Essa ha l'oro nei capelli, labbra rosse come una rosa... e il sonno eterno essa riposa.

di Nimel17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** She's born ***
Capitolo 2: *** Expected visites ***
Capitolo 3: *** Little plans ***



Capitolo 1
*** She's born ***


Rumpelstiltskin stava iniziando a trovare quella festa molto noiosa. C’erano pochi dolci, poche persone piacevoli e un gran numero di sciocchi. Senza contare le fate. Per rispetto verso i padroni di casa, si stava trattenendo dal strappare loro le ali. Una di loro, una creatura vestita di verde e timida come un cerbiatto dei boschi, aveva tentato di fare conversazione con lui, e dalla sua persona emanava talmente tanta bontà da farlo rabbrividire. Vera bontà disinteressata, non come Reul Ghorm, che aiutava chi le stava a cuore e basta.
Re Stephen lo aveva invitato alla festa in onore della figlioletta appena nata e lui aveva accettato, ritenendo scortese rifiutare. Inoltre, la regina Selene era una bella e cara ragazza, dotata di senso dell’umorismo e dai modi estremamente affascinanti. Vedendo che i reali gli si avvicinavano, buttò in fretta il suo vino in una pianta accanto a lui: aveva gran stima del re, ma quell’uomo non aveva idea di cosa dovesse essere servito agli ospiti.
“Maestà.”
S’inchinò, gli occhi luccicanti come se gli fosse venuto in mente un bello scherzo. La regina gli sorrise e gli tese le mani.
“Sono contenta che siate qui, Rumpelstiltskin.”
Re Stephen era meno espansivo. Non riusciva a dimenticare di avere davanti il Signore Oscuro, pur provando grande ammirazione per la sua astuzia, così si limitò ad un benvenuto d’etichetta e proseguì a salutare altri ospiti. La regina sospirò.
“Scusatelo, Rumpelstiltskin. Non riesce a fidarsi di voi.”
“Vostro marito è molto saggio, dearie.”
Camminò per un po’ con la donna lungo la sala, badando che la sua andatura fosse più stramba del solito, le sue risatine sempre meno umane, gesticolando abbondantemente. La sovrana ad un certo punto si mise a ridere.
“Vi divertite molto a fare il buffone di corte, non è vero Rumpelstiltskin? Dovevate fare l’attore, non il Signore Oscuro.”
Lui chinò la testa, posandosi una mano sul petto.
“Sono onorato della vostra alta opinione su di me, Maestà.”
“Potete ingannare gli altri, ma siete una brava persona, in fondo.”
“Ditemi, quando potrò vedere la deliziosa principessina?”
La regine si guardò intorno, poi gli fece un cenno.
“Venite. La vedrete per primo, prima che venga portata nel salone per farla conoscere agli ospiti. Voi avete spezzato la maledizione che Malefica mi aveva gettato, e se non lo aveste fatto la mia adorata bambina non sarebbe nata.”
Rumpelstiltskin la seguì, incuriosito e stranamente impaziente. Gli fece venire in mente quando era nato Bae, il suo Bae, che Milah gli aveva subito messo tra le braccia, arrabbiata con il figlio per i dolori del parto. Era stato lui il primo a vedere gli occhi castani di Baelfire aprirsi per la prima volta.
“Ci siamo.”
Lui sbatté gli occhi, ritornando al presente. Rimaneva solo quella stretta al cuore che non l’aveva più lasciato da quando il figlio era stato risucchiato in quel vortice.
La stanza della principessa era decorata con moltissimi gingilli che pendevano dal soffitto in file ordinate, producendo un gradevole tintinnio non appena la porta veniva aperta o qualcosa veniva spostato. Una cinquantina di bambole, costruite dai migliori artigiani del regno, fissavano nel vuoto con i loro occhi di vetro. Personalmente, Rumpelstiltskin trovava che in quanto a inquietudine potevano rivaleggiare con i suoi fantocci, che una volta erano stati i genitori di Geppetto.
Un gorgoglio attrasse la sua attenzione. Dei piccoli pugni, non più grandi di una noce si agitavano e sporgevano dalla culla. Un debole pianto iniziava già a farsi sentire e di lì a poco la voce dell’infante si sarebbe udita fino al lago Nostos. La regina si precipitò in avanti, la fronte corrugata per la preoccupazione.
“Tesoro, tesoro, non piangere, ti prego! Che figura farai con il signore che è venuto apposta per vederti? Su amore, lo so che ti sei annoiata qui da sola, ma ora c’è la tua mamma con te.”
Rumpelstiltskin si affacciò per vedere la pargoletta. Era… piccola. Due orecchie delle stesse dimensioni del manico di una tazzina da the, bianche e rosa come conchiglie. Un nasino a punta,  una boccuccia a forma di cuore e tanti capelli, dello stesso colore del miele. Già alcune lacrime iniziavano a scendere dagli occhi serrati.
