Blut und Silber

di argentmist
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1-prologo ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***



Capitolo 1
*** 1-prologo ***


Blut und Silber}

 

Warmer Körper
Heißes Kreuz 
Falsches Urteil 
Kaltes Grab
[…]
Ich komm wieder
In zehn Tagen
Als dein Schatten
Und erd dich jagen
.
( Warm body/Hot cross/
Wrong judgment/Cold grave/
I will return /In ten days 
As your shadow /And I will hunt you.)
Asche zu Asche - Rammstein

 

1


Uno sparo risuonò nella notte.

Nel vicolo scarsamente illuminato due figure fecero la loro comparsa, seguite dal ritmico calpestio della loro corsa sull’acciottolato.

La prima, chiaramente in fuga, quando attraversò un cono di luce proiettato da uno dei lampioni, si rivelò essere un giovane albino, che, nonostante il rigore della notte, indossava solo una semplice maglia con un motivo a scacchi, e i cui occhi rossi  mandavano bagliori come carboni ardenti; costituivano l’unica nota di colore presente sul suo volto dalla carnagione pallida e dai capelli dai riflessi argentei quando colpiti dalla luce. 

Il suo inseguitore, pochi metri più indietro, guadagnò velocemente terreno e quando ebbe raggiunto la giusta distanza si fermò per prendere la mira e dopo aver inforcato gli occhiali -gli occhi dalla sfumatura violetta fissi sul bersaglio- fece nuovamente fuoco. 

Il proiettile mancò il bersaglio perché quest’ultimo con un agile scatto aveva raggiunto la balaustra del ponte, da cui si lanciò sprofondando nelle scure acque del fiume sottostante.

Il cacciatore, raggiunto il ponte a sua volta, si sporse per verificare la presenza di eventuali tracce ma fu del tutto inutile. A parte le onde concentriche che andavano esaurendosi, la superficie dell’acqua era perfettamente calma, niente bolle che risalivano o qualsiasi altro segno che indicasse la presenza di una persona in acqua. 

Imprecando con frustrazione si passò una mano tra i capelli castani, rendendosi conto che per il momento la caccia si concludeva lì e si allontanò.

*

Quando fu certo che il cacciatore se ne fosse andato riemerse dall’acqua, senza mostrare problemi per la lunga mancanza d’ossigeno.

Una volta raggiunta la riva, si scostò i capelli bagnati dalla fronte e scoppiò in una risata liberatoria, rivelando la presenza di due canini aguzzi.

Provocare i novellini era sempre un piacevole diversivo e l’ebbrezza della caccia lo faceva quasi sentire di nuovo vivo, specialmente in quest’ultimo caso.

L’ultimo colpo lo aveva quasi preso, un risultato che a molti cacciatori più anziani non era mai riuscito. 

Sapeva di star scherzando con il fuoco, ma non riusciva ad ignorare l’attrattiva che una sfida del genere rappresentava.

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Capitolo 2
*** 2 ***


2


Quando il giovane fece ritorno alla villetta dove viveva con due suoi amici che condividevano la sua stessa condizione, aveva ancora i vestiti e i capelli umidi, come Francis non mancò di fargli ironicamente notare con un:

“Sei andato a pesca nella Senna invece che a caccia, mon ami?”

“Diciamo che ho avuto un contrattempo” rispose Gilbert buttandosi su una delle poltrone libere mentre il divano era occupato da Francis che accarezzava lievemente i capelli biondi del ragazzo che poggiandogli la testa in grembo , stava leggendo.

Ci fu una risata e da dietro una delle poltrone emerse la figura di Antonio, che fino a quel momento era stato sdraiato sul tappeto vicino al caminetto e che appoggiandosi con le braccia allo schienale disse:

“Scommetto che invece hai infastidito di nuovo un cacciatore e hai dovuto farti una nuotatina per salvare l’osso del collo!” a cui seguì un insulto, da parte di Lovino, sull’idiozia di certe persone. 

