Ciao Isabellino

di gaccia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ho deciso di cambiare! ***
Capitolo 2: *** l'uso migliore di un mazzo di rose ***
Capitolo 3: *** non sono un gorilla! ***
Capitolo 4: *** i geni ninfomani sono ereditari ***
Capitolo 5: *** la conchiglia che non viene dal mare ***
Capitolo 6: *** nuovo round ***
Capitolo 7: *** non voglio fare il ripieno! ***
Capitolo 8: *** io, l'uomo cazzuto ***
Capitolo 9: *** Primo giorno di lavoro! ***
Capitolo 10: *** origliare? sì grazie. ***
Capitolo 11: *** questioni di corna! ***
Capitolo 12: *** io lo amo. Merda! ***
Capitolo 13: *** ufo: oggetto volante non identificato ***
Capitolo 14: *** e amore fu... forse. ***
Capitolo 15: *** voglio andarmene e rimanere sola ***
Capitolo 16: *** "maturare la cosa" ***
Capitolo 17: *** consiglierei il magazzino! ***
Capitolo 18: *** complimenti per la comprensione ***
Capitolo 19: *** un'altra scommessa persa? ***
Capitolo 20: *** ho scoperto di avere belle gambe ***



Capitolo 1
*** ho deciso di cambiare! ***


 

 

Eccoci per la seconda parte di questa storia.

Come in uno specchio le parti si invertiranno… cosa potrà accadere a una donna che si finge uomo?

Vi lascio al capitolo – prologo e buona lettura.

 

---ooOoo---

 

Anni di studio, anni di sacrifici, ore di sonno perse, turni massacranti alla tavola calda e al ristorante, lezioni ascoltate al volo con un occhio all'orologio, anni di clausura senza lo straccio di un ragazzo!

Sono diventata una esperta nell'uso del vibratore, riesco a farmi godere e soddisfare in due minuti netti... anche per quello ho fretta!

La laurea è arrivata addirittura con qualche mese di anticipo sulla normale tabella di marcia, come riconoscimento dei miei sforzi. La specializzazione in ricercatrice biologa è stata una passeggiata al confronto: l'entusiasmo che ho provato ha bruciato le tappe con il sacro fuoco della conoscenza e mi sono trovata giovanissima, già fuori dal college con lusinghiere lettere di presentazione e il mondo nelle mie mani.

 

Purtroppo la giovane età e, soprattutto, il fatto di essere una donna, non mi ha ancora concesso di trovare il lavoro dei miei sogni.

Non che non ci abbia provato: ho mandato centinaia di domande in giro per gli Stati Uniti, mi hanno fatto decine di colloqui, ho avuto riscontro pari a zero.

Ho scoperto anche, che chi otteneva il posto era sempre giovane, di bell'aspetto ma soprattutto maschio! Prove per una eventuale denuncia per discriminazione?

no. non ho prove e anche se le avessi, come potrei cavarmela con i soldi che guadagno come cameriera?

Da mia madre non voglio nulla. Mio padre non può darmi nulla, tutto quello che ha da parte serve per le sue cure, dopo che ha avuto un infarto, deve riguardarsi.

Quindi sono qui che ringrazio ancora una volta Angela e Ben per avermi assunto nella loro tavola calda che diventa ristorantino intimo e ricercato la sera...

 

«Ciao, Bella. Come è andata oggi?». Ben è sempre un caro ragazzo, disponibile sin dai tempi del liceo, quando cercava di farci amare la fotografia alla follia… cosa impossibile, visto che neanche lui era così affezionato ai rullini, non quanto ai fornelli, almeno.

«Un disastro. Hanno dato il posto a uno che si chiama Yut Snow… come si fa a chiamarsi Yut? È un insulto! Io avrei fatto causa ai miei genitori!» esclamo accasciandomi su uno sgabello del bar.

«Tesoro, non devi arrenderti». Angela è la mia ancora di salvezza, il mio energizzante quando sono depressa (cosa che succede spesso in questo periodo).

«Angela. Non so più cosa fare… avrei solo bisogno di una opportunità, per dimostrare il mio valore, avrei esperienza e mi farei valere, invece vogliono solo maschi!» esclamo stizzita!

 

Vedo Angela bloccarsi, con una tazza di caffè grondante in mano, poi mi guarda ed esclama: «E allora diventa uomo!».

Non pensavo che Ben diventasse violento, ma a quella affermazione sono sicura che la mia cara amica abbia ricevuto una padellata sulla testa da suo marito.

Proprio ora che sta aspettando il loro primo figlio… probabilmente dovrei denunciarlo!

«Ma che stai dicendo? Stai male? Chiamiamo il 911?» esclamo preoccupata.

«Bella! Se Edward si è fatto passare per una femmina al liceo senza sospetti, a maggior ragione tu potresti passare per maschio al prossimo colloquio!» mi urla entusiasta, battendo le mani che si erano liberate della tazza.

 

«… Potremmo chiedere a Eddy come ha fatto, e magari interpellare anche Alice! Oh, Bella, sarebbe felice di aiutarti!» continua il suo sproloquio ma io non la ascolto più.

Dopo aver scoperto di Dina/Edward avevo fatto un grosso sforzo per perdonarlo e dopo esserci riuscita, dopo essermi fidata di lui, dopo esserci messi insieme e aver passato una primavera dolcissima e un’estate fantastica… mi aveva lasciato per andare a studiare dall’altra parte del mondo, in Europa… mentre io ero rimasta come una scema a Seattle.

 

Da quel momento mi ero categoricamente rifiutata di incontrarlo, di frequentare chiunque portasse il cognome Cullen, compresi i cugini.

Angela poteva ringraziare l’enorme affetto che nutrivo nei suoi confronti, altrimenti avrei cancellato anche lei dalla mia vita, visto che lo sentiva regolarmente.

«Non parlarmi di Cullen!» sbotto furiosa. Il solo pensiero mi fa andare il sangue alla testa e torno ad essere quella pazza che brandiva un coltello davanti alla sua faccia da stronzo! Perché non l’ho fatto fuori quella volta? Il mio più grande rimpianto.

«La mia era solo un’idea. Mica devi incontrare i Cullen! Mi offro io per aiutarti». Dopo un secondo di mortificazione, sorride alla sua proposta ed inizia a sciorinare tutta una serie di trucchi per mascolinizzarmi.

In fin dei conti sono sempre stata indifferente allo stretto mondo femminile… dovrei solo allargare le mie vedute, mettermi una fascia per stringere il seno e infilare qualche calzino (pulito) nelle mutande… che sarà mai, se ottengo quello che voglio?

«Okay! Ci sto!» dico stringendo la mano della mia amica!

Sento Ben che ridacchia alle mie spalle mentre mi saluta:

«Ciao Isabellino

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccomi tornata con una nuova storia, che poi nuova non è. Si riallaccia a doppio filo con “Ciao Edwardina” di cui questa è il sequel. Alcune cose derivano dalla prima storia ma cercherò di farla vivere di vita propria il più possibile in modo da non essere costretti a leggere tutta la parte vecchia.

 

Come si intuisce da questo titolo e da questo capitolo-prologo Isabella si vestirà da uomo.

Aspetto i vostri consigli su quanto debba fare per trasformarsi nel bel fighetto che verrà assunto.

 

Non mi resta che togliere il disturbo, sperando che Lino abbia lo stesso gradimento di Dina, se non maggiore.

Alla prossima (fine settimana)

Baciotti

 

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Capitolo 2
*** l'uso migliore di un mazzo di rose ***


 


 


 

Buongiorno lettori!

Eccoci qui per un nuovo capitolo, come promesso.

Vedremo di capire meglio questa Bella, e come si sia trasformata da quella pestifera ragazza del liceo (ma sarà davvero cambiata?)

Molti hanno chiesto cosa sia successo tra Edward e Bella, questo verrà svelato durante la storia, più avanti.


 

Ringrazio chi ha già inserito questa storia tra le preferite, ricordate e seguite, chi ha solamente letto e chi ha anche recensito facendomi sentire la sua voce, e anche le sue idee. Grazie.

Purtroppo non riuscirò a inserire i vostri nomi nella storia questa volta, anche perché essendo il seguito di Edwardina, non posso inserirli con escamotages nuovi e ripetere quelli vecchi non avrebbe senso, quindi accontentatevi dei miei ringraziamenti tradizionali.


 

In questo capitolo incontreremo nuovi personaggi e altri già noti!

Non mi fermo oltre e vi auguro Buona Lettura!


 

---ooOoo---


 


 

«Fortuna che la tua fissa per il nuoto ha piallato leggermente le tette e sviluppato le spalle». Forse Angela crede di avermi fatto un complimento… magari le spiego come funziona.


 

Siamo nel mio bilocale in affitto a Seattle, dove mi sono trasferita, l’unico alloggio decente che sono riuscita ad affittare con i miei introiti mensili. E’ posizionato sopra a un ristorante italiano, e sebbene gli odori di soffritto a volte riempiono le mie stanze e diano il voltastomaco, sono comunque contenta della prova tangibile della mia indipendenza.


 

«Per prima cosa dovremo pensare ai capelli, non puoi tenerli così lunghi... vuoi usare una parrucca?» chiede Angela mentre me li spazzola.

«No. Non ha senso e poi sarei sempre preoccupata se il toupet si sposta. Ho intenzione di tagliarli, una bella acconciatura alla maschietto, sfumati dietro e con il ciuffo lungo e finto spettinato davanti» dico immaginandomi senza la mia fluente capigliatura.

«Stai descrivendo i capelli di Edward... te ne sei accorta? Puoi farti tutti i tagli che vuoi ma ti impedirò di diventare un suo clone. Se non lo vuoi nella tua vita non devi alimentare il ricordo». La saggezza di Angela è quasi proverbiale ed irritante. Ha ragione, non posso continuare a pensare al mio ex ragazzo.

Ho provato con l'odio, ho provato con il chiodo scaccia chiodo, nel caso specifico Conner, compagno del liceo che ha frequentato il college a Seattle con cui sono uscita per due mesi, prima di arrendermi.


 

Lui non era Edward e non lo sarebbe mai stato, neanche se fossi stata sotto i fumi dell’alcool con la gradazione più alta che potessi immaginare.

Ho provato anche con le uscite da una botta e via, senza impegno. Peccato che poi erano loro che non mi lasciavano in pace.

Che cavolo! Potevo essere il sogno proibito di tutti i ragazzi della mia età. Ero disposta a farmi ripassare senza chiedere le coccole post orgasmo e me li ritrovavo in fila sotto il dormitorio con delle rose rosse in mano. Deprimente.

Nella vita non hai mai quello che vuoi veramente.

Adesso volevo un lavoro di ricercatrice. Anzi, il lavoro da ricercatrice presso la biologicseattle inc. una società di medie dimensioni, attiva nella ricerca e sperimentazione ai fini medici.

Sarebbe stato perfetto: il laboratorio è a 20 minuti da casa, la ricerca verte sulle proprietà delle piante, quindi il mio settore, sarebbe… sarebbe, come ho già detto, perfetto.

Ho il colloquio tra una settimana, quindi devo sbrigarmi per essere pronta per il mio ingresso nel mondo maschile del lavoro.


 

«Prima di tutto dobbiamo pensare ai documenti… chissà se il falsario di Forks è ancora in attività… quando eravamo al liceo faceva miracoli!» mormora Angela pensosa.

«Certo! Sino a quando non ha messo sulla mio documento il nome di Pocahontas! Ho dovuto raccontare mezz’ora di palle per riuscire ad entrare in quel club!» protesto, ricordandomi la mia prima e unica patente falsa, fatta per sentirmi più grande.

«Hai ragione, è stato divertente» conviene Angela ridendo.

«Comunque hai bisogno di quei documenti… Lino Swan! Dovresti anche decidere dove sei nato e quando. Non puoi risultare gemello di te stessa, sei troppo vicino a casa» spiega con ovvietà.


 

È vero, ha ragione. Edward aveva rischiato di farsi scoprire diverse volte, perché non era abbastanza distante da Seattle.

A ben pensarci, avrei potuto tranquillamente essere un cugino, avevo dei parenti a Phoenix e l’Arizona era sufficientemente lontana da poter giustificare il tutto. Poi nulla vietava di aver studiato a Seattle con la mia cuginetta.

L’unica cosa che mi spiaceva è che avrei dovuto rinunciare alle lettere di presentazione dei professori… tranne uno, forse. Il professor Green era un insegnante validissimo e preparato, ma assolutamente distratto e bonaccione, se gli avessero chiesto di me come maschio, avrebbe senz’altro risposto che ero anche affascinante.

«Senti, Bella» mi volta verso di sé e mi guarda fisso negli occhi: «Non sono in grado di fare tutto da sola, se mi lasciassi chiamare Alice, avresti tutto l’aiuto necessario. Puoi imporle di non parlare con il cugino, anche perché so che non hanno dialogo da quando è andato in Europa… Ti prego, Bella. Ragiona! Alice sa come fare!» Angela mi guarda supplichevole, come le sue parole. So che ha ragione e che dovrei passare sopra ai ricordi. In effetti Alice non c’entra nulla con quella testa vuota di suo cugino.

Però era stata lei a convincermi a dare una possibilità a Edward, quando si era mostrato come Dina. Era stata lei a convincermi ad andare a Seattle da lui… vestita da ragazzo.


 

Che ridere quella volta… mi ero fatta una coda bassa e mi ero messa dei baffi posticci… quando mi aveva baciato… era stato come tornare a respirare dopo mesi di apnea. Ero così felice allora… prima che mettesse il mio cuore nel tritacarne per farne una polpetta. Maledetto Cullen! Come lo odio!

Sospiro e cedo. Angela ha ragione. «Okay, chiama Alice e Rosalie. Ho bisogno di loro». Spero di non essermi messa in un guaio ancora maggiore di quello che voglio affrontare.


 

«Perfetto, perché saranno qui, esattamente tra quindici minuti» risponde imbarazzata Angela.

«Che razza di… mi hai fregato! Quando vi siete messi d’accordo? Quando hai deciso di vendermi al nemico?» sbraito. Avevo acconsentito, ma adesso potrei rimangiarmi la parola. Non voglio che lui lo sappia. Non voglio avere neanche notizie di lui.

«L’ho chiamata ieri sera, dopo che sei andata a casa. Abita a Forks, sai? E convive con Jasper. Lei ha rilevato il negozio di abbigliamento dei Crowley e lui lavora con il dottor Carlisle, sta facendo il tirocinio alla clinica privata» mi racconta. A questo punto, perché non sapere anche del fratello con la sua bionda metà?

«Ed Emmett?» chiedo, più rassegnata che curiosa.

Angela mi fa un sorrisone soddisfatto e ricomincia a raccontare.

Ma quante cose mi sono perse in questi anni? Non sono mai stata pettegola o curiosa e non ho mai stretto legami di profonda amicizia con i compagni di liceo, come del resto quelli dell’università, ma forse avrei dovuto almeno tenere degli sporadici contatti.

«Emmett ha frequentato l’università a New York ed è diventato un avvocato, ha appena iniziato a lavorare con il padre di Edward qui a Seattle, e Rosalie gli fa da segretaria. Stanno organizzando il loro matrimonio». Sono felice per loro. Davvero.


 

Un nodo alla gola mi si forma, ma non posso evitare di chiedere a questo punto. Sono un fiume in piena, tanto vale lasciarsi travolgere, magari non mi farà male come ho sempre pensato.


 

«E… Edward?». So che lei è sempre rimasta in contatto, anche quando lui era in Europa a gozzovigliare. Faccio una smorfia a questo pensiero.

«Ha studiato, prima a Parigi, poi in Inghilterra. Adesso ha quasi finito il master a Oxford. Non ha messo completamente la testa a posto, se vuoi sapere questo, ma è sicuramente migliorato». So che Angela aspetta una determinata domanda da parte mia, ma non ho alcuna intenzione di fargliela.

Dopo esserci fissate per diversi istanti, lei sbuffa e ricomincia.

«Ogni tanto mi chiede di te. E ti saluta sempre. Ha avuto un paio di relazioni che sono finite male… e se lo vuoi sapere, sì. Ogni tanto ricasca nel vizio dello stronzo pavone, ma è come una ricaduta di febbre, gli passa subito con le giuste medicine» dice indicando se stessa.

Sorrido al nomignolo che gli avevo affibbiato, era davvero un pavone ai tempi del liceo, tronfio e pieno di se, impettito come un tacchino.

Cosa intende dire che lei è la medicina? La guardo e probabilmente ho un enorme punto interrogativo sulla testa, perché risponde alla mia domanda muta.

«Quando ci sentiamo e mi racconta qualcosa… gli ricordo come ci si deve comportare! So essere davvero convincente, quando voglio. E lui, di norma, mi da retta e ricomincia a comportarsi da bravo ragazzo, gentile ed educato».


 

Se! Gentile ed educato… uno zuccherino! Brutto stupido! Tanto gentile ed educato, tanto bravo ragazzo che, dopo otto mesi insieme, mi ha scaricato con un messaggio sul cellulare.

Scusami, sono passato da casa tua ma non c’eri. Mi hanno convocato urgentemente in Europa, alla Sorbona, per un corso, vorrei spiegarmi meglio… ti telefono quando arrivo… ma… non posso chiederti di aspettarmi mentre sono a studiare in un altro continente. Non sarebbe giusto. Sono all’aeroporto, ho il volo tra poco… forse è meglio così. Mi mancherai. Tanto. Un bacio. Il tuo pavone” Bastardo. Presuntuoso, ha deciso lui per tutti e due. Non mi ha dato la minima possibilità ed io non sono certo una che si piange addosso. Ho voltato pagina e sono corsa da Jacob, passando la notte con lui.

Non mi sono mai sentita così sporca. Ho mentito a me stessa, ho mentito a Jacob, tutto per colpa di Cullen. L’ho odiato come mai nessuno sino ad allora, ed in quel momento ho deciso di eliminarlo dalla mia vita, recidendo tutti i possibili contatti rimettendoci anche amicizie sincere, pur di non ricordarlo.


 

Sono immersa nei miei pensieri. Angela sta ancora ciarlando quando suonano il campanello e la mia pseudo amica si precipita ad aprire la porta al nemico.

«Ciao Angela». Sentire la voce squillante di Alice è come tornare indietro nel tempo. «Ciao, Bella». Mi dice un pochino più insicura.

La guardo accigliata, poi mi apro al sorriso sincero. Sono davvero contenta di vederla. «Ciao, Alice» e lei mi corre incontro regalandomi due bacioni sulle guance.

«Ragazzi, entrate!». Oddio! Si è portata i rinforzi.

Subito il mio domicilio diventa minuscolo, invaso all’eccesso da quell’energumeno di Emmett. Come fa ad essere ancora cresciuto? Di solito non si finisce a diciotto anni? Questo sembra che abbia continuato la crescita fino a ieri. Jasper è sempre uguale, bel biondino, ben piazzato, di una presenza gentile. Rosalie è stupenda, come al solito fa sentire tutte le altre donne come ranocchie in uno stagno melmoso. In pratica, tutto nella norma.


 

Alice sta saltellando accanto a me, e appena ho finito i saluti, mi assale.

«Allora, Bella. Raccontaci tutto. Angela mi ha accennato qualche cosa, ma voglio sentire tutto dalle tue labbra».

Rassegnata, inizio a raccontare le mie disavventure lavorative, sino ad arrivare all’idea malsana partorita da Angela.

«Ragazzi, non vi sembra di aver già vissuto questa storia?» chiede Jasper ridendo.

«Come se fosse ieri» risponde Emmett battendo un cinque a suo cognato.

I cinque personaggi che mi circondano sembrano tutti estremamente fiduciosi ed io mi chiedo se sarà peggio il pasticcio in cui mi andrò a cacciare per il lavoro, o mettermi nelle loro mani.

In questo momento ho i brividi per la seconda ipotesi.


 

Alice prende in mano la gestione della pratica… mamma mia, quanto è autoritaria!

«Allora, prima di tutto. Jasper! Tu penserai ai documenti… il vecchio Jenks è ancora all’opera a Forks, giusto?» domanda al suo compagno.

«Tutti i mercoledì fa la dialisi da noi, e ci ragguaglia sulle ultime novità nel settore falsificazioni. Per quanto ne so, è ancora operativo» risponde attento l’interpellato.

Noto che Alice si porta la mano sul petto… e in quel momento mi trapassa il cervello un pensiero: Napoleone! Cazzo! Sembra proprio il piccolo imperatore francese, le manca il cappello e un cavallo e potrebbe esserne la reincarnazione!

Non che creda a queste cose… ma accidenti che piglio al comando!


 

«Emmett, sei ancora iscritto in quella palestra?». Cosa centra la ginnastica. No, no, no. Io non voglio fare ginnastica: ho l’agilità di un ferro da stiro di piombo!

Faccio nuoto una volta a settimana per un’oretta perché mi aiuta a sciogliere i muscoli, ma da questo a darmi della sportiva è come dire che ho vinto la medaglia d’oro alle olimpiadi perché sono in grado di galleggiare senza salvagente!

«John sarà felice di aiutarmi a farle fare un poco di muscolatura». Ma cosa hanno in mente? Mica devo diventare culturista! Io mi piaccio così. Con le mie forme morbide (per non dire rotondette) e il mio filino di sana cellulite!

Il nuoto mi ha solo piallato leggermente il petto e ho delle belle spalle… il resto…

«Rosalie, cosa ne pensi?» mi girano attorno come avvoltoi. Aiuto! Vogliono spolpare la mia povera carne lasciandomi agonizzante!

Che scenari truculenti mi vengono in mente… ma non le avevo mai viste con quella strana luce negli occhi! Sembrano possedute… magari gli stanno spuntando i canini come i vampiri!

«Sicuramente i capelli. Marcus farà il miracolo». La bionda enuncia, la mora annuisce.

«Poi direi una specie di bustino, dobbiamo schiacciare il seno riempire la vita e camuffare i fianchi. Dobbiamo farla sembrare un palo… non sarà facile». Adesso mi è concesso avere paura?

«Per il viso» Alice mi agguanta la faccia e mi fissa a cinque centimetri dal naso

«Dobbiamo nascondere questi occhi ammalianti… uhm, occhiali?». No. Non ne faccio uso, ho una vista da aquila! Dieci decimi per occhio.

«Direi di sì» risponde Angela, pure lei posseduta «Che ne dite di una montatura nera, spessa, squadrata, stile studente secchione?» propone.

«Assolutamente! Dobbiamo ispessire le sopracciglia… Bella, niente depilazione in faccia! Più sei pelosa, meglio è! I baffi sarebbero una manna!» dice Rosalie.

Ehi! Aspetta un attimo! Io non sono una donna baffuta! Non ho mai dovuto fare la ceretta sopra il labbro! Ma per chi mi hanno presa? Un gorilla?

«Dovremo scurire il mento per simulare i peli». Se non pensavano che fossi un gorilla... mi volevano trasformare nel peloso animale.


 

«Vestiti?» chiede Angela. Uho, uho, uho! Che vogliono fare? Vestiti? Io sto bene con i miei comodosi… tranne quando devo essere elegante, allora tiro fuori i jolly intramontabili che sarebbero graditi anche alla regina d’Inghilterra. Perché devo cambiare?

«Certamente. Direi qualche giacca e pantalone, gessati. E poi camicie e pullover calzini e scarpe» elenca Rosalie. Certo! È vero, se devo essere uomo, devo vestirmi da uomo. Mi viene quasi da ridere… Alice ha sempre detto che vestivo da maschio e che avevo dimenticato di avere le tette. Tanto vale mettere in pratica le sue osservazioni.

«Devo proprio mettermi in giacca e cravatta? Non vanno bene i jeans e i cargo?» dico facendo il broncio.

«Per il tempo libero certamente! Per il lavoro, inizia a fare bella impressione, poi, dopo che avrai a che fare con le provette, potrai anche permetterti i jeans. NON I BERMUDA!» dice Alice guardandomi dritto negli occhi ed agitandomi il dito sotto al naso.

«Perché no?» chiedo con la faccia più ingenua che posso. Adoro farla irritare. Mi era mancato questo aspetto della nostra amicizia.

«Perché hai i polpacci da donna, senza peli e delicati. Non abbiamo tempo per farti mettere un po’ di muscoli anche lì… quindi fai il piacere di stare coperta nelle parti basse!» Napoleone alla carica! Okay! Obbedisco!

«Non ho alcuna intenzione di scoprire le mie parti basse… non al lavoro comunque» puntualizzo.


 

«Perfetto. Con cosa iniziamo domani? Abbiamo solo una settimana per farla diventare un uomo, ed io ho il negozio a Forks da mandare avanti… posso saltare un giorno ma non di più» dice Alice guardando una specie di tomo grande e spesso, in similpelle nera.

Caspita! Ha un negozio da aprire e chiudere, che le servono le agende master per gli appuntamenti?

«Domani andiamo subito da Marcus, per il taglio capelli, poi dall’ottico per gli occhiali di vetro. Così Jasper potrai farle le foto per i documenti» propone Angela.

Scusatemi! Ci sono anche io, qualcuno vuole chiedermi se ho da fare? No, eh?

«Allora siamo d’accordo, ci vediamo domani per il primo turno della trasformazione» ripete Alice.


 

«Mi mancano le sessioni depilatorie di Edward! Sono state le più divertenti» protesta Emmett, piagnucolando.

«Perché? Lo avete depilato in maniera totale?». Quando si dice che la curiosità è femmina, hanno incluso anche me nel pacchetto. Per quanto non ami questa definizione, ad alcune cose non so resistere.

«Lo abbiamo filmato! Lo rivediamo sempre quando viene a farci visita… è uno spasso» dice ridendo Jasper. «Se vuoi, quando passi da Forks te lo facciamo vedere. È una cosa da morire dal ridere» assicura.

Il solo pensiero mi strappa un sorriso. Sono davvero curiosa di vedere Edwardina dietro le quinte.


 

Finalmente mi salutano tutti e mi lasciano sola nel mio bilocale. Angela mi aspetta tra un’ora al ristorante. Oggi è domenica è normalmente, come ogni weekend, è una giornata impegnativa, tanto che chiamano anche un altro paio di aiuti oltre la sottoscritta.

Mi fiondo nella mini doccia (nel mio bagno di due metri per un metro e trenta centimetri è tutto mini) e velocemente mi lavo e mi preparo per questa nuova serata di lavoro e, si spera, di mance favolose (la speranza è l’ultima a morire, dicono).

«Avanti, Bella, ci sono ancora alcuni tavoli da preparare» dice Ben, appena entro nel ristorante. A guardare bene, non sono alcuni tavoli, sono praticamente tutti.

Corro nel retro, mi infilo la casacca che dovrebbe essere la mia divisa e prendo le tovaglie ed i tovaglioli, freschi di lavanderia.

In pochissimo i tavoli sono pronti, mentre Angela dispone i dolci e gli antipasti già preparati nel banco trasparente, che di giorno ci serve per i pasti della tavola calda.


 

«Ciao, Bella». Mi sento abbracciare da dietro e baciare sul collo con fare lascivo.

James. Il nostro aiuto del giovedì, venerdì, sabato e domenica.

Adoro gli altri giorni della settimana dove non ho le sue mani addosso.

Da quando è stato assunto, sei mesi fa, non fa altro che assillarmi, palparmi e chiedermi di uscire.

All’inizio ero lusingata, pensavo quasi di accettare. Poi, con il passare del tempo, lui è diventato abbastanza asfissiante ed io, sempre più refrattaria.

Ben lo ha già minacciato di licenziamento se non tiene le mani a posto, e, devo essere sincera, da quel momento le cose sono leggermente migliorate.

Ora non mi palpa più il sedere ogni tre secondi e mi abbraccia solo un paio di volte al giorno. Ovviamente, quando allunga le mani, i baci sono d’obbligo, ma se non altro non ci prova più sulla bocca.


 

«Allora, hai deciso quando uscire con me?» chiede per la milionesima volta.

«Sicuramente il 31 settembre, ti va bene?» rispondo per la milionesima volta.

«Prima o poi ti farò capitolare. Non potrai resistere per sempre al mio fascino» rilancia fiducioso.

Certo, aspetta e spera, tesoro.

Rido ma non rispondo, iniziano ad arrivare i clienti ed è ora di lavorare sul serio.


 

E’ una serata abbastanza tranquilla, se pur impegnativa.

Sembra che gli avventori si siano messi d’accordo per arrivare alla spicciolata, in modo da poterli servire con attenzione e preparare i piatti, senza farli aspettare un’eternità.

Se il ristorante fosse stato un’autostrada, si sarebbe parlato di partenze intelligenti.

Trinnnn’ il suono sordo della porta di entrata ci avvisa che un altro cliente è entrato per cenare. Subito prendo i menù e mi avvicino per accompagnarli al tavolo, quando mi si gela il sangue nelle vene.

Merda! Cacchio! Fanculo al mondo e anche all’universo!

Dietro le spalle di una ragazza dal fisico slanciato, biondo rossiccia, bellissima c’è… il ragazzo… no, l’uomo! Colui che più odio a questo mondo.

Ed io sono vestita da cameriera!


 

«Aspettami qui, Tanya. Questo è il ristorante di una mia cara amica. Vado subito a chiamarla, così te la faccio conoscere». Quella voce. La sua voce. Da quanto tempo non la sentivo più! È come tornare indietro.

Appena intuisco che si sta avvicinando, mi volto e prendo il vaso con le rose che Ben, regala ad Angela, ogni settimana da quando sono sposati. Dodici rose rosate a gambo lungo. Ho sempre trovato questo gesto estremamente romantico… ora lo trovo anche molto pratico.

 

«Mi scusi, sa dove posso trovare Angela? La proprietaria?» mi chiede al di là del cespuglio che ho davanti alla faccia.

Io non rispondo e semplicemente gli indico la porta basculante della cucina.

Lui borbotta un grazie e si sposta dove gli ho indicato.

«Bella, che fai lì nascosta?» mi chiede Amber, il secondo aiuto del weekend. Dio, grazie!

«Amber, corri, vai a cambiarti» ordino mentre poso il vaso e corro nello sgabuzzino che serve anche da spogliatoio.


 

«EDWARD! Tesoro!» urla Angela.

Sicuramente è per avvisare me, ma se aspettavo lei, a quest’ora avevo già commesso un omicidio nel suo locale.

«Ehm, ciao Angela. Perché urli?» chiede educato il pavone.

Io scosto la porta e sbircio l’incontro che si è spostato in sala.

«Dirmelo prima che sarebbe venuto qui? No eh?» borbotto.

Alle mie spalle, Amber allunga il collo e guarda oltre la mia spalla. «Complimenti, Bella. Bel tipo davvero. Perché ti nascondi da lui?» chiede. Troppo sveglia questa ragazza. Mi sta antipatica.

«Figurati! Non mi sto nascondendo da lui…». Mi guarda scettica inarcando un sopracciglio. Non ho mentito bene, evidentemente.

«Okay, mi sto nascondendo da lui. Ma solo perché non voglio fare scenate nel locale di Ben, non me lo perdonerebbe mai» rispondo, cercando di essere convincente.


 

Continuo a sbirciare finché una mano non mi trascina fuori dallo sgabuzzino.

«James, lasciami, che fai?» chiedo irritata mentre mi accuccio dietro a lui per non farmi notare.

Edward e Angela, stanno parlando al tavolo d’angolo dove la mia amica li ha fatti accomodare. Peccato che sia il tavolo con la visuale migliore su tutto il ristorante e il pavone non è seduto di spalle.

Che rabbia!

«Si può sapere cosa stai facendo? Da quando ti nascondi?» chiede perplesso.

«Da quando non voglio incontrare una persona» rispondo sporgendomi sulla sua spalla per sbirciare… di nuovo.

«Allora esci con me, e i tuoi tavoli li servo io questa sera» propone James il ricattatore. Sbuffo ma accetto.

Devo assolutamente evitare una scenata, soprattutto non voglio avvicinarmi troppo a lui e alla sua top model. Non ci tengo a prendermi malattie di dubbia provenienza e sono sicura che me le beccherei solo respirando la sua aria!

La faccia di James è quella di un gatto che ha appena mangiato il topo, felice e soddisfatta, quando si accosta al tavolo incriminato per raccogliere le ordinazioni.

In quello stesso momento, Angela, saluta Edward e coglie l’occasione per rientrare in cucina.

Devo assolutamente parlare con lei.

Mi metto in ginocchio e gattono sino alla porta basculante della cucina, quando due piedi compaiono nel mio campo visivo.

«Non è il caso che ti butti in ginocchio per ringraziare. Hai accettato di uscire con me e questo è sufficiente» dice James ridacchiando, interrompendosi subito quando gli tiro un pugno sotto il ginocchio.

«Se non vuoi rischiare di essere gambizzato, levati dalle scatole» sibilo, mentre continuo a gattonare sino in cucina.


 

«Angie, amore, abbiamo adottato un animaletto nuovo?» chiede Ben, appena mi nota sul pavimento.

«Mauoooooo!» miagolo alzandomi, non appena la porta si chiude «Non ti preoccupare, sono un gatto autonomo e non amo molto vivere dove i padroni tradiscono!» quasi urlo mentre cerco di non fulminare Angela con lo sguardo. Se gli occhi uccidessero, in questo momento avrei sulla coscienza madre e pargolo nascituro.

«Bella, non incominciare. Io non ne sapevo nulla! Non ha detto che sarebbe venuto a trovarmi» si giustifica preparando due piatti per poi suonare a James.


 

Vorrei replicare ma quando il cameriere mio sostituto entra in cucina con una domanda ben specifica, devo trattenermi ancora di più per non ucciderla a mani nude.

«Bella, perché il tizio del tavolo 8 ha chiesto di te?». Edward – ha – chiesto – di – me - ? mi volto nuovamente verso Angela.

«Perché Edward ha chiesto di me? Come fa a sapere che lavoro qui?».

«Ehm… forse mi sarà sfuggito qualche cosa, sai… si chiacchiera, e magari avrò raccontato qualche episodio divertente… dove accidentalmente, c’eri anche tu» dalla faccia che mostra, credo che stia pregando che si apra una voragine sotto i suoi piedi per farla scomparire dalla mia vista.

«Non voglio saperlo. Non voglio vederlo. Non voglio parlarci e non voglio ucciderti. Quindi adesso, mio caro, adorato, James, vai di là e gli rispondi che Isabella Swan non lavora più qui, che si è trasferita, è andata ad abitare in un altro stato» ordino al biondo che ride nel vedermi così nera.

«Dove? Tanto per essere più precisi». Si diverte?

«In Alaska, tra le foche, i trichechi e gli orsi bianchi» rispondo raccogliendo il sacco della spazzatura da buttare nel vicolo dietro il ristorante.

Ho bisogno di aria e di stare da sola.


 

Non ho mai fumato, ma in questo momento vorrei ardentemente una sigaretta tra le mie mani, da aspirare annebbiandomi anche il cervello… credo che quello che intendo io si chiami spinello, ma sono dettagli.

Mai neanche andata vicino alla droga, nuoce gravemente alla salute. Figlia di un poliziotto, poi, come avrei potuto?

«Perché sei tornato? Perché paragono sempre gli altri a te? Perché semplicemente non giro pagina e ti dimentico?». Non riesco a trattenere la lacrima che scorre sulla guancia.


 

Sento dei passi cadenzati, avvicinarsi a me, nel buio, ma non ho paura, li riconosco, mi sono famigliari come ricordi di tempi andati.

Si avvicina, sovrastandomi con la sua altezza e le spalle larghe.

«Bella, non piangere». Mormora la sua calda voce maschile, mentre una mano mi carezza la guancia, asciugando la scia umida con il pollice.


 

---ooOoo---


 

Angolino mio:

forse questa storia sarà meno comica di Ciao Edwardina. I tempi sono diversi, i ragazzi sono cresciuti e hanno le loro vite. Isabella ha 24 anni e come ricorderete erano tutti compagni di scuola con la stessa età. Bella si è laureata e cerca lavoro. Edward è momentaneamente tornato, ma ripartirà subito per finire gli studi all’estero.

Se incontreremo altri personaggi presenti nella storia precedente, farò un mini riassunto delle loro vite.

La storia è ambientata a Seattle, quindi è più probabile che ci troviamo con personaggi nuovi.


 

E lui? Chi è che arriva? Se sperate che sia Edward vi dico subito di no! Ritentate.


 

Con questo concludo e vi ringrazio per l'attenzione.

Alla prossima

baciotti


 


 

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Capitolo 3
*** non sono un gorilla! ***


 

Ciao a tutti!

Finalmente sono riuscita a tornare su queste pagine che, come promesso, finirò come storia prioritaria (per poi finire “Si dice – In Vino Veritas” e “AAA Affittasi moglie”)

Detto questo, ringrazio chi ha inserito Isabellino nelle storie seguite, ricordate, preferite, chi ha recensito e chi semplicemente letto questi primi capitoli.

 

Facciamo il punto della situazione:

E’ passato del tempo da quando Isabella ha conosciuto Edward vestito da donna, al liceo di Forks. I due si erano messi insieme, ma, dopo circa otto mesi, lui se ne va in Europa a studiare, lasciando Bella con un sms.

Bella non risponde alle sue telefonate e i due non si sentono per tutto il periodo del college.

Nel frattempo Bella si trasferisce a Seattle e studia biologia, lavorando la sera nel ristorante di Ben e Angela.

Finiti gli studi, Bella vorrebbe lavorare come ricercatrice ma non riesce ad ottenere il posto di lavoro dei suoi sogni, perché viene sempre battuta da un maschio. Sotto l’esempio di Edward, Angela consiglia alla ragazza di travestirsi e chiama i fratelli Cullen, con i rispettivi fidanzati, per aiutarla.

Una sera, al ristorante di Ben, arriva Edward all’improvviso e Bella si nasconde nel vicolo, dove si mette a piangere. Lì viene raggiunta da qualcuno.

 

Eravamo arrivati a questo punto e da qui ricominciamo.

Spero che il capitolo vi piaccia. BUONA LETTURA.

---ooOoo---

 

Ho bisogno di affetto, di avere un contatto fisico, di potermi appoggiare a qualcuno, e fanculo se penserà che ci potrei stare, che sono disponibile, che magari mi sono innamorata di lui. Ho bisogno delle sue braccia attorno a me e perciò lo abbraccio.

«Jacob» bisbiglio sulla sua camicia, mentre altre lacrime scorrono dai miei occhi.

«Schh. Va tutto bene, Bella. Ci sono io con te adesso… mi dici cosa c’è che non va? L’hai già incontrato?» chiede infine. Sollevo la testa per guardarlo interrogativa negli occhi. Come fa a sapere che Edward è tornato?

Non c’è bisogno di formulare la domanda che lui mi anticipa: «Ricordi che lavoro all’aeroporto? L’ho visto arrivare e sua maestà non mi ha riconosciuto» spiega.

«Sì, l’ho visto. Adesso sta cenando al ristorante» sospiro indicando la porta di servizio.

 

«Quando l’ho visto oggi, mi sono preoccupato. Ho provato a chiamarti ma il cellulare era spento, così quando ho finito il turno sono corso qui» dice e gli sono grata. È sempre stato un buon amico, anche se a lui questa definizione è sempre stata stretta.

Vuole di più e quando è capitato che lo cercassi, si è sempre reso disponibile. Non mi ha mai accusata per quella notte, nonostante che al mattino gli avessi spiegato tutto il mio risentimento.

“Sei venuta da me. Questo conta, le tue ragioni non hanno importanza. Potrai sempre contare su di me… anche per questo” aveva terminato ridacchiando e indicando il suo letto sfatto.

L’avevo baciato ancora, in quel momento, avevo desiderato provare qualcosa di più che amicizia per togliermi il dolore e la delusione dal cuore, ma non c’ero riuscita. Così eravamo rimasti amici, io con il mio odio viscerale per quell’invertebrato di Cullen e lui con la speranza che alla fine ricambiassi i suoi sentimenti.

 

«Jacob, grazie di tutto, ma adesso devo rientrare» mormoro, staccandomi dal suo abbraccio.

«Non devi incontrarlo per forza, Angela non dirà nulla se tu te ne vai» mi suggerisce.

Non voglio scappare, sono stata codarda abbastanza per oggi. Se mi vedrà, pazienza, vorrà dire che gli parlerò civilmente. Sono una persona adulta adesso!

«Resterò in cucina» rintanata come una persona adulta. Appunto.

«Entro anche io e ti aspetto per riaccompagnarti a casa» dice senza che io abbia il tempo di protestare, mi saluta davanti alla porta di servizio e si avvia per entrare alla porta principale. Probabilmente si siederà al bar, come fa di solito quando viene a trovarmi, e litigherà con James che non sopporta invasioni di campo.

Questa sera si dovranno arrangiare, non ho voglia di fare da paciere, ho altri pensieri per la testa che non due bambini che cercano di marcare il territorio (nella fattispecie io).

«Angela, Ben, scusatemi per prima. Posso restare qui dentro a dare una mano?» chiedo indicando i fornelli. Non sarò uno chef a livello di Ben ma anche io so dare una mano come Angela.

La mia amica annuisce comprensiva, si toglie il grembiule da cuoco ed esce per servire in sala. Magari le farà anche bene, fa un caldo insopportabile lì dentro.

«Tutto bene?» chiede Ben mentre fa saltare degli asparagi in padella.

Io annuisco semplicemente e mi metto a impiattare la bistecca che ha terminato la sua cottura.

 

«Senti, James. Jacob è un cliente e un amico. Se viene qui a bere un bicchiere dopo il lavoro e passa del tempo con i suoi amici, non è un problema tuo!» sento Angela che parla con voce leggermente alta e seccata e sospiro. Quei due hanno ricominciato per l’ennesima volta. Cristo santo! Cosa devo fare con loro?

«Non è per questo! È per lei che mi preoccupo» risponde James.

«E non devi. Non voglio mica farle del male, non sono io l’uomo nero della situazione» risponde piccato Jacob.

No! Ti prego, non glielo dire o me lo ritroverò appiccicato a chiedere spiegazioni per almeno tre mesi!

«Ti riferisci a me, per caso?». Sbarro gli occhi quando riconosco la voce, la Sua voce. Evidentemente si è avvicinato agli altri e adesso avremo un’allegra conversazione a tre. Come sono felice! (questo è sarcasmo!).

«Può darsi! Come stai Cullen? Tornato a Seattle?» domanda Jacob.

Ecco! Bravo! Indaga e fallo parlare. Voglio sapere i suoi progetti, non vorrei essere costretta a cambiare lavoro per evitarlo!

«Una visita, devo ripartire subito. Tu? Ho sentito che ti sei dato agli aeroplani. Non sapevo che quei bestioni andassero a clorofilla». Edward! Certo che sai come farti amare! Apri bocca e viene voglia di riempirla con un pugno!

«Piantala, Cullen! Come vedi lei non c’è. Te ne puoi andare dall’altra parte del mondo… o all’altro mondo, per me è lo stesso». Ribatte il mio amico.

«E’ emozionante sentirsi così amati!» risponde Edward serafico.

Posso sparargli? Mi basterebbe uno spiraglio di tre centimetri per far passare la canna di un fucile e spiaccicargli una pallottola in mezzo agli occhi!

Perché mi sono fermata in quella foresta? Ce l’avevo a portata di tiro! Stupida! Stupida! Stupida!

«Perché cerchi Bella? Ti ho già detto di lasciarla in pace. Noi usciamo insieme, è la mia ragazza, quindi vedi di girare al largo» interviene James.

Se lo avesse detto in altri momenti, probabilmente sarei esplosa, ma ora… non è poi una soluzione tanto male! Tié! Prendi questa Cullen!

«Angela! Ti prego aiutami! Come devo fare con questi paladini di Isabella?» esclama Edward ed immagino anche che abbia sbuffato e mandato gli occhi in gloria.

«Ragazzi! Non ho intenzione di fare qualcosa di male a Bella, semplicemente voglio salutarla, come due amici di vecchia data quali siamo. Sono qui di passaggio, me ne vado via domani, possibile che sia così difficile da capire? Avete paura che la violenti?» finisce di dire Edward.

 

Amici? Amici di vecchia data? Eravamo solo questo?

«Bella, tesoro, lascia il coltello, mi stai distruggendo quelle patate!» dice Ben davanti a me.  Quasi mi metto a ridere.

Mi sembra di essere tornata a diciotto anni, quando, appena subodoravo che c’era il pavone nei dintorni mi trasformavo in una iena pronta a mordere.

 

«Angela, per piacere, mi puoi dire dove si trova Bella?» chiede direttamente alla sua amica.

«Mi dispiace, Edward, ma come ti ho sempre detto in questi anni, non mettermi in mezzo! Io devo già fare l’equilibrista tra te e lei, non chiedermi altro, non sarebbe giusto» protesta Angela.

«Tra te e Grace vi siete coalizzate. Sempre questa storia dell’etica!» sbuffa.

«Okay, d’accordo. Mi arrendo. Bella non c’è, e io me ne torno a Oxford.  Jacob è stato un piacere. Tu, complimenti per aver impalmato una ragazza splendida. Angela ci sentiamo, salutami Ben e avvisami quando arriva il pupo!» sento che saluta tutti quelli che ha davanti e si allontana.

Pochi minuti dopo, anche il “Trinnn” della porta mi avvisa che posso tornare alla mia vita normale.

 

«Bella, esci» ordina Jacob. Metto la testa fuori dalla cucina e subito dopo tutto il resto del corpo. Il locale è deserto, sento armeggiare Amber nello spogliatoio, mentre Jake è seduto su uno sgabello del bar e James, con vicino Angela, sta lavando alcune tazze per il caffè.

«Davvero sei stata insieme a uno stronzo del genere?» chiede James guardandomi stupito.

«Non me lo ricordare! A proposito, grazie per la balla della tua ragazza, ma se ti azzardi a dirlo in giro un’altra volta potrei evirarti!» lo minaccio con il dito indice, ma so che la mia amica ha già provveduto a raccontargli della mia dimestichezza con le armi da fuoco e da taglio.

«Solo amici! Finché non cambierai idea» promette.

Jacob ridacchia: «Mettiti in fila, nel frattempo. Ci sono prima io».

 

Sono stanca, ma devo aiutare a sistemare il locale prima di chiudere. Dalla cucina arriva anche Ben che ha già sistemato il retro.

«Ragazzi, andate pure. Accompagniamo noi Bella» dice indicando se stesso.

Ben! Ma quanto di adoro da uno a dieci? Venticinque?

Finalmente i miei spasimanti mi lasciano sola con secchio, scopa, paletta e pensieri.

 

«Angela» richiamo la sua attenzione dopo che James e Jacob se ne sono andati.

«Davvero non sai perché Edward è partito per l’Europa?» so già che mi risponderà di non saperlo. È una domanda che le ho fatto innumerevoli volte da quando avevo scoperto che si sentiva ancora con l’idiota.

«Bella, ti giuro che non lo so. Ha solo accennato a un problema di carattere famigliare, niente altro. Non mi ha mai spiegato il perché. Quello che posso dirti è che con te era felice e sei il suo più grande rimpianto».

So anche questo. Nulla di quello che mi dice Angela è nuovo. Mi ha sempre detto che voleva parlarmi, che mi rimpiangeva e che, secondo lei, mi amava ancora.

 

§§§

 

Lunedì mattina, delizia della mia vita! Sveglia puntata direttamente sulle 11:30 per avere giusto il tempo di fare la doccia e scaldare alcuni avanzi che ho portato a casa dal ristorante. Anche al piano di sotto è silenzio.

L’ho già detto che il lunedì è il mio giorno preferito?

Ecco perché il fatto che suoni il campanello di casa all’alba delle nove e mezza, mi da enormemente fastidio!

Chiunque osi disturbare nel mio giorno del sacro riposo ne risponderà con la vita! Parola mia e del mio fidato winchester Silvina73, o di quel coltello in ceramica a lama lunga che ho acquistato tre giorni fa e che devo ancora battezzare!

 

«Bella! Apri! Tanto lo sappiamo che sei dietro la porta con un coltello in mano!» dice una voce conosciuta. Alice! Credo che oggi inizi l’incubo, direttamente con Nightmare in prima linea! Freddy Alice Krueger con meno bozzi sulla faccia e più seghe mentali in testa.

La cosa drammatica è che buona parte di quelle seghe, riguardano me, e la cosa mi piace poco.

«Alice… sto dormendo, puoi tornare più tardi?» imploro sbadigliando.

«Biologicseattle inc.» canticchia e questo mi fa aprire di getto la porta.

Vedo che saltella, felice della mia resa, mi mette le mani sulle spalle e mi guarda fisso negli occhi. «Ricordati, cara. Tutto questo è per te e il tuo futuro» e sorride, entrando nel mio regno, seguita dalla sua corte, che, rispetto a ieri mi sembra ampliata.

«Ciao, Bella» dice allegro Jasper, seguito da Ben che alza semplicemente la mano.

Rosalie mi bacia «Buongiorno, Bella», mentre Emmett mi prende in braccio per la classica giravolta del sacco di patate. Che ho fatto di male per essere frullata già al mattino presto?

«Ciao, Bella!» entra anche Angela e dietro di lei, una figura che non vedevo da un po’ di tempo ma che non posso fare a meno di correre ad abbracciare con affetto.

«Ciao, Grace! Anche tu ti sei lasciata convincere da questi sballati?» chiedo dopo averle baciato le guancie rosee.

È da almeno quattro mesi che non la vedo. So che stava facendo colloqui come segretaria, dopo che aveva litigato con lo zio del suo fidanzato storico ed aveva lasciato tutti e due un anno prima.

Anche lei, come Angela, era rimasta in contatto con Edward. Forse ancor più stretto che la mia amica, ma, nonostante tutto, non si era mai intromessa e non mi aveva mai tradito. Solo per questo meritava la mia amicizia.

 

«Non mi sarei persa la tua trasformazione per nulla al mondo! Non sai quante volte ho rimpianto quella di Ed… il banano» dice ridendo. Con me lo nomina così, con tutto quello che le viene in mente, a volte frutti, a volte animali… in linea generale gli si adattano tutti.

«In ogni caso, ti servo, più di quanto tu possa immaginare» conclude il discorso con un sorrido da dentifricio e colluttorio.

«Cioè?» chiedo spiazzata.

Emmett abbraccia Grace e la presenta ufficialmente «Hai davanti a te la segretaria particolare dell’amministratore delegato della Biologicseattle inc., nonché responsabile delle risorse umane».

«In pratica, mezzo colloquio te lo devo fare io, tu devi solo pensare di fare buona impressione al capo» sintetizza la mia amica.

«Quindi posso anche evitare di trasformarmi?» chiedo speranzosa. Sarebbe un fastidio in meno.

«Ho paura di no…» mi guarda contrita Angela: «E’ colpa mia, quando abbiamo parlato di questa cosa, ho telefonato a Grace e lei ha parlato proprio quando passava il suo capo».

«Lui ha sentito qualche cosa di un certo Lino Swan e adesso si aspetta questo ragazzo per il colloquio lunedì prossimo» conclude Grace guardando attentamente il pavimento.

Quindi sono fregata! Potevo evitare la maschilizzazione con una piccola raccomandazione che sarebbe arrivata dal posto giusto ed invece mi tocca ugualmente. Mannaggia!

«Inutile piangere sul trucco versato! Mettiamoci al lavoro. Prima di tutto vai subito a farti una doccia e lavarti quegli aborti di capelli che porti sulla testa, noi pensiamo a fare colazione, visto che la giornata sarà lunga» e Napoleone-Alice-Krueger mi spinge verso il mio minibagno e mi chiude dentro.

Perché loro mangiano ed io no?

 

Cerco di non pensarci e mi godo il bagno, piccola consolazione in questo mondo ostile. Sono sicura che si sono portati dietro il caro Ben per poter mangiare tutti gli avanzi che avevo trafugato dal ristorante, lasciandomi con il frigo completamente vuoto.

«Ben… sei un portento! Come riesci a fare questo con delle semplici patate? Devi assolutamente darmi la ricetta! Chissà che non riesca a circuire qualche bel manzo!» sento Grace parlare con la bocca piena.

Quella ragazza è sempre stata la finezza fatta persona.

«Allora lo sai anche tu che gli uomini si prendono per la gola!» risponde Ben e me lo immagino gongolante.

«Per la gola o per il passero lì sotto… sempre cose cilindriche sono!» replica.

«Tu si che sai come apprezzare un maschio!» si intromette il vocione di Emmett.

Non posso fare a meno di ridacchiare mentre mi tampono i capelli con l’asciugamano. Una volta tanto l’oggetto delle loro discussioni non sono io!

«Asciugati che è tardi!» eccola là. Napo-orso-capo Krueger. Di tenero? Nulla!

 

«Eccomi!» annuncio felice, uscendo dal bagno vestita di tutto punto.

Beh, oddio! A vedere come mi guarda schifata Alice, credo di dover rivedere qualche pezzo del mio guardaroba! Evidentemente jeans e maglietta non sono il massimo.

«Caliamo un velo pietoso» appunto.

«Avanti, Bella. Meglio che ci muoviamo o queste matte daranno i numeri e noi dovremo sopportarle» dice Jasper sorridendo.

«Noi? Sono io quella che subirà oggi!» protesto.

«Tranquilla! Anche noi avremo la nostra parte di noia» consola Emmett.

«Bah, probabilmente avete già provato la cosa, per  me è nuova e sono proprio curioso di vedere tutta l’operazione nelle sue fasi» dice Ben con uno strano luccichio agli occhi. Oh mamma! Anche lui posseduto dallo spirito del trasformismo? Magari ci vuole un esorcista!

Anche se credo che un esorcista solo per questa banda di sette elementi sia effettivamente troppo poco, ce ne vorrebbero almeno quattro.

«Andiamo!» ordina il nostro Generale Custer Napoleone Freddie mani di forbice.

Ho paura! Credo che una volta che uscirò da quella porta, sarà difficile tornare indietro e la mia vita verrà rivoltata come un calzino.

Voglio davvero questo?

Ci penso solo due secondi, guardandomi intorno… sì lo voglio.

«E andiamo!» dico raggiante, chiudendo la porta alle mie spalle.

 

«Capo! Qual è la prima tappa?» domanda Angela.

«Marcus! Il guru dei capelli, il messia della messa in piega, lo sciamano del colore, il…»

«Credo che per spaventarmi questo possa bastare» interrompo Alice nel suo sproloquio.

Sapevo che aveva un’adorazione per questo tizio, ma non pensavo a livello di religione!

«Dimmi te, se devo tornare a Port Angeles, con tutti i parrucchieri che ci sono a Seattle» borbotto sedendomi in macchina.

Sembra quasi il corteo di un matrimonio, tre auto per portare una persona sola al centro commerciale, c’è da piangere per tutto questo inquinamento!

Un’ora e mezza dopo entriamo in quello che Alice definisce, un santuario: il centro commerciale.

«Da questa parte» mi arpiona letteralmente il polso, mentre Rosalie, Grace e Angela ridacchiano garrule e ci seguono saltellanti.

Qualche passo più indietro vedo Jasper, Emmett e Ben, fermi accanto al bar con un fazzoletto bianco in mano che sventolano a mo’ di saluto e ridono.

Pigliano in giro?

 

«Alice! My Darling! Cosa ti porta da queste parti? Il tuo appuntamento è per la settimana prossima» dice una tizia con i capelli cortissimi e tinti di un improbabile color mandarino. Sembra pronta per una spremuta e sono sicura che lì dentro non ci sia un gran ché.

«No, tesoro. Siamo qui per una emergenza e dobbiamo incontrare Lui!» risponde il generale, nominando questo ‘Lui’ con una  deferenza che non ho sentito mai, è inquietante.

«Vieni» le risponde la mandarina con tono serio e formale.

Caspita, dobbiamo solo tagliarmi i capelli, mica organizzare un  colpo di stato!

 

Dopo aver attraversato un corridoio con luci soft improponibili in qualsiasi ambiente, la mandarina ci introduce in una stanza illuminata a giorno, tappezzata di specchi e con ogni accessorio ed armamentario possa servire per creare una testa che di umano potrebbe avere ben poco.

Al centro, seduto su un tappeto con le gambe incrociate e i capelli lunghi legati alla nuca, c’è il nostro guru in posa plastica e vagamente figlio dei fiori anni sessanta.

Alla faccia! Neanche io nei miei tempi migliori, ero conciata in questo modo!

Ma è proprio necessario fidarsi di questo tipo?

 

«Marcus, caro! Abbiamo un enorme favore da chiederti e solo tu ci puoi aiutare» dice Alice correndo con le braccia aperte verso il santone del bulbo pilifero.

«Dimmi, Alice, come posso aiutarti?» chiede cortese, senza neanche imprecare per l’interruzione di quella che sembrava pausa meditativa.

A parte il fatto di dimostrarsi palesemente gay, sembra gentile e professionale. Forse è meglio dargli una possibilità, prima di tacciarlo di inefficienza… anche se la testa a mandarino della sua assistente, non gioca a suo favore.

Decisamente non ho intenzione di diventare arancione.

«Dobbiamo trasformare questa ragazza in un maschio. Ha trovato lavoro, ma solo cambiando sesso, ci puoi aiutare per capelli e trucco?» chiede la Cullen con le mani giunte, in atto di preghiera verso il messia della permanente.

«Ma qualche anno fa, non mi avevi fatto la stessa domanda? Per un ragazzo che doveva travestirsi?» obbietta Marcus.

Corbezzoli! Che memoria! Va bene che in un negozio di parrucchiera passa più gossip che su un giornale in edicola, ma la mente di questo tizio è spettacolare!

«Mio cugino che si era trasformato in ragazza» annuisce Alice.

«Quindi adesso facciamo il contrario… con chi?» chiede e Napoleone mi indica con un sospiro che ha del sollievo e del rammarico. Sono così disastrosa come femmina?

Da come mi guarda schifato il reverendo del taglio, sembra proprio di sì.

«La materia prima è buona, ma è così trascurata che probabilmente riuscirò a renderla un ragazzo più credibile che una fanciulla» dice squadrandomi e girandomi intorno come un avvoltoio.

A parte la pazza che mi ha trascinato qui, le altre tre non proferiscono verbo, assorte totalmente dalle movenze di questo rabbino dei bigodini.

Solo io trovo assurda questa cosa?

«Non dovrebbe più depilarsi… i baffi sarebbero una manna» afferma.

«Proprio come ho detto io» esplode orgogliosa Rosalie alzando la mano, freddata immediatamente da una occhiata glaciale dello sciamano delle tinte.

«Schh… sta creando» sussurra Angela in aperta venerazione.

Baffi? Ripeto! IO NON SONO UN GORILLA!

Dopo circa un quarto d’ora di sospiri, grugniti, un paio di bicchieri di vodka e una aspirina (e decisamente queste cose non depongono a suo favore… ho quasi paura che inizi a rollarsi una canna) annuncia il suo verbo.

«Sciacquiamo i capelli ed iniziamo!» e a me iniziano a tremare le gambe.

 

«Come si potrebbe fare?» sussurra Grace alle mie spalle.

«Forbici!... alluminio!... colore!» Marcus sembra un cardiochirurgo in piena operazione. Ha pure i guanti in lattice e il camice, manca solo la mascherina.

Le forbici impietose, stanno facendo il loro lavoro, sui miei capelli.

Non ricordo neanche più quando mi sono ritrovata con i capelli corti, probabilmente da neonata, non ho memoria per altri periodi.

Quando inizia a impiastrarmi di crema colorante quello che resta della mia capigliatura, ho le lacrime agli occhi: NON VOGLIO DIVENTARE ARANCIONE.

Il tempo passa e lo stomaco brontola. Ovviamente solo il mio, le altre ragazze avevano mangiato dei panini offerti dal dio delle piastre e continuavano a seguire l’evoluzione della mia capigliatura come una puntata di Quark.

 

«Abbiamo finito!» annuncia in novello arcangelo Gabriele alle madonne che lo guardano adoranti.

Lentamente mi fa girare la sedia verso lo specchio principale ed io spalanco gli occhi stupefatta.

«Non… non sono io!» dico flebile.

«Sì invece! E sei davvero bellissima» esclama Angela.

«Guarda che collo fantastico che hai! Ci credo che il babbuino era delirante quando ne parlava!» dice Grace e la guardo sconvolta.

Edward parlava delle MIE parti del corpo?

«Non ti preoccupare! So solo di quello, per il resto gli ho sempre intimato che ero etero e preferivo i piccioni alle passere» sottolinea capendo immediatamente il mio cipiglio scuro.

«Questo colore ti dona proprio» dice sorridendo Rosalie. Meno male che non sono arancione.

«Basterà usare un poco di gel e girare la frangia così e sarà una perfetta pettinatura ultrafemminile» suggerisce Alice, facendo una prova con le dita sulla mia fronte.

«L’ho sempre detto che sei una allieva provetta!» dice Marcus alla piccola Cullen, facendola arrossire come una collegiale.

 

In effetti, però, il taglio mi piace e Alice ha ragione.

Ho i capelli cortissimi, con una lunga frangia sottile e scalata sulla fronte che mi copre quasi gli occhi, basta tirarla indietro per sembrare una donna, ma anche così, non sembro proprio un uomo… e poi, sono bionda! Cioè un castano dorato chiarissimo, detto anche biondo cenere. In pratica a metà strada.

“Però! Mi ingentilisce i lineamenti” penso mentre mi guardo e mi apro a un piccolo sorriso compiaciuto.

 

«Adesso dobbiamo finire il trucco per la mascolizzazione» esordisce il sacrestano del capello scalato.

«Avevo pensato alle basette» suggerisce Alice.

«Matita per le sopracciglia e aggiunta, però non so se con peli veri o solo disegnati» questa è Rosalie.

«Occhi?» chiede Marcus.

«Occhiali squadrati, montatura nera» risponde Angela.

Caspita! Hanno fatto i compiti a casa!

A ogni suggerimento, il guru delle doppie punte, annuisce e mugugna. Non riesco a capire cosa vogliono fare della mia faccia ma spero che se lo ricordino: IO NON SONO UN GORILLA!

 

Dopo altra mezz’ora di disperazione nel sentire gli sproloqui di questi pazzi, e rimpiangendo il divertimento dei ragazzi che ci aspettano fuori e a cui vorrei fare compagnia, Marcus alza entrambe le braccia e prende un’espressione facciale decisamente ebete (ma credo che lui la intenda come folgorazione divina di ispirazione)

«Ho capito!» annuncia e solo questa cosa mi spaventa.

Neanche avesse capito i segreti dell’universo! Ha intenzione di fare concorrenza a Piero Angela? (come diceva la mia nonnina italiana).

Dopo questa rivelazione, inizia a sbraitare ordini alla mandarina e a ricevere oggetti, pennellini e matite, non meglio identificate.

«Chi la truccherà ogni giorno?» chiede.

Le pazze si guardano sconcertate, poi Grace prende la parola.

«Io, tanto lavoreremo nella stessa ditta, quindi sono la più vicina e disponibile».

Non sono mica tanto contenta! Che io sappia, Grace, non ha mai avuto un grande feeling con il beauty come invece Alice.

«Allora, vieni qui vicino e impara dal maestro!». Modestia a parte, eh?

 

Altro giro, altro regalo e nuova trasformazione.

Eccomi dopo quarantacinque minuti, fronte specchio ad ammirare un grazioso ragazzo sbalordito. Sto per toccarmi la faccia, sconvolta… sono proprio io?

«NON TOCCARE!» urla disumane mi accompagnano.

Neanche al Louvre fanno tutta questa caciara! E che sarà mai? La faccia è mia e volevo solo capire se era ancora lì, perché l’immagine che mi rimanda lo specchio è decisamente diversa da quanto avevo in mente per me stessa.

«Sono… un ragazzo…» mormoro guardandomi allo specchio.

Certo, nel mio immaginario, a quanto ho capito, devo ancora mettere gli occhiali, ma quello scuro sul mento a simulare la barba, le basette più lunghe, le sopracciglia aumentate di spessore e le labbra rosa pallido, come se non ci fosse trucco… sono un ragazzo.

Per sicurezza mi controllo ai piani inferiori: sembro un maschio, non vorrei che mi fosse spuntato qualche cosa anche lì.

… no, da quelle parti ho ancora il buco.

 

«Perfetto, ora passiamo dall’ottico che poi Jasper ci aspetta con il falsario» incita Alice.

La giornata si prospetta infinita.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

eccoci nuovamente qui.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto… mi sono scervellata per i sinonimi sul sacerdote e capello! Se ve ne vengono in mente altri, comunicateli! Potrei utilizzarli prossimamente.

 

È iniziata la trasformazione.

Ho trovato questa pettinatura su internet, sui tagli maschili del 2012 e onestamente l’ho trovata adatta: frangia lunga e sfilata davanti e tutto il resto cortissimo. Poi, immaginatela come volete (il bello della scrittura è proprio questo: ognuno immagina quello che vuole, infatti io cerco di dare pochi indizi per lasciare libero ognuno di noi di immaginare come meglio crede)

 

Fatemi sapere le vostre impressioni e suggeritemi i vestiti e soprattutto come mascherare le tette e sviluppare il piccione.

Prossimo capitolo ci sarà l’ottico, un incontro con il falsario e poi un inizio di sessione di abbigliamento con Napoleone-krueger.

 

Ringrazio per l’attenzione

A venerdì prossimo

baciotti

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Capitolo 4
*** i geni ninfomani sono ereditari ***


 

 

Ciao a tutti!

Sono leggermente in ritardo per il capitolo che avevo promesso ieri, ma è solo un giorno, perdonatemi!

Capitolo un pochino più corto con il proseguo della trasformazione… siamo agli albori di Darwin… vedremo come evolve la specie Isabella-Lino.

 

Per chiunque volesse cimentarsi in un banner per farci ridere un poco, sono a disposizione al postaggio!

E ora vi lascio al capitolo con una avvertenza: chi vuole storie serie e drammatiche, sta leggendo il racconto sbagliato. Io vi ho avvertito.

BUONA LETTURA.

 

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Non sono proprio sicura dell’effetto che faccio, ma a guardare i visi allibiti dei ragazzi, non appena mi scorgono, potrebbe essere un buon inizio.

«Bella… cioè, Lino! Sei… perfetta… a parte le tette» dice Emmett, scivolando sull’ultima parola.

«Non gli dare retta! Giuro che mi sembri proprio uno di noi!» dice Jasper schiaffeggiando la spalla del cognato.

«Credo che faresti schifo anche a James» dice sorridendo Ben.

Effettivamente, questa cosa dovrei provarla. Chissà che mi libero di un pretendente idiota! Oppure… lui si scopriva gay ed io ero nella metaforica cacca, più di prima.

«Lasciamo perdere» borbottai agitando una mano, inorridita al solo ultimo pensiero che mi era balenato.

«Perfetto, adesso dobbiamo andare dall’ottico per gli occhiali di vetro» esclama Alice.

«Ehi! E il cibo? Tu avrai anche mangiato ma io sono digiuna da ieri sera!» urlo scocciata. Egoista, lei si diverte ma io tra poco svengo!

Vedo Santo Ben allungare un panino verso di me e gli salto quasi in braccio per ringraziarlo.

«Scusa, Angela, ma tuo marito è davvero un angelo! Se non lo sposavi tu, me lo accaparravo io!» dico felice mentre azzanno la mia ancora per la sopravvivenza.

«Io avevo voce in capitolo?» chiede il ragazzo.

«Voi maschi non capite nulla, come fate a decidere? Siamo sempre noi che vi spingiamo in determinate direzioni» dice Alice, dirigendosi verso l’ottico.

«L’importante è esserne convinta» borbotta Jasper sorridendo.

«Perché non lo dici a voce alta?» chiede Emmett.

«Perché ho ancora qualche anno da vivere» risponde il cognato.

Appunto. Potere alle donne!

 

L’ottico è un negozietto defilato rispetto al corridoio centrale. Se Alice non sapesse esattamente dove andare, non lo avrei mai trovato. Si vede che ogni tanto, la ragazza, sposta la residenza in questo luogo.

«Geoffrey? Tesoro ci sei?» ma sono tutti amici suoi?

«Alice, che piacere! Stavo pulendo una montatura… dimmi tutto, cara» risponde il negoziante. Possibile che Jasper non abbia neanche un sussulto di gelosia? Pazienza il folle del capello che, essendo palesemente gay, non è un gran problema, ma questo è decisamente un bell’uomo sui trent’anni, e chiama Napoleone… cara?

«Ciao, cuginetto. Tutto bene?» saluta Emmett gioviale.

Ecco spiegato l’arcano.

«Benissimo. Spero che anche la tua affascinante ragazza stia bene» dice Geoffrey, aggirando il bancone e avvicinandosi a Rosalie.

Adesso sì che riesco a riconoscere le dinamiche: Emmett si piazza davanti alla sua ragazza e mette una mano sulla spalla del cugino.

«La mia futura moglie sta benissimo e, in ogni caso, me la curo io» dice sorridendo e fa scoppiare il cugino in una grassa risata.

«Per carità, Emm. Solo per vederti reagire in questo modo, vale la pena farti saltare la mosca al naso. Senza offesa eh, Rose?» e fa l’occhietto.

«Figurati, fa sempre piacere sentirsi ammirata» risponde la bionda, civettando.

«Se vuoi fare altri complimenti… io sono completamente libera e mi offro volontaria!» esclama Grace senza vergogna alzando la mano per attirare l’attenzione, tanto ci penso io a mettermi le mani in faccia e a sbuffare disperata.

Ero consapevole di essere finita in una manica di matti, ma la constatazione con mano è sempre traumatica.

«Finalmente una donna che apprezza! È sempre più difficile trovare ragazze così carine e un pochino disponibili!» forse il gene dello stronzo pavone è proprio di famiglia.

«Guarda che anche lei è una ragazza» dice Jasper indicandomi.

Il cugino Geoffrey, molto diplomaticamente, spalanca gli occhi e la bocca in contemporanea, per poi richiuderla in una smorfia «Hai qualche problema ormonale, baby?». Okay, adesso mi prudono le mani.

«Primo, baby lo dici a tua sorella! Secondo non so quali problemi tu abbia ma se ti servono degli occhiali sei nel posto giusto!» rispondo piccata.

Adesso che ha sentito la mia voce, mi osserva da vicino e mi gira attorno per squadrarmi in ogni angolazione «Questa è opera tua, Alice?» chiede dopo l’ispezione.

«Di Marcus, ma dobbiamo finire l’opera con un paio di occhiali squadrati, modello secchione. Geoffrey, ti presento Isabella, una mia cara amica. Bella, mio cugino, colui che completerà la tua maschera facciale» ci presenta la piccola Cullen.

 

Fortunatamente il cugino, smette di commentare e comincia a lavorare seriamente «Gradazioni? Colore?» chiede tornando dietro il bancone ed iniziando a tirare fuori dai cassetti, vari modelli di montature.

«La ragazza ci vede benissimo, direi di fare un paio di vetri… però fotocromatici, così non dovrà cambiare occhiali quando c’è il sole» suggerisce Angela, intromettendosi per la prima volta.

«Ciao a te, visione! A quando il lieto evento?» dice il latin lover interrompendosi.

Caspita! Questo tipo è peggio di Edward e Mark messi insieme. Pazienza loro che erano adolescenti, ma questo sembra neanche essere cresciuto dai suoi diciotto anni!

«A breve. Io e mia moglie ne siamo molto felici» interviene Ben con finta nonchalance.

Vedere i picchi di gelosia dei ragazzi che negherebbero sino ad esaurirsi la voce, è qualche cosa di esilarante. Anche Angela sembra apprezzare, vista la carezza complice che regala all’avambraccio del marito.

 

Meno male che ci pensa Alice a riportare all’ordine il nostro ottico di fiducia «Geoffrey! Concentrazione! Occhiali  per Bella! Deve essere un maschietto credibile. Mica vuoi che non ottenga il lavoro?» domanda retorica.

«Allora lo fai per vile denaro?» mi domanda lui ancora più retorico.

«No. Lo faccio per progredire nella mia vita. E adesso spicciati, che abbiamo molte altre cose da fare!» esclamo e mi sento come Alice. Mi piace comandare… dovrei agitarmi più spesso.

«Agli ordini capo! E adesso prova questi…» dice inforcando il primo paio di una lunga serie di occhiali.

Quando troviamo gli occhiali perfetti, mi sento quasi un reperto archeologico di inestimabile valore: sono tutti attorno a me con gli occhi puntati sulla mia faccia.

E di occhi ce ne sono sedici! Sfido chiunque a non diventare rossa!

«Allontanatevi!» sento un ordine perentorio da parte di Jasper, per poi percepire un: «Sorridi!» e un flash che mi uccide le pupille.

«La foto per i documenti» spiega tranquillo il biondo mentre io continuo a sbattere le palpebre come se mi fosse entrato un dinosauro nell’occhio.

So essere tranquilla ed educata, ma poteva avvisarmi prima di questa cosa! Qui urge una contromossa che dia soddisfazione alla mia giornata.

«Ho letto una volta, su un libro, che il sesso tra cugini non è incesto» annuncio a voce alta… chi ha orecchio, intenda!

«Ma davvero?» chiede Geoffrey leggermente interessato.

«SCORDATELO!» ordina perentorio Jasper, mentre Alice ridacchia.

 

Finalmente usciamo dal negozio del cugino polipo dei Cullen. È quasi come voler rischiare di prendere la rabbia, aver a che fare con questo tipo di individuo.

«Quella del sesso potevi risparmiartela» borbotta Jasper dietro di me.

«Il flash negli occhi potevi evitarlo» rispondo seccata.

Devo sempre subire? Oggi sono stata buttata giù dal letto e tartassata da mani sconosciute. Sono stata seviziata da un gay figlio dei fiori, teletrasportato direttamente da Woodstock professando l’amore libero in ogni forma, dal capello riccio al buco nel… là dietro.

Poi sono stata palpata dal cugino con cui il mio ex condivide la maggior parte dei geni ninfomani. E giuro! La mano che mi tastava la chiappa prima di uscire, era sicuramente la sua!

E dopo una giornata così, dove, oltretutto, ho subito anche i morsi della fame, non dovrei agitarmi? Ma volete darmela una piccola soddisfazione?

 

«Bene! Sono le quattro! Che ne dite se facciamo un salto a Forks dal vecchio Jenks?» propone Emmett allegro.

«Benissimo! Così gli spieghiamo tutto per bene ed evitiamo un documento con il nome John Smith» dico acida. Niente da fare, se un giorno alla settimana non decanto della mia acidità, esplodo e chi è nei miei dintorni… beh, affari suoi se vuole rischiare la vita.

«Così farebbe il paio con quella di Pocahontas che avevi al liceo» ride Rosalie.

«Appunto. Eviterei» anche perché si aspettano un Lino non un John.

Le tre macchine ricominciano il loro viaggio, lasciando il santuario commerciale dirette nella metropoli che ha dato i natali a tanti di noi, me compresa.

«Potrai anche salutare tuo padre» dice allegra Alice.

«Ti prego! Lo sento tutti i giorni al telefono! Non potrei sopportare le sue prediche anche dal vivo su quanto sia insicuro per me, vivere a Seattle senza un uomo accanto. Sto pensando seriamente di presentargli James per farlo stare tranquillo» propongo.

«Da quanto mi ha raccontato Angela su questo tizio, io te lo sconsiglierei. Dubito riusciresti a disfarti di lui in modo veloce ed indolore» risponde Jasper, confermando quello che già erano i miei pensieri.

 

Il resto del viaggio trascorre tranquillo, anche perché, sia Alice che Jasper, non hanno voglia di farsi assalire dalla mia nevrosi ed io voglio sonnecchiare tranquilla. Non che il tragitto sia lungo, ma questi quaranta minuti di pace me li merito tutti.

Con la mente torno a sei anni prima, quando lo stronzo pavone mi portava in giro la domenica. Era sempre molto disponibile e adesso, a ben pensarci, faceva decidere quasi sempre me… chissà come mai?

«… quindi potresti fermarti a cena da noi?» termina Alice.

«Che?» bofonchio come un’imbecille.

«Jasper ha suggerito di far vedere a te, Angela e Grace, il video della depilazione di Edward…» ripete Alice.

«del pavone» la correggo. Sentire il suo nome mi da un senso di fastidio in mezzo al petto, meglio evitare grazie ai sinonimi.

«Certo, il video del pavone, e poi potreste fermarvi a cena da noi, ho in frigo un magnifico arrosto che ha preparato ieri mia madre» esclama entusiasta.

So per certo che lei e la cucina non vanno molto d’accordo e sapendo la provenienza certificata del cibo, mi tranquillizzo immediatamente.

D’altronde, io sono abituata alla cucina di Ben e non mi posso accontentare di un uovo strapazzato qualunque…

Finalmente arriviamo davanti a una casetta signorile con giardino, nel bel mezzo di Forks (per quanto Forks possa avere un centro degno di questo nome).

 

«Siamo arrivati dal vecchio Jenks» annuncia Jasper arrestando l’auto accanto al marciapiede.

«Certo che fare il falsario rende bene!» dico. Forse ho sbagliato lavoro? La cameriera sicuramente.

«Una volta molto di più. Mi raccontava che possedeva ville a Miami e Malibù e un attico a New York, poi con i vari arresti… poco per volta ha perso tutto» racconta Alice la gossippara.

«E’ stato arrestato?» chiedo con un brivido. Mi metto nelle mani di un pluri condannato per reati di falso! Sono anche io una delinquente!

Sento lo sguardo carico di rimprovero di mio padre sulla nuca e mi volto sperando di non vederlo spuntare dietro l’angolo.

«Lui no, ma i suoi clienti più facoltosi, lo sono stati più o meno tutti… e sai, quando ti mancano gli acquirenti…» spiega Jasper, lasciando la frase in sospeso.