“Su, su, piccola dearie. Non vorrai gonfiarti i tuoi bellissimi occhietti, vero?”
Accarezzò con un dito le manine della bambina, poi le diede un colpetto sul naso.
“Apri i tuoi occhi, dearie. Perché non mi fai vedere quanto belli sono? Vuoi farmi piangere?”
Si voltò verso la regina, che lo guardava colpita.
“Come si chiama?”
“A-Aurora.”
Lui riportò l’attenzione alla principessa, sfiorandole i capelli, morbidi come velluto.
“Aurora, ma che bellissimo nome che hai, dearie. Vuoi darmi un salutino?”
Il pianto era cessato ormai del tutto, e la neonata aprì piano gli occhi, azzurro chiaro come il cielo invernale, limpidi e grandi. Si fissarono su di lui, poi la piccola bocca si aprì in un sorriso e la bimba emise una serie di urletti felici. Rumpelstiltskin lasciò che gli stringesse un dito, poi si chinò per depositare un bacio su quella pelle di pesca. Quando Aurora gli accarezzò una guancia, il cuore di lui perse un battito e fece una risatina stravagante, agitando una mano sopra lo sguardo della piccola e muovendo le dita come se fossero uccellini impazziti. La principessa era entusiasta e tentava di afferrarlo, alzando le braccia e agitando le gambette corte.
“Sei proprio una principessina adorabile e sensibile ai complimenti come tutte le femminucce, vero mia bella dearie?”
Aurora applaudì con le mani, poi sbadigliò e reclinò la testa di fianco.
“Tanto sonno, dearie? Shh, non bisogna far rumore allora.”
La regina lo guardava, una luce consapevole negli occhi pervinca.
“Siete molto bravo con i bambini, Rumpelstiltskin. Mi fate pensare che siate stato padre a vostra volta.”
Di nuovo quel nodo al cuore. Lui fece un gesto con la mano, come per scacciare una mosca.
“Sciocchezze, dearie. La principessina è pur sempre una donna e so prenderle per il verso giusto, tutto qua. Mi raccomando, dearie, di non dire a nessuno di questo… piccolo idillio. Non vorrei che mi rovinasse la reputazione.”
Poteva vedere che la donna aveva tutt’altro che abboccato, ma per educazione lei non fece domande e lo ricondusse nella sala della festa, cercando con lo sguardo il marito.
Rumpelstiltskin la seguì con la coda dell’occhio mentre parlava con il re, poi rivolse altrove la sua attenzione.
“Rumpel.”
Una sola persona al mondo poteva chiamarlo così.
“Regina, che dispiacere vederti.”
La matrigna di Biancaneve indossava uno splendido abito di velluto blu scuro, la sua parure di zaffiri doveva venire dalle miniere in fondo al mare per la purezza delle pietre, ma ai suoi occhi lei sarebbe stata sempre la sua prima e unica apprendista. L’aveva vista piangere e rifiutarsi di prendere il cuore ad un unicorno, per poi strapparlo ad una ragazza che l’aveva rimpiazzata momentaneamente come allieva, l’aveva sentita evocarlo pronunciando male il suo nome, aveva assistito alla scomparsa dal suo sguardo di ogni buon sentimento.
“Sei stato bloccato anche tu in questa farsa di festa, Rumpel?”
Per la verità, era della sua stessa opinione, ma lui si era fatto da un bel po’ il punto d’onore di non trovarsi mai in accordo con Regina.
“Non chiamarmi così, dearie. Io invece la trovo un magnifico evento.”
“Tutto per una piccola peste. Sarebbe stato meglio se fosse morta durante il parto.”
Spiò la sua reazione, ma Rumpelstiltskin aveva il viso inespressivo.
“Se vuoi scusarmi, dearie, devo cercare una conversazione piacevole e divertente con cui intrattenermi.”
La superò senza degnarla di uno sguardo ulteriore e vagò per il salone, sorseggiando del the che aveva fatto comparire con la sua magia.
“Scusate, siete Rumpelstiltskin, il Tessitore, il Signore Oscuro?”
Lui si voltò. Una ragazza di non più di sedici o diciassette anni lo stava fissando, le mani intrecciate saldamente per nascondere il loro tremore. Era molto esile, con lunghi riccioli rosso rubino, la pelle candida e due occhi verdi che sembravano troppo grandi per quel viso minuto. L’istinto di Rumpelstiltskin fece suonare alcuni campanellini nella sua testa e sorrise. Sapeva riconoscere a prima vista un’anima disperata.
“In carne ed ossa, dearie. Con chi ho l’onore di parlare?”
“Sono la principessa Elise di Ruwenda. Desidero stringere un accordo con voi, sono… disperata.”
“Lo vedo, dearie.”
