Bring It On Home

di thecouchcarrot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Qui è la traduttrice che parla:
Ho creato questo account per postare la traduzione di Bring It On Home, di couchcarrot.
Amo questa storia, spero che capirete perchè e che riuscirò a renderle giustizia, e se ci capite qualcosa di inglese andate a leggervi l'originale! 
Sono già abbastanza avanti con la traduzione e dovrei essere perfettamente in grado di mantenere un ritmo regolare (visto che non faccio niente tutto il giorno ehem), quindi accetto consigli, uno o due capitoli a settimana?
Se beccate qualche orrore grammaticale, mandatemi un segnale di fumo.

CAPITOLO 1
 
Il vicino di Dean è un fotografo.
 
Dean lo scoprì grazie alla posta. La maggior parte delle persone conosce i propri vicini perché vede il camion dei traslochi e spia furtivamente attraverso alle tende, e non è che indice di civiltà l'atto di sporgersi oltre la recinzione e presentarsi e dire: hey, come va, cosa ti porta da queste parti, sto organizzando un barbecue, porta della pasta fredda, porta un amico e restate un po’.
Ed era quello che era successo con buona parte dei vicini di Dean, quando si era trasferito.
 
Ma la casa affianco a quella di Dean? All’inizio non era nemmeno sicuro che ci vivesse qualcuno. Sembrava scura, vuota. Nessuna macchina nel vialetto. I muri blu erano puliti e nuovi, e il prato curato e verde, però, qualcosa di quella casa sembrava falso. C’era qualcosa che non riusciva ad afferrare, per qualche ragione Dean aveva l’impressione che la casa fosse stata venduta di recente, e che l’agente immobiliare si fosse fermato solo il giorno prima per togliere il cartello di legno dal prato.
 
Tentò di scoprire qualcosa con Jeff, al barbecue. Jeff si limitò a grattarsi la barba color sabbia guardando nella direzione della casa blu. “No, qualcuno ci vive. L’ho incontrato una volta,” disse. “Non so nemmeno come si chiama. Se ne sta per conto suo. Ma lo vedo qualche volta. Di notte, soprattutto.”
 
Laura si unì a loro, le labbra increspate come la buccia di un limone raggrinzito. “Penso che potrebbe essere uno spacciatore,” sussurrò. “Ci sono uomini che escono da lì … sembrano tipi loschi.”
 
Jeff rise. “Giusto, o forse è un vampiro. Ho sentito che sono popolari ultimamente.”
 
Dean si limitò a bere la sua birra e catalogò l’informazione. Non erano affari suoi in ogni caso, almeno finché questo tizio non avesse fatto esplodere il suo laboratorio di metamfetamine e la casa di Dean con esso. Di fatto, nemmeno pensò al tipo per un’altra settimana, finché, un nuvoloso e grigio giorno, controllando la sua posta, scoprì una lettera indirizzata non a lui.
 
James Novak, riportava la busta, seguito dall’indirizzo della casa accanto. L’indirizzo del mittente era Sacramento, da una tale Catherine Cooper.
 
Dean prese la lettera, percorse il lastricato fino alla casa del suo vicino, e suonò il campanello. Fermo ad aspettare, niente, e non per la prima volta, proprio come c’era da aspettarsi da un posto così indefinibile. Si morse il labbro e girò i tacchi.
 
Finalmente la porta si aprì, verso l’interno, verso l’oscurità.
 
Ne uscì un uomo. Era un po’ più basso di Dean, coi capelli corti e neri e occhi azzurri che si socchiusero all’opaca luce del sole. Si diede una debole occhiata intorno; asciutto, con gli zigomi pronunciati. Indossava i pantaloni della tuta e una maglietta macchiata ed era scalzo. Fissava Dean.
 
Dean alzò la lettera. “Mi è arrivata la tua posta.”
 
L’uomo lo fissò con maggiore intensità, senza degnare la lettera di minima attenzione. Quando parlò la sua voce fu inaspettatamente profonda e roca. “Ho una buchetta delle lettere.”
 
Dean arrossì. Stupido. Perché non ci aveva pensato? Quindi fece quello che faceva sempre quando era nervoso: sorrise e ridacchiò. “Bè, siamo proprio dei raggi di sole, eh!” commentò allegramente. “Colpa mia, cercavo solo di essere ospitale …”
 
Allora l’uomo sobbalzò, sbattendo gli occhi e distendendo le labbra.
“Sei il mio vicino?”
 
Dean non poté evitare di esalare una risatina e dire “Accidenti, cerca di non sembrare così deluso.” Gli porse la mano destra. “Sono Dean. Lavoro nel settore vendite. Sono il tuo nuovo vicino.”
 
L’uomo guardò la sua mano un momento prima di stringerla. Prese la lettera che Dean gli porgeva. “Sono Castiel. Sono un fotografo. Vivo qui da due anni.”
 
Dean si fermò, sentendo il sangue salirgli di nuovo alla faccia. “Aspetta, non ti chiami James Novak?”
 
Castiel fece scivolare il pollice sotto il bordo sigillato della busta. “Legalmente parlando, sì” spiegò. “Ma il vero nome di una persona è più potente di qualsiasi documento del governo. Il mio nome è Castiel.”
 
Dean si bloccò giusto in tempo prima di alzare gli occhi al cielo. “Capisco.”
 
Castiel estrasse le carte e scansionò i contenuti della lettera. “Puoi andare adesso.”
 
“Prego” ribatté Dean, girandosi e lasciando la veranda.
 
“Dean!” Gli urlò dietro Castiel.
 
Dean si girò.
 
Castiel stava con un piede fuori dalla porta, una mano sul telaio, la lettera spiegazzata nell’altra. “La tua aura è davvero arancione.” Disse. Quindi tornò dentro chiudendosi la porta alle spalle.
 
Dean rimase fermo per diversi secondi, cercando di capire che cazzo significasse. 





E qui finisce il primo capitolo, spero che le vostre aure siano tanto arancioni quanto quella di Dean. Ho pensato di tradurre anche le introduzioni che fa l'autrice a inizio capitolo, perchè mi fanno sganasciare (e sono spudorati incoraggiamenti a recensire). La prima la infilo qua sotto, poi magari la prossima la intrigo a inizio capitolo, dove dovrebbe stare.

A/N: Wow, non posso credere quanto tempo sia passato. Pensavo che mi sarei presa una pausa per qualche mese e invece è passato quasi un anno. Immagino che succedano questo genere di cose quando uno dei personaggi della coppia che adori ESCE COMPLETAMENTE DI TESTA E POI SCOMPARE PER SEMPRE *sob* Mi sono limitata ad aspettare ed aspettare che le cose tra Dean e Cas si sistemassero, per un episodio che mi ispirasse a scrivere qualcosa di assolutamente stupido e ... non è mai successo.

QUINDI! Come ogni perfetta donzella in difficoltà in attesa del suo Principe Azzurro, che non arriverà mai, ho deciso di prendere il fato nelle mie mani e costruirmi uno scenario che unirà Dean e Cas. Proprio così, gente. Per la prima volta scriverò una AU, nel vero senso della parola.

Naturalmente questa AU è pesantemente influenzata dall'episodio "It's a terrible life" della stagione 4 e da "The End" della stagione 5. In sostanza sto prendendo il Dean Smith di Terrible Life (mischiato al Dean un po' più normale che abbiamo visto con Ben e Lisa), mettendolo nella casa affianco a quella di Cas, che è più vicino al Cas hippie di  "The End" che non al solito Sacro Esattore delle Tasse, e lasciamo che avvenga la magia. È un mondo dove i Winchester non sono mai stati cacciatori e Cas un angelo, ma sono ancora così lontani dalla normalità che non è nemmeno divertente.

È passato un po' di tempo, quindi spero vi piaccia. È corto perchè ... sì. Ma ne arriverà di più! Per favore commentate perchè vi amo, e ho bisogno che anche voi mi dimostriate il vostro amore.

Divertitevi! 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


N/A: Grazie mille a tutti coloro che hanno recensito. So che non c'era molto su cui recensire, ma lo avete fatto lo stesso, e mi ha fatto moltissimo piacere. I miei più sinceri ringraziamenti. Tutte le persone che recensiranno questo capitolo riceveranno la mia massima gratitudine E *gasp* UN MACCHINA COMPLETAMENTE NUOVA!

UN IMPALA, NELLO SPECIFICO!

Stanno recensendo?

LA MEDESIMA IMPALA SU CUI LUCIFERO / SAM POSSEDUTO HA MENATO DEAN FINO A RENDERLO POLTIGLIA PRIMA CHE PARTISSE UN ADORABILE MONTAGGIO SUL LORO RAPPORTO!

Stanno scrivendo? Okay! Qualcuno mi procuri un Honda e un secchiello di vernice nera! Non capiranno mai la differenza.

...

Che lo show abbia inizio

(Nota dell'autrice thecouchcarrot)


CAPITOLO 2
 
Dean non si sarebbe definito un uomo solo.
 
Certo, tendeva a farsi gli affari suoi. I suoi colleghi spesso dicevano che era “difficile conoscerlo”. Non che fosse riservato, forse solo un po’. Sorrideva e scherzava e flirtava e non permetteva, per nessuna ragione, che si investigasse sulla sua vita privata. Era il genere d’uomo che, nell’ufficio, tutti conoscevano e amavano, ma se avessero chiesto a uno di loro in che città era nato, avrebbero ammesso di non saperlo.
 
Era nato in Kansas. Non che fosse importante.
 
Pur non avendo molti amici stretti, non pensava di necessitare di altri. I pochi che aveva erano così importanti per lui che compensavano ogni scarsità quantitativa. Aveva Bobby, e suo fratello Sam e … ok, basta. E allora?
 
Dean era al telefono con Sam la sera dopo aver conosciuto Castiel, gli stava raccontando cos'era successo mentre sistemava la spesa. “Allora a un certo punto dice ‘La tua aura è arancione’ e se ne torna dentro. Così! Ci crederesti?”. Infilò un pomodoro in uno dei cassetti del frigorifero.
 
Sam rise. “Forse ti sta avvertendo di smettere di prendere il sole.”
 
“Davvero divertente, cazzone.” Ribatté Dean, reggendo il telefono fra la spalla e l’orecchio mentre piegava le sporte della spesa. “Non ne ho una vaga idea. Per quel che ne so, mi ha semplicemente detto di andare a farmi fottere nella lingua degli hippie.” Si fermò un momento, ricordando l’espressione di Castiel. “Ma non lo so. Sembrava tipo un’offerta di pace. Come una strana richiesta di perdono new age.”
 
“Forse,” disse Sam “dovresti farti fare una lettura dell’aura completa. Potresti ripulire i tuoi chackra e riallineare il tuo chi.”
 
“Senz’altro.”
 
Dopo aver riattaccato e aver scaldato la cena, si appoggiò al lavello e mangiò le sue lasagne da un piatto di carta. Non aveva ancora disimballato quelli normali. Da quel punto poteva vedere oltre la porta scorrevole di vetro fino al giardino posteriore, dove stava cominciando a fare buio, il cielo stava mutando in un viola brillante e il giardino cominciava a cadere in ombra. Sentendosi ispirato, Dean poggiò il suo cibo e uscì.
 
Si diresse verso l’aiuola, sfiorando con le dita i petali di un'ortensia rosa. L’aria era fresca, e una brezza leggera gli carezzò il collo facendolo rabbrividire.
 
“È un bel giardino.”
 
Dean si girò di scatto.
 
Castiel stava oltre alla recinzione, lo fissava stringendo appena una sigaretta accesa. Fece un tiro profondo per poi guardare da un’altra parte, soffiando il fumo verso casa sua. “È grande e bella. La moglie e i bambini l’adoreranno.” Commentò.
 
“Non sono sposato.” Disse Dean.
 
Castiel ridacchiò, un suono asciutto e rauco. “Oh, lo so.” Picchiettò il mozzicone per far cadere la cenere, e inchiodò Dean con uno sguardo penetrante. “Sei un uomo molto solo.”
 
“Non sono solo,” ribatté Dean, improvvisamente furioso con questo completo maledetto sconosciuto. “Se qualcuno è solo, quello sei tu. Hai vissuto qui per due anni e sono l’unica persona nel quartiere a sapere il tuo nome!”
 
Castiel non batté ciglio. Si limitò a guardarlo con aria spassionata. “Sei interessante.” Disse. “I miei altri vicini mi annoiano.” Arricciò il naso. “A loro piacciono i panini.
 
A me piacciono i panini.” Rispose Dean, sentendosi incredibilmente confuso.
 
“No,” lo corresse Castiel “tu li adori.” Sorrise lentamente. “Tu sei fottutamente innamorato dei panini, Dean Winchester, è per questo che sei interessante.”
 
Dean si sentiva diviso tra il desiderio di ridurre questo tipo in poltiglia e la sua curiosità estrema su come potesse sapere certe cose di lui semplicemente guardandolo. “È per questo che mi hai detto che ho un’aura arancione?” Domandò. “Riguarda i panini, svitato?”
 
Castiel fu preso da una crisi di risa, reclinò la testa e rise verso il cielo. “Oh Dean,” sospirò “la tua aura non ha nulla a che fare con tutto questo.”
 
Dean strinse i pugni. “Perché continui a venirtene fuori con questa roba? Come fai a sapere certe stronzate?”
 
Gli occhi di Castiel sembrarono più brillanti che mai. “Sei un bersaglio facile, Dean. Sei single, hai comprato una casa grande abbastanza per una famiglia. Faccio un commento contro i panini e tu ti lanci valorosamente in loro difesa. Tieni le emozioni sotto controllo finché non tocco ciò che ti è più vicino, e allora sei nelle mie mani.” Fece un altro tiro di sigaretta. “E mi vuoi fottere così disperatamente che stai per saltare il recinto e sbattermi qui sul prato.”
 
“Cosa? Non è vero!” Dean esclamò, allontanandosi dalla recinzione.
 
Castiel ghignò e lasciò che il fumo gli uscisse dalle narici. “Sto solo provando a incasinarti.” Scosse la testa. “Bersaglio facile facile, Dean.”
 
“Hai detto di essere un fotografo?” Domandò Dean incredulo.
 
Castiel alzò le spalle. “Ho del tempo libero.”
 
Dean sbuffò e incrociò le braccia. “Ah, ho capito. Nel tuo tempo libero ti eserciti con un po’ di -” fece il gesto delle virgolette con le dita “questa misteriosa psicologia spicciola.”
 
Castiel lo guardò con più attenzione a quel punto. Il sole stava tramontando dietro di lui, lasciandolo nell’ombra, rendendo difficile leggergli le espressioni in volto. “Hai sul serio un’aura arancione Dean. Ero serio quando l’ho detto.”
 
“Intendevi cosa, esattamente?” Chiese Dean. “Non sono proprio un esperto di aure. Non so cosa significa l’arancione.”
 
Castiel rimase in silenzio per un istante. “Non sono sicuro se dovrei dirtelo.”
 
Dean gli lanciò un’occhiataccia. “Amico.”
 
“Significa …” si zittì di nuovo. “Significa che sei capace di un amore immenso. Un amore che cambia l’anima. Dai tutto te stesso e non ti aspetti nulla in cambio.” Abbassò la voce. “È un colore davvero raro.”
 
Dean deglutì, incerto su cosa dire. Si arrangiò con un “Oh. Bene, grazie.”
 
Castiel gettò il mozzicone di sigaretta per terra e lo seppellì con il tacco del suo mocassino. “Non ringraziarmi. Sto solo dicendo ciò che è innegabilmente vero.” E si diresse di nuovo verso casa sua.
 
Dean rimase un po’ tra le ortensie, cercando di decidere se Castiel sarebbe diventato suo buono amico o il vicino peggiore che avesse mai avuto.








E così lasciamo il nostro Dean tra le ortensie, a scervellarsi.
E questo è il secondo capitolo in lingua originale.
Temo che, parlando della traduzione, sia quello che mi è uscito peggio. Non riesco a raccapezzarmene, certe cose vengono semplicemente meglio in inglese (oppure sono semplicemente scarsa).
Lascio anche voi in mezzo alle ortensie, con la promessa del prossimo capitolo in tempi brevi, e anche della mia eterna devozione, qualora decideste di recensire, e non vi bastasse un Impala / Honda riverniciata.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


A/N: Sapete, quando a volte i personaggi cominciano ad allontanarsi da te e cominciano a fare quel diavolo che vogliono, fregandosene dei tuoi desideri? Benissimo, gente, questi ragazzi lo stanno già facendo, e lo adoro. Preparatevi. Non sono più io che guido 'sto furgone.

Cambiando argomento, ho alcuni meravigliosi, meravigliosi commentatori! Riceverete le vostre Impala, proprio in tempo per Natale. Coloro che recensiranno questo capitolo otterrano la possibilità unica, esclusiva, di una sessione di abbracci con Castiel! Fino a un'ora di abbracci, a TUTTI i livelli di intensità! Ma ricordate ragazze, tenete a posto le mani, quelle sono chiamate
molestie sessuali.

Seriamente comunque, amo le vostre recensioni. Mi migliorano la giornata. Sono la ragione per cui provo a produrre questi capitoli così velocemente. Per favore, recensite, e le mie dita voleranno sulla tastiera.

E ora, senza altri prolungamente, a voi la dannata storia!

(nota dell'autrice thecouchcarrot)



CAPITOLO 3
 
Dean non vide più Castiel per due settimane.
 
Come avevano detto Jeff e Laura, non usciva molto. Qualsiasi “fotografia” facesse, non la faceva molto spesso o faceva tutto all’interno della casa. Sempre come avevano notato Jeff e Laura, occasionalmente uomini con valigette o borse a tracolla guidavano fino a casa di Castiel e bussavano guardandosi intorno freddamente. La porta si apriva e loro entravano. Qualche ora dopo, ne uscivano.
 
Forse era davvero uno spacciatore.
 
A Dean non importava. Ok, forse un po’, ma non voleva che fosse così. Stava facendo una buona impressione in ufficio, accumulando ore extra, rendendosi disponibile nei weekend e lavorando fino a tardi. Non aveva tempo per spiare i vicini. Quando tornava a casa collassava nel suo salotto deliziosamente disarredato e guardava film  horror pessimi su Netflix. Era contento che fosse autunno e l’erba non crescesse velocemente, dato che non aveva ancora avuto occasione di comprarsi un tagliaerba. Chiamava Sam regolarmente, e Bobby aveva chiamato una o due volte. Jeff lo invitava a guardare qualche partita, e Laura si rivelò essere un’appassionata fan del calcio. La vita era bella. Tranquilla, ma bella.
 
Quando, una domenica sera, dopo il crepuscolo, Dean portò i rifiuti al marciapiede e vide Castiel lavorare nel suo giardino.
 
Era una visione piuttosto comica, a dire il vero. Castiel indossava una torcia per bambini intorno alla testa, l’elastico viola decorato di dinosauri verdi gli circondava il capo. Il raggio illuminava le sue mani occupate e nude, impegnate a scavare nel terreno per tirare fuori le erbacce e scuotere la terra fuori dalle radici.
 
Dean non poté evitare di avvicinarsi. “Giardinaggio.” Commentò.
 
Castiel non alzò lo sguardo, non si fermò nemmeno un momento. “Credo che …” strappò una radice dal terreno e grugnì nello sforzo. “… il contatto fisico con la natura sia profondamente appagante.”
 
“Sai, ho sentito di questa cosa assurda chiamata ‘luce del giorno’,” disse Dean “è un periodo di circa otto, dieci ore in cui il cielo è luminoso e si vedono i denti di leone senza bisogno di incollarsi una torcia in testa. Forse ne hai sentito parlare.”
 
Castiel si fermò per rizzarsi in piedi. “Ne ho sentito parlare.” replicò “L’ho provato. Non mi interessa.” Si girò verso Dean e gli angoli della bocca gli si incurvarono leggermente. “O forse mi sento solo piccolo alla luce del sole. Esposto. Nell’oscurità posso immaginare …” Sollevò lentamente le braccia, allargandole il più possibile. “Posso immaginare di essere tanto grande quando credo di esserlo. Che le parti di me che non puoi vedere non sono altro che oscurate dall’ombra. Che il mio corpo non è altro che uno strumento governato da una creatura molto più grande e incredibile." Rimase lì per un momento, con le braccia spiegate come le ali di un’aquila, la testa tirata all’indietro, il fascio di luce proveniente dalla sua testa dritto verso il cielo e gli occhi risplendenti di un blu elettrico.
 
Dean lo fissò sorpreso.
 
Era pazzo. Pazzo e strafatto. Non c’era nemmeno bisogno di dirlo. Ma per un momento …
 
Per un momento era sembrato vero.
 
Poi Castiel sbatté le palpebre. “Dovrei spegnerla.” Alzò la mano e spense la torcia, immergendoli entrambi nell’oscurità.
 
A Dean servì un minuto per abituarsi, e per un minuto non riuscì a vedere la faccia di Castiel, solamente la sua figura scura, e fu forse per questo che in quel minuto si lasciò sfuggire “Sei gay?”
 
Castiel rimase in silenzio. Dopo una lunga pausa rispose “Trovi che sia importante?”
 
“No,” rispose Dean, quasi completamente sincero. “Ma penso … penso che dovresti sapere che io sono etero.” Era grato che Castiel non potesse vedere l’imbarazzante rossore del suo viso.
 
Lentamente gli occhi di Dean si stavano abituando, e la faccia di Castiel si fece leggermente più chiara. Sembrava divertito. “Tu credi che io sia interessato.”
 
Merda. Dean si pizzicò il naso. “Mi dispiace, mi dispiace. Solo che – dimentica che l’abbia detto, ok?”
 
“È giusto, Dean.” Castiel fece un passo avanti. “Sei un uomo attraente, e mi piaci. E mi piace il tuo aspetto, ma non nella maniera che stai pensando.”
 
Il viso di Dean era completamente in fiamme ora. Si strofinò la bocca e combatte l’impulso di girarsi e scappare.
 
“Sembri degno di fiducia. Sembri competente. Sembri …” Castiel si avvicinò ancora di più, la sua faccia illuminata nel giallo fioco della luce dei lampioni lungo la strada e, improvvisamente, la sua espressione cambiò. Qualcosa di triste e solo nei suoi occhi, qualcosa di serio e profondo nelle sue sopracciglia, qualcosa di speranzoso nella sua bocca. “Possiamo essere amici, Dean? Mi piacerebbe moltissimo avere un amico.”
 
Dean non aveva idea di cosa dire, quindi disse “Certo.” E poi disse, tanto per cambiare argomento “Sembri diverso stanotte.”
 
Castiel sorrise dolcemente e disse “Sono meno cinico quando bevo.”
 
E a quanto pare stanotte stavano giocando ad Obbligo o Verità, quindi Dean chiese “Spacci droga?”
 
“No,” rispose “Ma ne prendo a volte.”
 
“Io no,” disse Dean “e casa mia è pulita. Non mi interessa, sul serio, sono affari tuoi, e tu puoi fare quello che vuoi, ma questa è l’unica regola ferrea, ok?”
 
Lo sguardo di Castiel si fece più tagliente e chiese “Perché?”
 
“Test anti droga. Non posso rischiare.”
 
Castiel inclinò leggermente la testa. “Prova di nuovo.”
 
Dean pensò quasi di aver capito male. “Cosa?
 
“È personale per te.” Castiel si infilò le mani in tasca. “Quindi dimmi perché vuoi la casa pulita.”
 
E prima di rendersene conto, prima di impedirsi di aprire quella boccaccia, Dean si ritrovò a dire “Mio fratello.”
 
E poi Castiel sembrò aver capito tutto, annuendo come se avesse risolto il gran mistero di Dean e improvvisamente tutto avesse un senso. “Ma certo, certo.” Mormorò, la sua voce profonda ancora più bassa. “I pezzi vanno al loro posto, la trama si infittisce, gli ingranaggi si incastrano alla perfezione. Un fratello più giovane.”
 
Dean aggrottò le sopracciglia. “Non è ciò che ho detto.”
 
“Non ce n’era bisogno.” Lo sguardo di Castiel sembrava vedergli dentro. “Quanti anni avevi quando tua madre se n’è andata?”
 
E improvvisamente Dean smise di respirare, e indietreggiò incerto, e continuò a camminare all’indietro. “No,” esalò con tono strozzato “Basta. No.”
 
Castiel spalancò gli occhi e assottigliò le labbra. “Dean,” disse “mi dispiace.”
 
Dean si girò e camminò verso casa, sempre più veloce finché non si ritrovò a correre fino alla veranda e non si sbatté la porta alle spalle, chiudendo la serratura e stringendo gli occhi più forte che poteva.
 









Strano a dirsi, Cas ha il tatto di un elefante in una stanza di cristalli. Sorprendente.
Non voglio elemosinare recensioni, ma se vi prendeste 3 secondi e mezzo per scriverne una, mi fareste davvero felice.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


A/N: Scusate per il ritardo di questo capitolo, miei adorati! Le vacanze mi stanno raggiungendo. Aspettatevi più ritardi in futuro, ma non temete, non abbandonerò mai questa storia prima che sia finita. Avrò la meglio!

Grazie mille a tutti quelli che hanno recensito. Siete così dolci! Avrete tutti i vostri abbracci. Sì, siete autorizzati a saltare in braccio a Castiel e non mollarlo più. Coloro che recensiranno questo capitolo otterranno tutti i miei ringraziamente e gratitudine eterna e ANCHE una sessione di abbracci con Dean Winchester! Fino a un'ora di abbracci E, speciale pacchetto vacanze, ORA SONO CONCESSE STRIZZATE DI CHIAPPE ILLIMITATE! Afferrate quel che potete, signore, afferrate!

Spero vi piaccia il prossimo pezzo. Se no, aggiungete semplicemente la parola 'lussuriosamente' ogni volta che trovate la parola 'disse'. Per esempio: "Sono un angelo del Signore" Disse Castiel lussuriosamente. Miglioramento istantaneo! Divertitevi.


(nota dell'autrice thecouchcarrot)

CAPITOLO 4
 
Il giorno dopo, Dean trovò una lettera nella buchetta.
 
Beh, non proprio una lettera. A dire il vero era solo un pezzo di carta da stampante con un disegno in biro. Raffigurava una creatura che Dean decise essere un cavallo disegnato male o un cane con grossi denti da equino, e una nuvoletta proveniente dalla sua bocca con scritto “neighbor” (Neighbor vuol dire vicino, ma neigh vuol dire nitrito NdT) in una grafia inclinata. Sotto l’immagine, nella stessa scrittura: “È un gioco di parole.”
 
Malgrado tutto, Dean si lasciò sfuggire una risata. Poi si ricordò di essere arrabbiato e accartocciò il disegno. Poi cambiò idea, lo srotolò, lisciandolo e lo mise nel cassetto della scrivania.
 
Era colpa di Castiel solo per metà. Non avrebbe potuto saperlo, però perché doveva immischiarsi negli affari di Dean? Era per questo che uno non stringeva troppo i rapporti. Jeff e Laura non avevano mai chiesto di sua madre, non sapevano che Dean aveva un fratello, potevano dirti tutto del lavoro di Dean e di come gli piacevano i suoi hamburger ma non avevano la minima idea del fatto che la sua infanzia era stato il peggior periodo della sua vita.
 
Quindi sì, la colpa era anche di Cas.
 
Cas? Come gli era uscito? Castiel.
 
Due giorni dopo, quando Dean tornò dal lavoro, c’era qualcosa ad attenderlo sulla soglia di casa. Una pietra liscia e rotonda, che gli stava perfettamente in mano, e un foglio di carta che diceva “pietra meditativa”.
 
Dean si girò la pietra tra le dita e la strinse nel palmo. Non era lucida, solo liscia e consumata dalle correnti impetuose di qualche fiume o oceano. Era pesante, un peso solido, e fredda al tocco. Ci chiuse le dita intorno e chiuse gli occhi.
 
Si sentì calmo, davvero calmo.
 
“Huh,” Mormorò Dean. Si infilò la pietra in tasca ed entrò in casa, combattendo il bisogno di guardarsi intorno per vedere se Castiel lo stava osservando.
 
Infine, tre giorni dopo, Dean si svegliò di fronte alla televisione. Qualcuno stava bussando alla porta. Controllò l’ora con la vista offuscata, appena dopo mezzanotte. Considerò di ignorarlo.
 
Bussarono di nuovo.
 
“Arrivo!” grugnì Dean.
 
Quando aprì la porta si ritrovò di fronte a Castiel. Senza fiato, con gli occhi iniettati di sangue, i capelli selvaggiamente in disordine, indossando solamente un parka, stivali da neve e pantaloncini di jeans.
 
“… Castiel?” disse Dean. “È mezzanotte.”
 
Castiel deglutì. “Quando avevo vent’anni mia sorella si suicidò.” Disse senza preavviso. “O almeno, è quello che disse la polizia. Personalmente lo considero omicidio.”
 
Dean sbatté le palpebre.
 
Castiel infilò le mani nel parka e abbassò lo sguardo. “Spero che ora siamo pari.”
 
Dean desiderò che Castiel iniziasse a dire cose sensate. “Pari?”
 
“Reciprocità, occhio per occhio …” Stava biascicando dentro il parka ora, a tono così basso che Dean quasi non lo sentiva. “Non avevo intenzione di scoprire quello che ho scoperto di tua madre, quindi adesso ti sto lasciando scoprire questo.”
 
Dean non poté evitare di guardare Castiel con aria incredula. “Quindi pensi che siamo a posto adesso?” domandò. “Dimmi, Cas, amico mio, che cosa hai ‘scoperto’ esattamente di mia madre?”
 
Castiel alzò lo sguardo, e i suoi occhi – erano leggermente inclinati di loro, sembrava sempre un po’ pensieroso, ma in quel momento sembrò davvero fottutamente triste. “È morta,” disse piano. “Tu eri lì. Eri molto giovane, ma abbastanza vecchio da ricordare. Ti ricordi ancora. Il suo viso è nei tuoi pensieri, un collage di tutte le foto di famiglia nei tuoi ricordi, ti ricordi le sue mani. Il suo tocco delicato. Il suo odore. La sua voce e la sua risata. E anche adesso, da uomo, pensi spesso a lei nei momenti tranquilli e ti chiedi cosa potrebbe pensare di te. Ti manca ancora.” Castiel guardò dritto negli occhi di Dean. “Ti mancherà sempre.”
 
Dean sentì qualcosa di caldo sulla guancia e si rese conto che stava piangendo. Si asciugò velocemente gli occhi col retro della mano. “Fottiti,” disse, con voce spezzata.
 
“Dean …” Castiel allungò una mano verso la sua spalla.
 
Dean indietreggiò.
 
Castiel deglutì pesantemente. “Posso venire dentro? Ho freddo.”
 
Fu in quel momento che Dean si rese conto che erano ancora in veranda. “No. Vai a casa.”
 
Ma, proprio come un cane randagio, Castiel si limitò a rabbrividire con gli occhi grandi e la coda tra le gambe. “Posso usare il tuo bagno?”
 
“Cosa c’è che non va col tuo bagno?” Chiese Dean.
 
Castiel lanciò un’occhiata verso casa sua. “È lontano.”
 
Dean si passò una mano sul volto. “È mezzanotte! Tornatene a casa tua!”
 
“Mi piacciono i tuoi capelli,” Disse Castiel. “e hai un gran culo. Posso entrare, per favore?”
 
“Adulazione?” Dean esibì il suo sguardo più incredulo. “È così che vuoi metterla? Mi hai appena fatto piangere, cazzo, e stai provando a entrare in casa mia a forza di complimenti?”
 
Castiel si limitò a guardarlo.
 
Dean aspettò.
 
Castiel inclinò la testa. “Sembri uno che fa esercizio.”
 
“Gesù Cristo, VA BENE, puoi entrare, ma sii veloce, cazzo.”






E anche questo è andato.
Stanotte, o per essere più precisi, stamattina molto molto molto presto mi sono messa a tradurre il capitolo 27 (ho quasi finito!!), per la serie che alle tre del mattino vengono certe spinte masochistiche. Ero a metà capitolo ed è morta la connessione a internet. È stato orribile, anche perchè quando non conosco una parola ci metto circa tre secondi a cercarla su internet e di conseguenza traduco più in fretta! Ma non mi sono arresa. 
Ed è così che sono finita a tirare fuori il mio meraviglioso, enorme e pesantissimo dizionario CARTACEO. Cavolo, esistono ancora certe cose!

Spero questo capitolo vi sia piaciuto, il gioco di parole è stato davvero molto patetico e divertente! Ringrazio le anime pie che hanno recensito e anche, scusatemi se non l'ho fatto negli scorsi capitoli, tutti i santi che hanno messo la storia tra preferite, seguite e ricordate! Ho scoperto che esistono tali creature mitologiche proprio l'altro ieri. Insomma grazie!
Al prossimo!
   

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


A/N: Ciao, miei unici e veri amori! Ho assolutamente adorato le vostre recensioni. Dean dovrebbe farvi visita. Non so se l'ho menzionato in precedenza, ma ... le recensioni sono più o meno la ragione per la quale metto le mie fanfiction sul web. È un sistema di gratificazione immediato. Quindi ricordate, se recensite, attivate i recettori di piacere nel mio cervello e stimolate questo mio comportamento!

Vi ho scritto un aggiornamento extra - lungo, quindi spero che vi piacerà. Due cose su questo capitolo:

1) Sono citati diversi artisti.Potrebbe essere una bella idea cercarli prima che vengano effettivamente citati. Rene Magritte, Andrew Wyeth e Ivan Albright. Probabilmente avete visto i lavori dei primi due, in precedenza, perchè hanno dipinto delle immagini estremamente iconiche, ma il terzo è meno conosciuto. Sarà abbastanza di aiuto sapere già di che cosa sto parlando.

2) Penso che la fine di questo capitolo possa essere un po' a ... rating rosso? Quindi siete avvertiti. Mi scuso se ho offeso qualcuno.Non ho idea di quale sia il limite per questo genere di cose, ma potrei averlo superato.

Divertitevi!


(nota dell'autrice thecouchcarrot)

CAPITOLO 5
 
Dopo essere riemerso dal bagno, Castiel studiò i quadri appesi al muro per una durata di tempo considerevole. Poi prese in mano i quattro sottobicchieri di Dean, uno per uno, e li esaminò con attenzione.
 
Dean si limitò a guardarlo dalla sua comoda posizione sul divano. “Castiel,” disse “Ti ha mai detto nessuno che sei davvero, davvero strano?”
 
Castiel si avvicinò il sottobicchiere agli occhi con concentrazione. “Di solito sono troppo educati.” Ridacchiò. “Ma tu no.”
 
Dean aggrottò le sopracciglia e si raddrizzò. “Cosa vorresti dire?”
 
Castiel appoggiò il sottobicchiere sul tavolino e si girò verso di lui con un’espressione seriamente preoccupata. “Dean, ti prego, dimmi che qualcuno ti ha parlato delle opere di Rene Magritte.”
 
Dean strizzò le palpebre. “Ma- chi?”
 
Castiel guardò il soffitto e scosse la testa con delusione. “Che farsa.” Borbottò.
 
Dean sospirò e si massaggiò la fronte, appoggiandosi l’altra mano sul ginocchio. “Senti, è stata una nottata veramente lunga. Puoi andare adesso, per piacere?”
 
Castiel lo squadrò dalla testa ai piedi, guardandolo come se lo stesse esaminando e giudicando. “Non sei mai andato a letto con una prostituta, vero?”
 
“Che ca- non pago per il sesso.” Ribatté Dean.
 
Castiel schioccò la lingua. “Non si paga una puttana per il sesso, Dean. La si paga perché se ne vada la mattina dopo. Cosa che, all’osservatore casuale, potrebbe sembrare proprio il tuo genere. Visto il tuo stile di vita.”
 
“Il mio stile di vita?” Dean si alzò, indignato.
 
