Ritorno alla vita, ritorno ai Gold Saint.

di White Gundam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Resurrezione -Saori Kido/Athena ***
Capitolo 2: *** Resurrezione -Shaka di Virgo ***
Capitolo 3: *** Resurrezione -Mu di Aries ***
Capitolo 4: *** Resurrezione -Saga, Kanon di Gemini ***
Capitolo 5: *** Resurrezione -Aiolia di Leo ***
Capitolo 6: *** Resurrezione -Camus di Acquarius, Milo di Scorpio ***
Capitolo 7: *** Resurrezione -Shura di Capricorn ***
Capitolo 8: *** Resurrezione -Aldebaran di Taurus ***
Capitolo 9: *** Resurrezione -Aiolos di Sagittarius ***
Capitolo 10: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 11: *** Fratelli ***
Capitolo 12: *** Stagioni ***
Capitolo 13: *** Sirya, la Primavera ***



Capitolo 1
*** Resurrezione -Saori Kido/Athena ***


Era finita gia.
Avevano vinto.
Ma quante perdite, quella vittoria, aveva portato?
E quante ancora ve ne sarebbero state?
Non lo sapeva.
Non voleva saperlo… D’altronde, d’altronde non era il momento di pensarci.
Quello di adesso era un momento allegro, felice: non era la morte, ma la rinascita.
Athena sorrise, seppur amaramente, ma sorrise.
I suoi pensieri erano rivolti ai cinque eroici Cavalieri di Bronzo, a cui doveva la vita, ma non era loro che ella avrebbe fatto resuscitare.
No, non più. Era cresciuta, aveva raggiunto la maggiore età, ed era ora pienamente conscia dei suoi doveri di Dea.
Doveva resuscitare i guerrieri dalle armature più forti: i Cavalieri d’oro.
Questa era d’obbligo per preservare la pace.
Ma non avrebbe riportato in vita tutti quanti, il suo cosmo le permetteva di resuscitarne dieci al massimo:
“I primi dieci che risponderanno al mio cosmo”
Pensò. Sì portò quindi in cima all’altura delle stelle, me mani chiuse, palmo a palmo, come in preghiera.
Lì espanse il suo cosmo, lì sotto la statua d’Athena, la Dea con cui ora la giovane Saori era completamente fusa.

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Capitolo 2
*** Resurrezione -Shaka di Virgo ***


Un cosmo, un cosmo caldo e intenso, lo sentiva.
Poteva percepirlo, toccarlo quasi, anzi no, toccarlo no… Qualunque cosa si toccasse era, secondo lui, terrena ed inutile.
Però lo sentiva: forte, caldo, abbagliante, rassicurante, premuroso, ma soprattutto ricco di speranza.
Quella luce che era il cosmo, quell’energia che esso era attraversò il regno dell’Ade e raggiunse senza problemi il cuore di quel ragazzo, di quell’uomo, seduto a gambe incrociate trai fiori dell’elisio.
Gia, l’elisio. Vi era arrivato finalmente, dopo anni di patimenti era lì, seduto, a meditare trai fiori di quel magico luogo ultraterreno.
Il ragazzo si alzò, i capelli, biondi e lunghi, gli ricaderono elegantemente ed ordinatamente sulla schiena.
I piedi, rivestiti della dorata armatura, toccarono terra senza un rumore, sfiorando quei fiori delicati senza neanche calpestarli.
Cominciò a camminare, non sapeva dove quel cosmo l’avrebbe portato.
Non gli interessava.
Tutto ciò che gli interessava in quel momento era seguirlo, farsi condurre da egli, perché egli era il cosmo della sua Dea.
Camminava, gli occhi chiusi, sembrava cieco, non lo era: concentrava il suo cosmo. Era grazie a quello che egli era riuscito a rispondere al richiamo della sua Dea, il suo volto però non recava sorriso, ne tantomeno gratitudine… Era come… Vuoto.
D’altronde questo non gli dispiaceva affatto: la sua forza stava nell’estraniarsi completamente dalla realtà, stava, ne era certo, anche nella sua indifferenza al mondo ed agli avvenimenti.
Non era sempre stato così… Solo da quando era diventato apprendista cavaliere, ed in seguito, cavaliere stesso…

“Mamma: posso andare a giocare al fiume?”
Il bimbo sorrise, facendo gli occhi dolci alla madre. Quegli occhi erano di un azzurro intenso, e vi si rispecchiava il cielo, che da poco aveva assunto quel colore.
Erano infatti le prime luci della mattina, e il bambino, che si era gia alzato da qualche ora, e aveva aiutato la madre a prendere il cibo e prepararlo, sperando di estorcerle un sì.
Non lo faceva certo solo per quello, sapeva che il padre era morto in battaglia, una cosìdetta Guerra Sacra, e che lui, seppure era il più grande trai suoi fratellini e sorelline, però adorava quel fiume, e gli sarebbe tanto piaciuto andarci a giocare, la madre però fu irremovibile:
“Shaka!”
Lo apostrofò, mentre il bimbo univa le mani a mo’ di preghiera e cominciava a farsi tremare il labbro inferiore:
“In che lingua devo dirtelo che quel fiume è sacro? Non puoi giocarci e nuotarci come niente!”
Il tono di lei era severo, Shaka abbassò il visino, mentre due goccioloni gli rigavano le guancie:
“Non è giusto però!”
Mormorò, trai singhiozzi.
Non era la prima volta che quella situazione si ripeteva, e non era la prima volta che il bimbo reagiva in quel modo, ma, seppur molto piccolo, il bambino era parecchio maturo, e, sapendo la situazione non voleva dare ulteriori dispiaceri alla madre, così tornava nella capanna e si occupava dei fratelli.
Il bimbo però tornò poco dopo in lacrime:
“Mamma, mamma!”
Il tono del bambino era completamente disperato. La donna si voltò verso di lui:
“Calmati cucciolo, che succede?”
Gli chiese, posandogli una mano sulla testolina e scompigliandone i capelli biondi, ma il bimbo non sembrava riuscire a calmarsi, e continuava a piangere e singhiozzare, il respiro rotto dal pianto:
“Mamma…”
Riuscì a dire soltanto, poi indicò con il dito indice della mano destra la capanna:
“Sasha…”
Mormorò, ma non riuscì a concludere la frase e si strinse il petto.
La mamma capì, lasciò Shaka lì, da solo, e corse dentro, alla coperta sulla quale era sdraiata la bimba di cui il figlio aveva detto il nome: come temeva: la bambina era morta.
La donna scoppiò a piangere, stringendo a se l’esile corpicino… Anche se lo sapeva: avrebbe dovuto farci l’abitudine, la morte dei neonati era all’ordine del giorno: Shaka era sopravvissuto, ma prima di lui gia due erano morti.
La mamma tornò fuori e strinse a sé il bimbo, che, in lacrime, faticava addirittura a respirare, la madre cercò quindi di rassicurarlo:
“Tranquillo Shaka: Sasha non è morta del tutto, vive ora in un altro mondo, tra le stelle forse, in quella costellazione che, la vedi, era il suo ed è il tuo segno zodiacale: la Vergine”
Il bambino si asciugò le lacrime:
“Sasha è una stella? E’ diventata una stella?”
Chiese, con gli occhi azzurri ancora lucidissimi, la donna annuì:
“Sì Shaka, piùo meno è così”
Rispose.

Da quel momento il lutto era diventato per Shaka cosa quasi normale, e ben presto l’intera sua famiglia era morta per un’epidemia di peste, lui era stato salvato da un anziano che diceva di chiamarsi Dohko di Libra, ed era stato allenato ed investito a Cavaliere d’oro della Vergine.
Le sue ultime lacrime le aveva piante alla morte della madre, poi basta.
Aveva imparato ad estraniarsi da tutto, a vivere senza provare sentimenti, distaccato ed insensibile al mondo, solo all’universo.
Seguì quel cosmo divino.
Lo seguì fino a quando non sentì sotto i propi piedi la fresca erba dell’altura delle stelle, e sul viso e trai capelli la brezza del regno dei vivi.
Una voce dolce lo investì:
“Bentornato Shaka di Virgo, primo trai Cavalieri a rispondere al mio richiamo.


Uff, faticata… Non sapevo come inserire Shaka, che, per ovvie ragioni doveva essere il primo a rispondere (è l’uomo più vicino agli dei), e mi sono immaginata un Background con uno Shaka un po’ OOC, che serve però a spiegare lo Shaka che conosciamo nel cartone.

Passiamo ora ai ringraziamenti:
grazie a tutti/e quelli/e che mi hanno letta, e un grazie particolare a Selenia che mi ha recensita ^o^
@Selenia: son contenta che il prologo ti sia piaciuto, e mi piace vederti così curiosa: ma dovrai aspettare un po’… Per intanto eccoti il primo: Shaka di Virgo… Gli altri gli scoprirai pian piano… Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo

Salutoni

White Gundam

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Capitolo 3
*** Resurrezione -Mu di Aries ***


Si risvegliò, piano, come accarezzato da dolce brezza di vento caldo.
Scosse lievemente la testa, come un bimbo svegliato con un bacio sulla guancia.
Quindi aprì piano gli occhi, lasciando che quella luce vi entrasse, lasciando che si perdesse in lui, sfiorando quei suoi vacui sensi, ormai sull’orlo di sparire.
La calda luce ne avvolse il corpo, trapassò la barriera della pelle, lasciando una piacevole sensazione di tepore.
Penetrò negli organi ormai logorati del ragazzo, sfiorandoli con la sua dolcezza.
Arrivò al cuore, che, come spronato, riprese il suo battito vitale.
Dapprima il muscolo era pesante e batteva quasi a fatica, poi, sempre più leggero, come se non si fosse mai fermato, come se egli non fosse mai morto.
Mu si alzò, i lunghi capelli viola ordinati sul viso roseo, non più vittima del pallore mortale, socchiuse gli occhi, ed anche in essi entrò il cosmo dorato.
Chi poteva essere? A chi poteva appartenere un cosmo tanto potente e tanto benevolo?
Ad Athena forse?
No, impossibile, ella altri non era che una ragazzina, la fusione divina l’avrebbe avuta soltanto al compimento della maggiore età.
Aspetta… Poteva essere…
D’altronde, per quanto aveva dormito?
Quanto tempo la morte gli aveva tolto?
Si guardò, un po’ fuori ma soprattutto dentro: vent’anni: non di più.
Ma d’altronde questo non diceva niente…
Non è detto che si cresca nel regno dei morti, anzi è più probabile il contrario, cioè che l’età rimanga invariata.
Comunque se quello era davvero il cosmo di Athena e se ella lo stava chiamando, un motivo doveva pur esserci.
Lo seguì, quel cosmo.
Il regno di Ade, con intorno quell’aura dorata non era neanche più così tetro.
Il passo lento, calmo, cadenzato.
Nessuna fretta nei suoi passi, nessuna fretta nel suo sguardo, nella sua mente.
Non esisteva cosa che turbasse la calma del Saint di Aries, anche se, in fondo al suo cuore, vi era un po’ di fretta, seppur nascosta in fondo all’animo.