Beh, certo! Calo di domanda, nessuna entrata, cassa in sofferenza. In pratica la situazione economica dell’intero sistema finanziario mondiale.

Mugugno qualcosa che neanche io comprendo bene e scendo dall’auto imitando i miei accompagnatori, subito circondata dagli altri che nel frattempo sono arrivati. Sembriamo una truppa in missione speciale e sarà già un miracolo se mio padre non verrà a sapere del mio arrivo nel giro di dieci minuti netti.

 

«Fermi tutti! Non entrate nella mia proprietà o vi riempio di piombo. Per arrivare alla mia porta ci vuole un mandato, altrimenti via di qua! Piedi piatti!» urla una voce mentre la canna di un fucile fa capolino dalla tenda della finestra vicino alla porta.

Subito Angela piazza un urlo che mi fa accapponare la pelle e spero tanto che il falsario non si agiti. È un miracolo se non mi sono saltate le coronarie.

Ben, protettivo come solo un marito devoto potrebbe esserlo, si piazza davanti a moglie e nascituro per proteggerli. Questo è vero amore! Sospiro invidiosa e sento Grace accanto a me fare altrettanto.

La guardo e lei guarda me, ebbene sì, ci rendiamo conto di essere quasi patetiche.

«J… J. Jenks! Sono il dottor Jasper!» grida il mio autista con le mani in alto e noi, timorosi lo imitiamo.

«Non sto per morire!» risponde la voce, seccata, come se la presenza di un medico fosse una minaccia per la salute.

«Infatti! È per quel lavoro che le ho chiesto la settimana scorsa» urla di rimando il dottore.

Certo che se mio padre poteva sapere del mio arrivo in dieci minuti, con questi schiamazzi, sarà qui in meno di cinque.

 

«Forse… è il caso di andarcene» bisbiglia Emmett, cercando di coprire Rose con il suo corpo, «Non mi sembra molto propenso ad avere ospiti».

«Concordo» approva Angela.

«Ragazzi, coraggio. È solo un povero vecchietto che non farebbe male a una mosca» ribatte Alice. Certo, con il suo piglio da comando, figurati se si fa intimorire da una doppietta.

«Infatti, perché la suddetta mosca l’ha già uccisa!» risponde Grace.

«Andiamocene, prima che a quello gli tremi il dito» propone Ben.

«Meglio non muoverci, se fossi io, a vedere gente che fugge, sparerei. Rischiamo una carneficina» li avviso.

«Certo… anche tu sei così» mi dice Rosalie «Visto come ti sei comportata con Edward quando hai saputo che si travestiva» e mi ricorda la mia reazione folle.

«Che vuoi? Tra pazzi ci si capisce» indico Jenks con un dito e faccio spallucce.

 

«Allora J.? Possiamo entrare?» chiede Jasper titubante.

«E’ per lavoro?» chiede ancora la voce.

«Certo» risponde sicuro il nostro portavoce.

Dopo alcuni minuti in cui pensavo di salutare questo vecchio e sporco mondo senza aver fatto testamento su chi lasciare i miei averi (forse il winchester lo lascerei a Edward, tanto per ricordargli il nostro incontro nel bosco…), finalmente il fucile rientra in casa e la porta si apre.

«Perché non l’avete detto subito?».

Lentamente abbassiamo le braccia e ci guardiamo stupiti.

«Secondo me deve anche revisionare l’apparecchio acustico» borbotta Grace.

«Assieme a qualche rotella ancora più sotterrata nella scatola cranica» rimanda Emmett.

Angela ridacchia sollevata, accarezzandosi il pancione e tutti ci incamminiamo verso l’ingresso della villetta, dove è spuntato l’incredibile proprietario.

La cosa più normale che ci compare davanti sono una massa riccia di capelli bianchi che contornano una faccia raggrinzita come la buccia di una mela vecchia. Un paio di occhi azzurri lattiginosi coperti da occhiali che poggiano su un naso adunco e un sigaro avana che penzola dal labbro sottile completano il viso che potrebbe appartenere a qualsiasi caro vecchietto vicino di casa.

È il resto che fa rimanere perplessi: un cappello nero a tesa larga è posato negligentemente sulla nuca, il corpo è vestito da un completo a doppiopetto gessato nero con una giacca dalle spalline imbarazzanti.

«Non ci avevi detto che andavamo a trovare Al Capone» borbotto a Jasper.

 

«Cosa posso fare per voi, doc.?» chiede Al, sedendosi al tavolo della sala, senza minimamente invitarci a fare altrettanto.

«Abbiamo bisogno di documenti per lui» dice Ben indicando me.

Vedo che il falsario mi fissa per un minuto buono, stringendo gli occhi, come per mettermi a fuoco. Cataratta?

«Lui è una donna! Pocahontas! Hai bisogno degli occhiali figliolo se non riesci più a distinguere il sesso delle persone!» risponde tranquillo Capone.

E qui possiamo tutto rimanere allibiti: quest’uomo ha una memoria di ferro! Come fa a ricordare la mia patente falsa, dopo ben 8 anni?

«Infatti dobbiamo trasformarla in un maschio certificato» ribatte Alice.

«Certificato da me» precisa Jenks.

Per lo meno questa parte l’ha capita. Speriamo che eviti il nome dell’innamorato dell’indiana! Mi serve un Lino Swan, non un John Smith.

«Allora, bambina, come ci chiamiamo?» chiede con aria professionale, prendendo un blocco per gli appunti.

«Bella_Marie_Swan…» inizio.

«Intendevo il nome falso!» mi rettifica quasi annoiato

«Lino Swan, nato a Phoenix il 15 giugno del…» stavo snocciolando tutte le informazioni che mi sembravano utili ma vengo interrotta praticamente subito.

«Ehi! Bambina! Per chi mi hai preso? Mica sono uno stenografo!» protesta il vecchietto. In effetti, gettando un occhio sul foglio leggo solo il nome ‘Lino’

«Lasci, faccio io» interviene Grace, giustificandosi poi «E’ il mio lavoro».

«Ho sempre voluto una segretaria come te, gioia» ridacchia il vecchietto tirando una sonora sculacciata sulla natica della mia amica.

Che porco! Oggi, evidentemente era giornata! Prima il cuginetto ninfomane, poi il falsario palpatore…

«Ti prego, Dio, salvami tu» dice Grace, alzando gli occhi al cielo, togliendo la mano di Al Capone che rimaneva molle sopra la chiappa.

 

Nel giro di venti minuti, spieghiamo al falsario, tutto quello che gli serve per creare dei documenti credibili per un nuovo ragazzo. Jasper scarica il file della foto per le carte ed io mi stupisco ancora di quanto sembri incartapecorito questo Jenks, eppure così tecnologico.

Alla fine riusciamo ad uscire sani e salvi e con la promessa che i documenti saranno pronti prima della fine della settimana.

Quello che mi ha stupito più di tutto è Alice, supportata subito da Rosalie, che si sono impegnate a pagare loro il compenso (che spero sia ragionevole e non stratosferico) a compensazione di tutti i regali di Natale e compleanno che non mi hanno fatto in questi anni. Anche io ho risparmiato! E allora? Mica vorranno recuperare?

Ho provato a rifiutare ma contro Alice-Napoleone-Krueger non c’è storia, pertanto meglio adeguarsi prima di scatenare la sua ira.

 

«Bene, adesso andiamo a casa nostra per la cena e il filmino domestico?» chiede Alice allegra, appena arrivati vicino alla macchina.

Io, Ben, Angela e Grace non stiamo più nella pelle! Finalmente vedremo il babbuino pavone, spogliato dei peli in quella che mi sembra una comica epica.

Sto ridendo al solo pensiero e Grace, vicino a me, fa la stessa cosa.

A guardarla bene, sembriamo quasi sorelle per quanto ci somigliamo. Entrambe capelli scuri, mossi, entrambe occhi scuri (anche se i suoi sono si potrebbero definire neri), entrambe con tratti somatici regolari, alta un pochino più di me e forse più robusta. Nel complesso, è sempre stata una ragazza carina, anche se penso che il suo punto di forza sia un carattere sarcastico e ironico che attira.

Peccato che quel cafone del suo ex non abbia capito quale tesoro si lasciava sfuggire.

«Alice! Ti prego! Non vedo l’ora di ammirare lo stercorario in tutto il suo depilato splendore» esclama felice.

«Prima, però… Emmett, vai a casa a prendere la tuta che abbiamo comperato sabato con Rose e quell’aggeggio che portavi a football così Bella li prova e vediamo l’effetto finale» ordina Napoleone a un suo attendente.

Li guardo perplessi e cerco di capire di cosa si tratta.

«Che sarebbe?»

«Ma sì» risponde vaga agitando molle una mano «Sai quella cosa che si mette sui cosi» spiega chiarissima.

«Così almeno non si cosano» interviene Jasper ridacchiando.

«Smettetela di cosare e parlate chiaro!» ordino io. Remissiva? Nah!

«Bella! La conchiglia per le parti basse… come si dice?... il sospensorio!» chiarisce Grace, decisamente più sveglia di me.

«COSA? Io non mi metto quell’obbrobrio! Non ho i testicoli! E poi… ma che schifo! L’ha usato Emmett! Con tutto il rispetto, ma chissà che malattie…» protesto.

«Ehi! Io non ho malattie da quelle parti! E in ogni caso, Rose mi ha fatto ripulire tutto, talmente a fondo e non troveresti un batterio neanche con una analisi chimica approfondita!... solo che rischi di sembrare un super dotato! Non so se mi spiego» e inizia a ridere mentre io faccio una smorfia schifata.

Mi ci manca solo che sembri un attore di un set pornografico con “trenta centimetri di dimensione artistica”  invece di uno studioso in biologia e siamo a posto!

 

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Angolino mio:

prima di tutto “trenta centimetri di dimensione artistica” frase tratta da una vecchia canzone di Elio e le storie tese.

 

Capitolo di avanzamento con un assaggio di sospensorio, suggerito da Silvina73 il nostro onnipresente winchester, Antonella64 il nostro capo ecologista sezione Forks.

ovviamente la fascia elastica per il seno è stata suggerita praticamente da tutti…

il prossimo capitolo si rivolgerà proprio al momento trasformazione fisica e, una puntatina al famosissimo video della depilazione di Edward ai tempi di Ciao Edwardina, tanto per far ridere anche i quattro che non si erano goduti il momento.

 

Visto che saremo in fase vestizione, avete qualche suggerimento in proposito? Ricordate che lei avrà il camice, e come già detto da Napoleone, non potrà permettersi pantaloni corti.

 

In Ciao Edwardina, ero solita inserire i nick delle persone nel tessuto del racconto come ringraziamento per le recensioni. Non potendo ripetere gli stessi, perché sarebbe troppo forzato, voglio però ringraziare chi mi ha sostenuto anche in questi capitoli, ricordando il ruolo che hanno interpretato nella storia precedente:

Corny83, la giornalista di Vogue

AleSwan, con la sua lettera indirizzata al giornale

Suellen, la commessa di intimo

Lalayasha, il negozio di abbigliamento maschile di Port Angeles

Meggyna96, la marca dell’abito acquistato da Edward

Orsacchiotta Potta Potta, il titolo del libro hard di Emmett

Artemide88, con il suo avatar in paillettes ricamato sulla borsa

Bambola e bibola, le gemelle della chat

Monibiondina, il nick del capo degli ecologisti

Beth96, una ex di Edward (beata lei)

Wolfvale, il nick di una ragazza tosta

Antonella64, il nome del capo degli ecologisti

xMooNxMagYx, il nome della capanna del campeggio adibita a cucina

Anto_Pattz, il soprannome del capo degli ecologisti

Certo che rileggendo, mi viene da ridere, come abbia fatto ad associare i vostri nomi con alcune cose davvero assurde. Comunque grazie per leggermi anche qui.

Per chi non è stato nominato… verrà nominato un’altra volta. (tranne Silvina73 e Bella_Marie_Swan che hanno già avuto l’onore)

 

Adesso un appello: voglio suggerimenti, questa storia deve essere uno scambio di idee, se vi viene in mente qualche cosa da far fare alla nostra protagonista, scrivetemelo. Storia interattiva!

 

Adesso vi saluto e vi ringrazio per l’attenzione

Alla prossima

baciotti

 

 

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Capitolo 5
*** la conchiglia che non viene dal mare ***


 

Chiedo umilmente scusa per il ritardo, la scorsa settimana sono stata molto presa e non sono riuscita a finire il capitolo… a dire il vero, l’ho finito ieri, quindi in perfetto ritardo di una settimana giusta, posto il nuovo episodio.

 

Mi sono rimessa a inserire i vostri nick nel tessuto nella storia, a perenne ringraziamento dei vostri commenti… spero che le cinque vittime di oggi non si offendano per quello a cui sono state accostate… (se devo essere sincera, un paio di loro sono davvero perfette!) e qui sorrido compiaciuta.

 

Ovviamente ringrazio anche chi ha recensito e che avevo già inserito in “Ciao Edwardina”, oltre a chi ha inserito questa storia nelle preferite, ricordate, seguite e chi ha semplicemente letto.

 

Siamo alle ferie ma vi consolo dicendo che continuerò a postare, compatibilmente con i miei impegni lavorativi (ferie? E chi le vede?).

Ultimo avvertimento: chi vuole leggere cose drammatiche, cambi storia… qui la cosa è un pochino più allegra! Io vi ho avvisato!

E ora…BUONA LETTURA!

 

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Guardo Alice con occhi supplichevoli: «Davvero un sospensorio?» miagolo cercando di essere tenera e coccolosa come i pinguini di Madagascar.

«Non sei capace di fare gli occhi come il gatto con gli stivali di Shrek e men che meno hai il fascino di Antonio Banderas, quindi, sì! Sospensorio e conchiglia… mica vorrai infilarti un calzino puzzolente e maleodorante nelle mutande?».

Beh, oddio, se l’alternativa è quella mi rimetto al giudizio superiore della maestra di fashion che ho a disposizione. Però, voglio puntualizzare, il calzino lo avrei lavato a 90 gradi! Mica preso direttamente dal piede di Emmett! Bleah!

Sospiro sconfitta per l’ennesima volta.

«E sospensorio sia».

Alice e Angela sorridono vittoriose, mentre Grace mi battacchia sulla spalla a mo’ di consolazione e gli altri ridono.

Deprimente! Sono diventata il pagliaccio di turno.

 

«Okay, noi torniamo tra poco con tutto l’occorrente, tanto per dare un volto più definito al nostro Lino… a dopo» saluta Rosalie, risalendo in auto con il fidanzato.

«Mentre noi, ci accomodiamo in casa ed iniziamo a preparare la cena» continua Alice, precedendoci nella sua villetta che spalanca per noi.

È una casetta graziosa, come lo sono tutte in questo angolo di mondo: ha un bel giardino curato, la cancellata in ferro battuto coperta di rose rampicanti, il porticato con il dondolo strategico e romantico, e il piano di sopra dove, con tutta probabilità, si nasconde l’alcova lussuriosa dei due piccioncini… per un attimo mi viene da chiedermi se è Napoleone o Jasper che sta sopra… bleah! Che schifo solo a pensarci.

Il piano terra, invece, è la classica zona giorno con la sala, i divani, la cucina, la lavanderia e un piccolo studio, o almeno così me lo immagino e, da quello che vedo, non mi sono sbagliata di molto.

«Venite, accomodatevi… tu Ben, vieni con me!» ordina Napoleone.

«Ma… Alice! Anche Ben è un’ospite» cerca di contraddirla il coniuge del generale… Giuseppino! Ecco il nome adatto al consorte di sua Maestà, il nano imperatore di Forks.

«Amore, se questa sera ti vuoi gustare l’arrosto di mia madre come si deve, è meglio che ti affidi alle capaci mani del qui presente prof. È per questo che ce lo siamo portato dietro!» esclama sconvolgendoci tutti.

«Perdonami, Ben. Sono un pericolo in cucina e se non volete mangiare solo scatolette o pizze, è meglio che mi aiuti di là» si rivolge poi al diretto interessato con un tono che dovrebbe contenere delle scuse.

«Figurati, Alice. In fin dei conti, questo è il mio contributo per la missione Lino Swan! Non è che sappia molto su come truccare o vestire una donna… cioè un uomo… cioè un uomo che sembra una donna… oppure, no…» ed ecco che è andato in pallone.

In effetti sembrava difficile anche per me che c’ero dentro.

«Abbiamo capito, caro» interviene Angela mentre si slaccia le scarpe e massaggia le caviglie leggermente gonfie.

Ecco perché un figlio lo farei tra molti, molti, molti anni! I risvolti negativi della gravidanza sono un calvario. Vedi una pietanza succulenta o annusi il meraviglioso te verde con gelsomino e sai già che il tutto andrà nello scarico del water perché non riesci a trattenere nulla nello stomaco che non siano crackers

Rigorosamente non salati.

Di notte non si riesce a dormire per colpa di quella boccia protuberante che ti porti appresso e i piedi somigliano in modo impressionante alle stones del curling. Forse ci sarà anche qualche lato positivo in tutta questa storia, ma per ora mi sfugge.

 

La cena è pronta giusto in tempo per l’arrivo di Emmett e Rosalie che portano trionfanti una borsa di nylon contenente oggetti non meglio identificati.

In effetti, sono sicura che stiamo tutti ringraziando mentalmente il mio capo e, soprattutto, il fatto che Alice non abbia messo mani alla pentola e al sughetto che Ben ha preparato in pochi minuti per accompagnare il tutto.

«Che cena! Alice, non mi dire che hai imparato a cucinare! A casa non facevi neanche un panino, senza fare danni» esclama Emmett e Grace si mette a ridere seguita immediatamente da tutti gli altri.

«Meno male che siete miei amici!» risponde Alice, ma sorride, non se l'è presa per lo scherzo.

Tra una risata e un brindisi, la cena si conclude in piena allegria, senza altri riferimenti alla mia situazione (per fortuna, oserei dire).

 

«Che ne dite adesso di goderci la prima parte dello spettacolo?» propone Emmett indicando il televisore.

Annuiscono tutti tranne la sottoscritta… ho un dubbio: cosa vuol dire prima parte?

«Ovviamente dopo vedremo la nostra Bellina in una veste tutta nuova» mi illumina Rosalie indicando la borsa che era stata abbandonata accanto al divano.

Oh porca paletta! Posso darmi malata? Congestione fulminante… colite… unghia incarnita… carie al molare… qualsiasi cosa!

«Coraggio, Bella» dice Grace intuendo tutto dalla mia faccia «Meglio iniziare davanti a noi che direttamente in laboratorio,  ti pare?» la sua obiezione non fa una grinza e devo ammetterlo.

Per l’ennesima volta oggi, sbuffo ed annuisco. Credo che mi verrà una patologia strana ai polmoni, continuando in questo modo.

«Siete pronti per questo pezzo di storia cinematografica, questo documentario di vita vissuta, questo briciolo di cultura…» e qui si vede che Alice e l’orso sono fratelli. Emmett inizia a straparlare, più eccitato di un adolescente che si trova davanti un paio di tette per la prima volta.

«Tesoro, abbiamo capito, inserisci il CD e godiamoci lo spettacolo» incita Rosalie, e noi ci accomodiamo sul divano, poltrone e Jasper con Alice, direttamente sul tappeto peloso.

Devo dire che questo affiatamento tra le coppie mi rende decisamente gelosa, anche io voglio un bel maschietto da spupazzare o da sgridare a seconda dei casi. Invece vicino a me mi trovo Grace che si volta e mi abbraccia dicendo «Per questa sera mi accontenterò di te, amore. Ma non farci l’abitudine. Ti ho già detto che non sei il mio tipo» e mi schiocca un bacetto sulla guancia mentre io mi metto a ridere. Siamo decisamente una bella coppia di matte.

«Vedrai quando sarò completamente maschio, allora» le rispondo.

 

Il video inizia con un primo piano di due ciabatte tenute in mano da un Jasper decisamente più giovane.

«Film “I peli di Edward”, scena uno… prima» annuncia e schiaccia le ciabatte rumorosamente e si toglie dall’inquadratura. Decisamente un ciack casalingo.

Le immagini sono leggermente traballanti… Emmett non riesce a stare fermo, sembra che debba scoppiare a ridere da un momento all’altro… oppure in quel momento era in atto un terremoto del settimo grado della scala riecter.

«Sudore» dice una voce ovattata. A giudicare dall’altezza sembra Alice, anche se riconoscerla è dura, coperta com’è con mascherina, cuffietta e camice verde da chirurgo.

Vicino a lei altre due donne, presumo Rosalie ed Esme, che passano degli strumenti usciti direttamente dal museo della tortura di Volterra, nelle capaci mani di sua bassezza, Napoleone.

«Ceretta» noto che spalmano e poi tirano e la gamba saltella come se avesse ricevuto una scossa. Povero! So cosa significa la tortura del pelo.

«Pinzette» sembra davvero una sala operatoria.

Grace si sta rotolando sul divano, mentre Angela piange sulla spalla di Ben che non si trattiene.

«Quando lo sento, devo proprio fargli i complimenti… performance stupenda» singhiozza la ragazza accanto a me.

«Rivedere questi pezzi è sempre un piacere» dice Emmett, trattenendo una risata quando Alice comincia a spalmare qualche cosa di oscenamente viscido sulla faccia del cugino.

«Dai, adesso tocca a me» si sente nella registrazione e si vede che la videocamera passa di mano a un nuovo regista che ha il polso leggermente più fermo… da futuro medico, direi.

 

«Respira?» chiede quella che credo sia Esme, a una figura che non avevo notato prima, accanto alla testa del pavone.

«Tranquilla, pressione costante, respirazione normale, tutto bene» risponde Carlisle, mentre controlla i monitor.

Accanto a me, esplode un nuovo ululato di risate. Credo che Grace non riuscirà più a guardare Edward negli occhi senza ridere.

«Anche tuo padre? Ma siete pazzi, voi!» mi sfugge l’esclamazione che sa quasi di difesa per il mio ex ragazzo e quello che ha dovuto subire dalla sua cara famiglia.

«E’ stato un modo per tenerlo sotto controllo e fargli sentire meno dolore possibile. Pensa una depilazione da sveglio, per la prima volta…» mi spiega Rosalie e a questo devo darle ragione. Sarebbe stato orribile.

Il video continua con qualche altra tortura, finché si vede distintamente che il coso in mezzo alle gambe, incrementa il suo volume in una signora erezione che la sottoscritta ricordava sin troppo bene.

«Ma scherza? Sta dormendo, cazzo! Come fa ad averlo in tiro?» esclama Ben, lasciandoci di sasso per il suo tono triviale. Deve essere proprio sconvolto.

«Gli ha toccato il petto vicino all’ascella» rispondo in modo quasi meccanico senza accorgemene, per poi diventare rosso pomodoro.

Attorno a me un silenzio attonito e stupito.

«Ecco spiegato il motivo! Ci abbiamo messo sei anni per capire come avesse fatto a eccitarsi dormendo» esclama Emmett «Allora, Bellina, era così che…» prova a parlare ma lo stoppo subito.

«Non Una Parola! Ho giusto comprato un coltello a lama larga in ceramica che ha bisogno di una prova sul campo… l’ho battezzato Jess chan… lo vuoi provare, Emmett?» minaccio? Sicuro, e lui sa fin dove posso arrivare e che è meglio non provocarmi.

«Okay, scusa» alza le mani e si risistema sul divano, accanto alla sua bambola bionda.

Il video finisce poco dopo, con l’immagine del suo risveglio confuso e stravolto. Mitico davvero!

 

«Bene, adesso per chiudere in bellezza, ritocchiamo la nostra Bella e le facciamo indossare i suoi abiti da lavoro» annuncia Alice, alzandosi e voltandosi verso me.

«Perché non facciamo un’altra volta?» propongo con occhio languido.

«Andiamo, Antonio Banderas, vieni con noi» e trascina me e Grace su per le scale.

 

«Perché anche lei?» chiedo indicando la mora accanto a me.

«Perché deve restaurarti ed aiutarti ogni giorno mentre lavorerai lì… e ti assicuro che è un impegno davvero gravoso» mi spiega Alice e mi racconta le sue levatacce al mattino per truccare e preparare Edward.

A pensarci mi viene paura: quanto tempo andrà avanti questa storia? Spero poco, altrimenti potrei davvero schiattare dall’agitazione.

Dopo aver finito di sistemarmi il viso, Grace inizia a tirare fuori dalla borsa gli indumenti che devo indossare. Niente di particolare, solo una tuta, ma quell’insieme di fasce elastiche e quella cosa lucida che ha tra le mani mi danno i brividi.

«Cosa… cosa sono?» balbetto.

«Sospensorio e conchiglia» risponde ridacchiando.

«Oh! Che bello, questo è della linea Infea, sono le migliori» esclama Alice guardando la marca di quegli obbrobri.

E già! Meno male che non sono di Giova71 o di Barboncina85 ammesso che esistano come marca di mutande! Ma chi cacchio è infea? Solo Alice può conoscere le marche di produzione dei migliori sospensori per uomo!

 

Con mani tremanti agguanto il sostituto delle mutante e…

«Oh no! No, no, no, no! Mi rifiuto!» esclamo quando allargo l’indumento e vedo come è strutturato.

«Ma dai! Provalo!» dice Alice cercando di essere convincente.

Ma lo mettesse lei! Come si fa a indossare una cosa del genere?

Io ho sempre odiato i perizomi, con il filo interdentale separa chiappe che davano un fastidio tremendo, ma questo… questo è peggio!

Un elastico dovrebbe posizionarsi in vita e da lì si apre un pezzo di stoffa che dovrebbe coprire il pacco… in questo caso la conchiglia senza sorpresa.

In fondo al copri pacco si dividono due strisce che dovrebbero circondare le mie cosce e riattaccarsi alla cintura in vita. In pratica ho le chiappe scoperte!

Ma che razza di mutande sono?

È qualcosa di ancora più inquietante della mia guepiere con i laccetti!

«E cosa dovrebbe coprire questo?» do voce alle mie perplessità.

«Ovvio che va sulle mutande. Su, Bella! Non fare la bambina» incita Napoleone.

Appunto! Bambina non maschietto!

 

Okay, mi arrendo ed inizio ad infilarmi ‘sto coso tenendolo con le unghie del pollice ed indice… meglio limitare al minimo il contatto.

«Perfetto! Guarda come ti prende bene!» esclama Alice estasiata.

Mi prende bene come una emorroide! Concordo.

«Adesso infila questo» mi tende il pezzo metallico Grace.

La guardo con occhi lucidi.

«Devo proprio?»

«Se vuoi che ti prendano per un maschietto… devi proprio» risponde lei con un sorriso di scuse.

Mi infilo anche la conchiglia, riempiendo l’interno con del cotone che mi passa Alice.

«Adesso dobbiamo stringere il seno» mi annuncia il piccolo Krueger tendendo una fascia elastica che pare voglia avvolgere attorno al mio busto.

Se mi si incrina una vertebra, non occorre neanche andare all’ospedale per la medicazione: sono già fasciata.

«Ricordati che devo anche respirare» le rammento dopo che inizia a srotolare troppo stretta, la fascia sulle mie tette.

Addio, piccole care… non eravate enormi, ma mi avete dato buone soddisfazioni, ed era un piacere vedere quanto venivate apprezzate dagli altri…

 

«Adesso sembri abbastanza un palo… però dovremmo fare qualche cosa per questi fianchi» dice Alice soprapensiero.

«Scordati un’operazione stile pavone! Non voglio farmi affettare le anche! Non pensarci neanche per ipotesi» minaccio con il dito sotto il suo naso, ma sono convinta che farei più impressione con i miei angioletti contundenti… devo ricordarmi di portare dietro il coltello, tutte le volte che avrò a che fare con loro. Banda di pazzi!

«Figurati! Bella, per chi mi hai preso?» chiede con occhioni innocenti.

«Per Alice Cullen?» rispondo incrociando le braccia e senza sentire il solo sostegno in mezzo al petto… ho già detto ‘ciao, ciao belle tettine?’.

Mi infilo pantaloni e giacchetta, prima che sorgano altre strane idee e mi guardo allo specchio, sbalordita.

«Sono… sono…» non riesco a trovare le parole! Non sono io!

«Ciao, Lino!» esclama Grace, allegra.

 

Quando scendo dalle scale, devo ricordarmi di camminare con le gambe un pochino aperte, come un maschietto con tutti gli attributi. Vedo gli altri guardarmi con occhi spalancati ed Emmett fischiare ammirato.

«Tesoro, sei assolutamente fantastico… un pochino effeminato, ma praticamente perfetto» dice.

Io mi avvicino ad Angela: «Ciao, baby!» le dico scimmiottando un tono basso e sexy.

«Oddio! Un travestito!» esclama ridendo.

«Però, Bella, se fossi gay, mi farei avanti con te» rimarca Ben.

Cioè? Fatemi capire? Sembro una macchietta? Ma devo essere convincente!

 

«Dai, ragazzi! Faccio davvero così schifo?» chiedo mortificata.

Tutti irrompono in una risata collettiva: «Ma quanto sei permalosa!» mi dice il mio capo, facendomi un buffetto sul naso.

«Davvero, Bella. Noi sappiamo che sei una ragazza, ma ti assicuro che in questo momento anche tuo padre potrebbe avere qualche dubbio» mi rassicura Rosalie tra un singhiozzo e l’altro.

«Ti prego… non fare la grattatina agli zibidei o non resisto… » dice ridendo Grace alle mie spalle.

Le battute continuano sino a quando Alice prende nuovamente la parola.

«Bene, direi che questa giornata è stata davvero fruttuosa. Mercoledì sarei libera, possiamo andare al centro per comperare qualche vestito adatto e le scarpe da uomo. Rose, tu mi darai il cambio in negozio» ordina il piccolo imperatore di Forks.

«Ma non puoi darmi qualche cosa tu?» chiedo a mia volta. Lei ha un negozio di abbigliamento, potrebbe fornirmi direttamente i vestiti necessari. Non è indispensabile vestire Armani o arrolice.

«Preferisco portarti in un negozio specializzato e moderno. Io qui tengo roba più sportiva e meno elegante che non va molto bene per la città» si giustifica.

Posso anche capirla, in fin dei conti i suoi clienti sono persone che bazzicano nei boschi per cacciare o vanno a pesca.

«Ci vorrebbe un’imbottitura leggera per il torace, tanto per dare un pochino di sostanza a questo ermafrodita… che ne dite di quelle per motocross? Tipo pettorina però con la maglia» suggerisce Jasper.

Com’è il detto? Se vai con lo zoppo impari a zoppicare… se vai con Alice, impari l’arte… del vestiario?

«Buona idea, potremmo provare… è qualcosa di specializzato ma mi sembra di avere qualche cosa di simile nel magazzino…» dice Alice, come se ragionasse da sola.

Cerco da qualche parte un tovagliolo bianco e quando lo trovo sul tavolo lo agito come una forsennata: «Pietà! Sonno! Pausa!» e non credo che abbiano bisogno di collegare queste parole con una frase di senso compiuto per capire a cosa mi riferisco.

Tutto è rimandato a mercoledì ed io posso tornare a casa, vestita da uomo, accompagnata da Angela, Grace e il nostro autista Ben.

 

«Ti assicuro, Bella, che cominci a piacermi» ghigna Grace al mio orecchio avvicinandosi. È davvero impossibile!

«Và via! Lesbica!» rispondo ridendo e spingendola.

«Ecco! Chi non mi apprezza non mi merita! Andrò a cercare Geoffrey, meglio la salamella al buco inospitale!» borbotta ridendo anche lei, e con battute su questo genere riusciamo ad arrivare a Seattle senza incidenti, nonostante che anche Ben abbia le lacrime agli occhi dal ridere.

«Cara, secondo me dovresti convincere il bambino a non ascoltare queste due, o mi nasce traumatizzato» dice rivolgendosi ad Angela che si asciuga gli occhi, singhiozzando per l’ennesima uscita della pazza seduta accanto a me.

Credo che il suo ex la frenasse… non me la ricordavo così scatenata prima.

 

Diciamo che il mio letto mi accoglie senza mostrare perplessità sul mio nuovo aspetto. Il mio corpo riconosce il bozzo del materasso e si spalma come si deve per il meritato riposo. Almeno questo è rimasto uguale.

 

Maledizione! Non suona neanche la sveglia, ma il cellulare. Si può sapere chi chiama alle sei del mattino? Il turno alla tavola calda inizia alle dieci!

“Bella! Vieni subito a Forks! Ho la maglietta di cui parlavamo ieri sera!”

«Alice Cullen! Maledizione a te e a quando i tuoi genitori ti hanno concepita! Stavo dormendo!» protesto a occhi chiusi.

“Infatti è per questo che ti ho cercato a quest'ora, avevo paura che andassi a correre o qualcos'altro” risponde.

«Tipo dormire?» ipotizzo.

“Bella, non farla tanto lunga e scendi, Rosalie ti sta aspettando sotto casa” ordina ed io mi sveglio magicamente.

«Stai scherzando? Hai trovato una pazza scriteriata come te che ti segue anche a queste ore impossibili?» sono incredula.

“In realtà, io e Rosalie abbiamo parlato circa un'ora fa, ma lei ha bisogno di un pochino di tempo per sistemarsi” ovviamente! Che stupida a non pensarci, una si alza come minimo un'ora prima per fare da autista a me, accompagnandomi in un paese che dista più di un'ora di strada, solo per prendere una maglia.

Credo di aver già pensato che queste fossero pazze ma averne la conferma sicura è sempre spiazzante.

«Okay, faccio una doccia veloce e scendo» rispondo rassegnata.

In effetti, Rosalie mi sta aspettando con la sua macchina sportiva.

Beh, diciamo che il tragitto sarà estremamente comodo ed eccitante.

 

«Bella, volevo chiederti… sei davvero sicura di quello che stai facendo? Voglio dire, trasformarti, parlare, gesticolare… i maschi sono diversi da noi…» mi dice Rosalie dopo circa venti minuti di chiacchiere leggere e fondamentalmente inutili.

«Siamo diverse da loro, sì!» esclamo cercando di restare allegra.

Non vorrei pensarci troppo a questa cosa.

«Hai capito cosa intendo» mi ammonisce ed io sorrido rassegnata.

«Ho capito, sì. Non ne sono sicura ma voglio smuovermi, cambiare la mia vita e darle un bello scossone. Ho bisogno di qualche cosa di nuovo. In questi anni di college, mi sono quasi annullata e adesso voglio uscire» cerco di spiegare qualche cosa che anche a me sembra ostico capire.

«Non credi che questo sia un poco drastico… potresti trovarti in situazioni poco piacevoli».

«Le affronterò, ma davvero, voglio provare» ribadisco testarda.

Rosalie non commenta altro e cambia decisamente argomento, virando verso il suo matrimonio che ormai assorbe quasi tutte le energie da promessa sposa.

Mi racconta i preparativi di quello che sarà il giorno più bello della sua vita, tra poco meno di due mesi, quando legherà a sé il suo Emmett.

Sto ancora ridendo per quello che mi ha raccontato del fidanzato alle prese con il colore delle tovaglie, che scendiamo dall’auto davanti al negozio di Alice.

«Finalmente siete arrivate! Sono ore che aspetto!» va bene che l’attesa amplifica la sensazione del tempo che passa, ma questa esagera!

«Alice! Ti adoro, ma in questo caso non meriti risposta! Siamo partite praticamente subito ed io devo tornare immediatamente in ufficio, quindi sbrigati!» esclama Rosalie. Meno male! Pensavo che fosse un robot agli ordini della psicopatica, invece anche lei ha una volontà propria.

«Okay, hai ragione, scusa» udite, udite, nuove nuvole si addensano su Forks, dopo l’ammissione del piccolo imperatore «Adesso però, Bella, vieni qui dentro e prova questa… vediamo se funziona!» come non detto, ecco che tornava a dare ordini.

 

In effetti la maglietta mi gonfia un pochino le spalle, la pancia, mi sento meno palo e più ‘rotolosa’… in senso maschile, si intende. Alice mi infila una camicia sopra e chiusa quella mi guardo allo specchio.

«Biologicseattle inc, preparati! Lino Swan sta arrivando» esclamo alla mia figura riflessa, mentre Alice e Rosalie battono un cinque visibilmente soddisfatte del risultato.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

Prima di tutto, grazie per l’idea del sospensorio e conchiglia annessa. Ho descritto la fotografia pubblicata su Wikipedia (la santa) e devo dire che quella vista mi ha ispirata di più che guardare dieci commedie campioni di incassi al cinema. È devastante! Per una donna, si intende…

 

Ringrazio Corny83 per il suggerimento della maglia imbottita per motocross. Ho cercato su internet qualche cosa che mi facesse capire cosa intendeva ma non ho trovato una cippa… quindi sono andata per deduzione, sperando di non scrivere castronate… eventualmente, se così fosse, la colpa è sua! No, dai, facciamo a metà con me che l’ho appoggiata!

 

Alcune di voi hanno proposto relazioni tra Grace e Lino e, donzelle affascinate dal nuovo collega. Sicuramente ci saranno anche queste cose.

Premetto col dire che Edward tornerà non prima di altri due capitoli, uno dei quali tratterà il colloquio e i primi tempi di lavoro di Lino.

 

Nel prossimo capitolo invece vorrei affrontare l’acquisto vestiti oltre che la voce e la camminata di Lino. Abbiate pazienza ma accavallare le gambe non lo trovo il massimo… forse imparerà a grattarsi gli zibidei… come dissi nel capitolo!

Accetto suggerimenti per queste cose… e poi voglio un vostro consiglio: lo facciamo uscire con James da maschio o da femmina?

Io, quasi quasi, propenderei per la prima ipotesi… voi?

 

Aspettando i vostri suggerimenti vi rimando al prossimo capitolo che, se tutto funziona, vedrà la luce per venerdì prossimo.

Per ora, grazie per l’attenzione

Alla prossima

baciotti

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Capitolo 6
*** nuovo round ***


 

Gentilissimi lettori e lettrici… BUONASERA!

So che ho detto che avrei postato venerdì, ma oggi avevo finito ed ho anticipato di un giorno… spero di non avervi fatto un dispetto.

 

In questo capitolo abbiamo altri ringraziamenti per le recensioni lasciate, sia da persone che avevano già partecipato, sia da lettori nuovi…

Come al solito, spero di non offendere, anche perché il mio è solo un particolare modo di rendere omaggio, non denigrare.

 

Questo è un capitolo lunghetto, ho lasciato andare gli eventi uno dietro l’altro come le ciliegie. Potreste definire questo un capitolo di passaggio… onestamente io non lo definisco.

Alcuni pezzi sono comici, altri più seri, l’importante è ridere.

 

A proposito di questo: se volete leggere qualche cosa di serio e drammatico, questa storia non fa per voi, io ho avvisato.

E ora, buona lettura!

 

---ooOoo---

 

«Biologicseattle inc, preparati! Lino Swan sta arrivando» esclamo alla mia figura riflessa.

Forse sono un pochino troppo ottimista, ma sembro davvero un ragazzo e neanche troppo gracilino. Purtroppo ci pensa il nano di Forks a stoppare i miei buoni pensieri.

«Direi che siamo sulla buona strada, ma dobbiamo ancora lavorare parecchio!» Alice, la stroncatrice, esprime il suo verbo:  «Occorre preparare un minimo di guardaroba decente, qualche paio di scarpe e… Santo Cielo, Bella! Allarga le gambe quando cammini! Sei troppo femmina» esclama indicando i miei arti inferiori.

Ma cosa pensava? Che fossi uno gnù? IO SONO UNA FEMMINA! Sono 24 anni che sono una femmina! Già all’asilo la maestra mi diceva che non dovevo stare con le gambe larghe! A questo proposito, molti anni dopo, ho capito il perché, anche se non sono molto d’accordo sul fatto di non farlo mai… è bello!

Okay, basta! Altrimenti mi fiondo a casa e riesumo il mio tulipano nero, il sostituto dell’uomo, sperando che le batterie funzionino ancora…

Ebbene sì, ho battezzato anche il mio vibratore. A dire la verità non sono stata molto originale: aveva una confezione in plastica a forma di tulipano ed è di colore nero. So che snellisce, ma mica gli faccio i complimenti quando lo uso.

Oh! Dio! Ma da quanto è che non scopo? Troppo, visto che non mi ricordo. E da quanto non uso il mio strumento dark? Altrettanto! Credo che l’ultimo incontro bollente della mia vagina, sia avvenuto con lui…

«… quindi direi che per oggi abbiamo finito. Sei d’accordo, Bella?» chiede Rosalie, sventolandomi una mano davanti al naso.

«Credo che sia andata a farsi un giro» mormora Alice guardandomi curiosa. Sono certa che muore dalla voglia di sapere dove sono stata mentalmente. Meglio di no o mi procurerebbe uno gigolò, tipo suo cugino, in meno di tre minuti.

A pensarci perché no? Ho bisogno di sfogarmi…

«Allora? Ci sei?» strilla Napoleone con tono impaziente.

 

Niente da fare, il mio nirvana è ancora lontano.

«Certo, Alice. Mi ero distratta ma ora sono con voi» dico sorridendo.

«A cosa pensavi?». Bella domanda Rosalie. E adesso che ti dico?

Un’idea! Ho bisogno di un’idea!... e se… ecco l’idea!

«Pensavo che forse potrei sperimentare un’uscita vestita da maschietto» propongo timida.

Sicuramente è presto, mi diranno, oppure che sono impazzita.

Invece si guardano silenziose.

«Domani abbiamo deciso di dedicarci ai vestiti e alle scarpe. Se vuoi, domani sera potremmo organizzarci. Cosa hai in mente?» dice Alice curiosa.

«Devo un’uscita in coppia con James, il mio collega al ristorante. Potrei farmi sostituire da Amber e sperimentare il nuovo look con lui» dico.

«Certo che se si aspetta una donna… andrà nel pallone, come minimo» ride Rosalie, uscendo dal negozio di Napoleone per dirigersi nuovamente a Seattle.

Credo che questa sia una mossa molto cattiva nei confronti di James. Lui mi ha sempre chiesto di uscire e io ho intenzione di presentarmi vestita da uomo. Minimo mi aspetto un arresto cardiocircolatorio!

Però… è sempre stato una piattola! Ben gli stà! Già mi immagino la scena e ridacchio.

 

Durante il ritorno, io e Rosalie, parliamo dei vestiti che sarebbe opportuno comprare e di come ci si deve muovere in vesti maschili, prendendo ad esempio i maschi che conosciamo.

«… e ci pensi nel bagno? Devi ricordarti i alzare la tavoletta tutte le volte che vai a fare pipì» ridacchia.

«Che poi… è così difficile mettere giù il copri water? Da subito l’effetto ordinato» calco la dose.

«Il disordine è genetico in un uomo. Se sei ordinato hai qualche cosa che non va. Dovrai tenere la tua scrivania sporca e sommersa di fascicoli» dice. Sul qualcosa che non va non capisco cosa intenda, ma preferisco non indagare.

«Un disordine organizzato in pratica» rispondo.

«Emmett è assolutamente inavvicinabile in questo caso. È l’avvocato più disorganizzato di questo mondo. Devo costantemente controllare la sua borsa, i fascicoli e gli appuntamenti. È proprio il caso di dire che non saprebbe vivere senza di me» si vanta la futura sposina.

«Qualche altra perla di saggezza?». Meglio informarsi su ogni aspetto.

«Devi grattarti… la testa, le braccia, il sedere, davanti… praticamente devi sembrare una scimmia con le pulci» risponde Rosalie.

«Non ti sembra di esagerare?». Rido, pensarmi mentre mi gratto davanti è esilarante anche per me, figuriamoci per chi mi potesse vedere.

«Assolutamente no. Dovresti vedere Emmett! Quando andavamo al liceo era molto sconcio, non importava dove si trovasse e con chi e si grattava. Crescendo è arrivato anche un minimo di pudore e diciamo che le toccatine non sono così plateali, ma ci sono, sempre e comunque» mi rassicura.

Oddio! Mi dovrò grattare come un babbuino? Rabbrividisco.

«Sono sempre più affranta. Altro?» sospiro.

«La camminata da fantino. Le gambe sempre leggermente larghe e devi dondolarti avanzando».

«Stai dicendo che il maschio è l’anello di congiunzione per dimostrare che noi discendiamo dalle scimmie o mi stai dicendo che gli uomini sono dei gorilla travestiti?». È questo che ha scoperto Darwin nei suoi studi?

«Tutte e due le cose. Devi pensare a tutti quegli atteggiamenti che ti irritavano negli uomini ed applicarli. Più sei stupido, più sei convincente» asserisce.

Mi sembra un pochino catastrofica la sua visione.

«Non ti sembra di esagerare?». Mi chiedo perché sia così negativa. Pare quasi che…

«Hai litigato con Emmett?» chiedo senza lasciarle il tempo di rispondere.

 

Bingo! Dal minuto di silenzio che segue, direi che ho colpito nel segno.

Passa ancora un minuto, poi mette la freccia ed accosta sul ciglio della strada e, dopo aver spento la macchina, si volta verso di me.

«Secondo te è normale prendere appuntamento con un cliente la sera del nostro anniversario? Venerdì prossimo avevo organizzato una cenetta e lui questa mattina mi annuncia di avere un impegno! E questo è solo un esempio! Mai che si ricordi di una ricorrenza… mi aveva promesso un magnifico anello di fidanzamento visto che l’altro l’avevano rubato, ma niente! Sono sei mesi che aspetto e lui nulla! Però a chiedermi le camicie pulite si ricorda eccome!».

Ed ecco lo sfogo! A ogni esempio, Rosalie, alza la voce di un tono e picchia il volante con il palmo aperto. La sto ascoltando, anche se una piccola parte del mio cervello vorrebbe bloccarle il polso per evitare di distruggere l’unico mezzo di trasporto che abbiamo a disposizione in questo momento.

«Rose…» azzardo timida «Emmett è un bravo ragazzo… l’hai detto tu che non riesce ad organizzarsi, ma sono sicura che ti ama tantissimo». Non so quanto possa consolarla ma, con queste parole, la vedo fissarmi come se si stesse svegliando.

«Forse hai ragione. Vedrò di parlarne pacificamente a casa…» poi riavvia e sorride «torniamo a Seattle».

 

«Comunque, quella di considerare tutte le stupidaggini di un uomo come il suo modus operandi, è vera» mi rassicura, accostando alla tavola calda di Ben. Sono giusto in orario per iniziare il turno del mezzogiorno.

«Credimi, non avevo dubbi» rispondo ridendo e salutandola.

Qualcuno mi aiuti per domani! Sarà una lunghissima giornata!

«Ciao, bambola» dice una voce alle mie spalle. Ecco arrivata una delle ragioni!

 

Mi volto lentamente e le mie paure si materializzano davanti ai miei occhi.

«James, non mi chiamare bambola!» rispondo piccata mentre entro nel ristorante.

«Ti sei tagliata i capelli!» dice con tono quasi accusatorio «E te li sei anche tinti!» se non sapessi che quella voce stridula è la sua, mi preoccuperei di guardare a chi stanno stritolando le palle.

Sta strillando come una pessima imitazione di un eunuco.

«Tesoro, non farti partire un embolo! Ho solo voluto rinnovare il mio look… ti piace?» chiedo sbattendo le ciglia con fare civettuolo e mettendomi in posa stile Jessica Rabbit. (come si fa ad avere un baricentro così spostato, me lo devono spiegare! Io mi appoggio a un tavolo con il bacino, altrimenti cascherei come una pera… e pensare che non ho neanche i tacchi adesso!)

«Ma… ma certo che mi piaci! Io adoro tutto di te, capelli corti o lunghi, truccata o al naturale, vestita o…». Il giovinastro si sta allargando troppo e lo stoppo sul nascere.

«Non continuare. Non sei il mio ragazzo e dubito che potrai vedermi senza vestiti».

«Sognare non costa nulla» risponde facendo spallucce e aprendosi in un largo sorriso sfacciato.

 

Posso partire alla carica con l’esperimento che avevo in mente per la sera di domani? «James… caro… hai qualche impegno domani sera?» chiedo.

Lo sguardo gli si illumina di più intuendo dove voglio andare a parare. Peccato che non sia tutto lì come immagina.

«Nessun impegno, amore. Sono a tua completa disposizione». Illuso!

… Amore? E questa dove l’ha tirata fuori? Sto per rispondergli per le rime, quando il mio cellulare inizia a suonare imperioso.

Santo cielo! Ma sono sul posto di lavoro e Angela inizia a guardarmi male, visto che tra poco arriveranno i clienti affamati e incattiviti dalla mezza giornata di stress.

«Pronto!» abbaio, alzando un dito verso James per zittirlo.

“Che cacchio hai detto a Edward quando è venuto a Seattle? Ho passato due ore a convincerlo che non avevi l’uomo e a ripetergli che comunque sarebbero anche cazzi tuoi… in tutti i sensi! Accidenti, Bella. Pensavo che avessimo superato la fase ‘mi penserà ancora?’ perché io ne ho le palle piene, anche se non ne sono fornita!”. Grace esordisce in una filippica con il suo solito vocabolario colorito.

«Io non l’ho neanche incontrato! Figurati se gli ho parlato!» mi difendo, guardando torva James, la pietra del presente scandalo.

“E allora io mi sono dovuta sorbire le sue accuse stile ‘perché non mi hai detto nulla, che razza di amica sei?’ perché il signorino filo inglese ha avuto le visioni come la Sibilla Cooman di Harry Potter?

Qualcuno deve avergli detto qualche cosa! So che su di te il suo neurone perde lucidità e va a farsi un giro, lasciandolo incapace di ragionare, ma lui non ha tanta fantasia per pensare a un ragazzo biondo, alto, con gli occhi chiari, il naso storto che, per inciso, mi ha detto che avrebbe voluto raddrizzare a suon di pugni, e le spalle larghe quanto il cervello piccolo! Parole sue, si intende” continua a sbraitare.

«Grace, devo andare. Chiamami dopo che ne parliamo, oppure… meglio ancora, ci vediamo domani per lo shopping del mio progetto segreto» propongo.

“Ci vediamo domani pomeriggio alle tre al tuo appartamento. E vedi di dirmi tutto e di essere convincente perché sentirmi dire le stesse cose per un’infinità di tempo da quel rintronato di zuppa inglese, mi ha fatto venire voglia di buttarmi nel water e tirare lo sciacquone. Se desidero suicidarmi in questo modo, puoi immaginare il mio grado di esasperazione!” e dopo un frettoloso ciao, chiude la conversazione.

 

«James, ci vediamo qui davanti domani sera alle sette. Non tardare».

Non gli lascio neanche il tempo di reagire che mi precipito nello sgabuzzino per cambiarmi e avvisare Amber che dovrà sostituirmi al ristorante.

Finito di mettermi d’accordo torno alla carica con Angela.

«Il babbuino ha telefonato anche a te?» chiedo direttamente.

«Solo per salutarmi. Ha provato a parlare di te, ma l’ho subito stoppato e lui ha cambiato argomento. Non so cosa volesse e non mi interessa e adesso… TI PREGO! Per oggi, lascia fuori il pavone dalla nostra vita!» esplode anche lei e ritorna in cucina.

Devo dedurre che Edward ha tormentato sia Angela che Grace per il mio presunto ragazzo. Geloso? Roditi il fegato fino a farti scoppiare la bile! Ben ti stà!

Infantile? Peggio! Ma non mi importa.

 

In effetti, archiviato l’argomento stercorario inglese, la giornata e la nottata, scorrono via senza drammi e mi ritrovo ad affrontare un nuovo giorno che mi porta più vicino alla trasformazione pseudo-genetica.

Puntualissime, Alice e Grace, e, sorpresa, anche Emmett, suonano il mio campanello alle ore 15 precise.

«Ciao, Bella! Pronta per la missione di oggi?» chiede Alice tutta pimpante.

«Ciao, Alice. Pronta è una parola grossa ma farò del mio meglio. Ciao, Grace… Emmett, che ci fai qui?» chiedo stupita.

«Mi è stato chiesto di contribuire con il mio parere da maschio, macho, man!» dice gonfiando il petto come un tacchino (avrei anche detto pavone, ma il titolo è già stato assegnato).

«Sei sicuro? Macho?» gli fa il verso Grace, scettica.

Quella ragazza sarebbe capace di far venire i dubbi a chiunque.

«Macho, macho! Vuoi provare?» risponde Emmett malizioso.

«No…» dice la ragazza con voce annoiata, guardandosi le unghie «Mi fido di quello che dice Rosalie».

Basta il nome della bionda per vedere le orecchie di Emmett, piegarsi, stile cucciolo impaurito poi borbottare: «Che ti ha detto?».

«Niente, niente» risponde la ragazza, gettandosi scomposta sul divano. Si vede distintamente, però, il suo sorriso soddisfatto, per la serie ‘abbassa le ali, pivello’.

«Bene, Alice, Macho, Ammazza Macho… andiamo» invito tutti a uscire e chiudo la porta.

 

Alla mia domanda sulla prima tappa, Napoleone riprende il comando della spedizione.

«Passiamo da Lalayasha al centro commerciale di domenica… per l’abbigliamento maschile l’ho sempre trovato ottimo, e poi, la zia è davvero imbattibile».

«Quindi potremo passare di nuovo da Geoffrey? Ho proprio voglia di salutarlo» squittisce entusiasta Grace.

«Ti consiglierei di calmare i bollori, donna. Antonella potrebbe non essere tanto contenta» sogghigna Emmett ed io li guardo confusa.

Chissà perché, ma credo di averci qualche cosa a che fare con questa storia, anche se il collegamento mi sfugge, in questo momento.

In questi giorni non ho fatto altro che viaggiare in macchina! Mai fatto spostamenti più lunghi in tempi tanto brevi.

«A proposito! Bella, sputa l’osso sul microcefalo inglese! Giuro che non vi sopporto più» ecco l’ammazza Macho che parte alla carica.

Anzi, ha ancora aspettato parecchio, pensavo che mi avrebbe interrogato al momento dell’apertura della porta.

«La sera che si è presentato al ristorante, mi sono nascosta e James, un collega, gli ha detto che è il mio ragazzo, tutto lì» rispondo facendo spallucce.

Il pavone ne ha sofferto? Peggio per lui.

«Bella! Ti prego! Ti sei nascosta in bagno o in cucina?» domanda sbuffando.

«Scommetto in cucina…» azzarda Emmett ridacchiando.

«Ci sto! Io dico bagno» risponde Alice sbattendo il palmo sulla mano aperta del fratello. Questi due sono pazzi!

 

«Ancora scommesse? Ma Edward non vi ha insegnato niente?» chiedo scocciata. Non posso crederci! Con tutto quello che è successo sei anni fa, questi due infanti, ancora scommettono.

«Bella… ti sei accorta che hai detto il suo nome?» bisbiglia Grace.

«Eh?...» e in quel momento realizzo «Porco mondo!» appunto.

«Comunque, per la cronaca era cucina» finisco con cambiare argomento.

 

«Questa sera, hai deciso di uscire con James?» chiede Alice, vista la mia idea del giorno prima.

«Sì, l’ho invitato. Cena e giro in città» dico sorridendo.

«James? Il tuo nuovo uomo? Quello che toglierà le ragnatele dal tuo cervello e, si spera, anche da qualcos’altro?» chiede curiosa Grace, mentre gli occhi le brillano come a una psicopatica.

«No, James, il mio collega con il quale uscirò vestita da uomo per sperimentare il travestimento» rispondo.

«Intrigante, gli sembrerà di essere gay… attratto da un ragazzo… posso uscire con voi? Tanto per assistere all’evento?» chiede ancora più euforica.

«Solo se non esageri» ammonisco. Però mi fa piacere avere il suo supporto, meglio uscire in tre, mi sento più protetta.

James, normalmente, abbaia ma non morde, ma è sempre meglio non osare troppo.

«Tranquilla… anzi, mi porterò dietro anche la mia adorabile cuginetta… potrebbe essere la ciliegina sulla torta» dice Grace con fare misterioso.

Confesso, quando fa così mette i brividi, non so mai cosa aspettarmi.

«Eccoci arrivati!» annuncia Emmett parcheggiando.

Questo centro commerciale mi sta diventando sempre più familiare e la cosa è irritante. Io odio lo shopping! Soprattutto con Alice!

Rassegnata entro in quella che, per la piccola Cullen, sembra la Mecca e ci avviciniamo al negozio di abbigliamento maschile.

 

«Zia! Zia ci sei?» urla Napoleone, senza ritegno.

«Nipote, sono qui!» risponde una donna alta ed elegante, spuntando da dietro un paravento.

«Bella, ti presento lidiacullen, la donna che detta legge nella moda maschile di tutta questa parte dello stato di Washington» mi annuncia Alice, visibilmente orgogliosa.

«Nonché mia adorabile mammina» dice una voce dietro di me.

«Geoffrey!» esclama Grace, in modalità cacciatrice coccolosa.

«Mie care fanciulle! Siete venute a trovarmi?» dice il ragazzo facendo il baciamano all’ammazza macho, prima di rivolgersi alla cugina «Alice, sei sempre splendida», esclamazione accompagnata dall’occhiolino.

«Geoffrey… checché ne dica Bella, per quanto mi riguarda, il sesso tra cugini E’ incesto» ammonisce Emmett tranquillo e, secondo me, ha ricevuto precise istruzioni da Jasper.

«Non lo farei mai con lei…» risponde il ragazzo, fintamente scandalizzato, mentre sua madre scuote la testa e alza gli occhi al cielo.

«… E neanche con le altre! Vero amore!». Una voce di donna, all’entrata del negozio, ci fa sobbalzare tutti.

Io quella voce… la conosco, e nel momento in cui mi volto riesco ad associarne il volto: «Anto_pattz» mormoro.

 

«Grazie al cielo! Porta via tuo marito, Antonella! Non voglio che mi faccia scappare i clienti!» dice ridendo la zia di Alice.

Antonella… il capo sezione del mio gruppo naturalista, quando abitavo a Forks. Quella pazza scatenata, che abbracciava le sequoie per sentire la natura più vicina. Quella che organizzava i campi di sopravvivenza che neanche un marines sarebbe riuscito a cavarsela. Quella che metteva soggezione con la sua mastodontica altezza da valchiria, e che vestiva peggio di me con i suoi pantaloncini kaki alla zuava e i camiciotti mimetici.

Quella che adesso era davanti a me, radiosa con il vestitino azzurro leggero che copriva e metteva in evidenza il pancione.

«Bella, quanto tempo!» dice la donna abbracciandomi sorridente «Ti sei tagliata i capelli… stai benissimo!».

Per un attimo mi chiedo che fine abbia fatto il mio vecchio capo e come sia possibile che si sia trasformato in questa bella e dolce signora.

«Davvero tanto tempo, Antonella. Ti trovo, bene… sei… lievitata» rispondo imbarazzata.

Lei si carezza il pancione, amorevole «Sono di otto mesi… è quasi finita. Non vedo l’ora che nasca questo piccolo scalmanato. Continua a darmi botte come se fossi un pungiball».

«Sono molto felice per te e il piccolo, spero che vada tutto bene» dico sorridendo, al contrario della mia mente.

Come si fa a procreare un nuovo maschio Cullen, con i geni ninfomani sicuramente modificati e il DNA sballato. Sarà sicuramente uno stronzo sciupa femmine sin dalla culla… già me lo vedo fare i sorrisini alle vicine di incubatrice! E poi, la madre! Lo costringerà ad andare negli scout ancora prima di camminare e il suo primo pupazzo sarà una pianta, me lo vedo!  

«Bene, ragazze, vi saluto. Io e la mia signora dobbiamo andare!» annuncia Geoffrey, salutandoci allegro e raggiungendo la sua metà.

«Un altro occupato! Mi sa tanto che dovrai prestarmi il tuo Tulipano Nero» borbotta Grace al mio orecchio.

«Se continua di questo passo, lo useremo a turni» rispondo io.

 

La signora Cullen si avvicina a noi e, con grande gentilezza e professionalità, inizia a chiederci quali necessità abbiamo.

«Lei è la nostra amica Bella. Purtroppo ha ottenuto un colloquio di lavoro, ma solo sotto le mentite spoglie di maschio, pertanto dobbiamo travestirla ed io ho pensato che tu eri la persona adatta» spiega brevemente Alice.

Detta così mi fa sembrare ancora più disperata.

Nulla sembra scomporre l’aplomb della signora, che mi fa un sorriso e mi indica il camerino, per poi passarmi alcuni vestiti dal taglio decisamente maschile ma moderno.

L’unica nota negativa è che prima di provare i vestiti devo nuovamente  infilare il sospensorio e la fascia stringi tette, perché i pantaloni devono necessariamente contenere anche il mio finto pacco e scivolare sul mio inesistente seno.

«Questo sì… questo no… questo sì… questo no…» questa è sicuramente Alice.

«Tesoro, i vestiti non sono delle margherite!» la interrompe Grace. Grazie.

Provo camice bianche, azzurre, sciancrate, larghe, magliette, golf, giacche e giubbini. Poi pantaloni rigorosamente lunghi, spezzati, gessati, con pences o stile jeans. Poi ancora mocassini, sneakers, sandali, scarpe stringate in cuoio, anche con suole ortopediche e con i rialzi, per vedere se mi fanno un pochino più alto (per un uomo mi ritengono un tappo), portate cortesemente dalla commessa del negozio accanto. Mi sembra si chiami Sendy, perché sento che Alice continua a chiamarla: Sendy di qua, Sendy di là, mi sembra di essere catapultata in Grease… magari vogliono che io faccia Danny Zucco!

 

Emmett, sbadiglia su una sedia, fuori dal camerino, e mi dispiace tanto per lui. Quando mi affaccio oltre la tenda, però, lo vedo intento a leggere un libro, che non avevo notato prima.

«Emmett, mi spiace che tu sia costretto a sopportare questa noia» gli dico con aria comprensiva.

«Non ti preoccupare, Bella. Mi piace dare il mio parere… e poi, ormai in queste cose sono esperto, dopo Edward… infatti mi sono portato un libro da leggere» e mi mostra la copertina di colore rosso acceso dove spicca un titolo “Orsacchiotta Potta Potta – 2 – la vendemmiae soprattutto un’immagine che non lascia dubbi sul contenuto di questo pezzo di alta letteratura internazionale.

«Oddio» è tutto quello che riesco a dire, prima di arrossire e ritirarmi dentro il cubicolo.

Sono circondata da pazzi… mi viene quasi da piangere!

Ho la sensazione di essermi cacciata in un guaio di proporzioni cosmiche e che questo sia solo l’inizio.

Le mie mani stringono la faccia e la mia bocca si spalanca come l’urlo di Munch!

 

Ed è così che mi trova Alice.

«Direi che questa camicia e questa giacca con i jeans lì, siano perfetti per l’uscita di questa sera… avrei solo un dubbio sulla tua smorfia. Non la trovo adatta» e raccogliendo alcuni vestiti scartati, esce.

 

«Figliola cara, lasciatelo dire, sono orgogliosa di te e del tuo coraggio per tutto quello che stai facendo» dice la signora Cullen, sorridendo in modo materno mentre allunga le borse degli acquisti al nostro macho di fatica.

«Speriamo che vada tutto bene» rispondo incrociando le dita.

 

Dopo aver lasciato Grace al suo appartamento, Alice mi accompagna al mio per le operazioni di trucco.

Mi devo cimentare anche io, non posso sempre affidarmi alle mani di Grace, al mattino. Così mi cimento con la terra, il fard, il correttore e mi applico le basette e raddoppio le sopracciglia.

Grazie a qualche ritocco delle sapienti mani di Napoleone, in poco tempo sono pronta ad affrontare James… il mio primo banco di prova.

«Che il signore me la mandi buona!» borbotto, salutando Emmett e Alice e scendendo dalla macchina, davanti al ristorante di Angela e Ben.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

Ciao a tutti! Onestamente avrei potuto continuare ma sarebbe diventato un capitolo troppo lungo, rispetto a quanto voglio scrivere nel prossimo.

 

Infatti, la prossima puntata la voglio dedicare a questa serata, al colloquio e iniziare a raccontare qualche cosa del lavoro… in modo di arrivare presto al rientro del personaggio più atteso! (chi indovina, premio… a mia discrezione)

 

In questo capitolo abbiamo tre nick new entry e quattro ritorni tra i più azzeccati (Antonella è Antonella64 mentre Anto_pattz è il soprannome che ho messo al personaggio) spero che saranno graditi!

 

Angolo dei vostri suggerimenti: ho intenzione di far partecipare anche un altro personaggio alla uscita che ha fatto una fugace comparsa nel primo capitolo e che rivestirà un ruolo particolare. Avete suggerimenti per scene imbarazzanti con James? Facciamolo diventare paonazzo come minimo!

 

Perfetto! Per chi è arrivato sin qui, ringrazio per le recensioni che vorrà lasciarmi per pietà o simpatia, chi mi inserirà o ha già inserito la presente storia in uno dei tre elenchi particolari e chi semplicemente ha letto e spero anche apprezzato questo sclero.

Pertanto ringrazio per l’attenzione a venerdì,

alla prossima

baciotti

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Capitolo 7
*** non voglio fare il ripieno! ***


 

Carissimi,

ciao a tutti. Ho finito prima, di scrivere questo capitolo… e mi sono divertita ad inserire i suggerimenti che qualcuno mi ha scritto nelle recensioni. Un paio di scenette qui sono merito vostro.

Come al solito mi sono lasciata prendere la mano e quello che doveva essere un capitolo pieno di avvenimenti si è ridotto a… questo!

In pratica sto scrivendo a getto e quando arrivo a una lunghezza consona, interrompo.

 

Okay! Ringrazio chi ha recensito, e letto questa storia e chi lo farà anche in questo capitolo, in particolare i nick delle persone che ho inserito a ringraziamento dei commenti lasciatemi (spero che gradirete)

 

In ultimo: questa è una storia comica, se volete leggere cose serie e drammatiche passate oltre, io vi ho avvisato.

E ora, BUONA LETTURA e ridete, mi raccomando!

 

---ooOoo---

 

 

«Che il signore me la mandi buona!» borbotto, salutando Emmett e Alice e scendendo dalla macchina, davanti al ristorante di Angela e Ben.

Sono in anticipo, manca ancora un quarto d’ora alle sette ed io inizio a camminare avanti e indietro sul marciapiede.

«Camminare a gambe larghe… bah, non credo che fare la spaccata sia quello che serve… sto sudando con questa magliettina imbottita… respiri brevi, altrimenti ti si incrinano le costole, poteva dirmelo prima Alice!... respirando così sembra che stia avendo un orgasmo in piedi, o addirittura stia partorendo… non avrò problemi in caso, salterò le lezioni preparto… grattarsi… mica è un problema, ‘sti elastici del sospensorio sono stati fabbricati all’inferno… manco avessi veramente le pulci…» continuo a borbottare.

«Lo sai che parlare da sola è il primo passo verso la demenza senile» dice la voce di Grace, prima ancora che la sua figura venga illuminata dal cono d’ombra del lampione.

«Mi stai dando della vecchia?» chiedo io sistemando gli occhiali sul naso.

«Assolutamente… mi rifiuto di rispondere a questa domanda. Mi conosci, sai che penso sempre il peggio… nel frattempo ti presento mia cugina, Tanya» e mi trovo davanti la spilungona, bionda rossiccia e bellissima, accompagnatrice di Edward quella famigerata sera, quando mi sono nascosta per non incontrarlo.

«Ehm… Piacere Lino» dico cercando di rendere più bassa la mia voce.

«Bella, ti ha sentito parlare prima e, in più, le ho già raccontato tutto, quindi evita altre figuracce improbe. Sembri un travestito brasiliano del Boulevard quando parli in quel modo» mi consola l’ammazza macho e Bella nello stesso momento.

«Ciao, Bella. Sembri proprio un maschietto vestita così. Direi che per fregare chiunque ti basti davvero poco». È un complimento?

Tanya mi ha dato del maschio quasi credibile, non so se esserne orgogliosa per il risultato dei miei sforzi, o offesa perché la mia poca femminilità è andata a farsi un giro alle Seychelles.

 

«Ti consiglio di fumare questa» sotto il mio naso spunta una sigaretta.

«Io non fumo!» ribatto inorridita, pensando alle immagini di polmoni nero catrame che mi sono stati propinati a scadenze annuali per tutti gli anni del liceo. Avrebbero redento anche un morto… o per lo meno, io non mi sono mai avvicinata al tabacco.

«Non puzza come una sigaretta normale: è alla menta, le ho trovate in Francia, all’ultima sfilata di Parigi» cerca di convincermi Tanya. Per essere una modella ha un viso aperto e non si atteggia per nulla.

Alle sue spalle, Grace, accenna un sorriso di incoraggiamento.

Se non la conosce lei?

«Cosa mi serve?» chiedo per sicurezza.

«Visto che non hai mai fumato, ti renderà la voce più roca in maniera naturale. Così inizierai a capire come parlare» dice accendendo la sigaretta per poi passarmela.

È un gesto intimo, il filtro è leggermente sporco del suo rossetto ma cerco di non farci caso e aspiro.

 

Si è aperto l’inferno sotto i piedi? Mi gira la testa, non ho fiato nei polmoni, mi brucia la gola e piango tossendo. Voglio andare al pronto soccorso!

«Oddio muoio!» esclamo e nello stesso istante spalanco gli occhi stupita! Non sono io, era un uomo che mi ha parlato. Provo ancora.

«Mi sento soffocare! Adesso capisco perché non ho mai voluto imparare a fumare». Il fumo mi ha raschiato la gola e sento le corde vocali secchissime. È questo che mi ha fatto abbassare il tono di voce?

«Adesso non sembri più un brasiliano e in più…» Grace si avvicina e annusa «Il tuo alito è fumo misto menta».

«Quindi dovrei fumare?» dico e mi accorgo che poco alla volta la mia voce torna normale.

«Non dico questo. Solo sino a quando non hai capito come usare la tua voce per ottenere lo stesso effetto. Usa queste, sono più leggere e smetti subito, appena ti senti sicura» mi dice Tanya mettendo nella mia mano il pacchetto che nuoce gravemente alla salute e accarezzando il mio polso per più tempo del necessario.

Dietro le sue spalle, sento Grace ridacchiare e un brivido di inquietudine mi trapassa le spalle.

Non so perché, ma qualche cosa mi sfugge.

«Certo, fossi un poco più alto, come uomo andresti meglio… ma anche così fai la tua figura» mi rassicura la modella.

«In effetti sembro un maschio bonsai» borbotto.

Non sono proprio un tappo come donna, con il mio metro e sessantacinque centimetri, ma come uomo… lascio a desiderare, solo che mica potevo mettermi venti centimetri di rialzo, è già tanto che ne abbia messi tre!

«No, a me piacciono le persone della tua altezza» mi consola Tanya. Parla bene lei dall’alto del suo metro e quasi ottanta più tacchi (ho qualche problema a rapportarmi ai centimetri). Quello che mi puzza è Grace che sorride ancora di più.

 

Ormai sono le sette e inizio ad agitarmi, saltellando su un piede e poi l’altro.

«Bella, stai proprio bene» dice Angela facendo spuntare la testa dalla porta del ristorante.

«Vade retro, satana! È colpa tua e dei tuoi consigli, questo» ribatto indicando me stessa.

«E tu impara a non darmi retta!» ridacchia agitando una mano e rientrando nel locale.

Come devo presentarmi adesso che arriva James? Mi presento come Bella? Mi presento come Lino e trovo una scusa per l’assenza di me? Mi ricovero direttamente in una casa di cura e getto la chiave? Forse l’ultima idea è quella più fattibile! Come faccio adesso?

Sento correre a pochi metri da noi e mi volto giusto in tempo per vedere James, piegarsi sulle ginocchia con un fiatone che non hanno neanche gli atleti che disputano una maratona, e in mano un piccolo mazzo di margherite e viole.

Sembra un mazzetto acquistato dal fiorista all’angolo, ma è davvero delizioso e mi spiace non essere nella tenuta adatta per dimostrargli il mio apprezzamento.

Inizia a guardarsi intorno cercando la mia versione femminile, senza badare a noi tre che siamo ferme accanto alla porta del ristorante.

«Forse è meglio che ti fai avanti, altrimenti aspetterà tutta la sera» mi sussurra Grace. Ha ragione, maledizione.

Mi faccio coraggio e mi avvicino, sperando nell’illuminazione del momento.

«Buonasera… James?» dico titubante mentre avanzo di un passo.

Lui si gira e mi guarda perplesso «Sì, sono io. Tu chi sei?» chiede.

 

Mi accendo una sigaretta prendendo tempo ad aspirare e tossire.

«Mi chiamo Lino Swan, sono il cugino di Bella. Lei ha avuto un problema con suo padre e ha mandato me» rispondo tra gli applausi mimati di Grace.

Lo so che quella scema non aspettava altro, ma io mi sento soffocare e non è la sigaretta.

«Oh… mi ha dato buca… certo, cosa potevo aspettarmi…» borbotta arrabbiato, agitando il mazzolino di fiori.

Tanya si fa avanti e prende le margherite tra le mani, bloccando di fatto il ragazzo e guardandolo negli occhi con un piglio irritato.

«Ti ha appena detto che ha avuto un problema. Ha mandato suo cugino per avvisarti. Ha avuto considerazione per te. Se non sai apprezzare questo minimo di gentilezza, puoi anche andartene, ma tieni per te i commenti» è quasi minacciosa quando termina di parlare.

Convincerebbe anche me, peccato che in realtà stia bassamente usando James come esperimento, quindi non sarei proprio scusabile.

Bah, l’importante è che ci creda… a sentirmi un verme ci penserò domani.

 

«Okay… allora… Lino, potresti portare questi fiori a Bella, quando la vedi?» mi chiede il biondo con un sorriso tirato. È ovvio che voleva ci fosse qualcun altro ad accettare il suo omaggio.

«Sono davvero bellissimi. Bella adora le margherite, sono sicura che ti sarà molto grata» rispondo cercando di essere convincente e amabile.

«Allora? Cosa avevi intenzione di fare? Noi siamo venute a fare da supporto morale, ma vogliamo anche divertirci» esclama Grace, dirottando l’attenzione su altri orizzonti.

«Avevo prenotato un tavolo all’Oria71 e pensavo di proseguire con un discopub che hanno aperto da poco» risponde. Sembra più impacciato del solito… o si sta trattenendo dallo scappare sconvolto dalla mia faccia impiastrata.

«All’Oria? Accidenti! Le tratti bene le tue conquiste!». Grace quasi urla la sua ammirazione e si avvicina appendendosi al braccio del mio collega.

«Ho pensato che Bella non volesse mangiare nello stesso ristorante dove lavora, anche se il cibo è ottimo. Ciao, io sono James» dice rilassandosi e porgendo la mano alla mora.

«Piacere, io sono pazza di te. Chiamami tesoro… fa più intimo» risponde e Tanya si mette a ridere.

«Io sono Tanya e lei è mia cugina Grace. Siamo amiche di… Lino». Meno male che la modella fa le presentazioni, io sto sudando come un lama in salita e la deficiente sta palpeggiando il bicipite del cameriere. Secondo me ha bevuto ancora prima di uscire.

A quanto pare, a James non dispiace che la moretta lo tasti… meglio così, sarà più distratto ed io riuscirò a portare a termine la serata! Meno male che gli piaceva Bella, pensa se invece gli faceva schifo.

Gelosa? Di James? Coscienza del cazzo, hai battuto la testa da piccola? No, sto fumando spinelli alla menta! Manco fosse Maria!

 

Decidiamo di prendere la macchina di Grace, visto che James ha parcheggiato ad anni luce di distanza.

Sto per salire a navigatore vicino alla mia amica, ma vengo brutalmente trattenuta da una mano con unghie laccate di azzurro pallido «Vai pure davanti, James, io e Lino sediamo dietro» dice accarezzando il mio  braccio.

Sono sempre più perplessa. Credo di dover fare due più due, ma la mia calcolatrice mentale è scollegata e brancolo nel buio.

Il sorrisino di Grace non ispira per niente e anche questo mi inquieta ancora di più.

«Allora, James, tu lavori con Bella al ristorante, giusto?» chiede Grace, iniziando la conversazione.

«Esatto, ma solo la sera da giovedì a domenica. Durante il giorno aiuto in un negozio di materiale elettrico». Ma guarda, non sapevo che facesse un secondo lavoro, pensavo studiasse ancora, prendendosela comoda con i tempi universitari.

«Quindi se ho bisogno di cambiare una lampadina, chiamo te?», e magari chiedo un appuntamento per altro. Grace! Come fai?

«Lampadina, pulsante, relè, quello che vuoi» risponde James, con un gran sorriso.

 

«Tu, Lino? Non ho mai sentito Bella che ti nominava» mi interroga.

«Sono di Phoenix. Devo sostenere un colloquio con la biologicalseattle, lunedì prossimo», e intanto incrocio tutto quello che c’è di incrociabile.

«E dove abiti, nel frattempo?».

«Da, Bella».

Nel mentre arriviamo al ristorante ed entriamo.

«Hai studiato anche tu biologia come Bella?».

«Sì, eravamo nello stesso corso universitario».

«Allora, se sei sempre stato qui intorno a Seattle, perché non ti ho mai visto?». Ma cos’è? Un interrogatorio? Manca solo il faro negli occhi!

«Uh! Che bel ristorante! James, hai un ottimo gusto!» trilla Grace, cercando di distrarre il ragazzo.

«Somigli molto a tua cugina» appunto. Distrarre il ragazzo che non demorde.