A quel punto il volto di Francis si fece serio, persino il suo compagno percepì la gravità della situazione, alzò gli occhi dal libro, rivelando tra l’altro un paio di cespugliose sopracciglia, e si mise a sedere vigile.

Con un gesto nervoso, Francis si scostò dal volto una ciocca bionda sfuggita al codino e con uno sguardo penetrante che aveva perso la giocosità di poco prima per lasciare posto ad una glacialità enfatizzata dalla sfumatura azzurra dei suoi occhi, chiese a Gilbert: “Sei sicuro di averlo seminato e che non ti abbia invece seguito?”

Mein Gott! Certo che ne sono sicuro! Non sono mica rinato ieri!” esclamò irritato passandosi una mano tra i capelli scompigliandoli ancora di più.

“Però” intervenne Antonio rivolgendosi a Francis “penso che un giro di ricognizione lo dovremmo fare comunque, giusto per sicurezza.”
Francis annuì e i due si alzarono e uscirono dalla stanza.

Ci fu un momento di silenzio che venne interrotto da Lovino che sbuffando disse: “Che palle! Bah, me ne vado a dormire.” ed uscì dal salotto. 
Arthur, invece, dopo aver rivolto un’occhiata di rimprovero a Gilbert, tornò alla sua lettura.

Fissando le fiamme del caminetto, Gilbert rimase lì seduto cercando di ignorare l’immagine di un paio di occhi violetti che gli comparve in mente e il senso di colpa e l’adrenalina che quell’immagine portava con sé.


 *

Nel quartiere adibito a residenza dei cacciatori non era insolito che il silenzio della notte venisse accompagnato dal suono di un pianoforte.

La musica proveniva dall’ultimo piano di uno degli alloggi che venivano condivisi dalle varie coppie di cacciatori e si diffondeva grazie alla finestra aperta, la cui tenda ondeggiava come un mantello per via della brezza notturna. 

All’interno la stanza era illuminata solo dalla fioca luce della luna e da, poggiato sopra la superfice del pianoforte, un candelabro, le cui fiamme si riflettevano sulle lenti degli occhiali del pianista.

Come ogni volta che qualcosa lo turbava, Roderich cercava attraverso la musica di trovare la tranquillità che gli sfuggiva e che non gli permetteva di riposare. E quella notte in particolare.

La melodia venne interrotta bruscamente da un accordo di note sbagliato e il silenzio cadde nella stanza.

Il giovane, toltosi con irritazione gli occhiali, si stropicciò gli occhi e lo sguardo gli cadde poi sulla divisa da cacciatore che giaceva in un mucchio disordinato sulla poltrona lì vicino.

Nonostante fosse stata una delle sue prime missioni, non riusciva ad accettare di aver ceduto alle sue provocazioni, lasciandosi guidare dalla foga del momento invece che dalla razionalità.

Mentre osservava un rivolo di cera liquida scorrere giù per una delle candele, notando inconsciamente come il corpo ardente delle fiamme avesse la stessa sfumatura di quegli occhi, giurò a se stesso che se lo avesse incontrato nuovamente non se lo sarebbe fatto sfuggire una seconda volta. 

.

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Capitolo 3
*** 3 ***


3


Uno dei cacciatori di stanza nella zona del quartiere degli artisti, verso l’alba, trovò il cadavere di una donna sulla trentina.

Era la terza vittima in una settimana e presentava le stesse caratteristiche delle altre due: i segni sul collo che facevano presumere che la morte fosse sopraggiunta per strangolamento, verso le prime ore dell’alba a giudicare dalla temperatura del corpo.

All’inizio si era pensato all’operato di un vampiro, ma poi l’ovvia mancanza di morsi sul corpo della vittima e il fatto che non fosse stata dissanguata avevano fatto scartare quella possibilità. 

Inoltre, avrebbe infranto quel delicato equilibrio di coesistenza che si era creato tra cacciatori e vampiri per la sopravvivenza di entrambi, dopo la guerra avvenuta secoli fa.