“Mia madre è morta nel darmi alla luce e io le assomiglio moltissimo, o almeno così mi dicono. Mio padre ne era assai innamorato, ma ora i ministri del regno lo stanno esortando a risposarsi per cercare di avere un erede maschio.”
La fanciulla tacque e lui unì le punte delle dita davanti al viso.
“Cosa vorresti, dearie? Che non si sposasse più per restare fedele alla memoria di tua madre?”
“No! No, non voglio che resti solo per tutta la vita. Ma… vuole sposare me. Sua figlia! Ha perso la ragione, in me vede mia madre, non vuole sentire ragioni! Persino il Consiglio Reale si è opposto, ma è tutto inutile. Ho tentato di rimandare l’inevitabile. Ho chiesto come dono di nozze un abito fatto d’aria, uno fatto di fiori di prato e uno di luce lunare, ma lui è ricorso all’aiuto di una regina competente di arti magiche ed ora sono con le spalle al muro.”
In tutta sincerità, a Rumpelstiltskin era venuto un attacco di nausea incipiente. Sospettava che anche dietro l’improvvisa pazzia del sovrano ci fosse lo zampino di Regina. Non era mai andata d’accordo con Melisande di Ruwenda.
“Ripeto, dearie, cosa vorresti esattamente?”
“Una via di fuga. Per scappare dal regno in modo che nessuno mi riconosca.”
“Un travestimento, dunque.”
Riflettè. Questa richiesta era particolare, diversa dalle solite preghiere che gli venivano rivolte.
“Ascoltami bene, dearie. Come ultimo regalo di nozze, chiedi a tuo padre la pelle di un asino.”
“Di un…”
“Asino. Quando l’avrai ottenuta..”
Le porse una piccola ampolla dai riflessi purpurei.
“Versaci sopra il contenuto di questa pozione e avvolgiti in essa. Grazie alla magia, chiunque vedrà una povera, giovane mendicante avvolta in una pelle d’asino.”
Le mani della principessa si tesero per afferrare la boccetta, ma lui fu svelto a ritrarla.
“La magia ha sempre un prezzo, dearie.”
Il labbro inferiore della ragazza tremò, ma lei sostenne il suo sguardo.
“Cosa volete?”
“Oh, una cosa del tutto simbolica. Fino a che qualcuno non capirà la tua identità, non potrai dire il tuo nome, né da dove vieni, né di avermi incontrato.”
“D’accordo.”
Rumpelstiltskin fece comparire la pergamena da firmare e non potè non ammirare l’intelligenza della fanciulla nel leggere il contratto. Erano pochissimi quelli che lo facevano.
“Qui… qui c’è scritto che volete il mio primogenito. Non voglio questo.”
“Un tranello, dearie.”
La clausola venne cancellata con uno schiocco di dita, dopodichè lei firmò.
“Ecco a te, dearie. Goditi la tua nuova vita.”
“Grazie.”
Rumpelstiltskin ridacchiò, soddisfatto. Era riuscito a concludere un altro patto.
“Signore e signori, la principessa Aurora.”
Dalla porta della sala entrò la regina Selene, reggendo un fagotto rosa tra le braccia. La donna depositò la figlia sulla culla che aveva fatto trasportare nel salone e tutti si misero in fila per rendere omaggio all’erede. Lui notò re Stephen parlare sottovoce con re Umberto e scommise con se stesso che stavano concordando un matrimonio tra Aurora e il principe Filippo, un ragazzino allegro con la testa sulle nuvole. Non riuscì a trattenere un risolino nel vedere i due sovrani vicini: Umberto era basso quanto Stephen era alto, largo quanto l’altro era lungo. Non aveva capelli ma folte basette e baffi bianchi, mentre il secondo re aveva capelli neri, sottili e una barbetta a punta.
Aspettò con pazienza di potersi avvicinare alla principessina. Per quanto detestasse ammetterlo, aveva un debole per le belle donne e un debole ancora più grande per i bambini, ancora incorrotti dalla malvagità del mondo. Le fate furono le prime a consegnare i loro doni.
“Aurora avrà una voce che rivaleggerà con quella degli usignoli.”
“La principessa avrà le labbra più rosse dei rubini.”
“La sua bellezza non sarà avvicinata da nessun’altra.”
All’improvviso, una folata di vento spense le candele e un gelo pungente avvolse la stanza. Lampi verdi squarciavano di tanto in tanto  il buio e Rumpelstiltskin si sentì in apprensione. Sapeva che quella era la solita entrata in scena di Malefica, una strega molto potente e migliore amica di Regina. Come se invocata dal suo pensiero, la maga comparve al centro della sala. Indossava un abito viola scuro, accollato e lungo tanto da formare un cerchio sul pavimento di pietra, costituito da una sola gonna che scivolava lungo la figura snella. I riccioli biondi erano sciolti sulle spalle e gli occhi erano neri di rabbia, le mani serrate intorno al suo scettro magico. Il suo fedele corvo stava appollaiato sulla sua spalla, tenendo d’occhio tutti con i suoi occhi rossi.