“Ma a te non piacciono le prostitute,” Castiel continuò “quindi, piuttosto sei propenso agli incontri fugaci. I tuoi sottobicchieri lo evidenziano perfettamente.” Diede un’occhiata al salotto. “E sì, puoi chiamarmi Cas.”
 
“Bene, ascolta Cas” ringhiò Dean, facendo un passo verso di lui. “Penso che finirò per spaccarti il cranio con la tua maledettissima pietra meditativa se non la pianti e te ne vai.”
 
E improvvisamente, Castiel fece un gran sorriso. “Eccellente. Sono contento che ti piaccia.”
 
“Non è quello che ho detto!” Disse Dean bruscamente.
 
Castiel si diresse verso la porta. “Colleziono pietre. Quella che ti ho dato è un basalto di fiume dalle Ande. La sua frequenza spirituale si sintonizza bene con la tua.”
 
*
 
“Le Ande,” disse Sam. “Forte.”
 
Dean sbuffò. “Sempre che sia vero. E poi mi fa ‘Puoi dire alle persone che sono strano, non c’è problema. Ma dì anche che siamo amici.’ Seriamente. E poi se n’è andato.” Aprì un pacchetto di patatine. “Oh, e sembrava veramente offeso che non avessi mai sentito parlare di una tale Renee Mah – greet.”
 
Sam rise. “Magritte? Davvero? Sembra quasi … perfetto.”
 
Dean si infilò qualche patatina in bocca e accese la televisione. “Chi diavolo sarebbe questa tizia?”
 
“Tizio, Dean.” Lo corresse Sam. “Pittore surrealista. Hai presente ‘Ceci n’est pas une pipe’?”
 
“Per niente.”
 
“Hai visto qualcuno dei suoi lavori, solo che non lo sai. Ha dipinto l’uomo con la bombetta con la mela di fronte alla faccia, la donna nuda che si sta trasformando nel cielo … Cercalo su Google. I suoi lavori sono semplicemente … molto strani e simbolici, abbastanza ingegnosi normalmente, elementi realistici riarrangiati in chiave nonsense.”
 
“Quindi com’è che sarebbe perfetto?”
 
Sam rise. “Ma niente, è solo che dalla tua descrizione di questo tipo sembra che abbia un po’ lo stesso genere di non sequitur che caratterizzava i dipinti di Magritte. Sembra proprio il genere di cosa che potrebbe piacergli. Se dovessi sceglier un artista qualsiasi, per rappresentarlo, sarebbe Magritte.”
 
“Davvero?” Dean prese a fare zapping. “Per me invece?”
 
“Per te cosa?”
 
“Che artista sarei?”
 
Sam ci rifletté sopra per un istante. “Andrew Wyeth.”
 
Dean sospirò. “Già, non conosco nemmeno lui. Ma lo cercherò. Per quanto riguarda te, Jumbotron? Tu chi saresti?”
 
Sam rise di nuovo, in modo più cupo questa volta, un po’ amaramente. “Oh, non lo so. Probabilmente Ivan Albright.”
 
Dean mise su un canale di sport, e con la coda dell’occhio vide l’ora nell’angolo dello schermo. “Hey, dovrei essere da Jeff e Laura per cena, quindi devo andare.”
 
“Già, anche io.” Concordò Sam.
 
“Non vedo l’ora di averti qua, Sam.” Dean sapeva che non avrebbe dovuto dirlo, ma era vero. “Se non fosse per il mio vicino pazzo, mi starei annoiando a morte senza di te.”
 
Sam si fermò. “Spero di poter venire presto. Le cose stanno andando bene.” Sospirò. “E sai, per quanto sia matto, mi sembra che sia abbastanza solo. Forse ha davvero bisogno di un amico.”
 
“Già, ma perché io?” Dean sbuffò. “Ha vissuto qui per due anni e non ha mai detto ciao a nessuno, e improvvisamente non desidera altro che conoscermi.”
 
“Accettalo Dean,” poté praticamente sentire il sorriso da faccia di merda di Sam. “Sei troppo sexy per il tuo bene. Svolazza verso di te come una falena verso una fiamma che ha usato troppo gel per i capelli.”
 
“Taci, sfigato.” Rispose Dean.
 
“Sfigato? Sul serio?”
 
“CIAO, Sam.”
 
Risata di Sam. “Ciao Dean.”
 
*
 
Divenne un’abitudine. In qualche modo, divenne un’abitudine.
 
Ogni venerdì, appena dopo mezzanotte, Cas avrebbe bussato alla porta di Dean. Aveva sempre qualche scusa per essere lì.
 
La prima volta, se ne stava lì con un vassoio pieno di bacon. “Ne ho fatto troppo.” Disse a Dean, con aria imparziale.
 
La seconda volta reggeva un dosatore pieno di zucchero. “Penso di averlo preso in prestito da te.” Dichiarò.
 
La terza se ne stava lì in accappatoio, con aria terrorizzata. “C’è una tartaruga in casa mia, Dean. In qualche modo è entrata una tartaruga. Inizierà a scavare, e a farsi il nido e a riprodursi … Dovremo fumigare tutto.”
 
Dopo questa smise di inventarsi scuse, ma continuò a portare regali. Un cristallo di quarzo, una lampada “di scorta”, un cespo di lattuga … Non rimaneva molto a lungo, solamente un’ora o giù di lì, solamente il tempo necessario per entrare e essere strano e chiedere a Dean la sua opinione riguardo la costellazione di Orione o i formaggi stagionati. Dean aveva l’impressione che, in qualche modo, Castiel lo stesse addestrando, addestrando ad abituarsi alla presenza di Castiel in casa sua, come se questa fosse solo la prima fase di un esteso piano sovversivo dell’amicizia che aveva programmato con cura. E per quanto strano … stava funzionando. Dopo qualcosa come la quinta volta disse a Cas “Sai, potresti venire prima. E restare più a lungo. Se vuoi.” Non lo diceva nemmeno per compassione. Nonostante la tendenza di Cas a leggere Dean come un libro illustrato e abbattere ogni comune concezione di garbo, a Dean in qualche modo piaceva. Gli piaceva il modo in cui poteva essere sincero con Cas, e tutte le cagate interessanti con cui se ne veniva fuori. Non era mai noioso.
 
E … ok. Siamo assolutamente onesti. Gli piaceva di piacere a Cas. C’era qualcosa nel modo in cui Cas riusciva a concentrarsi ed ascoltare veramente, ti dava questa attenzione assoluta e qualche volta guardava Dean in una maniera … Non poteva davvero descriverla, ma era questo tipo di sguardo che Cas gli riservava quando Dean rimaneva perplesso, un sguardo più esperto, per nulla condiscendente ma quasi come “Tu mi fai restare giovane.” Che era strano, perché Dean si rese conto che era quasi cinque anni più vecchio, e inoltre, Dean avrebbe dovuto esserne offeso, giusto? Avrebbe dovuto essere indignato.
 
E si comportava come se lo fosse, indignato. Ma dentro di sé, gli piaceva quello sguardo.
 
Comunque, ancora non sapeva ciò che Cas faceva veramente per vivere. Uomini con delle borse continuavano ad arrivare e entrare la casa come sempre. Dean non chiese nulla a Cas, ma era dannatamente curioso. Una notte si sedette dietro le imposte e aspettò un’ora, gli occhi puntati sulla porta di Cas, solo per vedere l’uomo uscirne proprio come era entrato.
 
Non si paga una puttana per il sesso, Dean.
 
L’uomo entrò nella sua auto e se ne andò.
 
Non era la prima volta che il pensiero attraversava la testa di Dean. Era possibile che Cas fosse un qualche tipo di escort maschile che lavorava in casa. Avrebbe spiegato perché avesse un’intera casa per se stesso. Per qualche ragione, l’idea disgustava e affascinava morbosamente Dean allo stesso tempo.
 
Dean smise di spiare e entrò in doccia. Cominciò a lavarsi i capelli cercando di sciacquare via l’idea dai suoi pensieri.
 
Era facile da immaginare, lo era. Castiel era tutto pace hippie e amore libero, quasi sicuramente gay, quindi perché non ricercarne un guadagno? Dean poteva quasi vederlo. Un tipo qualsiasi avrebbe bussato alla porta. Castiel avrebbe risposto e chiesto all’uomo se aveva soldi con sé. L’uomo avrebbe fatto un cenno alla borsa a tracolla e sarebbe entrato, e non appena la porta si fosse chiusa Cas avrebbe detto Metti giù la borsa, togliti la giacca e non sarebbero andati in camera da letto, no, le tende erano sempre tirate, si sarebbero limitati a sfilarsi le maglie sul divano, e l’uomo avrebbe baciato Cas violentemente, perché erano qui per fottersi, o no, ma gli occhi di Cas non si sarebbero chiusi, per niente, sarebbero solo divenuti scuri e neri e avrebbe dilatato le narici, e avrebbe spinto i fianchi selvaggiamente contro l’uomo e stretto il culo, e l’uomo avrebbe mugugnato nella bocca di Cas, sarebbe stato così affamato e già duro e avrebbe morso il labbro di Cas e Cas avrebbe gemuto di piacere, si sarebbe dimenato e contorto, caldo e stretto, così caldo, avrebbe sbottonato i jeans dell’uomo e li avrebbe abbassati, respirando pesantemente, Fottimi, fottimi, e l’uomo si sarebbe tolto frettolosamente i jeans e Cas si sarebbe messo a quattro zampe e l’uomo, oh l’uomo sarebbe quasi venuto solo alla vista, le gocce di sudore tra le scapole di Cas e il suo culo perfetto e muscoloso e avrebbe afferrato Cas per i fianchi, e si sarebbe spinto dentro di lui con forza e Cas avrebbe mugolato e sarebbe scivolato contro di lui, piano all’inizio e poi più veloce e più veloce e lui avrebbe afferrato un pugno di quei folti capelli neri e avrebbe ansimato Di più, fottimi, più forte e i loro corpi bagnati, accaldati avrebbero sbattuto l’uno contro l’altro ancora e ancora, Cas avrebbe continuato a gemere Fottimi, fottimi Dean, fottimi, Gesù fottimi Dean, e Dean sarebbe venuto
 
Dean si fermò.
 
Dean rimase fermo nella doccia, ansimando, pesantemente.
 
Che.
 
Cazzo.
 
Girò la maniglia su freddo.








Questo è l'aggiornamento di quasi - l'una del mattino:
Non sequitur è l'espressione perfetta per descrivere il Cas di questa fic. Se non sapete che significa (io, dall'alto della mia ignoranza non ne avevo proprio idea) questa pagina di wiki è illuminante.
E questo capitolo è uno dei miei preferiti, il piano sovversivo di Cas per l'addestramento di Dean fa molto Piccolo Principe e Volpe.
Per il resto, ho questo dubbio. Ho messo la storia sotto rating arancione, e a me sembra ancora adatto, perchè la scena descritta alla fine non tratterà di raccogliere margherite ma non mi sembra nemmeno eccessivamente grafica, però, se c'è qualcuno che pensa che dovrei cambiare il rating a rosso, è detto fatto.
Grazie a quelle bellissime persone che hanno recensito e messo la storia in preferite/ seguite/ ricordate, credo che anche i vostri organi interni siano belli. Non siate parchi di recensioni,  scaricatemele addosso come fareste con lo zucchero a velo sul pandoro o la mozzarella sulla pizza, ormai sono la mia droga.
Al prossimo :)

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


A/N: Spero abbiate tutti delle vacanza stupende. Ho adorato tutte le vostre recensioni. :) Quindi, per questo capitolo, tutti coloro che recensiranno otterranno un ESCLUSIVO Momento Sotto il Vischio con Dean e Cas autorizzato! Esatto, ho detto Dean E Cas! Due al prezzo di uno! Cavolo, potete anche spostarvi e lasciarli baciare sotto il vischio se volete! CHE GRAN AFFARE

Eeeeeeed ecco il vostro capitolo!

Il venditore non è responsabile se i partiti coinvolti nel Momento Sotto il Vischio autorizzato iniziano a intraprendere atti di pubblica indecenza. Il venditore non è passibile per legge se Dean e Cas esludono maleducatamente il compratore di questo prodotto da frivolezza e intraprendono prolungati atti di pubblica indecenza entusiasticamente e vigorosamente. Tutti i diritti riservati a Smoochytimes incorporated.


(Nota dell'autrice thecouchcarrot)

CAPITOLO 6
 
Dean era preoccupato per Cas.
 
Era un freddo sabato pomeriggio e Castiel era rimasto seduto sui gradini di fronte alla sua porta per qualcosa come due ore. Felpa grigia, cappuccio stretto intorno alla faccia, occhiali da aviatore, jeans logori e infradito, rannicchiato con un pacchetto di sigarette, a fumare come una ciminiera. Irrequieto. Tremante.
 
Non erano affari di Dean.
 
Però un po’ affari suoi erano, giusto? Perché Cas era uno schizzato con tanto di certificato, e il terreno era gelato e di tanto in tanto cadeva qualche fiocco di neve dal pesante cielo bianco e nessun altro si sarebbe alzato per dire Cas, hey, vieni dentro prima che ti venga la pelle blu e ti cadano le dita dei piedi. Dean era l’unico.
 
Quindi, infine, portò fuori la sua spazzatura mezza piena, e fece finta di notare Cas per puro caso. Gli andò incontro.
 
Cas non sembrò accorgersene, però era difficile dirlo visti gli occhiali da sole. Continuò semplicemente ad aspirare la sua sigaretta.  
 
“Hey, Kaczynski,” lo salutò Dean. “Ti stai preparando psicologicamente per un bella giornata da Unabomber?”
 
Cas espirò una nuvola di fumo e rabbrividì.
 
“Buongiorno?” Dean scosse una mano di fronte a lui. “Terra a cadetto spaziale? C’è qualcuno in casa?”
 
Cas scosse la testa.
 
Una certa paura pizzicò il collo di Dean, cominciava a pensare che ci fosse qualcosa di seriamente sbagliato. “Castiel,” disse “c’è un motivo specifico perché te ne stia seduto qui fuori?”
 
Cas scosse il mozzicone di sigaretta per liberarlo della cenere. “Avevo intenzione di diventare un prete, sai. Non penso di avertelo detto prima.” Aspirò ancora una volta. “Sono andato al seminario e tutto il resto.”
 
Dean provò a immaginarsi Cas come un uomo da tonaca, senza risultati. “Cattolico? Davvero?”
 
Cas annuì.
 
“Un prete?” Dean non riusciva a concepire la cosa. “Di quelli celibi?”
 
Cas sorrise a sé stesso.
 
Dean si massaggiò la mandibola. “Che io sia dannato. Cosa ti ha fatto cambiare idea?”
 
Il sorriso di Castiel scomparve, e si prese un momento per inalare un’altra dose di nicotina. Espirò con un lamento e appoggiò il sedere sul suo zerbino. “Il problema del male.”
 
“Cosa intendi?” Chiese Dean.
 
Cas non rispose. Si limitò a stringersi di più contro sé stesso.
 
“Beh, in ogni caso …” Dean alzò gli occhi al cielo. “Sembra che stia per nevicare, Cas. Dovresti andare dentro.”
 
Cas rabbrividì, ma non diede segno di averlo sentito.
 
Dean sospirò e si chinò al livello di Castiel. “Stai bene, Cas?”
 
La bocca di Cas si fece piccola e stretta, e scosse appena la testa.
 
“Cas.” Dean parlò un po’ più piano. “Cosa c’è che non va?”
 
Rimase in silenzio per un momento, e infine finalmente sussurrò “Ho freddo, Dean.”
 
E quello fu tutto ciò di cui ci fu bisogno a quanto pare. Dean non poté sopportare oltre, non poteva lasciarlo lì fuori a sbiancare e morire. “Va bene,” disse, prendendo Cas per il gomito e alzando entrambi “forza e coraggio. Vieni da me e ti faccio un caffè.”
 
Cas non protestò, ma consentì silenziosamente a Dean di portarlo dentro.
 

*

 
“Come lo vuoi il caffè?” Chiese Dean, porgendogliene una tazza piena.
 
Cas si sedette al tavolo della cucina, battendo delicatamente le dita sulla superficie di formica. La luce intensa del lampadario lo fece sembrare ancora più piccolo, più stanco, le ombre e le linee del suo viso più scure che mai.
 
“Tiro a indovinare … sette cucchiaini di zucchero e otto di panna.” Dean afferrò la zuccheriera dalla credenza e la mise sul tavolo. “Lascio decidere a te.”
 
“Dean.” Castiel si tolse gli occhiali da sole. Aveva gli occhi rossi e gonfi, le iridi blu sembravano in qualche modo più chiare e sbiadite. “Mi piacerebbe avere qualcosa da bere.”
 
Dean sorrise, portandosi dietro la tazza di Cas e sistemandogliela di fronte. “È a questo che serve il caffè.”
 
“No.” La bocca di Cas tremò, e la sua mano si chiuse a pugno. “Ho bisogno di bere finché non smetterò di sentirla.”
 
Dean si immobilizzò sul posto, e per un secondo rimase completamente incapace di fare qualsiasi cosa. Non aveva la minima idea di come elaborare la cosa, come comportarsi, o cosa dire, o nemmeno che emozione provare, cazzo. Per un secondo, rimase semplicemente immobile.
 
Ma poi tirò fuori la sedia da sotto il tavolo, si sedette di fianco a Cas e chiese “Chi?”
 
“Ti prego,” disse Cas, con gli occhi lucidi di disperazione. “Ho solo bisogno di un drink. Solo bisogno di non provare nulla.”
 
Dean scosse la testa. “Non c’è dubbio. Non da me, almeno. Chi è, Cas?”
 
Cas si alzò da tavola, il caffè intoccato. Barcollò fino al salotto e collassò sul divano, rannicchiandosi su sé stesso, in una palla, e chiudendo gli occhi con forza.
 
“Cas,” disse Dean, spaventato. “Castiel!”
 
Rimase lì per il resto del pomeriggio.
 

*

 
“Non so cos’abbia che non va.” Sussurrò Dean al telefono, le dita strette intorno al ricevitore. Era nella sua stanza, ma la porta era aperta. “Penso – penso che stia dormendo ora, ma sono preoccupato … Voglio dire, chi diavolo può sapere cos’ha fumato, scoppiato o sniffato …”
 
“Come respira?” Chiese Sam.
 
“Non lo so, normalmente?” Dean lanciò un’occhiata alla porta. “Com’è normale?”
 
“Se inspira meno di dodici volte al minuto, devi chiamare il 911. Ha le dita o le labbra blu?”
 
“Non credo.” Dean si morse il labbro. “Posso controllare.”
 
“Onestamente …” Sam sospirò. “Non penso si sia fatto, Dean. Penso sia qualcosa di psicologico. Cosa ti ha detto esattamente?”
 
“Non lo so, non è che avesse molto senso …” Dean si massaggiò il retro del collo e cercò di ricordare. “Gli ho chiesto cosa c’era che non andava, non mi ha risposto. Mi ha detto che voleva diventare un prete, una volta.”
 
Sam rise. “Un prete? Merda.”
 
Dean ridacchiò. “Vero? Quindi gli ho chiesto che cosa gli avesse fatto cambiare idea, e tutto ciò che mi ha detto è stato ‘il problema del male’. Qualunque cosa significhi.”
 
“Huh,” disse Sam. “Interessante.”
 
“Cosa?”
 
“Il problema del male,” disse. “È un dilemma filosofico – barra – teologico classico. In sostanza, se Dio è onnisciente, onnipotente e benevolo, come può esistere il male? O non può fermarlo, e questo lo renderebbe non proprio onnipotente, o non vuole, che lo renderebbe … beh, meno benevolo.”
 
“Va bene.” Disse Dean, “Quindi Cas non ha preso i voti perché non poteva seguire un Dio che lascia che accadano brutte cose alla buona gente.” E, come il sole sorgente oltre il profilo di una collina, tutto cominciò a rischiararsi per Dean. “Ho capito. Ho capito cos’è successo.”
 
“Cosa?” Sam chiese con impazienza.
 
“Mi ha detto che avrebbe voluto bere finché non avesse smesso di sentirla.” Spiegò Dean. “Beh, un po’ di tempo fa mi ha detto che sua sorella si è suicidata quando lui aveva vent’anni, ma che lo considera omicidio.”
 
“Cristo.” Mormorò Sam. “È questo. Gli muore la sorella, crisi di fede, vita di dissolutezza …”
 
“… e qualcosa deve aver scatenato gli eventi di oggi.” Concluse Dean. “Forse ha trovato una vecchia foto, o fumato certa merda e l’ha allucinata …”
 
“O.” Sam si fermò. “Forse è un anniversario.”
 
Dean chiuse gli occhi e si pizzicò il naso. “Gesù Cristo.”
 
“Ascolta, Dean …” Sam espirò pesantemente. “Per me, personalmente, quando è il … quando è il giorno in cui è morta Jess … è piuttosto dura. E posso solo immaginare, perdere una sorella, sarebbe mille volte peggio. Quindi non forzarlo a parlarne, ma se vuole farlo, allora … sii lì per lui.”
 
Dean sospirò. “Ci proverò.” E non era sicuro di cosa l’avesse spinto a farlo, ma disse “Pensavo di venire a trovarti, Sam.”
 
Per un secondo ci fu solo silenzio dall’altro capo del telefono. “Potresti.” Disse Sam lentamente.
 
“Ho delle ferie,” disse Dean, “potrei anche usarle -”
 
“Ma -” Sam fece una lunga pausa, poi disse velocemente, “Vengo lì da te fra due settimane.”
 
Davvero?” Esclamò Dean. “Stai scherzando! Sul serio? Mi stai pigliando per il culo, Sammy!”
 
Sam rise. “ Nah, mi hanno dato il via libera oggi. Tutto ciò che devo fare è sistemare le mie cose e impacchettare le mie cagate.”
 
Dean sorrise e rise. “Fantastico. Non vedo l’ora, Sam.”
 
Quando riattaccarono ancora non riusciva a togliersi il sorriso dalla faccia. Lasciò la sua stanza e tornò nel salotto il più silenziosamente possibile.
 
Castiel era ancora rannicchiato sul divano, ma si era rilassato un  po’. La sua faccia si era distesa nel sonno, e le sue ginocchia erano scivolate dalla posizione fetale, quindi i suoi piedi penzolavano giù dal cuscino.
 
Dean si avvicinò silenziosamente, dopo un minuto di considerazione, gli tolse le infradito e le sistemò sotto il tavolino.
 
Cas non si mosse.
 
Dean si inginocchiò sbirciando la faccia di Cas, cercando di decidere se le sue labbra sembrassero blu.
 
Non sembravano blu. Solo normale rosa. Erano un po’ screpolate, forse.
 
E poi, all’improvviso, gli occhi di Cas si spalancarono, e si fissarono dritti in quelli di Dean.
 
Dean si rese istantaneamente conto di quanto si era avvicinato, e con che concentrazione stava fissando il viso di Cas, e avrebbe proprio dovuto distogliere lo sguardo in quel momento e smettere di guardare quei dannati occhi e invece si immobilizzò e arrossì violentemente e disse “Hey.”
 
Cas sorrise debolmente e allungo la mano per dare un buffetto alla guancia di Dean, e disse dolcemente “Non ti preoccupare.” Poi chiuse gli occhi e si addormentò di nuovo.












Ed eccoci qua, anche questo è andato :)
Grazie a tutti quelli che hanno recensito, messo tra preferiti, seguite e ricordate, che sono abbastanza.
Baci e al prossimo!
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


A/N: Cari lettori! Grazie mille per le vostre fantastimeravigliosissime recensioni. Vi amo tutti.I vostri regali arriveranno con la posta.

Per il resto, questo capitolo è stato un FIGLIO DI PUTTANA. Uno di quelli in cui arrivo a metà, cambio idea, cancello tutto e ricomincio da capo. GAH. Ho fatto il classico errore di avere delle frasi in testa che volevo utilizzare, e ho provato a infilarle a forza nel capitolo, riempendolo quindi di schifo. Ho ricominciato e ho lasciato che fosse il capitolo a parlare.

Erano delle belle frasi però. *smorfia*

Comunque, ecco il capitolo, scusate per il ritardo, spero vi piaccia, e vi prego vi prego, vi PREGO recensite e fatemi sapere che ne pensate.


(Nota dell'autrice thecouchcarrot)

CAPITOLO 7
 
A un certo punto, verso le dieci, Dean svegliò Castiel. “Sto andando a letto,” gli disse “e se ti sei sistemato sul divano, va bene ma … c’è una camera in più di sopra, sei vuoi un letto vero.”
 
Castiel annuì barcollando e seguì Dean al piano di sopra.
 
“Ecco qua.” Dean accese le luci e fece un cenno verso il letto, che aveva sistemato qualche settimana prima. “Sono proprio oltre il corridoio, se avessi bisogno di qualcosa.”
 
*
 
Due ore dopo Dean era ancora disteso nel suo letto, completamente sveglio. Non importava da quale parte si girasse, non riusciva a trovare una posizione comoda; rotolò e si girò e colpì il materasso e piegò il cuscino con rabbia, ma c’era sempre qualcosa che non andava.
 
Forse avrebbe dovuto controllare Cas. Per essere sicuro che non si fosse buttato dalla finestra o qualcosa del genere.
 
Si stese sulla schiena e fissò il soffitto, cercando di rilassarsi. Inspirare, espirare. Inspirare, espirare.
 
Inspirare, espirare.
 
Inspirare …
 
Eeeeee niente. Niente, non succedeva niente. Dean finalmente si arrese, scese dal letto, si vestì, attraversò il corridoio, e aprì la porta della camera con attenzione.
 
Cas non era a letto. Era appollaiato sul davanzale della finestra, con lo sguardo fisso nella notte, le ginocchia portate al petto e le braccia a circondargli le gambe. La neve cadeva fitta e veloce fuori dalla finestra, e il terreno, ricoperto da un lenzuolo bianco, rifletteva le luci dei lampioni riempiendo la camera di un’innaturale luce arancione.
 
“Immagino che tu abbia dormito abbastanza questo pomeriggio.” Disse Dean.
 
Cas annuì, continuando a guardare fuori dalla finestra. “Mi sento meglio adesso.”
 
Dean esitò, e poi fece un passo avanti, appoggiando una mano sulla testiera del letto. “Vuoi … parlarne?”
 
Castiel si girò, lasciando che la luce catturasse il suo profilo. “Questa stanza è per Sam, vero?”
 
Dean rise mestamente e si grattò la fronte. “Beh, lo spero. Vedremo se gli piace.”
 
“Ed è lui il motivo per cui ti sei trasferito, non il tuo lavoro.” Disse Castiel, con voce pesante e bassa. “Volevi permettergli di ricominciare da capo.”
 
Dean strofinò il montante rotondo della testiera del letto e vi abbassò lo sguardo e non rispose. Non era veramente una domanda, in ogni caso.
 
“Il problema del male …” Castiel sospirò. “Noi drogati lo amiamo. Se Dio ha creato tutto, allora Dio ha creato i cristalli di metamfetamina. E se Dio ha creato i cristalli di metamfetamina …” rise amaramente. “Allora Dio vuole che io li fumi. O forse non c’è nessun Dio, e allora non importa che cazzo faccio.” Si morse le unghie. “Ma è strano Dean. Io ci credo ancora in Dio. Ho solo perso tutto il rispetto provavo per lui.” Sorrise, un sorriso affilato e tagliente. “È un papà da quattro soldi. ‘Padre nostro, che non sai sostenere tuo figlio …’ ”
 
Dean si avvicinò di più, fermandosi solo a pochi centimetri di distanza. “Cos’è successo, Cas?” Chiese.
 
Cas voltò la testa verso Dean, e la luce arancione lo colpì in modo tale che solo metà fosse illuminata e l’altra metà restasse nell’ombra, e per un momento, dal modo in cui i suoi occhi brillavano nell’oscurità, Dean poté sentire, poté sentire fisicamente che Cas voleva dirlo, voleva raccontargli tutto, che gli avrebbe raccontato qualsiasi cosa e tutto ciò che avesse mai voluto sapere, e Dean non osò nemmeno respirare perché poteva sentirli vacillare sull’orlo di un grande, oscuro baratro, stavano per precipitare insieme nell’abisso.
 
Ma poi Cas guardò da un’altra parte, e chiuse gli occhi.
 
Dean voleva dire “Mi dispiace”, “Non devi parlarne per forza”, “Lo capisco” ma non lo fece. Invece allungò il braccio e appoggiò la mano sulla spalla di Cas.
 
Il pomo d’Adamo di Cas si alzò e abbassò, e lui allungò la mano per prendere quella di Dean sulla sua spalla, la strinse tra le sue e se le appoggiò sulle ginocchia.
 
Che forse era un po’ di più di quel che Dean si era aspettato, ma provò a non dare di matto e lasciò perdere.
 
Poi Cas borbottò qualcosa a sé stesso.
 
“Cos’hai detto?” Chiese Dean.
 
Cas si schiarì la gola. “Tu ed io siamo molto simili.”
 
Dean ridacchiò. “Giusto.”
 
Cas strofinò il pollice lungo il lato del palmo di Dean. “Siamo lo stesso insetto. Ma tu sei la larva, e io sono il bozzolo.”
 
“Dimmi qualcosa di sensato, quando te la senti.” Disse Dean.
 
“Figli obbedienti. Padri severi. Fare quello ci si aspetta che facciamo, quello che ci chiedevano.” Cas osservò le dita di Dean con attenzione. “Non hai mai voluto entrare in un settore pubblicitario, Dean. Semplicemente si è mai presentata la possibilità di fare altro.”
 
Dean sentì una strana contrazione nel petto. “È stato così per te?”
 
Castiel annuì. “Mi ci hanno cresciuto, e pensavo di essere stato chiamato. Non a causa di una grande ondata di desiderio spirituale, ma semplicemente perché non provavo alcun desiderio nei confronti delle donne.” Rise piano. “Ero molto protetto.” Girò la mano di Dean e infilò le dita tra le sue. “La differenza tra te e me è che tu sei ancora obbediente, mentre io adesso sono fuori come un balcone.”
 
Dean sorrise. “Nah, non la metterei così. Sei strano forte, cazzo, ma non sei pazzo.”
 
Castiel sorrise lentamente, e piano il sorriso si trasformò in un gran ghigno, e lasciò la mano di Dean. “Pensi che non sia pazzo?”
 
“No.” Dean scosse la testa. “Hai le uova strapazzate, ma hai ne hai ancora una cassa piena.”
 
Cas si alzò, allora Dean vide quel bagliore nei suoi occhi, la posizione decisa della sua mandibola. “Posso provarlo.”
 
“Hey, hey, niente salti fuori dalla finestra.” Lo avvertì Dean. “Sarebbe stupido, non da pazzi. E già che ne stiamo parlando, che ne dici di niente che involga il danneggiamento di proprietà, perché l’ultima cosa di cui ho bisogno – ”
 
E fu allora che Cas lo afferrò per le spalle e lo baciò.
 
Dean si immobilizzò.
 
Dean chiuse gli occhi.
 
Dean ricambiò il bacio.
 
E improvvisamente Cas lo spinse indietro e sorrise allegramente e disse “Buonanotte, Dean.” E uscì dalla stanza, lungo il corridoio, fuori dalla porta principale e tornò a casa sua.
 
Dean rimase fermo lì per un bel po’.







E via col tango! Le cose stanno prendendo una belle piega eh? 
Spero il capitolo vi sia piaciuto!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


A/N: Mi scuso in anticipo: questo capitolo è super corto.

Lo so, lo so, sono un pessimo esempio di essere umano. MA! Almeno la svolta è stata veloce, no?

Per coloro che hanno recensito la volta scorsa, avete la mia eterna gratitudine e vi ringrazio. Ho pensato fosse divertente che qualcono di voi avesse menzionato che si aspettava che Cas sarebbe andato da Dean ad abbracciarselo, perchè era stata una delle mie idee, ma poi l'ho eliminata. Cas era così catatonico e chiuso in sé stesso che ho pensato fosse Dean a dover andare da lui, e da lì è venuto fuori il resto, quello è stato il momento in cui Dean si è aperto per lui.

Comunque, ho amato tutte le vostre recensioni profonde e gentili quindi VI MERITATE TUTTI DEI PONY!

PONY MAGICI E MERAVIGLIOSI!

CON ... PISTOLE!

E coloro che recensiranno questo capitolo, avranno dei cavalli. Quindi datevi da fare!


(Nota dell'autricethecouchcarrot)

CAPITOLO 8
 
Dean passò buona parte del sabato concentrato sul non urlare istericamente e prenotare il prossimo volo per le Barbados.
 
Ok. Ok. Aveva baciato peggio. Quella ragazza alla festa del Pi Chi, strabica e con la bocca piagata, per esempio. Non era significato nulla, e questo non significava nulla, ed era stato come un bacio sulla scena, solo per uno spettacolo, e Cas l’aveva fatto solo per incasinarlo e spaventarlo a morte e per Dio, stava funzionando.
 
Era solo che … tutte quelle ragazze discutibili erano ragazze. E lui aveva sempre baciato ragazze. Questo era un ragazzo. Un ragazzo gay. C’era persino la possibilità che fosse un ragazzo prostituta gay e, Gesù, sarebbe stato meglio se si fosse fatto dei test, vero?
 
Mentalmente Dean si diede un calcio. Era ovvio che non avrebbe dovuto fare degli esami. Era stato solo un bacio.
 
Solo un bacio.
 
Non ci aveva nemmeno messo troppa lingua.
 
*
 
Dean non riusciva a dimenticare.
 
Avrebbe dovuto essere semplice. Bloccare un sogno ad occhi aperti estremamente grafico, non pensava a Cas in quel modo. Non pensava a nessun uomo in quel modo.
 
Ok, c’erano stati un paio di – ma non era questo il punto!
 
Semplicemente non era attratto da Cas. Questa era la dura verità. Era stato un bacio istintivo, non uno vero. E ciò che lo stava veramente  spaventando, decise, era il fatto di non essere sicuro quanto il bacio fosse stato reale per Cas.
 
Guardò l’orologio.
 
Le sette del mattino. Momento buono come un altro per alzarsi.
 
Si sedette di fronte alla tv per un’ora, guardando i conduttori agitarsi e blaterare. Durante la notte erano caduti due piedi di neve. La chiamavano “Nevapocalisse ‘09”. Un sacco di interviste ai cittadini bersagliati incapaci di raggiungere i negozi di alimentari o comprare i medicinali alla nonnina. Inviati nei supermercati gesticolavano verso gli scaffali vuoti dove avrebbero dovuto trovarsi le torce elettriche e le stufe a gas. Macchine parcheggiate diagonalmente lungo l’autostrada. Dean alzò gli occhi al cielo e lasciò che andassero tutti in panico. Forse, se era fortunato, non sarebbe riuscito a raggiungere l’ufficio il giorno dopo.
 
E poi sentì bussare alla porta.
 
Castiel era lì, impacchettato in una gran quantità di vestiti come il fratello piccolo di A Christmas Story, tutto l’insieme coronato da un cappello a forma di scimmia cucito a mano. “Hai l’elettricità?”
 
Dean sospirò. “Vieni dentro, dai.”
 
Cas si infilò dentro e dondolò come una papera fino alla cucina, dove cominciò a togliersi strati di vestiti con impegno, uno per uno, iniziando con una serie di sciarpe dai colori brillanti. “Non ho nemmeno un camino.” Spiegò. “Stavo seriamente contemplando l’idea di mangiare hot dog freddi quando mi sono ricordato che siamo amici. ” Infilò una mano nel gonfio cappotto blu che indossava e estrasse una serie di sacchetti di carta marrone. “Ho portato i pappa d’avena.”
 