«Lino, ti prego, accompagnami fuori, devo fare una telefonata alla mia agente» interviene Tanya e mi trascina all’esterno del locale, dove ricomincio a respirare.

 

«Grazie. Non ce la facevo più. È più curioso di una scimmia in calore» dico riconoscente.

«Figurati» risponde appoggiando una mano sul mio braccio «Vedevo che eri in difficoltà… spero solo che mia cugina riesca a distrarlo abbastanza da non ricominciare con questa storia» e si volta guardando la porta a vetri accanto.

«Rientriamo?» chiedo.

«Certo e… occhio alla voce!» e mi fa l’occhiolino.

«Tranquilla baby» rispondo gonfiando il petto e piegandomi per la fitta alle tette schiacciate. No! Decisamente non devo fare il galletto.

 

All’interno del ristorante, vediamo James e Grace, già seduti ad un tavolo apparecchiato per quattro persone e, facendo il galante, sposto la sedia di Tanya e mi accomodo vicino a lei, trovandomi la mia amica mora di fronte e il mio collega cameriere alla destra.

«E tu, Tanya? Fai la modella, mi diceva tua cugina». James in modalità Sherlock è più noioso di una zanzara e una mosca messi assieme. Oltre che essere irritante.

«Già! Sono anche apparsa sulla copertina di Vanity Fair e ho due copertine di Cosmopolitan, ma faccio soprattutto sfilate» risponde leggera.

«In effetti mi sembrava di averti già vista…» rilancia James.

«Anche tu leggi Cosmopolitan?» chiede Grace «Anche io!» e ride garrula, continuando «Ho sempre pensato che fosse una bibbia per qualsiasi dubbio trascendentale femminile… certo, però, che non pensavo interessasse anche ai maschietti».

A questa affermazione tento di trattenere una risata tonante: le uniche volte che ho visto questa ragazza con la sopracitata rivista in mano, aveva nell’altra un accendino e voleva bruciarla, asserendo che preferiva rimanere analfabeta piuttosto che leggere delle simili idiozie! Impediva anche a me e a Angela di guardarla.

«E’ come entrare nel territorio nemico: riesci a capire come far colpo sulle donne» risponde James con un sorriso che dovrebbe essere affascinante.

E anche qui mi casca un mito! Penso, mentre mi scolo il bicchiere di vinello appena riempito dal cameriere.

 

La serata procede migliorando decisamente. I piatti sono buoni e la compagnia inizia a farsi rilassante, non fosse per quell’arto fastidioso, appoggiato sulla mia coscia sinistra.

Ho provato a spostare la mano di Tanya, ma lei continua imperterrita a rimetterla lì, e, essendo mancina, non fa fatica a mangiare con l’altra mano. Io da parte mia continuo a sorseggiare questo vinello fresco fresco, che va giù liscio liscio e mi lascia allegra allegra.

James non ha più fatto domande ed io ho partecipato alle chiacchiere il minimo indispensabile, arrochendo la voce il più possibile. È anche per questo che ho continuato a bere, dopo un po’ la gola brucia.

«Che ne dite di andare in quel discopub di cui parlavo prima?» chiede James dopo aver pagato il conto. E sì! Ha insistito per pagare tutto lui, visto che aveva invitato Bella ed era felice per come si era sviluppata la serata.

Bah! Contento lui.

Un po’ barcollante, mi appoggio a Tanya e ci dirigiamo in macchina.

 

Sento gli altri parlare ma io guardo fuori dal finestrino.

Anche Edward mi portava fuori a cena in posti eleganti, anche se a me piacevano di più i picnic e i panini del McDonald’s, ma lui era fissato che meritavo il meglio. Poi mi portava in discoteca, prima di ritornare a casa sua, a letto, a terminare la serata nel modo migliore.

O come diceva lui, con un GSCullen… oddio! Lo ricordo ancora… GS… gran scopate… deficiente, solo lui poteva inventarsi nei nomi simili…

«Eccoci» annuncia Grace, scendendo dall’auto.

Guardo in alto e vedo una macchia indistinta del neon che illumina il nome del locale… mi sembra… MailaCullen97

«Basta con i Cullen!» biascico a Grace appoggiandomi al suo braccio.

«Quale Cullen?» chiede stranita.

«L’insegna… C’è Cullen pure lì!» le dico quasi isterica.

Lei guarda e poi mi fissa basita «Lino, c’è scritto MaraCaribbean97» mi corregge.

La guardo sconvolta e rifisso l’insegna, sino a quando le lettere smettono di ondeggiare e si fissano al muro: MaraCaribbean97… Oddio, comincio ad avere le allucinazioni! Sono ubriaca persa! Mi vien voglia di prendermi a schiaffi.

«Entriamo?» chiede James raggiungendoci da chissà dove.

«Io… veramente… » provo a trovare una scusa per tornare a casa. Non sono in grado di reggere altro… ma quanto ho bevuto?

«Dai, Lino, fammi contenta! Dopodomani devo partire per una sfilata a Milano! Fammi passare una buona serata, forza!» incita Tanya, aggrappandosi nuovamente al mio braccio.

Ma perché ce l’ha con me?

«Okay» borbotto e tutti entriamo nel nuovo locale.

 

Locale che si dimostra subito chiassoso e fumoso, tutte cose che non mi piacciono. Voglio il mio materasso bitorzoluto e il mio cuscino da riempire di pugni per renderlo più morbido!

«Andiamo a prendere da bere, Lino. Voi ragazze trovate un tavolo» ordina James e si avvia al bancone per i beveraggi.

Le persone spintonano abbastanza, non è un locale enorme, ma è pieno quasi da scoppiare. Ci sono ghirlande di fiori di plastica appese a tralci di palme e le pareti sono dipinte con i colori del mare.

Dio! Voglio andare ai tropici! Sabbia fine, venticello fresco, mare calmo, sole caldo…

Sono talmente assorta nelle mie fantasie deviate che non mi accorgo di essere palpeggiata al sedere, sino a quando la spinta non mi fa finire con il bacino contro il deretano di James che mi precede.

 

Questo è un momento topico!

Sono la fettina di prosciutto e insalatina, in mezzo a due fette di pane!

Non voglio fare il ripieno!

Vedo davanti il mio collega cameriere che si volta stupito, poi da un’occhiata dietro le mie spalle e sorride malizioso. Cosa pensa?

«Non credevo che Tanya te lo rendesse tanto duro… ma ti consiglio di sfogarti altrove, magari tra le sue gambe… decisamente il mio sederino, per te, è off limits» mi sussurra all’orecchio prima di girarsi ad ordinare.

Duro? Che cosa?

Abbasso lo sguardo e capisco: la conchiglia! Certo che è dura!

Adesso, urge capire il resto della frase: Tanya me lo rende duro… e poi mi devo liberare delle mani che continuano a palparmi il culo.

Mi volto e vedo la biondo rossiccia modella, che si abbassa verso il mio orecchio e soffia «Scusami, ma non ho resistito. Hai un culetto da urlo».

 

L’urlo! È esattamente quello che non mi esce dalla bocca, perché se uscisse, farebbe sembrare quello del quadro di Munch, un vagito di un neonato, oltre che far saltare tutti i cristalli del locale!

«Che Cosa Stai Facendo?» cerco di sovrastare la musica.

«Credevo fosse chiaro! Mi piaci, Bella» mi dice all’orecchio e io sbianco.

BASTARDA! GRACE SEI UNA BASTARDA! TANYA E’ LESBICA!

Come ho fatto a non capirlo prima? Ma sono proprio rincretinita!... Allora non era la nuova fiamma di Edward…

Cosa centra Edward adesso? devo togliermela di torno!

 

«Ehi, ragazzo! Cosa prendi?» chiede il barista.

«Un Roxy91… ho bisogno di qualcosa di forte» rispondo e lui annuisce.

«Questo o ti sveglia o ti tramortisce per il resto della sera» dice posando sul bancone il drink pronto e ghiacciato.

Lo bevo in un sorso, godendomi il bruciore in ordine, di gola, esofago e stomaco, e torno al tavolo dove si è rifugiata la modella e la mia ex amica che sta per essere uccisa con le peggiori sofferenze che possa infliggerle.

«Lino, tesoro, vieni a ballare con noi?» cinguetta Grace afferrando la mano di James che mi sorride.

«No, brutta troia, prendo un taxi e vado a casa a farmi una canna. Ci sentiamo» rispondo bisbigliando al suo orecchio «Che ti sei messa in testa con tua cugina?» sibilo poi.

«Era per ridere» si giustifica facendo spallucce.

Stringo i pugni per non mettermi a urlare e saluto lei e James prima di guadagnare l’uscita. Peccato che Tanya ha deciso di accompagnarmi a casa, visto che non sono prettamente stabile.

 

Nel taxy non parliamo, io sono seccata e voltata verso il finestrino, evitando ogni contatto con il suo corpo.

Non è che abbia schifo delle lesbiche e non è la prima volta che subisco le loro attenzioni. Mi era già accaduto durante l’università, visto che non uscivo con i ragazzi, una compagna di corso aveva pensato che mi potesse piacere la patata rispetto allo zucchino.

Questa volta però, mi da fastidio il tranello. Mi sento quasi usata e la cosa mi irrita.

«Scusami, Bella. Non pensavo di traumatizzarti tanto. Non essere in collera» mormora Tanya mortificata.

Cristo! Detesto sentirmi la cattiva della situazione!

«Non mi hai traumatizzata. È che mi sento… tradita. Grace non mi ha detto nulla e tu neanche… io… io non avevo capito» rispondo.

«Non odiarmi» implora. No! Gli occhi da cucciolo no!

«Tanya, io non ti odio, al contrario, mi…» cerco di consolarla ma non riesco a finire la frase che lei mi prende il viso tra le mani e si avventa sulla mia bocca, infilando la lingua tra i denti sino a toccare il palato.

Rotola, rotola, rotola, vortica, vortica, vortica. La mia lingua viene violentata e bistrattata dalla sua, mentre cerco di respingerla e di tornare a respirare, pregando che le mie papille gustative, restino al loro posto.

 

Dopo alcuni minuti e gemiti da parte della mia violentatrice, finalmente si stacca.

«Sai di rhum, e frutta tropicale, miele e fiori e con un retrogusto…» inizia a delirare.

Per chi mi ha preso? Un vino da sommelier?

Comunque non le lascio finire il discorso che la blocco.

«Un retrogusto di mandorle amare, esattamente come il cianuro che ti farò ingoiare se non mi togli subito le mani di dosso!» minaccio? Ci potete giurare!

Non mi facevo mettere le mani addosso quando ero ragazzina, figuriamoci adesso, oltretutto con una modella semi anoressica!

«Prova ancora a toccarmi e ti assicuro che ti troverai a sfilare senza mani! Se non ci credi, fatti raccontare da Grace, il mio idilliaco rapporto con le armi da taglio!».

Mi guarda con gli occhi lucidi e le trema il labbro.

«Scusami. Pensavo che volessi anche tu, visto che ti vesti da uomo».

No! Spalanco gli occhi. Adesso è colpa per come sono vestita?

«Potrei anche girare nuda, ma questo non ti autorizza a mettermi le mani addosso» esclamo inviperita!

«Hai ragione. Ho sbagliato. Evidentemente non sono il tuo tipo» dice abbattuta.

«Come minimo» ribatto.

 

«Ragazze! Adesso che avete sistemato la faccenda, io sono giunto a fine corsa, quindi qualcuno dovrebbe scendere e magari iniziare a pagarmi» si intromette il tassista facendomi sobbalzare. Mi ero dimenticata che c’era anche lui.

Scendo e pago la corsa anche per la ragazza. Non che voglia essere un cavaliere, ma mi sembra brutto lasciarla a male parole, senza un gesto gentile… soprattutto dopo che ho messo una portiera chiusa a dividerci.

«Addio, Tanya. Buona fortuna per il tuo lavoro» la saluto.

«Anche a te, Bella» risponde prima che il taxy si rimetta in viaggio.

 

Con parecchia fatica, riesco a aprire la porta di casa ed inizio a spogliarmi.

Pantaloni, camicia, maglietta imbottita, occhiali, basette, sospensorio… in pratica faccio la scia tra la porta e il bagno, dove comincio a struccarmi.

Quando riesco a far emergere una buona parte della mia vera faccia, mi squilla il cellulare. Messaggio in arrivo.

“Sei arrivata sana e salva a casa? Grace. Io sono riuscita a liberarmi di James. Hai ragione è peggio di una zecca in carenza di sesso”

Rispondere per messaggio? Non se ne parla! E invio la chiamata.

Appena risponde un allegro pronto, inizio «Brutta stronza bagascia, figlia di un bue strabico! Come ti sei permessa di fare una cosa simile?

Tua cugina è lesbica! Mi è saltata addosso e mi ha infilato la sua lingua tra le tonsille! Pensavo volesse violentarmi sul taxy!» sbraito, lo so, ma sono troppo arrabbiata per contenermi.

“Davvero ti ha baciata? E come ti è sembrato? Sei ancora etero?”

«Ma sei scema o cosa? Ti ho appena detto che mi ha quasi violentata! Poi cos’è questa  storia sulla mia sessualità? Mi piacciono i maschi!» rispondo ancora seccata.

“Beh, James non lo hai cagato neanche di striscio, nonostante cercassi di farti ingelosire” replica. Ma questa ha perso il neurone sano!

«Quando mai ho detto che James mi piace?» chiedo. Magari in una realtà alternativa e sotto l’effetto di stupefacenti avrei anche potuto confessare questa idiozia.

“Mai… ma hai accettato il suo invito dopo aver rifiutato per tanto tempo, pensavo avessi cambiato idea”.

«Grace! Era una pegno! Mi ha fatto un favore ed io, come compenso, dovevo uscire con lui! Non mi piace, non lo amo! E non amo neanche tua cugina!» rispondo.

“Certo, lo sappiamo tutti chi ami” mormora Grace, ma riesco a sentirla lo stesso e mi blocco.

No, non amo lui. Non più, da molto tempo. Non sono riuscita a togliermelo dalla mente perché non abbiamo avuto ancora una vera fine per la nostra storia, ma non lo amo e non voglio avere più nulla a che fare con lui! Vorrei solo una spiegazione e poi potrei cancellarlo dalla faccia della terra.

«Grace…» sospiro «Grazie per la serata e per la compagnia… e vedi di non farmi più uno scherzo del genere!» ammonisco, sorridendo.

È inutile essere arrabbiate con lei, con due moine e una battuta ti fa tornare a ridere.

In fin dei conti, avevo bisogno della loro compagnia, non potevo uscire da sola con James, e lei e Tanya, hanno svolto egregiamente il loro compito.

“Buonanotte, Bella. Ci vediamo lunedì mattina per il colloquio. Ti mando una e-mail per le domande e i test più frequenti. Baci” e chiude la comunicazione dopo aver sentito la mia buonanotte.

 

Nel mio lettino, ripenso alla serata.

Alla fine ci sono riuscita ad arrivare a casa sana e salva!

In tutto questo marasma, il signore me l’aveva mandata davvero buona?

Mamma mia! Che sonno!

---ooOoo---

 

Angolino mio:

Grazie a Anto_Pattz che ha dato l’ispirazione per la scena più divertente del capitolo: il panino virtuale.

So che volevate James più ambiguo con Lino, ma ho virato verso Tanya, l’accompagnatrice di Edward. Probabilmente sfrutterò James alle prese con Bella in una scenetta nel prossimo capitolo, dove ci sarà anche il colloquio.

Non l’ho aggiunto in questo, perché la serata mi ha preso parecchie pagine e sarebbe stato un capitolo infinito.

 

Grace (io) è stata un pochino bastarda nell’invitare Tanya. Vorrei precisare che non poteva immaginare che sua cugina ci provasse così. Le cose le sono sfuggite di mano e poi ha saputo tutto solo al telefono a casa. Non linciatela, voleva solo scherzare ma non andare sul pesante.

 

Chiarimento: l’insegna è un insieme di Maracaibo e Caribbean (caraibico in inglese) in modo che un ubriaco possa confondersi… sono complicata, eh?

 

Il capo della Biologicalseattle è un uomo di poco meno di settanta anni, serio ma allegro, anzianotto ma con l’animo giovanile e vivace. Anche spiritoso, ma accorto negli affari.

Qualche suggerimento per scene comiche? Colloqui imbarazzanti? Scrivetemi!

 

Ragazze, un appunto! Ma avete visto il vincitore dei 100 metri nuoto stile libero delle olimpiadi, l’americano che risponde al nome di Nathan Adrian? Spalle che non finiscono più, muscoli guizzanti dappertutto, occhio scuro a mandorla (mamma giapponese) sorriso bellissimo da ragazzino, naso non propriamente diritto ma bello, capelli scuri con qualche ciuffo schiarito dal sole, mascella virile e… quella leggera fossetta sul mento che mi fa letteralmente impazzire! Ha parecchi anni meno di me… ma farei volentieri la sua panterona! Arwwww! (mimo la graffiata felina immaginandola sulla sua schiena).

Dite… quale è il vostro sportivo olimpionico preferito? (per una volta evitiamo il calcio, please)

 

A questo punto, ringrazio per l’attenzione,

alla prossima (venerdì, salvo un giorno prima)

baciotti

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Capitolo 8
*** io, l'uomo cazzuto ***



 

Ciao a tutti!

Sono in vacanza ma, non per questo, riesco a stare tanto lontana da efp. Malata? Forse...

in ogni caso mi sono portata avanti con Isabellino e questo è il risultato.

Ho condensato diversi episodi, spero che siano di vostro gradimento.


 

Riguardo ai nuotatori, sono d'accordo con Meggy: Camille Lacourt è davvero un gran pezzo di muscoli messi sotto a un visino da stupro. Personalmente trovo Nathan più... abbordabile, non so se mi spiego, ma il francesino è davvero un modello!


 

Detto questo, invito chi voglia leggere cose drammatiche e seriose, a passare oltre in quanto qui si cerca di restare sul leggero, per chi si ferma... BUONA LETTURA!


 

---ooOoo---


 

Alzarsi senza avere il fiato sul collo della famiglia Cullen e le altre psichicamente labili collaboratrici di tortura, è una libidine… come goduria, direi pari a una coppa gelato mega con cioccolato, crema, stracciatella, con sopra panna e fragole e spruzzatina di granelli di zucchero colorato. Una delizia da un trilione di calorie e quindici chili sui fianchi!

Vero è che, come mi aveva ricordato Grace al telefono, lunedì avrei avuto il colloquio e, sebbene dovessi curare l’aspetto, dovevo anche prepararmi in modo adeguato sui contenuti.

Pertanto, costretta a lasciare il caldo lenzuolo, mi trovo nel bagnetto a farmi la quotidiana doccia flash pre studio.


 

Mattina studio, pranzo alla tavola calda, pomeriggio preparazione ristorante, sonnellino, studio, controllo e-mail, ritorno al ristorante per il turno di sera.

Sembra di essere tornata ai tempi del college, quando i miei sogni volavano alto ed erano inversamente proporzionali ai miei bisogni umani, condensati in una unica parola: caffè.

Quella bevanda calda, scura, forte e corroborante che aiutava a diradare le nebbie mentali del mattino, rinvigoriva le membra al pomeriggio e dissipava le ombre del sonno serale. Il bastone della mia mente, il veleno del mio stomaco a rischio ulcera.

Questa sera, però, non mi sarebbe bastata una tanica di caffè per infondermi coraggio ed affrontare il ristorante e il mio turno con James.

Cosa potevo dirgli? Se ne sarebbe accorto? Mi avrebbe ucciso o solo tolto il saluto? Beh, se togliermi il saluto, significava risparmiarmi le sue avances... si poteva anche fare!


 

Alle sei in punto entro nel ristorante di Ben e vado diretta nello sgabuzzino per cambiarmi. Questa sera non doveva essere troppo impegnativa, mi sarei trovata a stretto contatto con James.

Inizio a servire ai tavoli. Strano, James non è ancora arrivato.

Questa attesa è ancora più snervante di una litigata. Angela mi ha chiesto di sfuggita qualche notizia sulla sera di ieri, ma non ho potuto e neanche voluto approfondire. Come avrei spiegato il bacio saffico?

Comincio a capire Edward quando si trovava braccato da Eric e ne aveva paura... credo che non mi avvicinerò più a una ragazza neanche per chiedere dove si trova il banco del pesce al mercato.


 

Alle otto e dieci, arriva trafelato il mio collega smarrito.

«Hai fatto?» chiede Angela uscendo dalla cucina.

«Alla perfezione, Emmett Cullen era molto soddisfatto. Ha detto che la sua ragazza adora gli scampi come li cucina Ben» risponde prima di infilarsi nello sgabuzzino per cambiarsi.

Allora Emmett aveva organizzato qualche cosa per l'anniversario con Rosalie. Sono felice per lei.

«Ciao, Bella» dice laconico il ragazzo tornando in sala, pronto e scattante.

«Ehm… ciao, James. Scusami per ieri ma ho avuto una emergenza... è andato tutto bene?» chiedo gentilmente con un gran sorriso.

«Non è necessario che ti scusi, non volevi uscire con me e hai mandato i tuoi amici per coprirti» risponde raccogliendo i bicchieri sporchi da un tavolo appena liberato.

«Non è così! Non potevo esserci ieri sera! Per questo ho mandato mio cugino. Poi Grace e Tanya si sono aggregate…» mi giustifico.

«Tuo cugino sarà stato al settimo cielo, visto che la bionda voleva farselo da subito. Sarà stata una notte di fuoco!» ironizza.

Di fuoco? Certo! Più o meno come quando ti brucia lo stomaco per aver vomitato troppo.

«Non direi. È stato assalito in taxy. Mi ha fatto schifo quando la lingua è entrata in bocca» ribatto.

«Come ti ha fatto schifo?». Oh, oh! Gaffe!

«Il pensiero… il pensiero della lingua in bocca mi ha fatto schifo» forse me la sono cavata.

«E tuo cugino ti racconta tutto?». Modalità Sherlock! Bentornata!

«Non sai quanto! Ha sempre bisogno di consigli» mi vanto.

«Infatti mi sembrava un pochino timido con le donne… cacchio, Tanya gliela sbatteva davanti neanche ne andasse della sua vita! Non è che è gay?».

Mi viene da ridere! Effettivamente a lui piace lo zucchino… quindi…

«Probabile». Meglio restare sul vago.


 

«Ah! Grazie! Guarda che a me piace la donna! Non ho tendenze strane e non voglio cambiare gusti!» replica.

«Non voglio mica convertirti! E poi credo che tu ti sia potuto consolare con Grace, visto che le sei rimasto appiccicato tutta la sera. Al pub, poi, sei stato quasi vomitevole… sembravi la piovra assassina. Credo di averti contato sei braccia al posto di due» puntualizzo, facendolo rimanere a bocca aperta.

Guardo stupita la sua reazione e mentalmente rivivo l’ultima frase detta… MERDA! MERDA! MERDA!

«Allora… eri tu…» bisbiglia scioccato ed io scappo in cucina.


 

«Angie, credo che il locale stia andando a fuoco, visto che la nostra cameriera è scappata…» dice Ben, continuando a mescolare il risotto.

«No, credo invece che sia fuggita per evitare qualcuno» risponde la mia amica, impiattando una bistecca.

«Per lo meno non si è messa a quattro zampe come l’ultima volta» puntualizza Ben, asciugandosi le mani nello strofinaccio.

«Ehi! Io sono qui!».

«Ma parli anche?» l’ironia di Ben non conosce confini, a quanto sembra.

«Direi troppo» come la mia, del resto «Ho appena fatto capire a James che Lino è la sottoscritta» agonizzo mettendo una mano alla fronte.

«A questo punto mi meraviglio solo di non sapere quanti peli hai sotto le ascelle» risponde Angela, consegnando i piatti pronti a un James stupefatto.

«Bella, noi dobbiamo parlare». Tipica frase che vorresti non sentire mai.

Fortuna che in questo caso, non era il mio ragazzo la parte lesa.

«Perché non riesco a stare zitta» borbotto tirando un calcetto alla porta basculante della cucina, che, come ogni porta a molla che si rispetti, torna indietro e si vendica spiaccicandomi il naso.

«Ahi!». Che dolore incommensurabile!


 

Appena ritorno in sala, mi metto a servire ai tavoli, accompagno i clienti, porto i conti, sparecchio e mi tengo ad almeno tre metri di distanza da James che continua a guardarmi con un cipiglio scuro che non promette niente di buono.

Accidenti a me, la mia linguaccia e la porta basculante che mi ha schiacciato il naso facendolo sembrare una barbabietola bitorzoluta.

Sto sudando come quando la professoressa voleva interrogare ed io non avevo studiato la lezione… prego che il tempo si fermi e che io possa fuggire, un po’ come usava nel telefilm Streghe. Sarebbe stata una figata!...

«Bella! Ferma dove sei! Adesso mi spieghi tutto!». A quella voce mi si drizzano i peli nei posti più impensati.


 

Mi volto titubante e tento un sorriso timido. Alle mie spalle sento Angela e Ben che vengono ad osservare la scena. Forse, grazie a loro, ho qualche possibilità di uscirne viva e senza lividi…

«Dimmi, James». Il sorriso che sfoggio potrebbe fare da pubblicità a qualsiasi colluttorio.

«Tu sei Lino?». Alla faccia, diretto al punto. Sospiro sconfitta.

«Sì» credo di non aver neanche sentito la mia stessa voce.

«COSA?». Ma allora è scemo? Gli ho appena detto che sono io e lui chiede anche cosa?

«Mi sono travestita da Lino e sono uscita con te, ieri sera». Confessione senza neanche bisogno della luce in faccia.

A questo punto mi aspettavo sbraitate galattiche, schiaffi in faccia, urla spacca timpani… invece… «Ti sei divertita alla mie spalle?» dice James con un tono amaro.

«No! No! Ti giuro, non è come pensi!» cerco di giustificarmi.

«E allora com’è? Sei uscita con me, vestita da maschio? Cosa dovrei pensare?». Domanda legittima.

È normale sentirsi un verme?


 

«James, davvero, non è come pensi. Bella non aveva nessuna intenzione di prenderti in giro. Doveva provare ad uscire di casa con questo travestimento per sperimentare se poteva funzionare… non poteva rischiare di perdere l’opportunità di essere assunta alla biologicalseattle» interviene Angela in mia difesa.

Guardo James e lo vedo sempre più perplesso.

«Tu ti travesti da maschio per essere assunta al lavoro? E come pensi di cavartela? Ti scopriranno, Bella! Ti metterai nei guai!» inveisce, molto più sconvolto di prima.

«James, calmati! È appunto per questo motivo che Bella si è travestita ieri sera, per provare se funzionava. Onestamente, tu, te ne sei accorto?» chiede Ben, direttamente.

«… No. Se non avesse detto quelle frasi oggi, non l’avrei saputo. Ma, Bella, è proprio per questo che ti dico di lasciare stare! Se non riesci a fingere ti scopriranno in men che non si dica! E saranno guai seri» ammonisce.

«Che affronterò al momento. James, ti prego! Voglio solo un pochino di esperienza, non travestirmi per l’eternità. Troverò una soluzione più avanti… nel frattempo, ti prego, non odiarmi» imploro.

Al mio appello accorato scoppia una gran risata «Bella, io non ti odio! Sono rimasto perplesso, ma davvero, non ti odio» mi rassicura il mio collega, con un abbraccio stritola costole.

«Ahi! Ti prego, devo già mettermi una fascia restringente, non infierire» e così dicendo, scateno le risate di tutti. Bella il pagliaccio è tornato!


 

Dopo la confessione e i chiarimenti, James è tornato ad essere il socievole mani lunghe che conoscevo bene. Anzi, stupendomi, è diventato più simpatico di prima.

«Quindi Tanya lo sapeva? E ti ha baciato? Oddio! Avrei voluto esserci» ride di gusto.

«Guarda che non mi sono divertita! Mi ha quasi violentata» ribatto.

«Vuoi dire che non hai sentito un pizzico di eccitazione?». Cos’è quel sorriso sornione che gli spunta in faccia? Sembra abbia una paresi!

«Ma anche no! Mi sono venuti i conati di vomito! Perché a te piacerebbe farti baciare da Ben?». Tiro in causa il capo che alza la testa di scatto e minaccia apertamente.

«Prova ad avvicinarti alla mia virtù e ti licenzio su due piedi e poi ti uso per fare del sushi!». Wow! Sembra me quando brandivo un coltello sotto il naso di Cullen.

James alza le mani per difendersi «Ci mancherebbe capo! Non voglio rovinare il suo matrimonio. So di essere quasi irresistibile ma non ci proverei mai con te».

«L’importante è esserne convinti, James» sghignazza Angela, regalando poi un bacio appassionato al suo chef preferito (e unico).

«Però, James, confessa… non ero bello?» chiedo sbatacchiando le ciglia con una frequenza da elicottero… infatti si sta muovendo l’aria…

«Da infarto! Se vuoi posso dimostrarti quanti mi arrapavi…» e così dicendo cerca di abbracciarmi, mentre io rido e corro dietro le spalle di Ben che ha ancora il coltellaccio in mano.

«Bambini, piantatela adesso, che altrimenti vi fate male. Andate a lavorare! Barboni!» e con questo ordine, sparisce in cucina per sistemare.


 

Il ristorante è vuoto e noi siamo sulla porta a chiudere la saracinesca.

«Vieni, Bella, ti accompagno a casa» si offre il mio collega.

«Purché non pretendi di entrare» rimbecco e lui annuisce a alza la mano in segno di giuramento. Per ora me lo faccio bastare.

Saluto Angela e Ben e mi allontano diretta al mio appartamento.

«Non ti piaccio proprio, eh?» asserisce James, dopo qualche minuto che siamo in macchina.

Oddio, no! Momento di confessioni da brividi e cuori infranti! Ma perché queste cose non si limitano a farle in televisione e ci fanno partecipare anche nella vita reale? Poi ti senti un vermiciattolo viscido e schifoso e vorresti sotterrarti per i prossimi venti anni sentendoti in colpa per non poter ricambiare questo amore… che spesso e volentieri è pure una bufala.

«James, non farti dire cose spiacevoli». Illuminazione!

«Vedi, io sono ancora innamorata di Edward. So che si è comportato da stronzo, per non dire peggio, ma la nostra storia non ha avuto una fine ed io sono ancora sospesa con lui per la testa. Non riesco a voltare pagina e non posso chiederti di aspettare che questa pazzia mi passi… sono già sei anni che sono malata».

Sto bisbigliando contrita. Spero che mi creda, quasi, quasi mi credo anche io!

«Avevo capito che centrava lui da quando mi hai dato un pugno sul ginocchio la scorsa sera» risponde sorridendo.

Bene, se l’è bevuta!

Anche se ho il vago sentore di non aver proprio mentito su tutta la linea… ecco bene, per raccontare una balla credibile, bisogna che ci sia un fondo di verità. Questa me la devo ricordare.

«Restiamo amici?» chiedo tendendo la mano.

«Amici» risponde stringendola a sua volta e sospirando.

«Domani pomeriggio vengono alcuni ragazzi per una lezione di portamento e voce per prepararmi al grande colloquio. Vuoi partecipare?». E questa da dove mi è uscita? Anche il mio travaglio dovrà vedere?

Bella masochista? No, semplicemente impazzita!

Così posso tranquillamente contare anche lui tra le persone che mi prenderanno in giro per il resto della vita.

«Sarò felicissimo di aiutarti! Ci vediamo domani pomeriggio! Ho giusto un attrezzino che andrà alla grande per te!» dice felice.

«Nessun oggetto di natura sessuale, prego. Non ne necessito» rispondo piccata.

«Veramente è per fitness… non avevo mai pensato di usarlo per altro…» mormora per poi aggiungere «E sul fatto che non ne necessiti, non voglio indagare, prima che mi rispondi di avere un arsenale nell’armadio» e alza le mani davanti come a difendersi spaventato.

Sì, proprio. Se sapesse del mio tulipano, gli verrebbe la bava alla bocca… in fin dei conti, gli uomini, su queste cose sono così adolescenziali.


 

§§§


 

«Bella, allarga un pochino quelle gambe» ripete Rose per la quarta volta, mentre vado avanti e indietro nel mio salotto-sala da pranzo-soggiorno con angolo cottura.

Oggi ha dato il cambio ad Alice, che era occupata con il negozio e si è fatta accompagnare da Giuseppino, che sembra un vedovo in pena, senza la sua metà.


 

Appena ho aperto la porta questo pomeriggio ho visto le guancie rosse e gli occhi luminosissimi della bionda e non ho potuto far altro che sorridere anche io.

«Bella serata ieri?». Come se non lo sapessi.

«Divina, e non ti dirò niente altro!» risponde sorridendo estasiata. Direi che Emmett ha fatto il suo sporco dovere… ehm… anche dopo cena.

«Anche perché il racconto me lo sono sorbito tutto io e ti assicuro che non ho alcuna intenzione di ripeterlo o risentirlo… poi, sentire la propria sorella che fa certe cose…» interviene Jasper, per poi rabbrividire.

«Non ho il sesso degli angeli, fratellino».

«Per quanto mi riguarda sarai ancora vergine, anche quando avrai trentacinque anni e due figli che saranno stati concepiti con lo spirito santo, nonostante la somiglianza sputata con Emmett. Sono stato chiaro?». Come negare questa piccola oasi di paradiso a un poveretto che vuole solo nascondere la testa sotto la sabbia?

«Niente Emmett, oggi?» chiedo, cambiando argomento.

«Il mio boss aveva da fare in ufficio e sono venuta io» spiega Rosalie.

Nello stesso istante suona il campanello e scopro che è arrivato anche James… per oggi siamo al completo, spero!


 

E come al solito sono una illusa, visto che si è portato dietro la cara Grace.

«Tranquilla, Bella. Mia cugina è oltre oceano, quindi non ti devi preoccupare di eventuali assalti» dice la ragazza senza neanche salutare.

«Cioè? Bella ha subito le avances di una donna? Ma è fantastico!» squittisce Rosalie. Adesso capisco come mai lei ed Emmett vanno così d’accordo. Se ci fosse anche lui, come minimo vorrebbe tutti i dettagli più turpi e sospirerebbe per essersi perso uno slinguazzamento tra donne, magari adducendo che sarebbe stato estremamente eccitante.

Mentre James e Grace ridacchiano e Jasper tenta di chiudere la bocca spalancata a rischio mosche, rispondo piccata a quella che riconosco come una pazza psicopatica degna compagna della nana di Forks.

«NON E’ STATO “FANTASTICO”» grugnisco mimando le virgolette.

«Vorrei vedere te con una che tenta di infilarti la lingua tra le tonsille mentre tu cerchi di divincolarti».

«Eccitante!» mormora James divertito.

«Vero?» approva Grace.

«Se non volete che chiami la neuro e vi faccia internare tutti, cambiamo argomento!». Sono quasi isterica e loro se ne accorgono perché cominciano subito a subissarmi con gli ordini e i consigli più assurdi per migliorare il mio portamento maschile.


 

«E questo cosa sarebbe?» chiedo perplessa mostrando una specie di H con i lati curvi.

«E’ di mia sorella. Credo che serva per tonificare il sedere o le cosce, non so. Però ho pensato che poteva servirti per tenere un po’ più aperte le gambe… e non è una proposta indecente… per ora» risponde James alzando le mani.

«Bella, è perfetto! Provalo dai. Magari se ti togli i pantaloni…» suggerisce Rosalie, mentre l’occhio clinico e medico di Jasper, esamina l’attrezzo strano.

«In questo caso, allora, è davvero una proposta sconcia! Poi non lamentatevi se ci provo, con lei mezza nuda davanti!» protesta il mio collega. Beh, non ha tutti i torti.

«Niente nudo, tranquillo. Proviamolo sopra i jeans» propongo e mi sistemo questo coso che mi spinge sull’interno coscia.

Inizio a camminare avanti e indietro ed effettivamente non riesco più ad accavallare le gambe come il mio solito. Non che abbia una camminata così seducente, ma nel mio piccolo, me la cavo.

Caspita! Mi sembra di essere tornata ai tempi dell’asilo nido, quando tentavo di fare i primi passi e, immancabilmente, cadevo per terra.

«Direi che adesso ci siamo! Passiamo alla voce… sei pronta» sembra di avere un personal trainer che ti fa fare gli esercizi. Grazie Rose.

«Grace ci ha raccontato come risultava la tua voce dopo una sigaretta» suggerisce Jasper con tono autorevole.

«Dici che dovrei fumare ancora?». Mi sembra un controsenso per un medico, è come incitare ad ammalarsi.

«No, intendevo dire di provare a parlare tenendo presenti quelle sensazioni».

Ricomincio quindi con gli esercizi, finché mi sento un trans in tutto e per tutto.

«Affascinante» dichiara James.

«Fottiti» rispondo in modo elegante.

«Ragazza, sei perfetta e pronta per la biologicalseattle. Questi sono i test che normalmente sottoponiamo ai candidati e questa è una lista delle domande più frequenti. Credo che te la caverai» dichiara Grace soddisfatta.

Ed io incrocio le dita delle mani e dei piedi, oltre che incrociare braccia e gambe… per poi trovarmi lunga distesa sul pavimento per mancanza di equilibrio.

Tutti si mettono a ridere, compresa io. Tanto questa me la sono cercata.


 

§§§


 

Lunedì mattina. Ma che dico! Domenica notte!

Alice ha deciso che per la prima volta, mi preparerà con molta cura, in modo da farmi capire per benino cosa devo fare nei giorni futuri.

Il risultato? Sono appena passate le tre e mezza di notte che lei è già qui.

«Cazzo, Alice! Ho il colloquio alle nove! Così mi addormenterò davanti al capo!» dico con una finezza tipica di Grace. Io non sono così scurrile, ma quando ci vuole… soprattutto visto che ho avuto il turno al ristorante e sono andata a dormire all’una, cioè due ore e mezza fa.


 

«Smettila di lamentarti, Swan! Sono qui per trasformarti e per giove, sarai perfetto!» esclama Napoleone in fase “facciamoci trasportare dall'entusiasmo”.

Beh, rassegnamoci e facciamo giocare la piccola con la Barbie di turno (cioè io).

La doccia mi occupa pochissimo tempo e sono pronta per essere sottoposta alle torture imposte dal nano di Forks.

Le sopracciglia e le basette vengono posizionate con cura e la frangia copre quasi tutta la fronte, posandosi dolcemente sull'occhiale.

La parte scura a simulare la barba sulla mascella, viene stesa attentamente così come l'ombra dei baffi.

La fascia stringi tette, mi soffoca e il sospensorio mi disturba.

Quando arriviamo ai vestiti mi stupisco che siano già le sette: tra meno di trenta minuti arriverà Grace per accompagnarmi in ditta e fare colazione insieme, in attesa dell'ora X.

Comincio ad essere in fibrillazione, il sangue pulsa veloce e le orecchie mi fischiano. Meglio fare respiri lunghi e controllati e cercare di calmarmi. Più di così non mi posso preparare. Spero che il Signore si ricordi di me anche oggi.

Indosso la camicia, la cravatta, i pantaloni e la giacca. Sembro davvero un ragazzo elegante. Quasi mi piaccio!


 

Alice ha continuato a parlare tutto il tempo, raccontando soprattutto di quello che aveva dovuto fare per Edward sei anni prima. Io però ho ascoltato circa una parola su venti, non volevo immaginarmi il mio ex alle prese con il drago che è sua cugina, e poi devo pensare a me stessa, ora.

«Lino, sei perfetta!» esclama dopo l'ultima occhiata allo specchio, ed ha ragione, lo penso pure io.

Perfettamente in orario, Grace mi citofona alle sette e trenta ed io la raggiungo di corsa, con la mia ventiquattrore che contiene i miei documenti falsi, i miei test e quello che mi può servire per fare bella impressione al gran capo.


 

«Bella, sei... un uomo!» dice Grace, non appena raggiungo la sua auto.

«Vero? Credo di aver fatto un lavoro eccellente» si vanta Napoleone.

«Alice, sei stata davvero fantastica! Complimenti!» ribadisce la mora.

Si sono accorte che ci sono anche io?

«Buongiorno anche a te» borbotto salendo in macchina.

Le due ridono e si salutano. Grace è davvero su di giri oggi.

«Sento che andrà tutto bene! Il capo ha passato un buon week end e pare che il suo nipotino preferito, nonché unico, sia tornato da non so bene dove e lui è sempre di ottimo umore quando ci sono novità positive sul nipote in questione».

Bene, sembra che il mio futuro dipenda da come scende dal letto questo nonno affettuoso.

«Colazione?» propongo. Ho necessità impellente di inserire qualche cosa nello stomaco. È da quattro ore che sono sveglia e non ho neanche bevuto un bicchiere d'acqua, l'arpia me lo ha impedito.

«Accordato» concede il mio autista.


 

Il bar dove ci rifugiamo è esattamente davanti all'entrata della biologicalseattle. Infatti, Grace inizia a salutare tutti come se conoscesse anche i tavoli.

Purtroppo sembra che tutta Seattle si sia data appuntamento qui, infatti, nonostante la mia compagna si sbracci come un mulino a vento per attirare l'attenzione, non riusciamo a far arrivare una cameriera al tavolo che abbiamo occupato.

«Vado a prendere i caffè. Cosa vuoi da mangiare?»

«Muffin, il gusto che vuoi» risponde noncurante, continuando a salutare come una diva del cinema. Non credevo che fosse così popolare, avrà anche un fan club?

Ho appena preso i nostri caffè e mi sto dirigendo verso il tavolino, quando vengo urtata in maniera abbastanza violenta e il mio bicchiere rovescia il suo fumante contenuto sopra la zip dei miei pantaloni. Meno male che ho la conchiglia, altrimenti mi sarei scottata!

«Ragazzo, ti sei bruciato?» chiede un signore dai capelli quasi completamente bianchi.

«No... non si preoccupi» dico tranquilla, mentre Grace inizia a fare gesti incoerenti. Sembra che abbia un tic nervoso all'occhio e alla mascella. Strano, non me ne ero mai accorta.

«Ragazzo, complimenti davvero. Io starei urlando di dolore se mi fosse arrivato del caffè bollente sui gioielli» chiarisce indicando il cavallo dei miei pantaloni.

Gioielli? Cioè?... oh! Vero! I GIOIELLI!

«Ah! Un pochino fa male...» arrossisco mentre posiziono le mani sulla conchiglia.

Ma guarda te cosa mi tocca fare...

«Signore, sono davvero spiacente... avrei dovuto servirla io al tavolo, così non sarebbe rimasto ustionato...» inizia a dire una cameriera dai capelli rossi e piena di lentiggini che, con uno straccio umido, inizia a strofinarmi i pantaloni. Come la polizia, compare quando non ne hai più bisogno... e lei sta continuando a strofinare...

Oh mamma!

Sentendo ovviamente duro, solleva lo sguardo e sorride timida, ammiccando.

Ripeto, oh mamma!

«Lascia pure stare, mi sistemo io» dico acida, strappandole lo straccio di mano.

«Ah! Questi incontri così casuali e romantici. Anche io ho incontrato mia moglie nello stesso modo: mi aveva rovesciato addosso la birra che avevo ordinato» dice l'uomo che mi ha urtato prima, lasciandomi letteralmente a bocca aperta «Comunque io sono Ronald Albrock, direttore della biologicalseattle. Vedo che lei conosce la mia assistente» e indica Grace seduta alla mia destra che mostra un sorriso splendente.

A questo punto non sono più rossa ma di un colore che si avvicina molto al pallido cadaverico. Ma con tanti bar, proprio in questo dovevamo capitare?

«Piacere, Lino Swan» rispondo titubante, stringendo la sua mano. Ha una presa forte e decisa, mi piace.

«Lino... le devo il conto della tintoria, mi pare. Dia i suoi dati a Grace, così saprò quanto rimborsarle» dice allontanandosi.


 

«Perché non me lo hai detto?» accuso Grace, quando il capo si è distanziato quel tanto da non sentire la mia voce.

«E' quello che stavo cercando di farti capire! Non vedevi il mio occhio e la mia spalla?».

«Mi sembravi una affetta da una crisi epilettica!» rispondo.

«Beh, intanto l'hai conosciuto e parti avvantaggiata, ti pare?». Vedere sempre la parte positiva? Giusto!

«Magari gli sconto il costo della tintoria in cambio di uno stipendio» sorrido. Proposta niente male.

Grace approva e brindiamo con le nostre tazze di caffè.

Poi scoppia a ridere: «E' il caso di dire che sei proprio un ragazzo cazzuto secondo la tizia!».

«Secondo me, la cameriera, pensa che faccia sollevamento pesi anche con quello!» rincaro la dose e ci lasciamo andare ad una risata sguaiata e per niente signorile.


 

Passo la mezz'ora successiva a rispondere alle domande della mia amica sugli studi effettuati, i test eseguiti, il master che ho svolto e tutto quanto riguarda la mia parte accademica. Sono a un colloquio di lavoro... mi sento elettrizzata e piena di aspettativa.

«Okay, per quanto riguarda la mia parte, sono a posto. Adesso dovrai aspettare ancora dieci minuti e poi ti farò passare dal grande capo» dice rassicurante.

«Non so come ringraziarti per quello che stai facendo» rispondo con gratitudine.

«Non dire sciocchezze. Ho fatto esattamente quello che faccio ogni volta che esamino un candidato. Togliti dalla testa di avere una linea preferenziale, se vali sei assunta altrimenti no. Qui funziona in questo modo... adesso preparati, è ora... e mi raccomando! Occhio alla voce!» e mi strizza l'occhio.

E io inizio a sudare...


 

Sento squillare il telefono di Grace e lei risponde professionale. Gli orari e le persone che snocciola controllando una grossa agenda mi fanno capire che sta parlando con il grande capo. Certo che fa quasi impressione la sua professionalità, che fine ha fatto la matta sboccata che impreca bevendo?

«Vai pure, Lino. Ti sta aspettando. La porta in fondo al corridoio» dice indicando la destra.

Attraverso lo spazio e busso forte alla porta. Coraggio! Ho passato una settimana infernale facendomi rivoltare come un calzino, ho subito l'assalto sessuale di una lesbica dichiarata, ho dovuto fumare... avrò questo posto! Ne va della mia salute mentale! E, all'invito, apro la porta.

«Buongiorno, sono Lino Swan» dico avvicinandomi all'imponente scrivania in mogano, dove è seduto il signore del caffè rovesciato.

Allungo la mano e, per la seconda volta nella giornata, me la stringe con presa forte e decisa.

«Il ragazzo dai gioielli in titanio temprato. Se le sue capacità sono come la sua resistenza al calore nelle parti basse, direi che è assunto sin da ora» sorride ed io respiro sollevata.

Gli passo un foglio che mi ha consegnato Grace, poi iniziamo a parlare.

È una cosa strana, perché, a parte chiedere conferma di quanto già comunicato alla sua assistente, mi domanda dove sono nato, il rapporto con i miei genitori e cosa mi ha spinto a studiare biologia.

Vorrei rispondere normalmente, ma, fortunatamente, sono vigile e attenta e mi ricordo subito che sto impersonando Lino, non posso farmi scoprire, e quindi recito la mia parte, infarcendo la storia con aneddoti parzialmente inventati.

Sempre un fondo di verità per essere credibile!


 

Dopo quasi trenta minuti, finiamo il colloquio.

«Senta, in questo momento siamo nei guai. Il ricercatore che doveva occuparsi di un nuovo progetto sta per andare in pensione, pertanto ho bisogno di un sostituto subito, in modo che possa prendere le consegne e le direttive e iniziare il lavoro. Lei è disposto ad iniziare la prossima settimana?». La domanda è fatta in modo secco ma il mio cuore si apre in un sussulto di gioia... vorrei abbracciare questo caro nonnetto.

«Certo» rispondo cercando di mantenere un poco di contegno.

«Benissimo. Lasci i suoi dati a Grace e ci vediamo lunedì prossimo per iniziare. Tra quindici giorni dovrebbe arrivare anche il matematico che serve per completare la sua squadra, così non ci dovrebbero essere più ritardi. Non mi deluda, Swan» ammonisce, ma il sorriso nei suoi occhi contraddice il tono serio e brusco della voce.

Era vero quello che aveva detto la mia amica: il nonnetto è felice ed ha fatto felice anche me!

HO IL LAVORO!

Potrei anche mettere i manifesti di giubilo in tutta Seattle.

Ora devo sistemare la mia nuova vita in vista della realizzazione del mio sogno.


 

Dopo aver urlato sottovoce con Grace, esco ed inizio a telefonare a tutti quelli che mi hanno aiutato

Congratulazioni, Bella! Lo sapevo che ci saresti riuscita! Si congratula anche Ben!” Angela.

Oddio, oddio, oddio! Sei stato un ragazzo perfetto! Congratulazioni” Alice.

Ben fatto, Swan! Non vedo l'ora che mi racconti della modella” Emmett.

Grande, Bella! Eri con giacca e cravatta?” Rosalie.

Grazie per la chiamata! Sono davvero contento per te. E adesso come farai con il lavoro?” James.

Ciao, Bella! Sei stata fagocitata dalla vita anche tu? Dobbiamo festeggiare” Jacob.

Sono davvero orgoglioso di te!” mio padre. È il giudizio al quale tengo di più. Ha sacrificato molto per me, e si è sempre sentito in colpa per non aver potuto aiutare durante gli anni del college.

«Ti voglio bene, papà» chiudo la telefonata salutandolo.

Per tutti gli altri, appuntamento da Ben, mercoledì sera.


 

§§§


 

Mi do una occhiata veloce allo specchio prima di uscire.

Come se fosse l'ultima occasione di sentirmi davvero una donna (come se mi fosse mai importato) mi sono messa quella che definisco una gonna ascellare, ovvero cortissima, rosso peccato e una camicetta grigio antracite semitrasparente.

Mi sono tirata indietro i capelli ed ho truccato il mio visino in maniera quasi pesante. Passo un fazzoletto di carta per alleggerire il rossetto. Non sono io quella riflessa allo specchio, ma ormai è tardi per ritrattare.

Sorrido e mi rassegno al mio istinto, volevo stupire? Stupirò senza dubbio.

Quando entro al ristorante vedo la tavolata già occupata dai miei amici, si alza un applauso da parte di tutti e un ululato da Emmett e Jacob.


 

«Che accoglienza! Non sono una star!» protesto arrossendo.

«Assolutamente! Sei la stella della serata. Siamo qui solo per te» risponde Angela, facendomi accomodare a capotavola e iniziando a portare in tavola gli antipasti.

Non essendovi nessuno, è Amber che si dedica solo a noi e Ben lascia l'ultima preparazione dei piatti al suo nuovo aiutante.

Ha dovuto assumere un altro cuoco, visto che Angela non può più reggere i ritmi della cucina, con il pancione che si ritrova, e a quanto ho capito è un uomo di una certa età con grande esperienza.

«Come farai con il lavoro qui?» chiede subito James.

«Penso che verrò il sabato e la domenica, quando non lavoro in laboratorio» rispondo. Tranquillo James, non sparisco, penso.

«Bella, devi anche uscire e conoscere ragazzi. Devi divertirti adesso che non sei più occupata alla sera» interviene Rosalie.

«E visto come ti sei vestita, vuoi iniziare già adesso. Se hai bisogno di consigli su look non esitare a chiamarmi». Ti pareva se Alice non la metteva sulla moda.

«Ragazze, lo sapete che non sono il tipo di bambola maliarda» ribatto.

«Vuol dire che non hai intenzione di accompagnarmi a scoprire le bellezze maschili della città? Io aspettavo solo una spalla per scatenarmi! Bella! Non puoi farmi questo!» protesta Grace.

«Ragazze, sono a disposizione per qualsiasi pulsione abbiate. Non dovete rivolgervi a sconosciuti buzzurri! Oltretutto, sei uno schianto, Bella. Come potrei lasciarti girare da sola? Sei un'arma letale». Jacob è sicuramente la generosità fatta persona.

«E chi ha detto che andrei in giro per rimorchiare? Magari è solo per una chiacchierata tra donne». Sempre con questi pregiudizi!

«No, no. Io andrei in giro con te proprio per rimorchiare». Appunto. Grace, per piacere!


 

A parte questa curiosità sullo sviluppo della mia prossima vita sessuale, la serata scorre tranquilla tra le battute spinte di Emmett, James e Jacob, quelle caustiche di Ben, Grace e Jasper e quelle vivaci e gossippare di Angela, Alice e Rosalie. L'unica cosa che hanno in comune è il bersaglio, cioè io.

Stanno ancora ridendo mentre racconto della mia avventura con il caffè al bar, che sentiamo la soneria di un cellulare, squillare perentoria.

Non è il mio, quindi guardo gli altri, finché vedo Grace che alza la mano ed inizia a parlare al suo misterioso interlocutore.

«Pronto?... Ciao esterofilo!» dice gioiosa.

Tutti la stiamo osservando. Sono ormai le undici passate, chissà chi la chiama a quest'ora.

«Ma è tardissimo, hai deciso di non andare a dormire?».

«... davvero! Mio Dio! Edward! Congratulazioni!» a quel nome tutti ci geliamo sulle sedie.

«... no, sono a cena con alcuni amici... sì, conosci qualcuno...» inizio a scuotere la testa ed agitare le mani davanti a me. Speriamo che non mi nomini.

«... beh, Alice, Jasper, Emmett, Rosalie, Angela e Ben...» se non altro ha evitato chi non nutre tanta ammirazione per lui.

«... okay, ti metto in vivavoce...» e così dicendo, posa sul tavolo il cellulare e schiaccia il tastino.

Subito si sente un gran chiasso provenire dall'apparecchio.

«Dove sei?» urla Emmett.

«Ciao cuginetto. Sono in un pub a festeggiare. Ho finito gli studi e torno a casa!».

Non so se sono più emozionata per il fatto di sentire la sua voce o per quello che ha appena detto. Signore! Edward sta per tornare a Seattle.

«Ho anche trovato un lavoro lì. Non vedo l'ora di rivedervi tutti!... Sì, arrivo... scusate, devo andare. Saluti a tutti».

«Ciao, Edward!» dicono forte i ragazzi seduti attorno al tavolo.

Mi accascio sulla sedia.

Edward sta per tornare, potrei rivederlo... il mio cuore batte fortissimo e non so perché.

«Tranquilla, Bella. Probabilmente non lo incontrerai neanche. Seattle non è proprio piccolina» mi consola Jacob ed io gli stringo la mano riconoscente.

Seattle non sarà piccola, ma a volte può risultare più microscopica di Forks. Lo avrei capito a mie spese.


 

---ooOoo---


 

Angolino mio:

Non è ancora arrivato ma ci siamo vicini! Edward farà la sua comparsa tra poco, insieme ad altri personaggi che movimenteranno i primi giorni di lavoro del nostro Lino.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

Il mio episodio preferito è sicuramente l'ustione sulla conchiglia e conseguente dolore finto. È il massimo far finta di soffrire di nulla!

Ho fatto incontrare così il capo della azienda con Lino, mi è sembrato più simpatico.

Non sarà il primo Albrock ad venire presentato a Lino... ma questa è un'altra storia.


 

Nel prossimo capitolo, presumo che inizieranno i problemi legati alla finzione di Bella.

Se avete suggerimenti, scene imbarazzanti e comiche, sono a vostra disposizione.

La scena del bagno è già in cantiere!


 

Grazie per l'attenzione

alla prossima

baciotti


 


 

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Capitolo 9
*** Primo giorno di lavoro! ***


 

Ciao a tutti!

Eccomi qui con un nuovo capitolo dopo la pausa estiva (se di pausa di può parlare, visto che comunque, proprio a secco non vi ho lasciati)

 

Segnalazione di servizio: ho cambiato il nome e cognome del direttore della ditta biologicalseattle in Ronald Albrock.

Voglio chiarire che da alcuni mesi, mi sono imposta di utilizzare solo nomi di persone che compaiono nella saga (se è una fan fiction Twilight deve avere personaggi Twilight). Purtroppo il mio sacro elenco era rimasto a casa, io e il mio pc nano in ferie, e ho messo un nome alla cavolo. Prego di scusarmi per l’inconveniente.

 

A tal proposito, indovinello per voi: chi è Ronald Albrock nella saga originale Twilight?

 

Seconda segnalazione: stendiamo un tappeto rosso, spariamo fuochi d’artificio e regaliamo fiori a Anto_Pattz che ha lavorato ed elaborato il fantastico e divertente banner pubblicato qui di seguito! Ridete gente!

Voglio far notare le delicate mani di Alice che sostengono la conchiglia di ordinanza!

 

In ultimo il solito avviso: se volete leggere qualche cosa di serio e drammatico non andate avanti in questo capitolo, io vi ho avvisato.

 

… e adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Max è sicuramente simpatico.

È il nuovo aiutante di Ben, ha quasi cinquant'anni ed è sicuramente ed insindacabilmente gay. Riesce a far ridere anche restando serio, forse per come aggrotta la fronte, che gli fa muovere le orecchie come se dovesse spiccare il volo tra i fornelli. In sostanza possiede quella simpatia inconsapevole, che fa ridere con la sola presenza.

Ed è un miracolo se sta zitto! È una macchinetta, stancante e frustrante, ho quasi la sensazione che Ben abbia messo dei tappi per le orecchie... però è un genio con le pentole.

Ci ha raccontato che convive con il suo compagno da quasi venti anni e che aveva deciso di cambiare lavoro perché fare il capo chef di un albergo a cinque stelle era diventato troppo stressante e lui voleva rilassarsi ed evitare un eventuale infarto.

 

Io, Angela, che ora sta ferma alla cassa e ai caffè, e Amber, siamo affascinate da questo nuovo tizio, mentre Ben e James lo guardano storcendo il naso. Dovrebbero essere contenti, adesso i maschi saranno in maggioranza... oppure no?

Comunque ho passato un sabato e una domenica sera, pur lavorando, divertendomi ogni volta che entravo in cucina per prendere un nuovo piatto.

E finalmente arriva il momento della fine dell'ultima settimana di lavoro fatta al ristorante - tavola calda. D'ora in avanti verrò sostituita da Amber ed aiuterò solo il week end.

Amber è stata ben felice di subentrare a tempo pieno, visto che ha intenzione di andare a convivere con il suo ragazzo (giovani incoscienti, con una unghia di invidia), quindi non ci sono stati problemi di sorta.

Ben e Angela hanno cercato di convincermi a godermi la nuova libertà, ma non ho intenzione di cambiare totalmente: mi sembra che mantenere il mio vecchio lavoro, anche se solo marginalmente, mi tenga al sicuro, come un parafulmine contro l'ignoto.

Probabilmente sono solo superstiziosa.

 

«Perfetto! Possiamo chiudere!» annuncia Ben, dopo aver finito di ripulire il locale.

È l'una di una notte stellata che promette una giornata radiosa: la mia prima giornata di lavoro.

Siamo tutti davanti alla saracinesca appena chiusa, quando si ferma una macchina vicino a noi.

«Max, hai bisogno di un passaggio?» dice una voce matura all'interno dell'abitacolo.

«Oh, Robert, vieni che ti presento i miei colleghi» invita il nostro nuovo cuoco.

Dalla macchina esce un uomo altissimo, atletico, con capelli brizzolati e un gran sorriso.

«Lui è Robert, il mio compagno. Loro sono Ben e Angela, i capi, poi James e Amber i camerieri e infine Bella, l'aiuto del week end» dice indicando di volta in volta i nominati.

«Signore, è una visione incontrarvi... l'immagine dolcissima della maternità...» e si inchina facendo un perfetto baciamano ad Angela, «Una fata di un prato fiorito...» e sfiora il dorso della mano di Amber, «E una piccola ninfa dei boschi» e si piega nella mia direzione concludendo i saluti galanti.

Inutile dire che noi tre siamo estasiate e sghignazziamo come dodicenni.

«Signori, piacere» dice infine rivolgendosi a James e Ben con una stretta di mano che mi pare decisa e virile... sorrido: è quasi un controsenso.

«Piacere» borbotta Ben. Credo che le smancerie alla sua signora gli diano ancora fastidio.

Vai a capire gli uomini e il loro bisogno di marcare il territorio, neanche che noi fossimo alberi contro i quali fare pipì!

 

«Come mai qui? Non eri a cena dai tuoi?» chiede Max con fare serio.

«Infatti, ma lui non si è fatto vedere, come al solito. Non crescerà mai quel ragazzo» borbotta. Sembra un discorso intimo e mi sento una intrusa.

Max, comunque, oltre a essere un loquace cuoco è anche un uomo intelligente e  ci toglie subito dall'imbarazzo sciogliendo il gruppo.

«Credo sia ora di andare a dormire tutti quanti. Bella, in bocca al lupo per il nuovo lavoro domani... cioè, oggi. Ben, ci vediamo martedì» e salutando tutti, si infila nella macchina con il suo compagno e partono verso casa.

 

«Però, che tipo il compagno di Max» esclama Amber.

«Davvero galante» annuisce Angela.

«Moglie! Andiamo a casa» e a questo ordine ridiamo tutti e andiamo a dormire.

 

§§§

 

Questa volta, Alice, è stata più clemente ed è arrivata a casa mia intorno alle cinque. Non che ce ne fosse bisogno: dall'agitazione non ho chiuso occhio e al mattino mi ritrovo con due occhiaie grandi e profonde come il bagagliaio di un suv.

«Bella, ti prego! Come faccio a rendere presentabile un macello? Devi stare attenta con la mia materia prima» mi ammonisce prima di cominciare a cospargermi la faccia con qualche cosa di fresco e untuoso... Maschere! Io odio quegli intrugli che ti fanno sembrare un marziano appena atterrato.

«Non fare quella faccia! Questa ti serve! Quindi adesso chiudi gli occhi e lasciami lavorare in pace» ed ecco tornata Napoleone – Krueger – Alice alla carica.

Mi era quasi mancata. (e se non si fosse capito, questa è ironia).

 

Mi secca ammetterlo, ma dopo il trattamento mi sento meglio. Riposata.

«A che ora dovrebbe arrivare Grace?» chiede Alice mentre mi sta truccando.

«Verso le sette e mezza, come l'altra volta. Poi da domani alle sette». Abbiamo pensato di anticipare un pochino per dare gli ultimi ritocchi più tranquille in casa mia e dalla faccia di Napoleone, anche lei approva la nostra idea.

Se  devo essere onesta, la preparazione è diventata più veloce. Se continua in questo modo, nel giro di un mese, ci metterò mezz'ora per tutta la preparazione.

Però non mi abituerò mai al sospensorio.

 

Alle sette e mezza sento suonare il campanello di casa. Anche questa mattina il mio autista è arrivato puntuale.

«Alice, sei sempre una maga». E come al solito io sono solo la tela sulla quale qualcun'altro ha dipinto. Riconoscimenti? Zero.

«Pronta per il primo giorno di lavoro?» chiede poi a me.

«Prontissima! Spacchiamo il mondo!» esclamo. Non che abbia intenzione di fare tanto danno, ma ho talmente sonno che straparlo.

Speriamo di non fare castronate oggi, altrimenti saranno cavoli acidi!

 

Arriviamo al bar per il sacro caffè mattutino accompagnato dai rigorosi muffin. Incredibile ma vero, troviamo subito un tavolino libero e la cameriera si precipita a  servirci. Dai sorrisi sdolcinati e sguardi ammiccanti, intuisco che è la stessa rossa della scorsa settimana.

«Lino, hai già una ammiratrice!» sottolinea Grace, appena la tizia si allontana.

«Spero solo che non voglia tastarmi un'altra volta alle parti basse» rispondo piccata.

«Magari è in astinenza, povera. E visto che pare che tu l'abbia sempre duro...».

«Grace, piantala. Non è simpatico e poi... potrebbe anche soddisfarsi da sola senza mettere in mezzo la mia conchiglia», insomma, mi sembra di essere al mercato! Mica mi deve tastare per sapere quale pezzo di manzo sia! Che idee bislacche.

Se la giornata si prospettava interessante e corposa dal punto di vista lavorativo, sta diventando già stressante dal quello travestimento.

 

Appena entrate, arriva mister Albrock, nel suo completo grigio, pronto a istruirmi sull'incarico da svolgere e i colleghi con i quali collaborerò.

Pare che dovremo lavorare su una pianta scoperta da poco nella foresta amazzonica. Sembra che gli indios ne usino parti del fusto e delle foglie per scopi medicinali e dovremo scoprire esattamente la chimica di questo arbusto.

I nostri risultati dovranno essere precisi ed accurati, in quanto tra un anno al massimo dovremo  consegnare i nostri risultati a una ditta farmaceutica e a un orto botanico in modo che possano riprodurla e utilizzarla per cosmesi e medicinali.

Durante il mio tour della ditta, scopro che ci sono altri quattro progetti in piedi, con altrettanti biologi, chimici, assistenti e laboratori. I macchinari sono all'avanguardia e, sono sicura di aver asciugato la bava almeno un paio di volte, dall'ammirazione per la struttura.

Ho notato che ci sono sia uomini che donne nei vari reparti, e mi dispiace ancora una volta, essere costretta a mascherarmi, quando avrei potuto ottenere lo stesso posto di lavoro come me stessa. Beh, pazienza, ora devo ballare con la musica che mi ritrovo, cercando di ottenere il massimo con i mezzi che ho.

Grace mi lascia quasi subito in mano a mister Albrock, ricordandomi l'appuntamento per il pranzo. Il grande capo, infine, mi presenta allo staff che lavorerà con me al progetto e al biologo del quale prenderò il posto.

«John Berty, ti presento Lino Swan. È il biologo che rileverà il tuo posto. Questo mese lavorerete insieme per i dovuti passaggi di consegne e l’integrazione nel team» mi presenta Ronald.

Mormoro un veloce “Piacere” stringendo la mano che mi tende il simpatico scienziato in camice bianco. Ha un viso aperto e coperto da un fitto reticolo di rughe sottili. Ispira una simpatia spontanea e sono sicura che andremo molto d’accordo.

 

Un altro paio di maniche è Collin Brady, l’assistente quarantenne. Ho la vaga sensazione che volesse lui il mio posto, perché mi guarda con occhio ostile e, quando gli stringo la mano, mi trovo un pezzo di carne gelido, molle e sudaticcio tra le dita.

Amanda Reed, il chimico, ha un paio d’anni più di me, e lavora alla biologicalseattle da quasi un anno. È una bionda ossigenata, ma, al contrario degli stereotipi comuni, dimostra subito di avere un cervello attivo e funzionante, oltre che un corpicino discreto. E, soprattutto, mi risulta subito simpatica.

Riassumendo, la squadra di ricerca, di cui sarò referente, è composta da me, Collin l’assistente, Amanda il chimico e il prossimo futuro matematico. Speriamo che sia in gamba e che se la sappia cavare con le provette e i microscopi, altrimenti sarò nei guai.

 

Dopo le presentazioni che ha fatto Mister Albrock, mi infilo il camice e mi metto al fianco di John per iniziare a lavorare.

Da quanto ho capito e mi hanno spiegato, la pianta è arrivata solo tre settimane fa e stanno ancora procedendo all’analisi della sezione del fogliame.

A differenza della maggior parte delle piante della foresta amazzonica, queste foglie sono coperte di resina per risultare inattaccabili dall’esterno e sono ricche di acqua. 

Pur avendo normali caratteristiche di una pianta, quello che salta subito agli occhi è il colore marroncino dell’epidermide superiore, con qualche riflesso verde in quella inferiore. Questo dovrebbe far presupporre una bassa attività nella fotosintesi clorofilliana, eppure vi è un gran numero di stomi più simili a una pianta verde.

Già soltanto questo mi affascina oltre misura, stesso sentimento che percepisco in John, quando mi spiega i suoi primi risultati e le sue teorie.

«Pertanto dovremo “vivisezionare” le parti esterne» mi annuncia.

«Calcio? Fosforo? Azoto?» chiedo e mi viene passata una cartellina.

Dio! Ti ringrazio! Questo è il mio mondo.

Sento ridacchiare John nella sedia accanto: «Sono felice che ti senta realizzato».

Ops. Ho pensato a voce alta? Meglio fare attenzione. Mi auto ammonisco e faccio un timido sorriso prima di immergermi nuovamente nei fascicoli delle analisi chimiche.

 

La mattinata passa in un lampo e in modo talmente piacevole che non riesco ad essere stanca neanche impegnandomi.

Non so se è l’adrenalina che mi tiene in piedi o semplicemente l’entusiasmo ma, nonostante l’insonnia di questa notte, sono attenta, vigile e soprattutto felice. Questo è il mio mondo!

«Novellino, devi segnare i risultati della provetta su questa cartella, altrimenti non riesco a trascrivere i dati nel programma» mi richiama Collin con una frase grondante di acido.

«Non farci caso. È simpatico come una ciste in una ovaia, o nel caso tuo, nei testicoli» mi sussurra Amanda mentre mi passa la cartellina in questione.

«Che tu ci creda o meno, capisco tutte e due le similitudini» rispondo soprapensiero e vengo gratificata da un enorme sorriso della chimica.

 

«Lino, sei pronto per il pranzo?». La testa di Grace fa capolino alla porta del laboratorio.

«Ciao, Grace. Un attimo e arrivo» annuncio. È una fatica fare attenzione all’intonazione di voce anche se per ora me la sono cavata egregiamente. Credo che, continuando in questo modo, parlerò così anche fuori da questo luogo, e allora sì che mio padre avrà qualche cosa di cui allarmarsi.

«Tranquillo, in realtà volevo presentarti il Signor Albrock, il figlio del direttore» mi dice probabilmente introducendo una persona nella stanza, ma in quel momento sono di spalle e non vedo nulla.

Ecco perché, appena mi giro facendo un gran sorriso di benvenuto, mi viene quasi un colpo.

«Piac…ere». La mia mano rimane sospesa, tremante, a mezz’aria, presa poi con fermezza da quest’uomo altissimo, atletico, con capelli brizzolati e un gran sorriso. Robert. Il compagno di Max.

Cazzo! Seattle è più piccola di Forks.

Sono qui da cinque ore e rischio di essere sbattuta fuori all’istante. È la carriera più breve della storia lavorativa dell’intero pianeta!

«Piacere… Biologo, vero?». Annuisco.

Mi sta ancora stringendo la mano e fissando negli occhi, quando aggiunge: «Sembra un piccolo ninfo…».

«Un ninfo, che sciocchezza!» ride Grace, interrompendo il nostro contatto visivo «Robert Albrock, le presento Lino Swan. Lino, il signor Albrock» finendo le presentazioni.

«Siamo vicini di laboratorio, io sono alla porta in fondo al corridoio. Se le necessita qualche cosa, consiglio o altro, non esiti a interpellarmi» dice Robert sorridendo per poi inchinarsi come a salutare me e Grace e allontanarsi.

«Che strano… sembrava ti conoscesse… Lino, sei pallido…». Grace mi guarda con apprensione mentre io mi appoggio allo stipite della porta, bianca come un cencio.

«Andiamo a pranzo» mormoro uscendo.

 

Dopo dieci minuti, dove ho cercato di regolarizzare il respiro e i battiti furiosi del mio cuore, Grace riesce a capire cosa è appena successo dalle mie parole spezzate.

«Così il nuovo aiutante di Ben è il convivente di Robert Albrock? Certo che il mondo è proprio piccolo» esclama.

«Direi minuscolo» ribatto.

Non so proprio come cavarmela.

«Coraggio, magari non ti ha riconosciuta. Neanche James ci era riuscito eppure ti conosce da quasi quattro anni» sottolinea la mia amica.

Forse ha ragione. Sì, devo essere ottimista.

«Signori, posso portarvi qualcosa da bere?» chiede la mia cameriera preferita (o forse l’unica che mi si avvicina da quando sono entrata in questo bar).

«Una coca e un tramezzino al tonno» ordino ritornando il ragazzo che dovrei sembrare.

«Due» sintetizza Grace.

Dopo pochi minuti, la rossa ritorna con le nostre ordinazioni.

«Se avete bisogno di altro, chiamatemi. Io sono Bree» e, insieme al conto che ci affrettiamo a pagare, mi mette in mano un bigliettino con il suo numero di telefono e si allontana sorridendo.

 

Mi metto le mani tra i capelli corti. Non basta il problema Robert, e la spina nel fianco Collin, ora mi trovo anche con la bavosa Bree.

Devo dire che stavo più tranquilla in versione femminile!

«Vai serena, secondo me non è come Tanya» mi rassicura Grace sghignazzando.

«Vaffanculo» sibilo facendola ridere ancora più forte.

Bree non sarà lesbica ma io l’arnese “masculo” mica ce l’ho!

«Non c’è niente da fare! Sarà il tuo fascino animale» continua e rincara la dose!

«Occhio che adesso ti mordo come un leone, se non la pianti» ammonisco torva.

 

Il pranzo continua con le frecciatine di Grace e le mie risposte acide. Si sta divertendo un mondo questa ragazza!

«Ti prego, Grace. La prossima volta che mi trovo in questa situazione ti presento come la mia fidanzata!» minaccio.

«No! Così mi rovini la piazza! Giuro che non lo faccio più» promette, ma vedo che ha le dita incrociate dietro la schiena, riflesse dallo specchio che si trova alle sue spalle. Sempre la solita.

Tornando in laboratorio, faccio una capatina in bagno.

 

Ho appena chiuso la porta che alle mie spalle sento un urlo disumano che mi fa fare un salto circense, talmente sono spaventata.

«E’ il bagno delle donne! Che ci fa lei qui! MANIACO!».

La donna in questione, oltretutto, fa pure paura, viste le dimensioni di almeno centoventi chili. Si avvicina brandendo minacciosa una borsa a forma di bauletto.

Sospetto che dentro ci sia un mattone, visto che la fa roteare come il martello di Thor ed io non ho alcuna intenzione di prenderla in testa.

«Mi scusi, ho sbagliato porta» bisbiglio e mi fiondo fuori con una velocità degna di Flash, come se ne andasse della mia vita (in effetti è così).

 

«Ho sentito urlare» dice un Robert preoccupato mentre accorre verso la fonte del terrore.

«La signora in bagno, si è messa a urlare come una ossessa» spiego alzando le spalle. Non è colpa mia se quella è matta!

«E' lui che voleva violentarmi!» strilla la donna uscendo dalla toilettes.

«Beh, violentarla... signorina Sara, credo che lei stia esagerando» la blandisce Robert ed io annuisco vigorosamente.

«Ho solo sbagliato porta! Mi scusi, non volevo spaventarla... Le posso offrire un té, per farmi perdonare?» cerco di essere gentile ed accomodante, anche se mi viene voglia di strozzarla per far finire i suoi strilli: sta attirando altre persone ed io non mi posso permettere di stare in al centro dell'attenzione, per non parlare di una eventuale denuncia per molestie sessuali (che poi, qualcuno dovrebbe spiegarmi come posso avere solo l'idea di assalire questa donna giunonica, i suoi centoventi chili contro i miei cinquantacinque... mi schiaccerebbe come un caterpillar!).

«E' inutile che mi fa gli occhi dolci! Io non ci casco! Sono una donna per bene, non una sciacquetta! Per ora non dirò nulla, ma stia sicuro che la tengo d'occhio!» mi minaccia puntando l'indice contro il mio naso.

«Non credo che la mia fidanzata ne sarebbe contenta» replico ironica.

«E chi sarebbe la fortunata?» chiede all'improvviso ingorda di un nuovo pettegolezzo.

«Grace Razi» rispondo.

«Oddio! Ehm... Lino, non avevamo deciso di tenere segreta la nostra relazione per il momento?» mi richiama una voce leggermente piccata ma divertita. Oh, oh. Beccata...

«Ops... ciao, amore» rispondo io voltandomi verso la nuova arrivata.

«Bene, direi di lasciare da soli i due piccioncini e tornare al lavoro» incita Robert riuscendo a disperdere una decina di curiosi, compresa la dolce, tenera e, soprattutto, leggera Miss Sara.

 

«Spiegami che succede» ordina Grace dopo essere rientrata nel bagno femminile e avermi trascinato con lei.

«Ma niente, ho solo sbagliato porta e quella credeva volessi attentare alla sua virtù!» rispondo.

«Magari ci sperava pure, vista la tipa. Dovresti vedere che occhiate da affamata lancia ad ogni uomo al di sotto dell’ottantina» ridacchia, mentre io esibisco la mia faccia più schifata al solo pensiero.

La fame e brutta, d’accordo, ma un po’ di dignità?

Stiamo ancora parlando quando sentiamo qualcuno avvicinarsi alla porta e Grace mi spinge dentro al cubicolo e chiude l’anta dietro di lei appena in tempo per evitare un nuovo attacco di un’altra signorina Sara.

 

«Hai sentito la segretaria della contabilità? Hanno detto che è stata abbordata da quello nuovo» dice una. Vedasi la mia faccia sconvolta a quella frase.

«Mi sembra impossibile. La Walsh ha trenta anni per gamba e un camion di grasso su tutto il resto mentre lui è così giovane e carino» dice l’altra.  E qui sorrido vantandomi.

«Qui ci vuole l’artiglieria pesante… stai al gioco» bisbiglia Grace, poi inizia ad ansimare e a scompigliarmi i capelli e stropicciarmi il camice.

«Ah… ah, sì, Lino» dice gemendo per poi disfare la sua coda e sbottonare un poco la camicetta.

Sento che le due pettegole, fuori dal nostro cubicolo, stanno ascoltando trattenendo il fiato.

Grace inizia a battere la mano sul muro alzando la voce: «Sì… sì… Sì!» e mi fa cenno con la mano di contribuire alla performance vocale.

«Ah… Grace, così!» assecondo la pazzia a luci rosse cercando di non ridere.

«Ah!» e con un ultimo urlo liberatorio, Grace conclude il nostro fantomatico rapporto sessuale.