“Ma bene. C’è una festa. Che sbadata, devo essermi persa l’invito.”
La regina si mise subito davanti ad Aurora e il re si pose davanti a lei.
“Cosa vuoi, strega? Non ti basta il male che ci hai già arrecato?”
Malefica spalancò innocentemente gli occhi e rise.
“Oh, ma io non sono qui per turbare la vostra felicità! Anzi, sono venuta ad offrire anch’io un dono alla principessa.”
Avanzò fino alla culla e spostò con un gesto della mano i sovrani, poi toccò la bambina con le dita affusolate.
“La cara Aurora crescerà bella come l’alba di cui porta il nome, amata da tutti, buona, saggia e intelligente.”
Gli invitati tirarono un sospiro di sollievo, ma Rumpelstiltskin digrignò i denti. Conosceva troppo bene quella donna per lasciarsi ingannare. Difatti, le sue seguenti parole confermarono i suoi timori.
“Ma, al suo sedicesimo compleanno, si pungerà un dito con un arcolaio e la principessa morirà.
Una sfera luminosa illuminò la culla e qualcuno urlò. Re Stephen sguainò la spada.
“Alle guardie! Prendetela!”
Malefica rise, batté una volta lo scettro a terra e venne circondata da un fuoco di un verde spettrale, poi scomparve, avvolta in una nube oscura. L’eco della sua risata fu l’ultima cosa a scomparire.
La regina Selene si era accasciata contro la parete, piangendo. Il re le cinse le spalle con le braccia, e tutti si guardavano, sgomenti. Rumpelstiltskin cercò con lo sguardo Regina, socchiudendo gli occhi: la donna sorrideva, vittoriosa. Non amava che qualcun altro avesse il suo Lieto Fine se lei non poteva averlo. Si decise allora ad avanzare, e la sua voce risuonò quasi scherzosa nel silenzio che continuava a persistere dopo la partenza di Malefica.
“Non ho ancora espresso il mio dono alla bambina.”
Se possibile, il silenzio si fece persino più profondo. Gli occhi chiari della regina lo guardavano come se avesse appena detto che aveva sconfitto il Tristo Mietitore.
“Puoi sciogliere la maledizione? Puoi fare questo?”
Lui sospirò e scosse la testa.
“Non posso scioglierla, né annullarla. Malefica non è una fattucchiera alle prime armi e purtroppo sa quello che fa.”
La sovrana tornò a nascondere il viso tra le mani, singhiozzando, mentre il re la stringeva al petto.
“Ma posso renderla meno… drastica.”
Le Loro Maestà lo fissarono, impazienti.
“Il giorno del suo sedicesimo compleanno, la principessa si pungerà sì con un arcolaio, ma non morirà. Cadrà in un sonno profondo, che durerà…”
La sua mente venne scossa dalla visione di un giovane dai capelli e dagli occhi scuri, chino su una fanciulla addormentata dalla lunga chioma castana, le labbra rosse e la pelle rosea.
“Che durerà fino a quando, da questo momento a cento anni, riceverà il bacio del Vero Amore, la magia più potente di tutte, che può spezzare qualsiasi maledizione.”
Persino da dov’era sentì Regina sibilare per l’ira. La regina Selene gli strinse le mani.
“Grazie, Rumpelstiltskin. Grazie.”
Lui s’inchinò, poi uscì dalla sala, ridacchiando, consapevole che tutti gli occhi erano puntati sulla sua schiena.
 

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Capitolo 2
*** Expected visites ***


Più tardi, quella notte, stava filando la paglia in oro.
“Perché filate così tanto? Oh, scusate, è solo che avete già ottenuto tanto oro da non sapere come spenderlo.”
“Mi aiuta a dimenticare.”
“Che cosa?”
“Penso che abbia funzionato.”
Nemmeno il rumore della ruota lo  distoglieva dai suoi ricordi che lo ossessionavano, ormai. Aveva perduto tutti quelli che aveva amato, per sua stessa colpa. Ma Bae, Bae l’aveva tradito due volte: ricordava ancora quando aveva promesse solennemente, anche se in un impeto di rabbia, che non avrebbe amato nessun altro sino a quando non si sarebbe ricongiunto il figlio.
E invece, aveva incontrato Belle.