“Non combattere la guerra sacra… E’ un suicidio!”
La voce del bambino era supplichevole, il ragazzo gli posò però una mano trai capelli, arruffandoglieli con gesto paterno:
“Devo Kiki, è il mio compito di Cavaliere.”
Il tono era calmo, dolce, come a voler rassicurare il piccolo, a cui però gia stavano luccicando gli occhi, e tratteneva le lacrime con tutte le sue forse:
“Ma così tu morirai!”
Insistette il bimbo, poi abbassò la voce:
“E io rimarrò orfano, e solo…”
Concluse in fine la frase quasi in un sussurrò strozzato dal dolore e dal pianto che non riusciva più a trattenere:
“…Di nuovo…”
Mu deglutì, seppur suo malgrado:
“Devo Kiki! Devo!”
Parole piatte monotone, poi niente: nemmeno il tempo dell’addio che tutto era finito!

Aveva odiato quelle parole, le aveva odiate con tutto se stesso…
Lui che non aveva mai odiato prima, aveva odiato quell’addio mai dato, quella separazione brusca e priva di tenerezza.
La fredda morte di un guerriero, che aveva sempre fatto della freddezza una sua dote.
Ma adesso sarebbe tornato, varcando i cancelli dell’Ade, per tornare al regno dei vivi, e avrebbe potuto riabbracciare Kiki: il suo allievo, il suo fratello.


E finito anche il terzo chappy, spero vi sia piaciuto come i precedenti…
Non sapete che piacere mi hanno fatto le vostre recensioni, tante di voi scrivono delle fanfic bellissime e mi fanno i complimenti… Sono lusingata: grazie.
Ora passiamo ai ringraziamenti personali:

@dagliasa: son contenta ti siano piaciuti i primi chappy… E spero ti sia piaciuto anche questo… Saga… Vedremo…
Io so gia che personaggi resusciteranno, ma mi piace tenervi col fiato sospeso… D’altronde se si sa gia tutto non c’è più gusto a leggere no?
@Gufo_Tave: io lo davo OOC per il comportamento del personaggio… Non sono mai stata d’accordo con Episode G, secondo me ogni Cavaliere ha avuto un maestro
@SHUN DI ANDROMEDA: grazie mille^^ Son contenta che ti sia piaciuta^_^ Ora dimmi che te ne è parso del capitolo sul secondo resuscitato: Mu di Aries
@Selenia: grazie di recensirmi ogni volta… I prossimi resuscitati: vedremo!
@mizar89: grazie anche a te^^
@Eria: grazie: son contenta che ti sia piaciuta^^ Questa com’era? Spero all’altezza della precedente^^

Dato che in tanti avete espresso la curiosità di sapere gli altri Gold Saint resuscitati vi lancio una sfida: chi sarà il prossimo/i prossimi? White Gundam

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Capitolo 4
*** Resurrezione -Saga, Kanon di Gemini ***


Allora innanzi tutto vorrei scusarmi per il ritardo di aggiornamento, ma tra GDR, scuola e impegni vari non ho proprio avuto tempo di continuare…
Per farmi perdonare oggi ben due Cavalieri: due gemellini del segno di Gemini, siore e siori ecco a voi Saga e Kanon!



Due figure.
Due figure identiche.
Erano spalla a spalla, seduti sopra ad una lastra di gelido ghiaccio.
Vicini, vicini per la prima volta, quando in vita erano sempre stati tanto lontani.
Silenzio. Solo silenzio e lacrime di pentimento che rigavano il viso dei due, e che ben presto congelavano a causa del freddo del Cocito.
Anime rinnegate dai campi elisi, anime impure che necessitavano di purificazione.
Anime che in vita avevano ucciso per conquistare il potere, ora fragili anime battute dal rimorso dei due ragazzi.
Tra tutti i Cavalieri loro, forse dopo Deathmask, erano stati i più crudeli, i maggiormente puniti.
Erano gemelli: gli stessi occhi, lo stesso fisico, gli stessi capelli, dello stesso colore.
Entrambi rinnegati, che solo dopo numerose battaglie si erano pentiti e votati al giusto.
Due ragazzi così uguali e così diversi, complementari l’uno dell’altro. Gia, ma quanto tempo c’era voluto per accorgersene?
Kanon sospirò, rannicchiando la testa nell’incavo delle spalle.
Anche Saga emise il medesimo suono, e si rannicchiò quindi su se stesso.
“Saga…”
Esordì il primo.
“Che c’è?”
Gli venne risposto.
Kanon tacque, poi riprese:
“L’hai sentito anche tu?”
Chiese.
Saga annuì:
“Sì”
Rispose.
Poi niente, di nuovo silenzio, ma non il cupo silenzio di prima, un silenzio lucente, carico di speranza.
Anche se… Anche se in fondo alla speranza c’era un po’ di timore, un timore velato d’odio, un timore velato di ricordi…

“Tu fratello, ricorderai per sempre le scale che scendi per andartene da questa prigione dove mi hai rinchiuso, io ti maledico fratello: io ti maledico!”
Quelle parole, quelle maledette parole, avrebbe voluto non averle mai pronunciate:
“Io ti maledico!”
Continuavano a perseguitarlo, da quando aveva capito di avere sbagliato, ed ora, ad ogni puntura, le sentiva di nuovo:
“Io ti maledico!”
Quindici volte, quindici come i colpi dello scorpione che gli erano stati rivolti contro… Solo quindici erano, ma sembravano quindicimila, poi, come per incanto, al grido di:
“Antareeeeeeees!”
Tutto finì, mentre il dolore si sciolse assieme al veleno, mentre veniva dichiarato assolto.
Ma bastava essere perdonati per dimenticare?
No, anzi, alle volte, può solo far ricordare ancora di pi, e Kanon questo lo sapeva bene, mentre quelle lacrime che mai aveva avuto coraggio di versare, piano avevano intriso i suoi occhi, bagnando la lucente armatura d’oro dei Gemelli, che per colpa di quelle poche parole aveva portato tante sofferenze.

“Dominerò il Grande Tempio, e tu: Aiolos di Sagittarius, ora che hai visto il mio volto non sopravivrai!”
Quelle parole, quando quella maschera, a lui mai appartenuta cadde in terra, scoprendo il volto di colui che non doveva essere: non Shion, il reale Gran Sacerdote, ma Saga, Saga dei Gemelli, colui che fino a pochi minuti prima era stato considerato un Dio in Terra e che stava ora attentando alla vita di una neonata.
Solo due cose erano diverse dall’uomo di prima: gli occhi e i capelli, i primi rossi sangue, i secondi grigi come lapide.
Ma ancor più diverso era l’animo: che da luce si era mutato in ombra, da angelo in demone in un solo momento.
Aveva ucciso Shion, Gran Sacerdote giusto e saggio, eliminato per smania di potere, perché egli aveva visto giusto:
“L’angelo sul volto, il demone nel cuore!”
Queste le parole da lui pronunciate, questa la realtà che aveva affrontato.
Certo alla fine in lui aveva prevalso la parte buona… Ma era bastato questo a salvare Aiolos? A salvare il suo migliore amico?
No, l’aveva fatto uccidere, lui stesso, dandogli anche del traditore, dandogli non solo ingiusta morte, ma anche infangandone il nome prima così venerato.

Però, però quel cosmo era così dolce, così carico di speranza, che i due cavalieri lo seguirono comunque, un passo dopo l’altro, in un silenzio finalmente amico.
Le loro mani, unite l’una all’altra, mostravano ciò che erano diventati, un’unica cosa, adesso infatti erano l’uno complementare all’altro, come era giusto che fossero i due nuovi cavalieri del segno dei Gemelli.
Nuovi?
Sì, perché nuovi erano i sentimenti che li animavano, perché nuova era quella vita, come nuovo era il loro cuore.




Ed è fatta… Spero di non risultare troppo drammatica o particolarmente noiosa per la lunghezza nell’andare avanti con la storia, e la mia fissa su sentimenti e ricordi, specie quelli tristi e dolorosi dei personaggi che metto in gioco…
Un grazie a tutti voi che mi leggete, e un doppio grazie a tutti voi che mi recensiti (è bellissimo sapere di essere letta e che le mie storie piacciono, grazie ancora ^o^)
Ed ora passiamo ai ringraziamenti personali:

@SHUN DI ANDROMEDA: ma grazie^^ Son felice che ti piaccia la mia ficcy e spero che continuerai a leggerla e commentarla, dai Kiki tra poco riabbraccerà il suo fratellone, e naturalmente vi propinerò anche quel pezzo… Non so proprio cosa significhi mu in giapponese (e sì che lo stò studiando T_T), dimmelo per favore *_*
@dagliasa: spero ti sia piaciuto anche questo^^, grazie per il commento sull’altro chappy^o^
@Selenia: ma grazie mille anche a te^_^ Di questo che te ne pare?
@Gufo_Tave: giusto, taciamo sulla coerenza del maestro Kurumada, è meglio… Questo che dici, era IC?
@Sam89: Guarda guarda chi è resuscitato??? ^_^ felice?

Nessuno prova ad indovinare chi sarà il prossimo?