Avendo necessità di nutrirsi solo una volta al mese, il numero di vittime era relativamente basso e in alcuni casi i soggetti, anche se avendo poi bisogno di un ricovero in ospedale, sopravvivevano all’esperienza. 

Il patto prevedeva in ogni caso che i cacciatori avessero un ruolo di sorveglianza e intervenissero quando ritenevano opportuno, anche se alcuni di loro a volte erano fin troppo zelanti. In passato si erano verificati alcuni episodi dove si era proceduto senza aver avuto una certezza effettiva della colpevolezza.

Per questo motivo i vampiri erano stati scartati dalla lista degli imputati dei recenti omicidi; nessuno di loro sarebbe stato così stupido da andare in giro a seminare cadaveri, quando sapevano che ciò avrebbe scatenato contro di loro tutti i cacciatori della città. 

Ulteriore motivazione poi era stata data dal fatto che tutti gli omicidi erano stati compiuti di giorno e questo praticamente escludeva che si potesse trattare di un loro operato.

Anche se la luce solare non gli risultasse letale, evitavano comunque di trovarsi esposti ad essa per via delle dolorose bruciature che ne sarebbero conseguite e della loro lenta guarigione. 

Nonostante tutto, l’organizzazione dei cacciatori si stava ancora occupando del caso perché entrambe le vittime, e con tutta probabilità anche l’ultima, avevano in comune il fatto di avere legami con persone che ne facevano parte. 

Una volta riferiti gli ultimi sviluppi al quartier generale, i livelli di guardia subirono un brusco aumento e vennero raddoppiati i turni di pattugliamento della città, soprattutto in vista dell’evento mondano a cui avrebbero partecipato anche molti personaggi di spicco della città e che si sarebbe tenuto di lì a due giorni.

Arrivò l’ordine che vi sarebbe stato mandato un gruppo di cacciatori in incognito per monitorarne la sicurezza.


*

La serata alla villa si stava svolgendo tranquillamente, fino a quando Antonio non notò per terra, vicino al tavolo, un volantino, che doveva probabilmente essere sfuggito a Lovino quando era rientrato dal giro di commissioni che lui e Arthur si alternavano.

Il volantino in questione, con una grafia elegante su sfondo rosso, invitava a partecipare a una festa in maschera che si sarebbe tenuta tra due giorni per celebrare l’anno nuovo.

A quel punto, Antonio battendo le mani per richiamare l’attenzione degli altri disse con il suo tipico piglio vivace:

“Signori miei, tirate fuori i vostri smoking perché abbiamo un ricevimento a cui partecipare!” concludendo con uno svolazzo della mano che reggeva il volantino, che passò poi di mano in mano ai presenti.

Quando Lovino lesse che nella serata era previsto anche uno spettacolo circense un sorriso nostalgico gli comparve in volto, ricordando le volte a cui aveva assistito a simili spettacoli assieme a suo fratello e al nonno in quella che sembrava una vita fa.

Ma il suo indugiare sui ricordi d’infanzia venne interrotto presto dalla voce di Francis che esprimeva la sua approvazione alla proposta, rivolgendosi poi a Gilbert: l’amico sembrava l’unico a non essere interessato e se ne stava appollaiato sulla sua poltrona con il portatile in grembo. 

“Tu più di tutti hai bisogno di svagarti un po’, è tutta la settimana che sei di umore strano. E poi… magari è la volta buona che trovi qualcuno con cui passare la notte.” concluse ammiccando e dovendo poi schivare la ciabatta diretta contro la sua faccia, che costituiva l’unica risposta che avrebbe ricevuto da Gilbert.

Ridendo, il biondo poi afferrò Arthur per la vita, lanciandosi in un giro di valzer improvvisato e dicendogli che era meglio ripassare i passi perché i suoi piedi potrebbero non più riprendersi se sottoposti a un massacro come quello dell’ultima volta.

Arthur contrattaccò rispondendo che se gli avesse mai pestato i piedi, la colpa non era certo da attribuire a una sua carenza nella danza ma all’incapacità del suo compagno di tenere le mani a posto in pubblico.