E lei era morta, dopo essersi tolta la vita buttandosi giù dalla torre di suo padre, che aveva ricompensato il suo sacrificio per il regno con frustate e ferri roventi. L’unica consolazione era stato lo sguardo terrorizzato del re, quando Rumpelstiltskin aveva creato l’illusione di un’invasione degli Orchi. Lui stesso si era presentato, alla fine di tutto, per un’ultima vendetta. Se fosse stato Regina, gli avrebbe strappato il cuore, ma non era certo che ne avesse uno, così si era limitato a trasformarlo in una bestia orribile, dalla testa di cinghiale, coda di serpente, corpo di toro e aveva trasformato il castello di Avonlea in un Labirinto, per proteggere gli abitanti innocenti dal loro nuovo sovrano.
La porta della stanza si aprì improvvisamente, lasciando entrare una corrente d’aria fredda. Malefica stava entrando a passo spedito.
“Come hai osato!”
“Ti prego, dearie, chiudi la porta. Questo castello è già abbastanza pieno di spifferi.”
Continuò a filare, come se non gliene importasse niente della nuova visitatrice. Sentì la porta sbattere e sorrise. Malefica non era mai stata una donna paziente: mentre Regina avrebbe potuto attendere la sua vendetta anche per un secolo, lei sfogava subito la sua rabbia, per poi lasciare spesso incompiuti i suoi propositi. La strega indossava ancora l’abito scuro del suo exploit alla festa.
“Mi chiedo perché mi disturbi ancora a tenere le porte chiuse a chiave. Chiunque entra come e quando vuole. Non ti pare, dearie?”
“Al diavolo, tu e le tue facezie. Esigo subito una spiegazione per il tuo empio gesto di modificare la mia maledizione alla principessa Aurora.”
“Il mio empio gesto, come lo chiami tu dearie, ha salvato la sua vita. Non avevo stretto alcun accordo con te che m’impedisse di fare altrimenti.”
Gli occhi di Malefica stavano già tornando del loro solito celeste. La rabbia stava evaporando, come aveva previsto.
“Sì, in effetti posso essere stata un po’ esagerata. Ma quei reuncoli hanno avuto l’ardire di non invitarmi alla festa!”
“Malefica, sono certo che ricorderai il sortilegio che hai scagliato sulla regina Selene.”
“Ma quello è stato secoli fa! Me n’ero persino quasi dimenticata.”
“Beh, loro no.”
La strega sospirò.
“Ormai non posso disfare ciò che ho fatto: ne va del mio buon nome.”
La donna iniziò a passeggiare per la stanza, e Rumpelstiltskin iniziava a sentirsi infastidito per i fruscii del suo vestito vaporoso.
“Cosa posso fare? Inoltre, re Stephen mi ha fatto un ulteriore affronto.”
“Ma davvero, dearie?”
“Ha osato emettere un bando con il quale ordinava di distruggere tutti gli arcolai del regno! Come se non potessi farne comparire uno alzando un mignolo!”
Rumpelstiltskin ridacchiò.
“In effetti, il re non ha mai brillato per intelligenza. Ma devi concedergli la paura per la figlia, la piccola Aurora.”
Malefica gli venne all’improvviso davanti e sfiorò l’oro filato dalla paglia.
“Ascolta, Rumpelstiltskin, voglio stringere un patto con te.”
Lui inarcò un sopracciglio e si alzò a sua volta, fermandosi a pochi millimetri da lei per esaminarla bene ad occhi dischiusi.
“Stai scherzando, dearie?”
Lei sostenne il suo esame impassibile.
“Affatto. Voglio che mi aiuti a portare a termine questa maledetta vendetta.”
Rumpelstiltskin le voltò le spalle, facendo un cerchio in aria con la mano.
“Temo sia impossibile, dearie. non mi rimangio la parola data.”
“Non hai mai promesso di non aiutarmi. Ascoltami bene, Rum.”
Lui emise uno sbuffo insofferente.
“Ma che cos’avete tu e Regina con il mio nome? Inizio a credere che vi risulti difficile pronunciarlo per intero.”
“Non beffarti di me, Rumpelstiltskin. Può darsi che le fate amiche della regina sappiano riconoscere la mia magia.”
“Indubbiamente. Ha un’impronta inconfondibile.”
“Ma non conoscono la tua.
“No davvero. Ma se pensi che…”
“Non penso niente. Cosa vuoi in cambio del prestito dell’arcolaio che usi per filare la paglia in oro fra sedici anni?”
Le spalle del Signore Oscuro erano scosse da tremori. Fece una mezza piroetta su se stesso e rise, sempre più incontrollato. Gli occhi scuri erano screziati di lampi d’oro e la bocca era aperta in una fessura sottile.
“Esilarante, dearie. La regina mi ha detto che sono un ottimo buffone di corte, ma tu potresti essere la mia compagna nel duetto.”
“Per la seconda volta, Rumpelstiltskin, non sto scherzando. Se tu mi darai il tuo arcolaio, ti darò una cosa molto preziosa. Una cosa che so che tu stai cercando da molto tempo.”