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Capitolo 5
*** Resurrezione -Aiolia di Leo ***


Capelli tra il castano ed il biondo, mossi, quasi ricci.
Due occhi azzurri e puri come il cielo, ma spenti.
Una corporatura forte e armoniosa.
E un cuore velato di un grigio manto di tristezza,
Il giovane sospirò, anch’egli seduto sul ghiaccio del Cocito.
Dagli occhi sgorgavano calde lacrime, che contrastavano con l’ambiente gelato.
Teneva i pugni stretti, serrati: sembrava un bimbo in difeso.
Un bimbo di vent’anni?
Sì, perché dentro era ancora un bambino, bisognoso di quelle carezze e di quegli abbracci, levatogli all’età di sette anni.
Quanto aveva dovuto aspettare per avere di nuovo tutto ciò?
E quanto poco questo era durato?
Aiolia strinse le labbra, su cui gocciolava l’amaro sapore delle lacrime di tristezza, che col loro sale, bruciavano quel suo viso.
Sentì una potente emanazione cosmica, di divina provenienza; per un solo minimo istante sperò che fosse lui, ma si ricredette subito: lui non era un Dio, per quanto forte fosse.
Però, quel cosmo lo attraeva a se, e poi…
E poi lui non era mai stato come Shaka, o Mu, per cui la vita terrena risultava solo uno stato passeggero, e il corpo, un elemento inutile, quasi dannoso.
No: per lui era diverso!
Per lui era importante quel corpo, che poteva accarezzare e farsi accarezzare, che poteva abbracciare e farsi abbracciare, che poteva baciare e farsi baciare.
E quella vita terrena era ciò che desiderava, non sognava di raggiungere una perfezione nello spirito, no: lui era sempre stato un tipo terra terra: chiedeva una famiglia, l’amicizia, magari l’amore…
Svolgeva i suoi compiti di Cavaliere e aiutava chi era in difficoltà, o chi era solo.
Gia la solitudine, lui sapeva benissimo cosa si può provare ad essere soli ed emarginati, a volte per una colpa nemmeno propria, a volte per una colpa che non c’era mai stata.
Anche per quello forse lui odiava più di tutti la morte, perché essa gli aveva portato via ciò che avesse di più importante: prima i suoi genitori, quando era ancora un neonato, poi il fratello, suo unico famigliare e compagno, infine l’amata, ma in maniera diversa: perché da morto egli non avrebbe più potuto riabbracciarla.
Odiava quei distacchi, quell’essere sempre stato solo, ed esserlo tutt’ora.
Odiava il fatto che ogni volta che avesse finalmente qualcuno, lo attendesse da egli brusca separazione.
Era sempre stato un tipo emotivo, un ragazzo per cui ciò che più contava erano le emozioni, di cui faceva la sua ragione di vita e il suo stile di combattimento.
Così, nemmeno quella volta si soffermò a pensare, si alzò semplicemente in piedi, seguendo quel cosmo, a passi rapidi, veloci, decisi.
Un cosmo dolce, pieno di speranza, ma al contempo un cosmo di ricordi, che come un’onda lo travolsero riportandolo a percorrere suo malgrado, momenti passati.

Era un giorno felice, o meglio, avrebbe dovuto esserlo: aveva finito in fretta gli addestramenti quel pomeriggio, e Aiolos, il suo adorato fratellone, dopo essere stato da Shion, l’attuale Gran Sacerdote, che l’aveva convocato, aveva dipinto sul volto un sorriso:
“Aiolia: sarò Gran Sacerdote! Bisogna festeggiare!”
Mai, pensava Aiolia, l’aveva visto così allegro, così felice: Aiolos al contrario suo, non era il tipo da farsi sopraffare dalle emozioni, si eccitava di rado, e mai l’aveva visto così eccitato.
Sapeva quanto egli ci tenesse, quanto fosse devoto alla sua Dea e ai suoi doveri di Cavaliere.
Lui aveva sorriso e gli era saltato in braccio, e suo fratello l’aveva stretto forte al petto, una stretta che gli mancava da tredici lunghi anni, e adesso, forse molti di più.
Quella notte però accadde l’irreparabile.
Non che se l’aspettasse, ma in un certo senso ne aveva un’idea: aveva dormito male quella notte, malissimo: i suoi sogni erano popolati di assassigni, e spesso trai morti compariva suo fratello.
Si era alzato gridando, piangendo, ma nessuno era venuto a rassicurarlo, a prenderlo in braccio, nemmeno chi gli aveva giurato:
“Stai tranquillo Aiolia: starò sempre al tuo fianco, sempre!”
Gia, quella mattina lui: Aiolos, non c’era.
L’aveva cercato per tutta la Nona Casa, chiamando invano il suo nome: nulla.

Cosa era successo quella notte l’avrebbe appreso solo più tardi.
Un traditore, un traditore che ha ucciso Athena.
Questo gli avevano detto di lui!
E lui, Aiolia, ci aveva creduto!
Ancora non sapeva come aveva potuto farlo, ma così aveva fatto.
E tredici lunghissimi anni c’erano voluti per scoprire la verità: non un traditore, ma l’eroe che aveva salvato Athena!
Ma ormai era tardi, è vero si era almeno salvata la sua memoria, ma la sua vita se l’erano ripresa le stelle.
Le stelle, la costellazione del Sagittario: quante volte l’aveva maledetta: lei, lei si era portata via suo fratello.
Scosse la testa, voleva scacciare i ricordi, voleva concentrarsi sul futuro, quel nuovo futuro a cui stava andando incontro.
Senza saperla aveva cominciato a correre, sempre più velocemente dietro quel cosmo: egli l’avrebbe riportato alla vita, egli l’avrebbe riportato da Marin, la sua amata.
Gia poteva sentire il suo dolce abbraccio sulla pelle e le dolci parole che le affioravano dalle labbra:
“Aiolia, amore mio: sei tornato!”


Ed eccolo: sono contenta, e spero mi sia riuscito bene: adoro Aiolia, il leoncino dorato è il mio secondo personaggio preferito di tutte le saghe dei Cavalieri, secondo solo al suo fratellone Aiolos.
Spero di aver reso bene i sentimenti del leoncino…
Ma come sempre mi rifaccio al vostro parere, e, ancora una volta vi ringrazio tutti quanti^^
Non pensavo davvero di poter essere recensita tanto!!!
Grazie, un abbracciane forte forte a tutti

By

White Gundam


Ed ora in ringraziamenti personali:

@Shari_Aruna: grazie mille, ma arrossisco con tutti questi complimenti, e poi rischio di montarmi la testa… Specie seme li fai tu che stai scrivendo una ficcy fantastica!!! Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo: un bacione ^o^
@dagliasa: grazie mille anche a te, che mi segui dal secondo capitolo e non ti sei ancora annoiata :p, un bacione anche a te ^o^
@SHUN DI ANDROMEDA: grazie della spiegazione^^ Effettivamente lo trovo un nome molto appropriato al carattere di Mu ed alla sua partecipazione nella serie. Son contenta che l’ultimo capitolo ti sia piaciuto^_^ E sono contentissima che hai messo questa mia ficcy tra le tue preferite!!! ^________^, bacione anche a te ^o^

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Capitolo 6
*** Resurrezione -Camus di Acquarius, Milo di Scorpio ***


Innanzitutto vi chiedo scusa per il terribile ritardo, ma le ferie, i GDR dove comincio ad avere ruoli importanti, eccetera mi lasciano poco tempo… Spero che avrete la pazienza di seguire una ficcy che va avanti tanto lentamente…

Comunque adesso smetto di annoiarvi e comincio il capitolo: squillino le campanelle, rombino i tamburi, trombino le trombe XD… Oggi, siore e siori (gioia soprattutto per le siore immagino): Milo di Scorpio e Camus di Acquarius!



Il freddo del Cocito stava ormai consumandogli le ossa.
“Che triste destino”
Pensò il ragazzo dai capelli blu, con un sorriso tra l’amaro e l’ironico:
“E io che pensavo di dominare il ghiaccio, finito a patirne le sofferenze!”
Aveva gli occhi semi chiusi, sotto le cui ciglia era incastrata una lacrima, Milo questo lo sapeva bene: d’altronde Camus era stato per anni il suo amico più chiaro, forse pari solo ad Aiolia, e lui lo conosceva benissimo.
Sapeva ascoltare le sue parole e i suoi silenzi, sapeva vedere ciò che il giovane Acquario nascondeva e interpretare ciò che faceva, come se i suoi pensieri fossero tarocchi di cui è difficile interpretare giustamente il significato.
Il fatto che Camus stesse addirittura provando ad ironizzare, voleva dire che, quella volta, aveva bisogno di sentirlo vicino: d’altronde, pensava Milo, non puoi chiuderti per sempre in te stesso, nessuna persona del mondo può restare totalmente da sola, finirebbe per impazzirne e morire.
“E’ il nostro destino amico mio…Ringraziamo almeno il fatto di non essere soli in questo destino”
Rispose piano, le mani intrecciate sul petto, i pensieri di chi ormai si è arreso, di chi sa di aver fatto la cosa giusta, per se stesso per il suo onore e per quello in cui crede, ma che sa di dover ormai accettare ogni condizione di quel che era accaduto. D’altronde Milo era sempre stato così, e lui, Camus, che lo conosceva da tanto tempo, e ne aveva fatto l’unico amico, l’unica persona a cui voleva bene e si fidava, forse pari solo ai suoi giovanissimi allievi Hyoga ed Isaac.
Certo anche lui era disilluso, ma ancora non capiva come ci si potesse arrendere al destino: d’altronde lui non se l’era forse costruito il destino? Non era stato lui a scegliere di perdere la vita nella Casa dell’Acquario per permettere ad Hyoga, il ragazzino dai capelli biondi da lui allenato, di raggiungere il Settimo Senso?
Comunque non protestava né rispondeva rimaneva lì, muto e zitto, lasciando che i pensieri lo invadessero, insieme ai troppi rimorsi della vita passata.
Le teste dei due giovani si sfioravano appena, mentre di nuovo un gelido silenzio scese, lasciando entrambi ai tristi pensieri, perché il tempo, come un gioco bizzarro si divertiva ad avvicinarli e poi allontanarli continuamente.
Poi un cosmo.
Un dolce cosmo, entrò nelle vene ghiacciate del giovane dai capelli blu sfiorandone il cuore:
“Athena…”
Mormorò il ragazzo, quasi inconsciamente, alzandosi piano.
Al suo fianco anche il ragazzo dai capelli viola si era alzato, lo sguardo vagamente sorpreso.
Cominciarono a camminare in silenzio, mentre sul ghiaccio risuonavano i loro passi, e mentre la mente di Camus veniva richiamata al passato:

I ghiacci si susseguivano fitti, non c’era altro che neve e ghiaccio in quel luogo dimenticato dal mondo.
E poi, lì, seduto per terra c’era un bambino, le cui mani stavano diventando gialle per il freddo e il cui corpo stava letteralmente congelando.
Era seduto davanti ad un fuoco, ma che sembrava non riscaldarlo più di tanto.
Il bambino aveva i capelli biondi e avrà avuto sì e no sette anni, il ragazzo che gli stava a fianco aveva i capelli blu e sarà stato sulla quattordicina d’anni.
Guardò il bimbo che tremava cercando di riscaldare le mani con un soffio d’alito caldo, ma nulla sembrava bastare, mentre gli occhi del bimbo erano circondati da pezzetti di ghiaccio, che altro non erano che lacrime di dolore che si erano congelate.
Il ragazzo si avvicinò e prese il piccolo tra le braccia cullandolo piano:
“Non morirai Hyoga, devi diventare forte, non puoi arrenderti ora”
Mormorò piano, nell’orecchia del bimbo che piano sorrise:
“Stia tranquillo maestro, un giorno, un giorno lei sarà fiero di me!”