«E adesso esco, poi esci tu» mormora.

 

«Ah! Il mio Lino è davvero un drago!» la sento uscire dal bagno e me la immagino sorridere sognante e sculettare. Non sento le altre due, quindi presumo che aspettino me.

«Ops… scusate, non sapevamo ci fosse qualcuno…» dico io, andando a lavarmi le mani. Dallo specchio vedo le due donne guardarmi con occhi fuori dalle orbite e la bocca spalancata ed io sorrido voltandomi : «Buona giornata» ed imitando Robert, mi inchino ed esco.

Mi ritrovo nel corridoio che porta ai laboratori e, senza fermarmi ulteriormente, corro verso la sicurezza delle provette, prima di incorrere in nuovi imbarazzanti incontri.

Morale? Non ho fatto pipì! Speriamo solo di riuscire a tenerla…

 

«Allora, come ti sei trovato il primo giorno di lavoro?» mi chiede John a fine giornata.

A parte il problema del bagno e della cameriera, a parte Collin che ti fa venire voglia di diventare un serial killer, a parte il problema Robert, direi che è stata una tranquilla, felice giornata di lavoro, piena di soddisfazioni.

In fin dei conti, torno a casa con pure una fidanzata in più rispetto a questa mattina! Solo il pensiero e mi rotolo dalle risate.

Chissà cosa ne penserà Angela, quando le racconterò l’accaduto.

 

§§§

 

Non credevo di essere così stanca, ma appena rientrata in casa mi sono stesa un minuto sul letto e mi sono ritrovata con una tenue luce che cercava di filtrare in camera e un insistente bussare alla mia porta.

«Chi diavolo è?» borbotto mentre scendo dal letto e apro la mia reggia al visitatore ignoto.

«La tua fidanzata, amore!» annuncia la mia amica, entrando come un tornado.

«Sono le sette meno dieci, ti devi lavare, cambiare e truccare per il lavoro. Abbiamo poco tempo, quindi? SCATTARE!» urla alla fine.

Alice ha fatto un trapianto di cervello con Grace? Sono uguali!

… cloni?...

«Arwwsh…» sbadiglio stiracchiandomi. Lasciamo la fantascienza ad Asimov e sottoponiamoci al nuovo stress giornaliero. Chissà se è un torturatore anche la mia ragazza.

Una doccia calda, se pur rapida, mi rimette al mondo e, dopo l’attento makeup, sono pronta, per una nuova giornata di lavoro nei panni di Lino.

Promemoria per oggi:

a)  evitare Bree.

b)  evitare Robert

c)   evitare i bagni delle donne

d)  evitare Miss Sara

e)  evitare di litigare e/o strangolare Collin

continuando così potrei anche evitare di andare al lavoro. Praticamente sono tutti appestati!

 

«Scommetto che oggi saranno tutti a spettegolare sul nostro incontro “caliente” in bagno» ridacchia Grace.

Questa mattina siamo andate a fare colazione in un bar lontano un paio di isolati rispetto alla ditta, in modo da evitare Bree in modo assoluto. Punto A rispettato!

«Oddio! Credi che il signor Albrock ci farà un richiamo? Non vorrei una nota sul mio curriculum per condotta disdicevole» mi lamento con gli occhi lucidi.

«No, tranquilla. Ieri a metà mattina è partito per Portland, per un affare importante e dovrebbe tornare oggi pomeriggio sul tardi. In ogni caso eravamo in pausa pranzo, non abbiamo tolto nulla al lavoro.

Non ti preoccupare, al direttore ci penso io» mi dice con tono rassicurante ed io ricomincio a respirare.

 

«Ciao, Lino» sento esclamare alle mie spalle. Questo è James!

«Ciao» rispondo allegra, regalandogli un abbraccio. Sì, il lavoro mi fa diventare espansiva a quanto pare, pure con il mio ex collega appiccicoso.

«Colazione? Anche io la faccio sempre qui visto che abito in fondo al vicolo» dice indicando con il pollice un punto indistinto alle sue spalle. «Raccontami tutto di ieri» incita subito dopo.

«Il nostro Lino ha fatto colpo sulla cameriera del bar di fronte alla ditta. Si chiama Bree e gli ha passato il numero di telefono, poi è stato sorpreso a molestare una donna nel bagno femminile e infine ha chiesto ed ottenuto la mia mano e abbiamo fatto sesso per la gioia delle orecchie di due colleghe» riassume Grace al posto mio.

«Credo che volesse sapere del lavoro» ammonisco, ma James ha già cominciato a ridere come un ossesso.

«No! Questo è più divertente! Giuro!» e si asciuga le lacrime mentre aspetto che si calmi.

 

«Avete finito di prendermi in giro?» sto diventando acida e insofferente, ma me ne capitano di tutti i colori, ultimamente. Perché i miei amici infieriscono?

«E’ decisamente divertente… non è che poi Tanya è gelosa?» chiede ancora il mio ex amico sul punto di essere ucciso per mano mia.

«Nah, lei è per l’amore libero» risponde la mia ex amica, ex fidanzata, ex essere vivente, anche lei sul punto di lasciare tragicamente questo mondo.

«Vi prego… basta» piagnucolo e loro, illuminati da qualche santo caritatevole, la smettono e mi lasciano raccontare le impressioni, le gioie e le fatiche del mio primo giorno di lavoro.

 

Ormai mancano dieci minuti alle otto ed è ora di avviarci al lavoro.

Saluto caramente James e mi riprometto di eliminare anche questo bar dal giro mattutino. Forse è meglio iniziare a fare colazione a casa.

«Buona giornata» auguro di rimando e risalgo in macchina con Grace.

 

La giornata scorre tranquilla, tra esami e provette, foglie e microscopi. Riesco anche a sopportare i sospiri accorati e le battutine di Amanda riguardo alla mia presunta super prestazione in bagno.

Ma in questa ditta, le donne sono tutte affamate?

Quello che proprio non sopporto è Collin, che con il suo tono saccente, farebbe uscire dai gangheri anche Gandhi, figuriamoci me!

«Non hai segnato l’indice Nabby dell’ultima analisi» mi richiama per l’ennesima volta.

“Dio! Dammi la forza!” penso.

«Infatti, perché qualcuno mi ha dato la soluzione basica sbagliata e devo rifarlo. A meno che il risultato di meno sette ti sembri corretto» rispondo. La soluzione me l’ha passata lui e non voglio pensare che mi boicotti di proposito o tutto il lavoro che stiamo facendo si rivelerà un fiasco. Voglio la mia Silvina73 per impallinargli il posteriore a questo stronzo!

 

Per questo motivo decido di fermarmi in laboratorio invece di uscire alle diciassette come tutti gli altri. Così ricontrollo i dati in modo che non vi siano errori.

Scrupolo è il mio secondo nome in questo momento.

«Ciao, Lino. Ci vediamo domani» salutano John e Amanda. Collin grugnisce ma da un animale che ti puoi aspettare d’altro?

«A domani» rispondo. Ho già avvisato Grace che tornerò a casa con l’autobus, quindi recupero dalla mia giacca il fido i-pod e infilo gli auricolari.

 

Dopo trenta minuti, do un’occhiata in corridoio e faccio attenzione ai rumori. Nessuno! Pace e serenità al mondo intero.

Finalmente mi rilasso, sono usciti tutti e non devo più fingere di essere un uomo, posso camminare e, soprattutto, canticchiare normalmente.

Adoro la musica, sebbene non sia una gran ballerina (agilità e flessuosità di un gatto di marmo), nel mio piccolo mi diverto.

Appena sento passare BabyIwillLoveYouForever alzo il volume e mi metto a ballare (o meglio agitare il sedere) mentre controllo il famoso indice Nabby che ha dato tanto tormento a Collin.

«Questa mi piace proprio» mormoro facendo ripartire la stessa canzone.

È liberatorio essere me stessa!

 

Sono così assorbita dalla musica e dal lavoro che non ho idea di quanto tempo sia passato e quando sento bussare sulla spalla mi trattengo dall’urlare per lo  spavento. Chi può essere? Mi avrà vista o sentita?

Lentamente mi giro ma non sono preparata alla vista della persona che ho di fronte a me.

Sono talmente sconvolta che ho l’impressione mi si stacchi la mascella, gli occhi sono sicuramente spalancati e gli auricolari sono già caduti sul tavolo.

«Scusi, sono arrivato prima di quanto pensassi e sono passato subito a presentarmi. Il direttore Albrock mi ha comunicato che sarò assegnato a questo team. Sono il matematico… Piacere Edward Cullen» e mi tende la mano.

Ha gli stessi lineamenti che ricordavo, è più adulto ma sempre affascinante e, per me, stronzo.

 

Non riesco a muovermi dallo shock. Annaspo in cerca di ossigeno. Nella mia mente si forma solo una parola a lettere cubitali: MERDA.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

E’ arrivato! Lui è arrivato! Suonate trombe e squillate campane… o è il contrario?

Okay basta così!

Godetevi il momento perché il riavvicinamento non sarà immediato (ovviamente).

 

Questo capitolo non finiva più e se volevo arrivare all’arrivo di Edward, dovevo necessariamente tagliare una settimana. Ho preferito iniziare con un piccolo assaggio come situazione assurda e proseguire con  l’arrivo del nostro matematico (di cui tutti avevate capito l’identità).

 

In questo capitolo la scena che preferisco è certamente quella del bagno. La tentata violenza l’ho trovata davvero esilarante.

 

Ho inserito due nick in questo pezzo. Sia chiaro per tutti che questo “indice Nabby” non esiste, come non c’è la canzone (anche se le parole ricordano Always di Bon Jovi).

Spero che le dirette interessate apprezzino.

Silvina73 è sempre nei miei pensieri, non per altro, ma sono affezionata al Winchester di Bella.

 

Okay, aspetto le vostre impressioni e i vostri consigli per nuove scene (quella al buio è in arrivo… la trovo carina e con ottime possibilità. Soprattutto perché voglio abbinarla con quella…)

No. Niente spoiler! Anche perché non ho scritto nulla ed è tutto solo nella mia testa.

 

Perfetto, non mi resta che ringraziarvi per l’attenzione e dare appuntamento alla prossima settimana (probabilmente giovedì).

Baciotti

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Capitolo 10
*** origliare? sì grazie. ***


 

Puf, puf, puf… ragazzi scusatemi, sono in ritardo.

Non sono riuscita a postare giovedì scorso come volevo e presumo che il prossimo capitolo non vedrà internet prima di ottobre.

In compenso, ho cercato di andare avanti il più possibile, per portarmi nella parte della storia che mi interessava di più.

Vi propino quindi quello che potrebbe essere un passaggio… se non fosse per un paio di avvenimenti davvero importanti che avranno il loro peso in futuro.

 

Riguardo Ronald Albrock, segnalo MailaCullen97 che ha indovinato chi era il personaggio originale in Twilight: uno delle persone scomparse a causa dell’esercito dei neonati, nominato nel giornale che legge Bella in Eclipse. Complimenti per l’approfondita conoscenza della storia che tanto amiamo.

 

Infine ringrazio chi ha recensito o solamente letto questa storia. Spero sinceramente che vi sia piaciuta.

Ammirate il banner di Anto_Pattz, per il quale ho ricevuto molti complimenti che rimando all’autrice…

 

 

 

 

Ed ora… BUONA LETTURA

 

---ooOoo---

 

«Scusi, sono arrivato prima di quanto pensassi e sono passato subito a presentarmi. Il direttore Albrock mi ha comunicato che sarò assegnato a questo team. Sono il matematico… Piacere Edward Cullen» e mi tende la mano.

Sono scioccata... I miei neuroni non stanno collaborando e, inconsciamente, so che devo rispondere ma non ho idea di cosa dire.

“Sveglia, Bella” un piccolissimo pertugio del mio cervello mi sta suggerendo di reagire e mi aggrappo a lui per stimolare le sinapsi e proferire parola.

«Piacere, Lino Swan» rispondo cercando di camuffare la voce meglio del solito.

«Swan? Conoscevo una ragazza di nome Swan… abitava a Forks, forse la conosce. Isabella».

Maledizione! Sapevo di dover cambiare totalmente nome! Accidenti a me e alla mia fiducia nel karma! Karma un ciufolo!

 

Beh, a mali estremi… ricominciamo con la recita. Alla fine di questa avventura, esigo l’oscar!

«E’ mia cugina» replico laconica. Mi sta scrutando attento, quasi ansioso.

Mi giro verso il bancone dove sono posizionate le provette e i vetrini.

Non voglio pensare a lui, non voglio vederlo. Spero capisca che per il momento il colloquio è finito.

«Certo…» mormora deluso «Allora ci vedremo la prossima settimana o pensa che avere bisogno di me già domani? Io sono libero e a disposizione».

Ma quanta voglia che ha di lavorare! Per carità, manca solo che inizi a darmi il tormento già da domani.

«No. Lunedì sarà perfetto. Si goda questi giorni». Mi volto nuovamente e gli stringo la mano in modo energico, poi gli do le spalle. Il colloquio è davvero finito per me.

«Potremmo andare a prendere una birra al bar qui vicino, visto che saremo colleghi, ci conosceremmo meglio» propone.

«No. Mi spiace. Mi aspettano e devo ancora finire di controllare i vetrini. Ci vedremo lunedì» e per bloccare ogni altro tentativo di conversazione mi infilo gli auricolari e lo escludo definitivamente dal mio mondo.

 

Dopo qualche istante non percepisco più la sua presente. Mi secca ammettere che sono devastata da questo incontro.

Ho sempre pensato che, nel caso lo avessi incontrato, mi sarei comportata con fare superiore, come se non mi interessasse più nulla di lui, sorridente e divertente, simpatica e maliziosa. Invece sono qui a cercare ossigeno  e controllare se ho ancora tutti gli organi interni funzionanti oppure se mi hanno abbandonato, primo tra tutti il mio cuore.

«Maledetto Edward! Stronzo Pavone bastardo! Razza di troglodita, stupido porco, testa di c…» non riesco a terminare la sequela di ingiurie che mi escono a fiumi dalla bocca che vengo interrotta da una voce divertita.

«Un ninfo dei boschi non dovrebbe dire certe cose» ammonisce. Lo riconosco, è Robert. Addio posto di lavoro. Sono durata due giorni. Mi viene da piangere.

 

«Bella, giusto? Oppure dovrei dire Lino?» chiede guardandomi sorridente.

«Signor… Mister Albrock… non…» balbetto.

Cerco di dire qualcosa ma sono consapevole che non ci sono scuse.

«Mi perdoni, vado a prendere le mie cose e a consegnare una lettera di dimissioni» mormoro lasciando scivolare una lacrima sulla guancia che viene prontamente raccolta dalle dita dell’uomo che ho davanti.

«Perché dovresti dimetterti? John mi ha confermato che sei in gamba e svolgi un ottimo lavoro. Certo, fatico ancora a comprendere il perché di questo travestimento, ma ciò non toglie che per questa azienda stai dimostrando di valere». Mi spiazza e nella mia mente si fa strada un barlume di speranza.

«Ti spiace se andiamo con ordine? Ieri sera ho parlato con Max. ti ho riconosciuta quasi subito, (detto tra noi sono molto attento alle persone esteticamente belle) e secondo lui, tu sei una brava persona che probabilmente aveva bisogno di una occasione per dimostrarlo.

Normalmente, Max ha un intuito favoloso sulle persone, pertanto ti darò il beneficio del dubbio. Se lavori bene, il resto che fai o quello che sei non mi interessa.

Stabilito questo, sono molto curioso di sapere i tuoi reali rapporti con Grace e con quel ragazzo dai capelli rossi che è appena uscito. L'ho visto parlare con mio padre circa un'ora fa».

 

Se da una parte sono sollevata da quello che mi sta dicendo e la speranza implicita del suo silenzio, mi lascia perplessa la sua curiosità. Dovrebbe voler sapere perché sono travestita così, non il rapporto che ho con Grace. Quello riguarda la sfera personale e non credo che sia affare suo o di chiunque altro.

Penso però che non mi potrò sottrarre alla sua voglia di sapere, perciò inizio a spiegarmi.

«La ringrazio per la fiducia, non se ne pentirà. Riguardo a Grace, lei è una mia carissima amica. Mi ha procurato il colloquio di lavoro, purtroppo è anche la ragione per la quale sono vestita in questo modo».

«E le voci che vi danno fidanzati?»... lo guardo perplessa, sto scoprendo un nuovo lato della personalità del signor Albrock junior: la pettegola.

«No!» mi scappa una risatina «E' solo una amica, non c'è nulla di sentimentale tra noi. Mi ha aiutato contro Miss Sara... l'ha vista anche lei. È un pochino sovraeccitata quella donna». Mi sembra strano dover anche solo spiegare l'ovvio.

«In effetti, hai ragione… peccato, questi intrighi amorosi mi stimolano tantissimo. E l’altro ragazzone? Devo ammettere che è un bel bocconcino». Mi fa quasi paura, ha un sorriso biricchino e una espressione curiosa che mi viene voglia di ridergli in faccia.

«Lui è il nuovo matematico, inizia a lavorare lunedì» rispondo.

«Mi spieghi come mai è rimasto fermo a fissarti per cinque minuti buoni sulla porta prima di andarsene. Se fosse solo un collega di lavoro non avrebbe avuto tutta quella indecisione». Porca l’oca! (con tutto il rispetto per il palmipede in questione) ma quanto è attento questo tizio?

«Cercava me, cioè Isabella» sospiro e confesso.

«Ti ha riconosciuta?».

«Oddio, spero di no! Non ce la farei ad avere ancora a che fare con lui» sarebbe troppo.

«Quindi lo conoscevi già?». Annuisco.

«Scusami ma adesso devo proprio andare» sono stanca dell’interrogatorio.

«Tranquilla. Il tuo segreto è al sicuro con me. Se hai dei problemi, chiamami e non ti preoccupare per mio padre, se fai un buon lavoro non hai nulla da temere anche se scopre che sei una ragazza» dichiara con il solito inchino.

«Mi difendi tu?» chiedo speranzosa.

«Tutto per la mia ninfa dei boschi» e dopo avermi strizzato l’occhio, esce dal laboratorio lasciandomi sola.

 

Sola con i miei pensieri confusionari e apocalittici.

Sono stata scoperta da un uomo gentilissimo e simpatico che pare non voglia mettermi nei guai e neanche portarmi a letto, visto le sue note tendenze sessuali. Edward verrà a lavorare qui, gomito a gomito con me che non lo volevo nello stesso continente, figuriamoci nella stessa stanza.

Questa avventura si sta rivelando sempre più complicata ed io sempre più in bilico.

 

§§§

 

«E così Robert ha scoperto tutto» commenta Grace mentre consumiamo caffè e biscotti sul mio tavolo in cucina.

Oggi ho deciso di non sfidare la sorte e rintanarmi in casa sino all’ultimo momento, con la mia fortuna, potrei anche trovare Jacob e un altro ragazzo proprio non lo reggerei.

«Esatto. Però mi ha fatto capire di stare tranquilla e non agitarmi che, se mi comporto bene, non ho nulla da temere» rispondo.

Ci ho pensato moltissimo questa notte e mi sembra che le cose non siano così catastrofiche come potevano apparire ieri sera.

Voglio e devo essere fiduciosa, altrimenti è meglio che rinunci subito a questo lavoro e torni a fare la cameriera, il che è assolutamente da escludere.

Pertanto, meglio fare buon viso a tutto quello che viene.

 

«E Edward?» chiede ancora.

«Non so cosa dire. Davvero non ti aveva detto che sarebbe venuto a lavorare lì». Sono ancora sorpresa che Grace non ne sapesse nulla.

«Ti giuro. L’ho sentito la settimana scorsa alla tua cena e poi buio assoluto. Oltre tutto ha fatto il colloquio alle mie spalle, non ne sapevo nulla! È stata una sorpresa su tutta la linea» e lo dice con voce risentita. Probabilmente è stato un colpo anche per lei.

«Neanche Alice e Rosalie e neppure Angela sapevano niente. Voleva proprio sorprenderci. Ieri sera è andato al ristorante per vedere se ero ancora lì… indovina chi ha incontrato?». Sì, appena tornata a casa ho iniziato con un febbrile giro di telefonate per sapere le intenzioni del rosso.

Niente, più evanescente di un fantasma. Non ha comunicato a nessuno il fatto di aver trovato lavoro a Seattle e di essere nuovamente in circolazione.

Pavone Cullen!

E, a quanto pareva, io ero il suo prossimo obbiettivo.

 

«Non dirmi che ha incontrato James!» dice strabuzzando gli occhi.

«Non solo! È arrivato anche Jacob! Che poi non capisco perché mi vogliano vedere tutti… sono più ricercata di Billy the Kid!».

«Calma, Calamity Jane. Che ti ha detto Angela della serata? Il ristorante è ancora in piedi?». Grace sta già ridacchiando, pregustando il racconto ed immaginando la scena.

«A quanto pare, James e Jacob pensavano di trovarmi lì per raccontare ad Angela dei primi due giorni ed hanno iniziato a guardarsi in cagnesco, poi è arrivato Edward ed è uscito anche il fumo dalle orecchie». Povero Ben, mi sembra anche di vederlo, terrorizzato che quei tre gli sfascino il locale.

«E poi? Cosa è successo?».

«Max è uscito dalla cucina brandendo un coltello e dicendo che aveva proprio voglia di fare del salame di oca e visto che lì aveva perfetti tre candidati ne voleva approfittare». Detto questo scoppiamo a ridere, esattamente come ho fatto ieri sera.

«Immagino Edward tutto sconvolto da questa uscita» ribatte Grace, singhiozzando.

«A dire il vero è stato l’unico a rispondere qualcosa del tipo “Lei non è più minaccioso della mia ex. Bella è capace di peggio”» mi vanto.

«Su questo devo dargli ragione, mi risulta che a Forks parlino ancora della tua battuta di caccia di sei anni fa».

Bei tempi quelli! Io che imbracciavo il mio winchester della trisavola e inseguivo Edward nel bosco, cercando di impallinargli il posteriore. Peccato non esserci riuscita.

 

«Quindi? Sai cosa si sono detti?» richiede Grace.

«A sentire Angela tengono tutti a me, non vogliono vedermi soffrire e si accusano l’un l’altro di non essere abbastanza attenti e amorevoli nei miei confronti» riassumo.

«Ma non è vero! Sono troppo amorevoli! James ti asfissia, Jacob si fa vedere spesso con la speranza di rientrare nelle tue grazie ed Edward continua a chiedere di te… secondo me ti rivuole» espone il suo punto di vista.

«Per quanto mi riguarda, può riattraversare l’oceano a nuoto e tornare in Francia» ribatto.

«Inghilterra» mi corregge Grace.

«Quello che è» e scuoto una mano per significare il menefreghismo che sento nei confronti di quello che riguarda il mio ex fidanzato.

Mi ha lasciato? Non ha diritto dopo sei anni a tornare per tormentarmi.

«Non potresti trovare il modo per non farlo venire a lavorare alla biologicalseattle?» sono meschina, ma sarebbe la soluzione.

«Mi dispiace ma questa è una assunzione effettuata direttamente dal direttore. Posso provare a spostarlo in un altro team ma non ti prometto nulla».

Tentare non nuoce, al limite non si migliora.

«Andiamo al lavoro, baby» ordina Grace alzandosi ed usciamo da casa, pronte ad affrontare una nuova giornata di lavoro.

 

Mentalmente rivedo la mia lista degli evitare.

Se ormai posso depennare Robert, sicuramente posso inserire Edward. 

«Dio! Perché mi fai questo» borbotto mentre entro in laboratorio.

Amanda e John mi salutano calorosamente, Collin grugnisce. Tutto normale quindi.

Mi infilo il camice e affianco John con le provette che ho preparato ieri pomeriggio. Ci sono le soluzioni che dovremo utilizzare oggi per altre analisi.

«Signor Swan, ieri sera è arrivato il nuovo matematico del team. Si è presentato?». Mister Albrock, il direttore, mi sorprende alle spalle.

Possibile che hanno preso tutti il vizio di arrivare da dietro? E non ditemi che soffro di manie di persecuzione, perché negli ultimi giorni ho fatto tanti di quei salti dallo spavento che potrei diventare un funambolo circense!

Cerco di placare i battiti furiosi del mio cuore e mi volto sorridente

«Certo, Mister Albrock. Ma c’ero solo io quando è arrivato, quindi non ha avuto occasione di conoscere gli altri componenti del team. Siamo d’accordo che inizierà lunedì prossimo. Non ho ritenuto di farci affiancare prima, altrimenti John avrebbe dovuto seguire me e lui bloccando di fatto il lavoro» spiego.

Trattengo il fiato sperando che il capo approvi questa scelta.

 

Lui mi fissa serio, mentre io sto per diventare paonazza per carenza di ossigeno.

«Sì, ha perfettamente ragione. Se ci foste tutti e due, non si capirebbe più nulla. Benissimo Swan, continui così» ed esce visibilmente soddisfatto.

Ancora dopo due ore mi chiedo come ho fatto a cavarmela.

 

Forse devo reinserire la voce “evitare Robert” visto che alla pausa di mezzogiorno si avvicina a me e Grace e ci invita, con tono quasi dittatoriale, ad accompagnarlo a pranzo.

«Oggi voglio provare il ristorante che hanno aperto qui vicino e desidero la vostra compagnia» dice con un inchino, per poi infilare le braccia attorno a ciascun gomito nostro e trascinarci fuori dal laboratorio, senza neanche riuscire a prendere la borsa.

«Non vi preoccupate, siete mie ospiti, offro io» bisbiglia con fare cospiratorio.

Non riusciamo a replicare e, in men che non si dica, ci troviamo nella sala del ristorante. Credo che per poter entrare qui dentro ci voglia un mutuo, come minimo.

«Perché mai il signor Robert Albrock dovrebbe portarci in un ristorante da 70 dollari a portata?» chiede direttamente Grace fissando gli occhi del nostro accompagnatore.

«Perché il mio secondo nome è “curioso” e la signorina Lino qui presente, mi deve alcune spiegazioni» risponde serafico, accomodandosi elegantemente al tavolo indicatoci dal maitre.

«Credo che si tratti di vita privata, e come sotto intende la parola, non suscettibile di divulgazione» rispondo prima di bere un lungo sorso d’acqua.

Mi sa che ci vorrà qualche cosa di più forte per sopravvivere a questo pranzo.

«Vero. Non fosse per il fatto che anche il mio compagno si trova coinvolto e la pietra dello scandalo sei tu. Mi vuoi spiegare cosa c’è tra te e il rosso?».

Robert è drammaticamente diretto quando chiede.

«Ma è solo questo il problema? Credevo fosse una cosa più grave» risponde stupita Grace.

«Si da il caso che siano faccende private» puntualizzo polemica verso di lei.

«Oh, per favore! La storia la sanno anche i muri o almeno, tutte le mille persone che abitano a Forks e altre trecento che dimorano qui a Seattle. Credi davvero che sia una storia privata?». Beh… io non la metterei effettivamente in questi termini… però non ha tutti i torti. Non ci siamo mai nascosti all’epoca e sia a Forks che qui, chi ci ha visto, sa che uscivamo insieme.

 

Mi rassegno a vuotare il sacco ma Robert mi anticipa.

«Da quanto ho visto, capito e mi hanno raccontato, il rosso è il tuo ex, che se ne è andato lasciandoti senza una spiegazione. Poi c’è un certo Jacob, che Max descrive come estremamente carino, anche lui un tuo ex ma meno importante; e per ultimo James che ti sbava dietro. Corretto?».

«Ma se sapevi già tutto, perché hai fatto questa scena?» chiedo stupita.

«Perché volevo provare questo ristorante in buona compagnia» ed accompagna la sua dichiarazione con una alzata di spalle.

«Tu e Max parlate anche di altro che non sia la mia vita?» meglio indagare, così potrò dire ad Angela cosa evitare assolutamente.

«Ti dirò… sei uno degli argomenti più interessanti degli ultimi tempi» risponde sorridendo.

«Grazie» borbotto, soffocando gli improperi che mi vengono in mente, con una forchettata di deliziose capesante.

 

Il pranzo è assolutamente divino e Robert una compagnia brillante e divertente e… estremamente pettegola.

Quando usciamo dal locale, circa 80 minuti dopo, sappiamo praticamente tutto dei personaggi che girano in ditta.

Le varie tendenze sessuali di tutti sono state descritte e divulgate dall’uomo, con dovizie di particolari, tanto che ero rossa dall’imbarazzo per alcuni episodi raccontati.

«Mi raccomando, non dite niente di Charles, o Makenna mi ammazza» ride, riferendosi a due componenti del suo team.

«Meno male che io sono esclusa dalla sua lista» esclama Grace, scoprendo un poco di pudore per le sue avventure.

«Non è per questo. Ultimamente sei molto riservata e quindi non c’è molto da raccontare». E con questo ammazza anche l’ultimo barlume di amor proprio della mia amica che subito si volta verso di me minacciosa.

«Domani sera ti voglio in tiro che usciamo e andiamo a caccia di maschi» poi si volta verso un Robert decisamente divertito «Etero, ovviamente» puntualizza.

«Ovviamente» conferma anche lui.

 

Onestamente devo decidere chi dei due è il peggiore, se Robert con il suo modo di fare pettegolo e curioso che vuole sapere anche quante volte vai in bagno, oppure Grace, sboccata, sopra le righe e assolutamente fuori controllo quando si tratta di tempo libero.

In mezzo a questi due che stanno discutendo come vestirmi e chi cacciare, mi sento davvero in balia degli eventi.

«Potrebbe anche esplorare i fasti dell’altra sponda» propone Robert ammiccando.

«Scusatemi, io sono qui presente con tutte le mie funzioni celebrali attive, questi suggerimenti teneteveli per voi» sbotto e li lascio davanti al portone della ditta rifugiandomi velocemente in bagno.

Quello degli uomini, ovviamente, visto cosa era successo la volta scorsa!

 

Appena entrata mi si blocca il fiato: c’è Collin all’orinatoio in fondo.

Mi guarda e sorride. Non capisco ma inizio a sudare, mentre mi avvicino a un cubicolo per chiudermi dentro e sfogare la mia frustrazione rompendo la carta igienica in pezzetti piccoli da mezzo centimetro quadrato.

«Chi non piscia in compagnia o è un ladro o è una spia» borbotta.

Mi volto verso di lui e, dai movimenti che fa, sta scuotendo l’arnese. Non posso avvicinarmi! Sarebbe… bleah!

«Cacca» rispondo arrossendo.

«Allora ti serve questa» mi lancia un rotolo di carta igienica dopo essersi lavato le mani, e con un cenno di capo esce. Non ha sorriso ma è stato quasi educato, mi confonde.

 

Seduta sulla tazza del water, stracciando pezzetti di carta, ripenso a queste giornate. Mi sento come se fossi sulle montagne russe: Lino, poi Edward, il lavoro, Robert, Grace, James, e adesso anche Collin... sono davvero incasinata.

Quanto vorrei tornare indietro, quando ero all'università. Tutto era ordinato, pulito dovevo solo studiare e lavorare per Angela. La mia giornata era chiara, i miei pensieri precisi, le mie priorità cristalline.

Ora, invece, è tutto sfocato, in bilico. Questo lavoro ne vale davvero la pena?

Certo che ne valeva! Avevo lavorato anni per arrivare qui e volevo assolutamente continuare. Questi pochi giorni sono stati come un bellissimo sogno ad occhi aperti e non voglio rinunciarci... perciò, sì, avrei continuato questa recita sino a... quando? Sino a quando fosse stato necessario.

«Ah!» un sospiro di sollievo per essere giunta a una conclusione.

«Anche a me fa un effetto liberatorio andare in bagno... beh, per ovvie ragioni» dice Mister Albrock, adocchiandomi dallo specchio mentre sto uscendo.

Okay, anche per oggi avevo fatto la mia buona figura di merda... tanto per restare in tema.

 

«Ahahahahah! Bella, solo tu riesci a fare figure così da tutte le parti!» continua a ridere Grace, tornando a casa dopo il lavoro.

«Ma il direttore, non ha un bagno personale?» chiedo scocciata.

«Lui è dell’opinione che in bagno si socializzi di più, perché i bisogni fisiologici ce li abbiamo tutti nello stesso modo». Che filosofica di cacca!

«Sicuramente io ho qualche cosa che non va, allora. Perché non mi sembra proprio di aver socializzato così tanto!» replico.

«Come no? La mia performance è sulla bocca di tutti! Ho anche ricevuto un paio di proposte da un ragazzo brufoloso del laboratorio 2 e da Stefan, l’uomo delle pulizie» si vanta. Che poi, vantarsi di quei due... forse doveva rivedere i suoi parametri.

«Allora, visto che sei sistemata, rinunciamo all’uscita?». La butto lì, magari mi va bene e passo il mercoledì a vegetare sul mio piccolo divano. Lusso!

Lei mi guarda malissimo, come se avessi bestemmiato sull’immagine sacra della Madonna (o su una borsa di Prada, direbbe Alice).

«Dove mi porti domani sera?» chiede poi con rinnovata energia.

«Grace, guardami, gli ultimi anni li ho passati all’università oppure al ristorante. Cosa ti fa pensare che sappia dove si va per divertirsi?».

La capirà? Ne dubito.

«Dai, qualcosa di semplice… andiamo in quel disco pub dove ci ha portato James!». L’idea non è male, il posto era un pochino kitsch ma simpatico, quindi, perché no?

«Maschio o femmina?» chiedo rassegnata all’inevitabile.

«No, no, per carità. Ti voglio femmina, almeno non mi rovini la piazza».

«E così mi lasci per un altro uomo!» la prendo in giro.

«Lo spero bene! Magari più attrezzato e naturale!» puntualizza.

«A domani» la saluto e scendo dalla macchina.

Alla fin fine è una grande amica e vuole davvero che mi diverta… forse sono io che ho perso lo stimolo. Cosa mi è successo?

Con questo dubbio amletico, mi preparo la cena da gustare davanti a uno dei telefilm più in voga di questi ultimi tempi. Cosa nuova la tv per me. Tutte le sere a lavorare, non ho più avuto tempo per queste cose.

 

§§§

 

«Signorina Isabella, lei è una visione questa sera!» cinguetta Grace, quando esco dal mio appartamento mercoledì sera.

«Miss Razi, anche lei non è da meno» rispondo e lo penso davvero.

Un vestito rosso scuro, lungo appena sotto il ginocchio, la fascia morbido, lasciando vedere l’incavo dei seni grazie alla generosa scollatura.

«Questo top ti sta una meraviglia, questa sera farai conquiste!» esclama aprendo la portiera della macchina.

Ho faticato a trovare l’abbigliamento adatto. Sono letteralmente entrata nel mio armadio a tre ante e, sommerso da un’infinità di tessuti inutili, ho scoperto questa camicetta grigio perla con collo all’americana che lascia scoperta buona parte della schiena, oltre le spalle. Perfetto con un paio di pantaloni neri morbidi.  

Non ho osato indossare i saldali al altezze stellari, come la mia amica, ma mi sono accontentata di un paio di chanel con un tacco decente.

«Io non ho intenzione di conquistare nessuno!».

Certo! È per questo che ti stai ritoccando il rossetto, vero Bella? Taci, coscienza del cavolo!

Grace sorride e mi precede all’entrata del locale, dove un grosso buttafuori in giacca di pelle, osserva accigliato chiunque entri.

 

L’interno è come lo ricordavo: chiassoso e fumoso.

I tralci di fiori di plastica e palme tropicali del soffitto, però, sono stati sostituiti con forme argentate che ricordano i geometrici fiocchi di neve.

I baristi hanno abbandonato le collane di orchidee per coprirsi di paillettes bianche.

«Wow, hanno cambiato ambiente» mi urla Grace all’orecchio.

«Ma il casino è sempre uguale» replico.

Mi guardo attorno e vedo gente relativamente giovane, diciamo della mia età o poco più e mi stupisco che questo posto sia così pieno pur essendo un giorno infrasettimanale.

«Non sono tutti monaci di clausura come te» dice la mia amica leggendomi nella mente.

 

Pur essendoci parecchia gente, riusciamo a guadagnare un posto su un divanetto con tavolino annesso e Grace inizia a guardarsi attorno in modalità punta.

«Sembri il pointer di mio padre quando andavano a caccia nei boschi intorno Forks» le dico all’orecchio.

«Mi sento molto agguerrita, questa sera. Dovrò pur dare a Robert del materiale di cui sparlare!» risponde continuando a guardarsi attorno.

«Certo! Madre Teresa di Calcutta non fa notizia» borbotto.

Non ho voglia di starmene seduta qui. Mi ha costretta ad uscire, quindi adesso voglio anche muovermi e la piccola pista è davvero invitante.

 

«Che ne dici di andare a bere qualche cosa?» le urlo all’orecchio. Ormai è almeno un’ora che ci dimeniamo sulla pista ed io sono decisamente accaldata e con un principio di calo di zuccheri. Ho bisogno di un pistop al bancone del bar e, da come vedo, anche Grace è nelle mie stesse condizioni.

Lei annuisce ma appena ci spostiamo verso il bordo, veniamo bloccate da due ragazzoni allampanati e decisamente brilli che ghignano come se avessero scoperto un tesoro.

«Ehi, splendore! Dove credi di andare?» chiede uno a Grace, arpionandole la vita e facendola sbattere contro il proprio petto.

«Ti muovi da dio, bella. Fai contento John, fammi sentire come sei qua sotto» le dice mentre inizia a palparle il sedere.

Grace spalanca gli occhi, quasi impaurita ed inizia a spingere e picchiare sul petto questo maniaco. Anche  io mi metto a prendergli il braccio tentando di toglierlo di dosso, ma le mani del suo amico mi bloccano i polsi come morse.

“Datemi il mio coltello!” penso furente.

Quello che mi sorprende, in tutta questa vicenda, è che nessuno si accorga di questi due che ci stanno importunando. Siamo in un locale pieno di gente, santo cielo! Ma sono tutti ciechi e sordi?

 

Appena formulo questo pensiero, un mano entra nel mio campo visivo e, con una facilità che mi sembra inaudita, mi libera i polsi. Poi vedo il John che cade in ginocchio, gemendo per la mano che adesso viene trattenuta in una strana angolatura, da parte di un enorme ragazzo dai capelli cortissimi.

«Chiedi scusa alle signorine» sibila mentre preme ancora sulla mano.

«Ah! scusatemi» pigola John, inginocchiato.

«Adesso sparisci!» ordina ancora e in meno di un nanosecondo il molestatore e il suo amico sono scomparsi dalla vista.

In quel momento mi accorgo che Grace non ha ancora detto una parola e sta immobile con lo sguardo rivolto al pavimento e le braccia molli lungo i fianchi.

«Grace… Grace, guardami… stai bene?». Il suo silenzio mi preoccupa. Non l’ho mai vista così scioccata.

«Signorina… va tutto bene. Non le hanno fatto male, vero?» chiede con tono gentile e preoccupato, il ragazzone accanto a noi. Quando le sfioro il braccio, sussulta, come se si fosse risvegliata.

«Dio! Bella!... che paura» dice facendosi scappare un singhiozzo.

«Venite, meglio che ci sediamo e beviamo un po’ di acqua» dice il ragazzone, scortandoci verso il primo divanetto libero.

 

«Mi chiamo Isabella, lei è Grace. Grazie per averci aiutato» dico riconoscente.

«Dovere! Non mi piace quando si mettono le mani addosso alle donne. Mi chiamo Gary… credo sia meglio che vada a prendere da bere, ne avete bisogno» dice allontanandosi velocemente verso il bancone del bar.

«… E’ carino…» mormora la ragazza accanto a me, dopo aver fatto un lungo sospiro.

«Dio Ti Ringrazio! Credevo di dover chiamare un’ambulanza e farti ricoverare per lo shock!». Anche se lo dico con sarcasmo, sono davvero contenta che questo spiacevole episodio non abbia lasciato strascichi e, apprezzare l’aspetto del maschietto che ci ha aiutate, vuol dire che è sulla buona strada per non pensarci più.

 

In effetti, quando Gary torna con i bicchieri e una bottiglia di acqua, Grace inizia a sondare il terreno di caccia, partendo dal lavoro, gli impegni e, soprattutto, la singlaggine del soggetto.

«Sono un marines. Istruttore. Mi hanno appena trasferito a Fort Lewis. Adesso sono in licenza e sono venuto a trovare la mia famiglia» risponde sorridendo.

Devo ammettere che ha un bel sorriso, reso ancora più simpatico dalle due fossette che gli si formano ai lati della bocca.

Forse è l’unica cosa che rilassa tutta la sua postura da soldato. Ha due spalle talmente piene di carne e muscoli che dubito riescano anche solo a percepire le ossa, lì in mezzo. Il petto ricorda la sagoma di una corazza che usavano nelle armature nei fumetti… anzi, credo che Capitan America lo abbiano disegnato ritraendo proprio lui. Sicuramente, la maglietta che porta, non contribuisce a mimetizzare il suo fisico scultoreo. Da bava alla bocca! Chissà com’è tra le lenzuola?

Io e Grace ci guardiamo un attimo negli occhi e capisco tutto: è il suo territorio e io mi faccio educatamente da parte, lasciando che la mia amica lo irretisca con il suo fascino.

«Scusatemi, vado alla toilettes» dico, anche se dubito che mi abbiano sentita, visto che stanno parlando senza prestare molta attenzione ad altro.

 

§§§

 

La coda che c’è davanti al bagno delle donne è qualche cosa di disumano!

Onestamente non sono mai riuscita a capire perché, per andare in quel posto, bisognava essere accompagnate. Io espletavo i miei bisogni da sola, mica avevo bisogno dell’aiuto di qualcuno per tirarmi su le mutandine, come all’asilo.

Oltretutto, sicuramente non tutte le ragazze avevano bisogno di rifugiarsi li dentro, ma quante di loro lo avrebbero ammesso, facendomi saltare la fila?

La mia vescica sta pulsando impaziente ed io non posso ignorarla più a lungo.

«Bagno degli uomini» borbotto sospirando. In fin dei conti, ho fatto molta pratica in questi giorni ed ho scoperto che il suddetto bagno non è poi tanto diverso dal nostro.

 

Miracolo, da quel lato non vedo nessuno e mi fiondo all’interno, cercando di farmi più piccola possibile, sino a raggiungere la privacy di un cubicolo e chiudere la porta. Salva! E senza figuracce!

Ripeto: miracolo!

 

«Ehi! Bello! Da quanto tempo! Non sei cambiato per niente… sì, forse sei più brutto di tre anni fa. Tutto bene?».

Sento delle voci dietro la mia porta… questa la conosco… è… ma sì! È Mark, l’amico pervertito e maniaco di Edward. Non lo vedo da quando Lui mi ha mollata.

Ricordo che mi aveva cercata una settimana dopo, chiedendo di vedermi perché aveva bisogno di parlare di una cosa importante, ma, visto che probabilmente si trattava del mio ex, non volli incontrarlo e poi non sentii più parlare di lui.

Chissà se è sempre la stessa testa che ragiona con il… coso?

«Allora? Com’erano le ragazze laggiù? Fighe? Ti sei fatto tutte quelle del college o ne hai lasciato anche agli altri? Devi raccontarmi tutte le tue GS, Cullen». Appunto, come volevasi dimostrare non è cambiato di una virgola, ma non è questo che mi ha fatto gelare il sangue.

GS… Grandi Scopate Cullen. Merda! Sta parlando con Edward!

Dov’era? Non l’ho visto tutta la sera!

Oddio! Come faccio ad uscire? Soffoco un gemito di frustrazione e aspetto che questi due si tolgano dai piedi.

«Erano interessanti, ma lo sai, dopo Maggie, non sono stato con nessuna». Maggie? Che razza di nome è Maggie? Chi diavolo è Maggie?

«Cioè? Tre anni di astinenza? Sei diventato impotente?». Cazzo ce ne frega! Voglio sapere chi è Maggie!... Però! Tre anni?

«Adesso non diciamo cazzate! Dico solo che non c’è stata nessuna di importante… e comunque neanche Maggie è riuscita a farmi dimenticare lei» termina con un mormorio appena percettibile ed io arrossisco, senza sapere il perché.

 

«Edward, andiamo! Ancora con Bella? Ma non te la sei ancora tolta dalla testa?».

Mi accorgo di non stare respirando mentre aspetto la sua risposta.

Stupida Bella! È tanto importante sapere se Edward ti pensa ancora?

«Non è quello! È che non ho avuto occasione di spiegarmi e non sopporto che lei mi odi senza sapere tutto» protesta.

La mia attenzione viene catturata dalle sue ultime parole: sapere tutto. Quindi non era solo la storia dello studio che l’ha fatto fuggire da Seattle… era anche qualcos’altro! Ma cosa?

Inizio a mangiucchiarmi le unghie come quando andavo al liceo… forza Edward! Parla!

«A proposito di questo, perché sei andato via? Avevi messo incinta qualcuna delle tue amanti?». Complimenti Mark! Che uscita felice!

«Cazzo! Parlare con te è peggio che farsi una lobotomia al cervello! Ti pare che andassi con altre all’infuori di Bella?».

Dal tono sembra una domanda retorica…

«No. Con un bocconcino come quello sempre pronto nel tuo letto, saresti stato un coglione come me… e tu sei più intelligente».

E bravo il nostro Mark! A volte ragioni anche tu, ed è vero: Edward è più intelligente, anche perché se lo avessi minimamente sospettato di tradimento, non sarebbe qui a parlarti… e poi… IO SONO UN BOCCONCINO! Gongolo e sorrido mentre continuo ad ascoltare, ansiosa.

«Sono stato costretto ad andarmene per mio… ciao Henry».

Henry? E chi cazzo è Henry? Porco Giuda!

Ti prego… no! No! Dillo, Edward! Parla! Confessa una buona volta!

«Ah! Sei qui. Gary è occupato con una moretta quindi è meglio stargli alla larga».

Gary? Mica sarà il marines di Grace?

Mi sento quasi svenire ed alzo gli occhi al soffitto! Che umorismo perverso che ha il fato, a volte. Seattle non è piccola, è microscopica! Con più di seicentomila abitanti, devo sempre imbattermi delle stesse persone?

«Se volete, potete venire con me e i miei amici. Mary Randall da una festa. Te la ricordi?».

Sento Mark che propone una nuova destinazione e mi sembra che gli altri due acconsentano di buon grado e, subito dopo, escono dal bagno.

 

Meglio essere prudenti. Per questo motivo conto lentamente fino a trenta prima di azzardarmi a mettere il naso fuori dal mio nascondiglio… nessuno.

Corro al lavandino e mi do una veloce rinfrescata per poi aprire la porta per uscire.

Troppa fortuna non fa per me, infatti vado a sbattere contro qualcuno.

«Tu? Dio, non farmi anche questo!» mormoro guardando il soffitto sconsolata.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

ed ecco Bella che incontra qualcuno. Di nuovo.

A volte succede nelle grandi città: sembra che non vedi mai determinate persone e poi in pochi giorni le incontri sempre.

Ovviamente qui dentro c’è anche un poco di sfiga!

 

Dunque. Questo capitolo è un insieme di scene che prendono un paio di giorni della prima settimana di lavoro di Lino.

Se proprio devo trovare una parte simpatica… opto nuovamente per il bagno.

Nel complesso però, questo è un capitolo più serioso e, appunto per questo, più lungo. Volevo sbrigarmi ad arrivare alla settimana successiva, dove ci sarà la new entry al lavoro e tutto diverrà più complicato.

 

Vi piace Gary? Io adoro questo nome già dai tempi del Dottore dei tubi e non ho voluto abbandonarlo. Ovvio che anche lui avrà un bel ruolo qui…

Indovinello: chi è? Cosa farà?

 

Nel prossimo capitolo terminerò velocemente il racconto della settimana ed inizierò quella dove anche Edward è presente.

Aspetto quindi i vostri suggerimenti su scene comiche… vi prego, aiutatemi!

 

Grazie per l’attenzione e

Alla prossima

baciotti

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Capitolo 11
*** questioni di corna! ***


 

Ciao a tutti!

Come al solito, dico che faccio una cosa e ne opero un’altra. Questa volta vi è andata bene: avevo predetto di postare il nuovo capitolo a ottobre, ma le mie dita sono volate sulla tastiera ed ho partorito questo.

 

Non l’ho riletto (vergogna) quindi eventuali orrori, segnalatemeli seduta stante! Please!

 

Capitolo con scossone che porterà ad altri scossoni, crollerà il castello di carta che ha messo su Bella? Probabilmente sì ma il divertente è sapere come!

 

Ringrazio sempre tutti quelli che leggono le mie pazzie ed apprezzano… se mi recensite ancora meglio!

Vi lascio al banner di Anto_Pattz (se volete dilettarvi con altre immagini io sono a disposizione! Per ridere c’è sempre posto) e con il solito avvertimento: se volete cose drammatiche e serie questa storia non fa per voi. Io vi ho avvisato

 

 

 

Ed ora… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Bella, che ci fai qui?». Me lo chiedo anche io. Mi sembra di essere rinchiusa in un acquario piccolissimo, dove tutti i pesci si incontrano e scontrano in continuazione.

Avevo appena finito di origliare la conversazione di Edward con Mark, che aveva aperto nuove prospettive alla mia storia con il pavone.

Avevo scoperto che Gary e Edward si conoscevano, tanto per dimostrare come era piccolo il mondo.

E adesso? non mi restava altro che andare a sbattere contro il petto di Jacob!

Se poi, subito dopo, avessi incontrato James in compagnia di Collin, la mia serata di merda sarebbe stata perfetta!

Neanche il triplice pellegrinaggio a Fatima – Santiago de Compostela – Lourdes sarebbe bastato! Ci voleva un esorcista!

«Sto seriamente pensando di andarmi a gettare da una scogliera!» rispondo acida.

«Il suicidio non è mai una soluzione. Vieni, ti offro qualcosa da bere e mi racconti le tue pene» si offre gentile il mio amico.

Beh, un drink, che male può fare?

 

«All... allora. Jake! Mi dici qualcosa di bello?» la mia voce è alta, stridula e balbettante. Da fastidio anche a me! E il singhiozzo?

Dio! Come rimbomba in testa!

«Con questi capelli corti sei davvero sexy» risponde lui accarezzandomi la guancia.

«Non qualcosa di così bello» protesto ridendo. Lo abbraccio quasi sollevata.

Ho trovato qualcuno con cui parlare, che mi conosce e non mi giudica per tutte le cazzate che sto facendo. Non è fantastico?

Chissà perché, allora, mi sembra di stare sbagliando a cincischiare con Jacob... e perché ha un braccio sulle mie spalle? E il suo profumo... non era così nauseante una volta! Che mal di testa.

 

«Ehi, tu! Che stai facendo alla mia amica? Toglile subito le mani di dosso o te le stacco a morsi!» questa deve essere Grace, riconosco la sua voce.

«Dovrebbe lasciare in pace la signorina. Vieni Isabella». E lui chi è? Ah, già! Greg, Gag, Mag, Gar, … Giusto! Gary! Il marines sexy e arrapante, amico di Edward.

Chissà se lui sa perché il mio pavone è fuggito in Europa?

Mio? Da quando? Da... mai!

«E tu chi saresti?». Il cipiglio di Jacob mi sembra più scuro mentre squadra il ragazzone accanto a Grace.

«Un amico delle signorine e tu, invece, un molestatore indesiderato. Non voglio farti male, quindi leva le tende» il tono è decisamente minaccioso, se pur calmo. Fa venire i brividi.

«Io sono Jacob, un amico di infanzia di Bella. Sono anche io di Forks. Voi, invece, non vi conosco» replica tranquillo il ragazzo seduto con me.

Sembrava quasi una gara a chi mi conosceva di più.

 

«Ahahahahah! Volete anche vedere chi fa la pipì più lontano? O chi ha il pene più lungo?». Non riesco a trattenere le risate. La situazione è proprio comica

«Quella del pene interessa anche me» mormora Grace maliziosamente, mentre le scappa una risatina.

«Lasciamo perdere! Io sono Gary e lei è l'amica di Bella, Grace». Il marines fa le presentazioni mentre io ricomincio a ridacchiare, senza sapere il perché.

«Grace, l'amica dell'ex di Bella, giusto?». Finalmente si sono capiti.

«No, l’amica di Bella. Edward non centra nulla con il rapporto tra noi due» puntualizza la ragazza. Sembra anche leggermente seccata di questa cosa.

«Edward era qui» sbotto di punto in bianco, facendo ammutolire tutti quanti. Caspita! Il potere di creare silenzio… non fosse per il rullare di un misterioso tamburo che ho nei timpani delle orecchie…

«Dove? Non l’ho visto! L’hai incontrato? Che ti ha detto? Spero che non abbiate ricominciato a litigare…» sembra preoccupata.

«No. Ho sentito dire a Mark che vuole che io sappia la verità sulla sua partenza» confesso.

«Te la dico io la verità! È un coglione che ti ha abbandonato senza spiegazioni!» sbotta Jacob.

«Tu lo conosci» indico Gary che mi guarda confuso.

«Se parli di Edward Cullen, conosce un mio commilitone, Henry. Questa sera siamo usciti insieme ma poi l’ho perso di vista quando… sono stato piacevolmente trattenuto» conclude sorridendo a Grace che diventa rossa quasi come il suo abito.

«Quindi non lo conosci» ripeto.

«So chi è ma da questo a definirmi amico ce ne passa!» protesta Gary.

 

«Forza, smettiamola di parlare del coglione e andiamo a casa. Ti accompagno io, Bella» si offre Jacob e mi aiuta ad alzarmi dal divanetto.

«Okay» biascico appoggiandomi a lui.

«Bella, sei sicura?» chiede Grace perplessa.

Sono alticcia ma non stupida e la mia amica deve lavorarsi il marines ancora per un po’, quindi è meglio che approfitto di Jacob e mi tolgo dalle scatole.

«Va benissimo... mo... Grace. Jacob mi porterà a casa sana e salva. Io... io posso fidarmi di te, Gary?» chiedo balbettando agli altri due.

«Come dell'esercito degli Stati Uniti» risponde il marines ed io approvo con il saluto militare... peccato che il mignolo mi becca l'occhio.

«Ahi! Meglio che andiamo a casa» mormoro e mi avvio barcollando verso l'uscita.

Qualcuno dovrà spiegarmi come sono riuscita a ridurmi in questo stato abominevole di brilla persa, solamente con uno... due... quattro... ho perso il conto dei drinks.

Ma perché ho bevuto? Edward? Ma dai... è colpa di Jacob! Doveva impedirmi di bere tanto.

La giusta punizione? Portarmi a casa e mettermi a nanna! E magari assistermi al vomito che mi prenderà tra poco...

 

Oggi il cuscino è leggermente più duro e più caldo del solito.

Strano. Si muove anche, lentamente, si alza e si abbassa, come un respiro.

Mi stiracchio allungandomi su di lui... LUI?

All'improvviso spalanco gli occhi: il mio naso è schiacciato su un petto glabro ed abbronzato. Provo a guardare verso il luogo dove dovrebbe essere posizionata la testa del mio cuscino... mento e naso...

«Cazzo! Jacob!» urlo sedendomi di scatto.

Mi guardo attorno. Sono nel mio letto, indubbiamente. Come constato subito, il mio abbigliamento consiste in un canotta sottile, senza reggiseno e uno slip.

«Uhmm... Buongiorno, Bella. Hai dormito bene? Dopo quello che è successo ieri sera...» comincia a dire mentre mi sorride dolcemente e mi carezza la guancia.

«Cazzo! Jacob! Ero ubriaca! Come hai potuto approfittarti così di me?» urlo in modo ancora più acuto.

«Bella, non ho approfittato di te. Sei stata tu che...» ricomincia a parlare ma ancora lo blocco.

«Ti prego, dimmi che almeno siamo stati attenti. Non posso rimanere incinta!» mi prendo la testa tra le mani sconsolata. Mi viene quasi da piangere.

«Non ti preoccupare per questo» risponde divertito.

«Sei sterile?» chiedo e per risposta mi risponde una risata sguaiata.

«Non che io sappia, ma non ho mai cercato di... impollinare nessuna, quindi non saprei dirti. Però non ho avuto gli orecchioni in età adulta, se è questo che intendi» e si alza dal letto dirigendosi in bagno, completamente nudo ad eccezione dei boxer aderenti che avvolgono maliziosi i glutei mascolini e sodi.

 

Come ho potuto fare sesso con Jacob? Ero brilla, non credevo di farlo senza ricordare nulla.

«Dio, che vergogna!» pigolo affondando la faccia tra le mani. Miracolosamente, non ho neanche male la testa, vuol dire che ho smaltito l'alcool di ieri sera... nel modo peggiore.

«Bella, la doccia è tutta tua. Scusami ma devo scappare che tra mezz'ora attacco con il turno all'aeroporto. Ci vediamo questa sera» dice baciandomi la fronte per poi uscire senza aggiungere altro.

Ma neanche un “E' stato bellissimo, grazie amore”? Che cafone!

Scalcio il lenzuolo e mi fiondo in bagno. Ho ancora mezz'ora prima che arrivi Grace e devo iniziare a prepararmi. Meglio non pensare a quello che è successo e affrontare una nuova giornata lavorativa.

 

Come è successo nei giorni precedenti, Grace arriva puntualissima.

«Ciao, Lino! Grandi notizie, ieri sera, poi, sono... ma che è successo al tuo letto?».

In quel momento volto lo sguardo al mio giaciglio che si mostra attraverso la porta aperta della camera e mi accorgo che sembra un campo di battaglia.

«Credo di avere fatto sesso» mormoro affranta sbattendo la testa sul tavolino della cucina, accanto alla tazza di latte.

«Come credo?» sento la perplessità nella sua voce e capisco che sono davvero nella merda.

«Non me lo ricordo!» ormai avrò un bozzo grosso come una palla da tennis sulla fronte.

«Ma avrai chiesto a lui, giusto? Oppure non sai neanche chi sia?». Ma dai! Va bene la battuta ma non bisogna esagerare.

«Era Jacob!» dico con tono di protesta.

«Ha approfittato di te… ubriaca? Ma che bastardo! E poi non si è fatto trovare?». Certo che indovinare non è la principale virtù di Grace, ne azzeccasse una!

«Ho dormito sul suo petto, io in canottiera e mutandine e lui in boxer. È così che me lo sono trovato nel letto questa mattina. Quando gli ho detto che speravo di non essere rimasta incinta si è messo a ridere e che non dovevo preoccuparmi, poi è uscito» spiego riassumendo quanto accaduto.

«Perciò non sarà un problema dimenticare questa faccenda» mormora lei.

«Visto che già non ricordo, direi che siamo sulla buona strada. Solo che mi sento una merda! Dovrò di nuovo dirgli che non è stato nulla per me e che rimarremo solo amici e basta. Peggio di una puttana!» esclamo.

Torno indietro a sei anni fa, quando mi feci consolare da Jacob nel momento dell'abbandono di Edward e questa notte... cosa caspita ho fatto?

«Andiamo a lavorare» mi incita Grace, avanzando verso la porta.

«E tu? Cosa volevi dirmi?» mi ricordo che stava per darmi una notiziona.

«Questa sera esco con Gary» mi confida sorridendo, e passiamo il resto del tempo e la nostra pausa pranzo a parlare del nostro nuovo, affascinante amico.

 

Ovviamente a pranzo, siamo letteralmente assalite da Robert, ansioso di sapere i nuovi sviluppi della nostra uscita e, come in un tacito accordo, dirottiamo il discorso sul marines.

«Quindi avete incontrato un rappresentante dell'esercito... deve avere un fisico davvero bestiale. Ho visto dei pettorali...» e il nostro amico gay si perde in descrizioni deliranti di ricordi di anni passati chissà dove e in quale base militare.

Nessun accenno a Edward o Jacob. Non prima di aver chiarito i fatti.

 

La sera ricevo un messaggio da parte di Jacob.

“Ciao, Bella. Sono dovuto partire per Atlanta. Hanno dei problemi allo scalo. Ci vediamo la settimana prossima. Ti penso sempre. baci”

Accidenti! Ma cos'è? Attiro i messaggi di partenza come una calamita.

Per lo meno, questa volta, mi si evita la figuraccia, le frasi che cercano di mitigare la delusione che sicuramente vedrei nei suoi occhi e le mie lacrime di dispiacere per aver nuovamente ferito una persona alla quale tengo.

Jacob è un amico, è stato un momento importante della mia vita e non voglio dimenticare quanto ha fatto per me. Ma sarebbe ingiusto fargli credere che tra noi possa esserci qualche cosa di più dell’amicizia.

Depressa, mi rifugio sotto le lenzuola, sperando che domani sia migliore.

 

 

§§§

 

Da giovedì sera non ho più ricevuto alcun messaggio da Jacob e questo mi fa intuire che, anche per lui, è stata solo una piccola parentesi e la cosa mi rasserena.

 

Il resto della settimana scorre tranquilla, anche se il mio batticuore si fa sempre più forte man mano che si avvicina lunedì. Se solo ci penso mi sudano le mani e rischio di lasciar cadere un vetrino come mi è capitato venerdì, oppure un piatto come sabato sera al ristorante.

Sono un disastro! Me lo ripete anche Max dalla cucina, mentre Robert mi fa la posta al bancone.

Questi due non hanno altro da fare che impicciarsi della mia vita?

Andassero a sbirciare cosa fa Grace con il suo marines!

In questi quattro giorni, da quando aveva conosciuto il pettoruto e aitante ragazzo, la mora è andata fuori di testa.

Sospira per lui, parla di lui, esce con lui tutte le sere. La scusa ufficiale è che tra due settimane, Gary tornerà a Fort Lewis e non avranno più tanto tempo per stare insieme.

 

«E il sesso? Com’è a letto?». Domanda lecita e rispondere sarebbe cortese…

«Non sono così sboccata! Non ti dirò nulla». Discreta? Lei? La fine del mondo è così vicina da far cambiare personalità alla gente?

«Oppure perché non l’hai ancora fatto» interviene Robert «A proposito, come si chiama? Dai, racconta. Mi stai tenendo all’oscuro di tutto! Non so neanche il suo nome». Sto per rispondere io ma Grace mi blocca.

«E non lo dirò! Anche perché io conosco solo il suo nome, nient’altro. Voglio scoprirlo poco a poco e senza interferenze da parte sua! Sarebbe capace di cercarlo e spiarlo come uno stalker» esclama e Robert fa il broncio come un bambino al quale è stato negato il giocattolo.

«Scoprirlo poco a poco… prima la maglia, poi i pantaloni…» inizio io.

«Poi la canottiera… poi gli slip…» mi fa il verso Robert.

«E non dimentichiamoci dei calzini» esclama Grace ridendo e noi ci accodiamo.

 

Lunedì mattina arriva come una sorpresa! Apro gli occhi e non credo alla sveglia: sono le sei e mezza. Mi sono svegliata presto, come quando ero ansiosa di scartare i regali di Natale la mattina comandata.

«Bella, sei impazzita» mi accuso.

La preparazione mi prende poco tempo e alle sette, quando arriva Grace, sono prontissima.

«Se continui in questo modo, tornerò a prenderti di nuovo alle sette e mezza! Sai che è un tormento lasciare il letto così presto» si lamenta.

«Soprattutto se si fa tardi con un tipino che veste militare» la rimbecco. Lei sorride complice, come se volesse dire “sapessi…” ma non aggiunge nulla ed io sono troppo agitata per l’arrivo di Edward per chiedere altro.

Neanche la colazione riesce ad aprire l’esofago che sembra attorcigliato in un nodo marinaro. Meglio lasciar perdere ed affrontare la giornata… mal che vada posso sempre rifugiarmi nel bagno.

«Speriamo non ti riconosca» borbotta Grace scendendo dall’auto. Ecco! Adesso sì che sono tranquilla!

 

«Buongiorno a tutti» dico cercando di essere allegra. Oggi ho la voce più trans del solito. L’agitazione mi fa brutti scherzi.

«Buongiorno, Lino» risponde allegro John.

«Ciao! Avete già visto il nuovo arrivato?» chiede subito Amanda.

Colin grugnisce dal suo angolo mentre estrae provette dal frigo. Tutto normale, quindi.

«Buongiorno a tutti. Sono Edward Cullen, il vostro nuovo collega» annuncia una voce, seguita da un corpo che mi tende la mano. Le labbra sorridono, gli occhi risplendono ed io vorrei morire seduta stante.

Lui è qui, davanti a me!

“Cervellino del cacchio! Deciditi a pensare qualche cosa di costruttivo oppure ti licenzio senza neanche la buona uscita!”. Niente. Encefalogramma piatto.

Certo che se devo continuare così, tanto vale che mi licenzi subito e me ne torni a casa.

La parola LAVORO riesce a sbloccare il mio corpo e a ricominciare le funzioni motorie.

«Perfetto! Ben arrivato. Dunque, loro sono John, il capo biologo che andrà in pensione alla fine di questo mese, Amanda il chimico e Collin l’assistente di laboratorio» faccio rapida le presentazioni, cercando di non far caso alla sua mano che resta sospesa a mezz'aria.

Congratulazioni Bella, te la stai cavando bene.

«Edward, è un piacere conoscerti, finalmente. Spero che ti troverai bene tra noi. Se ti serve aiuto, non hai che da chiedere. Sono a tua completa disposizione» Amanda pigola il suo invito velatamente sessuale, sbattendo le ciglia come una forsennata. Credo che abbia provocato una tromba d’aria nel bel mezzo del laboratorio, perché vedo Collin che corre a spostare alcuni foglio che sono rimasti in bilico sulla scrivania.

«Ti ringrazio moltissimo. Non mi farò scrupolo di chiedere qualsiasi cosa abbia necessità» risponde il pavone, abbagliandola con un sorriso mozzafiato doc.

«Eccolo di nuovo alla carica» borbotto piano.

«Come scusa?» chiede John che mi è vicino.

«Nulla, nulla» rispondo precipitosamente.

 

«Volete ragguagliarmi sulla ricerca?» chiede Edward, dopo aver indossato il camice bianco.

Cielo! Ma quanto è sexy in bianco?

È solo un pensiero fugace che mi passa per la testa, seguito subito da un altro dove la mano dovrebbe fiondarsi veloce e potente sulla mia stessa guancia, per svegliarmi da questa attrazione.

Cazzo! Ho bisogno di una doccia e sono solo le otto e dieci! Non resisterò altre sette ore in compagnia di questo pavone dalle piume candide… sto dando i numeri, non c’è dubbio.

John si incarica di spiegare lo scopo della nostra ricerca e quanto fatto sino ad ora. Lui si dovrà occupare delle teorie alle quali applicare nuove analisi per testare la pianta in varie situazioni. In pratica precedere e organizzare il nostro lavoro più complicato.

Lavorerò con Edward Cullen, gomito a gomito. Un incubo.

 

«Lino, vuoi fargli vedere i vetrini?» mi richiama John, indicandomi il pavone.

Sorrido titubante ed annuisco avvicinandomi, pronta per il patibolo.

Edward mi fa lo stesso effetto del boia.

«Lino… Oh! Scusatemi, non volevo disturbare» eccolo qui, mister gola profonda in persona. Mi aspettavo di vederlo prima da queste parti, curioso com’è!

«Lei deve essere il nostro nuovo acquisto! Cullen, giusto? Piacere, io sono Robert Albrock… sì, il figlio del capo, ma non si preoccupi, non faccio la spia. Lo sa che è proprio un piacere conoscerla? Adesso scusatemi ma ho bisogno di Swan, il mio biologo è malato oggi e voi siete in due… quindi, John… posso?».

Robert è davvero pazzesco: prende me per un braccio, afferra la mano di Edward e la scuote come se volesse staccarla, ha un sorriso che, grazie al cielo, non gli apre la testa talmente è esteso, ed ha parlato senza mai prendere fiato.

Credo che abbia intimorito un pochino tutti.

«Certo, Robert. Lino, noi continueremo domani. Magari ci vediamo a pranzo» propone John con cortesia. Tanto ci siamo visti una volta sola in tutta la scorsa settimana. Lui va dalla sorella a mangiare e noi cerchiamo di stare lontane da Bree dalle mani lunghe. Annuisco e seguo il mio salvatore senza fare un fiato.

 

«Grazie» dico subito dopo essere uscita. Sono davvero riconoscente a quest’uomo che mi ha salvato da un interminabile calvario.

«Di nulla, ninfetto. Però è solo per oggi. Non posso pararti il sedere ogni giorno» risponde strizzando l’occhio.

«Il mio sedere non ti piace neanche» rispondo io e scoppiamo in una allegra risata.

Robert ha un team davvero simpatico. Joham il chimico mi viene incontro, si presenta ed inizia subito a far battute a raffica sul capo. Ride anche Robert, nonostante si parli di suo padre. Non so perché ma ho la sensazione che non vada proprio d’accordo con il suo vecchio e credo si tratti della sua sessualità. È difficile per uno che potrebbe essere mio padre, figuriamoci per uno che ha l’età di mio nonno. Probabilmente, ai suoi tempi, i gay, li cospargevano di pece e piume.

Arriva anche Zafrina, una donnona afroamericana che ricorda tanto Miss Sara, ma lei è decisamente più socievole e disinvolta. Si occupa dell’informatica perché stanno studiando un sistema di collegamento tra cellule e microchip, una cosa grossa da quanto ho capito.

«Robert, vecchio mio, hai portato in questo antro infernale un ragazzino! Vuoi sedurlo oppure è per me?» chiede strizzandomi la guancia. Spero che il mio trucco non le rimanga sulle dita.

«Per carità! Max mi evira in questo caso e tu sei più pettegola di me! Riley Biers è il nostro assistente. Riley ti presento Lino Swan, biologo del laboratorio 4. Per oggi lavorerà con noi» spiega.

Allungo la mano verso il ragazzo più giovane del gruppo. Sarebbe anche carino se non fosse per il cipiglio con cui mi guarda… direi quasi odio!

Ma gli assistenti fuori di testa li trovo tutti io? Che gli ho fatto a questo?

 

La mattinata trascorre tra le battute di Robert, Joham e Zafrina, mentre Riley sembra sempre taciturno e non si avvicina mai a me.

Io rido davvero di gusto, mi sembra di essere rilassatissima e quando Joham annuncia che è ora di pranzo, sono stupita dalla rapidità del trascorrere del tempo.

Oltretutto mi sembra di aver sempre e solo riso, invece, guardandomi attorno, noto che è stato fatto parecchio lavoro, molto più di quanto ne facciamo noi in un giorno intero.

«Non preoccuparti. anche tu arriverai a questo ritmo, è solo questione di affiatamento ed esperienza» dice Robert, leggendomi nel pensiero ancora una volta.

 

Sulla porta dell’azienda, mentre sto uscendo con gola profonda, vedo una scena che mi fa sorridere: Edward che prende in braccio Grace e la fa roteare mentre lei ride ed lancia urletti deliziati.

Non fosse che conosco i sentimenti di entrambi, potrei essere tratta in inganno da questo affiatamento

«Ciao, bellissima! Mi sei mancata in questi mesi!» dice il pavone sorridendo.

«Oh, rosso! Anche tu mi sei mancato tanto! Non sapevo più chi picchiare per sfogare il nervosismo dell’astinenza». Ecco che riconosco la mia Grace, figurati se riusciva a restare misurata. Deve essere un aspetto che esalta solo con Gary.

«Ehm… mister Swan, ma quella non è la sua fidanzata?».

Una voce squillante, alle mie spalle, mi fa rabbrividire. La donna cannone! Miss Sara che mi perseguita!

«E’ un suo amico» rispondo piccata. Ma che si facesse gli affari suoi!

A parte che in questa ditta sono tutti peggio del gazzettino!

 

«Allora? Che mi racconti?» chiede ancora Edward.

Merda! Devo intervenire, altrimenti salta la mia copertura e divento oggetto sessualmente papabile da ambedue i sessi!

«Ehm… Grace, amore… che fai?» dico spalancando gli occhi. Spero che, anche sotto la montatura degli occhiali, lei legga il mio messaggio silenzioso “Ti prego non fare cazzate”

«Uh! Edward! Mi sono fidanzata! Ti presento il mio ragazzo, Lino Swan» dice cercando di sembrare felice ed elettrizzata da questo annuncio. A me sembra che le stiano togliendo un dente senza anestesia, ma se il pavone se la beve…

«COSA?». Dagli occhi spalancati e la bocca talmente aperta, dalla quale si possono contare le otturazioni dei molari, direi che lo abbiamo stupito!

«Ebbene, sì! Mio caro ragazzo. La nostra Grace ha trovato finalmente il suo compagno di cuore e di letto in questo adorabile ninfetto» interviene Robert, abbracciando le spalle mie e della mora e strizzandole leggermente.

Oddio! Ho dei conati di vomito!

Guardo Grace e mi costringo a non riderle in faccia! Io e lei compagni di letto?

 

«Gr… Grace… ma è magnifico!» balbetta Edward.

«Grazie» borbotta la mia amica.

«Permettimi di farti le congratulazioni, Lino! Hai trovato la migliore ragazza dello stato di Washington con la quale fidanzarti. È davvero una donna che vale oro» dice prendendo la mia mano e stringendola enfaticamente.

Appena i nostri palmi vengono a contatto, sento scorrere una potente scossa che attraversa il mio braccio per poi propagarsi nella schiena.

Esattamente come allora. Come sei anni fa. Scosse e brividi ogni volta che ci sfioravamo. È quasi divertente se non fosse drammatico! Quando mi passerà questa COSA per Edward?

Il mio corpo non può reagire come cacchio vuole! Sono io che comando, non lui!

Oh, no! Mi guarda stranito… l’ha sentita anche lui! No, no, no, no!

Questo non deve succedere.

Ormoni! A cuccia!

 

Come prima, anche ora Robert provvede a togliermi dall’imbarazzo «Che ne dite di andare a pranzo tutti insieme? Abbiamo proprio il bar di fronte!» dice e indica  elegantemente il luogo che ho evitato come la peste in questi giorni.

Ci sediamo unendo due tavoli. Siamo io, Grace, Robert, Edward, Riley, Joham, Collin, Amanda e, con mia immensa gioia, miss Sara.

Considerando che metà delle persone sedute a questo tavolo sono quasi una spina nel fianco… mi sento come una bambolina vodoo.

«Buongiorno signori, sono Bree e oggi sono la vostra cameriera. Cosa posso portarvi?». Ed eccola arrivata la rossa, che non mi stacca gli occhi di dosso e mi vuole spolpare come un cosciotto di agnello.

Mi chiedo se anche io mi sia mai comportata così, in modo famelico, con i ragazzi. Nah! Non credo. Ho sempre avuto amor proprio.

Guardo Edward e mi ricordo di quando andavamo in giro per Seattle. Se lui incontrava i suoi compagni di scuola (soprattutto le ragazze) mi mettevo sulla difensiva e digrignavo i denti se si avvicinavano a meno di un metro.

Mark, una volta mi disse che sembravo un vampiro con voglia di sangue, io ammetto, per amore della verità, di essere stata lievemente gelosa. Proprio solo un pizzico.

Proprio come lo sono ora quando vedo Amanda che si allunga sulla mano del pavone e sorride complice, ricambiata.

In fondo al mio cuore so che quel sorriso non ha niente a che fare con il suo fare seduttivo per la serie “ti consumo le mutande con il calore dei miei baci”, però mi dà fastidio lo stesso e, quel che più conta, mi dà fastidio che mi dia fastidio.

 

“Riusciranno i nostri eroi a fare un pranzo decente, restando possibilmente vive?” chiede il mio cervellino.

In questo momento la situazione è… scottante!

Robert ridacchia e da lui non ti potevi aspettare altro.

Grace chiacchiera amabilmente stringendomi la mano e rispondendo ad Edward che le fa il terzo grado su di me. Ma che vuole questo? Non confesserò mai quante volte vado in bagno in una giornata!

Riley mi squadra con odio e furore, ha le labbra strette in una linea dura e gli occhi dove si distingue chiaramente la venetta nera. Ho quasi paura.

Collin divide gli sguardi di odio tra me e Edward. Chissà perché?

Amanda pigola e miagola con il pavone. Ci manca solo che si sbottoni un altro passante della camicetta e tutti potremo avere un buon panorama sulla situazione del suo reggiseno.

Bree continua a strusciarsi contro di me ogni volta che passa acconto ai tavoli. Una volta il fianco, una volta il sedere… una volta mi ha quasi fatto mettere la testa nella ciotola dell’insalata mista che ho ordinato! Questa è pazza!

Miss Sara sorride come se avesse mangiato un gatto ed ha l’aspetto di chi ha scoperto la verità assoluta. Quale? Dovrò chiedere a Robert, tanto quei due pettegoli si intendono!

L’unico normale è Joham e parlerei volentieri con lui, non fosse dall’altra parte del tavolo e non è il caso che urli.

Pertanto intervengo nella discussione generale e rispondo a monosillabi, continuando a guardare ansiosa il mio orologio! Ancora venti minuti di agonia collettiva.

Se sopravvivo a questo, giuro che non mi lamenterò più delle riunioni famigliari di casa Swan! Anzi, farò anche un regalo a zia Cornelia, il mio mito in fatto di donne single ed indipendenti! (a parte la sua insistenza nel sapere se finalmente mi fidanzo anche io oppure no… curiosità bizzarra per una che ha rifiutato una schiera imbarazzante di pretendenti per restare libera con il suo gatto).

«Ma dov’è la cameriera? È sempre appiccicata al tuo sedile ed adesso non si trova! Vado a prendere una bottiglia di acqua» dice Grace alzandosi.