Dean si sedette al tavolo della cucina e si fece coraggio. “Ascolta, Cas …”
 
Cas appese il giubbotto a un sedia e cominciò a sbottonarsi i pantaloni da neve. “Ascolto, Capitano.”
 
“Riguardo la scorsa notte.” Deglutì pesantemente, la bocca improvvisamente asciutta. “Quando mi hai baciato. Non facc – beh, preferirei che non lo facessi più.”
 
Castiel si liberò dei pantaloni e sbottonò il suo parka. “Vuoi già passare ai bocchini? Non pensi che di essere un  po’ ingordo, Dean, considerato che sei meno che disposto a ricambiare il favore?”
 
“Cosa? No!” Esclamò Dean, indignato.
 
Castiel lo guardò dubbioso. “Sei sicuro? Perché … faccio degli ottimi bocchini.” Fece vagamente il broncio.
 
“No!” Dean si alzò e incrociò e scrociò le braccia gesticolando veementemente un “no”. “Non ci sarà assolutamente nessun – bocchino! Nessuno!”
 
E Castiel fece un sorriso smagliante, rimosse il parka e disse “Bersaglio facile, Dean, se così incredibilmente semplice.”
 
Dean bollì silenziosamente per un secondo, poi notò tutto ciò che era rimasto addosso a Cas. “Cas, credo che tu sia l’ultima persona in America che possiede ancora una calzamaglia.”
 
Castiel prese la teiera di Dean dal fornello e la riempì d’acqua. “Vuoi un po’ di pappa d’avena?”
 
Dean si sedette di nuovo, gomiti sulla tavola, e appoggiò la guancia sul palmo della mano. “Certo.”
 







Capitolo cortissimo.
Il mio problema è che sono schifosamente depressa, non clinicamente. E quindi ho solo voglia di rannicchiarmi sul letto in un palla di autoccomiserazione e pessimismo. 
Probabilmente per domani mi sarà passata.
Grazie come al solito a tutti i recensori e i mettitori della fic in preferite/seguite/ricordate, siete tutti belli. Lo so.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


A/N: Bambini miei! Miei deliziosi bambini innamorati delle storie gay erotiche! Vi ho preparato un altro capitolo. Spero vi piaccia. Ci ho lavorato senza sosta.

Per coloro di voi che hanno recensito, vi amo. Lo so, lo so, la nostra relazione è troppo recente per iniziare già ad usare la parola con  la L ma non posso evitarlo. Vi amo, via amo, vi amo! La vita è breve, e mi rifiuto di nascondere i miei veri sentimenti! I vostri cavalli sono nella mail. Le munizioni vengono vendute separatamente.

Per questo capitolo, se recensirete io ... uh ... io vi farò i biscotti! E scriverò più in fretta, cosa che ... alla fine di questo capitolo, penso potreste desiderare.

Non ho detto nulla! Nulla! Non ho detto nulla!

Commence il capitolo!


(Introduzione dell'autrice thecouchcarrot)

">thecouchcarrot)

CAPITOLO 9
 
Castiel e Dean spesero le prime ore della Nevapocalisse svaccati sul divano a mangiare pappa d’avena e guardare tutti i film della seria di Fast and Furious.
 
“Ciò che trovo strano,” disse Dean “è che io ho ancora la corrente. Viviamo sullo stesso lato della strada e tutto il resto. Dovremmo essere sulla stessa linea …”
 
“Oh, la mia interruzione di corrente non ha nulla a che fare con la linea elettrica.” Disse Cas con nonchalance. “Ho fatto esplodere un fusibile e non avevo un rimpiazzo.”
 
Dean si fermò col cucchiaio per aria. “Cosa? Come?”
 
Cas deglutì un’altra cucchiaiata. “Avevo diversi apparecchi accesi, e penso ci sia stato un corto circuito. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.”
 
“Apparecchi?” Chiese Dean.
 
Castiel annuì.
 
Dean aspettò per un secondo, appoggiò la sua pappa d’avena sul tavolino. “Ti dispiacerebbe spiegare?” Chiese incredulo.
 
Cas lo guardò come se fosse Dean quello strano. “Lucidatori di pietre. Tritatutto. Li avevo tutti accesi nello stesso momento.”
 
Dean stoppò il film e portò tutta la sua attenzione sul suo compagno di divano. “Cas, cosa fai veramente per vivere?”
 
Cas sbatté le palpebre. “Te l’ho detto. Sono un fotografo.” Fece un cenno allo schermo della televisione. “Fallo ripartire. Non ho ancora capito chi è Fast è chi è Furious.”
 
Dean lo guardò a lungo.
 
Cas fece cenno con insistenza.
 
Dean sospirò e premette play. “Beh, almeno sei l’unico senza elettricità.”
 
A poi la stanza precipitò nell’oscurità.
 
“Ci hai portato sfiga, Dean.” Disse Cas. “Dovevi proprio maledirci.”
 
“Non è colpa mia!” Scattò Dean. “È la fottuta Nevapocalisse.”
 
Quindi accesero un fuoco, e lo guardarono per qualche minuto.
 
“Perfetto.” Dean guardò cupamente la sua ciotola vuota. “Cosa facciamo adesso?”
 
Cas alzò le spalle. “Ci facciamo un drink?”
 
Dean strinse le labbra. “Magari uno solo.”
 
*
 
“E, lascia che ti dica ‘na cosa.” biascicò Dean “Non me ne frega niente di quello che dicono. Le gazzelle sono fottutamente maestose, ‘pito? Fottutamente maledettamente maestose. E se questo mi rende ‘na fighetta, allora sono ‘na fighetta.”
 
“No, hai ragione, hai proprio ragione.” Disse Cas, con gli occhi grossi e insistenti. “Sono aggraziate, loro … saltellano dappertutto.” Illustrò con  un ampio gesto della mano. “E i loro spirito sono così rapidi e liberi … sono bellissime.” Le fiamme danzarono sul suo viso e la sua pelle brillò, viva, viva con le fiamme come una qualche sorta di fottuta pelle di fenice o qualche cazzata del genere.
 
Dean si accoccolò nel nido di lenzuola e alzò lo sguardo su Cas, disse “Castiel, sto avendo certi pensieri poetici su di te.” Cullò la bottiglia di Jack. “Ora di tracannare.”
 
Cas si allungò verso di lui e gli prese la bottiglia dalle mani. “Te lo impedisco.”
 
Dean aggrottò le sopracciglia e fece il broncio e provò a sembrare patetico. “Heyyyy. Ridammela. Chi ti ha eletto capo di Drunktown?”
 
Cas rise senza concedergli compassione alcuna. “Sono il sindaco di Drunktown. E il capo della polizia. È stato rilasciato un mandato per la tua cattura.”
 
Dean ridacchiò e torno a distendersi e chiuse gli occhi, incrociando le braccia dietro la testa. “Quali sono le accuse?”
 
Cas si leccò un dito e girò la pagina di un taccuino immaginario. “Ubriachezza eccessiva. Discorsi su gazzelle. Pubblica indecenza.”
 
Gli occhi di Dean si aprirono di scatto. “Quale indecenza?”
 
Cas lo squadrò minuziosamente. “Indossi solo dei boxer. Terribile scandalo.”
 
“Huh?” Dean allungò il collo e guardò in basso, e, ne fu abbastanza certo, nient’altro che boxer attillati. “Quando è successo?”
 
Cas alzò le spalle. “Non so. Avevi una vestaglia, ma hai detto che soffocava il tuo spirito d’innovazione.”
 
“Huh.” Dean non aveva idea di significasse ma non gli importava, tecnicamente anche Cas indossava solo l’intimo anche se era una calzamaglia, la usava comunque come mutande, quindi erano pari. Si limitò a risistemarsi sui lenzuoli e alzò lo sguardo su Cas, che era appoggiato su un braccio, col palmo steso sul lenzuolo, il gomito piegato e la testa a riposare sulla spalla e la schiena in sinuosamente scomposta, in qualche modo, e il suo corpo creava questa silhouette snella, come una specie di maledetto sexy gatto della giungla ma del genere sexy non – peloso. Guardava in basso, verso Dean con questa – questa espressione – la bocca solo leggermente piegata in un sorriso negli angoli e gli occhi brillanti e tutta la sua faccia sembrava semplicemente … bruciare come carboni ardenti, solo per Dean e Dean sentiva un piacevole calore nel petto e nella sua faccia arrossata e le sua mani fremevano.
 
“Hey,” disse Dean. “hey, sto per chiederti qualcosa di veramente gay, ok? Ma sono comunque etero.”
 
Cas ridacchiò, e fu una risata bassa, asciutta e roca. “Ok. Che cosa?”
 
Dean deglutì. “Ci … rinunceresti per me?”
 
Gli angoli della sua bocca si contrassero. “Rinunciare a cosa?”
 
Dean sapeva che non avrebbe dovuto farlo ma andò avanti lo stesso. “La roba pesante. Di qualunque cosa tu ti faccia. Non alcol, o sigarette, ma il resto. Perché mi preoccupo per te, e voglio che Sam venga a vivere qui, e non può stare intorno … sai … a persone del genere.”
 
Cas rimase in silenzio per un po’, e la sua faccia fu proprio inespressiva, e Dean incominciò a preoccuparsi perché, cazzo, aveva rovinato tutto, adesso Cas si sarebbe incazzato e avrebbe detto a Dean di andare a morire in un incendio e l’avrebbe meritato, per aver ficcato il naso negli affari di Castiel.
 
Ma poi incontrò gli occhi di Dean e non sembrava scocciato. “Ok.” Disse. “Ma solo perché mi piaci.”
 
Dean sospirò di sollievo. “Grazie. Lo apprezzo.” Poi allungò la mano e tirò delicatamente il braccio di Cas e disse “Vieni quaggiù, dai, abbracciami, è l’Ora Gay perciò vieni qua e coccolami prima che ritorni sobrio.”
 
Quindi Cas si distese affianco a Dean e Dean li coprì entrambi colle lenzuola e si girò verso di lui, in modo da poter appoggiare la testa sulla spalla di Cas, giocare coi bottoni di Cas e toccare cautamente la barba ispida sul suo collo.
 
“A volte mi dimentico,” Disse piano Dean. “mi dimentico cosa significa non essere solo.”
 
“Anche io.” Ammise Cas. “Ma qualche volta essere non soli rende la solitudine più reale, quindi a volte devi … dimenticare.”
 
“Non dirlo a nessuno.” Sussurrò Dean. “Non voglio che nessuno lo sappia.”
 
Cas estrasse il braccio bloccato sotto Dean, spingendo la sua testa, e si risistemò in modo tale da poter accarezzare gentilmente i capelli di Dean. “Va tutto bene, Dean. Non dirò nulla. E anche se lo facessi …” Ridacchiò. “Sono il matto del villaggio. Nessuno mi crederebbe.”
 
Dean rise. “Questo è troppo vero.” Chiuse gli occhi e lasciò che Cas gli accarezzasse i capelli.
 
E poi i meccanismi cominciarono a ingranare nella sua mente ubriaca.
 
Cas non l’avrebbe detto, giusto? Non conosceva nessuno a parte Dean. E se anche avesse chiamato Jeff e detto Jeff, indovina, ho coccolato Dean Winchester e non ha nemmeno provato a fermarmi, beh, Jeff avrebbe chiamato Dean e detto Dean, ho beccato quel pazzoide del tuo vicino e non crederesti mai alle bugie oltraggiose che mi ha raccontato, dovresti stare attento a quel tipo. Finché Dean avesse tenuto la bocca chiusa, nessuno avrebbe saputo nulla.
 
Dean avrebbe potuto fare ciò che voleva e nessuno l’avrebbe scoperto.
 
Poteva fare quello che voleva.
 
Quindi Dean si raddrizzò un po’.
 
Cas gli sorrise. “Cosa?”
 
E Dean si piegò e lo baciò come se non ci fosse un fottuto domani.










Ho deciso di aggiornare in anticipo, perchè le vostre recensioni mi hanno rallegrato!
E perchè l'altro capitolo era davvero troppo corto, in compenso qui, abbiamo un taglio brutale, quindi non so cosa sia meglio.
Dean comunque si è fottuto il cervello a forza di alcol, ma era solo questione di tempo prima che succedesse qualcosa del genere.
Per quanto riguarda la parte in cui Dean gioca coi bottoni di Cas, gente, non ne ho idea. Non ha molto senso come traduzione, ma è letterale. Ho cercato in lungo e in largo nei meandri di internet per scoprire significati nascosti (o persino tirato fuori il mio gigantesco dizionario cartaceo!), e, a parte alcune cose troppo oscene anche per essere solo citate, non ne sono venuta a capo. Potrebbe significare capezzoli? Ma Dean che gioca coi capezzoli di Cas, troppo anche per lui. Non lo so. Ammetto la sconfitta. Sono confusa. 
E come al solito grazie per le recensioni, le preferite e seguite e ricordate. Siete caldi come delle stufe bollenti. 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


A/N: Abbracci e biscotti a tutti voi! I biscotti hanno le scheggie di cioccolato e li troverete nella posta.Le vostre recensioni mi hanno resa tutta calda e coccolosa dentro e mi hanno fatto scrivere questo capitolo davvero velocemente. È corto, ma spero vi piaccia lo stesso. Molti di  voi hanno dichiarato di provare sentimenti confusi nei riguardi dei pensieri e delle azioni di Dean, ma non preoccupatevi, è quello che volevo succedesse. Non lascerò che i ragazzi si distruggano a vicenda, lo prometto.

Quindi ecco qui! Dateci dentro!


(note dell'autrice thecouchcarrot)


CAPITOLO 10
 
Smettila, Dean No.
 
Dean si risvegliò con un mal di testa assurdo che gli vibrava in nel cervello. Era in un mucchio di lenzuola nel suo salotto e il fuoco si era spento quindi stava gelando, cazzo, ed era solo.
 
E non riusciva a ricordare quello che era successo.
 
No. Sei solo ubriaco.
 
Poteva sentire la voce di Cas dire quella frase nella sua testa. Provò a richiamare gli eventi nei suoi ricordi; si erano ubriacati davvero tanto, cazzo, avevano giocato a carte, parlato di Nature Channel, poi Cas era diventato il sindaco di Drunktown, e poi … aveva chiesto a Cas di darci un taglio con qualsiasi droga prendesse, e poi … poi …
 
Importa a me, Dean!
 
Non riusciva a ricordare. Ma aveva fatto qualcosa, perché si ricordava di come Cas lo aveva fermato, o almeno la sua voce … e adesso Cas era andato. Fanculo. Dean grugnì e si riseppellì tra le lenzuola e provò a ignorare il nodo che aveva nello stomaco.
 
E poi sentì un rumore metallico proveniente dalla cucina.
 
Dean si avvolse un lenzuolo intorno alle spalle e andò in cucina.
 
Cas stava armeggiando col fornello, dove aveva sistemato una pentola; affianco a lui, sul pianale, c’era una pacchetto di tagliatelle. Era ancora in calzamaglia, ma aveva indossato anche il parka e il cappello – scimmia, e la vestaglia di Dean era appoggiata alla sedia della cucina. “Grazie a Dio hai una cucina a gas.” Disse.
 
“Buongiorno anche a te.” Ribatté Dean, stordito, grattandosi un occhio col pugno. “Cos’è successo la scorsa notte?”
 
Cas buttò le tagliatelle nella pentola e cominciò a rovistare nel frigorifero. “Ha nevicato altri otto piedi. Suppongo non andrai al lavoro.”
 
Dean si tolse il lenzuolo e si infilò la vestaglia, e poi si sedette a tavola con un grugnito. L’odore del cibo gli stava facendo venire la nausea. “No, intendo, dopo che ci siamo ubriacati. Non mi ricordo molto, ma … mi ricordo …” Chiuse gli occhi. “Penso che tu fossi infastidito da qualcosa.”
 
Cas smise di rovistare, e chiuse lentamente la porta del frigo. “Beh,” disse “non me lo ricordo.”
 
“Davvero?” Chiese Dean. “Niente? Perché sembravi … meno ubriaco di me, comunque.”
 
Castiel scosse la testa ed evitò lo sguardo di Dean.
 
“Oh.” Dean rise debolmente. “Immagino che non importi in questo caso, se ci siamo dimenticati entrambi …”
 
Cas ritornò ai fornelli e mescolò le tagliatelle. “Mi ricordo di una lunga discussione sulle gazzelle.”
 
Dean gemette e si prese la testa fra le mani. “Sì, me la ricordo quella. Per essere sinceri, eri completamente d’accordo con me.”
 
“Mi hai anche venduto la macchina in cambio della mia metà del lenzuolo.”
 
Dean sussultò e si raddrizzò. “No! Non è vero!”
 
Castiel gli lanciò uno sguardo oltre la spalla alzando e abbassando le sopracciglia. “Ho la tua firma. Sei legalmente vincolato.”
 
Dean alzò gli occhi al cielo. “Ahah, molto divertente. Non ti darò la macchina.”
 
“Se violi i termini del contratto …” Cas sospirò pesantemente. “Ho il diritto di stabilire un’Ora Gay quando preferisco, e tu non puoi obiettare.”
 
Dean si sentì la faccia andare a fuoco. “Oh Cristo, me lo ricordo. L’ho detto io, vero? L’Ora Gay? Gesù, ero ubriaco.”
 
Cas alzò il fuoco. “Natale è questo venerdì.”
 
Dean si massaggiò la fronte. “Lo so. Mio zio Bobby prende l’aereo e viene a trovarmi, ma non ce la fa fino a sabato.”
 
Cas si girò e si appoggiò al forno, guardò Dean e strinse le labbra giocherellando con le trecce del cappello – scimmia. Quindi fece finalmente un respiro profondo e chiese “Ti piacerebbe venire da me per Natale?”
 
Per un secondo Dean rimase senza parole. “C – certo!” Balbettò. “Sì!”
 
E in quel momento realizzò che per tutto il tempo era rimasto seduto alla finestra chiedendosi cosa facesse Cas in quella casa, senza mai andarci davvero e scoprirlo per conto suo, aveva semplicemente aspettato di essere invitato.
 
Cas sorrise e tornò alle tagliatelle. “Porta qualche panino.” Disse. “E gli orsetti di gomma.”
 











Ebbene eccoci qua, avrei aggiornato un po' prima, ma gente, ho inziato a leggere "Il trono di spade" e WOW. Non riuscivo a staccarmi.
Comunque, bando alle cavolate, capitolo corto, putroppo. Vi prometterei un aggiornamento rapido, il fatto è che domani parto per Vienna (o Budapest?). Non lo so. E non sono sicura che riuscirò ad aggiornare con la solità regolarità, comunque starò via solo una settimana, credo. Quindi l'attesa non dovrebbe essere troppo snervante.
Giuro che, qualora venissi benedetta da una rete wifi, aggiornerò anche dai recessi di Vienna (o Budapest?).
Grazie come al solito  a belli e brutti, sappiate che il sole è di tutti.
Al prossimo!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11
 
“Quindi ho fatto scorta di orsetti di gomma.” Disse Dean a Sam. “Penso che tre confezioni giganti dovrebbero bastare. Non è Natale se non si rischia il diabete.”
 
Sam rise. “Cavolo, vorrei poterci essere,  ma … non sapevo che sarei venuto fino alla settimana scorsa, il prezzo dei biglietti sarebbe da pazzi – ”
 
“Sì, sì, lo so.” Lo rassicurò Dean. “So che ci hai provato. Va tutto bene. A quest’ora, la prossima settimana, avrò la tua compagnia più di quanto non possa sopportare.”
 
“Inoltre non vorrei perdermi il tacchino qua. Non c’è niente che sappia di Natale come del purè servito sul vassoio della mensa, sai?”
 
“Hey, mio fratello non starà in un posto dove non si mangia buon cibo.” Disse Dean con empatia. “Ho controllato. Betty Ford non ha nulla contro di voi. Inoltre, Cas probabilmente starà facendo halibut e stroganoff.”
 
Sam rise, e poi si fermò per un momento. “Aspetta, me ne sono appena reso contro. Non sei mai stato a casa di Cas prima, vero?”
 
“No.” Ammise Dean. “Ci scommetto cinque dollari che ci sarà dell’incenso.”
 
“Sai che avrà almeno una tenda di perline.”
 
“Oh, sicuramente.”
 
“Aspetta.” Sam si fermò. “Aspetta, penso di avere una visita. Devo andare, Dean. Non ho idea di chi diavolo sia.”
 
“Amico, probabilmente è Bobby!” suggerì. “Sarebbe anche ora che si muovesse.”
 
Sam fece una risata simile a un latrato. “Giusto. Perché ‘spontaneità’ è il secondo nome di Bobby. Comunque, ciao, Dean.”
 
“Ci sentiamo presto.” Disse.
 
Poi Dean chiuse il cellulare e lo passò alla sorvegliante. “Grazie per aver chiuso un occhio.” Disse. “Non darò altri problemi.”
 
Lei sorrise. “Presto sarà fuori. Buone vacanze.”
 
“Anche a lei.” Rispose Dean con calore. Si sedette a una delle sedie beige ad aspettare e pensò – non senza ragione – che gli avesse lasciato infrangere la regola “Niente cellulare”  temporaneamente solo grazie al suo sorriso charmant e diabolico.
 
Un paio di minuti dopo, Sam aprì la porta della sala visite e si guardò intorno.
 
Dean si alzò in fretta, le mani infilate nelle tasche dei jeans. “Hey, Sammy.”
 
Sam si girò di scatto e lo vide. Gli cadde la mandibola. Aprì e chiuse la bocca come un pesce spiaggiato.
 
Dean fece un gran sorriso. “Ti ho detto che ci saremmo sentiti presto.”
 
E tutta la faccia di Sam si illuminò e si aprì in un sorriso così ampio che le guancie di Dean gli fecero male solo a guardarlo. “Dean! Gesù, Dean! Che cazzo ci fai qua?” Esclamò, raggiungendolo in poche falcate e stringendolo in un abbraccio.
 
Dean gli diede una pacca sulla schiena e rise. “Mancano due giorni a Natale, Sam. Dovevo farmi vedere o lo staff avrebbe pensato che sono un fratello terribile. Rimango solo per qualche ora, e poi torno all’aeroporto.” Si allungò verso la sedia dietro di lui e prese il suo regalo.
 
Sam gemette e rise allo stesso tempo. “Ohhhh no, non avresti dovuto. Dean, non ho nulla per te.”
 
“Rilassati, puoi portarmi qualcosa per Capodanno.” Dean gli allungò una scatola rettangolare. “Aprilo.”
 
Sam strappò la carta con entusiasmo e rise quando realizzò di cosa si trattava. “Il set VHS originale della trilogia di Star Wars!”
 
“Beh, sapevo che razza di geek sei, e ti piace Star Wars,” spiegò Dean “e i gli altri geek su internet mi assicurano che questa è la versione con meno probabilità di rovinare i tuoi ricordi d’infanzia. Niente CGI di Hayden Christiansen, Greedo spara per secondo, e così via.”
 
“Grazie Dean.” Sam fece un sorrisetto. “E adesso, se mai tornassi indietro nel tempo al 1993, sarei il ragazzino più figo di tutti.”
 
“Taci.” Dean gli diede scherzosamente un pugno sulla spalla. “Il tuo piccolo cuore nerd palpita di gioia e lo sai.”
 
Sam gli sorrise, e poi i suoi occhi cominciarono a luccicare un po’ e inspirò tra i denti e disse “Grazie per essere venuto quaggiù, Dean. Significa molto per me.” Sorrise. “Anche se sei un coglione.”
 
Dean restituì il sorriso e provò a bloccare la sensazione di calore che sentiva nel petto dall’arrivare ai suoi occhi e rendergli la vista appannata. “Puttana.”
 
Poi Sam accartocciò la carta da regalo e provò a infilarla nella tasca di Dean quindi Dean fece doverosamente del suo meglio per far ingoiare la palla di carta a Sam e stava riuscendo piuttosto bene nel tentativo di strozzarlo quando la sorvegliante tossì e lanciò ai due un’occhiata carica di disapprovazione.
 
Si lasciarono andare con aria impacciata e si strinsero la mano rispettosamente.
 
“Dai,” lo incoraggiò Sam “facciamo una passeggiata fuori. Goditi il sole prima di tornare al Circolo Artico. Il Natale californiano è mite.”
 
Vagarono nei dintorni per qualche ora, e quando Dean dovette andare abbracciò Sam e realizzò quanto gli era mancato suo fratello.
 
*
 
Cas sorride a Dean, la luce tremolante delle fiamme che si rifletteva nei suoi occhi, il liquore che gli arrossava leggermente le guancie. “Cosa?”
 
Posso fare quello che voglio.
 
Dean si abbassa e appoggia la bocca su quella di Cas e lo bacia appassionatamente. È premiato da un verso profondamente gratificato che rimbomba nel petto di Cas e sprofonda dentro Dean e spinge più forte, il sapore caldo e pungente del whiskey nella bocca di Cas che si spinge sulla sua lingua, è disperato per qualcosa che ancora non può assaporare ma che è sicuro di poter raggiungere se solo potesse gettarsi completamente nella pelle di Cas e intrecciare i loro corpi, e quindi la sua mano sinistra si infila tra i capelli di Cas e lungo la sua mandibola mentre la sua mano destra gli accarezza i capezzoli.
 
E poi all’improvviso le mani di Cas sono sulle sue spalle, lo spingono indietro, separando le loro bocche. “Smettila, Dean. No.”
 
Dean si svegliò con un sussulto.
 
Sbatté le palpebre e si guardò intorno: tavolino di plastica estraibile, poltrona stretta, piccola finestra ovale, nuvole. Era sull’aereo per tornare a casa. Sogno, era solo un sogno. Raddrizzò stancamente il piccolo bicchiere di plastica che aveva colpito nel sonno e sorrise a mo’ di scusa al suo compagno passeggero, che sembrava assolutamente disinteressato.
 
Che sogno assurdo, e in un posto semi – pubblico … Realizzò qualche instante dopo che il tavolino estraibile gli copriva il grembo salvandolo da non poco imbarazzo. Gesù.
 
Solo che non sembrava esattamente un sogno. Sembrava una specie di … ricordo.
 
Smettila, Dean. No.
 
Dean si sentì tutta la faccia calda.
 
Aveva baciato Cas. Quella notte l’aveva baciato, e Cas, lo stesso vicino pazzo che lo aveva baciato a mo’ di sfida e gli aveva offerto un bocchino, Cas lo aveva fermato.
 
Meraviglioso.
 
Dean si portò le mani alla fronte, chiuse gli occhi, e provò a non morire di vergogna.














Aggiornamento frettoloso da Vienna! il waifai esiste, ma il tempo scarseggia, quindi non ho fatto in tempo a tradurre la nota dell'autrice e adesso sono troppo stanca anche per grattarmi la pancia.
Spero che questo capitolo cheti i vostri animi selvaggi per un po'.
Dopodomani aggiornerò da Budapest probabilmente.
Grazie a tutti quelli che passano, leggono, commentano, mettono la storia tra preferite ecc. ecc., grazie anche a quelli che si grattano semplicemente il naso con la storia come sfondo.  Cosa che trovo peraltro molto romantica.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


CAPITOLO 12
 
Dean era nervoso per il Natale.
 
Era disteso a letto la sera della Vigilia di Natale, e continuava a girarselo e rigirarselo in testa. Non c’era alcuna possibilità che Cas si ricordasse del bacio, altrimenti non avrebbe invitato Dean, ma anche in quel caso. Sapeva che nel momento stesso in cui avesse guardato Cas negli occhi gli si sarebbe scritto in fronte, e l’uomo lo leggeva così facilmente …
 
E inoltre, non avrebbe dovuto sentirsi così cretino perché tutto aveva senso, decise Dean. Era ubriaco, e solo, e accoccolato di fianco a un ragazzo che l’aveva baciato appena il giorno prima. Dio se lo sapeva da quanto tempo non faceva un po’ d’esercizio, così tanto che non riusciva nemmeno a ricordare! Nessuno poteva incolparlo per aver fatto uno sbaglio. Non significava nulla; avrebbe letteralmente potuto essere chiunque nell’ universo e Dean avrebbe fatto la stessa cosa.
 
Ma non era chiunque nell’universo. Era Cas. E nel profondo …
 
Nel profondo Dean sapeva.
 
Sapeva che –
No, no, no, no! Dean chiuse violentemente gli occhi e strinse i pugni sulla testa provando fisicamente a bloccare la sua mente dal toccare il piccolo oscuro pensiero che si era nascosto nell’angolo più protetto del suo cervello fin dal primo momento in cui aveva visto Cas, con i suoi capelli neri arruffati e i piedi nudi, quando Cas l’aveva guardato con quegli occhi blu così taglienti e aveva guardato proprio dentro di lui e fin  da quel momento aveva diligentemente ignorato quell’esile, sussurrato, incancellabile, bramoso pensiero che diceva Lo voglio.
 
Merda.
 
Dean seppellì la faccia nel cuscino e si fece sfuggire un forte verso carico di frustrazione.
 
E, improvvisamente, ricordò: la pietra meditativa. Raggiunse il comodino e la tirò fuori, tenendola nel palmo della mano e stringendola forte.
 
Era strano trovare una pietra rilassante, vero? Eppure, disteso nel letto, respirando piano, sentiva il suo peso solido nella mano e in qualche modo lo sentiva giusto. Si concentrò sulla sua superficie levigata, i leggeri granelli che la attraversavano vicino al suo pollice, e presto scivolo in un sonno tormentato dal pensiero che quella pietra non era altro che l’ennesimo debito a Cas.
 
*
 
Era il giorno di Natale e lo stomaco di Dean si strinse per l’ansia, ma chissenefrega. Nessun problema. Infilò i panini e gli orsetti di gomma nel borsa di plastica e si avviò a casa di Cas e suonò il campanello.
 
Un minuto dopo, Cas aprì la porta, indossando il più brutto maglione natalizio che Dean avesse visto in anni. Era costellato di alberi, renne, un elfo o due, e due fili di luci colorati cucite in quell’abominio rosso mattone..
 
E anche così, pensò Dean, era bello.
 
Cazzo.
 
“Ciao.” Disse Cas. “Sembri verde oggi.”
 
Dean si guardò la il maglione di lana grigia e i pantaloni neri. “Cosa intendi?”
 
Cas strinse gli occhi. “La tua aura. Sei tutto …” Fece un gesto vago con la mano. “In conflitto. Ingarbugliato. Verde.”
 
Dean alzò gli occhi al cielo. “Non dirmi che ti sei fatto il giorno di Natale, Castiel.”
 
Cas sospirò e scosse la cupamente la testa. “Sono tristemente sobrio. Ora vieni dentro, prima di che noti il vischio.”
 
“Cosa?” Dean alzò lo sguardo e sopra la sua testa fu abbastanza certo di vedere un mazzetto di vischio ondeggiare sopra l’entrata, attaccato da scotch argentato per tubature. Ma quando riabbassò lo sguardo intenzionato a protestare Cas era già sparito dentro la casa. Dean inghiottì il sollievo misto a delusione, si pulì i piedi sullo zerbino e entrò, oltre le scale e nella stanza principale.
 
La prima cosa che Dean notò furono le pietre. C’erano pietre lucidate ovunque, di tutti i colori, forme e dimensioni. Ogni libreria, e tavolo e armadietto aveva almeno un pietra sopra. Alcune era scolpite in piccole statue, alcune erano appena tonde e lisce, alcune erano spigolosi cristalli che spuntavano dalle loro madri pietre nel modo in cui si erano formate. Brillavano o scintillavano tutte.
 
Questo era semplicemente il salotto, ma Dean aveva l’impressione che il resto della casa sarebbe stato simile. Fischiò.
 
La stanza era dipinta di un accogliente tonalità di giallo, e le lampade vintage di vetro colorato rendevano la stanza calorosa. I mobili però, i mobili. Il sofà e le poltrone coordinate erano rivestite di un tessuto stampato a fiori verde e blu disgustosamente brillante risalente agli anni settanta. Probabilmente si intonava con la moquette ruvida verde oliva. Sorprendentemente, non sentiva odore di incenso, anche se vide qualche bastoncino spento sul davanzale. Sentiva odore di … pollo? Dean si tolse il giubbotto e lo appoggiò al divano, e poi si diresse verso quella che sperava essere la cucina.
 
Invece trovò la sala da pranzo, dove Cas stava sistemando due piatti a una delle estremità di un lungo tavolo di quercia. Anche le due vetrinette delle porcellane nella stanza contenevano diverse pietre. “Dove vuoi che metta i panini e gli orsetti di gomma?” Chiese.
 
Cas trasalì, e poi deglutì. “Sì, la cucina.” Disse, giocherellando con un tovagliolo di stoffa. “Mi dispiace, non sono abituato ad avere ospiti.”
 
Dean sbuffò e si avvicinò. “Cosa mi dici di tutte le persone che vengono qui?”
 
“Li porto direttamente al piano di sopra.” Cas continuò a piegare il tovagliolo e sbatté le palpebre velocemente. “Non li faccio venire qui.”
 
Dean guardò il tovagliolo nelle mani di Cas. “Stai facendo un cigno?”
 
Cas espirò attraverso il naso e appoggiò il suo cigno tovagliolo. “Per essere onesti, Dean, sono … sono un po’ nervoso ad averti qui.”
 
“Perché?” Chiese Dean, incapace di trattenere una risata poco convinta nel suo tono. “Cas, so già che sei un Happy Meal a cui manca qualche patatina, va bene? Non devi preoccuparti.”
 
Cas prese l’altro tovagliolo e cominciò a piegarlo. “Ho comprato questa casa con i soldi di un’eredità che ho ricevuto dalla mia prozia. Ma fin da quando l’ho comprata, il numero delle stanze mi ha sempre messo a disagio.”
 
Dean aggrottò le sopracciglia. “Quante stanze ci sono?”
 
“Non posso dirtelo.” Rispose Cas. “Mi mettono a disagio.”
 
Un timer suonò nell’altra stanza.
 
Cas afferrò la sporta di Dean e indicò il tovagliolo mezzo piegato. “Finisci il cigno!” Ordinò. Poi corse in cucina, urlando “Non posso lasciare che i maccheroni brucino!














Mi dispiace per un altro capitolo non proprio lungo, ma il prossimo arriverà veloce come la morte e puntuale come un orologio svizzero esattamente dopodomani, che se non sbaglio dovrebbe essere mercoledì. E lo so solo perchè ho avuto la disgraziata idea di chiedere a mio nonno che giorno fosse, di domenica, e lui mi ha risposto: "Se fossi una persona normale, una cristiana, stamattina saresti venuta in chiesa." Mea culpa, ma a nessuno importa. QUUUUUINDI mi dispiace non aver aggiornato il giorno promesso e vi assicuro che mi sono già fustigata implorando il perdono di questo peccato. Non ricapiterà (credo).
Comunque, al prossimo capitolo che, non vi anticipo niente, ma vi anticipo lo stesso che sarà una figata.
Grazie a tutti per l'ascolto. Passo e chiudo.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


CAPITOLO 13
 
Il banchetto natalizio di Castiel aveva abbastanza cibo per sfamare sette giocatori di football. Un pollo arrosto ripieno, purè, casseruola di fagioli verdi, maccheroni, mini hotdogs, fagioli stufati, riso bianco, panini, gelatina al lime, M&Ms, e, ovviamente, orsetti di gomma. Era tutto buonissimo.
 
“Devo ammettere,” disse Dean tra un morso e l’altro, “tutto questo è molto più normale di quanto non immaginassi. Mi aspettavo tacos di tofu e falafel. ”
 
Cas infilzò un orsetto di gomma con la forchetta. “Sarebbe stato egoista da parte mia, no?” Chiese. “Preparare qualcosa che sarebbe piaciuto solo a me?” Staccò la testa all’orsetto con attenzione.
 
Dean masticò lentamente il suo mini hotdog e deglutì. “Non l’avevo pensata in questo senso.”
 