Era vero, era successo, ma quanto quel gesto gli era costato, quanto tempo ci aveva rimuginato sopra non riuscendo ad arrivare ad un perché, e neanche al perché lui: lui che più non provava emozioni avesse fatto di tutto per aiutare quel giovane, ma non poteva capirlo, non finchè avrebbe continuato ad insistere sul non provarle: non finchè non avrebbe capito che la vera forza degli uomini risiede in queste.
Ma ora, ora quel caldo e benevolo cosmo glielo stava spiegando: ma chissà se aveva senso, ormai che tutte le persone a cui teneva erano morte, si voltò verso il ragazzo che aveva a fianco:
“No, non tutte”
Pensò, con un lieve sorriso.




Ed ecco fatto, questo capitolo è stato davvero faticoso! Ma l’ho finito, spero che vi piaccia^^ (io odio le yaoi e vedo il rapporto tra Milo e Camus come semplice amicizia)… Voglio ringraziare le tre persone che hanno messo questa fanfic tra le loro preferite: grazie a June di Cassiopea, SHUN DI ANDROMEDA e Windy ^o^

E poi ringrazio tutti coloro che mi hanno recensito nello scorso capitolo:

@SHUN DI ANDROMEDA: piccolo capolavoro??? ^///////////////////////////^ Non so che dire, davvero grazie, sei gentilissima^^
@Dago: grazie fratellino, me felice che ti piaccia ^__^
@June di Cassiopea: che dire: grazie mille anche a te, e spero che questo capitolo si stato anche di tuo gradimento^^
@Gufo_Tave: tranquillo non si concluderà lì! Andrà avanti, vi assillerò ancora per un bel bel bel po’ XD Comunque grazie anche a te son contenta che ti piaccia la mia fanfic^^
@dagliasa2: beh, tu che mi segui da tanto di questo tempo meriti davvero un ringraziamento speciale: e spero anche che ti piaccia anche questo chappy^^
@sam89: complimenti: hai indovinato, i miei prossimi resuscitati erano proprio loro due… E il prossimo chi sarà???
@Selenia: ed ecco la mia recensitrice fin dal primo chappy :p Grazie mille di continuare a seguirmi^^
@sesshoyue: grazie mille anche a te^^ Sì, è scritto apposta resuscitazione, perché non mi fermerò ad essa!!!
@Windy: non posso darti indizi su chi resusciterò, ho giurato a me stessa l’acqua in bocca, quindi non ti dico se Aiolos sarà trai saint che decido di resuscitare, poi ti ringrazio davvero tantissimissimissimissimo, perché hai letto e recensito tantissime mie storie: ah, se ti interessa sempre sulla notte degli inganni e il rapporto tra Aiolia ed Aiolos ho scritto anche una One-Shot di nome “Una lettera da Aiolos”

Un bacione a tutti e arrivederci al prossimo capitolo ^O^

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Capitolo 7
*** Resurrezione -Shura di Capricorn ***


Allora, dopo un’attesa lunghissima (scusatemi tantooooo ç___ç) sono tornata con i miei mattoni sperando che abbiate voglia di sorbirli… Beh vi lascio al prossimo resuscitato, che è un Cavaliere che amo molto.


Era freddo il ghiaccio.
Freddo come lama di una spada.
Ed era anche altrettanto tagliente.
Ma i suoi giacevano chiusi ed insensibili, e il viso squadrato non si intirizziva per il freddo.
Gli andava bene ciò che stava succedendo, lui comunque non era pentito di quel che aveva fatto, aveva sbagliato ma era riuscito a ricredersi e a combattere dalla parte giusta, e la spada che ora, seppur con un minimo di amarezza, non sentiva più nel braccio l’aveva regalata a Dragone, che l’avrebbe ancora fatta ardere di speranza. Sì perché Shura non sapeva che anche Shiryu ormai era morto.
Il suo aspetto era strano, aveva soli vent’anni ma sembrava gia segnato dal tempo, i suoi lineamenti potevano ricordare un uomo gia molto più grande, però in quel viso dall’aspetto freddo e austero, in fondo agli occhi si potevano vedere chiaramente delle lacrime, lacrime di un passato, lacrime messe da parte, ma il rimorso fisso di avere ucciso il suo migliore amico.
Non era stata colpa sua!
Questo il primo pensiero ogni volta, per scacciare dalla testa quanto era accaduto: Saga, era stato Saga! Ma subito dopo ammetteva a labbra strette e piangendo solo nel cuore, che comunque lui aveva creduto a Saga: aveva considerato Aiolos un traditore! L’aveva attaccato con la sua stessa Exclaibur, lui che neanche si era difeso e invano aveva cercato di dirgli che si sbagliava! Aiolos che era stato il suo amico, il suo maestro, il suo esempio; Aiolos per il quale provava un affetto quasi fraterno… Tutto questo però non era bastato ad evitare ciò che era successo: il Cavaliere di Sagitter era morto per mano sua! Quella stessa mano che la dea aveva contato degna di possedere Excalibur, quella spada con cui, per ora, non era riuscito a fare nulla di buono: prima l’aveva scagliata su Aiolos, protettore di Athena e poi su Dragone, che anche cercava di difenderla.
I pensieri del giovane furono però bloccati dal palesarsi di un cosmo, che leggero si infilò tra i suoi pensieri, carezzandogli il cuore come la testa che gia troppo dolevano.
“A- Athena... ?” Mormorò il ragazzo alzandosi e aprendo piano gli occhi: nonostante l’Ade fosse buio non era mai stato buio come i suoi pensieri: cominciò a seguire la direzione che il cosmo della sua dea gli inviava, mentre lasciava la mente ai ricordi…

”Shura…” La voce di Aiolos era leggermente ansante dopo la giornata d’ allenamento e il ragazzino di tredici anni sembrava piuttosto provato, ma mai come il bimbo che ne aveva circa nove, seduto per terra al suo fianco, che ansimava aspettando che il compagno ricominciasse a parlare: ”Sei stato bravissimo… Di questo passo un giorno Excalibur sarà fortissima, e tu… Sei il degno Cavaliere per indossarla”
Il bambino sorrise mentre si lasciò cadere per terra, il più grande gli rivolse uno sguardo colmo di gioia, orgoglio e tenerezza, quindi si sedette al suo fianco posandogli la mano sul cuore: Shura lo sapeva benissimo, batteva forte sia per il duro allenamento sia per i complimenti ricevuti. Aiolos barcollò fino alla borsa di pelle che aveva appoggiato ad un albero vicino al campo di addestramento e prese due borracce, da una bevve lui e l’altra la portò a Shura: contenevano acqua, zucchero e Sali minerali… Non era un buon intruglio da bere ma rimetteva in sesto le forze.
Poi anch’egli si sdraiò, Shura voltò il viso verso di lui, gli sorrise, quindi entrambi guardarono in silenzio le stelle… Quella era sempre stata la loro amicizia.

Gli occhi del Cavaliere di Capricorn brillarono a vedere quei due ragazzini, che sapeva essere stati lui e il suo migliore amico, strinse forte il pugno, sentiva che stava tornando alla vita e i suoi pensieri crearono il suo ideale per tornare a vivere e combattere come Cavaliere: ”Devo tornarci, perché altri due bambini legati da una fortissima amicizia non debbano diventare nemici a causa di qualcuno che vuole il potere… Che come sempre gli uomini non sanno gestire e che fa solo male!”

Ed eccolo qua il Capricorno, spero vi sia piaciuto^^ Penso sia uno dei capitoli più dolci e propositivi che ho scritto… Ma lascio a voi il parere… E, se me lo farete sentire con le vostre recensioni ve ne sarò davvero grata J

Intanto passo a rispondere a coloro che mi hanno recensita nell’ultimo capitolo:
@Princess Missy: grazie mille per i complimenti, così mi fai arrossire^//^ spero che tu abbia letto anche questo capitolo tutto d’un fiato e che ti sia piaciuto ^o^
@Windy: su Aiolos devo tacere… XD comunque i Cavalieri son quasi finiti e presto si vedrà, intanto qui l’ho fatto comparire nel ricordo… E non è stupendo? **

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Capitolo 8
*** Resurrezione -Aldebaran di Taurus ***


E, per farmi perdonare questa volta aggiorno subito anche questa fanfic molto seria e per me di complessa realizzazione. Specie il capitolo che mi appresto a scrivere ora: il personaggio che voglio resuscitare infatti non gode di un’ottima caratterizzazione… Ma ci voglio provare… Non tiro oltre le chiacchiere e vi lascio al penultimo resuscitato^^


Due braccia grandi.

Due braccia forti.

Due braccia che però sembravano non essere mai servite!
Braccia che avrebbero voluto servire la giustizia, ma che erano sempre state surclassate da armi più esili… E lui l’aveva sempre presa con un sorriso, buttata sul ridere: una battuta e via, in fondo l’aveva pensata così: con un sorriso si supera tutto!
Gia era bello quel modo di pensare, quel modo positivo di vedere le cose, ma cosa dire ora… Ora che il sorriso era vietato? In un regno come quello dell’Ade, dove ciò non aveva spazio?

Aldebaran tentò invano di curvare ancora gli angoli della bocca in quella smorfia chiamata sorriso che prima gli riusciva tanto naturale. Si morse le sue stesse labbra, ora: grande, grosso e con quel sorriso spezzato all’ingiù sembrava quasi cattivo: un orco delle fiabe!

Sospirò lasciando che il sospiro si disperdesse nella landa desolata che era il regno dei morti, e di nuovo tra le mani rigirò il solito fiore, ma nemmeno più a quello riusciva a sorridere, anzi le sue mani troppo grandi non riuscivano più a sorreggerlo con la dovuta delicatezza e in poco tempo, nonostante egli non volesse ne spezzarono i petali, lasciando cadere a terra quel minimo di tenerezza. Però anch’esso venne ridato, seppur per qualche breve istante dalle mute lacrime che rigarono il viso di quel ragazzo, che non ricordava affatto il viso d’un orco. Lacrime mute piene di silenzio e tristezza che si posarono poi sui petali che sembravano ora barche portatrici di tristi ricordi, ma anche barche piene di tenerezza.