 

Nel momento in cui lascia la mia mano e sposta la sedia, ho una sensazione di vuoto che mi stringe lo stomaco e la chiara percezione che qualcosa sta per succedere.

Sento il campanellino della porta che viene aperta e vedo un armadio con due gambe che si avvicina velocemente a Grace quando lei ha fatto solo due passi.

«Ciao, splendore. Mi mancavi e sono passato a farti un saluto» dice Gary guardandola negli occhi per poi abbracciarla e darle un bacio appassionato davanti al nostro naso.

Il silenzio che ne scaturisce si può tranquillamente affettare e vendere a tranci!

Quando si staccano ansanti, esplode il caos.

«Grace!» questo è Edward.

«Gary!» Robert.

«Papà!» Gary.

«Edward» Grace.

«Lino!» Bree.

«Bree!» Riley.

«Cullen» Amanda.

«Amanda» Collin.

«Swan» Joham.

«Bagno!» io, che mi alzo di corsa e volo verso quello che mi sembra essere l’unico posto con un pochino di privacy in quel porto di mare.

Credo di dover fare il punto della situazione!

Chissà se qualcuno ha un pezzo di carta e una penna per gli appunti?

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

Ragazzi, questo capitolo mi piace, soprattutto verso la fine… anzi, l’ultimo paragrafo.

La cosa importante è che abbiamo scoperto chi è Gary, o non l’avete capito?

Questo bacio scombussola un pochino le carte e la povera Bella dovrà trovare un’altra soluzione che le faccia da parafulmine contro tutti gli indesiderati del posto.

Riley e Collin odiano Lino. Tranquilli, non è che il lavoro che fanno porti in dote anche l’antipatia ai biologi. La ragione è molto più prosaica.

Chi mi sa dire quale?

 

Nel prossimo capitolo ci sarà di nuovo il bagno… non so perché ma questo ambiente ispira sempre scene fantastiche e ne ho in mente una davvero carina… e ovviamente imbarazzante per il nostro/a eroe/eroina.

 

Non mi resta che ringraziarvi per l’attenzione ed aspettarvi alla prossima.

Baciotti

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Capitolo 12
*** io lo amo. Merda! ***


 

 

Ciao a tutti!

Confesso: non ci credo neanche io! Sono ispirata! Ho scritto il capitolo davvero di getto e, se devo essere onesta, lo ritengo uno dei migliori capitoli di questa storia.

Quando rido mentre scrivo è davvero divertente ed io ho riso.

Quando piango mentre scrivo è davvero commovente e strano per una come me, ed io ho pianto una lacrimuccia.

Quando si riesce ad avere questi attimi in uno stesso capitolo allora si raggiunge il massimo, secondo me, e qui ci sono tutti e due.

 

Se non riderete e non vi commuoverete… beh, siete proprio tipi tosti! Complimenti.

Detto questo ringrazio tutte le dieci recensioni arrivate, chi ha letto la storia ed apprezzato e chi ha inserito la stessa in una delle liste speciali per non perderne neanche un pezzetto.

 

Ragazzi, è sabato sera, buon weekend… divertitevi senza pericoli! Questo è per voi!

 

Due ultime cose: grazie Anto_Pattz per il banner… se volete solo cose drammatiche passate oltre.

 

Mi scuso ancora per non aver rispettato una settimana di postaggio ma quando mi sono accorta di aver terminato il capitolo nel migliore dei modi… non ho resistito.

 

 

 

E ora…BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Quando si staccano ansanti, esplode il caos.

«Grace!» questo è Edward.

«Gary!» Robert.

«Papà!» Gary.

«Edward» Grace.

«Lino!» Bree.

«Bree!» Riley.

«Cullen» Amanda.

«Amanda» Collin.

«Swan» Joham.

«Bagno!» io, che mi alzo di corsa e volo verso quello che mi sembra essere l’unico posto con un pochino di privacy in quel porto di mare.

Poteva un bacio solo scatenare l’inferno peggio di Russell Crowe e i suoi gladiatori nell’arena? Sì. Decisamente sì.

 

«Papà?» Grace aveva focalizzato cosa aveva detto Gary.

«Chi è lui?» chiede Edward curioso.

«Ma non eri fidanzata con Lino Swan» sento appena Amanda che obbietta e Robert che risponde per lei .

«No, in realtà loro due sono solo amici. Allora, figliolo, cosa ci fai da queste parti, attaccato alla bocca della nostra cara Grace?» sento sfumare la voce di Robert mentre entro in bagno e chiudo la porta.

Mio Dio! Al peggio non c’è mai fine!

E adesso? come me la cavo con Grace che mi ha messo le corna? Devo fare l’amico a cui non importa? L’ex incazzato che la vuole picchiare? E poi Gary, figlio di Robert, nipote di Ronald, erede della fortuna Albrock che mi ha visto come donna! Spero che Grace lo istruisca a dovere e non mi scopra.

 

«Lino, sta bene?» sento una voce dolce e titubante che mi chiama da dietro la porta. Ma santo cielo! Neanche in bagno si può stare tranquilla? Ops! Domanda retorica visto quello che mi è successo negli ultimi giorni!

«Bree, cosa ci fai qui?» chiede un’altra voce.

Ricapitoliamo! Quella sanguisuga di rossa mi ha seguito in bagno e, a sua volta, è stata seguita da… Riley?

«Ero preoccupata per Lino… mister Swan. Quello che gli ha fatto quella ragazza…». Oh che tenera, si preoccupa per me!

«E’ stato semplicemente mollato perché Grace ne ha trovato uno migliore. Come hai fatto tu con me!». Riley e Bree? Ma dai!

«Non usare quel tono con me. Non ti sei mai fatto avanti, non hai mai detto che ti interessavo». Impara, ragazzo! Le donne devono essere rassicurate!

«E il fatto che fossi sempre qui ogni momento libero? Ti ho portato anche dei fiori!». Ma allora è Bree che non ha mai capito nulla.

«Fiori di campo! E poi non è neanche quello l’importante… cosa vuoi da me? Parla chiaramente una buona volta, oppure lasciami in pace!». Brava Bree. Mettilo alle strette!

«Cazzo, Bree! Come te lo devo far capire? IO TI AMO! Se vuoi ti faccio anche lo spelling… mi metto in ginocchio… mi strappo gli occhi, il cuore non posso perché è già tuo!». Questa frase vale la pena di essere sentita almeno una volta nella vita di ogni donna. “non posso strapparmi il cuore perché è già tuo” mi sono messa una mano sul mio e mi è sfuggito un singhiozzo emozionato, esattamente come a Bree, dietro la porta del mio cesso.

«Finalmente, Riley. Era tanto che aspettavo ti decidessi» risponde la rossa con una voce tremante e dolcissima.

 

Di natura non sono curiosa ma adesso voglio proprio sapere come va a finire questa storia. Chissà se lei accoglierà lui? Si metteranno insieme?

Lieto fine stile “e vissero per sempre felici e contenti?”…

Ecco una piccola nota stonata. Per me non è stato così. Io ero davvero felice e contenta con il mio bel principe azzurro e lui… mi ha lasciato con un semplice messaggio sul cellulare!

«Ti amo, Bree» ripete Riley con trasporto.

«Ti… ti amo anche io, Ry. Volevo solo che me lo dicessi» si giustifica, Bree, con voce passionale.

Poi non sento più nulla…

Oh, no! Mugolii… schiocchi…

Qualcuno sbatte la porta del mio cesso. Devo dire “occupato”?

Sento gemiti… sospiri…

«Oddio, Bree. Quanto ho sognato questo momento…» il bisbiglio di Riley si fa sempre più flebile.

Una zip! Questo è il rumore di una zip!

No! Ragazzi! Non potete fare l’amore in un bagno di un bar… che poi a me non ne frega nulla. Ma dai! Non a pochi centimetri da me!

Fate finta che io sia ancora pura e illibata! Ma che vergogna!

Mi sento tutta rossa in faccia!

«Oh, sì… Ry» miagola la ragazza. Probabilmente è già partita per orgasmolandia.

«Uhmm… mutandine di pizzo…» sento Riley che mormora con tono di apprezzamento.

E no! Va bene tutto ma non devo assistere alle performance sessuali di due ragazzi allupati! Questo è troppo per me.

 

Apro di scatto la porta del cesso dove mi ero rintanata e sbircio fuori.

Accanto ai lavandini, vicino alla porta di uscita, ci sono due piovre avviluppate tra loro. Non credo di poter distinguere a chi appartengano le braccia o le gambe… a occhio direi che sono le solite quattro più quattro, quindi tutto normale.

«Non fate caso a me…» borbotto mentre mi avvicino alla porta.

«Uhmm… sì…» stanno ancora gemendo e si rotolano sull’anta che dovrei aprire. Adesso è Bree che si spalma e spinge su Riley.

Potrei anche assistere allo spettacolo e prendere appunti per eventuali future performance in altri bagni. Magari scopro qualche cosa di nuovo.

Onestamente, però, non mi interessa, quindi cerco di spostarli per poter uscire da quel luogo pieno di lussuria.

Chi l’avrebbe detto che i bagni ispirano tanto?

Sono prigioniera di due assatanati che, a vedere come ci danno dentro, non scopano da mesi!

Vi prego! Mi viene quasi da piangere! Io voglio solo uscire.

«Uhmm… ancora… ah…» e rotolano ancora superando il battente per trovarsi di nuovo sul muro piastrellato. Okay! Sono libera.

Non aspetto un minuto di più ed esco veloce come un ghepardo.

 

Non avevo ancora ragionato abbastanza sull’accaduto nel bar durante il pranzo, e visto le urla che mi accolgono, quasi mi pento di essere fuggita dal bagno.

«Che cosa vuoi ancora da me? Non ti è bastato distruggere la mamma?». Vedo Gary che urla contro Robert. I suoi occhi lanciano lampi e il suo collo è gonfio, sembra pronto ad esplodere.

«Gary, per favore. Non potevo stare con tua madre e lei non voleva capire. Non si è mai sforzata di capire» cerca di dire suo padre.

«Ti chiedo una cosa sola, papà. Stai fuori dalla mia vita» dice Gary, per poi rivolgersi a Grace «Piccola, mi dispiace ma non possiamo più vederci. Non voglio incappare in lui. Mi dispiace». Vedo la mia amica che si porta una mano alla bocca, sconvolta e con gli occhi lucidi e mi monta una rabbia cieca dentro.

Come osa quel deficiente di un marines a trattare così una ragazza così dolce?

 

Mi avvicino con passo deciso e sento che anche Edward cerca di prendere le difese della nostra amica.

«Ma cosa centra Grace? Lei non ha nulla a che fare con tuo padre. Lavora qui e basta» dice il pavone.

«Io non vengo mai a trovare mio nonno in ufficio proprio per non incontrare lui» e lo indica, alzando nuovamente la voce.

«Quindi potrai continuare così e vi vedrete fuori, come avete fatto sin’ora. Che differenza c’è?» intervengo io mettendomi davanti a Gary e guardandolo fisso negli occhi.

Evidentemente l’ho distratto, perché mi fissa stupito, poi si decide a parlare.

«Ma tu sei…». Ops. So già dove vuole andare a parare ma non è il caso e lo blocco.

«Lino Swan. Un amico di Grace. Andiamo a parlare fuori, tra uomini ci si capisce…» e cerco di spingerlo.

Meno male che collabora oppure rischierei una lussazione alla spalla per lo sforzo.

«Non preoccuparti per me, Gary. Non ho intenzione di opprimerti con  la mia presenza. Non ti ho mai obbligato in questi anni e non inizierò adesso» dice Robert, prima di allontanarsi, seguito da Joham.

 

Siamo rimasti solo noi quattro ed io trascino Gary fuori, accanto all’entrata del bar, mentre Edward abbraccia e consola una Grace disperata e in lacrime.

«Dimmi, Gary, ti piace vederla in questo stato? Perché starà così per parecchi giorni a causa tua. Che differenza c’è se lei lavora qui? Non sei mica obbligato a passare a trovarla in ufficio. Sarebbe come vedere tuo nonno… oppure mi dici che non vedi mai Mister Albrock?» chiedo.

«Lo vedo a casa… ma tu sei Bella o il suo gemello? Siete identici» eccolo qua. Non apprezzerà suo padre, ma ha lo stesso occhio lungo.

«Ti prego, non mi scoprire… ti dirò tutto, promesso. Però ti prego, non lasciare Grace. Non sai come era felice in questi quattro giorni che vi siete visti» dico implorante.

Lui alza lo sguardo e fissa la ragazza che sta ancora piangendo. Poi si riscuote e mormora «Sono proprio uno stupido» e corre da lei.

Sembra quasi la scena di un film: la strappa dalle braccia dell’altro e la bacia, la abbraccia, la stringe, la coccola e le dice «Perdonami… ti prego, perdonami» ripetendolo all’infinito.

Sono commossa ed ho quasi le lacrime agli occhi.

Edward si posiziona accanto a me e tutti e due sorridiamo quando vediamo che lei gli risponde sì, che lo perdona e lo bacia con trasporto.

Sono davvero felice per Grace, perché Gary mi sembra un bravo ragazzo e poi, se Robert è il padre e Ronald il nonno, non può essere cattivo.

Vedo il pavone che mi tende la mano come a congratularsi ed io la stringo entusiasta. Non l’avessi mai fatto! L’ennesimo brivido di eccitazione mi attraversa.

Maledizione agli ormoni! Devo sedarli in qualche modo!

«Meglio che torniamo al lavoro… la nostra pausa è finita da un pezzo» pigolo e corro al laboratorio di Robert.

 

«Hai visto Riley?» chiede distrattamente il capo.

«Aveva un problema impellente in bagno… dovrebbe essere qui tra poco e… decisamente sollevato» rispondo enigmatica.

In altre occasioni avrebbe insistito per capire a cosa mi riferivo, ma oggi, con la piazzata di suo figlio, dubito riesca a concentrarsi a lungo. Infatti…

«Scusatemi. Vado un attimo da mio padre e poi a casa. Non mi sento bene. Ci vediamo domani» e si toglie il camice, uscendo.

«Povero Robert» sento dire da Zafrina «Adora suo figlio ma l’ex moglie, che il signore perdoni la sua anima nera, non gli ha mai perdonato lo scandalo e ha cresciuto Gary nel culto dell’odio verso suo padre». Che storia triste.

«Anche il vecchio Albrock nel tempo, è riuscito a tollerare le tendenze di suo figlio e ad avere un minimo di rapporto civile con lui» rincara Joham.

Non ho mai pensato seriamente alle difficoltà a cui un gay che fa outing, si sottopone durante la sua vita. Ancora oggi che siamo più tolleranti di un tempo, la società ha molte difficoltà per accettare.

Obbiettivamente, quale è la differenza tra due uomini brillanti e laureati se a uno di loro piacciono gli uomini? L’altro è più intelligente? Che cazzate!

I gusti sessuali non dovrebbero essere così discriminanti.

 

Quando arriva il momento di tornare a casa, sono esausta e non vedo l’ora di farmi una doccia e andare a dormire. Nell’atrio del palazzo incontro anche Grace che mi sta aspettando in compagnia di Edward.

«Allora? Tutto sistemato con Gary?» chiedo ancora preoccupata per lei.

«Sì, ci siamo chiariti e domani mi porta fuori a cena per parlare in campo neutro» risponde titubante. Si vede che cerca di essere ottimista, speriamo che la cosa funzioni.

Non penso neanche che sia già innamorata di Gary, lo conosce da pochissimo. Però, sicuramente le piace ed è molto interessata. Interrompere a questo punto, lascerebbe un grosso interrogativo su come sarebbe potuto essere e, per esperienza, so che non c’è nulla di peggio.

Mentre formulo questo pensiero guardo Edward. Il mio come sarebbe potuto essere.

«Dai! Ti accompagniamo a casa, così potrò salutare Bella» dice Edward sorridendo. Ah! Ecco il suo scopo!

Serve un’idea… veloce!

«Mi dispiace ma Bella è andata a Forks da suo padre per tutta la settimana, tornerà la prossima» rispondo.

«Oh» replica visibilmente deluso, poi tenta di fare un sorriso forzato «Sarà per un’altra volta».

 

Quando, qualche ora dopo, tocco il letto e piombo immediatamente in un sonno profondo, dove un paio di occhi verdi e piccole scariche di piacere, mi inseguono. Non so se essere spaventata o meno, ma quando mi sveglio nel cuore della notte, non riesco più a prendere sonno, sino a che il timido grigiore dell’alba spazza via il buio completo.

 

§§§

 

«Sono preoccupata» mi confida Grace mentre facciamo colazione al bar.

Siamo servite da una sorridentissima Bree che saltella da un tavolo all’altro, come una cavalletta e continua a fare risatine francamente irritanti.

«Pevché?» difficile rispondere con la bocca piena.

«Gary non mi ha chiamato ieri sera. Quando non usciamo insieme, passiamo almeno un’ora al cellulare» mi risponde con tono abbattuto.

«Grace. Ti prego, niente drammi. Ieri è stata una giornata difficile, non puoi pretendere che si dimentichi di tutto. Questa sera parlerai con lui e metterete a posto le cose. Poi, scusa, ne parli come se usciste da mesi!» la consolo e mi bevo il succo d’arancia.

«E’ difficile perdere le buone abitudini, anche se le hai da due giorni! Poi oggi torna il grande capo… ho paura che vorrà il mio scalpo quando saprà che ho tentato di traviare il suo adorato nipote. Giuro che non sapevo che fosse suo nipote, parlavamo di altro… non sapevo neanche come faceva di cognome!» protesta.

«Non che tu sia Einstein, ma è probabile che avresti capito che forse erano parenti se te lo avesse detto». Insomma.

«Facevamo altro e quando parlavamo… gli argomenti erano diversi. L’ultima cosa che mi preoccupa… perché Bree non ti fa più la posta? Forse questa è la cosa più inquietante» ed indica la cameriera con una occhiata.

Sorrido sorniona! Per una volta la fonte del gossip sono io! «A questo ti posso rispondere. Ieri lei e Riley, si sono rotolati nel bagno scoprendosi perdutamente innamorati» confido.

«E lei è anche palesemente soddisfatta! Grrr, che rabbia! Anche io voglio fare ginnastica da camera!». Con Gary presumo. Chiamala scema!

«Tranquilla, dubito che riuscirai a trattenere ancora per molto le mani del tuo marines».

«Lo spero» mormora pensierosa.

Inutile, è tesa come la corda di un violino. Anche io spero che Gary metta giudizio: sono questioni diverse, Robert non ha nulla a che fare con Grace.

 

«Ciao, Grace. Ciao, Lino» ci saluta Edward tutto allegro e pimpante. Che palle! Poteva aspettare ancora dieci minuti? Sospiro e mi rassegno alla recita giornaliera. Era molto più semplice quando ero fidanzato e parlavo solo con Grace nel tempo libero.

«Ciao, Edward. Sei sopravvissuto al primo giorno, nonostante tutto quello che è successo» si complimenta Grace.

«Sono una roccia, lo sai! Però non ho capito una cosa: perché voi due stavate insieme per finta?» ecco la prima domanda della serie che mi assalirà per tutta la giornata, oltre alle affermazioni poco simpatiche contro Grace che mi ha messo le corna. Sono sfinita ancora prima di cominciare.

«Lino è stato assalito sessualmente da Miss Sara. Hai presente la grassona di ieri? Lei» Grace si incarica di spiegare. Grazie amica mia!

«Che orrore! Cioè, scusate, non che non sia bella… ma… è… okay sto zitto» biascica diventando rosso non appena si accorge della gaffe. Non sarà una bellezza ma non si denigra il fisico di una donna, soprattutto davanti ad altre donne… okay una donna e un finto uomo, ma tanto lui non lo sa.

«Ecco, bravo. Contieniti. Tornando ai fatti, Lino è stato quasi assalito e per far sì che Miss Sara non andasse a lamentarsi dal capo, ho fatto finta di fare sesso con lui nel bagno» finisce di spiegare come se stesse elencando la lista della spesa.

Io sono arrossita, per me e per lei. Edward è scoppiato a ridere e si asciuga le lacrime.

«Avete… avete finto un amplesso su un water?» chiede tra i singhiozzi.

«Con tanto di gemiti e urla. Ho ricevuto anche tre richieste per prestazioni sessuali. La mia performance ha fatto il giro del palazzo» si vanta Grace.

«Io ero fermo a due… e poi perché a me non sono arrivate proposte?» in un certo senso mi sento offesa. Se la mia ragazza era rimasta soddisfatta, il merito era anche del mio arnese… ma che sto dicendo? Io non ho un arnese!

«Scusami, caro. Ho fatto circolare la voce che avrei strappato i capelli a chiunque ti avesse avvicinato. Non volevo risultare una cornuta» mi spiega.

Certo! Visto quello che è successo ieri, il cornuto sembro io!

«Lino, non ti preoccupare, ora che sei di nuovo sulla piazza, avrai tantissime richieste» mi consola il pavone. Oddio! Peggio che andar di notte!

«Andiamo a lavorare… è meglio» e cerco di chiudere questa discussione imbarazzante.

 

Le speranze sono le ultime a morire… così dicono. Oggi sento battutine sul presunto tradimento di Grace da parte di Collin, con una frequenza da mitra.

Qualcuna anche carina, devo dire.

«Collin, adesso però basta! Il povero Lino starà già soffrendo, non aumentiamo il suo disagio» Amanda, bella e materna, mi coccola con garbo. Sono commossa.

Lo sguardo assassino dell’assistente che segue queste parole, mi fa stare meno bene. Credo voglia squartarmi.

«Non esageriamo, Amanda. Io e Grace siamo solo amici, abbiamo fatto finta per far tacere Miss Sara» spiego, cercando di sedare la discussione. Pietà.

«Se ti può interessare, ho sentito dire che Beth Crowley del reparto contabilità, ci terrebbe proprio ad uscire con te» mi confida John.

«Oh, no! Ti prego, non anche tu! Ma siete così interessati alla mia  vita?» esplodo. Non posso crederci.

«A dire il vero mi interessa di più quella di tua cugina» borbotta seccato Edward, credendo che nessuno lo senta. Non riesco a trattenere un sorriso.

Io sono il suo come avrebbe potuto essere, come lui è il mio… forse dovrei…

No! Assolutamente, definitivamente no! Bella non pensarci neanche, te lo proibisco! Sto parlando da sola con la mia testa… ho bisogno di una pausa.

«Vado a prendere un caffè» annuncio sgattaiolando fuori.

«Ti accompagno» il mio incubo. Non si potranno uccidere i sogni, ma il pavone è in carne ed ossa e se non la pianta di tormentarmi lo faccio fuori!

 

«Ho la sensazione che dovrai trovare velocemente un’altra soluzione altrimenti questa cosa di Grace non te la leverai più. Questo posto è peggio di un pollaio. Anche al liceo eravamo più discreti» si lamenta Edward.

Ordiniamo una tazza di caffè macchiato ed io mi avvento sulle noccioline salate che sono sul bancone. Languorino da nervoso.

«Purtroppo credo che dovrò darti ragione. Spero che questa storia non vada avanti per molto o mi dovrò trovare un’amante» rispondo infilandomi in bocca le arachidi.

Sto tranquillamente ragionando sui fatti miei, cercando di non pensare al fatto che Edward è seduto sullo sgabello accanto, quando mi sento colpire da una manata sulle palle, decisamente ben assestata, che mi fa andare di traverso la nocciolina.

«Come va, Lino Swan? Hai visto la mia Bree? È stupenda! Volevo solo dirti di non provare a portarmela via, o te ne farò pentire» il sorriso sulle labbra di Riley contrasta decisamente con il suo sguardo duro e minaccioso.

Oh mamma! Sono stato minacciato da un fidanzato geloso di una ragazza che mi dava il tormento! Che devo rispondere? Che non è il mio tipo per ovvie ragioni?

 

A dire il vero, vorrei rispondere ma mi ritrovo a boccheggiare per mancanza di ossigeno!

La nocciolina deve essersi incastrata in gola ed io sto diventando cianotica… non respiro… AIUTO!

Edward vede Riley allontanarsi e ride, visto che ha sentito anche lui la minaccia, neanche tanto velata.

«Caspita, Swan! Ma sei un drago con le donne! Quasi quanto me» e continua a sogghignare della sua stessa battuta mentre io comincio a sbattere la mano sul bancone, con gli occhi e la bocca spalancata in cerca di aria.

«Che c’è?» finalmente ne se è accorto!

«Sei rimasto senza parole?» ho sempre pensato fosse un cretino! Ora ne ho la conferma!

«Stai male?» ma è una volpe! Lo guardo negli occhi e indico la gola.

«Oh cazzo! Stai soffocando!» complimenti genio!

Si alza di scatto e si posiziona alle mie spalle, poi mi abbraccia da dietro e mi propina la manovra di Heimlich.

 

«Che c’è Swan? Cullen ti sta consolando?» Riley ripassa in quel momento di fronte a noi. Edward mi assesta una spinta. Niente.

Ho bisogno di aria… ti prego Signore! Un’altra spinta. Niente. Sento le braccia di Edward che si posizionano meglio al di sotto del costato e premere ancora.

Finalmente, dalla mia bocca aperta, vola fuori la nocciolina di ragguardevoli dimensioni, che colpisce in pieno l’occhio di Riley.

Un cecchino non avrebbe saputo fare di meglio.

Vedo il ragazzo coprirsi mezza faccia con una mano e mugolare dal dolore.

«Cazzo! Sei uno stronzo, Biers! Ben ti sta! E la prossima volta stammi alla larga o non sarà solo il tuo occhio a farne le spese» strillo incazzata, mentre cerco di fare lunghi respiri.

«Fossi in te gli darei retta» rincara Edward «La famiglia Swan è famosa per saperci fare con coltelli e armi da fuoco» e lui certo lo sapeva per esperienza.

Riley si rifugia tra le braccia di una Bree stupefatta e noi ci avviciniamo alla porta.

«Tutto bene?» chiede Edward preoccupato, dopo che ho bevuto un poco di acqua. Annuisco senza dir nulla, mi stanno ancora tremando le mani e non vorrei fare danno. Però, che bella sensazione stare tra le sue braccia… anche se stavo per soffocare.

In silenzio torniamo al laboratorio.

Se questa doveva essere una pausa rilassante… povera me!

 

§§§

 

«Così hai rischiato di morire soffocata?» chiede ancora Grace, mentre le arrotolo l’ultima ciocca sul ferro e ne creo un boccolo perfetto.

«Stavo per lasciare questa valle di lacrime e lui era vicino a me che se la rideva. Sarà anche laureato ma ha il comprendonio di un lombrico in salamoia. Finito, sei perfetta». Era almeno un’ora che stavo aiutando Grace a sistemarsi per l’uscita a cena con Gary. Tra poco meno di un’ora sarebbe arrivato.

«Sono in ritardo! Non ce la farò mai ad essere pronta!» pigolava lei ogni due minuti.

«Certo che ce la farai! Siamo o non siamo delle esperte di trucco? Ormai la mia trasformazione sta facendo passi da gigante, riesco a truccarmi in venti minuti scarsi, tu, come tavolozza, sei molto più semplice!» esclamo consolandola.

«Per il resto, come è andata con Edward oggi?» cerca di cambiare argomento, mentre io inizio ad applicarle il fondotinta.

«Dopo il bar? Bene, anche se gli sono stato alla larga, ma oggi eravamo a un punto cruciale in laboratorio ed eravamo tutti concentrati. Anche Collin ha smesso di darmi il tormento!» confido.

«Uh! Allora era una cosa seria. Quello è come la coda della lucertola: si muove ancora anche quando l’hai mozzata!». In effetti, Collin era infido come un rettile, pur non avendo la coda.

«Certo che non avrei mai detto che Riley fosse così stronzo» dice riferendosi allo scherzo di oggi.

«Lasciamo stare, è solo innamorato e geloso. Solo che deve stare attento alla sua donna, non a me» rispondo.

«Non è il tuo tipo, eh?» e mi fa l’occhiolino dallo specchio.

«Decisamente no» e scoppiamo in una allegra risata.

 

Appena finito il trucco, aiuto Grace ad infilarsi il vestito  verde acqua che ha deciso di indossare. Un semplicissimo vestito in jersey che la avvolse sinuoso, rivelando le curve del suo corpo senza soffocarlo.

«Sei deliziosa. Se Gary non capitola subito e ti salta addosso potrei farlo io!» confesso, facendola sorridere riconoscente.

«Diventeresti lesbica per me? Ti amo anche io, Bella... ti prego, non farmi piangere» dice sorridendo commossa. In questo momento non capisco se davvero lo è oppure mi sta prendendo per il culo. Non credo che sia incinta, quindi ormoni strani che danno ridarella e lacrima facile non la dovrebbero riguardare… meglio non indagare oltre.

 

Sono ancora in camera mentre ripiego e ritiro gli altri trecentocinquanta abiti che ha tirato fuori dall’armadio prima di scegliere il primo uscito dalla tombola, quando suonano il campanello.

«E’ lui! È lui! Che faccio?... come sto? Bella?» attacco di delirio imminente!

«Fai un bel respiro e vai ad aprire la porta!» la spingo e mi nascondo dietro lo stipite della camera, per godermi la scena.

«Oh! CIAO, EDWARD!» urla Grace.

Cazzo ci fa qui il pavone? È un incubo… comincio seriamente a pensare di farlo fuori.

«Ciao, Grace. Scusami se ti disturbo proprio adesso che stai per uscire con Gary, ma… senti, ci ho pensato e voglio il numero di Bella. Devo assolutamente parlarle. Ti prego, non mi far fare l’investigatore, sai che potrei ma vorrei essere civile. Quindi… ti prego, il numero». Mi sbatto una mano sulla fronte e sospiro. Che cavolo. Mi volto e vedo il cellulare della mia amica, tranquillamente adagiato al centro del letto.

«Oh, no» mormoro sconsolata.

Sento Grace che risponde di aspettarlo un attimo che deve prendere il cellulare ma, conoscendo il pavone, sono sicura che lui la seguirà sino in camera. Devo nascondermi!

Mi guardo intorno velocemente… armadio? Nah! È pieno da scoppiare! Dovrebbe dare un po’ di abiti in beneficienza… trovato! Sotto il letto!

 

Scivolo sotto il talamo della mia amica e mi scontro con un borsone, una scatola di scarpe, una ciabatta da uomo in peltro e… Dio, Grace! Che orrore! Una cartina di preservativo! E… cos’è questo? Biglie d’acciaio… giochini erotici!

Sposto tutto in modo da riuscire a farmi piccola li sotto, senza toccare nulla di tossico.

«Allora… ah, eccolo qui, la mia rubrica… Edward, perché non hai aspettato di là?». Grace, non lo avresti mai convinto, fidati.

«Così facciamo prima, dai mandami un messaggio» incita lui sbrigativo, mentre si siede sul letto senza tante cerimonie, ed io sbatto il naso sul pavimento mentre una marea di polvere si abbatte su di me.

«Te lo detto, ho lo smalto fresco e non riesco a schiacciare questi maledetti tastini… eccolo qui. Bella: 555 235 825 contento?» chiede retorica, poi sbuffa, probabilmente alla faccia soddisfatta del pavone e lo spinge fuori dalla camera.

Grande Grace! Ha invertito gli ultimi due numeri.

«Vai adesso! Sta arrivando Gary, non vorrai rovinare il mio appuntamento?». Sapendo quanto ci tiene, dubito che anche Edward si azzarderebbe a tanto.

«Ma quella… è la sciarpa di Bella» esclama. Cazzo! Ho lasciato le mie cose sulla poltrona!

«No! È mia, me l’ha regalata anni fa» risponde pronta Grace.

Sento un sospiro sconsolato di Cullen e aguzzo le orecchie… che succede ora?

«Allora è vero che non vuole avere più niente a che fare con me. Quella sciarpa l’abbiamo comperata insieme un pomeriggio subito dopo il diploma. Io ho ancora la mia…».

 

Cos’è questo groppo che sento in gola? Perché sento una gran voglia di piangere e di stringerlo tra le mie braccia?

Ricordo quando abbiamo comperato quelle sciarpe. La mia era etnica con colori bianchi, neri e mattone con punte di giallo, tipici disegni delle Ande, come piaceva a me in quel periodo. Lui aveva riso quando io gli avevo messo al collo una con colori sgargianti tendenti al giallo sole, arancio e verde prato, e dopo una estenuante lotta, eravamo arrivati al compromesso di prendere una a righe con gli stessi colori della mia.

Io dicevo che quello era il nostro anello di fidanzamento e lui ringraziava per aver risparmiato i soldi di un diamante. “Per il matrimonio”, rispondevo io facendolo sbiancare.

Quante risate e quanto amore sotto quelle sciarpe.

«Edward» sento dire a Grace, ma anche lei è senza parole, come me che sto trattenendo il fiato per non scoppiare in singhiozzi.

«Lascia stare… le parlerò. Voglio solo parlarle e chiederle scusa. Voglio solo spiegare quel che è successo, poi uscirò dalla sua vita per sempre, se vorrà». Non ho mai sentito un tono di voce più tetro e sconfitto.

«Edward, non fare così… MALEDIZIONE, BELLA» urla nuovamente Grace facendomi sobbalzare «So che quella pazza mi ucciderà quando lo saprà… parlale, Edward! Lei non aspetta altro, ha solo paura di soffrire ancora se tu scappi un’altra volta. Se tu la rivuoi sul serio e sei deciso ad impegnarti a fondo, sono sicura che la riconquisterai… lei non è riuscita ad andare avanti e probabilmente aspetta solo te anche se lo nega pure a se stessa».

Hai ragione Grace… IO TI UCCIDO!

 

COME OSI PARLARE IN QUESTO MODO! QUANDO MAI HO DETTO CHE AMO ANCORA EDWARD? IO NON LO AMO… IO NON LO A… IO… LO… AMO…

Spalanco gli occhi e una lacrima scende sulla mia guancia. Il mio cervello formula il pensiero che ho sempre negato con tutta me stessa per quasi sei anni.

“Io lo amo”

MERDA!

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

piaciuto? Dite di sì, dite di sì!

Se devo scegliere un pezzo comico… nel bar con il rischio di soffocamento e la nocciolina nell’occhio di Riley. Divertente quando lui scherza e lei si agita perché le manca l’aria. (la scena… non il fatto, di per sé è drammatico e voi evitate di imitare).

Anche il bagno con Riley e Bree fa la sua sporca figura.

 

Per la parte da lacrimuccia… quando Edward fa il tenero, Grace lo sprona e Bella confessa… e poi anche il discorso drammatico tra Gary, Robert, Grace (meno però, niente lacrimuccia).

 

Voglio scusarmi con tutti per postare un capitolo così velocemente, anche perché, così facendo, può darsi che salti la settimana.

Leggete e recensite, fatemi sapere le vostre opinioni e i vostri suggerimenti (grazie a Marco ho trovato la giusta combinazione per la scena clou che arriverà, probabilmente il capitolo prossimo! Quindi mi scuso con Silvina ma il buio arriverà dopo, anche se credo che i due interessati abbiano capito meno di voi a cosa mi riferisco… forse).

 

A proposito: grazie a Silvina per il suo suggerimento che mi ha fatto pensare alla manovra di Heimlich, ed ho applicato il tutto a una scena, secondo me, davvero bella.

Come vedete, assorbo tutto!

 

Bueno, non mi resta che ringraziarvi per l’attenzione e rimandarvi alla prossima settimana.

Baciotti

 

 

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Capitolo 13
*** ufo: oggetto volante non identificato ***


 

 Ciao a tutti!

Sono di nuovo qui! Stile incubo ricorrente.

Avevo detto che postavo la prossima settimana? Davvero? Io non ricordo, perché adesso ho un capitolo pronto ed è talmente importante che non posso tenerlo ad ammuffire in un cassetto ma devo assolutamente condividerlo con voi.

 

Occhio a non farci l’abitudine, però. Tre capitoli in quattro giorni sono un regalo grosso grosso che mi fa il cervello, non garantisco che giri a questi ritmi ancora per molto.

 

Datemi belle recensioni! Ho bisogno di carburante!

 

Come al solito grazie a chi recensisce (particolarmente a due new entry nominate in seguito come il mio solito modo di rendere omaggio) e a tutti quelli che leggono, ridono e apprezzano. Il modo migliore per soddisfarmi? Appunto, ridete… e magari suggerite, il mio bagaglio sta esaurendo…

 

Detto questo avviso che non ci saranno cose drammatiche e che il banner è gentilmente offerto da Anto_Pattz! La mia antonella valchiria boyscout incinta di un Cullen in modo virtuale (gliene ho fatte di tutti i colori in questa storia!)

 

 

 

E adesso… Buona Lettura!

 

---ooOoo---

 

Spalanco gli occhi e una lacrima scende sulla mia guancia. Il mio cervello formula il pensiero che ho sempre negato con tutta me stessa per quasi sei anni.

“Io lo amo”

MERDA!

Non posso credere di pensare questo di Edward. Io lo amo.

Io lo odio per avermi lasciato sei anni fa con uno stupido messaggio.

Io lo odio per aver fatto sempre i paragoni con lui.

Io lo odio per i brividi che mi fa provare ogni volta che mi sfiora.

Io lo odio perché, anche quando facevo sesso con altri, pensavo a lui.

Io lo odio per una infinità tale di motivi che dovrebbe essere cancellato dalla faccia della terra solo per questo.

Ecco perché lo amo.

Perché è il pensiero più forte che ho nella mia testa e nel mio cuore.

Lo amo e mi manca. Mi è mancato in questi anni.

Mi è mancata la sua supponenza, il suo orgoglio, la sua simpatia, le sue risate.

Mi sono mancati i suoi occhi su di me, stupiti tutte le volte che mi vedeva, come se non credesse alla fortuna di avermi accanto.

Mi sono mancate le sue dita, che si intrecciavano splendidamente con le mie quando passeggiavamo in centro.

Mi è mancato il suo naso rosso, quando mi obbligava a fare la mammina prendendo il fazzoletto ed io fuggivo via con una smorfia schifata e ridendo come una matta.

Mi è mancato il suo piede, che mi carezzava il polpaccio quando guardavamo i film spalmati sul divano.

Mi è mancato lui.

Mi è mancato lui…

 

Il campanello di casa interrompe il flusso dei miei pensieri e quello delle mie lacrime.

«Ciao, Gary. Sei in perfetto orario» dice Grace con un tono quasi imbarazzato.

«Ciao, Grace… avevamo un appuntamento a tre?». E la colpa non può essere che del pavone invadente!

«No, no. Stavo andando via. Ero passato per chiedere un favore e adesso scappo. Buona serata e… Gary, trattamela bene. Lei merita il meglio» sento rispondere Edward e ancora una volta mi commuovo per l’affetto che dimostra alla amica.

Sono davvero uniti, forse ancora più di noi. E, devo ammettere, che Grace ha ragione a consigliare al pavone di farsi avanti. Mi conosce e l’ha capito da tempo, esattamente come tutti gli altri.

Solo io nego l’evidenza come uno struzzo.

 

Quando la porta si chiude sento i tacchi di Grace avvicinarsi al letto.

«Bimba, non credo sia il caso di affrontare i nostri discorsi su un materasso…» protesta flebile il marines.

«Forza, Bella. Esci, ovunque tu sia rintanata» ordina la ragazza ed io inizio a spostarmi ed uscire. Le lacrime ricominciano a scendere e, visto che Edward non è più nei dintorni, i singhiozzi si fanno più alti e striduli.

Mi sento una bambina mentre piango come una fontana con i dorsi delle mani sotto agli occhi per arginare le cascate salate.

«Questa casa mi sembra affollata. Che ci faceva Bella sotto il tuo letto? E perché Edward è uscito con l’aria così sconvolta? È colpa sua se Bella sta piangendo?». Non c’è niente che fa sorridere più di un uomo grande e grosso, imbarazzato, che non sa che pesci prendere e sarebbe disposto ad attraversare lo stretto di Bering in pieno inverno, piuttosto che restare in questa stanza in questo momento. Perciò sorrido.

«Schhh. Coraggio, Bella… Non è successo nulla… Vedrai che si sistemerà tutto, Edward ti spiegherà cosa è successo, mi metterà in ginocchio e chiederà di sposarti e vivrete per sempre felici e contenti» dice Grace, abbracciandomi e carezzando i capelli.

Quanto vorrei che le immagini che lei dipinge a parole, diventassero realtà… e questa paura mi fa piangere ancora più forte.

«Schh… va tutto bene, Bella… non piangere… va tutto bene» continua a ripetere.

«Perché… lei ed Edward…» borbotta Gary, poi, come se fosse una illuminazione divina, esclama «Lei è Bella! Quella Bella! Ah! Adesso ho capito».

 

«Cosa? Cosa hai capito?» chiedo tirando su con il naso.

«Henry, il mio commilitone, ha studiato in Europa con Edward per un paio di anni, poi ha deciso che l’esercito era il posto migliore ed è tornato. Ha detto che con la storia di Bella, Edward lo teneva sveglio per ore. Ha anche provato a soffocarlo nel sonno per evitare di ascoltarlo ancora, probabilmente è stato Ed a fargli venire la voglia di lasciare gli studi» confida Gary sorridendo.

«E’ asfissiante, vero?» rincara Grace e il marines annuisce.

 

«Se ti fa stare tanto male, parlagli. Cerca di capire cosa è successo» dice Gary guardandomi negli occhi.

«Tu sai perché se ne è andato sei anni fa?». Ho bisogno di saperlo. Ditemelo!

«Neanche Henry è riuscito a saperlo. A quanto è riuscito a capire, era qualche cosa di cui lui si vergognava e ci è andato di mezzo suo padre». Cosa? Cosa poteva mandare all’aria una vita felice e farci vivere separati da un oceano? Cosa poteva giustificare il suo comportamento? A che cosa dovevo dire grazie per la mia infelicità e tutte le lacrime che ho versato?

 

Ricomincio a piangere e guardo Grace «Io lo amo ancora» pigolo.

«Lo sappiamo tesoro, l’abbiamo sempre saputo. Lui non riusciva a fare un passo senza la tua mano e tu pendevi letteralmente dalle sue labbra… una simbiosi quasi imbarazzante» mi confessa.

«Dovete parlare e chiarirvi. Probabilmente se lui ti spiegherà le sue ragioni, riuscirai a capire cosa è successo e iniziare a lasciarti tutto alle spalle» dice Gary.

«Certo, lo stesso esempio che tu segui con Robert» esclamo io quasi arrabbiata. Fosse così semplice non l’avrei già fatto? Se bastasse parlare per cancellare anni di sofferenza sorda, non avrei preso l’aereo e attraversato tutta quell’acqua? Non avrei acconsentito ad incontrarlo quando mi cercava al ristorante da Angela?

 

«Per me è diverso» si irrigidisce il marines, guardandomi torvo.

«Perché? Perché tuo padre è gay e ha lasciato tua madre? Perché io sono solo stata lasciata dall’amore della mia vita senza una spiegazione? Cazzo! Tu l’hai avuta la spiegazione! Come puoi pensare che un uomo possa fare l’amore con una donna quando pensa ad altro?» sto alzando la voce e sento i respiri di Gary farsi più profondi, come a trattenersi.

«Io sono nato, cazzo! Non sono arrivato tramite lo spirito santo e posso anche dirti che ho fatto fare il test di paternità per esserne sicuro!» risponde.

«Fare del sesso non vuol dire stare bene con qualcuno! Credi che non lo sappia? Sono sei anni che quando apro le gambe mi sento una troia. Perché so la differenza tra sesso e amore e quello che ho fatto con gli altri dopo Edward non era neanche sesso!» smorzo il tono e continuo sottovoce «Non hai idea di come ci si senta quando ti mettono le mani addosso e tu chiudi gli occhi convinta “finalmente è quello giusto, sto bene con lui, mi piace” e vedi i suoi occhi, immagini le sue mani, desideri il suo cuore che batta frenetico con il tuo e ti senti un verme perché non è lui ma qualcun altro, che non ti fa provare neanche la decima parte delle emozioni che vorresti» continuo.

«E inizi a odiare, a odiare te stessa perché non sei in grado di amare come meriterebbe la persona davanti a te. Ti odi quando lo baci perché sai che sei falsa. Ti odi quando ridi insieme perché sai che lui vorrebbe il tuo sorriso per sempre ma non è suo. Ti odi se dai un poco di affetto perché ti sembra che possa essere frainteso… Non puoi vivere con una persona che non ami, a prescindere che sia gay o meno. Per questo c’è il divorzio» finisco, sfinita.

«Mia madre ne è morta per questo» replica Gary.

«Ne sei sicuro? Perché tu eri piccolo quando i tuoi si sono lasciati e tuo nonno va abbastanza d’accordo con Robert. Questo tuo risentimento può essere nato solo da una persona» fiacca, cerco di farlo ragionare, ma sono stanca di parlare e non so se riuscirei a continuare questo discorso ancora per molto.

«Stai accusando mia madre?» lo sguardo che mi lancia è da omicidio.

«No. Ma so cosa fa l’odio in questo caso. Un amico di mio padre è morto perché era gay. E suo padre sta ancora scontando l’ergastolo». Era una storia che mio padre Charlie, raccontava spesso quando ero piccola, per farmi capire che le discriminazioni e le intransigenze esasperate non portavano a nulla di buono. Il suo amico era quello che era e suo padre non l’aveva accettato, aveva imbracciato un fucile e gli aveva sparato alla nuca, costituendosi subito dopo.

 

«Io non voglio uccidere mio padre» protesta Gary.

«Ogni volta che gli dimostri di odiarlo lo uccidi. Era in uno stato pietoso ieri e oggi non è venuto al lavoro» gli dico.

«Ragazzi, direi che per questa sera abbiamo dato abbastanza, che ne dite di ordinare una pizza e guardare un film?» propone Grace in veste paciere.

«Ottima idea… solo un’ultima cosa…» dice Gary posando le mani sulle spalle della mia amica «Niente di quello che deciderò o farò o non farò con mio padre, interferirà con noi due. Ho intenzione di darmi una possibilità con te… se me lo permetti» dice timido e Grace si apre a un enorme sorriso.

«Sì. Permesso accordato, marines» risponde felice.

«Adesso, basta discorsi seri, altrimenti allagate il mio appartamento e Mister Takawi, al piano di sotto, mi darebbe il tormento» conclude.

“Non sia mai” penso, ma sono felice per loro due. Stanno bene insieme e sono sicura e prima o poi anche Gary riuscirà a superare il blocco che ha con Robert.

Io? Vedremo. Per ora ammettere di amare Edward è già stato un passo enorme, mi sento le giunture delle gambe pesanti come tronchi.

 

§§§

 

«Oh, Bella! Sono felice, felice, felice, felice» esclama Grace sulla porta del mio appartamento la mattina dopo.

«Hai fatto sesso?» chiedo sbadigliando. Ieri sera è stata una tragedia addormentarsi e questa mattina una strade alzarsi. In pratica un fatto di sangue.

«E’ stato bellissimo, stupendo, meraviglioso, eccezionale, unico, fantastico, imperdibile, stratosferico…» continua con queste iperboli e ti ficco una saponetta in bocca.

«Ho capito. Gary è un gran scopatore» dico prima di chiudermi in bagno per la doccia. Sono in ritardo terribile sulla tabella di marcia.

Quando esco mi accorgo che l’orologio a muro segna ancora le sei e mezza.

«Grace… hai dormito questa notte?».

«Ehm… no?» ecco. Maledetti ormoni.

 

«Ti assicuro che è stato… arwwh» non che abbia capito l’ultima parola onomatopeica che ha pronunciato, ma il senso della frase era che fare l’amore con il marines era stato molto soddisfacente.

«Ti prego, non voglio descrizioni di come scopa mio figlio. Mi basta sapere che soddisfa il suo partner» dice Robert sedendosi accanto a Grace al bar dove stiamo facendo colazione.

«Cosa? Grace ti sei fatta quel pezzo di figo che baciavi l’altro giorno?» perché Bree è così sorpresa? Crede di essersi persa qualche notizia importante mentre era occupata con Riley?

«Okay, uno per volta! Sì esco con Gary, quindi cara Bree, continua a goderti il tuo ragazzo che io mi godo il mio. Sì, tuo figlio è molto soddisfacente. Per tutte le altre notizie rivolgetevi al mio addetto stampa» annuncia.

«E chi sarebbe?» chiedo ridendo.

«Ma tu, caro Lino» risponde lasciandomi a bocca aperta. Mi ha fregata!

 

«Ciao, Lino. Hai notizie di Grace? Questa mattina sono arrivato in ritardo e non l’ho vista» mi chiede Edward, appena entrati in laboratorio.

«Sì, siamo andati a fare colazione qui di fronte, credo che adesso sia nel suo ufficio» rispondo.

Lo osservo attentamente. Ha lo sguardo stanco e mi sembra abbastanza agitato.

“Amore mio…  non ci riesco” vorrei carezzarlo, abbracciarlo e dirgli che andrà tutto bene ma non riesco. Il mio braccio non si muove, il mio cervello glielo vieta e sono lacerata tra quello che devo e quello che vorrei fare.

No! Deve essere lui a muoversi, io non lo cercherò. Sono sempre stata orgogliosa e non cambierò adesso per nessun pavone  che mi fa gli occhi dolci.

«La cercherò all’ora di pranzo» dice.

«No, sarà a pranzo con Gary, visto che ieri sera sono stati disturbati» gli rispondo. Disturbati per modo di dire, visto che comunque hanno copulato dopo che sono tornata a casa.

«Disturbati da chi?» chiede poi ha un’illuminazione «Bella! Certo, era in casa di Grace e mi ha sentito, ma non voleva farsi vedere… adesso tu vieni con me!» e mi agguanta per il bavero del camice, trascinandomi verso gli uffici dell’amministrazione.

Caspita se è arrabbiato!

 

«Quindi Bella è a Forks adesso?» chiede arrabbiato a Grace, scansando in malo modo Miss Sara che stava consegnando dei documenti alla mia amica.

Lo guardiamo tutte stupite mentre lui continua a usare il suo tono accusatorio.

«Quindi Bella non era a casa tua ieri, nascosta chissà dove. E nessuno ha disturbato il tuo incontro con il marines, perché io sono uscito praticamente subito». Maledizione a me e alla mia linguaccia. Ammetto che non è stato difficile fare due più due, ma come ce la caviamo ora?

Intanto miss Sara non perde una parola di questa sfuriata. Saremo sulla bocca di tutta la società nel giro di cinque minuti.

«E se adesso uso il numero che mi hai lasciato… Bella mi risponderà da Forks, vero?». Continua a fare domande retoriche, mentre il suo sguardo manda lampi di ira. Lo vedo prendere il cellulare dalla tasca e schiacciare invio alla chiamata. Sto trattenendo il fiato. Quando si accorgerà che il numero è inesistente, farà lo scalpo a Grace e forse anche a me.

 

Oddio, sento suonare.

Impossibile. Io e Grace ci guardiamo meravigliate, mentre Edward si gira intorno confuso. Sicuramente non è il mio, l’ho lasciato in laboratorio.

«Pronto?» sento dire dalla voce squillante di miss Sara.

«Bella?» chiede perplesso Edward, sentendo la voce in stereo.

«No, mi spiace. Ma se vuole possiamo vederci lo stesso» si offre la donnona, avvicinandosi ad un angolo per avere più privacy al cellulare.

Fortunatamente Edward si accorge con chi sta parlando e chiude immediatamente la chiamata, spegnendo anche il cellulare, visto che la donna comincia a richiamare il numero.

In quel momento sia Grace che io non sappiamo se sembrare mortificate ed essere impaurite dallo sfogo del pavone, o ridere per le future avances che subirà dalla affettuosissima miss Sara.

 

«Dammi il tuo cellulare» ordina a Grace allungando la mano.

«Perché?» fare l’ingenua non risolverà il problema.

«Voglio controllare il numero che mi hai dato e chiamare Bella. Non farmi arrabbiare più di quanto già non sia. Dammi Il Cellulare. Grace. Ora!» scandisce le ultime parole ed io faccio un impercettibile assenso con il capo permettendo a Grace di assecondare la sua richiesta.

Quando il cellulare è nelle sue mani, prego ardentemente che in laboratorio nessuno risponda.

«Grace! Mi hai dato il numero sbagliato!» esclama Edward leggendo il display.

«Edward. Per favore. Adesso basta. Veditela con lei, io me ne tiro fuori, non voglio più sentire nulla di quanto vi riguardi. Trovala, parlale, diglielo, confessa, spiegatevi io non intervengo più. Ridammi il cellulare e fila via dal mio ufficio. ORA» e indicando la porta lo sbatte fuori.

 

Anche miss Sara è uscita, sicuramente per seguire Edward e capire se è stato lui a chiamarla.

«Perché non gli hai detto nulla oggi?» mi chiede sospirando.

«Che dovevo fare? Togliermi gli occhiali e le basette davanti a tutti e dire “Ciao Edward, sono io, Bella. Sai che lavoro con te fianco a fianco? Non ti volevo parlare ma ho cambiato idea perché ti amo” » recito con sarcasmo.

«Eh! Non sarebbe stata una cattiva idea» mi risponde lei.

«Primo, mi avrebbero licenziato in tronco, secondo lui mi avrebbe strozzata» elenco.

«E poi baciata» replica.

«E poi baciata» ammetto sorridendo.

Ha ragione, mi sento ridicola. Adesso vado in laboratorio e convinco Edward a uscire mezz’ora, così gli spiego tutto e sarà il mio vissero felici e contenti. Spero.

 

Quando torno in laboratorio, Amanda attira subito la mia attenzione.

«Lino, ti suonava il cellulare prima» mi avvisa, indicando la mia giacca appesa al gancio.

Borbotto un ringraziamento e spengo il cellulare, non vorrei venire scoperta prima di parlare con il pavone… a proposito, dov’è?

«Edward?».

«E’ letteralmente scappato quando miss Sara ha messo la testa qui dentro. Credo che abbia avuto paura» risponde Collin, ghignando.

E ci credo! Ho avuto paura anche io quando mi ha assalita in bagno.

Sono agitata, spero che torni presto, così potrò parlare con lui di tutta questa faccenda.

«Tieni il palmare. Dobbiamo controllare il tasso di danybor e l’indice di _navy» mi dice l’assistente gaudioso, ficcandomi in mano un tablet touch screen.

«Dov’è il pennino?» chiedo. Ho sempre avuto difficoltà a usare questi arnesi: schiacci un tasto e compaiono cose mai viste.

«Perso, colpa di quelli del laboratorio uno. Si credono i padroni e non restituiscono mai il prestato» si lamenta Collin ed io sospiro rassegnata.

Ricordo una massima: si sa quello che si clicca ma non si sa quello che si trova… ho quasi paura.

 

Infatti in questo momento, dopo circa dieci minuti di violenza verbale sto seriamente pensando di gettare quell’oggetto di satana, direttamente dalla finestra.

«Questa cosa è disumana!» esclamo cancellando per l’ennesima volta il risultato che non è quello che volevo scrivere.

Sto per sbatterlo contro il muro, la mia pazienza è al limite.

Faccio ancora un tentativo e schiaccio quello che l’immagine dice essere il tasto del 3… e compare… 2

«Cazzo» esplodo.

So che se gettassi quell’arnese di ultima generazione informatica, metà del mio stipendio saluterebbe le mie tasche e una lettera di richiamo arriverebbe a sostituirlo. Pertanto prendo una specie di spruzzino per i vetri e, con grande irritazione lo lancio fuori dalla finestra del laboratorio.

«No!» urlano Amanda e John senza riuscire a fermarmi.

So che non è professionale ma adesso mi sento molto meglio. Tanto siamo al secondo piano… in una via secondaria… dove non passa nessuno…

«Augh!» sento urlare dalla strada.

Mi affaccio subito alla finestra e vedo una persona stesa a terra, con una curiosa macchia verde sulla testa.

Oddio! Ho ucciso un uomo!

 

Scendiamo tutti precipitosamente, per sincerarsi che non sia nulla di grave.

Mai pregato tanto in quei due minuti e mezzo.

Ma che caspita mi è passato per la testa? Dovevo proprio lanciare qualche cosa dalla finestra come la peggiore abitante delle bidonville di Rio e San Paulo?

Sono davvero pessima!

Speriamo di non aver fatto troppi danni a quel povero Cristo che si è scontrato con la mia follia.

Arrivo sul marciapiede antistante il lato est, con il fiatone, subito seguita da Amanda e Collin. John in lontananza arranca.

Man mano che mi avvicino correndo, inizio a vedere qualche cosa di familiare.

È una figura che conosco, anche se sembra un fantoccio senza fili, sbattuto sul cemento.

Una mano si muove… Dio ti ringrazio! Almeno so che è vivo, anche se i suoi danni potrebbero essere gravi.

 

Sono la prima ad inginocchiarmi accanto a lui e quasi mi viene un colpo.

«Edward?». Cosa ho fatto? Ho tentato di uccidere il mio amore!

Comincio a tastarlo da tutte le parti per sentire se ci sono ossa rotte, anche se la cosa che mi preoccupa di più è la testa. È lì che la boccetta ha colpito.

In effetti il suo ciuffo, normalmente rossiccio, ha una strana colorazione verde brillante… punk direi.

Esitante, la sua mano si alza verso di me e prima che la possa stringere, si appoggia sulla mia guancia per una dolcissima carezza

«Be… Bella. Lo sapevo… sapevo che ti avrei… rivista» dice deglutendo più volte.

Lacrime di rimorso mi spuntano. Sono una pessima innamorata! Ho quasi ucciso il mio tesoro. E questa volta senza neanche volerlo.

Meglio che stia lontano da me, rischia la pelle tutte le volte che gli sono vicina!

 

«Lino, ho chiamato l’ambulanza, arriverà tra poco. Sai chi dobbiamo avvisare dei suoi famigliari?» chiede Amanda in ginocchio accanto a me.

«Questo è il numero di sua madre» le dico tendendo il mio cellulare già impostato sulla chiamata. Non ho neanche camuffato la voce, sono troppo sconvolta e vedo la mia collega guardarmi perplessa, ma non dice nulla e fa partire la chiamata.

Sento che Elisabeth urla al telefono, non appena capisce che Edward ha avuto un incidente. Se sapesse che la causa sono io, dubito che riuscirei ad arrivare a domani mattina. Guai a far male al suo bambino!

Mi chino per parlare al suo orecchio «Coraggio, Edward, tra poco l’ambulanza sarà qui e ti rimetterai prestissimo» bisbiglio carezzando il suo volto per la prima volta da anni.

È bellissimo, come lo ricordavo. Più maturo, i tratti più decisi, ma è sempre lui: quel ragazzo bellissimo che mi aveva rapito il cuore al liceo.

«Non mi  lasciare, Bella. Resta con me» mi dice di rimando, stringendo spasmodico la mia mano. Cerco di tranquillizzarlo staccandomi da lui.

«Io resto qui, Edward. Ti aspetto» rispondo e lui sorride perdendo i sensi.

Nello stesso momento arriva l’ambulanza a sirene spiegate ed io ho una gran paura per lui. Vorrei seguirlo, curarlo, constatare che sta bene.

Invece sono lì, in ginocchio a piangere e a guardare l’ambulanza che riparte e Grace che mi abbraccia facendomi coraggio.

 

«Cosa ho fatto? Grace! L’ho quasi ucciso!» mi metto le mani nei capelli, mentre passeggio avanti e indietro nel bagno delle donne della biologicalseattle.

Questa volta, per sicurezza, abbiamo chiuso la porta e messo il cartello di fuori uso.

«Non preoccuparti, ho sentito Elisabeth. Si è svegliato, sta meglio e dalla tac non risulta alcun danno… l’unica cosa è quella macchia verde sui capelli» sogghigna e strappa un sorrisino anche a me.

«Davvero sta bene?» chiedo speranzosa.

«Benissimo. Credo che lo legheranno al letto per controllarlo questa notte. Conoscendolo vorrà correre subito da te». Lo so che ha ragione e il mio cuore batte impazzito. Che farò quando sarà di fronte a me?

«Ci credi se ti dico che ho paura?».

«Mi meraviglierei del contrario» risponde «Forza, andiamo a pranzo. Ho telefonato a Gary per rinviare a questa sera. Adesso sono tutta tua». Una grande amica, ecco cosa è! Edward aveva proprio trovato un tesoro di cui ora usufruivo anche io.

 

Il pranzo è veloce, anche perché non riesco ad ingurgitare praticamente nulla. Dopo due morsi lascio il panino, non azzardo neanche un boccone dell’insalata mista e mi concedo un succo di frutta.

Quando torno in laboratorio ed indosso nuovamente il camice, gli altri tre mi guardano preoccupati.

«Sto bene» borbotto seccata.

Riprendo in mano il tablet malefico e ricomincio a lavorare sugli indici e tassi, sperando di riuscire a concentrarmi quanto basta per non combinare casini.

«Eccomi, sono tornato» annuncia una voce alla porta.

Mi volto e lo vedo, sorridente che mi guarda come se fossi la cosa più bella del mondo. Gli occhi gli brillano, come il ciuffo dei capelli sulla fronte, di un bel verde smeraldo.

«Edward» mormoro. Non so se essere sollevata perché lui è qui, davanti a me, sano e salvo. Oppure impaurita per gli improperi che potrebbe lanciarmi, visto il mio modo di comportarmi con lui e il mio recente attentato. Oppure, ancora, felice perché so perfettamente che lui è qui solo per me.

«Oh, Edward, stai bene? Ops… accidenti!» esclama Amanda.

Sento distintamente uno scroscio d’acqua, un sibilo e poi il buio. È saltata la luce.

 

Per prendermi in giro, Collin aveva abbassato la tapparella della finestra e adesso il laboratorio è completamente spento.

Mi muovo lentamente a tentoni, posando prima il tablet sul tavolo accanto a me e poi avvicinandomi verso il posto dove dovrebbe trovarsi la porta.

«Ough! Collin?» questa è Amanda.

«John, dove sei?» chiede Collin.

«Amanda lasciami» ordina Edward e a me si drizzano i capelli.

Amanda che mette le mani su ciò che è mio? Non sia mai!

 

Finalmente sento un respiro leggero sui miei capelli. E un naso che ispira.

Due mani mi tastano il viso e mi tolgono delicatamente gli occhiali.

Sono cieca, ma il mio cuore vede benissimo Edward che mi è accanto.

Riesco a percepire il suo sorriso, senza neanche sfiorarlo.

«Bella, lo sapevo che eri tu» mormora emozionato.

«Stai bene? Sei tutto intero?» chiedo preoccupata dell'incidente di poco fa.

«Mai stato meglio di adesso» risponde.

Sento che si sta chinando verso di me. Le sue labbra sfiorano lievi la fronte, scendendo sulle palpebre, gli zigomi dirigendosi sempre più giù.

Se questo è un sogno non svegliatemi!

Edward finisce il suo viaggio sulle mie labbra e mi bacia.

Mi abbraccia stringendomi come se fossi la sua salvezza e mi bacia come il suo ultimo desiderio. Non ho bisogno di sapere che mi ama ancora, mi basta sentire adesso come si è attaccato a me.

 

Continuiamo a baciarci ancora per alcuni istanti, facendo scorrere le nostre mani sui corpi dell'altro, come a riscoprire antiche memorie. Mi esce anche un gemito quando infila la sua lingua nella mia bocca. Che sensazione!

Ed ecco che torna la luce.

«Ma... Swan e... Cullen?» dice la voce stridula di Amanda che ci guarda con occhi sbarrati mentre io e il pavone ci stacchiamo lentamente.

«Ah! Lo sapevo che questo ninfetto non si professava della sponda giusta! È troppo effeminato!» esclama Robert sulla porta del laboratorio.

«E anche Cullen» rincara la dose Collin, palesemente soddisfatto per non so cosa.

«Ma cosa succede qui dentro?» tuona la voce di Ronald Albrock.

Mi si sbarrano gli occhi, mentre stringo spasmodica il braccio di Edward.

“Ti prego, non mi tradire” penso intensamente mentre inizio a tremare.

Se è vero che le persone innamorate sono sulla stessa lunghezza d'onda, il pavone  dimostra di essere sulla mia... anche troppo! Infatti...

 

«Nulla, non succede nulla. Semplicemente Swan è il mio ragazzo e ci stavamo baciando» dice lui con un sorriso limitato solo dalle orecchie.

«Ah! Lo sapevo» esclama Robert contento.

«COSA? Lei e Swan... gay?» Ronald è sconvolto ed io mi schiaffo una mano sulla fronte.

Ma che male ho fatto nella vita? Adesso sono anche omosessuale senza neanche avere il pene ma una semplice conchiglia.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

mi spiace per il capitolo corto. Non potevo allungarlo di più, altrimenti mi sarei impelagata nella lunghissima spiegazione che Edward dovrà necessariamente fare al nostro ninfetto.

E in ogni caso io gliela fare trovare davvero lunga…

 

In questo capitolo la mia scelta comica cade sicuramente sul flacone lanciato dalla finestra. Nella tragicità è davvero il massimo.

Non occorre sottolineare che MAI, MAI, MAI, bisogna imitare quella pazza squinternata di Bella. Quindi MAI e ripeto, MAI, gettare dalla finestra degli oggetti. Cose anche piccole, possono diventare dei proiettili con la forza di gravità e creare enormi danni!

 

Detto questo, ringrazio Marco, per la sua scena con il tablet mefistofelico (la battuta: questo è un oggetto di satana, è opera sua) e, doverosamente, anche Silvina per la sua scena al buio. Lei voleva che si tastassero persone sbagliate per rendere la cosa imbarazzante… perdonami! Vuoi mettere, però, il primo bacio di Edward… l’ho trovato più romantico. Grazie anche a Corny per il suggerimento di far rispondere “l’allupata miss Sara” (parole sue) quando Eddy chiama Bella per la prima volta.

 

Okay, non vi occupo oltre e vi lascio sperando che il capitolo vi sia piaciuto.

Attendo con ansia le vostre opinioni, se mi farete la gentilezza di darmele e, ringraziando per l’attenzione vi rimando alla prossima (quando? Boh! Di questo passo non so neanche io!)

Baciotti

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Capitolo 14
*** e amore fu... forse. ***


 

Ciao cari,

non so più come dirlo… eccomi di nuovo qui.

Altro capitolo. Devo essermi dopata senza saperlo, mai scritto tanto!

 

Riguardo al capitolo precedente (alle recensioni risponderò, promesso) alcuni hanno lamentato il fatto che avrebbero voluto lasciare Edward all’oscuro ancora un poco.

Onestamente non sarebbe stato in linea con la trama: se Bella si auto confessa di esserne innamorata, che senso ha nascondersi? Sarebbe ridicolo.

 

Le scene folli le farò capitare lo stesso, con Edward come complice.

 

Ora passiamo a questo delicatissimo capitolo. Il risultato di questo pezzo potrebbe essere controverso: o mi amerete alla follia elevandomi alle vette degli amori per gli scrittori, oppure raccoglierete firme per buttarmi fuori da EFP.

Io di mio mi appello alla libertà di scrittura! Non voglio offendere nessuno… ma non nascondiamoci dietro un dito! Tutti posso… smontarsi!

 

Perfetto! Ringrazio tutti quelli che seguono (altri nick compariranno… Paride… non avercela con me!) ringrazio Anto_Pattz per il banner e avviso che nulla di serio è scritto in queste righe (a maggior ragione oggi)

 

 

 

E ora, per l’ennesima volta in pochissimi giorni… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Nulla, non succede nulla. Semplicemente Swan è il mio ragazzo e ci stavamo baciando» dice lui con un sorriso limitato solo dalle orecchie.

«COSA? Lei e Swan... gay?» Ronald è sconvolto ed io mi schiaffo una mano sulla fronte.

Non voglio neanche immaginare quanto tempo ci metta una notizia del genere a fare il giro del palazzo.

«Oh… beh… quando l’amore chiama…» il grande capo non sa più quali pesci pigliare. Alla fine opta per la professionalità ed assume l’aria che ha Napoleone Bonaparte in tutti i suoi ritratti (ed Alice quando comandava me nella mia trasformazione) «Mi raccomando. Niente smancerie in laboratorio. Ricordatevi che siete qui per lavorare. Non ci metto nulla a sbattervi fuori se mi fate perdere questo contratto» minaccia con il dito indice puntato sotto il nostro naso.

«Stia tranquillo, siamo molto professionali sul lavoro. È la prima volta che ci avviciniamo…» afferma Edward e gli altri colleghi annuiscono decisi e stupefatti «Sa, Swan ha paura del buio e io l’ho abbracciato per farlo rilassare» e strizza l’occhio con fare malizioso.

Oh Signore, voglio morire! Ma che figuraccia mi sta facendo fare il pavone?

Appena gli metto le mani addosso, lo spiumo!... e poi me lo lavoro per benino… magari arrosto come un pollo.

 

Dopo questo gentile incitamento del grande capo, con Robert dal sorriso cento denti che ci faceva coraggio con i pollici in aria, riprendiamo a lavorare. Distanti. Ai lati opposti dello stanzone, per evitare ogni tentazione possibile.

Ogni tanto sento il suo sguardo sulla nuca che mi carezza e mi sento avvampare. Altre volte mi volto io e lo guardo mentre al computer digita le sue formule e vedo che agita il mignolo ogni volta che se ne accorge.

Mi sento patetica e dolce da essere vomitevole. Sono felice.

«Quindi tu ed Ed, siete gay e vi mettete insieme e l’ultima a sapere questa cosa sono io? Ma come osate?» strilla una arrabbiatissima e gioiosa Grace a gambe divaricate e braccia conserte ferma sulla soglia dello stanzone.

«Scusaci, ma eri tu che dicevi… aspetta… “Adesso basta. Io me ne tiro fuori, non voglio più sentire nulla di quanto vi riguardi”. E noi abbiamo ubbidito» risponde Edward ghignando.

«Idiota» risponde lei per poi correre ad abbracciare me «Sei felice?» sussurra.

Ho quasi gli occhi lucidi e per evitare di peggiorare la situazione mi limito ad annuire.

«Ehi! Anche io voglio le coccole» protesta il pavone.

«Non da me, scemo. Adesso vado, che sono stanchissima e questa sera mi vedo con Gary. Non avete bisogno voi due, vero?» chiede per sicurezza.

«Se ti vedo bazzicare attorno a casa ti spedisco a Forks» risponde Edward ed io rido divertita. Sarebbe capace di spedire via chiunque pur di stare con me.

 

Mentre mancano ancora dieci minuti alla fine dell’orario lavorativo, inizio a pensare che tra poco io e lui usciremo di lì e probabilmente andremo a casa mia… o sua.

Dovremo parlare, ma conoscendo i nostri caratteri, prima tenderemo a fare altro… ed io mi devo ancora depilare!

Orrore! Sembrerò la scimmia del Gabon! Non posso farmi vedere così da Edward. Devo prepararmi adeguatamente, altrimenti potrebbe lasciarmi per un’altra meno cespugliosa.

Già mi devo truccare come un uomo di giorno, mica deve godersi un maschietto anche di notte.

Panico! Sento il cuore battere sordo e le orecchie fischiare. Le gambe mi tremano e anche le mani. Ho le guance rosse e questo è, senza alcun dubbio, un attacco di panico.

«Amore, sei pronto?». Salto come una molla non appena sento la sua voce.

Condotta al patibolo per propria scelta. Questa sarà la dicitura della mia lapide quando morirò di vergogna perché Edward mi prenderà in giro.

«Ehi, tutto bene?» chiede dolcemente ed io annuisco arrossendo.

Tutti i nostri colleghi ci salutano allegri e il pavone ricambia con una gioia mai mostrata in questi giorni. Deve essere davvero al settimo cielo. Sarà per me?

 

Appena usciti fuori dallo stabile, Edward mi ferma sul marciapiede e mi guarda negli occhi alla luce del sole. È impossibile non rimanere ipnotizzati dal suo sguardo… oppure ridere del suo ciuffo verde. E un sorriso divertito mi scappa.

«Che c’è?» chiede sorridendo mentre prende il mio viso tra le mani.

«Sto ammirando il tuo nuovo look» rispondo facendo segno alla fronte.

«Hai sempre le idee più belle per migliorarmi» risponde, poi si fa serio e avvicina le sue labbra alle mie per iniziare un dolcissimo, memorabile bacio.

 

«Edward! Edward, tesoro, stai bene?» una voce vicina, sta strillando ed io spalanco subito gli occhi. Riconosco quella voce: Elisabeth, la mamma del pavone.

«Ciao, mamma» risponde.

«Ero così preoccupata. Sono solo andata a prendere un bicchiere di tea e tu sei scomparso dall’ospedale. Nessuno mi diceva nulla. Ho pensato che ti avessero portato nella camera mortuaria e non avessero il coraggio di dirmelo!» lo rimprovera appena arriva accanto a noi.

«Non dire sciocchezze, mamma! Ti avevo detto che volevo uscire per tornare qui» si difende lui.

«Si hai detto che avevi incontrato qualcuno… e adesso ti vedo con un ragazzo e vi state baciando! Sai bene che mi piacciono le storie Yaoi, caro, ma avresti dovuto avvisarmi prima!» protesta.

«Perché?». Ho quasi paura di sentire la risposta.

«Lo sai che al circolo del golf, la dottoressa gennyp si vanta sempre di suo figlio gay e delle sue relazioni. Pare che adesso stia uscendo con un certo paride, credo che tu lo conosca. Non ti dico cosa ci racconta su di loro! Almeno potrei ribattere anche io! Su raccontate!». Il sospetto della pazzia latente dei Cullen mi era sorto già da qualche anno.

Alice e Geoffrey a testa sono ben messi, e anche il mio Ed non è proprio esente, ma sentirlo con le mie orecchie da una donna matura… è devastante.

«Mamma. Questo ragazzo, in realtà, è Isabella Swan» spiega il pavone ed io mi rivolgo alla mia quasi suocera con un gran sorriso.

«Oh… adesso che ti guardo meglio, hai ragione. Tesoro! Come stai? Da quanto tempo hai fatto l’operazione di cambio del sesso?».

Edward si mette le mani in faccia sconsolato ed inizia a ridere. Io vorrei sotterrarmi.

Ricordo quando Elisabeth era andata in estasi per travestire suo figlio da donna, e da allora non è cambiata di una virgola.

 

«Vieni a casa, Edward?» chiede sua madre con tenerezza.

Credo che sia meglio approfittare della versione coccolosa di Elisabeth e guadagnare un’ora di privacy in casa mia, riordinando corpo e idee, prima di affrontare Edward e tutto il nostro passato.

«Vado con Bella» risponde lui risoluto stringendo la mia mano.

«Tesoro» azzardo «Vai a cena dai tuoi, così li tranquillizzi che stai bene. Io ti aspetto dopo, a casa mia».

Testardo più di un mulo, vedo che scuote energicamente la testa.

«Scordatelo. Tu saresti capace di sparire nel nulla e non farti più trovare. Potresti scappare in Cambogia pur di evitarmi. Io non ti mollo un secondo» dice risoluto.

Sbuffo. «Edward, se volevo sparire, non mi avresti riconosciuta neanche tra un milione di anni. Ti avrei parlato questo pomeriggio se tu non fossi corso via per evitare miss Sara. Vai a casa tranquillo. Io ti aspetto tra due ore a questo indirizzo. Non scappo questa volta. Te lo giuro su quanto ho di più caro». Un bambino, sembra un bambino.

«Davvero? Me lo giuri anche sul tuo coltello? E sul tuo caro winchester?». E ma insomma!

«Te lo giuro su Jess Chan e su Silvina73 e su tutti gli altri, che potessero frantumarsi in questo momento». Spero non faccia caso alle dita incrociate dietro la schiena. Odio giurare. Mi sembra sempre di tirarmi la sfiga addosso e Dio solo sa quanto non ne abbia bisogno.

Lui continua a guardarmi con fare sospetto «E’ inutile che incroci le dita dietro la schiena, ti ho visto… okay, ti concedo il beneficio del dubbio e un’ora di tempo per riordinare le idee. È di questo che hai bisogno, vero?». Ora sì, siamo seri ed io lo amo tanto. Mi capisce come se avesse letto tutto il manuale di istruzioni del mio cervello. Andarmene via da lui sarebbe come tagliarmi un braccio… perché lui c’è riuscito? Una lacrima scorre sulla mia guancia.

«Grazie, amore» mormoro e lo bacio lieve, saluto Elisabeth e mi allontano cercando di calmarmi e razionalizzare i miei pensieri.

 

«Prima cosa, doccia» annuncio a me stessa, appena entro nel mio piccolo appartamento. Mi guardo intorno sconsolata.

Non che sia un campo di battaglia, ma neanche tanto in ordine… piuttosto vissuto, direi. Beh, pazienza. Edward dovrà soprassedere e focalizzarsi su cose più importanti, proprio come me.

Il tempo che passo sotto l’acqua calda è davvero lunghissimo. Mi sembra di essere stata sotto lo scroscio per ore, tanto che quando esco dalla doccia e mi infilo l’accappatoio, sento suonare il campanello e impreco come uno scaricatore di porto per la mia sbadataggine.

Do una accurata, quanto veloce occhiata alle gambe e alle ascelle. Bah, passabili. Ci vuole solo un pochino di profumo.

Il campanello suona ancora ed io urlo «Un attimo!» ma, nello stesso momento, la boccetta del mio preziosissimo angieloveromance che aveva regalato Angela per Natale, finisce nel lavandino rompendosi in mille pezzi.

Addio profumo sexy… no, aspetta. C’è quello che mi ha comperato Alice quando stavo preparando la recita di Lino. Una fragranza fresca di muschio e legno di sandalo. C’è qualche cosa, in questo profumo che mi ricorda casa mia.