Cas sbocconcellò le gambe tozze dell’orsetto, poi lo afferrò con i denti e lo mangiò. Sorrise a Dean. “Inoltre, il Natale è un periodo per abbracciare le proprie radici, per ricreare i propri ricordi più dolci e sguazzare nella nostalgia. Non sapevo cosa fosse tradizionale in Kansas, quindi ho preparato diverse varietà di cibi provenienti dalla mia stessa tradizione …”
 
Dean posò la sua forchetta d’argento e lo fissò. “Come sai che vengo dal Kansas?”
 
Cas sbatté le palpebre. “Mi sembrava ovvio.” Sollevò la brocca di fianco a lui. “Altra limonata?”
 
“Sono a posto, grazie.” Rispose Dean, incapace di smettere di fissarlo. “Come mai sarebbe ovvio?”
 
Cas si versò un po’ di limonata e alzò le spalle. “Lo so … e basta. L’hai menzionato una volta forse.”
 
Dean annuì, solo che non pensava di averlo menzionato, e non poteva evitare di sentirsi nudo, in qualche modo, messo all’angolo, esposto, perché Cas poteva vedere semplicemente guardando, ciò che nessun’altro si era mai disturbato a chiedere. Prese un’altra cucchiaiata di maccheroni, e sentì l’impulso incontrollabile di ribattere a Cas. “E comunque, perché celebri il Natale?” Chiese, un po’ troppo bruscamente. “Pensavo fossi agnostico. Non dovremmo banchettare con la cena del Solstizio d’Inverno o qualcosa del genere?” 
 
L’angolo della bocca di Cas si sollevò, dolcemente, e piluccò coi fagioli. “Sì, Dean.” Rispose. “Mi ricordo.”
 
Dean si accigliò. “Ricordi cosa?”
 
“Lo scorso weekend. Quando mi hai baciato.” Cas sospirò e abbassò lo sguardo sul suo piatto, rassegnato, e disse a voce bassa “Volevo che festeggiassimo un bel Natale perché temo che la nostra amicizia non durerà ancora a lungo. E volevo che tu avessi un buon ricordo di me, dopo.”
 
Dean si sentì andare a fuoco e ghiacciare tutto allo stesso tempo, ma in buona parte si sentiva semplicemente stordito, e disse “Cas. Di che cazzo stai parlando. Siamo amici. Stai – stai dicendo che non vuoi essere amici?”
 
“Ho comprato tre crostate,” se ne uscì Cas, continuando a guardare il suo piatto, con le guancie leggermente arrossate. “C’era alla mela, alla ciliegia e di zucca, non sapevo quale volessi, quindi le ho comprate tutte e tre.”
 
Dean si sentì estremamente confuso. “Cas,” disse, una nota di supplica nella sua voce “non ho idea di che cosa tu intenda.”
 
Cas chiuse gli occhi con forza. “Mi scuso, Dean, io … cazzo. Merda. Ho bisogno di fumare.” Si alzò dal tavolo dirigendosi in fretta verso il corridoio.
 
Dean rimase seduto per un momento sulla sua sedia, solo nella sala da pranzo.
 
Poi si alzò e seguì Cas.
 
Lungo il corridoio buio, una luce gialla fuoriusciva dalla porta aperta della camera da letto. Dean camminò verso la porta e vide Cas seduto su un materasso sul pavimento, armeggiare con un accendino e una sigaretta. La stanza era spartana, c’era solo una lampada vicino al materasso, un posacenere, e un grosso pentagramma nero fatto con scotch opaco sul pavimento in legno massello.
 
“Hai abbandonato la cena per adorare il diavolo?” Dean schioccò la lingua. “Non proprio nello spirito natalizio, Cas.”
 
Cas trasalì al suono della sua voce, poi si accasciò. “È un simbolo di protezione” mormorò, con la sigaretta in bocca. “Medito qui.”
 
Dean si avvicinò a Cas e di sedette sul bordo del materasso e si obbligò a essere il più calmo possibile. “Senti. Cas. Mi dispiace se ti – ti ho offeso quando ti ho baciato. Lo so, probabilmente ti sei sentito come … come se ti stessi usando, perché ero solo e ubriaco. E avresti ragione.” Si grattò il capo e accettò il fatto che avrebbe continuato ad arrossire per sempre, per il resto della sua vita. “Ma se mi potessi perdonare, voglio ancora essere tuo amico.”
 
Cas rise e scosse la testa e sospirò una nuvola di fumo. “Mia sorella Anna, una volta mi ha detto, ‘Jimmy, sai qual è il tuo problema? Vedi qualcosa che non puoi avere, e lo sai. Ti dici che tanto non ne hai bisogno. Ma lo guardi a lungo e lo desideri, e vai e vedere la vetrina ogni giorno, sospiri un po’ e appoggi il naso al vetro, entri, guardi il prezzo qualche volta, e continui a desiderarlo. Non sai come lasciar perdere.’” Fece un tiro e lo ributtò fuori. “Beh, l’ho fatto davvero stavolta. Ci ho incasinati entrambi. Quindi mi dispiace Dean. Ti giuro che non volevo.”
 
Dean aveva questa strana stretta alle budella e una bizzarra e calda sensazione di leggerezza in testa e un formicolio alle mani, e disse “Cas, per qualsiasi cosa tu ti stia scusando, probabilmente non è così terribile.”
 
Cas si voltò e lanciò a Dean uno sguardo duro. “Sai esattamente per cosa mi sto scusando.”
 
Dean deglutì, trovandosi improvvisamente la gola arrugginita, e disse, con voce rauca “Per quel che capisco, mi stai dicendo che sei preso da me ma sono off limits.”
 
Cas distolse lo sguardo e si portò la sigaretta alle labbra.
 
Tutto in Dean cominciò a tremare piano e balbettò. “E – e se non lo fossi. Off limits.”
 
Cas si congelò.
 
Spense la sigaretta nel posacenere.
 
Appoggiò le mani sulle ginocchia.
 
“Beh.” Si schiarì la gola. “Questo.” Se la schiarì di nuovo. “Capisco.”
 
E, a dispetto di tutto, Dean sorrise e rise e disse “Aspetta un attimo, ti ho appena sorpreso? Ho appena detto qualcosa che Castiel il Sensitivo non aveva previsto?”
 
Castiel gli lanciò un’occhiataccia, indignato. “Ho saputo per tutto il tempo che eri in brodo di giuggiole per me, Dean Winchester, solo che non ho mai pensato lo avresti ammesso! Mi hai detto qualcosa come sette volte di quanto sei ‘etero’!” Fece il segno delle virgolette con le dita.
 
“Oh, peeeeeer favore.” Dean alzò gli occhi al cielo. “Non ne hai idea! Sembravi catatonico due secondi fa.”
 
Cas grugnì. “Sembravo catatonico perché ho immediatamente immaginato questo – ” E improvvisamente portò le mani al viso di Dean e lo baciò come un maledetto fottutissimo dio del sesso.
 
Dean rimase sconvolto solo per un  secondo.
 
L’attimo successivo stava rispondendo al bacio, passando le mani tra i capelli di Cas e mordendogli il labbro e oh Dio, il modo in cui Cas gemeva e Dean lo spinse sul letto, spingendogli la lingua in gola e ansimando, ansimavano entrambi in cerca d’aria e boccheggiavano e strusciandosi e oh cazzo, era fantastico, e le gambe di Dean erano alternate a quelle di Cas e continuò a baciarlo e a spingere e spinse una mano sotto il maglione di Cas e merda, quello era ciò che si faceva con una ragazza, fanculo, a Cas piaceva lo stesso e mordendo e gemendo e leccando il collo di Cas e baciando e massaggiando e frizione e le dita di Cas che graffiavano la sua schiena e più in fretta e più forte e cazzo, cazzo, di più e ancora e ancora e ancora e Cas ansimava Dean, Dean, sto per, sto per ven – e CAAAAZZO.
 
Collassarono lì per un istante, respirando affannosamente, e poi Dean si spostò finendo di schiena sul materasso.
 
“Buon Natale.” Disse Dean, con voce rauca.
















Un po' tardi ma ho aggiornato.
Comunque è ufficiale, Castiel ha lo shining. Tutta quella scena del sapere e basta che Dean è del Kansas, nah. Lui ha lo shining, o luccicanza, o aura, o come vi pare.
Tra un po' inizierà a vedere bambine fatte a pezzi, e poi spunterà Jack Nicholson in tutta la sua meravigliosa pazzia e allora questa fic sarà perfetta.
Oppure no. Temo che ci dovremmo accontentare di una fic senza Jackie. 
Ma non sarà così dura, perchè questo capitolo è la Svolta gente, con la S maisuscola! E penso che, se magari qualcuno di coloro che passano e leggono e poi se ne vanno questa volta commentasse, domani potrei aggiornare extra rapid, davvero, anche un commento su quanto ci sia caldo. Fa tutto piacere.
E adesso smetto di implorare che sento la dignità scivolare via.
Spero vi sia piaciuto, al prossimo!

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


CAPITOLO 14
 
Dopo un paio di minuti Dean si mise seduto. “Beh,” disse “forse è il caso che vada.”
 
Cas si sedette, coi capelli sparati in tutte le direzioni e un bel succhiotto spuntato sul collo. “Prendi una crostata, ti va?”
 
“Certo.” Disse Dean.
 
Quindi andarono in cucina e Dean prese una crostata, e Cas gli impacchettò un po’ di avanzi.
 
“I mini hot dog sono buoni anche riscaldati.” Commentò Dean.
 
Cas annuì e sigillò la vaschetta di vetro. “Oh, sì. Durano anche un bel po’ di tempo.”
 
Dean ringraziò Cas per averlo ospitato, e Cas ricambiò il ringraziamento, e prese il giubbotto di Dean, e si strinsero la mano e si augurarono buon Capodanno in anticipo. Dean lo salutò con la mano e uscì dalla porta.
 
Raggiunse la porta di casa sua prima di fermarsi e sbattere le palpebre.
 
Era impazzito?
 
Si girò di 180 gradi, torno come un fulmine verso la casa di Cas, e alzò il pugno per bussare alla porta –
 
La porta si aprì di colpo. Un Cas molto sorpreso lo fissava, indossando un lungo impermeabile color kaki con una cintura di tessuto stretta intorno al busto. “Dean. Sei tornato.”
 
“Mi sono appena reso conto – ” Dean trattene il respiro. “che potremmo stare facendo sesso in questo momento.”
 
Cas annuì. “Anche io. Stavo proprio uscendo.”
 
“Non indossi nulla sotto l’impermeabile?” Chiese Dean.
 
“Non indosso nulla sotto l’impermeabile.” Rispose Cas.
 
Dean entrò, chiuse la porta, afferrò Cas per il bavero dell’impermeabile e lo sbatté contro il muro e lo baciò con tanta forza che i loro denti si scontrarono. Quindi indietreggiò e incominciò a togliersi la giacca più velocemente possibile.
 
Cas sorrise. “Però. Sei bravo.”
 
“Bravo a – fare cosa?” Dean si strappò la camicia e si sorprese quando si rese conto di non essere ancora riuscito a recuperare il fiato, in qualche modo.
 
“Seduzione.” Gli occhi di Cas erano scuri e affamati e anche un po’ inselvatichiti, e afferrò Dean per la vita e lo baciò bruscamente e lo spinse contro la porta, disse “Penso che dovresti sapere che, normalmente, non vengo così in fretta.”
 
E fu allora che Dean, in un unico movimento fluido, strattonò la cintura dell’impermeabile di Cas così velocemente che quasi non se ne rese conto. Cas spalancò gli occhi e allargò le narici e tutto il suo corpo si irrigidì.
 
Dean sorrise compiaciuto. “Scommettiamo?”
 
*
 
Quindi, fu senza dubbio il miglior Natale di sempre. Le successive 24 ore furono occupate fondamentalmente da sesso nonstop interrotto solo da cibo e fatica. E onestamente – la semplicità con cui tutto avveniva, sorprendeva Dean. Dopo essersi messo in mezzo a tutta la negazione e stronzate analoghe riguardo l’essere attratto da Cas, non avrebbe mai immaginato di potersi lanciare nel suo letto con tanta facilità. Forse si trattava del sesso, e il sesso era qualcosa che a Dean riusciva naturalmente. Qualunque fosse la ragione, non ci avrebbe pensato su due volte perché santa. Fottuta. Merda. Era fantastico.
 
“Quindi con quanti ragazzi sei andato a letto?” Chiese Dean, un braccio avvolto intorno al busto di Cas e la guancia appoggiata sul suo petto. “Perché, non ho intenzione di mentire, sembra che tu abbia fatto un sacco di pratica.”
 
Cas ridacchiò e le sue costole tremarono sotto la testa di Dean. “Credimi, Dean. Non vuoi saperlo.”
 
“E poi, perché sono io quello nella posizione della donna?” Dean chiese con indignazione, senza fare nessuno sforzo per spostarsi.
 
Cas mosse le dita tra i capelli di Dean. “Perché ti piace quando ti massaggio la testa.”
 
Dean aprì la bocca per protestare dato che non aveva certe preferenze e allora le dita di Cas passarono di nuovo tra i suoi capelli e tutto ciò che riuscì a dire fu “Huh.”
 
Cas rise di nuovo e poi espirò profondamente. Baciò la fronte di Dean. “Pemdas.” Mormorò.
 
Le palpebre di Dean erano davvero, davvero molto pesanti quindi, invece di sorprendersi più di tanto, si limitò a biascicare “In inglese, Cas.”
 
“PEMDAS.” Le dita di Cas passarono ancora un volta tra i suoi capelli, dolci e leggere. “Parentesi, Esponenti, Moltiplicazione, Divisione, Addizione, Sottrazione. L’ordine delle operazioni.”
 
Dean lasciò che gli si chiudessero gli occhi perché tanto, probabilmente, Cas non avrebbe potuto vederli e chiese. “Algebra? È questo il tuo genere di conversazioni post – sesso?”
 
“Non abbiamo seguito l’ordine delle operazioni.” La voce di Cas era bassa e roca e rimbombò fin dentro a Dean. “Non è così che faccio le cose di solito.”
 
E fu in quel momento che, con un grande sforzo, Dean recuperò tutto il sarcasmo che fu in grado di produrre e disse “Cavolo, sul serio? È diverso per te?”
 
Cas rise, e Dean alzò lo sguardo verso di lui con cipiglio aggressivo. “Non è divertente.”
 
“È esilarante.” Lo corresse Cas, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
 
Dean sbuffò e si districò dal corpo di Cas stringendosi forte le coperte intorno al corpo. “E comunque, solo perché facciamo sesso non significa che io sia gay, va bene?”
 
“Lo so.” Cas si girò verso di lui e appoggiò la testa sul braccio, guardando Dean e sorridendo. “Hai un concezione piuttosto bilaterale della sessualità.”
 
“Al contrario tuo, che la concepisci unilateralmente?” Ribatté Dean.
 
Cas chiuse gli occhi e scosse la testa. “Dean, Dean, Dean. Il tuo problema è che vedi la sessualità come un discreto attributo – etero o gay. Sì o no. Quando in realtà …” lisciò il suo cuscino con una mano. “È come la politica. Abbiamo un sistema a due partiti. Le persone si identificano con i Repubblicani o i Democratici, a seconda di dove risiedono la maggioranza dei loro valori, e ci sono estremisti in ogni campo: liberali puri, e conservatori puri …” Cas accarezzò il braccio di Dean. “Ma molti si trovano da qualche parte, nel mezzo. Forse la tua cara zia Repubblicana è contro la pena di morte. Forse il tuo vecchio zio Democratico è a favore del porto d’armi.” La sua mano raggiunse la sua clavicola, e ne tracciò la linea con le dita. “Malgrado la lealtà di partito, le credenze politiche sono davvero spettro della società, andando dai fascisti fino ai comunisti, e la maggior parte del pubblico è piuttosto moderato.”
 
Dean sospirò e alzò lo sguardo al soffitto. “Quindi, seguendo questa metafora, tu che cosa saresti? Un nazi o la Minaccia Rossa?”
 
Cas si avvicinò di più a Dean, e la sua mano scivolò ancora lungo il suo petto, fermandosi delicatamente sul suo sterno. “Sono un marxista, sessualmente parlando. “Da ognuno secondo le proprie capacità …” Portò la mano più in basso ancora, e poi mormorò proprio all’orecchio di Dean “… a ognuno secondo i propri bisogni.”
 
Il cuore di Dean cominciò a battere un po’ più velocemente, e la stanza diventò un po’ più calda, e rispose scherzosamente “È questo ciò che mi piace di te, Cas. Fai sembrare la storia divertente.”
 
Cas sorrise e baciò l’angolo della mandibola di Dean, mentre al contempo allungava la mano in basso, verso la linea a vu dei suoi fianchi, cominciò a recitare. “Or sono sedici lustri e due anni che i nostri avi costruirono, su questo continente, una nuova nazione …”
 
“Fottiti.” Gemette Dean. “Finirò con le peggiori manie da scopata.”
 
“… concepita nella Libertà, e votata al principio che – mmm, ti piace, eh -”
 
“Unnnghhhh sì, uhn oh Dio, adesso me lo sto immaginando –
 
“… al principio che tutti gli uomini sono creati uguali –”
 
“Fottiti ohhhh fottiti Lincoln!














Ok, ci siamo. Vedete la parte finale? Quella è la ragione per cui amo questa storia così visceralmente, Cas che fa un lavoro di mano a Dean citando Lincoln è superbo. Trovata geniale. Punto.
Per quanto riguarda PEMDAS, è l'acronimo dell'ordine delle operazione e anche della formula che viene usata per ricordare l'ordine delle operazioni che in originale sarebbe Please Excuse My Dear Aunt Sally (letteralmente Per favore scusate la mia cara zia Sally). Volevo renderlo in italiano con una frase altrettanto carina, ma me ne sono uscita con delle cose semplicemente patetiche quindi mi sono limitata all'acronimo puro e semplice. Scusatemelo.
Cooooooomunque, aggiornamento extra rapido, come promesso! Love ya!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


CAPITOLO 15
 
Il volo di Bobby atterrò tardi sabato pomeriggio, e Dean andò a prenderlo all’aeroporto. Ringraziando il cielo, la neve si era placata rispetto alla settimana precedente e le strade erano pulite.
 
“Quindi, come va al lavoro?” Chiese Bobby.
 
Dean alzò le spalle. “Noioso, ma niente di nuovo. Come vanno le cose dalle tue parti?”
 
Bobby si tolse il cappellino da camionista e si lisciò i capelli prima di rimetterselo. “Gli affari vanno bene. Non tiro su molto, ma è abbastanza. Di questi tempi faccio più soldi vendendo rottami di quanti non ne faccia con le riparazioni. Sono tempi duri; le persone si accontentano di lasciare il segno qua e là.” Lanciò un’occhiata a Dean con la coda dell’occhio. “Ho sentito che sei andato a trovare Sam.”
 
“Già.”
 
Bobby ridacchiò. “Quindi come sta l’idiota? E sii onesto, so che mi racconta delle gran balle al telefono. Ha detto che gli piaceva il polpettone della mensa.”
 
“Stava bene.” Dean controllò lo specchietto retrovisore e cambiò corsia. “Meglio che bene, veramente. Verrà qui la prossima settimana.”
 
Bobby lanciò a Dean una lunga occhiata. “In visita?”
 
Dean annuì. “Per adesso.”
 
“… Ma speri che la cosa finisca per diventare permanente.” Finì Bobby al posto suo.
 
Dean non lo corresse. Si limitò a tenere gli occhi sulla strada.
 
Bobby sospirò. “Pensi davvero che sia una buona idea, Dean?”
 
“Di cosa stai parlando?” Domandò Dean. “È la cosa migliore per lui! Sono suo fratello. La città è nuova. Stato pulito. È esattamente ciò di cui ha bisogno.”
 
“È solo che …” Bobby si grattò la barba. “Voi due sapete come tirare fuori il peggio l’uno dall’altro. E so che sta provando a fare ammenda, ma con tutto quello che è successo, sono sicuro che è ancora un po’ impreparato … Ogni piccola cosa che fa che ti infastidisce ti farà andare fuori di testa. E la stessa cosa vale per lui. Semplicemente, non sono convinto che vivere insieme sia la mossa giusta.”
 
Dean espirò col naso e aggiustò la presa sul volante. “Bobby, il fatto è che non ci sono molte altre opzioni. Non ha un lavoro, nessun amico pulito, sono sicuro che la sua affidabilità creditizia sia ai minimi storici … e non, non lo lascerò precipitare di nuovo nello stesso buco che l’ha fatto arrivare dov’è adesso.”
 
“Sai, sarebbe sempre il benvenuto da me.” Bobby si schiarì la gola. “Gli offrirei un lavoro onesto, un posto in cui stare …”
 
Dopo un attimo di silenzio, Dean disse “Grazie, Bobby. Lo apprezzo. Ma Sam è mio fratello, ed è il mio lavoro quello di prendermi cura di lui.”
 
“È il lavoro di Sam quello di prendersi cura di Sam.” Disse Bobby tranquillamente, con un’oscura luce consapevole negli occhi. “È il tuo lavoro aiutarlo, se te lo chiede. Ma non puoi dargli nulla che non voglia per sé stesso.”
 
“Lo so, Bobby.” Dean guidò lungo la rampa e dentro l’autostrada. “Lo so.”
 
*
 
Il weekend passo in fretta e tranquillamente. Quella sera cenarono da Denny e si scambiarono aneddoti riguardanti cosa era andato storto, esattamente, con gli adolescenti di quegli anni. La domenica, andarono da Jeff e Laura per un brunch e Bobby si dimostrò un angelo d’uomo perfettamente ammodo, molto più signorile di quanto Dean l’avesse mai visto, e una volta che entrarono nella macchina per andarsene, si guardarono l’un l’altro e sghignazzarono. Bobby confessò, ridendo così forte da avere le lacrime “Mentre eri in bagno – ahahahahah – ho detto che la natività è incredibilmente verosimile!
 
Quindi sì, fu un bel weekend. Dean era felice che Bobby restasse fino a martedì.
 
Durante quel periodo non aveva visto Cas neanche per sbaglio. Non era strano, dato che, escludendo il weekend precedente, si vedevano solo di venerdì. E aveva senso, considerando che Dean aveva compagnia e non sarebbe stato educato infilarsi in mezzo. E … beh, Dean si sentiva strano. Un parte di lui era sollevata di essere riuscita ad evitare quel particolare vulcano di stranezze, ma una parte di lui, il cazzo, nello specifico, era delusa. Non che ci fosse la possibilità che accadesse qualcosa, con Bobby intorno, ma … cazzo, non lo sapeva. Voleva solo sapere che Cas non stava specificatamente evitando lui.
 
Dean e Bobby passarono lunedì bevendo birra e facendo zapping. In qualche modo finirono per guardare Titanic e insultare Kate Winslet per non aver condiviso la sua più che spaziosa porta – zattera con Leo. Poi venne fuori La vita è meravigliosa e Cristo, fu la fiera del melenso ma erano entrambi troppo pigri per recuperare il telecomando e chissà come, a un certo punto, verso la fine finirono per sviluppare, entrambi, qualche sorta di allergia e usarono i pugni per asciugare qualsiasi cosa fosse quella schifezza che gli usciva dagli occhi.
 
La vita era davvero meravigliosa.
 
Fino a lunedì notte.
 
Perché lunedì notte, a un certo punto, intorno a mezzanotte, dopo aver passato ore piene di irrequietezza e frustrazione, rivivendo la sua vacanza natalizia, gli occhi di Dean si spalancarono e comprese finalmente che diavolo intendeva Cas quando aveva parlato dell’ordine delle operazioni.
 
Bisognava capire che Dean sperimentava due tipi di relazioni sessuali: occasionali e semi – occasionali. Entrambe avevano un specifica serie di passi da seguire in un ordine specifico. Con l’occasionale il copione era semplice. Vai in un bar, scegli una ragazza, andate al suo appartamento o procuratevi una stanza, sesso, vattene la mattina dopo e non scambiatevi i numeri. Con la semi – occasionale i passi erano un po’ più difficili da eseguire, ma ugualmente conosciuti: conosci una ragazza, conquistala, procurati il suo numero, chiama qualche giorno dopo, abbiate un appropriato numero di appuntamenti, sesso, e poi il sesso avrebbe potuto essere ripetuto più volte, dopo aver organizzato un’altra uscita; ripetete tutte le volte che desiderate.
 
Cas non era nessuna di queste cose. Cas era tutto un altro animale. L’ordine era completamente incasinato. Amici, poi sesso, nessun appuntamento. Erano decisamente troppo … qualcosa … perché fosse si trattasse di amali e poi abbandonali, ma Dean era, più o meno,andato via la mattina/pomeriggio, ma aveva detto ciao, ma poi però, aveva il numero di Cas? E se non uscivano insieme, come avrebbe dovuto proporlo, Dean? Avrebbe dovuto proporlo? Non ne avevano proprio parlato …
 
Dio, e se fosse stato solo una specie di miracolo natalizio che Cas non aveva intenzione di ripetere? E se fosse voluto tornare ad essere solo amici? Certo, il sesso era stato bello per Dean. Era stato …
 
Davvero fantastico.
 
Davvero … davvero bello …
 
No! Ricorda! Crisi! Certo, era stato bello per Dean. Ma se non fosse stato lo stesso per Cas? Se avesse soltanto inscenato una bella recita? Dean era una specie di fottuta vergine quando si trattava di uomini. Se questo era il caso, che diritto aveva di provarci con Cas? Merda. Hey amico, ti ricordi di quella volta che te l’ho succhiato nervosamente e continuavo a graffiartelo coi denti? Ti va di rifarlo?
 
Cristo.
 
Per essere giusti, i bocchini erano molto più difficili di quanto non lo facessero sembrare tutte quelle donne. Specialmente la parte in cui devi tenere i denti fuori dalla faccenda. Dean aveva solo bisogno di un po’ di pratica.
 
Gesù Cristo, pratica in bocchini? Il suo periodo d’astinenza, in quei mesi, gli aveva seriamente incasinato la testa. E sai cosa, ne aveva le palle piene di farsi spaventare da quella cosa. Cas non era esattamente schizzinoso! Se fosse andato a bussare alla porta di Cas, proprio in quel momento, e avesse detto Ho bisogno di migliorare i miei bocchini, non ci sarebbe stata la minima chance che Cas lo mandasse via.
 
Heh. L’espressione che si sarebbe dipinta sul viso di Cas. Dean poteva vederlo. Ho bisogno di migliorare i miei bocchini. All’inizio sarebbe stato sorpreso, poi i suoi occhi sarebbero diventati neri e avrebbe sorriso maliziosamente e avrebbe dilatato le narici e detto, in tono grave Conosco un maestro eccellente.
 
Era divertente, sul serio.
 
Ah ah.
 
Ah.
 
Quindi fu così che Dean finì per infilarsi gli stivali e la giacca alle due del mattino, e uscire silenziosamente di casa, facendo meno rumore possibile. Fuori c’era un freddo artico, che, combinato con la fatica, lo stordì, e, mentre pestava i piedi sulla soglia di Cas, sperò vivamente di riuscire a entrare, prima di dover far ritorno a casa sua. Bussò.
 
Cas aprì la porta. Indossava delle calze di lana, boxer a strisce blu e arancioni, e una stretta cravatta blu. E questo era tutto.
 
Dean sapeva le parole che voleva dire. Ho bisogno di migliorare i miei bocchini. Invece, quello che gli uscì fu “Calze di lana?”
 
Cas piegò leggermente la testa. “Avevo freddo.”
 
Dean sospirò entrando, si richiuse la porta alle spalle, raggiunse il salotto, e Cas lo seguì. Prima ancora di rendersi conto di ciò che stava facendo, si girò, afferrò Cas per la cravatta e lo baciò lentamente, dolcemente e senza pensieri, da farsi venire le vertigini, e totalmente diverso da tutto ciò che aveva in mente.
 
Cas, da parte sua, si sciolse contro di lui, più o meno come il cioccolato caldo quando lo si tiene in mano e si lasciò sfuggire un piccolo sospiro.
 
Allora Dean si fermò per un momento e appoggiò la fronte contro quella di Cas, bofonchiò “Merda, Cas. Dove sei stato?”
 
Cas si allungò e fece scivolare il cappotto dalle spalle di Dean, e Dean si spinse contro di lui, cominciando a baciarlo lungo tutto il collo. Cas trattenne il respiro. “Tuo zio è qui, Dean.”
 
“Non qui. Da me, addormentato.” Dean si liberò del cappotto e carezzò di nuovo la calda pelle di Cas e tornò al suo viso e lo baciò di nuovo, perché si era dimenticato cosa significava essere così delicato e persino a Natale era stato pregno di bisogno, più veloce e più rozzo e adesso, adesso voleva solo sentire le proprie mani scivolare lungo la pelle di Cas per miglia e miglia. “Mi stavi aspettando?”
 
E Cas abbassò il viso e si spinse contro Dean e disse, nel tono più basso e debole possibile “No. Ma ci speravo.”
 
E qualcosa, nel modo in cui l’aveva detto, Dean semplicemente … non riuscì a sopportarlo. Quindi afferrò Cas per i fianchi e lo guidò indietro, verso il divano, e incominciò a sciogliere il nodo della cravatta e gliela sfilò, e disse “Anche io.”
 
















Sono perplessa. Stamattina ho aggiornato questa bella favola, o almeno credevo di averlo fatto. Ma siccome evidentemente sono uno scherzo della natura incapace di usare un computer, ho appena scoperto che il capitolo che pensavo di aver aggiornato non c'era. Ci ho messo anche cinque minuti buoni a capirlo.
Passando ad altro, posso finalmente fare mio il termine "capitolo di transizione", perchè direi che questo è proprio un capitolo di transizione bello e buono. 
Almeno non è ancora mezzanotte quindi non sono esattamente in ritardo con l'aggiornamento!
Grazzie a commentatori, preferitori, seguitori e ricordatori. E anche passanti. 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


CAPITOLO 16
 
Dean si svegliò lentamente.
 
Fu un ritorno graduale alla coscienza, iniziato con la consapevolezza del bozzolo di calore avvolto intorno a lui, il peso leggero dei lenzuoli sulla sua schiena, e il cuscino sotto la sua faccia. Poi l’insistente formicolio dei suoi muscoli che lo incoraggiavano a muoverli, stringerli e allungarli. I ricordi gli ritornarono alla memorie e un altro centro di calore gli si stabilì nel petto, e aprì gli occhi.
 
Cas lo stava fissando. Era disteso in una posizione speculare alla sua, la sua testa sul cuscino rifletteva quella di Dean, e lo stava semplicemente guardando.
 
“’Giorno.” Dean sorrise intontito. “A cosa stai pensando?”
 
Gli angoli della bocca di Cas si sollevarono. “Non ti piacerà.” Si allungò e fece scivolare la mano sulla spalla di Dean, massaggiandola gentilmente.
 
“Cosa, Cas?” Dean si accoccolò più vicino e rise. “Stai provando a immaginare dove seppellire il corpo?”
 
“Stavo solo pensando …” La mano di Cas cominciò a vagare lungo il collo di Dean, e passò le dita, molto delicatamente, lungo la linea della sua mandibola, e il sorriso si sbiadì un po’ mentre i suoi occhi si fecero larghi e seri.
 
Dean sentì il suo stesso sorriso svanire un po’, e ripeté “Cosa?”
 
Il pomo d’Adamo di Cas sussultò. “Non posso ancora dirtelo.”
 
“Cas.” Dean ridacchiò nervosamente e fece scivolare un braccio sul fianco di Cas. “Non puoi dire certe cavolate e poi non finire.”
 
Cas ci pensò un momento. “Chiudi gli occhi e te lo mimerò con la bocca.” Disse.
 
Dean si corrucciò. “Se ho gli occhi chiusi, come vedrò quello che mi stai mimando?”
 
“Non lo vedrai.” Disse Cas. “Ma il tuo cuore lo sentirà.”
 
Fu il turno di Dean per fissarlo.
 
Cas ricambiò lo sguardo, completamente serio.
 
“Ti ho mai detto che sei incredibilmente strano?” Chiese Dean.
 
Chiudi gli occhi, gli mimò Cas, senza emettere un suono.
 
Dean sospirò un sospiro decisamente sofferto e chiuse gli occhi.
 
E Cas alzò entrambe le mani per stringere il viso di Dean, e lo strinse per un momento silenzioso. E poi si spinse in avanti e premette le labbra sulla fronte di Dean.
 
“Ecco.” Disse Cas. “Adesso lo sai.”
 
“Non so una merda.” Borbottò Dean, tirandosi Cas addosso finché i loro corpi furono appiccicati. “Sei uno stramboide, lo sai, vero?”
 
Cas rise contro il suo collo e gli strinse le braccia intorno. “Ti farebbe piacere se facessi ammenda con un po’ di sesso?”
 
Dean fece un suono a metà tra una risata e un grugnito e fece voltare Cas di modo che fosse disteso sulla schiena, bloccato sotto di lui. “Se avessi saputo che era così facile …”
 
Si abbassò per baciarlo –
 
E poi vide l’orologio con la coda dell’occhio.
 
8.07 del mattino.
 
Fanculo!” Imprecò Dean.
 
“Quella sarebbe l’idea.” Replicò Cas.
 
“Bobby!” Spiegò Dean, rotolando di lato e scendendo dal letto. “Devo andare!” Corse in salotto e si infilò di fretta i pantaloni e la maglia, afferrò la sua giacca e si mise gli stivali. Non si rese conto di essersi dimenticato i boxer finché non fu fuori dalla porta, a infilarsi velocemente la giacca in balia dell’aria gelida.
 
Fanculo. Li avrebbe recuperati dopo!
 
Saettò lungo il viale ghiacciato alla velocità massima che potesse osare e poi si fermò alla porta. Lentamente, con cautela, girò il pomello e l’aprì con quanta più attenzione possibile. Entrò in punta di piedi.
 
Salvo. L’entrata e il salotto erano vuoti. Dean si lasciò sfuggire un  sospiro sollevato e si diresse verso le scale.
 
“’Giorno, Dean,”
 
Dean si bloccò.
 
Bobby era sulla soglia della cucina, braccia incrociate.
 
“Hey, Bobby!” Disse Dean, debolmente. “Sei sveglio! Stavo solo … prendendo la posta.”
 
Bobby alzò un sopracciglio solo. “Hai la maglia al contrario.”
 
Merda.
 
Dean sospirò e chinò la testa. “Bobby –”
Bobby alzò un mano per zittirlo. “Senti, Dean, non mi interessa. Quello che fai sono cavoli tuoi. Non devi nemmeno dirmi il suo nome. Solo –” Fece una smorfia. “Dimmi che non è sposata.”
 
“Certo che no!” Esclamò Dean, mentre il suo intero corpo si rilassava, sollevato. “Bobby, mi conosci! Ti sembro un rovina famiglie?”
 
Bobby alzò le spalle. “Mi sembra l’unica spiegazione logica. Non sei un po’ troppo vecchio per sgattaiolare via nel bel mezzo della notte per una scopata?”
 
Dean si passò una mano tra i capelli. “È – complicato.”
 
Bobby gli lanciò una strana occhiata. “Dovrei chiedere cosa significa complicato?”
 
“Preferirei che non lo facessi.” Ammise Dean.
 
E poi qualcuno bussò alla porta.
 
“Vado io!” Si lanciò Dean, frettolosamente e a voce un po’ troppo alta.
 
Bobby alzò gli occhi al cielo. “Sono in cucina.”
 
Dean corse alla porta.
 
C’era Cas sulla soglia, completamente vestito, grazie a Dio, i boxer in una mano. “Li hai dimenticati.”
 
Dean fece un  passo fuori, afferrò i boxer e se li ficcò in tasca senza troppe cerimonie. “Che diavolo hai che non va?” Sibilò. “Sventolarli manco fossero una dannata bandiera! E se qualcuno avesse visto?”
 