Francis scoppiò nuovamente a ridere e i due continuarono a volteggiare per il salotto, accompagnati dallo scoppiettare del fuoco nel camino e ben presto seguiti da Lovino e Antonio.

Gilbert, messo da parte il portatile, si alzò e si diresse alla finestra pensando a come le occasioni mondane di quel tipo si rivelassero molto spesso di una noia mortale.

Poggiando i gomiti sul davanzale osservava con sguardo assente la città avvolta da una lieve nebbia, fino a quando un pensiero non lo riscosse dal suo stato di apatia; vista la portata dell’evento era molto probabile che fosse presente anche il cacciatore. 

Se così fosse stato, la serata si sarebbe rivelata tutt’altro che noiosa.
Nonostante gli altri disapprovassero il suo comportamento considerandolo pericoloso ed irresponsabile, non riusciva a farne a meno. L’adrenalina che conseguiva dallo sfidare la sorte in quel modo era l’unico modo per colmare, seppur per breve tempo, quel senso di vuoto che lo attanagliava.

 

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Capitolo 4
*** 4 ***


4

 

Il ballo si teneva in una villa in centro città, circondata da un giardino con alberi sempreverdi lievemente coperti di neve e ai cui rami erano appese alcune illuminazioni, dando alla serata un’atmosfera onirica.

Sul viale principale, un costante rumore di passi sulla neve indicava l’arrivo degli invitati, una colorata folla formata da stoffe svolazzanti ed eccentriche maschere e tutto ciò era racchiuso da una sensazione di euforia quasi tangibile.

All’interno della villa, la sala era illuminata da un magnifico candeliere in stile Luigi XIV che faceva risaltare l’affresco alle pareti e rendeva il pavimento di marmo lucido come una lastra di ghiaccio.

L’effetto era rafforzato dalla vetrata che mostrava il panorama circostante e dalla cui porta si poteva accedere ad un balcone di pietra che con le sue scale, conduceva al giardino.

Un gruppo di cinque persone fece la sua entrata nella sala.

Ad una prima occhiata sembravano normali ospiti come tutti gli altri ma sotto le eleganti vesti si celavano le loro armi, pronte ad essere usate in caso di bisogno.

Erano il gruppo di cacciatori in incognito mandati a monitorare la sicurezza dell’evento ed assicurarsi che il misterioso assassino non mietesse una nuova vittima.

Il cacciatore da tratti asiatici nascondeva nelle ampie maniche del suo hanfu un paio di daghe e nella fascia che gli cingeva la vita si trovava un ventaglio, che se maneggiato alla giusta velocità era più affilato di qualsiasi lama.

Accanto a lui c’era il suo compagno di caccia, un russo dal sorriso gentile; un sorriso che molti vampiri avevano imparato a temere e per che molti altri era stata l’ultima cosa che avevano visto prima della loro fine.

Nel gruppo era presente anche una cacciatrice, letale con la spada. Ma dato che era un’arma difficile da nascondere, aveva optato per dei coltelli da lancio, nascosti in punti strategici sotto i vari strati del suo vestito dalle sfumature blu-verdi. E nella crocchia in cui aveva raccolto i suoi lunghi capelli castani, quelle che potevano sembrare delle innocue bacchette per capelli in argento erano in realtà un paio di stiletti.

Tra tutti spiccava particolarmente un cacciatore per via della muscolatura e i suoi penetranti occhi azzurri. La sua arma era la frusta, arrotolata intorno al polso e nascosta dai guanti bianchi che indossava.

A fianco a lui infine c’era Roderich con fondina e pistola nascoste sotto la giaccia del suo completo.

Non indossava gli occhiali ma delle lenti a contatto per via della maschera che doveva indossare, che con il suo color blu pavone e bordata in argento metteva in risalto la sfumatura violetta dei suoi occhi.

Silenziosamente il gruppo si disperse e mescolò con la folla nella sala.

 

*

Gilbert era appoggiato contro una delle pareti della sala con le braccia incrociate sul petto, osservando come l’evento si stava rivelando una noia mortale. Troppo formale per i suoi gusti.