Aldebaran le guardò ancora un momento, momento nel quale le vide ardere attorno spostandosi davvero dentro allo Stige, il fiume dell’Ade, per navigarci e portare in giro quelle lacrime che non erano di rabbia ma di dolcezza.

Il giovane si asciugò gli occhi con la manona e sentì il cosmo sfiorare anche lui: era un cosmo caldo, molto diverso da quelli oscuri che avevano i morti e gli spectre, era vivo e pulsante ed era entrato dentro di lui come a spronarlo ad alzarsi: era la sua dea che lo chiamava ancora: non era finita la lotta per la giustizia, e c’era ancora bisogno di lui!
Aldebaran si alzò sulle forti gambe mettendosi in cammino, mentre anche la mente si metteva in cammino tra i suoi ricordi…

 

"Mammaaaa!!! Mamma aspettamiiii!"
Le grida del fanciullo erano ben udibili anche se la persona chiamata si trovava a buona distanza, la voce che egli aveva difatti era forte e, nonostante avesse solo dieci anni aveva gia un tono molto più maturo, essa infatti gli era gia cambiata e sembrava riecheggiare nella sua grande mole.

La donna si voltò, portava al fianco una bambina che teneva per mano e si mese ad aspettare il ragazzino che stava loro correndo incontro: era alto e anche abbastanza grosso, ma correva comunque molto veloce e in pochi minuti le raggiunse ansimando: aveva le mani dietro la schiena, e il viso era tutto rosso, sorrise mostrando le mani, tenevano due mazzi di fiori che aveva appena raccolto nel campo lì vicino, li tese a loro due, con una semplice frase: "Volevo regalare questi a te e alla mia sorellina".

 

Il giovane del toro si commosse a quel dolce ricordo che non avrebbe potuto ripetersi, dato che entrambe erano poi morte a causa di un incidente, strinse di nuovo gli occhi donando altre due lacrime alla terra e poi corse di nuovo, mentre quel cosmo di prima raggiungeva gli spigoli delle sue labbra voltandoli all’insù: ora il toro sorrideva di novo verso l’avvenire!

 

 

 

Ed ecco che ho finito… Spero vi sia piaciuta e non sia troppo melensa, ma ho sempre visto Aldebaran come uno dei Cavalieri più dolci… Forse in quanto a dolcezza il più dolce in assoluto^^
Lascio a voi i commenti… E al prossimo capitolo con l’ultimo resuscitato^^ Intanto vi ringrazio ancora a tutti e passo ai ringraziamenti personali a chi mi ha recensita:


@EriS_SaN: grazie mille per le recensioni sui vari capitoli^^ spero anche questo sia stato di tuo gradimento^________^

@Lady Of Evil Nanto86: grazie^^ spero pian piano di migliorare e che anche questo capitolo ti sia piaciuto… Per me ciò che pensi è molto importante!

 

Un salutone a tutti e al prossimo capitolo^^



White Gundam

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Capitolo 9
*** Resurrezione -Aiolos di Sagittarius ***


Innanzitutto vorrei davvero scusarmi con tutti voi che avete letto questa mia fanfiction che io non ho più aggiornato da più di un anno… Spero comunque, per chi abbia avuto la pazienza di aspettarmi e per chi si avvicinerà alla mia fanfiction solo adesso, che questo capitolo vi piaccia, spero anche molto in vostri commenti su questo ultimo capitolo, anche perché l’ultimo resuscitato non sarà altri che il mio personaggio preferito… Chi mi conosce sa già di chi parlo, e per gli altri vi lascio al capitolo per scoprirlo^^

Il giovane sedeva tra i dolci campi elisi, con gli occhi chiusi sormontati da una zazzera di capelli di color castano scuro, come le cortecce degli alberi di cui quel luogo era pieno. Per terra brillavano i colori spumeggianti di migliaia di fiori dai nomi diversi: viole, primule, papaveri, ranuncoli, fiordalisi e altri, ed altri ancora. Non si sarebbe detto, a prima vista, che quello era un luogo dell’ade, sembrava piuttosto un’enorme campo coltivato di gioia e dolcezza. Non era così. Non per lui almeno. Il volto era impassibile, non vi era goia ma neanche sofferenza sul suo viso e gli occhi chiusi non godevano della vista dei molteplici fiori. La brezza tipica di una stagione primaverile gli scompigliava i boccoli castani facendoli ondulare sulla sua fronte, quasi a chiedergli di aprire gli occhi. Non era cieco, ci sarebbe riuscito senza problemi ad aprirli, eppure quella gioia privilegiata ai giusti, come lui giusto era stato, non era ciò che voleva. Il suo cuore aveva smesso di battere svariati anni orsono, troncato dal colpo di una persona che aveva sempre ritenuto sua amica, e che continuava ad esserlo: Shura il valoroso Cavaliere del Capricorno. Il suo corpo si era fermato all’età di quattordici anni. Aiolos, questo era il nome del ragazzo, non aveva mai vissuto come un bambino e fin dalla più tenera età si era addestrato per combattere ed aveva allevato da solo Aiolia, il fratello minore di sette anni meno di lui. Non aveva mai chiesto a sé stesso una pausa, non l’aveva mai voluta. La responsabilità era stata il suo orgoglio, il suo motivo di vita e… La sua dannazione. Non se ne era pentito, nonostante questo gli fosse costato la sua intera ed ancor giovane vita. Aveva fatto la cosa giusta. Questa certezza lo aveva da sempre accompagnato, non avrebbe mai cambiato il suo passato, era sicuro delle scelte che aveva fatto. Ma in fondo basta essere sicuri delle proprie scelte per accettare la morte e la distanza da coloro che si ama? No, non basta. Per quanto aveva cercato di convincersi che andava bene così, avrebbe voluto tornare nel regno dei vivi, rivedere la bambina che aveva salvato e che ormai avrebbe compiuto diciotto anni: Athena. Ogni Cavaliere giura ad Athena protezione e devozione infinita, ogni Cavaliere giura ad Athena il suo amore, e lui più di tutti gli altri. Ma non solo Athena era rimasta nel cuore del giovane Cavaliere del Sagittario, l’altra persona però aveva già perso la vita nella guerra sacra combattuta contro Ade, l’aveva data insieme a tutti i suoi compagni di un tempo per aprire una breccia nel muro del pianto, per far brillare nei più profondi inferi la luce di un sole misto tra disperazione e speranza, su cui però prevaleva la seconda. Aiolia, suo fratello ormai ventenne. Ma anche a quei pensieri il volto del giovane rimase impassibile, non un fremito, né un incurvamento nelle labbra, neanche una lacrima. Un Cavaliere di Athena non piange, mai. Però dentro era diverso, un dolore pregnante gli avvolse stomaco e cuore, finchè… Una morbida energia, simile ad una carezza sul suo volto, una carezza che non aveva mai ricevuto o che, più semplicemente, aveva ricevuto quando era ancora troppo piccolo per ricordare. Un fremito e un palpito nel petto, la vita che stava tornando, le mani gelide presero calore, il volto da pallido mutò in colorito, gli occhi verde smeraldo si aprirono guardando i campi elisi e una parola gli uscì dalle labbra in un sussurro velato:
“Athena…”
Un sorriso tenue marcò il volto del ragazzo mutando quell’impressione impassibile e lontana e, prima ancora che lui stesso potesse accorgersene, le sue gambe si alzarono e i suoi piedi cominciarono a muoversi evitando i delicati fiori sul suo passaggio. Ancora pochi metri e sarebbe giunto a colei che più voleva incontrare… E forse sarebbe giunto anche a lui, colui che era rimasto da solo per tanti, troppi anni, se anche lui era tornato. I battiti gli accellerarono nel petto mentre la gola gli si seccava e nella sua testa riaffioravano vecchissimi ricordi… Aveva poco più di dieci anni all’epoca, ed era ancora vivo…

La morte era arrivata lenta ed inesorabile dopo la lunga malattia, i corpi freddi quando fino ad un minuto prima erano stati scottanti, ed Aiolos si era sentito il cuore a pezzi e la gola prosciugata mentre l’intestino e lo stomaco sembravano essersi aggrovigliati insieme dentro al suo corpo. La luce emanava un bagliore fioco sulle bianche lenzuola del letto su cui giacevano quelli che, fino al giorno prima, erano stati la sua mamma ed il suo papà… No, non era corretto: erano stati la loro mamma ed il loro papà. Questo pensiero gli aveva attraversato la testa mentre tornava col viso pallido e reggendosi alla parete verso la sua cameretta, verso la loro cameretta. Entrò piano, in punta di piedi e trattenendo i singhiozzi per non fare rumore, mentre mute lacrime gli rigavano il volto di bagliori argentati; le ultime lacrime che avrebbe pianto in tutta la sua vita. Guardò il letto in fondo alla stanza sentendo il nodo che aveva in gola stringersi ancora più forte alla vista del bimbo addormentato sul letto che abbracciava il cuscino nel sonno, il sorriso che aveva in quel momento sulle labbra temeva di non vederlo mai più. Si assciugò le lacrime con una manica del pigiama più e più volte finchè non la smisero di lacrimare lasciandogli semplicemente gli occhi arrossati e un dolore interno che non poteva assciugare in nessun modo. Si sedette quindi accanto al letto del fratellino e gli carezzò leggermente volto e capelli.
“Siamo rimasti soli…”
Pensò, e dovette fare un enorme sforzo per impedire a nuove lacrime di rigargli di nuovo il viso. Lui aveva carezzato Aiolia con estrema leggerezza eppure il bimbo si era svegliato e l’aveva guardato in volto:
“Cos’è successo?”
Aveva chiesto subito notando le sue lacrime, e lui non aveva neanche la forza di mentire rispondendo che non era successo nulla, ed era rimasto zitto abbracciandolo forte. Aiolia aveva capito. Aveva capito di sicuro perché era scoppiato a piangere e dimenandosi dalle sue braccia era corso nella camera dei genitori ed aveva visto. Aveva visto e lui non era riuscito ad impedirglielo, gli era solo corso dietro lasciando che il più piccolo si gettasse di nuovo tra le sue braccia piangendo forte contro il suo petto e lui l’aveva stretto di nuovo e, con la gola secchissima, aveva mormorato poche parole:
“Aiolia, ci sarò io vicino a te, sarò io ad occuparmi di te, sempre!”
Il piccolo l’aveva guardato con gli occhi lucidi ed a sua volta aveva mormorato a fatica una parola:
“Promesso?”
“Promesso.”
Aveva risposto lui.

Una promessa che non era riuscito a mantenere… Ma adesso forse poteva tornare a dare fede a quella promessa, accellerò l’andatura, ora stava correndo, sperava di vederlo di nuovo, con l’armatura del Leone che gli scintillava addosso, rivedere lui: Aiolia, suo fratello.