Cas sbatté gli occhi, e indietreggiò.
 
La bocca di Dean si seccò improvvisamente, e balbettò “I – io, io intendo dire, Bobby è qui. È come un padre per me.”
 
E allora Cas annuì, e disse “Okay.” Indietreggiò di nuovo e se ne andò. Mentre camminava infilò una mano nella tasca della sua giacca e estrasse un pacchetto di sigarette, ne tirò fuori una e se la mise in bocca. Quando raggiunse la cassetta delle lettere si fermò.
 
Dean lo guardò dalla soglia, incapace di muoversi, per qualche ragione.
 
Cas estrasse un accendino e coprì  la sigaretta con la mano a coppa, e proprio mentre l’accendeva, si girò per guardare Dean; con un’ occhiata dura e lunga. Poi soffiò una nuvola di fumo e tornò verso a casa sua.





















Mi piace molto questo capitolo, l'inizio almeno. Perchè insomma, Cas ha queste belle uscite meravigliose.
Ma, problemi all'orizzonte, vedo un bel nuvolone nero che andrà a scaricare tutta la sua furia acquosa sulla pacifica landa delle aure color arcobaleno gay in cui vivono Cas e Dean. 
Allegria.
Per il ritardo, mi dispiace, ho avuto poco tempo e per quanto adori le vostre recensioni (sul serio, le amo) odio aggiornare. Ma il prossimo ve lo carico puntuale.
Bacini tartarugosi.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


CAPITOLO 17
 
Martedì pomeriggio Dean lasciò Bobby all’aeroporto e lo ringraziò di essere venuto. Il vecchio esitò prima di chiudere la porta della macchina, e disse, “Fai il bravo, Dean.”
 
Dean annuì, e gli si strinse lo stomaco. “Ci proverò.”
 
*
 
Era in autostrada da non più di venti minuti quando notò l’indicatore del carburante. Aveva il serbatoio quasi vuoto. Prese l’uscita più vicina e si fermò in un Texaco.
 
Collegò la pompa alla macchina, poi mise le mani a coppa e ci soffiò dentro mentre aspettava che il serbatoio si riempisse e guardò il prezzo alzarsi. Gesù, c’era freddo fuori, e ora era anche buio. E Gesù, il prezzo. Gesù, Gesù, Gesù. Dopo aver fatto il pieno, Dean si diresse verso il minimarket e aprì la porta, un piccola campana tintinnò annunciando il suo arrivo.
 
La donna al bancone alzò lo sguardo. Era più vecchia di lui, forse intorno ai cinquanta, il suo viso era disegnato da linee gentili, con chiarissimi capelli biondi che scendevano in soffici onde. Sorrise.
 
Dean ricambiò il sorriso educatamente, prima di cominciare a perlustrare gli scaffali alla ricerca di ciò che voleva. Un deodorante al pino e un paio di pacchetti di gomme, di quelle che sapevano di dentifricio abrasivo ma ti promettevano un sorriso smagliante. Portò i suoi oggetti alla cassa, e mentre la donna registrava i suoi acquisti, Dean lanciò un occhiata alla targhetta sulla sua divisa. Linda. Sembrava un nome appropriato, un nome da mamma.
 
“Le auguro una buona serata.” Disse, porgendogli lo scontrino.
 
“Anche a lei.” Dean prese le sue gomme e il suo pino e si diresse verso l’auto, la campanella sopra la porta suonò mentre usciva.
 
Proprio mentre metteva il piede oltre la soglia, notò un uomo magro appostato lì vicino, che camminava avanti e indietro sotto il tendone. La sua camicia era troppo larga, gli arrivava quasi alle ginocchia dei jeans flosci, e non indossava nessuna giacca. Con gli occhi iniettati di sangue e una camminata leggermente bizzarra, oltrepassò Dean e entrò nel minimarket.
 
Dean si affrettò verso la sua auto, e fu davvero sollevato di scoprirla ancora chiusa e con lo stereo ancora intatto. A quanto pareva quello non era il quartiere migliore, anche se, difficilmente, lo si sarebbe potuto considerare interno alla città, visto che si trovava nel mezzo del nulla e a mezz’ora da –
 
BANG!
 
Dean saltò.
 
Dean si bloccò.
 
Dean si voltò.
 
Poteva vedere, attraverso le larghe finestre, l’uomo saltare oltre il bancone, prendere i soldi dalla cassa e ficcarseli in tasca e solamente l’orlo di una testa bionda chinata dietro il bancone.
 
E fu allora che il tempo rallentò e ogni muscolo nel suo corpo prese vita.
 
Dean sapeva qual’era la cosa intelligente da fare. Avrebbe dovuto entrare in macchina, chinarsi per non essere visto, chiamare il 911, provare a fornire una buona descrizione dell’assalitore, rimanere in linea finché la polizia non fosse arrivata. Quella era la cosa intelligente.
 
Invece, lasciò cadere la sua sportina.
 
Camminò fino alla porta, ogni passo gli rimbombava nelle orecchie.
 
L’uomo mostrava la schiena alla porta, troppo occupato a frugare nella cassa.
 
Dean sapeva che quella era la sua unica chance.
 
Spalancò la porta e caricò verso il bancone, la maledetta campanella suonò alle sue spalle.
 
L’uomo alzò le spalle ma grazie a Dio fu lento di riflessi e l’intero mondo si stava muovendo a  rallentatore, quindi, quando puntò la pistola a Dean e urlò “Fermati, coglione!”, Dean non si fermò, non si poteva fermare, proseguì e vide il dito dell’uomo premere il grilletto e –
 
La mano di Dean gli afferrò il polso e spinse il braccio verso l’alto, il colpo partì contro il soffitto, spaccando i timpani a Dean, e rimbombando, rimbombando, polvere di stucco cadde giù e Dean si gettò contro di lui e gli diede un pugno in faccia e lo sbatté contro l’espositore delle sigarette e gli portò via la pistola di mano, gli occhi dell’uomo erano grandi e terrificati e stava ululando come un cane spaventato e Dean lo afferrò per il colletto e lo lanciò oltre il bancone, con la testa dritta sul pavimento di linoleum, lo scavalcò e lo pestò dritto nello stomaco e l’uomo si contorse comicamente, gli occhi fuori dalle orbite, e provò a dare un pugno a Dean nella gamba, quindi Dean gli diede un calcio e si lasciò cadere sulle ginocchia dritto sul petto dell’uomo
 
Sono vivo, cazzo.
 
alzò l’impugnatura della pistola nel pugno
 
Sono vivo, cazzo.
 
e lo infranse sul cranio dell’uomo in un rumore disgustoso
 
Come cazzo faccio a essere vivo
 
e l’uomo smise di muoversi e la sua testa penzolò di lato.
 
Dean ansimò, il sangue gli scorreva nelle vene come le rapide di un fiume, si alzò, superò il bancone e disse “Linda?”
 
Lei era rannicchiata al suolo, un lago di sangue usciva dalla ferita profonda che aveva sulla gamba. “Aiuto.” Gracchiò “Aiutami.”
 
Dean si chinò affianco a lei e si tolse la giacca, gliela mise addosso, poi si tolse la camicia e la premette sulla ferita. Emise un lamento. “Va tutto bene.” Disse “Resisti.” Estrasse il cellulare e compose il numero della polizia.
 
“911, qual è la sua emergenza?”
 
“Le hanno sparato.” Disse Dean, la voce più alta e tremante di quanto non si aspettasse. Si rese conto che gli tremavano anche le mani. “Abbiamo bisogno di aiuto. Hanno sparato a un donna nella gamba. Cosa devo fare?”
 
L’operatore parlò rapidamente e con calma. “Ok, signore, prima ho bisogno di sapere dov’è.”
 
“Sono in un Texaco.” Rispose Dean. “Uscita 16 dell’Interstatale, abbiamo bisogno di un ambulanza, in fretta, sta sanguinando un sacco, la mia – mi – mia camicia è già fradicia –”
 
“Stanno arrivando.” Disse l’operatore. “Adesso, deve preparare una fasciatura. Posso spiegarglielo passo a passo. Per favore, rimanga in linea.”
 
L’uomo sul pavimento gemette.
 
“Aspetti.” Disse Dean “Sono qui, ma solo un secondo.”
 
Mise la mano di Linda dov’era la sua e appoggiò il cellulare e si avvicinò velocemente a uno scaffale, afferrò due fascette stringi cavo, e si avvicinò all’uomo. L’uomo aveva ancora gli occhi chiusi, ma aveva il viso contratto dal dolore. Dean lo girò in modo che avesse lo stomaco a terra e gli legò i polsi insieme, poi tornò da Linda.
 
Riprese il telefono. “Ok, mi dica cosa fare.”
 
*
 
Volevano portarlo all’ospedale. Dean non ci voleva andare.
 
“Linda starà bene?” Chiese.
 
I due poliziotti si guardarono l’un l’altro. “Ce la farà, probabilmente.”
 
“Allora voglio andare a casa.” Dean si prese la testa fra le mani. “Vi ho detto quello che è successo, vi ho dato la mia testimonianza. Per favore, lasciatemi andare a casa.”
 
Uno degli ufficiali ebbe pietà di lui. “Va bene, ma ti ci portiamo noi. Non sei nella condizione di guidare.”
 
Quindi gli diedero un passaggio fino a casa in una macchina della pattuglia, e lo accompagnarono alla porta, gli diedero una pacca sulla spalla con la promessa che “si sarebbero sentiti il giorno dopo”.
 
Dean barcollò dentro, ogni osso del suo corpo sembrava pieno di cemento. Si spogliò immediatamente dei vestiti insanguinati e si trascinò al piano di sopra, aprì la doccia alla massima temperatura sopportabile.
 
Rimase sotto il getto per qualche istante, semplicemente a risciacquarsi, e poi sentì le ginocchia tremargli e uscì. Si mise stancamente addosso l’accappatoio, si distese sul letto e chiuse gli occhi.
 
“Dean?”
 
Dean aprì gli occhi.
 
“Dean!” Cas lo chiamò di nuovo, questa volta accompagnato da passi veloci sulle scale.
 
Dean si sedette.
 
Cas irruppe nella stanza, la faccia bianca come un lenzuolo. “Dean! Stai bene? Ho visto la polizia, il sangue –
” E, per qualche ragione, tutto ciò che di forte c’era dentro Dean crollò in quell’istante e gli risalì agli occhi e disse in una voce supplichevole e spezzata “Cas …”
 
Senza un’altra parola, Cas raggiunse il bordo del letto e lo strinse forte tra le braccia. Dean lo trascinò sul letto e lo abbracciò, stringendoselo il più vicino possibile, seppellì il viso nell’incavo della spalla di Cas, e intrecciò le loro gambe perché, per qualche ragione, era ancora fottutamente vivo e tutto ciò che voleva era Cas intorno a lui.
 
E, dopo un po’, Dean si addormentò.














Ho aggiornato il giorno giusto, non sarò bella e brava?
Comunque, questo capitolo è una lezione di vita. Se sgridi il tuo vicino di casa per essere andato in giro esibendo le tue mutande come un trofeo, il karma ti scaraventerà addosso un furto a mano armata. Non era ovvio? Dean avrebbe dovuto aspettarselo, ed i nostri guai all'orizzonte sono momentaneamente allontanati, la pace regnerà ancora per un po'.
Che la forza sia con voi e vi spinga a scrivere recensioni.
Grazie dell'ascolto, passo e chiudo.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


CAPITOLO 18
 
La luce del mattino filtrò attraverso lo spazio tra le tende, un debole raggio riflesso sopra il copripiumone rosso scuro.  Dean e Cas erano distesi uno affianco all’altro, guardavano il soffitto in silenzio. Erano svegli da un po’.
 
“Finivo in un sacco di risse.” Disse Dean, uscendosone così, dal nulla. “Proprio dopo la morte di mio padre, andavo nei bar e iniziavo una rissa. Ero anche bravo. Papà era un marine, e insegnò a Sam e a me qualche di tecnica di ‘auto difesa’ …” La sua voce si affievolì.
 
Cas si contorse e si girò, in modo da poter vedere Dean. “La scorsa notte. Dimmi cos’è successo.”
 
Dean rise amaramente. “Oh, dai, non puoi leggermi l’aura, Mr. Veggente?”
 
“Potrei.” Rispose Cas, seriamente. “Ma penso che ti sentiresti meglio a parlarmene.”
 
Dean si fermò e si leccò le labbra, provando a recuperare le immagini nella sua memoria, provando a estrarne l’inizio. “Mi sono fermato a una stazione di servizio per fare benzina. Proprio quando me ne stavo andando, voglio dire, ero nel parcheggiò, di fianco alla mia auto – questo tizio – ha sparato alla cassiera e ha cominciato a prendere i soldi. Quindi …” Dean fece un respiro profondo, e chiuse gli occhi. “Sono tornato dentro.”
 
Cas lo guardò, aspettando pazientemente, senza che la sua espressione lasciasse trasparire nulla.
 
“Gli sono saltato addosso.” Dean deglutì. “Gli ho fatto il culo. Poi ho chiamato il 911 e ho fatto una fasciatura per la gamba di Linda. Mi sono fermato per legarlo, in modo che non scappasse. Sono arrivate la polizia e l’ambulanza, e gli ho raccontanto tutto. Le telecamere di sicurezza hanno dimostrato la mia versione.” Dean guardò Cas, e uno stretto nodo fatto di sensi di colpa gli si legò alla bocca dello stomaco. “Ma c’è qualcosa che non gli ho raccontato.”
 
Cas raggiunse la mano di Dean e intrecciò le dita con le sue. “Cosa?”
 
Dean chiuse di nuovo gli occhi. “Cas,” sussurrò, forzandosi a continuare. “Una parte di me … quando lo stavo colpendo … una parte di me voleva solo continuare. Voleo continuare a picchiarlo finchè non fosse morto.”
 
Cas rimase zitto per un bel po’, e mosse lentamente il pollice, in cerchi regolari, sul palmo di Dean.
 
Dean si limitò a espirare e inspirare, l’ammissione fluttuante nell’aria sopra la sua testa.
 
“Tua madre,” Disse Cas. “le hanno sparato.”
 
Il respiro di Dean gli si bloccò in gola e rimase lì. “Effrazione,” gracchiò. “furto andato male.”
 
Cas annuì. Poi si sedette e indirizzò il suo sguardo alla finestra, magari solo come scusa per non guardare Dean. “Ha preso di sorpresa anche me.”
 
Dean aggrottò le sopracciglia. “Di cosa stai parlando?”
 
Cas continuò a guardare nello spazio fra le tende. “Nella sala del tribunale, stavano leggendo la sua testimonianza, e l’ho guardato … stava piangendo.” Alzò un ginocchio e ci appoggiò sopra il braccio. “Stavano leggendo le sue parole, diceva quanto l’avesse amata e stava piangendo, cazzo. Come se avesse avuto il dirito di provare qualunque tipo di dolore.” Si girò di nuovo verso Dean, i suoi occhi scivolarono verso il basso, pesanti e amareggiati. “Sapevo di volerlo uccidere. Che ne … sarei stato capace. Sapevo che non l’avrebbe riportata indietro. Lo volevo lo stesso. Ed è stato allora che ho lasciato la chiesa.”
 
Dean si limitò a ricambiare lo sguardo, gli occhi incatenati insieme, legati nella stessa consapevolezza che esistevano cose nell’oscurità che non sapevi nemmeno potessero esistere dentro di te, una corrente elettrica scorreva tra loro, potente e aliena e familiare.
 
E poi Cas sospirò. “Mi sembra abbastanza. Stiamo sprecando un bellissimo letto.”
 
Dean ebbe appena il tempo di piegare la testa e chiedere “Cosa?” prima che Cas rotolasse di lato, con classe, e sovrastasse Dean a quattro zampe, le sue ginocchia ai lati delle cosce di Dean e le mani ai lati delle sue braccia, si chinò e lo baciò dolcemente e passionalmente come se fosse nato sapendo come.
 
Dean si lasciò andare al bacio istantaneamente perché, diavolo, chi non l’avrebbe fatto, ma respinse il bisogno di avvolgere le gambe intorno ai fianchi di Cas, perché quella sarebbe stato davvero troppo da ragazzina. Invece si limitò a rispondere al bacio con tutto ciò che aveva e dieda a Cas l’ Esperienza Completa della Talentuosa Bocca Winchester e forse gemette un po’, ma fu un gemito assolutamente maschile, cazzo.
 
Poi Cas gli tolse l’accappatoio, fece scivolare la mano verso il basso e danzò con le dita lungo il suo addome, facendo contrarre leggermente i muscoli sotto il suo tocco e poi, all’improvviso, BAM, spinse la mano verso il basso, sui boxer di Dean, e strinse e Dean si inarcò contro la sua mano e gemette e se ne fregò di come suonasse perché cazzo.
 
Beh, possiamo giocare in due a questo gioco. Dean baciò Cas con ferocia per massima distrazione e poi fece scivolare la mano oltre l’elastico dei pantaloni della tuta di Cas e merda, era caldo, il suono teso e disperato che Cas emise nella sua bocca e il modo affamato in cui si muoveva e la sua mano calda contro Dean, attraverso il cotone, pochi accaldati minuti di quello e Dean dovette interrompere il bacio solo per recuperare il respiro. Ma Cas non si fermava, oh no, mosse semplicemente la sua bocca lungo il collo di Dean, fino alla sua spalla e lì, lo morse.
 
Cazzo, Cas!” Dean ansimò, piegandosi in avanti, sentendo che stava per perdersi, provando a restire un poì più a lungo, percepiva che anche Cas ci era vicino e doveva resistere –
 
E poi Cas ringhiò, ringhiò, cazzo e morse Dean, di nuovo, e Dean gemette “Cas!” e cadderro entrambi oltre il limite, precipitando nell’oscurità.





















Sono stanca morta, ma ho aggiornato. Ce l'ho fatta. E con questa piccola vittoria personale vado a ritirarmi nei miei appartamenti.
(Non c'è bisogno che dica quanto siete fantastici tutti voi che commentate e intrigate questa storia in preferite, seguite e non mi ricordo l'altra categoria, vero?)

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


CAPITOLO 19
 
Sam non lo sapeva ancora, ma stava per far cadere i tasselli del domino nella vita di Dean.
 
Capodanno, e stava aspettando all’aeroporto per il suo volo, approfittandosi del wi – fi e guardando video idioti su you tube. Gli era stato permesso di usare il suo computer negli ultimi tre mesi, ma niente internet, ed era come – come essere Rip Van Winkle. Aveva un sacco da recuperare.
 
Dean chiamò, domandandogli del volo. “È tutto nella norma.” Lo rassicurò Sam. “Nessuna precipitazione pesante dalla tua parte, solo un qualche fiocco di neve, quindi dovrei arrivare intorno alle sei del pomeriggio, col tuo fuso orario. Se parti di casa alle cinque dovrebbe andarti di lusso.”
 
Dean si schiarì la gola e fece un pausa imbarazzante. “Riguardo a quello. Sammy, stavo pensando … sarebbe più semplice se prendessi un taxi fuori dall’aeroporto. Non ti preoccupare, pagherò io la corsa.”
 
“Cosa?” Chiese Sam. “È un’ora di macchina. Ti costerà un sacco, Dean. Cosa devi fare di così importante?”
 
“Niente, è solo che …” Sospirò.  “Ok, sarò sincero con te. Il fatto è che … l’ultima volta che ho guidato fino a là … quando ho dato uno strappo a Bobby, mi sono fermato a fare benzina, e questo tizio stava rapinando il posto …”
 
“Santa merda, stai bene?” Esclamò Sam.
 
Diverse altre persone sedute sulle sedie di plastica si girarono a guardarlo.
 
“Sì, tutto ok.” Rispose Dean. “A dire il vero … gli ho fatto il culo. Ma ha sparato a questa donna, e anche lei sta bene, però dopo mi sono sentito di merda e non penso di poter sopportare che succeda di nuovo quindi non ho davvero voglia di arrivare fino a là e so che non ha senso, ma mi dispiace.” L’ultima parte uscì in fretta e quasi incomprensibile.
 
Sam avvertì una strana sensazione di vuoto nello stomaco e chiese a Dean “È  stato in un Texaco?”
 
Silenzio. “Come lo sai?”
 
Sam fu preso da una risata incontrollabile. “Amico, sei famoso su internet. È un’epidemia.”
 
“Cosa?” La voce di Dean si alzò di un’ottava. “Ho chiesto espressamente all’ufficiale Mills di non rilasciare il mio nome –”
 
“No, no, la tua faccia è oscurata.” Lo interruppe Sam. “Ma qualche TG locale ha mandato in onda un  segmento dell’Eroe del Texaco con il filmato di un tizio stra – tosto ‘che ha richiesto di rimanere anonimo’ intento a picchiare a sangue un teppistello fallito e hai, tipo, due milioni di visite su YouTube.”
 
“Merda.”
 
“Mi sembrava di aver riconosciuto le mosse di papà. Però poi ho pensato che magari il tizio era un marine o qualcosa del genere, combattono tutti nello stesso modo.” Sam ridacchiò e si passò una mano tra i capelli. “Ti meriti una A, Dean, sto in riabilitazione tre mesi e mio fratello diventa Batman! Le fottute fascette, Dean!”
 
“Non va bene, Sam!” Sam poteva praticamente sentirlo fare su è giù. “E se qualcuno al lavoro vedesse il video? Non posso permettere che si sappia in giro.”
 
“Cosa, che sei un eroe?” Gli chiese Sam, incredulo. “E comunque, sono tuo fratello, e nemmeno io ti ho riconosciuto.”
 
“No, ma quando te l’ho detto, hai capito che ero io.” Dean sospirò. “E che fossi giustificato o meno, e francamente dubito di esserlo stato, mi fa sembrare, volendo essere positivi, uno di quei vigilantes violenti, e al peggio uno di quei tizi che vanno in cerca del rischio …”
 
“Senti, Dean, ti stai facendo un sacco di problemi inutili. E fattelo dire da un avvocato fallito che ha lasciato il college: sì, eri giustificato.” Sam sbuffò. “Aveva sparato a quella donna, cazzo. Qualunque cosa sarebbe stata giustificabile. Ci vediamo tra qualche ora.”
 
*
 
Il volo arrivò con mezz’ora di anticipo, grazie al vento a favore, o qualcosa del genere. Sam considerò di chiamare Dean per avvertirlo, ma decise di non farlo. Era il suo turno di arrivare a sorpresa.
 
Sam non considerò la follia della sua decisione finchè il taxi non parcheggiò di fronte alla casa beige con le finestre scure e nessuna macchina nel vialetto. Ma hey, non poteva mancare più di una mezz’ora all’arrivo di Dean, quindi portò semplicemente la sua valigia sulla soglia della casa e ci si sedette sopra, pronto ad aspettare.
 
Si infilò le mani in tasca e rabbrividì. Che tempo schifoso. La California era meglio.
 
La porta della casa alla sinistra di quella di Dean si aprì, e ne uscì un uomo. I suoi folti capelli neri mossi dal vento, una barba da cinque del pomeriggio sul viso, e indossava una salopette da contadino sopra un maglione di Natale. Inoltre, aveva degli stivali da cowboy. Lanciò un’occhiata a Sam e si tolse la sigaretta dalla bocca.
 
Sam lo salutò con la mano.
 
L’uomo si diresse verso di lui, fermandosi spesso per togliersi la neve dagli stivali. Man a mano che si avvicinava, Sam si rese conto che aveva la sigaretta spenta.
 
“Ciao.” Disse Sam, sorridendo. “Sono il fratello di Dean, Sam.” Si alzò e gli porse la mano.
 
L’uomo la ignorò e strizzò gli occhi. “Ha finito il latte.”
 
Sam abbassò lentamente la mano. “E deduco che tu sia Castiel.”
 
“James Novak.” Disse l’uomo. “Ma te lo concedo.”
 
“Cos’è questa storia del latte?” Chiese Sam.
 
Castiel o James Novak o chiunque fosse si infilò una mano nella salopette e guardò Sam con attenzione. “Chi era?”
 
Sam aggrottò le sopracciglia. “Chi era chi?”
 
Castiel lo fissò, senza nemmeno sbattere le palpebre. “La ragazza che è morta.”
 
Sam sussultò, deglutì, e smise di respirare tutto in una volta.
 
Castiel continuò semplicemente a fissarlo.
 
E Sam rise dolorosamente, il genere di risata che si fa quando qualcuno ti tira un cazzotto alla spalla, e ammise “Dovrai essere più specifico.”
 
Allora Castiel sorrise, non un sorriso cattivo o intenzionato a prenderlo in giro, ma simpatico, quasi da cameratismo, e disse “Mi piacerebbe farti vedere la mia fotografia, Sam.”
 
“Co – Cosa?” Balbettò Sam.
 
“Ho delle caramelle in casa.” Offrì Castiel. “Lecca lecca.”
 
“Lecca lecca.” Ripeté Sam, incredulo.
 
Castiel schioccò le dita e scosse la testa. “Funziona solo con Dean e i bambini piccoli. Continuo a dimenticarmelo.” Poi sorrise compiaciuto e si infilò la sigaretta in tasca. “Oh, dai, Sam. Muori dalla voglia di saperlo. Vieni a vedere.” Quindi si girò e tornò verso casa sua.
 
Sam sbatté le palpebre, lo guardò per un secondo, e poi lo seguì.











Castiel e il tatto, due sconosciuti. E vedi mai che, forse, Cas è davvero un fotografo? Cosa vorrai mai mostrare a Sam? E perchè Sam non è attirato dai leccalecca? Le risposte a dopodomani, quando aggiornerò, in orario dato che ho la netta sensazione di aver aggiornato con un giorno di ritardo. Ma dovete scusarmi, ieri sono stata particolarmente occupata e la mia giornata si è conclusa con Biancaneve e il Cacciatore, quando sono tornata a casa avevo la nausea per lo schifo di quel film e non ho trovato la forza di aggiornare.
Siete belli, ciao.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


CAPITOLO 20
 
Il piano superiore della casa di Cas era … bianco. Immacolato, bianco nudo. Muri bianchi, piastrelle bianche, persino qualche poltrona bianca, una scrivania bianca, e una porta bianca, tutti riflettevano la luce brillante che filtrava attraverso le finestre francesi. Del tutto differente da come Dean aveva descritto il resto della casa.
 
“Benevenuto nel mio ufficio.” Disse Castiel. Girò il pomello e aprì la porta. “E questo è il mio studio.”
 
Era enorme. Sam pensò che dovesse aver buttato giù qualche muro. Soffitto alto, pavimento in legno massello, muri azzurri, fotografie incorniciate e appese con stile ogni uno o due metri. La maggior parte erano paesaggi, tramonti, begli scatti dell’esterno.
 
Era veramente un fotografo.
 
Castiel camminava davanti a lui, le suole dei suoi stivali da cowboy rimbombavano sul parquet. “E qui c’è il mio ultimo progetto, non è finito.”
 
Sam lo guardò.
 
Era la gigantesca fotografia ingrandita di un rosario su uno sfondo bianco, alto circa dieci piedi, con alcuni pezzi tagliati via e rimpiazzati. Come tutti rosari, aveva una sequenza di grani ripetuti cinque volte – dieci grani, della catena in più, poi un singolo grano (che, in qualche modo, Sam ricordava chiamarsi decade), e il cerchio si chiudeva con un medaglione di Maria, e poi c’era l’ultimo pezzo, un solo grano, catena, un singolo grano, per culminare in un crocifisso.
 
Quasi ognuno dei grani, nei gruppi da dieci, era stato rimpiazzato dalla foto della nuca di un uomo, teste di ogni colore e forma e pettinatura, leggermente piegate, la collottola esposta. I singoli grani erano sostituiti da cinque foto di mani unite, come in preghiera. Il medaglione di Maria era ancora intatto. Ma alla fine, il crocifisso era stato ritagliato, e sotto c’erano due braccia incrociate, l’una sopra l’altra, le mani rigidamente dritte.
 
Sopra il rosario, in caratteri semplici, in un largo minuscolo nero, recitava:
 
Oh mio gesù, perdona i nostri peccati, salvaci dalle fiamme dell’inferno
 
e poi sotto,
 
conduci tutte le anime al paradiso, specialmente quelle di coloro che hanno più bisogno della tua pietà.
 
Castiel lo osservò, osservò il suo viso, in attesa di una reazione. “Ho intenzione di chiamarlo ‘I Misteri Addolorati’.”
 
“Io …” Sam sbattè le palpebre, sentendo una – un’emozione indescribile espandersi nel petto. “È incredibile, ma non so se lo capisco.”
 
Castiel si girò verso la sua creazione, guardandola attentamente. “Ognuna di quelle teste, quelle sono foto di gay cattolici. Alcuni non hanno fatto coming out, altri sì. Ma la cosa strana, riguardo alla Chiesa, è che quasi non importa. Essere gay nella Chiesa è come una cospirazione; te ne stai zitto, tieni la testa bassa, e ognuno è silenziosamente d’accordo di guardare dall’altra parte.”
 
Si fermò un attimo, poi indicò le braccia incrociate. “Le persone pregavano così, sai? Braccia incrociate sul petto.”
 
“Sono le tue braccia?” Chiese Sam.
 
Castiel annuì.
 
Sam si passò una mano tra i capelli. “Da quanto tempo ci lavori su? Devi avere, tipo, quarantacinque uomini in questa foto.”
 
“Non lo so.” Castiel alzò le spalle. “Diversi mesi. È stato lento. Loro non sono contenti di correre rischi. Devo trovarne uno, il quale mi dice di un altro uomo che conosce, e quell’uomo mi racconta di qualcuno che conosce, e così via. Devo assicurarli del loro anonimato. Devo convincerli a esporsi qui.”
 
Sam si sentì sopraffatto semplicemente in presenza del progetto. “Questo significa molto per te, vero? Perché non l’hai fatto vedere a Dean?”
 
Castiel fissò la foto e incrociò le braccia. “Le donne che sono morte. Stavi per parlarmene.”
 
“No, non è vero!” Tentennò Sam.
 
Castiel rivolse il suo sguardo a lui.
 
E per un minuto, Sam poté sentire fisicamente il suo sguardo su di lui, quegli occhi blu, così intenti, che gli scavavano dentro francamente, dicendo Ti ho fatto vedere il mio, adesso fammi vedere il tuo. Un ordine. I palmi di Sam cominciarono a sudare.
 
Esalò un respiro e si arrese. “È iniziata con Jess. La mia ragazza del college. È stata una di quelle cose terribili e assurde; un aneurisma. Non avevo idea di come affrontarlo, ma Dean era lì per me. Mollai la scuola e lui si prese un permesso familiare e abbiamo iniziato un viaggio in macchina attraverso l’America.” Sam sorrise a sé stesso. “Era orribile e perfetto allo stesso tempo. Mi ha tenuto insieme, capisci? Ma poi …” Deglutì. “Papà ha avuto un attacco di cuore. E c’eravamo dentro entrambi. Dean non era lì per tenere insieme i pezzi, e siamo semplicemente … andati in pezzi …”
 
Allora Sam scosse la testa, gli corse un brivido lungo la schiena. “Non so perché te lo sto raccontando.”
 
Castiel si limitò a fissarlo, senza mai distogliere lo sguardo.
 
“Comunque …” Sam si infilò le mani in tasca, a disagio. “Era più di quanto non potessi accettare. Dean era andato, perso nel suo mondo. Non avevo nessuno. A poi, spunta questa ragazza, Ruby, ed era … audace. Pericolosa. Viva. E ho pensato, se magari la smettessi semplicemente di preoccuparmene così tanto, forse potrei vivere di nuovo –”
 
Castiel sorrise piano. “Sembra così semplice, no? A lo fu, per me almeno. Ma poi, ho incominciato con la roba leggera. Un po’ di ossicodone non ha mai fatto male a nessuno.”
 
Sam sbuffò. “Mi facevo solamente di stimolanti. Mi facevano sentire come se potessi controllare la mia vita, come se potessi fare qualsiasi cosa. Coca, speed, ecstasy, anche un po’ di meta a volte, alla fine, quando la situazione diventò disperata …” Fece una smorfia e si massaggiò il gomito. “Cazzo, avevo toccato il fondo. Avevo – avevo cominciato a rubare soldi a Bobby e Dean, facevo … favori, mi facevo Ruby …
 
“Quindi hai smesso.”  Castiel lo disse con una tale semplicità, come se si trattasse di lasciare un lavoro. Hai semplicemente smesso.
 
Sam rise amaramente. “Neanche in quel momento. Mi faceva più che mai. È assurdo, ma era l’unica cosa che mi rimaneva. No, è stato quando la seconda donna è morta. Ruby. È andata in overdose, e …” Sam chiuse gli occhi, senti il peso sullo stomaco. “Fui io a prepararle la dose.”
 
Quando aprì gli occhi, Castiel finalmente, finalmente, sembrò sorpreso.
 
“Vorrei dire che l’amavo. Non sarebbe vero.” Ammise Sam. “Avevo bisogno di lei, ma questo è qualcosa di differente. Non era più la mia ragazza, era il mio spacciatore. Se n’era assicurata personalmente. Quindi, la sua morte, non fu come quella di Jess ma, arrivato a quel punto, ero più o meno convinto che morire sarebbe stato ok. Lasciarci la pelle mentre ero fatto, accettavo l’idea. Ma, mentre lei soffocava tra le mie braccia in una schifosa stanza di motel, mi sono improvvisamente reso conto che … aveva iniziato a morire da un bel po’ di tempo, e io con lei. E non era ok per niente.” Alzò le spalle. “Quindi chiamai Dean.”
 
Castiel annuì piano, poi si allontanò da Sam, lanciando occhiate intorno allo studio. “Quando stavo cercando una casa, non cercavo un posto in cui vivere. Ne ho comprato uno in cui morire. Moriamo tutti, prima o poi, quindi perché non prepararsi per tempo?” Gli angoli della sua bocca si sollevarono.
 
Camminò tra le sue fotografie, e la sua voce venne e andò con tono assente, come se stesse parlando con sé stesso, come se avesse dimenticato che c’era anche Sam. “Non quassù, al piano di sotto. Qualche posto accogliente, caldo, nostalgico, era lì che avrei voluto morire. Qualche posto in cui i miei vicini sarebbero stati tristi sapendo che ero morto, ma non avrebbero pianto. Sarebbero andati avanti con le loro vite e sarebbe stato soltanto un altro giro nella cosmica ruota della fortuna, un altro cambiamento nella loro esistenza, un’altra rivoluzione nel ciclo.”
 
Si fermò davanti alla foto di un camino e la guardò pensosamente. “Poi è arrivato Dean. E non voglio morire quando c’è lui intorno.”
 
E la cosa strana fu che Sam non era sicuro se Castiel stesse dicendo che Dean gli faceva desiderare di non morire, e se, semplicemente, non voleva che Dean fosse presente quando sarebbe accaduto.
 
Forse fu per questo che si lasciò sfuggire “Sono pulito da tre mesi e non sono mai stato più felice.”
 
Castiel rise delicatamente e toccò la cornice. “Grazie per averci provato, ma ho già smesso. Con le sostanze illecite, perlomeno.”
 
Un certo peso abbandonò Sam. “Da quanto tempo?”
 
Castiel alzò lo sguardo vero l’alto, calcolando. “Due settimane.”
 
Le sopracciglia di Sam raggiunsero altezze considerevoli. “Davvero? Così di recente? Come mai?”
 
E allora Castiel lo guardò, l’ombra di un sorriso aleggiava intorno alle sue labbra. “Perché Dean me lo ha chiesto.”
 
Qualcosa di interamente differente tornò a pesare su Sam. Ma prima che potesse pensare alle parole giuste, Cas interruppe i suoi pensieri. “Cosa provi nei confronti delle tartarughe?”
 