Il suo sguardo vagava distratto per la sala, dall’affresco sulle pareti ai suoi amici che ballavano fino a quando non venne catturato da una persona dai capelli biondi che, nonostante il volto parzialmente coperto dalla maschera, riconobbe immediatamente.

Era suo fratello.

Immobilizzato dalla scoperta, i ricordi riemersero violentemente:

La loro disperata fuga nella notte per sfuggire alle guardie, lo sparo che lo colpì al fianco e le urla del suo fratellino quando lo vide cadere a terra; con una pozza di sangue che si andava allargando sulla neve sotto di lui. Come la sua voce rantolante intimò suo fratello di continuare a correre senza fermarsi, l’apparizione di una persona con accento francese che lo sollevò e portò lontano dai suoi inseguitori mentre suoi calava l’oscurità.

Gilbert scosse la testa per cercare di riprendersi ed allontanare quei dolorosi ricordi cercando di concentrarsi sul presente. Era lieto di vedere suo fratello in buona salute e a giudicare dal suo elegante completo, aveva anche una buona posizione sociale. Ragion per cui decise di rimanere nell’ombra e non rivelare la sua presenza, anche se una parte di lui avrebbe voluto attraversare la sala ed abbracciarlo come quando erano più piccoli.

Ma non voleva rovinare la nuova vita che suo fratello si era costruito.

Ancora scosso e distratto da tutto ciò finì per accettare l’invito a ballare di una delle tante fanciulle che durante la serate erano state attirate dalla sua apparenza insolita. La tonalità perlacea dei suoi capelli contrastava con lo scarlatto della sua maschera, con piccole spirali dorate sul bordo inferiore, che inoltre accentuava la sua carnagione pallida.

Notando con sollievo che la ragazza era una buona ballerina, lasciò che la musica lavasse via i suoi pensieri e lo avvolgesse come un bozzolo che lo isolasse da tutto ciò che non fosse l’atto di danzare.

L’albino venne riscosso da quello stato di apatia quando intercettò nell’aria la debole traccia di un odore che riconobbe subito, nonostante avesse avuto occasione di sentirlo soltanto una volta.

Era tutta la sera che attendeva questo momento.

Un sorriso compiaciuto apparì sul suo volto quando individuò il punto da dove si originava la traccia.

Vide il cacciatore vicino ad una parete e parlare con una ragazza, dai capelli castani e un vestito blu-verde, fino a quando lei non accettò un invito a ballare e lui non riportò la sua attenzione sulla folla di fronte a lui.

Fino a quando, sentendosi osservato, girò la testa ed i loro si incontrarono.

Dall’improvvisa tensione nelle sue spalle, Gilbert dedusse che doveva averlo riconosciuto e in segno di sfida decise di mantenere il contatto visivo.

Dopo che la musica finì, si congedò con un inchino dalla dama e si diresse verso l’uscita e dopo aver visto che il cacciatore lo stava seguendo, si disperse nella folla, il cui chiacchiericcio stava riempendo la sala.

Inizialmente Roderich riuscì a tenere d’occhio gli spostamenti di colui che stava seguendo, essendo l’unica macchia bianca in quel mare colorato di corpi, ma ben presto venne inghiottito da esso e perse cosi traccia del suo bersaglio.

Senza pensare, si diresse all’uscita che conduceva al giardino e scendendo le scale del balcone venne accolto dalla fredda aria invernale e dal rumore della neve sotto i suoi piedi.

Senza avvisare nessuno dei suoi compagni della sua caccia, anche se avrebbe dovuto.

 

*

La notte con il suo scuro mantello aveva coperto le cime degli alberi e il sentiero del giardino era rischiarato dalle lanterne decorative appese i rami. Il silenzio quasi irreale era rotto solamente dal costante rumore dei passi del cacciatore sulla neve.

Mentre camminava, con il fiato che si condensava in piccole nuvolette bianche, Roderich pensò che tutto ciò era assurdo e avrebbe fatto molto meglio a tornare indietro, ma continuò ad avanzare.