Lui si sentì momentaneamente la gola secca. Le parole che voleva dire erano tutte bloccate all’interno della mente e non volevano saperne di uscire dalla bocca. Dopo qualche secondo, riuscì a ricomporsi.
“Se sei così informata, dearie, saprai che non è una cosa quello che sto cercando.”
“Oh, lo so. Ma per arrivare a ciò che vuoi devi avere qualcosa che ti permetta di arrivarci. Un portale verso un altro mondo… un mondo senza magia. Sbaglio?”
Rumpelstiltskin si sentiva male. Gocce di sudore gli scendevano dalla fronte e gli occhi erano diventati trasparenti come vetro. Si voltò e le fu addosso in meno di un istante, stringendo la gola della strega tra le mani. Posò una mano sul suo petto, dove sentiva il cuore, e premette.
“Come lo sai? Chi te l’ha detto? Dimmelo, o sai cosa succederà Malefica. Chi pensi che abbia insegnato quel trucchetto alla tua cara amica Regina?”
Le pupille della donna erano dilatate per la paura.
“Il… il mio corvo. Volando, sente e vede molte cose e io dopo ne assorbo il ricordo. Ho assistito al tuo incontro, molto tempo fa, con un marinaio specializzato nel recuperare rarità. Ti chiese in cambio la giovinezza eterna, se non vado errata.”
Lui la lasciò andare, veloce come l’aveva afferrata.
“Cosa puoi darmi, dunque?”
“Avrai sentito parlare dell’ossessione di Regina verso Biancaneve. Ha letto in un testo antico di una maledizione, così potente da portare tutto il mondo delle fiabe in un'altra dimensione senza magia, dove il tempo per noi sarebbe eternamente fermo. Senza invecchiare, senza morire, senza ricordi chi eravamo qui. Vuole attuarla per eliminare non solo il lieto fine della figliastra, ma quello di tutti.”
“Cosa c’entriamo io e te?”
“Io ho l’ingrediente principale per crearla, ma non l’ho detto a Regina. Tu sei il più abile pozionista di tutti i reami e solo tu puoi riuscire a farla. Lei verrà presto da te a chiederti aiuto, e se glielo darai, potrai essere nel mondo in cui c’è anche tuo figlio e trovarlo, finalmente.”
“Non prenderti gioco di me, dearie. Hai detto che nessuno conserverà memoria di questa vita.”
“Sono certa che troverai un modo nel patto che stringerai con Regina. Oppure, sarai sicuramente in grado di creare una pozione in grado di mantenere intatti i tuoi ricordi.”
Il cervello di Rumpelstiltskin ragionava veloce. Solo una cosa sarebbe stata in grado di assicurargli quell’esito: una goccia di una magia più potente della maledizione che la regina voleva scagliare. Lo sguardo saettò verso l’unico posto vuoto della sua collezione. Solo il Vero Amore avrebbe potuto effettivamente avere successo. Ma non aveva idea di come fare per crearlo. Belle era morta…
Il pensiero della bambina che avea visto solo poche ore prima gli invase la mente e per un momento prese in considerazione l’idea di rifiutare. Gli sembrava di tradirla, come aveva tradito suo figlio.
“E in cambio di questo… ingrediente, vuoi che tra sedici anni ti presti il mio arcolaio?”
“Esatto.”
Il suo cuore riprese a battere regolarmente.
“Affare fatto.”
Schioccò le dita e le porse la pergamena. Malefica lesse il testo, poi firmò con la sua piuma lilla.
“È sempre un piacere fare affari con te, Rumpelstiltskin.”
“Gli accordi sono il mio punto debole, lo sai dearie. Non so resistere.”
Quando la sua ospite se ne andò, lui batté le mani e rise, una risata acuta e stridula. Nessuno prestava mai attenzione a quello che chiedeva: la cara Malefica aveva dato per scontato che la principessa Aurora si sarebbe avvicinata al suo arcolaio, ma lui non aveva certo promesso di fare sì che la ragazza si pungesse.
 
 
Angolo dell’autrice: Un altro capitolo, dopodichè siamo quasi alla fine; spero di non aver dato l’impressione di una Malefica troppo buona, ma nel secondo episodio mi sembrava molto più ragionevole di Regina e poi si tratta di una delle mie cattive preferite. Ringrazio jarmione per aver recensito e le comunico che l’adoro anch’io, soprattutto per la sua venerazione per Rumpel e Jareth, poi ringrazio Chihiro per aver messo la storia tra le ricordate e ancora jarmione, Katharine, Silvie de la nuit per averla messa tra le seguite. Alla prossima avventura!

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Capitolo 3
*** Little plans ***


Rumpelstiltskin uscì e si materializzò nel castello della regina Selene e di re Stephen. Come aveva previsto, li trovò nella stanza della bambina. Il re aveva le mani appoggiate sulle spalle della regina, che sembrava vuota, gli occhi privi di vita.
“Maestà.”