“Sono un po’ strane.” Rispose Sam. “Non mi piacciono i rettili.”
 
Cas annuì e si strinse le mani. “Bene, bene. Ho intenzione di fumigarle e non ho bisogno del PETA alle calcagna.”
 
“Fumigarle?” Chiese Sam, cercando di non sembrare troppo perplesso.
 
Cas aprì la porta dell’ufficio e indicò a Sam di seguirlo. “Posso sentirle scavare nei muri. Non riesco a fare nulla.”
 
Sam lo seguì al piano di sotto, e stava per chiedere a Castiel di elaborare quando il suo cellulare prepagato cominciò a vibrare. Lo aprì.

“Sam? Dove sei?” Chiese Dean, la voce metallica nel ricevitore. “Perché c’è la tua valigia sui gradini di casa mia?”
 
“Il mio volo è arrivato prima, e non eri a casa. Sono con Castiel.”
 
Dean si zittì. “Ti ha lasciato entrare in casa sua?”
 
Senza chiedere, Castiel allungò il braccio e prese il cellulare a Sam. “Ciao, Dean. Sam sta tornando. Mi aiuterà col problema delle tartarughe più tardi.” Poi chiuse la comunicazione e allungò il cellulare a Sam.
 
Sam ridacchiò. “Piuttosto coraggioso da parte tua, attaccare il telefono in faccia a Dean. Te la farà pagare non appena ne avrà l’occasione.”
 
Cas sorrise. “Ci conto.”
 
Sam non era proprio sicuro di cosa dire, quindi aprì la porta e disse “Sarà meglio che vada prima che inizi a perquisire le mie borse in cerca di un armamentario.”
 
Cas gli fece un saluto militare. “Che la forza sia con te.”
 
Sam uscì dalla porta e scosse la mano, ma poi qualcosa, all’ultimo secondo, esitò. “Castiel.”
 
Castiel inarcò le sopracciglia.
 
“Dean dici che vedi l’aura delle persone.” Sam deglutì pesantemente. “Tu la – Che cosa vedi in me?”
 
L’espressione di Cas si ammorbidì, gli occhi sinceri e la bocca piegata in una piccola linea, e guardò Sam per un momento. Poi disse “Sei indaco, Sam. Il colore della colpa e la vergogna. Si avvolge intorno a te come lenzuolo. Ma in ogni caso, non c’è bisogno di vedere l’aura per capirlo.”
 
Sam annuì, inalò profondamene, e strinse la mandibola.
 
Castiel appoggiò una mano sulla spalla di Cas. “Niente è stato aggiustato. Questo senso di colpa non è una punizione, ma redenzione. Non la troverai dentro te stesso; devi guardare verso l’esterno e trovarla negli altri. Se vuoi essere buono, fai cose buone. Sei capace di essere buono.” Castiel lo guardò dritto negli occhi. “Sappilo, Sam. Tu sei capace di essere buono.”
 
Sam sbatté gli occhi, velocemente e gracchiò “Grazie.”
 
Poi camminò velocemente verso casa di Dean, e, mentre camminava, si ricordò del progetto di Castiel.
 
Oh mio gesù, perdona i nostri peccati, salvaci dalle fiamme dell’inferno
 
Testa china. Mani unite. “I Misteri Addolorati”
 
conduci tutte le anime al paradiso, specialmente quelle di coloro che hanno più bisogno della tua pietà.
 
E si chiese quale colore Castiel vedesse in se stesso.
 













Ok, mi sono dimenticata di aggiornare. Perchè sono stupida. 
E adesso sono abbastanza di fretta quindi non ho nemmeno riletto il capitolo per controllare gli errori. Di nuovo, sono stupida. Però se ne trovate qualcuno ditemelo, e rimedierò.
Al prossimo (in orario)

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


CAPITOLO 21
 
“Non posso credere che ti abbia chiesto di entrare in casa sua.” Disse Dean, conducendo Sam nella camera degli ospiti. “Non ho visto l’interno di quel posto per settimane.”
 
“Beh, non ho visto tutto il posto, mi ha solo portato al piano di sopra.” Sam sollevò la sua valigia dalle sue piccole ruotine di plastica e la trascino su per i gradini.
 
Dean si fermò, con una mano sul caposcala. “Al piano di sopra?”
 
“Togliti di mezzo.” Grugnì Sam, spingendo Dean di lato. Finalmente riuscì a scaricare la pesante valigia al sicuro, sul carpet del corridoio.
 
“Non ha …” Dean sembrava essere impallidito, quasi ferito. “Non è successo niente di strano, vero?”
 
Sam alzò gli occhi al cielo. “Non ha aperto tutti gli aghi ipodermici che possiede per riempirmi di cocaina, se è questo che intendi. E non ho rubato nessuna delle sue cose. Come se potessi far stare una fotografia incorniciata sotto la mia camicia …”
 
Dean proseguì lentamente lungo il corridoio. “È davvero un fotografo?”
 
“Già.” Sam trascinò la valigia fino alla stanza degli ospiti e l’aprì. “Dovresti davvero andare a vederlo per conto tuo. Comunque, dov’eri?”
 
“Avevo finito il latte, sono andato a prenderne un po’.” Rispose Dean, con aria assente, grattandosi sotto le unghie. “Cosa fotografa?”
 
“Paesaggi, soprattutto. Ma sta lavorando a un grosso progetto …” Sam sospirò. “Come ho detto, dovresti davvero andare a vederlo. Non posso davvero fargli giustizia.” Estrasse una camicia pulita dalla sua valigia e si fermò. “È un tipo a posto. Capisco perché ti piace.”
 
Dean fissò Sam, con espressione circospetta e illeggibile. “Di cosa avete parlato?”
 
Sam alzò le spalle e si tolse la camicia. “Varie cose.”
 
Dean si limitò a continuare a fissarlo. “Che genere di cose?”
 
Sam ricambiò lo sguardo. “Non lo so, Dean. Cose! Abbiamo parlato della sua aura psichica e bazze varie.”
 
Dean sospirò in maniera decisamente sarcastica. “Uh huh. Quale ha detto che è il tuo colore?”
 
Sam si mise la camicia pulita e borbottò. “Viola o indaco o qualcosa del genere. Qualunque cosa significhi.”
 
Dean sorrise amaramente. “Giusto. Bene, sono contento che voi due siate diventati amici del cuore. Ora potrete organizzare party di yoga e scegliere le ceramiche insieme.”
 
Sam alzò il occhi al cielo. “Per l’amor del – Dean, dacci un taglio.”
 
“Un taglio a cosa?” Chiese innocentemente.
 
“A questa storia del ragazzo geloso.” Ribatté Sam. “Ti stai comportando come se avessi dieci anni e avessi preso il suo posto nella casa sull’albero di Cas. Ero seduto fuori, al freddo, ok? Mi ha invitato dentro. Cos’altro avrebbe dovuto fare? Sabotare la serratura di casa tua? Probabilmente l’ha fatto solamente perché siete buoni amici! Quindi smettila di essere maledettamente possessivo. Cristo.”
 
Dean arrossì e scosse la testa alzando gli occhi al cielo, come se Sam stesse dicendo cose senza senso. “Non sono possessivo.” Borbottò.
 
Fu il turno di Sam di alzare gli occhi al cielo. “Per favore. Dean. So che non hai molti amici, ma seriamente. Non è grave se il tuo amico è carino con qualcun altro, anche se non sei tu. Non state insieme.
 
Dean si girò e uscì dalla stanza, dicendo mentre usciva “Grazie a Dio. Non ci sono abbastanza cristalli curativi nel mondo per curare quello là.”
 
Per qualche ragione, questo colpì qualcosa all’interno di Sam, e si sporse oltre la soglia, sul corridoio. “Dean.”
 
Dean si fermò e lo guardò.
 
“Non … non penso che sia davvero pazzo.” Disse, sentendo un leggero movimento nel petto, come se qualcuno stesse stringendo nervosamente un fazzoletto di stoffa. “Penso che voglia solo esserlo. E … penso che forse dovresti parlargli.”
 
Dean fece un’espressione corrucciata. “Di cosa?”
 
Sam sospirò e appoggiò la testa alla cornice della porta. “Non ti piacerà, o … forse non mi crederai … ma, francamente, Dean? Mi sembra che provi qualcosa per te. Lo so che hai detto che si comportava un po’ come se ci provasse, quando vi siete conosciuti, ma. È più di questo.”
 
Dean non disse nulla. Si limitò a stringere le labbra e a fissare la sua attenzione sul muro.
 
“Non sto cercando di spaventarti!” Aggiunse Sam velocemente. “E non sto cercando di infilarmi in mezzo! Non deve per forza rovinare la vostra amicizia. Fidati di me, potete ancora essere amici. È solo che, dovresti assicurarti che sappia come ti senti, prima che la cosa diventi imbarazzante. Perché non sono sicuro che lo sappia. E glielo devi, lo sai, per bloccare un po’ la cosa, prima che vada troppo lontano.”
 
Dean inspirò profondamente. “Credimi, Sam. Cas e io abbiamo già avuto quella conversazione. Non ti preoccupare, va bene? Non siamo più alle medie. È un adulto. Io sono un adulto. Possiamo essere adulti su questo genere di cose. Quindi … lascia semplicemente perdere.”
 
Sam aggrottò le sopracciglia. “Ma Dean –”
 
“Ho detto lascia perdere!” Scattò Dean, le narici che si dilatavano.
 
Dean si immobilizzò per un momento, poi ruotò lentamente e tornò nella sua stanza. “Faccia da culo.” Borbottò.
 
“Ti ho sentito!”
 
“Sacco di merda! Questa l’hai sentita?”
 
Tu sei il sacco di merda, Sam! Tu lo sei!”
 
“Mi dispiace, non posso sentirti sopra il rumore di tutte queste stronzate impennanti. Cosa stavi dicendo?”
 
“Sai cosa? Sono troppo vecchio per questo. Questa cosa qui? È infantile.”
 
“La tua faccia è infantile.”
 
“Sono serio, Sam. Non mi abbasserò più al tuo livello.” Dean scese le scale.
 
Sarei io quello a cui tocca abbassarsi!” Gli urlò dietro Sam.
 
Silenzio.
 
Sam sospirò interiormente. Probabilmente Dean aveva ragione, era troppo vecchi per –
 
“Solo perché sono più basso di TE questo non mi rende BASSO!” Urlò Dean. “Hai qualche specie di fottuto problema GHIANDOLARE, va bene? Sei uno scherzo della natura!”
 
“Sono io lo scherzo? Sono io lo scherzo? Disse l’uomo che spese SETTE DOLLARI per le Magic Fingers in UNA NOTTE in quel merdoso hotel in Missouri –”
 
“Oh, non provare nemmeno a INIZIARE con le Magic Fingers!"












Mille e venti scuse per il ritardo con cui ho aggiornato? Sono una brutta persona? SCUSATE? 
Davvero, sono tremenda, e mi dispiace molto. 
Ma sono tornata alla ribalta e con un po' di fortuna, e una connessione internet decente, gli aggiornamenti continueranno con regolarità!

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


CAPITOLO 22
 
Con il senno di poi, Dean avrebbe dovuto capire che invitarli tutti insieme non era la cosa più intelligente da fare.
 
Erano adulti però, giusto? Era troppo chiedere che la quattro persone con cui Dean aveva confidenza si trovassero tutte insieme nella stessa stanza e andassero d’accordo?
 
A quanto pare lo era.
 
Jeff e Laura furono i primi ad arrivare, portando Caesar Salad e sei bottiglie di birra. “Preparatevi per festeggiare come se fosse il 1999!” Scherzò Jeff. Dean rise e li presentò a Sam. Sam, per conto suo, fu un incrocio perfetto tra educato e disinvolto, riservato ma rilassato. Jeff e Laura si sciolsero come burro. Sam aveva sempre fatto quell’effetto alle persone.
 
Dean non aveva detto a Jeff e Laura della sua dipendenza. Non voleva che iniziasse a scorrere cattivo sangue. Era una cosa passata. Inoltre, sarebbe stato Sam a doverlo raccontare. Jeff diede una mano a Dean ad apparecchiare la tavola, Sam mise la birra in frigo e scherzò con Laura riguardo alla preferenza di Dean per la Miller Lite, e la pizza uscì dal forno perfettamente dorata e croccante e tutto stava andando liscio.
 
E poi arrivò Cas, e andò tutto al diavolo.
 
Iniziò nel momento stesso in cui bussò e aprì subito la porta per entrare. Jeff e Laura si scambiarono uno sguardo, un vago terrore dipinto sulle loro facce, e Dean poté quasi sentirli irrigidirsi, stringere i denti e vedere le loro nocche sbiancarsi.
 
Forse la ragione fu il kilt di Cas. Ma poi, probabilmente era il suo boa di piume nere.
 
“Ciao.” Disse Cas, porgendo un piatto avvolto nella carta stagnola, che teneva in una mano.
 
Jeff e Laura guardarono il piatto con ulteriore terrore represso.
 
“Jeff, Laura.” Dean ridacchiò nervosamente e si strinse la mani insieme. “Avete conosciuto Castiel, il mio vicino?”
 
A difesa di Laura, lei si avvicinò e gli porse coraggiosamente la mano. “Non penso che ci abbiano mai formalmente presentato. Sono Laura, e questo è mio marito Jeff.”
 
Cas le strinse la mano con sicurezza. “Sono Castiel, e questo è mio marito Omar.” Guardò il piatto. “No, scusami, errore mio. Questi sono solo grissini.”
 
Laura ridacchiò con gli occhi spalancati e un sorriso falso, quasi isterico. Jeff lo fissò.
 
“Era una battuta.” Li rassicurò Cas. “Non preoccupatevi, conosco la differenza tra dei grissini e un marito. Per esempio, lo stato mi permette di avere dei grissini.”
 
“Oooookay, che giocherellone.” Dean camminò verso di lui e prese il piatto, per passarlo a Sam. “Sam, perché non porti questi in cucina?” Si girò di nuovo verso Cas. “E ti darò una mano ad appendere la tua … sciarpa, qui –”
 
“È un boa, Dean.” Lo corresse Cas.
 
Dean lo guardò male.
 
Cas sventolò l’estremità di quell’affare. “Visto? Boa.”
 
Grazie a Dio, finalmente Sam tornò indietro. “Hey, Jeff e Laura, volete aiutarmi a –” Prima ancora che potesse finire la frase, un Jeff e Laura molto grati si stavano precipitando nell’altra stanza, lontano dal fattone vestito come una drag.
 
Dean aprì l’armadio del corridoio. “Non avresti potuto lasciar perdere, vero? Dovevi essere certo che sapessero che è un fottuto boa.” Soffiò, rimproverando Cas.
 
Cas si tolse il boa e lo appese apaticamente. “È quello che è, Dean. Non vedo il problema.”
 
“Il problema è che ti ho chiesto di essere carino e normale una volta, solo una volta,” Dean alzò un dito per enfatizzare il concetto “e tu ti presenti con una gonna, Cas! Non potevi nemmeno sprecarti a indossare dei pantaloni?”
 
Cas abbassò lo sguardo, come se non si fosse davvero accorto di ciò che aveva indossato. “È un kilt. Eredità culturale, Dean.”
 
Dean si portò una mano al viso. “Solo – non esagerare per stasera, potresti farlo? Fingi di essere umano. Puoi farlo?”
 
Cas aggrottò le sopracciglia. “Io sono umano. E se continuerò a frequentarti, e tu continuerai a frequentare loro, non vedo lo scopo di nascondere chi sono. Lo scoprirebbero comunque, prima o poi.”
 
Dean sospirò e chiuse appena gli occhi. “Per piacere, Cas. Per me.”
 
Cas esalò un respiro vicino al suo orecchio, mandandogli brividi lungo il collo, e disse, con una voce bassa e roca “Ti ho concesso di non dire loro di noi. Ma non ho detto che ti avrei reso la cosa semplice.”
 
Quando Dean aprì gli occhi, Cas era a metà strada per la cucina.
 
Dean chiuse la porta dell’armadio nel corridoio. Bene. Se Cas voleva giocare sporco, bene. Potevano giocarci in due.
 












Cas è strano. E io ho aggiornato! Mi merito un biscotto no?
Grazie a tutti i figherrimi che leggono, recensiscono, bazze varie.
Volevo dire qualcosa di vagamente importante, ma non me lo ricordo più. Forse, recensite vi prego?
E ditemi se ci sono errori, sono troppo sfatta per rileggere quello che ho scritto. 
Baci e abbracci!

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


CAPITOLO 23
 
Laura e Jeff si sedettero a un lato della tavola, Dean e Cas si sedettero a quello opposto, e Sam come capotavola.
 
“Sai, non posso credere per quanto tempo abbiamo vissuto nello stesso vicinato senza mai conoscerci.” Disse Laura, sorridendo forzatamente oltre la pizza. “Sono contenta che ci siamo finalmente conosciuti.” Ci stava provando, grazie a Dio. Dean lo apprezzava.
 
“È colpa mia.” Cas si mise della Caesar Salad nel piatto. “Vi stavo evitando.”
 
Il sorriso di Laura svanì.
 
Cas alzò lo sguardo, e si fermò. “Sono … timido.” Disse lentamente. “È per questo.”
 
Una bugia, una bugia pura e semplice, e Dean apprezzò anche questo.
 
L’espressione di Laura si rilassò in un sorriso comprensivo. “Certo.”
 
“Quindi, Castiel …” Il nome scivolò sulla lingua di Jeff come se fosse straniero, sillabe da un altro linguaggio. “Cosa fai per vivere?”
 
Cas utilizzò il suo coltello e la forchetta per tagliare la sua fetta di pizza in piccoli pezzi. “Sono un fotografo.”
 
Jeff sembrava interessato. “Oh? Che cosa fotografi?”
 
Castiel masticò il boccone, e deglutì. “Uomini nudi.”
 
Dean mandò di traverso un  pezzo di pizza.
 
Sam tossì e rise troppo rumorosamente. “Ah ah ah! Davvero divertente, Cas. Si occupa principalmente di paesaggi. Vero?”
 
Cas abbassò lo sguardo sul suo piatto, chiaramente deluso nel vedere il suo piano sventato. “Sì.” Sospirò.
 
Dean provò a rimanere calmo e allegro e non frustrato. “Jeff, perché non parli a Cas del tuo lavoro?”
 
“È un professore di educazione fisica.” Disse Cas, monocorde, senza nemmeno alzare lo sguardo dal piatto. “Scuola superiore. Giocava a football al college e allena la squadra della scuola.”
 
A Jeff uscirono gli occhi dalle orbite. “Oh, mi hai cercato su google, eh?”
 
Cas non rispose. Si limitò a mordere la pizza. Poi lanciò un’occhiata intorno alla tavolata e chiese “Nessuno di voi è un fan di Abramo Lincoln?”
 
Dean arrossì brutalmente. Ok. Era il momento di entrare in gioco.
 
Sam piegò la testa, e Jeff e Laura annuirono cautamente. “Penso tutti amino l’Onesto Abe.” Rispose Sam, sorridendo un po’. “Eccetto i confederati.”
 
Cas sorrise. “Sì, sì. Come potrebbe non essere così? Dean mi stava dicendo, proprio l’altro giorno, quanto ami il Proclama di Emancipazione.”
 
“Davvero?” Laura rise. “È questo che fai nel tuo tempo libero, Dean? Parlare del Proclama di Emancipazione?”
 
Dean sapeva di essere approssimativamente color pomodoro, e non c’era modo di nasconderlo. Si limitò a ridere e disse “Sono un po’ un appassionato di storia.” Poi fece scivolare furtivamente una mano sotto la tavola e aspetto il momento giusto.
 
“Lo è davvero.” Confermò Cas, raccogliendo un po’ di insalata con la forchetta. “Si fa coinvolgere davvero molto.”
 
Dean infilò la mano sotto il kilt.
 
“È estremamente entusiaaaAAAahhh!” Cas si immobilizzò a metà parola, con la bocca spalancata, le dita strette intorno alla tovaglia.
 
Tutti lo fissarono.
 
Dean si avvicinò di più, in faccia un’espressione di scioccato interessamento. “Cosa succede, Cas?”
 
“Mi – mi dispiace.” Balbettò Cas, fermamente impegnato a non guardare Dean, la tovaglia stretta tra le dita. “Penso ci fosse un – un – un ragno nella mia scarpa, e – ahhh – mi ha morso.” Si morse l’interno della guancia e le sue narici si dilatarono.
 
Dai, lo sfidò mentalmente Dean. Spingimi via. Arrenditi.
 
Sam si alzò, in allerta e preoccupato. “Davvero, Cas? Stai bene? Hai bisogno –”
 
E Dean si scostò, usando entrambe le mani per fermare Sam e spingerlo di nuovo verso la sua sedia, disse “Rilassati, Sam, è un uomo adulto e tu non sei un dottore.”
 
Cas si piegò e si tolse la scarpa, massaggiandosi il piede e lamentandosi a voce alta.
 
E fortunatamente Jeff e Laura non stavano guardano Dean o avrebbero notato come la sua bocca si fosse piegata in un momentaneo sorrisetto soddisfatto.
 
“Sto bene.” Disse Cas. “Mi ha solo sorpreso. Odio i ragni.”
 
Gli altri lo guardarono sospettosamente, come se si aspettassero di vederlo cadere a terra, morto, da un momento all’altro.
 
Si sedette e prese un’altra fetta di pizza. “Le tarantole possono vivere fino a venticinque anni.”
 
Laura prese la sua fetta di pizza, la guardò, e la abbassò di nuovo.
 
Dean sospirò.
 
Sarebbe stata una lunga cena.
 
*
 
H. 23.30
 
Era tutti seduti in salotto, la tv accesa a volume massimo per mascherare il silenzio imbarazzante. Castiel si scusò per andare in bagno.
 
“Quindi.” Dean si girò verso i suoi ospiti. “Solo mezz’ora per questo vecchio anno. Il tempo vola, eh?”
 
Jeff sorseggiò la sua birra. “Sei sicuro che non sia uno spacciatore, Dean?”
 
“Chi, Cas?” Dean scosse la testa. “No, amico, è un cadetto spaziale, ma non spaccia nulla.”
 
Laura lanciò un’occhiata verso il corridoio dove c’era il bagno. “Pensi davvero che faccia abbastanza soldi con la fotografia?”
 
“Probabilmente vende le foto su internet.” Suggerì Sam. “E ha una specie di eredità.”
 
Jeff sbuffò. “O vi ha fregato. E coltiva una marijuana nella cantina.”
 
“È in forma, però, per un cannato.” Commentò Laura. “Ha delle belle gambe. Anche dei begli zigomi.”
 
La guardarono tutti.
 
“Cosa?” Chiese esasperata. “Sono sposata, non ceca. Mi è permesso guardare.”
 
“Eeeeee è abbastanza per te.” Si intromise Jeff, prendendole la birra dalla mani.
 
Fu allora che la voce di Cas si fece sentire dal corridoio. “Dean!” Chiamò. “C’è qualcosa che non va col tuo lavandino! Il rubinetto non si apre!”
 
Dean grugnì e si alzò, stirandosi le braccia. “Va bene, vengo a darci un’occhiata!”
 
Jeff scosse la testa e sorseggiò la sua birra.
 
Dean percorse velocemente il corridoio, visualizzando già cosa avrebbe potuto essere successo. Se il water funzionava anche il rubinetto avrebbe dovuto, a meno che, teoricamente, qualcuno non avesse svitato il tubo sotto il lavandino, ma avrebbe dovuto essere deliberato –
 
E improvvisamente Cas lo trascinò dentro il bagno e chiuse la porta.
 
Prima che Dean si rendesse conto di ciò che stava succedendo, Cas lo aveva sbattuto contro la porta, le labbra socchiuse e gli occhi selvaggi. “Finalmente.” Cas respirò, sollevato. Premette la bocca su quella di Dean e lo baciò disperatamente e la sua mano tirò freneticamente la cintura di Dean, il suo respiro rumoroso contro la pelle di Dean e il suo tocco sul suo stomaco.
 
Dean scostò la testa e spinse Cas indietro. “Adesso?” ansimò, sentendo già il suo corpo avere il meglio. “Vuoi farlo adesso? Sei pazzo? Sono proprio lì fuori!”
 
“Esattamente.” Gli occhi di Cas erano scuri e affamati e continuavano a scattare verso la sua bocca. “Sono proprio lì fuori. Non ti comportare come se la cosa non ti facesse stringere i pantaloni, perché è decisamente ovvio.”
 
Merda. Era vero, lo era? Le loro voci proprio fuori dalla porta, così vicine da esporli … era esaltante. Proibito. Il suo polso stava accelerando, il suo cuore batteva forte nel petto e il sangue gli correva nelle vene.
 
“Mancano venticinque minuti a mezzanotte, Dean.” La voce di Cas era solida, scura e profonda, roca. Spinse una gamba tra quelle di Dean e lentamente porto anche il corpo contro il suo, premendo i loro fianchi insieme e sfregandoli appena. “Quindi, possiamo scegliere la via più semplice, o quella più dura.”
 
“Quale –” Dean si impose per mantenere un tono regolare. “Qual è la via più semplice?”
 
Castiel piegò la testa e mormorò, lungo il collo di Dean, mentre le sue labbra sfregavano contro la pelle di Dean. “Mi consenti l’accesso ai tuoi pantaloni e ce la spassiamo molto silenziosamente.” Leccò un linea lungo sul collo di Dean e gli mordicchiò il lobo dell’orecchio.
 
Dean trasformò un gemito in un ansito tremante e riuscì a dire “E quella dura?”
 
Cas mosse i fianchi contro di lui, la sua mano scivolò lungo il bordo dei suoi pantaloni. “Continua a strusciarmi contro di te e tu vieni lo stesso nei tuoi pantaloni.”
 
Dean dovette ridacchiare. “Figlio di puttana.” Allungò una mano e strinse il sedere di Cas, cosa che stava facendo per beneficio suo, e produsse un meraviglioso leggerissimo suono ma cazzo, che bel culo, Gesù. “Ma stai dimenticando la terza opzione.”
 
Cas piegò appena la testa.
 
Dean lo spinse via, facendoli girare in modo che Cas fosse contro la porta, e si lasciò cadere sulle ginocchia.
 
*
 
“E ho detto, questa è l’ultima volta che andiamo a Cancun.” Concluse Jeff, ridendo al suo stesso aneddoto. Sam e Laura risero con lui, ma era chiaramente la storia preferita di Jeff.
 
Subito dopo, la frivolezza scomparve, Sam notò l’ora. “Cavolo, Dean ci sta mettendo un secolo. Mancano solo dieci minuti a mezzanotte.”
 
Jeff annuì. “Forse dovresti farglielo sapere. Il lavandino può aspettare fino al prossimo anno.”
 
Quindi Sam si alzò e percorse il corridoio fino al bagno. Cosa avrebbe mai potuto essere, comunque? Se l’acqua in cucina funzionava, probabilmente non era una tubatura rotta, ma in quel caso, forse la manopola si era svitata, ma non l’avrebbero già riparata a quel punto? Huh, avevano anche chiuso la porta, che era strano, però si apriva verso l’interno quindi probabilmente avevano bisogno di andare sotto il lavandino. Alzò la mano per bussare alla porta –
 
E fu allora che lo sentì.
 
Un leggero gemito, un specie di verso di supplica, e qualcuno che respirava pesantemente.
 
Un altro gemito. Il respiro si fece più veloce.
 
No.
 
Non era possibile.
 
Ci doveva essere una qualche spiegazione logica.
 
E poi, un “Cazzo” borbottato.
 
Sam voleva andarsene, lo voleva davvero, ma non poté. Era semplicemente immobilizzato sul posto, congelato, con il cervello completamente e assolutamente disconnesso.
 
Forse, forse c’era solo Cas lì dentro –
 
Un ansito silenzioso. “Dean. Dean.
 
E poi un ringhio violento e corto, il respiro rallentò e tutto tornò silenzioso.
 
Lo stridio della manopola del rubinetto, e l’acqua corrente.
 
Per favore, per favore, per favore. Se c’era un Dio, avrebbe potuto quel Dio fulminarlo proprio in quel momento, Sam gli sarebbe stato per sempre grato.
 
Ma, invece, dato che non sarebbe successo e dato che Sam era un completo idiota, bussò alla porta e girò il pomello. “Ragazzi? È quasi mezzanotte.”
 
I due saltarono. Dean aveva le mani sotto il rubinetto, e Cas si stava sistemando il kilt. Era entrambi rossi e sotto – sopra e ovviamente, ovviamente, post – coitali.
 
“Hey Sammy, sono appena riuscito a sistemare il rubinetto!” Disse Dean, debolmente. “Arriviamo subito.”
 
Cas fece un passo avanti. “È un adulto, Dean. Penso che possa concepire il concetto di una sveltina.” Lanciò a Sam uno sguardo dispiaciuto. “Sono cose che capitano.”
 
E Dean arrossì violentemente e borbottò “Cas. Stai zitto.”
 
Non lo negò.
 
Solo, Cas. Stai zitto.
 
E per qualche ragione quel riconoscimento palese e da faccia tosta, fu semplicemente troppo, e Sam si limitò a guardarli e disse “Come?”
 
Cas ricambiò lo sguardo, confuso quanto lui.
 
Poi la sua espressione si oscurò, e le sue sopracciglia si aggrottarono rendendo più profonde le linee del suo viso. “Non lo sa.”
 
Dean si passò una mano sulla mandibola. “Cas …”
 
Cas si voltò di scatto verso di lui, gli occhi che lanciavano fulmini. “Non gliel’hai detto. Non l’hai detto a Sam.
 
Dean strinse le labbra. “Cas.”
 
Ma Cas non lo stava più ascoltando. Stava sorpassando Sam e dicendo “Devo andare.” Lanciandosi verso l’armadio del corridoio e tirando fuori il suo boa e sbattendo la porta principale. E Dean gli stava correndo dietro urlando “Cas! Aspetta!” E sbattendo di nuovo la porta.
 
E Sam si trascinò dietro di loro, stordito, e si trovò faccia a faccia con un paio di vicini estremamente confusi nel salotto.
 
“Sam?” Laura strinse il braccio di Jeff. “Che succede?”
 
Sam avrebbe voluto saperlo.
 
Ma indosso la sua migliore espressione da tutto è sotto controllo e rispose “Mi dispiace, davvero, ragazzi. Dean ha dovuto affrontare un sacco di stress ultimamente, il furto al Texaco e tutta quella roba –”
 
Jeff aggrottò le sopracciglia. “Il furto?”
 
“Sì, sapere.” Sam scosse la mano, provando a richiamare la memoria. “Il tizio che ha rapinato il Texaco e Dean gli ha fatto il culo. L’Eroe del Texaco.”
 
Gli occhi di Laura raggiunsero le dimensioni di dollari d’argento. “Dean è l’Eroe del Texaco?”
 
Merda.
 
Sam si strinse il naso. “Pensavo ve l’avesse detto. Sta provando a tenerlo nascosto, quindi … acqua in bocca, va bene?”
 
Annuirono simultaneamente. “Beh,” disse Laura. “Immagino non sia un buon momento, quindi penso che andremo a casa.”
 
E quindi, qualche minuto dopo, Sam era seduto sul divano, da solo, con tutte le persone sorridenti in televisione che facevano il conto alla rovescia. Le ondate di newyorkesi si muovevano in onde colora, la camera inquadrò la palla luccicante, display neon animati mostravano in numeri. “Tre! Due! Uno! BUON ANNO NUOVOOOOOOOOO!” E il mondo esplose in baci e abbracci e braccia intrecciate e cantando Auld Lang Syne.
 
Sam alzò la sua bottiglia di birra per brindare alla la stanza vuota. “Buon Anno Nuovo, cazzo.”
 













Ed iniziano i guai, Dean ha fatto la sua cazzata giornaliera. Però almeno il capitolo è lunghetto, più del normale se non altro!
Ok, al prossimo bambini belli.
Sono più sfatta di ieri, quindi se c'è qualche errore ditemelo :)

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


CAPITOLO 24
 
“Cas!”
 
Dean lo inseguì fuori, in mezzo alla neve, sotto la luce aranciata dei lampioni e sull’asfalto nero e congelato. In strada non si sentiva un solo rumore, era vuota; tutti quanti erano chiusi casa, stretti insieme, per il count down finale. Scivolò e traballò, recuperando l’equilibrio. “Cas! Aspetta!”
 
Cas finalmente si girò. “Perché,  Dean?” Urlò. “Così puoi dirmi quello ciò che già so vorresti dirmi?”
 
Dean strinse i pugni. “Cosa dirò allora, eh? Prego! Dimmelo!”
 
Cas inspirò profondamente ed esalò una grossa nuvola di vapore. I suoi occhi avevano un’espressione dura e accusatoria. “Stai per mentire.”
 
“Hey!” Dean fece un passo avanti, e si ritrovò a puntare un dito a Cas. “Non ti ho mai mentito! Non una volta!”
 
“Allora rispondimi onestamente.” Cas scoprì i denti mentre parlava, le sue parole furono brusche e taglienti. “Vuoi che tutto questo sia un segreto perché non vuoi che sappiano che stai con un uomo, o perché non vuoi che sappiano che sei con me?”
 
Dean aprì la bocca, ed vacillò.
 
Cas contrasse la mandibola e sbatté velocemente gli occhi diverse volte e disse “Bene. Ok. Sono contento che sia tutto chiaro allora.” Si girò e ricominciò a camminare.
 
“Cas, non l’ho detto a Sam perché non sono affari suoi!” Disse Dean. “Sono serio! Non c’è bisogno che ti arrabbi tanto per questo. Non gli invio un resoconto ogni volta che vado a letto con qualcuno! Non sono affari suoi chi mi sto scopando, e non sono neanche affari di nessun’altro!”
 
“È questo che stiamo facendo quindi?” Ribatté Cas, oltre la sua spalla, continuando a camminare. “Scopando?”
 
“Sì!” Esclamò Dean. “Non è quello il punto?”
 
Cas si fermò.
 
La gola di Dean sembrò chiudersi improvvisamente. “Non lo è?”
 
Cas rimase semplicemente fermo, dando la schiena a Dean.
 
“Oh, e dai!” Urlo Dean, sentendo la rabbia prendere il meglio. “Non ti comportare come, come se non … non ti ho chiesto niente, Cas! Non ti ho chiesto nessuna promessa! Ti porti una, un’ armata di uomini dentro casa e ti aspetti che io pensi che siamo di più? Ti conosco da quanto tempo ormai? Da mesi,e non ho mai visto una sola delle tue fotografie. Ti permetto di entrare in casa mia, Cas, e tu mi chiudi fuori ogni volta.”
 
Lentamente, Cas si girò. E la sua faccia – merda. Dean non poteva affrontare quell’espressione. I suoi occhi erano rossi e brillanti e la sua bocca era una linea sottile e non provava nemmeno a guardare, non provava nemmeno a guardare Dean negli occhi, quindi guardò al lato della strada e disse piano, con voce roca e spezzata. “Sapevo come ti sentivi all’inizio, ma ho pensato che avresti … beh, non importa più. Ma ti spiegherò in modo che tu possa capire.” Cas prese un respiro profondo. “Solo perché sono solitario non significa che voglio essere il tuo piccolo sporco segreto. Sono perché scopiamo non significa, non significa che io non provi emozioni. E solo perché non mi hai chiesto nulla …” Chiuse gli occhi e la sua voce si spezzò, mentre diceva “non significa che non te l’abbia dato lo stesso.”
 
Dean non disse nulla, rimase solo fermo, come paralizzato, immobilizzato in quel punto, incapace di smettere di guardare Cas e dire qualsiasi cosa, qualsiasi fottuta cosa.
 
Cas si asciugò gli occhi con la mano e alzò lo sguardo su Dean. “È colpa mia. Ma non penso di poterti vedere più.”
 