E con Aiolos ho chiuso la prima parte della storia, quella delle resurrezioni… Adesso continuerò con le altre parti^^ Grazie davvero a chi mi ha seguti fin qui, un bacione e un abbraccio vostra

White Gundam (Lea)


E adesso i ringraziamenti persdonali dovuti a chi ha recensito il mio ultimo capitolo:
@Lady Of Evil Nanto86: grazie, son davvero contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto^^ Mi dispiace di non aver fatto riferimento al Brasile ma ad essere sincera non ci ho proprio pensato^^”
@EriS_San: Grazie davvero tantissime per i complimenti ^///^ … Però mi monto la testa se dici così XD
@Sixter_the_Vampire: e come avrai potuto notare coi tuoi stessi occhi, l’ultimo è proprio lui (il mio grande eroe tra l’altro XD) … Spero che considererai questo capitolo almeno al livelo degli altri e grazie mille per i complimenti^^

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Capitolo 10
*** Di nuovo insieme ***


Ed eccomi qui a proporvi un nuovo capitolo (e a rimettere a posto il nome dei vecchi, scusate l’ignoranza per aver scritto fino ad ora “resuscitazione” invece di “resurrezione”), sperando di riuscire ad aggiornare d’ora in poi con una buona frequenza… Beh ora sapete quali sono i nostri personaggi che ci seguiranno per tutta la storia… Ed in questo capitolo, prima del re-incontro tra le due coppie di fratelli (Mu/Kiki e Aiolos/Aiolia) che avverrà nel prossimo capitolo, il leoncino deve anche ricongiungersi ad un’altra persona…



Era arrivato di corsa nel regno dei vivi, attraversando l’Ade a grandi falcate e sulla sua bocca si delineava man mano il sorriso. Si trovava ora sull’Altura delle Stellle, di freonte ad Athena, la stessa dea che cinque anni orsono aveva attaccato senza riconoscere ma per la quale aveva poi subito combattuto. Si era inchinato fino a che una delle sue ginocchia non ebbe toccato il terreno ed aveva chinato la testa in segno di devozione dinnanzi alla sua dea, e lei gli aveva toccato la spalla ed aveva sorriso:
“Bentornato Aiolia, fiero protettore della Quinta Casa.”
Insieme a lui vi erano Shaka, Mu, Saga e Kanon, e tutti loro avevano fatto ciò che aveva fatto lui e tutti e loro avevano ricevuto la stessa risposta; ma, mentre loro rimanevano inchinati lui si era alzato e aveva rivolto una domanda alla dea:
“Athena… Lo so che sono appena tornato a vivere e hai già fatto molto per me, ma posso allontanarmi per un attimo e dirigermi alle abitazioni dei Silver Saint? C’è una persona che vorrei rivedere.”
E Athena aveva capito, aveva capito ed aveva annuito. Aiolia aveva di nuovo preso a correre, si chiedeva ormai se si sarebbe mai stancato di farlo, ma per ora sentirsi l’aria addosso che gli entrava nei polmoni e il cuore che batteva forte erano sensazioni fantastiche: denotavano il fatto che la morte era finbita e che la vita era tornata. Scese le Dodici Case guardando i templi ancora vuoti, si soffermò per qualche istante in quello del Leone: nulla era cambiato da quando lui abitava e proteggeva quella Casa, nulla se non la polvere e le ragnatele che insidiavano le pareti, Aiolia si ripromise che avrebbe dovuto rimettere tutto a posto, ma adesso non era il momento. Corse e corse ancora, senza fermarsi un momento, senza neanche concedersi una pausa per riprendere fiato ed infine arrivò. Lì, sulle alture di Athene vicino al Grande Tempio, si trovavano le abitazioni dei Cavalieri d’Argento. Né superò varie: Ofiuco, Perseo, Corvo, Corona Borealis e numerose altre, quasi tutte vuote anche tra quelle già citate, e poi la raggiunse: arroccata sul pendio vi era la casa verso cui era diretto, la casa dell’Aquila. Smise di correre il Cavaliere d’Oro e rimase immobile per qualche istante davanti alla porta mentre metteva a fuoco nella sua mente l’immagine che ricordava di Marin, la donna con la maschera che aveva addestrato Seiya e la donna che lui aveva sempre amato. Avvicinò la mano alla porta e bussò un paio di volte con le potenti nocche dell’armatura. Non accadde nulla, doveva ricordarselo, Marin non amava le visite se non di pochi eletti, eppure lui non voleva rovinare la sorpresa. Bussò ancora ed ancora, finchè la Cavaliere di Eagle non venne ad aprire. Come lo vide la ragazza dapprima fece un passo indietro mormorando alcune incredule parole:
“A- Aiolia, non posso crederci… Sei davvero tu?”
E lei davvero non poteva crederci: quante volte aveva sognato il suo ritorno? Quante volte alla mattina si era svegliata convinta che lui fosse di nuovo lì? E quante volte aveva poi pianto di nascosto ed in silenzio accorgendosi che era stato tutto un frutto della sua fantasia? Scosse la testa facendo ondeggiare i capelli rossi e Aiolia si avvicinò, allargò le possenti braccia e lei tuffò il volto mascherato sul suo petto e gli cinse la vita con le proprie braccia, lui la abbraccio a sua volta. Rimasero così, uniti in quel caldo abbraccio, per svariati minuti senza che nessuno dei due proferisse parola. Ah adesso poteva sentire di nuovo il corpo caldo di Marin abbracciato al suo, Aiolia desiderava solo che quel momento non finisse mai e Marin lo stesso. Le carezzò con dolcezza le spalle ed entrambi si tolsero le armature per poter sentire meglio i corpi l’uno dell’altra. Fecero scivolare le loro mani fino ad incontrarle e ne unirono le dita, rimasero così, con le dita intrecciate tra loro e i petti che si alzavano e si abbassavano l’uno contro l’altro.
“Sono cinque anni che aspettavo di rivederti, non sai come sono contento di essere di nuovo qui, con te.”
Mormorò Aiolia passandole una mano tra i rossi capelli ondulati, fino a far scendere le sue mani sulla sua maschera, aspettò qualche istante col cuore che gli palpitava forte nel petto:
“...Posso?”
Chiese, e Marin annuì. Con dolcezza il leone dorato prese i lati della maschera e la levò dal viso della ragazza. Per la prima volta poteva vedere i suoi bellissimi lineamenti e poteva perdere il proprio sguardo in quello di lei, i suoi occhi azzurri in quelli castani della ragazza, e capì che non desiderava altro se non restare con lei. Marin arrossì in viso e tornò a tuffarlo sul petto del leone. Era cosciente della promessa che aveva appena fatto: una Saint cui viene visto il viso da un maschio ha solamente due possibilità: ucciderlo o amarlo, e lasciando che lui le togliesse la maschera aveva deciso di sugellare quel loro sentimento. Sentì le dite di Aiolia alzarle il mento e farla guardare in alto, verso di lui, e vide il suo viso avvicinarsi al suo. Sentirono le loro morbide labbra unirsi e le loro lingue giocare a rincorrersi dentro la bocca, sentirono i loro cuori battere all’unisono l’uno con l’altro. Poi il bacio finì ed i loro volti si staccarono, tenendosi ancora per mano si sdraiarono sull’erba vicino alla casa dell’Aquila, e rimasero lì, sdraiati l’uno accanto all’altra respirando piano e sentendo i lori corpi vicini:
“Potremmo anche farlo…”
Disse lei e lui annuì, e su quello stesso prato fecero l’amore per la prima volta, e quando i loro corpi si unirono capirono di non aver mai provato tanta goia e tanta dolcezza, poi col respiro affannato rimasero lì, ripensando a quel momento e aspettando di vivverlo di nuovo.


Ok il capitolo non è venuto molto lungo ma spero sia stato comunque di vostro gradimento^^ Primo vero e proprio capitolo d’amore nella mia storia che, tra l’altro, riguarda la mia coppia preferita^^ Spero in vostre recensioni e nel fatto che vi sia piaciuto questo proseguio^^

Passo ora a rispondere alle recensioni:
@stellarium: hehehe neanche io sono una grande fan dei saint di pongo XD Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo e ti ringrazio davvero tanto per avere aggiunto la mia fanfiction ai preferiti^^
@saga73: grazie per la recensione e spero davvero di non averti delusa con questo capitolo^^ Per il fatto di non averli resuscitati tutti devo ammettere che non vedo molto di buon occhio perdsonaggi come Dohko, Deathmask e Aphrodite^^”

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Capitolo 11
*** Fratelli ***


Eccomi di nuovo qui^^ (come vedete ho deciso di aggiornare velocemente e di darvi una certa continuità, spero vi faccia piacere^.^) e, come avevo anticipato nel capitolo scorso e come si evince dal titolo, stavolta tocca alle due coppie di fratelli ricongiungersi; il capitolo è diviso in due parti: la prima riguarda Mu e Kiki e la seconda Aiolos e Aiolia… Ma ora basta con la presentazione e lascio parlare i personaggi^^