Marco’s. okay, aggiudicato e mi spruzzo due gocce. Non mi piace esagerare.

 

Per la terza volta il campanello suona ed io mi precipito ad aprire, incurante di avere solo un accappatoio addosso. Edward mi ha visto ben più scoperta, non è il caso di fare la pudica adesso e spalanco la porta con un sorriso che si spegne appena capisco chi ha suonato.

«James, che ci fai qui?» chiedo stupita.

Con tanti momenti, proprio adesso che sta arrivando Edward?

Chiudo nervosamente l’accappatoio e stringo le gambe. Fortuna che è uno di quelli lunghi, altrimenti sarei mezza scoperta. Anche così, però, mi sento a disagio.

«Wow, Bella. Aspetta che mi sventolo un pochino di aria, altrimenti mi viene un attacco di cuore! Se apri la porta in questo modo a tutti, verrò a trovarti più spesso» dice allegro, entrando nell’appartamento senza che io lo inviti.

«Non ti preoccupare, ti è solo andata bene, la prossima volta mi farò trovare con uno scafandro addosso» rispondo «Ripeto, che ci fai qui?».

«Angela mi ha mandato in missione con i viveri perché ha paura che muori di fame da quando lei non ti controlla più. Parole sue. Ben le ha dato ragione e Max ha provveduto a qualche cosa di sostanzioso ed ipercalorico perché hai bisogno di rimpolpare le chiappe. Anche queste parole sue». Sembra uno studente diligente che ripete a memoria la lezione.

 

«Perfetto, allora appoggia sul tavolo e leva il disturbo» dico decisa. L’orologio ticchetta impertinente ed io sono sulle spine.

Sono vicino alla porta che tengo socchiusa con una mano, mentre l’altra è ben ancorata sul davanti del mio accappatoio per non far vedere neanche un centimetro quadrato di pelle.

«Allora, mi dici come sta andando il lavoro?» chiede avvicinandosi a me, dopo aver posato i due sacchetti sul tavolo.

«Benissimo, sono molto felice e soddisfatta. Ho fatto nuove amicizie e sto avendo grosse soddisfazioni con le ricerche che stiamo compiendo» riassumo velocemente senza respirare. Vattene, vattene, vattene.

Nel mio cervello rimbomba una parola sola.

«Non rimpiangi nemmeno un pochino il tuo posto al ristorante? Se non altro per la compagnia. A me manchi molto, Bella» dice, per poi aggiungere sorridendo «Anche con i capelli così corti. Vorrei replicare la nostra uscita, questa volta senza trucchi» e mentre fa questa richiesta mi scosta la frangia dalla fronte.

Sorrido a questa speranza «Ma non ti stanchi mai di tentare? Ti ho già detto di no almeno un migliaio di volte. Io sarei stanca di provarci» rispondo divertita.

«Ma una volta hai detto di sì» obbietta lui.

 

«E voglio sperare che se ne sia anche pentita» dice bruscamente qualcuno dietro l’uscio accostato. Di getto spalanco la porta e mi trovo un davanti un Edward piuttosto nervoso che si passa la mano tra il capelli del ciuffo tinto di verde.

«Che ci fai qui? Bella non vuole vederti. Ti ho già detto di…». James inizia ad alzare la voce e a mettersi tra me e il pavone.

Secondo me rischia grosso, pertanto intervengo prima di dovermi occupare di disinfettare tagli ed escoriazioni perché due galletti non sanno stare con le mani al loro posto.

«James. L’ho invitato io. Ho deciso di parlargli e di chiarire quello che è successo tanto tempo fa» spiego al ragazzo, pur non essendo obbligata.

«Ci siamo rimessi insieme, bimbo. Adesso togliti dai piedi che voglio stare solo con la mia fidanzata». Edward dimostra tutta la sua soddisfazione dicendo queste parole ed io mi irrito sentendomi calpestata dal suo essere così tronfio ed impettito. PAVONE.

Ma come ti permetti? Prima devi parlarmi, devi prostrarti ai miei piedi e chiedere umilmente perdono! Poi, se io deciderò nella mia immensa magnanimità, di acconsentire allora potrai iniziare a corteggiarmi. Io non sono una tua proprietà.

 

«Non sono la tua fidanzata, Edward» credo che dalle mie orecchie esca del fumo. Sono furiosa.

Il pavone mi guarda intimorito, mentre James sorride soddisfatto.

Ma come fanno a essere così stupidi? Gli uomini li confezionano così? Con il DNA fallato sin dalla nascita? Perché non ci si crede che possano arrivare a questi comportamenti infantili, alla tenera età di ventiquattro anni.

«James, adesso torna al ristorante e ringrazia Angela, Ben e Max per il cibo. Salutami anche Amber» ordino tenendo la porta ben aperta.

Ormai non può far altro che uscire ed io credo che la cosa sia finita lì, se non che passandomi accanto si allunga per darmi un bacio.

Fortuna che me ne accorgo e mi scanso appena in tempo, facendo terminare le sue labbra sulla guancia.

Un ringhio al mio fianco, suggerisce che Edward non ha gradito affatto.

«Edward, vai a sederti che io finisco di sistemarmi» dico non appena ho chiuso la porta.

Accidenti a lui, a James, a me e anche a qualcun altro che adesso non mi viene in mente ma che sicuramente centra anche lui.

 

Torno in bagno e lavo la faccia sino a far diventare le guancie rosse. Non voglio sentire ancora l’odore di James dove mi ha sfiorato e non voglio lo senta Edward.

Mi metto ancora uno spruzzo di profumo e mi infilo l’intimo e canotta.

Poi mi guardo intorno sconsolata. No! Ho dimenticato la tuta!

Adesso dovrò uscire conciata così e, nonostante abbia indossato reggiseno e slip di semplice cotone bianco stile nonna dell’ottocento, lui crederà che voglio sedurlo. Sbuffo contrariata per l’ennesima volta.

«Edward, voltati e chiudi gli occhi» urlo attraverso la porta chiusa del bagno.

«Perché?». Fai il furbo?

«Perché te lo dico io e tu mi ami e farai come ti chiedo» rispondo.

«Ma tu non sei la mia fidanzata». Sta barando!

«Edward!» esplodo. Mi viene voglia di pestare i piedi per terra. È indisponente quando fa così.

«Va bene… come se non ti avessi mai vista nuda» borbotta contrariato.

 

Socchiudo la porta e sbircio. È girato verso i pensili della cucina, con le braccia incrociate sul petto e gli occhi chiusi.

Bene, una volta tanto ascolta quando parlo. Sgattaiolo in camera e mi dirigo subito al cassettone dove sono riposte le tute che uso per girare in casa. Non voglio essere sexy questa sera.

Dobbiamo parlare e devo vestirmi da monaca, stile ammazza erezione.

Ho appena aperto l’ultimo cassetto in basso, quando sento una pressione proprio in mezzo alle natiche che sono rimaste per aria.

Come faccio a mettermi sempre nelle situazioni più assurde?

«Non serve chiudere gli occhi, già quando sono entrato in casa era così. Lo senti che effetto mi fai?» dice il pavone spingendo di nuovo il suo “bazooka” (come lo chiama lui) contro il mio sedere.

Mi si spezza il fiato e sento un calore famigliare crescere dal basso ventre ed espandersi verso ogni terminazione nervosa.

«Edward… io…» provo a dire, ma le parole mi muoiono in gola quando il mio corpo traditore spinge contro il suo bacino. Inutile mentire, lo voglio con tutta me stessa.

Mi ritornano in mente le parole che ho detto a Gary, non più tardi di ieri sera: “conosco la differenza tra sesso e amore e quello che ho fatto con gli altri dopo Edward non era neanche sesso” questo sarebbe solo amore.

«Dobbiamo parlare…» sospiro flebile. Mi sto arrendendo, lo so io e lo sa anche lui.

«Anche questo è parlare» bisbiglia roco, abbracciando il mio busto, in modo che la schiena si appoggi al suo petto. Spinge ancora il bacino contro di me.

Oh! Il suo arnese parla di sicuro in questo momento. Forte e duro direi.

 

Sospiro, sconsolata. Dovremmo parlare di quanto è successo, non si può ricominciare dal sesso, non è sano! Non è giusto!

«Oh! Al diavolo!» esclamo voltandomi e baciando con forza le sue labbra.

Al diavolo le parole, anche i nostri corpi parleranno questa notte.

Recupereremo, ma adesso lo voglio sentire con me, dentro di me, a spingere i nostri piaceri sino alla pace dei sensi e all’appagamento dei corpi.

Più prosaicamente, voglio farmi fottere come solo lui sa fare.

 

«Oh, Edward» sospiro, e lui mi prende in braccio e mi adagia sul letto, facendo scivolare gli slip sino ai piedi per poi toglierli e lanciarli da qualche parte. Dove saranno finiti mi è indifferente.

La stessa sensazione che ho quando mi tolgo frenetica canottiera e reggiseno.

Sono nuda, davanti a lui che è ancora troppo vestito per i miei gusti.

«Eccitata?» chiede sornione quando si toglie la maglietta rimanendo a torso nudo.

«Tu lo dimostri meglio» rispondo strappandogli i pantaloni e i boxer da dosso e indicando il suo sesso svettante contro ogni legge di gravità.

«Ti voglio nudo… adesso» ordino.

Se io sono nuda, non vedo perché lui dovrebbe avere qualche copertura! Le cose eque sono sempre le migliori!

 

«Prendi sempre la pillola?» chiede prima di passare la lingua sul mio ombelico.

«No» sospiro quando soffia e mordicchia i capezzoli.

Le mie mani vagano sulla schiena. Da dove arrivano tutti questi muscoletti guizzanti? Si è tenuto in forma il ragazzo!

«Ne sono felice» borbotta e io mi blocco e rischiando di strappargli i capelli metto il suo viso davanti al mio in modo da poterlo fissare negli occhi.

«Perché?» chiedo seriamente.

«Almeno nessuno ti ha avuta completamente… lo so è stupido, ma non riesco a pensare che qualcuno…» sospira e mi bacia.

Dovrei dirgli di Jacob? Oddio no! Litigare dopo neanche cinque minuti… non reggerei. Pillola! Domani vado a farmela prescrivere dal ginecologo. Pillola! Sicuro!

Il suo amichetto del sud, sta spingendo impaziente sulle mie parti basse e la mia amichetta meridionale, è indecisa se chiamare i pompieri per risolvere le infiltrazioni, ho regalare a chiunque si avventuri dentro, un bel salvagente, cosa che in effetti si è messo: un bell’impermeabile!

Sono così eccitata che straparlo!

 

Edward continua a baciarmi sulla guancia, poi si sposta sul mento e giù lungo il collo, alternando anche dei morsetti che non fanno altro che eccitarmi ancora di più.

Sono in paradiso e tra un po’ sarò ancora più su!

Ho allargato le gambe e lui sta per entrare…

«Oh, Cazzo!» esclama contrariato.

«Cosa c’è?» chiedo stupita, visto che lui si solleva da me e si stringe sconvolto i capelli.

«Non lo so! Oh, cazzo! Non adesso!» ripete.

«Che succede, Edward? Mi sto preoccupando» quasi urlo, frustrata, sia per la sua reazione, sia per la mia attuale situazione. Ehm…

Incredibilmente, il pavone non mi guarda e fissa sconvolto un punto più in basso.

Seguo il suo sguardo e... mi metto a ridere sguaiatamente.

«Non ridere! Questa è una cosa seria! È una tragedia!» esclama mentre inizia a movimentare l'ex bazooka con un dito. «Sveglia, sveglia» ripete al suo amichetto.

«Edward, dai, non è un problema. Sarai stanco, sai, lo stress» provo a consolarlo mentre gli accarezzo le spalle.

«Non mi è mai successo, non con te. Giuro» protesta con voce rotta.

«Questo me lo ricordo, tranquillo. Non ti preoccupare, succede» tento ancora.

 

«Okay, proviamo con le maniere forti» mormora lui, prima di saltarmi addosso e spingermi sul materasso. Inizia a baciarmi, tastarmi, leccarmi il seno, toccarmi il clitoride, con urgenza, con forza, con disperazione.

«Mi sei sempre piaciuta, Bella. Anche quando ero lontano, pensando a te, mi eccitavo come un ragazzino» mormora sul mio collo.

 

Io non sono neanche in grado di rispondere, talmente presa da tutte queste sensazioni. Mi sta lavorando... sono burro fuso nelle sue mani, può fare di me quello che vuole.

Il mio respiro si fa sempre più corto ed accelerato, ho bisogno di lui, lo voglio, dentro di me. Ora!

«Edward» imploro.

«Ufff...» sbuffa disperato «Non è abbastanza...» dice sconsolato.

Sono leggermente sottosopra e non capisco subito il suo commento. Quando però la frase arriva alla mia corteggia celebrale, ringhio come il mastino napoletano che mi sento dentro.

«Vuoi dire che non sono abbastanza eccitante per te? Puoi sempre tornare dalla tua Maggie!» urlo arrabbiata girandomi di spalle. Non sono abbastanza sexy. Non lo eccito. Sono vecchia e brutta! Mi viene da piangere.

Picchio il cuscino e mi metto, ancora nuda in posizione fetale.

«Non dire così, Bella» mi sussurra all'orecchio «Maggie non è mai riuscita ad arrivare qui» e sento che indica il suo cuore «Solo tu, sempre e solo tu. Hai ragione, probabilmente sono solo stressato e stanco. Dormiamo, domani mattina andrà sicuramente meglio» finisce stringendomi in un abbraccio e si corica aderendo completamente alla mia schiena, coprendoci con il lenzuolo.

Sentire la sua pelle sulla mia mi tranquillizza e mi eccita nello stesso tempo.

«Perdonato?» bisbiglia sul mio collo.

«Per avermi dato del pezzo di legno, sì. Per Maggie, no» rispondo piccata. Ma sorrido, non riesco a tenergli il broncio a lungo.

Edward mi pizzica il fianco «Siamo stati insieme sei mesi e l'ho lasciata perché non riuscivo a dimenticarmi di un fastidiosissimo istrice che avevo lasciato a Forks. Una ragazza talmente di carattere da doverla prendere con le pinze. Nessuna è mai riuscita a prendere il tuo posto» conferma ancora.

«Anche il tuo è sempre stato riservato a te» rispondo emozionata.

Sembra strano farci queste confidenze, nudi e abbracciati, senza far altro che parlare.

 

«Ehm... Bella? Mi spieghi perché quando ti bacio a occhi chiusi mi compare davanti la faccia di tuo padre?» chiede perplesso.

Ridacchio «Ti senti in colpa per fare le cosacce con la bambina di Charlie?».

«Mi sento a disagio alla vista di quei baffoni, mi smonto» protesta.

Io rido con più gusto «Ti ricordi quando avevi messo il profumo di mio padre? Che ti ho lasciato in bianco, perché non riuscivo a... ecc... oh cazzo!» esclamo.

Ecco perché il profumo mi ricordava casa. Assomiglia al profumo di mio padre!

 

«Edward! Annusami!» ordino.

«Ehi, ti adoro ma non sono un cane!» protesta.

«Fallo! Subito!» e lui mi annusa il collo con attenzione.

«Ma... Charlie» dice stupito.

«Probabilmente è stato il profumo che mi sono messa. È maschile, l'ha acquistato Alice per completare il travestimento di Lino... ma che stai facendo?». Si è alzato di scatto, splendido nella sua nudità, e mentre sto ancora parlando, mi prende in braccio e mi porta in bagno.

«Doccia! Devi toglierti quella puzza castrante di dosso e farmi sentire di nuovo un uomo. Te la senti donna?» chiede depositandomi senza complimenti sotto l'acqua scrosciante che ha appena spalancato. Rido felice iniziando a strofinare il mio corpo con il doccia schiuma.

«Mi piacerebbe fare la doccia insieme, ma qui è troppo piccolo. Ti prometto che a casa mia provvederò a lavarti con cura ed attenzione» dice al di là della tenda.

«Ogni promessa è debito. Mi assicurerò di ricordartelo. Finito!» annuncio chiudendo l'acqua.

«Fai annusare?» chiede. Da una veloce occhiata preventiva, sembra che il suo amichetto sia sveglio e attivo e, anche dopo una doverosa ed approfondita sniffata, il bazooka è ancora pronto a sparare.

«Charlie è sparito?» chiedo sogghignando.

«Neanche una traccia di aura» risponde ed inizia ad asciugarmi con il telo.

Ma questa operazione non ci tiene occupati a lungo, le sue mani malandrine non asciugano più di quanto tastino, massaggino e carezzino parti del corpo che mi sembravano già terse.

«Andiamo a letto» propone con voce roca ed eccitata.

«Fammi sognare, stallone» rispondo abbracciando.

Mi solleva e finalmente, dopo pochi istanti, siamo sul letto a rotolarci tra le lenzuola e, per tutta la notte, il bazooka spara le sue cartucce con forza e ripetutamente.

Qualsiasi guerra potrebbe essere vinta con un'arma del genere! Ed io, dopo diverse ore, mi dichiaro sconfitta e annientata ed alzo bandiera bianca.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

sempre più corto il capitolo. Mi è venuto al minimo sindacale, ma è esattamente come lo volevo io! Per i contenuti… niente pomodori, please! Costano!

 

Non credo sia necessario commentare: le scene comiche qui sono due.

La mamma e il bazooka.

 

Io invece voglio sapere una cosa da voi: vi è mai capitato? Nel durante che…

Ditemi! Esprimete! Sono curiosa di sapere se sono una mosca bianca!

 

Grazie per l’attenzione,

alla prossima

baciotti

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Capitolo 15
*** voglio andarmene e rimanere sola ***


 

 

Ciao a tutti,

questo è un capitolo chiave. Qui si racchiude tutta la spiegazione di quello che ha costretto Edward a comportarsi da stronzo.

 

Faccio una premessa, per chi magari non ha letto Ciao Edwardina o chi non se la ricorda bene. Edward era un impulsivo ragazzino di 18 anni quando ha scommesso con Emmett e si è trovato travestito da donna a Forks (lui è di Seattle).

All’inizio era un ragazzo tronfio, sicuro di sé ed egoista. Essere trasformato in una cozza umana l’ha cambiato, è diventato più generoso e rispettoso degli altri.

All’epoca della sua fuga in Europa, lui era giovane e buono, nel senso stupido del termine, dove il sacrificio personale è la più alta espressione di amore e, soprattutto, deve essere compiuto da solo, senza alcun aiuto.

Sarebbe bastato parlare con i genitori, con Bella, chiedere aiuto a qualcuno e non sarebbe accaduto nulla.

E’ difficile e ferisce il proprio orgoglio, ma a volte bisogna abbassarsi e chiedere.

 

Anche Bella ha le sue colpe. L’orgoglio rende sordi e a volte basterebbe ascoltare la persona per capire e scusare una offesa. Chiudersi a riccio (o istrice) l’ha portata a una lontananza forzata che poteva evitarsi.

 

Detto questo, ringrazio tantissimo le persone che hanno recensito, chi ha inserito questa storia nei preferiti, ricordati, seguiti e chi ha semplicemente letto e spero apprezzato questa storiella.

Ringrazio ancora l’autrice Anto_Pattz per il banner e ricordo che questa è una storia comica e anche se in questo capitolo ci si fa seri… la risata può sempre scappare!

 

 

E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Bella, mi spieghi perché lavori travestita da uomo?». È mattino presto e ci siamo appena svegliati. Le coccole all’alba sono sempre state le mie preferite, soprattutto dopo un’intensa sessione di attività fisica come quella di questa notte.

«Non riuscivo a trovare lavoro. Assumevano sempre un maschio e allora ho provato a cambiare. Stupidamente devo dire, perché alla biologicalseattle, assumono anche donne, ma Grace mi aveva già presentata come Lino, così mi sono adeguata» rispondo.

«Ti avrebbero assunta ugualmente» mi consola «Adesso come pensi di agire?».

Bella domanda. Se avessi un dollaro per ogni volta che me lo sono chiesta in queste due settimane, sarei davvero ricca

«Pensavo di andare avanti qualche mese e poi rivelarmi per quella che sono, oppure auto sostituirmi per una fortuna improvvisa» non ero riuscita a pensare a niente di meglio.

«C’è qualcuno che sa di te, oltre Grace?».

«Robert, i tuoi cugini…» e vengo subito interrotta.

«Quindi questa è opera di Alice e company? Dovevo immaginarlo! Ci hanno preso gusto» ride stringendomi a lui.

«Probabile. Angela mi ha caldamente consigliato di rivolgermi a loro, visto il risultato che avevano ottenuto con te, dimostravano esperienza».

«Quindi anche Angela e Ben sapevano?» continua l’interrogatorio.

«Mi hanno assistita nella trasformazione. E lo sapeva anche James e Jacob» chiarisco e agli ultimi due nomi lo sento irrigidire.

Non riuscirà mai a farseli piacere.

 

«Perché James era qui?» chiede quasi timoroso.

«Angela lo aveva incaricato di portarmi del cibo. Sai, io non cucinavo quando lavoravo al ristorante. Prendevo sempre gli avanzi e ora che non vado più a lavorare durante la settimana, pensa che morirò di fame» rispondo.

«Non lo permetterei mai».

«Ti ringrazio per non esserti scatenato quando l’hai trovato in casa con me in accappatoio». Poteva essere una scenata di gelosia in piena regola, invece era rimasto relativamente calmo.

«Ho imparato da parecchio che te la sai cavare. Sei troppo onesta per nascondermi tresche clandestine. E ti sai arrangiare da sola se uno ti da fastidio. Confido nei tuoi pugnali. Quindi no, ho respirato a fondo ed ho pensato che eravate solo due amici che parlavano. Lui ci ha provato e tu l’hai cacciato. Punto. Non devo fare delle scenate su cose infondate, altrimenti ci rimetto io».

A parte il vago riferimento alla nottata con Jacob, sono davvero orgogliosa del suo modo di ragionare. Gelosia, ma sempre razionalizzata dalla mente. Fiducia innanzi tutto. È cresciuto! E tanto anche!

«Ricordati che la stessa cosa vale per te» mi dice. Beh, questo non lo posso garantire. Se una donna gli mette le mani addosso… potrei staccarle a morsi.

«Comunque tu a lui piaci» dice dopo qualche istante. Adesso è serio.

«Piaccio a tanta gente, ma sei tu quello che piace a me» rispondo e un sorriso orgoglioso gli si dipinge sul volto

«Hai buon gusto! Sono il migliore» si vanta.

«Pavone!» nessun animale lo rispecchia di più! Un piccolo pugno sul torace se lo è proprio meritato.

 

Continuiamo a parlare abbracciati, con la mia testa sul suo cuore e le nostre gambe intrecciate

«Sai che sono venuto a cercarti al ristorante, circa un mese fa?» chiede all’improvviso.

«Lo so, eri con Tanya» gli rispondo.

«Allora eri lì! Non ti ho visto, dov’eri nascosta?».

«Dietro le rose» gli dico ridendo.

«Ecco! Che stupido che sono stato. Perché non ti sei fatta vedere? Ho cercato così tante volte di parlarti» dice con rammarico.

E a queste parole, una pugnalata viene inflitta al mio cuore.

«Perché te ne sei andato sei anni fa? Mi hai lasciato solo un messaggio» sospiro cercando di trattenere le lacrime che inevitabilmente mi sgorgano tutte le volte che mi trovo a pensare a questa storia.

«E’ una storia un po’ lunga e complicata. Vorrei parlarne con calma, questa sera a casa mia. Ti va?» chiede sospirando.

«E’ stata colpa mia?» sono terrorizzata di aver sbagliato qualche cosa, di averlo soffocato, costretto a qualcosa a cui non teneva. Forse questa è stata la mia paura più grande in questi anni. Il terrore che fosse fuggito da me. Era più facile pensare di aver subito un torto, piuttosto che affrontare una simile verità.

Lui si siede e prende il mio viso tra le mani, costringendomi a guardarlo negli occhi.

«Non pensarci neanche. Tu eri la parte perfetta della mia vita, avrei salvato solo quella se avessi potuto. Sono dovuto andare via di corsa perché sono stato ricattato e ci sarebbe andata di mezzo la mia famiglia. Non potevo permetterlo per colpa mia. È per questo che sono partito. Quando ti ho cercata, il giorno dopo, per spiegarti tutto, hai iniziato a rifiutare di parlarmi e dopo qualche mese mi sono arreso» vedo il rimpianto di quello che è stato e la convinzione della scelta che ha fatto. Sento che mi sta dicendo la verità perciò acconsento ad attendere questa sera per sapere tutto quanto.

 

Ormai sono le sette e stiamo quasi per uscire, visto che dobbiamo passare da Edward per il cambio dei vestiti. Mi ha costretta a preparare una borsa con tutta la mia roba per questa sera, per non dover correre qui domani.

Le cose si stanno facendo serie alla velocità della luce, o forse lo sono sempre state.

Quando mi sono truccata questa mattina mi ha aiutato, raccontando le sue avventure e passandomi il fondotinta. Un truccatore professionista. Decisamente divertente.

Sono ancora in bagno e decido di spruzzare il profumo di Charlie. Devo assolutamente parlare con Edward e non voglio che lui mi distragga o trovi una scusa per evitare ancora l’argomento.

«Che stai facendo?» mi chiede mentre guarda disgustato il profumo che sto postando sulla mensola.

«Mi metto la lozione anti stupro. Così non ti distraggo mentre stai lavorando» lo guardo sbattendo ripetutamente le ciglia.

«Sai che sei il ragazzo gay più affascinante che abbia mai visto?» dice mettendomi una mano sulla conchiglia «E sei sempre così duro…» e si mette a ridere come un matto.

«Tu, invece…» rispondo posizionando la mia sul suo cavallo e portando il mio collo profumato sotto il suo naso «… Niente».

E questa partita l’ho vinta io, pavone!

«Non te la dimenticherai mai, eh?» sorride, poi prende la famosa boccetta di profumo ammazza sesso e se ne spruzza una generosa dose.

«Che fai?» chiedo curiosa.

«Anche io non voglio che ti distragga, non vorrei mai avere una tua lettera di richiamo sulla coscienza» e si sporge verso di me facendo aspirare il suo profumo.

Chiudo gli occhi e… oh mio Dio! Charlie!

«Non posso baciarti così!» protesto.

«Meglio! Saremo più professionali. Forza mister Swan, andiamo a lavorare!» esclama regalandomi una pacca sul sedere e facendomi uscire dalla porta.

 

«Ehi, piccioncini!» urla Grace a gran voce nel bar dove ci fermiamo per la colazione. Ormai il pericolo Bree è scongiurato e anche le avances di altre donne. In un certo senso, essere gay è liberatorio.

«Ciao, Grace. Come è andata la serata?» chiedo baciandole la guancia.

Gesto effeminato, ma tanto sono gay… però! Mi piace! E posso anche parlare più tranquillamente come una ragazza… sta tutto nel personaggio.

«Benissimo! Vorrei chiederti un favore…» dice e poi si sporge verso di me e sussurra in modo che Edward non senta «Ho bisogno di andare dal ginecologo oggi, mi accompagni nella pausa pranzo?».

«Senz’altro! Anche io ho bisogno di fare una visita» rispondo sottovoce.

Ci guardiamo fisse negli occhi ed iniziamo a ridere. Anche lei ha la mia stessa necessità. Gary deve proprio saperci fare.

«Donne» borbotta Edward mentre si avvicina al bancone per ordinare le nostre colazioni.

«Dalla tua faccia direi che è stata una gran serata. Chissà perché pensavo che vi sareste picchiati a sangue» dice Grace, una volta sola con me.

«No, però non abbiamo ancora chiarito. Abbiamo rimandato a questa sera. Mi ha solo accennato di essere stato ricattato e che voleva proteggere la sua famiglia… non voglio pensarci adesso. Mi sto friggendo il cervello da quando me l’ha detto» rispondo accigliata.

«Ricattato? Non ha mai raccontato nulla di simile a me. Mi sento in colpa, chissà cosa ha dovuto affrontare da solo».

Accidenti. Ha ragione. Ho sempre pensato solo al dolore che ho provato io e non mi sono mai soffermata sul suo, pensando che non ne provasse. Anche ieri e questa mattina, quando mi rassicurava a gesti e parole di essere sempre stata l’unica, non ho mai pensato a quanto avesse passato in questi sei anni.

Sono egoista.

Quando torna al nostro tavolo mi alzo e lo abbraccio ancor prima che si sieda.

«Ehi, a cosa devo l’onore?» chiede sorridendo.

«Ti voglio bene» rispondo commossa. Lui mi stringe forte e chiede «Solo?».

Vuole proprio sentirmelo dire, il pavone. «Ti amo».

«Ricordatelo sempre… anche io» mi soffia nell’orecchio e mi ricopro di brividi, subito spenti dalla zaffata di profumo.

Mi sento ridicola. È come avere un tasto on/off per la libido.

 

Stiamo finendo la colazione ed io sto raccontando delle reazioni di Edward al profumo di Charlie, scatenando le risate convulse di Grace.

Il mio ragazzo fa un broncio adorabile ed è troppo divertente prenderlo in giro.

Non c’è cattiveria tra noi. In questi anni ci siamo dette di tutto io e questa ragazza e so che tra lei e Edward è la stessa cosa.

«Allora tu dici che mettendo una mano sul suo cavallo dei calzoni e massaggiando non si sveglia perché sente l’odore di tuo padre?» chiede, mentre la sua mano sta facendo finta di palpare il pavone sotto lo sguardo sconvolto sia mio che suo.

«Grace!» strillo!

«Sto scherzando, dai!» e ride più forte.

Ovviamente, il diavolo farà pure le pentole ma si dimentica sempre dei coperchi e proprio un nanosecondo prima di togliere la mano malandrina, arriva Robert e guarda la scena con occhi sbarrati.

In effetti non siamo mica normali. Io ho il mio collo sotto il naso di Edward che ha un braccio sulle mie spalle e guarda Grace che allungata si sporge mettendo  una mano sul pacco del mio ragazzo. In pratica una foto da orgia!

«Non starò a chiedere cosa ci fa un ragazzo notoriamente gay con la mano della ragazza che esce con mio figlio, annusando il suo ragazzo. Sebbene io adori le soap opera, questo intrigo è troppo anche per me» e scuotendo la mano come a scacciare una mosca, richiama l’attenzione di Bree per ordinare la colazione.

«Non è come credi» replico io.

«Lo dicono tutti gli adolescenti beccati a fare sesso. E credimi, ho imparato che è proprio quello che sembra… tranne che nel vostro caso, perché sono sicuro che la spiegazione mi terrà allegro per il resto della giornata» e mi fissa, ansioso dell’ultimo pettegolezzo.

«No. Mi dispiace ma i miei fatti sessuali non saranno ripetuti ad altra anima viva. Dovrò sopportare per anni questa psicopatica e le sue frecciatine, non tollererò oltre» dice serio Edward, puntando il dito indice sotto il mio naso «Quindi ti proibisco di fiatare, oppure…» e si ferma a pensare una punizione adatta.

«Oppure?» lo sfido alzando un sopracciglio.

Voglio proprio vedere dove va a parare.

«Mi spruzzerò quel profumo per tutta la settimana» dice trionfante.

«Ma fa effetto anche a te?» ride stupita Grace

«Sì» ammetto sconsolata «Non ci posso fare nulla, è più forte di me. Vedo mio padre» rispondo allargando le braccia.

«Uhu. Conosco questo problema, lo aveva anche Max. una volta ho messo Chanel n° 5 e lui non mi si è avvicinato per tre giorni, perché sosteneva che gli ricordavo sua madre» interviene Robert.

Quest’uomo ha un intuito imbarazzante! Non posso credere che abbia capito tutto dicendo solo due parole!
«Sì, davvero divertente. Grazie ragazzi, immaginandomi la vostra scena, riderò tutto il giorno» e si alza lasciandoci letteralmente a bocca aperta.

«Ma ci ha messo una microspia addosso?» chiede Grace guardando alternativamente me e Edward.

«Non so cosa risponderti» le dico mesta.

«Andiamo al lavoro, è meglio» conclude il pavone con le piume arruffate.

 

«Amore, andiamo a pranzo?» chiede Edward dopo essermi stato alla larga per tutta la mattina.

Sono orgogliosa di noi. Ci siamo sfiorati, ci siamo guardati ma abbiamo lavorato benissimo, con una complicità strabiliante: è riuscito a capire cosa volevo ancora prima di parlare e anche io ho anticipato parecchie mosse.

È come se avessimo abbattuto le barriere che ti tenevano separati e fossimo un tutt’uno. Anche John se ne è accorto e mi ha fatto impliciti complimenti per il progresso della collaborazione nel team.

Quella che in questo momento sta vivendo male la situazione è Amanda.

Alterna sguardi compassionevoli, irosi, stupiti, amorevoli, gelosi e altre mille emozioni che mi riesce incredibile pensare riescano a stare compressi in una unica persona.

Ho fatto attenzione anche a Collin. Lui invece è cordiale con noi, quasi amichevole ed è tenero e gentilissimo con Amanda. Mi sta venendo il dubbio che in realtà il nostro assistente stempiato, sia invaghito della chimica.

 

«No, mi spiace, accompagno Grace dal medico ed approfitto per una visita» rispondo.

«Stai male? Ti ho fatto male questa notte… oh! Lo sapevo! Sono stato un animale! Dimmi, dov’è che hai dolore?» chiede in preda al panico, cominciando a tastarmi per controllare eventuali acciacchi.

Ed io rido. Non posso fare altro. È troppo buffo.

«Quello che mi farà male tra un po’ è la pancia per le risate. Non ho niente che non va, non preoccuparti. E’ solo un controllo».

Vedo che respira a fondo per calmarsi. Può essere più tenero e dolce?

«Posso accompagnarvi anche io?». Beh, adesso non esageriamo, è pur sempre lo studio di un ginecologo e dovrò parlare di mestruazioni, rapporti sessuali ed irritazioni vaginali, non credo che siano argomenti adatti alle caste orecchie del pavone. Perciò nego deludendolo.

«E chi penserà a me?» chiede con vocetta e broncio degni di un lattante.

«Ma io caro» risponde Robert mettendogli una mano sulla spalla.

«Mi devi raccontare ancora un sacco di cose e devo mettere a confronto le mie informazioni con quelle di Max su Bella» chiarisce meglio le sue intenzioni.

«Non hanno niente di meglio da fare che sparlare della nostra vita, questi due?» chiede Edward rivolto a me.

Purtroppo faccio spallucce «Benvenuto nel mio mondo» dico ironica e scappo visto che Grace sta facendo segno.

 

§§§

 

In un certo senso mi è spiaciuto lasciare Edward tra le grinfie di Robert. Quell’uomo è simpaticissimo, ricorda la vivacità di Robin Williams, anche se di aspetto sembra più sul tipo inglese, stile Hugh Grant. Lui e Max sono davvero una bella coppia, spero solo non sia troppo pesante con Edward.

Non aveva molta simpatia per Eric quando eravamo al liceo. Va beh, quello tentava sempre di palparlo e sicuramente Robert non lo farebbe mai…

Meglio che mi concentro sulla visita di oggi.

«E’ tanto che vieni da questa dottoressa?» chiedo a Grace che è seduta accanto a me.

Abbiamo ottenuto un appuntamento al volo. Normalmente la ginecologa, tiene sempre libere le ore del pranzo per le visite alle donne che lavorano e oggi siamo state fortunate, grazie allo studio praticamente vuoto. Siamo le prossime.

«Parecchio… sai, qualche anno fa la dottoressa Everfour ha fatto scalpore» dice con fare cospiratorio.

«Perché?». Gossip, gossip, gossip… ormai andrò nel girone infernale delle pettegole.

«Ha scritto un libro erotico che ha avuto anche un discreto successo. Anche se non aveva pubblicato la sua foto, hanno capito tutti che era lei… si è firmata con il nome Elly4ever e lei di nome si chiama Allison Everfour» racconta.

Romanzo erotico. Credo che chiederò a Emmett, visto le letture edificanti che faceva quando mi accompagnava per negozi.

«Certo che con il lavoro che fa, ha una conoscenza tecnica diretta ed approfondita» dico riferendomi alla vagina, parte integrante di un tale racconto.

 

«Signori Razi? Venite pure» dice la dottoressa facendoci accomodare in studio.

«Signora, lei vada pure a spogliarsi dietro il separé mentre parlo con suo marito» continua.

«Scusi…» provo a dire, ma la ginecologa continua.

«Mi chiami Ally, è tanto che volevo conoscerla, sua moglie viene da me da parecchio tempo e non l’aveva mai accompagnata» e mi stringe la mano vigorosamente «Non è da tutti accompagnare le proprie donne in uno studio simile. Normalmente vengono solo quando ci sono le ecografie dei bambini, altrimenti fuggono da queste mura come se ci soggiornasse il diavolo» continua imperterrita il suo discorso ed io sono sempre più perplessa.

Okay, non mi sono cambiata perché non ho avuto tempo, visto che finito qui dovremo correre al laboratorio, ma qualcuno dovrebbe spiegarmi dove ho la fede al dito per far supporre a questa qui di essere sposata con Grace.

«Ma io…» provo ancora ma questa non demorde.

«Non si preoccupi… Mi dica, cosa vi porta qui? Avete dei problemi, perdite, irritazioni vaginali?» si è calata ancora di più nei problemi professionali ed ha tirato fuori un foglio a caselline che inizia a compilare.

«Vorrei prendere la pillola anticoncezionale» dice Grace, posizionandosi sul lettino, pronta per la visita.

«Benissimo, allora le prescrivo le analisi da fare per scegliere il prodotto più adatto. Fate bene a non rischiare una gravidanza se non siete sicuri» e mi guarda comprensiva.

Ci rinuncio e aspetto il mio turno.

 

Dopo dieci minuti e trenta domande specifiche sulle prestazioni di Gary, che vengono appioppate a me con tanto di occhiate ammirate, (oltre al fatto che ne avrei fatto volentieri a meno di sapere certe cose), Grace ha finito, si riveste ed è pronta ad uscire.

«Esco anche io, avevo ancora un appuntamento con una certa Swan, ma non è arrivata…» e la dottoressa si sta togliendo il camice.

«Veramente sono io» dico e vado dietro il separé ad iniziare a spogliarmi.

«Mi… mi scusi ma lei ha bisogno dell’andrologo, non del ginecologo» obbietta Ally.

«Anche lei vuole la pillola anticoncezionale» spiega Grace ridacchiando per la palese confusione della dottoressa.

«Non credo che faccia bene e poi… non si preoccupi, non rimarrà incinto. È scientificamente provato» e qui la mia amica scoppia in una fragorosa risata mentre io mi siedo sul lettino, pronta per la visita, mostrando il sospensorio con conchiglia.

«Ma… lei è una donna!» esclama quasi sconvolta.

«Esatto» convengo.

«Allora credo che abbia bisogno di uno psicologo… ma uno bravo» continua la sua missione per mandarmi da altri medici.

«Per ora ho solo bisogno che mi prescriva gli esami per scegliere la pillola anticoncezionale adatta alla mia persona» rispondo conciliante.

Ally Everfour avrà molto materiale per una nuova storia, quando io e Grace usciremo da qui.

 

§§§

 

«Quindi non voleva visitarti?» Edward ha riso per venti minuti quando ho accennato a quello che è successo dal medico. Sommato a quanto ha riso Grace per lo stesso motivo, direi che ho sopportato abbastanza per oggi.

«Basta, ti prego» supplico e lui, sforzandosi, mi accontenta.

Siamo in macchina e stiamo andando a casa sua per passare la serata ed affrontare il discorso che mi sveglia la notte da sei anni.

Voglio sapere perché è partito, perché mi ha lasciato così. Ne ho diritto e, arrivati a questo punto, lo pretendo.

«Guarda che il palazzo è da quella parte» dico, indicando la via dello stabile dove ha dimora la famiglia Cullen. Non posso sbagliarmi, ho passato diversi giorni in quell’appartamento.

«Io non abito più con i miei. Ho ancora alcuni vestiti per le emergenze e mi fermo quando faccio tardi… altrimenti vado a casa mia» dice divertito.

Ci stiamo allontanando dal centro, verso una zona residenziale. Ci sono villette a uno o due piani con steccati e giardini curati.

 

Mi guardo intorno curiosa. Mi piacciono queste case, mi ricordano Forks con le villette e i quartieri famigliari e tranquilli.

Edward si ferma sul vialetto di una villa a due piani, completa di portico, giardino con una grande quercia e uno steccato bianco che circonda la proprietà.

Se vedessi dei bambini giocare li fuori, non sarebbe per niente strano.

È una casa bellissima, ma forse un pochino grande per essere abitata da una sola persona.

Lo guardo stupita. Tutto mi sarei aspettata come casa, tranne quella.

«E’ un sogno che ho fatto anni fa e quando, tre anni fa, ho visto che questa era in vendita, ho deciso di acquistarla… a dire il vero è il regalo di compleanno di mia madre» si giustifica.

Cavoli! Normalmente a me arrivano pacchettini con degli orecchini in nichel, non una casa dal valore di qualche centinaia di migliaia di dollari. È proprio un regalo  prêt à porter.

«Ti piace?» chiede ansioso.

«Fuori è magnifica, adesso fammi vedere come è dentro!» dico spingendolo verso la porta.

«Non è tutto arredato, per ora ho solo il necessario… in questi anni sono stato lontano, sai?» mi spiega aprendo la porta e spostandosi per farmi entrare per prima.

 

In effetti, a parte il mobile e l’ampio divano in salotto, il tavolo e una cucina super accessoriata, l’unico ambiente arredato è la camera da letto e il bagno al piano terra. Ma per scrupolo, Edward mi fa visitare anche il salone, gli altri due bagni, lo studio e le tre camere da letto. Inutile dire che anche io inizio a sognare pargoli che vagano per le scale e noi due a coccolarci davanti al camino del salone.

«Bella, che ne dici? Ti piace?». È ansioso di sapere la mia risposta, come se ne andasse della sua vita futura.

«E’ decisamente grande… è stupenda, Edward». Non riesco a prenderlo in giro, sono entusiasta e lo dimostro.

 

«Bene» mormora soddisfatto «Sono passato da Angela, oggi. Ho portato la cena, così possiamo mangiare, o preferisci fare altro?» chiede malizioso.

«Parlare. Voglio parlare» rispondo decisa e lui annuisce sedendo sul divano e invitandomi accanto a lui.

Sospiro e mi preparo. Ho il cuore stretto da una morsa di paura e incertezza e spero tanto che quanto mi dirà, sia rivelatore e liberatorio.

Voglio sapere per lasciarmi questa storia alle spalle. Non ha senso rimuginare o rimpiangere. Occorre andare avanti ed io voglio andare avanti.

 

«Tu sai chi è stato eletto senatore dello stato di Washington, tre anni fa?». Adesso parla di politica?

«Non ho votato» rispondo alzando le spalle. Non sono appassionata di questioni politiche e poi ero troppo occupata tra studio e lavoro.

«L’avvocato Gerandy… te lo ricordi?». Dove vuole arrivare?

«Era il proprietario di quella villa che ha l’albero secolare nel parco a Forks» rispondo.

«Ed era il socio di mio padre» aggiunge.

«Ricordo che è lì che ti sei rivelato per quello che eri. Mi è venuto un colpo quando ti sei tolto la parrucca. Ero così arrabbiata» ricordo come se fosse ieri.

«Quello è stato il mio secondo errore». È criptico.

«E il primo?».

«Essermi fidato di lui». La sua risposta secca mi fa gelare il sangue.

Cosa ha fatto questo Gerandy a Edward. Perché l’ha ricattato e cosa voleva in cambio?

 

Guardo il mio ragazzo e non capisco il senso di quello che mi sta dicendo. L’avvocato Gerandy era un collega di suo padre, socio dello studio legale, si era comportato gentilmente con noi.

«All’epoca mio padre era il candidato per il seggio al senato. Aveva la maggioranza del partito democratico dalla sua parte e avrebbe concorso per andare a Washington DC lasciando lo studio legale alle cure del suo socio e di due nuovi associati». Nel suo racconto c’è una nota stonata: tutto questo non è successo. Anche se non sono mai stata attenta a queste cose, se un Cullen fosse stato eletto al senato, a Forks avrebbero fatto festa per una settimana ed io lo avrei saputo, senza dubbio.

Comincio a capire qualcosa. Indirettamente la mia vita è finita in un gioco più grosso di quanto pensassi.

«Quando ho fatto quella scommessa e mi sono trovato in quella situazione assurda, travestito, non sapevo di aver scatenato una serie di eventi che avrebbero rivoluzionato la mia vita e quella di chi mi stava accanto» mormora.

Poi si volta verso di me e mi prende entrambe le mani guardandomi fisso negli occhi, come a dare maggior forza a quello che sta per dire.

«La cosa migliore che mi sia capitata in quella vicenda è che ho incontrato te e mi sono innamorato. Ho imparato ad avere più rispetto delle persone e a rapportarmi con gli altri. Ma il modo in cui tutto questo era successo, doveva rimanere segreto, per evitare imbarazzi a me, ma sopratutto a mio padre». Comincio a capire.

 

«Purtroppo, per salvarti da una denuncia che avrebbe pregiudicato il tuo futuro al college, mi sono smascherato davanti a Gerandy, ma pensavo di potermi fidare.

In realtà lui mi ha fotografato e la videocamera di sicurezza ha filmato alcune sequenze dove ero riconoscibile, in vesti da donna. Hai idea dello scandalo che ne sarebbe uscito se le foto o il video fossero stati divulgati ad arte?».

Allora è colpa mia. Lui si è scoperto per salvarmi e ci ha rimesso, quindi è colpa mia e della mia irrazionalità.

Per cosa ero così combattiva quel giorno? Per una pianta? Ho perso sei anni della mia vita per una pianta? Ho sofferto, ho pianto e mi sono trasformata nell’ombra di me stessa per una stupida pianta?

«No, Bella. La colpa è mia e, se vuoi, di Gerandy. Tu non centri nulla». Devo aver parlato ad alta voce, visto che mi ha risposto.

Mi stringe tra le braccia mentre le mie lacrime bagnano la sua camicia.

 

«Continua. Voglio sapere tutto» pigolo ad occhi chiusi.

«Alla fine dell’estate il partito doveva fare l’investitura ufficiale per il candidato che avrebbe iniziato la campagna elettorale e si sarebbe giocato il posto al senato contro i repubblicani. Gerandy aveva deciso di chiedere a mio padre il suo ritiro e di farsi eleggere. In più pretendeva che mio padre finanziasse la campagna elettorale con una buona fetta del suo patrimonio». Non aveva chiesto nulla a lui… allora perché?

«Il messaggio per mio padre fu consegnato a me, perché doveva fare più effetto. Purtroppo per Gerandy, ho letto il messaggio ed ho visto le foto e la cassetta. Mi sono sentito furioso, poi deluso, e poi ho avuto paura di rovinare la carriera di mio padre. Non eravamo mai andati tanto d’accordo come dopo il mio soggiorno a Forks» sorride dolcemente al ricordo.

«Così, per salvare tutti, ho deciso di andarmene. Se fossi andato in Europa, anche se le foto fossero uscite, sarei passato come lo scapestrato figlio dandy di turno, con un’aura decadente come il principe Harry. Avrebbe potuto giostrare lo scandalo come voleva, senza avermi sempre tra i piedi con tutto l’imbarazzo che ne sarebbe seguito. Anche tu avresti sofferto per tutta quella pubblicità, e magari se la sarebbero presa anche con te ed era la cosa che volevo evitare assolutamente.

Per questo, visto che la Sorbona aveva richiesto la mia presenza, ho preso al balzo l’occasione e sono scappato».

Sento che il suo sospiro non è solo per aver raccontato tanto, ma per essersi alleggerito di questo segreto.

 

«Quando ti ho mandato il messaggio ero all’aeroporto ero spaventato e depresso. Sentivo che stavo sacrificando la mia vita per la mia famiglia e mi sentivo come l’eroe che doveva rinunciare a tutto e lo faceva senza rimpianti per il suo spirito caritatevole. Poi, quando sono arrivato in Francia, ho riletto quello che ho scritto e mi sono dato dell’idiota. All’inizio pensavo che non avevo diritto di chiederti di aspettarmi e avevo deciso di lasciarti libera, in linea con la mia follia. Poi, ho pensato che avrei dovuto lasciarti la libertà di scelta e non era giusto importi i miei deliri. Ti ho telefonato, ho cercato di contattarti e spiegarmi. Tu continuavi a negarti, Angela non mi diceva nulla, Grace mi insultava e io… non sapevo più cosa fare».

Una carezza sul suo viso è il mio incoraggiamento per terminare il racconto.

 

«Non potevo tornare a casa. Mia madre mi tormentava per questo, ma mio padre era molto orgoglioso di me ed io mi sentivo fiero del sacrificio che avevo fatto per loro e continuavo a stare lontano dagli Stati Uniti.

Visto che mio padre non rinunciava alla sua carriera politica, Gerandy portò le foto a qualcuno della direzione del partito paventando uno scandalo ed erigendosi a difensore dell’onore dei democratici. In sostanza sollevarono mio padre e nominarono lui come candidato alle elezioni del senato.

Ormai era più di un anno che studiavo in Europa, quando mio padre lasciò la politica per dedicarsi solo allo studio legale. A quel punto, avevo sprecato un anno della mia vita e avevo perso te per nulla. Mi precipitai a casa e gli raccontai tutto. Se non ho capito male, ha liquidato la parte del suo socio e deve aver fatto in modo che abbia perso ingenti somme di denaro. Credo che voglia rovinarlo per vendicarsi».

 

Faccio un grosso respiro e mi alzo. Mi guardo attorno e decido di uscire. Ho bisogno di aria, di pensare, di silenzio e senza Edward vicino.

Sarò egoista ma ho bisogno di restare da sola.

«Edward, accompagnami a casa». Lo dico senza guardarlo in faccia. Non so neanche perché.

Non riesco a focalizzare.

Voglio solo abbracciare il mio cuscino e piangere tutte le lacrime di cui sono capace.

Sento la mia pelle appiccicaticcia, come se mi fossi immersa in una sostanza putrida e oleosa. È lo schifo del potere distorto, la sete e l’ingordigia dell’uomo che ha macchiato anche la mia vita. Io volevo solo amare e mi è stato negato.

Non riesco ad ascoltare altro.

È tutto deprimente.

Voglio andarmene e rimanere sola.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

dai, anche se è un capitolo serio… Bella/Lino incinto? Ammettetelo, è carina! Io sarei uscita di corsa dallo studio…

 

tornando alla parte clou…

che intrigo! Non voglio vantarmi per i fili che ho riannodato in questo capitolo dicendo che già quando ho scritto Ciao Edwardina avevo pensato così, perché mentirei spudoratamente, tanto che il mio naso bucherebbe lo schermo del computer come punizione.

 

Diciamo che ho sfruttato quello che avevo scritto, trovando gli spunti giusti per giustificare il tutto. Perché è vero, il padre di Edward voleva una carriera politica (secondo capitolo) e l’avvocato Gerandy era suo socio (terzultimo capitolo).

 

Adesso Bella è frastornata, si sente invischiata in un intrigo che non ha nulla a che fare con la sua vita reale. È senza fiato e deve digerire tutta la storia prima di andare avanti con Edward.

Edward è stato stupido a fare tutto da solo, implicitamente lo ha ammesso. Solo che non è riuscito a rimediare al danno fatto, se non a distanza di tempo.

 

Adesso suggeritemi cosa deve fare Bella e cosa deve fare Edward.

Lei torna a casa? Lui la tiene lì? Cenano insieme? Lei parte per andare a picchiare Gerandy? Telefona a Angela o Grace? Corre da Jacob? Lui si mette in ginocchio e le chiede di sposarlo? Fanno l’amore davanti al camino smettendo di parlare?

Non credo che scappare sia una soluzione. L’ultima volta che Bella è scappata per metabolizzare la verità, Edward ci ha messo tre mesi per ritrovarla!

Ditemi voi! Non riesco a decidere cosa farle fare.

 

Vi ringrazio per l’attenzione

Alla prossima

Baciotti

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Capitolo 16
*** "maturare la cosa" ***


 

 

Ciao a tutti!

Questa volta me la sono presa con più calma, anche perché questo capitolo e il prossimo sono una mission impossible da scrivere. Davvero difficile.

 

Per prima cosa, lo scorso capitolo mi sono dimenticata di parlare dei vostri commenti sulle defaillance dei maschietti. Le vostre esperienze (pensiamole così) sono state esilaranti... dai cartelli stradali alle cadute dal letto. Ne abbiamo viste e “non” subite di tutti i colori.

Diciamocelo: nelle fanfiction abbiamo questi pezzi di uomo che potrebbero essere scambiati per trivelle, rendiamoli più umani! Anche loro possono finire la... “benzina”? (scusate il commento iperfemminile e femminista e assolutamente poco carino nei confronti dei maschietti... non voletemene o forse ringraziatemi per apprezzarvi così come siete, come tutti noi: non perfetti).

 

Riguardo, invece, al capitolo scorso, questa specie di sondaggio ha dato un determinato esito che io ho seguito e quello che leggerete è il risultato.

 

Bueno, ringrazio chi ha recensito (nuovi nick citati anche in questo capitolo), chi ha inserito la storia in preferiti, ricordati o seguiti e chi semplicemente legge. Ringrazio Anto_Pattz per l'immagine e avviso che, sebbene questo pezzo sia più serioso... non è paturnie drammatiche, la risata scappa! Io vi ho avvertito

 

 

E adesso... BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Edward, accompagnami a casa». Lo dico senza guardarlo in faccia. Non so neanche perché.

Voglio andarmene e rimanere sola.

Mi alzo e mi avvicino alla porta, attendendo che mi raggiunga per uscire di lì.

«Cosa? No, Bella… No! Ti prego! Se tu esci da quella porta non tornerai più da me, lo sento. Non farmi questo. Sono stato uno stupido a farmi travolgere da questa cosa, ho messo in mezzo te che non centravi nulla. Ho sbagliato e forse non ho pagato abbastanza per i miei errori, ma ti supplico non punirmi così» è corso accanto a me e mi ha abbracciato per trattenermi, affondando il viso sulla mia spalla. Ha il fiato corto, come se avesse corso lungo tutto l’isolato.

 

Mi tolgo a forza le sue braccia dal corpo. Non che ci voglia molto per  staccarlo, se non altro rispetta il mio desiderio di spazio.

Alle sue parole la mia furia monta ed esplode come l’eruzione di un vulcano.

«Io non centro nulla? Io non centravo nulla eppure sono quella che hai preso in giro quando eri al liceo a Forks! Io non centravo nulla ma è me che hai lasciato sei anni fa!

Io non centro nulla, tu fai i casini e a me toccano i cocci!

Come osi dire che io non centro nulla? Cosa sono? Un effetto collaterale? Sono un incidente che capita? Un errore relativo?

Io sono una persona! Sono una ragazza che da quando ti ha conosciuto non ha avuto più un minuto di pace!» respiro concitata

«Su una cosa hai ragione: io non c'entro nulla e ti dirò di più, non mi meritavo quello che è successo» gli punto il dito sul petto accusandolo.

 

Le sue spalle si afflosciano.

«Neanche io mi meritavo questa merda. Non mi sono divertito ad andarmene e lasciarti qui…». Ma per favore, anche questa no!

«Certo, che tristezza l’Europa» lo interrompo borbottando.

«Infatti. Non è divertente quando vedi due che si baciano e li invidi tanto da farti venire l’ulcera. Non è divertente telefonare e sperare che le tue amiche non ti annuncino un fidanzamento.

Tu non eri vicino a me ma dentro sì» risponde alzando la voce anche lui.

«Ma io ti credo, tesoro. Come quando hai raccontato che Maggie non era abbastanza per te, sicuramente parlavi di un barboncino». Ipocrita.

«Che volevi? Mi hai sempre dato del pervertito! Ti ho già detto che Maggie non è mai riuscita a prendere il tuo posto. Ma tu cosa dici di Connor? E degli altri? Non credere che Grace non raccontasse nulla. Ci godeva un mondo a farmi rodere il fegato, perché pensava fosse colpa mia».

«Ma è stata colpa tua!» ribatto pestando il piede sul parquet.

«Ti ho appena spiegato…» ma lo interrompo.

«No! Ho sentito cosa è successo, ma tu dovevi parlarmi. Potevi prendere il volo successivo, potevi parlare con tuo padre subito. Chi pensi di essere? Lancillotto?».

«Almeno Ginevra lo amerebbe» ribatte acido.

«E metterebbe le corna ad Artù!» rispondo più acida ancora.

«Tu non sei sposata» dice seccato.

«Che ne sai?» alzo il mento verso di lui e vedo il suo sguardo vacillare «Potrei aver fatto anche questo colpo di testa. Dovresti capirmi, tu ne fai tanti» dico e mi volto ancora verso la finestra.

«Sono uno stupido, irresponsabile e impulsivo. Te lo concedo. Ma adesso sono qui. Ti ho cercata e non ho intenzione di arrendermi. Puoi anche andare a Phoenix da tua madre come sei anni fa. Puoi andare a Forks da tuo padre.

Puoi anche andare da uno zio sconosciuto che vive nelle lande desolate del Canada del Nord o addirittura in Papuasia. Io non ho intenzione di lasciarti in pace. Non ho intenzione di lasciarti i tre mesi canonici per farti digerire le cose. Quindi se non vuoi  che mi comporti come uno stalker meglio che cresci e resti qui con me ad affrontare tutto questo!». Quando finisce di urlare la sua minaccia è senza fiato e mi guarda furente.

 

Mi concedo un lungo respiro per calmarmi «Cosa c’è d’altro da affrontare?» meglio chiedere a questo punto, non vorrei altri problemi.

Lui mi sorride e mi indica «Il fatto che sei ancora vestita da uomo, piuttosto che fare l’amore con me».

«Mi devi una doccia ed io ho bisogno di pulire tutto il fango che mi hai buttato addosso» il mio tono di voce è serio ma non riesco a trattenere l’angolo della bocca che sale.

Sto sorridendo, timidamente.

Ha ragione lui, non ha senso scappare da qui. Per andare dove? A piangere il fatto di essere lontana da lui?

Volevo sapere cosa era successo e l’ho saputo.

Non credevo che fosse una cosa così complessa e mi sono spaventata.

Ma, in realtà, è finita e non ho nulla da temere. E poi, ad essere sincera, è anche colpa mia e del mio stupido orgoglio. Se lo avessi ascoltato quando mi chiamava, forse avremmo sistemato le cose e a quest’ora… chissà.

 

«Ti accompagno in bagno...» si offre volontario. Buffone.

«No! Non adesso. Non voglio adesso. Ti... ti prego. Non adesso» sembro un disco rotto ma in realtà non voglio fare l'amore. Non voglio nulla di erotico. Voglio comprensione e calore disinteressato. Voglio una mano che mi stringe, una spalla dove appoggiarmi e un cuore che batta per cullare il mio sonno.

Voglio dormire senza fare incubi. Voglio sentirmi protetta e amata come non mi succedeva da tempo.

Questa notte, nel letto, voglio un compagno, non un amante.

Edward annuisce. Sembra aver capito. Mi precede nel bagno, prende l'asciugamano e l'accappatoio che mi serviranno, porta la mia borsa e, dopo una struggente carezza sul braccio, mi lascia sola.

 

L'acqua scorre calda. Sento la mia pelle raggrinzirsi per tutto il tempo che passo qui. Eppure sto bene. Isolata. Tranquilla. In pace.

Nessuno mi sta torturando con segreti indicibili, nessuno mi tende tranelli. Solo dell'acqua pulita che scorre.

Vorrei che portasse via anche le lordure che ho sentito questa sera. Mi ha fatto ribrezzo come una persona possa giocare con la vita degli altri in questo modo abietto! Merita di soffrire e se posso fare qualche cosa contro il caro senatore Gerandy, sarò ben felice di provvedere. Non sono una persona vendicativa (beh, forse un pochino) ma questa persona sarà sulla mia lista nera in eterno.

E sicuramente non voterò per lui!

Quando esco dal bagno, pulita, asciugata e rimessa al mondo, trovo la casa immersa nel buio della notte. Non mi sono resa conto di quanto tempo sia passato.

Inoltre, non conoscendo la casa, ho paura di sbattere rovinosamente contro un muro.

 

All'improvviso noto un chiarore proveniente dalla porta alla mia destra ed entro in quello che ricordo essere il salone della casa. In fondo all'ampia stanza sta scoppiettando un allegro fuoco nel camino e davanti, su uno spesso tappeto, c'è Edward che mi aspetta tranquillo fissando le fiamme.

Vedo che ha portato anche i piatti per servire il cibo portato dalla tavola calda di Ben.

«Edward» dico. Non sono neanche sicura di aver usato abbastanza voce per farmi sentire ma lui si volta ed io mi perdo nella contemplazione del suo viso.

«Sei arrivata, vieni qui» mi invita tendendo una mano verso di me.

Attraverso la stanza e in pochissimi istanti sono seduta accanto a lui.

«Ho pensato che mangiare qui davanti al fuoco sarebbe stato molto romantico» dice tranquillo. Non sta cercando di sedurmi, non vedo il solito sorriso acchiappa femmine, né il suo atteggiamento da tombeur. È solo lui che cerca di starmi vicino, regalandomi gli spazi che mi servono per metabolizzare quello che mi ha detto. Lo amo. Lo amo anche per questo.

«Davvero molto romantico» convengo.

Mangiamo i piatti pronti di Angela e sono sicura che alcune chicche siano opera di Max per le mie chiappe. Vuole farmi ingrassare di brutto con tutto questo zucchero.

 

«Non ti ho ancora detto che stai bene con i capelli così corti. Ti danno un'aria da bambina sbarazzina» dice scostando la frangia dagli occhi.

«Un po' mi mancano... i capelli lunghi intendo. Ci ero abituata». Passo distratta la mano sul collo e lo sento troppo libero.

«Cresceranno» commenta laconico.

Mi passa un braccio sulle spalle ed io mi appoggio a lui. L'atmosfera è ovattata ed intima e restiamo in silenzio davanti alle fiamme, sino a quando rimangono solo le braci.

«Vieni, andiamo a dormire». Anche questa volta non c'è nessun secondo fine e quando mi corico tra le lenzuola vicino a lui, sono solo felice di poterlo abbracciare.

«Grazie» gli dico sincera.

«Per cosa?» domanda.

«Per avermi impedito di scappare ancora». Lo ammetto. Aveva ragione lui.

 

«Bella... Bella sveglia. Devi prepararti» una mano malefica mi sta scuotendo la spalla. Vogliono strapparmi dal mondo dei sogni! Perfidi!

Perché non posso dormire le mie sacrosante otto ore? Oggi devo pure lavorare...

«Lavorare? Oh, sono in ritardo! Edward, accidenti a te! Perché non mi hai svegliato prima?» urlo mentre salto giù dal letto e corro in bagno senza attendere risposta.

«Correre, correre, correre...» lo dico mentre mi lavo la faccia, mentre mi pettino la frangia, mentre mi metto il fondotinta.

«Bella, vieni a fare colazione» mi richiama.

Quando esco dal bagno trovo Edward seduto sul tavolo nell'ampia cucina, con un accappatoio addosso e i capelli gocciolanti che sta mangiando un cornetto.

«Non ti ho visto in bagno» gli dico indicando la porta da dove sono uscita.

«Ti ricordo che abbiamo tre bagni in questa casa» risponde per poi bere il suo caffè «Dai, mangia» e mi indica un altro bombolone posato sul tavolo.

 

«Abviamo?» chiedo, riferendomi al plurale nostro. Questa è casa sua, non mia.

«Nessuno ti ha mai detto che non si parla a bocca piena?» domanda ma vedo che è arrossito, come se avessi colto un punto fondamentale.

E il diavoletto che è appollaiato sulla mia spalla sinistra mi suggerisce di insistere.

«Perché hai comperato questa casa? È enorme per una persona sola». In effetti non ho capito perché si è trasferito qui. Va bene l'indipendenza ma andava bene anche un appartamento in uno di quei grattacieli superlusso.

«Te l'ho detto, era un sogno che ho fatto qualche anno fa» risponde evasivo guardando il giardino.

Seguo lo sguardo e vedo, oltre la finestra, la quercia con un copertone appeso, pronto per far divertire qualcuno.

«Cosa succedeva nel sogno?» più che divertita sono curiosa.

Lui fa spallucce come se non fosse rilevante «Nulla di importante... solo che ero felice e spero che quella parte si avveri. Andiamo, è tardi» dice scendendo dal tavolo e salendo le scale diretto in camera.

Chissà… anche io spero di essere felice e che lui sia con me…

Arrossisco solo al pensiero e corro a finire di prepararmi, prima di addormentarmi ad occhi aperti.

 

§§§

 

«Uffa… ma siete ancora vivi!» sembra quasi un’accusa quella che ci rivolge Grace quando varchiamo la porta della biologicalseattle ancora deserta.

«Grazie, cara amica, anche noi siamo felici di vederti» risponde Edward con sarcasmo.

«Oh, andiamo. Sono sei anni che lei ha il dente avvelenato e ci rimugina sopra. Vuoi dirmi che con un paio di battiti di ciglia sei riuscito a domarla?». Così la persona pericolosa sarei io?

«Non sono solo le ciglia il mio pezzo forte». E lui ha perso una occasione per stare zitto. Pavone!

«Ough!» geme alla mia gomitata sullo stomaco «Certo, anche io ti amo, Lino» dice ed io mi apro a un sorriso angelico.

«Questa sera andiamo da Angela? Una cenetta tra amici. Sabato e domenica lavoro, quindi» lascio in sospeso la frase.

«Come lavori? Tu lavori già qui, cosa fai ancora?» interviene Edward piazzandosi davanti a me con le braccia incrociate.

«Semplicemente continuo a lavorare da Ben nei week end. Si dice arrotondare le entrate. Mi serve per pagare l’affitto» rispondo.

 

«Potresti venire a vivere da me. Così non avresti più questi problemi e potremmo risparmiare anche per arrivare al lavoro» propone lasciando me e Grace a bocca aperta.

«Mi stai chiedendo di convivere? Qui? Nel bel mezzo della strada dopo solo un giorno da quando ci siamo incontrati? Cosa hai messo nel caffè questa mattina? Marijuana?». Non posso crederci.

«Primo, non siamo in mezzo alla strada ma in un atrio. Secondo, non ti ho chiesto di sposarmi ma se vuoi posso anche rimediare subito. Terzo, ci conosciamo da sei anni non da due ore. Quarto, ti assicuro che la marijuana mi fa altri effetti».

«Ecco! È quello che volevo dire! È vero che ci conosciamo da sei anni, ma non sapevo che ti drogavi!» rispondo agitando le braccia come un mulino a vento.

«Non essere ridicola! Non mi drogo! Sto solo dicendo che uno spinello non mi farebbe mai venire voglia di chiedere a qualcuno di sposarmi». Di male in peggio! Adesso parla di matrimonio ed io arrossisco sino alla punta delle orecchie.

«Ma sei serio?» chiede Grace.

«Come un attacco di cuore» risponde mettendo una mano sul petto.

Giuro, gli stronco la carriera se non la smette.

«Edward. Fermati! Ci siamo ritrovati solo ieri. Prima voglio fare la fidanzatina poi, se la cosa matura, allora parleremo del passo successivo» gli dico con calma mettendo le mani avanti come a tranquillizzare un cavallo imbizzarrito. Il pavone mi fa lo stesso effetto terrorizzante in questo momento.

«Come “la cosa matura”? Cosa siamo? Una pianta di pesche?» chiede sbarrando gli occhi.

«Se continui di questo passo io divento un limone!» rispondo in crescendo, terminando la frase con un piccolo urlo isterico.

 

«Ehi, ragazzi! Parlate piano o tutti sapranno che hanno tagliato le palle finte al nostro ninfetto!» ci avvisa Robert avvicinandosi «Qual è il problema?». Curioso come una scimmia! Non si smentisce mai.

«Le ho chiesto di sposarmi e lei dice che dobbiamo “maturare la cosa”» risponde mimando le virgolette.

«Io ho detto di andare con calma. Poi non puoi chiedermi di sposarti così! Mai sentito parlare di dichiarazione romantica?». Non che voglia si inginocchi, ma almeno qualcosa a lume di candela, con qualche rosa… insomma, qualcosa che non sia marmo asettico di una ditta di ricerca farmaceutica.

«Scusami se mi è scappato. Pensavo che fosse importante il fine non il mezzo».

«Guarda che anche io sono romantica!» rispondo incrociando le braccia.

«Quando sei lontana dai tuoi coltelli e dalle pistole, forse. Normalmente? No». Un pugno nello stomaco. Ma Come Osa? 

«Non sono romantica?» il fumo che mi esce dalle orecchie è spesso, denso e nero come il mio umore adesso. E pensare che ero così tranquilla questa mattina quando mi sono alzata.

«Ragazzi, basta! Sta arrivando Mister Albrock» interviene svelta Grace, prima di voltarsi verso il grande capo e dire a gran voce «Buongiorno, signore».

 

Tutti salutiamo deferenti e Robert ridacchia alle nostre spalle.

«Non ho detto che non sei mai romantica. Però devi ammettere che non è nelle tue corde» ricomincia? Così si scava la fossa da solo!

«Edward? Posso darti un consiglio? Se lei non vuole sposarti subito, hai un mezzo quasi infallibile per obbligarla». Mi si drizzano anche i peli in parti del corpo dove non supponevo ci fossero. Cosa ha partorito questa mente bacata di gay impiccione?

«Quale?». E lui è pure interessato alla risposta!

«Mettila incinta!» risponde allargando le braccia come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.

«COSA?» esplodo io.

«Beh, effettivamente…» e ci pensa pure?

«E tu lo stai a sentire? Grace, andiamo via subito o lo uccido! E tu, mio bel pavone. Scordatelo pure. In bianco per tre mesi!» gli punto il dito addosso avendo la soddisfazione di vederlo vacillare.

«Dai, Bella! Scherzavo!» mi grida dietro.

«Io no!» infierisce Robert.

«Zitto, prima che peggiori la situazione» gli sibila il mio fidanzato, prima di corrermi dietro per salire in ascensore con me.

Meno male che non è passato nessuno mentre discutevamo o addio copertura!

Sono Lino, sono Lino, sono Lino. Meglio che mi concentro o posso aver trovato il ragazzo ma perdo il lavoro!

 

Quella giornata era stata una girandola di emozioni. Se la mettevamo insieme alla sera precedente, era stata una giornata da mettere a knockout qualunque pugile dei pesi massimi.

In più Amanda si mostrava ancora sconvolta e faceva errori stupidi sul lavoro, Collin aveva ricominciato con le punzecchiature perché, probabilmente, ci dava la colpa per il disagio della ragazza ed io mi sentivo una pentola a pressione pronta ad esplodere tutte le volte che Edward mi passava vicino.

Tutto questo faceva sospirare sconsolato John che probabilmente sognava solo di andarsene da quel laboratorio dove sembravamo tanti cani pronti a prendersi a morsi. Gli stavamo distruggendo la gioia degli ultimi giorni di lavoro e mi dispiaceva, molto.

Avevo anche saltato il pranzo perché volevo concentrarmi tranquillamente, evitando sia Edward e i suoi tentativi di approccio, che Grace con le sue domande su quanto urlato questa mattina.

 

Li lasciai soli, a confidarsi su quanto successo sei anni prima, in modo che la ragazza avesse tutto il tempo di insultare il mio uomo, come doverosamente doveva fare al posto mio.

Io volevo anche picchiarlo per essere stato così stupido, ma avrei dovuto picchiare anche me stessa per la stessa ragione e non ero tanto masochista. Ci avrebbe pensato Grace con la mia benedizione.

 

Capisco che il mio piano ha funzionato non appena il pavone mette piede in laboratorio con il mio panino.

«Tu lo sapevi!» mi accusa porgendomi il pranzo.

«Lo supponevo. Nessuno riesce a fermarla» faccio spallucce e ringrazio per essersi ricordato di me. Amore!

«Adesso ho pagato abbastanza o devo subire ancora qualcosa?». Braccia conserte, cipiglio scuro ed inquisitorio, gambe toniche divaricate… Ma quanto è sexy?

«Niente altro. Grace è sufficiente» rispondo, lanciando il tovagliolo di carta nel cestino e girandomi verso il microscopio.

«Non è stato solo lei. Anche Robert di persona e Angela per telefono!» borbotta contrariato.

«Wow! Lavaggio completo quindi!» gongolo e vorrei essere stata una mosca per ascoltare tutti gli insulti che gli hanno rivolto.

«Non credere che sia finita… amore!» ribatte calcando sull’ultima parola «Hanno detto che per la tua stupidità meriti la stessa strigliata» e si concede un sorriso soddisfatto.

Credo di essere leggermente impallidita.

«Okay, me lo merito. Anche io ho avuto torto» mi volto verso di lui e sfilo i guanti in lattice per ancorarmi al suo collo e attirarlo verso di me «Poi basta. Possiamo lasciarci tutto alle spalle e ricominciare da capo» gli sussurro all’orecchio con una vocetta leggermente miagolante.

«Verrai a vivere con me?» chiede allacciando le braccia ai miei fianchi ed attirandomi a lui.

«Può darsi» rispondo sottovoce per poi baciarlo.

Quando ci stacchiamo, senza fiato, lui mi guarda contrariato «Però fai presto a dire chi sei. Comincio a sopportare poco quella cosa dura che hai in mezzo alle gambe. Mi fa venire i brividi!» ed io scoppio in una allegra risata.

 

§§§

 

La prima sera che io e Edward usciamo, come coppia.

Non dovrebbe farmi effetto, in fin dei conti sono uscita con lui per quasi otto mesi, anche per serate eleganti, ma questa è la prima volta in cui sono consapevole della portata dei miei sentimenti.

La prima sera da fidanzati.

Quale miglior occasione di trovarci insieme da Angela con i nostri amici? Purtroppo Alice non può partecipare perché Jasper ha l’influenza e lei lo deve curare (un dottore malato è quasi comico) mentre Rosalie ed Emmett sono a cena dai genitori di lei, per alcuni preparativi riguardanti il matrimonio.

Geoffrey e Antonella non possono presenziare per ovvie ragioni di sovrabbondanza da parte di lei (secondo me lo tiene sotto stretto controllo), quindi rimaniamo Grace e Gary, io ed Edward, Angela e Ben.

Per ragioni di antipatia reciproca, evito di invitare Jacob e James e, purtroppo, anche Robert (anche se credo che ci sarà lo stesso, visto che Max lavora qui).

 

Per poter avere anche la compagnia di Angela e Ben abbiamo aspettato quando il ristorante era quasi deserto.

«Bella, Edward! Venite! Da quanto tempo aspettavo di vedervi così, nella stessa stanza» pigola Angela sgambettando felice verso di noi.

«Senza picchiarvi. Ciao Dina, è sempre un piacere» aggiunge Ben tendendo la mano a Edward.

«Ciao, Ben. Non aspettarti un bacetto, altrimenti tua moglie è gelosa» risponde il mio ragazzo in falsetto, come al liceo.

«Ti prego, no! Mi fai venire i brividi» lo richiamo.

«A me fa venire voglia di controllare gli attributi, che ci siano tutti… per la tua sicurezza, Bella» interviene Grace, appena entrata.

«Come l’avevi definito? Una purga?» mi rivolgo a lei, ricordando il nostro primo incontro.

«Oh, ti assicuro che lo era allora e lo è stato in tutto questo periodo. Insopportabile ed è anche colpa tua. Preparati ragazza perché devo sfogare sei anni di rotture di balle per due testoni del cacchio!» mi risponde accomodandosi al tavolo riservato per noi.

«Gary, non ti invidio» dico al suo armadio accompagnatore.

«Eppure con me è così tenera e dolce» mi dice incredulo.

«Uno zuccherino, concordo» appoggia Angela.

 

In quel momento entra un cliente e solo Ben si volta per avvisare che ormai la cucina è chiusa.

«Ciao Robert. Max è occupato ancora per mezz'ora. Ti va di sederti con noi?» chiede gentilmente al nuovo arrivato e vedo Grace trattenere il fiato e appoggiare una mano sul braccio di Gary che è rimasto immobile ed in silenzio.

«Non ti preoccupare, Ben. Resto qui al bar ad aspettare. Ciao Bella, Edward, Grace... ciao, Amber. Un caffe?» ordina voltandosi, ma lo vedo da come ha chinato le spalle che è deluso.

Angela continua ad andare avanti e indietro a portare le pietanze in tavola, nonostante le nostre proteste.

«E' inutile» ci avvisa Ben «E' tutto il giorno che si lamenta di avere mal di schiena e non riesco a farla stare ferma».

 

La serata sta passando abbastanza allegramente e ci stiamo divertendo molto, non fosse per Gary che ha il muso lungo e cerca di controllare il suo nervosismo latente. Suo padre gli fa proprio un brutto effetto!

Quando sentiamo un’altra volta suonare il campanello del locale, ci giriamo tutti verso il nuovo arrivato e un mormorio sorpreso ci coglie.

È appena entrata una ragazza biondina che avrà si e no diciotto anni. Con calzoncini neri e strappati, canottiera sbrindellata, piercing al labbro e sopracciglio, trucco marcato, e una serie di catene, catenone e catenelle che se ci fosse una calamita nei dintorni, non potrebbe fuggire!

La classica persona che non vorresti incontrare la notte.

«Ciao, checca!». La nuova arrivata saluta Robert alzando la mano e sbattendola sulla spalla. È evidente che si conoscono.

«Ma senti chi parla, la etero per antonomasia! Vieni qui cucciola» e la abbraccia calorosamente. Lei sorride quasi felice e l’immagine che ne viene è davvero tenera.

