la schiena a quella casa mentre il suo collare catturava l’ultima raggio del sole morente.
Alla luce, la sigla riapparve.
TMR
Più brillante che mai.
Per poi scomparire nuovamente, come il prigioniero che in gabbia non ci sarebbe più rientrato.











T.M.R.
- The End –














17 giugno 20007.
Fine. Già, una quarta fine...che per me, come ben sapete è “definitiva”.
Passatemi il gioco di parole e le seguenti righe sconclusionate che usciranno dalla mia tastiera. Ancora una volta, mi ritrovo a chiudere una fiction dopo tanti capitoli, fatti e passaggi.
La mia ultima fiction. Che dire, dopo aver dato spettacolo tramite fermo posta, e aver dimostrato che la gravidanza ha ormai leso il mio sistema nervoso, prego, anzi spero con tutto il cuore che questo finale non vi abbia deluso.
E non parlo dell’happy ending in sé. Parlo di com’è stato scritto, di come ho cercato di trasmettere le emozioni...
Ho fatto davvero del mio meglio, ho passato la notte insonne a pensare a cosa potevo cambiare per rendervi lo strappo meno difficile...per rendere la storia più gradita a me in primis, perché si, io sono troppo possessiva con le mie storie.
Lascio giudicare a voi, spero che mi perdonerete il ritardo, ma è stato difficile scrivere la parola FINE.
Più difficile di quanto pensassi.
E’ l’ultima, senza contare l’aggiornato della shot First Day, che inserirò mercoledì 20, volta che scriverò qualcosa.
Per molti, molti mesi. Sinceramente, con una situazione come la mia, non so se tornerò mai a scrivere fiction. Ma ho amato farlo, nonostante tutto quello che è accaduto in questi anni.
Ho trovato storie bellissime, ho capito che la censura usata nella Scommessa non era necessaria, ho conosciuto scrittrici valide e persone splendide. Ho capito come stanare le pazze, come evitarle, come sobillare Axia a scrivere l’Alchimia del Sangue, che ripeto, sarà una VM 17, perciò cercate di regolarvi di conseguenza.
Colgo l’occasione per parlare subito di lei e della quinta parte della saga. Allora, le ho dato completamente carta bianca, di mio non c’è nulla, se non l’approvazione ai nuovi personaggi e alla linea generale che LEI ha deciso di dare alla storia...una storia che, dopo aver letto le bozze, mi ha rubato la mente. Perciò, siccome è tutto suo, dovrete cercare l’Alchimia nella sua gallery. Axia su EFP e Axia85 su Manga.it a vostra scelta.
Chi già le dà il tormento per mail o MSN non avrà di questi crucci.
Molte mi hanno detto che lei non è me. E’ vero. Sarà meglio. Perché darà freschezza a una mia visione che ormai è vecchia di troppi mesi passati con le stesse fisse, gli stessi schemi...inoltre, non c’è nessuno che io consideri pare a lei.
Per questo vi chiedo ancora una volta di essere le più sincere possibile, di aiutarla quando ne avrà bisogno e darle la possibilità che merita. E’ una persona eccezionale, come tante altre che ho avuto il piacere di conoscere in questo periodo.
Ora però voglio solo salutarvi tutti, a cominciare dai ragazzi per una volta, che sono stati molto gentili con me in questi due mesi di eremo forzato: grazie a Gio, un nostro novello laureato, un mare di congratulazioni e di auguri per la tua nuova vita da “dottore”; grazie a ClausK, per il rispetto alla mia opera; grazie a Daniele, alias Ignoto82 che ha scritto recentemente una raccolta di poesie, intitolate Poesie Decadenti dedicate a Tom e agli ultimi capitoli di TMR in generale. Grazie a Martino, che ho conosciuto da poco ma che è stato un caro amico durante serate noiose e solitarie. Grazie a Shin, per costanti apprensioni e news sul mio primo amore, la lettura. E un grazie particolare a Luca, il primo amore della ragazza eccezionale che mi ha aiutato a concepire tutto questo, per aver sostenuto lei quando ne aveva bisogno...e per avermi portato l’anguria quando avevo troppo caldo per uscire a comprarmela!