L’Ade era ormai un ricordo, anche se pochissimo tempo era passato da quando si era trovato lì. Cinque anni se ne erano andati dopo l’ultima guerra sacra. Cinque anni di patimenti e sofferenze nel Cocito, ed ora nuovamente il dolce e faticoso respiro della vita. L’aria che entrava dentro i polmoni e ne fuoriusciva. Sembrava una cosa normale cui lui non aveva mai dato peso, considerandola inutile e passeggera… Ma anche tra le cose inutili e passeggere qualcuna ha importanza. Nella mente del sacro guerriero dell’Ariete cominciò a formarsi l’immagine di un bimbo dai capelli rosso fuoco. L’ultima volta che l’aveva visto aveva ancora sette anni. Kiki, questo era il nome del bambino; un bambino che condivideva il suo stesso sangue: suo fratello. Neanche a lui aveva mai dato poi molta importanza. Mu si morse impercettibilmente le labbra a quel pensiero. Si era accorto dell’importanza di suo fratello minore solo quando non avrebbe più potuto rivederlo. Non gli aveva mai detto che era contento di averlo come fratello, non gli aveva mai detto che gli voleva bene. Ma ora forse poteva ripagare a quegli errori. Usò il teletrasporto per raggiungere la lontana casa nel Pamir dove aveva sempre vissuto e dove, probabilmente, il fratello viveva ancora.
Kiki infatti era lì, era lì già prima che arrivasse Mu, era sempre rimasto lì. L’intero palazzo senza porte era stato tenuto in ordine e pulito, compresa la stanza di Mu, anzi forse la stanza di Mu più di tutte le altre. Il bambino non lo aspettava, non poteva aspettarlo, dato che non avrebbe mai pensato che lui sarebbe potuto tornare. Aveva pianto quando aveva sapto della sua morte, e si era scusato con Athena per aver versato quelle lacrime. Aveva pianto anche se in vita non erano mai stati realmente vicini: Mu si teneva su un piano più alto, quasi un piedistallo che lui non riusciva a raggiungere. Con Seiya e gli altri era stato più facile, loro lo avevano accettato quasi subito; ma tutti gli addestramenti che seguiva ed ogni cosa che faceva non bastavano a farsi guardare dal fratello maggiore e sentirsi dire, quantomeno, che era stato bravo. Eppure gli mancava. Gli mancava Mu e per quanto non avrebbe mai creduto gli mancavano anche i suoi silenzi ed i suoi occhi gelidi, purchè fosse di nuovo lì gli avrebbe sopportati senza problemi.
Il teletrasporto fu immediato e il Cavaliere posò entrambi i piedi, con delicatezza, sul pavimento della casa. La sua camera era perfettamente in ordine e pulita, come la teneva lui in passato… Eppure in tutti quegli anni almeno un po’ di polvbere avrebbe dovuto formarsi. Si incamminò a passo lento tra le varie stanze il Cavaliere d’Ariete, fino ad entrare in salotto, dove scorse un bimbo che presto sarebbe diventato ragazzo che, seduto per terra con le gambe incrociate, guardava un vecchio dipinto che li ritraeva insieme. Mute lacrime premettero contro gli occhi del ragazzo, ma Mu non gli permise di uscire. Si avvicinò silenziosamente al ragazzino, fino ad essergli dietro ed anche lui guardò quella foto. Erano vicini ma non si toccavano minimamente; Mu aveva sempre voluto il suo spazio che non poteva essere invaso da nessuno. Aspettò un altro po’ il Cavaliere d’Ariete, ricordando a malapena i momenti passati col fratello minore. Poi gli guardò i capelli rosso fuoco, gurdando la sua testa china su quella foto. Mu non poteva sapere che espressione avesse il bambino, poteva anche essere di rabbia, eppure sporse le braccia e strinse a sé il corpo caldo del bambino. Kiki si voltò di colpo, reclinando la testa al contrario e, come si accorse che era arrivato quell’abbraccio che non aveva mai ricevuto sorrise, si voltò e si strinse al fratello magiiore. I corpi del giovane e del bambino si unirno nell’abbraccio. Il più grande accucciato a stringfere il più piccolo ed i capelli rossi di Kiki sommersi insieme al suo viso in quelli lunghi di color viola pastello del ragazzo. E rimasero così, abbracciati ancora a lungo senza che nessuno dei due volesse sciogliere quell’abbraccio mai avvenuto prima.

Aiolia era infine tornato dalla sua dea, lì al cospetto di Athena e si era inginocchiato di nuovo, per ringraziarla di avergli lasciato il tempo di rivedere Marin e di vivere gli attimi che giudicava i più belli della sua vita. Ma quando il ginocchio sinistro del leone dorato ebbe appena toccato il suolo la voce di Athena lo riscosse:
“Non avere tanta fretta di tornare, c’è un’altra persona che desidera rivederti, Aiolia.”
Il giovane alzò il iso sorpreso e senza dire parola si levò in piedi di nuovo. Chi altri poteva aspettare di rivederlo? Un lampo gli attraversò il cervello, ma il ragazzo scosse immediattamente la testa. Non doveva pensarci, non poteva permettersi di farlo, ci sarebbe rimasto troppo male se un’altra volta non sarebbe stato vero. Si limitò ad annuire Aiolia, con la gola seccata di troppe domande che voleva porre ma che non osava chiedere. Poi i suoi occhi notarono un’altra figura, dietro la statua di Athena pareva attendere qualcuno, ed i capelli della figura erano uguali ai suoi, gli occhi dello stesso colore di quelli che aveva lui, però il suo corpo non era così forte e muscoloso, anche se lo era fin troppo per l’età del ragazzo: quattordici anni.
E dietro la statua Aiolos attendeva, le braccia pazientemente conserte sul petto. La sua solita calma era ora innaturale: attendeva quel re-incontro da diciotto lunghi anni, eppure non muoveva un muscolo; non era neanche andato a chiamarlo, l’aveva semplicemente lasciato detto. Lui sapeva ma non voleva forzare le cose. Aspettò di vedere che il leone dorato guardasse nella sua direzione, incontrasse i suoi occhi e si avvicinasse a lui. E Aiolia si avvicinò mentre bagnava la gola con la poca saliva che gli era rimasta:
“Oh mia Dea… Non ci credo! Non ci posso Credere!”
Gridò il ragazzo, ed Aiolos lo vide correre. Vide come il bambino che conosceva era cresciuto, come gli somigliava… Come adesso egli fosse più grande di lui. E a passo lento si avvicinò anche il Cavaliere del Sagittario, andando incontro ad Aiolia. Il Cavaliere del Leone non riuscì a trattenere le lacrime che gli rigavano l’armatura, luccicando sotto i raggi del sole, mentre correva. E anche Aiolos finì di aspettare e gli corse incontro. Le loro braccia si unirono ed i loro corpi si strinsero. Aiolia avrebbe voluto poggiare il suo viso contro il petto del fratello eppure, adesso che gli era vicino, notava che era diventato più alto lui del fratello. Si limitò a poggiare la testa sulla sua spalla il leone ed Aiolos lo strinse a sé.
“Quanto tempo è passato… Per quanto tempo ho dovuto vivere da solo… Io sono contentissimo di poterti avere di nuovo vicino Aiolos!”
Mormorò Aiolia e il sagittario gli scompigliò bonariamente i capelli.
“Diciotto anni sono tanti, non è vero fratellino?” Aiolos riuscì a sbiascicare solo quelle poche parole, poi dai suoi occhi cominciarono a scivolare goccie d’acqua calda e salata… Dopo tanto tempo il sagittario dorato aveva pianto di nuovo, ma questa volta erano lacrime di felicità.



Ok, mi rendo conto che il capitolo non è venuto un granchè… Ma spero vi sia piaciuto comunque^^ e vi ringrazio ancora per le splendide recensioni, siete fantastici^^


Passo ora a rispondere personalmente alle persone che mi hanno recensita questa volta:
@SHUN DI ANDROMEDA: sono contenta che sei tornata a recensireeee!!! Grazie mille davvero per i complimenti ^//^
@Lady Of Evil Nanto86: anche tu sei tornata a recensire^^ grazie mille anche a te per la recensione^^
@stellarium: e questa volta Aiolia ha incontrato Aiolos^^ contenta? Spero di sì^^ fammi sapere con una recnesione ^.^

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Capitolo 12
*** Stagioni ***


Sì, lo so… Mi son fatta attendere fin troppo a lungo, chiedo perdono per la mia scarsissima velocità di aggiornamento, ma ora eccomi di nuovo qui, ad aggiornare la mia fanfiction più lunga… Anche perché adesso per i nostri Cavalieri è arrivato il momento di affrontare una nuova missione, una nuova battaglia che li vedrà impegnati contro le forze del male… Sperando che abbiate ancora voglia di continuare a leggere, ecco a voi^^

 

Ah, seppure in ritardo, buone vacanze estive a tutti J

White Gundam

 

 

 

Il tempo di ritrovarsi, dei saluti e della tenerezza era finito; era un’amara legge che accompagnava la vita dei Cavalieri, tutte quelle cose erano solo una minima parte della loro esistenza; e così doveva essere perché loro, prima che a chiunque altro, dovevano essere legati ad Athena.

Saori avrebbe voluto aspettare ancora; concedere loro quei momenti di ritrovata serenità, ma non vi era tempo, purtroppo.

Aveva resuscitato i Cavalieri d’Oro perché una nuova e grande minaccia si stava palesando all’orizzonte: grandi e possenti sconvolgimenti climatici stavano percuotendo il mondo con la forza degli elementi. Le Stagioni si erano risvegliate.
Athena sospirò, guardando fisso dinnanzi a sé, quindi espanse il suo cosmo divino lasciando che esso avvolgesse con forza il Santuario, che esso portasse a lei i propri sacri guerrieri.

E il cosmo fece il suo dovere, chiamando a sé i Cavalieri d’Oro, come una luce attira gli insetti nelle calde notti d’estate.

Il primo a raggiungerla fu lui, colui che proprio dalla velocità prendeva il nome. Aiolos si voltò in direzione della sua Dea e le si rivolse col suo tono pacato:

“Qualcosa la turba, Athena?”

Chiese, in direzione di ella. Saori lo guardò e poi guardò gli altri, ormai arrivati anch’essi richiamati dal cosmo; quindi parlò, e la sua voce lasciava intendere che la battaglia a cui dovevano prepararsi tutto poteva essere meno che facile.

“Le Stagioni si sono risvegliate.”
Esordì, cercando gli occhi di tutti i suoi cavalieri, come a cercare un loro supporto che, per quanto divina, ella cercava ancora nelle iridi dei suoi protettori, quindi continuò:
“Delle Stagioni si sa ben poco, sono dèi primordiali, di cui narrano soltanto degli scritti antichissimi; come avrete intuito essi si avvalgono del potere delle Stagioni, anzi sono loro che le fanno girare… Ma adesso vogliono condurre l’Unione, ed essa porterebbe al fondersi delle Stagioni e alla fine del mondo come lo conosciamo noi adesso.”

Sperava di essere stata chiara, eppure le sue parole risultavano difficilmente comprensibili persino a sé stessa. Ad ogni modo non poteva certo mostrarsi impaurita, lei ormai lo sapeva: doveva essere una guida per i Cavalieri, e questo sarebbe stata, non lasciando più che i suoi sentimenti prevalessero sul suo ruolo divino.

Saga si fece avanti, e le sue iridi azzurre incontrarono quelle viola di Athena:
“Siamo pronti a combattere contro qualsiasi nemico, e la difenderemo a costo della vita: lo giuro.”
Disse, con calma e sicurezza il Cavaliere di Gemini e gli altri gli fecero eco, fino a che le loro dieci voci dai toni e gli accenti diversi, si fusero insieme in un’unica frase formata da due sole parole:
“Lo giuro.”

Mai come in quel momento i Cavalieri d’Oro erano stati uniti, ma quella loro unione era necessaria, e questo la giovane che ospitava l’anima della Dea lo sapeva bene: la battaglia che in quel momento lei e i suoi guerrieri più forti si preparavano ad affrontare era la più pericolosa di tutte… Da quello che dicevano gli antichi testi, ancora più pericolosa della Guerra Sacra contro Ade.