«Max?» chiede lei e lui fa un cenno alla cucina.

«Un giorno di questi porto la mia donna e ci offrite una cena» minaccia la ragazzina che, non mi pare più così giovane.

«Se tu hai quello che ti ho chiesto…» lascia la frase in sospeso e allunga la mano dove viene depositato un foglietto.

«Al lolliful, domani sera. Ci sarà» risponde.

«Dovremo salire…» dice lui aggrottando le sopracciglia.

«Dimmi la parola d’ordine… mi piacciono queste missioni da spionaggio!» e la biondina ride sguaiata

Robert guarda fisso Edward e poi me ed io comincio a sospettare che questa visita abbia a che fare con noi, anche se non so ancora come.

«Cullenuzza» sorride e fa scoppiare la ragazza in una nuova risata.

«E dove lo lasci il Padrino? Okay, okay. Dirò a Liam la parola e vi farà passare». 

«Grazie Fede, ti devo un favore» risponde Robert improvvisando un baciamano d’altri tempi.

«Non mi incanti, checca. Poi quella non mi piace! Troppo snob per quello che fa» fa spallucce e si allontana, salutando con la mano. Il campanello della porta segnala la sua uscita e lascia noi basiti e curiosi di capire il senso dello scambio al quale abbiamo appena assistito.

Questa volta lo mettiamo in croce, finché non dice la verità!

 

«Ah!» sentiamo un grido, seguito da uno schianto di piatti caduti.

«Angela, stai bene?» dico mentre la raggiungo vicino al bancone.

«Io, abbastanza... Amber no» dice indicando la ragazza spiattellata per terra, che si tiene una caviglia dolorante.

 

«Oh, no! Forza, Edward aiutami» ordino mentre cerco di sollevare la ragazza per portarla su una sedia.

Fortuna che l'ultimo cliente è uscito, almeno non ci saranno altri intralci.

Siamo tutti attorno a Amber per prestarle assistenza.

«Ti fa male?» chiede Robert mentre tasta delicatamente il piede della ragazza dopo averle tolto lo stivaletto.

«Ah! Se vuoi posso descriverti tutte le stelle della costellazione del sagittario!» esclama trattenendo una imprecazione colorita.

«Come hai fatto a cadere?» chiede Grace, guardandosi intorno.

Pensandoci, ha ragione. Amber non è una che inciampa per niente e non ha mai tacchi alti che le impedirebbero di muoversi... quindi?

«Non lo so! C’era una pozza d’acqua sul pavimento proprio fuori la cucina» risponde la ragazza, diventando paonazza mentre Robert sfiora il malleolo.

«Ce la fai a muovere le dita?» chiede l’uomo concentrato e Amber annuisce e tutti noi tiriamo un sospiro di sollievo.

Dovevamo pure trasformare il ristorante in una sala di primo soccorso! Meno male che Robert ha preso la situazione in mano. A me viene il panico solo a pensarci.

Sono ancora accovacciata vicino agli altri, quando Grace mi sussurra «Dov’è Angela?».

Aggrotto la fronte e guardo in giro.

«Angela? Dove sei?» chiede Edward alzando la voce.

Ci giriamo intorno e sento mugolare dietro a un tavolo.

 

«Sono qui... Ah!» l'urlo che lancia agghiaccia tutti quanti.

«Angela!» grida Ben precipitandosi.

«Cosa succede adesso?» chiede Max sconsolato. Ho quasi paura di saperlo.

«Ho paura che sia arrivato il momento» risponde Grace.

«Il momento per cosa?» chiede Edward.

«Già, per cosa?» rimarca Gary.

«Uomini!» esclamo «Per far nascere il bambino!» rispondo godendomi lo spalancare degli occhi e lo spalancare la bocca in una smorfia schifata.

Presumo sia la stessa smorfia che avrebbero se dovessero cambiare un pannolino pieno di cacca.

Da come rantola la mia amica, direi che il bambino ha una gran fretta di nascere e nessuno di noi ha esperienza nel campo, né nel fare da ostetrica, né tanto meno da partoriente.

 

«Gary, libera un tavolo! Grace, aiuta Max a portare degli strofinacci. Edward stai con Amber e chiama un'ambulanza. Ninfetta, con me» Robert ordina cosa fare come un generale sul campo di battaglia. Meno male che qualcuno ha preso in mano la situazione o saremmo spacciati!

«Ah! Mamma mia! Che dolore!» grida Angela.

«Angie, tesoro, come stai? Non è ancora ora, oppure è il termine? Non doveva nascere tra due settimane?» Ben inizia a non connettere più.

«Scusatemi... credo mi si siano rotte le acque prima. Amber deve essere scivolata lì» ed ecco spiegato il mistero del lago che c'è appena fuori dalla cucina.

«Ogni quanto hai le contraz…» chiede Robert ma non riesce a finire la frase che viene interrotto da un altro urlo.

«Ah! Dio, toglietemelo da lì!» impreca la partoriente stringendo la mano dell’amorevole marito pallidissimo.

«Amore… Angie… le dita…» dice balbettando Ben.

«Cosa vuoi che siano le dita? Prova tu ad avere un melone che vuole uscire da un buco dove normalmente non passa neanche una pallina da tennis» risponde acida.

Chissà perché si diventa tutte isteriche quando siamo in questa situazione. E anche un pochino insofferenti.

«Ti vado a prendere il ghiaccio tritato, così bevi qualcosa…» si offre Ben, trovando la scusa adatta per allontanarsi.

 

Robert guarda tra le gambe aperte della mia amica.

«Credo che se anche arriva adesso l’ambulanza, non riusciranno a portarla via: vedo già la testa» comunica con voce ferma.

E vedo che è l’unico a non perdersi d’animo, visto che tutti noi abbiamo gli occhi sbarrati dall’enormità di quello che stiamo vivendo.

Personalmente vengo distratta da un gran tonfo e vedo Max andare verso l’origine del rumore, vicino alla porta della cucina.

«Credo che qui ci sia un futuro padre che non ha retto all’emozione… oppure le acque dell’utero hanno fatto un’altra vittima» sentiamo dire dal cuoco.

 

«Ben! Ben! Accidenti… ne arriva un’altra!» urla di nuovo Angela.

«Ben è svenuto» le risponde Robert.

Max e Grace sono andati ad assistere il padre incosciente, ed io passo una pezza bagnata sulla fronte della partoriente per toglierle il sudore.

«Tu!» urla nuovamente indicando Gary «Visto cosa significa sposare un uomo dolce e tenero? Marines! Vieni qui e dammi la mano» ordina.

Su una cosa siamo tutti d’accordo: mai contraddire una partoriente.

«Cosa c’è Angelaaaaaaaa?». Sembrava tranquillo ma fa una smorfia di dolore, non appena la tenera Angie gli stringe la mano alla nuova contrazione.

«Gesù! Ho bisogno del pronto soccorso anche io! Mi ha incrinato due falangi!» protesta l’armadio.

«Fai l’uomo!» sorride Robert prendendolo in giro.

«Così ci penserai due volte prima di ingravidare qualcuna!» gli grida Grace, vicino al bancone del bar mentre tenta di svegliare Ben.

«Prometto! Sempre il profilattico d’ora in avanti» risponde Gary.

«E io che pensavo ti astenessi direttamente» scherza Edward.

«Guarda che vale anche per te! A maggior ragione dopo quello che hai minacciato questa mattina!» gli ricordo e lui si zittisce.

«Cosa… cosa ti ha detto?» ansima Angela tra una contrazione e l’altra.

«Che vuole sposarmi e per obbligarmi mi vuole mettere incinta» riassumo velocemente.

«Non è una cattiva idea» replica Gary.

«Ma voi due vi hanno divisi alla nascita? Oppure avete un unico cervello in comune?» chiedo, trattenendomi di mettere le mani sui fianchi, visto che sto detergendo ancora la fronte della partoriente.

 

«Non guardare me, io ne ho fatto uno solo» risponde Robert, rivolgendosi poi a Angela «Coraggio tesoro, ancora un piccolo sforzo ormai la testa è fuori».

Il sangue sparso in giro nel locale da la sensazione che sia stato sgozzato qualcuno, eppure non mi fa senso. Il momento è troppo bello ed importante per pensare a quello.

Nello stesso momento, sentiamo la sirena dell’ambulanza che si avvicina e tiriamo tutti un sospiro di sollievo. Qualcuno di competente sta arrivando a sollevarci da questa fatica!

 

«Uuah!» un forte vagito si annuncia prima che porta del ristorante che si apra.

«E' un maschietto!» rivela Robert ai paramedici appena entrati.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

Eccoci alla fine del capitolo. L'ultima parte è stata indirettamente richiesta perché si voleva sapere cosa sarebbe successo a Angela, Ben e pupo! Ebbene, eccoli qui! So perfettamente che un parto è più lungo (molto) e più complicato. L’ambulanza sarebbe arrivata in tempo, di sicuro. Qui ho lasciato intendere che il travaglio fosse già iniziato e che nessuno (neanche la diretta interessata) se ne fosse accorto.

Non sto a descrivere notizie varie ed esperienze raccolte nel tempo, dipende molto da soggetto a soggetto. Diciamo che mi sono ispirata a una ragazza che conosco (molto fortunata con il parto naturale) e mi sono presa una licenza poetica.

 

La scena strana al ristorante tra Fede (specifico: Fede13, solo che il numero non ci stava bene) e Robert, è l'introduzione per il prossimo capitolo.

 

Mi sono resa conto che in linea temporale ho fatto capitare di tutto tra Bella e il suo gruppo di amici: torna Edward, si rimettono insieme, adesso il bimbo e poi... potevo aspettare, ma avrei dovuto riempire con altro e onestamente, anche questo mi serve qui.

Okay, basta parlare di cose senza spiegare nulla, rischio solo di mandarvi in confusione.

Permettetemi ora, un poco di pubblicità sulle mie storie, è tanto che non pubblico l’elenco.

 

Basta cliccare sul titolo e vi troverete al primo capitolo della storia.

 

[I trasformisti] in corso, serie di due storie dove Edward si veste da donna e poi Isabella si veste da uomo. Due metà di una mela.

 

[AAA – Affittasi moglie]  in corso,  racconto romantico, commedia. Cosa può spingere un giovane uomo affascinante ad affittare una moglie?.

 

[Si dice – In Vino Veritas]  in corso,  racconto  generale romantico, una sfida tra una Bella ricca e viziata che vuole l’azienda vinicola di Edward

 

[Twilight delle caverne] in corso, mini fic comico demenziale. Parodia twilight all’età della pietra.

 

[Dottore dei tubi] conclusa, racconto commedia romantico, sei amici al bar si raccontano le loro vacanze piccanti.

 

[Sakura – Fiore di ciliegio]  conclusa , racconto romantico storico, la storia di Bella agli inizi del 1900, che attraversa mezzo mondo per trovare la felicità che merita.

 

[Boy e girl – scambio d’identità] conclusa,  racconto comico romantico, scambio di corpi, un Edward nel corpo di Bella alle prese con i problemi femminili e Bella viceversa, alle prese con i problemi maschili e un obbiettivo .

 

[Come Andromeda] conclusa, mini fic racconto fantasy. Bella rapita, legata a una roccia offerta in sacrificio al mostro. Liberamente tratto dal mito greco.

 

[Acqua che cade] conclusa,  mini fic. racconto misterioso, fantasy, Bella adora la particolare pioggia di Forks, che sembra mandata apposta per lei.

 

[Fu la prima volta che…] conclusa, due capitoli a rating rosso. Storia perversa di Bella.

 

[Prima di essere un pensiero]  one shot  commedia fantasy, cosa potevano essere i nostri eroi, prima di essere concepiti? Questa potrebbe essere la risposta.

 

[Un colpo sul retro] one shot  commedia, una giornata particolare, dove quattro ragazze senza pensieri vogliono solo divertirsi.

 

[Smettere di fumare] one shot commedia. Un incontro tra due amici che non si vedono da tanto e una sigaretta.

 

[Déjà-vu, il sogno diventa realtà] one shot rating rosso. Il sogno di Bella diventa realtà in modo inquietante e romantico.



 

 

Bene, ringrazio tutti per l'attenzione e rimando al prossimo capitolo

baciotti

 

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Capitolo 17
*** consiglierei il magazzino! ***


 

Ciao Gente!

Sono leggermente in ritardo, ma come avevo già scritto la volta scorsa, questo sarebbe stato un capitolo da mission impossibile, ed in effetti si è dimostrato tale.

Sto cominciando a fare un collage di scene.

Qui abbiamo i fatti salienti dopo il parto sino alla sera. Se non ho fatto male i conti ci troviamo a venerdì nella storia,

(quindi due settimane di lavoro per Bella, una per Eddy ecc).

Con il prossimo capitolo tireremo le somme e ne avremo solo più uno davvero spassoso che, assieme all’ultimo metterà fine alla nostra storia.

Si, non ci credo neanche io, ma, se va tutto bene, arriveremo al capitolo 20 che conterrà la seconda parte dell’epilogo già iniziato con “Ciao Edwardina”.

 

Questo è un capitolo… boh, strano rispetto al resto della serie, ci stiamo avviando verso la fine e necessariamente saremo più proiettati verso il risolversi dei problemi, da persone semi-adulte come lo sono dei ventiquattrenni impegnati.

 

Come sempre ringrazio tutti quelli che seguono, recensiscono (ho inserito l’ultimo nick che ancora mancava! Spero piaccia), leggono, apprezzano e spero ridano.

Ringrazio Anto_Pattz per l’immagine e avviso che, essendo una storia al limite del surreale, di serio c’è ben poco. Quindi, se volete piangere e sospirare, questa storia non fa per voi. Lettori avvisati son tutti salvati!

 

 

E ora… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Uuah!» un forte vagito si annuncia prima che porta del ristorante che si apra.

«E' un maschietto!» rivela Robert ai paramedici appena entrati.

Sono emozionata. Il piccolo è sporco di sangue rappreso e muco bianco ed è bellissimo, come può esserlo un bambino in quelle condizioni.

Lo so, sembro svenevole, ma come si fa a non adorare un frugoletto così?

«Fammelo vedere» mormora Angela allungando le braccia, mentre Robert e i paramedici si occupano del cordone ombelicale.

«Vogliamo sapere il nome!» dice Max ancora occupato a sorreggere Ben svenuto.

Non mi accorgo neanche di trattenere il fiato, sino a quando Angela parla.

«Robert… Robert Benjamin» e lo dice guardando l’uomo che più di tutti l’ha aiutata.

«Non era necessario… mi fai davvero onore» mormora l’ostetrico improvvisato, asciugando una lacrima furtiva che cerca di scendere sulla guancia leggermente rugosa.

Amber e Grace scoppiano in un applauso.

«Bravissima» dice Gary sorridendo anche al nuovo arrivato e mi si allarga il cuore. Forse c’è speranza per loro due.

 

«Bene signori, dobbiamo trasportare madre e figlio all’ospedale per le analisi… però vedo che ci sono altri feriti…» dice l’uomo girandosi attorno.

In effetti sembriamo davvero una sala di attesa di un pronto soccorso, tra slogati alle caviglie, svenuti, partorienti e sangue sparso.

«Una ambulanza non basta… “centrale, qui Elys_RK, abbiamo altri due feriti, mandate un’altra ambulanza… sì esatto… okay, Vera, chiudo”. L’ambulanza arriverà tra dieci minuti per gli altri due. Uno di voi mi deve accompagnare con la donna e il bambino» ordina guardandoci.

«Vengo io, tu Edward, quando sono passati a prendere Amber e Ben, chiudi il ristorante e vai a casa di Angela a prendere le borse per l’ospedale» dico mentre lancio le chiavi di scorta che sono appoggiate sotto il registratore di cassa.

«Okay… spero di trovare qualcosa» borbotta il mio ragazzo. Incredibile, dategli qualche cosa da fare di altro che non siano formule matematiche e riesce a perdersi in un bicchiere d’acqua.

Insomma, Angela ci aveva appena detto che aveva già preparato il borsone per quando fosse stato il momento, possibile che lui trovi difficile trovare qualcosa di così voluminoso? Sembra quasi ridicolo ripeterlo, ma l’unica cosa che mi viene in mente è esclamare nuovamente “Uomini!”

«Non preoccuparti, lo accompagno io» dice Grace ed io annuisco sollevata.

 

«Pensiamo noi al ristorante» dice Max affiancando Robert «E metterò un biglietto di chiusura per qualche giorno, d’accordo?».

Mi sembra la soluzione migliore. Nessuno potrebbe mai pensare al lavoro con quello che è successo adesso.

 

All’ospedale ci arriviamo in pochi minuti a sirene spiegate.

Angela è sopra la lettiga con il piccolo Robert in braccio, sono uno spettacolo.

Mentre gli infermieri li prelevano per fare tutti gli esami del caso, io passo all’accettazione con i dati della mia amica, presi rovistando la sua immensa borsa.

Rispondere alle domande per la prassi burocratica è un inferno, manca solo che ti chiedano l’impronta digitale e dentaria. Che caspita ne so se la mia amica ha fatto gli orecchioni da piccola? O se ha avuto la carie? Malattie veneree presumo proprio di no, ma l’HIV? Cristo santo! Con tutto quello che chiedono, se lo avesse, non sarebbe andata in ospedale ma direttamente da un esorcista!

O al cimitero, senza passare dal via… come il monopoli!

 

«Bella, come va?» accanto a me compare Gary.

«A me sono toccati Ben e Amber, fortuna che lui si è ripreso. Adesso lo stanno controllando ma sembra che stia bene. Max e mio padre stanno pulendo il ristorante» mi riferisce.

«Robert è stato davvero grande questa sera» dico scrutando la sua faccia.

«E' vero. Non avrei mai pensato di dirlo... questa sera sono orgoglioso di essere suo figlio» risponde abbassando lo sguardo.

«Credo dovresti dirglielo direttamente» faccio notare e lui annuisce facendo spallucce «Forse». Beh, meglio di niente.

 

Rispondiamo alle altre domande che ci pone l'infermiera per le cartelle di Ben e Amber ed io avviso il fidanzato della ragazza.

Quando finalmente arrivano Edward e Grace, siamo tutti nella camera di Angela ad ammirare la prima poppata del piccolo Rob, come ha già cominciato a chiamarlo Ben, che mostra un vistoso cerotto sulla fronte.

«Signori dovete andarvene, è molto tardi e la signora deve riposare» annuncia una infermiera gentile. Chissà perché me ne aspettavo una travestita da secondino.

«Ha ragione, è tardissimo, andiamo via subito» rassicura Gary avvicinandosi al letto per salutare la neo mamma.

Subito dopo lui, anche gli altri salutano la famigliola ed usciamo dal reparto.

 

«E' tardissimo. Credo che domani mattina non riuscirò neanche a svegliarmi» si lamenta Grace.

«Ma ne è valsa la pena. È stata una sera indimenticabile e il piccolo Robert è adorabile» rispondo io sorridente.

«Ti piace davvero?» chiede Edward sornione.

No! Ancora quella storia?

«Il bambino mi piace, ma non tanto da imitarli adesso» rispondo e mi dirigo a passo sostenuto verso l'uscita, sentendo i commenti degli altri.

«Piantala di fare lo scemo» Grace.

«Non riuscirai a convincerla... meglio che la lavori ai fianchi» Gary.

«Strategia» Edward e mi schiaffo una mano sulla fronte. Sono diventata un campo di battaglia. Incredibile.

«Andiamo a dormire, ne parleremo un'altra volta» dichiaro salendo in macchina.

Con Edward decidiamo di andare a casa mia, visto che è più vicina al laboratorio. Appena tocchiamo il letto ci addormentiamo e il mattino arriva troppo presto.

 

§§§

 

«Ciao, ninfetto!» ed ecco arrivato il mio ostetrico preferito.

Diciamo che siamo tutti ben corredati di occhiaie violacee, reduci da una nottata davvero pesante.

«Ciao, Robert» biascico, bevendo la mia tazzona di caffè.

«Ragazzi, per questa sera ho un invito da fare: siamo tutti attesi al lolliful. È una discoteca in centro…» annuncia l’uomo.

Come fa ad avere energia per una cosa del genere? Io sono distrutta, non riuscirei a muovere un passo, figuriamoci andare a saltare in una discoteca.

Evidentemente lo guardiamo tutti male.

«Stai scherzando, spero!» esclama Grace calando sul naso gli occhiali da sole.

«E’ una cosa importante per loro due. Fateci un salto, poi sceglierete voi come comportarvi» sempre più enigmatico, soprattutto visto che ci lascia senza aggiungere altro ed esce dal bar.

«Cosa intendeva per “importante per noi”?» Edward mi guarda preoccupato ed io faccio spallucce. Non ne ho la più pallida idea.

Avrei dovuto pensare che poteva essere qualche cosa di assolutamente folle e depravato, oltre che drammatico, ma in questo momento non mi veniva in mente niente che non fosse il mio adorato cuscino.

 

«Ragazzi, delle larve ubriache sono più reattive di voi! Fare le ore piccole quando si deve lavorare il giorno dopo, non è consigliabile» ci riprende John dopo che inciampo malamente nei miei piedi e Edward mi sostiene, giusto in tempo per non far cadere le fiale che sto portando.

«Maledizione» borbotto per l'ennesima volta.

Fortuna che non ho ancora combinato nulla di irreparabile, ma so che dovrò ricontrollare tutti i dati di oggi.

«Allora? Cosa avete combinato ieri sera, voi due? Cose sconce?» chiede Collin ridacchiando.

«Abbiamo assistito una nostra amica che è stata colta da doglie. Chiedi pure a Robert Albrock, è lui che ha fatto nascere il bambino, siamo tornati a casa questa mattina» risponde seccato il mio ragazzo.

«E perché non avete chiesto un permesso per oggi? Non siete in grado di lavorare appieno» ribatte John.

«Tutti e due? Avremmo bloccato anche il vostro lavoro» rispondo io soffocando uno sbadiglio.

«Com'era il bambino?» cinguetta Amanda.

«Bellissimo, l'hanno chiamato Robert ed è davvero dolcissimo, bianco e roseo... un amore» sospiro accorata.

Accanto a me, Edward sorride sornione. Niente da fare, quell'idea malsana non se la vuole proprio togliere dalla testa.

Di questo passo, rischia l'astinenza forzata, così evito il problema alla radice!

“Ma sei così cogliona?” coscienza ninfomane. Certo che no, ma la minaccia a lui potrebbe sembrare credibile.

«Proposta! Controllo magazzino, fatelo al posto mio» si offre Collin.

Tutti nel laboratorio ci voltiamo stupiti. Sarebbe la prima volta che ci dà una mano, almeno come collega.

«Direi che è perfetto! Andate e controllate il materiale per la prossima settimana, noi andremo avanti qui» John è quello che si riprende per primo e ci da la sua benedizione. Beh, dopo pranzo, visto che adesso inizia la pausa.

 

«Ciao, regina degli zombie» saluto Grace mentre mi accomodo al bar.

«Ciao, coppia di vampiri» risponde simpatica.

«Occhio che potremmo volere il tuo sangue» rincara Edward mostrando un paio di adorabili e lucidissimi canini.

«Gli zombie non hanno sangue, o ce l'hanno scaduto, quindi non corro rischi» risponde prima di addentare il suo toast.

Ed ecco che arriva anche Robert, ormai siamo un quartetto rodato.

«Allora, ragazzi, siete pronti alle danze di questa sera?».

Grazie al cielo i tendini legano gli occhi a tutto il resto del corpo, oppure a quest'ora rotolerebbero sul tavolo. E la stessa espressione è presente sulla faccia degli altri.

«Tranquilli, passo a prendervi dopo le dieci e mezza, tanto domani dormiamo tutti e non ci saranno vittime... beh, forse una...».

Non so perché, ma l'ultimo commento mi fa passare un brivido lungo la spina dorsale. Non mi sento molto tranquilla.

 

§§§

 

Sicuramente, controllare il magazzino, non era il mio sogno lavorativo proibito e non avrei mai pensato di dedicarmi a una attività così prosaica.

Adesso il magazzino è decisamente rivalutato.

Collin ci aveva passato le due cartelline da controllare e riempire, in modo che avessimo il materiale per le analisi da effettuare per le prossime settimane. A quanto avevo capito, ogni reparto si occupava delle proprie scorte e normalmente era l’assistente di laboratorio a lavorarci.

I locali si trovano al piano terreno e nel seminterrato, a seconda delle modalità di conservazione più o meno asciutte o fresche.

«Ci dividiamo? Tu vai nel seminterrato mentre io mi fermo qui?» domando passandogli una cartellina.

«No. Andiamo tutti e due sotto e poi risaliamo. Io cerco e tu spunti, faremo prima così» mi risponde convinto, restituendomi la cartellina. Che cavaliere.

«Okay» biascico, prima di iniziare a scendere la scala che ci porta in un corridoio pulito ma leggermente umido.

«Uhm… mette un po’ di paura» dice il compagno, guardando il posto dove siamo capitati.

«Coraggio, ti proteggo io» rispondo strizzando l’occhio e lui mi sorride complice, prendendomi la mano e trascinandomi verso la prima porta a destra, dove campeggia il cartello che indica la nostra destinazione.

 

Appena entrata accendo la luce alla mia sinistra e mi guardo attorno per capire da che parte iniziare. C’è una ampia scrivania un po’ più in là e una serie di scaffali che fanno ricordare tanto la biblioteca dell’università.

Sento la porta chiudersi e la serratura girare, ma non ci faccio molto caso, incamminandomi verso il primo scaffale che trovo di fronte a me.

«Edward, direi di cominciare da qui. Ci sono i guanti e le masch…» non riesco a finire la frase che due braccia mi avvolgono e una bocca inizia a lasciarmi bacetti umidi sul collo.

«Edward… il lavoro…». Dovrei essere seccata. La mia voce dovrebbe essere perentoria. Allora perché mi sembra di aver ansimato come una pornostar?

«Ti ricordi lo sgabuzzino al liceo?» sussurra al mio orecchio prima di prendere il lobo tra i denti e mordicchiarlo leggermente.

Oddio! Caldo! Caldo! Non sento più neanche l’umidità appiccicosa di quello scantinato. Lo sgabuzzino. Lo “usammo” un paio di volte quando Edward venne a trovarmi bigiando le sue lezioni. Come potrei eliminarlo dai miei pensieri?

«No… No, non… ricordo» rispondo facendomi scappare un gemito.

«Bugiarda» afferma e la sua mano slaccia i bottoni del camice e si infila nella camicia che porto.

Le sue dita! Perché devono farmi sempre questo effetto? È come se a ogni sfioramento, spegnessero una decina di cellule del mio cervello. Le mie capacità cognitive precipitano a livello zero in pochissimo tempo, dopo di che, parto per il nirvana sensoriale, il paradiso orgasmico.

«Edward» mormoro prima di girarmi e fiondarmi sulle sue labbra.

È come risvegliarsi e trovarsi a casa. Mi sento bene e protetta e mi piace più del lecito.

«Non eri stanco?» riesco a dire quando si sposta nuovamente sul collo.

«Credo di essere sufficientemente sveglio» mi risponde spingendo il bacino contro di me. Immediatamente sento uno strattone ai miei pantaloni e la mano di Edward si infila deciso tra le mie gambe.

«Che... che fai?» riesco a chiedere ansante.

«Tolgo questa cosa castrante. Non riesco a sentire qualche cosa di duro in questa zona. Ti preferisco morbida, fremente e possibilmente bagnata e questo pseudo pene non favorisce le mie fantasie» dice seccato agitandomi la conchiglia davanti al naso. Inizio a ridere e lascio che lanci la mia protesi sulla scrivania lì vicino.

 

Tutta la soddisfazione che prova dopo l'eliminazione del fallo posticcio, si sente nella postura del suo corpo. Diventa felice nel momento in cui riesce a liberarmi anche della fascia sparisci-tette, cosa della quale si lamenta tanto almeno quanto la parte di sotto.

«Ah, Edward». Impossibile non urlare quando si avventa sul seno, o quando infila la mano nelle mie mutandine, dopo aver aggirato il sospensorio come un provetto circense.

Mi sento uno strumento nelle sue mani. È capace di farmi cantare come un usignolo, se si ritiene che i gemiti possano esserne paragonati.

«Uhm... Bella, Bella... non riesco ancora a crederci» mormora, baciando il mio ombelico.

Mi ritrovo nuda, fremente, sulla suddetta scrivania. Aperta, pronta e ansiosa di accogliere il mio uomo dentro di me.

Quando lo sento entrare, lo stringo forte e mi lascio andare a un sospiro soddisfatto.

«Contenta, cucciola?» alita nel mio orecchio.

«Sono in paradiso» rispondo.

«E non ho ancora iniziato». Sogghigna, sottointendendo un piacere maggiore che arriva e sale man mano che i suoi assalti si fanno più forti.

Spero sinceramente che nessuno abbia sentito l'urlo liberatorio che ho lanciato nel momento dell'orgasmo.

Sarebbe stato davvero imbarazzante spiegare il motivo del mio trovarsi nuda, a gambe aperte e soprattutto senza l'ammennicolo tipicamente maschile e con un paio di protesi tonde ai piani superiori.

 

Mi rivesto lentamente, aiutata ed ostacolata da Edward che pur coprendomi, continua, birichino, ad infilare le mani sotto i vestiti.

«Smettila, dai. Edward!» ridacchio al solletico sul fianco.

Meglio tornare al lavoro, altrimenti non riusciremo a finire prima di sera.

«Adesso mi ci andrebbe una bella doccia e una sana dormita e poi di nuovo una…».

«Stai diventando viziato» lo interrompo con un dito sulle labbra, che lui prontamente si mette a succhiare.

«Smettila» lo rimprovero assottigliando lo sguardo ed estraendo la mia falange dalla sua bocca, con tanto di schiocco.

«Mi sento come un diabetico e tu sei la mia insulina. Se non ti prendo regolarmente, muoio» protesta, seguendomi agli scaffali.

«Come hai fatto in tutti questi anni? Mi sei sembrato abbastanza vivo quando ti ho incontrato» rispondo.

«Ero in coma ipoglicemico. Adesso sono guarito» esclama allargando le braccia, poi si avvicina e mi bisbiglia all’orecchio «E’ stata trovata la cura!» e mi bacia sulla guancia.

Un bambino! Ecco cos’è sempre stato, nonostante tutti gli anni passati, resta sempre un bambino. Che, per inciso, adoro.

 

§§§

 

Il salto che faccio sul letto, quando suonano al campanello, è senza dubbio da medaglia d’oro ai mondiali di atletica da materasso. Fuori è già buio! Chi caspita si mette a rompere le scatole a quest’ora.

Afferro la sveglia ed accendo la luce. Dieci e quaranta?

Accanto a me un mugugno di un Edward disturbato, mi fa ricordare che non ci siamo neanche cambiati quando siamo arrivati a casa e, senza mangiare, siamo crollati nel letto.

Devo dire che casa mia è più comoda per il lavoro. La sua è decisamente più distante.

«Forza, fanciulli! La notte è giovane, più di me, e voi non potete poltrire a questa età! Grace e Gary ci stanno già aspettando, avanti!» le grida disumane che arrivano dietro il battente di ingresso, sono decisamente fastidiose.

“Robert, ti faccio diventare direttamente un eunuco!” penso, mentre vado ad aprire la porta.

«Cosa ci fai qui?» brontolo seccata.

«Ti raccatto per andare in un bel posticino! Prendi il tuo cavaliere e andiamo» ordina.

«Lo vedi come sono vestita?» ero ancora truccata da Lino «Non posso uscire così!».

«Invece, ti assicuro che il tuo abbigliamento è più che perfetto… Il tuo uomo dorme ancora?» al mio accenno affermativo, entra in casa e si avvicina al mio ragazzo sbavante sul cuscino.

«Edward, porto a spasso Bella… andiamo a vedere uno spogliarello di uomini assolutamente divini… fanno venire un orgasmo solo con gli occhi» gli comunica, poi mi prende per mano e mi trascina fuori. Inizio a ridere appena sento le imprecazioni e i rumori da inciampo che provengono dal mio appartamento.

«Fermiamoci, tanto adesso arriva» dice Robert, prima di mettersi davanti a me ed iniziare a sistemare i capelli e gli sbaffi di trucco. «Perfetto, Lino» dice soddisfatto.

«Lei non viene a vedere uno spogliarello di maschi» dice Edward, quando esce dall’appartamento. Quel tono possessivo… come mi eccita…

«Infatti, andiamo da un’altra parte, forza, sotto ci aspettano» e cominciamo a scendere per le scale, visto che l’ascensore è nuovamente rotto.

“Qualunque cosa tu sia, lolliful, stiamo arrivando” penso, mentre incrocio le dita tra quelle di Edward.

 

Mi aspettavo qualunque cosa da parte di Robert, ma questa cosa così… lesbo-gay, decisamente no.

Intendiamoci: all’inizio sembrava una discoteca normalissima con uomini che ballavano, donne che ballavano e parlottavano, ragazzi e ragazze seminudi sui cubi a dimenarsi, insomma, un carnaio.

«Robert, ma dove ci hai portato?» urla Grace, regalando una panoramica completa alle sue tonsille.

«Missione speciale! Per ora divertitevi, bevete e dimenatevi… e occhio alle mani» dice ridendo, poi si direziona verso il bar, dove c’è una barista con una faccia conosciuta.

Oh! È la ragazzina di ieri sera, quella del ristorante e delle catene.

Vediamo Robert che si sporge e dice qualche cosa all’orecchio della ragazza che scuote la testa in risposta, prima di indicare il piano superiore al quale si accede tramite uno scalone in ferro battuto.

Ci guardiamo spaesati.

«Andiamo a ballare» propone Edward e Gary annuisce trascinando me e Grace sulla pista.

Chi ci guarda, vede tre uomini e una donna che ballano insieme e mi viene da ridere al solo pensiero della figura che stiamo facendo.

Quando poi Edward mi abbraccia, scoppio a ridere direttamente.

«Lo sai che stiamo sembrando due gay?» chiedo.

«Lo sai che non siamo i soli a sembrarlo?» risponde lui facendo segno con il mento verso altre due coppie di uomini che si stanno strusciando.

Oddio! Ma dove ci ha portato Robert?

E sono sicura di non essere la sola a chiederselo, visto che Grace mi fa cenno di guardare verso una coppia di donne che stanno bellamente limonando vicino a una delle colonne che circondano la pista.

 

Non ho assolutamente nulla contro queste manifestazioni pubbliche, ma cavolo! Poteva pure dircelo!

«Ho bisogno di bere qualcosa» dico indicando il bar.

«Qualcosa di forte, grazie» risponde Gary.

Spintonando e infilandoci tra persone più o meno vestite, riusciamo a raggiungere il banco e a ordinare dei drinks.

«Però la musica è bella!» gracchia Grace e io non posso far altro che darle ragione. In effetti non è male, molto commerciale ma con un tocco di alternativo. Mi piace.

 

«Ehi, bambolo! Sai che sei proprio un bel ragazzo? Cosa posso offrirti?». Ecco! Lo sapevo! Mi volto verso la voce cavernosa che mi ha apostrofato e mi trovo davanti un omaccione con una pancia dalla circonferenza imbarazzante, con un gilet di pelle sopra una maglietta che fa intravvedere tutta la peluria da scimmia che ha sul torace (e qui posso tirare un sospiro di sollievo, paragonandolo ai peli delle mie gambe), e un paio di jeans che possono anche ricordare il tendone di un circo come dimensioni. La cosa più buffa è il basco in pelle che calza in testa, a palese richiamo del gilet. Abbigliamento ricercato!

Sembra un camionista.

«Lei è con me» risponde freddo Edward.

«Lei? Vuoi dire che fa la donna? Per me non è un problema, prenderlo o darlo. Sei proprio carino ragazzo». Adesso comincio ad avere conati di vomito.

Soprattutto quando mi mette una mano sul sedere e strizza una natica.

Ho paura che Edward esploda, ma vedo solo che prende un gran respiro e poi afferra la sua mano e la porta sul mio davanti.

«No. Lei è proprio una ragazza vestita da uomo... senti che non ha il pene?» e gli schiaccia la mano tra le mie gambe. E' vero! La conchiglia è rimasta sulla scrivania nel magazzino! Cacchio! Ma poi...

Ma è impazzito? Faccio un salto indietro schifata.

«Oh! Scusa! Davvero pensavo fossi un maschietto... perdonami!... e tu, rosso? Non vuoi farti un giro con me? Ti offro da bere. Io sono Gustavo». Comincia ad essere surreale la situazione! Edward ridacchia e si porta una mano alla nuca.

«Scusami, Gustavo, ma a me piace quello che ha lei e a lei quello che ho io» risponde.

«Etero! La rovina dell'umanità!» dice con una voce schifata e poi si riprende spostando l'attenzione vicino «E tu, moretto? Stai con lei o preferisci cose più normali?». Appunto, bisognerebbe capire cosa si intende per normali, ma a parte questo, solo vedere la faccia stranita e disgustata di Gary alla palese avance di Gustavo, valeva la pena del viaggio.

«Lui ha questa strana malattia... la eteronite, sta con me, mi spiace» risponde Grace per lui che boccheggia.

«Sei malata anche tu? Altrimenti conosco un paio di ragazze disponibili». Che gentile, fa anche da pappone.

«Siamo tutti talmente malati da essere in stadio terminale» risponde Edward facendo segno sul suo anulare della sinistra, come a indicare una futura fede.

«Ah! Beh, c'è sempre speranza» dice Gustavo con tono rammaricato e dopo un paio di pacche sulla spalla si allontana verso altre prede più disponibili.

 

Grace e Gary scoppiano a ridere appena si distanzia, io scoppio solo.

«Gli hai fatto mettere una mano in mezzo alle mie gambe!» strillo come una indemoniata spintonando quello che dubito di ritenere ancora il mio ragazzo.
«Bella, hai visto quanto era grosso? Mi avrebbe fatto a fettine con una sola mano. Ho preferito il sacrificio minore rispetto al deturpamento del mio bel faccino e un trauma cranico» mi spiega serafico.

Logica inoppugnabile. Che faccio? Mi arrabbio ancora di più perché non si è fatto pestare oppure lo perdono e ci passo sopra?

Scelgo il compromesso e ci passo sopra, pestandogli un piede con tutta la forza che ho.

«Ahi!» si lamenta.

«Tranquillo, questo non è un trauma cranico» rispondo.

Grace e Gary continuano a ridere per tutta la scena e alla fine mi unisco anche io mentre Edward si massaggia il piede dolorante.

 

Se si può pensare che le figuracce siano finite, è solo una mera illusione.

Dopo tre minuti arriva una ragazza bellissima, biondissima, sorridentissima, con un abitino ridottissimo e dei sandali altissimi. In pratica un inno al superlativo assoluto.

«Ciao, io sono Kaure, vieni con me al piano di sopra?» dice questa barbie in versione umana, abbracciandomi da dietro.

Ma cos’è? Sembra di essere entrati in una riserva piena di cacciatori ed io mi sento il cerbiatto di turno. C’è una fame di sesso da far paura!

«Non sono un ragazzo» rispondo seccata mentre cerco di liberarmi dalle sue braccia.

Solo per il fatto che questa qui non ha un pene, il mio ragazzo non la ritiene pericolosa? E sta ridendo? Okay! Adesso scatta la repressione!

Adocchio sul bancone se trovo un’arma contundente da usare sulla testa di Edward. Questa volta il trauma cranico non glielo toglie nessuno.

«Lo so che sei una donna, si vede, e sei anche molto bella. Allora? Andiamo?» risponde quella, prendendo la mia mano.

«Lasciala stare. Lei sta con me. È etero» spiega Edward liberandomi.

Sono quasi stufa di sentire questa parola. Mi sembra di essere una straniera nel mondo. Fa effetto sentirsi diversi in mezzo agli altri. È così che si sentono tutte queste persone quando percorrono la strada di tutti i giorni?

Kaure alza le mani in segno di resa e si allontana.

«Sono quasi gelosa di tutte queste avances. A me non si è avvicinato nessuno» protesta Grace.

«Forse perché io faccio paura?» chiede Gary sorridendo e abbracciandola.

«Sarà… però a te hanno palpato il sedere, a me neanche quello!» dice rivolgendosi al suo ragazzo. Oh mamma! Fermatela! Sta dicendo eresie!

«A dire la verità ho distolto un paio di mani troppo vicine a te» dice lui orgoglioso e lei gli regala un bacio appassionato che scatena mugugni di disapprovazione intorno a noi.

«Ecco, è così che dovevi comportarti» rinfaccio a Edward.

«Bella, lui è allenato a lottare, è il suo lavoro. Io sono un matematico che a stento a dato due pugni nella vita. La cosa che si è avvicinata di più alla lotta è stata la fuga quando mi hai inseguito con il fucile!».

«Okay, vorrà dire che ti proteggerò io» mi arrendo.

«Sarà meglio, tu sei sicuramente più efficiente» borbotta. Agli ordini, macchina da guerra Bella Swan a rapporto. La mia coscienza fa pure il saluto militare di ordinanza e si veste in mimetica.

 

«Oh, bene, vi ho trovati!» esclama Max alle nostre spalle.

Alla base dello scalone in ferro vedo Robert appoggiato alla balaustra che chiacchiera con la ragazzina bionda e un ragazzo con talmente tanti muscoli da far sembrare anche Gary un topo Gigio.

«Robert e Liam ci stanno aspettando, venite… e prendete questa» mette nelle mani di Edward una videocamera e ci precede verso i due uomini che, a quanto pare, aspettano proprio noi.

Appena arriviamo tutti lì davanti, Robert dice «Cullenuzza» e quello che dovrebbe essere Liam, ride in risposta.

«Lei è già arrivata, ultima stanza in fondo» dice rivolto a noi che non ci capiamo nulla.

«Che sta succedendo, papà?» chiede direttamente Gary, senza accorgersi di aver interpellato direttamente suo padre senza usare toni irritati.

«Noi non saliremo. Andate per il corridoio di destra sino all’ultima stanza. Lì troverete uno sportellino che vi permetterà di vedere all’interno e la videocamera serve per registrare… quello che ne farete del video è una scelta vostra» risponde Robert rivolgendosi a Edward e me.

Credo di aver intuito qualcosa… forse riguarda Gerandy…

 

Mi faccio forza e in compagnia degli altri, salgo al piano superiore e mi infilo nel corridoio indicato.

Arriviamo silenziosamente all’ultima porta e, timorosa, apro lo sportellino che c’è ad altezza uomo e sbircio.

È un vetro che permette di vedere all’interno di una stanza. Una camera da letto arredata tutta in tono di rosso porpora.

E sul letto c’è una ragazza.

«E’ Cynthia Gerandy» dice Edward accanto a me.

Ma quello che è più sconvolgente è cosa sta succedendo li dentro.

Non riesco a guardare più di dieci secondi e scappo lontano da quello spioncino, in preda a conati di vomito.

Entro correndo in un bagno e mi accascio su un lavandino.

“Quelle immagini non potrò mai dimenticarle”, penso con disgusto.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

prima di tutto, non descriverò nei dettagli quello che capita nella stanza. Io lo so, ve lo lascio immaginare. Quando ho scritto la mia mini rossa, mi è stato detto che scrivo queste scene come un osservatore esterno ma che quelle che non ho provato personalmente, non riesco a renderle bene come quelle di coppia.

Vi posso dire che quella che dovrei descrivere NON L’HO MAI PROVATA e solo il pensiero di qualcuno che lo faccia mi da brividi e voltastomaco (presumo che avrei vomitato anche io), quindi sarà un accenno.

Questo non impedisce alle vostre menti (più o meno perverse) di pensare e tentare di indovinare. Io risponderò sinceramente.

 

Riguardo alla scena della discoteca, mi sono immaginata un posto dove gli avventori sono solo ed esclusivamente gay e lesbiche. Interessante vedere gli etero come i diversi!

 

Scene comiche? Beh, quella che preferisco in questo capitolo è la parte del camionista con Edward in discoteca. Lui non vuole farsi pestare e alla fine sembra che prendano il té in veranda.

 

Bene, adesso ho bisogno di un aiuto. Nel prossimo capitolo si chiuderà con Gerendy, ma avrei bisogno di una scena comica in laboratorio visto che tra Eddy e Bella ci sarà maretta (il solito colpirà ancora, chi?)… cosa suggerite? Un qualcosa che possa riappacificare?

 

Arrivati a questo punto, vi ringrazio per l’attenzione

Alla prossima settimana

Baciotti

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Capitolo 18
*** complimenti per la comprensione ***


 

Ciao a tutti,

ho appena finito il capitolo ed ho deciso di postarlo subito, in modo da dedicarmi al prossimo (e penultimo) di questa storia.

 

Questo è decisamente il capitolo più serio, triste, drammatico di questa storia. Non ci sono dubbi. Ho cercato di essere divertente, ma i temi che vengono trattati non possono essere descritti come una scena clownesca, pertanto spero che vi piaccia e vi assicuro che il prossimo sarà decisamente meglio, almeno lo spero.

 

Ringrazio comunque tutti quelli che seguono questa storia e mi sostengono con le loro parole! GRAZIE. E ricordo sempre che la fantastica copertina è gentilmente offerta da Anto_Pattz (grazie!).

 

 

 

 

Questa volta non metto l’avviso di rito, perché qui di cosette drammatiche ce ne saranno… pertanto… BUONA LETTURA

 

---ooOoo---

 

«Bella, stai bene?» pochi istanti dopo che avevo liberato lo stomaco, arriva Grace.

«No» rispondo tenendo gli occhi chiusi e la fronte sullo specchio.

Non riesco a pensare. Mi ritorna in mente quello che ho visto nella camera… è disgustoso.

«Ehi, tu. Questo è il bagno delle donne!» mi apostrofa ragazza appena entrata.

«Lei è una donna!» risponde piccata la mia amica, passando un braccio sulle spalle «Ce la fai? Te la senti di uscire?» chiede preoccupata.

Devo avere un aspetto disastroso. Annuisco e, facendomi prendere per mano, esco.

Fuori, appoggiato al muro accanto la porta, trovo Edward ad aspettarmi. Ha la fronte aggrottata ed è preoccupato. Caspita se lo capisco!

Avrei preferito non sapere nulla e lasciarmi questa faccenda alle spalle, invece mi ritrovo di nuovo con del fango addosso e la voglia di farmi una doccia e di andare a dormire dimenticando quello che ho visto.

«Bella» mormora Edward. Ho bisogno di lui, di un contatto e sembra che lo capisca, vista la carezza delicata che mi regala.

«Stai bene?». È preoccupato, lo so. Che posso dirgli? Faccio spallucce, voglio solo andare a casa. «Dov’è Gary?» chiedo invece.

«Sta finendo la registrazione» dice Edward come a scusarsi.

 

Evidentemente non è stata una cosa lunga, visto che il ragazzo arriva poco dopo.

«Credo che dieci minuti di questa cosa bastino anche al papa per la scomunica» esclama sbattendo la videocamera nella mano del mio ragazzo «Ho bisogno di un paio di bicchieri di vodka» dice dirigendosi verso lo scalone per scendere.

In silenzio lo seguiamo tutti. Ormai la serata è completamente rovinata.

Finiti i gradini, ci scontriamo subito con Robert che ci guarda serio e dispiaciuto.

«Ho voluto darvi un’arma. Come usarla sta a voi… mi dispiace, Bella». È evidente che la più sconvolta sono io.

«Papà» interviene Gary richiamando la sua attenzione «Tu… tu non hai mai…».

«NO! Gary, credimi! Non sono mai salito al piano di sopra. So cosa succede perché me lo hanno raccontato, ma ti giuro che non sono mai salito» si difende Robert e vedo i tratti del viso del figlio rilassarsi.

«Ho bisogno di un goccio» e il marines ci lascia per andare al bancone del bar, seguito da Grace.

«Andiamo a casa?» chiedo speranzosa a Edward e lui annuisce. Poi si rivolge a Robert «Grazie». Il nostro amico non risponde e si dirige verso un divanetto dove vedo Max chiacchierare con una ragazza formosa.

Che mondo strano. Dovevo arrivare in un posto del genere per scoprire a cosa può arrivare la depravazione umana.

 

Abbiamo chiamato un taxi, visto che l’automobile era di Gary, e ci siamo fatti portare alla villetta. Forse volevo sedermi davanti al camino come qualche giorno fa.

«Che intenzioni hai con il video?» chiedo subito a Edward, appena entrati in casa.

«Lo darò a mio padre. Se ne occuperà lui come meglio crede» risponde.

«Cosa? Non puoi farlo! Lui lo userà per gettare fango su quella povera ragazza!».

«Bella. Io glielo devo! Per tutto quello a cui a rinunciato a causa mia».

«Lui ti ha protetto. Non pensi che si dovrebbe dare la possibilità a Gerandy di fare altrettanto?».

«Ma lui era lì!» urla.

Mi si gela il sangue nelle vene. Lui? Il senatore? Il padre di Cynthia era lì e guardava mentre sua figlia giaceva con… Oh. Mio. Dio!

«Bella, ascoltami. Neanche io voglio che questa storia vada sui giornali. Piuttosto sarebbe meglio un buono psichiatra per quella famiglia, e magari anche per chi ha fornito l’animale... Quello che voglio è sdebitarmi con mio padre e chiudere quel brutto capitolo una volta per tutte. Tu non sai quanto si stia consumando con questa vendetta. Non sono tornato ad abitare con loro proprio per questo motivo».

Si avvicina, cerca di farmi capire ed io continuo a scuotere la testa.

Sembra una partita a scacchi: mossa e contromossa. Il problema è che non vorrei subire scacco matto ancora una volta. Dubito che il mio cuore reggerebbe. Non è più tanto elastico.

«Se venissero fuori le tue foto?» tento l’ultima carta.

«Che male possono fare? Io sono un semplice impiegato e mio padre è un avvocato che fa il suo lavoro. Una mia foto travestito non minerebbe la sua credibilità in tribunale e alla biologicalseattle hanno diversi soggetti strani tra le mani per preoccuparsi di uno che si mette un reggiseno e collant».

Sorrido ricordandolo «Eri carina, Dina».

«Vieni qui» mormora allargando le braccia e io mi ci accoccolo felice «Parleremo con lui e gli faremo presente i nostri dubbi. Questi sei anni mi sono costati troppo e una piccola soddisfazione voglio togliermela».

«Spera solo che non ti scoppi in faccia» sottolineo.

Non ho più voglia di parlare. Incrocio le dita con le sue e mi dirigo verso il bagno, dove ho intenzione di sfruttare appieno quella delizia che è la doccia.

 

«Uhm… buongiorno amore» bisbiglia un voce roca e sensuale al mio orecchio.

Subito dopo due labbra avvolgono il mio lobo, strizzandolo e poi iniziano una lenta discesa verso il collo.

Deliziosi brividi si propagano alla mia schiena.

Una mano mi sfiora la coscia e sale verso il fianco per poi deviare sul seno.

Un piccolo angolo del mio cervello è sconvolto e fintamente inorridito per questo assalto sessuale tra le lenzuola e il sonno… il resto del cervello dà dello scemo alla prima parte e lo minaccia se non sta zitto.

Sono ancora nuda dalla doccia di ieri sera… dall’amore dell’una di questa notte… dalla volta delle tre meno dieci… da quella delle cinque e venti… deliziosamente insaziabile!

Lancio un’occhiata alla sveglia: le undici.

“Beh, almeno questa volta ho dormito un pochino di più” penso mentre mi volto e rispondo agli assalti del mio ragazzo.

Che bello poterlo dire liberamente: Edward è il mio ragazzo, il mio uomo… e che uomo!

 

Stiamo mangiando un hamburger preparato al volo in cucina, quando Edward interrompe i miei pensieri sulle prestazioni di questa notte per deviare la mia attenzione a qualcosa di più prosaico.

«Questo pomeriggio vorrei andare da mio padre e vorrei che tu mi accompagnassi». Mi fissa negli occhi, serio ed io annuisco altrettanto seria.

La situazione è spinosa ma prima ce ne liberiamo e meglio è per tutti.

È come se, tenendo quel video in casa, avessi una bomba pronta a scoppiarmi tra le mani in qualsiasi momento.

«E poi dobbiamo annunciare il nostro fidanzamento e la prossima convivenza» annuncia gioioso.

COSA? Sorry… mi sono persa un pezzo!

Stavamo parlando di quella merda di video… che ci facciamo con un fidanzamento e una convivenza? È come parlare di carciofi e supposte!

Non hanno niente in comune! Basti pensare a infilarsele nel di dietro per capirlo.

 

«Edward, non pensi che prima di annunciare questa cosa, io debba almeno risponderti di sì?». Come minimo, direi.

«Ma noi stiamo insieme e tu hai detto che verrai a vivere qui». È perplesso.

Ma perché mi mettono in bocca parole che non ho detto?

«Io ho detto “può darsi”». Non è una parola che possa intendere un sì definitivo, mi pare.

«Appunto, non hai detto no». Ma che devo fare con lui? Specificare ogni virgola?

«Infatti, può darsi vuol dire forse. Non significa né sì né no. Abbi pazienza, ma se dobbiamo proprio essere fiscali, tu non mi hai chiesto di essere la tua fidanzata e non mi hai chiesto ufficialmente di convivere». Ecco! Adesso mi fa diventare una donnetta isterica che vuole rose rosse e candele! Io detesto queste cose!

«Abbiamo fatto l’amore. Pensavo fosse chiaro che eravamo tornati insieme. Vuoi un teatrino? Con me in ginocchio? Fiori, cena di lusso e luci soffuse?».

«Ecco, adesso che me lo hai detto non mi farebbe più lo stesso effetto» borbotto scocciata.

«Lo sai che non sono così, ma se vuoi mi posso sforzare» dice abbracciandomi e baciando la guancia.

«Non voglio che ti sforzi» protesto calcando la voce sull’ultima parola «Solo che anche io sono una ragazza e a volte mi piace sospirare» e in questo momento mi ci metto in modo teatrale.

«Ma io sono capace di farti sospirare» replica con un bacio appena dietro l’orecchio «e alitare» bacio sul collo «e ansimare» bacio sul mento «e gemere» bacio sulle labbra, subito approfondito, che mi fa gorgogliare un verso strano proveniente dalla gola e, sicuramente, al di fuori delle mie volontà.

«Ecco visto?» si stacca ed assume una espressione vittoriosa. Da schiaffi.

Che nervi quando dimostra di avere ragione (raramente) a mio discapito.

«Okay. Hai vinto. Adesso andiamo dai tuoi genitori e gli diciamo che siamo tornati insieme. Niente titoli, niente fidanzamenti e niente convivenze» elenco piccata, alzando un dito per ogni punto.

«Mi togli tutto il divertimento» protesta facendo il broncio.

Sono sempre più convinta che bari sulla sua età. Non può avere ventiquattro anni e comportarsi come un bambino di dieci.

 

Il parcheggio sotterraneo e l'ascensore sono esattamente come me li ricordavo.

I signori Cullen non avevano cambiato casa e l'elegante palazzo moderno non aveva rinnovato neanche i quadri nel corridoio del pianerottolo.

Avevo l'impressione che non fosse passato neanche un giorno dall'ultima volta che ero stata lì.

«Edward, caro, non sapevo che saresti venuto a farci visita». Elisabeth ci accoglie con la consueta gentilezza «Isabella, tesoro, sono davvero felice di rivederti. Mi sei mancata» dice abbracciandomi affettuosa.

In effetti, eravamo anche abbastanza amiche sei anni prima e non mi aveva mai trattata come un'intrusa sciocca ragazzina. E archiviamo definitivamente la sua gaffe sul mio aspetto lievemente mascolino... tanto se ne è dimenticata anche lei.

«Papà è in casa?» chiede subito il mio ragazzo.

«Nel suo studio, ma abbiamo una cena questa sera e non c'è molto tempo» risponde con una fugace occhiata all'orologio.

«Non ci vorrà molto ma è importante. Vieni anche tu, è una cosa che interessa tutti quanti» e dopo questo annunzio mi prende per mano e, precedendo sua madre, ci conduce tutti nello studio dell'avvocato Cullen.

 

Bussa deciso alla porta e senza attendere il permesso del padre entra.

«Ciao, Edward. Cosa ti porta da queste parti? Oh. Isabella... siete tornati insieme?». Edward Cullen senior è seduto alla sua scrivania, sommerso da carte e documenti e un paio di occhialini da lettura sul naso. Professionale e rassicurante direi.

«In effetti io e Bella siamo tornati insieme. Finalmente oserei dire» esclama «Ma non è per questo che siamo qui» dice.

I suoi genitori lo guardano stupiti e curiosi mentre io mi siedo su una poltrona posizionata accanto alla libreria.

«Dicci tutto» incita Edward senior.

«Si tratta di Gerandy» dice gettando sul tavolo una chiavetta che contiene il file del video registrato ieri sera.

Suo padre diventa guardingo e fissa curioso l'aggeggio tecnologico.

«Si tratta di un video che ritrae Cynthia Gerandy in pratiche sessuali discutibili e con suo padre presente» riassume secco.

Accanto alla porta, sento Elisabeth che trattiene il fiato e un fischio di ammirazione proviene dal padre di Edward. Un lampo di cupidigia gli attraversa lo sguardo ed io rabbrividisco di conseguenza.

«E' una cosa discutibile? Ce l'abbiamo in pugno? Gliela farò pagare una volta per tutte!» esulta alla fine il signor Cullen sbattendo una mano sulla scrivania.

 

«No!» non riesco a trattenermi oltre. Non voglio altre vittime. Il ricatto perpetrato dal senatore ha già fatto abbastanza danni ma adesso sembra che le cose si stiano risolvendo, perché trovarsi di nuovo in mezzo a  queste situazioni?

Ho attirato l'attenzione di tutti nella stanza.

«Pensi a quella ragazza. Ha bisogno di aiuto, non di finire in prima pagina. Poi Gerandy non ha mai pubblicato le fotografie di Edward. La prego, non lo faccia lei» imploro e spero che la mia voce sia più forte del suo desiderio di vendetta.

«Ti prometto che ci penserò seriamente. Desidero solo che il senatore rinunci al suo incarico, non voglio pubblicità o pagine di giornali. Sarò discreto, puoi stare tranquilla su questo, ma Gerandy la deve pagare». Capisco che è dura rinunciare a tutto il risentimento coltivato negli ultimi anni e non posso pretendere che tutto sparisca con uno schiocco di dita. Spero solo che non ci trascini tutti nei guai.

Per ora mi devo accontentare della sua promessa e della sua buona fede, anche se credo che, dopo aver visto il video, anche lui trarrà le stesse conclusioni.

«Dunque, andiamo fuori a cena! Dobbiamo festeggiare il fatto che vi siete ritrovati» esclama Elisabeth battendo le mani.

«Non avevate un impegno?».

«Una noiosissima serata di beneficenza? Posso mandare un assegno per posta. Voi siete più importanti» risponde Edward senior, alzandosi e abbracciandomi con affetto.

 

C'è qualche cosa che non va. Ultimamente sto frequentando locali troppo chic per i miei standard. Tra il ristorante dove mi ha portato James, il disco pub, adesso questo tempio gourmant... mi sento come un pesciolino fuori dalla boccia.

Meno male che la cosa finisce presto ed io mi ritrovo su un taxi con Edward, diretti alla villa, dopo i saluti maliziosi e gli ammiccamenti dei miei suoceri.

E buona pace al mio “niente fidanzamenti”. Hanno anche criticato il fatto di non aver ancora pensato ad un anello adeguato.

Beh, almeno per questo la colpa non era la mia!

 

§§§

 

Oggi pomeriggio, Max mi ha chiamato con una idea folle per la testa.

Ha deciso di aprire il ristorante e offrire ai clienti un particolare menu dedicato al bambino di Ben e Angela.

Le sue idee mi sono sembrate così pazze che ho deciso di accettare. Volevo proprio vedere le persone che avrebbero ordinato una poppata agli asparagi! O un pannolino alla mugnaia!

Edward ha deciso di accompagnarmi ed aiutare. Sono sicura che lo fa per non rimanere a casa da solo ma approfittiamone ed apprezziamo lo sforzo.

«Chi ci sarà questa sera?» domanda Edward mentre guida verso il ristorante.

«Max sicuramente, poi James e probabilmente Amber. Credo che ci sarà anche Robert, visto che manca sia Ben che Angie, avremo bisogno di un minimo di aiuto».

«James non mi piace» borbotta.

«James è un amico e un ottimo cameriere. Tu ci parlerai e scherzerai con lui e non ti arrabbierai per battute, trattino, abbracci, trattino, atti di cameratismo dovesse fare. Ricordati che non ti ho ancora perdonato per il camionista gay dell'altra sera» e, guardandolo, vedo distintamente le orecchie piegarsi e farsi piccolo.

Bene. Ha capito. Sono soddisfatta.

«Tranquillo, non allungherà le mani» lo consolo subito dopo.

James sa quanto posso essere pericolosa e non vorrà incorrere nella mia ira.

Dopo la mia affermazione, vedo Edward rilassarsi e sorridendo mi appresto a una serata di lavoro e, spero, di allegria.

 

«Un biberon di spaghetti al tavolo nove» dico lasciando l'ordinazione in cucina.

«Robert, devo dire che con il grembiule sei proprio sexy!» esclamo ridendo.

Max ha assunto Robert come aiuto cuoco e devo dire che quei due se la stanno cavando alla grande tra i fornelli. Alcuni piatti dovrebbero mantenerli anche dopo questa serata.

«Dovresti vedermi con quello che indosso a casa!» risponde lui ammiccando. Dietro le sue spalle, Max mima una figura nuda ed io arrossisco ed esplodo in un sentito “Oh Mio Dio”. Meglio non sapere altro.

La serata sta andando alla grande, i clienti sono colpiti e divertiti dal tema della cucina ed i piatti hanno comunque un buon successo.

Direi che i nostri datori di lavoro, neo genitori, saranno davvero contenti.

Visto che Amber non è presente per colpa della caviglia non ancora guarita, ho messo anche Edward a servire ai tavoli e lo guardo girare impacciato con somma soddisfazione.

Un ragazzo come lui, poco abituato al lavoro manuale, darsi da fare in questo modo... con la divisa... accidenti! È sexy pure lui!

Fortunatamente, James si è tenuto alla larga dalla sottoscritta, dopo che mi ha trovata assalita dalle labbra fameliche del mio ragazzo.

Sono sicura che troverà il modo di commentare, ma almeno per adesso, ne resterà fuori.

 

Verso le ventidue, dichiariamo chiusa la cucina e ci prepariamo alla pulizia finale e alla chiusura. I pochi clienti rimasti, escono poco dopo le ventitre e noi possiamo rilassarci.

Non pensavo che l'assenza di Angela e Ben mi agitasse tanto. Mi sentivo sotto esame.

Edward è appena andato nello sgabuzzino a cambiarsi, quando sento aprire la porta di ingresso del locale.

«E' chiuso» annuncio, senza voltarmi, continuando a togliere le tovaglie dai tavoli.

Due braccia forti mi stringono la vita, attirandomi verso un corpo alto e massiccio.

«Bella, amore. Ti sono mancato?». Jacob! Questa è la voce di Jacob!

In un lampo mi torna in mente il nostro ultimo incontro sfociato in una notte di sesso, con me ubriaca che non ricordo nulla.

E poi, amore? Da dove gli è venuta questa?

Mi ha scritto un paio di messaggi in questa settimana, limitandosi a un “Ciao, tutto bene?” e adesso se ne esce con “Bella, amore”?

«Ciao, Jacob» rispondo laconica cercando di togliere le sue mani dal mio corpo.

 

«Che ci fa lui qui?». Ecco. La bomba è scoppiata.

«Appunto. Che ci fa lui qui?». Sembra che ci sia l’eco qui dentro.

«Jacob è venuto a salutare e adesso stava andando via» rispondo a Edward.

Starei molto più tranquilla se quel pazzo di indiano non avesse stretto le sue braccia attorno a me, facendo andare il mio ragazzo in ebollizione.

«Anche tu eri qui a salutare, Edward?» chiede con tono ironico.

«Io sono qui con Bella, visto che siamo tornati insieme. E ti sarei grato se le togliessi le zampe di dosso, prima che ti costringa io» sibila in risposta.

Sento distintamente irrigidirsi il corpo spalmato sulla mia schiena, poi, lentamente, si allontana senza però recidere il contatto.

«Non credo possibile che tu sia tornato con Bella. Lei non è il tipo che salta da un letto all’altro».

In questo momento il mio mondo si è fermato, in compagnia del mio cuore in primis. Ma come diavolo gli è saltato in mente di dire una cosa del genere.

Vedo Edward stringere i pugni fino a sbiancare le nocche e irrigidire la mascella. Sta per esplodere ed io sono proprio sulla sua linea di tiro.

«Sono d’accordo con te. E visto che lei soggiorna nel MIO di letto, direi che ti devi fare da parte ed andartene» risponde con aria truce.

Attorno a noi è sceso il silenzio. Robert e Max sono accanto alla cucina e stanno guardando preoccupati la scena. James si è fermato con la scopa in mano e sta osservando serio.

L’atmosfera è pesante, come quando sta arrivando la tempesta.

 

«Non me ne vado. Sei tu che l’hai fatta stare male in tutti questi anni. È per colpa tua se ho dovuto consolarla… non che me ne sia pentito, Bella» termina la frase carezzando la mia guancia nell’attimo in cui mi sono girata verso di lui.

Sono scioccata! Mi sta rinfacciando di essermi appoggiata a lui in questo periodo? E sarebbe un amico?

Senza lasciare il tempo che qualcuno formuli un’altra frase da infarto, alzo la mano e schiaffeggio la sua, allontanandola da me «Mi stai dicendo che consolarmi è stato un peso? Cos’è? Venire a letto con te non è stato abbastanza come pagamento? Dovevo anche farti i complimenti per la prestazione, quando mi sentivo a pezzi?» sto urlando e il mio cervello si è disconnesso dalla bocca.

Lo so, non dovrei lasciare che il fiato scorra, potrei dire qualche cosa di cui pentirmi, ma adesso voglio solo picchiare questo imbecille che ho davanti.

E infatti la mia mano si abbatte sulla sua spalla con un forte schiocco.

«E poi, la notte di dieci giorni fa! Jake! Ero ubriaca! Come hai potuto fare sesso con me? È come se mi avessi violentata, brutto stronzo» e un mio pugno si lancia sul suo torace.

«COSA?». Sento Edward muoversi verso di me ed alzo una mano per fermarlo.

Lui la afferra e mi strattona, facendo sì che Jacob lasci la presa su di me.

«Bella! Non ti ho violentata, non abbiamo fatto niente quella notte! Ti sei subito addormentata, io ti ho solo spogliata e messa a letto».

Non posso farci nulla, quando sento Jacob, tiro un sospiro e mi allargo a un sorriso «Ed io che avevo paura di essere rimasta incinta» dico sollevata.

 

In questo momento sono talmente lieta che quando mi volto verso Edward, quasi non capisco perché sia così furente. Ops.

«Andavi a letto con lui? E io cosa sono? Un ripiego mentre il tuo amante è lontano?». Sta parlando piano e scandisce le parole piene di odio, rancore e disgusto e io mi gelo, spaventata.

«No. È successo quando mi hai lasciato e basta. L’altra sera mi ero ubriacata,  perché ti avevo sentito parlare con Mark nel bagno di quella discoteca. Ero sconvolta e tu avresti iniziato a lavorare con noi il lunedì dopo. Ho bevuto troppo e Jacob mi ha riaccompagnato a casa. Hai sentito anche tu che non è successo nulla» cerco di difendermi mentre prendo le sue mani che prontamente lui allontana.

«Vuoi dirmi che mentre io ti cercavo per spiegarti cosa era successo, appena atterrato in Francia, tu stavi facendo sesso con lui? Cazzo, Bella!» si prende i capelli tra le mani e tira.

«Il tuo letto era ancora caldo di me e tu sei andata con un altro? E adesso pensavi di essere incinta di lui? E se fosse stato vero mi avresti propinato il figlio di un altro come mio? Ma che persona sei?». Una incudine sulla testa mi avrebbe fatto meno male dell’ultima domanda.

Che razza di persona sono?

Mi sfugge un singhiozzo simile a un lamento.

 

«Ehi, stronzo. Tu l’hai lasciata senza una spiegazione e lei ha cercato un appoggio. Se tu fossi stato più onesto con lei, non sarebbe successo nulla! Sei un coglione». Ancora una volta Jacob, aveva perso l’occasione per stare zitto, perché in tre secondi netti, Edward carica un montante che stende l’indiano.

«Oddio, Jacob» corro a soccorrere il mio ex amico, mentre Robert e Max cercano di tenere Edward lontano, nel timore che voglia finire il lavoro.

«Ecco, adesso puoi tenertela. Io ne ho abbastanza» dice dopo qualche secondo ed esce sbattendo la porta.

 

Passano i minuti, dove nessuno dice nulla.

Sento su di me gli sguardi di tutti e alla fine, mi arrendo ed inizio a piangere come una bambina.

«Mi ha lasciata. Ancora una volta» mugolo.

Jacob tenta di abbracciarmi ma Robert glielo impedisce «Hai già fatto troppi danni. Lascia che se ne occupi chi è davvero un amico» e mi stringe forte, carezzando i miei capelli come mio padre quando ero piccola.

È consolante e io mi metto a piangere più forte.

«Schhhh… non piangere, Bella. È solo arrabbiato ma non ti ha lasciato veramente. Dopo che ti ha amato per sei anni, pensi che ti lasci così?» chiede retorico, prendendo il mio viso tra le mani e fissando i miei occhi.

Razionalmente so che è solo arrabbiato e che probabilmente, quando avrà sbollito la rabbia, ci penserà e verrà a cercarmi (spero), ma adesso sono solo triste e depressa e per niente ottimista.

«Bella, tu sei una combattente. Non ti sei fatta abbattere sei anni fa e non ti farai abbattere adesso. Piantala di piangere e aiutami a finire di pulire. Non ho intenzione di asciugare la valle di lacrime che stai producendo» mi dice secco James, mettendomi in mano il manico della scopa che teneva lui prima.

Gli sorrido grata. Ha ragione.

Pur continuando a pensarlo, ho cercato di andare avanti con la mia vita, sei anni fa. Adesso ho un lavoro splendido che devo tenermi stretto. Partirò da questo punto e ricostruirò la mia vita...

E mi riprenderò Edward. Quello stupido, coglione, imbecille, geloso non può dare di testa in questo modo e mollarmi da sola a piangere. Non glielo permetto e domani vedrà! Come diceva Rossella O'Hara in Via col vento, domani è un'altro giorno.

 

Mi giro ed inizio a spazzare sotto lo sguardo preoccupato di Robert e Max.

«Bella, mi dispiace. Credevo che quella sera fosse un nuovo inizio per noi...» dice Jacob e mi volto truce verso di lui.

Deve solo ringraziare che non abbia con me qualche coltellino dei miei, altrimenti gli farei vedere io il nuovo inizio!

«E scusami, ma quando mi sono svegliata ero preoccupata per quello che poteva essere successo. Cosa ti ha fatto pensare che fosse un inizio?» chiedo sarcastica.

«Tu ti sei affidata a me, ancora una volta» risponde come se fosse ovvio.

Appunto, è ovvio: come una volta! Cioè come sei anni fa.

«Esattamente! Mi sono fatta consolare e poi tanti saluti! Andiamo Jacob. Credi davvero che per avvicinarmi a te avessi bisogno di ubriacarmi? Non credi che se ti volessi, mi farei avanti? Ti conosco da una vita e non sono mai stata una tenera educanda, almeno, non con te» replico alzando gli occhi al cielo.

«Okay, ho capito. Ha vinto lui ancora una volta».

Sento quasi pena per il suo faccione triste e costellato dal livido che sta nascendo per il pugno di Edward.

«Jake, troverai qualcuna che ti ami come meriti. Ma non sarò io. Non lo sono più da tanto tempo» dico con un piccolo sorriso di scuse.

Lui annuisce e salutando tutti, esce, seguito da un sospiro quasi di sollievo.

Per lo meno adesso posso concentrarmi su uno stupido per volta.

Jacob non è più affare mio, non lo è stato negli ultimi tempi e non lo sarà in futuro. Edward sì, è affare mio ed ho intenzione di lavorarmelo adeguatamente.

 

§§§

 

Questa mattina mi sono sentita abbandonata.

Grace non è venuta a recuperarmi, visto che pensava fossi in buona compagnia, e Edward... beh, lui non c'era perché si era sentito tradito ed era scappato anziché affrontare il problema. E poi ero io quella che doveva crescere!

Questi otto giorni erano stati davvero intensi.

Prima l'arrivo di Edward, il riconoscimento e l'amore, la scoperta di quanto successo sei anni fa, il video a Cynthia Gerandy, la nascita del piccolo Robert, il ritorno di Jacob. Salterebbero i nervi a chiunque!

Peccato che il labile non fossi io.

 

«Grace, hai visto Edward?» domando ancor prima di sedermi al bar.

«No, perché?». Non si è fatto vedere da lei e neanche sentire. Questa non è una bella notizia, contavo sull'aiuto della mia amica.

Sospiro «Abbiamo litigato. Lui ha scoperto che sono andata da Jacob, sei anni fa e poi la sera che hai conosciuto Gary… un casino!» mi accascio sconsolata sulla sedia e ordino a Bree un caffè.

«Quindi sa dei tuoi intrallazzi?» chiede cercando di non ridere. Che ci sarà da ridere poi?

«Quali intrallazzi? Pensa che non è vero che Jacob si è approfittato di me ubriaca, ha fatto solo finta. In realtà ho proprio dormito e basta» rispondo.

«Okay. Comincia dall’inizio! Hai visto Jacob?». Grace si mette comoda, in modalità psicanalista. Mi ci vorrebbe anche un lettino.

 

Le racconto tutto quello che è successo nel weekend, visto che non ci siamo sentite. Gary sarebbe partito oggi per Fort Lewis, quindi avevano deciso di dedicarsi totalmente a loro due.

Mi immagino solo cosa possano aver combinato! Che poi, Gary, torna domani! Neanche andassero in crisi di coccole (o altro).

«Quindi Edward ha fatto una scenata di gelosia, mollandoti al ristorante quando ha saputo che ti eri vista con Jacob?». Annuisco.

«Uhmm. Credo che si sia arrabbiato solo per il momento. Lui appena partito e tu che ti consoli a tempo zero. Non penso che sia geloso per altro, in fin dei conti, sia tu che lui avete avuto altre storie in questi anni. Mica siete rimasti vergini e puri!» rincara la dose.

In effetti ha ragione. Non ho tradito nessuno, mi aveva lasciato e, a parte il tempismo discutibile, non ho fatto nulla di male. Per il resto, io ho avuto i miei Connor e lui le sue Maggie, e anche se la cosa mi da fastidio, non posso fargliene una colpa. Perché lui ne fa una colpa a me?

 

«E' uno sporco maschilista!» esclamo.

«Chi? Io? Non credo proprio, ninfetto, anzi esprimo molto il mio lato femminile». Robert, mi mancava.

«E' per Edward» spiega sintetica Grace.

«Non gli hai ancora parlato?». Nego scuotendo la testa e lui sospira sconsolato.

«Sarà dura. Ieri sera era davvero arrabbiato» commenta piano poi si apre a un sorriso incoraggiante e ci invita ad entrare per una nuova giornata di lavoro.

 

Quando entro in laboratorio e mi infilo il camice sento un assoluto silenzio attorno a me. Collin, Amanda e John guardano alternativamente me e Edward.

Lui sta lavorando alle provette e non si è neanche voltato quando ho salutato entrando.

L’orgoglio è una brutta bestia. Se lui non vuole fare il primo passo, figuriamoci io!

Ogni volta che mi passa accanto fa attenzione a non sfiorarmi ed io sto cominciando a non tollerare più questa situazione.

Poco prima di pranzo, lo vedo uscire e immediatamente decido di seguirlo con gran sollievo degli altri colleghi che iniziano a fare congetture sul nostro improvviso gelo.

 

Direzione? Il bagno ovviamente! Si può sapere perché vado a finire sempre lì? Non sono mica incontinente.

«Ed… fermati!» esclamo appena entrata, dopo aver chiuso la porta.

«Perché? Mi stai seguendo?». Sguardo duro e tono acido. Bene.

Sarà un colloquio decisamente tranquillo.

«Sì. Voglio sapere perché ti comporti così. Scusami ma non ci arrivo».

«Allora te lo spiego in parole semplici: io ero costretto a fuggire in Francia e tu ti scopavi Jacob» sbraita.

«Riassunto corretto ma ti sei dimenticato una cosa! Mi hai mollata con un sms! E alla tua frase “non posso chiederti di aspettarmi, è meglio così” non è che lasciavi speranze in qualcos’altro!» rispondo alzando il tono a mia volta.

«Concordo su questo ma non penso che parole del genere nascondessero un invito a correre da lui». I suoi occhi mandano lampi.

«Edward, mi conosci, lo sai che sono orgogliosa e, a volte, perdo il lume della ragione», insomma! Dice di amarmi e non lo sa?

«A volte?» sorride sghembo ed io inizio a vedere una timida luce alla fine del tunnel.

«Mi sono sentita tradita ed ho pensato che non volevo darti la soddisfazione di distruggermi. Per questo sono andata da Jacob. Volevo dimostrarti che non mi avevi spezzata…» sospiro e continuo con tono sommesso «Però ho mentito a me stessa, perché tu mi hai spezzata, visto che da quel momento è come se fossi entrata in standby con la mia vita sentimentale» guardo a terra e sento che lui si avvicina.