E ora a noi, fanciulle. Siamo donne, oltre le gambe c’è di più. Si, ci sono una vagonata di lacrime che io ho versato virtualmente nel lasciarvi queste poche righe. Un abbraccio forte alle più “grandi” che maggiormente si avvicinano alla mia età, e mi hanno sostenuta durante crisi da futura madre isterica e frignona: a Bloody Mary, Minami77, le eclettiche Sawa, Mirana e Julianna, altre novelle laureate e laureande, tutti in questi mesi estivi caldi e afosi, Airuka e Nevrotika, le fantastiche moderatrici di Every Little Thing, che non mi hanno mai lasciata, fra cui Morry a cui mando a un caloroso grazie! Yoana, abile recensitrice e altrettanto esperta scrittrice. Il più grande degli abbracci a una ragazza eccezionale, con la forza di dieci uomini e lo spirito indistruttibile, Venus, perché sia sempre serena come oggi.
Grazie a Miahanamura, la dolce Aya-chan, grazie a Rita per essere stata presente con le parole che avrei voluto sentire. Grazie a Sweet Sin e Zaitu, per aver scritto racconti che mi hanno tenuto compagnia la notte insieme alle loro lettere di affetto e stima.
E fra le “grandi” grazie a due persone uniche, speciali, che mi hanno fatto ridere e sentirmi sollevata più di una volta, in questi ultimi due mesi di attesa: a Laura e Claudia, due vere amiche, per essere state semplicemente loro stesse.
Fra le “piccole” anche se di piccolo non avete nulla, ve lo garantisco, abbraccio immenso a Linnie, la cara Ross, le mitiche Rekishi, Bia-chan. Grazie a BlackAmberAngel, Akira-86, Ladym e Meylover, che hanno dato dei volti ai miei personaggi. Un saluto ad Akocelell, le grandi Damia e Lady Light, Mairie, nikyblack, evian, celyan, Reina86, le cinque Caostheory, Snowfairy, Reby, la dolcissima Julietta, Macrì, Bluking, Ladytsepesh, la fortissima Ranokkia e Aida.
Un doveroso bacio ad Astra, che tempo fa mi ha fatto da beta quando Axia era troppo impegnata, anche se credo che abbia accolto l’onore solo come un tornaconto personale ^^ e grazie ancora ad Artemisia, la mia talentuosissima Chiara, che non ha scritto una raccolta di drabble, bensì di poesie vere e proprie. E per questo non la ringrazierò mai abbastanza. Grazie a Silvia e Daniela, Daia, grazie a Lilly per aver perso tempo nel cercare volti di attori per i personaggi della mia saga...e aver tramutato la cosa in una sfilata di gnocchi al forum (fallo in futuro, ad Axia non spiacerà di certo!). Grazie a Siana, Mistyna,Tatty, Marikotter, Barbarela, a Herbie, a Merryluna, che prima o poi arriverà a leggere queste righe, o almeno me lo auguro. Lo stesso per Bad Devil, una delle ragazze più toste che abbia mai avuto il piacere di conoscere.
E grazie, lo dico col cuore, a tutte le L&L e alle moderatrici, perché il forum per me è diventato in breve una seconda famiglia, anche se non ho mai visto nessuna di voi.
Come del resto per tutte le persone che ho salutato precedentemente.
E adesso ringrazio tutti quelli che hanno letto in questi anni, che commentano alla fine concentrandosi in recensioni che farebbero impallidire quei perdenti di critici senza alcun talento. Avrò ancora due giorni, dopo il 20, per rispondervi, poi sarà la macchia per me.
Non so quando Axia deciderà di postare l’Alchimia, ma per allora avrà inviato il dispiaccio spero. Comunque si parlava dei primi di luglio. O del 30, se vuole farmi un regalo di compleanno! ^^
E’ pressione mentale? Ovvio che si.
Bene. È tutto, signori, come si dice.
Io non posso fare altro che farvi appuntamento a mercoledì. Ma non saluterò più nessuno, non voglio ritrovarmi con altre paranoie, perciò...qui vi lascio tutti ufficialmente. E’ stato un piacere scrivere questa saga. Per me e per voi.
Tornerò a farmi sentire, ma per il momento vi lascio nelle mani di Axia.
L’ultimo mio pensiero va a lei.


A non molto presto.
Babi.



Semper Fidelis




 

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