Sentì un rumore dietro di sé e si girò di scatto, pronto a sfoderare la pistola ma alla fine si rivelò essere solo della neve caduta a terra da uno dei rami più alti.

Ma prima che la tensione del momento si dissipasse, notò con la coda dell’occhio un movimento alle sue spalle e mentre tirò fuori la pistola, sentì una voce mormorare ironicamente in tedesco:

"Guten Abend, Herr Jäger.”

Sentire la sua lingua madre distrasse Roderich per un momento e si ritrovò così spinto contro l’albero più vicino.

Quando sbatte con la schiena contro il tronco si lasciò sfuggire un imprecazione, “Verdammt” e velocemente puntò di fronte a sé la pistola, mentre nello stesso istante l’altro prese il cacciatore per la gola.

Erano ad un punto di stallo, fissandosi per un infinito momento fino a quando Gilbert non abbassò la testa, appoggiando la fronte contro il freddo metallo della canna della pistola come ad incitarlo a premere il grilletto.

“Sai che potrei farlo.” Minacciò il cacciatore.

 L’altro rispose sogghignando. “No, non potresti. Non vorresti mica rompere il patto e scatenare un’altra guerra, vero? E poi sarebbe un peccato se il nostro piccolo gioco si concludesse così in fretta.”

 Roderich abbassò infine la pistola, irritato dal fatto che l’altro avesse ragione.

Se lo avesse ucciso senza un valido motivo, la comunità dei vampiri lo avrebbe usato come pretesto per scatenare il caos.

Gilbert in cambio allentò la presa sul collo del cacciatore, ma mentre stava per ritirare la mano, graffiò con un’unghia un punto vicino alla giugulare e da cui spillò una goccia di sangue; che raccolse con l’indice e da cui lentamente la leccò via.

“Cosa vuoi?” Roderich chiese in tono fermo e nonostante la sua calma apparente, nei suoi occhi bruciava un fuoco che attendeva solo il momento opportuno per eruttare.

L’altro non rispose ma invece allungo una mano per slegare il laccio della maschera che il cacciatore ancora indossava, che cadde con un tonfo attutito sulla neve e gli per permise di osservarne il volto, notando come sotto la luce della luna la sua carnagione sembrasse essere di porcellana.

Il silenzio tra i due venne interrotto da delle voci in lontananza che chiamavano il suo nome. Roderich si girò di scatto verso la direzione da cui provenivano le voci e sentì l’altro commentare: “Sembra che abbiamo compagnia. Ma riprenderemo un’altra volta, in un momento più adeguato.”

“Se ci sarà una prossima volta, sarà la volta che ti ucciderò e lo farò sembrare una regolare esecuzione.” rispose minaccioso Roderich prima di voltarsi con l’intenzione di andarsene.

Ma prima che potesse farlo, Gilbert lo afferrò per un braccio e si abbassò per catturare le labbra del cacciatore tra le sue con veemenza. Aveva deciso di agire così da una parte perché voleva scoprire fino a dove poteva spingersi con le sue provocazioni e dall’altra perché dopo aver assaggiato il suo sangue sentiva il bisogno di assaporare di più.

A questo contatto inaspettato Roderich inizialmente fu immobile per la sorpresa ma poi reagì all’intrusione mordendo con forza il labbro inferiore dell’altro, che interruppe il contatto e portandosi una mano alla parte lesa, sogghignò dicendo:

“Ribelle. Mi piace.” E se ne andò, sentendo che le voci si facevano sempre più vicine.

Roderich raccolse la maschera e raggiunse i suoi compagni, Elizaveta e Ludwig, che si erano preoccupati per il fatto che si fosse allontanato senza una parola e per quello lo ripresero. Il gruppo fece così ritorno al salone.

In lontananza una figura con un lungo mantello nero ed una maschera che terminava a forma di becco di corvo, aveva assistito alla scena tra il vampiro ed il cacciatore, si allontano anch’esso con un sorriso malevolo sul volto.

 

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