“Cas,” sussurrò Dean. “Pensavo fossimo amici.”
 
E Cas sorrise amaramente e a bocca chiuse, con un labbro stretto verso l’interno, e disse, con voce stridula “Anche io.”
 
Qualcosa pugnalò Dean in pieno petto.
 
Cas gli lanciò un ultimo sguardo sofferente. “Addio, Dean.” E tornò verso casa sua, chiudendosi la porta alle spalle.
 
Dean rimase fermo in mezzo alla strada. Rimase semplicemente fermo.
 
Da qualche parte, lontano da lì, una folla stava festeggiando il nuovo anno, urlando verso il cielo notturno.
 
E allora Dean barcollò di nuovo verso casa sua, ignorando le domande di Sam, ignorando i suoi smorzati dei  fuochi d’artificio, arrancando lungo le scale e togliendosi bruscamente le scarpe per collassare sul suo letto, e rimase semplicemente disteso sulla schiena guardando il soffitto nel buio. E, dal nulla, ricordò un momento, vivido nella sua memoria.
 
“Cosa?”
 
Il pomo d’Adamo di Cas sussultò. “Non posso ancora dirtelo.”
 
“Cas, non puoi dire certe cavolate e poi non finire.”
 
Cas ci pensò un momento. “Chiudi gli occhi e te lo mimerò con la bocca.” Disse.
 
Dean si corrucciò. “Se ho gli occhi chiusi, come vedrò quello che mi stai mimando?”
 
“Non lo vedrai.” Disse Cas. “Ma il tuo cuore lo sentirà.”
 
Fu il turno di Dean per fissarlo.
 
Cas ricambiò lo sguardo, completamente serio.
 
“Ti ho mai detto che sei incredibilmente strano?” Chiese Dean.
 
Chiudi gli occhi, gli mimò Cas, senza emettere un suono.
 
Dean sospirò e chiuse gli occhi.
 
E Cas alzò entrambe le mani per stringere il viso di Dean, e lo strinse per un momento silenzioso. E poi si spinse in avanti e premette le labbra sulla fronte di Dean.
 
“Ecco.” Disse Cas. “Adesso lo sai.”
 
E Dean realizzò di sapere con assoluta certezza le tre parole che Cas gli aveva detto, perché il suo cuore le aveva sentite, nascoste e tenute segrete anche a sé stesso.
 
E improvvisamente i suoi occhi cominciarono a lacrimare e il suo corpo a tremare e si rannicchiò su un lato e pianse come uno stupido idiota perché un qualche fottuto hippie lo aveva amato e lui era stato stupido abbastanza per mandare tutto a farsi fottere.













Questo capitolo è distruttivo, ma lo amo lo stesso. E spero di essere riuscita a rendere almeno un po' le emozioni che l'autrice di questa storia mi ha trasmesso la prima volta che ho letto questo capitolo.
Ho aggiornato due volte oggi perchè voi siete bellissimi. 
Come al solito perdonatemi gli errori

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


CAPITOLO 25
 
Quando Sam si svegliò, la mattina dopo, la prima cosa che fece fu andare in camera di Dean. Era vuota.
 
Non un buon segno.
 
Poi andò al piano di sotto e seguì la scia di odore di carne in cottura fino alla cucina, dove Dean aveva messo sui fornelli tre differenti padelle e teneva una bottiglia di Jack Daniel’s in mano.
 
Un segno anche peggiore.
 
“Sammy!” Lo salutò Dean, con un gran sorriso. “Finalmente ti sei svegliato, dormiglione!”
 
Sam gli concesse un mezzo sorriso poco convinto. “Whiskey alle dieci del mattino, Dean? Pensi davvero che sia una buona idea?”
 
Dean prese una gran sorsata e sospirò. “Beh, il sindaco di Drunktown ha dato le dimissioni, e qualcuno dovrà pur sostituirlo. E guarda qui!” Utilizzò la bottiglia per indicare i vari piatti. “Sto facendo uova, bacon, frittelle di patate. In vero stile casalingo, merda, Sammy.”
 
“Stai bene?” Chiese Sam, sedendosi al tavolo della cucina.
 
Dean sorrise. “Mi sento da Dio! Tutto è fottutamente meraviglioso.” Piegò la testa e corrugò le sopracciglia verso Sam. “Sai, a volte quando ti guardo posso ancora vedere com’eri da piccolo. E ti preparavo la colazione. Te lo ricordi?”
 
Sam ridacchiò e si massaggiò la fronte. “Sì, ma non ti era permesso di usare i fornelli all’epoca.”
 
Dean sorrise di nuovo. “Già, tu adoravi quelle tortine alla fragola. Eri così piccolo, Sammy.” Ritornò ai fornelli e mescolò le uova. “Eri piccolo allora.” Il mescolare rallentò. “Era facile prendersi cura di te.”
 
Per qualche motivo, il modo in cui lo disse si bloccò nella gola di Sam, e ogni modo in cui aveva tradito Dean si palesò di fronte alla sua memoria, si alzò, raggiunse i fornelli e disse “Hey, perché non lasci fare a me per un po’?”
 
“Nah, ormai ho finito con ‘sta merda, siediti Sammy.” E Dean lo mandò via e, con molta attenzione, tolse le padelle dai fornelli e spense il fuoco, e gettò il cibo in due piatti che aveva preparato. “Ecco. Prendine uno.”
 
Quindi si sedettero e mangiarono la loro colazione, che era anche abbastanza buona, considerato che era stata preparata da un uomo ubriaco.
 
“Dean,” disse Sam “perché c’è una pietra sul tavolo?”
 
Dean guardò la normalissima pietra, posata proprio nel bel mezzo della superficie come una sorta di centrotavola. “Oh. Quella. Devo liberarmene. Me l’ha data Cas. La vuoi? È una pietra meditativa.”
 
Sam appoggiò la forchetta. Aveva sperato di aspettare almeno che Dean tornasse sobrio, ma si rese conto che forse era meglio così. “Dean. Dobbiamo parlare della scorsa notte.”
 
Dean arrossì e fece una smorfia e si diede una sberla in fronte. “Meeeeeerda. È vero. C’eri anche – cazzo.”
 
“Quindi, prima di tutto.” Sam unì le mani. “Questo significa per caso che sei gay?” Non era proprio una cosa che aveva programmato di domandare, eppure eccolo a farlo.
 
Dean gli lanciò un’occhiataccia, poi si passo una mano sulle tempie e sospirò. “Mi piacerebbe.
 
Non la risposta che Sam si era aspettato.
 
“Sai quanto sarebbero facili le cose se fossi gay?” Chiese Dean. “Questo posto non è pieno di bigotti ignoranti, sai. Il mio capo, è lesbica. Se fossi gay, potrei fare coming out e tutti sarebbero così fottutamente di sostegno, e mi direbbero quanto sono stato coraggioso e stronzate del genere.” Esalò attraverso il naso. “Ma mi piacciono le donne. Ho controllato. Continuo a preferire il loro equipaggiamento.”
 
Sam alzò un sopracciglio. “Hai controllato?”
 
Dean ruotò gli occhi. “Porno, Sam. Gesù. Sei troppo vecchio perché io debba spiegarti certe cose.”
 
Sam gli riservò uno sguardo poco divertito. “In ogni caso. Quindi pensi di essere bisessuale?” Era tutto molto più facile con lui così brillo.
 
Dean alzò le spalle. “Immagino di sì. Ma se dico che sono bi ... Improvvisamente è tutta un’altra storia. La gente penserà che sono in una fase di negazione. Persino i gay penseranno che sono in fase di negazione, Tutti penseranno che sto mentendo. Le persone non pensano che tu sia coraggioso ad essere bisessuale, pensano che tu sia confuso.” Scosse la testa afflitto. “Cas non lo capisce. Stai con un ragazzo e puoi dire addio alle donne, per sempre. Loro non vogliono che tu ti scopra gay con loro.”
 
“Perché dovrebbe importarti quello che pensano altre donne, se sei già in una relazione?” Chiese Sam.
 
Dean lo guardò come se fosse un idiota. “Per quando finisce. E finiscono sempre. Bisogna prepararsi per quel genere di cose.”
 
Sam strinse le labbra e si portò le mani unite alla bocca. “Quindi mi stai dicendo che hai tenuto la tua relazione con Cas segreta perché volevi avere delle altre opzioni aperte?”
 
Dean strinse gli occhi e aprì la bocca, la chiuse di nuovo, indicò Sam con aria accusatoria e disse “Stai zitto.” Fece per afferrare la bottiglia.
 
Sam la fece scivolare lungo il suo lato del tavolo. “No, ne hai avuto abbastanza. Mangia.”
 
Dean lo guardò male e si ficcò le uova strapazzate in bocca.
 
“È questo che hai detto a Cas, la notte scorsa?” Chiese Sam. “È per questo che gli vuoi restituire la sua pietra?”
 
“Non poffiamo abere quefta confermazione,” borbottò Dean, con la bocca piena. “Hai prefo la ma boffiglia.”
 
“Dean.” Sam tornò a sedersi e incrociò le braccia. “Sono stato in terapia costante per gli scorsi novanta giorni. L’unica cosa che so fare ormai, è parlare di sentimenti. Quindi puoi sputare il rospo adesso, o sputarlo dopo, ma riuscirò a tirartelo fuori in ogni caso.”
 
Dean masticò pensosamente per un momento.
 
Sam mangiò un pezzo di bacon.
 
Dean deglutì. “Cas ed io. Quindi. Noi. Scopavamo.”
 
Sam indossò la sua espressione più disinvolta. “Me ne sono accorto.”
 
“E. Ho pensato che fosse tutto qua.” Dean si pulì la bocca con il suo fazzoletto. “C’erano molte cose … Non lo so. Sembrava semplicemente quel tipo di persona, sai? Dormi dove capita. Spirito libero. Amore libero. Nessuna etichetta.”
 
Sam annuì attentamente. Le sessioni di gruppo l’avevano reso un ottimo ascoltatore attivo.
 
“Ma l’altra notte gliel’ho detto, e ha dato di matto.” Dean sbatté le palpebre e prese un bel respiro. “E penso che per tutto questo tempo lui – lui – lui – ” Provò a raggiungere la bottiglia, e trovò aria vuota. Guardò male Sam, e poi abbassò la mano. “Quindi ha detto che è finita. E gli credo. Cazzo, Sammy, gli credo.” La sua bocca si piegò verso il basso, e guardò verso l’alto con espressione patetica e disse piano “Posso riavere la mia bottiglia? Sto ricominciando a provare sentimenti.”
 
“No.” Finalmente stavano arrivando da qualche parte. Sam si piegò in avanti. “Quindi che succede adesso, Dean?”
 
Dean punzecchiò cupamente le sue frittelle. “Sarebbe bello saperlo. Bevo un altro po’. Prendo una pillola. Provo e dimentico. Forse lo supererò.”
 
“Tutto qui?” Gli chiese Sam, incredulo. “Hai semplicemente intenzione di arrenderti?”
 
Le sopracciglia di Dean si aggrottarono e alzò la testa verso Sam. “Non c’è niente su cui arrendersi!” Scattò. “Non mi stavi ascoltando? Cas ed io abbiamo scopato e ora abbiamo chiuso e si ritorna tutti al solito vecchio solitario.”
 
“Dammi un po’ di pace!” Controbatté Sam, alzando la voce. “Ma almeno ti rendi conto di ciò che stai facendo? Cas era il tuo migliore amico, e sembra, probabilmente, anche il tuo migliore tutto, e tu sei così spaventato dal prenderti un impegno che stai per scaraventare tutto nel cesso!”
 
Dean si accigliò. “Tu pensi che io sia spaventato? Sammy, ho caricato un uomo con una pistola carica in una stazione di servizio vuota. Non sono spaventato da delle maledette emozioni.
 
Sam lo guardò dritto negli occhi. “Hai ragione. Non sei spaventato. Sei terrificato.”
 
Dean ricambiò lo sguardo, e poi osservò il piatto, e il suo pomo d’Adamo sussultò.
 
“Se mi dici, onestamente, che questo non significa nulla per te, ti crederò sulla parola.” Continuò Sam. “Ma, te lo dirò, Dean. Questi ultimi due mesi, mi sei sembrato più felice di quanto tu non sia stato in un bel po’ di tempo. E in questo momento, sei assolutamente miserabile. Fai tu due più due.”
 
Dean raccolse la sua forchetta e la strinse nella mano, e chiuse gli occhi. “Non posso.”  Mugugnò silenziosamente tra i denti. “L’ho trattato come … come potrebbe mai riprendermi con sé?”
 
Sam prese un respiro profondo. “A volte, quando le persone ci tengono a te, possono perdonare l’imperdonabile.” Gli pizzicavano un po’ gli occhi e aggiunse con calma “Dovresti saperlo.”
 
Dean aprì di nuovo gli occhi, erano lucidi e rosati e guardò Sam e disse “Sei mio fratello, Sam. E l’ho recuperato.”
 
Sam annuì velocemente e sbatté le palpebre più in fretta possibile ma la sua voce si spezzò lo stesso quando ammise “Ma l’ho impegnato.” Prese un respiro tremolante. “Voglio dire, era di mamma.
 
Il mento di Dean tremò, e allungò il bracciò per appoggiare la mano su quello di Sam. “Ormai è passato.” Disse bruscamente. “So che non succederà di nuovo.”
 
Sam sorrise debolmente. “Quindi, vedi? È possibile. Perdonare. E non penso che tu abbia fatto niente di così terribile. Quindi c’è solo una cosa che conta adesso, Dean.”
 
Dean si schiarì la gola. “Sarebbe?”
 
“Devi chiederti: voglio stare con lui?” Sam lo fissò con uno sguardo di metallo. “E se la risposta è sì?”
 
Dean ricambiò lo sguardo, pendendo dalle sue labbra.
 
Sam strinse le palpebre. “Non permetti a nulla di mettersi in mezzo.”
 















Capitoli allegri. Giorni felici, o Happy Days, come dicono qui.
Ma una cosa positiva c'è, a parte i discorsi d'incoraggiamento di Sam: abbiamo familiarità con questo Dean, perchè se c'è una cosa con cui noi fan abbiamo esperienza è Dean ubriaco. 
Questo capitolo sa di casa. 
Al prossimo bellissimi.

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


CAPITOLO 26
 
Dean uscì sotto la brillante luce del sole invernale, carico di intenzione e prodezza. Marciò fino alla casa di Castiel, ogni passo fu una potente affermazione delle sue nuove risoluzioni. Bussò alla porta, ogni battito del suo cuore mandava adrenalina al resto del suo corpo. Si preparò, gli occhi sulla pomello della porta.
 
Nessuno rispose.
 
Dean bussò di nuovo. “Cas.” Chiamò “Sono Dean.”
 
Nessuna risposta.
 
“Cas.” Disse più forte. “Sono Dean. Voglio parlarti. Aprimi, per favore.”
 
Niente.
 
Provò a girare il pomello. Era bloccato.
 
Dean aspettò qualche minuto di più, poi si trascinò di nuovo a casa sua.
 
*
 
Ogni giorno per la successiva settimana e mezzo, Dean fece la stessa cosa. Prima lo fece di mattina; poi, dopo essere tornato al lavoro, il tre di gennaio, bussava non appena tornava a casa. Cas non rispose una sola volta. La sua casa era sempre scura. Dean guardava alle finestre, di notte, e nessuna delle luci era mai accesa. Incominciò a chiedersi se davvero Cas non era mai a casa, se in qualche modo fosse scomparso nel nulla una notte, se magari stava bussando alla porta di una casa morta, vuota, assente e all’interno le sue suppliche sarebbero echeggiate attraverso il silenzio per precipitare sul freddo pavimento.
 
Ma continuava a bussare. Ogni giorno. Sam non chiese mai se Cas era in casa; Dean sapeva di averlo scritto in faccia.
 
“Cas, sono Dean. Di nuovo.”
 
“Cas. Cas, apri, dannazione!”
 
“Per favore, voglio solo parlare. Non devi nemmeno farmi entrare.”

“Cas?”
 
“Hey, sono ancora io. Ci sei?”
 
“Cas, mi dispiace. Davvero.”
 
“Cas.”
 
“Castiel.”
 
“… Cas?”
 
“Cas, non so se sei lì dentro, ma … se ci sei, apri … apri solo la porta.”
 
Poi, un giorno, camminando verso la porta, Dean vide un pezzo di carta fluttuare nel vento. Corse alla porta, lo tenne stretto con le mani, leggendo le parola scarabocchiate nella grafia di Cas.
 
Per favore smettila.
 
Tutto lì.
 
Per favore
 
Smettila
 
E così, qualcosa dentro Dean si disintegrò in cenere e disintegrò in polvere.
 
Tornò a casa e disse a Sam che non si sentiva bene e andò in bagno e si inginocchiò a terra, e strinse la tavoletta del bagno, e sporse la testa oltre la tazza, e rimase lì per un bel po’ di tempo. Ogni volta che cominciava a pensare di stare bene e si muoveva per alzarsi, il suo stomaco di contorceva e si chiudeva rumorosamente e la nausea lo spingeva di nuovo a terra, strinse le nocche fino a sbiancarle, e strinse gli occhi finché non vide grigio ai bordi e ringhiò e ansimò e tremò.
 
Quindi rimase dov’era.
 
*
 
Al lavoro, il giorno dopo, Dean provò a concentrarsi. Ma ogni volta che abbassava lo sguardo sui suoi documenti, le lettere si limitava a ricambiare lo sguardo, vuote, come se si trattasse di un altro linguaggio. Si ritrova a leggere interi paragrafi tre o quattro volte  prima di riuscire effettivamente ad afferrarne il significato. E le sue mani pesavano, come se le sue ossa si fossero riempite di piombo durante la notte e lui si stesse portando in giro il suo scheletro di metallo, combattendo per girare le pagine e aprire i cassetti.
 
Per favore smettila
 
Fanculo. Era tutto ciò che aveva da dire?
 
Per favore smettila
 
Non avrebbe – non avrebbe mai aperto quella porta, vero?
 
Per favore smettila
 
Era in casa. Ogni volta, era lì ed era rimasto seduto lì, aspettando che Dean se ne andasse.
 
Per favore smettila
 
Dean si strinse il naso tra le dita, e inspirò attraverso i denti.
 
Intorno alle tre del pomeriggio, Dean ricevette una chiamata dalle Risorse Umane. Volevano vederlo; non volevano spiegare il perché.
 
Dean si alzò lentamente dalla sua sedia, e lasciò l’ufficio.
 
*
 
Ogni giorno, quando Dean andava al lavoro, Sam si passava il tempo in casa, soprattutto su internet o davanti alla televisione. Intorno a mezzogiorno, di solito faceva una corsa intorno al vicinato. L’aria fredda gli penetrava nei polmoni e gli anestetizzava la faccia ma era un buon tipo di dolore, il genere che ti fa sentire vivo, e la luce del sole lo sollevava in una maniera che non era in grado di spiegare. Gli piacevano le sue corse.
 
Poi, il giorno seguente a quello in cui Dean si era chiuso in bagno per due ore, Sam stava correndo di nuovo verso casa quando vide –
 
Castiel, seduto sulla soglia di casa sua. Stava fumando. In pantaloni da ginnastica e t – shirt.
 
E improvvisamente Sam stava schizzando proprio attraverso la strada e dritto verso di lui. “Hey! Hey! Castiel!” Raggiunse i gradini della porta e si fermò per recuperare il fiato.
 
Castiel alzò lo sguardo con nonchalance. “Ciao.”
 
Prima di potersi controllare, Sam si ritrovò a esclamare. “Quale diavolo è il tuo problema?”
 
Cas fece un tiro. “Misantropia profondamente radicata. Qual è il tuo problema?”
 
“Dean ha provato a parlarti per giorni!” Esclamò. Sam sapeva che non erano affari suoi, e non gliene fregava nulla. “Dove sei stato?”
 
Cas strizzò gli occhi verso il cielo. “Sta per succedere qualcosa di brutto. Lo sento. Non qui, da qualche altra parte.”
 
Il fiume di rabbia che Sam teneva ben nascosto in profondità cominciò ad affiorare, bollente e straripante. “Chi cazzo se ne frega?” Urlò. Schioccò le dita di fronte alla faccia di Cas. “Guardami! Sto parlando con te, in  questo momento, coglione! Dean è venuto davanti a casa tua ogni giorno e tu non gli dai nemmeno la possibilità di scusarsi! Che diavolo può aver fatto di così terribile da non concedergli nemmeno di aprire la tua dannata porta?”
 
Gli occhi di Cas lo fulminarono, si alzò lentamente, fissando Sam. “Non sono arrabbiato con Dean.” Biascicò, con la sigaretta ancora in bocca. “E faresti meglio a darti una calmata.”
 
Sam alzò le braccia vero il cielo, esasperato. “Non sei arrabbiato! Non sei arrabbiato? Allora perché non gli vuoi parlare? Lo sta uccidendo, Cas!”
 
Cas colpì la sigaretta per far cadere la cenere dal mozzicone e guardò oltre Sam, verso la strada. “Sto facendo un favore a entrambi.”
 
“Beh, non sei tu che devi deciderlo!” Disse Sam, irritato. “Lascia che sia Dean a decidere cos’è meglio per Dean!”
 
Cas fece un altro tiro, ed esalò una nuvola di fumo, e mormorò “Aveva ragione su di me.”
 
“Cosa dovrebbe significare?” Chiese Sam.
 
Cas si limitò a distogliere lo sguardo, tirando la sua sigaretta.
 
Sam strinse le mani a pugno. “Sai cosa?” Scattò. “L’ho capito. Non so perché non ci sono arrivato prima, ma l’ho capito. Ti piace incasinare le persone, vero? Ti piace fottergli il cervello, ti piace essere imprevedibile. Quindi è così che hai fatto con Dean. Lo stai solo incasinando. L’hai fottuto e ora non hai più bisogno di lui.”
 
Gli occhi di Cas sbiancarono e diventarono furiosi, le sue sopracciglia si corrugarono cupamente. “Stai zitto.” Disse bruscamente.
 
Sam lo indicò, accusatorio. “E sai che altro? Penso che tu sia contento che Dean abbia fatto un casino. Penso che sia quello che desideravi fin dall’inizio. Penso che stessi semplicemente cercando una scusa per liberarti  di lui, e adesso che lui ha detto la cosa sbagliata a te viene concesso di guardarlo prendersi a calci ancora e ancora, mentre tu te ne stai seduto a crogiolarti in tutto questo, tu schifoso figlio di put –”
 
Cas lo colpì con forza in piena faccia.
 
Tutta la testa di Sam schizzò verso destra, e i suoi occhi pizzicarono.
 
“Ho detto stai. Zitto.” Cas ringhiò, profondo e incazzato nero. “Non sai una merda di me e non sai una merda di me e Dean. Pensi che questo sia facile per me? Questa è la cosa più difficile che io abbia mai fatto, cazzo.”
 
Sam si massaggiò la guancia bruciante e disse, con voce graffiante. “Quindi ti importa.”
 
Cas si irrigidì e spalancò gli occhi.
 
“Senti, non so quali siano le tue ragioni.” Sam si massaggiò la mandibola e la ruotò per essere sicuro che funzionasse ancora. “Non ti conosco nemmeno così bene. Ma se ti importa qualcosa di Dean, il minimo che puoi fare è concedergli una spiegazione. Perché, in questo momento, si sta incolpando. Questa è l’unica spiegazione che ha ottenuto. Pensa che sia tutta colpa sua.” Sam lo guardò negli occhi. “E, nella mia esperienza personale, difficilmente è vero.”
 
Gli occhi di Cas incontrarono i  suoi per un momento, senza dire nulla, le braccia stese immobili lungo i suoi fianchi, la sigaretta dimenticata.
 
“Tra qualche giorno me ne vado.” Sam si infilò le mani in tasca. “Quindi, forse è per questo che lo sto facendo. Ma penso che la vera ragione è che mi piacevi, Cas.” Alzò le spalle. “Pensavo che fossi meglio di così. So che Dean si merita più di questo.”
 
Cas strinse le labbra, e allargò le narici. “Sì.” Sussurrò.
 
“Quindi dagli una possibilità.” Sam sospirò. “O almeno dagli una chiusura.”
 
E lasciò Castiel e non si girò, ma poté sentire gli occhi dell’uomo scavargli nella schiena lungo tutto il suo percorso verso casa.













Sam è l'eroe segreto del mio cuore in questo capitolo.
Scusa per l'aggiornamento tardivo, ma stavo cazzeggiando con una mia amica.
A presto col prossimo!

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


CAPITOLO 27
 
Sam era sul divano a guardare Say Yes to the Dress quando Dean arrivò a casa.
 
Sentì Dean parcheggiare e spegnere il motore lì fuori, afferrò velocemente il telecomando e cambiò su un canale dove trasmettevano NCIS. Poi assunse frettolosamente una posa rilassata, gettando il telecomando dall’altra parte del  divano.
 
Il pomello della porta scattò e i cardini scricchiolarono. “Hey Dean.” Lo salutò Sam, senza distogliere lo sguardo dalla televisione. “Pensavo di fare i maccheroni per cena, ma abbiamo finito il burro, il panetto che avevamo almeno, quindi voto per il cinese.”
 
Nessuna risposta, solo il suono leggero della valigetta che veniva appoggiata a terra.
 
“Dean?” Sam lanciò un’occhiata oltre il divano.
 
Se ne stava semplicemente lì, nella sua giacca invernale, senza alcuna espressione. Vuoto.
 
Sam si alzò in piedi. “Dean, va tutto bene? Cos’è successo?”
 
E Dean iniziò a ridacchiare, piano, all’inizio, man a mano sempre più forte. “Sono stato –” Si fermò per ridere ancora un po’. “Sono stato mollato, Sam.”
 
“Mollato?” Sam gli si avvicinò con attenzione, come se Dean fosse un cervo pronto a scappare. “Intendi dal lavoro? Perché?”
 
Rise più forte, e crebbe fino a diventare una vera e propria risata sconvolta. “Una reporter – ahahaha – una reporter ha chiamato il mio capo, voleva sapere qualcosa su di me perché sono – ahahahahaha –” Sollevò le mani e mimò una grossa insegna “L’Eroe del Texaco!
 
A Sam si seccò la bocca.
 
Dean si diresse verso il divano, si lasciò cadere tra i cuscini e rise silenziosamente, gli occhi chiusi con forza, finché non finì per mancargli il respiro. “Cas. Anche Cas mi ha licenziato!” E poi seppellì la faccia nel cuscino e lo strinse con forza tra le mani, il corpo tremante anche se da lui non proveniva nessun suono.
 
Sam mise una mano sulla spalla di Dean. “Dean.” Disse dolcemente.
 
Le mani di Dean si strinsero più forte intorno al cuscino, e le sue spalle tremarono di più.
 
Sam sapeva che non stava più ridendo.
 
“Va tutto bene.” Disse a Dean. “La pago io la cena.”
 
*
 
“Quindi ho detto a Chris di piantarla con le stronzate, e ha ammesso che riguardava davvero tutta la storia del Texaco, e che i tizi ai piani alti non volevano quel genere di merda associata alla compagnia. Non hanno dato il mio numero o il mio indirizzo alla reporter, dato che era quello che voleva, ma è solo questione di tempo. Quindi hanno deciso di tagliarmi fuori.”
 
Sam sospirò. “Che schifo.”
 
“Già.” Concordò Dean.
 
Si sedettero sul pavimento del salotto e mangiarono il cibo direttamente dalle scatole di cartone che erano arrivate. Dean si era tolto le scarpe, la cravatta e scambiato le sue bacchette con una forchetta. Sam aveva messo su Cartoon Network.
 
“Passami il pollo Hunan.” Disse Dean.
 
Sam glielo passò doverosamente. “Pollo Hunan e salsa agrodolce. Questa sì che è la bella vita.”
 
Dean sbuffò. “La nostra vita fa schifo. Alla grande. Te ne rendi conto, vero?” Scosse la testa. “I nostri genitori sono entrambi morti. Tu sei appena uscito dalla riabilitazione, e sto per diventare un fenomeno mediatico disoccupato. Odiato dal suo unico amico. Ci potrei giurare, abbiamo fatto qualche stronzata orribile nelle nostre vite passate, e adesso ci stanno punendo.”
 
Sam alzò le spalle. “Potrebbe essere peggio.”
 
Come?” Chiese Dean. “Come potrebbe essere peggio?”
 
Sam mangiò una grossa quantità di riso e ingoiò. “AIDS.”
 
Dean si raddrizzò e sbatté le palpebre. “Touché.”
 
“E, per quel che vale …” Sam sospirò. Non avrebbe voluto dirlo a Dean, ma non c’era modo di evitarlo. “Lui non ti odia.”
 
“Credimi, Sammy,” borbottò Dean, affondando la sua forchetta negli spaghetti fritti “mi odia eccome.”
 
Sam si preparò psicologicamente. “Non è quello che mi ha detto stamattina.”
 
Dean si congelò sul posto, e i suoi occhi schizzarono su Sam. “L’hai visto? Ci hai parlato?”
 
“Stava semplicemente seduto lì.” Disse Sam. “Di fronte alla sua porta. Quasi come se … stesse aspettando me.”
 
“Cos’è successo?” Gli occhi di Dean avevano raggiunto le dimensioni di piatti da portata. “Cos’ha detto?”
 
“Beh, uh …” Sam arrossì e abbassò lo sguardo sul suo riso. “Abbiamo parlato un po’. E mi ha detto che non è arrabbiato con te, e sono riuscito a capire che ci tiene ancora. Hai ancora una possibilità. Si sta comportando come un coglione solo perché non sa come non comportarsi come un coglione, capisci?”
 
Dean roteò gli occhi e alzò le braccia al cielo. “Beh, questo sì che ha senso, Sam. Grazie a Dio ho il mio caro fratellino educato a Stanford qui presente a rendermi partecipe di tutto ciò.”
 
“Ciò che intendo,” si intromise Sam “è che sta provando a fare la cosa giusta, ed ha paura di rimanerne ferito. Ha paura di darti una possibilità, e penso che abbia le sue ragioni personali per farlo. Quello che devi fare è mostrargli che desideri davvero che le cose siano diverse, che non stai semplicemente sparando stronzate.”
 
“Non ne voglio più parlare.” Disse Dean, conciso.
 
“Perché no?” Chiese Sam.
 
“Perché sono stufo!” Scattò Dean, afferrando il suo cibo. “Sono stufo di prendere a testate un muro, va bene? Quindi smettila semplicemente. Di. Parlarne.”
 
Sam annuì. “Ok. Capisco quello che intendi. E non tirerò più  fuori l’argomento. Sto solo dicendo … non hai nulla da perdere, Dean. La cosa peggiore che potrebbe accaderti sarebbe di ritrovarti esattamente dove hai iniziato. Fai un gran gesto, e potresti riavere tutto indietro.”
 
Dean masticò silenziosamente, ignorando Sam, guardando lo schermo della televisione.
 
Sam sospirò e guardò il cartone. Era un classico cartone di Wile Coyote e Beep Beep, e il coyote si stava incollando a un razzo.
 
“Sai,” commentò Dean, abbassando lo sguardo sui suoi spaghetti fritti. “questo mi ricorda il nostro viaggio sulla strada. Te lo ricordi? Non ho più preso cibo a portar via per mesi, dopo quella storia.”
 
Sam sorrise a sé stesso. “Già. Non riesco ancora a guardare gli hamburger nello stesso modo.”
 
Dean grattò il fondo della scatola con la forchetta, e sorrise sarcasticamente. “Quel viaggio. È stato il periodo più merdoso della nostra vita, e avrei voluto che non finisse mai.”
 
Sam rise. “Cristo, è un casino. Ma so cosa intendi.”
 
“È stato così difficile tornare al lavoro.” Dean continuava a grattare il fondo della scatola, senza tirarne davvero fuori nulla. “Mi sentivo così – così libero, guidando e fottendomene di tutto, e l’idea di sedermi dietro una scrivania tutto il giorno a compilare scartoffie. Mi sono improvvisamente conto di odiarlo. Lo detestavo. Pensavo che avrei preferito lavorare in un garage e avere uno stipendio infimo che sopportarne anche solo un altro giorno.”
 
Sam non ne aveva mai saputo nulla prima. Osservò Dean con interesse. “Quindi perché sei tornato indietro?”
 
Dean smise di grattare. “Papà.” ammise. “Quando è morto, mi sono sentito come, come se glielo dovessi di fare qualcosa di utile. Avere successo. Quindi sono tornato al lavoro.” Guardò Sam. “E ne ho odiato ogni secondo. Fino ad oggi.”
 
Rimasero seduti in un silenzio contemplativo per qualche istante.
 
“Penso che diventerò un vigile del fuoco.” Disse Dean.
 
Sam alzò le sopracciglia. “O, sai, potresti semplicemente. Trovarti un altro lavoro da qualche altra parte.”
 
Dean scosse la testa. “No. Una volta che la storia del Texaco verrà fuori, nessuna compagnia con un minimo di rispetto personale mi vorrà come addetto alle vendite. Ma forte il dipartimento dei pompieri mi vorrà. Ho sempre voluto essere un  vigile del fuoco.” Lanciò un’occhiata intorno al salotto. “Ma dovrò affittare questo posto, probabilmente venderlo. Non posso permettermi di pagare il mutuo senza il mio vecchio salario.”
 
Sam ingurgitò dell’altro riso. “Vigile del fuoco. Di sicuro non hai il complesso dell’eroe.”
 
“Taci.” Dean lo spinse e si allungò verso di lui per il biscotto della fortuna. “Sei solo geloso perché sono così fantastico.”
 
*
 
Più tardi, quella notte, dopo che Sam se n’era andato a letto, Dean mise una busta nella cassetta delle lettere di Castiel indirizzata a James Novak. Dentro c’era un pezzo di carta da stampante, sulla quale aveva scritto:
 
Please
 
Excuse
 
My
 
Dumb –
 
Ass
 
Shitstorm of emotional issues.*
 
Mi dispiace, Cas. Voglio solo parlare. Per favore.
 
E, all’ultimo secondo, si fermò, la mano vagante sopra la pagina, e aggiunse:
 
Ho bisogno di te.
 
La verità più spaventosa che avesse mai scritto.
 
Nient’altro da perdere.
 
Chiuse lo sportello della cassetta delle lettere e tornò a casa e si addormentò di fronte alla televisione, guardando le repliche di Otto sotto un tetto.
 
*
 
A mezzanotte Dean si svegliò di soprassalto.
 
Qualcuno stava bussando alla porta.
 
Col cuore che gli batteva come un tamburo nel petto e sembrava sbattergli contro la cassa toracica, Dean si diresse alla porta, sentendosi come se il tempo si fosse trasformato in sciroppo e stesse rallentando sempre di più. Guardò la sua stessa mano girare il pomello e aprire la porta.
 
Cas era lì, immobile.
 
E il tempo si fermò completamente.
 
Dean lo fissò, e Cas lo fissò in risposta.
 
Si rese conto che aveva già dimenticato quanto era vivido il nero dei capelli di Cas, l’impossibile blu brillante dei suoi occhi e la leggere tinta di rosa che assumevano le sue guancie, al freddo, e fu uno shock per il suo sistema, come se il suo mondo color seppia fosse improvvisamente esploso in una miriade di colori vivi, e Dean potesse semplicemente starsene lì fermo, come immobilizzato, a concepire il tutto con la bocca leggermente aperta e le mani congelate sulla porta.
 
Finalmente, Cas disse “Ho ricevuto la tua lettera.”
 
Poiché non sapeva che altro dire, Dean disse semplicemente “L’ordine delle operazioni.”
 
E Cas prese un respiro profondo, ed esalò tremante e sorrise debolmente e disse “Vorresti vedere le mie fotografie?”
 