I due sovrani sussultarono e lo guardarono come se avessero visto un fantasma.
“R-Rumpelstiltskin… come avete fatto ad entrare?”
“Per favore, sire non fatemi un così grave torto. Non sono venuto per fare del male, anzi sono qui per dare un consiglio.”
“Diteci, diteci, ve ne prego.”
“Voi non dovrete saperne niente. Ne discuterò con le fate. Loro conoscono la magia di Malefica, ma voi siete troppo facilmente ingannabili e potrebbe leggere i vostri ricordi, la vostra mente e sapere qualcosa che potrebbe nuocere alla principessa.”
La regina non perse tempo e uscì dalla camera, quasi correndo, seguita dal marito. Rumpelstiltskin ne approfittò per rivedere la piccola Aurora. La bimba era tutt’altro che addormentata, e non appena lo vide spalancò gli occhi chiari e aprì le manine verso di lui, agitando le mani.
“Buonasera anche a te, dearie. O forse dovrei dire buongiorno. Ma a te non importa, vero?”
Aurora gorgogliò e tese le braccia corte e paffute.
“Vuoi che ti prenda in braccio, dearie? Stanca di stare nella culla?”
La principessine si mise un ditino in bocca e lo guardò con aspettativa.
“Come Sua Maestà desidera.”
La prese e se l’alzò sopra la testa. La piccola aprì le braccia e fece un urletto di gioia, deliziata dal trovarsi per aria. Sentendo dei passi avvicinarsi, lui si affrettò nel rimetterla a posto, ma Aurora protestò.
“Su, dearie, se mi trovano a prenderti in braccio crederanno che ti voglia rapire, trasformarti in goblin o mangiarti. In effetti sei molto tenera, potrei anche farlo sai?”
Lei gli afferrò il dito e lo strinse.
“Ahi! Scherzavo, dearie. Sei permalosa come tuo padre, non c’è dubbio.”
La porta si aprì e Rumpelstiltskin si girò, aprendo le braccia come se accogliesse dei vecchi amici. Tre fate stavano davanti a lui. La prima era la più anziana, con i capelli grigi e l’abito rosso; vicino a lei stava quella vestita di verde, che aveva tentato di fare amicizia con lui alla festa e in disparte c’era la più giovane, dalla veste azzurra. Sempre esibizioniste, le fate.
“Ma buonasera, signore.”
S’inchinò e fu ricompensato da un sorriso dalla fata verde, la cui bontà si manifestava attraverso due bellissime fossette. Quella più anziana la fulminò con gli occhi e di conseguenza la terza, dopo aver preso atto del silenzioso rimprovero, avanzò di un passo e gli rivolse un sorriso smagliante.
“Buonasera, Signore Oscuro.”
Non doveva correre buon sangue tra le due fate. Lui ne fu compiaciuto.
“Lasciate stare i titoli, potete chiamarmi Rumpelstiltskin.”
“Io sono Merryweather.”
La Signorina Bontà fece un piccolo inchino.
“Io sono Fauna.”
Controvoglia, la terza fata fece un cenno del capo. Doveva essere amica per la pelle di Reul Ghorm.
“Flora. La regina ci ha detto che dovete parlarci.”
Rumpelstiltskin schioccò le dita e isolò il castello da magie estranee.
“Proprio così. Certo saprete che Malefica è più che determinata nel suo proposito di danneggiare la cara principessa.”
“Non ci dite niente di nuovo. E poi, perché dovremo fidarci di voi?”
Lui si portò una mano al petto.
“Sono ferito, davvero.”
Con sua grande sorpresa, Fauna gettò uno sguardo obliquo a Flora. Non gli aveva mica creduto?
“Vi dimostrerò che sono degno di fiducia dicendovi tutta la verità. Poco fa Malefica ha stretto un patto con me, chiedendo il mio arcolaio per far pungere Aurora il giorno del suo sedicesimo anno.”
Le tre trattennero contemporaneamente il respiro.
“Come avete potuto, essere malvagio e abietto?”
“Ma non ho promesso di aiutarla ulteriormente. Infatti, sono qui per comunicarvi come proteggere la principessa per più di sedici anni.”
Fauna sospirò, rassicurata. Flora era scettica e Merryweather sembrava soppesarlo.
“Come?”
“Portatela al sicuro. In una capanna nel bosco di questo reame. Che sia vicino: Malefica certamente la cercherà più volentieri lontano che non sotto il suo naso. Voi sarete tre contadine che hanno adottato una trovatella.”
“Ma la principessa vorrà stare con i suoi genitori!”
“La principessa non dovrà sapere la sua reale identità. Dovrà vivere nella finzione, per il suo bene.”
Calò il silenzio. La prima a parlare fu Merryweather.
“E cosa impedirà a Malefica di trovarci?”
“Lei può rintracciarvi solo se userete la magia.”