Rimasta sola nella Tredicesima Casa, Saori si arrotolò preoccupata una ciocca dei capelli:la felicità rischiava di essere nuovamente turbata. Sospirò uscendo per concedersi una boccata d’aria:
“Farò in modo che non accada.”
Sì disse piano, ma con determinazione, quindi un fioco sorriso le apparve sulle labbra:
“Lo giuro.”

 

 

 

Temo che questo capitolo non sia venuto per niente bene L ad ogni modo mi serve per introdurre il nuovo schieramento che spero vi affascini e che descriverò nei prossimi quattro capitoli… Spero di ricevere qualche vostro parere, e soprattutto spero che abbiate ancora voglia di leggere questa fanfiction^.^ E adesso vi lascio alle risposte alle vostre stupende recensioni:


@stellarium: sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto^^ per quel che riguarda Saga e Kanon si erano già rivisti nel regno di Ade e avevano avuto il tempo dei dovuti chiarimenti, ti rimando quindi al loro capitolo ;)

@Princess Missy: beh era ora che Aiolia le togliesse la maschera, avevano aspettato fin troppo XDXD scherzi a parte son davvero contenta ti sia piaciuto e spero continuerai a seguire la storia^^

@Spartaco: perfetta addirittura? ^////^ così mi monto la testa XD mi dispiace ma vedo Mu in modo diverso: per me è un po’ freddo ma sotto sotto molto buono^^ spero mi recensirai ancora un saluto^.^

 

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Capitolo 13
*** Sirya, la Primavera ***


Ciao a tutti, rieccomi ad aggiornare la mia fanfiction più lunga e faticosa (però è ora che vado avanti che dura da più di un anno ormai e spero di riuscire ad arrivare a darle un finale dignitoso che, per fortuna, ho già in testa)… Vi ringrazio davvero per le recensioni che mi spingono a continuare a scrivere^^ Da questo capitolo, come anticipato nel precedente, farete la conoscenza di alcuni personaggi di mia invenzione (tratti dal libro che vorremmo scrivere io e mio fratello ed adattati all’universo de “I Cavalieri dello Zodiaco)… Spero riusciranno ad affascinarvi. Scusate la prefazione fin troppo lunga ed ecco a voi la fanfiction:

 

 

 

Un tenue raggio di sole dal calore tiepido e la luce soffusa si irradiò in direzione del tempio che si ergeva su una fresca collina. Il vento giocherellava sui fili d’erba facendoli dondolare sotto la dolce brezza fresca e cullandoli con la cura che avrebbe una madre con il suo bambino.

Dolcezza.

Era quella la sensazione che andava disperdendosi nell’aria, condensandosi sui dolci ciuffi e sui teneri boccioli che poi il tiepido sole con una carezza lucente faceva sbocciare.

Anche il tempio era ricoperto di fiori e piante rampicanti che si inerpicavano tra le corinzie colonne e i capitelli su cui erano incise le foglie d’acanto venivano ricoperti dalla reale pianta che portava quel nome. Era un tempio grande che sembrava da un lato abbandonato a sé stesso e dall’altro curato con un’attenzione quasi maniacale. Sopra il tempio cinguettavano le rondini che proprio lì avevano deciso di nidificare. E in quell’atmosfera aurea vi era una giovane i cui lunghi capelli ricci del color del castagno si riflettevano sotto i raggi di sole che parevano giocare tra i ricci della ragazza.

La giovane era seduta su un giaciglio di erba e fiori, e i suoi occhi smeraldini riflettevano il mare d’erba che aveva intorno. L’espressione della figura era come assorta in pensieri lontani ed eterei, noti soltanto agli dei, perché tale lei era: Sirya, la Primavera.

“Noi dei, lontani anni luce da questo mondo, esagerati rispetto alle sue creature…Possiamo dunque essere degni di scegliere l’andamento della vita mortale?”

Mormorò a bassa voce e le sue parole sembravano un sospiro lieve. Era giovane e dal suo corpo non dimostrava più di diciotto anni. Era soltanto da un anno che aveva conosciuto la sua natura di dea, e da lì le cose avevano via via preso a cambiare. Sospirò voltando gli occhi al cielo.

Una stretta tenera e forte le cinse la vita, lasciandole un dolce senso di protezione e la bella sensazione di essere comunque libera. Il giovane prese a carezzarle il ventre sporgente e a salire dandole una leggera carezza al seno, arrivando ad abbracciarla sopra le spalle e a cingerle dolcemente il collo con le labbra in baci teneri e appassionati.

“Cosa ti turba, Sirya?”

La voce di Alpheratz era preoccupata e vicina. Sirya gli tese la mano e intrecciò alle sue le proprie dita. Sospirò portandosele nuovamente al grembo gonfio. Alpheratz sorrise teneramente: non era concesso ciò che portava quel grembo: lei era una dea e lui un mortale, non era concesso che avessero un figlio… Ma quello non gli aveva bloccati, né aveva fatto questo la giovane età.

In realtà il figlio non era stato cercato, ma aveva voluto esserci e loro avevano deciso di tenerlo.

Sirya sospirò di nuovo, stringendosi al suo fido guerriero. Tra tutti i Cavalieri delle Quattro Stagioni era colui a cui si sentiva più legata: Alpheratz Cavaliere dell’Alba, l’eroe.

“Gli dei non dovrebbero interferire con le vite dei mortali… Vero?”

Gli pose la domanda in un sussurro. Alpheratz la portò ad appoggiare il viso al suo petto con una tenue carezza e sorrise amaramente. Ricordava quello che era successo con un’altra dea, che le aveva portato via uno dei suoi migliori amici.

“Già…”

Assentì in un sussurro il guerriero. Sirya strinse più volte le mani sulla maglia di Alpheratz. Prima che conoscesse la propria natura ed i propri poteri infatti Sirya aveva sempre cercato la protezione di quel combattente, di quell’eroe… E anche quando i tempi erano cambiati, ogni tanto, ricercava ancora quel senso di protezione. Alpheratz la abbracciò con dolcezza, carezzandola lentamente.

“Sarà giusta questa storia dell’Unione?”

Chiese infine la giovane dea. Il ragazzo non rispose subito, ci pensò un attimo lasciando che il canto degli uccellini riempisse il silenzio creatosi.

“Non lo so Sirya, ma mi fido di te… Faremo quello che tu decidi di fare, perché tu saprai trovare la scelta giusta.”
Disse infine. Sirya sorrise e il suo sguardo mutò da quello di ragazzina in quello di una dea. Si allontanò in silenzio, mentre Alpheratz sciolse l’abbraccio guardandola dirigersi fuori dal tempio.

Sirya si sedette sul prato lasciando che i fili d’erba la carezzassero e che la dolce brezza fresca le scompigliasse i lunghissimi capelli correndo sul vestito leggero che ne circondava le prosperose forme.

Il giovane rimase a guardarla, rapito da quella bellezza e dallo splendore del suo cosmo che andava accendendosi. Un’aura verde brillante si sprigionò dal corpo della dea, riempiendo l’ambiente di colore.

Era uno spettacolo senza pari: come un arcobaleno puro dopo una pioggia acida. Il cosmo emanato dalla giovane sembrava rischiarare anche l’anima del ragazzo, come a purificarla.

Alpheratz inspirò a pieni polmoni, lasciando che l’aria impregnata di quel cosmo gli entrasse nei polmoni insieme all’ossigeno.

Sirya intanto teneva gli occhi chiusi ma nella sua mente non vi era il buio, ad occhi chiusi si poteva vedere più chiaramente. Non guardare o osservare che erano cose impossibili da compiere tenendo gli occhi chiusi; ma vedere, nel vero senso della parola.

La Primavera osservò l’universo che aveva all’interno del suo corpo, con le migliaia di stelle e pianeti che ne vorticavano dopo che l’aveva fatto esplodere anche intorno a sé. Vide anche il suo cuore battere a velocità costante, e il suo corpo nel prato immerso nel silenzio infinito dell’erba e nel cinguettio mai tacito di fringuelli e usignoli. Erano tante le contraddizioni della natura. E la natura si piegava al volere di quella dea che nel ciclo delle stagioni ogni volta la riportava alla vita. E cercò nel suo universo la risposta alla domanda, vedendola come solo una dea potrebbe vedere. Quindi si alzò in piedi dirigendosi verso Alpheratz e gli occhi verdi di lei si fissarono nelle iridi castano chiaro del ragazzo. E mentre i suoi capelli ondeggiavano cullati dal vento, quelli mossi e color biondo cenere del ragazzo restavano costretti nella morsa dell’elastico utilizzato per farsi la coda. Lo guardò ancora una volta quindi annuì tra sé e sé:
“L’Unione si farà.”
Disse, con voce sicura. Alpheratz annuì, serio quindi si diresse all’interno del tempio:
“Armatura dell’Alba!”

Disse con voce ferma e sicura e, abbagliata di un cosmo bianco e lucente l’armatura andò a costruirsi sul corpo del Cavaliere. Per qualunque evenienza lui sarebbe stato pronto a combattere, doveva proteggere Sirya… D’altronde questo era quello che aveva sempre fatto e pensato.

 

 

 

Capitolo finito… Avete conosciuto la prima dea: la Primavera ed Alpheratz, il Cavaliere dell’Alba, l’eroe… Spero vi siano piaciuti questi nuovi personaggi. Ah un’ultima cosa: in realtà Alpheratz e Sirya non dovrebbero avere un figlio ma mi piaceva come idea XDXD

Fatemi sapere che ve ne pare e grazie a tutti coloro che mi seguono e, in particolare, a coloro che mi recensiscono cui adesso vado a rispondere:

 

@Lady Of Evil Nanto86: ancora per l’azione temo che dovrai aspettare, intanto vi devo far conoscere i nostri nuovi personaggi XD… Spero ti sia piaciuto comunque il capitolo e fammi sapere^^

@Camus: davvero ti piace tantissimo? Ne sono davvero felice =) comunque ho resuscitato solo i saint sui quali riuscivo a scrivere bene… Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo, fammi sapere^^

@Spartaco: ed eccomi qui con un nuovo capitolo^^ Allora che te ne è parso della Primavera? La prima stagione è arrivata, e presto conoscerai anche le altre tre… Anzi un giorno ti dovrò raccontare la vera storia di questi personaggi ;) comunque son contenta che ti sia piaciuto tanto lo scorso capitolo^_^

 

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