Ok, un paio di note:
* Non ho tradutto questa parte perchè l'acronimo doveva restare PEMDAS (l'ordine delle operazioni appunto), ma vuol dire, circa, "Per favore, perdona la mia cogliona merdosa tempesta di problemi emotivi". Una cosa molto dolce. 
Punto due, mi voglio fare pubblicità, anche se forse il termine non è proprio corretto, voglio fare pubblicità a un'altra mia traduzione di una storia incredibile che ho amato dall'inizio alla fine, ma soprattutto alla fine, se avete voglia andate a leggervela perchè merita molto: Named
detto questo, al prossimo capitolo, e spero questo vi sia piaciuto. E grazie!

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


CAPITOLO 28
 
“Wow” Disse Dean.
 
Cas si limitò a osservare le sue creazioni fotografiche.
 
Dean deglutì. “Quindi è per questo che … tutti quegli …”
 
Castiel annuì.
 
“Mi dispiace. Di aver dato per scontato che …” Dean fece per toccare la spalla di Cas.
 
E Cas spostò la spalla, sfuggendo al tocco di Dean. Si girò e proseguì un po’ più avanti, lungo il gigantesco progetto.
 
“Cas.” Dean poté sentire la bocca seccarsi, tutte le parole giuste gli sfuggirono come fragili foglie morte al vento. “So – so che è stata colpa mia, ma … perché non me l’hai detto, o non me l’hai fatto vedere, o, dì qualcosa, perché l’hai fatto vedere a Sam? Perché non volevi che io lo vedessi?”
 
Cas toccò delicatamente la foto delle due braccia incrociate a formare una  croce. “Odio la lingua inglese.” Biascicò.
 
Dean strizzò le palpebre. “Cosa?”
 
“Le parole. Sono così limitate, così imprecise.” Cas proseguì ancora, fermandosi a un’altra fotografia appesa al muro. Passò le dite lungo la cornice. “Non posso dire le cose nella maniera in cui le vedo. Sono più bravo con le immagini che con le parole.” Si fermò, e la sua testa si chinò un po’.
 
Dean camminò lentamente verso di lui. “Già, beh. Nemmeno io sono esattamente Shakespeare.”
 
Alzò di nuovo lo sguardo su Dean, e si mise le mani in tasca. “Sam ha paura di non poter essere perdonato per ciò che ha fatto.” I suoi occhi si rivolsero di nuovo al progetto del rosario. “Questi uomini hanno paura di non poter perdonati per ciò che sono.”  Sorrise leggermente, un sorriso dolceamaro. “Qualche volta traiamo coraggio dal sapere che anche gli altri sono spaventati. Capisci?”
 
Dean annuì, e seguì il suo sguardo. “Ma. Perché nasconderlo a me?”
 
Cas non rispose. Si girò semplicemente e tolse la più piccola foto incorniciata da muro, e la passò a Dean. “Ho un pezzo fratello.”
 
Era l’immagine di un Castiel molto più giovane in un parco illuminato dal sole, un gran sorriso stampato in volto, la mano stretta intorno alla spalla di una ragazza che sembrava un po’ più vecchia. Aveva dei brillanti capelli rossi e la pelle pallida; un sorriso tranquillo, gentile e delle occhiaie appena marcate sotto gli occhi. Sul suo lato della fotografia, Cas aveva scritto, in semplici lettere nere:
 
Ho peccato attraverso il mio stesso errore
 
nei pensieri e nelle parole
 
in ciò che ho fatto
 
E poi, proprio a lato del viso della ragazza:
 
e in ciò che non sono riuscito a fare.
 
Cas disse piano “Non l’ha ancora visto nessuno. Tu sei l’unico.”
 
Dean sentì il peso della fotografia tra le mani, la cornice premeva sui suoi palmi. “Questa è tua sorella? Anna?”
 
Cas guardò il pavimento. “Una settimana prima che morisse.” Chiuse gli occhi e si mise una mano sul mento. “Non ce l’aveva detto, ma avrei dovuto saperlo. Sono io quello che vede tutto. Avrei dovuto vedere i segni. Avrei dovuto notare quanto era tranquilla quando erano insieme. Non avrei dovuto crederle quando mi diceva di stare bene.”
 
“Non è colpa tua.” Disse Dean.
 
Cas scosse la testa e rise amaramente. “Lo è, un po’. Tu puoi dire che non lo è, ma lo è. Lei gli era semplicemente … così devota. Si affidava totalmente a lui. Non sono mai riuscito a capirlo, perché si aggrappasse a lui in quel modo. E nessun altro pensava che ci fosse qualcosa di sbagliato. Ma a quanto pare, calato il sipario, lui …” Si fermò, e prese con cautela la fotografia dalle mani di Dean per riattaccarla al muro.
 
Dean non riusciva a staccarne gli occhi. Cas: così giovane, magro, allegro; e questa donna che era ancora così presente nella sua vita, che Dean non avrebbe mai conosciuto. Sua sorella.
 
Non poteva nemmeno immaginare di perdere Sam.
 
“Quindi si è uccisa.” La voce di Cas si fece piatta e priva di emozione. “Non poteva immaginare la vita lontana da lui, e non poteva sopportare di vivere solo un altro minuto insieme a lui, quindi si è uccisa. E mi sono sempre chiesto come, come avesse fatto a sopportarlo così a lungo. Perché non l’avesse lasciato.” Diede la schiena all’immagine e esalò un respiro. “Non riuscivo a capirlo.”
 
Dean aveva lìimpressione di camminare su un filo sospeso nel vuoto, vacillando leggermente, l’immenso vuoto sotto di lui. C’era qualcosa lì, qualcosa verso cui Cas si stava indirizzando.
 
E poi Cas disse piano “Lo faccio di proposito.”
 
Dean sbatté le palpebre. “Cosa?”
 
Si massaggiò il gomito. “Il kilt. Il boa. Tutti i vestiti. Lo faccio di proposito. Mi piace mettere le persone a disagio perché fa sentire me meno a disagio. Cerco di confondere le carte. Un paio di bretelle con le pailette e tutti si rendono conto che giochi seguendo le tue regole. Sei tu che devi fare la prossima mossa.”
 
“Oh.” Dean incrociò le braccia. “Wow,in effetti ha senso.”
 
Cas si avvicinò a lui, e lentamente, con attenzione, posò la mano sul braccio di Dean. Mosse lentamente il pollice avanti e indietro e lo fissò, come se stesse memorizzando la trama della sua giacca. “Bisogno. È una parola strana vero? Qualcosa che supera il desiderabile e diventa necessario. C’è una connotazione di disagio. Intrappolamento. Dipendenza.”
 
Dean era ipnotizzato dalla mano di Cas sul suo braccio, la vicinanza del suo corpo, il modo il cui l’ombra di Dean cadeva sui suoi piedi, ma poteva ancora percepire quel filo sospeso nel vuoto, quel peso oscillante. “Se non ti piace quella parola, non la dirò, ma questo non la renderà meno vera. Fin da quando l’hai fatta finita …” Dean si schiarì la gola. “Diavolo, fin da quel momento mi sento come se avessi sete e non ci fosse niente da bere. Va bene? Quando tu non ci sei riesco a sentire la mancanza. Ho perso il lavoro oggi ed è già tanto se me ne frega qualcosa! Non riesco a pensare a nient’altro se non a te. E …” Deglutì. “E sai, non è che … che non mi sentissi così prima.”
 
E Cas alzò lo sguardo, sugli occhi di Dean, la sua espressione attentamente impassibile, la mano immobile.
 
Dean rise nervosamente. “Non sono bravo con queste cose, Cas. Non ho avuto una relazione fin dal college. È non è mai stato come siamo noi adesso. Non sono mai stato così vicino a qualcuno. Non sapevo le regole. Quando ho detto … quando ho detto che pensavo stessimo solo scopando, non l’ho detto perché fosse così che lo volevo.” La voce arrochita di Dean gli grattò la gola. “L’ho detto perché pensavo che fosse tutto quello che mi era concesso di avere.”
 
La stretta di Cas si strinse sul suo braccio.
 
Dean combatté per restare bilanciato, ma poteva sentire tutto intorno a lui traballare, poteva sentirlo nella sua voce. “Non mi hai mai detto che mi era concesso di avere di più.”
 
E qualcosa nell’espressione di Cas si mosse, un cambiamento minimo, ma presente, nei suoi occhi, qualcosa si liberò, come una confessione, un collasso, un crollo, e fece scivolare la mano lungo il braccio di Dean e gli prese la mano e disse “Voglio farti vedere una cosa.”
 
Condusse Dean al piano di sotto senza una parola, tenendolo per mano. Dean si sentì strano a stringergli la mano, quel gesto così infantile era in qualche modo semplice e pesante allo stesso tempo. Seguì Cas lungo il corridoio, oltre la camera da letto, verso una porta che diede per scontato essere un armadio della biancheria, e attraverso un spessa tenda nera dentro un’oscurità assoluta.
 
Cas accese un interruttore, e immerse la stanza in un rosso profondo.
 
Era una camera oscura. Aveva il filo da bucato tirato sopra la vasca di soluzione, grosse fotografia stese sopra di essa. Dean osservò la linea di foto. La maggior parte erano nuche, nuche di uomini, per il progetto del rosario.
 
E poi ce n’era una che era diversa.
 
Era un letto, o l’angolo di un letto, il piumone stropicciato pendente da un lato, i lenzuoli attorcigliati ai suoi piedi, e poi sul pavimento –
 
Due paia di pantaloni, le gambe intrecciate a casaccio. Un calzino solitario. L’elastico di un paio di boxer a strisce che faceva capolino da sotto il letto. E a lato, due camicie, la lunga manica destra di quella più in basso in qualche modo si era trovata incrociata attorno all’altra, la manica curva intorno i fianchi, come se la stesse cullando.
 
Prima di rendersi conto di ciò che stava facendo, Dean allungò attentamente le braccia e tirò giù la foto dal filo, e ne guardò il retro.
 
Cas aveva scritto, Insieme.
 
Cas prese la foto dalle sue mani, e la appoggiò sul tavolo, il suo profilo era una silhouette nella fioca luce rossa. “Una settimana.” Disse dolcemente. “Eravamo insieme solo da una settimana.” Si appoggiò sul tavolo e spinse via la foto e Dean poté vedere le sue dita tremare. “E così in fretta, avevi scavato un vuoto dentro di me che nessun altro, nessun altro può –” Premette il palmo piatto sul tavolo. “Ho pensato che se avessi nascosto una parte di me da te, per me, avrei potuto restare me stesso, ma non posso. Ho troppo bisogno di te. C’è così poco che potrei mai negarti.” Riportò il suo sguardo su Dean, e i suoi occhi catturarono la luce, i punti più brillanti della stanza. “Persino dietro una porta chiusa. Riuscivo appena a trattenermi.”
 
“Allora non lo fare.” Disse Dean, col battito accelerato. “Dimmi semplicemente ciò che vuoi e lo farò. Senti –” Fece un passo avanti, un pollice di distanza, col cuore pesante. “Hai detto che sei un Marxista, giusto? ‘Da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni.’” Prese un respiro profondo. “Beh, questo è ciò che voglio. Al meglio delle mie capacità, voglio essere ciò di cui hai bisogno. E dev’essere una cosa reciproca, Cas. Ci appoggeremo l’uno all’altro. Iniziamo da qui, e poi sistemeremo tutto il resto.”
 
E gli occhi di Cas brillarono. “Ma Dean.” La sua bocca tremò, e mormorò con voce spezzata. “Ho così paura.”
 
Dean allungò la mano e accarezzò il collo di Cas, e ammise. “Anche io.”
 
Cas mise la mano sopra quella di Dean, e lo guardò per un bel po’ di tempo, e poi chiuse gli occhi e spinse la mano di Dean fino alla sua guancia.
 
“Questo significa sì?” Sussurrò Dean. “Devi dirmelo.”
 
Cas spinse la sua guancia nel palmo di Dean. “Sì.”
 
Quindi Dean chinò la testa e lo baciò, lentamente, dolcemente.
 
Cas rispose al bacio con calma, e poi strinse le braccia intorno a Dean e seppellì il volto nel suo collo e si limitò a stringerlo più forte.
 
Rimasero così per un po’, stringendosi l’un l’altro.
 
Dean avrebbe potuto rimanere così tutta la notte, ogni notte, per sempre, o almeno finché le sue gambe non si fossero stancate o non si fosse addormentato. Ma poi, dopo qualche minuto, non poté evitare di chiedere:
 
“Quindi.” Dean si schiarì la voce. “Questa è ufficialmente un’altra Ora Gay?”
 
“Questo non è neanche lontanamente gay abbastanza.” Rispose Cas, la sua voce smorzata nella maglia di Dean.
 
Dean sbuffò. “Come può diventare più gay di così?”
 
Cas si sottrasse alla sua presa, e lanciò un’occhiata veramente seria a Dean.
 
Ed è così che finirono nella stanza di Cas, nudi e sudati e disperati con la schiena di Dean contro il materasso di Cas e i palmi di Cas premuti sul suo petto come se avesse intenzione di lasciarsi dietro delle impronte e Cas ansimava Dean oh cazzo ho bisogno di te più forte e Dean gemette il nome di Cas ancora e ancora e ancora finché non perse ogni senso e diventò un suono  e una preghiera gutturale che gli tirava fuori Cas, Cas, Caaas, finché dei fuochi d’artificio non gli scoppiarono oltre gli occhi e il resto del mondo crollò intorno a loro.














E penso questo capitolo vi piacerà, è in ritardo lo so, ma questa volta è stato perchè ho passato buona parte di tre giorni su un autobus, e Dio solo sa quanto avrei preferito aggiornare.
Non per lamentarmi, ma sono completamente sfatta, quindi spero non ci siano troppi errori. Vi ringrazio davvero troppo per le recensioni (anche se credo di non avere ancora risposto) perchè mi riempiono il cuore di gioia, e vi chiedo un favore. Se avete qualche minuto e non l'avete ancora fatto, passate a leggere Named, è una storia davvero speciale e sto provando a tradurla al meglio, e mi farebbe davvero piacere se lasciaste un commento, la prima cosa che vi passa per la testa, quello che volete!
Baci e al prossimo! 

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


CAPITOLO 29
 
“LIBERI FINALMENTE!”
 
“SĺSĺSĺSĺSĺ!”
 
“LIBERI FINALMENTE!”
 
“PROPRIOLĺ PROPRIOLĺ PROPRIOLĺ TI PREEEEEEGO PROPRIO Lĺ NON TI FERMARE”
 
“GRAZIE DIO ONNIPOTENTE, CAZZO, SIAMO LIBERI! FINALMENTE!”
 
“GESÚ CAS GESÚ Sĺ! CAS! Cas! ANNNNNGGGHnnnnnghhhhhooooh mio DIO Cas sei fottutamente meraviglioso ti amo cazzo sei fottutamente meraviglioso Cas, cazzo, fantastico, fantastico …”
 
“Nnngh … bellissimo, Dean, bellissimo …”
 
“Gesù.”
 
“Mmm.”
 
“… Cazzo, è stato fantastico.”
 
“Mmmm.”
 
“Devi smetterla di farmi questo, comunque.”
 
“Hnn?”
 
“I discorsi. Stai degradando degli eroi americani qui, Cas.”
 
“Ohhhhh. A loro non frega un cazzo di niente, Dean.”
 
“Già, forse no, ma mi stai segnando a vita.”
 
“Hm. Naturalmente.”
 
“Sono serio.”
 
“Non apprezzi l’intrinseco merito artistico dell’avere un orgasmo sotto l’influenza di discorsi sui diritti civili?”
 
“Tutto ciò che ho sentito uscire dalla tua bocca in questo momento, è stato ‘hippie hippie hippie.’”
 
“Ma di sicuro potrai apprezzare il mio incredibile tempismo.”
 
“ … Cas. Volevo venire fin da quando è iniziata la sequenza di ‘Risuoni la libertà’. Il tuo ‘tempismo’ è la cosa più frustrante che io abbia mai sperimentato.”
 
“Mmmm. Eri abbastanza disperato.”
 
“…”
 
“Cosa?”
 
“È per questo?
 
“Cosa intendi?”
 
“Ti fa godere, vero? Ti piace farmi pregare!”
 
“… Forse. Solo un po’.”
 
“Un po’?”
 
“Beh. No. Veramente, un sacco.”
 
“Quindi usi i discorsi come scusa per non farmi … oh, questo è sadico. È semplicemente … inumano. Dev’essere come minimo una violazione del convenzione di Ginevra o qualcosa del genere.”
 
“Non essere melodrammatico.”
 
“Sto semplicemente esponendo la verità, Cas!”
 
“Ti piace.”
 
“Cosa?”
 
“Ti piace pregarmi.”
 
“… Non è vero.”
 
“Forse non sempre. Lo so. Ma a volte. A volte ti piace quando prendo il controllo.”
 
“…”
 
“Ti piace quando ti trattengo, quando ti impedisco di venire. Ti piace strattonare le catene. Ti piace il combattimento. Ti piace perdere il combattimento.”
 
“Cas.”
 
“Ti piace pregare, Dean, perché ti piace quando dico di no. Quando ti sbatto contro il muro e ti mordo. Ti piace quando gioco sporco perché ti piace essere trattato con poca delicatezza perché vivi per quella frustrazione e quella disperazione e per il momento in cui finalmente, finalmente, finalmente, ti do quello che vuoi.”
 
“Cas. Dovresti smetterla di parlare.”
 
“Perché?”
 
“Perché se non lo fai, inizierò a farmi delle idee.”
 
“Così in fretta dopo che ti ho fottuto sul materasso?”
 
“Sì. Sì. Stai peggiorando le cose.”
 
Potrebbe essere volontario.”
 
“Bastardo.”
 
“Quindi, cosa hai intenzione di fare?”
 
“Prima di tutto, farò questo.
 
“Banale, Dean. Questo è praticamente il missionario.”
 
“E poi faro questo.”
 
“Oh. Oh.”
 
“Adesso chi è che prega?”
 
“Io. Io. Ohh, di più. Cristo. Dean.
 
“Sei così facile, Cas. Un po’ come una puttana.”
 
“Non tanto quanto – cazzo!”
 
“heh heh heh. Ti ho zittito.”
 
“Oh, oh, sì, quello che vuoi, però di più –
 
“Qual è la parola magica?”
 
“Oh merda Deaaaaaan!
 
“Cristo, sei così fottutamente caldo. Ahhhhhh. No, l’altra.”
 
“Ahh, ahh, Dio, di più, ti prego!
 
“Bingo.”
 
“Che si fotta il bingo, però ti prego ohhh di più Dean ti prego oh Gesù, Dean!”
 
*
 
Più tardi, stesi sul letto, si guardarono le mani.
 
“Le unghie sono fatte di cheratina.” Spiegò Cas. “La stessa proteina che compone artigli, zoccoli e corna.” Mosse il dito lungo il pollice di Dean. “Non è strano pensare che, le nostre mani, la parte più umana di noi, mantenga ancora questa vestigia della struttura animale?”
 
“Sei così strano.” Dean prese la mano di Cas nella sua. “Le altre persone di non dico cose come queste dopo il sesso.”
 
Cas agitò le dita. “Le altre persone sono noiose.”
 
Dean sorrise. “Hai ragione.” Osservò la mano intrappolata di Cas. “Ok, ho una confessione.”
 
Cas sprofondò ulteriormente nel suo cuscino e aspettò.
 
Dean giocò con le dita di Cas, gingillandovi oziosamente. “Non so cosa sia, ma penso che tu abbia davvero delle belle mani. Come … mi piace guardarle. Hai queste dita così lunghe, sottili e … non lo so. Sono belle.”
 
Cas allungò le dita e sorrise dolcemente. “Grazie.”
 
Dean giocò con la mano di Cas un altro po’, intrecciando e districando le loro dita, tracciando le linee del suo palmo. Poi i loro occhi si incontrarono, casualmente, e rimasero intrappolati così, per un momento, incastrati insieme, bloccati in un lungo secondo di sguardi profondi gli uni dentro gli altri più di quanto non avessero mai fatto.
 
Poi Dean si sedette. “Vuoi fare una doccia?”
 
Fu solo una volta usciti dalla doccia, che videro i paparazzi. 













E abbiamo quasi finito, capitolo veloce, ma è il penultimo, quindi direi che è ragionevole.
Al prossimo

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


CAPITOLO 30
 
Dean si chinò e cominciò a frugare nel frigorifero. “Hai mica delle uova qui?”
 
Cas si mise dietro di lui e poggiò la mano sulla schiena di Dean. “Sul pianale più basso.”
 
Dean si piego di più, cercando oltre i contenitori di plastica.
 
La mano di Cas scese più in basso.
 
Dean si fermò. “Non ci sono uova sul pianale in basso, vero?”
 
Cas tamburellò le dita. “No.”
 
Dean sospirò. “Volevi solo che mettessi il culo in fuori, ho ragione?”
 
Cas fece scivolare la mano ulteriormente e gli strinse una chiappa. “Sì.”
 
Dean si alzò, chiuse la porta del frigo e fissò Cas con uno sguardo riprovatorio. “Io qui sto provando a cucinarti una bella colazione, e tu ti limiti a oggettificarmi.”
 
Cas sorrise, e gli diede un buffetto sulla guancia. “Sì, e che oggetto adorabile sei.”
 
Dean strinse le palpebre. “Non sono adorabile, i copriteiera sono adorabili.”
 
“Hmmm.” Cas passò la mano sul petto di Dean, seguendola con gli occhi. “Preferiresti ‘fottibile’?”
 
Quindi finirono a pomiciare contro il frigorifero per diversi minuti.
 
“Seriamente comunque,” interruppe finalmente, Dean. “Ho fame. Troviamo del cibo.”
 
Cas fece un verso scocciato e si districò da Dean. “Bene. Ho delle uova, sono solo nella porta.” Si diresse verso il tavolo.
 
Dean aprì di nuovo il frigo e le vide. “Aha. Perfetto.” Estrasse il cartone e si girò verso Cas. “Ti piacciono strapazzate?”
 
Cas era fermo alla finestra, la tenda spostata di lato da una mano, e fissava. “Dean.” Disse. “Vieni a vedere.”
 
Dean andò alla finestra.
 
Oltre la recinzione, fuori da casa sua, si era radunata un’intera folla di giornalisti. Diversi furgoni, telecamere di ogni tipo, uomini e donne con microfoni, tutti ammassati nel suo cortile come uno sciame di bambini delle elementari pronti ad assistere a una zuffa.
 
“Merda.” Borbottò Dean.
 
“Qualcuno ha parlato.” Disse Cas.
 
Dean lo guardò. “Cosa intendi?”
 
Cas continuò a guardare la folla, aggrottando le sopracciglia. “Le nuove pagine bianche non sono ancora uscite. Tu non puoi ancora essere stato messo nell’elenco. Hai detto che la tua compagnia non ha rilasciato le tue informazioni. Quindi qualcuno che lo sapeva, l’ha detto a qualcun altro e loro hanno detto ad altri dove vivi. È così che è venuto fuori il tuo nome, probabilmente.”
 
Dean esalò pesantemente. “Era destino che si venisse a sapere, prima o poi. Sapevo che sarebbe successo, solo che non immaginavo sarebbe successo così in fretta.”
 
La colazione venne dimenticata, e Dean si preparò riluttante, dandosi una pettinata ai capelli e facendosi la barba. Si lanciò un’occhiata allo specchio e sussultò alla vista di un grosso succhiotto sul suo collo. Considerò per un momento di farsi prestare una delle sciarpe di Cas, ma poi …
 
Al diavolo.
 
Si abbassò il colletto, e aprì un bottone della camicia in modo che anche il secondo fosse visibile.
 
Intanto, Sam era comparso sulla soglia di Dean, senza dubbio in risposta a tutto quel bussare. Le macchine fotografiche iniziarono a sparare flash; i reporter gli puntarono i microfoni in faccia. Sembrava aver assunto un’aria dispiaciuta, probabilmente nel tentativo di spiegare che Dean non era in casa al momento. I microfoni vennero spinti con insistenza, premendo per più informazioni.
 
Dean e Cas si diressero alla porta e uscirono. Nessuno se ne accorse. Erano tutti concentrati su Sam.
 
“Beh.” Dean si grattò il mento. “Tempo di affrontare la folla.”
 
Cas fece per allungarsi verso di lui, poi si bloccò. Strinse le labbra. “Dovrei stare più attento.” Commentò. “Sei una celebrità adesso.”
 
Il petto di Dean si strinse dolorosamente.
 
Improvvisamente Sam li notò, e guardò dritto verso di loro. I reporter seguirono il suo sguardo.
 
Un urlo di eccitazione collettiva si levò dalla folla.
 
Si accalcarono verso la casa di Cas, e Cas disse “È il mio momento.” E si girò e fece per afferrare il pomello per rientrare –
 
E Dean lo afferrò per il braccio “Aspetta.”
 
Cas lo guardò coi suoi occhi larghi e blu, confuso. I reporter percorsero il prato, vociando e spingendo e urlando domande.
 
E Dean si tirò Cas addosso e lo trascinò in un lungo, profondo bacio come quelli delle star del cinema in bianco e nero nel 1940.
 
Per un momento, il silenzio fu completo.
 
E poi la folla esplose in flash e urla frenetiche e rumore, stringendosi a cerchio intorno a loro.
 
Dean liberò Cas. “Puoi andare dentro adesso, se vuoi.” Urlò cercando di sovrastare il trambusto.
 
Cas annuì con aria assente, completamente sbalordito, e armeggiò con il pomello della porta. Una volta che riuscì nell’intento di girarlo, si girò di nuovo a guardare Dean e disse “Un giorno ti sposerò.”
 
Dean sorrise stupidamente e replicò “Puoi vedertela col governatore.”
 
Cas annuì con convinzione e si infilò dentro. La massa di paparazzi si gettò finalmente su Dean e gli sbatterono i loro microfoni ricoperti di bava in faccia, i cameraman alzarono i loro apparecchi più in alto, finché lui non alzò le mani in aria e urlò “Calmi! Calmi!”
 
Loro si sistemarono e si zittirono, poche altre urla nell’aria.
 
Sorrise con tutto la charme possibile. “Per rispondere alle vostra domande: Ciao, sono Dean Winchester e sì, sono il ragazzo del Texaco.”
 
La macchine fotografiche iniziarono a scattare.
 
*
 
“Beh, è uno schifo.” Disse Dean a Sam.
 
Erano sul divano a guardare Cartoon Network, di nuovo, nessuno dei due si preoccupava di fingere di avere cose più importanti da fare.
 
“Cosa?” Chiese Sam. “Pollo Robot? L’hai scelto tu il canale, amico.”
 
“Sono di nuovo insieme a Cas, ma adesso devo trasferirmi.” Spiegò Dean.
 
Sam alzò gli occhi al cielo. “I paparazzi non sono così tremendi, Dean. Vedrai che in un paio di giorni si esaurirà tutto, e per la prossima settimana sarà dimenticato.”
 
Dean sbuffò. “No, non per quello. Perché ho perso il lavoro. Non posso permettermi questa casa.” Sospirò. “Ed è davvero troppo, troppo, troppo presto per trasferirsi da Cas.”
 
“Ti ho detto che dovresti trovarti un compagno di stanza.” Disse Sam.
 
“Non voglio vivere con uno sconosciuto.” Rispose Dean, cupamente. “Sono troppo vecchio per certe cose.”
 
Sam strinse le labbra. “Che ne dici di me?”
 
Dean si girò i pollici. “A dire il vero, era proprio … era proprio quella la mia idea, all’inizio, ma non è che mi aiuti molto con il fatto che ‘non posso permettermelo’.”
 
“Beh, capita proprio per caso che …” Sam si schiarì la gola. “Mi sia trovato un lavoro.”
 
Dean lo fissò.
 
Sam sorrise con aria colpevole. “L’ho scoperto solo oggi.”
 
“Hai trovato un lavoro? Qui?” Chiese Dean. “Come?”
 
Sam rise. “Pensi davvero che me ne stessi semplicemente seduto tutto il giorno mentre tu eri al lavoro? Sei proprio un idiota. L’ho cercato per tutto il tempo, e c’è una posizione disponibile al St. Vincent De Paul.”
 
Dean sbatté le palpebre. “Il negozio di articoli usati?”
 
Sam annuì. “Non è solo un negozio d’usato, comunque, è anche un’organizzazione di beneficenza, e … la paga non sarà spettacolare, e non lo saranno nemmeno le ore, ma almeno riuscirò a lavorare. E mi sentirò come se stessi facendo qualcosa che conta.”
 
“È fantastico, Sam.” Dean era … più che impressionato. “È  meraviglioso.
 
“Quindi posso pagare il mio affitto.” Sam fece un sorrisetto soddisfatto. “Aiutare quel fannullone di mio  fratello.”
 
Dean gli diede un pugno sul braccio e chiese “Quindi hai sempre saputo che volevo che restassi qui?”
 
Sam ridacchiò e si sfregò le mani insieme, ammettendo “No. Ma sapevo di volerci essere, con te, sai? Nella stessa città, almeno. Sei la mia famiglia, Dean.”
 
Dean sorrise e deglutì pesantemente e disse “Già. I Winchester devono restare uniti.”
 
Sam ricambiò il sorriso con gli occhi un po’ lucidi.
 
Poi Cas fece irruzione dalla porta, togliendosi gli stivali e lanciandoli nel corridoio. Sotto il braccio trasportava una grossa vasca di plastica translucida. “Dean!” Ansimò. “Ho trovato la regina! La regina tartaruga!”
 
Dean e Sam si girarono entrambi per vedere.
 
Ancora preso nel tentativo di recuperare il respiro, Cas portò la vasca nel salotto, posandola con attenzione sul tavolino. Alzò il coperchio, e Dean e Sam sbirciarono al suo interno. “Attenti.” Li avvertì Cas. “Sono malvagie.”
 
All’interno c’era un gran quantità di terra, un lampada a raggi infrarossi, la metà vuota di un ceppo di legno, una fetta di anguria, e una piccola tartaruga diligentemente intenta a sgranocchiare una foglia di lattuga.
 
“Devo tenerla separata dal resto dello sciame.” Spiegò Cas. “Prima o poi, lasceranno casa mia in cerca di uno nuova regina.”
 
Dean socchiuse le palpebre. “Aspetta, stai dicendo che la vuoi tenere qui?”
 
Sam accarezzò la testa della tartaruga. “È quasi carina. Come si chiama?”
 
“Non darle un nome!” Protestò Dean. “Poi ci tocca tenerla!”
 
“Ornata.” Rispose Cas. “Come la sua specie, la tartaruga scatola ornata.”
 
Sam lanciò una strana occhiata a Cas. “È il rettile di stato del Kansas.”
 
“Non mi interessa da dove viene.” Si intromise Dean. “Non abbiamo bisogno di una tartaruga.”
 
“Te l’ho già spiegato.” Disse Cas. “Questo è l’unico modo per impedire che le tartarughe mi mangino le dita dei piedi di notte, Dean. La regina deve essere isolata.”
 
Dean grugnì e si massaggiò la fronte. “Va bene. Ma sarà meglio che non scappi dalla vasca.”
 
Giusto.” Affermò Cas, con enfasi. “Mi sono assicurato che il suo contenitore fosse a prova di tartaruga. Non abbiamo bisogno di un’altra infestazione.”
 
 
Il cellulare di Dean vibrò, il nome di Bobby sullo schermo. Si allontanò dagli altri due e lo aprì. “Pronto?”
 
“Perché stai baciando un altro uomo in tv?” Chiese Bobby.
 
Dean si immobilizzò. “Oh.”
 
“È una diavolo di trovata, Dean, ma non puoi inventarti certe stronzate per attirare l’attenzione.” Bobby continuò con la sua sfuriata. “Di tutte le cose infantili – non posso credere che tu abbia caricato un uomo con una pistola carica, di tutte le cose stupide che potresti fare – e poi quando arrivano le telecamere, trascini qualche povero uomo in una sezione di hockey tonsillare! Stai facendo una dichiarazione, vero? Ti è improvvisamente venuto il pallino dei diritti civili? Beh, magari avresti dovuto considerare che il tuo amico là forse non voleva la sua faccia in tutte i telegiornali nazionali! Non potresti semplicemente -”
 
“Bobby.” Dean fece un respiro profondo. “Non era un  tipo qualunque. E non era semplicemente una dichiarazione pubblica. Quello era il mio vicino di casa, Castiel, e noi … stiamo insieme.”
 
Lungo silenzio.
 
“Dannazione, ragazzo.” Disse Bobby. “Perché sono sempre l’ultimo a sapere di queste cose?”
 
Dean rise sollevato. “Ti ricordi quando sono sgattaiolato fuori casa, quella notte?”
 
“Gesù Cristo, adesso ha un senso. E questa sparatoria? Perché diavolo non hai chiamato? È stata la notte in cui sono volato a casa!”
 
“Non – non sapevo cosa dire. È successo tutto così in fretta. E stavo bene.”
 
“Beh, idiota, la prossima volta sarà meglio che mi chiami, va bene?” Ordinò Bobby.
 
“Va bene.” Concordò Dean. “Ma spero non ci sia una prossima volta. E … Sam si è trovato un lavoro qui. Si trasferisce con me.”
 
Bobby si zittì, e quando parlò di nuovo, la sua voce si era addolcita. “Sono felice di saperlo, Dean. Sono contento che voi ragazzi stiate bene.”
 
Dean si schiarì la voce. “Grazie, Bobby. Devo … devo andare adesso.”
 
“Stammi bene, Dean.”
 
“Anche tu.”
 
Dean tornò in salotto, dove Sam e Cas stavano ancora giocando con la tartaruga.
 
“Gli piace davvero l’anguria.” Notò Sam.
 
 
“È meglio accontentarla.” Disse Castiel. “Così non proverà ad evadere.”
 
“Ok, ok, smettetele di affezionarvici.” Interruppe Dean. “È solo temporaneo. Prima o poi questa – questa Ornata se ne tornerà a vivere con Cas.”
 
Cas e Sam si guardarono l’un l’altro. “Nessuno si sta affezionando, Dean.” Disse Sam.
 
“Odio le tartarughe.” Si intromise Cas.
 
Sei tu che stai usando il suo nome.” Aggiunse Sam. “Ornata.”
 
Cas si sporse in avanti e disse, con un bisbiglio esagerato “Penso che a Dean piaccia.”
 
Dean strinse le labbra, e si voltò per tornare in cucina. “Voi siete dei bambini.”
 
Tu bambini!” Gli urlò dietro Sam.
 
“Bambino.” Lo corresse Cas. “È un bambino. Cosa c’è per cena, Dean?”
 
“Non lo so.” Rispose Dean. “Cosa stai facendo?”
 
Cas annuì. “Zuppa. Zuppa è una buona idea. Facciamo una zuppa.”
 
Quindi si radunarono in cucina e fecero la zuppa,  e a un certo punto tra Sam che affettava le cipolle facendo finta di piangere disperatamente, e Cas intento a minacciarlo di mettere del tofu nella pentola a meno che Dean non acconsentisse ai fagioli verdi, Dean realizzò che stava per vivere un anno fantastico.
 




















Ahahaha, non ci posso credere. Finita, nonostante ritardi di aggiornamenti e pippe varie con la traduzione adesso è finita.
Ho amato tanto questa storia e adesso che l'ho tradotta la amo ancora di più, e adoro anche voi che l'avete seguita, avete commentato e menate varie. 
La storia non è tecnicamente mia, ma le vostre recensioni sono state la cosa più bella, se non avete ancora commentato una volta, magari questo è il momento buono per farlo? 
In ogni caso, spero che sia piaciuta a voi quanto è piaciuta a me, traduzione permettendo. 
Vorrei dire qualcosa di significativo, ma la mia testa è spazio vuoto, quindi, baci bavosi e abbracci soffocanti!

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