Tutte e tre si coprirono la bocca con le mani.
“Senza magia?”
“Come faremo?”
“È impossibile!”
Lui ascoltò le loro rimostranze con le mani unite davanti  a sé, paziente.
“Se preferite, posso tenerla al castello con me. Malefica non oserà fare niente lì.”
Accarezzò la testa vellutata della bambina, che tese le braccia ed emise piccole risatine.
“Lei ne sarebbe più che felice.”
Flora scattò in avanti.
“No! Lo faremo!”
Rumpelstiltskin ne fu un po’ dispiaciuto, ma chinò il capo.
“Ma certo, ma certo. Saprete anche che i nomi hanno un potere: d’ora in poi, il nome di Aurora non verrà più pronunciato. Il suo nome sarà Rosaspina.”
Merryweather, chiaramente la più pratica e obiettiva tra le sue compagne, incrociò le braccia sul petto.
“Come ci fidiamo di voi?”
“Avete mai sentito che non abbia mantenuto la mia parola?”
L’altre arricciò le labbra, poi le rilassò.
“No. Ma questo non significa niente.”
“Vi sentite più sicure stringendo un accordo?”
“Sia mai! Chiunque faccia un patto con voi poi se ne pente.”
Rumpelstiltskin fece comparire un contratto.
“Potete leggerlo e metterlo alla prova con la vostra magia.”
Tutte e tre lo lessero avidamente. Alla fine, persino Flora fu costretta a fare un cenno di approvazione.
“Non c’è niente che non vada. Qual è il vostro prezzo?”
Lui si prese il mento tra le dita, meditabondo. Poteva chiedere una bacchetta magica. Un lasciapassare nella Terra delle Nebbie. I suoi pensieri vennero interrotti da uno sbadiglio della principessa.
“Il mio prezzo è che mi permettiate di vedere la bambina, una volta al mese. Naturalmente, assumerò una forma umana. Sarò una specie di zio, prendetela come volete.”
Flora e Merryweather socchiusero gli occhi.
“E perché vorreste questo?”
“Non intendo fare del male alla piccola. Certo ricorderete che sono stato io a commutare la sua condanna a morte. No, voglio verificare che col tempo vada tutto secondo i piani. Inoltre, mi sono affezionato alla maestà qui presente.”
Tese un dito e Aurora lo afferrò, come aveva previsto.
“Lei si fida di me, vero dearie?”
La principessina gorgogliò divertita e aprì e chiuse le mani sistematicamente. Personalmente, Rumpelstiltskin aveva sempre trovato inquietante quel movimento nei bambini: sembrava si esercitassero a strangolare. Fauna lo guardava intenerita, Flora era sospettosa come sempre e Merryweather non lo stava guardando per niente, assorta nei suoi pensieri.
“Molto bene, Rumpelstiltskin. Accettiamo il patto, se questo può salvare la bambina.”
Lui rise e batté le mani, soddisfatto. Aurora ne fece un eco e Rumpelstiltskin le sorrise, deliziato.
“Stai già imparando a fare come lo zio Rum, vero tesoro?”
Flora rabbrividì e fece alcuni passi indietro.
“Vado ad avvertire il re e la regina che la loro figlia sarà al sicuro e di non cercarla. Non diremo loro che c’entriamo anche noi.”
“Un istante.”
La voce di lui era diventata fredda, proprio come quella che ci si aspetterebbe da un Signore Oscuro.
“In questi sedici anni, non usate la magia. Il giorno del sedicesimo compleanno della piccola, non perdetela di vista. Fatela addormentare con delle erbe se necessario, state sempre con lei. Se vorrà raccogliere delle bacche, andate con lei. Se andrà in paese, accompagnatela. Non avvicinatevi ad estranei. Aspettate un giorno ulteriore per rivelarle la verità e riportarla a palazzo, o tutto sarà stato vano. Mi sono spiegato?”
Le tre fate annuirono, solenni. Lui non era del tutto tranquillo: le persone pure e in buona fede erano quelle più facili da turlupinare, ma doveva accontentarsi.
Sedici anni dopo, avrebbe seppellito la testa tra le mani e avrebbe maledetto l’idiozia degli esseri fatati.
 
 
 
Angolo dell’autrice: Mi dispiace d’essere arrivata alla fine, ma ho troppi progetti di storie (su Rumpel ovviamente) che mi frullano in testa quindi era meglio finirla questa fic. Grazie a jarmione e Samirina per le recensioni, a Samirina e Ginevra Gwen White per aver messo la storia tra le preferite, a nari92 per averla inserita tra le seguite. Alla prossima storia!
P.S. potevo sopportare Flora e Fauna, ma Serenella…… proprio no, così ho tenuto l’originale inglese Merryweather. Chiedo scusa se ho causato fraintendimenti (anche se spero di no). 

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