«Bella… Non voglio pensare di averti spezzata, come dici tu…» il suo tono è accorato mentre mi abbraccia e io mi sciolgo affondando il viso nel suo petto. Il posto migliore del mondo.

«Perdonata?» pigolo.

«Sì, se perdoni anche me» risponde.

«La tua stupidità raggiunge vette inimmaginabili ma cercherò di comprenderti… sì perdonato» sorrido al sole che torna dopo la pioggia.

 

Beh, visto che siamo in bagno ne approfittiamo per i bisogni fisiologici primari.

«Ti ricordi quando mi hai picchiato perché avevo pestato una foglia?» chiede ridacchiando Edward mentre sta sciacquando le mani.

«Ti stavi facendo bello con due ochette… ricordo» rispondo sistemandomi i pantaloni.

«E quando preparavi le creme per la pelle? Alice me la spalmava sempre, tutti i giorni. Sembravo un orco verde come Shrek».

«Però ti faceva bene. Avevi una pelle fantastica» e saggio la sua guancia con una carezza.

«La uso ancora, sai? Ho tenuto la ricetta e mi faccio una maschera una volta al mese… aveva molto successo con le donne» si vanta mentre io socchiudo gli occhi minacciosa e un basso ringhio sfugge alle mie corde vocali.

 

Nello stesso momento, un cubicolo si apre ed esce Mister Albrock.

«Oh! Cullen, Swan.  Buona giornata» e con un gran sorriso, si avvicina al lavandino, si lava le mani, si sistema la cravatta ed esce senza aggiungere una parola.

Io e Edward siamo gelati sul posto.

«Ci avrà sentito?» lui è il primo a riprendersi.

«Certo che ci ha sentito! Oddio! Sono licenziata!» sbraito mettendomi le mani tra i capelli.

 

Subito dopo, con la pausa pranzo ci troviamo al tavolo del bar per un panino.

«Dai, Bella. Se ti chiamerà potrai spiegargli tutto» cerca di consolarmi Edward.

«Non preoccuparti, finché non ricevi la lettera di licenziamento non ci devi pensare» aggiunge Robert tranquillo.

In quel momento mi stringo la pancia per uno spasmo di agitazione e paura.

«Sei incinta?» chiede Grace vedendomi in quella posizione.

Ma sempre a quello pensano? Io rischio di trovarmi per la strada e loro mi mandano a procreare?

Batto la testa sul tavolo, sconsolata, mentre gli altri tre “amici” ridono divertiti dalla mia reazione.

Complimenti per la comprensione!

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

sono arrivata alla fine! Yuppy!

È stato quasi un calvario ma ci sono riuscita.

Con questo capitolo ho sistemato Gerandy, i genitori Cullen, la nottata con Jacob, e quello che è successo a Bella subito dopo la partenza di Edward.

 

Scene comiche in questo capitolo? Siete ciechi? Chi ha fatto una domanda del genere? Non c’è praticamente nulla di divertente (tranne la battuta del carciofo… vi sfido a provarla!)

 

Il prossimo capitolo… beh, è tutta un’altra storia! Ho voluto un capitolo a sé per una specie di shot nella storia stessa. Okay, non dico di più se non che ci saranno tutti!

 

L’ultimo pezzo è l’evoluzione di un suggerimento di Marco. So che non intendevi questo (magari preferivi scene tipo parla con Lino, poi corre e si veste da Bella e poi ricorre e si veste da Lino ecc.) ma è un pochino complicato rendere bene su carta una cosa simile, visivamente (film) rende meglio.

Inoltre mi serviva solo così per un commento che farà Mister Albrock all’ultimo capitolo.

 

Bene, ringrazio per l’attenzione che mi avete regalato sino a qui e vi rimando al prossimo capitolo (il  penultimo).

Baciotti

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Capitolo 19
*** un'altra scommessa persa? ***


 

Ciao a tutti!

Ecco a voi il penultimo capitolo. È un pochino più lunghetto degli altri e sviluppa un episodio solo. Potrebbe quasi sembrare una one-shot all’interno della storia stessa.

Personalmente lo trovo simpatico e divertente.

 

Come al solito ringrazio tutti coloro che hanno seguito questa storia. Con orrore mi sono accorta di non aver neanche iniziato a ricopiare i nomi delle persone che hanno messo questa nelle varie liste preferenziali, quindi dovrò intasarvi con questo capitolo.

 

Ringrazio ancora Anto_Pattz che con la sua copertina rende completo ogni capitolo e avviso che, se un eventuale lettore volesse trovare qualche cosa di serio e drammatico in questa pagina, beh, mi dispiace ma dovrà passare oltre.

 

 

 

E adesso…BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

… Due mesi dopo…

 

Sono due mesi che vivo nel limbo.

Sono successe tantissime cose e nello stesso tempo non è successo nulla.

Prima di tutto non ho ricevuto alcuna lettera di licenziamento. Ho passato la prima settimana letteralmente in crisi ma non è successo niente.

Ho ancora incontrato Mister Albrock qualche volta e lui, sempre sorridente, mi ha salutato apostrofandomi solamente come “Swan”.

Ho provato a chiedere lumi a Gary (sempre più innamorato di Grace e sempre più riappacificato con suo padre) e a Robert.

Mentre il primo mi rispondeva che non parlava di lavoro con suo nonno e quindi non sapeva nulla, il secondo liquidava tutto con una scrollata di spalle e un sorriso “non ti preoccupare” e cambiava argomento.

 

Per il resto il lavoro è andato alla grande.

John ha terminato i suoi anni di servizio e, dopo saluti commossi e qualche lacrimuccia, ha lasciato il laboratorio, felicissimo di dedicarsi a tempo pieno alla sua famiglia.

Collin e Amanda hanno iniziato a frequentarsi. Per ora, a quanto ho capito, sono solo al caffè insieme ma la cosa procede.

Io mi sono ritrovata con la responsabilità del team e del progetto, ma stranamente, non sono agitata. Ho l’appoggio di tutti e, visto che eravamo riusciti ad instaurare un bel rapporto di collaborazione, il nostro lavoro viaggia spedito e senza intoppi.

 

Ho saputo che il cugino Geoffrey e la sua valchiria hanno partorito un nuovo piccolo Cullen, un tenerissimo frugoletto bianco e roseo che fa concorrenza al piccolo Robert.

Se anche volessi stabilire il più bello non ci riuscirei.

 

Ben è tornato dietro i fornelli e Amber a servire ai tavoli, perfettamente guarita.

Ovviamente Angela è vincolata a casa con il cucciolotto.

James sembra avere trovato una ragazza disponibile, una certa Victoria.

È una donna dai capelli rossi, talmente peperina che mi viene da ridere tutte le volte che lo vedo sfiancato dalla sua energia. Però è felice ed io lo sono per lui.

Jacob è sparito dalla circolazione. So che lavora ancora all’aeroporto ma le sue amicizie sono decisamente cambiate, sia a Seattle che a Forks.

 

Il senatore Gerandy ha annunciato le sue dimissioni dal senato per motivi di salute e di famiglia. Hanno indetto nuove elezioni per la sua sostituzione e nessuna foto è comparsa sui tabloid. Edward Cullen Senior ha avuto la sua vendetta, dopo tutto.

 

Edward… beh, è il mio ragazzo, il mio amore e, spero, il mio futuro, anche se lui non mi ha più chiesto nulla.

Dopo la nostra ultima litigata seria a causa di Jacob, e relativa spiegazione, siamo diventati inseparabili. Non ho ancora rinunciato a casa mia, ma dormo più spesso alla villa che nel mio letto… e comunque sempre in compagnia.

 

Visto il mio stretto rapporto con i Cullen, nell’ultimo mese sono stata requisita da Rose e Alice per il matrimonio di Emmett con la sua bionda.

Alice è impegnata con il negozio e cerca di ritagliare i momenti per aiutare la  cognata, ma più di tanto non può, e qui entro in scena io, che essendo sul posto sono un pochino più disponibile.

 

Ovviamente i passi sono sempre gli stessi che si fanno per preparare ogni matrimonio: fiori, vestito, damigelle, bomboniere, tovaglie, inviti, rinfresco, catering e il classico, immancabile, doveroso festino per l'addio al nubilato.

Rose non vuole gli spogliarellisti perché le sembra di tradire Emmett, però eravamo riuscite a convincerla ad una casta serata con spettacolo. Che gli attori fossero maschietti e coperti da pochi e leggeri indumenti è decisamente irrilevante.

 

A una settimana dal matrimonio...

 

«Ahahahah! Certo Emmett, mica voglio mancare! Una serata del genere non me la perderei per nulla al mondo... chiamerò anche Gary e Ben, ti ringrazio... okay ci sentiamo dopo». Edward chiude la telefonata e si dedica tranquillamente alla sua insalata che ha preso per pranzo.

«Chi era? E cosa centra Gary?» chiede Grace curiosa. In effetti ha evitato a me di fare la stessa domanda.

«Emmett, mio cugino. Stiamo organizzando l'addio al celibato» dice ammiccando con un sorriso solare.

Non pensavo che ci tenesse a cose del genere.

«Cosa farete?» chiedo curiosa e vedo che anche Grace e attenta.

«A dire il vero non saprei. Emmett vuole occuparsene personalmente e Jasper gli sta dando una mano» risponde scrollando le spalle.

«Uhmm... cose sconce ti prego! Adoro vedere gli ormoni degli uomini a palla, anche se per guardare donne nude» incita Robert ed io mi perdo a pensare a Edward davanti a un'orda di femmine nude e bellissime che si strusciano su di lui. È un incubo, soprattutto quando mi accorgo, con orrore, che il mio piede ha cominciato a sbatacchiare nervoso sul pavimento.

Credo che sia il classico tic della gelosia!

 

«Ciao, tesoro». Ci voltiamo tutti stupiti mentre Gary entra nel bar e bacia sulla fronte la sua ragazza.

«Gary, ciao» pigola estasiata la mora, per poi assumere un'espressione perplessa «Come mai qui a quest'ora? Mi avevi detto che arrivavi questa sera... perdonaci ma stavamo tornando al lavoro, se lo avessi saputo mi sarei fermata ad aspettarti per pranzare insieme».

Gary è tornato a Fort Lewis a tempo pieno ma riesce a ritagliarsi mezze giornate per la sua morosa, abbastanza spesso, in fin dei conti sono distanti solo trentasei miglia cioè meno di un’ora di auto, e la loro relazione sta procedendo a passi da gigante.

«No, sono riuscito a sganciarmi prima ma dovrò tornare entro le diciannove, perciò non staremo insieme oggi. Tranquilla però, ho ottenuto una licenza per tutto il weekend del matrimonio» sorride strizzando l'occhio, poi continua rivolgendosi a Edward e Robert «Ho appena sentito Emmett. Per i sigari ci penso io, un mio collega me li farà avere direttamente. Tu papà, sarai dei nostri?».

Non sapevo che Robert conoscesse Emmett... a dire la verità non sapevo neanche di Gary.

«Non me lo perderei per niente al mondo, come ho già detto. Il locale sarà a disposizione, ho già preso tutti gli accordi. Pensa che Ben chiuderà il ristorante per essere presente. Lui e Max hanno proprio bisogno di divertirsi» e sorride sornione.

Io e Grace ci guardiamo negli occhi e so che pensiamo la stessa cosa: sigari, locale, donne nude e i nostri uomini lì in mezzo. Decisamente non va bene.

«Caspita! Pensavo di occuparmi io dei sigari! Va beh, vorrà dire che penserò alle manette... se solo ci penso mi viene ancora da ridere» commenta Edward.

Manette? Cosa vogliono fare? Un'ammucchiata?

«Non dirlo a me! Bene, Grace, hai ancora due minuti?» chiede Gary e noi usciamo per tornare al lavoro, non prima di aver mimato alla mia amica un “ci sentiamo dopo”. Sono sicura che cercherà di carpire informazioni, ed io farò la stessa cosa.

 

Purtroppo Edward e stranamente anche Robert, sono due tombe. Non si riesce a farli parlare neanche sotto la minaccia di evirazione, il che, conoscendo i soggetti, è tutto dire.

 

La sera mi telefona Alice per le ultime novità sulla preparazione del matrimonio.

“Tesoro! Come vanno le cose? Siamo quasi a posto!”

«Direi di sì. Il ricevimento è pronto, la cerimonia organizzata le bomboniere dovrebbero portarle dopo domani e i fiori saranno pronti per venerdì, il catering ha confermato... cos'altro c'è?» la mia non è una domanda retorica, perché Alice riesce a trovare impensabile come cosa fondamentale.

“Il vestito della sposa è già nel mio armadio e quello delle damigelle è pronto. Quella tonalità di lilla ti sta davvero di incanto, Bella. Dobbiamo ancora pensare alle nostre acconciature, però... pensavo invece alla festa del nubilato...” come volevasi dimostrare qualcosa che manca c'è sempre.

«Per i capelli io vorrei qualche cosa di poco elaborato, qualche boccolo e basta» suggerisco.

“Anche a me ispira, non vorrei la stessa acconciatura per tutte, preferisco ognuno per conto suo, tu stai benissimo con i capelli sciolti, io invece li ho corti e preferirei qualche cosa di più costruito… Cambiando argomento, sai qualcosa di quello che hanno organizzato i ragazzi? C’è Jasper che mi ha preso tutti i nastri colorati che avevo in negozio, dicendomi che servivano per la festa di Emmett”

«Non lo so, Edward non mi dice nulla. Ho sentito solo parlare di sigari, manette e un intero locale a disposizione, e visto chi lo ha prenotato ho anche paura di scoprire che è il locale che penso» rispondo alla domanda di Alice.

 

Se pensavo che lasciasse perdere questo argomento, mi illudevo: lei è più mastino di me.

“Dobbiamo scoprire qualcosa… è impossibile che i nostri uomini non si lascino dietro qualche indizio… telefono a Rose e Antonella, poi ci aggiorniamo”

Sono entrata in un film di spionaggio senza neanche saperlo.

Santo Cielo! È un addio al celibato, non una dichiarazione di guerra alla Russia!

 

Il mattino dopo, io e Grace siamo davanti a una tazza di caffè, mentre aspettiamo Edward e Robert che tornino da una commissione che dovevano fare.

«Ieri Gary si è lasciato scappare che il locale dove faranno l’addio al celibato è il lolliful» mi dice Grace con fare cospiratorio.

«Vuoi dire che hanno prenotato una sala?». L’idea di quello che abbiamo visto lì dentro mi fa stare male.

«No, intendo dire tutto completo il locale, comprese le camere al piano di sopra. Mi ha anche detto che pagheranno un extra per la pulizia in modo di non aver problemi ad usarle» risponde.

USARLE? Usare le camere al piano di sopra? Non sicuramente per giocare a briscola!

Devo chiamare Alice! E lo faccio immediatamente.

 

“Ciao, Bella” mi risponde allegra, ma io non la lascio finire e le racconto quello che mi ha detto Grace e quello che so riguardo il locale in questione.

“Mi stai dicendo che i ragazzi stanno organizzando un’orgia?” rincara la dose lei, facendomi visualizzare quello che non volevo pensare.

«Non dico questo, ma sicuramente qui gatta ci cova!» strepito.

“Dobbiamo trovarci… oggi è mercoledì e venerdì è la serata incriminata… Vengo lì a Seattle e questa sera ci riuniamo con la scusa di una festa tra donne per Rose”

«Incontriamoci da Angela. Lei non può lasciare il piccolino» suggerisco.

“Sarà l’unico uomo a conoscenza delle nostre parole, meno male che non parla ancora, ci possiamo fidare”.

Concordo anche io: se il piccolo Robert parlasse già a due mesi, sarebbe un fenomeno.

 

«Bella, ti prego... non lasciarmi da solo!» Edward con il broncio da piccolo mi sta decisamente tentando.

«Te l'ho detto. Devo andare con le ragazze per gli ultimi preparativi del matrimonio. Non posso mancare» rispondo facendo violenza su me stessa.

«Ma io resterò qui... ramingo... senza poter fare le coccole alla mia ragazza. Non ne sentirai la mancanza?». Devo resistere, devo resistere...

«Non fare il bambino. Se per una sera non stiamo insieme non capita nulla. Mica vado a cercare un altro uomo, sono con Alice, Rose, Grace e Angela» espongo. Tanto non sa quale sarà l'argomento di discussione.

«Ci sarà anche Antonella?» chiede curioso.

«Si perché?». Strano che chieda proprio di lei.

Infatti rimane leggermente interdetto, prima di rispondere con un gran sorriso «Magari andrò da Geoffrey. È da quando è nato il piccolo che non lo vedo. Probabilmente Anto avrà lasciato il pupo a casa con lui».

«Hai ragione. Visto? Hai trovato la soluzione per non restare da solo!» esclamo contenta e dopo un bacio di saluto, esco diretta verso la riunione segreta.

 

«Così hai trovato questo ritaglio di giornale?» chiedo ancora a Rose.

«Era nel portafogli di Emmett. Quando ho dovuto prendere la sua carta di credito dell'ufficio me lo sono trovato tra le mani» spiega affranta.

«Qui c'è scritto che le ragazze si esibiranno praticamente nude!» esclama Grace indicando la foto della brasiliana perfetta.

«Ma faranno solo lo spettacolo, giusto?» cerco di tenere un pensiero positivo.

«Ieri ho sentito un ordine telefonico che ha fatto Geoffrey alla più grande ditta farmaceutica dello stato di Washington» interviene Antonella.

«E cosa chiedeva?» domanda Angela cullando il piccolo Robert.

«Dieci scatole di profilattici di varie misure e gusti e cinque bottiglie di lubrificante! Quando gli ho chiesto cosa stava facendo mi ha risposto che voleva aggiungere qualche articolo nel negozio di ottica... cosa ci fanno i profilattici in un negozio di occhiali?» strepita quasi isterica, aggiungendo poi «Si è anche modellato le sopracciglia! Mia suocera dice che lo faceva solo quando doveva incontrare una donna! Questa storia puzza!».

«Ragazze, state facendo una questione di stato per un bruscolino!» interviene Victoria, la ragazza di James. A quanto ho scoperto era una compagna di corso di Emmett ed è diventata amica di Rosalie in questi anni.

«Vicky, vedere Emmett così elettrizzato per qualche cosa che non ha a che fare con sport o donne, non è normale! Dovrebbe essere teso per il pensiero di sposarmi, non allegro per il suo addio al celibato» la contraddice Rose.

 

Sento Angela che sospira pesantemente «Credo che anche Ben stia combinando qualche cosa. Ho trovato una quantità industriale di panna spray in solaio» dice come se confessasse un segreto.

«E allora? Lui è un cuoco, gli servirà per il ristorante» obietta Grace.

«No, le torte le prendiamo già fatte alla pasticceria e la panna ne usiamo pochissima ci basta una bomboletta alla settimana, a volte ogni dieci giorni» spiego io guardando la mia amica che annuisce sconsolata.

 

Ed ecco miss Napoleone che prende la parola «Ricapitoliamo! Abbiamo una fornitura di sigari, un locale completamente a disposizione con tanto di camere private con letto, delle brasiliane sculettanti, nastri, manette, profilattici, lubrificanti e panna spray… cosa vi fa venire in mente tutto questo?». Credo che sia una domanda retorica visto che siamo tutte con gli occhi spalancati.

«Una scopata con i fiocchi, se fosse con me! Un tradimento annunciato immaginando Geoffrey con queste cose e delle brasiliane che gli agitano i fianchi davanti al naso!» sibila Antonella, e noi ci troviamo ad annuire convinte.

«Non pensate di stare esagerando?» chiede titubante Angela.

«Io purtroppo no... loro sono sposate ma io con Gary siamo solo agli inizi. Può trovarne un'altra quando vuole» risponde insicura Grace.

«Se è per questo, anche io non sono messa meglio» mi intrometto.

«Non è che un anello al dito ti protegga! Poi se proprio vogliamo essere precise, il gene dei Cullen è deleterio riguardo alla gallonaggine» rimbecca Antonella e Rose annuisce convinta. Alla faccia della fiducia! Io credo ancora che forse non è così grave come sembra.

«Io non voglio credere che Jasper o Emmett siano capaci di cose del genere... perdonami Anto, ma Geoffrey direi proprio di sì... e visto come si è sempre comportato non scommetterei neanche su Edward» la delicatezza di Alice è proverbiale e mentre Antonella ringhia contro la cugina, io ridacchio.

Non lo dice con cattiveria e, in fondo, non posso dargli torto. Il passato di Edward non è stato limpidissimo e due mesi di retta via non può automaticamente trasformarlo in un santo, ma sicuramente neanche demonizzarlo.

 

«D'accordo, d'accordo. Non è il caso di litigare tra noi! Adesso dobbiamo trovare una soluzione» sempre positiva Angela e sicuramente costruttiva.

«Concordo. Vietiamo la festa! Tu sei la sposa, potresti convincere Emmett» suggerisce Antonella, rivolgendosi a Rosalie.

«E dimostrare a tutti i maschietti che non abbiamo fiducia in loro? Vuoi umiliarti sino a questo punto?» osserva torva la sposa.

«Quindi, se non possiamo vietare la festa, dobbiamo imbucarci e sorvegliare!» suggerisco.

«La fai facile tu! Sei già abituata a vestirti da uomo, ti puoi unire al branco. Ma noi?» domanda Grace.

«Conoscete qualcuno all'interno del locale? Magari qualcuno che vi possa aiutare». La rossa Victoria ha davvero idee brillanti! Io, Grace e Angela ci guardiamo e diciamo insieme “Fede!” la ragazza che aveva raggiunto Robert al ristorante quando era nato il piccolo di Ben.

«Adesso, piccolo Robert, saluta tutte e andiamo a nanna! Per questa sera, queste pazze ti hanno spaventato abbastanza» e in questo modo si chiude la nostra riunione e il tutto viene rinviato dopo aver parlato con la ragazza del lolliful.

 

Ovviamente, avendo già conosciuto di persona la ragazza, siamo state incaricate io e Grace per parlare con Fede e, ci diamo appuntamento alla fine della giornata per andare al locale.

«Amore, non mi hai detto come è andata la festa ieri sera» dice allegro Edward stringendomi.

«Benone, è bello passare un po' di tempo tra donne» rispondo leggera.

«Spero non sempre» puntualizza regalandomi un bacio sulla guancia.

In quell'istante ci raggiunge anche Grace «Scusa il ritardo, Bella. Sei pronta? Andiamo?» chiede riferendosi al nostro appuntamento in missione “salva corna” come l'abbiamo battezzato io e Vicky.

«Bella! Mi lasci ancora solo?» chiede sorpreso.

«No, devo solo andare a fare una commissione con Grace per conto di Rose... sai, il matrimonio... ci vediamo domani mattina? Va bene?» propongo.

«Non vieni alla villa? Torni all'appartamento?». È perplesso e un pochino deluso, chissà che programmi aveva per questa sera.

«Ed... dai, sabato si sposano e domenica è tutta per noi». Prendo il suo viso tra le mani e lo bacio dolcemente. Devo essere stata convincente perché lo sento sorridere prima di staccarsi.

«Ti prendo in parola, domenica sei tutta mia» e riprende a baciarmi con più impeto.

«Okay, okay, tutto molto bello ed eccitante ma adesso dobbiamo andare, quindi staccati dalla sua faccia» ordina Grace tirandomi via da lui e trascinandomi verso la macchina.

 

«Quindi mi state chiedendo come intrufolarvi in una festa privata?». Fossi stata io a fare una domanda del genere avrei avuto gli occhi spalancati, come minimo. Fede, invece, non dimostra alcuna sorpresa, come se fosse una cosa normale da chiedere.

«Sì. Vorremmo partecipare... o almeno poter controllare» spiega Grace e siamo tutte e due rosse dall'imbarazzo.

«Si può fare» dice laconica, poi inizia a spiegare la sua idea.

Sono quasi sconvolta, credo che Gary apprezzerebbe questa tipa, ci illustra un piano degno del migliore stratega.

 

«Abbiamo tutto?» chiedo a Alice.

Il giorno dopo la visita al lolliful, è stato come essere un equilibrista su un filo.

Avevo in mente le idee che mi aveva dato Fede e con Grace dovevamo metterle in pratica. Avevo telefonato ad Alice, in modo che potesse procurare i vestiti che ci servivano. Rose era andata a caccia delle ballerine per corromperle e Angela si era rivolta alla pasticceria che, casualmente (o forse neanche tanto) doveva preparare una specie di torta cava ordinata da Emmett in persona.

Sembravamo una squadra di spie alla James Bond, in missione segreta per sgominare l’ennesimo tentativo di distruzione mondiale o, nel nostro caso, di distruzione rapporti sentimentali.

Questo implicava l’abbandono della festa di nubilato di Rosalie, ma lei stessa si era dichiarata pronta alla rinuncia per proteggere il suo scimmione da mani indesiderate.

Nel frattempo non dovevo far trapelare niente e nascondere i piani a Edward che continuava a farmi domande sui preparativi, sulla festa, su quello che combinavamo noi ragazze e così via. Mai stato tanto curioso!

Riuscire a cavarmela, sembrava sempre più impossibile.

“Abbiamo tutto e questa sera gliela faremo vedere noi!” esclama Alice con il suo solito piglio napoleonico, prima di salutarmi e chiudere la comunicazione.

Sospiro e mi rassegno a prepararmi alla festa di questa sera. Speriamo bene e che nessuno si arrabbi!

 

«Tesoro» mormora Edward baciandomi sui capelli «Sei pronta per questa sera? Scommetto che avete preparato qualche cosa di eccezionale per Rosalie» dice sorridendo e stringendomi a lui.

«Direi qualcosa di sorprendente… e voi?». Dimmi la verità, dimmela! Imploro nella mia mente.

«Niente di che, serata insieme a cazzeggiare… so già che mi annoierò a morte senza di te» risponde sospirando in modo teatrale. Bugiardo!

«Adesso vai e lasciami preparare». Lo bacio e lo spingo fuori dal mio appartamento, poi inizio a pettinarmi.

 

Un’ora dopo eravamo al locale, io, Angela che aveva lasciato il pupo a sua madre, Grace, Rosalie, Antonella che invece aveva affidato il piccolo Paul a sua suocera, Alice e anche Victoria lasciata sola dal fidanzato per un impegno improvviso.

«Sei sicura che non ci riconosceranno?» chiedo guardando perplessa la maschera piumata che ho in mano.

«Guardami e giudica tu stessa» risponde Alice facendosi ammirare.

La maschera di colore cangiante, con piume di azzurre e rosse che coprono la parte superiore del volto, lasciando libere le labbra e la parte inferiore del mento, non consente di riconoscere chi la porta e, al mio sguardo di approvazione risponde con un sorriso compiaciuto.

 

Come progettato, ci dividiamo i compiti.

Antonella, complice la sua altezza e il fatto di essere più massiccia di noi (non per niente ricorda una valchiria) si presenta vestita da uomo con i capelli biondi legati in una coda alla nuca e si prepara al suo ruolo di buttafuori.

Sarà la prima a vedere i ragazzi e se loro non la riconosceranno saremo salve.

«Allora? Come sto?» chiede sistemandosi il colletto del giubbotto.

Ho suggerito un bomber, appunto per nascondere il seno prosperoso che le è venuto allattando.

«Devi parlare in questo modo… roca, e per sicurezza parla il meno possibile, così non ti sbagli» spiego i miei trucchi sul tono di voce. Al lavoro parlo ancora così.

«Magari grugnisco. Geoffrey fa sempre così quando non vuole parlare» dice sorridendo.

Lei, a differenza nostra, indossa una maschera intera, più mascolina per essere in tema con il suo personaggio.

 

«Angie, sei pronta?» chiedo alla mia socia. Io e lei siamo addette al servizio ai tavoli, con i drinks che preparerà Fede.

I nostri costumi sono quelli del locale: gilet aderente e scollato con sotto il reggiseno di raso a vista e short. Mi sento un pochino nuda e Angela se ne lamenta ancora più di me, ma fondamentalmente non stiamo male e non siamo messe come le altre!

Alice, Grace e Victoria saranno ballerine, aiutate dalle vere artiste Senna e Siobhan che abbiamo convinto ad aiutarci, cambiando leggermente il loro numero. Le altre tre ragazze brasiliane penseranno alla musica dietro le quinte.

I loro costumi sono sostanzialmente un bikini pieno di lustrini e perline.

Fortuna che sono tutte e tre fornite di corpi abbastanza formosi, sarebbe strano vedere delle ballerine di samba svestite in quel modo con cinquanta chili di cellulite per gamba!

Comunque la sorpresa più grande sarà sicuramente Rosalie, la futura sposa.

 

Sono agitatissima e mi sudano le mani quando sento il primo vociare all’ingresso e mi sporgo per vedere cosa succede.

«Forza ragazzi! Questa serata è la mia ultima di libertà e voglio divertirmi! Andiamo a goderci lo spettacolo!». Emmett fa gli onori di casa e tutto sembra tranne un uomo prossimo a sposarsi. Aveva ragione Rosalie. Depravato!

«Ehi, hanno cambiato il buttafuori» esclama Gary.

Sento altri commenti meno educati e una voce seccata che redarguisce e zittisce tutti.

«Ragazzi! Un po’ di contegno, non dobbiamo fare i maleducati!» stranamente è Geoffrey a parlare. Accostare la parola educazione e contegno al cugino di Edward, mi fa chiedere se per caso la fine del mondo predetta dai Maya sia vera.

 

Alla spicciolata entrano tutti. Cosa ci fanno anche Carlisle, Edward senior e soprattutto… mio padre?

C’è anche James. Chissà perché Emmett lo ha invitato? E ci sono anche Robert e Max e un paio di ragazzi che non conosco.

Geoffrey e Jasper iniziano a sedersi ai tavolini disposti per la sala e rivolti tutti verso il palco e presto vengono imitati da tutti gli altri.

«Un giro di birra per tutti!» urla Emmett e gli altri fischiano approvando e chiacchierano ridendo sguaiati.

Sospiro per farmi coraggio e guardo Angela «Si va in scena» e lei annuisce. Sono sicurissima che sotto la maschera ci siano due guancie del colore dei pomodori.

 

«Adesso dovrebbe iniziare lo spettacolo, visto che ci siamo tutti» annuncia Robert ad alta voce mentre io gli passo accanto e poso un boccale di birra sul tavolo.

«A proposito, se vi piace qualche ragazza potete chiedere… se ci sta, ci sono le camere a disposizione di sopra!» rincara la dose Max sorridendo ammiccante nella mia direzione.

«Allora, se non ti spiace, io ci provo con la cameriera» replica Ben piazzando una mano sul sedere di Angie. La vedo sobbalzare e dare uno schiaffetto poco convinto a suo marito, prima di fare cenno di no con l’indice e consegnare le ultime due birre.

Quando torna al bancone del bar, sente le risatine di Fede «Hai fatto colpo, eh?».

«Tranquilla, è mio marito quello. Ho fatto fatica a rimanere zitta, ma quando arriviamo a casa lo strozzo! Ha messo le mani addosso a una sconosciuta!» urla a bassa voce per non farsi sentire ma è arrabbiatissima.

«Angela, anche senza sapere chi si nasconde dietro la maschera, è attratto da te. Non ti sembra un amore quasi trascendentale?» cerco di consolarla.

Lei mi guarda dubbiosa, poi replica «Vediamo se parlerai ancora così quando Edward che farà il polipo». Forse no, ha ragione lei.

 

Le luci si spengono e vengono accese quelle del palco per lo spettacolo, Le ballerine escono una per volta agitando i fianchi ed io trattengo il fiato.

La platea dei nostri uomini sta applaudendo entusiasta e parte anche qualche fischio e una specie di ululato. Chissà chi è l’animale? Forse un po’ tutti! Pervertiti!

«Mi porti un vodka martini?» un soffio con tono lascivo al mio orecchio mi fa rabbrividire. Edward deve avermi raggiunta alle spalle mentre ero distratta a guardare le mie amiche sul palco.

Rigida annuisco e subito si avvicina di più e struscia il suo naso sul mio collo.

«Hai un profumo divino, tesoro».

Quando sento freddo alla mia schiena, mi accorgo che si è allontanato e vado ad ordinare il suo drink.

Non so se essere arrabbiata del suo abbordaggio (per il fatto che io dovrei essere una sconosciuta) o eccitata perché comunque ha scelto me.

 

Le ragazze stanno facendo del loro meglio ma ogni tanto, vedo Alice sbandare e andare a sbattere contro Victoria o contro Grace che le sono affianco, mentre davanti ballano sinuose le due brasiliane ufficiali che strappano parecchi apprezzamenti.

Ma questi si ricordano che hanno delle ragazze e sono uomini impegnati?

Dopo il primo numero, le ragazze si ritirano per ritornare dopo venti minuti per altri balli. L’applauso che strappano e fragoroso ed io sono orgogliosa della bella figura che hanno fatto quelle tre.

I ragazzi ordinano un giro di drinks e tirano fuori i famosi sigari.

Mentre poso un bicchiere su un tavolo vedo con la coda dell’occhio, una mano che si avvicina alla mia natica, bloccata dalla voce seccata di Edward, prima che mi sfiori «Henry! Mia!».

«Oh! È lei! Scusami, Ed» risponde ridendo il proprietario della mano molesta.

Mia? Lei? C’è qualche cosa che mi sfugge. Henry? Ho già sentito questo nome, ma non ricordo dove.

Continuo a servire ai tavoli e noto che Angela si lascia sempre più andare alle sfacciate avances di Ben. Così ci farà scoprire! Devo metterla in guardia.

 

Un nuovo applauso che saluta l’ingresso delle ragazze, blocca il mio tentativo e mi distrae dalle domande che mi erano sorte a causa dei comportamenti dei ragazzi.

Questa volta le tre, dopo aver sgambettato sul palco, scendono tra i tavoli e iniziano a dimenarsi tra gli avventori.

È strano notare alcuni di loro che mettono le mani addirittura sotto la sedia, quando si trovano i fianchi di Victoria o Alice che si agitano davanti ai loro nasi.

Sbianco quando vedo Grace, che ride e inciampa, crollando sulle gambe di Edward che si irrigidisce e cerca di spalmarsi contro lo schienale della sua sedia. La mia amica deve aver bevuto un po’ troppo per farsi coraggio.

«Edward, mi sei simpatico, ma se la sfiori con un dito ti spezzo la mano» ringhia Gary per poi trascinare Grace sulle sue ginocchia ed avvolgere il suo corpo in modo possessivo «Io ho scelto» annuncia a voce alta e si avventa sulle labbra scoperte della mia amica dando vita a un bacio appassionato. Lei non si fa attendere ad ancorarsi al suo collo e stringersi a lui.

«E bravo il mio figliolo!» esclama Robert con una voce soddisfatta. E altre voci ululano il loro apprezzamento.

Anche Victoria si trova vicina a James che la guarda malizioso e Jasper è decisamente rapito dalla piccola ballerina brasiliana che sicuramente gli ricorda il suo folletto Napoleone.

Ho la vaga sensazione che qualcosa non quadri… doveva essere una missione di sorveglianza, ma sembra quasi… che se lo aspettassero…

 

Ancora una volta i miei pensieri vengono interrotti dall’entrata in scena della torta posizionata su un carrello che nasconde il corpo statuario della nostra Rosalie.

A spingerlo sono due ragazzi seminudi con tratti somatici decisamente latini.

Quando la torta viene posizionata al centro dei tavoli, Emmett si avvicina ridendo «Allora era questa la mia sorpresa?» e mette un dito nella panna, assaggiando l’opera del pasticcere.

«No» gli risponde una voce «Era questa!» e la torta, con annesso carrello si apre come un uovo, facendo uscire una Rosalie mascherata, in tutto il suo splendore.

«Io sono il festeggiato e la sorpresa spetta a me» dichiara lo sposo, prima di prendere la ragazza tra le braccia «Mio pasticcino» mormora prima di baciarla.

 

“Pasticcino?” penso, Emmett chiama spesso Rose con quel nomignolo.

Geoffrey, stranamente, non ha commentato lo spettacolo ma continua a voltarsi verso il bancone del bar dove è seduto il buttafuori.

Gary sta carezzando Grace, incurante di avere altre ragazze davanti agli occhi.

Mi volto a guardare Angela e noto una voglia a forma di cuore sulla sua spalla… cosa che sicuramente Ben conosce e… riconosce.

Jasper sta abbracciando Alice…

 

In quel momento mi sento afferrare per la vita e trascinare sulle ginocchia di Edward che mi carezza le braccia nude.

«Anche io ho scelto» dice seducente al mio orecchio.

LORO SANNO TUTTO! Ci hanno riconosciute!

Mi alzo in piedi e grido, in modo da sovrastare tutte le voci del locale.

«Voi sapete!». Al minuto di silenzio successivo esplode il caos.

Le ragazze guardano spaesate e cercano di capire cosa sta succedendo, mentre i ragazzi cercano di giustificarsi.

 

Mi tolgo la maschera, imitata dalle altre e mi preparo ad affrontare il mio ragazzo, quando, quello che fa subito dopo, mi lascia senza parole, e con me cade il silenzio su tutta la sala.

«Bella, sapevamo che se vi avessimo insospettite ci sareste piombate qui, in qualche modo, e sapendo cosa cercare, vi abbiamo riconosciute» dice semplicemente, poi, lentamente, piega un ginocchio a terra davanti a me e mi guarda dal basso verso l’alto.

«Isabella Swan, ti amo più di ogni altra persona al mondo e in questi due mesi ho avuto la conferma di quello che ho pensato per sei lunghi anni. Non posso vivere senza di te. Vuoi farmi il grande onore di diventare mia moglie?».

Non ricordo più come si respira, sento sospiri estasiati e gridolini delle mie amiche e mi viene quasi da piangere.

C’è solo una risposta che posso dare e non esito un secondo di più «Sì» e lui, felice, mi infila al dito un bellissimo anello con brillante.

 

Veniamo subito circondati dalle persone presenti che ci fanno le congratulazioni. Quando vedo Esme e poi Elisabeth che mi abbracciano, le guardo perplessa. Dove erano queste?

«Abbiamo dovuto aspettare sulla scalinata, appostate sino al momento della dichiarazione… però devo dire che mi sono divertita, era la prima volta che mi imbucavo a una festa di addio al celibato» dice Esme gioiosa.

«Fortuna che non sei venuta alla mia» ribatte Carlisle «Non che abbiamo fatto niente di male… cioè ci siamo divertiti… meglio che non aggiungo altro, vero?» dice sempre più in difficoltà.

Mi piace vedere questi rapporti che dopo anni sono ancora così solidi e complici. Sono un esempio fantastico.

«Sei felice, bambina?». Ecco perché c’era anche mio padre. Allora Edward aveva programmato tutto! Annuisco e lo abbraccio sorridendo.

 

Dopo una ventina di minuti, quando tutti siamo tornati tranquilli seduti, sul palco sono apparsi le cinque ballerine e i due maschietti che hanno portato la torta ed hanno iniziato il loro numero.

«Finalmente qualcosa da guardare anche per noi!» esclama Max compiaciuto, scatenando le nostre risate.

«Come hai fatto a convincere Emmett a rinunciare alla sua festa» chiedo sporgendomi verso Edward.

Lui mi lascia un rapido bacio e risponde ridendo «Avevamo scommesso alla WII ed io ho vinto!».

Un’altra scommessa? Il cerchio si chiude!

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

per chi non avesse letto “Ciao Edwardina” voglio spiegare che Edward era stato costretto a frequentare il liceo travestito da donna, a causa di una scommessa persa per colpa di una partita alla WII. Mi sembrava bello ritornare alle origini.

 

In questo capitolo non c’è una particolare scena che mi faccia ridere più delle altre, ho avuto il sorriso sulla faccia tutto il tempo. I maschietti che seminano indizi a ogni ragazza, sapendo che si parleranno e contando sulla gelosia, Robert che si organizza con Fede per depistare completamente le fanciulle. E poi i vari abbordaggi e alla fine la dichiarazione ufficiale davanti a tutti gli amici e parenti. Edward è il vero Napoleone in questo pezzo!

 

Adesso passiamo ai ringraziamenti personali!

Ringrazio una per una le persone che hanno inserito questa follia tra le preferite, elevandola agli altari della gloria che dubito possa meritare. Grazie a:

1 - ale82
2 -
Aleswan
3 -
alice91
4 -
Anto_Pattz
5 -
aryana
6 -
barboncina85
7 -
barbyg90
8 -
BRIGIDA
9 -
cali11
10 - corny83
11 -
dafne46
12 -
jess chan
13 -
kassj
14 -
lestat88
15 -
lupa chan
16 -
martinad
17 -
Meeeowwww
18 -
meggyna_96
19 -
Mewmisi
20 -
monibiondina
21 -
rosy92_cullen
22 -
silvina73
23 -
Stiaref
24 -
Suellen
25 -
tata824
26 -
Toffee
27 -
tulipano nero
28 -
Venerdi

 

Ringrazio chi ha inserito questa storia nei ricordati, per averla sempre sotto mano e spero divertirsi. Grazie a:

1 - Anto_Pattz
2 -
bellinaC
3 -
chiara69
4 -
francesca cullen
5 -
martinad
6 -
nessie mimi
7 -
RobyCullen
8 -
sophia90

 

Ringrazio infine tutte le persone che hanno inserito questa sciocchezza nelle seguite, per non perdersi una parola del mio sclero. Grazie a:

1 - amycullen
2 -
angieloveromance
3 -
Anto_Pattz
4 -
arrolice
5 -
artemide88
6 -
AundreaMalfoy
7 -
a_lena
8 -
bambola_e_bibola
9 -
Bella_Marie_Swan
10 -
bellinaC
11 -
BellsInHerWonderland
12 -
betty boop
13 -
Black_Aevy
14 -
Blue26
15 -
Cassie Aardbei_Cass Bei
16 -
chicca_pingu
17 -
claudia swan
18 -
corny83
19 -
Cullenuzza
20 -
danybor
21 -
DouglasSpunk
22 -
Dreamer_56
23 -
Elizabeth Mary Greengrass
24 -
Ellixx74
25 -
Elly4ever
26 -
emabel
27 -
ep1988
28 -
epril68
29 -
Fede13
30 -
flr77
31 -
gennyp
32 -
giangygiangy
33 -
giova71
34 -
gismy88
35 -
gothicluna
36 -
heidi81_love
37 -
iaia_twl
38 -
IsabellaDark91
39 -
kechan51
40 -
Kessy
41 -
kijo
42 -
kikacullen
43 -
kresbiten
44 -
Lalayasha
45 -
lali28cullen
46 -
lauxxx
47 -
lidiacullen
48 -
lindaesposito
49 -
lolliful
50 -
Luce87
51 -
Lullaby73
52 -
MailaCullen97
53 -
marco
54 -
maria50
55 -
marilena81
56 -
marrrry
57 -
martinad
58 -
miky 483
59 -
monet
60 -
Monika1
61 -
Nabby
62 -
nahenia
63 -
Noemina90
64 -
Norabella
65 -
Nunziacri
66 -
nuvolabella
67 -
Odiata
68 -
Orsacchiotta Potta Potta
69 -
paperacullen
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Detto questo, ci sentiamo per l’ultimo capitolo e l’epilogo seconda parte (ricordo che la prima parte è stata postata con la fine di Ciao Edwardina).

HO DECISO CHE POSTERO’ L’ULTIMO CAPITOLO LUNEDI’ PROSSIMO, ANCHE SE, PROBABILMENTE, SARA’ GIA’ FINITO PER PRIMA.

 

Grazie per l’attenzione

Alla prossima

Baciotti

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Capitolo 20
*** ho scoperto di avere belle gambe ***


 

Ciao a tutti!

Voglio ricordare che in questo pezzo ci sarà il termine della storia, la seconda parte dell'epilogo (la prima parte era stata postata alla fine di “Ciao Edwardina”, ricordate che in Dina era dopo dieci anni, ma qui ne sono già passati sei, quindi è la conclusione, dopo quattro) e un ulteriore epilogo con un salto temporale di altri dieci anni (così vi evito un extra che avrei dovuto propinarvi per forza… anzi, un extra ve lo propinerò anche se dovrete dirmi voi se con Omar o con EJ…).

 

Spero che questa fine vi soddisfi e vi ringrazio per tutte le preferenze che avete riservato a questa storia e alla sua prima parte.

Per l'ultima volta ringrazio Anto_Pattz per il suo banner e tutti quelli che hanno recensito (gli ultimi due nick, li troverete qui sotto) spero che tutti siano rimasti soddisfatti per come ho inserito i vostri nomi nel tessuto della storia a perenne gratitudine e memoria del vostro intervento.

 

Per una volta non avviso per la mancanza di serietà, perché questo è il capitolo finale e, visto il risultato sbarluccicoso, sono quasi sicura che piacerà a tutti. (forse chi vuole sangue storcerà il naso)…

 

 

 

E ora, per l'ultima volta Edwardina e Isabellino vi augurano... BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

E' difficile staccarsi dalle lenzuola, quando stai tanto bene nel tuo bozzolo. Soprattutto quando sei in dolce compagnia come questa volta!

«Buongiorno, amore» borbotta una voce alle mie spalle. Due braccia forti mi stringono contro un petto al quale la mia schiena si adatta immediatamente.

Un raggio di sole colpisce la mia mano sinistra abbandonata sul piumone e lascio che il brillante rilasci i suoi colori stemperando l'arcobaleno sulle pareti. Mi ricorda il gioco di Pollyanna con i prismi dei lampadari, come descritto nel libro che avevo letto da piccola.

«Ti piace?» domanda e sento che sta sorridendo dolcemente.

«Lo adoro!» miagolo.

Edward ridacchia e mi stringe più forte.

«E' ora di alzarci se vogliamo avere il tempo necessario ed essere pronti prima del matrimonio» ero una delle damigelle e lui doveva accogliere gli invitati al rinfresco prima della funzione.

 

Ho appena finito la doccia e mi sto mettendo la crema sulle gambe quando la privacy del bagno viene violata dal mio fidanzato (finalmente posso dirlo con cognizione di causa) che pretende di radersi immediatamente.

«Come avete fatto a spingerci verso la vostra festa?» chiedo osservandolo mentre si trasforma in babbo natale con la schiuma da barba sul viso.

«Ho iniziato a fare alcune allusioni ed ho notato che eri molto attenta, così ho fatto fare la stessa cosa a Emmett e Jasper, tanto per vedere le reazioni. Quando ci siamo accorti che eravate MOLTO interessate, abbiamo iniziato ad organizzare il tutto» risponde a tratti, mentre passa la lametta sul viso.

«Ma Antonella ha sentito ordinare dei profilattici da Geoffrey» sottolineo piccata.

«In realtà stava parlando con me. Aveva sentito rientrare la moglie ed ha iniziato a parlare a voce alta. Subito non ho capito cosa stava succedendo ma ti assicuro che è stata una delle telefonate più comiche che abbia mai fatto» mi guarda riflessa nello specchio e ride.

 

«La persona più disponibile per il piano è stato Robert» e ti pareva! «Ha organizzato tutto con il locale e il responsabile…».

«Fede» l’aiuto io e lui annuisce.

«Le ballerine?» sono sempre più ammirata.

«Quelle erano già state prenotate da Emmett… poi quando ha perso, ha dovuto cedermi tutto il pacchetto… brasiliane incluse» gongola. Si vede che è orgoglioso dell’intrigo che ha creato.

 

Mi batto la mano sulla fronte.

«Ecco chi era Henry! Adesso ricordo!». Un altro pezzo della serata si è incastrato.

Edward mi guarda sorpreso ed io spiego «Gary ci ha detto che era il tuo compagno al college ma che lo tormentavi così tanto con le tue storie che ha rinunciato all’università e si è arruolato» e sorrido.

«Più che altro le storie su di te! Ha detto che non poteva perdersi la conoscenza della ragazza che per sei mesi gli ha tolto il sonno» sembra imbarazzato ed arrossisce come un adolescente. Tenero e sexy. Mi sto scaldando…

«E Mark?». Già, perché non ha invitato il suo amico di scorribande?

«Voi seminude? E delle brasiliane? Lo volevi davvero presente?». Oddio!

«Per carità! Hai ragione» convengo.

 

«Ben? Con la panna?» mi stupisco sempre più di come sono stata sciocca a non capire la loro macchinazione.

«Lui è stato il più difficile da convincere, si lamentava che non voleva tradire la fiducia di Angela. La panna abbiamo promesso di dividercela e gliela abbiamo pagata tutta noi. Credo che avremo la scorta per parecchio tempo» risponde e sorride sornione. Da stupro!

«La cosa che mi era venuta in mente subito era spalmartela sul petto e poi leccartela tutta» gli sibilo all’orecchio. Vediamo cosa mi rispondi adesso, signor Machiavelli!

Si volta di scatto e afferra i miei polsi spostandoli sulla testa e spingendomi contro il muro «Attenta, Swan, se mi fai queste proposte, rischiamo di non arrivare neanche per il taglio della torta, oggi» minaccia?

Con un colpo di reni, scivolo via e volto lui contro il muro «Attento, Cullen, certe promesse devi anche saperle mantenere» rispondo alla minaccia e rilancio.

«Come vuoi!» esclama, mi solleva e mi porta alla nostra camera, gettandomi sul letto, tanto da rimbalzare.

«Via quell’asciugamano, donna! Non ho tempo da perdere» e togliendosi l’accappatoio si getta su di me come un vampiro affamato.

 

Diciamo che abbiamo messo giudizio e, condensando gli sfregamenti, i baci languidi, gli abbracci, le palpate, le leccate ai capezzoli, gli assalti a pene e vagina, ce la siamo cavata arrivando appena in tempo per l’inizio della cerimonia.

Ho ricevuto solo occhiate di disapprovazione da parte di Alice, risatine da parte di Grace e sorrisi benevoli da parte di Angela.

La prossima volta mi guardo meglio in faccia prima di uscire di casa! Mica ce l’ho scritto in fronte “espressione post coito”! Sicuramente è la faccia da ebete di Edward… certo! È tutta colpa sua! Come ogni donna che si rispetti, la colpa è sempre e comunque del marito/compagno/amante! 

 

Accidenti! Che corsa! Mi fiondo a rotta di collo, dentro la stanza dove si trovano la sposa e le damigelle.

«Appena in tempo» dice acida la signora Hale.

«Hai fatto scintille?» chiede sorniona Vicky «Io devo proprio ringraziarvi. Mi avete costretta a quel bikini di lustrini e James è letteralmente andato fuori di testa! Credo di aver passato la notte più orgasmica della mia vita» mi confida con occhi luccicosi.

«Allora tieniti il costume di scena e indossalo ancora ogni tanto» suggerisco complice.

«Non lo butterei neanche se mi pagassero!» replica la rossa, sistemandosi il rossetto.

Guardo Rosalie, splendida nel suo abito da sposa, e mi commuovo fino alle lacrime che riesco a trattenere per grazia divina «Rose… sei magnifica!» non ci possono essere altre parole per descrivere la luminosità che ha oggi.

Ma è vero, ogni sposa è luminosa nel suo giorno perfetto!

 

Fortuna che Rosalie aveva concesso i vestiti corti. Questi abiti da damigella erano leggeri, eterei, con la gonna scampanata al ginocchio e il bustino intrecciato ma lieve, in una deliziosa sfumatura di lilla che si sposava perfettamente con le nostre figure, cioè io, Alice e Victoria.

Non avrei resistito con una gonnona lunga sino ai piedi soprattutto nel mese di giugno. Mi piaceva come periodo e se avessi dovuto scegliere quando sposarmi avrei optato sicuramente per questo mese. Magari il venti, il compleanno di Edward, e come regalo gli avrei donato me stessa, per tutta la vita…

Meglio tornare al presente.

 

Il matrimonio si svolge nel giardino della villa della famiglia Hale a Forks, e gli sposi si sposeranno tra poco sotto un gazebo in ferro battuto coperto da rose rampicanti in fiore. Il massimo del romanticismo.

«Forza, è il momento» grida Alice distribuendo i bouquet a tutte.

Appena sento la musica suonata dal quartetto d’archi, inizio a muovermi, seguendo il passo cadenzato di Alice che mi precede.

Il tragitto è breve, fortunatamente, e posso subito rintanarmi alla sinistra della sposa e godermi tutta la cerimonia.

Emmett, appena vede entrare la sposa, si scioglie in uno sguardo adorante e io non posso evitare di commuovermi. Sono troppo belli insieme!

 

«Ho visto una furtiva lacrima» mi prende in giro Robert, durante il ricevimento, dopo la cerimonia.

«Anche tu avevi gli occhi lucidi, non fare il furbo» rispondo agitandogli il dito sotto al naso.

«Piaciuta la festa di ieri sera? Non hai idea delle discussioni tra i ragazzi prima di entrare. Mi volevano spellare vivo» dice sornione.

«Perché?» sono perplessa.

«I vostri travestimenti li sapevamo solo io, Max e Fede. Gli altri sapevano solo che ci sareste state, ma chi… dovevano indovinarlo da soli. Dovevi vederli, come si minacciavano se qualcuno avesse allungato le mani sulla donna sbagliata» e ride sonoramente.

 

Siamo seduti a un tavolo ed io ho le gambe accavallate e mi godo le coppie che volteggiano sulla pista da ballo.

Angela è alle prese con il piccolo Robert, che continua a sbavare e gorgheggiare felice.

«Non riesco più a trovare Ben. Da quando ha trovato quella salsa per accompagnare il pesce, sta cercando disperatamente il cuoco del catering» si lamenta.

«Non ho idea di chi sia. Tu lo sai Robert?».

«Mi sembra di aver letto sul furgone kechan51 ma è la prima volta che provo il suo menù. Devo dire che è stato davvero buono».

«Infatti,  Ben vuole la ricetta» sorride «E pensare che l’ho conosciuto come professore di fotografia!». Vero, ma se hai una passione la devi seguire o non ti realizzerai mai. Da quel che conosco Ben, lui di passioni ne ha solo due, pardon, adesso tre: Angela, il piccolo Robert e la cucina.

 

Poco dopo Edward mi raggiunge dopo aver ballato con Alice.

«Cosa dicevate?» chiede sedendosi accanto a me.

«Robert mi stava dicendo come vi siete minacciati tra voi se allungavate le mani nella direzione sbagliata, ieri sera» ripeto ridendo.

«Ed ho anche rischiato grosso quando Grace mi è crollata addosso. Di tutte le ragazze, lei era quella che mi faceva più paura» risponde. Il perché è implicito: Gary farebbe paura a tutti. Conosce più tecniche lui per far male a qualcuno, di qualsiasi manuale dei mercenari di guerra.

«Tranquillo, mio figlio è un pochino possessivo ma fondamentalmente è un buono» lo consola Robert ghignando.

«Mi ricorda tanto lei» dice Edward indicandomi «Tanto cara, tranne quando le dai un coltello in mano. Rischia di diventare un’arma letale» e inizia a ridere trascinando anche il nostro amico e facendomi imbronciare.

Uffa! Per una volta che l’ho minacciato con un coltello, e poi con un altro coltello, e poi con un fucile… forse non sono proprio tanto pacifica…

 

«Ma io SONO un buono, altrimenti le gambine te le avrei spezzate lo stesso solo perché ti si era seduta sopra». Gary fa la sua apparizione accompagnato dalla sua dama.

«Sono solo inciampata» ridacchia Grace facendogli un buffetto sulla spalla.

«Oh, ti assicuro che mi sono trattenuto quando ho capito che eri praticamente nuda davanti a noi. D’ora in avanti quel costume farà parte dell’abbigliamento molto privato» puntualizza sedendosi accanto a Edward con la sua ragazza in braccio.

 

«Allora, Bella, avete deciso il giorno del matrimonio?» la butta lì Grace ed io divento porpora. È ancora presto!

«Già, abbiamo deciso il giorno?» chiede ghignando Edward. Come mettermi in imbarazzo e difficoltà!

«Ci ho pensato e lo faremo… non appena il problema del mio lavoro sarà risolto» rispondo appellandomi all’ultimo baluardo di libertà.

Voglio sposarlo, altrimenti non avrei detto di sì, ma è così presto… stiamo insieme da due mesi dopo sei anni di lontananza! Non vorrei affrettare le cose e la scusa del lavoro è la più solida che abbia.

Nessuno contraddice la mia affermazione e mi rilasso godendomi il resto della giornata.

 

«Buongiorno Miss Swan… Isabella, dico bene?». La voce alle mie spalle mi fa fare un salto per aria e anche Grace e Edward sono impauriti.

L’abbiamo riconosciuto tutti. È Mister Ronald Albrock, il mio capo. Sono fritta!

«Ehm… esatto» sussurro io, non sapendo che altro dire e diventando sempre più rossa.

«La prego, lunedì prossimo, venga in laboratorio con la gonna al posto di quei pantaloni informi. Se mi permette, ha delle splendide gambe. È un peccato nasconderle» sorride e mi fa il baciamano, mentre la mia bocca è talmente aperta dallo stupore che potrebbe atterrarci uno stormo di gabbiani, tanto non me ne accorgerei.

«Gary, mi presti la tua dama per un valzer? Ho visto che balla divinamente» si volta divertito verso suo nipote, come se non avesse altro da aggiungere a me, che ancora non mi sono ripresa.

«Scordatelo nonno. Lei è tua dalle otto e trenta alle diciassette e trenta dal lunedì al venerdì, il resto del suo tempo è tutto mio. Potrai farle il terzo grado quando sarà in ufficio, ma se non la tratti bene te la vedrai con me» risponde sorridendo, ma credo di intuire un avvertimento sotto le sue parole. Sicuramente non è la prima volta che parla di Grace a suo nonno.

Povera amica mia, se io non mi sono ancora ripresa, lei è di un colore tendente al granata dall’imbarazzo!

«Signorina Razi, spero che mio nipote la tratti bene, altrimenti se la dovrà vedere con me» rifà il verso a Gary e si lancia in un compito baciamano con Grace.

«Papà, non tormentarle oltre, hanno già la tachicardia a mille, non vorrai avere sulla coscienza la vita di queste due donzelle?» interviene Robert ammonendo suo padre, il quale esplode in una allegra risata che mi lascia sempre più perplessa.

«Non rinuncerei mai a un brillante biologo anche se di abbigliamento e trucco discutibile, come non rinuncerei mai alla migliore assistente che abbia avuto, che dimostra di avere una santa pazienza a sopportare mio nipote» e con un inchino e una risata si allontana verso un capannello di persone, tra cui spicca Edward senior e Carlisle.

Non c’è niente da fare! Il mondo è veramente minuscolo!

 

Sto ancora boccheggiando e sento Edward e Grace tirare un gran sospiro di sollievo, quando mi accorgo che Gary e Robert non hanno fatto una piega… loro lo sapevano che lui sapeva!

«Tu!» strepito indicando il mio collega di laboratorio «E tu!» passo poi al ragazzo della mia amica «Perché non mi avete detto che lui era a conoscenza del mio travestimento!» voglio delle spiegazioni! Ho tremato per due mesi per niente!

Voglio il risarcimento per tutti gli incubi di cui ho sofferto!

«Bella, io e Gary ti abbiamo riconosciuta in quanto tempo? Dieci minuti? Da chi pensi abbiamo preso il colpo d’occhio?». Okay, sono imbecille.

«Il nonno ha chiesto del tuo rendimento a John e a mio padre, era informato di come svolgevi il lavoro e, come hai sentito, è soddisfatto» chiarisce Gary.

«Ti avevo detto di non preoccuparti» rincara Robert.

 

Nel frattempo si sono avvicinati anche i cugini Cullen con i neosposi, James con Victoria e Ben.

«E adesso, Miss Swan, mi dici quale sarà la data del nostro matrimonio?» eccolo qui Edward che mi aspettava al varco.

Ma io sono felice. Ho un lavoro che adoro, un ragazzo che amo sopra ogni cosa e amici cari e fidati che mi sostengono anche se faccio cavolate. Sono talmente felice che ci penso per mezzo minuto e rispondo.

«Il 13 di settembre, il giorno del mio compleanno. E tu sarai il mio regalo!» salto in piedi, afferro il bavero della sua giacca e lo attiro a me per un bacio da copertina!

 

«Oh, cielo! Solo tre mesi! Come farò ad organizzare tutto?» esclama Napoleone facendo scoppiare tutti in una gioiosa risata.

 

---ooOoo---

 

… quattro anni dopo…

Epilogo seconda parte.

 

Mi sveglio quando un raggio di sole colpisce il mio viso.

Accidenti! Dimentico sempre di chiudere le tende. Adoro stare a letto guardando le stelle oltre la finestra, ma al mattino è un incubo!

Oltre tutto, da un po’ di tempo, quando riesco a prendere sonno, sembro in coma, non sento assolutamente nulla di quanto mi accade intorno e il risveglio mi distrugge.

Meglio andare a fare la doccia, così mi sveglio del tutto.

Appena metto i piedi per terra, lancio un’occhiata al cellulare sul comodino.

Mi aspetto notizie da Grace ogni momento e quando vedo la bustina del messaggio lancio un gridolino entusiasta.

“La cicogna ha avuto ritardi inspiegabili e il cavolo non riusciva a maturare, ma alla fine è arrivato Omar. Ed”

Non fosse perché mi sento spossata, mi metterei a saltellare.

Sono otto giorni che aspettavo questo messaggio. Questo bambino aveva deciso di prendersela comoda. La pancia di Grace doveva essere proprio accogliente!

 

Devo correre all’ospedale. 

Mi fiondo nel bagno per una doccia superveloce e in meno di un’ora il taxi arriva davanti all’entrata dell’accettazione.

Non chiedo neanche informazioni sul reparto, ormai, con tutte le volte che io e Grace ci siamo venute, so perfettamente dove andare.

 

Busso alla porta e trovo Edward che sta parlando con Grace, stringendole la mano.

«Ciao!» dico raggiante. Entrambi si voltano verso di me e Grace allarga le braccia con le lacrime agli occhi.

«E’ nato, Bella! È bellissimo e perfetto!... Ancora non ci credo!» pigola mentre la stringo delicatamente, attenta a non intercettare i fili della flebo che le stanno somministrando.

«Come è successo? Ieri sera avevi solo qualche contrazione, l'ostetrica aveva detto che sarebbe stata una cosa lunga» dico.

«Cesareo d’urgenza alle quattro questa notte. Sono distrutto!» risponde Edward.

«Povero, pavone! Sei tu che ti sei preso l’impegno, adesso pedali!» ridacchio e la neo mamma diventa la mia eco.

«Grazie ragazze!» borbotta continuando «Se tu, balenottera, decidi di fare lo stesso, giuro che non ti riconosco più!» esclama incrociando le braccia.

«Balenottera a chi? Guarda che qui dentro c’è tua figlia, mica è tutta ciccia mia!» replico piccata.

«Infatti, balenottera è lei. Se tu sei diventata così tonda, sicuramente è perché lei è grossa… In ogni caso sei sempre stupenda, mogliettina mia». Ruffiano salvato in estremis.

 

«Ti ringrazio ancora, Edward, per essermi stato vicino» dice Grace rivolgendosi a mio marito.

«Non potevo fare altrimenti, tuo suocero è andato da Gary e Ronald è troppo vecchio per queste cose. Poi tuo marito mi avrebbe fatto secco se non ti avessi assistito!» replica Edward, cercando di minimizzare.

Ma sappiamo tutti che non è così. Se anche nessuno lo avesse chiesto, non si sarebbe mai tirato indietro per aiutare la sua grande amica. Sono molto legati.

 

Ci voltiamo verso la porta quando sentiamo degli scalpiccii nel corridoio.

«Grace, amore» dice Gary con il fiatone per la corsa.

«Tutto bene, il piccolo è sano e forte» risponde la mia amica prima di ricevere il bacio del suo uomo.

Nonostante non sia una ragazza piccolina, sparisce completamente sotto la mole del marito. Credo che le spalle gli siano ancora cresciute in questi anni.

«Faccio vedere Omar a Bella» dice Edward trascinandomi fuori dalla stanza per lasciare liberi di due genitori.

 

Le culle nella nursery dell’ospedale sono quanto di più bello ci possa essere.

I bambini allineati e sonnacchiosi, con le loro smorfiette buffe e le manine a pugno, con le copertine rosa o azzurre e i rari capelli ritti in testa, sono uno spettacolo incredibile.

«Pensa che tra poco ci sarà anche Lizzie, li in mezzo» mi sussurra Edward abbracciandomi da dietro e posando i palmi aperti sulla mia pancia.

Ormai mancano tre settimane alla scadenza del tempo.

Tra meno di un mese avremo la nostra bambina tra le braccia.

«Te lo avevo detto che ci saremmo riusciti» mi dice ancora, facendomi stringere il cuore al ricordo.

 

Erano passati due anni dal matrimonio e avevamo deciso che era ora di ampliare la famiglia. Infatti poco dopo ero rimasta incinta ma dopo otto settimane avevo perso il bambino. Un maschietto.

Non avevo avuto ulteriori problemi e, secondo il ginecologo, nulla impediva di ritentare e portare a termine la gravidanza.

Ero io che ero terrorizzata e non mi ero più fatta toccare per mesi.

Edward mi era rimasto vicino e mi aveva continuamente consolato, dicendomi che se anche non avessi potuto avere figli, non sarebbe stato un problema per lui.

Sapevo quanto desiderasse una famiglia completa e dopo l’ennesima visita rassicurante, avevo deciso di ritentare.

Questa volta ci avevamo messo più tempo ma alla fine erano arrivate le benedette due lineette fucsia sul test. Incinta!

Era andato tutto bene e tra poco avrei stretto a me il mio batuffolo rosa.

 

«Bello mio nipote, vero?». La voce di Max mi fa sobbalzare dalla sorpresa.

«Robert?» chiede Edward al nostro amico.

«Sta cercando ancora parcheggio. Fortuna che hanno concesso una licenza a Gary per l’arrivo del bambino. Che sfortuna, proprio a due mesi dalla nascita, essere costretto a trasferirsi alla base di Los Angeles per preparare una squadra destinata in Iraq» commenta.

«L’importante è che non sia andato anche lui laggiù. Grace sarebbe morta di preoccupazione» replico io, tornando a concentrarmi sul piccolo Omar che dorme beato.

 

Poco dopo le infermiere portano i bambini alle mamme e noi ne approfittiamo per tornare a casa, visto che mamma e pupo sono assistiti dalla loro famiglia.

 

Erano pochi mesi che Grace e Gary si erano sposati.

Lei aveva sempre rifiutato la proposta di matrimonio che il marine le aveva fatto già ai tempi del mio matrimonio. Prima perché era troppo presto, poi perché non voleva che si pensasse che aveva accalappiato un buon partito (visto che comunque gli Albrock non erano propriamente dei poveretti mentre lei viveva solo del suo lavoro).

Alla fine Gary aveva iniziato a “lavorarla ai fianchi” come aveva suggerito una volta a Edward, per poi seguire il consiglio di suo padre e metterla incinta, pregandola quindi di “fare di lui un uomo onesto”, come le aveva detto davanti al monitor della prima ecografia.

Con le lacrime agli occhi, lei aveva acconsentito e, scommetto una cena nel ristorante più costoso di Seattle, lui si era sentito un vero stratega, ottenendo finalmente la mano dell’amata.

 

«Non vedo l’ora che la piccola esca dalla mia pancia. Mi sento una mongolfiera» mi lamento sdraiandomi sul divano.

Edward si siede accanto a me ed inizia a massaggiarmi i piedi. Anche quelli iniziano a gonfiarsi, come ogni volta che resto troppo tempo in piedi.

«Passerà presto, vedrai. Poi ti lamenterai perché non ti farà dormire la notte» mi avvisa e io faccio una smorfia.

«Non che cambi tanto da adesso. A volte sembra che balli la samba!» replico.

«A volte, invece, dormi talmente profondamente che non ti accorgi quando suona il cellulare e tuo marito si alza per andare ad assistere il parto della tua amica in ospedale e in piena notte» mi fa notare.

«Vero» ammetto «Dormivo così bene» e sospiro in modo teatrale e sorrido al mio amore.

 

Lo amo come il giorno che l’ho sposato, se non di più.

Sono stati quattro anni stupendi, nonostante i problemi e non li cambierei per niente al mondo.

Adesso ho il lavoro che adoro, la vita che sognavo e tra poco meno di un mese la famiglia che ho sempre voluto. So che anche Edward pensa esattamente la stessa cosa e questo mi riempie di felicità più di quanto già non lo sia.

Mi sento la persona più ricca di questa terra.

 

… Ulteriori dieci anni dopo…

Pov Edward…

 

Sospiro soddisfatto.

Tra poco festeggeremo il compleanno di Lizzie. La mia principessa compie dieci anni. Una signorinella ormai.

Somiglia sempre più a Bella, pur avendo preso i miei colori riguardo occhi e capelli. È una miscellanea di due persone, il risultato del nostro amore ed io ne sono orgoglioso.

«Lizzie! Voglio salire io sulla ruota!... Papà! Liz non mi fa salire!» urla Ej, il mio ometto.

Ebbene sì, abbiamo avuto un maschietto quattro anni dopo la nostra bimba: Edward Cullen terzo, anche se preferiamo chiamarlo Junior o, meglio ancora, Ej.

 

Alle urla del mio bambino si aggiunge l’abbaiare del terranova che i miei genitori hanno regalato ai bambini quando è nato Junior.

All’epoca era un cucciolotto, ora è praticamente un bovino più grande di mio figlio!

«Caius, basta!» ordino e per un attimo c’è pace «Liz, fai cambio con tuo fratello».

«Uffa! È il mio compleanno! Sono io che devo andare sulla ruota» protesta e Caius ricomincia ad abbaiare.

 

«Edward, possibile che non riesci ad importi con loro?». Come sempre, domanda retorica da parte della mia mogliettina che mi raggiunge sul porticato e che io prontamente abbraccio guardando le mie tre pesti accanto alla quercia del giardino.

 

Eccolo! Il mio sogno di vent’anni fa, fatto a occhi aperti sul tetto di quella capanna al campeggio. E la realtà è qui, davanti ai miei occhi ed è ancora più bella di quanto avevo sognato.

Accarezzo il ventre prominente di Bella, che contiene la nostra bambina, il nostro terzo figlio, inattesa ma già amata con tutto il cuore. Si chiamerà Heidi, come ha imposto Ej, dopo aver visto il cartone animato. Speriamo solo non pretenda che faccia la pastorella con le caprette! Beh, il cane ce l’abbiamo già, anche se non si chiama Nebbia ed è decisamente più vivace.

«Prego, se riesci a farli tacere… A te la parola» la sfido e lei mi guarda sorniona.

«Bambini, guardate che stanno arrivando Omar e Ronald!» dice a voce alta, dirottando l'attenzione generale sui cinque Albrock che si avvicinano al cancelletto.

 

Gary e Grace hanno avuto un altro bambino due anni dopo Omar e l’hanno chiamato Ronald in onore del nonno che era morto poco prima.

Mister Albrock aveva avuto la consolazione di vedere la sua stirpe unita e felice prima di chiudere gli occhi per sempre e questo aveva leggermente mitigato il dolore per la perdita.

Gary si era dimesso dall’esercito e aveva assunto la direzione dell’impresa di famiglia, coadiuvato da Robert e da Grace.

«Benvenuti! Come mai manca Max?» chiedo a Gary, mentre Grace, Robert e Bella gestiscono i bambini e il cane.

«E’ andato da sua madre che sta male. Vi saluta» riferisce prima di stringermi la mano con calore e piacere di rivedersi.

 

Non ci vediamo più tanto spesso come quando lavoravo alla biologicalseattle.

Il fatto di essere perennemente a contatto con Bella, dopo alcuni anni, aveva fatto tremare il nostro matrimonio: non avevamo altri argomenti se non il lavoro. Ci eravamo accorti di aver perso il dialogo e quando mi sono reso conto, con orrore, di provare interesse per Renata, una impiegata nel reparto fatturazione, sono corso subito ai ripari e mi sono licenziato, trovando poi un impiego nel liceo dove mi ero diplomato.

Non ho mai confessato di aver vacillato, in primo luogo perché è stato solo un pensiero e secondariamente, non trovavo giusto far gravare questo pensiero anche su Bella, visto che non era successo nulla se non nella mia testa.

Il nostro matrimonio è risorto più forte di prima, tanto da arrivare a concepire il nostro Ej, segno tangibile della nostra rinnovata armonia.

 

Adesso mi guardo attorno e trovo i miei amici con i loro figli, tutti insieme a festeggiare la mia principessa.

Anche Kachiri, la piccola di origine peruviana che Alice e Jasper hanno adottato due anni fa, sembra essersi ambientata bene in questa famiglia di pazzi.

Emmett e Rosalie con la loro Katie, deliziosa tredicenne, cercano di tenere calmi i gemelli Jason e Jared che avendo la stessa età di Ej formano un trio dagli effetti catastrofici (ne sa qualche cosa il vaso di cristallo che hanno appena rotto).

Il giovane Robert, che è accompagnato da Angela visto che Ben è ancora occupato al ristorante, corre subito da Paul con cui fa comunella sin da piccolo.

Victoria, in compagnia del suo più giovane compagno Laurent, ha accompagnato la piccola Irina, visto che questo weekend spettava a lei e non al suo ex marito James.

Geoffrey e Antonella sono arrivati trafelati, per colpa di Seth, il loro secondo figlio di nove anni, che, a quanto pare, aveva deciso di requisire le chiavi dell’auto.

Ci sono tutti, anche il padre di Bella, i miei genitori e i miei zii.

 

«Edward, è vero che per conquistare Bella ti sei vestito da donna?» chiede Paul dopo aver confabulato con il figlio di Angela e Ben.

«Per amore si fa qualsiasi cosa» rispondo gonfiando il petto.

«Hai capito, Omar? Devi vestirti da ragazza per poter baciare Lizzie» urla il figlio di Geoffrey, facendo diventare il piccolo Albrock del colore di un pomodoro.

«Lasciatelo in pace voi due, altrimenti dico a Emmett che vi piace Katie» risponde la mia principessa «E poi, Omar è bellissimo, non ha bisogno di travestirsi per un mio bacio» e si lancia ad abbracciare il ragazzino e schioccargli un grosso bacio sulla guancia.

Dietro le mie spalle sento Grace e mia moglie che sospirano contente e Gary che ridacchia orgoglioso della conquista di suo figlio. Solo io sono contrariato?

Oddio! Non sono ancora pronto alle cotte... pensavo di avere ancora un pochino di tempo... che ne so? Ancora dieci o quindici anni di tranquillità!

Sono troppo precoci i bambini oggi.

«Papà, lo sai che anche io ho l'innamorata?» dice Ej tirandomi i pantaloni per attirare l'attenzione. Decisamente non sono pronto!

 

«Venite! È ora di spegnere le candeline!» dice Bella, portando la grande torta sul tavolo.

Mentre tutti cantano “tanti auguri” la mia Lizzie soffia sulle candeline e scoppia l'applauso.

«Hai espresso un desiderio?» chiedo sussurrandole all'orecchio.

Lei annuisce «Di essere sempre felice come oggi!» risponde sorridendo.

“Oh tesoro, lo sono anche io!” penso, e commosso la abbraccio.

Questa è la vita che volevo e non ne cambierei una virgola.

 

Fine!

---ooOoo---

 

Angolino mio:

sono arrivata alla fine!

Parto subito con piccole precisazioni: la ruota su cui vogliono salire i bambini è il copertone appeso alla quercia che Edward osserva dalla finestra quando Bella si ferma con lui alla villa.

L’aborto spontaneo capita spesso alle primipare, non implica il non poter avere figli successivamente (proprio una mia amica ne ha avuti tre, dopo).

Secondo me è salutare non lavorare nello stesso ambiente, gomito a gomito, soprattutto se si è due personalità forti e con mansioni di responsabilità. Rischi di parlare ventiquattro ore al giorno di lavoro e, alla fine, di non parlare affatto.

Intendiamoci, questa è una mia opinione non la verità sacrosanta, ognuno può, anzi deve, pensarla come meglio crede.

Ho fatto vacillare Edward. Sottolineo vacillare, non tradire. E visto che è stato un peccato veniale, lascio il peso alla sua coscienza senza gravarne anche Bella.

Ej ha la stessa età del mio bambino (sei anni) e anche lui mi ha detto “Ho l’innamorata”… oddio!

 

Per ultimo, sottolineo che tutti i nomi e cognomi che compaiono nella storia, se non sono nick in grassetto, sono rigorosamente presenti nella saga di Twilight.

 

Bene, torniamo alla commozione finale. Dopo un anno dal primo capitolo di Ciao Edwardina, arrivo a chiudere un'altra storia che è nata come una battuta di spirito e che mi ha preso sempre più, scoprendo in me stessa una vena leggera e comica che non pensavo di possedere.

 

Doverosamente ringrazio tutte le persone che si sono fermate a leggere e spero anche apprezzare questa storia nei suoi attimi seri, comici e demenziali.

Grazie per aver recensito, inserito la storia nelle liste preferite, ricordate, seguite e anche chi ha segnalato ai conoscenti questo titolo. Grazie a tutti!

 

Adesso vi aspetto tra i capitoli di Si dice – In Vino Veritas che riprenderò subito a chiusura di questa storia. Si tratta di una storia con toni seri e intrighi e un pizzico di giallo.

Continuerò anche Twilight delle caverne la fiction demenziale che non sarà molto lunga e spero che vi divertirà come questa storia appena conclusa.

Per la mia salute mentale mi servono tutte e due: una perché non si può sempre ridere e l’altra perché non si può essere sempre seri, quindi mi alternerò tra loro.

 

Per l'ultima volta su questa pagina, vi ringrazio per l'attenzione

alla prossima storia

baciotti

 

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